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Breve storia dell’etica islamica dalle origini al XII secolo

(Patrizia Spallino)

«Anche se studi scienze per cento anni


e raccogli mille libri,
soltanto in virtù delle opere
sarai preparato alla misericordia dell’Altissimo».
AL-ÝAZ…L†, Ayyuh… al-walad.

Gli esordi
Interessarsi di tradizione islamica implica innanzi tutto tenere conto dell’importanza del testo
che sta alla sua base e ne costituisce la radice culturale: il Corano. Si può anzi affermare che ogni
produzione speculativa che nasce in seno all’Isl…m fa riferimento e prende spunto da questo testo
riconosciuto sacro da ogni credente musulmano.
La civiltà islamica si fonda sulla rivelazione divina avvenuta tramite il Profeta Mu|ammad e la
šah…da (o testimonianza di fede) dell’Isl…m che recita: «Non c’è divinità tranne Dio e Maometto
è il suo Profeta», esprime nella sua semplicità, lo spirito fondamentale di questa religione.
Tutti gli esseri dell’universo sono muslim, ossia «sottomessi alla volontà di Dio», così come
lo sono tutti gli uomini che accettano volontariamente la legge sacra della rivelazione. I versetti del
Corano sono chiamati ay…t (segni) e rappresentano la parola diretta, eterna, increata di Dio.
La seconda importantissima fonte del sapere islamico è costituita dalla Sunna che corrisponde
agli usi, ai costumi, alle regole tradizionali, alle pratiche e alla morale dei primi musulmani, 1 essa è
definita come: «La Tradizione che riporta gli atti o le parole del Profeta, o la sua tacita
approvazione di parole o azioni compiute in sua presenza»; 2 o ciò che comprende in altri termini i
fatti e le gesta, i detti e le astensioni del Profeta. Gli a|…d†t (sing. |ad†t) corrispondono invece nello
specifico ai detti del Profeta Mu|ammad. L’Isl…m sunnita assegna alla Sunna una grande
importanza da cui deriva l’appellativo «ahl al-sunna wa-l-ºam…‘a» (letteralmente «gente della
Tradizione profetica e della Comunità ortodossa»). Ogni musulmano dovrà conformarsi alla Sunna
fin nei minimi particolari alfine di preservare la Comunità da ogni innovazione deplorevole (bid‘a).
In effetti la Tradizione illustra e mette in pratica le prescrizioni coraniche, e nello stesso tempo
riveste la funzione di fonte del dogma, del diritto e della morale. Fin dal II secolo dell’egira (VIII d.

1
Sull’argomento si consigliano: I. GOLDZIHER, Etudes sur la Tradition islamique, traduction française par L.
Bercher, Paris 1952; A. GUILLAUME, The Traditions of Islam, Oxford 1984; J. ROBSON, s. v. ðad†th, in Encyclopédie de
l’Islam, seconda edizione. Leiden
2
Cfr. ROBSON, art. ðad†th, op. cit.

1
C.), Corano e Sunna furono considerati altrettanto importanti e gli specialisti di |ad†t (tradizionisti o
mu|addit™n), non tardarono ad occupare una notevole posizione accanto ai teologi, agli esegeti del
Corano, ai giureconsulti.
La città di Medina fu per lungo tempo il centro della Sunna (d…r al-Sunna) perché il Profeta
vi aveva trascorso una parte importante della sua missione. In una prima fase le azioni e i detti di
Mu|ammad furono conservati e trasmessi oralmente dai suoi Compagni, in un secondo momento
furono tramandati e fissati per iscritto, mentre le vere e proprie raccolte di a|…d†t cominciarono a
vedere luce intorno alla metà del II secolo dell’egira.
Insieme alle raccolte si sviluppano delle nuove discipline collegate agli a|ad†t : le ‘ul™m al-|
ad†t, o «scienze degli a|…d†t» che suppongono uno studio analitico e quanto più approfondito
possibile del modo di trasmissione e del testo stesso dello |ad†t.3
Le principali raccolte dell’Isl…m ufficiale sono: al-ß…mi‘ al-¡a|†| (Insieme di raccolte
autentiche su un tema) di Bu²…r† (m. 256 h./870 d. C.), al-ß…mi‘ al-¡a|†| di Muslim (m. 261
h./875 d. C.), il Muwa¥¥…’ (Raccolta di tradizioni approvate dai sapienti di Medina) di M…lik ibn
Anas (m. 179 h./795 d. C.), il Musnad (Raccolta di tradizioni tramite trasmettitori) di Ibn ðanbal (m.
241 h./858 d. C.), le Sunan (Collezione di detti normativi) di D…rim† (m. 255 h.7 869 d. C.), le
Sunan di Ibn M…ºa (m. 273 h./ 886 d. C.), le Sunan di Ab™ D…w™d al- Siºist…n† (m. 275 h./
889 d. C.), il ß…mi‘ di Tirmid† (m. 279 h./ 892 d. C.) e le Sunan di Nas…’† (m. 303 h./915 d. C.).
La scienza della teologia o ‘ilm al-kal…m si sviluppa invece grazie ad uno studio del Corano
finalizzato al chiarimento letterale del testo. Sin dalle prime elaborazioni teologiche emersero due
tendenze: una letteralista, che originerà il taf¡†r bi-l-manq™l (commento per tradizione), e una
tendenza razionale che si servirà delle conoscenze linguistiche del commentatore, della sua ragione e
della sua elaborazione personale.
Fu in Iraq e in Siria, specialmente a Damasco, che gli Arabi entrarono in stretto contatto con
la ahl al-kit…b (la gente del Libro, cioè Ebrei e Cristiani). I Musulmani ebbero così modo di
confrontarsi per la prima volta con il pensiero teologico cristiano e ciò diede avvio ad un periodo di
vero e proprio fermento speculativo teologico.
I problemi teologici principali discussi furono: la questione della predestinazione e del libero
arbitrio dell’uomo, la natura creata o increata del Corano, l’essenza di Cristo.
Con l’avvento degli ‘Abb…sidi (749 d. C.) inizia quello che lo studioso Anawati definisce «il
periodo eroico del kal…m, vale a dire a quell’epoca in cui si risveglia lo spirito critico, in cui la
scoperta della filosofia greca con le sue esigenze razionali apporta una sete di conoscenze positive,
3
Non ci si può troppo dilungare in questa sede sull’argomento, si tenga comunque presente che i sapienti
musulmani esaminarono minuziosamente la catena di tutti gli autori che avevano trasmesso il detto e il suo stesso testo
fino ad arrivare a delle classificazioni molto complesse, così come giunsero in questa scienza all’elaborazione di una
terminologia molto tecnica ed elaborata.

2
un bisogno di spiegazioni, il desiderio di coordinare l’insieme del sapere umano. Sorge il kal…m
che inizia ad affermarsi come una “scienza autonoma”».4
Grazie all’incontro della cultura islamica con la filosofia greca iniziò un imponente e
inarrestabile movimento di traduzione degli scritti dell’antichità ellenica. Il Califfo al-Ma‘m™n,
che regnò a Baghdad tra l’811 e l’833, fondò una Bayt al-|ikma (Casa della Sapienza) nella quale
lavorarono numerosi traduttori che portarono a conoscenza degli Arabi la logica di Aristotele, gli
scritti di Platone, dei filosofi alessandrini, dei neopitagorici, dei neoplatonici, del corpus ermetico.

