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Università degli Studi di Udine

FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA


Scuola di specializzazione in Storia dell’arte

TESI DI SPECIALIZZAZIONE
Il Giudizio Universale negli affreschi delle chiese del Friuli Venezia Giulia

Relatore Specializzando
Prof. Valentino Pace Fabian Garcia Huerta

ANNO ACCADEMICO 2004- 2007


Indice

Introduzione 3
Il giudizio Universale nella regione dell’attuale Friuli Venezia Giulia 7
Immagini seconda parte 33

2
Introduzione

Il Giudizio Universale o finale è un argomento che ha sempre affascinato, sia i teologi sia i
semplici contadini, il sapere quale sarà la nostra destinazione finale, in piú la paura di una
punizione terribile ed eterna o il godimento in un posto di riposo dove né la morte né la
malattia, né la fatica ci colpiranno più.

Infatti, la dannazione eterna il giorno del giudizio è un argomento usato dai pretti per
correggere le “pecorelle smarrite” e farli tornare al senno del signore, al paradiso perduto, per
questo c’è bisogno di convincere gli uomini di cambiare strada e più le punizioni diventano
attroci e spaventevoli, più il paradiso diventa bello e gradevole. Bisogna anche dire però che
la gente accreditasse che la fine dei tempi non fosse molto lontana fa possibile questa
proliferazione di rappresentazioni del giudizio finale, e che le guerre e la peste contribuirono
a far credere più di una volta che il Giudizio Finale stava per arrivare o che mancasse poc o
per compiersi la fine del mondo.

Così abbiamo tanti discorsi che predicano sulla fine del mondo, ma la parola dev’essere
rafforzata dall’immagine e quindi tutte le raffigurazioni sono utilizzate per aiutare il fedele a
lasciare stampato nella sua mente la dottrina e i misteri della fede siano d’ammonimento o di
riflessione introspettiva. Queste immagini servono per mostrare l’orrore della dannazione
eterna e niente di meglio che raffigurare le torture e punizioni contemporanee, in modo che i
peccatori s’identificassero col peccato lì rappresentato e con l’anima che veniva punita cosi
come il ladro o il malfattore veniva giustiziato in piazza.

In occidente “esso appare tardivamente, nell’IX secolo, e conquista una posizione preminente
soltanto nel XIII secolo con la fioritura dell’arte gotica. Il ruolo fondamentale che il Giudizio
ricopre sulle facciate occidentali di Notre Dame a Parigi, di Notre Dame ad Amiens, di
Saint’Etienne a Bourges o della cattedrale di Leòn, non deve far dimenticare la sua assenza
nella Sainte Chapelle di Parigi, nella Basilica di San Francesco ad Assisi, sulla facciata
occidentale di Notre Dame a Reims e nella maggior parte delle grandi basiliche di Roma.
Ancora nel XII secolo, nell’arte romanica e nella prima arte gotica, la sua presenza non
veniva giudicata indispensabile.” 1

I Giudizi universali però, una volta che si diffondono e che diventano una parte fondamentale
tra i motivi iconografici delle cattedrali, ci mostrano uno spazio dove convergono diversi tempi
e diversi attori e non un unico racconto dove il tutto appartiene allo stesso spazio temporale.

I Giudizi Universali medioevali fanno così convivere da una parte personaggi in


movimento, spesso freneticamente agitati, con figure statiche, e dall’altra parte una
successione d’eventi inscritti in un tempo futuro con una rappresentazione del sovrano
celeste circondato dalla sua corte che, considerato separatamente, doveva
probabilmente rivestire un valore attuale. Questi contrasti contribuiscono per una larga
parte a conferire ai Giudizi Universali medioevali una complessità e una ricchezza
fuori dal comune. La moltiplicazione dei temi iconografici all’interno di una stessa

1
Christe Y., Il Giudizio Universale; nell’arte del medioevo Milano 2000, p. 7
3
composizione spiega ugualmente perché queste immagini si lasciano raramente
comprendere ad un primo approccio, ma richiedano al contrario una continua
circolazione dello sguardo. 2

Su l’origine dell’iconografia del giudizio universale il dibattito è ancora aperto, già che per
alcuni è una creazione bizantina mentre altri, tra questi il Kunstle, lo attribuiscono ad un
ambito occidentale dal momento che le opere bizantine che abbiamo sono più tardive, ma
un’asseverazione del genere ci forza ad ignorare il lungo periodo iconoclasta bizantino e
l’enorme distruzione d’opere accaduta in questo periodo, che fa sì che quando analizziamo il
Giudizio Universale bizantino questo sembra nato già con tutte le caratteristiche ed elementi
che lo compongono.

“la comparsa e lo sviluppo del Giudizio Universale, tra il 750 e il 950, s’inseriscono
così in un lento ma decisivo processo di mutazioni che hanno interessato l’intero
repertorio figurativo cristiano. L’apparente ritardo che si osserva in Oriente è
accidentale. Esso, infatti, non è che la conseguenza della crisi iconoclasta che
sconvolse il mondo bizantino nel periodo 762-834. Prima che appaia e si consolidi la
formula definitiva –cosa che avverrà al più tardi nei primi anni dell’XI secolo- non si può
che essere colpiti dalle affinità riscontrabili fra i tentativi precoci, ma senza seguito
rintracciati in Anatolia, e l’intera tradizione occidentale, nella quale il Giudizio,
soprattutto a partire dal XIII secolo, gioca un ruolo decisamente più importante che a
Bisanzio”.3

Si parte pero dell’idea primordiale della separazione e la divisione di quelli che appartengono
alla chiesa da quelli che si trovano all’infuori di questa, sia dei pagani sia di tutti quelli che non
riconoscono il Gesù il salvatore, e quindi c'era il bisogno di destinare a loro un posto di
punizione creando cosi un mondo parallelo dove l’aldilà rispecchia il sistema sociale
terrenale, in modo tale che così come nella vita terrena chi rispetta la legge ottiene una
ricompensa e chi è fuori legge va in galera, ed è questa idea che ci fa trovare un’origine del
giudizio nella rappresentazione della separazione delle pecore dalle capre (fig. 1) per poi
passare a una descrizione più impegnativa e precisa della separazione e della geografia
dell’al di là, trasformando la divisione tra buoni e cattivi in un vero atto giuridico, dove l’inizio
di questo Giudizio finale è la Parusia o la seconda venuta di Gesù alla conclusione del tempo
terrenale, dove a differenza del giudizio particolare che s’intende deve subire l’anima subito
dopo la morte, questa volta la sentenza sarà definitiva, concetto non molto chiaro che c ome
dice Louis Réau “les thèologiens distinguent entre jugement particulier (judicium particulare)
qui aura lieu à la mort de chaque pécheur et le Judicium generale reporté à la fin du monde. Il
y aurait donc un jugement provisoire et un jugement définitif, un tribunal de première instance
et un Cour de Cassation »4.

Così una volta stabilito nella cultura popolare il concetto di giudizio finale attraverso le fonti

2
Pace. V., in- Angheben M. Alfa e omega : il giudizio universale tra Oriente e Occidente a cura di
Valentino Pace ; contributi di Peter K. Klein.. [et al.] 2006, p. 9.
3
Yves Christie, 2000, p. 43.
4
Louis Réau. 1956, P. 270
4
scritte come nei discorsi dei cristiani, comincia pian piano la rappresentazione di questo nelle
chiese, la sistemazione di questo soggetto è nella controfacciata nell’ambito bizantino, dove
la superficie e maggiore e permette di raffigurare i diversi attori che ne fanno parte, o in una
delle lunette d’ingresso come accadrà più tardi in occidente.

Nel caso della controfacciata il fedele si trova cosi con un doppio Cristo, trionfante uno
nell’abside e Giudice l’altro nella controfacciata, chiudendo allo stesso tempo col racconto
biblico raffigurato nella chiesa che si unisce così al tempo storico, dalla creazione dell’uomo
alla distruzione del mondo ed al ritorno al paradiso perduto, così come alla dannazione eterna
per il peccatore.

Nel caso della lunetta che si trova sopra l’ingresso della chiesa, questa ammonisce a quelli
che si trovano fuori dalla chiesa, mostrando loro la potenza divina e l’imminente destino per
chi decida di non far parte di essa, anche se ci sono esempi dove questo e indirizzato anche
ai prelati e ai chierici e quindi raffigurato in un luogo accessibile soltanto a loro, mentre
abbiamo esempi anche di Giudizi raffigurati vicini a cimiteri o comunque con uno stretto
collegamento ad un ambito funerario come “Ad Autun, nel XII secolo, il grande portale del
Giudizio, collocato sotto il nartece della facciata occidentale, si apriva su un cimitero. In un
ambiente funerario. è dove s’inseriscono i primi Giudizi universali bizantini. In San Giovanni a
Güllü Dere, verso il 920-930, il giudizio occupa le pareti est e ovest di una cappella funeraria
nella Yilanli Kilise verso il 900, è rappresentato nel nartece di una chiesa destinata anch’essa
a contenere delle sepolture; nella valle di Göreme infine, si trova raffigurato su una semplice
tomba scavata in un tumulo. 5

Questo per il collegamento del giudizio alla morte e al fatto che le persone sepolte lì stanno
sperando di essere risorti per assistere al giudizio che verrà, ma anche per il collegamento
diretto che i Giudizi Universali hanno con la salvezza, richiamata nei simboli della passione
come nelle ferite stesse del Cristo, questo perché tutti sperano essere risparmiati dal rogo
infernale.

L’iconografia del Giudizio universale deriva direttamente delle fonti letterarie mentre soffrono
d´influenza minore delle discuzioni teologiche del tempo, riffletendo soltanto il risultato f inale
di esse e non faccendo parte della controversia, sia sulla risurrezione della carne e lo stato
dei corpi nel momento che lasciano le tombe, sia sulla destinazione finale e la divisione
geografico-spaziale dell’aldilà, concetti che tardano in affermarsi e non sono raffigurati se non
una volta che il dibattito teologico è finito e questo non sempre con una risposta
soddisfacente del cosa accadeva ai morti, come nel caso del purgatorio che viene proposto
tardivamente per le anime che non per forza devono finire direttamente all’inferno, ed è per
questo che la letteratura con descrizione dell’aldi là si fissa più faccilmente nella mente delle
persone e viene utilizzata ben volentieri dai commitenti e dagli artisti per la raffigurazione ed
elaborare le sembianze di personaggi che d’altronde sarebbe troppo difficile descrivere senza
le immagini, come il male rappresentato da Satana e dei suoi diavoletti.

5
Christe Y., Op Cit, p. 8
5
I modelli iconografici si perdono tra est e ovest e non sempre è chiaro dove nasce l’uno o
l’altro, anche se abbiamo dei particolari che potremmo segnalare come occidentali mentre
altri sono nati in ambito bizantino e difficilmente li troveremo utilizzati altrove.
In questo lavoro tenterò di seguire un percorso iconografico attraverso i Giudizi Universali che
si trovano nella regione denominata Friuli Venezia Giulia per tentare di ritrovarne le fonti alle
quali essi si sono ispirati, questo non è tanto facile in una regione che è considerata come
periferica ma in ogni modo, mantiene i contatti con i confini e diventa terra di scambio
attraverso il quale circolano diversi modelli e una molteplicità d’idee.

6
Il giudizio nell’area dell’attuale regione del Friuli Venezia Giulia

Nel territorio dell’attuale Friuli Venezia Giulia, la più antica raffigurazione di un Giudizio
Universale giunta fino a noi, si trova nella lunetta della facciata del Duomo di Gemona (fig. 1-
4) la quale appartiene all’epoca romanica dell’edificio. Qui, sono raffigurati, Gesù in trono in
mezzo ad una dèesis ( la Madonna alla sinistra e il battista a destra) al di sotto di essa due
sarcofaghi o avelli con tre anime ciascuno, nel momento della risurrezione. Per alcuni storici
si tratta di una seconda venuta, ma per altri tra qui il Marchetti, si tratta della contaminazione
di due iconografie: la deesis e il giudizio universale, per la presenza dei risorti.

La lunetta è dalla maggior parte degli studiosi considerata opera anteriore alla fase
della ristrutturazione gotica del duomo, impiegata da Maestro Giovanni, Architetto del duomo
che lasciò la sua firma sulla facciata e su uno dei pilastri della balaustra dell’interno accanto
alle date 1290 e 1293, ”firma e data (quella del 1290 che furono rispettate nella
ristrutturazione della facciata eseguita (1823-1825) da Valentino Presani e visibili almeno fino
all’epoca del terremoto del 1976” 6

Anche se si trattasse di un’opera eseguita da lapicidi locali nella bottega di Magister


Iohannis, essa secondo il Rizzi, denuncia la presenza di fonti tardo bizantine, “riprese da
oggetti in avorio o in metallo” 7. Il Gioseffi avanza l’ipotesi che la lunetta costituisca la prima
prova come scultore del maestro muratore Giovanni, il cui nome è legato alla costruzione del
duomo del 1290, cosi come una trascrizione, seppur popolareggiante, di modi bizantini
desunti forse da un foglio miniato, mentre che il Marchetti definisce il Maestro Giovanni come
un artista di “una prima formazione gotico-renana, interrota prematuramente tuttavia, e che
sembrerebbe imporsi come il primo artista friulano sostanzialmente indipendente” 8.

Il Cristo in posizione frontale, mostra tutte le ferite già che il mantello lo copre
parzialmente lasciando scoperto il fianco destro dove c’e la ferita lasciata dalla lancia. IL
Salvatore siede su un cuscino in un trono assai semplice, senza schienale, con entrambe le
braccia aperte in alto e allo stesso livello mostra le palme e le ferite di entrambi; Dietro di lui,
sospesi in aria si trovano gli strumenti della passione: a destra la croce su cui poggia la
corona di spine e accanto a essa a sinistra i tre chiodi. Poi nella parte sinistra del Cristo si
trovano la lancia e la spugna sulla canna.

