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ONG E MIGRANTI:

Amnesty
International, Oxfam,
Human Rights Watch
Pubblicato 5 anni fa — 45 min di lettura
Di Francesca Totolo

(Come operano, chi le


finanzia e i punti oscuri)

Amnesty International
Amnesty International è un'organizzazione non
governativa internazionale impegnata nella difesa
dei diritti umani. Lo scopo di Amnesty
International è quello di promuovere, "in maniera
indipendente e imparziale", il rispetto dei diritti
sanciti nella Dichiarazione universale dei
diritti umani e quello di prevenirne specifiche
violazioni. Fondata il 28 maggio 1961 dall'avvocato
inglese Peter Benenson, l'organizzazione conta
oggi oltre sette milioni di soci sostenitori, che
risiedono in più di 150 nazioni.

Ogni gruppo Amnesty riceve periodicamente delle


missioni dai coordinamenti nazionali e dal
segretariato internazionale; il principale compito
di ogni gruppo è quello di "coinvolgere
la popolazione" del proprio territorio di
competenza su tematiche generali o casi specifici
assegnati. La trasformazione delle
informazioni raccolte in effettiva pressione
verso i governi trasgressori passa proprio
attraverso un capillare coinvolgimento
dell'opinione pubblica sul territorio. I gruppi
Amnesty provvedono tra l'altro ad attività di
raccolta fondi e di addestramento dei nuovi soci,
rappresentano quindi a tutti gli effetti il
“movimento sul territorio".

L’ufficio centrale, situato a Londra, predispone


gran parte del lavoro di ricerca sulle violazioni dei
diritti umani nel mondo, e stabilisce le grandi
campagne e le azioni prioritarie su cui lavorano le
sezioni nazionali in modo coordinato per ottenere
un impatto maggiore. Il capo di questa struttura è
il Segretario generale, responsabile della
conduzione quotidiana degli affari del movimento
nonché primo portavoce di Amnesty International
nel mondo. Dal 2010 il Segretario generale è Salil
Shetty.

Per ampliare la loro influenza e la loro influenza,


Amnesty International sviluppa dei programmi
educativi che mirano a favorire la presa di
coscienza di individui, gruppi e comunità mediante
la crescita delle conoscenze, delle abilità e delle
attitudini coerentemente con i principi riconosciuti
a livello internazionale in materia di diritti umani.
Amnesty reputa che l’educazione riguardo i diritti
umani sia importante ad ogni età: questo è il
motivo per cui le loro risorse educative si
indirizzano sia ai bambini, anche piccoli, sia
agli adulti, sia professionisti mettendo a
disposizione tutto il necessario per realizzare
incontri, workshop e lezioni.

Amnesty International afferma che tutte le


missioni sono basate su fatti documentati. I
ricercatori sul campo verificano e segnalano le
violazioni dei diritti umani così da poter sviluppare
e implementare campagne, petizioni,
manifestazioni e pressione sulle istituzioni.

Amnesty International dichiara: “Siamo


indipendenti da qualsiasi governo,
ideologia politica, interesse economico e
religione, e ci finanziamo principalmente
grazie ai nostri soci e a donazioni
private”[1].

Campagne di Amnesty
International riguardanti i
migranti: IWelcome
Presupposti della campagna: nonostante la
gravità della situazione in atto, i paesi più ricchi
continuano ancora oggi a privilegiare le
politiche e le misure atte a bloccare il
movimento dei rifugiati e dei migranti,
spesso delegando ad altri stati situati nelle regioni
più vicine alle aree in guerra la responsabilità per
l’accoglienza delle persone bisognose di
protezione: soltanto il 18% dei rifugiati trova
ospitalità nelle aree più ricche del mondo,
mentre il resto rimane confinato in paesi a basso e
a medio reddito, come il Kenya, la Turchia e il
Libano. L’Europa ospita il 6% dei migranti: circa
un milione tra queste persone è a rischio
imminente di ulteriori abusi e violazioni di diritti
umani, come donne a rischio di violenza o
sfruttamento, minori non accompagnati e
persone con disabilità. Gli Stati più ricchi
potrebbero offrire protezione immediata attraverso
politiche di reinsediamento. Ciò significa che
le persone identificate dall’Agenzia per i rifugiati
delle Nazioni Unite (UNHCR) come
particolarmente vulnerabili avrebbero la possibilità
di accedere in Italia o in altri paesi sicuri in
maniera del tutto legale e sicura. Tuttavia, a fronte
delle necessità dei rifugiati, gli impegni di
reinsediamento globali ammontano ad una quota
pari poco più a 100.000 unità.

Richieste generali: Amnesty International


chiede passi concreti per fermare le morti
dei migranti e per trovare una soluzione più
sostenibile che tenga conto della necessità
primaria di chiedere protezione ad un Paese
diverso dal proprio, senza dover mettere a
repentaglio la vita. Ad una crisi globale devono
corrispondere risposte globali. È cruciale che i
leader mondiali aumentino il loro impegno
per stabilire o per incrementare vie legali e
sicure di accesso per i rifugiati. Occorre
aumentare urgentemente il numero di posti
disponibili per il reinsediamento dei rifugiati ed
attivare meccanismi più veloci ed efficaci
per il rilascio di visti umanitari, per il
ricongiungimento familiare e per motivi di
studio o di salute.[2]

Amnesty, il Mediterraneo e l’Italia: negli


ultimi anni, centinaia di migliaia di rifugiati e
richiedenti asilo in fuga da conflitti, violazioni dei
diritti umani e persecuzioni, hanno messo a
rischio la propria vita in cerca di sicurezza e
protezione. Hanno vissuto abusi, estorsioni e
violenza nei paesi d’origine e lungo tutto il
percorso. Molti di loro hanno perso la vita nel
tragitto. I governi dei paesi più ricchi, l’Italia
tra questi, stanno fallendo in maniera
eclatante nel dovere di offrire protezione
alle persone che fuggono da violenze, conflitti e
persecuzioni. Nel mondo e in Europa si continua
ad affrontare la crisi dei rifugiati in maniera caotica
e disumana, rafforzando posizioni securitarie
e facendo accordi scellerati e illegali con
paesi non sicuri, come la Libia e la Turchia.
Quest’ultimo è il paese che ospita il più alto
numero di sfollati, 2,5 milioni. [3]

Per sensibilizzare le istituzioni pubbliche nazionali,


Amnesty International ha lanciato una
petizione contro le modalità di accoglienza
in Italia. [4]

Richieste specifiche di Amnesty


International Italia:

• No all’uso eccessivo della forza negli


Hotspot: Amnesty scrive: “Le autorità
italiane hanno dichiarato che il loro successo
nell’aumentare il tasso di rilevamento delle
impronte digitali ai migranti sbarcati, a
partire dalla seconda metà del 2015, è dovuto
a una diminuzione degli arrivi di persone di
alcune nazionalità che generalmente
rifiutano di dare le impronte digitali, oltre
alla capacità della polizia di “negoziare” con
le persone appena arrivate e di persuaderle,
separando quelli che si rifiutavano e
suddividendo le persone o i piccoli gruppi tra
diversi uffici di polizia in diverse città.
Tuttavia, è evidente che l’uso di misure
coercitive ha fatto la sua parte. La realtà è
che, tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, la
polizia italiana ha introdotto strategie
più aggressive per costringere le
persone a fornire le impronte digitali,
incluso l’uso di forza fisica e di
detenzione prolungata, portando a
gravi violazioni dei diritti umani. Il
governo italiano, sotto la pressione delle
istituzioni della UE e degli altri stati membri,
ha indotto questo cambiamento forzando la
mano, in senso metaforico e letterale”.
L'organizzazione afferma: “Amnesty
International ha ricevuto durante il 2016 un
numero significativo di denunce di uso
eccessivo della forza da parte della
polizia, allo scopo di rilevare le
impronte digitali di rifugiati e migranti
appena sbarcati, inclusi casi di tortura
o altri trattamenti crudeli, disumani e
degradanti”. La violenza perpetrata dagli
agenti di polizia avverrebbe attraverso duri
pestaggi, manganelli elettrici,
umiliazioni sessuali e minacce di
detenzione e di non assistenza. Le prove
dei maltrattamenti sono le testimonianze dei
migranti rese alla ONG. Per questo: “Le
autorità devono indagare su tali violazioni
dei diritti umani e assicurare che le vittime
abbiano accesso a giustizia e riparazioni”. [5]

• Accesso ad informazione completa e


chiara sul proprio status e genuine
opportunità di chiedere asilo per tutte le
persone che arrivano in Italia già negli
Hotspot.

• Nessun rimpatrio forzato per chiunque


provenga da Paesi dove potrebbe subire
violazioni gravi dei diritti umani. La situazione
di ogni persona deve essere esaminata
individualmente.

• Sospendere l’esecuzione e evitare di


stipulare accordi bilaterali di polizia in
Italia che facilitano la riammissione di
persone verso paesi dove si violano i diritti
umani in modo diffuso e sistematico, come il
Sudan.

• Aumento dei posti disponibili per i


rifugiati in paesi sicuri, specialmente per i
più vulnerabili (come le persone che hanno
subito tortura, le persone disabili, le donne e i
minori a rischio di violenze).

• Maggiori opportunità per chiedere


asilo per le persone che scappano da
conflitti e da situazioni di emergenza
(come la guerra in Siria) attraverso il rilascio
di visti umanitari, visti per il ricongiungimento
familiare, per motivi di studio o di salute.

• I paesi più sviluppati facciano la propria


parte e contribuiscano in modo equo
ad accogliere i rifugiati e contribuire
finanziariamente alla protezione di rifugiati
presenti nei paesi in “prima linea”.

• Il governo deve rispettare il diritto a


chiedere asilo e garantire i diritti
fondamentali dei rifugiati.

