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Il marketing della cultura – Alessandro Bollo

Capitolo 1: L’evoluzione della disciplina


1.1 Breve storia del marketing culturale
Il MARKETING CULTURALE, ovvero il marketing applicato ai processi di produzione, organizzazione e messa in
offerta di prodotti ed esperienze artistico-culturali, può essere collocato tra gli anni SETTANTA e gli anni OTTANTA
del secolo scorso.
I cambiamenti nell’economia, nel mercato del lavoro, nei rapporti di forza tra le parti sociali furono PROFONDI e, dal
punto di vista della RELAZIONE tra STATO e MERCATO, l’eredità del DEFICIT SPENDING, secondo cui una parte
delle spese è opportuno che sia finanziata ricorrendo al DEBITO, venne SOSTITUITA da un forte processo di
privatizzazione e di regolamentazione del mercato.
Anche il sistema culturale fu coinvolto, in un processo di revisione del modello di welfare, che produsse
- da un lato, una drastica RIDUZIONE del SUPPORTO PUBBLICO al PATRIMONIO e alle ATTIVITA’
CULTURALI
- dall’altro, l’INGRESSO dei PRIVATI come NUOVA CATEGORIA SOCIALE in grado di rendere più EFFICIENTE
il sistema.
La riduzione del denaro pubblico sarebbe stata compensata da una MAGGIORE EFFICIENZA GESTIONALE (meno
costi) e da una MAGGIORE EFFICACIA nei confronti di una DOMANDA che aveva grandi possibilità di espansione
(più ricavi).
Nel mondo delle organizzazioni artistiche e culturali entrarono nuovi concetti quali accountability, management,
marketing, sponsorship, che avvicinarono il campo della CULTURA e quello dell’ECONOMIA, che tuttavia, fu
caratterizzato da incomprensioni e difficoltà.
I MUSEI, i TEATRI e la PRODUZIONE ARTISTICA, puntarono maggiore attenzione ai BISOGNI e alle ISTANZE
del pubblico. Particolarmente importante è il lavoro di RIELABORAZIONE CONCETTUALE e di
SENSIBILIZZAZIONE portato avanti da alcuni studiosi, tra cui Philip Kotler, che contribuì ad avviare il
MARKETING in contesti NON PROFIT quali la SANITA’, la POLITICA e la CULTURA.
KOTLER, propose una ridefinizione del concetto di marketing, inteso come il processo sociale mediante il quale
individui soddisfano i loro bisogni attraverso lo scambio di prodotti o di valore con altri soggetti. In questo concetto, il
marketing perdeva la funziona di disciplina che ANALIZZA, ORGANIZZA, PIANIFICA e CONTROLLA le risorse,
le politiche e le attività aziendali rivolte al CONSUMATORE al fine di ottenere un profitto. Le imprese, se volevano
sopravvivere, dovevano preoccuparsi di conoscere, anticipare e soddisfare i bisogni e i desideri dei loro clienti. Non
dovevano limitarsi a vendere ma dovevano COSTRUIRE RELAZIONI, garantire QUALITA’.
Davanti a questa maturazione negli obiettivi e nelle funzioni, il marketing potè candidarsi come utile supporto per
tutte le imprese e le organizzazioni culturale che basavano la propria ragione d’essere e le loro attività sulla possibilità
di scambiare valore con specifiche categorie di destinatari: il pubblico, gli stakeholders.
A partire dagli anni SETTANTA, si effettuano delle sperimentazioni sul campo, i cui esiti possono essere considerati il
primo significativo tentativo di emancipazione dai modelli di marketing tradizionale.
In particolare, si segnala il lavoro di autori come Diggle, Newman, Mokwa e Melillo, tutti di matrice
ANGLOSASSONE e NORDAMERICANA, che per primi concettualizzarono gli obiettivi e gli ambiti di azione del
marketing culturale, sistematizzarono i modelli e gli strumenti che si sarebbero dovuti applicare per fare incontrare i
PRODOTTI con i MERCATI dell’arte e della cultura.
Il lavoro degli autori si inquadra nell’ambito del “marketing dell’offerta”; l’opera dell’artista deve “essere messa in
contatto” (Diggle) con un numero appropriato di persone per garantire il MIGLIORE RISULTATO ECONOMICO
POSSIBILE compatibile con gli obiettivi artistici e culturali che devono rimanere predominanti.
E’ interessante notare come le attività di ricerca degli sponsor e del sostegno privato fossero concepite, in quei primi
studi, come strumenti operativi rientranti nel marketing-mix delle imprese culturali; solo con il passare degli anni e
con il sempre più pressante problema del finanziamento della cultura, il FUND RAISING, inteso come processo di
SOLLECITAZIONE e di RACCOLTA di CONTRIBUTI in DENARO o altre risorse attraverso la donazione di
individui, imprese e istituzioni - diventerà un corpus di studi e di pratiche organizzative a sè stante.
Il vero punto di volta avviene verso la fine degli anni novanta con il libro di F. Colbert Marketing delle arti e della
cultura. Nel libro, il punto di partenza è il PRODOTO e la destinazione è il MERCATO. Significa che la progettualità
artistica NON deve essere modificata o snaturata in funzione delle esigenze e dei bisogni del mercato, a patto che sia
garantito il miglior equilibrio possibile; per ciascun prodotto deve essere trovato il PUBBLICO PIU’ ADEGUATO e
non viceversa.
Gli strumenti per questo tipo di marketing consistevano nelle SCELTE di PREZZO, nelle azioni di PROMOZIONE e
COMUNICAZIONE, nella POLITICA DISTRIBUTIVA.
Lo schema di ragionamento proposto dall’autore canadese viene visto come una risposta convincente alle
preoccupazioni e alle incertezze di chi doveva ideare, progettare e promuovere l’arte, in quanto il marketing era visto
come un concetto AMBIGUO. Il modello proposto da Colbert era quindi una via d’uscita.
Nel testo, veniva fatto presente come il DIVERSO ORIENTAMENTO al MERCATO delle ORGANIZZAZIONI
CULTURALI richiedesse l’applicazione di marketing differenti.
Il marketing culturale, funziona principalmente per quei soggetti (istituzioni, imprese) che vogliono mantenere un
forte ORIENTAMENTO AL PRODOTTO, senza evitare un confronto con il mercato o con i cambiamenti sociali ed
economici. Questo approccio era più problematico nei confronti delle industrie culturali (cinematografiche, editoriali)
che avevano uno spiccato orientamento di marketing e che si comportavano come vere e proprie aziende con dei
risultati economici e finanziari prima ancora che culturali.
Si può affermare che le tendenze che sembrano maggiormente orientare i percorsi di ripensamento del marketing
culturale attuale possono essere così sintetizzate:

 attualizzazione del modello di Colbert in cui la NON MODIFICABILITA’ del PRODOTTO lascia il posto a
una visione maggiormente dialogica e ricorsiva, in cui il sistema di offerta delle imprese culturali è stimolato a
confrontarsi con la domanda potenziale per rimodulare o riformulare eventuali aspetti del servizio e
dell’offerta stessa;
 messa in discussione di modelli manageriali e di strumenti operativi importati dall’economia, dal management
e dal marketing tradizionale; al contrario si sta rimarcando l’importanza di invertire il flusso, sperimentando
modelli teorici e applicativi nell’ambito della cultura che possano essere mutuati e ripresi anche in altri settori;
 ricerca di una più definita specificità settoriale nella riflessione disciplinare: il marketing dei musei, il
marketing dello spettacolo, il marketing dell’editoria come sub-sistemi AUTONOMI;
 maggiore attenzione al concetto di “qualità di relazione” per mantenere, coinvolgere e fare crescere pubblici
vecchi e nuovi;
 maggiore interesse per la prospettiva territoriale e per la logica di funzionamento degli eventi: da un lato si
enfatizza la necessità di inserire l’agire culturale in un contesto più ampio e maggiormente integrato con le
specificità del territorio, mettendo sempre più frequentemente in relazione il marketing culturale con quello
territoriale e con i processi di sviluppo locale, e dall’altro si sta sfruttando, la capacità di iniziative ad alto
valore simbolico come le grandi mostre, le notti bianche e i festival culturali di avvicinare alla cultura pubblici
nuovi.

1.2 I Marketing del Postmoderno e la cultura


Negli ultimi decenni si sono sviluppati RAMI DISCIPLINARI e filoni di studio sul MARKETING che, si possono
ricondurre alla famiglia del ‘MARKETING DEL POSTMODERNO’.
L’elemento che li accomuna è il tentativo di DISINCAGLIARSI dall’approccio CANONICO al marketing.
A partire dagli anni OTTANTA, alcuni tratti caratteristici, quali l’ATTENZIONE posta sul momento dell’acquisto,
anziché sul PROCESSO di CONSUMO nel suo complesso, l’accento sulla TRANSAZIONE anziché sulla
RELAZIONE, apparivano sempre più INADEGUATI a dominare l’aumento di complessità e incertezza dei mercati
delle dinamiche sociali.
Il marketing del Postmoderno si divide in:
 MARKETING RELAZIONALE: è nato dalla scuola SCANDINAVA come evoluzione del marketing dei
servizi, pone il CLIENTE al CENTRO della strategia aziendale.
Questo approccio significa pensare l’organizzazione BARICENTRICA rispetto a un network di relazioni
costruite a partire da un rapporto di RECIPROCA FIDUCIA tra l’azienda e una molteplicità di interlocutori
(stakeholder, fornitori, finanziatori, media) in cui il cliente, assume, un RUOLO CENTRALE.
Una relazione che richiede di prestare particolare attenzione agli aspetti di MANTENIMENTO e di
MANUTENZIONE costante del rapporto. Una relazione che si mantiene nel tempo è più EFFICIENTE (costa
meno rispetto alla ricerca di nuovi acquirenti) ed è più EFFICACE (la continuità nel tempo produce reciproca
conoscenza, determina migliori capacità di conversazione, di coinvolgimento, di soddisfazione).
Cardine è il concetto di FIDELIZZAZIONE. Il momento di contatto con il cliente NON si esaurisce nella
singola transazione, ma deve essere il più possibile PROLUNGATO nel TEMPO attraverso la
REITERAZIONE dei COMPORTAMENTI di ACQUISTO. Se il marketing TRANSAZIONALE si preoccupa
del PRIMO acquisto, quello RELAZIONALE è più interessato a farne accadere un secondo e un terzo.
Se si applica questo concetto al mondo dell’arte e dello spettacolo, ci si accorge, come, diverse organizzazioni
culturali applicassero inconsapevolmente molti dei suoi concetti chiave. La politica degli abbonamenti alle
stagioni teatrali e musicali è una formula di prezzo e di accesso che INCENTIVA la FREQUENZA e
l’ASSIDUITA’ dei comportamenti di CONSUMO nei confronti di un determinato prodotto culturale. Occorre
ricordare che il rapporto con l’arte e la cultura non si configura ESCLUSIVAMENTE come consumo
estemporaneo fine a se stesso, ma anche come momento di crescita individuale. Questo porta i suoi risultati
nel medio termine a patto che tale rapporto venga coltivato con assiduità e nutrito con coinvolgimento e
partecipazione (parliamo di ADDICTION CULTURALE).
 MARKETING TRIBALE: è la risposta mediterranea all’approccio manageriale nordamericano . Il
principale esponente è BERNARD COVA, il quale sostiene che nella società attuale si stiano producendo e
diffondendo forme di ‘NEOTRIBALISMO’ costituite da gruppi di persone che sono parecchio COINVOLTE
nei confronti dei prodotti, interessati a condividere ESPERIENZE ed EMOZIONI e che INFLUENZANO le
opinioni, gli atteggiamenti, gli stili di vita e quelli di consumo.
Le TRIBU’ sono costituite da raggruppamenti di persone NON necessariamente OMOGENEE, ma
ACCOMUNATE da una passione, un interesse in comune, orientate a svolgere azioni di senso collettivo.
Le tribù, nell’ambito dei consumi, producono l’effetto di rendere PIU’ INTERESSANTI e utili i prodotti che
avvicinano e mettono in relazione, rispetto a quelli che isolano e mettono a distanza. Il LEGAME conta più
della MERCE e il ‘VALORE DI LEGAME’ (ossia il valore che in un prodotto/servizio corrisponde alla
capacità del prodotto/servizio di COSTRUIRE o POTENZIARE i legami tra gli individui) diventa l’elemento
PRINCIPALE.
Il marketing tribale si interessa a enfatizzare il valore di legame associato ai prodotti e alle esperienze e ad
ascoltare e utilizzare in modo propositivo i commenti, le opinioni, le idee che arrivano dai gruppi di adepti e
di esperti. Marche di motociclette come la HARLEY-DAVIDSON e la DUCATI rendono bene l’idea di
prodotti con elevato valore di legame perché mettono assieme MITO e RITO: la venerazione dell’oggetto
unita al raduno, il riconoscimento identitario con la discussione sui blog, il confronto sulle caratteristiche
tecniche e i valori della marca.
Visto che le tribù difficilmente si concentrano su prodotti INDIFFERENZIATI o a BASSO VOLTAGGIO
SIMBOLICO, il marketing tribale può essere applicato anche in contesti artistici e culturali.
Musei, festival, fiction televisive, singoli scrittori, se messi nelle giuste condizioni, possono generare valore di
legame per tribù/comunità di appassionati. In questo senso si può leggere il tentativo di musei e biblioteche,
ad esempio, di riformulare la loro proposta come luoghi di aggregazione, spazi pubblici da “abitare”
individualmente e collettivamente, non solo da attraversare in occasione di visite alle collezioni o per
consultare un libro.
 MARKETING ESPERIENZIALE: si impone verso la FINE degli anni 90 con l’ECONOMIA DELLE
ESPERIENZE. Le persone sono sempre MENO interessate a comprate prodotti e servizi, ricercano
esperienze coinvolgenti. Si impone una forma di consumo fortemente EDONISTICA, basata sulla continua
ricerca di emozioni e di momenti soggettivi. Perché ci sia esperienza è necessario un FORTE
COINVOLGIMENTO del CONSUMATORE e una sua partecipazione attiva nel processo di produzione di
senso. Le caratteristiche principali del processo di consumo correlate al concetto di esperienza riguardano la
MULTISENSORIALITA’, la fantasia, il coinvolgimento emotivo, ecc.
Importante diventa il ruolo svolto dal consumatore, sempre più attivo e PROTAGONISTA nel processo di
consumo, al punto che è stato coniato il termine PROSUMER, che è la fusione tra PRODUCER e
CONSUMER e indica come sia sempre più sfumato il confine tra produttore e consumatore e come anche le
persone comuni possano intervenire nella progettazione, nella distribuzione e nella comunicazione dei
prodotti e dei servizi.
Il marketing esperienziale attribuisce importanza al CONTESTO in cui avviene il consumo.
Dal punto di vista architettonico si vanno sempre più diffondendo quelle che GEORGE RITZER definisce
‘CATTEDRALI DEL CONSUMO’, luoghi e contenitore dall’alto valore simbolico-esperienziale, in grado di
stimolare i sensi. I parchi a tema, gli shopping mall, gli outlet village sono alcuni esempi. Nell’ambito
culturale sono diversi i casi di musei e centri culturali che hanno compreso l’importanza del
COINVOLGIMENTO, con aperture straordinarie e notturne, performance, reading ecc.
 CONNECTED MARKETING: rimanda a una categoria ampia di azioni che possono essere definite VIRAL
MARKETING, BUZZ MARKETING e GUERRILLA MARKETING.
Questo tipo di marketing può essere definito come quell’insieme di strategie e tecniche finalizzate a
PRODURRE tutte le attività promozionali che usano il PASSAPAROLA e le CONNESSIONI tra le persone,
siano essere digitali o reali, come un mezzo per STIMOLARE la DOMANDA dei PRODOTTI. Obiettivo
principale è quello di stimolare, veicolare e valorizzare il passaparola tra le persone per attirare l’attenzione e
il discorso (il cosiddetto buzz) sul proprio brand, sui propri prodotti e progetti.
Si pensi ai flash mob, che ripresi in video vengono fatti circolare a livello GLOBALE con il passaparola su
Youtube. La logica virale prevede che la PROPAGAZIONE del messaggio possa avvenire efficacemente se si
è in grado di INDIVIDUARE e COINVOLGERE SOGGETTI CHIAVE (testimonial, blogger, ecc.) che
possano accelerare e amplificare le connessioni su cui circolano i messaggi.
Alla base del successo del connected marketing risiedono DUE elementi principali:
- CENTRALITA’ del PASSAPAROLA
- Irrompere di INTERNET e della rete nei processi comunicativi e informativi delle persone
Nell’ambito culturale il passaparola ha sempre rappresentato una modalità spontanea, difficilmente
⠀⠀⠀⠀⠀controllabile, ma molto significativa di avvicinamento alla cultura, spesso più EFFICACE rispetto ai canali
⠀⠀⠀⠀⠀TRADIZIONALI. Di recente, grazie a Internet, le organizzazioni possono ascoltare, stimolare e orientare le
⠀⠀⠀⠀⠀opinioni e discorsi SU e A PROPOSITO di un brand, un progetto o uno specifico evento. Non a caso molte
realtà ⠀⠀⠀⠀⠀culturali, come le biblioteche, tendono a utilizzare i social network e le piattaforme di condivisione dei
⠀⠀⠀⠀⠀contenuti per STABILIRE le RELAZIONI, RAFFORZARE il SENSO di COMUNITA’.