L’etica islamica
Il termine arabo che esprime il concetto di etica è a²l…q, plurale di ²ulq, carattere,
disposizione innata, costumi; ‘ilm al-a²l…q indica la scienza dell’etica, mentre con l’espressione al-
falsafa al-a²l…qiyya s’intende la filosofia morale.
L’etica islamica si sviluppa gradualmente e la tradizione dei differenti elementi di cui è
composta non fu stabilita definitivamente prima del V secolo dell’egira (XI secolo d. C). Nel suo
stadio più evoluto questo ramo del sapere islamico appare come un amalgama interessante di
tradizioni arabe pre-islamiche, d’insegnamenti coranici, di elementi persiani e greci, il tutto ben
integrato in una struttura islamica generale.
I tradizionisti, o i cultori delle tradizioni canoniche musulmane, parlano più che di «scienza
etica», di |usn al-²ul™q (i buoni costumi) che vengono raccomandati anche dai sufi, dai filosofi e da
tutti quegli autori che tendono a dare dei buoni consigli pratici a sovrani e funzionari.
L’elemento costitutivo del mondo preislamico è la sua condizione sociale tribale il cui vincolo
fondamentale di convivenza è rappresentato dal legame di parentela: di sangue, di latte, di adozione
o di clientela. Si tratta fondamentalmente di uno statuto sociale tipico del nomade beduino abituato
a vivere e muoversi in spazi deserti. L’insicurezza del deserto costringe ad accettare un destino
sconosciuto e inesorabile, la predestinazione segna il confine tra ciò che accade e la libertà del
singolo individuo.
Ma la tradizione tribale degli Arabi preislamici non disparve con l’avvento dell’Isl…m. Dai
testi di letteratura preislamica veniamo a conoscenza che, nell’Arabia anteriore alla rivelazione,
dominavano già all’interno della società dei forti valori come: un senso elevato dell’onore personale
(‘irØ), il coraggio (|am…sa), la solidarietà di gruppo (‘a¡abiyya), l’ospitalità (ÿayf), la longanimità
(|ilm).

4
Cfr. G. C. ANAWATI, La teologia islamica medievale, in Storia della teologia nel Medioevo, direzione di G.
D’Onofrio, Asti 1996, Vol. II, p. 604.

3
Le predicazioni di Mu|ammad portarono un cambiamento radicale nei valori morali della
società: dalla muruwwa (sintesi delle virtù beduine su accennate) si passò al d†n, la fede in un unico
Dio, creatore di tutte le cose e giudice delle azioni umane. L’uomo non è più un individuo limitato
dagli stretti confini della sua vita terrena, ma consapevole della sua anima immortale, acquista una
nuova dignità che gli deriva dal suo rapporto di creatura con il Creatore.
La comunità del Profeta ridefinì il senso di appartenenza del singolo beduino alla tribù,
sostituendo i vincoli di sangue con quelli religiosi. Valori morali, che dalla Rivelazione in poi,
saranno basati sulle sanzioni imposte dalla nuova religione, sul timore di Dio e sull’Ora del
Giudizio.

La morale coranica
Il Corano propone una visione totalizzante dell’uomo anche se si possono distinguere al suo
interno dei livelli differenti:
-i principi di fede, come l’unicità di Dio, la missione profetica di Mu|ammad e degli altri inviati,
la Resurrezione e l’Ultimo Giudizio;
-i cinque pilastri dell’Isl…m, cioè gli obblighi del culto;
-le regole morali;
-le relazioni sociali.
Mentre i due primi campi sono considerati intoccabili, gli ultimi due, che concernono proprio
l’ambito morale, possono adattarsi ai tempi e ai luoghi.
L’imperativo coranico morale fondamentale è escatologico poiché si tratta di ricercare la
salvezza per il giorno dell’Ultimo Giudizio praticando il bene ed evitando il male.
Il Corano imposta una sua morale rivolta al singolo individuo dettando al credente un vero e
proprio codice di buona condotta, delle regole del saper vivere. A titolo d’esempio riportiamo alcuni
versetti che invitano a rispondere al saluto: «Quando vi salutano d’un saluto, salutate con uno
migliore, o rendete quel saluto, perché Dio di ogni cosa tien conto»; 5 esortano alla modestia nel
modo di fare, quelli in cui si critica l’orgoglio, l’insolenza e l’arroganza: «Ma non c’è dubbio che
Dio sa quel che tengon segreto, quello che manifestano, e gli orgogliosi non ama»; «E non inceder
sulla terra pieno di gaio orgoglio: non potresti fenderla la terra, non raggiungeresti le montagne in
altezza»; «Non torcer sdegnoso la bocca ai tuoi simili e non camminare con alterigia sopra la terra.
Iddio non ama nessun vanaglorioso insolente! Sii nel tuo camminare, modesto, e abbassa, parlando,

5
Cfr. Corano, 4:86. Per la traduzione del Corano facciamo riferimento a quella di A. BAUSANI, Il Corano,
Milano 1996.

4
la voce, ché di tutte le voci più ingrata è la voce dell’asino!» 6; si raccomanda la lotta personale
contro gli eccessi: «O voi che credete! Certo molti dei dottori e dei monaci consumano i beni altrui
in cose vane e allontanano gli uomini dalla Via di Dio. Orbene a coloro che ammucchiano l’oro e
l’argento e non lo spendono sulla Via di Dio, annuncia castigo cocente»; 7 si invita alla pazienza e
alla costanza, virtù cardinali nel Corano: «O voi che credete! Pazientate e con pazienza trattatevi,
state saldi e temete Dio, sì che possiate esser felici!»; 8 o ancora quelli in cui si fa appello al rispetto
della parola data e degli impegni presi: «Osservate il patto di Dio che avevate pattuito, e non
rompete i giuramenti che avete solennemente giurato, poiché è Dio che avete costituito sopra di voi
a garante, e Dio sa ciò che fate».9
Dalla morale individuale il cerchio si allarga a quella relativa alla famiglia: rispetto della vita
dei figli: «Perduti sono coloro che uccidono scioccamente nella loro ignoranza i propri figli e si
privano dei doni della provvidenza di Dio, inventando menzogne contro Dio! Sono usciti dalla via
giusta, non hanno la retta guida!»,10 affetto e bontà nei confronti dei genitori: «Il tuo Signore ha
decretato che non adoriate altri che Lui, e che trattiate bene i vostri genitori. Se uno di essi, o
ambedue, raggiungon presso di te la vecchiaia, non dir loro: “Uff!”, non li rimproverare, ma dì loro
parole di dolcezza. Inclina davanti a loro mansueto l’ala della sottomissione e dì: “Signore, abbi
pietà di loro, come essi han fatto con me, allevandomi quand’ero piccino!”»; 11 salvaguardia
scrupolosa dei beni degli orfani: «E date agli orfani i loro beni e non scambiate il buono col cattivo,
e non incamerate i loro beni ai vostri ché questo è peccato grande».12
La morale che riguarda la comunità musulmana è essenzialmente basata su due principi
generali: l’uguaglianza e la fratellanza tra i musulmani: «Perché i credenti son tutti fratelli: mettete
dunque pace fra i vostri fratelli, e temete Iddio, che per avventura Iddio abbia pietà di voi» 13 e il
precetto di ordinare il bene e vietare il male: «Voi siete la migliore nazione mai suscitata tra gli
uomini: promuovete la giustizia e impedite l’ingiustizia, e credete in Dio. Ché se la Gente del Libro
anche credesse, meglio sarebbe per loro. Fra di loro vi sono anche credenti, ma i più sono degli
empi».14 Il primo principio richiama esplicitamente all’unione e alla concordia, il secondo fa
scattare la responsabilità dell’individuo nei riguardi della comunità, un incarico pubblico che si
risolve essenzialmente nell’applicazione della giustizia. Quest’ultima di fatto è considerata un

