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Samanunga 1

PAOLA SITZIA

LE COMUNIT TABARCHINE DELLA SARDEGNA MERIDIONALE: UNINDAGINE SOCIOLINGUISTICA

prefazione di EDUARDO BLASCO FERRER

Condaghes

Samanunga: comunit e norme linguistiche a confronto COMITATO DIRETTIVO/EDITORS/HERAUSGEBER Eduardo Blasco Ferrer Peter Koch John Charles Smith Shigeaki Sugeta (Universit di Cagliari) (Universitt Tbingen) (University of Oxford) (Waseda University Tokyo)

COMITATO DI REDAZIONE/PRODUCTION B OARD/REDAKTION Francesco Cheratzu Maura Francesca Murru Sonia Atabieva Delia Bentley Mariko Adachi (Cagliari: coordinatore/Manager/Leiter) (Cagliari) (Oristano) (Manchester) (Yokohama)

ISBN 978-88-86229-47-0 1998-2009 Condaghes Tutti i diritti riservati Condaghes s.n.c. via SantEulalia n 52 09124 Cagliari (CA), Italy telefono e fax: 070 659542; e-mail: info@condaghes.it www.condaghes.it

INDICE

Prefazione di Eduardo Blasco Ferrer ............................ pag. vii Premessa ............................................................................ 1

I Lesperienza genovese doltremare 1.1 Lesperienza genovese a Tabarca ....................................... 5 1.2 Lesperienza tabarchina in Sardegna .................................... 13 II Introduzione alla problematica linguistica e alle fonti
2.1 Il dialetto tabarchino. Le fonti e lo studio scientifico ............. 39 2.2 Cenni sulla tipologia del dialetto tabarchino ......................... 46
2.2.1 Caratteri genericamente settentrionali del tabarchino .................. 2.2.2 Caratteri gallo-italici ........................................................... 2.2.3 Caratteri genericamente liguri ................................................ 2.2.4 Caratteri specificamente genovesi .......................................... 2.2.5 Caratteri che distinguono il tabarchino dal tipo genovese urbano ... 2.2.6 Elementi di morfologia e sintassi ........................................... 2.2.7 Elementi lessicali ...............................................................

47 47 47 48 49 49 50

III Il questionario. Tipologia della ricerca ed esposizione dei dati raccolti 3.1 Considerazioni preliminari. Scopo del lavoro ......................... 3.2 Modalit e criteri di procedimento ....................................... 3.3 Analisi delle risposte e lettura dei dati .................................. 3.4. Analisi orizzontale dei dati .............................................. 3.4.1 Esposizione dei risultati corrispettivi del campione alunni CF .. 3.4.2 Esposizione dei risultati corrispettivi del campione alunni CA .. 3.4.3 Esposizione dei risultati corrispettivi del campione adulti CF ... 3.4.4 Esposizione dei risultati corrispettivi del campione adulti CA .. 3.5 Analisi incrociata dei dati ................................................
3.5.1 Esposizione dei risultati corrispettivi del campione alunni CF e alunni CA .................................................. 3.5.2 Esposizione dei risultati corrispettivi del campione adulti CF e adulti CA ...................................................

53 53 55 58 59 61 63 68 75 78 80

Conclusioni ........................................................................pag. 83 Bibliografia ......................................................................... 1 Studi storici e generali ........................................................ 2 Studi linguistici .................................................................. 87 87 94

Appendice .......................................................................... 97 1 Questionari ........................................................................ 97 2 Schede ............................................................................... 102 Riassunti .............................................................................. 119

PREFAZIONE

1 La comunit linguistica (ovvero Samanunga) Prendendo spunto dalle riflessioni di Max Weber(1), possiamo affermare che una comunit linguistica prototipicamente un gruppo sociale compatto che rivendica un proprio codice comunicativo allinterno dun territorio ben definito, e storicamente fondato, allo scopo di affermare una sua identit etnico-culturale. Se segmentiamo la nostra definizione in unit di significato autonome, ricaviamo un quadro assai complesso distanze epistemologiche e di correlati riferimenti disciplinari: la comunit linguistica prototipica o ideale : prima di tutto, un gruppo sociale, vale a dire un insieme di soggetti, interazioni, convenzioni e valori; poi, un gruppo con un codice linguistico proprio che funge da mezzo di comunicazione normale e quotidiano, e da strumento di socializzazione, di coesione e di regolamentazione di comportamenti e azioni(2); infine, un gruppo che affida allhabitat tradizionale, alle radici storiche e culturali, e last but not least al mezzo di comunicazione orale (o anche scritto) valori particolarmente rilevanti per la definizione del proprio profilo etnico-culturale, ossia in ultima analisi della propria identit encorica (3).
1) Il lavoro classico di MAX WEBER ovviamente Economia e societ. Introduzione di PIETRO ROSSI, Milano, Edizioni di Comunit, 1980, 3 volumi. 2) Come ricorda JAMES MILROY sulla scia di Gumperz: social meanings are carried in linguistic structures, in Linguistic Variation and Change. On the Historical Sociolinguistics of English, Oxford, Blackwell, 1992:43. 3) Il concetto didentit certamente legato a molteplici prospettive danalisi (sociologica, psicologica, antropologica, etnologica, linguistica), ma esso si pu sussumere positivamente nella ricerca, individuazione e affermazione dun modello culturale di riferimento, entro il quale ogni individuo esplica quelle azioni e relazioni

In quanto sistema sociale e rete primaria di azioni e relazioni, la comunit linguistica oggetto di studio alternativamente della sociologia, dellantropologia, della psicologia sociale o di qualsiasi modello ermeneutico costruttivista (4). Osservata invece prioritariamente come sede funzionale di interazioni linguistiche, la comunit storica coinvolge nel suo studio discipline quali la storia della lingua, la dialettologia e soprattutto la sociolinguistica(5). Il vecchio teorema dualistico che pare essere intrinseco ad ogni approccio costruttivista(6), vale a dire lindissociabilit fra oggetto da

che gli consentono di trovare una collocazione adeguata nel sistema sociale in cui inserito. Unidentit encorica (dal greco , del paese o regione , indigeno, patrio), quando ben profonda e radicata nella comunit etnica dappartenenza. 4) Cfr., a titolo di orientamento non selettivo, le opere seguenti che contengono utili raccolte bibliografiche: MARISELDA TESSAROLO, Minoranze linguistiche e immagine della lingua. Una ricerca sulla realt italiana, Milano, Franco Angeli, 1990; UGO FABIETTI, Storia dellantropologia, Bologna, Zanichelli, 1991; KENNETH J. GERGEN, Psicologia sociale, Bologna, Il Mulino, 1988; SIEGFRIED J. SCHMIDT, Kognitive Autonomie und soziale Orientierung. Konstruktivistische Bemerkungen zum Zusammenhang von Kognition, Kommunikation, Medien und Kultur, Frankfurt a/M, Suhrkamp, 1994. 5) Lurgenza dapprontare un modello danalisi congiunto, che veda la sociolinguistica come parte integrante della storia della lingua, stata avvertita in Italia dai romanisti, e primo fra tutti da ALBERTO VRVARO in Storia della lingua: passato e prospettive di una categoria controversa, in Id., La parola nel tempo. Lingua, societ e storia, Bologna, Il Mulino, 1984: 9-79; per ulteriori contributi essenziali e riferimenti bibliografici si possono consultare: LUCA SERIANNI/PIETRO T RIFONE (a c. di), Storia della lingua italiana, Torino, Einaudi, 1993-1994, 3 volumi; FRANCESCO BRUNI, a c. di, Litaliano nelle regioni, Torino, Utet, 1994-1997, 2 volumi; JONATHAN K. C HAMBERS/PETER TRUDGILL, La dialettologia, Bologna, Il Mulino, 1987; GAETANO BERRUTO, Fondamenti di sociolinguistica, Bari, Laterza, 1995; SUZANNE ROMAINE, Socio-Historical Sociolinguistics. Its Status and Methodology, Cambridge, CUP, 1982; CORRADO GRASSI/ALBERTO A. SOBRERO/TULLIO TELMON, Fondamenti di dialettologia italiana, Bari, Laterza, 1998. 6) Dualismo che si lascia compendiare pregnantemente nelle formulazioni e sentenze epigrammatiche seguenti, attinte da autorevoli rappresentanti delle varie scuole costruttiviste tedesche: Wir erzeugen daher buchstblich die Welt, in der wir leben, indem wir sie leben (HUMBERTO R. MATURANA, Erkennen: Die Organisation und Verkrperung von Wirklichkeit, Braunschweig/Wiesbaden, Viehweg,

descrivere e descrizione delloggetto, ovvero tra fenomeno da osservare e osservatore del fenomeno, si ripropone con forza nello studio delle istanze sociolinguistiche: il fenomeno linguistico appare inestricabilmente legato al tessuto sociale e lorganizzazione di questultimo sembra dipendere direttamente o indirettamente da coordinate squisitamente linguistiche(7). Questo principio dualistico inerente alla sociolinguistica ha portato recentemente, allinterno dun vivace e, direi, non ancora concluso dibattito fra specialisti, a una revisione dei compiti e dei limiti di questa disciplina, e persino da parte di alcuni a una sua ricollocazione statutaria(8). Un dato incontrovertibile emerso tuttavia da questa fertile discussione: la socio-

1985: 269); Jedes selbstreferenzielle System hat nur den Umweltkontakt, den es sich selbst ermglicht, und keine Umwelt an sich (NIKLAS L UHMANN, Soziale Systeme. Grundlage einer allgemeinen Theorie, Frankfurt/M, Suhrkamp, 1985: 146); In der Vorgangsweise, die hier entwickelt wird, bilden Objekt der Beschreibung und Beschreibung des Objekts eine Einheit. Das Objekt der Beschreibung ist nicht beschreibungs- oder sprachverschieden, sondern jener Teil der Beschreibung, der bereits ausgefhrt worden ist. Die Beschreibung ist nicht auf das Objekt gerichtet, sondern geht vom Objekt der Beschreibung aus (JOSEF MITTERER, Das Jenseits der Philosophie. Wider das dualistische Prinzip, Wien, Passagen, 1992: 56); Erfahrung ist Ursache, die Welt die Folge (HEINZ VON FOERSTER, Das Geheimnis vom blinden Fleck, in: GERHARD JOHANN LISCHKA, a c. di, Der entfesselte Blick, Bern, Benteli, 1993: 46). 7) Per questo binomio inscindibile basti rinviare rappresentativamente al lavoro fondamentale di URIEL WEINREICH/WILLIAM LABOV/MARVIN HERZOG, Empirical Foundations for a Theory of Language Change, in: WINFRIED P. LEHMANN/YAKOV MALKIEL (a c. di), Directions for Historical Linguistics, Austin, University of Texas Press, 1968: 95-188 (trad. it.: Bologna, Il Mulino, 1977: 101-202) e allopus magnum di WILLIAM LABOV, Principles of Linguistic Change. Internal Factors, Oxford, Blackwell, 1994 (altri due volumi in preparazione). Per posizioni minoritarie opposte e vivamente contrastate dalla maggior parte dei linguisti , in difesa di una autonomia dei fattori sistemici (leggi: mutamenti endogeni) dai fattori sociali (mutamenti esogeni), cfr. DAVID LIGHTFOOT, Principles of Diachronic Syntax, Cambridge, CUP, 1979 e ROGER LASS, On explaining Language Change, Cambridge, CUP, 1980. 8) Un ottimo riassunto delle posizioni assunte da pi specialisti internazionali sui ruoli autonomi o integrativi della dialettologia e della sociolinguistica si trova nel numero 2 della rivista Quaderni di Semantica (Bologna, Il Mulino, 1991: 207335), sotto la rubrica Wither dialectology? (con ampia prefazione di MARIO ALINEI, alle pp. 207-214).

linguistica deve porsi come compito prioritario la ricerca della natura e del funzionamento della variazione linguistica operante nel seno della comunit, e di conseguenza la determinazione della direzionalit del cambiamento linguistico, o come vuole la scuola laboviana, del change in progress (9). 2 Comunit linguistica e variazione Uno dei postulati pi proficui nella moderna ricerca dialettologica e sociolinguistica muove dalla considerazione che ogni comunit linguistica attraversata da fratture multiple, in senso orizzontale e verticale. Scopo precipuo della dialettologia tradizionale stato, com noto, lo studio della distribuzione areale cio spazialeorizzontale delle varianti e la conseguente formulazione di unit diatopiche primarie (10). La dialettologia cos impostata ha acquisito da subito il marchio di rurale, poich concepiva il meccanismo della

9) Sul fitto intreccio fra variazione linguistica e cambiamento linguistico esiste ormai una letteratura abbondante che include alcune recenti sintesi e proposte di lavoro, fra cui menzionerei rappresentativamente, oltre al gi citato volume di James Milroy (v. nota 2): RALPH FASOLD/DAN SCHIFFRIN, a c. di, Linguistic Change and Variation, Amsterdam, Benjamin, 1992 e EDUARDO BLASCO FERRER, La lingua nel tempo. Variazione e cambiamento in latino, italiano e sardo, Cagliari, CUEC, 1995; Id., Across Linguistics: Towards a Functional Theory of Variation and Linguistic Change, Indogermanische Forschungen 100 (1995): 77-91. Id, Variazione e cambiamento di strutture nella grammatica storica. Verso una teoria variazionale del mutamento linguistico, in GIOVANNI RUFFINO, a c. di, Atti del XXI Congresso Internazionale di Linguistica e Filologia Romanza. I: Grammatica storica delle lingue romanze, Tbingen (Niemeyer), 1998: 69-87. 10) Com noto, il termine operativo diatopia primaria stato coniato da Eugenio Coseriu allinterno del suo modello interpretativo dellarchitettura della lingua. Per lo studioso rumeno le variet diatopiche secondarie scaturirebbero dal contatto fra i dialetti primari e le lingue standard ufficiali, generando ci che la moderna linguistica variazionale ha chiamato le lingue regionali (italiano regionale, franais rgional ecc.). Cfr. EUGENIO COSERIU, Die Begriffe Dialekt, Niveau und Sprachstil und der eigentliche Sinn der Dialektologie, in: JRN ALBRECHT, a c. di, Energeia und Ergon. Sprachliche Variation - Sprachgeschichte - Sprachtypologie, I, Tbingen, Narr, 1988: 15-43, e per il territorio italoromanzo le sintesi di GAETANO BERRUTO, Tra italiano e dialetto, in: GNTER HOLTUS/MICHAEL METZELTIN/MAX PFISTER, a c. di, La dialettologia oggi. Studi offerti a Manlio Cortelazzo, Tbingen, Narr, 1989: 107-

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variazione come attributo quasi esclusivo delle comunit meno esposte allirradiazione di nuove norme provenienti dai grossi centri urbani(11). Il rovesciamento di questo modello interpretativo avvenuto non senza lausilio della spinta sociologica americana(12) con lingresso della dialettologia urbana nel novero delle discipline che si occupano della variazione linguistica. Il principio di staticit che sembrava governare la rete dinterazioni linguistiche in seno a una comunit, appariva ora confutato alla base dalla mera constatazione che allinterno del gruppo sociale si possono riconoscere subgruppi

123; ALBERTO SOBRERO, Italiano regionale, in: GNTER HOLTUS/MICHAEL METZELTIN/ CHRISTIAN SCHMITT, a c. di, Lexikon der Romanistischen Linguistik, IV: Italienisch, Sardisch, Korsisch, Tbingen, Niemeyer, 1988: 732-748 e TULLIO TELMON, Guida allo studio degli italiani regionali, Alessandria, DellOrso, 1990. 11) Per un quadro riassuntivo di questo primo orientamento che ha caratterizzato le prime grandi ricerche e imprese dialettologiche e geolinguistiche italiane ed europee, passando per Ascoli, Bartoli, Rohlfs, lALF e lAIS baster rimandare in questa sede ai contributi di CORRADO GRASSI (Ville et campagne dans la sociolinguistique italienne) e ALBERTO SOBRERO (Aspects linguistiques des migrations internes en Italie. Avec un fragment de sociolinguistique contrastive) nel volume curato da NORBERT DITTMAR/BRIGITTE SCHLIEBEN -LANGE, Die Soziolinguistik romanischsprachigen Lndern/La sociolinguistique dans les pays de langue romane, Tbingen, Narr, 1982, rispettivamente alle pp. 143-152 e 153-162. 12) Ben nota la posizione di ROBERT PARK e della scuola di Chicago che faceva capo al pragmatismo americano (W.I. Thomas, Charles Horton Cooley, George Herbert Mead), consistente nello studio dellinterazionismo simbolico nel microcosmo cittadino, considerato un ottimo banco di prova per lo studio dei complessi rapporti fra individui, gruppo, codici comunicativi, simboli e valori sociali. Cfr. On Social Control and Collective Behaviour. Selected Papers, Chicago, Chicago University Press, 1976. Ma limpulso definitivo verso una riconversione della dialettologia rurale in urbana avvenuto in Europa dopo la lettura dei lavori fondamentali di WILLIAM LABOV (e segnatamente di: The Social Stratification of English in New York City, Washington, Center for Applied Linguistics, 1965) e della sua scuola. Per una panoramica storica e contrastiva si vedano gli eccellenti riassunti di CORRADO GRASSI, Ortssprachenanalyse in Italien und der Romania, in: WERNER BESCH/KLAUS MATTHEIER, a c. di, Ortssprachenforschung. Beitrge zu einem Bonner Kolloquium, Berlin, E. Schmidt, 1985: 49-65 e GNTER H OLTUS, La dialettologia urbana nella germanistica oggi, in: Dialettologia urbana: problemi e ricerche (Atti del XVI Convegno del CSDI, Lecce 1-4 ottobre 1986), Pisa, Pacini, 1989: 132-156. Un lavoro sociolinguistico esemplare e pionieristico, condotto in Germania agli inizi

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autonomi che promuovono microprocessi di sfaldamento della compattezza originaria, e che questi subgruppi si concentrano elettivamente in quartieri o in aree urbane periferiche(13). Naturalmente, il trasferimento di questacquisizione euristica alla dimensione non urbana non s fatto aspettare: se quartieri, borghi e rioni possono agire da forze centrifughe nelle aree a forte densit abitativa, anche nelle piccole comunit rurali tolte alcune specificit formative o strutturali(14) questi reticoli sociali si configurano come potenziali focolai di subnorme geolinguistiche.
degli anni Settanta con test, registrazioni e misurazioni di variabili socio-economiche, quello di ULRICH AMMON, Dialekt und Einheitssprache in ihrer sozialen Verflechtung. Eine empirische Untersuchung zu einem vernachlssigten Aspekt von Sprache und sozialer Ungleichheit, Weinheim und Basel, Beltz Verlag, 1973. 13) Lo sviluppo pi organico dun metodo danalisi idoneo a sondare le nuove realt sociolinguistiche italiane negli agglomerati urbani, ossia i rioni, stato condotto dalla scuola torinese di Grassi, e in particolare da Alberto Sobrero e dai suoi allievi; cfr. A. S OBRERO, Borgo, citt, territorio: alcuni problemi di metodo nella dialettologia urbana, Rivista Italiana di Dialettologia 2 (1978): 9-21, Id., Villages and Towns in Salento: the Way Code is switching, in: NORBERT DITTMAR/PETER SCHLABINSKI , a c. di, The Sociolinguistics of Urban Vernaculars, Berlin/New York, de Gruyter, 1986: 207-216; Id., Tavola rotonda, in: GIOVANNI RUFFINO, a c. di, Dialettologia urbana e geolinguistica (Tavola Rotonda, Palermo, 7 ottobre 1990), Palermo, CSFLS, 1991: 12-14; MARIA TERESA R OMANELLO, La citt nellarea linguistica salentina (Puglia meridionale), in: GABRIELLA KLEIN, a c. di, Parlare citt. Studi di sociolinguistica urbana, Galatina, Congedo, 1989: 111-143. Offre nuove, interessanti considerazioni su metodi, limiti e risultati della dialettologia urbana con una netta rivalorizzazione dellapproccio socio-economico la Ammon il contributo di GIOVANNI RUFFINO, Losservazione della dinamica linguistica, Rivista Italiana di Dialettologia 15 (1991): 113-136. 14) Fra le differenze costitutive esistenti tra quartieri di citt e rioni di paese occorrer almeno soffermare lattenzione sul fatto rilevante che non poche comunit rurali sono sorte, in periodo medievale e moderno, per gemmazione, cio per assimilazione di nuovi gruppi provenienti da aree spopolate o da comunit abbandonate in seguito a calamit e pestilenze. I nuovi gruppi entrati in questo modo a far parte di comunit pi resistenti si sono stabiliti in rioni periferici, i quali hanno mantenuto per secoli tradizioni, tratti linguistici peculiari e nel complesso unidentit distintiva. Daltra parte, manca alle comunit rurali, su un piano strutturale, la mobilit che propria dei grandi rioni cittadini e che promuove un pi rapido sfaldamento di subnorme centripete. Per i due aspetti qui accennati e per altri problemi relativi alla sociolinguistica dei rioni/borghi rurali e urbani si possono consultare: ROSANNA SORNICOLA, Lingua e dialetto a Napoli. I: Premesse, Napoli,

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Il connubio tra dialettologia urbana e dialettologia rurale sfociato, con piena naturalezza, in una linguistica variazionale (tedesco: Variettenlinguistik), che concede alla variabile diatopica uno statuto di equipollenza rispetto alle variabili diacronica, diastratica, diafasica e diamesica(15). Le tre prime variabili appaiono strettamente interrelate nella dinamica che presiede al cambiamento linguistico. Le differenze nel codice linguistico osservabili fra generazioni un fatto, questo, acquisito nei primordi della dialettologia rurale(16) resistono tenacemente ad una tassonomia soddisfacente, se disgiunte da fattori socio-culturali o da contesti situazionali. Ci spiega la nascita di nuovi, in parte assai sofisticati modelli descrittivi, tesi a contemplare organicamente tutti i vettori che cooperano alla definizione delle variabili dianzi esposte(17).
Universit di Napoli, 1977; EDUARDO BLASCO FERRER, Geolinguistica e ricostruzione, in: Giovanni Ruffino, a c. di, Atlanti linguistici italiani e romanzi. Esperienze a confronto, Palermo, CSFLS, 1992: 13-28 e i contributi riuniti nel volume collettaneo dedicato alla Dialettologia urbana citato alla nota 12. 15) I tre ultimi termini sono stati introdotti, com noto, da Leiv Flydal, Eugenio Coseriu e Alberto Mioni, e stanno a indicare rispettivamente le opposizioni di variet legate a frattura di tipo socio-culturale ( attraverso e strato), le differenze esistenti allinterno del continuum di registri ( espressione) e il binomio parlato-scritto (e mezzo, canale), con la duplice natura di codice e di variet di scelte. Per questi termini e la loro genesi e traiettoria nella storia pi recente delle discipline linguistiche informano puntualmente PETER KOCH e WULF OESTERREICHER nel fortunato volume Gesprochene Sprache in der Romania: Franzsisch, Italienisch, Spanisch, Tbingen, Niemeyer, 1990, e cfr. anche GAETANO BERRUTO, Le variet del repertorio, in: ALBERTO SOBRERO, a c. di, Introduzione allitaliano contemporaneo. I: La variazione e gli usi, Bari, Laterza, 1993: 1-36. 16) Si ricorder qui il lavoro precorritore di LOUIS GAUCHAT sulla variazione generazionale della liquida palatale [] allinterno della piccola comunit svizzera di Charmey: Lunit phontique dans le patois dune commune, in: Aus romanischen Sprachen und Literaturen, Festschrift fr Heinrich Morf, Halle, Niemeyer, 1905: 174-332, e per una limpida panoramica sulla teoria della differenziazione nella dialettologia tradizionale il rinvio quasi obbligato al lavoro classico di ALBERTO VRVARO, Storia, metodi e problemi della linguistica romanza, Napoli, Liguori, 1980 (in particolare 19, pp. 114-122). 17) Per un chiaro riassunto delle proposte tradizionali danalisi e per un nuovo modello operativo si veda il bel contributo di MARI DAGOSTINO/ANTONINO PENNISI,

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Problematica appare oggi altres la rigida stratificazione verticale posta alla base del modello laboviano upper, middle, working class, con le note sottoarticolazioni , in particolare se correlata ai labili parametri di misurazione culturale stricto sensu scolastica , i quali su scala internazionale si rivelano altamente disuguali (18). Lo studio dei contesti duso, delle situazioni in cui una variante occorre pi frequentemente, rappresenta ancora un punto debole della ricerca sociolinguistica, anche se recenti proposte formulate dalla scuola inglese mirano a colmare questa lacuna, privilegiando losservazione del singolo parlante e della sua rete dazioni e interlocutori (speaker-oriented model) (19).
Per una sociolinguistica spaziale. Modelli e rappresentazioni della variabilit linguistica nellesperienza dellALS, Palermo, CSFLS, 1995 (in particolare pp. 11-69). 18) Cfr., per un riassunto delle posizioni, GIORGIO RAIMONDO CARDONA , Introduzione alla sociolinguistica, Torino, Loescher, 1987 (capitolo 3 e note). 19) Cfr. LESLEY MILROY, Language as Social Networks, Oxford, Basil Blackwell, 1987 e lopera di James Milroy citata alla nota 2. Mi sembra indicativo di questo deficit tassonomico il fatto che linterpretazione vulgata di casual e careful speech (o styles, come preferisce fra altri Michael K. Halliday) venga subordinata quasi sempre, nei lavori sociolinguistici anglosassoni, allopposizione (diamesica!) testi liberi versus testi letti. Si veda a questo proposito quanto dice W. Labov nel suo pi recente volume, citato alla nota 7: Speech Styles. The sociolinguistic interviews that provide the date used here include a wide range of styles. The closest approach to the vernacular is found in casual speech, where attention to the forms of speech is minimal, and the most consistent representation of that style is to be found in excited, emotionally engaged speech. The major part of the interview, no matter how casual it may seem on first inspection, must be classed as careful speech. Together, casual speech and careful speech are labelled spontaneous speech, as opposed to the controlled styles used in reading (op. cit., 157). Per il riferimento a Halliday baster il rinvio alla sua opera fondamentale Spoken and Written Language, Oxford, Oxford University Press, 1989. Sintravede nella classificazione suesposta una dipendenza epistemologica e tassonomica dai modelli e approcci tipici delletnografia del parlato; cfr., a mo des., ALESSANDRO DURANTI, Etnografia del parlare quotidiano, Roma, NIS, 1993. Ben diversa caratura ha la recente polemica molto vivace in Germania sul presunto status dautonomia che alcuni riconoscono alla variet parlata allinterno della diamesia, e che altri vorrebbero invece neutralizzare e inglobare nelle fasce basse della diafasia, o racchiudere tout court nel concetto iperonimo di Umgangssprache; cfr. per ultimo REINHARD KIESLER, Franais parl = franzsische Umgangssprache?, Zeitschrift fr romanische Philologie 111 (1995): 375-405.

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Allanalisi della diamesia, cio dellopposizione fra parlato e scritto, la sociolinguistica ha conferito soltanto un ruolo ancillare, e a causa di questa precariet dellimpalcatura teorica certe caratteristiche essenziali e strutturali della comunicazione orale sono rimaste anche disattese a lungo nellapproccio dialettologico tradizionale e in buona parte moderno. Ci a dispetto del fatto, ben noto, che in assenza duna norma dialettale scritta il parlato comunitario si trova in tensione continua con lorganizzazione formale dello standard, da cui preleva arbitrariamente schemi formativi e varianti di maggior prestigio(20). 3 Comunit linguistica di frontiera e repertorio di varianti In condizioni disolamento, cio di discontinuit territoriale con larea storica in cui il codice linguistico trdito s originato e sviluppato, la comunit linguistica diventa comunit di frontiera(21) . Una comunit linguistica di frontiera si contraddistingue per due caratteristiche intrinseche: un repertorio pletorico di codici e varianti e una perenne labilit nei valori e negli atteggiamenti assegnati ai codici linguistici in competizione. La composizione del repertorio linguistico pu essere analizzata proficuamente con gli strumenti propri della

20) Cfr. G IANNA MARCATO, Oralit e scrittura nella dialettologia italiana, nel volume dedicato a Manlio Cortelazzo segnalato alla nota 10 (pp. 123-141). Per i numerosi problemi che pone la standardizzazione dun codice orale si possono leggere con profitto leccellente sintesi di JAMES MILROY/LESLEY MILROY, Authority in Language. Investigating Language Prescription and Standardisation, London, Routledge, 1995 e la monumentale silloge di contributi curata da ISTVN FODOR/ CLAUDE HAGGE, Language Reform: History and Future, Hamburg, Buske, 1983, 3 volumi. 21) Il concetto di Grenzmundart ben radicato nella dialettologia tradizionale, e anche nella cosiddetta Kontaktlinguistik la Weinreich: cfr. URIEL WEINREICH, Languages in Contact. Findings and Problems, The Hague, Mouton, 1968 e la traduzione tedesca del 1977 (Sprachen in Kontakt. Ergebnisse und Probleme der Zweisprachigkeitsforschung, Mnchen, C.H. Beck), con prefazione di A. MARTINET e postfazione di A. DE VINCENZ. Considerazioni interessanti sullinterazione di processi e dinamiche varie nella formazione di aree isolate e di frontiera si trovano nel volume di PAOLO MARTINO, Larea Lausberg. Isolamento e arcaicit, Roma, Dipartimento di Studi Glottoantropologici, 1991.

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linguistica variazionale, e anche della dialettologia di stampo strutturalistico-funzionalistico. Il concetto-base quello di diasistema(22), che in una prospettiva prevalentemente descrittiva contribuisce a identificare le varianti concorrenziali e il loro status funzionale allinterno della competenza multipla dei parlanti. Pi complesso il quesito riguardante la dinamica interna delle varianti in relazione ai valori e agli atteggiamenti dei parlanti. In assenza duna norma scritta standard, il codice etnico viene sottoposto, per primo, a continue verifiche circa la sua rappresentativit e purezza. Entra in gioco, in questa fase di valutazione personale e collettiva, il parametro klossiano dellAbstand(23) , ossia del distanziamento fra codice etnico comunitario di frontiera e codice etnico della madrepatria. I risultati di questo processo come si vedr in dettaglio pi avanti in questo volume confluiscono generalmente in una valorizzazione degli scarti dalla variet originaria, segnatamente quando questi si qualificano in seno alla variabile diacronica come arcaismi puri. Meno favorevole il giudizio riguardanti le innovazioni, in particolare quando queste trovano puntuale riscontro nelle variet alloglotte contermini e ci, ovviamente, a prescindere dal fatto che siffatte innovazioni possono rappresentare, per lo specialista, crudi fenomeni di convergenza. Nella maggior parte di questi casi il parlante interviene con misure puristiche, cercando alternative pi

22) Per il termine diasistema e la sua oscillante fortuna nella dialettologia e nella sociolinguistica sono dobbligo le letture di URIEL WEINREICH, Is a structural Dialectology possible?, Word 10 (1954): 388-400; ERNST PULGRAM , Structural Comparison, Diasystem and Dialectology, Linguistics 4 (1964): 66-82, da integrare con la lettura critica di KLAUS HEGER, Sprache und Dialekt als linguistisches und soziolinguistisches Problem, Folia Linguistica 3 (1969): 46-67 e con linformato riassunto di B RUNO STAIB , Semantik und Sprachgeographie. Untersuchungen zur strukturell-semantischen Analyse des dialektalen Wortschatzes, Tbingen, Niemeyer (in particolare pp. 96-114). 23) Cfr. HEINZ K LOSS, Die Entwicklung neuer germanischer Kultursprachen seit 1800, Dsseldorf, Schwann, 1978 (1952) e la vasta applicazione dei termini klossiani Abstandsprache und Ausbausprache alla romanistica da parte di ZARKO MULJACIC, ora facilmente recuperabile nella sua raccolta bibliografica di linguistica italiana: Scaffale italiano. Avviamento bibliografico allo studio della lingua italiana, Firenze, La Nuova Italia, 1991.

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valide a ci che egli considera ingenuamente lesito naturale di interferenze linguistiche. Rispetto ai codici allogeni del repertorio, se la situazione che caratterizza la nostra comunit quella duna duratura diglossia (con o senza bilinguismo) (24), la posizione della variet etnica nella scala gerarchica dei codici comunicativi sevincer tramite lattivazione dei parametri psicologici della coscienza linguistica (tedesco: Sprachbewutsein) e della lealt linguistica (inglese: language loyalty)(25), e di conseguenza dal loro contributo a una corretta definizione didentit sociolinguistica. noto che una forte coscienza linguistica tipica di comunit con un alto grado di coesione sociale e di senso di gruppo etnico, e che questa consapevolezza si riflette direttamente in atteggiamenti linguistici di tutela e di potenziamento del codice autoctono. Riflessi essenziali di siffatto atteggiamento positivo sono quelli contemplati dal secondo parametro klossiano, vale a dire dallAusbau (o elaborazione) del codice linguistico-amministrativo, il quale prevede la formulazione duno standard scritto valido per ogni situazione comunicativa quotidiana o specialistica e la sua graduale diffusione in tutti i settori della comunit. Nel complesso, dunque, le modalit della variazione costituiscono, in una comunit etnica e linguistica di frontiera, i piedritti della sua identit di gruppo, e perci la ricerca dialettologica e sociolinguistica in questo campo deve essere ben calibrata.