A destra del Cristo c’e la madonna, che guarda verso lo spettatore mentre con le
braccia giunte a modo di preghiera si rivolge a Cristo. La Madonna e completamente coperta
dal mantello a eccezione delle mani, il viso e il collo e la sua impostazione ricorda la figura
della maria nella scena della visitazione scolpita nell’ara di Ratchis (VIII secolo) a Cividale
del Friuli (fig. 5). Sotto di lei dentro di un sepolcro rettangolare tre anime sembrano pronte ad
uscire, avvolte nei sudari e con le mani giunte mentre rivolgono il loro sguardo verso il Cristo.

6
M. Walcher “Scultura in Friuli, Il Gotico”. Pordenone,1980. pp. 42
7
-Rizzi A. Profilo di storia dell’arte in Friuli , volume I, “Dalla preistoria al Gotico”. Udine 1975, p.
41.
8
M. Walcher , Op. Cit., p. 42.
7
A sinistra si trova Giovanni il Battista nella stessa posizione della madonna in forma
speculare, avvolto nella pelliccia che come nel caso della madonna lo copre quasi
completamente lasciando soltanto le mani e la testa libere, anche sotto di Lui c’e un
sarcofago con tre anime avvolte in sudari e anche esse con le mani giunte ma, a differenza di
quelle che si trovano sotto la madonna, guardano nella direzione opposta al Cristo.

Questa raffigurazione si può pensare che sia un ripensamento dei modelli scultorei
francesi e tedeschi più che bizantini, anche se il modo di fare e bizantineggiante, “Simmetria,
frontalità assoluta, assenza di profondità, rilievo basso cui da definizione il vigoroso ritmo
linearistico, parlano in modo inequivocabile di una ascendenza bizantina, senza però
scludere che la realizzazione possa essere stata di uno scultore locale. Forse questi ha
operato avendo dinnanzi una orificeria bizantina : sembrano attestarlo il marcato e il tagliente
rilievo delle pieghe delle vesti, come la perentoria definizione dei tratti facciali del Cristo 9.
Purtroppo non ce ne sono esempi di questo tipo rimasti in regione che possono condurci al
modello utilizzato o alla possibile fonte iconografica. Invece cercando in Occidente si possono
trovare dei possibili modelli.

A Reims nella chiesa di Notre Dame datata XIII secolo (fig. 6), dove nella lunetta
d’ingresso si trova raffigurato appunto un Giudizio Universale, dove Cristo è trono nella
stessa posizione che il nostro cristo gemonese, anche Lui tra una deesis, dove anche la
madonna e il battista sono raffigurati in una posizione praticamente identica a quella
dell’immagine nel duomo di Gemona (anche se né la madonna né il battista guardano
frontalmente, ma possano i loro occhi nella maestosa figura del Cristo). Sia dietro alla
Madonna come di Giovanni il Battista due angeli portano gli strumenti della passione, quelli
di destra portano la croce e la lancia e quelli a sinistra i chiodi e la corona, sotto di loro ci
sono due registri dedicati alle anime che escono con grazia dai sarcofaghi.

Anche nel giudizio della Cattedrale di Bamberga (fig. 7), nella lunetta del portale dei
principi, dove un Cristo frontale seduto in trono divide la scena tra paradiso e inferno, ai suoi
piedi ci sono due sarcofaghi, da ciascuno di loro esce un’anima, il primo alza lo sguardo
verso il cristo mentre il secondo guarda frontalmente fuori della scena. In ginocchia da una
parte si trova la madonna e alla sinistra del Cristo il Battista, mentre sono gli angeli in piedi
nella parte del paradiso che portano i simboli della passione.

Per quanto riguarda la raffigurazione di Gemona quello che dimostra che sì tratte di un
Giudizio Finale e non di una seconda venuta sono i risorti, i quali hanno un atteggiamento
completamente diverso a quello che si potrebbe aspettare nel caso fosse una raffigurazione
di una seconda venuta, già che in nessuna di essa i risorti sono divisi in eletti e dannati, ma in
un gruppo misto dove tutti guardano al cristo in gloria. Nella nostra lunetta c’e una divergenza
tra il gruppo di risorti di destra e quello di sinistra, mentre quelli sotto la madonna, tranne
quello del mezzo che guarda verso lo spettatore, gli altri possano lo sguardo nel Cristo.
Invece quelli sotto il Battista, girano la testa voltando lo sguardo in giù, come una
premonizione della terribile sorte che li aspetta laggiù.

9
Luciano Perissinotto- Giovanni Pietro Nimis. Gemona un ricupero di storia una prospettiva del futuro,
Gemona, 1980, p. 88.
8
Quindi sembra che lo scultore gemonese non avendo a disposizione lo spazio
necessario per raffigurare il paradiso o l’inferno, abbia deciso questa soluzione, la
separazione dei beati e dei dannati, rappresentati cosi nei due gruppi di risorti, purtroppo non
sappiamo se essa sia prodotto della sua inventiva o se essa era presente nel possibile
modello che aveva chi ha progettato il gruppo scultoreo.

Questa raffigurazione della separazione sarebbe doppia, già che secondo Baschet 10 la
veste del Cristo funziona anch’essa come un elemento di separazione, già che coprendo con
la veste la parte sinistra del corpo si rifiuta ai dannati, mentre con la parte destra nuda, si
mostra ai beati.

Altrettanto interessanti risultano i tondi con i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe,


ciascuno di essi tiene in grembo la sua discendenza. Questi erano raffigurati in giudizi
Universali bizantini, anche se a predominare nelle raffigurazioni sarà Abramo, già che fa
allusione al paradiso secondo il passo di Luca 16, 19-21. Queste sculture sembrano
appartenere alle prime fasi di costruzione del duomo, ma non sembrano avere un rapporto
diretto con la lunetta centrale come riaffermazione del giudizio, anche perché esse sono
collocate in diversi luoghi, due accanto a una nicchia laterale, mentre la terza si trova in alto
al centro dell’edificio.

Le sculture della lunetta erano tutte dipinte (fig. 1 e 2), pittura della quale ormai è
rimasto poco ma che lascia intravedere uno sfondo di stelle, cosi come le ferite della corona
di spine nella fronte del cristo.

Purtroppo non ce ne sono altre raffigurazioni di giudizi finali in Friuli anteriori a questo,
né in miniatura, né in pittura che ci possono indicare la fonte figurativa, e non si trovano
neanche più raffigurazioni simili dopo di questa già non ce né nessun altra chiesa in regione
con una raffigurazione del Giudizio Universale in pietra nella facciata.

Quindi lascia aperte tante domande, come il perché in Gemona è stato realizzato un
Giudizio Finale come quelle che si trovano nelle cattedrali occidentali, e anche a questionare
se il modello utilizzato forse veramente bizantino, già che a vedere l’iconografia e la
posizione che ha nella chiesa non sembra cosi, primo perché le raffigurazioni bizantine si
trovano al interno delle chiese e non abbiamo nessun esempio di una chiesa bizantina con un
giudizio finale nella facciata sia anteriore, sia di questo periodo e le uniche chiese che c’e
l’hanno sono occidentali e si trovano in Francia o Germania. Secondo perché sia il Cristo non
corrisponde ai modelli bizantini dell’epoca, dove il Cristo in gloria è nella veste imperiale e
non il cristo risorto che mostra le ferite.
Un altro problema è che dopo questo esempio ce una lacuna, anche se nella località di
Pescincanna a Fiume Veneto in provincia di Pordenone troviamo nella chiesa di San Michele
Arcangelo Vecchio i resti di una raffigurazione dell’inferno datato 1220-1240 circa e che è
stato restaurato nel 1996. La scena si trova all’esterno dell’edificio e ormai e ridotta a una

10
Jean Baschet , “Les justices de l'au-dela : les representations de l'enfer en France et en Italie : 12.-
15. Siecle”. Paris. 1993, p. 16.
9
linea inferiore nella quale troviamo leggendo la scena da destra a Sinistra, in primo luogo
Satana in piedi (o un diavolo nero peloso con i piedi di uccello e coda di capra, o almeno è
quello che rimane, poi del resto si trova a metà dipinta la figura di una donna con le trecce,
distesa per terra (forse pestata da Satana, anche se non si capisce bene, affianco a Lei si
trova il corpo arrotolato di un serpente del quale però mancano la testa e la coda, questo
serpente stringe il corpo di un dannato del quale vediamo soltanto i piedi.

Questi serpenti si trovano diffusi in ambito bizantino dove puniscono i dannati spesso
raffigurati in piedi e statici, nel caso del nostro giudizio però la matrice sembra risalire a
modelli più occidentali dove troviamo i serpenti che svolgono ruoli diversi e mordono pure al
proprio Satana, questi li troviamo nell’apocalisse di Beatus da Liebana (fig.8) e nel salterio di
Manchester dove sono anche attorno a Satana avvolgendolo tra i loro aneli, queste immagini
serviranno come modelli sia per Conques (fig. 9) come per Orvieto (fig. 10).

Sicuramente questo dipinto era parte di un affresco più vasto del quale però non è
rimasto niente, forse questo era un Giudizio Universale già che una rappres entazione cosi
precisa e dettagliata dell’inferno, ma isolata non è usuale.

Si deve aspettare fino alla prima metà del XIV secolo per trovare un Giudizio
Universale meglio conservato e ben strutturato. Questo si trova nel Comune di Cervignano
del Friuli a Strassoldo, la chiesa di S. Maria in Vineis (figs. 11-13), datato 1300 il quale però
non sembra prendere come modelli i grandi giudizi universali che li sono contemporanei, sia
che si parli di quelli delle lunette delle chiese occidentali o degli affreschi bizantini per quanto
riguarda sia la struttura che l’organizzazione spaziale dell’affresco.

La chiesa risale al XIV secolo, ma non si conosce né la data di fondazione né i motivi


per i quali sia stata costruita cosi come s'ignora il nome degli artisti incaricati degli affreschi, in
più durante la sua storia l’edificio ha subito alcuni interventi, tra essi si fa notare che finestre e
porte erano state aperte in diversi punti e poi rimurate, anche l’abside fu “portata a pianta
poligonale nel settecento, fu recentemente (intorno agli anni 50) ripristinata nelle linee
originali. Purtroppo ne sono andati perduti irrimediabilmente gli affreschi che certamente
l’avevano ornata” 11

Per quanto riguarda agli affreschi che sono rimasti questi raffigurano Storie di
Gioacchino ed Anna, una Madonna con Bambino e Santi, un Santo con messale e campana,
l’Annunciazione e Santi, la Natività di Cristo, Adorazione dei Pastori, Fuga in Egitto e il
Giudizio universale. Questi sono in un cattivo stato di conservazione e risultano frammentari e
quasi illeggibili in alcune parti, en parte dovuto a che erano stati coperti da un intonaco di
calce fino al 1927, quando venero scoperti dal comm. Luigi De Luisa e cominciarono i lavori
per farli tornare in luce, anche se questi lavori furono interrotti durante la seconda guerra
mondiale, per poi essere ripresi nel 1954-55 quando il restauratore Marchetot iniziò il restauro
sulle pitture visibili.

Gli affreschi possono ritenersi eseguiti nell'ultimo quarto del secolo da un gruppo di

11
Ettore Fedri, la Chiesetta di S. Maria in Vineis, Strassoldo 1971, p. 13.
10
artisti influenzati dalla pittura tomasesca (tra cui spicca il "Maestro di Strassoldo"chiamato a
cosi dal Zuliani è autore della Madonna con Bambino), “Il segno sicuro, le figure espressive,
la tavolozza calda di alcuni riquadri li danno per certo di provenienza o scuola bolognese.
Quasi certamente, nella massima parte si possono portare al quinto o sesto decennio del 300
e potrebbero essere legati anche all’ambiente degli aiuti di Vitale da Bologna che fu a Udine
nel 1348. Altri sostengono che il pittore di Strassoldo sia un seguace di Tommaso da Modena
o in qualche modo influenzato dalle forme portate in Friuli da maestranze emiliani o
romagnoli.” 12

Il cosi detto “maestro di Strassoldo” secondo lo zuliani fecce di guida agli artisti che ne
lavorarono nella chiesa. “Esaminando infatti tutto l’assieme degli affreschi, si può cogliere una
serie di riferimenti non casuali alla più ortodossa tradizione friulana dell’immediato momento
post-vitalesco.. A Strassoldo mi sembra indubbio, resta tenace questa radice “vitalesca (del
“vitalismo” dei seguaci s’intende)”. 13

La parte dell’affresco che raffigura il Giudizio Universale è purtroppo tanto danneggiata,


già che si trova nella controfacciata la quale è una delle pareti che come si è già menzionato
hanno sofferto delle aperture di porte e finestre che anche se dopo sono state murate di
nuovo hanno lasciato comunque il segno.

Fortunatamente l’affresco è leggibile ancora anche se è tanto lacunoso. Il pittore ha


diviso la superficie pittorica in tre registri, partendo dell’alto si trova il Cristo giudice entro la
mandorla affiancato dagli angeli con le trombe che annunciano la venuta trionfale del
Signore è il comincio del giudizio, cosi come altri due angeli che sostengono la detta
mandorla. Il Cristo seduto in maestà, mostra la ferita del costato della quale scorre ancora del
sangue. Dietro di lui ci sono i simboli della passione come a Gemona, alla sua destra la croce
con la corona di spine e alla sua sinistra la lancia e la canna con la spugna.

Il Cristo porta nelle mani i filatteri di cui le scritte sono ormai scomparse mentre che della
mandorla scende il fiume di fuoco la quale ci rimanda all’iconografia bizantina di questo
soggetto, anche se nel caso de il nostro artista questo fiume non funziona come legame per
l’insieme come nei giudizi bizantini, ma finisci subito in una semplice fiammata senza
prolungarsi fino all’inferno.