Il caso Osman: ASGI e Amnesty


International Italia hanno avviato un’azione
legale presso il Tribunale Civile di Roma per
chiedere il rilascio di visti umanitari per sedici
migranti che consenta loro di arrivare in Italia con
lo scopo di richiedere asilo, “così da poter in
qualche modo riparare alle conseguenze del
respingimento illegale subito nel 2009 ad opera
della Marina Militare italiana”. ASGI e Amnesty si
riferiscono al caso di 16 migranti eritrei respinti
dalla Marina e fatti tornare in Libia e poi riparati in
Israele.
ASGI (associazione per gli studi giuridici
sull’immigrazione) è formato da un network di
persone che si scambiano informazioni, ricevono e
forniscono aggiornamenti sulle prassi legali,
realizzano progetti che hanno un forte impatto sul
territorio e modificano norme e leggi
discriminatorie, partecipano e organizzano
formazione, diffondendo sul territorio una cultura
dell’integrazione attraverso la tutela dei diritti. Fa
parte delle associazioni sostenute dalla Open
Society Foundations di George Soros. [6]

Direzione e Presidenza di
Amnesty International Italia
Gianni Rufini, direttore di Amnesty Italia. Dal
1985 ha lavorato come esperto di diritti umani e
aiuto umanitario in Africa, Medio Oriente, Asia,
Balcani e America Latina. È stato direttore del
coordinamento europeo di ONG VOICE a
Bruxelles, dal 1997 al 2001. Ha lavorato per
numerose ONG italiane e straniere, per diverse
agenzie delle Nazioni Unite ed altre organizzazioni
internazionali. La ONG VOICE è un network
europeo composto da diverse ONG; i membri
italiani sono: [7]

Antonio Marchesi, presidente di Amnesty Italia.


Al momento insegna diritto internazionale alla
Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di
Teramo e ha insegnato in quella di Filosofia
dell’Università di Roma. Svolge attività di
formazione specialistica sulla protezione dei Diritti
Umani per la SIOI e ha collaborato con il
Segretariato internazionale di Amnesty
International, il Consiglio di Europa, la
Commissione Europea e diverse ONG.

Il bilancio di Amnesty
International Italia
I dati si riferiscono al bilancio 2015 non essendo
ancora stato pubblicato quello relativo al 2016. [8]

Allocazione fondi tra le diverse attività di


Amnesty International Italia:

Staff di Amnesty International e relativi


costi:

Bilancio di Amnesty
International Limited e
finanziatori
Il bilancio di Amnesty International Italia, ad
eccezione degli alti oneri per la raccolta fondi e la
non trasparenza riguardo alle fonti di
finanziamento (la ONG non pubblica una lista dei
maggiori donatori, delle fondazioni e delle aziende
partner), sembrerebbe abbastanza lineare e
coerente con le linee guida di indipendenza e
neutralità dell’organizzazione. Un discorso
diverso,invece, è quello riguardante il bilancio di
Amnesty International Limited (AIL), che si
occupa di prendere in “appalto” la attività
caritatevoli per conto di Amnesty International
Charity Limited (AICL), istituzione benefica
registrata. La Amnesty International
Limited è il luogo dove sono mantenuti i
legami con i governi, con le fondazioni e
con le società.
Dal bilancio di AIL, è chiaro che “Amnesty
International è finanziata e guidata non
soltanto da alcuni governi, ma anche da
enormi interessi di finanziatori d’impresa;
inoltre è intrecciata con ideologie politiche
e interessi economici. Amnesty è uno
strumento essenziale, utilizzato
esclusivamente per perpetrare tali
interessi” (tratto dal libro inchiesta “Subverting
Syria-Obiettivo Siria” di Tony
Cartalucci, ricercatore di geopolitica e scrittore,
Arianna Editrice-2012,pag.239-243) in netta
antitesi con il suo codice etico e le linee guida
tracciate dall’organizzazione: “Amnesty
International è finanziata principalmente dai suoi
membri e da donazioni pubbliche. Nessun fondo
viene domandato ai governi, oppure accettato da
essi, per l’opera di investigazione e la campagna
contro gli abusi dei diritti umani. Amnesty
International è indipendente da ogni governo,
ideologia politica, interesse economico o
religione”. [9]

I dati di seguito esposti provengono dall’Income


Report 2015 di Amnesty International
Limited: [10]

Chi sono i finanziatori di Amnesty


International Limited:

• American Counsel of Learned Societies,


federazione privata e senza scopo di lucro
composta da 74 organizzazioni scolastiche
statunitensi, è il principale sostenitore
statunitense delle borse di studio riguardanti
le scienze umane e le scienze sociali. Le altre
attività della federazione includono il sostegno
a conferenze scientifiche e ad innovazioni sulla
comunicazione scientifica. L’ACLS è
sovvenzionata da diverse agenzie
governative americane e fondazioni. [11]

• Benetech, è una società no-profit che


sviluppa prodotti tecnologici per le comunità
in difficoltà creando soluzioni tecnologiche
adatte alla mia ampia fruibilità. Il team della
Benetech è impegnato a portare il potere della
tecnologia per supportare le esigenze sociali
più urgenti, e a garantire l’accesso a coloro che
maggiormente ne hanno bisogno. Sono
finanziati sia da diversi Dipartimenti di
Stato Americani sia da numerose
fondazioni.[12] Oltre ad Amnesty
International Limited, la Benetech sponsorizza
anche la Human Rights Watch.[13]

• Charities Aid Foundation, la cui missione


è quella di motivare la società a donare
sempre più efficacemente, aiutando così la
trasformazione delle vite di diverse comunità
in tutto il mondo. Da una parte, aiutano le
persone e le imprese a sostenere le cause che
hanno a cuore, dall’altra, forniscono alle
organizzazioni di beneficenza semplici
servizi bancari e di raccolta fondi,
liberandoli così da questo tipo di incombenze
per permettergli di concentrarsi sulla loro
missione.[14]

• Comic Relief, fondata nel 1985 da alcuni


attori che volevano fare qualcosa di utile per
aiutare il prossimo, è diventata in breve tempo
una charity internazionale molto importante
con sede nel Regno Unito, e opera nella
speranza di rendere il mondo giusto e libero
dalla povertà. La Comic Relief è sovvenzionata
dal Dipartimento per lo Sviluppo
Internazionale del governo britannico e
da molte grandi fondazioni.[15]

• Ford Foundation, è una fondazione no-


profit statunitense con scopi sociali e
umanitari fondata nel 1936 da Edsel Ford e
Henry Ford. È stata per molto tempo la più
grande e la più influente fondazione del
mondo, con attività in svariati settori:
istruzione, diritti umani, arti creative, ricerca
scientifica e aiuti ai paesi del terzo mondo.[16]
Oltre a finanziare Amnesty International, la
Ford Foundation sostiene anche Alliance for
Open Society International Inc, Open
Democracy (fondata dalla Open Society
Foundations) e Human Rights Watch.

• Humanity United, fondazione dedicata a


portare nuovi approcci a problemi globali che
per molto tempo sono stati considerati
irreparabili. Partendo dal presupposto che
qualunque problema creato dagli umani possa
essere risolto, la fondazione cerca di costruire,
di condurre e di sostenere gli sforzi per
cambiare i sistemi che sopprimono i diritti
umani e contribuiscono alla sofferenza.[17] La
fondazione finanzia anche altre organizzazioni
come la Clinton Foundation,
l’International Crisis Group (gruppo Open
Society Foundations) e la Human Rights
Watch.

• OAK Foundation, fondazione internazionale


che finanzia progetti in materia di diritti
umani, abusi, housing, disabilità di
apprendimento e altre questioni di giustizia
sociale.[18] La OAK Foundation sostiene
numerose organizzazioni come l’italiana
Coalizione Italiana Libertà e Diritti
Civili (fondata dalla Open Society
Foundations), la Human Rights Watch,
l’Open Society Institute e l'International
Crisis Group.

• The Stanley Thomas Johnson


Foundation, fondazione svizzera che
sostiene progetti che combinano diverse aree
di supporto in modo mirato. Ottimizzano il
loro contributo incoraggiando approcci
innovativi e impegnandosi in partnership
efficaci. La fondazione lavora per proteggere la
vita, la sicurezza, la dignità e il benessere fisico
e mentale di persone che sono state colpite da
guerra, conflitti armati e altre situazioni di
violenza. Questo approccio di protezione si
concentra sulle cause, sulle circostanze e sulle
conseguenze della violenza. Oltre ad Amnesty
International Limited, finanzia anche Medici
senza Frontiere.[19]

• Open Society Foundation, fondazione di


George Soros, finanzia Amnesty
International Limited apportando fondi
vincolati a favore di attività contro le torture e
le malattie in Europa ed Asia, per lo sviluppo
di “tecnologie innovative” a favore dei diritti
umani, per l’implementazione dei diritti dei
lavoratori migranti e per il “Global Transition
Programme”.[20] La Open Society
Foundations stanzia ogni anno ingenti risorse
per le varie attività "benefiche" che spaziano
dalla sensibilizzazione a favore dei diritti
LGBT alle azioni per sostenere i diritti dei
migranti per favorire la nascita della tanto
declamata "società aperta".

Amnesty International e i
Governi
Dopo aver analizzato i finanziatori di Amnesty
International Limited, passiamo ad esaminare i
rapporti esistenti tra l’organizzazione e i vari
governi nazionali, e la strumentalizzazione di
determinate cause:

Il ruolo di Suzanne Nossel.

Suzanne Nossel, direttore esecutivo di Amnesty


International USA dal gennaio 2012 al gennaio
2013 è stata in qualche modo designata
direttamente dal Dipartimento di Stato
americano (dopo una carriera come
ambasciatrice nelle Nazioni Unite e dopo
essere stata assistente personale di Hillary
Clinton agli Esteri degli Stati Uniti) “il che
contraddice amaramente, ancora una volta, le
dichiarazioni di Amnesty sulla sua “indipendenza”
da governi e interessi delle corporation. La Nossel
ha continuato a promuovere la politica estera
statunitense, semplicemente dietro un podio con
un nuovo logo, quello di Amnesty International,
affisso su di esso". Il sito web di Amnesty
International menziona specificamente il ruolo
della Nossel a favore delle risoluzioni ONU
appoggiate dal Dipartimento di Stato USA,
riguardanti l’Iran, la Siria, la Libia, e la
Costa D’Avorio.[21][22]

Amnesty International e le "testimonianze".