24) Come si sa, i termini diglossia e diglossia con/senza bilinguismo sono stati diffusi dalla scuola sociologica americana: CHARLES A. FERGUSON, Diglossia, Word 15 (1959): 325-340; JOSHUA A. FISHMAN, Bilingualism with and without Diglossia: Diglossia with and without Bilingualism, Journal of Social Issues 23 (1967/2): 29-38. 25) Coscienza linguistica e atteggiamento linguistico sono due concetti epistemologici e operativi tradizionali della dialettologia e della sociolinguistica, e stanno a indicare la maggior o minor capacit soggettiva di riconoscere e difendere le caratteristiche pi salienti e distintive del proprio codice linguistico comunitario. Per Sprachbewutsein, termine invalso nella linguistica tedesca, si pu consultare BRIGITTE SCHLIEBEN-LANGE, Soziolinguistik. Eine Einfhrung, Stuttgart, Kohlhammer, 1993; language loyalty invece concetto di matrice americana: cfr. JOSHUA A. FISHMAN, Reversing Language Shift, Clevedon, Multilingual Matters, 1991.

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4 Ricerca quantitativa e ricerca qualitativa Esiste fra gli specialisti pieno consenso sul fatto che il ricercatore che esplora una realt sociale o linguistica complessa si confronta, durante lo svolgimento delle inchieste, con una variazione non sistemica. Soltanto a posteriori, mediante unordinata campionatura e cernita dei risultati, egli pu acquisire dati attendibili circa la formazione o lo sfaldamento in atto di subnorme. La ricerca quantitativa, propria della sociolinguistica americana, ha affidato sin dallinizio della sua tradizione alla quantificazione dei dati il compito di collegare teorie epistemologiche e metodi danalisi con modelli esplicativi concreti, ipostatizzando un percorso deduttivo-nomologico che si rivelato in alcuni casi esiziale per il proseguimento della ricerca(26). Senza sminuire il valido apporto dei dati statistici alla comprensione di configurazioni variazionali complesse, diversi autori hanno manifestato lurgenza dintegrare la ricerca quantitativa con la ricerca qualitativa(27). Questultima propende per una disamina interna dei meccanismi linguistici, sociali, psicologici e dei soggetti che promuovono la gestazione e la susseguente generalizzazione di regole antitradizionali. Il ricercatore, per evitare il pericolo di estraniazione (Matthes: Exteriorittsgefahr) che deriva dalla cieca applicazione duna teoria ermeneutica preconfezionata a una realt a lui sconosciuta, diventa parte integrante della comunit esplorata, e da questa posizione privilegiata osserva, descrive e interagisce(28) . In conclusione: la ricerca qualitativa, seppure sussidiaria della ricerca quanti-

26) Informazioni necessarie sui limiti del metodo quantitativo si possono leggere, in sintesi, nei lavori di JAMES MILROY (op. cit., nota 2: 3.7: Excursus: On the Use of Quantification, pp. 75-79) e di MARI DAGOSTINO/ANTONINO PENNISI (op. cit, nota 17: 1.2: Qualit, quantit e rappresentazione nella sociolinguistica spaziale, pp. 15-30). 27) Un informatissimo resoconto delle teorie e delle correnti che fanno capo alla ricerca qualitativa si trova ora in: UWE FLICK, Qualitative Forschung. Theorie, Methoden, Anwendung in Psychologie und Sozialwissenschaften, Reinbeck bei Hamburg, Rowohlt, 1995. 28) Cfr. JOACHIM MATTHES, Die Soziologen und ihre Wirklichkeit. Anwendungen zum Wirklichkeitsverhltnis der Soziologie, in: WOLFGANG BON/HEINZ HARTMANN, a c. di, Entzauberte Wissenschaft, Gttingen, Schwartz, 1985: 49-64; offrono anche

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tativa, sembra sempre pi necessaria per convalidare o confutare le tendenze i changes in progress che sinferiscono dai dati statistici. 5 Una comunit linguistica di frontiera: il tabarchino La comunit linguistica tabarchina, compresa nei comuni di Carloforte e Calasetta nella Sardegna sudoccidentale, rappresenta, insieme con la colonia corsa di Bonifacio, uno dei due rami superstiti del ligure coloniale o insulare(29). Sui fattori storici che hanno consentito ai coloni liguri prevalentemente di Pegli e aree limitrofe dinsediarsi nel Sulcis, e sulle vicende che hanno contrassegnato il profilo evolutivo socio-economico dei due comuni fino ad oggi discetter profusamente e autorevolmente lautrice della presente monografia. A me preme sottolineare in questa sede il carattere di frontiera linguistica che spetta paradigmaticamente a queste due comunit sardo-liguri. Tratto, questo, identificativo e distintivo che si traduce puntualmente seguendo la trafila argomentativa svolta fin qui nella scelta della variet linguistica etnica in quanto modello di riferimento obbligato per ogni contesto comunicativo ed espressivo-affettivo, nella formazione collettiva duna netta coscienza di gruppo etnico storicamente coeso e nella promozione di atteggiamenti positivi di difesa e potenziamento verso il codice autoctono e i simboli ad esso connessi.

interessanti considerazioni e applicazioni: ROSITA RINDLER-SCHJERVE, Sprachkontakt auf Sardinien. Soziolinguistiche Untersuchungen des Sprachwechsels im lndlichen Bereich, Tbingen, Narr, 1987; UWE FLICK, Psychologie des Sozialen - Reprsentationen im Wesen und Sprache, Reinbeck bei Hamburg, Rowohlt, 1995. 29) Per Bonifacio si hanno, oltre alla grammatica rudimentale di MAX COMPARETTI, Un dialecte dorigine ligure parl par les Bonifaciens en Corse, ed. in proprio, s.l., s.d.), lo studio fondamentale di JEAN-PHILIPPE D ALBERA, propos du bonifacien et de sa position dans laire dialectale ligurienne, Etudes Corses 29 (1987): 89-114 e il bel lavoro, didatticamente concepito, di JEAN-MARIE COMITI , Bunifazziu e a sa lengua - Bonifacio et sa langue, Ajacciu, Squadra di u Finusellu, 1994. Nessuna traccia ligure sembra invece essere rimasta nella colonia alacantina (nella provincia catalana meridionale di Alacant/Alicante) di Tabarca, sebbene manchi ancora in questisola linguistica della Spagna una seria esplorazione sociolinguistica (come mi conferma gentilmente in una lettera il collega Antoni Mas i Miralles dellUniversit di Alacant). Carloforte e Nueva Tabarca si sono gemellate gi nei primi anni 80.

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Rispetto ad unaltra colonia allogena e alloglotta della Sardegna settentrionale, Alghero (catalano: LAlguer), le comunit tabarchine esibiscono un grado molto pi alto di fedelt ai valori etnico-linguistici tradizionali, mentre nella cittadina catalana se prestiamo fede a recenti analisi di tipo linguistico e qualitativo-antropologico(30) la recessione del codice autoctono sembra ormai irrevocabile. A prescindere dalle differenziate cause strutturali che gli esegeti delle trasformazioni sociali potranno addurre per spiegare (sit venia verbo) la diversit delle dinamiche sociolinguistiche e prima fra tutte, direi, la pi profonda erosione, ad Alghero dopo il secondo dopoguerra, delle attivit tradizionali, concentrate nel tessuto urbano interno, con la conseguente incrinatura della compattezza sociale e linguistica , sta di fatto che la tenuta complessivamente pi solida del dialetto nella minoranza tabarchina riflette il portato dun processo plurisecolare daccettazione della diversit e della sua rifunzionalizzazione in identit di gruppo. I risultati concreti di questa fedelt incondizionata al codice comunicativo etnico si riflettono puntualmente negli atteggiamenti di tutela, potenziamento e ipervalorizzazione che si possono constatare negli usi linguistici, e che in buona parte sono stati captati nella presente disamina. Latteggiamento di tutela sestrinseca nella consapevole sfiducia verso elementi, prevalentemente lessicali, che a ragione o a torto vengono avvertiti come esogeni e recenti, e concomitantemente nella salvaguardia di quelle unit di presunta origine ligure che a causa della loro bassissima frequenza duso si trovano
30) Cfr. MARIA GROSSMANN/MARINELLA LRINCZI, La comunit linguistica algherese. Osservazioni sociolinguistiche, in: Atti del XVI Convegno SLI, Pisa, Pacini, 1980: 207-235; MARIA G ROSSMANN, Com es parla a lAlguer, Barcelona, Barcino, 1983; JOSEP MART I PREZ, LAlguer. Kulturanthropologische Monographie einer sardischen Stadt, Berlin, Dietrich Reimer, 1986. I dati pi recenti e attendibili sulla realt sociolinguistica algherese si trovano riuniti nellarticolo di ANTONIO COLLEDANCHISE , Aspetti psico-sociolinguistici da una indagine quantitativa sullalgherese, in: ANTONELLO MATTONE/PIERO SANNA , Alghero, la Catalogna, il Mediterraneo. Storia di una citt e di una minoranza catalana in Italia (XIV-XX secolo), Sassari, Gallizzi, 1989: 707-718. Secondo lautore, soltanto un 12% della popolazione vanterebbe una competenza attiva del catalano, mentre un 28% avrebbe dichiarato di possedere una competenza passiva di algherese e sardo.

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in pericolo destinzione(31). Il potenziamento della parlata locale condotto singolarmente o collettivamente mediante lapprontamento di grammatiche e di testi vernacolari scritti, segnatamente poetici. La scelta duna grafia sui generis rappresenta, nel mosaico di tessere sociolinguistiche qui schizzato, soltanto uno dei tanti problemi che pone attualmente la codificazione del tabarchino(32). La tendenza a ipervalorizzare aspetti della propria parlata che non trovano riscontro nel ligure, e in particolare nel genovese, portano in condizioni di variabilit diastratica e diafasica ancora da determinare con precisione a iperdifferenziare, cio a estendere una regola discriminatoria al difuori dei suoi limiti funzionali (vedi il caso della generalizzazione indebita dellesito tonico di [a] nei derivati presso alcuni parlanti: [kO:du] caldo, e di conseguenza [aSko:dO] anzich [aSka:dO]). 6 La ricerca di Paola Sitzia La comunit tabarchina stata in passato oggetto di pochi studi seri. Il carattere inequivocabilmente ligure della parlata era stato efficacemente identificato su base storico-comparativa da Gino Bottiglioni nel 1928, confermato a distanza di quasi cinquantanni da Joseph S. Ricciardi, con strumenti propri della fonetica generativa, e

31) Chiari indizi di questatteggiamento si ricavano naturalmente dalla lettura di testi divulgativi sulla realt linguistica tabarchina. Nella Grammatica tabarkina di NINO SIMEONE (Pontedera, Bandecchi e Vivaldi, 1992), si trova una curiosa appendice intitolata: Vocabolario delle parole da salvare, allinterno della quale si possono individuare elementi dindubbia origine sarda, erroneamente avvertiti come autoctoni (es. scimingiu pensiero fisso, vocabolo tipico campidanese). 32) E come in tante altre minoranze linguistiche prevale la tendenza a enfatizzare la singolarit del codice linguistico comunitario mediante la scelta di soluzioni grafiche peculiari e spesso antieconomiche, fatto ricordato opportunamente da Muljacic a proposito di alcune riforme grafiche formulate per dialetti italiani settentrionali: si ritiene necessario che lindipendenza anche grafica si imprima nella mentalit della gente, contribuendo a far pensare che le parlate minori non sono un italiano corrotto e da strapazzo, ma delle forme espressive tipiche e degne di rispetto, e si ritiene che la sudditanza psicologica rispetto alla lingua dominante passi anche attraverso ladozione della sua grafia (cito da: EDUARDO BLASCO FERRER, Espaa e Italia. Nuovas lenguas en ebullicin, Lletres Asturianes 36 (1987): 2339, brano a p. 33).

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ribadito per ultimo da chi scrive in un lavoro del 1994 che indaga anche sulla variazione sociolinguistica interna delle due comunit tabarchine. Baster qui ricordare fra i tratti pi distintivi del tipo ligure: il dileguo delle liquide intervocaliche latine R e L, tramite una fase intermedia una [r] non vibrante, palato-alveolare attestata in vaste aree della Liguria (33): PIRA , PECO (RA, SALE( M), DO@LO@RE(M) > [paja pe:gwa sO du], @ e la palatalizzazione a catena di tutti i nessi consonantici con secondo elemento liquido: PLU @S, CLAVE(M) VE(CLU(M) (attestato per VE(T U(LUM nellAppendix Probi), FLO @RE( M), BLASTIMA@RE, GLANDE(M) > [tSy tSO:ve ve:dZu Su:a dZastemO dZanda]. I tratti pi tipici del tabarchino si son potuti recuperare assai agevolmente grazie al rapido sviluppo di lavori dialettologici e di imprese lessicografiche recenti dampio respiro concernenti lintera Liguria (34), opere che consentono di stabilire classificazioni e discriminazioni di esiti diatopici, e spesse volte anche diacronici. A questaspetto della ricerca dialettologica e storica lautrice del lavoro ha concesso uno spazio molto limitato, allestendo tuttavia in una sezione iniziale una sintesi molto utile delle acquisizioni tradizionali e pi recenti relative allo sviluppo e alla posizione del tabarchino. Lo scopo precipuo e il pregio fondamentale della ricerca condotta da Paola Sitzia sono legati in realt alla dimensione socio33) La fase evolutiva intermedia ligure rimasta curiosamente perspicua nel sassarese, ossia in unarea isolata settentrionale molto limitata che stata a lungo dominata nel medioevo dalle casate liguri. Cos, a Sassari, Porto Torres, Sorso e Stintino si pu sentire peru (PI LUM) e sari ( SALEM), con una [r] che, secondo C HRISTIAN GARTMANN , Die Mundart von Sorso (Zrich, Juris, 1967: 55), ist schwcher als primres r, doch nur ganz leicht hrbar. Per lo sviluppo regolare di L, R nel ligure continentale attraverso i secoli resta ancora fondamentale il lavoro di ERNESTO GIACOMO PARODI, Studi liguri. Il dialetto di Genova dal secolo XVI ai nostri giorni, Archivio Glottologico Italiano 16 (1902): 105-151 e 333-365. 34) Opere di consultazione basilare sono certamente il recente repertorio bibliografico di FIORENZO TOSO/WILLIAM PIASTRA, a c. di, Bibliografia ligure. Aggiornamento 1979-1993, Genova, A Compagna, 1994 e lormai insostituibile Vocabolario delle parlate liguri (VPL), Genova, Consulta Ligure, 1985-1992, 4 volumi, curato da Giulia Petracco Sicardi. Dalla mano sicura di Fiorenzo Toso sono usciti inoltre recentemente diversi contributi importanti sulla storia e sulla grammatica dellintera area ligure: Storia linguistica della Liguria. I: Dalle origini al 1528, Genova (Le Mani), 1997; Grammatica del genovese, Genova (Le Mani), 1997.

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linguistica delle parlate tabarchine. Infatti, mancavano finora fatta salva lincursione pionieristica, ma purtroppo sbrigativa, di Alberto Sobrero pi di venticinque anni fa(35) lavori seri di ricerca quantitativa in grado di fornire dati attendibili sul tasso di fedelt al codice etnico allinterno delle comunit sardo-liguri. Ora la Sitzia offre al pubblico internazionale i risultati duna vasta inchiesta sociolinguistica che ha interessato prevalentemente i complessi rapporti esistenti fra lealt linguistica, variazione generazionale e stratificazione socioculturale. La capillarit nella distribuzione delle inchieste sono stati consegnati circa 1.700 questionari, su un totale di circa 9.300 abitanti fra Carloforte e Calasetta, e le risposte ottenute coinvolgono approssimativamente la met dei soggetti interrogati , la scelta differenziata delle domande a seconda dellet degli intervistati i quali coprono larco pi rappresentativo delle fasi dapprendimento, acquisizione completa e potenziale dissoluzione del codice linguistico e lo sfruttamento dei procedimenti di lettura incrociata dei dati che tendenzialmente esprimono in questo modo valori vettoriali congiunti relativi a diverse variabili in gioco hanno contribuito significativamente a offrire un quadro obiettivo e attendibile dellidentit sociolinguistica attuale di Calasetta e Carloforte, comunit in cui ladesione globale al codice etnico risulta essere come gi stato accennato prima molto elevata. 7 Desiderata ovvio che in un campo dindagine scarsamente battuto, com quello in cui s inoltrata lautrice di questo lavoro, lo spazio per ulteriori auspicabili ricerche sia molto vasto. Tali ricerche dovrebbero muoversi in due direzioni: in senso linguistico-descrittivo e in senso sociolinguistico-interpretativo. Ubbidendo a una direttiva che si sono dati i curatori di Samanunga, verranno segnalati nelle prossime righe alcuni settori che la ricerca futura sul tabarchino potrebbe prendere in considerazione.

35) Cfr. ALBERTO SOBRERO, Fenomeni di disgregazione recentemente osservati nel tabarchino, Parole e Metodi 1 (1971): 1-11, ristampato in successive raccolte di saggi del dialettologo leccese.

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Manca ancora una descrizione dettagliata e rigorosa di tutte le strutture del tabarchino, e in particolare delle strutture morfosintattiche. Questultima lacuna addebitabile in parte alla difficolt dapprontamento di questionari sintattici, i cui risultati dovrebbero essere necessariamente integrati da una solida batteria di registrazioni libere. Soltanto in questo modo, allestendo un corpus di testi prelevati dal parlato spontaneo, si potr avere sufficiente materiale empirico sintattico e pragmatico attendibile e pienamente sfruttabile nellelaborazione di modelli teorici(36). Anche una sistematica esplorazione del fondo lessicale autoctono consentirebbe di discriminare pi limpidamente prestiti e inter-

36) Due soli esempi relativi a problemi descrittivi e interpretativi della linguistica tipologica e romanza basteranno a illustrare i benefici che potrebbero derivare da un solido corpus di dati morfosintattici. Lorganizzazione sintattica della struttura di relativo rappresenta ormai un topos nelle discussioni scientifiche sulle variet substandard, nelle ricerche sui cosiddetti Universali, e anche negli studi psicolinguistici. La situazione del tabarchino sembra confermare lassunto circa la priorit naturale del tipo sintagmatico-analitico (che + gli/le - ci - ne) su quello paradigmatico-flessivo ( QUI - QUEM - CUIUS - CUI) e anche convalidare linteressante e diverse volte ribadita concordanza tipologica fra variet diatopiche primarie (dialetti) e variet substandard diastratiche, diafasiche o diamesiche (varianti popolari, registri colloquiali e strutture tipiche del parlato); cfr. tabarchino [a per'suNa ke g o da 'da Stu 'paku ki nu s a 'trO:ve]: la persona che gli/ci (a cui) debbo dare questo pacco qui non si trova. Un altro tema rovente della tipologia linguistica e della linguistica romanza riguarda lo status sintattico dei clitici soggetto. Come si sa, lobbligatoriet nelluso dei clitici soggetto dimostrabile soltanto con un test molto rigoroso che contempli tutte le posizioni ammissibili nella frase, anche quando la funzione di soggetto espressa formalmente da un nominale o da un pronome tonico. I risultati del test sono vincolanti per la definizione dun tipo linguistico a soggetto nullo (Null-Subject-Language o Pro-Drop-Language: in questo caso il clitico verrebbe formato, secondo i generativisti, sotto il nodo della flessione) o a soggetto espresso (e in questo secondo caso il clitico verrebbe generato nella flessione nominale). La situazione del tabarchino aderisce pienamente al primo schema: [u pa'Stu u l a'lE:te a 'pe:gwa] il pastore [+ cl] munge la pecora; [ni'SuN l E ve'yw] nessuno [+ cl] venuto; [g 'ea l 'O:ze k u man'dZOva 'paje 'bu:ze] cera lasino che [+ cl] mangiava pere acerbe. Analisi e ulteriori riferimenti bibliografici riguardanti questi due problemi si trovano selettivamente in: CHRISTIAN LEHMANN, Der Relativsatz. Typologie seiner Strukturen. Theorie seiner Funktionen. Kompendium seiner Grammatik, Tbingen, Narr, 1984; EDUARDO

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ferenze di vecchia o recente data e didentificare alcuni sviluppi autonomi nella formazione del lessico tabarchino(37). A questultimo compito sassocia intimamente lurgenza di avviare unoculata ricerca sociolinguistica e storica su alcune varianti in competizione, e segnatamente su varianti dislocate in parametri di variabilit differenziati (diastratici, diafasici, diatopici). Cos, manca ancora una disamina approfondita su differenze linguistiche fra rioni o fra subgruppi di parlanti legati dallo svolgimento duna stessa attivit lavorativa, su variazioni correlate al sesso o genere, come si preferisce dire in alcune scuole sociolinguistiche , su opposizioni vincolate ai contesti situazionali di massima rilevanza, quali sono il dominio privato o familiare, il dominio pubblico informale e il dominio pubblico formale(38).

BLASCO FERRER, Italiano popolare a confronto con altri registri informali: verso una tipologia del substandard, in: GNTER HOLTUS/EDGAR RADTKE, a c. di, Substandard III. Standard, Substandard und Variettenlinguistik, Tbingen, Niemeyer, 1990: 211-243; MARIANNE KILANI-SCHOCH, French Clitics for Natural Typology, in: Julin MNDEZ DOSUNA /CARMEN PENSADO , a c. di, Naturalists at Krems, Salamanca, Universit de Salamanca, 1990: 77-90; ELMAR SCHAFROTH, Zur Entstehung einer vergleichenden Typologie der Relativpronomina in den romanischen Sprachen, Tbingen, Niemeyer, 1993; EDUARDO BLASCO FERRER, Italiano, sardo e lingue moderne a scuola. Verso una glottodidattica democratica e aggiornata, Milano, Franco Angeli, 1998. 37) Su questargomento sta lavorando il dialettologo Fiorenzo Toso, a cui sono debitore di preziosi suggerimenti. Particolarmente difficili sono i casi di convergenza selettiva di tipi lessicali liguri e sardi, per i quali lattribuzione a fenomeni di prestito potrebbe venir garantita esclusivamente da un rigoroso spoglio di documentazione storica. Qualche caso emblematico segnalatomi gentilmente da F. Toso: lig.-tab. [ku de 'se:ne] e sardo campidanese colori de cinixi grigio, lett. colore della cenere; [alw'aw] stordito comune a Genova, Alassio, Arenzano, Varazze, e ritorna nel camp. alluau; locu un ispanismo penetrato per vie differenti in Liguria e in Sardegna (e sulla componente iberica nel ligure lo stesso Toso ha approntato un volume fondamentale: Gli ispanismi nei dialetti liguri, Alessandria, DellOrso, 1993). 38) Due modelli, certamente da imitare, di questo tipo dindagine sono: quello offerto dallOsservatorio Linguistico Siciliano con la pubblicazione curata da FRANCO LO PIPARO, La Sicilia linguistica oggi, Palermo, CSFLS, vol. I, 1990, e quello approntato da IMMACOLATA TEMPESTA in Contatti linguistici e sociolinguistici fra Puglia e Salento: gli indefiniti, Alessandria, DellOrso, 1995.

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Su un piano storico-linguistico sarebbe altres opportuno assodare, mediante una pi scaltrita indagine filologica negli archivi isolani o liguri , se in alcuni casi la variazione oggi presente nelle due localit sardo-liguri rinvia a processi diacronici di rifunzionalizzazione di vecchie opposizioni diasistemiche, operanti ab antiquo nella matrice ligure, ovvero gi presenti nellembrione tabarchino coloniale(39). Questo fitto intreccio fra sociolinguistica e dialettologia storica pu fornire ottimi contributi al linguista che lavora in diacronia e allo specialista delle variazioni, e nel contempo offrire nuovi banchi di prova per misurare la portata di recenti teorie sul nesso fra variazione e cambiamento di strutture. Allanalisi puramente quantitativa dei dati mancherebbe infine concludendo questa minima rassegna di desiderata lapporto indispensabile di parametri qualitativi, riferibili alle variabili in gioco e

39) Questo compito urgente della dialettologia e della sociologia storica risiede sul presupposto teorico che le istanze della variazione linguistica non rappresentano coordinate rigide nel tempo, bens soggette a spostamenti di variabile: una stratificazione verticale, ad es. diastratica, pu cos trasformarsi nel tempo in unopposizione diatopica, generando due norme dialettali autonome, e anche una distinzione orizzontale fra norme dialettali pu riconvertirsi in una gerarchia di posizioni fra varianti diastratiche. A quanto pare anticipando in questa sede dati di ricerche proprie e altrui certi tratti distintivi del tabarchino corrispondono a varianti diastratiche basse del genovese sei e settecentesco, fenomeni soggetti a censura sociale nel moderno processo di gestazione duna norma cittadina nobile, e perci in parte respinti verso le aree suburbane limitrofi, verso lentroterra ligure o anche verso le colonie insulari. Cos, la labializzazione di [a] (> [] > [O]) largamente attestata a Oneglia e nellimmediato Ponente genovese, presente nelle frazioni della Val Varenna, normale nelle valli alle spalle di Voltri e variamente funzionale nel dialetto rurale di Arenzano (dove si ha la curiosa opposizione tra [O] in localit Bicocca e [] a Campo e Terralba) e di altre parlate confinanti. Nelle stesse parlate rurali si hanno: lo spostamento, tipico del tabarchino, [ej] > [aj] (['maja] mela, ['saja] sera); la palatalizzazione della sibilante in posizione implosiva dinanzi a consonante ([a'yStu]), fenomeno registrato seppure in netto regresso fino a Voltri sulla costa, e gi documentato nelle Regole dortografia del 1745, ma per la cui massiccia rappresentazione nel tabarchino sarei personalmente pi incline a ipotizzare un influsso di rafforzamento da parte del sulcitano; il dileguo di [v]iniziale (['u:Ze] voce):, attestato dal VPL (IV, 1992, s.v. vxe) per Albenga, Pornassio, Loanio, Calice e Arenzano, e ben documentato nella tragicommedia secentesca in genovese popolare Il fazzoletto, di FRANCESCO MARIA M ARINI (F.M.

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anche ai processi psicologici di percezione e di valutazione dei codici comunicativi concretamente impiegati o noti allinterno della propria comunit di residenza(40). da augurarsi, in conclusione, che questo bel lavoro di Paola Sitzia dia lavvio a una fertile ricerca dialettologica e sociolinguistica sulle comunit tabarchine, sulla formazione e sulla densit effettiva della loro identit linguistica e di gruppo. Cagliari, ottobre 1998. EDUARDO BLASCO FERRER

Marini), Il Fazzoletto. Tragicommedia inedita del secolo XVII, a c. di FIORENZO TOSO/R OBERTO TROVATO, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1997, e in particolare la Nota linguistica di Toso, con riferimenti ai fenomeni qui accennati). La considerazione lineare che si evince da questaggregazione di dati che il tipo linguistico tabarchino rappresenta la naturale continuazione della subnorma diastratica bassa del modello genovese postsecentesco, ancor oggi documentabile in vaste comunit liguri marginali che hanno costituito il serbatoio principale della migrazione coloniale tabarchina (Pegli, Corigliano, Sestri Ponenti, Arenzano). Dati storico-linguistici fondamentali sulla stratificazione del genovese sei e settecentesco si trovano, oltrech nel gi citato lavoro di Parodi, in: FRANZ KOSAK , Der Dialekt von Genua, Wien, Dissertation, 1947; WERNER FORNER, Generative Phonologie des Dialekts von Genua, Hamburg, Buske, 1975; Id., Aree linguistiche I. Liguria, in: GNTER HOLTUS/MICHAEL METZELTIN/CHRISTIAN SCHMITT , a c. di, LRL IV (op. cit., nota 10): 453-469; Id., La dialettologia ligure: risultati e prospettive, nella miscellanea dedicata a Manlio Cortelazzo menzionata alla nota 10 (pp. 153-179); Id., Liguria, in MARTIN MAIDEN/MARGARET PARRY (eds.), The Dialects of Italy, London, Routledge, 1997: 245-252. Una prima applicazione in senso inverso (diatopia diastratia) alla situazione del fiorentino quattrocentesco stata condotta da MASSIMO PALERMO: Sullevoluzione del fiorentino nel Tre- e Quattrocento, Nuovi Annali della Facolt di Magistero dellUniversit di Messina 8-10 (1992): 131-156. 40) Penso, in primo luogo, a unindagine pi articolata che sfrutti il metodo del differenziale semantico di Osgood e le integrazioni apportate successivamente dalla ricerca psicologica, sociologica e linguistica, e che consenta inoltre di collaudare lattendibilit dei test mediante lo svolgimento dun vasto sondaggio con questionari e registrazioni sulleffettiva competenza idio- e sociolettale. Per una coerente applicazione del metodo di ricerca di C.E. Osgood a una realt sociolinguistica si vedano le considerazioni di Giuseppe Francescato nella prefazione allopera di M. Tessarolo citata alla nota 4.

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PREMESSA

In questo lavoro si cercato di descrivere la situazione linguistica attuale dei due comuni liguri di Carloforte e Calasetta in Sardegna. Obiettivo principale dello studio stato quello di inquadrare sotto il profilo sociolinguistico una realt locale nella quale luso prevalente del tabarchino, parlato dagli abitanti di ambedue i centri, sembra confermare lestrema vitalit dello stesso dialetto. La decisione di affrontare una ricerca di questo tipo nata dalla volont di approfondire un aspetto cos decisivo per la comunit dei parlanti, ed stata rafforzata dal sostegno di appassionati e studiosi (primo fra tutti Fiorenzo Toso, che ha da tempo rivolto i suoi interessi scientifici verso la problematica linguistica che caratterizza la popolazione tabarchina), che hanno sostenuto lindagine con i loro consigli e la loro esperienza. La scelta di effettuare uninchiesta di tipo sociolinguistico basata su un questionario da sottoporre allattenzione di un campione rappresentativo di abitanti delle due localit ha permesso di ottenere risultati che si ritengono aderenti alla realt sociale presa in esame. La metodologia seguita nellorganizzazione del lavoro ha previsto due parametri di scelta fondamentali: il numero degli informatori e il tipo di questionario. Nel primo caso si trattato di ricondurre ogni valutazione al problema della rappresentativit del campione di fronte alla totalit della popolazione locale. Nel secondo caso, la tipologia dei questionari stata adeguata alla duplice esigenza di mettere nelle stesse condizioni di comprensione tutti i giovani informatori intervistati (senza dimenticare quelli pi piccoli, dellet di 6 anni) e, contemporaneamente di ottenere dal campione degli adulti una maggiore qualit e specificit delle risposte. I questionari distribuiti sono stati quindi diversificati nelle domande a seconda del fatto che fossero da destinare ai ragazzi o ai rispettivi genitori e, soprattutto, resi flessibili nellimpostazione da una certa libert di giudizio. Il criterio secondo il quale stata definita lampiezza della fascia generazionale presa in esame ha inteso cercare una risposta alle domande formulate 29

allinizio della ricerca: qual la diffusione del dialetto nella comunit tabarchina? Quanti usano il dialetto e in quali circostanze? Quanto ha inciso lorigine della famiglia di appartenenza e il ruolo svolto dalla scuola e dai canali di comunicazione sulla competenza linguistica del singolo? Nel caso di Carloforte e di Calasetta, opportuno parlare di possibile scomparsa del tabarchino, oppure, nonostante limpatto sempre pi forte dellitaliano, si pu a buon titolo confermare lo stato di conservazione del medesimo? Limprescindibilit di tali aspetti che si pongono, di fatto, come i pi appariscenti del fenomeno analizzato, ha implicato cos di estendere linchiesta a tutti i soggetti residenti a Carloforte e a Calasetta in et scolare, ma che non avessero ancora superato la scuola dellobbligo (e per questo particolarmente esposti ad accogliere i diversi segnali provenienti dal nucleo familiare), ed a tutti i soggetti adulti, genitori dei primi, di unet compresa fra i 30 ed i 50 anni, appartenenti a diverse classi sociali. Sono stati deliberatamente esclusi dallindagine i liceali iscritti a Carloforte, per i quali possono valere i risultati ottenuti dagli allievi di 15-16 anni, cio lultima fascia det considerata, e gli universitari che rientrano nella fascia det compresa tra i 20 e i 29 anni, per i quali lallontanamento dai due centri per motivi di studio pu determinare una generale tendenza allitalofonia. Lo studio effettuato si avvale dei risultati ottenuti dallanalisi dei questionari per indicare, attraverso il livello di dialettofonia registrato, come il dialetto tabarchino possa essere considerato ancor oggi parte integrante della cultura linguistica delle due comunit, in che modo lo stesso abbia reagito a contatto delle variabili sociolinguistiche intervenute e quali siano infine i fattori che, al di la di una impersonale analisi numerica, siano da ritenere determinanti nel mantenimento della parlata tabarchina. La struttura del lavoro si articola in tre capitoli. Il primo offre unintroduzione storica degli avvenimenti politici ed economici che portarono alla fondazione delle due colonie liguri di Sardegna. La prima parte ricostruisce per sommi capi la fondazione di Tabarca in Tunisia. Nella seconda parte, con il breve accenno alle motivazioni che furono causa nel Settecento della diaspora dei tabarchini dalla colonia genovese, prende lavvio la storia della colonizzazione delle due isole

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di San Pietro e SantAntioco in Sardegna e quindi, dalla nascita delle due cittadine di Carloforte e di Calasetta. Questultima fase di descrizione storica non manca di mettere in luce le linee di sviluppo, i fattori economici e gli aspetti sociali che hanno interessato i due centri dallorigine ai nostri giorni. Il secondo capitolo si propone di delineare sommariamente alcuni aspetti della parlata tabarchina dal punto di vista strettamente linguistico. Ad una rapida introduzione che illustra criticamente le fonti disponibili e la storia dello studio scientifico seguir un esame dei tratti salienti del tabarchino nelle sue caratteristiche prevalentemente fonetiche (concluse poi da osservazioni di carattere morfologico, sintattico e lessicale), allo scopo di evidenziarne rapidamente i caratteri liguri (genovesi in particolare) e di conseguenza il livello di specificit rispetto alle parlate sarde. Il terzo capitolo, infine, quello pi propriamente legato alla tematica sociolinguistica. Dopo una breve esposizione delle modalit di procedimento si entra nel vivo dellinchiesta, con lesposizione dei risultati prodotti dal campione e tradotti in percentuale. stata compiuta inizialmente unanalisi orizzontale dei dati, intendendo in questo modo dare una lettura globale di tutte le risposte espresse dagli intervistati, evitando di suddividere il campione per fasce det, sesso e professione. A questa poi seguita unanalisi incrociata dei dati stessi, per la quale si presentata una lettura combinata di alcune risposte, ritenute pi significative, con le variabili extralinguistiche che sono entrate in gioco nel corso dellindagine. Per ogni risposta analizzata stato espresso un giudizio di valore che risulter poi utile a completare le conclusioni finali. Desidero a questo punto ringraziare tutte le persone che con la loro disponibilit, i loro suggerimenti e i loro consigli, hanno contribuito alla realizzazione del presente lavoro: gli alunni delle classi II e III della Scuola Media Statale V. Porcile ed E. Fermi di Carloforte e di Calasetta, anno scolastico 1992/93, Maria Cabras, Aurelia Campo, Magda Cipollina, i Presidi della Scuole Elementari e Medie Statali di Carloforte e di Calasetta, Luigi Rivano, Ezio Sapi, Remigio Scopelliti, Marco e Piero Sitzia, e tutti gli abitanti di Carloforte e di Calasetta che si sono gentilmente prestati alle interviste effettuate durante il mio soggiorno di studio.

