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LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO

DEL BATTISTERO DI DURA EUROPOS


Alle origini dell’iconografia della resurrezione di Cristo

Nell’ambito degli studi sulla domus ecclesiae di Dura Europos


a lungo è stata discussa l’interpretazione delle pitture dell’ambien-
te battesimale, con particolare riguardo alla lettura di quella sce-
na che, dispiegata lungo due (se non tre) pareti della stanza, raf-
figura una duplice teoria di donne che si muovono verso il pun-
to focale dell’ambiente, il fonte battesimale, presso il quale è di-
pinto, sul muro est, un grande sarcofago (fig. 1).
Riguardo alla struttura della domus, riadattata ad edificio di
culto per la comunità cristiana di Dura Europos, molto è stato
scritto e oggi conosciamo in maniera piuttosto sicura la sequen-
za delle fasi che interessarono la vita dell’edificio e persino la da-
tazione ad annum dell’avvio del periodo cristiano (232/233-256)1.
Lo studio delle pitture, invece, è stato condotto con minore siste-
maticità e possiamo considerare il Final Report di C. H. Kraeling,
pubblicato oramai nel 19672, il lavoro più completo sul program-
ma decorativo che si dispiega nell’ambiente battesimale. Probabil-
mente le difficoltà conservative che hanno spinto i primi studiosi
ad effettuare il distacco delle pitture e il loro trasferimento alla
Yale University Art Gallery, hanno comportato una minor atten-
zione per le questioni iconografiche. Le immagini risultano oggi
decontestualizzate e, negli anni, sono state sottoposte a continui
interventi conservativi che non hanno permesso un adeguato ap-
profondimento tecnico ed iconografico, portando, forse, alla per-
dita di dati essenziali3.

1
Vd. in particolare KRAELING 1967.
2
Ibidem.
3
Le pitture della domus ecclesiae di Dura Europos furono rinvenute du-
rante la campagna di scavo del 1931-1932 condotta dagli archeologi della Yale
University e della French Academy of Inscriptions and Letters. Il direttore del-
lo scavo, Ph. C. Hopkins, mise in luce una parte dell’ambiente battesimale e al-
cune pitture in esso conservatesi (HOPKINS 1934). Il ritrovamento di questa stan-

RACr 86 (2010), pp. 315-352.


316
AGNESE PERGOLA
Fig. 1 – Dura Europos, domus ecclesiae. Rappresentazione grafica e ricostruzione delle pitture dei muri est e nord con la
sequenza delle Donne al sepolcro (A. Pergola).
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 317

L’apparato decorativo comprende una sequenza di scene neo


e veterotestamentarie4, disposte lungo due registri sovrapposti, le
quali possono informarci, in parte, sulle fonti disponibili nella zo-
na del medio Eufrate, dalle quali i fedeli trassero spunto per le
raffigurazioni presenti nel battistero. Tra queste immagini spicca,
in particolar modo, la sequenza che si snoda nel registro inferiore
dei muri nord ed est dell’ambiente che, per le dimensioni, il suo
carattere ieratico e lo stile particolarmente raffinato, si distingue
dalle altre e si presenta come la scena principale dell’intero appa-
rato decorativo. Essa comprende tre elementi consequenziali che
raffigurano rispettivamente: una teoria di donne, di cui rimango-
no visibili solamente cinque paia di piedi (muro est); l’estremi-
tà inferiore dei due battenti di una porta a pannelli (muro nord);
ciò che rimane di tre figure femminili che si dirigono verso un
grande sarcofago sormontato da due stelle (muro nord). Sulla se-
quenza in questione – come si diceva – si è molto dibattuto poi-
ché alcuni studiosi del secolo scorso, vedevano in essa rappresen-
tata la Parabola delle vergini stolte e prudenti5, altri sostenevano
la teoria che si trattasse della scena delle Pie donne al sepolcro
di Cristo6. In entrambi i casi ci troveremmo di fronte ad un uni-

za secondaria della domus, completamente affrescata, fece emergere la questio-


ne della conservazione delle pitture fino alla campagna successiva. Non potendo
lasciarle esposte agli agenti atmosferici, che già avevano danneggiato le struttu-
re di mattoni in argilla cruda messe in luce gli anni precedenti, l’équipe di ar-
cheologi ritenne necessario provvedere alla pulizia e al distacco degli affreschi
che furono, poi, inviati alla Galleria d’Arte dell’università di Yale affinché venis-
sero restaurati e conservati. In un momento successivo furono anche musealiz-
zati, inseriti all’interno di un percorso espositivo che illustrava l’evoluzione del-
l’arte antica del bacino mediterraneo, ed esposti in una ricostruzione dell’am-
biente battesimale della domus ecclesiae di Dura. Il distacco degli affreschi ven-
ne appena accennato nel rapporto stilato da Ph. C. Hopkins e da P. V. C. Baur
alla fine della campagna di scavo, ma la tecnica utilizzata e i provvedimenti im-
mediatamente successivi allo stacco non furono descritti, in un momento stori-
co in cui gli aspetti tecnici dello scavo non risultavano parte integrante della re-
lazione (BAUR 1934). Ad oggi non risulta una pubblicazione scientifica che par-
li dello stato di conservazione delle pitture e dei restauri che esse hanno subi-
to nel secolo scorso.
4
Partendo dalla lunetta di fondo troviamo: il Buon Pastore con le sue pe-
core, Adamo ed Eva, la guarigione del paralitico, Pietro che viene salvato dal-
le acque, la cd. teoria delle Donne al sepolcro, Davide e Golia, la Samaritana al
pozzo, la scena del Giardino oggi perduta.
5
CASEL 1932; Casel in KOLLWITZ 1933, nota 1, p. 311; PIJOAN 1937; WEIGAND
1937; WEIGAND 1938; GRÉGOIRE 1938; MILLET 1956.
6
BAUR 1933; BAUR 1934; HOPKINS 1934; AUBERT 1934; SESTON 1937; ROSTOVT-
ZEFF 1938; LASSUS 1953; VILLETTE 1953; VILLETTE 1957; LOUIS 1955; GRABAR 1946;
GRABAR 1956; GRABAR 1958, in part. p. 58; GRABAR 1968, in part. pp. 20-21; KRAE-
LING 1967, pp. 80-88.
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cum poiché tale sequenza non verrà più raffigurata nei secoli suc-
cessivi con le medesime caratteristiche che la definiscono a Dura
Europos e, in qualsivoglia modo la si interpreti, assume un signi-
ficato rilevante per la storia dell’arte paleocristiana.
Oggi possiamo ritenere con buona probabilità che la sequenza
in esame raffiguri le Pie donne al sepolcro di Cristo, grazie agli
studi condotti in passato7, ma anche ai nuovi confronti con l’arte
cristiana tardoantica e altomedievale che qui vogliamo proporre.
Che le tre immagini siano da considerarsi in sequenza lo com-
prendiamo dalla struttura delle cornici che delimitano i registri in-
feriore e superiore che convergono nell’elemento centrale, la porta
semiaperta. Essa funge da spartiacque tra la scena del muro est,
con cinque paia di piedi femminili rivolti verso la porta stessa, e
la scena sul muro nord dove, probabilmente, si ripetevano le cin-
que figure femminili (di cui oggi rimangono frammenti di sole tre
donne). Esse si muovevano ancora verso la loro destra per rag-
giungere il monumentale sarcofago bianco sormontato da due stel-
le poste come acroteri. Poiché non compaiono cornici o elementi
divisori, come accade, per esempio, nella scena di Davide e Golia
sul muro opposto8, la porta è l’oggetto verso il quale si dirigono
le cinque donne, di cui si intravedono solamente le estremità in-
feriori, disposte paratatticamente secondo una teoria omogenea9.

7
Cfr. le note 5 e 6. Che non si tratti della Parabola delle vergini stolte e
prudenti, lo deduciamo da una serie di elementi che non troverebbero una spie-
gazione se letti in questo senso. In primo luogo il sarcofago va interpretato co-
me tale e non come edificio (la casa dello sposo) come afferma Millet (cfr.
MILLET 1956) grazie anche ad una serie di confronti noti (cfr., per es. BAGATTI,
MILIK 1958, figg. 28, 32, 33-37, dove la decorazione dei sarcofagi con girali vi-
tinei rispecchia quella della pittura del battistero). In secondo luogo si osserva-
no le ante della porta semiaperte, cosa che, nelle successive raffigurazioni del-
la Parabola delle vergini non appare mai (cfr. infra il codice miniato di Rossa-
no Calabro) e dal fatto che nel vangelo di Matteo (Mt 25, 1-13), come nell’armo-
nia dei quattro vangeli di Taziano, la porta risulta inevitabilmente chiusa (Tat.
Diat. 43, 19 = SCHAFF 1885, p. 125). Da tenere in considerazione sono anche i
contesti in cui vanno ad inserirsi le più tarde immagini della parabola. A par-
te la miniatura del codice di Rossano e un tessuto copto conservato al Royal
Scottish Museum di Edinburgo (vd. GRABAR 1956, fig. 2), vediamo che la scena
compare in contesti funerari quali il cimitero Maggiore (WILPERT 1892, tav. II, 5
e NESTORI 1993, p. 36, n. 19) e la catacomba di Ciriaca a Roma (DE ROSSI 1863;
WILPERT 1903, tav. 241; NESTORI 1993, p. 45, n.4), il mausoleo dell’Esodo di El-
Bagawat (cfr., da ultimo, CIPRIANO 2008, tav. 18), il mausoleo di Catervio a To-
lentino (cfr. NESTORI 1996). Interessanti studi sulla Parabola delle Vergini stolte
e prudenti nell’esegesi di Agostino sono stati condotti da M. Marin: in partico-
lare MARIN 1981; MARIN 1992.
8
KRAELING 1967, tav. XXII.
9
Che si tratti di cinque donne lo si comprende dalla lunga tunica che in-
dossano (di cui si vede l’estremità inferiore) e dalle calzature bianche. L’abbiglia-
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Queste dovevano essere reduplicate delle medesime dimensioni al


