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Storia del turismo in Italia - Annunziata Berrino

Cap.1 IL VIAGGIO IN ITALIA DELL’800

1.Introduzione
Nel corso dell’800 l’evoluzione della società borghese ha provocato una trasformazione del viaggio, inteso in
senso più ampio. Se per un primo momento si parla di una generica trasformazione del Grand Tour in
turismo organizzato, il senso del cambiamento affonda le radici nel nuovo rapporto dell’uomo moderno (il
viaggio rappresenta un momento di sosta e di evasione dalla sua vita sociale).
Il viaggio inizialmente viene usato come strumento di conoscenza, scoperta e studio (Grand Tour); gli inglesi
lo definiscono come “classic tour”, e i “travellers” sono scienziati e antiquari appartenenti all’aristocrazia,
che ripetono più volte il tour per accompagnare membri più giovani.
Sul finire del 700, l’aspetto cognitivo, lascia spazio a quello sensitivo: l’uomo avvia una fase di acquisizione
della realtà, mediante i sensi. Lo sguardo su natura e cultura diventa romantico, infatti questi viaggiatori
guardano con occhio diverso le attrazioni naturalistiche e scientifiche.
Essi percepiscono con una maggiore sensibilità le varie attrazioni. Così in Europa, all’inizio dell’800, prende
forma quello che si può definire “viaggio di diporto”: cioè si basa sull’ emotività della cultura romantica,
cogliendo i divertimenti offerti dalla modernità, spingendo l’uomo a conoscere nuove esperienze più
avanzate (esposizioni universali).
Il viaggio di diporto è fatto per conoscere le città, le abitudini, le ricchezze ambientali… è un viaggio di
costruzione della borghesia.
Il progresso economico e industriale, tipici dell’800, consentono a segmenti sempre più ampi, di viaggiare
per diporto. Il viaggiatore di diporto necessita quindi di informazioni utili che gli consentono di orientarsi, e
l’editoria risponde prontamente a questa domanda, pubblicando volumi ricchi di itinerari, e di indicazioni
pratiche: si tratta di vere e proprie guide.
A migliorare lo sviluppo turistico, sono la nascita delle tratte ferroviarie che attraversano l’Europa; tutto ciò
porta alla nascita di operatori turistici, i quali organizzano il complesso di servizi: trasporto, alloggio,
escursioni (viaggio organizzato).

2. Il viaggio di diporto
La componente aristocratica che aveva dato vita al Grand Tour è sostituita da esponenti di classi medie. A
partire dalla metà del 700, coloro che partono, non sono più giovani, ma hanno tra i 30/40 anni: molti di loro
hanno una formazione universitaria e restano all’estero solo per pochi mesi. Anche le motivazioni cambiano:
molti si spostano per lavoro, o per inseguire gli affetti.
I mezzi di trasporto: Fino al 1840 per spostarsi da Londra a Roma, si impiegavano da 3 a 4 settimane.
Successivamente, grazie alla nascita dei vapori, il viaggio in mare diventa più comodo e veloce: ci si imbarca
su un piroscafo a Marsiglia e si sbarca direttamente a Genova, Livorno, Civitavecchia o Napoli.
Nella prima metà dell’800 vengono allestite anche le prime tratte ferroviarie in Inghilterra, e
successivamente in Italia (Napoli-Portici, Milano-Monza, Pisa-Livorno).
Verso l’Italia: I flussi maggiori di viaggiatori disegnano una discesa dell’Europa verso l’Italia e con una
deviazione verso le Alpi svizzere. Infatti l’Italia e la Svizzera sono le mete più ambite, grazie alla storia, ai
monumenti…
Nel viaggio di diporto nell’ Italia del primo 800, la visita alle testimonianze classiche non è più guidata
dall’erudizione, bensì dalle suggestioni paesaggistiche. Ed è per questo motivo che, prima di entrare in Italia,
le Alpi svizzere rappresentano una tappa d’obbligo.
La sosta sulle Alpi svizzere: Il successo delle Alpi svizzere va letto nel contesto della cosiddetta “scoperta
della montagna”. I racconti sulle vette e sui ghiacciai hanno liberato la montagna dagli stereotipi di cupi
luoghi comuni; per i romani infatti, l’altezza era inversamente proporzionale alla civiltà, e le Alpi
rappresentavano solo un corridoio per l’Europa. Solo a partire dal Medioevo le montagne vengono viste dai
cristiani come metafora del Purgatorio, si popolano di monasteri, croci, cappelle (in questo caso la durezza
della vita assume il significato di un percorso di espiazione)
Il vero interesse per le Alpi, prende forma dopo il Trattato di Utrecht (1713), quando esse diventano linea di
confine. Le montagne vengono quindi esplorate prima per uso militare dai cartografi per tracciare le
frontiere; questa prima esplorazione rimane però segreta e non produce testi da pubblicare. I primi ad andare
in montagna e a pubblicare le loro ricerche sono gli scienziati; le Alpi quindi vengono configurate come
laboratorio della natura.
La nuova sensibilità per il paesaggio alpino si diffonde negli ambienti romantici, e in scrittori come Byron,
Coleridge, Turner. Non va però dimenticato il mito della Svizzera libera democratica.
Nuovi viaggiatori: Nel periodo romantico, l’uomo non è più spinto dalla conoscenza botanica ma dalle
istanze romantiche, quali lo spleen e l’esotismo.
Per spleen si intende sia la malinconia che caratterizza il periodo romantico, sia l’ansia malinconica che
prende i ricchi. Nei primi dell’800 il viaggio è la terapia allo spleen: le persone si sentono depauperate dal
loro potere, e si sentono private del loro ruolo nella società, che le porta ad una condizione di alienazione.
Il viaggiatore dell’800 cerca ciò che è esotico e curioso. L’esotismo è dato dall’intensità della sensazione di
straniamento che alcuni luoghi provocano.
Negli anni si accentua il concetto di tourist, inteso come i viaggiatori che si aggirano in luoghi, compiendo
anche delle escursioni e dei tour, ma rimangono spettatori della realtà che visitano. Sul continente i tourist
sono rappresentati dagli inglesi, individui originali strani solo perché sono stranieri.

Libri di viaggio: Negli anni della rivoluzione francese, gli inglesi che non possono viaggiare sul continente,
si consolano leggendo libri sui viaggi.
Con la Restaurazione, i flussi riprendono e così i viaggiatori richiedono guide aggiornate; le nuove borghesie
hanno bisogno di avere strumenti di informazione.
Le guide di “Mrs” Mariana Starke: “Travel on the Continent: written for the use and particular information
of Travellers” (1820). Con un linguaggio semplice e chiaro, l’autrice descrive e segna tutto ciò che ha visto, e
fornisce informazioni utili per orientarsi. L’autrice non si rivolge a un gruppo ristretto di tourist, bensì a
travellers, cioè a viaggiatori borghesi meno esigenti culturalmente.
Gli itinerari descritti includono le aree più frequentate: Svizzera, golfo di Napoli, Pompei ed Ercolano, Real
Museo Borbonico; ma anche escursioni sul Vesuvio e alla solfatara di Pozzuoli.
Il grande successo della città, porta un incremento della domanda dell’ospitalità, e quindi alla costruzione di
alberghi.
Il viaggio e le guide degli italiani: Anche gli italiani visitano l’Italia, ma questo fenomeno è maggiormente
sviluppato a Firenze e a Milano; i viaggiatori privi di accompagnatore, si sentono disorientati e chiedono ai
mercanti di stampe e libri. Questa domanda specifica, incrementa la richiesta del fenomeno editoriale. Viene
messa in vendita una guida “Itinerario italiano” (1800); scritto in maniera semplice, descrive 31 itinerari, con
le varie distanze, il tempo che richiede il viaggio… Non copre l’intera penisola italiana, ma si ferma a Napoli
e dedica poche pagine alle regioni meridionali.
Negli anni l’itinerario viene aggiornato e arricchito con carte geografiche, informazioni su alberghi e
locande, elenchi di trattorie e ristoranti (Itinerario dei fratelli Vallardi). Sulla scia dei fratelli Vallardi,
l’editoria napoletana aggiunge, oltre alla guida della città, anche una guida agli scavi di Pompei ed Ercolano.
Il successo di tali guide provoca una concorrenza; infatti nel 1831 a Milano viene mandata in stampa una
guida chiamata “Nuovissima guida dei viaggiatori in Italia”, arricchita anche con immagini. Quindi chi
compra questa guida evita dunque di comprare souvenir.
Anche questa guida offre un’idea vaga del sud.

3. Il viaggio organizzato
Tra gli anni 1850/70 vanno collocati due passaggi importanti per la storia del turismo: il mutamento culturale
della parola tourist (valore culturale), e la nascita degli agenti di viaggio (valore economico).
In questi anni il viaggio di diporto in Europa diventa sempre più diffuso, questo grazie ai prezzi bassi dei
trasporti e dei servizi (i prezzi sono bassi perché c’è stato un miglioramento dei trasporti), che rendono il tour
accessibile a tutti i tipi di segmenti. L’itinerario principale tocca le varie città italiane e prevede un tour in
Svizzera (viaggio effettuato da Ignazio Toraldo, descrizione pag. 39). Nel giro di pochi anni la Svizzera
raggiuge un numero elevato di visitatori, ed è destinato a crescere fino alla prima guerra mondiale. Va notato
però, che sull’intero arco alpino, la Svizzera è l’unica che ha mostrato la capacità di attrarre e gestire i flussi
turistici.
Le alpi degli alpinisti: I visitatori delle Alpi non sono solo scalatori, ma ci sono anche uomini e donne. Sulla
base dell’Alpine Club, fondato in Inghilterra nel 1857 (con lo scopo di elaborare progetti e conquiste di
vetta), nel 1863 in Italia nasce il Club Alpino Italiano (CAI). L’idea di fondare tale associazione fu di
Quintino Sella, e aveva come destinatari i tourists italiani, cioè coloro che si spingono sulle Alpi per motivi
amatoriali. Lo scopo dei club è quello di far conoscere le montagne e di agevolare le salite e le esplorazioni.
Le Alpi dei tourists: Tra gli anni 50/60 dell’800, la domanda per queste mete è talmente elevata che iniziano
a nascere le prime agenzie, tra le quali una delle più importanti: la Thomas Cook.
Thomas Cook si dedica per lunghi anni alla stampa e alla diffusione di pubblicazioni contro l’alcolismo.
1841: primo viaggio in treno con 500 persone. 1845: fonda l’agenzia di viaggio.1862: viaggio a Parigi in
treno. 1863: viaggi in Svizzera. (descrizione dettagliata pag. 42).
Il viaggio in Svizzera, se inizialmente era definito esclusivo dei tourists inglesi, ora diventa una vera e
propria moda. La scalata delle vette però è riservata ai tourists più audaci. Anche se per i locali questi tipi di
viaggiatori vengono accumunati dalla definizione tourists, dalla metà dell’800 c’è una scissione tra viaggio e
alpinismo.
Il termine tourists: I turisti sono definiti come stranieri che compiono un tour attraverso paesi, ma lo fanno
per curiosità e con un atteggiamento disimpegnato. Infatti inizialmente, la parola “tourists” assume una
connotazione negativa.
Negli anni 50/60 in Italia non troviamo ancora “turisti”, perché sono anni di guerra.
Cook in Italia: Nel 1864 Cook lancia il primo tour in Italia, offrendo con un prolungamento, la visita a Parigi
e in Svizzera.
Con i progressi ferroviari, Cook riesce ad organizzare un tour che riesce a toccare Venezia, Firenze, Roma e
Napoli. Successivamente Cook aggiungerà anche tour in Sicilia, raggiungibile via mare.
Non si pensi che Cook riuscì ad organizzare ciò con tanta facilità; il primo ostacolo è rappresentato dalla
gestione frammentaria delle linee ferroviarie (in Italia operano 5 società). Il secondo ostacolo è dato
dall’organizzazione dei servizi: contrattazioni con gli alberghi, mancate prenotazioni…
Ed è per questo che Cook nel 1868 offre solo tour all inclusive, cioè organizzati e pagati in anticipo dai
clienti.

4. L’Italia tra Europa e Mediterraneo


Il contesto euromediterraneo: Negli anni 70 con il potenziamento dei mezzi di trasporto, le tratte arrivano
fino all’Oriente, e nel 1833 prende il via l’Orient Express che collega Parigi a Istanbul in 3 notti: è il primo
esempio di treni con camere e carrozze ristorante. L’anno dopo parte il Nord Express (San Pietroburgo,
Germania, Polonia) e il Sud Express (Lisbona), dove i viaggiatori possono trasferirsi su navi e attraversare
l’Atlantico. Lo sviluppo dei trasporti rafforza la posizione di Cook, infatti fonda con il figlio la Thomas Cook
&Son. Infatti nel 1872 entrano nuove mete: Spagna, Scandinavia, Australia, India e anche in Egitto, tanto che
Cook viene definito “King of Egypt”.
L’Italia e le città degli stranieri: Con la nascita del sistema turistico, l’Italia si conferma la meta preferita,
soprattutto le città d’arte. Ma con il tempo, l’interesse si sposta anche verso altre mete come la Grecia, e in
questo contesto che Cook riesce ad ampliare i circuiti di visita. Con l’unione dell’Italia, città come Genova,
Venezia, Napoli, Torino e Milano, potenziano di più il loro ruolo. I flussi provenienti dalle stazioni termali
del centro Europa, scendono in autunno verso sud, alla ricerca del caldo; passato l’inverno, questi ospiti
tornano a casa o nelle stazioni termali (hivernants).
Nelle città si concentra il movimento più fitto di viaggiatori e quindi di sevizi dedicati ai tourists. Anche la
ricettività si organizza, e si accentua la differenza dei servizi forniti in rapporto al livello economico.
Nascono strutture anche in prossimità di porti e stazioni ferroviarie.
Nel sistema di agenzie di viaggio, maturano anche le prime esperienze di italiani, come l’impresa Chiari, la
quale in poco tempo opera a Istanbul, Egitto e luoghi sacri. Conduce la prima comitiva di italiani a Capo
Nord (Norvegia), considerato il punto più a nord dell’Europa (1888).
Le Alpi: Oltre alle città d’arte, anche il versante italiano delle Alpi è oggetto di scoperta; la regione italiana
più interessata al fenomeno è la Valle d’Aosta. L’arco orientale delle Alpi, invece è ancora poco esplorato ed
è per questo che viene promosso da associazioni austro-tedesche, con conferenze e guide, dando così un
grande contributo allo sviluppo del turismo. Le singole sezioni dei club, avviano spesso raccolte di fondi e
sollecitano alla costruzione di infrastrutture, rifugi e sentieri.

Cap. 2 ALLA RICERCA DEL BENESSERE

1.Introduzione
Con la conoscenza del mondo e dei suoi elementi come l’aria, l’acqua, il mare e la montagna, ha portato a
vedere tali elementi sotto una luce differente. Nel corso dell’800 nasce il soggiorno nelle località di bagni e
di acque, o meglio conosciute come città termali. Vengono chiamate anche “resort” che vuol dire soggiornare
compiendo un viaggio di diporto (in inglese “to resort”).

2.Soggiorni d’inverno
A partire dalla metà del 700 molti stranieri, in particolare gli inglesi, scendono in Francia meridionale e in
Italia per trascorrere i mesi più freddi.
Oggi vengono chiamati “hivernant”, arrivano a fine ottobre e ripartono ad aprile: passeggiano, organizzano
feste, giochi d’azzardo e curano la propria salute (molti soffrono di patologie polmonari).
Le principali mete erano: Nizza, Avignone, Livorno, Pisa. Gli hivernants dichiarano di approfittare della vita
meno cara e più pulita del sud della Francia e dell’Italia, per vivere una vita decente e meno cara rispetto
l’Inghilterra.
Grazie all’aria più pulita, i medici consigliano ai pazienti di trascorrere l’inverno in località dal clima
temperato.
La geografia del soggiorno in Italia riguarda due grandi porti: Napoli e Livorno; ma col tempo il bacino si
allarga: Baleari, Malaga, Algeria, Malta e La Valletta.
Altro polo importante fu la Liguria, già conosciuta per la vicinanza alle località francesi. Inizialmente la
Liguria non è pronta e non ha esperienza di ospitalità e presenta inoltre, condizioni igieniche precarie. Ma è
proprio la sua arretratezza e la sua tranquillità a chiamare sempre più ammalati; sono gli stessi hivernants ad
organizzare dei circoli di ritrovo.
Con l’arrivo degli anni 80 anche la Liguria diventa una stazione turistica mondana, offrendo anche servizi di
svago.
Questa mappa dei winter resort è destinata a cambiare negli anni 70, infatti James Bennet dichiara che le
città come Roma e Napoli sono adatte solo ai turisti sani, e che vanno scelti gli alberghi in collina. Inizia così
il declino della fama della città come luogo terapeutico; l’offerta quindi si riorganizza fuori dalle città. Nel
caso di Napoli le persone si spostano verso le località del golfo: Pozzuoli, Amalfi, Sorrento e Capri.
La fama dell’Italia come meta invernale pian piano va scemando, ma nonostante ciò la pratica di spostarsi
verso il sud in cerca di sole, continua a diffondersi.
Nel 1859 il tisiologo tedesco Brehmer apre il primo centro di cura che offre non più un soggiorno climatico,
ma una vera e propria cura intensiva. Questa pratica viene subito adottata in Svizzera dove vengono aperti
sanatori attrezzati.
L’abbandono dell’Italia da parte degli ammalati trova motivo che per tutto l’800 lo “stato” non ha
provveduto ad attuare interventi per l’igiene pubblica.
Riguardo la tisi, le speranze di far diminuire questa patologia si riaccendono nel 1882 con il medico tedesco
Koch, il quale riesce ad individuare e a descrivere il batterio (si tratta di una conquista effimera, perché la
vera scoperta avverrà nel 1944 negli Usa). La scoperta di tale batterio, dà impulso ai lavori pubblici,
spingendo anche alla pastorizzazione del latte e all’aggiunta di cloro nelle acque.

3. Alle acque e ai bagni


La frequentazione delle località dove sgorgano acque minerali per motivi curativi, rappresenta un passaggio
importante. Ciò conduce ad assegnare un nuovo valore all’acqua.
Già in epoca romana l’acqua era stata valorizzata, così come durante il Cristianesimo (acqua santa). In epoca
medievale assume un significato erotico e sensuale, ed è per questo che la religione cristiana aveva censurato
la nudità e il lavaggio delle parti intime (che venne sostituito dal lavaggio a secco). La bibita per eccellenza
era infatti il vino, e si credeva che il bagno dilatasse i pori facilitando le infezioni.
È nel 700 che si registra un nuovo interesse per le acque minerali; in quegli anni la cittadina di Bath viene
trasformata in luogo di divertimento e mondanità (ricevimenti, giochi d’azzardo). Bath ha due componenti
moderne: la nuova concezione dell’acqua e il bisogno di evasione dalla città. Successivamente la moda passa
sul continente, ed emerge nella località belga di Spa.
In Italia troviamo solo un esempio di bagni: Bagni di Pisa a San Giuliano; anch’esso basato sul relax e sul
divertimento. Alla fine del 700 in Italia si registra una nuova cultura dell’acqua; viene studiata da geologi,
scienziati e dalla medicina. Alcuni medici iniziano ad impiegare l’acqua come rimedio terapeutico.
Un importante svolta fu la scoperta dello iodio; la presenza di esso nelle acque del mare, fu uno dei motivi
che spingono a frequentare i litorali.
Allo stesso tempo una parte dei medici, spingono anche verso le sorgenti site sulle Alpi, e ritengono che
l’aria pura sia un vantaggio. Sotto la spinta di questa domanda, nell’800 si assiste ad un fenomeno di
scoperta delle sorgenti. Tutto ciò è supportato dall’ospitalità e dai trasporti.

4. Un catalogo regionale
Piemonte e Valle D’Aosta:
 Acqui: ha due sorgenti termali di 50 e 70 °C. Queste acque furono abbandonate nel 600, e poi
recuperate dai Savoia (1753). Le sorgenti sono sulfuree e ricche di bromo e iodio; caratteristica di
queste acque sono i fughi. Nell’800 lo stabilimento viene ingrandito, e si presenta in 3 parti, con
giardini, boschetti, una parte dedicata ai militari e l’ultima agli indigenti. A differenza di altri siti, ad
Acqui si trovano solo veri ammalati che cercano sollievo per i reumatismi.
 Valdieri: le sorgenti sono fredde; le fonti restano trascurate fino al 700 e poi dotate di misere camere
e capanne, che verranno distrutte durate le guerre. Viene riprese tutto durante il periodo di Vittorio
Emanuele II (1820-1878) il quale fa costruire una residenza estiva e le palazzine di caccia. Alle
terme vengono costruiti 4 chalet, e successivamente il primo albergo. Le tariffe sono differenti in
base al servizio offerto.
 Vinadio: sorgenti calde e solforose; è conosciuta per lo scenario incantevole. Già note nel 500 per via
di Vittorio Emanuele III, a fine 700 il dott. Giavelli organizza uno stabilimento.
 Pré Saint-Didier: ha molte sorgenti ma viene usata solo una di 35°C. Il medico A. Argentier
promuove la località non solo come luogo termale, ma anche come soggiorno alpino.
 Courmayeur: già nota per le miniere d’oro alle falde del Monte Bianco, ha sorgenti che un tempo
erano considerate velenose e maleodoranti. Oltre al richiamo per le acque, è la moda del soggiorno
estivo.