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Un ringraziamento particolare lo devo a Fiorenzo Toso, per la sua disponibilit e per i suoi preziosi suggerimenti. Un ringraziamento va anche al prof. Lorenzo Coveri, relatore della tesi sostenuta nellanno accademico 1994/95, e al prof. Eduardo Blasco Ferrer, che ha sostenuto e promosso la pubblicazione del lavoro arricchendone la stesura definitiva con preziosi consigli. Un ricordo, infine, va al prof. Pier Luigi Zambardi, gi Preside della Scuola Media Statale G. Parini di Genova, del quale non va dimenticata la passione e limpegno dimostrato a mantenere vivi gli scambi culturali tra Pegli e le due cittadine sarde di origine ligure.

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CAPITOLO I LESPERIENZA GENOVESE DOLTREMARE

1.1 Lesperienza genovese a Tabarca Nella storia della colonia genovese di Tabarca, molte sono ancora, a tuttoggi, le zone dombra e le difficolt interpretative, soprattutto in rapporto ai meccanismi che ne ritmarono levoluzione ed alle cause che ne provocarono il rapido declino. Nella stessa ricostruzione documentaria della Tunisia seicentesca, la funzione economica e politica di Tabarca stata, per cos dire, appena intravista o semplicemente delineata dai pochi studiosi che ebbero occasione di occuparsi dellisola corallifera; inoltre la mancanza di materiale archivistico in Italia e limpossibilit, spesso, di consultare testi inediti conservati allestero, contribu non poco ad una scarsa conoscenza della vita tabarchina. Ma probabile che per una visione dinsieme meno riduttiva e superficiale possa venire in aiuto ci che Fernand Braudel sostiene a proposito del Mediterraneo del pieno Cinquecento: un mondo che i circuiti economici tendevano a unire e i conflitti politico-religiosi a spaccare, e che aveva estremo bisogno di punti di contatto, di realt interstiziali, di zone franche, pi numerose ed efficaci di quanto non dicano le vicende politiche e diplomatiche(1). Se, infatti, da un punto vista puramente economico, liniziale ricchezza delle pescherie di corallo interviene in maniera determinante nella scelta dellisola, lattenzione, non soltanto genovese nei confronti di questa colonia, si registra proprio in virt della sua particolare posizione geografica e del ruolo che essa andr assumendo nel corso dei secoli. Daltra parte, non potendo valutare con certezza leffettiva

1) F. BRAUDEL, Civilt e imperi del Mediterraneo nellet di Filippo II, Torino, Einaudi, 1977.

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redditivit dellimpresa e supponendo che anche il settore dellindustria corallifera non fosse estraneo ai momenti di crisi che lesaurimento dei banchi ed una realt politico-diplomatica locale fragile e discontinua talvolta provocavano, tenere conto dellimportanza strategica fondamentale per spiegare lintrico di interessi antagonistici che resero Tabarca un punto di eccezionale importanza nello scacchiere politico e negli interessi di molte potenze mediterranee. Tralasciando le origini della nota concessione in affitto, che si confondono molto spesso con la leggenda di Dragut, di Giannettino Doria e di Carlo V (2), gli aspetti che al riguardo meriterebbero ulteriore sviluppo sono diversi. Innanzitutto lestrema redditivit dellisola che le fonti ufficiali danno associata alla pesca del corallo almeno sino al 1590. Il motivo di natura economica legato alliniziale possibilit di sfruttamento delle pescherie non dovette certo passare inosservato da parte dei Genovesi che considerarono lafflusso del corallo sul mercato della Repubblica, ormai in crisi, utilissimo non solo ad alimentare lemporio cittadino, ma anche a creare una certa stabilit nellesistenza della corporazione dei corallieri(3).
2) Il riscatto di Dragut e linsediamento dei Lomellini a Tabarca, sono in realt, due avvenimenti distinti. La versione di Giacomo Rombi ha infatti poca pertinenza con i fatti realmente accaduti; il documento del Progetto del Sig. Giacomo Rombi di Genova per lacquisto dellisola di Tabarca contenuto in C. SOLE, Due memorie inedite sullinsediamento genovese di Tabarca, in Miscellanea di Storia Ligure, IV, 1966. Risulta per che lisola venne data ai Lomellini patrizi di Genova, fin dal 1535. R. DI TUCCI, Lisola di Tabarca: le vicende e limportanza commerciale e politica in un progetto di cessione al Piemonte (1766), ristampa anastatica, Cagliari, 3 T. In effetti i Lomellini, insieme ai Grimaldi ed agli Spinola, ebbero la concessione di pescare nelle acque di fronte a Marsacares, ma non di avere lisola di Tabarca. Ad ogni modo, la pratica della pesca del corallo non doveva essere sconosciuta ai Lomellini dato che gi nel 1494 troviamo un Nicola Lomellino insieme ad altri genovesi, proprio a Marsacares. Per le vicende riguardanti le pescherie di Marsacares e lattivit svolta dai Lomellini prima della cessione di Tabarca, cfr. E. LUXORO, Tabarca e Tabarchini. Cronaca e storia della colonizzazione di Carloforte, Cagliari, Edizioni Della Torre, 1977, e O. PSTINE, Liguri pescatori di corallo, in Giornale Storico e Letterario della Liguria I, fasc. 3 e 4, 1931. 3) Cfr. O. P STINE, LArte dei corallieri nellordinamento delle corporazioni genovesi (sec. XV-XVII), in Atti della Societ Ligure di Storia Patria, LXI, 1933, pp. 315-318.

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Intervento significativo nelleconomia di Genova dunque e preminenza politica soprattutto in seno allOrdine dei corallieri: questi i vantaggi immediati che probabilmente lintervento di Andrea Doria sollecit presso Francesco Grimaldi e Francesco Lomellini, titolari della prima fase della trattativa dappalto stipulato, stando alle capitolazioni spagnole, gi nel 1544(4). Ma se la questione economica basta da sola a giustificare un interesse individuale o societario perch realizza i presupposti ideali per un intervento diretto, essa rappresenta, allo stesso tempo, il pretesto indispensabile attraverso il quale poter consolidare una preminenza fondamentalmente politica. Non a caso il fatto che Tabarca, grazie alla sua posizione, acquisti una sempre maggiore importanza come punto franco, come canale di comunicazione protetto, come centro di scambio e di osservazione, rientra in quei canoni di strategia politica che n Genova, n la Spagna di Carlo V, protettrice e garante dellindipendenza della Repubblica, avrebbero potuto ignorare(5). La fattoria genovese sullisola tabarchina venne

4) La concessione di Tabarca venne stabilita attraverso le Capitulaciones, ossia convenzioni che fissavano le modalit e le condizioni di affitto della colonia. Queste furono redatte da Gmes Surez de Figueroa (che sottoscrisse anche il loro rinnovo nel 1557) e da don Ferrante Gonzaga, governatore di Milano dal 1546 insieme ad Andrea Doria, uno dei principali sostenitori di Carlo V in Italia. Lisola venne di fatto amministrata da governatori nominati direttamente dai Lomellini (documenti e notizie sui Lomellini, in Archivio di Stato di Genova, Manoscritti, 452; 490496). Il governatore tuttavia, non appartenne quasi mai alla famiglia genovese e questo per dissimulare, nei confronti del Re di Spagna, la realt del possesso dellisola, per dimostrare lealt alla Repubblica e per guadagnare aderenti fra i consorti patrizi. La colonia di Tabarca rest comunque associata al nome dei Lomellini che sullisola trapiantarono corallatori del borgo di Pegli (chiamati, una volta sullisola Tabarchini), dove possedevano diverse propriet e dove era riconosciuto il loro patronato sugli abitanti. TITO B RUNA, I Pegliesi di Tabarca e la Colonia di Carloforte. Appunti Storici, Sestri Ponente, Tip. Commerciale, 1899; G. SALVI, Pegli, II, cap. XI, Ed. Lyons Club Pegli, 1967, p. 127; C. BITOSSI, Il governo dei Magnifici. Patriziato e politica a Genova fra il 500 e il 600, cap.V, Genova, ECIG, 1990, p.173; F. PODEST , LIsola di Tabarca e le pescherie di corallo nel mare circostante, in Atti della Societ Ligure di Storia Patria, XIII, 1885, p. 13. 5) Il valore militare dellisola di Tabarca, specie nei secoli XVI, XVII e XVIII, non

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fondata infatti mentre la Spagna si trovava in lotta con i Turchi insediati sulla costa nordafricana(6). Forse la presa di Tunisi nel 1535 fece s che Carlo V si accorgesse dellimportanza strategica di Tabarca, punto attraverso il quale il controllo di Tunisi ed Algeri (le basi pi importanti del traffico con lAfrica Settentrionale) avrebbe potuto avvenire con pi facilit. Ma se la preoccupazione della Corona spagnola riguardava in primo luogo la conservazione della sua autorit sullisola, anche vero che cedendo la stessa alle consorterie familiari genovesi legate al Doria, la Spagna avrebbe potuto mantenere una sicura avanguardia contro la minaccia turca e francese, senza aggravio di ulteriori spese(7) . In sostanza, la cessione di Tabarca ai Lomellini comportava un netto guadagno non solo dal ricavo della vendita del corallo per la quale i Genovesi si impegnavano a versare un quinto del pescato ma perch in questo modo la Spagna avrebbe risparmiato anche sulle spese di mantenimento della guarnigione nella fortezza. Il rinnovo delle capitolazioni di appalto nel 1557 conteneva al proposito unaffermazione importante: gli Spagnoli convenivano sullopportunit di assicurarsi linsediamento genovese, nonostante la redditivit allora scarsa della pesca, per impedire lintrusione dei Francesi presenti al largo di Bona gi dalla met del Cinquecento(8).

pot passare inosservato. Verso la fine del Cinquecento, Enrico III tent di far occupare lisola per minacciare Filippo II, e dopo la caduta della Goletta (La Galite), gli Spagnoli utilizzarono Tabarca come sede dinformazioni; allo stesso modo, indigeni della Reggenza al loro servizio, sbarcavano nellisola per osservare eventuali movimenti in Tunisia. Anche ai Cavalieri di Malta non sfugg la felice posizione del porto e la sua potenza bellica. A. RIGGIO, Tabarca e il riscatto degli schiavi in Tunisia da Kara-Othman Dey a Kara-Moustafa Dey 1593-1702, in Atti della Societ Ligure di Storia Patria, LXVII, 1938, p. 258, nota 2. 6) Per quanto riguarda la storia mediterranea di quegli anni, si veda F. BRAUDEL, Civilt e imperi del Mediterraneo nellet di Filippo II cit., G. SORGIA, La politica nord-africana di Carlo V, Padova, CEDAM, 1963. 7) Il bastione genovese costruito sulla vetta dellisola di Tabarca dai corallieri su ordine di Andrea Doria, controllava ad ovest Tunisi ed ad occidente Algeri. Edificato nel 1540, testimonierebbe la presenza della Repubblica di Genova sulle coste della Tunisia, ancor prima della cessione di Tabarca ai Lomellini, avvenuta nel 1542. E. LUXORO, Tabarca e Tabarchini, cit., p. 66. 8) C. BITOSSI, Il governo dei Magnifici, cit., p. 175.

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Come dire che gli Spagnoli consideravano Tabarca un investimento strategico e che i Genovesi, quantunque fossero consapevoli delle ovvie difficolt, si guardarono sempre dal rinunciare davvero a Tabarca. Daltra parte, le ricchezze affluite nei forzieri dei Lomellini derivavano, oltre che dalla pesca del corallo che allinizio del 1590 sembra ormai abbandonata dallesercizio di altri traffici, quali ad esempio quelli legati alla produzione di grano, vista limportanza che le esportazioni di cereali avevano per la Tunisia seicentesca(9). A conferma di quanto detto, negli anni 1710-1712, gli introiti contabilizzati riportano che la met circa dei ricavi dellimpresa, provenivano da commerci diversi da quelli effettuati attraverso lesportazione del solo corallo(10). La fattoria non a caso comprendeva tre magazzini per il grano e la lana, due per il cuoio e lolio, altri due per il legname da costruzione e per il corallo; a questi si aggiungevano un cantiere navale, due magazzini per le provviste e due mulini a ruota. Con Tabarca dunque, pi che una fattoria corallifera, i Lomellini avevano acquisito un vero e proprio emporio, nel quale si pu ipotizzare che a monte del commercio lecito, si svolgesse anche unattivit di contrabbando con le reggenze barbaresche e con le trib tunisine della regione, che individuavano nei Genovesi un intermediario commerciale, al tempo stesso n ostile n militarmente troppo forte, al centro della rete di relazioni tra gli insediamenti spagnoli del Mediterraneo occidentale, fatto questo che aiuterebbe a spiegare la lunga tolleranza nei confronti della colonia genovese. Lisola, che era di fatto unappendice esterna e privata del dominio genovese, crocevia di traffici pi o meno legittimi, divenne in sostanza una coerente estensione periferica del rapporto che legava Genova e singolarmente alcune famiglie del patriziato alla Spagna. Gli oligarchi Genovesi svolsero cio un ruolo di supplenza per il re di

9) Notizie di commerci di grano con la Barberia attraverso Tabarca, si attestano gi intorno al 1580. C. BITOSSI , Il governo dei Magnifici, cit., p. 181. 10) I calcoli degli introiti realizzati negli anni 1710-1712, sono riportati in Archivio di Stato di Torino, Sardegna, Materie politiche, categoria VI, fasc. 14, parte I, Progetto del sig. Giacomo Rombi, oggi in C. SOLE, Due memorie inedite sullinsediamento genovese di Tabarca, cit., p. 276.

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Spagna, assicurando una sorta di neutralit ad un centro di scambio strategico come Tabarca e ricavandone, sin dallinizio, il controllo di un ragguardevole commercio, a lato del quale diverse furono le ulteriori occasioni di arricchimento(11). Al proposito, una particolare attenzione rivolta alla gestione del traffico degli schiavi, condotta presumibilmente durante tutto il periodo dellinsediamento ligure nellisola, non mancher di mettere in luce aspetti oltremodo significativi legati al delicato equilibrio economico diplomatico interno alla colonia stessa. Pur non disponendo di molti documenti che associno una partecipazione in prima persona di elementi tabarchini alla gestione di tali interessi, sicuramente attestata limportanza della fattoria genovese come luogo nel quale i contatti per lo scambio di prigionieri cristiani in Tunisi e di schiavi barbareschi in Italia venivano effettuati con il concorso delle locali istituzioni ecclesiastiche. La comunit di Cappuccini insediatasi a Tabarca a partire dal 1597(12) svolse in questo senso un ruolo determinante, finalizzato a conciliare il tradizionale riguardo del clero genovese per le iniziative assistenziali di ampia portata con le esigenze di mantenimento e di rafforzamento dei vincoli commerciali con gli infedeli. Questa attivit si protrasse, addirittura, successivamente al trasferimento dei Tabarchini in Sardegna, quando i Cappuccini, stabilitisi a Tunisi nel 1652, continuarono il loro apostolato anche in assistenza degli schiavi cristiani col presenti.

11) Per le diverse attivit svolte a Tabarca, compresa lorganizzazione interna e la suddivisione dei ruoli tra la popolazione si veda, R. DI TUCCI, LIsola di Tabarca, cit., p. 6 e F. PODEST, Lisola di Tabarca e le pescherie di corallo nel mare circostante, cit., pp. 24-25. 12) Nel 1597 furono inviati a Tabarca, da Papa Gregorio XIII, sia frati Agostiniani che Cappuccini; questi ultimi, che per primi si stabilirono nellisola di Tabarca dalla provincia di Palermo col titolo di Procuratori degli schiavi cristiani, saranno sostituiti nel 1638 da quelli della provincia di Genova col titolo di Prefetti. Nel 1651 subentrarono ai Missionari Genovesi, i preti di Saint-Vincent de Paul che risiedettero a Tabarca sino al 1841, anno in cui cedettero il posto ai Cappuccini di Malta. F. PODEST, LIsola di Tabarca, cit., p, 22; A. RIGGIO, Tabarca e il riscatto degli schiavi in Tunisia, cit., p. 261, note 1 e 4.

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Ma il riscatto degli schiavi doveva essere sicuramente associato a particolari esigenze di movimentazione di denaro che, oltre a favorire diversi altri traffici, metteva a disposizione delle potenze contrapposte le valute necessarie agli investimenti commerciali. Interessanti verifiche al riguardo possono essere compiute attraverso la lettura di una serie di Atti del 1620, provenienti dallArchivio del Consolato di Francia in Tunisi(13) . Tali Atti, nel confermare come Tabarca sia stata il transito indispensabile, se non obbligatorio, degli schiavi cristiani riscattati, non mancano di rilevare come il massimo valore economico dellisola provenisse dai contatti quotidiani fra i Governatori genovesi e i rinnegati dellalta gerarchia musulmana tunisina. Scorrendo gli Atti che non trattano esclusivamente di schiavi, ma anche di altri affari commerciali, emergono, infatti, numerose figure di cristiani convertiti allislamismo in frequente comunanza dinteressi con i Lomellini ed altri Liguri. Di conseguenza non sono rare, da parte di Tabarca, operazioni bancarie e acquisti di carichi navali effettuati con lausilio di agenti e sensali di nazionalit genovese, ebrea, livornese e tunisina che, avendo regolari uffici in Tunisi, spesso esplicavano attivit affaristiche per conto proprio. Dalle pratiche relative al riscatto degli schiavi non chiaro, per, se i Lomellini ritraessero i loro guadagni sotto forma di provvigione od altro. La possibilit di esaminare la corrispondenza intercorsa fra i Tabarchini e i diversi ordini religiosi, potrebbe invece essere utile per fornire dei dati statistici sulla nazionalit degli schiavi che transitavano a Tabarca e forse per aiutare a conoscere il sistema organizzativo dei riscatti(14) che nella seconda met del Seicento, diventer monopolio quasi assoluto degli ebrei di Livorno. Se infatti i Lomellini riescono ancora ad avere nel 1688 una parte considerevole nel giro di tali traffici, il loro ruolo subir inevitabilmente un progressivo ridimensionamento.

13) A. RIGGIO, Genovesi e Tabarchini in Tunisia settecentesca, in Atti della Societ Ligure di Storia Patria, LXXI, 1948, pp. 4-18; Idem, Tabarca e il riscatto degli schiavi in Tunisia, cit., p. 267. 14) Alcune interessanti notizie riguardanti il riscatto degli schiavi ed il ruolo mantenuto da Tabarca e dai Cappuccini in detto traffico sono presenti in A. RIGGIO, Tabarca e il riscatto degli schiavi in Tunisia, cit., pp. 255-346, in part. nota 3 e 6.

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Indizi di una lieve flessione in questo senso si scorgono gi verso gli anni 1644 e 1645; molti dei candidati al riscatto ritirando dai governatori i denari in precedenza versati dimostrano, o scarsa fiducia, o mancanza di liquidi sufficienti per completare, come in passato, le somme necessarie alla liberazione, ed anche nelle contrattazioni commerciali i Lomellini risultano essere spesso morosi. In sostanza, la seconda met del Seicento registra in unattivit cos altamente remunerativa per i Genovesi, quale la redenzione degli schiavi, linserimento di altre forze concorrenti che, speculando apertamente, trasformano loriginaria opera religiosa in unautentica funzione dusura. Anche dalle pratiche connesse al mercato degli schiavi, dunque, il ruolo della fattoria genovese a Tabarca appare ben pi ampio di quanto la storiografia tradizionale abbia potuto indicare. Lesperienza tabarchina infatti, pur rappresentando per molti aspetti un episodio unico nella storia mediterranea, pu essere vista come modello di consimili avvenimenti. Destinato ad avere notevoli conseguenze, sia economiche che politiche, nella storia dei Genovesi in Tunisi, fu ad esempio linsediamento francese del Bastion de France. Fondato intorno alla met del Cinquecento, venne gestito sino allinizio del Seicento dalla compagnia dei fratelli Lenci, corsi naturalizzati francesi. Esso serv a controllare i commerci e le attivit delle forze mediterranee concorrenti lungo le coste del Maghreb, condizionando in questo modo le vicende di Tabarca alle mire espansionistiche francesi in Africa Settentrionale (15). La possibile alternativa francese e lidentificazione dellimpresa di Tabarca con gli interessi di un potente consorzio di nobili unito al re di Spagna fece s che, al momento delle discordie civili del 1575, dagli ambienti pi radicali della nuova nobilt genovese partisse la richiesta ai Francesi di far da intermediari con i Turchi per togliere

15) Attraverso il Bastion de France che sorvegliava sulla costa del Maghreb i commerci e le attivit della Spagna, dellImpero Ottomano e del Regno di Sardegna, la Francia mirava ad affermare il suo predominio su tutta lAfrica Settentrionale. E. L UXORO, Tabarca e Tabarchini, cit., p. 69; O. PSTINE, Liguri pescatori di corallo, cit., p. 174.

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Tabarca ai Lomellini. Ed effettivamente i tentativi da parte dei Francesi per impadronirsi di Tabarca furono diversi(16). Nel 1633 anche Sanson Napollon che ricostru il Bastion nel 1628, dopo che esso venne distrutto una prima volta nel 1604 dai Turchi di Bona tent senza esito un colpo di mano sullisola(17); ma allennesima manovra mancata su Tabarca, fece solo seguito una nuova distruzione del Bastion ad opera degli Algerini. La concessione francese conobbe una lenta ripresa solo a partire dagli anni sessanta del secolo per iniziativa del duca di Guisa, il quale propose, peraltro senza successo, laffidamento della sua gestione proprio ai Genovesi di Tabarca. La precariet delle sorti del Bastion de France fu in larga misura determinata dalla rivalit tra le compagnie del Bastion stesso e quella concorrente dei Marsigliesi che, attivi per proprio conto sulle coste nordafricane, miravano a stabilire incrociando analoghe iniziative da parte genovese, un loro emporio nellimportante scalo di Capo Negro. 1.2 Lesperienza tabarchina in Sardegna La presenza francese in Tunisia fu probabilmente tra gli elementi che nel contesto dellinsediamento politico della Repubblica e della Spagna, unitamente al decremento del peso economico della colonia, provocarono lesaurimento dellesperienza tabarchina. Non un caso, infatti, che con il progressivo accrescersi degli interessi francesi nellarea, si verificassero sempre pi numerosi i

16) Al 1584 e al 1585 risalgono le due cospirazioni (peraltro represse dal governatore Carlo Spinola) messe in atto per impadronirsi di Tabarca. 17) Il tentativo di Sanson Napollon di conquistare Tabarca (11 maggio 1633), ebbe senza dubbio una valenza politica. Come sostenitore della monarchia francese e collaboratore di Richelieu, Napollon si dimostr sempre in aperto contrasto con la borghesia di Marsiglia. Questa, daltra parte, da oltre un secolo manteneva rapporti commerciali con le popolazioni algerine, comperando cereali, cera e pollami, in cambio della possibilit di esportare polvere ed armi da guerra nonostante tale traffico fosse stato proibito dalle autorit musulmane. Di conseguenza, per non cedere il monopolio del commercio in Barbaria ad una compagnia controllata dal Duca di Guisa si prefer stroncare lopera di Napollon. A. RIGGIO, Tabarca e il riscatto degli schiavi in Tunisia, cit., p. 260, nota 1.

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tentativi di acquisto della colonia di Tabarca da parte della francese Compagnie dAfrique(18), una struttura maggiormente organizzata ed espressione dellascesa economico-politica francese nella zona. Sar comunque in seguito al rovesciamento della situazione politica interna al beylicato del 1735(19) e al mutare dellatteggiamento, fino ad allora benevolo del bey di Tunisi nei confronti di Tabarca, che si potr riconoscere la pressione della nuova potenza egemone francese, con la quale la Tunisia aveva pi di un motivo dinteresse a trattare(20). In sostanza, nellequilibrio di tutte quelle componenti che un tempo avevano rappresentato gli elementi di coesione necessari al consolidamento della colonia genovese che si viene a creare un graduale, ma significativo, ridimensionamento. Tuttavia, nel quadro di un rinnovato assetto politico che attesta lormai esplicita posizione di ingerenza assunta dalla Francia in ambito mediterraneo, non pu passare inosservato il ruolo che, quasi contemporaneamente al declino di Tabarca, venne svolto dallo Stato Sabaudo nei confronti della popolazione presente nella colonia genovese.
18) Per quanto riguarda la Compagnia dAfrica in Francia, cfr. G. MONDAINI, Storia coloniale dellepoca contemporanea. II. Le colonizzazioni minori, Firenze, 1926. La Compagnie dAfrique, possedeva due scali importanti sulla costa barbaresca, il primo in territorio dAlgeri chiamato La Cala, laltro in quello di Tunisi, chiamato Caponegro. Sulla storia di Caponegro sappiamo che dal 1630 al 1650 venne tenuto dai francesi, mentre dal 1651-52 sino alla fine degli anni Settanta, lo scalo fu controllato da una compagnia genovese che nel 1672 vide associati Giorgio, Vincenzo, Francesco Spinola e Pietro Gentile. Solo dopo il 1685 e sino al 1741, Caponegro torn ad essere un emporio nuovamente gestito dai francesi che venne per saccheggiato e distrutto dopo la presa di Tabarca. R. DI TUCCI, LIsola di Tabarca, cit. p. 4; C. BITOSSI, Il governo dei Magnifici, cit., p. 179. 19) Dopo che la reggenza di Tunisi venne assunta con un colpo di stato da Al bey, i rapporti con Tabarca peggiorarono. Fu lo stesso Al bey che nel 1741 ordin al figlio Youns la presa di Tabarca. Su queste vicende si vedano O. PSTINE, Genova e le Reggenze di Barberia nella prima met del settecento, in Bollettino Liguistico, XI, 1959; A. RIGGIO, Cronaca tabarchina, cit., p. 14; C. BITOSSI, Il governo dei Magnifici, cit., p. 188, ; G. SALVI , Tabarca e Carloforte, cit., p.132. 20) Tabarca apparteneva ai genovesi, ma gi dal 1604 era stata concessa alla Francia la libert di pesca entro la giurisdizione dei regni di Algeri e di Tunisi. Era pertanto facile azzardare diritti sulla fattoria in quanto il confine algerino-tunisino non era mai stato ben definito ed i Lomellini pagavano un tributo ad entrambe le reggenze. A. RIGGIO, Tabarca e il riscatto degli schiavi, cit., p. 260, nota 1.

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Il programma dintervento attuato a favore dei Tabarchini dai Savoia si inseriva, in realt, in un pi vasto disegno di ripopolamento e di colonizzazione che lo stesso intendeva applicare in alcune zone disabitate della Sardegna, passata nel 1720 alla corona piemontese(21). La corrispondenza ufficiale intercorsa sullargomento tra il governo viceregio di Cagliari e quello di Torino ricchissima e significativa, come pure ricca la documentazione darchivio riguardante la possibilit di infeudare territori spopolati, ma suscettibili di sfruttamento nelle loro risorse potenziali(22). Anche se, nella maggior parte dei casi, gli interventi riformatori introdotti nel tessuto isolano furono destinati ad un rapido fallimento(23), non cos pu dirsi per quanto concerne lesperienza tabarchina in terra sarda. Nel proporre agli abitanti di Tabarca lisola di S. Pietro, il Governo Sabaudo non manc di sottolineare che le buone possibilit di riuscita di un intervento di colonizzazione in questa zona avrebbero potuto favorire anche una popolazione le cui condizioni di sopravvivenza si presentavano allora assai problematiche(24).
21) M. ZACCAGNINI, LIsola di SantAntioco. Ricerche di geografia umana, Cagliari, Fossataro, 1972, pag. 59. 22) Laumento della popolazione era considerato dalla cultura politica del tempo una necessit tanto pi rilevante per una regione pressoch spopolata. La mancanza di uomini da impiegare nellagricoltura era fortemente avvertita e le proposte che vennero fatte per superare questa situazione, furono numerose: dalla concessione, a titolo onorifico di terre spopolate, alla concessione di sovvenzioni ed esenzioni da tributi agli stranieri che avessero accettato di stabilirsi nellisola. G. SOTGIU, Alle origini della questione sarda. Note di storia sarda del Risorgimento, Cagliari, Fossataro, 1967, p. 97. 23) La politica piemontese ebbe il torto di non considerare le effettive possibilit di riuscita alla luce delle reali condizioni che lambiente naturale presentava per i nuovi coloni e dunque, non super gli obiettivi di un riformismo superficiale e conservatore. M. ZACCAGNINI, LIsola di SantAntioco, cit., pp. 59-64; L. BULFERETTI, Il riformismo settecentesco in Sardegna, Cagliari, Fossataro, 1967; G. SOTGIU, Alle origini della questione sarda, cit., p. 96; C. SOLE, La Sardegna di Carlo Felice e il problema della terra, III della coll. Testi e documenti per la storia della questione sarda, Cagliari, Fossataro, 1967, pp.79-84. 24) Quantunque venisse regolarmente pagato un tributo al Bey di Tunisi e al Bey di Algeri, lisola divenne oggetto di sempre pi frequenti incursioni da parte dei pirati barbareschi e del resto, anche lestensione territoriale diventata troppo esigua

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Ad occuparsi concretamente del progetto(25) fu il marchese di Rivarolo, governatore della Sardegna, il quale, in ottemperanza alle disposizioni di Carlo Emanuele III, avvi nel 1736-37, le prime trattative di trasferimento di una parte della popolazione tabarchina in Sardegna, con lausilio di due rappresentanti di Tabarca, Giacomo Rombi ed il padre missionario Domenico Giovannini. A seguito dei due, Agostino Tagliafico, maggiorente di Tabarca, defin con lo stesso governatore gli accordi successivi per la concessione dellisola che, tuttavia, subirono una battuta darresto date le eccessive difficolt che il Governo sardo incontr nel sostenere il carico finanziario della nuova colonia. Provvide allora a tale onere un feudatario della regione sulcitana, don Bernardino Genovs, marchese della Guardia(26). A conclusione delle trattative, il 17 ottobre del 1737, venne stipulato il contratto definitivo tra lo stesso marchese della Guardia cui venne conferito il titolo di duca di S. Pietro e Carloforte con i connessi diritti baronali sui nuovi vassalli, lintendente generale del re, conte di Castellamonte ed Agostino Tagliafico; in esso si stabilisce inoltre, che in onore al re Carlo Emanuele III, il nuovo abitato prenda il nome di Carloforte.
in rapporto al numero di abitanti (nel 1737 raggiunsero le 2.000 unit), contribu a rendere difficili le condizioni di sopravvivenza. Inoltre, in merito ad ulteriori restrizioni, c da ricordare il provvedimento di Giacomo Lomellini che imponeva a tutti coloro in procinto di sposarsi lallontanamento dallisola di Tabarca, ma che non prevedeva un loro possibile rientro a Genova (salvo casi sporadici). Daltra parte, laccusa contro il governo sardo che impediva il ritorno dei Tabarchini a Genova, rimane apparentemente inspiegabile. A. RIGGIO, Cronaca tabarchina dal 1756 ai primordi dellOttocento, in Revue Tunisienne, n. 31-32;1937, cfr. inoltre Colonia dei Tabarchini nellisola di S. Pietro dal 1737 al 1757 , in Archivio di Stato di Cagliari, vol. 1287, riportato in M. VINELLI, Un episodio della colonizzazione in Sardegna. Studio storico (con documenti), Cagliari, Dess, 1896, pp. 1-69. 25) Per quanto riguarda il progetto di colonizzazione dellisola di S. Pietro si veda M. VINELLI, Un episodio della colonizzazione, cit., p. 17; G. VALLEBONA, Carloforte: storia di una colonizzazione (1738-1816), Genova, Bicidi, 1974; G. SALVI , Pegli, cit., p. 129; M. ZACCAGNINI, LIsola di SantAntioco, cit., p. 64. 26) Il nuovo signore tratt con Agostino Tagliafico le disposizioni per larrivo dei Tabarchini nellisola. I patti convenuti furono approvati a Genova dalla famiglia Lomellini per intervento di Giacomo Rombi. G. MANNO, Storia moderna della Sardegna dal 1773 al 1799, Torino, Tip. Favale 1842, p. 417.

