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Antropologia culturale 3rd Edition

Conrad P. Kottak
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collana di Istruzione scientifica
s erie di sc ienze umane
Conrad P. Kottak

Antropologia culturale
Terza edizione

Edizione italiana a cura di

Laura Bonato

Milano • New York • C hicago • San Francisco


London • Madrid • Mexico City • Montreal
New Delhi • San Juan • Singapore • Sydney • Toronto
Titolo originale: Culrural Anrhropology. Appreciating culrural diversity, Eighteenth Edition
Copyright© 2019, 2017,2015,2013
McGraw-Hill Education

Copyright© 2020, 2012, 2008 McGraw-Hill Education (ltaly), S.r.l


Via Ripamonti 89 - 20141 Milano

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Portfolio Director: Teresa Massara


Senior Portfolio Manager B&E/HSSL: Marta Colnago
Pre Press Manager: Chiara Oaelli
Fotocomposizione: Fotocompos, Gussago (BS)
Grafica di copertina: Feel Italia, Milano
Immagine di copertina: ©Guitar photographer/Shutterstock
Stampa: Rodona Industria Grafica, Pamplona

ISBN 978·88-386-9564·3
0123456789 - 2423222120
Indice breve

PARTE l LE DIMENSION I DELL'ANTRO POLOGIA


Capitolo 1 Che cos'è l'antropologia 3
Capitolo 2 La cultura 15
Capitolo 3 Panoramica delle teorie antropologiche 35

PARTE Il DIVERSITÀ E CREATIVITÀ CULTURALE 53


Capitolo 4 l metodi dell'antropologia culturale 55
Capitolo 5 L'antropologia applicata 79
Capitolo 6 Linguaggio e comunicazione 105
Capitolo 7 L'etnicità 129
Capitolo 8 Sistemi di sussistenza 145
Capitolo 9 l sistemi politici 173
Capitolo 10 Il genere 193
Capitolo 11 Famiglie, parentela e discendenza 215
Capitolo 12 Il matrimonio 229
Capitolo 13 La religione 247

PARTE 111 IL MONDO CHE CAMBIA 277


Capitolo 14 Arte, media e sport 279
Capitolo 15 Sistema mondiale, colonialismo e ineguaglianza 309
Capitolo 16 Gli esiti della globalizzazione 325

APPEND ICE PER COMPLETARE ... 353


Antropologia economica 355
Il teatro della vita: la festa ovvero ciò che resta
della tradizione d'oralltà 365
Per una antropologia del gruppi rom e slntl 375
Indice

Prefazione XIII 2.2.2 In che misura siamo diversi dagli


altri primati 21
Ringraziamenti dell'Editore XIV

xv
2.3 La cultura e l'individuo 22
Guida alla lettura
2.3.1 Livelli di cultura 22
2.3.2 Etnocentrismo, relativismo
PARTE l culturale e diritti umani 23
LE DIMENSIONI DELL'ANTROPOLOGIA 2.4 Universale, generale e particolare 25
2.4. 1 Gli universali e le generalità 25
Capitolo 1 Che cos'è l'antropologia 3 2.4.2 Le panicolarità: modelli culturali 25
1.1 La diversità umana 3 2.5 Meccanismi di mutamento culturale 26
1.2 Adattamento, variazione e mutamento 4 2.6 Antropologia e beni culturali: tra tutela
e valorizzazione del patrimonio 27
1.3 Le discipline antropologiche 5
2.7 Globalizzazione 31
1.3. 1 Antropologia culturale 6
1.3.2 Anuopologia archeologica 6 Riepilogo 33
1.3.3 Antropologia biologica o fisica 8 Spunti di riflessione 33
1.3.4 Antropologia linguistica 9
1.4 Antropologia e altre discipline accademiche 9 Capitolo 3 Panoramica delle teorie
lO
antropologiche 35
1.4. 1 Antropologia culturale e sociologia
1.4.2 Antropologia e psicologia 10 3.1 Teorie antropologiche 35
1.5 Il metodo scientifico 11 3.2 Evoluzionismo 36
1.5.1 Teorie, associazioni e spiegazioni 11 3.3 La scuola di Boas 37
1.5.2 Il valore e le limitazioni della scienza 14 3.3.1 Partlcolarlsmo storico 38
Riepilogo 14 3.3.2 Invenzione indipendente e diffusione 38
Spunti di riflessione 14 3.4 Funzionalismo 38
3.4. 1 Malinowski 38
Capitolo 2 La cultura 15 3.4.2 Storia congetturale 39
2.1 Che cos'è la cultura? 15 3.4.3 Funzionalismo strutturale 39
2. 1 . 1 La cultura è appresa 15 3.4.4 Dal funzionalismo strutturale

La cultura è condivisa
all'analisi del conflitto 39
2. 1.2 16
La cultura è simbolica
3.4.5 La persistenza del funzionalismo 40
2.1.3 17
3.5 Configurazionismo 40
2. 1.4 Cultura e natura 17
2. 1.5 La cultura è onnicomprensiva 18 3.6 Il ritorno dell'evoluzionismo 41
2. 1.6 La cultura è integrata 18 3.7 Materialis mo culturale 41
2. 1.7 Cultura strumentale, adattativa 3.8 Il determinismo culturale 42
e non adattativa 19 3.8.1 La culturologia 42
2.2 Le basi evolutive della cultura 19 3.8.2 Il superorganico 42
2.2. 1 Che cosa condividiamo 3.8.3 Durkheim e i pionieri
con gli altri primati 20 dell'etnologia francese 42
VIli -
I ndice
-- --------------- -- - ----- - -- �-· -

3.9 Antropologia simbolica e interpretativa 43 4.8 La ricerca sul campo nella tradizione
3.10 Strutturalismo 44 italiana delle scienze emoetnoantropologiche 73
3.11 Approcci processuali 44 Riepilogo 77
3. 1 1.1 Processi sociali e agency 44 Spunti di riflessione 77
3. 1 1 .2 La teoria della pratica 45
3.1 1.3 Leach 45 Capitolo 5 L'antropologia applicata 79
3.12 Teor ia del sistema mondiale, economia 5.1 Che cos'è l'antropologia applicata? 79
politica e globalizzazione 45 5.2 Il ruolo dell'antropologia applicata 80
3.13 Cultura, storia, potere 46 5.2.1 Le prime applicazioni 80
3.14 Gli studi demoetnoantropologici in Italia 46 5.2.2 L'antropologia applicata oggi 81
3. 14.1 Dalle origini alla metà del Novecento 47 5.3 L'antropologia dello sviluppo 82
3.14.2 Uno sviluppo Istituzionale 5.3.1 L'equità 82
frammentato 48
5.4 Le strategie di innovazione 82
3. 14.3 Campi di ricerca, orientamenti
teorici attuali e nuove sfide 49 5.4. 1 L'eccessiva innovazione 83
5.4.2 La sottodifferenziazione 84
L'antropologia oggi 51
l modelli del Terzo Mondo
3.15
5.4.3 84
Riepilogo 52
5.5 Antropologia ed educazione 85
Spunti di r iflessione 52
5.6 L'antropologia applicata in Italia 86
5.6.1 Dilemmi etici: si può fare
PARTE Il antropologia applicata? 86
DIVERSITÀ E CREATIVITÀ CULTURALE 53 5.6.2 Cosa fa un antropologo "applicato'? 87
5.6.3 Nella cassetta degli attrezzi 88
Capitolo 4 l metodi dell'antropologia 5.6.4 Posizionarsi: quando l'antropologia
culturale 55 è "per commissione" 90

4.1 L'etnografia: strategia distintiva 5.7 L'antropologia medica 92


dell'antropologia 55 5.7. 1 Definizioni e problematiche 92
4.2 l metodi: l'etnografia 56 5.7.2 L'antropologia medica Italiana 96

4.3 Le tecniche etnografiche 57 5.8 La ricerca antropologica in area alpina 97


4.3.1 L'osservazione e l'osservazione Riepilogo 1 04
partecipante 58 Spunti di riflessione 104
4.3.2 Conversazione, intervista e tabelle
di intervista 59
Capitolo 6 Linguaggio
4.3.3 n metodo genealogico 59 .
e comumcaz1one 105
4.3.4 Informatori privilegiati 60
6.1 Che cos'è il linguaggio? 105
4.3.5 Storie di vita 60
6.2 La comunicazione tra i primati 106
4.3.6 Credenze e percezioni locali e
credenze e percezioni dell'etnografo 60 6.2. 1 Sistemi di richiamo 1 06
4.3.7 L'etnografia problem·oriented 62 6.2.2 La lingua dei segni 106
4.3.8 Gli studi longitudinali, la ricerca 6.2.3 L'origine del linguaggio 108
di gruppo e l'etnografia multisituata 63 6.3 Comunicazione non verbale 109
4.4 Le prospettive etnografiche 64 6.4 La str uttura del linguaggio 1 10
4.4. 1 Emico ed etico 64 6.4. 1 Fonologia e fonetica 1 10
4.4.2 L'etnografia online 64 6.5 Linguaggio, pensiero e cultura 111
4.5 L'indagine 65 6.5. 1 L'ipotesi Sapir-Whorf 111
4.6 l risvolti etici 66 6.5.2 n lessico contestuale 1 12
4.7 L'antropologia storica 67 6.5.3 Semantica e significato 1 12
------�
I ndice IX

6.6 Sociolinguistica 1 13 8.3.4 Intensificazione: gli individui


6.6. 1 Diversità linguistica 1 13 e l'ambiente 152
6.6.2 Contrasti linguistici legati al genere 1 14 8.4 Pastoralismo 153
6.6.3 Linguaggio e status sociale 1 14 8.5 Modi di produzione 155
6.6.4 Stratificazione 1 15 8.5.1 La produzione nelle società non
industriali 1 55
6.7 Linguistica storica 1 16
8.5.2 Mezzi e sistemi di produzione 155
6.8 Le minoranze linguistiche in Italia 1 17
8.5.3 Il fenomeno dell'alienazione
6.8. 1 Repenorlo linguistico, lingue nelle economie industriali 1 56
minoritarle e minoranze linguistiche 1 17
6.8.2 Tutela delle minoranze
8.6 Economizzazione e ottimizzazione 157
linguistiche I n Italia 1 18 8.6. 1 Finalità alternative 157
6.8.3 Classificazione e distribuzione 8.7 Scambio e distribuzione 158
delle minoranze linguistiche 8.7. 1 Il principio di mercato 159
storiche In Italia 120
8.7.2 Redlstrlbuzione 159
Riepilogo 128
159
8.7.3 Reciprocità
Spunti di riflessione 128 8.7.4 Coesistenza del principi di scambio 160
8.8 Il potlatch 161
Capitolo 7 L'etnicità 129
8.9 L'antropologia del turismo 1 63
7.1 Etnicità e gruppi etnici 129 8.9. 1 L'lnterazlone dei linguaggi
7. 1.1 L'oscillazione dello status sociale 13 1 medlatlci: frammentazione
e ambivalenza 1 63
7.2 La diversità biologica umana
e il concetto di razza 131 8.9.2 Nuove destinazioni turistiche 1 63
7.2.1 Come spieghiamo il colore
8.9.3 Una società In viaggio 164
della pellel 134 8.9.4 Viaggiatori e turisti:
una differenziazione del passato 165
7.3 Stratificazione e "intelligenza" 137
8.9.5 Territorio, economia, turismo
7.4 Gruppi etnici, nazioni e nazionalità 139 e cultura 166
7.4.1 Nazionalità e comunità Immaginate 139 8.9.6 Turisti e locali, la complessità
7.5 Coesistenza pacifica 140 antropologica di questo rapporto 167
7.5. 1 Assimilazione 140 8.9.7 Turismi oggi: non solo definizioni 168
7.5.2 La società pluralistica 140 8.9.8 Le mete cambiano? 170
7.5.3 Multiculturalismo 141 Riepilogo 171
7.6 l conflitti etnici 142 Spunti di riflessione 1 72
7.6. 1 Pregiudizio e discriminazione 142
7.6.2 La discriminazione ami-etnica 1 43 Capitolo 9 l sistemi politici 1 73
Riepilogo 144 9.1 Che cos'è "l'organizzazione politica"? 1 73
Spunti di riflessione 144 9.2 Tipologie e tendenze 1 74
9 .3 Bande e tribù 175
Capitolo 8 Sistemi di sussistenza 145 9.3. 1 Le bande di cacciatori-raccoglitori 175
8.1 Strategie adattative 145 9.3.2 Gli onicoltori 177
8.2 Caccia-raccolta e pesca 146 9.3.3 Il capo villaggio 1 77
8.2. 1 Attività di caccia, pesca e raccolta: 9.3.4 Il big man 178
correlazioni 148 9.3.5 Sodalizi pantribali e classi di età 180
8.3 Coltivazione 150 9.3.6 Le politiche delle tribù nomadi 182
8.3.1 Onicoltura 1 50 9.4 Domini 1 83
8.3.2 Agricoltura 151 9.4. 1 Sistemi politici ed economici 184
8.3.3 Il •continuum" colturale 152 9.4.2 Condizione sociale 1 84
x Ind ic e -- - ----�- -�-

9.4.3 Sistemi legati allo status sociale 11.2 Discendenza 2 19


nei domini e negli stati 185 1 1 .2.1 Gruppi di discendenza 219
9.4.4 La comparsa della stratlficazione 1 1 .2.2 Lignaggio, clan e regole di residenza 22 1
sociale 186
1 1 .2.3 Discendenza bilineare 22 1
9.5 Stati 1 86
1 1 .2.4 Famiglia e discendenza 222
9.5 . 1 I l controllo della popolazione 186
11.3 Gradi di parentela 223
9.5.2 Il sistema giudiziario 1 87
11.3.1 Tipologie dei rapponi di parentela
9.5.3 L'applicazione e il rispetto
genealogici e terminologia
delle leggi 1 88
di parentela 223
9.5.4 Il sistema fiscale 188
11.4 Terminologia di parentela 225
9.6 Il controllo sociale 1 89
11.4. 1 Terminologia lineare 225
9.6. 1 L'egemonia 1 89
Le armi dei deboli
11 .4.2 Terminologia di parentela biforcata
9.6.2 190 mista 226
Riepilogo 191 11.4.3 Terminologia generazionale 226
Spunti di riflessione 192 11 .4.4 Terminologia di parentela biforcata
collaterale 227
Capitolo 10 Il genere 193 Riepilogo 228

10.1 Sesso e genere 193 Spunti di riflessione 228

10.2 l modelli di genere ricorrenti 195


10.3 Il genere tra i cacc iatori-raccoglitori 197 Capitolo 12 Il matrimonio 229
10.4 Il genere tra gli orticoltori 199 12.1 Che cos'è il matrimonio? 229
10.4. 1 La minore stratiftcazione di genere 12.2 Incesto ed esogamia 230
in società matrilineari-matrilocali 199
La minore stratiftcazione di genere
12.3 Spiegare i tabù 232
10.4.2
in società matrifocall 200 12.3. 1 L'incesto, un tabù anche praticato 232
10.4.3 Il matriarcato 200 12.3.2 L'orrore istintivo 233
10.4.4 La maggiore stratlficazione 12.3.3 La degenerazione biologica 234
di genere In società patrillneari- 12.3.4 Desiderio e disdegno 234
patrilocali 201
12.3.5 Sposarsi all'esterno del proprio
10.5 Il genere tra gli agricoltori 202 gruppo o estinguersi 234
10 .6 Patr iarcato e violenza 202 12.4 L'endogamia 235
10.7 Genere e industrializzazione 203 12.4. 1 Le caste 235
Per saperne di più ... 12.4.2 L'endogamia regale 235
Liminarità identitarie: i femminielli a Napoli 204 12.5 Dir itti coniugali e matrimoni omosessuali 236
10.8 Ruoli, stratificazioni di genere 12 .6 L'amore "romantico" 238
e or ientamento sessuale 210
12.7 Matrimonio come alleanza fra gruppi 238
La ricchezza della sposa e la dote
Riepilogo 213
12.7. 1 238
Le alleanze durature
Spunti di riflessione 21 4
12.7.2 240

Capitolo 11 Famiglie, parentela 12.8 Il divorzio 241


e discendenza 215 12.9 l matrimoni plurimi 242
12.9.1 La poliginia 242
La poliandria
11.1 Famiglie 215
12.9.2 244
1 1 . 1. 1 Famiglia nucleare e famiglia estesa 216
12.10 Il "mercato del matri monio" online 244
1 1 .1.2 Industrialismo e organizzazione
familiare 217 Riepilogo 246
1 1 .1.3 La famiglia tra i cacciatori-raccoglitori 2 1 9 Spunti di riflessione 246
Indice Xl
------ ---

Capitolo 13 La religione 247 14 2.2 Il paesaggio sonoro


e l'antropologia dell'ascolto 287
13.1 Che cos'è la religione? 247
Per Saperne di più ...
13.2 Origini, funzioni ed espressioni della religione 248 Etnografia dell'ascolto: due esperienze di ricerca
13.2.1 Animismo 249 di Antonello Ricci 290
13.2.2 Totemismo 249 14.2.3 Le rappresentazioni dell'ane
Per saperne di più ... e la cultura 292
La New Age tra Oriente e Occidente 250 14.2.4 Arte e comunicazione 292
13.2.3 Mana e tabù 254 14.2.5 Arte e politica 293
13.2.4 Magia e religione 255 14.2.6 La trasmissione culturale delle arti 294
13.2.5 Ansia, controllo e sollievo 256 14.2.7 La carriera artistica 295
13.2.6 Mito 256 14.2.8 Continuità e cambiamento 295
13.2.7 Riti e rituali 257 14.3 Antropologia e media 296
13.2.8 Riti di passaggio 257 14.3.1 La cultura di massa e le nuove
tecnologie 298
13.3 La religione e l'ecologia culturale 258
14.4 Il calcio: un "caso" antropologico? 298
13.4 Controllo sociale 259
14.4.1 Il mistero rotondo 299
Per saperne di più ...
14.4.2 Identità, storia, educazione sportiva 300
Il rapporto umani non-umani e l'etnografia
multispecie 26 1 14.4.3 Mitologie, rituali... spogliatoi 301
13.5 Religione negli stati 264 14.4.4 Il regno delle metafore 303
13.5.1 Valori protestanti e crescita
14.4.5 Raccontare il calcio 303
del capitalismo 264 14.4.6 Capri espiatori: l'arbitro e il portiere 304
13.6 Le religioni del mondo 265 14.4.7 E le donnel 305
Per saperne di più ... Riepilogo 306
Il velo islamico 266 Spunti di r iflessione 307
13.7 Religione e cambiamenti 270
13.7. 1 Movimenti di rivitalizzazione 270 Capitolo 15 Sistema mondiale,
13.7.2 Sincretismi 271 colonialismo e ineguaglianza 309
13.7.3 Antimodemismo e fondamentalismo 272 15.1 L'emergere del sistema mondiale 309
13.7.4 La diffusione dell'lslam 273 15.2 L'industrializzazione 31 1
13.7.5 La radicalizzazlone religiosa oggi 274 15.2.1 Le cause della rivoluzione industriale 312
13.8 l rituali laici 274 15.3 La stratificazione 312
Riepi logo 275 15.3.1 La stratlficazione industriale 313
Spunti di riflessione 276 15.3.2 Il persistere dell'ineguaglianza 314
15.4 Il colonialismo 314
PARTE 111 15.4. 1 Il colonialismo britannico 315
IL MONDO CHE CAMBIA 277 15.4.2 Il colonialismo francese 316
15.4.3 Colonialismo e identità 316
Capitolo 14 Arte, media e sport 279 15.4.4 Gli studi postcoloniali 318
14.1 Che cos'è l'arte? 279 15.5 Sviluppo 318
14.1.1 L'arte e la religione 281 15.5.1 Il neoliberalismo 319
14.1.2 Individuare l'arte 281 15.6 Il Secondo Mondo 319
14.1.3 Arte e individualità 283 15.6.1 Il comunismo 319
14. 1 .4 Il lavoro deIl' artista 283 15.6.2 La transizione postsocialista 320
14.2 Arte, società e cultura 284 15.7 Il sistema mondiale oggi 320
14.2. 1 L'etnomusicologia 285 15.7.1 Il degrado industriale 32 1
Xli Indice
�--- -�--

Riepilogo 322 16.5.3 Un sistema mondiale di immagini 344


Spunti di riflessione 323 16.5.4 Una cultura transnazionale
del consumo 344
Capitolo 16 Gli esiti 16.6 Genti in movimento 345
della globalizzazione 325 16.7 Antropologia e migraz ioni in Italia 346
16.1 Consumo energet ico e degrado industriale 325 Riepilogo 351
16.2 l cambiamenti cl imatici globali 327 Spunti di riflessione 351
16.3 Antropologia dell'ambiente oggi 328
APPENDICE
Per saperne di più ...
Antropologia dell'ambiente in crisi: nManifesto
PER COMPLETARE ••• 353
per gli Studi" 333
Antropologia economica 355
16.4 Il contatto interetnico 339
16.4. 1 Lo sviluppo e l'ambientalismo 340
16.4.2 Il cambiamento religioso 34 1 Il teatro della vita: la festa ovvero
clb che resta della tradizione d'oralltà 365
16.4.3 L'imperialismo culturale 342
16.5 Costr uire e ricostruire una cultura 343
La cultura popolare
Per una antropologia dei gruppi rom
16.5. 1 343
e sintl 375
16.5.2 L'indigenizzazione della cultura
popolare 343 Indice anal itico 389
Prefazione

L'antropologia culturale esercita un indubbio fascino a quelli originari e Inserendo riferimenti all'Italia e
sugli studenti. Disciplina estremamente vasta e com­ all'Europa contemporanee, prestando attenzione agli
plessa, tanto da essere identificata negli anni - e sem­ studi e alle ricerche che vi sono state condotte, che
pre a ragione - come studio dell'uomo e dei suoi modi per lo più non trovano spazio nei diversi manuali
di vita, delle differenze e delle somiglianze, dei mo­ esteri tradotti e adottati dal nostri docenti di antro­
delli e delle variazioni culturali, cattura per quella sua pologia. Abbiamo inoltre previsto un'Appendice con
intrinseca capacità di aprire una finestra su un pano­ alcuni corposi contributi che sviluppano ulteriori te­
rama immenso. Permette di conoscere tradizioni, usi mi non trattati completamente nel testo.
e costumi, modelli di pensiero e di componamento Affrontando quindi argomentazioni che erano ri­
del passato e, allo stesso tempo, di confrontarsi con maste escluse, consapevoli che in futuro nuove te­
ciò che ci circonda e di capirlo, di interpretarlo, di matiche troveranno posto in questo volume sugge­
attribuire agli elementi della quotidianità un signifi­ rite dalla letteratura e dal dibattito antropologico,
cato. Questo testo non è un manuale di storia della rispetto all'edizione del 20 1 2 si è tentato di tracciare
disciplina, ma si propone come una "cassetta degli un rinnovato quadro di problemi e di indirizzi.
attrezzi" indispensabile per chi si approccia all'antro­ Dobbiamo molto agli studiosi che hanno contri­
pologia culturale, perché fornisce innanzitutto quegli buito al volume con i loro saggi. La nostra gratitudi-
strumenti concettuali utili per orientarsi nella densi­ ne va a:
tà della disciplina e per affrontare, di conseguenza, la • Enzo Vlnicio Alliegro (Università degli Studi di

congerie di tematiche e problemi qui esposti. Napoli Federico II): Antropologia dell'ambiente in
I commenti degli studenti e le valutazioni dei re­ crisi (Capitolo 1 6);
visori sono stati preziosi indicatori per Intervenire, • Matteo Aria (Sapienza Università di Roma): Antro­

correggere, aggiungere, riscrlvere parti del testo al pologia Economica (Appendice);


fine di rnigliorame comprensibilità e fruibilità. Per • Ambrogio Artoni (Università degli Studi di Tori­

rispondere alle finalità didattiche, come nella prece­ no): Antropologia e media (Capitolo 14);
dente edizione, da un punto di vista concettuale il • Bruno Barba (Università degli Studi di Genova): Il

volume è diviso in tre parti - e in 16 capitoli - per calcio: un "caso" antropologico] (Capitolo 1 4);
sottolineare i nodi concettuali della disciplina e i te­ • Luca Bellone (Università degli Studi di Torino): Le

rni e i problemi che animano la contemporaneità; le minoranze linguistiche in Italia (Capitolo 6);
espressioni chiave appaiono nel testo in neretto e • Maria Anna Bertolino (Università degli Studi di

vengono definite nel Glossario. Ogni capitolo si apre Torino): La ricerca sul campo nella tradizione italiana
con una Panoramica, che aiuta il lettore a organizza­ delle scienze demoetnoantropologiche (Capitolo 4); La
re lo studio delle pagine che seguono e a localizzare ricerca antropologica in area alpina: metodi, temi e
l'attenzione sulle nozioni più importanti, e si chiude sviluppi attuali (Capitolo 5);
con un Riepilogo, che riassume i concetti fondamen­ • Luigi Berzano (Università degli Studi di Torino):
tali espressi, e con alcuni Spunti di riflessione per La New Age tra Oriente e Occidente (Capitolo 1 3);
stimolare lo spirito critico dello studente. Le schede • Nadia Breda (Università degli Studi di Firenze):
..
Per saperne di più. aprono una finestra su fenomeni Antropologia dell'ambiente oggi (Capitolo 16);
specifici della contemporaneità. Cercando di mante­ • Floriana Ciccodicola (Università degli Studi di Cas­
nere la massima chiarezza espositiva, si è proceduto sino e del Lazio Meridionale): Antropologia storica
a un'ampia revisione, aggiungendo nuovi contributi (Capitolo 4);
X IV Prefazione

• Ulderico Daniele (Università degli Studi di Berga­ • Valentina Porcellana e Silvia Stefani (Università
mo; lED Milano): Per una antropologia dei gruppi degli Studi di Torino): Antropologia applicata (Capi­
rom e sinti (Appendice); tolo 5);
• Sandra Degli Esposti Elisi (Alma Mater Studiorum • Gianfranca Ranisio (Università degli Studi di Napo­
Università di Bologna): Antropologia del turismo li Federico II): Antropologia medica (Capitolo 5);
(Capitolo 8); • Antonello Ricci (Sapienza Università di Roma): Il
• Annalisa Di Nuzzo (Università degli Studi di Sa­ paesaggio sonoro e l'antropologia dell'ascolto (Capito­
lerno): Llminarità Identitarie: i femminielli a Napoli lo 1 4);
(Capitolo 10); • Barbara Sorgoni (Università degli Studi di Torino)
• Piercarlo Grimaldi (Università degli Studi di Scien­ e Bruno Riccio (Alma Mater Studiorum Università
ze Gastronomiche di Pollenza): Il teatro della vita. di Bologna): Antropologia e migrazioni in Italia (Ca­
La festa ovvero ciò che resta della tradizione d'oralità pitolo 16);
(Appendice); • Pier Paolo Viazzo (Università degli Studi di Tori­
• Sara Hejazi (collaboratrice di Wired e MicroMega): no): Gli studi demoetnoantropologici in Italia (Capito­
Il velo islamico (Capitolo 1 3); lo 3);
• Nicola Martellozzo (Università degli Studi di Tori­ • Lia Zola (Università degli Studi di Torino): Il rap­
no): Antropologia e beni culturali: tra tutela e valoriz­ porto umani non-umani e l'etnografia multispecie (Ca­
zazione del patrimonio (Capitolo 2); pitolo 1 3).