Lombardia: Tra il 1815 e il 1859 l’area della Lombardia è di dominio austriaco e fino agli anni dell’Unità
d’Italia tutte le sorgenti vengono individuate e studiate. Fra tutte solo quella di Bormio (proiettata più verso
la Svizzera e l’Austria), ricevono maggiori attenzioni. Le acque sono calde e solforose, ed erano note già ai
romani. Con Francesco I d’Asburgo-Lorena, viene promossa la costruzione della strada Stelvio, che rende
più facile il collegamento Milano, Trento, Bolzano, Innsbruck.
 Santa Caterina: è la più alta fonte minerale italiana; la sua acqua è molto ferrosa e viene quindi
imbottigliata e venduta.
 Masino: viene scoperta per caso da dei pastori nel 500. Inizialmente è molto frequentata, ma poi
abbandonata per il sovraffollamento. Nell’800 viene aperto un piccolo stabilimento.
 Bagno delle Signore: quest’acqua rende fecondi i “materiali amplessi”. I medici milanesi hanno
valorizzato e promosso tali sorgenti perché ricche di proprietà.

Trento e Bolzano:
Per tutto l’800 i territori fanno parte del dominio austro-ungarico, e verranno assegnati all’Italia sono nel
1919.
Le sorgenti contese sono:
 Peio: di proprietà del governo austriaco, che successivamente affitta a Luigi Gaggia, un farmacista, il
quale arriva a distribuire 50 mila bottiglie l’anno.
 Rabbi: è di proprietà privata di Ruatti, è una sorta di bibita dissetante che mescolata al vino, lo rende
spumeggiante. Altra fonte termale è Comano; grazie ai vapori di acqua calda, viene utilizzata dai
contadini per macerare la canapa. Uno dei contadini, affetto da scabbia, guarisce. È così che inizia la
fama della fonte, che viene chiamata “Acqua della rogna”.

Veneto: Nel periodo della Restaurazione anche il Veneto fa parte dell’impero asburgico e sono nel 1866 è
annesso al Regno d’Italia.
 Abano: frequentata già dall’800 da giungo a settembre/ottobre. Questa meta è consigliata già nel
1817 dall’Itinerario Italiano, e consiglia di visitare anche la tomba di Petrarca. L’acqua ha una
temperatura di 80°C, ed è ricca di zolfo e iodio. È usata principalmente per le sue proprietà curative
e raramente viene imbottigliata. Abano è considerata la meta per gli ammalati veri.
 Sant’Elena: frequentata dal 400 ed è la località più frequentata dei Colli Euganei. È frequentata sia
da ammalati che da forestieri. La vita dei bagnanti si svolge in comunità: partite, passeggiate…
 Recoaro: formata da 8 sorgenti di natura ferrosa, salina e di magnesio: vengono quindi imbottigliate
e vendute con la “bolla di Melandri” (si tratta di una bolla di gas per chiudere la bottiglia per evitare
che le acque marciscano e che la concorrenza le produca artificialmente).
Nel 1849 iniziano i lavori per uno stabilimento per i soldati ammalati, e successivamente un ospizio per
poveri.
Emilia Romagna:
 Salsomaggiore: la cittadina prende il nome dalla proprietà salata dell’acqua, infatti vive proprio
grazie all’estrazione del sale. Nel corso del 600 l’acqua salata viene estratta dal sottosuolo tramite
delle macchine idrauliche, azionate da cavali, e viene bollita per ricavarne il sale. Nel 1803 si adotta
un altro sistema: si estrae il petrolio dall’acqua, che galleggia; poi si inzuppano i peli d’agnello e
dopo la bollitura si filtra il sale con l’albume d’uovo. Ma il prezzo non risulta competitivo. La svolta
avviene negli anni 40, quando grazie a de medici si scoprono le proprietà curative dell’acqua; si dà
così inizio alla costruzione dei vari stabilimenti.
 Tabiano: le proprietà benefiche dell’acqua vengono scoperte a fine 700 e nell’800 vengono costruite
una capanna e varie tinozze di legno. La costruzione di uno stabilimento avviene per mano del
governo di Maria Luisa d’Asburgo-Lorena (1837).
 Porretta: le acque sono solforose saline termali e si usano per bagni e bibite. Lo stabilimento
comprende 5 sorgenti.
 Castrocaro: le acque sono salso-iodiche. Inizialmente un medico vi apre un locale per i bagni, ma in
gran parte l’acqua viene spedita.

Toscana: Già dal 700 le acque ricevono grande attenzione, ma ricevono ancora più successo quando vengono
costruiti stabilimenti basati sul modello di Bath e Spa (gioco d’azzardo).
 Bagni di Pisa: inizialmente molto frequentata, ma poi abbandonata a causa del successo dei bagni di
Lucca.
 Bagni di Lucca: negli anni 30 Mariana Starke li considera gli unici bagni italiani ben frequentati.
Napoleone assegna il ducato di Lucca a sua sorella Elisa, la quale fa costruire uno stabilimento per
uso pubblico. Molto importante per lo sviluppo della località, è il decreto che proibisce il gioco
d’azzardo nelle case private; ma viene concesso ai casinò. Successivamente viene decretata la
proibizione del gioco d’azzardo (1853), provocano l’abbandono del casinò ducale.
 Montecatini: il territorio è paludoso fino al 700, ma grazie ad alcuni imprenditori il territorio viene
fatto bonificare. Si studiano le già note sorgenti termali, e nel corso dell’800, grazie all’interesse dei
medici, vengono costruiti ospedali per poveri, una chiesa e una locanda. Anche le acque di
Montecatini sono fonte di commercio.

Le regioni dell’Italia centrale: Nel resto dell’Italia molte sorgenti restano allo stato naturale.
 Marche: Acque di Aspio (frequentate solo dai contadini). Acqua Santa.
 Umbria: Narni e Gubbio (fonti ferruginose)
 Lazio: Acque Albule (così chiamate per il colore biancastro). Civitavecchia: Grotta del Serpente.

Le regioni meridionali:
 Napoli: Campi Flegrei, conosciuti per antonomasia come luogo dei bagni e delle terme dell’antichità
romana. Solfatara, bevuta e usata per le piaghe da scorbuto. Bagni di Nerone, oggi in totale disuso; si
tratta di grotte scavate nel tufo, con acqua che sgorga a 90°C. Castellammare, sotto Francesco I
Borbone viene costruito uno stabilimento, e poi successivamente rinnovato con bagni e un sistema
moderno di tubi che, passando per le caldaie, giungono fino ai bagni. Il successo di questo luogo è
dovuto anche alla vicinanza al mare; rappresenta infatti, un mix perfetto. Ischia, il vulcano Epomeo
rende le acque dell’isola tutte termali, ricche di minerali. Diventa famosa quando nel giugno del
1864, Garibaldi si reca qui per curare le ferite procuratesi in Aspromonte. Questa fama dura
pochissimo perché una scossa sismica provoca la morte di oltre 2000 persone. Suio.
 Puglia: nell’800 si inizia a parlare di una fonte vicino Santa Cesarea, ma fin dall’antichità è rimasta
inaccessibile.

Sicilia e Sardegna:
 Sicilia: Termini, con due fonti una di 47°C e l’altra fredda. Ali. Sciacca.
 Sardegna: Benetutti, gli ammalati si immergono nella sorgente calda e si ricoverano in una chiesa
abbandonata. Gonone, una sorgente alimenta una vasca.

5. Il patrimonio idrologico nazionale


È dalla maggiore frequentazione delle sorgenti e dal successo economico, che in Italia si prende coscienza
del valore dell’acqua minerale. In particolare sono i medici a denunciare gli abusi e ad invitare a considerare
le acque come patrimonio naturale nazionale, e quindi di effettuare un inventario. L’occasione è data dall’
Esposizione nazionale; infatti vengono invitati proprietari, direttori di sorgenti, professori di botanica, a
inviare materiali e informazioni per formare una collezione. L’Esposizione restò aperta 3 mesi, e le merci
attraversavano liberamente tra i vari stati; il quadro che emergerà da tale esposizione sarà sconfortante, e si
darà così il via ad una serie di controlli e censimenti sulle acque minerali dell’intera penisola.
La rassegna stampa venne compilata da Garelli (medico chirurgico nel 1864); il suo intento è quello di
illustrare una ricchezza nazionale mal nota, mettendola a confronto con i centri europei. L’Italia non ha
ancora un’idrografia medica, bisogna quindi effettuare analisi accurate.
Secondo Garelli, con le acque si può giungere ad una terapia per il paziente; a ciò si devono aggiungere delle
buone abitudini dietetiche e igieniche. Ma ciò può avvenire solo se c’è una buona igiene pubblica, ed è per
questo che secondo Garelli, il governo dovrebbe istituire una Direzione igienico-sanitaria e una Società
idrologica, che emanino leggi e regolamenti sull’industria e sul commercio che ruota attorno alle fonti.
Inoltre Garelli classifica e distingue i vari tipi di acqua, riportando anche una geografia delle acque delle
regioni meridionali (del tutto assenti). Ritiene importante la costruzione di edifici balneari e apparecchiature
che, a suo avviso sono rarissimi in Italia.
In Italia la forma più diffusa per prendere le acque è il bagno; bisognerebbe introdurre nuove pratiche, come
il movimento in acqua, il nuoto e il massage. Il massage viene preso dalla cultura francese, a sua volta
ripreso da quello orientale. Dovrebbe essere introdotto anche il bagno russo (una rapida alternanza di caldo-
freddo), e l’inalazione e la polverizzazione.
Garelli inserisce anche una proposta di legge, la quale prevede che chiunque voglia “coltivare” una sorgente
e farne oggetto di traffico, deve ottenere una concessione dal sovrano (modello di legge preso dalla Francia).
Lo sguardo alle acque in questi decenni del XIX secolo, non può tralasciare che proprio in questo clima c’è
l’apparizione della Madonna di Lourdes (la Madonna indica alla pastorella di scavare una sorgente e di
attingere l’acqua), dando un senso miracoloso all’acqua.
Il volume di Garelli, è sostenuto da una forte pubblicità: i vari paesi iniziano a commercializzare l’acqua.
Il dibattito post-unitario: Questa offerta di cure combinate a servizi e svaghi, viene organizzata in una vera e
propria guida, dal medico idrologo P. Schivardi. Egli fornisce per ogni località, tutte le informazioni tipiche
di una guida di viaggio: servizi, divertimenti, ospitalità; disegna inoltre, una geografia delle acque minerali
nazionali, ma dando poca importanza al divario che c’è tra nord e sud. C’è differenza anche tra le varie
tipologie di strutture: solo alcune località hanno stabilimento moderni. Riguardo la gestione, Schivardi ritiene
che lo stato dovrebbe cedere gli stabilimenti ai privati, in modo da creare un’economia (come Aqui in
Piemonte).
Nel corso degli anni 80 la domanda del soggiorno curativa è espressa insieme a quella di svago e
divertimento; nasce così il termine “termalismo”, che attualmente non riporta più solo all’uso dei bagni e
delle acque, ma al complesso di servizi, cultura e consumi.

6. Al mare: tra cura e divertimento


I primi decenni dell’800 vedono la frequentazione dei litorali marini, e le motivazioni sono varie. Sia per
motivi letterari (il Romanticismo) e sia per il nuovo valore che viene attribuito all’acqua. In questo periodo
sono presenti strutture di questo tipo, nel Regno Unito, in Francia, in Spagna, Italia e Germania. Compaiono
le prime macchine per fare il bagno: si tratta di camerini di legno su ruote, che vengono spinti a mare;
arrivati in acqua l’uomo o la donna si cala in acqua. Lo shock dell’acqua fredda è considerato salubre; il
resto della giornata veniva poi trascorso con passeggiate. Come con le acque termali, il fenomeno della
frequentazione dei litorali è più sviluppato al nord; al sud la frequentazione è puramente popolare.
In Toscana: Qui viene affiancata l’acqua di mare a quella minerale, come strumento terapeutico.
Sono molte le famiglie, gli imprenditori e gli aristocratici, che aprono stabilimenti balneari sulla costa.
Grazie alla componente aristocratica e straniera, e con l’aggiunta di quella popolare, si creano tutti i
presupposti per dare il via ad una forma di economia.
A differenza dell’Europa, in Italia la formula terapeutica viene affiancata ancora a quella ludica. È il medico
G. Giannelli che scopre la talassoterapia, basata sull’azione curativa del clima. Già negli anni 20, Giannelli
sperimenta la cura marina per i bambini dell’orfanotrofio di Lucca, notando un effetto positivo su di essi.
Fece così edificare uno stabilimento balneare comunale, per uomini e donne con scalette per scendere
direttamente in acqua.
Giannelli pubblica il “Manuale per i bagni in acqua”, dove tratta della composizione dell’acqua di mare e
delle regole da seguire; descrive lo stabilimento da lui costruito.
Inizia così la costruzione degli stabilimenti balneari in Italia: sono semplici palafitte di legno raggiungibili
tramite un pontile.
Durante gli anni 30 gli interventi sui litorali iniziano ad essere più strutturati, dando così inizio alla
valorizzazione dell’area costiera pisana di San Rossore. L’accesso alla tenuta di San Rossore è pubblica e la
sua spiaggia è raggiungibile in carrozza. Quest’area diventa subito frequentata da cantanti e musicisti, e
persone dell’élite.
Ma è dalle parti di Livorno che si assiste ad una radicale trasformazione, dove viene creata una passeggiata
di oltre 3km; gli imprenditori colgono subito questa opportunità, infatti iniziano ad aprire gli stabilimenti
balneari.
I primi sono quelli di Palmieri di Pancaldi.
Nel 1804 il dottor Palmieri trasforma la sua villa in uno stabilimento di bagni caldi: si tratta dei Bagni di
Acquaviva.
Successivamente anche Pancaldi, capisce l’importanza degli stabilimenti e ne costruisce uno, ma con una
nuova struttura, in forma di isola artificiale collegata all’arenile tramite dei pontili.
Sempre in prossimità della passeggiata vengono allestiti appartamenti da affittare ai bagnanti.
Molto importante fu l’area di Ardenza; infatti venne costruita una società con lo scopo di costruire una serie
di ville. Prevede la costruzione di 45 villini tutti disposti in un’unica costruzione semicircolare e dove
vengono forniti tutti i servizi: si tratta di una struttura tra metà albergo e metà residenza privata.
Nel 1863 viene chiesto il permesso per l’inserimento dei giochi d’ azzardo, ma dato che vengono definiti
“rovinosi, non vengono messi in pratica, facendo così saltare tutti i piani.
Con il trasferimento della capitale del regno a Firenze, si incrementa la frequentazione dei bagni. Ma
Livorno deve il suo successo alla ferrovia; infatti negli anni 50 partono i cosiddetti “treni di piacere” che
collegano la città a Firenze.
I primi allestimenti sulle coste adriatiche: Venezia: intorno agli anni 40 viene costruito uno stabilimento
galleggiante nel bacino di San Giorgio. I bagni in laguna però sono considerati malsani perché le acque sono
considerate infette e piene di materie organiche, ed è per questo che si pensa di spostarli al largo. Nel 1855
Leon presenta un progetto di stabilimento balneare da impiantare al Lido, una zona disabitata usata come
postazione militare. Il progetto viene però respinto perché impreciso. L’anno successivo l’imprenditore
Busetto acquista un terreno nella stessa zona e inizia la costruzione di uno stabilimento. Ha una grande
entrata con un ristorante, cabine, e padiglioni. Si tratta di una struttura costruita su palafitte. Dopo 2 anni
dalla costruzione, a causa delle leggi militari, il fabbricato viene abbattuto.
 Rimini: viene costruito lo stabilimento “Bagni di Rimini”, ma dati i pochi arrivi, non si riesce a
coprire le spese, e l’impresa va in perdita.
I bagni d’acqua salsa in stabilimento: Dalla prima metà dell’800 gli imprenditori allestiscono stabilimenti
dotati di gabinetti in muratura con vasche di marmo e camere per alloggio.
 Viareggio: negli anni 30 opera uno stabilimento chiamato “Bagni d’Igea”, si tratta di uno
stabilimento molto elegante, con vasche in marmo e gabinetti particolari.
 Sorrento: già dagli anni 40 si trova un’offerta di ville.
 Genova: fino al 1855 non possiede stabilimenti balneari sul mare, ci si bagna malissimo e chi cerca
comfort non ne trova. Negli anni 50 i bagni di prendono a Pegli, vicino Genova, dove negli anni 80
vengono costruite ville con ampi parchi. Negli anni 60 a Genova vengono aperti 4 stabilimenti
balneari con acqua marina e dolce; sono comodi e puliti.
Verso lo sviluppo: Negli anni 70 le iniziative intraprese sulle coste iniziano ad avere successo, grazie al
rafforzamento dei sistemi ferroviari; ma è la cultura nazionale a legittimare lo sviluppo dei lidi.
Negli anni 60 vengono ripresi gli studi sulle proprietà delle acque e il mare viene consigliato principalmente
alle donne. Vanno fatti 1 o 2 bagni al giorno della durata di mezz’ora, e la testa va bagnata con cautela.
In Italia si pensa che il bagno in mare porti sollievo e calma.
A Genova esistono due modi di prendere il bagno: il primo è derivato da quello termale, il secondo invece in
mare aperto. Gli stranieri invece preferiscono noleggiare un battello e fare il bagno a largo. Le donne e i
ragazzi invece raggiungono le casette galleggianti, con delle barchette. Tali casette contengono dei
compartimenti che corrispondono a bagnatoi a forma di gabbie. L’uso di barche porterà poi alla nascita dello
yachting.
A Viareggio invece vengono costruiti dei capannelli sulla spiaggia; sono strutture costruite su palafitte
direttamente a mare e sono usate come punto di incontro e svago dei villeggianti.
La città di Napoli invece, già da fine 700 è aperta sul mare, da quando è stata realizzata la Villa reale; infatti
tutti gli stabilimenti balneari sono localizzati proprio qui, e sui tratti vicino Santa Lucia e Mergellina. Ma
l’inconveniente più grande è che <<la città riversa in queste acque la sua immondizia>>. Le strutture sono in
legno e ogni fine stagione si smontano; si tratta di casotti che contengono gabinetti, distinti per sesso, nei
quali ci si può calare direttamente in acqua.
A Palermo si hanno stabilimenti simili a quelli di Napoli.
Sulla costa adriatica invece, è soprattutto Venezia che lancia investimenti di alto livello, tanto da diventare in
pochi anni, la prima stazione balneare marittima d’Italia per il numero di frequentatori. Infatti la domanda è
talmente alta tanto da spingere gli imprenditori a costruire due grandi alberghi: Hotel des Bains e Grand
Hotel Lido (rappresentano i luoghi di moda del momento, luoghi per <<nababbi>>.
Anche la Riviera romagnola tenta di costruire stabilimenti balneari attrezzati, ma hanno ancora la fisionoma
di povere borgate costiere, assediate dalla malaria e dalle inondazioni.
Cervia, a sud di Ravenna, è una comunità di salinari e riesce a costruire il suo primo stabilimento in legno
smontabile solo nel 1882. Ma è Rimini a rilanciare per prima gli investimenti sul mare. Dato che la cittadina
è servita dal tratto ferroviario Bologna-Ancona, conta di una vasta frequentazione; così nel 1863
l’amministrazione comunale acquista lo stabilimento balneare La Favorita, lo demolisce e ne costruisce un
altro. Il progetto è curato dal medico Montegazza, il quale sostiene che sia più sensato allontanare le cause
delle malattie, piuttosto che curarle. Quindi digiuno, massaggi, saune e distrazioni, sono tutte pratiche capaci
di disintossicare il corpo.
Gli interventi sul litorale prevedono 3 strutture: uno stabilimento balneare (con pontile di legno) con ai lati
due ali composte da 50 camerini per il bagno; il Kursaal, luogo pubblico di incontro; un ospizio marino per
bambini.
Scendendo verso sud, si prosegue con i litorali pugliesi con le città più emergenti: Bari e Lecce, le quali
iniziano ad organizzare i primi servizi, e negli anni 80 dell’800 la “Gazzetta delle Puglie” presenta nei mesi
estivi una rubrica intitolata “Corriere dei bagni”.
La cultura dei bagni giunge anche ad Alghero; qui la frequentazione è molto varia: borghesi, nobili, avvocati,
studenti, impiegati… mentre altri tratti sono frequentati anche da giovani e famiglie.
Ormai il mare non è più sconosciuto, anzi è diventato uno stile, e nel giro di pochi anni prende il via il giro di
inaugurazioni di grand hotel sul mare.
Ospizi marini: Sui litorali convivono diversi tipi di servizi, e la componente ludica convive con la pratica
terapeutica.
I medici più attenti all’infanzia lanciano continui allarmi sulla tubercolosi, che si manifesta con ascessi nelle
zone del collo e delle ascelle. Nel 1791 in Inghilterra apre il primo ospedale marittimo per poveri; in Francia
nel 1832 apre un piccolo ospizio. In Italia nel 1839 il commissario degli Spedali chiede al granduca
l’istituzione di un’ambulanza privata per inviare al mare i malati. Nel 1842 la città di Lucca istituisce a
Viareggio un vero e proprio ospizio marino per la cura dei bambini malati. La pratica degli ammalati vede un
grande sviluppo, tano che le istituzioni caritative e ospedaliere trasferiscono gli ammalati direttamente sul
mare; “colonizzano” i litorali e vi edificano destinate ad ospitare in particolare i bambini: Firenze e Lucca
creano una colonia a Viareggio, Napoli li conduce a Ischia. A fine secolo si contano sul Tirreno una decina di
ospizi, e quasi altrettanti sull’Adriatico.

