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Fu il retore più importante della sua epoca, e riportò a Roma la retorica classica di stampo
ciceroniano in contrapposizione al gusto barocco tipico dell’età imperiale, il cui maggiore
promotore era st
ato Seneca.
In tarda età compose l’Insitutio Oratoria, un manuale nel quale viene tracciato il percorso che un
ragazzo deve seguire fin da piccolo per diventare un perfetto oratore apprendendo le discipline
canoniche dell’inventio,dispositio,elocutio,memoria e actio.
Quintiliano osserva il mondo dell’infanzia e dimostra grande interesse per la letteratura antica, per
questo l’istituto oratoria può essere considerato il primo trattato di pedagogia della storia.
OPERE
L’opera principale è l’istituto oratoria , un manuale di 12 libri mi cui descrive il percorso che un
ragazzo deve seguire fin dall’infanzia per diventare un perfetto oratore.
L’opera è iniziata nel 93 e pubblicata poco prima della morte di Domiziano nel 96.
Il DE CAUSIS CORRUPTAE ELOQUANTIAE è andato perduto e anche il DE ARTE RETHORICA.
Sotto il nome di Quintiliano sono state pervenute due raccolte di DECLAMATIONES, 19 maiores e
145 minores , ormai la critica tende a considerarle spurie, soprattutto le maiores , troppo lontane
dai gusti e dai giudizi che il retore esprime in più occasioni.
CORRUZIONE ELOQUENZA
All’epoca di Quintiliano fu avvertita una generale corruzione della retorica che riguardava sia la
morale , basti pensare alla delazione, il diffuso malcostume, che il gusto letterario , le scuole infatti
erano ormai inadeguate e gli insegnati impreparati e corrotti, e avevano sostituito le orazioni con
futili declamationes volte a uno scopo ludico . (Svetonio descrive il maestro di Quintiliano Remmio
Palèmone come persona dissoluta avida e arrogante).
La corruzione risguardava poi il gusto letterario perché alcuni vedevano lo stile come uno
specchio dei vizi e delle virtù del carattere.
In epoca flavia fu acceso il dibattito tra i diversi orientamenti dell’oratoria : l’arcaizzante, il
modernizzante e il ciceroniano.
Dal punto di vista dei gusti letterari Quintiliano fu portatore di un gusto classicheggiante che si
contrapponeva allo stile corrotto e degenerato di cui egli vedeva in seneca il massimo esponente e
responsabile.
Gli antichi non riuscirono a trovar spiegazione per questo fenomeno che definivano semplicemente
come una corruzione del gusto dovuta alla perdita di valori morali. La crisi dell’oratoria era
interpretata in termini moralistici come il segno di una degradazione morale che colpiva le nuove
generazioni viste come solo un’ombra di quel modello umano che aveva contrassegnato la
remota repubblicana.
Le cause della crisi dell’oratoria furono però indovinate da tacito nel DIALOGUS DE ORATORIBUS e
dall’autore anonimo del trattato greco SUL SUBLIME.: secondo loro la causa erano i mutamenti
politici che valevano posto fine alla grande oratoria.
Con la fine dell’età repubblicana non vi era più spazio per gli accesi dibattiti nel foro e nei processi
il verdetto prescindeva dalle orazioni degli avvocati che perdevano quindi di valore. Si era infatti
diffusa una retorica di delazione da parte du avvocati privi di valori morali e corrotti.
DECLAMATIONES
L’unico luogo dove potevano essere tenute orazioni erano le scuole con i loro esercizi declamatori,
DECLAMATIONES, però questo genere di oratoria prediligeva uno stile a effetto e assumeva così
una forma esasperata di arianesimo opposta allo stil smisurato dell’oratoria ciceroniana.
I temi sviluppati da questi esercizi declamatori che il rethor insegnava agli allievi erano quasi
sempre a carattere pseudo-storico, poiché le situazioni immaginate riguardavano personaggi
storici realmente esistiti ( es ale magno e cicerone) , al limite della verosimiglianze.
Alcuni autori antichi come Quintiliano erano contrari a questo genere di oratoria che non funge più
da strumento di formazione per i futuri cives ma serve solo ad addestrare futuri conferenzieri
attraverso futili esercitazioni che vertevano su temi e argomenti fittizi romanzeschi scelti per la
loro stranezza che doveva attrarre gli ascoltatori : l’orazione non verte più sul dibattimento di una
causa o la discussione di un tema di importanza politica, ma verte piuttosto sull’efficacia
spettacolare dell’esibizione; la declamazione era ormai diventata uno spettacolo pubblico .