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Alliniziale nucleo di ottantasei persone sbarcato a S. Pietro nel gennaio del 1738 far seguito il primo grosso contingente di Tabarchini, trecentodue persone, che si stabilir sullisola nellaprile dello stesso anno. Quasi contemporaneamente altri gruppi, questa volta provenienti dalla Liguria, contribuirono ad aumentare la popolazione appena insediata(27), che raggiunse nel 1741 i cinquecentosettantuno abitanti, per poi salire nel 1756 a novecentodiciannove unit. Nel frattempo i Lomellini rimasti a Tabarca con una colonia ormai dimezzata, tentarono di disfarsi dellisola offrendone prima la retrocessione al re di Spagna e poi, nel 1738, la cessione al re di Francia, che in quegli anni stava gi sostenendo la Repubblica nella repressione della rivolta corsa. Ma fu il 1741 a segnare una svolta cruciale nelle sorti della colonia genovese a Tabarca(28), svincolando per sempre i Lomellini dallisola contestata(29). Il Bey di Tunisi, certo che la Francia stesse per concludere con Giacomo Lomellini un accordo per la cessione dellisola alla Compagnie dAfrique, volle prevenire la mossa francese con un atto di

27) Dal primo censimento risultarono presenti nellisola di S. Pietro: 100 famiglie e 388 persone provenienti da Tabarca; 26 famiglie e 79 persone provenienti dalla Liguria; 2 curati in grado di comprendere il linguaggio locale. G. F ERRARO, Da Tabarka a S. Pietro. Nascita di Carloforte, Cagliari, Tip. Artigiana Musanti, 1989, p. 17; V. ANGIUS, in G. CASALIS, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli stati sardi, di S. M. il Re di Sardegna, XVIII, Torino, Maspero, 1859, pp. 305-307. 28) Nel periodo che va dal 1708 al 1741, i Tabarchini sono consapevoli della prossima fine del dominio Genovese: la presa di Tabarca nel 1741 venne, infatti, preceduta da una prima emigrazione verso le coste africane e verso la patria di origine che, tra il 1729 e il 1740, porta al rientro a Genova di altre 150 persone. C. BITOSSI, Il ruolo dei Magnifici, cit., pag. 187. 29) In effetti, i tentativi dei Lomellini per liberarsi dellisola risalivano gi al 1715 anno in cui, gli stessi, si dimostrarono pronti a cederla anche ai Francesi. Dieci anni dopo, nel 1725, la continua insistenza a vendere lisola non sembra giustificata dalla situazione interna alla fattoria che conta ancora 100 soldati a guardia del forte, 350 pescatori, 50 portatori, per un totale di circa duemila abitanti comprese le famiglie. Dunque, si pu supporre che, esclusi i gravami fiscali nei confronti dei barbareschi, furono probabilmente contrasti di vita pubblica e privata ad obbligare la famiglia

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forza(30) : Tabarca venne occupata e i Tabarchini condotti schiavi a Tunisi e destinati a rimanervi per quindici anni furono circa novecento(31). Le pratiche per il loro riscatto vennero affidate, nove anni dopo, da Carlo Emanuele III (che ancora una volta si interess alla questione tabarchina) al tabarchino Giovanni Porcile, capitano della regia marina sarda, che tratt tra il 1750 e il 1755, la liberazione ed il trasferimento da Tunisi a Carloforte di un considerevole numero di persone(32) . Il resto della popolazione ancora prigioniera dovette invece attendere ventisette anni prima di ottenere la libert, passando nel 1756 dalla moderata schiavit di Tunisi a quella assai pi dura di Algeri.

genovese allabbandono di Tabarca che affid la sovranit ultima dellisola a Giacomo Lomellini (dal 1729 per otto anni). Sulle vicende intercorse dal 1719 nella colonia di Tabarca, si veda C. BITOSSI, Il governo dei Magnifici, cit., pp. 185-187; A. RIGGIO, Tabarca e il riscatto degli schiavi, cit., p. 265, nota 1. 30) Il colpo di mano dei Tunisini ad opera di Youns, figlio di Al Bey, pu essere visto da un lato come unanticipazione della mossa francese, dallaltro come la conclusione dei conflitti interni al beylicato. Ad ogni modo, capovoltasi la situazione a Tunisi e ristabilite le buone relazioni con Genova, il declino dellofferta da parte dei Lomellini ai quali venne proposta la restituzione di Tabarca, rappresent il segnale del mutamento intervenuto nei rapporti di forza sia tra le potenze mediterranee, sia negli interessi degli oligarchi della Repubblica. C. B ITOSSI, Il governo dei Magnifici cit., p. 188. 31) Ritroviamo la descrizione di questo episodio nelle Memorie dellisola di Tabarca raccolte e scritte da Stefano Vallacca, nativo di dettisola e da lui umiliata allIll.mo. e R.mo Sig. Monsignore Ciriaco Vecchioni Vescovo di Recanati e Loreto, in Manoscritti di Storia Patria, vol. 900, Biblioteca Reale, Torino. 32) Per ottenere la liberazione di tutti i Tabarchini ridotti schiavi da Youns, il Porcile raggiunse Tunisi nel 1750, e si impegn, in cambio di restituire 1300 Turchi. Il Porcile inizialmente, trov il Bey poco propenso alla restituzione dei prigionieri, ma pi tardi, informato della piet di Carlo Emanuele III, acconsent anche al riscatto di schiavi appartenenti ad altre province dItalia. Contro i 190 musulmani liberati dal il Re di Sardegna, nel maggio del 1751 furono rilasciati 96 Tabarchini; ne restavano da liberare altri 636 col concorso finanziario del Papa, ma siccome i Tabarchini fatti prigionieri ammontavano a circa 900, si pu ritenere che la differenza, dal 1741 al 1751, si sia islamizzata o stabilita nei paesi della Reggenza. G. M ANNO, Storia moderna della Sardegna, cit., p. 435. Daltra parte quello di Carlo Emanuele III fu un atto non solo umanitario, ma anche molto utile per aver

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Finalmente, nel 1768, lintervento del re di Spagna Carlo III, spinto dalla necessit di fortificare e ripopolare con nuovi coloni alcune zone costiere della Spagna, fu determinante per il buon esito della loro tormentata vicenda. Nel marzo del 1769, al termine delle procedure di riscatto, mentre molti Tabarchini rilasciati scelsero di raggiungere Carloforte, ad una parte di essi (trecentonovantaquattro persone) venne assegnata come residenza lisola Plana (S. Pablo), situata davanti al capo di S. Pablo, che venne ribattezzata Nueva Tabarca. I pochi altri che per motivi numerici non rientrarono in tale progetto vennero trasferiti nei pressi di Torre Vieja, in vicinanza delle omonime saline. Nonostante le due colonie di Carloforte e di Nueva Tabarca sembrino avere diversi punti in comune (la nascita voluta dai rispettivi sovrani come fortezze militari e la pesca come prima fonte di ricchezza), nel caso della comunit tabarchina presente lungo la costa iberica la diretta influenza spagnola e la graduale cessazione dei contatti con la madre patria ne determinarono la rapida ispanizzazione. Se per i Tabarchini di S.Pietro, il rapporto mai interrotto con la Liguria ha significato il mantenimento, dopo oltre duecentocinquantanni di usi, abitudini e idioma, per quelli di Nueva Tabarca si registrato non solo labbandono dellantico dialetto ma, gi a partire dal secolo scorso, una totale integrazione con larea di accoglienza. Soltanto gli elenchi di onomastica tabarchina testimoniano al proposito la sopravvivenza di alcuni cognomi originali, peraltro trascritti in forma diversa da quelli conosciuti per la Sardegna(33). Nel 1769, intanto, lisola di S. Antioco situata proprio di fronte a quella di S. Pietro e distante da questa circa tre miglia, veniva interessata da una nuova richiesta di popolamento(34). A presentarla

contribuito ad accelerare il progressivo aumento della popolazione carolina. M. VINELLI, Un episodio della colonizzazione in Sardegna, cit., p. 46. 33) ALEJARDO RAMOS FOLQUES, La isla de Tabarca; JL. GONZALES ARPIDE, Los Tabarquinos. Estudios etnolgico de una comunidad en va de desaparicin, Alicante, 1981. 34) A questo riguardo, e per tutte le notizie relative allimpianto della nuova colonia, si veda R. CIASCA, Momenti della colonizzazione in Sardegna nel sec. XVII, in Annali della Facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit di Cagliari, I, 1928,

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furono alcune famiglie tabarchine ancora residenti a Tabarca ed un altro gruppo di schiavi tabarchini riscattati provenienti da Tunisi. Il Governo sabaudo accolse la richiesta ed incaric della colonizzazione la Sacra Religione dei Santi Lazzaro e Maurizio. Tra lordine, che dal 1758 aveva ottenuto come feudo lisola di S. Antioco con il compito di ripopolarla, ed i Tabarchini rappresentati dal capitano guardacoste Giovanni Porcile (gi portavoce della popolazione carlofortina nei rapporti con il duca ed il vicer), si iniziarono a formulare i capitoli di convenzione che vennero definiti nel settembre del 1770. LOrdine si impegnava a trasportare gratuitamente in Sardegna, da Tabarca e da Tunisi, le trentotto famiglie che ne avevano fatto richiesta ed alloggiarle provvisoriamente a Carloforte, mentre anticipando le spese, avrebbe provveduto alla costruzione delle prime abitazioni nel nuovo centro ad essi destinato che prese il nome di Calasetta(35) . Una volta avviati i progetti di organizzazione del tessuto urbano(36) e di incentivazione del lavoro agricolo mediante la concessione di terreni coltivabili(37), a questo originario nucleo di Tabarchini, si aggiunse tre anni dopo il loro arrivo a Calasetta, un discreto numero di famiglie piemontesi provenienti da diverse localit del Cuneese e dalla provin-

pp. 133-155, 170-172; Idem, Domanda della nazione Tabarchina per abitare lisola di S. Antioco in Sardegna del 25 gennaio 1769, in Archivio di Stato di Cagliari vol. 1291. 35) I futuri abitanti di Calasetta, si stabilirono nella parte nord-occidentale dellisola di S. Antioco, detta Porto Major. M. ZACCAGNINI, LIsola di SantAntioco, cit., p. 65. 36) Il progetto del luogotenente dartiglieria Belly, prevedeva che labitato si sviluppasse secondo il tracciato a reticolo, che ancora lo caratterizza, dalla base della torre e lungo la strada che conduceva a SantAntioco. Al centro della piazza era previsto un cisternone per lapprovvigionamento idrico, mentre un magazzino per i mulini o per la raccolta del grano, sarebbe stato costruito di fronte al porto. Registro di Corte-Affari diversi, 7/9/1770, Rappresentanza del Patrimoniale della Religione dei SS. Maurizio e Lazzaro, 12/10/1770; Pianta della nuova popolazione da erigersi nellIsola di S. Antioco in vicinanza della Torre di Cala di seta e R. G. 14/9/1770, in Archivio di Stato di Cagliari, Segreteria di Stato II, vol. 1291, riportati in M. CABRAS - P. RIVANO POMA, Calasetta, Storia e tradizione orale di Liguri e Piemontesi in Sardegna, Cagliari, Litotipografia TEA, 1992, p. 22. 37) M. CABRAS - P. RIVANO POMA, Calasetta, cit., p. 17.

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cia di Torino(38). In seguito alla loro richiesta di stabilirsi nellisola di S. Antioco, la giunta degli affari della Sardegna mostr lopportunit per le famiglie piemontesi di
essere insieme a quelle di Calasetta, non solo per la facilit di intendersi vicendevolmente, parlando i Tabarchini una specie di italiano, ma anche perch la maggior perizia e laboriosit dei coloni Piemontesi sarebbero stati di stimolo finanche ai Tabarchini.(39)

La comunit piemontese, che al momento del suo insediamento a Calasetta, nellagosto del 1773, contava gi un numero di cinquanta famiglie (destinate ad aumentare nel corso del 1774), si rivel, in realt, particolarmente insofferente al clima e alle dure condizioni di vita e meno arrendevole alle disposizioni dellOrdine, tanto che, nonostante fosse stata forte lillusione di far subito fortuna nella giovane colonia, la loro permanenza fu caratterizzata da una continua e sempre pi crescente instabilit(40). Un giudizio decisamente positivo invece quello che lOrdine manifest per loperato dei Tabarchini, se nellInformativa, che a distanza di un decennio riassunse le fasi iniziali della colonizzazione, si legge che essi:
dimostravano tutta la propensione al travaglio delle terre, erano industriosi ed adatti alle arti meccaniche ed al mercimonio, insomma vi era tutta la buona apparenza che fosse per prosperare tale introdotta popolazione. Difatti ben pochi furono i disturbi che da tale tempo in poi abbiansi avuti da tali popolatori..., cos per non avvenne rispetto alla popolazione ivi trasferitasi nellanno 1773.(41)

38) Alle iniziali 50 famiglie (260 persone) se ne aggiunsero in seguito delle altre, sicch il numero dei Piemontesi sbarcati a SantAntioco, sal nel complesso a 302 unit, provenienti per lo pi da Sangrano, Bruino, Trarc ed Orbassano. 39) R. CIASCA, Momenti della colonizzazione in Sardegna, cit., p. 136. 40) A parte le prime 13 famiglie rimpatriate per loro richiesta nel giugno del 1774, gli esodi pi massicci dei Piemontesi si ebbero nel 1777 e nel 1778; un altro esodo notevole si ebbe nel 1789 e continu costante per tutto il primo quarto dellOttocento. M. CABRAS - P. RIVANO POMA, Calasetta, cit., p. 46. 41) R. CIASCA, Informativa per quanto s operato per parte della Sacra Religione dei SS. Maurizio e Lazzaro per lintroduzione e il mantenimento della popolazione

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Ma alle difficolt incontrate durante le prime fasi dellinsediamento, non ultimi i difficili rapporti con le vicine popolazioni sulcitane, si aggiunsero ben presto altre contingenze sfavorevoli. Linvasione francese del gennaio del 1793 e lincursione barbaresca avvenuta nellisola di Carloforte nel settembre 1798, si possono ritenere tra gli avvenimenti pi significativi che concorsero ad indebolire il fragile equilibrio interno alle due colonie appena consolidate. Nel primo caso, sia che la Francia ambisse al possesso della Sardegna per la sua posizione strategica nel Mediterraneo, sia che si volesse operare una manovra diversiva, loccupazione ebbe una durata relativamente breve: nel maggio dello stesso anno, le isole di S. Pietro e di S. Antioco, in seguito allintervento spagnolo, tornarono alla Casa Savoia. Al riguardo interessante notare come, quantunque non ci siano notizie precise sul comportamento dei Tabarchini in quelloccasione, abbastanza improbabile che essi pensassero realmente di rischiare la vita per difendere una terra della quale erano recenti abitatori e che intendessero combattere contro un popolo a loro non pi estraneo degli stessi Sardi e non direttamente ostile. Anzi, stando ad alcuni documenti di natura economica, si pu addirittura sostenere che i rapporti fra i Tabarchini ed i Francesi nel corso di tale vicenda, furono contraddistinti dallinstaurarsi di una convivenza pacifica e da una serie di relazioni decisamente amichevoli(42) . Risolto il problema delloccupazione francese, non venne per meno la preoccupazione del Governo sabaudo circa le simpatie politiche degli abitanti di Calasetta: fino a che punto i Tabarchini si sentivano Genovesi ed erano disponibili ad imitare i loro conterranei

tabarchina e piemontese nellIsola di SantAntioco, 1781, in Archivio Storico di Cagliari, Materie Feudali, vol. 61, riportata in M. CABRAS - P. RIVANO POMA, Calasetta, cit., nota 15. 42) DallArchivio Comunale di Calasetta risulta che la popolazione calasettana, nellambito dei rapporti instaurati con i Francesi, pot avvantaggiarsi di numerosi approvvigionamenti di grano. Di questa pacifica convivenza si trova traccia anche nei registri battesimali della parrocchia, dai quali risulta amministratore di alcuni battesimi il cappellano francese Orsini, cos come francesi furono, nei mesi delloccupazione, alcuni padrini. M. CABRAS - P. RIVANO P OMA, Calasetta, cit., p. 42.

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dorigine dopo la proclamazione, nel 1797, della Repubblica ligure filofrancese?


Li Tabarchini che nel 1770 vennero a popolare in dettisola, non son Genovesi, bens abitanti di Tunis... anzi non aver alcun genere di commercio con quelli, perch nelle occasioni che domandarono permesso di imbarcarsi fu sempre per Tunis. Oltre che di dover convivere con i Piemontesi, che sono in maggior numero, alcuni capi di famiglia attendono al commercio in Tunis, ed altri in vari tempi restano fuori della popolazione impiegati nel traffico marittimo e nelle tonnare.(43)

Tuttaltro esito ebbe invece lepisodio legato allassalto dei Barbareschi, che la storiografia tradizionale descrive come particolarmente violento ai danni di Carloforte e causa di rinnovata promiscuit con gli ultimi Tabarchini rimasti a Tunisi liberi o schiavi. In quelloccasione furono ottocentotrenta i Carlofortini fatti schiavi e deportati a Tunisi, destinati probabilmente a confondersi con i discendenti di Tabarca genovese(44). Le transazioni per il loro riscatto vennero seguite ancora una volta dalla Casa Savoia (sempre attraverso il conte Giovanni Porcile), dal Papa Pio VII, dai frati della Mercede e da don Alberto Genovs, duca di S. Pietro. Ma le eccessive richieste da parte del Bey di Tunisi ed il forte dissesto finanziario dello Stato sabaudo che rischiarono di rallentare le gi difficili trattative, non impedirono a Napoleone Bonaparte di intervenire nella delicata vicenda. Egli, nonostante la Francia fosse in stato di belligeranza con il regno sabaudo, tramite il console francese a Tunisi chiese la consegna di tutti gli schiavi, circa un centinaio, che a Carloforte erano stati catturati nella sede del Consolato francese. Fece poi aderire il Bey alla proposta di scambio di alcuni prigionieri tunisini in Sardegna con un egual numero di schiavi carlofortini, stabilendo una ricompensa in danaro per il rilascio dei restanti uomini ancora prigionieri.
43) M. PUGIONI, Memorie storiche della spedizione della flotta francese contro lisola di Sardegna, Bologna, 1793; Registro di Corte, Segreteria di Stato I, Memoria sulla sicurezza che i popolatori di Calasetta non possono per sospettarsi di sollevazione, s.d., in Segreteria di Stato II, vol.1289, riportate in, M. C ABRAS - P. RIVANO POMA, Calasetta, cit., pp. 176 e segg. 44) A. RIGGIO, Cronaca Tabarchina, cit., p. 11; sul numero dei carolini fatti schiavi, cfr. G. MANNO, Storia moderna della Sardegna, cit., pp. 176 e segg.

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Grazie a questa iniziativa che rese le condizioni del riscatto molto pi sopportabili, trascorsi cinque anni, nel luglio del 1803 gli schiavi liberati rientrarono tutti in patria, fatta eccezione per Francesca Rosso, divenuta legittima consorte del Bey. Intanto il quadro politico internazionale era cambiato e la convenzione di Tunisi stipulata con le tre reggenze africane (Tunisi, Algeri e Tripoli) nel 1816, poneva finalmente termine alle operazioni di pirateria condotte ai danni delle popolazioni rivierasche e di quelle stanziate lungo le coste sarde. Superata dunque una fase particolarmente critica della storia mediterranea, con il decreto emanato da Vittorio Emanuele II nel 1867, la cinta muraria, le porte e le fortificazioni erette a Carloforte tra il 1806 ed il 1810 a difesa dellabitato, perdendo loriginaria funzione per la quale erano state edificate furono, dopo un periodo di abbandono, poste in vendita ed in parte acquistate dal Comune o da privati cittadini. Allo stesso tempo il consolidamento di una politica di pacificazione, capace di assicurare agli abitanti adeguate misure di sicurezza, si rivel determinante per garantire al paese una nuova dimensione di crescita sulla basa di una pi tranquilla ricerca di alternative dal punto di vista economico, produttivo e commerciale. Ma piuttosto che uninversione di tendenza rispetto a quelle che erano le reali potenzialit del paese, il XIX secolo sembr testimoniare per Carloforte un momento in cui il prevalente interesse mercantile, accompagnato da uno sfruttamento pi razionale delle risorse e da un graduale miglioramento degli spazi urbani, fu in grado di produrre sostanziali modifiche sia nellassetto economico sia, di conseguenza, nellassetto sociale. Segnali importanti di questo fenomeno si avvertono comunque gi sul finire del XVIII secolo, quando la nascita dei primi cantieri per barche e navigli di piccolo cabotaggio (1770) contribu ad accelerare unintensa rete di navigazione. Intorno al 1820 le imbarcazioni tabarchine che solo pochi decenni prima assicuravano esclusivamente il collegamento fra lisola di S. Pietro, la terraferma ed occasionali contatti commerciali con la costa africana, cominciarono ad attraversare il Mediterraneo, toccando inizialmente i porti italiani e successivamente, verso la met del secolo,

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gli scali pi lontani. Nel 1834 furono censiti a Carloforte cinquecentonove marinai, nove padroni marittimi e centodue mozzi, senza contare tutti coloro i quali, prima di quellanno, disponevano di trenta barche da pesca con tre marinai per ciascuna. Considerando che la popolazione maschile impiegata nellambito dellattivit mercantile ammontava a millequattrocentosei unit per un totale di duemilanovecentotrentacinque abitanti, si pu dedurre che fosse proprio il settore portuale a registrare il maggior accentramento della forza lavoro carlofortina. indubbio per che se il porto di Carloforte riusc ad assolvere un ruolo centrale nella vita economica della cittadina, questo fu in gran parte dovuto alla crescente necessit di materie prime. Sar infatti in seguito allo sviluppo delle industrie estrattive del Sulcis-Iglesiente che le societ minerarie straniere(45) , appaltatrici delle miniere lungo la costa occidentale sarda, scegliendo di utilizzare il porto di Carloforte per la raccolta e limbarco dei minerali, ne sottolinearono il reale ed effettivo rilancio. Lintervento comport allo stesso tempo la possibilit di edificare ampi magazzini per il deposito dei minerali (in attesa del loro trasferimento sui piroscafi per le destinazioni nazionali ed estere) e lassunzione di personale specializzato addetto alle operazioni interne di imballaggio, stivaggio e reimbarco dei carichi. Tra la fine del XIX secolo e la prima met del XX laumento delle richieste di approvvigionamenti ed il potenziamento delle strutture portuali (completate nel 1929), determinarono un periodo di forte incremento produttivo: la quantit di minerale trasportato dalla costa occidentale a Carloforte pass dagli iniziali 1.100 quintali del 1851, agli 851.490 quintali registrati nel 1869, per continuare ad un ritmo pressoch identico fino alla vigilia della seconda guerra mondiale. Anche i dati forniti dalla Statistica Industriale del 1887(46), che ponevano Carloforte subito dopo Cagliari nel movimento della

45) Malfidano (Francese), Vieille Montagne (Belga), Pertusola (Inglese). 46) Ministero Agricoltura Industria e Commercio, Direzione Generale della Statistica, Statistica Industriale. Notizie sulle condizioni dellisola di Sardegna, Roma, Eredi Botta, 1887, p. 12.

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navigazione per operazioni di commercio, confermano la crescita della componente mercantile per il 1886: in quellanno i bastimenti internazionali giunti a Carloforte furono 117 per un totale di 10.680 tonnellate di merce sbarcata, mentre furono 108 le imbarcazioni che partirono dal medesimo porto con carichi complessivi di 30.677 tonnellate. A questo movimento eccezionale si abbinava poi quello di piccolo cabotaggio: su 3.165 navi arrivate in Sardegna, 539 avevano toccato il porto di Carloforte, su 3.107 navi destinate ai mercati del Mediterraneo, 508 erano salpate dai moli carlofortini. Quasi contemporaneamente, nellambito del traffico interno, un ulteriore slancio allesercizio delle attivit portuali venne offerto dalla gestione delle locali saline che proprio negli anni 1882-1890 vide salire la produzione del sale a quantit mai raggiunte prima (103.410 quintali di sale prodotto per il 1882). Tuttaltro che marginale lattivit legata allo sfruttamento degli stagni saliferi rappresent sin dalle prime fasi dellinsediamento, un motivo di sicura incidenza economica per la vita del paese che, daltra parte, non manc di esercitare continue pressioni sul Governo sabaudo affinch la produzione di sale a Carloforte venisse salvaguardata. A partire dal 1774, anno in cui i Carlofortini riuscirono ad ottenere un controllo diretto sui sistemi di lavorazione e di manutenzione del prodotto estratto, la crescita del livello produttivo registrato nel settore consent agli stessi di poter disporre di un elevato numero di carichi da inviare alla volta di Genova, Nizza e Savona. Dal 1834 il Regno sabaudo cominci il riscatto delle saline appartenenti a privati cittadini e nel 1840, quando tutti gli stagni saliferi passarono di pertinenza dello stato, in Sardegna si coltivarono solo le saline di Cagliari e di Carloforte, ritenendo le altre troppo piccole e periferiche. Nonostante questi interventi abbiano avuto un peso rilevante nellincentivazione della produzione interna annua, solo con il ripristino degli appalti privati nel 1852 e con il miglioramento di alcune strutture specifiche, che le saline di Carloforte furono in grado di mantenere per oltre cinqantanni una posizione di assoluta preminenza nel sistema economico-commerciale della zona. Se infatti la spedizione del sale (da Carloforte ai depositi statali ed alle industrie chimiche di Cagliari) fu, almeno per un certo periodo, molto redditizia per lattivit

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portuale del piccolo centro, analogamente i vantaggi economici goduti direttamente dalla popolazione carlofortina e riconducibili alla possibilit di acquistare il sale in loco, allappalto per il trasporto del prodotto dai cumuli alle navi pronte per la spedizione e allimpiego diretto per tutto lanno di un numero variabile di manodopera locale, aiutano a spiegare il benessere finalmente raggiunto dalla comunit. In questo modo, mentre la cittadina si avviava a diventare uno dei centri pi importanti della Sardegna, con il conseguente installarsi di attivit manufatturiere diverse e addirittura di consolati stranieri, il traffico mercantile (gestito dalla Societ Sarda di Navigazione, nata nel 1927) ed il movimento a terra interdipendente dallarea portuale, continu senza conoscere interruzioni sino al 1940. I porti di La Spezia, Genova, Savona, Livorno, Marsiglia, Gallipoli, furono frequentemente visitati da imbarcazioni carlofortine che, di portata superiore alle precedenti, diedero vita e sviluppo ad una fiorente attivit commerciale tale da far figurare il porto di Carloforte al secondo posto in Sardegna per volume di merci trasportate. Nello stesso periodo, nel porto di Carloforte sostarono le navi della Florio per effettuare il trasporto delle merci sulla linea Genova-Carloforte-Cagliari. Al termine della seconda guerra mondiale, tuttavia, la situazione socio-economica consolidatasi sino a quel momento and rapidamente mutando i suoi contorni originari. Le stesse miniere di manganese di Capo Rosso e dellA.M.M.I., che dal 1937 avevano contribuito al notevole rialzo del livello occupazionale (consentendo linserimento della manodopera locale anche nelle diverse officine meccaniche, sorte per la costruzione e la riparazione delle miniere sarde), ponendo il problema di un pi rapido trasporto del minerale, furono quanto meno responsabili dellavvenuto passaggio dai noleggi marittimi ai noleggi terrestri, che videro tutta la flottiglia carlofortina in attivit per quel servizio rimanere in rada in attesa di altri utilizzi. Alla sopraggiunta crisi del pescato poi, ed alla necessit di impiegare mezzi pi adeguati per il commercio con lisola madre ed il continente, fece seguito una sostanziale flessione dellestrazione mineraria che, unita alla riduzione delle banchine presenti nel porto di Carloforte, determin il graduale ma inevitabile ridimensionamento del suo ruolo iniziale.

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Poco dopo gli anni Sessanta, laccentuarsi di una dimensione pi moderna, capace di adeguare anche nel settore salifero i tradizionali sistemi di raccolta del sale ad un livello tecnico generale maggiormente competitivo, se da un lato concorse ad aumentare la rete dei collegamenti (affiancando come gi per il manganese, al trasporto effettuato esclusivamente via mare, quello pi veloce su automezzi), dallaltro non fece che limitare ulteriormente quelle che da sempre erano state le competenze proprie dellarea portuale. Intanto, non diversamente da quanto era avvenuto per Carloforte, anche Calasetta procedette al consolidamento di una struttura economica e sociale del tutto originale rispetto a quella contemporaneamente presente in alcune localit della Sardegna, i cui termini di sviluppo, definiti in virt di una serie di scelte programmatiche obbligate, non poterono non essere condizionati dai diritti che la vicina SantAntioco continuava a rivendicare sul territorio calasettano. Uno dei problemi che per primo vide impegnati Calasetta e SantAntioco, nel tentativo analogo di meglio definire i rapporti tra territorio e comunit, fu rappresentato dalla ripartizione delle terre a pertinenza agricola o da destinare al pascolo. A differenza di Carloforte, che fece dellattivit mercantile e navale la chiave fondamentale di crescita attraverso la quale moltiplicare le possibilit operative del settore estrattivo minerario e salifero, la dimensione economica di Calasetta, pur nella diversificazione di attivit compresenti, quali la pastorizia e la pesca (peraltro limitate fino a pochi decenni fa a soddisfare le modeste esigenze locali), and attestandosi su di una base essenzialmente agricola che, per, non sempre riusc a garantire livelli produttivi soddisfacenti. La distribuzione territoriale era infatti avvenuta in modo tale da avvantaggiare gli abitanti del nuovo insediamento solo per quello che riguardava i terreni sabbiosi della parte settentrionale dellisola di SantAntioco che, risultati assolutamente inadeguati a favorire uno sfruttamento agrario di tipo policulturale (cotone, legumi, cereali), cos come durante la subinfeudazione era stato caldeggiato dal conte Giovanni Porcile (47), si rive47) Limpossibilit a risolvere i numerosi problemi economici connessi alla fase successiva dellinsediamento, indusse nel 1781 la giunta dellOrdine a cedere in

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larono particolarmente idonei per lo sviluppo della vite, che si diffuse come monocoltura prevalente. Daltra parte la preoccupazione per molti pastori ed agricoltori di SantAntioco, che da questa nuova situazione si videro estromessi dai terreni gi in precedenza assegnati loro e di cui erano titolari(48), appare ampiamente giustificata se, come fece a suo tempo notare il sindaco del paese alla giunta dellOrdine, si considera che la popolazione sarda avrebbe fatto vantaggiosi progressi nellagricoltura se non li fosse stato inibito dopo la risoluzione presa di stabilirvi una nuova popolazione(49) . Le stesse risoluzioni adottate in merito alla ripartizione delle propriet, infatti, rappresentarono un ulteriore motivo di ostacolo al gi difficile processo dintegrazione tra le due comunit: i Sardi, abituati a considerarsi i soli popolatori dellisola di S. Antioco ed a sfruttare di conseguenza tutti i terreni adibiti al pascolo ed alla coltivazione, trovandosi esautorati dei loro diritti e della facolt di agire e decidere nellambito degli stessi, reputavano i Tabarchini soltanto degli intrusi e degli usurpatori di quanto essi ritenevano di aver acquisito se non per contratto, per tradizione. Tuttavia, grazie al fatto che la maggior parte dei terreni disponibili era gi di propriet privata e solo brevi aree marginali appartenevano ancora al demanio, il provvedimento delle chiudende emanato nel 1820 dal governo piemontese in ordine allabolizione della comunione delle terre e finalizzato a consolidare un nuovo assetto fondiario, non ebbe per i Calasettani conseguenze particolari. Fu piuttosto dal primo ottobre del

subinfeudazione lisola di SantAntioco al capitano Giovanni Porcile che, nominato conte si impegn a rimborsare le spese fino ad allora anticipate ed a provvedere alle necessit degli abitanti. R. CIASCA, Momenti della colonizzazione in Sardegna, cit., p. 147; M. CABRAS - P. RIVANO POMA, Calasetta, cit., pp. 37-41. 48) Tali terreni venivano indicati con la denominazione di cussorgie che, secondo la tradizione giuridica sarda, un feudatario poteva concedere in uso a pastori e contadini per un determinato periodo. Cussorgia oggi il toponimo che indica una frazione di Calasetta. M. CABRAS - P. RIVANO POMA, Calasetta, cit., p. 53. 49) Relazione del sig. Vincenzo Mameli, 8/6/1768, in Archivio Storico di Cagliari, Segreteria di Stato II, vol.1291, riportata in M. CABRAS - P. RIVANO POMA, Calasetta, cit., nota 64.