Dopo da questa parte che rimane sospesa nell’aria, il resto delle scene in basso sono
chiuse entro cornici. Il Secondo registro è diviso in tre parti, due quadri grandi ai lati e uno
piccolo nel mezzo divisi tra loro da cornici. Nei riquadri più grandi si trovano raffigurati i santi e
le sante, sette per quadro, di cui rimangono soltanto alcuni volti “taluni assai belle di quelli
che dovevano essere figure inginocchiate” 14 questo invece è falso già che i santi sembrano in
processione e lo spazio fa pensare a delle figure in piedi, nella parte centrale invece (sopra la
porta d’ingresso ) non né è rimasto nient’altro che il volto di un Santo la Toso scrive “Si può
arguire che nello scomparto centrale fosse raffigurato anche qualche episodio sulla Madonna.

12
Fedri Op Cit p.15.
13
Zugliani Fulvio ., Il trecento in Friuli citatato da Fedri, Op Cit. P. 27.
14
Fedri. Op Cit., p. 30.
11
Ciò potrebbe essere pensabile, in quanto tutto il ciclo affrescato in Santa Maria in Vineis,
riporta scene della vita della Vergine. Si potrebbe quindi supporre che questa pagina perduta
trattasse il tema dell’Assunzione di Maria, oppure il motivo dell’incoronazione, diffusissima in
edifici sacri. Quest’ultima scena ragionevolmente, secondo la moda, avrebbe dovuto trovare
posto nella nicchia absidata piuttosto che nella parete di fondo; perciò in mancanza di sicuri
elementi si deve rimanere ancora nel campo delle ipotesi” 15

In basso, nell’ultimo registro composto di due riquadri incorniciati a forma rettangolare e


divisi tra loro dalla porta d’ingresso; In quello di sinistra sicuramente si trovava la scena del
paradiso della quale s’intravedono le ali di un angelo cosi come le braccia di uno dei beati,
questa rappresentazione era forse simile a quella di Rive d’Arcano, Cioè dei beati in fila con
l’angelo che li guida. Nell’angolo si trovano dei buchi nella terra, sicuramente svuotati dalle
anime appena risorte, ma questa è soltanto una mia ipotesi già che di esse non esce
nessuna anima ma sono lì isolate.

A destra c’è la raffigurazione dell’inferno della quale rimane poco, ma si possono


distinguere dei dannati mentre questi vengono frustati da diavoli che secondo il Fedri “molto
probabilmente la scena raffigurava i peccati capitali” 16, quello che rimane è un Satana
incatenato nel atto della defecazione di un’anima, mentre alla sua sinistra un dannato porta
sulle spalle un diavoleto e un altro dannato con un boccale viene picchiato da un diavolo che
siede su una botte soltanto che non si capisce se lo picchia per allontanarlo di questa o per
costringerlo a riempire il bicchiere (fig. 13).

Purtroppo questa organizzazione spaziale per un Giudizio Universale e assai unica e


non conosco nessun altro esempio dove lo spazio tra una scena e l’altra venga cosi divisa,
possiamo ricordare il mosaico di Torcello (fig. 14) nella parte che riguarda l’inferno, qui però
sono soltanto i dannati a essere chiusi e lo spazio diviso tra una punizione e l’altra ma l’intero
Giudizio.

Verso il 1350- 1370 sì data un’altro Giudizio Universale anch’esso assai frammentario,
quello della chiesa di San Nicolò a Vuezzis (fig. 15 e 16) a Rigolato, qui in una chiesa la cui
costruzione risale al secolo XIV, con rimaneggiamenti successivi, probabilmente del secolo
XVI, si trovano questi affreschi di scuola Friulana ma di marcata derivazione emiliana.
Gli affreschi purtroppo sono assai rovinati, quindi lacunosi e di difficile lettura, ed essi
raffigurano anche scene di vite di San Nicolò. La scena con il Giudizio Universale si trova
nella controfacciata entro un riquadro senza collegarsi al resto dei dipinti della chiesa come è
usuale in altri casi dove il Giudizio chiude il ciclo pitorico, il dipinto sulla contraffacciata a
destra della porta d’ingresso appare come un riquadro a se stante, coevo ma non pertinente
al ciclo pittorico.

15
Toso G., la chiesa di S. M. in Vineis a Strassoldo, tesi di laurea, Trieste, Facoltà di Magistero, a. a.
1967-68. citato in Fedri 1971, p. 30.
16
Fedri., Op. Cit. P. 29
12
Il Cristo giudice entro la mandorla formata dall’arco baleno e seduto su un altro arco,
porta una veste bianca che li poggia sulla spalla sinistra lasciando nuda la parte destra e
mostra cosi la ferita, mentre con le braccia all’ingiù mostra apertamente la palma della mano
destra ma quella sinistra e leggermente voltata e cosi nasconde la ferita, rifiutandosi
sicuramente ai dannati.

Sopra di detta mandorla appaiono una copia di angeli, quello alla destra del Cristo
segnala il gruppo di santi, mentre quello a sinistra non svolge nessuna azione in particolare,
accanto a questi due angeli, c’erano altri due dei quali vediamo ormai soltanto una parte del
corpo quello alla destra del cristo con la veste gialla, mentre quello di sinistra portava la veste
verde. Affiancando al Cristo si trova la deesis inginocchiata, accompagnata da due gruppi di
Santi e Sante collocati anche essi inginocchiati.

Sotto il gruppo alla sinistra del Cristo si trova il Gruppo dei risorti, molto simili a quelli di
Gemona, sia per che anch’essi sembrano uscire di un sepolcro rettangolare, sia per il
lenzuolo che li avvolge completamente lasciando soltanto visibile la faccia, mentre le mani
rimangono coperte da questo, anche se in questo caso i risorti non mostrano nessuna
particolarità che li possa definire come dei dannati, se non il gesto della mano del Cristo
sopra descritto, anche perché ci manca la parte sinistra a confronto, cosi come la parte
inferiore.

“L'autore di questa scena rivela la propria formazione vitalesca come


dimostrano la resa delle figure poste di profilo o scorciate caratterizzate da un evidente
segno di contorno, e gli sfumati dei volti. I santi dipinti sulla sinistra richiamano,
particolarmente per il taglio degli occhi e il modo di rendere la capigliatura le figure
affrescate nella scena della Consacrazione, nella cappella sinistra del Duomo di
Venzone. Il San Martino, affrescato nel medesimo Duomo, potrebbe inoltre aver
ispirato soprattutto nella resa dell'aureola, della barba e della capigliatura il Cristo di
Vuezzis” 17

Zuliani vedi in questi affreschi un "bolognesismo alquanto problematico forse


elaborazione provinciale del tomasismo ormai lontana dal modello" 18 d’accordo con
Bergamini che li riconosce come di “scuola friulana (ma di derivazione emiliana)" 19.
Purtroppo lo stato di conservazione è cosi danneggiato che se c’era una scena infernale o
più probabilmente degli altri risorti, questa è ormai persa.

Seguendo il percorso cronologico il seguente Giudizio si trova nella Chiesetta di S.


Mauro a Rive d’Arcano (fig. 17), la quale presenta all’interno vasti brani di affreschi, sia nella
controfacciata come sulle pareti laterali dove sono riapparsi dopo il terremoto, nella
controfacciata un Giudizio Universale, e nelle altre pareti Storie della vita di Cristo, Madonna
con Bambino, Santi, Incoronazione della Vergine). Il Giudizio ha i caratteri della pittura
friulana postvitalesca (fine XIV - inizio XV secolo).

17
Scheda n. 88656, compilata da Luana Pasut. SIRPAC.
18
Fulvio Zuliani , Lineamenti della pittura trecentesca in Friuli , p. 54
19
Giussepe Bergamini, Guida Artistica del Friuli Venezia Giulia. Udine 1999. p. 320.
13
La costruzione attuale risale al Cinquecento ed è il risultato di rimaneggiamenti ed
ampliamenti di una chiesa precedente risalente ai secoli XII — XIII, come testimoniano altri
affreschi ritrovati all'interno.

Le prime notizie della chiesa risalgono invece al 1390 quando fu eretta a cappellania.
L'edificio fu probabilmente distrutto dai Turchi alla fine del secolo XV e poco dopo ricostruito.
Questo Giudizio Universale purtroppo non ben conservato, mostra una struttura divisa da
cornici come a Strassoldo ma a differenza di quello qui abbiamo un racconto più complesso e
si vede che qui abbiamo un pittore che ha studiato i modi bolognesi.

L’affresco occupa la controfacciata e nel primo registro in altro troviamo quello che
sarebbe parte della mandorla del cristo, unica traccia che rimane di Lui, mentre alla sua
destra si conserva ancora la Madonna e sei discepoli alla testa dei quali si presenta San
Pietro con la tiara e un’enorme chiave del paradiso in mano, sicuramente alla sinistra si
trovava il Battista nella stessa posizione della Madonna, purtroppo non più visibile, mentre si
conservano ancora gli altri sei apostoli che stavano dietro di Lui, tutti i discepoli sono seduti
su una non visibile panchina, questo lo s’intuisce dalla posizione piegata delle ginocchia. La
Madonna non si capisce bene se è inginocchiata o seduta, e un confronto con san Pietro
sembrerebbe che fosse seduta anch’essa giusto nel ultimo posto rimasto sulla panchina.

Sopra questa scena forse c’e n’era un’altra già che la cornice rosso bianca sopra la
testa degli apostoli non e completamente rettilinea ma è lievemente piegata agli estremi.
Sotto questo gruppo si trova un registro inferiore interrotto e diviso dalla porta, in questo
registro vi è raffigurata la risurrezione della carne, con quattro tombe (due nella parte destra e
due a sinistra) dei quali si affacciano i morti avvolti nei sudari, questi sono come quelli della
lunetta di Gemona, avvolti completamente e lasciano vedere soltanto la faccia, mentre le
mani giunte sono avvolte sotto il lenzuolo, i numeri dei risorti pero e diverso a destra che a
sinistra.

In quello che sta alla destra del Cristo, dal primo sarcofago escono quattro anime,
mentre in quello più vicino alla porta d’ingresso si vedono soltanto due anime avvolte in un
lenzuolo marrone o scuro, mentre tutti gli altri risorti lo portano bianco.

Alla sinistra della porta d’ingresso i risorti anche se escono anche loro di due
sarcofaghi diventano più numerosi, di quello vicino alla porta ne escono cinque, mentre quello
dietro ne porta sette. Queste scene di risorti stano sopra un altro registro dove si trovano le
raffigurazioni dell’inferno e del paradiso.

Il paradiso e formato da due registri, nel primo marciano dei gentili alcuni di loro in
preghiera e vestiti secondo la moda dell’epoca e vengono poi pressi da angeli e portati verso
il signore.

Nel registro inferiore un altro corteo di gentili guarda verso l’alto, azione che è
sottolineata da un unico angelo che prendendo il primo di loro li segnala in alto per mostrarle
il Cristo in gloria.

14
La parte dell’inferno purtroppo e la più danneggiata e non rimangono che pochi brani.
Si vede però un gruppo di dannati nudi legati per il collo (fig. 18) e portati da un diavolo nero
delle corna bianche verso la bocca spalancata della bestia o la gola dell’inferno della quale
ormai si vede soltanto la parte superiore.

Sotto questo corteo c’era satana incatenato del quale rimangono soltanto le corna e un
pezzo di catena appeso a una striscia sulla quale camminano i dannati sopra nominati,
accanto a esso si trova un impiccato, forse giuda anche se potrebbe essere anche un
peccatore anonimo già che affianco si vede un’altro diavolo attento al suo lavoro e poco più in
là un’altra corda. Poi c’e un’enorme lacuna e sotto vediamo delle anime che tentano senza
successo di sfuggire ai demoni che li torturano.

Una scena simile a questa la troviamo in Francia in Aire sur l’Adour nella chiesa di
Sainte Quietterie du Mas nel portale con il Giudizio Universale (fig. 19) si trova nella
raffigurazione dell’inferno il gruppo di dannati legati per il collo e trascinati da un demone
verso l’inferno tutti vestiti però a differenza del nostro giudizio dove compaiono nudi, questa
raffigurazione e assai particolare già che il paradiso si trova sopra questo registro con i beati
in un giardino, mentre sotto si vede appunto la bocca dell’inferno e i dannati portati verso di
essa e dei dannati entro contenitori ai quali viene dato fuoco da diversi diavoli.

Non saprei se anche a questo paradiso si sia ispirato l’artista di Rive d’Arcano per
quanto riguarda la parte del paradiso dove anche dietro dei beati si vedono delle piante.
Altri dannati portati all’inferno legati dal collo si trovano nel Giudizio Universale a Sant’Angelo
in Formis, qui sono soltanto due dannati a essere portati da un diavolo anche se questo no li
guida ma li spingi a andare avanti con la frusta.

C’e anche un giudizio universale raffigurato nella parte inferiore dell’ancona (fig. 20 e
21) di Andrea Moranzone (documentato nel 1367 e morto tra il 1413-1430), importante
intagliatore veneziano al quale fu commissionata detta ancona il 18 luglio 1391 da Cristoforo
Orsetti, Cameraro della pieve per il duomo di Santa Maria Assunta a Gemona, la quale
doveva essere simile in contenuto a quella dell’altare maggiore della chiesa di Sant’Andrea a
Venzone “circa la quale sfortunatamente non vengono fornite ulteriori precisazioni. É perciò
impossibile stabilire con certezza se si trattasse di un’opera di pittura o di scultura, e in questo
caso se fosse dovuta alla mano dello stesso maestro veneziano” 20.

