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Virginia Monteverdi, Corso di Storia Moderna, 2013-2014

LA FIBULA PRENESTINA, STUDIO DI UN FALSO NON FALSO (?)


1.1 Contesto storico: tra arte, riscoperta, legislazione e mercato (1820-1890)
Tra gli anni 20 e gli anni 80 del XIX secolo lantichit etrusca visse il suo massimo momento di
rinascita: gli stranieri contribuirono a questa riscoperta mentre gli scavi portavano alla luce nuove
necropoli tra Lazio e Toscana: Tarquinia, Chiusi, Vulci, fino alla scoperta della tomba RegoliniGalassi nel 1836 che diede vita al Museo Etrusco-Gregoriano al Vaticano1. Archeologi italiani e
stranieri, appassionati di antiquaria, famiglie nobili promotrici delle azioni di scavo e uomini di
scienza come il Dott. Isidoro Falchi (medico appassionato di archeologia) cercarono di riportare alla
luce un passato pre classico, spinti da una necessit erudita e di scoperta che si andava delineando
proprio in quegli anni. Vulci dopo gli scavi del 1820, finanziati da ricche famiglie di proprietari
terrieri affiancate da archeologi come Eduard Gherard, August Kestner e Andr Franois 2 e Chiusi
riportata alla luce negli anni 40, diventarono miniere darte sia per gli esperti, che iniziarono a
redigere cataloghi dei reperti in forma sistematica, sia per i collezionisti e gli antiquari, figure che
giocheranno un ruolo fondamentale nel nostro caso, nella comprensione della falsificazione degli
oggetti darte.
Prima dellunit dItalia la maggior parte delle ricerche archeologiche, nonostante la creazione di
comitati scientifici preposti e i primi abbozzati tentativi di sistematizzazione oggettiva del passato
delle civilt, erano ancora legate allinteresse antiquario ed erudito. Nonostante le ricerche del
sopracitato Dott. Falchi che osserv Vetulonia e ne fece un rendiconto sul cattivo stato di
conservazione3, i collezionisti e gli antiquari avevano il monopolio, anche sulla diffusione del
materiale scoperto4. Chiusi dopo gli scavi della met degli anni 40, divenne centro del mercato
antiquario a cui facevano capo gli emissari stranieri dei musei europei per lacquisto dei reperti che
venivano dunque valutati e catalogati non solo per linteresse artistico ma soprattutto per il loro
valore venale: era comune trovare annunci di vendita come questo proveniente dalla Gazzetta di
Firenze del 15/04/1845 vendita di reperti a prezzi fissi e oltremodo discreti []5.
LItalia e soprattutto Roma del periodo pre-unitario erano un crogiolo di cultura e di opportunit e
gli stranieri, secondo la neoclassica tradizione del Gran Tour, continuavano a recarvisi, sia per
studio che per turismo antiquario. Roma era descritta da questi viaggiatori come la patria di libert,
ricolma di anticaglie e antichit, dove vigeva libert di vendita di oggetti darte6.
Lo straniero, inglese, tedesco, danese o francese, infervorato dalla bellezza classica veniva spesso in
Italia per acquistare arte ma non era sempre interessato alloriginalit delloggetto: il pezzo
classico-italiano era considerato un estetico status symbol, bastavano la sua forma e la sua
riconoscibilit a comunicare cultura, il turista medio non si preoccupava di avere tra le mani un

Cristina Bersani, Le pubblicazioni archeologiche delle raccolte enciclopediche settecentesche ai primi periodici
specializzati, in Limmagine dellantico fra Settecento e Ottocento, Grafis edizioni, Bologna, 1983, p. 178.
2
Paolo Enrico Arias, Storia dellarcheologia, Vallardi, Milano, 1967, p. 177. I suddetti facevano parte dellIstituto
romano di Corrispondenza archeologica, nato nel 1829 dalla societ degli Iperborei, gruppo di archeologi tedeschi a cui
si unirono studiosi italiani. La nascita di questi istituti porter alla conduzione di esplorazioni organizzate, non dovute
pi alliniziativa dei singoli ma regolate da comitati scientifici.
3
Giovannangelo Camporeale, Gli Etruschi storia e civilt, UTE, Torino, 2004, pp. 353-355.
4
Paolo Enrico Arias, Storia dellarcheologia, Vallardi, Milano, 1967, pp. 202-207.
5
Giovannangelo Camporeale, Gli Etruschi storia e civilt, UTE, Torino, 2004, p. 316.
6
Silvio Negro, Seconda Roma 1850-1870, Hoepli, Milano, 1943, pp. 249-250.

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falso, avrebbe comprato di tutto, avrebbe portato via edifici interi con le fondamenta7. Questo
pubblico di dilettanti incoraggi molto le falsificazioni e lallargamento del mercato antiquario che
non sempre viveva donest. Vi erano professionisti dello scavo per lucro, tutti allepoca potevano
scavare, bastava fare una richiesta alla Camera Apostolica, e soprattutto bisogna ricordare che lo
stato aveva un minimo diritto di prelazione sui ritrovamenti8. Nonostante leditto Pacca del 7 aprile
18209, il patrimonio artistico, oltre lo Stato Pontificio, non veniva precisamente tutelato dal
commercio allestero, dal collezionismo privato10 e dallo smembramento alla caccia di pezzi di
valore. Larte e la cultura venivano ampliamente manipolate tra collezionisti, archeologi alla ricerca
di una sistematizzazione scientifica, mercanti darte, e delinquenti falsari a tutti i livelli: dai
corpisantari descritti dal poeta Gioacchino Belli11, alla famiglia Castellani di esperti orefici,
studiosi di tecniche decorative etrusche12, da intellettuali e commercianti in cerca di prestigio
personale13 fino ai pi semplici venditori di copie e souvenirs. Un grande mercato che si allarg
dopo gli anni 60, quando Roma e la Campania rafforzarono le loro relazioni commerciali condotte
da principali figure antiquari-venditori come Giulio de Petra (accusato di falsificazioni) e Vincenzo
Barone14.
Nella Roma umbertina, a partire dalla met degli anni 70, accanto alla visione della ricerca
scientifica come fondamento per la modernit, acquist importanza la lotta contro la Chiesa per la
riconquista del passato, ovvero la ricostruzione della storia della citt e della nazione. Protagonisti
di questo difficile processo furono, oltre lamministrazione pubblica, gli storici e gli archeologi.
Questi ultimi, dopo la presa di Porta Pia vennero coinvolti nelle nuove istituzioni della
Soprintendenza e della Commissione Archeologica e divennero il simbolo di un sapere che lo
7

