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Lifelong Learning:

la formazione e l’istruzione permanente nel mondo della


scuola, dell’università e del lavoro

Silvia Testa: Docente presso L’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e l’Istituto ITS di
Roma, consulente di strategie digitali per PMI e Direttore Tecnico di Tour Operator

Giulia Trombetta: Laureata in PROGEST presso L’Università degli Studi di Roma Tor
Vergata. MSc International Tourism Management Leeds University. Master Responsible
Tourism Management Leeds Beckett University. Master in Green Economy Mackenzie
Presbyterian University

Valentina Fattorello: Laureata in Tourism Management presso Southampton Solent


University, UK.

ABSTRACT:

La società moderna è una società complessa, fluida e dinamica che evolve in maniera
repentina generando, continuamente, nuovi contenuti, nuove emozioni, nuovi interessi
modulando e modificando le abitudini di ognuno di noi. In questo permanente vortice di
evoluzione i profili lavorativi come quelli dell’insegnamento, dalla scuola primaria fino
all’università, sono chiamati a dover modificare il proprio operato per adeguarsi e rispondere
attivamente alle continue sollecitazioni che provengono dal nuovo mercato del lavoro e dalla
società.

Le organizzazioni aziendali sin dagli anni ‘70 hanno dovuto fronteggiare il cambiamento,
passando da un contesto prevedibile e misurabile ad un contesto mutevole e complesso, che
richiede nuovi modelli organizzativi e nuove competenze professionali e trasversali che vanno
sviluppate sin dall’infanzia.

La struttura educativa, nel suo insieme globale, non è esente al cambiamento socio – culturale
al quale stiamo assistendo ed è chiamato, anche lui, a rispondere alle innovazioni che
provengono dal mondo circostante. La scuola, istituzione che per prima vive questa
variazione, fronteggia la trasformazione strutturale costituendosi come un ponte di
collegamento tra il mondo “esterno” e il mondo “accademico” divulgando la conoscenza, la
produzione e diramando il sapere come competenza.

Il processo di Lifelong Learning, come connaturato nella parola stessa, inizia dai primi
contatti con l’ambiente esterno e coinvolge tutta la vita di ogni essere umano. Nei recenti
anni, l’attenzione nei confronti di questo aspetto è cresciuto notevolmente, mostrando i limiti
e le difficoltà per il suo raggiungimento.

Key words: lifelong learning, competenze, competenze trasversali, modelli gerarchici,


organizzazione orizzontale, team

Introduzione

Le politiche nazionali attuate di recente in ambito educativo e di formazione, possono essere


inquadrate nell’ottica più ampia del Lifelong Learing (LLL) che ha come oggetto di
riferimento la persona come soggetto che apprende e trasforma. Tale concetto da un carattere
di trasversalità che coinvolge non solo il settore della formazione scolastica di ogni ordine e
grado, ma anche quello lavorativo e della formazione professionale continua.

Nel report precedente si è trattato l’importanza del carattere trasversale delle competenze
(skills) possedute e/o acquisite dal soggetto durante il percorso lavorativo della sua vita. In
questa sezione si vuole dare risalto a ciò che rappresenta la formazione intesa come istruzione
permanente proveniente dagli istituti scolastici, paritari, di formazione e universitari e come
questa formazione sia oggi indispensabile per inserirsi in innovative imprese che adottano
strutture organizzative orizzontali.

L’analisi dei modelli organizzativi aziendali cercherà di evidenziare come i cambiamenti


socio-economici si ripercuotono sulle imprese e sulle competenze oggi necessarie per inserirsi
nel mondo del lavoro.

Parallelamente, l’analisi delle Istituzioni Scolastiche cercherà di portare alla luce le difficoltà,
i gap presenti e i progressi ottenuti.
Dare sempre maggior rilievo alle competenze trasversali rappresenta un valido mezzo di
contrasto alla crescente disoccupazione, alla crisi sociale e di identità che stiamo vivendo.
Investire sulla formazione significa ridare respiro e nuovi abiti a quelle mansioni che, in un
mondo globalizzato, risultano o potrebbero risultare obsolete.