Questo Maestro soggiorno a Gemona giorni prima per condurre gli ultimi lavori fatti
all’opera e la sua collocazione nel duomo a metà maggio 1392, l’ancona misura 130 x 250
con trentatré bassorilievi con storie dell’antico e del nuovo testamento, finalizzando con un
Giudizio universale in basso a destra nell’ultimo registro.

Concepita come un’opera d’oreficeria era completamente dorata, ma incidenti e

20
Santor L. Andrea e Caterino Moranzone e il Friuli Venezia Giulia, in “Artisti in viaggio 133-1450:
presenze foreste in Friuli Venezia Giulia”, a cura di Maria Paola Frattolin. Udine 2003, p. 26.

15
disastri purtroppo l’hanno ridotto male, l’ancona reca ancora visibili i danni sofferti durante un
precedente incendio che ha danneggiato soprattutto la parte centrale, mentre alcune delle
scene sono andati perduti assieme alla tavola dipinta che faceva di copertura, cosi come
danni ulteriori che sonno stati causati dal terremoto del 1976.

Per quanto riguarda la scena del giudizio, questa si sviluppa a partire dall’alto dove si
trova al centro la scena del Cristo giudice in mandorla al di sotto della quale escono due
angeli con le trombe, mentre del centro parte il fiume di fuoco. Il Cristo è seduto sulle due
linee che partono diagonalmente a destra e a sinistra verso il basso e sopra le quali si
trovano santi, discepoli e santi a destra e a sinistra le sante e vergini. Sotto questo gruppo
principale sono raffigurati a destra l’inferno e a sinistra la resurrezione degli eletti, ed è il
fiume di fuoco che parte della mandorla del cristo a fare di collegamento tra i due registri.

L’iconografia dell’opera sembra prendere come modelli gli affreschi monumentali


occidentali e non modelli bizantini, e anche se c’e la presenza del fiume di fuoco che rimanda
a giudizi bizantini, comunque si discosta completamente anche da un altro dossale che li è
contemporaneo, il dossale ligneo di Treviso (Sartor 2003, p. 25) (prima metà del XIV), nel
quale però, il giudizio universale è la scena principale, ma di chiara matrice bizantina già che
il cristo non mostra la ferita del costato perché indossa la veste imperiale. Della sua mandorla
nasce il fiume di fuoco che avvolge i dannati e i diavoli che li spingono al pozzo di fuoco, ma
soprattutto ce l’Etimasia (il trono preparato) che non ha nessuna continuità in occidente, cosi
come la porta del paradiso custodita da un cherubino e accanto a essa il buon ladrone al
quale Gesù aveva promesso il paradiso mentre era sulla croce, accanto a loro si trova
Abramo con un’anima in grembo.

Quindi il modello per il giudizio universale del dossale di Gemona dobbiamo cercarlo
spostandoci verso Venezia dove troviamo un giudizio simile nella palla d’altare
dell’incoronazione della vergine di Paolo Veneziano (fig. 22).

In questa pala, la scena del giudizio si trova in alto a destra e anche se non troviamo
in questa i santi e le sante, troviamo invece il sepolcro del quale escono le anime a destra e
a sinistra il fiume di fuoco che finisce nella scena dell’inferno, cosi come gli angeli che escono
sotto della mandorla del Cristo possono essere stati dei modelli per il nostro intagliatore, che
forse ha visto l’opera di Paolo o un modello simile di giudizio Universale.

A Ospedaletto (Gemona) dopo il terremoto è emersa una serie di affreschi databili alla
fine del XIV ed all'inizio del XV secolo, straccati e messi su nuovi sopporti a cura della
Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia, tra i quali troviamo un Cristo apocalittico (fig. 23)
nella parete di fondo dell’abside cosi come una teoria di Santi. “L’affresco del Cristo in Maestà
si qualifica non solo per l’interesse iconografico, ma anche per il fresco disegno e i vivaci
colori popolareschi che richiamano la pittura bolognese. Il Casadio mette in relazione questo
ciclo pittorico con quello di matrice vitalesca della chiesa di S. Maria in Vineis a Strassoldo:
ciò conferma il permanere a lungo in Friuli del ricordo <delle tradizioni del pieno Trecento
locale>” 21.

21
Gian Carlo Menis, Civiltà del Friuli centro collinare , Pordenone 1984, scheda 45.
16
Questo Cristo siede in Maestà con la veste bianca dentro la mandorla, seduto sopra un
arco baleno, mostra soltanto le ferite delle mani già che la veste lo avvolge completamente e
non ci permette nemmeno di vedere i piedi, con le mani ci rimanda al gesto della separazione
degli eletti dai dannati già che con la mano sinistra sembra rifiutare o appartare di se
qualcuno mentre la mano destra è offerta a quelli che saranno gli eletti, questi gesti del
Cristo Giudice sono sottolineati dalle due spade infuocate che li escono dalla bocca. Anche la
mandorla che lo avvolge è un arco baleno, ai lati della quale in ginocchio si trova la deesis, a
destra la Madonna e a sinistra il discepolo Giovanni e sopra di ognuno di loro degli angeli,
quello sopra la madonna con le braccia incrociate mentre quello sopra il battista tiene le mani
giunte in preghiera. Dietro di ognuno dei due intercessori divini si trova un gruppo di santi,
anch’essi in ginocchio.

Li affreschi che lo circondano però, non fanno nessun riferimento al Giudizio


Universale, né all’apocalisse già che si tratta di Cardinali e Vescovi, “È probabile che
l’ingenuo artista del secondo strato di Ospedaletto abbia voluto qui alludere alla
rappresentazione della Chiesa Militante e Trionfante, anche se ciò mal si accorda con la
presenza del Cristo apocalittico”. 22

In questo caso all’infuori del gesto del Cristo e della presenza delle due spade
infuocate non ce ne sono elementi che ci possano ricondurre ad una scena di Giudizio
universale ed è probabile che il pittore per questa scena si sia ispirato ad una tipologia di
Cristo “come è possibile rinvenire nell’arte della vicina Carinzia” 23

Un Cristo con le due spade infuocate si trova nella sommità del timpano della
cattedrale di Notre Dame ad Amiens (fig. 24), il quale corona tuta la scena del giudizio
comparendo in tutta la sua potenza tra il sole è la luna che vengono portati da un angelo
ciascuno, poi sotto di esso si trova il Cristo Giudice che mostra le ferite alle mani affiancato
dalla deèsis e dagli angeli che portano i simboli della passione.

Non ce ne sono allegorie né raffigurazioni infernali e per trovare uno che ci può dare
un’idea dei possibili modelli di diavoli che circolavano nell’area friulana ci dovremo spostare
verso la vecchia chiesa parrocchiale di San Lorenzo ad Arzene (fig. 25), la cui fondazione
“pensiamo se posa fare risalire al tredicesimo secolo” 24, sembra anche che un tempo fosse
completamente affrescata ma della decorazione purtroppo non rimangono che pochi pezzi
tra queste, un diavolo incatenato, raffigurato acanto alla porta laterale, dipinto a secco sul
primo intonaco.
Questo diavolo è unico nella sua iconografia, già che non è inserito in una scena
precisa, come di solito avviene, sia nel trionfo della morte, nelle scene di tentazione o di
esorcismi, o nel giudizio universale. I simboli e le scritte sopravvissute sul muro non aiutano a

22
Paolo Casadio in Massimo Bonelli., Gemona,fraz. Ospedaletto, Chiesa di ognissanti in “relazioni”
Soprintendenza per i Beni ambientali, Architettonici, Archeologici, Artistici e Storici del Friuli Venezia
Giulia, 1976-1981” Udine, p.39.
23
ibidem
24 Luchini, L. Arzene e S. Lorenzo : storia cronaca arte lavoro Portogruaro.1971, p. 51

17
chiarire il problema, anzi lo rendono ancora più complicato, visto che tra la catena e il braccio
destro del diavolo si trova un numero romano MCXXV, o almeno cosi sembra.

Questo diavolo cosi unico è una sagoma nera tranne nelle ali e gli occhi (i quali sono
stati cambiati col restauro, già che al posto di essi sono stati incastratati due vetri rossi da
Murano.

Interessante risulta anche il fuoco che li esce della coda cosi come il dettaglio per
quanto riguarda i peli e il seno asciutto che li pende molle, mostrando l’infertilità del diavolo e
lo rende allo stesso tempo ridicolo.

Questo diavolo cosi isolato, ma incatenato potrebbe essere un’allegoria del satana
incatenato nell’inferno, anche se mancherebbero tutti gli attributi del luogo infernale, già che
abbiamo soltanto una catena inchiodata al muro, quindi potrebbe anche bene f are allusione a
qualche legenda collegata ad un santo, sempre e quando questo santo si trovasse subito nel
registro superiore anche se ci sono anche altre teorie come che raffigurasse
“metaforicamente una tremenda epidemia ormai vinta, forse la peste nera del 1348” 25.
Comunque sia questo tipo di diavoli sembra aver avuto certa fortuna nel Friuli, già che
presenta il male allo stesso tempo amorfo, nascosto e ripugnante.

Spostandoci a Fagagna troviamo un Giudizio Universale nella chiesetta di S. Leonardo


(figs. 26-27 ) risalente tra gli ultimi anni del XIV e primi del XV secolo. Chiesa che oggi è
proprietà comunale dopo essere stata soppressa nell'Ottocento e trasformata addirittura in un
pagliaio26 vista la scarsa attenzione che sollevava forse per l'isolata ubicazione, ma sembra
che gli affreschi fossero stati addirittura ricoperti già che si trovano dei cerchi con delle croce
dipinte di rosso incisi sull’intonaco e che vengono di solito fatti su superficie bianche.

Dopo i recenti restauri presenta all'interno rovinati e per molte parti illeggibili affreschi
sulle pareti, oltre al Giudizio Universale nella controfacciata, una Crocifissione nella parete di
fondo Storie della Passione di Cristo nella parete sinistra (secolo XV) e Storie di S. Leonardo
in quella di destra. In queste ultime “sembrano di mano di un artista tardo vitalesco, mentre
l'episodio di S. Leonardo che libera i prigionieri sembra eseguito da un maestro di cultura più
avanzata, già del primo Quattrocento (forse i pittori, usi a lavorare insieme, Domenico Lu
Domine e Antonio Baietto, che sappiamo presenti a Fagagna nel 1413)” 27.

Questi ultimi secondo l’opinione del Bergamini e dello Goi furono i responsabili de
eseguire l’affresco del giudizio, anche se non c’e nessuna documentazione al rispetto tranne
una nota dallo Joppi nella quale si dice che nel 1413 il Lu Domine “da Fagagna dove forse
dipingeva è chiamato a Gemona a dipingere la cappella di san Giovanni della chiesa
maggiore” 28, ma oltre a questa citazione, non c’e niente per provare la presenza effettiva del

25
Marco Salvador, La Prima parrocchiale di San Lorenzo Maniago 2000.p. 13.
26
Bergamini G. , Guida Artistica del Friuli Venezia Giulia. Udine 1999. p. 139.
27
Ibidem.
28
Vincenzo Joppi, citato da Ermelinda Zito, La Chiesetta di San Leonardo a Fagagna, Fagagna,
2005., p. 56.
18
pittore lì.

L’affresco viene attribuito dal Casadio a un autore diverso dal resto degli affreschi e
datato alla prima metà del Quattrocento, mentre Bergamini e Goi lo datano al VI decennio del
Trecento, per la Bros è “opera eseguita da un anonimo frescante locale che, seppur memore
degli apporti bolognesi ed emiliani, indubbiamente conosceva la pittura di Vitale da Bologna,
ma soprattutto la produzione degli altri pittori che parlavano già un linguaggio friulano” 29 e lo
data verso gli ultimi anni del XIV secolo.

Osservando i lacerti rimasti appare “particolarmente elaborata ed emerge evidente


l’intenzione di voler puntare ad una visione unitaria della rappresentazione attraverso
l’eliminazione delle cornici divisorie che solitamente separano tra loro gli apostoli, gli eletti e i
dannati (nel giudizio di Vineis gli apostoli sono inseriti all’interno di una semplice decorazione
divisi in due gruppi al portale d’ingresso, in quello a Rive d’arcano la decorazione si divide
quattro registri separati da cornici divisorie, i dannati al di sotto degli apostoli si dirigono verso
il basso e gli eletti verso l’alto.” 30

Per la Zito questo affresco mostra una collaborazione di più artisti paragonando la
parte inferiore con quella superiore “Le figure aggraziate della sezione sottostante dedicata
agli angeli e agli eletti, l’eleganza dei loro atteggiamenti, le sottili linee di contorno che
delimitano i corpi e le architetture, la luminosità dei colori, sono tutte peculiarità che non si
riscontrano nella sezione dedicata agli apostoli” 31.

Tornando alla parte del paradiso emerge l’impronta anche della scuola vitalesca in
certi visi come quello dell’angelo e delle anime, mentre che le torre s’ispirano ad “alcuni
affreschi venzonesi che decoravano la cappella del Gonfalone nel Duomo, nei quali la critica
ha da tempo individuato la forte componente altichieresca” 32.

I documenti sono andati perduti ed è impossibile verificare se Lu Domine fosse


presente per affrescare questa chiesa o se sì tratte invece di maestranze locali, compito
difficile in parte perché l’affresco è assai rovinato, comunque si riesce a distinguere che le
diverse parti che lo compongono non sono divise in registri ma è un tutto uniforme.

Al centro si riesce a distinguere parte di quello che sicuramente era il petto del Cristo e
la parte da dove era legata la veste, questo Cristo sembra fosse uguale a quello di Barbeano
Sopra di esso c’e un’apertura con un occhio entro il quale secondo la Zitto si trova “il Cristo
Giudice nella mandorla, appena visibile, è collocato all’interno dell’occhio al centro della
controfacciata, particolare assai insolito” 33 a me invece sembra di distinguere delle ali e direi
che si tratta più di un San Michele che non di un Cristo Giudice o un Dio Padre, purtroppo la
posizione di questo e lo stato di conservazione non mi permettono di dire con certezza cosa

29 Luciana Bros, in Gian Carlo Menis, Civiltà del Friuli Centro Colinare, Pordenone 1984, shceda 61
30
Ibidem.
31
Zito, Op. Cit. P. 50.
32
Zito, Op Cit. P. 60
33
Zito, Op cit. p. 29.
19
sia raffigurata in quest’occhio.