1.3 Verso una definizione di marketing culturale


KEITH DIGGLE afferma che lo SCOPO PRINCIPALE del marketing delle arti era quello di portare un numero
adeguato di persone, rappresentanti CASI diversi, in termini di BACKGROUND SOCIALE, condizioni economiche,
età, in contatto appropriato con l’artista, in modo da ottenere il risultato finanziario compatibile con il raggiungimento
di quell’obiettivo.
Parla quindi della filosofia e degli obiettivi dell’AUDIENCE DEVELOPMENT (sviluppo del pubblico). Con questo
termine si fa riferimento al processo di allargamento e DIVERSIFICAZIONE dei pubblici. In ambito culturale questo
processo si indirizza in attività di FIDELIZZAZIONE sia del pubblico abituale e occasionale, sia di pubblici
normalmente esclusi dalla fruizione. L’audience development si preoccupa sia della QUANTITA’ sia della QUALITA’
della FRUIZIONE.
Diggle non a caso utilizzerà l’acronimo ADAM (audience development e arts marketing) per spiegare la sua filosofia.
MICHAEL MOKWA afferma che il marketing non era la GARANZIA ASSOLUTA della soluzione dei problemi
finanziari del settore artistico. Il marketing, dal suo punto di vista, doveva essere considerato come un processo
MANAGERIALE che poteva assistere le organizzazioni a conoscere meglio la NATURA dei loro prodotti artistici, a
meglio IDENTIFICARE i MERCATI più percorribili e a trovare i MEZZI più adeguati per raggiungerli. Le ricerche di
marketing potevano portare a una migliore CONOSCENZA dei BISOGNI, dei desideri e dei comportamenti dei
fruitori reali e potenziali. Il marketing serviva a DEFINIRE gli obiettivi e a VALUTARE i risultati.
FRANCOIS COLBERT approda a un tentativo di far convivere nella stessa definizione entrambe le dimensioni (il
rapporto con la creazione e il modus operandi da adottare) quando spiega che il marketing è l’arte di raggiungere quei
SEGMENTI di MERCATO che possono potenzialmente essere interessati al PRODOTTO, adattando le VARIABILI
COMMERCIALI (prezzo, distribuzione e promozione) al PRODOTTO, per mettere il prodotto in contatto con un
sufficiente numero di CONSUMATORI e per raggiungere gli OBIETTIVI COERENTI con la missione dell’impresa
culturale.
Anche per Colbert, il marketing deve adattarsi all’IDENTITA’ e alla VISIONE dell’IMPRESA CULTURALE e il
PRODOTTO conduce al pubblico e non viceversa. Colbert afferma inoltre, che per il raggiungimento degli obiettivi
generale, gli strumenti privilegiati devono riguardare le azioni sul prezzo, sulla distribuzione e sulla promozione;
mentre un raggio d’azione più limitato riguarda gli interventi e le azioni sul prodotto culturale.
In linea con la prospettiva di Colbert, DOMINIQUE BOURGEON-RENAULT afferma che il marketing può essere
considerato come l’INSIEME degli strumenti di cui un’organizzazione dispone per suscitare, da parte del pubblico,
COMPORTAMENTI FAVOREVOLI alla realizzazione degli obiettivi. Lo strumento centrale del marketing è ‘LO
STUDIO DEI PUBBLICI’ che permette di descrivere e comprendere i loro comportamenti e di operare efficacemente.
GIAMPAOLO FABRIS propone di sostituire il termine marketing con quello di SOCIETING, per rimarcare il fatto
che i temi di cui ci si deve occupare sono inestricabili da quelli della società nel suo complesso e NON riguardano
esclusivamente l’economia e il mercato. Lui sostiene che ci si sta muovendo da una filosofia ‘VERSO IL MERCATO’
in cui i consumatori vengono INDIVIDUATI e COLPITI, a una filosofia ‘CON IL MERCATO’ in cui i consumatori e i
fornitori COLLABORANO all’interno del processo produttivo.
1.4 La domanda di cultura in Italia
Il CINEMA rimane l’attività più diffusa (il 52,3% degli italiani nel 2010 è andato al cinema almeno una volta
nell’ultimo anno), seguita dai musei e dalle mostre (30,1%), dagli spettacoli sportivi (26,4%) e dal teatro (22,5%).
Molto ridotto, invece, il numero degli italiani che hanno assistito a un concerto di musica classica (solo il 10,5%).
Questi dati servono a fornire una prima QUANTIFICAZIONE del pubblico e del non pubblico di un determinato
prodotto culturale. In molti settori il numero di coloro che non partecipano è superiore a quanti partecipano.
Se si confrontano i dati italiani con quelli di altri paesi europei emerge come soprattutto i paesi nordici si
caratterizzino per tassi di partecipazione più elevati in quasi tutti i settori culturali. In termini di spesa, per le attività
culturali, gli italiani spendono circa il 2,4% del loro budget, all’ultimo posto nella graduatoria dei paesi europei, la cui
media si attesta attorno al 4,5%.
Per quanto riguarda i CONSUMI DOMESTICI, la televisione continua a essere il MEDIUM PREVALENTE nella
‘dieta mediatica’ degli italiani, anche se il suo utilizzo si sta evolvendo alla visione on demand.
La radio continua a essere una presenza costante del nostro vissuto quotidiano e domestico, ma la fruizione di
CONTENUTI MUSICALI è uno degli ambiti che ha subito i maggiori cambiamenti con l’imporsi della nuova cultura
digitale.
I nuovi supporti si aggiungono ai vecchi, e producono nuove ANTROPOLOGIE di CONSUMO, in particolare la
SMATERIALIZZAZIONE del prodotto musicale (un file digitale al posto del CD-ROM), e suggerisce nuove
possibilità di utilizzare, ascoltare e condividere musica anche su supporti diversi (il computer, il lettore mp3).
In conclusione, si sta passando da una condizione di prevalente MONOMEDIALITA’ a una spiccata
MULTIMEDIALITA’. L’analisi dei consumi culturali non può limitarsi oggi alla considerazione della sola spesa in
beni e servizi culturali, ma deve NECESSARIAMENTE considerare anche la DIFFUSIONE e l’UTILIZZO delle
nuove tecnologie.
A oggi più della metà delle persone usa il computer e utilizza Internet. Il PC è diventato uno strumento d’uso
quotidiano tra i teenager per giocare, studiare e informarsi, così come l’utilizzo di Internet.
La lettura, invece, riguarda circa un italiano su due, e l’età e il livello di istruzione sono le variabili che influenzano la
probabilità di avvicinarsi al libro e la frequenza con cui si legge: gli anziani registrano i livelli di lettura più bassi, e tra
le persone con i livelli di istruzione più elevati si trovano i maggiori lettori forti. La non lettura è motivata da
mancanza di interesse, mancanza di tempo, difficoltà nella lettura.
La scuola e la famiglia continuano a giocare un RUOLO CHIAVE nell’avvicinare al libro e nel formare i futuri lettori:
recenti indagini hanno evidenziato come i bambini sotto i 3 anni che siano stati stimolati dai genitori a giocare e a fare
esperienza del libro, abbiano probabilità molto più elevate di diventare forti e fortissimi lettori da adulti e di rimanerlo
per tutta la vita.
Per quanto riguarda i quotidiani cartacei a pagamento, perdono terreno; al contrario aumenta la richiesta di
informazione in Internet.

1.5 La cultura per il marketing del territorio


Già da alcuni anni la COMPETIZIONE tra TERRITORI, anche geograficamente molto distanti tra loro, è in costante
AUMENTO a causa di una molteplicità di fattori quali i processi di globalizzazione dei mercati, la crescente mobilità
di persone, beni e servizi (facilitata anche dal boom dei viaggi low cost), la terziarizzazione dell’economia e la
diffusione delle nuove tecnologie nel settore dell’informazione e delle comunicazioni. La competizione avviene su più
campi e si disputa per l’accaparramento di risorse differenziate: i turisti, i finanziamenti pubblici.
Ciascun territorio, a seconda dei propri fattori di attrattiva, ambisce a diventare una destinazione potenzialmente
capace di attrarre investimenti dalle imprese private a sostegno dell’innovazione e dell’economia locale garantendo
sicurezza e efficienza.
La cultura e i fattori di attrattiva artistico -culturali si stanno rivelando sempre di più elementi per costruire
POLITICHE di BENESSERE e di COESIONE SOCIALE: marketing CULTURALE e marketing TERRITORIALE si
vanno INTERCONNETTENDO.
In Italia la dotazione culturale TANGIBILE(centri urbani, musei, monumenti, chiese) e INTANGIBILE (festival, fiere,
rassegne, mostre) ha assunto un RUOLO CENTRALE nel riorientare le politiche turistiche territoriali sempre meno
interessate ad attrarre un turismo generico e sempre più propense ad attrarre un turismo qualificato e in forte crescita
come quello culturale.
Il TURISMO CULTURALE, ovvero quel turismo che ha per oggetto tutte le forme nelle quali si esprime la vita di un
popolo, dunque non solo opere d’arte e architettoniche, ma anche tradizioni, gastronomia, artigianato. Rappresenta in
maniera sempre crescente un settore STRATEGICO per lo sviluppo economico di un paese.
Affinché un territorio diventi attrattivo per il turista deve combinare differenti fattori intangibili e tangibili che
riguardano l’atmosfera, lo stile di vita delle persone.
Gli eventi (in particolare quelli di forte impatto mediatico, detti blockbusters) concorrono a determinare l’immagine
della LOCALITA’ dove vengono realizzati e possono essere considerati veri e propri elementi di differenziazione. Gli
eventi diventano quindi il MARCHIO TURISTICO della LOCALITA’ e definirne il posizionamento competitivo: si
pensi ai casi di Salisburgo e Spoleto, in cui la presenza dei festival musicali ha contribuito a rafforzarne l’immagine di
città d’arte e di cultura visitate da turisti provenienti da tutto il mondo.
In Italia, due tendenze hanno contraddistinto la logica dell’evento:
 FESTIVAL CULTURALI: soprattutto in centri urbani di medie e piccole dimensioni, di rassegne e festival che
avevano come tema il sapere e l’approfondimento scientifico e culturale. Il precursore è stato il
FESTIVALETTERATURA di Mantova, che ha dato origine in Italia a un nuovo format in cui durante i giorni
venivano realizzati incontri con autori, reading, spettacoli. Da allora decine di festival aventi come tema la
filosofia, la scienza, la poesia vennero realizzati, prevalentemente nei mesi estivi, utilizzando le città e i luoghi
pubblici come PALCOSCENICI e SPAZI IDENTITARI
 GRANDI MOSTRE: strumento nelle mani di musei e luoghi di cultura, per intercettare quel turismo culturale
che ormai sembra essere ELITARIO.
I grandi eventi culturali stanno diventando sempre più di un vero strumento di marketing, tanto che da alcuni
si parla di EVENT MARKETING, come una branca del marketing territoriale che si basa sulla
PROGETTAZIONE di iniziative speciali che collochino la città e i territori nella geografia delle destinazioni
del turismo culturale.