di là dell’uscio socchiuso poiché, ciò che rimane delle tre figure
femminili sul muro nord rimanda agli abiti indossati da quelle sul-
la parete contigua. La convenzione utilizzata per la raffigurazione
delle cinque paia di piedi, uno frontale con la punta verso il basso
e leggermente inclinato a sinistra ed uno di profilo, è nota a Du-
ra Europos e la si ritrova in alcune pitture della Sinagoga e del
Tempio di Bel10. Si tratta di una disposizione che vuole indicare
il coinvolgimento dei soggetti nella situazione in cui vengono rap-
presentati. In questo caso, infatti, giudicando la posizione dei pie-
di, orientati verso sinistra, sembrerebbe che le figure si siano ap-
pena mosse o stiano muovendosi in una sorta di processione che
le coinvolge nell’avvenimento che si sta svolgendo alla loro destra.
Qui si trova la porta, realizzata attraverso due parallelogrammi di
cui rimangono solamente le estremità inferiori ma che, con buona
probabilità, dovevano servire a raffigurare le due ante di una por-
ta a pannelli. L’originalità dell’immagine si trova proprio nell’uscio
rappresentato semiaperto, fatto che non trova confronti nelle rap-
presentazioni coeve della regione siro-palestinese11.
Al di là dell’uscio si ripetevano, probabilmente, le cinque don-
ne in fila, delle quali rimangono solo alcuni frammenti di into-
naco che ne ritraggono tre. Della prima sono andate perdute le
gambe e il volto è piuttosto rovinato; anche della seconda sono
andate perdute le gambe e la parte superiore del capo; della terza

mento femminile siriano dell’epoca prevedeva, infatti, una lunga tunica manica-
ta indossata con soffici calzature bianche. Per i confronti vd. le pitture della Si-
nagoga di Dura Europos in KRAELING 1956, tavv. LXVII, LXIII, XXIX e la stessa
immagine della donna al pozzo nel battistero, in KRAELING 1967, tav. XL. Che le
donne, inoltre, fossero tutte raffigurate delle stesse dimensioni si desume anche
confrontando l’immagine del battistero con le scene della Sinagoga di Dura Eu-
ropos, come quella dell’Esodo o di Samuele e Davide, osservandone la posizione
dei piedi e la distanza tra i personaggi, vd. KRAELING 1956, tavv. LII e LXVI.
10
KRAELING 1956, tav. LIII e CUMONT 1926, tavv. XXXI-LVI.
11
Sono note solamente un paio di convenzioni con cui le ante delle por-
te vengono raffigurate e i paragoni più stretti li possiamo fare con la rappre-
sentazione di porte con ante a pannelli presenti nella Sinagoga di Dura Euro-
pos: qui troviamo porte con le ante completamente chiuse (KRAELING 1956, tavv.
LVII e LX) o spalancate, aperte verso l’esterno, che superano la linea degli sti-
piti con i margini superiore ed inferiore, i quali corrono diagonalmente verso
l’alto (KRAELING 1956, tavv. XXXI, LII, LXVIII). In ogni caso, possiamo osserva-
re che la tipologia delle ante a pannelli si ritrova nelle porte d’ingresso di edi-
fici religiosi e civili siriani dei primi secoli della nostra era, ma non possiamo
escludere dal confronto gli accessi ai monumentali sepolcri ipogei, per i quali
una stretta comparazione si ottiene con quello di Artaban a Palmira (SCHMIDT
COLINET 1987, in particolare vd. fig. 8, p. 220 e SCHMIDT COLINET 1989, in parti-
colare vd. fig. 145, p. 453).
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non rimane visibile altro che parte del busto e del braccio sinistro.
Queste figure sono rappresentate rigidamente frontali e sembra-
no trasmettere una calma ieratica che le rende distanti dall’even-
to a cui partecipano. Impugnano, nella mano destra, una torcia,
mentre nella sinistra tengono, al livello del bacino, un contenito-
re circolare aperto di cui è visibile il contenuto. Probabilmente i
piedi mancanti dovevano essere disposti come quelli che vediamo
sul muro est, ovvero il sinistro frontale e il destro di profilo, ad
intendere l’incedere verso il monumentale sarcofago con acroteri
stellati. A parte qualche piccola variazione, le figure seguono tut-
te lo stesso modello di base e questa ripetizione sembra enfatiz-
zarne la fisionomia attribuendo loro una solennità che coinvolge
tutta la scena; inoltre esse presentano dimensioni notevoli ed oc-
cupano per intero l’altezza del registro in cui si inseriscono, fat-
to che non accade per i personaggi presenti nelle altre scene del-
l’apparato decorativo. Sono vestite tutte con lo stesso abito, un
chitone, cinto ai fianchi, che va a coprire una tunica intima con
maniche lunghe e strette, e sul capo portano un lungo velo bian-
co. Le vesti sono decorate intorno ai polsi e sono strette in vita
da una cintura o da una fascia, annodata all’altezza del diafram-
ma, di colore rosso per la prima donna, verde per le altre due.
Tale fascia non si ritrova nelle immagini coeve, questione che ve-
de più difficile i confronti e che le rende uniche tra le raffigura-
zioni della regione12.
Oltre le donne, presso l’organismo del fonte battesimale, tro-
viamo raffigurato il grande sarcofago bianco con coperchio a dop-
pio spiovente decorato con girali vitinei, sormontato da due gran-
di stelle in corrispondenza degli acroteri, che doveva accogliere
il corpo di Cristo. Sono state date diverse interpretazioni di que-
sto soggetto13 ma, grazie anche agli stretti confronti con le sepol-
ture della regione e, più in generale, del vicino Oriente paleocri-
stiano14, non restano più dubbi sull’interpretazione del sarcofago
né del significato dei due astri. Questi ultimi furono studiati ac-
curatamente da J. Villette che vide in essi l’assimilazione di figu-

12
Nella Sinagoga di Dura, infatti, le donne rappresentate nei riquadri pit-
torici che più si avvicinano, nell’abbigliamento, a quelle del battistero indossa-
no una lunga tunica discinta con le maniche lunghe fino al gomito, e un velo
che copre loro il capo avvolto intorno ai fianchi (KRAELING 1956, tavv. LXVII,
LXVIII). Tuniche cinte alla stregua di come appare nel battistero le ritroviamo
nella scultura funeraria di Palmira (INGHOLT 1928, tav. XIV,1), ma in pittura non
abbiamo confronti soddisfacenti.
13
Vd. MILLET 1956, che interpretava il sarcofago come un edificio (la casa
dello sposo) verso il quale si dirigeva la teoria delle vergini sagge.
14
Ritroviamo i confronti con sarcofagi di tipo siro-palestinese in WATZINGER
1935, tav. 29, figg. 63-65 e pp. 59 e segg.
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 321

re angeliche, come voleva la religione giudaica e il primo cristia-


nesimo di ambito siro-palestinese15.
La particolarità della sequenza delle Donne al sepolcro risie-
de, da quanto possiamo osservare, in una serie di dettagli estre-
mamente originali e mai più ripetuti nell’iconografia cristiana suc-
cessiva della scena della Resurrezione di Cristo. Il primo e macro-
scopico particolare è rappresentato dal numero delle donne raffi-
gurate che, secondo quanto osservato in precedenza, dovrebbe am-
montare a dieci: cinque prima della porta, di cui restano le estre-
mità inferiori, e tre dopo l’uscio che, però, per la dislocazione de-
gli spazi, potrebbero essere anche cinque. Saremmo di fronte alla
reduplicazione della stessa teoria di donne in due momenti diffe-
renti, prima e dopo l’ingresso nella camera sepolcrale dove ripo-
sava il corpo di Cristo. Di questo numero così elevato di pie don-
ne che si recano alla tomba di Gesù, parla Kraeling16, indicando,
in risposta alla questione, la fonte letteraria a cui ci si era ispi-
rati per creare la raffigurazione. Si tratterebbe del Diatessaron di
Taziano, un’armonia dei quattro vangeli di cui un frammento in
lingua greca venne trovato anche nella città di Dura Europos17.
In essa l’autore nomina cinque diverse donne presenti presso la
tomba di Cristo (Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo, la
madre dei figli di Zebedeo, Salome e Giovanna) all’alba della Pa-
squa18. Se, invece, si volessero riconoscere in questo numero ele-
vato le donne riportate dal vangelo di Luca dove, oltre a nomi-
nare Maria di Magdala, Giovanna e Maria madre di Giacomo, si
parla di “altre” che erano con loro, sarebbe più difficile dare una
risposta alle domande che pongono gli altri elementi di non faci-
le interpretazione.

