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Nella civiltà mediterranea la forma rotolo è quella preferita, in papiro e in pergamena.

Questo
manufatto viene sostituito dal codice nel IV secolo d.C., più economico e maneggevole. La
pergamena e il papiro nel 1000-1100 vengono sostituiti dalla carta, in grandi centri di produzione,
ad esempio Amalfi e Fabriano. Il libro nella forma rotolo esiste ancora nella cultura ebraica, nella
forma della Torah. La forma codex va a riprendere un manufatto ancora più antico, le tavolette
cerate. Il codex permette di contenere molto più testo rispetto al rotolo. Esso diventa
imprescindibile in ambito religioso e giuridico.

Libri perduti Libri ritrovati


L’avventuroso caso de La venuta del re di Franza (e la rotta) (c. 1495)
Questo poema cavalleresco anonimo in 52 ottave tratta della discesa di Carlo VIII di Valois (1470-
1498) in Italia e della successiva conquista del Regno di Napoli (22 febbraio 1495). Dopo una parziale
sconfitta sugli Appennini il 6 luglio 1495 durante la battaglia di Fornovo sul Taro con l’esercito della
Lega antifrancese, il sovrano è costretto a riparare in Francia. Poiché nell’edizione non è presente
l’indicazione tipografica della data di pubblicazione collochiamo il testo attorno al 1495, dopo la
battaglia. L’ultima segnalazione di questa edizione è del 1925, col titolo Anciens livres à figures
italiens. Il collezionista riteneva che la sua fosse, forse, l’unica edizione ancora in circolazione. Nella
catalogazione dell’edizione il collezionista ci dice che era composta da quattro carte (otto pagine) e
cinque illustrazioni. L’edizione riemerge negli anni 2000 in Francia e viene battuta all’asta a Londra.
Il libro rimane invenduto e ritorna in Francia. Rimane incerto dove il libro sia stato conservato e a
chi appartenesse tra il 1925 e il 2000. Lo Stato italiano non ha voluto acquistarlo ed è entrato in
possesso di un misterioso collezionista milanese. In realtà vi erano almeno altre due copie in
circolazione, poiché un’altra copia fu rinvenuta nella biblioteca di Stato di Monaco di Baviera ma è
andata distrutta durante i bombardamenti nazisti.
il Fossa: «Fossa li toi sudor son parsi persi». Abbiamo due ipotesi su questo autore: Matteo Fossa
(†1516), poeta alla corte milanese degli Sforza, oppure Evangelista Fossa, frate servita trapiantato a
Venezia, traduce in terzine le Bucoliche e l’Agamennone di Seneca, ma anche autore della
macaronea Virgiliana.
Indizi per riconoscere l’autore spie lessicali: ricorso a formule proverbiali, comico-gergali; allusive
alla sfera erotica; impiego lessico macaronico, apparenti latinismi; la rima “sperone: temone”
comune a entrambi i cantari; l’insistenza allitterativa e sui giochi di parole; l’uso frequente di
ripetizione del parlato.
Il libro ovvero l’edizione: «Impresso in Bressa per mesere pre (prete) Baptista Farfengo».

Il primo membro della filiera editoriale è l’autore, che nella stragrande maggioranza dei casi non
ricava nulla dalla pubblicazione della sua opera. L’editore pubblica i libri: investe capitali, mentre il
tipografo si occupa della stampa. L’ultimo membro della filiera è il lettore. Alla fine di ciascun libro,
sia a stampa che manoscritto, è presente il colophon, che reca il luogo, la data e chi ha curato la
pubblicazione. Se manca il colophon ci affidiamo all’elemento testuale, ovvero di cosa parla il testo.
Per l’UNESCO viene considerato “libro” un manufatto che supera le 40 pagine.

