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Culture / 237

Jacopo Nicola Bergamo

Marxismo ed ecologia
Origine e sviluppo di un dibattito globale

ombre corte
Prima edizione italiana: febbraio 2022

© ombre corte
Via Alessandro Poerio 9, 37124 Verona
Tel./fax: 0458301735; mail: info@ombrecorte.it
www.ombrecorte.it

Progetto grafico copertina e impaginazione: ombre corte


Immagine di copertina:

ISBN: 9788869481895
Indice

7 Ringraziamenti
9 Introduzione
13 Capitolo primo. Genealogia dell’incontro tra ecologia e marxismo
1. All’origine di un concetto; 2. La prefigurazione di una prospettiva eco-
logica marxiana; 2.1 Paul Sweezy: all’origine del pensiero ecologico della
“Monthly Review”; 2.2 Herbert Marcuse e i Manoscritti del 1844; 2.3 Ri-
chard Levins, Richard Lewontin e la biologia dialettica; 3. Primo stadio
dell’ecosocialismo; 3.1 Lo snodo de Il concetto di natura in Marx; 3.2 Dal
dominio della natura alla produzione della natura: Neil Smith critico di Al-
fred Schmidt; 3.3 Ted Benton critico di Marx; 3.4 André Gorz e l’ecologia
politica; 3.5 James O’Connor e la seconda contraddizione del capitalismo;
4. Secondo stadio dell’ecosocialismo; 4.1 La contrapposizione tra le riviste
“Monthly Review” e “Capitalism Nature Socialism”

51 Capitolo secondo. La ricostruzione del marxismo ecologico (i):


John Bellamy Foster, dalla storia del materialismo alla Metabolic
Rift Theory
1. Il materialismo di Marx; 1.1 Il giovane Marx ed Epicuro; 2. L’ alienazione
del lavoro e della natura in Marx; 2.1 Sul concetto di alienazione; 2.2 Il
concetto di alienazione nei Manoscritti del ‘44; 2.3 Alienazione e natura; 3.
La matrice della frattura metabolica nella divisione tra città e campagna; 3.1
Marx produttivista? Dalla Miseria della filosofia al Manifesto; 4. Il concetto
di metabolismo e di frattura metabolica; 4.1 La frattura metabolica; 4.2
Imperialismo ecologico e frattura ecologica globale; 5. Marx, Darwin e il
materialismo

85 Capitolo terzo. La ricostruzione del marxismo ecologico (ii): Paul


Burkett, la lettura ecologica delle categorie economiche del Capitale
1. Ecologismo socialista: una questione di metodo; 1.1 Natura e materiali-
smo storico; 2. La contraddizione valore-natura nell’analisi delle forme eco-
nomiche marxiane; 2.1 Merce, denaro e capitale; 2.2 Plusprodotto e plusva-
lore nell’analisi ecologica marxiana; 2.3 Doni gratuiti della natura e rendita;
2.4 Lavoro eco-regolato; 3. La duplice crisi ecologica del capitalismo; 3.1
Crescita senza limite; 3.2 Antagonismo città-campagna; 4. Prospettive nelle
implicazioni ecologiche del comunismo

112 Capitolo quarto. La World-Ecology di Jason W. Moore


1. Oikeios: dalla produzione della natura, alla co-produzione del capitale-
nella-rete-della-vita; 2. Valore e natura; 2.1 Reinterpretazione della teoria
del valore; 2.2 Cheap Nature, valore e denaro; 3. La concezione della storia
dell’ecologia-mondo; 3.1 La dialettica di appropriazione e capitalizzazione;
3.2 Crisi di sviluppo; 3.3 Dalle crisi di sviluppo al valore negativo

141 Capitolo quinto. Andreas Malm, l’energia fossile nella storia del
capitalismo
1. Antropocene: l’era geologica della specie umana?; 1.1 L’ Antropocene
contro la storia. La proposta di Malm; 2. Il Capitale fossile; 2.1 L’origine
del Capitale fossile; 2.2 La formula generale del Capitale fossile e il modello
dell’economia fossile; 2.3 Onde di accumulazione, innovazione tecnologica
ed energetica; 3. Crisi, leninismo ecologico e geoingegneria; 3.1 Covid-19:
una crisi endogena al capitale; 3.2 Leninismo ecologico: dalla rivoluzione
contro i sintomi alla rivoluzione contro le cause della crisi; 3.3 Socializzare i
mezzi di produzione della rimozione dell’anidride carbonica

171 Capitolo sesto. Dibattiti, controversie e scontri su ontologia, eco-


nomia e Antropocene
1. Il dibattito ontologico; 1.1 Moore critico della frattura metabolica: la ri-
proposizione di un dualismo cartesiano; 1.2 Le critiche ontologiche: moni-
smo della sostanza o delle proprietà? Il vuoto della mediazione dialettica; 2.
Il dibattito economico; 2.1 Crisi ecologica e crisi economica: feedback o au-
tonomia relativa?; 2.2 Moore critico della concezione del valore nella teoria
della frattura metabolica; 2.3 Critiche economiche alla World-Ecology: teoria
del valore; 3. Il dibattito sull’Antropocene; 3.1 Il Capitalocene di Moore; 3.2
In difesa dell’Antropocene; 3.3 Temporalità dell’Antropocene

2o5 Conclusioni
Ringraziamenti

Questo lavoro non avrebbe potuto vedere la luce senza il prezioso


aiuto e le discussioni avute con molti amici, amiche, compagni e com-
pagne. Vorrei anzitutto ringraziare Italo Testa ed Emanuele Leonardi
che mi hanno seguito durante la stesura della tesi che ha dato poi
origine a questo libro. Italo mi ha dato estrema fiducia lasciandomi
la libertà di intraprendere in autonomia il mio percorso di formazio-
ne e ricerca senza imporsi. In particolare devo ringraziare Emanuele
per avermi spinto a prestare più attenzione alle questioni ecologiche
e all’ecomarxismo. Emanuele ti ringrazio per la tua generosità, dispo-
nibilità e per avermi aperto un mondo. Con piacere e riconoscenza
esprimo la mia più sincera gratitudine a Francesco Biagi. Francesco
è una persona straordinaria a cui sarò sempre grato per avermi so-
stenuto professionalmente e umanamente con pazienza infinita. A lui
devo molti suggerimenti e consigli utilissimi per la stesura di questo
volume e una revisione accurata che ne ha sicuramente valorizzato il
contenuto. Ringrazio inoltre i compagni e le compagne dell’Art Lab
con cui sono cresciuto politicamente e umanamente. Ringrazio la mia
famiglia che mi ha sostenuto in questo progetto, in particolare mia zia
Gabriella per aver creduto in me quando le cose si facevano difficili.
Infine ringrazio Maria per starmi vicino e trasmettermi la serenità d’a-
nimo che qualche volta perdo.
Introduzione

Questo volume è frutto del lavoro di ricerca per la tesi magistra-


le in filosofia che ho sostenuto all’università di Parma, poi rivisto,
riorganizzato ed espanso l’anno successivo. Quando decisi di intra-
prendere questo percorso, spinto dal professore Emanuele Leonardi,
venivo da una formazione marxiana orientata dalla “Nuova Lettura
di Marx” e dagli studi gramsciani. Ero interessato ai temi ecologici
per via della mia formazione politica, per l’irrompere delle mobilita-
zioni dei giovani di Fridays for Future e comprendendo l’urgenza di
affrontare da una prospettiva marxista la questione dei cambiamenti
climatici. Per quanto avessi già cominciato qualche lettura di auto-
ri marxisti sensibili alla questione ecologica, ancora non sospettavo
quanto vasto, ricco e innovatore potesse essere il dibattito in seno al
cosiddetto “Ecomarxismo”.
Il contesto italiano è stato infatti solo parzialmente toccato da que-
sto fenomeno1. A partire dal 1991 con l’edizione italiana della rivi-
sta “Capitalismo Natura Socialismo” diretta da Giovanna Ricoveri e
Giorgio Nebbia, l’ecologia politica di stampo marxista si diffuse nel
contesto italiano attraverso la traduzione di articoli dell’omonima ri-
vista nord americana, alcuni firmati da James O’Connor e Juan Mar-
tinez Allier, oltre che contributi originali. In realtà fin dagli anni Set-
tanta Dario Paccino si era interessato alle questioni ecologiche da una
prospettiva di classe con il suo L’imbroglio ecologico. Successivamente,

1 Oltre a ciò cui farò cenno in seguito, va comunque segnalato il contributo del
gruppo di ricercatrici e ricercatori che si riuniscono attorno ai seminari Politics,
Ontologies, Ecologies, il laboratorio di “Ecologie politiche del presente” e la rete
dei collettivi universitari di “Ecologia politica”. Per quanto non necessariamente o
esclusivamente di ispirazione marxista, questi sono i principali laboratori dell’eco-
logia politica italiana.
10 MARXISMO ED ECOLOGIA

prima Jaca Book e poi Orthotes hanno pubblicato gli scritti di André
Gorz. Inoltre, negli ultimi anni ombre corte ha pubblicato due volumi
di Jason W. Moore, Ecosocialismo di Michel Löwy, un’antologia di
James O’Connor, la nuova edizione del libro di Paccino e altri testi
ecosocialisti2. Tuttavia continuano a non essere disponibili moltissimi
dei “classici” dell’ecomarxismo. L’interesse per quest’ambito si è riac-
ceso grazie a questi contributi, al contesto politico internazionale nel
quale i cambiamenti climatici si impongono nell’agenda politica dei
governi e dei movimenti sociali.
Una delle novità di questo volume è quindi quella di presentare
per la prima volta al lettore italiano autori fondamentali dell’ecomar-
xismo ad oggi sconosciuti in lingua italiana. La genealogia dell’incon-
tro tra ecologia e marxismo fornisce le coordinate principali di un
dibattito le cui radici affondano negli anni Sessanta-Settanta, presen-
tando in forma sintetica autori quali Paul Sweezy, Herbert Marcuse,
Richard Levins, Richard Lewontin, Ted Benton, André Gorz, James
O’Connor, Alfred Schmidt e Neil Smith. Ampio spazio è dedicato a
quattro autori la cui rilevanza nel dibattito contemporaneo è decisiva:
John Bellamy Foster, il principale artefice della Metabolic Rift, Paul
Burkett, con la sua teoria ecologica del valore, Jason W. Moore e la te-
oria post-marxista della World-Ecology e Andreas Malm ideatore della
teoria del capitale fossile. Infine ho cercato di ricostruire in forma
sintetica, ma sistematica, l’attuale dibattito contemporaneo interno e
coevo all’ecomarxismo attorno a tre nodi tematici: ontologia, econo-
mia e Antropocene.
Il volume si presenta dunque come una guida di lettura all’eco-
marxismo, attraverso la quale è possibile apprezzare il pensiero degli
autori precedentemente menzionati nel contesto storiografico e nel
dibattito contemporaneo. Questo aspetto rappresenta inoltre una no-

2 André Gorz, Ecologica, trad. it. di F. Vitale, Jaca Book, Milano 2009; André Gorz,
Ecologia e Libertà, trad. it. di E. Leonardi, Othothes, Napoli-Salerno 2016; Jason W.
Moore, Ecologia-Mondo e crisi del capitalismo. Natura, potere e ricchezza nella dissolu-
zione del mondo moderno, trad. it. e cura di Gennaro Avallone, ombre corte, Verona
2015; Jason W. Moore, Antropocene o capitalocene? Scenari di ecologia-mondo nella
crisi planetaria, trad. it. e cura di Alessando Barbero e Emanuele Leonardi, ombre
corte, Verona 2017; Michaël Löwy, Ecosocialismo. L’alternativa radicale alla catastro-
fe capitalista, trad. it. di G. Morosato, ombre corte, Verona 2021; Dario Paccino,
L’imbroglio ecologico. L’ideologia della natura, Introduzione di Gennaro Avallone,
Lucia Giulia Fassini, Sirio Paccino, ombre corte, Verona 2021; James O’Connor, La
seconda contraddizione del capitalismo, trad. it. di G. Roggero, Prefazione di Jacopo
Nicola Bergamo ed Emanuele Leonardi, ombre corte, Verona 2021.
INTRODUZIONE 11

vità anche nel contesto internazionale dato che un simile testo non è
ancora disponibile, fatto salvo il corposo volume The Ecological Crisis
and the Logic of Capital del professore dell’università di Fudan Xue-
ming Chen recentemente tradotto in inglese per Brill, il quale, pur
essendo un lavoro estremamente preciso e ricco di contenuti, ha un
taglio differente, non riportando una genealogia ecomarxista, i temi
del dibattito contemporaneo e decidendo diversamente per quanto
riguarda gli autori presi in esame3.
Per ragioni di spazio e per agevolare la lettura ho dovuto selezio-
nare i pensatori trattati e gli argomenti. Pertanto alcuni temi sono stati
menzionati solo in parte, come la questione del rapporto tra termo-
dinamica ed economia sollevata negli scritti di Sergej Podolinskij e
le rispettive critiche di Marx ed Engels alla sua proposta, un dibatti-
to che continua a generare non poche divergenze. Alcuni aspetti del
pensiero di certi autori sono stati omessi, o comunque trattati solo
tangenzialmente e implicitamente, sempre per le stesse ragioni. Inol-
tre segnalo l’assenza dal dibattito qui riportato di un punto di vista
femminile/femminista. Figure di spicco come Ariel Salleh, Carolin
Merchant o più recentemente Hannah Holleman, Stefania Barca –
ma anche Nancy Fraser – meriterebbero uno spazio proprio che qui
non mi era concesso. Quindi, lungi da me voler oscurare il contributo
del femminismo nel mediare in forme originali l’incontro tra ecologia
e marxismo, che credo anzi meriterebbe uno spazio adeguato in un
volume dedicato.
Nonostante queste carenze, credo che questo lavoro possa dirsi
sistematico per le ragioni già esposte e che possa essere un importante
strumento per il lettore italiano per pensare la crisi multifattoriale che
stiamo attraversando. Non pretendo di aver fornito una lettura inno-
cente dell’ecomarxismo, o la sola possibile, e il lettore attento potrà
dedurre le mie simpatie e posizioni. Tuttavia credo di aver cercato
di compiere quel necessario processo di distacco per restituire il più
possibile un quadro d’insieme di tipo scientifico.

3 Chen Xueming, The Ecological Crisis and the Logic of Capital, trad. ing. di Wu Li-
huan e Liu Baixiang, Brill, Leiden-Boston 2017.
Capitolo primo
Genealogia dell’incontro tra ecologia e marxismo

A partire dalla seconda metà del Novecento all’interno della New


Left anglo-americana e del marxismo occidentale emerge lentamente
una sensibilità ecologica. All’origine di questo processo vi è sicura-
mente l’incontro, spesso contraddittorio, fra il movimento operaio e
altri movimenti di emancipazione, quali quello femminista, studente-
sco ed ecologista. Questa convergenza tra marxismo ed ecologia av-
viene a causa dei cambiamenti della società del dopoguerra e dell’im-
patto sociale che ebbero i movimenti di opposizione alle nocività. Da
questa necessità pratica scaturiscono i tentativi di riarticolazione che
una parte del marxismo ha tentato di stabilire con altri pensieri critici,
in particolare con l’ecologismo.
Molti ritengono che il pensiero verde e il marxismo siano antite-
tici, poiché a Marx viene attribuita una concezione produttivista in-
compatibile con l’ecologia. Inoltre, risulta oramai familiare lo scontro
tra sindacati e comitati ambientali tra la “difesa del posto di lavoro” e
la “chiusura delle produzioni inquinanti”. Dunque si è soliti pensare
che, in generale, il movimento operaio sia estraneo alla sensibilità eco-
logica e che questa sia invece cresciuta assieme alla classe media oc-
cidentale. Niente di più falso. Emanuele Leonardi ha mostrato come,
nel caso italiano, la coscienza ambientale nasca proprio dai processi di
opposizione operaia alle nocività della produzione e nel rifiuto della
cosiddetta monetizzazione del rischio1. È inoltre possibile affermare
che all’interno dei maggiori movimenti globali dell’onda ecologista
del 2019, a prescindere dalle differenze, sia chiara l’idea che una tra-
sformazione in senso ecologico della società co-implica una critica

1 Emanuele Leonardi, Lavoro Natura Valore. André Gorz tra marxismo e decrescita, Or-
thotes, Napoli-Salerno 2017, pp. 92 ss.
14 MARXISMO ED ECOLOGIA

radicale del modello capitalistico2. L’onda dei movimenti ecologisti


mette in evidenza quanto questi risultino, in linea di principio, com-
patibili con una concezione ecomarxista.
Dunque, perché ricostruire questa genealogia dell’ecomarxismo?
Marx scrive nella famosa prefazione contenuta nell’opera Per la criti-
ca dell’economia politica che “L’umanità non si propone se non quei
problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso,
si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni mate-
riali della soluzione esistono già o almeno sono in formazione”3.
Di fronte al dirompente problema della crisi ecologica e sociale at-
tualmente in corso dobbiamo verificare, con Marx, se esistano le con-
dizioni materiali di una sua risoluzione, concependo la teoria come
un momento della prassi4. La capacità della teoria ecomarxista di di-
venire una vera e propria forza materiale, a determinate condizioni,
richiede inoltre un’analisi del suo stato teorico, un processo che per
essere esaustivo richiede una ricostruzione genealogica.

1. All’origine di un concetto

Il termine marxismo ecologico è stato coniato per la prima volta da


Ben Agger nel suo libro del 1979, Western Marxism: An Introduction,
Classical and Contemporary Sources5. Una descrizione approssimativa
di questo concetto, fornita dagli studiosi Wang Zhihe, He Huili, Fan

2 Luigi Pellizzioni, Crisi climatica e nuove mobilitazioni ecologiche, in “Effimera”, 18


novembre 2019, http://effimera.org/crisi-climatica-e-nuove-mobilitazioni-ecologi-
che-di-luigi-pellizzoni/ (ultimo accesso 7.5.2020).
3 Karl Marx, Per la critica dell’economia politica, trad. it. di E. Cantimori Mezzomonti,
Editori Riuniti, Roma 1971, p. 5.
4 “L’arma della critica non può certamente sostituire la critica delle armi, la forza
materiale dev’essere abbattuta dalla forza materiale, ma anche la teoria diviene una
forza materiale non appena si impadronisce delle masse. La teoria è capace di impa-
dronirsi delle masse non appena dimostra ad hominem, ed essa dimostra ad hominem
non appena diviene radicale. Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice. Ma
la radice, per l’uomo, è l’uomo stesso” (Karl Marx, Critica della filosofia del diritto
di Hegel. Introduzione, in Id., Scritti filosofici giovanili, a cura di Sergio Moravia, La
Nuova Italia, Firenze 1976, p. 84).
5 Agger è un esponente del North American Marxism. In questo volume l’autore as-
serisce che il marxismo ecologico diverrà la scuola più mainstream del marxismo e
la maggiore guida teorica marxista per il cambiamento sociale. Le sue analisi sono
articolate attorno alla teoria dei bisogni, il consumo alienato, e la trasformazione
capitalistica nel contesto americano, combinando il marxismo ecologico con il po-
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 15

Meijun, è utile ad addentrarsi nella comprensione di un ramo del mar-


xismo il cui interesse è in costante crescita anche in Cina 6. Per loro,
sebbene non esista una definizione unificante di marxismo ecologico,
la maggior parte di coloro che sono stati identificati con questo termine
condividono una posizione critica nei confronti del capitalismo indu-
striale e ritengono che vi sia un rapporto antagonistico tra crescita ca-
pitalistica e natura che comporta crisi ecologiche e un crollo sistemico7.
Tuttavia, a mio parere questa definizione appare già troppo ristret-
ta. Parrebbe infatti condivisa l’idea di inevitabilità del crollo del capi-
talismo e un accordo univoco rispetto al concetto di limite, aspetti che
invece sono spesso oggetto del dibattito. Cercherò, quindi, di resti-
tuire una genealogia dell’incontro tra ecologia e marxismo articolata
attraverso tre fasi seguendo il modello proposto da John Bellamy Fo-
ster e Paul Burkett. La ricostruzione di Foster e Burkett ha il pregio
di offrire al lettore una chiara evoluzione cronologica dell’incontro tra
ecologia e marxismo. Per quanto questa lettura tenda a schematizzare
e a semplificare certe differenze, è la più chiara di cui si dispone8.
Questa ricostruzione fissa come punto di partenza la seconda metà
del xx secolo, scelta non casuale. A partire dal dopoguerra si avvia un
nuovo ciclo di crescita e accumulazione capitalistica nel contesto occi-
dentale. Per quanto caratterizzati da forte agitazione politico-sociale,
gli anni tra il 1945 e il 1975 saranno definiti per questo impetuoso svi-
luppo i trenta gloriosi. Dopo due guerre mondiali gli assetti geopolitici
globali sono profondamente mutati stabilendo nuovi rapporti di forza

pulismo americano. Ben Agger, Western Marxism: An Introduction. Classical and


Contemporary Sources, Goodyear publishing Company, California 1979.
6 Wang Zhihe, Ecological Marxism in China, in “Monthly Review”, lxii, 9, 2012,
https://monthlyreview.org/2012/02/01/ecological-marxism-in-china/ (ultimo acces-
so 20.6.2020).
7 Wang Zhihe, He Huili, Fan Meijun, The Ecological Civilization Debate in China.
The Role of Ecological Marxism and Constructive Postmodernism. Beyond the Pre-
dicament of Legislation, in “Monthly Review”, lxvi, 6, 2014, https://monthlyreview.
org/2014/11/01/the-ecological-civilization-debate-in-china/#en30 (ultimo accesso
20.6.2020).
8 Sono state mosse delle critiche alla cronologizzazione offerta da Foster e Burkett in
quanto risulterebbe ad uso e consumo della scuola Metabolic Rift, ma è pur vero che
queste stesse critiche sembrano invece favorevoli all’ontologia ibrida di società e na-
tura. Queste scuole e il loro dibattito verranno trattati nei successivi capitoli. Per una
critica di questa lettura si veda Damian F. White, Brian J. Gareau e Alan P. Rudy,
Ecosocialisms, Past, Present and Future: From the Metabolic Rift to a Reconstructi-
ve, Dynamic and Hybrid Ecosocialism, in “Capitalism, Nature, Socialism”, xxviii, 2,
2017, pp. 22-40.
16 MARXISMO ED ECOLOGIA

che subordinano il continente europeo ai due grandi attori vincitori


della guerra: gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Per quanto riguarda
l’occidente, il modello economico e sociale che si impone è quello
keynesiano, già affermatosi inizialmente negli anni Trenta attraverso
il New Deal. Questa dottrina economico-politica prevede l’intervento
attivo dello Stato in economia attraverso piani industriali e spesa pub-
blica al fine di raggiungere un aumento dei consumi, la piena occupa-
zione e crescita economica.
Questo modello si diffuse parallelamente all’egemonia statuni-
tense, grazie anche a infrastrutture globali come la Banca Mondia-
le, il Fondo Monetario Internazionale e con lo sviluppo del Piano
Marshall. L’egemonia di questa dottrina economica fu talmente forte
che non solo i democratici, ma persino i repubblicani ne fecero il pro-
prio modello di gestione economica e sociale, tanto che il presidente
Richard Nixon affermò durante i primi anni Settanta: “oggi siamo
tutti keynesiani”9.
Trascinato dall’economia bellica durante la seconda guerra mon-
diale, dalla corsa agli armamenti nel dopoguerra e dai consumi di
massa, questo processo di crescita economica e di accumulazione di
capitale si accompagna alla Grande Accelerazione dei processi di dete-
rioramento ambientale e di impatto antropico su scala geologica, ac-
certati a livello stratigrafico10, che per i geologi segna l’inizio dell’An-
tropocene. Del dibattito sull’Antropocene parleremo nell’ultimo ca-
pitolo. Per ora, è sufficiente affermare che già dagli anni Cinquanta gli
scienziati cominciano a criticare gli effetti atmosferici dei test nucleari,
proteste poi estese all’uso massivo dei pesticidi e coagulate nella pub-
blicazione di Silent Spring di Rachel Carson nel 1962, una sorta di
manifesto precursore dei movimenti ambientalisti11.

2. La prefigurazione di una prospettiva ecologica marxiana

Rosa Luxemburg sostiene che le vaste conoscenze di Marx in am-


bito scientifico eccedevano le necessità immediate della lotta politica

9 David Harvey, Breve storia del neoliberismo, trad. it. di P. Meneghelli, il Saggiatore,
Milano 2007, p. 23.
10 Colin N. Waters et al., The Anthropocene is functionally and stratigraphically distinct
from the Holocene, in “Science”, 6269, 2016, pp. 137-147.
11 Rachel Carson, Primavera silenziosa, trad. it. di C.A. Gastecchi, Feltrinelli, Milano
1999.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 17

socialista e pertanto l’utilità di quelle sarebbe riemersa in fasi ulteriori


del conflitto12. In maniera analoga, per Foster e Burkett, anche i con-
tenuti ecologici della riflessione marxiana avrebbero seguito un co-
mune destino. Le implicazioni ecologiche delle riflessioni di Marx ed
Engels sarebbero state trascurate per poi riemergere grazie alle lotte
ambientali degli anni Sessanta e Settanta13.
La riemersione di queste riflessioni passa dunque secondo gli
autori attraverso diverse fasi, la prima delle quali è prefigurativa di
una prospettiva ecologica marxiana sviluppatasi tra gli anni Sessanta
e i primi Ottanta. In questa fase ecologismo e marxismo non paio-
no necessariamente contraddittori, ma convergono spontaneamente.
Qui, Foster e Burkett inseriscono: Scott Nearing, Barry Commoner,
K. William Kapp, Shigeto Tsuru, István Mészáros, Herbert Marcu-
se, Paul Sweezy, il giovane Rudolf Bahro, Virginia Brodine, Raymond
Williams, Howard Parsons, Charles H. Anderson, Alan Schnaiberg,
Richard Levins e Richard Lewontin14.
A partire da questo ampio quadro, ritengo sia utile per il lettore
avere una breve panoramica su Paul Sweezy, Hebert Marcuse, Ri-
chard Levins e Richard Lewontin in quanto rilevanti ai fini di questa
ricerca. Il primo è fondatore di una rivista americana poi divenuta
centrale nell’elaborazione del pensiero marxista e del marxismo eco-
logico, vale a dire la “Monthly Review”. Marcuse come teorico di ri-
ferimento della generazione del Sessantotto è stato lo studioso della
scuola di Francoforte meno severo nei confronti di Marx e soprattutto
dei suoi scritti giovanili. Levins e Lewontin hanno contribuito allo
sviluppo di una moderna teoria materialista dialettica, riannodando il
legame tra scienze sociali e scienze naturali.

12 Rosa Luxemburg, Rosa Luxemburg Speaks, trad. ing. di Mary-Alice Waters, Path-
finder press, New York 1970, p. 111.
13 Con lodevoli eccezioni tra le quali la stessa Luxemburg, Bucharin, William Morris,
Cristopher Caudwell. John Bellamy Foster, Marx’s ecology: Materialism and Nature,
Monthly Review Press, New York 2000, pp. 239-246. Paul Burkett, John Bellamy
Foster, Marx and the earth: An anti-critique, Brill, Leiden-Boston 2016, pp. 1-2. John
Bellamy Foster, The Return of Nature: Socialism and Ecology, Monthly Review Press,
New York 2020.
14 Ivi, p. 3. John Bellamy Foster Foster, Marxism in the Anthropocene: Dialectical rift on
the left, in “International Critical Thought”, vi, 3, 2016, pp. 393-421, p. 395.
18 MARXISMO ED ECOLOGIA

2.1 Paul Sweezy: all’origine del pensiero ecologico


della “Monthly Review”

Paul Sweezy è un economista marxista dalle influenze shumpete-


riane noto per la sua opera Il capitale monopolistico15. Sweezy, come
già accennato, fondò nel 1949 la rivista americana “Monthly Review”
organizzando così uno dei principali nodi della riflessione critica della
New Left. Recentemente attraverso la gestione di Fred Magdoff prima
e di Foster poi, la rivista ha sempre più assunto una linea ecomarxista
divenendone uno dei principali laboratori. Questo è in parte dovuto
all’influenza che la riflessione eterodossa di Sweezy ha esercitato su
Foster16. È possibile ricostruire l’interesse ecologico della rivista a par-
tire da lavori dello stesso Paul Sweezy. Potrebbe infatti apparire inso-
lito, ma già nel 1973 Sweezy scrive un articolo il cui contenuto verte
sull’innovazione tecnologica decentrando il tema classico marxiano
della produzione per coglierne le implicazioni nelle reti di consumo.
Nel saggio Cars and cities Sweezy mostra come “l’automobilizzazione
della società” frutto della produzione fordista impone la costruzione
di infrastrutture stradali che cambiano il sistema di trasporto di mas-
sa e con esso le coordinate spaziali della relazione città-campagna.
Qui Sweezy espone la sua sensibilità ecologica evidenziando come
gli effetti più evidenti dell’inquinamento e del congestionamento del
traffico siano un epifenomeno di un più vasto e profondo mutamen-
to dell’urbanizzazione. L’estensione centrifuga delle aree sub-urbane,
precedentemente circoscritta attorno ai poli ferroviari, è connessa
alla massificazione dell’uso dell’automobile, dalla quale consegue
una rinnovata stratificazione di classe nell’abitare le città. A essa si
accompagna una concentrazione di capitale oltre che una crescente

15 Il capitale monopolistico, di cui Sweezy e co-autore insieme a Baran, è un’influente


opera che estende gli studi marxiani alle condizioni di monopolio. Gli autori so-
stengono che a partire da inizio secolo si sia giunti a una nuova fase inaugurata dal
capitalismo statunitense senza più concorrenza sui prezzi da parte delle imprese.
La condizione di monopolio drena plusvalore da altri capitali e dai salariati senza
rinunciare alla concorrenza che si situa a livello della qualità dei prodotti. Il risultato
è una crescita della produttività oltre che dei profitti e una generale caduta dei salari
reali. Baran e Sweezy, Il capitale monopolistico, trad. it. di L. Occhionero, Einaudi,
Torino 1968. Per una trattazione critica, Claudio Napoleoni, Il capitale monopolistico
di Baran e Sweezy e la teoria marxiana del valore, in “Moneta e credito”, lxviii, 269,
2015, pp. 41-52.
16 John Bellamy Foster, The commitment of an intellectual. Paul M. Sweezy (1910-
2004), in “Monthly Review”, lvi, 5, 2004, pp. 5-39.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 19

dipendenza della società dal complesso dell’industria dell’automobile


e del petrolio17.

2.2 Herbert Marcuse e i “Manoscritti del 1844”

Herbert Marcuse è un noto esponente della Scuola di Francofor-


te e icona del movimento studentesco del ’68. La pubblicazione dei
Manoscritti economico filosofici del 1844 di Marx negli anni Trenta
del Novecento ebbe un forte impatto sul marxismo occidentale fa-
cendo di Marcuse uno dei suoi più noti commentatori. I Manoscritti
vennero spesso impugnati in contrapposizione alla dottrina sovietica
del DiaMat18, portando a una rivoluzione teorica marxista di stampo
umanista e naturalista.
L’impatto di questo testo nel marxismo è tale che György Lukács,
individuato da Merleau-Ponty come uno dei fondatori del marxismo
occidentale19, dopo la lettura dei Manoscritti compie una svolta on-
tologica e un’autocritica delle sue precedenti posizioni soggettiviste-
volontariste20. Il Lukács maturo dell’Ontologia sociale cambierà po-
sizione proprio sulla questione della dialettica della natura in virtù
della riscoperta della posizione teleologica del lavoro. Se in Storia e
coscienza di classe affermava la differenza tra metodo dialettico mar-
xiano e la sua applicazione alla natura, attribuendola unilateralmente
a Engels21, nell’Ontologia sociale questa verrà ripresa distinguendola
da quella sovietica. Espone infatti una teoria dell’emergenza, per la
quale, in maniera analoga all’innalzamento dell’organico dall’inorga-

17 Paul Sweezy, Cars and cities [April 1973], in “Monthly Review”, li, 11, 2000, pp.
1-18. https://monthlyreview.org/2000/04/01/cars-and-cities/
18 Sigla che sta per Materialismo Dialettico. Ideologia ufficiale dell’Urss che interpreta la
dialettica come sistema chiuso, spesso caratterizzata da meccanicismo e determinismo.
19 Cfr. Maurice Merleau-Ponty, Le avventure della dialettica, trad. it. di D. Scarso, Mi-
mesis, Milano 2008, pp. 43 e ss.
20 Cfr. Miguel Vedda, La sugestión de lo concreto: estudios sobre teoría literaria marxi-
sta, Gorla, Buenos Aires 2006, pp. 60-63.
21 “Nella conoscenza della natura non sono presenti le determinazioni decisive della
dialettica: l’interazione tra soggetto e oggetto, l’unità di teoria e prassi, la modifi-
cazione storica del sostrato delle categorie come base della loro modificazione nel
pensiero” (György Lukács, Storia e coscienza di classe, trad. it. G. Piana, Sugar, Mi-
lano 1967, p. 6). Come vedremo in seguito il cosiddetto marxismo occidentale è ca-
ratterizzato da una diversa concezione della dialettica, circoscritta alla storia umana,
quando non ulteriormente contratta a metodo d’esposizione de Il Capitale. Per una
ricostruzione critica del pensiero di Lukács rispetto a questa questione si veda John
Bellamy Foster, The Return of Nature, cit.
20 MARXISMO ED ECOLOGIA

nico (in conformità con l’evoluzionismo), l’organico sociale emerge


dall’organico naturale, attraverso una rete di passaggi che presuppon-
gono ogni volta un salto ontologico dialettico22.
Herbert Marcuse in Controrivoluzione e rivolta propone la libera-
zione della natura basandosi sull’interpretazione dei Manoscritti del
1844. La natura è un soggetto-oggetto avente una “cieca libertà”, priva
di ogni piano intenzionale. L’essere umano, parte stessa della natura,
in virtù della sua libertà può invece edificare la società e agire sulla
natura attraverso l’emancipazione dei sensi, processo che apre al socia-
lismo. La natura, umana ed extraumana, è il risultato storico di questa
interazione e l’essere umano, in quanto parte della stessa, ha una sua
natura storica in costante trasformazione. Per Marcuse il socialismo è
definito dalla comunanza dei mezzi di produzione, dal superamento
della condizione alienata e implica un cambiamento sia della natura
umana, che del rapporto sociale tra gli umani e di questi con la natu-
ra. La liberazione dell’essere umano e della natura sono dunque stret-
tamente vincolate. L’essere umano si “appropria della natura” come
normale processo di oggettivazione, ma lo stesso processo deve essere
superato per poter dar luogo a una relazione fra soggetti in maniera né
violenta né distruttiva, riscoprendo le qualità vitalizzanti, sensuali ed
estetiche inerenti alla natura. Si tratta di ristabilire una relazione senza
sfruttamento che, a differenza della condizione umana nel capitalismo,
riconosca la natura come soggetto avente dei valori oggettivi. La rifles-
sione di Marcuse sulla liberazione della natura elabora l’ecologismo in
rapporto col femminismo e, seppur con qualche riserva, con l’animali-
smo23. A un livello più generale la rivoluzione della natura di Marcuse
vuole trasformare in senso ecologico la realtà della società moderna, in
accordo ai principi dei Manoscritti, esponendo la necessità di alcune
misure: 1) eliminare il consumo eccessivo e il consumo alienato; 2)
cambiare la direzione dello sviluppo della scienza e della tecnologia;
3) ridurre la scala di produzione; 4) controllare la crescita della popo-
lazione; 5) opporsi alla corsa agli armamenti24.

22 Cfr. Antonio Infranca e Miguel Vedda, Ontologia e lavoro nel pensiero dell’ultimo
Lukács, in “Quaderni Materialisti”, ix, 31 gennaio 2018, traduzione italiana dell’in-
troduzione a György Lukács, Ontologia del ser social. El Trabajo, Herramienta, Bue-
nos Aires 2004, http://www.quadernimaterialisti.unimib.it/ontologia-e-lavoro-nel-
pensiero-dellultimo-lukacs-2/ (ultimo accesso 25.6.2020).
23 Cfr. Herbert Marcuse, Controrivoluzione e rivolta, trad. it. di S. Giacomoni, Monda-
dori, Milano 1975, pp. 71-96.
24 Chen Xueming, The Ecological Crisis, cit., pp. 391-395.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 21

2.3 Richard Levins, Richard Lewontin e la biologia dialettica

Richard Levins e Richard Lewontin sono due professori di Har-


vard, rispettivamente ecologo e genetista, che hanno sviluppato delle
riflessioni nel campo della filosofia della scienza riguardo la dialetti-
ca25. Le loro considerazioni riguardanti i meccanismi evolutivi e di
interazione fra organismi e ambiente criticano il dualismo delle posi-
zioni espresse in campo biologico e cercano di cogliere la continuità
nella discontinuità fra essere umano e altre specie26.
L’ambito biologico vede uno scontro tra posizioni olistiche ide-
aliste e materialiste meccaniciste che, per quanto apparentemente
antitetiche, sarebbero portatrici di un riduzionismo il cui accento è
posto, a seconda dei casi, sul tutto o le parti. A queste considerazioni

25 Su posizioni simili si attesta anche un collega di Harvard dei due scienziati, il bio-
logo neo-darwiniano co-fondatore della teoria degli equilibri punteggiati Stephen
Jay Gould. Commentando il saggio inconcluso di Engels Il ruolo svolto dal lavo-
ro nell’umanizzazione della scimmia Gould riflette sul rapporto fra prassi e teoria:
“L’importanza del saggio di Engels non risiede nel felice risultato che l’australopite-
co ha confermato una specifica teoria da lui proposta – via Haeckel – ma piuttosto
nella sua analisi percettiva del ruolo politico della scienza e dei pregiudizi sociali che
devono influenzare ogni pensiero. [...] Se prendessimo a cuore il messaggio di Engels
e riconoscessimo la nostra fede nella superiorità intrinseca della ricerca pura per
quello che è – per così dire il pregiudizio sociale – potremmo forgiare tra gli scien-
ziati l’unione tra teoria e pratica di cui un mondo pericolosamente vicino all’orlo del
baratro ha così disperatamente bisogno” (Stephen Jay Gould, Posture maketh the
man, in Ever since Darwin. Reflection in Natural History, W.W. Norton & Company
(eBook), New York-London 2007, cap. 26). Inoltre riguardo alla dialettica materiali-
sta Gould ha scritto che “Il pensiero dialettico dovrebbe essere preso più seriamente
dagli studiosi occidentali, non scartato perché alcune nazioni del secondo mondo
hanno costruito una versione di cartone come dottrina politica ufficiale. Le questioni
che essa solleva sono, in un’altra forma, le questioni cruciali del riduzionismo con-
tro l’olismo, ora così tanto in discussione in tutta la biologia [...]. Quando vengono
presentate come linee guida per una filosofia del cambiamento, non come precetti
dogmatici veri per fiat, le tre leggi classiche della dialettica incarnano una visione oli-
stica che vede il cambiamento come interazione tra componenti di sistemi completi,
e vede i componenti stessi non come entità a priori, ma come prodotti e input del
sistema. Così la legge degli “opposti compenetranti” registra l’inestricabile interdi-
pendenza dei componenti: la “trasformazione della quantità in qualità” difende una
visione sistemica del cambiamento che traduce gli input incrementali in alterazioni
di stato; e la “negazione della negazione” descrive la direzione data alla storia perché
i sistemi complessi non possono tornare esattamente agli stati precedenti” (Stephen
Jay Gould, Nurturing Nature, in Id., An Urchin in the Storm: Essays About Books and
Ideas, Penguin, London 1990, pp. 153-154).
26 Richard Levins e Richard Lewontin, The Dialectical Biologist, Harvard University
press-Aakar Books for South Asia, Delhi 2009, p. 133.
22 MARXISMO ED ECOLOGIA

i due autori contrappongono una concezione materialista dialettica


dall’approccio marxista27. L’idea che entrambi gli autori hanno della
dialettica non è quella di un insieme formale, rigido e dogmatico di re-
gole, poiché contrario alla fluidità e la storicità del pensiero marxista.
Scopo della scienza dialettica è quello di cogliere l’oggetto di studio
in tutte le sue dimensioni senza riduzionismi, poiché il metodo dialet-
tico considera il mondo come un complesso eterogeneo in cui a ogni
livello sussiste una relazione di co-implicazione tra il tutto e le parti.
Ciò nondimeno gli autori individuano quattro principi di una visione
dialettica. Il primo è la non “esistenza indipendente” delle parti, a cui
segue il secondo per il quale le parti non hanno un’esistenza “prece-
dente ma la acquisiscono essendo parti di un particolare insieme”.
Il terzo sostiene che la “compenetrazione tra le parti e il tutto è una
conseguenza dell’intercambiabilità tra soggetto e oggetto, di causa e
effetto” a cui segue il quarto per il quale “il cambiamento è una carat-
teristica di tutti i sistemi”28.
Secondo i due scienziati, l’ideologia dominante del riduzionismo
cartesiano nelle scienze descrive un mondo alienato “in cui le parti
sono separate dal tutto e reificate come cose in sé, le cause separate
dagli effetti, i soggetti dagli oggetti. È un mondo fisico che riflette il
mondo sociale alienato in cui è stato concepito”29. Il mondo alienato
ha una corrispondenza reale, ciò che in termini marxiani si esprime
nel concetto di astrazione reale, per il quale “è insieme ideologico e
reale”30. Questo modo di pensare il mondo in termini riduzionisti e
atomisti ha delle ricadute anche rispetto a questioni ecologiche e sani-
tarie. Si sviluppano cure contro bacilli senza tenere in considerazione
le condizioni sociali che ne sono concausa; in agricoltura si eliminano
elementi naturali tramite pesticidi indipendentemente dal fatto che
possano intrattenere relazioni benefiche con la coltura selezionata
in opposizione con quelle dannose; si innesca così un circolo vizioso
dove “maggiore è la cura e maggiore è il problema”31.

27 Questa posizione dialettica è per esempio in uso anche nell’analisi della sostenibi-
lità ecologica e nell’epidemiologia evolutiva. Cfr. Antonio Bodini, The dialectics of
sustainability, In T. Awerbuchs, M.S. Clack, P.J. Taylor (a cura di), The Truth is the
Whole, The Pumping Station, Arlington (MA) 2018, pp. 10-20. Robert G. Wallace e
Rodrick G. Wallace (A cura di), Neoliberal Ebola. Modelling disease from Finance to
Forest and Farm, Spinger Nature (eBook), New York 2016.
28 Levins e Lewontin, The Dialectical Biologist, cit., pp. 273-5.
29 Ivi, pp. 269-270.
30 Ibidem.
31 Ivi, p. 271.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 23

Levins e Lewontin si oppongono anche a una visione che mette ec-


cessiva enfasi sull’intero. Per loro la teoria dell’emergenza o compar-
sa non centrerebbe il punto, in quanto l’intero non è semplicemente
l’oggetto delle interazioni delle parti, ma allo stesso tempo il soggetto
dell’interazione sulle parti. Un’esemplificazione tra condizione natu-
rale e sociale permette di chiarire questa logica dialettica32.
Al quarto principio sopra esposto è possibile obiettare che la
scienza fisica individua delle costanti universali, quali ad esempio
la velocità della luce o la massa di un elettrone. Levins e Lewontin
rispondono affermando che se il riduzionista guarda all’invarianza
come a una condizione normale fino a prova contraria, il dialettico
si aspetta il cambiamento ma riconosce la costante apparente33. La
critica della fissità è quindi estesa alle leggi stesse del cambiamento,
poiché i sistemi distruggono le leggi che li hanno portati in essere e
generano nuove condizioni. È questo l’esempio dello sviluppo della
vita sul pianeta Terra: un processo che una volta messo in moto altera
le condizioni iniziali, come le concentrazioni atmosferiche di anidride
carbonica e ossigeno, impedendo un’ulteriore genesi organica a par-
tire dall’inorganico.
Questa concezione dialettica apre inoltre a un’amplia riflessione
che potremmo ascrivere al campo della filosofia processuale. L’organi-
smo sarebbe così lo snodo, solo temporalmente stabile, dell’interazio-

32 “Se dobbiamo caratterizzare l’organizzazione sociale e le sue conseguenze, vediamo


che l’organizzazione sociale non riflette i limiti degli esseri biologici individuali ma
ne è la negazione. Nessun essere umano individuale può volare agitando braccia
e gambe. Questo è veramente un limite biologico che ha a che fare con le nostre
dimensioni e con le dimensioni delle nostre appendici. Né gli esseri umani potreb-
bero volare se molti di loro si radunassero in un posto e tutti agitassero contempo-
raneamente le braccia e le gambe. Tuttavia io sono andato in volo a Toronto l’anno
scorso, e la facoltà di volare era una conseguenza dell’azione sociale. Gli aeroplani
e gli aeroporti sono prodotti d’istituzioni educative, di scoperte scientifiche, dell’or-
ganizzazione del denaro, della produzione del petrolio e della sua raffinazione, della
metallurgia, dell’addestramento dei piloti, dell’azione del governo nel creare sistemi
di controllo del traffico aereo, che sono tutti prodotti sociali. Questi prodotti sociali
sono confluiti insieme per consentirci in quanto individui di volare. È importante no-
tare che, benché il volo sia un prodotto sociale, non è la società che vola. La società
non può volare. Gli individui volano. Ma essi volano in conseguenza dell’organizza-
zione sociale. [...] Non è che il tutto sia più della somma delle parti, è che le proprie-
tà delle parti non possono essere capite se non nel loro contesto globale. Le parti non
hanno proprietà individuali in qualche senso isolato, ma soltanto nel contesto in cui
si trovano” (Richard Lewontin, Biologia come ideologia. La dottrina del DNA, trad.
it. di B. Continenza, Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp. 92-93).
33 Levins e Lewontin, The Dialectical Biologist, cit. p. 277.
24 MARXISMO ED ECOLOGIA

ne di forze interne ed esterne, genetiche e ambientali che a loro volta


sono prodotto d’interazioni delle parti con il tutto. L’eterogeneità in-
terna degli ‘oggetti’ porta all’assenza di fondamento e all’esplicazione
del cambiamento nei termini di processi opposti ricompresi nel tutto.
“Le costanti diventano variabili, le cause diventano effetti e i sistemi
si sviluppano annientando le condizioni che li hanno fatti emergere”.
Questo movimento non è libero e uniforme. “Gli organismi si svilup-
pano e si differenziano, poi muoiono e si decompongono. Le specie
nascono ma diventano inevitabilmente estinte. Anche nel mondo fisi-
co più semplice non si conosce movimento uniforme. Anche la Terra
ha rallentato su scala geologica la rotazione sul suo asse. Lo sviluppo
nel tempo dei sistemi, quindi, sembra una conseguenza di forze oppo-
ste e di movimenti opposti”34.
Levins e Lewontin difendono dunque il primato dei processi sugli
enti, qualificando quest’ultimi come identificazioni contingenti date
da temporanei equilibri. Per quanto qui si parli di dialettica e di for-
ze, la preminenza è quella delle relazioni, dei mutamenti, dunque dei
processi di cui le sostanze sono stabilizzazione particolari all’interno
di questo flusso, ma sul quale esercitano un’influenza.
Levins e Lewontin si spingono in una difesa del concetto di con-
traddizione nella dialettica e, attraverso numerose esemplificazioni,
affermano che la contraddizione è verificabile in ogni sistema, natura-
le e sociale. Non solo la contraddizione fra forze gioca un ruolo cen-
trale negli equilibri, ma sarebbe inoltre un sistema di auto-negazione.
Cambiamenti quantitativi producono cambi qualitativi che mutano il
sistema. Gli elementi di questo sistema si riorganizzano e ne formano
di nuovi, nulla gode di stabilità indefinita. Tutti i sistemi sono “auto-
neganti” sul lungo periodo, mentre nelle condizioni di stabilità sul
breve periodo avviene un principio di “auto-negazione interna”35. Un
altro aspetto della contraddizione è quello della compenetrazione de-
gli opposti oltre che della compresenza di processi opposti36.
Se finora quanto esposto si situa su un piano logico-ontologico,
dove la dialettica torna a essere centrale in una visione del cosmo, i
due scienziati concludono l’opera The Dialectical Biologist con un’av-
vertenza di tipo metodologico riguardante i presupposti di una ricerca
scientifica che possa dirsi realmente dialettica e materialista. La sto-

34 Ivi, p. 280.
35 Ivi, p. 283.
36 Ivi, pp. 284 ss.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 25

ricità, è il principio per cui bisogna avere una visione dialettica della
dialettica stessa. Levins e Lewontin manifestano la propria concezione
dichiarandone la non innocenza; essa è politica e immersa in un’e-
sperienza storica, e per questo bisogna dichiarane le possibilità auto-
correttive. L’interdipendenza universale è il presupposto per il quale le
cose sono connesse, che a sua volta è congiunta all’eterogeneità inter-
na e accompagnata al sospetto per l’omogeneità. La compenetrazione
degli opposti è l’idea per cui produrre divisioni troppo spesso significa
generare reificazioni. Infine, il presupposto dei livelli integrati, per
il quale i livelli di organizzazione sono concepiti come parzialmente
autonomi e vanno appunto ‘integrati’ verticalmente in entrambe le
direzioni37.

3. Primo stadio dell’ecosocialismo

Una definizione di ecosocialismo è contenuta in les 100 mots du


Marxism, secondo la quale l’ecosocialismo è politicamente eteroge-
neo, ma la maggior parte dei suoi rappresentanti condivide certi temi
comuni, quali la critica marxiana del capitalismo, la rottura con il pro-
duttivismo e l’espansione senza limiti dei consumi. Esso “rappresenta
un tentativo originale di articolare le idee fondamentali del socialismo
marxista con le acquisizioni della critica ecologica”. Molti dei suoi
rappresentati criticano la tesi dello “sviluppo illimitato delle forze
produttive” e “insistono sulla necessità di una struttura tecnologica
radicalmente nuova, fondata sulle energie rinnovabili”38. Come vedre-
mo in seguito in questa definizione vi sono molte delle caratteristiche
che Foster e Burkett attribuiscono alla prima fase dell’ecosocialismo.

3.1 Lo snodo de Il concetto di natura in Marx

Certamente la storia dell’ecosocialismo è segnata dalla pubblicazio-


ne del lavoro di Alfred Schmidt Il concetto di natura in Marx. Quest’o-
pera costituisce la tesi di dottorato in filosofia dell’autore ed è stata
pubblicata in tedesco nel 1962 e, quindi, tradotta in almeno 18 lingue.
Tra queste, la traduzione italiana del 1969 fu la prima, seguita dall’in-

37 Ivi, pp. 286-288.


38 Gérard Duménil, Michael Löwy e Emmanuel Renault, Les 100 mots du marxisme,
Presses Universitaires de France, Paris 2009, p. 53.
26 MARXISMO ED ECOLOGIA

glese nel 1971, la quale ottenne un’enorme influenza sul dibattito mar-
xista. Membro della seconda generazione della scuola di Francoforte
e allievo di Adorno e Horkheimer39, Schmidt seguì e approfondì la
dialettica negativa della dominazione della natura. Per Schmidt, Marx,
soprattutto quello maturo, avrebbe una concezione produttivista e
prometeica di esaltazione apologetica dello sviluppo delle forze pro-
duttive, conseguenza di una celebrazione acritica del dominio dell’uo-
mo sulla natura. Questo dominio è da intendersi non solo come potere
sulla natura extra-umana, ma anche rivolto contro sé stessi come do-
minio della propria natura umana, ossia dominio dell’uomo sull’uomo
ma anche dominio di sé40. Si tratta di un testo che analizza la natura in
Marx da un punto di vista epistemologico, non è pertanto un testo che
possa essere ascritto a una lettura ecologista di Marx.
Solo successivamente, per ammissione dello stesso autore, nell’in-
troduzione tedesca del 1993, Schmidt afferma che “non solo in Marx
ed Engels si ritrovano gli elementi di una sensibilità verso l’ecologia,
ma anche che la loro opera, vista nella sua globalità, non è precisa-
mente al servizio di un dominio sfrenato sulla natura”41. Schmidt ri-
conosce numerosi esempi di questa sensibilità ecologica in Marx ed
Engels da mettere in relazione con i loro studi nel campo delle scienze
naturali trovando in Carl Nikolaus Fraas un’influenza fondamentale
sia rispetto alla questione dell’evoluzione della flora in rapporto alla
produzione sia rispetto a una storicizzazione del clima (locale), ma

39 Per un approfondimento si veda l’introduzione alla nuova edizione di quest’opera:


Riccardo Bellofiore, Materialismo, dialettica e prassi emancipatrice. l’attualità inattua-
le di Alfred Schmidt, in Alfred Schmidt, Il concetto di natura in Marx, trad. it. di G.
Baratta e G. Bedeschi, Punto Rosso, Milano 2017, pp. 5-36.
40 Adorno e Horkheimer avevano già scritto a proposito del dominio razionale di sé,
ovvero della ragione strumentale come dominio sull’uomo. Nella Dialettica dell’illu-
minismo la figura di Ulisse diviene il ‘primo borghese’ che domina la natura extra-
umana al prezzo del dominio della propria, introducendo così i concetti di sacrificio
e rinuncia. Theodor Adorno e Max Horkheimer, Dialettica dell’illuminismo, trad. it.
di R. Solmi, Einaudi, Torino, 2010, pp. 51-86. Horkheimer durante le sue lezioni nel
1944 presso la Columbia University nel pieno dell’elaborazione della Dialettica dell’il-
luminismo è ancora più esplicito: “L’essere umano, nel processo della sua emancipa-
zione, condivide il destino di tutto il resto del suo mondo. Nel dominio sulla natura è
incluso il dominio sull’uomo. Ogni soggetto non solo deve cooperare con gli altri per
soggiogare la natura esterna, umana e non umana, ma per far questo deve soggiogare
la natura dentro di sé” (Max Horkheimer, Eclisse della ragione. Critica della ragione
strumentale, trad. it. di E. Spagnol Vaccari, Einaudi (eBook), Torino 2000, cap. 3).
41 Alfred Schmidt, Per un materialismo ecologico. Introduzione all’ edizione tedesca del
1993, in id., Il concetto di natura in Marx, cit., pp. 42-43.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 27

anche l’aver riconosciuto il problema del riciclaggio dei rifiuti e la


necessità storica di ristabilire un circolo naturale perturbato dall’inter-
vento umano attraverso gli studi del chimico Justus von Liebig. Marx
ed Engels appaiono consapevoli del fatto che la produzione non abbia
solo le conseguenze immediate desiderate, ma anche effetti secondari
sulla natura visibili solo nel tempo e non calcolati dalla produzione
capitalista che, attuando in maniera irrazionale, distrugge i presuppo-
sti naturali della ricchezza. Schmidt è inoltre consapevole della cen-
tralità del tema dell’antagonismo tra città e campagna nel pensiero di
Marx42, un problema che, come vedremo in seguito, è risolvibile solo
attraverso una rivoluzione comunista.
Tuttavia per Schmidt, per quanto in forme diverse dai Manoscritti
del 1844 alla Critica al programma di Gotha, nell’antropocentrismo
con cui Marx guarda alla natura “si riflette il ruolo del soggetto mo-
derno che rimodella l’universo”43. Ciò nonostante viene riconosciu-
to che Engels pensa alla natura come un insieme coerente in cui lo
scambio fra uomo e natura attraverso la produzione materiale costi-
tuisce solo una delle innumerevoli fonti di interazione, relativizzando
la storia umana, ma rivitalizzando il materialismo storico in materiali-
smo ecologico, avviluppando la dialettica delle forze produttive e dei
rapporti di produzione in una più elementare dialettica della terra e
dell’uomo come condizione a-storica44.
Tuttavia l’elaborazione originale di quest’opera costituisce un’a-
nalisi epistemologica del concetto di natura e spiega il rapporto fra
uomo e natura attraverso lo schema soggetto-oggetto di lavoro e della
teoria della conoscenza a cavallo tra la concezione kantiana e quella
hegeliana. Dunque una certa critica del dominio della natura si pre-
senta congiuntamente con il diniego del livello ontologico della dialet-
tica. In questo modo l’influenza dell’opera diviene nel contesto degli
anni Settanta lo snodo di differenti traiettorie intellettuali raggruppa-
bili in due gruppi fondamentali.
Da un lato sorge quello che Burkett e Foster definiscono come il
primo stadio del pensiero ecosocialista di cui fanno parte pensatori
quali Daniel Bensaïd, Ted Benton, John Clark, Jean-Paul Deléage,
Robyn Eckersley, André Gorz, Enrique Leff, Alain Lipietz, il pri-
mo Michael Löwy, Joan Martinez-Alier, Carolyn Merchant, James

42 Ivi, pp. 44-48.


43 Ivi, p. 51.
44 Ivi, p. 52.
28 MARXISMO ED ECOLOGIA

O’Connor, Alan Rudy, Saral Sarkar, la prima Ariel Salleh, Kate So-
per, Victor Toledo e Daniel Tanuro45. Questi sono caratterizzati da
una visione critica riguardante il marxismo e Marx nel tentativo di
stabilire una connessione con gli emergenti movimenti ecologisti. È
inoltre doveroso segnalare un altro pensatore ecologista che combina
le sue riflessioni con una prospettiva sociale, dapprima marxista e
successivamente libertaria: Muray Bookchin46. Bookchin è noto per
la sua ecologia sociale e per l’incorporazione delle sue teorie all’inter-
no del pensiero eco-femminista kurdo del confederalismo democra-
tico di Abdullah Öcalan, oggi conosciuto internazionalmente grazie
all’esperienza pratica di municipalismo e autogestione nel Rojava nel
nord della Siria47.
Dall’altro lato Il Concetto di Natura in Marx apre una prospetti-
va che è abbracciata da alcuni geografi radicali, i quali sostituiscono
il concetto di dominio della natura con la visione più positiva della
produzione della natura, i cui esponenti più considerevoli sono Neil
Smith e Noel Castree, quadro concettuale a cui si associa, in parte, il
noto geografo marxista David Harvey48. Smith e Castree assumono
una posizione di sussunzione della natura al capitale che può portarli
a rivestire posizioni di costruttivismo radicale49.

45 Paul Burkett e John Bellamy Foster, Marx and the Earth, cit., p. 2. Ho omesso dall’e-
lenco Moore in quanto in un’intervista Foster nega a Moore quest’appartenenza
ascrivendolo invece ai costruttivisti radicali, monisti. Cfr. John Bellamy Foster, In
defense of Ecological Marxism: John Bellamy Foster responds to a critic, in “Clima-
te & Capitalism”, 6 giugno 2016, https://climateandcapitalism.com/2016/06/06/
in-defense-of-ecological-marxism-john-bellamy-foster-responds-to-a-critic/ (ultimo
accesso 25.4.2021).
46 Lewis Herber, Crisis in Our Cities, Prentice Hall, Englewood Cliffs New Jersey 1965.
Bookchin si firmava con questo pseudonimo precedentemente. Murray Bookchin,
L’ecologia della libertà. Emergenza e dissoluzione della gerarchia, trad. it. di A. Berto-
lo e R. Di Leo, Elèuthera, Venezia 2017.
47 Nonostante l’accanimento e la lunga prigionia da parte dello Stato turco, il pensiero
di Öcalan continua a essere un riferimento teorico internazionali per molti movimen-
ti socialisti e libertari incentrati sull’autogestione e la democrazia diretta. Per la sua
concezione della relazione democrazia-ecologia si veda Abdullah Öcalan, Oltre lo
stato il potere e la violenza, trad. it. di S. Lavo, Punto Rosso, Milano 2016, pp. 199-
207.
48 David Harvey, Diciassette contraddizioni e la fine del capitalismo, trad. it. di V.B.
Sala, Feltrinelli (eBook), Milano 2014, cap. 16.
49 John Bellamy Foster, Marxism in the Anthropocene: Dialectical rift on the left, in
“International Critical Thought”, vi, 3, 2016, p. 396.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 29

3.2 Dal dominio della natura alla produzione della natura:


Neil Smith critico di Alfred Schmidt

Il lavoro di Alfred Schmidt è uno snodo del pensiero marxista. An-


zitutto per la mole di materiale che maneggia: ricostruire il concetto
di natura in Marx vuol dire setacciare la vasta produzione marxiana
leggendo fra le righe e interpretando un concetto che fa da sfondo
alla sua intera riflessione e in continua evoluzione. Questa concezione
sarebbe stata accolta spesso acriticamente dagli autori della prima fase
dell’ecosocialismo mentre sarebbe stata oggetto di critiche da parte di
Neil Smith.
Alfred Schmidt affronta l’analisi della natura in Marx non come
un elemento a sé stante ma in relazione con la società attraverso la
dialettica filosofica Soggetto-Oggetto. Per Schmidt, Marx è superio-
re a Feuerbach perché non identifica la natura con un sostrato omo-
geneo astorico, ma come elemento della pratica umana integrante la
totalità dell’esistente. Se infatti Marx, come Feuerbach, afferma del-
la priorità della natura esterna, si riserva di dire che ogni priorità è
tale nella mediazione. Dunque per Schmidt il materialismo di Marx
non è ontologico perché la realtà extra umana “non ha un’oggettivi-
tà immediata”; “l’unità di uomo e natura” è “mediata socialmente e
storicamente”50. Schmidt rifiuta l’idea di una dialettica della natura
al di fuori di questo rapporto di mediazione tra soggetto e oggetto,
ritenendo che Engels nel compiere questa operazione ricada in una
“metafisica dogmatica”51, infatti per Schmidt “la dialettica non è una
legge eterna dell’universo, essa inizia e finisce con gli uomini”52. Il
metabolismo costituisce dunque quel concetto mediatore ed è ana-
lizzato come elemento metastorico della relazione fra essere umano e
natura. Questo metabolismo è ineliminabile ma può trasformarsi sto-
ricamente. Lo spartiacque nel cambiamento di forma del metabolismo
è il passaggio al capitalismo. Nella concezione di Schmidt la società
pre-borghese ha un carattere naturale-astorico in opposizione alla so-
cietà borghese considerata come sociale e storica nella sua totalità53.
Nell’interpretazione di Schmidt, in Marx esistono categorie econo-
miche contingenti, e logico-epistemologiche legate al concetto di me-
tabolismo dal carattere astorico. Il concetto di metabolismo avrebbe
50 Schmidt, Il concetto di natura in Marx, cit., pp. 82-83.
51 Ivi, p. 111.
52 Ivi, p. 245.
53 Ivi, pp. 248 ss.
30 MARXISMO ED ECOLOGIA

per Schmidt la consistenza di una ontologia negativa, risultante dalla


credenza di Marx che il metabolismo sia una necessità eterna imposta
dalla natura54. Schmidt ritiene inoltre che Marx sarebbe utopista nel
considerare riconciliabile il rapporto tra Soggetto e Oggetto attraver-
so il comunismo in una sintesi superiore del metabolismo tra uomo e
natura55. Per concludere, nella riflessione riguardo la tecnica di Sch-
midt c’è l’impronta pessimista dell’interpretazione francofortese, per
la quale Marx viene valutato come un positivista che vede nella tec-
nologia l’elemento di emancipazione umana, quando è essa stessa a
presupporre il dominio sulla natura esterna e sé stessi56.
Neil Smith critica l’analisi di Schmidt ritenendola solo in parte
fedele alla reale concezione marxiana della natura. Secondo Smith è
possibile che la fonte dell’utopismo sia Schmidt stesso e non Marx57.
Vi sarebbero due concetti di natura in Schmidt, dovuti a un’idea dua-
lista metafisica di stampo borghese della natura: una concezione della
“natura esterna”, come “oggetto di lavoro, esterna alla società” e una
“concezione universale della natura” come entità unita alla società;
due posizioni che al di là delle dichiarazioni non sarebbero ricongiun-
te dialetticamente58. Questa dualità originaria sarebbe l’elemento-
matrice di una lunga serie di riproposizioni dualistiche. La divisione
storica del rapporto uomo-natura di Schmidt, che rappresenta un pre-
ludio importante alla discussione della natura, viene tacciata di essere
semplicista e meccanica, a tratti misogina.
Schmidt nel pensare il processo di divisione del lavoro nella so-
cietà pre-borghese come naturale e astorico naturalizza la condizio-
ne subordinata della donna. Il concetto di uomo di Schmidt diviene
anch’esso duale perché viene adoperato indistintamente per riferirsi
solo ai membri maschili o in senso più omnicomprensivo al genere
umano59.

54 Neil Smith, Uneven Development: Nature, Capital and the Production of Space, Uni-
versity of Georgia Press, Athens 2008, p. 36.
55 Soprattutto il giovane Marx, legato ancora all’antropologia di Feuerbach nei Mano-
scritti del 1844 al quale si contrapporrebbe lo scetticismo della maturità. Alfred Sch-
midt, Il concetto di Natura in Marx, cit., pp. 201-203. “La materia esterna agli uomini
resta l’elemento da assimilare e da assoggettare anche in una società senza classi, sia
pure in condizioni più favorevoli che non nelle precedenti società, e la natura umana
deve continuare a pagare il suo tributo” (ivi, pp. 212-213).
56 Smith, Uneven Development, cit., pp. 37-38.
57 Ivi, p. 39.
58 Ibidem.
59 Ivi, p. 40.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 31

Un’altra dualità non conciliata dialetticamente in Schmidt è il suo


collocare Marx in una posizione intermedia tra Kant e Hegel nella
concezione della relazione tra Soggetto e Oggetto, ovvero fra essere
umano e natura. Per Schmidt, Marx attraverso la critica materialista
dell’identità fra Soggetto e Oggetto di Hegel, torna a Kant conservan-
do la tesi della non-identità e adottando una teoria epistemologica di
tipo post-kantiano. In ciò consisterebbe il cuore filosofico dualistico
di Schmidt. Schmidt cerca di offrire una spiegazione nelle configu-
razioni cambianti di Soggetto e Oggetto attraverso le trasformazioni
storiche del metabolismo di società e natura. Da un lato esiste un’u-
nità tra Soggetto e Oggetto, dall’altro una barriera insuperabile fra
essi. Smith rivolge a Schmidt l’accusa che lui stesso rivolge a Marx:
quella di avere una “concezione borghese della natura”. Schmidt si
collocherebbe su un terreno premarxista centrandosi esclusivamente
nel valore d’uso, mistificando e reificando la natura eguagliandola a
quel concetto60.
Le conseguenze politiche sono quelle di una concezione disperata
e pessimista dell’umanità, poiché il dominio dell’uomo sulla natura
prosegue anche nel socialismo. Per Smith, la scuola di Francoforte
soffre di feticismo della natura nel momento in cui separa il valore
d’uso dal valore di scambio. La reazione all’economicismo volgare,
l’ha portata prima a opporsi al primato dell’economia per poi sostitui-
re il dominio della natura alla lotta di classe come motore della storia.
Con l’eccezione di Marcuse, l’intera scuola ha rinunciato all’idea della
rivoluzione in quanto non era possibile liberarsi della dominazione
della natura. Il risultato è stato quello di produrre una “concezione
della natura deficiente e dualista per il movimento ambientalista di
sinistra negli anni sessanta”. L’accusa alla scuola francofortese è totale:
“Direttamente e indirettamente hanno portato una politica schizofre-
nica in cui, la speranza per l’umanità, per quanto c’era, consisteva
nel fare riforme del sistema attuale (poiché non era il capitalismo in
quanto tale a essere in difetto). Se non c’era speranza – se la con-
dizione umana era veramente determinante – poi, a un certo punto,
un ritiro più o meno disperato e mistico in sé stessi sembrava l’unica
alternativa”61.
La proposta di Smith è di sostituire questa concezione pessimista e
dualista del dominio della natura con una relazione concreta in cui la

60 Ivi, p. 44.
61 Ivi, pp. 46-47.
32 MARXISMO ED ECOLOGIA

natura è investita dalle qualità sociali da riscoprire in Marx. Il primato


della natura esiste nella relazione con la società, come unità di un ri-
sultato storico e logico nell’idea di produzione della natura.
Se solitamente la natura è vista come il sostrato che non può essere
prodotto, nel capitalismo è sempre più opera sociale: “È nella pro-
duzione della natura che valore d’uso, valore di scambio, lo spazio e
la società si fondono”62. A opinione di Smith, il dualismo è una falsa
coscienza di origine borghese che deve essere sostituito con il punto
di vista della totalità. Marx non usa esplicitamente il concetto di pro-
duzione della natura, eppure Smith pensa che sia possibile ricostru-
ire questa nozione grazie alla sua concezione pratica della relazione
umana con la natura, la quale ha visto una progressiva storicizzazione
e concretizzazione del concetto di natura. Il concetto di produzione
della natura si ricostruisce a partire dai pezzi di un puzzle che Marx
ha lasciato nei suoi testi e seguendo il metodo logico-storico che lo
caratterizza.
Nell’analisi di Smith troviamo tre distinte fasi di sviluppo logico-
storico della relazione società-natura: una prima fase regolata dalla
produzione in generale che corrisponde con il comunismo primitivo,
una seconda fase regolata dal valore di scambio e una terza fase pro-
priamente capitalistica regolata dal valore.
Smith propone differenti temi classici marxiani: dall’unità nella
natura frutto dell’attività pratica umana, alla distinzione tra esseri
umani e animali situata nel processo storico della produzione dei pro-
pri mezzi di sussistenza e quindi della propria stessa natura. Procede
dunque con considerazioni antropologiche rispetto all’essere umano
artefice di sé stesso tramite il processo lavorativo e le prime divisioni
del lavoro di natura sociale fra i generi. La divisione tra lavoro pro-
duttivo e riproduttivo viene naturalizzata perdendo la sua origine
nella storia ancestrale. La necessità della produzione eccedente per
prevenire le carestie gioca un ruolo fondamentale nella divisione del
lavoro comportando la formazione di classi sociali. Questo processo
di strutturazione in classi cambia anche il rapporto originario con la
natura, ora mediato tramite le istituzioni sociali63.