Capitolo 2: I principi di base


2.1 Le fasi del marketing
Tutti i principali esperti di marketing sostengono che una BUONA PROGETTAZIONE dell’attività di MARKETING
dovrebbe essere il frutto di un processo armonico ed equilibrato di FASI tra loro fortemente INTERCONNESSE, che
si possono articolare a partire da TRE “momenti salienti”:
 L’ANALISI: rappresenta il punto di partenza per qualunque attività di marketing e deve essere orientata sia
“dentro” sia “fuori” l’istituzione; deve cioè essere finalizzata a conoscere e valutare:
- sia lo STATO di SALUTE e i TRATTI DISTINTIVI dell’organizzazione - ovvero i suoi punti di FORZA e
di DEBOLEZZA, gli elementi del sistema di OFFERTA e del MODUS OPERANDI
- sia i CONTESTI (economici, politici, culturali) e i MERCATI nei quali l’organizzazione opera o intende
sviluppare le proprie attività.
L’analisi deve servire a fornire un quadro di riferimento ed elementi puntuali in grado di ridurre l’incertezza e
facilitare la presa di decisione di natura strategica.
 La STRATEGIA: la fase strategica rappresenta il collegamento tra l’ANALISI e l’OPERATIVITA’: essa si
nutre dei dati e delle informazioni provenienti dalla fase di analisi che utilizzerà per orientare e raffinare la
definizione degli obiettivi e delle strategie di marketing. Questa fase rappresenta il momento cruciale del
processo di pianificazione strategica di marketing perchè, molto spesso, dalla corretta e realistica definizione
degli obiettivi e dall’adeguata individuazione delle strategie dipendono il successo e la crescita delle imprese e
delle organizzazioni culturali.
 L’OPERATIVITA’: la fase operativa riguarda, infine, la messa in campo di TUTTI gli strumenti, le azioni e
le attività che consentono di comunicare, avvicinare, persuadere, incentivare e coinvolgere il PUBBLICO
nell’esperienza di fruizione rendendola più piacevole, soddisfacente e appagante possibile. Costituiscono la
fase operativa le attività che riguardano la scelta e le modalità di utilizzo degli strumenti di comunicazione
(tradizionali, inusuali, digitali), il branding, il pricing, le modalità di coinvolgimento e di partecipazione, la
distribuzione e l’accesso ai prodotti e ai servizi.
L’ORIENTAMENTO al MARKETING può essere, infatti, definito come il grado di intensità con cui l’analisi dei
mercati, dei potenziali concorrenti e degli ambienti di riferimento influenzano il processo di pianificazione strategica.

2.2 I modelli del marketing culturale


Per Colbert l’origine del processo risiede nel PRODOTTO che, dovrà trovare i mercati effettivi e potenziali interessati
a “scambiare valore” con l’impresa culturale, rendendo così sostenibile e fattibile il perseguimento della mission e
degli obiettivi strategici. A questo punto l’impresa potrà definire gli obiettivi e le strategie di marketing che troveranno
una concreta e conseguente applicazione nelle azioni di prezzo, promozione e distribuzione.
Keith Diggle propone un modello OLISTICO (ADAM) che coniuga e rende inscindibili l’azione del marketing con
l’obiettivo dello sviluppo del PUBBLICO. In questo modello, il MERCATO dell’organizzazione è diviso in:
o PUBBLICO DISPONIBILE (available audience): è costituito da tutti coloro che già fanno ESPERIENZA
dei prodotti che l’impresa offre e da coloro che sono INTENZIONATI a farlo, ma che per diversi motivi non
si sono ancora messi all’acquisto
o PUBBLICO INDISPONIBILE (unavailable audience): è costituito da colore che sono INDIFFERENTI o
APERTAMENTE OSTILI, avendo sviluppato un atteggiamento NEGATIVO nei confronti del prodotto.
Le organizzazioni culturali dovranno offrire prodotti culturali che siano COERENTI con la loro missione e dovranno
rivolgersi prioritariamente al pubblico DISPONIBILE e considerare in prospettiva anche il pubblico
INDISPONIBILE, individuando strumenti diversi per modificarne le percezioni, gli atteggiamenti e i comportamenti.

2.3 Il sistema di offerta: prodotti e progetti culturali


Chi fa marketing adotta il punto di vista “bisogna mettersi nelle scarpe dei propri clienti” , utile quando si affronta
l’ANALISI del PRODOTTO.
I prodotti possono essere definiti a partire dallo SFORZO richiesto per acquistarli o per entrarne in possesso. Si
distinguono:
o BENI DI CONVENIENZA: che vengono comprati senza una particolare attenzione e attaccamento rispetto a
una marca particolare
o BENI AD ACQUISTO PONDERATO: in cui l’acquisto avviene solo dopo un CONFRONTO tra i prodotti
SOSTITUTI (come nel caso dell’abbigliamento)
o BENI SPECIALI: che possono essere difficilmente sostituiti, ad ALTO POTENZIALE SIMBOLICO e in cui
il consumatore è pronto a fare uno sforzo anche significativo per acquistarli.
Molti prodotti culturali rientrano nella categoria di beni speciali: i turisti culturali sono disposti a fare anche centinaia
di km per vedere una mostra o un concerto.
Altri rientrano nella categoria dei beni ad acquisto ponderato come, ad esempio, i film di cassetta programmati in un
cinema multisala: il bisogno di andare al cinema si trasforma in un prodotto specifico (la scelta della pellicola) solo
dopo essere arrivati nel luogo d’acquisto (il cinema) e aver valutato le opzioni possibili e la disponibilità dei posti.
Un’altra distinzione nell’ambito dell’universo dei prodotti culturali, riguarda quelli per cui valgono le
CARATTERISTICHE e le DIMENSIONI del SERVIZIO: intangibilità, deteriorabilità, inseparabilità di produzione e
consumo, dimensione circostanziale.
Le performance di spettacolo dal vivo, gli eventi e le mostre culturali temporanei rientrano in questa categoria.
In questi casi abbiamo a che fare con prodotti che NON possono essere conservati, il loro uso non può essere ripetuto
nel tempo e la qualità varia a seconda delle circostanze.
In questi casi diventa importante valutare le CONDIZIONI di ACCESSO al prodotto soggetto a forti vincoli spazio-
temporali, e altrettanto cruciale si rivela il ruolo dell’organizzazione e la competenza del personale nel garantire
adeguati standard qualitativi.
Altri prodotti, consentono un USO MEDIATO, la possibilità di SCINDERE la produzione dal consumo, di differire e
reiterarne l’uso a piacimento del possessore: come i libri o i CD che possono essere utilizzati più volte.
In termini manageriali e organizzativi può essere utile pensare il prodotto come un SISTEMA di OFFERTA
COMPLESSO, inteso come una proposta “allargata” di prestazioni che si possono articolare su più livelli:
 Il PRODOTTO CENTRALE (o core)
 I SERVIZI a esso connessi
 La DIMENSIONE SIMBOLICA, VALORIALE ed ESPERIENZIALE
Il prodotto centrale è costituito da quelle FUNZIONI che lo rendono unico, distinguibile da tutti gli altri, come ad
esempio le opere scelte e il loro allestimento in una mostra d’arte.
Sempre di più i produttori allargano la dimensione di esperienza del prodotto arricchendolo di SERVIZI che possono
migliorare le CONDIZIONI d’USO: si pensi al servizio di prenotazione, al guardaroba.
Esiste infine, la dimensione simbolica, valoriale ed esperienziale, che le persone associano ai prodotti culturali, tali per
cui in determinati contesti alcuni prodotti assumono il ruolo di MUST-SEE (eventi o luoghi che non si possono
perdere).
2.4 Il mercato
Il MERCATO, è il luogo dove l’OFFERTA incontra la DOMANDA.
Per le organizzazioni culturali, il concetto di mercato è più esteso, perché comprende l’insieme delle RELAZIONI che
si possono instaurare con (almeno) 4 soggetti principali:
- I CONSUMATORI FINALI: Il mercato dei consumatori finali è composto da tutti quei soggetti, effettivi e
potenziali, che si trovano nelle condizioni di SCAMBIARE VALORE con l’artista o l’organizzazione
culturale attraverso un processo d’ACQUISTO o di ACCESSO al prodotto o bene. Si tratta di persone che
dimostrano un INTERESSE nei confronti del prodotto, posseggono una DISPONIBILITA’ ECONOMICA e di
TEMPO adeguata e possono accedere al prodotto: acquistandolo (un biglietto di teatro), fruendo di un servizio
(utente della biblioteca che prende in prestito un libro), entrando nella disponibilità dell’uso (navigatore web
che ascolta musica su Youtube). In ambito culturale, il consumatore finale viene definito con diversi sinonimi
quali fruitore, visitatore, spettatore, pubblico, o cliente.
- I FINANZIATORI/SOSTENITORI PUBBLICI: Il settore pubblico, costituito da quei soggetti come
l’Unione Europea, lo Stato, gli enti locali, che possono finanziare ECONOMICAMENTE, sostenere e
patrocinare un progetto culturale, può essere considerato un mercato a cui rivolgersi con gli opportuni
accorgimenti, proponendo uno SCAMBIO di VALORE: denaro, agevolazioni, servizi, accesso al credito, in
ragione del fatto che lo sviluppo di un progetto può consentire il raggiungimento di OBIETTIVI di POLITICA
CULTURALE, di prestigio e sviluppo territoriale a favore della COLLETTIVITA’.
- Gli SPONSOR, i PARTNER e gli INVESTITORI PRIVATI: I soggetti privati, che possono sostenere
finanziariamente, fornire prodotti, servizi, nella figura di SPONSOR, oppure di PARTNER di PROGETTO,
rappresentano un ulteriore mercato. In questo caso, il senso dello SCAMBIO, risiede nella possibilità di
ottenere un RITORNO, in termini di comunicazione FAVOREVOLE al miglioramento della propria
IMMAGINE e del proprio POTENZIALE di MERCATO.
Diverso è il caso dei SINGOLI CITTADINI, che possono, attraverso DONAZIONI, contribuire al sostegno
economico delle istituzioni o favorire la realizzazione del progetto attraverso attività di volontariato e di
messa a disposizione di competenze. Ad esempio vi sono delle associazioni “Amici dei musei” o “Amici del
teatro” costituite da singoli cittadini che, non solo contribuiscono economicamente, ma prestano tempo e
competenze per garantire funzioni, come l’accoglienza e le visite guidate
- Gli AGENTI della DISTRIBUZIONE: pensando allo spettacolo dal vivo, un ruolo molto importante è svolto
dagli agenti e dai promotori, che, per le compagnie e per i singoli artisti, si occupano della DISTRIBUZIONE
e della CIRCUITAZIONE degli spettacoli e delle opere. Indirettamente possono essere considerati come un
ulteriore mercato, perché gli artisti devono essere in grado di CONVINCERE gli agenti e i promotori a
distribuire e promuovere i loro progetti.
Nell’ambito di questi mercati, un’attenzione particolare viene prestata ai CONSUMATORI FINALI perchè, è per loro
che viene PENSATO un determinato prodotto culturale e sono loro che, in maniera preponderante, contribuiscono al
SUCCESSO o all’INSUCCESSO di una determinata operazione culturale.
Anche in ambito culturale, le organizzazioni effettuano analisi sugli acquirenti effettivi e potenziali, e le domande
principali che il marketing si pone al loro riguardo sono: chi sono i consumatori? Perché decidono di acquistare? Chi o
cosa influenza le loro scelte?

2.5 I pubblici della cultura


Il PUBBLICO di un determinato settore (i musei e le mostre, il teatro, la musica, il cinema) viene inteso come
COLLETTIVITA’ di persone che dimostrano interesse e passione, che partecipano e fruiscono dell’offerta culturale.
In realtà, il concetto di pubblico dovrebbe essere declinato a una molteplicità di categorie che si rapportano
all’ESPERIENZA di FRUIZIONE con percezioni, motivazioni ETEROGENEI.
Le categorie dei PUBBLICI dovrebbero essere integrate alle categorie dei NON PUBBLICI, ovvero da tutte quelle
persone che NON sono interessate e non partecipano per motivazioni differenti.
Il rapporto tra le persone e un determinato prodotto culturale può assumere gradi di INTENSITA’ diversi che
consentono di configurare diverse categorie di pubblico. Distinguiamo:
 PUBBLICI CENTRALI o ABITUALI: i pubblici centrali sono costituiti da consumatori e fruitori
caratterizzati da un rapporto di CONOSCENZA, assiduità e coinvolgimento nei confronti di un determinato
prodotto o servizio culturale. Si contraddistinguono per i BASSI ‘COSTI DI ATTIVAZIONE’ nei confronti
dell’esperienza, nel senso che il loro coinvolgimento rispetto a una determinata proposta culturale NON
richiede l’ABBATTIMENTO di barriere di natura culturale. Si tratta di persone caratterizzate da buoni livelli
di istruzione, predisposizione e interesse. Tra i pubblici centrali esiste la fascia degli ONNIVORI
CULTURALI, rappresentata da persone che hanno una dieta culturale molto ricca e diversificata: dalla visita
ai musei e mostre, a concerti e teatri. I principali ostacoli riguardano la DISPONIBILITA’ di TEMPO
LIBERO e la RIGIDITA’ degli orari di apertura, spesso non compatibili con i ritmi personali. Altre barriere
potrebbero essere quelle ECONOMICHE
 PUBBLICI OCCASIONALI: sono caratterizzati da un rapporto SALTUARIO e INCOSTANTE nei
confronti di un determinato bene o prodotto culturale; la frequenza è spesso determinata da eventi e situazioni
STRAORDINARIE (gli eventi blockbusters come le mostre di grande richiamo, le notti bianche). Si tratta di
un pubblico con COSTI DI ATTIVAZIONE MEDI, in cui il processo di consumo può essere frenato da ostacoli
di natura culturale (come l’inadeguatezza percepita nei confronti di proposte complesse). Spesso si tratta di
persone che lamentano una difficoltà a reperire le informazioni in merito all’offerta culturale del territorio
 PUBBLICI POTENZIALI: sono costituiti da tutte quelle persone che attualmente NON acquistano, anche se
potenzialmente potrebbero essere INTERESSATI a farlo. Rispetto a questi pubblici, diventa importante
valutare i reali fatto di incentivo e di disincentivo al momento della fruizione. Si tratta di pubblici con ALTI
COSTI DI ATTIVAZIONE, ma che potrebbero essere avvicinati con opportune strategie di marketing e di
comunicazione
 NON PUBBLICO: si fa riferimento alla fascia di NON UTENTI di un determinato prodotto, più lontana e
difficilmente intercettabile, in primis per mancanza di interesse. A differenza del pubblico potenziale, il non
pubblico NON sembra COINVOLGIBILE. Il suo avvicinamento alla cultura sembra possibile attraverso le
principali agenzie formative, quali la scuola e la famiglia
Il principio di base che orienta l’individuazione delle strategie di mercato richiede di trasformare:
- I pubblici centrali in AMBASCIATORI del proprio brand, rafforzandone il coinvolgimento e utilizzandoli
come PROMOTORI INDIRETTI delle attività
- I pubblici occasionali in ABITUALI attraverso forme di FIDELIZZAZIONE, basate su una migliore
conoscenza delle motivazioni, delle preferenze e dei comportamenti
- I pubblici potenziali in OCCASIONALI attraverso azioni, progetti, modalità inusuali che inducano a fare il
primo passo, capaci di colpire l’attenzione. Agire sui pubblici potenziali vuol dire anche costruire NUOVI
pubblici
- I non pubblici sono DIFFICILMENTE INFLUENZABILI dalle singole attività di marketing, occorre semmai
operare a livello di intero settore per fare pressione su coloro che POSSONO rimuovere alcune barriere

2.5.1 Il progetto I Visionari del Festival Kilowatt


KILOWATT è un festival dedicato alle compagnie EMERGENTI della scena contemporanea (teatro, danza), che si
svolge da diversi anni. I pubblici rappresentano una NICCHIA di ADDETTI ai LAVORI, studenti universitari e
appassionati d’arte e teatro. Nel 2005 la direzione del festival volle coinvolgere maggiormente la popolazione locale e
ha sviluppato il progetto I VISIONARI. Essi sono un gruppo di spettatori ‘NON ADDETTI AI LAVORI’,
prevalentemente del territorio, che vede tutti i video degli spettacoli inviati alle compagnie emergenti. Essi guardano e
si confrontano fino ad arrivare a scegliere gli spettacoli che comporranno una parte del programma del festival.
I risultati sono stati lusinghieri e il numero di presenze è aumentato di 8 volte.