Esistevano due tipi di esercizio: la suasoria e la controversia
La prima consisteva in un discorso deliberativo in cui un personaggio in dubbio sul da farsi veniva
consigliato .
La seconda era di tipo giudiziario: una vera e propria discussione di una causa fittizia . Sotto il
nome di Quintialino sono state pervenute due raccolte di declamationes considerate però spurie.
INSTITUTIO ORATORIA
Quintiliano ricerca le cause della decadenza dell’oratoria nella degenerazione dei costumi della sua
epoca e da un punto di vista tecnico nel decadimento delle scuole (maestri e declamationes)
Pertanto nell’instituitio oratoria Quintiliano delinea un programma di formazione culturale e morale
che parte dall’infanzia fino all’ingresso nella vita pubblica ,che l’allievo deve seguire affinché diventi
un perfetto oratore .
L’opera è dedicata a Vittorio Marcello
preceduta da una lettera a Trifone, l’editore che deve curarne la diffusione ,
è composta da 12 libri
Si ispira politicamente e stilisticamente a cicerone .
S’ispirò a cicerone non solo per il suo ideale della concinnitas e il suo stile armonico, ed equilibrato
ma anche per la sua posizione politica in quanto difensore della libertà repubblicana dapprima
contro Giulio cesare , poi contro il triumvirato
In Quintiliano infatti si avverte l’esigenza di tornare a un espressione sobria che si addica alla
rinnovata saldezza dei costumi. Questa esigenza probabilmente è dovuta anche alla situazione
politica del tempo: con vespasiano si dovette adottare un gusto più misurato .
Il tipo di oratore ideale che Quintiliano delinea si avvicina a quello ciceroniano per la vastità della
formazione culturale richiesta, ma in qst formazione la filosofia funge solo da coronamento di
quella formazione culturale di cui il primato è presieduto dalla retorica e dalla cultura letteraria.
Quintiliano consiglia la scelta di letture latine e greche e rivendica la superiorità di quegli autori.
nell’ultimo libro Quintiliano accenna alla questione del rapporto tra oratore e principe , secondo
alcuni int uesto libro l’oratore è stato ridotto a “BUROCRATE DELLA PAROLA “ : un funzione che si
serve di quest’arte per trasmettere all’uditorio le direttive dell’imperatore .
In questa situazione politica Quintiliano cerca di ottener per l’oratore il massimo di professionalità
e dignità
Il pensiero che sta alla base dell’Institutio oratoria di Quintiliano mostra che l’autore non si accontentò del
proprio ruolo di intellettuale-funzionario e rifiutò orgogliosamente e con coerenza di considerare l’oratoria
come semplice strumento dell’amministrazione imperiale. Al contrario, sul grande modello di Cicerone,
anch’egli attribuiva alla formazione retorica il valore centrale di un’educazione globale, che facesse del
cittadino essenzialmente un individuo morale.
Nel primo capitolo dell’opera, che i grammatici medievali hanno trasmesso sotto il titolo di Quemadmodum
prima elementa tradenda sunt, Quintiliano esamina quella che deve essere l’educazione del futuro oratore
dai primissimi anni di vita fino ai sette anni, quando il bambino cominciava a frequentare il ludus litterarius,
corrispondente all’odierna scuola primaria; l’autore spiega che occorre avere la massima cura per la
formazione dei bambini, che sono tutti – per la stessa predisposizione naturale – portati a imparare e a usare
il pensiero. Primo degli scrittori latini di cui si ha notizia a occuparsene, Quintiliano passa in esame i più
importanti problemi pedagogici inerenti alla prima infanzia, discutendo delle doti e delle capacità di nutrici e
tutori, raccomandando agli stessi genitori una buona preparazione culturale e analizzando quale sia l’età più
adatta per introdurre i bambini agli studi.
Siccome la prima età è estremamente duttile rispetto a ciò che le viene proposto, bisogna evitare che le
persone con cui l’infante si relaziona possano trasmettergli insegnamenti sbagliati, che sarebbero difficili da
correggere in seguito. Per questo è bene che le nutrici, i genitori e i pedagoghi (per lo più servi di origine
greca che svolgevano il ruolo di maestri nell’ambito domestico) siano non solo moralmente irreprensibili, ma
anche il più possibile colti e corretti, anche nel linguaggio.