Ibid., p. 259. La citazione comincia cos: Il turista antiquario, dice Delatre, il mantenitore obbligato di tutti i
bagarini di Roma. La sua casa sempre piena zeppa di falsari, imbroglioni [] che gli portano carrettate di roba
vecchia che egli compra a caro prezzo per antichit genuine e preziosissime. [] Si gloria di far cos buoni acquisti in
mano a persone che non se ne intendono e che gli danno tutti quei tesori per nulla [].
8
Ibid., pp. 258-259.
9
La prima legge organica in materia di tutela del patrimonio culturale stata lEditto del Cardinale Bartolomeo Pacca
del 1820, valido per lo Stato Pontificio (quindi, per le province di Bologna, Forl, Ravenna, Ferrara, Marche, Umbria,
Provincia Romana-corrispondente, grossomodo, allattuale Lazio). Principi fondamentali dellEditto Pacca: 1.a
appartenenza allo Stato del sottosuolo archeologico; 1.b il divieto generalizzato di esportare beni culturali (dipinti,
sculture) senza il permesso del Cardinale Camerlengo; 1.c la schedatura generalizzata dei beni culturali esistenti nello
Stato, attraverso un obbligo di comunicazione, cui seguiva una sorta di placet, chiamato assegna. 2. La prima legge
organica unitaria in materia di tutela del patrimonio culturale stata la legge 30.6.1909 n. 364, detta anche legge
Rosadi. https://studiolemme.files.wordpress.com/2012/06/legislazionebeniculturali.pdf, accesso del 28/10/2013.
10
Silvio Negro, op. cit., p. 2, pp. 255-257. Un caso famoso quello del collezionista romano Giovanni Pietro Campana
che, vittima di una sua passione archeologica, negli anni 50 sindebit con lo stato dopo aver acquistato antichit
etrusche e romane per le sue collezioni private.
11
Ilde Consales e Gabriele Scalessa (a cura di), Il Belli e larcheologia, Atti delle Giornate di studio (Roma 4-5
dicembre 2009), Aracne, Roma, 2011, p. 38. I corpisantari erano falsificatori di reliquie che scendevano nelle
catacombe per procurarsi qualsiasi tipo di ossa per rivenderle poi come vere reliquie (talvolta anche con nomi di santi
inventati).
12
Elizabeth Simpson, Una perfetta imitazione del lavoro antico, gioielleria antica e adattamenti Castellani, in: I
Castellani e loreficeria archeologica italiana, a cura di Anna Maria Sgubini Moretti e Francesca Boitani, LERMA,
Roma, 2005, pp. 177-195.
13
Stefania Caranti Martignano, Un aspetto dellarcheologia ottocentesca, Pelagio Palagi ed Eduard Gherard,
University Press, Bologna, 1995, pp. 34-37.
14
Italo M. Iasello, Il giovane Helbig nel contesto del mercato: il commercio delle antichit tra Campania e Roma , in:
Wolfgang Helbig e la scienza e lantichit del suo tempo, Atti del convegno internazionale in occasione del 170
compleanno di W. Helbig, Acta Instituti romani Finlandie, Roma, 2011, pp. 33-36.

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Stato liberale aveva il compito di preservare anche agli occhi degli intellettuali stranieri15. Furono
anni di nuovi impulsi agli scavi, dopo la nomina di Giuseppe Fiorelli a direttore del Foro nel 1875,
nuove indagini che si allargarono alla zona dellAgro Romano e alla necropoli di Palestrina, anni in
cui le metodologie archeologiche trovarono finalmente una sistematizzazione anche con
lintroduzione della stratigrafia e della musealizzazione delle opere darte: nel 1876 nasce il museo
preistorico-etnografico di Luigi Pigorini (dove oggi conservata la fibula prenestina) e nel 1889 la
collezione etrusca di Villa Giulia. Fondamentale per il nostro studio anche ricordare che in questo
periodo si svilupp un mercato culturale orientato alla ricerca e alla formazione di un pubblico di
ceti medi, interessati a nuovi generi artistici e alla cultura dellantico; permaneva per ancora
lostilit verso la commercializzazione dellarte e della cultura sostenuta da alcuni circoli
intellettuali e vista come un pericolo e una degenerazione16. Per quanto riguarda la legislazione dei
Beni Culturali furono compiuti ulteriori passi avanti: sin dal 1865 si pens a prevenire in tutta Italia
il pericolo della depauperazione del patrimonio e soprattutto ci furono tentativi di controllo degli
scavi per evitare iniziative di dilettanti o furti di materiale. Inizi la redazione di inventari del
patrimonio culturale da parte di Commissioni presiedute da prefetti e vennero emanati articoli per la
tutela delle necropoli (1877) e il restauro dei beni artistici17.
NellItalia post unitaria, in questo nuovo clima politico e culturale romano-campano che andava
delineandosi, si inseriscono i protagonisti del nostro falso: larcheologo Wolfgang Helbig e
lantiquario esperto intagliatore di gemme e cammei Francesco Martinetti. Figure di questo genere
popolavano lambiente romano e gestivano un commercio darte non sempre lecito, mantenendo
attivi contatti con i commercianti napoletani come Raffaele Garrucci e Raffaele Barone ed esteri (di
solito francesi come Felix Feuardent, specializzato in numismatica). Riporto di seguito una parte di
una lettera che Helbig scrisse giunto a Napoli nel 1864 e che a mio giudizio uninteressante e
onesta testimonianza che condanna molti mercanti ma sostiene anche lattivit del Barone, ritenuto
il pi onesto, mostrando anche le tipologie di pubblico a cui andava incontro questo commercio:
In generale [i mercanti darte n.d.a.] sono tutti abili furfanti e maturi per la galera. [] il pi
onesto e rinomato degli altri, il Barone, di ogni catalogo possiede tre esemplari con prezzi diversi:
quelli pi alti sono, come mi disse con perfetta ingenuit, per i minchioni inglesi, i prezzi medi per
gli amatori, cio i dilettanti che collezionano antichit; quelli pi bassi infine per i dotti18.
Pratiche comuni per la maggior parte degli antiquari erano le false indicazioni di provenienza e le
false datazioni, per allettare possibili compratori e rispondere ai loro desideri ma anche per coprire e
giustificare commerci altrimenti illeciti. A questo si aggiungevano poi le antichit falsificate di cui
esisteva una fiorente produzione in Campania parallela al mercato delle reali antichit. Napoli
forniva un gran numero di falsi vasi i cui centri di produzione erano a fianco dei siti archeologici di
rinvenimento delle antichit19.