2.6 Segmentazione, targeting e posizionamento


La SEGMENTAZIONE è un processo che consente alle imprese di SEMPLIFICARE la COMPLESSITA’ dei mercati
odierni, suddividendo i consumatori in SEGMENTI. Essa rappresenta una delle basi per l’impostazione di efficaci
strategie di marketing.
Secondo Vescovi, un segmento è un insieme di consumatore che hanno una percezione SIMILE di un BISOGNO,
differente da quella degli altri gruppi di CONSUMATORI e che li porta ad adottare uno STESSO
COMPORTAMENTO
La segmentazione è dunque, un processo di INDIVIDUAZIONE e SELEZIONE di gruppi di utenti che
l’organizzazione desidera servire perfezionando il sistema di offerta, in funzione dei loro specifici bisogni e
specializzando le strategie di marketing.
Un buon processo di segmentazione deve individuare SEGMENTI che siano il più possibile OMOGENEI al loro
interno, e il più possibile ETEROGENEI tra di loro. In ambito culturale, le variabili più utilizzate sono quelle di tipo
SOCIODEMOGRAFICO come il genere, l’età, l’istruzione, perché più semplici da reperire attraverso le ricerche di
marketing, ma anche le MENO efficaci nell’individuare segmenti che rispondano alle caratteristiche della definizione
di Vescovi. Bisogna comunque evitare di cadere in IPERSEMPLIFICAZIONI che portano erroneamente ad
accomunare persone molto diverse.
Il parametro della provenienza geografica viene utilizzato per segmentare tra pubblici LOCALI e pubblici
EXTRALOCALI, tipicamente gli escursionisti e i turisti.
Gli altri descrittori riguardano le VARIABILI COMPORTAMENTALI e quelle inerenti ai BENEFICI ricercati
nell’esperienza culturale. Le prime fanno riferimento alla FREQUENZA d’ACQUISTO, alle modalità di consumo.
ANDREASEN e BELK hanno proposto una distinzione, definita a partire dalla FREQUENZA di CONSUMO, fra
frequentatori:
- ASSIDUI (segmenti a cui le organizzazioni dedicano particolare attenzione e che potrebbero diventare
importanti ambasciatori del brand)
- OCCASIONALI
- SPORADICI
Il parametro relativo ai BENEFICI ricercati, appare interessante perché parte dalle motivazioni individuali e dai
bisogni e desideri che le persone intendono soddisfare attraverso una determinata ESPERIENZA. Per alcuni
l’intrattenimento è il principale motivo per assistere allo spettacolo, per altri è l’arricchimento culturale.
Manuel CUADRADO e Alejandro MOLLA’ propongono, per lo spettacolo dal vivo, una segmentazione del pubblico
sulla MOTIVAZIONE del CONSUMO e sui benefici ricercati dalle persone. Hanno individuato QUATTRO segmenti
principali di pubblico:
- I PRINCIPIANTI: vanno agli spettacoli alla ricerca di una SODDISFAZIONE EMOTIVA
- Gli APPASSIONATI: mettono in primo piano il VALORE EDUCATIVO e CULTURALE. Essi considerano
meno importante la sfera emotiva
- Gli ENTUSIASTI: considerano tutti i fattori come IMPORTANTI, con quelli relativi all’EMOTIVITA’ al
primo posto e il valore EDUCATIVO al secondo. Questo è l’unico che assiste a un evento anche per ragioni
sociali
- Gli INDIFFERENTI: vanno a uno spettacolo solo per DIVERTIRSI. Questo segmento frequenta i luoghi
culturali in modo SPORADICO
Una volta individuati i segmenti, si dovrà passare alla scelta dei TARGET, ovvero quei segmenti ritenuti più
importanti su cui l’organizzazione intende predisporre una DIFFERENZIAZIONE del sistema di offerta e un
marketing mix ad hoc.
Il TARGET è dunque un segmento particolare su cui l’organizzazione ha deciso di investire. Ciascuna organizzazione,
potrà individuare un UNICO TARGET PRINCIPALE, oppure più target a seconda del tipo di strategia adottata:
marketing CONCETRATO nel primo caso, marketing DIFFERENZIATO nel secondo.
Il POSIZIONAMENTO, riguarda la capacità di DIFFERENZIAZIONE di un’organizzazione o di un prodotto in un
sistema competitivo. Le imprese devono infatti considerare che non operano da sole in un mercato, ma che possono
subire la CONCORRENZA di tutti quei soggetti che forniscono servizi ed esperienze simili o che intervengono a
soddisfare i medesimi bisogni.
Compito del marketing sarà quello di comunicare e far percepire al pubblico, allo staff interno e agli stakeholder le
caratteristiche che rendono UNICO e distintivo il progetto o il prodotto e che gli conferiscono una precisa
IDENTITA’. Il posizionamento traduce quindi la volontà dell’organizzazione di affermare la sua identità e personalità
rispetto a un determinato pubblico e ciò implica la necessità di definire e comunicare il sistema di offerta in modo tale
da garantirgli una posizione distinta e apprezzata nella mente del target.
Potremmo dire che il posizionamento riguarda il modo in cui un prodotto trova COLLOCAZIONE nella mente del
potenziale cliente. Per l’organizzazione culturale diventa molto importante costruire un posizionamento istituzionale,
che dovrà essere modulato per ciascun target individuato, a partire dal seguente processo:
- analisi delle caratteristiche e dei fattori distintivi del proprio sistema di offerta (ad es. location suggestiva e
unica)
- confronto tra i fattori individuati e quelli che maggiormente soddisfano i benefici ricercati dai target (svago,
socializzazione)
- individuazione dei fattori di differenziazione e del sistema di comunicazione più appropriato.
Nell’ambito delle organizzazioni culturali che si rivolgono a pubblici particolari e numericamente non molto rilevanti
può essere vincente applicare strategie di marketing di NICCHIA. Una NICCHIA si distingue da un segmento per
essere dimensionalmente RIDOTTA e costituita da persone che, pur potendo avere pochi tratti di omogeneità, sono
accomunate da un INTERESSE SPECIFICO nei confronti del prodotto, da una notevole frequenza di acquisto e da
fedeltà nei confronti dell’organizzazione. Ad esempio, gli amanti di uno specifico genere musicale o letterario possono
rappresentare dei micromercati (delle nicchie)
Internet, è molto utile per l’individuazione dei microgruppi: community che parlano di teatro, blog appassionati di
manga sono alcuni casi.
La Scala under 30
La Scala di Milano ha deciso di realizzare specifiche attività di marketing sul target degli under 30, un segmento
tradizionalmente più difficile da avvicinare all’opera, ma strategico per il rinnovamento e il ringiovanimento del
pubblico.
La comunicazione degli spettacoli è avvenuta attraverso manifesti e locandine che, anziché promuoverne il titolo e i
contenuti, rimandavano a un invito diretto a fare qualcosa di nuovo e coinvolgente.
L’intera strategia di marketing ruota attorno una piattaforma online, espressamente dedicata al target che consente
l’acquisto di pass e abbonamenti a prezzi ridotti, ma anche altri benefit per i membri, come la possibilità di partecipare
a incontri speciali con gli artisti

2.7 Il processo decisionale del consumatore


Nel marketing è molto importante conoscere il PROCESSO DECISIONALE e il comportamento del consumatore,
ovvero capire quali benefici ricerca quando si convince ad acquistare un determinato prodotto, quali fattori
influenzano la scelta, quando decide e con chi, quali sono le modalità di fruizione.
Secondo DEBENEDETTI, le motivazioni che sottendono il consumo culturale, in termini generali, riguardano la
ricerca e il soddisfacimento dei seguenti fattori:
- L’emozione estetica
- Il divertimento, il relax
- L’evasione, il cambiamento
- L’arricchimento culturale, la stimolazione intellettuale
- La distinzione sociale
- L’interazione sociale e la relazione
Capire qual è la dimensione MOTIVAZIONALE maggiormente ricercata dai fruitori di un determinato prodotto, può
aiutare le organizzazioni culturale a perfezionare il sistema di offerta e i contenuti della comunicazione
Spesso accade che chi fruisce o utilizza un prodotto NON è colui che ha deciso l’acquisto. Ad esempio, nel caso delle
visite scolastiche ai musei, la partecipazione dei ragazzi è decisa dagli insegnanti.
Diventa molto importante, individuare coloro che INFLUENZANO le SCELTE di CONSUMO, perché in molti
contesti le scelte NON sono INDIVIDUALI, ma sono dipendenti dalla presenza di altri fattori o soggetti.
Un ulteriore aspetto del processo decisionale, riguarda il MOMENTO DELLA SCELTA. Gli acquisti possono essere
fatti d’IMPULSO, oppure PROGRAMMATI con largo anticipo.

Capitolo 3: Analisi e conoscenza


3.1 Il sistema informativo di marketing
Il SIM è una struttura integrata e interagente di persone, attrezzature e procedure, finalizzata a raccogliere,
classificare, analizzare, valutare e distribuire informazioni pertinenti, tempestive e accurate, destinate a chi deve
prendere decisioni.
Qualunque impresa e organizzazione culturale che adotti un approccio orientato al marketing deve prestare particolare
attenzione alla gestione della VARIABILE INFORMAZIONE.
Il ciclo di attività del SIM comprende le fasi:
o MISURAZIONE: riguarda il processo di ACQUISIZIONE di dati ed elementi conoscitivi organizzati
relativamente a determinati fenomeni
o MONITORAGGIO: consiste, invece, in un’azione costante di OSSERVAZIONE dei FENOMENI nel corso
del loro stesso evolversi, al fine di raccogliere dati e informazioni utili per correggere o confermare i processi
e le strategie
o VALUTAZIONE: riguarda l’INTERPRETAZIONE dei fenomeni e la FORMULAZIONE di GIUDIZI a
supporto del processo decisionale
Un buon SIM dovrà raccogliere i dati (ovvero l’unità minima di contenuto che si può raccogliere, come il numero di
visite o la capienza di una sala) più adeguati e coerenti, trasformarli in informazione, la quale a sua volta dovrà
generare CONOSCENZA.
Per utilizzare correttamente il Sistema informativo l’area del marketing dovrà quindi:
- RICONOSCERE che i dati e le informazioni sono una RISORSA
- IDENTIFICARE quali sono i dati e le informazioni realmente IMPORTANTI
- INDIVIDUARE la loro PROVENIENZA e UTILITA’ specifica
- VERIFICARE che siano CORRETTI, accurati e aggiornati
- AGGREGARLI, se possibile, in INDICATORI e organizzarli in un “sistema di lettura e interpretazione”
- decidere come GESTIRE i dati e le informazioni più importanti
- STRUTTURARE un SISTEMA ORDINATO per la gestione, dove siano identificati i mezzi e le procedure
necessari per mettere a disposizione delle persone tutti i dati e le informazioni utili allo svolgimento delle
attività di pertinenza

3.2 Le fonti e i dati


Le fonti e i dati utilizzati nel SIM si possono suddividere in TRE macrocategorie definite a partire dalla
PROVENIENZA del dato e dalle modalità di reperimento dell’informazione:
- Fonti INTERNE
- Fonti SECONDARIE
- Fonti PRIMARIE