Per rendere fattibile un tale obiettivo c’è la necessità che ogni individuo possegga un’ottimale
padronanza delle competenze: le competenze non sono altro che le conoscenze acquisite e
raccolte durante la vita di ogni singola persona che formano, al fine, il capitale umano
personale.

La padronanza dei mezzi e delle conoscenze si traduce in una efficace istruzione, pronta a
trasferire sia le nozioni teoriche sia pratiche formulando, nell’individuo, un pensiero
dinamico, critico e flessibile. In ambito regionale, quanto nazionale sono state attuate una
serie di misure volte a ridurre il più possibile il distacco pratico – formativo e rendere
l’accesso alle istruzioni più semplice 1.

Il report seguente non si concentra solo sul concetto di Lifelong Learing e di come questo si
realizzi nel sistema scolastico e universitario, ma pone anche una lente su come ogni singolo
individuo possa valorizzare le sue competenze trasversali.

Si discuterà anche del ruolo e significato del Modelli Gerarchici in ambito di formazione e
istruzione; tale modello è particolarmente adatto per rappresentare situazioni nelle quali è
possibile fornire all’insieme dei dati una struttura nella quale ci sono entità che stanno in alto
ed entità che stanno in basso, secondo uno schema ad albero, nel quale i nodi rappresentano le
entità e gli archi rappresentano le associazioni. Un database gerarchico consiste in una
collezione di record collegati da archi che rappresentano le associazioni.

1 Per quanto riguarda la formazione di competenza regionale, i percorsi di istruzione e formazione professionale,
sia di base che post-qualifica/post-diploma, permettono l'acquisizione di qualifiche professionali e di competenze
spendibili nel mondo del lavoro. In questo senso sono inquadrabili, insieme agli altri percorsi di istruzione e
formazione disponibili nel sistema educativo italiano, in un quadro più generale di LLL. Anche il recente
riconoscimento dei corsi triennali e quadriennali di IeFP come percorsi validi ai fini dell'assolvimento
dell'obbligo di istruzione, va in questa direzione. Per l'istruzione superiore, sono state adottate misure a livello
nazionale per creare opportunità di percorsi flessibili al fine di incoraggiare la partecipazione di gruppi non
rappresentativi di studenti e di riconoscere percorsi di apprendimento pregresso (prior learning). Poi, esistono le
università telematiche riconosciute dal Miur che scelgono le modalità per facilitare l’accesso agli studi e ai
programmi per alcune categorie non avvantaggiate quali studenti-lavoratori, studenti diversamente abili, adulti
ecc. Inoltre, alle università tradizionali è permesso di offrire programmi più flessibili costituendo interi
programmi o solo singoli corsi in modalità e-learning.
In conclusione i tre aspetti trattati saranno racchiusi in un raccordo di osservazioni e analisi
volte a sottolineare come la formazione e lo sviluppo delle competenze diano origine allo
sviluppo delle stesse capacità umane di ri-inventarsi, ri-crearsi quando migliorare il proprio
capitale umano.

Per approfondire tali aspetti partiamo proprio dal passaggio dal concetto di “risorse umane”
tipico del modello organizzativo aziendale “fordista-taylorista”, per giungere al concetto di
“capitale umano” tipico dei modelli organizzativi orizzontali, tecnicamente detti “learning
organization”.

Paragrafo 1 - Le organizzazioni aziendali verticali: prevedibilità e standardizzazione -


Silvia Testa

La gestione delle risorse umane all’interno delle organizzazioni aziendali è da sempre uno
degli aspetti più importanti all’interno dell’impresa perché significa stabilire compiti e
responsabilità di ogni dipendente, regolando e definendo l'attività lavorativa.

Già dai primi anni 2000, però, l’organizzazione aziendale ha iniziato a mutare velocemente,
passando da una struttura verticale ad una orizzontale, come suggella anche la pubblicazione
del Manifesto Agile (AA.VV, 2001).