15

Francesco Bartolini, Gli intellettuali tra stato e societ: la modernizzazione della vita culturale, in Roma capitale, a
cura di Vittorio Vidotto, Laterza, Roma, 2002, pp. 429-430.
16
Ibid., pp. 430-434.
17
Pier Giovanni Guzzo, Antico e Archeologia, Minerva edizioni, Bologna, 2004, pp. 58-69.
18
Italo M. Iasello, op cit., p.2, p. 30.
19
Ibid., p. 33.

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1.2 La fibula prenestina: descrizione e ritrovamento


La fibula ufficialmente venne ritrovata nel 1876, appartenente al corredo della tomba Bernardini e
oggi conservata nel Museo Nazionale Preistorico Etnografico "Luigi Pigorini"20. La scoperta per
venne dichiarata solo nel gennaio del 1887 da Helbig allIstituto Archeologico Germanico. Il
documento che attesta questa dichiarazione si trova nei Mitteilungen des Deutschen
Archologischen Instituts, Rmische Abteilung del 1887, ed proprio da qui che iniziarono i dubbi
sulla fibula riguardo alla sua autenticit. Cito le parole dellHelbig dal suddetto testo per
evidenziare quanto detto: Un mio amico mi mostr recentemente una fbula d'oro acquistata da lui
nell'anno 1871 a Palestrina e munita sul canale d'una iscrizione latina grafita. Tale fibula appartiene
alla classe generalmente chiamata ad arco serpeggiante [] Bench non si sappia, in quale tomba
sia stata rinvenuta questa fbula, nondimeno possiamo stabilire lo strato donde proviene. Simili
fbule d'oro finora si sono trovate soltanto in sepolcri, il contenuto dei quali si raffronta con quello
della tomba ceretana scoperta dai signori Regulini, sepolcri che con perfetta sicurezza possono
attribuirsi al VI secolo. Mi limiter a citare soltanto alcuni esemplari, la cui provenienza
dall'anzidetto strato testificata in maniera indubitabile [] Notai tra essi tre fibule d'oro, le quali
mostrano il medesimo tipo dell'esemplare trovato nell'anno 1871 e ne diversificano soltanto in cose
accessorie21. Helbig parla vagamente di un amico che acquist la fibula nel 1871 e
successivamente sostiene che non si sa da quale tomba provenga, concludendo con unasserzione
che genera una contraddizione: dice che essa stata trovata nel 1871 e non acquistata. Lamico di
cui parla Helbig Francesco Martinetti colto possidente romano, antiquario, incisore di gemme e
cammei ed esperto di numismatica che avr nel nostro studio un ruolo fondamentale sebbene
controverso.
Ma veniamo alla descrizione delloggetto prima di inoltrarci nel dibattito complesso sullautenticit:
la fibula un reperto in oro, datato al VII secolo a.C. usata come una spilla per fissare le vesti.
lunga circa 11 cm, pesa 36,7 gr e sul puntale ha incisa una scritta in direzione retrograda22 (meno le
s) alla maniera etrusca, in lingua latino arcaica: MANIOS:MED:FHEFHAKED:NUMAISOI che
tradotto in italiano Manio mi ha fatto/donato per Numerio. Si indica dunque un artefice e un
committente-donatore, per cui la fibula sinserisce nellambito degli oggetti parlanti (oggetti che si
presentano autonomamente allosservatore).
2. Falso o vero? Opinioni degli studiosi
Presento adesso il nucleo della discussione: le opinioni riguardanti la falsit e lautenticit della
fibula e della sua iscrizione e le connesse analisi di tipo filologico, storico e scientifico.
Partendo dalle opinioni contro lautenticit (riportate in ordine cronologico) voglio sottolineare che
il reperto non solo ha sollevato dibattiti lungo tutto il XX secolo e oltre, ma si anche dimostrato un
capro espiatorio dietro il quale si sono nascoste molteplici critiche e rivalit tra studiosi. Subito
20

Annalisa Franchi de Bellis, La fibula prenestina. Margherita Guarducci e Wolfgang Helbig, in: Wolfgang Helbig e la
scienza e lantichit del suo tempo, Atti del convegno internazionale in occasione del 170 compleanno di W.Helbig,
Acta Instituti romani Finlandie, Roma, 2011, p. 187.
21
http://archiv.ub.uniheidelberg.de/propylaeumdok/1693/1/Helbig_Sopra_una_fibula_doro_trovata_presso_Palestrina_1887.pdf, accesso del
5/11/2013.
22
http://linguistica.unicas.it/lorenzetti/LM_2009/lez19feb09.pdf, accesso del 11/11/2013. La scrittura retrograda
allepoca era un segno di passaggio linguistico. Vi erano nel VII secolo a.C. due Italie grafiche (G. Colonna): una
etrusca (e delle culture grafiche dipendenti dalletrusco, come i Falisci, gli Umbri e i Sanniti), che scrive da destra a
sinistra, laltra greca, che scrive da sinistra a destra (comprendente i Latini e altri popoli dellItalia meridionale).