In questo capitolo, l’Institutio oratoria offre un’idea abbastanza chiara di quello che doveva essere
l’insegnamento in Roma antica e delle idee di Quintiliano in proposito. L’autore, infatti, appare come un
educatore umano e comprensivo, ottimisticamente convinto – e lo dice quasi fin da subito – che nessuno sia
del tutto negato per lo studio.
Contrariamente alla pratica degli altri trattati antichi sull’eloquenza, che si concentravano sulla formazione
oratoria in senso tecnico (quella che cominciava alla sequela di un rhetor professionista), l’Institutio
quintilianea prende le mosse proprio dall’infanzia del futuro oratore, dedicando pagine celebri all’educazione
domestica. Dopo il proemio, che enuncia e chiarisce gli obiettivi che sostengono la composizione dell’opera
e ne riporta il piano complessivo, tutto il primo capitolo del I libro è dedicato ai criteri che devono regolare la
scelta e la cura dell’ambiente umano più idoneo alla crescita culturale e personale del bambino, nell’ipotesi
di base che qualsiasi individuo possa, in futuro, diventare un oratore perfetto. L’interesse particolare insito in
questa pagina sta, oltre che nelle consuete ragioni specifiche interne all’opera e al profilo dell’autore, nel
fatto che precedenti trattati pedagogici a cui Quintiliano può essersi ricollegato sono andati perduti (tra gli
altri, il Περὶ παίδων ἀγωγῆς, De liberis educandis di Crisippo di Soli, a cui l’autore fa espressamente
riferimento, talvolta per dissentirne); dunque, si devono a questa sezione alcune delle nozioni pervenute sugli
orientamenti pedagogici e didattici del mondo antico.
L’invito iniziale al padre rientra nel più ampio quadro di quella pedagogia tesa verso un ideale di perfezione,
al quale Quintiliano si attiene scrupolosamente, riprendendo e approfondendo uno spunto già ciceroniano. A
tale perfezione ideale possono teoricamente accedere tutti; dunque, gli educatori dovranno trattare qualsiasi
bambino come potenzialmente diretto a raggiungerla. È vero che non tutti hanno le stesse qualità intellettuali,
ma ognuno può ottenere significativi risultati attraverso lo studio (parr. 1-3).
l’ambiente domestico con le balie (parr. 4-5). Nutrix va inteso in senso più ampio di quello di «balia che
allatta», e cioè come «governante», quella figura che si prendeva cura dei bambini anche successivamente
all’allattamento; poteva essere una serva di origini greche e allora aveva il compito di familiarizzare i piccoli
con la sua lingua-madre (i sostenitori della tradizione erano contrari a quest’impiego, preferendo che le
madri stesse provvedessero all’allattamento, alla cura e all’educazione dei figli). Quest’importanza accordata
alla correttezza linguistica delle nutrici pare interesse autenticamente quintilianeo ed è legato alla
constatazione che il primo approccio del bambino al linguaggio avviene per imitazione.
Dopo aver parlato delle nutrici, l’autore passa ai genitori (parr. 6-7), per i quali insiste particolarmente
sull’importanza anche della partecipazione materna alla formazione dell’infante (nec de patribus tantum lo-
quor), adducendo exempla illustri di madri colte.
L’incipit dell’Institutio manifesta con evidenza, sul piano stilistico, la ricerca di chiarezza e armoniosità che
Quintiliano persegue sul modello ciceroniano. Alcuni nessi e scelte terminologiche infatti sono ripresi
dall’Arpinate. Per esempio, tarditate ingenii è nesso già ciceroniano (cfr. Cic. orat. 229); agitatio,
deverbativo di agito (frequentativo di ago), si trova più di una volta nel lessico filosofico di Cicerone, in
riferimento alla mens con il significato appunto di «attività»; si è ben lontani dal senso negativo che Seneca
attribuiva al termine o ai suoi sinonimi, in riferimento all’assenza di equilibrio interiore.
Per quanto riguarda la costruzione del periodo, si nota il chiasmo et facile in excogitando et ad discendum
promptos (I 1, 1), che accosta i due gerundi con variatio del caso. Tutto il paragrafo si segnala per la ricerca
accurata di concinnitas. Un altro chiasmo compare poco dopo, sicut aves ad volatum, equi ad cursum, ad
saevitiam ferae… ita nobis…; qui l’esempio costruito sulle diverse specie animali è di ascendenza
ciceroniana ed è funzionale a inserire anche l’uomo all’interno della varietà delle specie.