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MODELLI ASSISTENZIALI
UNIKORE
PROCESSO DI NURSING
E’ un approccio sistematico orientato a soddisfare i bisogni di
assistenza infermieristica e sanitaria delle persone assistite e
delle loro famiglie.
Quando insorge un bisogno assistenziale per la
persona?

La persona non ha la forza, non ha la volontà o non ha le
conoscenze per soddisfare un bisogno in modo appropriato.

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FASI DEL PROCESSO ASSISTENZIALE
 ACCERTAMENTO E RACCOLTA DATI
 Individuazione DEL BISOGNO ASSISTENZIALE
(diagnosi infermieristica)
IDENTIFICAZIONE DEGLI OBIETTIVI
ASSISTENZIALI - Stabilire le priorità - Stabilire gli obiettivi del paziente -
Stabilire i criteri di identificazione dei risultati ( i risultati attesi)
 PIANIFICAZIONE Si può definire come la descrizione di ciò che deve essere
previsto ed attuato per assistere la persona (Cosa fare) -
Programmazione (quando – chi)
 ATTUAZIONE È la fase attiva, applicativa del processo di nursing in cui viene erogata
l’assistenza infermieristica
 Verifica – VALUTAZIONE Mira a stabilire la risposta del paziente agli 3
interventi infermieristici e la misura in cui gli obiettivi sono stati raggiunti
COS’È UNA DIAGNOSI
INFERMIERISTICA

 La D.I. è un giudizio clinico che individua i problemi

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reali e potenziali della persona che riguardano la risposte
ai suoi problemi di salute e/o ai processi vitali.
 Il giudizio clinico è volto a rilevare il bisogno del
paziente rispetto al problema di salute valutato
risolvibile attraverso azioni infermieristiche.
 La D.I. costituisce la base sulla quale scegliere gli
interventi infermieristici volti a raggiungere dei risultati
di cui l’infermiere è responsabile
METODOLOGIE ASSISTENZIALI
 L’assistenza deve avvalersi di una metodologia basata su tappe logiche e su
un metodo che unito alle conoscenze dell’infermiere, assicuri al paziente la
correttezza delle decisioni prese.

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 Il modello organizzativo assistenziale rappresenta la modalità applicativa di
un modello concettuale o di una teoria infermieristica funzionale al
raggiungimento degli obiettivi assistenziali;
 Lo scopo dei modelli assistenziali è quello di sfruttare al massimo le risorse
infermieristiche disponibili cercando di garantire la sicurezza e la
qualità nelle cure.
 I modelli variano in termini di schema organizzativo, scopo e contesto in cui
vengono applicati e sono influenzati dalle risposte che l’organizzazione
intende dare ai propri pazienti.

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MODELLO ASSISTENZIALE PER COMPITI O

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MODELLO FUNZIONALE O FUNCTIONAL NURSING
 Nasce negli Stati Uniti (30/40) ed è stato copiato dal modello
utilizzato nelle catene di montaggio e in tutte quelle organizzazioni
dove si cerca di raggiungere la massima efficienza con il minor
numero di risorse.

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 Cerca di puntare su “una specializzazione orizzontale della
mansione, che aumenta la ripetitività del lavoro e facilità la
standardizzazione e l’apprendimento, lasciando a chi svolge il
lavoro poca discrezionalità e quindi un elevato controllo esterno del
lavoro svolto.
 La cultura di questi modelli si fonda sull’efficiente impiego delle
risorse umane e materiali e delle loro capacità manuali e intellettuali,
poiché quando un operatore ripete più volte la stessa attività
acquisisce maggiore abilità garantendo un esecuzione rapida e sicura
della propria mansione.

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SVILUPPO DEL MODELLO ASSISTENZIALE PER
COMPITI

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• Il modello funzionale si è sviluppato in un periodo in cui la
formazione era agli albori, nei reparti vi erano pochi infermieri
generici e molte cure venivano erogate dal personale ausiliario.
• Si basa sull’assegnazione all’infermiere e al personale ausiliario di
compiti tecnici il cui livello di complessità era direttamente

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proporzionale alle competenze e alla formazione dell’infermiere.
 Il modello non risponde al bisogno dell’utente, ma applica una
risposta predefinita non importa quali siano la specifica realtà e le
specifiche condizioni di lavoro, nessun operatore è responsabile
della presa in carico del singolo utente
 Per l’infermiere è importante la prescrizione. L’unica forma di
autonomia, è quella legata alla modalità di esecuzione dell’atto
manuale.