15
Cfr. VILLETTE 1953 e VILLETTE 1957.
16
KRAELING 1967, pp. 114-119.
17
KRAELING 1935.
18
In realtà, come afferma lo stesso Kraeling (KRAELING 1967, pp. 80-81), è
difficile ricreare esattamente ciò che venne scritto nell’originale testo del Diates-
saron di Taziano. Noi sappiamo che nei vangeli canonici vengono nominate cin-
que diverse donne (Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo, la madre dei fi-
gli di Zebedeo, Giovanna e Salome), ma è comunemente ritenuto che il gruppo
sia riconducibile a quattro, perché Salome e la madre dei figli di Zebedeo sono
considerate la stessa persona. Ma, il frammento greco del Diatessaron trovato a
Dura Europos mostra che Taziano include nel novero di coloro che furono te-
stimoni della morte di Cristo sia la madre dei figli di Zebedeo, sia Salome, con-
siderandole due persone distinte (KRAELING 1935, p. 12). È quindi un’ipotesi ve-
rosimile pensare che Taziano abbia provato ad accordare i diversi intrecci del-
la tradizione evangelica nominando cinque donne al sepolcro riportate, poi, dal-
l’artista di Dura Europos in pittura, per quanto, non avendo dati certi, non pos-
siamo considerarla fondante per il nostro esame iconografico, anche se facilite-
rebbe certamente l’interpretazione dell’immagine.
322 AGNESE PERGOLA

Il riferimento al Diatessaron permette, infatti, a Kraeling di aval-


lare anche l’interpretazione di Villette considerando le due stelle
poste sul sarcofago come un’epifania angelica, dove i messi cele-
sti avrebbero “aspetto come la folgore” (Mt 28, 3, brano presente
nel Diatessaron19) tanto da rendere scure perfino le fiamme delle
fiaccole (come appare nella pittura). Nella versione araba del te-
sto di Taziano si parla, infatti, di due angeli seduti uno a capo e
l’altro ai piedi del luogo in cui giaceva Cristo, richiamando Lc 24,
4 e confermando, appunto, l’ipotesi di Villette. Dai dati apportati
dalla studiosa sembra, però, chiaro che tale ipotesi sia suffraga-
bile indipendentemente dall’esistenza o meno del Diatessaron co-
me testo di riferimento.
Un secondo aspetto interessante che troverà confronti – co-
me vedremo – nell’iconografia successiva è la raffigurazione della
porta semichiusa. A mio parere ci troviamo di fronte all’elemen-
to che più ci allontana (insieme alla presenza del grande sarcofa-
go) dall’ipotesi della teoria delle Vergini stolte e prudenti, poiché
l’unico altro esempio che conosciamo di questa scena, rispondente
al testo evangelico (Mt 25, 1-13), riproduce la porta assolutamen-
te chiusa20. Ciò indica l’arrivo dello sposo e l’esclusione definitiva
delle vergini stolte dal banchetto nuziale. Nel caso dell’affresco di
Dura, invece, l’uscio semiaperto, oltre a dividere in due momenti
successivi la sequenza cd. della Resurrezione, simboleggia l’avve-
nuto ingresso delle donne entro il sepolcro, raffigurato come una
camera funeraria nella quale era collocato il sarcofago21. Come la-
scia intuire il coperchio a doppio spiovente, il sarcofago è visibile
dal lato corto, come era d’uso in ambito siro-palestinese che vo-
leva le arche marmoree disposte entro un loculo scavato perpen-
dicolarmente alla parete dell’ipogeo, lasciando in vista il lato mi-
nore22. Che si trattasse, probabilmente, di una camera funeraria
è deducibile dall’ingresso con una porta ad ante a pannelli, dalle
torce accese che recano in mano le donne23 e dallo sfondo rosso

Tat., Diat., LII, 54 = MARMARDIJ 1935, pp. 505-507.


19

Nel Codex Purpureus Rossanensis fol. XVI, la porta è chiusa e separa le


20

vergini stolte dalle prudenti (cfr. MUÑOZ 1907, tav IV. Per gli studi sul documen-
to vd.: SANTORO 1974; DE’ MAFFEI 1980; CAVALLO, GRIBOMONT, LOERKE 1987; SEVRU-
GIAN 1990).
21
Vd. KRAELING 1967, tavv. XIX-XX e XLVI.
22
Cfr. lo studio di Grabar (GRABAR 1956) e per i confronti con le sepolture
di ambito siro-palestinese vd. SARTRE 1989.
23
L’utilizzo delle torce accese risolve le questioni sollevate da chi vedeva in
questi oggetti l’incongruenza per cui, parlando i vangeli sinottici del levar del
sole (Mc 16, 2; Mt 28, 1; Lc 24, 1), le torce accese non avrebbero avuto senso,
portando a spiegazioni poco calzanti (BAUR 1934).
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scuro contro il quale esse si stagliano. Quindi, il sepolcro di Cri-


sto fu raffigurato come uno dei tanti mausolei noti all’artista di
Dura che si rifece alle proprie conoscenze per la raffigurazione24,
più che all’eventuale testo del Diatessaron in cui è, invece, descrit-
ta una pietra rotolata come ingresso al sepolcro25.
Per quanto concerne la lettura della scena delle Donne al
sepolcro all’interno del battistero di Dura Europos, è evidente il
suo inserimento entro un ciclo afferente all’argomento battesima-
le e che, chiaramente, serve ad indicare il ruolo primario che ha
nella vita del cristiano la vittoria di Cristo sulla morte. In secon-
do luogo, osserviamo che la scelta di questa immagine rispecchia
anche un significato dottrinale, secondo il quale si mirava ad illu-
strare ai neofiti gli elementi essenziali della dottrina cristiana, ov-
vero la dottrina della resurrezione a vita nuova. Ma a ciò si con-
trappone l’idea che le pitture possano avere un intento dogmati-
co, poiché sembrano mirate principalmente ad illustrare il signi-
ficato del battesimo. Questa ipotesi può essere supportata dal fat-
to che l’intenzionalità dogmatica la ritroviamo nei programmi de-
corativi, seppure in un periodo successivo alla pace della Chiesa
e, in particolare, in occasione dei grandi concili di IV e V secolo.
Dunque, dobbiamo, a ragione, considerare la possibilità che chi
decorò il battistero mirasse ad uno scopo dottrinale in connessio-
ne al rito dell’iniziazione cristiana26.
Ciò che, però, colpisce è l’atmosfera ieratica che il pittore in-
fonde alla rappresentazione delle donne che si muovono verso il
sepolcro santo. Secondo Seston27 l’artista voleva dare l’impressione
di una formale processione e, prendendo spunto da questa idea,
possiamo proporre dei confronti con quella che era la liturgia bat-
tesimale dei primi secoli. Nelle lettere della pellegrina Egeria, per
esempio, veniamo a conoscenza della processione per mezzo del-
la quale il vescovo di Gerusalemme, la notte di Pasqua, conduce-
va il battezzato dalla basilica costantiniana alla chiesa dell’Ana-
stasis (eretta sulla tomba di Cristo)28. Ma si tratta di una testi-
monianza del secolo successivo rispetto alla nostra pittura, per la

24
Vd., per es., sull’architettura funeraria della Siria, SCHMIDT COLINET 1987;
SCHMIDT COLINET 1989, fig. 145; SARTRE 1989.
25
KRAELING 1967, pp. 80-88, ci dice che nella versione araba del Diatessaron
non si parla di una pietra “rotolata via” dal sepolcro, caratteristica dei vangeli,
quanto di una pietra “rimossa”, e fa riferimento, alternatamente, alla porta e al
sepolcro di fronte al quale si trovava questa pietra (vd. MARMARDIJ 1935).
26
Sul rito del battesimo cfr.: SAXER 1988; FERGUSON 2009.
27
SESTON 1937.
28
CSEL XXXIX, 38, 1-2.
324 AGNESE PERGOLA

quale, però, possiamo ottenere una risposta dallo scritto anonimo


dell’Expositio Officiorum Ecclesiae, che descrive nei dettagli il rito
battesimale che doveva svolgersi in Oriente29. Si tratta di un ri-
to che prevedeva una teoria di persone che si muoveva con torce
e incensieri dall’interno delle chiese verso gli atria esterni ad es-
se, nella mattina di Pasqua cantando inni, poiché questo percor-
so simboleggiava la strada che conduceva da Gerusalemme verso
la tomba di Cristo. Esisteva, quindi, una cerimonia pasquale che
ci permette di ipotizzare una derivazione liturgica nell’intento rap-
presentativo del decoratore del battistero.
Nel brano della lettera paolina Rm 6, 3-430 si osserva, inoltre,
un’allusione ai simboli cristiani, la stessa che doveva avere avu-
to questa immagine per il battezzato. L’idea ben corrisponde alla
simbologia del battesimo31 e al pensiero dei padri della Chiesa che
parlano dell’iniziazione cristiana, portandoci a ritenere che la let-
tera paolina fosse già nota alla comunità cristiana di Dura Euro-
pos32. È proprio il loro apporto che permette di credere che l’in-
tento simbolico sia possibile, in quanto si tratta di opere che de-
scrivono, molto spesso, una forte corrispondenza tra il sacramen-
to del battesimo e la resurrezione di Cristo. Gli esempi, in questo
senso, non mancano33 e ad essi si aggiungono anche gli inni bat-
tesimali che contribuiscono alla identificazione della nostra pittu-
ra con la processione delle Pie donne al sepolcro di Gesù34.
Abbiamo, quindi, una discreta quantità di fonti che ci permette
di considerare plausibile l’interpretazione della scena come quella
delle Pie donne che si recano al sepolcro di Cristo, non solamen-
te per le sue peculiarità iconografiche, ma anche per il significa-
to primario che assume all’interno del più vasto insieme pittori-
co dell’intero battistero.