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dopo la presentazione di Helbig il glottologo Giacomo Lignana nel 1888 condusse uno studio
filologico delliscrizione di Manios constatando come questa non fosse altro che una summa delle
ultime ricerche glottologiche di latino arcaico. Il paletnologo Giovanni Pinza nel 1925 confront la
fibula prenestina con fibule simili rinvenute a Chiusi e a Volterra; a questa analisi aggiunse anche
una dichiarazione dellorefice Augusto Castellani che parteggiava ugualmente per la falsit
sostenendo la conoscenza del falsario della fibula23. La dichiarazione del Pinza aveva un motivo
concreto: Luigi Pigorini, direttore del Museo Nazionale Preistorico Etnografico, che aveva
acquistato la fibula per esporla nel medesimo Museo, non aveva permesso al Pinza di esaminare e
catalogare i reperti della tomba Bernardini e al suo posto aveva chiamato un giovane allievo di
Helbig: Giorgio Karo. Ecco perch il Pinza, rifiutato e pieno di rancore port avanti la sua tesi sulla
falsit delloggetto, dando cos dellincompetente al Pigorini e vendicandosi tramite Manios24.
Nel 1932 il gottologo Vittore Pisani studi lincertezza del ductus delliscrizione, sostenendo che un
orefice del VII secolo a.C. non avrebbe mai potuto creare una scritta cos imprecisa e port come
altra prova lincongruenza temporale tra la scoperta della tomba Bernardini (1871, data conosciuta
dai documenti dellepoca, la vera scoperta della tomba risale al 1876) e la dichiarazione del
ritrovamento della fibula (1887)25. Perch la scoperta venne dichiarata solo dopo sedici anni?
Sicuramente dietro si nascondeva un imbroglio.
2.1 La summa degli studi contro lautenticit: Margherita Guarducci, Helbig med fhefhaked
Il compendio generale degli studi che ha identificato la fibula come un grandioso falso dautore ce
lo ha lasciato la glottologa, epigrafista e archeologa Margherita Guarducci in un convegno tenutosi
allAccademia del Lincei a Roma nel 1978. Nel testo della studiosa, Fibula prenestina. Tra
antiquari, eruditi e falsari nella Roma dell'ottocento, vengono analizzate tutte le componenti a
sfavore dellautenticit. Guarducci parte da unesposizione della cronistoria delloggetto
proseguendo con un analisi del contesto storico-culturale dellepoca del ritrovamento e dipingendo
Roma come luogo ricco di tesori, una specie di eldorado degli antiquari dagli interessi non sempre
onesti. Il fatto interessante che la studiosa si sofferma prima di tutto sullo studio delle figure che
lei considera i colpevoli del falso, per mostrare, attraverso i loro caratteri, abitudini e rapporti con le
istituzioni che solo una coppia come quella Helbig-Martinetti avrebbe potuto creare un tale gioiello.
Helbig per la Guarducci il leone da salotto, giovane esuberante e festaiolo gaudente dal
carattere litigioso, mentre lantiquario Francesco Martinetti un incredibile avaro re dei criceti,
commerciante di tesori, incisore di gemme, falsificatore per lucro (fautore, secondo la Guarducci
del falso trono di Boston, e della cista Pasinati26) pronto a procacciarsi ricchezze in tutti i modi
possibili. La visione della Guarducci procede con unanalisi molto romanzata delle vite e dei
rapporti dei due presunti colpevoli delineando un contesto disonestissimo del mercato antiquario in
tutte le sue forme27. Partendo da questa analisi e dalle incoerenze presenti nel testo di Helbig citato
23

Margherita Guarducci, Fibula prenestina. Tra antiquari, eruditi e falsari nella Roma dell'Ottocento, Bardi editore,
Roma, 2007, pp. 18-20. Augusto Castellani aveva personalmente esaminato la fibula.
24
Ibid., pp. 30-33.
25
Vittore Pisani, La fibula prenestina Rivista Indo-Greco-Italica, Vol. XVI, Ribezzo, Napoli, 1932, p. 93.
26
Margherita Guarducci, Fibula prenestina. Tra antiquari, eruditi e falsari nella Roma dell'Ottocento, Bardi editore,
Roma, 2007, p. 77.
27
Ibid., pp. 63-96. La Guarducci accusa gli archeologi di razzie, dimostra che Helbig era legato ai collezionisti
americani ed europei insieme a Carl Jacobsen e al conte Tzyckiewicz il quale deteneva possesso del commercio
romano. Helbig sarebbe stato anche in grado di spacciare false antichit come il Diadumenos di Copenaghen con il
valido aiuto del Martinetti.