Alla sinistra dell’oculo c’e un angelo che porta la lancia mentre alla destra rimangono
poche traccia di un angelo con la croce, in basso si trovano gli apostoli seduti, sei ad ogni
parte, quelli alla destra, mentre ai lati si trova la serie degli apostoli seduti sei in ogni lato, con
la deesis: la Madonna inginocchiata alla destra del Cristo e la sinistra poche traccia di colore
verde della veste di quello che potrebbe essere il Battista (nel caso che porte una veste sopra
la pelliccia come ad Arzenutto) o san Giovanni anche lui in ginocchio in posizione speculare
alla Madonna.

Sotto la Madonna si trova la parte del Paradiso con gli eletti che sono aiutati da un
angelo per dirigersi verso l’entrata della città celeste, mentre nella parte opposta allo stesso
livello si trovano i dannati spinti da un diavolo verso la città invernale.

La parte del paradiso è la meglio conservata anche se proprio lì nell’angolo era stato
costruito un camino. I Beati sono tutti nudi come i dannati e soltanto le tiare li distinguono dei
dannati, i beati che hanno già fatto il loro ingresso attraverso la porta guidati dagli angeli
nascondono i loro genitali da sguardi sgradevoli grazie all’utilizzo delle ali e delle braccia
degli angeli. Dall’altra parte, a destra del portone d’ingresso i dannati si dirigono verso il
basso passando anch’essi da una porta ma qui sicuramente erano guidati da diavoli,
purtroppo dell’inferno non resta quasi niente e possiamo vedere soltanto i volti dei dannati più
vicini alla porta, cosi come sopra si vedono i dannati che devono entrare all’inferno già avvolti
dalle fiamme, dell’interno della città infernale non restano che poche tracce del rosso dei corpi
dei diavoli cosi come di un satana che sedeva e del quale non rimane nient’altro che la
sagoma.

Questa raffigurazione del paradiso come città fortificata è assai comune, ma sorprende
che il pittore abbia deciso di utilizzarla anche per l’inferno.

Tornando al Cristo, o a quel poco che ne rimane, io penso sia un Cristo già che
sembrerebbe simile al Cristo del Guidizio Universale della chiesa di Sant’ Antonio a Barbeano
(fig. 28 ) dipinto da Gianfrancesco da Tolmezzo, anche se non possiamo dire lo stesso della
collocazione, già che è nel coro che Gianfrancesco da Tolmezzo ha realizzato l’affresco,
ignoriamo il perché di questa scelta per un soggetto del genere e che si può spiegare soltanto
come la scena finale dell’intero ciclo della vita di Gesù, anche se come si è già visto nel caso
di Ospedaleto nel coro si trova il Cristo apocalittico.

Ritenuto in un primo momento databile al 1489 dallo Joppi (per un documento dove
detto Gianfrancesco da Tolmezzo riceveva il 20 novembre del 1489, i ducati per le pitture
eseguite), e anticipati al1481 dallo Rizzi sulla base di documenti citati dal Cavalcaselle.
Gli affreschi che si trovano nel coro sono la Natività, l'Epifania, l'Ascensione ed il Giudizio
Universale; nella volta i Dottori della Chiesa, Profeti ed Evangelisti; nell'intradosso dell'arco
dieci busti di Profeti. Gli affreschi hanno molto sofferto nei secoli e già prima del 1942 il Marini
li descriveva rovinati: “La parete absidale della chiesetta è molto rovinata, L’intonaco in parte
caduto o sollevato in squame che presto cadranno, salnitro e imbiancature hanno stinto i
pochi colori rimasti”, poi parlando della scena del giudizio aggiunge “Il paradiso con

20
architetture e angeli musicanti e due schiere di santi e beati anche tedescheggianti e rudi, più
sotto a destra di Cristo il Paradiso con architetture e vegetazioni, l’inferno ch’era dipinto al lato
opposto, ora è scomparso” 34.

Del Giudizio purtroppo è rimasta soltanto la metà superiore, mentre quella inferiore è
andata definitivamente perduta. In alto al centro il Cristo giudice in mandorla con il giglio nel
braccio destro (simboliza la purezza, ma anche annunciava l’arrivo della primavera e qui è
utilizzata sia per segnalare i giusti che si trovano alla destra del Cristo, sia per annunciare
l’arrivo del Signore) e la spada della giustizia a sinistra (simbolo della giustizia divina e dell’ira
del signore), detta mandorla è formata da strati di cherubini e di serafini.

Sopra il Cristo gli angeli (due a destra e due a sinistra) portano li strumenti della
passione, quelli di destra portano uno la croce con la corona di spine, l’altro una lancia.
Quelli a sinistra la colonna dove è stato flagellato e i chiodi, l’altro porta la canna con la
spugna.

La struttura dell’insieme e simile a quello dipinto da Lochner (fig. 29) su un trittico del
quale rimane la parte centrale. Purtroppo gran parte dell’affresco si è persa e non c’e
nessuna testimonianza che ci descriva la parte mancante, ma possiamo intuire che non f osse
molto allontana iconograficamente dal dipinto menzionato, già che ci sono tante similitudini
con questo, come ad esempio gli angeli sotto il cristo che nel caso di Barbeano
Gianfrancesco moltiplica. La veste del cristo come nel caso di lochner è rossa e si tiene
mediante una sicura coprendo entrambe le spalle del cristo e lasciando il torso scoperto.
La parete a differenza delle altre del coro, doveva essere completamente affrescata, già che
nel poco che rimane sotto, si vede che i motivi floreali che fanno di zoccolo alle altre scene
non c’erano in questa parte, il che vuol dire una maggior superficie pittorica a disposizione,
nella parte dove c’erano le scene della risurrezione e dell’inferno, nel caso che la nostra
rappresentazione fosse come quella più tarda del Giudizio Universale che si trova nella
chiesa dei Santi Filippo e Giacomo ad Arzenutto, e che s’ispira a questo di Barbeano.

Un altro giudizio con un’impostazione diversa si trova invece nella chiesa abbaziale di
Santa Maria in Sylvis a Sesto al Reghena (figs. 30-32). Questa deriva il suo nome dalla
presenza, nell’antichità, d’estese selve e fitti boschi sia lungo le rive del fiume Potenza e
l’attuale chiesa è stata edificata sulle rovine di una chiesetta fatta costruire fin dal 1042 dai
signori di Ajano ed aggregata nel 1096 all’Abbazia di Rambona da papa Urbano Il.

Costruzione piuttosto complessa che presenta un grande atrio (sulla cui facciata, del X
secolo, in origine probabilmente liscia, è addossata una scala con balaustra che porta al
salone superiore) dal quale si accede alla vera e propria chiesa, a tre navate, con cripta e
quindi transetto sopraelevato, abside centrale e absidi laterali non pronunciate.

Sulle pareti del vestibolo dell'atrio si trovano gli affreschi del Giudizio Universale
attribuiti al pittore Antonio da Firenze (ca. 1490) “sia pure ipotizzando per lui un ruolo di

34
Marini, citato in Massimo Bonelli Gianfrancesco da Tolmezzo: il restauro degli affreschi di
Barbeano e di Provesano , Spilimbergo 1983,p. 13.
21
coordinatore e riferendo alla sua bottega l’esecuzione del vasto ciclo di pittura” 35.
Il Marini aveva proposto di ricondurre la formazione di Pietro da San Vito a quest’ambito,
“Negli affreschi delle pareti del vestibolo dell’abbazia di sesto si avverte in effetti una certa
affinità con l’arte di Pietro da San Vito il quale può studiarsi in una delle sue più impegnative
imprese, la decorazione dell’abside della chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo ad Arzenutto”.
36

Gli affreschi raffigurano il Paradiso , la pesatura delle anime e l'Inferno, che il


Bergamini definisce di colori smorti ed spenti, “scene dilatate in senso orizzontale dove
l'incredibile numero di personaggi prevale sulla qualità pittorica” 37. Il legame tra le due scene
è nella controfacciata dove si trova la figura del san Michele che pesa le anime che i diavoli
sono pronti a rubare e portare verso la parte infernale.

Il San Michele (se si guarda dell’interno) si trova alla destra della porta della
controfacciata del vestibolo, nella mano destra tiene una spada, come è anche il caso del
San Michele del giudizio dipinto da Buffalmacco, e nella sinistra la bilancia, gli angeli
prendono le anime e li portano a destra, verso la parete dove è dipinto il paradiso; cosi
vediamo quattro angeli diversi che aiutano il San Michele, il primo di roso è vicino alla bilancia
per prendere l’anima, il secondo verde ha già un’anima tra le braccia e si dirige verso la
parete del paradiso, un terzo in rosa avvicina un’anima inginocchiata in preghiera con le
mani giunte verso il quarto angelo del quale si vedono soltanto la testa e le braccia mentre il
resto è occultato dalla finta architettura. Affianco a essi, giusto sopra la porta è dipinto lo
stemma del committente Domenico Grimani.

Alla sinistra del San Michele c’e un edificio della cui porta esce fuori un diavolo, pronto
a prendere anche lui le anime mas per portarle verso la parte dove vi è raffigurato l’inferno,
questo demonio è aiutato da un altro diavolo che anche se pestato dal San Michele tenta con
un bastone di sbilanciare il peso della bilancia in suo favore.

Nella parete con il Paradiso, il pittore invece del cristo in mandorla tra i cherubini e i
serafini, che si trova di solito nei giudizi universali ha deciso d’inserire l’incoronazione della
vergine, cogliendo proprio il momento nel quale la Madonna sta per essere coronata,
collocandola inginocchiata sotto il Cristo entro la stessa mandorla che ha dovuto fare rotonda
per includerla (la mandorla è formata come nel caso di Barbeano di serafini e cherubini),
attorno alla mandorla s trovano degli angeli in preghiera o con le mani incrociate sul petto
cosi come degli angeli musicanti nella parte più bassa.

Al di sotto della mandorla due angeli con le trombe annunciano l’evento e sotto di essi
giusto al centro viene posto un gruppo di angeli che ballano formando un cerchio e dei quali

35 Paolo Casadio in Menis, Gian Carlo L'abbazia di Santa Maria di Sesto : l'arte medievale e moderna
a cura di Gian Carlo Menis, Enrica Cozzi ; [testi di Enrica Cozzi, Paolo Casadio, Mauro Lucco, Paolo
Goi]. - Pordenone 2001, p. 217.
36
Paolo Casadio La decorazione a fresco e l’arredo scultoreo dalla metà del Quattrocento al nostro
secolo in “L’Abbazia di Santa Maria di Sesto: L’arte medievale e moderna”, a cura di G. C. Menis e E.
Cozzi. Pordenone, 2001, p. 234.
37
GiusepeBergamini. , Guida Artistica del Friuli Venezia Giulia. Udine 1999, p. 383.
22
alcuni si voltano e si girano per rendere la scena più dinamica.

A partire di questa scena centrale si divide il resto del dipinto con due folte schiere di
Santi, Il tutto per confermare il posto di Maria come regina di tutti. Questi uomini e donne
sante del vecchio come del nuovo testamento sono divisi in cinque registri o file dove
troviamo partendo dall’alto i Patriarchi e i Profeti, sotto gli Apostoli e i Martiri, poi i Padri della
chiesa e i Vescovi, seguono i Santi Monaci e gli Asceti, per finire nel registro più basso con le
Sante.

Per l’inferno Antonio ha dovuto organizzare lo spazio pittorico in un senso orizzontale,


dove un enorme satana al centro domina la scena, mentre le punizioni dei sette peccati
principali si sviluppano ai lati, in un paesaggio roccioso che ha delle grotte che ci permettono
di vedere la natura del peccato lì punita, purtroppo il dipinto è stato rovinato dai fedeli, e ha
perso gran parte nel registro centrale e a entrambi i lati si trovano delle grosse lacune, ma
quel che è rimasti ci lascia capire l’organizzazione della scena.

Cominciando dalla parte destra che sarebbe quella che raffigura l’ingresso all’inferno,
vediamo diversi demoni attenti a torturare e dividere i dannati, alcuni buttati dentro una grotta
piena di fuoco e serpenti, altri dentro di un pozzo, sicuramente una di questi due buchi
sottoterra è l’ingresso alle altre grotte dove vengono divisi e puniti i diversi peccati.
Al centro un Satana immerso fino a metà corpo dentro di un lago ghiacciato (la cui fonte
iconografica è senza dubbio la divina commedia) dentro il quale si vedono sommersi dei
peccatori, probabilmente gli invidiosi che di solito hanno come punizione l’immersione nel
ghiaccio. Satana è con le ali spiegate, e anche se non c’e più la parte dove si trovava la
testa, si riescono a vedere dei piedi e delle braccia dei peccatori che vengono divorati fanno
intendere che si tratti di un satana con tre faccia.

Alla sinistra di Satana si concentrano sei punizioni, cominciando dall’ultima nel fondo in
alto, dove il peccato dell’avarizia viene punito, raffigurato da due peccatori a pancia in su,
sopra un tavolo e avvolti da serpenti mentre a essi viene colato dell’oro in bocca da quattro
diavoli, entrambi i peccatori sono dei religiosi d’alta gerarchia della chiesa, già che uno è un
cardinale, mentre l’altro porta la tiara.