Toni Cartalucci scrive nel suo libro “Subverting


Syria-Obiettivo Siria” :“Alle persone comuni è
data la falsa impressione che “qualcuno
sorvegli” sulle violazioni dei diritti umani,
quando in realtà ciò che Amnesty e tutte le
altre organizzazioni simili fanno è gestire
selettivamente la percezione pubblica su
tali violazioni, fabbricando o manipolando
molti casi affinché questi si conformino
meglio all’agenda delle grandi
partecipazioni finanziarie. Questo diviene
evidente, se si considera che interi report di
Amnesty o di Human Rights Watch si basano
unicamente su ‘dichiarazioni di testimoni’
ricavate dai racconti dei gruppi di opposizione
sostenuti dagli Stati Uniti. Nei rari casi in cui un
report contiene reali prove fotografiche, video o
documenti un linguaggio ingannevole viene
intenzionalmente incluso tra i passi, affrontati con
rapidità e finta noncuranza, allo scopo di
comporre un report selettivo e fuorviante non
soltanto per i media istituzionali occidentali, ma
anche per una miriade di false ONG
finanziate e condotte da sponsor e affiliati
di Amnesty International e di Human
Rights Watch”.[21:1]

Zone d’ombra di Amnesty


International
Le affermazioni di neutralità e non
politicizzazione di Amnesty International
spesso vengono confutate dai fatti come provato
anche dalle fonti di finanziamento di Amnesty
International Limited, dalla vicinanza di alcuni
suoi membri alle autorità governative e da
numerosi comunicati ufficiali dove si denota una
certo schieramento verso o contro una parte:

• Amnesty e Siria: nel Report del 2011


(Amnesty International Report 2011:
the state of the world’s human rights)
Amnesty afferma di evidenti violazioni dei
diritti umani in Siria commesse dal
governo del presidente Assad, definendo
"decade sprecata" il periodo compreso tra il
2000 e il 2010, dichiarazione suffragata anche
dalle relazioni di Human Rights Watch; le
violazioni denunciate dalle due organizzazioni,
comunque, non sono state mai provate dagli
osservatori internazionali.[23] Nel suo articolo
‘Syria: The Amnesty International Scandal,
Smart Warmongers and Terrorist
Sympathizers’, Tim Hayward dichiara :
“Come loro sostenitore decennale, non avrei
mai pensato di verificare l'affidabilità del loro
reporting. Solo dopo aver visto che
l'organizzazione lo scorso anno pubblicavano
comunicati scritti dagli White Helmets, mi
sono posto delle domande. Dopo aver
scoperto la polemica relativa alle
testimonianze fornite dai medici di
Medici Senza Frontiere, ho ritenuto
necessario esaminare più da vicino
anche le segnalazioni di Amnesty
International. L'Amnesty è sempre stato
molto influente nell’influenzare l’opinione
pubblica sulla situazione siriana”.[24]

• Amnesty e Afghanistan: Patrick


Henningsen nell’articolo ‘AN
INTRODUCTION: Smart Power & The
Human Rights Industrial Complex’ scrive: “I
diritti umani in Occidente: la realtà vive sulla
retorica? Superficialmente, il racconto
sembrerebbe abbastanza innocente: i
miliardari filantropi, i luminari politici e le
corporazioni internazionali, insieme ad una
moltitudine di personale e volontari; tutti
lavorano insieme in nome della giustizia
sociale, forgiando un mondo migliore, più
giusto e più responsabile”. Il XX secolo ha
visto una lunga serie di fallimenti da parte di
vari governi che hanno tentato di frenare e di
fermare crimini contro l’umanità ad opera di
alcuni paesi; la motivazione di tali interventi è
stata “l’esportazione della democrazia”.
Di conseguenza, molti di quei governi hanno
studiato strategie diverse per legittimare i loro
interventi in determinati angoli del mondo;
una di queste strategie potrebbe essere
la collaborazione con organizzazioni
con un alto profilo di credibilità,
operanti a favore dei diritti umani e
contro le ingiustizie. A suffragio della tesi
esposta, Henningsen cita il ruolo di Susan
Nossel, direttore esecutivo di Amnesty
International USA. La Nossel ha lavorato a
stretto contatto con figure istituzionali
americane attive nel campo umanitario come
Hillary Clinton, Samantha Power e
Susan Rice e anche con il meno noto
Atrocity Prevention Board di Washington,
programmando interventi umanitari. Patrick
Henningsen cita come esempio la campagna
di Amnesty International a favore dei diritti
delle donne afghane.[25]

• Amnesty e gli Stati Uniti: Colin Powell,


allora segretario di Stato degli Stati Uniti, in
un discorso alle ONG poco prima
dell’operazione Enduring Freedom (invasione
dell’Afghanistan), nell’ottobre 2001, disse: “Le
ONG sono un nostro moltiplicatore di
forza, parte importante della nostra squadra
di combattimento” (Michael Mann,
Incoherent Empire, Verso, 2003). Avendo già
trattato i legami tra Suzanne Nossel e le
istituzioni americane, passiamo al suo
successore Franck Jannuzi, scelto per la
sostituzione ad interim della stessa. La scelta
di Jannuzi alla carica di direttore esecutivo di 
Amnesty International USA, a Washington
DC, è alquanto discutibile se si guarda la sua
carriera: ha lavorato per il Bureau of
Intelligence and Research come analista
politico-militare della regione asiatica, per poi
diventare responsabile dell’adattamento
alla politica estera statunitense degli
indirizzi strategici di Amnesty
International USA. Nessuna critica per le
invasioni americane in Afghanistan, in Iraq e
in Libia (che causarono molte vittime) a
differenza di quello che successe in Mali
quando Amnesty International condannò
severamente l’intervento francese.[26] Sul sito
internet, Amnesty afferma seccamente:
“Sebbene le autorità russe e siriane
affermano di non esserne responsabili,
occorre un'inchiesta per individuare i
responsabili e portarli davanti alla
giustizia. Dal 2013, diversi attacchi
chimici contro i civili sono stati
condotti dalle forze governative e da
altri gruppi armati; tuttavia nessuno è
stato ancora condannato”. E continua: “È
giunto il momento della giustizia e di
presentare il conto per le vittime e per le loro
famiglie. È giunto il momento di garantire
che i crimini di guerra e i crimini contro
l'umanità non vengano lasciati impuniti”.[27]
Quali celate e misteriose prove ha Amnesty
International per condannare i colpevoli di
crimini, per giunta forse mai connessi? Perché
l’organizzazione non rende note le prove che la
rendono così limpidamente certa a proposito
della situazione siriana?

• Amnesty in Italia: a dispetto delle


dichiarazioni di indipendenza finanziaria dai
governi nazionali, Amnesty International Italia
è accreditata come Onlus nell’elenco di UNAR
(Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni
Razziali del Dipartimento per le Pari
Opportunità) e beneficia dei fondi messi dal
suddetto a disposizione attraverso vari bandi.
[28] Il 5 maggio 2017 Amnesty International
Italia pubblica un comunicato intitolato
“Siria: l’accordo sulle 'zone sicure' non
autorizzi i governi a rimandare
indietro i rifugiati”. Amnesty chiede al
governo nazionale di non approfittare
dell’accordo sulle quattro “zone sicure”,
promosso dalla Russia e sottoscritto da
Turchia e Iran il 4 maggio, per rinviare i
rifugiati siriani che si trovano sul territorio
italiano; le motivazioni addotte sono
quantomeno opinabili a proposito della
insicurezza e della mancanza di garanzie
relative ai diritti umani (come arresti arbitrari,
violenze e uccisioni).[29]

Comunicato Amnesty International Italia


riguardante le ONG che operano nel
Mediterraneo: Amnesty Italia nel comunicato
afferma: “Nel marzo 2017 Amnesty
International ha incontrato la Guardia
costiera al Centro di coordinamento di
Roma. Nelle settimane precedenti,
l’organizzazione per i diritti umani aveva
esaminato numerose informazioni presentate
durante le audizioni parlamentari, documenti
ufficiali, informazioni pubbliche, articoli e servizi
dei mezzi d’informazione. Alla luce di quanto
emerso da queste fonti e sulla base dell’esperienza
maturata nello studio e nel monitoraggio delle
attività di ricerca di migranti e rifugiati in mare,
temiamo che una campagna di sospetti e
insinuazioni circa rapporti criminali con le reti
dei trafficanti non basata su alcuna prova
stia mettendo a rischio un’attività di cruciale
importanza, ovvero il salvataggio di vite in mare
da parte di organizzazioni della società civile che
si sono attivate volontariamente laddove sarebbe
stato compito dei governi destinare risorse e navi
per salvare vite umane. Inoltre, la denigrazione
delle Ong che salvano le persone in mare e
cercano di assicurare loro l’accesso alla
protezione che spetta ai rifugiati
può deteriorare ulteriormente il dibattito
sull’asilo e l’immigrazione, legittimando la
stigmatizzazione, la ricerca di capri espiatori e la
discriminazione, e contribuisca in definitiva a
favorire violazioni dei diritti umani e
violenze contro migranti e rifugiati.”[30]

Il comunicato di Amnesty International


Italia, quindi, rende ridondante e
superfluo l’operato delle Procure italiane
coinvolte nelle indagini avendo già
dichiarato innocente senza nessun dubbio,
attraverso “tutti i gradi di giudizio”, ogni
ONG, ogni membro dello staff e ogni
volontario presente nel Mediterraneo.