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ORGANIZZAZIONE DEL MODELLO ASSISTENZIALE

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PER COMPITI
 L’organizzazione è del lavoro è basata sulla distribuzione
dei compiti per turno di servizio, con basso livello di
coordinamento tra gli operatori, i quali definiscono

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all’inizio del turno le proprie attività.
 La trasmissione delle informazioni è pressochè
inesistente – a parte le consegne.
 Il rapporto con il malato è di tipo informale: lui non è un
soggetto attivo, ma un “numero”.

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APPLICABILITÀ DEL MODELLO ASSISTENZIALE

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PER COMPITI
 Sebbene efficiente, il modello funzionale non è motivante all’interno
del gruppo infermieristico. A lungo andare il lavoro ripetitivo
produce una certa deresponsabilizzazione con parcellizzazione delle
cure e una visione parziale delle condizioni di ogni paziente;

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 Quello che conta di più per questo tipo di modello sono la quantità di
atti compiuti e i tempi di esecuzione.
 Il sistema può rilevarsi utile nei periodi critici di scarsità di infermieri in
quanto ripetitività e routine generano maggiore efficienza e sicurezza nel
personale
 Sebbene obsoleto a tutt’oggi in Italia è il modello più utilizzato
soprattutto nelle realtà ospedaliere.

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MODELLI ASSISTENZIALI PERSONALIZZATI O

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TOTAL PATIENT CARE
 Il modello della presa in carico totale è l’antenato di tutti i modelli
assistenziali
 Il modello prevede che l’infermiere si assuma la piena responsabilità
di uno o più pazienti nei confronti dei quali formula il piano di

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assistenza , lo mette in atto direttamente o delegando azioni o
compiti a colleghi o al personale di supporto.
 Tali modelli orientano l’attenzione sui bisogni dell’individuo,
favoriscono la sua partecipazione al processo di cura, e, dove
possibile coinvolgono in un ruolo attivo sia il paziente che i
familiari.
 L’organizzazione del lavoro è di tipo collaborativo con frequenti
scambi di informazioni tra gli operatori e l’utilizzazione di strumenti
in grado di facilitare questi scambi.
 Il ruolo dell’infermiere assume visibilità e responsabilità.

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MODELLO PER PICCOLE ÉQUIPE/TEAM

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NURSING
 Fu introdotto negli USA subito dopo la Seconda Guerra Mondiale
per ovviare alla carenza di personale infermieristico diplomato.
 In Europa viene utilizzato in Francia Inghilterra e Svizzera alla fine
degli anni 70 ed ai primi degli anni 80.

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 Il modello doveva aiutare a superare il problema della
frammentazione delle cure causata dal modello funzionale.
 La tesi alla base dell’organizzazione è la creazione di “piccoli
gruppi” di infermieri, ciascuno destinato ad assistere “un gruppo” di
malati, in modo da instaurare le basi per un rapporto tra “persona
assistita” e “persona che assiste”.
 Questo modello, a differenza di quello per compiti, introduce il
concetto di rilevazione/soddisfazione dei bisogni e quindi necessità
di uno schema di riferimento a cui ispirarsi.

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MODELLO PER PICCOLE ÉQUIPE/TEAM

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NURSING
 Nell’assistenza per équipe la persona ricoverata viene posta al
centro del processo assistenziale e tutte le figure che operano
all’interno del team ruotano attorno a lei, ognuna con le
specifiche competenze.

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 Sul piano organizzativo il modello presuppone che il personale
dell’unità di degenza sia suddiviso in gruppi, ciascuno dei quali
integralmente responsabile dell’assistenza di un piccolo gruppo
di malati, stabilendo se possibile una certa continuità tra
l’équipe ed il gruppo di malati assistiti.
 Il team prevede un team leader o capo équipe cui vengono
associati o altri infermieri o varie figure di livello inferiore,
 Il team leader risponde del suo operato all’infermiere
coordinatore
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MODELLO PER PICCOLE ÉQUIPE/TEAM NURSING
 Per ciascun paziente deve essere elaborato un piano di assistenza scritto
che identifichi i problemi del paziente e gli obiettivi a lungo e a breve
termine

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 Importanti in questo modello sono le riunioni, il cui scopo è quello di
sviluppare, discutere ed eventualmente revisionare i piani di assistenza
modulandoli ai bisogni reali dei pazienti.
 Il modello da all’infermiere la possibilità di partecipare alle decisioni e
quindi di vedere riconosciute e valorizzate le proprie capacità e
competenze, aumentando la soddisfazione del paziente e la motivazione
del professionista
 Aspetto negativo è legato alle risorse materiali necessarie (ad es.
carrelli, apparecchiature pari al numero delle équipe) e a fattori
strutturali favorevoli non sempre realizzati/realizzabili spazi riservati al
personale, oltre ad un congruo numero di personale di supporto.