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1840, quando con la decadenza del feudo Calasetta pot assumere diritti e doveri di un normale comune del regno sabaudo, che si venne a riproporre il problema della propriet e dei confini comunali, per la definizione ultima dei quali gli abitanti del piccolo centro chiesero che
venisse in tutto rispettata la demarcazione originaria fra Calasetta e S. Antioco... e che fossero affidati loro quei terreni di cui si impossessarono vari popolatori di S. Antioco asserendosi concessionari legittimi.(50)

Tali richieste, che non mancarono di porre in evidenza la delicata questione dei rapporti con lelemento sardo, furono altres dettate da unesigenza divenuta pi urgente intorno alla met del secolo scorso quando Calasetta attravers una fase di notevole espansione. Il paese, che dal momento della colonizzazione ai primi anni dellOttocento aveva subito forti oscillazioni demografiche, dovute soprattutto agli esodi massicci del nucleo piemontese ed a periodici fenomeni di immigrazione dalla Sicilia e dal meridione, registr nel 1857 una popolazione di 537 unit rispetto alle 290 del 1821, il cui livello di crescita, a parte una debole flessione avvenuta nel 1861 (quando il numero degli abitanti scese di 31 unit), fu inevitabilmente destinato a salire. In questo periodo, il maggior sostegno economico dei Calasettani consisteva nella produzione vinicola, che superava largamente il fabbisogno della popolazione:
certo che i popolani di Calasetta traggono il loro benessere dai frutti delle vigne, altro prodotto non avendo, n alcun ramo di industria, perch le terre non sono atte al seminario del grano come in altri siti circonvicini.(51)

Ma sebbene gli introiti ricavati dallesportazione del vino e del sale (prima che la salina venisse abbandonata) contribuirono a rafforzare un sistema economico che le stesse avversit naturali tendevano a rendere fragile, fu proprio la disposizione geografica di

50) Supplica fatta a Sua Maest Carlo IV di Spagna, SantAntioco, s.d., ma del 1782, in Archivio Storico di Cagliari, Segreteria di Stato II, vol. 1291, riportata in M. CABRAS - P. RIVANO POMA , Calasetta, cit., nota 64. 51) M. CABRAS - P. RIVANO POMA, Calasetta, cit., p. 57.

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Calasetta, limitata dalla chiusura tra i due centri di Carloforte e di S. Antioco, ad impedire una pi ampia possibilit di scambi, di iniziative portuali e commerciali ed uno sviluppo pi rapido ed omogeneo nei diversi settori del pescato, dellagricoltura e della pastorizia:
privi essendo di qualunque commercio perch privi di porto abilitato e ritrovandosi situata questa popolazione in mezzo di due villaggi uno essendo quello di Carloforte ed altro quello di S. Antioco, il primo togliendo qualunque traffico di mare, il secondo quello dellinterno.(52)

Tutto ci, ad ogni modo, non imped agli abitanti del piccolo centro di procedere verso un graduale rafforzamento del suo potenziale interno. Ad un secolo dallinsediamento limpegno e la tenacia che essi dimostrarono nel tentativo di garantire al paese un libero accesso ai traffici ed un livello produttivo che oltre a soddisfare le esigenze crescenti, evitasse il rischio di una emarginazione assoluta, si rivelarono strumenti indispensabili per la definizione della particolare fisionomia economica e sociale di Calasetta che, pur manifestando caratteristiche simili a quelle di altri centri della Sardegna, manterr sempre una sua peculiarit storica, linguistica e culturale profondamente radicata alle sue origini liguri. Quasi contemporaneamente, sulla scia dei risultati raggiunti nel settore economico-commerciale, si assister alla nascita dei primi organismi di tipo istituzionale e sociale il cui consolidamento segnaler la volont delle istituzioni ad essere il pi vicino possibile ai bisogni della comunit. Tra lultimo decennio dellOttocento ed il primo del Novecento, grazie alla facilit delle comunicazioni, cadde liniziale isolamento che impediva ai Calasettani di raggiungere gli altri centri della Sardegna ed alla ferrovia inaugurata nel 1926, fecero seguito, fino a sostituirla, varie linee di autobus. La spinta al mutamento di condizioni, che dai primi anni del secolo ha caratterizzato Calasetta dal punto di vista dellottimizzazione dei servizi e delle strutture pubbliche, non molto dissimile da quella che, nello stesso periodo, ha animato la vicina Carloforte(53).

52) M. CABRAS - P. RIVANO POMA, Calasetta, cit., p. 57. 53) Alle opere di ammodernamento urbanistico sono seguite quelle relative allallestimento dellarea portuale, iniziata a partire dal 1921 e ledificazione delle varie

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Di fondamentale rilievo, soprattutto per quanto concerne lacquisizione di alcune importanti conquiste sociali, stata la presenza a Carloforte ed a Calasetta di una base economico-sociale sicuramente pi avanzata che altrove in Sardegna, capace di favorire, anche sulla scorta di iniziative analoghe direttamente importate dalla Liguria, lo sviluppo di forme di associazionismo e di mutuo soccorso che, prime del genere in Sardegna, testimoniano la crescita politica delle due comunit: Carloforte orientata gi dai primi del Novecento verso larea socialista(54), Calasetta tradizionalmente orientata verso il movimento cattolico. Le agitazioni e le proteste indette da parte dei pescatori carlofortini nei confronti della classe dominante ebbero infatti come risultato la nascita, nel novembre del 1901, della Mutua di Soccorso e Previdenza allo scopo di
sussidiare e beneficiare gli associati in caso di malattia, di provvedere alle pensioni, di promuovere e favorire lincremento di commercio e delle industrie locali.(55)

Di poco posteriori furono le cooperative dei pescatori e dei contadini e la Compagnia dei battellieri, la cui forza contrattuale avr conseguenze dirette anche sulla sindacalizzazione dei minatori sardi della costa occidentale e dei lavoratori addetti al trasporto del minerale dallisola madre a S. Pietro, autori, tra laltro, della serie di scioperi

strutture scolastiche compreso lIstituto Tecnico Nautico. Dal 1899 inoltre presente a Carloforte, limportante Osservatorio Astronomico che dal 1911 stato incluso nel ruolo degli Osservatori Astronomici. A tuttoggi lattivit di ricerca si svolge in collaborazione con lOsservatorio Universitario dellIstituto di Astronomia di Cagliari. G. ASTE - R. CAMBIAGGIO, Carloforte. La citt e la storia, Cagliari, Edizione Della Torre, 1992, p.35. 54) Le fazioni contrapposte a Carloforte erano due: le cappe nere e le cappe bianche. Con la prima denominazione si indicavano gli aderenti a leghe e cooperative socialiste, con la seconda, tutti coloro che non avevano accettato le idee del socialismo. Sul movimento operaio a Carloforte dei primi anni del Novecento, cfr. G. ASTE, Il movimento sociale a Carloforte, Tesi di laurea, Universit degli Studi di Cagliari, Fac. di Magistero, a.a. 1969-70; A. C ORSI, Lazione socialista fra i minatori della Sardegna (1893-1922), Milano, Comunit, 1959. 55) G. ASTE - R. CAMBIAGGIO, Carloforte, cit., p. 65.

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effettuati contro i rappresentanti delle societ minerarie (prima in ordine di tempo fu la protesta del gennaio del 1881, meglio conosciuta come sciopero di Buggerru, conclusasi con un clamoroso processo). A Calasetta nacque nel 1905, primo esempio del genere in Sardegna, la Cooperativa vinicola dei viticoltori di Calasetta ed immediatamente successiva fu la Cassa Rurale di Prestito Agrario. Risale invece al 1886 la Compagnia dei Buoi che, attiva ancora negli anni intorno al 1936,
assicurava dal danno economico quei proprietari che avessero perduto, per malattia od altra causa, un capo bovino.(56)

Infine, dopo un altro tentativo di cooperazione, rappresentato nel 1924 dalla Societ Anonima Cooperativa per la produzione e lo smaltimento del vino, si giunse nel 1932 alla realizzazione della Cantina Sociale di Calasetta, la prima cantina sociale della Sardegna meridionale che, tuttora esistente, svolse un ruolo determinante nelleconomia del paese. Purtroppo negli ultimi ventanni questo ruolo ha subito un notevole ridimensionamento: la frammentazione dei poderi a conduzione familiare, la scarsa meccanizzazione del lavoro e la mancanza di un sistema capillare, sono soltanto alcuni dei fattori responsabili della crisi agricola locale; allo stesso tempo, infatti, i problemi che si riversavano sul mercato vinicolo nazionale non potevano non incidere sul livello degli introiti annui, vista la sempre minore possibilit di esportare il prodotto allestero. Di riflesso il numero dei soci impiegati presso la Cantina Sociale andato lentamente diminuendo, passando dagli iniziali 600 a poco pi di 500, un terzo dei quali, non calasettano, non possiede vigne a Calasetta. Analoga situazione sembra essersi verificata nel settore, non particolarmente florido, della pesca, nel quale sarebbe auspicabile una maggiore partecipazione degli addetti al mercato (nel 1971 gli occupati della pesca contavano 52 unit) ed un generale miglioramento delle strutture connesse alla conservazione ed alla distribuzione del prodotto. Nonostante la recente organizzazione in cooperativa di vendita dei

56) M. CABRAS - P. RIVANO POMA, Calasetta, cit., p. 73.

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pescatori calasettani (del 1954 la Copesca che con 25 soci si occupa della vendita del pescato nella provincia) , il mercato ittico oggi interamente gestito dalla S.I.C.A.P.I. (Sarda Industria Conservazione Allevamento Prodotti Ittici) societ alla quale si deve limportazione del pescato dallestero per la vendita in Italia. Anche Carloforte sub negli ultimi anni significativi rivolgimenti di natura socio-economica. Il settore che pi di ogni altro risent del profondo cambiamento avvenuto a pi livelli nel tessuto economico e sociale fu senza dubbio quello portuale, da sempre ritenuto fonte primaria di guadagno per la quasi totalit dei Carlofortini. Per adeguare le strutture portuali alle nuove esigenze e per dare maggior impulso ad un movimento interno che aveva viste esaurite quelle possibilit di incremento legate esclusivamente al traffico mercantile, divent necessario provvedere al potenziamento dei collegamenti di linea e permettere alle nuove imbarcazioni il trasporto sia dei passeggeri che delle vetture. La deficienza di regolari trasporti marittimi per i collegamenti con lisola madre sempre stata in realt motivo di serie preoccupazioni per gli abitanti di Carloforte, anche perch, alla mancata presenza degli stessi ha fatto riscontro una lunga attesa per la circolazione dei mezzi motorizzati nellisola. Gi nel 1939, ad ogni modo, piccole barche in legno venivano utilizzate per il sevizio postale e per il trasporto da Carloforte a Calasetta degli operai pendolari impiegati nella zona del Sulcis e dellIglesiente. Successivamente, ma soprattutto tra la fine della seconda guerra mondiale e il 1950, laumento delle persone in transito e la conseguente intensificazione delle corse richiese la presenza di imbarcazioni pi solide e sicure in grado di iniziare i primi traghettamenti di autovetture. Nel 1952 sorse la Cooperativa Armatori di Carloforte e nel 1954 venne varata la prima imbarcazione in ferro. Tuttavia, anche se limprenditoria privata era riuscita a rispondere allo sviluppo eccezionale dei trasporti terrestri attraverso un numero considerevole di motonavi di modeste capacit, la concorrenza sempre pi forte delle grosse compagnie armatoriali fin per soffocare definitivamente il servizio svolto sino a quel momento dai Carlofortini. Nel 1966, quindi, la Tirrenia sostitu la Societ Sarda di Navi-

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gazione con il primo traghetto di linea e dieci anni dopo, nel 1976, lacquisto di un terzo traghetto cercher di far fronte ad un flusso turistico gi imponente, ma arrestato al suo sorgere dalle limitate possibilit di rientrare dallisola per leccessivo movimento di autovetture. Dal 1988 il servizio dei collegamenti marittimi passato dalla Tirrenia alla SA.RE.MAR. (Sarda Regionale Marittima), societ che si preoccupa di assicurare unicamente i collegamenti delle isole minori (La Maddalena e San Pietro) con lisola madre: incentivato dal turismo, sorto nel frattempo un porticciolo turistico gestito dalla Lega Navale per natanti da diporto che, inserito nei porti turistici di primo livello, pu consentire oggi, in via permanente, lattracco, il rifornimento e la sosta di un numero di imbarcazioni da diporto oscillante tra 80 e 300, comprensivo di tutti i servizi logistici. Lanalisi svolta sino a questo momento porta inevitabilmente a considerare in che modo landamento non sempre positivo delle attivit consolidatesi in ambedue i comuni in questi ultimi cinquantanni abbia potuto influire sul movimento interno della popolazione. Nel corso degli anni Sessanta la fase di stallo delle attivit economiche, coinvolgendo tutto il territorio comprensoriale, provoc una significativa contrazione della popolazione residente a Calasetta e a Carloforte. Nel periodo compreso tra il 1970 ed il 1979, il recupero delle attivit produttive locali e forse anche le problematiche di un mercato del lavoro nazionale ed internazionale non pi in grado di assorbire manodopera emigrata, determinarono una inversione di tendenza nella dinamica della popolazione residente a Calasetta, dove si ebbe un incremento nel numero degli abitanti. Carloforte mantenne, invece, una dinamica negativa nellandamento della popolazione residente, probabilmente per le stesse caratteristiche di estrema insularit che ne impedivano il rilancio, attraverso linserimento di nuove attivit. Successivamente, con la normalizzazione del fenomeno, lindice di emigrazione pur mantenendosi sempre positivo, si notevolmente abbassato(57) .

57) Cfr. M. D I BENEDETTO - C. NOSENGHI, Indagine conoscitiva sulla condizione degli anziani in tre comuni della Sardegna: ipotesi di intervento, Tesi di laurea, Facolt di Sociologia dellUniversit di Trento, a.a. 1981-82, p. 7.

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Oggi la situazione presente nei due centri di Carloforte e di Calasetta non sembra molto diversa da quella di altri paesi passati attraverso le esperienze del Novecento, per quanto il processo di modernizzazione messo in atto dallintroduzione di insediamenti industriali, anche nelle zone limitrofe, sia stato vissuto da entrambe le comunit in maniera pi lenta e meno conflittuale che altrove. La precariet economica che ha sempre contraddistinto le attivit legate alla pesca e allagricoltura, ancora ridotte ad attivit artigianali non pi competitive sul mercato, ha provocato infatti negli abitanti un atteggiamento positivo verso le nuove attivit turistiche e del terziario, capaci di offrire maggiori possibilit di inserimento, senza peraltro rappresentare un motivo di disgregazione immediata allinterno del tessuto socio-economico e del sistema normativo tradizionale. Commercio, insieme ad impiego pubblico e privato fanno quindi parte di un terziario emergente ed in espansione che ha gradualmente assorbito uneconomia di sostegno che, fino a qualche decennio fa, faceva apparentemente leva sulla viticoltura nel caso di Calasetta e sul traffico commerciale e la pesca nel caso di Carloforte. Accanto ad esso, non meno rilevante, stata la pi decisa impronta turistica impressa nei due comuni, nel corso degli ultimi trentanni, dalla scoperta delle naturali bellezze dei luoghi e dalla curiosit che la particolare connotazione linguistica, differenziando i due centri dal resto della Sardegna, ha suscitato nello studioso o nel semplice turista. Sebbene non si sia mai trattato di un turismo di massa, leccessivo affollamento concentrato interamente durante il periodo estivo ha rappresentato, senza dubbio, un ulteriore stimolo a crescere per adeguarsi ai tempi ed alle nuove richieste del mercato. A livello pubblico si infatti registrato un sostanziale miglioramento delle strutture ricettive tradizionali con una tendenza sempre pi diffusa, in questo ultimo decennio, ad agevolare moderne iniziative di intervento che, anche attraverso cooperative giovanili, permettano ai turisti di usufruire di alcuni servizi in pi rispetto al passato. A livello privato invece, diffusa tra i molti abitanti che dispongono di una seconda casa nei pressi della propria campagna o vicino al mare, la consuetudine di affittare ai turisti labitazione in paese per tutto il periodo della stagione turistica: questo tipo di organizzazione del

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settore, anche se a volte manca di un preciso coordinamento, ha comunque permesso una maggiore distribuzione degli utili tra la popolazione(58). Allo stato attuale, al di l dei molti interventi che ancora andrebbero effettuati o che ancora attendono una definitiva messa a punto per una migliore valorizzazione del territorio e delle strutture, diventer sempre pi importante, soprattutto per chi opera attivamente ed intelligentemente per il futuro di entrambi i paesi, non perdere mai di vista il ruolo che essi, attraverso una continua e sempre viva interazione con le nuove generazioni, dovranno svolgere affinch non vada perduta, con la coscienza storica, la coscienza linguistica.

58) Cfr. M. DI BENEDETTO - C. NOSENGHI, art. cit., p. 5.

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CAPITOLO II INTRODUZIONE ALLA PROBLEMATICA LINGUISTICA E ALLE FONTI

2.1 Il dialetto tabarchino. Le fonti e lo studio scientifico La vicenda storica delineata nel precedente capitolo ha avuto come conseguenza il mantenimento, nelle due comunit liguri, di significativi elementi culturali dorigine ligure. Ci non significa, beninteso, che valga in assoluto lopinione diffusa secondo la quale i due centri in questione sarebbero veri e propri angoli di Liguria trasferiti in Sardegna(1): per fuori dubbio che loriginalit delle due comunit rispetto al resto della Sardegna poggia, anche e soprattutto, su elementi di origine ligure, per i quali, comunque, non si pu escludere in qualche caso un influsso genovese successivo alla fondazione delle colonie(2). Tali considerazioni valgono in particolare per luso linguistico. accertato infatti che il dialetto parlato nei due centri ha caratteristiche riconducibili al tipo ligure, genovese in particolare: quindi il luogo comune della genovesit di Carloforte e Calasetta pu poggiare almeno sul dato concreto, difficilmente contestabile, di una stessa appartenenza linguistica(3).
1) In Liguria lopinione secondo la quale CF e CA manterrebbero inalterati tutti i caratteri tipici, culturali etnografici e linguistici liguri molto diffusa. Si veda al proposito larticolo di L.B., Prlan zeneise quelli de Carlofrte, in Zena, 1-1958, Dexembre, p. 13. 2) Al di l dellaspetto dialettale, per il quale si veda oltre, limpressione di una importazione dalla Liguria di modelli culturali, architettonici, e addirittura gastronomici in epoca pi recente, si coglie in particolare a CF. Tale impressione avr una sua importanza nel contesto di un rafforzamento di quel senso di appartenenza e di specificit che i Carlofortini dimostrano di aver acquisito nel corso della loro storia. 3) Com noto, lelemento linguistico gioca un ruolo determinante in tutti i processi di identificazione collettiva: la lingua in quanto sottesa a tutti gli altri aspetti di una

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Prima di esaminare brevemente alcuni aspetti della parlata tabarchina sar utile analizzare rapidamente le fonti disponibili, la storia dello studio scientifico del dialetto locale e linterpretazione che di questo stata data dagli studiosi nel corso degli anni. Anche se evidentemente non si pu parlare di una scoperta da parte sua del dialetto tabarchino, fu Gino Bottiglioni il primo studioso ad evidenziare limportanza delle parlate liguri della Sardegna. Con il suo saggio Lantico genovese e le isole linguistiche sardocorse(4), venivano infatti rilevati alcuni tratti soprattutto fonetici del carlofortino e del calasettano in relazione al genovese ed al bonifazinco(5) allo scopo di fissare lepoca di quei fenomeni del genovese presenti nelle aree di colonia e documentati da testi letterari liguri antichi. Lo studio del tabarchino vi appare quindi legato a una serie di considerazioni generali su singoli problemi per i quali Bottiglioni non ritenne opportuno procedere ad una descrizione sistematica del dialetto. Per quanto tuttora fondamentale, il lavoro del Bottiglioni risente perci di questa impostazione che appare in parte superata dalle nuove acquisizioni in merito alle parlate liguri. Un contributo successivo a quello di Gino Bottiglioni viene offerto nel 1971 da Alberto Sobrero(6).
cultura, in qualche modo carattere fondamentale della cultura stessa ed soprattutto sullappartenenza linguistica che si basa una pi generale considerazione di appartenenza etnica. 4) G. BOTTIGLIONI, Lantico genovese e le isole linguistiche sardo-corse, in LItalia Dialettale, IV, 1928, pp. 1-76. In precedenza, salvo accenni sparsi, vi era stata solo una breve discussione delle attivit di tonnara, con appunti lessicali, inserita da MAX LEOPOLD WAGNER nel saggio Sulcis und Iglesiente, in Globus, 92-107, 1, pp. 1-15. Per le informazioni bibliografiche sul tabarchino si rimanda soprattutto a L. COVERI, G. PETRACCO SICARDI, W. PIASTRA, (a c. di), Bibliografia Dialettale Ligure, Genova, A Compagna, 1980, e F. TOSO E W. PIASTRA (a c. di), Bibliografia Dialettale Ligure, Aggiornamento, 1979-1993, Genova, A Compagna, 1994. 5) Il dialetto ligure di Bonifacio in Corsica, a differenza del tabarchino, era gi noto agli studiosi attraverso una nota di GIULIO BERTONI: Nota sul dialetto di Bonifacio (Corsica) in Romania, XLIV, 1916, pp. 268-273. Lo stesso autore accenn al bonifazinco anche nella sua Italia Dialettale, Milano, Hoepli, 1916, pp. 193-194. 6) A. SOBRERO, Fenomeni di disgregazione recentemente osservati nel tabarchino, in Parole e Metodi, I, 1971, pp. 1-11; il saggio venne ripreso in versione ridotta

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I dati presentati da Sobrero vengono messi in discussione sia da Eduardo Blasco Ferrer, sia da Fiorenzo Toso(7), che sottolineano come buona parte di essi non trovino corrispondenza(8) nelluso vivo delle
su Bollettino della Carta dei dialetti italiani, IV, 1969, pp. 187-196, col titolo Alcuni fenomeni di disgregazione recentemente osservati nel tabarchino, e ancora in versione leggermente modificata in, Idem, Dialetti diversi. Proposte per lo studio delle parlate alloglotte in Italia, Lecce, Milella, 1974, pp. 17 - 32, con il titolo: Il tabarchino, processi di disgregazione linguistica in atto. 7) E. BLASCO FERRER, Contributo alla conoscenza del ligure insulare. Il tabarchino in Sardegna, in Zeitschrift fr romanische Philologie, vol. 110, 1994, pp. 152194; F. TOSO, Tabarchino e Genovese, in corso di stampa negli Atti del Convegno sulle peculiarit linguistiche ed etnografiche di Calasetta, Calasetta, 1989. 8) E. BLASCO FERRER, op. cit., nota 2: Purtroppo e mi rammarica dirlo il lavoro di Sobrero [...] del tutto inattendibile. Stranamente, i dati offerti da S. non soltanto presentano nella maggior parte seri deficit di trascrizione, ma essi sono in non pochi casi totalmente inesistenti (mi chiedo se lautore abbia in verit operato in loco o se si sia invece affidato a qualche informatore che aveva abbandonato da molto tempo il paese di origine e che non possedeva pi una buona competenza del parlato). Do qui, per amor di giustizia , alcuni esempi di trascrizioni errate: CF pisa va emendato in pisaw; non esiste la forma di CA tSikerrune (in ligure non esistono vocali finali dietro nasale), che tSikeruN; moltissime le forme del vocalismo tonico di pag. 3 e 4 inesistenti (a titolo di esempio () per (E) in d:tu dato; per -u in tmpu ecc.), la 1 p. del fut. esce sempre in (O), non in altre vocali; per sedia lautore riporta CF SZa (veramente S: Za), CA s:Za, che in realt significano ciliegia, perch per sedia si conosce soltanto, come in tutta la Liguria, kar: ga; inesistente la forma man Zavu mangiavano, che suona dappertutto a CF e CA mandZO:vaN; be, va cambiato in beN, anluua (?) in alu:a. Ho lasciato per ultimo il caso di S- preconsonantico, perch questo servito allautore per formulare una fantasiosa teoria e per criticare severamente i dati (esattissimi) del Bottiglioni. S. sostiene che Bottiglioni abbia sentito male e che dunque la palatalizzazione di S- sia da cassare dalla fenomenologia tabarchina. Per suffragare la sua tesi egli riporta dei dati propri e del Pellis, da cui risulta evidente la pronuncia dentale della sibilante. Purtroppo, nessuno dei suoi esempi verace (per i pochi riportati dal Pellis possibile arguire che codesto abbia interrogato un informatore che conosceva anche il sardo sulcitano, dove si ha sempre (st) e che per ipercorrezione abbia dato risposte sbagliate; ma il fatto da verificare sulle schede dellALI) ; oggi S davanti a consonante sorda presenta invariabilmente la pronuncia palatale in tutti i casi e presso tutti i parlanti. Ma ci che pi importante, a soltanto tre anni dallinchiesta di Sobrero, Ricciardi che sost una settimana a Carloforte nel 1974 conferm appieno la descrizione di Bottiglioni. Credo che quindi sia lecito desumere che gi ai tempi del Bottiglioni il fenomeno (...) della

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parlate tabarchine, risultando per questo inaccettabili sia dal punto di vista descrittivo, che da quello sociolinguistico(9). Sulla scia dellanalisi condotta dal Bottiglioni, nel 1975 uno studioso americano di origine ligure, Joseph Sergio Ricciardi, pubblica gli esiti di un suo lavoro di fonologia comparata del tabarchino, del bonifazinco e del genovese(10), dal quale emerge in maniera evidente lo stretto grado di affinit mantenuto dai dialetti tabarchini col genovese a differenza di quanto avvenuto per il bonifazinco, che pur conservando innegabili caratteri liguri, presenta per una successiva evoluzione, elementi ormai lontani dalla parlata metropolitana nella sua fase attuale (11). Lo studio gi citato di Eduardo Blasco Ferrer del 1994 ha il merito di riaprire la discussione sulle problematiche del tabarchino. Condotto sulla base di una documentazione raccolta ex novo sul campo, il lavoro consente di disporre di una pi completa descrizione delle parlate e presenta interessanti valutazioni di carattere storico e sociolinguistico(12) . Da segnalare ancora lattivit di ricerca svolta
palatalizzazione della S- preconsonantica fosse ben vitale nel tabarchino. Riguardo a questa analisi, e alla scarsa attendibilit del lavoro di Sobrero, si veda anche F. TOSO, Per una storia dellidentit linguistica ligure in et moderna, in Bibliografia Dialettale Ligure Aggiornamento 1979-1993, A Compagna, Genova 1993, pp. 5-43, a p. 37. 9) Effettivamente, senza entrare nel merito delle problematiche pi strettamente fonetiche e lessicali (F. TOSO, art. cit., nota 7 sottolinea in particolare come termini quali piSa e tSikkeretta, tSikerune oltre ad essere trascritti in modo inesatto non sono sardismi come sostenuto da Sobrero e che parole di provenienza sarda come bist cit. da Sobrero per Calasetta non sono in realt presenti nelluso), posso certamente contestare sulla base dei dati raccolti per il mio lavoro lo stato preagonico del dialetto tabarchino e la presunta disgregazione di esso sotto le spinte del sardo e dellitaliano. 10) J.S. RICCIARDI , A Brief Phonology of Three Varieties of Ligurian Romance. Thesis presented to the Faculty of the Graduate School of Cornell University for the Degree of Doctor of Philosophy, January 1975. 11) I dati raccolti da J.S. Ricciardi corrispondono sostanzialmente a quelli di Bottiglioni. Sul lavoro di Ricciardi, si veda anche la recensione di WERNER FORNER in Rivista Italiana di Dialettologia, X, 1986, pp 288-289. 12) Il lavoro di Blasco Ferrer certamente da considerare, in tal senso, come il punto di partenza per ogni nuova indagine linguistica sul tabarchino.

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da Fiorenzo Toso. Questultimo studioso, nel corso di diversi soggiorni compiuti nei due centri di Carloforte e Calasetta ha avuto modo di approfondire la realt delle parlate locali in particolar modo nel raffronto con lentroterra del ponente genovese che pi della costa, conserva caratteri comuni con il tabarchino(13). Il risveglio culturale avvenuto a livello locale soprattutto a partire dagli anni Settanta con laffermarsi di esigenze generali di promozione e tutela dellidentit linguistica, ha consentito, al di l dei contributi pi strettamente scientifici, la produzione di materiali significativi raccolti da studiosi e cultori locali. La vivacit dellambiente carlofortino e calasettano trova riscontro anche in sollecitazioni provenienti dalla Liguria: il caso ad esempio della raccolta lessicale effettuata per Calasetta da Bruno Rombi, appassionato di storia e tradizioni calasettane da tempo residente a Genova: il frutto di queste ricerche confluito nel Vocabolario delle parlate liguri (VPL)(14) . Il lavoro di Rombi ha il vantaggio di rifarsi a un modello di raccolta che punta essenzialmente ai termini dialettali pi genuini; lo stesso non pu dirsi del lavoro di Giuseppe Vallebona, Dizionario tabarkino-italiano, relativo a Carloforte(15). Questampia raccolta lessicale, cogliendo evidentemente unesigenza di normalizzazione della parlata locale, appare eccessivamente aperta nellaccoglimento a italianismi recenti, anche se non manca di fornire elementi interessanti sul lessico pi tradizionale e di riportare un indice inverso italianotabarkino.

13) Ho potuto utilizzare i materiali raccolti da Fiorenzo Toso per quanto riguarda i dati pi strettamente linguistici che verranno esposti nel prossimo paragrafo (in particolare il saggio citato in corso di pubblicazione e un pi ampio contributo in preparazione). 14) PATRIZIA CAVALLARO, ROSETTA CONTE, GIULIA PETRACCO SICARDI, FIORENZO TOSO, Vocabolario delle Parlate Liguri, 4 voll., Genova, Consulta Ligure, 1985-1991. Minore importanza ha lopuscolo di GIOVANNI CABRAS, Calasetta. Difesa di un dialetto, Cagliari, in proprio, 1973, comprendente un glossario. 15) G. VALLEBONA, Dizionario tabarkino - italiano, Genova, Compagnia dei Librai, 1987.