62 Ivi, p. 50.
63 Molti di questi temi sono ripresi dal testo di Engels, Sull’origine della famiglia dello
stato e della proprietà privata, basati a loro volta sugli studi etnologici (la moderna an-
tropologia sociale o culturale) che Marx condusse fra il 1879 e il 1882 per mezzo di al-
cuni autori nord americani quali Lewis H. Morgan, John Phear, Henry S. Maine, John
Lubbock. Questo consentì a Marx e poi a Engels di sviluppare contributi e confronti
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 33

La produzione eccedente è un fattore necessario perché si produca


lo scambio di prodotti e, da questo momento, la relazione dell’uomo
con la natura non si basa solo nella produzione di valori d’uso, ma nel-
la produzione di valori di scambio, aumentando il grado di mediazione
istituzionale e sociale del rapporto con la natura64. “Con lo sviluppo
delle classi sociali, l’accesso alla natura è distribuito (tanto qualitati-
vamente come quantitativamente) in forma disuguale in accordo con
l’appartenenza di classe”65. Da qui la nascita dello Stato, come fonte di
amministrazione nella società di classe, e la subordinazione della don-
na nella divisione tra lavoro produttivo e riproduttivo. Queste divisioni
sociali sulla base della classe e del sesso nella società umana determina-
no una trasformazione anche nella natura umana, sempre concepita in
senso storico. Altro aspetto rilevante è la divisione tra lavoro manuale
e intellettuale, che ha la propria radice nella divisione tra valore d’uso
e di scambio. Attraverso questo svolgimento la coscienza si emancipa
dalla materialità e pone sé stessa come oggetto. Con la produzione per
il valore di scambio si verifica una prima forma di alienazione, lo svi-
luppo di ideologie, processo che avviene parallelamente allo sviluppo
della cooperazione. Questi due fenomeni concorrono all’unificazione
della società precedentemente frammentata66. Il concetto di seconda
natura proviene dal valore di scambio e Smith trova il suo fondamento

per la teoria del materialismo storico, portando anche a una revisione della teoria della
storia umana permanente attraversata dalla lotta fra le classi, esposta nella prefazio-
ne del Manifesto del 1888. In ogni caso, qui come nell’apparato sulle forme sociali
precapitalistiche dei Grundrisse è esposto l’evolvere delle relazioni tra essere umano
e natura. Cfr. Friedrich Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello
Stato, trad. it. di F. Codino, Editori riuniti, Roma, 1976 e Ferdinando Vidoni, Stefano
Bracaletti, Gli scritti etno-atropologici di Marx ed Engels: presentazione dei curatori,
https://www.marxismo-oggi.it/saggi-e-contributi/articoli/417-gli-scritti-etno-antropo-
logici-di-marx-ed-engels-presentazione-dei-curatori (ultimo accesso 10.5.2020). Vito
Bongiorno, L’antropologia marxista, marxismo-oggi, https://www.marxismo-oggi.it/
saggi-e-contributi/saggi/98-antropologia-marxista (ultimo accesso 10.5.2020).
64 Smith, Uneven Development, cit., p. 60.
65 Ivi, p. 61.
66 Aristotele ha discusso nel libro I della Politica come il commercio, basato sul valore
di scambio, abbia messo in comunicazione differenti comunità, tema ripreso poi da
Marx nella spiegazione storica della nascita prima dello scambio e poi della mone-
ta. Lo scambio si produce originariamente fra le comunità perché all’interno delle
comunità la proprietà era comune e suddivisa in base alle gerarchie sociali interne.
È altrettanto vero che secondo Aristotele questo processo di scambio genera a sua
volta una crematistica artificiale per cui l’arte di acquisire beni, propria della crema-
tistica naturale, diviene un fine in sé e principio distruttore della polis. Il valore di
scambio unifica, ma su una nuova base, la società umana che supera gli angusti limiti
34 MARXISMO ED ECOLOGIA

in Platone, passando per Cicerone sino a Buffon in Francia nel xviii


secolo e lo vincola con la produzione per il valore di scambio, ossia
con tutte quelle attività trasformative umane così come lo sviluppo
delle istituzioni sociali67. Il valore di scambio entra in relazione con
la natura in due sensi: 1) “l’uso dei materiali naturali è regolato dalla
quantità di valore di scambio che implica il suo utilizzo”. 2) Il valore
di scambio all’entrare nel regno naturale, produce una seconda natura
connessa alla prima per mezzo della produzione68. Prima e seconda
natura sono in relazione mutua, e l’affermazione di una seconda natu-
ra porta all’emancipazione della classe che le è più vincolata, la classe
borghese, che con una rivoluzione stabilisce nuovi rapporti sociali e
degli esseri umani con la natura.
Smith colloca qui l’origine del valore sviluppatasi nel contesto
della relazione salariale della società capitalista. Da questo momento
l’accumulazione si impone e la legge del valore si comporta come una
legge cieca della natura. Nella relazione con la natura avviene una sin-
tomatica trasformazione, poiché la mediazione sociale del denaro non
è in funzione della produzione ma diviene una “logica astratta ade-
rente alla creazione di accumulazione del valore sociale che determina
la relazione con la natura nel capitalismo”69. La metodologia di Marx
che procede dall’astratto al concreto è anche la forma della relazione
con la natura nel capitalismo. Le relazioni astratte sono tradotte in
attività concrete con la natura.
La natura come oggetto della produzione si converte in “mezzo di
produzione universale”70; la seconda natura procede dalla prima come
parte di un processo di unificazione pratica di tutta la natura nella
produzione. La scienza acquisisce un ruolo centrale in questo modo
di produzione attraverso l’attività di controllo della natura. Si sviluppa
la divisione sociale e la tecnica del lavoro con nuove e più complesse
forme di cooperazione in forma alienata, sia tra gli altri esseri umani
che con la natura. Quest’ultima è captata dalla forza intellettuale del
processo di produzione materiale. La natura umana è quindi mutilata
e imbestialita, i mezzi di produzione diventano mezzi di dominio su di
essa e non le consentono di sviluppare l’attività intellettuale.

delle comunità di consanguinei e modifica il rapporto tra società e natura. Aristotele,


Politica e Costituzione di Atene, trad. it. di C.A. Viano, Utet, Torino 1955, pp. 69-77.
67 Smith, Uneven development, cit., p. 66.
68 Ivi, p. 68.
69 Ivi, p. 70.
70 Ivi, p. 71.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 35

Con lo sviluppo del capitalismo, anche la famiglia, un tempo iden-


tificata come l’unità economica di base, si modifica portando alla
produzione di due sfere: quella pubblica produttiva della fabbrica, e
quella privata domestica, esclusiva delle donne.
Da questo processo materiale Smith ne deriva le corrispondenti
sovrastrutture ideologiche, la libertà formale e l’uguaglianza, specchio
della circolazione capitalistica. Gli esiti più prolifici di quest’ideolo-
gia si concretizzano nella società dei consumi, realizzando la falsa co-
scienza della fine delle classi sociali. La scienza stessa opera in forma
ideologica come una religione secolarizzata. Per Smith questa omo-
geneità delle coscienze è frutto della circolazione a cui si oppone il
processo di produzione immediato che sviluppa le sue linee di demar-
cazione su base di classe, genere e razza.
Per Smith la produzione della natura non è esclusiva del capitali-
smo, ma ciò che lo contraddistingue è che “per la prima volta, gli esse-
ri umani producono la natura su grande scala”. Ma vi è anche un rile-
vante aspetto qualitativo: la natura “è prodotta in maniera progressiva
da dentro e come parte della chiamata seconda natura”71. Se prima la
distinzione tra prima e seconda natura era basata nell’essere prodotta
dall’uomo, ora la differenza tra prima e seconda natura è che la prima
è materiale e concreta e riguarda i valori d’uso, mentre la seconda è
astratta e riguarda i valori di scambio. Il concetto di seconda natura
a cui si riferisce Smith non è tanto quello della filosofia del diritto di
Hegel, quanto quella di Alfred Sohn-Rethel inerente alla distinzione
tra valore d’uso e di scambio e il mondo materiale astratto-sociale72.
La materia esiste dunque simulatamente dentro due nature: fisica-
materiale, soggetta alle leggi di natura, e sociale, soggetta alla leggi del
mercato, con il lavoro mediatore e produttre di entrambe. La natura
è dunque prodotta nella sua totalità: “Ora non c’è parte della super-
ficie della terra, dell’atmosfera, degli oceani, del sostrato geologico o

71 Ivi, p. 77.
72 Alfred Sohn-Rethel, Il Denaro. L’apriori in contanti, trad. it. di F. Cappellotti, Edi-
tori Riuniti, Roma 1991. Nonostante la vicinanza di Sohn-Rethel ai fondatori della
scuola di Francoforte, il concetto di prima e seconda natura, qui esposto attraverso
le categorie economiche di valore d’uso e valore di scambio, è sensibilmente diverso
dal concetto di seconda natura di Adorno. Adorno ne sviluppa una visione sfaccettata
che consente di distinguere tra usi critici e ideologici del concetto. Per una discussione
critica dei concetti di storia naturale, storia sociale, prima e seconda natura in Adorno
si veda Italo Testa, Storia naturale e seconda natura. Adorno e il problema di una conci-
liazione non fondativa, in “La società degli individui”, xxviii, 1, 2007, pp. 37-52.
36 MARXISMO ED ECOLOGIA

dello strato superiore biologico che sia immune alla trasformazione


del capitale”73.
Le leggi naturali e sociali sono accumunate dalla natura attraverso
l’osservazione del prisma feticistico della merce, del denaro e del capi-
tale, ma le seconde a differenza delle prime possono essere cambiate.
Così la fine del capitalismo significherebbe la fine della storia naturale
dell’uomo, perché rimuove la cortina ideologica che fa percepire le
leggi sociali come rapporti naturali. Nell’ottica di Smith, la distinzio-
ne tra prima e seconda natura si fa ora obsoleta dal punto di vista
filosofico. Nell’ontologia non si può più affermare una distinzione tra
umano e non umano. La divisione tra materialità e astrazione parreb-
be più calzante, ma la capacità del capitale di produrre un mondo ma-
teriale a propria immagine fa sì che l’astrazione abbia perso il vincolo
con la concezione del cambiamento della realtà e il potenziale della
storia umana.
La produzione della natura svela le contraddizioni e la temporali-
tà del capitale attraverso la sua capacità distruttrice: “La produzione
della natura è universale, come lo sono le contraddizioni interne di
questo processo”74. Le contraddizioni per Smith non sono tra capitale
e natura, ma all’interno di questo processo di produzione sociale. Il
capitale pone continuamente a sé stesso barriere naturali che deve su-
perare, ma non esiste alcuna legge naturale delle rivolte le quali sono
invece un prodotto sociale ed esistono come opportunità storica non
come determinazione.
La produzione della natura costituisce un potenziale contradditto-
rio di opportunità e apocalissi che non era sfuggito a Marx ed Engels.
Il motivo per cui non rinunciano al concetto di dominio della natura,
considerato obsoleto da Smith, è dovuto agli sviluppi del capitalismo
del xix secolo in cui questo aspetto non era ancora così evidente. La
produzione della natura non deve essere confusa con il suo controllo,
né con la consumazione del suo dominio, ma è differente in termini
qualitativi. La domanda fondamentale da porsi è come produciamo la
natura e chi controlla questa produzione. L’unita della natura è resa
possibile dagli strumenti tecnologici del capitalismo, ma la sua unione
pratica è ancora da realizzarsi nella società socialista e consiste “nel

73 Smith, Uneven development, cit., p. 79. Su questa posizione è concorde anche il geo-
grafo marxista David Harvey che fa propria la concezione di produzione della natura
da parte del capitale. Cfr Harvey, Diciassette contraddizioni e fine del capitalismo, cit.,
cap. 16.
74 Smith, Uneven development, cit., p. 84.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 37

controllo da parte dei lavoratori del processo di produzione, e pertan-


to, del controllo sulla produzione della natura”75.
Torniamo ora su alcune importanti figure della prima fase dell’eco-
socialismo fondamentali nel dibattito di questo volume: Ted Benton,
professore di sociologia inglese, figura importante dell’ecologismo
e dell’animalismo, André Gorz, intellettuale francese di ispirazione
sartriana pioniere dell’ecologia politica marxista, e James O’Connor,
ecomarxista statunitense e direttore della nota rivista “Capitalism,
Nature, Socialism”.

3.3 Ted Benton critico di Marx

Ted Benton è sicuramente rappresentativo di questa fase dell’e-


cosocialismo, e il suo rimane un genuino tentativo di articolazione
del movimento verde col marxismo a partire da una lettura critica di
Marx e autocritica delle posizioni del marxismo. In un lungo articolo
scritto sulla rivista “New Left Review”, Benton definisce “il materiali-
smo storico [...] come lo studio dell’ecologia applicato alle popolazio-
ni umane”. Dopo una breve esposizione delle posizioni naturaliste e
materialiste di Marx ed Engels si chiede perché “scorr[a] tanto cattivo
sangue tra i marxisti e gli ecologisti”76. La proposta centrale di Benton
è che vi sia un cruciale iato fra le premesse del materialismo filosofico
di Marx ed Engels e le categorie economiche alla base della loro teo-
ria situato negli scritti maturi piuttosto che una rottura tra gli scritti
giovanili e quelli della maturità. Questi problemi sono imputabili alle
concezioni dell’economia classica da cui gli autori attingono la pro-
pria idea del capitalismo rifiutando i limiti imposti dalla natura e le
forme di creazione della ricchezza.
Marx ed Engels in reazione al conservatorismo epistemologico di
Malthus, coagulato nella concezione astorica dei limiti della popola-
zione e la necessità metastorica delle condizioni di miseria dell’im-
mensa maggioranza della popolazione, sarebbero colpevoli per Ben-
ton di aver oscillato tra posizioni epistemologiche utopiche e reali-
ste77. La risposta di Marx ed Engels alla teoria della popolazione di
Malthus è duplice: da un lato negano i limiti naturali, o al massimo
li ammettono come ipotesi remota, dall’altro li rendono sociali nella
75 Ivi, p. 90.
76 Ted Benton, Marxism and Natural Limits. An Ecological Critique and Reconstruction,
in “New Left Review”, clxxiv, 4, 1989, pp. 54-55.
77 Ivi, p. 58.
38 MARXISMO ED ECOLOGIA

teoria dell’esercito industriale di riserva. Al contrario Benton ritiene


che un limite naturale alla popolazione esista ma che questo dipenda
dai modi storici di produzione che hanno una loro legge interna del
limite di popolazione78. Per Benton, il rifiuto del riconoscimento dei
limiti naturali di Marx deriva in parte dalle concezioni economiche
di Ricardo, ma è da lui acuita ulteriormente sminuendo il ruolo del-
le condizioni della natura non manipolabili e sovrastimando il ruolo
dei poteri trasformativi intenzionali umani di fronte alla natura79. Ad
esempio nel processo di produzione agricolo, questo più che presen-
tarsi come un processo trasformativo intenzionale dell’uomo si esibi-
sce come una pratica eco-regolatoria che è differente da altre pratiche
produttive.
Nelle pratiche eco-regolative: 1) cambia il soggetto del lavoro 80,
che passa dalla materia prima alle condizioni di crescita e sviluppo
della stessa; 2) il lavoro è a sostegno di processi trasformativi della
natura più che direttamente trasformativo esso stesso; 3) la distribu-
zione spaziale e temporale del lavoro dipendente dai ritmi naturali; 4)
le condizioni date dalla natura figurano anch’esse come soggetto del
lavoro, uscendo dalla partizione marxiana. Per Benton “l’uso di or-
moni per intervenire nei processi organici, e tecnologie di ingegneria
genetica sembrano puntare in questa direzione”81. La critica all’inca-
pacità della concezione del processo di lavoro marxiano di captare il
reale carattere delle pratiche eco-regolative è poi esteso alle pratiche
di appropriazione primaria dei doni gratuiti della natura. Si tratta di
quei lavori che non hanno come sostrato una materia prima, ma che
sono attività di appropriazione che trasformano elementi della natura
in valori d’uso, quali la caccia, la pesca, l’estrazione mineraria, ecc.
A causa della subordinazione del processo di produzione di valori
d’uso al processo di produzione di valori di scambio, Marx avrebbe
sottostimato cinque questioni: 1) Il limite della trasformabilità inten-

78 Ivi, pp. 59-60.


79 Ivi, p. 64. Di seguito ci si concentrerà sulla particolarità del lavoro eco-regolato, sia
per ragioni di spazio sia perché la critica del produttivismo verrà trattata successiva-
mente.
80 Ovvero, in termini marxiani, l’oggetto del lavoro, la sostanza, la materia prima.
81 Ivi, p. 68. L’aspetto della manipolazione della vita ai fini della produzione e dell’ac-
cumulazione capitalistica è l’aspetto fondante del settore della bioeconomia. Per una
discussione filosofica si veda Jordi Maiso, Diseñar la biología. Retos éticos, filosóficos
y políticos de la biología sintética, in “Contrastes. Revista internacional de filosofía”,
Supl. xviii: Filosofía actual de la biología (ed. de A. Diéguez y V. Claramonte), 2013,
pp. 303-315
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 39

zionale degli strumenti del lavoro e delle materie prime. 2) La fonte


di appropriazione dei primi strumenti del lavoro e delle materie pri-
me nell’appropriazione primaria si situa nei processi produttivi della
natura. 3) Il lavoro in sé come indispensabile al processo di lavoro,
non solo il consumo della forza lavoro, ma anche il lavoro di cura. 4)
La dipendenza della produzione dal contesto delle condizioni di pro-
duzione. Se Marx le riconosce, le inserisce nella categoria degli stru-
menti di produzione, che è una categoria che indica intenzionalità.
5) La categorizzazione funzionale di Marx lascia elementi al di fuori
dell’intenzionalità. Per Benton queste cinque considerazioni puntano
in un’unica direzione: “la concezione di Marx dei processi di lavoro
produttivi ha mostrato di esagerare il loro carattere potenzialmente
trasformativo, mentre ha sotto-teorizzato o occluso i vari aspetti in
cui si trovano a condizioni naturalmente date e/o relativamente non
manipolabili e i limiti”82.
Di conseguenza, si rendono necessarie tre correzioni dal punto di
vista ecologista: 1) le condizioni contestuali devono essere concepite
separatamente dagli strumenti del lavoro; 2) la persistente integra-
zione delle condizioni contestuali nella sostenibilità di pratiche eco-
regolative; 3) quando le materie prime sono scarse bisogna dichiarare
la non sostenibilità del loro uso nel processo produttivo83.

3.4 André Gorz e l’ecologia politica

André Gorz è un marxista francese di ispirazione sartriana, il cui


pensiero subisce un’evoluzione originale dato il rapporto intrattenuto
con la sinistra italiana a partire dalla fine degli anni Sessanta, sia con
il marxismo antistalinista di Lelio Basso sia per la successiva influen-
za ad opera dell’operaismo italiano, tanto da imporsi nel movimento
francese come “il capofila intellettuale della tendenza ‘italiana’ del-
la nuova sinistra”84. Il suo pensiero attraversa diverse fasi, pur senza
subire rotture nette, ed è stato anticipatore nel contesto europeo di
una riflessione da lui definita eco-comunista. A Partire dal 1973 ini-
zia una breve ma intensa riflessione nell’ambito dell’ecologia politica,
che rimarrà centrale anche nelle sue elaborazioni successive, critica sia

82 Benton, Marxism and Natural Limits, cit., p. 73.


83 Ibidem.
84 Si veda a tal proposito André Gorz, Écologica, Galilée, Paris 2008, pp. 9-23. Emanue-
le Leonardi, Attualità dell’ecologia politica di André Gorz. Note su Ecologia e libertà
(1977) a quarant’anni dalla sua pubblicazione, in “Etica & Politica”, xix, 3, p. 156.
40 MARXISMO ED ECOLOGIA

del capitalismo ma anche del modello sovietico e più in generale del


comunismo di matrice europea, da lui giudicato produttivista e lavo-
rista. Nel 1980 con il suo Adieux au prolétariat sostiene la fine della
centralità del conflitto di fabbrica a causa della compromissione della
classe operaia con la società capitalista. La classe operaia non pos-
siede le caratteristiche del soggetto universale di emancipazione dal
lavoro perché condivide con il capitale il fine del denaro, riflessione
che sancisce la rottura con il marxismo classicamente inteso e decre-
ta l’assoluta complicità con i nuovi movimenti sociali e che anticipa
considerazioni su una nuova fase del capitalismo di tipo cognitivo che
vede la centralità dell’informazione nel processo di produzione e nella
valorizzazione capitalistica85.
La fase dell’ecologia politica viene comunemente identificata tra
il 1973 e il 1978 e il testo Ecologia e libertà ne costituisce l’opera più
importante86. Quest’opera si inserisce in un momento particolare della
vita politica europea segnato dalla crisi dello shock petrolifero del ’73
e dagli allarmi lanciati dal rapporto Meadows pubblicato nel ’72 sui
limiti dello sviluppo dei consumi espressi dal Club di Roma. In questo
contesto di emergenza e crisi, percepita generalmente in senso più
economico che ecologico, Gorz articola un ragionamento di connes-
sione dei due aspetti attraverso sette tesi:
1) Si rende necessario un realismo ecologico che si traduca nel
rifiuto dell’imperativo economico della crescita, e colga la necessità
dell’equità sociale senza crescita.
2) Il porre in relazione economia politica ed ecologia, riconoscen-
do che l’ecologia si occupa dei limiti esterni della natura e possiede
una razionalità differente che circoscrive l’efficacia dell’attività econo-
mica e delle condizioni extraeconomiche. Gorz mostra come la scar-
sità relativa sia la base di un processo di appropriazione e mercifica-
zione alla quale segue una scarsità assoluta dovuta ai regimi di sfrutta-
mento economici. Con il concetto di controproduttività, preso da Ivan
Illich, Gorz esprime come il capitalismo sia in realtà antitetico alle
reali forme produttive che seguono i cicli vitali della natura. Emerge
come l’ecologia di per sé non basti, perché essa può dar luogo a forme
contrastanti: l’ecologismo basato su forme decentrate di istituzionalità
fondate sulla cooperazione e la democrazia diretta (eco-comunismo),

85 Cfr. André Gorz, Addio al proletariato, trad. it. di D. De Masi, Edizioni Lavoro,
Roma 1982.
86 Leonardi, Attualità dell’ecologia politica di André Gorz, cit., pp. 158-160.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 41

oppure l’ecofascismo, retto da un élite tecnocratica che impone con


metodi autoritari e attraverso l’uso dell’eco-ingegneria una nuova re-
lazione con i limiti naturali87.
3) Il rapporto tra ecologia e autogestione, in cui si esprime una
preferenza per l’autoregolazione decentralizzata all’eteroregolazio-
ne centralizzata. Qui la scelta razionale ed etica è quella ecologista
che si contrappone alla razionalità capitalistica. La tecnica non è da
concepirsi come elemento neutrale ma riflette i rapporti sociali tra
produttore e prodotto, tra lavoro e lavoratore, tra essere umano e am-
biente, individuo e società. In conseguenza la lotta per una società
diversa è altresì una lotta per una tecnica diversa. Questo fornisce un
criterio etico di desiderabilità delle soluzioni da mettere in campo. Ad
esempio l’opposizione alla tecnologia nucleare è giustificata non solo
dall’annosa questione dello smaltimento delle scorie nucleari, ma an-
che perché costituisce un modello di eterogestione centralizzata nelle
mani di un’espertocrazia. Qui l’ecosocialismo afferma la sua autono-
mia per la quale il dominio totale dell’uomo sulla natura comporta il
dominio tecnico sull’uomo.
4) Il rapporto crisi ecologica e crisi del capitalismo. Il progetto
di dominio della natura non è incompatibile con l’ecologia, ma deve
essere considerato se si tiene in conto delle risorse non rinnovabili e
se gli effetti distruttivi non superano quelli produttivi88. Nel contesto
dello shock petrolifero del ’73, Gorz pensa alla crisi in corso non solo
come una crisi di sovrapproduzione ma anche come una crisi ecologi-
ca. Le legge marxiana della caduta tendenziale del saggio di profitto,
connessa all’accrescere continuo della composizione organica di capi-
tale, porta i capitalisti ad aggirare i suoi effetti aumentando la quan-
tità di merci vendute, i prezzi e a sostenere processi di obsolescenza
programmata, portando così a nuove scarsità relative, saturazioni e
disutilità. In altre parole il capitale pone ostacoli fisici al suo progre-
dire. Questa crisi di sovrapproduzione si accompagna a una crisi di ri-

87 André Gorz, Ecologia e libertà, Orthotes, Napoli 2015, pp. 41-45


88 L’ecosocialista belga Daniel Tanuro identifica proprio nelle considerazioni energeti-
che di Marx uno dei limiti più gravi della sua teoria, che impedisce di poter affermare
la compiutezza del suo ecologismo. Marx non sarebbe stato in grado di includere nel
suo sistema una riflessione sulle fonti energetiche fossili: “Non ha notato l’incompati-
bilità tra queste dinamiche di accumulazione e la base energetica attraverso cui si svi-
luppano – le limitate riserve di carburanti fossili” (Daniel Tanuro, Marxism, Energy,
and Ecology: The Moment of Truth, in “Capitalism Nature Socialism”, xxi, 4, 2010,
p. 93). Si veda anche Daniel Tanuro, L’impossibile capitalismo verde. Il riscaldamento
climatico e le ragioni dell’eco-socialismo. trad. it. di T. Pierini, Alegre, Roma 2011.
42 MARXISMO ED ECOLOGIA

produzione. L’esplosione dei prezzi aggrava la crisi economica, poiché


il saggio di profitto medio cade. La riproduzione delle condizioni di
produzione come mezzi di produzione si verifica ad esempio quando
è necessario prevedere accorgimenti tecnologici che fanno crescere la
composizione organica di capitale (ossia il rapporto tra capitale co-
stante e capitale variabile nella produzione), pur senza aumentarne la
produttività. È questo il caso dell’uso di depuratori, che accrescono i
costi ma non aumentano la produttività in senso capitalistico. Inoltre
la crisi di riproduzione è connessa alla fine delle risorse a buon mer-
cato, non essendo più possibile estrarre risorse energetiche senza un
aumento dei costi, e questo costituisce un limite fisico. Sono perciò
necessarie sovvenzioni statali all’industria. Per tutte queste ragioni la
condizione di scarsità relativa delle risorse, esistente come limite na-
turale, viene forzata per compensare i mancati guadagni attraverso un
consumo eccessivo delle risorse, che altrimenti sarebbero rinnovabili,
portando a una scarsità assoluta89.
5) Il rapporto tra ricchezza e povertà. Il capitalismo impedisce il
soddisfacimento di bisogni basilari della popolazione, il miglioramen-
to dell’efficienza energetica e un ciclo di vita lungo dei prodotti. La
povertà è causata dalla modalità produttiva e dalla natura dei prodotti.
Per Gorz la scarsità e l’equità si escludono a vicenda, ma è necessario
osservare che la povertà è uno stato di privazione dei godimenti ac-
cessibili ai ricchi, mentre la miseria è una condizione in cui le risorse
necessarie alla vita sono insufficienti. Il problema della povertà dunque
consiste nell’accaparramento da parte dei ricchi delle risorse, nel loro
accesso esclusivo – che crea una scarsità artificiale per industrializzarne
l’accesso – e il consumo distintivo di prodotti il cui valore d’uso è dub-
bio, ma che per prezzo e rarità esprimono una condizione di privilegio.
Da queste osservazioni Gorz conclude che sia necessario calibrare la
produzione secondo criteri per cui i beni prodotti siano accessibili a
tutti, che essa non debba dissipare risorse abbondanti in natura e la
diffusione generalizzata non ne debba distruggere il valore d’uso.
6) Un’analisi sui concetti di uguaglianza e differenza. L’uguaglian-
za materiale smette di essere importante dal momento in cui smette di
essere segno di gerarchie. Le differenze si situano in campo valoriale,
mentre le disuguaglianze hanno solo una relazione aritmetica di più
e meno misurabile nei consumi. La differenza è ciò che minaccia il

89 Gorz, Ecologia e libertà, cit., pp. 51-59. Osservazioni in comune con James O’ Con-
nor, come si vedrà in seguito.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 43

principio di unidimensionalità del capitalismo. Nella società alienata il


denaro diviene scopo e meccanismo di riconoscimento. Gorz propone
che i lavori socialmente necessari debbano godere dello stesso ricono-
scimento anche in termini remunerativi oltre che la realizzazione delle
infinite diverse capacità al di là della produzione capitalistica. Questa
condizione è resa possibile in seguito alla riduzione della durata del
lavoro socialmente necessario. Le differenze dei modi di vita e consu-
mo cesseranno di percepirsi come disuguaglianze nel momento in cui
saranno frutto di una libera scelta.
7) Una riflessione sul significato di autogestione ed eterogestione
sociale, la società civile e lo Stato. Qui Gorz pone in evidenza come
nella società alienata, similmente a Marx, la libertà sia concepita nel
non-lavoro e che l’attività creativa sia interdetta per affermarsi solo
nei consumi come momento di realizzazione dell’individualità. L’in-
dividuo integrale non è quello professionalizzato, poiché la divisione
del lavoro è alla base dell’alienazione90. Alla base di questo meccani-
smo di individuazione vi è la scuola che crea consumatori e profes-
sionisti espellendo il sapere e l’autonomia del lavoro91. La condizione
del disoccupato è rappresentativa della contraddizione del lavoro

90 Tema anch’esso ripreso da Marx nella sua ‘definizione statica’ di comunismo dell’in-
dividuo non professionalizzato. “E infine la divisione del lavoro offre anche il primo
esempio del fatto che fin tanto che gli uomini si trovano nella società naturale, fin tan-
to che esiste, quindi, la scissione fra interesse particolare e interesse comune, fin tanto
che l’attività, quindi, è divisa non volontariamente ma naturalmente, l’azione propria
dell’uomo diventa una potenza a lui estranea, che lo sovrasta, che lo soggioga, invece
di essere da lui dominata. Cioè appena il lavoro comincia a essere diviso ciascuno ha
una sfera di attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e dalla quale non
può sfuggire: è cacciatore, pescatore, o pastore, o critico, e tale deve restare se non
vuol perdere i mezzi per vivere; laddove nella società comunista, in cui ciascuno non
ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere, la
società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare
oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare,
la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi vien voglia; senza
diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico” (Karl Marx, Friedrich
Engels, L’ideologia tedesca, trad. it. di F. Codino, Editori Riuniti, Roma, 2018, p. 24).
91 Nello stesso periodo il marxista francese Luis Althusser darà centralità alla scuola,
assieme alla famiglia, come apparato ideologico di Stato per eccellenza per l’assog-
gettamento degli individui nella riproduzione sociale della società capitalistica. Tut-
tavia il pensiero di Gorz è debitore di quello del filosofo e pedagogo austriaco Ivan
Illich, il cui concetto di descolarizzazione faceva la comparsa nel 1971. Luis Althus-
ser, Sull’ideologia, trad. it. di M. Gallerani, Edizioni Dedalo, Bari 1976. Ivan Illich,
Descolarizzare la società. Una società senza scuola è possibile?, trad. it. di P. Perticari,
Mimesis, Milano 2010.
44 MARXISMO ED ECOLOGIA

capitalistico, è il paradosso dell’impossibilità di produrre se non per


conto terzi. Soddisfare i bisogni solo attraverso il consumo di merci
è una situazione di riduzione dell’autonomia degli individui e della
comunità. Pur ponendo l’enfasi sui meccanismi autogestionari, Gorz
ammette che l’eteroregolazione può essere maggiormente efficace
che l’autogestione, ma questa sviluppa proliferazione burocratica,
costi, ritardi, centralizzazione del potere e uniformazione degli indi-
vidui. L’autogestione è una dimensione locale e autarchica che fa una
scelta politica sui consumi focalizzandosi su cosa produrre e come
produrlo. Pur ponendo maggior enfasi sul polo dell’autogestione la
proposta di Gorz è quella di un connubio tra produzione autonoma
e eteronoma92.

3.5 James O’Connor e la seconda contraddizione del capitalismo

James O’Connor è stato un influente e illustre economista statu-


nitense, il cui contributo teorico e politico è stato fondamentale per
la nascita dell’ecomarxismo93. Scomparso nel 2017, O’Connor fu an-
zitutto un militante politico, sostenendo Cuba nel processo di stabi-
lizzazione post-rivoluzionario (pubblicando poi un libro sulle origini
del socialismo cubano)94, prendendo parte al movimento anti-segre-
gazionista dei Freedom Riders e opponendosi alla guerra in Vietnam
attraverso l’organizzazione delle Facoltà contro la guerra95.
La crisi fiscale dello Stato è la sua opera più conosciuta, nella quale
rivela la dimensione strutturale del deficit statunitense e l’insostenibi-
lità del modello economico keynesiano. In questo lungo e complesso
trattato, in un breve apparato, l’appendice al capitolo sesto “Le spese
sociali dell’inquinamento dell’ambiente”, O’Connor anticipa alcune
tesi che saranno oggetto dei suoi studi nei decenni successivi. In que-
sto breve estratto O’Connor prefigura l’insanabile contraddizione tra
l’accumulazione economica, la privatizzazione dei profitti da un lato e

92 Gorz, Ecologia e libertà, cit., p. 79.


93 Per una trattazione più estesa si veda Jacopo Nicola Bergamo, Emanuele Leonardi,
L’ecomarxismo di James O’Connor. Prefazione, in O’Connor, La seconda contraddi-
zione del capitalismo, cit., pp. 7-33.
94 James O’Connor, The origins of socialism in Cuba, Cornell University Press, Itha-
ca-New York 1970.
95 Cfr. Barbara Lawrance e Salvatore Engel-Di Mauro, James Richard O’Connor (20
April 1930-12 November 2017), in “Capitalism Nature Socialism”, xxviii, 4, 2017,
pp. 1-2.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 45

l’esternalizzazione dei costi ecologici e la loro insostenibile socializza-


zione da parte dello Stato dall’altro96.
A partire da un seminario nell’autunno del 1988 “capitalism and
nature”, formato da attivisti ambientali, ricercatori e studiosi, tra cui
O’Connor, nasce l’idea di fondare la rivista “Capitalism, Nature, So-
cialism”, tutt’oggi punto di riferimento internazionale dell’elaborazio-
ne teorica dell’ecologia politica di stampo marxista. Durante questo
seminario vengono effettuate due scoperte: anzitutto che fino a quel
momento non era stata elaborata in ambito marxista o neo-marxista
una teoria che abbia connesso dialetticamente crisi economica e crisi
ecologica, secondariamente che non esisteva uno studio soddisfacente
che abbia altrettanto connesso dialetticamente storia e natura, collo-
candosi nell’interfaccia tra scienze naturali e sociali97.
Nel numero inaugurale della rivista O’Connor, nel saggio Capita-
lism, Nature, Socialism a Theoretical Introduction98, compie un’osser-
vazione innovativa della crisi per la quale esisterebbero due tipi di
contraddizioni interne al capitalismo fondate sull’analisi marxiana: la
prima è quella classica tra le forze produttive e le relazioni di produ-
zione, che economicamente si traduce in una crisi di realizzazione della
produzione, detta anche crisi di sovrapproduzione. Questa prima con-
traddizione è un classico del marxismo ed è schematicamente esposta
nella Prefazione del 1859 del volume Per la critica dell’economia poli-
tica di Marx99. La seconda è propriamente ecomarxista e O’Connor la

96 “Le leggi e la persuasione morale non sono che due elementi nella soluzione del
problema dell’inquinamento. Il terzo ingrediente essenziale è il denaro governativo
[...] Nessuna grande azienda agricola può permettersi da sola di pagare le spese per
la protezione del suolo, delle acque e della vita vegetale, animale e umana. Nessuna
società automobilistica può sobbarcarsi da sola i costi della produzione di veicoli
non inquinanti. Nessuna municipalità può concedersi il lusso di costruire adeguati
impianti per il trattamento dei rifiuti. Nessuna compagnia aerea può affrontare le
spese connesse con l’inquinamento da rumore o con la modernizzazione dei servizi
e degli impianti per il controllo del traffico aereo. Anzi, industrie fortemente inqui-
nanti come le cartiere, la chimica, i metalli primari, ecc., non sono in grado di finan-
ziare impianti adeguati per trattare o eliminare gli scarichi senza un aiuto finanziario
dall’esterno in una forma o in un’altra” (James O’Connor, La crisi fiscale dello Stato
[1973], trad. it. di V. Grisoli, Einaudi, Torino 1977, p. 199).
97 Cfr. James O’ Connor, Prospectus: Capitalism, Nature, Socialism. A Journal of Social-
ist Ecology, in “Capitalism Nature Socialism”, i, 1, 1988, pp. 1-6.
98 James O’Connor, Capitalism, Nature, Socialism a Theoretical Introduction, in “Capi-
talism, Nature, Socialism”, i, 1, 1988, pp. 11-38. Tradotto in O’Connor, La seconda
contraddizione del capitalismo, cit.
99 Cfr. Karl, Per la critica dell’economia politica, cit., p. 5.
46 MARXISMO ED ECOLOGIA

identifica tra le forze produttive e le relazioni di produzione da un lato,


e le condizioni di produzione dall’altro. Le condizioni di produzioni
sono di tre tipologie: 1) condizioni fisiche esterne, o elementi naturali
che entrano nel capitale costante e variabile; 2) la forza lavoro abbon-
dante e separata dai mezzi di produzione; 3) le condizioni comunitarie e
generali della produzione come ad esempio i mezzi di comunicazione e
lo spazio urbano. Queste sono discusse rispettivamente: 1) nei termini
di variabilità ecosistemica; 2) nei termini di salute mentale e fisica dei
lavoratori; 3) nei termini del capitale sociale, infrastrutture ecc. Questa
crisi si traduce in crisi di sottoproduzione o crisi di liquidità100.
O’Connor analizza il processo della crisi nella contraddizione clas-
sica e in quella ecomarxista da lui proposta. Nell’analisi classica del
rapporto tra crisi e capitalismo, quest’ultimo non solo è dominato da
crisi ma ne è dipendente, poiché le crisi rappresentano il motore per
il rinnovamento delle forze produttive e delle relazioni di produzione,
ovvero le crisi sono il presupposto per ampliare gli investimenti tec-
nologici e rinnovare le forme di cooperazione sociale. La risultante è
quella di fare nascere forme di produzione più efficienti, trasparenti
e cooperative, che possono rappresentare una migliore condizione di
transizione al socialismo, senza implicarlo necessariamente101.
Il punto di vista ecomarxista sul capitalismo come sistema domina-
to da crisi mette a fuoco la distruzione delle condizioni di produzio-
ne materiali e sociali. Il capitale inevitabilmente distrugge le proprie
condizioni di produzione poiché esse non sono prodotte come merci.
La presenza dello Stato come mediatore necessario nel rinnovare le
condizioni di produzione deturpate ha come effetto quello di poli-
ticizzare le condizioni di produzione, abilitando così ulteriori lotte
sociali che intervengono contro la capitalizzazione della natura. La
trasformazione sociale è il risultato del rapporto tra queste differenti
forze. Da questa contraddizione O’Connor ne deriva l’emersione di
tre principali nuovi movimenti in relazioni con le tre tipologie delle
condizioni di produzione: il femminismo in relazione con il corpo, i
movimenti ambientali in relazione con gli elementi fisico naturali e i
movimenti urbani in relazione con le condizioni comunitarie102.
Il capitale mina le sue stesse condizioni di produzione non solo a
causa dell’inquinamento, ma anche per i costi crescenti delle infra-

100 O’Connor, La seconda contraddizione del capitalismo, cit., p. 45.


101 Ivi, pp. 48 e ss.
102 Ivi, pp. 64-74.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 47

strutture, aprendo una crisi di sottoproduzione causata dall’aumen-


to dei costi riproduttivi delle condizioni di produzione. Le esternalità
negative, essendo costi improduttivi per il capitale, vengono quindi
socializzate attraverso la fiscalità dello Stato. Per O’Connor l’effetto
è quello di richiedere nuove forme di cooperazione tra capitali e Sta-
to verso “forme più socializzate di ‘regolazione del metabolismo tra
l’umanità e la natura’, così come del ‘metabolismo’ tra l’individuo e
l’ambiente fisico e sociale”103. Una maggior cooperazione ha l’effetto
di rendere le condizioni di produzione più trasparentemente politiche,
de-feticizzando le relazioni sociali. Ad esempio nel caso della gestione
dei parassiti in agricoltura si prevedono forme di coordinamento tra i
contadini ma anche training nei programmi educativi pubblici. Secon-
do O’Connor un’ulteriore effetto sarebbe quello di una crescita della
pianificazione. Ad esempio si pianifica come affrontare lo smog urba-
no, attraverso la cooperazione di gruppi e Stato. Il punto chiave è che
il capitalismo tende a sovvertirsi quando muta verso forme maggior-
mente sociali di fornitura delle condizioni di produzione per via po-
litica e ideologica. L’adattamento tra relazioni sociali e forze di ripro-
duzione delle relazioni di produzione è abbastanza sciolto e flessibile.
Queste forme di maggior socializzazione non sono automaticamente
un presupposto al socialismo e non vanno pensate come irreversibili104.
In conclusione, per O’Connor la duplice crisi del capitalismo crea
le condizioni di possibilità di “forme più sociali dei rapporti di pro-
duzione, delle forze produttive e delle condizioni di produzione” che
“contengono in sé [la] possibilità del socialismo”105.
Paolo Missiroli segnala in un brillante articolo apparso su “Qua-
derni Materialisti” che poiché la critica ecologica risulti immanente
nella versione ecomarxista, e dunque non essere di tipo morale, deve
venire analizzata a partire dalla produzione capitalistica evidenziando
la contraddittorietà nella sua logica interna. In questo senso si parla di
una natura internalizzata al capitale. La forza di questa teoria sembra
quella di: 1) spiegare la crisi ambientale attraverso una contraddizione
immanente alla logica del capitale; 2) offrire una teoria del crollo che
unifica il punto di vista sociale e ambientale; 3) fornire una spiegazio-
ne sulla genesi dei nuovi movimenti106.

103 Ivi, p. 65.


104 Ivi, p. 67.
105 Ivi, p. 69.
106 Paolo Missiroli, Il rapporto tra crisi capitalistica e natura nell’eco-marxismo statuniten-
se (O’Connor, Foster, Moore), in “Quaderni materialisti”, 18, 2019, pp. 233-244.
48 MARXISMO ED ECOLOGIA

4. Secondo stadio dell’ecosocialismo

A partire dalla fine degli anni Novanta sino a oggi possiamo as-
sistere a quello che viene definito da alcuni degli stessi protagonisti
la seconda fase dell’ecosocialismo, che in opposizione alla prima, si
sforza di trovare una sintesi tra marxismo classico, inclusa la dialettica
della natura, ed ecologismo attraverso le moderne scienze naturali. A
questo stadio vengono ascritti Elmar Altvater, Ian Angus, Brett Clark,
Rebecca Clausen, Peter Dickens, Martin Empson, Hannah Holleman,
Jonathan Hughes, Fred Magdoff, Andreas Malm, Philip McMichael,
il primo Jason W. Moore, Pamela Odih, l’ ultima Ariel Salleh, Kohei
Saito, Mindi Schneider, Walt Sheasby, Del Weston, Ryan Wishart,
Richard York oltre agli stessi Paul Burkett e John Bellamy Foster107.
Questi pensatori criticano quelli del primo stadio dell’ecosocialismo,
i quali accusano Marx ed Engels e l’intero marxismo di aver violato
una prospettiva ecologista o comunque di non essere stati totalmente
conseguenti. Gli ecosocialisti del secondo stadio incoraggiano invece
una rilettura di Marx ed Engels al fine di riscoprirne le profonde ra-
dici naturaliste ed ecologiche per ridefinire la concezione del comu-
nismo in questi termini. La questione non è solo centrata sulla rico-
struzione delle posizioni ecologiste di Marx ed Engels, ma soprattutto
sul metodo che governa il materialismo storico ed ecologico capace
di influenzare la prassi del presente. Questa seconda fase richiede un
“ritorno alla fondazione e una ricostruzione della dialettica materia-
lista di Marx ed Engels, reincorpondando aspetti ecologici del loro
pensiero” per sviluppare una prassi ecologico materialista108.
La scuola della Metabolic Rift è senza dubbio quella maggiormente
rappresentata in questa seconda fase. Foster sostiene che attraverso il
concetto di frattura metabolica si sia fornito un metodo per l’indagine
pratica dell’analisi degli ecosistemi che prospetta a una terza fase fo-
calizzata sulla prassi esplorativa di questo metodo e che raccoglie gli
allievi di questa scuola.
Si capisce sin da ora che la storia dell’ecosocialismo è segnata da
aspri dibattiti e violente polemiche che dipingono tutt’altro che un
omogeneo gruppo di intellettuali in armoniosa cooperazione. Prima

107 Per necessità di sintesi nella seconda fase dell’ecosocialismo sono stati inseriti anche
gli autori di quella che secondo Foster costituirebbe una eventuale terza fase come
si vedrà tra poco. Cfr. Bellamy Foster, Marxism in the Anthropocene, cit., p. 396.
Burkett, Bellamy Foster, Marx and the Earth, cit., p. 3.
108 Ivi, p. 10.
GENEALOGIA DELL’INCONTRO TRA ECOLOGIA E MARXISMO 49

di procedere all’esposizione delle teorie della scuola della frattura me-


tabolica, è possibile individuale due luoghi attorno a cui cominciano
ad allinearsi posizioni differenti dell’ecosocialismo: le riviste america-
ne “Monthly Review” e “Capitalism, Nature, Socialism”.

4.1 La contrapposizione tra le riviste “Monthly Review”


e “Capitalism, Nature, Socialism”

La “Monthly Review” (mr) è una rivista della New Left fondata da


Paul Sweezy assieme a Harry Magdoff nel dopo guerra. Questa rivi-
sta ha lentamente acquisito una sempre maggior centralità ecologista,
culminata infine nella gestione della rivista da parte di John Bellamy
Foster, oggi redattore capo. La storia della rivista “Capitalism, Natu-
re and Socialism” (cns) è più recente essendo stata fondata 1988 da
James O’Connor e Barbara Laurence, ma fin da subito marcatamen-
te allineata sui temi dell’ecologia politica marxista. L’idea di questa
rivista nasce nell’autunno dell’88 durante un seminario all’Universi-
tà della California, dove i partecipanti scoprono che non esiste una
teoria sistematica della relazione dialettica tra crisi ecologica e crisi
economica109. Un vuoto che O’Connor cerca di colmare con la sua
teoria della seconda contraddizione110. Lentamente cns perde il suo
carattere economico mentre presta maggior attenzione ai contributi
eco-femministi, anti-coloniali e movimentisti.
La linea critica o ibrida nei confronti del marxismo si accentuerà
nella gestione di Joel Kovel, recentemente scomparso nel 2018 a un
anno di distanza da O’Connor. Kovel interpreta l’ecosocialismo come
un movimento emancipatorio distinto dal precedente socialismo e
dunque apertamente critico rispetto ai suoi padri fondatori con le po-
che eccezioni di Wiliam Morris, Rosa Luxemburg e mantenendo fer-
mi alcuni concetti economici basilari dell’analisi marxiana. Joel Kovel
è stato un importante politico ed attivista ecosocialista, suo e di Löwy
è il Manifesto ecosocialista del 2001 oltre che la Dichiarazione Ecoso-
cialista di Belem del 2009 che i due scrissero con Follet e Angus111. Fu
inoltre uno dei principali promotori della rete internazionale ecoso-
cialista. L’opera più importante di Kovel per profondità teorica è The
end of Nature, nella quale esprime l’esigenza di combinare una critica

109 James O’ Connor, Prospectus, in “Capitalism Nature Socialism”, i, 1, 1988, p. 1.


110 Cfr. O’Connor, La seconda contraddizione del capitalismo, cit.
111 Löwy, Ecosocialismo, cit., Annessi.
50 MARXISMO ED ECOLOGIA

al capitalismo, basata sul ristabilire il primato del valore d’uso su quel-


lo di scambio, con alcuni rami del pensiero verde per far fronte alla
concreta minaccia della catastrofe ecologica, lodando ma, allo stesso
tempo, indicando i limiti di alcune espressioni radicali ecologiste quali
la deep ecology, l’ecologia sociale libertaria e l’eco-femminismo112.
Di tendenza completamente opposta è la rivista “Monthly Review”
che attraverso la gestione di Foster diverrà, assieme alla casa editrice
associata Monthly Review Press, il più potente strumento di diffusio-
ne delle posizioni della Metabolic Rift. Questa scuola si basa su una
estrema difesa delle posizioni ecologiste di Marx e quindi non rinun-
cia in nessun modo al marxismo e al socialismo. Tutt’al più ritiene
che la tradizione recente del marxismo occidentale abbia commesso
l’errore di scindere Marx da Engels, la dialettica della storia da quella
della natura, il materialismo ontologico ed epistemologico da quello
pratico, processo avente come effetto un allontanamento del marxi-
smo e della teoria critica dalle scienze naturali e, attraverso un giro
idealista, determinato la difficoltà di intervento sui temi ecologici da
una prospettiva autenticamente marxista.
È quindi chiaro quanto le prospettive delle due riviste e le linee
editoriali abbiano cominciato a divergere nel tempo. Tuttavia il di-
battito è sempre potuto proseguire con autori e interventi ospitati in
entrambe le riviste, senza mai perdere quella dialettica che ha reso
teoricamente forti le posizioni all’interno dell’ecosocialismo. Da se-
gnalare che entrambe le riviste hanno inoltre avuto una edizione ita-
liana. La mr è stata pubblicata in un’edizione italiana tra il ’68 e l’87
dunque ancora quando non era giunta alla piena maturazione eco-
marxista, mentre l’edizione italiana di csn è stata pubblicata a par-
tire dal 1991 ed è stata snodo dell’incontro tra pensiero ecologista e
comunista italiano. Il chimico e merceologo italiano Giorgio Nebbia
fu uno dei massimi teorici e diffusori delle posizioni ecosocialiste in
Italia anche attraverso la fondazione della csn italiana, che ospitava
sia traduzioni che contenuti originali italiani e stranieri.

112 Joel Kovel, The Enemy of Nature: The end of capitalism or the end of the world?,
ZedBooks, London-New York 2002. Per una discussione critica si veda Löwy, Eco-
socialismo, cit., cap. ottavo.
Capitolo secondo
La ricostruzione del marxismo ecologico (i):
John Bellamy Foster, dalla storia del materialismo
alla Metabolic Rift Theory

John Bellamy Foster è attualmente professore di sociologia dell’U-


niversità dell’Oregon e capo redattore della “Monthly Review”. La
sua opera più importante dal punto di vista della ricostruzione eco-
marxista è Marx’s Ecology, un’appassionata ricerca delle radici eco-
logiche del pensiero di Marx ed Engels. Il suo scopo non è quello di
innestare il pensiero verde nel marxismo, ma procedere ad una sua
rifondazione completa. Studiando il punto di vista materialista, Foster
evidenzia come Marx, Bacone e Darwin provengano dal materialismo
di Epicuro e contemporaneamente mette in luce l’origine del concetto
di frattura metabolica, scoprendo che Marx la teorizza a partire dagli
studi delle opere del chimico-agronomo Justus von Liebig. Infatti, il
concetto di frattura metabolica per Foster rappresenta l’elaborazio-
ne matura di un’intuizione marxiana giovanile riguardo la questione
dell’alienazione della natura.
La fondazione teorica di quella che successivamente verrà a de-
linearsi come la scuola Metabolic Rift ha come padri Foster e l’e-
conomista Paul Burkett. Entrambi si sarebbero occupati rispettiva-
mente di due aspetti centrali della lettura ecologista di Marx. Come
vedremo nel prossimo capitolo, Burkett ha condotto un’indagine
logico-analitica delle categorie economico-filosofiche dei testi mar-
xiani posteriori al 1845, in particolare attraverso una teoria ecologica
del valore, scontrandosi con le critiche di alcuni teorici della prima
fase dell’ecosocialismo, in particolare con Ted Benton e O’Connor.
Dall’altro lato, Foster si è occupato di una ricostruzione storico-con-
cettuale dell’evoluzione del materialismo di Marx ed Engels scon-
trandosi con la tradizione del marxismo occidentale che vede nella
dialettica della natura un meccanicismo teleologico. Per queste ra-
gioni Marx’s Ecology di Foster e Marx and Nature di Burkett sono da
52 MARXISMO ED ECOLOGIA

concepirsi come due testi complementari e fondanti la Metabolic Rift


Theory1.
L’argomento di Marx’s Ecology è che per un’adeguata compren-
sione dell’ecologia sia necessario afferrare il materialismo naturalista
e le scienze sviluppate tra il secolo xvii e xix. Le due grandi figure ed
esponenti del materialismo e della scienza sono Marx e Darwin, le cui
interazioni concettuali vengono ricostruite all’interno di quest’opera2.

1. Il materialismo di Marx

La necessità della costruzione di una civiltà ecologica è un proble-


ma più che mai incalzante il nostro presente e richiede basi teoretiche
solide per avere l’ambizione di guidare consapevolmente il prossimo
futuro storico dell’umanità. Per Foster e per la scuola Metabolic Rift
queste si trovano nel marxismo e nella teoria ecologica di Marx, che
costituiscono le sole fonti pienamente qualificate per condurre l’uma-
nità attraverso l’eliminazione delle crisi ecologiche (di origine antro-
pica) e la costruzione di una civiltà ecologica socialista. Nonostante
solitamente non venga riconosciuta l’esistenza di una teoria ecologica
nell’opera di Marx, i recenti studi della MEGA2 (Marx-Engels-Ge-
samtausgabe) mostrano che il suo lavoro contiene rimarcabili rifles-

1 John Bellamy Foster, Marx’s Ecology: Materialism and Nature, Monthly Review
Press, New York 2000, p. ix.
2 L’influenza della teoria dell’evoluzione di Darwin su Marx era così grande da portar-
lo a scrivere il 19 dicembre del 1860 a Engels riguardo al noto saggio sulla Selezione
Naturale che “[a]nche se sviluppato al rozzo modo inglese, questo è il libro che, nel
campo della storia naturale, fornisce la base per il nostro punto di vista”. Successi-
vamente il 15 gennaio del 1861 scriverà a Lasalle che “[i]l lavoro di Darwin è il più
importante e si adatta al mio scopo forn[endo] una base nelle scienze naturali per la
lotta di classe nella storia. [...] Qui non solo si dà per la prima volta il colpo mortale
alla ‘teleologia’ nelle scienze naturali, ma se ne spiega il senso razionale in modo
empirico” (Karl Marx, Lettera a Friedrich Engels 15.01.1861, Lettera a Ferdinande
Lasalle 15.01.1861, in Marx & Engels Collected Works. Letters (1860-1864), Vol 41,
Lawrence & Wishart Electric Book, 2010, pp. 232 e 247). La grande influenza che
Darwin ebbe sul socialismo e il marxismo è testimoniata dalle opere di vari autori
della fase classica del marxismo (e dell’anarchismo), come Babel, Kautsky e Kro-
potkin. Tuttavia il parallelismo tra la scoperta delle leggi della natura in Darwin e
le leggi della storia in Marx ha segnato la storia del marxismo in senso positivista.
Contro le stesse concezioni di Marx si è utilizzato questo parallelismo in senso teleo-
logico. Per una discussione critica si veda Valentino Gerratana, Marx and Darwin, in
“New Left Review”, lxxxii, 1, 1973, pp. 60-82.
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 53

sioni ecologiche3. Ciò che tuttavia manca è un approfondimento che


sistematizzi queste riflessioni e chiarisca una volta per tutte il punto di
vista ecologista del materialismo di Marx.
Il materialismo di Marx è solitamente concepito come pratico, nel
senso che afferma il ruolo costitutivo dell’azione umana nella ripro-
duzione e nella trasformazione delle forme sociali, presente nella sua
concezione materialistica della storia. Foster sostiene che il materiali-
smo marxiano sia inoltre ontologico, attestante l’emergenza unilaterale
del sociale dal biologico e dal fisico, ed epistemologico, che sostiene
l’esistenza autonoma e l’attività transfattuale di almeno alcuni degli
oggetti del pensiero scientifico. Queste ultime due determinazioni del
materialismo marxiano derivano dalla sua concezione della natura e
della scienza4. Secondo Foster, la rimozione del materialismo ontolo-
gico ed epistemologico ha imposto al marxismo occidentale una svol-
ta idealista per cui “il concetto di materialismo è divenuto sempre
più astratto e dunque senza significato, una mera categoria verbale,
inseparabile da una concezione reificata della famosa metafora della
base-sovrastruttura”5. Foster sostiene che la triplice determinazione
del materialismo marxiano non implichi determinismo meccanicista.
L’ideologia di Marx si oppone invece a ogni teleologia grazie ai suoi
studi sulla filosofia materialista degli antichi greci e in particolar modo
Epicuro.
Perché questa lettura marxiana è assolutamente poco diffusa? La
spiegazione fornita da Foster è che l’affermazione del marxismo occi-
dentale e della Teoria critica francofortese, nel tentativo di criticare il
marxismo di matrice positivista, ha commesso l’errore di imprimere
una torsione idealista. Per Foster il marxismo occidentale è un mar-
xismo hegelianizzato, in alcuni casi chiamato materialismo pratico,
unito a una varietà di teorie storiche e culturali. È chiaro come in
questa mistura non ci sia spazio per un approccio marxista agli studi
della natura e delle scienze fisico-naturali6. Foster stesso ammette di
aver abbracciato per anni questo tipo di lettura, cosa che gli ha impe-
dito di vedere il punto di vista ecologista di Marx, ma l’essere stato
a contatto con gli intellettuali della “Monthly Review” gli ha consen-

3 Cfr. Kohei Saito, The Emergence of Marx’s Critique of Modern Agriculture: Ecological
Insights from His Excerpt Notebooks, in “Monthly Review”, lxvi, 5, 2014, pp. 25-46.
4 Foster, Marx’s Ecology, cit., p. 2.
5 Ivi, p. 8.
6 Tuttavia presente in Hegel. Cfr. Chen, The ecological Crisis and the logic of capital,
cit., p. 75.
54 MARXISMO ED ECOLOGIA

tito di sviluppare questo punto di vista e di posizionarsi in maniera


equidistante sia dal marxismo occidentale, “spesso ostile alle scienze”,
sia al materialismo sovietico positivista, avente un rapporto distorto e
feticizzato con esse7.
Secondo Foster è fondamentale ai fini di questa ricostruzione in-
tendere il rapporto che Marx intrattiene con Epicuro. Com’è noto,
Marx dedicò la sua tesi di dottorato alle differenze tra l’atomismo di
Democrito ed Epicuro.

1.1 Il giovane Marx ed Epicuro

La lettura classica della tesi di dottorato di Marx è quella di una


sovrapposizione tra i successori di Aristotele e i successori di Hegel:
per il noto biografo Franz Mehring, in quest’opera Marx rimane un
giovane idealista hegeliano8. Foster porta delle analisi testuali contro
questa affermazione ribadendo la centralità del pensiero epicurei-
sta per il materialismo marxiano9. La tesi dottorale di Marx sarebbe
un lavoro di transizione, “hegeliana nello spirito” ma “materialista
nell’essenza”, poiché abbraccia in maniera entusiasta “il punto di vista
largamente materialista/naturalista” di pensatori opposti all’aristoteli-
smo come Epicuro, Lucrezio, Bacone, Hume e Holbach10.
La tradizione filosofica romantica tedesca sosteneva che Epicuro
avesse semplicemente adottato il sistema di Democrito peggiorandolo;

7 John Bellamy Foster e Dennis Soron, Ecology, Capitalism, and the Socialization of
Nature, in “Monthly Review”, lvi, 6, 2004, p. 6. Va notato che seppur da un punto
di vista differente, e salvando la figura di Antonio Gramsci, anche la critica di Do-
menico Losurdo al marxismo occidentale individua nell’ostilità nei confronti delle
scienze, oltre che nella rimozione della questione nazionale e dei rapporti coloniali,
gli errori di cui si sarebbe macchiato e che ne hanno segnato il fallimento politico.
Cfr. Domenico Losurdo, Marxismo Occidentale. Come nacque, come morì, come può
rinascere, Laterza, Bari 2017.
8 Franz Mehring, Vita di Marx, trad. it. di F. Codino, Editori Riuniti, Roma 1953, p. 33.
9 Michael Heinrich sostiene invece che il dibattito riguardante la permanenza dell’ide-
alismo o il suo abbandono per un materialismo più compiuto sia privo di rilevanza
data l’impossibilità di stabilire una netta cesura tra le due posizioni, ritenendo invece
che l’unico modo certo per stabilirlo sia per ammissione dello stesso Marx. Sostiene
inoltre che il materialismo di Epicuro fosse rilevante per Marx non tanto nel suo sen-
so ontologico, ossia della priorità della materia sulla mente, quanto come argomento
contro la religione. Michael Heinrich, Karl Marx and the Birth of Modern Society:
The Life of Marx and the Development of His Work. Vol. I: 1818-1841, Monthly
Review Press (eBook), New York 2019, pp. 11.54 ss.
10 Foster, Marx and Nature, cit., p. 60.
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 55

Marx sarebbe stato un pioniere nell’affermare il contrario. Grazie alle


ricerche effettuate da Cyril Bailey e Benjamin Farrington, studiosi epi-
curei del xx secolo, Foster evidenzia come Marx fosse stato il primo
ad aver enfatizzato la differenza fra Democrito ed Epicuro nella teoria
della conoscenza. In Democrito sarebbe infatti insito un paradosso
per cui la verità si trova nell’apparenza sensibile e, allo stesso tempo,
la verità degli atomi si situa oltre i sensi. Secondo Marx, Epicuro rom-
pe con Democrito nell’affermare che il mondo empirico è l’apparenza
oggettiva del mondo degli atomi, anziché una parvenza soggettiva11. Il
clinamen, ossia la declinazione degli atomi, il loro deviare dalla linea
retta di caduta, nel sistema di Epicuro consente la contingenza e rom-
pe col determinismo. Per Democrito tutto è necessario, per Epicuro
esiste il caso, la contingenza e la possibilità della libertà12.
Nella rappresentazione tradizionale, il pensiero nel materialismo
antico è posto a sensazione passiva di atomi e vuoto, l’idealismo rap-
presenta il lato attivo attraverso la dialettica della percezione13. Marx,
invece, indentifica il lato attivo nella relazione tra la sensazione, il
cambiamento e il morire in consonanza con Epicuro, per il quale la
sensorialità è un processo temporale, tempo incarnato. Nel sentire, la
natura sente sé stessa, ma le sensazioni sono transitorie, di modo che
la forma pura del mondo dell’apparenza è il tempo. Per Marx, Epi-
curo è stato il primo a comprendere il mondo dell’apparenza come
alienazione dell’essenza, attribuendogli una dialettica della certezza
sensoriale, una complessa relazione che coinvolge sensazione e astra-
zione intellettuale, come comprensione dell’autocoscienza alienata e
del sapere. È inoltre di Epicuro la visione per cui la conoscenza del
nostro mondo si sviluppa in relazione all’evoluzione delle condizio-
ni materiali. Epicuro sarebbe dunque caratterizzato da una dialettica
dell’autocoscienza, pur in forme largamente contemplative14.

11 Egli ha “oggettivato la contraddizione tra essenza ed esistenza insita nel concetto


dell’atomo, e così ci ha fornito la scienza atomistica, mentre in Democrito non si ha
alcuna realizzazione del principio stesso, ma ci si attiene solo al lato materiale e ven-
gono elaborate solo ipotesi a uso dell’empiria” (Karl Marx, Differenza tra la filosofia
della natura di Epicuro e quella di Democrito, in Karl Marx, Friedrich, Engels, Opere
complete, vol. i, 1835-1843, trad. it. di M. Cingoli e N. Merker, Editori Riuniti, Roma
1980, p. 53).
12 Foster, Marx and Nature, cit., pp. 52-54.
13 Un punto di vista criticato da Marx. Cfr. Tesi su Feuerbach, in Friedrich Engels,
Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, trad. it. di P.
Togliatti, Editori Riuniti, Roma 1950, pp. 77-80.
14 Ivi, p. 56.
56 MARXISMO ED ECOLOGIA

Marx, attraverso la sua tesi, dimostra che la filosofia di Epicuro si


oppone al determinismo di Democrito e ai principi teleologici della
religione. Non a caso Epicuro è stato da sempre osteggiato dal cri-
stianesimo come l’ateo per eccellenza15. Di conseguenza, per Marx il
materialismo di Epicuro poggia sulla sua concezione della moralità
dell’essere umano e dell’universo. Nella filosofia epicurea si presenta
l’immagine della mors immortalis, ripresa da Lucrezio nel suo poe-
ma De rerum natura16. Atomi, vuoto, caso, arbitrarietà, composizione
sono loro stessi morte. Epicuro sarebbe stato dunque il primo illumi-
nista, poiché rigettava la visione religiosa della natura e afferma un
materialismo naturalista e umanista17.
È pur vero che Marx individua in Epicuro una serie di aporie per
cui, nonostante la sua enfasi sui sensi, il suo rimane pur sempre un
atomismo in opposizione all’universale, ma il suo problema consiste
nel fatto che non conosceva altra natura che la meccanica18.Nonostan-
te i limiti, Marx vede in Epicuro la prefigurazione dell’illuminismo
materialista-umanista19.

