L’attitudine per l’impossibile

An aptitude for the impossible

A cura di / Curated by Odo Fioravanti, Giulio Iacchetti, Francesca Picchi

CREATED IN ITALY
L’attitudine per l’impossibile
An aptitude for the impossible

Mostra sul paesaggio

dell’industria italiana
nell’ambito della Promozione
del Sistema Paese
An exhibition featuring
the landscape of Italian industry
within the framework of
Cultural and Economic
Promotion and Innovation L’attitudine per l’impossibile

An aptitude for the impossible

Ministro degli Affari Esteri
e della Cooperazione
Internazionale
Minister of Foreign Affairs
and International Cooperation A cura di / Curated by Odo Fioravanti, Giulio Iacchetti, Francesca Picchi
Luigi Di Maio

Direttore Generale
per la Promozione
del Sistema Paese
Director General
for Cultural and Economic
Promotion and Innovation
Lorenzo Angeloni

Capo dell’Ufficio VIII

(Promozione Culturale,
Istituti Italiani di Cultura)
Head of the Cultural
Promotion Office
Giuseppe Pastorelli

www.createdinitaly.it
 6 Introduzione PRIMI SOTT’ACQUA ALTO ARTIGIANATO DELLO SPIRITO UN APPROCCIO CIRCOLARE ALLA BIOECONOMIA
CREATED IN ITALY FIRST UNDERWATER HIGH CRAFSTMANSHIP OF SPIRIT A CIRCULAR APPROACH TO BIOECONOMY
L’ATTITUDINE PER L’IMPOSSIBILE Cressi Sub Nonino Catia Bastioli
Introduction
CREATED IN ITALY IL DESIGN CHE SALVA LA VITA PROGETTATI PER SPARIRE
AN APTITUDE FOR THE IMPOSSIBLE LIFESAVING DESIGN DESIGNED TO DISAPPEAR L’IDEA UN PO’ MATTA DI PENSARE
Lorenzo Angeloni Dainese Novamont “INVERTIAMO LA LOGICA”
THE SLIGHTLY CRAZY IDEA OF THINKING
RIPULIRE IL MARE COL GRAFENE MAKE-UP MAKERS “LET’S REVERSE THE LOGIC”
8 Note dei curatori CLEANING THE SEA WITH GRAPHENE Omnicos Group Lorenzo Frangi
STORIE DI FABBRICHE ITALIANE Directa Plus
Curators’ notes ENGINEERED WOOD
STORIES OF ITALIAN FACTORIES 3D MULTI-COLOR Pedrali ESISTE UNA VIA SQUISITAMENTE
Odo Fioravanti, Giulio Iacchetti, Eumakers ITALIANA DI FARE UN PRODOTTO
Francesca Picchi SUPERPOTERI DEI MATERIALI DI DESIGN IN UN MONDO GLOBALIZZATO?
LA MULTINAZIONALE DEI CONTADINI SUPERPOWERS OF MATERIALS IS THERE AN EXQUISITELY ITALIAN WAY
THE FARMERS’ MULTINATIONAL Petroceramics OF CREATING A DESIGN PRODUCT
10 I DESIGNER, LE FABBRICHE E L’IMPOSSIBILE Falci IN A GLOBALISED WORLD?
DESIGNERS, FACTORIES AND THE IMPOSSIBLE MIRABILI CONNESSIONI SOTTERRANEE Eugenio Perazza
Odo Fioravanti, Giulio Iacchetti SELLE BIOMECCANICHE STAMPATE IN 3D ADMIRABLE UNDERGROUND FITTINGS
3D-PRINTED BIOMECHANICAL SADDLES Plastitalia
Fizik IL MECCANISMO CHE MUOVE LA CREATIVITÀ
12 ESISTE LA BIODIVERSITÀ PER GLI OGGETTI? AUTONOMOUS ROBOTIC ITALIANA È QUELLO DI CERCARE UNA
DOES BIODIVERSITY EXIST FOR OBJECTS? SARTORIA TECNOLOGICA PER SUPERCAR Springa SOLUZIONE IN OGNI MODO POSSIBILE
Francesca Picchi TECHNOLOGICAL SUPERCAR TRIMMING THE MECHANISM THAT DRIVES ITALIAN
Fontana Group GROUND HERO CREATIVITY IS TO LOOK FOR A SOLUTION
Terre Davis IN EVERY POSSIBLE WAY
16 Approfondimento A PESCA DI LAMPADE Celestino Panzeri
I BISOGNI SON DESIDERI FISHING FOR LAMPS SAFETY CELL
Insight Foscarini Tecno Tessile Adler
NEEDS ARE WISHES QUELLO CHE PER QUALCUNO È UNO SCARTO,
Enrico Morteo MATERIALI MONTESSORI DOWN SIDE UP PER NOI È UNA PREZIOSA MATERIA PRIMA
MONTESSORI MATERIALS Vibram WHAT IS WASTE FOR OTHERS IS VALUABLE
GAM RAW MATERIAL FOR US
26 STORIE DI FABBRICHE ITALIANE (Gonzagarredi Montessori) Antonella Nonino
Proposta di atlante dell’attitudine italiana 98 Contributi
per l’impossibile U.F.O. UNPOLLUTING FLYING OBJECTS STORIE DI IMPRESE NON COMUNI
STORIES OF ITALIAN FACTORIES Gemar Contributions UNA FORMULA PER REINVENTARE
Proposal for an atlas of the Italian aptitude STORIES OF UNCOMMON ENTERPRISES IL LEGNO, RIDURRE GLI SCARTI
for the impossible SICURI IN ALTA QUOTA E PRESERVARE LE ESSENZE PREGIATE
HIGH ALTITUDE SAFETY A FORMULA FOR REINVENTING WOOD,
Grivel UN PRODOTTO, OLTRE CHE FUNZIONALE, REDUCING WASTE AND PRESERVING
SUPER SUPERFICI DEVE ANCHE ESSERE BELLO VALUABLE SPECIES OF WOOD
SUPER SURFACES NUOVE FORME DEL SUONO A PRODUCT MUST BE BEAUTIFUL AS WELL Vittorio Alp i
Abet Laminati NEW SHAPES OF SOUND AS FUNCTIONAL
K-Array Alberto Bombassei
LA REINVENZIONE DEL LEGNO BREVE ACCENNO ALLA STORIA DEI MATERIALI
THE REINVENTION OF WOOD L’INVENZIONE DEL MOSCHETTONE MONTESSORI
Alpi INVENTING THE CARABINER IL MADE IN ITALY DELLA SUBACQUEA A SHORT HISTORY OF MONTESSORI MATERIALS
Kong ALL’INSEGNA DI QUALITÀ E SICUREZZA con /with Michele Dal Trozzo
DA 300 KM/H A 0 IN 3,79 SECONDI SCUBA DIVING EQUIPMENT MADE IN ITALY
FROM 300 KM/H TO 0 IN 3.79 SECONDS INFINITE FORME DI PASTA IN THE NAME OF QUALITY AND SAFETY
Brembo INFINITE PASTA SHAPES Linda Kaiser 138 Note sull’allestimento
Landucci MOSTRARE L’IMPOSSIBILE
NATURALMENTE A PROVA DI FUOCO Notes on the exhibit design
NATURALLY FIREPROOF SUSTAINABLE TEXTILE L’ARTE DELLO SFALCIO A MANO: SHOWING THE IMPOSSIBLE
Coex Limonta L’UOMO E I SUOI STRUMENTI Mario Trimarchi
THE ART OF HAND CUTTING:
PAESAGGI MONOMATERICI IMPRENDITORIA ENZIMATICA PEOPLE AND THEIR TOOLS
MONO-MATERIAL LANDSCAPES ENZYMATIC INDUSTRIAL MANAGEMENT Stefania Riboli
Crea Concrete Design Magis
 Introduzione
CREATED IN ITALY
L’ATTITUDINE
PER L’IMPOSSIBILE
Ambasciatore Lorenzo Angeloni
Direttore Generale per la Promozione del Sistema Paese
Da un punto di osservazione privilegiato, la realtà produttiva italiana si mostra
complessivamente come una sorta di materia iridescente, affascinante.