29
CSCO, Scr. Syri, II, 76.
30
“O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati
battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti
insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo
della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”.
31
BENOIT 1953, in part. vd. pp. 223-228.
32
Sulla presenza degli scritti paolini nella città di Dura Europos vd. BOVINI
1950; KRAELING 1967, pp. 114-119.
33
Tert., resurr., 47 (= CSEL XLVII, pp. 95-98); Or., comm. in Rom., 5, 8 (=
PG 14, coll. 1037-1041); Cyr. H., catech. II, 4 (= SC 126, pp. 111-113); Thdr.
Mops., hom. I-XVI (= TONNEAU, DEVREESSE 1949, p. 155); Nar., hom. (= CONNOL-
LY 1909, p. 51); gli autori anonimi dell’Expositio officiorum ecclesiae (= CSCO,
Scr. Syri, II, 92, p. 87).
34
Atti di Tommaso (A. Thom. A e B = WRIGHT 1871, II, pp. 187-190); Efrem
il Siro, con gli Hymni in festum Epiphaniae (Ephr. hymn. epiph. 10, 3-4 = LAMY
1902, I, col. 97); le Odi di Salomone (Ode 15, 9-10 = CHARLESWORTH 1977); Ign.,
Eph., 7, 2 (= SC 10, p. 160).
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 325

In riferimento a quanto sin qui è stato detto, appare evidente


come, nonostante la sequenza mostri una serie notevole di aspetti
iconografici unici, possiamo pensare di collocarla alle origini del-
la tipologia delle immagini che raccontano la Resurrezione di Cri-
sto attraverso l’evento della Visitatio sepulcri. Si tratta di un’ico-
nografia particolare che esprime la primitiva interpretazione del-
la scena e che riflette quegli schemi propri dell’area siro-palesti-
nese, reiterando elementi della tradizione classica e siriana senza,
però, escludere elementi di innovazione35.
Il progetto iconografico dell’intero battistero sembra finalizzato
a rappresentare, attraverso le immagini, quei messaggi che la co-
munità riceveva tramite le Sacre Scritture di cui la Chiesa di Du-
ra Europos doveva essere a conoscenza. Sappiamo che si trattava
di una comunità derivante per la maggior parte da elementi gre-
ci della cittadinanza, come ci conferma la presenza nella città del
testo del Diatessaron in lingua greca36. Questo testo, probabilmen-
te, era accompagnato dalle conoscenze che la comunità acquisiva
sugli scritti cristiani attraverso i contatti con coloro che transita-
vano per la città e che provenivano da Antiochia o da Edessa, i
maggiori centri di diffusione e sviluppo del cristianesimo primiti-
vo nella zona tra il Tigri e l’Eufrate37. In tale contesto, di difficile
ricostruzione per la città di Dura, la migliore testimonianza della
fede cristiana l’abbiamo proprio attraverso il ciclo pittorico com-
preso all’interno del battistero della domus ecclesiae, dove si sono
sviluppati una serie di temi riconducibili al battesimo, ma anche
espressione di quello che fu il pensiero cristiano della comunità.
Partendo da queste premesse, e sottolineando come l’insieme
decorativo del battistero di Dura sia il risultato di diversi influs-
si culturali, è necessario, in primo luogo, evidenziare come l’im-
postazione dello schema narrativo del ciclo pittorico delle Donne
al sepolcro, che muove da destra verso sinistra, riprenda in mo-
do sorprendente la disposizione delle immagini cicliche presenti
nella coeva sinagoga di Dura Europos38, pur essendo esse parte
di un insieme narrativo che si svolge da sinistra verso destra. Ta-
le organizzazione rimanda in maniera piuttosto esplicita a quelle
miniature che dovevano corredare i rotoli manoscritti veterotesta-
mentari dell’epoca, i quali utilizzavano questa strutturazione de-
strorsa per le raffigurazioni cicliche. Inoltre, anche la duplicazio-
ne dei personaggi nelle scene consecutive e gli elementi di suddi-
visione dello spazio (è il caso della porta) rimandano chiaramen-

35
KRAELING 1967, pp. 163-176.
36
KRAELING 1935.
37
CANIVET 1989.
38
KRAELING 1956, tavv. LII-LIII, LXIV-LXV, LXVII-LXXIII.
326 AGNESE PERGOLA

te a queste esperienze figurative. Bisogna, quindi, tener conto di


come l’impostazione di questa nuova immagine, realizzata in qua-
dri successivi, sia da rimandare a quelle realtà iconografiche pro-
prie della miniaturistica giudaica. Considerando la facile circola-
zione e accessibilità dei manoscritti39 possiamo supporre, quindi,
che anche i cristiani di Dura Europos possedessero questo gene-
re di testi da cui, facilmente, trassero spunto per la decorazione
pittorica della domus ecclesiae.
Tuttavia, i confronti più immediati con le pitture del battiste-
ro, anche in relazione alla tematica svolta, li ritroviamo, nello stes-
so periodo, all’interno dei primi apparati decorativi delle catacom-
be romane. In particolare possiamo osservare una affinità icono-
grafica con le pitture dei cubicoli dei Sacramenti nelle catacom-
be di S. Callisto40, dove le scene ancora non sono codificate e do-
ve si sviluppano temi veterotestamentari accanto a figurazioni del
Nuovo Testamento, con significato battesimale ed eucaristico. In
questo senso il battistero di Dura Europos propone un linguaggio
più mirato alla funzione sacramentale del luogo e le sue imma-
gini seguono tutte lo stesso filo rosso inerente al rito dell’inizia-
zione cristiana41. Ma tale confronto, che ci permette di osservare
una parallela evoluzione dell’arte paleocristiana nell’Oriente come
nell’Occidente mediterraneo, non consente di confermare il ruolo
che gioca la pittura delle Pie donne al sepolcro di Cristo nell’im-
maginario iconografico dei primi secoli. Essa, infatti, dopo l’ap-
parizione all’interno del battistero siriano, non comparirà mai tra
le pitture affrescate nelle catacombe romane, nonostante il tema
della resurrezione sia fondante nel messaggio salvifico della prima
arte cristiana in contesto funerario42. Al contrario, invece, la ritro-
veremo più volte nelle fronti dei sarcofagi a partire solo dalla me-
tà del IV secolo, secondo uno schema nuovo dove, però, compare
un numero limitato di donne (due o una) presso un sepolcro, che
ricorda l’Anastasis costantiniana, insieme al Cristo o, più raramen-
te, ad un angelo che annuncia l’evento eccezionale43 (fig. 2).
Se pure, in Oriente, il confronto più stretto si ha con la pit-
tura della volta del mausoleo dell’Esodo di El-Bagawat44 (fig. 3),

39
Sui codici miniati veterotestamentari e il loro rapporto con l’arte paleocristia-
na vd., CAGIANO DE AZEVEDO 1963; CAGIANO DE AZEVEDO 1972; WEITZMANN 1975.
40
Sull’iconografia dei cubicoli dei Sacramenti vd. WILPERT 1897; BISCONTI
1996B; BISCONTI 2000; BISCONTI 2001; BISCONTI 2007; BRACONI 2009.
41
Cfr.: BISCONTI 1996a; BISCONTI 1998.
42
Cfr. UTRO 2008.
43
RECIO VEGANZONES 1990; RECIO VEGANZONES 1992.
44
Vd. CIPRIANO 2008, tavv. 17-18, p. 305.
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 327

Fig. 2 – Milano, San Celso. Particolare del sarcofago


(Inst. Neg. 61.718).

per la teoria delle donne, per le torce e i vasetti che esse recano,
questo può essere considerato solamente in relazione allo schema
iconografico che viene utilizzato per raffigurare le donne di Dura.
Anche in questo caso si tratta di una teoria di figure femminili
che portano delle lampade, ma la meta della loro processione rap-
presenta e racchiude un significato diverso, poiché – come è sta-
to precedentemente detto – viene oramai identificata con la teo-
ria delle Vergini sagge45. Inoltre il mausoleo è, di epoca più tarda
e ci permette di pensare che derivi dalla stessa tradizione figura-
tiva orientale che voleva porre in risalto la ieraticità e la solenni-
tà della fila di donne, con particolare accento sul luogo verso cui
esse si muovono. L’affinità che i monumenti presentano è, unica-
mente, il richiamo alle liturgie battesimali del cristianesimo orien-

45
WULFF 1914, p. 97; GRABAR 1956; CIPRIANO 2008, pp. 154-155.
328 AGNESE PERGOLA

Fig. 3 – El-Bagawat, mausoleo dell’Esodo. Particolare della volta con teoria di


vergini (CIPRIANO 2008, tav. 18).

tale della prima ora, che prevedeva lunghe processioni nella notte
pasquale durante la quale i protagonisti erano i battezzandi46.
Non esistono, quindi, diretti confronti con la nostra pittura ma,
di certo, possiamo osservare un’evoluzione del tema che, forse, af-
fonda le sue radici in questa precoce elaborazione di una scena
tanto difficile da inquadrare in un determinato schema iconogra-
fico. Inoltre, tutte le successive rappresentazioni trarranno spun-
to dai singoli vangeli47 ormai entrati nel canone e ben conosciuti
dalle comunità cristiane e dalle riflessioni dei padri della Chiesa
particolarmente incentrate sul numero e sul ruolo delle pie don-
ne48. Tutto questo ci allontana ancora di più dall’iniziale raffigu-
razione delle Donne al sepolcro realizzata dall’artista di Dura Eu-
ropos, ma non vuol dire che nei secoli successivi l’arte non abbia
ripreso elementi dello schema o dettagli prettamente iconografici
mutuati dall’originale opera siriana o, ancora, da codici miniati e
cartoni che le maestranze dovevano far circolare nel bacino medi-
terraneo. La pittura di Dura presenta, oltretutto, diverse peculia-
rità tra le quali spiccano, oltre al numero delle donne, di cui si è
detto, anche la raffigurazione della scena in due momenti succes-
sivi e la distinzione tra la tomba ipogea e il sarcofago, nel quale