3.2.1 Le fonti interne


Le fonti INTERNE comprendono il flusso di dati e di informazioni presenti all’interno dell’impresa culturale. Le
fonti interne riguardano principalmente:
- I dati ECONOMICI e FINANZIARI che consentono di analizzare le performance del bilancio, l’incidenza dei
costi di marketing, l’andamento dei finanziamenti
- I dati di VENDITA, che permettono di verificare l’andamento di vendita (numero abbonati, unità prodotto
vendute).
Laddove il prodotto/servizio venga erogato aventi capienze predefinite, come un teatro o un cinema, si calcola
il TASSO di RIEMPIMENTO, che esprime l’INCIDENZA PERCENTUALE delle persone presenti sul
TOTALE dei posti disponibili
- I dati di MARKETING e COMUNICAZIONE che comprendono una molteplicità di aspetti che variano dal
numero di articoli di stampa su carta e sul web, in occasione di un evento, alla dimensione e alle
caratteristiche del database interno per l’invio dell’informazione, al media plan realizzato in occasione di
specifiche iniziative
- I dati INTERNET/WEB che consentono di avere informazioni molto precise sull’EFFICACIA della
comunicazione e delle strategie digitali avviate (numero di persone che visitano un sito web, pagine e
contenuti di interesse)
3.2.2 Le fonti secondarie
Le fonti SECONDARIE comprendono, invece, tutti i dati e le statistiche reperibili da fonti ESTERNE e già
ESISTENTI, principalmente pubblicate dagli istituti di ricerca del settore pubblico e dalle organizzazioni del settore
privato specializzate in indagini di mercato. I dati e le informazioni da raccogliere dovrebbero essere in grado di
descrivere il CONTESTO SOCIALE e CULTURALE che caratterizza il territorio su cui l’istituzione e il progetto
insistono. Relativamente alla domanda e all’offerta di cultura, le principali tipologie di dati riguardano:
- Le DIMENSIONI e l’EVOLUZIONE della DOMANDA di un prodotto o di un genere culturale (ad es. il
consumo annuale di musica classica in una regione)
- La COMPOSIZIONE di un mercato (ad es. la frequenza di partecipazione alle mostre)
- La STRUTTURA di un settore (il numero di sale e schermi aperti al pubblico)
- Informazioni specifiche derivanti da ricerche ad hoc già realizzate su un segmento di pubblico o sul pubblico
di un’organizzazione culturale
Fonti secondarie sulla domanda culturale in Italia
In Italia, tra le principali fonti secondarie sulla domanda di cultura, troviamo l’ISTAT, che annualmente pubblica
l’Annuario Statistico che fotografa la situazione economico-sociale del nostro paese con una sezione dedicata alla
cultura in cui sono presenti diversi indicatori, tra cui il ‘tasso di partecipazione’ degli italiani alle diverse attività
culturali.
L’ISTAT realizza anche l’Indagine Multiscopo sulle famiglie: aspetti della vita quotidiana, che fa parte di un sistema
integrato di indagini sociali e rileva le informazioni relative alla vita quotidiana degli individui e delle famiglie con
specifici approfondimenti sui consumi e sui comportamenti nel tempo libero
La SIAE pubblica periodicamente statistiche sulla domanda e sull’offerta di spettacolo dal vivo.
3.2.3 Le fonti primarie
Le fonti PRIMARIE, nel marketing culturale, riguardano tutte le informazioni raccolte direttamente presso il
PUBBLICO dell’organizzazione attraverso specifiche ricerche e indagini.
Le ricerche servono a raccogliere dati e informazioni QUALI-QUANTITATIVE sull’identità del pubblico, sul
processo decisionale, sui comportamenti di fruizione, sui benefici ricercati nell’esperienza.
Un percorso di ricerca dovrebbe essere articolato nelle seguenti fasi:
- Definizione degli OBIETTIVI della ricerca
- ANALISI delle risorse umane e finanziarie occorrenti
- Scelta dell’APPROCCIO METODOLOGICO e della relativa TECNICA di RICERCA
- Raccolta dei DATI
- ANALISI dei dati
- INTERPRETAZIONE dei dati e scrittura del rapporto di ricerca
Fra le diverse fasi del processo, la scelta dell’APPROCCIO METODOLOGICO più adeguato è fondamentale per
l’ottenimento di dati e informazioni coerenti.
Una importante distinzione è quella tra:
 Approccio QUANTITATIVO: si tende a misurare i fenomeni e generalizzare i risultati ottenuti
 Approccio QUALITATIVO: l’interesse è incentrato sulla comprensione dei fenomeni da raggiungere
Nell’approccio QUANTITATIVO, le informazioni sono ottenute attraverso procedure STANDARD.
Lo strumento principe dell’approccio quantitativo è il QUESTIONARIO, anche in ambito culturale. I questionari sono
somministrati attraverso supporti e modalità diverse:
 Metodo PAPI (Paper and Pencil Interviewing): rimane il metodo più utilizzato per la sua ECONOMICITA’ e
facilità di rilevazione del dato e si basa sulla PRESENZA di un INTERVISTATORE che pone delle domande
vis a vis, le cui risposte vengono registrate su un supporto CARTACEO. In alternativa, si ricorre alla modalità
di AUTOCOMPILAZIONE
 Metodo CATI (Computer-Assisted Telephone Interviewing): si tratta di un metodo di rilevazione DIRETTA
del dato attraverso INTERVISTE TELEFONICHE, dove l’OPERATORE pone le domande
all’INTERVISTATO e registra le risposte su un computer
 Metodo CAPI (Computer-Assisted Personal Interview): si tratta di una variazione rispetto al metodo PAPI in
cui il questionario cartaceo è sostituito da un DISPOSITIVO INFORMATICO, che consente di raccogliere e
archiviare in tempo reale i dati
 Metodo CAWI (Computer-Assisted Web Interviewing): riguarda la realizzazione di ricerche e sondaggi online
attraverso programmi informatici. Si tratta di uno strumento nuovo con forti potenzialità di crescita (grazie ai
ridotti costi di realizzazione), ma che è limitato dall’utenza che non utilizza Internet.
Idea Store
Gli Idea Store rappresentano un interessante modello di biblioteca innovativa sviluppato su più sedi a Londra, nati con
l’ambizione di sostituire l’immagine tradizionale della biblioteca pubblica con servizi più moderni.
L’aspetto rilevante del progetto risiede anche nella scelta di aver realizzato una serie di ricerche di marketing su
pubblici potenziali per definire meglio la localizzazione urbana, le motivazioni al mancato uso delle biblioteche e il
sistema di offerta più adeguato alle aspettative degli utenti.
Oltre ai questionari sono state realizzate interviste domiciliari a un campione di 800 persone.
Dalla ricerca è emerso che le persone vorrebbero più libri, orari più lunghi, e soprattutto la possibilità di combinare la
visita con altre incombenze quotidiane come la spesa al mercato o l’accompagnamento dei figli a scuola.
Nell’approccio QUALITATIVO, l’obiettivo è la COMPRENSIONE profonda di FENOMENI complessi
difficilmente rilevabili attraverso la ricerca quantitativa. Gli strumenti più utilizzati in ambito culturale sono:
 FOCUS GROUP: che consistono in riunioni di gruppo durante le quali, attraverso la sollecitazione al dialogo
e l’utilizzo di TECNICHE PROIETTIVE (libere associazioni di idee, completamento di frasi, giochi di ruolo),
i partecipanti esprimono pensieri e opinioni in modo NON STRUTTURATO su un determinato tema, in cui
prevale la dinamica di GRUPPO e si stimolano l’interazione e il confronto. Nel marketing i focus group
vengono utilizzati inoltre, per valutazioni sul brand e sull’immagine delle imprese e dei prodotti
 INTERVISTE in profondità che si svolgono tra un intervistatore e un intervistato. Normalmente si
distingue tra :
- interviste NON DIRETTIVE: l’intervista è totalmente DESTRUTTURATA e, a partire da un dato
tema di fondo, l’intervistatore ‘costruisce’ caso per caso, e sul momento dello svolgimento
dell’intervista, con la massima libertà di spunti e indicazioni.
- interviste SEMIDIRETTIVE: l’intervistatore dispone di un protocollo, in cui sono elencati i temi e le
questioni che intende affrontare durante l’intervista
 INDAGINI osservanti: sono delle tecniche NON STANDARD, che vengono utilizzate per analizzare i
comportamenti di utilizzo e di fruizione delle persone in un determinato contesto. Nel settore culturale,
l’indagine osservante viene utilizzata in particolare nell’ambito dei beni culturali e consiste nell’osservazione
e registrazione dei comportamenti di fruizione dei visitatori.

Capitolo 4: La strategia
La STRATEGIA rappresenta il momento di giunzione tra l’ANALISI e l’OPERATIVITA’.
La pianificazione strategica si sta rivelando sempre più complessa, soprattutto nel prefigurare di scenari di medio-
lungo termine attendibili, perché i contesti ambientali entro i quali si muovono le organizzazioni culturali mutano, in
tempi molto veloci perché le variabili da considerare sono numerose

4.1 La pianificazione di marketing


La PIANIFICAZIONE di MARKETING può essere considerata un processo gestionale che consiste nello
sviluppare e nel mantenere un INDIRIZZO STRATEGICO che ALLINEI gli obiettivi e le risorse dell’organizzazione
al mutare delle condizioni di marketing. Detto in altri termini, la pianificazione è il tentativo di dare risposta ad alcune
domande chiave: dove siamo e dove andiamo se subiamo i fattori esterni senza mettere in campo azioni correttive?
Dove vogliamo effettivamente andare?
Da un punto di vista operativo il processo di pianificazione trova un suo esito formale nella REDAZIONE di un
PIANO di MARKETING che può riguardare l’impresa nel suo complesso o progetti specifici.
Il piano di marketing è, quindi, un documento che formalizza il percorso strategico che si intende intraprendere, in cui
vengono definiti gli obiettivi di marketing e le strategie e gli strumenti operativi necessari al loro raggiungimento.
Deve sintetizzare in poche pagine, i seguenti punti:
- analisi situazionale INTERNA che metta a fuoco gli elementi caratterizzanti dell’organizzazione come la
mission, la vision, gli obiettivi generali e le caratteristiche del sistema di offerta proposto;
- analisi situazionale ESTERNA che analizzi i mercati di riferimento, i contesti socio culturale, economico,
politico delle attività e i concorrenti reali e potenziali dell’organizzazione;
- definizione degli OBIETTIVI di marketing che siano realistici;
- individuazione delle STRATEGIE più efficaci per il raggiungimento degli obiettivi;
- scelta degli STRUMENTI operativi necessari per la concretizzazione delle strategie individuate: nello
specifico dovranno esplicitarsi le politiche di branding, le singole azioni di comunicazione e di promozione, le
scelte di prezzo, il piano di distribuzione e di accesso ai prodotti, gli interventi delle relazioni esterne;
- definizione dei BUDGET operativi necessari per quantificare e verificare la sostenibilità degli strumenti
operativi individuati;
- valutazione e controllo delle SINGOLE FASI del piano di marketing, analisi degli eventuali scostamenti
rispetto agli obiettivi individuati, diagnosi dei fattori di scostamento e rimodulazione degli obiettivi e delle
strategie.

4.2 Analisi interna e analisi esterna


Scopo principale dell’analisi INTERNA è quello di verificare gli obiettivi e l’articolazione del sistema complessivo di
funzionamento al fine di individuarne i punti di forza e di debolezza. Mettere in relazione, cioè, il “che cosa si vuole
fare” con il “che cosa si può fare”.
L’analisi interna riguarda principalmente il sistema di offerta attualmente proposto dall’organizzazione, la sua
adeguatezza con la MISSION e la VISION istituzionale e con l’evoluzione dei mercati e dei contesti di riferimento.
La MISSION è la RAGIONE d’ESSERE di un’organizzazione, l’oggetto principale di quello che sarà il suo agire e su
cui dovrà concentrarsi, la descrizione degli elementi che la caratterizzano, del ruolo che dovrà assumere per soddisfare
in modo originale e distintivo il bisogno di soggetti definiti.
La VISION consiste nella capacità di costruire e condividere una forte immagine dell’organizzazione in prospettiva:
come e cosa si vuole essere in futuro.
L’analisi ESTERNA riguarda principalmente lo studio dei contesti e dei mercati di riferimento, l’ambito competitivo e
cooperativo, il sistema degli stakeholder e dei media. I contesti di riferimento vengono spesso affrontati attraverso
l’analisi PEST (acronimo di analisi politica, economica, sociale e tecnologica) che è una metodologia orientata a
estrapolare, per ciascun ambiente, le variabili che più di altre possono influenzare lo sviluppo dei progetti e delle
attività dell’organizzazione.
Nel caso delle attività culturali questo tipo di analisi assume un valore ancora più strategico perché oltre alle variabili
legate all’evoluzione della domanda dei privati (legate al contesto economico e tecnologico), spesso incidono
fortemente anche quelle legate al contesto politico.
L’analisi dei CAMBIAMENTI, legati alle nuove tecnologie, rappresenta un altro fattore importante per le
organizzazioni culturali; si è più volte parlato di come la cultura digitale stia modificando i modelli di vita e di
consumo delle persone.
L’analisi PEST può costituire un metodo efficace di sistematizzazione a condizione che l’analisi sia:
- più OGGETIVA e distaccata possibile;
- “ORIENTATA” a monte delle caratteristiche e particolarità dell’organizzazione culturale;
- DINAMICA, osservando fatti e fenomeni nella loro evoluzione storica
- ATTENTA ai segnali deboli;
- PUNTUALE, esaustiva
Per le organizzazioni culturali assume, inoltre, un rilievo importante l’analisi dei cosiddetti STAKEHOLDER. E’ un
termine che comprende qualsiasi persona, gruppo o istituzione che ha interessi nei confronti di un progetto e che può
essere influenzata o può influenzarne lo sviluppo e la realizzazione.
Da un punto di vista operativo si distingue tra:
- Stakeholder PRIMARI: hanno un FORTE INTERESSE ed elevata capacità di INFLUENZA (azionisti,
dipendenti, clienti e fornitori)
- Stakeholder GENERALI: ovvero gruppi di soggetti che hanno un INTERESSE POTENZIALE e MENO
DIRETTO, ma che possono generare consenso e interesse nei confronti del progetto e dell’istituzione (il
pubblico, i testimonial, le università, i sindacati).
Il coinvolgimento degli stakeholder nella definizione di strategie, programmi e progetti consente di far emergere
interessi, punti di vista, valori, domande, risorse che arricchiscono il processo e i risultati e che contribuiscono alla
definizione delle strategie di sviluppo, di fund raising, di comunicazione.
Un ulteriore aspetto riguarda l’ANALISI dei MERCATO di RIFERIMENTO dell’IMPRESA. Si tratta, cioè, di
valutare i dati di TENDENZA del mercato in termini di vendite e di introiti, il grado di concentrazione, ovvero il
“peso” dei soggetti leader e le performance relative della propria organizzazione.
Un aspetto, infine, molto rilevante dell’analisi nel piano di marketing riguarda la DEFINIZIONE dell’ARENA
COMPETITIVA dell’istituzione e dei suoi differenti prodotti.