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Ancora per il carlofortino, ma con una visione complessiva valida anche per Calasetta, va segnalata la Grammatica tabarkina16) . di Nino Simeone Lopera del 1992, condotta sul modello delle vecchie grammatiche scolastiche italiane, se risulta poco funzionale sotto laspetto della descrizione sintattica, fornisce materiali utili per la morfologia e propone una chiave di lettura della grafia tradizionale in uso(17) . Tutta lattivit lessicografica e descrittiva si attua comunque sullo sfondo di una significativa attivit di raccolta di documenti di tradizione orale e va di pari passo con una discreta crescita della produzione letteraria in tabarchino. Per quanto riguarda la raccolta e la presentazione di canti, nenie, filastrocche, fiabe e proverbi della tradizione locale, un particolare impegno viene dimostrato da un gruppo di giovani calasettani riuniti intorno al Circolo Culturale Maccari ed alla rivista senza periodicit fissa A Scibega. Nonostante lassociazione abbia diffuso in passato alcune raccolte ciclostilate(18), il contributo pi importante al riguardo rappresentato dal volume di Maria Cabras e Pietrina Rivano Poma, Calasetta. Storia e folklore letterario(19), ricco di informazioni anche sul dialetto e comprendente unimportante introduzione storica. Per Carloforte testi di tradizione orale sono stati pubblicati da Nino Simeone e Norino Strina nel volume U Paize u cante(20), che raccoglie per soprattutto testi dautore. Sempre a Carloforte, unin-

16) N. SIMEONE, Grammatica tabarkina, Pontedera, Bandecchi e Vivaldi, 1992. 17) Come per tutte le parlate di recente tradizione letteraria, il tabarchino non dispone di una grafia unanimemente accettata dai parlanti. In genere gli autori locali preferiscono rifarsi solo in parte al modello genovese tradizionale e tendono a una grafia piuttosto costruita sullitaliano. 18) M. GRANARA, I nosctri canti, Calasetta, s.a. ; C. BIGGIO, I nos - ctre oraisiuin, Calasetta, 1982. 19) M. CABRAS, P. RIVANO POMA , Calasetta. Storia e Folklore Letterario, Cagliari, 3 T , 1980, ripubblicato col titolo, Calasetta. Storia e tradizione orale dei Liguri e Piemontesi in Sardegna, Cagliari, Litotipografia TEA, 1992. 20) N. SIMEONE, N. STRINA , U paize u cante, Pontedera, Bandecchi e Vivaldi, 1989.

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teressante raccolta di fiabe stata curata, nel 1988, dai ragazzi della classe III D della scuola media locale(21) . La tradizione di canzoni e poesie dautore a Carloforte e Calasetta pittosto recente. A quanto consta, il primo testo pubblicato di una certa ampiezza il poemetto di Giuseppe Damele Garbarino, Sci Trcu me rendu (22), ispirato a una leggenda locale, mentre autori come Giuseppe Vallebona, Norino Strina, Nino Simeone, Agostino Pateri(23) ed altri, hanno privilegiato temi locali e rievocazioni dinfanzia secondo uno schema abbastanza tipico della produzione dialettale. Di maggior interesse alcune poesie di Bruno Rombi e Cristina Biggio, pubblicate saltuariamente su riviste liguri e locali e premiate in concorsi letterari dimportanza regionale e nazionale(24). Oltre a una modesta attivit teatrale legata a piccole compagnie instabili di filodrammatici e basata soprattutto sullimportazione di testi del repertorio genovese, particolare rilievo socioculturale riveste il fenomeno della canzone dautore in tabarchino, connessa alla tradizione tuttora vivissima delle serenate notturne e del canto in coro. La ricchezza e la variet della produzione canora tale, che a Carloforte si svolge annualmente un festival della canzone tabarchina con appassionata partecipazione di pubblico che interviene a giudicare la validit dei singoli pezzi. Tra gli autori e gli interpreti pi significativi della canzone tabarchina, i cui testi sono disponibili sia su cassetta

21) Pe nu ashcurdasai, Carloforte, 1988. 22) G. DAMELE GARBARINO, Sci turcu me rendu, Cagliari, Maurandi, 1955, ripubblicato nel 1977. Per i dati sulla letteratura dautore , si veda F. TOSO , Letteratura genovese e ligure, Genova, Marietti, 1991, voll. V e VI. 23) A. PATERI, U ciatezzuzu, S. Margherita Ligure, Bacherontius, 1983. Ricordiamo ancora, a titolo di curiosit il volume di ricette in prosa di N. SIMEONE e N. STRINA, U paize u mange, Pontedera, Bandecchi e Vivaldi, 2 ed, 1991. GIORGIO FERRARO ha pubblicato recentemente il volume in prosa Memoie de n Tabarchin, Carloforte, in proprio, 1996. 24) interessante il fatto che autori tabarchini partecipino con discreta frequenza a manifestazioni di questo tipo organizzate in Liguria, ulteriore segnale di una volont di raccordo con la madre patria linguistica. Nei concorsi di letteratura dialettale che si tengono in Sardegna, la lingua tabarchina viene inserita in genere accanto allalgherese ed alle quattro variet sarde tra gli idiomi ammessi.

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che in pubblicazioni(25) , ricordiamo per Calasetta Salvatore Fulgheri e Peppino Leinardi, per Carloforte A. Garau, M.V. Cadeo, M. Biggio, A. Capurro e P. Smorra. 2.2 Cenni sulla tipologia del dialetto tabarchino In questo paragrafo ci si limiter ad esaminare i tratti salienti del tabarchino (dora in avanti TB) prevalentemente nelle sue caratteristiche fonetiche; questo breve esame sar concluso da osservazioni di carattere morfologico, sintattico e soprattutto lessicale. Per una descrizione pi approfondita, che esula dal nostro tipo di ricerca, si rimanda in particolare ai lavori citati di E. Blasco Ferrer (1994) e di F. Toso (in corso di stampa), ai quali ci si in gran parte rifatti. La ricerca compiuta in loco non prevedeva la raccolta di materiali con finalit descrittive. Scopo essenziale degli appunti che seguono quello di evidenziare i caratteri liguri del TB, e di conseguenza il livello di specificit rispetto alle contigue parlate sarde, specificit che consente di spiegare, almeno in parte, le peculiari condizioni sociolinguistiche di CF e di CA. Per fare ci, sar sufficiente esaminare i caratteri fonetici del TB partendo da quelli genericamente settentrionali(26), passando poi ad indicare quelli pi particolarmente gallo-italici, quelli genericamente liguri e, tra essi, quelli particolarmente riconducibili al tipo genovese. Fatto questo, e dimostrata quindi lappartenenza del TB al gruppo genovese nelle parlate liguri, verranno esaminati alcuni aspetti che differenziano i dialetti di CF e di CA dal genovese urbano.

25) Citiamo soltanto le raccolte antologiche di N. SIMEONE e N. STRINA, U paize u cante, cit. e di P. SMORRA , Il canzoniere 1992, Carloforte, in proprio, 1992. 26) Per lindividuazione dei caratteri generali del dialetto TB ci si rifatti in particolare a quanto esposto da C. TAGLIAVINI, Le origini delle lingue neolatine, Bologna, Ptron, 1992, VI edizione, pp. 393-417. Per i dialetti liguri: AA.VV., Dialetti liguri, Genova, Sagep 1972 (e in particolare il saggio di GIULIA PETRACCO SICCARDI, Definizione storica del dialetto genovese).

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2.2.1 Caratteri genericamente settentrionali del tabarchino Il tabarchino presenta: 1. lo scempiamento delle consonanti lunghe e geminate: CABALLU > kavlu cavallo, ANNU > nu anno; 2. la lenizione delle sorde intervocaliche, che per -T-, - D- giunge fino al dileguo, mentre per -K-, -P- arriva allo stadio -[V , v]-, salvo casi specifici di caduta: PARTITU > partiu partito, NIDU > niu nido, AMICU > amigu amico, FOCACEA > fgasa focaccia, CAPILLU > cavellu capello, ma anche *SCOPACEU > scuasu scopino per pulire il forno; 3. CL-, GL- > -[tS dZ]- come in CLAMARE > [tSa'mO] chiamare, CLAVE > ['tSO:ve] chiave, GLANDA > ['dZanda] ghianda, GLACEA > ['dZasu] ghiaccio; 4. C- e G- dinanzi alle vocali palatali E , I si assibilano dando i medesimi risultati di ti, di: CIMA > sima cima, CINERE> sne cenere, CICALA > [si'VO:a] cicala, GELARE > [zjO:] gelare, RUGINE > ['ry:ze] ruggine. 2.2.2 Caratteri gallo-italici Vengono qui evidenziati quei caratteri che, allinterno delle parlate settentrionali, il tipo ligure (genovese in particolare) ha in comune nel suo insieme con piemontese, lombardo, emiliano, fatta salva la specificit del gruppo ligure nel contesto delle parlate settentrionali: 1. il nesso CT > it: come in genovese frequente peraltro la chiusura del dittongo che la [j] viene a creare incontrandosi con una vocale precedente: LACTE> ['lEte] latte, FACTU > ['fEtu] fatto; 2. come in ligure, il passaggio [a] + consonante ad [e] si verifica solo davanti ad [r], con casi frequenti di reintegro di A: ARCU > ['Erku] arco, ARBOREM > ['Erbu] albero, ma anche armaiu armadio, arnaise arnese ecc.; 3. U > [y], O( > [{] PLUS > [tSy] pi, BOVEM > [b{] bue, MULU> [my] mulo NOCTE > ['n{te] notte; 4. la presenza di metafonesi con valore morfologico: sing. [kaN], plur. [kEN] cane, cani, sing. man, plur. muen mano, mani. 2.2.3 Caratteri genericamente liguri 1. -L- semplice intervocalica e -R- primaria intervocalica si indeboliscono e arrivano alla caduta come in genovese, secondo lo schema

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ligure che prevede una fase in cui i suoni delle liquide sono conservati come R di articolazione palatale ed epicale retroflessa: (-L, R - > -[]> [P]): CANDELA > candeia > candaia candela, CARU > caru > cau > cou [kO:w] caro, MARITU > maiu marito; 2. lesito di GE, DJ, J, [z] salvo in parole di tradizione semidotta: LEGERE > lese ['leze] leggere, IOCUM > ['z:u] gioco; . 3. a differenza dei dialetti gallo-italici le vocali atone e finali sono conservate tranne -E, -O in posizione finale dopo N, R, L: PORTUS > portu porto, NUCE > ['nuZe] noce; 4. lesito di KSJ e PSJ [S]: TAXU > ['taSu] tasso, COXA > ['kSa] coscia, CAPSIA > ['kaSa] cassa, quello di TJ in forma semidotta [Z]: RATIONE > [ra'ZuN] ragione; 5. i gruppi consonantici PL,- BL-, FL-, si palatalizzano rispettivamente in: [tS dZ S] PLOVERE > ['tS:ve] piovere PLUS > [tSy] pi; BLASTIMARE > [dZas'temO] bestemmiare, BLETA > [dZE] bietola, FLORE > [Su:a] fiore, FLUMEN > [Sy:me] fiume. 2.2.4 Caratteri specificamente genovesi Allinterno del gruppo ligure, il tipo genovese si caratterizza per i seguenti tratti specifici, tutti condivisi dal TB: 1. lesito di -CL- latino -[dZ]-, esattamente come quello di -LJ- secondo lo schema genovese: altrove in Liguria, -Lj- > -[j]- mentre -CL- > -[]- nella Liguria occidentale: AURICULA > [wedZa] orecchio, JENUCULU > [ze'nudZu] ginocchio, come FAMILIA > [fa'midZa] famiglia, FOLIA > ['f{dZa] foglia; 2. E@ > [e] in sillaba libera si dittonga in ei (TB ai per successiva apertura), secondo una caratteristica di tipo galloitalico che non copre tutta larea regionale: BEVERE > baive bere MENSE > maise mese; 3. N - semplice in posizione postonica e seguita da vocale finale conservata si velarizza: CAMPANA > [kaN'paNa] campana, CAMPANE > [kaN'paNe], campane, LANA > ['laNa] lana: nel dialetto di CF, occasionalmente, tale [N] pu passare a []: *AGINA > ['zia] spiaggia sponda.

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2.2.5 Caratteri che distinguono il tabarchino dal tipo genovese urbano(27) Oltre a quelli gi esaminati (ei > ai, n > []),vanno ricordati: 1. A > -[O]- tonica davanti a [Z z v l n r] > : ['tO:Zi] taci, ['tSO:ve] chiave, [mO] mare; 2. la lunghezza vocalica negli infiniti scompare: MANDUCARE > [man'dZO] mangiare, CANTARE > [kan'tO] cantare; 3. in TB il dittongo au si conserva invece di passare ad ou come in genovese: siaula cipolla [man'dZau] mangiato~ sioula, [man'dZou]; 4. in TB si verifica frequentemente il passaggio di [y] del genovese ad i : tale fenomeno comune anche nel dialetto urbano, ma meno generalizzato: bitega negozio, [ki'au] cognato; 5. S > [S] davanti a [p t k], [Z] davanti [b d g]: ['Spysa] puzza, [Spe'tO] aspettare, ['Skorsa] scorza, buccia ['Zbate] sbattere, ['Zbi:ru] sbirro, rondone; 6. pi frequente che in genovese la caduta di V iniziale o intervocalica; ['u:Ze] voce, urpe volpe, uai volere, son sapone. In gran parte, tali esiti riflettono caratteri conservativi o variet sociolettali e rurali. 2.2.6 Elementi di morfologia e sintassi In generale il dialetto tabarchino riflette esattamente la situazione del genovese attuale. Segnaleremo soltanto i casi in cui si hanno differenze significative. Per quanto riguarda la morfologia: 1. nella formazione del plurale, i participi passati in -au- passano ad aui invece che ad e: bagnau/bagnaui bagnato/i; 2. a Calasetta larticolo femminile plurale i invece di e: i done le donne, i che le case, ecc; 3. alcune forme verbali si differenziano: ad esempio la prima persona singolare del presente indicativo di fo fare fagu faccio invece di fasu, sul modello di dagu do, stagu sto, vagu vado.

27) Per questo paragrafo in particolare e per quello sucessivo mi sono basata sui lavori pi volte citati di E. BLASCO FERRER, 1994 e di F. TOSO (in corso di stampa).

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Per quanto riguarda la sintassi: 1. si nota un uso molto scarso del congiuntivo rispetto al genovese: [be'za ke 'vaVu a ka], bisogna che vado a casa; 2. talvolta il congiuntivo sostituito dal condizionale: se ti te lavesci cu son nu ti fisci ancun brtu se ti lavassi con il sapone non saresti ancora sporco; 3. tra i sostituti del gerundio si ricorre spesso alla forma essere + che + tempo finito: le che cive, sun che telfunu sta piovendo, sto telefonando. In realt tale formula rappresenta una semplificazione del tipo genovese essere + qui + che + tempo finito. 2.2.7 Elementi lessicali In linea di massima il dialetto tabarchino conserva la maggior parte del patrimonio lessicale genovese, come si pu verificare attraverso lo sfoglio del VPL. Allo stato attuale non abbiamo elementi per uno studio comparativo che evidenzi eventuali fenomeni di conservazione od eventuali concordanze del TB. Tuttavia Toso(28) sottolinea la presenza di voci comuni al TB e alle parlate rivierasche tra Genova e Savona, ma assenti in genovese come [ka'suli] gnocchi, che presente ad Arenzano, CF e CA, mentre manca a Pegli e a Genova(29) . Resta dubbio se si tratti, in casi di questo genere, di arcaismi conservati in aree laterali e minori, oppure di veri e propri geosinonimi che potrebbero confermare in particolare la derivazione del TB da un tipo rurale preciso. Toso(30) segnala altrove, ad esempio, la voce carlofortina [ba'StaZu] facchino per sottolineare la difficolt di una verifica delleventuale conservazione di voci arcaiche in TB. Tale parola, dorigine bizantina (bastsios) infatti documentata in genovese trecentesco (Anonimo Genovese), ma comune anche al catalano ed al castigliano (bastaix, bastaje), da dove potrebbe essere passata in sardo.

28) F. TOSO, art. cit. 29) Si veda anche VPL, I, p. 98. 30) Recensione di F. Toso a J. NICOLAS (a c. di), Le rime dellAnonimo Genovese, A Compagna, XXVII, 1995, 1, p. 17.

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Non dunque certo se la voce tabarchina rifletta il genovese antico o se si tratti di un prestito relativamente recente dal dialetto sulcitano. Sempre in tema di sardismi lentit dei prestiti rimane incerta. stata infatti osservata una relativa abbondanza di voci dorigine sarda in particolari campi semantici, come ad esempio in agricoltura: angioni agnello, ['StruNbulu] pungolo, lori striscie di cuoio che legano il giogo alle corna dei buoi, giuole giogo, filari delle vigne, urdinogi corde per guidare i buoi, aioni cuscinetto del timone del carro, ecc.(31) Resta per il fatto che sullelemento lessicale sardo in TB e sulla sua abbondanza si in qualche caso insistito senza tenere conto delle concordanze lessicali esistenti tra sardo e ligure: A. Sobrero (1971)(32), cita ad esempio, tra i sardismi presenti in carlofortino e calasettano, pisai vaso da notte, cichertta e cicherrune tazza, tazzone per il latte; in realt tali voci(33) sono ben documentate in area ligure. Per quanto riguarda il lessico ancora da segnalare la presenza di varianti tra il dialetto carlofortino e quello calasettano come ad esempio: CF articicula CA articioca carciofo, CF curnabgia ~ CA cornebgia origano(34) : dubbio se tali casi riflettano condizioni antiche oppure fenomeni pi recenti di differenziazione interna alle due variet.

31) Gli esempi citati sono tratti da G. B OTTIGLIONI, cit., p. 1-76 32) A. SOBRERO , cit, p. 19. 33) Alcune di esse sono citate in una forma fonetica che non trova riscontro nelluso; ad esempio cicherrune suona in TB cicherun. 34) Esempi tratti da E. BLASCO FERRER, cit; pp. 189-190. Personalmente, attraverso una mia breve indagine, posso citare qualche altro caso di differenze lessicali tra CF e CA, in cui spesso il tipo carlofortino presenta esiti liguri, mentre il calasettano ha assunto voci di provenienza sarda: il caso della raganella usata nella Settimana Santa, in sostituzione delle campane che in detto periodo vengono legate per tradizione cristiana: CF bataila, contro CA matraca. In qualche caso il lessico calasettano pi genericamente italianizzante (CF masacan muratore contro CA murat). Altre differenziazioni tra CF e CA hanno piuttosto carattere fonetico e sono probabilmente legate a influssi diversi del modello genovese metropolitano: CF meia, mela contro CA maia.

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CAPITOLO III IL QUESTIONARIO. TIPOLOGIA DELLA RICERCA ED ESPOSIZIONE DEI DATI RACCOLTI

3.1 Considerazioni preliminari. Scopo del lavoro Prima di esaminare nel dettaglio i risultati emersi dallindagine, si ritiene opportuno procedere a una breve descrizione dei criteri impiegati per la realizzazione della stessa, allo scopo di rendere pi chiaro un procedimento di classificazione e sintesi, altrimenti incomprensibile. Gli elementi tratti dalla lettura dei questionari sono volti a dare un quadro organico sulluso del TB a Carloforte e Calasetta(1) e sul suo mantenimento sia tra i giovani in et scolare (dai 6 ai 15 anni) che tra gli adulti (dai 30 ai 50 anni) come primario strumento di comunicazione. 3.2 Modalit e criteri di procedimento Si voluta concentrare lattenzione su un campione che rappresentasse lintera popolazione scolastica delle scuole elementari e medie inferiori di CF e di CA, e che includesse al contempo un numero di genitori corrispettivo agli allievi. I due centri in questione, la cui densit demografica era nel 1991 per CF di 6.680 abitanti e per CA di 2.682, registrano in entrambi i casi la presenza di ununica scuola elementare e media inferiore con una totalit di iscritti nellanno scolastico 1991-1992 di 600 unit per CF suddivisi in 311 maschi e 289 femmine e di 252 unit per CA suddivisi in 136 maschi e 116 femmine. Grazie alla collaborazione di alcuni membri del corpo insegnante delle scuole medie di CF e CA stato possibile distribuire i questionari

1) Dora in poi per indicare Carloforte e Calasetta mi servir delle abbreviazioni CF e CA.

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a tutti gli scolari: per CF, 600 questionari agli allievi e 600 ai rispettivi genitori; per CA, 252 questionari agli allievi e 252 questionari ai rispettivi genitori. Elaborati in maniera molto semplice e inserendo come dati anagrafici let, il sesso, la professione degli adulti (in massima parte commercianti, marittimi, impiegati statali, operai, casalinghe, pochi liberi professionisti e diversi insegnanti, in particolar modo di sesso femminile), i questionari(2) contengono domande di carattere linguistico e sociolinguistico in numero di 22 per gli allievi e di 48 per i genitori (3), lasciando in alcuni casi libert di risposta (domande a risposta aperta), in altri casi implicando solo le varianti SI e NO (domande a risposta chiusa). Il criterio adottato nella scelta delle domande stato ricondotto allesigenza di evidenziare una situazione linguistica locale la cui eccezionalit non sembra trovare altra rispondenza in altre realt e si manifesta nel forte senso di appartenenza comunitaria e nel grado di coesione, nella riconoscibilit linguistica di un dialetto, nel suo uso in quasi tutti i contesti sociali e soprattutto nel rapporto di autostima nei confronti dello stesso. In realt tali considerazioni sono state rafforzate nei giorni seguenti alla consegna dei questionari quando, in attesa della loro restituzione (la maggior parte, cio quelli relativi alle scuole medie di CF e di CA sono stati restituiti allinteressata attraverso i docenti nella prima settimana di permanenza in loco; quelli invece relativi alle scuole elementari dove la consegna stata effettuata esclusivamente dagli insegnanti, sono stati inviati per posta dopo breve tempo), sono state realizzate alcune interviste, sia agli scolari delle classi II e III media di CF e CA, sia ad alcuni abitanti delle due cittadine.

2) Si vedano le copie dei questionari allievi e adulti in Appendice. 3) Per la diversa tipologia delle domande rimando ai copie in Appendice. Come si vedr, oltre alle copie del questionario tipo allievi e adulti, sono state incluse quattro schede (due relative alle domande rivolte ai genitori, due relative alle domande rivolte agli alunni) nelle quali sono state suddivise parte delle domande a risposta chiusa e parte delle domande a risposta aperta.

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Nel primo caso gli/le allievi/e, oltre a rispondere direttamente in tabarchino a una serie di domande molto simili a quelle contenute nei questionari e a eseguire diverse canzoni e filastrocche popolari durante alcune pause di studio gentilmente concesse dagli insegnanti di materie letterarie, hanno costituito piccoli gruppi di lavoro nei quali veniva ricreata la tipologia di conversazione dialettale normalmente in uso durante le ore di lezione e di gioco. La maggiore libert di espressione da parte degli allievi, che si manifestata attraverso la possibilit di essere i soli protagonisti delle registrazioni, ha consentito di individuare alcune differenze morfologiche nel dialetto delle due comunit. La disponibilit dimostratami dalla Prof.ssa Magda Cipollina per CF e di Remigio Scopelliti unitamente al Prof. Luigi Rivano per CA, stata invece fondamentale nella selezione degli informatori di CF e di CA (operatori turistici e impiegati statali dellet media di 30 anni, insegnanti di et compresa tra i 40 e i 45 anni, pensionati di et superiore ai 60 anni) che nel rispondere ad alcune domande tratte sia dal questionario adulti sia legate alla storia delle tradizioni locali, hanno contribuito ad ampliare lindagine con una serie di interessanti notizie e curiosit. 3.3 Analisi delle risposte e lettura dei dati Lelaborazione di tutte le risposte ottenute non poteva non tener conto di una inevitabile, seppur prevista, dispersione di dati, che ha interessato sia il campione rappresentativo degli allievi sia quello dei genitori di entrambi i centri. Per quanto riguarda gli iscritti alle scuole elementari e medie di CF, dei 600 questionari distribuiti ai presenti ne sono stati restituiti compilati 329 pari al 55% del totale, con una percentuale maschile pari al 51% ed una femminile pari al 49%. Per quanto riguarda gli iscritti alle scuole elementari e medie di CA, dei 252 questionari distribuiti ai presenti, sono tornati regolarmente compilati 202 degli stessi pari all 80% del totale con una percentuale maschile pari al 51% ed una percentuale femminile pari al 49%. Decisamente pi bassa, invece, la percentuale di schede restituite relative al campione dei genitori: per CF, pari al 30% del totale, con una percentuale maschile del 43% ed una percentuale femminile del

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57%; per CA, pari al 27% del totale con una percentuale maschile del 46% ed una percentuale femminile del 54% (ricordiamo che sia per CF che per CA, ogni alunno/a ha consegnato al rispettivo genitore una sola copia del questionario adulti da compilare). Dopo aver ridotto in percentuale tutte le risposte fornite, per ottenere una pi chiara lettura dei dati, sono state realizzate quattro schede differenti sia per gli allievi che per gli adulti di ambedue i centri, nelle quali sono state indicate: per la tabella I, solo le percentuali delle risposte che richiedevano le varianti SI e NO calcolate sulla base della totalit degli iscritti delle scuole elementari e medie inferiori (tabella I allievi CF e CA) e sulla base della totalit degli informatori adulti (tabella I adulti CF e CA)(4); per la tabella II, solo le percentuali delle risposte maggiormente articolate sempre sulla base della totalit del campione allievi e adulti di CF e CA (5) ; per le tabelle III e IV, rispettivamente le percentuali relative alle domande chiuse (SI e NO) ed alle domande aperte del questionario (libert di risposta), ripartite in base allet, considerando per gli allievi ogni anno singolarmente (6;7;8;9; etc sino ai 15 anni), per gli adulti suddividendo gli anni in cinque fasce di et (30-35; 36-40; 41-45; 4650; 51)(6);

4) Si rimanda alla scheda I allievi CF, allievi CA; adulti CF, adulti CA in appendice. Le percentuali indicate in questa tabella, sono riferite al totale degli alunni che hanno restituito il questionario (per CF il 55% degli iscritti, per CA l80% degli iscritti sia alle scuole elementari che alle scuole medie) ed al totale dei rispettivi genitori (per CF il 30% del campione, per CA il 27% del campione rappresentativo). 5) Si rimanda alla scheda II allievi CF, allievi CA; adulti CF, adulti CA, in appendice. 6) Si rimanda alla scheda III allievi CF, allievi CA; adulti CF, adulti CA ed alla scheda IV allievi CF e CA; adulti CF e CA, in appendice. In particolare,la tabella III stata realizzata indicando esclusivamente le percentuali delle domande a risposta chiusa, ma riferite allet degli informatori; per gli allievi ho quindi considerato ogni anno singolarmente (dai 6 ai 15 anni), per gli adulti, ho riportato gli anni suddivisi in cinque fasce di et (dai 30 ai 51 anni). Anche la tabella

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le tabelle III e IV allievi e adulti di CF e di CA saranno impiegate per lanalisi incrociata dei dati. In particolare nella tabella IV relativa ai genitori di CF e di CA le risposte n 29 e 42,(7) presentando una variet di esempi diversi che mirano ad evidenziare alcune differenze di parlata fra i soggetti adulti e le generazioni pi giovani (variabile generazionale) e fra CF e CA allinterno del diasistema tabarchino (per il materiale in nostro possesso, solo per quel che concerne pochi vocaboli duso corrente), non indicano lequivalente dato in percentuale. Per quanto riguarda infine, eventuali differenze linguistiche connotabili sulla base di differenze di strato socio-economico di grado culturale e quindi di attivit lavorativa (variabile diastratica), non potendo avvalerci di una precisa corrispondenza tra alunno e genitore (non tutti i genitori hanno specificato il loro cognome e la professione svolta) verranno valutate le risposte degli adulti con un livello di istruzione superiore, solo se il dato relativo alluso del dialetto allinterno della famiglia risulti sufficientemente rappresentativo. Si proceder ora ad esporre quanto emerso dal ricorso allindagine campionaria attraverso una lettura orizzontale ed incrociata dei dati (nel primo caso, osservando per ogni domanda dalla n 1 alla n 22 per gli scolari e dalla n 1 alla n 48 per i genitori, lequivalente risposta in percentuale, nel secondo caso, incrociando solo alcune delle domande ritenute maggiormente indicative, con le variabili extralinguistiche considerate: generazionale, sessuale, diastratica), tenendo conto del fatto che i problemi collegati alla scelta delle unit di rilevazione che entrano a far parte del campione (e quindi della sua ampiezza) e quelli concernenti la generalizzazione del risultato

IV stata realizzata rapportando ogni risposta in percentuale, allet degli informatori. In questo caso trattandosi di considerare solo le domande a risposta aperta, ho cercato di ridurre il pi possibile la tipologia delle risposte inserendo al massimo tre varianti e corredando la scheda di una breve legenda per una migliore comprensione delle abbreviazioni da me impiegate. 7) Per le domande 29 e 42 si veda la copia del questionario facsimile relativo agli adulti, contenuta in appendice.

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campionario allintera popolazione delle due comunit studiate, potranno eventualmente condizionare le conclusioni cui si perverr. Si pu comunque affermare che durante la procedura di verifica i risultati osservati non sono stati sostanzialmente differenti da quelli che si sarebbero attesi sulla base delle ipotesi formulate allinizio della ricerca e che anzi, molti dei dati registrati riflettono condizioni generali di dialettofonia facilmente estensibili alla totalit della popolazione residente. 3.4 Analisi orizzontale dei dati Al fine di illustrare ci che lindagine sociolinguistica, attraverso limpiego dei questionari, ha permesso di dimostrare nei due sensi, quantitativo (quanti a CF e CA usano il dialetto e quante interazioni si svolgono in dialetto; quanti usano la lingua e quante interazioni vengono svolte in lingua; ecc.) e qualitativo (in quali circostanze e chi usa il dialetto; in quali circostanze e chi usa la lingua; ecc.) e compiere quindi lanalisi vera e propria intesa a descrivere le tendenze principali del comportamento linguistico della comunit tabarchina di CF e CA cos come si sono manifestate sulle unit esaminate, si prevista, in questa prima fase, una lettura orizzontale di tutte le risposte fornite dal campione considerato. Come gi in precedenza indicato, esso rappresenta per CF e CA rispettivamente il 55% e l80% del totale degli scolari iscritti nellanno scolastico 1991/92; per i genitori degli alunni il 30% ed il 27% del totale degli adulti ai quali si voluto estendere tale studio, ed in rapporto alla popolazione residente nel 1992, il 18% degli abitanti per CF, il 19% degli abitanti per CA. A questo punto vediamo, tradotte in percentuale, le risposte ottenute dal campione alunni di CF e di CA e dal campione adulti di CF e di CA, riportate graficamente nelle tabelle I e II in appendice per consentire, attraverso la rappresentazione schematica dei dati indipendenti (cio che non contengono grandezze in variazione reciproca), una lettura molto pi agevole ed immediata.