Il torchio è lo strumento meccanico che permette il passaggio dalla vecchia metodologia di copia a
un sistema standardizzato. La riproduzione tipografica permette di riprodurre in modo pressoché
infinto lo stesso foglio tipografico. Il primo elemento fondamentale di questa filiera è il carattere
tipografico: ogni singolo carattere non deve essere più vergato a mano. I caratteri sono prodotti
attraverso una lega metallica che non deve rompersi sotto la pressione del torchio. Anche
l’inchiostro era particolare, diverso da quello usato dai copisti per i libri manoscritti. Gli antichi
chiamavano l’arte tipografica ars artificialiter scribendi.

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Printing Revolution 1450-1500
 Rapida e radicale trasformazione economico-sociale-culturale dovuta a nuove scoperte
scientifiche e tecnologiche.
Perché?
 Un’invenzione tecnologica (stampa a caratteri mobili) ha introdotto un’innovazione nella
società
 L’innovazione si è diffusa e ha prodotto un impatto sociale, economico e culturale che ha
cambiato radicalmente la vita dell’uomo
 1450-1500: milioni di libri prodotti (oggi c. ½ milione sopravvive; c. 28.000 edizioni).
L’arte tipografica rende possibile una diffusione maggiore del libro.
 Fattore domanda (alfabetizzazione, ceto mercantile, crescita città, commerci, produzione
manoscritta universitaria)
 Risposta: aumentare la produzione
 Tecnica xilografica (produzione limitata)
 Carta, caratteri mobili (lega di piombo, antimonio, stagno) – torchio tipografico – inchiostro
per stampa
Si riscontrano i caratteri di una società protocapitalista. Spesso l’editore è un mercante, non un
intellettuale, che investe capitali. La vera differenza tra la produzione a stampa e quella manoscritta
è la presenza di un committente. Il copista conosce il destinatario della sua copia, mentre l’officina
tipografica produce copie che spera di vendere ma di cui non si conoscono i riceventi. Un’altra
differenza è il numero di lavoranti: per la copia manoscritta vi erano uno o due copisti, per
un’officina erano presenti almeno quattro figure che partecipavano alla stampa. La carta del ‘400 e
del ‘500 è fatta con gli stracci, mentre quella moderna è fatta con la cellulosa.
Diffusione capillare
 Da Magonza (c. 1455) alle principali città europee
 Colonia: 1466,
 Roma: 1467,
 Venezia: 1469,
 Parigi: 1470,
 Cracovia: 1473,
 Londra: 1476,
 Entro il 1480 in Germania e in Italia officine tipografiche in circa 40 città
 Alla fine del XV secolo almeno mille torchi disseminati in circa 200 città europee
 Nel 1500 a Venezia oltre 400 stampatori: concorrenza altissima (fattori: cartiere gardesane,
vie di commercio, richiesta pubblico)
Tutto comincia da Johann Gutenberg (1390-1403 – 1468), famoso per aver stampato la cosiddetta
“Bibbia di Gutenberg” o “Bibbia dalle 42 linee”. Egli decise che la porzione di testo in ciascuna pagina
dovesse essere divisa su due colonne da 42 linee. Essa non presenta colophon. Attraverso lo
Strumento Helmasperger (un notaio di Magonza) conosciamo il nome di Gutenberg. Johannes Fust
denuncia Johannes Gutenberg perché gli aveva prestato del denaro per la sua attività ma egli non
era riuscito a restituire il capitale. L’officina tipografica, quindi, passa nelle mani di Fust e Schöffer.
Lettera di Enea Silvio Piccolomini
 Francoforte, ottobre 1454, dove si teneva e si tiene ancora una celebre fiera del libro
 Lettera del 12 marzo 1455 al cardinale Giovanni Carvajal
 Ha incontrato un homo mirabilis
 Ha visto una Bibbia

