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classe?
M O D E L L I E
P A R A D I G M I
T E O R I C I
Raccoglie video di lezioni in classi negli Stati Uniti per comprendere le strategie più efficaci:
Il modello di Jacob Kounin (1971)
• Presenza efficace - modalità ecologica di gestione
Insegnante conosce in ogni momento ciò che accade in classe della classe -
Gli allievi sentono di avere di fronte un docente che li sa osservare
• Slancio e scorrevolezza
• Effetto onda
• Gli allievi hanno bisogno sentire di avere di fronte un docente in grado di osservarli
e capirli, in quanto previene comportamenti inadeguati e permette un intervento
educativo mirato e immediato.
Slancio e scorrevolezza
• Slancio iniziale capacità dinamica nel «lanciare» la lezione, che ha forte impatto
sulla motivazione. Slancio iniziale nell’affrontare i nuovi argomenti del
programma per catturare l’interesse degli alunni, con modalità risolute e
coraggiose. Gli studenti hanno bisogno di essere convinti che il proprio
insegnante «crede» in quello che sta proponendo; d’altro canto, il docente deve
trasmettere passione per quello che sta facendo.
Strategie
riconoscimento da parte degli altri
alternative
continue ingiustizie da parte dei
compagni e docente
• Scoraggiamento
STRATEGIE
• Comprendere atteggiamento errato
• Rendere esplicite le ragioni
RUOLO DOCENTE • Controllo delle proprie emozioni
• Stile autocratico • Osservare reazioni emotive studente
• Evitare escalation conflitto
• Stile permissivo • Prendere posizione (ignoramento non sempre
• Stile democratico funziona)
• Incoraggiamento vs elogio
Il modello di William Glasser
• La qualità della scuola passa attraverso quella dell’insegnamento
• guida e orienta il percorso formativo degli studenti • Conoscere le regole della classe
Assertività = Capacità di farsi valere con la persuasione, orientando le • Conoscere le conseguenze delle proprie azioni
Catarsi e liberazione
Fornire informazioni
corrispondenza tra
messaggio verbale e non verbale
• Contenimento intenso
• Carpire la fiducia
«Gli insegnanti prendono ogni giorno circa 500 decisioni di conduzione della realtà di classe, che rende il loro lavoro secondo solo come complessità e stress a quello dei controllori del traffico
aereo»
• Organizzazione della classe (ambiente fisico, aula, sistemazione banchi, posizione della cattedra) insegnante deve poter raggiungere l’allievo nel più breve tempo possibile.
Controllo prossimale
Contatto oculare
Espressioni facciali
Segnali e gesti
Respirazione
• incentivi che facciano leva sulla possibilità dei bambini/e di scegliere liberamente delle attività
Il modello di Alfie Kohn (1993)
Puniti dalle ricompense?
Alfie Kohn, autore di numerosi libri sull’educazione, la genitorialità e il supporto all’apprendimento, muove una
revisione critica della gestione comportamentale del bambino. Evidenze di ricerca mostrano chiaramente come le
ricompense, tangibili o verbali, siano una modalità di manipolazione del comportamento che limita, se non
addirittura azzera, il potenziale autentico di apprendimento.
Ricompense/punizioni
• La punizione è distruttiva. Anche se la si definisce “conseguenza logica”….risulta essere una modalità per far fare
cose al bambino invece che lavorare con il bambino.
• Ricompense e punizioni sono entrambi modi di manipolazione del comportamento. È controproducente dire ai
ragazzi “Fai questo altrimenti io farò quest’altro” così come dire “Fai questo e otterrai quest’altro“. Questo processo è un
“controllo attraverso la seduzione”.
• Essendo meccanismi di controllo, a lungo termine sono entrambi a rischio di essere vissuti dal bambino come esperienze
avversive. Il motivo è semplice: un bambino può volere la ricompensa di per sé, ma nessuno di noi ama vedere i propri
desideri utilizzati come manipolatori per controllare il nostro comportamento. È la contingenza del premio – “Fai questo e ti
darò quest’altro” – a testimoniare il suo intento globalmente punitivo.
• Le ricompense sono tanto più dannose quanto l’attività è di per sé intrinsecamente motivante per il bambino. Introducendo una
motivazione estrinseca, si perde la spinta motivazionale intrinseca verso quella attività. Piuttosto, bisognerebbe
valutare l’attività stessa, il contenuto del programma che si presenta, e provare a renderlo più coinvolgente.
