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Capitolo 1 Norman Angell: il liberalismo e la pace

Si parte dalla descrizione del mercantilismo: gli Stati devono armarsi ed essere pronti alla guerra, perch il potere politico militare comporta vantaggi commerciali e sociali. Chiunque non detenga adeguati strumenti di difesa ed offesa si trover alla merc degli Stati pi potenti. Perseguire potere economico per ottenere pi potere politico il vantaggio economico altrui (anche se alleato) non mai auspicabile perch comporta una corrosione del potere relativo (rischio per la propria potenza). Secondo Angell il mercantilismo stato storicamente superato con la crescente integrazione ed interdipendenza economica che si avuta con il processo di globalizzazione lentamente avviatosi con la Rivoluzione industriale. Critica principale: il seguente assunto, secondo Angell, falso idea che il potere economico dipenda da quello politico, per cui prosperit e benessere di una nazione dipendono dalla capacit della stessa di difendersi dagli attacchi esterni. Il mercantilismo, un' illusione ottica. Perch illusione? Cinque ragioni principali:

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Nessuna nazione pu, per via militare, distruggere o danneggiare permanentemente o per un lungo periodo il commercio di un'altra, poich questo dipende dalla disponibilit di risorse naturali e dalla capacit di una popolazione di lavorarle: l'illusione sta nel credere che un'invasione possa completamente distruggere una nazione, un sistema. L'interdipendenza ha raggiunto, mediante gli innumerevoli sviluppi delle rapide comunicazioni, un tal grado di complessit da far s che il turbamento causato da una data operazione non leda soltanto l'oggetto dell'operazione, ma anche un numero incalcolabile di altri Stati e soggetti ad esso pi o meno direttamente collegati (anche soggetti che, a prima vista, non mostrano alcuna relazione con l'oggetto del turbamento). Visione di Angell della storia progressista (neo-illuminista): ci che era possibile in passato risulta inefficace oggi, poich la storia evoluta e le condizioni del passato non ci sono pi ne mai ritorneranno (evoluzione irreversibile). Per Angell commercio e finanza poggiano sulla fiducia: se manca questa gli attori cessano di rispettare le regole del gioco, e il sistema crolla. In tal caso non ci sono vincitori/ vinti, ma solo perdenti. L'economia cos com' oggi crea una solidariet forzata tra Stati. La conquista, con il moderno sistema economico, risulta meno vantaggiosa della collaborazione economica: se si conquista un territorio e si impone ai suoi abitanti una tassa, l'afflusso di risorse dal vinto al vincitore fa s che il secondo raggiunga costi della vita pi alti (moneta forte, prodotti e servizi pi costosi relativamente al paese vinto) e avvantaggi indirettamente il paese vinto che risulta pi concorrenziale offrendo manodopera e servizi a prezzi molto pi bassi del paese vincitore nel lungo periodo lo svantaggio per il vincitore corrode i benefici della conquista. 1

Se fosse vera l'equazione maggiore potere = maggiore benessere economico, allora le pi grandi potenze dovrebbero essere anche le pi benestanti. Angell osserva (basandosi su analisi PIL pro capite) che nella realt invece ci sono potenze minori che godono di prosperit commerciale e benessere sociale pari o superiore alle grandi potenze (es.: prosperit Olanda, Belgio, Danimarca e Svezia prosperit Germania e Inghilterra). Angell scrive quando il colonialismo britannico ancora attivo: nessuno Stato possiede pi le sue colonie esse sono divenute comunit autonome, non pi sfruttabili come in passato. Le colonie rappresentano per la madrepatria principalmente un valore come mercato, e una fonte di commestibili e di materiale grezzo, e se il loro valore sotto tal riguardo sar sviluppato al massimo grado, esse diverranno inevitabilmente (in maggiore o minore misura) comunit autonome. Ecco perch le colonie non sono pi sfruttabili come prima: la madrepatria non pu imporre tasse o un sistema fiscale svantaggioso per la colonia che la impoverisca, poich una colonia che non vende una colonia che non compra e blocca il mercato della stessa madrepatria. Il progresso della politica secondo Angell: i governanti, in particolare quelli dei regimi rappresentativi, hanno come imperativo l'incremento dell'interesse generale, che coincide anche con la prosperit economica. Il benessere materiale, quindi, non assume pi solo la forma dell'interesse economico, ma diventa un vero e proprio ideale politico. In questo senso, la storia per Angell progredita. La crescente integrazione e interdipendenza ed il declino dello Stato come attore unitario: lo Stato non pi la comunit chiusa di un tempo; esso non una persona omogenea avente lo stesso carattere di responsabilit che distingue un individuo. composto da individui con idee ed interessi differenti, che esso non pu mai rappresentare. I confini statali sono permeabili, attraversati da individui e associazioni transnazionali che rendono non reale l'idea degli Stati come entit autonome e ostili tra loro. La guerra superabile in modo definitivo se l'opinione pubblica viene adeguatamente informata e sottratta da quel velo di ignoranza che impedisce una presa d'atto della realt ne conseguirebbe una societ consapevole in grado di giudicare in modo serio e pertinente l'operato dei governi rappresentativi, che non potrebbero pi mascherare il proprio bellicismo dietro una retorica infingarda e populista.

CRITICHE Come osserva Carr, il laissez faire non affatto il paradiso che descrivono i liberalisti. Egli ritiene che l'armonia del benessere prodotta dal libero scambio sia sempre stata l'armonia degli adatti che escludeva sempre gli inadatti, ci coloro privi sia di potere politico che di potere economico. La realt quindi molto diversa: la politica internazionale non armonia di interessi generali, ma tensione di conflitto d'interessi particolari. Solo gli Stati che detengono potere, politico ed economico, hanno interesse a conservare un sistema di libero scambio. Coloro che sono privi di tale potere, invece, devono auto-tutelarsi attraverso politiche protezionistiche. Sono i paesi dominanti che vogliono mantenere lo status quo. Al contrario, i paesi che lottano per farsi largo con la forza tra i paesi dominanti tendono naturalmente ad invocare il nazionalismo contro l'internazionalismo delle grandi potenze.

Capitolo 2 Edward H. Carr: utopia e realt


La fine dell'utopia e il disincanto: utopismo per Carr la teoria e la dottrina liberale, nonch il socialismo umanitario, applicata alla politica internazionale. Utopisti sono coloro che se ne fanno tramite nel mondo politico e intellettuale (es. Wilson e Angell). Per affrontare un passaggio di crisi, necessario arginare l'assunto utopistico secondo il quale esiste un interesse mondiale a mantenere la pace. Tale convinzione ha aiutato politici ed intellettuali a nascondere la realt per cui esiste una divergenza d'interessi tra Stati che desiderano mantenere lo status quo ed altri che vogliono sovvertirlo. doveroso essere consapevoli della dicotomia Stati soddisfatti/ Stati insoddisfatti tanto nella teoria quanto nella prassi. In sua assenza non si ha la possibilit di risolvere lo storico dilemma che si pone ciclicamente nella politica interna e internazionale: come realizzare il cambiamento politico in modo pacifico? Centrale nella riflessione di Carr il rapporto tra potere e morale. Analogia politica interna/ politica internazionale: il dilemma lo stesso (cambiamento pacifico); la questione identica (evitare il sovvertimento violento ora la rivoluzione, ora la guerra). Mentre nella politica domestico lo Stato capace di imporsi con una legislazione che regoli il cambiamento, nelle relazioni internazionali manca un super-stato mondiale che regoli i rapporti tra Stati; ma anarchia non un impedimento al cambiamento pacifico, un ostacolo superabile, volendo. Ma un super-stato irrealizzabile, secondo Carr. L'analogia dunque non tra Stato sovrano e super-stato internazionale, bens tra societ civile e societ di Stati. Secondo Carr pensabile realizzare cambiamenti pacifici nella struttura sociale senza ricorrere alla legislazione o ad altre forme di intervento statale (o super-statale). Ancora oggi si esagera il ruolo della legislazione e potrebbe essere vero che i cambiamenti pi importanti nella struttura della societ e nell'equilibrio delle forze al suo interno vengano realizzati senza un'azione legislativa. Analogia tra il conflitto ancora irrisolto a livello domestico capitale vs. lavoro ed il perdurante conflitto tra Stati: cos come il primo spesso stato pacificato tramite la conciliazione senza un ruolo per Stato regolatore e legislazione, similmente senza un organo di controllo possibile a livello internazionale conciliare gli Stati in conflitto. Si potrebbe sperare, una volta che le potenze insoddisfatte avessero davanti a s la possibilit di vedere accolte le proprie istanze attraverso negoziati pacifici (ovviamente preceduti da una prima battuta di minacce di forza), di istituire un regolare processo di cambiamento pacifico conquistando la fiducia degli insoddisfatti e di considerare, una volta accettato il sistema, la conciliazione come un fatto naturale (ricorso alla forza in secondo piano, ma mai eliminato totalmente). Disequilibrio di potere e possibilit del cambiamento pacifico: il potere usato, minacciato o tenuto in serbo un fattore essenziale nel cambiamento internazionale e la resa di fronte alle minacce di forza costituisce una normale componente del processo di cambiamento pacifico. Per questa ragione, la minaccia di guerra (tacita o palese) appare condizione necessaria per attuare cambiamenti politici rilevanti nella sfera internazionale. Il ruolo della morale: necessit di un sentimento comune tra le parti in conflitto su ci che legittimo e ragionevole nelle reciproche relazioni. Non l'assenza di una legislazione internazionale, dunque, bens lo stato arretrato di questo sentimento comune tra Stati il vero ostacolo al componimento pacifico dei conflitti internazionali. Carr e la critica all'utopia Punti deboli dell'utopia: la storia un susseguirsi di cause e effetti, il cui corso pu essere analizzato e compreso, ma non guidato dall'immaginazione; la teoria non crea la realt, 3

bens la realt ispira la teoria; la politica non funzione dell'etica, ma l'etica lo della politica. La morale un prodotto del potere, al contrario di quanto affermano gli utopisti. Le teorie intellettuali e i modelli etici degli utopisti sono storicamente determinati, poich sono sia il prodotto di circostanze ed interessi particolari, sia strumenti messi a punto per l'avanzamento di quegli stessi interessi. Queste idee sarebbero frutto del dominio britannico ottocentesco, ormai terminato. L'utopismo maschera dietro la retorica dell'interesse comune e del benessere diffuso senza un potere predominante, l'effettivo e attuale dominio dell'ideologia interessata al mantenimento dello status quo contro gli Stati che ne vorrebbero il sovvertimento. La dittatura delle grandi potenze una dato di fatto (essendo storicamente sempre vero, una sorta di legge della natura) ed in quanto tale n buona n cattiva. Utopia come vittoria della morale sulla politica, come se le due cose fossero irrimediabilmente scisse. Per Carr la ri-fondazione di una teoria coerente delle RI passa attraverso la sintesi (non la contrapposizione) tra morale e politica, tra utopia e realismo. Lo stesso Carr si contraddice, per, quando afferma che ogni situazione politica contiene elementi reciprocamente incompatibili di utopismo e realismo, di morale e potere due elementi appartenenti a due piani diversi che non potranno mai incontrarsi. Il limite del realismo estremo secondo Carr: contrapposto all'utopismo ingenuo sta il realismo sterile. L'ideal tipo realismo integrale si rivela impossibile perch non lascia spazio ad un'azione finalizzata o significativa. Se lo si assume integralmente tutto ci che resta all'individuo la contemplazione passiva del processo storico. Una simile visione radicale esclude quattro elementi che appaiono essenziali in qualsiasi pensiero politico efficace: 1) uno scopo definito; 2) un richiamo emotivo; 3) diritto al giudizio morale; 4) terreno di azione. CRITICHE Woolf:contesta le tesi di Carr sul destino inevitabilmente fallimentare dell'utopia. Woolf sostiene che Carr dica che l'utopismo fallimentare a priori perch in realt ha fallito nella realt. Le teorie realiste sarebbero perci utopiste: eppure, osserva Woolf, il fatto che una politica non abbia avuto successo non prova niente, se non il fatto stesso. Ci che impedisce di passare dalla psicologia di potenza a quella dell'organizzazione degli interessi comuni solo la concreta difficolt della cooperazione internazionale, non l'esistenza di una realt (la legge di natura della potenza) apparentemente immutabile. Angell: errore di analisi di Carr liberismo e utopismo non sono la stessa cosa. Il primo promette benessere collettivo se i mercati vengono lasciati liberi di agire. Il secondo dice che la assoluta libert dell'economia accentua gli egoismo nazionali e i rischi del conflitto. Dunque l'utopismo promuove non individualismo ma collettivismo.