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PRIMARY NURSING
 Può essere considerato un evoluzione del modello per équipe o team
nursing
 Si sviluppa Stati Uniti tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni
’70 con lo scopo di garantire un’alta qualità assistenziale.

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 Prevede che un infermiere chiamato primary nurse si occupi e abbia
la responsabilità di un gruppo di pazienti h24 e per tutta la durata
della degenza.
 Gli altri infermieri che si occupano dell’assistenza sono chiamati
associate nurse assistono i pazienti seguendo il piano di assistenza
sviluppato dal primary nurse.
 Sono tenuti ad informare il primary nurse delle eventuali variazioni
rispetto all’assistenza pianificata.

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PRIMARY NURSING
 Gli infermieri meno qualificati o con meno esperienza
fungono da associate nurse implementando le cure pianificate
dal primary nurse

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 La comunicazione tra i vari operatori deve essere diretta,
senza nessun tipo di intermediazione, le consegne debbono
essere passate personalmente.
 Il ruolo della caposala in questo contesto è orientato più
all’ambito manageriale.
 Garantisce la continuità delle cure, la personalizzazione e la
globalità dell’assistenza nonché la soddisfazione dei pazienti
 Aumenta la soddisfazione dello staff assistenziale
 Non garantisce purtroppo omogeneità di prestazioni assistenziali a
tutti i pazienti, in quanto queste sono il risultato della performance
del singolo primary nurse 15
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MODULAR NURSING

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 Il modello di assistenza modulare combina il modello
per piccola equipe e quello del primary nursing.

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 Il reparto viene suddiviso in settori o moduli clinici.
L’assistenza viene affidata ad un gruppo o team di
personale infermieristico e personale di supporto. Viene
stilato un piano di assistenza personalizzato che viene
seguito anche dagli infermieri dei turni successivi i quali
possono apportarvi modifiche in autonomia tutte le volte
che lo ritengono necessario.

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CASE MANAGEMENT
 Modello che si afferma alla fine degli anni 80 negli Stati Uniti dove risulta,
il modello assistenziale più diffuso negli USA nei reparti per acuti.
 E un modello legato ad esigenze di contrazione dei costi, dove il
professionista (case manager) assume il ruolo di gestore del singolo caso

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diventando la figura di riferimento per il paziente, i famigliari e altri
operatori sanitari con la funzione di spiegare il percorso, garantirne e
coordinarne l’applicazione, aiutare a superare i punti critici,.
 Può essere centrato sia sul singolo paziente, che su una popolazione di
pazienti.
 Il processo prevede l’identificazione di una popolazione di pazienti con
relativa valutazione dei loro bisogni e definizione di un piano di assistenza
 Impiegato principalmente per pazienti terminali, anziani o con frequenti
ricoveri.

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CASE MANAGEMENT

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CASE MANAGER
 Il Case manager è la figura professionale su cui ruota il processo di cura del
paziente e dalla sua famiglia.
 Prende in carico il paziente in tutto il processo di cura nei vari setting
assistenziali domiciliare, ospedaliero, o residenziale.
 Garantisce il massimo dell’autonomia residua del paziente e identifica il

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percorso extraospedaliero più adatto per il paziente.

 Può essere un infermiere, un medico, un assistente sociale i cui requisiti


debbono rispondere a:
 Competenze di pratica clinica avanzata,
 Competenze di modelli organizzativi assistenziali,
 Conoscenze specifiche di popolazione di pazienti
 Capacità relazionali
 Competenze di diagnosi cliniche correlate ai trattamenti medici,
 Conoscenze sulla gestione delle risorse, sull’uso dei piani di assistenza, dei
protocolli e delle linee guida.

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CASE MANAGEMENT

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CLINICAL PATHWAYS
 Lo strumento fondamentale usato nei sistemi di case management sono i clinical
pathways (percorsi critici), un piano scritto che funziona come guida per
l’assistenza al paziente;
 Possono essere comparati ad una cartina stradale che orienta gli interventi
essenziali rispetto al problema del paziente e ne predetermina gli obiettivi ed i tempi
entro cui raggiungere i risultati.

