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AVVIAMENTO ALLA PEDAGOGIA

INTRODUZIONE
La pedagogia è una disciplina che riguarda lo studio dell'educazione (pedagogo → guida), il suo significato di
oggi deriva da Kant che la intendeva come parte della filosofia che fa la teoria dell'educazione.
Oggi con essa si fa riferimento all'apprendimento → l'educazione consiste nell'apprendere qualcosa; e alla
comunicazione → si apprende qualcosa di nuovo a scuola quando un insegnante ce la comunica.
Esistono diversi concetti di educazione:
- EDUCAZIONE FAMILIARE: azione consapevole o inconsapevole con cui la famiglia introduce i nuovi
nati alla vita familiare.
- EDUCAZIONE SCOLASTICA: attività che riguarda materie che è difficile apprendere.
- EDUCAZIONE PERMANENTE: un individuo non smette mai di fare nuove esperienze.

APPRENDIMENTO: aspetto dell'educazione per l'educando.


COMUNICAZIONE: aspetto che ha l'educazione per l'educatore.

CAPITOLO 1 : L'EDUCAZIONE COME APPRENDIMENTO

Rapporto stretto tra apprendimento e la vita, apprendono anche gli animali.


Per tutti è importante evitare scelte sbagliate che metterebbero a rischio la propria vita e che una scelta
giusta sia ricordata e all'occorrenza ripetuta.
Ricordare e ripetere una scelta vuol dire averla appresa (scienza = caso più alto di apprendimento per prove
ed errori).

• Come si apprende: secondo i comportamentisti alla base dell'apprendimento vi è il comportamento; il


cambiamento di comportamento si ottiene attraverso tentativi errati e caratteri in base al risultato (legge
dell'effetto → sbagliando corregge le mosse sbagliate e si ripete quelle giuste). Per i comportamentisti
l'apprendimento veniva osservato dal rapporto S-R.

• Apprendimento: la mente elabora percezioni sensoriali in immagini (un certo numero di percezioni
elaborate ci dà l'immagine di un gatto); se le immagini di gatti si ripetono, la mente coglie i caratteri generali
e crea il concetto di gatto. Se qualcuno in prossimità delle medesime immagini pronuncia “gatto”, la mente
associa questa parola prima alle immagini, poi al concetto di gatto.
TEORIA COMPORTAMENTISTA: l'apprendimento viene considerato solo nei limiti di osservazione: il
cervello è una scatola nera.
TEORIE COGNITIVISTE: si occupano di capire ciò che accade nella mente, fanno ipotesi e cercano
conferme; il cervello funziona come il PC → l'apprendimento è il risultato di una elaborazione delle
informazioni.
TEORIE COSTRUTTIVISTE: la mente apprende integrando ciò che già sa.

• Apprendimento ed esperienza: esperienza intesa come agire nell'ambiente fisico e reagire ad esso
(respirare, nutrirsi).
APPRENDIMENTO PER DEWEY: L'apprendimento è la costante riorganizzazione della nostra
esperienza.

• Apprendimento e memoria: non c'è apprendimento senza memoria → quando si impara per tentativi ed
errori bisogna ricordare i tentativi sbagliati per non ripeterli (esiste: MBT, MLT e memoria di lavoro).
Quando il tentativo riesce: la gratificazione che segue aiuta a fissare in memoria il comportamento
scelto in modo da poterlo ripetere all'occorrenza.
Quando il tentativo fallisce: la frustrazione che segue ci induce a scartarlo per non ripeterlo.
• Motivazione e scelta: apprendimento connesso alla vita perché serve a sopravvivere e la sopravvivenza è
la motivazione dell'apprendimento.
Apprendere: ricordare e ripetere le scelte giuste. Si apprende quando si è motivati a fare scelte che
soddisfano una nostra motivazione.
Importante per la pedagogia è la libertà dell'educando: ogni essere umano alla nascita è capace di
agire secondo proprie motivazioni; ci sentiamo liberi perché scegliamo come pensare e agire.
Quando si parla di libertà dell'educando si vuole affermare che chi apprende qualcosa lo fa
spontaneamente per un processo interiore che magari semina errori, ma che poi da dei risultati.

• Apprendimento ed emotività: l'apprendimento essendo caratterizzato da errori e successi è caratterizzato


da gratificazioni e frustrazioni (emozioni) → motivazione.