15 La contrapposizione tra creazionismo e materialismo è analizzata approfonditamente


da Foster in una successiva opera di cui è co-autore. In quest’opera si segue e svilup-
pa l’argomento esposto in Marx’s ecology. I tentativi della teologia naturale inaugurati
dal reverendo John Ray e ripresi dal pastore William Paley di recuperare le scienze
dentro una visione creazionista cristiana sono la reazione allo sviluppo delle scienze
naturali nel xvii e xviii secolo. La contrapposizione non è tanto tra metodo scientifi-
co e teologia rivelata, che è superata attraverso la teoria dell’intelligent design, quan-
to fra il materialismo naturalista di Epicuro presente nelle scienze moderne grazie
al rilancio di Pierre Gassendi e la visione teleologica del creazionismo cristiano. In
questo senso sia Darwin che Marx, pur esponendosi in modi differenti, avrebbero
combattuto una comune battaglia contro la teleologia e in difesa di un autentico ma-
terialismo naturalista. Cfr. John Bellamy Foster, Brett Clark e Richard York, Critique
of Intelligent Design. Materialism versus Creationism from antiquity to the present,
Monthly Review Press, New York 2008.
16 Lucrezio, La natura delle cose, trad. it. di L. Canali, Bur, Milano 1994, p. 311.
17 Marx riprende fin dalla prefazione alla sua tesi una nota frase di Epicuro cara anche
al materialista inglese Bacone, oggetto dei suoi studi giovanili assieme a Hegel: “em-
pio non è chi nega gli dei del volgo, ma chi le opinioni del volgo applica agli dei”
(Karl Marx, Differenza tra la filosofia della natura di Epicuro e quella di Democrito,
cit., p. 24). Cfr. Heinrich, Karl Marx and the Birth of Modern Society, cit., cap. 2, pp.
9.245-9.27).
18 “Epicuro porta l’atomismo fino alle sue ultime conclusioni, che è la dissoluzione e
cosciente opposizione all’universale” (Foster, Marx’s ecology, cit., p. 59).
19 “Epicuro è quindi il più grande illuminista greco, e merita la lode di Lucrezio” (Karl
Marx, Differenza tra la filosofia della natura di Epicuro e quella di Democrito, cit., p.
69).
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 57

1.2 Epicuro e Marx dopo la tesi di dottorato

Sono diversi i contesti in cui Marx ha ribadito la centralità di Epi-


curo per il pensiero materialista moderno e per l’illuminismo, dalla
corrispondenza ai testi scritti a quattro mani assieme all’amico En-
gels.20 Nella sacra famiglia in particolare Epicuro viene preso come
ispiratore del materialismo scientifico moderno di Bacone. Epicuro
sarebbe stato riabilitato, dopo un lungo oblio dato dall’influenza cri-
stiana, dal sensista Pierre Gassendi, che assieme a Bacone e a Hobbes
rappresentano gli avversari della metafisica della mente cartesiana nel
xvii secolo21.
Marx si ispira a Kant nella sua antinomia tra filosofi dell’intelletto
e dei sensi. Se per Kant i poli di questa antinomia sono Platone e Epi-
curo, Marx sostituisce Hegel con Platone, riconoscendo in lui il padre
del lavoro alienato nella storia, seppur in forma astratta come lavoro
intellettuale. Marx ha un’ontologia realista e un materialismo pratico,
trascendendo dialetticamente l’antinomia. Per Marx l’obiettivo era
l’edificazione di un materialismo pratico, quindi differente da Feuer-
bach che contrappone l’essenza concreta umana a quella astratta dello
spirito22. La questione per Marx è di guidare il materialismo in una
direzione pratica, senza rinunciare al materialismo della natura in sen-
so ontologico ed epistemologico23. Dunque Marx è realista per via
delle sue posizioni materialiste ontologiche e epistemologiche nella
comprensione della relazione natura-società, ma col suo materialismo
pratico mantiene la possibilità della libertà o dell’alienazione della so-
cietà e questo costituisce il suo carattere dialettico.

2. L’ alienazione del lavoro e della natura in Marx

Il concetto di alienazione è centrale nell’opera del giovane Marx e


ha goduto di un’enorme successo tra gli anni sessanta e settanta del xx

20 Cfr. Karl Marx, Lettera a Ferdinand Lasalle 31/05/1858, in Marx & Engels Collected
Works. Letters (1856-1859), vol. 40, Lawrence & Wishart Electric Book, 2010, pp.
315-316.
21 Karl Marx, Friedrich Engels, La sacra famiglia ovvero critica della critica critica contro
Bruno Bauer e soci, trad. it. e cura di A. Zanardo, Editori Riuniti, Roma 1967, p. 166.
22 Cfr. Ludwig Feuerbach, L’essenza del cristianesimo, trad. it. di C. Cometti, Feltrinel-
li, Roma 1960.
23 Foster, Marx’s ecology, cit., pp. 63-64.
58 MARXISMO ED ECOLOGIA

secolo per poi essere abbandonato e ripreso dalle successive generazio-


ni della scuola di Francoforte24. Foster ne fa ampio uso, estendendola
dal lavoro alla natura, e ritenendola un’intuizione giovanile di Marx
che successivamente verrà sviluppata nella teoria matura della frattura
metabolica. Di seguito verrà esposta una breve introduzione del con-
cetto di alienazione circoscrivendo il campo agli scritti marxiani.

2.1 Sul concetto di alienazione

Tra il 1841 e il 1843 Marx scrive tre testi in cui analizza la condizio-
ne alienata dell’essere umano criticando la filosofia hegeliana e degli
idealisti tedeschi: La critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico,
La questione ebraica e Critica della filosofia del diritto. Introduzione. In
questi primi testi, l’alienazione è dovuta alla condizione umana nel-
lo Stato moderno, nel quale si verifica uno sdoppiamento dell’uomo
come cittadino e come borghese. Già dal suo primo studio della Cri-
tica della filosofia del diritto di Hegel del 1843, inedita fino al 1927,
Marx riconosce che lo stesso Hegel individua una contraddizione
nella separazione tra società civile e lo Stato politico25. Tuttavia Hegel
si limita a una risoluzione della contraddizione a livello concettuale,
di fatto naturalizzando la contraddizione come momento necessario
dello sviluppo dell’assoluto, generando un rovesciamento per il quale
in Hegel “la logica non serve a provare lo Stato, ma lo Stato serve a
provare la logica”26. Questa separazione si trova di conseguenza nel-
lo stesso essere umano27, il quale è sdoppiato come burgeois e come
citoyen, in conflitto tra interesse privato e interesse generale sociale

24 Marcello Musto pensa che il concetto di alienazione abbia nell’opera marxiana una
rilevanza che va ben oltre i testi giovanili. Per una revisione critica del concetto di
alienazione, le sue origini e l’enorme influenza che ha suscitato in differenti campi di
ricerca si veda Marcello Musto, Rivisitando il concezione dell’alienazione in Marx, in
“Studi filosofici”, xxiii, 2010, pp. 107-128.
Il concetto di alienazione ha avuto una larga fama presso il marxismo occidentale e la
scuola di Francoforte, mostrando un Marx umanista capace di cogliere le patologie
sociali tipiche della società fordista. L’uso di questo concetto ha poi subito un decli-
no a causa dell’essenzialismo metafisico ritenuto implicito allo stesso. Recentemente
è tornato a essere utilizzato nella teoria critica in forma de-essenzializzata negli scritti
di Rahel Jaeggi (Alienazione. Attualità di un problema filosofico e sociale, trad. it. di
A. Romoli, Castelvecchi, Roma 2017).
25 Karl Marx, Dalla “Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico”, in Id., Scritti
filosofici giovanili, trad. it. di A. Moravia, La Nuova Italia, Firenze 1976, p. 32.
26 Ivi, pp. 13-14.
27 “[...] come i cristiani sono uguali in cielo e diseguali in terra, così i singoli membri
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 59

astratto28. Se l’emancipazione politica costituisce un significativo punto


di progresso, ciò che Marx individua come risoluzione della contrad-
dizione è l’emancipazione umana reale29. Questa è possibile, non come
pensava Bruno Bauer attraverso l’emancipazione religiosa dell’essere
umano e dello Stato che diviene stato laico, ma oltre l’emancipazione
religiosa. Se per Marx “la critica della religione è il presupposto di ogni
critica”30, è anche vero che poiché questa critica nella Germania dell’e-
poca era sostanzialmente compiuta, la filosofia e la storia dovevano
smascherare non solo l’autoestraniazione delle figure sacre ma anche
delle figure profane, trasformando la critica del cielo nella critica della
terra e la critica della teologia nella critica della politica31.
Tuttavia in questa fase Marx ancora non aveva iniziato i suoi studi
di economia politica e pertanto la sua idea di emancipazione umana
era legata a un ideale di democrazia universale e diretta32, ossia, la
riconciliazione della società civile con sé stessa, e solo successivamen-
te una rivoluzione incarnata dal proletariato guidato dalla filosofia33.
Come lo stesso Marx scrisse nella prefazione di Per la critica dell’eco-
nomia politica è solo a partire dal 1842-43 che comincia a “opinare
con vergogna” su “questioni materiali”34. Per superare questa sua pri-
ma fase di noviziato, Marx incominciò ciò che ripeté molte volte du-
rante la sua vita; realizzerà uno studio meticoloso di quegli autori che
possano fornirgli gli strumenti necessari allo sviluppo della scienza,
volta all’emancipazione umana e politica. Si dedica allo studio dell’e-
conomia politica, soprattutto di autori inglesi, seppur non in lingua
originale ma nelle traduzioni francesi. Dell’epoca del suo esilio fran-
cese esistono due lavori che analizzano la questione dell’alienazione
dal punto di vista della critica dell’economia politica. Un primo testo
del popolo sono uguali nel cielo del loro mondo politico e diseguali nell’esistenza
terrena della società” (ivi, p. 34).
28 Karl Marx, Dalla “questione ebraica”, in Id., Scritti filosofici giovanili, cit., p. 61.
29 Ibidem.
30 Karl Marx, Dalla “Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico”, cit., p. 76.
31 Ivi, p. 78. Il tema della doppia critica teorico/materiale o del cielo e della terra sarà
tema nella rottura con Feuerbach e dell’autocritica delle proprie posizioni filosofiche
nel 1845, svelando così una certa continuità nella discontinuità. Cfr. Karl Marx, Tesi
su Feuerbach, cit., pp. 77-80 (iv).
32 Cfr. Marx, Dalla “Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico”, cit., 37-51.
33 Ivi, cit., 89-90.
34 Marx, Per la critica dell’economia politica, cit., pp. 3-4. Come ad esempio negli artico-
li dedicati alla questione dei furti di legname sulla “Gazzetta Renana” nel 1842. Karl
Marx, Dibattiti sulla legge contro i furti di legna, in Karl Marx, Friedrich, Engels,
Opere complete, vol. i (1835-1843), Editori riuniti, Roma 1980, pp. 222-264.
60 MARXISMO ED ECOLOGIA

sono le Note su James Mill, che analizzano la questione dell’alienazio-


ne rispetto al denaro; un secondo testo molto più ricco di contenuti e
di maggior successo sono i già menzionati Manoscritti economico filo-
sofici del 1844. Il testo delle Note si centra principalmente nel denaro
in quanto “Dio reale”35, oggetto di ricerca e critica dei Manoscritti è il
modo di produzione capitalista.

2.2 Il concetto di alienazione nei Manoscritti del 1844

I Manoscritti sono una serie di quaderni di appunti non destinati


alla pubblicazione e redatti a Parigi mentre Marx era in esilio, durante
il quale intraprende i suoi primi studi di economia politica. Si tratta di
un’opera non sistematica e assolutamente frammentaria, che in molti

35 Le Note su James Mill sono parte dei Quaderni parigini e costituiscono un interes-
sante affresco di alcune riflessioni sull’alienazione attraverso il denaro e lo scambio.
Nelle riflessioni mature riguardo il feticismo possiamo cogliere qualche analogia,
dove il concetto del Denaro come Dio reale ricompare anche nella prima edizione
tedesca del 1867 del primo volume de Il Capitale. “La sua schiavitù giunge dunque
al culmine. È chiaro il fatto che questo mediatore diventi ora un Dio reale, poiché il
mediatore è il potere reale su ciò con cui esso mi media. Il suo culto diventa fine a sé
stesso. Gli oggetti, separati da questo mediatore, hanno perduto il loro valore. Dun-
que soltanto nella misura in cui lo rappresentano essi hanno valore, mentre in origine
sembrava che esso avesse valore soltanto nella misura in cui li rappresentava. Que-
sto capovolgimento del rapporto originario è necessario. Questo mediatore è quindi
l’essenza che ha perduto sé stessa, estraniata, della proprietà privata, la proprietà
privata alienata, diventata esterna a sé stessa, così come è la mediazione alienata della
produzione umana con la produzione umana, l’alienata attività specifica dell’uomo”.
(Karl Marx, [Note su James Mill], in Manoscritti economico filosofici del 1844 e altre
pagine su lavoro e alienazione, a cura di Enrico Donaggio, Peter Krammerer, trad. it.
di E. Donaggio, Feltrinelli (eBook), Milano 2018, pp. 17.1-17.62). Nel Capitale uti-
lizzando un’analogia tra il regno animale e quello delle merci, Marx spiega la natura
divina del denaro a partire dalla prassi sociale invertita: “È come se accanto e oltre
ai leoni, alle tigri, alle lepri e a tutti gli altri animali reali, che raggruppati costitui-
scono i diversi generi, le specie, le sottospecie, le famiglie ecc., del regno animale,
esistesse anche l’animale, l’incarnazione individuale di tutto il regno animale. Un
siffatto singolo che comprende in sé tutte le specie realmente presenti della stessa
cosa, è un Universale, come l’animale, Dio, ecc.” (Karl Marx, Il Capitale. Critica
dell’economia politica, I (1867), trad. it. D. Cantimori, R. Fineschi e G. Sgrò, La città
del sole, Napoli 2011, p. 1061). Questo metodo di esposizione fa parte di quello che
l’intellettuale marxista venezuelano Ludovico Silva ha definito “le grandi metafore
di Marx” e in particolare, questa, ne costituisce la metafora religiosa. Possono essere
incontrata in varie opere. Esse non hanno una funzione ornamentale ma sono parte
del metodo espositivo di Marx. Cfr. Ludovico Silva, El estilo literario de Marx, Siglo
XXI Editores, Ciudad de México 1975, pp. 82-91.
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 61

casi consiste di lunghe citazioni articolate con riflessioni dello stesso


Marx. Un lavoro giovanile che è stato pubblicato solo molto tempo
dopo negli anni Trenta del xx secolo suscitando un grosso impatto
nella comunità marxista36. Quest’opera è al centro dell’indagine eco-
socialista perché in essa troviamo il maggior numero di riferimenti al
naturalismo e all’umanismo37, la qual cosa è stata invece interpretata
nel marxismo strutturalista francese come evidenza della rottura con
il Marx maturo “scientifico”38. Di diversa opinione è invece Foster
che anziché trovare una rottura nella concezione fra il giovane Marx
e quello maturo scorge un’evoluzione. L’alienazione della natura nei
Manoscritti sarebbe una prefigurazione di quello che nell’opera matu-
ra del Capitale diviene il concetto cardine dell’ecologismo marxiano,
e della sua scuola, ovvero la frattura metabolica.
Nei Manoscritti il concetto di alienazione è trattato nel primo ma-
noscritto attraverso l’alienazione del lavoro. L’alienazione del lavoro è
presentata nei Manoscritti attraverso quattro determinazioni: 1) alie-
nazione dall’oggetto del lavoro; 2) alienazione dal processo di lavoro;
3) alienazione dall’essere generico dell’essere umano (ossia l’attività
creativa e trasformativa che definisce gli esseri umani come specie
determinata); 4) alienazione fra gli esseri umani39. Queste quattro de-
terminazioni espongono il processo di alienazione nel lavoro “inse-
parabile dall’alienazione dell’essere umano dalla natura, dalla natura
interna e esterna”40.

36 La storia dei Manoscritti economico filosofici del 1844 è lunga e complessa. Essi sono
estrapolati dai Quaderni di parigini editandoli e trattandoli ingiustamente come un’o-
pera completa generando diversi dibatti e scontri nel marxismo fra chi vi ha trovato
una filosofia umanista superiore a quella del Capitale e chi invece ha ritenuto che
non fossero d’interesse perché antecedenti alla svolta scientifica di Marx. Per una di-
scussione critica si veda Marcello Musto, Marx in Paris: Manuscripts and Notebooks
of 1844, in “Science & Society”, lxiii, 3, 2009, pp. 386-402.
37 John Clark ha contestato questa visione ritenendo che il concetto di natura come
corpo inorganico dell’uomo sia fondamentalmente antiecologico, poiché pone l’accen-
to sull’inorganicità. Burkett e Foster hanno risposto a queste critiche evidenziando
invece la dialettica tra organico e inorganico in Marx. Cfr. Burkett, Bellamy Foster,
Marx and the earth, cit., pp. 57-88.
38 Per Althusser Marx vive una rottura doppia con Hegel e con Feuerbach superando
una sua fase prescientifica a partire dal 1845 con le Tesi su Feuerbach. Vedi Luis Louis
Althusser, Per Marx, trad. it. di F. Madonia, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 25-67.
39 Cfr. Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, trad. it. di G. Sgrò e F.
Andolfi, Orthotes, Napoli-Salerno 2018, pp. 127-141.
40 Foster, Marx’s ecology, cit., p. 72.
62 MARXISMO ED ECOLOGIA

2.3 Alienazione e natura

La ragione per cui l’alienazione della natura è strettamente legata


all’alienazione del lavoro è determinata dal modo d’essere della natu-
ra. Foster evidenzia come la natura (esterna) entri direttamente nella
storia umana attraverso i prodotti del lavoro, e in questo senso Marx
vede la natura come l’estensione dell’essere umano affermando che
la natura è il corpo inorganico dell’uomo. In questo modo gli esseri
umani “producono loro stessi i rapporti storici con la natura in larga
parte producendo i loro stessi mezzi di sussistenza”. La natura pertan-
to acquisisce un “significato pratico per l’umanità come un risultato
dell’attività-vivente, la produzione dei mezzi di vita” 41.
Quando Marx discute la condizione alienata, lavoro e natura sono
inscindibilmente legati: “Ogni autoestraneazione dell’uomo da sé e
dalla natura appare nel rapporto verso altri uomini, distinti da lui,
in cui egli pone sé e la natura”42. Foster argomenta dicendo che la
natura in Hegel, nella Filosofia della natura, si estingue e diviene di
nuovo spirito, spogliata della sua realtà in favore della volontà uma-
na, o spirito, che le dà senso. L’alienazione, in Hegel, è il divenire
materia senza spirito dello spirito senza materia e per tanto rimane
un concetto astratto, mentre in Marx l’alienazione della natura, che
sorge dalla vita umana pratica, non è più astratta, perché al cuore vi è
il concetto di lavoro alienato43.
Il concetto di alienazione in Marx è una creativa trasformazione
del concetto di alienazione di Hegel, e secondo Foster il più grande
merito di Marx sta nell’inclusione dell’alienazione dalla natura. Infatti
per Marx, Hegel sarebbe portatore del punto di vista dell’economia
politica, per la quale il lavoro è la realizzazione, il divenire-per-sé,
ma solo come uomo alienato. Il lavoro che Hegel conosce è quello
“astrattamente spirituale” 44.
È possibile apprezzare come il concetto di lavoro di Marx differi-
sca rispetto al concetto di lavoro elaborato da Hegel nella nota figura
servo-padrone. Nella concezione hegeliana il lavoro della coscienza
servile ponendo freno al suo desiderio nel lavoro, sotto il dominio del
padrone, diviene autocosciente scoprendo la realtà invertita dei loro
ruoli; il padrone non è più tale nel momento in cui si è abbandona-
41 Ivi, p. 73.
42 Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, cit., p. 146.
43 Cfr. Foster, Marx’s ecology, cit. p. 75.
44 Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, cit., p. 255.
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 63

to al godimento e dipende dal lavoro del servo. Attraverso il lavoro


il servo giunge al auto-riconoscimento con il quale diviene soggetti-
vità autocosciente45. Al netto della confusione del giovane Marx tra
i concetti di oggettivazione e di alienazione nella Fenomenologia, la
concezione dell’alienazione del lavoro di Marx è invece di tipo pratico
portando a un’inclusione della natura nell’alienazione. Dire che l’alie-
nazione marxiana si distingue da quella hegeliana sul piano della sen-
sorialità anziché su quello spirituale significa affermare una dicotomia
dal punto di vista di come i due vedono o non vedono l’alienazione
della natura come contenuto dell’alienazione dell’essere umano.
Se si vuole conoscere come Marx esamina l’alienazione della natu-
ra, dobbiamo considerare il punto di vista di Marx rispetto all’aliena-
zione del lavoro della terra come tipico esempio dell’alienazione della
natura46. L’alienazione della natura è intrecciata all’alienazione del la-
voro nella condizione capitalistica dove entrambe sono degradate a
merce. Nel lavoro agricolo il contadino ha un rapporto diretto con la
terra, ma il germe dell’alienazione, già presente nella società precapi-
talistica quando si concentrano le terre nelle mani dei signori feudali,
si realizza definitivamente attraverso quella che Marx più tardi defini-
rà l’accumulazione originaria, ossia il processo di privatizzazione delle
terre e di proletarizzazione dei contadini47.
La dominazione della terra costituisce un nuovo senso complesso e
dialettico che deriva dal concetto di alienazione. Il dominio sulla terra
da parte dei capitalisti e latifondisti significa dominio sulla terra e la
natura, e allo stesso tempo dominio della terra e della materia morta
sulla vasta maggioranza degli esseri umani48. L’alienazione della terra e

45 Cfr. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Fenomenologia dello spirito, trad. it. di V. Ci-
cero, Rusconi Libri, Milano 1995, pp. 287-291. Non è dunque possibile parlare di
un riconoscimento intersoggettivo, ma solo parziale. Per una discussione critica del
tema del riconoscimento e della soggettivazione nella figura del servo-padrone si
veda Italo Testa, Vita e dominio. Servo-padrone, assoggettamento, riconoscimento, in
“La Società degli individui”, 63, 2018, pp. 123-139.
46 Il marxisa giapponese Kohei Saito ha ulteriormente sviluppato questo punto, mo-
strando come nell’aporia circolare dell’origine dell’alienazione del lavoro e la pro-
prietà privata sia risolvibile facendo derivare l’alienazione del lavoro dall’alienazione
della terra nell’età feudale. Cfr. Kohei Saito, Karl Marx’s Ecosocialism: Capitalism,
Nature, and the Unfinished Critique of Political Economy, Monthly Review, New
York, cap. 1.
47 Si veda il famoso capitolo xxiv del primo volume del Capitale, L’accumulazione origi-
naria. Karl Marx, Il Capitale, i, trad. it. A. Macchioro e B. Maffi, Utet, Novara 2013,
pp. 896 e ss.
48 Questa inversione del rapporto uomo-natura-mezzi di produzione è stata analizzata
64 MARXISMO ED ECOLOGIA

la dominazione sulla gran parte dell’umanità sono elementi intercon-


nessi ed essenziali alla proprietà privata. La prima è condizione della
seconda che ne è diretta conseguenza. Infatti, il dominio della terra
affonda le proprie radici nella proprietà feudale poiché tramite que-
sta già si esercitava il potere sugli uomini, ma la proprietà borghese
perfeziona questo dominio gettando i contadini fra le braccia dell’in-
dustria. Il latifondo su larga scala aliena la terra analogamente a come
il dominio del capitale, attraverso il denaro, aliena il lavoro come ma-
teria morta. Il denaro non conosce padrone, esso diviene semplice
espressione di come la materia morta domina l’essere umano, e in
questo modo, uomo e terra sprofondano a livello di oggetti venali.
Per Foster, Marx è ispirato dal leader tedesco della rivolta dei
contadini del xvii secolo Thomas Münzer, citato nello scritto La que-
stione ebraica, che denuncia come intollerabile il fatto che le creature
vengano trasformate in proprietà: “In questo senso Tommaso Münzer
dichiara insopportabile che tutte le creature siano diventate proprietà,
i pesci nell’acqua, gli uccelli nell’aria, le piante sulla terra: anche le
creature dovrebbero diventar libere”49. L’essenza di questa alienazio-
ne è il denaro come “l’universale autocostituito valore di tutte le cose.
Esso ha privato l’intero mondo – quello umano e della natura – del
suo specifico valore”50.
Ciò che rende rilevanti i Manoscritti del 1844 dal punto di vista
dell’ecologia di Marx è l’universale opposizione tra l’istituzione della
proprietà privata e la natura. Questa opposizione non avviene unica-
mente nel contesto agricolo del latifondo, ma anche nelle grandi città.
Foster parla dell’inquinamento universale che avviene nelle grandi cit-
tà a partire dalla descrizione che Marx fa della condizione dei lavora-
tori. Marx descrive le condizioni delle abitazioni definite “troglodite”
e “appestate dai miasmi mefitici della civiltà”, la condizione precaria,
l’assenza di illuminazione e come “persino il bisogno di aria aperta”
cessi di essere tale. La “sporcizia” che lo degrada ad “animale” diviene
il suo elemento, “la fogna (letteralmente) della civiltà divenuta per lui

dall’economista marxista italiano Claudio Napoleoni rispetto alla fase della sussun-
zione reale nelle sue lezioni sul Capitolo VI inedito e sul cosiddetto “frammento sulle
macchine” dei Grundrisse con un rimando al concetto giovanile di alienazione. Sep-
pur questo processo di accumulazione originaria è tutt’al più un processo di sussun-
zione formale, è possibile cogliere alcune analogie interpretative. Cfr. Claudio Napo-
leoni, Lezioni sul capitolo sesto inedito di Marx, Boringhieri, Torino 1972, pp. 97-99.
49 Marx, Sulla questione ebraica, cit., p. 66.
50 Foster, Marx’s ecology, cit., p. 75.
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 65

un elemento vitale. L’incuria completa, innaturale, la natura putrefat-


ta, diviene il suo elemento vitale” 51.
Come suggerisce il filosofo marxista cinese Xueming Chen il pro-
cesso attraverso il quale Marx forma la sua concezione materialista
della storia è anche il processo attraverso il quale perfeziona la sua
teoria ecologica: “Marx rende un contributo unico agli obiettivi am-
bientali discutendo i problemi ecologici sulla base della sua conce-
zione della natura, specialmente nella sua concezione materialistica
della storia”52. Per Marx, seguendo Feuerbach, è essenziale ricono-
scere l’esistenza materiale reale del mondo e dell’uomo. Come esseri
naturali gli uomini sono dotati di poteri naturali e in quanto tali sof-
frono condizionamenti e limiti allo stesso modo delle piante e degli
animali. Gli oggetti dei loro istinti esistono fuori di loro, come oggetti
indipendenti, ma gli esseri umani sono diversi, perché i loro bisogni,
cioè gli oggetti dei loro istinti, si sviluppano in una maniera caratteri-
stica nella storia che costituisce la storia naturale dell’umanità53. Solo
il naturalismo è capace di rendere comprensibile la storia del mondo,
perciò la storia naturale separata dall’uomo non ha significato per lui,
che altrimenti diverrebbe astratta, e, per questa ragione, la vera scien-
za deve partire dalle sensazioni, dalla natura. Per Marx, un giorno le
scienze naturali sussumeranno le scienze umane e viceversa, poiché
storia naturale e storia umana stanno in una relazione dialettica54. È
opinione di Marx che le scienze naturali siano servite a trasformare
la relazione umana con la natura in un senso pratico, cambiando la
stessa industria attraverso un processo che, con un certo ottimismo,
disporrebbe le condizioni per l’emancipazione umana aldilà degli ef-
fetti immediatamente disumanizzanti55.
Vi è infine un ultimo aspetto rilevante per Foster all’interno del
Manoscritti e che costituisce la risoluzione pratica della condizione

51 Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, cit., p. 207. Corsivo nell’originale.


Sono dei passi che probabilmente si ispirano al testo di Engels sulla condizione della
classe operaia. Friedrich Engels, La condizione della classe operaia in Inghilterra, trad.
it. di R. Panzieri, Editori Riuniti, Roma 1972.
52 Xueming, The ecological crisis and the logic of capital, cit., p. 104.
53 In questo aspetto l’influenza Feurbachiana è evidente. Cfr. Ludwig Feuerbach, L’es-
senza del cristianesimo, trad. it. di B. Maffi, Feltrinelli, Roma 1960, pp. 23-33.
54 “La storia stessa è una parte reale della storia naturale, del processo della natura che
si fa uomo. La scienza naturale sussumerà in seguito sotto di sé la scienza dell’uomo,
così come la scienza dell’uomo sussumerà sotto di sé la scienza della natura: ci sarà
una sola scienza” (Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, cit., p. 199).
55 Foster, Marx’s ecology, cit., p. 78.
66 MARXISMO ED ECOLOGIA

alienata: il concetto di associazione o produttori associati. L’alienazione


è superata nel comunismo dei produttori associati perché cessa il do-
minio e senza di esso la terra smette di essere un oggetto di scambio.
Una serie di domande filosofiche trovano così risoluzione nel comu-
nismo, come movimento reale che abolisce lo stato di cose presente,
nel quale si instaura una relazione non alienata fra gli esseri umani e
fra questi e la natura. Le condizioni empiriche e teoriche del supera-
mento dello stato di cose presente vanno ricercate in questo mondo
alienato, e il movimento rivoluzionario ne è la trascendenza che porta
alla coincidenza tra umanismo e naturalismo56.

3. La matrice della frattura metabolica nella divisione tra città


e campagna

Nella lettura di Foster anche il Manifesto del partito comunista ac-


quista un nuovo significato. Qui Marx per la prima volta critica la
teoria malthusiana della popolazione e la teoria prometeica di stam-
po proudhoniano. Contrariamente alle interpretazioni classiche della
prima fase dell’ecosocialismo che attribuiscono al Manifesto una po-
sizione prometeica, Foster evidenzia il legame esistente tra una con-
cezione materialistica della natura e quella storica. L’ecosocialismo
del primo stadio accusa spesso Marx di produttivismo, di una certa
visione ottimistica sulla tecnologia e lo sviluppo delle forze produttive
che gli impedirebbe di vedere gli squilibri ecologici che ne derivano.
Se l’esposizione della posizione ecologica marxiana nei Manoscritti era
tutta positiva, ora Foster difende le posizioni di Marx rispondendo
alle critiche. Foster afferma che sono genericamente due le tipologie
di errori che commettono i critici.

3.1 Marx produttivista? Dalla Miseria della filosofia al Manifesto

Per prima cosa a Marx vengono attribuite delle argomentazioni


pre-marxiste che lo stesso Marx avrebbe criticato. È questo il caso

56 “Questo comunismo coincide, in quanto compiuto naturalismo, con l’umanismo, e


in quanto compiuto umanismo con il naturalismo: e la vera soluzione del conflitto
dell’uomo con la natura e con l’uomo, la vera soluzione del conflitto tra esistenza ed
essenza, tra oggettivazione e autoaffermazione, tra libertà e necessità, tra individuo e
genere. È l’enigma risolto della storia e sa di essere tale soluzione” (Marx, Manoscrit-
ti economico-filosofici del 1844, cit., p. 184).
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 67

della critica d’esaltazione prometeica della tecnologia. Secondo Fo-


ster questa critica sollevata ad esempio da John Clark è mal indiriz-
zata poiché queste idee sono invece tipiche di Proudhon e Marx le
aveva già criticate nella sua opera Miseria della filosofia in risposta a
Che cos’è la proprietà anche conosciuta come Filosofia della miseria.
Proudhon fu un filosofo francese molto influente negli ambienti so-
cialisti, ed è stato esaltato da Marx soprattutto nella sua polemica con
gli idealisti tedeschi. Nel porre la domanda ‘che cos’è la proprietà?’
Proudhon risponde che si tratta di un furto opponendosi alla conce-
zione di appropriazione tramite il lavoro elaborata dal filosofo John
Locke57.
Man mano che i suoi studi economici procedono, Marx estende la
critica alle posizioni proudhoniane, esponendole infine nello scritto
Miseria della filosofia. Nella Filosofia della miseria Proudhon cerca di
costruire quello che poi Marx ed Engels identificheranno come socia-
lismo piccolo-borghese nel Manifesto, tendenza da loro combattuta
all’interno del socialismo poiché considerata allo stesso tempo utopi-
sta e reazionaria58. Nello sviluppare la sua critica dell’economia politi-
ca, Proudhon persegue una concezione teleologica basata sulla prov-
videnza, per la quale la figura mitologica di Prometeo incarna la socie-
tà che diviene Dio attraverso l’uso delle macchine. La determinazione
del valore/ricchezza è semplicemente la proporzionale distribuzione
dei costi determinata dal tempo di lavoro. Essendo che la produtti-
vità cresce quando si produce in meno tempo, lo scopo di Prometeo
diviene quello di aumentare la produttività e la varietà dei prodotti
distribuendoli in base al tempo di lavoro. Il concetto di provvidenza
con cui apre e chiude l’opera di Proudhon è rappresentato dalle leggi
della natura e della ragione che delineano una teleologia nella forma
di ordine, progresso e predestinazione. Il Prometeo proudhoniano è
dunque teleologico e meccanico.
La critica che Marx rivolge a Proudhon è quella che viene rivol-
ta a lui stesso, erroneamente, dagli ambienti ecologisti. Per Marx gli
uomini sono autori del proprio dramma; la storia è profana non c’è
provvidenza. Marx nella sua critica ricostruisce l’origine storica del
macchinario, quello di Proudhon è dunque una feticizzazione, ossia

57 Pierre-Joseph Proudhon, Critica della proprietà e dello stato, trad. it. di G.N. Berti,
Elèuthera, Venezia 2001, p. 40. John Locke, Due trattati sul Governo, trad. it. di B.
Casalini, Edizioni Plus, II trattato, cap. 5 §27, p. 205.
58 Karl Marx, Friedrich Engels, Manifesto del partito comunista, trad. it. di P. Togliatti,
Editori Riuniti, Roma 1968, pp. 94-96.
68 MARXISMO ED ECOLOGIA

una naturalizzazione di determinati rapporti sociali assumendoli come


metastorici. Per Marx non ci sono elementi fissi, tutto è in divenire,
idee, tecnologie e relazioni sociali sono prodotti storici transitori. La
sola fissità è riservata alla mors immortalis59. Per Foster, Marx ha elo-
giato sì Prometeo, ma il Prometeo di Eschilo, metafora dell’immagine
rivoluzionaria, perché ruba il fuoco agli dei dell’Olimpo portando la
luce sulla Terra. L’elogio di Prometeo è un elogio dell’illuminismo e,
in maniera similare a Bacone, identifica in Prometeo l’incarnazione
del materialismo e della scienza.
Il secondo errore individuato da Foster è quello di estrapolare
frasi dal contesto marxiano e distorcerne il significato. Ad esempio
nel Manifesto viene criticata la descrizione che Marx ed Engels fan-
no dell’ “idiotismo della vita rurale” come dell’elogio che fanno del
“soggiogamento delle forze naturali” e del “dissodamento di interi
continenti”60. Queste poche parole vengo prese come un irrefutabile
prova dell’essenza anti-ecologica di Marx, estraendole dal contesto
del Manifesto in cui Marx ed Engels elogiano il ruolo rivoluzionario
della borghesia. Il termine idiozia è da intendersi in conformità con
la formazione classica di Marx, come derivante dalla parola idiotes
che si riferisce nell’antica Atene ai cittadini che sono esclusi dalla vita
pubblica. Il concetto non ha un senso negativo, ma neutrale per Fo-
ster. Questa parola svela la divisione tra città e campagna già illustrata
all’interno dell’Ideologia tedesca61.

59 Bellamy Foster, Marx’s ecology, cit. pp. 132-3.


60 Marx, Engels, Manifesto del partito comunista, cit., p. 63.
61 “La più grande divisione del lavoro materiale e intellettuale è la separazione di cit-
tà e campagna. [...] La città è già il fatto della concentrazione della popolazione,
degli strumenti di produzione, del capitale, dei godimenti, dei bisogni, mentre la
campagna fa apparire proprio il fatto opposto, l’isolamento e la separazione. L’an-
tagonismo fra città e campagna può esistere solo nell’ambito della proprietà privata.
Esso è la più crassa espressione della sussunzione dell’individuo sotto la divisione
del lavoro, sotto una determinata attività che gli viene imposta; sussunzione che fa
dell’uno il limitato animale cittadino, dell’altro il limitato animale campagnolo, e che
rinnova quotidianamente l’antagonismo fra i loro interessi. Il lavoro è qui ancora una
volta la cosa principale, il potere sopra gli individui, e fin tanto che questo esiste,
deve esistere la proprietà privata. L’abolizione dell’antagonismo fra città e campagna
è una delle prime condizioni della comunità” (Marx ed Engels, L’ideologia tedesca,
cit., pp. 40-41). Anche L’ideologia tedesca è un testo inedito abbandonato alla “cri-
tica rodente dei topi” come lo stesso Marx riferirà nella prefazione di Per la critica
dell’economia politica. Sono sorti numerosi dibattiti filologici attorno a questo testo
e alla sua edizione. Per una discussione critica si veda Roberto Fineschi, Un nuovo
Marx, trascrizione della conferenza inaugurale del ciclo “Officina Marx 2018”, tenu-
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 69

Come la condizione urbana è quella della privazione della salute e


delle condizioni naturali, così quella rurale è la privazione delle con-
dizioni culturali e dei legami col mondo civilizzato. Questo concetto
di antagonismo tra città e campagna verrà in seguito mostrato essere
la matrice della contraddizione tra capitale e natura nella più generale
concezione della frattura metabolica. Quello che a noi interessa ora
evidenziare è che nel Manifesto era ben chiaro agli autori come que-
sto antagonismo fra città e campagna andasse sanato. Nella seconda
parte del Manifesto si mostra la necessità di “misure atte a eliminare
gradualmente l’antagonismo tra città e campagna” da realizzarsi attra-
verso la “unificazione dell’esercizio dell’agricoltura e di quello dell’in-
dustria”. Queste assieme a “l’espropriazione della proprietà fondiaria
e l’impiego della rendita fondiaria per le spese dello Stato” e il “dis-
sodamento e miglioramento dei terreni secondo un piano comune”,
sono riflessioni connesse ai Manoscritti del 1844 riguardo l’associazio-
ne dei produttori e chiariscono che il rapporto che Marx ed Engels
intrattenevano con la natura non era quello ingenuo di una sua sacra-
lizzazione romantica62. In questo modo criticavano l’idea malthusiana
dell’inevitabile scarsità delle risorse e promuovevano un migliore uso
della terra ai fini di sfamare la popolazione in un epoca in cui ancora
esistevano fenomeni di carestia63. La dominazione della natura è un
concetto da ricondurre all’influenza di Bacone su Marx, per il quale
“la natura non si vince se non ubbidendole”64.
Tuttavia Marx supererebbe anche questa stessa concezione baco-
niana, secondo Foster. Infatti nella concezione borghese della scienza
ogni limite può essere sempre teoricamente infranto. Il superamento
di questa concezione avviene con la teoria del metabolismo che in-
tosi presso Le stanze della memoria il 22 ottobre 2018, http://marxdialecticalstudies.
blogspot.com/2019/10/roberto-fineschi-un-nuovo-marx.html
62 Marx, Engels, Manifesto del partito comunista, cit., 89.
63 Le teorie malthusiane della popolazione sono basate sul concetto dei diversi ritmi
di crescita di popolazione umana rispetto alle risorse naturali. La prima procede in
senso esponenziale, o geometrico, la seconda in modo lineare, o aritmetico. L’accet-
tazione di questa legge metastorica dei limiti porta alla naturalizzazione delle disu-
guaglianze sociali. Ad oggi infatti uno degli argomenti maggiormente cavalcati dalle
destre è quello dell’eccesso di popolazione. È dunque evidente la tenacia delle teorie
malthusiane nel pensiero economico e nel senso comune occidentale dove chiara-
mente la popolazione in eccesso sono sempre ‘gli altri’. Per una discussione critica
sui limiti e l’approccio malthusiano si veda Giorgos Kallis, Limits: Why Malthus Was
Wrong and Why Environmentalist Should Care, Stanford University Press, Stanford
(CA) 2019.
64 Francis Bacone, Scritti filosofici, trad. it. di P. Rossi, Utet, Torino 1975, p. 389.
70 MARXISMO ED ECOLOGIA

tegra la critica della società di classe nel suo sviluppo capitalistico.


Ciò gli consente di “sviluppare pienamente l’analisi delle relazioni
materiali fra natura e società”. Operando in tal senso “integrò la sua
critica di classe del modo di produzione capitalistico con gli sviluppi
nel campo della scienza, in particolare il primo e il secondo principio
della termodinamica”65. Questa concezione è ribadita anche da Engels
nella sua Dialettica della natura66, ma è nei Grudrisse che Marx formu-
la la questione dei limiti naturali nel capitalismo67.

65 John Bellamy Foster, Ecologia, in Marx Revival. Concetti essenziali e nuove letture,
a cura di Marcello Musto, trad. it. di F. Antonini, Donzelli editore (eBook), Roma
2019, cap.10, p. 19.25.
66 “Noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero
soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo a essa ma che noi le apparte-
niamo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro domi-
nio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di
conoscere le sue leggi e di impiegarle nel modo più appropriato”. Senza per questo
giungere mai al suo pieno compimento. Friedrich Engels, Il lavoro nel processo di
umanizzazione della scimmia, in Id., Dialettica della natura, trad. it. di L. Lombardo
Radice, Editori Riuniti, Roma 1967, pp. 183-195, pp. 192-3
67 “La produzione basata sul capitale, dunque, come crea da una parte l’industria uni-
versale [...], così d’altra parte crea un sistema di sfruttamento generale delle qualità
naturali e umane, un sistema della utilità generale, il cui supporto è tanto la scienza
quanto tutte le qualità fisiche e spirituali, mentre nulla di più elevato in sé, di giusti-
ficato di per sé stesso, si presenta al di fuori di questo circolo di produzione e dello
scambio sociale. Soltanto il capitale dunque crea la società borghese e l’universale
appropriazione tanto della natura quanto della connessione sociale stessa da parte dei
membri della società. Di qui l’enorme influenza civilizzatrice del capitale; la sua crea-
zione di un livello sociale rispetto a cui tutti quelli precedenti si presentano semplice-
mente come sviluppi locali dell’umanità e come idolatria della natura. Soltanto col ca-
pitale la natura diventa un puro oggetto per l’uomo [...] e la stessa conoscenza teorica
delle sue leggi autonome si presenta semplicemente come astuzia capace di subordi-
narla ai bisogni umani sia come oggetto di consumo sia come mezzo di produzione. In
virtù di questa sua tendenza, il capitale spinge a superare sia le barriere e i pregiudizi
nazionali, sia l’idolatria della natura, la soddisfazione tradizionale, orgogliosamente
ristretta entro angusti limiti, dei bisogni esistenti, e la riproduzione del vecchio modo
di vivere. Nei riguardi di tutto questo il capitale opera distruttivamente, attua una
rivoluzione permanente, abbatte tutti gli ostacoli che frenano lo sviluppo delle forze
produttive, la dilatazione dei bisogni, la varietà della produzione e lo sfruttamento e
lo scambio delle forze della natura e dello spirito. Ma dal fatto che il capitale pone
ciascuno di questi limiti come un ostacolo e perciò idealmente lo ha superato, non ne
deriva affatto che esso lo abbia superato realmente, e poiché ciascuno di tali ostaco-
li contraddice alla sua destinazione, la sua produzione si muove tra contraddizioni
continuamente superate ma altrettanto continuamente poste” (Karl Marx, Lineamenti
fondamentali della critica dell’economia politica [Grundrisse], 1857-1858, 2 voll., trad.
it. di E. Grillo, La Nuova Italia, Firenze 1970, Vol. ii, pp. 11-12).
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 71

4. Il concetto di Metabolismo e di frattura metabolica

Il problema ecologico si presenta oggi come la più grande minaccia


per l’umanità. La degradazione ecologica avanza non solo nella nota
questione del riscaldamento climatico, bensì sotto forma di una miria-
de di processi di alterazione ecosistemica a grande velocità68, inclusi lo
scioglimento dei ghiacciai e il manifestarsi di nuove epidemie. È fon-
damentale evidenziare l’allarme, che sempre con più forza il mondo
scientifico ed ecologista sta lanciando, riguardante il raggiungimento
di un tipping point, oltre il quale le condizioni della vita umana saran-
no rese molto più difficili. Alla base dell’analisi ecologica di Foster e
della sua scuola c’è il concetto marxiano di Stoffwechsel, tradotto in
col termine metabolismo o ricambio organico. Se già abbiamo avuto
modo di parlare del giovane Marx e come nei Manoscritti definisse il
rapporto natura-uomo attraverso l’organicità dei due poli, descriven-
do la natura extraumana come il corpo inorganico dell’uomo, l’analisi
matura di questo ricambio organico nel Capitale può ulteriormente
svolgersi nelle determinazioni del suo elemento mediatore: il lavoro
come attività mediatrice del metabolismo tra esseri umani e natura69.

4.1 La frattura metabolica

Marx riprende il concetto di metabolismo dai fisiologi tedeschi,


i quali lo impiegarono per la prima volta nel 1815 e con più inten-
sità negli anni Trenta e Quaranta del xix secolo. Ma è nel 1842 che
il chimico Justus von Liebig pubblica Animal Chemestry applicando

68 “Altre crisi, come l’estinzione delle specie; il rapido esaurimento della ricchezza ma-
rina; la desertificazione; la deforestazione; l’ inquinamento dell’aria; la contaminazio-
ne e scarsità dell’acqua; l’imminente raggiungimento del picco di produzione mon-
diale del petrolio (che genera nuove tensioni geopolitiche), e una crisi alimentare
mondiale di carattere cronica puntano tutte quante al fatto che il pianeta, tale come
oggi lo conosciamo e i suoi ecosistemi sono in tensione fino al punto di rottura”
(John Bellamy Foster, Brett Clark, Richard York, The Ecological Rift. Capitalism’s
war on Earth, Monthly Review Press (eBook), New York 2010, cap. 6, p. 13.1).
69 “Il lavoro è un processo che si svolge prima di tutto fra uomo e natura, un processo
nel quale l’uomo regola e controlla il proprio metabolismo con la natura mediante la
propria azione. Si presenta di fronte alla materia naturale come una potenza natura-
le. Mette in moto le forze naturali della sua persona fisica, braccia e gambe, testa e
mani, per appropriarsi della materia naturale in una forma utile alla propria vita. Ma,
agendo sulla natura esterna e modificandola con questo movimento, egli modifica la
propria stessa natura. [...] Il processo lavorativo [...] è la condizione naturale eterna
della vita umana” (Marx, Il Capitale, cit., i, pp. 273-274).
72 MARXISMO ED ECOLOGIA

più estensivamente il concetto e rendendolo popolare. Con Liebig il


concetto possiede connotazioni agrochimiche e fisiologiche ed è uti-
lizzato a livello cellulare come nell’analisi di interi organismi. Questo
è un concetto chiave al fine di descrivere l’interazione fra organismi e
il loro ambiente. È questa nozione che cattura “il complesso proces-
so biochimico dello scambio metabolico, [...] attraverso il quale un
organismo preleva materiali ed energia dal suo ambiente e conver-
te questi per mezzo di varie reazioni metaboliche nei mattoni della
crescita”. Questo concetto è utilizzato per indicare specifici processi
regolatori che “governano il complesso scambio tra gli organismi e i
loro ambienti”70. Marx fa un nuovo uso del concetto all’interno delle
relazioni socio-ecologiche per spiegare la relazione tra il lavoro umano
e l’ambiente. Questa nozione gioca un ruolo centrale all’interno del
Capitale attraverso la quale la comprensione del processo di lavoro
è radicata. Marx definisce esplicitamente il processo di lavoro come
l’interazione metabolica fra l’uomo e la natura71.
Il concetto di metabolismo integra tre aspetti della critica mar-
xiana: la critica allo sfruttamento dei lavoratori; la critica alla rendita
fondiaria; la critica alla teoria Malthusiana della popolazione. L’analisi
di Marx sulla frattura metabolica tra città e campagna e tra gli esseri
umani e la terra gli permette di giungere alla radice delle questioni
della seconda rivoluzione agricola, evento concomitante al capitalismo
della sua epoca. Fra il 1830 e il 1870, la diminuzione della fertilità dei
suoli fu la principale preoccupazione ecologica delle società occiden-
tali, tanto da generare una vera e propria corsa al guano come fertiliz-
zante naturale dei terreni agricoli, e il cui accaparramento si realizzava
tanto attraverso il commercio internazionale quanto tramite vere e
proprie guerre imperiali72. La critica dell’agricoltura capitalistica di
Marx passa attraverso due fasi: la critica di Malthus e Ricardo, per
mezzo di James Anderson; le considerazioni sulla seconda rivoluzione
agricola e le implicazioni della chimica del suolo di Liebig.
Marx critica Malthus per il suo brutale punto di vista capitalista e
per la sua teoria dell’equilibrio di popolazione precedentemente men-
zionata. La critica avviene attraverso l’analisi della rendita fondiaria.

70 Foster, Marx’s ecology, cit., p. 160.


71 Per una ricostruzione in dettaglio del rapporto Marx-Liebig si veda Kohei Saito, The
Emergence of Marx’s Critique of Modern Agriculture, cit.
72 John Bellamy Foster, Brett Clak, Ecological Imperialism and the Global Metabolic
Rift: Unequal Exchange and the Guano/Nitrates Trade, in “International Journal of
Comparative Sociology”, l, 2009, pp. 311-334.
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 73

Ricardo elabora una teoria della rendita fondiaria astorica e, come


Malthus, basata sulla produttività naturale dei terreni, mentre per An-
derson la produttività del suolo dipende dall’azione umana. L’analisi
di Anderson muove i passi dal problema manifestatosi nel modello
agricolo inglese: i proprietari terrieri affittano agli agricoltori e questi
evitano quelle migliorie che non possono dare i frutti dentro i termi-
ni dei contratti d’affitto. Per Marx, Anderson ha così storicizzato la
fertilità del suolo: i latifondisti hanno preso sotto forma di rendita la
fertilità generata dal lavoro degli agricoltori. La caduta della fertilità è
dovuta allo scontro di interessi fra latifondisti e aziende agricole, e il
fallimento nel riciclare lo sterco dovuto alla divisione tra città e cam-
pagna. La crisi di fertilità del suolo trasforma la critica storica della
produttività dei terreni nella critica ecologica all’agricoltura capitali-
stica. Nondimeno nella visione di Ricardo queste migliorie hanno un
margine molto ristretto.
Con Justus von Liebig questa convinzione dell’economia-politi-
ca inglese viene confutata grazie alla fama maturata come referente
scientifico della seconda rivoluzione agricola connessa allo sviluppo
di fertilizzanti chimici tra il 1830 e il 1880. Marx ed Engels guardano
da subito con interesse a Liebig in funzione anti-malthusiana e per
una più sofisticata comprensione della degradazione ecologica nell’a-
gricoltura capitalistica73. Il sistema agricolo capitalistico appare dun-
que per ciò che è: un sistema di spoliazione delle risorse della terra
quali nitrati, potassio e fosforo. Un’agricoltura razionale per Liebig
è basata sulla restituzione dei prodotti di scarto prodotti dalla città,
quali fibre tessili naturali ed escrementi, alla campagna. Il problema è
che questo non è possibile, poiché la divisione città-campagna rende
anti-economico che i prodotti di scarto della lavorazione agricola e i
liquami possano essere restituiti ai terreni.
È nei Grundrisse, gli scritti preparatori al Capitale redatti tra il
1857 e il 1858, che Marx analizza le condizioni di riproduzioni delle
società precapitalistiche. Qui le condizioni di produzione si presen-
tano come “l’unità naturale del lavoro con i suoi presupposti mate-
riali. [...] La terra è il grande laboratorio, l’arsenale che fornisce sia
il mezzo di lavoro, sia il materiale di lavoro, sia la sede, la base della
comunità”74. Con il processo dell’accumulazione originaria descritto
nel capitolo xxiv del Capitale, Marx chiarisce il movimento storico

73 Foster, Marx’s ecology, cit., pp. 147 e 149.


74 Marx, Grundrisse, cit., 1 , pp. 451-452.
74 MARXISMO ED ECOLOGIA

che dà origine al capitalismo, non solo nei termini della creazione del-
la merce forza-lavoro tramite la separazione dei lavoratori dai mezzi di
produzione e dalla terra, ma inoltre mette in risalto come attraverso il
fenomeno delle enclosures avviene quell’atto originario di alienazione
dell’uomo dalla natura75. A questo tipo di sfruttamento si accompagna
anche quello dei terreni. Tuttavia, il concetto di frattura metabolica,
che per Foster rimane un elemento centrale dell’intera opera, compa-
re all’interno del iii volume del Capitale76.
Il merito di Liebig è quello di aver colto dal punto di vista delle
scienze naturali il lato distruttivo della moderna agricoltura. Infatti,
lo sviluppo su larga scala dell’industria è il primo passo per quello su
larga scala dell’agricoltura, i quali implicano congiuntamente la degra-
dazione dell’essere umano e della terra. Quest’ultima si acutizza per
via del fatto che l’industria agricola deve importare guano e sementi
da lunghe distanze per far fronte ai problemi causati dallo sfruttamen-
to intensivo dei terreni, ricorrendo al mercato mondiale per cercare di
risolvere i problemi ecologici locali causati dal capitalismo agricolo.
Per Marx questo fenomeno di costante impoverimento dei suoli si ac-
compagna all’inquinamento: “A Londra, per esempio, del letame pro-
dotto da quattro milioni e mezzo di persone non si è trovato di meglio
da fare che usarlo per avvelenare, con un costo enorme, il Tamigi”77.
Per Foster, Marx è cosciente dell’importanza della scissione che
si produce tra due distinti metabolismi, quello sociale capitalistico e
quello universale della natura. “Non è l’unità degli uomini viventi e
attivi”, scrive Marx, “con le condizioni naturali inorganiche del loro
ricambio materiale con la natura, e per conseguenza la loro appropria-

75 Marx, Il Capitale, cit., i, p. 896 e ss.


76 “La grande proprietà fondiaria riduce la popolazione agricola al minimo, a una per-
centuale continuamente decrescente, e le contrappone una popolazione industria-
le in continua crescita e concentrata nelle grandi città; in tal modo crea condizio-
ni che provocano una frattura incolmabile nel complesso equilibrio del metabolismo
sociale prescritto dalle leggi naturali della vita. Crea così le condizioni che provocano
lo spreco delle energie del suolo, spreco che il commercio trasferisce molto oltre le
frontiere del paese considerato. [...] La grande industria e la grande agricoltura in-
dustriale agiscono nello stesso senso. In origine si distinguono perché l’industria
devasta e rovina soprattutto la forza lavoro e dunque la forza naturale dell’essere
umano, mentre l’agricoltura rovina più direttamente la forza naturale della terra, ma
poi, sviluppandosi, finiscono per darsi la mano: il sistema industriale in campagna
finisce così per debilitare anche i lavoratori, e l’industria e il commercio, dal canto
loro, forniscono all’agricoltura i mezzi per sfruttare il terreno” (Karl Marx, Il Capita-
le, iii, trad. it. di A Macchioro e B. Maffi, Utet, Novara 2013, p. 1003).
77 Ivi, p. 139.
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 75

zione della natura, che ha bisogno di spiegazione o che è il risultato di


un processo storico, ma la separazione di queste condizioni inorgani-
che dell’esistenza umana da questa esistenza attiva”78.
Il concetto di metabolismo con la conseguente nozione di scambi
materiali e azione regolatoria, consente a Marx di esprimere la relazio-
ne umana con la natura come un insieme di pratiche che racchiudono
da un lato le condizioni imposte dalla natura e dall’altro la capacità
umana di influenzare questo processo, esprimendo così quella conce-
zione epicurea di libertà nella necessità. Infatti, nel concepire il lavoro
umano sia nei Manoscritti del 1844 che nel Capitale, Marx coglie la
differenza con il lavoro animale relativamente alla posizione teleolo-
gica che assume. Se l’animale è guidato dal puro istinto naturale, l’es-
sere umano è in grado di rappresentarsi quest’attività e svolgerla con-
formemente a un piano. La sua è una produzione universale, quando
libera, contrapposta a quella animale che è unilaterale79.
Il lavoro umano si distingue dunque per essere storicamente de-
terminato, in altre parole la nostra condizione libera ci ha condotti
all’alienazione dalla natura attraverso un metabolismo sociale in con-
78 Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, cit., 2, p. 114.
79 “A dire il vero anche l’animale produce: si costruisce un nido, abitazioni, come le
api, i castori, le formiche ecc. Se non che l’animale produce solo ciò di cui abbiso-
gna immediatamente per sé o per i suoi piccoli; l’animale produce unilateralmente,
mentre l’uomo produce universalmente; l’animale produce solo sotto il dominio del
bisogno fisico immediato, mentre l’uomo produce perfino libero dal bisogno fisico
e anzi produce veramente solo nella libertà dal medesimo; l’animale produce solo se
stesso, mentre l’uomo riproduce l’intera natura; il prodotto dell’animale appartiene
immediatamente al suo corpo fisico, mentre l’uomo si pone liberamente di fronte al
suo prodotto. L’animale dà forma solo secondo la misura e il bisogno della “species”
a cui appartiene, mentre l’uomo sa produrre secondo la misura di ogni “species” e sa
imprimere dappertutto all’oggetto la misura a lui inerente; l’uomo dà forma quindi
anche secondo le leggi della bellezza” (Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici
del 1844, cit., p. 141). “Un ragno compie operazioni simili a quelle del tessitore;
un’ape fa arrossire molti architetti umani con la costruzione delle sue celle di cera.
Ma ciò che, fin dapprincipio, distingue il peggiore architetto dalla migliore ape è il
fatto di aver costruito la cella nella propria testa prima di costruirla in cera: al ter-
mine del processo lavorativo, si ha un risultato che era già presente all’inizio nella
mente del lavoratore; che, quindi esisteva già come idea. Non è che egli si limiti a
produrre un cambiamento di forma nel dato naturale; realizza in esso, nel medesimo
tempo, il proprio scopo, uno scopo ch’egli conosce, che determina a guisa di legge il
modo del suo operare, e al quale egli deve subordinare la propria volontà” (Marx, Il
Capitale, cit., i, p. 274). C’è da dire che è oggi noto che anche alcuni animali sono in
grado di avere rappresentazioni mentali e fare inferenze, la questione è che quantita-
tivamente sono molto più ridotte degli esseri umani e per tanto la differenza risulta
anche qualitativa.
76 MARXISMO ED ECOLOGIA

traddizione con quello universale della natura, ma è anche la condi-


zione di possibilità di superamento della stessa attraverso la società
dei produttori associati. Il lavoro rimane per Marx una necessità di
ogni epoca, inclusa quella post-capitalistica. Infatti, nel noto passag-
gio riguardo il regno della libertà, fatto di tempo libero per lo studio, il
gioco e l’ozio, il lavoro necessario non viene meno: “la libertà in que-
sto campo può consistere unicamente in ciò, che l’uomo socializzato,
i produttori associati, regolino razionalmente questo loro ricambio
organico con la natura, lo sottopongano al loro controllo collettivo,
invece di esserne dominati come da una cieca potenza”80.
Foster, conformemente a Engels, sostiene che la produzione ca-
pitalistica si renda conto della catastrofe solo dopo che l’ha causata
perché mina le condizioni di possibilità della propria riproduzione81.
L’antagonismo tra città e campagna è la matrice della contraddizione
capitale-natura che estendendosi dai livelli locali a quelli regionali e
globali riproduce su più vasta scala questo antagonismo originario,
come avviene nello scambio ecologico diseguale che si verifica nel co-

80 Marx, Il Capitale, cit., iii, pp. 1011-1012.


81 Foster, Marx’s ecology, cit., 163. “La scienza borghese della società, l’economia poli-
tica classica, si occupa soprattutto degli effetti sociali immediatamente visibili dell’at-
tività umana rivolta alla produzione e allo scambio. Ciò corrisponde completamente
all’organizzazione sociale, di cui essa è l’espressione teorica. In una società in cui i
singoli capitalisti producono e scambiano solo per il profitto immediato, possono
esser presi in considerazione solo i risultati più vicini, più immediati. Il singolo in-
dustriale o commerciante è soddisfatto se vende la merce fabbricata o comprata con
l’usuale profittarello e non lo preoccupa quello che in seguito accadrà alla merce o
al compratore. Lo stesso si dica per gli effetti di tale attività sulla natura. Prendiamo
il caso dei piantatori spagnoli a Cuba, che bruciarono completamente i boschi sui
pendii e trovarono nella cenere concime sufficiente per una generazione di piante di
caffè altamente remunerative. Cosa importava loro che dopo di ciò le piogge tropica-
li portassero via l’ormai indifeso “humus” e lasciassero dietro di sé solo nude rocce?
Nell’attuale modo di produzione viene preso prevalentemente in considerazione, sia
di fronte alla natura che di fronte alla società, solo il primo, più palpabile risultato.
E poi ci si meraviglia ancora che gli effetti più remoti delle attività rivolte a un dato
scopo siano completamente diversi e per lo più portino allo scopo opposto” (Engels,
Il lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia, cit. pp. 194-195). Foster è si-
curamente stato un promotore di quella che oggi si delinea come una nuova lettura
di Engels, riscoperto anche e soprattutto per le sue brillanti intuizioni nelle scienze
naturali e dal punto di vista ecologico. In particolare si rimanda all’ottimo lavoro
di Kaan Kangal su questo aspetto. Cfr. John Bellamy Foster, Brett Clark, Richard
York, The Ecological Rift, cit.; John Bellamy Foster, The Return of Nature, cit.; Kaan
Kangal, Friedrich Engels and The Dialectics of Nature, Palgrave Macmillian, London
2020; Kohei Saito (a cura di), Reexaming Engels’s Legacy in the 21st Century, Pal-
grave Macmillian, London 2021.
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 77

lonialismo82. L’asimmetria di poteri nel colonialismo e la ricaduta su


scala globale dell’antagonismo città-campagna si presenta come anta-
gonismo tra centro e periferia globale83. Nel colonialismo si rubano
anche le condizioni della fertilità e il benessere delle popolazioni loca-
li. L’immediato profitto è in contrasto con l’agricoltura che necessita
reintegrare permanentemente le condizioni di vita richieste. Marx per
mezzo di una pianificazione razionale promuove una forma di svi-
luppo di tipo sostenibile per la quale “la proprietà privata dei singoli
individui sul globo terrestre apparirà non meno assurda della pro-
prietà privata di un uomo su un altro”. Difatti né le nazioni né alcuna
società può definirsi proprietaria della terra, ma “[n]e hanno soltanto
il possesso, l’usufrutto, e hanno il dovere, da boni patres familias, di
trasmetterla migliorata alle generazioni successive”84.

4.2 Imperialismo ecologico e frattura ecologica globale

Foster si è lungamente occupato dell’imperialismo e dei rappor-


ti coloniali, sia a livello teoretico, nell’analisi della frattura metaboli-
ca, sia a livello di relazioni di potere nella scienza politica. Abbiamo
già visto come per lui l’analisi dell’antagonismo fra città e campagna
rappresenti l’elemento matrice della frattura metabolica poi dislocata
a livello globale attraverso l’imperialismo. Per Foster, Brett Clark e
Richard York il capitalismo, a livello ecologico “opera globalmente

82 Marx segnala questo aspetto nei rapporti coloniali che intercorrono tra Inghilterra e
Irlanda: “non si dimentichi che l’Inghilterra da un secolo e mezzo ha indirettamente
esportato il suolo dell’Irlanda senza concedere ai suoi coltivatori neppure i mezzi per
reintegrarne le parti componenti” (Marx, Il Capitale, cit., i, p. 884).
83 In questo senso Álvaro García Linera risponde alle accuse di estrattivismo lanciate
contro i governi del socialismo del secolo xxi in America Latina. La divisione globale
del lavoro nel mercato mondiale è dovuta ai rapporti di forza tra centro e periferia,
che obbliga di fatto i paesi in via di sviluppo alla costruzione di economie basate sul
settore primario e l’esportazione ai paesi sviluppati per avere moneta dal mercato in-
ternazionale per acquistare merci ad alto valore aggiunto. Il risultato è anche quello
di un’esternalizzazione dei processi più inquinanti nelle periferie globali, a cui spesso
seguono le critiche delle ong dei paesi del primo mondo per la preservazione della
natura incontaminata nell’interesse dell’umanità. Queste critiche rischiano di colpire
il bersaglio sbagliato nel momento in cui non colgono il rapporto di dipendenza
economica e riconoscono che gli effetti inquinanti locali sono l’effetto di contraddi-
zioni a livello globale. Cfr. Álvaro García Linera, Geopolitica de la Amazonia. Poder
hacendal-patrimonial y acumulacion capitalista, Vicepresidencia del Estado Plurina-
cional de Bolivia, La Paz Bolivia 2013.
84 Marx, Il Capitale, cit., iii, 958.
78 MARXISMO ED ECOLOGIA

come un particolare ordine metabolico sociale che genera fratture nel-


le relazioni metaboliche sottostanti tra l’umanità e la terra e all’interno
della natura stessa”85.
Per Foster, Holleman e Clark una critica ecosocialista deve rico-
noscere la centralità dell’imperialismo come esercizio del potere ca-
pitalistico votato all’energia fossile e il saccheggio di risorse naturali.
La critica al capitalismo è il punto di partenza, ma l’analisi deve con-
frontarsi con le determinazioni contemporanee del capitale monopo-
listico-finanziario e i rapporti di forza globali. Solo comprendendo le
dinamiche coloniali e imperialistiche che governano lo scenario attua-
le il movimento ecologista può comprendere che l’anti-imperialismo è
uno dei prerequisiti per il raggiungimento dei propri obiettivi. Infatti,
l’imperialismo è il più grande ostacolo alla messa in atto di politiche
di giustizia sociale e climatica, esso opera soggiogando popoli e nazio-
ni del mondo e depredando la natura nell’interesse delle proprie élites
politico-economiche86.
L’imperialismo è strettamente connesso a un’economia finanziaria,
monopolistica e coloniale, strutturata attraverso rapporti centro-pe-
riferia. La teoria dell’imperialismo si è focalizzata sul fenomeno degli
extra-profitti dei centri capitalistici nei confronti delle periferie e del-
le semi-periferie, ma esso si accompagna all’imperialismo ecologico87.
Infatti, dal punto di vista ecologico, gli stati centrali capitalisti com-
pensano il degrado del proprio ambiente attraverso lo sfruttamento

85 Foster, Clark, York, The Ecological Rift, cit., p. 24.6.


86 “L’imperialismo del ventunesimo secolo è, in questo senso, la fase sterminatrice del
capitalismo” (John Bellamy Foster, Hannah Holleman e Brett Clark, Imperialism in
the Anthropocene, lxxi, 3, 2019, https://monthlyreview.org/2019/07/01/imperiali-
sm-in-the-anthropocene/, ultimo accesso 11.5.2020).
87 Secondo Foster e colleghi, un esemplare caso di studio sarebbe il fenomeno di com-
mercio del guano del xix secolo e la conseguente guerra del pacifico. Lo sfrutta-
mento capitalistico dei terreni agricoli nel Regno Unito e Stati Uniti, e la frattura
metabolica tra città e campagna portò a una caduta delle fertilità dei terreni. Il
guano era all’epoca un efficace fertilizzante per compensare i terreni da questo im-
poverimento. Il Perù deteneva enormi riserve sulla costa del pacifico e tra il 1869 e
il 1875 il commercio del guano era così rilevante da raggiungere l’80% delle entrate
dello Stato. Il Regno Unito fornì manodopera cinese sfruttata in condizioni peggiori
degli schiavi, i cosiddetti coolies, e le classi capitalistiche peruviane esportarono
milioni di tonnellate di guano verso il nord del mondo. In seguito le potenze impe-
rialiste fomentarono una guerra per il controllo di queste risorse e per i nitrati del
deserto dell’Atacama. Cfr. Foster, Clark, York, The Ecological Rift, cit., pp. 24.20-
24.70.
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 79

rapace delle risorse naturali delle economie periferiche88. Secondo


Samir Amin, uno dei punti di riferimento di Foster, i capitalisti degli
Stati-nazione centrali elaborano due modi di ottenere extra-profitti:
attraverso trasferimenti di valori di scambio, oppure di valori d’uso.
Il secondo riguarda l’attività di esproprio delle risorse naturali sen-
za scambio di equivalenti, con il risultato di esternalizzare l’impronta
ecologica verso le periferie89. In entrambi i casi si darebbe luogo a uno
scambio ecologico ineguale, dato che anche a parità di equivalenti i
costi ecologici vengono scaricati sui paesi periferici mentre i benefici
del consumo rimangono esclusivi degli stati centrali.
Non incorporare la teoria dell’imperialismo nell’analizzare i rap-
porti di potere globali porta a colpevolizzare se non gli ultimi anelli
di una catena, poteri che sono subordinati90. Ad esempio, attraverso
gli accordi sulla legge dei mari del 1982 sono state distribuite la metà
delle acque terrestri tra gli Stati-nazione. Vi sono sia isole che grandi
nazioni, come Inghilterra e Stati Uniti, che hanno più acqua che ter-
ra sotto la propria giurisdizione. Questo ha intensificato il fenomeno
dell’ocean grabbing e dell’over fishing espandendo il campo d’azione
di aziende multinazionali. Queste sono le sole ad avere i capitali e le
tecnologie necessarie allo sfruttamento massivo di risorse minerarie ed
energetiche al di sotto di mari e oceani, oltre ad applicare una pesca
intensiva. In cambio di una scarsa rendita per i diritti estrattivi, que-
sti colossi saccheggiano i mari internazionali compromettendo i cicli
biologici marini91. Rispetto al fenomeno dell’inquinamento atmosferi-
co, gli accordi basati sull’emissione delle quote di anidride carbonica
sono fortemente influenzate dalle storiche disparità imperiali. Il limite
fissato per il riscaldamento globale, senza un’adeguata compensazio-

88 Ivi, p. 24.19.
89 Samir Amin, Modern Imperialism, Monopoly Finance Capital, and Marx’s Law of Val-
ue, Monthly Review Press, New York 2018, pp. 110-111.
90 “Sebbene la Cina sia spesso indicata come il Paese con la maggiore impronta mate-
riale, attingendo alle risorse di tutto il mondo, l’immagine che questo trasmette è fal-
sa, dato che la Cina è di gran lunga un esportatore netto di materie prime in termini
incorporati (impronta materiale). Un tale modello di sviluppo, associato ai Paesi del
Sud del mondo in generale, lascia a questi Stati-nazione costi ecologici sovradimen-
sionati mentre, in termini di consumo, i benefici delle risorse naturali vanno princi-
palmente ai paesi ricchi in condizioni dominate da uno scambio ecologico ineguale”
(Foster, Holleman e Clark, Imperialism in the Anthropocene, cit.).
91 Ibidem. Cfr. Stefano B. Longo, Rebecca Clausen e Brett Clark, The Tragedy of the
Commodity. Oceans, Fisheries, and Aquaculture, Rutgers University Press, New
Brunswick 2015.
80 MARXISMO ED ECOLOGIA

ne del debito ecologico dei principali paesi storicamente inquinanti,


condanna al sottosviluppo una grossa fetta del mondo92.
Le relazioni di potere globali non disegnano uno spazio omoge-
neo che contrappone il potere in senso astratto e l’umanità, anch’es-
sa colta astrattamente. Gli Stati Uniti, come paese guida del blocco
occidentale, hanno sicuramente le maggiori responsabilità e il loro
imperialismo ecologico si rende evidente nelle guerre per il petrolio
scatenate in Medioriente93.
La teoria dell’imperialismo di Foster ha un carattere pragmatico
quanto sorprendente. In antitesi alle critiche provenienti dalla sinistra
occidentale rispetto alla burocratizzazione e l’estrattivismo, Foster ha
espresso la propria vicinanza all’esperienze del socialismo del xxi se-
colo, come la rivoluzione Bolivariana di Hugo Chávez e la rivoluzione
indigena di Evo Morales e Álvaro García Linera94. Le responsabilità
estrattive vanno viste dal punto di vista dei consumatori finali globali,
non da chi subisce il rapporto di dominio.
Foster ritiene che rappresentino genuini esperimenti rivoluziona-
ri ecosocialisti. Ad esempio, Foster sostiene l’esperienza venezuelana
come un tentativo di instaurare un potere duale attraverso lo “stato co-
munale”. Secondo Foster, l’esperienza Bolivariana ha il pregio di aver
cercato fin da subito di riconoscere e superare gli errori sovietici per
segnare una terza via95. Inoltre all’interno di un numero monografico

92 “Gli Stati Uniti, il Canada, l’Europa (e l’Eurasia), il Giappone e l’Australia hanno con-
tribuito insieme a circa il 61 per cento del totale [delle emissioni di CO2], rispetto al
13 per cento di Cina e India considerate insieme. La Russia rappresenta un altro 7 per
cento, mentre il trasporto marittimo e aereo mondiale è pari al 4 per cento. L’intero
resto del mondo è responsabile del 15 per cento delle emissioni cumulative. Queste
disparità aumentano solo se si utilizzano emissioni basate sul consumo piuttosto che
sulla produzione. [...] Dal punto di vista del Sud globale, ciò significa che lo spazio
atmosferico per l’uso di combustibili fossili per il proprio sviluppo è già stato occupa-
to dai paesi imperialisti e ai paesi del Sud rimane ben poco per sviluppare le proprie
economie” (Foster, Holleman e Clark, Imperialism in the Anthropocene, cit.).
93 “L’imperialismo ecologico permette ai paesi imperiali di effettuare uno ‘sconfina-
mento ambientale’ che attinge alle risorse naturali dei paesi della periferia” (Foster,
Clark, York, The Ecological Rift, cit., p. 24.71).
94 Per esempio in difesa del concetto di Buen vivir utilizzato di Evo Morales in con-
trapposizione al concetto di benessere occidentale. Cfr. Fred Magdoff, John Bel-
lamy Foster, What every environmentalist need to know about capitalism. A citizen
guide to capitalism and environment, Monthly Review Press, New York, 2011, p. 142;
John Bellamy Foster, Chavez and the communal State. On the transition to Social-
ism in Venezuela, in “Monthly Review”, 66, 11, aprile 2015, https://monthlyreview.
org/2015/04/01/chavez-and-the-communal-state/ (ultimo accesso 7.5.2020).
95 Che il socialismo non si instauri per decreto era anche ben noto a uno dei riferimenti
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 81

della rivista Monthly Review, seguendo l’impostazione di Samir Amin,


Foster ha analizzato la Nuova guerra fredda tra Cina e USA allo scopo
di evidenziare come la prima stia attraversando un lungo percorso,
non scevro da contraddizioni, per l’emancipazione e l’affermazione
della propria sovranità nazionale, presupposto per l’affermazione del
socialismo con caratteristiche cinesi che in sé apre alla possibilità della
edificazione di una civilizzazione ecologica96.