Laura Bonato
Università degli Studi di Torino
gennaio 2020

RI NGRAZ IAMENTI DELL'ED ITORE


L'Editore ringrazia i docenti che hanno partecipato alla review del testo e che, con le loro preziose indicazio­
ni, hanno contribuito alla realizzazione della terza edizione di Antropologia culturale.

Roberta Altin, Università degli Studi di Trieste


Fulvia D'Aloisio, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
Alessandro Mancuso, Università degli Studi di Palermo
Antonella Minelli, Università degli Studi del Molise
Guida alla lettura

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LE DIMENSIONI DELL'ANTROPOLOGIA
••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••

CAPITOLO 1 Che cos'è l'antropologi a


CAPITOLO 2 La cultura

CAPITOLO 3 Panoramica delle teorie antropologiche


ni che vivono nel deserto australiano adorano gll ani­
IN QUESTO CAPITOLO mali e discutono di filosofia. Gli abitanti dei Tropici
1.1 La diversità umana sopravvivono alla malaria. Gli uomini hanno cammi­
nato sulla superficie della Luna. Il modello della nave
1.2 Adattamento, variazione e mutamento spaziale Enterprise custodito presso lo Smithsonian
Institution di Washington è il simbolo del desiderio
1.3 Le discipline antropologiche
di "esplorare strani, nuovi mondi, alla ricerca di nuo·
1.3.1 Antropologia culturale
ve forme di vita e di nuove civiltà, per arrivare là
1.3.2 Antropologia archeologica dove nessun uomo è mai giunto prima•. Il desiderio
1.3.3 Antropologia biologica o fisica di conoscere l'ignoto, di controllare ciò che sfugge al
1.3.4 Antropologia linguistica controllo, di creare ordine dal caos trova espressione
in ogni popolo della terra. Creatività, adattabilità e
1.4 Antropologia e altre discipline accademiche flessibilità sono attributi umani elementari: la diver­
1.4.1 Antropologia culturale e sociologia sità umana costituisce l'argomento principale dell'an·
1.4.2 Antropologia e psicologia tropologia.
Gli studenti sono spesso sorpresi dall'estensione
1.5 Il metodo scientifico
del campo dell'antropologia. L'antropologia è una
1.5.1 Teorie, associazioni e spiegazioni
scienza speciflcatamente comparativa e oltstica. L'o­
1.5.2 Il valore e le l i mitazioni della scienza lismo si riferisce allo studio della condizione umana
considerata nel suo insieme: passato, presente e futu­
ro; biologia, società, linguaggio e cultura. La maggior
1.1 LA DIVERSITÀ U MANA parte delle persone crede che gli antropologi si de­
dichino allo studio dei fossili e delle culture prein­
Gli antropologi studiano gli esseri umani apparte­ dustriali non occidentali, e in effetti alcuni studiosi
nenti a ogni tempo e a ogni luogo, ovunque essi si di antropologia sono impegnati in queste attività,
trovino o vivano, si siano trovati o abbiano vissuto ma l'antropologia è assai più complessa dello studio
- nel Kenya settentrionale, in un caffè in Turchia o delle popolazioni preindustriali: è un campo di inda­
in un centro commerciale di una città europea. L'an­ gine comparativo che prende in esame tutte le so·
tropologia è l'esplorazione della diversità umana nel cietà, semplici e complesse. Le altre scienze sociali
tempo e soprattutto nello spazio. Questa disciplina tendono a concentrarsi su una sola società, spesso
studia quindi la condizione umana nel suo aspetto una nazione industriale come l'Italia o gli Stati Uniti,
globale: passato, presente e futuro; biologia, società, mentre l'antropologia offre una prospettiva transcul·
linguaggio e cultura. Di particolare interesse è la di­ turale unica, mettendo costantemente a confronto le
versità che si origina dal fenomeno dell'adattabilità tradizioni di diverse società.
umana. Gli esseri umani condividono la vita sociale, ossia
Gli esseri umani sono tra gli animali più adattabili la vita organizzata in gruppi, con altri animali, tra cui
al mondo. Gli abitanti delle Ande del Sudamerica si babbuini, lupi e persino formiche. Ciò nonostante,
svegliano in villaggi situati a quasi 5000 metri sopra la cultura è un tratto caratteristico unico della spe­
il livello del mare e si inerpicano per altri 450 metri cie umana. Le culture sono l'insieme di tradizioni e
circa per lavorare nelle miniere di stagno. Gli indige- costumi, trasmessi attraverso forme di insegnamen·
to, che formano e guidano le credenze, le visioni del dell'esistenza umana, esplorando la diversità umana
mondo e il comportamento degli individui in socie­ a livello biologico e culturale nel tempo e nello spa­
tà. I bambini apprendono tali tradizioni crescendo zio. Esaminando antiche ossa e utensili, è possibile
in una specifica società, mediante un processo de­ dipanare i misteri delle origini dell'uomo. Quando i
nominato inculturazione. Nelle tradizioni cultura­ nostri progenitori si sono separati da quegli antenati
li rientrano costumi e opinioni, sviluppati nel corso che discendevano dalle scimmie? Dove e quando ha
delle generazioni, su quelli che sono i componamen­ avuto origine l'Homo sapiens? Come si è modificata la
ti propri e Impropri. Queste tradizioni rispondono a nostra specie? Che cosa siamo oggi e dove stiamo an­
domande quali: come dovremmo fare le cose? Come dando? In che modo i cambiamenti culturali e sociali
è possibile dare un significato al mondo? Come siamo hanno influenzato il mutamento biologico? È da oltre
in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è un milione di anni che il genere a cui apparteniamo,
sbagliato? Che cosa è giusto e che cosa è sbagliato? Homo, è in continuo mutamento: gli esseri umani
Una cultura crea una certa coerenza e omogeneità non smettono infatti di adattarsi e di modificarsi sia
nel componamenti e nel modo di pensare degli indi­ biologicamente sia culturalmente_
vidui che vivono In seno a una determinata società.
L'elemento più importante delle tradizioni cultu­
rali è la loro trasmissione attraverso l'insegnamento 1 . 2 ADATTAM ENTO,
piuttosto che mediante l'eredità biologica. Pur non VARI AZIONE E MUTAM ENTO
essendo biologica in sé, la cultura si basa comun­
que su alcune caratteristiche proprie della biologia Il concetto di adattamento si riferisce ai processi me­
umana. Per oltre un milione di anni, gli esseri uma­ diante i quali gli organismi riescono a superare con
ni hanno mostrato di possedere almeno alcune delle successo gli stress e le forze avverse che agiscono
capacità biologiche da cui dipende lo sviluppo della nell'ambiente in cui si trovano, come per esempio
'
cultura: la capacità di apprendere, di pensare simbo­ i problemi legati al clima e alla topografia, ossia alle
licamente, di utilizzare il linguaggio e di impiegare caratteristiche fisiche della superficie terrestre. Come
strumenti e altri prodotti per l'organizzazione del­ si modificano gli organismi per riuscire a vivere in
la vita e l'adattamento all'ambiente. L'antropologia determinati ambienti, come climi caldi e secchi o ad
confronta e valuta i principali interrogativi alla base altitudini estreme? Come altri animali, anche gli es­
seri umani sfruttano mezzi di adattamento biologici.
Gli uomini sono tuttavia gli unici a disporre anche di
�"\\lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllt,'\ mezzi di adattamento culturali.
s Panoramica I territori montuosi presentano difficoltà speci­
fiche, legate in particolare all'altitudine e alla man­
Esplorando la diversità umana biologica e culturale sia nel canza di ossigeno. Provate a considerare quattro
tempo sia nello spazio, l'antropologia si confronta con gli mezzi (di cui uno culturale e tre biologici) con cui
interrogativi alla base dell'esistenza e della sopravvivenza gli esseri umani possono sopravvivere e adattarsi a
degli esseri umani: come si è originato l'uomo, come è cam­ ridotte quantità di ossigeno ad alta quota. L'adatta­
biato il genere Homo, come cambia anche oggi. Quella an­ mento culturale (tecnologico, in questo caso) può
tropologica è una scienza olistica, che studia la condizione essere rappresentato dalla cabina pressurizzata di
umana nel suo insieme: passato, presente e futuro; biologia, un aereo dotata di maschere di ossigeno. Tre sono
società. linguaggio e cultura. La cultura costituisce un aspet­ invece i modi in cui è possibile adattarsi biologica­
to cruciale dell'adattabilità e del successo dell'uomo. Essa mente ad altitudini elevate: adattamento genetico,
racchiude le tradizioni e i costumi di singoli gruppi umani adattamento fisiologico a lungo termine e adatta­
- trasmessi attraverso l'i nsegnamento - che determinano il
mento fisiologico a breve termine. In primo luogo,
comportamento, le credenze e la visione del mondo di colo­
le popolazioni originarie di zone situate ad alta quo­
ro che appartengono a tali gruppi. Le forze culturali model­
ta, come le Ande peruviane e i monti dell'Himalaya
lano e modificano costantemente la biologia e il comporta­
di Tibet e Nepal, sembrano avere acquisito deter­
mento degli esseri umani. L'antropologia culturale esamina
minati vantaggi genetici per vivere a tali altitudini
la diversità culturale del presente e del passato recente. Gli
estreme. È probabile che la tendenza delle popola­
antropologi fisici studiano i reperti fossili, la genetica e la
crescita corporea, nonché i primati. L'antropologia è corre­
zioni andine a sviluppare polmoni e cassa toracica
lata a molte altre discipline, appartenenti sia alle scienze voluminosi abbia una base genetica. In secondo luo­
= naturali <per esempio la biologia) sia alle scienze sociali <per go, indipendentemente dal patrimonio genetico di
esempio la sociologia). cui sono dotati, gli individui che crescono e vivono
\,,111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111\\\\� ad alta quota acquisiscono una maggiore efficien-
za a livello fisiologico rispetto a persone genetica­ tana, modificando le circostanze storiche" (Marcus e
mente simili ma che risiedono a livello del mare. Flsher 1986, p. 24).
Questo fatto illustra l'adattamento fisiologico a lun­
go termine nel corso della crescita e della matura­
zione dell'organismo. Inoltre, gli esseri umani hanno 1.3 LE DISCIPLINE
sviluppato anche la capacità di un adattamento fi­ ANTROPOLOG ICHE
siologico a breve termine, persino immediato. Per
questo motivo, quando gli abitanti delle pianure Nel mondo accademico, l'antropologia - ovvero lo
arrivano ad alta quota, la loro respirazione si fa più studio dell'uomo - si differenzia a seconda delle tra­
frequente e aumenta anche la frequenza del battito dizioni accademiche nazionali. Negli Stati Uniti si è
cardiaco. L'iperventilazlone porta a un aumento del­ soliti suddividere Gl'antropologia generale" in quattro
la quantità di ossigeno nel polmoni e nelle arterie, principali sottodisclpline: l'antropologia culturale,
mentre con l'aumento del battito cardiaco il sangue quella archeologica, quella biologica e l'antropologia
è in grado di raggiungere i tessuti molto più rapida­ linguistica. In Europa e in Italia la distinzione più
mente. Tutte queste diverse risorse adattative, sia usuale è quella fra l'antropologia culturale e l'antro­
culturali sia biologiche, mirano a un unico obiet­ pologia fisica (biologica). In molti casi, l'antropologia
tivo: mantenere una riserva adeguata di ossigeno a culturale viene denominata ernologia e, oggi più rara­
disposizione dell'organismo. mente, antropologia sociale.
Con il progredire della storia umana, i mezzi di C l sono ragioni storiche per l'inclusione delle
adattamento sociali e culturali hanno acquisito quattro sottodisclpline, a cui si è fatto riferimento a
un'importanza sempre maggiore. Nel corso di ta­ inizio del paragrafo, in una singola disciplina, quale
le processo, gli esseri umani hanno sviluppato sva­ è l'approccio tipico per esempio in Nord America.
riati modi per sopravvivere nel diversi ambienti da
L'origine dell'antropologia come campo scientifico,
essi occupati nel tempo e nello spazio. La velocità
e dell'antropologia americana in particolare, può es­
di cambiamento e adattamento culturale ha subito
sere tracciata a ritroso fino al XIX secolo. I primi
un'accelerazione, in particolare negli ultimi 1 0.000
antropologi americani erano focalizzati soprattutto
anni. Per milioni di anni, la caccia e raccolta di ali­
Intorno alla storia e alle culture dei nativi del Nord
menti commestibili presenti In natura sono state l'u­
America. L'Interesse per le origini e la diversità dei
nica base di sussistenza degli esseri umani. Tuttavia
nativi americani ha unito studi sul costumi, sulla
sono occorse solo poche migliaia di anni perché la
vita soc iale, sulla lingua e anche sui tratti fisici.
produzione alimentare (conseguente alla coltiva­
Gli antropologi si pongono ancora domande simi­
zione di piante e all'addomesticamento di animali),
li a queste: "Da dove vengono i nativi americani?",
origlnatasi circa 1 2.000- 10.000 anni fa, sostituisse la
"Quante ondate di migrazione li hanno portati nel
Nuovo Mondo?•, "Quali sono l legami linguistici,
caccia e la raccolta nella maggior pane delle aree abi­
tate del pianeta. Tra il 6000 e il 5000 a.C. sorsero le
prime civiltà: società estese, potenti e complesse, co­ culturali e biologici tra l nativi americani e tra loro
me l'antico Egitto, che conquistarono e governarono e le popolazioni asiatiche?".
vaste aree geografiche. C l sono anche ragioni logiche per questa inclu­
In tempi molto più recenti, la diffusione della pro­ sione. Le risposte ad alcune domande chiave della
duzione industriale ha influenzato profondamente la disciplina antropologica spesso richiedono una com­
vita umana. Nel corso della storia dell'uomo, le prin­ prensione sia della biologia degli esseri umani sia del­
cipali innovazioni si sono diffuse soppiantando quel­ la loro cultura, sia del passato sia del presente. Ogni
le precedenti. Ogni rivoluzione economica ha avuto sottodisciplina considera la variazione nel tempo e
ripercussioni sociali e culturali. L'economia globale nello spazio (cioè, in aree geografiche diverse). Gli
contemporanea e le moderne comunicazioni colle­ antropologi culturali e gli antropologi archeologi stu­
gano tutte le persone che vivono nel mondo mo­ diano (tra molti altri argomenti) i cambiamenti nella
derno, direttamente o indirettamente, a un sistema vita sociale e nei costumi. Gli antropologi archeologi
che si estende su scala planetaria. Gli esseri umani si hanno utilizzato gli studi sulle società attive e su­
trovano a dover affrontare forze generate da sistemi gli schemi di comportamento per immaginare come
progressivamente più ampi: regione, nazione, mondo. possa essere stata la vita in passato. Gli antropologi
Lo studio di questi adattamenti contemporanei crea biologi esaminano i cambiamenti evolutivi sotto l'a­
nuove sfide e nuove frontiere per l'antropologia: aLe spetto della forma fiSica, per esempio i cambiamenti
culture dei popoli del mondo devono essere costan­ anatomici che potrebbero essere stati associati all'o­
temente riscopene via via che tali popoli le reinven- rigine dell'uso dei manufatti o della lingua. Gli an-
tropologl linguisti possono ricostruire le basi delle loro culture non in uno stato di isolamento, ma inte­
lingue antiche studiando quelle moderne. ragendo le une con le altre" (Wolf 1 982/ 1 990, p. 27).
Gli antropologi condividono alcuni presupposti Gli abitanti di paesi e villaggi prendono parte sempre
basliarl, tra cui quello forse più Importante è li con­ In misura maggiore agli eventi regionali, nazionali e
cetto che non è posslblle pervenire a conclusioni persino mondiali. Il contatto con forze esterne av­
uniche e definitive sulla •natura umana" a partire dal­ viene attraverso l mass media, l fenomeni migrato­
lo studio di una singola nazione, società o tradizione rl e i moderni sistemi di trasporto. Città e nazioni
culturale, laddove è Invece essenziale un approccio Invadono sempre più le comunità locali con l'arrivo
comparativo e transculturale. di turisti, agenti di svliuppo, ufficiali del governo e
funzionari governativi e religiosi, oltre che candidati
politici. Tali collegamenti costituiscono componenti
1.3. 1 ANTROPOLOGIA CULTURALE di primo plano della politica, dell'economia e dell'in­
formazione a livello regionale, nazionale e internazio­
L'antropologia culturale è lo studio della socie­ nale. Questi sistemi sempre più ampi influenzano gli
tà e della cultura umane, la disciplina che descrive, individui e i luoghi tradizionalmente studiati dagli
analizza, interpreta e spiega le somiglianze e le diffe­ antropologi. Lo studio di tali collegamenti e sistemi
renze sociali e culturali. Per studiare e interpretare fa parte della materia di cui si occupa la moderna
la diversità culturale, questo settore dell'antropolo­ antropologia.
gia adotta un duplice approccio: quello etnografico Benché in molte tradizioni di studio nazionali i
(basato sul riscontri diretti e sul lavoro sul campo termini antropologia culturale ed etnologia tendano
o fleldwork) e quello etnologico (basato sul confronti a sovrapporsi nel significato, con una preferenza per
transculturali). L'etnografia offre li resoconto relati­ la prima denominazione, è bene definire quale sia
vo a una comunità, una società o una cultura speci­ l'ambito degli studi etnologici. L'etnologia si propo­
fica. Nella fase di raccolta del dati etnografici, l'etno­ ne di esaminare, interpretare, analizzare e confronta­
grafo reperlsce Informazioni che In seguito organizza, re i risultati etnografici, ossia l dati raccolti In diverse
descrive, analizza e Interpreta allo scopo di costruire società. Tali dati vengono impiegati per Individuare
e presentare Il contesto esaminato, sotto forma di vo­ somiglianze e differenze e per giungere a generaliz­
lume, articolo o filmato. Tradizionalmente gli etno­ zazioni sulla società e sulla cultura. Andando oltre
grafi vivono In piccole comunità e studiano compor­ il particolare e spingendosi verso un ambito più ge­
tamenti, credenze, usi e costumi, vita sociale, attività nerale, gli etnologi cercano di identificare e spiega­
economiche, politica e religione locali. Che tipo di re differenze e analogie culturali, verificare ipotesi
esperienza rappresenta l'etnografia per gli stessi etno­ e formulare teorie In grado di migliorare la nostra
grafi? La prospettiva antropologica derivata dal lavoro comprensione del funzionamento dei sistemi sociali
sul campo e dalla raccolta di dati etnografici spesso e culturali (vedi Paragrafo 1 .5). I dati utilizzati per le
risulta radicalmente diversa da quella economica o attività di comparazione dagli etnologi non derivano
della scienza politica. Questi settori si concentrano solo dall'etnografia, bensl anche da altri settori secon­
sulle organizzazioni e sulle linee di condotta nazio­ dari, in particolare quello dell'archeologia e della sto­
nali e ufficiali, e spesso anche su gruppi elitari. ria, nel momento in cui forniscono informazioni utili
I gruppi tradizionalmente studiati dagli antropo­ a ricostruire l sistemi sociali del passato.
logi erano In genere piuttosto poveri e privi di po­
tere economico, come accade oggi per buona parte
dei popoli del mondo_ Gli etnografi spesso osservano 1.3.2 ANTROPOLOGIA ARCH EOLOGICA
pratiche discriminatorie nei confronti di tali popoli,
che si trovano ad affrontare carestie, penuria alimen­ L'antropologia archeologica (o, più semplicemen­
tare e altri aspetti legati all'indigenza. Gli studiosi di te, archeologia) ricostruisce, descrive e interpreta il
scienze politiche tendono a studiare programmi svi­ comportamento umano e i modelli culturali attraver­
luppati poi a livello nazionale, mentre gli antropologi so i resti materiali. Nei luoghi dove le persone vivo­
scoprono li modo in cui tali programmi sono applica­ no o hanno vissuto, gli archeologi trovano artefatti,
ti a livello locale. suppellettili, materiali che gli esseri umani hanno
Le culture non sono isolate. Come ebbe modo di prodotto, usato o modificato, quali strumenti, armi,
notare uno dei più importanti antropologi del Nove­ edifici e anche i resti di scarto come i rifiuti. I resti
cento, Franz Boas ( 1 940/1 966), i contatti tra grup­ vegetali e animali e la spazzatura raccontano storie
pi vicini sono sempre esistiti, coprendo anche aree circa il consumo e le attività umane. I grani selvatici
molto estese. •Le popolazioni umane costruiscono le e da coltura presentano caratteristiche diverse, che
_____ Ca p itolo
___._
_ _ 1 Che cos'è l'a ntropol�

permettono agli archeologi di distinguere tra la rac­ te suggerisce, per esempio, sistemi di commercio gioì
colta e la coltivazione di piante. Le ossa animali rive­ attivi a quell'epoca. Somiglianze nella produzione e
lano l'etcì e il sesso degli animali macellati, fornendo nella decorazione tra differenti slti geografici posso­
altre informazioni utili nel determinare se le specie no essere la prova delle connessioni culturali. Gruppi
siano selvatiche o addomesticate. con frammenti vasellarl simili possono condividere
Analizzando tali dati, gli archeologi rispondono a una storia e potrebbero avere antenati culturali in
diverse domande sulle economie antiche: an gruppo comune: forse li avevano scambiati tra loro o appar­
ha ricavato la carne dalla caccia, o lo ha fatto addo­ tenevano allo stesso sistema politico.
mesticando e allevando animali, uccidendo solo quel­ Molti archeologi studiano la paleoecologia. L'eco­
li di una cena etcì e sesso?"; an cibo di origine vegeta­ logia è lo studio delle interrelazioni tra gli esseri vi­
le è arrivato da piante selvatiche o da semina?"; "Gli venti in un dato ambiente. Gli organismi e l'ambien­
abitanti producevano, commerciavano o compravano te, insieme, costituiscono un ecosistema, basato su
oggetti particolari?"; "Le materie prime erano dispo­ scambi e flussi. L'ecologia umana studia gli ecosiste­
nibili localmente? Se non lo erano, da dove proveni­ mi che includono persone, concentrandosi sui modi
vano?". Da informazioni come queste, gli archeologi in cui lo sfruttamento umano "della natura influenza
ricostruiscono l modelli di produzione, commercio ed è influenzato dalle organizzazioni sociali e dai va­
e consumo. lori culturaW (Bennett 1 969, pp. 10- 1 1). La paleoeco­
Gli archeologi hanno trascorso molto tempo stu­ logia "osserva• gli ecosistemi del passato.
diando per esempio vasi e frammenti di terracotta. I Oltre a ricostruire l modelli ecologici, gli archeolo­
cocci sono più durevoli rispetto a molti altri artefatti, gi possono dedurre le trasformazioni culturali osser­
come quelli tessili e di legno. La quantitcì di fram­ vando per esempio le modlflche nella dimensione e
menti di ceramica consente stime sulla dimensione nella tipologia dei siti geografici e la distanza tra loro.
e sulla densltcì della popolazione. La scoperta che l Una clttcì si sviluppa in una regione dove piccoli in­
vasai utilizzavano materiali non disponibili localmen- sediamenti, vlllaggi e borghi esistevano da qualche

l Il sito archeologico di Harappa, uno dei siti di un'antica civiltà fluviale indù, risalente a circa 4800 anni fa.
Il !�!_E_� _ -�e_ d imen!i�!]_i_d��l� a!'trop�g!a_
__ _ _ _ _ � ---- - _ _ ____ __ _ _ _____

secolo prima. La quantità di livelli di insediamento alla quantità di plastica e soprattutto di carta (Rathje
(città, villaggio, borghi) in una società è una misura e Murphy 200 1; Zimring 20 1 2).
del livello di complessità sociale. Gli edifici offrono
indizi sulle caratteristiche politiche e religiose. Tem­
pli e piramidi suggeriscono che un'antica società 1.3.3 ANTROPOLOG IA B IOLOG ICA
aveva una struttura gerarchica in grado di guidare O FISICA
il lavoro necessario per costruire tali imponenti mo­
numenti. La presenza o assenza di alcune strutture, L'argomento principale dell'antropologia biologica
come le piramidi dell'Antico Egitto e del Messico, o ancropologia fisica è la diversità umana biologica nel
rivela le differenze tra i diversi insedlamenti. Per tempo e nello spazio. Il tema principale della varia­
esempio, alcune città erano luoghi dove le persone zione biologica raggruppa cinque soggetti di studio
venivano per assistere e partecipare a cerimonie; al­ nell'ambito dell'antropologia biologica:
tre erano siti di sepoltura; altre ancora erano comu­ l. l'evoluzione umana messa in luce e delineata da
nità agricole. reperti fossili (paleoantropologia);
Gli archeologi, scavando, ricostruiscono anche 2. la genetica umana;
modelli comportamentali e stili di vita del passato. 3. la crescita e lo sviluppo delle popolazioni;
Questo Implica scavare attraverso una successione 4. la plasticità biologica umana (la capacità del cor­
di livelli in un particolare sito. In una data area, nel po umano di modificarsi per sopravvivere a stress
tempo, gli insediamenti possono cambiare in forma e ambientali quali alte e basse temperature e altitu­
scopo, come possono cambiare le connessioni tra gli dine);
insedlamentl. L'attività di scavo può testimoniare i 5. la biologia, l'evoluzione, il comportamento e la vi­
cambiamenti in campo economico, sociale e politico. ta sociale di scimmie e altri primati non umani.
Anche se gli archeologi sono noti per lo più per lo
studio della preistoria, cioè il periodo prima dell'in­ Questi campi di interesse collegano l'antropologia
venzione della scrittura, studiano anche le culture di ad altri settori di studio: biologia, zoologia, anatomia,
popoli pane della storia e persino attualmente viven­ fisiologia, medicina e salute pubblica. L'osteologia,
ti. Studiando alcune navi affondate al largo della co­ ossia lo studio delle ossa, consente agli esperti di pa­
sta della Florida, gli archeologi sottomarini sono sta­ leoarcheologia, che esaminano crani, denti e ossa, di
ti in grado di verificare le condizioni sulle navi che identificare i progenitori umani e di mappare i cam­
hanno trasportato gli schiavi dall'Africa in America biamenti anatomici nel corso del tempo. Il paleon­
e che sono il ceppo originario degli afro-americani. tologo è uno scienziato che si occupa di studiare i
In un progetto di ricerca avviato nel 1 973 a Tucson, fosslll, mentre il paleoantropologo è un paleontologo
Arizona, l'archeologo Willlam Rathje ha avviato uno che studia i reperti fossili dell'evoluz ione umana. I
studio a lungo termine delle moderne pratiche di paleoantropologi collaborano spesso con gli archeo­
smaltimento della spazzatura. Il valore della "garbo­ logi, che studiano invece i manufatti, alla ricostruzio­
logia", come Rathje l'ha chiamata, è quello di fornire ne degli aspetti biologici e culturali dell'evoluzione
"prove di quello che la gente ha fatto, non quello umana: fossili e utensili vengono infatti spesso rin­
che pensano di aver fatto, quello che pensano che venuti insieme. Diversi tipi di utensili offrono infor­
avrebbero dovuto fare, o cosa l'intervistatore pensa mazioni sulle abitudini, gli usi e gli stili di vita degli
che avrebbero dovuto fare" (Harrison, Rathje, e Hu­ antenati umani che li utilizzavano.
ghes 1 994, p. 1 08). Ciò che le persone testimoniano Più di un secolo fa, Charles Darwin si accorse che
può infatti essere in forte contrasto con il loro reale la varietà esistente all'interno di ogni popolazione
comportamento, come rivelato dalla garbologia. Per consente ad alcuni individui (quelli provvisti delle
esempio, i garbologi hanno scoperto che i tre quar­ caratteristiche più favorevoli) di riuscire a sopravvi­
tieri di Tucson che hanno riferito il più basso consu­ vere e a riprodursi meglio di altri. La genetica, che
mo di birra hanno avuto il più alto numero di lattine si sviluppò più tardi, ci illumina sulle cause e la
di birra scartate per famiglia (Podolefsky e Brown trasmissione di tale varietà la quale, tuttavia, non è
1 992, p. 1 00)! I risultati delle ricerche garbologiche ascrivibile ai soli geni. Nell'arco della vita di qualsiasi
hanno anche svelato fraintendimenti e preconcetti individuo, anche l'ambiente coopera con l'ereditarie­
circa le tipologie e le quantità di spazzatura trovata tà a determinare specifiche caratteristiche genetiche.
nelle discariche: anche se la maggior parte delle per­ Per esempio le persone geneticamente predisposte
sone pensava che i contenitori di polistirolo e i pan­ a raggiungere un'alta statura risulteranno invece più
nolini monouso fossero il principale rifiuto prodotto, basse se malnutrite durante l'infanzia. Per questo mo­
in realtà erano relativamente insignificanti rispetto tivo l'antropologia biologica esplora anche l'influenza
--------� Capitolo 1 C�_e cos'è l'antropologia 9

dell'ambiente sullo sviluppo del corpo. Tra i fattori letti e gli accenti regionali. La variazione linguistica è
ambientali che contribuiscono a influenzare lo svi­ espressa nel bilinguismo dei gruppi etnici. I linguisti
luppo corporeo figurano la nutrizione, l'altitudine, la e gli antropologi culturali collaborano nello studio
temperatura e la malattia, oltre a una serle di fattori dei collegamenti tra il linguaggio e molti altri aspetti
culturali, come gli standard legati al canoni di bellez­ della cultura, per esempio come le persone conside­
za estetici considerati in precedenza. rano la parentela e come percepiscono e classificano
L'antropologia biologica (insieme alla zoologia) in­ i colori.
clude inoltre la primatologia. Tra i primati sono an­
noverati alcuni dei nostri parenti più prossimi - le
grandi scimmie. I primatologi ne studiano appunto 1.4 ANTROPOLOG IA E ALTRE
biologia, evoluzione, comportamento e vita sociale, D ISCI PLINE ACCADEM ICHE
spesso negli ambienti naturali in cui vivono. La prl­
matologia è spesso di supporto alla paleoantropolo­ Come sottolineato in precedenza, una delle princi­
gia, poiché il comportamento dei primati può fare lu­ pali differenze tra l'antropologia e gli altri settori che
ce sul comportamento e la natura degli esseri umani. si occupano dello studio dei popoli è l'olismo, quella
mescolanza unica, tipica di questa disciplina, di pro­
spettive biologiche, sociali, culturali, linguistiche,
1.3.4 ANTROPOLOGI A LINGUISTICA storiche e contemporanee. Paradossalmente, se da
un lato tale elemento contraddistingue l'antropolo­
Non sappiamo (e probabilmente non sapremo mal) gia, dall'altro l'ampio raggio del campo di studi delle
quando i nostri antenati acquisirono l'abilità di par­ scienze antropologiche le collega a numerose altre
lare, nonostante gli antropologi biologici abbiano discipline. Le tecniche utilizzate per datare fossili
considerato l'anatomia del viso per fare ipotesi sull'o­
e manufatti sono giunte all'antropologia dalla fisica,
rigine del linguaggio. E i primatologi hanno descrit­
dalla chimica e dalla geologia.
to i sistemi di comunicazione di scimmie e scimmie
Poiché resti di piante e animali vengono spesso
antropomorfe. Sappiamo che i linguaggi grammatical­
rinvenuti insieme a ossa umane e manufatti, gli an­
mente complessi e ben sviluppati esistono da miglia­
tropologi fisici collaborano con esperti di botanica,
ia di anni. L'antropologia linguistica offre una ulterio­
zoologi e paleontologi.
re dimostrazione dell'interesse dell'antropologia ver­
In quanto disciplina che è al contempo scientifica
so la comparazione, la variazione e il cambiamento.
e umanlstica, l'antropologia si ricollega a numerosi
L'antropologia linguistica studia il linguaggio nel
altri campi del sapere. L'antropologia è una scienza,
suo contesto sociale e culturale, attraverso lo spazio
un "campo di studio o insieme di conoscenze siste­
e nel corso del tempo. Alcuni antropologi linguistici
matico che ha come obiettivo, attraverso esperimen­
fanno supposizioni sulle caratteristiche universali del
linguaggio, forse collegate a uniformità nel cervello ti, osservazione e deduzioni, l'approdo a spiegazioni
umano. Altri ricostruiscono linguaggi antichi con­ affidabili dei fenomeni, con riferimento al mondo fi­
frontando i loro discendenti contemporanei e nel far sico e materiale" (Webster's New World Encyclopedia
ciò fanno scoperte sulla storia. Altri ancora studiano 1 993, p. 937). Nei capitoli seguenti l'antropologia sa­
le differenze linguistiche per scoprire diverse per­ rà presentata come una scienza umanistica che si de­
cezioni e caratteristiche di pensiero nelle differenti dica alla scoperta, alla descrizione, alla comprensione
culture. e alla spiegazione delle somiglianze e delle differen­
La linguistica storica considera la variazione nel ze nel tempo e nello spazio tra gli esseri umani e i
tempo, per esempio i camb iamenti nei suoni, nella loro progenitori. Clyde Kluckhohn (1 949/ 1 979) ha
grammatica e nel vocabolario tra il Middle English descritto l'antropologia come "la scienza delle somi­
(parlato approssimativamente tra il 1 05 0 d.C. e il glianze e delle differenze umane" (p. 12), dichiarando
1 550 d.C.) e l'Inglese moderno. La sociolinguistica la necessità, valida a tutt'oggi, dell'esistenza di tale
analizza le relazioni tra i cambiamenti sociali e quelli disciplina: "L'antropologia fornisce una base scientifi­
linguistici. Nessuna lingua è un sistema omogeneo ca per trattare il cruciale dilemma del mondo attua­
nel quale ognuno parla esattamente come ogni altro le: come possono popoli d'aspetto diverso, di lingue
individuo. Come usano diversi oratori un linguaggio reciprocamente inintelligibili o di diversi sistemi di
dato? Come si correlano le caratteristiche linguisti­ vita coesistere pacificamente?" (p. 1 1). L'antropologia
che con i fattori sociali, tra i quali le differenze di ha creato un ricco patrimonio di conoscenze e infor­
classe e sesso (Tannen 1990)? Una ragione della varia­ mazioni che il presente libro cercherà di delineare in
zione è la geografia, come per quanto riguarda i dia- modo sintetico.
Al di là dei collegamenti con le scienze naturali piccole, come un villaggio, gli antropologi possono
(geologia, zoologia ecc.) e le scienze sociali (socio­ arrivare a conoscere quasi tutti gli abitanti e han­
logia, psicologia ecc.), l'antropologia intrattiene an­ no meno bisogno di strumenti di campionatura e
che opportuni legami con le sc ienze umanistiche, dati statistici. Tuttavia, poiché gli antropologi oggi
che includono lo studio della lingua e delle lette­ stanno lavorando sempre più nelle nazioni moderne,
rature, la filosofia, la storia, le arti. Queste disci­ l'uso di campionamenti e statistiche sta diventando
pline studiano lingue, testi, filosofie, arti, musica, maggiormente comune nell'antropologia culturale.
teatro e cinema e altre forme di espressione crea· Gli etnografi tradizionali studiavano popolazioni
tiva. L'etnomusicologia, che si occupa di studiare di piccole dimensioni e illetterate (prive di sistemi
le forme di espressione musicale nel mondo, è par­ di scrittura), basandosi su metodi appropriati a tale
ticolarmente vicina all'antropologia. Anche lo stu­ contesto. "L'etnografia è un procedimento di ricerca
dio degli usi e delle tradizioni popolari, lo studio con il quale l'antropologo osserva da vicino, registra
sistematico di miti, favole e leggende provenienti del fatti e si Impegna nella vita quotidiana di un'al­
da una varietà di culture, è un campo di studio tra cultura - un'esperienza che va sotto il nome di
che ha numerosi punti di contatto con l'antropolo­ -
metodo della ricerca sul campo e in seguito stende
gia. Si potrebbe in effetti sostenere che l'antropolo­ dei resoconti su questa cultura, accentuando 1 det­
gia è tra le discipline accademiche maggiormente tagli descrittivi" (Marcus e Fischer 19 86/1 994, p.
orientate all'approccio umanistico, considerato Il 5 8). Uno del metodi chiave Indicato nella citazione è
suo basilare rispetto per la diversità umana. Gli an­ appunto l'osservazione partecipata, che consiste nel
tropologi prestano ascolto, registrano e rappresen­ prendere parte agli eventi che si stanno osservando,
tano le voci che scaturiscono da una molteplicità descrivendo e analizzando.
di luoghi e culture; l'antropologia considera utili e Attualmente sono molte le aree e gli argomenti in
importanti le conoscenze locali, le diverse visioni cui si verifica una convergenza di antropologia e so­
del mondo e le filosofie "degli altri". In particolare, ciologla. Con la sempre più crescente globaUzzazio­
l'antropologia culturale adotta un punto di vista ne e interconnessione fra le varie società presenti al
comparativo e non elitario nei confronti delle for­ mondo, oggi i sociologi svolgono le proprie ricerche
me di espressione creativa, tra cui linguaggio, arte, nei paesi in via di sviluppo e in altri luoghi che pri­
narrativa, musica e danza, valutati nel loro conte· ma gravitavano prevalentemente nell'orbita dell'an­
sto sociale e culturale. tropologia. Con la diffusione dell'industrializzazione,
molti antropologi lavorano attualmente In nazioni
industriali, dove studiano svariati argomenti, tra cui
1.4.1 ANTROPOLOGIA CULTURALE il declino del mondo rurale, la vita nei centri urbani
E SOCIOLOGIA e il ruolo dei mass media nella creazione di modelli
culturali.
La soclologia è probabilmente la disciplina più vi­
cina all'antropologia, In particolare all'antropologia
culturale. Come gli antropologi culturali, i sociolo­ 1.4.2 ANTROPOLOGIA E PSICOLOGIA
gl studiano le società costituite da esseri umani, il
loro comportamento sociale, le relazioni sociali e Come l soclologi, la maggior parte degli psicologi
l'organizzazione sociale. Differenze fondamentali tra effettua ricerche nell'ambito della propria società di
sociologia e antropologia riflettono le tipologie di appanenenza. Gli antropologi sanno, però, che le in­
società tradizionalmente studiate dalle singole di­ formazioni sulla psicologia "umana" non possono ba·
scipline. I sociologi tipicamente hanno studiato le sarsi esclusivamente sulle osservazioni fatte in una
società contemporanee, occidentali, industriali; gli sola società. Il confronto interculturale suggerisce
antropologi, per contrasto, si sono concentrati sulle che alcuni modelli psicologici possono infatti esse­
società non industriali e non occidentali. Sociologi e re universali; altri si verificano in alcune ma non in
antropologi hanno sviluppato metodi differenti per tutte le società, mentre altri ancora sono confinati
studiare questi tipi di società. Per studiare nazioni a una o pochissime culture. L'antropologia psicolo­
complesse, i sociologi hanno fatto affidamento su in· gica studia le somiglianze e le differenze nei tratti
dagini e altri strumenti per raccogliere dati quanti· e nelle condizioni psicologiche (Chiesa 20 1 7; Le­
ficabili. I sociologi utilizzano tecniche di campiona· Vine 20 1 0; Matsumoto e juang 20 1 7). Durante gli
mento e statistiche al fine di raccogliere e analizzare anni Venti, Trenta e Quaranta, diversi antropologi
tali dati, e una formazione di tipo statistico è stata di spicco, compresi Bronislaw Malinowski (1 927) e
fondamentale in sociologia. Lavorando in società più Margaret Mead ( 1 935/1 950; 1928/ 1 96 1), descrisse-
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o_lo 1 _ C:.he cos'è l'antropologia 11

ro come specifiche culture creino particolari tipi di stra comprensione del mondo testando le ipotesi.
personalità negli adulti che a loro volta trasmettono Un'ipotesi è una spiegazione proposta per qualcosa.
ai figli certi valori, credenze e modelli di compor­ Finché non è testata, è semplicemente ipotetica. Se
tamento. Gli antropologi hanno fornito le necessarie il test conferma l'ipotesi, allora quella spiegazione è
prospettive lnterculturali su aspetti di psicologia del­ valida. Una spiegazione mostra come e perché una
lo sviluppo e di psicologia cognitiva (Brekhus 2015; variabile causi o sia strettamente associata a un'altra
Kronenfeld et al. 20 1 1 ; Shore 1996), su interpretazio­ variabile che vogliamo spiegare. Un'associazione si
ni psicoanalitiche (Paolo 1989) e su condizioni psi­ riferisce alla covariabilità delle variabili. La covaria­
chiatriche (Bures 20 1 6; Khan 201 7; Kleinman 1 99 1). zione indica che le variabili variano insieme: quan­
Gli antropologi hanno familiarità, per esempio, do una variabile cambia, anche l'altra cambia. Le te­
con una serle d! sindromi culturalmente specifiche. Si orie forniscono spiegazioni per le associazioni (Em­
tratta di schemi di comportamenti insoliti, aberran­ ber M. ed Ember C.R. 1 997). Cos'è esattamente una
ti o anormali confinati a una singola cultura o a un teoria? Una teoria è un framework di idee collegate
gruppo di culture correlate (Bures 20 1 6; Khan 20 17). logicamente che cl aiuta a spiegare non solo una ma
Un esempio è il koro, una sindrome culturale dell'A· molte associazioni: in altre parole, le teorie più utili
sia orientale caratterizzata da paura e ansia irraziona­ spiegano più casi.
le che i propri genitali si stiano restringendo o riti­ Noi generalizziamo quando diciamo che un cam­
rando nell'addome, fino a scomparire o a causare la biamento in una certa variabile di solito segue o è
morte. Una particolare sindrome latinoamericana è, solitamente associato a una modifica in un'altra varia­
invece, il susto, o la perdita dell'anima, i eu! sintomi bile. Una legge è una generalizzazione che si applica
sono l'estrema tristezza, la letargia e la spossatezza: la e spiega tutti l gradi di un'associazione. Un esempio
vittima tipicamente cade preda del susto dopo aver di legge è l'affermazione "l'acqua gela a o °C". Questa
vissuto una tragedia personale, come la morte di una legge sottintende un'associazione uniforme tra due
persona cara. Un'altra sindrome è il malocchio, tipi­ variabili: lo stato dell'acqua (se liquido o ghiaccio) e
co del paesi mediterranei: i sintomi, che riguardano la temperatura dell'aria. Possiamo confermare la ve­
principalmente i bambini, includono il sonno irrego­ rità dell'affermazione grazie a osservazioni ripetute
lare, il pianto, la malattia e la febbre. Anche le cultu­ di fasi di congelamento e per il fatto che l'acqua non
re occidentali hanno sindromi specifiche (per esem­ si solidifica a temperature più alte. L'esistenza delle
pio l'anoressia nervosa), alcune delle quali si stanno leggi rende il mondo un luogo più prevedibile, aiu­
diffondendo in tutto il mondo per effetto della glo­ tandoci a capire il passato e a predire il futuro: ieri
balizzazione (Watters 20 10). il ghiaccio si è formato a O oc e domani si formerà
ancora a O oc.
Le scienze sociali hanno poche, se non nessuna,
1.5 I L METODO SCI ENTI F ICO leggi "assolute" alla stregua di quella del congela­
mento dell'acqua. Le "leggi" nelle scienze sociali
L'antropologia, ricordate, è una scienza, anche se con tendono a essere generalizzazioni imperfette, e le
un volto molto aumanistlco". Qualsiasi scienza ha co­ spiegazioni nelle scienze sociali tendono a essere
me obiettivo quello di elaborare spiegazioni attendi­ probabili piuttosto che certe. Di solito hanno delle
bili che possano predire le ricorrenze future. Previ­ eccezioni e a volte la spiegazione non può essere
sioni accurate sono valide fino a test progettati per considerata valida. Significa che queste spiegazioni
smentirle (falsificandole). Le spiegazioni scientifiche sono inutili? Per niente. Immaginate una legge che
fanno affidamento sui dati, che possono provenire affermi che l'acqua congela a O °C gradi per 1'83%
da esperimenti, osservazioni e altre procedure siste­ delle volte. Sebbene non possiamo fare una pre­
matiche. Le cause di tipo scientifico sono materiali, visione esatta basata su una tale generalizzazione,
fiSiche o naturali (per esempio i virus) piuttosto che ci dice ancora qualcosa di utile, anche se ci sono
sovrannaturali (per esempio i fantasmi). delle eccezioni. La maggior parte delle volte, pre­
vederemmo correttamente che l'acqua si congelerà.
Per prendere un esempio reale dalla scienza sociale,
1.5.1 TEO R I E, ASSOCIAZIONI possiamo generalizzare affermando che "il conflit­
E SPI EGAZION I to in un dato gruppo tende ad aumentare quando
l'amp iezza della popolazione di quel tale gruppo
Nel loro articolo del 1 997 "Science in Anthropo­ aumenta." Anche se questa dichiarazione si applica
logy", Melvin Ember e Carol R. Ember descrivono solo nell'83% dei casi, è ancora utile. Nelle scien­
come gli scienziati si sforzino di migliorare la no- ze sociali, compresa l'antropologia, le variabili di
12 PARTE l Le d i m e nsioni d ell'antropologia

J TABELLA 1.1 Teorie e associazioni: come posso spiegare le associazioni?


l
Associazione Una relazione sistematica tra le variabili, così che quando una variabile cambia <varial, cambia anche l'altra <covarial.
Esempio: quando le temperature scendono, l'acqua solidifica.