L’organizzazione “scientifica” del lavoro e la conseguente gestione delle risorse umane ha


inizio con Taylor (2004) e fonda le sue basi sulla società industriale in cui ogni forma di
produzione è basata principalmente sull'utilizzo della tecnologia della catena di montaggio
(assembly-line) al fine di incrementare la produttività.

In questo contesto la parola d’ordine è standardizzazione, al fine di ottenere la massima


efficienza. Il modello “fordista-taylorista”, infatti è verticalmente integrata, per controllare al
meglio tutte le fasi produttive, dall’acquisto delle materie prime alla distribuzione del
prodotto finito. Questo permette una produzione di massa di beni standardizzati, prodotti in
grande quantità grazie all’uso di macchine specializzate (o catena di montaggio).
Nelle organizzazioni aziendali tradizionali non è necessario avere una visione completa del
processo produttivo e per questo l’organizzazione è centralizzata: la strategia viene formulata
dai top manager e imposta all’organizzazione, con una netta divisione tra compiti decisionali
e quelli esecutivi. Secondo questo modello il management sapeva in ogni momento cosa
doveva essere fatto e come; i dipendenti, invece, avevano poche competenze ed erano relegati
ad un ruolo meramente operativo e di manodopera.

Non contano le competenze delle persone ma la performance del sistema e quindi l'unica
metrica di rilevanza è il tempo. Nella catena di montaggio ogni stato di avanzamento della
produzione può essere misurato nel tempo perché il flusso di lavoro è ripetitivo e prevedibile.
L’obiettivo dell’organizzazione aziendale è stabilire “scientificamente” il modo migliore di
produrre (one best way), anche se spesso nella realtà il taylorismo diventa un modo per
comprimere i tempi di lavoro.

Tutto questo ha funzionato perfettamente in uno scenario in cui c'erano solo pochi
cambiamenti diluiti nel tempo e in cui il risultato finale era definito e ben conosciuto fin
dall’inizio.

Già a partire dagli anni ’70 il modello “fordista-taylorista” va in crisi. I motivi sono molteplici
ma è soprattutto il contesto socio-economico a mutare: la saturazione del mercato dei beni di
massa riduce lo stimolo alla crescita del consumo e per questo si sviluppano nuovi modelli
produttivi per rispondere alla saturazione dei beni di massa.

Cresce il reddito e l’istruzione, si affermano nuovi stili di vita orientati alla qualità e alla
personalizzazione, nascono nuove tecnologie e si dà ufficialmente vita alla società post-
industriale.

In un ambiente in rapido cambiamento, come quello in cui viviamo, la prevedibilità e


standardizzazione delle organizzazioni aziendali verticali, lascia il posto alla complessità e
alla personalizzazione delle organizzazioni orizzontali e agili.

Paragrafo 1.1 - Ambienti complessi: il framework Cynefin


Per comprendere i cambiamenti in atto che si ripercuotono inevitabilmente
sull’organizzazione aziendale, ci viene in aiuto il framework Cynefin.

Cynefin (cu-ne-vin) è una parola gallese che si traduce letteralmente come habitat ed è stato
creato da Dave Snowden di Cognitive Edge come uno strumento per aiutare il processo
decisionale negli ambienti sociali complessi (Hasan H., Kazlauskas A., 2014)

Foto: fonte https://www.projectmanagementeuropa.com/cynefin/

Il framework si divide in quattro sistemi:

1. Semplice

Nel dominio semplice vi sono relazioni causa ed effetto che sono prevedibili e ripetibili. E’ il
contesto tipico del sistema “fordista-taylorista”, in cui la “best practice” è la soluzione
prevedibile ad ogni problema produttivo

2. Complicato

Nel dominio complicato ci sono ancora le relazioni causa-effetto ma non sono evidenti e
richiedono competenze per analizzarle. Siamo ancora in un contesto standardizzato ma qui le
hard skills altamente settorializzate e specifiche iniziano ad avere un peso importante
nell’organizzazione aziendale.