Indipendentemente da cosa facciamo, una delle evidenze più ricorrenti della psicologia sociale è che più si viene
ricompensati per fare qualcosa, meno interesse avremo per quella attività.
• Ci sono molti studi che mostrano come i motivatori estrinseci – inclusi i buoni voti, le lodi e le altre ricompense –
non solo sono estremamente inefficaci a lungo termine ma diventano addirittura controproducenti sui processi
più profondi: motivazione all’apprendimento, impegno. Molti studi indicano anche come l’offrire ricompense in
attività che richiedono problem solving e creatività – o ricompensare per raggiungere buoni risultati – porti a una
qualità più bassa del lavoro svolto rispetto alla prestazione di persone che non hanno ricevuto ricompense
estrinseche.
Il modello di Alfie Kohn (1993)
• Ciò che serve ai bambini sono programmi coinvolgenti e un’atmosfera valorizzante e accogliente in cui poter dar sfogo al loro
naturale desiderio di scoperta.
• Molto spesso gli educatori utilizzano la parola “motivazione” per indicare invece la compliance. Non è possibile motivare dall’esterno qualcun
altro, per cui trattare la questione in questo modo significa in realtà parlare di strumenti di controllo.
• Inoltre, la motivazione è l’elemento di partenza dei nostri bambini, che sembra scemare nel momento esatto in cui iniziano ad apparire
i voti accademici.
LODI…elementi critici in quanto ricompense intangibili.
• Il feedback positivo che viene percepito come un’informazione (hai fatto un buon lavoro!) non è dannoso di per sé e può essere in realtà
costruttivo, parlando dal punto di vista educativo. L’incoraggiamento – l’aiutare le persone a sentirsi apprezzate affinché il loro interesse nel
compito sia raddoppiato – non è necessariamente una cosa negativa. Ma molte delle lodi date ai bambini arrivano in forma di
ricompensa verbale (ELOGIO) che può invece avere lo stesso impatto negativo delle altre modalità di ricompensa: se vengono
percepite come controllo, plasmano la relazione tra adulto e bambino – e tra i bambini stessi – minando l’interesse autentico.
“A me piace Cecilia che sta seduta composta e attenta“.
• Innanzitutto, è facile immaginarci che qualche bambino vada da Cecilia, dopo la lezione, per chiamarla “cocca della maestra”. In secondo
luogo, l’insegnante ha trasformato un’esperienza di apprendimento in una questione di vittoria. Ha introdotto la competizione nella classe
e quindi adesso il punto è vedere chi è il più composto, il più attento, il più silenzioso – e il resto della classe finisce
dimenticato. Terzo punto, è un’interazione manipolativa. L’insegnante finge di parlare a Cecilia ma in realtà sta usando Cecilia per
manipolare il comportamento degli altri in aula – e si tratta di qualcosa di spiacevole da fare verso gli altri. Quarto punto, e
probabilmente il più importante, vorrei si riflettesse sulla parola usata dalla maestra in quell’espressione. Credo che sia il soggetto utilizzato,
“a me“. Ammesso anche che una pratica simile funzioni, ha funzionato solo nel portare la classe a preoccuparsi di cosa piace a me, senza
considerare le ragioni per cui avrei chiesto a Cecilia di fare o non fare qualcosa. Cecilia non è aiutata di una virgola nel riflettere su come la
sua esperienza abbia un impatto su quella degli altri in classe o su che tiipo di persona vuole essere.
Il modello di Alfie Kohn (1993)
• in un ambiente dominato dalle conseguenze, i bambini sono portati a pensare “Cosa vogliono che faccia e
cosa mi succede se non lo faccio?” e ancora “Cosa ottengo se lo faccio?“. Come educatori dovremmo invece
incoraggiare domande “Come vorrei che fosse la mia classe?” e “che insegnante voglio essere?”.
• E per gli alunni con minor successo? Molti educatori sentono di dover lodare maggiormente
questi bambini, in quanto hanno bisogno di sentirsi lodati anche per i più piccoli progressi.