6
Ibid., 16:23; 17:37; 31:18-19.
7
Ibid., 9:34.
8
Ibid., 3:200.
9
Ibid., 16:91.
10
Ibid., 6:140.
11
Ibid., 17:23-24.
12
Ibid., 4:1.
13
Ibid., 49:10.
14
Ibid., 3:110.

5
elemento imprescindibile della comunità musulmana tanto che la definizione d…r al-Isl…m (mondo
dell’Isl…m), ha per sinonimo d…r al-‘adl (mondo della giustizia).
Infine il Corano contempla anche un aspetto morale intercomunitario. L’Isl…m è un appello
rivolto a tutti gli uomini: «Dì: “O uomini! Sono io il Messaggero di Dio a voi tutti inviato, da Dio,
che possiede il Regno dei cieli e della terra, non c’è altro Dio che Lui, colui che vivifica e uccide.
Credete dunque in Dio e nel Suo Messaggero, il Profeta dei Gentili che crede in Lui e nelle Sue
parole, e seguitelo, a che per avventura possiate essere diretti al Bene”»; 15 un universalismo che si
basa sulla fraternità tra tutte le creature e non solo tra i credenti: esiste una costellazione di
comunità volute da Dio che ha donato una guida ad ogni popolo. Così la diversità è l’espressione
della volontà divina e fa parte del mistero del Creatore: «E a te abbiam rivelato il Libro secondo
verità, a conferma delle Scritture rivelate prima, e a loro protezione. Giudica dunque fra loro
secondo quel che Dio ha rivelato e non seguire i loro desideri a preferenza di quella Verità che t’è
giunta. A ognuno di voi abbiamo assegnato una regola e una via, mentre, se Iddio avesse voluto,
avrebbe fatto di voi una Comunità Unica, ma ciò non ha fatto per provarvi in quel che vi ha dato.
Gareggiate dunque nelle opere buone, ché a Dio tutti tornerete, e allora Egli vi informerà di quelle
cose per le quali ora siete in discordia».16
Questa diversità impone la tolleranza e un dialogo basato sul rispetto dell’altro: «E un dei
Suoi Segni è questo, ch’Egli manda i venti Messaggeri di buona novella e per farvi gustare della
Sua misericordia, e perché corran le navi al Suo comando, e perché voi ricerchiate i doni della Sua
grazia e siate per avventura a Lui grati»; 17 se si fa del proselitismo questo deve essere attuato con la
persuasione e non con la forza, ma se la giustizia è minacciata è ammessa una guerra difensiva,
legittima e obbligatoria: «Combattete sulla via di Dio coloro che vi combattono ma non oltrepassate
i limiti, ché Dio non ama gli eccessivi». 18 Infine il precetto di «ordinare il bene e proibire il male» 19
che sta alla base dell’etica islamica, impegna il credente a correggere i torti dei fratelli e a
diffondere il messaggio religioso anche a rischio della vita.

Le prime diatribe
L’etica religiosa del Corano fu sviluppata e analizzata in tutti i suoi dettagli già dal IX secolo
dai «tradizionisti» sotto forma di a|…d†t basati fondamentalmente sul comportamento di Mu|
ammad.

15
Ibid., 7:158.
16
Ibid., 5:48.
17
Ibid., 29:46.
18
Ibid., 2:190.
19
Ibid., 3:104 e 110.

6
L’importanza degli a|…d†t nell’elaborazione dell’etica islamica è incommensurabile, si può
addirittura affermare che tutto il corpus degli a|…d†t costituisce un vero e proprio manuale d’etica;
inoltre il compiere adeguatamente i doveri religiosi e comprendere esattamente la dottrina sono
elementi inseparabili della vita morale di un musulmano.
All’interno di questa vasta struttura alcune norme di condotta furono più particolarmente
designate con il termine adab (plurale …d…b), che in questo contesto religioso primitivo indica
un’etica ben definita: l’alta qualità dell’anima, una buona educazione, cortesia e civiltà. 20
Nell’ambito lessicale del sufismo (ta¡awwuf) indicò invece l’insieme delle norme di condotta che
regolano le relazioni tra maestro e adepti e tra adepti stessi.
Lo sviluppo del pensiero morale sulla base degli a|…d†t fu proseguito da due movimenti
religiosi che cominciarono ad affacciarsi all’interno dell’Isl…m sunnita nel III secolo dell’egira (IX
secolo d. C.). Da una parte gli Aš‘ariti, sostenitori di una teologia ortodossa, e dall’altra i Mu‘taziliti
diedero avvio ad una serie di diatribe che influenzeranno fortemente lo sviluppo speculativo del
pensiero islamico.
La prima questione oggetto di dibattito fu quella delle conseguenze finali della condotta
peccaminosa del credente. Chi moriva da peccatore avrebbe perso la condizione di fedele e sarebbe
stato dannato per l’eternità o avrebbe ancora potuto ricevere un aiuto e preservarsi dal castigo
eterno?
Altri quattro fondamentali problemi inoltre divennero occasione di discussioni a carattere
etico-teologico:
- come si configura l’unità divina con gli attributi e i nomi divini;
- qual è il rapporto tra la scienza di Dio e la libertà dell’uomo considerato responsabile dei suoi
atti;
- la natura del premio e del castigo nella vita eterna;
- la legittimità dell’imamato o califfato.
Fu soprattutto grazie ai Mu‘taziliti che si rifacevano al pensiero greco e alle opere di
apologetica cristiano-ellenica e alla reazione ortodossa contro questo movimento, che fu possibile
l’introduzione dell’etica filosofica greca nella speculazione islamica.
Su un altro fronte il movimento ascetico islamico, il sufismo, fin dal suo apparire (II secolo
dell’egira) produsse un tipo di etica che avrebbe acquisito nel corso dei secoli un’influenza sempre
più pregnante all’interno dell’Isl…m.

