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LO STATO ETICO

Lo stato viene trattato nel sistema filosofico hegeliano all’interno dell’opera “L’enciclopedia delle scienze
filosofiche” nella parte che riguarda lo spirito oggettivo, questa sezione riguarda l’uomo non considerato
come ente astratto ma calato nella realtà che vive in alcune istituzioni concrete. Egli parla delle istituzioni
nel terzo momento, quello dell’eticità, che rappresenta una sintesi dei due momenti precedenti, il diritto e
la morale, considerati due momenti antitetici perché il diritto, definito anche astratto, comprende tutte le
leggi che vengono percepite dal soggetto come limiti imposti dall’esterno. Nella moralità l’uomo avverte i
limiti ma non come un’imposizione esterna perché egli ubbidisce al dovere che scaturisce dall’uomo stesso.
Per quanto riguarda la morale c’è una somiglianza con Kant, anch’egli aveva detto che l’uomo nella morale
obbedisce a sé stesso in quanto gli imperativi scaturiscono dalla ragione dell’uomo. In Hegel la percezione
che ubbidendo alle leggi si diventa liberi si ha nel terzo momento dell’eticità, è come se l’uomo elevasse sé
stesso ad una dimensione universale perché aspira a realizzare un bene universale. Questo concetto di
bene non deve essere inteso come interiore, legato alla coscienza morale dell’uomo ma deve essere
realizzato concretamente per la collettività, inoltre nel momento di sitenti l’uomo vede realizzati i propri
diritti.

I tre momenti in cui si realizza l’eticità sono: la famiglia, la società civile e lo stato. Hegel intende la famiglia
come un’unione fondata sull’amore e sulla fiducia infatti il compito dei coniugi è quello di amministrare il
patrimonio e di educare e crescere i propri figli, quindi la famiglia costituisce una prima fase nella quale
l’egoismo individuale viene messo da parte. L’unione delle famiglie da vita alla società civile, che egli
definisce anche come sistema dei bisogni perché essa riguarda ambito economico-sociale ma anche
giuridico-amministrativo (in Hegel non ritroviamo la classica tripartizione dei poteri perché quello giuridico
riguarda i funzionari che operano all’interno della società civile). Il terzo momento è quello dello stato, che
rappresenta il vertice e la struttura etica per eccellenza secondo Hegel, infatti definisce lo stato come
sostanza etica e consapevole di sé, cioè è consapevole di superare le contrapposizioni derivanti dalla
famiglia e dalla società civile. Soltanto lo stato è in grado di realizzare il bene autentico e universale,
perciò le differenze o particolarismi presenti nella società civile vengono superati in vista del bene comune.

La concezione dello stato in Hegel prevede il rifiuto del liberalismo; secondo la concezione liberale che
aveva fatto proprie le teorie contrattualistiche, lo stato nasce da un patto tra gli uomini che a sua volta
rimanda ad egoismi individuali. A questa concezione Hegel contrappone la propria, che intende lo stato
come comunità organica, quindi privo di particolarismi. Secondo i pensatori liberali l’individuo con i suoi
diritti, considerati inalienabili (legame con il giusnaturalismo) rappresentava il fine della vita sociale e dello
stato stesso, il quale interveniva solo per stabile delle norme per evitare lo scontro e la sopraffazione tra gli
uomini. Invece in Hegel il popolo viene visto in relazione allo stato, quindi è lo stato il fine supremo.
All’interno dello stato gli individui non sono altro che parti di una totalità alla quale essi appartengono,
senza lo stato il popolo sarebbe da considerare una moltitudine disorganizzata e priva di identità. Pertanto
all’interno dello stato ciascun individuo è come se fosse un organo che svolge una determinata funzione,
proprio in relazione a questa totalità l’individuo acquista un senso. Quindi in Hegel si può parlare di
concezione organicistica, l’individuo passa in secondo piano perché non sono gli individui a fare lo stato ma
è lo stato a fare gli individui.