A ognuna di queste sfumature corrisponde una declinazione merceologica,
tipologica, produttiva che sa brillare di un bagliore vivo, dinamico,
di industriosità consistente e perenne operosità. Come quando si scopre
un tesoro di cui non ci si può appropriare, l’istinto è quello di correre nella città
più vicina e raccontare a tutti di questa scoperta, con gli occhi pieni di questa
magnificenza, con le parole dello stupore e della meraviglia. È questa sensazione
di urgenza che spesso ci troviamo a rincorrere come rappresentanti dell’Italia
nel mondo, la necessità impellente di raccontare a tutti le capacità infinite e
le forme molteplici della nostra storia, della nostra cultura, del fare e pensare.
Da queste riflessioni è nato il progetto di una mostra che potesse provare
a raccontare un concetto evidente all’osservazione, ma nei fatti complesso
da descrivere e in realtà così connaturato al sistema produttivo: la sostanza
di una attitudine del sistema delle fabbriche italiane a porsi come interlocutore
ideale con cui sviluppare progetti di innovazione e prodotti di eccellenza.
Per costruire una prima mappatura di prodotti e realtà produttive abbiamo
pensato di affidarci a un gruppo curatoriale composto da due industrial designer,
Giulio Iacchetti e Odoardo Fioravanti, e da una curatrice, Francesca Picchi,
e alla loro visione capace di distillare un racconto paradigmatico e coinvolgente.
Una mostra che quindi si fa strumento vivo di lavoro e promozione e non già
celebrazione delle gesta del Bel Paese o di una storia gloriosa. E soprattutto,
una mostra che sarà un primo contributo alla costruzione ideale
di un possibile atlante di racconti unici e – nella nostra speranza – ripetibili,
come una geografia fantastica fatta non solo di “dove”, ma anche di “cosa”
e ancor più di “come”.
6
Introduction
CREATED IN ITALY
AN APTITUDE
FOR THE IMPOSSIBLE
Ambassador Lorenzo Angeloni
Director General for Cultural and Economic Promotion and Innovation
From a special vantage point, the Italian manufacturing industry can look like
an iridescent, fascinating subject.
Each of these shades corresponds to a product‐related, typological
and productive interpretation that shines with a dynamic, vibrant glow
of consistent industriousness and enduring workmanship. Just like
when you discover a treasure that you cannot claim, the instinct is to run
to the nearest town and tell everyone about this discovery, with eyes filled
with this magnificence, with words of astonishment and wonder. It is this feeling
of urgency that we often find ourselves chasing as representatives of Italy
in the world, the urgent need to tell everyone about the infinite capacity
and multiple forms of our history, our culture, of our ways of doing and thinking.
These reflections gave rise to the idea of an exhibition that could try
to explore a concept that seems obvious at first glance, but which is in fact quite
complex to describe and so ingrained in the production system: the essence
of the Italian manufacturing sector’s ability to act as an ideal point of contact
with which to develop innovative projects and products par excellence.
In order to create an initial overview of products and manufacturers,
we decided to rely on a curatorial team made up of two industrial designers,
Giulio Iacchetti and Odoardo Fioravanti, and a curator, Francesca Picchi,
and on their vision capable of distilling a paradigmatic and engaging story.
An exhibition that is therefore a living instrument of work and promotion
and not just a celebration of the exploits of the Bel Paese or of a renowned history.
And above all, an exhibition that will be a preliminary contribution
to the construction of a possible atlas of unique and – we hope – repeatable
stories, like a fantastic landscape made up not only of “where”, but also of “what”
and especially of “how”.
 Note dei curatori
STORIE DI FABBRICHE ITALIANE
Odo Fioravanti
Giulio Iacchetti
Francesca Picchi
CREATED IN ITALY è un’esplorazione dell’industria italiana e ha l’ambizione
di mettere in scena un racconto appassionato del saper fare italiano affinché
emerga, dall’insieme di tante singole storie, un affresco della qualità
produttiva e delle sue caratteristiche. Tra queste spiccano l’ostinata ricerca
della perfezione unita a un ormai ben noto spirito d’invenzione; la costante
tensione per la sperimentazione che spinge a forzare i limiti della materia;
il piacere per il prodotto ben fatto; la messa a punto degli strumenti
per migliorare la vita delle persone; la passione per le cose belle
e la vita vissuta a pieno; la generosità nell’accogliere le sfide, nel costruire
“su misura” i prodotti, nel saper adattare processi e tecniche a questo scopo.
La mostra intende offrire un racconto aperto del sistema industriale italiano,
senza la pretesa di essere esaustiva. Un primo passo verso la conoscenza
dell’estrema varietà di oggetti e costellazioni di tipologie di prodotti
che caratterizza la produzione italiana: quella stessa varietà capace
di descrivere la complessità delle qualità manifatturiere tipicamente italiane.