Nessuna evidenza supporta l’idea che lodare i bambini per i progressi nelle abilità stabilite dall’adulto, li
aiuti a sviluppare un senso di competenza. Al contrario, lodare per il successo in compiti
relativamente semplici porta i bambini a non sentirsi tanto svegli. Generalmente, più
spingiamo il bambino a fare qualcosa per la ricompensa, che sia tangibile o verbale, più
vedremo una diminuzione del suo interesse alla prossima occasione. Ciò è dovuto in parte
perché la lode, o la ricompensa, è di per sé uno strumento di controllo, ma anche perché
induce il bambino a pensare “mi premiano perché dev’essere un’attività che non dovrebbe piacermi,
altrimenti non mi darebbero premi o complimenti“.
Il modello di Alfie Kohn (1993)
• Tutti vogliamo essere apprezzati incoraggiati e amati. La domanda è se questo bisogno deve
necessariamente prendere la forma di una pacca sulla spalla che ci dice “bravo ragazzo” .
• Molti adulti hanno difficoltà nell’autovalorizzazione e dipendono largamente dal riconoscimento esterno del valore
delle proprie attività e risultati. È questa la conclusione logica dell’esser stati educati con le lodi. È tempo di trovare
modalità più rispettose e stimolanti per condividere la nostra opinione piuttosto che una quantità di ricompense
verbali.
• Mi colpiscono spesso gli insegnanti che vengono da me e mi dicono “Non capisci l’ambiente che hanno a casa
questi bambini; a volte hanno esperienze di abuso o negligenza e tu mi dici di non lodarli?“, la mia risposta è “sì“.
• Ciò di cui hanno bisogno questi bambini è il supporto incondizionato, l’incoraggiamento e l’amore. La
lode non solo è un qualcosa di diverso ma spesso è l’opposto. La lode veicola il messaggio “salta nel
cerchio come ti dico di fare, e ti dirò quanto sei bravo e sono fiero di te” . Naturalmente, parlando di feedback
positivo si tratta di sfumature, giusta enfasi e comunicazione concreta. Non si tratta di voti, stelline
dorate, esclamazioni o premi.
• Uno dei miti che alimentiamo è che intorno alla nostra testa ci sia un’entità singola chiamata “motivazione” e che
ciascuno di noi ne possegga di più o di meno. E che naturalmente l’obiettivo sia aumentarla attraverso le lodi,
le stelline dorate, i voti accademici, i premi e il gelato. La verità è che ci sono modalità qualitativamente
diverse di motivazione. Occorre smettere di chiedersi “Quanto sono motivati i miei alunni?” e chiedersi
piuttosto “Come sono motivati i miei alunni?”.
Il modello di Alfie Kohn (1993)
Cosa suggerisce in alternativa?
• La Comunità: dobbiamo supportare l’apprendimento cooperativo ed aiutare i bambini a sentirsi parte di un ambiente
sicuro in cui possono sentirsi liberi di preoccuparsi uno dell’altro e in cui non vengano manipolati dall’adulto per
condividere e comportarsi bene
• La Scelta: assicuriamoci che i bambini siano incoraggiati a pensare a ciò che fanno, verso chi e perché. I bambini
imparano a fare la scelta giusta non seguendo indicazioni ma sperimentando la presa di decisione.
Se una scuola segue autenticamente questi tre principi, creerà un ambiente in cui non servono affatto
punizioni e ricompense.
Kohn (2010) suggerisce proprio il passaggio dalla logica dei premi e delle punizioni a quella dell’amore e
della ragione.
Il modello di Robert J. Marzano
• L’insegnante può avere una profonda influenza sull’apprendimento dello studente anche
in quelle scuole che sembrano decisamente inadeguate a portare a termine il loro
compito.
• Le ricerche indicano che, in media, gli insegnanti, che sono in grado di ottenere un’alta
qualità nelle relazioni interpersonali con i loro studenti, hanno in un anno scolastico il
31% in meno di problemi disciplinari, di regole violate e di questioni ad esse collegate
rispetto agli insegnanti incapaci di instaurare con i propri allievi un’alta qualità di
relazioni interpersonali.
