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scienza dell’Amministrazione.
1. Introduzione
Riconoscimento facciale, data mining, videosorveglianza; strumenti di
controllo sociale come questi non sono dispositivi futuristici, ma una
realtà sempre più concreta, che ci permette di affrontare un’analisi
riguardo il futuro sviluppo del rapporto tra autorità e cittadini nell’era
dell’intelligenza artificiale.
Il governo cinese ha rafforzato il suo già stretto controllo su Internet e
le comunicazioni digitali. Vi sono un miliardo di utenti Internet in Cina
e ciò che questi possono o non possono fare è il risultato di una
regolamentazione estremamente rigida.
I leader del Partito Comunista Cinese (PCC) mirano a implementare un
network di telecamere di sorveglianza che è stato descritto come
“onnipresente, sempre connesso e sempre in funzione”.
Questa prospettiva non lascia presagire sviluppi positivi con
riferimento ai diritti fondamentali e alla libertà individuale degli 1.4
miliardi di cittadini cinesi.
In questo scritto, affronterò le principali tematiche riguardanti le tecniche
di controllo sociale, censura e sorveglianza informatica utilizzate dal
Partito Comunista Cinese sui propri cittadini, al fine di reprimere il
dissenso politico e garantire la stabilità sociale ed economica del Paese.
Internet è arrivato in Cina nel 1994, sotto la presidenza di Jiang Zemin, la
cui decisione di sviluppare Internet è stata pesantemente influenzata dalla
teoria della “terza ondata” di Alvin Toffler, secondo la quale il mondo si
stava allontanando dall’Era industriale (definita la “seconda ondata”), per
avvicinarsi sempre di più all’Era informatica.
La presenza di Internet in Cina venne considerata fondamentale per
garantire la competitività della sua economia.
L’idea di importare nuove tecnologie per incrementare la produttività,
comunque, non fu una novità: già dal 1979 Deng Xiaoping implementò la
c.d. Open Door policy per consentire l’importazione di tecnologie e per
assicurare alla nazione l’accesso al commercio internazionale e agli
investimenti da parte di stranieri. Successivamente alla Open Door policy,
il governo cinese ha faticato a mantenere l’equilibrio tra l’apertura ai
mercati mondiali e il tentativo di limitare l’influenza che l’ideologia
occidentale esercita sul suo popolo.
Deng Xiaoping tentò di spiegare la situazione attraverso una metafora,
sostenendo che: “quando apri la finestra per un po’ di aria fresca, entrano anche
delle mosche”.
Proprio nel tentativo di tenere queste “mosche” lontane, il Ministero
di Pubblica Sicurezza cinese, nei primi anni 2000, avviò il Golden
Shield Project, che diverrà poi il c.d. “Great Firewall of China”.
Questo progetto pone uno dei quesiti più significativi della storia
moderna: da un lato, il governo cinese desidera utilizzare l’informatica
e Internet per guidare la sua espansione economica; dall’altro, l’utilizzo di
Internet inevitabilmente incoraggia il confronto e lo scambio di idee
come strumenti per la democratizzazione della società.
In altre parole, nonostante Internet sia estremamente importante per
l’economia cinese, la sua stessa esistenza espone a rischio la stabilità
politica della nazione.
La Cina è quindi alla costante ricerca di un equilibrio da queste due
finalità: da un lato, garantire la competitività della propria economia
attraverso l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia; dall’ altro, mantenere
il controllo sui propri cittadini attraverso la censura dei contenuti
ritenuti pericolosi per la stabilità del Paese.
2. La censura
Sin dalla sua creazione, la Repubblica Popolare Cinese utilizza la
censura come strumento di controllo dell’opinione pubblica.
Questo controllo così pervasivo è finalizzato sostanzialmente
all’identificazione e alla marginalizzazione dei dissidenti politici.
L’avvento di Internet ha consentito agli individui di disseminare
informazioni e di esprimere opinioni critiche nei confronti del
governo, restando sostanzialmente impuniti. Xi Jinping, attuale leader
del PCC, successivamente ad alcune manifestazioni non autorizzate
organizzate tramite l’utilizzo di applicazioni di messaggistica
istantanea, ha avviato una politica di repressione, applicando alle
piattaforme social le stesse tecniche di censura con cui il Partito
storicamente ha efficacemente “imbavagliato” i media tradizionali.
Nella sua fase iniziale, l’implementazione di questa policy ha richiesto
uno sforzo economico non indifferente; si è resa necessaria la
creazione di una complessa infrastruttura, in grado di monitorare
l’intero traffico Internet nazionale.
Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, si è resa possibile la
correlazione di una grande mole di dati, consentendo al Partito di
effettuare un controllo ancor più pervasivo sulla vita dei propri
cittadini.
Nel capitolo che segue, tratterò lo strumento primario tramite il quale il
PCC svolge tale attività di sorveglianza: il c.d. “grande firewall
cinese”; secondo la CNN, il meccanismo di censura più costoso ed
avanzato al mondo.
3. Il panorama legislativo
Il governo cinese difende il proprio diritto di applicare la censura come
un’espressione della propria sovranità.
In un disegno di legge del 2010, Internet è stato definito come “la
cristallizzazione del sapere umano”. Successivamente, nel medesimo
documento, il governo ha enunciato i motivi per cui i propri cittadini non
possono avere accesso incontrollato a tale sapere. Il riferimento
legislativo più rilevante in materia di censura è la Sezione 5 delle
Computer Information Network and Internet Security, Protection, and
Management Regulations, emessa in forma di ordinanza nel dicembre
del 1997.