20
Il termine adab divenne anche sinonimo di «letteratura» e nel contatto con le culture straniere incluse
gradualmente la conoscenza delle sezioni della letteratura straniera.

7
Per gli aderenti al sufismo la povertà materiale e interiore, il desiderio della contemplazione di
Dio, la rinuncia al mondo, l’affidamento a Dio in ciascun istante e l’annullamento della propria
personalità, divennero i valori più elevati dell’esistenza.
A titolo di esempio si ricorda un eminente scrittore sufi dei primi tempi, al-Mu|…sib† (m. 857
d. C.), che eserciterà un’influenza decisiva su Ab™ ð…mid Mu|ammad al-Ýaz…l† (1058-1111 d.
C.), autore che fece del sufismo una parte ben definita dell’etica islamica nella sua opera
fondamentale I|y…’ ‘ul™m al-d†n (La rivificazione delle scienze religiose).
Tra gli asceti musulmani al-Mu|…sib† si distingue per le sue particolari riflessioni di carattere
psicologico legate a dei valori morali piuttosto che a un sistema teologico. Tramite l’introspezione,
o esame di coscienza, l’uomo analizza e giudica le sue azioni; ma Mu|…sib† non si limita alla
descrizione degli «stati di coscienza», egli crede possibile una trasformazione interna dell’uomo
tramite un metodo spirituale di discernimento. La sua regola di vita è così illustrata in una delle sue
maggiori opere intitolata al-Ri‘…ya li-|uq™q All…h (L’osservanza di ciò che conviene a Dio).21 La
Ri‘…ya, composta da circa sessanta capitoli, è scritta sotto forma di consigli dati a un discepolo in
risposta alle sue domande. L’autore espone come deve trasformarsi l’anima di un credente
conformemente a come Dio desidera che sia, e traccia così una vera e propria mappa dell’anima e
del cuore, descrivendo le tappe che conducono sulla via di Dio.

Fonti persiane e greche dell’etica filosofica: canali di trasmissione e testi


Per quanto riguarda l’introduzione del pensiero morale persiano nella tradizione islamica,
questo precedette ogni contatto con l’etica greca. Il suo rappresentante principale è Ibn al-Muqaffa‘
(720-756 d. C.), una delle maggiori figure della storia della letteratura araba e autore di svariati libri
di morale. La concezione etica di Ibn al-Muqaffa‘ va ricercata nella sua opera Libro di Kal†la wa
Dimna22 e nei due scritti di adab a lui attribuiti l’Adab al-kab†r e l’Adab al-¡aІr .
Il Kalila wa Dimna, scritto originariamente in sanscrito e intitolato Panciatantra, cioè «Cinque
libri, cinque occasioni di saggezza», fu tradotto in pehlevico nel VI secolo dell’era cristiana dal
medico Burzoe. Ma la diffusione del testo in Occidente avvenne grazie ad Ibn al-Muqaffa‘ che lo
tradusse a sua volta dal pehlevico all’arabo, anche se, più che una traduzione, possiamo considerare
la sua opera un riadattamento, una rielaborazione del testo originario indiano. Lo stesso Ibn al-
Muqaffa‘ così ci presenta l’opera: «Questo è il libro di Kalila e Dimna. Esso consta degli exempla e
dei racconti composti dai dotti dell’India, in uno stile il più perfetto possibile, conformemente
21
Per una buona introduzione all’autore e a questa sua opera cfr. M. SMITH, An early mystic of Baghdad, a study
of the life and teaching of ðarith b. Asad al-Mu|…sib†, London 1935.
22
Per un’edizione in lingua italiana del testo cfr. IBN AL-MUQAFFÀ, Il libro di Kalila e Dimna, a cura di A.
Borrruso e M. Cassarino, Roma 1991.

8
all’intento che si erano prefissi. E infatti le persone d’intelletto hanno sempre tentato, in ogni epoca,
di farsi capire impiegando allo scopo ogni artificio[retorico], e cercando di evidenziare il loro
pensiero con l’ausilio di finzioni [letterarie]. Proprio ciò li ha indotti a comporre questo libro, nel
quale hanno presentato la quintessenza di un discorso persuasivo e costruito con arte, facendo parlare
gli uccelli, gli animali selvatici e le bestie feroci».23
Il Kalila wa Dimna si presenta al lettore come un insieme di narrazioni in cui, attraverso gli
animali, si vuol fare riferimento ai difetti delle relazioni umane. I racconti sono rivolti ai prìncipi per
consigliarli sul buon governo e per fornire loro degli insegnamenti morali.
In genere questi trattati non si basano su principi filosofici ma richiamano piuttosto i concetti
della retorica greca in cui si prodigano svariati suggerimenti a sovrani, a funzionari e alla gente che
desidera progredire. L’uomo può cercare di raggiungere la felicità in questo mondo terreno e anche
aspirare alla salvezza dell’al di là. La vera felicità consiste nella conoscenza di noi stessi e la natura
umana, grazie all’intelletto, riesce a discernere il bene dal male. Dio ha donato all’uomo la ragione,
ma non per questo tutti gli individui riescono a farne un uso corretto; gli ignoranti ad esempio, si
lasciano trascinare dalle passioni più basse.
La tradizione di adab, in primo tempo considerata ancora estranea, dopo circa un secolo fu
finalmente accolta nel corpus classico dell’adab islamica e le ‘Uy™n al-a²b…r (Fonti delle notizie)
di Ibn Qutayba (m. 889-90 d. C.) divennero il primo vero manuale completo di etica musulmana.
L’opera riunisce ed integra gli elementi provenienti dal Corano, dagli a|…d†t, quelli preislamici e
persiani, e, eliminando i dati inammissibili di questi ultimi due, definisce e normalizza i componenti
della morale ortodossa nel suo stadio pre-filosofico e pre-sufi.
L’etica filosofica presa in prestito dai Greci, come abbiamo già accennato, fu in un primo
tempo introdotta tramite l’opera speculativa svoltasi presso dei circoli intellettuali grazie ad una
fiorente attività di traduzione e trasmissione di testi.
In seguito venne accolta come branca della filosofia pratica insieme allo studio della politica
(al-‘ilm al-mad…n†) e dell’economia (tadb†r al-manzil).
L’autore ðunayn ibn I¡|…q (809-873 d. C.), celebre traduttore, medico, filosofo e linguista,
tradusse e compilò una raccolta di aneddoti, Naw…dir al-fal…sifa (Perle dei filosofi), comprendente
svariati detti morali di filosofi greci che influenzeranno poi gli scrittori successivi.
ðunayn descrisse inoltre l’opera di Galeno F† al-a²l…q (Sui costumi) fornendoci numerose
informazioni sugli scritti di quest’ultimo tradotti in arabo.
Uno dei maggiori filosofi arabi, contemporaneo di ðunayn, fu al-Kind† (796-873 d. C. circa)
che compilò una raccolta di massime socratiche, Alf…© Suqr…¥ (Massime di Socrate), quasi in