L’eterogeneità del paesaggio industriale italiano ricalca, infatti, la diversità
del paesaggio naturale così incredibilmente unico nel suo essere ricco
di differenze (dalle Alpi al mare, dalla pianura agli Appennini, dai vulcani
alle isole...). Sotto questo profilo, la mostra si propone di accrescere
la consapevolezza dell’importanza di questa complessità che non può
che riflettersi anche nei prodotti industriali. È su questa molteplicità
di oggetti e ricerche che si inquadra il retaggio del lavoro fatto “a regola
d’arte” di matrice artigianale, un imprinting che permane, evolvendosi,
nel contesto industriale.
Questa testimonianza di un campione di esempi significativi, frutto di spinte
creative diverse, è accompagnata da approfondimenti in una mostra “parallela”
sul web, in modo da offrire spunti, divulgare e rendere più accessibili
i contenuti e le storie raccolte in questa nostra esplorazione di una realtà
molteplice e in continua trasformazione.
8
Curators’ notes
STORIES OF ITALIAN FACTORIES
Odo Fioravanti
Giulio Iacchetti
Francesca Picchi
CREATED IN ITALY is an exploration of Italian industry and its aim is to present
a vivid picture of Italian expertise. The exhibition brings together numerous
individual stories, in an attempt to outline the quality and characteristics
of Italy’s multifarious production. Conspicuous among these national features
are a stubborn search for perfection and a renowned spirit of invention,
a constant urge to experiment and to force the limits of materials. Others include
the pleasure derived from a product well made, the ongoing development
of ways to improve people’s lives, and a delight in things of beauty, in lives
fully lived. Plus a generous response to challenges, a flair for making products
“to measure”, and a knack of adapting processes and technologies to that end.
The exhibition seeks to offer a broad picture of the Italian industrial system.
Without claiming to be exhaustive, it is an introduction to the staggering variety
of objects and constellations of artefacts that are the hallmarks of Italian industry,
helping to describe the complexity of typically Italian manufacturing qualities.
The heterogeneity of Italy’s industry reflects the diversity of a natural landscape
astonishingly unique in its wealth of differences (from the Alps to the sea, from
plains and valleys to the Apennines, volcanoes and islands…). From this angle the
exhibition is intended to illustrate the importance of such complexity and how it
also reflects on the country’s industrial products. It is this multiplicity of objects and
developments that surrounds Italy’s heritage of state-of-the-art craftsmanship,
with an imprinting that persists and evolves within the industrial context.
This array of striking examples is the fruit of a richly creative diversity.
Accompanied by in-depth scrutiny, interviews and a website, it indicates points
of departure and aims to expand this first collection of stories. But its overriding
purpose is to circulate and make more accessible the contents and cases
displayed in our exploration of a naturally manifold, ever-changing reality.
Odo Fioravanti Note dei curatori
Giulio Iacchetti
La prassi quotidiana di chi si trovi a praticare il nobile lavoro del disegno
industriale in Italia è rappresentata dall’incontro con realtà produttive,
segmenti manifatturieri, tecniche, capacità ed esperienze strabilianti
ed esclusive proprie del tessuto economico nazionale. Sono sempre espresse in
forma di meraviglia le parole delle aziende e dei designer stranieri che hanno
visto idee che sembravano solo ipotesi fluttuanti diventare possibilità attuabili.
La solidificazione delle idee si configura così come una caratteristica
del paesaggio industriale e semi‐industriale italiano.
I DESIGNER, LE FABBRICHE E L’IMPOSSIBILE
Le idee, qui in Italia, possono trasformarsi da sostanze evanescenti
e iridescenti a prodotti solidi, fino a manifestarsi come emozionanti presenze
che rappresentano una sfida accettata e vinta.
Ecco così prendere forma l’idea di una mostra che porti in scena il racconto
di queste capacità singolari, un racconto fatto per esempi paradigmatici
di prodotti che hanno spinto le tecniche, le sperimentazioni, i materiali
e il saper fare oltre il limite conosciuto, ponendosi come nuovi paradigmi.
Per molti versi una raccolta di storie che potrebbero sembrare “sintomi”
di una sorta di “pazzia produttiva”, incarnata da persone che scommettono,
spesso guidate da un: “proviamo a fare”, invece di adagiarsi su un comodo:
“non si può fare”.
Questa esplorazione dell’industria italiana fa emergere un arcipelago
di esperienze riuscite che rappresentano i picchi di una attitudine che ha reso
unica la nostra nazione. Un sistema di aziende medie o piccole che però ha
sortito il gigante effetto di cambiare la storia della cultura materiale del mondo.
La stessa idea della disciplina del design che da mero disegno degli oggetti
si trasforma in medium e strumento poetico di racconto e di riflessione, rimane
un traguardo che si deve alla nostra storia produttiva e progettuale.
Il racconto si svolge come un piccolo atlante di prodotti finiti, ma anche
di prototipi che rappresentano step di sviluppo di questi pezzi e di campioni
che segnano i differenti passaggi produttivi, che – come in un ideale processo
di congelamento delle fasi – danno la possibilità di leggere la metamorfosi
della materia che si fa oggetto di senso compiuto.
Esporre percorsi progettuali e risultati così insoliti e imprevisti è un modo
per raccontare l’attitudine tutta italiana delle nostre imprese a vivere
e trasformare problemi in opportunità.
Con l’idea di poter trovare sempre un imprenditore italiano disposto a rendere
“possibile” l’apparente “impossibile”, a traslare informazioni e conoscenze
da un mondo merceologico all’altro, da una prassi industriale all’altra, senza
rigidità, con una passione pura per il fuori canone, con un atteggiamento
euristico professato in modo leggero e profondo insieme.
Questa mostra, ospitata nelle sedi degli Istituti Italiani di Cultura nel mondo,
è uno strumento che intende promuovere il “saper fare”, così da poter attrarre
altre menti creative. Un’occasione per facilitare il dialogo e la collaborazione
tra aziende italiane e internazionali, ponendo in essere un repertorio di episodi
di ricerca e sviluppo perfettamente riusciti, ossigeno puro per chi cerca luoghi
produttivi aperti a incontrare idee che puntino verso l’innovazione, portando
sistemi economici diversi a incontrarsi e scambiare energie.
E soprattutto si consuma un’epifania della bellezza nella sua forma più pura:
quella che plasma le cose e i gesti produttivi, dandogli un senso profondo che
supera l’estetica della loro parte fisica e si amplia fino a concetti di giustezza
– per l’adempimento degli scopi – e giustizia – per gli effetti di costruzione
di un migliore futuro possibile.
10
Odo Fioravanti Curators’ notes
Giulio Iacchetti
DESIGNERS, FACTORIES AND THE IMPOSSIBLE
The day-to-day routine of people practising the great art of industrial design in Italy
brings them into contact with the amazing realities of production, manufacturing
segments, expertise and experience peculiar to this country’s economic fabric.