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precedentemente, la Guarducci elenca i motivi del falso realizzato da Helbig con laiuto di
Martinetti: con tale oggetto larcheologo avrebbe avvalorato la sua tesi sulluso della scrittura nella
cultura latina sin dal VI secolo a.C. dimostrando cos la veridicit del trattato Roma-Cartagine
concluso secondo Polibio nel 509 a.C. Cos dicendo avrebbe dato ragione a Theodore Mommsen,
grande studioso e latinista con cui Helbig era in stretto contatto e da cui cercava sempre consenso.
La mossa di ingraziarsi il Mommsen viene riportata dalla Guarducci come un altro motivo del falso:
Helbig, ottenendo lassenso dello studioso, avrebbe potuto accedere al posto di direttore dellIstituto
Archeologico Germanico al posto di Wilhelm Henzen. La fibula inoltre era un oggetto che poteva
meglio di qualsiasi altro reperto esprimere unet precisa, ed essere utilizzato da Helbig per
superare le ricerche linguistiche dellepigrafista Heinrich Dressel sul vaso di Duenos (prima della
fibula uno dei documenti pi antichi di latino arcaico datato al VI secolo a.C.). Motivi di prestigio
personale quindi, a cui si univano motivi di lucro e ambizione del Martinetti. Infine la studiosa
arriva a sostenere, dopo lanalisi di alcuni documenti del Karo, che la fibula non proveniva dalla
tomba Bernardini28.
Dunque in questa visione Manios non ha creato niente: il vero genio del male Helbig, lui ha
formulato liscrizione su carta e il Martinetti lha incisa nelloro. A sostegno di questa delicata
affermazione la Guarducci porta numerose prove filologiche, arrivando addirittura a smontarne una
a favore dellautenticit.
Analizzando lepigrafe Guarducci si accorge che essa poteva essere stata incisa con quattro bulini
diversi, sottolinea lirregolarit e limprecisione della scrittura evidenziando che tutte le lettere non
hanno una grafia standard ma differiscono luna dallaltra29. A evidenziare che la negligenza del
ductus prova di falsit la studiosa chiama in causa la coppa dei Veturii (reperto autentico del VIIVI secolo a.C.) che invece presenta uniscrizione precisissima, senza il minimo ripensamento.
La prova schiacciante a favore dellautenticit delliscrizione consisteva nella lettura del diagramma
<FH> (
) presente nellanomala forma verbale FHEFHAKED della fibula, come /f/ fricativa
labiodentale sorda, ovvero la /f/ latina che normalmente noi pronunciamo. La pronuncia di tale
diagramma <FH> come /f/ venne scoperta solo alla fine del XIX secolo, precisamente nel 1888 da
Wilhelm Deecke e riconfermata da Elia Lattes nel 1890 e quindi dopo la scoperta della fibula!
Guarducci ben sapeva di questo fatto e lo riporta nel suo testo, ma convinta della falsit del reperto,
sostiene che Helbig aveva tutti gli strumenti per arrivare da solo a quella lettura, ancora prima degli
studiosi citati. Un vero genio aiutato dalla fortuna.
Gli spunti per creare liscrizione Helbig li aveva tutti a disposizione. Il vaso di Duenos (noto sin dal
1880) offriva al falsario la <F> etrusca ( ) nel valore di fricativa labiodentale sorda e i grammatici
latini del I secolo d.C., Cornuto e Prisciano offrivano la lettura del diagramma <FH> come /u/
latina. Fhefhaked si sarebbe letto dunque ueuaked, ma questo non andava bene e allora il falsario
avrebbe preso in prestito dalla lingua greca lo spirito aspro per creare laspirazione della effe, col

28

Ibid., pp. 124-131


A riguardo riporto una riflessione del Prof. Luca Lorenzetti docente di glottologia presso lUniversit di Viterbo: Va
detto che la variazione nella forma delle lettere era piuttosto pronunciata in epoca arcaica, per la quale la relativa novit
della diffusione della scrittura rende impossibile parlare di norma grafica e ortografica. Ad esempio, <S> a tre tratti non
lunico modello presente nelle iscrizioni latine dei primi secoli, alternando invece con il tipo a quattro <s> e
addirittura a cinque tratti. Anche la forma di <A> non uno dei migliori elementi diagnostici per lepoca: documenti
antichissimi, ad es. il cippo del Foro (VI sec.), presentano <A> con la traversa diritta, come le tre occorrenze presenti
nella Fibula, accanto al vaso di Duenos. http://linguistica.unicas.it/lorenzetti/LM_2009/lez19feb09.pdf, accesso del
13/11/2013.
29