3. Complesso

In questo dominio cause ed effetti sono imprevedibili e appaiono ovvi solo a posteriori. Non è
possibile pre-definire il processo perché' ciò significherebbe sapere a priori cosa accadrà: e
qui, molto semplicemente, non lo sappiamo. L’approccio qui è quello di sperimentare-
percepire-rispondere, cioè si dovrà testare per trovare la soluzione migliore: il progetto di
produzione non è predefinito ma si sviluppa in modo iterativo e avvalendosi di team
multidisciplinari strettamente integrati. Nel dominio complesso, inoltre, la gerarchia perde di
efficacia: il lavoro può essere portato a termine solo vivendolo da dentro, e non pilotandolo
dall’alto.

E’ il contesto che caratterizza i nostri giorni e che richiede un’organizzazione aziendale


orizzontale e multidisciplinare, in grado di essere flessibile e rispondere rapidamente alle
sfide odierne.

4. Caotico

Anche se l’affermazione può risultare estrema, in questo dominio non è possibile stabilire
relazioni di causa ed effetto. Il dominio caotico dovrebbe essere introdotto deliberatamente
solo per ragioni di innovazione e chiaramente ciò richiede una notevole propensione al rischio
perché l’azione viene anteposta a qualsiasi progetto, analisi o pianificazione.

Il dominio del complesso rispecchia appieno l’ambiente socio-economico in cui viviamo e ci


aiuta a comprendere come e perché una struttura organizzativa aziendale orizzontale è più
efficiente di una verticale.

Paragrafo 1.2 Le organizzazioni aziendali orizzontali per gestire la complessità


attraverso le T-shaped skills

Passare da un modello semplice o complicato, che è prevedibile, a uno complesso, in cui


diventa molto difficile prevedere i risultati, comporta lo sviluppo di dinamiche e
organizzazioni nuove.
Un aspetto importante di questa evoluzione è legato al sistema organizzativo aziendale: nel
sistema complesso assume importanza il concetto di network, di rete tra i lavoratori coinvolti,
di orizzontalità dei rapporti e si dimostra sempre meno efficace la gerarchia verticale
tradizionale.

Infatti, in un contesto complesso, i manager non sono in grado di rispondere da soli in modo
tempestivo a rischi ed opportunità perché sono richieste molte più competenze ed esperienze
non riassumibili in una sola persona. E’ necessario creare un team multidisciplinare con
competenze ampie e trasversali.

Assume importanza il capitale umano: la persona con le sue competenze e la capacità di


interagire con gli altri. Quindi non solo le hard skills ma anche le soft skills e la
multidisciplinarità. Nasce qui il concetto di T-shaped skills.

La T ha un significato metaforico: l'asta verticale della lettera rappresenta l'approfondimento


delle competenze e dell'esperienza in un dato campo (competenza verticale), mentre la barra
orizzontale (competenze orizzontali o hard skills) rappresenta la capacità di spaziare su
diverse discipline e essere in grado di collaborare in team, per cui assumono sempre più
importanza le soft skills.

Il team orizzontale e multidisciplinare risulta essere l’unica organizzazione in grado di gestire


la complessità: un gruppo paritario e auto-organizzante ha tutte le conoscenze necessarie per
decidere e agire in autonomia e con flessibilità, contribuendo allo sviluppo della strategia con
una visione olistica del progetto. In quest’ottica il manager diventa un facilitatore il cui
compito è comprendere le esigenze dei team e fornire assistenza e servizi, per rendere più
agile l’organizzazione e il raggiungimento degli obiettivi.

Il superamento delle gerarchie tradizionali può essere visto come la chiave evoluzionistica
verso le metodologie agili che si concentrano sulle abilità operative dei singoli, sulle
competenze, sulla cultura aziendale e, solo dopo, sulla pianificazione flessibile del lavoro, al
fine di delineare l'obiettivo finale e una via di massima per raggiungerlo. Le possibili
variazioni per raggiungere tale obiettivo sono le tattiche che non possono essere imposte
dall'alto. La tattica è in carico al team e per questo deve essere consapevole e auto-
organizzato, non un mero gruppo di esecutori alla cieca.
Questo genere di strutture organizzative sono dette tecnicamente learning organization e sono
progettate per l’apprendimento continuo, come unica vera soluzione al cambiamento e al
raggiungimento degli obiettivi.