23
Ibid., p. 23.

9
parallelo alla compilazione di ðunayn, solo che in questa la figura di Socrate è confusa con quella di
Diogene il Cinico.
Un altro testo di sostanziale importanza nella trasmissione dei principi etici è il øiw…n al-
ðikma (Lo scrigno della sapienza), di Siºist…n† (m. nell’869 d. C.) che contiene un vasto materiale
etico attribuito a Pitagora, Socrate, Platone, Aristotele, Alessandro Magno, Ippocrate e Galeno.
Ma la massima compilazione araba a riguardo resta una tardiva collezione intitolata Mu²t…r
al- ðik…m (Detti scelti) scritta intorno al 1048 d. C. da al-Mubaššir Ibn F…tik (m. intorno al 1087
d. C.). Questa collezione ebbe grande notorietà in Europa e fu tradotta in spagnolo, latino, francese,
inglese ed altre lingue. Il testo si apre con i sermoni di Ermete, nella tradizione araba identificato
con il Profeta Idr†s e l’Enoch biblico; a queste massime morali seguono quelle di Omero, Solone,
Zenone, Ippocrate, Diogene, Socrate, Alessandro Magno e vari autori greci meno illustri.
Come già detto, le a²l…q in quanto dottrina filosofica dell’etica, sono rivolte in un primo
tempo unicamente a degli ambiti circoscritti di cultori della filosofia greca. Ma quando i sostenitori
del pensiero ellenico insistettero sul fatto che l’etica non contraddiceva i principi dell’Isl…m, anzi
lo completava e lo confermava, queste dottrine poterono essere integrate nella tradizione religiosa e
conservare anche una certa influenza fino ai secoli seguenti.
A partire dal X secolo d. C. le opere classiche greche come la Repubblica, il Timeo, le Leggi
di Platone furono conosciute nel loro testo originale così come i relativi commentari, mentre l’Etica
a Nicomaco di Aristotele, divisa in undici libri, fu letta nella traduzione di Is|…q ibn ðunayn.24
L’influenza dell’Etica a Nicomaco fu decisiva e svariati commentari circolarono
condizionando il pensiero dei filosofi di diversa tendenza, Neoplatonici, come al-F…r…b† e
Miskawayh, o Aristotelici, come Averroé.
Tra le opere greche meno conosciute nella tradizione occidentale, ma largamente diffuse nel
mondo arabo, figurano tre trattati di Galeno: il Periv hjqw`n(F† al-a²l…q) il cui testo originale
greco è perduto ma esiste in versione araba, Come un uomo può scoprire i suoi propri vizi, Che gli
uomini buoni traggano profitto dai loro nemici, perso nell’originale greco.
Tra le altre opere anteriori al neoplatonismo studiate dagli autori arabi bisogna citare
l’Oijkonomikov~ di Brisone, contemporaneo e discepolo di Pitagora, conservato in traduzione
araba, i Versetti d’oro attribuiti a Pitagora e Un’esortazione sull’educazione dei giovani, opera di
carattere neoplatonico.

24
Per quanto riguarda la storia della trasmissione della filosofia greca nel pensiero islamico, il lettore può
avvalersi dei seguenti testi in lingua italiana: D. GUTAS, Pensiero greco e cultura araba, a cura di C. D’Ancona, Torino
1998; C. D’ANCONA COSTA, La casa della sapienza, Napoli 1996; M. CASSARINO, Traduzioni e traduttori arabi
dall’VIII al IX secolo, Roma 1998; Storia della Filosofia nell’Islam medievale, a cura di C. D’Ancona, Torino 2005.
Segnaliamo inoltre il recentissimo studio di A. FIDORA – A. AKASOY, The Arabic Version of the “Nicomachean Ethics”
with an introduction and Annotated Translation by Douglas M. Dunlop, (Aristoteles Semitico-Latinus 17), Leiden-
Boston 2005.

10
Un altro testo greco che influenzò le discussioni etiche arabe e latine fu la Summa
Alexandrinorum; la versione araba esistente, il cui autore è sconosciuto, contiene dei frammenti del
I, VII e VIII libro dell’Etica nicomachea, mentre la versione latina, redatta nel 1243 o 1244 da
Ermanno il Germano, più completa, è intitolata Translatio alexandrina in X libros ethicorum.
Questa versione fu tradotta in italiano e francese durante il tredicesimo secolo.

I preludi della falsafa: Al-Kind† e al-R…z†


La prima formulazione del pensiero della filosofia islamica si deve ad Ab™ Y™suf Ya‘q™b
al-Kind† (796 – 873 d. C. circa) che ricevette il titolo di faylas™f al-‘arab (il filosofo degli Arabi).
Al-Kind† basa la sua filosofia morale seguendo lo stile degli Stoici, di Galeno e d’altri filosofi greci
tardivi. Divide come Platone l’anima in tre parti (anime o facoltà: la razionale, la passionale,
l’appetitiva) e dà una definizione, anche questa platonica, delle quattro virtù cardinali (saggezza,
coraggio, temperanza e giustizia) a loro volta associate ad un certo numero di virtù subordinate.
Infine la definizione aristotelica di virtù come termine medio tra due estremi è combinata con la
dottrina platonica.
Tra i testi d’etica di al-Kind† figurano un breve Trattato sul modo di allontanare la tristezza25
e un altro intitolato F† al-a²l…q. Il primo è scritto per rispondere ad un amico che chiede dei rimedi
per combattere la tristezza; il filosofo elenca così dieci argomenti per allontanare questo sentimento
e poter giungere alla vera felicità. Il secondo testo, purtroppo perduto, era conosciuto anche da al-
Ýaz…l†.
Si ritrova l’ideale socratico di una vita «filosofica» negli scritti di Ab™ Bakr al-R…z† (864-
932 d. C. circa). Uno dei suoi trattati più importanti, La medicina spirituale, si apre con una solenne
dichiarazione a favore della ragione umana: Dio ha donato agli uomini la facoltà razionale che, non
solo lo distingue dalle bestie e lo aiuta a comprendere la realtà che lo circonda, ma assume un ruolo
principale nell’anima; la sua supremazia, infatti, assicura la soppressione del desiderio e la
formazione del carattere. Socrate rappresenta l’ideale umano e il modello che l’uomo deve
perseguire. La vita del filosofo è una vita basata sul giusto mezzo tra due estremi, gli edonisti vanno
condannati perché schiavi delle loro passioni, si deve invece tornare a una vita naturale dove i vizi
come l’arroganza, l’invidia, l’avarizia, l’ambizione sono controllati. I rapporti sessuali sono
convenienti ma abusarne è rischioso, il possesso dei beni deve essere misurato, infine bisogna
lottare contro la paura della morte che è la vera causa d’ogni dolore e preoccupazione.

25
AL-KIND†, Ris…la f† l-|†la li-daf‘ al-a|z…n, edito a cura di H. Ritter, in Mem. Acc. Naz. Dei Lincei, Roma
1938, serie G, vol. VII, pp. 31-47.