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Le due città fondamentali nella vita di Gutenberg sono Strasburgo e Magonza. Gutenberg, piccolo
imprenditore proveniente da una famiglia di estrazione medio-bassa, prima della produzione
libraria si occupò di altri oggetti in serie, piccoli specchietti che rappresentavano le reliquie che i
pellegrini andavano a visitare. Gutenberg non aveva, ovviamente, in mente una rivoluzione, ma un
semplice cambiamento di produzione, che andasse a diminuire le spese. Gutenberg ha la possibilità
di entrare in contatto con varie maestranze e di portare dalla sua parte le rivoluzioni tecnologiche
del tempo. Il libro stilografico è il libro direttamente precedente a quello di Gutenberg. Rappresenta
quindi l’anello di congiunzione tra il libro manoscritto e il libro a stampa. Ma qui manca l’elemento
di scomposizione perché si tratta di un’unica matrice. Gutenberg, prima di stampare la Bibbia,
stampa anche formulari per le indulgenze (piccoli moduli precompilati in cui veniva aggiunto il nome
e la cifra donata), le grammatiche di Elio Donato e vari interventi che esaltavano la crociata contro i
Turchi.

L’alba di una nuova era – Il Lattanzio del 1465


La prima officina tipografica italiana si sviluppa a Subiaco, nel monastero di Santa Scolastica. Il
monastero possedeva una biblioteca piena di codici. Qui arrivano Konrad Sweynheim e Arnold
Pannartz che collaborano con i monaci benedettini nel 1465. I due erano chierici che provenivano
da Magonza e che si erano formati nell’ambiente di Gutenberg. Probabilmente lasciarono Magonza
a causa di scontri civili all’interno della città e i due, che avevano imparato un nuovo mestiere da
Gutenberg, decisero, forse, di spostarsi in Italia, luogo fertile per impiantare il nuovo sistema di
produzione del libro. A Subiaco, inoltre, vi era una buona comunità di monaci tedeschi. I monaci
erano alfabetizzati e non dovevano essere pagati, era una comunità chiusa e non avrebbero corso il
rischio della diffusione dell’invenzione ad altri concorrenti. Di questa produzione sono sopravvissute
c. 100 copie su c. 1200 prodotte.
Tra il 1464 e il 1467 Konrad Sweynheim e Arnold Pannartz stamparono il Donatus pro puerulis
(1464?). Vediamo anche il De oratore di Cicerone sine loco et anno (275 copie ante 30 settembre
1465) oggi c. 20 copie: 3 in Italia. Nell’edizione del Lattanzio troviamo il luogo e la data di stampa,
con la seguente dicitura: In venerabili monasterio sublacensi 29 ottobre 1465 (275 copie, oggi c. 40:
17 in Italia). Infine, di Sant’Agostino, il De civitate Dei: 12 giugno 1467 (c. 300 copie, oggi 40, 10 in
Italia). Vengono stampati così tutti classici latini, che riguardavano la patristica e l’oratoria, come
Cicerone e Sant’Agostino. La storia della stampa in Italia è rivolta a un pubblico colto, alfabetizzato,
umanista. A Roma l’officina di Sweynheim e Pannartz era a Campo dei Fiori. Andrea Bussi, da cui si
erano trasferiti a Roma, diventa il loro consigliere editoriale nella scelta dei libri da stampare. C’è un
buco temporale tra la stampa di Cicerone e del Lattanzio e quella di Sant’Agostino, tra il 1465 e il
1467.

Il Turco sulla carta. Edizioni e immagini turchesche nei primi secoli della stampa tipografica
Negli stessi anni in cui Gutenberg avviava la rivoluzione tipografica, i Turchi prendevano d’assedio
Costantinopoli. All’indomani del sacco di Costantinopoli papa Callisto III emanò una bolla papale
contro i Turchi che Gutenberg stampa sotto forma di opuscolo. Gutenberg stampa anche un
calendario turchesco che mira a esortare le masse a prendere le armi contro i Turchi. Tra il giugno e
il luglio del 1470 si verifica la presa di Negroponte. Inizia a circolare un poemetto sull’occupazione.
Non si tratta di un poemetto cronachistico, ma letterario e narrativo. Questo testo verrà ripreso
negli anni successivi, fino al 1597. L’opera su Negroponte sfuma nella finzione letteraria. A livello
cronachistico anche le immagini stampate servivano a far circolare le notizie. Nel 1480 si verifica un
altro evento storico: l’assedio di Rodi a opera delle truppe di Maometto II. Questo avvenimento
ispira nuove narrazioni e poemetti, che raggiungono anche Napoli corredati da immagini evocative.
Alcuni opuscoli venivano decorati non solo con immagini dell’assedio di Rodi ma anche con quelle