5. Marx, Darwin e il materialismo

Per Foster, Marx e Darwin sarebbero accomunati da una rivolu-


zionaria visione materialista anti-teleologica. Fondamentalmente i de-
trattori di Marx (ed Engels) lo ridurrebbero a un utilitarista antropo-
centrico al quale contrapporre un ecocentrismo romantico, non com-
prendendo la centralità dell’interazione tra l’essere umano e la natura
nella sua teoria97. L’aspetto rilevante consiste nell’evoluzione delle in-
terazioni materiali tra società e natura e la loro condizione alienata nel

di Foster, l’ecologo comunista Richard Levins, di cui abbiamo già parlato, il quale ha
sostenuto attivamente l’esperienza cubana seguendone i dibattiti dall’interno. Levins
in uno scritto ripercorre i successi dell’esperienza cubana dal punto della scienza,
l’ecologia e l’agricoltura spesso segnati dai gravi limiti economici dell’embargo, dalla
caduta del blocco sovietico e da un dibattito che procede per salti per via di inges-
sature teorico-politiche ereditate dall’esperienza sovietica. È probabile che Foster
cerchi di sostenere in maniera analoga l’esperienza venezuelana. Richard Levins,
Richard Lewontin, How Cuba is going ecological?, in Biology under the influence.
Dialectical essays on ecology, agriculture, and health, Monthly Review Press, New
York 2007, pp. 343-364.
96 Samir Amin, China 2013, in “Monthly Review”, lxiv, 10, 2013, https://month-
lyreview.org/2013/03/01/china-2013/, ultima consultazione 21-09-2021; John Bel-
lamy Foster, The New Cold War on China, in “Monthly Review”, lxxiii, 3, 2021,
https://monthlyreview.org/2021/07/01/the-new-cold-war-on-china/ (ultimo accesso
21.09.2021); Wang Zhihe, He Huili e Fan Meijun, The Ecological Civilization Debate
in China, cit.; Qingzhi Huan, Socialist Eco-civilization and Social-Ecological Transfor-
mation, in “Capitalism Nature Socialism”, xxvii, 2, 2016, pp. 51-66.
97 A titolo esemplificativo Engels tramite i suoi studi sulle scienze naturali era arrivato
a conclusioni ostili a una visione antropocentrica. Scrive a Marx in una lettera del 14
luglio 1858: “Questo è certo che la fisiologia comparativa dà un sano disprezzo per
l’arroganza idealistica dell’uomo nei confronti degli altri animali. A ogni passo viene
portata con forza come la sua struttura interamente corrisponde a quella degli altri
mammiferi; egli ha caratteristiche di base comuni a tutti i vertebrati ‒ anche se meno
in particolare con insetti, crostacei, vermi solitari, ecc.” (Lettera di Engels a Marx
14.07.1858, in Marx-Engels Collected Works, vol. 40, cit., p. 327).
82 MARXISMO ED ECOLOGIA

capitalismo. Il tema del dominio della natura si crede sia una semplice
prospettiva antropocentrica a cui si contrappone una concezione eco-
centrica idealista, organicistica, vitalistica e postmoderna. Per Foster
queste due categorizzazioni unilaterali, raffigurano l’alienazione della
società capitalistica. Da un punto di vista marxista la questione non è
la contrapposizione tra antropocentrismo ed ecocentrismo, ma di co-
evoluzione. Foster trova ispirazione nel poeta inglese marxista Chri-
stopher Caudwell, per il quale il dominio della natura è un concetto
dialettico. Caudwell sostiene che per vincere la lotta con la natura
e per la libertà, l’essere umano si associa e dunque cambia sé stesso
per cambiare la natura. La radice di questo approccio co-evolutivo è
riscontrabile sia in Marx che in Darwin. Non c’è contraddizione ne-
cessaria tra il dominio della natura e la sostenibilità98.
Per Foster, Darwin e Justus von Liebig hanno segnato la fine
dell’approccio teleologico e antropocentrico nelle scienze naturali,
in uno scenario precedentemente dominato dalla natural theology
dell’arcidiacono William Paley, tramite la teoria dell’evoluzione (forte-
mente materialista) e la circolazione dei nutrienti del suolo nella loro
relazione con il metabolismo animale. Paley era l’artefice di un recu-
pero delle scienze naturali all’interno della teologia cristiana, in difesa
del creazionismo e di una visione teleologica per mezzo della conce-
zione del disegno divino. La natura, nella sua perfezione, non poteva
che essere concepita come creazione di un’intelligenza superiore, in
analogia con l’idea che la perfezione dei meccanismi di un orologio
hanno origine nel disegno dell’orologiaio. Darwin con L’origine della
specie ha mostrato l’assenza di teleologia nei processi evolutivi e l’a-
pertura a molteplici livelli della contingenza, assestando un duro col-
po anche all’essenzialismo. Le specie non sono oggetti naturali statici,
come sosteneva John Stuart Mill, ma senza divisioni precostituite, mu-
tabili e inessenziali. Questo costituirebbe un elemento di convergenza
con quanto elaborato da Marx, poiché Darwin mette in discussione
la posizione dell’essere umano e la permanenza della natura umana.
Fatale è il colpo dato alla teleologia, poiché l’argomento di Darwin si
basa sulla selezione contingente operata dalla natura99.

98 Foster, Marx’s ecology, cit., pp. 244-249. Anche fra i baconiani ci sono difensori dello
sviluppo sostenibile, come John Evelyn che difende le foreste contro l’inquinamento
aereo. John Bellamy Foster, Introduction to John Evelin’s Fumifugium, in “Organiza-
tion & Environment”, xii, 2, 1999, pp. 184-186.
99 Foster, Marx’s Ecology, cit., pp. 189-191. Cfr. Charles Darwin, L’Origine delle specie.
Selezione naturale e lotta per l’esistenza, Boringhieri, Torino 1967.
LA RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (I) 83

Marx era preparato alla ricezione di queste scoperte e ne compre-


se immediatamente l’importanza per il proprio progetto scientifico.
Per questo riaffermò l’entusiasmo mostrato l’anno precedente dal suo
amico Engels dopo aver letto L’origine delle specie assicurando che,
dal punto di vista della storia naturale, Darwin “fornisce la base per il
nostro punto di vista”. Attraverso Hegel, Marx acquisì l’idea per cui
la vita organica sorge per generatio aequivoca dall’inorganica. Marx
studiò le teorie del geologo Abraham Gottlob Werner ai tempi del
liceo, e nei Manoscritti del 1844 ne riprende il concetto di geognosia
e lo associa a quello di generatio aequivoca in alternativa al creazioni-
smo100.
Anche Engels afferma nell’Anti-Duhring che la vita inizia da as-
semblaggi chimici, senza tuttavia spiegarne le modalità. Ciò che sap-
piamo è che si scaglia contro il creazionismo e contrasta il lamarcki-
smo di Duhring101.
Infine, in brevi note del primo volume del capitale Marx attraverso
un chiasmo traccia un’analogia tra “tecnologia naturale” degli orga-
ni sviluppati da piante e animali per la produzione della loro vita e
gli “organi produttivi” dell’uomo sociale. Questa allusione conferma
che Marx ha una visione della storia umana e della storia naturale
non come quello di due sfere separate, ma articolata attraverso l’e-
mersione e la compenetrazione, la cui differenza “come dice Vico”
è che “la storia umana si distingue dalla storia naturale perché noi
abbiamo fatto la seconda ma non abbiamo fatto la prima”102. Dunque
per Marx “[l]a tecnologia svela il comportamento attivo dell’uomo
nei confronti della natura, il processo di produzione immediato del-
la sua vita e, quindi, anche dei suoi rapporti sociali e delle idee che
ne provengono”103. Il nesso tra la storia naturale e umana è mediato

100 “La creazione della terra ha ricevuto un duro colpo dalla geognosia, cioè dalla scienza
che ha presentato la formazione della terra, il suo divenire, come un processo, come
un’autogenerazione. La generatio aequivoca è la sola confutazione pratica della teoria
della creazione” (Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, cit., pp. 200-201).
Nell’interpretazione di Gerratana Marx utilizzava il concetto di generation aequivoca
come evoluzionismo: “generatio aequivoca è quindi equivalente negli scritti del giova-
ne Marx all’idea stessa di evoluzionismo” (Gerratana, Marx and Darwin, cit., p. 67).
101 Foster, Marx’s Ecology, cit., p. 120.
102 Marx, Il Capitale, cit., i, p. 503n.
103 Ivi, pp. 502-503n. A questo proposito Vittorio Morfino suggerisce un’interpretazio-
ne riguardo le note su Darwin e Lucrezio all’interno del Capitale: “È certo che Lu-
crezio e Darwin rappresentino in Marx una forma radicale di antifinalismo, di affer-
mazione di un principio di causalità libero infine dall’ipoteca millenaria del principio
84 MARXISMO ED ECOLOGIA

dal passaggio tra tecnologie naturali e tecnologie umane104, costituen-


do una dialettica tra storia naturale e storia umana caratterizzata da
emersione e da evoluzione co-produttiva.

di ragione e dalla retorica vuota della sua domanda fondamentale. Una netta presa
di posizione filosofica per la ragione e per la scienza. Entrambi rappresentano una
totale immersione dell’umano nel naturale, un radicale rifiuto di ogni forma di an-
tropocentrismo, di ogni causalità per libertà, di ogni radicale separazione di scienze
della natura e scienze della storia” (Vittorio Morfino, Le note del Capitale su Lucrezio
e Darwin, in “Consecutio Rerum”, iii, 5, 2018, pp. 192-204, p. 201).
104 “La stessa importanza che la struttura dei reperti ossei ha per la conoscenza dell’or-
ganizzazione di specie animali estinte, hanno i reperti di mezzi di lavoro per il giudi-
zio su formazioni socio-economiche scomparse” (Marx, Il Capitale, cit., i, p. 276).
Capitolo terzo
La ricostruzione del marxismo ecologico (ii):
Paul Burkett, la lettura ecologica delle categorie
economiche del Capitale

Per il suo ruolo nella “Monthly Review” e per l’elaborazione del


concetto, Foster è riconosciuto come il fondatore della Metabolic Rift.
Eppure un altro autore ha svolto un compito fondamentale nella ge-
nesi di questa scuola: Paul Burkett. Se la rilettura di Marx operata
da Foster si colloca su un piano storico-concettuale, invece quella di
Burkett si assesta su un livello logico-categoriale. Come abbiamo visto
nel precedente capitolo, Foster rielabora un materialismo ecologico
respingendo le tesi del marxismo occidentale e della scuola di Franco-
forte che circoscrivono la dialettica alle forme economico-sociali e ve-
dono nel dominio della natura marxiano la prosecuzione di un punto
di vista borghese. Infatti, per la scuola di Francoforte il dominio della
natura ha origine nello sguardo oggettivante della razionalità strumen-
tale, un elemento che si rivolta contro lo stesso progetto illuminista
dell’emancipazione universale. In risposta Foster rielabora il pensiero
di Marx contro quest’interpretazione, dalla giovinezza alla maturità,
seguendo il filo rosso che dal materialismo epicureo porta al concet-
to di metabolismo. Burkett invece conduce una ricostruzione di tipo
logico-categoriale, analizzando in particolar modo le opere della ma-
turità e mostrando come la critica dell’economia politica marxiana sia
ricca di considerazioni di tipo ecologico, in particolare elaborando
una teoria ecologica del valore. Nel libro Marx and Nature, Burkett
ricostruisce meticolosamente il rapporto tra la critica dell’economia
politica e la critica alla degradazione ecologica mentre risponde alle
critiche di alcuni autori della prima fase dell’ecosocialismo. Foster e
Burkett propongono una rilettura complementare del pensiero mar-
xiano in senso ecologico1.

1 “Il lavoro magistrale Marx and Nature: A Red and Green Perspective (1999) di Paul
86 MERXISMO ED ECOLOGIA

Secondo Burkett, le critiche che solitamente vengono rivolte a


Marx dall’ambito ecologista sono di tre tipologie: 1) l’accusa di pro-
duttivismo, o visione prometeica, per cui a) il capitale sviluppa forze
produttive che superano i limiti naturali, b) il progetto del comunismo
razionalizza il progetto di dominio della natura, c) sia il capitalismo
che il comunismo dimostrano l’inevitabile antagonismo tra l’umanità
e la natura; 2) l’analisi del capitalismo di Marx esclude o sottostima il
contributo della natura alla produzione; 3) la critica delle contraddi-
zioni di Marx non ha nulla a che vedere con la natura o le condizioni
naturali della produzione2.

1. Ecologismo socialista: una questione di metodo

Burkett respinge queste critiche, affermando che il metodo di


Marx si articola attorno a quattro condizioni, necessarie a un’ecologia
sociale.
La prima è che un’analisi socio-ecologica richiede un approccio
congiuntamente sociale e materialista. Infatti la relazione tra l’essere
umano e la natura è mediata socialmente in modi specificatamente
storici, un approccio che consente di non cadere nel determinismo
e nel costruttivismo. L’unicità della complessità umana introduce dei
valori ecologici che restano umani e sociali ed è dunque necessario
evitare di proiettarli al di fuori umanizzando la natura, ma dall’altro
lato la materialità informa e costringe la costruzione sociale con le
sue leggi oggettive. Dunque la combinazione sociale e materiale della
relazione tra società e natura è necessaria per evitare dualismi tecnici
o etici, spesso d’uso nell’ecologismo mainstream. Questi due aspetti
sono co-implicati e non è possibile concepire uno “sviluppo sostenibi-
le” solo sulla base di alcune correzioni tecniche e cambiamenti indivi-
duali dei valori; la distruzione della natura è un elemento essenziale al
capitalismo. Marx focalizza la sua analisi sulla produzione del surplus
nella storia e si concentra: 1) sulle relazioni di classe; 2) sulle condi-
zioni materiali e sociali della produzione; 3) sull’interazione dinamica
fra le prime due attivate dalla lotta di classe. Questo approccio porta

Burkett costituisce non solo parte del retroterra su cui è scritto questo lavoro, ma
anche un complemento essenziale all’analisi qui proposta” (Foster, Marx’s ecology,
cit., p. ix).
2 Paul Burkett, Marx and Nature. A Red and Green Perspective, HaymarketBooks, Chi-
cago 2014, p. xxix.
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 87

Marx a un’analisi della produzione della società in termini materiali


e sociali, come relazione fra esseri umani e degli esseri umani con la
natura3.
La seconda condizione è un approccio olistico e differenziale tra
società e natura. Le differenziazioni delle relazioni società-natura non
sono determinate dalla varietà materiale della natura in sé. Questo
serve a evitare di generalizzare ed estendere le responsabilità ecologi-
che a ogni partecipante di una cultura. In realtà, il confine tra società
e natura e il contenuto materiale delle relazioni sociali sembrano mol-
to differenti a seconda della posizione sociale di ognuno. L’unilate-
rale condanna ecologica di intere civiltà corre il rischio di vessare le
vittime e alienare le forze della lotta. Una prospettiva olistica e rela-
zionale si rende necessaria per avviare una progressiva co-evoluzione
di società e natura. L’approccio olistico-relazionale è necessario non
solo nello sviluppo delle scienze naturali, ma anche nell’allargamento
delle strutture di presa di decisione nella produzione. Marx attraverso
l’olismo-relazionale discute i termini di società e natura come relazio-
ne storicamente specifiche di differenziazioni di classe tra persone e
condizioni necessarie della produzione umana. Così come le forme
sociali della società di classe, merce, valore e capitale dipendono dalle
relazioni sociali nel capitalismo e determinano i limiti naturali come
un intero, così il cambiamento del mondo materiale, naturale e so-
ciale, determina la differenziazione delle forme economico-sociali del
capitalismo. L’olismo relazionale di Marx gli consente di trattare le
questioni materiali e sociali della produzione umana come mutual-
mente costituite, per cui la realtà si presenta come una totalità con-
traddittoria composta da materiale e sociale, oggettività e soggettività,
sfruttatori e sfruttati, permettendogli di scoprire la fonte della tensio-
ne e della crisi nella produzione umana4.
La terza condizione è che l’ecologia sociale deve avere uguale at-
tenzione per gli aspetti quantitativi e qualitativi. La capacità della na-
tura di assorbire o adattare la produzione umana a sé stessa dipende
dalle qualità combinate degli oggetti materiali, delle forze fisiche, del-
le forme di vita costituenti particolari ecosistemi e la biosfera terrestre
come un intero. L’impatto umano sulla biosfera può essere inteso in
termini di variazioni quali-quantitative: “Le crisi ecologiche sono ge-
nerate dell’evoluzione delle regolarità delle discordanze di spazio e

3 Ivi, pp. 17-18.


4 Ivi, pp. 19-21.
88 MERXISMO ED ECOLOGIA

tempo tra le differenziazioni sociali e l’espansione della produzione


umana da un lato, e le variazioni qualitative, e limiti quantitativi e
capacità assorbenti nella natura dall’altro”5. Coincidendo con Gary
Snyder, Burkett sostiene che la specie umana sia transitata da una cul-
tura ecosistemica, dipendente da un territorio naturale, a una biosferi-
ca, che si muove tra diversi ecosistemi finché le risorse non sono esau-
rite. Come già abbiamo avuto modo di dire, la forma matrice della
frattura metabolica per Marx ed Engels è situata nell’antagonismo fra
città e campagna. Le analisi quantitative e qualitative della forma va-
lore della ricchezza rivelano che la merce, il denaro e il capitale hanno
un peculiare carattere anti-ecologico che deriva dalla separazione dei
lavoratori dalle condizioni di produzione. Quando queste considera-
zioni sono combinate con la trattazione del Capitale viene fornita la
cornice per investigare l’antagonismo duale fra natura e bisogni della
produzione umana e della loro comunità6.
La quarta condizione consiste nel potenziale pedagogico della ri-
flessione di Marx. Esiste la possibilità di uno sviluppo teorico-critico
della società e di una trasformazione della stessa, per la quale la rifles-
sione ecomarxista non deve limitarsi alla teoria pura, ma confermare
una presa di coscienza nei conflitti sociali e attivare meccanismi di
azioni pratiche7.

1.1 Natura e materialismo storico

Il cuore dell’indagine di Burkett sul marxismo ecologico è la rico-


struzione dei legami intrinseci tra natura, società e crisi ambientale.
Burkett compie un’indagine a partire dai lavori di Marx posteriori al
1845 e aventi per oggetto la critica dell’economia politica. La doman-
da di ricerca concerne il ruolo della natura nella concezione materia-
listica della storia, la cui risposta viene identificata nella concezione
della ricchezza.
Marx infatti distingueva i concetti di valore e ricchezza: il primo
è una categoria economico-filosofica che ha un’esistenza puramente
sociale, il secondo è vincolato alla materialità e alla sua ricezione so-
ciale. Il valore è un concetto che reifica nella forma denaro apparendo
come astrazione reale, mentre la ricchezza riguarda le proprietà reali

5 Ivi, p. 21.
6 Ivi, pp. 21-22.
7 Ivi, p. 23.
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 89

di prodotti e servizi per la soddisfazione di bisogni umani, siano essi


diretti, ossia come beni consumo, o indiretti, impiegati nei processi
produttivi. Possiamo così riassumere: al valore contribuisce esclusi-
vamente il lavoro8 (astratto), mentre alla ricchezza contribuiscono il
lavoro (concreto) e la natura9.
Burkett analizza cinque questioni mutualmente connesse in rispo-
sta alle critiche dell’ecosocialismo del primo stadio per far emergere
il comune ruolo svolto dal lavoro e dalla natura nella creazione di ric-
chezza: 1) la forza lavoro è essa stessa concepita come un oggetto na-
turale oltre che un essere vivente pensante. Il lavoro è concepito come
un processo nel quale il lavoratore si pone di fronte alla natura e si
appropria delle produzioni della stessa in una forma adattata alla pro-
pria volontà. 2) Marx tratta l’atto originario dell’appropriazione dei
valori d’uso prodotti dalla natura senza l’assistenza umana, come nella
caccia e nella pesca, come una componente inerente il lavoro umano.
3) La non-identità di lavoro e produzione. Il lavoro è un processo
umano che mira alla produzione dei valori d’uso, ma i processi sono
anche naturali e avvengono all’interno del metabolismo universale
della natura. In un processo produttivo ci possono essere momenti
in cui la produzione naturale continua anche dopo che il processo di
lavoro è terminato, come nel caso delle fermentazioni o di ogni pro-
cesso produttivo che necessita l’incedere di tempi naturali. 4) Dovuta
a questa distinzione, Marx include tutte le condizioni che il processo
di lavoro necessita per completarsi nella categoria di mezzi del lavoro,
quale ad esempio la terra stessa. 5) La concezione della ricchezza di
Marx non solo include le condizioni naturali che direttamente servo-
no come oggetti del lavoro e i mezzi del lavoro come quelle condizioni
naturali che direttamente non servono come oggetti del lavoro o mez-
zi del lavoro, ma anche elementi di ricchezza naturale di cui il lavoro
non si è appropriato ma potenzialmente potrebbe appropriarsi10.
Come riporta Chen Xueming, nella visione di Burkett, a partire

8 Il lavoro astratto in quanto sostanza valore, ma vedremo meglio in seguito questi


concetti.
9 “Il lavoro non è la fonte di ogni ricchezza. La natura è tanto la fonte dei valori d’uso
(e non consiste di questi la ricchezza materiale?) quanto il lavoro, che è esso stesso
solo l’espressione di una forza naturale, della forza-lavoro umana” (Karl Marx, Criti-
ca al Programma di Gotha, trad. it. di G. Sgrò, Massari Editore, Bolsena 2008, p. 33).
10 Burkett, Marx and Nature, cit., pp. 26-27. Le condizioni naturali sono condizioni fi-
siche di cui esistono due sottoclassi economiche: la ricchezza dei mezzi di sussistenza
quali la fertilità dei suoli, pescosità delle acque e la ricchezza naturale degli strumenti
del lavoro, cascate, fiumi navigabili, legno metalli, carbone. All’inizio di una civiliz-
90 MERXISMO ED ECOLOGIA

da queste cinque caratteristiche è possibile studiare come Marx non


sminuisca il contributo della natura nella creazione di valori d’uso e
allo stesso tempo riconosca “la differenza qualitativa della produzio-
ne sociale umana, delle condizioni naturali della produzione umana
di questa socialità e le condizioni naturali esterne all’essere umano,
che costituiscono una parte importante della visione della storia di
Marx”11.
Come per Foster anche per Burkett è importante marcare la dif-
ferenza qualitativa del lavoro umano e non umano. Il lavoro umano è
distinto da quello delle altre specie, poiché assume determinate forme
sociali. Altre caratteristiche del lavoro umano sono, come già ribadito,
la posizione teleologica, l’impiego di utensili e la loro conservazione
per futuri utilizzi, la concettualizzazione del lavoro, visione condivisa
anche dal Lukács dell’Ontologia. Come afferma Engels, l’evoluzione
umana è dovuta all’emersione della società poiché la produzione era
ed è sociale12.
Stando a Burkett, le forze del lavoro e della natura, creatrici di
ricchezza, sono sviluppate attraverso specifici rapporti di produzione
e rappresentano esse stesse forze produttive. Questa concezione rap-
presenta uno scarto interpretativo rispetto all’elaborazione classica
della categoria marxiana delle forze produttive, spesso intese in senso
meramente tecnologico o con l’eventuale concessione della combi-
nazione cooperativa delle forze del lavoro nel processo produttivo
come parte di queste. Marx invece riconosce la mutua costituzione
delle forme sociali e materiali della produzione umana. La particola-
rità delle forze materiali è che esse risultano composte da forze na-
turali umane ed extraumane. In conseguenza ogni stadio storico si
presenta come un risultato materiale, la somma delle forze produt-
tive, e una relazione storica degli esseri umani con la natura e fra di
loro. Le forme sociali della produzione sono la chiave dello sviluppo
di una specifica produzione umana sempre più distinta dal mondo
naturale in evoluzione che continua a procurare le sostanze materiali
e le forze vitali13.

zazione contano di più le prime successivamente le seconde. Marx, Il Capitale, cit.,


i, p. 662.
11 Xueming, The Ecological Crises and the Logic of Capital, cit., p. 283.
12 György Lukács, Ontologia dell’essere sociale, trad. it. di A. Scarponi, Editori Riuniti,
Roma, 1981, II, pp. 18-19. Cfr. Engels, Il lavoro nel processo di umanizzazione della
scimmia, cit., pp. 183-191.
13 Burkett, Marx and Nature, cit., p. 29.
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 91

Alla luce di questa innovativa interpretazione della categoria di


forze produttive, partecipata tanto dall’uomo che dalla natura extrau-
mana nelle loro forme di combinazione, è ora possibile rispondere
all’accusa di produttivismo mossa in opposizione alla concezione ma-
terialistica della storia di Marx e Engels basata sull’interpretazione
classica del concetto di forze produttive14. La critica che spesso viene
rivolta a Marx dagli ecologisti è quella relativa al movimento delle
forze della storia nella dialettica tra le forze produttive e le relazioni di
produzione per cui la natura costituirebbe un elemento statico di fon-
do nello sviluppo storico. Attraverso la lettura di Burkett è ora chiaro
come questa critica confonda la divergenza sociale della produzione
umana dalla riproduzione della stessa natura con la concezione statica
di quest’ultima. L’evoluzione delle relazioni di classe diverge dall’e-
voluzione materiale della natura extraumana. Secondo Burkett, Marx
non suggerisce che la natura sia “statica”, ma che il carattere sociale
della produzione di classe sia stata la principale forza che abbia fatto
“deviare l’evoluzione materiale umana (ora ampiamente controfattua-
le) dall’evoluzione della natura extra-umana”15.
Difficile capire come questionare la cosa, a meno che si voglia im-
putare le crisi ecologiche alla natura anziché all’ordine sociale. Marx
riconosce il ruolo attivo della natura nella produzione umana. Solo

14 I testi fondamentali per comprensione della concezione materialistica della storia


sono la celebre prefazione a Per la critica dell’economia politica di Marx del 1859 e
il suo complemento antimeccanicista, ossia, la lettera di Engels a J. Bloch. “Secon-
do la concezione materialistica della storia la produzione e riproduzione della vita
reale è nella storia il momento in ultima istanza determinante. Di più né io né Marx
abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno distorce quell’affermazione in modo che il
momento economico risulti essere l’unico determinante, trasforma quel principio in
una frase fatta insignificante, astratta e assurda” (Friedrich Engels, Lettera a Joseph
Bloch, 21-22.9.1890, in Marx & Engels Collected Works. Letters (1890-1892), vol. 49,
Lawrence & Wishart Electric Book, 2010, pp. 33-36). Il tema dell’interpretazione
della dialettica della storia in senso antimeccanicista, seppur limitato alla contraddi-
zione di classe e alla funzione pratico-rivoluzionaria dell’individuazione dell’anello
debole della catena imperialista è stato già trattato anche dallo strutturalismo marxi-
sta francese nel saggio Contraddizione e surdeterminazione, suggerendo complemen-
tarietà necessaria dei testi di Marx ed Engels sopra menzionati. Cfr. Althusser, Per
Marx, cit., pp. 69 e ss.
15 Burkett, Marx and Nature, cit., p. 30. Come riportato nelle note, la contro-fattualità
odierna starebbe nel fatto che: “D’altronde questa natura che precede la storia uma-
na non è la natura nella quale vive Feuerbach, non la natura che oggi non esiste più
da nessuna parte, salvo forse in qualche isola corallina australiana di nuova forma-
zione, e che quindi non esiste neppure per Feuerbach” (Marx e Engels, L’ideologia
tedesca, cit., p. 17).
92 MERXISMO ED ECOLOGIA

scoprendo la dimensione sociale del lavoro si disaccoppiano le con-


dizioni necessarie di produzione dell’evoluzione extraumana della
natura e si può ricercare la sostenibilità delle forme sociali della pro-
duzione. Se le condizioni naturali si identificassero con le condizioni
naturali particolari di una determinata formazione sociale, risultereb-
be impossibile definire la sostenibilità ambientale o le crisi nei termini
delle relazioni sociali di produzione16. Le condizioni di produzione
divergono dalle necessarie condizioni naturali. Ciò indica una signi-
ficativa autonomizzazione della produzione di ricchezza dalla natura,
nel senso che la combinazione tra lavoro e natura nella produzione
non sono date dalla natura ma plasmate dalle relazioni sociali di pro-
duzione.

2. La contraddizione valore-natura nell’analisi delle forme


economiche marxiane

Sempre in aperta opposizione alle interpretazioni dell’ecosociali-


smo del primo stadio, Burkett respinge l’idea che Marx avrebbe nega-
to o sminuito il ruolo della natura nella creazione di valore. Al contra-
rio Marx con la sua analisi della forma valore avrebbe svelato il modo
in cui il movimento oggettivo del capitale occulta il contributo della
natura nella produzione della ricchezza. La ricchezza metastorica è il
prodotto di natura e lavoro, mentre la ricchezza storicamente deter-
minata del capitalismo, ossia il valore, si presenta come lavoro astratto
nella sua forma autonoma, ovvero il denaro17.

16 Burkett, Marx and Nature, cit., p. 31.


17 Non è qui possibile per questioni di spazio, e perché devia dall’argomento di que-
sto volume, esporre in maniera compiuta la dialettica della forma valore presentata
all’interno del primo volume del Capitale. Attraverso questo processo, logico-analiti-
co piuttosto che logico-storico, Marx voleva spiegare il geroglifico sociale della forma
valore, e mostrare perché la merce fosse allo stesso tempo sensibile e sovrasensibile.
Questo processo è reso possibile dall’analisi dialettica della genesi della forma del
valore e del denaro a partire dallo scambio semplice di merci. In sintesi il lavoro
astratto, che costituisce la sostanza valore “fantasmagorica” incorporata nelle merci,
deve impossessarsi del corpo di una merce particolare, l’oro che ne costituisce il ma-
teriatur, facendolo diventare equivalente universale nello scambio. Il denaro diviene
un elemento necessario dello scambio mercantile al fine di esporre quanto lavoro
astratto socialmente necessario è cristallizzato nelle merci. Il valore si esprime così
attraverso la merce oro e, successivamente, come segno di questo nella carta moneta.
Nell’analisi della forma valore Marx scopre i rovesciamenti ideologici che hanno
luogo tanto da definire il denaro una “forma pazza” che nella circolazione occulta e
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 93

La contraddizione e la mediazione dialettica sono il motore dell’a-


nalisi marxiana del Capitale, la cui esposizione procede attraverso
forme sempre più complesse: merce, denaro, capitale. Il risultato di
questo processo arricchisce di nuove determinazione gli elementi che
lo compongono, in una circolarità ideale la cui chiusura è resa impos-
sibile dalla materialità dei corpi naturali e dalla resistenza del lavoro
vivo18. Non bisogna dunque stupirsi che le categorie di valore d’uso,
valore di scambio e valore introdotti nel primo capitolo, La Merce,
siano alla base logica dell’intera opera e che sul loro significato si sia
spesso duramente dibattuto.
Burkett nel rispondere alle critiche non può che farlo a partire
da un’interpretazione basata su tre aspetti dell’analisi del valore di
Marx. 1) Il valore di scambio è una forma del valore e non viceversa.
Marx insiste sul fatto che il valore sorga nella produzione e non nello
scambio. 2) Questo corrisponde alla dominazione della produzione
sul consumo, espresso nella formula D-M-D’ (denaro, merce e ancor
più denaro). Il valore è il fattore attivo in movimento. 3) La subor-
dinazione del valore d’uso e del valore di scambio al valore significa
che il valore d’uso è socialmente astratto. La base materiale naturale è
astratta rispetto alla forma. Metastoricamente la base materiale della
ricchezza è la natura e il lavoro, in questa particolare forma sociale è il
lavoro astratto cristallizzato in valori d’uso19.

2.1 Merce, denaro e capitale

Questi tre aspetti convergono verso una comune riflessione: “il


valore è una forma alienata del valore d’uso in termini umani, socia-
li e naturali”20. Di conseguenza la contraddizione tra valore d’uso e
valore di scambio altro non è che la contraddizione tra la ricchezza
metastorica e la ricchezza socialmente determinata nella produzione
capitalistica. Nelle epoche pre-capitaliste vi erano legami sociali di-

inverte le relazioni sociali feticizzandole. Questo tema è stato il centro delle ricerche
di Hans George Backhaus che ha dedicato i propri sforzi alla sua elaborazione. Cfr.
Hans George Backhaus, Dialettica della forma valore. Elementi critici per la ricostru-
zione della teoria marxiana del valore, a cura di Riccardo Bellofiore e Tommaso Re-
dolfi Riva, trad. it. di E. Agazzi, Editori Riuniti, Roma 2009.
18 Christopher J. Arthur, The New Dialectic and Marx’s Capital, Brill, Leiden-Boston
2004, pp. 79 e ss.
19 Burkett, Marx’s and Nature, cit., pp. 80-2.
20 Ivi, p. 82.
94 MERXISMO ED ECOLOGIA

retti per decidere dell’allocazione del tempo socialmente necessario


a riprodurre la società. Le relazioni società-natura erano da un lato
mediate socialmente ma dall’altro questa mediazione non era social-
mente indipendente dalla base naturale del valore d’uso, perché i pro-
duttori non erano separati dalle condizioni naturali della produzione
e della riproduzione21.
Burkett discute la forma concreta della contraddizione valore-
natura, che può essere identificata nella contraddizione tra natura
e denaro. La forma denaro deriva necessariamente dalla forma mer-
ce. Quest’ultima presenta una duplicità come valore d’uso e valore
di scambio ed è quindi avvolta dalla contraddizione di essere qua-
litativamente distinta da altre merci, per ragioni naturali-materiali,
ma socialmente identica alle altre, in quanto portatrice di valore, e
di stare con queste solo in un rapporto quantitativo nello scambio.
Dunque il denaro diviene la necessaria manifestazione esterna di
questa contraddizione logica interna alla merce, esponendo il valore
incorporato in forma autonoma. In questo modo la proprietà socia-
le della merce di essere scambiata con altre reifica nel denaro come
suo proprio valore d’uso, come una proprietà appartenente al corpo
stesso del denaro. Proprio in questo senso il valore è un valore d’uso
alienato dalle condizioni sociali, umane e naturali. Il valore d’uso del
denaro è quello di essere equivalente generale, la diretta reificazione
del tempo di lavoro universale prodotto dell’alienazione universale e
soppressione di ogni lavoro individuale: è una forma d’esistenza so-
ciale separata dall’esistenza naturale della merce. Il denaro è ricchez-
za astratta dal suo modo di esistenza concreto, ovvero in contrasto
con le sostanze naturali, e risolve la contraddizione tra la generalità
del valore e la particolarità del valore d’uso astraendo dalle differen-
ziazioni qualitative del lavoro concreto condizionate dalla diversità
dei materiali della natura umana ed extra umana, le vere fonti della
ricchezza22.
Quando è combinata con la divisione del lavoro e l’alienazione
della natura, l’astrazione monetaria dalla diversità naturale delle merci

21 Questo non significa che non vi fossero forme di sfruttamento o conflitti di classe (o
altre forme di alienazione), ma che le relazioni di dominio si presentavano in forme
personali e trasparenti, come nella relazione signori feudali e contadini, mentre ciò
che contraddistingue il capitalismo è la forma di dominio impersonale o monetaria.
Le forme di dominio personali sono sostituite da quelle impersonali o rifunzionaliz-
zate all’interno della logica del capitale.
22 Ivi, p. 84.
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 95

aiuta a creare una tendenza alla semplificazione e all’omogeneizzazio-


ne delle condizioni naturali. Per esempio se interessa qualcosa di una
pianta verrà coltivata, se ha un carattere non voluto verrà eliminato
perché dal punto di vista della produzione capitalistica non ha valore.
Pertanto per Burkett “[l]a diversità della natura è distrutta nella stessa
proporzione in cui è promosso il profitto”23.
Il denaro astrae dalle distinzioni ambientali qualitative e dalle re-
lazioni; valuta la natura così da abilitare la sua artificiale divisione o
frammentazione. Marx ha espresso questa frammentazione nei ter-
mini dell’effetto dissolvente del denaro. Questo fenomeno ha luogo
tramite il denaro e l’appropriazione capitalista della natura. Entrambe
sono forme di frammentazione che rinforzano la squalificazione della
diversità naturale, le interconnessioni e le relazioni tra esseri umani e
natura. Riprendendo David Harvey, Burkett evidenzia le implicazio-
ni ecologiche di questo aspetto. Attraverso la valutazione monetaria,
le entità vengono concepite come elementi addizionabili o sottraibili
dall’ecosistema di cui sono parte, costruendo un rapporto atomisti-
co con l’intero. Il denaro dunque ci compromette con un pensiero
Cartesiano-Newtoniano-Lockiano, rappresentando un’ontologia anti-
ecologica di come il mondo è costituito24.
Infine la forma capitale, ossia il movimento autonomo di valoriz-
zazione, dimostra che, come pura crescita quantitativa illimitata, la
mobilità dei suoi fattori promuove un atteggiamento predatorio che
ha poca cura dell’ambiente. L’illimitatezza del valore che guida la pro-
duzione, non trovando limiti nel valore d’uso, poiché gli è subordi-
nato, porta al continuo superamento dei limiti naturali e alla propria
espansione aumentando la pressione eco-sistemica che si sposta da
livelli regionali a quelli globali e biosferici25.

23 Ivi, p. 85.
24 Ivi, p. 86.
25 Ivi, p. 88. Sempre a questo proposito scrive Altvater: “Il processo del lavoro mostra
allo stesso tempo effetti produttivi e distruttivi; o, per interpretarlo nelle categorie
della termodinamica: data la dualità del processo produttivo nel quale non solo si
producono valori di scambio e plusvalore, ma che trasforma materia e energia, l’en-
tropia necessariamente cresce” (Elmar Altvater, Existe un Marxismo ecologico?, in
Atilio A. Boron, Javier Amadeo, Sabrina González (a cura di), La teoría marxista hoy.
Problemas y perspectivas, Clacso, Buenos Aires 2006, p. 348).
96 MERXISMO ED ECOLOGIA

2.2 Plusprodotto e plusvalore nell’analisi ecologica marxiana

Dopo aver analizzato le implicazioni ecologiche della lettura di


Marx su merce, denaro e capitale, possiamo ora passare al pluspro-
dotto e al plusvalore. Anche il plusvalore capitalista richiede il soddi-
sfacimento di alcune condizioni naturali, anzitutto perché il processo
di valorizzazione si realizza in relazione con un processo produttivo
che mobilità elementi materiali e viventi, secondariamente perché il
prodotto del processo produttivo è sempre formato da lavoro e natura
e infine perché la stessa produttività del lavoro poggia sulle qualità
della natura inorganica26.
Nel iii volume del Capitale, Marx definisce sia le condizioni sog-
gettive del plusvalore, ossia che i lavoratori lavorino per un tempo
maggiore rispetto a quello necessario alla loro riproduzione, che quel-
le oggettive, cioè la necessità di una data fertilità del suolo, pescosità
dei fiumi e dei mari, ecc., così che il lavoro non sia interamente speso
nella mera riproduzione, ma possa dare origine a un plusprodotto27.
Marx si distingue nella sua peculiare posizione sull’origine del plu-
svalore recuperando e superando le precedenti tradizioni economico-
filosofiche sia dell’economia classica che dei fisiocratici28. I fisiocratici
hanno infatti ragione per quanto riguarda la base naturale del surplus.
L’agricoltura soddisfa necessità primarie, se la terra non fosse suffi-

26 Sulla dualità della produzione come processo di produzione immediato e come pro-
cesso di valorizzazione del capitale si veda Karl Marx, Il Capitale, Libro i, Capitolo
VI inedito. Risultati del processo di produzione immediato, La Nuova Italia, Firenze
1969.
27 Marx, Il Capitale, cit., iii, p. 788-789.
28 Claudio Napoleoni ricostruisce la questione storicamente. Per i fisiocratici “l’attività
produttiva che si svolge al di fuori dell’agricoltura appare semplicemente come una
trasformazione di certi oggetti in altri oggetti, mentre l’attività produttiva agricola
si presenta come un processo che, partendo da certi oggetti, dà luogo alla creazione
d’una massa maggiore di oggetti delle medesime specie; conseguentemente tutto il
sovrappiù di cui l’economia si trova a disporre viene imputato all’agricoltura”. Inve-
ce “Smith pur raccogliendo alcuni suggerimenti fisiocratici (in particolare, ripetiamo,
quelli insiti nei concetti di “prodotto netto” e di “anticipazione di capitale”) supera
di colpo questi limiti e queste contraddizioni dello schema fisiocratico mutando la
base stessa di partenza, cioè il concetto di produttività. Smith evidentemente non
nega che la terra abbia la capacità di una certa produzione originaria, che ha luo-
go indipendentemente dall’intervento del lavoro umano, ma, accettando proprio la
definizione fisiocratica della produttività come capacità di dar luogo a prodotto netto,
afferma che tale capacità sta nel lavoro e solo nel lavoro”. Per Marx il plusprodotto
ha origine nell’incontro tra lavoro e natura. Claudio Napoleoni, Smith Ricardo Marx,
Boringhieri, Torino 1973, pp. 25 e 54.
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 97

cientemente fertile non libererebbe altre persone da quel lavoro così


che possano essere sfruttate in altri settori.
La base naturale del surplus è più di una condizione iniziale; co-
stantemente determina l’ammontare del plusvalore, dunque il tasso di
accumulazione. Questo processo avviene indirettamente. Un’aumen-
tata fertilità dei suoli aumenta la produzione a parità di lavoro dimi-
nuendo il valore unitario del prodotto, mentre quello totale rimane
costante essendo proprio determinato dal lavoro astratto cristallizzato
in questa merce. Tuttavia diminuisce anche il valore della forza-lavoro
portando a una crescita del plusvalore relativo. Come Marx afferma
nel primo volume29, se le caratteristiche rimangono costanti e anche la
giornata di lavoro, la quantità di pluslavoro varia con le condizioni fi-
siche del lavoro, specialmente la fertilità del suolo. Solo incorporando
dentro di sé la forza lavoro e la terra il capitale acquisisce un potere
espansivo, perché questi costituiscono le sue basi naturali30. Possiamo
vedere come qui Burkett concordi con un’estensione del concetto di
sussunzione della natura nel capitale31.
La tensione tra capitale e natura può così essere riassunta: da un
lato il capitale, come ogni forma di produzione, richiede lavoro vi-
vente e fisicamente funzionante e condizioni materiali per l’incorpo-
razione del lavoro in prodotti che soddisfano bisogni sociali. Quindi
come tutte le forme produttive di ricchezza, la produzione capitalisti-
ca dipende dal contributo della natura al valore d’uso. D’altro can-
to per il capitale sono necessarie condizioni materiali e naturali della
produzione separate dalla forza lavoro, ossia in forma non organica-
mente sociale. Dunque il capitale rappresenta: 1) una specifica forma

29 “Se l’operaio ha bisogno di tutto il suo tempo per produrre i mezzi di sussistenza
necessari alla conservazione di sé stesso e della sua classe, non gli rimane tempo per
lavorare gratis per conto di terzi. Senza un certo grado di produttività de lavoro,
niente tempo disponibile di quella specie per l’operaio; senza questo tempo ecceden-
te, niente pluslavoro e quindi niente capitalisti, ma anche niente padroni di schiavi,
niente baroni feudali, insomma niente classe di grandi proprietari. Così, di una base
naturale del plusvalore si può parlare, ma soltanto nel senso generalissimo che nes-
sun ostacolo naturale assoluto trattiene un uomo dal rimuovere da sé e scaricare su
altri il lavoro necessario alla propria esistenza, più che, per esempio, nessun ostaco-
lo naturale assoluto trattenga l’uno dall’usare come nutrimento la carne dell’altro”
(Marx, Il Capitale, cit., i, p. 660-661).
30 Burkett, Marx and Nature, cit., p. 37.
31 Una sussunzione che tuttavia non andrebbe oltre quella formale, in termini marxiani,
ossia sottomessa al processo produttivo capitalista, ma mantenendo una propria auto-
nomia. Col concetto di natura mi riferisco qui all’intero complesso geo-ecologico, non
tanto ai singoli elementi naturali (quali ad esempio gli animali in un allevamento).
98 MERXISMO ED ECOLOGIA

di astrazione reale dell’essenziale unità della natura umana ed extra-


umana; 2) una degradazione sociale della natura e dei produttori, del
valore d’uso, allo status di mera condizione di produzione di valore
monetario32.

2.3 Doni gratuiti della natura e rendita

Spesso il concetto di appropriazione dei doni gratuiti della natu-


ra è assunto come prova delle posizioni antiecologiche di Marx. Per
Burkett vi è un fraintendimento di fondo33. Per gratuito si intende
in termini di valore e per il capitale, non necessariamente in termini
di massa monetaria pagata da singole imprese o consumatori per il
valore d’uso associato con queste condizioni. L’appropriazione gra-
tuita capitalista avviene per le condizioni che aiutano a soddisfare “i
requisiti del valore d’uso assoluto del capitale”: la riproduzione della
forza lavoro e le condizioni in cui questa può essere sfruttata attraver-
so l’oggettivazione del pluslavoro in una merce34.
Tra questi doni della natura troviamo ad esempio la terra, il vento,
l’acqua, i metalli e il legname come elementi naturali che non entra-
no come componenti del capitale ma come doni gratuiti della natura
al capitale. La forza produttiva della natura, così come la scienza, la
cooperazione esistono per il capitale come doni gratuiti al lavoro e
appaiono come produttività del capitale, come altre produttività sotto
il modo di produzione capitalista, e il capitale si appropria di queste
condizioni sociali e naturali gratuitamente. Infatti, queste non costano
nulla al capitale, ma devono essere appropriate tramite appositi mac-
chinari, che hanno un costo35.
L’appropriazione gratuita non significa che sia priva di costo so-
ciale o che sia infinita, ma solo che non c’è bisogno di lavoro sala-
riato per produrre certe condizioni che servono da veicoli materiali
o sociali alla produzione di valore e all’accumulazione. Non implica
che non abbiano un costo sociale. In maniera metastorica l’uomo si
appropria di condizioni che contribuiscono alla produzione di valori
d’uso, come lo sono ad esempio l’aria e l’acqua pulita: queste sono

32 Ivi, p. 61.
33 Sulla natura come capitale e le resistenze da parte del marxismo a questa concezione
si veda Paul Burkett, Marxism and Ecological Economics: Toward a Red and Green
Political Economy, Brill, Leiden-Boston 2016.
34 Ivi, pp. 69-71.
35 Ivi, pp. 70-72.
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 99

finite e hanno un costo opportunità positivo. Che qualcosa sia for-


nito direttamente dalla natura non implica che non sia scarso o sen-
za valore sociale. Marx non incoraggia a un abuso dei beni gratui-
ti. L’appropriazione gratuita ha bisogno di un uso non distruttivo o
insostenibile dell’appropriazione. Il grado in cui i doni della natura
sono curati dipende dall’organizzazione sociale. Se questi doni fossero
effettivamente infiniti non sarebbe possibile il capitalismo. La terra
per esempio, per via della propria limitatezza, può essere separata dai
produttori dando origine al capitalismo. Ciò significa che un’idea di
scarsità relativa è necessaria per la concezione stessa del capitalismo,
il cui abuso di questi doni gratuiti può portare a una condizione di
scarsità assoluta, in maniera simile a quanto abbiamo visto affermare
da parte di André Gorz in Ecologia e libertà. L’appropriazione aliena i
rapporti dell’uomo con la natura fintanto che essa si situa dentro una
relazione di tipo capitalistico36.
La rendita cerca in una certa misura di sistemare la contraddizio-
ne tra valore e natura. L’appropriazione di queste forze scarse della
natura tramite una rendita permette, in linea teorica, di ridurre l’ap-
propriazione e la distruzione delle stesse usando calcoli sociali costi/
benefici37. Queste operazioni vengono di solito operate dallo Stato o
da gruppi di Stati attraverso accordi giuridici che stabiliscono il mo-
nopolio su un determinato elemento naturale mercificandolo. In ter-
mini marxiani la rendita non è la creazione ex novo di valore, ma una
forma di ridistribuzione del plusvalore38.
In un’economia capitalista tutto diviene acquistabile. Il potere mo-
netario nelle società capitaliste è la base primaria: 1) della contrappo-
sizione tra lavoro e ambiente; 2) della valutazione degli assets ambien-
tali. Per gli economisti mainstream la scarsità delle risorse naturali e
le esternalità ambientali della produzione possono essere gestite da
un sistema di prezzi. L’economista neoclassico Robert Solow propone
esattamente questo approccio, cioè di controllare l’esaurimento delle
risorse attraverso un aumento dei prezzi che porta a una crescita del-
la produttività e aumento del Prodotto Interno Lordo. Per Burkett

36 Ivi, pp. 73-77.


37 Sarebbe infatti questa la soluzione ideata dalla green economy per porre rimedio a
numerosi problemi ambientali. Tra essi, vi è il progetto elaborato a partire dal Pro-
tocollo di Kyoto della creazione di un mercato globale delle quote carbone, di fatto
attribuendo un prezzo all’aria in quanto bene scarso, e di conseguenza mercificando-
la. Si veda in tal proposito Leonardi, Lavoro Natura Valore, cit., pp. 131-149.
38 Burkett, Marx and Nature, cit., p. 94.
100 MERXISMO ED ECOLOGIA

l’alternativa non è il laisser-faire ma la proprietà comune istituziona-


lizzata. Le esternalità della produzione possono essere internalizzate
in processi di decisione collettiva. Ciò non significa che non bisogni
assegnare del tutto dei prezzi alla natura, il problema è che non lo
dobbiamo lasciar fare al mercato. La rendita e le tasse verdi non pos-
sono risolvere la contraddizione valore-natura39.

2.4 Lavoro eco-regolato

Passiamo ora alle risposte che Burkett offre alle obiezioni di Ted
Benton nel suo articolo del 1989 pubblicato sulla “New Left Review”.
Benton critica Marx perché sussume la categoria della natura sotto gli
strumenti della produzione. L’errore secondo Benton è che le condi-
zioni di produzione naturali siano immutabili, mentre il concetto di
strumento prevede l’intenzionalità. Per Marx invece quegli elementi
che non entrano nel processo produttivo, ma che sono necessari, sono
una differente categoria universale di strumenti del lavoro40. Dunque
volutamente Marx distingue questi come conduttori di lavoro e varia
la categoria degli strumenti della produzione41. Marx assimila le condi-
zioni naturali alla categoria predeterminata degli strumenti produttivi
e consciamente varia la categoria degli strumenti così da distinguere
le condizioni naturali da quelli che servono come conduttori del lavo-
ro, cioè quei mezzi di lavoro che l’uomo interpone fra sé e la natura
per ottenere il risultato voluto. Inoltre Benton nella sua distinzione tra
oggetto del lavoro appropriato dalla natura e quello già filtrato attra-
verso il lavoro come materia prima, produce come effetto l’idea che
per Marx esistono strumenti senza base naturale. Ciò che Benton de-
finisce come condizioni contestuali non-manipolabili, in Marx sono
condizioni naturali come strumenti universali e oggetti del lavoro,
mezzi di produzione. Secondo Burkett “questa critica è basata su una
parziale dematerializzazione della concezione del processo di lavoro di
Marx”42. Eppure Marx stesso sembra inequivocabile rispetto all’inso-
stituibilità delle condizioni naturali della produzione, pur inserendole

39 Ivi, pp. 95-8. Si veda inoltre sulle rendite come falsa soluzione Harvey, Diciassette
contraddizioni e fine del capitalismo, cit., cap. 17.
40 “Il mezzo di lavoro generale di questa specie è, ancora una volta, la terra, perché dà
al lavoratore il suo locus standi e al suo processo il vero e specifico campo di azione”
(Marx, Il Capitale, cit., i, p. 277).
41 Burkett, Marx and Nature, cit., pp. 38-9.
42 Ivi, p. 39.
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 101

nella categoria dei mezzi di produzione: “Sembrerebbe paradossale


chiamare, per esempio, mezzo di produzione per la pesca il pesce non
ancora preso. Ma finora non si è inventata l’arte di prendere pesci in
acque non pescose”43. In conclusione, per Burkett, Benton fallisce nel
dimostrare i difetti della concezione del processo di lavoro in Marx
dal punto di vista delle condizioni non-manipolabili della produzione,
limitandosi esclusivamente a un diverso uso terminologico.
Per quanto riguarda il cuore della critica di Benton a Marx, nel
concetto di lavoro eco-regolato Burkett offre una complessa risposta.
Riassumendo, per Benton l’oggetto del lavoro nei processi eco-rego-
lati non è una materia prima, ma le condizioni nelle quali cresce e si
sviluppa, non è dunque possibile usare la categoria di intenzionalità
per questo genere di attività. Il caso del lavoro agricolo costituisce un
esempio d’attività eco-regolata. Le attività eco-regolate sono costitui-
te da spazialità e temporalità dipendenti dallo sviluppo organico che
regolano il processo di lavoro e ne sono le condizioni. La tripartizione
marxiana tra lavoro, strumenti di produzione, e materie prime non
coglie questa caratteristica.
La risposta di Burkett si articola in due parti. Anzitutto il fatto che
molte condizioni siano procurate dalla natura non cambia il fatto che
siano soggette all’intenzionalità umana. Marx è capace di analizzare
molti processi eco-regolati nel Capitale e lo fa operando delle distinzio-
ni categoriali che lo rendono in grado di distinguere l’attività regolata
da altri tipi di produzione. Per distinguere l’attività eco-regolata Marx
sostiene che certi elementi entrino nella produzione dietro una duplice
veste: quella di mezzi di produzione e di materie prime, e che lo faccia-
no simultaneamente. È il caso dell’allevamento del bestiame che è ma-
teria prima, ma mezzo di produzione del concime, o delle foreste, che
divengono materia prima per la legna ma anche mezzo di produzione
come generica condizione naturale44. Inoltre operando la distinzione
tra materie prime e materie accessorie, ossia quelle che entrano a far
parte del prodotto finale e quelle che vengono usate nel processo pro-
duttivo ma non compaiono nel prodotto finale. È possibile inserire le
condizioni universali naturali sotto questa seconda categoria.
Il secondo aspetto insiste sul fatto che, per prendere in considera-
zione il lavoro eco-regolato, Marx distingua il tempo di produzione
dal tempo di lavoro. Questa differenza sarebbe esposta minuziosa-

43 Marx, Il Capitale, cit., i, p. 277.


44 Ivi, p. 279.
102 MERXISMO ED ECOLOGIA

mente nel secondo volume45. Burkett chiarisce che “il tempo di pro-
duzione naturale comprende il periodo del processo di lavoro, ma
non è compreso in questo”46. Questo sarebbe l’esempio dei processi
produttivi che hanno limitazioni naturali come la stessa forza-lavoro
che si ferma durante la notte, ma anche le fermentazioni o la stagiona-
tura, o comunque tempi di attesa nel processo produttivo. Con questa
difesa Burkett afferma che la concezione del processo produttivo di
Marx si può ritenere un valido strumento anche per la concettualizza-
zione del lavoro eco-regolato47.

3. La duplice crisi ecologica del capitalismo

Per Burkett il concetto di crisi ambientale è un costrutto sociale


umano, esso riguarda i fatti dal punto di vista delle necessità dello
sviluppo dell’umanità. La crisi ecologica è definita da restrizioni che
eccedono la normalità e che riguardano la salute umana, le oppor-
tunità di appropriarsi e co-abitare con le condizioni naturali, o nei
termini della rottura nella riproduzione delle relazioni sociali. Marx a
tal proposito individua due tipi di crisi ambientali prodotte dal capi-
talismo: 1) crisi di accumulazione di capitale; 2) crisi nella qualità del-
lo sviluppo umano sociale, generato dalla divisione città-campagna.
Quest’ultimo è un più ampio concetto marxiano di crisi ambientale
che si centra sulla degradazione della ricchezza naturale come condi-
zione allo sviluppo umano48.

3.1 Crescita senza limite

Burkett esamina la prima crisi ambientale dalla prospettiva dei va-


lori d’uso. Il capitale nel suo processo di accumulazione mobilita un
numero crescente di merci, valori d’uso portatori di valore. La do-
manda di materiali da parte del capitale si manifesta in tre aspetti: 1)
la produzione di materie prime; 2) la produzione di materie accesso-
rie; 3) la compensazione per “deprezzamento morale” dei macchinari
ed edifici49.

45 Marx, Il Capitale, cit., ii, cap. 13.


46 Burkett, Marx and Nature, cit., p. 43. Marx, Il Capitale, cit., ii, p. 296.
47 Burkett, Marx and Nature, cit., pp. 44-47.
48 Ivi, p. 107.
49 L’espressione “deprezzamento morale” significa che i macchinari si svalutano perché
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 103

L’effetto è quello dell’aumento dell’appropriazione di materie pri-


me e accessorie al crescere dello sviluppo dei macchinari. Burkett so-
stiene che la crescente necessità di materie porta con sé l’aumento del-
lo stock di queste al fine di mantenere la continuità della produttività
e dell’accumulazione50. All’aumento del capitale speso in macchinari,
aumenta il capitale speso in materie prime e combustibile (materie
accessorie) per farli funzionare.
Seguendo questa argomentazione, vi è inoltre un altro peculiare fe-
nomeno della produzione capitalistica segnalato da Burkett che ha un
enorme impatto ambientale e sociale. “Il deprezzamento morale del
capitale fisso”, dovuto all’aumento di produttività dei nuovi macchi-
nari ed edifici, che ne accelera il turnover e ne anticipa il deperimento
naturale, al fine di mantenere il livello di produttività dettato dalla con-
correnza tra capitali. Gli esiti sono un’intensificazione dei ritmi di pro-
duzione per compensare l’obsolescenza prematura del capitale costan-
te e un aumento della produzione e dunque dell’impatto ecologico51.
Il fatto che il capitale per aumentare la propria produttività sosti-
tuisca continuamente capitale variabile con capitale costante ne au-
menta l’impatto ecologico52.

ne vengono prodotti sempre nuovi e più efficienti alzando così gli standard produtti-
vi e rendendoli progressivamente obsoleti. Questo fa sì che i mezzi di produzione si
svalutino rapidamente ben prima della loro usura.
50 Tuttavia la crescita dello stock è limitata con il modello just in time. Questa modalità
di produzione inverte i rapporti di priorità tra distribuzione e produzione causan-
do: 1) l’accrescimento del commercio di prodotti intermedi delle catene del valore
globale, oggi rappresentato da più del 50% del totale degli scambi; 2) una perdita di
know how e la specializzazione delle produzioni Nazionali. Si osserva come questo
fenomeno sia concausa dello shock economico pandemico dovuto all’interdipen-
denza dei settori produttivi in catene del valore sempre più estese globalmente. Gli
osservatori economici hanno evidenziato che una delle possibili ristrutturazioni a
seguito della crisi economica connessa alla pandemia tuttora in corso sia la ripresa
degli stock e l’accorciamento delle catene globali del valore. Cfr. Andrea Coveri,
Claudio Cozza, Leopoldo Nascia, Catene globali del contagio e politica industriale,
Sbilanciamoci, http://sbilanciamoci.info/catene-globali-del-contagio-e-politica-indu-
striale/ (ultimo accesso il 5.4.2020).
51 Burkett, Marx and Nature, cit., pp. 109-10.
52 “Non attribuendo alcun valore reale alle ricchezze naturali, il capitalismo massimizza
il rendimento delle materie prime e dell’energia perché maggiore è questo flusso ‒
dall’estrazione attraverso la consegna del prodotto finale al consumatore ‒ maggiore
è la possibilità di generare profitti. E concentrandosi selettivamente sulla riduzione
al minimo degli input di lavoro, il sistema promuove l’uso di energia e l’uso di Hight
Technologies a capitale intensivo. Tutto questo si traduce in un più rapido esauri-
mento di risorse non rinnovabili e più rifiuti scaricati nell’ambiente. Per esempio,
104 MERXISMO ED ECOLOGIA

La necessità da parte del capitale di sfruttare il lavoro trasforma


le condizioni naturali della produzione in condizioni naturali dell’ac-
cumulazione monetaria. Si potrebbe obiettare che il capitalismo
spinga all’efficienza degli sprechi perché questo porta a un vantaggio
competitivo nella produzione, ma questo incentiva ad aumentare il
rapporto merci/tempo nella produzione. Tuttavia il problema non è
solo quantitativo ma qualitativo. L’idea normativa che sta alla base di
questi processi di efficienza non è quella di un rapporto co-evolutivo
sostenibile tra società e natura come un intero. L’efficienza ottenuta è
solo per quei fattori la cui produzione ha un costo di appropriazione
tramite lavoro salariato53. Come segnala André Gorz, l’imperativo alla
produttività è totalmente differente rispetto all’imperativo ecologico
della conservazione delle risorse54.
Vi è inoltre un aspetto ulteriore che concerne la temporalità natura-
le e quella accelerata del capitalismo che non consentirebbe l’assorbi-
mento di materie e energie rilasciate dal processo produttivo, portando
a una degradazione naturale e processi di accumulazione capitalistica
distruttivi. “Lo scopo dell’accumulazione di valore è la massimizzazio-
ne del profitto, ma le risorse materiali sono regolate da leggi naturali
[...] Poiché basata sulla co-evoluzione sostenibile di società e natura,
il tempo che la natura ha bisogno per produrre e assorbire materia ed
energia è intrinsecamente determinato dai movimenti della natura; è
impossibile misurare in accordo con la scala del tempo salariato”55.

dalla seconda guerra mondiale, la plastica ha sempre più sostituito il cuoio nella pro-
duzione di articoli come le borse e scarpe. Per produrre lo stesso valore di produzio-
ne, l’industria della plastica utilizza solo circa un quarto della manodopera utilizzata
dalla produzione di pelle, ma utilizza dieci volte di più capitale e trenta volte più
energia” (John Bellamy Foster, The Vulnerable Planet: A short Economic History of
the Environment, Monthly Review Press, New York, 1999, p. 123).
53 Burkett, Marx and Nature, cit., pp. 110-112
54 André Gorz, Capitalism, Socialism, Ecology, trad. ing. di C. Turner, Verso, London
2012, p. 44.
55 Xueming, The Ecological Crisis and the logic of Capital, cit., p. 292. Il tema della
temporalità del capitale è stato brillantemente discusso in uno dei saggi d’interpreta-
zione di Marx più importanti degli ultimi 30 anni. Il contributo dello storico Moishe
Postone è fondamentale ai fini della comprensione del tempo feticizzato nella società
capitalistica. Nell’opera Time, Labor and Social Domination Postone ripercorre la
genesi del tempo astratto a partire dal calcolo delle tempistiche di produzione nelle
prime officine, contrapponendolo a un tempo concreto metastorico. Riprendendo
La civiltà nell’occidente medioevale del medievista Jacque Le Goff, Postone evidenzia
come il tempo feudale fosse essenzialmente scandito dai ritmi canonici e naturali
legati alla vita rurale, ma non a causa della limitatezza scientifica e tecnologica dell’e-
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 105

Come già abbiamo avuto modo di discutere, per Marx esiste una
base naturale del surplus come condizione di possibilità per la pro-
duzione, perciò il capitalismo può essere minacciato da una carenza
nelle forniture dei prodotti di sussistenza in agricoltura e delle materie
prime per l’industria56.
L’analisi formale di Marx delle carenze materiali nella crisi d’ac-
cumulazione è sviluppata su due livelli: 1) il primo livello specifica le
condizioni generali delle crisi indipendentemente dalla fluttuazione
dei prezzi e distinta dalla fluttuazione dei valori. A questo livello è
possibile trattare le condizioni generali della produzione capitalistica.
Il cambiamento dei prezzi è trattato solo in quanto cambiamento dei
valori. La crisi sorge a) nella riconversione del denaro in capitale pro-
duttivo; b) nel cambiamento dei valori delle materie prime. In pratica
se il valore delle materie prime sale perché le condizioni naturali della
loro estrazione sono mutate, allora esse possono limitare la possibilità
dei profitti una volta pagati i salari. Inoltre le carenze distruggono fi-
sicamente la produzione rendendo impossibile sviluppare il processo
alla scala richiesta. Questi disturbi nelle riserve materiali implicano
condizioni naturali incontrollabili e anche l’incapacità di controllare
l’accumulazione di capitale. Le condizioni naturali quindi appaiono
come limite ultimo nell’estensione del mercato e nella flessibile cre-
scita industriale della produzione e dell’accumulazione. La crisi è rap-
presentata a un certo livello di sviluppo dall’assenza di materie prime.
Questo suppone una contraddizione tra l’accelerazione dell’accumu-
lazione capitalistica della produzione e gli investimenti da una parte,
e, dall’altra, le leggi naturali nei termini di ritmi temporali che gover-
nano la produzione materiale57. 2) Un completo sviluppo della tensio-
ne tra tempo naturale e tempo del capitale dove incorporare il sistema
dei crediti e concorrenza nel mercato mondiale. In generale Marx an-
nuncia tre risposte per l’aumento dei prezzi delle materie prime che
ne mitiga gli effetti: a) l’aumento dei prezzi fa sì che le materie prime

poca, poiché già si disponeva di orologi ad acqua che potevano compiere tali calcoli.
La diffusione della computazione del tempo in termini assoluti e quantificabili come
attimi indistinti da misurare è introdotta dalle necessità della produzione capitalistica
e poi estesa come forma dominante del calcolo del tempo nella società capitalista.
Moishe Postone, Time, Labor and Social Domination: A Reinterpretation of Marx’s
Critical Theory, Cambridge University Press, Cambridge-New York 1993, pp. 200-
216; Jacques Le Goff, La civiltà dell’occidente medievale, trad. it. di A. Menitoni,
Einaudi, Torino 1981, pp. 181 ss.
56 Burkett, Marx and Nature, cit., p. 113.
57 Ivi, pp 113-116.
106 MERXISMO ED ECOLOGIA

vengano importate su una più vasta scala e da più lontano; b) gli alti
prezzi mobilitano i fornitori tradizionali e moltiplicano le quantità di
prodotto per l’anno successivo; c) si stimola l’utilizzazione di prodotti
di scarto e l’uso di sostituti. Marx è tuttavia scettico rispetto alla pos-
sibilità che questi elementi possano risolvere il problema. Anzitutto
la diminuzione della domanda generale provoca di nuovo un crollo
dei prezzi e convulsioni che portano al deprezzamento del capitale
nel settore della produzione di materie prime; così viene improvvisa-
mente prima allargato e poi ristretto il capitale investito nel settore.
Si formano dunque cartelli per stabilizzare i prezzi, sia da parte dei
produttori che degli acquirenti, che tuttavia hanno solo vita breve.
In generale la crescita di prezzo e di materia prima aumenta gli effetti
distruttivi del capitale sulla natura e porta a crisi di accumulazione. Il
sistema capitalista è contrario a un sistema razionale agricolo e dell’e-
strazione mineraria delle materie prime58.