A canto a essi in una grande pentola vengono bolliti altri peccatori (di solito
nell’iconografia delle punizioni dei sette peccati sono i superbi a finire nella pentola), poi a
destra un altro demone punisce altri peccatori anch’essi avvolti dai s erpenti è messo allo
spiedo, il quale è tormentato da un diavolo che l’infila uno spiedo anche in bocca mentre
viene fatto girare da un altro demonio, questo è il peccato della lussuria.

Sotto di ognuna di queste tre punizioni ci sono altre tante caverne, a destra sotto gli
avari si trovano i golosi nudi e avvolti dai serpenti e torturati dai demoni, obbligati a
mantenere la bocca aperta nella quale i diavoli versano delle schifezze a questi dannati che
stano a pancia in; a canto si trova la grotta dell’ira, riconoscibili perché litigano tra loro i
peccatori mentre vengono incitati dai diavoli, accanto si trova la grotta dell’accidia dove dei
demoni fanno cadere una costante pioggia di fuoco che impedisce ai pigri di starsene fermi
neanche per un secondo, sotto delle grotte c’e un serpente o un drago, del quale si vede

23
soltanto la testa e parte del collo, mentre divora un’anima (forse un altro superbo, isolato e
mangiato per la testa dove si trova l’origine del suo male, ma questa è una mia
interpretazione).

Questo giudizio s'ispira a quello del camposanto di Pisa di Buonamico di Buffalmaco


(1330-1340) , cosi come di quello del Beato Angelico, o per dirla meglio, una sua libera
interpretazione di questi due dipinti.

Per quanto riguarda il giudizio del Camposanto di Pisa (fig. 33), qui si trova la scena
del paradiso e quella dell'inferno, dipinte in due pareti diverse e che l’impostazione del
paradiso è stata la fonte poi modificata del nostro pittore, già che si trova la madonna
incoronata, anche se in una mandorla separata del salvatore attento a dividere i beati dai
dannati contro i quali rivolge la sua ira.

Il paradiso formato dalla schiera degli eletti e un gruppo compatto formato da santi,
chierici, cavalieri e dame, mentre nel caso di Antonio da Firenze o del pittore dell’abbazia,
viene ripresentata dai personaggi della vecchia e della nuova legge.

Per quanto riguarda il dipinto del Beato Angelico del 1431 (fig. 34), vediamo che
Antonio ha visto senza dubbio questo dipinto e che ha fatto attenzione soprattutto al gruppo
d’angeli che ballano formando un cerchio in un giardino alle porte della città celeste, come nel
satana con tre faccia con le quali divora i dannati allo stesso tempo, ma anche nella
composizione infernale divisa in caverne entro le quali vengono svolte le punizioni ai sette
peccati capitali.

No un altro Giudizio Universale, ma una rappresentazione dell’inferno e del paradiso si


trova nella parrocchiale di San Leonardo (figs. 35-38) a Provesano (san Giorgio della
Richinvelda), la quale nel coro ha uno dei cicli d'affreschi più belli e più conosciuti del pittore
nato come Gian Francesco dal Zotto e conosciuto come Gianfrancesco da Tolmezzo. Essi
recano la sua firma e la data 1496 nel fianco destro dell‘abside, ma all’‘infuori di questo non
c’e documentazione su di essi né sulla committenza.

Gli affreschi coprono l'arco trionfale (Resurrezione, S. Rocco, S. Sebastiano, mezze


figure di Sante nell'intradosso) e l'intero presbiterio nella chiesa, Nella volta i quattro Dottori
della Chiesa e Profeti; nella parete di fondo la Crocifissione, nelle altre, scene della Passione
di Cristo (Ultima Cena, Orazione nell'orto, Cattura, Cristo davanti ad Erode, Cristo davanti a
Pilato, Flagellazione, Salita al Calvario Deposizione), Paradiso, Inf erno ed Apostoli.

L'accentuato nordicismo delle scene della Passione è dovuto al fatto che il pittore ne
ha copiato il soggetto da stampe tedesche (di Martin Schongauer ed altri) secondo una prassi
abbastanza diffusa, fatto rilevato dal Cavalcatele e precisato più tardi dal Marini che ne
individuò la fonte nelle incisioni dello Schongauer, mentre Giuseppe Marchetti, non ha
mancato di sottolineare anche certe somiglianze tra aspetti del misticismo nordico e il senso
del peccato e la concezione della carne che le scene di soggetto demoniaco del ciclo di
Provesano raffigurano.

24
“Sfuggono ad una precisa interpretazione iconografica le figurazioni confinanti
da Gianfrancesco nella zona inferiore di due pareti dell’abside. Per la banalità delle
soluzioni stilistiche presenti sulla parete destra siamo propensi a non ritenere le scene
autografe.
Lo scheletro (fig. 47) che trafigge una colomba e alcuni giovane, le sadiche esibizioni
dei demoni sulle figure ignude di uomini e donne non possono definirsi come un
semplice “divertissement” dell’artista anche se questi non li ha più ripetuti
successivamente 38

Il Marini lo descriveva cosi (Marini la scuola di Tolmezzo) “figurette minute bianche


semplicemente disegnate come a carbone, l’inferno molto guasto è il parto di una rozza
immaginazione, vi domina da un lato la grossa testa bestiale, cornuta maciullante anime:
baratri e rocce sono segnate negligentemente qua e là, forse il pittore ricorda vagamente
grossolanità simili dipinte nelle absidi delle vecchie chiese della sua Carnia che non
dovevano essere diverse da quelle del contiguo Alto Adige, basta ricordare i romanici mostri
della chiesa altatesina di S. Jacopo di Termento” 39

Le scene infernali partono dalla parete di fondo all’abside, sotto la crocifissione e


coprono tutto il registro inferiore, cominciando a destra con un trionfo della morte, dove uno
scheletro raffigurato con arco e freccia si prepara a scagliare i suoi mortiferi dardi contro
l’umanità e la vita, cosi vediamo presenti un corpo a terra già colpito da una freccia e sopra di
esso una colomba appena colpita che sembra negli ultimi spasmi prima di morire, mentre a
destra un’anima raffigurata come un bambino siede all’entrata della grotta nella quale si
vedono delle anime che lì entrano; l’uscita di questa grotta si trova più a sinistra le anime che
escono si trovano da fronte a una schiera di diavoli neri, con code di rettile o cane, gambe di
uccello e corna di caprone, mentre le teste vanno da una macchia o semplice sagoma
deforme al lupo o al topo. Questi diavoli prendono i dannati e li trascinano all’inferno, sia
caricandoli sulle schiene o come fa uno di essi, sedendosi a cavallone su una dannata che si
trova a “quattro zampe”, le anime disperati si muovono in gruppi scortati dai demoni che li
spingono usando lance.

La scena continua nella parete affianco dove si trova satana incatenato seduto su una
fornace ardente, il quale mentre divora un dannato tiene tra le mani altri peccatori e i suoi
piedi riposano sulla terra e non pestano altri dannati come in altri casi. Alla sua sinistra dei
diavoli li portano delle anime sulle loro schiene, anime che mostrano dettagliatamente i loro
genitali purtroppo il dipinto non è cosi chiaro da permetterci dire che i maschi sono circoncisi
e quindi collegati agli ebrei.
Nell’affresco si vede anche una lunga schiera di dannati prostrati dai diavoli che
escono di una grotta posta in una montagna dietro di Satana per fermarsi giusto davanti al
Signore degli inferi. In questo paesaggio roccioso, si vedono altre aperture nella montagna,
delle quali vengono fuori altre anime, che vengono subito ricevute da diavoli.

38
Bonelli M., Gianfrancesco da Tolmezzo: il restauro degli affreschi di Barbeano e di Provesano ,
Spilimbergo 1983, P. 24
39 Marini R., La scuola di Tolmezzo. Padova. 1942, p. 47.

25
La scena purtroppo danneggiata nella parte sinistra, già che è stata fatta una nicchia
piccola, è parte dell‘affresco è caduto, tagliando il braccio destro di satana come una parte
del corno destro e l’addome.

Ma la parte caduta lascia vedere estratto inferiore dell’affresco dove su uno sfondo
verde, una mano (de satana sicuramente) che tiene un dannato, soltanto che la mano non
corrisponde allo strato superiore, cosi come i diavoli a forma di razza che si trovano per aria e
che non si trovano nello estratto superiore.

Tornando allo strato che ci interessa vediamo che sopra Satana nella cima di una
montagna un angelo che mostra a un fedele inginocchiato il destino dell’umanità corrotta e la
fine che essa farà, con tutti gli orrori dell’inferno, il quale continua in basso a destra sotto
l’apertura della finestra, dove anche se rimane poco, si distingue un’altra apertura dalla roccia
da dove escono delle anime che vengono spinte dai diavoli alla bocca dell’inferno, raffigurata
come un drago verde che già ne ha inghiottito alcune.

La parte destra è completamente caduta, e si vede soltanto un finto marmo che


doveva chiudere la scena infernale, e sopra questa cornice è raffigurato il paradiso, molto
semplice la porta per la quale entrano i beati, che consiste in un’apertura nel muro che finisce
in un arco a tutto sesto, sospesi su nuvole si trovano sei angeli con delle trombe,
annunciando la gloria del signore, mentre un folto gruppo di anime aggruppati da angeli è
accompagnato fino all’entrata affiancata dal Battista e di San Pietro, intanto quelli che hanno
già fatto ingresso nel paradiso si vedono salire in fila su delle coline.

Per quanto riguarda alle possibili fonti usate da Gianfrancesco per questo affresco,
vediamo che un demonio cavalcando una dannata si trova nell’affresco nella navata nel
Duomo di San Gimignano, nell’affresco di Taddeo di Bartolo (fig. 39), la quale costretta a
stare a quattro zampe sopra i sassi infuocati, viene cavalcata e frustata da un demone, e
questa scena è abbastanza diffusa nelle raffigurazioni infernali dove vengono puniti gli
accidiosi, costretti a muoversi dai demoni e quindi anche cavalcati da questi, Gianfrancesco
però a differenza di Taddeo non raffigura i sette peccati capitali, ma mostra l’inferno come un
luogo senza una struttura interna né punizioni particolari, forse perché queste dovevano
svilupparsi all’interno del drago che spalanca le fauci.

Queste pitture di Gianfrancesco però, colpiscono per il loro singolare vigore e fanno
pensare a certa pittura nordica richiamata dal Marchetti40 come quella di Lochner (nato tra
1400-1415 in Konstanz am Bodensee e morto verso il 1451/52 in Köln) e di Bouts.
Di Lochner invece, si conserva a Köln un dipinto che faceva parte di un trittico col
giudizio universale nel Wallraf-Richartz-Museum Del dipinto Gianfrancesco poteva trarre
grande ispirazione sia nel registro dell’inferno che su quello del paradiso, dove come
un’analogia gli angeli scortano i beati mentre questi fanno l’ingresso, in queste porte si trova
s. Pietro mentre alla sinistra della porta si trovano gli angeli musicanti. Possiamo dire che

40
Giuseppe Marchetti Gianfrancesco da Tolmezzo, pittore diabolico. In “Avanti cul brun“. No. 20,
1953.

26
Gianfrancesco fecce speciale attenzione per la folla dei dannati e la forma nella quale queste
vengono trascinati, coricati e trascinati

Nel caso del dipinto di Bouts (fig. 40), qui i dannati sono buttati entro una grotta
affollata e certamente alcune soluzioni sembrano essere state studiate ed adoperate da
Gianfrancesco come la donna in primo piano che urla disperata e la cui espressione si può
trovare in altri dannati nell’affresco di Gianfrancesco, cosi come il corpo slanciato del dannato
che viene coricato da un diavolo in volo ricorda i corpi che i demoni si sono caricato sulle
spalle per portarli da satana.

Lo scheletro non può trovare un’altra spiegazione se non quella di essere il legame tra
il ciclo infernale e il resto delle pitture, già che con la morte arriva la dannazione o la
ricompensa delle persone, tuttavia si distacca de altre rappresentazioni di questo soggetto
che si trovano sia in regione come nelle parti confinanti o d’oltralpe, dove questi scheletri con
l’arco e le frecce sono frequenti nei trionfi della morte o si collegano con le danze macabre
che coinvolgono tutti i ceti sociali, ma senza alludere al destino nell’aldilà.

Soggetti del genere li troviamo a Clusone, Pinzolo o Carisolo, nella zona transalpina,
dove la morte è raffigurata a cavallo mentre scaglia le loro frecce. La raffigurazione di Pinzolo
è la più vicina alla morte che dipinge Gianfrancesco cosi come tra i vari personaggi che
vengono colpiti dalle frecce micidiali ce anche un bambino.

Purtroppo non ce nessun altra testimonianza pittorica dell’artista di soggetto diabolico,


perché come si è già detto prima, la parte che raffigurava l’inferno a Barbeano è ormai
scomparsa è l’unico demone che troviamo fuori della scena infernale che è quello che prende
l’anima del cattivo ladro (fig. 41) non sembra stilisticamente collegabile a quelli di sotto, anche
perché Gianfrancesco ha fatto più attenzione al dettaglio sia dei cappelli che alle ali, anche se
un demonio simile al nostro lo troviamo nel dipinto di Lochner del Giudizio Universale in un
demone che in una postura analoga al nostro spingi il dannato nel fosso di fuoco mentre lo
prendi per la vita a testa in giù.

Comunque questo affresco è servito d’ispirazione insieme a quello di Barbeano per il


Giudizio Universale della Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo ad Arzenutto (San Martino al
Tagliamento). In questa chiesa Pietro da San Vito ha raffigurato anche lui nel coro il giudizio
universale realizzato nel 1515 (figs. 42-45), soltanto che in questo caso si trova nella parete
di fondo e non in una delle laterali come a Barbeano.