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della conversione di San Paolo, litografie utilizzate come materiale di riuso e per incentivarne
l’acquisto. Troviamo anche un’opera sulla presa di Modone. Continuiamo con l’assedio e la presa di
Famagosta (agosto 1570-71) con un poemetto di Nestore Martinengo, in cui l’autore aggiunge
anche la lista dei caduti in battaglia considerati come martiri. Entriamo nel genere degli avisi novi,
attraverso cui circolavano le notizie prima delle gazzette. Raccolgono notizie che arrivano dalle zone
più remote dell’Europa e che giungono nelle più importanti stamperie. Questi avisi servivano per
tranquillizzare l’opinione pubblica descrivendo le vittorie degli eserciti. Un altro genere, gemellare
a quello degli avisi, era la copia de una lettera. In queste copie si aggiungono anche notizie di altro
genere, come su eventi atmosferici distruttivi. Entriamo quindi nella propaganda anti-turchesca con
il genere della profezia. Importante è la profezia di Bartolomeo Georgijevic (c. 1510-1566). Celebri
sono le profezie sulle discendenze dei sultani turchi in cui si profetizzava l’arrivo dell’ultima grande
generazione del sultanato. Un ulteriore genere, dal peso storico, è quello dei trattati che miravano
a far “conoscere l’altro”, quindi rivolti a coloro che volevano conoscere i costumi turcheschi. Erano
quindi dei trattati etnografici. Importanti sono i trattati di Paolo Giovio. Si arriva poi a vedere
rappresentata l’immagine del Turco grazie all’incisore Pietro Bertelli. Lepanto rappresenta, dal
punto di vista tipografico, il Turco sconfitto. Coloro che non conoscevano il latino né sapevano
leggere il volgare possono avvalersi di poemetti in dialetto. Arriviamo quindi alla produzione
dialettale, in cui c’erano anche testi sul “lamento del Turco” non prodotti da turchi ma da veneziani.

1469 La stampa a Venezia da monopolio a mercato del libro


Anche a Venezia la stampa viene introdotta da un tedesco, Giovanni da Spira, assieme a suo fratello
Wendelin, tra il 1469 e il 1470. Venezia era già una città multiculturale, con un alto afflusso di
tedeschi che si riunivano nel cosiddetto Fondaco dei Tedeschi. Era una città mercantile, con una fitta
rete di infrastrutture. I due fratelli ottengono dal Senato veneziano di poter aprire la loro bottega e
di avere l’esclusività di quel lavoro. Nessun’altra bottega tipografica poteva essere aperta fino a
quando Giovanni da Spira era in vita. Ma pochi anni dopo l’uomo muore e Wendelin prende il suo
posto ma a questo punto iniziano a essere aperte altre officine. I due fratelli stampano le Epistolae
ad familiares di Cicerone, l’Historia naturalis di Plinio, il De civitate Dei di Agostino, ma anche alcuni
testi in volgare di Petrarca e di Dante. Le botteghe di Venezia producono in grandi quantità libri di
giurisprudenza e di diritto poiché molto vicino c’era la città di Padova che ospitava un’importante
università. Importanti erano le decretales, ovvero i libri di diritto canonico. Un altro grande nome
del mondo tipografico veneziano del tempo è Nicolas Jenson, un francese.
La stampa altrove (Firenze, Napoli)
A Firenze, nel 1481, viene pubblicata un’edizione commentata da Cristoforo Landino della Divina
Commedia. All’inizio di ogni canto vi era un’illustrazione. L’edizione è stampata da un altro tipografo
non italiano: Niccolò di Lorenzo della Magna. Napoli è la città in cui la stampa arriva, come a Firenze,
all’inizio degli anni ’70 del ‘400. Colui che introduce la stampa a Napoli è Sixtus Riessinger che si
muove tra Roma e Napoli. Anche qui vengono stampati testi scolastici e universitari. A Brescia la
prima officina tipografica viene aperta da Tommaso Ferrando che si rivolge a due tedeschi per
avviarla, Henricus da Colonia ed Eustace Gallus. Vengono stampati gli Statuta Brixiae nel 1473, ma
anche la prima edizione a stampa del De rerum natura di Lucrezio. Un’altra officina viene aperta da
Pietro Villa che stampa l’Opera di Virgilio e le Satyrae di Persio-Giovenale nel 1473. A Foligno nel
1472 viene stampata la prima edizione della Divina Commedia, ma senza glossa, da Johann
Neumeister.
Nel 1472 vengono pubblicate ben tre edizioni della Divina Commedia. Nell’edizione mantovana il
testo è disposto su due colonne, mentre in quella di Foligno il testo è su una colonna. Tra il 1472 e
il 1497 vengono stampate ben 15 edizioni della Divina Commedia. L’unica biblioteca che possiede
almeno una copia di ciascuna delle 15 edizioni della Commedia è la Biblioteca Trivulziana di Milano.