Paragrafo 2: Lifelong Learning – Giulia Trombetta

Le società attuali e quelle che si stanno configurando, sono sempre più caratterizzate da
complessità e improvvise alterazioni nell’economia, nella tecnologia, nelle politiche nazionali
e globali, nelle relazioni sociali e nei bisogni educativi. Gli ultimi dieci anni sono stati segnati
non solo da una persistente e duratura crisi economica, che ha coinvolto non solo l’Europa,
ma tutte le economie mondiali inficiando innanzitutto il mercato del lavoro.

In parallelo, la povertà non solo economica ma anche culturale e educativa, sta affliggendo in
misura preoccupante gran parte dei paesi sviluppati, con ingenti rischi come l’esclusione
sociale, crisi democratiche e di tolleranza nei confronti dei migranti, minando il processo di
inclusione e interculturalità (Volpicella e Crescenza, 2019).

In questo contesto così multi sfaccettato il concetto di Lifelong Learning è diventato di


importanza cruciale per il benessere sostenibile sia delle persone sia delle società. Proprio per
suo carattere di continuità, l’apprendimento permanente rende fattibile quel continuo
comporre e decomporre delle nozioni acquisite al fine di ottenere il benessere personale e
sociale.

L’ampliamento delle conoscenze dei singoli permette, appunto, di modificare o migliorare un


apprendimento già acquisito e renderlo più adeguato ai nuovi bisogni sociali, lavorativi, di
istruzione o personali, verso il raggiungimento di una visione sostenibile delle società future
(Alenadri, 2019).

Il Lifelong Learning si presenta come un elemento unitario che cambia non solo la prospettiva
formativa dell’individuo, ma anche la prospettiva societaria dell’ambiente in cui vive, anche
se rimane finalizzato al lavoro sia in termini di conoscenza sia di nuova occupazione (Secci,
2013). L’aspetto rivoluzionario di tale percorso è la contaminazione tra le conoscenze
acquisite attraverso la formazione e quelle derivanti dalle esperienze di vita proprio, chiamato
Apprendimento Esperienziale, infatti il Lifelong Learning ha la sua naturale estensione nel
Lifewide Learning 2, la quale rafforza il concetto che la formazione dell’individuo può avere
luogo in tutti gli ambiti e in qualsiasi momento della sua esistenza (Jackson, 2011).

Storicamente il Lifelong Learning vede le sue origini già nei lontani anni ’30 dove il fine era
quello di ampliare l’educazione e la scolarizzazione popolare indirizzandola sia al mondo
industriale quanto a quello agricolo.

Negli anni la sua applicazione ha visto grandi mutamenti e applicazioni, portando risultati di
livelli diversi per ogni nazione sia essa europea sia mondiale. Con l’avvento della costituzione
dell’Unione Europea l’apprendimento permanente è diventato uno dei pilastri fondanti e
fondamentali del processo di unione, tanto che nel Trattato di Maastricht c’è una sezione a
esso dedicato (Giunta La Spada e Brotto, 2011).3

Tra gli obiettivi strategici che l’Unione si è prefissata ricordiamo i tre principali:

● Aumentare la qualità e l’efficacia dei sistemi d’istruzione e di formazione nell’Unione


Europea.
● Facilitare l’accesso ai sistemi di istruzione e formazione.
● Aprire i sistemi di istruzione e formazione al mondo esterno.

Nei documenti europei, si rimarca spesso e volentieri l'importanza di un’adeguata struttura


scolastica, di ogni ordine e grado, per ridurre l'abbandono precoce della scuola, per formare
degli studenti conoscenti del mondo che stanno vivendo e offrire una struttura flessibile e
dinamica, così, da ridurre l’eventuale gap formativo esistente tra i diversi Stati Membri.