Human Rights Watch


Human Rights Watch è un'organizzazione non
governativa internazionale che si occupa della
difesa dei diritti umani. La sua sede principale è a
New York. Human Rights Watch confeziona
ricerche e studi sulle violazioni delle norme
internazionali riguardanti i diritti umani come
sono state definite dalla Dichiarazione
Universale dei Diritti dell'Uomo e da altre
norme sui diritti umani accettate a livello
internazionale.
Lo scopo di questa organizzazione è sensibilizzare
la comunità internazionale sugli abusi che
avvengono nel mondo, al fine di imporre ai
governi imputati di essi un cambiamento nei
comportamenti e nelle leggi. Le ricerche sono
mirate alla scoperta di situazioni che possano
generare preoccupazione e attenzione nelle
comunità locali e internazionali, anche avvalendosi
del supporto mediatico per poter meglio
denunciare le varie forme di ingiustizia.
I problemi che Human Rights Watch solleva
spaziano dai vari tipi di discriminazione (religiosa,
razziale, politica) all'utilizzo della tortura,
passando per il fenomeno dei bambini-soldato, per
la corruzione politica e per gli abusi che avvengono
nelle procedure di giustizia penale.
Human Rights Watch documenta e riporta anche
le violazioni delle leggi di guerra e delle leggi
umanitarie internazionali nelle situazioni belliche.
Il suo staff è composto da professionisti dei diritti
umani, tra cui gli esperti nazionali, avvocati,
giornalisti e accademici, di diversa estrazione e
nazionalità.
Human Rights Watch pubblica annualmente più di
100 relazioni e briefing sulle condizioni dei diritti
umani in 90 paesi, generando un'ampia copertura
sui media locali e internazionali. Grazie a queste
leve, Human Rights Watch si incontra con i
governi nazionali, le Nazioni Unite, i gruppi
regionali come l'Unione Africana e l'Unione
Europea, le istituzioni finanziarie e
aziendali per spingere verso cambiamenti
nella politica e nella pratica che
promuovano i diritti umani e la giustizia in
tutto il mondo.[31]

I core value di Human Rights Watch:

• Sono impegnati nella missione di


portare i diritti umani in tutto il mondo.
Il loro lavoro è guidato dai diritti umani
internazionali, dal diritto umanitario e dal
rispetto per la dignità di ogni essere umano.

• Sono indipendenti. Per garantire la loro


indipendenza, non accettano fondi pubblici,
direttamente o indirettamente, e il sostegno di
finanziatori privati che potrebbero
compromettere la loro obiettività e
indipendenza. Non abbracciano cause
politiche e mantengono la neutralità nei
conflitti armati.

• Sono veri, accurati ed etici nel


rilevamento dei fatti. Sono impegnati a
mantenere elevati standard di precisione e
correttezza, anche cercando diverse
prospettive per sviluppare una comprensione
approfondita e analitica degli eventi. Si
riconoscono una particolare responsabilità per
le vittime e per i testimoni che hanno
condiviso le proprie esperienze con loro.

• Sono attivamente focalizzati


sull’impatto delle loro azioni. Operano
solo quando le loro attività portano ad un
cambiamento positivo e sostenibile. Non sono
mai soddisfatti, sempre alla ricerca di nuove
opportunità per sostenere la loro causa.
Inoltre, si impegnano a lavorare su situazioni
difficili, in cui è necessaria un'attenzione a
lungo termine per un impatto significativo.

• Sono sostenitori di un movimento


“diverso” sui diritti umani e favorevoli a
partnership che possano portare a
benefici condivisi. Collaborano con una
vasta gamma di attori della società civile,
locale e internazionale, per massimizzare il
loro impatto.

Human Rights Watch e i


rifugiati
Human Rights Watch propone una serie di
azioni per gestire l'emerganza migratoria. I
"dieci passi" che dovrebbero seguire i
Governi nazionali per affrontare la crisi
globale dei rifugiati sono i seguenti:

• Astenersi dal detenere i richiedenti


asilo, in particolare i bambini, per
motivi di ingresso o soggiorno illegali,
adottando alternative alla detenzione, come i
“centri aperti”.

• Non fare rimpatriare mai i rifugiati nei


Paesi in cui hanno subito minacce.
Scrupolosamente rispettare il "principio del
nonrefoulement”, ovvero il divieto del fare
tornare forzatamente i rifugiati nei luoghi in
cui la loro vita o la loro libertà potrebbero
essere minacciate.

• Non interferire con il diritto di richiesta


di asilo. Rispettare il diritto di tutti del poter
chiedere asilo, anche per chi presenta la
richiesta alle frontiere e nei porti. Non
permettere che le misure di controllo sulle
migrazioni, anche quelle che si prefiggono di
essere umanitarie, intendano impedire ai
profughi di raggiungere luoghi sicuri dove le
loro richieste di status di rifugiato possono
essere sufficientemente esaminate.

• Valutare in modo efficiente le domande


di asilo. Nei paesi in cui i rifugiati non
vengano riconosciuti sulla base di gruppi
“prima facie” o non siano stati concessi visti
temporanei, effettuare valutazioni eque ed
efficaci delle singole richieste di asilo, tenendo
conto non solo degli standard della
“Convenzione sui Rifugiati” del 1951, ma
anche della necessità di proteggere gli
individui dal rischio di gravi danni sulla base
di violenze indiscriminate derivanti da conflitti
armati, anche se non si qualificano come
rifugiati nel quadro del trattato del 1951.

• Fornire assistenza completa alle


organizzazione umanitarie. Soddisfare
appieno le richieste di finanziamento da
parte delle agenzie umanitarie
internazionali per consentire ai rifugiati nei
paesi “di primo asilo” di vivere in sicurezza e
dignità. Il sostegno finanziario
incoraggia i governi di questi paesi a
mantenere i loro confini aperti ai
richiedenti asilo.

• Salvare vite. Impegnarsi efficacemente


nella ricerca e nel salvataggio per
ridurre al minimo i decessi in mare. I
paesi che salvano o intercettano i migranti
dovrebbero scortarli in luoghi sicuri, dove chi
chiede asilo sia in grado di presentare e
disporre adeguatamente la relativa domanda.
Garantire che le politiche di
accoglienza attuate alle frontiere non
comportino un uso eccessivo di forze
che possa mettere in pericolo la vita di
ciascun immigrato.

• Ricollocazione dei rifugiati. Riposizionare


i rifugiati solo in base ai dati forniti
dall'UNHCR, soprattutto se i Paesi di “primo
asilo” non sono sicuri e non rispettano le
esigenze sanitarie.

• Facilitare un corridoio sicuro e legale


verso i paesi che ospitano di rifugiati.
Aiutare i richiedenti asilo a raggiungere in
sicurezza i paesi ospitanti emettendo visti
umanitari e facilitando il
ricongiungimento familiare se i parenti
sono già in un paese ospitante.

• Dedicarsi alle esigenze particolari dei


richiedenti asilo. Concentrarsi, attraverso
misure di protezione e servizi mirati (compresi
i servizi sanitari), sulle esigenze particolari
delle persone maggiormente a rischio di abusi,
discriminazione, trascuratezza, abbandono e
sfruttamento come i bambini non
accompagnati, le famiglie che viaggiano con
bambini piccoli, le vittime della tratta, le
persone che hanno subito o rischiano violenze
di genere (matrimonio forzato, abuso
domestico, mutilazione genitale femminile
ecc.), le madri in gravidanza e allattamento, le
persone LGBT e le persone con disabilità.

• Firmare la Convenzione sui Rifugiati e il


relativo Protocollo. Firmare e ratificare la
Convenzione sui Rifugiati del 1951 e il suo
Protocollo del 1967 senza riserve e limitazioni
geografiche, e adeguare la legge nazionale per
attuare le sue disposizioni. Garantire
inoltre una protezione complementare
alle persone che non soddisfano la
definizione di rifugiati previste, ma che
hanno bisogno di protezione
internazionale a causa di violenza
indiscriminata e di altri gravi danni.[32]

I passi che dovrebbe seguire l’Unione


Europea (e i suoi Stati Membri) per
affrontare la crisi globale dei rifugiati:[33]

Human Rights Watch e


l’Italia
La situazione italiana a proposito di diritti umani
descritta da Human Rights Watch:[34]

Human Rights Watch e la


Libia
La situazione della Libia a proposito di diritti
umani descritta da Human Rights Watch:[35]

Human Rights Watch e la


Siria
La situazione della Siria a proposito di diritti
umani descritta da Human Rights Watch:[36]

Bilancio di Human Rights


Watch
I dati esposti si riferiscono al bilancio 2016.
[37]

I fondi ricevuti nel 2016: Human Rights Watch


percepisce ingenti donazioni da numerose
fondazioni[38] (come la OAK Foundation e la
Open Society Foundations); nel 2011 George
Soros ha annunciato che avrebbe devoluto 100
milioni di dollari per 10 anni a Human Rights
Watch.[39] La sovvenzione della Open Society
Foundation, la più grande che abbia mai fatto ad
un'organizzazione non governativa, è stata e verrà
utilizzata per espandere e incrementare la presenza
globale di Human Rights Watch, e per proteggere e
promuovere in modo più efficace i diritti umani in
tutto il mondo.

Totale spese sostenute nel 2016: come già


riscontrato in numerose ONG analizzate, i costi per
il supporto generale e per la raccolta fondi sono
molto alti, ovvero il 34% dei fondi ricevuti.

