Sei sulla pagina 1di 5

Johann Drumbl

Culture, barriere, vincoli

In memoriam Claus Gatterer

Signor Presidente della Provincia Autonoma, Magnifico Rettore, Autorità, Signore e Signori,
l’inaugurazione dell’anno accademico è l’occasione per una riflessione sul proprio modo di operare
dell’Università, nonché sul suo rapporto con la società e con la cultura. Nel tempo concessomi mi
limiterò a brevi cenni sull’orizzonte del nostro lavoro evocando due momenti storici, uno lontano
nel tempo, l’altro più vicino, che ci possono servire come spunti per una riflessione sul problema
delle culture che convivono nello spazio della stessa terra.

San Candido, sito all’incrocio di due strade storiche che collegano l’Italia con la Germania, è uno
degli angoli più remoti dell’Alto Adige. Un posto di confine, il cui monastero era stato fondato nel
769 come roccaforte della missione delle popolazioni slave – propter incredulam generationem
Sclavorum ad tramitem veritatis deducendam si legge nell’atto costitutivo – e che oggi affascina i
visitatori per l’impatto estetico ed emotivo della sua sobria eleganza.
Non si conoscono molti documenti antichi liturgici provenienti dalle terre del Südtirol, e il codice
Canonici liturgical 341 della Bodleian Library di Oxford – il più antico libro liturgico di Innichen –
costituisce una fonte preziosa, quasi unica, che documenta la vita quotidiana culturale di un
monastero, ovvero di una chiesa collegiale quale era diventata Innichen nel 1125. Il codice apre
uno squarcio sulla vita culturale nell’alto medioevo.
A partire dal nono secolo per le grandi feste religiose dell’anno ecclesiastico i cantori usavano
abbellire i canti regolari della tradizione gregoriana, aggiungendo piccole composizioni proprie, i
cosiddetti “tropi”. Studiando i manoscritti liturgici medievali possiamo ricostruire i grandi centri di
produzione e le varie vie di diffusione di queste composizioni spurie. Il codice di Innichen, copiato
nel XII secolo rivela così antichi legami culturali del monastero. I tropi della tradizione più arcaica
cantati a Innichen sono di origine italiana. A Innichen venivano copiati infatti i tropi antichi con le
varianti testuali documentate soltanto a Verona, Mantova e Vercelli. Nel XI secolo, poi, in una
ondata più recente, Innichen recepiva l’influenza del grande monastero bavarese di Sant’Emmeram
di Ratisbona.
La cultura religiosa dell’alto medievo era fortemente caratterizzato da un “vincolo” che conservava
gli strati più antichi a scapito delle innovazioni. E’ la “legge della conservazione dell’antico nei
momenti liturgici salienti”.
Il nuovo veniva accettatto come arricchimento, come aggiunta ma non come sostituzione del
“vecchio”. Questo era il “vincolo” posto alla diffusione del nuovo in ambito liturgico. In questo
modo, l’influenza di Sant’Emmeram si esercita solo sulle feste ancora prive di tropi e non
sostituisce i tropi antichi. E il codice del XII secolo si rivela come documento singolare nel quale
coesistono elementi italiani accanto ad elementi tedeschi, dimostrando anche la storia pregressa dei
rapporti culturali antichi del monastero.
Il documento liturgico più antico è una testimonianza di antichissimi legami culturali tra l’Italia e le
valli più remote del Südtirol – un secolo prima che, in quell’ambito, si facesse sentire l’influenza
culturale proveniente dal Nord.
Vorrei ricordare un altro esempio medievale, che riguarda anche le lingue. I copisti del manoscritto
forse più famoso del Mediovevo, il codex Buranus che ci ha trasmesso, appunto, i famosi Carmina
burana, hanno trascritto assieme alle canzoni in latino anche canzoni in lingua tedesca – un tedesco
filologicamente riconducibile al tedesco parlato in Alto Adige. Dunque questo codice famosissimo
è stato copiato dalle nostre parti!
Il Buranus è nato come operazione culturale plurilingue. E’ pur vero che si tratta di canzoni
tedesche per lo più di fattura artigianale, da festa paesana piuttosto che da alta corte, per intenderci.
Prese isolatamente queste composizioni della cultura bassa certamente non sarebbero state
considerate degne di essere conservate sulla pergamena.
Ma c’è un altro aspetto, altrettanto importante. L’operazione culturale plurilingue serviva da
protezione anche alle prestigiose canzoni latine. Infatti, nel Buranus sono conservate alcune tra le
più belle liriche latine del medioevo europeo, non documentate altrove. Questi capolavori della
cultura dominante sono pervenuti a noi solo perché in un certo momento si erano trovati in un
ambiente plurilingue che ha reso possibile la loro conservazione sulla pergamena assieme alle
canzoni tedesche, culturalemente molto più povere.
Vorrei tirare le somme: I nuovi tropi, quelli di Sant’Emmeram, venivano trascritti perché nel
monastero locale esisteva già la tradizione – giunta dall’Italia settentrionale – di abbellire la liturgia
con queste piccole composizioni. In altri momenti queste aggiunte venivano infatti scartate.
Senza il vincolo della conservazione della tradizione antica, forse, la proposta culturale nuova non
sarebbe nemmeno stata recepita. Il nuovo non poteva soppiantare il vecchio ma ha trovato
protezione, per così dire, nella presenza delle composizioni più antiche ormai consolidate nelle
tradizioni della chiesa locale.
Senza il vincolo della co-presenza delle due lingue nel Buranus, il codice non sarebbe nemmeno
nato e e alcune tra le più belle poesie latine del medioevo sarebbero andate perdute per sempre. Il
tedesco, la lingua più debole, è servito da supporto al salvataggio delle poesie nella lingua più forte.