La regolamentazione fornisce una prima definizione delle attività online
considerate pericolose, e dispone che nessuna entità o individuo può
utilizzare Internet per creare, replicare o diffondere le seguenti
informazioni:
- incitare la resistenza al rispetto della legge e della Costituzione;
- incitare alla ribellione nei confronti del Governo;
- promuovere la divisione della nazione;
- promuovere l’odio nei confronti di gruppi etnici;
- diffondere notizie false;
- diffondere oscenità, materiale pornografico, materiale relativo
al gioco d’azzardo, incoraggiare la commissione di crimini;
- diffondere notizie con l’intento di diffamare un individuo;
- esprimere opinioni critiche nei confronti del Partito.
L’ordine del Consiglio di Stato n. 292, emanato nel settembre del 2000,
ha stabilito, inoltre, diverse regole per i provider di contenuti Internet.
Il testo prevede il divieto per i siti web cinesi di diffondere news
provenienti dall’estero senzauna specifica approvazione da parte del
Partito.
Ai siti web sprovvisti di tale autorizzazione è consentito pubblicare
esclusivamente notizie già diffuse al pubblico attraverso i canali
governativi. L’art. 11 del testo di legge stabilisce che i provider di
contenuti sono “responsabili della legalità di ogni informazione diffusa
attraverso i propri servizi7”. L’art. 14 permette agli ufficiali del governo di
accedere a qualsiasi tipo di informazione sensibile posseduta dai provider
di servizi Internet.
4. I contenuti censurati
Uno studio dell’Università di Harvard ha concluso che almeno 18.000
siti web sono inaccessibili dalla Cina e tra questi figurano 12 dei 100
siti web più frequentati al mondo.
Xinhua, l’agenzia di stampa del governo cinese, ha dichiarato che la
censura colpisce solo “materiale pornografico, violento e altre informazioni
dannose”. Questa affermazione, oltre che estremamente generica, appare
infondata, in quanto il provider di e-mail Gmail risulta anch’esso
bloccato dal firewall, pur non rientrando in nessuna delle categorie
succitate. Allo stesso modo, vengono bloccati siti web contenenti
informazioni riguardo la religione del Falun Gong, una pratica la cui
popolarità ha destato l’attenzione del PCC; risultano inoltre inaccessibili le
informazioni riguardo le proteste di Piazza Tiananmen del 1989; quelle
sull’indipendenza di Taiwan e del Tibet e ogni altro avversario
politico del regime.
I siti web del New York Times, della BBC, di Bloomberg, di Google e
Wikipedia sono stati censurati in modo permanente.
Un ulteriore studio del 2012 ha rilevato che circa il 13% dei post online
risulta bloccato. La censura si concentra maggiormente su ogni forma di
incitamento all’azione collettiva, senza distinzione di sorta,
dall’incitamento alla rivolta fino alla semplice organizzazione di un
party per divertimento.
Lo studio suddetto ha rilevato, inoltre, che molti dei post critici nei
confronti del governo vengono rimossi solo se accompagnati da una
chiamata all’azione collettiva; è stato possibile constatare che i post più
colpiti dalla censura sono proprio quelli diretti a provocare una reazione
da parte del pubblico, a prescindere dal fatto che il loro contenuto sia
esplicitamente critico nei confronti del governo.
Per effettuare la censura dei post dai social network, il governo o l’azienda
proprietaria della piattaforma creano una task force adibita alla lettura ed
all’analisi dei singoli post che violano la policy governativa oppure i
post vengono bloccati da un’intelligenza artificiale, attraverso il
rilevamento di parole chiave (c.d. keyword filters), ritenute indice di
possibile contenuto sgradito. Con la precisazione che l’elenco delle parole
critiche viene continuamente aggiornato, in relazione agli eventi politici e
sociali che nel tempo possono verificarsi.
a. IP blocking;
b. IP address misdirection;
c. Data filtering.
IP Blocking
Con questo metodo, l’accesso a certi indirizzi IP è interrotto dal
firewall. Questo significa prevenire qualsiasi tipo di accesso da parte
dell’utente ad un computer remoto, posto che il firewall intercetta tutti i dati
inviati e ricevuti da computer all’interno della rete.
IP Address Misdirection
Questa tecnica, chiamata anche “dirottamento di URL”, consente al
governo cinese di reindirizzare un dominio internet a un “finto” sito
web, che non contiene le informazioni ritenute sensibili presenti sulla
pagina originale.
Quindi, prima ancora che il sito web reale possa ricevere la richiesta
dell’utente, il sistema crea una risposta falsa alla richiesta di
consultazione del sito web da parte dell’utente, che si ritroverà
dirottato su una pagina creata ad hoc, contenente informazioni
artefatte.
Data Filtering
Il firewall esamina il contenuto dell’URL richiesto dall’utente e i
metadati che accompagnano tale richiesta. Queste tecniche vengono
chiamate rispettivamente URL filtering e Packet filtering.
Ad esempio, avviando una ricerca in Internet con i termini “Piazza
Tiananmen”, il motore di ricerca crea una richiesta URL formata da
“Piazza + Tiananmen” che viene intercettata dal firewall e da questo
bloccata.
10. Conclusione
Gli aspetti sopra brevemente esposti inducono, quindi, a ritenere che la
Cina sia ben lontana dagli standard di tutela dei dati personali
recentemente definiti a livello europeo. Finché i vertici del PCC
continueranno a considerare l’influenza delle democrazie occidentali
come un pericolo alla conservazione del potere, il diritto dei cittadini
cinesi ad accedere alle risorse che Internet mette a disposizione resterà
fortemente limitato, e con ciò anche il loro fondamentale diritto di
informazione e di espressione.