46
Sul rito del battesimo in Siria vd. WIDENGREN 1978. Cfr. anche, sul cate-
cumenato e la prima arte cristiana DULAEY 2001.
47
Mt 28, 1-10; Mc 16, 1-9; Lc 24, 1-10; Gv 20, 1-17
48
Eusebius Caes., Quaest. Evang. Lib. = PG 22, 937-948; Ambr., Exp. Ev. sec.
Lucam 10, 147-157 = SC 52, 205-208.
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 329

fu deposto il Cristo. Tale complessa iconografia iniziale non ven-


ne ripresa successivamente, poiché l’arte paleocristiana non mi-
rava più a raccontare l’evento come fatto storicamente accaduto,
quanto a mostrarlo nella sua straordinarietà49, in una formula ri-
dotta, essenziale e di immediata comprensione50.
In Occidente, dove tale immagine inizierà a conoscere una cer-
ta fortuna della metà del IV secolo, l’idea della Resurrezione ven-
ne resa, sin dall’inizio, con la Visita delle donne al sepolcro per-
ché l’iconografia non conosceva un espediente idoneo a raffigura-
re la resurrezione in sé; piuttosto tendeva a descrivere l’evento bi-
blico, narrato nei testi che annunciavano la resurrezione di Gesù,
per mezzo delle donne e degli angeli. Le prime immagini che ri-
portano questo episodio – dopo l’esempio del battistero siriano –
compaiono nella plastica funeraria romana, in sarcofagi di diver-
sa tipologia in base alla quale varia anche lo schema con cui le
Donne al sepolcro vengono rappresentate. Nei sarcofagi a fregio
continuo con scene di passione e resurrezione di Cristo, le figure
delle donne e del sepolcro sono inserite nella sequenza di imma-
gini senza soluzione di continuità, con le Marie (da una a tre) in
tunica e palla tirata sul capo di fronte al sepolcro, stanti o ingi-
nocchiate ai piedi di Cristo, con o senza soldati di guardia51. Nei
sarcofagi cosiddetti dell’Anastasis, la resurrezione è raffigurata dal-
l’omonimo simbolo, in posizione centrale, con le due guardie dor-
mienti ai piedi della croce52; in un secondo momento, alle figure
delle guardie vengono sostituite le immagini femminili delle don-
ne, il sepolcro di Cristo e, a volte, la figura di un angelo che an-
nuncia la resurrezione alle Marie53. Non sappiamo esattamente in

49
Sull’evoluzione dell’iconografia delle Donne al sepolcro vd. PERRYAMOND
2000 e PERRAYMOND 2006.
50
BISCONTI 2006.
51
Nel sarcofago di Servanne è mostrato sullo sfondo il Santo Sepolcro cu-
stodito da due militi, di fronte al quale stanno tre donne (come ricorda Mc 16,
1-7), inginocchiate, in tunica e palla che copre loro il capo, in adorazione del-
la figura di Cristo stante di fronte a loro (WILPERT 1925; WS, II, 1, p. 330 e tav.
XV, 2 = CHRISTERN, BRIESENICK, 2003, 42; RECIO VEGANZONES 1990, fig. 5); nel sar-
cofago di S. Celso a Milano le due donne sono raffigurate in piedi, in tunica e
palla, di fronte al S. Sepolcro alla destra del quale si intravede, tra le nubi, un
busto di angelo – secondo le più recenti interpretazioni – che si rivolge alle due
donne, una delle quali ha il capo levato ad osservarlo (WS, II, tav. 143, 4 e 6 =
DRESKEN WEILAND 1998, 249 e 250, 2; MIRABELLA ROBERTI 1984, p. 200, fig. 199;
BRANDENBURG 1987; LAVIZZARI PEDRAZZINI 1990, pp. 333-334, n.5a.2g; RECIO VEGAN-
ZONES 1990, fig. 10; PROVERBIO 2007, pp. 56-58, fig. 14).
52
Vd., per esempio WS, II, tav. 146, 3 = Repertorium, tav. 16, 49.
53
Vd., per esempio, il perduto sarcofago del Vaticano dove, ai piedi della
croce, da un lato, compaiono due donne in tunica e palla, di fronte al sepolcro,
330 AGNESE PERGOLA

quale tipologia di sarcofagi apparve prima la scena delle Donne


al sepolcro, se quelli a colonne o a fregio continuo, ma è chiaro
come questa rappresentazione divenne centrale nei cicli di pas-
sione, esprimendo il forte significato salvifico della resurrezione
di Cristo. In tutti questi esempi i punti di contatto con la nostra
pittura sono pressoché assenti, tanto più che, dal IV secolo, per
la raffigurazione del sepolcro di Cristo si trasse spunto non tanto
dai vangeli, quanto dalla reale struttura fatta erigere da Costanti-
no, al di sopra del Santo Sepolcro. Tale elemento fu concluso da
una struttura che forma, ancora oggi, un annesso a pianta cen-
trale con deambulatorio, delimitato da colonne che, attraverso un
atrio, si collega al martyrium, ovvero alla grande basilica costan-
tiniana54. Si tratta della macroscopica struttura dell’Anastasis che
niente ha più a che vedere con l’originale configurazione del se-
polcro. Questo ci allontana dall’iconografia di Dura Europos, per-
ché notiamo che, da ora in poi, ad essere raffigurato sarà sempre
l’esterno della struttura sottolineando, anche la funzione comme-
morativa del luogo55.
Di maggiore interesse per i nostri studi è, invece, la formella
della porta lignea della chiesa di Santa Sabina (V secolo) in cui
è raffigurata l’apparizione dell’angelo a due Marie56. In questo ca-
so le due donne sono stanti e incedono verso la loro sinistra, do-
ve si trova il messo alato che annuncia la resurrezione. Dietro al-
le figure, si intravede un edificio con tetto spiovente e con un ar-
co, sorretto da colonne che incorniciano l’angelo oltre il quale si
aprono dei tendaggi. Si tratta di una raffigurazione particolare del
sepolcro di Cristo in cui l’ingresso arcuato è posto sul lato lun-
go dell’edificio, che sembra avere una forma parallelepipeda. Ma
ciò che più ci interessa sono gli attributi delle donne che vesto-
no una pesante tunica e una palla che copre loro la testa e reca-
no contenitori sferici per gli unguenti. Si tratta sempre dell’abbi-
gliamento consueto che caratterizza le pie donne e che già a Du-
ra viene rappresentato in stile orientale anche se, ancora una vol-
ta, gli oggetti che tengono nelle mani le donne della formella li-
gnea non corrispondono all’affresco, lontano due secoli e risulta-
to di influenze iconografiche ellenistico-orientali.
Di maggiore aiuto, per i nostri confronti, invece, risultano gli
avori tardo antichi e alto medievali, nei quali gli esempi della Vi-
sitatio sepulcri sono molteplici e dove ritroviamo alcuni elemen-

una inginocchiata, l’altra inchinata verso la figura del Cristo che si trova a de-
stra della croce (WS, II, fig. 209 = Repertorium, tav. 933).
54
CORBO 1982.
55
RECIO VEGANZONES 1990.
56
JEREMIAS 1980, tavv. 2, 10.
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 331

ti particolari che rimandano, per certi versi, alla pittura del pri-
mo battistero cristiano. Gli avori di cui disponiamo sono, per lo
più, di piccole dimensioni, appartenenti a reliquiari, dittici e pissi-
di che recano la scena delle Donne al sepolcro generalmente sud-
divisa in più momenti. Il più antico manufatto in avorio è rap-
presentato dal dittico di Trivulzio57 (fig. 4), databile agli inizi del
V secolo, del quale è rimasto un solo pannello. Questo è suddi-
viso in due riquadri raffiguranti, rispettivamente, le guardie ad-
dormentate di fronte al sepolcro di Cristo, al di sotto dei simboli
degli evangelisti Matteo e Luca (l’uomo e il toro) e le due Marie
davanti alla porta del sepolcro di fronte alle quali si trova l’an-
gelo. Tale riquadro è quello che più ci interessa per alcuni det-
tagli che potrebbero rimandare ad uno schema già noto. In pri-
mo luogo osserviamo che dell’edificio, in cui era deposto il corpo
di Cristo, è visibile solamente una porta che si apre in un muro
ben definito dal paramento laterizio, ad indicare l’ingresso della
camera sepolcrale entro la quale doveva trovarsi anche il sarco-
fago contenente il corpo di Gesù. Già questo particolare ci ricon-
duce all’interpretazione della pittura delle Pie donne di Dura, poi-
ché ci aiuta a comprendere meglio come dovesse essere immagi-
nata da fuori la camera sepolcrale nella quale si muovono le Ma-
rie. Ad indicare l’ingresso del sepolcro, nel dittico, è una porta a
pannelli decorati con scene neotestamentarie (la resurrezione di
Lazzaro, Cristo con Zaccheo e la guarigione dell’Emorroissa), se-
miaperta, che rimanda, anche qui, alle ante dell’ingresso raffigu-
rato sul muro nord del battistero siriano anch’esse semiaperte, a
pannelli, e indicanti l’accesso alla camera funeraria. Nell’avorio,
però, le figure femminili sono solamente due, in conformità con
il testo di Matteo (28, 9-10), di cui una è prostrata di fronte al-
l’angelo, seduto su una roccia antistante il sepolcro, mentre l’al-
tra è leggermente chinata verso il messaggero. Entrambe hanno il
capo velato e non recano né unguenti né lampade. Ma l’interesse,
per noi, è la tipologia della raffigurazione dell’ingresso semichiu-
so del sepolcro, che richiama proprio le pitture di Dura. Il moti-
vo della porta socchiusa, che si ritrova anche in altri avori, divie-
ne, in questo periodo, elemento essenziale nella scena della Re-
surrezione di Cristo, ma già nell’affresco di Dura Europos dove-
va aver assunto il ruolo di chiave di lettura, che non emerge dai
vangeli ma che, per l’artefice, doveva apparire come chiara cifra
simbolica per tale raffigurazione58. E così la ritroviamo, in modo

57
DELBRÜCK 1929, p. 274, n. 68; WEITZMANN 1979, n. 453; LAVIZZARI PEDRAZZINI
1990, n. 5b.1f; DONATI 1996, n. 255.
58
BISCONTI, MAZZEI 2003.
332 AGNESE PERGOLA

Fig. 4 – Milano, Castello Sforzesco. Dittico di Tri-


vulzio (DONATI 1996, n. 225).
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 333

significativo, in uno dei quattro avori con scene di Passione con-


servati al British Museum59 (fig. 5), anch’essi dei primi decenni del
V secolo, in cui, nella placchetta raffigurante le guardie dormien-
ti di fronte al Santo Sepolcro (che in questo caso assume l’aspet-
to della rotonda costantiniana), la porta a pannelli d’accesso al-
la camera sepolcrale è semiaperta. Pure in questo caso i pannel-
li raffigurano scene neotestamentarie ma, ancor più interessante,
è osservare che, attraverso le ante, si intravede il sarcofago vuo-
to che doveva aver accolto il corpo di Cristo prima della resurre-
zione. Gli altri elementi raffigurati nell’avorio non rimandano alle
nostre pie donne, poiché le due Marie rappresentate sono sedute
con l’atteggiamento dell’humor melanconicus ai lati dell’edificio se-
polcrale, al di sotto delle quali giacciono svenuti i due militi. Ciò
che a noi interessa è l’attenzione al dettaglio della porta semia-
perta che, addirittura, in questo caso, lascia intravedere la cassa
che conteneva il corpo di Cristo. È un altro richiamo alla pittura
di Dura, che aveva utilizzato un simile espediente nella raffigura-

Fig. 5 – Londra, British Museum. Pannello di pisside in avorio con Donne al se-
polcro (BUCKTON 1994, n. 58).