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fine di creare un documento ancora pi antico del vaso di Duenos, in modo tale da avere la lettura
<FH>=/f/30.
Il vaso di Duenos offriva altri spunti al falsario: la forma arcaica di dativo in -oi presente in Duenoi,
il nominativo arcaico in os, e la k usata come c.
Altra fonte dispirazione secondo la Guarducci stata la Tabula Bantina, nota dal 1791, da cui sono
stati tratti i temi per creare il perfetto raddoppiato fhefhaked. Sulla tabula infatti comparivano forme
osche come fefacid e fefactus. Per concludere, anche la strana interpunzione stata recuperata
da iscrizioni etrusche conosciute allepoca; Helbig la us per etruschizzare liscrizione della fibula e
creare cos un documento pi antico del vaso Duenos, sebbene tale interpunzione fosse rara nei
verbi e pi comune per dividere i nomi di persona31.
2.2 Continuano le prove di falsit a cui si affiancano le prime analisi chimiche
Nel 1978 a sostenere quanto detto dalla Guarducci due chimici, Pico Cellini e Giulio Devoto
condussero le prime analisi scientifiche sulla fibula. Si trattava di analisi a microscopia e a
fluorescenza x, a cui vennero affiancate analisi comparative con reperti simili.
Cellini not che la fibula era stata malamente dorata a mercurio e che aveva subito degli attacchi
con acqua ragia che a suo giudizio erano stati praticati dal falsario per simulare un invecchiamento
del metallo. Lanalisi ottica dimostr che loro del reperto era duttile e fresco come quello moderno
e non scagliato e friabile come quello degli oggetti di scavo e che la superficie presentava
concrezioni grigiastre che a detta di Cellini erano state messe per simulare il calcare. La fibula era
mal bilanciata, costituita da saldature di sospetta modernit e ricoperta da tracce di mastice,
frammenti di materia organica e da una patina rossastra che per Cellini non si seppe spiegare32.
Giulio Devoto condusse simili analisi comparative, not che il metallo era lacunoso, mancava
lesfoliazione delloro, riconferm la presenza di corrosione data da attacchi chimici intenzionale e
not la presenza di gommalacca sulla superficie.
Le analisi erano ancora approssimative ma utili per sostenere il fatto che la fibula fosse una
patacca: in questo caso lindagine chimica assicura sempre maggior credibilit e conferma gli
studi a carattere storico e filologico.
Anche Romano Lazzeroni, docente di glottologia dellUniversit di Pisa, studi il caso della fibula e
ne diede un suo parere nel 1979: consider sia loggetto che liscrizione come falsi e port avanti le
medesime argomentazioni filologiche della Guarducci. Linterpunzione era un gioco estetico in
uso al tempo di Helbig e la fibula non era altro che un sunto delle discussioni dei linguisti
dellepoca esemplificati dal testo Uber Aussprache, Vokalismus und der Betonung lateinischen
Sprache di Wilhelm Corssen (1870) da cui deriverebbe anche la forma fhefhaked che dunque non
osco ma un piccolo monstrum nato dalla grammatica latina del tardo 1800. Lazzeroni inoltre
sostiene la Guarducci sulla creazione da parte di Helbig del nesso <FH>33.
Anche studiosi inglesi come David Ridgway34 e Arthur Gordon nei primi anni 80 parlarono del
caso della fibula testimoniando a favore dalla Guarducci.
Ad avvalorare il caso Guarducci infine concorse anche la collaborazione del grafologo Nazzareno
Palaferri che, dopo alcuni confronti, nel 1983 dichiar senza alcun dubbio che la grafia

30

Margherita Guarducci, op cit., p. 5, pp. 49-51.


Ibid., pp. 40-54.
32
Pico Cellini, Falsi e restauri oltre lapparenza, Archivio Guido Izzi, Roma, 1992, pp. 49-53.
33
Romano Lazzeroni, Nota sulla fibula prenestina, Studi classici e orientali, Vol. XXI, 1981, pp. 227-232.
34
David Ridgway, The forgers and the fibula, The times literary supplement, N. 4, 19/06/1981.
31

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dellincisione di Manios corrispondeva perfettamente con quella di Helbig. Non era dunque latino
arcaico ma stampatello tedesco ben camuffato35.
2.3 Opinioni a favore dellautenticit
Giovanni Pinza (che nel 1925 cambier idea come abbiamo visto prima) nel 1898 fu a favore
dellautenticit della fibula: per lui il raddoppiamento del tema di facio derivava dal greco e il
fhefhaked risultava anomalo proprio perch scritto, a suo giudizio, da un orefice greco che
conosceva poco il latino.
Vittore Pisani invece passa dalla parte dellautenticit solo nel 1950 dichiarando che la pronuncia
del nesso <FH> = /f/ fu scoperta solo dopo il ritrovamento della fibula, la prova pi schiacciante di
tutte sullautenticit delliscrizione.
Letruscologo Giovanni Colonna nel 1978 studi il caso e pubblic un relativo articolo sulla rivista
di studi di epigrafia Epigraphica. Studiando alcune lettere di Giorgio Karo scopr che la fibula fu
oggetto di furto, Marinetti lavrebbe acquistata dal caporale degli scavi a Palestrina per poi donarla
al Museo di Villa Giulia nel 1889 (la fibula compare nellinventario del Museo nel giugno del 1889,
valutata 5000 lire). In questo articolo Colonna riflette che il dono era un gesto inconsueto nel
mercato antiquario agguerrito ma poteva risultare come azione cavalleresca tipica dei ricchi
collezionisti. Il dono non fu tributato e quindi il Martinetti non ci guadagn nulla, motivo che
secondo lo studioso avvalora lautenticit della fibula.
Colonna inoltre descrive Helbig e Martinetti come una coppia di incettatori di antichit ma non
come falsari, sostiene che la fibula poteva essere un elemento di creazione di un unico museo
etrusco a Villa Giulia su iniziativa del direttore Felice Barnabei, il che sarebbe stato uno smacco per
il Pigorini che avrebbe visto tutti i suoi corredi fuggire a Villa Giulia (c da ricordare che la fibula
era per il Pigorini motivo di prestigio e per questo pubblic subito il ritrovamento sul suo
giornale)36.
La fibula incarna dunque per Colonna la lotta tra i due musei, da una parte Villa Giulia col
Barnabei e dallaltra il Preistorico col Pigorini, il quale, appena il Barnabei si dimise dallincarico
museale, dichiar il reperto provenire dalla tomba Bernardini e lo fece trasportare nel 1901 nel suo
Museo Preistorico.
Dopo l' analisi storica si ritorna alla filologia: Colonna fa notare come la falsificazione di
uniscrizione del VII secolo a.C. fosse impensabile prima della scoperta della stele del Foro del
1899 e che un abile falsario non avrebbe mai realizzato uniscrizione cos imprecisa ed incerta37.
Ulteriori analisi chimiche vennero effettuate nel 1992 dal Prof. Edilberto Formigli, restauratore e
docente presso le Universit di Roma e Firenze il quale scopr che la fibula era autentica ma non
os pronunciarsi sulliscrizione. Con analisi al microscopio elettronico e indagini archeometriche,
Formigli not la presenza di un platinoide incluso, composto da osmio e iridio che risulta presente
solo nelloro di origine alluvionale e non di rifusione o moderno, il che attest lautenticit del
reperto. Inoltre le concrezioni grigiastre e la materia organica che Devoto e Cellini avevano ritenuto

35

Nazzareno Palaferri, La Fibula prenestina sottoposta ad indagine grafologica, Scrittura, Vol. XLV, 1983, pp. 1626.
36
Luigi Pigorini, Fibula doro ad arco serpeggiante della provincia di Roma, Bullettino Paletnologico Italiano, Vol.
XII, 1887, p. 31.
37
Giovanni Colonna, Ancora sulla fibula prenestina, Epigraphica, Vol. XLI, 1979, Lega Editori, Faenza, pp. 119130.