2 Lifewide Learning si riferisce alla dimensione orizzontale in quanto fa riferimento a tutti i contesti di vita e
rappresenta il superamento dei luoghi deputati all’apprendimento, per cui oltre al contesto formale si tende a
valorizzare ogni esperienza di vita (informale e non formale). Riguarda la larghezza o ampiezza della vita, cioè i
vari contesti. Pertanto, l’espressione completa diventa lifelong lifewide learning, con cui tempi e spazi
dell’apprendimento si allargano sino a comprendere ogni ambito di vita e ogni tempo del soggetto (dimensione
verticale e orizzontale). La dimensione del Lifewide Learning evidenzia che l’apprendimento avviene in
un’ampia varietà di ambienti e contesti: lavoro, vita sociale, famiglia e non è solo limitato all’educazione e non è
necessariamente intenzionale (Jackson, 2011).

3 Significativa è la stesura del Libro Bianco del 1996 dove si accenna alla necessità di costituire una società della
conoscenza: da questo momento no si userà più né si parlerà di educazione, ma ci si riferirà alla nozione di
apprendimento (Commisione Europea, 1995). Così come lo ha segnato la Conferenza di Lisbona del 2000, nella
quale il Lifelong Learning diventa il mezzo indispensabile per promuovere la coesione sociale, la cittadinanza
attiva, la realizzazione personale e professionale, adattabilità e occupabilità (Consiglio Europeo, 2000).
In ambito di formazione e creazione di competenze durature, invece, un ruolo centrale è
ricoperto dall’apprendimento del singolo individuo, che si divide in formale, non formale e
informale. Al primo si riferisce al “bagaglio delle conoscenze ottenute nel sistema di
istruzione e formazione scolasti sta e nelle università”. L’apprendimento non formale si
realizza attraverso “la scelta non intenzionale compiuta dalla persona stessa che persegue
scopi educativi e formativi”. L’apprendimento informale, invece, si realizza “nello
svolgimento di attività quotidiane, lavorative, familiari e nel tempo libero”4 .

Il processo fin qui descritto ha origine in quella che oggi si definisce la società della
conoscenza (learning society), che come scritto poc'anzi, era un obiettivo presente in Europa
già dal post dopoguerra: ossia la costituzione di una società in cui apprendere è la condizione
fondamentale per vivere al suo interno e stare al passo dei cambiamenti e non subirli (Piazza,
2012).

Paragrafo 2.1: L’apprendimento permanente in Italia: limiti e potenzialità

Le politiche nazionali attuate fino a ora in ambito educativo possono essere tutte inquadrate
nell’ottica del processo dell’apprendimento continuativo. Tuttavia l’attuazione delle strategie
che provengono dall’Unione Europea hanno come riferimento la persona come un soggetto
che apprende continuamente e in diverse forme, ha un carattere di trasversalità che coinvolge
non solo il settore scolastico, ma anche quello lavorativo e della formazione professionale
continua (Conferenza Unificata Stato – Regioni, 2000).

Con la Legge n° 53/2003 riguardante l’intero sistema di istruzione e formazione, sono state
introdotte alcune novità importanti che possono essere inquadrate in una politica generale del
Lifelong Learning italiano. Con l’Intesa in Conferenza Unificata del 20 dicembre 2012 è
stato istituito Il Tavolo Interistituzionale sull’Apprendimento Permanente, che ha il compito,
tra gli altri, di elaborare “proposte per la definizione degli standard minimi e linee strategiche

4 Già con la legge n. 53/2003 di riforma dell'intero sistema di istruzione e formazione, sono state introdotte
alcune novità importanti che possono essere inquadrate in una politica generale di LLL. Successivamente il
Decreto Legislativo 13/2013, emanato a supporto della legge sopracitata, si propone come obiettivo di dare
sempre più valenza alle competenze trasversali possedute o acquisite dal soggetto durante il suo percorso di vita.
Il decreto. infatti, delinea le norme generali sul Sistema Nazionale di Certificazione delle Competenze.
di intervento in ordine ai servizi per l’apprendimento permanente e all’organizzazione delle
reti territoriali”.