59
WEITZMANN 1979, n. 452; BUCKTON 1994, p. 58, n. 45; DONATI 1996, n. 108.
334 AGNESE PERGOLA

zione del sepolcro in cui giaceva Gesù. In un altro avorio di età


carolingia, pur se lontano dagli schemi dei manufatti eburnei fin
qui descritti, ritroviamo un’ immagine in cui due donne si muo-
vono verso un angelo seduto davanti al sepolcro60. Qui, il mauso-
leo presenta le ante della porta d’ingresso spalancate e lascia in-
travedere completamente l’interno della camera funeraria che ri-
sulta del tutto vuota. Nel X secolo avanzato, poi, questa modali-
tà di raffigurare il sepolcro vuoto con l’immagine della porta del
tutto o semiaperta, attraverso la quale se ne può osservare l’inter-
no, ritorna in un altro manufatto eburneo, conservato al Metropo-
litan Museum di New York61 (fig. 6). In esso, all’interno dell’am-
biente chiuso non si intravede più il sarcofago vuoto, ma le ben-
de del sudario che avvolgevano il corpo di Cristo. Si tratta, quin-
di, di un’evoluzione dello stesso soggetto che nasce richiamando
l’espediente delle ante semiaperte, per indicare chiaramente l’av-
venuta resurrezione di Gesù. Pur non rispondendo letteralmente

Fig. 6 – New York, Metropolitan Museum.


Particolare del dittico in avorio con Donne
al sepolcro (nr. cat. 1993.19).

60
Avorio del 900 ca. Per la bibliografia completa vd. VOLBACH 1976, n. 232.
61
Nr. Cat. 1993.19, cfr. Three Holy Women 2008.
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 335

alla lezione evangelica, questa chiave di lettura rende più chiaro


all’occhio dell’osservatore l’evento che si vuole narrare, in un’epo-
ca in cui la figura di Cristo risorto non viene quasi mai rappre-
sentata. Possiamo, così, pensare che anche a Dura Europos si sia
voluto mettere in risalto, attraverso le ante semiaperte, la Resur-
rezione di Cristo, avvenuta già nel momento in cui le donne che
giungono alla tomba scorgono l’ingresso del sepolcro socchiuso.
Se si considera che in questi avori si tende a rappresentare l’in-
terno della camera sepolcrale contenente la cassa vuota, possiamo
supporre che le donne sul muro nord del battistero siano raffigu-
rate all’interno del sepolcro, dove il sarcofago diviene un elemen-
to fondamentale per la lettura della scena.
Anche in una pisside eburnea del Metropolitan Museum, rife-
ribile al VI secolo, ritroviamo la raffigurazione della Visitatio Se-
pulcri. Qui, però, lo schema si discosta da quello seguito dai dit-
tici, poiché in essa sono raffigurate tre Marie, recanti incensieri,
presso un altare sormontato da un ciborio con tre archi62. Le don-
ne velate, in tunica e palla, sono rivolte verso l’altare, che non è,
dunque, la tomba di Cristo e, per tale motivo, non ha nulla a che
vedere con gli schemi di cui finora abbiamo trattato, ma riman-
da alle raffigurazioni delle Donne al sepolcro che compaiono sul-
la serie di ampolle della Terra Santa delle quali si occupò il Gra-
bar nei suoi studi63 (fig. 7). Com’è noto, si tratta di una serie di
manufatti, riferibili anch’essi al VI secolo, provenienti dalla Ter-
ra Santa e utilizzati dai pellegrini per raccogliervi l’olio che ar-
deva nelle lucerne accese presso la tomba di Cristo. In essi com-
paiono diverse scene, tra le quali, molto spesso, le Donne al se-
polcro che, frequentemente, fanno da pendant alla crocifissione.
La caratteristica principale di queste raffigurazioni è l’identifica-
zione della tomba di Cristo con l’edificio del Santo Sepolcro che,
quindi, si allontana dalla primitiva raffigurazione di Dura. Nelle
ampolle, infatti, viene posto l’accento, in modo particolare, sulla
tipica struttura dell’edificio commemorativo costantiniano, men-
tre nel battistero siriano la scena si svolge in due fasi successive
dentro e fuori il sepolcro, di cui non viene raffigurato altro che
la porta di ingresso della camera. Le caratteristiche delle donne,
rappresentate sulle ampolle sempre in coppia, richiamano quelle
della pisside del Metropolitan Museum. Recano nella mano destra
un incensiere, vestono in tunica e palla e hanno il capo nimba-

62
WEITZMANN 1979, n. 520. Vd. anche la pisside del Museo di Sitten (VOL-
BACH 1976, n. 176).
63
GRABAR 1958 e CONTI 1988, pp. 28-33, con bibliografia di riferimento.
336 AGNESE PERGOLA

Fig. 7 – Monza, Museo del Duomo. Ampolla della Terra


Santa (CONTI 1988, fig. 22).

to. Sono raffigurate a sinistra del sepolcro e a colloquio con l’an-


gelo, seduto e crucifero, posto dall’altro lato64. Si tratta di un’ico-
nografia oramai lontana da quella primitiva, in quanto lo schema
adottato diviene molto più contenuto e rispecchia maggiormen-
te la sinteticità degli avori. Ciò che rimane del primo schema è
la sistemazione preminente del sepolcro di Cristo che, se inizial-
mente, a Dura, voleva porre in risalto l’aspetto escatologico e sal-
vifico della resurrezione, qui vuole porre in rilievo, oltre al signi-
ficato simbolico dell’evento, il luogo in cui esso è avvenuto, com-
memorato attraverso la rotonda dell’Anastasis, di cui è raffigura-
to l’interno, richiamando al pellegrino, le forme architettoniche
del Santo Sepolcro.

64
GRABAR 1958, tavv. 5, 9, 11, 12, 13, 14, 16, 18, 22, 24, 26, 28, 34, 35, 36,
37, 40, 45, 46, 47. Cfr anche CONTI 1988, figg. 16, 19, 22, 23.
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 337

Ritroviamo ancora una simile iconografia su altri oggetti di


culto65 e di piccole dimensioni come anelli66 e bracciali67, ma si
tratta di manufatti che non riportano elementi iconografici utili
ai fini del nostro studio. Piuttosto, dobbiamo indagare nell’ambi-
to delle miniature, poiché un’interessante raffigurazione della Vi-
sita delle pie donne al sepolcro la ritroviamo nell’Evangelario di
Rabbula (datato al 586) che, nuovamente, è rappresentata in pen-
dant con l’immagine della crocifissione di Cristo68 (fig. 8). La sce-
na si svolge orizzontalmente e presenta le donne (solo due) in
due differenti momenti: in un primo tempo le vediamo a collo-
quio con l’angelo seduto sopra un sarcofago (rielaborazione del-
la pietra bianca rotonda, a chiusura del sepolcro, che doveva esi-
stere prima della ridipintura del codice), ad indicare il momento
in cui esse hanno scoperto la tomba vuota. L’accesso al sepolcro
si trova subito dopo l’angelo, al centro della scena, e dalla porta
semiaperta escono dei raggi luminosi che vanno a colpire le tre
guardie che cadono come addormentate al suolo. In un secondo
momento, a destra del sepolcro e delle guardie, senza soluzione
di continuità, ritroviamo le donne (di cui quella con la tunica co-
lor ocra è da identificare con la Maddalena) che hanno incontra-
to il Cristo risorto e sono inginocchiate ai suoi piedi. Si tratta di
una scena complessa che racchiude diversi episodi e che utiliz-
za come fulcro e spartiacque della sequenza l’ingresso del sepol-
cro, secondo l’organizzazione iconografica che caratterizza l’affre-
sco di Dura. Anche in questo caso, la porta è socchiusa, ma da
essa fuoriescono dei raggi luminosi, segno dell’evento straordina-
rio della resurrezione di Gesù. Con il codice di Rabbula, ci tro-
viamo di fronte ad un’iconografia più articolata che richiama, di
nuovo, il Santo Sepolcro69, appena accennato dall’architettura del-
l’edificio posto, tra l’altro, sopra un piccolo monte, e che riman-
da alle donne degli avori e delle ampolle, nimbate e recanti degli
incensieri. Questa pittura rientra nella serie di immagini che si
sviluppa dai primi secoli, nell’ambito dei testi miniati, con quel-
le peculiarità proprie del genere, come la rappresentazione ciclica
dell’episodio, e si conferma attraverso alcuni elementi iconografi-

65
Su un incensiere bronzeo di VII secolo (WEITZMANN 1979, n. 564) dove, pe-
rò è raffigurata una sola Maria.
66
WEITZMANN 1979, n. 446; ENGEMANN 1973, figg. 4-6.
67
ENGEMANN 1973, fig. 3.
68
BERNABÒ 2008, tav. XXV. Per la bibliografia completa sul cd. Codice di
Rabbula vd., da ultimo, MATTA 2008.
69
Secondo Morey (MOREY 1953, pp. 118-120) si tratta dell’edicola distrutta
da Cosroe nel 614, corrispondente alle descrizioni dei pellegrini del VI secolo e
a quelle di Egeria del IV secolo.
338 AGNESE PERGOLA