Ipotesi Una spiegazione proposta per un'associazione; deve essere verificata e può essere confermata o meno.
Esempio: il conflitto aumenterà insieme alla dimensione della popolazione.

Spiegazione La ragione per cui esiste una particolare associazione.


Esempio: le giraffe con colli più lunghi hanno tassi di sopravvivenza più alti e la loro progenie sopravvive di più piuttosto
alle giraffe con colli più corti, perché possono nutrirsi meglio quando il cibo è sc�rso.

Una cornice esplicativa di idee logicamente interconnesse utilizzate per spiegare molteplici fenomeni.
'
Teoria
Esempio: la teoria evolutiva darwiniana utilizzata per spiegare i colli lunghi di giraffe e altre caratteristiche adattative
in diverse specie.

Generalizzazione Affermazione per cui un cambiamento in una determinata variabile di solito segue o è solitamente associato a una
modifica in un'altra variabile.
Esempio: quando le società hanno diete a basso contenuto proteico, tendono ad avere più tabù post-partum rispetto a
quando la dieta è più ricca di proteine.

Legge Una generalizzazione che è universalmente valida.


Esempio: quando la temperatura raggiunge O 'C, l'acqua si trasforma da liquido a solido <ghiaccio!.

interesse tendono a essere associate soltanto in un be a repentaglio la sopravvivenza del bambino già
modo prevedibile, ma ci sono sempre eccezioni. La nato: il tabù post-partum aumenta cosi la soprav­
Tabella 1 . 1 riepiloga i termini chiave utilizzati in vivenza infantile. Quando il tabù si istituzionalizza
questo paragrafo: associazione, Ipotesi, spiegazione, come un'aspettativa culturale, le persone sono più
teoria, generalizzazione e legge.

Un caso studio: spiegare Il tabì:l post-partum


Un classico studio interculturale ha rivelato una for­
te (anche se non al 100%) associazione, o correlazio­
���P.�����-�� ���- ��.���.i
o . . - o o • • • • • • • • • • • • • •

ne, tra una restrizione sessuale e un tipo di dieta. Un Quanto sapremmo del comportamento, del pensiero e dei
tradizionale tabù post-panum del sesso (il divieto dei sentimenti umani se studiassimo solo la società alla quale
rapporti sessuali tra marito e moglie per un anno o apparteniamo? Che cosa accadrebbe se l'insieme delle no·
stre conoscenze fosse basato su analisi di questionari compi·
più dopo la nascita di un bambino) tendeva a veri­
lati esclusivamente da studenti della nostra Università? Una
ficarsi in società dove la dieta era bassa in proteine
domanda radicale, ma anche un interrogativo che dovrebbe
(Whiting 1 964).
farci riflettere sulla base di ciò che ci porta a enunciare che
Questa associazione è stata confermata da dati
cosa sono gli esseri umani. Una ragione primaria del per­
interculturali (informazioni etnografiche su un cam­
ché l'antropologia ci consente di comprendere noi stessi è
pione selezionato in modo casuale in diverse socie­
proprio la prospettiva transculturale da essa adottata. Una
sola cultura non può dirci tutto ciò che è necessario sapere
tà). Come si potrebbe spiegare perché la variabile


dipendente (ciò che deve essere spiegato, in questo · su ciò che significa essere "umani". In precedenza, abbia­
caso il tabù del sesso post-partum) è correlata alla mo visto come le forze culturali sono in grado di influenzare
variabile predittrice (in questo caso la dieta a bas­
so contenuto proteico)? La probabile spiegazione è
che, quando ci sono troppe poche proteine nelle
l
� la crescita fisica degli individui. Anche la cultura orienta l a
nostra crescita emozionale e cognitiva, contribuendo a de­
terminare le tipologie delle nostre personalità di adulti. Tra
loro diete, i bambini possono svilupparsi meno e le discipline accademiche, l'antropologia si evidenzia come
quindi morire per una malattia da carenza proteica scienza che si avvale di una prospettiva transculturale. In
chiamata kwashiorkor. Se la madre ritarda la succes­ che modo siamo influenzati dalla televisione? Per risponde­
siva gravidanza, può allattare al seno più a lungo re a questa domanda, non è sufficiente studiare l'Italia nel
il suo bambino, che ottiene cosi proteine diretta­ 2012 ma anche altri luoghi, e forse anche altri periodi stori­
mente dalla madre che ne aumentano le probabilità ci. L'antropologia è specializzata nello studio della variazio­
di sopravvivenza. Avere un altro bambino troppo ne umana nel tempo e soprattutto nello spazio.
presto, forzando lo svezzamento precoce, mettereb-
propense a rispettarlo ed è meno probabile soccom­
bere a tentazioni momentanee.
Le teorie suggeriscono modelli e relazioni, e gene­
rano ulteriori ipotesi. Basandosi, per esempio, sulla
teoria che il tabù post-partum esista perché riduce
la mortalità infantile quando la dieta è bassa in pro­
teine, si potrebbe ipotizzare che un cambiamento
nelle condizioni che favoriscono l'esistenza del tabù
potrebbe causarne la sua scomparsa. Con l'adozione
del controllo delle nascite, per esempio, le famiglie
potrebbero distribuire le nascite senza evitare i rap­
porti sessuali. Il tabù potrebbe anche scomparire se
i bambini iniziassero a ricevere integratori proteici,
che ridurrebbero la minaccia di kwashiorkor.
La Tabella 1 .2 riepiloga le fasi principali nell'uti­
lizzo del metodo scientifico. In fase di test di ipotesi,
le variabili correlate devono essere chiaramente defi­
nite (per esempio l'altezza in centimetri o il peso in
chilogrammi, piuttosto che la dimensione corporea)
e misurate in modo attendibile. La forza e la signi­
ficatività dei risultati deve essere valutata utilizzan­
do metodi statistici validi (B ernard 20 1 1 ; Bernard,
Wutich e Ryan 20 17). I ricercatori dovrebbero porre
sempre attenzione nell'evitare l'errore comune di ge­
neralizzare, per esempio citando solo i casi che con­ l Il ventre prominente di questo bambino è indice di malnutrizione e, in parti­
fermano la loro ipotesi e ignorando quelli che non
la confermano. La procedura migliore è la selezione
colare, di un deficit proteico noto con il nome di kwashiorkor, termine utilizzato
nell'Africa occidentale che significa •uno-due• e si riferisce alla pratica adottata
casuale dei casi da osservare e studiare in un ampio in alcune società di svezzare un lattante in modo piuttosto brusco alla nascita
campione di società, non tutte le quali probabilmen­ del secondogenito. Privato del latte materno, il primogenito può sviluppare una
te si adattano all'ipotesi. cronica carenza di proteine.

TABELLA 1.2 Le fasi de l metodo scientifico


l
Fai una domanda di ricerca Perché alcune società hanno tabù post-partum?

Costruisci un'Ipotesi Ritardare il sesso coniugale riduce la mortalità infantile quando le diete sono basse in proteine.

lpotlzza un meccanismo l bambini assumono più proteine quando sono allattati più a lungo al seno; l'allattamento non è un
metodo affidabile di contraccezione.

Ottieni l dati per verificare la tua Utilizzare un campione !casuale) di dati interculturali !dati provenienti da diverse
Ipotesi società; tali set di dati sono disponibili per la ricerca di tipo interculturalel.

Definisci un metodo di misurazione Codificare con 1 1e società in cui si ha un tabù post-partum di un anno o più lungo ancora, O
quando non lo si ha; codificare con 1 quando la dieta è bassa in proteine, O quando non lo è.

Analizza l dati Notare schemi ricorrenti nei dati !generalmente i tabù post-partum si riscontrano in società con
diete a basso contenuto proteico, mentre le società con diete più proteiche tendono a non avere
quei tabùl. Utilizzare metodi statistici appropriati per valutare il valore di queste associazioni.

Ricava una conclusione Nella maggior parte dei casi, l'ipotesi è confermata.

Delinea le conseguenze Tali tabù tendono a scomparire quando le diete migliorano o nuove tecnologie riproduttive
diventano disponibili.

Contribuisci alla teoria più generale Le pratiche culturali possono avere un valore adattativo potenziando la sopravvivenza della
progenie.
14 PART�Le: dimensioni dell'ant �� ologia

1.5.2 IL VALORE E LE LIM ITAZIONI con l'approccio strettamente scientifico. Molti antro·
DELLA SCIENZA pologi culturali preferiscono analizzare e interpretare
gli aspetti culturali, invece che cercare di spiegarli
La scienza è un metodo - un metodo eccellente - di scientificamente. Di conseguenza, gli approcci antro·
capire il mondo, ma di ceno non è l'unica via. Infatti, pologici sono interpretativi e qualitativi e l'approccio
il lavoro di molti eminenti antropologi ha maggiori si­ "umanistico• è parimenti considerato in questo libro
militudini con le discipline umanistiche piuttosto che insieme a quello quantitativo e scientifico.

RIEPILOGO
L'antropologia è lo studio olisti­ tività e abilità risultano maggior­ contesti sociali. l sociologi studia­
co e comparativo dell'umanità. mente appropriate per individui di no tradizionalmente le popolazio­
Si tratta dell'esplorazione siste­ genere maschile e femminile. ni urbane e industr iali, mentre gli
matica della diversità umana in antropologi si concentrano preva­
termini biologici e culturali. Esa­ 3 L'antropologia culturale esplora lentemente su popolazioni rurali e
minando le or igini e le modifiche la diversità culturale del presente non industriali. L'antropologia psi­
intervenute nella biologia e nella e del passato recente. Gli antropo­ cologica studia la psicologia uma­
cultura umane, l'antropolog ia logi fisici documentano la diversità na nel contesto del la variazione
offre spiegazioni delle somiglian­ umana analizzando reperti fossili, culturale e sociale.
ze e delle differenze riscontrate. genetica, crescita e sviluppo delle
L'antropolog ia si suddivide i n popolazioni, r isposte corporee e 5 Come gli scienziati, anche molti
antropologia cultura le e antro­ primati. antropologi cercano di identificare
pologia fisica e biologica. Queste e spiegare differenze e somiglian­
discipline prendono in considera­ 4 Aspetti specifici l egati a biolo­ ze culturali e di for mulare teorie
zione la variazione in termini di gia, società, cultura e linguaggio sui meccanismi di funzionamento
tempo e spazio; inoltre esamina­ collegano l'antropologia a molte dei sistemi culturali e sociali. Gli
no la capacità di adattamento, altre discipline, in particolare a sci enziati si adoperano per mi ­
ossia il processo mediante il quale quelle scientifi che e umanisti­ gliorare la comprensione umana
gli organismi r iescono a superare che. Gli antropologi studiano ar­ attraverso la verifica di ipotesi,
con successo gli stress ambientali. te, musica e produzioni culturali cioè delle spiegazioni sugger ite
in una prospettiva transculturale, per un dato evento. Tali spiega­
2 Le forze culturali sono in grado di sebbene l'interesse pr incipale si zioni si basano su associazioni e
modellare la biologia umana, in­ concentri sulle espressioni creati­ teorie. Un'associazione è una re­
cluse le tipologie fisiche e i canoni ve della cultura popolare piutto­ lazione osservata tra variabili. Una
estetici. Le società hanno standard sto che sul le arti el itar ie. Gli an­ teoria ha carattere più generale e
specifici di bellezza fisica e hanno tropologi esaminano i processi di suggerisce o implica associazioni,
anche idee specifiche su quali at- produzione e gli artefatti nei loro cercando di spiegarle.

SPUNTI DI RIFLESSIONE
Quale considerate essere la ca­ trebbe gettare luce sulle proble­ ficare, o di compensare, questa
ratter i stica distintiva dell'antro­ matiche o sui dibattiti cor renti? limitazione a un ambito circo­
pologia: la sua dimensione olisti­ La sessualità potrebbe rientrare in scritto?
ca o la sua prospettiva compara­ una di tali aree?
tiva? Sapreste identificare altre 4 Quali sono alcune delle teorie, in
discipline che offrono un approc­ 3 Molte altre discipline si limitano base alla definizione fornita nel
cio olistico e/o comparativo? a considerare solo popolazioni presente capitolo, che utilizzate in
"potenti" ed él ite specifiche. In modo abituale per comprendere il
2 In quali altre a ree l'approccio che modo i docenti di tali materie mondo?
bioculturale dell'antropologia po- di studio hanno cercato di giusti-
Primitive Culture, l'antropologo britannico Sir Edward
IN QUESTO CAPITOLO Tylor suggeri che le culture, ossia i sistemi che rac­
2.1 Che cos'è la cultura? chiudono il comportamento e il pensiero umani, ob­
2.1.1 La cultura è appresa
bediscono a leggi naturali e pertanto possono essere
2.1.2 La cultura è condivisa
studiate scientificamente. La definizione di cultura di

2.1.3 La cultura è simbolica


Tylor offre ancora oggi una panoramica del soggetto
principale dell'antropologia e viene ampiamente ci­
2.1.4 Cu ltura e natu ra ...
tata: aLa cultura è quell'insieme complesso che in­
2.1.5 La cultura è onnicomprensiva clude le conoscenze, le credenze, l'arte, la morale, il
2.1.6 La cultura è integrata diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudi­
2.1.7 Cultura strumentale, adattativa e non ne acquisita dall'uomo come membro di una società".
adattativa (Tylor 1871/1958, p. 1). Il concetto cruciale è espres·
so nella frase aacquisita dall'uomo come membro di
2.2 Le basi evolutive della cultura una società". La definizione di Tylor si concentra sugli
2.2.1 Che cosa condividiamo con gli altri attributi che gli uomini acquisiscono non attraverso
primati l'eredità biologica bensi mediante la tradizione cultu­
2.2.2 In che misura siamo diversi dagli altri rale. L'inculturazione è il processo mediante il qua­
pri mati le un bambino assimila la propria cultura.

2.3 La cultura e l'Individuo


2.3.1 Livelli di cultura 2.1.1 LA CULTURA t APPRESA
2.3.2 Etnocentrismo, relativismo culturale
e diritti umani La facilità con cui i bambini assorbono qualsiasi tra­
dizione culturale si basa sulla capacità di apprendere,
2.4 Universale, generale e particolare elemento unico e distintivo del genere umano. Gli
2.4.1 Gli universali e le generalità altri animali possono apprendere dall'esperienza; per
2.4.2 Le particolarità: modelli culturali esempio, evitano il fuoco dopo avere scoperto che
scotta. Gli animali sociali apprendono anche da altri
2.5 Meccanismi di mutamento culturale membri del proprio gruppo di appartenenza. I lupi,
per esempio, imparano le strategie di caccia da altri
2.6 Antropologia e beni culturali: tra tutela
appartenenti al branco. Tale apprendimento sociale
e valorizzazlone del patrimonio
si rivela essere particolarmente importante tra scim·
2.7 Globalizzazione mie e primati, i nostri progenitori più prossimi dal
punto di vista biologico. Ma l'apprendimento culturale
umano dipende dalla capacità, unicamente sviluppa­
ta dall'uomo, di utilizzare i simboli, segni che non
2.1 CHE COS' � LA CULTURA? hanno un collegamento necessario o spontaneo con
ciò che designano o rappresentano.
Per molto tempo il concetto di cultura è stato basi­ Sulla base dell'apprendimento culturale, gli individui
lare per l'antropologia. Oltre un secolo fa, nel volume creano, ricordano e si confrontano con idee e pensieri;
sono inoltre in grado di afferrare e applicare specifici
i*'\\111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111/'%
sistemi di apprendimento culturale e simboli. Le cul­
ture sono state caratterizzate come insiemi di "mecca­
nismi di controllo - progett� prescrizioni, regole, istru­
zioni (quello che gli ingegneri inforrnatici chiamano
:�;;:::�cL;;;;·;;,;;·;;�:�;��;;;��;;;; l
da una generazione all'altra attraverso il processo di incul­
"programmi") - per dirigere il componarnento• (Geenz t u razione e si basa su simboli, che hanno un particolare si­
1 973/1 987, p. 86). Questi "programmi" vengono assi­ gnificato e valore per coloro che si ritengono appartenenti a
milati dalla popolazione attraverso il processo di incul­ tale cultura. Le tradizioni culturali rispondono in molti casi
a fenomeni naturali, tra cui le necessità di ordine biologico,
turazione relativo a specifiche tradizioni. Gli individui
incanalandole in direzioni specifiche. Tutti gli esseri umani
interiorizzano gradualmente un sistema di simboli e
sono "acculturati", non solo coloro che hanno ricevuto un'i­
significati precedentemente creato e definito e lo utiliz­
struzione superiore o elitaria. Le società sono integrate e
zano per definire il mondo in cui vivono, per esprimere
strutturate attraverso forze economiche dominanti, modelli
i propri sentimenti ed emozioni e per formulare giudi­
sociali e valori di base. l mezzi culturali di adattamento sono
zi. Tale sistema consente di orientare il loro campana­ stati di fondamentale importanza nell'evoluzione umana. Pur
mento e le loro percezioni nel corso della vita. vincolando i singoli individui, le culture possono essere modi­
Ogni singolo individuo inizia immediatamente, at­ ficate dalle azioni di questi ultimi.
traverso un processo di apprendimento consapevole Esistono diversi livelli di sistemi culturali. l processi di diffu­
e inconsapevole e di interazione con gli altri, a inte­ sione e migrazione trasferiscono modelli e tratti culturali ol­
riorizzare, cioè ad assimilare, una tradizione culturale tre i confini sociali e nazionali. Inoltre le nazioni possiedono
mediante il processo di inculturazione. Talvolta la una diversità culturale interna associata a elementi quali
cultura viene insegnata in modo diretto, come quan­ etnicità, regione e classe sociale di appartenenza. Alcuni
do i genitori dicono ai propri figli di ringraziare se aspetti della cultura sono universali, altri sono semplice­
qualcuno offre loro qualcosa o fa loro un favore. mente più diffusi e generalizzati, altri ancora sono unici e
La cultura viene inoltre trasmessa attraverso l'osser­ contraddistinguono una particolare società. l meccanismi di
vazione. l bambini prestano attenzione alle cose che cambiamento culturale includono diffusione, acculturazio­
li circondano e modificano il proprio componamento ne e invenzione indipendente. La globalizzazione descrive i
non solo perché altre persone suggeriscono loro di far­ processi che promuovono cambiamenti in un mondo dove le
nazioni e le popolazioni sono sempre più connesse.
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lo, ma come risultato delle proprie osservazioni e della
crescente consapevolezza di ciò che la loro cultura di
appartenenza considera giusto e sbagliato. La cultura
può anche venire interiorizzata in modo inconsape­
vole. Gli occidentali acquisiscono pane delle nozioni 2.1 . 2 LA CULTURA � CONDIVISA
della propria cultura sulla distanza che è bene osserva­
re quando due persone parlano non quando viene det­ La cultura è un attributo che non appartiene ai
to loro direttamente di mantenere una cena posizione singoli individui in sé ma agli individui in quanto
nei confronti dell'interlocutore, ma attraverso un gra­ membri di gruppi. La cultura viene trasmessa in se­
duale processo di osservazione, esperienza e modifi­ no alla società: non apprendiamo forse la nostra cul­
ca consapevole o inconsapevole del componamento. tura osservando, ascoltando, parlando e interagendo
Nessuno dice ad altri gruppi di osservare una minore con molte altre persone? Credenze, valori, ricordi e
distanza quando parlano con qualcuno rispetto agli aspettative condivisi collegano coloro che crescono
occidentali, ma imparano a fare cosi in quanto parte all'interno della stessa cultura. L'inculturazione uni­
della loro tradizione culturale. fica gli individui attraverso una serie di esperienze
Gli antropologi concordano sul fatto che l'appren­ comuni.
dimento culturale venga elaborato in modo unico I genitori di oggi erano i figli di ieri. Se sono cre­
dagli esseri umani e che la cultura sia appannaggio sciuti, per esempio, in Italia hanno assorbito deter­
di tutti gli individui. Gli antropologi accettano inol­ minati valori e credenze nel corso delle generazio­
tre una dottrina indicata nel XIX secolo con la de­ ni. Le persone diventano agenti attivi nel processo
finizione di "unità psichica dell'uomo•. Ciò significa di inculturazione dei propri figli, proprio come è
che sebbene gli individui siano diversi nelle proprie accaduto per i loro genitori. Sebbene una cultu­
capacità e tendenze emotive e intellettuali, tutte ra sia in costante mutamento, in essa continuano
le popolazioni umane dispongono di uguali capacità a permanere alcune credenze fondamentali, valori,
culturali: indipendentemente dall'aspetto fisico o visioni del mondo e pratiche educative. Considera­
dall'appartenenza etnica, le persone sono in grado di te un semplice esempio, a noi vicino, di incultura­
apprendere qualsiasi tradizione culturale. zione condivisa che persiste nel tempo. Da picco-
li, quando non finivamo di consumare il pasto che In genere i simboli sono linguistici, ma esistono an­
avevamo nel piatto, i nostri genitori ci ricordavano che simboli non verbali, come per esempio le bandie­
dei bambini che morivano di fame in altri paesi del re. L'acquasanta è un potente simbolo nell'ambito del
mondo, proprio come i nostri nonni avrebbero po­ cattolicesimo romano. Come accade per tutti i simbo-
tuto fare nella generazione precedente. La nazione 1� l'associazione tra un simbolo (acqua) e ciò che viene
in questione può cambiare (Cina, India, Bangladesh, rappresentato simbolicamente (santità) è arbitraria e
Etiopia, Somalia, Rwanda), eppure la nostra cultura convenzionale. In sé, l'acqua non è intrinsecamente
ha continuato a trasmetterei l'idea che mangiando più santa di quanto possano esserlo il latte, il sangue o
l'intera porzione di broccoli o di minestra possiamo altri liquidi naturali. E l'acquasanta non è chimicamen­
giustificare la nostra buona sorte se confrontata con te diversa dall'acqua comune. L'acquasanta è un sim­
quella dei bambini affamati di un paese povero o bolo valido all'interno del cattolicesimo romano, che
devastato dalla guerra. a sua volta è pane di un più ampio sistema culturale
A dispetto dell'idea che tutti dovrebbero Gpensare internazionale. In questo caso, un elemento naturale è
con la propria testa" e �avere diritto a un'opinione", stato arbitrariamente associato a un panicolare signifi­
poco di ciò che pensiamo è originale o unico: condi­ cato per i credenti cattolici, che condividono creden­
vidiamo le nostre opinioni e le nostre credenze con ze ed esperienze comuni basate sull'apprendimento e
molte altre persone. Il potere di un background cul­ trasmesse di generazione in generazione.
turale condiviso è tale da rendere più probabile il Per centinaia di migliaia di anni, gli esseri uma­
fatto di concordare e sentirei a nostro agio con per­ ni hanno condiviso le capacità sulle quali poggia la
cultura: l'abilità di apprendere, di pensare simboli­
sone che sono simili a noi dal punto di vista sociale,
camente, di manipolare il linguaggio e di utilizzare
economico e culturale. Questo è uno dei motivi per
strumenti e altri prodotti culturali nell'organizza­
cui all'estero si tende a socializzare con altri indivi­
zione della vita e nella sopravvivenza all'interno
dui riconducibili al gruppo di appartenenza, proprio
dell'ambiente. Ogni popolazione umana contempo­
come accadeva ai colonialisti francesi e britannici ne­
ranea possiede la capacità di utilizzare i simboli e
gli imperi d'oltreoceano.
quindi di creare e di conservare la propria cultura. I
nostri parenti più prossimi, scimpanzé e gorilla, si av­
valgono di abilltà culturali rudimentali, tuttavia nes­
2.1.3 LA CULTURA � SIM BOLICA
sun altro animale ha elaborato le abilità culturali di
apprendimento, comunicazione, immagazzinamento,
Il pensiero simbolico è unico e di fondamentale im­
elaborazione e utilizzo delle informazioni ai livelli
portanza per gli esseri umani e per l'apprendimento
raggiunti dall'Homo sapiens.
culturale. L'antropologo Leslie White ha definito la
cultura come dipendente dal simbolismo: la cultu­
ra è costituita da strumenti, utensili, abbigliamento, 2.1.4 CULTURA E NATURA
ornamenti, abitudini e tradizioni, istituzioni, creden­
ze, rituali, giochi, opere d'arte, linguaggio e cosi via La cultura considera le necessità biologiche primarie e
(White 1959, p. 3). naturali che condividiamo con altri animali e ci inse­
Secondo White, la cultura si è originata quando i gna il modo in cui esprimerle in modi specifici. Per gli
nostri antenati acquisirono la capacità di utilizzare i esseri umani quello di mangiare è un atto fondamen­
simboli, ossia di creare e di dare significato a un og­ tale per la sopravvivenza, ma la cultura cl dice cosa,
getto o a un evento e, in modo analogo, di cogliere e quando e come mangiare. In molte società le persone
apprezzare tali significati (White 1959, p. 3). consumano il pasto principale a mezzogiorno, in altre
Nell'ambito di un linguaggio o di una cultura spe­ si preferisce invece una cena abbondante. Gli italiani,
cifica, un simbolo è qualcosa di verbale o non verba­ a colazione, sono grandi consumatori di caffè espres­
le che rappresenta qualcos'altro. Tra il simbolo e ciò so e poco più, mentre gli statunitensi bevono grandi
che esso rappresenta non esiste un collegamento ov­ quantità di caffè leggero con latte freddo. In alcune re­
vio, naturale o necessario. Un cane che abbaia non è gioni italiane e in Spagna si cena molto tardi rispetto
più cane di un chien, dog, Hund o mbwa, per utilizzare agli orari abituali nell'Europa del Nord.
le parole che designano l'animale �cane" in francese, Le abitudini, le percezioni e le invenzioni cultu­
inglese, tedesco e swahili. Il linguaggio è una delle rali modellano la "natura umana" in molte direzioni.
abilità che contraddistinguono l'Homo sapiens. Nes­ Tutti gli esseri umani, ovviamente, espellono le feci
sun altro animale ha infatti sviluppato nulla che si dal proprio organismo, ma alcune culture insegnano
avvicini alla complessità del linguaggio. a defecare in posizione accosciata, mentre altre in
18 PARTE I _Le d imensioni d el l a nt ropolog i a
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2.1.5 LA CULTURA t ONNICOMPRENSIVA