Zone d’ombra di Human


Rights Watch
Human Rights Watch e l’Italia: Judith
Sunderland, associate director di Human Rights
Watch per l’Europa e l’Asia Centrale, in un
comunicato del 4 maggio 2017 intitolato ‘Fare
politica sulla pelle delle persone: in Italia sotto
attacco gli sforzi per salvare le vite dei migranti’
dichiara: “In Italia, le ONG sono al centro di un
ciclone di attacchi politici, in particolare
del Movimento 5 stelle e dell'estrema destra
della Lega Nord, che le accusano di fornire un
‘servizio taxi’ dalla Libia all'Unione Europea. In
Sicilia, un procuratore generale che non
disdegna l’attenzione dei media ha rilasciato
dichiarazioni quasi quotidiane a proposito della
sua indagine sulle operazioni di ricerca e
salvataggio delle ONG, insinuando,senza
alcuna prova, che stiano colludendo con i
trafficanti e traendo profitti dal traffico di esseri
umani. Insieme ad altri soggetti, le ONG sono
state chiamate in audizione da un comitato del
Senato. Le ONG umanitarie attive nel
Mediterraneo proteggono il più fondamentale dei
diritti: quello alla vita. Lo fanno agendo sotto il
controllo e le istruzioni del Centro di
coordinamento del salvataggio marittimo
italiano. Il fatto che organizzazioni come Medici
Senza Frontiere, Proactiva Open
Arms e Save the Children debbano difendere
pubblicamente le loro operazioni di salvataggio
rende l’idea di quanto il dibattito sulle
migrazioni sia diventato tossico. Allo stesso
tempo, i loro critici fanno di tutto per aggirare la
conclusione logica del loro ragionamento,
e cioè che dovremmo lasciare che le
persone affoghino per dissuadere altri dal
venire in Europa. Se alcune ONG commettono
errori, che si lavori per migliorare i protocolli, la
formazione e il coordinamento. Se i governi
sono preoccupati dal ruolo che le ONG
stanno assumendo, che intensifichino i
propri sforzi in mare per proteggere il
diritto alla vita. Soprattutto, se così tante
donne, uomini e bambini rischiano la vita in
mare, si ripensino le politiche dell'Unione
Europea e si aprano canali di emigrazione
più sicuri e legali”.[40]

I giudizi della Sunderland sono molto forti e


riguardano comunque il normale confronto
politico all’interno di una nazione che fino
a prova contraria è ancora sovrana; come è
'sovrano' il potere delle nostre Procure, che
legittimamente stanno indagando sull’attività
delle ONG coinvolte nelle attività di salvataggio
nel Mediterraneo. L’attacco al Procuratore di
Catania Zuccaro, reo di essere troppo presente
sui media, è senza ombra di dubbio allarmante. I
migranti vengono portati in Italia, quindi è
legittimo che i poteri istituzionali italiani si
confrontino e si chiedano se tutto quello che
succede sia regolare e che non ci siano punti
oscuri. Anche chi salva vite deve agire
secondo le leggi e le normative valide per
qualsiasi essere umano; lo scopo è nobile
ma anche il tragitto che porta ad ottenerlo
deve essere 'pulito'.

Human Rights Watch e l’Arabia Saudita: nel


maggio del 2009, i leader di Human Rights Watch
si sono recati in Arabia Saudita, uno dei
principali trasgressori delle norme che HRW
sostiene di promuovere, per raccogliere fondi
per l'organizzazione. Le agenzie di informazioni
arabe hanno riferito che i senior member di HRW,
Sarah Leah Whitson e Hassan Elmasry,
hanno partecipato ad una cena di benvenuto e
incoraggiato gli importanti membri della società
saudita a finanziare il loro operato. L’incessante
lavoro sviluppato da HRW in Israele è stata
la mossa strategica per riuscire ad ottenere
la sovvenzione dai sauditi ed è stata anche la
causa della carenza di fondi dell’organizzazione.
Per motivare l’impegno economico dell’Arabia
Saudita a HRW, la Whitson ha citato i vari report
redatti dalla sua organizzazione su Israele, dove si
dichiara: "Human Rights Watch ha fornito
alla comunità internazionale prove che
Israele usi il fosforo bianco e quindi lanci
attacchi distruttivi sistematici su obiettivi
civili“.[41]

Human Rights Watch e Israele: lo scorso


febbraio ha fatto molto scalpore il visto lavorativo
negato a Omar Shakir, direttore di Human
Rights Watch per Israele e Palestina, dalle autorità
israeliane. Lo riferisce la stessa organizzazione in
una nota: "Siamo stanchi di porgere l'altra
guancia". Il motivo di tale decisione è spiegato dal
portavoce del ministero degli esteri israeliano
Emmanuel Nachshon: "L'organizzazione
opera in maniera evidentemente ed
inequivocabile contro lo Stato d'Israele, in
un modo totalmente sbilanciato”. Israele
sostiene che HRW ha un programma
estremamente ostile e anti-israeliano dimostrato
dalla redazione di vari report dove HRW critica
aspramente Israele riguardo a presunte violazioni
dei diritti umani come, ad esempio, la detenzione
arbitraria di giornalisti e attivisti dell‘autorità
palestinese e di Hamas. Omar Shakir dichiara:
"Abbiamo scarse relazioni con i governi della
Corea del Nord, del Sudan, dell'Uzbekistan, di
Cuba e del Venezuela dove non esiste nessun
impegno per i diritti umani. Con questa decisione,
Israele sta entrando nel medesimo elenco". Forse
Human Rights Watch sta seguendo la
medesima politica anti-israeliana di cui è
accusato anche il loro più grande
finanziatore George Soros? Difatti, il
filantropo finanzia, da anni, movimenti e
associazioni palestinesi ed ebraiche anti-israeliane.
Tra le migliaia di mail della Open Society
Foundation, hackerate e rese disponibili on line
su DcLeaks, trapela la strategia che il finanziere
ebreo-ungherese attua contro lo stato d’Israele e le
sue politiche ritenute “discriminatorie e razziste”.
[42][43][44]

Human Rights Watch e la Siria: per quanto


riguarda la questione siriana, la neutralità di
HRW è difficilmente sostenibile come
testimoniato dai vari report, dai diversi comunicati
e dalle immagini presenti sul sito web
dell’organizzazione. Ad esempio, qualche ora dopo
il presunto attacco con armi chimiche dell’aprile
del 2017, Human Rights Watch pubblicava un
articolo dove si accusavano le forze dell’esercito
governativo di Assad di tale atto, portando come
testimonianze attendibili foto e dichiarazioni degli
White Helmets.[45][46]

Oxfam
Oxfam è una confederazione internazionale
di organizzazioni non profit che si dedicano alla
riduzione della povertà globale, attraverso aiuti
umanitari e progetti di sviluppo. Ne fanno parte 18
organizzazioni di Paesi diversi che collaborano con
quasi 3.000 partner locali in oltre 90 nazioni per
individuare soluzioni durature alla povertà e
all'ingiustizia.

Oxfam International rappresenta il


Segretariato internazionale da cui dipendono
tutte le organizzazioni nazionali.

L’impegno di Oxfam si sostanzia su tre fronti:

• Programmi di sviluppo per aiutare le


persone a migliorare le loro condizioni
di vita, fornendo loro sostegno e risorse
adeguate, favorendo processi di sviluppo
sostenibili nel lungo periodo.

• Interventi di emergenza attraverso la


costruzione di servizi igienico-sanitari e
rifugi alle popolazioni vittime di
conflitti e disastri naturali. E quando
l'emergenza è finita, Oxfam sostiene la
ricostruzione fino al ritorno alla normalità.

• Campagne di opinione e
sensibilizzazione attraverso la
pubblicazione di analisi e l’organizzazione di
eventi di informazione per influenzare le
politiche che causano la povertà e l'ingiustizia
globale; tramite percorsi educativi e
iniziative di mobilitazione, stimola
cittadini a chiedere ai propri leader un
maggior impegno nella difesa e nella
promozione degli interessi dei più
poveri e vulnerabili.

In Italia, dal 1º agosto 2010, è attiva Oxfam


Italia, ONG parte della confederazione. Tale
organizzazione nasce dall'esperienza di Ucodep,
organizzazione non governativa italiana fondata
ad Arezzo nel 1990 sulla scia di altre esperienze di
volontariato risalenti alla fine degli anni settanta.
Dal 2012 è passata da membro osservatore a
membro effettivo del board di Oxfam
International.

Oxfam Italia opera nei seguenti Paesi: Albania,


Bosnia Erzegovina, Macedonia, Serbia,
Libano, Palestina, Sri Lanka, Haiti,
Repubblica Domenicana, Ecuador,
Marocco, Sudan e Tunisia.[47]

Oxfam International: mappa dei beneficiari


delle attività svolte da Oxfam International.[48]

Oxfam, i rifugiati e il
Mediterraneo
In Italia, Oxfam presta la sua opera per
l’accoglienza dei richiedenti asilo e per la
loro integrazione con interventi educativi e
di sensibilizzazione.

Oxfam Italia accompagna i richiedenti asilo verso


l’autonomia e l’integrazione attiva sul
territorio, e ne promuove l’inclusione coinvolgendo
l’intera comunità locale attraverso il seguente
percorso:

• Ottenere i documenti.

• Imparare la lingua e i costumi del paese


ospitante.

• Apprendere le leggi e la civile convivenza.

Lo scopo del suddetto percorso è quello di:

• Trovare un’occupazione.

• Garantirsi un reddito dignitoso.

• Provvedere autonomamente al proprio


futuro.

• Perseguire la propria realizzazione.

L’attività è svolta principalmente in due regioni:

• Toscana: Oxfam segue il modello di


accoglienza diffusa della Regione Toscana.
Attualmente accoglie 239 richiedenti asilo
nelle province di Arezzo, Firenze, Livorno e
Siena. L’obiettivo è di raggiungerne 300.

• Sicilia: dal 2015 Oxfam lavora in Sicilia


orientale in collaborazione con partner e
organizzazioni locali per: rafforzare le
capacità di risposta all’emergenza migranti e
per sostenere i rifugiati ospitati a Catania,
Milazzo, Scicli e Siracusa nelle attività di
assistenza legale, psicologica e sanitaria.

Servizi offerti da Oxfam ai migranti:

• Assistenza legale: in tutte le procedure


burocratiche e amministrative necessarie.

• Abitazione: ospitano i richiedenti asilo


in appartamenti dove è più facile garantire
loro supporto e assistenza.

• Apprendimento della lingua italiana: per


l’apprendimento della lingua italiana si
avvalgono dei servizi di LiMO, una cooperativa
in partenariato.

• Spostamenti: con il pagamento


dell’abbonamento mensile ai mezzi pubblici,
favoriscono la loro mobilità all’interno
della città.

• Sport e attività ludiche: per coinvolgere e


far interagire i richiedenti asilo il più possibile
tra loro.