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 Vengono costruiti sia per singoli pazienti che per popolazioni omogenee e sono
sviluppati in base alle esperienze e conoscenze dei membri team assistenziale.
 Si basano sulle migliori evidenze scientifiche e su dati di benchmarking;
 Puntualizzano in dettaglio tutte le attività previste, il periodo di riferimento con date
e tempi in relazione agli esiti conseguiti in modo da verificare quotidianamente gli
scostamenti e assumere le decisioni necessarie eventualmente per correggere il
piano.
 Per ogni singola diagnosi sono formulati degli outcomes, ai quali corrispondono
degli interventi relativi ad una serie di elementi assistenziali generali
 Per ottimizzare la comunicazione alcune istituzioni forniscono al paziente una copia
semplificata del clinical pathways; ciò stimola il paziente a porre delle domande e
quindi a stabilire un dialogo con l’equipe assistenziale

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CASE MANAGEMENT

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VANTAGGI E SVANTAGGI
 In Italia le esperienze documentate di applicazione del
case management sono state condotte presso il Reparto
di Medicina dell’Ospedale Maggiore di Bologna e presso

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l’Unità Operativa Post-Acuti (UOPA) di Rimini dove i
risultati hanno documentato un aumento della
soddisfazione degli utenti e ad un miglioramento della
qualità delle cure.
 Uno dei principali svantaggi del modello, è quello di
centrarsi prevalentemente sui problemi finanziari
 Infatti gli studi sin ora condotti negli Stati Uniti
riportano soprattutto i vantaggi finanziari
 Richiede un maggior numero di infermieri
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CHRONIC CARE MODEL

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 Il modello mette al centro il paziente cronico e ha l’obiettivo di
garantire i più alti standard di cura contenendo quanto più possibile i

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costi, sfruttando la ramificazione dei servizi sul territorio e un
maggior coinvolgimento del paziente stesso e dei care givers.
 Il Chronic Care Model ha l’obiettivo di passare da un tipo di

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medicina di attesa…, acuta e reattiva alla malattia ad un tipo di
medicina proattiva, pianificata e ben strutturata. I sei elementi
cardine del modello sono:
 Supporto all’auto cura del paziente
 Risorse della comunità
 Sistemi informativi sanitari
 Modifica al sistema di erogazione dell’assistenza
 Supporto alle decisioni
 Cambiamento dell’organizzazione del sistema sanitario
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BED MANAGEMENT

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 Il bed management appartiene ai nuovi modelli assistenziali così
come il Case management e il Chronic care model.

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 Nasce per fronteggiare una popolazione con età media sempre più
alta e una notevole riduzione dei posti letto.

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 Il bed management ruota intorno alla figura del bed manager che ha
competenze cliniche, relazionali e logistiche che sfrutta i sistemi
informatici di rete per rimanere aggiornato sulla situazione reale dei
letti disponibili.
 Per svolgere la sua attività, comunica con le varie figure presenti
all’interno dell’ospedale.
 Il bed manager rappresenta un ruolo strategico che con il suo
operato incide in maniera netta sul grado di ricettività di una
struttura sanitaria e sulla qualità delle cure erogate.

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INTENSIVE CARE MODEL

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 Le unità operative sono organizzate per aeree omogenee di

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complessità assistenziale.
 Il termine complessità assistenziale include: instabilità clinica,
capacità del paziente di riconoscere i propri bisogni, grado di

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indipendenza dell’assistito.
 L’assistenza è incentrata sul paziente nella sua totalità e nella stesura
di un piano assistenziale personalizzato.
 Vengono riconosciuti 3 livelli assistenziali:
 Alta intensità (degenze intensive e sub intensive)
 Media intensità (degenze al alto grado di assistenza per breve
durata)
 Bassa intensità (degenze a basso grado di assistenza come quelle per
i post acuti.
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I MODELLI IN ITALIA

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 In Italia non emerge un modello organizzativo esemplare verso cui
orientarsi, piuttosto la ricerca e l’integrazione di diverse soluzioni
adattate a quel contesto, a quei pazienti e a quel gruppo

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infermieristico.
 L’assistenza infermieristica è organizzata secondo modelli classici
che responsabilizzano gli infermieri su gruppi di pazienti.
 Questo orientamento andrebbe arricchito con modelli più articolati
orientati a capire come erogare meglio l’assistenza e/o come
organizzare i processi di lavoro di un reparto.

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ESITI/INDICATORI DI QUALITÀ

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 La soddisfazione del paziente,

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 Le cadute, le lesioni da decubito;

 I costi,

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 L’efficienza (riduzione del tempo dedicato a particolari
attività, ad esempio accettazione dei pazienti);
 La riduzione delle riammissioni…?

 La soddisfazione e la stabilità dell’equipe infermieristica

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