���P.��.���.r.�. ��.1 . ��.���.i . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Per gli antropologi, la cultura racchiude molto più
La maggior parte delle pratiche e delle abitudini della no­ di raffinatezza, gusto, sofisticatezza, educazione e ap­
stra quotidianità è il frutto di specifiche scelte culturali che, prezzamento delle belle arti. Tutte le persone sono
proprio per essere consuetudinarie, percepiamo come na­ «acculturate", non solo diplomati e laureati. Le forze
turali. Il famoso filosofo francese Michel de Montaigne in culturali più interessanti e significative sono quelle
un brano dei suoi Essais (1992, p. 144) racconta come ciò che influenzano gli individui quotidianamente, in
sia vero in relazione a un semplice gesto quotidiano come particolare quelle che agiscono sui bambini nelle fasi
il soffiarsi il naso con il fazzoletto: HUn gentiluomo francese
del processo di inculturazione. La cultura, secondo
si puliva sempre il naso con le mani: cosa assai contraria
la definizione antropologica, include caratteristiche
ai nostri usi. Difendendo questo suo modo di fare (era fa­
che talvolta vengono considerate triviali o indegne
moso per le sue risposte spiritose), mi domandò che privi­
legio avesse quel sudicio escremento perché gli apprestas­
di serio studio, come per esempio molte espressio­
simo un bel lino delicato per riceverlo e poi, per di più, per ni della cultura «popolare". Per comprendere la cul­
impacchettarlo e serrarcelo addosso con cura; che questo tura occidentale contemporanea è necessario pren­
doveva far più orrore e più schifo che non vederlo gettare dere in considerazione la televisione, i fast-food, gli
ove che fosse, come facciamo per tutti gli altri escrementi. sport, i giochi. In quanto manifestazione culturale,
Trovai che non parlava del tutto senza ragione; e che la con­ una rock star può essere altrettanto interessante di
suetudine mi aveva tolto la percezione di quella stranezza, un direttore d'orchestra, cosi come un libro comico
che tuttavia troviamo tanto schifosa quando la si racconta può risultare altrettanto significativo di un volume
di un altro paese". La prospettiva transculturale degli studi di letteratura che si è aggiudicato numerosi premi e
antropologici permette in molti casi di riflettere sulla na­ riconoscimenti.
tura culturale delle nostre scelte, abitudini e consuetudini.
Permette, in altre parole, di snaturalizzare e riconoscere la
pervasività della cultura.
2. 1.6 LA CULTURA t INTEGRATA

Le culture non sono raccolte disordinate e casuali


posizione seduta. Una generazione fa, in molte città di credenze e tradizioni, bensi hanno carattere inte­
europee, era piuttosto abituale che gli uomini minas­ grato, ossia sono sistemi strutturati in base a schemi
sero in pubblico, e apparentemente senza alcun im­ precisi. Se una parte del sistema (per esempio, l'eco­
barazzo, nei vespasiani ubicati nelle strade e piazze
nomia) subisce una modifica, anche le altre parti an­
cittadine, mentre altrove sarebbe stato considerato
dranno incontro a un cambiamento. Per esempio, ne­
un comportamento quantomeno bizzarro e inoppor­
gli anni Cinquanta del Novecento, la maggior parte
tuno. Le nostre abitudini Gin bagno", che includono
delle donne italiane pianificava «carriere• domestiche
l'atto di urinare e defecare, fare il bagno e provvede­
in qualità di mogli e di madri. Al contrario, buona
re all'igiene personale e alle cure dentali, fanno parte
parte delle giovani donne diplomate o laureate di og­
di tradizioni culturali che hanno trasformato atti na­
gi si aspetta di trovare un impiego retribuito.
turali in abitudini culturali.
Quali sono alcune delle ripercussioni sociali del
La nostra cultura - e i cambiamenti culturali - in­
fluenzano le modalità con cui percepiamo la natu­ cambiamento economico? Gli atteggiamenti e i com­
ra, la specifica natura umana e ciò che è «naturale". portamenti nei confronti del matrimonio, della fami­
Attraverso scienza, invenzioni e scoperte, i progres­ glia e dei figli sono cambiati: oggi come oggi sposarsi
si culturali hanno consentito di superare molteplici tardi, convivere e divorziare sono diventati fenomeni
limitazioni «naturali": preveniamo e curiamo malat­ più comuni. L'età media delle donne americane al
tie come la polio e il vaiolo che falcidiavano i nostri loro primo matrimonio si è alzato dai 20 anni del
predecessori; utilizziamo il Viagra per migliorare le 1 955 ai 26 del 2007. I dati per gli uomini erano 23 e
nostre prestazioni sessuali. Attraverso la clonazione, 28 anni (Ufficio del Censo statunitense 2007). Il nu­
gli scienziati hanno alterato il modo di considerare mero di americani attualmente divorziati è più che
l'identità biologica e il significato della vita stessa. La quadruplicato, passando da 4 milioni nel 1970 a 23
cultura, ovviamente, non ha liberato l'uomo da insi­ milioni circa nel 2007 (Compendio statistico degli
die e minacce naturali: tifoni, inondazioni, terremoti Stati Uniti 2009). Il lavoro e la carriera professionale
e altre forze naturali dirompenti minacciano regolar­ competono con responsabilità matrimoniali e familia­
mente il nostro desiderio di modificare l'ambiente ri, riducendo il tempo a disposizione in cui occuparsi
attraverso edilizia, sviluppo ed espansione. dei figli.
Le culture sono integrate non semplicemente in vir­ essere non adattivi. Per esempio, le emissioni delle
tù delle attività economiche in esse dominanti e dei nostre macchine hanno effetti sull'ambiente che pos­
relativi schemi sociali, ma anche in virtù di Insiemi sono danneggiare l'uomo e altre forme di vita. Molti
di valori, idee, simboli e opinioni. Le culture forma­ schemi culturali moderni possono essere non adat­
no i loro singoli membri a condividere determinati tavi a lungo termine. Esempi di aspetti non adattivi
tratti della personalità. Un insieme di valori di base della cultura includono le politiche che incoraggiano
(valori fondamentali, essenziali, centrali) integra ogni la sovrappopolazlone, i sistemi di scarsa distribuzio­
cultura, distinguendola dalle altre. Per esempio, etica ne degli alimenti, il consumo eccessivo e il degrado
del lavoro e individualismo sono due valori di base ambientale.
che hanno integrato la cultura americana per genera­
zioni. Diversi insiemi di valori dominanti influenzano
gli schemi di altre culture. 2 . 2 LE BASI EVOLUTIVE
DELLA CULTURA
2.1.7 CULTURA STRUMENTALE,
ADATTATIVA E NON ADATTATIVA La capacità umana per la costruzione di schemi cul­
turali ha una base evolutiva che risale probabilmente
La cultura è la ragione principale per l'adattabilità a 3 milioni di anni fa, fino alla data della prima prova
e il successo della specie umana. Gli altri animali si della fabbricazione di utensili nella documentazio­
adattano a livello biologico con mezzi come la pel­ ne archeologica. La produzione di utensili da parte
liccia o il grasso, che sono adattamenti al freddo; an­ dei nostri lontani antenati può estendersi ancora più
che gli esseri umani si adattano biologicamente, per indietro, sulla base delle osservazioni sulla fabbrica­
esempio tremando quando hanno freddo o sudando zione degli stessi da parte degli scimpanzé nel loro
quando hanno caldo. Le persone, tuttavia, usano an­ habitat naturali (Mercader, Panger e Boesch 2002).
che la cultura come strumento di adattamento. Per Le similltudinl fra umani e scimmie, l nostri ante­
far fronte agli stress ambientali, usiamo abitualmente nati più prossimi, sono evidenti nell'anatomia, nella
la tecnologia o altri tipi di mezzi: cacciamo gli ani­ struttura del cervello, nella genetica e nella biochi­
mali che si sono adattati al freddo e usiamo le loro mica. La specie più strettamente Imparentata con
pellicce per coprirci; accendiamo il termostato ad l'uomo è quella delle grandi scimmie africane: gli
alte temperature in inverno e a basse temperature scimpanzé e i gorilla. Omlnidi è il nome attribuito
in estate; durante l mesi caldi, beviamo una bibita alla famiglia zoologica che include gruppi fossili (tra l
gelata, facciamo bagni In piscina o viaggiamo verso quali gli australopitechi) ed esseri umani viventi.
luoghi più freschi; in Inverno beviamo una cioccolata Gli omlnidi includono anche scimpanzé e gorilla.
fumante, facciamo una sauna o una vacanza in climi Ma 1l termine ominlde è utilizzato per il gruppo che
più caldi. Le persone usano la cultura in modo stru­ ha generato l'evoluzione dell'uomo, non degli scim­
mentale, cioè per soddisfare l loro bisogni biologici panzé e dei gorilla, e comprende tutte le specie uma­
di base in termini di cibo, bevande, alloggio, benesse­ ne che siano esisitite.
re e riproduzione. Molti tratti umani rievocano il fatto che i nostri
Le persone usano anche la cultura per soddisfare antenati vivevano sugli alberi: fra questi, l'abilità di
bisogni psicologici ed emotivi, come l'amicizia, la impugnare e la destrezza manuale (in particolare i pol­
compagnia, l'approvazione e la desiderabilità sessua­ lici apponibili), la percezione dei colori e della pro­
le. Le persone cercano supporto di tipo sia informate fondità, la capacità di apprendimento basata su una
- aiuto da parte di persone che si prendono cura di struttura del cervello complessa, la cura dei genitori
loro - sia formale - tramite associazioni e istituzioni. per i figli che nascono sempre in numero limitato, la
A tal fine, gli individui coltivano legami con gli al­ predisposizione alla socialità e alla cooperazione. Co­
tri sulla base di esperienze comuni, interessi politici, me gli altri primati, gli umani hanno le mani flessibili
sensibilità estetica o attrazione personale. Sempre più dotate di cinque dita con i pollici apponibili, vale a
persone usano piattaforme online come Facebook, dire che i due pollici possono toccare tutte la altre
Google+ e Linkedln per creare e mantenere connes­ dita della stessa mano. Come le scimmie e le scimmie
sioni sociali o professionali. antropomorfe, gli umani possiedono anche un'eccel­
A un certo livello, gli schemi culturali (per esem­ lente percezione della profondità e dei colori. I nostri
pio, l'uso dell'aria condizionata) sono adattivi perché occhi sono posizionati nella parte anteriore del cranio
aiutano le persone a far fronte agli stress ambientali. e guardano avanti, in modo tale che i campi visivi si
A un altro livello, tuttavia, tali schemi possono anche sovrappongano. La percezione della profondità, impos-
20 PARTE l Le d imensio ni dell'antropologia

siblle senza tale sovrapposizione, era utilissima nella modificare penante il proprio componamento. Scim­
vita sugli alberi, per esempio nella valutazione delle mie antropomorfe e scimmie come gli umani sono
distanze. La percezione della profondità e dei colori in grado di immagazzinare esperienze e apprendere
facilitava anche l'indivlduazione e l'identificazione durante tutto il corso della vita. Per esempio, in un
delle varie forme di cibo, cosi come la cura igienica gruppo di macachi giapponesi (scimmie che vivono
reciproca, che consisteva nel togliere Insetti, tracce a terra) è stato osservato che una femmina di tre an­
organiche e piccoli oggetti lntrappolati fra i capelli. ni aveva Iniziato a lavare delle piccole patate prima
Questo comportamento era una modalità per instaura· di mangiarle. In seguito, prima sua madre, poi i suoi
re e mantenere legami sociali. coetanei, infine tutto il gruppo segui il suo esempio.
La combinazione di destrezza manuale e perce· L'abilità di trarre benefici dall'esperienza consente
zione della profondità consentiva alle scimmie, alle un miglior adattamento e consente di evitare erro­
scimmie antropomorfe e agli umani di raccoglie· ri potenzialmente mortali. Di fronte ai cambiamenti
re piccoli oggetti, tenerli fermi davanti agli occhi e ambientali, gli umani e gli altri primati non devono
valutarli. La nostra abilità di infilare un ago riflette aspettare passivamente una risposta di modificazio­
una complessa combinazione di movimenti e carat· ne genetica o fisiologica, ma possono modificare i
teristiche delle mani e degli occhi raggiunta grazie a comportamenti appresi cosi come i comportamenti
milioni di anni di evoluzione da pane del primati. La sociali.
destrezza manuale, lo stesso pollice apponibile, con· Nonostante gli umani facciano ricorso all'uso di
ferisce un enorme vantaggio nella manipolazione di oggetti in misura non comparabile a quella degli al­
oggetti ed è essenziale per una delle capacità umane tri animali, l'utilizzo di oggetti si registra anche fra
maggiormente distintive: la fabbricazione di oggetti. molte specie non umane, come uccelli, lontre mari­
Nei primati, e specialmente negli umani, la propor· ne e, In particolare, le scimmie antropomorfe (vedi
zione fra le dimensioni del cervello e le dimensio· Mayell 2003). E non sono solamente gli umani a re­
ni del corpo supera quella della maggior parte dei alizzare oggetti con un preciso obiettivo. Gli scim­
mammiferi. E, cosa ancora più impanante, la canee· panzé della Foresta Tai in Costa d'Avorio fabbricano
eia cerebrale, lo strato più esterno del cervello legata e utilizzano per cibarsi oggetti di pietra con i quali
alla memoria, alla capacità associativa e di integra· aprono con precisione ed efficacia noci delle dimen­
zione, alla concentrazione, ha dimensioni maggiori sioni di una palla da golf (Mercadet, Panger, Boesch
rispetto al nucleo Interno dell'encefalo. Le scimmie, 2002). In determinati luoghi gli scimpanzé raccol­
le scimmie antropomorfe e gli umani sono In grado gono le noci, le appoggiano su ceppi o rocce piatte
di immagazzinare nella memoria una serie di imma· usate come Incudini e vi battono sopra con pietre
gin!, e questo consente loro una maggiore capacità pesanti. Gli scimpanzé devono essere In grado di se­
di apprendimento. Come la maggior pane degli al· lezionare le pietre-martello adatte, rompere le noci
trl primati, l'uomo generalmente partorisce un solo e portarle fin dove crescono gli alberi. Rompere il
figlio per volta. Ricevendo più attenzione da parte guscio delle noci, pertanto, è una abilità che viene
dei genitori, quel neonato ha più alte possibilità di appresa in particolare dalle madri, che mostrano ai
apprendere. Negli uomini, ll bisogno di cure più at· figli come fare.
tente e prolungate nei confronti dei figli fa si che Nel 1 960 Jane Godall (Godall, 1996) in Tanzania
venga attribuito un valore più alto all'aiuto da parte nel Gambe Stream Natlonal Park incominciò a os­
del gruppo. Gli uomini, pertanto, hanno sviluppato servare gli scimpanzé, il loro utilizzo di oggetti e i
in maniera significativa la predisposizione dei prima· comportamenti di caccia. La forma più studiata di
ti a essere animali sociali, vivendo e interagendo con fabbricazione di oggetti da parte di scimmie antro­
regolarità con altri membri della specie. pomorfe è il "termiting": gli scimpanzé fabbricano
oggetti per esplorare i termitai. Scelgono dei rami,
che modificano rimuovendo foglie e corteccia per
2.2.1 CHE COSA CONDIVIDIAMO esporre la superficie sottostante vischiosa, li porta­
CON GLI ALTRI PRIMATI no presso le caratteristiche tane a collinetta delle
termiti e li introducono in buchi scavati con le dita.
C'è una considerevole differenza fra la società primi· Infine, estraggono i rami e si cibano delle termiti
tiva organizzata in gruppi e la cultura umana come rimaste intrappolate sulla superficie appiccicosa.
noi la intendiamo pienamente sviluppata, basata sul È quasi certo che anche i primi ominidi fossero in
pensiero simbolico. Nondimeno, studi su primati grado, come gli studi sulle scimmie antropomorfe
non-umani rivelano molte somiglianze con gli uma­ dimostrano, di fabbricare e utilizzare strumenti con
ni, come l'abilità di apprendere dall'esperienza e di uno scopo, anche se il primo reperto è datato "sol-
- - - -- - -- -- ---- -

tanto" 2,6 milioni di anni fa. La posizione eretta e il ni del mondo vi sono ancora popolazioni che vivono
camminare sugli arti posteriori avrebbe consentito come cacciatori-raccoglitori, e che consentono dun­
l'uso e il trasporto di oggetti e armi contro predato­ que agli etnografi di studiarne i comportamenti. In
ri e avversari. queste società uomini e donne portano nel campo
Le scimmie antropomorfe possiedono altre abilità da cui provengono le risorse trovate e raccolte, e
essenziali per la cultura. Gli scimpanzé e gli orango le condividono. Tutti i membri della popolazione
sono in grado di prendere la mira e scagliare oggetti. condividono la carne di un animale cacciato di gran­
l gorilla costruiscono tane, lanciano rami, erba e altri di dimensioni. I membri anziani, oltrepassata l'età
oggetti di fabbricazione umana che si trovano a rac· riproduttiva, vivono nutriti e protetti dai membri
cogliere. Gli ominidi hanno elaborato la capacità di più giovani e sono rispettati per la loro esperienza
prendere la mira e di lanciare, tecnica senza la quale e sapienza. Nella raccolta del cibo e in altre atti·
noi umani non avremmo mai sviluppato, per esem­ vità sociali gli uomini sono fra i più collaboranti e
pio, la balistica o il baseball! c ooperativi fra i primati. D'altronde, la quantità di
Come la fabbricazione di oggetti cosi la caccia è informazioni patrimonio di un gruppo umano non
tradizionalmente stata descritta come una caratteri­ ha paragoni con quelle possedute da qualsiasi altro
stica attività umana, non condivisa con le scimmie gruppo di primati.
antropomorfe. Ancora una volta, però, le ricerche Un'altra differenza fra gli umani e gli altri primati
mostrano che altri primati, specialmente gli scim­ è l'accoppiamento. Fra i babbuini e gli scimpanzé
panzé, sono cacciatori abituali. Per esempio in Ugan­ l'accoppiamento avviene in concomitanza con il ca­
da nel Kibale National Park gli scimpanzé per pre­ lore delle femmine e dunque dell'ovulazione. Duran·
pararsi alla caccia formano grandi gruppi composti te il calore la vagina esterna delle femmine si gonfia
in media di 26 individui (quasi sempre maschi, ado­ e assume una colorazione rossa, a dimostrazione del­
lescenti e adulti). La maggior parte delle battute di la loro ricettività. Si accoppiano pertanto con i ma­
caccia (78%) si conclude con la cattura di almeno una schi con un legame, però, temporaneo. Le femmine
preda, una percentuale di successo molto alta rispet­ umane, invece, non hanno un vero e proprio calore,
to ai leoni (26%), le iene (34%) o i ghepardi (30%). e l'ovulazione non ha segni esterni che la manifesti­
La preda preferita dagli scimpanzé è la scimmia red no. Non sapendo dunque quando è in corso l'ovu­
colobus (Mitani et al. 20 1 2). lazione, gli uomini massimizzano il successo ripro­
È probabile che gli antenati dell'uomo praticasse­ duttivo accoppiandosi sempre e non in periodi di
ro la caccia da almeno 3 milioni di anni fa, in base tempo limitati. I legami di coppia umani finalizzati
al ritrovamento di antichi strumenti in pietra pro­ all'accoppiamento sono più esclusivi e duraturi ri­
gettati per tagliare la carne. Data la nostra attuale spetto a quelli intrecciati dagli scimpanzé. In funzio­
comprensione della caccia tra gli scimpanzé e del­ ne della sessualità avuta costantemente nel tempo,
la produzione di utensili, possiamo dedurre che gli tutte le società umane hanno messo a punto forme
ominidi potrebbero aver cacciato molto prima del­ di matrimonio. Il matrimonio assicura all'accoppia­
le prove archeologiche più antiche da noi ritrovate. mento basi più affidabili e garantisce a entrambi i
Poiché gli scimpanzé in genere divorano le scimmie coniugi speciali, sebbene non sempre esclusivi, dirit­
che uccidono, lasciando pochi resti, non potremo in­ ti sessuali sul partner.
fatti mai trovare prove archeologiche evidenti della Il matrimonio fornisce l'esempio di una differen­
caccia tra gli ominidi, specialmente se avessero agito za ancora più specifica e profonda fra primati uma­
senza strumenti di pietra. ni e non umani: i sistemi di parentela e l'esogamia.
La maggior pane delle culture ha regole di esogamia
che richiedono che il matrimonio avvenga al di fuori
2.2.2 IN CHE MISURA SIAMO DIVERS I dei soggetti legati da parentela o del gruppo locale.
DAGLI ALTRI PRI MATI Insieme al riconoscimento dei legami di parentela,
l'esogamia conferisce i vantaggi acquisiti con l'adat­
Nonostante il gruppo degli scimpanzé condividano tamento. Crea legami tra i diversi gruppi di origine
spesso la preda cacciata, le scimmie antropomorfe e degli sposi. I figli hanno parenti, e quindi alleati, in
le scimmie (tranne i neonati) tendono a nutrirsi sin­ due gruppi invece che in uno solo. Il nocciolo della
golarmente. La cooperazione e la condivisione sono questione è che i legami di affettività e di reciproco
molto più sviluppate fra gli umani. Ancora in tempi supporto fra membri di gruppi locali diversi sono as­
relativamente recenti ( 1 2 .000- 1 0.000 anni fa) tutti senti fra i primati che non appartengono al genere
gli umani erano cacciatori-raccoglitori che vivevano Homo. Gli altri primati generalmente si affrancano e si
in piccoli gruppi denominati bande. In alcune regio- allontanano dal gruppo nell'età dell'adolescenza. Tra
22 PA�!-� _c!i_mensioni dell'antropo�- -- _