• Assistenza socio-sanitaria: iscrizione al


Servizio Sanitario Nazionale, assegnazione del
medico curante e sostegno socio-psicologico.
• Vitto e beni di prima necessità: grazie a
buoni spendibili in esercizi
convenzionati possono acquistare cibo e
prodotti per l’igiene personale.

• Mediazione linguistico culturale: fino


all’acquisizione di una buona conoscenza della
lingua, degli usi e delle leggi italiane che
garantisca l’autonomia del migrante.

• Formazione professionale: con corsi di


formazione professionale e supporto per
svolgere attività di volontariato sul territorio
spendibili nel mondo del lavoro.

• Monitoraggio, ricerca e valutazione: con


la raccolta dati per migliorare la qualità dei
servizi di Oxfam.

Oltre alle attività rivolte specificatamente ai


migranti, Oxfam Italia entra anche nelle
scuole con progetti implementati attraverso “una
serie di risorse originali per esplorare il tema
delle migrazioni in Europa”.[49]

Bilancio di Oxfam Italia


I dati esposti si riferiscono al bilancio 2016.[50]

Fondi totali raccolti 2016: 16.006.377€ (3%


in più rispetto al 2015).

Fondi raccolti 2016: quali enti pubblici


finanziano Oxfam.

Fondi raccolti 2016: le Aziende e le


Fondazioni che finanziano Oxfam Italia.

Costi del personale di Oxfam Italia nel


2016.

Oneri sostenuti da Oxfam Italia nel 2016.

Bilancio di Oxfam
International
I dati presentati si riferiscono al bilancio del 2016
di Oxfam International.[51]

Totale fondi percepiti da Oxfam


International nel 2016: 1.514.700.000€.

Totale oneri sostenuti da Oxfam


International 2016: allocazione risorse tra
le diverse attività.

Totale oneri 2016: allocazione oneri tra le


differenti aree geografiche.

Totale oneri 2016: allocazione oneri tra le


differenti missioni (le attività relative a
migranti e profughi sono incluse in “Saving
Lives”).

Finanziatori di Oxfam UK
I finanziatori di Oxfam UK: dati bilancio
2016.[52]

I finanziatori di Oxfam UK: Governi


Nazionali e Istituzioni Sovranazionali
(donazioni 2016).

I finanziatori di Oxfam UK: lista completa


(Governi Nazionali, Istituzioni
Sovranazionali e organizzazioni
governative).

I finanziatori di Oxfam UK: lista completa


(Fondazioni).

I finanziatori di Oxfam UK: lista completa


(Aziende).

Oxfam UK e l’Italia.

Finanziatori di Oxfam
America
I finanziatori di Oxfam America: dati
bilancio 2016.[53]

Fondi Oxfam America: lista finanziatori


(istituzioni, fondazioni e aziende).

Chi opera in Oxfam


Molti dirigenti e consiglieri di amministrazione di
Oxfam provengono da precedenti incarichi nelle
Nazioni Unite, in altre organizzazioni governative e
non, in istituzioni nazionali e in fondazioni attive
nei medesimi settori del no-profit.

Winnie Byanyima, direttore esecutivo di Oxfam


International, ha lavorato undici anni nel
Parlamento ugandese e poi presso la
Commissione dell'Unione Africana; in
seguito è stata direttore delle Nazioni Unite per il
programma “Gender and Development”. Ha co-
fondato l'Alleanza Globale per il Genere e il
Clima a cui appartengono 60 membri e ha
presieduto una task force dell'ONU sugli aspetti
di genere del Millennium Development Goals, e sul
cambiamento climatico.[54]

Laura Rusu, è Policy and Campaigns Media


Manager per Oxfam America. In precedenza, ha
lavorato al programma della divisione Women
Rights della Human Rights Watch, nonché
consulente per il Fondo delle Nazioni Unite
per la Popolazione e infine consulente per la Open
Society Foundations rumena.

Raymond C. Offenheiser, presidente di Oxfam


America, ha lavorato nella Ford Foundation in
Bangladesh e nelle regioni andine e meridionali del
Sud America e poi per Save the Children in
Messico. Ha rivestito diversi ruoli all’interno
dell’amministrazione Obama ed è stato
consigliere e consulente in differenti istituti
nazionali e internazionali come: il World
Economic Forum, il Clinton Global
Initiative e la Gates Foundation.[55]

Zone d’ombra di Oxfam


Accuse di abusi sessuali, di frode e di
omicidi stradali: un articolo del Daily Express
intitolato “OXFAM'S SCANDALS revealed: The
sex abuse, corruption and deaths that dogged top
UK charity” riferisce di alcuni scandali avvenuti
all'interno di Oxfam nel 2016, come le accuse di
abusi sessuali, di corruzione e di diverse morti in
incidenti stradali a causa di veicoli di guidati dal
personale dell'organizzazione. Nel Report
2015/2016 di Oxfam si legge: "Rimaniamo
impegnati sulla trasparenza riguardante le
accuse di sfruttamento e di abuso sessuale
perpetrate dal personale e dai collaboratori di
Oxfam. Nel 2015/16 abbiamo visto un aumento
del numero di denunce segnalate da 26 a 64". La
maggior parte delle denunce (38) provenivano
dall’estero, ma 23 sono state segnalate dal
personale degli Oxfam's British Charity Shops e
altre tre invece da altre sezioni britanniche. La
maggior parte dei casi investigati (94%) ha
provocato un'azione disciplinare, ma nel restante
dei casi riscontrati le "prove erano insufficienti“
per sostenere una qualsiasi delle accuse. Oxfam
non ha mai denunciato pubblicamente le violenze
sessuali dei membri del suo staff per "motivi di
riservatezza", ma ha affermato “di aver
avvisato la polizia nella maggior parte dei
casi”. Un’altra accusa è quella di frode e
corruzione che Oxfam affronta nell'ultimo report
annuale redatto, dove ha dichiarato che la frode è
stata precedentemente trattata e che il tentativo di
"maggiore vigilanza" ha portato ad un aumento
dei casi registrati. Nel report si legge: “Nel 2015/16
i casi sospetti riguardanti la frode e la corruzione
sono aumentati del 67,4 per cento rispetto
all'anno precedente, che attribuiamo ad una
maggiore vigilanza sui nostri programmi a
seguito di miglioramenti a favore dell'educazione
contro la frode. La somma è stata solo dello 0,1
per cento del reddito totale di 414 milioni di
sterline all'anno ma finora solo 6.848£ del denaro
è stato recuperato”. Sebbene il numero di casi
segnalati di frode sia aumentato nel 2015/16, la
quantità di denaro persa è diminuita rispetto ai
652.149£ persi per frodi nel 2014/15, quando
22.693£ sono state restituite dopo le indagini
interne. È emblematico il caso di Edward
McKenzie Green, membro di alto profilo di
Oxfam e responsabile della vigilanza sulle
frodi, condannato e arrestato per aver defraudato
l’organizzazione di quasi 65.000£ nel maggio del
2014. Un altro problema affrontato da Oxfam
presente nel Report è la morte di persone a causa
di “presunti omicidi stradali”; Oxfam dichiara: "Ci
sono stati sette morti derivanti da incidenti
stradali che coinvolgono veicoli gestiti da Oxfam"
(in Etiopia due pedoni sono stati investiti e uccisi
da autisti di Oxfam, in Yemen è stato travolto un
motociclista e in Liberia invece un veicolo affittato
dall’organizzazione ha colpito un passante dopo
aver fatto un’inversione azzardata). Nel
Bangladesh è avvenuto l'incidente peggiore: tre
persone hanno perso la vita a causa di un
veicolo Oxfam. Il portavoce ha dichiarato: “In
molti paesi in cui operiamo, le condizioni stradali,
come la pavimentazione e la segnaletica, non sono
così accurate come nel Regno Unito. Inoltre, i
veicolo utilizzati in molti paesi non sono in ottime
condizioni meccaniche, soprattutto nei casi in cui
abbiamo dovuto aumentare rapidamente le
nostre dotazioni a causa di una emergenza
improvvisa e della necessità di trovare
velocemente veicoli extra”.[56]

Accuse a proposito dei metodi di raccolta


fondi nel Regno Unito: un articolo del
Telegraph del gennaio 2016 intitolato
“Charities were either 'incompetent or
willingly blind' over fundraising scandal:
the Public Administration select committee
says that charities are in the 'last chance
saloon' and warns that the whole sector
has been damaged by scandals” mette in luce
tutte le inefficienze e le scorrettezze che avvengono
nelle operazioni di crowfunding di diverse
organizzazioni, tra le quali anche Oxfam. “Le
organizzazioni di beneficenza a cui appartengono
i responsabili delle raccolte fondi che hanno
utilizzato metodi quasi coercitivi verso persone
anziane o verso categorie più vulnerabili per
spingere gli stessi a donare denaro, sono state
incompetenti o volontariamente cieche”
hanno affermato i membri del Parlamento
britannico. Gli stessi hanno inoltre dichiarato che
avrebbero dato un’ultima possibilità di
finanziamento pubblico alle organizzazioni sotto
accusa e che, a causa loro, tutto il settore del no-
profit avrebbe subito una perdita di credibilità. Le
organizzazioni accusate di campagne di
crowfunding troppo aggressive e non etiche, sono:
Oxfam, NSPCC, Save the Children e RSPCA. Il
Comitato della Pubblica Amministrazione e
degli Affari Costituzionali ha dichiarato che gli
amministratori delle organizzazioni avrebbero
dovuto correttamente e attentamente controllare la
metodologia della loro raccolta fondi attraverso
regolamenti statutari.[57]