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3.4.1 Esposizione dei risultati corrispettivi del campione alunni CF Argomenti trattati: uso del TB (domande 1,3,5,6,8,9,16,18); uso dellitaliano (domande 2,13,20); comprensione del TB (domande 2,19); apprendimento del TB (domanda 4); apprendimento dellitaliano (domanda 10); conoscenza del sardo (domanda 7); differenze tra dialetto di CF e di CA (domande 14,15); giudizio espresso nei confronti del TB (domande 11,21,22); Dalla raccolta e dallesame di tutti i dati riguardanti il campione selezionato e sottoposto ad inchiesta si rileva che la percentuale dei parlanti dialettofoni con competenza attiva e passiva del dialetto raggiunge il 72% del totale mentre la percentuale dei parlanti a competenza passiva risulta pari al 66%. Il 55% degli alunni che parla prevalentemente in TB utilizza sempre il dialetto nella comunicazione quotidiana con i genitori e il 39% di essi ricorre sovente a parole o frasi in TB anche durante le ore di lezione nei dialoghi con il proprio insegnante (che nel 53% dei casi tende a riprendere lallievo). Il 70% degli intervistati, comunque, individua nella famiglia (genitori e parenti) il contesto pi idoneo e favorevole nel quale preferire allitaliano limpiego del dialetto, dato che solo l11% conferma di utilizzarlo esclusivamente con i compagni di gioco; allo stesso modo, sono i genitori per il 69% ad insegnarlo ai propri figli, i nonni per il 7% ad insegnarlo ai propri nipoti e gli stessi ragazzi ad apprenderlo dal 5% dei loro amici. Riconoscere al TB un ruolo fondamentale ed in qualche caso di preminenza rispetto allitaliano, manifestando al contempo nei confronti dello stesso un atteggiamento di autostima ed orgoglio, trova riscontro nei dati riguardanti il giudizio che i ragazzi esprimono sulla loro competenza linguistica: il 58% fiero di parlare TB, il 23% ne molto fiero e solo il 4% ritiene che luso del dialetto faccia ormai parte di un passato da abbandonare. facile che le stesse origini liguri e lindividuazione di un sistema

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comunicativo comune incidano anche nei rapporti che, durante il periodo estivo, si consolidano tra i ragazzi di CF e alcuni ragazzi provenienti dalla Liguria: il 65% dei parlanti dichiara di avere frequenti contatti con coetanei di origine ligure e nel 24% dei casi di parlare con loro solo TB, visto che il 74% ritiene che essi siano in grado di comprenderlo anche se dimostrano una minore propensione ad utilizzarlo. Pi alta, invece, la percentuale di quanti, tra gli alunni di CF, preferiscono luso dellitaliano a quello del TB quando si trovano insieme a coetanei di CA, il 57% contro il 20% che utilizza il TB, tendenza che il 64% degli intervistati associa ad alcune differenze riguardanti la cadenza (secondo il 23%) e riguardanti elementi di pronuncia (secondo il 20%) considerate particolari della variet linguistica di CA rispetto a quella di CF. Sempre da ricondurre alluso dellitaliano infine il dato che attesta sull82% la percentuale di parlanti che dichiara di preferire litaliano al TB, quando tra gli interlocutori vi sono coetanei di SantAntioco o di altri paesi della Sardegna che, secondo lopinione espressa dagli alunni di CF, utilizzano di norma litaliano per il 36% ed il sardo per il 30%. A questo proposito sono interessanti i risultati che documentano il livello di conoscenza del sardo (limitato per a qualche parola) che per CF, nonostante la relativa distanza dalla terraferma e quindi dallinfluenza diretta di SantAntioco, raggiunge il 67% (in questo caso si ipotizza che lapprendimento del sardo possa essere favorito dalluso parlato di uno dei componenti della famiglia di origine sarda). Luso del sardo da parte dei ragazzi di CF invece limitato, com presumibile, all1% mentre del 2% la percentuale che fa riferimento a quanti, nelle conversazioni con amici residenti a SantAntioco, usano il TB non trovando difficolt ad essere compresi. Ad ogni modo, anche se il 91% dei ragazzi intervistati concorde nellaffermare che per un buon apprendimento della lingua italiana resti fondamentale il ruolo svolto dai mass media, attraverso televisione e stampa, contemporaneamente l89% sembra poco incline a confinare il TB entro i limiti di un uso marginale e sporadico (e questo avvalorerebbe il fatto che il dialetto non considerato un ostacolo allacquisizione della lingua) e, riconoscendo nello stesso lespressione viva e vitale di una comunit ancora saldamente ancorata alle proprie

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origini storiche e linguistiche, ribadisce la volont di vedere il TB insegnato a scuola, usato e diffuso a partire dalle generazioni pi giovani, affinch possa essere mantenuto immutato il suo valore tra le componenti sicuramente pi caratterizzanti del patrimonio culturale di una societ. 3.4.2 Esposizione dei risultati corrispettivi del campione alunni CA Argomenti trattati: uso del TB (domande 1, 3, 5, 6, 8, 9, 16, 18 ); uso dellitaliano (domande 12, 13, 20); comprensione del TB (domande 2, 19); apprendimento del TB (domanda 4); apprendimento dellitaliano (domanda 10); conoscenza del sardo (domanda 7); differenza tra dialetto di CA e di CF (domande 14, 15); giudizio espresso nei confronti del TB (domande 11, 21, 22). Com avvenuto per i dati relativi al questionario alunni di CF, lesposizione dei risultati ottenuti dal campione rappresentativo degli alunni di CA proceder in modo molto semplice. In questo caso va per segnalata la particolare situazione presente a CA nel suo rapporto con CF e con limmediato Sulcis. Da un lato infatti, la stretta vicinanza di SantAntioco ha senza dubbio influito sia sul livello di dialettofonia registrato tra gli scolari intervistati il 62% parla TB, di cui il 46% a casa con i propri familiari, il 15% a scuola con i propri compagni di classe e l1% con gli amici di SantAntioco, contro l85% che dichiara di avere del TB solo una competenza passiva sia sul grado di conoscenza del sardo il 72% conosce parole ed espressioni in dialetto campidanese anche se poi solo il 5% che utilizza il sardo nelle conversazioni con i coetanei di SantAntioco spiegabile alla luce dei pi frequenti contatti con amici residenti a SantAntioco e soprattutto col fatto che nel 56% dei casi questi ultimi tendono tra loro ad utilizzare il sardo piuttosto che litaliano (gli italofoni sono il 28%). Nei rapporti con i coetanei di SantAntioco resta comunque alta la percentuale di quanti reputano litaliano lingua attraverso la quale esprimere idee e concetti in modo pi largamente comprensibile: 89

l89% degli scolari di CA preferisce luso dellitaliano con gli amici di SantAntioco o dei paesi vicini, mentre il 65% lo impiega normalmente nella comunicazione con gli amici o compagni di scuola carlofortini. Nonostante lindagine abbia lo scopo di evidenziare come il dialetto TB costituisca ancora un motivo di forte coesione per le due comunit di CF e CA, il dato sul livello di italofonia non deve stupire, visto che anche a CA il 93% degli intervistati ritiene fondamentale per lapprendimento dellitaliano il ruolo svolto dagli organi di informazione. Anzi, si pu aggiungere che proprio a CA lalto numero di matrimoni misti e la consuetudine di un rapporto pi diretto con SantAntioco ed il resto del Sulcis ha reso necessaria, pi che a CF, lalternativa di una lingua comune in grado di limitare, per quanto possibile, linsorgere di eventuali ostacoli nella comunicazione. Ma, probabilmente, sono appunto tali condizioni ed esigenze a rendere non meno significativo quanto si rileva dalle risposte riguardanti lapprendimento e luso del TB tra i bambini ed i ragazzi di CA sia allinterno della famiglia che nei rapporti interpersonali. Il 22% degli alunni, infatti, utilizza il TB con i coetanei di CF (per quanto il 69% ritenga vi siano alcune differenze allinterno della stessa variet dialettale, sia di cadenza per il 24%, sia a livello di pronuncia per il 27%), l11% non ha problemi ad impiegarlo nella normale conversazione con coetanei provenienti dalla Liguria (pi della met, il 52%, dichiara di conoscere ragazzi di origine ligure, in special modo durante i mesi estivi, ed il 69% sostiene che questi bench non lo parlino, siano in grado di comprendere il genovese), il 27% ha propensione a rispondere in TB anche nel rivolgersi al proprio insegnante (che nel 32% dei casi tende a riprendere lallievo), mentre il 23% degli scolari parla sempre TB nel dialogo quotidiano con i genitori ed il 61%, pur parlando in italiano, intercala frequentemente con parole o frasi in dialetto. Daltra parte, la maggioranza degli intervistati trae proprio dal contesto familiare e da quello in cui si svolge unattivit ricreativa gli stimoli necessari allapprendimento del TB (il 44% sostiene di averlo appreso dai genitori, il 12% dai nonni ed il 5% dagli amici e compagni di scuola), cosa questa che aiuterebbe a spiegare anche la percentuale del 70% relativa a chi conosce proverbi,

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filastrocche e canzoni di origine popolare tramandate, attraverso le narrazioni e i racconti degli anziani, alle generazioni pi giovani. La consapevolezza che sia riposto proprio in loro, nelle generazioni pi giovani appunto, il compito di mantenere il pi possibile vivo luso di un dialetto cos profondamente radicato (ma anche secondo alcuni, cos pericolosamente minacciato da probabili condizionamenti esterni), non solo come semplice strumento di comunicazione, ma come elemento riconoscibile di una identit culturale e soprattutto linguistica nel caso della comunit dei Tabarchini in Sardegna, si riflette nei dati successivi, a conclusione di questa seconda parte dedicata agli alunni. Essi infatti registrano sia il livello di autostima che i ragazzi manifestano nei confronti del TB il 42% infatti orgoglioso di parlare TB, il 20% molto fiero, e solo il 5% ritiene che sia giunto il momento di abbandonarne luso sia limportanza che essi, nel 78% e nell80% dei casi, attribuiscono al TB perch questo possa continuare ad essere usato, diffuso e insegnato a scuola accanto alla lingua italiana. 3.4.3 Esposizione dei risultati corrispettivi del campione adulti CF Argomenti trattati: uso del TB (domande 1, 2, 7, 8, 22, 26); uso dellitaliano (domande 3, 7, 25); provenienza genitori e coniugi (domande 4, 5, 6); uso del dialetto dorigine di uno dei coniugi non di CF da parte dei figli (domanda 10); uso e comprensione del TB da parte dei Sardi (domande 13,14, 15, 16); uso e comprensione del sardo da parte dei Carlofortini (domande 17, 18, 19, 20); differenze riscontrate tra il dialetto di CF e di CA e differenze rispetto al dialetto parlato attualmente (domande 27, 28, 29, 41); influenza sarda e meridionale sul TB (domande 11, 23); Carlofortini in Sardegna, Sardi a CF (domande 12, 21); qualit dei rapporti e scelta linguistica adottata con Genovesi e Liguri (domande 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39);

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giudizio espresso nei confronti del TB e verso la ricerca effettuata (domande 43, 44, 45, 46, 48). Evidentemente pi articolate e specifiche, le domande sottoposte allattenzione dei genitori e qui brevemente elencate negli argomenti principali, hanno avuto, nella maggior parte dei casi, risposte esaurienti e particolareggiate. Per questo, durante la fase di verifica dei risultati, si reso necessario ricorrere ad un linguaggio adeguato e comprensibile che, pur nellestrema sintesi richiesta dagli spazi di schedatura previsti, fosse in grado di registrare con lopinione genericamente diffusa ed espressa dal campione, lo stato di conservazione del TB, la tendenza linguistica prevalente tra i parlanti al momento attuale e nel rapporto lingua-dialetto, il livello di valorizzazione attribuito al TB mai scaduto a strumento comunicativo subalterno n, tantomemo, ristretto nelluso a situazioni ben determinate (8) . Vediamo adesso nel dettaglio i dati ottenuti: l87% degli adulti intervistati ha dichiarato di usare comunemente il TB e di parlarlo, nel 49% dei casi, in famiglia e con i colleghi di lavoro, nel 37% dei casi di parlarlo sempre con tutti (familiari, amici, conoscenti, negozianti, con il proprio medico se questi di CF, con il Sindaco e gli impiegati comunali) e di usarlo in tutte quelle occasioni nelle quali la conversazione libera in TB non crei particolari problemi di comprensione tra gli interlocutori presenti (a questo proposito, il 76% degli intervistati utilizza normalmente il TB nei dialoghi con gli amici di CA). Sempre per quanto riguarda luso del dialetto, ulteriori osservazioni in merito alle modalit contestuali dimpiego del TB troveranno una diretta corrispondenza nel paragrafo gi esposto relativo agli alunni, dove la famiglia viene ritenuta lambito in assoluto pi idoneo e

8) Interessanti notizie che registrano la tendenza ad estendere luso del TB alle pi diverse occasioni della vita sociale, mi giungono da alcuni informatori di CF e di CA secondo i quali si parlerebbe in TB durante lo svolgimento delle assemblee del consiglio comunale e tra i docenti delle scuole medie nelle riunioni di consiglio di istituto.

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favorevole nel quale la tendenza alluso del TB si maggiormente sviluppata. Allo stesso modo, procedendo nel mio studio sullatteggiamento linguistico diffuso tra i soggetti adulti, la verifica delle risposte riguardanti la provenienza e lorigine dei coniugi e dei genitori degli intervistati mi sembrata interessante per avere ulteriore conferma del fatto che la trasmissione del patrimonio linguistico e del dialetto in particolare avviene in primo luogo in famiglia e che luso del TB tra coniugi e con i rispettivi figli proporzionale al dato che attesta lorigine carlofortina della maggioranza dei membri che compongono il nucleo familiare. Ecco dunque i dati a confronto: il 70% dei genitori di ogni adulto intervistato di CF o di CF e CA, il 15% proviene dalla Sardegna ed il 14% riguarda la percentuale dei genitori misti, dove uno dei due coniugi non di CF generalmente sardo; il 73% degli adulti intervistati nato a CF di origine carlofortina e calasettana, nel 21% dei casi la moglie / il marito proviene dai paesi del basso Sulcis, o dalla zona del Campidano, o dalla Sardegna centro-meridionale, ma anche seppur in minima parte, dalla Sicilia, dalla Campania, dal Piemonte, dal Veneto, il 4% infine composto da coniugi esclusivamente sardi. Nel caso in cui la moglie o il marito non sia di CF la lingua parlata tra coniugi per il 66% degli intervistati il TB , per il 29% litaliano, per il 2% il sardo; il 63% dei genitori parla TB con i propri figli e solo il 9% dei figli, nel caso in cui la madre o il padre abbia unorigine non carlofortina, tende a parlare anche il dialetto dorigine di uno dei genitori. Daltra parte, se di tutte le influenze culturali e sociali il dialetto costituisce il mezzo esteriore di espressione pi tipico di una comunit e quindi pronto per essere appreso (specie se a non ostacolarne luso sono proprio i componenti del nucleo familiare), luso e la preferenza della lingua italiana inserita in un contesto cos particolare ed inconsueto, rispetto al resto della situazione linguistica italiana, non pu che offrire interessanti spunti di indagine. Il 67% degli adulti che dichiara di preferire luso dellitaliano solo talvolta e solo in determinate occasioni rivela infatti un atteggiamento che possibile riscontrare piuttosto frequentemente e per il quale un notevole numero di abitanti, in massima parte dialettofoni, solito cambiare automaticamente il registro linguistico a seconda delle

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persone, dellambiente, delle circostanze. Ma se per il 27% dei genitori si pu parlare di prevalente italofonia, analogo discorso a quello sopra accennato vale anche per il 15% e per il 20% dei genitori che nel preferire luso dellitaliano a quello del TB nellambito del sistema educativo impartito ai propri figli, ne motiva la scelta rispettivamente per una inclinazione naturale a parlare italiano anche tra coniugi e per una esigenza strettamente educativa, finalizzata a non corrompere con luso di forme linguistiche popolari il buon apprendimento dellitaliano insegnato a scuola. La tendenza, comunque largamente diffusa sia nella comunit dei tabarchini di CF che in quelli di CA, a non sminuire limportanza del ruolo linguistico e culturale del dialetto, ma anzi, a proporlo come uno degli elementi fondamentali di riconoscibilit etnica (attraverso il quale appunto, i tabarchini residenti in Sardegna hanno saputo e voluto esprimere la propria appartenenza al ceppo ligure nonostante alcuni si considerino semplicemente sardi richiamando allo stesso tempo su questa le proprie origini storiche), si manifesta molto chiaramente anche nel rapporto con la vicina Sardegna (solo il 15% degli intervistati sostiene che la vicinanza con la Sardegna abbia in parte influito sul dialetto parlato oggi a CF, mentre il 25% ritiene che sia stata limmigrazione dell800 dallItalia meridionale Sicilia, Campania ad aver lasciato possibili tracce nel dialetto TB)(9). Il 96% dei genitori intervistati conosce infatti famiglie di origine sarda o provenienti dalla Sardegna che nel corso degli anni si sono stabilite a CF; il 48% ritiene che luso del TB sia importante e necessario per la loro integrazione nel nuovo contesto sociale dato che il 94% ed il 62% degli intervistati afferma che i Sardi hanno una competenza in generale sia attiva che passiva del dialetto, mentre il 19% ritiene che

9) Circa le possibili tracce lasciate nel dialetto TB dalle molte famiglie immigrate dal Sud dellItalia nell800, posso soltanto avvalermi di qualche testimonianza orale dato che nessuno degli intervistati ha saputo indicare in questa risposta esempi di particolare rilevanza. Sono invece in grado di affermare come nella tradizione culinaria locale siano rimasti elementi ancor oggi documentabili di un passato che affonda le proprie radici soprattutto in Sicilia ed in Tunisi.

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la competenza attiva del TB non sempre si accompagni ad una esatta capacit di espressione (secondo gli informatori, nei rapporti con i Carlofortini il 95% dei Sardi si esprime in italiano e solo il 2% in sardo). Un certo atteggiamento di apertura nei confronti del sardo si verifica da parte dei Carlofortini, il 18% dei quali dichiara di conoscere e saper parlare in sardo (ma soltanto in presenza di interlocutori di origine sarda), mentre il 33% pur non utilizzandolo, ne ha una competenza passiva; l82% conosce altre comunit di Tabarchini che hanno scelto di risiedere nel resto della Sardegna e il 71% ritiene che siano in grado di comprendere il sardo ma, a differenza dei sardi residenti a CF, trattandosi di comunit molto coesive, il 64% sostiene che luso del dialetto dorigine sia stato, nellambito delle stesse, mantenuto e conservato inalterato. Questa volont di conservazione sottintende una tendenza particolarmente accentuata tra i Carlofortini intervistati a considerare il proprio dialetto una diretta ripercussione del modello ligure e come tale a ritenerlo superiore sia rispetto al sardo che, sorprendentemente, al TB parlato a CA: tale tendenza si manifesta molto chiaramente nei dati sul rapporto tra il dialetto di CF e quello di CA e sullatteggiamento dei Carlofortini nel loro rapporto con i Liguri e il Genovese. L82% dei genitori di CF intervistati sostiene che il dialetto parlato a CF senza dubbio pi puro rispetto a quello parlato a CA riferendo, nel 57% dei casi, che la maggior integrit del loro dialetto dovuta in massima parte ad una minore azione di contaminazione ed influenza di elementi linguistici sardi, grazie alla posizione di estrema insularit rispetto al resto della Sardegna (il 33% sostiene che il dialetto di CA differisce da quello di CF a causa della pronuncia, il 6% per quanto riguarda luso degli accenti). A sostegno di quanto detto, il 97% del campione analizzato sostiene di comprendere molto bene il genovese e il ligure in generale, il 99% consapevole del fatto che il TB un dialetto di ceppo ligure, ceppo dal quale peraltro, deriva gran parte della tradizione tabarchina orale; l87% ed il 92% conoscono canzoni, poesie e racconti in genovese anche attraverso lascolto di materiale registrato. Sostanzialmente positivo, dunque, latteggiamento dei Carlofortini nei confronti dei Genovesi e Liguri (spesso presenti a CF e CA

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durante il periodo estivo): il 39% ha infatti espresso un giudizio positivo, il 28% molto positivo, il 24% esprime un atteggiamento indifferente, cio analogo al comportamento adottato nei riguardi di qualsiasi turista proveniente da altra regione. Veniamo infine al giudizio formulato dal campione in merito al valore attribuito al TB che tuttavia, come componente rappresentativa della tradizione di una comunit e della coesione dei due gruppi sociali di CF e CA, potrebbe essere soggetto, per il 19% degli intervistati, ad eventuali trasformazioni e destinato per questo, a scomparire nel tempo. A tale proposito, se il 67% nota gi delle differenze tra il dialetto parlato dai propri genitori e quello oggi in uso dalle nuove generazioni, il 60%, ritiene che la conoscenza e luso del dialetto non dovrebbe danneggiare in maniera determinante il buon uso dellitaliano, ma che anzi, come dimostra il 72% degli intervistati, il dialetto locale (da sempre pi usato a CF che non il sardo nel resto della Sardegna, secondo il 72% degli adulti) debba essere mantenuto e diffuso come valido strumento di comunicazione. 3.4.4 Esposizione dei risultati corrispettivi del campione adulti CA Argomenti trattati: uso del TB (domande 1, 2, 7, 8, 22, 26); uso dellitaliano (domande 3, 7, 25); provenienza genitori e coniugi (domande 4, 5, 6); uso del dialetto dorigine di uno dei coniugi non di CA da parte dei figli (domanda 10); uso e comprensione del TB da parte dei Sardi (domande 13, 14, 15, 16); uso e comprensione del sardo da parte dei Calasettani (domande 17, 18, 19, 20); differenze riscontrate tra il dialetto di CA e CF e differenze rispetto al dialetto parlato attualmente (domande 27, 28, 29, 41); influenza sarda e meridionale sul TB (domande 11, 23); Calasettani in Sardegna, Sardi a CA (domande 12, 21); qualit dei rapporti e scelta linguistica adottata con Genovesi e Liguri (domande 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39);

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giudizio espresso nei confronti del TB e verso la ricerca effettuata (domande 43, 44, 45, 46, 48). Di poco inferiore, rispetto alla percentuale che fa riferimento al campione adulti di CF (30% del totale), il dato che attesta con un indice del 27% quanti, tra i soggetti adulti sottoposti a indagine, hanno fornito materiale idoneo allo studio e allosservazione del comportamento linguistico e delle sue modificazioni nellambito di una struttura sociale sensibilmente diversa da quella carlofortina e causa del pi diretto influsso sardo (in realt, il ruolo della componente sarda allinterno del sistema linguistico e sociale di CA ha avuto senza dubbio unincidenza maggiore che non a CF, ma non si potrebbe affermare con certezza, come invece molti sarebbero portati a pensare, che la medesima componente sia stata determinante, se non responsabile, della crescita del livello di italofonia registrata in taluni casi). dunque rappresentata da una percentuale che raggiunge il 65%, la realt dei parlanti dialettofoni a CA, che si manifesta nelluso colloquiale in famiglia e sul posto di lavoro per il 53% dei casi e, a pi livelli di conversazione, con interlocutori appartenenti a strati sociali diversi (amici, conoscenti, commercianti, impiegati di enti pubblici, ma anche con il proprio medico, il parroco, il Sindaco), per il 12% degli intervistati che dichiara infatti di usare il TB sempre, con tutti; il 25%, inoltre, solito impiegare il dialetto con amici e conoscenti di CF, mentre il 28% ne favorisce luso nella conversazione quotidiana con i propri figli. Questultimo dato, che ritroviamo invariato per tutti coloro che affermano di non utilizzare mai il dialetto, introduce, invece, una generale tendenza allitalofonia confermata in parte dallandamento del valore corrispondente alluso dellitaliano che per CA risulta essere del 62% (contro il 27% rilevato a CF) nel caso in cui la lingua italiana venga adottata sempre, in ogni situazione ed in tutti i rapporti interpersonali e del 34% (contro il 67% rilevato a CF) nel caso in cui vi sia soltanto un uso eccezionale dellitaliano in alternativa alluso del dialetto. Condizione quindi di apparente priorit riservata alla lingua italiana, che sembra quasi avvalorare lipotesi di un pericolo incombente sulla qualit (vitalit) del dialetto in un determinato momento, ma che in sostanza testimonia la funzione della lingua (specie per le nuove 97

generazioni, pi esposte allazione divulgatrice esercitata dai canali di comunicazione), senza peraltro pregiudicare la particolare posizione di autonomia raggiunta dal dialetto ed il contemporaneo impiego, da parte dei membri della comunit calasettana, di registri diversi del repertorio verso i quali ritengono avere maggiore competenza. Non di meno, se uno dei punti fermi richiesti dalla ricerca tradizionale quale lorigine dei genitori, lessere nato nel paese da genitori entrambi del paese pu condurre alla individuazione del comportamento linguistico nei soggetti appartenenti alle generazioni pi giovani (figli, nipoti), lo studio effettuato sul nostro campione in merito allorigine ed alla provenienza dei genitori (nonni del campione alunni) e del coniuge di ciascun adulto intervistato (genitori del campione alunni), sembrerebbe confermare, attraverso alcuni dati significativi che segnalo brevemente (il 72% dei genitori nato a CA, il 59% di origine calasettana e/o carlofortina, il 28% rappresenta il caso dei genitori misti, dove uno dei due coniugi non di CA proviene in genere dalla Sardegna, il 9% indica i genitori di origine sarda; per quanto riguarda invece la provenienza delle coppie di coniugi comprese nel campione analizzato, nel 54% dei casi la moglie/il marito di CA o di CF, il 35% fa riferimento alle coppie miste, dove uno dei due coniugi non di CA sardo/sarda normalmente di provenienza sulcitana con unincidenza minore di soggetti originari della Sardegna centro-settentrionale il 4% infine costituito da coniugi sardi), come la tendenza a privilegiare luso del dialetto TB (per il 65% del totale) nellambito di particolari contesti (soprattutto in famiglia) e con interlocutori appartenenti alla sfera delle amicizie, dipenda in primo luogo dal tipo di usi, abitudini ed interazioni linguistiche gi in atto allinterno del nucleo familiare di cui il parlante fa parte e dal quale lo stesso riceve tutte quelle informazioni utili a definire una struttura linguistica nella quale convivono, sulla base di una reciproca correlazione, lingua e dialetto. Questa sorta di complementarit si manifesta, nel caso di CA, nei soggetti adulti che con il proprio coniuge di origine non calasettana e con i rispettivi figli preferiscono abbandonare luso del dialetto a vantaggio della lingua italiana (e questo anche se in realt, le coppie di origine tabarchina, il 54%, superano in percentuale le coppie sarde

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e miste, il 39%) in modo tale che lingua e dialetto possano essere identificati come codici alternativi, ma coesistenti, che i parlanti impiegano a seconda delle situazioni ed in ragione di determinate esigenze, dimostrando uguale consapevolezza dei valori comunicativi con essi correlati. A tale proposito il campione si cos espresso: il 69% sottolinea limportanza delluso dellitaliano nel dialogo con il proprio coniuge (a CF il dato registrato del 29%), il 25% agevola il TB (contro il 66% registrato a CF), mentre solo il 3% parla esclusivamente in sardo (in questa percentuale, com ovvio, rientrano le coppie di origine sarda), inoltre, il 28% solito estendere luso del TB ai propri figli e, dato ancor pi interessante, nel 21% dei casi (contro il 9% rilevato a CF), i figli dimostrano una certa propensione ad utilizzare nelluso colloquiale anche il dialetto dorigine di uno dei genitori di provenienza non calasettana. Daltra parte, come rivela lindagine effettuata, la specificit della situazione linguistica locale, che si riflette con particolare evidenza nellalto grado di conservativit del dialetto TB, ma anche nel richiamo a peculiarit proprie di una realt aperta al contatto diretto con la lingua italiana e il sardo, non pu che suggerire validi orientamenti di ricerca. Ad esempio, il livello di competenza attiva e passiva che i parlanti di CA dimostrano nei confronti del sardo (individuato rispettivamente nel 32% e nel 62% del totale), mette in luce proprio il rapporto che i Calasettani vivono con lattigua Sardegna, rapporto che peraltro si sempre manifestato sul piano della reciproca convivenza, ma che da un punto di vista strettamente linguistico, non ha causato fratture rilevanti allinterno del sistema in atto: se infatti nel corso degli anni stato frequente il fenomeno di emigrazione interna che ha portato numerose famiglie di origine sarda a stabilirsi definitivamente a CA (conosciute dal 94% degli intervistati) cos, per motivi di lavoro e di studio (per quel che riguarda le nuove generazioni), si verificato anche il processo inverso che vede ormai diverse comunit di Tabarchini risiedere in centri della Sardegna (Cagliari, Domusnovas, Sassari, Porto Torres, Iglesias, ma anche Carbonia, SantAntioco, Portoscuso, Villamassargia) presso i quali, secondo quanto afferma

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il 34% degli adulti intervistati, si cercato di conservare luso del dialetto TB mantenendone, quindi, inalterata la sua vitalit. Lo scambio culturale che inevitabilmente deriva da una situazione cos atipica e che al contempo sottintende, attraverso luso o la conoscenza di una delle due variet, una precisa volont di integrazione sociale nellambito del nuovo contesto di appartenenza, viene confermato dagli stessi risultati prodotti dal campione circa il livello di competenza linguistica dimostrato dai parlanti di origine sarda e dai parlanti di origine tabarchina residenti a CA nei confronti del TB e del sardo. Laumento dei valori in percentuale riferiti alladeguamento linguistico dei parlanti sardi nei riguardi del TB contribuisce, per, ad avvalorare quello che ritengo essere uno degli aspetti pi manifesti della situazione del TB e che pu essere individuato nel prestigio linguistico che caratterizza la parlata TB oggi, come allepoca della fondazione della sede tunisina, attraverso i tratti distintivi di una genovesit sempre rinnovata(10) e che fa sentire i suoi effetti anche sullelemento sardo (la continuit dei rapporti con la madrepatria non ha significato soltanto lintroduzione di nuovi apporti linguistici legati alla parlata metropolitana, ma senza dubbio servita a rafforzare, nella comunit dei Tabarchini in Sardegna, il forte sentimento di appartenenza linguistica ed etnica). Limportanza sociale attribuita alla lingua come mezzo indispensabile di comunicazione per partecipare alla vita della collettivit stata infatti maggiormente avvertita dalle persone di origine sarda trasferite a CA (o a CF) piuttosto che dai Calasettani presenti nel resto della Sardegna: se vero che il 93% degli intervistati dichiara che gli abitanti dei paesi sardi circostanti nelluso colloquiale con un Calasettano preferiscono litaliano al TB (solo il 7% si esprime in sardo con i sardi residenti a CA), anche vero che il 91% ed il 60% del campione sostiene che essi siano in grado, rispettivamente, di comprendere e di parlare il TB con relativa facilit (con qualche difetto di espressione secondo il 15%), mentre il 32% ritiene che la

10) F. TOSO , Tabarchino e Genovese, cit..

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competenza attiva o passiva del TB sia indispensabile per la loro integrazione nella comunit. Tuttavia, nonostante il 79% del campione consideri la vicinanza della Sardegna ininfluente sul dialetto parlato a CA (solo il 16% ritiene responsabile di qualche nuova acquisizione limmigrazione avvenuta nell800 dallItalia meridionale), le conseguenze dirette derivate dal fattore ambientale di una continuit territoriale tra linsediamento calasettano (non pi separato dal mare) e lisola di accoglienza, si possono ravvisare nella penetrazione a livello fonologico e lessicale di un maggior numero di prestiti (rispetto a CF) quasi certamente imputabili allinflusso del sardo(11) e per questo assenti nel genovese moderno, ma che comunque non sembrano aver intaccato la base del sistema linguistico tabarchino (troviamo esempi di sardismi nel settore agricolo e gastronomico, mentre diversi lemmi di origine sarda sono ormai entrati a far parte del dialetto TB attraverso litaliano regionale e il gergo giovanile). Per riallacciarci, infine, a quanto prima brevemente accennato e per concludere questa seconda parte dedicata allesposizione orizzontale dei dati pertinenti al campione adulti di CA, verranno esaminate le risposte ottenute in merito al valore che gli intervistati hanno assegnato al dialetto TB parlato a CA, con riferimento particolare a quella che la loro attuale posizione nei confronti della madrepatria linguistica. Individuare allinterno di una comunit di parlanti lo stato di conservazione di una lingua e, contemporaneamente lo spirito e la coscienza linguistica che gli stessi hanno imparato a mantenere viva nellarco di quasi duecentocinqantanni, si reso possibile grazie al giudizio ed alle motivazioni ad esso collegate, che ha portato il campione analizzato ad esprimersi sul grado di maggiore o minore purezza del dialetto parlato a CA rispetto a quello usato a CF. Linteresse per tale domanda stato accolto dalla met dei miei informatori che, nel 50% dei casi appunto, si sono trovati daccordo nel ritenere il dialetto ligure di CA pi puro di quello di CF. Il 37%

11) E. BLASCO FERRER, Contributo alla conoscenza del ligure insulare. Il tabarchino di Sardegna, cit.