Foreign firms and designers who have watched ideas that seemed only vaguely
hypothetical turn into feasible possibilities are always flabbergasted.
The solidification of ideas is thus a feature of the Italian industrial and semi-
industrial landscape. Ideas, here in Italy, can be transformed from evanescent,
iridescent substances into actual products, and ultimately into emotive answers
to a challenge accepted and overcome.
And so the idea of an exhibition that would stage the story of these remarkable
capacities came into being. It would present paradigmatic examples of products
that have driven technologies and experiments, materials and expertise beyond
their known limits until they themselves are paradigms. In many ways our exhibit
is a collection of stories. They might give the impression perhaps, of being
“symptoms” of a “productive madness”, but they are stories of people prepared
to risk, whose motto is often “let’s give it a try” instead of resting on the easier
“it can’t be done”.
This exploration of Italian industry reveals an archipelago of successful
endeavours, representing the peaks of an attitude that has made our nation unique.
And all thanks to a system of medium or small businesses that have nevertheless
achieved the gigantic feat of changing the world’s history of material culture.
That same idea of our discipline, as the transformation of the mere drawing
of objects into a medium and poetic instrument of storytelling and reflection,
is embedded in Italy’s productive and design history.
The story unfolds as a minor atlas of finished products, but also of prototypes
as steps in the development of pieces and samples during their various stages
of production. As if in an ideally frozen process, each phase helps to explain the
metamorphosis of matter into finished objects.
To exhibit paths of design and such unusual, unexpected results is a means
of recounting the intrinsically Italian ability of our industrial enterprises to tackle
and transform difficulties into opportunities.
The idea being that somewhere an Italian entrepreneur can always be
found who is prepared to turn the seemingly “impossible” into the “possible”,
to move information and know‐how from one trade sector to another, from one
industrial practice to the next; not rigidly, but with a passion for the unexplored,
and a heuristic attitude professed lightly yet deeply too.
This exhibition, hosted by Italian Cultural Institutes worldwide, is intended
to promote industrial expertise so as to attract other creative minds. In this way,
a dialogue and collaboration between Italian and international companies can be
created to establish a repertoire of perfectly accomplished instances of research
and development. This is pure oxygen for anyone on the lookout for productive
situations open to ideas focused on innovation, while bringing different economic
systems into contact and exchanging energies.
Above all, an epiphany of beauty occurs in its purest form: that of shaping things
and productive deeds. Giving them a depth beyond the aesthetics of their
physical existence, it expands to embrace concepts of justness – in the fulfilment
of purposes – and of justice – through the effects of building a better possible
future.
Francesca Picchi Note dei curatori
In un panorama sempre più omogeneo di beni e prodotti, un concetto simile
alla biodiversità può essere applicato ai prodotti industriali? Come sappiamo,
la biodiversità è la differenziazione biologica tra individui della stessa
specie in relazione alle condizioni ambientali. Come gli esseri viventi,
anche i prodotti industriali hanno bisogno di un terreno fertile in cui nascere
e prendere forma, e in un modo molto simile si legano alla cultura
e alle risorse del territorio e sono influenzati dall’ambiente in cui le idee sono
accolte per essere sviluppate, lavorate, ingegnerizzate e tradotte in realtà.
È un fatto che la dimensione di aziende costruite su scala globale,
la parcellizzazione dei processi decisionali, la separazione della produzione
dalle altre ‘fasi’ industriali, una logica conformata all’omologazione innata
nelle direttive del marketing, l’outsourcing, la deindustrializzazione e molti
altri fenomeni legati ai cambiamenti introdotti dalla globalizzazione
minacciano l’estrema diversità che ha caratterizzato la produzione industriale
ESISTE LA BIODIVERSITÀ PER GLI OGGETTI?
fin dalle origini, fin da quando ha riversato con l’irruenza di una rivoluzione
una moltitudine di merci diverse innestandosi nelle molte culture materiali
diverse. Oggi, l’incombere di un modello che prospetta l’immagine di un unico
grande mercato ha innescato un processo simile a quello dell’estinzione
dei viventi che pare riversarsi anche sul panorama multiforme dei prodotti
industriali proiettando, su un orizzonte unificato di merci e prodotti, oggetti
sempre più uguali tra loro. Da questo punto di vista, l’esplorazione sull’industria
italiana che abbiamo affrontato in occasione della mostra “Created in Italy”
ha invece portato alla luce un infinito ventaglio di oggetti e prodotti nati
in contesti diversi la cui la varietà sembra seguire l’andamento molteplice
di un paesaggio dove il legame “materiale” tra l’uomo e la natura è a suo modo
fortissimo, pur nelle modulazioni sottilmente diverse.
La caleidoscopica produzione di oggetti e prodotti italiani, e la sua qualità
frutto di una continua opera di messa a punto, in parte si deve alle vocazioni
nette dei distretti, talmente radicati nei territori da essere parte integrante
di un paesaggio entrato in simbiosi con la produzione dei suoi manufatti,
in parte si deve anche all’iniziativa di imprenditori ingaggiati in competizioni
che hanno il sapore di gare di Formula 1, spingendoli a primeggiare
con sempre nuove invenzioni o prodotti sempre più perfezionati; questi fattori
però non sono che una delle tante ragioni che definiscono lo scenario su cui
si staglia forse la più decisiva: la tradizione artigiana. Perché è questo
il terreno su cui, specialmente in Italia, si è innestata l’industria, generando,
nell’intreccio di innumerevoli contraddizioni, un vincolo dai contorni
inestricabili a cui si deve senz’altro l’imprinting che porta gli industriali ad agire
da sarti intenti a realizzare su misura i prodotti. Altrettanto contraddittorio
e inestricabile è il rapporto con l’agricoltura: si direbbe che le caratteristiche
che la rendono unica in Italia sono le stesse che rendono altrettanto speciale
l’industria. L’estrema frammentazione del paesaggio agricolo italiano infatti
– considerata un problema dagli osservatori dell’industria agroalimentare
– è il riflesso di una tradizione sedimentata nell’arco di migliaia d’anni
che ha lasciato sul territorio italiano una straordinaria varietà di specie coltivate.
Solo nel campo dell’uva, per fare un esempio, nel Registro delle varietà redatto
dal Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste sono iscritte 469 varietà di uve
da vino con 1.140 cloni e 120 di uve da tavola con 98 cloni. Nello stesso modo
la produzione industriale italiana, come si è detto, innestandosi in una tradizione
artigianale antica di secoli, ha lasciato sul territorio italiano una straordinaria
varietà di oggetti e prodotti, e una cultura materiale densamente stratificata.