gli scimpanzé e i gorilla le femmine sono solite spo­ ta da ciò che le persone sostengono di dover fare e
starsi in altri gruppi alla ricerca di nuove possibilità affermano di fare, mentre la cultura reale fa riferimen­
di accoppiamento. Anche gli umani, talvolta, scelgo­ to al loro effettivo comportamento, oggetto consueto
no di accoppiarsi con individui al di fuori del gruppo di osservazione da pane degli antropologi.
di origine, e solitamente almeno uno dei due sposi La cultura la si ritrova nei comportamenti pubbli­
si trasferisce presso l'altro gruppo. Gli umani, però, ci ma anche nella mente degli individui. Gli antro­
mantengono per sempre il legame con i propri figli. pologi sono interessati non solo al comportamento
Il sistema di parentela e il matrimonio che mantengo­ pubblico e collettivo, ma anche al modo in cui gli
no e preservano questi collegamenti sono una riprova individui pensano, sentono e agiscono. Individui e
della diversità fra gli umani e gli altri primati. cultura sono legati in virtù del fatto che la vita so­
ciale umana è un processo in cui i singoli individui
interiorizzano significati pubblici (ossia culturali). Da
2.3 LA CULTURA E L'I NDIVI DUO sole o in gruppo, a loro volta le persone influenzano
la cultura convertendo la propria conoscenza privata
(e spesso divergente) in espressioni pubbliche (D'An­
Generazioni di scienziati hanno proposto teorie sulla
drade 1984).
relazione esistente tra �sistema", da un lato, e "per­
Convenzionalmente la cultura è stata considerata
sone" o �individui", dall'altro. Il sistema può fare ri­
come una sona di collante sociale trasmesso nel cor­
ferimento a svariati concetti, tra cui cultura, socie­
so delle generazioni, che lega gli individui attraverso
tà, relazioni sociali e struttura sociale. Il sistema è
il loro passato comune piuttosto che come qualco­
pensato e realizzato sempre dai singoli esseri uma­
sa che viene continuamente creato e modificato nel
ni, ma vivendo al suo interno uomini e donne sono
presente. La tendenza a considerare la cultura come
anche vincolati (perlomeno fino a un certo punto)
un'entità invece che un processo si sta modificando:
dalle regole di tale sistema e dalle azioni degli altri oggi gli antropologi contemporanei pongono l'enfasi
individui. Precetti e norme culturali forniscono un sul modo in cui, giorno dopo giorno, azioni e prati­
orientamento su cosa fare e come farlo, ma non sem­ che, spesso di resistenza, siano in grado di creare e
pre gli individui si attengono a quanto espresso in ricreare la cultura (Gupta e Ferguson 1997b). Il con­
tali indicazioni. Spesso gli esseri umani utilizzano la cetto di agency si riferisce alle azioni perseguite dagli
propria cultura in modo attivo e creativo, invece di individui, sia da soli sia in gruppo, nel creare e tra­
seguirne ciecamente i criteri. L'uomo non è un esse­ sformare le identità culturali.
re passivo obbligato a seguire le tradizioni culturali L'approccio alla cultura noto come teoria della
come fosse un automa. Al contrario, le persone ap­ pratica riconosce che gli individui all'interno di una
prendono, interpretano e manipolano le stesse regole società o cultura sono animati da svariati motivi e
in modi diversi, oppure enfatizzano criteri ditlerenti intenzioni, oltre a possedere diversi livelli di potere
che risultano maggiormente idonei ai loro interessi. e influenza (vedi il Capitolo 1). Tali contrasti posso­
La cultura viene contestata: diversi gruppi all'interno no essere associati a fattori quali genere, età, appar­
della società lottano uno contro l'altro per affermare tenenza etnica, classe sociale e altre variabili sociali.
idee, valori, obiettivi e modi di vivere in cui credono. La teoria della pratica si concentra sul modo in cui
Persino i simboli comuni possono assumere significati tutti gli individui diversi tra loro sperimentano e
radicalmente diversi per diversi individui e gruppi rispondono a eventi esterni, sebbene occorra ricor­
all'interno della stessa cultura. Le insegne colorate di dare che gli individui giocano anche un ruolo attivo
un fast-food possono far venire l'acquolina in bocca a nel modo in cui la società funziona e si modifica.
qualcuno pur suscitando proteste a favore di opzioni Tale teoria riconosce sia i vincoli imposti ai singoli
vegetariane per qualcun altro. La stessa bandiera può individui sia la flessibilità e la variabilità di culture
essere fatta sventolare per sostenere o avversare una e sistemi sociali.
determinata guerra.
Anche quando concordano su ciò che si deve o
non si deve fare, le persone non sempre agiscono se­ 2.3.1 LIVELLI DI CULTURA
guendo le indicazioni fornite dalla loro cultura o nel
modo in cui si aspettano altri individui. Molte regole Di crescente importanza nel mondo di oggi appaiono
vengono violate, alcune con perseveranza (per esem­ le distinzioni tra diversi livelli di cultura: nazionale,
pio i limiti di velocità quando si guida un'auto). Al­ internazionale e subculturale. L'espressione cultura
cuni antropologi trovano utile distinguere tra cultura nazionale si riferisce a credenze, schemi di com­
ideale e cultura reale. La cultura ideale è rappresenta- portamento appresi, valori e istituzioni condivisi dai
cittadini di una stessa nazione. Cultura interna­ che all'interno di una stessa nazione è possibile ritro­
zionale è un concetto che indica invece tradizioni vare numerosi gruppi culturalmente definiti. Come
culturali che si estendono oltre i confini nazionali, sottolineato in precedenza, la cultura può essere, e
coinvolgendo altri paesi. Dal momento che la cultu­ di fatto viene, contestata. Vari gruppi possono lot­
ra viene trasmessa attraverso l'apprendimento invece tare per promuovere la correttezza e il valore delle
che geneticamente, i tratti culturali possono diffon­ proprie pratiche, valori e credenze nei confronti di
dersi attraverso processi di mutuazione (prestito) o quelli di altri gruppi o dell'intera nazione.
diffusione da un gruppo a un altro.
In virtù di fenomeni quali diffusione, colonialismo,
migrazione e organizzazioni multinazionali, molti 2.3.2 ETNOCENTRISMO, RELATIVISMO
schemi e tratti culturali hanno portata internaziona­ CULTURALE E DIRITTI UMAN I
le. Per esempio in numerosi paesi i cattolici di rito
romano condividono credenze, simboli, esperienze e Con il termine emocentrismo si indica la tendenza
valori trasmessi dalla loro chiesa. Gli statunitensi, i a considerare la propria cultura di appartenenza co­
canadesi, i britannici e gli australiani di oggi condi­ me superiore e ad applicare i propri valori culturali
vidono tratti culturali ereditati da una comune base nel giudicare il comportamento e le credenze di in­
linguistica e dagli antenati culturali della Gran Bre­ dividui cresciuti in seno ad altre culture. Le dichia­
tagna. La Coppa del Mondo di calcio è diventata un razioni di etnocentrismo sono molto diffuse. L'etno­
evento culturale internazionale, dal momento che centrismo è un universale culturale: contribuisce alla
molte persone in vari paesi conoscono le regole del solidarietà sociale, offre un senso di valore e di appar­
calcio, praticano o seguono questo sport. tenenza comunitaria a coloro che condividono una
Le culture possono anche essere più circoscritte tradizione culturale. Ovunque gli individui ritengo­
rispetto alle nazioni (vedi Jenks 2004): sebbene le no che le proprie consuete spiegazioni, opinioni e
persone che vivono nello stesso paese condividano tradizioni siano giuste, vere, appropriate e morali, e
una tradizione culturale nazionale, in tutte le cultu­ qualificano i comportamenti diversi come strani, im­
re è presente l'elemento della diversità. Individui, fa­ morali o selvaggi.
miglie, comunità, regioni, classi sociali e altri gruppi Contrapposto all'etnocentrismo figura il relati­
all'interno di una cultura sperimentano alcune forme vismo culturale, ovvero la convinzione che non
di apprendimento e ne condividono altre comuni. Le si debba giudicare il comportamento in seno a una
subculture (o sottoculture) sono rappresentate da cultura, in base agli standard di un'altra. Anche que­
diversi schemi e tradizioni basati su simboli associa­ sta posizione può presentare alcuni problemi. Porta­
ti a gruppi specifici all'interno di una stessa società to agli estremi, il relativismo culturale sostiene che
complessa. In una grande nazione, le subculture si non esiste una moralità superiore, internazionale o
originano per regione, etnicità, lingua, classe sociale universale e che le regole morali ed etiche di tutte
e religione. I background religiosi di ebrei, battisti e le culture meritino uguale rispetto. In tale ottica, la
cattolici creano tra questi gruppi una serie di diffe­ Germania nazista verrebbe valutata alla stessa stre­
renze sottoculturali. Pur condividendo una cultura gua di uno stato tollerante e democratico, senza al­
nazionale comune, gli abitanti delle regioni del nord cun giudizio morale.
e di quelle del sud degli Stati Uniti risultano diver­ Nel mondo di oggi, i sostenitori dei diritti umani
si per quanto riguarda credenze, valori e compor­ si confrontano In modo critico con molti dei principi
tamento tradizionale come risultato di un processo del relativismo culturale. Per esempio, alcune cultu­
di variazione regionale. I canadesi di lingua francese re africane e mediorientali seguono una tradizione di
presentano differenze culturali rispetto agli abitanti "mutilazione" dei genitali femminili. La cliroridectomia
di lingua inglese dello stesso paese. è l'asportazione del clitoride in ragazze adolescenti
Al giorno d'oggi molti antropologi sono riluttanti e giovani donne. L'infibulazione invece è la cucitura
a utilizzare il termine subcultura, poiché ritengono delle labbra della vagina per chiuderne l'apertura.
che il prefisso "sub" possa risultare offensivo nell'ac­ Entrambi i procedimenti riducono il piacere sessuale
cezione di "inferiore". In tal modo, le "sottoculture" femminile e, cosi ritengono alcune culture, la possi­
potrebbero essere percepite come culture "inferiori", bilità di adulterio. Entrambi sono riti tradizionali in
di secondo livello o in qualche modo subordinate ri­ svariate società, ma tali pratiche, che si caratterizza­
spetto a una cultura dominante, elitaria o nazionale. no appunto per la "mutilazione" dei genitali femmi­
Nella presente trattazione dei vari livelli culturali, nili, sono state duramente criticate dai difensori dei
il termine viene impiegato senza tale connotazione diritti umani, e in particolare da gruppi a sostegno
negativa: il concetto fondamentale è semplicemente dei diritti delle donne, secondo i quali, in questo ca-
24 PARTE l Le dimensioni dell'antropologia

so, la tradizione trasgredisce uno dei diritti umani essere uccisi, lesi, ridotti in schiavitù o imprigionati
fondamentali: la possibilità di disporre liberamente senza un capo d'accusa. Questi diritti non sono leggi
del proprio corpo e della propria sessualità. Sebbene ordinarie create e fatte rispettare da singoli governi,
tali pratiche siano ancora osservate in alcune aree, si bensì si tratta di diritti ritenuti inalienabili (ovvero
stanno lentamente attenuando come risultato dell'at­ le nazioni non hanno il potere di abrogarli o lnvali­
tenzione mondiale a esse rivolta, e alla modifica dei darl!) e pensati validi a livello internazionale (ossia a
ruoli sessuali e di genere. Alcuni paesi africani hanno un livello più vasto e superiore a quello di singole
proibito o scoraggiato tali pratiche, come del resto culture o nazioni). Quattro documenti delle Nazio­
hanno fatto le nazioni occidentali che ricevono flussi ni Unite definiscono all'incirca tutti l diritti umani
di migrazione provenienti da queste aree culturali. riconosciuti a livello Internazionale: la Carta dei di­
Simili problematiche si verificano con la circoncisio­ ritti delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale
ne e altre operazioni sui genitali maschili. È giusto dei diritti dell'uomo, il Patto internazionale sui diritti
che un bambino sia circonciso senza il suo espresso economici, sociali e culturali e il Patto Internazionale
consenso, come è accaduto per decenni negli Stati sul diritti civili e politici.
Uniti? È appropriato che ragazzi adolescenti si sot­ Parallelamente al movimento che sostiene i diritti
topongano a pratiche di circoncisione collettiva per umani, si è diffusa una certa consapevolezza della
soddisfare i dettami della tradizione culturale, come necessità di preservare i diritti culturali. A differen­
avviene in alcune parti dell'Africa e dell'Australia? za dei diritti umani, i diritti culturali non vengo­
Alcuni sostengono che i problemi del relativlsmo no assegnati ai singoli individui ma ai gruppi, come
si possano risolvere distinguendo tra relativismo meto­ per esempio le minoranze etniche e religiose e le
dologico e relativismo morale. In campo antropologico, società indigene (è del settembre 2007 l'approvazio­
il relativismo culturale non è una posizione di tipo ne da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni
morale, bensl di tipo metodologico, In cui si dichiara Unite della Dichiarazione sui diritti del popoli indi­
che per comprendere pienamente un'altra cultura è geni). I diritti culturali includono la capacità di un
necessario cercare di capire il modo in cui le persone gruppo di preservare la propria cultura, di allevare
appartenenti a tale cultura vedono, concettualizza­ i propri figli secondo le tradizioni, di continuare a
no e attribuiscono significati alla realtà, al corpo, alle utilizzare il proprio linguaggio e di non essere pri­
relazioni interpersonal!. Da quali motivazioni sono vato della propria base economica da parte della
spinte determinate popolazioni - che cosa pensano nazione in cui la comunità si trova (Greaves 1 995).
- quando per esempio eseguono o si sottopongono Molti paesi hanno firmato patti che sottoscrivono e
a interventi �modificatori• dei genitali? Un simile ap­ appoggiano - a favore delle minoranze presenti in
proccio non preclude il fatto di esprimere giudizi seno alle nazioni - diritti quali l'autodeterminazio­
morali o di agire, prendendo posizione. DI fronte alle ne, la posslb1lità di esercitare un certo predominio
atrocità nazlste, un relativlsta metodologico avrebbe e il diritto di praticare la religione, la cultura e la
l'obbligo morale di smettere l panni dell'antropolo­ lingua del gruppo di appartenenza. Il concetto cor­
go per intervenire. Nell'esempio delle mutilazioni relato di diritti di proprietà Intellettuale dei popoli
genitali femminili, è possibile comprendere le moti­ indigeni (IPR, lntellectual Propeny Rights) si è
vazioni alla base di tali pratiche solo osservando la sviluppato emergendo come tentativo di conservare
questione dal punto di vista di coloro che vi sono la base culturale di ogni società, i suoi principi e le
coinvolti. Una volta preso in esame tale aspetto, è sue credenze di base. I diritti di proprietà intellet­
possibile affrontare la questione morale e la scelta di tuale vengono sostenuti in quanto diritto culturale
una possibile presa di posizione. È inoltre necessario che consente ai gruppi indigeni di controllare chi
riconoscere anche che persone e gruppi diversi che è autorizzato a conoscere e a utilizzare il patrimo­
vivono all'interno della stessa società - per esempio nio delle informazioni culturali del gruppo e le sue
uomini e donne, giovani e anziani, potenti e non po­ relative applicazioni. Buona parte della conoscenza
tenti - possono avere opinioni assai divergenti su ciò culturale tradizionale riveste un valore economico
che è appropriato, necessario e morale. e commerciale. Gli esempi includono etnomedicina
Il concetto di diritti umani coinvolge un am­ (conoscenze e pratiche della medicina tradizionale),
bito di giustizia e di moralità che va oltre ed è su­ cosmesi, coltivazione di piante, prodotti alimentari,
periore ai singoli paesi, culture e religioni. I diritti folklore, arte, artigianato, canti, danze, costumi e ri­
umani, solitamente considerati come riguardanti i tuali. Secondo il concetto dei diritti di proprietà in­
singoli individui, includono il diritto di parola e di li­ tellettuale dei popoli indigeni, uno specifico gruppo
bera espressione, il diritto di scegliere la propria con­ indigeno può determinare il modo in cui il proprio
fessione religiosa senza venire perseguitati e di non patrimonio di conoscenze e informazioni e i propri
prodotti possono essere impiegati e distribuiti, e il gruppo legato da vincoli di consanguineità e costi­
livello del compenso richiesto. tuito da genitori e figli. Sebbene molti considerino
La nozione di diritti culturali è legata all'idea di in modo etnocentrico la famiglia nucleare come un
relativismo culturale, pertanto anche in questo caso gruppo appropriato e "naturale", non si tratta di una
si ripresentano i problemi descritti in precedenza. In caratteristica universale. È per esempio assente pres­
che termini i diritti culturali possono interferire con so i Nayar, che risiedono sulla costa di Malabar in
i diritti umani? È mia opinione che il lavoro principa­ India: i Nayar vivono in gruppi domestici che fanno
le dell'antropologia sia offrire spiegazioni e resoconti capo alle donne, e "mariti" e "mogli" non vivono in­
accurati dei fenomeni culturali. L'antropologo non sieme. In molte altre società, la famiglia nucleare è
deve approvare tradizioni come infanticidio, canni­ assorbita all'interno di gruppi più ampi, come fami­
balismo e tortura per reglstrarne l'esistenza e deter­ glie estese, lignaggl e clan.
minare le cause e l motivi alla base di tali fenomeni. Le società possono condividere le stesse creden­
Ciò nonostante, ogni antropologo può decidere dove ze e costumi in virtù del processo di mutuazione o
svolgere il proprio lavoro sul campo: alcuni scelgo­ attraverso l'eredità a partire da antenati comuni. Il
no deliberatamente di non studiare una determinata fatto di parlare la lingua inglese è una generalità con­
cultura perché scoprono in anticipo che in essa si divisa dal nordamericani e dagli australiani, poiché
pratica un comportamento da essi considerato mo­ entrambi i paesi hanno subito la dominazione colo­
ralmente ripugnante o riprovevole. Gli antropologi niale inglese. Un altro motivo sottostante alla genera­
rispettano la diversità umana. La maggior parte degli lità è la dominazione, come nel caso del dominio co­
etnografi cerca di essere obiettiva, accurata e sensi­ loniale, quando norme e pratiche vengono imposte a
bile nei resoconti forniti su altre culture. Obiettività, una società o nazione da un altro paese più potente.
sensibilità e una prospettiva transculturale non signi­ Più recentemente, l'inglese si è diffuso in molti altri
ficano tuttavia che gli antropologi debbano ignorare paesi, in quanto è diventata la lingua principale del
gli standard internazionali di giustizia e moralità. mondo per affari, viaggi e in Internet.

2.4 U N IVERSALE, GENERALE 2.4. 2 LE PARTICOLARITÀ:


E PARTICOLARE MODELLI CULTURALI
Con l'espressione specifìcitd culturale si indica un trat­
Nello studio della diversità umana nel tempo e nello to o una caratteristica culturale che non è genera­
spazio, gli antropologi distinguono ciò che è univer­ lizzata o diffusa, bensi risulta confinata a un singolo
sale, generalizzato e particolare. Alcune caratteristi­ luogo, cultura o società. A ben vedere, in vinù della
che biologiche, psicologiche, sociali e culturali sono diffusione culturale, che ha subito un'accelerazione
universali e si ritrovano in tutte le culture; altre so­ attraverso l moderni sistemi di comunicazione e tra­
no semplici generalità, comuni a molteplici gruppi sporto, l tratti un tempo limitati nella distribuzione
umani ma non a tutti; infine, altri tratti sono partico­ conoscono oggi una maggiore propagazione. I tratti
lari e specifici, ossia unici e caratteristici di alcune culturali utili, che hanno la capacità di suscitare ap­
tradizioni culturali. provazione in un grande numero di individui e che
non si scontrano con l valori culturali di coloro che
potenzialmente possono adottarli, hanno maggiori
2.4.1 G LI UN IVERSALI E LE GENERALITÀ probabilità di diffondersi rispetto ad altri, sebbene
alcune specificità culturali tendano comunque a per­
Gli universali su base biologica includono un lungo sistere.
periodo di dipendenza infantile, una sessualità attiva A livello del singolo tratto o elemento culturale
tutto l'anno (invece che a cadenza stagionale) e un (per esempio arco e frecce, pizza, MTV), le specifi­
cervello complesso che consente agli esseri umani di cità possono diventare ancora più rare, sebbene a
utilizzare simboli, linguaggi e strumenti. Tra i trat­ un livello superiore la particolarità risulti più ovvia.
ti universali sociali si ritrova la vita di gruppo o in Differenti culture enfatizzano cose diverse. Le cultu­
una determinata forma di famiglia. Le generalità si re hanno un diverso livello di integrazione e schemi ete­
verificano in determinati periodi e luoghi ma non in rogenei, e mostrano variazioni e diversitd enormemente
tutte le culture. Possono essere diffuse, ma non sono discrepanti. La mutuazione di determinati tratti cul­
universali. Una generalità culturale presente in molte turali campana anche la loro modifica allo scopo di
ma non in tutte le società è la famiglia nucleare, un adattarsi alla cultura ospitante: essi vengono reinte-
��- _!��TE l Le_d_i men�io':l_i dell'antropologia
__

grati, cioè ristrutturati in nuovi schemi, per aderire gruppi vicini o confinanti è sempre esistito, esten­
al nuovo contesto. MTV in Brasile o in Italia non è dendosi su vaste aree geografiche (Boas 1 940/ 1966).
affatto uguale alla rete MTV negli Stati Uniti. Come La diffusione è diretta quando due culture commer­
sottolineato in precedenza, credenze, tradizioni e ciano, stringono matrimoni o scendono in guerra una
pratiche strutturate in base a schemi offrono un ca­ con l'altra. La diffusione è forzata quando una cultura
rattere distintivo a specifiche tradizioni culturali. ne sottomette un'altra, imponendo le proprie norme
Si considerino gli eventi universali del ciclo di vita e abitudini al gruppo dominato. La diffusione è indi­
come nascita, pubertà, matrimonio, mone ecc., cele­ retta quando gli elementi si spostano da un gruppo
brati da numerose culture. Le occasioni (per esempio A a un gruppo C attraverso un gruppo B senza alcun
il matrimonio o la morte) possono essere le stesse contatto diretto tra A e C. In questo caso, il grup­
e universali, ma gli schemi dei rituali talvolta diffe­ po B potrebbe essere costituito da commercianti e
riscono notevolmente tra loro. Le culture variano mercanti che introducono i prodotti provenienti da
anche in base alla scelta degli eventi che meritano svariate località in nuovi mercati. Oppure il gruppo
una speciale attenzione e celebrazione. Gli italiani, B potrebbe essere geograficamente situato tra A e
per esempio, considerano i matrimoni sfarzosi come C, cosicché ciò che viene preso da A alla fine finisce
più socialmente appropriati rispetto a una cerimonia per raggiungere C e viceversa. Nel mondo di oggi
funebre sontuosa, mentre i Betsileo del Madagascar buona parte della diffusione transnazionale è dovuta
hanno un concetto diametralmente opposto. La ce­ alla propagazione dei mass media e ai progressi della
rimonia nuziale è un evento minore che vede impe­ tecnologia per la condivisione delle informazioni.
gnata solo la coppia di sposi e pochi parenti, mentre L'acculturazione, un secondo meccanismo di
una cerimonia funebre rappresenta in qualche modo mutamento culturale, è lo scambio di tratti culturali
la misura della posizione sociale e dei risultati rag­ che si origina quando i gruppi hanno contatti diretti
giunti dalla persona deceduta, e può giungere a coin­ su base continuativa. Le culture di ogni singolo grup­
volgere migliaia di persone. Perché spendere denaro po o di entrambi i gruppi coinvolti possono venire
per una casa - sostengono i Betsileo - quando lo si modificate da tale contatto (Redfield, Linton e Her­
può utilizzare per la tomba dove una persona tra­ skovlts 1936). Con il processo di acculturazione, par­
scorrerà l'eternità in compagnia dei defunti a lui più ti della cultura si modificano ma ogni gruppo rimane
prossimi? Una posizione molto diversa dai desideri distinto. In situazioni di contatti continui, le cultu­
degli italiani di possedere un'abitazione e di optare re possono scambiarsi e mescolare alimenti, ricette,
per un rito funebre rapido e poco costoso. La crema­ musica, danze, abbigliamento, strumenti, tecnologie
zione, che sta prendendo sempre più piede in molti e lingue.
paesi occidentali, farebbe inorridire l Betsileo, per i Un esempio di acculturazione è il pldgin, ovvero
quali le ossa e i resti degli antenati rappresentano un linguaggio misto che si sviluppa per agevolare le
importantissimi oggetti rituali. comunicazioni tra i membri delle diverse società in
Le culture differiscono enormemente nelle pro­ contatto. Questo fenomeno si verifica in genere in
prie credenze, pratiche, rituali, tradizioni e schemi. situazioni di commercio o dominazione coloniale. Il
Concentrandosi su forme di vita altre, e cercando Pidgin English, per esempio, è una forma semplificata
di splegarle, l'antropologia ci obbliga a riesaminare della lingua inglese in cui si mescolano la gramma­
il nostro modo di pensare. In un mondo all'insegna tica inglese e la grammatica della lingua o dell'idio·
della diversità culturale, la nostra cultura rappresenta ma nativo. Il Pidgin English fu utilizzato per la prima
solo una variante tra molte, forse più potente e in­ volta nelle attività commerciali dei porti della C ina;
vadente (si pensi all'occidentalizzazione del mondo), ptdgin analoghi si svilupparono in seguito in Papua
ma di ceno non più ftnaturale" delle altre. Nuova Guinea e nell'Africa occidentale.
-
L'invenzione indipendente il processo me­
diante il quale gli esseri umani procedono all'inno­
2 . 5 M ECCAN ISM I vazione, individuando soluzioni creative ai problemi
DI MUTAMENTO CULTURALE - è un terzo meccanismo di cambiamento culturale.
Di fronte a problemi e sfide analoghi, le popolazioni
Come e perché le culture cambiano? Una delle mo­ appartenenti a diverse società hanno sviluppato in­
dalità coinvolte è la diffusione, o la mutazione tra novazioni e si sono modificate in modo simile, uno
culture. Questo meccanismo di scambio di informa­ dei motivi per cui esistono le generalità culturali. Un
zioni e prodotti si è protratto nel corso di tutta la esempio è l'invenzione indipendente dell'agricoltu­
storia umana, poiché le culture non sono mai state ra in Medio Oriente e in Messico. Nel corso della
realmente isolate le une dalle altre. Il contatto tra storia umana le principali innovazioni si sono diffuse
l La nozione di diritti di proprietà intellet·
tuale dei popoli indigeni è sorta nel tenta·
livo di preservare la base culturale di ogni
società, tra cui anche le piante medicinali
che crescono su suolo indigeno e che pos­
sono rivestire valore commerciale. La foto
mostra la hoodia, un cactus che cresce
nel deserto del Kalahari nell'Africa meri·
dionale. Tradizionalmente impiegata dalla
popolazione San per combattere la fame,
la hoodia viene oggi commercializzata in In­
ternet sotto forma di pillole utili nelle diete
dimagranti.