Qui il ciclo pittorico “presenta momenti di modestia tecnica ma rivela abbastanza


chiaramente quale fosse la pittura friulana di periferia” 41. A parte il Giudizio Universale
troviamo nella volta i quattro Evangelisti in cattedra tra i loro simboli, angeli e Santi; nella
parete sinistra Cristo che porta la croce, Storie della vita di S. Filippo e Apostoli; in quella di
destra Resurrezione, Storie della vita di S. Giacomo, Apostoli; nella.

Il Giudizio Universale è purtroppo in alcune parti in un cattivo stato di conservazione

41
GiusepeBergamini,1999, p. 358.
27
ed impedisce di gustare certi piccoli particolari che sono forse l'aspetto più interessante
dell'intero complesso pittorico, comunque si notano certe figure in atteggiamenti diversi che
sembrano ispirati alle opere di Gianfrancesco da Tolmezzo, soprattutto al Giudizio Universale
di Barbeano già che la struttura e la stessa.

Purtroppo lo stato di conservazione del affresco non e tanto buono e reca delle
lacune in alcune parti “e sono state causati dalla azione dell’umidità che ha favorito la
fuoriuscita di Sali che hanno corroso numerose parti del ciclo affrescato” 42.

In questo giudizio troviamo come a Barbeano il Cristo in gloria entro l’arco baleno,
con la veste portata uguale come il Cristo di Barbeano e anch’essa rossa anche se non ci
sono né il giglio né la spada e la figura del Cristo e diversa da quello di Barbeano, già che qui
porta la corona di spine e i cappelli all’indietro.

Il Cristo si trova tra la deesis e circondato da cinque angeli, i primi due in alto con le
trombe del giudizio e quello alla sinistra del Cristo porta nella sua tromba lo stendardo bianco
con la croce rossa; più in basso tre angeli portano i simboli della passione, quello alla destra
del Cristo porta la canna con la spugna e la colona, e quello a sinistra la lancia e la croce, a
questi due si unisce un terzo angelo ubicato sotto la mandorla, il quale porta i chiodi e il
flagello. Altri due angeli con le trombe si trovano ai lati della dèesis dei quali ormai è caduta la
maggior parte.

A differenza di Barbeano, Pietro di San Vito si limita alla dèesis, con la madonna e
il battista inginocchiati, senza il gruppo di santi che ha realizzato Gianfrancesco da Tolmezzo,
entrambi in ginocchio e il Battista si riconosce per la pelliccia che si intravede attraverso il
mantello rosso che lo copre.

Il paradiso qui diventa una città fortificata, un vero castello con le sue torri coronate
d’angeli e anche se la sua porta più sobria nella decorazione non per quello è meno dignitosa
e accanto a essa si trovano Sa Pietro e l’angelo con la spada di fuoco che la custodisce cosi
come un gruppo di eletti che arrivano scortati dagli angeli, tutti gli eletti come nel Giudizio
della chiesa di San Leonardo a Fagagna o quello di Barbeano sono nudi e non ricevono
nessuna veste per entrare in paradiso.

Nell’angolo sotto la città celeste Pietro da San Vito ha raffigurato la risurrezione


della carne in un gruppo di corpi nudi che escono dalla terra, e tra i quali si vedono delle
anime che si aiutano a vicenda per uscire e poi dirigersi per una via che porta verso il
paradiso, via che ha un incrocio nel quale si trova un angelo (forse l’arcangelo Michele, ma
non porta né la bilancia, né l’armatura, la spada è l’aureola sono l’unico attributo che lo
distingue dagli altri angeli) che lotta per un’anima con un diavolo che tenta senza successo di
prenderla, mentre i diavoli che hanno avuto successo prendendosi delle anime li portano in
basso dove la via si divide, da una parte si trova l’apertura dell’inferno raffigurata come una
testa di drago verde a occhi rossi con le fauci spalancate nelle quali vengono fatti entrare i

42
Paolo Casadio in La Chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo ad Arzenutto, relazioni n. 9, collana
diretta da Franco Bocchieri, Pordenone 1993, p 73.
28
dannati, dall’altra parte a destra si trova raffigurato Satana.

Questa parte è la più danneggiata e non ci permette di apprezzare tutti i particolari


né del satana né dei dannati, anche se si vedono dei dannati legati dai piedi e trascinati dai
demoni verso Satana, o nei dannati che i demoni coricano sulla schiena, anche se si
riconosce che Pietro di San Vito rimane lontano dalla forza immaginativa di Gianfrancesco.

Il satana raffigurato di Pietro di San Vito seduto su un trono e incatenato a un


enorme albero, ha due dannati nelle mani e non si capisce bene sì ne sta divorando un’altro,
dalle sue orecchie esce fuoco e con i piedi pesta due dannati, sopra di Lui si trova una grotta
infuocata con dei dannati dentro, e più in alto una montagna con dei dannati in fila che
portano delle rocche sulla schiena fino alla cima, questa scena si potrebbe identificare col
purgatorio, dove le anime o si purificano entro il fuoco o vengono sottoposti a punizioni
leggere. Dietro di questa montagna si vedono altre montagne e collinete e tra esse si vede un
gruppo di dannati scortati e puniti da diavoli, cosi come delle grotte infuocate con delle anime.
Il Di Maniago descrive questa scena nel suo Libro di Storia delle Belle arti Friulane :
“il purgatorio è rappresentato da un orribile baratro dove si vengono le pene delle anime
perdute, delle quali altre sono gettate in mezzo alle fiamme, ed altre condannate a portare
enormi pesi, l’inferno è figurato in un immenso dragone, il quale dalle aperte fauci vomita le
anime già dei loro colpi, in quel estremo giorno, purgate e che gli angeli sono pronti a
raccogliere nelle loro braccia” 43

Qui il Di Maniago interpreta la scena in senso inverso, come se fosse l’inferno


legato alla risurrezione che getta fuori le anime che subiranno un secondo giudizio,
l’universale, mentre che sembra che siano già le anime che hanno ricevuto la sentenza a
recarsi verso la destinazione finale. Purtroppo non possiamo fare altro che pensare che ci
fosse anche nel caso di Barbeano una scena del purgatorio alla quale si sia ispirato Pietro da
San Vito, già che l’unico purgatorio raffigurato oltre a questo è quello più tardo di Griis, anche
se un purgatorio analogo si trova nella raffigurazione di Domenico di Michelino a Santa Marìa
del Fiore a Firenze del 1465 nella “Apoteosi di Dante” (Fig. 46 ), certamente Pietro di San Vito
ha fatto una sintesi di questo già che Lui fa soltanto quelli della seconda e della sesta balza
della montagna, con i dannati che portano i pesi e quelli che strisciano per terra. Altrettanto si
potrebbe dire del Paradiso che nel caso di Domenico è la città di Firenze della quale Pietro
prende soltanto le mura fortificate e le torri che poi sviluppa con fantasia, mentre dell’inferno a
parte le rocce che lui unifica in una montagna che fa spiccare dietro la montagna del
purgatorio il resto lo ha presso da Gianfrancesco.

Nella chiesa di Sant’ Andrea a Griis (comune di Biccinico) si trova un’altra


raffigurazione del purgatorio nel Giudizio Universale, in una chiesa tra l’altro completamente
coperta di affreschi all’interno e la quale contiene una data di riferimento alla costruzione di
questa “presbiter joane batista de palmia et omnibus de Greis MDXXXI “, ma niente sulla data
di elaborazione del ciclo pittorico che va dal coro alle navate e nella contraffacciata, con
Storie riguardanti la Vita di S. Andrea, scene dell’antico testamento che finisc ono con il Ciclo
di Noe mentre le scene del nuovo finiscono col Giudizio Universale (fig. 47). E’ datato al 1534

43
Di Maniago Storia delle belle arti Friulane, Venezia 1819; II edizione Udine 1823, p. 26.
29
come attesta una scritta e si deve probabilmente ai pittori veneziani d'origine ma operanti in
Friuli, per il Marchetti si tratta di “un pittore sicuro e disinvolto .. che si lascia indietro gli
impacciati e rigidi tramezzini” 44. Venuti invece gli attribuisce al Tanner, ma Bergamini dopo
un attento esame gli ha attribuito a Gaspare e Arsenio Negro, seguaci del Pordenone e di
Pellegrino di San Daniele, e tramite Giovanni da Udine di Raffaello.
“Il padre Gaspare avrebbe potuto esserli venuto in aiuto nell’ideazione generale e
nell’esecuzione di qualche brano (ciò spiegherebbe la migliore qualità della pittura nel
coro)“ 45, ipotesi che come sostiene lo stesso Bergamini non è sopportata da nessuna
documentazione né dai confronti fatti con opere autografe di Arzenio Negro.

Le pitture per un tempo sono state coperte, ma non si sa la data esatta di questo, si sa
però che erano visibili nel 1606 perché nella relazione si legge che la chiesa era ben dipinta,
soltanto che le pitture dovevano apparire oscene al vicario patriarcale Agostino Bruno, tanto
che lo stesso ordino che fossero eliminate. Nelle visite successive non si parlò più degli
affreschi, segno evidente che nel frattempo erano state coperte con successive imbiancature
forse per disinfezione durante una delle ricorrenti epidemie o forse proprio per assecondare
l’ordine del vicario patriarcale 46. La chiesa è stata restaurata e gli affreschi hanno rivisto la
luce nel 1933, mentre un posteriore restauro viene eseguito nel 1982.

L’affresco raffigurante il giudizio Universale purtroppo è danneggiato nella parte


centrale, perché nel 700 hanno fatto un’apertura spostando cosi l’ingresso che prima era
laterale, ma cosi si è persa la parte centrale dell‘affresco.

Anche la parte superiore, dove si trova il cristo giudice era stata aperta per fare una
finestra quadrata, attualmente ridotta a un’apertura circolare. A parte queste due perdite il
resto dell’affresco è in ottime condizioni e ci permette una buona lettura dell’insieme. In alto al
centro, seduto in trono sulle nuvole entro la mandorla ad arco baleno si vede il Cristo giudice
mentre delle nuvole che avvolgono la mandorla si vedono dei putti che portano gli strumenti
della passione e acanto a essi si trovano altri putti con le trombe che annunciano il giudizio
finale. Degli angeli con gli strumenti della passione ormai si vedono soltanto quattro, i due alla
destra del Cristo portano uno la croce, l’altro la lancia e la canna con la spugna. Quelli alla
sinistra del Cristo portano uno la colonna e quello più in basso la scala.

In ginocchio, si trovano la Madonna e il Battista, a destra e a sinistra del Cristo e sopra


di ciascuno di essi dei filatteri in aria, quello sopra la madonna quello con la scritta “Venite
benedicti ad Patris mei” mentre quello sopra il Battista porta la scritta “ite maledicte in ignem
aeternum” mentre come nel caso dell’altro rottolo il resto delle parole sono nascoste dagli
stessi rotoli che si trovano girando sospesi per aria. Tutto questo gruppo sovrastato e
incoronato per una serie di angeli che in fila e uscendo tra le nuvole si uniscono in un unico
punto al centro sopra il Cristo.

Marchetti in A e G. Bergamini. Affreschi rinascimentali nell’antico mandamento di Palmanova,


44

Malisana, Castions di Strada, Griis, in “Palme”, Udine 1976.


45
Ibidem.
46
E. Dentessano , Biccinico e il suo territorio. Udine 1984,pp. 82-83.
30
Nel registro inferiore a sinistra dalla porta d’ingresso si trova l’inferno (fig. 48), con un
Satana gigantesco e nudo, seduto su un trono sopra una fornace, in atto di mangiare un
dannato con la parte inferiore dell’addome da dove li spunta un’altra faccia della quale si
vedono gli occhi e la bocca dentata, mentre nelle mani tiene due dannati e ne pesta altri due
con i piedi, in ognuna delle sue ginocchia ha una testa demoniaca che sputa fuoco e dietro di
lui nel mezzo di un paesaggio alquanto rozzo si vedono diversi diavoli nell’atto di applicare
diverse torture ai dannati: uno di loro carica un dannato sulla schiena mentre un altro avvicina
un dannato che tiene infilato con una forca verso il fuoco dove siede Satana, un diavoletto
tiene un dannato allo spiedo è uno si accanisce sul corpo di un dannato, alcuni vengono
messi in una pentola al rogo e un altro viene impiccato con un diavolo che li sale sopra per
caricarli tutto il peso e stringere ancora di più.

A destra della porta si vede il purgatorio, raffigurato come un pozzo enorme pieno di
anime, che vengono aiutate a uscire il giorno del giudizio da tre angeli che li prendono per
mano e li tirano fuori, mentre quelli che rimangono alzano lo sguardo verso l‘alto e tengono
giunte le mani a modo di preghiera; tutte le anime sono nude e il sesso di esse e ben visibili ,
forse è questa scena che aveva sconvolto al vicario patriarcale nel 1606.

Al centro dove si trova adesso la porta, purtroppo non si hanno notizie di che cosa ci
fosse raffigurato, Io penserei a una separazione dei beati dai dannati cosi come la porta del
paradiso giusto sotto il Cristo giudice, ma all’infuori delle speculazioni non c’e nessun
documento che ci possa descrivere questi affreschi e ci aiuti a fare luce su la raffigurazione
centrale.

L’inferno non è diviso in cerchi di punizioni, ma come in quello del mosaico del
battistero di Firenze (fig. 49) la scena si svolge senza un ordine stabilito. Unico per la forma
nella quale è raffigurato l’inferno, che non è la solita grotta infuocata o il paesaggio roccioso,
ma delle collinette verdi, e dove l’unico fuoco è quello che si trova sotto dove è seduto
satana.