Questo nostro campionamento costruito sull’eterogeneità dei casi proposti
è, dunque, solo un parziale riflesso di questa pulsione per la diversità
e la differenza che emerge come un tratto caratteristico non solo della
produzione industriale italiana, ma della natura stessa di questo nostro Paese,
un carattere forse poco valorizzato che invitiamo a guardare con una nuova
consapevolezza per il suo valore ancora allo stato latente: da preservare.
12
Francesca Picchi Curators’ notes
In an increasingly homogeneous landscape of properties and products,
can a concept similar to biodiversity be applied to industrial products?
As we know, biodiversity is the biological differentiation between individuals
DOES BIODIVERSITY EXIST FOR OBJECTS?
of the same species in relation to their environmental conditions.
Like living beings, industrial products, too, need fertile ground on which
to grow and flourish. And, in a very similar way, they are linked to the culture
and resources of a given territory, influenced by their surroundings in which
ideas are received to be developed, processed, engineered and realised.
It is a fact that the size of companies built on a global scale, the parcelling
of decision-making processes, the separation of production from the other
industrial ‘phases’, a logic of standardisation ingrained in marketing
management, outsourcing, deindustrialisation and many other factors linked to
the changes introduced by globalisation, pose a threat to the extreme diversity
that has distinguished industrial output since its origins, ever since it began
to pour with the force of a revolution a multitude of diverse goods into numerous
different material cultures. Today, an impending model that envisages the image
of a single large-scale market has sparked a process similar to that
of the extinction of living beings. This seems also to have hit the multiform
panorama of industrial products, by projecting objects ever more alike onto
a unified horizon of goods and products. Instead, from this point of view,
the exploration of Italian industry conducted for this exhibition, “Created in Italy”,
casts light on an infinite sweep of objects and products arising in diverse
contexts. Their variety seems to follow the multiple state of a landscape where
the “material” link between human beings and their environment is, in its way,
very strong, albeit in subtly differing modulations.
The kaleidoscopic output of Italian objects and products, and its quality
attained through continuous improvement, is due in part to the clear vocations
of districts, so deeply rooted in their territories as to blend into a landscape
in symbiosis with the production of its goods. It is due, again in part,
to the initiative of industrial managers spurred by a competitiveness that smacks
of Formula 1 racing, and apparently determined to get into pole position by means
of ever newer inventions or better products. These, however, are just one of the
many reasons for a scenario that accentuates the most decisive reason of all:
the artisanal tradition. This is the background, especially in Italy, that industry is
grafted into. In a tangle of innumerable contradictions and inextricable restraints,
it certainly helps to explain an imprinting that causes the country’s industrialists
to act like tailors intent on making products to measure. Equally contradictory
and inextricable is the connection with agriculture, where the features making
it peculiar to Italy are the same as those that make Italian industry equally
special. The extreme fragmentation of the Italian agricultural landscape – seen
as a problem by observers of the agro-food industry – in fact reflects a tradition
sedimented in the course of thousands of years, depositing everywhere in Italy
a remarkable variety of cultivated species. In the field of grapes alone, by way
of example, the Register of varieties drawn up by the Ministry of Agriculture and
Forestry lists 469 varieties of wine grapes with 1,140 clones, and 120 table grapes
with 98 clones. Likewise, Italian industrial production, as we have said, by grafting
into a centuries-old craft tradition, has left on Italian territory an extraordinary
variety of objects and products, and an extraordinarily stratified material culture.
We have built this sampling on the heterogeneity of instances proposed.
It therefore only partially reflects the urge for diversity and difference that is such
a conspicuous feature not only of Italian industrial production, but of the very
nature of our nation. We invite you to view this perhaps under-appraised trait with
a fresh awareness of its still latent, yet to be fully appreciated value.
APPROFONDIMENTO
INSIGHT

I bisogni son desideri

Needs are wishes
 Approfondimento
I BISOGNI SON DESIDERI
Enrico Morteo
L’Italia è un paese complesso. Lo è geograficamente perché, in un territorio
tutt’altro che enorme, mette insieme montagne altissime e arcipelaghi
mediterranei, vulcani attivi e pianure alluvionali, laghi e una dorsale
appenninica che la innerva per ben 1.300 chilometri. Sebbene non abbia né in
latitudine né in longitudine estensioni straordinarie (circa 12 gradi di latitudine
fra la Vetta d’Italia a nord e Capo Maluk a sud; 6 gradi di longitudine fra Capo
d’Otranto a est e il territorio di Bardonecchia, Alpi Cozie, a ovest), di fatto
funziona da cerniera fra mondi fra loro lontanissimi. A nord, i territori dell’alta
valle d’Adige sono da sempre una porta aperta verso l’Europa settentrionale e
le popolazioni sassoni e germaniche. A sud, nelle giornate limpide, dalle coste
siciliane si scorgono a occhio nudo i rilievi della sponda tunisina. A ovest è
facile trovare influssi francesi e spagnoli in Sardegna, Liguria, Piemonte e Valle
d’Aosta. A est, complice il raccolto bacino dell’Adriatico, sono innumerevoli
i legami allacciati con le culture balcaniche e con altre e ben più lontane civiltà,
cresciute fra medio ed estremo oriente.
Una varietà geografica che si è tradotta in una multiforme complessità politica,
tanto più che, dalla caduta dell’impero romano e per una quindicina di secoli,
l’Italia è rimasta suddivisa in una moltitudine di regni, contee, marchesati,
principati e repubbliche, tutti in perenne conflitto fra loro o con gli innumerevoli
dominatori stranieri che in Italia si sono succeduti, dai Normanni ai Borbone,
dagli arabi ai francesi, dagli spagnoli agli austrici. Solo dalla metà del XIX secolo
il progetto di una rinnovata unità ha preso corpo e vigore, sino a giungere
nel 1861 a una effettiva riunificazione della penisola sotto le insegne della casa
Savoia. Una molteplicità di comunità sociali che si è riflessa in una cangiante
varietà culturale, una pluralità di modi, di lingue e dialetti che ha trovato
una sintesi riconosciuta e condivisa solo cinque secoli dopo le intuizioni
di Dante Alighieri e della sua lingua volgare, nazionale, popolare.