soppiantando quelle di minore portata. Spesso un'in· campo d'esistenza di questi oggetti sociali e influen·
venzione cruciale, come l'agricoltura, innesca una se­ zano le politiche culturali dei singoli Stati. Tuttavia,
rie di cambiamenti intercorrelati e conseguenti. Le non sono mancate nel corso del tempo osservazio·
rivoluzioni economiche hanno ripercussioni sociali e ni critiche da parte degli stessi antropologi riguar·
culturali: sia in Messico sia nei territori mediorientall do l'impianto teorico e ideologico che struttura le
l'agricoltura fu il motore di molteplici cambiamenti Convenzioni (Eriksen 200 1 ; Palumbo 2003; Bendix,
sociali, politici e giuridici, inclusi l'idea di proprietà Eggert, Peselmann 20 1 3), che ha come conseguenza
e le distinzioni in base a ricchezza, classe sociale e l'applicazione di uno sguardo universalistico ed euro·
potere. centrico che reitlca la differenza culturale e trascura
le istanze locali.
La Convenzione UNESCO del 1 970 è la prima a
2.6 ANTROPOLOG IA E BENI inquadrare i beni culturali In modo sistematico e
CULTURALI: TRA TUTELA organico, proponendo una classificazione che pone
E VALORIZZAZIONE DEL l'accento soprattutto sulla dimensione materiale del
PATRIMONIO patrimonio: monumenti, oggetti d'arte, collezioni
scientifiche ed etnologiche ecc. Solo negli anni Due·
Sotto molti aspetti, l'Italia rappresenta un contesto mila l'UNESCO ha redatto due nuove Convenzioni
privilegiato quando si parla di beni culturali, una par· destinate ad ampliare la nozione di patrimonio e
ticolarità che si è riflessa storicamente nelle disci· comprendervi le varie forme culturali viventi e im·
pline che si occupano del patrimonio. Lo stesso lin· materiali. Si tratta della Convenzione per la Salvaguar·
guaggio tecnico reca tracce di tale influenza, a par· dia del Patrimonio Culturale Immateriale (2003) e della
tire dalla distinzione tra ftbeni culturali" e ftpatrimo­ Convenzione per la Protezione e la Promozione della Di·
nio" che li sussume e li implica, quando nel contesto versità delle Espressioni Culturali (2005), con le quali
anglosassone il termine cultura[ herirage propone da si arriva praticamente all'attuale assetto normativa.
solo una visione più sfumata e flessibile. Il principale Sempre a proposito degli aspetti normativi (Fer·
ente internazionale legato ai beni culturali, l'UNE· retti 20 1 9), in Italia per lungo tempo è valsa una
SCO, impiega tale termine in ognuna delle sue Con· visione triplice del patrimonio culturale, distinto in
venzioni, non senza creare margini di ambiguità nel beni archeologici, storico-artistici e architettonico·
momento in cui queste normative vengono recepite paesaggistici, con una conseguente suddivisione dei
e applicate. campi di competenza tra le varie discipline (Perego
Occuparsi oggi del rapporto tra antropologia e 1 987). Ancora oggi l'ambito in cui gli antropologi
beni culturali implica necessariamente un confronto culturali sono più presenti è il secondo, all'interno di
con le Convenzioni dell'UNESCO, che definiscono il musei, archivi, centri di restauro, spesso in collabora·
28 PARTE l Le dimensioni dell'antropologia