4.3 Competizione e cooperazione


Le imprese culturali possono essere in concorrenza tra di loro su più fronti: per accaparrarsi il pubblico, i
finanziamenti delle amministrazioni pubbliche, le partnership strategiche, le sponsorizzazioni delle imprese private,
l’attenzione e la copertura dei media.
Sul tema della CONCORRENZA in ambito culturale spesso si sollevano due evidenze apparentemente opposte e
contraddittorie. Da un lato la CONCORRENZA tra prodotti ed esperienze culturali si sta facendo sempre più FORTE
e AGGUERRITA, dall’altro i prodotti culturali, proprio per le loro caratteristiche di unicità e non replicabilità
dovrebbero scontare, al contrario, LOGICHE di CONCORRENZA piuttosto LIMITATE.
Come afferma Colbert, il prodotto culturale NON è SOLO in concorrenza con gli altri prodotti culturali, ma con
TUTTI i servizi e le esperienze pensati per il tempo libero, consumati dentro e fuori le mura domestiche.
Per analizzare in modo corretto il sistema competitivo occorre, quindi, considerare TUTTI quei SOGGETTI che
offrono beni, servizi ed esperienze volti a soddisfare i MEDESIMI bisogni e desideri. I concorrenti di un produttore di
occhiali non saranno semplicemente gli altri produttori di occhiali, ma tutti quei soggetti e servizi che intervengono a
soddisfare il bisogno di migliorare la vista delle persone, quindi anche i produttori di lenti a contatto e le operazioni
chirurgiche di correzione permanente dei difetti visivi.
I LIVELLI di CONCORRENZA riguardano, quindi, i soggetti ESISTENTI, i soggetti che potenzialmente potrebbero
entrare nel mercato e anche i prodotti sostitutivi che, pur appartenendo a settori differenti, insistono sulla STESSA
FAMIGLIA di bisogni ricreativo-culturali.
La costante e crescente riduzione del finanziamento pubblico alla cultura, la ricerca di maggiore efficienza nei
processi produttivi e distributivi, la nascita di strategie, rappresentano, per il settore culturale, fattori di stimolo per
inserire le strategie di COOPERAZIONE e di INTEGRAZIONE all’interno dei processi di pianificazione strategica.
Nei mercati molto frammentati, la cooperazione, lo sviluppo di attività sinergiche e integrate, di azioni di co-
marketing si stanno rivelando sempre più cruciali per incrementare i livelli di comunicazione che si possono ottenere
solo passando dalla scala del SINGOLO alla scala del SISTEMA.
Il funzionamento dei mercati in cui le imprese sono chiamate “a competere e a cooperare allo stesso tempo” viene
spiegato attraverso il neologismo della “COOPETIZIONE” (dall’inglese co-opetition).
Si tratta di un concetto che descrive l’atteggiamento che si instaura tra imprese concorrenti quando collaborano alla
realizzazione di una specifica attività del loro business.
La pratica richiede di individuare quali attività dovranno essere svolte dalle imprese in modo CONGIUNTO e quali
saranno realizzate in AUTONOMIA. Nella teoria dei giochi il tema della coopetizione viene spiegato attraverso le
strategie cosiddette win-win, nel senso che i partner in questo tipo di strategia sono soggetti che cercano di ottenere un
vantaggio competitivo attraverso investimenti comuni e azioni condivise. Le coproduzioni di spettacoli tra teatri
d’opera potenzialmente concorrenti e di mostre tra istituzioni museali differenti possono essere inquadrate nella logica
della coopetizione.
ROMAEXHIBIT/ Art and Exhibitions in Rome
ROMAEXHIBIT rappresenta uno dei primi tentativi di realizzare un sistema espositivo integrato a livello
metropolitano. Si tratta di un progetto che vede coinvolti 18 enti culturali di Roma. L’obiettivo è quello di garantire
un’offerta di mostre qualitativamente sempre più alta durante l’intero arco dell’anno, di renderle più facilmente
fruibili. Fulcro del progetto è la realizzazione di una programmazione condivisa, al fine di assicurare un’offerta
espositiva che sia varia.
Tra gli obiettivi c’è la realizzazione di un sito Internet e un sistema di trasporti, nonché una segnaletica turistica utile
ed adeguata

4.4 Obiettivi e strategie


Importante è, nella pianificazione di marketing, la DEFINIZIONE degli OBIETTIVI.
Anche per la formalizzazione degli obiettivi di marketing vale il rispetto dei requisiti sintetizzati nell’acronimo
SMART (specificità, misurabilità, raggiungibilità, realisticità e orizzonte temporale definito).
La natura degli obiettivi e la loro quantificazione variano significativamente se si considerano imprese culturali
PROFIT oppure organizzazioni NON PROFIT. Nel primo caso vi sono obiettivi correlati a logiche ECONOMICHE,
come le quote di mercato, ritorno sugli investimenti. Nel secondo le finalità sono più componenti valoriali di natura
culturale, sociale e relazionale, come la partecipazione del pubblico, percentuale di prenotazioni e cosi via.
Una volta definiti gli OBIETTIVI, occorrerà individuare le STRATEGIE necessarie alla loro realizzazione. Le
strategie riguardano principalmente la conferma o la rimodulazione del sistema di offerta, il targeting e il
posizionamento strategico.
Il primo aspetto riguarda concerne la VALUTAZIONE dell’ADEGUATEZZA del sistema di offerta attuale rispetto
alle evoluzioni del contesto esterno e agli obiettivi individuati.
Il targeting richiede che vengano individuati specifici segmenti di mercato cui indirizzare i prodotti e le attività del
sistema di offerta, agendo conseguentemente anche sulle diverse leve di comunicazione, distribuzione e prezzo. Per
ciascun target trovato verrà perfezionato il POSIZIONAMENTO RELATIVO, ovvero l’individuazione dei benefici
specifici ricercati dai diversi target e delle modalità per renderli espliciti, riconoscibili e caratterizzanti. A titolo di
esempio, l’obiettivo di aumentare del 20% la presenza degli under 25 in un museo può richiedere la messa in cantiere
di diverse strategie, tra cui:
a) un arricchimento dell’offerta attraverso la realizzazione di attività specifiche serali (aperitivi culturali, interventi
musicali, mostre ecc.),
b) l’individuazione di specifici target di utenza (studenti universitari, frequentatori del conservatorio, associazionismo
giovani territoriale ecc.),
c) modalità e registri innovativi di comunicazione attraverso i social network e approcci “virali”.
Nell’ambito culturale, le scelte di targeting rispondono a una più generale valutazione sul TIPO di RELAZIONE che
l’istituzione vuole instaurare con i suoi pubblici:
- Piu’ INTENSIVA: quando si riferisce a un pubblico magari NUMERICAMENTE CONTENUTO ma che si
vuole FIDELIZZARE e coinvolgere nei diversi progetti in atto
- ESTENSIVA: quando si intendono AMPLIARE i bacini di utenza provando a coinvolgere pubblici NUOVI,
tradizionalmente esclusi o indifferenti a uno specifico prodotto.
La FASE STRATEGICA può anche consistere nella definizione dell’insieme delle strategie e delle azioni necessarie
per garantire lo sviluppo dell’impresa nel tempo attraverso un ripensamento complessivo del RAPPORTO tra il
PORTAFOGLIO PRODOTTI e i MERCATI di RIFERIMENTO. Particolarmente utile, a questo proposito, è il
modello della matrice PRODOTTO-MERCATO elaborata da IGOR ANSOFF(1965). In questo modello si
prevedono, infatti, quattro diversi tipi di sviluppo strategico per l’impresa:

 PENETRAZIONE DI MERCATO: quando si decide di continuare a vendere i prodotti esistenti nei mercati
esistenti;
 SVILUPPO DI PRODOTTO: quando si intende modificare un prodotto o lanciare prodotti nuovi su mercati
già esistenti;
 SVILUPPO DI MERCATO: quando un prodotto esistente viene lanciato ed esportato su mercati diversi in
termini geografici e settoriali;
 DIVERSIFICAZIONE: è la strategia più complessa e rischiosa perchè richiede di realizzare prodotti nuovi
da lanciare in mercati nuovi
“Crescendo” al Maggio Fiorentino
“Crescendo- Teatro in gioco” è stato un progetto realizzato dal Teatro del Maggio fiorentino, che offriva alle famiglie
l’occasione di partecipare agli spettacoli della domenica pomeriggio: mentre i ‘grandi’ assistevano alla
manifestazione, i figli trascorrevano il tempo in uno spazio-gioco. Il progetto traeva la sua motivazione da un
precedente lavoro di analisi del pubblico che evidenziava come fra le varie categorie sociodemografiche meno
presenti, vi fossero le coppie di genitori con figli piccoli, che probabilmente non potevano o non volevano andare a
teatro, dovendo pagare oltre al prezzo di due biglietti anche quello di una baby-sitter.
L’obiettivo di marketing era duplice: far ritornare a teatro una specifica categoria di utenza (i genitori) e avvicinare
alla musica d’opera i bambini ponendo le basi per la costruzione di un pubblico potenziale futuro.

Capitolo 5: Il marketing operativo


Il MARKETING OPERATIVO, rappresenta l’esito CONCLUSIVO della pianificazione strategica di marketing e
riguarda l’insieme organizzato delle attività, delle azioni e dei comportamenti che consentono di realizzare le strategie
individuate. Nell’ambito culturale la PARTE OPERATIVA (definita anche come marketing mix) riguarda
principalmente le scelte di prezzo, la distribuzione, ovvero le modalità e le soluzioni che rendono un prodotto il più
accessibile possibile, la comunicazione e la promozione nelle loro molteplici sfaccettature (pubblicità, branding, direct
marketing, relazioni esterne, ufficio stampa, marketing digitale).
La VARIABILE PRODOTTO, che normalmente rientra nel marketing mix, deve essere utilizzata a patto che la si
consideri come un sistema di offerta complesso in cui l’attività core rimane sostanzialmente definita e i margini di
operatività riguardano le attività arricchite e quelle collaterali. Anche le PERSONE rappresentano un elemento
ulteriore di attenzione nell’articolazione del marketing operativo. Per PERSONE si intende una pluralità di soggetti
che comprendono i destinatari finali con cui si deve mantenere una relazione costante e reciproca.

5.1 Il prezzo
La determinazione del PREZZO è una fra le attività più importanti del marketing operativo.
Per i prodotti culturali la definizione del prezzo assume un rilievo del tutto particolare perchè spesso le scelte sono
frutto di una MEDIAZIONE tra le VALUTAZIONI di MARKETING e gli ORIENTAMENTI di POLITICA culturale
che informano e influenzano il modus operandi delle organizzazioni culturali.
Molti importanti musei (come la National Gallery), da alcuni anni, sono tornati a concedere la GRATUITA’ per
l’accesso alle loro collezioni a fronte di una donazione libera e facoltativa. Altri musei concedono la gratuità alcuni
giorni del mese.
Negli ultimi anni, in molti settori culturali, si è aggravato il problema della PIRATERIA e della VIOLAZIONE del
DIRITTO d’AUTORE. C’è la possibilità di scaricare e di scambiare GRATUITAMENTE file digitali di prodotti, che
hanno un loro prezzo di mercato.
Il PREZZO è l’elemento nominale che sintetizza e dà valore ai TRE elementi chiave che normalmente vengono presi
in considerazione durante il processo decisionale:

 Il COSTO: rappresenta la componente monetaria necessaria per acquisire un determinato prodotto/esperienza.


Il costo di uno spettacolo a teatro non equivale al solo prezzo del biglietto, ma è la sommatorio di tutti i fattori
di costo connessi alla fruizione del prodotto: il costo del trasporto, del parcheggio, dell’aperitivo o della cena
prima dello spettacolo ecc.
 Il TEMPO: Il tempo rappresenta l’altro fattore chiave, in particolare per quei prodotti che hanno forti vincoli
spazio-temporali di fruizione: lo spettacolo che viene rappresentato solo per alcuni giorni e a determinati orari,
il film, oppure il festival e la mostra d’arte la cui durata è comunque limitata a poche settimane o a pochi
mesi.
In questi casi la scelta di acquistare un particolare prodotto va a discapito della possibilità di fare altre
esperienze o di poter acquistare altri beni alternativi; si parla, infatti, di “COSTO-OPPORTUNITA’”. Si tratta
del valore o del beneficio derivante dalla scelta di produrre, consumare o scambiare un bene o un servizio
piuttosto che altri; è una scelta fra alternative diverse.
 Il RISCHIO: riguarda, invece, gli ostacoli di natura funzionale, sociale, culturale e psicologica connessi alla
scelta di acquisto di un determinato bene. Rischi di natura funzionale (il timore derivante dall’incertezza che il
prodotto non risponda alle aspettative), culturale (ad es. la paura di non sentirsi a proprio agio, di non avere gli
strumenti di comprensione adatti) e sociale (la paura di essere disapprovati dal gruppo di riferimento).
Colbert afferma che maggiore è il rischio percepito connesso all’atto di acquisto, maggiore dovrà essere la
motivazione necessaria per abbattere le “barriere” che disincentivano il consumo.
Quando si realizzano ricerche di marketing, appare pertanto molto utile capire quali sono le componenti del
prezzo ritenute cruciali dai target di riferimento; solo così si potrà decidere se intervenire sulla componente
“costo”, magari introducendo uno sconto per il gruppo familiare o la riduzione sul costo del parcheggio o
concedendo la possibilità di acquistare biglietti last minute.
La variabile prezzo dovrebbe comunque essere sempre presa in considerazione anche per il suo valore segnaletico. Il
prezzo “comunica”, che lo si voglia o no, perché in alcuni casi funziona da indicatore sintetico della qualità del bene
che si intende acquistare.
In alcuni settori culturali, le singole istituzioni non sono completamente libere di definire le politiche di prezzo.
Emblematico è il caso dei musei statali che non sono liberi di definire il prezzo del biglietto di ingresso, perché fissato
a priori dal ministero.
Alcuni economisti sostengono che nell’impresa teatrale, ad esempio, la fissazione del prezzo, più che essere orientata
all’aumento del profitto, può essere diretta a far crescere e ampliare il pubblico, ovvero a consentire di accrescere il
numero degli spettatori con l’obiettivo ulteriore di amplificare la fidelizzazione nei confronti dell’impresa. Il
marketing operativo si occupa, inoltre, delle politiche di pricing da adottare in relazione ai target, al momento
dell’acquisto, alle caratteristiche e alle diverse fasi del ciclo di vita del prodotto acquistato.
La DISCRIZIONE di PREZZO consiste nell’applicazione di PREZZI DIVERSI per lo STESSO PRODOTTO. Si
tratta di strategie di vendita molto utilizzate nello spettacolo dal vivo, dove spesso si utilizzano le tecniche del
cosiddetto yield management, in cui la discriminazione di prezzo per lo stesso prodotto (il concerto, lo spettacolo,
l’abbonamento alla stagione), avviene in funzione di determinati parametri: il momento dell’acquisto, le condizioni di
fruizione, la posizione di un posto nella pianta teatrale, i volumi di acquisto. In questo modo la struttura dei prezzi
viene il più possibile adattata alla struttura delle preferenze personali, per ottenere dal singolo cliente il valore
massimo che è disposto a pagare.
I musei, al contrario, applicano discriminazioni di prezzo in funzione di target specifici (bambini, ragazzi, studenti,
over65) per ragioni POLITICHE
L’abbonamento Musei Torni Piemonte
Fu istituito per la prima volta nel 1995. La tessera permette di accedere liberamente e per un numero di volte illimitato
alle collezioni permanenti, alle esposizioni temporanee organizzate dai musei che aderiscono all’iniziativa, offrendo la
possibilità di avvalersi di agevolazioni per mostre e cinema.
La card dura un anno e costituisce sicuramente un valido strumento di promozione del sistema
L’incremento costante del numero delle tessere venduta testimonia della capacità di questi strumenti di soddisfare un
bisogno di accesso facilitato dell’offerta museale cittadina, di scoperta e conoscenza delle molte proposte culturali
5.2 La distribuzione
La DISTRIBUZIONE riguarda tutte quelle azioni necessarie affinché un prodotto o un servizio sia reso ACCESIBILE
ed entri nella disponibilità del consumatore. Nell’ambito culturale i fattori distributivi variano enormemente a seconda
del prodotto e delle modalità di fruizione. Per alcuni prodotti, il consumatore può decidere liberamente il luogo, il
momento e il flusso di fruizione (come la lettura) , per altri i gradi di libertà sono più ristretti: si pensi agli spettacoli
dal vivo dove la disponibilità del prodotto è contestuale e inscindibile dalla sua fruizione.
In ambito artistico-culturale, la distribuzione richiede azioni sistematiche su tre elementi chiave: i CANALI di
DISTRIBUZIONE, la LOGISTICA, il PUNTO di VENDITA
Il primo elemento riguarda la tipologia, la composizione e la numerosità dei soggetti intermediari che si frappongono
tra chi produce e chi acquista. I canali di vendita possono essere più o meno “LUNGHI” a seconda del numero di
INTERMEDIARI che costituiscono la catena distributiva. SCIARELLI (2005) individua per il teatro cinque canali di
distribuzione: dal CANALE DIRETTO, in cui la compagnia teatrale si esibisce direttamente davanti a un pubblico (si
pensi al teatro di strada e alle attività circensi), al canale INDIRETTO CORTO in cui si individua un teatro che
ospita lo spettacolo, al canale INDIRETTO MEDIO in cui si aggiunge la presenza di un agente teatrale che aiuterà
nella promozione dello spettacolo presso i diversi teatri, al canale INDIRETTO LUNGO in cui l’agente teatrale si
appoggerà a sua volta a grossisti per la migliore circuitazione dello spettacolo, al canale INDIRETTO
EXTRALUNGO che prevederà l’ulteriore figura dei circuiti di box office che renderanno disponibili i biglietti in
diversi luoghi del territorio. Normalmente, MAGGIORE sarà il numero degli INTERMEDIARI, MAGGIORE sarà il
RICARICO finale sul PREZZO del prodotto che l’acquirente dovrà sopportare.
Relativamente alle MODALITA’ e alle OPZIONI di DISTRIBUZIONE si distingue tra:

 Distribuzione INTENSIVA: comporta la più AMPIA DISTRIBUZIONE possibile sul mercato tramite il
maggior numero di punti vendita. I biglietti di una mostra possono essere venduti direttamente alla biglietteria
del museo, in altri punti vendita come banche, agenzie di viaggio
 Distribuzione SELETTIVA: riguarda, invece, la SELEZIONE di pochi punti vendita individuati secondo
determinati criteri: immagine, copertura territoriale, potenziale di vendita, condizioni logistiche ed
economiche ecc
 Distribuzione ESCLUSIVA: si basa, infine, su UNO solo o su un NUMERO MOLTO LIMITATO di punti
vendita a cui si conferiscono condizioni di esclusività. Un caso tipico di distribuzione esclusiva è quella che
lega un artista a una galleria d’arte in un rapporto di esclusiva che impedisce di fatto la distribuzione delle sue
opere presso altri galleristi
L’altro elemento della distribuzione riguarda la LOGISTICA, aspetto particolarmente rilevante nel caso delle
industrie culturali (editoria, audiovisivo) in cui si devono movimentare ingenti quantità di prodotti e diventa pertanto
molto importante individuare i depositi di stoccaggio, i magazzini e le modalità di trasporto più adeguate e convenienti
per fare arrivare i prodotti ai diversi punti vendita.
L’ultimo elemento riguarda il PUNTO VENDITA e l’insieme delle azioni e degli strumenti necessari per rendere la
location facilmente individuabile, accogliente e raggiungibile da parte di pubblici differenti e attraverso diversi mezzi
di trasporto. Quando si realizza un progetto o un’attività culturale (una mostra, un festival, un concerto) le principali
variabili da considerare per realizzare il piano per la “messa in accessibilità” sono:
- presenza di parcheggi adeguati e vicini;
- presenza di segnaletica esterna che faciliti il raggiungimento dell’evento;
- abbattimento di barriere architettoniche;
- predisposizione di servizi pensati per categorie di utenti affetti da disabilità;
- organizzazione di punti informativi e di orientamento;
- servizi di trasporto aggiuntivi che colleghino l’evento con il centro città
- eventuali servizi digitali per applicazioni mobile che aiutino a individuare e raggiungere l’evento con diversi
mezzi di trasporto.
Le nuove tecnologie e l’avvento di Internet, hanno modificato i modelli e i canali. In alcuni casi Internet ha consentito
una riduzione della catena distributiva, mettendo direttamente in contatto i produttori di contenuti culturali con i loro
potenziali fruitori. È il caso, ad esempio, della piattaforma web di MySpace in cui i musicisti promuovono e vendono
direttamente la loro musica e i loro progetti a gruppi di potenziali acquirenti e agli addetti del settore.
Nel settore dei libri si moltiplicano, invece, le forme di editoria autoprodotta attraverso siti internet come Lulu.com
che permettono a chiunque di pubblicare libri e volumi anche a bassissima tiratura attraverso il modello del print-on-
demand che consente di abbassare i costi di produzione e di magazzino.
Questi fenomeni sono stati analizzati e studiati da Chris ANDERSON, che ha coniato il termine di “CODA LUNGA”,
immagine utilizzata per indicare l’AMPLIAMENTO della gamma dei BENI resi disponibili in specifici mercati, a
seguito dei processi di “smaterializzazione” dei prodotti lungo la filiera distributiva e che sostiene che nei mercati
dell’industria culturale sono presenti, numericamente, molti più prodotti di nicchia che prodotti di successo
(hit/blockbuster) e il costo sostenuto per raggiungere queste nicchie sta diminuendo drasticamente grazie ai recenti
sviluppi tecnologici. I soggetti dell’industria culturale più innovativi nella distribuzione – si pensi ad esempio ad
Amazon, stanno assecondando e sfruttando questa nuova tendenza.