3.2 Antagonismo città-campagna

Per quanto riguarda la seconda crisi, Marx ed Engels spesso ana-


lizzano la questione dell’impatto ambientale dello sviluppo capitali-
stico nei termini dell’antagonismo tra città e campagna. Come già ab-
biamo visto con Foster, questo aspetto è ritenuto centrale nell’analisi
della crisi ecologica marxiana ed è quindi un elemento di congiunzio-
ne tra lui e Burkett.
All’origine del capitalismo c’è la separazione tra agricoltura e in-
dustria. Con l’accumulazione originaria, l’attività del filare e tessere
da domestica diviene industriale, difatti, congiuntamente alla proleta-
rizzazione degli agricoltori si crea un mercato per soddisfare bisogni
un tempo risolti nell’attività domestica. L’industria tessile trova così
forza lavoro e un mercato disponibile a cui segue un fenomeno di
inurbamento. La lavorazione delle materie prime diventa un mezzo
per conseguire plusvalore. La crescita del numero dei lavoratori di
una azienda crea le condizioni per un’ulteriore divisione del lavoro,
alla quale segue maggiore sviluppo e un aumento della densità di po-
polazione59.
Con l’economia di scala e la concorrenza i grandi capitali pongo-
no fuori gioco i piccoli portando a una concentrazione degli stessi

58 Ivi, pp. 117-119.


59 Ivi, pp. 120-1.
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 107

e alla macchinizzazione della produzione. La concentrazione della


produzione crea anche connessioni tra diversi rami d’industria, e la
produttività di un ramo serve da leva per economizzare e migliorare i
mezzi di produzione di un altro, alzando il tasso di profitto. Si creano
agglomerati di produzione; rendere efficiente un settore influisce su
tutti gli altri connessi.
Engels discute il fenomeno dell’urbanizzazione nel suo La situazio-
ne della classe operaia in Inghilterra60. C’è manodopera già formata, si
sviluppano reti di trasporto e comunicazione, i salari calano e arriva
nuova manodopera fresca. A questo primo movimento centripeto ne
segue uno centrifugo; la concentrazione industriale urbana erode le
locali condizioni di produzione al punto di produrre migrazioni di
capitale verso zone meno urbanizzate e industrializzate. Questo pro-
cesso avviene sia per le condizioni naturali deturpate dallo sviluppo
industriale, come la disponibilità di acqua pulita, sia per inseguire i
bassi salari delle piccole città rurali. Anche Burkett avverte che l’an-
tagonismo città-campagna si esprime non solo negli input, i materiali
che affluiscono alla città, ma anche negli output, nella gestione degli
scarti e degli escrementi. Tutto questo influisce sulla salute urbana
degli strati più poveri61. Il problema dell’immondizia urbana cresce di
pari passo con la decrescita della fertilità dei suoli: l’aggregato urbano
distrugge il precedente riciclo di materiali. La città capitalista corrode
non solo il ciclo materiale dei campi ma anche lo sviluppo umano
in generale. Il capitalismo è da considerarsi come un intero sociale
segnato dall’antagonismo tra città e campagna62, perché “la produzio-

60 Cfr. Engels, La situazione della classe operaia, cit., pp. 63-112.


61 Così Engels descrive Manchester: “Masse di immondizie, rifiuti e melma nausea-
bonda sono sparse dappertutto, in mezzo a pozzanghere permanenti; l’atmosfera
è ammorbata dalle loro esalazioni e oscurata e appesantita da una dozzina di cimi-
niere; orde di donne e di bambini laceri si aggirano nei pressi, sudici come i maiali
sguazzanti tra mucchi di immondizia e nelle pozzanghere; in breve tutta la zona ha
un aspetto ancora più sgradevole e ripugnante dei peggiori cortili presso l’Irk. [...]
350.000 operai di Manchester e dei suoi sobborghi abitano quasi tutti in cottages mi-
seri, umidi e sudici, che le strade che li accolgono si trovano per lo più in condizioni
di assoluta sporcizia e abbandono, e sono state costruite senza alcuna considerane
per l’aerazione, ma soltanto tenendo conto del profitto che può trarne il costrut-
tore. In una parola, nelle abitazioni operaie di Manchester non vi è pulizia, non vi
è comodità, e quindi non è possibile neppure una vera vita familiare; soltanto una
razza disumanizzata, degradata, ridotta intellettualmente e moralmente a livello della
bestialità, fisicamente malata, può trovarsi a suo agio in queste abitazioni” (Engels,
La situazione della classe operaia in Inghilterra, cit., pp. 99 e 101-102).
62 Burkett, Marx and Nature, cit., pp. 125-128.
108 MERXISMO ED ECOLOGIA

ne capitalistica sviluppa la tecnica e la combinazione del processo di


produzione sociale solo minando al tempo stesso le fonti primigenie
di ogni ricchezza: la terra e il lavoratore”63.

4. Prospettive nelle implicazioni ecologiche del comunismo

Burkett conferma il principio di negazione che prevede che sia la


stessa forma di organizzazione sociale del capitalismo a far nascere
i presupposti storici di un nuovo stadio della società. Il capitale ha
in gestazione i fattori che consentono un avanzamento nel grado di
progresso sociale e tuttavia è impossibilitato a sviluppare questo po-
tenziale. Burkett sposa una lettura della funzione progressista del ca-
pitale64. In continuità con le precedenti analisi Burkett elabora due
concezioni della transizione rivoluzionaria dal capitalismo al comu-

63 Marx, Il Capitale, cit., i, pp. 655-656.


64 La funzione progressiva del capitale in Marx ha due accezioni strettamente inter-
connesse, una rivolta al futuro e l’altra al passato. Rispetto al futuro, nella società
capitalista sono in gestazione le condizioni per una futura società più libera che è
possibile attuare solo in seguito a una rivoluzione. Rivolgendo invece lo sguardo alle
epoche precedenti, la funzione progressiva svolta dal capitale è quella di sostituire
relazioni di dominio personale con relazioni di dominio impersonali o monetarie,
accrescendo di conseguenza le possibilità delle forme di vita e delle libertà forma-
li. Questa lettura sulla funzione progressiva del capitale è un elemento che genera
parecchia discussione anche all’interno del marxismo e di mondi coevi come il fem-
minismo di ispirazione marxista. Da un lato c’è chi nega il ruolo progressivo del ca-
pitale, come per esempio la filosofa Silvia Federici. Per quanto riguarda una posizio-
ne progressiva, Nancy Fraser, per quanto non possa essere definita una femminista
strettamente marxista, tiene in considerazione l’idea che il capitale crei le condizioni
dell’emancipazione femminile ma che queste possano essere frustrate e recuperate
all’interno della società capitalistica. Chi accoglie il punto di vista della funzione
progressiva del capitale, in una variante marxista-foucaultiana, per quanto riguarda
il ruolo dello sviluppo capitalistico nella costruzione delle comunità lgbt è lo storico
John D’Emilio, partecipe alla rivolta di Wallstone. Cfr. Silvia Federici, Calibano e la
strega. Le donne, il corpo e l’accumulazione originaria, Mimesis, Milano-Udine 2015;
John D’Emilio, Capitalism and Gay Identity, in Henri Abelove, Michèle Aina Barale,
David M. Halperin (a cura di), The Lesbian and Gay Studies Reader, Routledge, New
York-London 1993, pp. 467-476; Nancy Fraser, Femminismo, capitalismo e l’astuzia
della storia, in Ead., Fortune del femminismo. Dal capitalismo regolato dallo stato
alla crisi neoliberista, trad. it. di A. Curcio, ombre corte, Verona 2014, pp. 245-266.
Cinzia Arruzza, Tithi Bhattacharya, Nancy Fraser, Femminismo per il 99%. Un ma-
nifesto, trad. it. di A. Prunetti, Laterza, Roma-Bari 2019. Per una lettura critica sulle
concezioni del futuro nel marxismo si veda Losurdo, Marxismo occidentale, cit., pp.
172-175.
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 109

nismo: 1) la concezione industriale della rivoluzione; 2) la concezione


della rivoluzione in senso ampio.
Burkett crede che, da una prospettiva ecologica, la concezione
industriale della rivoluzione venga posta di fronte a due problemi.
In primo luogo, non sembra fornire tutele adeguate contro la pos-
sibilità che il proletariato industriale, nel raggiungere il potere sulla
produzione e le sue condizioni naturali, possa emanciparsi dall’uso
capitalistico come condizione per l’accumulo di denaro. Seconda-
riamente, lo iato tra il proletariato come agente della rivoluzione e
quella del proletariato come condizione sociologica che attende la
liberazione è eccessivo e poco chiaro. Sommando questi due aspetti,
Burkett pensa che bisognerebbe considerare che sotto la direzione
del punto di vista del proletariato industriale non è assicurato che
esso possa prendere coscienza delle auto-evidenti leggi della natura
nelle condizioni naturali e sociali sviluppate dal capitale. Per cui non
vi è garanzia che “i lavoratori industriali alienati dal capitalismo pos-
sano appropriarsi delle condizioni ecologiche in modo sostenibile”65.
Quest’osservazione appare come una critica aperta ai risultati del so-
cialismo reale.
Per Burkett vi sono tre aspetti interconnessi che fungono anche da
punti di svolta nella presa di coscienza del proletariato: 1) il momento
dell’analisi e dell’esposizione delle tensioni tra valore d’uso e di scam-
bio in relazione a capitale e lavoro; 2) l’esplorazione dei bisogni della
classe lavoratrice per superare la competizione capitalistica e realiz-
zare i bisogni del suo sviluppo; 3) l’esposizione e la continua crescita
d’importanza che la socializzazione della produzione del capitale e
delle sue condizioni di produzione nella società ha sia per il capitale
che per il lavoro66.
Nel primo momento, si evidenzia come la contraddizione princi-
pale non si situi solo nello sfruttamento basato sull’alienazione del
prodotto, ma inoltre sullo sfruttamento delle forze vitali e cognitive
come precondizione dell’accumulazione capitalistica. In altre parole
il lavoro è sia sostanza valore, che parte attiva del processo, materia
vivente di esseri naturali e sociali con coscienza e volontà. In questo
processo il lavoro del lavoratore si contrappone alla vita del lavora-
tore. All’opposizione capitale-lavoro, si accoppia quella tra la condi-
zione alienata del lavoro e la condizione metastorica del lavoro come

65 Burkett, Marx and Nature, cit., pp. 202-203.


66 Ivi, p. 203.
110 MERXISMO ED ECOLOGIA

creatore di ricchezza. Questa doppia opposizione svelerebbe le forme


multiple della manifestazione delle contraddizioni del capitalismo e le
caratteristiche transizionali verso il comunismo67.
Nel secondo momento, la concentrazione di capitali porta all’asso-
ciazione dei lavoratori attraverso la cooperazione nel lavoro, e questa
è una fase prefigurativa della socializzazione della produzione. Solo
in questa fase possono emergere le implicazioni ecologiche della pro-
duzione e la prospettiva dell’associazione dei produttori che dà luogo
alla socializzazione della produzione capitalistica68.
Il momento decisivo è il terzo, in cui le condizioni di produzio-
ne sono appropriate e sviluppate. In una concezione industriale della
rivoluzione si intende la lotta di classe come puro movimento econo-
mico, portando i lavoratori al nefasto risultato di divenire agenti dello
sviluppo del capitale stesso. Nella concezione ampliata della rivolu-
zione si dà forma politica alla lotta, divenendo la classe in sé e per sé,
autocosciente del proprio essere classe69.
A questo punto Burkett fa due considerazioni. Per prima cosa am-
plia il concetto di lotta di classe oltre gli angusti confini del conflitto
economico di fabbrica, per cui i movimenti sociali divengono anch’es-
si parte della lotta di classe. Secondariamente si chiede che relazione
debbano intrattenere fra loro. Per Burkett vi è un punto di connes-
sione tra le lotte che si sviluppano nell’educazione, le comunità, e la
salute pubblica: la lotta per il tempo libero70.
La rilevanza intrinseca dell’ecologia nella comprensione della tran-
sizione dal capitalismo al comunismo in Marx è che “l’omogeneità, la
divisibilità e l’assenza di limite del capitale e il valore sono fondamen-
talmente opposti alla diversità qualitativa della natura, all’interconnet-
tività e limite quantitativo di spazio e tempo”71. Il capitale controlla la
natura per mezzo di una semplificazione dei valori d’uso della natura
in mezzi di proliferazione del valore.
In conclusione Burkett mostra come la concezione del comuni-
smo di Marx sia compatibile con un pensiero ecologico. Tre aspetti
andrebbero chiariti in questa valutazione ecologica del comunismo
di Marx: 1) l’obiettivo non è quello di verificarne la fattibilità, ma se
sussistono elementi fondamentalmente anti-ecologici nei principi di

67 Ivi, pp. 204-206.


68 Ivi, pp. 207-209.
69 Ivi, pp. 210-211.
70 Ivi, p. 214.
71 Xueming, The ecological crisis and the logic of capital, cit., p. 298.
LARICOSTRUZIONE DEL MARXISMO ECOLOGICO (II) 111

base. 2) Nella concezione universale dello sviluppo umano, verificare


che sia pienamente consistente e tenga conto delle condizioni naturali
e dei limiti, e che questo non comprenda la riduzione della natura a
un pool passivo di risorse per la produzione industriale e il consumo
di massa. 3) Verificare la consistenza interna del concetto di comuni-
smo di Marx72.
Per Burkett esistono dei principi normativi per definire un sistema
ecologico. La fattibilità ecologica e la ragionevolezza socio-economica
del sistema deve compiere alcune condizioni. Prima di tutto, è intrin-
secamente necessario riconoscere la responsabilità umana nel gesti-
re la natura in termini quantitativi e qualitativi: vi sono infatti valori
d’uso di carattere estetico. L’umanità deve prendersi cura della bio-
diversità, optare cautamente per forme pro-ecologiche di umanizza-
zione della natura, nel mutuo beneficio, sviluppando la società umana
co-evolutivamente alla natura a livello locale, nazionale e globale 73.
In secondo luogo, è necessario comprende l’ecosistema e l’interazio-
ne globale della società. Non solo attraverso una maggior diffusione
dell’educazione e delle scienze ma anche adottando tre principi: di
precauzione, del dimostrare la salubrità di una pratica, e il principio
dell’alternativa meno tossica. Bisogna diminuire la velocità del cam-
biamento sociale, aumentare il grado di cooperazione ripensando pro-
fondamente il sistema74. In terzo luogo, è indispensabile rispettare la
diversità non solo dal punto di vista naturale ma anche come indivi-
dui, come appartenenti a gruppi e nazioni contro la tirannia per una
realizzazione della libertà a livello personale e di gruppo.
In conclusione, Burkett analizza i principi basici dei produttori as-
sociati nel comunismo attraverso una molteplicità di scritti di Marx e
Engels in cui vengono prese in considerazione le forme di associazio-
ne umana e di queste con la natura. La questione chiave è che nella
società dei produttori associati le relazioni sociali e quelle con la natu-
ra non sono decise ex post attraverso la mediazione sociale del denaro,
bensì stabilite ex ante attraverso le forme di associazioni democratiche
immediate della società organicamente connessa alla natura. Un pro-
cesso che dunque porta alla de-mercificazione della natura, della forza
lavoro e alla definizione di diritti di proprietà comune.

72 Burkett, Marx and Nature, cit., pp. 224-5.


73 Ivi, p. 225.
74 Ivi, p. 227; Cfr. Paul Burkett, On Eco-Revolutionary Prudence: Capitalism, Commu-
nism, and the Precautionary Principle, in “Socialism and Democracy”, xxx, 2, 2016,
pp. 73-96.
Capitolo quarto
La World-Ecology di Jason W. Moore

Jason W. Moore è professore di sociologia all’università di Bing-


hamton e principale artefice della World-Ecology, da lui definita un
“dibattito globale”, ma più semplicemente un nuovo paradigma di
radicalizzazione ecologica della World-Systems Theory. Molti elemen-
ti presenti nella concezione del sistema-mondo di Immaneuel Wal-
lersten e della storia-mondo di Giovanni Arrighi sono presenti negli
scritti di Moore: un punto di vista olistico e sistemico; le relazione
centro-periferia; la ciclicità dei processi accumulativi; il capitale come
intreccio di rapporti storici di potere geopolitici; una teoria dell’ege-
monia delle fasi del capitale con processi di scomposizione e ricom-
posizione1.
La riformulazione originale di questi concetti avviene grazie all’on-
tologia ibrida impiegata da Moore che, secondo Alf Hornborg, con-
divide il gergo monistico di Bruno Latour imprime una torsione post-
umana, simile a quella di Donna Haraway, al marxismo2. La proposta
di Moore è che una visione realmente dialettica e marxiana debba
rinunciare alla distinzione tra Natura e Società. Questa distinzione non
sarebbe altro che una riproposizione del dualismo di matrice carte-
siana fra res cogitans e res extensa, per la quale fra Società e Natura

1 Cfr. Giovanni Arrighi, Il lungo xx secolo. Denaro, potere e l’origine del nostro tem-
po, trad. it. di M. Di Miglio, il Saggiatore, Milano 2014. Immanuel Wallerstein, Il
capitalismo storico. Economia, politica e cultura di un sistema-mondo, trad. it. di C.
Donzelli, Einaudi, Torino 1985.
2 Alf Hornborg, Dialectical Confusion: On Jason Moore’s Posthumanist Marxism, 25
giugno 2020, blog/dialectical-confusion-jason-moores-posthumanist-marxism (ulti-
mo accesso 17.12.2020). Cfr. Bruno Latour, Non siamo mai stati moderni, Eleuthera,
Milano 2009. Donna J. Haraway, Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche
del corpo, trad. it. di L. Borghi, Feltrinelli, Milano 1995.
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 113

esisterebbero distinti piani ontologici ed epistemologici. Per Moore la


critica sociale ed ecologica deve cambiare completamente prospettiva
e concepire il rapporto società-natura nella doppia internalità del suo
sviluppo storico e superare la tradizionale divisione delle Two cultu-
res. La dialettica storica si svolge attraverso i mutamenti dei rapporti
centro-periferia per mezzo di una logica della crisi che ricorda quella
della Seconda Contraddizione di O’Connor3. Società e natura non sono
mai state separate, il loro è un rapporto co-evolutivo e dunque il focus
della critica non è tanto sui modi in cui la società capitalista degrada
l’ambiente, ma la maniera in cui capitalismo e natura si co-producono
in un rapporto dialettico.

1. Oikeios: dalla produzione della natura, alla co-produzione


del capitale-nella-rete-della-vita

Per esprimere il rapporto co-produttivo tra società e natura Moore


fa uso di una scrittura ricca di locuzioni allacciate tramite trait d’union
così da esprimere l’inscindibilità, o forse proprio l’indifferenza, tra og-
getti sociali e naturali, al fine di stabilire il primato delle relazioni sugli
enti. Il concetto adoperato a questo scopo è quello di Oikeios topos,
luogo favorevole, del filosofo greco Teofrasto, abbreviato da Moore
con Oikeios. In tal modo restituisce un indirizzo dell’analisi storica
che guarda la natura come “matrice in cui l’attività umana si realizza
e il campo in cui opera l’azione storica”4. Ne risulta un’estensione
della agency a soggetti non umani, organici e non organici per la quale
“il capitalismo è già co-prodotto da differenti specie, esteso anche ai
cambiamenti geo-biologici del nostro pianeta, alle relazioni, ai cicli”5.
Questa agency è concepita da Moore come “la capacità di indurre
il cambiamento storico (produrre rotture) o di riprodurre configu-
razioni storiche esistenti (riprodurre equilibrio)”6. In tal senso, sono
numerosi i contributi che in campo storico si sono sviluppati attorno
all’evoluzione del clima nella storia umana e all’influenza che questo

3 Cfr. Andreas Malm, [Guide de lecture] Le marxisme écologique, in “Periode”,


19.7.2017, http://revueperiode.net/guide-de-lecture-le-marxisme-ecologique/ (ulti-
mo accesso 25.4.2020).
4 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 126.
5 Jason W. Moore, Capitalism in the Web of Life. Ecology and the accumulation of
Capital, Verso, London-New York 2015, p. 15.
6 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 127.
114 MARXISMO ED ECOLOGIA

ha avuto nella storia sociale. Ad esempio, l’alternarsi di glaciazioni e


periodi caldi ha giocato un ruolo chiave nella diffusione degli ominidi,
e la loro successiva separazione, attraverso le terre emerse durante la
preistoria. Questo è un esempio del fenomeno risultante dall’intera-
zione fra storia naturale e umana. Anche la storiografia recente rivela
il ruolo del clima e di altri fattori ambientali rispetto all’ascesa e ca-
duta delle civiltà. Il cosiddetto optimum climatico romano e la piccola
glaciazione medievale del xvi secolo hanno giocato un ruolo in questo
senso7. Moore per cercare di sottrarsi al determinismo ambientale e
per promuovere una logica relazionale storica tra società-natura, de-
cifra il clima in qualità di attore a condizione di concepirne l’azione
come derivante dalle relazioni intrattenute con gli umani e il resto
della natura. Questa azione è rifratta in maniera irregolare attraver-
so particolari formazioni storico-geografiche8. Le civiltà per Moore si
sviluppano internalizzando le realtà climatiche già esistenti e dunque
la questione cruciale non è comprendere come società e natura siano
separate, bensì come natura umana ed extra-umana siano combinate
assieme. Moore trae ispirazione dalla dialettica tra organismo e am-
biente di Levins e Lewontin e concepisce l’agire umano in quanto
nella natura e ad essa connesso dialetticamente.
Il clima e altri fattori ambientali non vengono concepiti come li-
mite esterno delle società e delle civilizzazioni, ma come fattori co-
produttivi di rapporti di potere e di produzione. Moore segnala come
le variazioni climatiche non costituiscano necessariamente fenomeni
avversi ma possano anche favorire l’ascesa di civiltà. L’Oikeios è il
concetto attraverso il quale Moore fonda teoreticamente il rapporto
co-evolutivo e co-produttivo di “doppia internalità della società-nella-
natura e della natura-nella-società, atto a segnalare il rapporto costi-
tutivo della storia umana nella rete-della-vita e da essa inscindibile”9.
L’ecologia-mondo non è dunque l’ecologia del mondo, bensì que-
sto processo storico co-evolutivo sempre intrecciato di natura umana
ed extra-umana. Basandosi su un’interpretazione del materialismo

7 Cfr. Kyle Harper, Il destino di Roma. Clima, epidemie e la fine dell’impero, trad. it. di
L. Giacone, Einaudi, Torino 2019.
8 “Il cambiamento climatico, in questa prospettiva, diviene un vettore del cambia-
mento planetario intrecciato nel tessuto proprio della produzione e del potere della
civiltà (classe, impero, agricoltura, ecc.). Questo tessuto socio-ecologico non è un
fenomeno recente, ma si distende nei millenni addietro” (Moore, Ecologia-mondo e
crisi del capitalismo, cit., p. 128).
9 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit. p. 1.
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 115

storico di Marx ed Engels, Moore propone di considerare i rapporti


di produttori/prodotti nella rete della vita come il “primo presuppo-
sto di tutta la storia umana”, in cui gli umani sono in rapporto costi-
tutivo con la natura, producendo ed essendo prodotti di “un modo di
vita determinato”10.
Lo scarto concettuale che Moore opera rispetto alla scuola della
Metabolic Rift si può riassumere in una frase che ciclicamente ritorna
attraverso i suoi scritti: “il capitalismo agisce attraverso la natura e
non sulla natura”11. Il concetto di Oikeios opera questa distinzione
nel rimarcare l’inscindibilità tra produzione sociale e naturale in senso
metastorico. Le forme di articolazione di questo progetto co-evolutivo
e co-produttivo nella rete della vita segnano differenti conformazioni
socio-ecologiche prese in considerazione nella loro longue durée, l’ul-
tima delle quali è quella capitalistica. Il concetto di Oikeios è metasto-
rico, ma con una specifica relazione storica nella rete della vita.
Nella concezione dell’ecologia-mondo, ogni specie è creatrice di
ambiente e il rapporto che vi si stabilisce è quello dell’Oikeios12. Mo-
ore concepisce il concetto di Oikeios come “un’elaborazione radicale
della dialettica immanente nel concetto di metabolismo di Marx”13;
le specie come creatrici di molteplici ambienti nella rete della vita. Il
concetto di Oikeios è strettamente vincolato a quello di Neil Smith
di produzione della natura, ma si differenzia da questo poiché il rap-
porto co-produttivo dell’Oikeios è da intendersi come metastorico.
La produzione della natura di Smith è un fenomeno circoscritto al
capitalismo, mentre nell’ecologia-mondo il rapporto co-produttivo e
interno di società e natura prende differenti forme storiche.
Il capitalismo per Moore si costituisce attraverso tre momenti: pro-

10 Marx e Engels, L’ideologia tedesca, cit., pp. 8 e 17.


11 “La teoria del capitalismo come ecologia-mondo parte da una proposizione sempli-
ce: proprio come una fattoria è un modo di organizzare la natura, così lo è un mer-
cato, un centro finanziario, una fabbrica o un impero. La produzione della natura
ha riguardato tanto le fabbriche, le borse, i centri commerciali, gli slums e la gentri-
ficazione quanto il consumo di suolo e l’estinzione delle specie. Per questo motivo,
il capitalismo in quanto ecologia-mondo si sforza di connettere ciò che si suppone
essere disperso, spesso anche da prospettive radicali: l’accumulazione di capitale, le
lotte per il potere e la produzione della natura” (Jason W. Moore, Wall Street è un
modo di organizzare la natura, Intervista a Jason W. Moore di “Upping The Anti”, 13
giugno 2014, pp. 2-3).
12 Ovviamente questo non solo nell’ecologia-mondo ma anche in ogni concezione mar-
xista che abbia una qualche familiarità con la biologia dialettica di Levins e Lewontin.
13 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 132.
116 MARXISMO ED ECOLOGIA

duzione della natura, accumulazione di capitale e ricerca del potere.


Nella concezione dell’ecologia-mondo, il concetto di produzione del-
la natura indica rapporti storici definiti di combinazione di natura
umana ed extra-umana. Si parla di un rapporto co-produttivo e di
internalità di società e natura. L’impossibilità di operare una scissione
tra l’essere umano e l’ambiente esterno è resa impossibile dal fatto che
a sua volta costituisce un ambiente per altri organismi: emblematico
è il microbioma umano. Per Moore, le “civiltà si sviluppano dunque
attraverso l’Oikeios”, e esse stesse sono “combinazioni di rapporti tra
agenti umani ed extra-umani”14. Le forme di interazione che l’essere
umano e la società mantengono con l’ambiente esterno sono così in-
trecciate nella concezione di Moore che non è possibile distinguere
in alcun senso società e natura, se non nel processo di un’astrazione
reale attuata dal capitalismo attraverso forme violente. Un dualismo
cartesiano di cui soffrirebbe anche Foster e la sua scuola. Moore ri-
vendica per la sua analisi la concezione dialettica che Levins e Lewon-
tin hanno elaborato in The Dialectical Biologist, e la sua espressione si
situa nella concezione dell’Oikeios.
La sintesi dell’ecologia-mondo, dunque, differisce da un approccio ge-
neralmente cartesiano, che vede gli umani come quelli che degradano
l’“ambiente globale” e non comprendono che i rapporti dettati dal termine
“ambiente globale” non sono solo gli oggetti parziali dell’attività umana, ma
anche i soggetti (agenti) del cambiamento storico. Il pensiero verde cartesia-
no nega l’intercambiabilità soggetto/oggetto, organismo/ambiente, causa/
effetto in favore dell’eccessiva fiducia nel fatto che la creazione-di-ambiente
da parte dell’umanità possa essere ridotta a una “impronta ecologica”15.

La proposta di Moore è quella della radicalizzazione del concetto


di produzione della natura. La radicalizzazione avviene per due ra-
gioni: 1) per estensione a un rapporto co-produttivo; per cui anche
il capitalismo è a sua volta non solo il prodotto storico sociale, ma
è compartecipato dalla natura storica; 2) per estensione della agency
ben oltre il confine dell’umano. Piante, malattie, clima fanno la storia
quanto un qualunque impero e a loro volta è possibile concepirle solo
nell’articolazione con l’accumulazione, l’impero e la classe16.
La conclusione a cui giunge Moore è quindi molto diversa rispetto
a quelle fin qui analizzate: egli non si preoccupa tanto della degrada-

14 Ivi, p. 134.
15 Ivi, p. 136.
16 Ivi, p. 137.
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 117

zione della natura come evento esterno all’attività umana, ma pensa


alle nature extra-umane come produttori e prodotti del cambiamento
storico, interni ai movimenti di questo mutamento. Di conseguenza,
per Moore, la natura non può né essere distrutta né salvata, ma può
essere riconfigurata in modi più emancipativi o più oppressivi, non da
un punto di vista antropocentrico, ma dal punto di vista dell’Oikeios,
che costituisce la dialettica pulsante e rinnovatrice tra gli umani e il
resto della natura17.

2. Valore e natura

Foster e Burkett offrono un’interpretazione della teoria del valore


di Marx in cui aggiungono considerazioni senza stravolgerla. In modo
particolare abbiamo visto come Burkett si concentri maggiormen-
te sull’analisi della forma valore e le sue implicazioni ecologiche. In
sintesi, per Burkett la sostanza valore è il lavoro astratto socialmente
necessario che si cristallizza nella merce, ma il concetto di valore è
sempre associato a corpi naturali. Ciò che dunque per Burkett fa sì
che l’analisi marxiana del valore sia compatibile col pensiero ecologi-
sta è che il valore ha a che fare col lavoro che interagisce con la natura
come momento necessario della produzione del valore e dell’accu-
mulazione18. Il valore è “una forma alienata di valore d’uso in termini
umani, sociali e naturali”19. Burkett sostiene che la contraddizione tra
valore d’uso e valore della merce sia dunque la contraddizione fra una
concezione metastorica di ricchezza, che include la natura, e una che

17 Ibidem.
18 Credo non sia superfluo qui specificare che il termine momento non è da intendersi
in senso cronologico ma dialettico; come momento della totalità dialettica dei pro-
cessi di produzione e circolazione del capitale. Come segnala Michael Heinrich, il
valore è una sostanza comune alle merci, nel senso che “i prodotti hanno solo una
partecipazione di questa sostanza in comunità”. Secondo Heinrich il valore quindi
sorge nella sfera della produzione e della circolazione sincronicamente, poiché “la
grandezza del valore non è una relazione individuale del produttore e del prodotto,
ma una relazione tra il lavoro individuale del produttore e il lavoro sociale globale.
Lo scambio non produce valore, ma fa da mediazione in questa relazione”. Conce-
pendo invece i momenti in senso cronologico, o individuando la produzione o la
circolazione come momento di genesi del valore si cade rispettivamente in posizioni
definite sostanzialiste o circuitiste. Cfr. Michael Heinrich, Cómo leer El Capital de
Marx? Indicaciones de lectura y comentario del comienzo de El Capital, trad. spag. di
C. Ruiz Sanjuán, Escolar y mayo, Madrid 2011, pp. 71-76.
19 Burkett, Marx and Nature, cit., p. 83.
118 MARXISMO ED ECOLOGIA

la esclude dal proprio calcolo, pur necessitandola sempre come con-


dizione generale, fenomeno alla base della contraddizione capitale-
natura. Jason Moore opta per una posizione in cui la natura ha a che
fare con il valore in un senso molto più intimo.

2.1 Reinterpretazione della teoria del valore

Per Moore il concetto di valore concerne la valutazione e per tanto


non ha un senso strettamente economico. Le civiltà decidono attra-
verso la valutazione le proprie priorità, tuttavia questa decisione non
è esplicita ma implicitamente contenuta nelle pratiche sociali, che si
presentano in forma reificata oscurando il contenuto delle relazioni
sociali. Ciò che conta sono le pratiche e la loro dimensione feticistica,
riassumibili nella frase di Marx “non sanno di farlo, ma lo fanno”20.
Per Moore, nel feudalesimo ciò che determina il valore è la pro-
duttività della terra, ciò che è caratteristico del capitalismo è che il va-
lore risieda nella produttività del lavoro21. La legge del valore di Marx
diviene analoga a un campo gravitazionale con la sostanza del valore,
come tempo di lavoro socialmente necessario, al centro, ma attorno
alla quale gravitano altri elementi necessariamente occultati. Questi
elementi non sono ausiliari bensì costitutivi delle relazioni di valo-
re nel capitalismo. Per Moore il capitalismo radicalizza una violenta
astrazione reale: l’illusorio, ma costitutivo, dualismo Società/Natura.
Nell’operare questo distinguo la categoria di Natura include non solo
gli elementi extra-umani, ma anche quegli elementi che pur apparte-
nendo alla specie umana vengono degradati a elementi naturali, quali
donne e colonizzati. Come vedremo più avanti questi elementi non
sono fissi, ma mobili e continuamente riarticolati nella produzione sto-
rica della natura. La Natura per il capitalismo è Cheap.
“Le relazioni necessarie all’accumulazione di lavoro sociale astrat-
to sono – necessariamente – più espansive in scala, scopo, velocità
e intensità”22. Moore in pratica pensa che la natura appropriata dal
capitale agisca aumentando la produttività del lavoro, come una sor-
ta di capitale costante non contabilizzato nel processo produttivo. È
possibile raffrontare quest’interpretazione, con le parole di Marx ne Il
Capitale, per il quale la forza produttiva del lavoro “è determinata da

20 Marx, Il Capitale, cit., i, p. 152.


21 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., p.52.
22 Ivi, p. 53.
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 119

circostanze molteplici”. Non dipende solo dall’abilità dei lavoratori,


dalla loro combinazione sociale, dallo sviluppo delle scienze e dalle
tecnologie e dai mezzi di produzione, ma anche dalle “condizioni na-
turali”. Anche per Marx la produttività del lavoro si gioca su fattori
umani e extra-umani e la loro relazione co-produttiva. Marx porta
esempi a tal proposito in ambito agricolo, affermando che “la stessa
quantità di lavoro si rappresenta in 8 bushel di grano se la stagione
è propizia; soltanto in 4, se la stagione è avversa”. Anche nel settore
minerario Marx elucida la medesima peculiarità: “la stessa quantità di
lavoro produce più metalli in miniere ricche che in miniere povere.
[...] se si riuscisse con poco lavoro a trasformare il carbone in dia-
mante, il valore di quest’ultimo potrebbe cadere al disotto del valore
dei mattoni”23. Nella logica di Moore sarebbe altrettanto superfluo
distinguere i fattori elencati precedentemente, nelle categorie di so-
ciale e naturale.

2.2 Cheap Nature, valore e denaro

Moore cerca di far propria la critica che proviene da ambiti dell’e-


cologismo e del femminismo nei confronti della teoria marxiana del
valore, operando una rilettura di questo concetto architrave e cablan-
dolo sulla cheap nature.
Il concetto di cheap nature viene tradotto in italiano con la locu-
zione natura a buon mercato. Tuttavia la traduzione restituisce solo
in parte l’accezione che Moore vuole dare a questo concetto poiché
la Natura di Moore è cheap sotto tre diverse accezioni: 1) nel valore,
diminuendo il tempo di lavoro socialmente necessario a ri/produrla;
2) nel significato culturale del termine to cheapen, ossia sminuita, non
riconoscendola. Si tratta di un processo tanto materiale quanto sim-
bolico di espulsione dall’umanità. Moore pone l’esempio storico degli
schiavi ma anche delle donne sminuiti a natura; 3) posta all’esterno,
abilitando così la degradazione di vita/lavoro. La ragione per cui la
locuzione Cheap Nature è espressa da Moore con le maiuscole sta a
indicare “la visione borghese [la quale] suppone che la rete della vita
possa essere frammentata, che i suoi momenti possano essere valutati
attraverso il calcolo del prezzo e del valore, e che la maggior parte del
lavoro che si svolge sotto il capitalismo possa essere non retribuito”24.

23 Marx, Il Capitale, cit., i, p. 113.


24 Jason W. Moore, The Value of Everything? Work, Capital, and Historical Nature in
120 MARXISMO ED ECOLOGIA

Per Moore sono generalmente quattro i grandi input associati alla


Cheap Nature: cibo, lavoro, energia e materie prime. In un’opera di
cui è co-autore con Raj Patel i fattori vengono in parte rinominati e
ampliati a sette, includendo denaro, lavoro, assistenza, energia, cibo,
vita e natura25. In ogni caso questa natura a buon mercato è ottenuta
diminuendo il valore della singola unità di prodotto, aumentandone
la massa creata nella produzione attraverso la crescita del capitale co-
stante, dunque aumentando la composizione organica del valore del
capitale. Un ruolo fondamentale per questo processo di produzione
storica di natura a buon mercato è giocato dai processi di appropria-
zione extra-economici. Le grandi espansioni del capitalismo sono
sempre accompagnate da processi appropriativi, che ne sono preli-
minari26. È importante ricordare che per Moore il capitalismo si com-
pone di produzione della natura, impero e processi di accumulazione
di capitale.
La Cheap Nature non ha un’esistenza incondizionata, ma è pro-
dotta in una relazione storica; la natura è prodotta storicamente a
buon mercato. “Natura è – e lo è dal 1492 – un progetto di classe,
un progetto imperiale che ha fuso la produzione di ‘plusvalore’ con
l’esercizio di ‘pluspotere’”27. Fondamentali sono i processi appropria-
tivi, essenzialmente extraeconomici, che si impadroniscono di lavoro/
energia gratuita umana ed extraumana. Potremmo in un certo senso
intendere l’appropriazione di Moore come una sorta di accumulazio-
ne extra-economica permanente che si ripresenta ciclicamente e in
forma massiva dando il via a un nuovo processo di accumulazione
capitalistica. Moore trae ispirazione da David Harvey attraverso il
concetto di accumulazione per espropriazione, anch’esso di natura
extra-economica e legato all’imperialismo, la produzione di spazialità
e l’accelerazione del tempo28. L’appropriazione è un momento dell’ac-
cumulazione previo al processo di capitalizzazione che ne costitui-

the Capitalist World-Ecology, in “Review (Fernand Braudel Center) World-Ecologi-


cal Imaginations”, xxxvii, 3-4, 2014, p. 250.
25 Jason W. Moore, Raj Patel, Una storia del mondo a buon mercato. Guida radicale agli
inganni del capitalismo, trad. it. di G. Carlotti, Feltrinelli, Milano 2018.
26 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., pp. 53-54.
27 Jason W. Moore, intervista con Gennaro Avallone, Ecologia-mondo. Una discus-
sione, parte i, 18 settembre 2019, Effimera, http://effimera.org/ecologia-mondo-
una-discussione-di-jason-moore-e-gennaro-avallone/?fbclid=IwAR2MtA6AYG8-
tAr8DdR5dyatPzCGJEK34WPmirRr6xu6mhHynsVsSXWoySY (ultima accesso
02.05.2020)
28 Harvey, Breve storia del neoliberismo, cit., pp. 149-153.
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 121

sce il secondo momento. I processi appropriativi sono sia materiali


che simbolici e costituiscono una combinazione di “scienza, potere e
cultura [che] operano nel campo gravitazionale del valore e sono co-
costitutivi dello stesso”29.
La legge del valore dunque rappresenta il tempo di lavoro social-
mente necessario della produzione di merci determinato da innova-
zione, sviluppo tecnico e strategie appropriative di lavoro/energia non
pagata di “donne, natura e colonie”30. Potremmo dire che per Moore
il lavoro nel capitalismo si presenta tripartito: da un lato risulta il lavo-
ro/energia sfruttato nel processo produttivo capitalistico, dall’altro il
lavoro/energia della natura umana e quello della natura extra-umana
il cui contributo è occluso dal processo produttivo capitalistico.
In altre parole per Moore il valore non funziona senza che la par-
te maggioritaria del lavoro non venga valutata. La legge del valore è
dunque compresa in due momenti: accumulazione di capitale come
lavoro sociale astratto ed espansione di relazioni di sfruttamento e ap-
propriazione, fra esse unite come un intero. Per Moore il valore non è
un fattore esclusivamente economico ma sistemico, con un momento
economico che lo guida. La forma-valore, che per Moore è la merce, e
la sua sostanza, lavoro socialmente necessario, dipendono da relazioni
di valore che configurano il lavoro salariato con le sue condizioni di
espansione: il lavoro/energia non pagato.
Alla luce di queste radicali riformulazioni, perché Moore mantie-
ne la dicitura “legge del valore”? La ragione pare di natura metodo-
logica. Per Moore la legge del valore costituisce una regolarità delle
forme in cui il capitalismo opera attraverso la natura e vi sono tre
distinte ragioni per cui essa va mantenuta come strumento d’analisi
e non scartata: 1) perché evidenzia come il capitalismo proceda alla
mercificazione e appropriazione della rete della vita; 2) perché svela
la falsità del progetto capitalistico: che tutto sia riducibile in termini
quantitativi allo scambio rivelando la natura feticista della società ca-
pitalista31; 3) perché costituisce un approccio radicato storicamente
che risolve un problema interpretativo fra le posizioni di quelli che
sposano l’“ontologia relazionale” del capitalismo-nella-natura da un

29 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., p. 54.


30 Ibidem.
31 Il feticismo consiste nel reificare le proprietà sociali storicamente determinate, na-
turalizzandole e rendendole metastoriche. Cfr. Il Capitale, cit., i, pp. 148-163. Clara
Ramas San Miguel, Fetiche y mistificación capitalista, La crítica de la economía política
de Marx, Siglo XXI, Madrid 2018.
122 MARXISMO ED ECOLOGIA

lato, “storici ambientali” dall’altro. Per Moore, la teoria del valore,


così come da lui formulata, rappresenterebbe una sintesi e un “avan-
zamento” per le “intuizioni di ciascun campo”32.
Moore disconosce la postura diffusa nell’ecologismo che vede la
legge del valore come fondamentalmente anti-ecologica. Vi sarebbero
due ordini di motivi per opporsi a una sua squalifica: 1) “il valore è
una forma storicamente specifica di ricchezza, le cui fonti originarie
sono la terra e il lavoro”, in maniera simile a quanto affermato da
Paul Burkett; 2) la specificità storica delle “relazioni-di-valore inclu-
dono, oltre al rapporto salariato, la mobilitazione di natura non anco-
ra capitalizzata”, sotto forma di donne, natura e colonie. Nonostante
l’arbitrarietà del valore, cioè l’attribuzione di valore ad alcune forme
di lavoro/energia da cui altre sono escluse, esistono delle regolarità
storiche che ne costituiscono il progetto di civiltà33.
Procediamo ora con l’analizzare la temporalità e la peculiarità della
legge del valore secondo Jason Moore. Anzitutto la legge del valore
è un modo di organizzazione della vita che sorge a partire da quello
che Moore identifica come il lungo xvi secolo. Ispirandosi alla longue
durée della scuola degli Annales di Braudel, Moore identifica cicli sto-
rici caratterizzati da peculiari modi di interazione società-natura e re-
golarità di pratiche. Come già abbiamo avuto modo di dire, per Moore
la legge del valore costituisce un campo gravitazionale con regolarità
nel modo di organizzare la natura e il cui centro, in epoca capitalistica,
è assunto dal lavoro. Ciò che caratterizzava le epoche pre-capitalistiche
era la centralità della produttività della terra. Moore identifica l’inizio
dell’ecologia-mondo capitalista nel lungo xvi secolo, attraverso un pro-
cesso che coinvolge innovazioni scientifiche, tecniche, cartografiche,
botaniche, simboliche, di potere, imperiali e processi accumulativi che
riorganizzano la geografia globale. La moderna legge del valore prende
forma nel xvi secolo dall’estensione globale della produzione di merci.
Lo sfruttamento delle miniere d’argento di Potosí, le piantagioni di
zucchero del Brasile e il legname della Scandinavia e del Baltico riorga-
nizzano i traffici e la geografia globale. Così il suolo, le vene d’argento,
le foreste, la terra stessa sono stati adoperati come forze di produzione
per la produzione di merci e organizzati da imperi e capitalisti.
L’impatto risultante è quello di un’accelerazione dei tempi e della
riduzione dello spazio. I cambiamenti nell’organizzazione dello spa-

32 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., p. 57.


33 Ivi, pp. 57-8.
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 123

zio e del tempo saranno visibili secoli più tardi con lo sviluppo delle
reti ferroviarie e dei trasporti di massa, ma il movimento scatenan-
te è quello della “danza globale delle merci”, inaugurato nel lungo
xvi secolo. Le frontiere delle merci fanno pressione sulla produzione
di legname, pesce, ferro e rame, cereali e lino orchestrando il ritmo
socio-spaziale: occupando, producendo ed esaurendo le formazioni
ecologiche del nord atlantico34.
Per Moore è essenziale il movimento delle frontiere del capitale.
Ciò che è costitutivo del capitale è l’essere un sistema in continua ri-
voluzione che supera e incorpora i limiti come frontiere della propria
espansione. “Le frontiere delle merci, o frontiere di appropriazione”
portano a movimenti di “ristrutturazione ‘interna’ ed espansione ge-
ografica” al fine di ristrutturare le “Four Cheaps”. Ad esempio, nel
“lungo xix e xx secolo si sono basate su carbone e petrolio a buon
mercato, metalli a buon mercato e cibo buon mercato, accanto alla
massiccia destabilizzazione della società contadina dall’Europa orien-
tale all’Asia orientale”35.
Un ruolo importante è quello ricoperto dal denaro. Esso è fonda-
mentale per tre ragioni: 1) ritaglia una parte di attività umana dan-
dole un valore speciale; 2) sminuisce il resto della natura che lavora
gratuitamente; 3) governa l’evoluzione dei legami tra appropriazione
e capitalizzazione. In questo modo l’accumulazione monetaria impri-
me e registra la trasformazione materiale della produzione di merci.
Inoltre, riconosce l’accumulazione di capitale come processo oggetti-
vo e progetto soggettivo. Per Moore la teoria del valore di Marx, così
come lui la interpreta, offre una via promettente per comprendere la
connessione immanente tra accumulazione, cambiamenti biofisici e
modernità come un tutto36.
Come agisce la frontiera della mercificazione per Moore? Il pro-
cesso di accumulazione del capitale attua in una maniera peculiare
all’interno di questa visione. Presupposto dell’innesto di processi di
capitalizzazione sono i movimenti extra-economici di estensione delle
frontiere, di appropriazione di natura a buon mercato. Abbiamo già
avuto modo di chiarire che la Natura è co-prodotta storicamente. Nel
capitalismo l’intersezione di potere, scienza, impero e accumulazione
di capitale co-producono una forma storica della natura: la Natura

34 Ivi, p. 60.
35 Moore, The Value of Everything?, cit., p. 251.
36 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., p. 61.
124 MARXISMO ED ECOLOGIA

sociale astratta. La chiave di questa nuova relazione centrata nel valo-


re è “l’annichilazione dello spazio attraverso il tempo”. L’astuzia del
capitale è l’aver rappresentato “il tempo lineare, lo spazio piatto e la
natura eterna”37. Questo è lo schema generale del capitalismo a parti-
re dal lungo xvi secolo: ciò che determina i cicli di accumulazione che
si svolgono al suo interno, è la produzione di Cheap Nature.
Ondate di appropriazione di lavoro/energia di natura umana e
extra-umana non retribuita procedono più velocemente rispetto ai
processi di capitalizzazione, ossia di sfruttamento nel processo di pro-
duzione di merci. Volendo restituire con un’immagine il modello di
Moore, egli pensa che la rappresentazione classica che noi abbiamo del
capitalismo sia quello di un processo in continua espansione che dal
centro si dipana verso l’esterno inglobando tutto. Nell’immagine che
Moore offre il processo di capitalizzazione è anticipato dall’estensio-
ne delle frontiere di appropriazione di Cheap Nature, all’interno delle
quali avviene il processo espansivo della capitalizzazione e ne costitu-
isce il limite38.
Con il capitalismo il concetto di frontiera cambia. Non è più solo
una valvola di sfogo, ma condizione di possibilità della crescita illi-
mitata. Le frontiere divengono mercificanti. Esistono due assi fonda-
mentali di questo processo: 1) l’estensione di forma merce, forme di
potere e sapere geografico finalizzate all’appropriazione di lavoro/
energia non pagato; 2) la creazione di Cheap Nature.
La centralità del lavoro/energia non pagato è evidenziata da Moo-
re attraverso una serie di dati. Il lavoro riproduttivo costituisce il 70-
80% del Pil mondiale e i servizi eco-sistemici tra l’80 e il 250%39. La
Cheap Nature è attivamente prodotta attraverso regolarità di relazioni
di potere, ri/produzione e accumulazione e tutta la vita è ingaggiata
nella produzione d’ambiente. Moore fa proprie le posizioni provenien-
ti da ambienti del femminismo, dell’ecologismo e della critica della
bioeconomia di fatto sposando una tesi per cui la stessa attività vitale
viene messa a profitto tramite il complesso dei poteri che agiscono nel
capitalismo40. La categoria di lavoratore, per Moore, non si esaurisce

37 Ibidem.
38 “La storia del capitalismo scorre attraverso isole di produzione di merci, che si svi-
luppano all’interno degli oceani di lavoro/energia non retribuito. Questi movimenti
di appropriazione producono le condizioni necessarie per l’accumulazione illimitata
di capitale” (Moore, The Value of Everything?, cit., p. 252).
39 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., p. 64.
40 Il mettere a valore la vita stessa, umana e extraumana attraverso un rapporto che
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 125

nel lavoratore salariato, ma il lavoratore “è ogni vita-attività che ‘lavo-


ra’ nella relazione di valore del capitalismo”41. Il capitale si appropria
anche di lavoro/energia non retribuito accumulato, come quello del-
la cura dei bambini e degli adulti cresciuti nelle società contadine e
costretti nel rapporto salariato una volta avvenuto l’inurbamento, ma
anche il lavoro/energia dei processi bio-geologici nel produrre combu-
stibili fossili come carbone e petrolio42.
L’estensione della mercificazione di ogni cosa richiede l’incessante
rivoluzione delle forze produttive, ma anche delle relazioni di ripro-
duzione. Le relazioni di riproduzione tagliano trasversalmente le cop-
pie lavoro pagato/non pagato e umano/extra-umano: “In altre parole
la condizione storica per il sorgimento del lavoro socialmente neces-
sario è il lavoro socialmente astratto non retribuito”43.
Moore è debitore del concetto di “accumulazione per dispossessio-
ne”, di Harvey, e tuttavia sostiene che la sua concezione di cicli di ap-
propriazione, che precedono quelli di capitalizzazione, si distingue da
esso. Pratiche simboliche e poteri scientifici “mappano, quantificano
e razionalizzano le nature al servizio dell’accumulazione di capitale”,
dando luogo a una trinità: lavoro sociale astratto, natura sociale astrat-
ta e accumulazione primitiva. In ciò consiste “il cuore della world-pra-
xis del capitalismo”, il cui risultato è la produzione di Cheap Nature44.

3. La concezione della storia nell’ecologia-mondo

La World-Ecology è una concezione storica che unisce storia na-


turale e storia sociale in una relazione di internalità. Come vedremo,
risulta chiaro il debito teoretico che Moore ha nei confronti della ‘sto-
ria-mondo’ di Giovanni Arrighi e della concezione della crisi di James

comprendere potere scientifico, ecologia e sfruttamento è esposto da Melinda Coo-


per attraverso il concetto di bioeconomia. Cfr. Melinda Cooper, Vita come plusvalore.
Biotecnogie e capitale al tempo del neoliberismo, trad. it. e cura di Angela Balzano,
ombre corte, Verona 2013.
41 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., p. 225.
42 Ivi, p. 64.
43 Ivi, p. 65. Qui devo ravvisare una certa confusione nel pensiero di Moore. Il lavoro
socialmente necessario, ossia il lavoro astratto in Marx, non è totalmente retribuito,
infatti da questo origina anche il plusvalore. Possiamo dire che per Moore questo
non sia esauriente dal momento che vi sarebbe molto altro lavoro non retribuito al di
fuori della sfera produttiva immediata e appropriato in maniera gratuita.
44 Ivi, p. 67.
126 MARXISMO ED ECOLOGIA

O’Connor. Vi sono due questioni previe da sottolineare. Anzitutto per


Moore il punto di partenza del capitalismo non coincide con la rivo-
luzione industriale, ma è anticipato al 1450 circa. Secondariamente, la
storia del capitalismo non è una storia omogenea. Pur esistendo delle
regolarità all’interno della temporalità capitalistica, sono individuabili
dei cicli storici e delle riorganizzazioni geopolitiche, nel solco della
tradizione della world-system theory. Le cicliche crisi di accumulazio-
ne capitalistica non presuppongono necessariamente un crollo del si-
stema, ma un rinnovamento delle pratiche di appropriazione di natu-
ra a buon mercato. La crisi per Moore si situa simultaneamente nella
sfera della produzione e in quella della riproduzione in maniera inse-
parabile, come una doppia tendenza interconnessa del crescere del
surplus del capitale e della caduta del surplus dell’ecologia-mondo45.

3.1 La dialettica di appropriazione e capitalizzazione

Per Moore la crisi ecologica come teoria del collasso di civiltà è


da scartare. Essa non farebbe altro che continuare a pensare la natu-
ra come un’entità separata sulla quale opera la società capitalistica.
Tuttavia vedremo successivamente una certa ambiguità sul tema del
crollo di sistema la cui soluzione da parte di Moore, a mio parere, non
risulta del tutto esaustiva.
L’argomento di Moore opera simultaneamente nella sfera della
mercificazione e in quella della riproduzione a partire da una doppia
tendenza. La concentrazione dei capitali si accompagna alla paupe-
rizzazione e la sovrapproduzione diviene il problema dell’economia
reale, con la conseguente caduta del tasso di profitto. Sottoproduzio-
ne e sovrapproduzione operano dunque simultaneamente come due
momenti della dialettica capitale-natura46.
Sottoproduzione e sovrapproduzione sono così connesse: il ca-
pitale costante è in crescita permanente e può essere scomposto in
capitale fisso e circolante47. Il capitale fisso, ossia i macchinari sono
sovraprodotti, il capitale circolante, le materie prime e l’energia, sono

45 Ivi, p. 91.
46 Ivi, p. 91-92.
47 Marx usa i concetti di capitale fisso e circolante fino ai Grundrisse senza accompa-
gnarli a quelli di capitale costante e variabile. La cosa cambia nel Capitale dove que-
sti ultimi due svolgono un ruolo centrale. Non vi è corrispondenza fra questi termini.
Cfr. Michael Heinrich, The ‘Fragment on Machines’: A Marxian Misconception in
the Grundrisse and its Overcoming in Capital, in Riccardo Bellofiore, Guido Starosta
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 127

ciclicamente sottoprodotti rispetto all’aumentata richiesta della pro-


duzione. La tendenza alla sovrapproduzione trascina una tendenza
alla sottoproduzione, entrambe risultano quindi endogene al processo
di produzione capitalistico. Quando la Cheap Nature è in via di esau-
rimento, l’ecologia-mondo deve ristrutturarsi geograficamente per ac-
cedere a nuove fonti. L’esaurimento è sempre situato in una determi-
nata relazione socio-ecologica impostata al principio di un ciclo della
ecologia-mondo capitalistica, ma non come limite esterno malthusia-
no. Si tratta di limiti e contraddizioni interne all’ecologia-mondo.
Il capitale tende a semplificazioni attraverso la generalizzazione del
valore, il quale costituisce un processo materiale e simbolico. Come già
si è avuto modo di dire, il valore è codificato dallo sfruttamento della
forza lavoro e dall’appropriazione delle capacità viventi della natura.
Il processo di appropriazione non è immediatamente un processo
di capitalizzazione, ma è il metodo col quale si assicura un incremento
del surplus dell’ecologia-mondo. Il surplus dell’ecologia-mondo ha
il proprio fulcro in flussi di energia e materia non pagati. Per com-
prendere che cos’è il surplus dell’ecologia-mondo Moore ci spinge a
ragionare nei termini di eroci, energy returned on capital invested48.
Quando questo surplus è alto si dà inizio a un’onda lunga di accumu-
lazione basata sulle Four Cheaps, che sono il cuore di questo surplus.
È un surplus relativo al costo medio di produzione nel capitalismo
che prende molte forme, ma in ultima istanza è radicato nella produt-
tività del lavoro. La produttività è connessa alla produzione di nuove
nature storiche e le loro forme di guida storica: ondate di enclosures,
espansioni imperiali, pratiche scientifiche e movimenti di dispossessa-
mento. Queste tecniche costituiscono le strategie attraverso cui l’eco-
logia-mondo capitalistica si appropria di lavoro/energia non pagato
e lo fa più velocemente della tendenza crescente alla capitalizzazione
della natura a livello globale49. Questo processo porta all’esaurimen-
to della natura a buon mercato, all’instaurazione di una crisi e un’e-
ventuale ristrutturazione. Moore individua quattro ragioni per cui si
presenta il declino del surplus nell’onda lunga dell’accumulazione. 1)
L’entropia. Nella produzione capitalistica basata sull’appropriazio-

e Peter D. Thomas (a cura di), In Marx’s Laboratory. Critical Interpretation of the


Grundrisse, Brill, Leiden-Boston 2013, pp. 197-212.
48 Moore sottolinea come “per il capitale la questione non è quella del ritorno energeti-
co sull’investimento energetico (eroei), ma quella del ritorno energetico sul capitale
investito (eroci)” (Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 106-107).
49 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., pp. 100-101.
128 MARXISMO ED ECOLOGIA

ne questa cresce molto velocemente, convertendo forme energetiche


a bassa entropia a forme energetiche ad alta entropia. (es. l’energia
fossile diviene calore). 2) La capitalizzazione. La massa accumulata
del capitale tende a crescere più velocemente dell’appropriazione di
lavoro/energia non pagata. È una riproposizione mooriana della ca-
duta tendenziale del saggio di profitto50. 3) La logica temporale, fra il
tempo accelerato del capitale i tempi di riproduzione naturali. 4) La
produzione di rifiuti, che costituiscono un negative-value, ossia l’atti-
vazione di valori ostili al capitale51.
Riassumendo, per Moore, “In termini formali, ogni grande ondata
di accumulazione inizia con alto surplus ecologico (world-ecology sur-
plus), che è creato dalla combinazione di capitale, scienza e potere. Si
deve associare questi momenti con il lavoro sociale astratto, la natura
sociale astratta, e l’accumulazione primitiva”52. Dunque l’accumula-
zione primitiva non è solo un momento della formazione delle classi
sociali, e l’appropriazione di lavoro gratuito di donne, natura e colo-
nie, ma anche un processo di identificazione, mappatura e razionaliz-
zazione delle fonti di questo lavoro/energia non pagato che non può
essere spiegato esclusivamente in termini economici.
Moore, pare contraddittorio nel descrivere il processo di interazio-
ne fra momento appropriativo e momento della capitalizzazione. Essi
vengono identificati come parte di un tutto, ossia del progetto di ri-
strutturazione e espansione del dell’ecologia-mondo. L’uso che Moore
fa dei due concetti come momenti parrebbe anche in senso cronologi-
co, con un movimento appropriativo che precede quello di capitaliz-
zazione. Eppure capitalizzazione e appropriazione costituiscono per
Moore due momenti di una dialettica delle relazioni di riproduzione53.
La capitalizzazione delle relazioni di riproduzione dà luogo alla prole-
tarizzazione, ma i processi appropriativi generano congiuntamente lo
sviluppo di “femminitariato e il biotariato”54. Il movimento di capita-
lizzazione e appropriazione determina il tempo di lavoro socialmente

50 Marx, Il Capitale, cit., iii, pp. 271 ss.


51 Ivi, pp. 96-8. Vedremo in seguito questo aspetto.
52 Ivi, p. 98. Che a mio parere costituisce una contraddizione nella sua esposizione della
logica dell’ecologia-mondo capitalista.
53 Ivi, p. 99.
54 Jason W. Moore, L’inferno planetario del tardo-capitalismo, intervista di Elena Muso-
lino, in “Jacobin Magazine”, 4, 2019 pp. 28-35, in cosa consistano questi neologismi
non è preoccupazione di Moore. Femmitariato è deducibile, ma il concetto di biota-
riato rimane avvolto nel mistero.
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 129

necessario in due momenti: 1) nella totalità organica della produzio-


ne di merce, inclusa la circolazione; 2) nell’appropriazione di lavoro
non pagato della totalità organica. In conclusione per Moore il tasso
di sfruttamento sotto la legge del valore è determinato dalle lotte di
classe nella produzione e dal contributo del lavoro non pagato (e dalle
relative lotte/resistenze).
Gli effetti di un declino delle opportunità di appropriazione porta-
no: 1) alla crescita dei costi di produzione. 2) All’espansione del lavo-
ro pagato per cui cadono i profitti delle vecchie regioni di produzione
che subiscono un declino. 3) Alla possibilità di rinnovare l’accumula-
zione. Questa dipende dal trovare nuove frontiere di appropriazione,
perciò ogni epoca dell’ecologia-mondo capitalistica è accompagnata
da nuovo imperialismo e industrializzazione. La relazione tra sfrut-
tamento nel processo di capitalizzazione e appropriazione è asim-
metrica: perché cresca la produzione di merce deve crescere in una
proporzione maggiore il lavoro non pagato tramite l’appropriazione
di natura a buon mercato, mostrando l’unità storica tra riproduzione
della natura umana e extraumana.
Il concetto di lavoro di Moore, corrisponde dunque a quello di
attività vitale piuttosto che a quello di lavoro salariato55.

3.2 Crisi di sviluppo

Moore, integra la concezione di O’Connor per cui il degrado am-


bientale e della natura umana comporta una caduta del surplus dell’e-
cologia-mondo rendendo impossibile appropriarsi di natura a buon
mercato. In questo modo mostra il legame intimo, piuttosto che in
modo riflesso, tra crisi ecologica ed economica56. D’altro canto rifiuta
ogni catastrofismo ecologico o teoria del crollo capitalistico, conside-
rando invece l’ecologia-mondo capitalistica come un modo di orga-
nizzare la natura in senso produttivo più che distruttivo. La crisi non
costituisce il limite ultimo e non implica un crollo. Essa rappresenta il

55 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., pp. 102-103.


