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sociali nell’Islam
Appunti n. 28 del Prof. Amedeo Paolucci
www.amedeopaolucci.it
Il Corano
Il termine Corano deriva dalla parola Qur'an, che significa recitazione, testo da
salmodiare.
Il Libro Sacro consta di 114 capitoli detti sure di varia lunghezza e, ogni sura, è
composta da un certo numero di versetti, di modo che Cor I,13 significa Corano,
sura 1, versetto 13.
Ben presto però si dovette constatare che si disponeva di diverse versioni del testo,
diverse per piccoli particolari, ma pur sempre versioni difformi.
Il terzo califfo, ‘Uthman (570-656), decise di varare un testo unico, una sorta di
vulgata per tutti i credenti.
Fu formata una commissione di saggi guidata da Zayd ibn Thabit che pervenne a
un testo unico e ordinò la distruzione delle versioni difformi.
Si affermarono Sette tipi di lettura e, di questi sette trovarono largo seguito quella
di Nafi' in Africa settentrionale ad ovest dell'Egitto e quella di ‘Asim nel resto del
mondo islamico.
Si può dire che quella di ‘Asim si è ormai affermata in maniera universale in tutti i
paesi dell'Islam.
Nei contenuti il Corano mantiene tutta la sua ambiguità con passaggi ellittici,
allusioni e parole di significato oscuro.
L'esegesi del testo sacro continuò e, ben presto, emersero figure esperte proprio in
questo difficile lavoro, come ad esempio Ibn ‘Abbas, un giovane cugino del Profeta
che viene ricordato appunto come come “l'interprete del Corano”.
Lo storico che ha raccolto gran parte della documentazione esegetica dei primi
secoli è Muhammad ibn Garir al-Tabari, morto nel 923 e autore di una “sintesi
delle spiegazioni a commento del Corano” (gami' al-bayan) di trenta volumi.
Una tradizione esegetica si spinge (senza arrivare al libero esame dei versetti) a
dare una certa importanza anche all'opinione personale dell'interprete, quando
questi goda di un certo prestigio.
Un commentario molto usato ancora oggi è quello chiamato “dei sue Gàlal”, dal
nome dei suoi autori, composto nel XV secolo e che si ripropone una spiegazione
grammaticale del Corano.
Nel corso dei secoli si è anche sviluppata una vera e propria scienza sussidiaria,
motivata dalla necessità di carattere rituale o giuridico, come quella “
dell'abrogante e dell'abrogato”, che tenta (attraverso una precisa ricostruzione
cronologica delle rivelazioni) di individuare i versetti abrogati da versetti
successivi.
Molto popolari sono anche i trattati che cercano di ricostruire la “causa della
rivelazione”, cioè la fattispecie storica che avrebbe generato la rivelazione stessa.
Una difficile scienza a parte, di tipo ritualistico, è quella che si sofferma sulla
“ortoepia” del Corano, cioè sulla sua corretta recitazione e pronuncia (scienza del
tagwid).
“chiunque reciti il Corano con perizia sarà fra i nobili angeli. E chiunque recita il
Corano con esitazione, poiché gli risulta difficile, avrà doppia ricompensa ”.
Le leggi del tagwid e del tartil sono molto complesse e di solito sconosciute ai più
che però, sono tenuti a conoscere almeno qualche versetto a memoria del Corano…
in lingua araba naturalmente.
La Sunna
Con la raccolta dei fatti e dei detti nasce così il hadith, letteralmente “notizia”,
l'insieme delle narrazioni che hanno per protagonista più o meno diretto il Profeta.
Ben presto si generarono numerosi falsi per interesse di parte, con fatti inventati e
catene di trasmettitori falsificate.
Ciò rese necessario lo sviluppo di una vera e propria scienza (scienza degli uomini)
che aveva come scopo la ricostruzione dell'attendibilità dei singoli trasmettitori.
• sicure
• buone
• deboli
a seconda del grado di attendibilità.
Ben presto, man mano che le tradizioni si raccoglievano, nacque il problema della
loro classificazione. Inizialmente furono raccolte per autore (musnad), poi per
argomento (musannaf).
Il pio musulmano trova nella Sunna una guida per ogni fattispecie della
quotidianità (etichetta, costume ecc…).
Ogni innovazione (bid'a) che si discosta dall'esempio del Profeta viene rigettata.
Di solito si pensa che sia lecito adottare comportamenti innovativi che non abbiano
diretto riferimento alla sfera religiosa (fumare, bere caffè, usare le postate),
vietando le innovazioni nelle regole di culto (diffondere il richiamo alla preghiera
con un nastro registrato ad esempio).
Il qiyas, ritenuto l'ultima fonte a cui far ricorso, investe in pieno il problema del
rapporto fra scrittura e ragione e quanto ragionamento è lecito introdurre in quello
sforzo interpretativo (igtihad) che ogni individuo deve compiere nell'elaborazione
normativa a favore della comunità e sotto il controllo della comunità stessa.
E' proprio nell'igtihad che l'islam ha trovato quella duttilità che gli ha permesso di
acclimatarsi così facilmente in tutte le latitudini della sua espansione.
La grande via o strada maestra (shari'a) è il termine che serve a designare la norma
dettata da Dio al suo Profeta e che costituisce la legge cui si deve attenere ogni
credente.
Il fiqh, la disciplina che studia il diritto si sofferma sugli aspetti formali del
comportamento umano tralasciando la dimensione interiore.
Si divide nello studio dei principi e nello studio delle norme positive (queste ultime
si distinguono in norme di culto e norme che regolano i rapporti fra gli uomini).
• Mandub (raccomandati)
• Makruh (riprovevole)
Esse sono:
• la scuola di Abu Hanifa di Kufa (m. 767) e i suoi seguaci detta dunque scuola
hanafita. E' una scuola che fa largo uso dell'esegesi per ragionamento analogico, e
di un approccio razionalista.
La scuola introduce anche la c.d. approvazione che da rilievo alla preferenza del
singolo dottore (e introduce una importante componente soggettiva nell'esegesi
giuridica dei precetti coranici) – è diffusa soprattutto in Turchia.
• la scuola di Anas ibn Malik di Medina (m. 795) detta scuola malichita, che da
grande rilievo alle interpretazioni dei dotti di Medina (è qui che avviene la nascita
del concetto di consenso tra i dotti) e alle tradizioni. È tipica del Maghreb. È l'unica
scuola giuridica riconosciuta in Marocco ed Algeria; in Tunisia e Libia.
• la scuola di al-Shafi'i (m. 820) detta scuola sciafiita si pone a metà strada tra
quella hanifita (la speculazione razionalista prima di tutto) e la scuola malichita
(prima di tutto la tradizione), cercando di conciliare le due posizioni.
• la scuola di Ahmad ibn Hanbal (m. 855) detta scuola hanbalita di Baghdad. La
scuola propugna un ritorno netto alle fonti del Corano e della Sunna per combattere
ogni forma di eresia (ultratradizionalismo). La scuola hanbalita propone un
approccio rigido alla dottrina e non riconosce tra le fonti il ragionamento
analogico.