A questa ricchezza geo-culturale fa da contraltare una assai misurata
disponibilità di risorse e di materie prime. Poche le zone per coltivazioni
intensive e redditizie; scarsissime le fonti energetiche – pressoché assente
il carbone, minimi i giacimenti di idrocarburi, a regime incostante il corso
di fiumi e ruscelli nella parte centro‐meridionale della penisola; modesta
la presenza di minerali, a eccezione del solo alluminio. Una povertà relativa
che, se non ha condizionato sistemi economico-sociali a medio-bassa intensità
come quelli medioevali e rinascimentali, è diventata tangibile di fronte
all’accelerazione di una modernità orientata a produzioni e consumi in numeri
ingenti e quantità crescenti.
16
Insight
NEEDS ARE WISHES
Enrico Morteo
Italy is a complex country. Geographically, because in a territory by no
means enormous it brings together very high mountains and Mediterranean
archipelagos, active volcanoes and alluvial plains, lakes, and a 1300-kilometre
Apennine spine that runs almost the full length of the peninsula. Although it has
no extraordinary extensions either in latitude or longitude (about 12 degrees
latitude between Vetta d’Italia in the north and Cape Maluk in the south;
6 degrees longitude between Cape d’Otranto in the east and the Bardonecchia
territory, Alpi Cozie, in the west), it functions as a hinge between worlds very
far apart. In the north, the Alto Adige has always been a gateway to northern
Europe and to Saxon and Germanic populations. In the south, on a clear day, the
Tunisian coastline is visible to the naked eye from Sicily. In the west, French and
Spanish influences are easily spotted in Sardinia, Liguria, Piedmont and Valle
d’Aosta. In the east, the narrowly enclosed Adriatic basins allowed innumerable
links with Balkan cultures and other, far more distant civilisations that flourished
between the Middle and Far East.
This geographical variety gave rise to a multifarious political complexity.
From the fall of the Roman Empire and for the next fifteen centuries or so, Italy
was broken into a multitude of kingdoms, earldoms, marquisates, principalities
and republics, all in everlasting conflict with each other or with the innumerable
foreign powers that occupied Italy, from the Normans to the Bourbons,
the Arabs and the French, from the Spanish to the Austrians. It was not until the
mid-19th century that the project for a renewed unity gained strength, culminating
in the actual reunification of the whole peninsula in 1861 under the house
of Savoy. A multiplicity of social communities thus came to be reflected
in an iridescent cultural medley, a welter of customs, languages and dialects
gathered into a recognised and shared synthesis five centuries after the
intuitions of Dante Alighieri and his vulgar, national, popular language.
Contrasting this geo-cultural wealth was a woefully limited availability
of resources and raw materials, with few areas suitable for intensive and profitable
farming, a dearth of energy sources and almost no coal at all. Hydrocarbon
deposits were minimal. A changeable pattern of rivers and streams existed
in the south central part of the peninsula, whilst the country had only a modest
presence of minerals, with the sole exception of aluminium. This relative poverty,
although it did not adversely affect medium-low intensity socio-economic
systems like those of the Middle Ages and the Renaissance, became tangible
against an accelerated modernity focused on vast numbers and growing
quantities of consumer products.
Enrico Morteo Approfondimento
Spesso complessità e povertà sono stati identificati come i due poli di una
coppia complementare cui far risalire i limiti dello sviluppo economico e
sociale dell’Italia contemporanea. Intesa come accumulo di disparità, indice di
diseguaglianze, risultato di molteplici differenze, la complessità sarebbe alla
radice della difficoltà italiana nel definire un modello di sviluppo unitario, un
sistema economico coeso e capace di identificare obiettivi condivisi su cui far
convergere sforzi e risorse. Simmetricamente, la mancanza di materie prime
e la carenza di fonti energetiche parrebbe definire un orizzonte di stringenti
necessità, capaci non tanto di orientare quanto di condizionare le direttrici dello
sviluppo.
In vero, molti oggi si chiedono se per leggere il paesaggio dell’Italia del XXI
secolo sia ancora necessario far riferimento a questo lontano passato. È una
domanda lecita, ma credo che in questi termini sia una domanda mal posta.
Per quanto lontano, il nostro passato tuttora ci condiziona e ci definisce; a
essere cambiati, però, siamo noi, il modo in cui viviamo e il mondo in cui
abitiamo e, conseguentemente, occorre ripensare le categorie con cui ci
guardiamo alle spalle. Proviamo allora a rileggere complessità e povertà in
modo diverso e, anziché considerarle solo dei limiti, immaginiamo siano delle
opportunità. Complessità non solo come un’equazione a troppe incognite,
bensì come una condizione di abbondanza, una ricchezza che nasce dalla
somma di competenze e di saperi; analogamente, la povertà non sarà
semplicemente uno stato di privazione quanto la perfetta incubatrice per
nuovi bisogni, che sono gli autentici motori del desiderio. Talvolta basterà
isolare in quella abbondanza un elemento e svilupparlo per farne la chiave per
un nuovo percorso progettuale; in altre occasioni, una tecnica ben conosciuta
potrebbe rivelarsi innovativa se applicata a un settore diverso. Non sempre
occorre la profondità di un’invenzione: in molti casi è sufficiente muoversi
in orizzontale, scavalcare i confini delle abitudini e mescolare un poco le
carte. L’innovazione nascerà allora dalla capacità di dislocare in territori
inattesi conoscenze tradizionali o immettere nuovi linguaggi in settori
apparentemente e definitivamente maturi.
I BISOGNI SON DESIDERI
Facciamo allora un passo indietro e raccontiamo una storia che risale
esattamente a 100 anni fa. Fu proprio nel 1921 che Paolo Venini, milanese,
giurista ma soprattutto grande appassionato d’arte decise di investire
nel mondo del vetro veneziano. Non era un momento facile per le vetrerie
muranesi. Dopo aver occupato per secoli il vertice assoluto della produzione
mondiale, il vetro di Murano era in declino. L’affermarsi di un nuovo gusto
aveva decretato il sorpasso dei massicci cristalli molati di Francia e Boemia
rispetto alle eteree trasparenze muranesi, mentre moderni profili viennesi,
più sobri e asciutti, prendevano il posto delle delicate cromie naturalistiche
della scuola veneziana. Più che difendere una tradizione, si trattava di
traghettare nel presente un passato ormai logoratosi. Per prima cosa Venini
e i suoi soci veneziani (l’antiquario Cappellin e il pittore Zecchin) avviano
un percorso di semplificazione del vocabolario formale. Lo fanno guardano
al passato, recuperando forme e modelli di rinascimentale classicità. Nel
1925 Venini si separa dai veneziani per assecondare con maggior libertà il
proprio gusto personale, formatosi negli ambienti modernisti del Novecento
milanese. La direzione artistica viene affidata a Napoleone Martinuzzi, che
attua alcune prime aperture al linguaggio internazionale dell’art déco. Una
scelta confermata dalle sporadiche quanto significative collaborazioni con
Tommaso Buzzi e Gio Ponti. Sarà però l’incontro con Carlo Scarpa a segnare
la svolta definitiva. Iniziata nel 1932, la collaborazione fra Venini e Scarpa
proporrà per 15 anni un’ininterrotta teoria di novità, invenzioni, innovazioni.