11
Tendenze neoplatoniche e aristoteliche: al-F…r…b†, Ibn S†n… e Ibn Rušd
La traduzione dell’Etica nicomachea di Ibn ðunayn segnò un punto di svolta nella storia
dell’etica islamica e il primo filosofo arabo che ne commentò delle parti fu Ab™ Na¡r al-F…r…b†.
Al-F…r…b†, o meglio noto nella tradizione araba come “secondo maestro” (il primo è il
filosofo per antonomasia vale a dire Aristotele), nato a F…r…b nell’Uzbekistan nell’870 d. C.,
scrisse svariate opere nell’ambito della filosofia pratica come: Il trattato sulle opinioni degli
abitanti della città ideale, Sul governo della città, Trattato sull’acquisizione della salvezza,
Avvertenza riguardo al cammino per la salvezza, Parole di Ab™ Na¡r sugli obblighi utili per la
totalità degli uomini.26
Molto indicativo è lo sviluppo della questione sulle facoltà dell’anima che Aristotele ha svolto
nell’Etica nicomachea (I, 13) come un preludio necessario allo studio dell’etica. Le principali parti
dell’anima sono cinque: la nutritiva, la sensitiva, l’immaginativa, la concupiscibile e la razionale.
L’ultima parte è addetta alle funzioni etiche in quanto è quella grazie alla quale l’uomo ragiona e
delibera, acquisisce le scienze e le arti, distingue tra le buone e le cattive azioni.
Per al-F…r…b† uno dei problemi principali morali dell’uomo consiste nel sapere se il nostro
modo d’essere è difficilmente modificabile dai cambiamenti, o se, invece, è possibile migliorare il
nostro carattere tramite l’educazione e quindi l’acquisizione e l’esercizio delle virtù. Le conclusioni
tratte dall’autore si rivelano tendenzialmente aristoteliche: la capacità ricettiva del bambino è in
pratica assoluta, le predisposizioni naturali sono meramente potenziali e possono passare all’atto
solo con l’esercizio delle abitudini.
La volontà dell’uomo è libera anche se ha una causa; l’uomo può sì scegliere, ma solo tra ciò
che è possibile, sebbene possa desiderare anche l’impossibile. L’atto di scelta deve dunque essere
anticipato dall’azione della ragione che illumina la realtà; la libertà allora consiste nella capacità
umana di desiderare ciò che è compreso come possibile. Se l’uomo opera il male lo fa perché
conosce male la realtà e quest’errore di conoscenza è determinato dall’ignoranza, dalla limitazione
intellettuale dell’uomo, dalle passioni. Al-F…r…b† è cosciente dei limiti della conoscenza umana e
sa che in ogni caso è tramite questi che l’uomo può giungere a conquistare la felicità e la perfezione
individuali.

26
AL-F…R…B†, Ris…la f† …r…’ ahl al-mad†na al-f…ÿila, traduzione francese di P. Jaussen, J. Karam e J.
CHLALA, Idées des habitants de la cité vertueuse, Al-Q…hira 1949; traduzione spagnola di M. Alonso Alonso, La
ciudad ideal, Madrid 1985; traduzione italiana di M. Campanini, al-F…r…b†. La città virtuosa, Milano 1996; Ris…la
ta|s†l al-sa‘…da. Edita a ðaydar…b…d nel 1345/1926, ed. ßa‘far al-Y…s†n, Beirut 1981. Traduzione di M. Mahdi,
Beirut 1969; Al-tanb†h ‘alà sab†l al-sa‘…da. Edita a ðaydar…b…d nel 1346/1927, ed. al-Y…s†n, Beirut 1981; S.
³al†f…t, Amman 1987; traduzione in spagnolo: AL-F…R…B†, El camino de la felicidad, traducción, introducción y
notas de R. R. Guerrero, Madrid 2002. Kal…m Ab™ Na¡r f† wa¡…y… ya‘ummu naf‘uh… ºam†‘…t al-n…s, edizione A.
Badaw† in ßaw†d…n ³ir…d (al-|ikma al-²al†da) di Miskawayh, Al-Q…hira 1372 h./1953, pp. 327-342.

12
Le virtù sono di carattere morale e intellettuale e, seguendo la linea aristotelica, si delineano
come delle azioni intermedie che si pongono tra due estremi. Le due virtù principali sono l’amore e
la giustizia.
La dottrina etica di al-F…r…b† avrà come punto di riferimento l’idea della felicità (al-sa‘…
da) e il fine della vita umana sarà proprio il suo conseguimento. La felicità che intende realizzare il
filosofo non è quella che è intesa nel Corano, ma quella che si prova in questo mondo, quella a cui
tende l’uomo in generale e non il musulmano in particolare. La si ottiene solo realizzando due
dimensioni: quella individuale e quella sociale. Una felicità che l’uomo prova coltivando le virtù
intellettuali e morali ma che si realizza solo all’interno di una collettività perché non è dell’uomo
solitario; una felicità che implica il sapere teorico ma anche pratico, la conoscenza e l’azione.
Non tutti gli uomini possono conoscerla da loro stessi per cui i più necessitano di un maestro
o di una guida. Il maestro o guida, seguendo l’idea platonica, non può che essere il filosofo, l’unico
degno di diventare il governante della città perfetta.
Il problema della «società modello» costituisce una delle tematiche più amate dal filosofo.
Fortemente influenzato da Platone, Al-F…r…b† trova nel suo predecessore spunti e suggestioni
speculative che ben si accordano all’idea musulmana di una comunità universale giusta (la umma).
Le società imperfette basano le loro relazioni sociali sulla lotta per la vita perché ricercano dei
beni strumentali (potere, gloria, ricchezza) e non il bene comune. Di fronte a questo modello si erge
quello della città o società ideale governata dalla «scienza politica» dove prevale l’utilizzo della
ragione e non della forza. Ogni individuo si comporterà all’interno della sua società come ogni
membro si comporta verso il suo corpo, integrandosi e servendosi a vicenda; il fine ultimo è il
raggiungimento della felicità nel bene, dell’armonia, dell’ordine comune.
Ibn S†n…, noto in Occidente con il nome di Avicenna (m. nel 1037 d. C.), è considerato il
successore di al-F…r…b† e il più illustre rappresentante del neo-platonismo arabo. A lui sono
attribuite più di 250 opere di carattere scientifico, linguistico, filosofico, teologico. Nonostante
questa voluminosa produzione, il suo interesse sistematico per la scienza etica è piuttosto ridotto.
27
Scrisse un breve trattato intitolato F† ‘ilm al-a²l…q (Sull’etica) e un altro dal titolo Etica e
affezioni psicologiche.
Le tre virtù principali sono la temperanza, il coraggio e la sapienza che corrispondono a tre
potenze dell’anima: la concupiscibile, l’irascibile e la razionale.
L’origine del male va ricercato nella molteplicità delle cose che è dovuta alla materia e quindi
al mondo della generazione e corruzione, il male diventa quindi ineludibile. Lo sforzo razionale
dell’uomo può però in qualche modo evitarlo o prevenirlo, la ragione quindi illumina le azioni
27
Edito in Tis‘ ras…’il f† l-|ikma wa-l-¥ab†‘iyy…t, al-Q…hira 1326/1908, rist. Beirut 1406 h./1986 [trad. di G.
C. ANAWATI in Mélanges Inst. Domin. d’Étud. Orient. 13 (1977), pp. 323-355].