La teoria dello stato di Hegel si pone anche in contrasto con il giusnaturalismo e il contrattualismo perché
secondo il filosofo sono le leggi a governare, non l’uomo però l’uomo obbedendo alla legge si rende libero.
Rifiuta il contrattualismo perché afferma che lo stato non nasce da un contratto a sua volta stabilito
arbitrariamente dagli individui, lo stato non è da considerare come somma di volontà particolari ma
piuttosto come espressione dello spirito di un popolo (Anche Rousseau parlava del popolo come sentire
comune, ma nel senso di cultura). Inoltre Hegel rifiuta il modello democratico perché la sovranità dello
stato è connaturata allo stato, non deriva dagli uomini, proprio perché lo stato non è fondato sugli individui
ma sul bene universale, ciò dimostra lo stretto legame tra etica e politica. Ecco perché Hegel definisce lo
stato come massima istituzione etica, perché soltanto esso garantisce la realizzazione completa del bene
universale e non individuale, gli egoismi che si erano riproposti nella società civile vengono eliminati,
questo spiega perché lo stato è sintesi tra famiglia e società civile. Ne deriva che la condotta dello stato
non può essere oggetto di valutazione morale da parte dell’individuo perché lo stato ha un fine assoluto
da realizzare, sceglie come realizzarlo e diventa arbitro assoluto del bene e del male, sostanzialmente
Hegel compie un’idolatria dello stato, come si evince dallo scritto Lineamenti di filosofia del diritto, perché
secondo Hegel lo stato raccoglie in sé tutto quello di universale che il popolo produce, come l’arte, la
religione, la scienza, la cultura in senso complessivo.

Quindi la sostanza etica dell’uomo si realizza attraverso le istituzioni nelle quali l’uomo svolge la sua vita,
famiglia, società civile e stato, la vera coscienza etica non deriva dal singolo individuo bensì dalla cultura
del popolo, espressa dallo stato stesso. Infatti per Hegel si può parlare di stato etico non in relazione a
qualunque stato ma soltanto a quello stato che esprime l’unità del popolo che è monarchico e
costituzionale, agisce attraverso leggi che sono universali e uguali per tutti, in cui ogni classe sociale ha la
sua rappresentanza, infatti si parla di corporativismo. Nonostante questa idolatria dello stato fatta da Hegel
non si può dire che lo stato hegeliano sia una forma di totalitarismo, perché Hegel parla di separazione dei
poteri anche se è di un tipo diverso rispetto a quella realizzata da Montesquieu, alla base delle costituzioni
moderne. Un’altra differenza rispetto agli stati moderni è che in Hegel non è presente un sistema di pesi e
contrappesi per evitare che un potere possa prevaricare sull’altro. Hegel subordina talmente tanto
l’individuo allo stato da affermare che il singolo deve essere disposto a qualunque sacrificio legato alle
rinunce della sua vita privata. Popper critica questa concezione espressa da Hegel affermando che lo stato
etico può essere considerato come l’emblema della società chiusa, al quale si contrappone lo stato di diritto
proprio della società aperta che non subordina l’individuo allo stato.

La concezione hegeliana dello stato intesa in senso etico è stata ripresa da Gentile, neorealista italiano che
aveva coniato la definizione del fascismo inserendola nell’enciclopedia Treccani ed era stato ministro della
pubblica istruzione, dando vita alla riforma Gentile che rimase in vigore per molto tempo, la quale
privilegiava gli studi classici a quelli scientifici. Gentile, considerato una sorta di filosofo del fascismo,
trasmise la concezione dello stato etico di Hegel al fascismo, regime che intendeva superare sia
l’individualismo, affermatosi come esigenza a partire dalla rivoluzione francese ed era stato ripreso dal
liberalismo e dal comunismo, affermatosi in Unione Sovietica. Il fascismo voleva realizzare un modello di
stato basato sul principio monocratico, rappresentato dallo stesso duce. Essendo lo stato basato sulla
volontà del duce, non tollerava alcuna forma di dissenso o pluralismo.

Lo stato etico di Hegel giustificava l’autoritarismo che si espresse tramite l’eliminazione dei partiti, dei
liberi sindacati, infatti alla lotta di classe il fascismo contrappose il corporativismo. Però lo stato fascista che
era stato definito come sostanza etica, di fatto era autoritario, non vi era nessun settore della vita che era
rimasto libero dall’intervento dello stato, a partire da quello lavorativo, dell’istruzione, della vita privata e
della dimensione spirituale con i patti lateranensi, imponendo dei codici di comportamento. Ecco perché
con il fascismo si parla di totalitarismo, incompiuto secondo la Arendt, mentre con Hegel no.

L’incarnazione più compiuta dello stato etico secondo Hegel è rappresentata dalla Prussia, perché questo
stato era quello che effettivamente esprimeva l’identità del popolo ed essendo superiore rispetto agli altri
paesi aveva diritto di dominare su di essi. Così Hegel intende legittimare la guerra, strumento di cui bisogna
servirsi come se si svolgesse una sorta di epurazione o purificazione, è come se nella guerra ci fosse un
aspetto legato al misticismo perché attraverso essa una parte dell’umanità veniva rigenerata. Questo
discorso si collega alla filosofia della storia.

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