Se Martinuzzi aveva gettato le basi per una diversa grammatica della figura,
Scarpa si limita a geometrie semplici e volumi quasi puri. Per reinventare
Murano, a Scarpa basteranno dei comunissimi vasi.
18
Enrico Morteo Insight
Complexity and poverty have often been identified as the two complementary
NEEDS ARE WISHES
poles responsible for the drawbacks of the economic and social development
of contemporary Italy. Seen as an accumulation of disparities, an index
of inequalities and the result of multiple differences, complexity would
seem to have been at the root of Italy’s difficulty in defining a unitary model
of development, a cohesive economic system capable of identifying common
objectives on which to converge efforts and resources. Symmetrically,
the lack of raw materials and energy sources would define a horizon
of stringent necessities, conditioning rather than orienting paths of development.
In reality, many people today wonder if, to understand the landscape of Italy
in the 21st century, we should still refer to our distant past. A legitimate question.
But in these terms it is, I believe, a misguided one. However distant, our past
continues to affect and to define us. It is we ourselves, though, that have changed,
in the way we live and the world we inhabit. Consequently, we need to rethink
the categories through which we look back. So let us re-examine complexity
and poverty from a different angle. Instead of regarding them only as limits,
we shall try to imagine them as opportunities. Complexity, then, is not only
an equation with too many unknowns, but a state of abundance, a wealth
arising from a sum of competences and wisdoms. Likewise, poverty need
not be seen simply as a state of privation, but rather as the perfect incubator
of new needs, the real drivers of a desire. Sometimes it will suffice to isolate an
element of that abundance and make it the key to a new design development.
At other times, a familiar technology might prove innovative if applied
to a different sector. We don’t always need to rely on the depth of an invention.
In many cases it is enough to move horizontally, to cross the boundaries of habit and
reshuffle the cards slightly. Innovation will thus spring from the capacity to direct
traditional knowledge into unexpected territories, or to inject fresh approaches
into seemingly and definitively mature sectors.
So let us now take a step back in time, to tell a story that began exactly 100 years
ago. It was in 1921 precisely, that Paolo Venini, a Milanese jurist but above all
a great art lover, decided to invest in Venetian glass. It was not an easy time
for the Murano glassmakers. After having for centuries occupied the absolute
peak of world output, Murano glass was declining. The establishment
of a new taste had imposed a preference for the solid ground glass of France
and Bohemia instead of the ethereal transparencies of Murano. Meanwhile, drier
and more sober, Viennese profiles had ousted the delicate naturalistic colourings
of the Venetian school. The need was not so much to defend a tradition as to ferry
into the present a past that had lost its lustre. Venini and his Venetian associates
(the antique dealer Cappellin and the painter Zecchin) began by simplifying
the vocabulary of form, looking into the past, retrieving forms and models
of renaissance classicality. In 1925 Venini separated from the Venetians, in order
to pursue more freely his own personal tastes, acquired in early 20th century
Milanese modernist circles. He appointed Napoleone Martinuzzi as his art director,
who introduced a number of initial openings towards the international idiom
of art deco, a choice endorsed by Venini’s sporadic but significant collaborations
with Tommaso Buzzi and Gio Ponti. It was an encounter with Carlo Scarpa, however,
that marked the real turning-point. Having begun in 1932, the collaboration between
Venini and Scarpa continued for the next fifteen years, with an uninterrupted
succession of novelties, inventions and innovations. Whilst Martinuzzi had laid
the foundations for a different figurative grammar, Scarpa confined himself
to plain geometries and near-pure volumes. To reinvent Murano, all Scarpa
needed were ordinary vases. But how fascinating those elementary objects
became: with their echoes of ancient Rome, declared explorations of Chinese
and Japanese art, and updated Viennese delights. Fearlessly, Scarpa overcame
the traditional Murano lightness and worked instead with thick glazed masses.
Not just airy transparencies but rugged, corroded, iridescent opacities,
Enrico Morteo Approfondimento
I BISOGNI SON DESIDERI
Ma quante suggestioni in quegli oggetti elementari: citazioni dell’età
romana, dichiarate incursioni nell’arte cinese e giapponese, aggiornate
influenze viennesi. Senza timore Scarpa supera le tradizionali leggerezze
muranesi e lavora con masse vetrose e forti spessori. Non solo aeree
trasparenze ma opacità scabrose, corrose, iridescenti ottenute aggredendo
le superfici con molature, sabbiature, abrasioni. Scarpa approfitta
del virtuosismo delle vetrerie muranesi e si appropria della maestria
nella composizione dei colori, ma ne ribalta la tradizione innestandovi eco
di nuove culture e lontani immaginari. Quella innescata da Venini e Scarpa
non è tanto una ristrutturazione produttiva quanto una vera e propria
rivoluzione culturale, che riscrive contemporaneamente tecniche e linguaggi.
Osserviamo da vicino questa vicenda e identifichiamone i protagonisti:
in primo luogo Murano, un grumo di competenze e di esperienze
produttive, che in linguaggio contemporaneo definiremmo un distretto;
Paolo Venini, un imprenditore, colui che coltivando un desiderio esprime
un bisogno di intervenire e trasformare lo status quo delle cose;
Napoleone Martinuzzi, Tommaso Buzzi, Gio Ponti e soprattutto Carlo Scarpa,
tutti artisti e progettisti, ovvero tecnici capaci di intervenire nel processo
di definizione di una forma o di un oggetto, agendo tanto sullo stile
quanto sulla tecnica di lavorazione. Ma, a ben vedere, sono soprattutto
degli operatori culturali capaci riconnettere a nuovi immaginari in evoluzione
un patrimonio di conoscenze tradizionali altrimenti consumato dal tempo.
Facciamo ora un passo di lato e dall’Adriatico ci spostiamo al mare Tirreno.
Lo sfondo è quello del porto di Genova alla metà degli anni Trenta, dove un
gruppo di ragazzi appassionati di immersioni dà una mano a pescatori e
marinai quando si tratta di sbrogliare una cima impigliata in un corpo morto
o un’ancora rimasta incagliata sul fondo. I materiali per le immersioni sono
in gran parte di produzione francese, ma quando cessano le importazioni
dall’estero, Egidio e Nanni Cressi, Duilio Marcante e Ludovico Mares
dovranno arrangiarsi con soluzioni men che artigianali: vetri molati a mano
e approssimative saldature a caldo di guarnizioni in gomma. Sarà la guerra
a fornire a questi ragazzi nuove amicizie e un nuovo, decisivo bagaglio di
competenze e informazioni tecniche.