Capitolo 3 Hans Morgenthau: la politica di potenza


La politica, tanto interna quanto internazionale, pu essere definita come lotta per il potere. I sei principi del realismo secondo Morgenthau: 1) La politica governata da leggi oggettive, che derivano dall'immutabile natura umana. 2) Il concetto di interesse, definito in termini di potere, permette una comprensione razionale della politica (sulla quale agiscono comunque anche elementi irrazionali). 3) L'interesse definito in termini di potere varia nel tempo, in quanto dipende dalle circostanze concrete di tempo e di luogo. 4) I principi morali non possono essere applicati astrattamente alle relazioni fra gli Stati, ma devono essere filtrati dalle circostanze concrete di tempo e di luogo. Un governo non pu concedersi di disapprovare o evitare la violazione di qualche principio morale astratto, se una simile concessione gli impedisce di compiere una scelta politica di successo, ispirata dal supremo principio morale della sopravvivenza nazionale. La morale politica, insomma, giudica come giusto o sbagliato un corso d'azione in base alle specifiche conseguenze politiche di quest'ultimo (e non ad astratte considerazioni etiche); per questo, la prudenza la massima virt politica. 5) Le aspirazioni morali di uno Stato (ad esempio combattere una guerra giusta, ambire alla pace fra le nazioni) non possono essere identificate con il bene universale, ma solo con il perseguimento dell'interesse di quello stesso Stato, definito in termini di potere. 6) Pur reputando l'uomo un essere pluralista (che ad esempio agisce, contemporaneamente, nella sfera economica, sociale, psicologica, ecc.), il realismo politico considera la sfera politica come la principale tra le molteplici sfere di interesse umano, e la distingue in special modo da quella morale per riuscire a studiare in termini oggettivi, scientifici la politica. Riprendendo il principio n2, si osserva che in assenza di una societ internazionale integrata la potenza il mezzo necessario per conseguire qualunque obiettivo: gli Stati non solo sono costretti a cercare continuamente potere, ma sono tenuti moralmente a farlo: assurdo sacrificare l'interesse nazionale per propositi altruistici, l'interesse nazionale non una mera necessit della politica, ma possiede una sua dignit morale che il teorico realista oppone al vuoto moralismo dell'idealismo liberale. Tre obiettivi della potenza Politica dello indirizzata al mantenimento della distribuzione della potenza esistente in un particolare momento storico, generalmente la fine di una guerra, ed spesso codificata da un trattato di status quo
pace.

Politica imperialista

finalizzata a ribaltare le relazioni di potere esistenti in un determinato sistema internazionale, mira a rovesciare lo status quo. Morgenthau non assegna al termine imperialista una connotazione negativa, ma un mero significato descrittivo inteso a delineare la natura dinamica di una simile politica. Da questo punto di vista, non ogni politica che intende mantenere un impero di stampo imperialista, anzi quando si tratta di conservare un impero gi esistente, si tratta di una politica dello status quo**.

Politica del Ha come scopo principale impressionare e intimorire gli altri Stati attraverso la forza di cui si dispone o che si vuol lasciar credere di avere. Mezzi: cerimoniale diplomatico, dispiego prestigio
della forza simbolico o effettivo. A) Prestigio fine a se stesso: pericoloso, perch chi non possiede una potenza appropriata alla sua pretesa reputazione rischia la distruzione; B) Prestigio finalizzato allo status quo: mira a influenzare la valutazione che gli altri Stati hanno della propria potenza. La potenza non poggia solo su potere materiale, ma anche su reputazione e rango: la politica di prestigio, quando ha successo, fornisce una considerazione che permette di evitare l'uso della forza, risparmiando cos risorse materiali e non mettendo a rischio il giudizio di imbattibilit cui essa spesso associata.
** fondamentale distinguere tra politica dello status quo e politica imperialista, intendere cio le vere intenzioni di

uno Stato. Una sbagliata interpretazione pu essere disastrosa: dal momento che le politiche dello status quo e dell'imperialismo hanno natura opposta, anche le politiche scelte per contrastarla devono essere diverse. L'imperialismo va affrontato con una politica di contenimento in grado di arginare la volont revisionista. Il compromesso, al contrario, il mezzo che deve essere adottato con chi intende invece apportare piccoli cambiamenti all'interno del quadro esistente.

L'equilibrio di potenza: la lotta per la potenza non si consegue, secondo Morgenthau, invocando il diritto internazionale o l'opinione pubblica mondiale, ma costruendo un sistema di pesi e contrappesi in grado di contenere le aspirazioni degli Stati. Il potere pu essere arginato solo con altro potere. Se la dottrina dell'interesse definito in termini di potere (secondo principio del realismo) la bussola degli Stati per la loro politica estera (dunque non il diritto internazionale n il libero commercio) allora l'equilibrio di potenza ad esserne il principale strumento. Se l'unico fine fosse la stabilit, esso potrebbe essere raggiunto permettendo ad un elemento di eliminare tutti gli altri. Essendo invece il fine stabilit + mantenimento di tutti gli elementi del sistema allora l'equilibrio deve prevenire che uno di essi ottenga il predominio sugli altri. Morgenthau non intende negare la rilevanza del diritto internazionale come sistema di regole giuridiche vincolanti, dal momento che esso stato nei casi storici scrupolosamente rispettato. Tuttavia egli sottolinea che, vista la natura decentralizzata del diritto internazionale, esso deve la sua efficacia proprio all'equilibrio di potenza che del rispetto del diritto internazionale condizione indispensabile. Quando non vi identit d'interessi tra Stati, sono considerazioni relative alla potenza piuttosto che alla natura legale delle dispute a determinare il rispetto e l'applicazione del diritto. Equilibrio di potenza: i rapporti di forza tra le unit da esso creati rimangono in uno stato di continuo flusso, la stabilit prodotta dall'equilibrio di potenza necessariamente precaria e deve essere sempre ristabilita dagli attori del sistema una politica volontariamente messa in campo dagli uomini di Stato, che ha origine all'interno di una determinata cultura politica La pace attraverso la democrazia: l'obiettivo della diplomazia la promozione dell'interesse nazionale con mezzi e pacifici e i suoi strumenti sono la persuasione, il compromesso e la minaccia dell'uso della forza. Nessuna diplomazia che si affidi unicamente alla minaccia dell'uso della forza pu pretendere di essere intelligente e pacifica; nessuna diplomazia che conti soltanto sulla capacit di persuasione e sul compromesso merita di essere definita intelligente. La pace attraverso la trasformazione: lo Stato mondiale. Lo Stato indispensabile per il mantenimento della pace al suo interno: questo il messaggio di Hobbes. Tuttavia lo Stato non in grado, da solo, di mantenere la pace interna; questa la grave omissione di Hobbes. Il fato che il potere dello Stato sia necessario, ma non sufficiente, per mantenere la pace della societ nazionale dimostrato dal ricorrere di guerre civili. La pace, secondo Morgenthau, si basa invece su una duplice fondazione (una materiale e l'altra non): la riluttanza dei membri della societ e romperla e la loro incapacit a farlo anche se volessero. Quando un determinato ordine non ritenuto legittimo dalle forze sociali che lo compongono, esso privo di sostanza e destinato a venir meno: il consenso morale sta alla base di qualsiasi forma di ordine politico duraturo. Da questa premessa, Morgenthau parla della possibilit di uno Stato mondiale: le condizioni politiche esistenti negli anni della guerra fredda rendevano irrealistiche l'ipotesi di uno Stato mondiale, che poteva avere luogo solo attraverso il progressivo sviluppo di forme di legittimit sovranazionali. Cos come non pu esserci una pace permanente senza uno Stato mondiale, non pu neppure esserci uno Stato mondiale senza la diplomazia, che pu aiutare a mantenere la pace e a costruire una comunit. 6

CRITICHE stata messa in dubbio l'utilit analitica del concetto di interesse nazionale, dal momento che il suo contenuto non affatto oggettivo ed eterno, ma al contrario dipende dalle idee: l'interesse nazionale semplicemente quello che gli statisti decidono che esso sia. Terzo principio del realismo: se vero che Morgenthau afferma che l'interesse l'essenza stessa della politica ed una categoria universalmente valida, egli altrettanto puntuale nel sottolineare che interesse e potere hanno significati storicamente mutevoli, i cui contenuti sono influenzati dall'ambiente politico e culturale in cui gli statisti si trovano ad agire. Poich una definizione cos indeterminata di interesse e potere del tutto inutile ai fini dell'analisi empirica ed , inoltre, infalsificabile, non si pu che concordare con le critiche che hanno messo in luce i limiti analitici del concetto interesse internazionale. Eppure, scrive Morgenthau nel guardare alla guerra fredda: Gli Stati non si contrappongono pi gli uni agli altri, come hanno fatto da Westfalia alle guerre napoleoniche, e poi ancora dalla fine di queste fino alla Prima guerra mondiale, all'interno di uno schema di opinioni condivise e di valori comuni, che poneva effettivi limiti ai fini e ai mezzi della loro lotta per la potenza. Essi si affrontano ora come se fossero i paladini etici diversi, ognuno dei quali di origine nazionale e vuole fornire uno schema sovranazionale di criteri morali che tutti gli altri Stati devono accettare, e all'interno del quale devono inserirsi le loro politiche estere. Aspirazione universalitstica dell'ideologia nazionale sia da parte di Mosca che da parte di Washington: secondo Morgenthau, un male! Il compito che Morgenthau assegna all'interesse nazionale dunque quello di moderare la politica estera dal carattere illimitato che l'universalismo nazionalistico potenzialmente in grado di generare. La consapevolezza che il proprio interesse nazionale non universalmente condiviso e assolutamente giusto consente di tollerare e accettare i legittimi interessi delle altre nazioni e sulla base di ci costruire un ordine internazionale legittimo.

Capitolo 4 Reinhold Niebuhr: la dimensione etica del realismo


Concezione morale vs. politica: i principi che guidano l'azione individuale non sono gli stessi che guidano l'azione collettiva. Questo dualismo spiega anche perch ci che nella sfera individuale risulterebbe immorale invece in politica ammissibile. Dualismo tra comportamento individuale e sociale: nella sfera individuale la legge suprema l'amore; i criteri che debbono regolare la politica e la sfera pubblica sono la giustizia e l'equilibrio tra i diversi poteri contendenti. Necessit della coscienza che la democrazia non pu assumere la forma di una religione; il pregiudizio e l'illusione moderna che non ci sia una terra di mezzo tra totalitarismo e democrazia un punto di vista assai ristretto. Niebuhr intende criticare la contrapposizione radicale ideologica tra democrazia e totalitarismo, tra due mondi concepiti astrattamente come opposti e senza alcuna possibilit di comunicazione. Il tentativo di Niebuhr di distinguere l'impegno politico dalle convinzioni religiose, che riguardano gli aspetti ultimi dell'esistenza. Una pur giusta convinzione di natura politica non dovrebbe assumere una valenza religiosa: la distinzione tra religiosit e politica necessaria proprio perch non si possa assolutizzare la politica. Guerra Fredda: tra tragedia ed ironia Tragedia come scelta del male per difendere un bene. Nella Guerra Fredda l'aspetto tragico sta nel fatto che la scelta di fronteggiare un nemico risoluto comporta per gli USA l'eventualit di utilizzare una bomba atomica: qualora ci accadesse, il mondo non comunista distruggerebbe se stesso dal punto di vista morale per difendersi fisicamente. La situazione dell'America altres ironica. Si parta dalla convinzione che l'America sia la pi virtuosa tra le nazioni: ebbene i sogni di una virt pura sono dissolti in una situazione nella quale possibile esercitare la virt della responsabilit verso una comunit di nazioni solo corteggiando la possibilit colpevole della bomba atomica. Altro paradosso: il comunismo l'esacerbazione di un principio liberale. Il male eliminabile attraverso l'educazione dell'uomo; l'idea che attraverso un'opportuna strategia sia possibile giungere ad un'umanit senza macchia, presente nel pensiero liberale, nel comunismo viene radicalizzata. Il comunismo sovietico rappresenta la rivelazione della superficialit della cultura moderna di fronte ai problemi dell'esistenza umana: dal misconoscimento della complessit dell'esistenza, segnata da un'ineliminabile compresenza di male e bene, dalla convinzione che sia possibile eliminare il male dalla storia. Dunque Niebuhr propone s un'opposizione decisa alla Russia, ma tenta contemporaneamente di evitare quell'accanimento ideologico che porterebbe a vedere nel comunismo russo il male assoluto ed evitare pure il rischio di divenire simili ad esso in nome della propria pretesa superiorit morale. Critica al liberalismo: una concezione ottimistica della natura umana oscura quegli aspetti di interesse personali, di aspirazione alla conquista del potere presenti sia nelle azioni individuali sia, soprattutto, in quelle collettive. Per Niebuhr l'idea dell'innocenza e della virt della nazione americana uno dei dogmi centrali del liberalismo. Critica al comunismo: nell'ideologia del comunismo russo l'abolizione della propriet privata riporterebbe gli uomini ad uno stato di innocenza originaria. Le conseguenze di tale convinzione sono diverse: in primo luogo il proletariato considerato la classe che ha la prerogativa dell'innocenza; in secondo luogo, il capitalismo il male assoluto; infine, i leader comunisti sono sollevati da qualunque colpa poich si assume che loro agiscano sempre e comunque al fine di permettere all'umanit di raggiungere la felicit e la libert.