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A Napoli si stampano due edizioni della Commedia che sono le più rare a livello mondiale. Esse sono
prive di colophon e la seconda coinvolge un personaggio estremamente importante del ‘400:
Francesco del Tuppo. Nell’ultima pagina egli ringrazia alcuni personaggi nobili dell’epoca che gli
hanno permesso di stampare quell’edizione, mentre un suo collega ebreo gli aveva impedito di farlo.
La prima edizione probabilmente è stata stampata da un editore ebreo, forse lo stesso di cui parla
del Tuppo. Del Tuppo, quindi, scrive una pagina di aspra polemica antiebraica, riprendendo un fatto
avvenuto a Trento in cui era stato rinvenuto il cadavere di un bambino in un fiume e la colpa fu
attribuita alla comunità ebraica. A Milano, in quegli stessi anni, si stampa la Commedia ma in questo
caso con una glossa ripresa da alcuni commentatori trecenteschi. L’edizione milanese della
Commedia viene percepita a Firenze in modo negativo. Firenze, quindi, rivendica una propria
edizione. Le cose cambiano nel 1481 con il commento di Cristofaro Landino, un eminente studioso
contemporaneo e non un commentatore trecentesco come nell’edizione milanese. L’edizione
doveva essere monumentale: si prevedeva anche l’aggiunta di illustrazioni per i passaggi più
emblematici della Commedia. Il commento del Landino diventa quello ufficiale per le edizioni della
Commedia. L’edizione bresciana del 1487 prevede ancora il commento del Landino e il suo tipografo
è Bonino da Ragusa (in Dalmazia). Anche qui sono presenti le illustrazioni, ma con matrice
xilografica. Vengono lasciati dei rettangoli bianchi che il lettore doveva riempire con i nomi dei
personaggi o di vari elementi importanti, come la frase incisa sulla porta dell’Inferno nel terzo canto.
Le illustrazioni arrivano fino al primo canto del Paradiso, poi si interrompono. A Venezia negli anni
’90 del ‘400 vengono stampate più edizioni della Commedia che riportano tutte e cento illustrazioni.