13
umane indirizzandole verso il bene. Se l’uomo si fa guidare dalle facoltà sensibili, la sua azione è
diretta dall’istinto animale; se l’uomo si fa guidare dalla convinzione intellettuale, l’azione sarà
morale. La scelta delle azioni si opera tramite la volontà, una volontà illuminata dalla conoscenza
che fornisce la convinzione necessaria per agire.
Ibn Rušd o Averroé (1126-1198 d. C.) è noto nelle fonti bibliografiche per aver redatto una
parafrasi dell’Etica nicomachea di Aristotele e una della Repubblica di Platone.28
L’etica, chiamata saggezza pratica, differisce dalle scienze teoriche perché il suo stesso
oggetto e i suoi principi sono diversi da quelli di tutte le altre discipline. Secondo Ibn Rušd,
«L’oggetto della scienza pratica è il pensare volitivo, il cui controllo è alla portata delle nostre forze
[...] Inoltre questa scienza differisce dalle scienze teoriche, il cui fine è il sapere in sé, poiché se esse
conducono a un qualche tipo di azione ciò avviene in modo accidentale, come di solito accade con
alcune questioni peculiari delle conoscenze matematiche. Al contrario, il fine di questa scienza
(pratica) è esclusivamente l’azione; v’è di più: le sue parti differiscono in ragione della loro
vicinanza alla (detta) azione».29
Quando l’uomo si allontana dal giusto comportamento, dettato dalla conoscenza intellettuale,
cade nel traviamento, cosa che accade anche quando si separa dalle leggi naturali.
L’uomo rimane unito agli altri individui non solo per necessità biologiche, ma anche per la
sua stessa natura che è intellettuale. Grazie ai rapporti sociali l’uomo raggiunge nel miglior modo
possibile la conoscenza della verità, poiché ci si aiuta correggendosi reciprocamente. Colui il quale
desidera perfezionarsi ha bisogno di chi già possiede la perfezione in atto; ma perfezionare la
propria individualità implica conoscere il nostro fine naturale per poi scegliere liberamente i mezzi
per realizzarlo.
L’etica è inseparabile dalla politica e Ibn Rušd in generale sostiene, seguendo Aristotele, che
ci sono due modi per realizzare i fini pratici di queste due scienze, che consistono nell’inculcare le
virtù nei cittadini: uno è l’argomentazione, l’altra la coercizione. Bisogna trovare l’argomento
appropriato secondo la classe alla quale appartiene il cittadino; per la moltitudine sono appropriati
gli argomenti retorici e poetici, per l’élite ci si potrà servire della dimostrazione.
Ma la felicità ultima non consiste, come potremmo aspettarci, dalla dicotomia della
conoscenza pratica e teorica che ben si bilancia nel coltivare le virtù intellettuali e morali, ma
piuttosto, nell’ideale platonico della «congiunzione» con l’intelletto attivo, tramite cui, l’essenza
naturale dell’uomo si realizza. E’ grazie alla sua natura intellettuale che l’uomo diviene un membro
di quel regno delle intelligenze separate ed eternamente sussistente nel mondo intellegibile.
28
Cfr. M. CRUZ HERNANDEZ, Averroes. Exsposición de la República de Platon, Madrid 1986; rist. 1987, 1990,
1994; R. LERNER, Averroes on Plato’s Republic, traduzione inglese, Ithaca 1974.
29
Cfr. M. CRUZ HERNANDEZ, Storia del pensiero nel mondo islamico, Vol. II, Il pensiero in al-Andalus (secoli
IX-XIV), Edizione italiana a cura di B. Chiesa e R. Tottoli, Brescia 2000, p. 660.

14
A|mad Ibn Mu|ammad Miskawayh e la filosofia morale dell’Isl…m
Nonostante la varietà dell’opera di al-Kind† e l’importanza dottrinale degli scritti di al-F…r…
b†, fino a Miskawayh (938 circa - 1030 d. C.) mancava ancora un trattato di etica che fosse per gli
Arabi ciò che per i Greci era stata l’Etica nicomachea, ossia un volume che presentasse ampiamente
una teoria di condotta morale. Miskawayh stesso espresse l’intenzione di comporre un manuale
dove fossero compresi i principali testi di Aristotele e i suoi commentari sulla morale, i testi di etica
prodotti prima di lui e tentare quindi un’opera di sistematizzazione della scienza etica tenendo conto
degli elementi persiani e del sostrato mazdeo, di una terminologia filosofica elaborata, di un
vocabolario di termini etici ricco di sfumature.30
La sua opera principale è il Tahd†b al-a²l…q (Raffinamento dei costumi)31, una vera e propria
autobiografia spirituale fondata sul principio che la conoscenza di sé, basata sull’esame di coscienza
(mu|as…ba al-nafs) è la prima condizione per la saggezza. Il trattato si apre con dei preliminari
psicologici: il segno più evidente dell’esistenza dell’anima risiede nel fatto che l’uomo è spinto
tramite uno sforzo interiore verso una Patria celeste nominata Felicità o Bene Supremo. L’idea di
Felicità non è altro che questo sentimento d’insoddisfazione inerente alla condizione propria
dell’uomo: essere razionale e mortale, destinato alla contraddizione tra carne e spirito, dell’esistenza
e dell’essenza, del materiale e dell’immateriale. Miskawayh rifiuta l’idea platonica secondo la quale
il Bene Supremo riguarda soltanto l’anima e il corpo non è che una «tomba», quindi un ostacolo
allo sforzo dell’anima. Fin quando l’uomo è sulla terra, il destino dell’anima è strettamente legato a
quello del corpo. Per questo non si può avere felicità perfetta senza l’apporto dei beni necessari al
corpo e dei beni esteriori (fortuna, salute, potere politico). I beni sono molteplici e variano da
individuo a individuo, secondo le diverse categorie. Ma se si accumulano troppi beni esteriori,
questi finiscono per disturbare l’esercizio della normale azione virtuosa. In ultima analisi la felicità
perfetta e stabile consiste nella virtù e nel piacere che l’accompagna. L’attività virtuosa, legata a
quella dell’anima razionale, sfugge alle molteplici vicissitudini che in ogni istante compromettono
la felicità esteriore.
La facoltà razionale dell’anima assegnerà alle altre due potenze, l’irascibile e l’appetitiva, i
limiti del loro sviluppo e le condizioni della loro manifestazione. Il limite assegnato alla potenza
irascibile si chiama coraggio; quello della potenza appetitiva è la temperanza. La saggezza definisce
le norme che devono chiarire alla facoltà razionale stessa l’esercizio del suo compito. L’equilibrio
30
Su questo autore cfr. M. ARKOUN, Contribution à l’étude de l’humanisme arabe au IV/X siècle: Miskawayh
philosophe et historien, Paris 1970, e dello stesso studioso: MISKAWAYH, Traité d’ethique, Damas 1969.
31
Il titolo per intero dell’opera è Ta|d†b al-a²l…q wa ta¥h†r al-a‘r…q, ed. C. Zurayq, Beirut 1967. Traduzione
francese di M. Arkoun, Damascus 19882.