COMUNISMO RUSSO
Nel comunismo prevale il dogma sui fatti: il dogma assoluta libert dai vincoli materiali; totale dominio dell'uomo sulla storia. Nei fatti, paradossalmente, il dirigismo statale sopprime la libert in nome della libert.

STATI UNITI
Negli USA prevalgono i fatti sul dogma: il dogma libert. Esso per non viene imposto tramite dirigismo statale, bens ottenuto nei fatti lasciando che la storia scorra libera. Si ha dunque uno Stato minimo; tuttavia il realismo americano porta con s la consapevolezza che il governo non pu essere troppo debole: perci per dare forza al governo e allo stesso tempo evitare la deriva totalitaria sono stati previsti pesi e contrappesi bilanciamento, equilibrio del potere nel governo. Nei fatti (senso comune) c' un'acuta consapevolezza del potenziale conflitto di passioni ed interessi in ogni comunit. Niebuhr contrappone il senso comune (la democrazia americana nella sua effettualit) alle astratte e dogmatiche posizioni degli intellettuali americani.

Secondo Niebuhr la democrazia non esportabile: una societ democratica non richiede una base culturale e spirituale che manca in Oriente, ma una struttura socioeconomica che le civilt primitive e tradizionali non possono acquisire velocemente. Il futuro degli USA Niebuhr si chiede se e come sia possibile modificare la situazione di fatto, nella quale il potere degli Stati Uniti egemone rispetto a quello degli alleati:la strada seguita dalle diverse democrazie occidentali nella politica interna, quella cio della redistribuzione del potere, gli appare improponibile per ci che concerne la politica estera. Niebuhr ritiene che il diverso potere politico delle nazioni sia un fatto da accettare. Nessun meccanismo costituzionale internazionale potr avere la forza per mutare gli assetti di potere tra le nazioni. Maggiore opportunit egli riconosce al giudizio della comunit internazionale di limitare gli eccessi del potere. In questo senso il riferimento all'ONU: non tanto come istituzione capace di superare la separazione tra mondo comunista e noncomunista, ma come un organo nel quale anche la pi potente delle nazioni democratiche deve portare le sue politiche sotto l'esame dell'opinione pubblica mondiale. Conclusione: Niebuhr giunge a suggerire che il cristianesimo possa svolgere una funzione critica nei confronti della sacralizzazione di una precisa posizione politica, sia a livello di politica interna sia a livello di politica estera. La sua tesi che la religione cristiana offra la possibilit di un riferimento ulteriore agli assetti di potere, qualunque essi siano, e quindi la possibilit di una loro critica.

Capitolo 5 Raymond Aron: la sociologia delle Relazioni Internazionali


I quattro livelli concettuali di comprensione nell'opera Pace e guerra Teoria
In questo caso, teoria delle RI, consente di elaborare i concetti fondamentali e di descrivere le situazioni tipiche delle relazioni internazionali: chi sono gli attori, cos' un sistema internazionale, come si possono differenziare secondo le epoche storiche, ecc... Partendo dallo schema razionale della teoria, con la sociologia si analizzano le determinanti materiali (spazio, popolazione, risorse) e sociali (nazione, regime politico, civilt, umanit) delle relazioni internazionali. Quale rapporto di causalit esiste tra guerra (e pace) e variabili (quali geografia, popolazione, risorse, regime politico)? La sociologia cerca le circostanze che influiscono sulle poste dei conflitti tra Stati, sugli obiettivi che si prefiggono gli attori, sulla fortuna delle nazioni e degli imperi. Analisi, da parte di Aron, di una ben precisa congiuntura diplomatico-strategica (il sistema internazionale contemporaneo) unica e irripetibile cercando di mettere a frutto, sul caso concreto, i due livelli di concettualizzazione precedenti (teoria e sociologia). diplomatico-strategica. Qui, secondo Aron, ci troviamo di fronte al problema dell'antinomia tra l'azione politica e l'azione morale: problema dei mezzi legittimi (problema machiavelliano) e problema della pace universale (problema kantiano). Questa antinomia fondamentale non pu essere risolta una volta per tutte; ma resta vero che esistono dei margini per attuare politiche ragionevoli che in caso di conflitto limitino il volume della violenza.

Sociologia

Storia

Prasseologia Riguarda i dilemmi etico-politici, ossia le implicazioni normative della condotta

Teoria Le relazioni internazionali coincidono con le relazioni inter-statali (l'attore principale delle RI lo Stato). Vi sono poi dei soggetti che vivono e simboleggiano tali relazioni: l'ambasciatore e il soldato. Quindi le relazioni internazionali si riducono a diplomazia gli Stati convivono tra loro e guerra gli Stati si costringono o combattono a vicenda. Secondo Aron, gli Stati non sono ancora usciti dallo stato di natura. Questo fatto comporta pi conseguenze: la prima e pi importante che sono gli Stati, centri autonomi di decisione, che decidono guerra e pace, in base agli scopi che si sono prefissati scopi che non sono mai coerenti, univoci e razionali. L'anarchia internazionale non per Aron la guerra tutti contro tutti di hobbesiana memoria. A differenza di Morgenthau, Aron ritiene che la politica interna e la politica internazionale siano tra loro irriducibili: l'azione dell'uomo di Stato non ha lo stesso senso e non si situa nel medesimo universo quando orientata verso l'interno e quando lo verso l'esterno. Per lo meno nella politica interna, le minoranze che competono per il potere, pi o meno violentemente, non sono l'equivalente delle unit autonome che si affrontano in un contesto anarchico (infatti contesto nazionale = gerarchico; contesto internazionale = anarchico): in quest'ultimo caso alla lotta per il potere si affianca la ricerca dell'ordine equo. Anche se la potenza difficilmente misurabile, lo statuto di un'unit politica all'interno del sistema internazionale fissato dalle risorse materiali e umane che pu consacrare all'azione diplomatico-strategica. Inoltre importante la natura dei vantaggi che gli Stati ricercano nelle relazioni internazionali: sicurezza, potenza, gloria. Questi tre valori non sono necessariamente compatibili. Da una parte brama di potere e di gloria, dall'altra ricerca di sicurezza (possesso/ conquista del suolo spazio; numero dei sudditi uomini; diffusione della vera fede anime): la

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pluralit degli obiettivi concreti e di quelli finali impedisce la formulazione di una razionale definizione di interesse nazionale, perch la condotta nelle relazioni internazionali indeterminata. Tra l'altro inconcepibile definire un interesse nazionale facendo astrazione del regime politico interno, delle aspirazioni proprie alle differenti classi, dell'ideale politico della polis. Questa la maggiore differenza tra Morgenthau e Aron. Quest'ultimo, infatti, considera tra le variabili fondamentali della politica internazionale (oltre ai rapporti di forza e alle caratteristiche del sistema) anche fattori interni quali l'ideologia e la forma del regime politico Aron un realista eterodosso. I sistemi internazionali si distinguono, da una parte, in base al rapporto di forza e, dall'altra, in base a idee e sentimenti. Si ottengono cos: A) sistemi omogenei: sistemi nei quali gli Stati appartengono al medesimo tipo, obbediscono alla stessa concezione di politica; B) sistemi eterogenei: sistemi nei quali gli Stati sono organizzati secondo principi diversi e fanno appello a valori contraddittori. I sistemi omogenei sono pi stabili perch i governanti, pur nella diversit dei rispettivi interessi internazionali, non dimenticano mai gli interessi comuni. L'eterogeneit, al contrario, comporta di fondo una mancanza di riconoscimento reciproco tra Stati che si affrontano. Il sistema di Stati si divide anche sempre sulla base dei rapporti di forza in bipolare (solo due grandi potenze) e multipolare (pi di due grandi potenze). Omogeneo Bipolare
Mai esistito guerre di religione sino alla rivoluzione francese (1648 1789): sistema eurocentrico con i paesi dominanti aventi la stessa cultura politica.

Eterogeneo
Post-1945: la Guerra Fredda, conflitto USA vs. URSS mondiale il sistema era eterogeneo, ma dopo il 1916 gli alleati (furore di lotta? Volont di ottenere la vittoria assoluta?) assurgono al ruolo di difensori della libert scagliandosi contro l'assolutismo in quanto causa di guerra e crimini da parte dei tedeschi. Si avvia un sistema di scontro tra ideologie (liberal-democrazia, comunismo, nazionalsocialismo) con pi di due grandi potenze.

Multipolare Periodo dalla fine delle Da 1916-17 fino a fine II guerra mondiale: all'alba della I guerra

Qualunque sia l'obiettivo della politica estera di uno Stato, la guerra non che un mezzo per la pace (intesa come stabilit del sistema). A) Pace di equilibrio le unit si controbilanciano a vicenda; B) Pace di egemonia le unit sono dominate da una di esse, che per formalmente rispetta l'indipendenza altrui; C) Pace d'impero le unit vengono inglobate dall'unit vincitrice e perdono anche formalmente la loro indipendenza. Distinzione tra guerre: 1. Guerre inter-statali tra unit sovrane che si riconoscono; 2. Guerre sovrastatali o imperiali il cui oggetto sia l'eliminazione totale di certi belligeranti e la formazione di un'unit superiore; 3. Guerre infra-statali o infra-imperiali la cui posta il mantenimento o la decomposizione di un'unit politica (nazionale o imperiale). Pace di impotenza (o di terrore): quella che regna tra unit politiche, se ciascuna di esse ha la capacit di colpire mortalmente l'altra. Pace di soddisfazione: esiste se tutte le unit sono soddisfatte del loro statuto, se non ci sono pi ambizioni/ rivendicazioni su popoli e territori, se non ci sono pi conflitti su risorse materiali, se viene meno la volont di convertire altri uomini. Prasseologia Nell'ammettere che la condotta diplomatico-strategica in s promiscua (contiene sia elementi sociali Stati si riconoscono a vicenda che asociali Stati si riservano il diritto di ricorrere alla violenza), Aron ne deriva che tutte le costruzioni utopiche o ideali sono di 11

difficile realizzabilit. Per esempio, un sistema di sicurezza collettiva presuppone cos tante condizioni (accordo su chi sia l'aggressore, accordo sul mantenimento dello status quo, accordo sulla spartizione di costi e benefici del conflitto, ecc...) che la mancanza di una soltanto di esse rende tale sistema inapplicabile. Aron critica l'idea secondo cui la pace dipenderebbe dal progresso del diritto internazionale: le rivalit di potenza, le contraddizioni di interessi e le incompatibilit ideologiche sono fatti. Un grande non accetta ordini n si lascia costringere. Perch sia possibile un diritto costituzionale internazionale: 1. tutte le costituzioni degli Stati dovrebbero essere repubblicane, fondate sul consenso dei cittadini e sulla prevalenza della legge; 2. il sistema dovrebbe essere omogeneo repubblicano e tutti gli Stati dovrebbero essere consapevoli della loro parentela e costituire consciamente una comunit internazionale; 3. ogni Stato dovrebbe rinunciare alle armi e sottoporsi ad un tribunale per le proprie vertenze. Il vero realismo oggi consiste nel riconoscere l'azione delle ideologie sulla condotta diplomatico-strategica. L'errore di fondo di Morgenthau e seguaci di aver voluto definire la politica in base al principio della potenza anzich in base all'anarchia. Ma anche di aver idealizzato e reso eterno un sistema internazionale, quello multipolare e omogeneo del concerto delle nazioni, che eterno non (la teoria dell'equilibrio di potenza valida per quel periodo storico, non per sempre). Aron sostiene che la guerra un evento sociale: finch esisteranno diverse societ esisteranno guerre (e ingiustizie). Infine, non si pu evadere dalla storia bellicosa, ma non si possono nemmeno tradire gli ideali: morale della prudenza si deve pensare ed agire con il proposito di far s che l'assenza di guerra possa continuare fino al giorno in cui la pace (intesa come pace internazionale, fine dell'anarchia) sar possibile se mai lo sar. Aron e Waltz a confronto Il padre del realismo, Waltz, sostiene che Aron abbia confuso fattori interni ed esterni al sistema politico internazionale. Per Waltz tale sistema deve limitarsi al principio ordinatore dell'anarchia e alla distribuzione di potenza tra Stati. Ogni altro fattore regime politico, cultura, ideologia, ecc pu servire a comprendere una determinata politica estera, ma non in grado di spiegare il perch la trama della politica internazionale sia costante lungo il millennio (la teoria di Waltz rigorosa ed universale, vale per tutte le epoche). Aron non crede si possa elaborare una teoria formale delle RI nello stesso modo in cui stata elaborata una teoria economica. La teoria, nella prospettiva di Aron, ha uno scopo eminentemente pratico. Deve essere possibile adattarla ai fatti e, soprattutto, non deve dare di un certo comportamento un significato contrario o differente da quello che aveva per gli attori. Per Waltz, al contrario, una teoria deve essere deduttiva e non deve dare una dettagliata descrizione del mondo della politica internazionale (teoria generale). Infine, si pu affermare che per spiegare realmente la politica inter-statale di una data costellazione diplomatica, di una data epoca, ecc l'approccio di Aron che tiene assieme l'anarchia strutturale e la natura delle unit sia, anche da un punto di vista euristico (metodologico), pi proficuo di quello di Waltz.