Accuse riguardo le ingenti risorse spese per


salari e per i costi di gestione: nell’agosto del
2015 il Daily Mail pubblica un articolo intitolato
“Oxfam spends 25% of its funds on wages
and running costs: Charity spent £103m
last year including £700,000 on pay and
benefits for seven top staff” dove viene trattata
l’allocazione dei fondi tra le diverse gestioni. Il
Daily Mail rivela che più di un quarto dei
fondi raccolti da Oxfam sono utilizzati per
finanziare i costi di supporto tra cui i salari
dello staff. L’organizzazione ha beneficiato di
401.400.000£ raccolti tramite le operazioni di
crowfunding nell’anno in questione, ma solo
298.400.000£ sono stati utilizzati per finanziare le
attività della mission di Oxfam. La charity, inoltre,
ha pagato per sette dei suoi dirigenti 700.000£ più
diversi benefit, come le tasse per istituti scolastici
privati frequentati dai figli degli stessi. Ad esempio,
il direttore generale, Mark Goldring, nel 2015 ha
percepito uno stipendio annuo di 122.538£.[58]

Oxfam Italia e Paolo Barbieri: direttore


generale di Oxfam Italia, Paolo Barbieri tratta
della situazione nei campi profughi del Libano in
un articolo pubblicato su HuffingtonPost
dell’aprile del 2016. Lo stesso dichiara: “Non è
credibile parlare di accogliere poche migliaia di
persone quando qui ne abbiamo milioni. Qui
l'Europa è lontana. È lontana quell'Europa che
per anni ha dato lezioni di democrazia, di diritti,
di accoglienza e che ora chiude le porte. Non solo
chiude le porte, ma chiude anche gli occhi,
definendo ‘umano’ un accordo con la Turchia che
ha dato la spinta definitiva ad un domino già
cominciato dallo scorso anno. Un domino in cui
l'Europa rimanda indietro i richiedenti asilo in
Turchia, e la Turchia chiude a propria volta le
frontiere. E così fanno Giordania e Libano. Il
risultato è che i rifugiati sono sempre più
intrappolati in paesi che diventano prigioni da
dove è difficile evadere. In Giordania, dei 200
mila visti di lavoro previsti per i siriani si parla
oggi ‘forse di 40 mila’ su una popolazione in gran
parte illegalmente residente di quasi un milione di
persone. Anche il Libano sta ritrattando le cifre.
Siamo in paesi in cui la disoccupazione è
oltre il 20%, quella giovanile ben oltre il
40%”. Curioso che i dati statistici sulla
disoccupazione in Libano coincidono quasi con
quelli dell’Italia, a cui viene richiesto di accogliere
più migranti.[59]

Sempre Paolo Barbieri, commentando il


rapporto di Oxfam dell’inizio del 2017, dove si
sottolinea quanto si stia estremizzando la
differenza tra ricchi e poveri con la nascita del
trillionaire, afferma che: "È osceno che così tanta
ricchezza sia nelle mani di una manciata di
uomini, che gli squilibri nella distribuzione dei
redditi siano tanto pronunciati, in un mondo in
cui 1 persona su 10 sopravvive con meno di 2
dollari al giorno. La disuguaglianza stritola
centinaia di milioni di persone, condannandole
alla povertà; rende le nostre società insicure e
instabili, compromette la democrazia. In tutto il
mondo le persone vengono lasciate indietro".
Oxfam ha calcolato che 1/3 della ricchezza dei
miliardari è dovuta ad eredità, mentre il 43% è
dovuta a relazioni clientelari. Secondo
l’organizzazione, a chiudere il cerchio c'è l'uso di
denaro da parte dei ricchissimi per influenzare le
decisioni politiche a loro favore. Curioso che
Oxfam demonizzi la ricchezza di quei pochi
visto che l’organizzazione nel mondo
beneficia di numerose donazioni da parte
di facoltose multinazionali e fondazioni
create da generosi multimilionari, come si
evince agevolmente dai bilanci esposti in
precedenza.[60]

Oxfam Italia e le incoerenze: l'organizzazione


riceve finanziamenti dalla Comunità Europea, dal
Ministero degli Esteri italiani e da altri enti
pubblici, pur essendo in netto contrasto con
le politiche che riguardano i migranti.
Inoltre i fondi raccolti non sono spesi in modo
propriamente efficiente: il rapporto tra i costi
sostenuti a favore della mission dell’organizzazione
e gli oneri connessi alle attività di raccolta fondi e
alle attività di supporto, "rivelano una certa
dispersione delle risorse". Per ogni €
donato, arriveranno al destinatario
dell’attività caritatevole solo 0.76 centesimi.
Una delle voci di spesa più ingente è il costo
dello staff (5.116.520€), specialmente se
rapportato ai fondi totali raccolti (16.006.377€).

La Dichiarazione
Universale dei Diritti
Umani
La Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani è la principale carta a cui si ispirano e in
cui trovano legittimazione tutte le ONG operanti a
favore dei diritti dei migranti e dei rifugiati. La
stessa dichiarazione però non giustifica un
flusso migratorio senza regole, tutelando
infatti anche il diritto alla sicurezza dei cittadino,
oltre a sancire i doveri verso la comunità che
devono essere rispettati da ciascun individuo.[61]
devono essere rispettati da ciascun individuo.

Spunti e conclusioni
Le organizzazioni trattate hanno molti
punti in comune e molte affinità in diverse
aree della loro attività:

• Le organizzazioni analizzate focalizzano la loro


attività su campagne di sensibilizzazione
molto spesso rivolte ai governi
nazionali e alle istituzioni
sovranazionali, oltre che all’opinione
pubblica. Le tematiche trattate si
concentrano tutte nei medesimi settori e il
messaggio veicolato è molto spesso simile se
non lo stesso. A supporto delle loro teorie,
molte volte espresse tramite la redazione di
report periodici, le organizzazioni utilizzano
testimonianze dirette dei soggetti coinvolti
nelle presunte violazioni dei diritti umani
spesso difficilmente confutabili, rendendo così
complicato stabilire la veridicità delle stesse.

• Frequentemente, i membri dei vari


direttivi delle ONG hanno pregresse
esperienze in ambito pubblico e politico
(governi, enti pubblici e commissioni), in
organizzazioni sovranazionali (Unione
Europea, Nazioni Unite e sue agenzie), e in
altre organizzazioni umanitarie. Questo
potrebbe determinare diversi conflitti di
interesse, il non rispetto del “principio in
indipendenza e non politicizzazione”, e
rapporti dubbi tra istituzioni pubbliche e
ONG.

• Molte ONG sono interconnesse tra loro


tramite legami finanziari. Molti
finanziatori hanno creato una vera e propria
rete di organizzazioni sovvenzionate.

• La maggioranza delle ONG sono


finanziate direttamente o
indirettamente da enti pubblici, venendo
meno alle caratteristiche di neutralità e di
non politicizzazione stabilite dalle
organizzazioni come linee guida per operare
nel miglior modo.

• La neutralità e la non politicizzazione


vengono meno anche in diversi report e
comunicati pubblicati dalle ONG; trattando la
questione siriana ad esempio, Human Right
Watch, poche ore dopo il presunto e non
ancora provato attacco con armi chimiche
dell’esercito governativo di Assad, rilancia sul
sito web video e immagini confezionati dagli
White Helmets affermando inoltre che questo
genere di aggressione non sia stato il primo.
[62] La neutralità e la non politicizzazione
vengono meno anche in diversi report e
comunicati pubblicati dalle ONG; trattando la
questione siriana ad esempio, Human Right
Watch, poche ore dopo il presunto e non
ancora provato attacco con armi chimiche
dell’esercito governativo di Assad, rilancia sul
sito web video e immagini confezionati dagli
White Helmets affermando inoltre che questo
genere di aggressione non sia stato il primo. Di
questi ultimi giorni è la confessione di un
membro dei Caschi Bianchi, Walid Hindi, in
cui ammette il suo coinvolgimento nella
fabbricazione di materiale fotografico e video
preparati in collaborazione con una televisione
turca, nel periodo in cui stava lavorando con il
noto gruppo di “soccorritori” ad Aleppo est
(zona allora occupata da gruppi terroristici). I
Caschi Bianchi hanno preparato numerosi
video “falsati” in cui documentavano atrocità
commesse dell’esercito governativo siriano
contro la popolazione civile durante il processo
di liberazione di Aleppo est per mobilitare
l’opinione pubblica a favore dei cosiddetti
“ribelli moderati”. Nella sua confessione alla
televisione nazionale siriana, Hindi ha
ammesso di aver lavorato con i Caschi
Bianchi per tre anni e di aver ricevuto somme
di denaro ingenti, fornite in larga parte dagli
stati del Golfo. Un altro ex associato degli
White Helmets, Imad Abdul Jawad, ha
ammesso di aver visto i terroristi in
possesso di sostanze chimiche ad
Aleppo. Ha dichiarato: “Durante il mio turno
di lavoro come guardia, mi è stato chiesto di
trasferire un lotto di barili contenenti
qualcosa che i miei supervisori chiamavano
detersivo o detersivo in polvere. Dovevo
trasferire i materiali dal distretto di Al
Sukkariyeh quello di Amariya”. Jawad
continua dicendo di aver visto altri membri,
con maschere e tute protettive, armeggiare
con gli stessi barili, e di aver scorto, al loro
interno, qualcosa che poteva essere ricondotto
a bombole di gas.[63] Lo stesso codice di
condotta “frettoloso” e “giustizialista contro il
governo di Assad” utilizzato da Human Rights
Watch, lo ritroviamo esattamente anche in
Amnesty International, la quale accusa
l’esercito governativo siriano delle medesime
colpe senza nessuna prova tangibile e
verificabile al riguardo: “Since 2013, several
chemical attacks against civilians have been
carried out by government forces and armed
groups, yet nobody has been brought to
justice. They are getting away with it, without
punishment”.[64]

• Molte organizzazioni non usano i fondi


raccolti “come un buon padre di
famiglia”. Il rapporto tra le spese per le
attività della mission rispetto alla somma delle
spese di supporto e a quelle dell’attività di
crowfunding, non presenta livelli di efficienza
elevati come si converrebbe ad organizzazioni
così autorevoli e con un notevole bagaglio di
esperienza. Questa inefficienza dipende anche
dagli alti livelli salariali, dagli elevati benefit e
dalle generose buone uscite che le
organizzazioni riservano ad alcuni dirigenti.
Nel 2009 ad esempio, Irene Khan, segretario
generale di Amnesty International ha ricevuto
500.000£ (4 volte il suo stipendio annuale)
come buona uscita, mentre la sua vice, Kate
Gilmore, ne incassò 300.000£.[65]

• Un accusa mossa a diverse ONG è quella di


fare un’attività di raccolta fondi troppo
aggressiva, spesso rivolta a persone anziane
o particolarmente vulnerabili. Un’altra accusa
è quella di una non puntuale attività
informativa fatta dagli operatori addetti alla
raccolta fondi delle organizzazioni verso i
privati. Spesso la destinazione delle offerte
viene cambiata senza avvisare il donatore in
maniera repentina.