15
molto instabile che il saggio dovrà instaurare tra le sue tre facoltà si chiamerà giustizia. Queste sono
quindi le virtù cardinali alla quale è subordinata l’azione virtuosa, o per meglio dire, ogni esercizio
dell’intelligenza. La giustizia infine gioca un ruolo predominante in ogni ambito: morale, politico,
fisico, astronomico; è invece l’intelligenza che determina un giusto mezzo tra i due estremi, ritrova
quelle uguaglianze che in ogni molteplicità, riportano all’unità.
Oltre ai rapporti di giustizia che si instaurano tra i cittadini, vi sono quelli determinati dai
legami affettivi. La portata sociale dell’amore è fondamentale quanto quella della Legge religiosa
che offre ai fedeli delle occasioni per incontrarsi e riaffermare i loro legami (come le preghiere e il
pellegrinaggio). La funzione dell’amore appare dunque superiore a quella della giustizia: i cittadini
che si amano non solo vivono in un’intesa perfetta, ma si preparano grazie a quest’esperienza
comunitaria, all’attività teoretica, cioè all’adesione intima con l’Unico Oggetto d’Amore.
Il trionfo dell’intelligenza non è mai definitivo fino a quando essa rimane legata agli organi
corporei. Il carattere che si cimenta in una paziente ascesi, conosce delle ricadute che
compromettono i risultati ottenuti. Nessuno per esempio è esente dalla collera che è legata a un
meccanismo psicologico: il sangue ribolle ed è inviato con forza alle arterie, perviene al cervello -
sede della facoltà razionale – e l’annebbia.
La paura invece è dovuta al processo contrario: il sangue si gela e sottomette il regno
dell’intelligenza con la tristezza e le difficoltà che porta. Per questo il saggio deve seguire due
regole strettissime: la vigilanza e la continuità.

La sintesi: Ab™ ð…mid Mu|ammad al-Ýaz…l†


Con il pensiero di al-Ýaz…l† (1058-1111 d. C.), soprannominato ðuººat al-isl…m (la Prova
dell’Isl…m), si attua la sintesi filosofica, religiosa e mistica più articolata della speculazione
islamica. Le sue teorie etiche sono contenute in particolare nelle sue due opere: il Mi©…n al-‘amal
(La bilancia dell’azione)32 e il I|y…’ ‘ul™m al-d†n.33
Il nome di «scienza della bilancia in questo contesto indica la scienza attraverso cui si
apprende il «giusto mezzo» nel comportamento, secondo il dettato coranico «ché Dio non ama gli
eccessivi».34

32
Edizione S. Duny…, Al-Q…hira 1964; traduzione francese di ð. Hachem 1945. In lingua italiana: La bilancia
dell’azione e altri scritti, di AB™ Ð…MID AL-ÝAZ…L†, a cura di M. Campanini, Torino 2005.
33
Per un’edizione in lingua europea cfr. L. ZOLONDEK, Al-Ghaz…l†’s I|y…’ ‘ul™m al-D†n, London 1963. In
lingua italiana sono stati tradotti: Il libro della meditazione, a cura di G. Celentano, Roma 1984; L’unicità divina e
l’abbandono fiducioso, a cura di F. Pipoli e P. Urizzi, Rimini 1995; La vigilanza e l’esame di coscienza a cura di M.
Golfetto, Torino 2005; vari brani in Scritti scelti, a cura di L. Veccia Vaglieri e R. Rubinacci, Torino 1986.
34
Cfr. Corano, 2:190.

16
S’intende così il giusto equilibrio tra la via sunnita e la via del sufismo. La scienza etica è
considerata una branca della filosofia e le a²l…q consistono: «Nel definire le qualità e il carattere
dell’anima, nell’enumerare i suoi vari tipi e nell’esporre il modo di combatterla e di curarla». 35
Dopo aver sapientemente dimostrato ai filosofi l’insufficienza della filosofia pura a
raggiungere le verità essenziali, al-Ýaz…l† afferma che solo la fede può rispondere ai problemi
fondamentali. Lo sforzo razionale è valido quando pone la fede come suo presupposto e da essa si
lascia illuminare. Certo solo ai saggi è riservato un cammino di pensiero (al volgo è sufficiente
credere con cuore sincero nel Corano), anche se è loro necessaria l’illuminazione del cuore; così si
mostreranno all’uomo le meraviglie di Dio e si potrà cominciare a godere di quelle gioie riservate
nella vita eterna.
La volontà umana è subordinata alla conoscenza: l’uomo vuole solo ciò che conosce, quindi la
conoscenza umana nel suo massimo grado è conseguita tramite l’illuminazione dell’intelletto
agente.
A differenza degli animali, Dio ha fatto dono agli uomini del potere di dominare la
concupiscenza anche se a costo d’incessanti lotte tra questa e l’aiuto divino. Sede di questa battaglia
è il cuore, le truppe divine sono gli angeli mentre l’esercito delle passioni è formato da demoni.
Grazie alle virtù della pazienza resistiamo alla concupiscenza. La resistenza che si oppone al male
deriva dalla fede e l’unico atto veramente libero dell’uomo è quello in cui si abbandona alla
provvidenza divina fino a sentirsi come un cadavere inerte nelle mani di Dio.
A parere di al-Ýaz…l† gli uomini, secondo ciò a cui danno preferenza, si distinguono in
materialisti e spirituali. Entrambi vivono nell’errore perché se è giusto non ridurre la vita dell’uomo
alla dimensione del mondo temporale, nello stesso tempo non si può prescindere del tutto dal
mondo terreno. La giusta posizione, o «la bilancia della morale», consiste nell’equilibrio tra il
mondo naturale e quello spirituale e anche per questo occorre l’assistenza divina.
Fondamentale per ogni atto umano è comunque l’intenzione che lo determinerà: tutte le azioni
dell’uomo possono essere giudicate giuste o ingiuste secondo l’intenzionalità, inoltre bisogna
perdonare i difetti umani in quanto non sono altro che delle debolezze naturali.

L’idea generale di morale che da questi brevi e schematici accenni risulta è quella di un’etica
dinamica basata sulla costante ricerca dell’equilibrio tra la vita individuale interiore e quella
esteriore. Un’esistenza umana che quindi, anche se attenta e concentrata su se stessa, si dimostri
aperta ai problemi che le relazioni con l’altro sollevano in modo da non scadere mai in una
dimensione spirituale staccata dalla pratica del sociale.

35
Cfr. al-Ýaz…l†, Scritti scelti, op. cit., p. 97.

17
L’etica islamica rivela in sintesi il fortissimo legame che s’instaura tra la persona e la
comunità cui appartiene; un legame che deriva da un senso del dovere radicato in quello sforzo
(Þih…d) sulla via di Dio che implica un agire concreto connesso alle leggi dello spirito e della
santità.

18

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