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Capitolo 6 Inis Claude: le soluzioni istituzionali


Nella sua opera, Claude smentisce anzitutto la (da pi parti asserita) preponderanza assoluta delle teorie realiste nel periodo tra le due guerre mondiali: anche in quella fase storica ci sono stati pensatori di impronta liberale. In secondo luogo, egli si dilunga sulla dimostrazione del fatto che i liberali agli albori della disciplina non erano degli utopisti, e che si ponevano invece con tenace determinazione il problema della guerra e del controllo del potere militare. Abbandonare la ricerca di ogni valore in nome della pace (tra gli uomini c' chi ha valori prioritari rispetto alla pace, e questo un fatto da riconoscere) potrebbe addirittura essere controproducente in quanto si potrebbero incoraggiare ricatti ed estorsioni verso chiunque non concordi con il modello di pace proposto. Il fine della politica appunto quello di trovare una conciliazione tra interessi diversi. Claude prende una posizione pi ottimistica di altri autori realisti, quando afferma che in ultima istanza, la maggior parte degli Stati coesiste in una ragionevole armonia, la maggior parte del tempo. Le eccezioni a questa condizione sono di importanza vitale, ma sono ugualmente eccezioni. Claude intende esaminare i tre principali meccanismi di controllo del potere degli Stati: l'equilibrio di potenza, la sicurezza collettiva, il governo mondiale. Per l'autore, i tre meccanismi sono ugualmente importanti, in quanto non esiste la soluzione al problema dell'ordine internazionale, ma solo ipotesi parziali e non definitive. Dunque i tre meccanismi sono punti su un unico continuum, quello della centralizzazione del potere:

L'equilibrio di potenza Claude attribuisce a Morgenthau parte della responsabilit per la confusione, in quanto nei suoi scritti ondivago tra una concezione automatica e una volontarista e a volte contraddittorio. Infatti Morgenthau ritiene che gli Stati cerchino sia di accumulare quanto pi potere possibile (violazione dell'equilibrio), sia di mantenere l'equilibrio del sistema. Inoltre, sempre Morgenthau, considera l'equilibrio di potenza una delle leggi ineluttabili della politica internazionale, salvo poi critica la politica estera americana per averla elusa. Infine pensa che la guerra sia necessaria per il mantenimento dell'equilibrio, ma cita anche l'equilibrio come mezzo per la pace. Insomma, agli occhi di Claude, Morgenthau estremamente contraddittorio. Secondo Claude per equilibrio di potenza si deve intendere un sistema automatico, poco o per nulla dipendente dalla volont degli Stati. Gli Stati, desiderino essi preservare una situazione bilanciata o meno, hanno una forte volont di sopravvivere che li condurr per forza a schierarsi contro i pi forti, poich un potere senza vincoli in un sistema una minaccia per tutte le unit e l'antidoto pi efficace al potere il potere stesso. Ecco perch Claude parla di automatismo indipendente dalla reale volont degli attori. Sebbene il mantenimento dell'equilibrio richieda a volte la guerra, l'equilibrio di potenza resta tuttavia la migliore garanzia di pace in un sistema anarchico. Garanzia precaria: come afferma Kant, quanto pi e preciso un equilibrio (equa distribuzione di potere, tutti hanno le 13

medesime possibilit di vincere/perdere) tanto pi facilmente pu essere destabilizzato da anche minime variazioni. Prendendo in considerazione la teoria dell'egemonia secondo Giplin (il quale afferma che l'egemonia sia la migliore garanzia per la pace, l'asimmetria di potere il miglio deterrente alla guerra che avrebbe in tal caso un esito scontato), Claude ne individua la fragilit, affermando che l'eccessiva asimmetria e conseguente preponderanza produrrebbe una deterrenza efficace solo verso i deboli, ma una scarsa limitazione ai forti. Dunque, perch vi sia effettiva deterrenza al ricorso alla guerra, la condizione ottimale che nessuno abbia la certezza di vincere. Infine, secondo Claude, il vero limite dell'equilibrio di potenza la sua inapplicabilit all'epoca moderna: da un lato il collasso del vecchio ordine europeo e l'avvento della politica di massa (democratica o totalitaria, comunque ingabbiata in ideologie e retorica verso le masse) hanno ridotto la necessaria flessibilit diplomatica; dall'altro lato, la struttura bipolare della Guerra Fredda e l'assenza di altre potenze cui allearsi, priva le due potenze di partner (anche potenziali) con cui bilanciare eventuali minacce. La sicurezza collettiva L'analisi di Claude prende le mosse dai limiti della teoria dell'equilibrio di potenza. Critica wilsoniana all'equilibrio di potenza: non stato in grado di prevenire il conflitto mondiale; anche prima di tale guerra funzionava erraticamente e aveva bassi standard di moralit politica. Lo stesso Wilson propose in alternativa un sistema, con obbligo legale, a combattere l'aggressione ed evitare cos non tanto gli squilibri nella distribuzione di potere, quanto lo scoppio di conflitti militari. Due principi-guida: 1) Non-aggressione: impegno degli Stati a non intraprendere azioni militari; 2) Anti-aggressione: impegno degli Stati a difendere eventuali vittime di un aggressore che abbia violato la prima regola. Secondo un principio di uguaglianza, queste garanzie riguarderebbero tutti gli Stati, forti e meno forti, mentre nell'equilibrio di potenza gli Stati forti hanno un vantaggio su quelli deboli. Punti in comune e differenze tra le teorie equilibrio di potenza e sicurezza collettiva: Similitudini Differenze

Teorie basate sulla deterrenza, quindi sul paradosso Mentre l'equilibrio di potenza si regge su alleanze che per evitare la guerra bisogna essere pronti a contrapposte, la sicurezza collettiva cerca di superare combatterla. lo schema delle coalizioni competitive, unendo le La deterrenza efficace se sono coinvolte anche nazioni nella difesa dell'ordine anzich dividendole in gruppi antagonistici. potenze non direttamente minacciate. Gli Stati rinunciano in qualche misura al diritto di L'equilibrio di potenza propone una sicurezza formulare la propria politica estera su una base competitiva, mentre la teoria della sicurezza totalmente arbitraria. collettiva parla di una sicurezza cooperativa La sicurezza collettiva come punto di arrivo logico dell'equilibrio di potenza, l'ideale verso il quale questo si mosso nel tempo.

Equilibrio di potenza, sicurezza collettiva e democrazia: la democrazia, con la sua tendenza ad imporre i vincoli dell'opinione pubblica sulla politica estera, restringe la capacit di fare ci che richiesto dal sistema in una determinata situazione, e funge quindi da impedimento sia per la realizzazione dell'equilibrio che per quella della sicurezza collettiva. Queste difficolt sono state riconosciute dai fondatori dell'ONU, che hanno previsto un meccanismo selettivo, e non automatico, di sicurezza collettiva. Lasciando agli Stati la 14

facolt di decidere caso per caso, l'efficacia delle organizzazioni internazionali non molto diversa da quella dell'equilibrio pi spontaneo e meno istituzionalizzato. Nel caso dell'ONU, il meccanismo del veto assicura alle potenze nucleari non solo la possibilit di astenersi dall'intervenire, ma pure quella di bloccare un'azione sgradita da parte di altri. Le particolari condizioni della Guerra Fredda (durante la quale Claude scrive) hanno reso particolarmente difficile il ricorso alla sicurezza collettiva, a causa dei veti incrociati di USA e URSS. Il governo mondiale Le ipotesi di governo mondiale condividono con le teorie realiste dell'equilibrio di potenza il presupposto che non esistano rimedi all'anarchia. Per entrambe, l'unica soluzione quella di sostituire alla decentralizzazione di un sistema di Stati un governo centrale sovraordinato ad essi e in grado di mantenere la pace con la forza (Morgenthau stesso lo credeva). Claude non solo ritiene questa ipotesi irrealizzabile, ma la considera anche sbagliata sul piano teorico. L'efficacia di un governo mondiale si regge sull'analogia domestica con la politica interna analogia scorretta, secondo Claude. Infatti, non tutti i governi riescono a mantenere la pace entro i propri confini, e quelli che ci riescono lo fanno pi per abilit nella ricerca del compromesso che per il monopolio dell'uso della forza. Per Claude non esiste una realt dicotomica tra perfetto ordine interno e completa anarchia internazionale, ma entrambi i livelli si situano su un continuum.

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Capitolo 7 Hedley Bull: la ricerca dell'ordine internazionale


Nella politica mondiale non esiste una comunit umana universale se non nelle dottrine e nei progetti ideali. Al contrario, le relazioni inter-statali hanno assunto una rilevanza tale da vincolare, in modo imprescindibile, la capacit d'azione delle persone e dei gruppi umani diversi dagli Stati. Gli interessi dell'umanit sono articolati e aggregati e, tramite un processo di socializzazione, danno forma alla politica mondiale, rendendola a suo modo ordinata: ci vero ed avviene attraverso un sistema di Stati sovrani. Da Westfalia in poi gli Stati (e in generale le comunit politiche indipendenti) non hanno mai formato una comunit politica loro superiore cui consegnare la propria sovranit. Hanno invece formato un sistema internazionale (dove il comportamento di ognuno un fattore necessario nei calcoli degli altri), e pure una societ internazionale, priva di un governo ma dove i rapporti sono regolati da norme e istituzioni condivise, fondate sull'interesse verso scopi e valori comuni. Dal XX secolo, dopo l'espansione e il dominio europeo sul mondo, la rivolta contro l'Occidente di popoli e movimenti per ottenere pari diritti in qualit di Stati sovrani ha esteso a tutto il pianeta la logica artificiale della societ internazionale di matrice europea. Bull ha una concezione anti-formalistica delle regole e istituzioni che reggono il sistema internazionale. Non tratta delle pseudo-istituzioni (es. ONU), non studia cio le organizzazioni che sono prodotto diretto e specifico di un processo di pianificazione umana n i regimi internazionali sorti tra XIX e XX secolo. Egli si concentra su istituzioni di lungo corso che sono un insieme di pratiche e costumi pi fondamentali per la realizzazione dell'ordine internazionale, per il cui mantenimento sono sorte: l'equilibrio di potenza, il diritto internazionale, la diplomazia, la guerra e il ruolo dirigente delle grandi potenze. Vi una tensione tra il mantenimento dell'equilibrio e la ricerca di giustizia (rivendicazioni di giustizia e di giusto cambiamento possono riguardare gli Stati giustizia internazionale le persone giustizia individuale o l'umanit giustizia cosmopolitica). La conclusione cui giunge Bull che fra le tre forme di giustizia, l'unica compatibile con l'attuale modello di organizzazione politica umana basato sulla societ internazionale come principio normativo sia la giustizia internazionale (rivendicazioni a livello individuale rivoluzionarie o a livello cosmopolitico diritti universali destabilizzerebbero il sistema). Bull nega una preminenza etica dell'ordine sulla giustizia, ma gli attribuisce una precedenza cronologica: infatti la giustizia, in ogni sua forma, realizzabile solo in un contesto di ordine; di conseguenza l'ordine internazionale, ovvero l'ordine della societ degli Stati, la condizione della giustizia e uguaglianza tra gli Stati stessi. La tradizione groziana: idea di una societ internazionale Bull appartiene alla scuola inglese, una corrente che per prima ha proposto la tripartizione per cui la storia del sistema tra Stati letta nei termini di un confronto tra tre tradizioni e schemi di pensiero 1. Hobbesiana o realista; 2. Kantiana o universalista; 3. Groziana o internazionalista solo la terza di queste che considera la politica internazionale nei termini di una societ di Stati o societ internazionale. Societ internazionale = societ anarchica. Questo concetto fondamentale perch prescinde dal ragionamento fondato sull'analogia domestica e le categorie interpretative che ne discendono. Rimuove il tipico assunto, tratto dalla comparazione tra vita interna ed esterna 16

allo Stato, per cui la vita internazionale sarebbe imperfetta in quanto asociale, mancando un'autorit di governo dotata del monopolio della forza legittima e dei coerenti organi legislativi e giudiziari. Bull afferma che si tratta piuttosto di una societ anarchica come tale ordinata analogamente non allo Stato moderno ma a certe societ primitive prive di un governo, inteso come ente che monopolizzi le risorse coercitive. Parlare di una societ anarchica non solo un ossimoro: la sua esistenza dimostrata anzitutto dall'esistenza di una legge peculiare, il diritto internazionale. legge di una societ politicamente divisa in una molteplicit di Stati sovrani, ma non per questo insignificante o primitiva per il fatto di essere d'efficacia differente da quella legge statale. A differenza delle societ nazionali, i suoi membri si affidano all'auto-tutela, non all'etero-tutela. L'ordine internazionale e la societ anarchica L'ordine non una qualsiasi regolarit: un modello di attivit umana volto ad esiti specifici, funzionali alla sistemazione della vita sociale per alcuni scopi e valori primari ed elementari. Tre sono infatti gli scopi che tutti i gruppi umani sociali devono, in qualche modo, soddisfare: protezione dalla violenza, mantenimento degli accordi, stabilit del possesso. Qualit: questi scopi sono
Protezione dalla violenza Mantenimento degli accordi Stabilit del possesso Elementari: in assenza del loro perseguimento e realizzazione, non si da societ bens condizione asociale. Primari: non possibile perseguire nessun altro fine generale e collettivo, senza aver prima garantito la loro attuazione. Universali: qualsiasi societ reale deve tenerne conto; ci a prescindere dalle soluzioni offerte alla loro realizzazione.