• Molti dubbi sul buon operato delle ONG


sono stati avanzati anche da diversi
governi nazionali. Ad esempio, Israele non
ha rilasciato il visto lavorativo a Omar Shakir,
direttore di Human Rights Watch per Israele e
Palestina. L’organizzazione è stata accusata
dallo stato israeliano di non imparzialità nella
questione con la Palestina. Addirittura molte
ONG sono state allontanate dai governi di
alcuni Paesi dove le stesse prestavano la loro
opera, con l’accusa di non neutralità
essendosi schierati a favore di una parte.

Tante sono le zone d’ombra e le accuse rivolte alle


organizzazioni trattate da più parti; nonostante
tutto, le stesse continuano le loro attività senza
particolari cambiamenti di condotta e
dimostrandosi refrattarie ad ogni tipo di giudizio.

Sembra quasi che alcune ONG abbiano


acquisito un “particolare certificato” di
esenzione dalle critiche e dalle legittime
richieste di chiarezza e trasparenza. Le
stesse operano per vigilare sul rispetto dei
diritti umani, ma chi controlla la
correttezza della loro attività? Chi
garantisce che i fondi raccolti tramite le
donazioni siano usati nel modo migliore e
per le cause giuste? Chi garantisce che le
testimonianze da loro riportate siano
corrette e scevre da interpretazioni
personali e tendenziose? Quali sono i
criteri utilizzati dai governi e dagli
organismi sovranazionali per la scelta
delle organizzazioni meritevoli da
finanziare con fondi pubblici?

Fonti

1. (https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public
/uploads/2016/11/18155810/Report_Hotspot
_Italia.pdf) ↩

2. (https://www.amnesty.it/campagne/iwelcome
/) ↩

3. (https://www.amnesty.it/campagne/iwelcome
/) ↩

4. (https://www.amnesty.it/appelli/italia-non-
neghi-diritto-asilo/) ↩

5. (https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public
/uploads/2016/11/18155810/Report_Hotspot
_Italia.pdf) ↩

6. (http://www.asgi.it/chi-siamo/) ↩

7. (https://ngovoice.org/our-members) ↩

8. (https://www.amnesty.it/chi-siamo/bilancio/)

9. (http://www.imolaoggi.it/2014/06/05/amnes
ty-international-e-uno-dei-piu-grandi-
ostacoli-ai-diritti-umani-in-tutta-la-terra/) ↩

10. (https://www.amnesty.org/en/documents/fin
40/5046/2016/en/) ↩

11. (http://www.acls.org/uploadedFiles/Publicati
ons/Financials/ACLS_ Financial
Statements_June2016.pdf) ↩

12. (https://www.benetech.org/about-
us/financials/) ↩

13. (https://www.benetech.org/want-to-
help/partner/) ↩

14. (http://www.cafamerica.org/publications/ann
ual-reports/) ↩

15. (https://www.comicrelief.com/who-we-
are/finances) ↩

16. (https://www.fordfoundation.org/work/our-
grants/grants-database/grants-all?
page=0&search=%26SearchText%3DMigratio
n Policy Institute) ↩

17. (https://humanityunited.org/performancerep
ort2015/) ↩

18. (http://oakfnd.org/grants) ↩

19. (http://www.johnsonstiftung.ch/docs/STJ_JB
16_E.pdf) ↩

20.(https://www.opensocietyfoundations.org/site
s/default/files/open-society-foundations-
2017-budget-overview-20170202.pdf) ↩

21. (http://www.imolaoggi.it/2014/06/05/amnes
ty-international-e-uno-dei-piu-grandi-
ostacoli-ai-diritti-umani-in-tutta-la-terra/)
(tratto dal libro inchiesta “Subverting Syria-
Obiettivo Siria” di Tony Cartalucci, ricercatore
di geopolitica e scrittore, Arianna Editrice-
2012,pag.239-243) ↩ ↩

22.(http://www.amnestyusa.org/search/node/su
zanne nossel syria) ↩

23.(https://www.hrw.org/report/2010/07/16/wa
sted-decade/human-rights-syria-during-
bashar-al-asads-first-ten-years-power) ↩

24.(http://21stcenturywire.com/2017/01/28/syri
a-the-amnesty-international-scandal-smart-
warmongers-and-terrorist-sympathizers/) ↩

25.(http://21stcenturywire.com/2016/04/19/an-
introduction-smart-power-the-human-rights-
industrial-complex/) ↩

26.(https://aurorasito.wordpress.com/2014/01/2
6/una-verita-nascosta-amnesty-
international/) ↩

27. (https://act.amnestyusa.org/ea-action/action?
ea.client.id=1839&ea.campaign.id=67632) ↩

28.(http://www.unar.it/unar/portal/wp-
content/uploads/2013/09/Elenco-
associazioni-UNAR-2016.pdf) ↩

29.(https://www.amnesty.it/siria-laccordo-sulle-
zone-sicure-non-autorizzi-governi-rimandare-
indietro-rifugiati/) ↩

30.(https://www.amnesty.it/insinuazioni-contro-
le-ong/) ↩

31. (https://www.hrw.org/about) ↩

32.(https://www.hrw.org/news/2015/11/19/ten-
steps-address-global-refugee-crisis) ↩

33.(https://www.hrw.org/finding-shelter) ↩

34.(https://www.hrw.org/europe/central-
asia/italy) ↩

35. (https://www.hrw.org/middle-east/n-
africa/libya) ↩

36.(https://www.hrw.org/middle-east/n-
africa/syria) ↩

37. (https://www.hrw.org/sites/default/files/sup
porting_resources/financial-statements-
2016.pdf) ↩

38.(https://www.hrw.org/about/partners) ↩

39.(https://www.hrw.org/news/2010/09/07/geo
rge-soros-give-100-million-human-rights-
watch) ↩

40.(https://www.hrw.org/it/news/2017/05/04/3
03290) ↩

41. (http://www.ngo-
monitor.org/reports/focus_hrw_raises_funds
_in_saudi_arabia_by_demonizing_israel/) ↩

42.(http://www.huffingtonpost.it/2017/02/24/is
raele-hrw-visto_n_14980592.html) ↩

43.(https://www.theguardian.com/world/2017/f
eb/24/israel-denies-visa-to-hostile-human-
rights-watch-and-warns-it-is-assessing-other-
groups) ↩

44.(http://blog.ilgiornale.it/rossi/2017/05/09/so
ros-lebreo-che-odia-israele/#) ↩

45.(https://www.hrw.org/news/2017/04/04/doz
ens-feared-dead-chemical-exposure-syria) ↩

46.(https://www.hrw.org/world-
report/2017/country-chapters/syria) ↩

47. (https://www.oxfam.org/sites/www.oxfam.or
g/files/file_attachments/oxfam_annual_repo
rt_2015_-_2016_english_final_0.pdf) ↩

48.(https://www.oxfam.org/sites/www.oxfam.or
g/files/file_attachments/oxfam_annual_repo
rt_2015_-_2016_english_final_0.pdf) ↩

49.(https://www.oxfamitalia.org/scopri/attivita-
educative/) ↩

50.(https://www.oxfamitalia.org/wp-
content/uploads/2017/01/Bilancio_Esercizio
_2015-16.pdf) ↩

51. (https://www.oxfam.org/sites/www.oxfam.or
g/files/file_attachments/oxfam_annual_repo
rt_2015_-_2016_english_final_0.pdf) ↩

52.(http://www.oxfam.org.uk/what-we-
do/about-us/plans-reports-and-
policies/annual-report-and-accounts) ↩

53. (https://www.oxfamamerica.org/static/media
/files/Oxfam_America-
Annual_Report_2016.pdf) ↩

54.(https://www.oxfam.org/en/winnie-
byanyima-biography) ↩

55. (https://www.oxfamamerica.org/explore/abo
ut-oxfam/leadership/board-of-directors/) ↩

56.(http://www.express.co.uk/news/uk/758803/
Oxfam-scandal-sex-abuse-corruption-deaths)

57. (http://www.telegraph.co.uk/news/uknews/la
w-and-order/12118883/Charities-were-either-
incompetent-or-willingly-blind-over-
fundraising-scandal.html) ↩

58.(http://www.dailymail.co.uk/news/article-
3193050/Oxfam-spends-25-funds-wages-
running-costs-Charity-spent-103m-year-
including-700-000-bonuses-senior-staff.html)

59.(http://www.huffingtonpost.it/roberto-
barbieri/prigionieri-del-
libano_b_9607556.html) ↩

60.(http://www.ilgiornale.it/news/economia/oxf
am-8-miliardari-hanno-stessa-ricchezza-met-
umanit-1351974.html) ↩

61. (http://www.ohchr.org/EN/UDHR/Pages/La
nguage.aspx?LangID=itn) ↩

62.(https://www.hrw.org/news/2017/04/04/doz
ens-feared-dead-chemical-exposure-syria) ↩

63.(http://www.oltrelalinea.news/2017/05/15/le
x-elmetto-bianco-confessa-prodotto-
materiale-falso/) ↩

64.(https://act.amnestyusa.org/ea-action/action?
ea.client.id=1839&ea.campaign.id=67632) ↩

65.(http://www.repubblica.it/economia/2013/12
/10/news/ong_armi_tabacco_etica-
73235183/) ↩

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