A livello legislativo l’Italia mostra un tessuto ben articolato che ha risposto, fino a ora, in
maniera attiva e corrispondente alle richieste proveniente dall’Unione Europea,
dimostrandosi, altresì, il Paese Membro che meglio ha risposta alla necessità di cambiamento
e adeguamento del processo formativo alla società nascente (ISFOL, 2003).

Nonostante l’assetto legislativo la nostra nazione mostra ancora grandi difficoltà a conciliare
la formazione e l’istruzione permanente scolastica e universitaria e il mondo del lavoro. I
recenti dati pubblicati dall’OCSE mostrano che gran parte delle professioni in Italia sono a
rischio di automazione proprio per la scarsa preparazione tecnica delle figure quanto anche la
mancanza delle competenze trasversali, oggi principali fattore di distinzione e arricchimento
personale (Osservatorio ANEE/ASSINFORM, 2005).

La motivazione è da ricercare nel mancato adeguamento del settore formativo al mercato del
lavoro e al recepimento attivo delle richieste provenienti anche dai ministeri quanto
dall’Unione Europea. L’Italia si trova a immettere sul mercato persone altamente formate a
livello teorico, ma in ritardo da un punto di vista pratico; le università non sono ancora
all’altezza del cambiamento che la società attuale e le società future richiedono. La
burocrazia, i tempi lunghi di realizzazione, la poca inclinazione dei professori ad abbandonare
i tradizionali metodi di insegnamento e la carenza dei mezzi rendono il nostro sistema vecchio
e lento (Secci, 2013).

Purtroppo la stessa situazione si rispecchia anche nell’istruzione scolastica che dovrebbe


preparare gli alunni sia al mondo del lavoro, vedi per esempio gli istituti professionali, sia al
mondo universitario dotando gli stessi di conoscenze tanto teoriche quanto pratiche.
Bisognerebbe lavorare proprio sull’implementazione della formazione degli insegnanti per
poi passare a quelli degli alunni e degli adulti già formati: bisognerebbe arrivare a un sistema
di istruzione circolare dove la persona è il centro dello sviluppo cognitivo e emozionale
(Spada Chiodo, 2020).
Paragrafo 2.2 I modelli di apprendimenti nel Lifelong Learning

All’interno del processo del Lifelong Learning i modelli di formazione rappresentano dei
punti di riferimento sia pedagogico sia psicologico che garantiscono coerenza e congruenza
fra metodi e obiettivi che meglio si addicono a un determinato contesto professionale (Dozza
e Ulivieri, 2013).

Il processo di apprendimento è il momento più delicato di tutta la formazione continua e il


ruolo rivestito dall’educatore è centrale e di rilievo. In questa sezione riepiloghiamo i modelli
di riferimento che meglio concretizzano il concetto di Lifelong Learning:

● Apprendere ad apprendere è una condizione che permette di rinnovare se stesso e le


proprie conoscenze ogni qual volta ce ne sia la necessità, grazie all'acquisizione di una
sorta di chiave interpretativa che ci fornisce il giusto approccio teorico per affrontare il
cambiamento. Non più quindi l'acquisizione di conoscenze una volta per tutte nella
vita (tradizionale corso di studi), ma un continuo apprendimento che ci coinvolge nelle
sempre nuove sfide sociali delle cosiddette società complesse (Milana, Klatt e
Vetrella, 20202).

● La globalizzazione e i nuovi metodi di apprendimento che comporta non solo


l'allargamento del mercato del lavoro, e quindi l'esigenza sempre maggiore di
aggiornare costantemente il proprio bagaglio culturale e professionale, ma anche
l'introduzione sempre più frequente di innovazioni che spingono e quasi obbligano
l'individuo a tenersi al passo col cambiamento. C'è inoltre da prendere in
considerazione il forte invecchiamento della popolazione lavoratrice italiana che porta
a questa necessità di “imparare sempre” (Milana, Klatt e Vetrella, 20202).