Cap. 3 TURISMO INTERNAZIONALE E TURISMO NAZIONALE

1. Introduzione
L’ultima fase dell’800 rappresenta nella storia del turismo un’età favolosa, dove da una parte c’è la società
che esprime una domanda di evasione, e dall’altra ci sono gli scambi economici e culturali.
In questi anni il turismo assume un profilo autonomo. L’immaginario di quest’epoca di grande espansione
economica e di grande progresso, si alimenta di 2 elementi:
- Il viaggio di esplorazione in continenti lontani (i quali portano all’avanzamento del processo di
civilizzazione)
- Lo sviluppo tecnologico
In questo clima di euforia, è proprio la borghesia a chiedere momenti di compensazione del suo impegno
nella costruzione del mondo occidentale. L’evasione dalla quotidianità si esprime esplicitamente,
manifestandosi in un bisogno di esotismo e di distrazione, che in questi anni solo il viaggio riesce a dare.
La dimensione internazionale delle comunicazioni, consente di poter realizzare il proprio immaginario in
qualsiasi parte del mondo; tutto ciò è supportato dal potenziamento dei mezzi di trasporto e dei servizi.

2. La dimensione internazionale
Politica e istituzioni: Il secondo 800 è segnato da un progresso tecnologico che rappresenta una componente
importante per il turismo: treni di lusso e navi da crociera consentono di coprire in pieno comfort lunghe
distanze.
La dimensione mondiale del commercio amplia la diffusione della cultura della geografia: non si parla più di
esplorazione ma di osservazione curiosa ed intelligente di popoli e di stili di vita.
In questo contesto ciascun paese inizia a valutare il contributo che il turismo apporta all’economia nazionale,
e da ciò nascono le prime mosse per l’elaborazione di una coscienza del turismo.
A tale riguardo l’associazionismo svolge un ruolo molto importante. Si individuano due tipi di associazioni:
- Quelle che riuniscono i turisti attivi e che lavorano all’elaborazione e alla diffusione di una cultura
turistica
- Quelle che cercano di organizzare e migliorare i servizi al turismo in un ambito locale.
Per quanto riguarda la formazione di associazioni di turisti attivi, vengono a formarsi prima i club i cui le
persone condividono passioni sportive, poi vere e proprie associazioni di turisti organizzati in Touring Club.
I Touring Club inizialmente, dove mancano istituzioni governative specifiche del turismo, assumono la
rappresentazione del carattere e dell’identità turistica degli stati. È il caso dell’Italia, infatti a fine secolo i
diversi Touring Club arrivano a coordinarsi sul piano internazionale: nel 1898 fondano la Lingue
internationale des associations touristes (Liat), alla quale aderiscono Francia, Belgio, Svizzera, Olanda,
Italia, Germania e Austria. Gli scopi sono quelli di sensibilizzare alla pratica e alla cultura del turismo e di
rimuovere ogni ostacolo alla sua realizzazione.
I servizi: In Europa l’accelerazione della modernità è definita la belle époque, e investe anche i servizi. Il
settore alberghiero vede ancora un’importante presenza di imprenditori svizzeri; gli hotel non sono più
ricavati da adattamenti della preesistente struttura, ma nascono su una nuova progettazione; la qualificazione
del personale sollecita la nascita delle prime scuole professionali.
La Svizzera domina il settore dell’hotellerie, mentre la Francia perfeziona la ristorazione e le attrazioni.
L’ambito dei servizi legati agli spostamenti resta invece dominato dagli inglesi.
La diffusione del turismo presso nuove classi sociali, porta ad un adattamento dell’offerta, che crea nuove
soluzioni. Il lavoro delle agenzie di viaggio si amplia, e la Thomas Cook è talmente estesa da ricevere, nel
1908, l’incarico di organizzare il viaggio dell’imperatore di Germania in Palestina (1430 cavalli, 116 vetture
a cavalli, 300 tende, 250 persone).
Il sistema di trasporto più usato resta ancora il treno, e in Europa le società ferroviarie mostrano un forte
interesse verso il turismo. In questi anni la Wagons-Lits continua a fornire i suoi servizi che proiettano
l’Europa nel mondo: l’Orient Express, il Nord Express, il Sud Express e la Transiberiana.
La stessa società si afferma come primo fornitore e gestore di traversine ferroviarie e di carrozze ristorante, e
nel 1894 fonda la Compagnie Internationale des Grande Hotels, inaugurando il concetto di catena di
alberghi.
Il viaggio in treno è spesso combinato con quello in nave, portando le navi ad adeguarsi a tale esigenza;
nascono le navi lussuose, e diventano dei veri e propri alberghi galleggianti. Nasce il concetto di crociera.

3. La dimensione nazionale
L’immaginario: L’Italia nei decenni postunitari ha svolto principalmente un ruolo di paese ricettivo, ma nel
900 si avvia ad entrare in un secolo in evoluzione: apparato industriale, infrastrutture, apertura culturale, tutte
novità che gli permettono di generare un turismo attivo.
È con l’età giolittiana che ha inizio il grande progresso: l’industria acquista un peso crescente rispetto
all’agricoltura. Lo sviluppo però è geograficamente squilibrato, infatti il 90% delle industrie è concentrato a
nord della penisola, lasciando solo un 6% al sud (Campania). A differenza di altri paesi, l’Italia conserva una
posizione di ritardo, dato che il turismo non raggiunge le classi lavorative perché hanno redditi bassi e perché
nel loro caso, non si parla ancora di tempo libero.
Nonostante ciò, il turismo in Italia, amplia il suo significato. Prima di tutto il turismo assimila il viaggio di
conoscenza e di esplorazione, effettuato nell’800, da uomini e donne coraggiosi che sono venuti a contatto
con le popolazioni indigene, affrontando pericoli. Questo immaginario aumenta la curiosità e l’interesse delle
persone.
I libri che parlano di spedizioni e delle osservazioni dei grandi viaggiatori, riscuotono molto successo, tanto
che la casa editrice Sonzogno di Milano presenta la “Biblioteca illustrata dei viaggi intorno al mondo per
terra e per mare”, una collana illustrata con incisioni sulle quali è evidente l’influenza della nuova tecnica di
documentazione fotografica.
In questo contesto, la città del momento è Parigi, perché coniuga loisir, storia, arte, tecnologia e moda.
Rappresenta il metro di misura della modernità intesa come modello di consumi, mito del piacere, per le
feste, spettacoli… non si tratta solo di consumi, ma anche di un’atmosfera particolare, tipica di Parigi.
Prendono piede le esposizioni e i congressi, ed è proprio la borghesia ad appropriarsi di queste nuove forme
di incontro, dove si confronta su temi e questioni sempre nuovi.
Oltre al viaggio, il turismo assimila anche in Italia, le diverse pratiche di soggiorno e inizia a tralasciare la
componente curativa e ne esalta l’aspetto ludico (diventa l’elemento comune di ogni vacanza).
L’ostentazione dei nuovi modelli liguri sulle coste, contribuiscono a svecchiare la società italiana e ad
avvicinarla alla modernità dei luoghi di villeggiatura.
Il lavoro di costruzione dell’immaginario è accompagnato dalla pubblicità turistica. La concorrenza tra le
varie località rende necessario investire sempre più sulla comunicazione; esse elaborano una propria
immagine e la affiggono nelle stazioni ferroviarie e nelle agenzie turistiche.
Le singole località iniziano ad allestire appositi uffici che curano le attività di informazioni agli ospiti in
loco.
Agenzie, alberghi e trasporti: Il movimento complessivo del turismo non consente grandi profitti, ma
nonostante ciò nelle grandi città aprono numerose agenzie. Il loro giro d’affari resta modesto ma molto lento,
e ne è la prova l’Agenzia Chiari. Nel 1895 dichiara che in 20 anni di attività ha organizzato non più di 350
viaggi. Nel 1900 Massimiliano Chiari è costretto a cedere l’imprese ad un suo cliente Sommariva, nasce così
la Chiari-Sommariva. Sommariva si rivela ben presto capace a rilanciare l’agenzia; il primo evento che
gestisce è l’esposizione universale a Parigi del 1900, dove conduce 7000 visitatori.
Anche il Giubileo del 1900 è un’occasione di profitti per Sommariva che, dopo aver fornito servizi a 50 mila
pellegrini diretti a Roma, sarà conosciuta come un’agenzia cattolica.
Quanto agli alberghi, essi sono ormai strutture attrezzate per rispondere ad ogni esigenza. Il primato spetta
però alla Svizzera; gli svizzeri operano in Italia già dalla metà dell’800 che creano una rete di ospitalità nelle
maggiori città italiane, nelle località di villeggiatura dei laghi e nelle stazioni climatiche della Riviera.
Anche nell’attrezzatura alberghiera in Italia dominano ditte svizzere, specializzate nelle installazioni sanitarie
e negli ascensori.
La navigazione si avvantaggia dell’accelerazione dell’economia. I cantieri navali italiani varano navi che si
affermano sia per la tecnologia che per l’eleganza e il comfort. Il Principessa Mafalda costruito nel 1908 è
considerato il prototipo della nave di gran lusso. Si inaugura così l’era delle navi colossali.
Quanto alle ferrovie, prima del conflitto, l’Italia riordina l’assetto ferroviario. Nel 1905 le ferrovie dello stato
assumono la gestione diretta di tutte le ferrovie di loro proprietà; l’anno dopo incorporerà anche le tratte
meridionali.
Nel 1897 la società per le strade ferrate della Sicilia stampa guide e manifesti ferroviari e offre tariffe speciali
per comitive che viaggiano tra l’Inghilterra e l’isola di Malta (tappa verso l’India).
Cominciano a diffondersi anche mezzi di trasporto come la bicicletta e l’automobile. L’invenzione
dell’automobile è resa possibile grazie alla messa a punto del motore a scoppio a quattro tempi con benzina.
La prima vettura testata (1883) raggiunge la velocità di 25 km/h. Nel 1894 si svolge la prima gara sportiva, la
Parigi-Rouen, che inaugura il mondo delle corse automobilistiche. Nel 1889 alcuni promotori dell’Aci
(Automobile club d’Italia), fondano la Fabbrica italiana automobili Torino (Fiat).
Il turismo nazionale, il Touring club italiano: Sia in Europa che in Italia, la bicicletta fin dal suo apparire è
simbolo di libertà e del progresso. il nuovo mezzo apre nuove frontiere e spinge i primi cicloturisti a
incontrarsi e associarsi per mettere in comune esperienze e passione.
La bicicletta ha due importanti valori:
- Interpreta il desiderio di fuga e di libertà dei soggetti
- Permette di vivere fisicamente la metafora dell’acquisizione del mondo
I club di ciclisti compaiono negli anni 80 nel Regno Unito e subito dopo sul continente. In Italia
centrosettentrionale si formano numerosi gruppi di ciclisti come il Veloce club e la Milano società
velocipedista (di carattere più popolare). Nel 1894 un gruppo di ciclisti milanesi decidono di fondare
un’associazione turistica. Nasce così il Touring club ciclistico italiano. Fondamentale è il contributo di
Bertarelli, il quale il suo obiettivo è fondare e promuovere il cicloturismo, una pratica che combina vari
fattori: avventura, scoperta, forza fisica e velocità. In questo progetto Milano ha un ruolo molto importante
perché è il centro propulsore della modernità e dell’evoluzione.
Insieme al presidente Federico Johnson, Bertarelli lavorerà con molto impegno alla presa di coscienza delle
potenzialità turistiche del paese e all’elaborazione e diffusione della propaganda nel settore turistico.
L’anno dopo la fondazione, il T. club dà il via alla pubblicazione di una propria rivista: la “Rivista mensile”.
Ma il suo impegno nell’editoria è vasto, infatti il club avvia la redazione di guide, e il primo prodotto
dell’associazione è la Guida-itinerario dell’Italia e di parte dei paesi limitrofi (1896), che informa sullo stato
delle strade, le distanze…
Oltre alle pubblicazioni il club promuove incontri e iniziative di richiamo sportivo, turistico e culturale.
Nel 1900 il T. club intuisce le potenzialità del turismo e trasforma in suo nome in Touring club italiano (Tci),
e il suo interesse si concentra quindi in linea generale sulla cultura turistica nazionale. Si parte da 57 iscritti,
fino ad arrivare a 400 mila (1930).
L’arretratezza, il sud: Nell’ultimo ventennio dell’800 l’esigenza di conoscere le condizioni di vita del paese è
pressante, sia da parte del governo sia a livello di opinione pubblica.
Tra gli intellettuali si manifesta un interesse per le regioni meridionali, e il T. club è ben presente in tale
questione, perché la coscienza del grosso divario tra nord e sud, è ben lucida.
È proprio Bertarelli a rivolgere una costante attenzione al sud e alle isole, infatti nel 1895 attraversa in bici,
la Calabria, la Basilicata, la Sicilia, la Sardegna, misurando pendenze, dislivelli e percorribilità delle strade
ma soprattutto osservando uomini e cose. I resoconti dei suoi viaggi vengono pubblicati sul periodo “La
bicicletta” (1897/98).
Nel 1901 il primo giro d’Italia automobilistico offre un’altra occasione per lamentare del sud dal circuito; il
motivo dell’esclusione è legato alla situazione drammatica delle strade. Nel convengo ciclistico del 1901 a
Bologna, Bertarelli si sofferma sull’Abruzzo e sulla Puglia (precisando i gravi problemi sociali).
Ai primi del 900 il sud viene descritto ai soci dell’associazione tramite le Guide regionali illustrate, redatte e
edite dal T. club in collaborazione con le ferrovie dello stato.
La guida dedicata alle Puglie del 1909, svela una regione dal paesaggio piatto e monotono, con assenza di
giacimenti culturali e condizioni di vita difficili. Diversa invece è la descrizione dell’Abruzzo, vista come
una terra naturale, con grandi bellezze e risorse naturali.
Natura e cultura: Le pubblicazioni del T. club contribuiscono a rendere una visione più complessa dell’intero
paese. La letteratura regionale contribuisce a passare in rassegna le potenzialità del paese, e lo fa anche
grazie al T. club che concepisce la valorizzazione e la promozione delle diverse aree quali elementi di un
territorio nazionale omogeneo.
Attraverso la pubblicazione della Rivista mensile, il T. club diffonde una verifica scientifica delle condizioni
climatiche delle regioni italiane. Si inizia a sfatare il mito che più la località sia alta dal livello del mare,
maggiori siano i benefici, sostenendo che anche la media montagna ha un valore terapeutico. Ai nomi delle
località delle Alpi, si affiancano anche gli Appennini, e in particolar modo l’Abruzzo. Si passa poi alle
stazioni invernali affacciate sul mare o sui laghi, fino ad arrivare al sud con Sorrento, Napoli e Catania.
“Natura e cultura” diventa il binomio su cui il T. club rifonda l’identità turistica nazionale.
Il passatismo, Venezia: In un paese proiettato verso lo sviluppo, il turismo non è solo un metro di misura
dell’arretratezza, ma contribuisce ad ampliare le differenze e lasciare indietro il passato. La modernizzazione
del paese in questi anni mette in crisi l’immagine dell’Italia: di fronte al moderno, la penisola deve fare i
conti con tutto l’antico che possiede. A rappresentare al meglio questo emblema è Venezia. Dopo gli anni
post unificazione, le città italiane sono impegnate con lavori pubblici tesi a rinnovare quartieri, strade.
In questo contesto Venezia appare ferma, vincolata sia dai suoi limiti naturali, sia da quelli storici e artistici.
Sono i futuristi che con due atti provocatori compiuti a Venezia nel 1910, danno vita ad uno svecchiamento
della città marinara. Il 27 aprile Marinetti e i pittori Boccioni e Carrà, lanciano migliaia di manifestini su
piazza San Marco: è un’invettiva contro la Venezia passatista (ripudiano l’antica Venezia dei forestieri e del
mercato dell’antiquariato; vogliono guarire e cicatrizzare la città e farla diventare una Venezia industriale e
militare, e proiettarla verso il progresso).
Marinetti riprende lo stesso discorso, un mese dopo, nel Teatro La Fenice, creando nuovamente grande
scompiglio. Questa volta le accuse vanno alla Venezia turistica, e ai veneziani i quali si accontentano di
essere dei camerieri servili e complici della Compagnia italiana grandi alberghi (Ciga) che ha trasformato
l’isola del Lido nella destinazione più mondana del momento, precludendole un futuro moderno, industriale
e commerciale.
L’immagine degli italiani come camerieri servili, ha una forza di comunicazione potente.
Ma l’Italia non è solo Venezia, e il suo modello di museificazione non è valido ovunque.
Il paesaggio italiano non è una scenografia di resti antichi, ma è un complesso di elementi di forte valenza
estetica e di grande valore economico, da tutelare ai fini del turismo. In questo ambito il T. club contribuisce
al dibattito sulla difesa del paesaggio italiano, formulando un modello di tutela dell’ambiente.
Mentre il dibattito prende forma, si sollecitano interventi di tutela, finché nel 1909 viene approvata la legge
che tutela le antichità, le belle arti e i monumenti. Poi è la volta di ville, giardini e parchi (1912). Ma da più
parti si richiede l’intervento dello stato, che prenderà forma di legge solo nel 1939 con la dittatura fascista.

4. L’Italia dei territori turistici


In città: Agli inizi del 900 va collocato il cambiamento dell’immagine e del ruolo delle grandi città italiane
nella storia del turismo; ciò è dovuto ad una maggiore complessità del fenomeno turistico.
Fattori del cambiamento:
 L’ampliamento della geografia turistica porta le città italiane a una perdita di visibilità e di primato a
causa dell’entrata in competizione di altri centri urbani;
 La categoria del turismo ha inglobato tutte le pratiche di viaggio e di soggiorno, e le trasformazioni
delle singole località iniziano a convergere in una mappa turistica. Quindi ai nomi delle grandi città
come Parigi, Roma, Firenze, Napoli se ne affiancano altri come: Nizza, Montecarlo, Cannes
(Francia), Alassio, Sanremo, La Spezia (Italia).
Le cause di questo cambiamento sono dovute dalla seconda rivoluzione industriale, che sta trasformando il
volto delle città, conducendole verso la modernità.
Le città di maggior richiamo turistico sono quelle che rappresentano la modernità generata dallo sviluppo
industriale. Parigi è considerata un modello irraggiungibile, perché capace di coniugare loisir, storia, arte,
tecnologia e moda. In Italia invece, la città alla moda è Milano, la quale promuove nel 1906 l’Esposizione
internazionale del Sempione.
Va detto però che le grandi città sembrano poco attende al proprio ruolo del turismo, impegnate in un
processo di industrializzazione destinato ad avere importanti effetti sulla società, sull’economia e sul
territorio. Ma nonostante ciò, il turismo sembra andare da sé grazie alle bellezze paesaggistiche, ai
giacimenti culturali, ma soprattutto grazie agli imprenditori stranieri, i quali sembrano essere gli unici ad
investire nel settore turistico.