zione con altri esperti del settore. La stessa gestione visione universalistica del patrimonio - e forme iden­
complessiva del patrimonio culturale italiano è se­ titarie locali con retoriche proprie (Palumbo 2003),
gnata dalla sovrapposizione tra enti pubblici e priva­ spesso in conflitto con le prime. È evidente che il
ti, con competenze e funzioni incrociate (Clemente cultura! heritage costituisce un campo - di concetti,
2006). Le Soprintendenze, organi periferici del MI­ pratiche, rappresentazioni - estremamente articola­
BAC (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali), to e dibattuto, dove l'antropologo può svolgere un
condividono l'amministrazione dei beni culturali sul importante ruolo di mediazione per tali processi e
territorio con enti provinciali e regionali, oltre a col­ di interfaccia tra gli attori in gioco, quelli che nel
laborare con le Università. gergo dell'antropologia pubblica vengono chiamati
Fuori dal contesto accademico, la principale di­ srakeholder.
mensione pubblica e professionale degli antropologi Come già accennato, è soprattutto il patrimonio
riguarda la gestione dei cosiddetti beni demoetno­ immateriale (intangible cultura/ heritage) a costituire
antropologici, coordinata attraverso associazioni di un oggetto privilegiato per l'indagine antropologica.
riferimento (Bravo, Tucci 2006). La principale è la Pratiche tradizionali, espressioni orali, festività, arti­
Società Italiana per la Museografia e i Beni DemoEt­ gianato, rituali sono solo alcuni dei beni che lo com­
noAntropologici (SIMBDEA), nata nel 200 l e tuttora pongono. L'antropologia ha evidenziato da tempo il
attiva nel coordinamento e nella promozione di enti e peso di alcuni concetti fondamentali che gravitano
attività museali, oltre che nel raccordo tra Università attorno a quello del patrimonio culturale, e che si
e professionisti del settore. L'altra realtà di riferimento, applicano particolarmente alle sue espressioni imma­
l'Associazione Italiana per le Scienze Etna-Antropolo­ teriali. Termini come uidentità", "memoria", "comuni­
giche (AISEA) si è recentemente fusa (20 1 7) con l'A­ tà", "tradizione" e "territorio" sono riferimenti primari
NUAC per formare la Società Italiana di Antropologia e solidali tra loro, e costituiscono un'intelaiatura su
Culturale (SIAC), attore di rilievo nel dialogo con le
cui si innestano retoriche e pratiche del patrimonio
istituzioni pubbliche per il riconoscimento delle com­
culturale.
petenze del settore M-DEA nella gestione del patri­
Senza voler ridurre l'intera questione a un duali­
monio culturale.
smo superficiale, possiamo notare l'esistenza di due
Mentre in passato la destinazione uc lassica"
tendenze opposte all'opera nella gestione dei beni
dell'antropologo museale riguardava la catalogazio­
culturali: l'una tende a immobilizzare il patrimonio
ne o la curatela delle collezioni etnografiche, la forte
nel tempo, "congelandolo" come modalità estrema di
attenzione per gli aspetti immateriali della cultura
preservazione e tutela; l'altro, al contrario, trasforma
degli ultimi decenni ha portato a nuove possibilità
radicalmente quel patrimonio per riadattarlo al nuo­
professionali e di ricerca (Arizpe, Amescua 2 0 1 3).
vo contesto storico, uriscrivendolo" attraverso la can­
L'antropologo è chiamato sempre di più al confron­
to multidisciplinare, viene coinvolto nelle dinamiche cellazione del suo passato. Seppur opposte, entrambe
politico-istituzionali per l'inserimento di beni imma­ le modalità hanno in comune il medesimo effetto, os­
teriali nelle liste UNESCO, diventa parte attiva nei sia uno sradicamento del bene culturale dal proprio
processi di patrimonializzazione e valorizzazione del contesto di senso. Il problema appare chiaro quando
patrimonio (Palumbo 2003; Clemente 2006; Banato, parliamo di luoghi (monumenti, quartieri, città) in
Viazzo 20 1 3). Come conseguenza, sia l'antropologia cui i termini storici e di senso vengono scorporati
museale sia quella patrimoniale hanno ridefinito i e disgiunti, privati della loro memoria (Nora 1 984).
propri obiettivi e sviluppato nuovi strumenti me­ Questo termine, come ciascuno di quelli elencati po­
todologici, concentrandosi in particolare sulla rein­ co sopra, non deve essere concepito in modo rigido
venzione delle cosiddette culture tradizionali e sulle e isolato, pena ricadere nella rappresentazione di tan­
pratiche e le politiche (locali, nazionali, globali) di te uculture" distinte e immobili.
patrimonializzazione. Piuttosto, la memoria della comunità è contestua­
La lunga tradizione italiana di studi demologici le, costituisce una modalità di conoscenza del mon­
ha portato l'antropologia, già negli anni Settanta del do, che ristruttura necessariamente l'esperienza del
secolo scorso, a occuparsi delle modalità con cui le passato nei termini del presente (Halbwachs 1 925).
comunità locali valorizzavano il proprio patrimonio Applicando tutto questo ai beni culturali immateria­
culturale tradizionale, preservandolo e trasformando­ li, ne riconosciamo la fondamentale vitalità e il cam­
lo. Oggi, tuttavia, le Convenzioni UNESCO mostrano biamento come sua parte integrante. Sotto questo
chiaramente come questi processi culturali siano in­ punto di vista, ogni pratica di governo del patrimo­
terpretabili solo tenendo conto delle interconnessio­ nio culturale è anzitutto gestione di questo cambia­
ni tra istituzioni globali e moderne - portatrici di una mento storico, contestuale, e suscettibile di venire
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occasional uncaused and arbitrary deviation from its path, as a
means of bringing atoms into collision and combination. Thus with
them “freedom of indifference” was the result of physical difficulties.
In the Christian Church the doctrine seems to have owed its wide
—though not universal—acceptance to equally non-ethical difficulties
of a theological kind. If God “foreknew from all eternity” the
transgression of Adam and all its consequences, how could it be
compatible with His justice to punish Adam and all his posterity for
faults foreseen by Adam’s Creator?[201] The difficulty of reconciling
the divine omniscience with the divine justice was supposed to be
avoided—in truth, it was only evaded[202]—by assuming that man
was created with a “free will of indifference,” so that obedience would
have been just as easy as transgression if man had chosen to obey.
In our own time the problem has assumed a rather different
complexion, owing to the enormous developments of mechanical
physical science, which began with Galileo and Descartes. Rigid
causal determination being assumed as a first principle of physical
science, the question arose whether the assumption should not also
be extended to the psychical sphere. If so extended, it seemed to
strike at the roots of moral responsibility, by making all human acts
the inevitable “consequences of circumstances over which we have
no control”; if not admitted, the rejection of the principle of rigid
causal determination has often been thought to amount to the denial
that there is any principle of rational connection in the psychical
sphere. Hence, while persons specially interested in the facts of the
moral life have frequently inclined to the more or less radical denial
of rational connection between the events of the psychical series,
others, whose special interests have lain in the direction of the
unification of knowledge, have still more commonly thought it
necessary to hold that human action is determined by antecedents in
the same sense and to the same degree as the occurrences of the
purely physical order.
It will be our object to show that these rival doctrines of
Indeterminism and Determinism, or Necessitarianism, are alike
irrational, alike incompatible with what in practice we understand as
moral freedom of action, and alike based upon the false assumption
that rigid mechanical determination is itself an actual fact, and not a
mere postulate of the special physical sciences, valid only so far as it
is useful. But before we enter upon our task, it is necessary to begin
with a statement as to the real meaning of ethical freedom itself.
Until we know what we mean by the kind of freedom we, as moral
beings, desire and think we ought to have, it will be useless to ask
whether we are or are not free.
§ 2. “Free” and “freedom” are manifestly what are called by the
logicians “privative” terms; they denote the absence of certain
restrictions. To be “free,” in whatever special sense you may use the
word, means to be free from something. What, then, are the typical
limitations which, in practice, we resent as making us unfree? They
seem to be, in the main, the following:—(1) We are not free when
our limbs are actually set in motion by an external physical agency,
human or non-human. And the reason why we are then unfree is that
the resulting movements of our bodies do not express a purpose of
our own. They either express the purpose of some other being who
moves our limbs as seems good to him, or, as in the case where we
are set in motion by the “forces” of the inanimate world, express no
purpose at all that is recognisable to us as such. And in either case
we have expressed no purpose of our own by our movements; they
do not truly belong to us at all, and there is therefore no freedom. It
is not necessary that the result of the movement should be one
which, if it had been suggested, we should have declined to entertain
as a purpose of our own. We might perhaps, if left to ourselves, have
done just what another man or the system of physical forces has
done for us. Still, so long as the deed, whatever it was, was done for
us and not by us, so long as it corresponded to no actual purpose of
ours, it was not a free act.
(2) Again, we are not truly free when we act in ignorance (not due
to previous free action of our own)[203] of the special circumstances.
Here there is, as there was not in the former case, a genuine act. We
actually purpose to do something, but what we purpose to do is not
the deed which results from our movements. E.g., if I shoot a
comrade by mistake for one of the enemy, it is true that I purpose to
shoot, and so far the shooting is an act, and a free act, of my own.
But I did not purpose to shoot my comrade, and so the result, in its
concreteness, is not the expression of my purpose, and I
consequently regard myself as not fully free in doing it, and therefore
not morally accountable for it. So far our analysis coincides with that
of Aristotle, previously referred to.
(3) Again, I am not acting freely where the circumstances are not
such as to admit of the formation of purpose at all. For this reason,
merely automatic action—if there is such a thing—is not genuine
action, and therefore not free.[204] Impulsive action without reflection,
again, comes under this category. It is, of course, accompanied by
feelings of satisfaction, and if impeded gives rise to craving, and so
cannot be called simply non-purposive. But in genuinely impulsive
reaction, where the possibility of reflection is excluded, there can be
little clear awareness of the concrete character of the purpose that is
being put into execution, and hence such action is not truly free. And
in practical life, though we are certainly held morally responsible for
impulsive action, in so far as it is thought we might have modified it
by previous habitual practice of reflection or by avoiding a situation
which we had reason to think would deprive us of the power to
reflect, we are never held as fully accountable for the deed of
impulse as for the reflectively thought out and deliberately adopted
purpose.[205]
Further, we feel ourselves unfree when we fail to execute our
purposes, either from sheer inability to attend to a consistent scheme
of action, or because we attend equally to purposes which are
internally incompatible. This is why the “democratic” man, whose
interests are an incoherent medley without logical unity, and the
“tyrannical man,” or, as we should now say, the “criminal type,”
whose passions are constantly at war with one another and with his
judgment, are regarded by Plato as the typically unfree beings. To be
really free, in the last resort, we must have purposes which are
coherent and abiding. And it is thus no paradox to say that
unfreedom in the end means, in the main, not knowing your own
mind, while to be free is to know what you mean.
§ 3. We may now draw some important consequences from this
review of the facts upon which every valid interpretation of freedom
has to be based. (1) Freedom, as Locke said in that famous chapter
“On Power” which is still the classic discussion of the whole subject
as far as English philosophy is concerned, “belongs to the man, not
to the will.” The proper question to ask is, “Am I free?” not “Is my will
free?” or “Have I a free will?” For “freedom” and “will,” as the facts
enumerated above show, are but the negative and the positive name
for the same property, the property of acting so as to put what we
first possessed as our private purpose into execution in the world of
sensible fact. I “will” when my outward deed is thus the expression of
my purpose; in the same case, and in no other, I am “free.” Thus to
“will” and to be “free” are one and the same thing; a will which was
not free would be a will which was not the translation into sensible
fact of any one’s purpose, and thus no will at all. Thus the question,
“Are we free?” might be also put in the equivalent form, “Can we
ever will anything?” and to the question, as thus put, experience
gives a ready answer. For we certainly do conceive purposes, and
we certainly, in some of our movements, do translate those purposes
in act. And therefore we may say that freedom is undoubtedly, in the
only sense in which it is desired, a fact of immediate experience.[206]
(2) If we retain the expression “freedom to will” by the side of the
phrase “freedom to act,” it can only be in a very special sense. It is
clear that not only may my outward deed be a translation into fact of
my present purpose, but my present purpose itself, as a psychical
event, may also be a translation into fact of a former purpose. This is
largely the case with all results of deliberate self-training and
discipline, and to a less degree with all acquired habits. Thus, e.g.,
the movements by which I write these lines are the expression of my
preconceived purpose to write the present paragraph, but that
purpose itself, as an event in my history, is similarly the expression
of a former purpose to compose a work on Metaphysics. Thus there
is a real sense in which we can agree with Leibnitz in criticising
Locke’s dictum that we are free to act, but not free to will. For the
mental conception of a purpose is itself an act, and in so far as it
translates into existing thoughts and feelings a previous purpose it
may be said itself to be “freely willed.”[207]
(3) Freedom, in actual experience, is always limited, and,
moreover, admits of the most various degrees. As to the first point, it
follows immediately from our consideration of the circumstances
which make us unfree. If to be fully free means that your outward
deed is the full expression of an inward consistent purpose, then we
can see at once that complete freedom is, for all finite beings, an
infinitely distant ideal. For it means (a) that I am not hampered in the
execution of my purpose by vacillation of interest or conflict of
incompatible interests within myself; (b) nor by the establishment of
“habitual” reactions so nearly mechanical as to repeat themselves
out of season unless checked by special reflection; (c) nor by the
limits set to my power to “act or to forbear” in the physical world by
the action of my fellows and of “brute” nature.[208] Hence only an
experience which is absolutely devoid of internal conflict and
external, partly discrepant environment, in other words, only the
experience which is the infinite whole, can be in all its detail entirely
and absolutely free. From the possibilities of internal lack of unity of
purpose and external collision with rival purpose which are
inseparable from our position as finite beings, it must follow that we
are never more than partially or relatively free.
And that the degree to which we are free varies with the nature of
our purposes and their relation to the environment, is also manifest.
There is an indefinite plurality of such degrees, ranging up from the
total or all but total absence of freedom in the case of directly
constrained motion up to the case of cordial co-operation with the
other members of a relatively self-supporting social group in the
conscious and systematic execution of an elaborate and coherent
scheme of action. To indicate the principal distinctions among such
grades of freedom which are of practical importance for law and
morality is the task of systematic Ethics, and need not be attempted
by us here. We may add that our investigation has made it apparent
that true moral freedom, of whatever degree, is no inalienable
heritage into which men step by the “accident of birth,” but—in the
main and as an actual possession—a prize which has to be won by
the double discipline of self-knowledge and self-mastery, and of
social comradeship, and may be, and is, forfeited by the neglect of
the arts by which it was first gained. No doubt one man’s inherited
disposition may make the practice of self-control, or again of social
fellowship, easier to him than to another, and to this extent we may
say that we are born with a greater or lesser “capacity for freedom,”
but of its actual possession we have all to say, “with a great price
purchased I this freedom.”
(4) Finally, our examination of the facts of morality enables us to
define true freedom. We are free, as we have seen, just so far as our
experience is the embodiment of coherent and permanent interest or
purpose, and freedom is, like “will,” simply an abstract expression for
the teleological unity which, in varying degrees, is an essential
feature of all experience. Hence we can at once see that freedom
does not mean “absence of rational connection” or “absence of
determination,” but does mean, as so many recent philosophers
have told us, for us finite beings, self-determination. I am most free
when acting for the realisation of a coherent rational purpose, not
because my conduct is “undetermined”; in other words, because
there is “no telling” what I shall do next, but because it is, at such
times, most fully determined teleologically by the character of my
inner purposes or interests,—in other words, by the constitution of
my self. The more abiding and logically coherent my various
purposes in action, the freer I am, because it is my whole self or
system of rationally connected interests, and not the insistence of
others, or some passing whim or impulse which I may forthwith
disown as no part of my “true self,” which is getting expression in my
outward deeds. And if it were possible for a finite being to become
absolutely free, as we have seen that it is not, such a being would, in
the very moment of its entire deliverance, become also absolutely
determined from within; its whole life, as manifested to the outsider
in the series of its deeds, would become the perfect and systematic
expression of a single scheme of coherent purposes.
§ 4. We see, then, that such a genuine but limited freedom as is
really implied in the existence of morality is not only compatible with,
but actually demanded by, the principles of a sound Metaphysics.
From the side of morality we meet with the demand that human
beings shall be, in part at least, creatures whose outward acts shall
be the genuine expression of individual purpose; from the side of
Metaphysics we have already learned that just this teleological unity,
genuine though imperfect, is the essential nature of every finite
experience. We are now to see how a problem in itself quite simple
leads to insoluble difficulties and to the rival absurdities of
Indeterminism and Determinism when it is perverted by an initial
metaphysical blunder. The initial mistake of both the rival theories
consists simply in taking rigid mechanical determination of events by
their antecedents in accord with the principle of Causality as an
actual fact, the divergence between them only concerning the extent
of the sphere of existence for which such determination prevails.
According to the indeterminist, the action of conscious beings forms
a solitary exception to a principle of determination which is
absolutely valid for all purely physical processes. According to the
determinist, there are no exceptions to the principle, and our
confessed inability to predict the course of an individual life or a
period of history from general laws in the same way in which we
predict an eclipse or a display of leonids, is due merely to the greater
complexity of the necessary data, and the temporary imperfections
of our mathematical methods.
It should be noted that there is no substantial disagreement
between the more sober representatives of the two views as to the
actual facts of life. The indeterminist usually admits that in practice,
when you know enough of a man’s character and of the influences
brought to bear upon him, you can tell with some confidence how he
will conduct himself, and that social intercourse, education, and
penal legislation would be impossible if you could not. Similarly, the
determinist admits that it would be very rash to treat your predictions
of human behaviour in practice with absolute confidence, and that
the unexpected does frequently happen in human life. The dispute is
solely about the philosophical interpretation of facts as to which there
is virtually universal agreement. According to the determinist
interpretation, if you were put in possession of the knowledge of a
man’s “character” and of his “circumstances” (and it is assumed that
it is theoretically possible to have this knowledge), and had sufficient
skill to grapple with the mathematical problems involved, you could
calculate his whole behaviour in advance, from the cradle to the
grave, with infallible precision. According to the indeterminist, you
could not do so, and your failure would arise not from any theoretical
impossibility of obtaining the supposed data, but from their
insufficiency. Our behaviour, he alleges, is not exclusively
determined by the interaction of “character” and circumstances; even
with the complete knowledge of both these elements, human action
is incalculable, because of our possession of a “free will of
indifference” or power to act indifferently according to or in violation
of our “character.” You can never say beforehand what a man will do,
because of this capacity for acting, under any conditions, with equal
facility in either of two alternative ways.
I propose to show briefly that the determinist is right in saying that
conduct is completely determined by “character”—if the term be
understood widely enough—and circumstances, but wrong in holding
that this makes infallible prediction possible; on the other hand, that
the indeterminist is right in denying the possibility of such prediction,
but wrong in the reason he gives for his denial. Infallible prediction is
impossible, not because of the existence of “free will of indifference,”
but because the assumed data of the prediction are such that you
could not possibly have them until after the event. Finally, it will be
pointed out that the two errors both arise from the same false
metaphysical theory that the causal principle is a statement of real
fact.[209]
§ 5. Determinism. To begin with the view of the determinist.
Human conduct, he says, must be, like other processes,
unequivocally determined by antecedents, and these antecedents
must consist of (a) character and (b) external circumstance. For (1)
to deny the causal determination of our acts by antecedents is to
deny the presence of rational connection in the psychical sphere,
and thus to pronounce not only Psychology, but all the sciences
which take psychical events as their material and attempt to discover
rational connections between them, in principle impossible. Thus the
very existence of Psychology, Ethics, and History proves the
applicability of the principle of causal determinism to “mental states.”
(2) This is still more evident if we reflect that all science consists in
the formulation of “laws” or “uniformities,” and that the formulation of
“laws” rests upon the principle that “same result follows under same
conditions”—i.e. upon the principle of causal determination.
(3) Further, if psychical events are not so determined, then
Psychology and the mental sciences generally are inconsistent with
the general principles of the mechanical physical sciences.
(4) And, as a matter of fact, we do all assume that psychical
events are causally determined by their antecedents. In Psychology
we assume that our choices are determined by the strength of the
motives between which we choose. Hence, if you know what are the
“motives” present to a man’s choice, and the relative strength of
each, the determinist thinks the prediction of his conduct is reduced
to the purely mathematical problem of the solution of an equation or
set of equations. That our present mathematical resources will not
avail for the unequivocal solution of such equations is, on this view, a
mere temporary defect incidental to the present condition of
mathematical science. In principle the equations must be soluble, or
“there is no science of human action.”
(5) And in practical life we do all assume that it is possible to
predict with considerable confidence the effect of typical conditions
upon the aggregate of mankind, and also, when you have the
requisite data, the effect of a definite set of conditions upon an
individual man. Thus we count upon the deterrent effects of
punishment, the persuasive influence of advertisement, etc.; and
again, in proportion as we really know our friends, we believe
ourselves able to answer for their conduct in situations which have
not as yet arisen. Why, then, should we suppose it theoretically
impossible, if adequate data were furnished, to calculate the whole
career of a man or a society in advance, as the astronomer
calculates the path of a planet from its elements? These are, I think,
the chief of the stock arguments by which Determinism has been
defended. (With the purely theological argument from the
absoluteness of the divine foreknowledge I have already dealt in
passing, and do not propose to refer to it again.)
§ 6. It is not difficult to see that the logical value of all these
arguments is nothing at all. They fall of themselves into two groups,
one based upon the general view that all rational connection, or at
least all such rational connection as is significant for our knowledge,
is mechanical causal sequence, the other upon an appeal to the
supposed actual practice of the mental sciences. We may deal with
the first group (arguments 1 to 3) first. It is certainly not true that
causal determination by antecedents is the only form of rational
connection. For there is manifestly another type of connection, which
we have already seen to be fundamental for the mental sciences,
namely, teleological coherence. And we have learned in our
preceding books that no truly teleological or purposive series can
really be mechanically determined by uniform causal laws of
sequence, though it is often convenient for special purposes, as in
the physical sciences, to treat such a series as if it were
mechanically determined. Whether this type of procedure will be
valid in the mental sciences, depends upon the further question
whether our interest in the study of mental processes is of the kind
which would be satisfied by the formulation of a number of abstract
uniformities or laws of sequence, and the neglect of all those
features of real mental life of which such laws take no account.
In the physical sciences, as we saw, this mechanical scheme was
valid only because we have an interest—that of devising general
rules for dealing with typical physical situations—which is met by
neglecting all those aspects of concrete fact which the mechanical
scheme excludes. But we also saw that the nature of our interest in
psychological investigation was predominantly (and, in the case of
the study of voluntary action, exclusively) of a different kind. Our
interest in these investigations was to obtain such a teleological
representation of psychical processes as might be made available
for the appreciative judgments of Ethics and History and their
kindred studies. Thus, even admitting the possibility of treating
psychical life for some purposes, by abstraction from its teleological
character, as if it were a mechanical sequence, the abstraction would
be fatal for the purposes of the concrete mental sciences, and is
therefore inadmissible in them. A teleological unity in which we are
interested as a teleological unity cannot, without the stultification of
our whole scientific procedure, be treated in abstraction from its
teleological character.
This rejoinder to the first of the determinist’s arguments is at the
same time a refutation of the second. It is true that any science
which aims exclusively at the discovery of “laws” or “uniformities”
must adopt the causal principle, and must resolutely shut its eyes to
all aspects of concrete fact which cannot be resolved into
mechanical sequence of “same result” on “same conditions.” But, as
we saw in the first chapter of this book, the characteristic task of
Psychology, except in those parts of it which appear to be mere
temporary substitutes for the Physiology of the future, is not the
discovery of “laws of mental process,” but the representation in
abstract and general form of the teleological unity of processes
which are the expression of subjective interests. Psychology, then, in
its most characteristic parts, is not based upon the causal postulate
of mechanical science, but on the conception of teleological
continuity.
Our answer to the determinist’s third argument is therefore that we
admit the truth of the allegation that Psychology and all the more
concrete mental sciences which make use of the symbolism of
Psychology, because essentially teleological in their view of mental
process, would be inconsistent with the mechanical postulates, if
those postulates had any claim to admission into mental science as
its ruling principles. We deny, however, that they have any such
claim to recognition. Being, as we now know that they are, mere
methodological rules for the elimination from our data of everything
which is teleological, the mechanical postulates are only legitimate in
Psychology so far as Psychology desires mechanical results. How
far that is, we have learned in the first two chapters of the present
Book, and we have found that the initiation of purposive action is not
a process which Psychology can fruitfully treat as mechanical.
§ 7. Turning now to the determinist’s allegations as to the factual
procedure of the mental sciences, we may make the following
observations:—(1) As to the argument from the psychological
treatment of “motives” as the determining antecedents of choice, we
say that it is either an empty tautology or a fallacy, according to the
sense you please to put on the much-abused term “motive.” Choice
is causally determined by the “strongest motive”; what does this
mean? If the “strongest motive” simply means the line of action we
do in fact choose, the argument amounts to the true but irrelevant
observation that we choose what we do choose, and not something
else. But if “motives” are to be regarded as antecedents causally
determining choice in proportion to their strength, as mechanical
“forces” determine the path of a particle in abstract Mechanics, we
must suppose the “strength” of the various “motives,” like the mass
of an attracting body, to be previously fixed, independent of the
choice they determine. In other words, the determinist argument
requires us to hold that alternative possibilities of action are already
“motives” apart from their relation to the purpose of the agent who
has to choose between them, and moreover have, also in
independence of the purpose or “character” of the chooser, a
“strength” which is in some unintelligible way a function of—it would
not be easy to say of what, though it is incumbent on the determinist
to know. And this seems no better than rank nonsense. An
alternative is not a “motive” at all, except in relation to the already
existing, but not fully defined, purpose of some agent, and whether it
is a “strong” or a “weak” motive depends likewise on the character of
the agent’s purpose. The attempt to conceive of “motives” as
somehow acting on a mind with an inherent “strength” of their own,
as material particles attract other material particles proportionately to
their masses, is so palpable an absurdity, that nothing more than the
candid statement of it is needed for its complete exposure.
And (2) there is an equal absurdity inherent in the determinist view
as to the kind of prediction of conduct which is possible in concrete
cases. We have seen already in our Third Book that no infallible
prediction of the course of events in an individual case is ever
possible. Mechanical calculation and prediction we found to be
possible in the physical sciences simply because they deal with the
average character of a vast aggregate of processes which they
never attempt to follow in their concrete individual detail. And
trustworthy prediction of human conduct by the aid of “causal laws”
was seen to be of the same kind. Your uniformities might hold good,
so long as they professed to be nothing more than statistical
averages got by neglecting the individual peculiarities of the special
cases composing them, but nothing but acquaintance with individual
character and purpose would justify you in making confident
predictions as to the behaviour of an individual man.
Now, when the determinist says, “if you knew a man’s character
and his circumstances you could predict his conduct with certainty,” it
is not this kind of individual acquaintance which he has in view. He
means that the “character” of an individual man could be reduced to
a number of general formulæ or “laws of mental action,” and that
from these “laws,” by simply putting them together, you could
logically deduce the man’s behaviour. To see how irrational this
assumption is, we need only ask what is meant exactly by the
“character” which we suppose given as one of the elements for our
supposed calculation. If it means the sum-total of the congenital
“dispositions” with which we are born, then—apart from the difficulty
of saying precisely what you mean by such a “disposition”—the
determinist statement is not even approximately true. For (a) though
it may be true that a man’s behaviour in a given situation is an
expression of his “character,” yet the “character” is not the same
thing as “congenital disposition.” Disposition is the mere raw material
of the “character,” which is formed out of it by the influence of
circumstance, the educational activity of our social circle, and
deliberate self-discipline on our own part. And the “character” thus
formed is not a fixed and unvarying quantity, given once and for all at
some period in the individual’s development, and thenceforward
constant; it is itself, theoretically at least, “in the making” throughout
life, and though you may, from personal intimate acquaintance with
an individual man, feel strongly convinced that his “character” is not
likely to undergo serious changes after a certain time of life, this
conviction can never amount to more than what we properly call
“moral” certainty, and is never justified except on the strength of
individual familiarity.
(b) This leads us to our second point. If—to suppose the
practically impossible—you did know a man’s “character” with the
knowledge of omniscience, you would clearly also know every act of
his life. For his “character” is nothing but the system of purposes and
interests to which his outward deeds give expression, and thus to
know it completely would be to know them completely too. But—and
this is what the determinist regularly overlooks—you could not
possibly have this knowledge of the man’s “character” until you were
already acquainted with the whole of his life. You could not possibly
thus know “character” as a datum given in advance, from which to
calculate, with mathematical precision, the as yet unknown future
acts of the man in question, because, as we have seen, the
“character” is, in fact, not there as a given fact before the acts
through which it is formed. Your data could at best be no more than
a number of “dispositions” or “tendencies,” and from such data there
can be no infallible prediction, because, in the first place,
“dispositions” are not always developed into actual fixed habits; and,
in the second, your data, such as they are, are incomplete, seeing
that “dispositions” may, and often do, remain latent and escape
detection until the emergence of a situation adapted to call them out.
So that, even if it were true that complete knowledge of a man’s
original stock of “dispositions” would enable you to calculate his
career from its elements, it would still be impossible to be sure that
your knowledge of his “dispositions” was complete.
Thus, if a “science of human nature” really means a power to
calculate human conduct in advance from its elements, we must
admit that there is not and can be no such science. As a fact,
however, what we really mean by a “science of human nature,” when
we speak of it as possible or as partly existent already, is something
quite different. We mean either Psychology, individual and social,
which is simply an abstract symbolism for the representation of
teleological process in its general nature, or History, which is the
detection of coherent purpose in human action, after the event; or,
again, Ethics and Politics, which are appreciations of such purpose
by an ideal standard of worth. Not one of these sciences has ever
attempted the calculation of human action in advance by general
laws; such forecasts of the future as we do make, with rational
confidence, are palpably based, wherever they are of value, on
concrete experience, our own or that of others, and not upon the
principles of an imaginary mechanics of the human mind.
§ 8. Indeterminism. With the fallacies of the indeterminist we must
now deal more briefly. This is the more possible as Indeterminism,
though common enough in popular moralising, has never won
anything like the position of the rival doctrine as the professed creed
of scientific investigators. The essence of the indeterminist position
is the denial of the principle affirmed alike by the doctrine of self-
determination and, in an unintelligent travesty, by the determinist
theory that conduct results from the reaction of “character” upon
circumstances. Seeing that, if all human action is mechanically
determined in advance by its “antecedents,” and is thus theoretically
capable of being deduced from its “elements,” there can be no true
moral freedom, and, not seeing that the essence of true freedom is
teleological as opposed to mechanical determination, the
indeterminist thinks himself compelled to assert that human action is,
in the last resort, not “determined” even by human character. There
is a “free will of indifference” inherent in human nature, in virtue of
which a man’s acts, or at least those of them in respect of which he
is morally “accountable,” are free, in the sense of being independent
of his character.
Freedom, according to this view, consists in the ability indifferently
to adopt either of two alternative courses; so long as one alternative
is closed to you (whether by your “character” or by external
circumstances makes no difference according to the indeterminist),
you are not “free” and not acting as a moral and accountable being.
You are only acting freely in following your purpose when you could
equally well follow its direct opposite. The arguments by which this
doctrine is supported, over and above the general contention that
determination by antecedents is incompatible with moral
responsibility, are chiefly of the nature of appeals to immediate
feeling. Thus we are told (1) that when we act from choice and not
under compulsion we always have the immediate feeling that we
could equally well act in the opposite sense; and (2) that it is a
matter of direct experience that, in resisting temptation, we can and
do act “in the line of greatest resistance,” and that the “will” is
therefore independent of determination by “motives.”
The detailed discussion of the actuality of the alleged facts
belongs, of course, to Psychology, and I do not propose to enter into
it here. But it should be manifest that, even admitting the facts to be
as the indeterminist states them, they do not warrant the inference
he bases on them. Thus (1) it is no doubt true that I often am aware,
in resolving on a certain course of action, that I could, if I pleased,
act differently. But the conditional clause by its presence makes all
the difference between teleological determination and no
determination at all. It is, e.g., no genuine fact of experience that I
am aware that I could violate all the habits of a lifetime, practise all
the crimes I most abhor, and neglect all the interests to which I am
most devoted. I could do all this “if I pleased,” but before I could
“please” I should have to become a different man; while I am the
man I am, it is a manifest absurdity to hold that I can indifferently
express in my behaviour the purposes which constitute my
individuality or their opposites.
(2) The argument from the successful resistance of temptations is
equally fallacious. We have seen already that the determinist
assumption against which it is directed, namely, that conduct is
mechanically determined by the inherent “strength” of “motives,” is
itself unmeaning. “Motives” are, if they are anything, another name
for the interests which constitute our character, not external
influences which “work upon” that character, and thus their relative
“strength” is nothing independent of character, but a new expression
for the structure of the individual character itself. But the counter-
argument of Indeterminism is just as unmeaning. To talk of the
“conquest” of temptation as the “line of greatest resistance” is to use
the very same unintelligible mechanical analogy as the determinist
uses in talking of the antecedent “strength” of a “motive.” There are,
in fact, only two possible interpretations of the indeterminist’s
contention, and neither of them supports his conclusion. Either the
“resistance” of which he speaks must be measured by our actual
success in resisting the suggestion to act, and in that case the very
fact that we do not yield to the temptation shows that for us yielding
would have been the “line of greatest resistance”; or else
“resistance” must be measured by the extent to which the rejected
alternative still persists as a psychical fact after its rejection. Then
the alleged experience simply amounts to this, that we can and
sometimes do, in obedience to training or conviction, refuse to act
upon suggestions which as psychical facts have sufficient intensity to
remain before the mind even after our refusal. And this, interesting
and suggestive as it is, seems no particular reason for denying the
teleological determination of our conduct.[210]
The real metaphysical objection to Indeterminism however, is not
that it is an unprovable and unnecessary hypothesis, but that it
involves the denial of rational connection between human actions.
By declaring that conduct is not determined by character, it virtually
asserts that it is chance which ultimately decides how we shall
actually behave in a concrete case. And chance is simply another
name for the absence of rational connection. This is illustrated, e.g.,
by the use we make of the conception of chance in the various
empirical sciences. Thus, when I say that it is a matter of chance
what card I shall draw from the pack, what I mean is that the result
depends in part upon conditions which I do not know, and therefore
cannot use as data for a conclusion in favour of one result rather
than another. I do not, of course, mean that the result is not
conditioned at all, or that, with a sufficient knowledge of the
conditions it might not have been calculated in advance, but merely
that I in particular have not this sufficient knowledge. Hence the
admission of chance in the relative sense of “conditions not at
present accurately known” does not conflict with the fundamental
axiom of all thinking, the principle that all existence is a rational unity
or scheme of some sort. In fact, since we never can know the
“totality of the conditions” of anything, it would be true to say that
there is an element of chance, in this relative sense, in all concrete
actualities.
But absolute chance, such as the doctrine of an indeterminate free
will maintains, would amount to the simple absence of any rational
connection whatever between the facts which are alleged to issue
from such a will. This is why the indeterminist view leads in the end,
if consistently carried out, to the same metaphysical absurdity as the
determinist. From failure to see that rational connection, such as is
presupposed when we impute praise or blame to an agent on the
score of his conduct, means teleological determination, both the rival
theories in the end deny the rational interconnection of human acts,
the one replacing it by the fiction of a purposeless mechanical
“necessity,” the other by the equal fiction of a “blind chance.” And the
two fictions are really the same thing under different names. For the
only piece of definite information that could be extracted either from
the assertion that human conduct is mechanically determined, or that
it is the result of chance, is the conclusion that in either case it is not
the expression of coherent purpose.
§ 9. It is thus obvious that Indeterminism fails, in precisely the
same way as the opposing theory, to afford any theoretical basis for
moral responsibility. True, I cannot be “responsible” for deeds which
are the outcome of a purely mechanical system of antecedents,
because such deeds, not issuing from the purposes of my self, are in
no true sense mine; but the same would be equally true of the
results of an indeterminate free will. As not owing their existence to
my purpose, those results are in no real sense “my” acts, and the
choice of the name “free will” for their unknown source only serves to
disguise this consequence without removing it. Only as issuing from
my character, and as the expression of my individual interests, can
acts be ascribed to me as “mine” and made the basis of moral
approbation in censure of my “self.”
Thus we see that the determinist and the indeterminist are led
alike to impossible results because of the common error involved in
their point of departure. Both start with the false assumption that the
causal determination of an event by its “antecedents”—which we
have in our earlier books seen to be a postulate ultimately not in
accord with reality, but permissible in so far as it permits us to obtain
useful results by treating events as if they were thus determined—is
ultimately real as a feature of concrete existence. Having thus at the
outset excluded genuine teleological determination from their
conception of the world of change, both theorists are alike debarred
from the correct understanding of those psychical processes for the
comprehension of which teleological categories are indispensable.
In the terms of theories which treat determination as purely
mechanical, the factors which manifestly are the determining
conditions of conduct, namely, character and the alternative
possibilities of action, inevitably come to be conceived of as the
temporal “antecedents” of the act which issues from them. And when
once this notion of character as a sort of pre-existing material upon
which “motives” from without operate has been framed, it matters
little in principle whether you take “character” and “motive” by
themselves as the complete antecedents by which action is
determined, or add a third “antecedent” in the form of an inexplicable
arbitrary “free will.” In either case all possibility of a truthful
representation of the freedom actually implied in moral accountability
was surrendered when the “character” which expresses itself
through an act, and the “motive” which is another name for that
character as particularised by reference to circumstances, were
falsely separated in thought from each other, and then further treated
as the temporal antecedents of the act in which they are expressed.
In our own treatment of the problem of freedom we were able to
escape both sides of the dilemma, because we recognised from the
first that the categories of mechanical determination are not the
expression of real fact, but limitations artificially imposed upon facts
for special purposes of a kind which have nothing in common with
the ethical and historical appreciation of human conduct, and
therefore irrelevant and misleading when applied out of their rightful
sphere.

Consult further:—H. Bergson, Sur les données immédiates de la


conscience; F. H. Bradley, Ethical Studies, Essay 1; W. R. B. Gibson,
“The Problem of Freedom” (in Personal Idealism); T. H. Green,
Prolegomena to Ethics, bk. i. chap. 3, bk. ii. chap. 1; W. James,
Principles of Psychology, vol. ii. chap. 26; Will to Believe (The
Dilemma of Determinism); J. Locke, Essay concerning Human
Understanding, bk. ii. chap. 21 (on Power); J. Martineau, Types of
Ethical Theory, vol. ii. bk. i. chap. 1; J. S. Mill, Logic, bk. vi. chap. 2
ff.; J. Royce, The World and the Individual, Second Series, lect. 8; H.
Sidgwick, Methods of Ethics, bk. i. chap. 5; Lectures on the Ethics of
Green, etc., pp. 15-29.

200. See Methods of Ethics, bk. i. chap. 4, § 6 (pp. 72-76 of 5th


ed.).
201. So Omar Khayyám—

“Oh Thou, who didst with pitfall and with gin


Beset the Road I was to wander in,
Thou wilt not with Predestined Evil round
Emmesh, and then impute my Fall to Sin.”
(Fitzgerald, ed. 4, stanza 80.)
And our own poet—

“Thou madest man in the garden; thou temptedst man, and he


fell,” etc.
(For the original of the stanzas on Predestination in Fitzgerald’s
Omar, see, e.g., the Persian text of Whinfield, quatrains 100, 126,
197.)
202. Evaded, because, even granting the satisfactoriness of the
solution for the special case of Adam, there would still be the
problem of reconciling the alleged “free will” of his descendants with
their inheritance of “original sin.” The more rigid Calvinism, with its
insistence on the natural corruption of man’s heart and the
absoluteness of predestination, seems to secure logical consistency
at the expense of outraging our moral convictions. Like so many
popular theological problems, this of the conflict between God’s
omniscience and justice arises from a misconception of the issue. It
is only when the category of time is illogically applied to the ex
hypothesi perfect, and therefore timeless, nature of God that God’s
knowledge comes to be thought by as fore knowledge before the
event, and thus occasions the difficulty which the “free-will” theory
was intended to remove. See on this point, Royce, The World and
the Individual, vol. ii. lect. 8, and compare Bradley, Ethical Studies, p.
19. Of course, the case would be altered if we thought of God as
finite and imperfect, and therefore in time. But there would then be
no longer any reason for believing either in His omniscience or His
omnipotence, and so no problem would arise.
203. Remember that abstention from acting is itself action, just as
in Logic every significant denial is really an assertion. Hence our
proviso meets the case of wilful neglect to inform myself of the
material circumstances.
204. The only automatic acts of which we really know the
psychical character are our own “secondarily automatic” or “habitual”
acts. It is, of course, a problem for the casuist how far any particular
reaction has become so completely automatic as to be no longer an
occasion for the imputation of merit or guilt.
205. For purposes of law it may often be impossible to draw the
distinction, and we may have to acquiesce in the rough-and-ready
alternative between entire accountability and complete non-
accountability. But in passing moral judgment on ourselves or others
in foro conscientiæ, we always recognise that accountability is a
thing of degrees. On this point see Mr. Bradley’s previously quoted
article in Mind for July 1902.
206. It must, however, be carefully noted that will in the sense in
which it is equivalent to freedom must be taken to include what some
writers, e.g., Bradley, call a “standing” will—i.e. any series of acts
originally initiated by an idea of the resultant changes, which is

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