Fig. 8 – Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana. Tetravangelo di Rabbula, Croci-


fissione e Resurrezione di Cristo, Plut. I, 56, f. 13r. (BERNABÒ 2008, tav. XXV).

ci oramai fissi: le donne, con ampolle o incensieri, l’angelo, il se-


polcro (in genere nelle forme dell’Anastasis)70.
70
Un simile schema ritorna anche nella miniatura del Codice siriaco n. 33,
al f. 9b, conservato nella Bibliothèque Nationale de France in cui, insieme al te-
sto del vangelo vengono raffigurate due donne e l’angelo affrontati, rispettiva-
mente, da un lato e dall’altro delle colonne di testo, attraverso uno stile che ri-
chiama da vicino l’evangelario di Rabbula.
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 339

In relazione alle miniature del codice di Rabbula, proprio per


le affinità iconografiche riscontrate, dobbiamo considerare anche
le immagini dipinte all’interno del coperchio di una cassetta lignea
conservata nel Sancta Sanctorum lateranense, databile anch’essa
al VI secolo, che riporta una sequenza di scene cristologiche del-
le quali la prima in alto a sinistra71 è la Visita delle pie donne al
sepolcro72 (fig. 9). In questo caso l’immagine rientra in un proget-
to teologico che mira a delineare, attraverso il programma icono-
grafico, il mistero della morte e resurrezione di Cristo. La nostra
immagine, secondo una lettura “ascensionale” delle scene, chiude

Fig. 9 – Roma, Sancta Sanctorum lateranense. Coperchio di reliquiario con di-


pinti cristologici, particolare con Donne al sepolcro (MORELLO 1991, p. 95).

71
In realtà le scene andrebbero lette partendo dal basso, dove si trovano la
Natività e Battesimo di Cristo, verso l’alto, dove si colloca la Crocifissione e, al
di sopra, la Visitatio Sepulcri accanto all’Ascensione.
72
MORELLO 1991 e UTRO 1996.
340 AGNESE PERGOLA

la sequenza ed è raffigurata in riferimento, ancora una volta, a


quella centrale della crocifissione. Essa presenta uno schema ora-
mai noto, con le due donne nimbate recanti unguenti di fronte al-
l’angelo, seduto, che con la destra compie il gesto della parola e,
al centro, la rotonda dell’Anastasis, raffigurata in modo estrema-
mente particolareggiato, a ricordare l’edificio costantiniano. L’in-
tero significato di questo ciclo cristologico ci avvicina alla tema-
tica sviluppata nel battistero di Dura, poiché il Cristo crocifisso,
morto e risorto sottolinea l’offerta del figlio di Dio per la salvez-
za degli uomini, sacrificio per il quale il battezzato è salvato. Se
pure tale immagine può sembrare lontana dal ciclo battesimale di
Dura Europos, dobbiamo tenere conto che la scena delle Pie don-
ne al sepolcro di Cristo rientra sempre nelle tematiche salvifiche
dei cicli musivi e teologici dei secoli più tardi, come simbolo del-
la resurrezione e della salvezza dell’uomo.
Gli elementi, quindi, che a Dura sono ancora in elaborazione,
ritornano anche nei mosaici dei grandi apparati decorativi paleo-
cristiani, a partire da quello della volta del battistero di S. Gio-
vanni in Fonte a Napoli73 e, successivamente, anche in un riqua-
dro della navata centrale della basilica ravennate teodericiana di
S. Apollinare Nuovo74. In particolare, nel mosaico di Ravenna, os-
serviamo due Marie che, vestite in tunica e palla, mostrano il se-
polcro con la mano aperta; di fronte a loro sta l’angelo seduto su
una roccia, con la mano destra alzata nel gesto della parola. Al
centro della scena si trova il sepolcro vuoto, che risponde all’or-
mai consolidata iconografia della rotonda costantiniana e, all’in-
terno, si intravede il coperchio rovesciato del sarcofago che conte-
neva il corpo di Cristo. Nel mosaico di S. Giovanni in Fonte, pur-
troppo, la scena delle Donne al sepolcro è andata in gran parte
perduta: di essa resta solamente parte di un volto femminile e il
corpo dell’angelo seduto sulla roccia di fronte al sepolcro di cui
si intravede l’ingresso75 (fig. 10). L’angelo, vestito in tunica, tiene
nella sinistra un rotolo mentre la mano destra è posata sul ginoc-
chio. Si scorge, dietro di lui, un albero, segno dell’ambientazione
della scena al di fuori del sepolcro. In questo caso elementi ri-
conducibili ad una primitiva iconografia non ve ne sono, piutto-
sto dobbiamo riflettere sul contesto all’interno del quale tale im-
magine va ad inserirsi. Si tratta di un battistero il cui program-

73
Cfr. sul monumento, in generale, BOVINI 1959; PARISET 1970; KALBY 1971;
sulle decorazioni musive vd. da ultimo HERNÁNDEZ 2004.
74
Cfr. sul monumento PENNI IACCO 2004, in part. fig. 54 pag. 61 e tav. 17, p.
189; per l’iconografia vd. anche BOVINI 1958; DEICHMANN 1962; GERKE 1972; AN-
GIOLINI MARTINELLI 1976; PENNI IACCO 2007.
75
WM, III, tav. 32, n. 2.
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 341

Fig. 10 – Napoli, battistero di S. Giovanni in Fonte. Particolare della volta (WM


III, tav. 32, n. 2).

ma decorativo ha delle impressionanti affinità con l’ambiente bat-


tesimale di Dura Europos, nonostante il monumento denunci una
cronologia ed una civiltà figurativa assai distante da quella propo-
sta dalle pitture di Dura. La cupola del battistero napoletano, in-
342 AGNESE PERGOLA

fatti, riporta una serie di scene e di temi che corrispondono alla


cappella della domus ecclesiae in maniera sistematica. Se a Dura
il soffitto e la volta della nicchia del fonte battesimale sono de-
corati con un cielo stellato su fondo blu, il clipeo centrale della
volta di San Giovanni in Fonte è occupato ugualmente da un cie-
lo stellato in cui è raffigurata una croce monogrammatica. Ai la-
ti della croce, sormontata da una corona da cui fuoriesce la ma-
no di Dio e contenuta in un tondo decorato da motivi vegetali e
zoomorfi, si dispongono l’alfa e l’omega. A Dura ritroviamo nel-
la nicchia di fondo, sulla parete ovest, la figura del Buon Pastore
con il suo gregge che nel battistero napoletano è un motivo ripe-
tuto quattro volte al di sopra delle quattro absidiole con i simbo-
li degli evangelisti. In questo caso i pastori non si trovano con il
gregge ma sono raffigurati al centro di uno schema che vede con-
trapposti due cervi mentre si abbeverano a due fiumi che scaturi-
scono dal monte paradisiaco. Oltre a tali immagini le risponden-
ze ritornano anche nelle scene bibliche raffigurate sulle pareti del
battistero di Dura e nella fascia intermedia della volta di San Gio-
vanni, dove compaiono le nostre Donne al sepolcro, Pietro salva-
to dalle acque in corrispondenza della pesca miracolosa, la Sama-
ritana al pozzo e, si ipotizza, anche la scena della guarigione del
Paralitico76 . Molte affinità, dunque, emergono dai due contesti e
osserviamo l’inserimento delle immagini, in entrambi i casi, en-
tro uno scenario cosmico, con il cielo stellato, declinato in chia-
ve paradisiaca. Esso permette di accogliere le tematiche battesi-
mali e, nei monumenti successivi, sarà coronato dal monogramma
di Cristo ad espressione della salvezza portata da Cristo attraver-
so il battesimo77. All’interno di questi scenari cosmici, ritroviamo,
come s’è detto, un simbolo cristologico di origine precoce, ossia
quel Buon Pastore che, secondo alcune fonti, doveva essere raffi-
gurato in altri cicli decorativi di ambienti battesimali oramai an-
dati perduti78. Tale figura rimanda al Salmo 22, alla pace cosmi-
ca e alla salvezza che porta il Cristo attraverso la remissione dei
peccati. Su queste tematiche fondamentali del Cristo-Pastore79 e

76
WM, I, p. 230; DE BRUYNE 1957, vd. in particolare p. 344.
77
Vd., per esempio, il Mausoleo di Galla Placidia (DEICHMANN 1958, tav. 19);
l’abside di S. Apollinare in Classe (Ibid., tav. 387); la cupola di Casaranello (WM,
III, tav. 108).
78
Nel battistero damasiano del Vaticano (Prud., perist. 12, 43 = CSEL 61,
422); nel battistero lateranense (PANVINIO 1570); nel battistero di Mayence (Ven.
Fort., carm., 2, 15 = QUASTEN 1939., in part. p. 223) e in quello neoniano di Ra-
venna (RICCI 1931, p. 33).
79
Cfr. sulla figura di Cristo-Pastore, DULAEY 1993.
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 343

del cielo stellato vanno ad innestarsi quelle scene bibliche che ri-
conducono all’acqua e alla resurrezione, alla nascita a nuova vita
ottenuta con il battesimo80, in risposta ad un simbolismo teologi-
co che doveva essere alla base delle scelte iconografiche di questi
due ambienti. Tra queste il tema della resurrezione di Cristo, a
Dura così megalografico e centrale nell’insieme decorativo, dove-
va rimandare alla resurrezione spirituale del battezzato, all’acqua
viva che permetteva la rinascita a vita eterna del neofita.
Tutte queste similitudini e i nessi che si individuano tra i due
monumenti devono, però, inevitabilmente, essere letti in un’ottica
che li vede il punto di partenza e di arrivo di un percorso, lun-
go oltre due secoli, entro il quale gli apparati decorativi si svilup-
pano, si modificano e si rielaborano, sempre in relazione a quel-
la tematica battesimale salvifica che fa da connettivo tra le di-
verse raffigurazioni. Esse, insieme all’esegesi patristica, diventa-
no la naturale espressione della fede cristiana in rapporto al ri-
to del battesimo. In questo senso anche la rappresentazione del-
le Pie donne al sepolcro di Cristo subisce un’evoluzione che, pe-
rò, la vede protagonista di un ciclo prima pittorico e poi musivo
in cui l’esperienza della resurrezione di Gesù ha un ruolo centra-
le nell’economia della liturgia battesimale che si sviluppa a parti-
re dal III secolo.

