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FRANCIS
LA POSIZIONE DELL’AUTORE
Il nostro autore inizia la sua discussione relativa al summenzionato versetto, elencando le principali
difficoltà che lo accompagnano:
- la tradizione greca evidenzia due varianti a) l’omissione di ἐν dopo θέλων
- l’estrema rarità del verbo καταβραβευέτω, inteso da molti commentatori greci con il
significato di assegnare un premio ingiustamente, dai commentatori moderni come
equivalente di condannare e da altri, in una posizione più moderata, nel senso primario del
verbo βραβεύειν, col senso di privare, squalificare, usurpare;
- θέλων (ἐν) inteso da alcuni con senso avverbiale e quindi legato a καταβραβευέτω, da altri
collegato invece a ἐμβατεύων ed infine da altri studiosi ancora come un “Septuagintismo”;
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UMILTÀ E CULTO DEGLI ANGELI IN COL 2,18 DI FRED O. FRANCIS
iniziazione cui potevano essere indotti anche i Colossesi). Di contro altri studi fanno notare come
questo entrare sia inteso altrove, e dallo stesso Paolo, come metafora di un viaggio celeste. C’è sia
in Paolo (essere catturato/rapito) che nella teologia rabbinica (entrare) questa idea di una visio
estatica, di un viaggio nel cielo. L’entrare quindi non sarebbe la descrizione di un fenomeno
differente dall’ascendere.
Veniamo ora alla traduzione offerta dal nostro autore. Egli innanzitutto traduce καταβραβευέτω
con il termine squalificare. In questo contesto l’autore vuole comunicare il doppio senso di un
giudizio oggettivo dei lettori rispetto a coloro che si trovano nell’errore e un giudizio soggettivo che
ricade su quanti adottano lo stile di vita proposto da coloro che traggono in errore, e che possono
trovarsi anche tra i destinatari dello scritto.
Questa ambivalenza del testo, sembra confermata anche dalla traduzione scelta per il participio
θέλων. Dall’analisi della discussione su un valore avverbiale o assoluto, l’autore opta per una
traduzione avverbiale che confermi l’ambivalenza delle espressioni. Difatti traducendo con tenendo
a / piegandosi verso, si può pensare sia ad una forma di specificazione del tipo di giudizio dinanzi
al quale ci si trova, che ad un riferimento all’ambiente della comunità nel quale qualcuno potrebbe
correre il rischio di essere privato del premio di Cristo. Resta chiaro il legame tra ταπεινοφροσύνῃ
καὶ θρησκείᾳ τῶν ἀγγέλων rette da καταβραβευέτω.
Infine notiamo come il participio ἐμβατεύων sia tradotto come avverbiale con sfumatura temporale.
VALUTAZIONE CRITICA
La traduzione offerta dal nostro autore innanzitutto ha il vantaggio di mettere in rilievo il soggetto
μηδεὶς, senza per questo forzare la grammatica nell’analisi dei participi seguenti (resi tutti in senso
avverbiale). Proprio in relazione a due di questi participi (θέλων e ἐμβατεύων), evidenziamo le
maggiori novità. Sembra che, però, rendere il participio con tendendo a – piegandosi verso, anche
se nell’intenzione espressa dall’autore vuole essere un modo per mantenere ampio il quadro della
possibile squalifica, soprattutto in relazione ai suoi destinatari (dimensione oggettiva e soggettiva),
in realtà finisca per qualificare già negativamente ταπεινοφροσύνῃ καὶ θρησκείᾳ τῶν ἀγγέλων.
Al fine di mantenere davvero ampio lo sguardo, cosa che poi l’autore fa quando parla di una umiltà
non necessariamente negativa e anche di un culto angelico, con i riferimenti biblici corrispondenti,
ci sembra più opportuna la traduzione del participio con senso avverbiale di proposito (cfr. BDR
418,7). Questo rimanda l’attenzione al καταβραβευέτω che diventa transitivo→ “Nessuno vi
squalifichi”. È l’azione dello squalificare, del far perdere il premio ricevuto in Cristo, ad essere la
vera cosa negativa da cui i cristiani di Colossi devono guardarsi.
Molto interessante è lo studio fatto del participio ἐμβατεύων collegato con l’ambiente religioso-
culturale. Da qui risulta ragionevole, pensare che lo sviluppo semantico di ἐμβατεύω sia dovuto
all’uso popolare che ne veniva fatto nelle aree dalle quali provenivano le “delegazioni” templari di
Apollo. Ad ogni modo, come messo in evidenza dall’autore nella critica all’argomentazione di
Dibelius, un prestito di vocabolario non è sufficiente per affermare la presenza a Colossi di culti
misterici che, nella pratica, potessero tanto minacciare la vita della comunità.
La consapevolezza di questo retroterra culturale, e l’uso che Paolo ne fa in modo volontario (non
sarebbe la prima volta) mantenuto nella traduzione, permette di intravedere certamente la religiosità
degli avversari dietro la scelta di questo termine. Allo stesso tempo fa risaltare la necessità di una
interpretazione più ampia, quello che l’autore si sforza proprio di mettere in luce, fino alla
conclusione che: il vero pericolo è una riduzione della portata salvifica dell’unica mediazione del
Cristo.
GERARDO CERBASI
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