5.3 Comunicare nella complessità


Nei diversi settori della cultura si vanno sempre maggiormente sviluppando le modalità di comunicazione cosiddette
di BTL (below the line; ovvero interventi che non richiedono ingenti esborsi economici e che comprendono il direct
marketing, le pubbliche relazioni, le attività promozionali, il social media marketing e tutte le nuove forme di
marketing inusuale e di guerrilla marketing) rispetto a quelle di ATL (above the line; intendendo le forme più
canoniche, di ampio impatto e anche economicamente più ingenti di pubblicità su stampa, televisione, radio, cinema e
spazi esterni).
In termini generali si distingue tra:
- comunicazione ISTITUZIONALE: tende al RAFFORZAMENTO e alla DIFFUSIONE del marchio, dei
valori del brand e dei cardini istituzionali quali la mission, la vision, i tratti di specificità artistico-culturale
- comunicazione di PRODOTTO: è più legata, invece, a SPECIFICI progetti e prodotti e mira a spingere
all’azione, incentivare l’acquisto, il consumo o uno specifico comportamento
Secondo i teorici dei processi comunicativi i messaggi NON giungono DIRETTAMENTE e in maniera
AUTOMATICA da un
emittente a un ricevente; esistono, infatti, diversi fattori che DISTURBANO il segnale, generano interferenze, alzano
il volume del rumore di fondo, orientano i messaggi su riceventi che non rappresentano i reali destinatari dei
contenuti. Secondo il modello di SCHRAMM, l’efficace veicolazione di un messaggio richiede che vi sia un
processo di CODIFICA da parte dell’emittente e di DECODIFICA da parte del ricevente che avviene in una situazione
contingente di esperienza e di riferimento comuni in cui emittente e ricevente possano condividere lo stesso contesto e
lo stesso codice comunicativo. Il RISCHIO, altrimenti, è che si usi un linguaggio ambiguo o incomprensibile e che si
faccia riferimento a un universo di significati noti solo a chi produce la comunicazione, non a chi la riceve.
La comunicazione è resa, inoltre, ancora più difficoltosa dall’aumentare del RUMORE di FONDO dovuto dalla
proliferazione di contenuti informativi e messaggi pubblicitari cui siamo QUOTIDIANAMENTE ESPOSTI: una
ricerca sui cittadini americani ha valutato che ogni persona, in media, viene colpita quotidianamente da non meno di
3.500-4.000 messaggi pubblicitari. La capacità di produrre una REAZIONE nel ricevente dipende, oltre che dalla
QUALITA’ e dalla COERENZA del messaggio inviato, in larga parte dalla sua PERCEZIONE e da CONDIZIONI
SOGGETTIVE. Le persone tendono, infatti, ad attivare meccanismi di difesa attraverso un processo di filtro che i
cognitivisti hanno spiegato articolandolo in tre momenti:
- L’ATTENZIONE selettiva
- La DISTORSIONE selettiva
- La RITENZIONE selettiva.
Le persone prestano attenzione principalmente ai messaggi che forniscono una risposta a un BISOGNO IMMEDIATO
e, decodificano i contenuti cercando di renderli coerenti con un sistema preesistente di opinioni e giudizi, trattengono
solo una parte dell’informazione ricevuta. Chi fa comunicazione deve essere CONSAPEVOLE del funzionamento di
questi processi cognitivi per riuscire a EMERGERE dal rumore di fondo.
A tale proposito, si ricorre all’acronimo AIDA (attenzione, interesse, desiderio, azione) per suggerire una serie di
interventi coerenti e integrati di comunicazione volti all’ottenimento di una REAZIONE nel RICEVENTE che lo
motivi a un CAMBIAMENTO di STATO(che normalmente consiste in un atto di acquisto o nella scelta di fare una
determinata esperienza). Seguendo il senso dell’acronimo, il mix di comunicazione dispiegato per promuovere un
determinato prodotto culturale dovrebbe essere progettato per attrarre l’attenzione, provocare l’azione.
Emblematico, a tale proposito, il mix comunicativo di alcuni film hollywoodiani in cui, con largo anticipo rispetto
all’uscita del film, vengono realizzati trailer chiamati teaser (dall’inglese to tease che significa stuzzicare) in cui si
svelano solo ALCUNI dettagli della trama per colpire l’attenzione e generare aspettativa. Vengono successivamente
utilizzati i trucchi del mestiere dell’ufficio stampa che proverà a creare qualche SCOOP durante la produzione per
generare interesse.
L’uscita del film sarà anticipata dal trailer ufficiale creato per generare in pochi secondi desiderio nei confronti del
prodotto. Toccherà, infine, a SPECIFICI CANALI (quotidiani, piattaforme online) fornire informazioni di servizio
(quando, in quali sale, a che ora) che rappresentano l’“ultimo miglio” di un processo comunicativo iniziato molti mesi
prima e avente il compito di muovere all’azione SOLLECITANDO l’ACQUISTO del biglietto
Un elemento, sempre più centrale, nelle strategie comunicative delle imprese culturali è costituito dal BRAND o
MARCA. Il BRANDING è un concetto fortemente polisemico che può essere considerato come la TOTALITA’ delle
CARATTERISTICHE e degli attributi tangibili che vengono SINTETIZZATI nel MARCHIO e che rappresentano e
rendono distintivi un’istituzione, un progetto o un prodotto. In senso più ampio il branding può essere considerato
come il PROCESSO che crea l’IDENTITA’ e l’immagine aziendale e diffonde la notorietà del marchio attraverso una
pluralità di strumenti e di comportamenti.
Il logo, il marchio, il nome, l’immagine istituzionale diventano, quindi, i segni distintivi, gli strumenti chiave per
veicolare l’identità del prodotto o dell’ente.
Tutto questo ci fa capire come il brand sia qualcosa di INTANGIBILE, il risultato delle percezioni nella mente dei
consumatori che si formano ogni qualvolta, si produce un’INTERAZIONE tra l’azienda e le persone.
Diversi autori rilevano che il brand gioca un ruolo importante nella SEMPLIFICAZIONE del PROCESSO di
ACQUISTO perché i potenziali acquirenti, in una situazione di asimmetria informativa, lo utilizzeranno come
elemento in grado di orientare la propria scelta.
SOLIMA sottolinea come per i MUSEI l’immagine rappresenti l’ELEMENTO CENTRALE del CAPITALE
REPUTAZIONALE di cui l’organizzazione può disporre. Il Guggenheim Museum, ad esempio, con le sue diverse sedi
in America e in Europa, può essere considerato il pioniere nell’utilizzo del branding. Il suo nome è associato all’idea
di grande museo d’arte moderna e contemporanea ed è allo stesso tempo un potente vettore di GENERAZIONE di
FATTURATO attraverso la vendita di oggetti e prodotti personalizzati con il logo dell’istituzione.
5.3.1 La pubblicità
Per PUBBLICITA’ si intende qualsiasi forma a PAGAMENTO di PRESENTAZIONE di un PRODOTTO o di
un’attività allo scopo di spingere il pubblico interessato a considerarli positivamente. Si tratta di una forma di
comunicazione UNILATERALE e finalizzata a stimolare la propensione al consumo.
Esistono DIVERSI tipi di pubblicità: televisiva, radiofonica, stampa (quotidiani, riviste specializzate, periodici),
“esterna” (manifesti, locandine, poster), dinamica (su messi in movimento come autobus, treni, tram) e in internet.
Nel settore culturale, a causa della LIMITATEZZA dei BUDGET, raramente si riescono a pianificare uscite
pubblicitarie sui grandi mezzi di comunicazione di massa come la televisione, mentre maggiore è il ricorso ad
affissioni di vario formato, spazi pubblicitari su quotidiani e riviste specializzate letti dai potenziali target.
Ultimamente è aumentato anche l’interesse per la cosiddetta free press (i quotidiani in DISTRIBUZIONE GRATUITA
nei centri urbani) perché letta da un pubblico giovane difficilmente “esposto” ad altri mezzi di informazione cartacea a
pagamento.
Il rapporto tra PRODOTTO CULTURALE e COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA è complesso. Maggiore è la
COMPLESSITA’ di un evento maggiori dovranno essere il “tempo” e lo “spazio” comunicativo e la QUANTITA’ dei
messaggi necessari a farne comprendere le ragioni e il senso al fine di incuriosire e fornire valide motivazioni alla sua
fruizione.
La pubblicità, in particolare quella veicolata attraverso i mezzi di comunicazione di massa, utilizza, invece, protocolli
e registri comunicativi che si basano sull’IMMEDIATEZZA di comprensione, sull’utilizzo di codici e contesti
comunicativi condivisi e semplificati per essere alla portata di un pubblico il più ampio possibile. Il committente, in
questi casi, dovrà rinunciare almeno in parte alla complessità, puntando su espedienti comunicativi che siano efficaci
nel destare l’attenzione.
La pubblicità è stata a lungo ritenuta il PRINCIPALE e più efficace fra gli strumenti di comunicazione aziendale.
5.3.2 Il marketing diretto
Il MARKETING DIRETTO è costituito da tutte quelle modalità di comunicazione che consentono una
comunicazione DIRETTA , univoca e personalizzata tra l’emittente e il destinatario (one-to-one). Avviene
principalmente attraverso l’invio di lettere, pieghevoli, stampati vari, ma anche newsletter online e file informatici. I
principali vantaggi del marketing diretto risiedono nel fatto che la comunicazione può essere mirata verso segmenti
specifici; che il messaggio viene “isolato” da ogni contesto estraneo al suo oggetto, evitando così interferenze e
disturbi derivanti da messaggi concorrenti.
Affinché questo tipo di comunicazione si possa realizzare in modo efficace diventa molto importante disporre e tenere
aggiornata una base di dati gestita su supporto informatico.
Il DATABASE dovrà essere organizzato e gestito garantendo che i dati in esso contenuti possano essere facilmente
ACCESSIBILI ed estraibili per realizzare liste ed elenchi di indirizzi, che siano AGGIORNATI (gli indirizzi postali,
così come i numeri telefonici, possono cambiare nel tempo), possibilmente NON DUPLICATI e conservati in un
luogo sicuro.
Il costante AUMENTO degli UTENTI in Internet e l’esplosione dei servizi di posta elettronica per la telefonia mobile
hanno rappresentato un’ulteriore opportunità per lo sviluppo di strategie di DIRECT MARKETING. Non a caso si
parla, da un certo numero di anni, di “EMAIL MARKETING” per indicare l’evoluzione del marketing diretto in
ambiente digitale. Newsletter digitali ed e-mail vengono sempre più frequentemente utilizzate per informare su
attività, eventi, argomenti e contenuti di approfondimento.
In ambito culturale, il marketing diretto viene ampiamente utilizzato in molti settori e ha visto accrescere la sua
importanza negli ultimi anni in ragione di molteplici motivazioni: il buon rapporto tra costi e risultati, la possibilità di
mandare comunicazioni con frequenze molto ravvicinate, l’opportunità di raggiungere pubblici di nicchia fortemente
coinvolti rispetto a un determinato prodotto o ambito culturale. I SOCIAL NETWORK, Facebook in particolare, si
stanno rivelando un ulteriore canale di marketing diretto attraverso cui veicolare informazioni e sviluppare attività
promozionali rivolte alla fascia dei fan e anche a un pubblico più ampio attraverso i meccanismi del passaparola
virtuale.
5.3.3 Le relazioni pubbliche e l’ufficio stampa
Le RELAZIONI PUBBLICHE, nell’ambito artistico sembra siano nate con la figura mitica di Edward BERNAYS,
comunicatore e pubblicitario, e realizzò una PROTO-NEWSLETTER sui Balletti Russi, di quattro pagine ricca di
immagini evocative, di riferimenti ai costumi e ai contenuti musicali, riuscendo a modificare la percezione
dell’opinione pubblica
rispetto alla danza, che veniva reputata noiosa e poco entusiasmante.
Per RELAZIONI PUBBLICHE si intende l’insieme di tutte le azioni finalizzate a mettere in CONTATTO
un’organizzazione con gli interlocutori e gli stakeholder ritenuti più importanti (giornalisti, opinion leader, autorità
pubbliche, enti di rappresentanza, soci o azionisti ecc.).
L’attività di relazioni pubbliche viene condotta a partire da TRE OBIETTIVI PRINCIPALI che richiedono azioni e
comportamenti relazionali specifici e attivabili in momenti diversi della vita dell’ente:
- RAFFORZAMENTO dell’IMMAGINE: si intendono tutte quelle attività di RELAZIONE che servono a
rivitalizzare, rilanciare e riposizionare un’organizzazione o alcuni suoi progetti chiave
- MANUTENZIONE dell’ATTIVITA’ ORDINARIA: si fa riferimento al LAVORO costante con i MEDIA e con
gli stakeholder chiave per mantenere “alta” la tensione sulla propria attività istituzionale, per aggiornare i
pubblici di riferimento sugli aspetti salienti della vita dell’ente, per dare conto del proprio operato e dei
risultati conseguiti
- GESTIONE delle “CRISI”: un ulteriore obiettivo delle relazioni pubbliche è quello di gestire le “crisi”,
intendendo, cioè, una SITUAZIONE di RISCHIO, di minaccia interna o esterna. La morte di Steve Jobs,
padre fondatore della Apple, è il classico caso in cui le relazioni esterne hanno dovuto sviluppare al massimo
le loro capacità di gestione della crisi, riuscendo a tranquillizzare e a convincere i diversi interlocutori (i
clienti, gli “adepti”, i media, i potenziali finanziatori, i fornitori, i soci dell’azienda) che il venire meno del suo
leader non avrebbe compromesso il potenziale di innovazione e le capacità di sviluppo dell’azienda.
UFFICIO STAMPA e RELAZIONI ESTERNE NON sono sinonimi. L’ufficio stampa è una delle FUNZIONI
delle relazioni pubbliche che si occupa di GESTIRE il RAPPORTO tra l’ORGANIZZAZIONE e i MEDIA. Il lavoro
dell’ufficio stampa è quello di VEICOLARE contenuti e informazioni ai giornalisti, agli opinion leader e al sistema
dei media per rafforzare l’immagine promuovere attività e progetti, ottenendo visibilità gratuita sui principali mezzi di
comunicazione.
La DIFFERENZA con la PUBBLICITA’ risiede nel fatto che la finalità dell’ufficio stampa è quella di ottenere
COPERTURA informativa sui diversi mezzi di comunicazione senza dover pagare attraverso la pubblicazione di
articoli redazionali, recensioni, interviste. La parte negativa risiede nell’IMPOSSIBILITA’ di PREVEDERE con
CERTEZZA il momento della PUBBLICAZIONE e di controllare il taglio e i contenuti dei messaggi che si intendono
veicolare.
Gli strumenti e le attività canoniche dell’ufficio stampa riguardano principalmente la COSTRUZIONE e
l’AGGIORNAMENTO della MAILING LIST dei giornalisti di settore, la realizzazione di comunicati stampa che
vengono inviati alle testate e di cartelle stampa che vengono distribuite in occasione di presentazioni e di conferenze
stampa.
Nel caso delle piccole case editrici, ad esempio, l’attività dell’ufficio stampa più classica consiste nel proporre ai
giornali o ai media l’opera per la classica recensione o citazione. Tuttavia con l’avvento di Internet molto spesso si
ricorre a forme dirette di promozione su un pubblico selezionato di librai e di potenziali acquirenti. In casi specifici si
organizza, inoltre, la cosiddetta ANTEPRIMA per la STAMPA, che consente di spiegare e di far visionare in anticipo e
in esclusiva ai giornalisti l’evento in condizioni privilegiate, spesso in presenza degli artisti e degli autori. Alcune
organizzazioni realizzano, infine, il cosiddetto PRESS TRIP(viaggio di familiarizzazione): si tratta di una visita a
un’organizzazione culturale, una produzione artistica, un atelier, organizzata per uno o più giornalisti, che consente di
verificare dal vivo le modalità di lavoro nel settore.
Nel panorama dell’informazione digitale, i BLOGGER specializzati nell’ambito artistico e culturale si stanno
rivelando dei preziosi interlocutori dell’ufficio stampa poiché spesso sono dotati di notevoli doti di opinion leadership
e i loro articoli sono seguiti da comunità anche molto ampie di lettori attenti e assidui
5.3.4 Il marketing non convenzionale
Il marketing non convenzionale, anche definito come GUERRILLA MARKETING, si sviluppa a partire dagli anni
ottanta e indica un insieme di tecniche comunicative NON CONVENZIONALI, a basso costo, che mirano a
PROMUOVERE un prodotto o un brand, attraverso l’utilizzo di ESPEDIENTI ALTERNATIVI, finalizzati a
sorprendere il pubblico e ad ATTIRARE l’ATTENZIONE dei media. La rottura degli schemi, serve a catalizzare
l’attenzione, a rendere memorabile un prodotto.
Si rivela particolarmente efficace nel caso di prodotti NUOVI, a elevato impatto emozionale e rivolti a un pubblico
prevalentemente GIOVANE e APERTO alle NOVITA’. Spesso l’attività di guerrilla si carica anche di significati etici
o di protesta nei confronti dei sistemi dominanti come nel caso del guerrilla gardening, in cui gruppi di ambientalisti
fanno incursioni nello spazio pubblico urbano trasformando aree verdi abbandonate in giardini fioriti.
Le possibilità e le varianti nel guerrilla marketing sono infinite. Tra gli strumenti più ricorrenti si possono citare lo
STICKERING, ovvero la DISSEMINAZIONE di adesivi in luoghi pubblici ad ALTA FREQUENTAZIONE per
promuovere un prodotto o un evento, così come gli interventi sulla SEGNALETICA URBANA, l’utilizzo dei
GRAFFITI e il FLASH MOB. Quest’ultimo consiste nella realizzazione di un vero e proprio evento che coinvolge
generalmente molte persone, che vengono radunate e invitate inscenare comportamenti; possiamo definirle vere e
proprie PERFORMANCE, fuori dalla norma e in luoghi pubblici.
Valencia Opera Festival
L’Opera di Valencia ha realizzato uno degli interventi di guerrilla e viral marketing più fortunati per diffusione e
qualità al fine di comunicare e promuovere verso nuovi pubblici la nuova stagione lirica in programmazione. È stata,
infatti, realizzata una performance nel mercato centrale coperto di Valencia in cui cantanti professionisti travestiti da
fruttivendoli e commercianti si sono messi a intonare arie d’opera popolari coinvolgendo una platea variegata.

5.4 Il marketing digitale e le potenzialità del Web 2.0


Siti internet, piattaforme di condivisione dei contenuti digitali, SOCIAL NETWORK, applicazioni per la telefonia
mobile si stanno rivelando ulteriori e sempre più promettenti opportunità per il marketing operativo delle
organizzazioni artistico-culturali. Ciò è dovuto per l’incremento costante della popolazione che NAVIGA in Internet,
dall’ampiamento della banda larga, dall’importanza assunta dal passaparola.
I siti web ISTITUZIONALI, stanno diventando molto più che semplici “VETRINE DIGITALI”, ma vere e proprie
piattaforme 2.0 entro cui poter DIFFERENZIARE la COMUNICAZIONE a target specifici. Molti siti, contengono
sezioni dedicate all’informazione generale sulla storia dell’istituzione, sulle attività, ma anche sezioni per la vendita di
prodotti, la prenotazione e l’acquisto di biglietti.
La FILOSOFIA di PROGETTAZIONE e di conseguenza l’INFODESIGN di un sito web culturale dovrebbero essere
improntati al rispetto di alcune qualità basilari: trasparenza, efficacia, mantenimento, accessibilità, multilinguismo,
attenzione. L’obiettivo principale è quello di lavorare sui contenuti per renderli INTERESSANTI, in quanto, se lo
sono nel sito web, lo saranno anche al di fuori.
Gli ultimi anni hanno visto l’imporsi dei social network come Twitter, Facebook nelle abitudini quotidiane di
comunicazione e di relazioni di un PUBBLICO sempre più AMPIO.
L’interazione con i contenuti artistici e culturali in un ambiente digitale viene classificata in 5 categorie:
 ACCESSO: ricerca delle informazioni, valutazione delle opportunità e delle alternative, pianificazione della
visita e delle modalità di partecipazione;
 APPRENDIMENTO: acquisizione di nuove competenze e conoscenze, approfondimento di temi e nozioni
prima o dopo la visita;
 ESPERIENZA: utilizzo coinvolgente, interattivo e immersivo dei contenuti artistici e creativi online;
 CONDIVISIONE: utilizzo di Internet per condividere contenuti, esperienze e opinioni;
 CREAZIONE : uso di Internet a supporto del processo creativo individuale e collettivo.
Dal punto di vista del marketing i social network permettono alle organizzazioni culturali di diversificare e
“alleggerire” la comunicazione tradizionale perché consentono una modalità più spontanea e diretta di relazione tra
istituzione e utente.
Esistono applicazioni SOFTWARE progettate per ANALIZZARE il PUBBLICO DIGITALE che frequenta siti web e
social network e che forniscono indicazioni molto interessanti per pianificare la strategia digitale: oltre ai dati
complessivi sul traffico web, possono essere rilevate le provenienze, il tempo di permanenza sulle diverse pagine, i
punti di entrata e di uscita e i termini utilizzati nei motori di ricerca.
Le applicazioni per la tecnologia mobile (utilizzabile dagli smartphone e dai tablet) rappresentano, infine, un’ulteriore
possibilità per promuovere in modo innovativo offerte culturali di varia natura, dal patrimonio artistico agli eventi
culturali come festival e attività di spettacolo.
Con sempre maggiore FREQUENZA, i musei, teatri, festival, utilizzano i più POPOLARI SOCIAL NETWORK per
COMUNICARE in modo più INFORMALE e DIRETTO con un pubblico di potenziali visitatori. Ma i social vengono
utilizzati anche per PROMUOVERE mostre, eventi e iniziative varie.

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