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LA TURCHIA

1_ AMNESTY INTERNATIONAL E IL REPORT SULLA TURCHIA


Il Rapporto 2019-2020 di Amnesty International denuncia una grave violazione dei diritti umani su tutto il
territorio turco: migliaia di persone sono rimaste in custodia cautelare per periodi dalla durata punitiva,
spesso in assenza di prove sostanziali che dimostrassero la presenza di un qualche reato riconosciuto dal
diritto internazionale. La condizione sociale, economica e culturale della donna è fortemente turbata, i diritti
alla libertà d’espressione e riunione pacifica sono stati fortemente limitati e le persone considerate critiche
nei confronti dell’attuale governo sono state detenute o hanno dovuto affrontare accuse penali infondate. Le
autorità hanno continuato a vietare arbitrariamente le manifestazioni e a fare ricorso all’uso eccessivo e non
necessario della forza per disperdere dimostranti pacifici; sono emerse inoltre denunce di tortura e sparizione
forzata, e infine la Turchia ha respinto con la forza i rifugiati siriani, sebbene abbia continuato ad ospitare il
più alto numero di rifugiati rispetto ad ogni altro Paese al mondo.
2_ LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE
Il governo autoritario del presidente Recep Tayyip Erdogan ha regolarmente preso di mira presunti critici del
governo e oppositori politici esercitando un forte controllo sui media e sulla magistratura mediante
l’emanazione di una nuova legge, la quale conferisce alle autorità ulteriori poteri per censurare il giornalismo
indipendente e limitare il diritto all’informazione. I media indipendenti in Turchia operano principalmente
tramite piattaforme online, con le autorità che ordinano costantemente la rimozione di contenuti ostili e
perseguono i giornalisti. Il governo ha inoltre applicato un regolamento che impone ai mass media
l’acquisizione di licenze rilasciate dal Consiglio supremo della radio e della televisione (RTUK) prima della
pubblicazione di eventuali notizie online. Di particolare preoccupazione è stato infine il pacchetto di
emendamenti legali che ha rafforzato il controllo sui siti di notizie online e ha introdotto il reato vago e
ampiamente delineato di "diffusione di informazioni false", punibile con la reclusione da uno a tre anni.
Migliaia di persone ogni anno affrontano già l'arresto e il processo per i loro post sui social media,
generalmente accusati di diffamazione, insulto al presidente, fomento dell'odio o diffusione di propaganda
terroristica. Le autorità provinciali vietano inoltre proteste e assemblee dei collegi elettorali critici nei
confronti del governo.
3_ L’OPPRESSIONE DEI DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI Il
25 aprile, un tribunale di Istanbul ha condannato all’ergastolo - con l'accusa di aver tentato di rovesciare il
governo - il difensore dei diritti umani Osman Kavala e, con egli, anche 7 coimputati a pene detentive di 18
anni per presunto favoreggiamento. Le condanne appena enunciate ignorano in maniera flagrante la
decisione del Consiglio d'Europa di avviare una procedura d'infrazione contro la Turchia per aver violato una
sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), la quale ordinava l'immediato rilascio di Kavala
per insufficienza di prove. Le autorità hanno infatti continuato ad utilizzare accuse di terrorismo e
diffamazione per vessare i difensori dei diritti umani e violare loro la possibilità di riunirsi. Tuttavia a
novembre, la Corte di cassazione si sentì costretta ad intervenire e stabilì l’annullamento delle condanne
illecite di Taner Kilic e altri tre imputati. Kilic era stato condannato con false accuse di appartenenza a
un'organizzazione terroristica e gli altri tre per favoreggiamento del terrorismo a causa della loro
partecipazione a un seminario sull'educazione ai diritti umani. La Corte EDU ha infine definito nel maggio
2022 che Kilic era stato detenuto arbitrariamente e che la sua libertà di espressione era stata violata.
4_ I DIRITTI DELLE DONNE “Per