• Apprendimento e buona educazione: per ogni persona l'apprendimento buono (buona educazione) è
quello che consente di integrarsi nell'ambiente e nella società in cui nasce. Un'educazione è buona se le
conoscenze e i criteri morali che trasmette concordano con quelli della società in cui l'educando deve
vivere.

CAPITOLO 2 : L'EDUCAZIONE COME COMUNICAZIONE

• Il processo comunicativo: alla base della comunicazione c'è il linguaggio che domina anche la
comunicazione didattica. Il processo comunicativo è formato da messaggi che passano da un Emittente
(insegnante) ad un Ricevente (allievo) attraverso un canale. L'insegnante quando fa lezione codifica i
concetti che vuole comunicare in messaggi e li comunica attraverso il canale degli allievi, i quali devono poi
ritradurre le parole ricevute in concetti.
• Le forme della comunicazione educativa:
Bruner distingue tre modi di ottenere l'apprendimento:
- OPERATIVO → si impara qualcosa facendola.
- ICONICO → si impara cos'è un oggetto o un azione guardandole in immagini (icona).
- SIMBOLICO → si impara ascoltando le parole in quanto simboli delle cose.

• La difficoltà della comunicazione educativa: l'insegnante codifica le idee che vuole trasmettere in parole
o frasi, ma quando il messaggio è stato emesso nascono altre difficoltà: si tratta di tutti quei fenomeni
fisio-psicologici che ostacolano la ricezione del messaggio da parte degli allievi e riducono/annullano la
ricezione del messaggio → rumore sul canale.

• Dalla comunicazione al dialogo e al lavoro comune: ogni allievo riorganizza la propria esperienza e riesce
a costruire una sua produzione personale e autonoma; l'insegnante che non può sapere cosa gli allievi
hanno percepito della sua comunicazione deve trovare un modo per verificarlo, così nasce l'integrazione:
l'allievo deve comunicare all'insegnante ciò che ha capito, la sua rielaborazione dei concetti. L'allievo è
destinatario della comunicazione dell'insegnante ma anche quella dei compagni.

• La comunicazione scritta: quanto detto per la comunicazione orale vale anche per quella scritta. L'allievo
non può comunicare con l'autore e quindi instaurare un dialogo. I libri contengono spesso messaggi e
concetti difficili per l'allievo e l'insegnante ha il compito fondamentale di aiutarlo.

CAPITOLO 3 : RAPPORTO E PROCESSO EDUCATIVO

• Dalla centralità del maestro alla centralità dell'educando: l'efficacia dell'educazione dipendeva
dall'abilità del maestro, gli allievi erano semplici destinatari. Col tempo l'attenzione andava spostandosi
sempre più sul fanciullo; la svolta si ebbe con Comenio e Rousseau: l'educando passa al centro del rapporto
educativo realizzando quella che fu chiamata rivoluzione copernicana, quindi l'azione del maestro è
obbligatoria ad informarsi ai suoi bisogni e interessi. Si sviluppano quindi le teorie “puerocentriche”.
• Rapporto educativo oggi: in Italia la pedagogia aveva evitato un esito del genere. Gentile parla del
rapporto educativo come un incontro di due anime alla pari. Anche negli Stati Uniti, la pedagogia di Dewey
evitava il puerocentrismo; per lui si parla di mastro e allievo solo in ambito educativo, al di fuori di esso
sono semplicemente un uomo ed un ragazzo. Oggi si considera educando ogni essere umano che dispone di
un processo di apprendimento per soddisfare la sua esigenza di integrarsi nel mondo.

• Il rapporto tra autorità e libertà dell'educazione: un bambino piccolo apprende tutta la giornata e la
guida dei genitori gli occorre quando non può fare da se; realizza la sua condizione di libertà: è motivato ad
apprendere e sceglie cosa apprendere a seconda degli interessi del momento, ma ci sono delle cose che non
conosce e che deve imparare per vivere. Il rapporto educativo diventa conflittuale: conflitto tra libertà
(educando-bambino) e autorità (educatore-genitore) che deve imporsi, non può rimanere ad educarlo. A
scuola si ha una disciplina buona quando la libertà degli allievi non è costretta ma è valorizzata dall'autorità
del mastro.