2
La tradizione prestigiosa e culturalmente dominante si arricchisce, approfittando della presenza
dello strato culturale più debole – questo è il messaggio che ci giunge dai documenti medievali
altoatesini.
In ambedue i casi sono tuttavia evidenti anche i vantaggi per i testi della cultura più debole.
In ambito culturale i vincoli sono necessari, anzi, la cultura altro non è che l’insieme dei vincoli che
una comunità accetta e rispetta.
A differenza dei processi anonimi o storici o comunque fuori dalla nostra portata, determinati da
vincoli, noi siamo chiamati a operare una scelta a favore dei dati inerenti alla nostra cultura che è
l’insieme dei vincoli.
Testimoni di eccellenza di questo concetto di cultura come vincolo sono gli artisti e gli scrittori.
Basti ricordare il detto di Goethe nella lettera ai giovani poeti: “Non vi è prescritta alcuna norma,
pertanto dovete darvene una voi stessi.”
Il lavoro creativo ha bisogno di vincoli e spesso è proprio l’accettazione libera del vincolo che fa
scattare la creatività.
Nel suo libro Die Wiederholung Peter Handke ha dato l’esempio di una ricerca delle origini
scavalcando i confini linguistici, questa volta tra il tedesco e lo sloveno, in un viaggio che porta il
protagonista dal paese di confine della natia Carinzia al carso sloveno sopra Trieste.
Durante il viaggio si concretizzano sempre più le esperienze linguistiche con lo sloveno fatte
tramite un quaderno di appunti sulla coltivazione della frutta scritto dal fratello maggiore del
protagonista – di cultura slovena – e con l'aiuto di un dizionario bilingue sloveno-tedesco
dell’Ottocento. Dalla parola isolata sulla pagina, il protagonista giunge alla conoscenza sensoriale
delle cose e del linguaggio. Superando l'apparente ostilità dell'ordine alfabetico, egli scopre che le
parole, che gli si presentano come Ein-Wort-Märchen, “favole di una sola parola”, veicolano
qualcosa che è strettamente legato alla sua esperienza esistenziale:
“Ma il lettore non prendeva posizione per l'altra lingua contro la sua propria? Attribuiva soltanto
allo sloveno, e non al suo tedesco, quella virtù magica di una sola parola? - No, erano le due lingue
insieme, le parole sole a sinistra e le perifrasi a destra, che segno per segno curvavano, angolavano,
misuravano, contornavano, erigevano lo spazio. Che scoperta gratificante che ci fossero lingue
diverse, che pienezza di senso la confusione babelica delle lingue che si vuole così distruttrice! La
torre, in segreto, non era stata infatti costruita, e là, ariosa, non arrivava appunto a toccare un
cielo?”
Certo, questo viaggio alle radici della propria esistenza scoprendo la lingua del vicino e nel
processo anche la propria madrelingua, è una finzione letteraria. Per ricordarcelo basta la scoperta
che i brani citati dal libello del fratello sloveno sulla coltivazione della frutta in realtà sono citazioni
riprese da un classico della letteratura latina, dall'Arte dell'Agricoltura di Lucio Columella.