Al mare: Ai primi del 900 il bagno al mare diventa un momento ludico; le regole sono ormai chiare a tutti: il
bagno deve essere fresco e non caldo, non va preso dopo pranzo, e bisogna bagnare prima il capo e il petto.
Gli antichi stabilimenti balneari, sono ormai riorganizzati: hanno abbandonato l’aspetto dei luoghi di cura e
accolgono una clientela che esprime il senso della salute, del divertimento e dello sport.
Uomini e donne non prendono più il bagno in gabinetti separati, ma ci si tuffa in mare insieme; vengono
creati abiti ed accessori appositi per proteggere dal sole e per consentire il movimento (costume da bagno).
Il Touring lavora per legittimare l’abitudine italiana di frequentare il mare in estate; infatti questi sono gli
anni in cui Viareggio e Rimini cercano di imporsi come località balneari estive.
Le frequentazioni sui litorali rispecchiano la maggiore articolazione sociale delle città e questo porta a
tollerare stili di vita diversi: prende forma l’idea della vacanza al mare.
A fine 800 sule coste del nord Europa si diffonde la “modesta pensione sulla costa”, cioè un soggiorno
economico, non alla moda. In Italia, questa struttura apparirà solo nel dopoguerra.
Nel frattempo si inizia a costruire sulle coste, intorno agli stabilimenti balneari, e su territori che per la
popolazione locale fino a questo momento non avevano avuto nessun richiamo. Appaiono i primi villini, che
diventano ambizione della borghesia e dei nobili. In questo contesto, i maggiori investitori non sono più
interessati ai tratti costieri della città, ma guardano ai terreni liberi.
In Italia, a condurre la moda balneare è il Lido di Venezia, dove gli investitori privati continuano a edificare
alberghi, stabilimenti e servizi connessi.
Dagli anni 80 qui domina la società Bagni Lido di A. Genovesi, che nel 1883 ha aperto il Des Bains. Ai primi
del 900 l’assessore di Venezia, E. Sorger, ritiene che l’ente debba coordinare gli interventi privati, e che si
debbano progettare interventi per le zone; quindi Sorger insiste per redigere piani regolatori, in modo da
rispondere alle esigenze.
Tra il 1900 e 1905 gli investimenti si concentrano nell’area di Santa Maria Elisabetta, dove la società Bagni
di Lido ha realizzato le sue strutture: sorgono villini con attrezzature rivolte all’élite.
La stessa società nel 1906 acquista un’area di 60 mila metri quadrati e lo trasforma in un terreno edificabile.
Nel 1905 Niccolò Spada, a capo di un gruppo di imprenditori decide di far concorrenza alla Società Bagni
Lido. Grazie ad una serie di appoggi nell’alta finanza, costituisce la società Compagnia Alberghi Lido. La
Compagnia Alberghi presenta al comune un progetto per ottenere la concessione delle linee tranviarie
sull’intera isola del Lido, ma il progetto viene respinto. La Compagnia ripresenta un progetto rivolto a
valorizzare l’area dove si sta costruendo l’Excelsior Palace Hotel: si pensa ad una zona autonoma, con porto,
battelli, parchi… ma non basta. Così nel 1906 la Compagnia viene ristrutturata, e viene fondata la
Compagnia italiana di grandi alberghi (Ciga), destinata a dominare il settore dell’hotellerie di lusso fino agli
anni 80 del 900.
La Ciga assorbe la Società Bagni Lido, acquisendo così anche il Des Bains. Successivamente, in soli 17 mesi
viene realizzato l’Excelsior Palace, ispirandosi alle architetture del Cairo e di Istanbul.
Gli interventi delle Ciga contribuiscono a rendere il Lido una delle zone più eleganti e ricercate d’Europa.
Negli anni a venire, la zona compresa fra l’Excelsior e il Des Bains viene lottizzata a opera della Ciga, la
quale bandisce un concorso pubblico per la costruzione di oltre 50 villini con giardino. A ciò si aggiunge una
radicale opera di bonifica, e vengono realizzati viali, giardini, aiuole, canali…
Anche Rimini raccoglie i frutti di questi investimenti, infatti sul modello di quanto è stato già realizzato al
Lido, prendono il via la lottizzazione dei terreni sui quali vengono costruiti i primi villini. Lo stesso avviene
a Pesaro e Cervia.
In genere ai villini segue la costruzione di piccoli alberghi e pensioni. Fino ai primi del 900 Rimini conta 200
villini sul litorale, ma pochi alberghi; il Grand Hotel verrà realizzato solo nel 1908.
Sul litorale tirrenico la geografia è più articolata. Le località climatiche sono alle ultime battute: queste
località non dipendono più dalla clientela abitudinaria, ma ogni stagione cercano di attirare i clienti operando
con nuovi interventi (feste, manifestazioni, attrazioni).
Il litorale toscano, con Viareggio, invece continua ad essere attrezzato e affollato tutta l’estate. Ma ai primi
900 anche a Viareggio arriva la nuova ventata del liberty: lo stabilimento Nettuno acquisisce la struttura
utilizzata come ingresso all’Esposizione internazionale di Milano, dando così maggior prestigio ed eleganza
alla località (vengono costruite strutture in legno, passeggiate, viali…).
Il generale miglioramento dei trasporti e la fase economica espansiva consentono di raggiungere ogni estate
destinazioni alla moda. È il caso dell’isola di Capri. Il suo lancio si deve ad un gruppo di imprenditori
milanesi che si trovano ad operare nella provincia a seguito della legge del 1904 (questa legge prevedeva
l’incremento industriale di Napoli. La legge fu voluta da Nitti perché convinto che l’industrializzazione
possa sollevale le condizioni economiche e sociali del sud).
Nel nuovo clima creato da tale legge, imprenditori e banchieri del nord iniziano ad operare nelle regioni
meridionali nell’industria elettrica, nelle bonifiche, nei sevizi urbani e nel turismo.
Nei primi del 900 a Milano si costituisce la Società per imprese pubbliche e private per l’isola di Capri
(Sippic); lo scopo è l’impianto e l’esercizio di imprese elettriche o di qualsiasi altra impresa pubblica o
privata che possa giovare allo sviluppo dell’isola. Il maggior azionista è Capuano, un avvocato napoletano
che nel 1989 ha fondato la Società meridionale elettrica (Sme).
Nel 1903 la Sippic si aggiudica l’appalto di una funicolare a Capri.
Nel 1918 a Milano, Vismara con altri investitori fonda la Società immobiliare alberghi (Sia), avente per
scopo la compravendita di immobili, principalmente alberghi sull’isola di Capri. La nuova società acquista 3
alberghi: il Vittoria Pagano, il Quisisiana e l’albergo della famiglia Morgano.
È proprio grazie alla Sia che si accende una riflessione sull’importanza del turismo e sugli introiti economici
che può apportare all’economia. Nel 1920 diventa sindaco Edwin Celio, e fin da subito recepisce
l’importanza del turismo e della sua amministrazione e tutela. Infatti nel 1921 promulga un Regolamento
edilizio che detta prescrizioni precise e dettagliate delle tecniche costruttive da utilizzare. Lo scopo di Cerio è
quello di difendere l’ambiente costruito locale.
In questo clima culturale, nel 1921 Capri ospita il Convegno sul paesaggio.
Ospizi marini: In modo separato dal mare ludico, sui litorali continuano ad essere presente le attività legate
alla prevenzione di patologie come la scrofola, rachitismo e tubercolosi.
Le strutture presenti già nel corso dell’800 vengono ampliate e rimodernate, e ad esse se ne aggiungono
molte altre. Le province interne inviano i propri bambini al mare; ovunque sorgono iniziative di beneficienza
e associazioni che si occupano di tale pratica.
Il Piemonte e la Lombardia trasferiscono la propria infanzia sulle coste della Liguria, e ciò testimonia
l’impegno sociale e politico della cultura dell’800.
Nel 1914 viene compilata una tabella (vedi pag. 182-183) che fornisce la diffusione territoriale dei 42 ospizi
presenti sulle coste italiane, il numero dei letti presenti, e i bambini che ogni stagione vengono ospitati
(esempio: Ospizio Milanese, presente sulla costa ligure, con 540 letti, in una stagione intera ospita 1635
bambini).
Questi dati sono molto significativi, perché gli ospizi marini costituiscono un’esperienza importante che
prepara quella successiva alle colonie nel periodo fascista. Rappresenta inoltre un momento di pratica
curativo ma allo stesso tempo ludico, nonché educativo. Infatti intorno agli anni 90, l’organizzazione delle
giornate dei fanciulli si inseriscono momenti educativi e didattici.
In questi anni la funzione igienico-preventiva del soggiorno viene separata da quella terapeutica: sorgono
strutture permanenti nelle quali ricoverare i bambini più gravi. In alcune località però, la presenza di bambini
ammalati comincia a non essere tollerata, perché provoca dolore e sofferenza ai turisti. Infatti nei primi del
900 la Viareggio turistica non vuole vedere nelle sue strade i bambini ammalati, così la Ciga sposta
l’ospedale in un’altra zona.
Al quadro completo della balneazione di questo periodo, vanno segnalati anche la nascita degli sport
d’acqua. Nei circoli nautici non si pratica solo la vela, ma anche il canottaggio. Questi circoli si diffondono
in particolar modo sul Tirreno.
Ai primi del 900 molti caratteri degli sport cambiano e ancora una volta è la Gran Bretagna la patria del
cambiamento. Qui, accanto ai club aristocratici nascono circoli velici per diverse categorie (diffusione della
vela presso le classi medie). Sempre in Inghilterra inizia a diffondersi il motore applicato al diporto nautico e
la passione per la velocità.
Ma se in Francia, Germania e Austria, la cantieristica da diporto riesce a coprire totalmente la domanda, in
Italia, la produzione di yacht non riesce a soddisfare neanche la metà della domanda.
Sempre agli inizi del 900 il quadro internazionale cambia. Si sviluppa sempre di più il diporto tedesco che
può essere definito il primo al mondo (negli anni della prima guerra mondiale), lasciando agli inglesi il
primato della motonautica.
Lo sviluppo dello yachting tedesco coincide con il progresso industriale e commerciale della Germania.
Alle terme: Gli anni della belle époque sono presentati come gli anni dei fasti termali. Ma si tratta di un
errore perché i centri termali, per far fronte alla concorrenza delle località balneari, tenta un rilancio da cui
poi non ricaverà comunque la vitalità dei luoghi.
Mentre la scienza continua ad analizzare e valutare l’efficacia terapeutica delle acque, i centri già famosi
entrano in una fase di rilancio; e allo stesso tempo, molte località meridionali dotate di sorgenti, aprono
piccoli stabilimenti capaci di rispondere con modesti servizi.
Gli interventi quindi non hanno più carattere spontaneo ma sono progettati da imprenditori privati che hanno
come scopo la costruzione dell’immagine della località e l’assecondamento della domanda di loisir. Da una
parte gli stabilimenti vengono rinnovati, dall’altra vengono creati nuovi spazi sociali per l’intrattenimento: si
cerca di conferire alla località un tocco di modernità. Si guarda ai modelli francesi e al gusto esotico, tra
bizantino e moresco, caratteri presenti in artisti come Ingres e Delacroix. Il gusto esotica arriva in Italia
qualche decennio più tardi.
A Salsomaggiore per esempio i grandi investimenti hanno creato un ambiente di un certo tono, e la presenza
di imprenditori svizzeri, colloca la città al top delle destinazioni europee del momento.
Lo scenario cambia quando nel 1913 viene approvata una legge, la n. 524 con la quale lo stato riscatta le
terme e le miniere a fronte di un’indennità; molto importante è l’art. 7, il quale prevede la tutela del territorio
e del bacino idrogeologico da trivellazione e perforazioni. L’acquisizione delle terme di Salsomaggiore da
parte dello stato avviene del quarto governo Giolitti.
Il divario tra nord e sud del paese è sempre presente, e riflette anche sul termalismo. Solo nell’area
napoletana e in particolar modo di Castellammare di Stabia, si registra uno sviluppo. La località ha già
conosciuto una fase di sviluppo sotto i Borbone: inaugurazione di uno stabilimento in stile neoclassico,
apertura di una strada, allungamento della litoranea per allungare la passeggiata e collegare la stazione
ferroviaria al porto. Viene costruita inoltra una villa comunale la “Stabia hall”, una struttura smontabile sul
mare che comprende ristoranti, gioco da biliardo, teatro…
Anche i Campi Flegrei richiamano l’attenzione di investitori e progettisti; già nell’800 un imprenditore
inglese ipotizzò un enorme parco termale, ma che non fu mai costruito. Nei primi del 900, il litorale Bagnoli
viene individuato come area di insediamento dell’Ilva.
L’unico intervento strutturato è effettuato ad Agnano, dove viene progettato e costruito uno stabilimento. Nel
1909 viene costituita la Società Terme di Agnano e vengono realizzati uno stabilimento, un parco e qualche
villino. Ma la guerra ne stronca la vitalità.
Anche in Puglia vengono analizzate nuovamente le acque di Santa Cesarea. Viene ristrutturata anche una
villa in stile moresco e riprogettata direttamente sul mare. Nel 900 questa località richiama 3-4 mila
bagnanti, ma i disagi sono molto gravi: la località si trova sul confine di due comuni diversi Minervino e
Ortelle. Nel 1913 verrà creato un unico comune di Santa Cesarea, proprio per dare uno sviluppo autonomo al
centro termale.
In montagna: Le trasformazioni sociali, culturali e territoriali che hanno investito l’alta montagna nel corso
dell’800, hanno cancellato l’immagine del luogo inaccessibile.
Anche in montagna convivono frequentazioni che hanno motivi diversi: escursionismo, climatismo,
termalismo; ma tutte contribuiscono alla maturazione del turismo in media/alta montagna e in particolare
sulle Alpi.
Con la nascita dell’escursionismo, alcuni membri del club alpino italiano, prendono l’iniziativa di
individuare e tracciare i sentieri. Anche il T. club si adopera in materia, infatti costituisce il consorzio per le
segnalazioni in montagna.
La passione per le montagne cresce molto lentamente. Negli anni 70 a Roma si costituisce una sede del club
alpino; le montagne più vicine sono quelle dell’Abruzzo, e inizia così la mappatura e l’allestimento di rifugi.
Sulle Alpi aumenta la frequentazione terapeutica; già nell’800 alcuni medici hanno studiato gli effetti
benefici dell’aria di montagna, creando così dei veri e propri sanatori. Il primato spetta alla Svizzera, la quale
allestisce le migliori strutture, con balconi esposti a sud, e file di sdraio.
A pochi chilometri, entrando in Italia si valuta l’arretratezza del versante alpino italiano. Essa non pensa a
costruire sanatori per stranieri, ma punta alla costruzione di classi medie (su modello svizzero).
In questo contesto, entra in gioco anche la componente ludica; infatti attorno agli anni 90, assistiamo alla
nascita dei primi sciatori. Si tratta principalmente di persone ricche, in particolare inglesi, che richiedono
servizi di lusso.
A questo punto si pone il problema della convivenza delle due pratiche, sport e sanatori. Inizialmente si
adatto per soggiornare negli stessi alberghi, ma poi si trovano diverse soluzioni: una delle tante è
rappresentata dall’inserimento sull’insegna, del disegno di una corona di alloro e la scritta di “Sport Hotel”,
proprio per comunicare che sono hotel adatti ad entrambe le categorie.
La diffusione dello sci è veloce in Svizzera e in Austria, ma molto lenta in Francia e in Italia.
La nascita dello sport invernale, pone la necessità di realizzare infrastrutture e attrezzature specifiche.
In Francia le prime località a rispondere a questa domanda sono Chamonix e Megéve. Ma lo scoppio della
guerra interrompe i processi di sviluppo su tutto l’arco alpino. Nell’area del Trentino gli alberghi subiscono
gravi danni e fine conflitto, quando verrà assegnata all’Italia, insieme all’Alto Adige, la regione entrerà in
una fase di ricostruzione e di rilancio del turismo.

5. Il valore del turismo per lo Stato: una presa di coscienza


Negli anni 90 dell’800 in Italia si apre un dibattito sul valore del turismo per lo stato.
Il ritardo con cui si prende coscienza del fenomeno turistico e della sua importanza, è dovuto ad una serie di
motivi:
- Carattere primitivo della domanda interna a causa di un modello turistico poco strutturato
- Costi delle guerre risorgimentali e le politiche di risanamento unitario, hanno messo in secondo
piano gli altri settori dello stato
- Lenta maturazione della geografia turistica nazionale
Sull’onda del successo di altre località europee, gli imprenditori colgono la potenzialità della domanda
turistica e pressano le amministrazioni locali per accedere a risorse finanziare pubbliche. Si ricorda che in
questo periodo, tutte le imprese e le associazioni turistiche, erano di tipo privatistico. Lo stato non è mai
intervenuto anche per un ulteriore motivo, legato alla mancanza di strumenti di tassazione idonei per i redditi
prodotti dal turismo e dalle attività ad esso legate.
Anche per questo motivo, per tutto l’800, il turismo rimane un fenomeno marginale.
Solo a metà degli anni 90, alcuni studiosi comprendono l’importanza di questo settore, e spiegano che il
turismo partecipa alla crescita economica del paese, al pari dell’agricoltura e dell’industria.
I primi interventi in materi vengono effettuati da Maggiorino Ferraris, il quale negli anni 20 del 900 pone la
necessità di un intervento da parte dello stato nel turismo. Già nel 1899 progetta delle società per i forestieri,
di natura privata, col compito di supplire alle mancanze dello stato. In questo contesto iniziano a nascere le
pro loco. Così in questo clima favorevole, Ferraris fonda l’Associazione nazionale per il movimento dei
forestieri, la quale effettua una serie di interventi e dibattiti sul sostegno della valutazione del settore
turistico.
Il turismo inizia ad essere concepito come un sistema complesso, e alla costruzione di un’immagine turistica
nazionale, partecipano Luigi Bertarelli, il T. club, e Luigi Bovio, il quale nel 1899 tenta di calcolare per la
prima volta gli effetti economici e gettito in valuta dei forestieri in Italia.
Nasce l’idea che il turismo va costruito secondo delle scelte decisionali e programmi, rifacendosi magari a
modelli stranieri più avanzati, come ad esempio quello svizzero che rappresenta il modello d’eccellenza per
gli investimenti.
Tutti sono d’accordo sulla necessità di potenziare le infrastrutture, di innalzare la qualità dell’offerta, di
trovare accordi con le società di trasporti… Su questa basi Ferraris nel 1913, propone un ufficio del turismo
in cui cooperano governo e ferrovie, ma la proposta non trova consensi negli ambienti del T. club.
Fino al conflitto mondiale, lo stato non interviene in nessun modo nel turismo. Solo nel 1910 si giunge ad
una legge che consente ad alcuni comuni di imporre una tassa di soggiorno, del valore di 10 lire a persona
per quanti soggiornano per più di 5 giorni in una località per motivi di cura. La tassa può essere riscossa
anche dagli stabilimenti termali e dagli alberghi.
Nel 1915 l’Italia entra in guerra e il turismo ne è totalmente coinvolto. L’organismo internazionale, la Liat
viene travolto dalle rivalità nazionali e riesce a ricomporsi solo nel 1917, ma riflettendo gli schieramenti di
guerra, quindi contro Germania ed Austria. La nuova lega prende il nome di Alleanza internazionale del
turismo (Ait); mentre ancora si combatte, le nazioni associate nell’Ait si preparano a fare concorrenza alle
stazioni termali austriache con una propaganda antigermanica e antiaustriaca.
L’Italia, partecipando ad una serie di congressi per pubblicizzare le stazioni idrotermali e climatiche dei paesi
alleati, comprende che la concorrenza nel dopoguerra, non comprenderà solo gli operatori privati, ma anche i
governi. Si attende un aumento degli arrivi dagli Stati Uniti, e l’Italia si scopre impreparata, e cerca così di
imparare dai francesi, i quali studiano le caratteristiche del turismo americano per attrarlo al meglio.
Dal primo 900 il governo italiano include tra gli argomenti di studio della Commissione del dopoguerra
anche il turismo. In breve tempi viene istituito l’Ente nazionale per l’incremento delle industrie turistiche
(1919), presieduto da Luigi Rava. Si tratta di un ente misto pubblico privato, al quale fanno parte anche
alcuni membri del T. club, con fini di analisi e promozione del turismo italiano.
A sua volta l’Enit costituisce il Consorzio degli uffici di viaggio e turismo, nel quale entrano la banca
commerciale italiana, la banca nazionale del credito, il credito marittimo, la navigazione generale italiana…
La rapidità con cui viene fondato l’Enit, testimonia il grande lavoro che viene fatto negli anni di guerra.

Cap. 4 TURISMO DI REGIME TURISMO POPOLARE

1. Introduzione
L’orrore e lo sconcerto causato dal primo conflitto mondiale e dalla rivoluzione bolscevica (1917) stroncano
ogni desiderio di evasione e chiudono in Europa un’epoca durata oltre un secolo, in cui il turismo ha fatto la
sua comparsa e si è diffuso a un ritmo più accelerato. La guerra e la rivoluzione e successivamente la crisi
del 1929 smentiscono l’ideologia del progresso, e del turismo consegnano al Novecento solo i modelli di
consumo elaborati da uomini e donne nelle loro evasioni ottocentesche. Si avvia allora una riflessione su ciò
che è stato il progresso e la sua degenerazione violente. Nell’Italia fascista come nella Germania nazista
diviene uno spazio importante di intervento e di sperimentazione.

2. Gli ultimi aneliti liberali


Nuove stagioni, nuove evasioni: Guerra e rivoluzione provocano il declino definitivo di ciò che resta delle
antiche e resistenti aristocrazie europee, trascinando nella crisi le stazioni termali mitteleuropee e quelle
climatiche invernali mediterranee che quelle aristocrazie avevano frequentato e sostenuto.
Tra gli anni Venti e Trenta la base sociale dei vacanzieri si allarga ancora, includendo ulteriore segmenti di
borghesie urbane che esprimono soprattutto una domanda di mare in estate, concepito come luogo alternativo
alla città e ai luoghi della produzione. La scenografia non è più quella dei grand hotel internazionali, bensì
quella dei villini al mare e delle prime pensioni, che, già apparse nei decenni tra l’Otto e Novecento. Le
pensioni sono appannaggio di una media borghesia urbana, che vi conduce una vita semplice. Nei villini
troviamo invece funzionari pubblici, accademici e impiegati. Questo nuovo stile di vita vacanziero, che
connota il turismo interno in particolare quello balneare, reca il segno di un flusso lasciato in Europa dalla
presenza americana, portata dalla guerra mondiale. Gli anni Venti lasciano intravedere un turismo
contaminato dall’esperienza proveniente dagli Stati Uniti, sia nei servizi sia nella pratica attiva.
Si registra il definitivo mutamento nella stagionalità turistica. Fino alla guerra il Mediterraneo e il sud erano
stati frequentati d’inverno. Ora matura un inedito interesse per il Mediterraneo d’estate (inizialmente
l’inversione è evidente sulla Costa Azzurra, che nel dopoguerra perde il suo appeal di destinazione invernale
e comincia a essere disertata dall’aristocrazia inglese e internazionale). I veri motivi del mutamento di
stagionalità vanno individuati negli effetti della guerra:
1. La sconfitta degli imperi centrali porta al declino dell’aristocrazia fondiaria, e la crisi del dopoguerra
assesta un grave colpo ai rentiers, che costituivano gli hivernants tradizionali;
2. Presenza in Europa di nordamericani.
La concorrenza europea: Nei primi anni Venti molti paesi europei sono pesantemente gravati da debiti
contratti per sostenere le spese di guerra e, in attesa che l’economia e dunque i flussi turistici interni
riprendano, concentrano la loro attenzione sulla possibilità di equilibrare le proprie bilance commerciali
incoraggiando il turismo d’ingresso. Francia, Germania e Italia guardano in particolare al ricco mercato
americano, la cui domanda è interessante ed esigente.
Se vuole trovare un suo spazio nel mercato americano, anche l’Italia deve riorganizzare il proprio sistema
turistico e soprattutto rafforzarlo per poter meglio affrontare la concorrenza degli altri paesi europei e vincere
le resistenze degli operatori statunitensi. Mussolini lancia allora agli italiani d’oltreoceano un invito a venire
in Europa a prendere un “bagno d’italianità”. Il ministero degli Affari esteri e l’Enit provvedono così
all’emissione di una speciale tessera turistica, che offre ai dieci milioni di italiani sparsi nel mondo una serie
di facilitazioni di viaggio e di soggiorno.
Bisogna fare i conti con le marine mercantili nazionali, perché l’Europa è collegata con il continente
americano ancora solo via mare. Gli armatori italiani intuiscono ben presto di dover riconvertire le loro navi
in alberghi di lusso galleggianti.
L’interesse per i mercati esteri è dovuto alla capacità che il turismo d’ingresso possiede di contribuire
positivamente alla bilancia commerciale. I limiti italiani emergono subito e sono frutto di una scarsa intesa
tra promozione statale e compagnie di navigazione. Prima di tutto gli armatori italiani non comprendono che
il desiderio di visitare l’Europa è espresso da una fascia di media capacità di spesa, attenta ai pressi; essi
invece, pur dotati di unità di navi di lusso, continuano a proporre un’offerta rigida che prevede sconti solo
per chi viaggia in terza classe, la meno frequentata dagli italiani d’America, per il cui livello di consumi è
adatta la seconda, quando non la prima di lusso.