Il modello di Robert J. Marzano
Esibire livelli Stabilire aspettative Dominanza
appropriati di e conseguenze attraverso
dominanza chiare l’insegnamento
• Stabilire aspettative • Fissare regole e • Attività idonee
e conseguenze procedure chiare • Chiari obiettivi
chiare • Avvisare gli allievi • Rimandi efficaci
• Stabilire chiari sulle inevitabili sull’impegno
obiettivi conseguenze dei • Ricordare
d’apprendimento loro atteggiamenti frequentemente le
• Esibire un attese
comportamento • Feedback sui
positivo risultati
Il modello di Robert J. Marzano
suggerimenti
Il modello di Nicholas J. Long
Gestione classe
Azioni insufficienti e
Alunni difficili Apprensione docente (autoritario vs. preparazione docente
permissivo) inadeguata
Le questioni educative
riguardano il docente
NO l’allievo
Il modello di Nicholas J. Long
La condotta, le abilità e la
personalità del docente
influenzano direttamente
• Favorire lo sviluppo di valori finalizzati alla convivenza democratica e indirettamente i
comportamenti in classe
• Attivare locus of control interno (coinvolgere i ragazzi nelle decisioni educative) degli studenti. Gli
eventuali problemi
• Strategie educative in grado di prevenire comportamenti inadeguati (per prevenire le
comportamentali sono
situazioni che creano stress) conseguenza
• Strategie educative in grado di intervenire sui comportamenti inadeguati dell’incompetenza
educativa del docente
CICLO CONFLITTUALE
• Il conflitto ha origine dall’autostima del
soggetto e dalle sue convinzioni
• L’evento scatenante è solo
apparentemente esterno.
• La reazione violenta ha origine dalle
dinamiche interne dello studente
• Gli stati emotivi condizionano le
risposte comportamentali
Life space crisis intervention
1. Crisi (narrare la crisi)
2. Ricostruzione (ripercorrere le fasi)
3. Fatto principale (individuare la causa)
4. Visione (prendere coscienza)
5. Nuovo atteggiamento (suggerire modalità adeguate)
6. Esperienza concreta (reintegrare nel gruppo classe)
L’insegnante in questo contesto formativo è
Brophy(1997)
autoritario, informativo e non di controllo
• Dare sempre le ragioni delle direttive
impartite.
Le classi che funzionano bene sono il risultato di sforzi incessanti dell’insegnante per creare, mantenere e
(solo in particolari occasioni) ripristinare le condizioni che sviluppano l’apprendimento.
• Presentare le alternative auspicate.
• Dimostrare il proprio rammarico.
I punti del modello di Brophy:
• Assistenza individualizzata
• Organizzazione e pianificazione accurata della vita di classe.
• Lo spazio deve essere attentamente spartito in settori utili alle varie attività educative.
• Gli strumenti didattici da usare devono essere di facile utilizzo da parte degli allievi in modo tale che
possano essere spostati all’occorrenza in breve tempo.
• Gli spostamenti nella classe devono essere sollecitati per permettere la comunicazione più efficace e
lo scambio di informazioni.
• L’autocontrollo personale deve essere assunto come uno dei maggiori pilastri di un lavoro di classe.
«La prevenzione è la chiave per una gestione efficace della classe ed è necessario che
l’insegnante, fin dall’inizio dell’anno, renda progressivamente esplicite le regole, routines
e norme, che saranno utilizzate all’interno di quel particolare gruppo classe.»
Conclusioni
1. La gestione della classe dovrebbe basarsi su solide conoscenze derivate dalle teorie e dalle
ricerche sulla gestione e sui bisogni degli allievi personali e psicologici
2. La gestione della classe è determinata dalle relazioni positive tra insegnante-allievo e dalle
relazioni significative tra pari che creano la classe come comunità di supporto
3. La gestione della classe comporta l’utilizzo di metodi di istruzione che facilitano l’ottimizzazione
dell’apprendimento soddisfacendo i bisogni di studio dei singoli e dell’intero gruppo classe.
4. La gestione della classe implica l’utilizzo di metodi di conduzione di gruppo che coinvolgono gli
allievi: essi sono i protagonisti del loro sviluppo e concorrono a stabilire standard di
comportamento che aiutano a creare una comunità carica di calore e di attenzioni
5. La gestione della classe sottintende l’uso delle abilità di counseling e di metodi comportamentali
che sollecitano gli studenti ad esaminare e correggere i loro comportamenti inappropriati.