• Conflittualità del rapporto educativo e scuola di massa: da quanto è stata aperta a tutti, è diventata una
scuola di massa. Il rapporto educativo è potenzialmente conflittuale perché la libertà degli allievi è
espressione di interessi diversi da quelli che deve trasmettere la scuola. È compito dell'insegnante integrare
gli opposti interessi. Spesso i ragazzi provengono da ambienti con valori, mentalità diverse da quella degli
insegnanti e su di essi la cultura ha poca presa; il conflitto può sfociare nel rifiuto della scuola e degli
insegnanti.

• Il processo educativo dalla teoria alla realtà: la teoria coincide con la realtà fin quando si parla di
educazione familiare, quando si tratta dell'educazione della scuola le cose cambiano: l'apprendimento che
in famiglia avviene naturalmente, a scuola l'insegnante deve ottenerlo artificialmente.

• La concezione disciplinare del rapporto educativo: per gli insegnanti concedersi troppo sugli interessi
dell'allievo sia un rendergli facile la vita; la cultura richiede impegno. Quando qualcosa interessa ci si
impegna al massimo. Dewey sosteneva che l'apprendimento è davvero tale quando diventa carattere. Per
l'insegnante la via più breve per far apprendere è quella dell'autorità imposta e la scuola tradizionale è
autoritaria (premi e castighi); un apprendimento ottenuto con premi e castighi è motivato dai premi e
castighi. Dalle scuole autoritari escono persone che hanno imparato a tenere a mente contenuti di manuali
imposti per forza dagli insegnanti. La didattica autoritaria però insegna a essere conformisti verso
un'autorità e autoritari non appena si ha un po' di potere.

CAPITOLO 4 : EDUCAZIONE, SCUOLA E SOCIETA'

La scuola non è un istituzione naturale come la famiglia; essa è un istituzione propria di ogni società giunta a
un certo grado di civiltà che vuole tramandare i propri valori, usi da una generazione all'altra.
Nasce in Europa nelle polis greche, prima in Egitto.

• Origini religiose della scuola e regolarizzazione:

• Il fine del processo educativo: l'educazione è la verità. L'istruzione di una scuola risponde alle finalità
della comunità che la istituisce. Una scuola trasmette contenuti che variano tra culture e tempo fino a
proseguire su due fini: educare per la verità; educare per la libertà.
- EDUCARE PER LA VERITA': quando chi istituisce la scuola crede di possedere una verità, crede in
essa e vuole trasmetterla.
- EDUCARE PER LA LIBERTA': gli stati moderni nati dalla secolarizzazione (laici) non hanno verità da
trasmettere perché i cittadini sono liberi di professare la loro fede; le loro scuole educano per la
libertà: ogni cittadino è libero di scegliere e professare una propria fede/idea. La Repubblica Italiana
è uno stato laico e si insegna per la libertà.

• Stato laico: libertà dei cittadini, istituisce la scuola a sua immagine e con stessi fini (educare per la libertà).
• Verità e libertà: tutte le scuole al di là della verità che insegnano riconoscono il primato della libertà di
coscienza al di sopra di esse.

• Autonomia scolastica: capacità di darsi da se delle proprie regole. La scuola in quanto espressione dello
Stato e delle sue finalità non può essere autonoma nella scelta dei fini. L'autonomia può essere un
vantaggio in scuole ben organizzate, ma in Italia l'autonomia sarà sorvegliata e guidata dal ministero.

CAPITOLO 5 : SVILUPPO DELL'EDUCAZIONE : L'EDUCAZIONE PERMANENTE

L'educazione nelle società contemporanee ha dovuto venire incontro a nuove esigenze:


1. in primo luogo la società ha dovuto eliminare l'analfabetismo attraverso l'educazione degli adulti.
2. si è cercato di sviluppare dall'interno le comunità arretrate fondando centri culturali.
3. le lotte sociali hanno impegnato contadini e operai nel farsi una cultura politica e sociale
mediante proprie iniziative appoggiate dai sindacati; quelle lotte, riducendo il tempo di lavoro,
hanno creato tempo libero per i lavoratori che consente iniziative educative.