La bonifica turistica: Tra il 1928 e il 1929 la polemica apertasi all’interno del fascismo tra sostenitori e
detrattori del turismo è ormai sedata. L’assassinio nel 1924 del deputato socialista Giacomo Matteotti, che
aveva denunciato brogli e violenze alle elezioni vinte dal Partito nazionali fascista, le leggi fascistissime del
1925 che rafforzarono i poteri del capo di governo, l’istituzione del Tribunale speciale per la difesa dello
Stato nel 1926 e di una polizia segreta con compiti di repressione e vigilanza, la legge elettorale del 1928 che
impone all’elettorato una lista unica formata da candidati proposti da organizzazioni fasciste, sono le tappe
cruciali dell’instaurazione della dittatura di Benito Mussolini in Italia. Esempio fascismo a Livorno 1922: in
agosto Costanzo Ciano e un gruppo di squadristi toscani marciano sul comune e obbligano la giunta
socialista a dimettersi; si era insediata nel 1920 guidata dal sindaco Umberto Mondolfi e nel 1921 la città
aveva ospitato il XVII Congresso nazionale socialista dove si era formato il Partito comunista d’Italia. La
nuova amministrazione fascista opera fin da subito per riportare all’antico splendore la stagione balneare
livornese, dichiarando che quella precedente social-comunista aveva dimostrato ostilità verso lo sviluppo di
servizi turistici. Nel 1924 si costituisce la Società Regi stabilimenti balneari riuniti Pancaldi e Acquaviva,
formata da una trentina di soci. Nel 1931 nasce il Comitato estate livornese, voluto dalla Federazione fascista
cittadina.
Nel giro di pochi anni i contrasti interni al fascismo vengono liquidati. Per controllare il dibattito e
pubblicizzare l’opera del governo, il Partito nazionale fascista fonda nel 1927 “Turismo d’Italia”, un giornale
illustrato le cui motivazioni sono presto dette “Le vie d’Italia”. Occorre creare una salda coscienza della
necessità e dell’unità del turismo, come di un’industria sulla quale fondare buona parte dell’indipendenza
economica della nazione.
Con l’inizio del settimo anno di vita, il regime fascista celebra i primi risultati del suo governo e in
particolare la bonifica integrare, di cui proclama vantaggi economici, sociali, ambientali e paesaggistici.
Parallelamente già nel 1928 la propaganda fa riferimento al concetto di bonifica turistica, definendolo come
il completamento di quella agraria: un’azione di carattere igienico, sanitario e sociale, che mira anche a
creare nuove località che possano essere meta del turismo popolare. Per bonifica di intende migliorare il
rendimento delle località già famose, ma anche creare una vita turistica nei luoghi non adatti ad altri tipi di
industria.
La realtà: Nelle provincie di Trento e di Bolzano (che sono passata dall’Impero austro-ungarico al Regno
d’Italia col trattato di pace del 1919) il turismo è una risorsa di primaria importanza, e i flussi più consistenti
sono ancora compostai da cecoslovacchi, jugoslavi, austriaci e ungheresi, che ritornano nelle stazioni
idrotermali e climatiche del Trentino e del Friuli-Venezia Giulia. Gli albergatori di Merano e di Bolzano
continuano infatti a promuovere le proprie località nelle città di Berlino, di Monaco e di Vienna.
Quanto al sud, la sua acquisizione al turismo nazionale era stato un vero e proprio progetto politico per il
Touring club, ma gli spostamenti verso l’interno sono ancora troppo lenti. Eccetto che in alcuni grandi
alberghi di Napoli, Palermo, Taormina e Siracusa, l’ospitalità è insufficiente e lontana dagli standard
raggiunti nel resto della penisola. Quanto alla Sardegna, l’Unione sarda, accusando il governo, denuncia le
condizioni di grave arretratezza, quando non di assenza assoluta, dei più elementari servizi. Gli osservatori
pensano che al sud si debba mettere mano a migliorare gli alberghi, l’igiene e la pulizia.
Le aziende autonome: Gli anni di guerra hanno colpito pesantemente le località dipendenti dai flussi
internazionali e attrezzate per una clientela di alta capacità di spesa. In Italia la crisi e il disagio sono avvertiti
maggiormente nelle località che prima del conflitto mondiale hanno avviato un certo percorso di sviluppo, e
sono proprio queste le prime a invocare un intervento dello Stato a sostegno della ripresa; forti della propria
identità, chiedono autonomia amministrativa perché non intendono arrestare il proprio sviluppo.
Nel 1921 l’Enit aveva proposto un progetto di legge che consentiva solo ai particolari comuni, individuati dal
ministero dell’Interno, di tassare i propri ospiti, ma la proposta viene valutata solo nel 1926. La legge in
breve: le località e i territori frequentati da soggiornanti e turisti possono chiedere al ministero dell’Interno di
istituire un’Azienda, distinta dal comune e autonomamente amministrata da rappresentati dell’industria
alberghiera, da commercianti, da rappresentati dell’Enit, del Touring e del consiglio comunale. L’Azienda
deve essere concepita come un’impresa, tendere dunque all’espansione e alla valorizzazione della località
mediante la propaganda, l’esecuzione di nuove opere, l’integrazione dei servizi pubblici, il miglioramento di
strade, spiagge, passeggiate e comunicazioni. Le risorse finanziare sono costituite dal gettito di un’imposta
sui soggiorni alla quale si aggiunge il “contributo speciale di cura”, un’imposta su tutti coloro che traggono
vantaggio economici dal movimento turistico, e che comunque hanno diritto a una rappresentanza nel
comitato dell’Azienda. Si valuta che il nuovo sistema di imposte possa procurare un raddoppio degli introiti
della precedente imposta di soggiorno. Ancora più importante è che questo gettito sia scorporato dal bilancio
comunale e gestito dall’ente in piena autonomia. La legge si ispira alle Kurkommissionen ritrovate nei
territori ex austriaci. La legge viene definita “pietra miliare del turismo”, un grande riconoscimento del
Regime fascista nei confronti del turismo e a lungo desiderata, perché finalmente il pubblico sostiene
l’iniziativa privata, perché si lascia alle località uno spazio di originalità e soprattutto si mette fine alla
confusione creata intorno all’imposta di soggiorno, applicata ai comuni ai sensi della legge del 1910. Vi sono
dubbi sulla nuova legge espressi in occasione del VI Congresso nazionale promosso nel 1927 dal Consorzio
dei comuni di cura, soggiorno e turismo, presieduto da Augusto Maria Rebucci. In questa sede qualcuno
insiste sull’importanza dell’autonomia di gestione rispetto all’amministrazione comunale, altri che le
Aziende abbiano un rapporto diretto con l’Enit, specie in materia di pubblicità mentre il Touring propone la
stampa di un “Annuario nazionale delle stazioni di cura”. Rebucci interviene sul problema della
valorizzazione del patrimonio idroterapico della nazione. Non basta l’intervento sporadico in pochi località
dove e sorgenti sono gestite direttamente dallo Stato, ma occorre intervenire coordinando l’iniziativa
pubblica e quella privata. Non si riesce a comprendere perché le aziende sono definite di “cura, soggiorno o
turismo”, a chi spettano le spese di illuminazione elettrica, di innaffiamento delle strade, di pubblicità e di
vigilanza sugli stabilimenti pubblici frequentati dai forestieri. Il regolamento attuativo della legge è talmente
ambiguo che l’Azienda potrebbe assorbire quasi l’intera attività del comune, lasciando forse a questo
l’istruzione e la beneficenza.
La confusione aumenta quando il ministero dell’Interno si rifiuta di riconoscere alcune località come
turistiche. Per esempio non vengono riconosciuti i centri di villeggiatura (Somma Vesuviana); altri comuni
sono riconosciuti turistici ma dispensati dalla costituzione dell’Azienda (Capri, Pozzuoli, Agrigento, Pesaro,
Clavières, Taormina, Venezia, Sciacca e Viareggio). Il riconoscimento è negato alle destinazioni di turismo
interno, meta di escursioni o la cui ricettività è costituita da alloggi privati.
Le Aziende sono dunque istituite nelle località che accolgono flussi dall’estero. Nel 1931 viene emanato il
Testo unico per la finanza locale, nel quale l’imposta di soggiorno viene sostituita con un’imposta sul valore
locativo. Solo dopo la pubblicazione del Testo unico per la finanza locale le stazioni più mature nella
gestione del turismo comprendono il senso della politica di cui sono fatte oggetto. La nuova imposta sul
valore locativo, poiché è una tassa sugli affitti, viene riscossa dal comune; questo decurta drasticamente gli
introiti dell’Azienda, che riscuoteva dai proprietari di ville e villini l’imposta di soggiorno. Le neonate
Aziende vengono così private della fondamentale autonomia economica, perché molta parte dei gettiti
proveniva proprio dal movimento degli affitti di ville e appartamenti privati. A questo punto alle Aziende non
rimane che riorganizzare i propri bilanci; molte sostituiscono il gettito perso con altre imposte sullo
spettacolo e sull’indotto, altre chiedono al comune una parte o l’intero gettito sulla tassa sui consumi. Molte
Aziende contano sull’imposta sui soggiorni inferiori a cinque giorni, che possono applicare anche i comuni
non turistici, perché prevista anche dal Testo unico, ma quest’ultima soluzione è duramente contestata dal
governo centrale, e in particolare dal Commissariato, il quale ritiene che l’imposta scoraggi l’intero
movimento turistico, che, a causa della pesante crisi mondiale, si va configurando su vacanze sempre più
brevi. Il problema è più grave per quelle Aziende che hanno già assunto impegni finanziari.
Certamente il turismo, visto dall’ottica del ministero dell’Interno, diviene il fondo al quale attingere per
riequilibrare il forte disavanzo provocato dagli effetti sul paese della crisi economica mondiale. E dunque il
nuovo assetto istituzionale, progettato all’insegna dell’autonomia gestionale, si scontra, con l’urgenza di
pareggiare i bilanci comunali e di partecipare alla politica di redistribuzione dello Stato fascista.

3. La svolta autoritaria
Il ridisegno dell’Enit: Presa consapevolezza del valore dei flussi provenienti dall’estero, il fascismo mette
mano al ridisegno dell’Enit. L’ente, istituito nel 1919, già nel 1926 vede modificati sia parte dei propri
vertici, sia delle proprie competenze: si occuperà solo della promozione. L’attività dei suoi uffici di viaggio e
turismo passa alla neocostituita Compagnia italiana pel turismo (Cit). La Cit è una società costituita, oltre
che dall’Enit, dalle Ferrovie dello Stato, dal Banco di Napoli e dal Banco di Sicilia, con compiti di
organizzazione commerciale del turismo (vendita biglietti, organizzazione viaggi ed escursioni, servizi
turistici ecc.). Luigi Rava riesce a conservare la presidenza del nuovo ente. Egli dichiara subito che l’Enit,
anche se riformato, continuerà a essere quello che è stato dalla fondazione (raccoglie e diffonde a stampa le
notizie relative al movimento dei forestieri, studia le condizioni e i bisogni delle comunicazioni in generale,
propone al governo i provvedimenti necessari per la pubblicità in Italia e all’estero). Restano obiettivi
importanti la statistica, il credito alberghiero, l’istruzione, le assicurazioni turistiche e i rapporti con quanti
operano nel turismo. Importanti sono i progetti con l’Istituto Luce, col quale ha in preparazione film di
promozione turistica, con il Touring, il cui presidente è vicepresidente dell’Enit, con l’Associazione italiana
albergatori, con l’Aci, con il Cai, con il Comitato olimpico nazionale italiano (Coni). Luigi Rava si dimette;
breve presidenza di Giovanni Cesare Majoni; l’Enit poi viene affidato a Fulvio Suvich. Con lui l’Enit viene
nuovamente riformato e fascistizzato. Fulvio Suvich dichiara subito che l’Enit va inquadrato nel sistema
corporativo fascista, e così del 1929 nel consiglio di amministrazione non siedono più i delegati del governo,
dell’impresa privata e i tre membri del Touring, ma solo delegati dei diversi ministeri e dei presidenti delle
federazioni e delle confederazioni dei settori economici interessati al movimento turistico. La nuova parola
d’ordine è propaganda, sulla quale devono convergere tutte le risorse e le energie destinate al turismo.
Il Commissariato per il turismo: Dall’ottobre del 1929 gli effetti del crollo della Borsa di Wall Street
aggravano il quadro e portano nuovi timori. Si comincia a pensare che la crisi imporrà nuovi modelli di
consumo.
Il primo Commissario è Fulvio Suvich che riceve poteri ampissimi, riferirà direttamente al duce e sarà
affiancato da un Consiglio centrale del turismo.
Prima di tutto il mercato internazionale va considerato come una vetrina nella quale esporre l’opera del
regime. Suvich steso intende coordinare e controllare la pubblicità locale. Accanto ai mezzi tradizionali,
dichiara l’urgenza di utilizzare quelli più moderni come ad esempio il cinema strumento di comunicazione
potente e suggestivo.
Il turismo rivendica l’idea di un turismo che deve contribuire a mostrare dell’Italia, oltre ai paesaggi, all’arte
e al clima, anche i valori morali, civili, politici e produttivi. La propaganda deve essere chiara, unitaria e
nazionale e le località turistiche non devono più promuoversi autonomamente.
Altra questione più urgente è la disciplina del rapporto centro-periferia (controllo sugli alberghi, sui servizi
pubblici e privati e soprattutto sulle Aziende e sulle stazioni di cura, soggiorno e turismo, perché qualsiasi
valenza turistica delle diverse provincie italiane può tornare utile alla politica fascista). Inoltre la
distribuzione disomogenea sul territorio nazionale delle Aziende non garantisce al governo centrale
un’uniformità di intenti, di ricezione di direttive e di operato. Nel 1932 chiede ai prefetti di organizzare dei
comitati provinciali del turismo. In ognuno di essi l’Enit ha un suo delegato, in modo che ogni cosa sia
soggetta al controllo centrale e l’intero movimento turistico abbia un indirizzo unitario. Gli enti progettati da
Suvich vanno a formare una mappa istituzionale turistica di dimensione provinciale. Quasi a completamento
e integrazione di questa nuova organizzazione, in alcuni ambienti fascisti matura la proposta di individuare le
aree interessate del turismo al di là dei confini amministrativi, appartenenti magari a provincie diverse, ma
che siano unite da interessi e da problemi comuni, per esempio nella pubblicità o nei trasporti. Si propone
allora l’individuazione sul territorio nazionale delle cosiddette “aree turistiche”. Ma stavolta l’aggregazione
non si fonda sul metodo che aveva condotto alla legge del 1926, per il semplice fatto che è imposta dall’alto.
Suvich stesso dichiara che è suo proposito applicare il principio dell’unificazione al fine di snellire
l’amministrazione delle Aziende.
Nel 1934 le competenze per il turismo, che si riassumono in un’intensa attività di propaganda, vengono
trasferite a una Direzione generale del turismo, collocata presso il sottosegretario per la Stampa e la
propaganda da poco istituito (che nel 1935 diverrà ministero per la Stampa e la propaganda e nel 1937
ministero della Cultura popolare) mentre la ricerca del consenso degli italiani al regime, mediante la pratica
turistica, viene delegata ai compiti propri dell’Opera nazionale dopolavoro (Ond).
La direzione generale del turismo: le funzioni del Commissariato vengono dunque trasferite da una
Direzione generale del turismo che ha il compito di sovrintendere ogni forma di attività e di servizio turistico
fino alla caduta del regime fascista. Il programma della nuova Direzione si presenta in chiara
sovrapposizione con gli scopi e le finalità dell’Enit, al quale vengono dunque sottratti potere e autonomia, e
che viene ridotto ad un organo esecutivo. Invece, per quanto riguarda le Aziende, definite troppo autonome,
alleate dei podestà e ostaggio degli interessi locali, vengono ricondotte alle direttive centrali. Poiché la loro
distribuzione disomogenea sul territorio nazionale non garantisce al governo un’uniformità d’intenti e di
operato, nel 1935 Suvich riprende il suo progetto inattuato del 1932, di istituire dei comitati provinciali del
turismo, e chiede ai prefetti di organizzarli e presiederli. I nuovi Enti provinciali del turismo (Ept) avranno
sede presso i Consigli provinciali dell’economia corporativa ma saranno sottoposti direttamente alla
Direzione generale del turismo. A partire dal 1936 il governo centrale dispone così di una rete amministrativa
per il governo del turismo su base provinciale. Compito degli Ept sono il coordinamento delle Aziende
autonome e delle associazioni turistiche, la disciplina delle manifestazioni e della propaganda, lo studio dei
problemi turistici provinciali, ovviamente sempre secondo le direttive del governo centrale.
Non a tutti è ancora chiaro che i provvedimenti di Mussolini mirano invece a costruire un sistema turistico
nazionale incentrato su uno stretto rapporto centro-periferia, indispensabile non solo per predisporre una
propaganda che promuova il paese e il regime, ma anche il passaggio del turismo italiano da una
partecipazione elitaria a una ben più vasta, popolare e fascista.