Anche qui come a Firenze troviamo il peccatore allo spiedo (fig. 50), un diavolo lo fa
girare sul fuoco, purtroppo è rovinato e non si riesce a vedere quello che fa l’altro demone in
piedi a fianco, forse come nel caso del mosaico fiorentino, sta rovesciando delle sostanze
che lo renderanno più saporito al momento della cottura. C’e anche l’impiccato come a
Torcello ma non sono sicuro che si tratti di Giuda ( ben identificabili perché è l‘unico dannato
che non è nudo), anche per che non pende d’un albero ma di una forca poggiata su due legni
e uno trasversale sopra. A Firenze c’e un demone che tiene la corda e lo alza, mentre
nell’affresco di Griis è il corpo del demone salito sulla forca che manda giù il peso, per far sì
che la corda si stringa ancora di più sul collo del dannato.

All’infuori di queste similitudini, il resto e diverso dai giudizi precedenti, il Satana


frontale che guarda direttamente a chi contempla la scena, ha la particolarità di avere delle
teste leonine, che le spuntano dalle ginocchia e sputano fuoco, poco usuale questa
iconografia di satana già che non ce ne sono tanti esempi, un esempio si trova in una
miniatura del De civitate dei XV secolo (fig. 51) dove un Satana di tre volti divora i dannati
mentre attorno a lui vengono puniti i dannati che rappresentano i sette peccati capitali.

31
Questo satana pero, e diverso dal nostro sia per le tre faccia come per le ginocchia da dove
le spuntano le teste simili a serpenti della cui bocca esce la parte inferiore della gamba del
Satana ed è di un disegno più elaborato rispetto a quello di Griis, anche perché il Satana del
foglio miniato siede all’interno di una pentola entro la quale vengono bolliti altri dannati e del
quale deriva la raffigurazione infernale de les Heures à l'usage de Rouen anche del XV
secolo.

Il disegno del Satana di Griis, se non ci fosse per le corna e le orecchie sarebbe un
altro dannato soltanto ingigantito, mentre che per i dannati il disegno sembra essere stato
veloce senza tanta cura nei dettagli.

Il Satana di Griis come quello di Giotto (fig. 52) non ha niente che lo copre, ma qui
satana si trova in una posizione completamente e aprendo completamente le gambe lascia
vedere la faccia sotto l’addome dalla quale pende un dannato a testa in giù direttamente sul
fuoco, come quello dipinto da Giovanni da Modena nella cappella Bolognini nel 1410 (fig.
53).

32
Immagini parte seconda

Fig. 1 Gemona, Duomo, porta d’ingresso e lunetta col Giudizio Universale

Fig. 2 Gemona, Duomo, Lunetta

33
Fig. 3 Gemona, Cristo giudice

Fig. 4 Gemona, Lunetta, particolare parte sinistra, Madonna e risorti.

Fig. 5 visitazione, ara de Ratchis. Cividale del Friuli.

34
Fig. 6 Reims, Notre Dame. Lunetta particolare.

Fig. 7 Bamberga, Portale dei principi. Lunetta

35
Fig. 8 Beatus da Liebana, discesa di Cristo all’inferno, particolare.

Fig. 9 Conques, Lunetta col Giudizio Universale, particolare dell’inferno.


36
Fig. 10 Orvieto, Lorenzo Maitiani Giudizio Universale, particolare dell’inferno.

Fig. 11 Cervignano del Friuli,Strassoldo, Santa Maria in Vineis, controfacciata, giudizio


Universale, insiemme

37
Fig. 12 Strassoldo, Santta Maria in Vineis, inferno, part.

Fig. 13 Strassoldo, Santa Maria in Vineis. Cristo Giudice

38
Fig. 14 Torcello, Giudizio Universale, inferno. Particolare

Fig. 15 Rigolato.,Vuezzis, chiesa di S. Nicolò, controfacciata, Giudizio universale.

39
Fig. 16 Rigolato, Vuezzis, chiesa di S. Nicolò, particolare

Fig. 17 Rive d’arcano,San Mauro. controfacciata, Giudizio Universale.

40
Fig. 18 Rive d’arcano, San Mauro Giudizio universale, part. Inferno.

Fig. 19 Sainte Quitterie, tympan,

41
Fig. 20 Gemona, Duomo, Andrea Moranzone, dossale ligneo

Fig. 21 Gemona, dossale ligneo, particolare scena Giudizio universale.

42
Fig. 22 Paolo Veneziano particolare del Giudizio universale, pala dell’incoronazione della
vergine, accademia di Venezia

Fig. 23 Gemona, Ospedaletto, chiesa di Ognisanti, Cristo apocalittico tra la déesis.


43
Fig. 24 Amiens, Notre Dame, Giudizio universale, lunetta, part. Cristo con la doppia spada

Fig. 25 Arzene, parrochiale di S. Lorenzo, parete destra, Diavolo incatenato.

44
Fig. 26 Fagagna, S. Leonardo, Paradiso Particolari.

Fig. 27 Fagagna, particolari, parte superiore con i discepoli e la separazione beati, dannati

45
Fig. 28 Barbeano, Sant’Antonio, Gian Francesco da Tolmezzo, Giudizio universale.

Fig. 29 Lochner.Giudizio Universale.

46
Fig. 30 Sesto al Reghena, Santa Maria in sylvis, Antonio da Firenze, paradiso.

Fig. 31 S. Maria in Sylvis, inferno

47
Fig. 32 Santa Maria in Sylvis, pesatura delle anime

Fig. 33 Buonamico di Buffalmacco, Campo Santo di Pisa, paradiso e inferno.

48
Fig. 34 Beato Angelico, giudizio universale, 1431, particolare. Paradiso.

Fig. 35 Provesano, parrocchiale, Gianfrancesco da Tolmezzo,parete absidali registro


inferiore, inferno e paradiso.

49
Fig. 36 Provesano, inferno, particolare.

Fig. 37 Provesano, l’inferno.

50
Fig. 38 provesano, particolari gola dell’inferno

Fig. 39 Taddeo di Bartolo, san Gimigniano, inferno.

51
Fig. 40 Bouts, Inferno, particolare.

Fig. 41 a) Gianfrancesco da Tolmezzo, crocifissione particolare.


52
Fig. 42 Arzenutto, chiesa ss. Filipo e Giacomo, abside, Giudizio universale

Fig. 43 Arzenutto, paradiso particolare

53
Fig. 44 Arzenutto inferno. Particolare dannati.

Fig. 45 Arzenutto purgatorio, part.

54
Fig. 46 Domenico di Michelino, Firenze, Santa Marìa del Fiore. Apoteosi di Dante. Purgatorio,
particolare.

Fig. 47 Griis, chiesa di Sant’Andrea, controfacciata, Giudizio universale

55
Fig. 48 Griis, inferno, particolare

Fig. 49 Firenze, battistero. Inferno


56
Fig. 50 Firenze battistero, inferno, particolare

57
Fig. 51 De civitate dei, folio 249v.,inferno

Fig. 52 Giotto, Cappella degli Scrovegni, Inferno, particolare di Satana

Fig. 53 Giovanni da Modenna, Giudizio universale, particolare. Inferno

58
Conclusioni

Se bene la regione del Friuli Venezia Giulia sia considerata una regione arretrata rispetto alle
altre in quanto ai modelli iconografici, gli affreschi del Giudizio Universale dimostrano che
comunque c’era un traffico importante d’immagini e che le novità erano recepite e studiate,
anche se con il dovuto ritardo.
Cosi i pittori locali imparano le forme e i colori, prima dai bolognesi, caposcuola in regione è
Vitale da Bologna, la sua influenza si trova negli affreschi di Strassoldo,Vuezzis e Rigolato.
I modelli bizantini non sono stati del tutto graditi o al meno non ne è rimasta traccia di loro, e
l’unico giudizio d’impostazione bizantina si trova nel Dossale ligneo del Moranzone noto
intagliatore veneziano e quindi di formazione bizantina. Degli elementi dei giudizi bizantini
troviamo soltanto il fiume di fuoco nella chiesa di Santa Maria in Vineis, mentre sia
l’arrotolamento del cielo che il trono preparato sono ignoti ai Giudizi universali friulani.
Un altro elemento che rimarrà senza seguito sono i filatteri, presenti a Strassoldo ma non a
Vuezzis, a Rigolato purtroppo non rimane niente della parte centrale e quindi sarebbe difficile
dire se erano presenti qui e lo stesso vale anche per il Giudizio della chiesa di San Leonard o
a Fagagna. È probabile invece che fossero presenti nei rottoli che stano per aria nel Giudizio
di Gianfrancesco di Tolmezzo a Barbeano, anche se ormai non presentano traccia di
nessuna scritta, e non compariranno né a Santa Maria in Sylvis né ad Arzenutto, finché non
ricompaiono a Griis sospesi per aria.
Dei toscani che arriveranno più tardi in regione e che portano con se le novità di Buffalmacco,
come Antonio da Firenze in Santa Maria in Sylvis impareranno e svilupperanno delle
soluzioni diverse come è il caso della scena del purgatorio nel Giudizio universale della
chiesa dei Santi Filippo e Giacomo ad Arzenutto anche se altri pittori friulani come
Gianfrancesco da Tolmezzo hanno un rapporto stretto con l’Austria e con le forme nordiche
che vengono d’oltralpe.
I Giudizi Universali analizzati quindi, mostrano tutti un avvicinamento alla tradizione
occidentale, sia se si parla della risurrezione della carne sia che si parli dell’inferno o del
paradiso, come del Cristo in gloria che è il Cristo della passione e non il Cristo della veste
imperiale. Gli inferni raffigurati nei Giudizi friulani anche se ne sono rimasti ormai pochi ben
conservati ci mostrano da quello di Pescicanna fino a quello di Griis delle innovazioni nei
modelli, già che non si trovano delle somiglianze tra di loro e hanno anche dei dettagli assai
particolari in alcuni di essi, sia nella dannata a terra di Pescicanna, il dannato che si avvicina
alla botte con un boccale a Santa Maria in Vineis, all’inferno come città fortificata di Fagagna,
ai diavoli e anime dannate di Gianfrancesco da Tolmezzo come nei dannati legati dai piedi e
trascinati dai diavoli nel Giudizio d’Arzenutto.
In Friuli purtroppo delle grandi lacune nel 1300 e nel 1400 e gli affreschi che rimangono
sembrano tutti quanti ispirarsi a fonti diverse e non collegarsi tra loro, questo ci parla ancora
di una varietà di modelli che facevano sì che i pittori non dovessero per forse ispirarsi ad un
altro dipinto locale a eccezione del caso della lunetta di Gemona che potrebbe essere
l’ispirazione di quello di Vuezzis e di Arzenutto che si ha ispirato al Giudizio di Barbeano e
dipinto anche nella zona absidale.
I Giudizi in Friuli anche hanno una collocazione non sempre fissa, di quelli del trecento che si
trovano sulla controfacciata si passa a quelli del quattrocento che si trovano nella zona
absidale e dei quali fa eccezione l’affresco di Griis che si trova nella controfacciata.
Questo ci porta ad un cambiamento nella mentalità e nel percepire la posizione che doveva
occupare il Giudizio universale all’interno della chiesa e delle altre scene bibliche lì dipinte,

59
passando da Barbeano dove è collocato nella zona absidale nascondendosi del tutto per
quelli che siedono a destra, o a Provesano dove l’inferno è praticamente inaccessibile agli
occhi dei fedeli e quindi perde la sua funzionalità d’ammonizione, contemplando soltanto le
altre scene in alto o gli affreschi delle altre pareti, ma sia Satana che i tormenti sono
praticamente nascosti, quando invece ad Arzenutto il Giudizio occupa la zona principale della
chiesa ed è la scena con la quale il fedele si trova da fronte al entrare nella chiesa.
Per quello che riguarda gli elementi presenti in questi giudizi possiamo dire che anch’essi non
sono presenti in tutti, come nel caso dei filatteri, i simboli della passione mancano in alcuni
Giudizi e non ci sono né a Vuezzis né a Santa Maria in Sylvis.
La risurrezione della carne sembra invece che si rifacesse a dei modelli simili al meno in
quello che riguarda la lunetta di Gemona, Vuezzis e Rigolato, con questi avelli e queste
anime ancora coperte dai lenzuoli che lasciano libere soltanto il volto. La déesis soltanto negli
affreschi di Strassoldo e d’Ospedaletto mette Giovanni al posto di Giovanni il Battista, mentre
negli altri giudizi come a Fagagna dove non ne rimane quasi niente dovremmo rimanere
anche noi nel campo delle ipotesi.
Il Cristo tranne che a Ospedaletto dove porta una tunica bianca e di Santa Maria in Sylvis
dove veste una tunica rossa, è in genere il Cristo della flagellazione che ci mostra le sue ferite
attraverso le quali ha salvato l’umanità e se bene quelli dei piedi non sono sempre visibili, le
ferite delle mani e del costato sono accessibili allo sguardo dei fedeli.
Altri elemento come la gola dell’inferno li troviamo soltanto in tre giudizi, a Rigolato, a
Provesano e a Arzenutto, mentre il trono che mangia i dannati raffigurato nel Dossale del
Moranzone non ha nessun seguito. I diavoli non sembrano neanche loro avere un
collegamento tra i diversi Giudizi, si passa delle sagome nere di Strassoldo ai demoni con le
corna bianche di Rigolato, a quelli più elaborati d’Antonio da Firenze, di Gianfrancesco da
Tolmezzo e di Gaspare ed Arsenio Negro.
Purtroppo alcuni di questi affreschi non hanno nessuna documentazione e pochi possono
avere una sicura attribuzione, anche perché lo stato di conservazione non e sempre il
migliore, comunque riescono a trasmetterci che anche se sono stati considerati poco dalla
critica hanno ancora tanto da dire e da mostrare per chi vuole avvicinarsi.

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Crediti fotografici
Foto dell’autore: fig. 18, 17,19, 20, 23,25, 24 e 35
Comune di fagagna: fig. 34,36 e 37
Fabio Tonzar: fig. 33,39,47,49,56,59 e 60
Sirpac: fig. 9, 10, 11 e 22

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