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essere produzioni della correzioni del falsario, Formigli le identifica come residui delle colle e paste
che venivano usate per fissare i reperti che dovevano essere fotografati38.
Formigli torna ad analizzare la fibula nel 2007: si rende conto che liscrizione fu copiata da una
medesima autentica presente su altro supporto, che loro della fibula era duttile non perch moderno
ma perch sottoposto a continue analisi e manipolazioni nel corso dei decenni e not che
liscrizione era imprecisa perch forse fu ripassata in fasi di restauro. La presenza del getto a
incastro, tecnica per tenere insieme parti metalliche senza ricorrere alla saldatura, tipica delle
tecniche antiche, fu unaltra prova a favore dellautenticit, poich un falsario ottocentesco non
poteva lavorare le leghe come gli etruschi in un epoca in cui questi procedimenti antichi non erano
ancora ben conosciuti39.
Glottologi Massimo Poetto e Giulio Facchetti nel 2009 condussero una nuova analisi filologica e
constatarono che il testo della fibula era autentico poich simile ad uniscrizione vascolare corinzia
che riportava il nome Numasiana richiamando il Numaisoi della fibula40.
Annalisa Franchi de Bellis nel 2009 riport alla luce la problematica del falso della Guarducci
criticando dal punto di vista filologico, storico e scientifico gli studi da lei compiuti. La fibula non
mai stata un falso. Le argomentazioni della de Bellis verranno trattate nel paragrafo seguente.
A chiudere il caso riporto le ultime analisi di Edilberto Formigli e Daniela Ferro, ricercatrice
presso il CNR, eseguite nel giugno del 2011. Grazie alle analisi chimico fisiche dei solchi
delliscrizione, agli esami micro/nano diagnostici e al microscopio elettronico a scansione, gli
studiosi sono giunti cos a delle conclusioni: liscrizione stata effettuata copiando un testo gi
scritto, lincisione era imprecisa perch loro non si incide facilmente (risultato anche di prove di
laboratorio); la presenza di micro-cristallizzazione nei solchi delliscrizione e di concrezioni e
crepe possibile solo quando un reperto riposa secoli sotto terra, quindi anche liscrizione risulta
autentica41.
2.4 La summa degli studi a favore dellautenticit: Annalisa Franchi de Bellis
Nel convegno internazionale del 2 febbraio 2009, Wolfgang Helbig e la scienza e lantichit del
suo tempo, tenutosi allAccademia dei Lincei a Roma si cerc di ridefinire la storia della fibula, i
protagonisti e il contesto storico, smontando le opinioni di Margherita Guarducci. Testimonianza
fondamentale quella della de Bellis: la glottologa sostiene che le asserzioni della Guarducci sono
tutte costruite su ipotesi (estremamente probabile, induce a credere) e che un tipo come lHelbig
che descrive la Guarducci non avrebbe mai potuto creare un falso cos sottile. Improbabili per la de
Bellis sono anche i motivi del falso; Helbig desiderava un posto di direzione allIstituto
Archeologico, ma poi non lo ottenne e nel 1887 si ritir a vita privata. La data del 1871 come data
di scavo sbagliata, non cerano scavi a Palestrina in quel periodo, lunico scavo del 1876,
quando venne ritrovata la tomba Bernardini. Il 1871 dunque una data usata per coprire il furto
38

http://www.anteamurlo.it/, accesso del 13/11/2013.


Annalisa Franchi de Bellis, op cit., p. 4, pp. 208-209.
40
Massimo Poetto e Giulio Facchetti, Laryballos di Ara Numasiana, Oebalus, studi sulla Campania
nellantichit,Vol. IV, 2009, p. 370. Lanalisi viene condotta sulliscrizione di un particolare aryballos (vasetto per gli
unguenti) che risultava essere un oggetto parlante come la fibula prenestina.
41
http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/06/05/news/fibula_prenestina-17255384/, accesso del 13/11/2013. In
mancanza della pubblicazione della Ferro riporto una sua dichiarazione rilasciata sulla Repubblica: La fibula un
manufatto di alta oreficeria, realizzato nella parte della staffa, con una lamina ad alto contenuto d'oro, materiale duttile
per essere inciso con la punta a stilo. L'iscrizione stata realizzata nello stesso modo. Sono stati anche individuati le
riparazioni effettuati anticamente come la presenza di una foglia d'oro per nascondere una piccola frattura, mentre l'uso
di amalgama d'oro per rinforzare la parte mobile dell'ardiglione potrebbe essere recente.
39