4. Turismo e italianità
Partecipare: Gli effetti della crisi del 1929 portano a una generale contrazione del movimento turistico
internazionale; gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito, che più avevano alimentato i flussi turistici verso
l’Italia, creano barriere protettive e intensificano la propaganda per il turismo interno.
Secondo le linee programmatiche dettate da Fulvio Suvich, la diffusione della pratica del turismo tra la
popolazione italiana deve essere incoraggiata direttamente dal Partito nazionale fascista. La diffusione del
turismo tra i giovani è affidata all’Opera nazionale balilla, procede inoltre alla costruzione di Case della
gioventù italiana del Littorio, funzionanti come ostelli. L’organizzazione del turismo degli adulti è invece
assegnata all’Opera nazionale dopolavoro, un’organizzazione con scopi ricreativi introdotta inizialmente da
Costanzo Ciano per i dipendenti del suo ministero delle Comunicazioni e successivamente estesa a tutti i
lavoratori.
L’organizzazione diviene subito capillare anche perché assorbe in modi diversi le attività di tutte le forme
associative sorte in età liberale. Anche gli organi a stampa di tali associazioni vengono controllati, spenti o
assorbiti.
Fondamentale è l’uso del treno come mezzo di trasporto. Per iniziativa di Costanzo Ciano, vengono attivati i
treni popolari, che effettuano corse speciali a prezzi bassi.
Il programma di visite, raduni ed escursioni rispetta anche il calendario annuale di festeggiamenti nazionali
predisposto dal regime. Le escursioni di massa colpiscono favorevolmente i partecipanti con la
dimostrazione di una solidarietà fraterna tra tutti i dopolavoristi. Il Dopolavoro è infatti un’istituzione
mediatrice, che appare come un servizio di assistenza sociale del capitalismo avanzato, che sostiene un
settore bisognoso della popolazione, distribuendo verso il basso i vantaggi di una società che sta andando
verso i consumi si massa. Anche i pellegrinaggi a luoghi di culto cattolico, importanti centri di devozione
popolare, divengono meta delle gite del Dopolavoro. Nel 1934 nasce l’Opera romana pellegrinaggi con lo
scopo di fornire assistenza a coloro che intendono mettersi in cammino verso i principali santuari in Italia e
all’estero (i cui sviluppo saranno meglio visibili dopo il secondo conflitto mondiale).
L’Italia turistica del fascismo: Al generico programma di bonifica turistica lanciato a metà anni venti, fa
seguito una riorganizzazione dell’offerta esistente, secondo una diversificazione che sia capace di rispondere
tanto alla domanda internazionale quanto a quella interna. Viene prestata attenzione alle località già note a
livello internazionale (esempio Salsomaggiore, Lido di Venezia). A questo fa seguito la creazione di località
sulle Alpi di nuova concezione; poi viene curata l’organizzazione di una ricettività nei possedimenti
d’oltremare per motivi funzionali, ma anche propagandistici; viene fatto uno sforzo di adeguamento
dell’offerta di destinazioni su scala provinciale e regionale alla domanda dopolavoristica sostenuta dalla
Stato.
Nel 1930 il senatore Giovanni Agnelli e il figlio Edoardo danno vita alla Società incremento del Sestriere. Ai
primi del Novecento, al Sestriere vive solo una famiglia di cantonieri stradali. Questi avviano la costruzione
del Baraccone, un alberghetto di venti camere con ristorante. Nel 1929 la struttura viene ampliata. È su
questa iniziativa che si innesta il progetto degli Agnelli. Sestriere inaugura una seconda generazione di
località alpine progettate e costruite dal nulla. Sestriere infatti è costruita per essere una stazione invernale
capace di attirare, per la modernità e la classe delle sue strutture, una clientela internazionale di alto livello e
che, per la sua vicinanza a Torino e la facilità delle comunicazioni, è raggiungibile anche dai ceti medi e
popolari. Nel corso degli anni Trenta vengono impiantate 4 funivie. La politica promozionale aggiunge
grandi competizioni di sport invernali.
Il fascismo definisce grandiosa l’iniziativa di Agnelli, che ha dotato il Piemonte di un moderno centro
turistico.
Fra tutte le città della penisola l’attenzione del regime si concentra su Roma.
Sempre più intensi gli scambi tra Germania e Italia. Prima degli anni trenta i nazionalsocialisti tedeschi
organizzarono veri e propri viaggi di studio per valutare le conquiste del fascismo. Con Hitler al potere, lo
scambio turistico tra i due paesi s’intensifica ulteriormente. Non sono solo i dirigenti a viaggiare, ma anche
ricercatori, studenti, funzionari statali, impiegati e operai le cui visite sono occasioni per azioni
propagandistiche. Hitler fonda la Kraft durch Freude (KdF), letteralmente la “forza mediante la gioia),
un’organizzazione simile al Dopolavoro italiano.
A partire dal 1937 ogni sforzo converge nell’allestimento dell’Esposizione mondiale, la cui organizzazione è
fissata a Roma per il 21 aprile 1942. È dalla Direzione generale del turismo che si cerca di lanciare le
campagne promozionali dell’evento, di organizzare il movimento turistico e di mettere in condizioni il paese
di ospitarlo. Si cerca in particolare, anche su pressione dell’Enit, di stringere accordi con la Wagons-Lits –
Cook. La Direzione generale avvia anche contatti con operatori privati. L’esposizione vuole essere
l’occasione per mostrare al mondo i progressi compiuti dal regime anche nelle province. Qui si presentano
difficoltà maggiori. Con l’istituzione degli Ept lo stato dispone di un canale non solo operativo, ma anche
informatico delle reali condizioni del turismo nelle province. Alla fine degli anni trenta giungono al governo
centrale le denunce delle criticità prodotte dagli effetti della crisi economia, dalle dinamiche attivate in
periferia da un decennio di riforme istituzionali non comprese appieno e dall’inedito e talora artificiale
movimento di viaggiatori creato dal Dopolavoro. La debolezza più evidente è la carenza, in certe località, di
un’offerta alberghiera (il comparto dell’ospitalità ha ricevuto rarissimi interventi dello stato). Per favorire la
costrizione di nuovi alberghi lo stato si limita a stabilire qualche esenzione fiscale e a decretare il vincolo di
destinazione.
Solo nel 1937 si procede alla riclassificazione delle strutture, operazione condotta con l’aiuto degli Ept.
Nel 1939 la Direzione generale del turismo, collocata presso il Minculpop, propone allora al governo
l’istituzione di un ente che curi l’incremento del patrimonio alberghiero del paese, provvedendo direttamente
alla costruzione di nuove strutture laddove i privati non trovino conveniente investire. Nasce un
compromesso ovvero l’istituzione dell’Ente nazionale industrie turistiche e alberghiere (Enitea). Ma mentre
si valuta che la dotazione dell’Enitea è del tutto insufficiente, giunge la guerra a vanificare qualsiasi progetto.
Nel frattempo occorre lavorare di progetto perché le attrezzature turistiche devono anticipare i flussi e non
assecondarli. Si auspica dunque una manutenzione minuta e ordinaria di strutture e centri turistici per essere
pronti a guerra finita. Nel 1941, a movimento turistico in stasi, si pone il problema dei provvedimenti che gli
Ept dovrebbero adottare per salvaguardare l’industria alberghiera. Fino al 1943 (anno del crollo del regime),
il ministero non vuole che l’attrezzatura ricettiva vada distrutta, compromettendo così il futuro turistico della
nazione.

Cap. 5 L’ITALIA NEL TURISMO DI MASSA


1. Introduzione
Nella storia del turismo l’età che va dalla fine del secondo conflitto mondiale al primo decennio del XXI
secolo può essere letta come un processo continuo di propagazione del turismo nel mondo, sia come pratica
attiva sia come sistema economico. La sempre più netta articolazione tra il tempo del lavoro e il tempo libero
che si propaga nella società industriale occidentale consegna a quest’ultimo sessantennio una maggiore
incidenza del collective gaze. Ne deriva un turismo declinato sempre più nei termini di un’industria del
divertimento e del puro consumo.

2. Dalla ricostruzione alla ripresa


La ricostruzione: nel ventennio che segue la fine della guerra, l’Europa occidentale attua la ricostruzione e
rimette in moto il suo assetto produttivo. Nel 1946 si tiene a Londra il primo congresso dei rappresentanti
degli organismi nazionali di turismo, che decidono di creare un’organizzazione internazionale non
governativa che sostituisca l’Union internationale des organismes officiels de propagande touristique
(Unioopt), che era stata costituita nel 1934: nasce così l’union internationale des organismes officiels du
tourisme (Uniit), che si riunisce la prima volta nel 1947 e che nel 1951 fissa la sede a Ginevra. In virtù di ciò,
la prima commissione regionale a essere fondata è proprio quella europea: la Commission européenne du
turisme nel 1948.
Gli organismi internazionali riflettono i rapporti politici internazionali del primo dopoguerra. La chiusura dei
traffici tra paesi occidentali aderenti al Patto atlantico e quelli sottoposti all’influenza sovietica pregiudica
anche il turismo internazionale.
Gli Stati Uniti conducono in Europa un vasto piano di riorganizzazione economica e politica: nel 1947 parte
un programma di aiuti economici, l’european Recovery Program (Erp), meglio noto come piano Marshall,
che rimette subito in moto l’apparato produttivo, perché la regione deve essere rafforzata economicamente
affinché sia immune dal comunismo a livello politico. Il turismo è considerato elemento integrante della
libera circolazione delle merci, dei servizi e degli uomini. Il completamento della ricostruzione, l’aumento
dei redditi, la disponibilità di ferie retribuite, la moltiplicazione dei mezzi di trasporto e il potenziamento
delle reti stradali porteranno il turismo europeo nel corso degli anni Sessanta a raggiungere una reale
dimensione di massa.
Il crollo dell’apparato statale impone una riorganizzazione immediata. Essendo sciolto il ministero per la
Stampa e la propaganda, presso il quale era collocata la Direzione generale, il turismo viene assegnato a un
servizio della presidenza del Consiglio dei ministri.
Intanto si valutano i danni materiali. Nel 1945 la rete ferroviaria è in ginocchi. La disfatta militare ha causato
anche la paralisi completa delle linee aeree civili. Subito dopo la liberazione, le linee civili straniere
cominciano a raggiungere di nuovo l’Italia, in particolare Roma: riprendono così i rapporti internazionali.
Il 16 settembre 1946 il governo italiano fonda le Aerolinee italiane internazionali, che sono operative sulle
rotte nazionali con un’altra compagnia di proprietà statale, le Linee aeree italiane, dando così il via a
un’unica compagnia di bandiera: l’Alitalia – Linee aeree italiane.
Anche il patrimonio ha ricevuto pesanti danni dai bombardieri e numerose collezioni hanno subito furti. Gli
imprenditori privati sono i primi a rivendicare il pagamento delle indennità e gli aiuti per la ricostruzione. In
base agli accordi siglati nell’armistizio, il pagamento delle indennità spetta al governo italiano, ma già nel
944 il ministro del Tesoro, Marcello Soleri (1882-1945), giunge a un accordo con l’armata angloamericana:
le spese pagate mensilmente a ciascun albergo dal comando del genio militare, mentre i ristoranti
riceveranno un’indennità per ciascun pasto consumato dalle truppe alleate, secondo la categoria.
Pur nell’urgenza posta dalle rovine della guerra e dai bisogni materiali della popolazione, nell’opinione
pubblica è condivisa l’idea che sia necessario dare attenzione al turismo, perché rappresenta una delle
maggiori risorse del paese.
Nella pratica, però, la ripresa del movimento turistico si scontra con una serie di difficoltà: si teme che gli
stranieri possano asportare merce dall’Italia a fini speculativi, acquistando con una voluta più forte; il
sistema ferroviario è arretrato e, volendo viaggiare in auto, il carburante è ancora merce da borsa nera; i
controlli alle dogane sono eseguiti con i sistemi caporaleschi del passato.
Gli appelli al governo provengono proprio dalle località che conoscono i primi segnali di ripresa, come per
esempio la Riviera Ligure e la Toscana. Le proposte formulate in Liguria e in Toscana sono riprese nel
maggio del 1947 a Genova, dove si tenne il primo Congresso nazionale del turismo. Ogni singolo aspetto del
fenomeno è posto e discusso: la sua funzione sociale, morale, culturale ed economica; il ruolo del patrimonio
turistico e la sua valorizzazione; l’ordinamento amministrativo; le comunicazioni e i trasporti; la gestione
delle spiagge e degli arenili; problema del gioco d’azzardo; i problemi valutari e bancari; la propaganda e
l’intermediazione; l’istruzione professionale; il termalismo; il contesto europeo. Mentre a Roma le richieste
sono poche e chiare: che si costituisca un organo centrale di governo, che l’Enit ritrovi una sua fisionomia
autonoma, che autonome ritornino le associazioni e che l’ordinamento amministrativo sia snellito.
Qualche mese dopo, accogliendo sollecitazioni dell’incontro di Genova, il governo, guidato da Alcide De
Gasperi (1881-1954), istituisce il Commissariato per il turismo, posto alle dirette dipendenze della
presidenza del Consiglio e retto da un commissario nominato con decreto del capo dello Stato su proposta
del capo del governo. L’Enit diviene organo esecutivo del nuovo Commissariato e riprende la sua attività.
Intanto l’Assemblea costituente ha completato i suoi lavori e nella discussione in Parlamento il turismo è
tratto solo marginalmente, nell’ambito dell’analisi degli art. 36 (il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e
a ferie annuali retribuite) e 117 (riguarda le competenze da attribuire alle regioni, tra le quali vengono inseriti
il turismo e l’industria alberghiera): su questi presupposti, il governo repubblicano del dopoguerra, per scelta
deliberata, non entra ne turismo e si limita a coordinare, tutelare e finanziare le attività e gli enti a esso
preposti.
Il primo impegno è la ricostruzione: Nel 1948 viene ricostruita la Sezione autonoma per il credito
alberghiero e turistico (Sacat) presso la Banca nazionale del lavoro, anche se un decreto del 1946 toglie alla
banca il monopolio voluto da Benito Mussolini e consente anche ad altri istituti di effettuare operazioni di
credito alberghiero e turistico. La ripresa prende realmente il via solo nel 1949, quando, nell’ambito del
piano Marshall, viene assegnato un contributo al settore turistico-alberghiero. L’esiguità dell’assegnazione è
prova delle scelte operate a favore dell’industrializzazione del paese e non certo alla sua valorizzazione
turistica. Inizialmente i contributi sono destinati alle strutture alberghiere di categoria più alta perché
considerate più redditizie.
Alla ricostruzione materiale si accompagna quella morale. Tutto il mondo dell’associazionismo riprende la
sua attività: il Touring club italiano riparte con l’impegno di ricostruire il proprio corpo sociale. La sua
attenzione è rivolta in particolare a educare i giovani alla conoscenza del paese mediante lo studio e il
viaggio e a sollecitare il governo ad accelerare la ricostruzione delle infrastrutture per consentire il rilancio
del turismo.
Ritorno in Italia: Il turismo in Italia riparte già nel 1946. I primi turisti sono militari alleati di stanza in
Germania, che a turno e in pullman vengono condotti in licenza in Italia. A questi seguono i parenti caduti in
guerra, e poi i reduci. Seguono poi turisti francese e austriaci, ma i flussi più consistenti sono quelli
americani e tedeschi. Venezia, Milano, Firenze, Roma e Napoli rappresentano le destinazioni più desiderate,
essendo, tra l’altro, quelle sulle quali la propaganda del regime fascista tra le due guerre ha più insistito e
investito. È questa una stagione breve e intensa che offre un’opportunità di rilancio a una società come la
Ciga, specializzata nell’ospitalità di lusso. Già nel 1947 aumenta il suo capitale e a Venezia trasforma
l’antica residenza del doge Gritti in un albergo di lusso. Nel 1959 acquista due alberghi di classe a Firenze: il
Grand Hotel e l’Hotel Excelsior. Ma questo trend positivo per l’ospitalità di lusso duro solo fino ai primi anni
Sessanta. Le strutture della Ciga sono adatte a ospitare solo il jet set internazionale del momento. Sulle
frontiere italiane cominciano invece a premere visitatori di tono minore ma in numero sicuramente maggiore.
La società europea nordoccidentale riprende infatti a fare vacanza con notevole rapidità.
La ripresa del turismo in Europa: Il turismo europeo del dopoguerra eredita l’esperienza della
democratizzazione degli anni Trenta. Sulle coste nordeuropee già sulla fine degli anni Trenta (a seguito
dell’istituzione delle ferie retribuite) una prima partecipazione di famiglie operaie è stata coordinata dai
sindacati o dai dopolavoro promossi dalle industrie. La guerra ha interrotto queste forme di organizzazione
e, in attesa che si ragioni in termini di gruppi turistici e di tour operator, molti vacanzieri fanno da soli (ad
esempio usano la bicicletta per raggiungere spazi periferici o a ridosso delle località già note e qui piantano
tende in piena libertà. questa pratica si diffonde ancora di più grazie ai motocicli e inaugura una sorta di
nomadismo. Sorgono così i primi campeggi.
Tuttavia già nel corso degli anni Cinquanta l’aumento del benessere economico produce un corrispondente
aumento di domanda di spiaggia, di mare e di sole. Il settore privato ricomincia così a gestire il movimento e
da questo momento il fattore prezzi diviene un elemento centrale dell’intero sistema turistico.
Per tutti gli anni Cinquanta in Europa si parte soprattutto in pullman; questo mezzo offre la possibilità di
visitare il continente e di godere del Mediterraneo a persone che non hanno la stessa disponibilità economica
e la stessa attitudine al viaggio dei segmenti sociali più alti.
Dalla Germania i flussi sono diretti soprattutto in Austria, sulle Alpi, verso il mare del Nord e il mar Baltico,
ma già a partire dalla metà degli anni Cinquanta i tour operator tedeschi propongono anche l’Italia. La
Germania del dopoguerra eredita un immaginario dell’Italia antico e articolato. Dall’Ottocento romantico
essa rappresenta la classicità, l’arcadia, un paese ideale, sogno di una vita in armonia con la natura, semplice
e primitiva, luogo della gioia di vivere e della libertà dei sensi.
Sull’Adriatico i flussi di turisti d’oltralpe trovano accoglienza presso strutture sostanzialmente già pronte,
allestite nei decenni precedenti per il turismo interno. Dopo qualche anno gli arrivi in pullman si aggiungono
quelli in aereo, grazie alla possibilità di utilizzare l’aeroporto di Miramare, costruito tra le due guerre e
militarizzato durante il conflitto. Nel 1962 le Aziende di soggiorno di Rimini, Cattolica, Bellaria e Riccione,
la Camera di commercio e l’Ept di Forlì costituiscono una società per gestire l’attività aeroportuale e per lo
sviluppo del traffico aereo.
Tuttavia per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta gli stranieri che arrivano in Italia in aereo sono una
percentuale minima.
Ai flussi stranieri si combinano quelli interni. Anche in Italia operatori e agenzie si organizzano a partire
dalle città del nord. A Torino, nel 1953 apre l’agenzia di viaggi e turismo Franco Rosso. Dalla città
piemontese i primi pullman sono diretti verso la Riviera ligure, le Alpi, la Sacra di San Michele; brevi tour
della Svizzera o delle più importati città italiane. I pullman sono spesso noleggiati dalle aziende di trasporto
che hanno concessioni di linee pubbliche. Per riuscire a riempirli gli operatori devono stringere accordi con
le associazioni dopolavoristiche, i Circoli ricreativi aziendali dei lavoratori (Cral). Questi ultimi riescono a
essere subito operativi sulla base dell’esperienza del Dopolavoro fascista e in molti casi si appoggiano a
strutture ricettive predisposte tra le due guerre, in alcuni casi di proprietà delle stesse aziende.
Il cosiddetto turismo scoiale è un fenomeno raro e si diffonderà con caratteri peculiari solo dagli ultimi anni
Novanta. Il turismo sociale è una categoria che diviene subito oggetto di un dibattito alimentato dagli effetti
dell’esplosione di queste più o meno nuove forme di turismo, libero o organizzato in colonie, in camping, in
villaggi turistici, in alberghi della gioventù. Esso nasce dall’esigenza avvertita dai poteri pubblici, ma anche
da gruppi privati, di fare in modo che anche i cittadini con limitata disponibilità economica e i segmenti più
deboli, come donne, anziani e giovani, possano accedere alla vacanza e viaggiare. Il turismo in questo caso si
trasforma in servizio sociale e la spesa viene sostenuta in parte o internamente dalla collettività.
Verso il sud: In Italia tra gli imprenditori, i professionisti e i quadri dirigenti provenienti dalle città industriali
del nord si avverte la spinta per un contatto con la natura più diretto e il desiderio di vacanze più defilate. Il
nuovo senso di libertà si combina alla necessità di recuperare lo stress dell’impegno lavorativo, richiesto dal
ritmo frenetico di ricostruzione del paese.
Già nei primi anni Cinquanta riprende la domanda di imbarcazioni da diporto. La ripresa del diportismo è
accelerata anche dall’introduzione di nuovi materiali e motori.
Contemporaneamente le piccole isole di Pantelleria, Ustica, Ventotene, le Tremiti, le Eolie cominciano a
liberarsi dell’immaginario di isolamento.
Negli anni Cinquanta i continentali e gli stranieri scoprono Alghero, proprio per la semplicità della sua
offerta e per il valore naturalistico del suo territorio. Si sviluppa così la prima vera attrezzatura ricettiva; nel
1950 apre un primo piccolo albergo, al quale seguono altri.
Nella generale accelerazione dell’economia, il sud Italia si allontana ancora di più dalle aree urbane e
industriali europee: negli anni Cinquanta riprende l’emigrazione, stavolta verso le aree del nord Italia e la
Germania, il Belgio e la Svizzera. L’urgenza di un intervento straordinario nelle regioni meridionali diviene
subito una proposta politica. Tra il 1949 e il 1950, il governatore della Banca d’Italia contratta con la Banca
mondiale l’erogazione di prestiti per l’attuazione di un organico piano di sviluppo del sud Italia.
Nel 1950 è istituita la Cassa del Mezzogiorno, destinata a sostenere investimenti nelle regioni meridionali. A
questa si aggiunge un fondo di rotazione istituito con la legge 691/1955 che consente al Commissariato per il
turismo di concedere prestiti a tassi inferiori a quelli di mercato.
Fiat, Montecatini, Pirelli, altre imprese italiane localizzate a nord e le principali banche italiane aderiscono ai
programmi di sviluppo predisposti dal governo, che nel sud punta a realizzare soprattutto infrastrutture. Oltre
a godere di agevolazioni fiscali, gli imprenditori che intendono investire nelle regioni meridionali sono
incoraggiati e appoggiati da mediazioni politiche. Ben presto, infatti, il controllo della spesa è sottratto al
Parlamento e gestito dallo spazio politico, che se si rivelerà fondamentale per penetrare in certi tessuti
comunitari, in molti casi sarà portatore di clientelismo e corruzione.
È così che nel 1953 la famiglia di industriali piemontesi Rivetti si innesta in Basilicata, a Maratea, realtà
difficile poiché la località ha rotto il suo isolamento di territorio demaniale solo nel 1895 quando è stata
aperta la ferrovia Battipaglia-Reggio Calabria. Negli anni Trenta è però entrata in crisi profonda, dovuta al
blocco dell’immigrazione sancito dagli Stati Uniti nel 1924 e dalla fine dell’esportazione sui mercati
americani del cedro. Finita la guerra l’emigrazione riprende subito, stavolta verso il nord.
L’arrivo dell’industria si rivela ben presto un fallimento. Stefano Rivetti progetta un vero e proprio lancio
turistico del paesino lucano. Nel 1961 costituisce il Consorzio per il nucleo di sviluppo industriale del Golfo
di Policastro, con un programma di ampliamento delle vie di comunicazione esistenti e immaginando il
collegamento di Maratea con l’Autostrada del Sole. Progetta, e in parte realizza, un complesso sportivo con
piscine, campi da golf e da tennis; prevede la costruzione di un porto diportistico che sia tappa per le crociere
che dalle già famose località del golfo di Napoli (Sorrento, Capri e Ischia) navigano verso le Eolie.
L’esperienza di Rivetti si esaurisce a metà degli anni Sessanta: alle forti pressioni della sinistra locale, che
denuncia l’impunità dei danni arrecati all’ambiente dagli scarichi industriali delle fabbriche, si aggiunge la
denuncia di un vasto clientelismo condotto dagli esponenti politici della Democrazia cristiana, tra i quali il
ministro Emilio Colombo, originario di Potenza, che qui ha il collegio elettorale.
Le regioni meridionali per tutti gli anni Cinquanta non sono in condizioni di rispondere alla domanda di sole
e mare espressa dalle società nordeuropee.

