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Beni storico-artistici ed etnoantropologici

Sono oggetto di tutela i beni mobili che presentano interesse artistico, storico ed
etnoantropologico -escluse le opere di pittura, scultura e grafica di autore vivente o la cui
esecuzione risalga a meno di 70 anni- ed altri beni mobili soggetti a specifiche disposizioni di tutela
(Codice dei beni culturali e del paesaggio, artt. 10-11).
In particolare:

● le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni,
degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
● le cose mobili che presentano interesse artistico, storico, etnoantropologico
particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli finora indicati quando
sia intervenuta la dichiarazione prevista dall'articolo 13 del Codice dei Beni culturali e del
paesaggio ;
● le cose mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente
importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura,
dell'arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia
delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose;
● le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che, per tradizione, fama e
particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, o
etnoantropologica, rivestono come complesso un eccezionale interesse ;
● le cose di interesse numismatico che, in rapporto all'epoca, alle tecniche e ai materiali di
produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio, anche
storico ;
● le navi e i galleggianti aventi interesse artistico,storico ed etnoantropologico .

Sono escluse le opere di autore vivente eseguite da non oltre 50 anni.

Sono inoltre oggetto di specifiche disposizioni di tutela le seguenti tipologie di cose:

● gli affreschi, gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli e gli altri ornamenti di
edifici, esposti o non alla pubblica vista;
● gli studi d'artista;
● le opere di pittura, di scultura, di grafica e qualsiasi oggetto d'arte di autore vivente o la cui
esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni;
● le fotografie, con relativi negativi e matrici, gli esemplari di opere cinematografiche,
audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, le documentazioni di manifestazioni,
sonore o verbali comunque realizzate, la cui produzione risalga ad oltre venticinque anni;
● i mezzi di trasporto aventi più di settantacinque anni;
● i beni e gli strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di
cinquanta anni;
● le vestigia individuate dalla vigente normativa in materia di tutela del patrimonio storico
della Prima guerra mondiale.

Il termine etnoantropologico designa lo studio delle culture umane (antropologia) con particolare
attenzione ai prodotti della vita sociale e culturale dei popoli (etnologia). Tale ricchezza culturale
include tutte le manifestazioni culturali dell'ethnos, vale a dire tutti quei prodotti rispetto ai quali
un gruppo sociale esprime un senso di appartenenza collettiva riconoscendovi il proprio vissuto
antropologico: prodotti e strumenti di artigianato, usi e costumi, musica, danze, fiabe e proverbi.
L’articolo 7 bis del Codice introduce il concetto di “ Espressioni di identità culturale collettiva”
contemplate dalle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e
per la protezione e la promozione delle diversità culturali, adottate a Parigi, rispettivamente, il 3
novembre 2003 ed il 20 ottobre 2005. Tali espressioni di identità culturale collettiva sono
assoggettabili alle disposizioni del Codice qualora siano rappresentate da testimonianze materiali e
sussistano i presupposti e le condizioni per l'applicabilità dell'articolo 10. Tutelare, valorizzare,
promuovere i beni storico-artistici ed etnoantropologici vuol dire svolgere una vasta gamma di
attività che sono di ricerca e di amministrazione e che comprendono l'individuazione e la
catalogazione di beni, l'azione di tutela attraverso gli strumenti giuridici, la manutenzione e il
restauro, in quell'insieme di attività che sono preordinate alla fruizione del bene pubblico.
Le opere di pittura, scultura e grafica e qualsiasi oggetto d'arte di autore vivente o la cui
esecuzione non risalga ad oltre 70 anni rientrano nelle disposizioni di tutela solo nell'ambito della
disciplina sul commercio, l'esportazione e la contraffazione delle opere d'arte (Codice , artt. 64-65).
Per effettuare lavori di qualunque genere sui beni mobili tutelati, che comprendono anche le
superfici decorate dei beni architettonici, è necessario ottenere l'autorizzazione preventiva della
Soprintendenza.
L'autorizzazione è sempre necessaria per tutti i beni mobili appartenenti allo Stato, alla Regione,
ad enti ed istituti pubblici e a persone giuridiche private senza scopo di lucro (enti ecclesiastici,
ONLUS, Fondazioni) sui quali la verifica d'interesse non abbia dato esito negativo.
È inoltre necessaria per i beni mobili di proprietà privata per cui sia stato emesso il decreto
di dichiarazione di interesse culturale.

Procedura
1. Il proprietario, o l'ente che gestisce il finanziamento, inoltra apposita richiesta alla
Soprintendenza presentando in duplice copia un progetto dettagliato recante un'adeguata scheda
tecnica, redatta da un restauratore qualificato (Decreto MIBACT – Ministero Infrastrutture 22
agosto 2017, n. 154; decreto legislativo n. 50/2016); nella richiesta deve essere sempre indicato
anche il nominativo del restauratore che effettuerà i lavori, in modo che la Soprintendenza possa
valutarne l'idoneità (Codice, art. 29, commi 6-7). In caso di lavori pubblici il progetto deve essere
redatto da professionista in possesso di specifiche competenze coerenti con l'intervento e l'ufficio
di Direzione Lavori deve comprendere, tra gli assistenti con funzioni di direttore operativo, un
soggetto con qualifica di restauratore di beni culturali. Se il bene è di proprietà ecclesiastica la
richiesta dovrà in ogni caso essere accompagnata dal nulla osta rilasciato dal vescovo o da un suo
delegato (Ufficio beni culturali della diocesi di competenza).
2. La Soprintendenza - che può eventualmente chiedere l'adeguamento del progetto o della
scheda tecnica, nel caso siano ritenuti insufficienti, e può comunque indicare prescrizioni -, rilascia
l'autorizzazione all'esecuzione dei lavori, e restituisce una copia vistata degli elaborati progettuali,
oppure esprime un diniego, accompagnato da motivazione e indicazioni per l'eventuale
rielaborazione dell'istanza.
3. Il richiedente comunica alla Soprintendenza la data di inizio dei lavori e i nominativi
dell'impresa esecutrice e del direttore dei lavori (e dell'eventuale direttore operativo), al fine di
consentire controlli in corso d'opera. Eventuali spostamenti delle opere devono essere
preventivamente comunicati e autorizzati.
4. A lavori ultimati dovrà essere consegnata, a cura della D.L., ai sensi dell'art. 102 del D.lgs.
50/2016, copia della relazione finale di restauro e una documentazione fotografica che illustri
adeguatamente le varie fasi di lavoro e lo stato dell'opera dopo l'intervento.
5. La Soprintendenza, sulla base delle verifiche effettuate in corso d'opera, può attestare il buon
esito dei lavori ai fini del rilascio del C.E.L. all'impresa esecutrice.
Il Ministero può concedere contributi per il restauro e altri interventi di conservazione dei beni per
i quali sia intervenuta la dichiarazione di interesse (Codice, articoli 31, 35-38).

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