La Visitatio Sepulcri risponde, fin da subito, all’esigenza di ri-


spettare il silenzio evangelico sul momento esatto in cui avvenne
la resurrezione di Cristo, la cui immagine rimase sconosciuta ai
cristiani dei primi secoli. Trattandosi, però, di una delle rappre-
sentazioni simbolo, per eccellenza, della fede cristiana, questa non
poteva essere evitata e il miglior modo di raccontarla parve quello
di rispettare la tradizione evangelica. Così, a Dura Europos venne
narrata l’esperienza di fede attraverso il richiamo ai testi sacri ca-
paci di suggerire una lettura della scena in senso pasquale81.
L’immagine delle Donne al sepolcro, creata agli albori dell’ico-
nografia cristiana nel battistero di Dura, subisce nei secoli una
lenta ma evidente evoluzione che interessa l’arte paleocristiana in
generale. Essa parte dal racconto evangelico di Dura che fa rife-
rimento ai testi disponibili in quella città di frontiera della prima
metà del III secolo e che sintetizzano gli scritti neotestamentari ri-
spondendo, però, alla narrazione storica. Una narrazione che mu-

80
Più in generale sulle decorazioni degli edifici battesimali vd. BISCONTI
2001.
81
UTRO 2008.
344 AGNESE PERGOLA

tua gli schemi dalla tradizione miniaturistica veterotestamentaria,


capace di rispondere alle esigenze proprie della comunità locale.
Nasce in Oriente, rimanendo per noi l’unica testimonianza nota
per circa un secolo finché, rispondendo alle nuove esigenze delle
comunità del IV secolo, ritorna nell’età costantiniana, epoca in cui
l’iconografia muta in funzione dell’architettura che monumentaliz-
za il sepolcro di Cristo, ossia la rotonda dell’Anastasis. Essa divie-
ne, in breve, simbolo inconfondibile per l’identificazione del mau-
soleo in cui riposa il corpo di Gesù nell’iconografia successiva e
che sarà sempre al centro delle figurazioni come cifra identificati-
va della scena. Se i sarcofagi accennano appena al monumento di
Gerusalemme sarà, poi, con le ampolle dei pellegrini, che diverrà
l’elemento centrale della decorazione abbandonando i richiami te-
stamentari, ma rispondendo ad un’esigenza divulgativa.
La rappresentazione non avrà mai un unico schema e un’orga-
nizzazione sistematica delle figure protagoniste perché, a seconda
dell’oggetto o del monumento che andrà a decorare, subirà delle
variazioni che ne permetteranno un adeguamento. Partendo dai
sarcofagi che vedranno, per lo più, due donne in relazione al se-
polcro vuoto, osserviamo che già in questi monumenti le raffigu-
razioni varieranno in base allo spazio a disposizione e alla scelta
dei soggetti. Non sempre si ritroveranno le guardie addormenta-
te e, spesso, l’angelo è assente. È il Cristo, infatti, ad apparire al-
le donne, allontanandoci da tutti quei confronti che vedranno gli
angeli annunciare l’evento, raffigurando i primi attimi della resur-
rezione. Saranno, quindi, nel tempo, le figure femminili e la ro-
tonda costantiniana a divenire elementi centrali. Gli stessi che, già
con forme diverse, apparivano a Dura.
E, ancora, negli avori, un altro tipo di schema verrà adotta-
to in base alla forma dell’oggetto di pertinenza, con la predilezio-
ne per la raffigurazione del sepolcro con la porta semiaperta che,
a volte, lascia intravedere il sarcofago vuoto e, ai lati, è incorni-
ciato dalle figure dei soldati dormienti o delle donne. Anche qui
l’iconografia, pur lontana da quella primitiva, ci rimanda ad essa
attraverso il riuso dell’espediente della porta socchiusa che lascia
intravedere l’interno del sepolcro. A tale espediente è interessante
associare il simbolismo dell’introitus, dell’ingresso in una condi-
zione beatifica, raffigurato già in epoca classica attraverso il mo-
tivo della porta semiaperta. Nell’accezione propriamente cristiana
il passaggio attraverso una porta assume un significato escatolo-
gico, di accesso ad un mondo “altro” che diviene luogo di attesa
per la resurrezione finale. Gli avori sono gli esempi più noti di
tale concezione, dove le donne presso il sepolcro intravedono un
antro socchiuso che si apre verso una realtà salvifica, la resurre-
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 345

zione di Gesù82. È questo espediente, quindi, che ci assicura di es-


sere di fronte ad una Visitatio sepulcri, e non alla parabola delle
Vergini sagge e stolte, nella sequenza di Dura Europos.
Ancora più complesse appaiono le rappresentazioni miniate
che sviluppano la scena in senso longitudinale e che propongono
nuovi elementi figurativi e sono in connessione con la raffigura-
zione della crocifissione. Sappiamo bene che, prima del V secolo,
non troviamo nell’arte paleocristiana l’immagine di Cristo croci-
fisso ma, da quando compare, essa diviene il centro significativo
dell’iconografia della passione e resurrezione del Salvatore: è at-
traverso la morte in croce che Gesù affranca l’uomo dal peccato
originale83. Si tratta, in ogni caso, di iconografie che, il più del-
le volte, si associano al tema della resurrezione, interpretando la
morte di Cristo come necessario passaggio per conseguire la glo-
ria eterna. In età tardoantica, dunque, il ruolo delle Donne al se-
polcro diviene complementare all’episodio della crocifissione, poi-
ché esse sono le prime testimoni della resurrezione e la loro pre-
senza servirà da riscontro dell’avvenuta realizzazione della pro-
messa di Cristo.
L’evoluzione dello stile e delle correnti artistiche applicate ai
differenti manufatti lascerà costanti quegli elementi essenziali e
centrali per la raffigurazione della scena, mantenendo sempre lo
schema binario delle donne (in genere due) e dell’angelo/Cristo vi-
cino al sepolcro (per lo più nelle fattezze della rotonda costanti-
niana) soggetto chiave per la comprensione dell’immagine, privile-
giando spesso il racconto ciclico articolato in due scene. È eviden-
te come ritornino tutti gli elementi già presenti nello schema pri-
mitivo della domus ecclesiae, necessari a raccontare l’evento esca-
tologico, ma in grado di essere riorganizzati a seconda delle ne-
cessità degli artisti.
Rimane da sottolineare, infine, quel sottile filo rosso, che uni-
sce le immagini di Dura Europos al ciclo iconografico del batti-
stero di San Giovanni in Fonte. Questo contesto battesimale, pur
essendo cronologicamente e stilisticamente lontano dal primitivo
battistero di Dura, fa parte di quella catena evolutiva del linguag-
gio figurativo paleocristiano delle origini che predilige i temi del-
l’iniziazione e della resurrezione e che li combina e li rielabora
fino a giungere ad una più matura espressione artistica. Entram-
bi i monumenti esprimono l’aspetto salvifico del battesimo attra-
verso una serie di raffigurazioni didascaliche ed esemplificative,
riprendendo gli spunti tematici offerti dai padri della Chiesa ed

82
BISCONTI, MAZZEI 2003.
83
FELLE 2000.
346 AGNESE PERGOLA

utilizzando delle raffigurazioni comuni dove, la scena della Re-


surrezione di Gesù indica al battezzando la rinascita in Cristo a
vita nuova. Siamo, quindi, in un periodo in cui l’evoluzione del-
le immagini e del pensiero è continua e gli scritti dei padri del-
la Chiesa diventano fondanti per la realizzazione dei cicli deco-
rativi nell’Orbis christianuus antiquus. In quest’ottica, la Resurre-
zione di Gesù, diviene un esempio di rielaborazione e sperimen-
tazione che nell’iconografia battesimale a Dura come a Napoli ri-
veste un ruolo di primo piano84.
AGNESE PERGOLA

Abstract
The interpretation of the so-called resurrection sequence in the baptis-
tery of the domus ecclesiae of Dura Europos is being undertaken through
analyses of the written and iconographical sources. Comparisons have
established that the scene in question depicts the women at Christ’s sep-
ulchre and not, as held by some in the past, the parable of the foolish
and prudent virgins. Starting from this identification, a study of the evo-
lution of the image is proposed from its origins until the central me-
dieval period, observing the characteristics which remain invariable or
change in relation to the diverse artefacts (in particular sarcophaguses,
ivory diptychs and miniature manuscripts) on which they are depicted.
Therefore, attention is placed on elements of continuity characterising
the scene during its evolution through the centuries and on the figura-
tive contexts in which it is placed.

Résumé
Grâce à l’analyse des sources littéraires et iconographiques, est af-
frontée ici l’interprétation de la séquence dite de la Résurrection dans
le baptistère de la domus ecclesiae de Dura Europos. Les comparaisons
amènent à établir que la scène en question représente les Femmes au
sépulchre du Christ, et non pas, comme cela a été soutenu par le pas-
sé, la parabole des Vierges prudentes. En partant de cette identification
est proposée une étude de l’évolution de l’image depuis ses origines jus-
qu’au cœur du moyen âge, en observant les éléments qui demeurent in-
variables ou qui se transforment en fonction des supports (en particulier
les sarcophages, les dyptiques d’ivoire et les codices illustrés) sur lesquels
elle est représentée. L’attention est enfin portée sur les éléments de con-
tinuité qui caractérisent la scène durant son évolution au cours des siè-
cles et dans les contextes figurés où elle a été choisie.

84
Vd. MAZZEI 2007.
LA DISCUSSA SCENA DELLE DONNE AL SEPOLCRO 347

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