Ordine internazionale: gli Stati limitano la violenza condividendo lo scopo del mantenimento del loro monopolio su di essa e ostacolando il diritto e la capacit dio esercitarla ad altri gruppi. Accettano essi stessi limitazione sia rispetto ai motivi, sia alle modalit del suo impiego. Inoltre danno vita ad accordi informati al principio pacta sunt servanda (rispetto degli accordi posto che rebus sic stantibus). Infine, mantengono stabilit nel possesso con il reciproco riconoscimento della sovranit e delle rispettive propriet. proprio il grado di realizzazione di tali scopi che, a giudizio di Bull, consente di distinguere un sistema da una societ internazionale una societ internazionale presuppone un sistema internazionale, ma non vale l'opposto. Critiche alla distinzione sistema/societ: ad alcuni tale distinzione parsa senza sostanza, perch non pare possibile concepire l'assenza di interessi comuni, seppur minimi, fra Stati che interagiscono come parti di un complesso e che, avendo contatti reciproci, necessitano sempre di regole e istituzioni, seppur limitate, che ne consentano il corso. Regole e istituzioni della societ anarchica Le regole e le istituzioni interstatali (come quelle statali) non costituiscono una risposta definitiva e generale al problema dell'ordine politico, che va in uguale misura a vantaggio di tutti. Sono una risposta precaria e limitata, sempre soggetta al condizionamento del pi forte. Anzi, le regole e le istituzioni internazionali rappresentano (anche nel loro funzionamento) un esito storico-culturale specifico dei rapporti di potenza. Ricorda: anche la guerra un'istituzione con regole proprie. Lo sviluppo del concetto moderno della guerra come violenza organizzata tra Stati sovrani stato l'esito di un processo di limitazione e confinamento della violenza l'artenativa storica alla guerra ra

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Stati stata una violenza ancor pi diffusa. Gli Stati ricorrono alla guerra quando cedono le regole di coesistenza e cooperazione che specificano il tipo di condotta richiesto per soddisfare pacificamente i conflitti d'interesse. Norme scritte e non scritte: tra le regole tra Stati (frutto della morale, di prassi consolidate, di semplici pratiche operative) spiccano quelle che ricevono lo status di diritto internazionale. Oltre a formalizzare certe regole, e con ci a mobilitare consenso intorno ad esse, la prima funzione del diritto internazionale nel mantenimento dell'ordine l'identificare il principio costituzionale della politica mondiale della nostra era. Si tratta di formalizzare (come principio normativo supremo dell'organizzazione politica umana) l'idea di una societ di Stati. La diplomazia simboleggia l'esistenza della societ di Stati dalla sua esistenza che dipende il dialogo tra Stati. Alla concezione del quadro diplomatico rimanda il disegno teorico dell'equilibrio di potenza: si tratta infatti di un'istituzione _(la diplomazia) atta a preservare consapevolmente, a livello generale, l'esistenza della societ stessa, ovvero la libert degli Stati dall'imposizione di un superiore. A livello locale la diplomazia ha pure operato per preservare l'indipendenza dei singoli Stati. L'equilibrio (pratica consapevole volta all'auto-limitazione e al contenimento degli altri) ha svolto un ruolo centrale nella debole architettura istituzionale della societ internazionale. Quest'ultima, seppure anarchica, trova nella gerarchia riconosciuta e formalizzata tra Stati un ulteriore e finale contributo al mantenimento dell'ordine. la disuguaglianza delle capacit tra potenze, la loro divisione in classi di diverso rango, che permette a poche le grandi di svolgere un ruolo dirigente nei confronti di molte. Consapevolezza di Bull: svolgendo la propria funzione dirigente, le potenze tendono a piegare gli scopi comuni ai propri, infrangendo spesso i diritti e gli interessi dei pi deboli.

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Capitolo 8 Kenneth Waltz: l'anarchia della politica internazionale


Teorie riduzioniste dalle quali Waltz prende le distanze: teorie che si concentrano sulle cause a livello individuale o nazionale, ricercandole fra gli attributi delle unit della politica internazionale (gli Stati o gli attori sub-nazionali). A prescindere da quali attributi delle unit siano presi in considerazione (per quanto significativi essi possano essere), per Waltz le teorie riduzioniste offrono spiegazioni necessariamente fallaci della politica internazionale. Infatti, il metodo riduzionista, diffuso nelle scienze esatte, non pu applicarsi alle RI per l'impossibilit di isolare le singole unit della vita internazionale dalle loro interazioni, cos come di tenere sotto controllo l'influenza che tali unit e interazioni subiscono da fattori loro esterni. Esempio eclatante: costanza dell'occorrenza della guerra nonostante i cambiamenti delle unit (sviluppo economico, istituzioni politiche, strutture burocratiche, ecc) avvenuti nel tempo. Olismo la Durkheim: se la variabilit degli attributi delle unit internazionali maggiore della variabilit degli attributi del sistema internazionale (esiti dell'intreccio dei rapporti tra unit) allora necessario adottare una prospettiva d'analisi che prescinda dalle caratteristiche delle unit permettendo di spiegare come unit diverse possano comportarsi similmente e come unit simili possano comportarsi diversamente. Waltz sceglie dunque il sistema internazionale come unit di analisi, potendo cos considerare le cause esterne ai singoli elementi (gli Stati), le quali, influenzando le cause interne agli elementi stessi e filtrandone i loro comportamenti, riducono la variabilit degli esiti delle interazioni tra gli elementi stessi nonostante la difformit di partenza. Teorie riduzioniste vs. teorie sistemiche: sistemiche sono quelle teorie che tengono separate le unit internazionali dal sistema in cui agiscono; definiscono la struttura del sistema tralasciando gli attributi delle unit; individuano i fattori causali che pertengono alle unit o al sistema e ne specificano il peso esercitato nell'influenzare gli esiti della politica internazionale. Costruzione di una teoria della politica internazionale. Waltz si appoggia a Rousseau e ne richiama il famoso esempio della caccia al cervo:
Due uomini possono scegliere in una battuta di caccia se tentare la cattura di un cervo o di una lepre. La loro decisione dovr avvenire senza sapere la decisione altrui, e tenendo conto che per catturare un cervo occorre che entrambi decidano di scegliere quest'ultimo come obiettivo, mentre per la lepre sufficiente l'impegno di un solo uomo. Il gioco specifica inoltre che la lepre costituisce un premio meno soddisfacente rispetto al cervo, che costituisce un pasto migliore, anche se questo verr diviso tra i due cacciatori che hanno cooperato. Poich ogni cacciatore ignora quale sar la decisione dell'altro, si tratta di un gioco non cooperativo. La soluzione di equilibrio consiste nello sparare alla lepre: infatti, indipendentemente dalla scelta dell'altro cacciatore, il primo si assicurer al minimo una lepre intera (che vale per meno di un cervo diviso in due). Viceversa, scegliendo di sparare al cervo, avr s la possibilit di guadagnare mezzo cervo, ma rischier fortemente di tornare a casa a mani vuote.

Di conseguenza, l'interesse individuale di breve periodo porter al fallimento delle pratiche cooperative e disincentiver la divisione del lavoro con cui i cacciatori si organizzano per compiere l'impresa comune. Il punto di partenza del ragionamento waltziano sta nella distinzione fra contesti politici gerarchici (retti da un governo centrale) e contesti politici anarchici (quelli che si reggono, nonostante l'assenza di un governo, attraverso la coordinazione reciproca e decentrata fra soggetti che interagiscono su basi di parit). Contrariamente a quanto si pensa, nel passaggio da contesto anarchico e contesto gerarchico non cambiano frequenza ed intensit del ricorso 19

alla violenza (in contesti gerarchici la violenza esiste sia esercitata verso l'alto ribellioni, rivoluzioni sia verso il basso repressione, sterminio). La differenza tra politica nazionale ed internazionale sta nella diversit dei modi di organizzarsi per l'impiego della forza. Nei contesti gerarchici, il governo a dover mantenere l'ordine e a detenere il monopolio della forza legittima (i civili delegano al governo la propria sicurezza e possono dunque dedicarsi ad altre attivit a tempo pieno attivit economiche). Nei contesti anarchici i soggetti (Stati) non possono delegare a nessuno la questione della propria sicurezza, ogni attore deve perseguirla da s, devolvendo parte dei suoi sforzi non alla promozione del proprio benessere, bens all'assicurarsi i mezzi per la difesa contro gli altri. Dunque nei contesti anarchici bene evitare la divisione del lavoro, cio evitare di delegare ad un altro Stato la propria sicurezza per concentrarsi su attivit di altra natura (perlopi economica). Infatti, se tale divisione pu portare vantaggi nel breve periodo, pu per portare maggiori rischi nel lungo periodo. L'influenza reciproca ma non per forza simmetrica che la divisione del lavoro comporta si presta ad essere manipolata politicamente per infliggere danni agli alleati nel momento in cui dovessero essi divenire nemici. Critica di Waltz al liberalismo: la ricerca di maggiori vantaggi assoluti tramite l'interdipendenza economica o una maggiore istituzionalizzazione internazionale solo apparentemente un calcolo razionale, poich queste collaborazioni esalterebbero alla lunga la vulnerabilit degli Stati. Il rapporto specifico che, secondo Waltz, lega gli attori e la violenza nei contesti anarchici sta nel fatto che l'anarchia induce al self-help. Ecco perch gli Stai sono gli unici attori rilevanti, perch essi sono i soli ad avere strutture specializzate nell'auto-difesa. Tre dimensioni analitiche della struttura internazionale:
1. Principio ordinatore 2. Differenziazione funzionale 3. Distribuzione della potenza Anarchia Assente, cio indifferenziazione funzionale: ogni Stato svolge le stesse funzioni degli altri che sono necessarie a produrre sicurezza Il modo in cui la distribuzione delle capacit individuali di offendere e difendere disegna il panorama potestativo che fa da sfondo ai comportamenti di ciascuna, tracciando il quadro di rischi e minacce cui esse devono rispondere.