3
Lo scrittore vive la propria esistenza sotto il dominio di un vincolo a lui proprio. Gli manca la
parola, ovvero, gli manca la parola giusta. Come osserva Valéry, “Il vero scrittore è un uomo che
non trova le parole che gli servono. Allora le cerca e cercandole ne trova di migliori.”
Senza tale vincolo lo scrittore troverebbe la parola che abbiamo sulla bocca tutti noi.
Vorrei concludere con un ricordo di un autore sudtirolese che ho imparato a conoscere e ad
apprezzare, Franz Tumler. Tumler ha scritto un romanzo importante della ricerca di se stesso e
delle proprie radici sudtirolesi. Il protagonista del romanzo Aufschreibung aus Trient è più anziano
del giovane protagonista del libro di Handke e la sua scoperta riguarda la propria esistenza e la
socializzazione nel paese dalle due culture.
Culture, barriere, vincoli.
Per capire se qualcosa che incontriamo nella nostra vita sia da intendere come barriera – negativa –
oppure come vincolo – positivo – bisogna provarci, bisogna accettare il vincolo, supponendo che si
tratti appunto di un vincolo e non di una barriera. E come faccio a sapere che cosa mi aspetta?
Forse, la qualità nascosta dei vincoli sta proprio nel fatto che non possiamo sapere in anticipo la
riposta a questa domanda. Bisogna rischiare. Bisogna mettersi in viaggio, oltrepassando il confine
tra la Carinza e la Slovenia, come il giovane nel romanzo di Handke, oppure sfruttare bene
l’interruzione forzata del viaggio a Trento, come succede al protagonista del romanzo
Aufschreibung aus Trient. Nella situazione “critica” della vita vissuta al confine, la massima che
sembra regolare egregiamente le aspettative dell’uomo non è più sufficiente. “Quantum potes,
tantum aude” (“Puoi osare quanto ti riesce di osare” – “Soviel du kannst, soviel sollst du wagen”),
la massima ripresa dall’inno Lauda, Sion, Salvatorem di San Tommaso, ricordata anche da Valéry,
segna i limiti ristretti degli sforzi umani.
In momenti eccezionali questi limiti non vanno rispettati.
Lo dice anche Tumler in una stupenda analogia tra creatività letteraria e comportamento etico. Al
suo saggio Wie entsteht Prosa Tumler fa precedere un’epigrafe ripresa dal poeta inglese John
Donne che vorrei ora ri-tradurre nel mondo della vita quotidiana, dove queste parole diventano una
guida per le nostre scelte individuali.
To find out what you cannot do then go and do it: There lies the golden rule. La regola d’oro è di
andare alla ricerca di quel che non si è in grado di fare – e poi andare e farlo.

Pubblicato in: “ff”- Südtiroler Wochenmagazin, 50, 12. 12. 2002.

jdrumbl@unibz.it

4
Culture, barriere, vincoli

In memoriam Claus Gatterer

Abstract

Nach einem Blick auf die älteste kulturelle Überlieferung in Südtirol, bei dem sich zeigt, dass im
Nebeneinander zweier Kulturen, einer „schwächeren“ und einer „stärkeren“, „dominierenden“,
immer beide zugleich profitieren – vor allem die stärkere! – habe ich zwei exemplarische Momente
der Literatur erwähnt: Peter Handke, der im Roman „Die Wiederholung“ seinen jungen
Protagonisten auf die Suche nach sich selbst auf die Reise schickt. Der junge Kärntner aus dem
zweisprachigen Grenzgebiet erreicht sein Ziel mit Hilfe eines alten Wörterbuchs Slowenisch-
Deutsch, das ihm die Augen und Ohren öffnet für die Sprachen, die ihm beide zusammen –
zusammen! – zur existenziellen Erfahrung seiner Heimat verhelfen. Der zweite Zeuge ist Franz
Tumler, dessen erzählerisches Werk in zentralen Punkten die „Versöhnung“ der beiden Kulturen
seiner idealen Heimat Südtirol zum Gegenstand hat. Seiner poetologischen Untersuchung „Wie
entsteht Prosa“ stellt Tumler als Motto das Wort von John Donne voran, To find out what you
cannot do then go and do it: There lies the golden rule, Worte, die wir aus dem Kontext der Poetik
ins Leben zurückübersetzen dürfen: Die goldene Regel ist, herauszufinden, was man nicht tun kann
– ich ergänze: was man nicht gestatten, was man nicht vergessen kann – To find out what you
cannot do – um dann hinzugehen und es zu tun, then go and do it.

Potrebbero piacerti anche