3. La massificazione nel Mediterraneo


Il turismo delle cinque S: Sea, sun, sand, sex e spirit (mare, sole, sabbia, sesso e alcol). Su questa
combinazione è stato costruito l’immaginario della vacanza al mare ne dopoguerra, avente come scenario la
spiaggia, concepita come paradiso, luogo ideale al quale le spiagge reali del Mediterraneo rapidamente si
adeguano. Dal Pacifico meridionale e dalle spiagge tropicali proviene l’idea di spiaggia come paradiso
(esempio Hawaii). Tuttavia la cultura elaborata dagli americani nelle isole del Pacifico resta forte e giunge
nel dopoguerra anche in Europa, tanto da far parlare di polinesificazione della vita da spiaggia anche sul
Mediterraneo. Facendo leva su questo immaginario, tour operator inglesi, tedeschi, scandinavi, olandesi
operano secondo un modello sostanzialmente standardizzato grazie al quale riescono a costruire un’industria
della vacanza che assumerà dimensioni colossali.
Nel corso degni anni Sessanta la crescita massiccia di comanda di turismo balneare porta alla nascita di vere
e proprie città di vacanza (esempio Bibbione e il Lido di Jesolo).
La costa adriatica che va da Grado in Friuli-Venezia Giulia ad Ancona nelle Marche offre 380 km di turismo
balneare. Se il Lido di Venezia e Lignano Sabbiadoro sono mondane, Grado e Bibbione accolgono famiglie
con bambini, Jesolo e Riccione offrono attrazioni ludiche. Sulle coste romagnole inizia l’offerta di
divertimenti. Aprono gli acquari che propongono esibizioni di delfini come a Riccione e a Cesenatico e sul
modello del californiano Disneyland aperto nel 1955, nel 1966 viene inaugurato Fiabilandia di Rimini. Negli
anni Settanta nuove attrazioni con visibili connotati di stampo americano saranno invece dedicate agli adulti,
come per esempio le grandi discoteche, che piano piano sostituiscono le tradizionali sale da ballo. Ma la
domanda comincia ad essere anche più articolata. Non tutti i tedeschi cercano in Italia le cinque S, bensì
anche relazioni, cultura e ambiente. questi flussi minori aprono la strada a nuove pratiche turistiche e
soprattutto contribuiscono a ricordare al mercato che la geografia turistica dell’Italia non si riduce alla linea
costiera. Intanto la domanda delle cinque S si espande a tutto il Mediterraneo.
In Spagna ad esempio nel 1959 esce dal suo isolamento economico. Il generale Francisco Franco attua infatti
il cosiddetto piano di stabilizzazione che segna la fine dell’autarchia. Lo Stato investe nelle comunicazioni
per assicurare l’accessibilità e soprattutto agevola i trasporti aerei. Applicando la più ampia liberalizzazione,
la Spagna attira ingenti quantità di capitale straniero, offendo agli investitori le migliori condizioni per poter
disporre dei propri capitali. Parallelamente si bloccano i prezzi dal 1955 al 1958, rendendo ancora più
conveniente il soggiorno in Spagna. Questa politica di aperto sostegno agli investitori agevola ovviamente lo
sviluppo del turismo di massa. Il processo è guidato da tour operator stranieri i quali contrattano con le
autorità spagnole i luoghi e le dimensioni degli investimenti, che risultano ovviamente concentrati. Si
sviluppano così le Canarie e le Baleari.
Sulla Costa del Sol la provenienza degli investimenti risulta più diversificata e anche il capitale spagnolo
svolge un ruolo di primo piano. La linea costiera viene radicalmente trasformata dalla costruzione di grandi
alberghi, dedicati al segmento medio basso della domanda. Non solo la Spagna fa concorrenza all’Italia.
Anche Tito (1892-1980), a capo della Repubblica jugoslava (dopo aver dichiarato di voler adottare una linea
politica estera indipendente da quella dell’Unione Sovietica) nel 1950 apre il paese al turismo. Il governo
promuove la costruzione di alberghi e di strade. Nel 1956 lancia una campagna promozionale in cui propone
all’Europa occidentale la Jugoslavia come alternativa all’Italia e alla Spagna e come destinazione ideale per
la caccia e la pesca e per soggiorni invernali in centri di cura. Il punto di forza dell’offerta turistica jugoslava
è il livello estremamente basso dei prezzi. Non mancano i disagi provocati dall’incapacità del paese di
rispondere adeguatamente a flussi che aumentano troppo velocemente (domanda tre volte superiore
all’offerta).
Gli anni Sessanta vedono dunque Francia e Italia impegnate a comprendere il successo di Spagna e
Jugoslavia e a tentare di controllarne l’ascesa. Per loro è urgente adeguare il patrimonio di strutture e servizi,
perché i nuovi competitori vantano nella loro comunicazione promozionale proprio la qualità e la modernità
delle loro strutture e la freschezza del loro turismo.
Turismo in Italia negli anni Sessanta: Anche in Italia nel giro di pochissimi anni il numero degli italiani in
vacanza raddoppia (1960 à 5 milioni e mezzo; 1965 à 11 milioni). Agevola gli spostamenti la politica di
potenziamento della rete stradale nazionale in particolare di quella autostradale. Nel 1958 è stato inaugurato
il tratto Milano-Parma; nel 1960 Bologna-Firenze; nel 1962 Roma-Napoli;1964 Autostrada del Sole, Milano
a Napoli. La motorizzazione di massa è ovviamente contemporanea. La Fiat aumenta in modo esponenziale
la sua produzione di autovetture. L’autostrada accorcia i tempi di collegamento, abbassa i prezzi delle merci
e si rivela un’opera importante anche per il turismo. Autostrade e automobili consentono a italiani e stranieri
anche di spingersi sempre più a sud, ma per tutti gli anni Sessanta l’Italia turistica si ferma ancora prima del
Gargano.
L’aumento del numero degli italiani in vacanza è sicuramente l’esito del rilancio dell’assetto industriale del
paese, che produce un mutamento nella distribuzione dell’occupazione nei diversi settori produttivi. Tra gli
anni Cinquanta e Sessanta diminuiscono gli addetti all’agricoltura, aumentano gli occupanti nell’industria,
ma soprattutto aumentano gli addetti ai servizi (commercianti, impiegati e inseganti) e rappresentano uno
spazio sociale più consistente, nel quale matura una più consapevole e meno occasionale pratica turistica.
Infatti dai primi anni Sessanta un numero crescente di italiani comincia anche a recarsi all’estero. per
rispondere a questa prima domanda, il Touring club italiano inaugura una collana dedicata alle guide
d’Europa, il cui ordine di pubblicazione riflette proprio l’ordine con cui queste mete interessano gli italiani
(Svizzera, Parigi, Francia, Austria, Spagna e Portogallo, Londra, Benelux, Germania e Berlino, Jugoslavia,
Gran Bretagna e Irlanda, Bulgaria e Romania, Cecoslovacchia, Ungheria, Mosca e Leningrado).
Il ministero del Turismo: In Italia le pressioni della domanda estera e le trasformazioni del turismo nazionali,
fenomeni entrambi prodotti dalla velocità della ripresa economica dell’Europa occidentale, sono stati
governati attraverso il Commissariato per il turismo, istituito nel 1947. È il Commissariato che ha gestito i
fondi Erp, che ha lavorato alla ricostruzione dell’apparata ricettivo e che ha riattivato l’organizzazione
periferica, vale a dire Aziende ed Ept, tutelando questi ultimi dall’eccessiva politicizzazione. Sono proprio
questi enti pubblici periferici a operare concretamente nella ripresa del turismo del dopoguerra, grazie a una
certa autonomia funzionale resa possibile sa una relativa autonomia finanziaria. Gli Ept, continuano a essere
sostenuti da contributi dovuti per legge da vari enti locali. Questo sistema di finanziamento è stato
conservato e nel corso degli anni Cinquanta ha creato situazioni paradossali: nelle provincie a forte densità
produttiva e industriale e quindi con minore attività turistica, gli Ept sono ricchissimi. All’opposto le località
del sud, bisognose di risorse per interventi di valorizzazione, hanno invece risorse irrisorie.
Nel 1958 lo Stato cerca di correggere: gli Ept non riceveranno più finanziamenti locali, ma contributi dal
Commissariato. In tal modo gli Ept dipenderanno in misura maggiore dalla Stato centrale.
Per tutti gli anni cinquanta è evidente che si è proceduto in maniera disordinata rispetto alle linee tracciate
dalla Costituzione, che aveva assegnato al livello centrale i compiti di coordinamento, vigilanza e
incentivazione e al libello locale quelli di promozione e sviluppo.
Ricorre la richiesta di istituire un ministero del Turismo, ma la proposta viene discussa e approvata in
Parlamento solo nel 1959. È il senatore Umberto Tupini (1889-1973), democristiano, a esplorare, nell’ambito
del secondo governo monocolore di Antonio Segni, la possibilità di un ministero che si occupi del turismo
(ma anche dello spettacolo e soprattutto dello sporti, visto che le Olimpiadi del 1960 sono state assegnate a
Roma). Umberto Tupini, primo ministro al Turismo e allo Spettacolo mette mano alla riorganizzazione del
settore mediante quattro testi normativi che mirano a realizzare una politica di crescente accentramento.
L’Enit diviene Ente nazionale italiano del turismo e dovrà solo occuparsi della promozione del turismo
all’estero seguendo direttive impartite dal ministero. Anche le Aziende autonome sono riordinate e cureranno
l’incremento e lo sviluppo del turismo nelle località, da perseguire anche attraverso iniziative di
valorizzazione del territorio, ma restano comunque enti vigilanti dal ministero, al quale spetta anche il
riconoscimento di nuove località. Anche gli Ept vengono riordinati; definiti i principali organismi pubblici
periferici, sovrintenderanno a tutte le attività turistiche nell’ambito provinciale; si accentua quindi la loro
natura di uffici periferici dell’amministrazione centrale, tanto che la stessa composizione degli organi
direttivi è determinata per lo più dal ministero del Turismo e dal governo; saranno comunque finanziati
principalmente con contributi statali. Infine il ministero conferma il Consiglio centrale del turismo, con
funzioni consultive e di studio. In sostanza il ministero finisce per assumere addirittura le funzioni di
amministrazione diretta che, invece, secondo il dettato costituzionale, dovrebbero essere esercitate dalle
istituende regioni.
Nonostante l’impegno nel riassetto istituzionale e la scelta della sua centralizzazione, i governi che reggono
il paese dal dopoguerra mostrano poco interesse per il turismo. Non a caso già nel 1961 l’Italia turistica dà
un segno di cedimento, allorché i flussi tedeschi diminuiscono, per la prima volta dal dopoguerra. Dalle
analisi si scopre che l’Italia è considerata un paese chiassoso e rumoroso, dove il traffico automobilistico è
parossistico e dove il turista viene il più delle volte aggirato e frodato in particolare sui prezzi, sempre più
alti. Nella Repubblica federale e in Austria continue campagne stampa scoraggiano i viaggi in Italia. L’Italia
è abituata a considerare le invasioni estive in continuo aumento come un fenomeno naturale. La reazione
italiana è l’intervento ad opera di Achille Corona, socialista, ministro del Turismo e dello spettacolo dal
1964, nel governo di centrosinistra del democristiano Aldo Moro. Corona ritiene che debba essere
abbandonata l’idea di un turismo affidato alla spontaneità e al fatalistico affidamento ai motivi naturali di
richiamo dell’Italia. Se il turismo non è più una spesa voluttuaria ma un bisogno della società moderna,
allora è necessario considerarlo una vera e propria industria e come tale farlo oggetto di una programmazione
che contempli tutti i vari aspetti (propaganda, attrezzature, ricerche di mercato, coordinamento degli
interventi, enti pubblici e provati operatori).
Prima di tutto il turismo deve essere un criterio di scelta non solo del ministero ma di tutte le amministrazioni
dello Stato. Corona propone la realizzazione di tronchi stradali e autostradali che portino agevolmente ai
confini; chiede lo snellimento dei controlli doganali, il potenziamento dei trasporti ferroviari, aerei e
marittimi con speciale riguardo ai servizi aeroportuali anche in rapporto allo sviluppo dei voli charter;
l’aumento dei controlli igienici, l’allungamento degli orari di apertura ai musei, il miglioramento dei servizi
postali. Che si affronti il problema dei porti turistici e dell’inquinamento delle acque marine, rendendo
obbligatorio l’impianto sulle navi di apparecchi che neutralizzano chimicamente i prodotti oleosi e
installando speciali reti protettive in prossimità delle spiagge; che si proceda alla liberalizzazione delle isole
ancora destinate a sede di penitenziari. Infine, spinge l’Anas a uniformare la cartellonistica stradale. Sul
piano amministrativo Corona sensibilizza i comuni, ritenendoli elementi indispensabili per l’armonizzazione
degli interventi del livello centrale e di quello locale. Sollecita infatti l’Associazione nazionale comuni
d’Italia (Anci), a mettere in contatto i comuni con gli Ept e le amministrazioni provinciali, in modo da
costituire una rete sul territorio.
Quanto al settore privato, il ministero insiste su una serie di interventi: l’ammodernamento delle strutture e
dei servizi igienici; la pubblicità dei prezzi in tutti i settori; l’introduzione del menù a prezzo fisso; la lotta
contro i rumori.
Lo Stato resta impegnato, secondo il ministro Corona, anche nello sviluppo turistico del sud. Il sud e le isole
hanno un patrimonio di attrattive artistiche, paesistiche, naturali e culturali per cui ben potrebbero
rappresentare quella seconda Italia turistica di cui sente il bisogno. La proposta socialista è che la Cassa passi
a incentivare investimenti in zone di possibile sviluppo. Nell’ambito della politica del centrosinistra tesa a
correggere lo sviluppo disordinato e a inquadrarlo in uno sviluppo programmato, lo Stato si fa dunque
promotore di alcune leggi di incentivazione destinate indubbiamente a segnare lo sviluppo della ricettività in
Italia. Tuttavia il turismo trova nella legge di attuazione del piano programmatico nazionale solo un pallido
accenno.
La legge di intervento arriva del 1967 e ripartisce il territorio nazionale in aree a sviluppo turistico intenso, in
fase di sviluppo e da valorizzare. Ai territori che già conoscono il turismo viene dedicato un intervento
ordinario, mentre su quelli da valorizzare si concentra la legge 717/1965 concepita come intervento
straordinario. Quest’ultima si rivela necessari a sud, perché il riordino dell’assetto istituzionale e dunque
degli Ept nel 1960 ne ha ampliato sicuramente i poteri di intervento, tuttavia essi non hanno base finanziaria
se non c’è movimento turistico nella provincia, e questo ovviamente crea difficoltà soprattutto nelle
provincie meridionali. Alla legge 717/1965 fa seguito il Piano di coordinamento degli interventi pubblici nel
Mezzogiorno (1966) che mira a concentrare gli interventi infrastrutturali e gli incentivi alberghieri in aree
territoriali omogenee, particolarmente provviste di attrattive ambientali e culturali, nonché dotate di un
minimo di servizi pubblici generali; queste aree saranno definite comprensori di sviluppo turistico e in essi si
concentrerà l’azione.
Altri interventi sono dedicati ai territori depressi e montani dell’Italia settentrionale e centrale e
all’Appennino centrosettentrionale. Con questo apparato di leggi gli operatori ricevono contributi per la
costruzione, ricostruzione, ammodernamento e miglioramento di alberghi e impianti extra-alberghieri.
Per evitare manovre speculative, le imprese ricettive che ricevono contributi finanziari vengono vincolare
alla destinazione alberghiera, vale a dire che anche in condizioni di mercato sfavorevole la destinazione degli
immobili ad alberghi deve essere mantenuta.
Gli interventi dello Stato messi in atto dal 1965 in poi consentono all’Italia di tener testa alla concorrenza di
Spagna e Jugoslavia nel corso degli anni Settanta, perché portano a adeguare la ricettività italiana agli
standard richiesti dal mercato. Cercano inoltre di orientare verso il sud i flussi interni, affinché non vadano
verso l’estero, gravando così sulla bilancia commerciale. Il ministero Corona, che opera fino al 1968, si
configura così come una stagione di impegno e un importante tentativo di programmazione per il turismo
italiano.
L’assenza di una politica del turismo, capace di andare oltre l’azione di sostegno della ricettività, porta al
deterioramento dell’organizzazione pubblica, che attende di essere regolata da una legge quadro, di cui però
non si intravede nemmeno il progetto.
Speculazione e inquinamento: L’assecondamento della domanda di turismo ha procurato all’Italia redditi
importanti ma anche danni alla natura e alla cultura. Sui paesaggi più noti al turismo, come quelli della
Riviera Ligure e del golfo di Napoli, i danni apportati da un’edilizia alimentata in modo parossistico sono
immediatamente evidenti. Proprio lo scempio del borgo di Rapallo in Liguria, trasformato in un agglomerato
informe di case, farò coniare il neologismo rapallizzazione.
Testimonianza di un disagio che è sociale, individuale e ambientale è il romanzo che Italo Cavino pubblica
nel 1957, La speculazione edilizia.
L’Ept di Napoli lancia un allarme per difendere ciò che resta delle colline di Napoli, per tutelare le pendici
del Vesuvio, per bloccare la speculazione edilizia nella penisola sorrentina, nella zona flegrea e sulle isole del
golfo.
All’avanzata del cemento si aggiunge l’inquinamento delle acque marine causato da detergenti sintetici,
rifiuti dell’industria della carta, Sali provenienti da scarichi industriali, effluenti tossici, rifiuti radioattivi. Il
Touring si spinge a denunciare che l’abuso del territorio non è solo opera dei privati, ma anche dello Stato e
nel 1963 avvia un’inchiesta dei danni arrecati al paesaggio italiano.
Una commissione d’indagine insediata dal governo nel 1964 accerta che ogni anno vengono trafugati beni
del valore dai 4 ai 6 miliardi di lire.
Nel 1967 Touring Club italiano e Italia Nostra insieme aprono a Milano la mostra “Italia da salvare”, tappa
importante nella storia dell’ambientalismo italiano. Il turismo da fattori di modernizzazione del paese rischia
di trasformarsi in un fenomeno che minaccia l’ambiente. il Touring avvia dunque campagne per scaglionare
le vacanze e non concentrale nel solo mese di agosto; per congestionare il traffico dei centri storici, per
riscoprire la bicicletta, per limitare i rumori.