La struttura internazionale riduce la variabilit degli esiti internazionali. Ci avviene per l'operare di due meccanismi presenti in ogni campo sociale: la competizione fra le unit (che genera un ordine a cui le unit adeguano le loro relazioni attraverso atti e decisioni autonome) e la socializzazione tra le unit (che limita e modella il comportamento degli attori). Di conseguenza, fintanto che non avvenga un passaggio da sistema anarchico a sistema gerarchico, l'unica componente della struttura internazionale suscettibile di cambiamento la distribuzione delle capacit tra gli attori. Fondamentale la distinzione tra mutamenti nel sistema (distribuzione di potere senza che la struttura vari) e mutamenti del sistema (variazione della struttura). Per Waltz il motore della politica internazionale l'equilibrio di potenza. L'anarchia induce infatti a politiche di bilanciamento con cui gli attori prevengono che la crescita di uno di loro possa tradursi in future minacce. Questo meccanismo funzione in modo diverso e produce diversi effetti nei sistemi che hanno diversa polarit tratti strutturali diversi. 1. Multipolari: pluralit di grandi potenze di simile peso, sono maggiormente interdipendenti sia in termini economici che in termini militari. Non hanno dimensioni territoriali sufficienti a renderle autonome tramite l'accumulo di risorse interne: dunque il bilanciamento interno non basta e va sommato al bilanciamento esterno (alleanze). 20

Inoltre, se ogni potenza forte abbastanza da poter essere una minaccia per le altre, vi incertezza sull'effettiva origine della minaccia; l'incertezza strategica riguarda anche la risposta alla minaccia poich il funzionamento delle alleanze afflitto dai tradizionali problemi di azione collettiva (buckpassing) e rende le politiche meno razionali e pi rigide. 2. Bipolari: solo due grandi potenze. Esse hanno dimensioni territoriali, economiche e militari sufficienti a garantire l'efficacia del bilanciamento interno, aumentando o diminuendo l'estrazione di risorse al proprio interno secondo necessit. Le super-potenze sono molto meno interdipendenti in termini economici rispetto ai loro alleati. Inoltre, il quadro strategico nel bipolarismo semplificato rispetto al multipolarismo, poich vi certezza sull'origine della minaccia. Infine, la politica di bilanciamento interno risulta pi affidabile di quello esterno per la certezza di informazioni sulle risorse effettivamente disponibili. Nei sistemi bipolari le alleanze sono meno rigide, visto che anche la perdita di un alleato non pregiudica la sicurezza della super-potenza e dei suoi protetti. Waltz giunge alla conclusione che gli attributi strategici dell'ambiente internazionale e del funzionamento delle politiche di bilanciamento interno ed esterno contribuiscono a rendere pi stabili i sistemi bipolari rispetto a quelli multipolari. CRITICHE Staticit: Waltz tematizza i mutamenti internazionali e le loro conseguenze in modo povero, poich confinato alla sola variazione della distribuzione sistemica della potenza, ed unilaterale, poich non tiene conto dei mutamenti che possono incidere su questa variabile, mutandone peso e significato. Perci Waltz perde di vista la complessit dei fenomeni internazionali poich li riconduce ad un'artefatta omogeneit assunta teoricamente nella concezione della struttura internazionale. Ruggie recensisce l'opera di Waltz e individua due fondamentali errori: 1. Idea che la competizione per la sopravvivenza renda necessariamente simili le unit del sistema nelle funzioni che svolgono (principio dell'indifferenziazione funzionale); 2. Wlatz non considera la densit dinamica delle transazioni che si verificano in una certa societ. Nella politica internazionale, questo concetto pu comprendere pi fattori es. sviluppi demografici o attributi delle attivit produttive. Waltz colloca tali fattori a livello delle unit e dei processi politici interni alle unit stesse, ed escludendo gli attributi delle unit singole dalla sua analisi, esclude tali fattori. Ruggie suggerisce invece che essi siano invece degli elementi che hanno rilevanza sistemica, pur avendo origine individuale. Se con il primo argomento Ruggie suggerisce che Waltz non considera i mutamenti strutturali che derivano dalla differenziazione tra le unit internazionali, con il secondo aggiunge che egli non considera i mutamenti sistemici di origine non strutturale (cio quelli di origine individuale).

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Capitolo 9 Hedley Bull e Adam Watson: dal sistema degli Stati alla societ universale
L'espansione della societ internazionale note sull'opera Definizione di sistema internazionale: riferimento all'interazione e alla reciproca sensibilit tra gli Stati. Definizione di societ internazionale: riferimento all'accettazione di regole comuni. Distinguere tra sistema e societ importante. La societ internazionale un punto di riferimento centrale nell'opera di Bull, poich, rispetto al sistema, solo essa pu assicurare la durata e le trasformazioni delle istituzioni della vita internazionale, pu operare profondamente nel campo dei valori, pu sostenere (ma pure contrastare) l'ordine esistente dando peso a quelle esigenze umane che vanno oltre l'ordine e che Bull riassume col termine giustizia. Metodo di ricerca di Bull e Watson: commistione storia/ teoria. La storia permette di mantenere un contatto con la molteplicit degli avvenimenti, d il senso di uno svolgimento ricco e concreto. La teoria (secondo Bull, sempre pi vicina all'esperienza concreta) giova ad individuare le categorie pi adatte per coordinare, per interpretare il flusso degli eventi, per collegare presente e passato. Le categorie principali per studiare il mondo delle relazioni internazionali restano sistema internazionale e societ internazionale; queste suggeriscono poi altre categorie utili per intendere periodo, questioni, sviluppi diversi. Percorso storico dell'opera: la formazione di un sistema europeo, tra XV e XVII-XVVIII secolo, acquista un risalto speciale, soprattutto se la si considera, come fa Bull, rispetto alla costruzione parallela seppure un poco pi tarda d'una societ internazionale europea. Gli esempi classici che ogni tanto ricorro uno su tutti, la Grecia antica al confronto hanno meno rilievo. Il sistema europeo, invece, offre l'esempio straordinario di un sistema che gradualmente si compenetra con una societ internazionale, anche se le istituzioni Stato sovrano, diplomazia, grandi potenze, diritto, ecc possono operare su piani diversi. Nella sua analisi Bull giunge alla seguente conclusione: Non cos difficile immaginare che il sistema di Stati, mentre continuer ad esistere come un sistema multinazionale, potrebbe cessare di essere una societ internazionale [] Dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nonostantele illusioni di rafforzamento della societ intrenazionale create dall'ampliarsi di campi d'applicazione del diritto e dal moltiplicarsi delle organizzazioni internazionali, all'interno del sistema di Stati il consenso relativo agli interessi e ai valori comuni in declino. Le divisioni ideologiche seguite alla rivoluzione bolscevica, la rivolta dei popoli e degli Stati extraeuropei al dominio occidentale e l'espansione del sistema di Stati al di l dei suoi originari confini europei (od occidentali) hanno prodotto un sistema internazionale in cui l'area del consenso, se paragonata a quella presente nel 1914, si notevolmente ridotta cit. da L'espansione della societ internazionale, trad. it. 2005, pag. 297 La vita internazionale in et moderna e contemporanea: continuit e discontinuit La ricerca storica dell'opera parte dal XV secolo e connette lungo e breve periodo, passato e presente. Questa impostazione d'analisi conferma l'ipotesi di Bull secondo cui il carattere del tema relazioni internazionali (al di l delle differenze tra luoghi ed epoche, civilt e culture) profondamente unitario. Nel libro si presta grande attenzione agli imperi extraeuropei (ottomano, tartaro, indiano, cinese) ed al senso che essi manifestano di autosufficienza; si guarda alla loro esistenza di societ chiuse per quanto possibile in se stesse, ben lontane comunque dall'ammettere una qualsivoglia superiorit europea e inclini magari all'opposto nel corso dei vari incontri con i rappresentanti europei. 22

Gli autori de L'espansione sono del tutto inclini a sottolineare la lentezza dello svolgimento dell'espansione del sistema europeo (o all'europea): partendo dal XV secolo, la svolta si ha tra la fine del XVIII e la met del XIX secolo, specialmente grazie alla rivoluzione industriale e alle possibilit che essa offre. Il nuovo sistema un sistema di dominio. Gli autori ne mostrano spesso la spietata durezza: gli Stati europei, e quelli che s'inseriscono attivamente nel nuovo ordine, ottengono una supremazia, spesso incurante degli ostacoli, sempre pi accentuata ed estesa, mentre la societ internazionale europea o all'europea si rafforza anch'essa, assume configurazioni nuove, mostra un robusto esclusivismo. Il sistema, come sistema di dominio, volto a estendersi su scala mondiale, si basa pur sempre sull'interazione tra Stati; ma l'interazione ha una portata sempre maggiore ed opera sempre pi in profondit. Il sistema di dominio che si viene instaurando, inoltre, mobile, pluralista, concorrenziale. L'accordo fra le grandi potenze che hanno preso la direzione degli affari mondiali pu anche essere inteso come il simbolo e lo strumento del dominio europeo, ma il giudizio non pu andare oltre un certo limite: le grandi potenze troppe volte seguono ognuna la propria strada. Per descrivere l'idea di un club di Stati civili che ammettono discrezionalmente nuovi soci si utilizzata l'espressione standard of civilization. Questa idea ha un corrispettivo nel diritto internazionale, con la clausola del riconoscimento costitutivo che permette l'inserimento effettivo tra gli Stati civili. Lo standard of civilization, un po' paradossalmente, se trasposto sul piano politico-giuridico con la questione della civilt, riduce (non accresce) la contrapposizione generale tra le varie civilt. La societ internazionale tende a mettere in magior rilievo quei criteri europei che hanno (possono avere) valore universale. Tra questi, l'ordine basato su Stati sovrani: il sistema europeo in via di divenire mondiale, la societ europea o all'europea che sta acquistando un orizzonte universale viene per duramente colpito dalla guerra del 1914. vittima in particolare lo stesso rapporto tra sistema e societ, che costituisce uno dei lati pi caratteristici dello svolgimento della vita internazionale del XVIII e XIX secolo. Sconvolgimento: dopo il 1945 da qualche decina si passer a ben duecento Stati sovrani. Il nuovo sistema di Stati pu apparire irriconoscibile rispetto a quello del pre-1945. Il tratto di continuit sta nel fatto che l'unit base del sistema nuovo come di quello vecchio resta lo Stato sovrano. La stessa protesta contro l'Occidente incardinata sulla richiesta di giungere all'indipendenza come Stati sovrani. Il giudizio va tuttavia temperato: spesso il nuovo Stato sovrano tale solo per nome, senza libert e autonomia reali vive d'una vita precaria, debole economicamente e instabile socialmente; lo Stato strumento di pochi per gestire affari e clientele (Stati falliti, Stati canaglia, con elevati livelli di corruzione). Alla ricerca di una societ internazionale universale Sino a che punto c' una societ internazionale globale, nel senso di una fede in valori, regole ed istituzioni comuni distinta da un sistema internazionale globale, della cui esistenza nessuno dubita? La frammentazione del sistema rende di per s problematico il richiamo a valori regole e istituzioni comuni, al di l del ricorrente riferimento allo Stato sovrano come patrimonio comune. A conclusione del libro Bull e Watson propongono due diverse visioni del futuro del sistema internazionale: una pessimista, l'altra pi possibilista:

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Futuro pessimista Adda Bozeman


Svanita la mediazione europea, le varie societ presenti nel mondo attuale risentono del peso delle loro culture, del loro tradizionalismo millenario che, in definitiva, tende a renderle pressoch incomunicabili. E varie societ, per di pi, sostengono valori (autosufficienza, rifiuto degli stranieri, guerra, ecc) che si adattano ben poco ad una societ internazionale che sia in grado di raggiungere la pace.

Futuro possibilista Ronald Dore


Esaltazione delle modifiche in corso nelle societ di molti paesi, sulla nascita di legami transnazionali. Anche se Dore riconosce l'esistenza di ostacoli, fiducioso in una via d'uscita: anche se le culture tradizionali vivono di stereotipi, esse non sono immobili e possono evolvere nel tempo, aprendo spiragli di comunicazione verso l'esterno. Anche se l'lite degli Stati emergenti tendono pi alla strumentalizzazione delle culture che all'apertura al dialogo, Dore sottolinea come una cultura mondiale imperniata sull'esperienza Occidentale sia fatta propria da queste stesse lite e come questo avvicinamento culturale nei fatti possa far sperare nella diffusione di una nuova societ internazionale.

Bull pi vicino alla tesi di Dore che a quella della Bozeman: a conclusione del libro egli afferma che una nuova societ internazionale di Stati e popoli (erede sia del sistema all'europea che della protesta anti-occidentale) si stia formando, con grandi tendenze all'estensione di organizzazioni internazionali, all'uguaglianza razziale, alla maggior giustizia economica e alla fine d'ogni monopolio culturale.

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Capitolo 10 George Liska: la rivincita della storia


Nel suo libro The ways of power, Liska esplora le relazioni fra collettivit organizzate cos come sono influenzate da spazio (geografia) e tempo (storia). L'ambizione di Liska di ricostruirne sia i processi che i modelli correnti (patterns) di comportamento nei sistemi internazionali (inter-actor systems). Evoluzione: processo che non ha mai soluzione di continuit di trasformazione dei sistemi internazionali. Liska parla di evoluzione anzich di progresso perch il mutamento storico non interporetato come cumulativo o lineare n come passaggio da un assetto ad un altro qualitativamente superiore. L'evoluzione comporta che ci siano delle differenze tra le strutture e gli stadi di sviluppo che si succedono, ma anche somiglianze, le quali implicano ricorrenze e regolarit. Gli attributi di un sistema: Struttura
Micro-sistemi: imperniati su attori di ridotte dimensioni (es.: citt-Stato) e quasi sempre dominati da micro-attori (citt) a vocazione commerciale (es.: repubbliche marinare italiane).