Il trasformarsi della famiglia che ha tolto tempo per accudire i figli, che tratto fuori dalle famiglie i giovani
nel tempo libero, ha creato l'esigenza di un controllo educativo: ad iniziative esistenti (scoutismo) sono state
aggiunte altre forme di intrattenimento educativo (gioco) dando luogo al sistema educativo integrato. Tutto
ciò ha reso chiaro che l'educazione è un fenomeno permanente, pertanto si parla di educazione
permanente. La disciplina che si occupa di ciò è nata come pedagogia sociale.

CAPITOLO 6 : DALLA PEDAGOGIA ALLA DIDATTICA

La pedagogia enuncia i principi generali sull'educazione, ma è la didattica che li mette in pratica.


DIDATTICA → attività del maestro e studia i modi migliori per ottenere l'apprendimento.
La didattica si associa al concetto di istruzione, cioè di insegnamento tendente ad ottenere l'apprendimento
di attività pratiche e cognitive.
Ogni istruzione è/o dovrebbe essere educativa.

• Metodi didattici: la didattica è nata con Comenio. L'epoca dei metodi ha dato validi risultati poiché i
metodi diventavano modelli di insegnamento in tempi nei quali l'insegnamento era casuale (basato sulla
creatività dell'insegnante).

• La didattica della cooperativa educativa: fra i metodi in circolazione in Europa va ricordato quello di
Freinet basato sulla cooperazione tra gli alunni intorno ad attività molto motivanti (ricerche di gruppo). La
classe diveniva un organismo collettivo gestito dagli alunni con la consulenza dell'insegnante. Gli alunni in
questo modo erano responsabili del proprio lavoro, si autodisciplinavano e si valutavano reciprocamente,
aiutati dal maestro. Gli insegnanti, con le tecniche di Freinet erano impegnati anche a verificare gli esiti
confrontando tra di loro le modalità di applicazione (cooperazione anche tra insegnanti e affinamento del
lavoro). Il metodo di Freinet conteneva tutti i capisaldi della didattica: motivazione, socializzazione,
importanza del fattore emotivo.

• La questione della valutazione del rendimento scolastico: questa questione fu affrontata in Italia ed era
stata dimostrata l'inattendibilità delle valutazioni empiriche in uso nella nostra scuola. Bisognava sostituirle
con “prove oggettive” che misurassero il rendimento nelle diverse materie per dar luogo alla valutazione
vera e propria. Si trattava di una sorta di test d'intelligenza, attendibili.
• La nascita delle didattiche disciplinari: alla fine degli anni '50 in Italia ci si pose il problema della
soggettività delle valutazioni, che dovevano essere sostituite con prove oggettive che misurassero ilo
rendimento nelle diverse materie.
Ci fu una doppia evoluzione:
- LA PEDAGOGIA SPERIMENTALE → che proponeva un approfondimento dei processi cognitivi dell'età
evolutiva, e tentò di individuare quali tecniche di insegnamento potessero essere più efficaci.
- STUDI SULLO SVILUPPO DEI PROCESSI COGNITIVI → di Piaget e Bruner.

INTERDISCIPLINARIETA': singole discipline sono segmenti che devono essere riconnessi tra loro.

• La didattica del curricolo: introdotte le didattiche disciplinari è stato necessario migliorare


l'organizzazione nella scuola (sfruttare al massimo il tempo limitato degli studi, quindi programmarlo). Un
corso di studio programmato si chiama curricolo, che comporta una razionalizzazione del lavoro
dell'insegnante e degli alunni. La teoria del curricolo ha individuato gli obiettivi dell'insegnamento e la
realizzazione di questi obiettivi è verificata con prove di valutazione. Perciò ogni attività didattica dovrebbe
prevedere una prova di ingresso in modo che gli alunni dimostrino che sono in grado di svolgerla, e una
prova finale che ne garantisse il successo.

• Le tecnologie dell'istruzione: materiali moderni hanno un ruolo di supporto, ma anche lo scopo di


rendere più agevole l'apprendimento (materiali audiovisivi, ad esempio). Si diffondono sempre più i
materiali informatici (pc, internet) e si parla quindi di tecnologie dell'istruzione, il cui scopo è agevolare
l'apprendimento e facilitare il lavoro dell'insegnante se usate correttamente. La sua difficoltà è quella di
ridurre le parti dell'insegnamento.