4. Tra crisi e mondializzazione


L’organizzazione mondiale del turismo: Gli anni Settanta si aprono con l’istituzione dell’Organizzazione
mondiale del turismo (Omt), per trasformazione dell’Uioot. Nel 1963 le Nazioni Unite hanno promosso a
Roma una conferenza dedicata al turismo e ai viaggi internazionali, nel corso della quale hanno adottato una
seria di raccomandazioni circa la definizione dei termini visitare e turista, per la redazione delle statistiche e
la semplificazione delle formalità per i viaggi internazionali. A Roma è stata pubblicata anche una
risoluzione generale sullo sviluppo del turismo nel mondo, che va favorito mediante una cooperazione di
ordine tecnico e la tutela della libertà di movimento di uomini e donne senza alcuna forma di
discriminazione. Inoltre, una serie di convenzioni hanno teso a facilitare il traffico marittimo internazionale e
per le Nazioni Unite il 1967 è stato l’anno internazionale del turismo.
Lo scopo principale dell’Omt è promuovere e sviluppare il turismo per contribuire alla comprensione
internazionale, alla pace e alla prosperità, nel rispetto dei diritti e delle libertà umane fondamentali senza
distinzioni di razza, sesso, lingua e religione.
Primato e crisi, le contraddizioni italiane: Nel 1971 e nel 1973 la limitazione delle forniture di greggio decisa
dai paesi arabi provoca una recessione economica gravissima in tutti i paesi industrializzati, e in particolare
in Italia, priva di risorse petrolifere proprie. La crisi porta a una diminuzione degli arrivi internazionali in
tutto il Mediterraneo; nel 1974 il movimento turistico rallenta tanto che sembra fermarsi. Trasformazione non
improvvisa e non dovuta solo alla crisi petrolifera, ma a una debole tenuta dell’assetto sociale e culturale
dell’intero Occidente, già attraversato dalla contestazione giovanili del Sessantotto. La crisi arriva in Italia in
un momento in cui il paese è al primo posto al mondo per arrivi internazionali. Il paese ha già registrato
qualche perdita. Comunque l’Italia eccelle nel numero di posti da letto: è la destinazione che vanta la più
ampia offerta ricettiva in Europa. Nell’emergenza di adottare misure anticrisi, il governo vare una serie di
provvedimenti che controllano l’esportazione di valuta anche per turismo: chi acquista un viaggio all’estero è
costretto a conteggiare l’importo del pacchetto sul totale del budget che potrà portare con sé all’estero. altri
provvedimenti sono ad esempio quelli limitano la circolazione delle autovetture. Quando si scopre che tanti
divieti provocano un’immediata riduzione anche del turismo straniero i provvedimenti restrittivi sono subito
revocati.
A un’analisi nel sistema turistico emergono contraddizioni che il patrimonio ricettivo è straordinario per
dimensione, ma ha tassi di occupazione netta che non vanno oltre il 30%. La concentrazione della
stagionalità delle vacanze è eccessiva. Gli squilibri territoriali restano enormi: il sud, che rappresenta il 30%
del territorio italiano, contiene solo il 15% dell’apparato ricettivo. Sul 13% delle coste, si concentra il 70%
del patrimonio ricettivo; infine nell’Italia centrosettentrionale si concentra più dell’80% del movimento
interno e più del 90% di quello estero.
Gli effetti più immediati della crisi sono visibili ovviamente nelle regioni a più alto sviluppo turistico, come
per esempio l’Emilia-Romagna, che tra il 1968 e il 1977 conosce una vera e propria stagnazione.
La crisi rende evidenti i problemi delle regioni meridionali. Già nel 1973 Mario Staderini, capo del servizio
turismo della Cassa del Mezzogiorno, nel corso dei lavori dell’VIII Convegno sul turismo svoltosi a Crotone,
fa un bilancio della lunga e travagliata esperienza della programmazione dello sviluppo turistico del sud
partita nel 1966 con l’individuazione dei famosi “comprensori turistici”. La denuncia è chiara: l’operazione
per delimitarli è risultata disturbata dalla pressione degli interessi politici locali, che hanno portato al
riconoscimento di comprensori troppo vasti e troppo numerosi. Ma l’idea di attuare uno sviluppo
programmato del turismo nelle regioni meridionali è fallito. L’idea di programmare lo sviluppo di aree
turistiche si è scontrato con le subdole ma tenaci resistenze degli interessi connessi alla speculazione
immobiliare.
Il fallimento della programmazione pubblica consegna dunque agli anni Settanta un sud incamminato su uno
sviluppo disordinato, proprio quando sempre più vacanzieri vi si spingono. Un esempio sono le isole Eolie.
Fino al primo conflitto mondiale la popolazione dell’arcipelago siciliano è stata dedita all’agricoltura, alla
pesca e al piccolo commercio via mare. Negli anni Cinquanta l’arcipelago, sconosciuto al mercato turistico,
viene visitato dall’esploratore e vulcanologo Haroun Tazieff, che proietta in Francia e in Belgio le prima
riprese filmare di Stromboli e di Vulcano. Dalla Francia arrivano i primi tour organizzati come crociera tra i
vulcani. Tutte le isole si trovano a dover rispondere a una domanda di mercato insistente. Ma i disagi sono
immensi: l’approvvigionamento idrico è discontinuo, le comunicazioni interne, tra le isole e col continente,
sono insufficienti, l’assenza di qualificazione professionale è praticamente totale, pochissimi gli attracchi nei
porti. A Lipari la mancanza di uno strumento urbanistico ha dato il via a un aumento della cementificazione
e, in piena speculazione edilizia, risulta difficilissimo imporre sull’isola un regolamento edilizio. Si aggiunge
il problema della politica dei trasporti e delle comunicazioni. Il mancato sviluppo di compagnie italiane di
voli charter lascia le località italiane in balia delle società estere, che preferiscono puntare su destinazioni già
consolidate. La politica nazionale dei trasporti aerei penalizza soprattutto le regioni meridionali. Nel
frattempo però la Sardegna, l’isola che storicamente non ha mai realmente conosciuto il turismo, comincia a
raccogliere i frutti del più interessante e riuscito progetto di sviluppo pianificato mai realizzato in Italia. Tutto
è cominciato nel dopoguerra sulla costa nordoccidentale con l’intervento di John Ducan Miller, medico
inglese e il fratellastro di Aga Khan. Nel 1962 vengono realizzati Porto Cervo e Cala di Volpe. Il progetto di
urbanizzazione è curato da architetti di fama mondiale, che lavorano per realizzare insediamenti
perfettamente armonizzati nella natura selvaggia e incontaminata. Anche se l’intervento è oggetto di
interminabili discussioni, la Costa Smeralda indica una direzione di investimento e di sviluppo ben diversa
dalle speculazioni realizzate su altri tratti costieri. Il diportismo è parte fondamentale dell’intero progetto.
Nel giro di pochissimi anni il progetto dell’Aga Khan in Costa Smeralda rende la Sardegna la meta più
esclusiva e mondana della stagione estiva nel Mediterraneo. Il successo del suo progetto è simbolicamente
sancito nel 1985 quando il principe ismaelita acquista la Ciga, simbolo storico del turismo di lusso italiano.
Un altro spazio turistico di grande tenuta anche nella crisi sono le Alpi, che raccolgono quasi un secolo di
costante impegna nella valorizzazione e turisticizzazione della montagna. È diventata accessibile,
raggiungibile e fruibile con facilità e i flussi turistici provengono sia dai paesi esteri sia dalle autostrade.
Dagli anni Sessanta il richiamo delle cinque S altera la doppia stagionalità avviata negli anni tra le due
guerre. Ma quella invernale vede nel secondo Novecento una vera esplosione dello sport bianco e la
maturazione di centri come Courmayeur, Bormio, Madonna di Campiglio, Selva di Val Gardena, San
Martino di Castrozza, Cortina d’Ampezzo. A partire dagli anni Sessanta si creano nuclei abitativi di carattere
turistico dove in precedenza non esisteva nulla, creando così una ricettività che consente anche alla
montagna di raggiungere i numeri del turismo di massa.
Gentrification: La crisi petrolifera mette a nudo le insostenibili condizioni ambientali e di vita delle grandi
città industriali e portuali (Torino, Genova, Livorno, Napoli). L’urgenza della riconversione delle loro
economie si accompagna alla necessitò di gestire la dismissione delle aree industriali. Si prende così
coscienza della necessità di recuperare gli spazi deindustrializzati, ma anche quelli urbani. Le città industriali
vivono un processo di gentrification: i processi di rigenerazione delle città e dei territori riescono se pubblico
e provato integrano i loro sforzi. In Italia questa condizione viene raggiunta a fatica e gli interventi risultano
di lenta realizzazione e spesso occasionali.
A metà degli anni Ottanta il Touring club italiano propone di tentare un decentramento dell’attività turistica.
In concreto l’associazione pubblica una guida in tre volumi dedicata ai centri minori della penisola. Lo scopo
è quello di invitare il turismo a percorrere nuove strade, al fine di allentare la pressione turistica in certe
stagioni e su certe aree. Così l’Italia comincia a maturare la sensibilità per la qualità della vita e
dell’ambiente preservata nella piccola dimensione provinciale e dei centri minori, in attesa che si ponga
mano alla riqualificazione delle grandi città industriali e delle fasce costiere.
Il sistema turistico internazionale non è in condizioni di preparare, di proporre e di imporre sul mercato gli
innumerevoli centri minori come specificità italiana, pur in presenza di una domanda che chiede proprio
nuove esperienze e autenticità.

5. Turismo in Italia, in Europa e nel mondo


La classe di servizio: Poiché la crisi provoca trasformazioni nei sistemi produttivi, essa ha effetti importanti
anche sui caratteri della società occidentale. Ne derivano mutamenti di consumo, di gusto, di stili di vita che
hanno ovviamente implicazioni anche sul turismo, e che risultano evidenti a partire dagli anni Novanta.
In un’economia dominata sempre più dal terziario avanzato, in questi ambienti urbani rinnovati cominciano a
formarsi nuovi segmenti sociali. Già alla fine degli anni Ottanta si parla di classe di servizio: si tratta si spazi
sociali che hanno pochi legami comunitari e che non possiedono capitale o terra in quantità rilevante. La
classe di servizio si distingue da quella degli altri impiegati soprattutto nell’atteggiamento culturale, nel
gusto e dunque nei consumi. Uomini e donne si collocano in posizione più defilata e di rifanno a una gamma
di simboli e pratiche caratterizzate da tutto ciò che è naturale. Nel turismo tutto questo dà vita a una domanda
inedita, nella quale c’è una chiara preferenza per il benessere psicofisico, per la campagna e per le tradizioni
del passato, per l’autenticità, per la dimensione minore.
Olismo: Per questi nuovi potenziali turistici essere in salute significava godere di uno stato di benessere
fisico, mentale e sociale completo. La Conferenza internazionale della sanità tenutasi a New York nel 1946,
in accordo con la Carta delle Nazioni Unite, stila e ratifica la Costituzione dell’Organizzazione mondiale
della sanità, che entra in vigore il 7 aprile 1948. Dalla fine degli anni Ottanta, anche sotto la spinta della
presa di coscienza del rischio procurato dagli agenti inquinanti prodotti dall’industrializzazione, il nuovo
concetto di salute contribuisce a modificare lo stile di vita delle società avanzate, e quindi anche i modelli di
consumo turistico. La nuova visione olistica del benessere individuale spinge verso una richiesta di turismo
combinato alle pratiche sportive, e soprattutto alla cura del corpo, intesa come attenzione all’alimentazione e
agli ambienti.
In Italia il ritorno alla campagna non riesce ad essere una proposta credibile. La questione rurale, pur
rilevante, in Italia ha storicamente ricevuto un’attenzione culturale minima; la forte densità abitativa lascia
poi pochi spazi vuoti e la mappa e i tempi di spopolamento sono di lettura molto difficile. Nel caso italiano è
possibile solo dire che in tutte le regioni italiane, a eccezione della ripartizione nordoccidentale, il secondo
dopoguerra segna un punto di svolta di dilatazione dello spopolamento e che ai primi degli anni Sessanta
emerge con chiarezza nel panorama territoriale italiano la contrapposizione tra aree interne e quelle costiere.
L’Italia di questi ultimi decenni continua a non considerare gli ambienti rurali. Tuttavia il paese deve ancora
passare da un turismo ripartito in pratiche e in segmenti rigidamente organizzati dal mercato, a un turismo
che vuole esprimersi e cercare ciò di cui ha bisogno autonomamente, individuandolo liberamente nelle
economie e nelle società che attraversa.
Nel 1972 sono stati trasferiti alle regioni tutti i servizi, le strutture e le attività inerenti al turismo, mentre
sono rimaste allo stato ancora molte funzioni, come la promozione del turismo all’estero e la classificazione
delle località turistiche. Comincia a prendere forma il conflitto tra lo stato e le regioni. Prima legge quadro
sul turismo: 17 maggio 1983, n 217. La legge ha istituito un Comitato di coordinamento per la
programmazione turistica, quale organo per la politica del turismo, composto dagli assessori regionali e
affiancato da un Comitato consultivo, composto da esperti di settore, con funzione di propulsione e indirizzo
dell’attività. Lo stato interviene a colmare gli squilibri territoriali in particolare nelle aree meridionali, interne
e montane, a favorire l’ammodernamento dei servizi alla nautica, al congressuale e al termale, dei centri di
vacanza e altro à interventi diretti a un ambito più allargato e diversificato.
Alla finalità di costruire nuovi spazi ricettivi si sostituisce quella di qualificarli, di potenziare e migliorare le
strutture, di incidere, oltre che sulla ricettività, sui settori collaterali per offrire sempre maggiori servizi, oltre
quello dell’albergo.
L’Enit nel 1981 è stato riformato e incaricato della promozione e della stessa politica del turismo: è l’Enit a
elaborare il programma promozionale nazionale, predisposto con il concorso delle regioni e in coerenza con
gli indirizzi del governo. Ma questo limite non è piaciuto alle regioni che non intendono accettare alcuna
indicazione programmatica da parte del governo centrale. Aggrava il quadro di questi anni l’abolizione nel
1989 dell’imposta di soggiorno (caduta quando il governo ha ridisegnato l’autonomia impositiva degli enti
locali). La soppressione dell’imposta di soggiorno rappresenta il riconoscimento di una visione più moderna
del turismo, ma crea notevoli problemi di finanziamento agli enti turistici. Nel 1993 il ministero è soppresso
da un referendum popolare.
L’Italia appare incapace di rispondere a quando la domanda turistica le chiede e tra il 1992 e il 1993 entra in
una vera e propria crisi. Già nel 1986 ha perso il primato mondiale degli arrivi internazionali, superata dalla
Spagna. Motivi: qualità dei servizi pubblici e delle comunicazioni è scadente, la tutela dell’ambiente non è
severe, la politica turistica non è convincente, l’offerta alberghiera risulta inadeguata.
L’Italia non è più competitiva nemmeno nel settore balneare, sopraffatta dalla concorrenza degli altri paesi
mediterranei (Marocco, Tunisia, Egitto e Turchia). L’unico spazio turistico che si rivela capace di rispondere
con prontezza alla nuova domanda di vacanza salutare sono le Alpi (soprattutto le provincie di Bolzano e di
Trento).
Più impegnativi si rivelano gli sforzi per riorganizzare le città d’arte. Viene messa in atto una politica di
rilancio dell’offerta musicale e un adeguamento dei servizi al turismo. 1995 segnale di ripresa.
Fondamentale è la normativa sulla liberalizzazione del trasporto aereo emanata dall’Unione Europea nel
1993. Ogni compagnia aerea è libera di fissare le tariffe che ritiene più opportune e gli stati e l’Unione
possono intervenire per modificarle solo se sono troppo alte o troppo basse (tali da turbare il mercato).
L’apertura delle compagnie aeree low cost rompe il monopolio delle compagnie di bandiera e quello delle
grandi città d’arte nel mercato degli short break e, lentamente, gli stranieri cominciano a essere attirati dalle
realtà minori e dal complesso dei territori nei quali sono calate. La geografia turistica della penisola comincia
così ad arricchirsi di piccole destinazioni prossime agli aeroporti. Inglesi, tedeschi, olandesi trovano le minor
cities ma in realtà essi cercano territori da scoprire, da vivere come esperienza, combinando in una sola
vacanza il desiderio di cultura, di mare e di sole, ma anche di enogastronomia, di affari, di acque termali, di
tradizioni locali, di tipicità.
Nelle regioni in cui il turismo non è mai arrivato, sono gli stessi flussi degli anni Novanta a sollecitare le
comunità a fare ospitalità. La dimensione regionale assegnata al governo del turismo e la facilità di
comunicazione offerta da internet fanno emergere aree, in gran parte rurali, ricche di risorse culturali,
enogastronomiche e ambientali. Esempio delle aree interne della Puglia e della Sicilia.
Negli anni Novanta si insiste sull’offerta sull’Italia minore, cercando anche di esplorare nuovi modelli di
valorizzazione turistica. La Liguria è la prima regione a voler valorizzare l’entroterra. Su suggerimento del
Touring i piccoli centri capaci di offrire servizi eccellenti e un’accoglienza di qualità vengono distinti con un
marchio di qualità turistico ambientale e diventano i Borghi bandiera arancione. Nel 1998 il progetto si
amplia all’Italia e mira ad aiutare le piccole località dell’entroterra a trovare una collocazione. Due sono i
requisiti obbligatori richiesti alle località per presentare la candidatura: il territorio comunale deve essere
collocato nell’entroterra e la popolazione residente non deve superare le 15 mila unità.
Sulla base di un’urgenza di ordine istituzionale e politico-amministrativo, pone la questione della tutela e
della valorizzazione nel turismo di quei piccoli centri che stanno attraversando una fase di lento e
inarrestabile spopolamento. Nasce così nel 2002 il club “I borghi più belli di Italia”. Nel caso italiano
l’attenzione è infatti posta su una tipologia di insediamento differente, il borgo. Il club italiano definisce
borgo un centro nel quale abitino non più di 2 mila persone. Per essere classificati tra i più belli s’Italia, i
borghi devono possedere un patrimonio architettonico e/o naturale certificato da documenti in possesso del
comune e/o dalla Sovrintendenza delle belle arti. Devono offrire un patrimonio di qualità urbanistica e
architettonica, ma soprattutto devono manifestare attraverso fatti concreti una volontà e una politica di
valorizzazione, sviluppo, promozione e animazione del proprio patrimonio.
La ricerca del benessere totale si è trasfusa nel turismo, portando con sé la necessità di vivere esperienze
inedite, libere, fuori dagli itinerari tracciati dalle guide turistiche. Il nuovo turismo cerca garanzie, che trova
nei marchi di tipicità e di qualità e nella loro certificazione. Le certificazioni rilasciate dall’Unione Europea
ai prodotti tipici (Dop – denominazione di origine protetta e Igp – indicazione geografica protetta) hanno
fortemente contribuito a diffondere nel pubblico la cultura della certificazione e della qualità.
All’interno della nuova visione olistica della salute si colloca anche la ricerca di un’alimentazione naturale
ed equilibrata à Associazione Slow Food è considerata il contributo più originale offerto dall’Italia al turismo
mondiale.
Equilibri fisico, cura dell’alimentazione, e ricerca di ambienti armoniosi sono i capisaldi degli statuti delle
associazioni di borghi e villaggi.
Bigger: Il romantic gaze e il collective gaze nascono dalla cultura architettonica e urbanistica degli anni
Ottanta, impegnate a progettare la riqualificazione delle città postindustriali: da una parte si è teso a
recuperare l’ambiente urbano per la riappropriazione di una dimensione umana al suo interno, dall’altra si è
avvertita la necessità di rappresentare e commemorare l’epoca industriale mediante edifici imponenti,
progettati proprio per un’economia avanzata e ancora più spesso proprio per il turismo, che sorgono,
potremmo dire, dalle ceneri dell’industria. Il primo esempio è il Museo Guggenheim costruito a Bilbao. La
struttura viene progettata nel 1991 dall’architetto canadese Frank O. Gerhu e inaugurata nel 1977. Da lì parte
il cosiddetto effetto Guggenheim. La sua dimensione eccezionale è dettata dalla necessità di creare un nuovo
punto di riferimento in una regione geografica.
Nell’ultimo ventennio la dimensione bigger, metafora della globalizzazione, ha connotato anche il turismo
(esempio hotel realizzati a Dubai). Ma il bigger non è solo rappresentato da un elenco di attrazioni turistiche
localizzare, è anche una categoria. Nel turismo italiano domina in maniera quasi invisibile, visto che le città,
le colline, le pianure della penisola sembrano inadatte a sostenere costruzioni che tendono verso l’eccesso.
Non è così per il mare: intorno alle coste italiane navigano le navi da crociera che rappresentano la più
compiuta espressione del collective gaze, proprio perché consentono di realizzarlo in una dimensione
straordinaria. Nella storia del turismo italiano la crociera rappresenta la prima pratica turistica capace di
coinvolgere la popolazione del sud (i maggiori acquirenti di Msc Crociere nel primo decennio del 2000
risiedono nelle regioni del sud).
Il viaggio viene venduto attraverso una capillare politica di distribuzione, supportata da un’efficace rete di
intermediazione. Ma l’intermediazione è indispensabile perché gli acquirenti sono segmenti sociali che non
hanno esperienza e il viaggio non deve presentare difficoltà in nessuna fase.
Italia, Europa, mondo: Dalla metà del Novecento il turismo sia tra i settori economici a più rapida crescita,
producono ricavi che aumentano a un ritmo annuo medio del 6,5%. Tale ricchezza è prodotta da un flusso
mondiale di turisti aumentato anch’esso velocemente nel giro di pochissimi decenni. Fino a oggi le crisi, pur
verificatesi, non hanno mai interrotto la crescita.
Chi riceve più turisti e chi ricava più ricchezza?: Sono ancora le tre piccole aree già delineate a metà
Novecento a concentrare quasi tutti gli spostamenti e le attività turistiche. Esse sono il bacino del
Mediterraneo, il mar dei Caraibi e il mar Cinese, nei quali sono concentrati i principali centri del turismo
mondiale. I flussi e le aree turistiche recenti svolgono invece ancora un ruolo secondario nel turismo
mondiale. Dunque la stessa reciprocità turistica, tra regioni di partenza e di arrivo, è molto squilibrata e in
questo squilibrio si riflettono i fattori naturali ma anche le forti disparità socioeconomiche tra paesi ricchi e
paesi poveri.
La mappa geografica del turismo e quella degli scambi internazionali rivelano un processo di concentrazione
da una parte e di emarginazione dei paesi poveri dall’altra. Il turismo va inquadrato allora tra i problemi che
vertono su uno sviluppo regolato, sui rapporti tra paesi ricchi e paesi poveri e sulla questione della
salvaguardia dell’ambiente.
L’Europa è la maggiore destinazione del mondo (anche se il turismo negli ultimi decenni ha cominciato a
interessare anche altre aree). I flussi ora si distribuiscono su molte più destinazioni, molte delle quali sono
paesi in via di sviluppo.
L’Italia domina la classifica degli arrivi internazionali tra gli anni Sessata e Settanta, presto però incalzata
prima dalla Spagna e poi dalla Francia.
Al 2010, secondo l’Omt la graduatoria mondiale degli arrivi internazionali è guidata dalla Francia, seguita
dalla Spagna, Stati Uniti e Cina. L’Italia è al quinto posto. Leggermente migliore la posizione dell’Italia nella
classifica degli incassi valutari che è guidata dagli Stati Uniti, seguita dalla Spagna, Francia e Italia.
Il turismo italiano perde dunque posizioni già da molti anni, e la sua crisi è accompagnata dalle incertezze
che dominano ancora nell’assetto istituzionale. Soppresso il ministero del Turismo nel 1993, si tenta di
risolvere la conflittualità tra Stato e regioni con una seconda legge quadro emanata nel 2001; ma di lì a poco
la riforma della Costituzione assegna in maniera definitiva ai poteri degli organi locali la materia turistica.
Nel 2007 si ripresenta l’opportunità di un organo centrale in seguito agli accordi di Lisbona che introducono
il turismo nel trattato dell’Unione Europea, dandogli esplicito rilievo e autonomia. Significa che a Lisbona è
definito per la prima volta un quadro comunitario per il turismo europeo. Si creano dunque le condizioni
affinché l’Italia possa nuovamente dotarsi di un organo centrale per governare il turismo, pur in presenza
dell’ordinamento federalista. Dunque, nel 2009, viene istituito il ministero del Turismo, la cui azione,
auspicano le regioni, sia concordata in un comitato di raccordo fra Stato e regioni. Ma intanto il ritorno del
ministero del Turismo sembra rispondere alla necessità espressa dall’Unione Europea di avere sul livello
nazionale un’istituzione di riferimento.

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