56 Jason W. Moore, Crisis: Ecological or World-Ecological?, in Caroline Wiedemann,
Soenke Zehle (a cura di), Depletion Design: a Glossary of Network Ecologies, In-
stitute of Network Cultures, Amsterdam 2012, pp. 73-78. La caduta del surplus
dell’ecologia-mondo, che cresce rapidamente nei processi appropriativi e cala con
l’espansione della capitalizzazione, è un tentativo di vincolare la nota legge della ca-
duta tendenziale del saggio di profitto con la legge assoluta del degrado ambientale
di Foster. Cfr. Moore, L’inferno planetario del tardo-capitalismo, cit.
130 MARXISMO ED ECOLOGIA

momento di riorganizzazione dei rapporti centro-periferia, di articola-


zione di nuove strategie appropriative tramite tecniche che si mobili-
tano tanto sul piano materiale quanto simbolico, come trinità di pro-
duzione della natura, accumulazione di capitale ed esercizio di potere.
Ricalcando la storia-mondo capitalistica di Arrighi basata sui cicli
sistemici di accumulazione, Moore propone due momenti che caratte-
rizzano ogni ciclo storico come onda di accumulazione. Un momento
in cui l’accumulazione è basata su processi economici reali mediati
dalla produzione di merci nel flusso D-M-D’, e un momento di decli-
no caratterizzato da finanziarizzazione dell’economia D-D’, segnato
dalla sottoproduzione. Questi due momenti avvengono simultanea-
mente in luoghi diversi, e nei termini di Arrighi costituiscono uno
schema ripetitivo a ogni ciclo di accumulazione capitalistica. L’iper-
finanziarizzazione segna il declino di un centro in favore di un altro.
La storia si esprime come successioni di fasi di accumulazione del
capitale guidate da uno Stato-nazione e una riorganizzazione geo-po-
litica dei rapporti centro-periferia57.
Per Moore i processi di declino e finanziarizzazione sono legati
all’esaurimento delle frontiere di accumulazione dei Four Cheaps, fra
loro connessi e co-implicati. Il progetto del capitale è quello di “crea-
re una Natura a sua immagine, quantificabile senza limiti e intercam-
biabile”. Nella sua visione, esiste una crescente relazione tra mercati
finanziari, estrazione di materie prime e natura. I prezzi delle materie
dipendono sempre più dalle oscillazioni finanziarie che dai rapporti
domanda offerta. “La sottoproduzione è lo spettro del capitalismo”
ed è causata dalla crescita dei costi di uno o più dei Four Cheaps. La
sottoproduzione per Moore non è la scarsità come limite esterno, ma
sta nelle relazioni cicliche di accumulazione del capitalismo storico e
della natura storica nella loro doppia internalità58.
Moore cambia la prospettiva ecologica che vede nel superamento
dei picchi di disponibilità delle materie prime, come nel caso delle
fonti energetiche fossili, un problema prefigurativo di una crisi segna-

57 “Ciascuna espansione finanziaria è ‘l’autunno’ di uno sviluppo capitalistico di ri-


lievo storico mondiale che ha raggiunto i propri limiti in un determinato luogo, e
contemporaneamente la ‘primavera’ di uno sviluppo di rilievo ancor maggiore, che
sta iniziando in un altro luogo” (Arrighi, Il lungo xx secolo, cit., poscritto alla nuova
edizione, cap. “La logica delle espansioni finanziarie”).
58 “La sottoproduzione è co-prodotta da nature umane e extra-umane, e in maniera
storicamente specifica. Scarsità per una civilizzazione non lo è forse per un’altra”
(Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., pp. 104-105).
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 131

ta da un limite esterno naturale. Segue la prospettiva precedentemen-


te descritta, negando che il picco di consumo di una risorsa naturale
possa di per sé rappresentare la fine. Quando questo fenomeno si è
presentato lungo la storia della civiltà, uno shift ha consentito un’e-
stensione della frontiera d’appropriazione sia in senso estensivo, sul-
la superficie globale, che in profondità, nell’estrazione mineraria ed
energetica.
Moore tuttavia ritiene invece che il ciclo neoliberista sia ormai
giunto al capolinea e abbia superato un picco d’appropriazione ge-
nerale e definitivo descrivendo graficamente la curva decrescente
di una campana. Abbiamo superato i limiti d’appropriazione della
Cheap Nature e in particolare dell’energia. I costi di estrazione petro-
lifera stanno costantemente aumentando. La ragione per cui non lo
fa egualmente e proporzionalmente il prezzo del barile di petrolio è
basata sulla distinzione precedente illustrata tra un sistema di eroei,
energy retourned on energy invested, e quello propriamente capitalista
di eroci, energy retourned on capital invested. Il motivo per cui vi è
una estrazione crescente di petrolio nonostante il fatto che i costi sal-
gano e che il prezzo del barile in certi periodi discenda anziché salire
è sostanzialmente dovuto al denaro a buon mercato, Cheap Money59.
In pratica le ditte di estrazione petrolifera si possono indebitare fa-
cilmente e con questo sistema si riesce a estrarre combustibili fossili
nonostante i costi crescenti.
Il capitalismo è antropocentrico e non lo è allo stesso tempo. Il
valore è prodotto solo dalla forza lavoro umana, ma la maggior parte
degli umani non è sfruttata per la loro forza lavoro. Il capitale si ap-
propria dell’attività umana come del resto della natura. I limiti umani
e della natura sono molto più connessi che nella narrativa della cata-
strofe e collasso60. Ristorare i quattro input a buon mercato significa

59 Non è qui possibile trattare la concezione del denaro di Moore, per altro solo toccata
nella sua opera Capitalism in the Web of Life, pertanto si rimanda al secondo capito-
lo di Moore e Patel, Una storia del mondo a buon mercato, cit.
60 L’ipotesi del collasso si fa strada anche nel pensiero francese e si diffonde grazie a
una commistione di ragioni oggettive, ascrivibili agli allarmi del mondo scientifico
rispetto alla crisi ecologica, e perché le sirene portatrici di sventure sempre esercita-
no fascino. Per costoro, il collasso è una realtà che già stiamo vivendo, inevitabile, e
si tratta solo di attraversarla in un modo migliore e di organizzare la vita attraverso
e dopo il crollo. Come nota di colore, segnalo che esiste anche una versione “marxi-
sta” della collassologia, di provenienza cilena, capitanata da Miguel Fuentes, coordi-
natore di Marxismo y colapso, che si definisce come “ultima frontiera teorica e pro-
grammatica della rivoluzione moderna”. Si vedano Pablo Sevigne, Raphael Stevens,
132 MARXISMO ED ECOLOGIA

appropriarsi tramite una mobilizzazione extraeconomica delle fonti


di lavoro/energia. La capitalizzazione ha due priorità: 1) estrarre più
lavoro/energia dalle vecchie zone d’appropriazione; 2) rendere più
efficiente l’industria che processa la Cheap Nature appropriata in suc-
cessive rivoluzioni industriali. La crisi è superata da nuova Cheap Na-
ture e nuovi sistemi industriali. Dunque, “la tendenza alla caduta del
surplus ecologico non è una legge ferrea”61.
Il capitale ha una prassi rispetto alla natura esterna. L’accumula-
zione senza limiti pone due ordini di problemi a questa prassi: anzi-
tutto il carattere finito della biosfera e la domanda infinita del capita-
le; secondariamente, il bisogno del capitale di espandere e accelerare
il lavoro/energia relativo alle richieste riproduttive di vari elementi
della rete della vita.
Esaurire la natura a buon mercato implica due aspetti combinati:
1) la natura storica viene spazzata via; 2) viene portato al limite mas-
simo l’apporto di lavoro/energia, ma a volumi e costi che non sono
sostenibili all’accumulazione. Per Moore il pensiero verde ha posto
enfasi solo al primo dei due aspetti, mentre il capitalismo andrà in
crisi ben prima dell’esaurimento delle risorse.
La dialettica tra capitalismo/natura storica deve essere stabilizzata
perché l’accumulazione possa rivivere. Le fasi successive del capita-
le, come in Arrighi, sono governate nei termini dei regimi ecologia-
mondo che stabiliscono regole e relazioni di riproduzione attraverso
successive egemonie globali. Queste regole non sono statiche ma sono
soggette a cicliche rivoluzioni con trend cumulativi attraverso processi
di mercificazione. La capitalizzazione della natura è cumulativa, ma
il trend cumulativo dipende da una serie di rivoluzioni dell’ecologia-
mondo. Sono dunque necessarie crisi di sviluppo dei vecchi centri in
favore di nuovi perché cresca il grado di accumulazione globale62.
Per Moore il processo di capitalizzazione della natura dà luogo a
due movimenti: 1) l’accumulazione del capitale dipende dalla crescita
della composizione tecnica di capitale: una crescita della massa fisica
della produzione. È un corollario della legge generale marxiana della

Comment tout peut s’effondrer. Petit manuel de colapsologie à l’usage de génération


présentes, Seuil (eBook), 2015, e Michael Löwy, Miguel Fuentes, Antonio Turiel,
Ecosocialismo versus marxismocolapsista (I y II), https://www.sinpermiso.info/textos/
ecosocialismo-versus-marxismo-colapsista-i-y-ii (ultimo accesso 16.5.2020).
61 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., p. 111.
62 “La capitalizzazione della natura è il rovescio della tendenza della caduta del surplus
ecologico” (ivi, p. 114).
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 133

sottoproduzione. La composizione tecnica sale come la composizione


del valore, eccetto in condizione di rapida appropriazione di Cheap
Nature. Non è facile appropriarsi di fonti massive di lavoro/energia
per far divenire i quattro grandi input quattro cheaps. Nella realtà sto-
rica la Cheap Nature agisce sulla composizione del valore circolante
e su quello fisso. Ad esempio, i metalli economici agiscono sia sulle
materie prime che sulle macchine63. 2) La crescita della capitalizzazio-
ne della natura ha un effetto corrosivo sull’appropriazione, in quanto
mina alle fondamenta la capacità in una data regione di fornire una
fonte crescente di lavoro/energia non pagata64.
Per Moore, le civilizzazioni sono “regolarità di potere e di ri/pro-
duzione su lunghi periodi e spazi larghi”, e co-producono le nature
storiche dentro queste regolarità simboliche e materiali. Esistono due
strati di natura storica specifica del capitalismo: una specifica al ca-
pitalismo per intero; l’altra come successione di nature storiche co-
prodotte all’interno della legge del valore65.
Capitalisti e Stati imperiali, in un processo che procede per balzi,
operano all’interno di cicli accumulativi. I nuovi centri di accumula-
zioni industriale sono prefigurati da appropriazioni massive di lavo-
ro/energia non pagata in nuove combinazione co-produttive dell’e-
cologia-mondo. L’appropriazione di Cheap Nature è la condizione di
un’onda lunga di accumulazione. Col passare del tempo “la composi-
zione del valore dei quattro grandi input inizia a crescere e decresce il
tasso di accumulazione. Il tasso di accumulazione rallenta, e il capitale
deve trovare nuove vie per riconfigurare l’Oikeios e ristorare i quat-
tro Cheaps”. La caduta e il declino del surplus ecologico stabilisce i
movimenti ciclici dell’accumulazione. Per Moore, concentrarsi esclusi-

63 Il concetto di composizione tecnica di capitale così come quello di composizione di


valore del capitale, altrimenti detto composizione organica del capitale, in termini
marxiani, indicano rispettivamente “il rapporto fra la massa dei mezzi di produzione
usati da una parte e della quantità di lavoro necessaria per il loro uso dall’altra” e “la
proporzione in cui il capitale si suddivide in capitale costante ossia valore dei mezzi
di produzione e in capitale variabile ossia valore della forza-lavoro, somma com-
plessiva dei salari”. Non è chiaro il senso in cui Moore usa questi concetti avendo
cambiato i concetti architrave che sorreggono questi. Marx, Il Capitale, cit., i, p. 781.
64 “Questa tendenza del surplus di capitale di crescere, e del surplus ecologico di cade-
re, costituisce un irreconciliabile contraddizione tra il progetto del capitale e il lavoro
delle nature che fanno questo progetto possibile. Irriconciliabile, questo è, nei legami
geografici dati di capitalizzazione e appropriazione. La frontiera chiama” (Moore,
Capitalism in the Web of Life, cit., p. 111).
65 Ivi, pp. 115-116.
134 MARXISMO ED ECOLOGIA

vamente su relazioni di potere e classe significa cadere in un riduzioni-


smo. Di contro la visione dell’ecologia-mondo utilizza lo schema di Ar-
righi e della scuola francese di Braudel come una guida. Per Moore, il
modello di Arrighi si basa su “combinazioni di input-output, piuttosto
che sul valore come relazioni co-produttive di capitale/natura”. Questa
posizione è vista da Moore come “sostanzialista” perché “confonde
il progetto del capitale col suo processo, riducendo la natura extra-
umana a una sostanza”. Arrighi compie errori metodologici e teoretici,
non comprende che “il primo capitalismo [...] era ‘vero’ capitalismo”,
nel senso che ciò che gli è costitutivo è il processo appropriativo66.
Moore propone la seguente periodizzazione: 1) ciclo germanico-
iberico (1451-1648) con un relativo declino nel 1557 e crisi finanzia-
ria; 2) un ciclo guidato dai Paesi Bassi (1560-1740) con un declino
dopo il 1680; 3) un ciclo a guida Britannica (1680-1910) con un re-
lativo declino dopo il 1873; 4) un ciclo a guida Usa (1870-1980) con
relativo declino dopo 1971; 5) un ciclo neoliberale (neo-mercantilista)
che comincia nel 197067.
Per Moore, i costi di produzione crescono in ragione di ciò che
Marx chiama la legge generale di sottoproduzione. Il capitale fa cre-
scere gli investimenti in capitale costante sotto la pressione della con-
correnza, con un aumento della richiesta di materie prime ed estratti-
vismo organico (monoculture), e inorganico (estrazioni minerarie ed
energetiche). Ma vi sono temporalità diverse in gioco, per cui la pro-
duttività industriale è abbattuta e l’estrattivismo non riesce a seguire
i rapidi ritmi cambianti delle metropoli e delle industrie. Il problema
principale sta nelle tempistiche stagionali dell’agricoltura e i ritmi ac-
celerati dell’industria, l’interazione tra “lavoro vivo” e “morto”68. Per

66 Ivi, pp. 118-9.


67 Ivi, pp. 119-20.
68 Ivi, p. 121. I concetti Marxiani di lavoro vivo e lavoro morto, sono da intendersi
rispettivamente come lavoro in quanto flusso nella produzione e lavoro già speso e
cristallizzato nella merce. Visto che il lavoro vivo in Moore non fluisce solo da esseri
umani ma anche da elementi naturali sotto forma di lavoro/energia e che non si può
distinguere tra elementi artificiali/sociali e natura, poiché la natura è prodotta, sem-
bra una contraddizione parlare di lavoro vivo e lavoro morto. Per Moore è lavoro
vivo o morto quello del petrolio? In Moore potremmo trovare risposte contrastanti.
“Il capitale è lavoro morto che si rianima, a guisa di vampiro, solo assorbendo lavoro
vivo; e tanto più esso vive, quanto più ne succhia” (Marx, Il Capitale, i, cit., p. 337).
Si veda anche l’antitesi tra lavoro vivo e lavoro morto rispettivamente come condizio-
ne soggettiva della produzione e condizione oggettiva della produzione, ossia come
mezzi di produzione. Cfr. Marx, Capitolo VI inedito, cit., p. 12.
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 135

Moore, “lavorare le materie prime è più facile che estrarle”. Vi è una


fornitura di materie prime in risposta alla domanda di accumulazione
trascinata dalla circolazione del capitale, ma questa aderenza si perde
creando una contraddizione nell’accumulazione del capitalismo-nella-
natura. Esempi della rivolta della natura extra-umana sono il cambio
climatico, le erbe resistenti ai pesticidi e le barriere ai vecchi modelli
di accumulazione69.
Nonostante Moore sostenga che i processi di esaurimento non sia-
no “fenomeni del capitale o della natura, ma processi regionali nell’Oi-
keios, che portano a ristrutturazioni delle configurazioni”, qui come
altrove nel testo è forte la sensazione di una oscillazione tra determini-
smo ambientale e riduzionismo sociale. Ribadisce che “l’esaurimento
non è una proprietà sostanziale ma relazionale specifica dell’Oikeios
capitalista”, ma non convince. Vi sono due momenti di questo esau-
rimento relazionale: 1) contraddizione tra produzione e circolazione,
con l’aumento dei costi della Cheap Nature; 2) l’accumulazione di ca-
pitale che pesa fortemente sulla capacità della natura particolare di
guidare una crescente fonte di lavoro/energia nel circuito del capitale.
Può accadere direttamente nello sfruttamento (della Forza Lavoro) e
nella capitalizzazione del resto della natura, oppure indirettamente tra-
mite l’appropriazione del lavoro/energia di donne, natura e colonie70.
Le crisi, dal punto di vista dell’ecologia-mondo, non sono mai eco-
logiche, ma possono essere: 1) epocali, che portano al passaggio da
un modo di produrre ricchezza, natura e potere a un altro, come dal
feudalesimo al lungo quattordicesimo secolo 1290-1450; 2) di svilup-
po, che modificano le relazioni di potere, energia, e natura in un dato
modo di produzione. Il tutto sempre dentro un gioco complesso di
lotta di classe, clima, demografia in forme co-produttive.
Nel processo di accumulazione si combinano spossessamenti, pro-
letarizzazione e stagnazione della produttività. All’inizio i lavoratori
vengono mantenuti nella miseria e nel sottoconsumo alimentare, op-
zione sempre considerabile nel capitalismo per ristabilire tassi otti-
mali di accumulazione, ma a un certo punto il capitale si appropria di
nuovi doni gratuiti della natura nei processi di espansione geografica e
imperialista. Nuove tecnologie e combinazioni sociali procurano ener-
gia, cibo, lavoro, materie prime a basso costo.
L’idea di Moore è che svariati elementi naturali, persino di natura

69 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., p. 121.


70 Ivi, p. 123-4.
136 MARXISMO ED ECOLOGIA

inorganica, abbiano svolto una parte nell’emersione del capitalismo.


Il carbone, il ferro e la forza vapore giocano un ruolo in quattro fe-
nomeni in forme interconnesse: 1) la risoluzione del problema della
sovraccumulazione del capitale; 2) lo sviluppo delle infrastrutture su
lunghe distanze, consentito dalla produzione di ferro; 3) la crescita
della produttività del lavoro; 4) la risoluzione della potenziale con-
traddizione tra la crescente capitalizzazione e la mercificazione grazie
a reti ferroviarie e navi a vapore, inaugurando un’accumulazione pri-
mitiva nel nord America, espandendo scala, gli scopi e la velocità di
appropriazione di lavoro/energia71.
Attraverso il carbone e il ferro si sviluppa una infrastruttura plane-
taria che accresce l’egemonia globale delle relazioni di valore – prima
limitate al mondo atlantico – e un’appropriazione senza precedenti
di lavoro/energia in buona parte non pagata. Questo è stato il pic-
co del surplus ecologico. Dunque, come si è tornati a condizioni di
sottoproduzione? Per due ragioni: perché il capitale diminuisce la
composizione del valore delle materie prime, relativa ai macchinari
e aumenta esponenzialmente le richieste materiali; inoltre perché il
capitale mina le condizioni di riproduzione che portano alla natura
a buon mercato. Sottoproduzione e sovrapproduzione sono dialetti-
camente intrecciate. Il secolo successivo al 1870 è il secolo del picco
di appropriazione, ovvero la massima mobilitazione di lavoro/energia
non pagata per quanta di valore nella quale “progresso tecnologico,
potere capitalistico, e scienza moderna producono una tempesta per-
fetta d’appropriazione”72.
Riprendendo le posizioni Marxiane sulla caduta tendenziale del
saggio di profitto Moore sostiene che gli investimenti in capitale co-
stante causano una crescita della produttività del lavoro. In conse-
guenza il capitale variabile, relativo al capitale costante, diminuisce73.
La crescita della composizione organica di capitale (c/v) pone pressio-

71 Ivi, pp. 134-135. Sembrerebbe un uso figurato quello del ruolo giocato da questi ele-
menti inorganici. Tuttavia per Moore, “Specifiche formazioni geologiche, in deter-
minate circostanze storiche, possono diventare oggetti dell’attività umana e soggetti
del cambiamento storico” (ivi, p. 180).
72 Ivi, p. 139.
73 Qui il processo di sostituzione di capitale costante con capitale variabile pare ecces-
sivamente meccanico. Vi sono delle condizioni precise perché ciò avvenga, ossia che
la quota di capitale costante c sostituisca una quota maggiore di capitale variabile v,
o aumenti la produttività fino compensarne i costi. Per questa ragione i salari bassi
disincentivano il singolo capitalista a innovare tecnologicamente, spingendolo invece
a comprimere ancora più i costi della manodopera per competere nel mercato. Cfr.
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 137

ne sul tasso di profitto. A questo punto vi sono tre modi per far rivi-
vere i profitti: 1) svalutando il capitale fisso; chiudendo le fabbriche;
2) innovando, e aumentando il tasso di sfruttamento; 3) attraverso
politiche coercitive che ridistribuiscono la ricchezza dai produttori
diretti agli accumulatori di capitale. A queste Moore ne aggiunge una
quarta basata sull’appropriazione di Cheap Nature.
La capitalizzazione su tempi medi induce un incremento dei co-
sti. La crescita della composizione del valore della produzione opera
solo parzialmente nell’industria. Il ritmo di capitalizzazione cresce più
velocemente nella produzione primaria, relativamente ai settori secon-
dari e terziari che sono già altamente capitalizzati. Tutto ciò fa salire la
pressione sulle frontiere d’appropriazione.
Moore propone uno scarto interpretativo rispetto al rapporto tra
città e campagna nella modernità, per il quale l’industrializzazione ha
il proprio motore nella campagna, ne sono esempio le piantagioni di
zucchero e le miniere, di conseguenza la capitalizzazione preme ver-
so l’esterno. I costi aumentano perché l’appropriazione impone una
logica temporale plasmata sul turnover sociale. L’appropriazione assu-
me due forme: da un lato, facendo perno su processi di riproduzione
bio-fisica (forza lavoro, foresteria, agricoltura)74, dall’altro, attraverso
l’estrazione geologica (energia, minerali). La prima comprende l’ap-
propriazione di relazioni socio-ecologiche la cui riproduzione è relati-
vamente autonoma dal circuito del capitale. La seconda è l’appropria-
zione di risorse non rinnovabili. Il fenomeno della finanziarizzazione
produce tagli dei costi di ogni genere nei processi di appropriazione
estrattiva, con una esternalizzazione dei costi verificabili tramite i di-
sastri ambientali petroliferi o nel fenomeno del hydraulic fracturing.
Gli effetti sono quelli di una “erosione qualitativa delle condizioni di
benessere umane”, e di quelle “extra-umane”75.
Il surplus rappresenta il gap tra nature appropriate e capitalizza-
te. Questo surplus garantisce un grado di accumulazione per appro-
priazione significativo nel medio periodo, per 40-60 anni, riducendo il
valore degli input. Le rivoluzioni dell’ecologia-mondo sono momenti
in cui una nuova natura storica prende forma e rappresentano regimi
dell’ecologia-mondo76. La prassi-mondo si regge sulla trinità di rivolu-

Michael Heinrich, Crítica de la economía política. Una introducción a el capital de


Marx, trad. spag. di C. Ruiz Sanjuán, Escolar y mayo editores, Madrid 2008, p. 183.
74 Con una certa similitudine con quanto discusso da Ted Benton.
75 Ivi, p. 149.
76 “Una rivoluzione accade quando le innovazioni di capitale, scienza e impero forgia-
138 MARXISMO ED ECOLOGIA

zioni agro-industriali, rivoluzioni scientifiche e nuovi imperialismi, che


costituiscono tecniche per l’accumulazione.
Il processo di costituzione di un nuovo regime dell’ecologia-mon-
do estende il surplus ecologico attraverso nuovi prodotti, crea nuova
natura storica (ad esempio per mezzo delle infrastrutture) ed estende
su scala globale i propri processi. Tutto è accompagnato da un’accu-
mulazione originaria, anche nel campo delle scienze, della tassonomia
e della cartografia. Le rivoluzioni tecnologiche marcano un’epoca solo
quando sono unite a progetti imperiali e scientifici che rivoluzionano
lo spazio dell’ecologia-mondo. Ma la natura costituisce un’eccedenza,
non è infatti mai possibile per il capitale incorporare completamente
la rete della vita.77.
Ogni conqista tecnica e geografica è una fissazione dell’ecologia-
mondo. La dialettica appropriazione capitalizzazione ha due fasi: 1)
appropriarsi il più facilmente possibile del surplus ecologico; 2) rior-
ganizzare l’ampliamento della sfera della natura-mondo su una base
capitalistica crescente. Se l’espansione attraverso lo spazio (appropria-
zione) rappresenta una prima fissazione alla caduta del tasso di profit-
to, l’innovazione attraverso il tempo (capitalizzazione) ne rappresenta
una seconda. Nulla può essere amplificato all’infinito78.
In conclusione, “il capitale non ha un regime ecologico; è un re-
gime ecologico”79, e la questione dell’esaurimento di un picco appro-
priativo è in relazione alla forma impressa alla natura storica instau-
rata all’inizio di un ciclo di accumulazione. Ogni ciclo accumulativo
progressivamente mina le proprie fondamenta a causa della propria
espansione. Per questa ragione Moore insiste che il problema non sia
quello della separazione tra natura umana ed extra-umana, ma come
queste siano connesse. Ogni ciclo nasce dunque da un processo ege-
monico come progetto socio-ecologico80.

no una nuova unità di lavoro sociale astratto, natura sociale astratta e accumulazione
primitiva” (ivi, p. 150).
77 “[L]a natura non può essere totalmente capitalizzata, nemmeno ci si arriva vicino”
(ivi, p. 154). Qui un altro aspetto ambiguo e irrisolto del pensiero di Moore. Se la
natura non è totalmente capitalizzata, ma il capitalismo è un regime dell’ecologia-
mondo il rapporto tra capitale e natura non può essere quello di una doppia interna-
lità. Infatti c’è qualcosa di esterno, ciò che non è capitalizzato.
78 Ivi, pp. 156-158.
79 Ivi, p. 158.
80 Ivi, p. 163.
LA WORLD-ECOLOGY DI JASON W. MOORE 139

3.3 Dalle crisi di sviluppo al valore negativo

Vi è però un salto, o una controtendenza, in questo meccanismo di


crisi e successivi sviluppi nel pensiero di Moore. Fino a qui abbiamo
compreso che la crisi in Moore indica solo la possibilità di un cambia-
mento nelle conformazioni socio-ecologiche che caratterizzano ogni
epoca o ogni ciclo accumulativo. Crisi non significa crollo con una
sola eccezione, quella che verrà, o che a conti fatti stiamo vivendo.
L’aumento dei costi nella produzione di cibo ne costituisce l’epi-
fenomeno. Questo è determinato da un lato dall’impossibilità della
rivoluzione bio-tecnologica di ristabilire margini adeguati di profit-
to, dall’altro dall’esaurimento di quello che Moore chiama la Grande
Frontiera81. Durante il lungo xx secolo, la Rivoluzione Verde ame-
ricana inaugura un rapido ciclo di accumulazione e di cibo a buon
mercato. La crisi petrolifera e la fine del gold standard degli anni Set-
tanta segnano il declino della produttività agricola e della natura a
buon mercato. Le bio-tecnologie verdi hanno solo mantenuto i livelli
di produttività senza riuscire effettivamente a fissare nuovamente un
apporto di natura a buon mercato. Le super-erbacce, piante resistenti
ai pesticidi, sono l’esempio di una forma di natura prodotta dall’eco-
logia-mondo capitalistica che costituisce un valore negativo82. Non ne
sono l’unica espressione, lo stesso cambiamento climatico o l’insorge-
re di nuove epidemie sono per il capitalismo valori negativi.
Il cambiamento climatico costituisce un esempio paradigmatico. Il
capitalismo produce valori negativi immanentemente al proprio ciclo
ma in maniera latente, e oggi si è raggiunto un livello in cui è impos-
sibile porre una nuova fissazione che ristabilisca la Cheap Nature e
secondo Moore “il conto sta per arrivare”83. Dagli anni Settanta del
secolo scorso si assiste a una decelerazione della crescita che si è po-
tuta invertire solo attraverso una forte polarizzazione della ricchezza
tramite processi appropriativi promossi dai più ricchi a scapito dei
più poveri. Una contro-rivoluzione che non è stata accompagnata da
significative ristrutturazioni della produttività. L’aver gestito la natura
come una discarica della produzione oggi rende impossibile l’utilizzo
della stessa come risorsa andando così ad accumulare valore negativo.

81 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 79.


82 “Le super erbacce sono chiaramente espressioni di questa tendenza. Possono essere
controllate solo con grandi tossificazioni e crescenti costi” (Moore, Capitalism in the
Web of Life, cit., p. 275).
83 Ivi, p. 276.
140 MARXISMO ED ECOLOGIA

Praticamente le frontiere sono oramai finite, ivi compresa la frontiera


dei rifiuti e in ciò consiste la legge generale del sovrainquinamento84.
Il valore negativo non è da Moore inteso solo in senso economico,
ma come storia dell’ecologia-mondo. L’emersione di valori-negativi dà
luogo a tre generi di problemi unificati: 1) i cambiamenti non lineari
della bio-sfera e del sistema biologico; 2) la crescita dei costi di produ-
zione; 3) la futura sovraccumulazione di capitale85.
Oltre al fenomeno per cui la natura è utilizzata come sink, letteral-
mente lavandino dunque deputata ad assorbire gli scarti della produ-
zione, e quindi se ne impedisce l’uso come tap, rubinetto ovvero per
il prelievo delle risorse, la questione delle super-erbacce, come anche
quella dei super-bugs, batteri resistenti agli antibiotici, e dell’insorgere
di epidemie dimostra che l’evoluzione naturale procede a un ritmo in-
sostenibile per le tecnologie capitalistiche. Per Moore, il meccanismo
co-evolutivo procede verso forme di valore negativo86.
La contraddizione evidenziata da questa analisi è che, se preceden-
temente Moore negava ogni ipotesi di crollo sostenendo che il capita-
lismo sia un sistema in permanente rivoluzione che sempre ha dimo-
strato grandi doti di resilienza, ora nega per il futuro questa ipotesi. Se
nella sua analisi della storia passata le crisi sono sempre di sviluppo,
quella che viene non è di questo tipo, poiché sarebbero esaurite le
frontiere dell’appropriazione. Di conseguenza prima ha negato l’ipo-
tesi crollista di O’Connor per poi recuperarla in ultima battuta.

84 Ivi, p. 280.
85 Ivi, p. 278.
86 Ivi, p. 283.
Capitolo quinto
Andreas Malm, l’energia fossile nella storia del capitalismo

Andreas Malm è un professore svedese del dipartimento di eco-


logia umana dell’università di Lund. Autore prolifico, è conosciuto
tanto per la sua teoria del capitale fossile quanto per gli interventi
molto politici e polemici sul degrado ecologico, i movimenti socia-
li e il riscaldamento climatico. Vicino a posizioni trotzkiste è inoltre
editorial bord della nota rivista marxista inglese “Historical Materiali-
sm”. Per quanto Foster lo ascriva al terzo stadio dell’ecosocialismo e
nonostante la sua giovane età, la sua ricerca è originale e indipenden-
te. È conosciuto nell’ecomarxismo per la sua opera Fossil Capital, un
cospicuo volume di quasi cinquecento pagine in cui Malm ripercorre
il nesso fra la società capitalistica e l’utilizzo di combustibili fossili. Al
momento sta cercando di integrare questo piano di ricerca con un fu-
turo lavoro dedicato alla relazione tra imperialismo ed uso dei combu-
stibili fossili. È inoltre intervenuto su questioni riguardanti il contesto
politico mediorientale (del quale non ci occuperemo in questa sede) e
in maniera critica su concetti chiave per l’attualità dell’ecosocialismo,
come l’Antropocene, le strategie del movimento contro i cambiamenti
climatici, la pandemia e la geoingegneria.

1. Antropocene: l’era geologica della specie umana?

Il concetto di Antropocene sorge nell’ambito delle scienze naturali,


ma ha originato un tale dibattito da trascendere la scienza geologica
per poi esondare in molti altri campi e divenire un termine di moda.
Questa nozione è apparsa per la prima volta su una rivista scientifica
maggiore nel 2002 in un breve e ormai ultra citato articolo su Nature
firmato dal premio Nobel per la chimica Paul J. Crutzen, già noto per
142 MARXISMO ED ECOLOGIA

le sue ricerche sul buco dell’ozono1. I fenomeni geologici legati all’An-


tropocene sono svariati, complessi, interrelati. Fra questi Crutzen se-
gnala la crescita esponenziale della popolazione umana e degli animali
d’allevamento, l’abbondante uso della superficie terrestre da parte
dell’uomo, il ritmo di consumo delle foreste tropicali, il consumo di
acqua dolce, la pesca e i danni ecosistemici ad essa correlati, la costru-
zione di dighe e argini dei fiumi, l’uso energetico massivo, l’uso esor-
bitante di pesticidi e fertilizzanti in agricoltura e ovviamente l’enorme
crescita dei gas effetto serra in atmosfera, in particolare dell’anidride
carbonica2.
In poco tempo quello di Antropocene è divenuto un neologismo
dal successo travolgente. Sono innumerevoli gli articoli di riviste
scientifiche che discutono attorno alle idee sollevate da questo con-
cetto, oltre agli usi che ne sono stati fatti nell’ambito della discussione
politica. Il concetto è ormai parte del senso comune tramite la diffu-
sione attraverso riviste, blog, documentari, libri e canzoni3. Un signifi-
cante che sta vivendo una doppia esistenza: da un lato l’Anthropocene
Working Group, una sottocommissione della Stratigrafia Quaternaria
dell’International Commission on Stratigraphy, ha riconosciuto scien-
tificamente l’Antropocene nel 2019 come epoca geologica, datandone
l’inizio nel 1950 circa4. Dall’altro lato il travolgente successo di questo
termine ne ha in parte comportato una risignificazione nell’uso comu-
ne, a volte associando il concetto a teorie neo-maltusiane sul limite
di popolazione, un’idea di cui si nutrono le propensioni ecofasciste5.
Questa discussione è ben presente nell’ambito dell’ecosocialismo e si
dibatte riguardo numerosi aspetti quali la datazione, il significato e se
sia opportuno o meno l’utilizzo del termine.
Sia Moore che Malm propongono invece l’uso di un concetto al-
ternativo ad Antropocene, ossia quello di Capitalocene. Moore affer-
ma che sia stato Malm a spingerlo originariamente all’uso di questa

1 Paul J. Crutzen, The geology of Mankind, in “Nature”, cdxv, 6867, 3 gennaio 2002,
p. 23.
2 Ibidem.
3 Esiste persino un album metal intitolato Collapse of the Anthropocene.
4 Anthropocene Working Group, Result of Binding Vote by AWG, 2019, http://qua-
ternary.stratigraphy.org/working-groups/anthropocene/ (ultima accesso 01.6.2020).
5 Durante le prime fasi della diffusione della pandemia da Coronavirus in Europa
e Nord America nei mesi di marzo e aprile 2020, i social network erano pieni di
affermazioni quali “il virus è l’uomo”. Il concetto di ecofascismo rinvia a concezioni
malthusiane sul limite di popolazione, si veda Gorz, Ecologia politica, cit.
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 143

nozione come alternativa a quella di Antropocene6. Entrambi condi-


vidono l’idea che il concetto di Antropocene, pur rappresentando un
passo in avanti nella critica ambientale, rischi di celare più di quanto
disveli7. Ma a parte questo, sono maggiori le divergenze che le conver-
genze fra i due riguardo questa concezione. Qui di seguito verrà espo-
sta la concezione elaborata da Malm assieme ad Alf Hornborg per l’o-
riginalità critica del concetto di Antropocene. Nel prossimo capitolo
ci immergeremo nel dibattito interno all’ecosocialismo sul tema.

1.1 L’ Antropocene contro la storia. La proposta di Malm

Andreas Malm si è mostrato scettico nei confronti del concetto di


Antropocene. Secondo l’autore, già nel famoso articolo di Crutzen
del 2002, appare chiaro un certo determinismo tecnologico oltre che
una narrazione unificante dell’umanità come responsabile del riscal-
damento climatico e degli altri fenomeni connessi all’Antropocene.
Malm rigetta questa narrazione e costruisce un percorso di ricerca
sull’economia fossile mostrando le origini e l’incontro storico concre-
to tra modo di produzione capitalistico ed uso delle energie fossili
nella produzione. Il presupposto marxiano da cui muove è quello per
cui i cambiamenti ecologici e climatici attuali siano di natura socioge-
nica piuttosto che antropogenica. In questo modo Malm propone una
nozione alternativa che rovescia il senso causale del cambiamento cli-
matico e delle trasformazioni geofisiche, rimuovendo la specie umana
dall’equazione per inserirvi “la logica e i rappresentanti del capitale”8.

6 Jason W. Moore, Anthropocene or capitalocene? Nature, history and the crisis of capi-
talism, Kairos PM press, Oakland, 2016, p. xi.
7 Moore, Antropocene o capitalocene?, cit., p. 41. Andreas Malm, L’anthropocène
contre l’histoire. Le réchauffement climatique à l’ère du capital, trad. fr. di É. Dobe-
nesque, La fabrique, Paris,2017, pp. 7-17.
8 Ivi, p. 54. È importante segnalare che nell’articolo in cui Malm e Alf Hornborg con-
testavano originariamente la narrativa dell’Antropocene, i riferimenti al ruolo dell’e-
mergente borghesia inglese del xviii e xix secolo sono stati interpretati da Daniel
Cunha come se le trasformazioni ecologiche globali fossero una scelta soggettiva
della classe dominante, piuttosto che frutto di una logica feticizzata del capitale.
Malm e Hornborg smentiscono categoricamente questa interpretazione ribadendo
la centralità della categoria del feticismo marxiano nelle loro lettura dicendo che
sostanzialmente concordano con le tesi di Cunha. Si veda Andreas Malm, Alf Horn-
borg, The geology of Mankind? A Critique of the Anthropocene Narrative, in “The
Anthropocene Review”, i, 1, 2014, pp. 62-9; Daniel Cunha, The geology of the rul-
ling class?, in “The Anthropocene Review”, iii, 2, 2016, pp. 262-266; Daniel Cunha,
Anthropocene as Fetishism, in Brent Ryan Bellamy, Jeff Diamanti (a cura di), Mate-
144 MARXISMO ED ECOLOGIA

Il programma di ricerca che va delineando “sembra più vicino ad al-


linearsi con l’etichetta alternativa, iconoclasta, insolente e più spesso
evitata per la nostra epoca: il Capitalocene”9.
Per Malm, le narrazioni connesse all’Antropocene Precoce, che
vedono ad esempio nella combustione l’origine del punto di svolta,
vogliono far risalire alla scoperta del fuoco da parte degli ominidi l’i-
nizio di quest’epoca10. Nel farlo commettono due tipi di errori. Un
primo errore è connesso alla storiografia: trovare ipotesi remote per
fenomeni recenti è semplicemente fuorviante. Certo questo fenome-
no, come anche il linguaggio, la cooperazione sociale, l’essere abili a
fabbricare e utilizzare utensili sono condizioni triviali delle trasforma-
zioni naturali che stiamo vivendo e delle massicce emissioni di anidri-
de carbonica in atmosfera, ma non spiegano i mutamenti recenti che
sono piuttosto da ricercarsi nel capitalismo fossile. Il secondo errore
è quello di disegnare una parabola storica teleologica11. Una prede-
stinazione dell’essere umano che per essenza di specie non può che
generare lo stato attuale di deturpazione delle condizioni del sistema
terra, quasi che l’Homo sapiens sia un Homo pyrophilis12.
Un altro elemento ricorrente della narrativa dell’Antropocene è
quello del fattore chiave della crescita di popolazione. Malm ammette
che “è vero che c’è una correlazione tra la popolazione umana e le
emissioni di CO2”, ma sono i numeri che parlano delle proporzio-
ni di questa crescita, perché “le emissioni di CO2 sono aumentate di
654,8 volte tra il 1820 e il 2010, mentre quella è aumentata ‘solo’ di
6,6 volte, ciò indica che un’altra forza molto più potente deve aver
alimentato questo fuoco. Negli ultimi decenni la correlazione è stata
addirittura negativa”. Non solo, segmentando lo spazio globale si nota

rialism and the Critique of Energy, MCM’ Publishing, Chicago 2018, pp. 51-72. Alf
Hornborg, Andreas Malm, Yes, it’s all about fetishism: A response to Daniel Cunha,
in “The Anthropocene Review”, iii, 3, 2016, pp. 205-7.
9 Malm, L’anthropocène contre l’histoire, cit., p. 54.
10 Vedremo nel seguente capitolo nello specifico le questioni connesse all’Antropocene
Precoce.
11 “I tentativi di attribuire il cambiamento climatico alla natura della specie umana ap-
paiono condannati a questa sorta di vacuità. In altre parole, i fattori metastorici ‒ in
particolare a livello di specie ‒ non possono essere invocati per spiegare un ordine
qualitativamente nuovo nella storia, come la produzione meccanizzata e a vapore di
materie prime per l’esportazione verso il mercato mondiale” (Malm, L’anthropocène
contre l’histoire, cit., p. 43).
12 Andreas Malm, Alf Hornborg, The geology of Mankind? A critique to the Anthropo-
cene narrative, in “The Anthropocene Review”, 1, 1, 2014, p. 64
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 145

che tassi di crescita della popolazione ed emissioni, dal 1980 al 2005,


procedono in maniera opposta. Malm segnala che David Satterthwai-
te “ha scoperto che la popolazione tendeva a crescere più velocemen-
te dove le emissioni crescevano più lentamente, e viceversa”13.
Questo fatto conferma che vi è ben altro che agisce rispetto all’u-
manità in sé, e l’iniqua distribuzione dei consumi ne è la prova. La
narrazione omogeneizzante dell’umanità è problematica sotto un du-
plice aspetto: passato e presente. Le precedenti forme di vita umane
non costituivano un’impronta così impattante dal punto di vista at-
mosferico. Anche nell’epoca presente, un sesto circa della popolazio-
ne mondiale si alimenta energeticamente a legna di carbone, legna o
rifiuti organici quali sterco; le loro emissioni sono praticamente nulle.
Circa un terzo della popolazione mondiale, pari a 2 miliardi di per-
sone, vive senza luce elettrica. Le emissioni di un pastore che vive
di sussistenza e un abitante del Nord globale può divergere di 1000
volte. Alla luce di queste disuguaglianze spazio-temporali l’astrazione
dell’Antropocene che unisce l’umanità attorno alla responsabilità co-
mune dei cambiamenti climatici sembra un controsenso14.
L’argomento maggiormente pregnante sostenuto dai partigiani
dell’Antropocene è che dal punto di vista di tutte le altre specie e dal-
la Biosfera come totalità, ossia da un punto di vista non antropocen-
trico, l’origine dei cambiamenti bio-geologici è circoscritta alla sfera
delle attività umane. In altre parole si privilegia un punto d’osserva-
zione che superi quello antropocentrico: il fatto che si diano questi
cambiamenti climatici è reso possibile dalla specie umana. Messa così
l’origine antropica dei cambiamenti climatici appare indiscutibile,
ma, in questo modo paradossale, il cambiamento climatico non viene
denaturalizzato. Non la natura, ma la natura umana è il luogo della
dislocazione di una nuova naturalizzazione. Come già si è avuto modo
di discutere in precedenza, un punto di vista marxiano riconosce la
specificità della storia umana. La natura umana è storica e dunque
modificabile; per essere compresa deve essere storicizzata15. Castori e

13 Malm, L’anthropocène contre l’histoire, cit., p. 12.


14 Malm, Hornborg, The geology of Mankind?, cit., p. 65.
15 Marx ed Engels risultano più che mai chiari sotto questo aspetto a partire dalla svolta
del 1845. Il processo di de-essenzializzazione del materialismo storico si articola per
mezzo di una storicizzazione della natura umana e quella extraumana. Una sostanza
materiale comune, ma con differenti proprietà e qualità. “Le circostanze fanno gli
uomini non meno di quanto gli uomini facciano le circostanze. Questa somma di
forze produttive, di capitali di forme di relazioni sociali, che ogni individuo e ogni
146 MARXISMO ED ECOLOGIA

scimmie cambieranno l’ambiente sempre nella stessa maniera, gene-


razione dopo generazione per migliaia di anni. L’essere umano ha una
caratteristica particolare, quella di formare la propria storia, dunque
“rendersi conto che il cambiamento climatico è ‘antropogenico’ è dav-
vero apprezzare il fatto che è sociogenico”16. La prospettiva di Malm
muove da presupposti assolutamente marxiani, rifiutando il concetto
di natura umana come un fatto metastorico, e accompagnandolo al
rifiuto della necessità teleologica.
Se fino a oggi l’apporto storico d’analisi dei cambiamenti climatici
è stato quello di un’indagine del clima nella storia, spesso segnato dal
determinismo ambientale, Malm vuole rovesciare il presupposto stes-
so dell’analisi concentrandosi sullo studio della storia nel clima.
Vi sono quattro ragioni per intraprendere quest’impresa: 1) sap-

generazione trova come qualche cosa di dato, è la base reale di ciò che i filosofi si
sono rappresentati come ‘sostanza’ ed ‘essenza dell’uomo’, di ciò che essi hanno
divinizzato e combattuto, una base reale che non è minimamente disturbata, nei suoi
effetti e nei suoi influssi sull’evoluzione degli uomini, dal fatto che questi filosofi, in
quanto ‘autocoscienza’ e ‘unico’, si ribellano a essa. Queste condizioni di vita pre-
esistenti in cui le varie generazioni vengono a trovarsi decidono anche se la scossa
rivoluzionaria periodicamente ricorrente nella storia sarà o no abbastanza forte per
rovesciare la base di tutto ciò che è costituito, e qualora non vi siano questi elementi
materiali per un rivolgimento totale, cioè da una parte le forze produttive esistenti,
dall’altra la formazione di una massa rivoluzionaria che agisce rivoluzionariamente
non contro alcune condizioni singole della società fino allora esistente, ma contro
la stessa ‘produzione della vita’ come è stata fino a quel momento, la ‘attività tota-
le’ su cui questa si fondava, allora è del tutto indifferente, per lo sviluppo pratico,
se l’idea di questo rivolgimento sia già stata espressa mille volte: come dimostra la
storia del comunismo” (Marx e Engels, L’ideologia tedesca, cit. pp. 30-31). Marx ed
Engels non sono i soli a sostenere la contingenza storico-sociale dalla natura umana.
A tal proposito anche il filosofo nord americano John Dewey converge su posizioni
analoghe: “le attuali controversie tra coloro che affermano l’essenziale fissità della
natura umana e di coloro che credono in misura maggiore della modificabilità si con-
centrano principalmente sul futuro della guerra e il futuro di un sistema economico
competitivo motivato dal privato profitto. È giustificabile dire senza dogmatismo
che sia l’antropologia che la storia danno sostegno a coloro che desiderano cambiare
queste istituzioni. È dimostrabile che molti degli ostacoli al cambiamento che sono
stati attribuiti alla natura umana sono infatti dovuti all’inerzia delle istituzioni e al vo-
lontario desiderio delle classi potenti di mantenere lo status esistente” (John Dewey,
Human Nature, in The Encyclopedia of the Social Sciences, Vol. vii, Macmillan, New
York 1937, p. 536). Recenti studi hanno mostrato le enormi affinità, pur nelle do-
vute differenze, tra marxismo e pragmatismo e in particolare quello di Dewey. Cfr.
Emmanuel Renault, Dewey, Hook et Mao: quelques affinités entre marxisme et prag-
matisme, in “Actuel Marx”, liv, 2, 2013, pp. 138-157.
16 Malm, L’anthropocène contre l’histoire, cit., p. 14.
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 147

piamo che il riscaldamento climatico non è mai stato inevitabile. Bi-


sogna scoprire quali forze sociali hanno introdotto e sviluppato l’eco-
nomia fossile, così da facilitare la lotta contro di esse. 2) “La storia del
riscaldamento globale è anche la storia di alternative alla combustione
esponenziale che sono state scartate lungo il percorso”. Questo aspet-
to può contribuire alla ricerca delle strategie d’uscita. 3) L’aspetto
della “responsabilità storica”, per cui alcuni paesi hanno contribuito
maggiormente al rilascio di anidride carbonica in atmosfera. I pae-
si ricchi hanno contratto un debito verso i paesi più poveri e in tal
senso il vincolo tra giustizia climatica e giustizia sociale appare lam-
pante. “Tutti gli esseri umani hanno lo stesso diritto di usare l’atmo-
sfera come serbatoio di scarico di CO2, ma alcuni l’hanno ovviamen-
te usata molto più di altri”. Ma anche questo è insufficiente, poiché
astrae della dimensione di classe. Solo l’analisi storica può chiarire gli
aspetti del clima e del debito ecologico contratto. 4) Se nessuna mi-
sura di attenuazione verrà messa in atto rimane da chiarire un impor-
tante interrogativo: “perché l’umanità è finita a vivere su un pianeta
invivibile?”17.
Questo processo presuppone una seconda rivoluzione storiogra-
fica. La prima è stata quella di inserire il clima nella storia, ma ha
portato al determinismo ambientale, ora si tratta di proseguire nel
senso opposto e, in questo senso, contro l’opzione di Moore. Questo
procedere “ci porterebbe a un altro imperativo metodologico: utiliz-
zare i dati sugli imperi e sulle industrie per spiegare i dati relativi alla
temperatura e alle precipitazioni, non il contrario”18.
I combustibili fossili sono rimasti intrappolati nella crosta terrestre
per milioni di anni prima di liberare il loro potenziale energetico e in-
quinante. Questo è avvenuto in un’epoca recente, attraverso la forma-
zione sociale dell’economia fossile, la cui forza trainante è il “capitale
fossile, definita nella sua accezione più semplice come la produzione
di valore di scambio e la massimizzazione del profitto utilizzando l’e-
nergia fossile come substrato materiale necessario”19.
Malm sottolinea come gli eventi del passato influenzino le deci-
sioni del presente, tema analizzato anche da Marx20, qui tuttavia an-

17 Ivi, pp. 24-27.


18 Ivi, p. 28.
19 Ivi, p. 50.
20 “Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno secondo il loro libero arbitrio,
né in circostanze da essi stessi prescelte; queste circostanze sono loro date, trasmes-
se dal passato. La tradizione delle generazioni scomparse pesa come un incubo sul
148 MARXISMO ED ECOLOGIA

cor più espressamente legato alla produzione in chiave materialista/


ecologista. La realizzazione di infrastrutture economiche e produttive
quali strade, autostrade, centrali a carbone necessitano di decenni per
il recupero degli investimenti e i consumatori si abituano al loro uso.
Questo produce un effetto di inerzia e di sedimentazioni dei poteri
tradizionali che fa sì che l’infrastruttura economica venga ulterior-
mente espansa piuttosto che abbandonata. Così facendo “[l]e alter-
native tendono a essere condannate, il potere del passato a crescere, le
emissioni a generare più emissioni” 21.
Le narrazioni dell’Antropocene incentrate sulle tecniche e le ri-
sorse, quali energia vapore e carbone, come ragione stessa dell’asce-
sa di questa nuova era geologica, non riescono a fornire un’adeguata
spiegazione. Malm mostra, ad esempio, come i giacimenti carbonife-
ri delle Indie Orientali non siano stati sfruttati sino all’instaurazione
del regime coloniale britannico, che consiste in un’accumulazione
primitiva basata sul lavoro forzato. Nonostante le scoperte di ricchi
giacimenti, l’indisciplina e l’impossibilità di sfruttare adeguatamente
la mano d’opera locale rese inservibili le miniere carbonifere22. Ciò
cervello dei viventi. E precisamente quando costoro sembrano maggiormente in-
tenti alla loro trasformazione e a quella delle cose, quando sembra compiano ope-
re inaudite, e creino un mondo nuovo, allora proprio in questo momento di crisi
rivoluzionaria scongiurano ansiosamente gli spiriti del passato e tolgono a prestito
nomi, parole d’ordine, costumi per rappresentare sotto questa maschera venerabile e
con questa lingua prestata la nuova scena della storia del mondo” (Marx, Il diciotto
Brumaio, cit., p. 12). “La storia non finisce col risolversi nella ‘autocoscienza’ come
‘spirito dello spirito’, ma che in essa ad ogni grado si trova un risultato materiale, una
somma di forze produttive, un rapporto storicamente prodotto con la natura e degli
individui fra loro, che ad ogni generazione è stata tramandata dalla precedente una
massa di forze produttive, capitali e circostanze, che da una parte può senza dubbio
essere modificata dalla nuova generazione, ma che d’altra parte impone ad essa le sue
proprie condizioni di vita e le dà uno sviluppo determinato, uno speciale carattere”
(Marx e Engels, L’ideologia tedesca, cit., p. 30).
21 Malm, L’anthropocène contre l’histoire, cit., p. 28. Secondo Malm questa è anche la
ragione per cui è difficile se non impossibile per il capitalismo il passaggio alle fonti
energetiche alternative, perché al contrario dei precedenti momenti storici di rilan-
cio dell’accumulazione tramite lo sviluppo e la diffusione di tecnologie chiave che
segnano un’epoca capitalistica non vi è nessuna “distruzione creativa” possibile in
cui parte di questa infrastruttura viene salvata stratificandosi. Il cambiamento neces-
sario è troppo repentino e radicale per essere assunto dalla classe capitalistica. Cfr.
Andreas Malm, Long Waves of Fossil Development: Periodizing Energy and Capital,
in B. R. Bellamy, J. Diamanti (a cura di), Materialism and the Critique of Energy, cit.,
pp. 161-196.
22 Ivi, pp. 34-38. “Nelle colonie, Wakefield ha scoperto prima di tutto che la proprietà
del denaro, mezzi di sussistenza, macchine e altri mezzi di produzione, non imprime
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 149

che determina il sorgere dell’economia fossile è un sistema di potere


basato su capitale e impero, ossia l’Impero Britannico e le sue classi
dirigenti. Questi rendono universale lo sfruttamento dei giacimenti di
carbone servendosi dell’emergente scienza geologica. In questo modo
una tecnologia come la forza vapore diviene “un’arma per aumentare
il potere sulle periferie, portare prodotti da tutti i continenti, rispedire
i manufatti e garantire la superiorità militare per tutto il tempo, in una
forma di metabolismo imperialista fossile che ha sostenuto l’intera
evoluzione dell’Impero dal 1825 in poi”23. L’economia fossile costitu-
isce anche un’eredità coloniale che segna lo sviluppo futuro delle na-
zioni anche dopo la loro emancipazione dalla madrepatria24. Eppure,
questa è una storia umana fra le tante, non la storia dell’umanità nel
suo intero, ma è una storia che comprende un rapporto sociale che si
impone sull’intero pianeta.
Per Malm, un altro aspetto problematico della narrazione dell’An-
tropocene è il suo concentrarsi sui golden spike per validarla scientifi-
camente25. Nell’ipotesi della Grande Accelerazione l’elemento chiave è
quello dei radio-nucleotidi dispersi dai test atomici26. Se ci si concen-
tra sull’evoluzione post-seconda guerra mondiale ogni connessione
con il capitalismo fossile è persa. Con queste premesse, Malm crede
che lo studio sull’Antropocene possa divenire utile alla storia del capi-
tale fossile solo a patto che recida i suoi legami con l’antropos, ossia la
specie fuori dalla sua dimensione storico concreta, e il kainos, la chia-
ra delimitazione che individua nella Grande Accelerazione l’elemento
propulsore dell’Antropocene piuttosto che nel capitalismo fossile. Ma

ancora all’uomo il suggello di capitalista, se manca il complemento – l’operaio sala-


riato, l’altro uomo costretto a vendersi volontariamente. Ha scoperto che il capitale
non è una cosa, ma un rapporto sociale fra persone mediato da cose” (Marx, Il capita-
le, cit., i, p. 955). Anche altrove Malm ha sottolineato l’importanza delle condizioni
sociali per l’instaurazione del Capitale fossile ponendo particolare enfasi non solo
sulla disponibilità di manodopera disciplinata, ma anche su condizioni infrastrut-
turali adeguate e riserve energetiche disponibili. Cfr. Malm, Fossil Capital, cit., pp.
347-355.
23 Malm, L’anthropocène contre l’histoire, cit., p. 46.
24 Ivi, p. 62.
25 Letteralmente i chiodi d’oro, ovvero quegli elementi rilevabili dall’indagine stratigra-
fica significativi nel definire un’epoca geologica. Vedremo meglio la questione nel
seguente capitolo.
26 L’ipotesi della Grande accelerazione è quella individuata dalla commissione per
l’Antropocene, ovvero il fenomeno che a partire dalla metà del xx secolo vede l’au-
mento esponenziale di fenomeni di degradazione ecologica e concentrazione di agen-
ti inquinanti. Anche questo aspetto verrà chiarito nel seguente capitolo.
150 MARXISMO ED ECOLOGIA

a questo punto verrebbe da chiedersi che rimanga del concetto di An-


tropocene27.

2. Il Capitale fossile

Le ricerche di Malm si sviluppano attorno a un’asse principale:


quello della relazione che intercorre tra capitalismo e uso dei combu-
stibili fossili. In maniera originale e ben documentata, Malm offre una
spiegazione niente affatto scontata sull’incontro storico fra il rapporto
sociale capitalistico e l’impiego di energia fossile. Partiamo anzitutto
dalla definizione più generale che Malm offre del concetto di “econo-
mia fossile: un’economia caratterizzata da crescita autosostenuta ba-
sata sul crescente consumo di combustibili fossili, e generando quindi
una continua espansione delle emissioni di anidride carbonica”28.
Nonostante il carbone venga adoperato precedentemente alla ri-
voluzione industriale, seppur in maniera discontinua, il suo uso era
vincolato a determinate funzioni sociali, quali il riscaldamento della
casa, e la crescita del suo impiego era legata a quella della popolazio-
ne. L’esplosione travolgente della produzione e dell’uso del carbone
è invece connesso alla produzione di merci nell’Impero Britannico.
Perché il carbone venga utilizzato universalmente come fonte di
combustibile per la produzione di merci e come principale materia
prima “doveva essere trasformato in una fonte di produzione d’ener-
gia meccanica e, più precisamente, del moto rotatorio”29. È proprio
per questo motivo che sarebbe assurdo retrodatare l’inizio della fase
del capitalismo fossile come invece suggerisce Moore30.
Com’è noto James Watt riuscì nel 1784 a incanalare l’energia a
vapore dell’acqua in ebollizione sviluppata dalla combustione del car-
bone in un moto circolare perpetuo tramite un pistone che imprime
un movimento rotatorio. Watt aveva quindi brevettato la sua mac-
china a vapore come strumento pensato per l’industria. Attraverso
questo motore avviene la conversione del potere calorico del carbone
in energia cinetica, scoperta applicabile a ogni sorta di manifattura.
Questa tecnologia costituisce il motore primario di un sistema di mac-

27 Ivi, p. 49.
28 Andreas Malm, The Origins of Fossil Capital: From Water to Steam in the British
Cotton Industry, in “Historical Materialism”, xxi, 1, 2013, p. 17.
29 Ivi, p. 18.
30 Moore, Antropocene o Capitalocene?, cit.
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 151

chine nella produzione. Eppure questa non rappresenta la sola pos-


sibilità di alimentare il movimento meccanico delle macchine. Infatti,
precedentemente e per i successivi quattro decenni dalla scoperta di
Watt, l’industria inglese preferì un’altra tipologia di motore primario:
i mulini alimentati da correnti d’acqua, ma a un certo punto i motori
alimentati a combustibile del carbone si imposero. Qual è la ragione
di questo passaggio? La ricerca di Malm cerca di dare una risposta a
questo interrogativo.

2.1 L’origine del capitale fossile

Vi sono alcune false partenze elaborate da E.A. Wrigley, che poi


ha ispirato Richard G. Wilikinson e Brinley Thomas, per fornire una
risposta adeguata a questo passaggio storico. La spiegazione viene for-
nita attraverso un paradigma di stampo Ricardiano-Malthusiano. In
sostanza il passaggio al carbone avrebbe significato superare i limiti
del rapporto di crescita tra popolazione e risorse descritto da Mal-
thus, emancipandosi così dai limiti energetici naturali costituiti dalla
combustione di legna e permettendo infine la crescita della popolazio-
ne. Sarebbero quindi i bisogni dell’economia e dei poveri, in queste
teorizzazioni, ad aver guidato il passaggio energetico al carbone31.
Malm riscontra diversi problemi in questo tipo di argomentazione,
ma il principale è senza dubbio l’assunzione della crescita economi-
ca perpetua come fattore metastorico, poiché tali “formule si basano
proprio sull’ipotesi che l’impulso all’espansione fosse permanente-
mente presente nelle economie pre-fossili”32. La transizione viene così
spiegata attraverso una formalità interna a una logica metastorica an-
ziché rappresentare uno scarto qualitativo. Le vere ragioni di questo
storico passaggio sono da ricercarsi nelle trasformazioni del sistema
di fabbrica.
Fra la scoperta ingegneristica di Watt e la sua applicazione di mas-
sa nella produzione, in particolare nell’industria del cotone, vi è un
gap temporale di almeno quattro o cinque decadi. È stato ipotizzato
che in un primo momento non venne adoperata perché supponeva
costi troppo elevati per l’alimentazione dei motori primari dei mac-
chinari. Questo è certamente verificabile, ma non ne consegue che i
motori primari alimentati a energia vapore abbiano sostituito quelli ad

31 Malm, The Origins of Fossil Capital, cit., pp. 20-3.


32 Ivi, p. 25.
152 MARXISMO ED ECOLOGIA

acqua solo quando la saturazione di questi sia stata raggiunta o siano


diventati più potenti e convenienti.
Cambiando angolazione, Malm passa in rassegna le ricerche nel
campo della storia economica industriale sulle fonti energetiche e i
motori primari del 1800, scoprendo che “l’acqua era ‘preferibile al
vapore anche nel 1870, se si considerano solo i fattori di costo’ – ma
anche in questo caso, nel 1870 la transizione era già avvenuta da tem-
po”. Dunque contro l’ipotesi di Moore per la quale i processi d’accu-
mulazione del capitale sarebbero basati sulla natura a buon mercato,
“il vapore ha acquisito la supremazia nonostante l’acqua fosse abbon-
dante, almeno altrettanto potente, e decisamente meno costosa”33.
La ragione del successo del vapore è da ricercarsi nella struttura-
zione sociale basata sul comando del lavoro. Le due fonti energetiche
presuppongono movimenti opposti e con dirette conseguenze sulla
possibilità di reclutamento e comando della manodopera. Alimentare
le fabbriche attraverso i corsi d’acqua significa innescare un movi-
mento centrifugo verso le campagne allo scopo di dislocare la ma-
nodopera verso la fonte energetica. Questo processo comporta alti
costi e rende più complesso il controllo: “Il vantaggio del vapore, in
altre parole, era la sua unicità, non per la generazione di energia in sé,
ma per lo sfruttamento della forza lavoro”34. All’opposto il carbone
attiva dinamiche centripete, consentendo di dislocare la produzione
dalle campagne ai centri urbani popolosi e con manodopera già di-
sciplinata alla vita di fabbrica. Si è già avuto modo di discutere di
questo aspetto nel corso del terzo capitolo attraverso l’analisi di Bur-
kett sulla concentrazione urbana negli scritti di Engels. L’ammasso di
capitali e industrie innesca un meccanismo di rinforzo positivo che si
retro alimenta, poiché sia gli elementi infrastrutturali che la manodo-
pera disciplinata di cui necessita il capitale si trovano già disponibili
e sono precedentemente attivati. Tuttavia la situazione dei capitalisti
che optano per l’alimentazione ad acqua si dimostra economicamen-
te percorribile, almeno fino all’inizio di un’ondata di scioperi cartisti
e sindacalizzazioni nell’industria cotoniera attorno al 1825-1830 poi
sfociati nel Plug Plot Riot del 184235. Seppure la forza del movimento
operaio fosse maggiore nelle città, la debolezza strategica del coman-
do nelle fabbriche isolate della campagna ne facevano facile bersaglio
33 Ivi, p. 31.
34 Ivi, p. 32.
35 Andreas Malm, Fossil Capital. The Rise of Steam Power and the Roots of Global
Warming, Verso, London-New York, 2016, cap 10.
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 153

dell’insubordinazione operaia. Ne consegue che la causa del passaggio


epocale dall’alimentazione primaria ad acqua a quella carbone, non
era dovuta a “un esaurimento delle potenzialità dell’energia idrica, in
termini fisici, tecnologici o strettamente economici. Al contrario, lo
sviluppo capitalistico aveva raggiunto un punto in cui il più grande
vantaggio dell’energia a vapore – la sua mobilità nello spazio – supe-
rava ogni altra preoccupazione”36.
Nella sua analisi delle macchine e del macchinismo, Marx ha
espresso con chiarezza il fatto che le tecnologie industriali sono usate
dai capitalisti come mezzo di guerra contro gli scioperi37. Questo è
un punto cruciale sostenuto anche da Andreas Malm, nel rapporto
tra onde di accumulazione, conflittualità operaia e innovazione tec-
nologica (inclusa quella energetica)38. La centralità della conflittualità
operaia e della ristrutturazione di fabbrica ed innovazione tecnologi-
co/energetica, hanno giustificato una lettura in chiave operaista della
proposta di Malm. Difatti riprendendo Mario Tronti e la sua “rivolu-
zione copernicana”, ovvero il primato della resistenza operaia sul co-
mando capitalista39, alcuni autori, fra i quali Davide Gallo, cercano in
tal senso di reintrodurre la natura attraverso l’analisi storica di Malm
nel quadro teorico operaista per “relativizzarne il sociocentrismo”.
Tronti sosteneva che la crescita della conflittualità operaia contrappo-
sta al comando del capitale determinasse un ciclo di lotte/crisi/svilup-
po. Malm offre preziosi spunti in tal senso nell’analizzare il passaggio
dall’energia idrica a quella vapore pur indicando un’altra direzione40.

36 Malm, The Origins of Fossil Capital, cit., p. 39.


37 Marx, Il Capitale, cit., i, pp. 577-580.
38 Cfr. Malm, Long Waves of Fossil Development, cit.
39 Mario Tronti, Operai e capitale, DeriveApprodi, Roma 2006, pp. 87 ss.
40 Secondo Davide Gallo Lassere, “l’approccio di Malm riprende implicitamente la
classica dialettica operaista di lotte/crisi/sviluppo che fa dell’innovazione tecnolo-
gica il perno della risposta capitalistica all’ingovernabilità dei lavoratori”. Io stesso
ho discusso di questa possibile lettura operaista con Gallo nel 2020, poi da lui
compiutamente sviluppata in due lunghi articoli su “Contretemps”, oggi disponibili
anche in italiano su “Le parole e Le cose 2”. Tuttavia se è pur vero che, come scrive
Gallo, Andreas Malm si confronta con la “grammatica teorico-politica elaborata
dagli approcci (neo)operisti”, con la quale “l’autore stesso flirta in alcuni punti del-
le sue numerose opere”, Malm infine se ne discosta. In The progress of this storm,
Malm sottolinea le continuità tra il network piatto Latouriano e quello di Impero
di Negri e Hardt, entrambi disegnanti un potere senza centro. Inoltre, riprendendo
Perry Anderson, Malm sostiene che l’operaismo soffra di una “romanticizzazione
della rivolta operaia” cadendo nella “trappola dell’ ‘ontologizzazione della lotta di
classe’”. L’effetto è quello di rendere ordinaria una particolare congiuntura storica
154 MARXISMO ED ECOLOGIA

2.2 La formula generale del Capitale fossile e il modello


dell’economia fossile

Nell’analisi di Malm sono centrali le categorie di Power e prime


mover (motore primario). La relazione di potere del capitale è stretta-
mente vincolata all’uso dell’energia fossile. Malm utilizzando il termi-
ne inglese power nella sua accezione ambivalente, traducibile all’ita-
liano con le parole “potere” ed “energia”. Facendo ciò vuole chiarire
che “il potere derivato da combustibili fossili era duale nel significato
e nella sua natura fin dall’inizio”41. Questo power fossile è una fonte di
energia quanto una struttura di dominazione. Malm passa in rassegna
le forme d’energia impiegate dal capitale e ne individua tre. La prima
consiste nell’energia di flusso, tra le quali figura la corrente d’acqua
ma anche il vento e il sole, e sono condizionate dal tempo e dallo spa-
zio. L’energia animata consiste in “fonti di energia […] incorporate
in creature viventi” e sono condizionate dal metabolismo. L’energia
in stock è quella propriamente capitalistica “eredità di un metaboli-
smo passato” e “situata fuori dal tempo”42. Il capitale nella sua for-

eccezionale, quella del conflitto di fabbrica in Italia negli anni Sessanta e Settanta
del secolo scorso, e, aggiungerei, ascrivere l’innovazione tecnologica e organizzativa
della produzione unilateralmente a fenomeno reattivo della conflittualità operaia.
Quella del conflitto fra capitale e lavoro è senza dubbio una molla fondamentale
della ristrutturazione capitalistica, ma non la sola. Rivestono anche importanza le
dinamiche oggettive di competizione inter-capitalistiche. Le due cose non vanno
prese singolarmente, ma nella loro totalità, come suggerisce la stessa interpreta-
zione sintetica Mandeliana fornita da Malm sulla diatriba tra Kondratieff e Trot-
sky riguardo le cause oggettive (interne ai cicli economici) e soggettive (rispetto ai
conflitti di classe ed extraeconomici) delle stesse onde di accumulazione e inno-
vazione del capitale. Infine, Malm recrimina al (neo)operaismo l’interazione con
“l’ultra-monismo ibridista, il postumanismo e una serie di altri punti morti teorici”.
Concludendo, Malm evidenzia anche una distanza strategica con l’operaismo, pro-
babilmente imputabile alla mancanza di riconoscimento di un’autonomia relativa
tra Stato e capitale, come vedremo in seguito. Cfr. Davide Gallo Lassere, Benvenuti
nel passato. Autonomia della natura, combustibili fossili e Capitalocene, trad. it. di
A. Moresco, in “Le parole e le cose 2”, 15 gennaio 2021, http://www.leparoleele-
cose.it/?p=40486, ultimo accesso 20.8.2021; Andreas Malm, The progress of this
Storm: Nature and Society in a warming world, Verso (ePub), New York 2018, p.
13.9; Cfr. Leonardi Emanuele, Italian theory e World-Ecology. Per una teoria della
crisi ecologica del capitalismo contemporaneo, in “Sociologia Urbana e Rurale. Italian
perspectives on World-Ecology”, xli, 120, 2019, pp. 93-107; Malm, Long Waves of
Fossil Development, cit.
41 Andreas Malm, Fossil Capital, cit., p. 18.
42 Ivi, pp. 40-42.
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 155

ma matura opta per questa terza scelta. La ragione è da individuarsi


nel motore primario alimentato a energia fossile, reificazione del moto
perpetuo del capitale.
Per meglio comprendere questo aspetto è necessario fare qual-
che passo indietro. L’esposizione del primo volume del Capitale di
Marx procede dall’analisi logico-astratta della forma cellulare della
merce, per derivarne poi la necessità logica del denaro come equiva-
lente universale e forma autonoma del valore. Da questa analisi Marx
ne deriva infine il movimento del capitale come soggetto automati-
co, ossia il movimento di auto-valorizzazione espresso nella formula
Denaro-Merce-ancora-più-Denaro (D-M-D’ con D’=D + ΔD), la cui
logica di crescita illimitata si personifica nella figura del capitalista43.
L’esposizione passa poi dall’astratto al concreto abbandonando “la
sfera chiassosa, superficiale e accessibile agli occhi di tutti” della cir-
colazione per seguire capitalista e operaio nella “sede nascosta della
produzione”44.
Malm segue lo stesso procedimento e continua sulle tracce del se-
condo volume dell’opera di Marx45. Chiarito con il primo volume il
processo produttivo è ora possibile operare un’ulteriore sviluppo alla
formula del capitale, poiché è nella produzione che si è chiarito il
moto perpetuo della valorizzazione.
Esso necessita di un elemento a sé estraneo, la forza lavoro, sus-
sunta nel processo di autovalorizzazione. Il dualismo riscontrato al
principio nella merce, quello di essere valore d’uso e valore di scam-
bio, si ripete nel processo produttivo. Esso è sia processo di auto-
valorizzazione che processo produttivo immediato46.
Nella produzione il capitale mostra il suo non essere una totalità
chiusa per il fatto che necessità della forza lavoro, un elemento che
può sottrarsi al suo comando. La forza lavoro è praticamente subor-

43 Per approfondire si veda, Riccardo Bellofiore Il Capitale come Feticcio Automatico


e come Soggetto, e la sua costituzione: sulla (dis)continuità Marx-Hegel, in “Consecu-
tio temporum. Rivista critica della postmodernità”, 5, 2013, http://www.consecutio.
org/2013/10/il-capitale-come-feticcio-automatico-e-come-soggetto-e-la-sua-costitu-
zione-sulla-discontinuita-marx-hegel/ (ultimo accesso 1.6.2020).
44 Marx, Il Capitale, cit., i, p. 270.
45 “Il capitale è, per sua stessa definizione, questo processo circolatorio di valorizzazio-
ne, o valore autoespandente. Ma il capitale è anche ‒ per sua stessa definizione ‒ il
rapporto tra capitalisti e lavoratori. I due momenti sono intrinsecamente connessi: la
relazione scatena il processo, che a sua volta riproduce la relazione” (Marx, Il Capi-
tale, ii, trad. it. di R. Panzieri, Utet, Torino 2017, pp. 296 ss.
46 Malm, The Origins of Fossil Capital, cit., p. 50.
156 MARXISMO ED ECOLOGIA

dinata al capitale nel processo produttivo, ma è anche un elemento


vitale e potenzialmente autonomo. I macchinari non hanno di que-
sti problemi: “il motore a vapore è molto più trattabile e civile che
un gruppo di uomini, facile da maneggiare, fa buone ore, non beve
whiskey e non è mai stanco”47.
Il motore primario alimentato a combustibile fossile è la concre-
tizzazione del soggetto automatico del capitale nel suo moto perpe-
tuo, subordinando e sussumendo (nella cosiddetta sussunzione reale)
il lavoro al capitale. Qui il lavoro perde la sua originale autonomia di
potenza vitale, per divenire attività alienata funzionale alla valorizza-
zione. Ma avviene anche dell’altro. La formula D-M-D’ nella formula-
zione marxiana del secondo volume si concretizza:

D-M (FL +MP) ... P ... M’-D’


Dove P sta per produzione; FL per forza lavoro; MP per mezzi di
produzione.