Aldo Manuzio muore nel 1515 a Venezia, ma nasce a Bassiano, vicino Roma. È un erudito, conosce
il latino, il greco e l’ebraico. Molti eruditi bizantini, dopo la conquista di Costantinopoli a opera dei
Turchi, sono costretti a spostarsi in Italia dove portano con sé libri in greco. La produzione del libro
a stampa nel ‘400 è soprattutto in latino e in volgare, i testi in greco erano quasi inesistenti. Aldo
Manuzio avrebbe voluto fare il precettore privato, infatti lavora a Carpi presso una famiglia molto
influente da giovane. A circa quarant’anni si trasferisce a Venezia e sceglie di diventare tipografo.
Sono gli anni ’90 del ‘400. Nel 1502 pubblica un’edizione rivoluzionaria della Commedia. L’edizione
era leggera e maneggevole e usò un titolo particolare, Le terze rime. Verrà ripubblicata in una nuova
edizione nel 1515 corredata da una delle prime illustrazioni dell’imbuto infernale. Nel 1501 entra
nella storia del libro il libro tascabile che si può portare comodamente con sé e molti uomini facoltosi
si faranno ritrarre con questo oggetto, da pittori come Giorgione e Bronzino. L’officina tipografica
di Aldo Manuzio viene conosciuta in tutta Europa grazie alla sua marca tipografica, l’ancora e il
delfino, che recupera da una moneta antica, forse di epoca vespasianea. Il suo motto era Festina
lente, ovvero “affrettati lentamente”. Iniziano anche a comparire le prime edizioni contraffatte e
Manuzio fa appello al Senato della Serenissima che emana una legge secondo cui nel territorio
veneziano solo Aldo avrebbe potuto stampare. Ovviamente al di fuori di quel territorio la legge non
poteva essere applicata. La prima grande innovazione di Manuzio è l’enchirìdio (“che si tiene in una
mano”) per i libri classici che solitamente erano in grande formato, come i testi latini e greci. La
seconda innovazione è il carattere tipografico corsivo, l’attuale italic che in inglese significa appunto
“corsivo”. Le edizioni aldine sono anche un simbolo di accuratezza e di classicità. Dal 1501 inizia la
pubblicazione di libri in piccolo formato, attraverso una serie di classici latini e greci, ma anche in
volgare. Lavorano al fianco di Manuzio tutta una serie di studiosi e di filologi. Aldo, per avviare la
sua attività, ha bisogno di capitali ed entra in società. Per la prima volta, grazie a Manuzio, viene
pubblicata la maggior parte dei classici greci. Alla sua morte la bottega continuerà a esistere grazie
al suocero e ai figli, fino alla terza generazione.

Piero Scapecchi – L’origine della stampa a caratteri mobili in Italia

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Sweynheim e Pannartz sarebbero giunti in Italia come commercianti e distributori di libri per conto
di Fust e Schöffer, attraverso un progetto editoriale. Ma si era stampato in Italia prima del 1465? La
risposta è sì, ma dobbiamo comprendere dove, quando e grazie a chi ciò è avvenuto. È stato
ritrovato nel 1926 nella collezione Rosenthal a Monaco di Baviera un piccolo libro a stampa sulle
Meditazioni di Cristo, in volgare. Il testo, in 17 carte, dalla collezione Rosenthal, dopo vari passaggi
di mano, viene acquistato dall’Università di Princeton. Il frammento viene datato al 1463. La filigrana
del frammento riporta un unicorno rampante. A questo punto arriviamo a una conclusione: un
tipografo tedesco tra il 1462 e il 1463 a Bondeno, oltre a produrre madonne di terracotta, aveva una
piccola officina tipografica. Faceva forse parte di tutta una serie di tipografi tedeschi che si spostano
in Italia ma di cui non abbiamo traccia. A Subiaco abbiamo la prima edizione con sottoscrizione,
resta quindi un primato. Se seguiamo questa ipotesi i primi testi stampati, quindi, non sono dei
classici, ma testi rivolti al popolo sulla vita di Cristo, e in volgare.
Abbiamo poi un’edizione del Decameron di Boccaccio priva di sottoscrizione. La stessa officina
tipografica stampa Boccaccio, Terenzio e alcuni salmi liturgici. Uno studioso inglese attribuisce
queste edizioni a un tipografo napoletano sconosciuto. Egli si basa su una somiglianza di caratteri.
Attraverso le annotazioni manoscritte degli acquirenti sui libri possiamo risalire alla localizzazione
dell’officina tipografica. Secondo Scapecchi, attraverso questa metodologia, la produzione
dovrebbe essere fiorentina, dei primi anni ’70 del ‘400.

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