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Contesto storico
Già con il Congresso del Rastadt, avvenuto tra il 1797 e il 1799, era ormai chiaro a tutte la fine imminente del
millenario Sacro Romano impero germanico, il quale sarebbe ufficialmente caduto nel 1806. La situazione fu
peggiorata dalla sconfitta del Reich contro l’esercito rivoluzionario inglese: l’Austria fu costretta alla pace di Lunéville
(1801). Essa sancì la cessione alla Francia della riva sinistra del Reno. Si trattò di un gravissimo colpo inferto alle
aspirazioni della coscienza nazionale tedesca
Hegel, perciò, esamina l’impotenza dell’impero e la sua incapacità di attirare una valida politica di difesa dell’unità della
nazione germanica. Rileva l’inesistenza di un vincolo che unisca le singole parti della confederazione allo Stato
considerato come un intero. L’Intero non è la somma delle parti che lo costituiscono ma è ciò che risulta dalla loro
unità reale e quindi ciò che fa sussistere le parti nella loro specifica funzione, che le armonizza in modo che la loro
attività prevenga a un risultato unitario.
L’essenza stessa dello Stato consiste nell’unione di una moltitudine di persone per la comune difesa di tutto ciò che è
sua proprietà; tale unione non è presente nell’impero: la Germania sussiste dal punto di vista culturale, ma ciascuno
dei singoli stati non fa altro che rivendicare la propria autonomia e indipendenza. L’impero tedesco non è riuscito a
organizzare una forza militare efficiente anche perché non aveva il potere di procurarsi i mezzi finanziari necessari per
un esercito moderno, a causa del sistema di contingenti avverso a qualsiasi tentativo di unificazione politica.
Hegel ha una visione estremamente organicistica della società: il tutto è superiore alla somma delle singole parti e
viene prima rispetto ad esse. Lo Stato è concepito non tanto come un aggregato di uomini, ma come un organismo in
cui, come in ogni organismo, le parti obbediscono alla logica dell’intero. I singoli si sentono articolazioni della totalità e
agiscono in funzione del suo mantenimento, della sua coesione e della sua difesa. Ne consegue che Hegel, oltre a
rifiutare la dottrina liberale, rifiuta la tesi contrattualistica sulla fondazione della società politica. Il popolo tedesco
dovrebbe essere costretto a considerarsi appartenente ad un unico Stato (la Germania). Hegel auspica a tal fine l’arrivo
di un conquistatore capace a compiere l’unificazione al fine di far prevalere l’interesse pubblico sul privato. Per tale
motivo egli non può che ammirare la figura di Napoleone.
Occorre, dunque, che anche in Germania, come in Francia, Inghilterra e Spagna, venga fondato lo Stato moderno.
Opinioni su Machiavelli
Machiavelli capì che il problema del proprio paese poteva essere risolto solo dall’intervento di un Teseo, capace di
vincere le tendenze particolaristiche ed egoistiche, mettendo insieme, in un unico orgnao, tutte le disunite membra
dello Stato.
L’opera è divisa in tre parti: una prima riguardante il diritto astratto in quanto tesi, una seconda che tratta il tema della
moralità in quanto antitesi, e la terza ed ultima parte riguarda l’eticità come sintesi. Il diritto astratto determina
l’iniziale regolazione dei rapporti tra uomini regolati dal diritto, quindi da un obbligo esterno. La moralità, in quanto
antitesi, contrappone all’obbligo esterno un obbligo interno ed, infine, l’eticità è la sintesi poiché costituisce la sintesi
di diritto e morale. Con l’eticità il diritto esterno corrisponde alla morale stessa di un popolo, il sistema di leggi e
istituzioni incarnano e rispecchiano il carattere, lo Spirito, di una nazione.
Hegel studia la società più avanzata dell’epoca, ovvero l’Inghilterra, traendo informazioni sullo stadio di sviluppo del
sistema capitalistico, evidenziandone le contraddizioni più profonde: ricerca del massimo profitto, accumulazione in
poche mani di enormi quantità di ricchezza, condizioni critiche dei lavoratori e parcellizzazione del lavoro. La società,
per Hegel, non è veramente ricca se la sovrabbondanza di ricchezza non basta a risolvere il problema della diffusione
della povertà. Nonostante egli possa essere considerato un precursore della questione sociale, è sbagliato vedere in lui
un premarxista: l’imposizione dell’uguaglianza non tiene, infatti, conto delle differenze attitudinali, intellettuali e fisiche
tra gli uomini. Critica, inoltre, il comunismo platonico in quanto, la proprietà è di fondamentale importanza per la
libertà dell’uomo: la libertà può essere espressa solo se in possesso di una proprietà. Lo Stato dovrebbe, in ogni caso,
intervenire all’interno dell’economia e della società attraverso la polizia al fine di rimediare ai mali della società civile:
la pubblica amministrazione deve perciò intervenire a difesa dell’individuo, sorvegliare i mercati e regolarli, così come
dovrebbe farsi carico dell’istruzione della nazione. Egli afferma la necessarietà dell’istituzione di corporazioni, della
sorta di sindacati, volti a tutelare i mestieri e le professioni della classe industriale. Sarebbe per essa una seconda
famiglia, curandone gli interessi, l’educazione professionale e il miglioramento delle capacità. Ciò è necessario, ancora
una volta perché, se il singolo non facesse parte di una corporazione legittima, sarebbe senza dignità di classe esposto
all’isolamento e all’egoismo industriale.
Lo Stato costituisce la sintesi. È il vertice dell’eticità, la quale si era quasi persa nella società civile e si riacquista nel
massimo grado all’interno dello Stato. Gli individui capiscono in esso di essere parte del tutto, di costruire un’unità
organica, il cui valore etico non è immediato, come nella famiglia, ma costruito sulla consapevolezza di un’unificazione
reale. Il particolarismo della società civile si trasforma nella consapevolezza che solo nello stato l’uomo può realizzare
la sua essenza. Viene così capovolta la prospettiva giusnaturalistico-contrattualistica: Lo Stato è il fine degli individui,
ed essi sono i suoi strumenti. Solo all’interno di esso può realizzarsi la piena libertà.