Il processo produttivo che ha all’origine e alla fine il denaro è aper-


to e infinito, non termina chiudendosi nell’atto del consumo, che è
solo un punto di vista parziale del processo, quello del lavoratore che
consuma il proprio salario o del capitalista che usa parte del suo capi-
tale per soddisfare i propri bisogni. L’incontro di processo di produ-
zione e processo di circolazione genera la formula infinita:

D-M (FL + MP) ... P ... M’-D’ → D’-M’’ (FL’ +MP’) ... P ... M’’’-D’’
→ e così via.

L’analisi di Malm vincola l’uso di combustibili fossili (F) come par-


te necessaria della relazione di capitale, i quali entrano nel processo
produttivo nella categoria dei mezzi di produzione.

D-M (FL + MP (F)) ... P + CO2 ... M’-D’ → D’-M’’ (FL’ +MP’ (F’))
... P + CO2 ... M’’’-D’’ → e così via.

Malm commenta il risultato della formula generale:

La valorizzazione procede attraverso la combustione. Il capitale fossile, in


altre parole, è un valore che si autoespande passando attraverso la metamor-

47 Malm, Fossil Capital, cit., p. 199.


ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 157

fosi dei combustibili fossili in CO2. Si tratta di una relazione, un nesso trian-
golare tra capitale, lavoro e un certo segmento di natura extra-umana, in cui
lo sfruttamento del lavoro dal capitale è spinto dalla combustione di questo
particolare accessorio. Ma anche il capitale fossile è un processo, un flusso
di valorizzazioni successive, che in ogni fase reclama una massa maggiore di
energia fossile da bruciare. Non riconosce alcun fine. Si potrebbe pensare a
questo come all’ombra biofisica della formula generale del capitale di Marx,
che viene alla ribalta solo in tempi di inattesi crepuscoli biosferici48.

A questa prima formula ne seguono altre che costituiscono il mo-


dello stilizzato dell’economia fossile, della quale il capitale fossile è il
motore principale. La formula generale del capitale fossile non riassu-
me tutti i fenomeni di consumo dei combustibili fossili. Basti notare
che molti processi di consumo comportano l’utilizzo di combustibili
e ulteriori immissioni di anidride carbonica in atmosfera. Molte delle
attività quotidiane che svolgiamo coinvolgono strumenti che diretta-
mente o indirettamente sono alimentate da fonti energetiche fossile,
dai trasporti, all’uso di tecnologie digitali fino al più semplice atto
di cucinare. Questo è ciò che Malm definisce “formula del consumo
fossile di valori d’uso”. Un’ulteriore formula è ascrivibile alla stessa
produzione di combustibili fossili come merci. Malm definisce questa
come “accumulazione primitiva di capitale fossile”49. Nel complesso
l’economia fossile si articola con l’accumulazione primitiva di capitale
fossile, col capitale fossile, coi consumi fossili di lavoratori e capita-
listi. Quest’analisi esplicita e schematizza i vincoli tra espansione del
capitale ed espansione dell’inquinamento atmosferico, ponendo l’ac-
cento sulla strutturazione sociale dell’economia fossile per la quale le
figure del capitalista, del lavoratore come del consumatore sono solo
personificazioni di un’oggettività sociale. Un’astrazione reale devasta-
trice la cui unica buona notizia è che, per quanto i suoi effetti non
siano reversibili, è possibile modificare socialmente.

48 Ivi, p. 290.
49 Ivi, pp. 290-291.
158 MARXISMO ED ECOLOGIA

Figura 1. Un modello stilizzato di economia fossile. 1: Accumulazione primitiva di capi-


tale fossile. 2: Capitale fossile. 3: Consumo Fossile, da parte dei lavoratori. 4: Consumo
fossile, da parte dei capitalisti che consumano parte dei loro profitti. In Malm, Fossil
Capital, cit., p. 291. I simboli sono in lingua inglese, per tanto M sta per Money, ossia
denaro, C per Commodity, ovvero merce, L per Labour, Forza Lavoro. Il resto della
simbologia è usata in forma equivalente.

Per concludere, possiamo dire che Malm sviluppa e concretizza


la contraddizione tra metabolismo universale della natura e meta-
bolismo sociale capitalistico esposta nella teoria della Metabolic Rift
nell’ambito dell’inquinamento atmosferico e del cambiamento clima-
tico. I termini nei quali Foster espone la frattura metabolica spesso
rimangono vincolati alla lettura originale di Marx e Liebig correndo
il rischio di non far percepire la portata generale delle sue intuizioni
(e di quelle di Marx ed Engels). Malm, applicando concretamente il
metodo della frattura metabolica al riscaldamento globale, lo chia-
rifica. Attraverso la teoria del capitale fossile lega dialetticamente il
processo di autovalorizzazione, che costituisce la logica astratta del
metabolismo del capitale, con quella della produzione immediata
per mezzo di combustibili fossili, che costituisce una delle concre-
tizzazioni essenziali della frattura metabolica. Ovviamente esistono
altri processi di rottura e in parte ne abbiamo già discusso. Questi
sono connessi alla logica astratta del metabolismo sociale alienato del
capitalismo e alle sue forme di concretizzazione. Malm però qui fa
comprendere con chiarezza che al metabolismo del capitale corri-
spondono determinati valori d’uso storicamente determinati quali i
combustibili fossili50.

50 Cfr. Brett Clark, Richard York, Carbon metabolism: Global capitalism, climate chan-
ge, and the biospheric rift, in “Theory and Society”, xxxiv, pp. 391-428.
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 159

2.3 Onde di accumulazione, innovazione tecnologica ed energetica

L’indagine storica di Malm evidenzia come il capitalismo delle origi-


ni fosse sostanzialmente vincolato a fonti energetiche rinnovabili quali
legna, acqua, vento e forza lavoro umana e come il passaggio a fonti
non rinnovabili, sia stato frutto della necessità di mantenere il comando
sulla forza lavoro, così da garantire la riproduzione dei rapporti di pro-
duzione capitalistici. Questo particolare trascorso ascrivibile al periodo
1825-1830 viene da lui analizzato all’interno di una cornice più vasta
di passaggi epocali nel capitalismo per mezzo della teoria delle onde
di Kondratieff. Si tratta di un’ipotesi di onde lunghe di accumulazio-
ne capitalistica sviluppata da Nikolaj Kondratieff negli anni Venti del
Novecento, per la quale nel capitalismo esistono cicli di accumulazione
che descrivono regolarità sinusoidali che si ripetono ogni circa 40-60
anni con fasi ascendenti di rapida crescita e discendenti con stagnazio-
ne economica e crisi. Questi cicli si organizzano attorno a costellazioni
tecnologiche e branche centrali della produzione che trainano e danno
nuovo impulso al processo di crescita economica nel suo complesso51.
Di queste regolarità cicliche dell’accumulazione capitalistica vi
sono evidenze empiriche, ma le dinamiche di questi processi sono og-
getto di discussione tanto nell’ambito dell’economia accademica che,
in misura minore, fra autori marxisti52. In ogni caso vengono comu-
nemente riconosciute ad oggi cinque onde, ognuna con determinate
tecnologie e branche industriali chiave53. Malm riprende Mandel, il
quale fa sintesi nella contrapposizione tra Kondratieff e Trotsky, per
cui “le onde lunghe sono sì epoche legate da lotte politiche (Trotsky),
ma sono anche i prodotti di tendenze endogene nell’accumulazione
del capitale (Kondratieff)”. Infatti per Mandel esisterebbero “variabili
parzialmente indipendenti” dal movimento oggettivo del capitale, per
cui i momenti di passaggio fra epoche capitalistiche sarebbero deter-
minati dall’incontro di fattori soggettivi ed oggettivi54. Ma una volta

51 Malm, Long Waves of Fossil Development, cit., pp. 162-163.


52 In particolar modo Malm prende in considerazione tanto il dibattito marxista fra
Kondratieff, Trotsky e Mandel, quanto le interpretazioni neoschumpeteriane di Car-
lota Perez. Per approfondire: Richard B. Day, The Theory of the Long Cycle: Kon-
dratiev, Trotsky, Mandel, in “New Left Review”, xcix, 1, 1976, pp. 67-82. Carlota
Perez, Technological Revolutions and Financial Capital: The Dynamics of Bubbles and
Golden Ages, Edward Elgar, Cheltenham 2002.
53 Malm, Long Waves of Fossil Development, cit., pp. 162-163.
54 Ivi, p. 168.
160 MARXISMO ED ECOLOGIA

che il cambiamento avviene e che cambiano le forme tecnologiche


ed energetiche del motore primario, conseguentemente cambia anche
tutto il sistema macchinico cui è connesso, oltre che l’intero sistema
economico, inclusa la comunicazione ed i sistemi di trasporto55. Come
abbiamo già visto, momenti di conflittualità operaia vengono proprio
superati attraverso questo passaggio tecnologico in cui quello energe-
tico è per Malm centrale, una dinamica che sfugge agli neoschumpe-
teriani, le cui brillanti analisi cedono al determinismo tecnologico56. È
possibile dunque per il capitalismo superare la crisi attuale e compiere
il passaggio alle energie rinnovabili? Malm non può escludere del tut-
to la capacità del capitalismo di rinnovarsi, ma lo vede poco proba-
bile. La ragione è che nelle fasi precedenti le reti di infrastrutture su
cui poggiava la produzione, salvo qualche “distruzione creativa” delle
fasi di transizione in cui parte della massa tecnologica viene persa o
sostituita, vi è stata una stratificazione di nuove tecnologie e merci.
Il passaggio alle energie rinnovabili è qualitativamente diverso dai
precedenti perché non sono tecnologie che si sommano ed integrano
su un complesso infrastrutturale dato, ma lo cambiano qualitativa-
mente57. Non solo, anche reti di potere e cordate capitalistiche si con-
solidano attorno a certe produzioni e senza una spinta soggettiva del
conflitto sociale, non si rende possibile una transizione anche all’in-
terno di epoche capitalistiche. Dunque anche le posizioni di “keyne-
sismo ecologico” mancano di un fattore soggettivo nella loro equazio-
ne, ovvero una crescita del conflitto di classe58.

3. Crisi, leninismo ecologico e geoingegneria

Malm è non solo un raffinato teorico e storico dell’economia fos-


sile, ma anche un autore estremamente politico, sempre pronto a
prendere parola sulla congiuntura. Molto polemico, è fautore di po-

55 Per Malm fa eccezione la quinta onda, con il passaggio ai computer, che non sono
motori primari, dove tuttavia le emissioni sono comunque esplose proprio perché
i computer consentono la dislocazione globale della produzione per combattere le
resistenze nel cuore dei paesi capitalisti. L’aver utilizzato la Cina come fabbrica del
mondo ha portato anche a un’esplosione delle concentrazioni d’anidride carbonica
in atmosfera. Ivi, pp. 179-181. vedi anche Malm, Fossil Capital, cit., pp. 327-366.
56 Malm, Long Waves of Fossil Development, cit., pp. 171-176.
57 Ivi, p. 182.
58 Ivi, pp. 185-186.
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 161

sizioni eclettiche e di controtendenza. In particolare è stato uno dei


più reattivi a prendere parola sulla crisi pandemica, mostrandone i
nessi causali con i cambiamenti climatici, offrendo soluzioni pratico-
teoriche molto contestate dall’ecologismo di sinistra, un ambiente in-
tellettuale spesso scettico nei confronti dello Stato come potenziale
strumento d’intervento nelle questioni ecologiche e sociali e diffidente
nell’uso massivo di tecnologie per la trasformazione e stabilizzazione
degli equilibri biosferici. Malm prende sul serio la questione dell’e-
mergenza climatica per questo non si limita ad accorati appelli alla
mobilitazione, ma discute criticamente l’uso delle tecnologie geoinge-
gneristiche come uno degli strumenti di risoluzione del fenomeno dei
cambiamenti climatici.

3.1 Covid-19: una crisi endogena al capitale

La pandemia da Covid-19 ha saturato tanto la discussione politica


quanto quella scientifica. Se tuttavia si è dibattuto a lungo sugli effet-
ti della pandemia e sulle possibili misure di intervento, poco è stato
fatto rispetto alle cause della crisi, che di fatto rimangono sottotrac-
cia. Infatti, la pandemia tuttora in corso è stata inquadrata come uno
shock esogeno al sistema sociale e per questo è stata spesso ricompresa
epistemologicamente attraverso la teoria del cigno nero di Taleb59. Ep-
pure l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva già avvertito del
rischio concreto di diffusioni epidemiche dovute a virus aerei60. Malm

59 Per crisi endogena si intende una crisi scaturita da contraddizioni interne, che è
l’opposto di una crisi esogena, che è per l’appunto generata da uno shock esterno. A
livello epistemologico la pandemia viene spesso inquadrata come un cigno nero, ossia
un evento anomalo, estremo e che può essere esplicato solo a posteriori. Cfr. Nassim
Nicholas Taleb, Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita, trad. it. di E.
Nifosi, il Saggiatore, Milano 2010; Tatiana Antipova, Coronavirus Pandemic as Black
Swan Event, in Ead. (a cura di), “Integrated Science in Digital Age 2020”, cxxxvi,
Springer, https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-030-49264-9_32, (ulti-
mo accesso 20.12.2020).
60 World Health Organization, Urgent health challenges for the next decade, 13.01.2020,
https://www.who.int/news-room/photo-story/photo-story-detail/urgent-health-
challenges-for-the-next-decade (ultimo accesso 20.12/2020); World Health Orga-
nization, Managing Epidemics. Key facts about major deadly diseases, 2018, https://
www.who.int/emergencies/diseases/managing-epidemics-interactive.pdf. Le ragioni
di questo scarto epistemologico sono da ricercarsi in una mancata visione dialettica
della totalità socio-ecologica. A tal proposito sono state fornire importanti indicazio-
ni dagli scienziati Levins e Lewontin, discussi nel primo capitolo di questo volume,
che connettono dialetticamente sviluppo economico e trasformazioni ecologiche, in-
162 MARXISMO ED ECOLOGIA

offre invece un’ipotesi riguardo la crisi pandemica come una crisi en-
dogena al rapporto capitalistico. Nel volume Corona, Climate, Chro-
nic Emergency, Malm pone l’accento su tre aspetti: 1) le connessioni
esistenti tra crisi ecologica e crisi da Covid-19; 2) il fatto che la crisi da
Covid-19 sia una crisi endogena al modo di produzione capitalistico;
3) un suo possibile rovesciamento attraverso la trasformazione della
crisi dei sintomi in crisi dei propulsori del degrado ecologico61.
Elemento centrale della riflessione sono i cosiddetti “drivers” pan-
demici, ovvero i propulsori. Rob Wallace e il suo gruppo di ricerca
attraverso il metodo Structural One Health hanno evidenziato le cause
dell’emergere di nuove epidemie62. Malm difende questa posizione e
sottolinea come sussistano diversi elementi propulsori comuni tanto
ai cambiamenti climatici quanto all’emergere dell’epidemia. La defo-
restazione è tanto all’origine del fenomeno dello spillover quanto la
seconda causa della produzione di CO2, il trasporto aereo diffonde
gli agenti patogeni rapidamente e su scala globale e richiede ingenti
quantità di combustibile fossile. Inoltre, il fenomeno dei cambiamenti
climatici genera stress animale e porta a migrazioni di massa; oltre a
calamità di vario tipo, le migrazioni animali aumentano le possibilità
di spillover. Infine, le tre grandi epidemie moderne da Coronavirus
(Sars, Mers e Sars-Cov-2) sono emerse in periodi di forte siccità e vi
sono ipotesi che l’umidità possa indebolire il virus63.
Quanto affermato pone in evidenza le analogie esistenti tra riscal-

clusa l’evoluzione degli agenti patogeni. Un brillante esempio applicativo di queste


teorie nell’ambito dell’epidemiologia evolutiva sono le ricerche di Rob Wallace. Cfr.
R. Levins, R. Lewontin, Biology under the influence. Dialectical essays on ecology,
agriculture, and health, Monthly Review Press, New York 2007; Robert G. Wallace,
Big Farms make big flu. Dispatches on Infection Disease, Agribusiness, and Nature of
Science, Monthly Review Press, New York 2016; Jacopo Nicola Bergamo, Capitalis-
mo pandemico, in “La società degli individui”, 2022, in corso di pubblicazione.
61 Andreas Malm, Clima, Corona, Capitalismo. Perché le tre cose vanno insieme e cosa
dobbiamo fare per uscirne, trad. it. di V. Ostuni, Ponte delle Grazie, Milano 2021.
62 Cfr. Rob Wallace, Alex Liebman, Luis Fernando Chaves, Rodrick Wallace, Covid-19
and the circuits of Capital, in “Monthly Review”, lxxii, 1, Maggio 2020, https://doi.
org/10.14452/mr-072-01-2020-05_1 (ultimo accesso 07.10.2020). Tradotto in italia-
no sul sito Infoaut, Robert Wallace, A. Liebman, L. F. Chaves, Rodrick Wallace,
Covid-19 e i Circuiti del Capitale, https://www.infoaut.org/global-crisis/covid-19-e-i-
circuiti-del-capitale (ultimo accesso 05.01.2021). Si veda anche John Bellamy Foster,
Intan Suwandi, COVID-19 and the Catastophe Capitalism. Commodity Chains and
the Ecological-Epidemiological-Economic Crises, in “Monthly Review”, lxxii, 2, giug-
no 2020, pp. 1-20.
63 Malm, Clima, Corona, Capitalismo, cit., cap 3.
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 163

damento climatico e crisi pandemica: il fatto che le loro cause siano


da rintracciare nel modello di sviluppo basato sul petrolio e la defo-
restazione. Nonostante questo esistono chiaramente delle differenze.
Secondo Malm fra riscaldamento climatico e pandemia esiste un rap-
porto analogo a quello tra una guerra e una pallottola, e il primo, a
dispetto del secondo, procede inesorabile e in maniera non uniforme.
Gli effetti dei cambiamenti climatici colpiscono per primi e con più
intensità chi ha meno responsabilità. I fenomeni pandemici veicolati
dai trasporti intercontinentali tendono invece a uniformare le tempo-
ralità della catastrofe, cosa che non può dirsi degli effetti. Milioni di
persone non hanno accesso all’acqua potabile, mentre i ricchi posso-
no auto-isolarsi nei loro bozzoli privati64. Eppure i driver di questi due
fenomeni sono condivisi.
Negli anni Ottanta-Novanta sono stati elaborati alcuni modelli di
analisi dei disastri ispirati a posizioni marxiste tradizionali e riassunti
in At Risk65. In quest’opera il concetto di vulnerabilità è analizzato
criticamente: questa non dipende da fattori naturali, quanto dalle
condizioni sociali di classe, genere, rapporti coloniali e fasce d’età.
All’interno dei fenomeni catastrofici, la vulnerabilità è da ricercarsi
nei fattori sociali: il soggetto si ritrova schiacciato tra questa dimensio-
ne strutturale sociale e l’incedere ciclico dei disastri naturali, ponendo
in luce le disuguaglianze pregresse. Per Malm, queste posizioni vanno
aggiornate in conseguenza del fenomeno del riscaldamento climatico
e degli studi epidemiologici di Wallace. Se per Wisner e gli altri autori
di At Risk l’approccio critico possibile sta nella mitigazione, Malm
sottolinea come seguire oggi questo modello non farebbe altro che na-
turalizzare le attuali catastrofi non riconoscendo i loro driver sociali.
L’attuale modello di sviluppo comporta un’emergenza cronica in cui i
soggetti sono stritolati da un incedere sempre più ravvicinato nel tem-
po di questi disastri. Il fenomeno dello spillover avverrà con sempre
maggiore frequenza e l’attuale modello di trasporto aereo basato sui
combustibili fossili crea i presupposti perché eventi epidemici locali
diventino pandemici.
Malm sostiene che la crisi economica scaturita dal Covid-19 sem-
bra la prima crisi che possa essere inquadrata all’interno dalla teo-
ria della “seconda contraddizione” di O’Connor66. È pur vero che si
64 Cfr. Ibidem.
65 Cfr. Ben Wisner et al., At Risk: Natural Hazards, People’s Vulnerability and Disasters,
Routledge, London-New York 2004.
66 Cfr. Malm, Corona, Climate, Chronic Emergency, cit., cap 3. Andreas Malm, La pan-
164 MARXISMO ED ECOLOGIA

è manifestato un meccanismo di feedback tra crisi ecologica e crisi


economico-sociale, ma ciò che tuttavia immaginava O’Connor era una
crisi di realizzazione dovuta agli alti costi di produzione67. Quello che
invece è possibile osservare oggi è la simultanea crisi sia dal lato della
domanda che dell’offerta. La crisi iniziata nel 2020 segna perciò un
punto di svolta rispetto al modo di operare nel capitalismo. Per Malm
si è manifestata una riattivazione dello Stato in economia, avente tut-
tavia il limite di reiterare il business as usual. In altre parole, il modo
d’agire dello Stato è inedito, ma la reazione mira ai sintomi piuttosto
che ai driver pandemici.

3.2 Leninismo ecologico: dalla rivoluzione contro i sintomi


alla rivoluzione contro le cause della crisi

Il saggio di Malm ha una forte carica politica e individua un ele-


mento di novità nel fatto che la crisi attuale abbia mostrato che gli
Stati possono agire diversamente rispetto al passato. In sostanza
Malm ritiene che con la crisi attuale siano maturate almeno alcune
condizioni di una svolta in senso ecologico e post-capitalistico della
società. In tal senso propone provocatoriamente il concetto di “leni-
nismo ecologico” come possibile soluzione alla catastrofe pandemica
ed ecologica, rovesciando la crisi dei sintomi in crisi dei driver. La
fattibilità di questa proposta sarebbe dimostrata dal fatto che in piena
crisi pandemica si adoperano limitazioni sociali la cui ragionevolezza
è legata alla salute pubblica.
Malm giunge alla proposta del leninismo ecologico attraverso una
duplice critica: sia all’impostazione anarchica che rimuove la questio-
ne del potere e della sua concentrazione e che pensa nell’estinzione
immediata dello Stato la soluzione al problema ecologico, sia quella
gradualista social-democratica, per la quale non rimane più tempo a
disposizione; in altre parole, senza una rivoluzione è impossibile acce-
lerare e radicalizzare la trasformazione ecologica della società68.
La proposta di Malm pone l’accento sulla concentrazione del po-
tere e la necessità di un intervento strutturale da conseguirsi tramite

demia è la prima vera “crisi O’Connor”. Intervista di Emanuele Leonardi a Andre-


as Malm, in “Global Project”, 30 giugno 2020, https://www.globalproject.info/it/
in_movimento/la-pandemia-e-la-prima-vera-crisi-oconnor-intervista-di-emanuele-
leonardiad-andreas-malm/22886 (ultimo accesso 1.3.2020).
67 Cfr. O’Connor, La seconda contraddizione del capitalismo, cit.
68 Cfr. Malm, Corona, Climate, Chronic Emergency, cit., cap. 3.
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 165

lo Stato, ma si distingue da quella social-democratica per i metodi ri-


voluzionari attraverso i quali conseguirla. Secondo Malm, il consenso
sociale del quale hanno goduto i governi che hanno adoperato misure
restrittive nella gestione del virus, almeno nella prima fase del 2020,
dimostra che è possibile operare limitazioni sociali senza rinunciare al
consenso popolare. A tal proposito, Malm presenta due provvedimen-
ti necessari quanto urgenti: 1) bloccare ogni importazione di prodotti
responsabili della deforestazione nelle aree equatoriali (come carne,
soia, legname, olio di palma) e procedere a una riforestazione della
stessa; 2) nazionalizzare e portare sotto il controllo operaio i settori
strategici e in particolare quello energetico basato sui combustibili
fossili al fine di ridurne drasticamente la produzione e infine riconver-
tire queste imprese perché recuperino anidride carbonica dall’atmo-
sfera attraverso sistemi tecnologici di geo-ingegneria.
Questa proposta ha suscitato un acceso dibattito le cui critiche si
sono concentrate attorno a tre aspetti: 1) La proposta politica di Malm
non include un’adeguata teorizzazione del soggetto politico, ovvero
chi è l’artefice del cambiamento prospettato, e dello Stato, ovvero in
che forme e a che condizioni esso può essere utilizzato per la rivo-
luzione politica69; 2) la soluzione geo-ingegneristica per la riduzione
dell’anidride carbonica in atmosfera, la cui fattibilità dal punto di vista
tecnico ed energetico è messa fortemente in discussione70; 3) la dimen-
sione paternalistica e potenzialmente autoritaria di tale soluzione71.
Nonostante queste importanti critiche72, rimane evidente come per

69 Davide Gallo segnala giustamente questa carenza ed elabora un possibile soluzio-


ne attraverso una lettura operaista. Davide Gallo Lassere, Retour sur le présent. Es-
paces globaux, nature sauvage et crises pandémiques, in “Contretemps”, 16.11.2020,
https://www.contretemps.eu/retour-present-espaces-globaux-pandemiques/ (ultimo
accesso 20.12.2020).
70 Simon Pirani, The Direct Air Capture Road to Socialism, in “Capitalism Nature Scia-
lism”, xxxii, 4, 2021, pp. 96-100.
71 Rhael Jaeggi intervista Andreas Mam, Critical Theory at Work 20.5.2020 Corona-Cap-
italism: Struggles over Nature - A conversation with Andreas Malm & Rahel Jaeggi,
20 maggio 2020, https://www.youtube.com/watch?v=8LSQLBFQruo&t=9s (ultimo
accesso 20.3.2021).
72 Alle quali Malm ha risposto in una serie di articoli e di interviste. Cfr. Dennis
Büscher-Ulbrich e Ines Schwerdtner intervistano Andreas Malm e Joshua Clover,
Online Discussion: The Pipeline Riots and the Riot Pipeline: Struggles in a Warming
World, with Joshua Clover and Andreas Malm, 11 febbraio 2021, https://www.you-
tube.com/watch?v=vQocSOrwX9Y (ultimo accesso 7.4.2021); Andreas Malm, Wim
Carton, Seize the Means of Carbon Removal: The Political Economy of Direct Air
Capture, in “Historical Materialism”, 29, 1, 2021, pp. 3-48. Rhael Jaeggi intervista
166 MARXISMO ED ECOLOGIA

Malm il potere non abbia di per sé un contenuto negativo: limitare


i comportamenti è un elemento necessario per regolare la società e
fermare la predazione della natura. In altri termini, è necessario ri-
stabilire quali siano i bisogni della società sottoponendoli alla discus-
sione politica pubblica. Nel bel mezzo del lockdown la politica ha
fissato quali fossero le produzioni essenziali e quelle non essenziali,
e nel contesto italiano questo è stato fatto anche in parte attraverso il
conflitto sindacale73. Si tratta dunque di fare sostanzialmente la stessa
cosa attraverso differenti criteri etico-politici. Il leninismo ecologico
è in altre parole una concezione ecologica radicale nell’interesse delle
classi subalterne, che pensa lo Stato e il suo uso non in termini capi-
talistici e afferra il presente nella necessità di avviare una transizione
urgente che coniughi giustizia sociale e giustizia ambientale.

3.3 Socializzare i mezzi di produzione della rimozione


dell’anidride carbonica

Malm, pur evidenziando i limiti soggettivi del processo rivoluzio-


nario allo stato di cose presenti, cerca a un tempo di rilevare i rapporti
di forza in campo e di fornire stimoli al rinnovamento del suo immagi-
nario. La minaccia collettiva e su scala planetaria data dal capitalismo
fossile lega implicitamente le resistenze che si danno in diversi setto-
ri e a latitudini differenti pur senza tradurre queste in un’immedia-
ta coscienza politica comune74. Fondamentale è dunque un dibattito
franco sui limiti politico-organizzativi del movimento ecologista, che
spesso ha assunto il pacifismo strategico come solo orizzonte d’azione
fattibile, e riconoscere che conflitti radicali sono necessari ed è fatti-
bile conciliarli con un movimento di massa come nel caso Black Li-
ves Matter75. Malm, pur prendendo atto della gravità della situazione,
ci ricorda che “i marxisti rivoluzionari si sono sempre preparati ad
ereditare le catastrofi del capitalismo”, come fecero effettivamente i
Bolscevichi “nella Russia devastata dalla guerra, brancolando verso la

Andreas Mam, Critical Theory at Work 20.5.2020 Corona-Capitalism: Struggles over


Nature. A conversation with Andreas Malm & Rahel Jaeggi, cit.
73 Jacopo Nicola Bergamo, Emanuele Leonardi, La cultura eco-marxista alla prova del
covid-19. Circuiti del capitale, lotte operaie e giustizia climatica nella pandemia, in
“Culture della sostenibilità”, 26, 2020.
74 Malm, L’Anthropocène contre l’historie, cit. pp. 204-207.
75 Cfr. Andreas Malm, How to blow up a Pipeline: Learning to Fight in a World on Fire,
Verso, London-New York 2021.
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 167

pianificazione mentre il paese andava in fiamme intorno a loro, senza


alcun manuale da seguire” e senza “nessuna garanzia che qualsiasi
cosa facessero avrebbe funzionato”76.
Proprio perché il manuale d’uso continua a non essere disponi-
bile, si rende necessario un dibattito attorno alla geoingegneria che
rifugga tanto le esaltazioni ingenue dei prodigi della tecnica, quanto le
condanne a prescindere dall’analisi concreta delle diverse tecnologie
sviluppate77. Dato che le concentrazioni della CO2, il principale gas
serra, hanno valicato la soglia critica delle 350 ppm (parti per milio-
ne) fino a superare ora le 410 ppm, con una crescita costante di 2-3
ppm ogni anno78, si rende necessario attuare strategie non solo per
una rapida uscita dalla dipendenza dai combustibili fossili e dal modo
di produzione che alimenta il riscaldamento globale, ma anche un ab-
bassamento del livello delle concentrazioni di CO2 atmosferiche o di
gestione del clima terrestre.
Malm passa in rassegna le tre proposte geoingegneristiche oggi in
discussione per affrontare la questione del riscaldamento climatico: 1)
Solar Radiation Management (srm), che prevede l’iniezione nella stra-
tosfera di aerosol che provocano un effetto albedo, ovvero parziale
riflessione dei raggi solari nello spazio prima che scaldino la superficie
terrestre79. 2) Bioenergy with carbon capture and storage (beccs), una
strategia di sequestro del carbonio che prevede l’uso di vasti appez-
zamenti di terra dediti alla coltivazione di eucalipto, canna da zuc-
chero o altre piante a crescita rapida per assorbire anidride carbonica
dall’atmosfera tramite il processo della fotosintesi. Il raccolto viene
dunque bruciato come combustibile mentre dei filtri recuperano l’a-
nidride carbonica dalle ciminiere per poi essere stoccata in cavità sot-
terranee80. 3) Direct Air Capture (dac), un meccanismo che prevede la
cattura di CO2 atmosferica senza fotosintesi ma tramite sorbenti rige-

76 Andreas Malm, Planning the Planet: Geoengineering Our Way Out of and Back in to
a Planned Economy, in J. P. Sapinski, Holly J. Buck, Andreas Malm (a cura di), Has
it Come to This? The Promises and Perils of Geoengineering on the Brink, Rutgers
University Press, New Brunswick 2021, pp. 143-62, p. 158.
77 Burkett a tal proposito discute del possibile equilibrio tra rivoluzione e principio
di precauzione. Paul Burkett, On Eco-Revolutionary Prudence: Capitalism, Commu-
nism, and the Precautionary Principle, in “Socialism and Democracy”, xxx, 2, 2016,
pp. 73-96.
78 Malm, Planning the Planet, cit., p. 130.
79 Ivi, pp. 148-152.
80 Malm, Carton, Seize the Means of Carbon Removal, cit. pp. 5-6.
168 MARXISMO ED ECOLOGIA

nerabili. Una tecnologia già impiegata per la purificazione dell’aria in


sottomarini e astronavi81.
Lo studio dell’utilizzo di queste tecnologie è tuttora in corso e la
loro applicabilità e desiderabilità è oggetto di discussione82. Secondo
Malm il caso del srm sarebbe fantascienza o comunque un “azzardo
morale”, le cui ipotesi sugli effetti negativi sarebbero molteplici e de-
vastanti per gli equilibri ecosistemici e la cui utilità consisterebbe solo
nel guadagnare tempo83. La beccs seppure sia stata individuata come
strategia di mitigazione dei cambiamenti climatici dagli accordi di Pa-
rigi del 2015, rimane inattuabile per varie ragioni tra le quali l’enorme
richiesta di suolo, acqua per l’irrigazione e problemi di stoccaggio84.
Discorso diverso per quanto riguarda la dac che affronteremo in se-
guito. In ogni caso, seppure secondo Malm queste tecnologie siano
pensate per perseguire il business as usual e quindi per non affrontare
il taglio radicale delle emissioni in atmosfera e una trasformazione del
modo di produzione, l’enormità di investimenti necessari e la com-
plessità tecnico-scientifica dei loro impieghi comportano esattamente
ciò di cui il sistema produttivo vorrebbe liberarsi, ovvero la necessità
di un’economia pianificata85.
La dac è senza dubbio la tecnologia che sta suscitando maggiori
interessi, incluso nel campo ecosocialista86. Una tecnologia migliaia
di volte più efficace degli alberi nella cattura CO2 tramite strisce di
plastica rivestite da resina a scambio anionico. La CO2 viene quin-
di lavata via con acqua e successivamente immagazzinata come gas
puro87. L’immagazzinamento mostra le stesse problematiche della
beccs, poiché stoccare CO2 in cavità sotterranee non assicura che essa

81 Ivi, p. 4.
82 Per un approfondimento da una prospettiva critica dalla quale Malm contribuisce e
attinge a piene mani si veda J. P. Sapinski, Holly J. Buck, Andreas Malm (a cura di),
Has it Come to This? The Promises and Perils of Geoengineering on the Brink, Rut-
gers University Press, New Brunswick 2021. Holly Jean Buck, After Geoengineering:
Climate tragedy, Rapair, and Restoration, Verso, London-New York 2019.
83 Malm, Planning the Planet, cit., pp.148-152.
84 Ivi, pp. 152-155.
85 Ivi, p. 155. In un certo senso qui possiamo vedere una vicinanza con le supposizioni
di O’Connor sulla teoria della seconda contraddizione, per la quale le crisi ecologi-
che per essere superate portano a ristrutturazioni dell’apparato produttivo in forme
più socializzate. Cfr. O’Connor, La seconda contraddizione del capitalismo, cit.
86 Christian Parenti, A Left Defense of Carbon Dioxide Removal: The State Must Be
Forced to Deploy Civilization-Saving Technology, in Sapinski, Buck, Malm (a cura di),
Has it Come to This?, cit., pp. 130-142.
87 Ivi, p. 132.
ANDREAS MALM, L’ENERGIA FOSSILE NELLA STORIA DEL CAPITALISMO 169

non ritorni in atmosfera in forma graduale o repentina, e per questa


ragione sono stati pensati usi alternativi dagli autodefinitisi air miners
per la commercializzazione di prodotti88. Questa logica di mercato
si giustifica attraverso l’idea di generare un’economia circolare della
CO2, la cui doxa dei suoi businessman è che la gestione del carbonio
sia diversa dalla sua eliminazione89. Tuttavia, nel 2016 in Islanda, un
esperimento in cui si mischiava anidride carbonica e idrogeno sol-
forato per essere poi pompato in formazioni rocciose sotterranee di
basalto (una roccia molto comune sulla crosta terrestre) ha dato come
risultato che, in soli due anni e contro le aspettative dei geologi, la
CO2 nella miscela è precipitata formando una roccia carbonatica si-
mile al calcare. Ciò consente dunque di intrappolare in via definitiva
la CO2 atmosferica e fortunatamente il processo funziona anche con
acqua salata90.
Malm segnala che nell’idea del suo stesso inventore, Klaus
Lackner, questa tecnologia dovrebbe gestire l’atmosfera con la stessa
logica con cui vengono trattate le acque reflue contaminate, collocan-
do il dac come tecnologia nel mercato dei “servizi ecosistemici”91. La
concezione ideologica di questa tecnologia è dunque quella di con-
sentire la continua combustione di energia fossile. Esistono poi altre
problematiche legata al funzionamento in scala di questa tecnologia,
poiché secondo Parenti, per rimuovere l’attuale produzione annua di
4 miliardi di tonnellate di carbonio in atmosfera, ai costi attuali si
necessiterebbe di una spesa di 24.000 miliardi di dollari, pari al 133%
del Pil statunitense, al massimo ridotto alla metà quando il processo
sarà a regime92. Nonostante questo, Malm ritiene che non vada scarta-
ta l’ipotesi di socializzare questa tecnologia per adoperarla all’interno

88 Gli Air Miners, sono startup, ricercatori e inventori che stanno sviluppando la com-
mercializzazione di merci contenenti o a partire CO2. Ad oggi sono molteplici i pro-
dotti elaborati, tra queste materassi, carni, combustibili per jet e materiali da costru-
zione. Malm, Carton, Seize the Means of Carbon Removal, cit., p. 17 e 20.
89 Logica che attrae interessi e investimenti anche da parte di aziende direttamente
coinvolte nel capitalismo fossile. Ivi, p. 22 e ss. Per una lettura critica del concetto di
economia circolare si veda Andrea Genovese, Mario Pansera, The Circular Economy
at a Crossroads: Technocratic Eco-Modernism or Convivial Technology for Social Re-
volution?, in “Capitalism Nature Socialism”, xxxii, 2, 2021, pp. 95-113.
90 Parenti, A Left Defense of Carbon Dioxide Removal, cit., p. 132. Per maggiori infor-
mazioni si veda anche il sito dell’impresa che gestisce l’impianto Orca in Islanda di
cui si è parlato. https://climeworks.com/ (ultimo accesso 25.8.2021).
91 Malm e Carton, Seize the Means of Carbon Removal, cit., p. 26.
92 Parenti, A Left Defense of Carbon Dioxide Removal, cit., p. 134.
170 MARXISMO ED ECOLOGIA

di un piano di transizione a fonti energetiche rinnovabili allo scopo di


rientrare nella soglia delle 350 ppm di CO2 in atmosfera. Una parte
della sinistra ecologista allergica all’impiego delle geoingegnerie obiet-
ta che ogni tecnologia non è innocente ed è inscindibilmente legata
agli scopi per cui è stata concepita, e pertanto il dac sarebbe inse-
parabile dalle proprie radici capitalistiche. Secondo Malm e Carton
questa obiezione sarebbe priva di senso, poiché allora la stessa consi-
derazione varrebbe anche per l’uso di energie rinnovabili, concepite
come un’integrazione del capitalismo fossile e non come una loro so-
stituzione93. La questione centrale rimane dunque quella di osare, spe-
rimentare e non scartare nessuna opzione, poiché tale atteggiamento
rischierebbe di essere “un lusso estetico” che non possiamo permet-
terci. Tecnologie come il dac sono strumenti il cui uso deve essere
discusso all’interno di un piano complessivo che voglia trasformare i
rapporti di produzione e superare l’economia fossile.

93 Malm e Carton, Seize the Means of Carbon Removal, cit., p. 34.


Capitolo sesto
Dibattiti, controversie e scontri su ontologia, economia
e Antropocene

Giunti all’ultimo capitolo, ritengo sia il caso di affrontare alcuni


dei principali dibattiti e alterchi di cui sono stati protagonisti gli au-
tori fin qui illustrati. Ovviamente non mi sarà possibile trattare ogni
contenzioso teorico dell’ambito ecomarxista, ma ritengo che tre in
particolare siano cruciali: il dibattito sullo statuto ontologico di socie-
tà e natura, il dibattito economico-ecologico, la questione dell’Antro-
pocene. Grossomodo il più di questi scontri si sono consumati fra la
Metabolic Rift e la World-Ecology, ma come vedremo sono diversi gli
autori in gioco.

1. Il dibattito ontologico

Nella sua critica alla Metabolic Rift, Moore applica una strategia
di scissione, contrapponendo Burkett a Foster. Foster avrebbe svi-
luppato una critica del capitalismo rispetto al carattere predatorio
che ha nei confronti della natura, mentre Burkett supera l’economia
politica dell’ambiente e ricostruisce “l’accumulazione capitalistica in
quanto modalità di organizzazione della natura-come-matrice”1. Per
Moore una lettura che non vada oltre la contrapposizione Natura/So-
cietà e che passivizza la natura è imputabile di neo-malthusianesimo2.
Secondo Moore la concezione per la quale il capitale è una realtà
sociale che agisce sulla natura degradandola ha come effetto di porre

1 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 130.


2 Una visione che tende a naturalizzare la questione dei limiti naturali di popolazione.
Si veda Joan Martinez Alier, Neomalthusiani, in Giacomo D’Alisa, Federico Dema-
ria, Giorgos Kallis (a cura di), Decrescita. Vocabolario per una nuova era, Jaca Book,
Milano 2015.
172 MARXISMO ED ECOLOGIA

la natura come limite esterno. Il processo di doppia internalizzazione


abilita l’analisi dei limiti interni al capitale come progetto moderno
dell’ecologia-mondo. Ogni analogia, tipica dell’ecologismo critico,
con l’idea di impronta ecologica per descrivere l’impatto umano sul-
la natura è falsa coscienza che riproduce il dualismo cartesiano che
descrive la natura come ente passivo. Secondo questo pensiero i rap-
porti strategici del capitalismo sono concepiti come ontologicamen-
te indipendenti dalla rete della vita. L’immagine della natura come
insieme passivo di fango e terra non costituirebbe il modo migliore
per cogliere la vitalità della rete della vita. Le critiche di Moore sono
rimaste senza risposta per un certo periodo da parte della Metabo-
lic Rift, ma recentemente, diversi autori di questa scuola, o vicina
ad essa, hanno risposto in modi differenti ma convergenti: il supe-
ramento del dualismo Società/Natura non sarebbe un superamento
del dualismo cartesiano, ma una rinuncia al materialismo dialettico in
quanto non comprende il ruolo di mediazione del lavoro umano nelle
sue forme storiche concrete.

1.1 Moore critico della frattura metabolica: la riproposizione


di un dualismo cartesiano

La critica alla frattura metabolica di Moore nei confronti di Foster


potrebbe essere riassunta con una classica accusa che spesso i mar-
xisti si rivolgono l’un l’altro nelle diatribe marxeologiche: non aver
capito la dialettica3. Moore, per sollevare questa critica, compie dif-
ferenti movimenti strategici: 1) inserisce il suo pensiero nel solco di
quello di indiscussi scienziati marxisti difensori della dialettica quali
Levins e Lewontin. 2) Opera una scissione strategica tra l’analisi della
forma-valore ecologica di Burkett e la teoria della frattura metabolica
di Foster. 3) Contrappone il pensiero di un primo Foster, che, fino al
1999, vede nella frattura metabolica un cambio di configurazioni, a
un secondo Foster e a quello dei suoi più stretti collaboratori, Richard
York e Brett Clark, in cui la nozione di frattura metabolica avrebbe

3 “Marx ha applicato la dialettica di Hegel nella sua forma razionale all’economia po-
litica. [...] Non si può comprendere appieno Il Capitale di Marx, e in particolare il
suo primo capitolo, se non si è studiata attentamente e capita tutta la logica di Hegel.
Di conseguenza, dopo mezzo secolo, nessun marxista ha capito Marx!!” (Vladimir
Il’ič Lenin, Quaderni filosofici, trad. it. a cura di Ignazio Ambrogio, Editori Riuniti,
Roma 1971, pp. 165-167). L’accusa di non aver capito la dialettica e quindi Marx è
un grande classico nella storia del marxismo.
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 173

assunto il significato di separazione e di catastrofe ecologica. 4) Di-


fende la concezione di un metabolismo monista, anziché duale del
capitale e della natura, proponendo con esso un monismo ontologico
ed epistemologico che si contrappone a una concezione dualista car-
tesiana.
Come già si è avuto modo di dire per Moore l’analisi del capita-
lismo deve centrarsi non sulla separazione tra Società e Natura, ma
su come queste siano congiunte, così da comprende come il capitale
agisca attraverso la natura e non su di essa. I sistemi sociali e naturali
nella teoria della frattura metabolica sono descritti separatamente e
generano posizioni catastrofiste tipiche del Pensiero Verde, nel quale
la natura è concepita come un limite esterno. La visione di Moore del
capitalismo e i suoi limiti è quella di essere co-prodotti attraverso con-
figurazioni mobili della natura umana ed extra-umana.
Moore ritiene che l’analisi del metabolismo di Foster, presa da
Marx, abbia avuto il pregio di cercare di superare il dualismo car-
tesiano tra società e natura per poi riproporlo in una forma debole
attraverso la teoria della frattura metabolica. Mentre il suo concetto
di Oikeios come “rapporto creativo, generativo e multiforme di specie
e ambienti” costituisce una radicalizzazione del concetto marxiano di
metabolismo4.
Moore sostiene che il capitalismo, come tutte le civiltà, sia basato
sull’internalizzazione della società-nella-natura e della natura-nella-
società, ragione per la quale non esisterebbero differenze sul piano
ontologico. Il solo metabolismo è quello della rete della vita nelle sue
conformazioni storiche, sociali e naturali al medesimo tempo. Ogni
dualismo è da rifiutarsi, sia esso espresso nelle forme di natura/cultu-
ra che in quelle di materiale/simbolico. Di più, per Moore, “[i]l bino-
mio Natura/Società è direttamente implicato nella colossale violenza,
ineguaglianza e oppressione del mondo moderno. [...] [La] visione
della Natura come esterna è una condizione fondamentale dell’accu-
mulazione del capitale”5.
I cambiamenti nella rete della vita non sono solo legati alla modi-
ficazione della natura, ma anche ai cambiamenti epocali nelle scienze,
nelle teorie, nella cultura. Cartografia, agronomia, botanica e altro co-
stituiscono la natura sociale astratta: “Dire che qualsiasi attività umana
‘organizza’ la natura vuol dire che l’attività umana è ontologicamente

4 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 146.


5 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., p. 2.
174 MARXISMO ED ECOLOGIA

coincidente con, e costituita attraverso, rapporti specificamente legati


insieme con il resto della natura”6.
È chiaro dunque che nella prospettiva di Moore società e natura
non sono mai state separate e ancora meno possono dirsi nell’epoca
della produzione della natura astratta, ripresa da Neil Smith.
Un differente statuto ontologico sarebbe “immotivato”. Moore
domanda retoricamente perché “quando gli umani alterano i flussi
dell’ecosistema essi disturbano, mentre sono naturali quando i castori
modificano i flussi d’acqua realizzando dighe?”7. Questa insensatezza
per Moore si mostra ancor più acuta nella concezione di Clark e York
per i quali “la rottura implica e necessita di un rapporto esterno, se-
parato, dell’unità agente (il ‘capitale’ o la ‘società’) con il sistema che
viene danneggiato”8.
Moore non ritiene proficua politicamente e teoreticamente la po-
stura della catastrofe ecologica, anzi, ravvisa come contraddittoria
questa posizione della frattura metabolica: da un lato c’è la catastro-
fe, dall’altro il capitalismo è indipendente da questa. Il capitalismo
sembra sempre sul punto di non poter superare i propri limiti, e in-
vece riesce nel suo intento. Il sistema duale del metabolismo fornisce
un’idea della crisi come apocalisse. Per Foster la crisi è convergenza
di contraddizioni economiche ed ecologiche, e quindi presuppone la
separazione degli enti ecologia ed economia9. Il metabolismo è stato
dunque ridotto a flussi e stock tra unità preformate di Società e Na-
tura.
Cosa dunque non avrebbero capito della dialettica gli esponenti
della teoria metabolica? Anzitutto per Moore la teoria della frattura
metabolica muove dall’idea che il capitale sia ontologicamente prio-

6 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 141.


7 Ivi, p. 151. Il riferimento alla concezione di Bruno Latour è implicito: “La parola
‘moderno’ definisce due gruppi di pratiche completamente diverse che, per conser-
vare efficacia, devono restare distinte, mentre da qualche tempo non sono più tali.
Il primo insieme crea, per ‘traduzione’, un miscuglio tra tipi di esseri affatto nuovi,
ibridi di natura e di cultura. Il secondo per ‘depurazione’, produce due aree ontolo-
giche completamente distinte: quella degli umani da un lato e quella dei non umani
dall’altro” (Bruno Latour, Non siamo mai stati moderni, trad. it. di G. Lagomarsino,
Eleuthera, Milano 2009, p. 26).
8 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 151.
9 “La scuola marxista del metabolismo dimentica di rispondere alla domanda vera-
mente rivoluzionaria: come sono unificati, sebbene in maniera ineguale, i metabo-
lismi specifici del capitale, del potere e della produzione attraverso la lunga storia
capitalistica?” (ivi, p. 142).
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 175

ritario rispetto alla natura. Da lì l’idea di crisi convergente o triplice


esposta da Foster (economica, ecologica, egemonica)10, che presuppo-
ne per Moore enti ontologicamente separati. Per Moore si tratta di un
dualismo leggero che separa l’economia politica dalla storia-mondo.
Rifiutando i meccanismi retroattivi tra crisi ecologica e crisi econo-
mica di O’Connor, per Moore, Foster non coglie il processo di accu-
mulazione capitalistica che è ben più di un processo esclusivamente
economico. Per l’ecologia-mondo il capitalismo è accumulazione di
capitale, potere e co-produzione della natura come unità dialettica.
Nessuna catastrofe, insomma, ma un rapporto cangiante.
Moore sostiene che le concezioni di Foster siano profondamente
cambiate e per questa ragione avrebbe supportato la sua postura teo-
rica all’inizio del millennio11. Il pensiero di Foster si era avviato verso
un superamento del dualismo per poi riproporlo. Nelle opere degli
anni Novanta, per Foster i problemi ambientali sono problemi di clas-
se e la legge generale del degrado ambientale esprime l’internalità tra
crisi ambientale e crisi ecologica. Nel 1994, in The Vulnerable Planet,
Foster segna l’inizio del cambiamento epocale del rapporto uomo-
natura nel xvi secolo12.
Nella prima esposizione della teoria della frattura metabolica in
un saggio di fine millennio, Moore individua un’analisi più avanzata e
che punterebbe maggiormente verso un’idea di cambiamenti e di suc-
cessioni di rotture metaboliche piuttosto che verso una separazione13.
Moore individua tre registri: 1) frattura tra la produzione umana e
le condizioni materiali; 2) estraniamento materiale degli esseri umani
nella società capitalistica dalle condizioni naturali della loro esisten-
za; 3) espressione geografica nella divisione antagonistica tra città e
campagna. Moore identifica uno scarto tra il concetto originario di
frattura metabolica e i suoi successivi sviluppi nel fatto che esso impli-
cava una riconfigurazione piuttosto che una separazione, esplicitata
attraverso una dimensione geografica14.

10 Cfr. John Bellamy Foster, A Failed System. The World Crisis of Capitalist Globaliza-
tion and its Impact on China, in “Monthly Review”, lx, 10, 2009, pp. 1-23.
11 Jason W. Moore, Environmental Crisis and the Metabolic Rift in World-Historical
Perspective, in “Organization & Environment”, xiii, 2, 2000, pp. 123-57
12 Cfr. John Bellamy Foster, The Vulnerable Planet, A short Economic history of the
Environment, Monthly Review press, New York 1999, p. 37
13 John Bellamy Foster, Marx’s Theory of Metabolic Rift, in “American Journal of So-
ciology”, cv, 2, 1999, pp. 366-405.
14 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., 147.
176 MARXISMO ED ECOLOGIA

Per Moore, Foster avrebbe avuto il merito di indicare come il ca-


pitale costituisca un flusso aperto, non solo di denaro nel processo
di autovalorizzazione, ma che comporta l’espansione della frontiera
come nel commercio del guano15. Senza la rivoluzione agricola non
è sostenibile l’urbanizzazione. Foster avrebbe compreso che la sto-
ria del capitalismo emerge attraverso successive rotture metaboliche,
ma ciò che gli mancherebbe è un serio ingaggio con “l’analisi storica
[che] è utilizzata ma non è praticata”16.
Il tentativo di Moore è quello di spiegare il metabolismo all’inter-
no di una cornice storica. I cambiamenti sono di natura umana ed
extra-umana, e il concetto di frattura metabolica è in questo senso
inservibile perché degrada la natura a ente esterno passivo “da pro-
sciugare”; c’è invece un unico metabolismo di capitale, potere e rete
della vita. Nel proseguire i suoi studi Moore si allontana dalle posi-
zioni della frattura metabolica, o meglio, a suo dire, gli stessi autori si
allontanano dalla loro formulazione originaria17.
Per Moore il dualismo espresso da questa concezione della frattura
metabolica non è solo ontologico, ma anche epistemologico operando
tra i due poli dell’universale e del particolare, radicandosi sul positivi-
smo sociologico. La frattura metabolica non è preformata, ma storica-
mente costruita attraverso forme distinte e variegate di produzione-di-
ambiente da parte delle nature umane ed extra-umane tenute assieme
in specifiche civiltà e nei loro rapporti strategici di riproduzione.
Nonostante i rimproveri, Moore trova che il saggio Marx’s ecology
fornisca due importanti contributi che vanno nella sua direzione: 1)
“offre un’immagine del pensiero di Marx sui rapporti del capitalismo
che trascende la divisione cartesiana: l’approccio relazionale di Marx
al capitalismo vedeva capitale, classe e metabolismo come interni
l’uno agli altri”, nonostante “la stessa descrizione sia strutturata in
termini dualistici – ‘combinando una concezione materialistica della
storia con un concetto materialistico di natura’”. 2) Fornisce una cri-

15 Foster, Marx’s ecology, cit., pp. 150-156.


16 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., 149.
17 “Cambiamenti relativi alla produzione di merci erano simultaneamente umani così
come extra-umani e la ‘rottura’ della frattura metabolica nel ciclo dei nutrienti non
era affatto limitata ai nutrienti (infatti, è stato sempre più difficile per me vedere
una rottura o una frattura del tutto!). I flussi degli umani, e la loro riproduzione
intergenerazionale e quotidiana della vita (e della forza-lavoro), si erano trasformati
in un modo che non supportava la teoria del metabolismo sociale e naturale” (ivi, p.
150).
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 177

tica della separazione della totalità, che “critica la tradizione marxista


occidentale – inclusa la Scuola di Francoforte – per il suo riduzioni-
smo-sociale nella dialettica e per la sua distanza dai più ampi proble-
mi della natura materiale”. Uno dei pochi aspetti sui quali entrambi
convergerebbero18.
In conclusione, per Moore la virtù del primo Foster è quella di
aver fatto comprendere il carattere geografico dell’attività umana. I
rapporti di classe, capitale e accumulazione aderiscono a particolari
forme storico-geografiche dell’ascesa del capitalismo. L’intuizione di
Foster è vedere un metabolismo del capitale come un sistema aperto
che preme sulla frontiera della natura a buon mercato, sia come pre-
lievo che come smaltimento, come tap e sink. Ma “il metabolismo,
in questa prospettiva, riguarda i cambiamenti (provvisorie e specifi-
che unità), non le fratture (separazione cumulativa)”19. Nei suoi te-
sti inziali Foster aveva messo in discussione una visione economica
dell’accumulazione capitalistica ma poi l’avrebbe riproposta appaian-
dovi una “eccessiva enfasi sulla ‘distruzione’, raramente specificata,
della natura”. Per Moore il capitale agisce attraverso la natura evi-
dentemente anche con processi creativi: “l’entropia è sempre positiva
e buona da abbracciare, ma la rete della vita è anche un luogo pieno
di attività creatrici-di-vita e produttrici-di-ambiente”20. La centralità
per Moore è nel rapporto con la frontiera, non in quanto limite, ma
come potenzialità di estensione dell’appropriazione tramite rivolu-
zioni scientifiche, di potere e accumulazione. I limiti del capitalismo
sono “i limiti di uno specifico modo di organizzare la natura”. Per
questo Moore sostiene che oramai non ha senso preoccuparsi del col-
lasso sociale:

È realmente qualcosa da temere il ‘collasso’ di una civiltà che getta quasi


la metà della sua popolazione in uno stato di malnutrizione? La Caduta
di Roma dopo il quinto secolo e il collasso del potere feudale in Europa
occidentale fecero strada a un’età dell’oro negli standard di vita per un’am-
pia maggioranza della popolazione. Bisogna stare attenti a non esagerare
con questi paralleli storici. Ma è a nostro rischio anche farne pochi21.

18 Ivi, p. 154.
19 Ivi, p. 156.
20 Ivi, p. 157.
21 Ivi, p. 160.
178 MARXISMO ED ECOLOGIA

1.2 Le critiche ontologiche: monismo della sostanza


o delle proprietà? Il vuoto della mediazione dialettica

Se Moore insinuava che Foster non avesse una concezione dialet-


tica (a differenza di Burkett), entrambi gli rivolgono la medesima ac-
cusa22. L’aspetto critico delle posizioni di Moore è la sua concezione
monista radicale, o, nelle parole dello stesso autore, “visione monista
e relazionale”23. Questa posizione ontologica di ispirazione latouriana
non conosce l’elemento della mediazione della dialettica. Foster giu-
dica negativamente questo approccio perché “si discosta dalla con-
cezione complessa e dialettica di Marx del ‘metabolismo universale
della natura’, concepito come la totalità, di cui il metabolismo sociale
è dialetticamente (e storicamente) parte mediata”24. Moore adopera
“un’ontologia piatta” nella quale non è possibile operare distinzioni
e tutto è imbrogliato: “Attori umani e non umani in cui tutto è visto
come esistente su un unico piano costantemente mescolato e con-
flittuale – semplici reti o trame senza chiare demarcazioni”. Questa
concezione sarebbe “in opposizione a un realismo critico dialettico
che enfatizza la complessità, la mediazione e i livelli integrati, in un
universo in evoluzione e in cambiamento”25.
Mi si consenta ora una digressione. A ben vedere, nella concezio-
ne di Moore, vi è una teoria dell’agire che è diretta conseguenza della
sua impostazione ontologica, per la quale non vi sarebbero differenze
fra esseri umani, non umani e, stando a certe affermazioni, persino
a elementi inorganici nelle loro capacità di fare la storia (storia che a
questo punto non ha più senso di essere divisa in ‘naturale’ e ‘socia-
le’). Ora lasciando da parte la capacità d’azione degli elementi inor-
ganici che veramente sembra insostenibile, in quanto non possono
essere soggetto, nemmeno a determinate condizioni storiche, pren-
diamo ora in considerazione la domanda di Moore. Perché “quan-
do gli umani alterano i flussi dell’ecosistema essi disturbano, mentre
sono naturali quando i castori modificano i flussi d’acqua realizzando

22 John Bellamy Foster, Paul Burkett, Value isn’t everything, in “Monthly Review”,
lxx,
6, novembre 2018, https://monthlyreview.org/2018/11/01/value-isnt-every-
thing. Poi raccolto in forma rivista nel nono capitolo di John Bellamy Foster e Brett
Clark, The Robbery of Nature: Capitalism and Ecological Rift, Monthly Review Press
(ePub), New York 2020.
23 Moore, Capitalism in the web of life, cit., p. 85.
24 Foster, Marxism in the Anthropocene, cit., p. 403-404.
25 Foster e Clark, The robbery of nature, cit. cap. 9.
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 179

dighe?”26. Tutti gli organismi si costituiscono attraverso l’evoluzio-


ne naturale nel loro rapporto metabolico dialettico tra organismo e
ambiente27. Il fatto che l’organismo sia il risultato solo contingen-
temente stabile di un processo di interazione/modificazione con
l’ambiente è testimoniato sia dal fatto che a sua volta egli consista in
un ambiente per altri organismi e che l’ambiente con cui interagisce
metabolicamente sia fatto di e da altri organismi. In questo senso
umani e castori sono naturali e le loro produzioni sono il risultato di
un processo naturale. Naturale è usato nel senso di materiale, e lo è
tanto la diga del castoro quanto la bomba nucleare. Ciò che distingue
l’attività del castoro da quella umana è che l’attività del castoro del
costruire una diga si ripete grosso modo identica a sé stessa mentre
la produzione umana varia nel corso dei millenni e oramai accelera a
ritmi vertiginosi dalla rivoluzione industriale. L’attività del castoro è
modellata da una lenta interazione con l’ambiente e con gli altri esse-
ri che costituiscono il suo ecosistema attraverso l’evoluzione naturale.
Non si nega che alcune specie animali abbiano forme di trasmissione
culturale, ma che il loro modo di essere le faccia compiere solo un
numero limitato di inferenze mentali e dunque che il loro lavoro sia
qualitativamente diverso da quello umano. La produzione umana,
per quanto anch’essa naturale, si distingue per l’essere sociale, e per-
ciò non è mai uguale a sé stessa in quanto l’essere umano è un “tool-
making animal”28. Il fenomeno della divisione del lavoro fa sì che ci
sia un graduale distacco dalle condizioni immediatamente naturali
della produzione e che queste siano sempre più mediate socialmente.
La questione non è che il lavoro umano sia legato a precondizioni na-
turali, cosa ovvia, ma che esso sia anche sociale, sottoposto ad un’at-
tività cosciente e teleologica con una specificità storica da analizzare.
L’attività sociale umana ha sviluppato un potere così grande che solo
rendendoci autocoscienti come società della nostra interazione me-
tabolica con l’ecosistema possiamo rimandare un destino inevitabile
per ogni specie: l’estinzione.
Anche altri ecomarxisti si sono pronunciati contro Moore. Ian
Angus, un esponente della Metabolic Rift noto per il suo studio sul
concetto di Antropocene, risponde a Fred Murphy rimasto attonito

26 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit., p. 151.


27 Cfr. Lewontin, Biologia come ideologia, cit.
28 Marx, Il Capitale, cit., i, p. 276. Anche alcuni animali utilizzano gli strumenti, ma
a differenza dell’essere umano non li conservano o li usano solo limitatamente per
farne altri.
180 MARXISMO ED ECOLOGIA

rispetto al durissimo scontro che si consuma tra Foster e Moore29.