Stadi di sviluppo
Proto-sistemi: sistemi in formazione, privi di relazioni stabilizzate e prevedibili tra attori. Il proto-sistema o viene inglobato da un attore forte (in genere, un impero collocato alla periferia del sistema) o autonomamente evolve in sistema cristallizzandosi ed istituzionalizzandosi (di rilievo nel processo di istituzionalizzazione sono la differenziazione sacro/profano e la differenziazione amministrazione civile/organizzazione militare) Sistema: si ha un sistema quando gruppi organizzati (attori) interagiscono tra loro in modo continuo. Meta-sistema: possibile evoluzione di un sistema, quando questo si trasforma in una comunit perch catturato da un impero che impone gerarchia politica e, col tempo, omogeneit culturale oppure quando questo protagonista di una stipulazione di patti federativi tra gli attori allo scopo di fronteggiare minacce esterne. Passando da sistema a meta-sistema (all'opposto di quando si passa da proto-sistema a sistema) gli attori sperimentano processi di dedifferenziazione culturale e perdita di specificit funzionale.

Macro-sistemi: coinvolgono attori di grandi dimensioni (Stati territoriali, imperi). Relazione macro-micro: in entrambe le strutture opera l'equilibrio di potenza, talvolta come esito di politiche razionali, pi spesso come prodotto involontario della competizione per risorse scarse tra gli attori del sistema. Passaggio da micro a macro raramente per cause endogene (espansione di uno degli attori interni al sistema che ingloba gli altri attori). Pi spesso cause esterne: micro-sistemi inglobati da macro-sistemi tramite conquista di stampo imperiale. N.B.: i microsistemi esercitano una profonda influenza culturale sui macro-sistemi che li assorbono.

N.B.: ad ogni fase cambiano le caratteristiche degli attori Dimensioni, numeri, spazio, condizionano il funzionamento dei sistemi internazionali e la loro evoluzione. Nei micro-sistemi, dove la ridotta dimensione degli attori si accompagna a una loro elevata coesione (o energia sociale), il potere si aggrega pi velocemente, pi rapido il passaggio da proto-sistema a sistema. Nei macro-sistemi, dove le dimensioni degli attori li rendono meno coesi, con un minor grado di energia sociale disponibile, il tempo per aggregazione del potere e cristallizzazione pi lungo. Fisica e tragedia nei sistemi internazionali Per fisica politica Liska intende un complesso di leggi (regolarit) relative all'operato di fattori come la dimensione, il numero degli attori, la distanza spaziale tra essi. Che le 25

relazioni inter-statali siano soggette a patterns ricorrenti dipende dal fatto che sono all'opera tali leggi. Nella visione di Liska, il sistema incide sulla formazione degli attori: l'ambiente fisico e sociale, la distribuzione (geografica ma anche sociale) delle risorse scarse, crea vincoli e opportunit che incombono sui costruttori dei gruppi territoriali organizzati. Una volta che il gruppo territoriale si formato, la relazione (in parte) cambia: da qual momento in poi saranno gli attori pi potenti a condizionare lo sviluppo del sistema. Il ruolo del terzo: assente nei sistemi uni- e bi-polari, fondamentale invece nei sistemi multipolari. La fisica politica non basta a comprendere le dinamiche dei sistemi internazionali: se cos fosse, le strategie degli attori sarebbero condizionate solo da calcoli di costi-benefici e da tentativi di selezionare i mezzi pi idonei per il perseguimento di fini razionalmente definiti. Ad un quadro cos chiaro e razionale va dunque aggiunta la componente tragedia: essa inerente al ruolo svolto dai conflitti tra visioni del mondo incompatibili e dalle passioni che essi alimentano (ergo: sistema internazionale decifrabile attraverso l'analisi di razionalit & passione). I cleavages perenni: Liska li definisce scismi, affermando che essi hanno condizionato la storia delle civilt dagli albori ad oggi, poich essi sono in grado di generare conflitto sia all'interno degli attori che nei loro rapporti reciproci. I grandi scismi sono tre: 1. Divisione tra secolare e profano; 2. Divisione tra Occidente ed Oriente; 3. Divisione tra potenze marittime e potenze coloniali. L'azione dei tre scismi condiziona le caratteristiche degli attori: le potenze marittime tendono alla libert interna e danno vita a regimi oligarchici anzich autoritari. Le potenze continentali, invece, tendono all'autoritarismo e impongono al loro interno relazioni fortemente gerarchizzate. Poi ci sono i dispotismi orientali, che diversamente da autoritarismi e totalitarismi occidentali non si fondano sulla distinzione Stato/societ e tendono ad isolarsi dall'esterno. Passione: guerra e rivoluzione. In tutti i sistemi internazionali che si susseguono, guerra e rivoluzione sono intimamente legate. L'energia passionale alimentata dai tre scismi si scarica sia all'esterno (guerre) che all'interno (ribellioni e rivoluzioni). Inoltre, le rivoluzioni conducono facilmente a guerre e le guerre innescano spesso rivoluzioni. Da cosa minacciato l'equilibrio di potenza: 1. Rivoluzioni; 2. Emergere di una potenza sempre pi forte alla periferia del sistema; 3. Sviluppi tecnologici. Il sistema pu recuperare equilibrio ricostituendo congruenza tra capacit (potere) e autorit tra attori (gruppi interni agli Stati o tra gli Stati stessi nei rapporti reciproci). I tre tipi di regime politico nella storia

Regime Regime assolutista Regime commerciale Regime autoritario

Caratteristiche Basato sull'alleanza trono/ altare. In particolare, le potenze marittime sono fondate sul dominio di un'oligarchia commerciale (Olanda, Inghilterra) Combinazione di autoritarismo burocratico e alleanza tra grande industria e propriet terriera (Germania bismarckiana)

Liska e le altre scuole di pensiero Liska critica la teoria neo-realista. Se le politiche degli Stati fossero condizionate solo dalle strutture sistemiche (intese in senso esclusivamente quantitativo bipolarismo/ 26

multipolarismo), come vuole la teoria neorealista, sarebbe esclusa la possibilit di cambiamento. Ma l'azione degli scismi, la lotta tra visioni del mondo che continuamente dividono gli attori ed alimentano i loro conflitti conferendo o togliendo legittimit agli assetti internazionali vigenti. Critica di Liska al liberalismo: non l'economia a prevalere sulla politica, bens la politica a vincolare e limitare le possibili azioni economiche. CRITICHE Punto debole 1: univocit della spiegazione. il contesto geopolitico e geostrategico a plasmare i regimi politici interni agli Stati la natura di tali regimi giustificata dalla politica internazionale. Liska dunque depotenzia l'influenza in senso opposto dalla politica domestica alla politica internazionale. Punto debole 2: sono le strutture internazionali a spiegare le strategie che gli attori possono porre in essere, non i loro assetti politico-istituzionali interni (ancora una volta, univocit della spiegazione). Liska non indaga in profondit le complesse interrelazioni fra dinamiche interne (domestiche) e dinamiche internazionali.

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Capitolo 11 Samuel Huntington: alle radici dello scontro tra civilt


L'opera, Lo scontro delle civilt e il nuovo ordine mondiale. Nel libro i fattori culturali vengono innalzati al rango di variabile indipendente per spiegare il sistema internazionale del dopo guerra fredda. La tesi di fondo: da un lato, l'ipotesi che l'equilibrio di potere si stia progressivamente spostando dall'Occidente all'Asia, e che la Cina (sul piano economico) e il mondo islamico (su quello ideologico e demografico) rappresentino una grande sfida per l'Occidente e per la stabilit dell'intero sistema internazionale; dall'altro, la convinzione che identit e cultura rappresenteranno nel futuro pericolosi fattori di mobilitazione dei popoli, pi di economia e ideologia (che prevalevano come fattori di mobilitazione nel passato). La cultura e le identit culturali che a livello ampio corrispondono alle culture delle stesse civilt saranno alla base dei processi di coesione, disintegrazione e conflittualit che caratterizzeranno il mondo post-guerra fredda. Huntington sostiene che ogni civilt, nonostante possa sviluppare strumenti per sopravvivere pi a lungo, destinata infine a morire: quanto accade oggi alla civilt occidentale, che mirava a diventare civilt universale ed ha invece fallito. L'autore parla dunque di un Occidente indebolito e per questo vulnerabile alle sfide che stanno emergendo, cio affermazione asiatica e rinascita islamica. 1. La prima sfida potenza economica asiatica (che si originata in Giappone negli anni Cinquanta e che, dopo le Tigri asiatiche, giunta in Cina) non solo pericolosa sul piano materiale, ma pure su quello culturale, se si considera che il successo economico percepito in Asia come prodotto dei valori peculiari della propria societ. 2. La seconda sfida risveglio dell'Islam (che pareva assopito dopo il crollo dell'Impero Ottomano e che oggi, dopo decenni di forzato laicismo, torna a mobilitare le popolazioni mediorientali) sia culturale che materiale e si accompagna alla forse pi temibile minaccia demografica. Infatti, Huntington consapevole che una popolazione molto giovane pi predisposta ad abbracciare ideologie radicali rispetto ad una popolazione pi matura. Kin-country syndrome: sindrome dei paesi fratelli. Non serve sottolineare come questa sindrome possa portare ad una escalation di conflitti micro facendoli degenerare in conflitti macro tra civilt: ecco perch Huntington prevede una Terza guerra mondiale come esito sia di una escalation di guerre di faglia (le guerre combattute nel mondo avvengono quasi tutte lungo le faglie, ovvero i confini tra le varie civilt), sia di un mutamento degli equilibri di potere a livello globale tra le diverse civilt. Uno scontro, quest'ultimo, che verosimilmente assumer le sembianza di una guerra anti-egemonica tra civilt dominante e sfidanti. E in questo senso, i primi sfidanti saranno, secondo Huntington, la civilt confuciana alleata a quella islamica.

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Capitolo 12 Alexander Wendt: la costruzione sociale della politica internazionale


L'anarchia ci che gli Stati fanno di essa. Wendt critica la logica per cui la politica internazionale sarebbe dominata principalmente da forze materiali, e ritiene piuttosto che per comprenderla si debba riconoscerla come un insieme costituito da idee condivise create e mantenute dagli attori e dalle loro politiche. Come altre istituzioni quali la sovranit e la moneta, l'anarchia , a suo parere, una realt costruita socialmente, ovvero un fenomeno il cui significato e le cui conseguenze dipendono dalla distribuzione delle idee tra un certo numero di attori situati in uno specifico contesto storico. La fissit identitaria dell'anarchia si presenta come l'obiettivo critico principale del costruttivismo di Wendt. Egli separa il concetto waltziano di self-help e anarchia al fine di mostrare come la competizione aggressiva non sia una propriet dell'anarchia ma il risultato di un particolare processo di interazione. Una volta creata, una costruzione sociale si presenta come una realt con la quale gli attori devono fare i conti e che produce un sistema di vincoli e incentivi a cui gli stessi attori non possono facilmente sottrarsi. Dunque, i vincoli creati dalle idee condivise sono oggettivi e costrittivi come quelli che nella visione neorealista sono imposti dalle forze materiali (la struttura bi- o multi-polare). Ontologia del sistema internazionale e critica al materialismo Definizione di ontologia: studio delle strutture fondamentali e necessarie dell'essere in generale, a prescindere dalle sue concrete e individuali manifestazioni. Il realismo descrive la politica internazionale sulla base della distribuzione delle capacit militari nel sistema. Tuttavia, se il realismo fornisse un'immagine corretta del funzionamento della vita internazionale non si capirebbe perch per gli Stati Uniti 500 bombe nucleari britanniche sono meno preoccupanti delle 5 possedute dalla Corea del Nord. A parere di Wendt, ci che d significato alle forze di distruzione sono le relazioni di distruzione in cui esse si trovano radicate: le idee comuni, siano esse cooperative o conflittuali, che strutturano l'esercizio della violenza tra Stati. Distinzione tra: 1. Fatti bruti: fatti che esistono indipendentemente dalle istituzioni umane e quindi non sono costruiti socialmente; 2. Fatti sociali (o istituzionali): sono accordi taciti sul significato della realt bruta, necessitano di istituzioni umane per esistere e produrre effetti. Wendt non mette in dubbio la rilevanza dei fatti bruti, non solo perch i fatti sociali necessitano di essi per esistere, ma anche perch le condizioni materiali svolgono due effetti indipendenti dalle idee: A) esse definiscono i limiti fisici di ci che gli attori possono fare; B) gli elementi materiali definiscono conti e benefici delle diverse azioni che un attore pu intraprendere. In sintesi, il costruttivismo di Wendt si fonda su due principali assunti: 1. le strutture dell'associazione umana sono primariamente determinate da idee condivise e non da forze materiali; 2. le identit e gli interessi degli attori, bench fondamentali per comprendere la politica internazionale, sono costruiti da queste idee e non sono dati naturali. Poich il primo assunto idealista mentre il secondo ha natura strutturale, il costruttivismo di Wendt pu essere definito come idealismo strutturale. Infine, Wendt nega che l'anarchia materiale implichi la competizione aggressiva tra Stati: dal momento che la struttura della politica internazionale ideazionale, sistemi che contengono la stessa distribuzione delle capacit militari possono avere logiche radicalmente diverse se 29

sono caratterizzati da distinte distribuzioni delle idee. Le tre culture anarchiche Le idee condivise a livello internazionale formano la cultura del sistema che, a seconda di come gli Stati si costituiscono mutualmente, pu assumere tre principali contenuti:
Tipologia Anarchia hobbesiana Ruolo dello Stato nei confronti dell'Altro Nemico Descrizione
Non esistono freni normativi al ricorso alla violenza, che viene utilizzata in modo illimitato al fine di eliminare dal sistema l'Altro, piuttosto che essere volto a dirimere un conflitto. L'uso della forza considerato legittimo, ma viene utilizzato in modo circoscritto sia per quanto riguarda i mezzi impiegati, sia per gli scopi perseguiti e soprattutto non un mezzo per eliminare l'Altro. In questo tipo di sistema la sovranit non un mero dato materiale, ma un'autentica istituzione internazionale che si regge sul riconoscimento attribuito dagli Stati. Gli attori non solo si riconoscono come portatori di diritti e doveri ma, pur rimanendo in competizione tra loro, risolvono i conflitti senza il ricorso alla forza e considerano la sopravvivenza dell'Altro parte essenziale della propria stessa sicurezza (comunit di sicurezza).