CAPITOLO 7 : PEDAGOGIA E SCIENZE DELL'EDUCAZIONE

• Psicologia dell'educazione: si è costruita una branca della psicologia specializzata nella ricerca
sull'apprendimento, nei rapporti interpersonali. Poiché l'educazione si riferiva alla prima età dell'uomo,
molti studi riguardano quell'età. Si parla di psicologia dell'età evolutiva o psicologia dello sviluppo.
- PSICOLOGIA SOCIALE → questioni come organizzazione della classe, della disciplina, dei rapporti
tra insegnanti.
- PSICOLOGIA DELLE DINAMICHE DI GRUPPO E LA PSICOLOGIA SCOLASTICA → reazioni degli alunni
all'ambiente scolastico.

• Sociologia e antropologia dell'educazione: la sociologia studia i fenomeni sociali e formula teorie.


L'antropologia dell'educazione studia le credenze che costituiscono la cultura in una società e che vengono
tramandati da una generazione all'altra attraverso l'educazione.
- SOCIOLOGIA DELL'EDUCAZIONE → si occupa di educazione permanente. Il termine educazione
coincide con socializzazione. Qui la prima fonte di socializzazione è la famiglia (socializzazione
primaria).
- SOCIOLOGIA DELLA SCUOLA → studia i modi in cui si forma il sistema scolastico in una società. La
scuola rappresenta la sede di socializzazione secondaria.

• Pedagogia sperimentale: analizza problemi di carattere didattico e cerca soluzioni basandosi su quanto si
conosce in materia dal punto di vista psicologico.
I metodo utilizzati sono:
- OSSERVATIVI → i fenomeni vengono esaminati con criteri sistematici, senza influenzarli.
- SPERIMENTALI → l'osservatore manipola una o più variabili per studiare gli effetti della variazione.
CAPITOLO 8 : PROFILI DI INSEGNANTI

Tra pedagogisti e didattici pochi di fronte ad una classe avrebbero successo. Ogni aspirante insegnante
dovrebbe fare un tirocinio.

• Insegnante sbagliato: quello che vegeta nella scuola in attesa del 27 del mese. O chi vede l'insegnamento
come seconda occupazione.

• Fra gli insegnanti qualificati, il tipo più tradizionale è quello gentiliano (richiama concetti di Gentile) che ha
fiducia nella propria cultura e la vede come un patrimonio trasferibile, ha come unica condizione la
disciplina degli allievi.

• C'è poi chi ha scelto casualmente l'insegnamento ed è convinto che sia dominabile da chiunque lo voglia,
ma le cose non stanno così quindi i suoi tentativi di insegnare sono fallimentari.

• Infine vi sono gli insegnanti che si impegnano a fondo, collaborano, costruiscono un ottimo rapporto con
gli allievi e insegneranno come meglio sanno.

Ancora più arduo è il compito dell'insegnante: l'educazione non ha mezzi diagnostici sullo stato della mente
degli allievi e sulle conseguenze dell'insegnamento; è continuamente esposto all'errore. L'insegnante deve
ottenere risultati culturali, morali e sociali che la società richiede, dalla mente degli allievi che è dinamica e
difficile da controllare.

• Un nuovo tipo di insegnante: alcuni esiti della formazione:


1. formazione professionale dovrebbe suggerire all'insegnante l'importanza di essere in sintonia con gli
allievi, essere in simpatia → si arriva a queste condizioni attraverso la lealtà costante verso gli allievi e la
stima per essi: si genera fiducia nell'insegnante.
2. l'insegnante deve avere una competenza linguistica adeguata: ogni disciplina ha il suo linguaggio tecnico
e senza di esso non si dovrebbe neppure andare a scuola (spesso la difficoltà per gli alunni è tradurre il
pensiero in parole = processo di codifica).

• Autoreferenzialità della pedagogia: quanto detto è utopistico. La pedagogia è, insieme con la linguistica,
una disciplina autoreferenziale: mentre comunica le sue analisi della lingua, impiega la lingua stessa; dà
esempi pratici dell'analisi che compie e delle regole che illustra. Il suo parlare è una continua applicazione di
regole: non può entrare in contraddizione.

• Insegnante: educatore o formatore: formazione → significato analogo con quello dell'educatore e più
ristrettamente riguarda la professione (forma di una certa attività da esercitare e deve essere appresa).

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