tutelare le donne non è necessario cercare rimedi esterni o imitare gli altri”. Con questa scarna dichiarazione
il presidente Erdoğan ha deciso di ritirare la Turchia dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla
prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne. Tale decisione ha continuato ad essere apertamente
osteggiata da gran parte della popolazione; tuttavia a luglio, in risposta a molteplici ricorsi legali, il più alto
tribunale amministrativo del Paese ha stabilito che il ritiro dalla convenzione con decreto presidenziale era
stato legittimo. Così, il Comitato delle Nazioni Unite per l'eliminazione della discriminazione contro le
donne (CEDAW) ha invitato il governo a revocare il provvedimento adottato, osservando che il suo ritiro
"indebolisce ulteriormente la protezione delle donne e incoraggia gli autori a praticarla". Con il passare degli
anni, il numero dei femminicidi è aumentato. In assenza di statistiche ufficiali, la rete d’informazione
indipendente Bianet ne registra 339 nel 2021, contro i 284 del 2020. “Le statistiche sono probabilmente
sottostimate”, lamenta Elif Ege, dipendente di Mor Çati, la prima associazione femminista in Turchia.
Secondo l’attivista, le dichiarazioni dei politici contribuiscono ad incrementare il fenomeno: “Il governo
vuole risolvere le violenze contro le donne preservando il modello familiare tradizionale. La polizia e i
giudici cercano di portare la pace tra le coppie perché ritengono che il nucleo familiare sia importante”. In
Turchia, l’idea tradizionale di genere ha dominato questi ultimi decenni, conferendo minore rilevanza alla
violenza sistematica perpetrata nei confronti delle donne.
5_ La Turchia continua ad ospitare il maggior numero di rifugiati al mondo, circa 3,6 milioni dalla Siria - a
cui è stato concesso lo status di protezione temporanea - e oltre 320.000 dall’Afghanistan, dall’Iraq e da
numerosi altri paesi extraeuropei. Con i politici dell'opposizione che alimentano sempre più il sentimento
anti-rifugiato sostenendo il ritorno dei siriani nella Siria dilaniata dalla guerra, il presidente Erdogan ha
risposto difendendo pubblicamente i rifugiati, ma anche giurando di reinsediarne un milione nella zona
settentrionale del Paese confinante, affermando che la scelta sarà volontaria. Nel rapporto redatto da Human
Rights Watch si legge invece che i profughi sono stati costretti a firmare moduli che non hanno potuto
leggere e che quanti si rifiutavano di firmare venivano oppressi dalla polizia. A quanto sembra questi
documenti sancivano il consenso al rimpatrio. Centinaia di uomini siriani e alcuni ragazzi sono stati così
deportati illegalmente e spesso detenuti arbitrariamente; i rifugiati intervistati per il report riferiscono che
questa situazione costringe ancora la grande maggioranza degli immigrati a vivere chiusi in casa, limitando il
più possibile i contatti con la popolazione e le autorità turche. Infine, per quanto riguarda gli afgani,
soventemente non sono stati in grado di registrare le domande di asilo e sono stati respinti con maggiore
rilevanza al confine tra Turchia e Iran.
6_ Orientamento sessuale e identità di genere
Il governo di Erdogan ha dimostrato una crescente disponibilità a sostenere discorsi di odio contro lesbiche,
gay, bisessuali e transgender (LGBT) che fomentano la polarizzazione della società. Il ministro dell'Interno
ha tenuto discorsi pubblici che includevano contenuti direttamente anti-LGBT almeno cinque volte. A
settembre, l'organo di controllo della radiodiffusione statale ha approvato la trasmissione pubblica di un
video, prodotto privatamente per pubblicizzare un evento organizzato da una piattaforma anti-LGBT a
Istanbul. Il video descriveva tali individui come un virus distruttivo per le famiglie.
“Devi restare in famiglia e obbedire agli ordini. È questa la lingua ufficiale del governo”, afferma Ipek
Bozkurt, avvocata e attivista dei diritti delle donne, che di recente ha fatto parte del film documentario
candidato all’Oscar.

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