Murphy ritiene che i lavori dei due autori siano egualmente validi e
non in contrapposizione30. Per Angus le accuse di dualismo di Moore
non sollevano “un oscuro punto filosofico”, ma additano gli ecomar-
xisti di essere “complici” della violenza capitalistica e di stare “im-
pedendo il cambiamento”. La visione di Foster è dunque tacciata di
“millenarismo” e di “disarma[re] la sinistra”. Un atteggiamento che
Angus ritiene offensivo oltre che non dialettico. Sarebbe dunque im-
possibile salvare il pensiero di Moore “dalla sua ossessione per il dua-
lismo” , la quale costituisce la fonte di tutti gli altri problemi di natura
economica, scientifica e di pratica politica del suo pensiero31.
Per Kohei Saito ciò che distingue la critica di Moore da quelle
della prima fase dell’ecosocialismo è aver criticato Foster ed Engels,
ma non Marx, che difende tramite la propria interpretazione del mo-
nismo radicale dell’Oikeios32. Il concetto marxiano di “metabolismo
tra l’uomo e la natura” non le “separa come entità irrilevanti, ma è
essenziale per esprimere la loro relazione monistica integrale”. Che la
produzione umana sia inestricabilmente legata alla natura è un fatto
triviale. Ciò che è rilevante è il funzionamento di questo metabolismo
tra esseri umani e natura nelle nella sua specificità storica. “Per questo
motivo, nonostante la visione monistica di quel metabolismo, Marx ha
anche sottolineato l’importanza di separare la “determinazione della
forma economica” (ökonomische Formbestimmung) come un passo
necessario per cogliere la specificità storica del capitalismo”33.
Anche Malm ha aspramente criticato Moore. Le critiche ontologi-
che a lui rivolte corrispondono a quelle contro Latour. Partendo dalla
ricostruzione del pensiero di Cartesio, Malm erige una solida critica
al monismo che li caratterizza. Il dualismo cartesiano tra spirito e ma-

29 John Bellamy Foster intervistato da Ian Angus, In Defens of Ecological Marxism, cit.
30 Fred Murphy sorvola sulla questione ontologica non ritenendola determinante:
“Lascerò il ‘dualismo cartesiano’ ai philosophes”. Cfr. Fred Murphy, In Defense of
Capitalism in the Web of Life, in “Climate and Capitalism”, 23 giugno 2016, https://
climateandcapitalism.com/2016/06/23/two-views-on-marxist-ecology-and-jason-w-
moore/ (ultimo accesso 1.9.2021).
31 Ian Angus, Foster’s Remarks were Measured and Accurate, in “Climate and Capital-
ism”, 23 giugno 2016, https://climateandcapitalism.com/2016/06/23/two-views-on-
marxist-ecology-and-jason-w-moore/ (ultimo accesso 1.9.2021);
32 Kohei Saito, Marx in the Anthropocene: Value, Metabolic Rift, and the Non-Cartesian
Dualism, in “Zeitschrift für kritische Sozialtheorie und Philosophie“, iv, 1-2, 2017,
p. 281.
33 Ivi, p. 288.
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 181

teria è stato ampliamente abbandonato nella metafisica della mente


per il problema della causalità: come interagiscono spirito e materia
se risiedono separatamente l’uno dall’altra? In questo senso possiamo
dire che nel momento in cui uno pensa la società come un luogo in-
dipendente dalla natura, come nell’economia neo-classica, si situa sul
terreno improduttivo dei dualismi cartesiani. La crisi ecologica svela
che l’essere umano appartiene alla natura e dunque, nei termini di una
filosofia dello spirito, si ammette un “monismo della sostanza”. Ma è
ben altra cosa sostenere che non vi sia una differenza delle proprie-
tà di corpo e mente. Possono dunque distinguersi un monismo delle
proprietà da un dualismo delle proprietà. Il monismo della sostanza e il
dualismo delle proprietà “non ammette che solo una sostanza – la ma-
teria – ma considera la mente come un’escrescenza di quella sostanza
avente proprietà mentali uniche”34. Di contraltare “la tesi dell’ibridi-
smo è che, poiché società e natura indicano la stessa cosa, esse non
possano essere differenziate in alcuna maniera”35.
La complessità dei cicli terrestri è impressionante. Elementi come
temperatura, concentrazione di gas dell’atmosfera, umidità, acidità
dei mari, correnti oceaniche, fenomeni metereologici vivono un equi-
librio che può essere perturbato anche con piccole variazioni. L’ani-
dride carbonica emessa in atmosfera dal capitalismo fossile rappre-
senta una quantità minima. Si è passati da una concentrazione di CO2
pari a 280 ppm a 410 ppm. Eppure il ruolo dell’anidride carbonica
nel regolare la temperatura terrestre è fondamentale e una serie di
meccanismi di rinforzo positivo causano effetti a catena. L’ovvia con-
seguenza che Malm ne trae è che non sia l’uomo a creare il clima: i
concetti di distruzione e creazione non sono adatti a descrivere questo
fenomeno, maggiormente corretto pare quello di perturbazione.
Moore riprende chiaramente l’impostazione di Latour con tutti i
difetti che ne derivano. Malm lo tronca seccamente: “Moore: ibridi-
smo sfrenato sotto un abito marxista”36. Cerca di mettere in guardia
dall’usare la congiunzione e per descrivere l’interazione tra capitale
e natura volendola sostituire con nella per dare l’impressione di un
superamento dei dualismi. Questa semplice espressione linguistica,
della quale lui stesso non può comunque fare a meno perché ren-
derebbe illeggibile il suo lavoro, abbasserebbe l’analisi a una visione
34 Andreas Malm, Nature et société: un ancien dualisme pour une situation nouvelle, in
“Actuelle Marx”, Marxismes écologiques, 61, 2017, p. 52.
35 Ibidem.
36 Ivi, p. 61.
182 MARXISMO ED ECOLOGIA

dualista della sostanza. Ciò è completamente falso perché distinguere


le proprietà è possibile e doveroso ai fini dell’analisi ed è compatibile
con una posizione monista della sostanza, e in questo consiste l’inse-
gnamento della scuola della frattura metabolica. Moore sostiene che
utilizzare la congiunzione e nel descrivere il rapporto società-natura
sottintenda una separazione. Per lui è necessario studiare come invece
società e natura siano unite. Malm fa notare che si tratta solo di un
gioco di parole perché la stessa critica potrebbe essere rivolta a lui, in-
fatti per studiare come due cose sono unite previamente è necessario
separarle nell’analisi.
Al di là dei giochi di parole, il problema principale è che il mo-
nismo delle proprietà di Moore inibisce ogni tipo di analisi e porta
a numerose falsità. Rifiutando gli opposti la sua teoria supera lingui-
sticamente persino la contrapposizione tra le classi. Moore afferma
che per condurre una critica ecologica dal punto di vista monista
“possiamo fare a meno dell’idea che qualcosa come il cambiamento
climatico possa essere analizzato in dimensioni sociali e naturali quasi
indipendenti”37. Malm ritiene invece fondamentale operare una di-
stinzione delle proprietà duali di società e natura, altrimenti, “potrem-
mo anche dire che possiamo fare a meno di analizzarlo”38.
Non solo è fondamentale operare distinzioni ai fini dell’analisi, ma
queste devono tanto più crescere quanto più è complessa la realtà con
la quale ci raffrontiamo; è una questione metodologica di indirizzo
dell’intervento politico. Rinunciarvi significa incorrere in palesi errori
e cortocircuiti, quali: “Il capitalismo fa la natura. La natura fa il ca-
pitalismo. Nessuna di queste proposizioni è vera. Il capitalismo non
produce certo la natura; la natura non produce assolutamente il capi-
talismo”. Ciò che va invece esaminato, “è l’assoluta discordanza tra i
due che deve essere presa in considerazione, ed è questo che la teoria
della frattura metabolica ha costantemente messo in evidenza”39.
Esistono due posizioni di ibridismo: 1) l’ibridismo ontologico, per
cui società e natura sono così inestricabili che non esistono; 2) ibri-
dismo metodologico, per cui il fatto che siano così compenetranti fa
sì che non vi sia ragione o utilità nel distinguerle. Moore è quindi
monista della sostanza come Foster e altri, ma è anche monista delle
proprietà, non riconoscendo neppure una differenza ontologica tra

37 Ivi, p. 62.
38 Ibidem.
39 Ibidem.
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 183

sociale e naturale. La teoria della frattura metabolica invece che dise-


gnare un’ontologia piatta, distingue piani e livelli e li mette in rappor-
to dialettico di emersione e co-determinazione, ma disegnando un’au-
tonomia relativa fra questi due poli40. Con il monismo sostanziale e il
dualismo delle proprietà abbiamo veramente una posizione ecologista
e dialettica, per cui si riconosce che tutto è indissolubilmente legato e
che alcuni fattori hanno un ruolo perturbatore.

2. Il dibattito economico

Chiaramente anche sul versante economico ci sono stati diversi


scontri. Due sono sostanzialmente i punti di divergenza: la teoria del
valore e il rapporto tra crisi economica e crisi ecologica. Se per quanto
riguarda la teoria del valore l’oggetto dello scontro è tra teorie mar-
xiane del valore in senso ecologico e teorie postmarxiane del valore in
senso relazionale/culturale, lo scontro sul rapporto tra crisi ecologica
e crisi economica, ossia se sussista un meccanismo di feedback o un
rapporto autonomo fra queste, affonda le proprie radici nella teoria
della seconda contraddizione di O’Connor.

2.1 Crisi ecologica e crisi economica: feedback o autonomia relativa?

Abbiamo già esaminato nel primo capitolo come O’Connor artico-


li crisi ambientale e crisi economica attraverso la teoria della seconda
contraddizione. Tramite un processo di riflessione, la crisi ecologica
genera la crescita dei costi di risanamento delle condizioni di produ-
zione così da determinare la crisi economica. Questo fenomeno av-
viene sia per l’impossibilità stessa da parte del capitale di proseguire
nel processo di valorizzazione a causa dell’aumento dei costi, sia per
l’emergere di nuovi movimenti legati alla riproduzione sociale. Bur-
kett ammette che il vincolo tra crisi ecologica e crisi economica sia
possibile, ma ne nega la necessità meccanica41. Il limite ultimo alla
sopravvivenza del capitalismo è quello dell’esistenza della vita stessa.
Foster e Burkett non connettono immediatamente crisi ecologica e

40 “Trascendere il retaggio cartesiano richiede di abbandonare la sua filosofia, ma ciò


non implica in alcun modo sostenere ibridismo ontologico o metodologico, in cui la
compenetrazione dinamica del sociale e del naturale diventa di nuovo invisibile e, di
conseguenza, quindi inalterabile” (ivi, p. 54).
41 “Può non piacerci, ma il fatto è che il capitalismo può sopravvivere a ogni catastrofe
184 MARXISMO ED ECOLOGIA

crisi economica. La crisi ecologica è un processo costante di degrada-


zione dovuto alla contraddizione tra valore e valore d’uso il cui risul-
tato è la frattura metabolica tra il metabolismo sociale del capitalismo
e quello universale della natura42. La questione che solleva questo tipo
di risposta è la seguente: può considerarsi una critica immanente alla
logica del capitale? La risposta è affermativa, poiché il processo di
valorizzazione necessita di elementi naturali-materiali come portatori
di valore per il proprio movimento.
La contraddizione tra natura e capitale ha qualcosa di diverso e
qualcosa in comune con la contraddizione capitale e lavoro. Di di-
verso ha che la contraddizione capitale-lavoro si esprime nella logica
astratta stessa del capitale: il lavoro astratto è la fonte del valore, ma
il capitale lo sostituisce con capitale costante per poter accrescere il
plusvalore in forma relativa43.
Ciò che ha di simile e che Marx non tratta la forza lavoro come una
merce fra le altre. La logica di valorizzazione D-M-D’ si traduce nel
processo produttivo con denaro (D) che acquista mezzi di produzione
(MP) e forza lavoro (FL) nel mercato, li mette in uso nella produzione,
ricavandone una merce (M’) che rivende nel mercato per ricavarne
denaro (D’=D+ΔD)44. La contraddizione consiste nel fatto che il ca-
pitalista deve dominare la produzione, che dal punto di vista dei mac-
chinari è un fattore tecnico, ma dal punto di vista dei lavoratori e delle
lavoratrici in carne e ossa significa esercitare un comando dispotico
sul processo produttivo. La possibilità della lotta di classe si situa nella
produzione non nella sua logica astratta, ma nella sua concretizzazione
materiale. Anche qui la contraddizione si situa tra valore e valore d’u-
so. Essa consiste nel fatto che il processo di autovalorizzazione, la logi-
ca astratta del capitale con al centro il valore, è giustapposta al proces-
so produttivo concreto nella produzione reale avente al centro i valori

ecologica fino all’estinzione della vita umana” (Burkett, Marx and Nature, cit., p.
192).
42 Curiosamente Foster, quando ancora non aveva maturato una piena critica del-
le posizioni di O’Connor, definiva la seconda contraddizione come l’assoluta legge
generale della degradazione dell’ambiente sotto il capitalismo, per poi comunque
riprenderla nel suo libro collettivo The Ecological Rift. John Bellamy Foster, The
absolute general law of environmental degradation under capitalism, in “Capitalism
Nature Socialism”, iii, 3, 1994, pp. 77-81. Foster, Brett Clark e York, The Ecological
Rift, cit., cap. 10.
43 Questa tendenza è all’origine di un’altra e più conosciuta Legge della caduta tenden-
ziale del saggio di profitto. Cfr. Marx, Il Capitale, cit., iii, pp. 271 ss.
44 Marx, Il Capitale, cit., i, pp. 257 e ss.; Marx, Il Capitale, cit., ii, pp. 45 ss.
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 185

d’uso. Il processo di valorizzazione considera solo la sostanza sociale


e alienata del valore, mentre il processo reale considera i corpi come
risultato dell’interazione di lavoro umano e natura. È qui che si colloca
la contraddizione. I lavoratori e le lavoratrici non sono delle macchine
disponibili illimitatamente allo sfruttamento capitalistico, ma limitati
naturalmente, pur con un certo grado di flessibilità, e dotati di volontà
sociale. Esiste sempre la possibilità della ribellione che inceppa il mec-
canismo di dominio del capitale nella produzione. Allo stesso modo la
natura viene costantemente disarticolata nell’atto originario produttivo
delle materie prime e costretta a sopportare un’ingente immissione di
materiali di scarico della produzione che compromettono le capacità
di rigenerazione dei cicli biologici. Anche qui però esiste sempre la
possibilità della rivolta in un certo senso, seppur non cosciente, che i
cicli biologici si interrompano e che la natura si vendichi inceppando i
meccanismi sociali. Entrambe queste contraddizioni si situano dentro
e fuori la produzione e costituiscono l’orizzonte di una possibilità e
una tendenza, non una legge necessitata e ferrea45.
La critica risulta immanente perché l’intero ciclo capitalistico ne-
cessita dei “doni gratuiti della natura” così come dei “doni gratuiti
della natura umana” come schematizza Harvey46. È interna ma situata
a un livello più profondo e mediato dell’analisi, che è appunto quel-
lo tra il metabolismo sociale del capitale, relativamente indipendente
dagli elementi naturali, e il metabolismo universale della natura, dal
quale il processo di accumulazione capitalistica dipende e con cui en-
tra in contraddizione47. Si verificano continuamente rotture all’interno
di un quadro di permanente degradazione della natura. Il carattere
predatorio del capitale, sia nei confronti dell’essere umano che della
natura, genera crisi ecologiche locali, le cui soluzioni vengono affidate
al mercato mondiale. Questo processo disloca e amplifica il portato
della crisi ecologica da fenomeno locale fino a livelli regionali e glo-
bali. La crisi ecologica è di una portata ben più grave rispetto a quel-
la economica e non è riducibile ad essa. Ciò che media e unisce nel
capitalismo le crisi economiche e ecologiche è la condizione alienata
umana nei confronti del lavoro e della natura. Come ci ricorda Marx,

45 Marx, Il Capitale: Libro I, capitolo VI inedito, cit.; Engels, Il lavoro nel processo di
umanizzazione della scimmia, cit., p. 193-194. Su autonomia del lavoro e autonomia
della natura si veda anche Andreas Malm, The Progress of This Storm, cit., cap. 7.
46 David Harvey, Universal Alienation, in “Triple C”, xvi, 2, 2017, pp. 424-439.
47 Cfr. Fred Magdoff, I. Capitalism’s twin crises: Economic & Eviromental, in “Monthly
Review”, liv, 4, 2002, pp. 1-5, e Foster, II. Capitalism and Ecology, cit., pp. 6-16.
186 MARXISMO ED ECOLOGIA

il capitalismo degrada le vere fonti della ricchezza: l’essere umano e la


natura. Ciò non significa che la crisi economica sia un feedback della
crisi ecologica, o che la crisi ecologica determini un qualche arresto nel
processo accumulativo del capitale. Esiste solo una condizione gene-
rale di dipendenza del capitalismo dalla materia e dalla natura per cui
“il sistema riconoscerà che i soldi non possono essere mangiati solo
quando l’ultimo albero sarà tagliato e non prima”48. La crisi attuale è
concettualizzata da Foster in forma tripartita: come crisi economica,
come crisi ecologica e come crisi dell’egemonia statunitense. Seppur
possono esserci fenomeni di degrado ecologico o di crisi imperiale ri-
conducibili a crisi economiche, i primi due non sono riducibili o ne-
cessariamente ricondotti attraverso un meccanismo di feedback49.
La suggestiva analisi messa in campo da O’Connor con la teoria
della seconda contraddizione, nel tentativo di effettuare una critica
immanente sembra cadere nel funzionalismo ed economicismo, non
cogliendo le crisi ecologiche per ciò che sono, ma solo vedendole di
riflesso come crisi economiche quando minano, scusate il gioco di pa-
role, le condizioni di riproduzione delle condizioni di produzione. Vi
è una semplificazione del meccanismo di feedback tra la degradazione
della natura e crisi economica attraverso la socializzazione dei suoi co-
sti con effetti nella realizzazione dell’accumulazione capitalistica. Ciò è
possibile ma non necessariamente vero. Il capitale potrebbe benissimo
continuare a degradare la natura minando alcuni settori e aprendone
di nuovi, alimentando semplicemente un meccanismo predatorio e di
esaurimento delle risorse. Anzi è possibile vedere come le esternalità
negative della produzione sull’ambiente non si traducano necessaria-
mente in un aumento dei costi per il capitale. Ad esempio l’attuale
fenomeno dello scioglimento della calotta polare artica sta aprendo
possibilità inedite per la costituzione di nuove rotte commerciali, per
sfruttamento di nuove risorse e l’estensione dell’agricoltura50.

48 Ivi, p. 10.
49 John Bellamy Foster, A Failed System. The World Crisis of Capitalist Globalization
and its Impact on China, in “Monthly Review”, lx, 10, 2009, pp. 1-23.
50 In un articolo, per certi versi datato, Foster avverte che “[la] mancanza di una chiara
connessione tra il danno ambientale e il danno alle condizioni economiche di produ-
zione è stata utilizzata (attraverso un’analisi standard dei costi-benefici) per giustifi-
care una politica di adattamento al riscaldamento globale così come si è sviluppata,
piuttosto che adottare misure per diminuire l’estensione del riscaldamento globale
– poiché queste aumenterebbero i costi di produzione. [...] [S]e i movimenti sociali
cercano di contenere i danni “regolando” il capitalismo, non c’è alcuna garanzia che
ciò possa comprimere seriamente i margini di profitto sul lato dei costi costringendo
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 187

Il funzionalismo e l’economicismo fanno da sfondo a questa con-


cettualizzazione, portando contemporaneamente a una sottostima
della reale degradazione ecologica in corso, poiché appare fenome-
nicamente solo come riflesso di una contraddizione economica del
sistema, ma anche un certo crollismo51. Infine, essendoci due differen-
ti teorie della crisi che generano differenti soggetti di lotta, si divide
artificialmente il movimento anticapitalista.

2.2 Moore critico della concezione del valore della teoria


della frattura metabolica

La critica che Moore formula a proposito della concezione del va-


lore della frattura metabolica è connessa a quella ontologica. La frat-
tura metabolica implica una separazione ontologica del capitalismo
dalla natura, per tanto, la legge del valore viene considerata da Moore
come una “nascita verginale cartesiana”, con un’insistenza unidirezio-
nale che viene dal pregiudizio verde, nonostante l’asserzione dialettica
della Metabolic Rift. Infatti, per Moore, quella che Foster descrive
come una relazione dialettica sarebbe solo un’interazione. La dialetti-
ca richiede “determinazione reciproca e asimmetrie storicamente fon-
date”, capitale/lavoro, città/campagna, valore di scambio/valore d’u-
so, le cui “contraddizioni negano i termini della dialettica”: capitale/
lavoro è un rapporto storico che si conclude con il lavoro che trionfa
e si afferma trascendendo i termini stessi della dialettica. Il modello
di Foster sarebbe unidirezionale, e confermato dallo schema dell’im-
pronta ecologica, per cui “le spiegazioni storiche che emergono da
questa struttura dualistica oscillano avanti e indietro tra il riduzioni-
smo sociale e il determinismo ambientale”52.

il capitale a riformarsi – o che ciò non fornisca, di fatto, modi del tutto nuovi di
trarre profitto dalla distruzione ambientale” (John Bellamy Foster, II. Capitalism and
Ecology: The Nature of the Contradiction, in “Monthly Review”, 54, 4, settembre
2002, p. 11). Si veda anche Paul Burkett, Marx and nature, cit., pp. 193-7. Burkett,
Foster, Marx and the Earth, cit., pp. 5-7. Per una discussione sugli effetti del riscalda-
mento globale e dello scioglimento dei ghiacci polari artici si veda Minqi Li, Climate
Change, Limits to Growth, and the Imperative for Socialism, in “Monthly Review”,
lx, 3, 2008, pp. 51-67.
51 Cfr. Riccardo Bellofiore, L’ecomarxismo di James O’Connor, in “Marx 101”, n.s.,
1, 1990, pp. 177-180. È pur vero che, come ha detto Malm, stiamo assistendo alla
“prima crisi O’Connor”, ma è anche vero, con una battuta, che i marxisti avevano
previsto dodici delle ultime tre crisi.
52 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., pp. 151-152.
188 MARXISMO ED ECOLOGIA

Moore sottolinea ripetutamente la superiorità teorica dell’analisi di


Burkett, operando così una strategia di separazione tra il pensiero di
Foster e quello del suo collega, rivendicando una maggior vicinanza
del suo pensiero al primo. Per Moore, infatti, la teoria del valore è
una “unità ontologica” e “alienazione storica” del “lavoro (umano)-
nella-natura”. Eppure riconosce che anche per Foster il capitalismo
“assume specifiche forme geografiche, soprattutto nella dialettica
città-campagna all’interno degli stati e tra metropoli e colonie su scala
mondiale” e che queste anche per lui non rappresentino forme epife-
nomeniche, ma “sono dialetticamente collegate al valore come proget-
to e processo socio-ecologico”. In questo senso per Moore anche Fo-
ster proporrebbe la “frattura metabolica e il rapporto città-campagna
come l’espressione geografica fondamentale della legge del valore”53.
Per quanto per Moore il concetto di metabolismo punti su una
dimensione co-evolutiva, il lavoro di Foster nel superare le due culture
appare incompleto. Questo progetto è portato a termine dall’ecolo-
gia-mondo con l’idea del valore-relazionale, come legge del valore co-
prodotta da umani e resto della natura che Moore trova in Burkett.
L’accusa nei confronti di Foster è di aver associato il suo lavoro a
quello di Burkett in maniera forzosa. La frattura metabolica di Fo-
ster “avrebbe dovuto anche ricercare, attivamente, il rinnovamento
del pensiero del valore-relazionale – la legge del valore in quanto co-
prodotta dagli umani e dal resto della natura – offerto dal pionieristi-
co testo di Burkett Marx and Nature, che Foster ci ha incoraggiato a
pensare in coppia con il libro Marx’s Ecology”54.

2.3 Critiche economiche alla World-Ecology: teoria del valore

Bisogna anzitutto dire che della teoria del valore di Moore rimane
ben poco di Marx nonostante l’intenzione di derivarla direttamente
dai testi del filosofo tedesco. A causa della sua profonda ostilità a ogni
dualismo, in cui ravvede il peccato originale di Cartesio, Moore salta a
pie pari molte delle distinzioni che caratterizzano il centro dell’analisi
economica marxiana. Concetti come valore/ricchezza, valore d’uso/
valore di scambio, lavoro concreto/lavoro astratto non compaiono
nell’opera di Moore e quando lo fanno non giocano il ruolo di poli
di una contraddizione interna al movimento del capitale. Quando

53 Ivi, p. 152.
54 Ivi, p. 155.
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 189

adoperati, questi concetti vengono risignificati dentro un approccio


monista direttamente riferibile alla sua concezione ontologica. Sa-
rebbe difficile ricostruire qui l’originale lettura di Marx55, mi limiterò
dunque a criticare la questione che ritengo maggiormente responsa-
bile della cedevolezza dell’analisi di Moore: la concezione del lavoro/
energia.
Moore sostiene che la categoria dei produttori di valore possa es-
sere estesa oltre l’umano sussumendo l’intera rete della vita sotto la
legge del valore del mondo economico delle merci. Inoltre, destabi-
lizza il concetto di valore come categoria economica estendendola al
campo culturale: per lui ogni civiltà definisce il proprio rapporto con
la natura e gli esseri umani attraverso la categoria culturale/economica
del valore. Ne deriva una concezione metastorica e olistica di lavoro,
in cui lavoro ed energia sono inscindibilmente associati come lavoro/
energia. Ciò sta a indicare che il lavoro non pagato di cui si appro-
pria l’ecologia-mondo capitalistica è inteso in senso fisiologico come
dispendio energetico, lontano dunque dalla concezione di Marx. È
pur vero che Marx, nel primo volume del Capitale, concepisce il la-
voro astratto descrivendolo sotto due differenti accezioni che hanno
generato non poca confusione nell’ambito delle discussioni marxeo-
logiche. L’oggetto della disputa filosofica è se la categoria di lavoro
astratto, che costituisce la sostanza valore, sia un’astrazione logica o
un’astrazione reale.
Marx distingue il lavoro sotto un duplice aspetto: lavoro concreto
e lavoro astratto. Il lavoro concreto è dotato di qualità finalizzate alla
produzione di valore d’uso. La concezione di lavoro astratto in senso
energetico o fisiologico interpreta l’astrazione in senso logico: il lavo-
ro concreto è astratto dalle sue determinazioni particolari nel proces-
so di scambio per cui ciò che rimane è il puro dispendio energetico:
“dispendio produttivo di cervello, muscoli, nervi, mani”56. Infatti, “se
si astrae dalla determinatezza dell’attività produttiva, e perciò dal ca-
rattere utile del lavoro, in questo rimane il fatto che è dispendio di for-
za lavoro umana”57. Sotto questa luce il lavoro astratto diverrebbe una
categoria metastorica, una semplice operazione di astrazione logica
dalle determinazioni concrete dei lavori concreti.
L’altra interpretazione è invece legata al carattere feticistico della

55 Si rinvia a Heinrich, Crítica de la economía política, cit.


56 Marx, Il Capitale, cit., i, p. 118.
57 Ivi, p. 117.
190 MARXISMO ED ECOLOGIA

merce, del denaro e del capitale, una condizione storicamente deter-


minata del lavoro nel modo di produzione capitalistico. Sotto que-
sta accezione il lavoro astratto è storicamente determinato e si può
tradurre come lavoro subordinato al capitale o salariato. Il modo di
produzione capitalistico dà il carattere di feticcio alla merce, ossia
la proprietà di essere scambiata con altre merci come qualcosa che
gli appartiene naturalmente. Si tratta di un’astrazione reale, ossia un
mondo invertito in cui le cose si manifestano caratterizzate da pro-
cessi di reificazione, in cui cioè i rapporti non sono percepiti come
immediatamente sociali, “ma come rapporti materiali fra persone e
rapporti sociali fra cose”58.
Il lavoro astratto non può essere calcolato dal punto di vista ener-
getico perché non è immediatamente evidente né al produttore né al
capitalista quanto di questa sostanza sia cristallizzata nella merce. Se
così fosse, un lavoro inefficiente che consuma più energia di quanto
ne farebbe normalmente per produrre una merce dovrebbe contenere
maggior quantità di lavoro astratto. Il lavoro astratto in quanto tale
non esiste se non nella sua forma reificata, ossia la forma denaro. Per
scoprire quanto lavoro astratto è cristallizzato in una merce bisogna
scambiarla con questo equivalente sociale generale. Il denaro opera
come un mediatore sociale ex post la produzione. Non è possibile mi-
surare il valore sotto forma di quantità di tempo o di energia spesa
nella produzione, poiché il valore è una categoria sociale.
Nello scambio “entrambi i prodotti hanno solo una partecipazione
di questa sostanza in comunità”. Difatti, “la grandezza del valore non
è una relazione individuale del produttore e del prodotto, ma una
relazione tra il lavoro individuale del produttore e il lavoro sociale glo-
bale. Lo scambio non produce valore, ma fa da mediazione in questa
relazione”59. Non vi è nessun tipo di calcolo di spesa energetica nella
contabilità sociale, anzi, il valore è una forma alienata di ricchezza che
astrae dalle qualità concrete della produzione di valori d’uso. Il lavo-
ro astratto, come sostanza valore, è contenuto nella merce solo come
oggettività spettrale. Il denaro come equivalente universale espone il
valore/lavoro astratto contenuto nella merce nel processo di scambio.
Possiamo sapere il valore di una merce prodotta solo nell’incontro
tra produzione e circolazione, non facendo un’astrazione logica delle
qualità concrete del lavoro avente come risultato il puro calcolo del

58 Ivi, p. 151.
59 Heinrich, Como leer el Capital de Marx?, cit., pp. 75-6.
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 191

dispendio energetico60. Il marxista russo Isaak Rubin negli anni venti


del xix secolo chiarisce che l’aggettivo “concreto” per il sostantivo
“lavoro” è una definizione delle “proprietà tecnico-naturali”, mentre
quello “astratto” definisce “forme sociali di organizzazione del lavo-
ro umano”. In questo modo Marx analizza il lavoro da un duplice
punto di vista: “tecnico e sociale”. Perciò il lavoro astratto non è una
categoria di astrazione logica, ma “contiene le caratteristiche dell’or-
ganizzazione del lavoro in una società mercantile capitalista”61. Moore
utilizza la categoria fisiologica di lavoro/energia per via dell’ostilità
verso qualunque dualismo al fine di stabilire la “doppia internalità”
tra capitalismo e rete della vita.
Moore dà inoltre una doppia accezione al concetto di valore, sia in
senso economico che in senso culturale. In questo modo non farebbe
altro che ricomprendere nella sua teoria le critiche verdi al marxi-
smo, e in generale al pensiero economico. Secondo questo atteggia-
mento il fatto che alla natura non venga attribuito valore è indice di
misconoscimento culturale. Non attribuirle un valore significherebbe
non riconoscerne il contributo, svalutarla. Per questa ragione il pen-
siero verde tende a considerare valori intrinseci della natura, come
metastorici e indipendenti dall’essere umano62, piuttosto che valori
socialmente determinati nella storia dalle relazioni concrete. Contra-
riamente a Marx, non distinguendo tra valore e ricchezza, Moore cade
nello stesso vizio del pensiero verde. Infatti come osservano Foster e
Burkett, Marx non compie una critica morale al sistema capitalistico
cui contrappone valori ideali metastorici, ma si basa sulla “critica del
modo esistente di produzione delle merci, dell’accumulazione e della
valorizzazione”. Grazie a questa prospettiva critica immanente evi-
denzia la “inesorabile compromissione da parte del capitalismo delle
condizioni ambientali dell’esistenza e del Sistema Terra stesso”. Nel
farlo Marx opera una divisione fondamentale che sfugge al monismo
di Moore: “il valore (delle merci) non è tutto e si distingue dalla ric-
chezza reale (valori d’uso)”63.

60 Per un approfondimento di una lettura del capitale basata sul feticismo si veda Hans
Georg Backhaus, Dialettica della forma valore, cit.; Riccardo Bellofiore, Il Capitale
come soggetto automatico, cit.; Heinrich, Crítica de la economía política, cit.
61 Isaak Rubin, Saggi sulla teoria del valore, trad. it. di S. Veca, Feltrinelli, Milano 1972,
p. 113.
62 Cfr. Arne Næss, Ecology, Community and Lifestyle. Outline of an Ecosophy, Cam-
bridge University Press, Cambridge 1989.
63 Foster e Clark, The Robbery of Nature, cit., cap. 9.
192 MARXISMO ED ECOLOGIA

La critica verde sostiene che Marx nella sua teoria del valore non
dia peso al contributo della natura. Abbiamo visto nel terzo capitolo
come la natura influenzi la produttività, ma non il contenuto del valo-
re. Attualmente alcune critiche verdi si stanno sforzando di dimostra-
re il contributo economico dei servizi ecosistemici per sostenere questa
ipotesi. Teorie da cui Moore attinge a piene mani come si è potuto
constatare in precedenza.
La torsione che Moore applica alla teoria del valore marxiana lo
getta fra le braccia dell’oggettivismo del valore più cieco. Marx non
voleva sostenere che la teoria del valore avesse un carattere natura-
le, questa non ha lo stesso statuto della legge di gravità, che esprime
(con approssimazione) un fatto naturale. La lettura oggettivista della
legge del valore corrisponde alla canonizzazione sovietica positivista
che resta intrappolata nel feticismo. La legge di gravità esprime una
legge naturale, mentre la teoria del valore è una legge sociale reale
nella misura in cui è proprio così che il mondo sociale degli esseri
umani funziona, ma in forma storica contingente. La merce come uno
specchio “rinvia agli uomini l’immagine dei caratteri sociali del loro
lavoro come caratteri oggettuali degli stessi prodotti del lavoro, pro-
prietà naturali sociali di questi oggetti”64. Il valore, lungi dall’essere
una legge ferrea metastorica, può essere modificato o abolito nella
pratica storica concreta. Altre valide interpretazioni sul cambiamen-
to del nesso lavoro-natura-valore sono state fornite senza scadere in
un’interpretazione metastorica, ma giustificando i cambiamenti alla
legge del valore a partire da trasformazioni storico concrete dei rap-
porti tra capitale, forza lavoro e natura65.
Marx anziché appellarsi a valori intrinseci della natura criticando
moralmente e idealisticamente il modo di produzione capitalistico,
procede attraverso una critica immanente e materialista svelando le
contraddizioni insite in questo modo di produzione a partire dall’a-
nalisi delle forme sociali ed economiche. Ciò non significa in nessun
modo che Marx sia d’accordo con l’idea che la natura fornisca illimi-
tatamente e senza alcun costo, sociale o naturale, i suoi “doni”. Que-
sta è una costatazione del funzionamento reale che allo stesso tempo
rivela il contenuto ideologica della società capitalistica.
L’interpretazione che Moore fornisce di Burkett è smentita dallo
64 Marx, Il Capitale, i, cit., p. 150.
65 A titolo d’esempio l’interpretazione gorziana di Leonardi fornisce più solidi argo-
menti che un semplice spostamento dell’oggetto del calcolo della produttività dalla
terra al lavoro umano. Cfr. Leonardi, Lavoro Natura Valore, cit., pp. 75 ss.
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 193

stesso autore. Per Burkett il valore è un’astrazione reale che esprime


la condizione storica alienata del lavoro e della natura. Una forma
storicamente determinata di ricchezza che si contrappone a una me-
tastorica basata sul valore d’uso. Perché di questo si tratta: il valore
è una categoria economico-sociale, non culturale-morale. Infatti per
Foster e Burkett, “tutto ciò suggerisce che lo sviluppo umano soste-
nibile non richieda l’incorporazione della natura nel sistema di valori,
ma l’abolizione del valore stesso della merce”66.
Non è la prima volta che nel marxismo si cerca di integrare la teo-
ria del valore con la termodinamica. Un primo tentativo è stato effet-
tuato dal socialista russo Sergei Podolinsky, e diffuso in Italia nel 1881
attraverso una raccolta di articoli sulla rivista italiana di ispirazione
socialista La plebe67. Questi articoli non erano passati inosservati da
Marx e Engels che hanno commentato il lavoro di Podolinsky. Così
scriveva Engels in una lettera a Marx: “Podolinsky si è allontanato
dalla sua preziosissima scoperta in percorsi sbagliati perché cercava di
trovare nelle scienze naturali una nuova prova della verità del sociali-
smo, e ha quindi confuso la fisica e l’economia”. La conclusione a cui
giungeva era che fosse “assolutamente impossibile cercare di esprime-
re le relazioni economiche in grandezze fisiche”68.
In maniera analoga Moore ha cercato di seguire questo sforzo nel
solco tracciato dagli studi di ecologia economica di stampo neo-clas-
sico. L’assenza di distinzioni fra valore d’uso e di scambio, plusvalore
e rendita, lavoro concreto e lavoro astratto rende l’intera esposizione
poco convincente e certamente poco marxiana69. Burkett e Foster lo
stroncano duramente: “nella sua teoria dell’ecologia-mondo”, la te-

66 Foster e Clark, The Robbery of Nature, cit., cap. 9.


67 Sergei Podolinsky, Socialism and the unity of physical forces, trad. ing. di A. Di Salvo,
in “Organization & Environment”, xvii, 1, March 2004, pp. 61-75
68 Friedrich Engels, Lettera a Karl Marx 19/12/1882, in Marx & Engels Collected Works
(Letters 1880-1883). Vol. 46, Lawrence & Wishart Electric Book, 2010, pp. 410-412,
pp. 410-411. Per una ricostruzione dettagliata si veda anche Foster, Burkett, Marx
and the Earth, cit., pp. 89 ss.
69 Per poi operare improvvisamente delle sterzate, come quando nel giustificare i bassi
prezzi del petrolio afferma che “per il capitale la questione non è quella del ritorno
energetico sull’investimento energetico (eroei), ma quella del ritorno energetico sul
capitale investito (eroci)”. Nonostante la teoria del valore di Moore si centri sulla
produttività del lavoro, elemento che contraddistingue l’ecologia-mondo capitalisti-
ca, il lavoro è sempre inteso come lavoro/energia. Qui invece la differenza tra eroei
e eroci sembra operare una distinzione tra capitale come processo di valorizzazione
e capitale come processo di estrazione di lavoro/energia gratuita. Il risultato è una
confusione irrisolta. Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 106-107.
194 MARXISMO ED ECOLOGIA

oria del valore di Moore “si trasforma in una categoria sovrastorica,


una di tali vaghezze che abbraccia non solo tutte le attività delle civil-
tà, ma anche il lavoro e l’energia dell’intero Sistema Terra in centinaia
di milioni di anni nella misura in cui ha un impatto sulla produzione
umana”70.
Una falsificazione storica della teoria del valore come teoria della
Cheap Nature si trova negli studi di Andreas Malm. Nella sua ricostru-
zione storica, Moore sostiene che la profittabilità e l’accumulazione sia
garantita dai quattro input a buon mercato. Quando i prezzi vengono
a crescere, l’accumulazione stagna ed è necessaria una ristrutturazio-
ne finalizzata a ristabilirne l’economicità. Di conseguenza il passaggio
al carbone come combustibile generale dovrebbe essere determinata
dal suo basso prezzo rispetto ad altre fonti energetiche. Oltre al fatto
che questa concezione mostra come Moore oscilli tra determinismo
ambientale ed economico, leggendo la ricostruzione storica di Malm
del capitale fossile si evince che per lunghi periodi mulini ad acqua e il
trasporto via vela siano stati un’opzione più economica del carbone71.
Moore nell’inseguire in chiave monista le posizioni di O’Connor
crede di aver (doppiamente) internalizzato la critica ecologica e del
capitalismo, ma ciò che realmente inserisce nella sua teoria è un cer-
to funzionalismo ed economicismo delle posizioni di O’Connor peg-
giorandolo ulteriormente. Piuttosto che connettere crisi ecologica ed
economica in una forma di crisi/opportunità di rinnovamento delle
forme di appropriazione, il risultato di Moore pare quello di negare
la crisi ecologica e di vedere solo crisi di accumulazione di capitale
appaiate a crisi ecologiche per esaurimento del surplus ecologico di
quel lavoro/energia gratuita fornita dal movimento d’appropriazio-
ne. Nella sua teoria della doppia internalità Moore non è in grado
di vedere ciò che sta fuori dalla contabilità del capitale e che appare
come dono gratuito avendo pienamente sussunto capitale e natura in
un’unica forma. Il giudizio di Malm è lapidario: “la teoria internalista
di Moore del capitalismo dell’ecologia-mondo va oltre l’antropocen-
trismo: è capitalocentrica”72.
A questo punto è anche legittimo porsi una domanda: se l’ingiu-
stizia sociale ed ecologica è basata fondamentalmente sul fatto che
il lavoro/energia della natura non viene pagato, qual è l’alternativa?
70 Foster, The Robbery of Nature, cit. cap. 9.
71 “Una storia dell’economia fossile deve destreggiarsi tra molti più fattori rispetto al
livello dei prezzi” (Malm, The Progress of This Storm, cit., cap. 6).
72 Ibidem.
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 195

È di facile comprensione come si possa (ri)pagare un essere umano


degradato a natura per essere donna o colonizzato, anzitutto ricono-
scendone la comune umanità il che implica inoltre una ridistribuzione
delle ricchezze, rimane più difficile comprendere come si ripagano gli
animali, le piante, sostanze inorganiche e cicli biologici. Sicuramente
Moore non pensa a un pagamento monetario, ma con questa osserva-
zione vuole denunciare l’impossibilità e l’ingiustizia della società capi-
talistica. L’esito inatteso è che con una teoria metastorica dell’energia/
lavoro ogni tipo di società non può fare a meno di appropriarsi di
lavoro/energia naturale non pagata, anche quelle post-capitalistiche.
Del resto questo pare un problema insuperabile visto che l’essere
umano è eterotrofo e deve alimentarsi dell’energia/lavoro contenuto
in altri animali e vegetali. In un qualche modo l’essere umano ripaga
il ciclo ecologico con i suoi resti organici oltre che con la sua vita, ma
il bilancio rimane negativo poiché il sole è una fonte energetica da
cui attingono gli organismi autotrofi di cui direttamente o indiretta-
mente ci cibiamo. Queste e altre affermazioni impediscono di com-
prendere quale sia l’orizzonte post-capitalista proposto nel progetto
dell’ecologia-mondo. Ciò che resta è una vaga idea non esplicitata di
conformazioni socio-ecologiche più o meno progressiste dal punto di
vista eco-centrico. Come stabilirlo rimane avvolto nel mistero.
Moore potrebbe obiettare in due modi. Il primo è che per quanto
la teoria del valore si basi sul lavoro/energia di cui tutte le civiltà si
appropriano, ciò che caratterizza l’ecologia-mondo capitalistica è che
la computazione del calcolo avvenga centrandosi sulla produttività del
lavoro e non della terra. Questo pare tuttavia un controsenso rispetto
a ciò che Moore stesso segnala lungo la propria opera: l’insensatezza
e l’impossibilità di scindere società e natura. Seppure affermi che del
capitalismo è tipica questa astrazione reale violenta che degrada la na-
tura e certi elementi, la produttività consiste sempre in un fatto tanto
sociale quanto materiale/naturale.
Infine a Moore rimane un’ultima carta da giocarsi: non volere fare
una lettura di Marx, ma farne uno strumento, assieme ad altri, per co-
struire la sua teoria dell’ecologia-mondo. Ma in questo caso dovrem-
mo dire che hanno ragione Foster e altri nel sostenere che Moore non
ha niente a che fare con Marx, e la cosa non lo salverebbe comunque
dalle contraddizioni in cui incappa la World-Ecology.
196 MARXISMO ED ECOLOGIA

3. Il dibattito sull’Antropocene

Il dibattito attorno al concetto di Antropocene rimischia maggior-


mente le carte rispetto ad una contrapposizione giocata tra i due poli
Metabolic Rift e World-Ecology. Abbiamo già visto come Malm, as-
sieme a Hornborg, critichi il concetto di Antropocene, in particolar
modo rispetto alla sua semanticità, e suggerendo il Capitalismo Fossile
come punto d’origine temporale di un’epoca geologica che andrebbe
più propriamente designata attraverso il lemma Capitalocene. In se-
guito vedremo invece come Moore si appropria di questo concetto in
polemica con quello di Antropocene, ma sempre all’interno della sua
cornice ontologica e con una differente proposta temporale, coinci-
dente con il lungo xvi secolo. Da un’altra prospettiva, Ian Angus, stu-
dioso della scuola della frattura metabolica, si è occupato del concetto
di Antropocene difendendolo da chi ritiene che designi un’umanità
omogeneamente responsabile delle trasformazioni geofisiche ed eco-
logiche e come punta di lancia delle scienze naturali per la critica del
capitalismo.

3.1 Il Capitalocene di Moore

Moore ritiene che il concetto di Antropocene nella sua versione


scientifica geologica rappresenti uno sviluppo nella concezione della
storia umana e non umana, ma sia segnato da forti limitazioni me-
todologiche nella sua narrazione. Metodologicamente l’Antropocene
conduce un’analisi limitata agli effetti degradanti dell’attività umana
sulla natura mentre la unifica come un unico attore collettivo. L’effet-
to per Moore è quello di incoraggiare: 1) una visione malthusiana; 2)
la centralità della questione tecnologia-risorse; 3) la separazione onto-
logica della natura rendendola indipendente dai rapporti di capitale
e impero; 4) l’attribuzione delle responsabilità all’umanità, anziché al
capitale e agli imperi. In conclusione la narrazione dell’Antropocene
sarebbe dualista, determinista tecnologica ed eurocentrica73.
Viene così a rafforzarsi nell’Antropocene comune, distinto ma
connesso nella narrazione all’Antropocene geologico, l’idea di un’u-
manità astratta. L’effetto sarebbe rafforzato dall’enfasi posta negli ele-
menti tecnici alla base della rivoluzione industriale, riconducibili a

73 Moore, Antropocene o capitalocene?, cit., p. 43.


DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 197

una generica condizione umana74. Come si è già compreso la radice


di questo problema consiste ancora una volta nei dualismi cartesiani
insiti nel concetto di Antropocene. Questi collegano umanità e natura
anziché coglierne la doppia internalità.
Nella prefazione all’edizione italiana di Antropocene o Capitaloce-
ne? Moore segue l’argomentazione di Angus per cui non ci può essere
piena coincidenza tra capitalismo e Capitalocene. Con una certa va-
ghezza, sostiene che il Capitalocene non sia argomento di storia geo-
logica quanto piuttosto un modo di pensare la crisi ecologica. Alter-
nativamente definisce il Capitalocene come “una mossa concettuale
e metodologica fondamentale per ripensare il capitalismo in quanto
‘complesso storicamente determinato di metabolismi e assemblag-
gi’”75. Ma il concetto di Capitalocene di Moore viene grosso modo a
coincidere con quello di ecologia-mondo capitalistica, con un inizio
riferibile al lungo xvi secolo. Anche mantenendo la centralità delle
quantità di anidride carbonica in atmosfera tramite la produzione e
l’uso del carbone, Moore sostiene che l’accelerazione della produzio-
ne sia retrodatabile al xvi secolo76. Una tendenza innescata ben prima
della rivoluzione industriale condotta dall’impero Britannico. In que-
sto periodo storico sarebbero rintracciabili gli inizi della produzione
di Natura Sociale Astratta caratteristici dell’ecologia-mondo capitali-
stica e dunque all’origine del Capitalocene.
Moore ritiene che la produzione di Natura Sociale Astratta sia fi-
nalizzata a produrre input a buon mercato. Nella sua analisi recupera
Malm che teorizza differenti ragioni per l’impiego del carbone, nono-
stante lo stesso Malm chiarisca che il carbone non sia stato utilizzato in
quanto costituiva una fonte energetica più economica. Eppure Moore
accusa Malm e la sinistra che preferisce gli approcci centrati sulle rela-
zioni di classe di soffrire di un certo “feticismo per i combustibili fos-
sili”, suggerendo che questi sarebbero la scintilla che accende il mo-
tore del capitale77. In ogni caso potremmo dire che se il capitale è sia
un processo che un rapporto sociale, conflittuale, la teoria di Moore,
sotto questo punto di vista resta in piedi, ma solo in parte. L’ecologia-

74 “La forza trainante di questo cambiamento epocale? In due parole: carbone e vapo-
re. La forza trainante dietro al carbone e al vapore? Non le classi. Non il capitale.
Non l’imperialismo. Nemmeno la cultura. Bensì... avete indovinato: l’Anthropos!
L’umanità come un tutto indifferenziato” (ivi, p. 37).
75 Ivi, p. 31 e 33.
76 Ivi, p. 123.
77 Ivi. p. 56.
198 MARXISMO ED ECOLOGIA

mondo capitalistica produce una Natura Sociale Astratta ristrutturan-


do le forme socio-ecologiche ed è finalizzata al ristabilimento degli
input a buon mercato per proseguire nel processo appropriativo e di
accumulazione. I costi elevati di un determinato input non sono solo
determinati dal capitale in quanto processo, ma anche dal capitale in
quanto rapporto sociale. L’ecologia-mondo nel passaggio al carbone
ristruttura il paesaggio socio-ecologico nel movimento centripeto della
concentrazione urbana poiché più favorevole a ricostituire i bassi sa-
lari. In questo aspetto potrebbe tornare valida la concezione di Moore
a discapito di quella di Malm. Il carbone poteva non essere tecnica-
mente più economico dei corsi d’acqua, ma diviene Cheap Energy nel
momento in cui ristruttura i rapporti socio-ecologici, spaziali e tem-
porali. Il capitale come rapporto sociale conflittuale tra capitalisti e
lavoratori fa sì che la distribuzione dei prodotti del lavoro, e quindi dei
costi del capitale, siano determinati dai rapporti di forza tra le classi.
Vincere su di essa potrebbe essere parte della produzione di Natura
Sociale Astratta, ma il problema è che Moore nelle sue spiegazioni fa
un uso quasi nullo della lotta di classe. Il carbone è energia Cheap in
quanto rende economici i costi di gestione della forza lavoro? Mi pare
contraddittorio con quanto precedentemente affermato da Moore. La
produzione di Natura Sociale Astratta e il movimento dell’appropria-
zione ristabilisce i Four Cheaps, ognuno preso singolarmente. Dire che
una fonte energetica, in realtà più cara nel mercato di un’altra, serve a
diminuire i costi salariali, diretti o indiretti, sembra fuoriuscire com-
pletamente dalla teorizzazione proposta da Moore.
Per Moore se dovessimo associare un qualche tipo di evidenza bio-
logica o stratigrafica all’inizio del Capitalocene essa viene riferita al
cosiddetto Columbian Exchange. Questo fenomeno indica gli scambi
di oggetti, animali, piante, virus e idee fra vecchio e nuovo mondo,
ma nel linguaggio di Moore esso corrisponde a una nuova produzio-
ne di natura storica caratterizzata da produzione di sapere, capitale
e impero78. A livello stratigrafico ciò che sostiene questa posizione,
secondo Lewis e Muslin, sarebbe l’ipotesi Orbis, il calo di anidride
carbonica in atmosfera rilevabile attorno al 1600, che sarebbe causato
dal rimboschimento delle Americhe come conseguenza del genocidio
perpetrato dagli europei nei confronti delle civiltà precolombiane79.

78 Ivi, p. 65.
79 Emanuele Leonardi, Alessandro Barbero, Introduzione. Il sintomo-Antropocene, in
Antropocene o Capitalocene?, cit., pp. 15-16.
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 199

3.2 In difesa dell’Antropocene

Ian Angus è parte della Metabolic Rift e colui che ha discusso in


maniera più esaustiva dell’Antropocene difendendone le implicazio-
ni politiche. Alcuni settori dell’ecologismo di sinistra dicono che “’la
narrazione antropocenica’ vede l’umanità come un insieme indiffe-
renziato e ignora le differenze tra paesi, classi e istituzioni”80. Angus
non è d’accordo con questo punto di vista e per due distinte ragioni.
La prima concerne il significato, sia in senso etimologico della parola,
sia rispetto alle prime significazioni scientifiche attribuite al concet-
to. Le critiche alla semanticità di questo concetto rifletterebbero dei
“preconcetti su ciò che il concetto di Antropocene potrebbe signifi-
care, piuttosto che un serio impegno con il lavoro degli scienziati che
lo hanno definito”81. La seconda si situa all’interno dell’opportunità
strategica che il concetto stesso offrirebbe per far passare la critica
radicale ecosocialista.
Angus sostiene che, contrariamente a quanto affermato, se ci si
soffermasse a leggere gli articoli scientifici riguardanti l’Antropocene
ci si renderebbe contro che l’analisi fa tutt’altro che omogeneizzare
l’umanità come responsabile dell’impatto geologico. A titolo esem-
plificativo, il noto articolo di Crutzen del 2002 pubblicato su Nature
sostiene che gli “effetti [dell’Antropocene] sono stati in gran par-
te causati solo dal 25% della popolazione mondiale”82. Si possono
esprimere riserve per il metodo eccessivamente statistico, ma questa
semplice affermazione smentisce la teoria secondo cui gli scienziati
partigiani di questa nozione siano indifferenti alle discrepanze sociali
e promuoverebbero un concetto omogeneizzante e vincolato ai limiti
di popolazione83.
Anzi, Ian Angus chiarisce che i più acerrimi avversari della teo-
ria dell’Antropocene sono i neo-malthusiani che vedono nel limite di
popolazione il principale problema84. Gli scienziati che lavorano sul

80 Ian Angus, Facing the Anthropocene. Fossil capitalism and the crisis of the earth sys-
tem, Monthly Review Press, New York 2016, p. 226.
81 Ibidem.
82 Crutzen, The geology of Mankind, cit., p. 23.
83 Angus spiega che “Stephen Pacala dell’Istituto per l’Ambiente dell’Università di
Princeton, ad esempio, calcola che ‘i 3 miliardi delle persone più povere [...] non
emettono essenzialmente nulla. [...] Lo sviluppo dei poveri disperatamente poveri
non è in conflitto con la soluzione del problema del clima, che è un problema dei
ricchi’” (Angus, Facing the Anthropocene, cit., p. 225).
84 Da Malthus in poi un evergreen dei colonialisti è il controllo della popolazione, ri-
200 MARXISMO ED ECOLOGIA

concetto di Antropocene, invece, rilevano la questione della crescita


di popolazione ma non la annoverano tra i principali problemi. Essi
evidenziando all’opposto come nei paesi con più alto PIL la crescita
di popolazione stia rallentando mentre l’impatto ecologico sia in con-
tinua crescita.
Infine da un punto di vista squisitamente filologico la parola An-
tropocene è composta da Antropos che si riferisce all’essere umano
e dal suffisso -cene che viene dal greco Kainos che significa recente e
si riferisce ai resti presenti nello strato geologico. Questo fa sì che il
concetto sia coerente con le precedenti catalogazioni dei tempi geo-
logici85.
Le posizioni più radicali, propongono di accettare come sinonimi
della stessa cosa i concetti di capitalismo e Capitalocene: una nuova
epoca sociale/economica/ambientale emersa nel 1500 circa. Questo
secondo Ian Angus condurrebbe a una confusione concettuale, in
quanto il capitalismo è un sistema sociale vecchio di seicento anni
mentre l’Antropocene è un’epoca geologica che ne ha soli settanta se-
condo la datazione attualmente adoperata. Ogni serio studio scientifi-
co non può che percepire la differenza di questa cronologia, in quanto
quest’epoca geologica proseguirà ben oltre la durata del capitalismo e
sovrapporli “non può che indebolire gli sforzi per liberarsi del capita-
lismo e mitigare i danni che esso ha causato al sistema Terra”86.
La seconda argomentazione è vincolata alla relazione strategica
che i settori dell’ecosocialismo potrebbero intrattenere con altri set-
tori della ricerca mobilitati da questo concetto così da cogliere l’op-
portunità politica derivata dall’utilizzazione diffusa del termine. Lo
scopo è quello di promuovere il punto di vista ecosocialista. In sin-
tesi, si tratta di recepire l’Antropocene come un campo di battaglia
ideologico il cui terreno è già inclinato a favore dei settori critici del
capitalismo. Ian Angus sostiene che il termine Antropocene potrebbe
essere anche perfettibile, ma è oramai largamente utilizzato dalla co-
munità scientifica e non avrebbe senso coniarne uno di uso esclusivo

gorosamente dei poveri e dei paesi in via di sviluppo. Si veda Eduardo Galeano, Le
vene aperte dell’America Latina, trad. it. di G. Lapasini, Sperling & Kupfer, Milano
1997.
85 “Antropocene non significa età umana o epoca umana. Esso combina il kainos con
l’antropos, che significa essere umano; quindi, seguendo l’approccio di Lyell, signi-
fica un tempo in cui gli strati geologici sono dominati da resti di recente origine
umana” (Angus, Facing the Anthropocene, cit., p. 231).
86 Ivi, p. 232.
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 201

dell’estrema sinistra. In un certo senso, Angus ci spinge ad adottare


una politica pragmatica del suo uso al fine della strategia egemonica
dell’ecosocialismo87. Rinunciare a partecipare a tale lotta significhe-
rebbe molto semplicemente optare per la coniazione di un qualche
neologismo utile ad alimentare piccole nicchie accademiche con nes-
sun impatto reale sulla società.

3.3 Temporalità dell’Antropocene

Nell’articolo di Crutzen del 2002 l’inizio dell’Antropocene veniva


fatto risalire all’epoca della rivoluzione industriale. Da quella prima
idea si sono avvicendate proposte articolate su differenti paradigmi
temporali. Questo processo ha aperto un campo ricco di discussio-
ni interdisciplinari solo ultimamente definite dalla presa di decisione
da parte del Anthropocene Working Group nel maggio 2019. Datare
un’epoca geologica è un processo tutt’altro che arbitrario e ricco di
conseguenze dal punto di vista scientifico e storico-naturale così come
di implicazioni ideologico-politiche. Il processo di nomenclatura e da-
tazione che struttura la storia geologica è affidato alla commissione
stratigrafica. Questa opera nella piena legittimità scientifica interna-
zionale sulla base di criteri rilevabili e convenzionalmente accettati. Il
metodo stratigrafico è indispensabile per poter setacciare i miliardi di
anni della storia geologica del nostro pianeta e ricostruirla attraverso
indizi utili necessari al processo di sistematizzazione88.
Ian Angus raggruppa le dozzine di differenti proposte emerse per
la datazione dell’Antropocene in due serie: 1) le proposte dell’Antro-
pocene precoce (Early Anthropocene); 2) le proposte dell’Antropoce-
ne recente (Recent Anthropocene).
Le proposte dell’Antropocene Precoce sono molteplici. Da quelle
che proponevano la sostituzione dell’Olocene con L’Antropocene, a
quelle che volevano datarne l’inizio in corrispondenza dell’agricoltura

87 “Piuttosto che carpire dai margini la mancanza di analisi sociale degli scienziati, gli
ecosocialisti devono approcciare il progetto Antropocene come un’opportunità per
unire un’analisi marxista ecologica con le più recenti ricerche scientifiche, in una
nuova sintesi [...]. Il cammino verso tale sintesi è parte essenziale dello sviluppo
di un programma e di una strategia per il socialismo del ventunesimo secolo” (Ian
Angus, When did the Anthropocene begin... And why does it matter?, in “Monthly
Review”, lxiv, 4, settembre 2015, https://monthlyreview.org/2015/09/01/when-did-
the-anthropocene-beginand-why-does-it-matter/ (ultimo accesso 18.5.2020).
88 Segnalo tuttavia che esistono datazioni per cui non è stato usato il metodo stratigra-
fico.
202 MARXISMO ED ECOLOGIA

su vasta scala tra i tre e gli ottomila anni fa, oppure l’inizio dell’impie-
go del fuoco da parte degli ominidi risalente a circa 1,5 milioni di anni
fa. Altri ponevano l’enfasi sullo sterminio di alcune specie di mammi-
feri da parte umana, la trasformazione dei paesaggi o lo scambio di
specie transoceanico avvenuto con la conquista delle Americhe datan-
dolo nel 1610. Tuttavia la commissione ha ritenuto opportuno scarta-
re queste ipotesi ritenendo che “nessuna delle opzioni dell’ Antropo-
cene Precoce soddisfa tale standard [stratigrafico], e nessuna di esse
ha portato a una rottura qualitativa con le condizioni dell’Olocene”89.
La discussione sulla datazione dell’Antropocene non è ovviamente
meramente tecnica, ma sottende una lettura ideologica. Ciò non signi-
fica che la discussione non sia di per sé scientifica o non ci fossero ar-
gomenti scientifici in supporto di queste ipotesi90. Ian Angus segnala
come l’argomento dell’Antropocene Precoce sia diventato attrattivo
per le destre. Quanto più viene anticipata la datazione dell’Antro-
pocene, tanto più acquisiscono forza le argomentazioni che abbina-
no il cambiamento di stato geologico con la natura umana intesa in
senso metastorico. Inoltre si diluiscono gli effetti del cambiamento
spostando il fuoco dalle responsabilità della rivoluzione industriale e
così facendo si gradualizzano i mutamenti climatici senza connetterli
direttamente con i combustibili fossili91. Ian Angus, come Foster e
Malm, avvertono il rischio che questa concettualizzazione possa rap-
presentare la testa d’ariete teorica, nient’affatto innocente, di interessi
politico-ideologici a difesa dello status quo92.
Sul versante opposto i sostenitori dell’Antropocene Recente. I loro
difensori pongono l’enfasi non tanto sulle prime tracce dell’attività
umana, quanto nella scala, il significato e la longevità dei cambiamen-
ti operanti. Per quanto ritengano che la rivoluzione industriale sia il
detonatore di questo processo di cambiamento, è possibile apprezza-

89 Angus, Facing the Anthropocene, cit., p. 53.


90 “Gli studi tecnici possono determinare quando un asteroide ha colpito il nostro
pianeta o quando è finita un’era glaciale, ma una discussione su quando la società
umana ha spinto il sistema terrestre in un differente stato deve affrontare questioni
sociali, economiche e politiche” (Angus, When did the Anthropocene begin..., cit.).
91 “L’idea di un Antropocene Precoce è stata promossa dai lobbisti anti-ambientalisti
associati al Breakthrough Institute, perché sostiene la loro asserzione che non c’è
stato un recente cambiamento qualitativo e quindi non c’è bisogno di una risposta
radicale” (Angus, Facing the Anthropocene, cit., p. 54).
92 “A loro avviso, le crisi ambientali di oggi ‘rappresentano un’accelerazione di tenden-
ze che risalgono a centinaia e anche migliaia di anni prima, non il punto di partenza
di una nuova epoca’” (ibidem).
DIBATTITI, CONTROVERSIE E SCONTRI SU ONTOLOGIA... 203

re i cambiamenti tramite i rilevatori stratigrafici a partire dal perio-


do della Grande accelerazione. Il concetto è deliberatamente ispirato
alla Grande trasformazione di Karl Polanyi e indica il periodo storico
che ha inizio a partire dalla seconda metà del Novecento. La Grande
Accelerazione consiste nel simultaneo processo di crescita di trends
socio-economici: popolazione, Pil, estensione urbana, uso di energia,
acqua, fertilizzanti, grandi dighe, produzione di carta, trasporti, te-
lecomunicazioni, turismo internazionale; e trends del Sistema Terra:
concentrazione di anidride carbonica in atmosfera, metano, nitrogeno
di ossido, ozono stratosferico, temperature della superficie terrestre,
acidificazione degli oceani, pesca marina, acquacultura, concentrazio-
ne di azoto nelle zone costiere, perdita di foreste tropicale, uso uma-
no delle terre e degradazione della biosfera. La quasi totalità di que-
sti fenomeni presentano una forte similitudine nel loro svolgimento.
I fenomeni, disposti su un grafico in cui le ordinate corrispondono
all’andamento del tempo e le ascisse alle quantità, presentano un in-
cremento lento e costante dal 1750 circa per poi subire una grande ac-
celerazione, appunto, attorno al 1950 disegnando così un grafico detto
a-mazza-da-hockey per via della forma che ricorda il bastone utilizzato
nell’omonimo sport93.
Un gruppo di scienziati dell’Anthropocene Working Group ha fatto
saltare ogni ipotesi di Antropocene Precoce già nel 2016 attraverso
un paper pubblicato su Science firmato da ventidue dei suoi mem-
bri94. Già qui viene esposta una tesi, poi recuperata nel documento
definitivo del 29 maggio 2019, che sancisce l’esistenza dell’Antropo-
cene. Tutti i segni sopra descritti sono segni allarmanti del passaggio
all’Antropocene, ma ve n’è uno che rappresenta il Golden Spike per
l’Anthropocene Working Group. Questi ritengono che “il più nitido
e globalmente sincrono di questi segnali, che possono costituire un
marcatore primario, è costituito dai radionuclidi artificiali diffusi in
tutto il mondo dai test delle bombe termonucleari dei primi anni
Cinquanta”95.
Ian Angus festeggia questo evento come una vittoria scientifica,
oltre che politica, dalla quale ripartire per la diffusione del messaggio

93 Will Steffen, Wendy Broadgate, Lisa Deutsch1 Owen Gaffney, Cornelia Ludwig,
The trajectory of the Anthropocene: the great acceleration, in “The Anthropocene Re-
view”, ii, 1, 2015, pp. 81-98.
94 Waters, Colin N., e altri, The Anthropocene is functionally and stratigraphically dis-
tinct from the Holocene, cit.
95 Anthropocene Working Group, Result of Binding Vote by AWG, cit.
204 MARXISMO ED ECOLOGIA

ecosocialista. Questo passaggio costituisce l’evidenza scientifica della


crisi ecologica su scala planetaria e rende l’umanità cosciente del fatto
che la “Grande Accelerazione non [deve concepirsi] come [la] secon-
da tappa, ma come inizio effettivo dell’Antropocene”96.
Tuttavia, al gruppo di lavoro sull’Antropocene rimane ancora da
stabilire qual è l’entità di scala temporale di questa novità geologica.
Gli scienziati non hanno ancora formulato una risposta se l’Antro-
pocene possa essere classificato come una semplice epoca o segnare
l’inizio di un ordine temporale di livello superiore. In ogni caso, la
ratificazione della sua esistenza in campo scientifico-geologico costi-
tuisce un monito chiaro all’umanità97. Sulla questione dell’ordine tem-
porale dell’Antropocene sono intervenuti anche Foster e Clark, sot-
toponendo una proposta dal punto di vista dei sociologi ambientali:
sostengono le argomentazioni politiche di Angus e quelle scientifiche
awg, proponendo di assegnare il nome Capitaliano all’età geologica
che costituirebbe la prima parte dell’epoca dell’Antropocene (ovvero
proprio a partire dal 1950) e le cui cause sono da imputarsi al capi-
talismo nella sua fase monopolistica. In questo modo l’Antropocene,
come l’umanità, avrebbe due possibili futuri: o chiudersi in seguito ai
forti cambiamenti ecologici che non siamo riusciti a invertire, o pro-
seguire in un’età geologica del Communaliano in cui gli esseri umani
sono riusciti a organizzarsi in una civilizzazione ecologica ristabilendo
il proprio metabolismo con la natura98.

96 Angus, When did the Anthropocene begin..., cit., https://monthlyreview.org/2015/


09/01/when-did-the-anthropocene-beginand-why-does-it-matter/ (ultimo accesso
18.5.2020.
97 Ibidem.
98 John Bellamy Foster e Brett Clark, The Capitalinian: the first Geological Age of
the Anthropocene, in “Monthly Review”, lxxiv, 4, 2021, https://monthlyreview.
org/2021/09/01/the-capitalinian/#en55backlink (ultimo accesso 14.9.2021).
Conclusioni

Giunti alle conclusioni è quindi legittimo porsi una duplice do-


manda: che ruolo giocano Marx ed Engels nell’ecomarxismo? E in-
versamente, che ruolo gioca l’ecomarxismo nella rinascita del pensie-
ro di Marx ed Engels?
Nella nostra genealogia a tre tappe abbiamo potuto constatare
come Foster e Burkett ritengano che il pensiero di Marx ed Engels
fosse già compatibile con quello ecologista, anzi, che in esso sono con-
tenute intuizioni fondamentali e tuttora valide. La peculiarità delle
loro posizioni è soprattutto quella di non attribuirsi direttamente la
paternità della teoria della frattura metabolica e della teoria del valore
ecologico, ma di conferirla allo stesso Marx (ed Engels).
Il cosiddetto ecosocialismo della prima fase, lungi dall’essere stato
sostituito da quello della seconda, anima il dibattito presente. Vie-
ne criticato l’atteggiamento della Metabolic Rift perché in un certo
senso sottrarrebbe il pensiero di Marx ed Engels all’ (auto)critica dei
marxisti che debbono, per definizione, storicizzare ogni pensiero. Un
processo che se evaso comporterebbe il rischio di incorrere in una
“deificazione” dei padri1. Si propone quindi di abbandonare l’ap-
proccio “classico” del marxismo, ossia di una concezione del mondo
(Weltanschauung) omnicomprensiva, poiché vista come un ostacolo, e
rinunciare ad alcuni suoi concetti, magari ibridandolo con altri autori,
per renderlo compatibile con il pensiero verde. Questa argomenta-
zione non spiegherebbe tuttavia perché ci sia ancora bisogno di leg-
gere Marx ed Engels. Secondo Saito, ciò che scordano i sostenitori

1 Malm, [guide de lecture] le marxisme écologique, cit.; Andreas Malm, For a Fallible
and Lovable Marx: Some Thoughts on the Latest Book by Foster and Burkett, in “Crit-
ical Historical Studies”, iv, 2, 2017, pp. 267-275.
206 MARXISMO ED ECOLOGIA

di queste argomentazioni è che il progetto della critica dell’economia


politica marxiana è un progetto inconcluso, e che mentre Marx cer-
cava faticosamente di venirne a capo aveva ingaggiato un serio studio
di chimica agraria e altre questioni ambientali. Il pensiero di Marx si
è quindi evoluto nel tempo incorporando anche una critica ecologica
del capitale, individuata da Foster e Burkett a cavallo del millennio,
ma oggi riscontrabile attraverso i manoscritti degli anni 1870-80 pub-
blicati nella MEGA2 (Marx-Engels-Gesamtausgabe)2. Non si trattereb-
be dunque di cogliere gli errori analitici, quanto assumerne l’incom-
piutezza dell’opera.
In molti si sono affrettati a dichiarare superata l’analisi del capitali-
smo di Marx, spesso argomentando che il suo oggetto di studio fosse
il capitalismo industriale inglese del xix secolo, e che dunque non
fosse più attuale e andasse aggiornato o sostituito. In realtà l’analisi di
Marx si colloca a livello delle forme logico-sociali che contraddistin-
guono l’intera epoca del capitalismo per coglierne le contraddizioni
immanenti. La stessa cosa potrebbe dirsi della sua “critica ecologica”,
parte della critica dell’economia politica, espressa nel concetto di me-
tabolismo e di frattura metabolica.
Per quanto riguarda invece la domanda sul ruolo che l’ecomarxi-
smo svolge nella rinascita di Marx (ed Engels), la risposta è connessa
alla prima. Non si tratta infatti di tinteggiare di verde un ferro vecchio
per dargli nuova vita, quanto mostrare la vitalità pratico-teorica delle
categorie marxiane nel tempo presente. Come lo è stato ad esempio
con il materialismo dialettico, riscoperto da Levins e Lewotin, che vie-
ne impiegato proficuamente nell’epidemiologia di Wallace aiutandoci
a fare chiarezza sulla pandemia Covid-19. Lo sforzo applicativo e di
espansione delle analisi dell’ecomarxismo e la tensione a colmare l’in-
compiutezza del progetto politico e di ricerca marxiano costituiscono
un importante strumento della rinascita teorica e politica del pensiero
di Marx ed Engels.

2 Kohei Saito intervistato da Viola Carofalo e Delio Salotto, Anthropocene and Ecoso-
cialism: a Perspective, in “Scienza & Filosofia”, 21, 2019, pp. 21-31.
Finito di stampare nel mese di febbraio 2022
per conto di ombre corte
presso Sprint Service - Città di Castello (Perugia)

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