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della fibula di cui parla Colonna, e probabilmente tale errore compare anche perch una volta
presentata la fibula questa non era pi tra gli interessi dellarcheologo.
Un importante contributo allo studio della de Bellis lo danno Horst Blanck e Italo Iasiello. Nei loro
saggi ricostruiscono la figura di Helbig partendo dalla biografia fino al contesto in cui vissuto e ai
rapporti con gli archeologi del suo tempo, delineando limmagine di uno studioso competente, un
archeologo moderno, che giunse a Roma nel 1863 con una borsa di studio per fare ricerche: scopr
tombe etrusche di Tarquinia e si rec a Napoli per studiare larcheologia di Pompei da cui non
giungevano notizie da anni42. Blanck sottolinea come Helbig intrecci rapporti con lo Schliemann e
il Fiorelli, come venne introdotto alla cerchia del mercato antiquario studiando le opere nel contesto
e non come elementi isolati. Fondamentalmente Helbig fu uno studioso serio, aveva solo un
carattere duro ma era competente, ebbe buoni rapporti col Mommsen (ci rimane un cospicuo
carteggio tra i due che mostra grande confidenza), valut molte opere darte per lantiquariato e
simpegn per realizzare copie di sculture da esporre alla Glyptoteck di Copenaghen a fini
scientifici43.
Heikki Solin riporta unintervista alla nipote dellarcheologo, Paolina Morani Helbig, che descrisse
il nonno come grande studioso legato allarcheologo Rodolfo Lanciani, impegnato ad aiutare il
Mommsen nella preparazione dei volumi italiani del Corpus Iscriptionum Latinorum.
Lo studioso conclude sostenendo che una falsa fibula non avrebbe dato allHelbig la possibilit di
succedere a Henzen come direttore dellIstituto Archeologico Germanico, sottolineando che appena
dichiarata, la fece esaminare dal Mommsen che identific liscrizione prenestina come latino
antichissimo. Se la fibula fosse stata un falso evidentemente non gliela avrebbe mai mandata44.
Chiude il convegno un intervento del glottologo Carlo de Simone: lo studioso ribadisce bisogna
capire tra le tante forme verbali quali hanno funzionato e si sono tramandate e che la forma
fhefhaked non uninvenzione, ma nasce dalle diverse lectiones verbali arcaiche di perfetti
raddoppiati oschi come fefactus e fefacid, e umbri come fefaced, che poi per semplificazione si sono
trasformati nelle forme faced e fecit classica (con mutazione vocalica dalla a alla e).
Il fhefhaked della fibula dunque una forma di dialetto italico presente a Preneste, anche perch,
continua de Simone, Helbig sarebbe stato troppo geniale, una specie di indogermanista
antelitteram appoggiato da una grande fortuna per scoprire autonomamente tale forma con lannessa
lettura fonetica di cui abbiamo parlato precedentemente. Anche i nomina brevi della fibula hanno
corrispondenze nella lingua etrusca: Numaisoi deriverebbe da Numisiie e Numasie, tutto accertato
e dunque filologicamente liscrizione autentica45.

42

Italo M. Iasello, op cit., p.2 , pp. 33-40.


Horst Blanck, Wolfgang Helbig: una breve biografia, in: Wolfgang Helbig e la scienza e lantichit del suo tempo,
Atti del convegno internazionale in occasione del 170 compleanno di W.Helbig, Acta Instituti romani Finlandie, Roma,
2011, pp. 15-20.
44
Heikki Solin, Helbig, la Fibula e fin de sicle, in: Wolfgang Helbig e la scienza e lantichit del suo tempo, Atti del
convegno internazionale in occasione del 170 compleanno di W.Helbig, Acta Instituti romani Finlandie, Roma, 2011,
pp. 205-217.
45
Carlo de Simone, Ancora sulla Fibula Praenestina (e fine), in: Wolfgang Helbig e la scienza e lantichit del suo
tempo, Atti del convegno internazionale in occasione del 170 compleanno di W.Helbig, Acta Instituti romani
Finlandie, Roma, 2011, pp. 225-235.
43

10

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3. Conclusioni o considerazioni
dunque possibile mettere un punto al giallo della fibula? possibile una conclusione? O sono pi
appropriate delle considerazioni? Di certo io non sono qui per decretare se la fibula autentica o
meno, ho solo voluto dare un compendio generale degli studi per suggerire anche spunti di
riflessione al di l della falsit. A mio giudizio infatti, indipendentemente se vera o falsa, la fibula
ha una sua storia, mostra le dinamiche di una cultura, della sua evoluzione e dei suoi rapporti, di
come le ricerche possano avanzare e di cosa un oggetto possa significare e scatenare tra gli studiosi.
La fibula un documento in cui riconoscere la formazione di un pensiero, la ricerca di unidentit
culturale, un punto di partenza per la formazione di una civilt.
Attestando come vera liscrizione, sarebbe la prima testimonianza di scrittura latina su oggetto,
oggetto che darebbe sicurezza tangibile della formazione di un popolo con le sue usanze. In fondo i
popoli sono lingua, e con essa mutano allunisono.
Ci sono sempre dei dubbi sullautenticit ma questo non importa: parlando con un collega di
archeologia ho avuto modo di intrattenere una lunga discussione proprio sullautenticit della
fibula; lui sosteneva la falsit io ero convinta del contrario. Avevo appena iniziato a documentarmi
sul caso e gli risposi: Daniela Ferro ha fatto le analisi chimiche delliscrizione e ha decretato che
autentica. Ripensando ora a questa affermazione mi sono accorta di quanto non solo io ma in
genere, quando si tratta di dimostrare lautenticit di un reperto, lanalisi scientifica sia al primo
posto. Vi una cieca fiducia nelle scienze esatte a scapito dellambito letterario della filologia che
viene spesso relegato in un angolo come una ricerca su cose vecchie e ammuffite, come sostiene
anche il Professor Mauro Reali, il quale si anche preoccupato della ricezione del nostro reperto
nella formazione superiore classica e scientifica46.
Sarebbe dunque auspicabile la collaborazione tra gli storici dellarte, filologi e scienziati per la
formulazione di unopinione completa su tutti i fronti, senza una rigida gerarchia tra le discipline.

46

http://www.laricerca.loescher.it/index.php/attualita/lingue-classiche/641-quis-fhefhaked-fibulam-praenestinammanios-an-helbig, accesso del 15/11/2013.

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