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di questi, adducendo come spiegazione pi probabile il fattore ambientale, tra i fenomeni storici, culturali e linguistici eventualmente intervenuti nel sistema tabarchino, ha voluto ricondurre largomento nei termini di una limitata interferenza della componente linguistica sarda, che la relativa insularit ha contribuito in qualche modo ad arginare (il 47% del campione convinto che il dialetto locale sia molto pi usato a CA che non il sardo nel resto della Sardegna). In realt leffetto di una minore contaminazione sul dialetto TB, cos come si verificata a CA (ed ancor pi a CF) e che contraddistingue le due comunit tabarchine da altre realt sincroniche a minoranza linguistica, avrebbe avuto confini molto pi estesi se ad opporre le maggiori resistenze non fossero stati proprio gli stessi abitanti (come ritiene laltro 15%), attraverso una caparbia difesa del dialetto, la cui perdita non sarebbe stata legata soltanto al puro valore linguistico, ma si sarebbe tradotta in una ben pi grave perdita didentit. Forse in ragione di tutto questo che ancora cos presente nei parlanti di CA e di CF il ricordo e la coscienza delle proprie origini liguri, quasi che il senso di appartenenza etnica e linguistica verso lantica madrepatria (che oggi si riafferma con i frequenti scambi culturali di Calasettani e Carlofortini a Pegli e di Genovesi a CF e CA) stia a dimostrare leffettiva conservazione della memoria storica, cos importante per la vitalit stessa del dialetto TB. Ecco, dunque, che il 98% del campione intervistato consapevole del fatto che il TB sia un dialetto di ceppo ligure, il 76% e l81% a conoscenza di diverse canzoni, poesie e racconti in genovese, anche attraverso lascolto di materiale registrato, l85% dimostra una buona comprensione sia del genovese che del ligure ed solito utilizzarlo, nel 62% dei casi, con Genovesi e Liguri trasferiti a CA o conosciuti durante il periodo estivo (la familiarit del rapporto da sempre mantenuto tra Tabarchini e Genovesi pu essere confermata da un atteggiamento positivo nei confronti dei Liguri continentali riscontrato nel 35% dei casi e molto positivo per quel che riguarda il 25% degli intervistati). A proposito delle situazioni dimpiego del dialetto si pu ricordare che se il 50% del campione ha gi avuto modo di sperimentare luso del dialetto TB a Genova, il 59% convinto che, trovandosi in Liguria, non rinuncerebbe a comunicare con un Ligure in dialetto TB. Un rapporto

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di continuit con la madrepatria linguistica avvertito dai molti Calasettani immigrati in Liguria e conosciuti dal 68% degli intervistati che, nel 32% dei casi, individuano nel dialetto di ritorno alcune rilevanti differenze, dovute in massima parte ad un aggiornamento linguistico legato alla parlata continentale. In sostanza, la vitalit del dialetto TB come realt attuale e destinata a non scomparire nel tempo, diviene certezza per il 68% degli adulti intervistati che affermano inoltre, nella stessa percentuale, la necessit a mantenere e diffondere, soprattutto tra i giovani, il dialetto TB come vero e proprio strumento di comunicazione. Certo, le nuove generazioni tendono sicuramente ad introdurre nel sistema conosciuto alcune innovazioni che, attraverso quelli che potremmo definire italianismi e sardismi, contribuiscono a rendere il dialetto TB odierno differente da quello parlato dalle generazioni passate (almeno secondo quanto afferma il 50% del campione), ma ad ogni modo il fatto che la conoscenza del dialetto vada di pari passo con lapprendimento dellitaliano, non sembra preoccupare di molto i genitori intervistati che, infatti, nel 62% dei casi (contro il 38% che ritiene invece luso del dialetto, in alternativa o in sostituzione della lingua italiana, responsabile di una eventuale incapacit, da parte del figlio ad apprendere litaliano), oltre a giudicare positivamente la possibilit di capire e parlare il TB ritengono che lo stesso non debba intaccare, ad esempio nella grammatica o nella sintassi, il buon uso della lingua italiana. 3.5 Analisi incrociata dei dati Allo scopo di tracciare un quadro sufficientemente rappresentativo e completo dellargomento trattato, lultima fase di questa indagine metter a confronto alcuni dei dati ottenuti dalla lettura dei questionari con talune variabili intervenute nel corso dellinchiesta sociolinguistica. La lettura incrociata dei dati prevede, in sostanza, di verificare (attraverso lutilizzo delle schede III e IV allegate ai questionari) landamento dei valori corrispondenti al livello di competenza del TB ed alle diverse modalit contestuali dimpiego, nel loro rapporto con le variabili extralinguistiche entrate in gioco nello studio effettuato. Per variabili extralinguistiche si intende considerare,

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nel caso specifico, quella sessuale, (la cui scarsa incidenza sui risultati prodotti induce a riportare gli stessi solo solo per dovere di completezza informativa), quella legata al luogo di provenienza della famiglia dellintervistato, lappartenenza ad una determinata generazione e, infine lappartenenza ad una determinata categoria sociale. La nostra attenzione si concentrata sulle fasce det intermedie pi significative dellintera popolazione di parlanti dialettofoni ed italofoni compresi nel campione: per gli alunni di CF e di CA, let media considerata stata quella di 10 anni, per i genitori di CF e di CA, ha riguardato la fascia det dei 41/45 anni (uneventuale oscillazione dei dati relativi alle risposte qui analizzate, ma riconducibili ad una diversa fascia det, potr essere ugualmente indicata a contributo dei risultati esposti, solo se ritenuta particolarmente indicativa). Il fatto che la componente sessuale non contenga in s forti differenze numeriche, proprio per lomogeneit con la quale hanno risposto gli intervistati di sesso maschile e di sesso femminile, consentono di indicare, come dati di riferimento fissi, il numero delle unit di parlanti che hanno risposto allinterno della fascia analizzata e il numero degli intervistati di sesso maschile e femminile che hanno costituito sia il campione alunni di 10 anni, sia il campione adulti di 41/45 anni. Per quanto riguarda gli alunni di 10 anni (21 per CF, suddivisi in 11 maschi e 10 femmine; 18 per CA, suddivisi in 10 maschi e 8 femmine) la sola variabile alla quale andranno riferiti i risultati delle risposte selezionate, sar quella relativa allorigine del nucleo familiare, intendendo con questo porre in evidenza in che modo il dialetto parlato entro un particolare contesto familiare abbia potuto influire sul comportamento linguistico del bambino. Per quanto riguarda, invece, i genitori compresi nella fascia det dei 41/45 anni (per CF in numero di 56, suddivisi in 30 maschi e 26 femmine; per CA in numero di 14, suddivisi in 7 maschi e 7 femmine), la variabile che forse ha avuto maggiore incidenza sullandamento dei valori ottenuti stata quella relativa alla professione svolta. Questo tipo di analisi si propone infatti di evidenziare in modo netto e preciso il probabile legame che condiziona reciprocamente la struttura linguistica e la struttura sociale, il livello idiomatico e lorigine della famiglia dappartenenza, illustrando al contempo come queste variabili

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possano intervenire a modificare questo o quel valore. La lettura combinata dei dati relativi alla competenza linguistica espressa dal campione adulti di CF e di CA, con il grado di istruzione da essi indicato (che, peraltro, permette di ricavare il livello socio-economico dei parlanti), stata realizzata proprio per questo fine. In realt, ci si accorti che, in qualche caso, i risultati ottenuti non hanno raggiunto quel livello di rappresentativit che invece sono stati registrati durante la fase di lettura orizzontale. Questo pu essere eventualmente dipeso dal fatto che, restringendo il campo dellosservazione ad un campione numericamente pi limitato, apparsa con maggiore evidenza quella che allinizio dellinchiesta abbiamo indicato come inevitabile dispersione dei dati, o comunque come dato in percentuale che rientra nei casi del non risponde. Le domande tipo selezionate per essere sottoposte a studio sono state sei per i bambini e quattro per gli adulti: come si vedr, sono domande che riguardano la competenza attiva e passiva del dialetto TB, luso e la conoscenza del sardo, limportanza attribuita ai mass media nellapprendimento dellitaliano, la scelta avanzata dai genitori di utilizzare il TB nel contesto familiare, con i propri figli e limportanza della diffusione del TB affinch ne venga mantenuto luso. Si tratta di domande a risposta chiusa, la cui analisi stata inserita solo a supporto dellindagine precedentemente effettuata, per arrivare ad una visione meno generalizzata della situazione indagata (per le domande a risposta aperta, che avrebbero richiesto di incrociare ogni variabile con quattro varianti per risposta, si rimanda alla scheda IV in appendice sia per gli allievi che per gli adulti). I criteri extralinguistici sono, per tutti questi motivi, indispensabili per delineare il volto della complessa unit dialettale, ma non sono i soli ad intervenire nellambito di una qualsiasi comunit linguistica. Tra il livello nel quale possibile osservare gli aspetti linguistici propri di particolari situazioni sociali ed il livello nel quale si cerca di individuare un punto di contatto che lega il comportamento linguistico alla struttura sociale ravvisabile, con una specifica rilevanza, la coscienza propria di ogni parlante, orientata sempre nettamente verso un tipo dialettale, e a volte critica verso la natura di un altro opposto, la cui forza, nellambito della realt sociale e linguistica studiata, sta

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nella consapevolezza del carattere sociale attribuito al TB e nel mantenimento di una tradizione linguistica che nel dialetto trova la sua massima espressione. 3.5.1 Esposizione dei risultati corrispettivi del campione alunni CF e alunni CA Argomenti trattati: uso del TB (domanda 1); comprensione del TB (domanda 2); conoscenza del sardo (domanda) 7; ruolo dei canali di comunicazione nellapprendimento dellitaliano (domanda 10); livello di autostima e giudizio espresso nei confronti del TB (domande 11-21); Variabile considerata: origine dei genitori. Dalla raccolta e dallesame di tutti i dati emerso che l86% dei bambini di CF di 10 anni parla sempre il TB: di questi, il 61% proviene da una famiglia di genitori carlofortini, ha appreso il TB dai genitori e lo parla con genitori e amici; il 51% ha i genitori ambedue sardi, ha appreso il tabarchino dagli amici, mentre il 34% figlio di genitori carlofortini e calasettani o carlofortini e sardi e conosce il TB per averlo appreso dai genitori e dai nonni. Per quanto riguarda la competenza passiva del TB, il 90% dei bambini dichiara di capire il TB, di questi il 68% ha genitori carlofortini, il 22% genitori misti, il 10% genitori sardi. Per la competenza del sardo, com ovvio, la percentuale si abbassa: il 72% sostiene di conoscere qualche parola in sardo, nonostante il 67% abbia ambedue i genitori di CF, il 20% genitori misti, il 13% genitori sardi. L86% reputa che sia molto importante il ruolo svolto dalla televisione per lapprendimento dellitaliano: in questo caso, il 67% dei genitori proviene da CF, il 22% dei genitori ha origine sarda, l11% riguarda la percentuale dei genitori misti. Il 90% si dichiara molto fiero di parlare TB e questo se nel 69% dei casi si hanno genitori di CF, genitori misti nel 26% dei casi, genitori sardi nel 5% dei casi: interessante questultimo dato che

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testimonia come, anche chi non usa o non ha appreso il TB allinterno del nucleo familiare, sente in egual misura di ribadire lappartenenza a questa comunit. Sempre sul piano dellimportanza e del valore attribuito al TB sono i dati successivi che riguardano la volont di mantenere e di diffondere il dialetto: l81% si dichiara favorevole con una percentuale di genitori carlofortini del 70%, misti pari al 18%, sardi pari al 12%. Anche per CA vale lo stesso procedimento di sintesi che verr poi completato da ulteriori considerazioni nelle conclusioni finali. Il 45% dei bambini di 10 anni parla sempre il TB, di questi il 63% proviene da una famiglia di origine calasettana, il 25% ha genitori calasettani e carlofortini o calasettani e sardi, il 12% ha ambedue i genitori di origine sarda. Il 78% dichiara di avere una competenza passiva del TB, lo capisce, ma non lo usa abitualmente pur avendo, nel 58% dei casi, genitori di CA e nel 21% dei casi, genitori misti. La percentuale relativamente alta dei genitori sardi il 21%, ossia pari a quella dei genitori misti, pu far pensare ad una scelta mirata nel preferire, nella normale conversazione, luso dellitaliano o del sardo. Relativamente elevato, infatti, anche il dato che registra la conoscenza del sardo: il 50% dei bambini dichiara di conoscere molte parole in sardo; di questi, il 56% ha genitori calasettani, l11% genitori misti, il 33% genitori sardi. Continuando nellanalisi, il 78% favorevole al compito svolto dai sistemi di comunicazione nel facilitare lapprendimento della lingua italiana (di questi, il 64% proviene da una famiglia di origine calasettana, il 29% ha genitori misti ed il 7% genitori sardi), ma contemporaneamente il 61% si ritiene molto fiero di parlare il TB, nonostante il 18% del campione abbia genitori di origine sarda, contro il 73% ed il 9% dei bambini con genitori calasettani e misti. La percentuale del 55%, infine, composta da bambini che nel 70% dei casi hanno genitori di CA, nel 10% genitori misti e nel 20% genitori sardi, sostiene di essere favorevole a mantenere vitale luso del TB.

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3.5.2. Esposizione dei risultati corrispettivi del campione adulti CF e adulti CA Argomenti trattati: uso del TB (domande 1, 8); provenienza genitori (domanda 4); giudizio espresso nei confronti del TB (domanda 43); Variabile considerata: categorie sociali/livello socio-economico. Landamento dei valori ottenuti dalle domande selezionate in rapporto alla variabile intervenuta pu essere cos riassunto: nel 66% dei casi, il campione adulti di CF della fascia det tra i 41 ed i 45 anni, dichiara di utilizzare sempre il TB a casa, quindi nellambito familiare, con gli amici ed i colleghi di lavoro, con i conoscenti; di questi, il 17% impiegato statale o insegnante, il 9% commerciante, il 20% operaio (intendo includere in questa categoria, gli operai specializzati, i muratori, gli operatori ecologici ecc.), il 54% composto dalle casalinghe (la percentuale relativa a questa categoria, come vedremo, sempre molto alta). Il TB viene inoltre scelto per essere utilizzato nella conversazione quotidiana con i propri figli dal 71% degli intervistati, percentuale costituita dal 17% di impiegati, dal 32% di operai, dal 7% di commercianti, dal 44% di casalinghe. La stessa percentuale (71%) la ritroviamo tra quanti hanno i genitori di origine carlofortina: tale origine quindi propria del 25% degli impiegati, del 23% degli operai, del 12% dei commercianti, del 40% delle casalinghe. Il 75% sostiene, infine, la necessit di mantenere e diffondere il TB come strumento di comunicazione da utilizzare al pari della lingua italiana: in questa percentuale, il 20% rappresentato dagli impiegati e dagli insegnanti, il 27% dagli operai, l11% dai commercianti e dagli operatori turistici, il 42% dalle casalinghe: Per CA il campione adulti della fascia det compresa tra i 41 ed i 45 anni si cosi espresso: il 36% degli intervistati dichiara di parlare sempre il TB in famiglia, con gli amici ed i colleghi di lavoro; di questi, il 40% appartiene alla categoria degli insegnanti, dei medici e degli impiegati statali, il 20% a quella degli operai, muratori, marittimi, elettricisti ecc., il 20% a quella dei commercianti, il 20% a quella delle

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casalinghe. Il 14% parla TB ai propri figli: di questi, il 50% sono impiegati ed il 50% sono casalinghe. Infine, il 72% suddiviso tra il 40% di impiegati, il 40% dei commercianti, il 40% delle casalinghe, ritiene che luso del TB non debba mai essere abbandonato e che, anzi, il suo mantenimento e la sua diffusione soprattutto nelle generazioni pi giovani sia indispensabile per la stessa identit storica e culturale del singolo.

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CONCLUSIONI

Lo studio appena terminato ha richiesto un periodo di elaborazione piuttosto lungo. Per certi aspetti stato necessario procedere in modo del tutto sperimentale dato che, sino a questo momento, unindagine sociolinguistica di questa ampiezza non era ancora stata realizzata. Malgrado i diversi punti di vista, infatti, non sono sostanzialmente chiari i criteri di accettabilit e di correttezza sui quali orientare la metodologia delle inchieste e le modalit di sviluppo. I problemi, come dimostrano i testi al riguardo, si riferiscono soprattutto alla tipologia dellinchiesta e al campionamento. Le critiche che spesso vengono mosse alle ricerche sociolinguistiche possono essere ricondotte al rischio di generalizzare indebitamente le conclusioni ricavate da un numero esiguo e non rappresentativo dei casi. Lontani dallaver voluto concepire uno studio assolutamente speculare della realt linguistica indagata, si per cercato di porre in evidenza due aspetti che potrebbero aiutare a spiegare la particolare situazione di eccezionalit che caratterizza le due comunit tabarchine: il principio di unitariet, ossia losservazione del dialetto anche in rapporto ad una unit superiore che lo comprende (nel caso specifico il ligure) ed il principio della socialit, che, sottolineando il carattere sociale del linguaggio, si richiama perfettamente a quello che i parlanti di CF e di CA manifestano nelluso prevalente del tabarchino. Il contributo maggiore dato alla specificit dellinchiesta pu dirsi legato ai risultati ottenuti dallanalisi dei test. Le 1.700 schede che sono state distribuite ed analizzate, avvalorano infatti quanto stato ipotizzato nella fase iniziale di questo studio. Si ritiene che poter parlare di uso prevalente del tabarchino senza timore di incorrere in un errore di valutazione sia quanto meno limitativo rispetto alla molteplicit degli aspetti che sono emersi e che fanno a tuttoggi parte di una realt locale di cos forte significato. Da quanto rilevato non credo che una discussione sul dialetto tabarchino possa essere condotta separando dal suo contesto la 111

componente storica e culturale della quale rappresenta lespressione pi vitale. necessario cio inquadrare la questione in una prospettiva molto pi ampia, nella quale il livello di valorizzazione attribuito dai parlanti al tabarchino, peraltro mai scaduto a strumento comunicativo subalterno n tantomeno ristretto nelluso a situazioni determinate, si ricollega a quella che lorigine ligure delle due cittadine. Ci si chiesti, in sostanza, quali potessero essere le ragioni intervenute e responsabili di un grado di dialettofonia cos elevato. Ci si domandato inoltre se, in questo caso, sarebbe bastato porre i termini del fenomeno da indagare entro i limiti tradizionalmente noti del rapporto lingua-dialetto, dove i parlanti prevalentemente italofoni (con eventuale competenza pi passiva che attiva del dialetto) sono la maggioranza e vengono identificati nelle nuove generazioni dei ceti medi e medio-alti, mentre i parlanti dialettofoni sono la minoranza e in fase di scomparsa. In altre comunit forse tali interrogativi sarebbero facilmente risolvibili riconoscendone le implicite ragioni sotto laspetto puramente linguistico. Nel caso di CF e di CA si dovr invece attuare una sorta di comparazione tra quello che il comportamento linguistico proprio di ogni abitante che si esprime in dialetto (nel suo rapporto con il genovese, con la lingua italiana e con il sardo) e gli aspetti storici e sociali che del dialetto sono parte integrante. Bisogna, in questo senso, spostare lattenzione sul concetto e sul giudizio che i parlanti hanno della loro lingua e tentare di spiegare alla luce di questo giudizio come il tabarchino sia riuscito a mantenere inalterato il suo valore. stata spesso ricordata, durante lo svolgimento del lavoro, lorigine ligure dei tabarchini: riteniamo che oggi, come allepoca della fondazione della sede tunisina, i tratti distintivi che il tabarchino condivide con il genovese siano da valutare non solo nellambito della specificit di una lingua, ma pi in generale siano stati assunti come elementi di una tradizione linguistica e culturale nella quale la coscienza storica del singolo diviene coesione di gruppo. Non va dimenticato infatti che in quasi duecentocinquantanni di storia, il dialetto tabarchino non si mai trovato nella condizione di essere esposto alla sopraffazione di una lingua dominante. Gli abitanti, senza distinzione di livello culturale e strato sociale, hanno sempre parlato il tabarchino, lo hanno sempre

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insegnato ai loro figli, ritenendo (seppure con qualche debita esclusione) che lacquisizione del dialetto non costituisca un ostacolo allapprendimento della lingua italiana e, seppur implicitamente, ne hanno sempre suggerito luso a quanti, come nel caso dei vicini sardi, si sono trovati nelle condizioni di vivere quotidianamente la realt tabarchina. Le conseguenze dirette di una contiguit territoriale soprattutto tra linsediamento calasettano e lisola di accoglienza (che si esprime anche attraverso lalto numero di matrimoni misti), sono senza dubbio ravvisabili in una certa penetrazione a livello fonologico e lessicale di un discreto numero di prestiti quasi certamente imputabili allinflusso del sardo. Ma limportanza sociale attribuita al dialetto come mezzo di comunicazione indispensabile per partecipare alla vita della collettivit stata maggiormente avvertita dalle persone di origine sarda, trasferite nei due centri, piuttosto che dalla popolazione tabarchina. Laumento dei valori in percentuale riferiti alladeguamento linguistico dei parlanti di origine sarda nei riguardi del tabarchino non fa che confermare quello che riteniamo essere uno degli aspetti pi manifesti della situazione del tabarchino, il prestigio linguistico del quale hanno chiara consapevolezza gli stessi abitanti. Tale prestigio trova una sua diretta corrispondenza in quella che a giusto titolo pu ritenersi la madrepatria linguistica verso la quale i tabarchini non hanno mai smesso di guardare: il rapporto mai interrotto con la Liguria, i frequenti contatti mantenuti con Genova e Pegli, la Liguria scelta come punto di arrivo per molti emigrati carlofortini e calasettani ed infine la curiosit di molti Liguri di individuare nella particolarit delle due comunit tabarchine in Sardegna i caratteri di una situazione cos atipica. La continuit dei rapporti con la madrepatria, in realt, non ha significato soltanto lintroduzione di nuovi apporti linguistici legati alla parlata metropolitana, ma indubbiamente servita a rafforzare il forte sentimento di appartenenza linguistica ed etnica. Per questo motivo riteniamo che unimpostazione metodologica che tratti separatamente luso della lingua ed il valore (prestigio) ad essa attribuito rischi di generare una sorta di indifferenza verso gli interessi reciproci che legano la lingua alla storia della cultura, alla

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societ, alla componente psicologica dei parlanti. Anche nello studio affrontato la possibilit di discernere gli elementi originali e la scoperta della fisionomia di quella che potremmo definire la genovesit che contraddistingue le due colonie liguri, non stata priva di implicazioni che apparentemente potrebbero sfuggire. Chi si trovato a sostenere la tesi di una inevitabile scomparsa del dialetto tabarchino dunque caduto in errore. Laccertato stato di conservazione del tabarchino non solo un aspetto facilmente riscontrabile al momento attuale. La vitalit del dialetto tabarchino la volont stessa di ogni singolo cittadino a ribadire, nellelemento riconoscibile della lingua, limportanza della propria identit linguistica e culturale.

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APPENDICE

A.1 Questionari QUESTIONARIO ALUNNI CF E CA Nome e Cognome (facoltativo) ................................................. Classe .................... Et .................... Sesso .................... Mettere una croce sul s o sul no, a seconda della risposta che si vuole dare. Per le risposte dove lasciato uno spazio vuoto, dare un breve parere personale. 1. Tu parli il tabarchino? s no 2. Se non lo parli, almeno lo capisci? s no 3. Se lo parli, dove ti capita pi spesso? (a casa, a scuola , con gli amici, coi genitori, in altre occasioni) ........................................... 4. Da chi hai appreso a parlare tabarchino? ................................. 5. Ti capita, magari per errore, di rispondere allinsegnante in tabarchino? ..................... 6.Ti capita, parlando in italiano, di utilizzare qualche parola o qualche frase in tabarchino? s no 7. Conosci qualche parola sarda? s no 8. Linsegnante tende a riprenderti se utilizzi qualche parola o espressione in tabarchino? s no 9. Con i tuoi genitori parli sempre in tabarchino? s no 10. Credi che sia importante per lapprendimento dellitaliano lascolto della televisione, la lettura di giornalini ecc.? s no 11. Sei fiero di parlare tabarchino o ritieni che sia un uso del passato, che sia meglio abbandonare? ...................................................... 12. Con i coetanei di Carloforte/Calasetta, parli in italiano o in tabarchino? ...............................

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13. Con i coetanei di SantAntioco o di altri paesi della Sardegna in che lingua o dialetto parli? .......................................................... 14. Hai mai notato qualche differenza tra il tuo dialetto e quello di Carloforte/Calasetta? s no 15. Se s puoi fare qualche esempio? ........................................... 16. Conosci qualche proverbio, filastrocca, canzone in tabarchino? s no 17. In estate conosci ragazzi di origine ligure? s no 18. Se s, parli in dialetto con loro? s no 19. Pensi che loro capiscano il dialetto anche se non lo parlano? s no 20. I tuoi amici di SantAntioco, tra loro, parlano in italiano o in sardo? ...................... 21. Ritieni importante che il tabarchino sia usato e diffuso? s no 22. Ti piacerebbe che fosse insegnato a scuola, o utilizzato per recite, canti, composizioni ecc? s no 23. Nel caso che i tuoi genitori non siano tutti e due di origine carlofortina / calasettana, segnala qui sotto lorigine di quello di provenienza diversa.

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QUESTIONARIO ADULTI CF E CA Nome e Cognome (facoltativo) ........................................................ Classe ................ Et ................ Sesso ................ Mettere una croce sul s o sul no, a seconda della risposta che si vuole dare. Per le risposte dove lasciato uno spazio vuoto, dare un breve parere personale. 1. Lei parla sempre tabarchino? s no 2. In quali occasioni parla tabarchino? ......................................... 3. In quali occasioni preferisce parlare italiano? ................................ 4. I suoi genitori sono di Carloforte /Calasetta? s no 5. Se no da dove provengono? .................................................... 6. Sua moglie di Carloforte/Calasetta? Suo marito di Carloforte/ Calasetta? ....................... 7. Se non di Carloforte/Calasetta come parlate tra voi? .............. 8. Lei parla tabarchino ai suoi figli? s no 9. Se no per quale motivo? ......................................................... 10. Se sua moglie (o marito) non di Carloforte/Calasetta, i vostri figli parlano anche il dialetto dorigine della madre (o del padre)? s no 11. Secondo Lei, la vicinanza con la Sardegna ha influito sul dialetto che si parla a Carloforte/Calasetta? Se si in che modo? (indicare parole dorigine sarda o ritenute tali) s no ............................ 12. Conosce dei sardi che si siano stabiliti a Carloforte/Calasetta? s no 13. Secondo Lei queste persone comprendono il tabarchino? s no 14. Lo parlano? s no 15. Se lo parlano, secondo Lei si esprimono bene? s no 16. Luso del tabarchino importante per la loro integrazione nella comunit? s no 17. Lei parla il sardo? s no 18. Se s, in che occasione? ........................................................ 19. Se non lo parla in grado di comprenderlo? si no

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20. Conosce altri carlofortini /calasettani in grado di parlare sardo? s no 21. Conosce comunit di Tabarchini residenti nel resto della Sardegna (Cagliari, Iglesias, altrove?) s no 22. Sa se si tratta di comunit molto coesive, presso le quali si conservato luso del dialetto? s no 23. Secondo Lei, le persone di origine meridionale (siciliani, napoletani, ecc.) immigrate a Carloforte nell800, hanno lasciato qualche traccia nel dialetto? s no 24. Se s, sa indicare qualche esempio? ....................................... 25. Gli abitanti dei paesi sardi circostanti in che lingua o dialetto si esprimono quando parlano con un carlofortino/calasettano? s no 26. Con i calasettani/carlofortini,Lei parla in tabarchino? ................ 27. Secondo Lei, il dialetto di Carloforte pi puro di quello di Calasetta? s no 28. Se s, sa darne una spiegazione? ............................................ 29. Saprebbe indicare qualche differenza (parole, pronuncia) tra il dialetto di Carloforte e quello di Calasetta? 30. Lei sa che il tabarchino un dialetto di ceppo ligure? s no 31. Qual il Suo atteggiamento nei confronti dei genovesi e dei liguri che vengono a Carloforte/Calasetta? ........................................... 32. Se capita, parla in dialetto con loro? s no 33. Comprende il genovese ed il ligure? s no 34. Se Lei si trvasse in Liguria, cercherebbe di comunicare in dialetto? s no 35. Ha gi fatto esperienze in proposito? s no 36. Conosce carlofortini/calasettani immigrati il Liguria? s no 37. Quando tornano a Carloforte/Calasetta, nota delle differenze nel loro dialetto? s no 38. Conosce qualche canzone, poesia o altro testo in genovese? s no 39. Ha mai ascoltato dischi, cassette o altri materiali sonori in genovese? s no 40. Pensa che il dialetto tabarchino sia destinato a scomparire nel tempo? s no

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41. Nota qualche differenza rispetto al dialetto parlato dalle giovani generazioni? s no 42. Se s, pu fare qualche esempio? ........................................... 43. Ritiene importante che il tabarchino sia mantenuto diffuso come strumento di comunicazione? s no 44. Perch? ................................................................................ 45. Ritiene che la conoscenza del dialetto sia dannosa alla conoscenza e al buon uso dellitaliano? s no 46. Se s, perch? ...................................................................... 47. Secondo Lei, a Carloforte e a Calasetta il dialetto locale pi usato che non il sardo in Sardegna? s no 48. Le sembra utile una ricerca come quella che stiamo effettuando? s no

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A.2 Schede I SCHEDA ALUNNI CARLOFORTE

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II SCHEDA ALUNNI CARLOFORTE

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III SCHEDA ALUNNI CARLOFORTE

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IV SCHEDA ALUNNI CARLOFORTE

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I SCHEDA ADULTI CARLOFORTE

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II SCHEDA ADULTI CARLOFORTE

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III SCHEDA ADULTI CARLOFORTE

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IV SCHEDA ADULTI CARLOFORTE

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I SCHEDA ALUNNI CALASETTA

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II SCHEDA ALUNNI CALASETTA

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III SCHEDA ALUNNI CALASETTA

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IV SCHEDA ALUNNI CALASETTA

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I SCHEDA ADULTI CALASETTA

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II SCHEDA ADULTI CALASETTA

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III SCHEDA ADULTI CALASETTA

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IV SCHEDA ADULTI CALASETTA

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RIASSUNTI

ITALIANO Le parlate di Carloforte e Calasetta, situate nellestremo lembo sudoccidentale della Sardegna, rappresentano una delle testimonianze pi caratteristiche del ligure coloniale dei secoli XVI-XVIII. Il cosiddetto tabarchino mantiene pretti arcaismi liguri assieme a inedite innovazioni, sorte per sviluppo autonomo o promosse dallinflusso del sardo. Malgrado la rilevanza del tabarchino per la dialettologia ligure, mancavano fino adesso analisi attendibili circa la fedelt alla parlata tradizionale. Questo lavoro presenta i primi dati complessivi riguardanti luso del ligure nelle due comunit tabarchine, basati su una vasta indagine sociolinguistica condotta presso le scuole e mediante questionari distribuiti fra parlanti adulti. I dati confermano lottima tenuta del dialetto ligure di fronte allitaliano. Il lavoro contiene anche una succosa panoramica storica e un riassunto dei tratti distintivi delle due parlate. SARDU (Campidanese) Is fueddadas de Carloforti (Luisa) e de Calasetta (Cadesedda), biddas postas a mesud in sa punta occidentali de sa Sardnia, funt sa derivazioni de sa lngua chi chistionnt is marineris genovesus antigus quattrocentus annus fait. Cussu chi zerriaus tabarchino aguantat fueddus antigus impari a fueddus nous, nscius de is abitantis de Carloforti e Calasetta e totu, o imitaus de su sardu. Ma finzas a imoi no nci fiant provas chi su tabarchino, mancai chi siat aici importanti, fiat uguali a cussa fueddada antiga. Custu traballu, fatu de preguntas a is piciocheddus de is iscolas e in mesu a sa genti de cussas biddas, bolit dimostrai chi sa genti chistionat smpiri su dialetu genovesu antigu, mancai scipiant puru chistionai sa lngua nazionali. In custu traballu nci funt puru acinnus de sa stria e de is diffrenzias de is fueddadas de is duas biddas. ENGLISH The dialects of Carloforte and Calasetta (which are situated in the very south-west of Sardinia) provide us with a genuine evidence of colonial Ligurian of the XIV-XVIII centuries. In particular, the so-called Tabarchino preserves a number of typical arcaic features while at the same time

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showing innovative traits which arose either autonomously or due to pressure from Sardinian. Given the relevance of Tabarchino to Ligurian dialectology, it is only surprising that its faithfulness to the traditional code has not yet received enough attention. This study presents the first general findings on the use of Ligurian in the mentioned areas obtained by a sociolinguistic survey conducted both in schools and by the administration of questionnaires to adults. Our data confirm the resilience of Ligurian vis--vis Italian. In addition our work includes a comprehensive historical account and a synopsis of the distinctive features of the two codes. DEUTSCH Die Mundarten von Carloforte und Calasetta am uersten Sdwestzipfel Sardiniens stellen eines der eigentmlichsten Zeugnisse des Insel-Ligurischen des 16.-18. Jahrhunderts dar. Das sog. Tabarchino bewahrt ausgesprochene ligurische Archaismen und weist zugleich einzigartige Innovationen auf, die es aus sich selbst heraus entwickelt hat oder die durch den Einflu des Sardischen angeregt worden sind. Trotz der Relevanz des Tabarchino fr die ligurische Dialektologie fehlten bisher zuverlssige Untersuchungen zur Sprachloyalitt gegenber der althergebrachten Mundart. Die vorliegende Arbeit bietet die ersten umfassenden Daten ber den Gebrauch des Ligurischen in den beiden tabarchinischen Ortschaften auf der Grundlage einer breit angelegten soziolinguistischen Untersuchung, durchgefhrt an den Schulen sowie mit Hilfe von Fragebgen, die an erwachsene Sprecher ausgegeben wurden. Die Daten besttigen, da sich der ligurische Dialekt gegenber dem Italienischen bestens behauptet. Die Arbeit enthlt auch einen substantiellen historischen berblick und eine Zusammenstellung der wichtigsten Merkmale der beiden Mundarten.

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Finito di stampare nel mese di novembre 1998 dalla Tipografia Solter via Tolmino, 33 09122 Cagliari

Grafica ed elaborazione a cura di SARDINIA MULTIMEDIA - Cagliari

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