Anarchia lockiana

Rivale

Anarchia kantiana

Amico

Sistema internazionale, societ anarchica e cultura Wendt imputa a Waltz e a Bull l'errore di identificare, da un lato, cultura comune e idee condivise con la cooperazione e la pace e, dall'altro, lo stato di natura con guerra e conflitto. A suo parere, invece, non c' relazione tra l'estensione della cultura e delle idee condivise in un dato sistema e il grado di cooperazione presente al suo interno. Il costruttivista Wendt sottolinea come anche la guerra hobbesiana di tutti contro tutti possa fondarsi su un insieme di idee condivise la cultura pu creare o conflitto o cooperazione. L'errore di Bull in particolare stato quello di aver identificato una cultura comune con la societ e la cooperazione, quando invece la conoscenza condivisa e le sue manifestazioni norme, regole, ecc sono analiticamente neutrali rispetto a cooperazione e conflitto. Le norme sono buone o cattive, poich possono tanto istigare alla pace quanto fomentare la violenza (ad esempio affermando che fare la guerra glorioso). Wendt afferma che, una volta strutturati i ruoli, l'interazione diviene relativamente prevedibile nel tempo e genera tendenze omeostatiche che stabilizzano l'ordine sociale. La cultura tende a riprodurre se stessa. Il meccanismo tramite cui l'interazione tra Stati tende a produrre tale risultato quello dell'apprendimento complesso (distinto dall'apprendimento semplice): in questo non solo i comportamenti, ma anche le identit da cui derivano gli interessi degli attori vengono modificate. Le forme culturali che si riproducono soprattutto attraverso la coercizione tendono ad essere le meno stabili; viceversa, quelle che lo fanno attraverso la legittimit tendono ad essere le pi stabili. Wendt suggerisce dunque che il cambiamento strutturale, che dipende da un mutamento nelle pratiche (processo) che sostengono e reificano le culture anarchiche, sia pi semplice in un mondo dominato dalla coercizione, ovvero nel mondo descritto dai realisti.

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Incertezza e mutamento Da un lato Wendt ammette che ad uno sguardo superficiale alla politica internazionale si veda che gli Stati conoscono bene le intenzioni altrui, altrimenti la vita internazionale sarebbe impossibile. Dall'altro lato egli spiega che ci accade perch gli Stati non ragionano in modo possibilista, sulla base si un'insuperabile incertezza in cui non si hanno informazioni sulle intenzioni altrui e in cui tutto possibile, ma al contrario ragionano in maniera probabilistica su un bacino di conoscenze comuni prodotte dalla passata e presente interazione con gli Altri. Secondo Wendt sia l'ostilit che l'amicizia nascono da corrette informazioni sulle intenzioni degli Stati e non dalla loro assenza o inaffidabilit. Pecca dell'opera di Wendt: essa difetta di una teoria del cambiamento. Se Wendt descrive bene la natura mutevole dell'anarchia e fornisce una spiegazione delle ragioni per cui una volta prodotte le diverse anarchie sopravvivono nel tempo, egli non spiega tuttavia perch gli Stati ad un certo punto inizino a comportarsi diversamente dalla cultura anarchica nella quale operano. L'autore non d cio conto di quelle azioni che destabilizzano le strutture precedenti e ne generano di nuove (es.: come e perch si passa da una cultura hobbesiana ad una lockiana o kantiana?)

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Capitolo 13 Bruce Russet e John Oneal: la teoria neokantiana della pace perpetua
L'opera: Triangulating peace: democracy, interdependence and international organizations. considerato un classico delle RI. Anzitutto il volume costituisce una summa delle ipotesi, verifiche empiriche e rielaborazioni teoriche della scuola neo-kantiana. Russet e Oneal (da ora in poi R&O) elaborano congiuntamente le ipotesi chiave di tre dei pi importanti filoni della riflessione liberale sulla pace, riunendoli sotto l'egida del disegno kantiano: la pace democratica, la pace attraverso il commercio e la pace attraverso il diritto. In secondo luogo, Triangulating peace indaga empiricamente molti dei collegamenti reciproci tra quei tre ordini di argomentazioni, proponendo un disegno complessivo di ragguardevole portata, secondo cui le tre vie kantiane alla pace si rafforzerebbero vicendevolmente e sarebbero a loro volta rafforzate dal consolidamento di relazioni pacifiche tra Stati. Infine, R&O confrontano direttamente le tre ipotesi kantiane tra loro, valutandone la rilevanza anche rispetto alle principali ipotesi realiste, culturali e neo-marxiste di spiegazione della guerra. Il treppiede kantiano Accanto alle spiegazioni realiste della guerra (per lo pi mono-causali), R&O propongono una spiegazione multi-causale: una pace positiva deve maggiormente fondarsi sui te pilastri kantiani democrazia, interdipendenza e diritto e organizzazioni internazionali pi che sulla politica di potenza. Kant concordava con Hobbes nell'affermare che talvolta la pace poteva essere perseguita con uno squilibrio di potere, avendo una super-potenza che previene il conflitto: ma entrambi ammettono che una simile pace tenue e precaria. Dunque R&O recuperano due assunti realisti in linea con il neo-liberalismo cio: anarchia sistemica e ruolo predominante dell'interesse nazionale. Ne scaturisce una politica internazionale potenzialmente cooperativa, che si differenzia tanto dalla lettura essenzialmente cooperativa (utopismo), quanto da quella sostanzialmente conflittuale (realismo). La pace democratica: evidenze empiriche e dibattiti Partendo dal concetto di democrazia definizione di Dahl: suffragio ampio, elezioni libere, pluripartitismo, elezione diretta o responsabilit parlamentare e richiamando il primo articolo de La pace perpetua (nessuna conclusione di pace, che sia stata fatta con la riserva segreta della materia di una guerra futura, deve passare per tale), R&O indagano la complessa rete di relazioni triangolari che porta alla pace. Il rispetto della sovranit popolare, della libert e dell'eguaglianza individuali e del principio di separazione dei poteri cifre primarie delle democrazie rappresentative (le repubbliche kantiane) garantiscono un controllo sostanziale sull'uso della forza tra Stati sovrani. Invece, negli Stati a regime non democratico la scelta se combattere o meno riservata ai sovrani, non ai cittadini. Le democrazie appaiono pi pacifiche nei loro rapporti reciproci rispetto a qualsiasi altro tipo di diadi (coppie) di Stati. In virt della sua tenuta alla prova dei fatti, l'ipotesi diadica assurta a tesi (impropriamente definita teoria della pace democratica o pace separata) ed eguagliata addirittura a ci che abbiamo di pi vicino ad una legge empirica nelle relazioni internazionali. Spostando il fuoco analitico dai cittadini ai decisori, stato notato come la natura trasparente e complessa dei processi di formulazione delle politiche estere nei regimi democratici ne riduca la conflittualit nei rapporti con le altre democrazie, generando al contempo una loro pari bellicosit nei confronti degli Stati a regime non democratico. I leader democratici sono infatti sottoposti a vincoli maggiori rispetto a quelli autocratici, 32

segnatamente rispetto alla decisione di imbracciare le armi nei confronti di un alto Stato. Una critica di stampo realista sostiene che sono gli interessi degli Stati a motivarne la condotta, non i loro regimi interno. L'assunto fondamentale del realismo infatti che l'unico attore del sistema internazionale lo Stato sovrano self-interested. Ogni mossa dell'attore determinata dal perseguimento di potere e arricchimento per s nell'ambito del contesto internazionale in cui si trova ad operare tali mire non cambiano al cambiare del regime interno, la politica estera ha una continuit propria indipendente dalle discontinuit di regime domestico. Dunque, secondo questa lettura, la pace democratica un fenomeno confinato al periodo della guerra fredda quando gli Stati democratici avevano un incentivo ad allearsi contro il blocco non-democratico per perseguire al meglio i propri interessi nazionali indipendentemente dal fatto che fossero tutte democrazie. Sarebbe stata una preoccupazione per la sicurezza a limitare il conflitto ad ovest, non la democrazia e il commercio: le implicazioni per il futuro di una simile tesi sono che la fine della guerra fredda potrebbe essere la fine della pace tra gli Stati liberali. Secondo questa critica la tesi di Triangulating peace per cui la pace democratica sarebbe una legge generale sbagliata. R&O si interrogano su questa critica e indagano la realt empiricamente tramite schemi diadici: controllando l'effetto della convergenza diadica degli interessi nazionali (misurati tramite la similitudine delle preferenze di voto in seno all'Assemblea generale dell'ONU) sulla propensione al conflitto, il modello kantiano rimane valido anche rispetto al caso della lunga pace. Infatti, pur riscontrando empiricamente il ruolo rilevante degli interessi di sicurezza, essi ipotizzano che democrazia ed interdipendenza economica ne influenzino addirittura la formazione, avendo quindi sia un effetto diretto sulla pace che uno indiretto, tramite l'azione sulla variabile realista per eccellenza (la ricerca di sicurezza). Commercio e pace Secondo R&O Stati che sono sia pi interdipendenti dal punto di vista economico a livello bilaterale, sia pi aperti nei confronti di tutti gli altri partner economici, hanno meno probabilit di scontrarsi violentemente. Quando poi i loro regimi sono democratici, c' una ulteriore probabilit che i due paesi non si facciano la guerra. In secondo luogo, viene confutata la tesi dependencista, secondo cui una relazione commerciale fortemente asimmetrica ridurrebbe l'effetto pacificatore del commercio: la variabile relativa allo Stato pi dipendente entro la relazione diadica (il probabile attaccante, secondo questa lettura) non statisticamente significativa. Circoli virtuosi: Stati democratici commerciano di pi tra loro e tendono ad aderire di pi alle organizzazioni internazionali, le quali favoriscono la diffusione della democrazia e un ampliamento delle relazioni commerciali, con un effetto di moltiplicazione dei sentieri che conducono alla pace. La pace attraverso il diritto Kant parla non di trattato di pace bens di federazione di pace: mentre il primo ha lo scopo di porre fine ad una particolare guerra, la federazione porrebbe fine a tutte le guerre per sempre. Aderendo ad una tale federazione (le moderne organizzazioni internazionali) gli Stati si confrontano con una serie di incentivi che ne influenzano il comportamento: positivamente se agiscono conformemente ai dettami istituzionali; negativamente (sanzioni) quando si trovano ad agire al di fuori o contro tali dettami. Alla critica secondo cui l'elevata interdipendenza pre-1914 non stata sufficiente ad evitare una guerra sistemica, R&O obiettano che non basta un singolo caso (quello deviante) a confutare una legge generale che abbia validit statistica, citando dati a favore comunque di un maggiore interscambio tra gli Stati alleati in quel periodo. Essi notano altres come il progetto di Adenauer, De Gasperi e Monnet sarebbe da ricercarsi 33

tra i circoli virtuosi di liberal-democrazia, crescita, apertura commerciale e istituzionalizzazione dei rapporti tra Stati sovrani a livello inter- e sovranazionale. Rifacendosi a letture sia neo-funzionaliste che costruttiviste sulle origini del fenomeno integrativo europeo, R&O ipotizzano che processi analoghi possano riguardare anche altre aree che presentino in parte condizioni simili.. Conclusione La prescrizione kantiana per la pace perpetua non si giustifica solo sulla base della condivisione di valori liberali quali la tolleranza e la risoluzione non violenta dei conflitti. Piuttosto la visione kantiana foriera di benefici proprio perch non dipende solamente da elementi intangibili quali valori, norme e identit condivisa. Essa egualmente sostenuta dall'interesse individuale di cittadini e decisori politici.

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