Paragrafo 2.3 La valorizzazione delle Soft Skills – Valentina Fattorello

Abbiamo parlato molto dell’evoluzione che il mondo del lavoro ma anche la nostra
quotidianità sta affrontando. Le nostre abilità si trasformano e si adattano passando da
estremamente tecniche a più fluide e dinamiche, personali e sociali, inclusive e tecnologiche.
La cosa più importante è che alcune soft skills che tanto esaltiamo già fanno parte della nostra
quotidianità o comunque sono state acquisite con le esperienze vissute/che stiamo vivendo nel
presente: può sembrare strano ma non serve un tirocinio specifico, una posizione in una
grande azienda o un corso costoso e d’elite. Molte soft skills già ci appartengono e sta a noi
capire come valorizzarle nel momento della stesura del cv o del colloquio. Avere competenze
trasversali vuol dire proprio questo: allenare la mente ad essere il più aperta possibile,
imparare continuamente lasciandoci influenzare da tante esperienze e situazioni (di vita, di
lavoro, di lettura etc) anche le più lontane dalle nostre specializzazioni.

Per rendere più semplice il concetto abbiamo preparato due Mind Maps per comprendere
quali sono le soft skills che si apprendono svolgendo un lavoro di customer service o
all'università. Anche le esperienze che riteniamo meno importanti sono al contrario vitali,
dobbiamo solo saperci vendere.
Conclusione - Giulia Trombetta e Valentina Fattorello

La ricerca scientifica evolve in tutti i campi dalla vita quotidiana, all’istruzione, alla
socializzazione, alla pedagogia fino all’istruzione a una velocità quasi impossibile da tenere il
passo. La digitalizzazione e l’automazione dei processi lavorativi e cognitivi rende necessario
adattare, continuamente, le competenze acquisite in maniera permanente. L’intelligenza
artificiale quanto la formazione e l’istruzione permanente sono dei validi supporti alle risorse
umane creando una base di conoscenza dinamica e condivisa.

Investire strutturalmente nella formazione e nell’istruzione significa non solo preparare


accademicamente i ragazzi del futuro, ma dotarli di una percezione dinamica e fluttuante del
mondo che li circonda, rendendoli consapevoli delle loro azioni quanto dei cittadini attivi e
presenti sulle questioni sociali che li coinvolgono.
La scuola quanto l’università dovrebbero essere i luoghi prediletti di tale formazioni e
costruzione del loro Io sociale. L’Unione Europea quanto l’Italia, nazione per noi di
riferimento, lavorano affinché il concetto di Lifelong Learning si trasformi in un’azione
pratica e continuativa.

Purtroppo il nostro sistema scolastico e universitario mostra ancora barriere difficile da


superare o aggirare che aumentano ancora di più il gap tra mondo del lavoro e quello
dell’istruzione rendendo sempre più possibile la perdita di alcuni posti di lavoro per
l’introduzione di mezzi automatizzati.

Appurato che il sistema attuale italiano non facilita questo percorso, riconoscere l’importanza
del lifelong learning è già un grande passo verso una migliore versione della nostra figura
professionale e personale. Come scrisse Luca Foresti per Econopoly del sole 24 ore, “Se un
tempo la vita consisteva in due fasi, l’apprendimento e poi il lavoro, oggi la vita consiste in
una fase sola: apprendimento e esperienza concreta sempre”, ciò significa che gli studenti
devono implementare esperienze lavorative al loro percorsi di studi (e come abbiamo
dimostrato prima tutte le esperienze ci insegnano qualcosa, anche se non strettamente inerenti
al nostro percorso) e i professionisti dovranno continuare ad aggiornarsi per tutta la vita.

Le basi di marketing ci insegnano che la differenziazione di un prodotto/servizio è la cosa più


importante per farci riconoscere dai clienti e guadagnare un vantaggio competitivo, noi in
questo caso dobbiamo fare lo stesso: crescere, imparare e continuare a formarci per essere
sempre all’altezza del mercato attuale (formativo, professionale e sociale).
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