Sotto le armi conoscono Luigi Ferraro, eroe di guerra e membro della X-Mas,
e Dario Gonzatti, cui si deve la messa a punto di un autorespiratore a ossigeno
a uso sportivo, direttamente derivato da quello adottato dai subacquei della
marina militare. Alla fine della guerra, Cressi e Mares tornarono a Genova,
dove fondano la USS ‐Unione Sportivi Subacquei e avviano le prime produzioni
di materiali tecnici, a partire proprio dall’autorespiratore a ossigeno.
Sciaguratamente, Gonzatti muore nel 1947 durante un’immersione: sarà
la tragedia che convincerà Marcante e Ferraro a stilare un vero manuale
per le immersioni subacquee. Sistematizzando le esperienze e gli accorgimenti
adottati dai sommozzatori militari e codificando in modo univoco la relazione
che intercorre fra durata delle immersioni, profondità raggiunta e tempi
di decompressione, i due definiscono il primo metodo didattico per insegnare/
imparare a immergersi in sicurezza.
Dunque non solo produzione di oggetti, quanto elaborazione di conoscenze:
l’attività didattica iniziò nel 1948, quando la Cressi chiese a Luigi Ferraro
di organizzare all’isola d’Elba i primi corsi di turismo subacqueo al mondo.
Solo due anni più tardi la USS organizzava la prima crociera subacquea alle isole
Tremiti, mentre la scuola genovese dominava tutte le competizioni sportive
del settore. È in questo contesto che prendono forma le prime attrezzature
sportive moderne: è del 1952-53 la maschera Pinocchio, la prima maschera
a vetro unico che, lasciando emergere il profilo del naso, consente una efficace
decompressione dei timpani; solo dell’anno successivo sono le pinne Rondine,
con scarpetta anatomica e nervature di irrigidimento della pala palmata.
20
Enrico Morteo Insight
achieved by attacking his surfaces with grindings, sandblastings and abrasions.
Scarpa exploited the virtuosities of Murano glassmaking and appropriated
its masterly colour compositions. But he shook up its tradition by grafting echoes
of new cultures and distant imaginaries into it. What Venini and Scarpa sparked
was not so much a restructured production as a veritable cultural revolution
that involved techniques as well as languages.
Let us observe these events and identify their protagonists. Firstly, Murano,
a clump of productive expertise and experience, which in contemporary
terms could be called a district; Paolo Venini, an entrepreneur, someone who
by cultivating a desire expresses a need to intervene and transform a status quo;
Napoleone Martinuzzi, Tommaso Buzzi, Gio Ponti and especially Carlo Scarpa,
who were all artists and architects, hence with the technical capacity to act
on the definition of a form or object, on its style and its processing. But primarily,
they are cultural masters, with the ability to reconnect, through freshly evolving
imaginaries, a heritage of otherwise outdated traditional wisdoms.
Moving across from the Adriatic to the Tyrrhenian Sea, our next background
is the port of Genoa. Here, in the mid-1930s, a group of young diving enthusiasts
would lend a hand to fishermen and sailors whenever a rope or an anchor
grounded on the sea bed needed disentangling. Their dive materials were
for the most part made in France. But when foreign imports were halted, Egidio
and Nanni Cressi, Duilio Marcante and Ludovico Mares had to make do with their
own artisanal hand-ground glass and approximate hot-welded rubber linings.
It was the war that drew these youngsters into new friendships and supplied them
with a decisive new store of technical skills and information. While serving in the
army they met Luigi Ferraro, a war hero and X-Mas member, and Dario Gonzatti,
who developed an underwater breath tank for recreational scuba uses, derived
directly from the one used by the Italian Navy. At the end of the war, Cressi and
Mares returned to Genoa, where they founded USS (Unione Sportivi Subacquei)
and launched their first technical products, starting precisely from the oxygen
cylinder. Gonzatti died in 1947 during a dive, a tragedy that convinced Marcante and
Ferraro to draw up a full-blown scuba-diving manual. Drawing on the experiences
and expedients adopted by military divers, and codifying the relation between
the duration of a dive, depths reached and decompression rates, the two men
compiled the first method for teaching and learning diving in safety.
So they were not only producing objects but processing knowledge. Their
business began in 1948, when the Cressi firm asked Luigi Ferraro to organise on
the isle of Elba the world’s first tourist scuba-diving courses. Just two years later,
NEEDS ARE WISHES
USS arranged the first scuba cruise to the Tremiti islands, while the Genoese
school dominated all of the sector’s sports competitions. It was against this
background that the earliest modern sports equipment took shape, with the
introduction of the Pinocchio mask in 1952-53. This was the first single lens
mask, with a nose pocket allowing eardrum decompression. A year later came
the Rondine fins, with anatomical foot pocket and stiffening ribs on a webfoot
fin. 470 years after Leonardo Da Vinci’s embryonic intuitions for the first webfoot
gloves. To better define these protagonists, Egidio Cressi and Ludovico Mares
were two friends whose desire to satisfy their passion for scuba diving was
transformed into an entrepreneurial project. Cressi and Mares were also the
experts who dominated the making of technical equipment components. Next
to them, Luigi Ferraro and Duilio Marcante were no less enthusiastic or skilled.
But their role was to reorganise into a new form the basics of a developing
discipline. It is here, in this movement of know-how to other areas, in this case
from a military experience to the sociality of a recreation waiting to be invented,
that a new horizon opened up for design and the development of new products
that established a small new industrial district. Once again it was desires that
sparked needs, which in their turn spurred the necessary know-how towards
the designing of fresh and concrete solutions.
Enrico Morteo Approfondimento
Giusto 470 anni dopo le embrionali intuizioni di Leonardo Da Vinci per i primi
guanti palmati. Proviamo nuovamente a definire meglio i protagonisti: i fratelli
Cressi e Ludovico Mares sono appassionati che trasformano il desiderio di
soddisfare le proprie passioni in un progetto imprenditoriale. Cressi e Mares
sono anche gli esperti che dominano le componenti tecniche delle attrezzature.
Accanto a loro Luigi Ferraro e Duilio Marcante non sono meno appassionati
o competenti, ma si assumono il ruolo di riorganizzare in una forma nuova
le conoscenze di base di una disciplina in via di definizione. È qui, in questo
slittamento che disloca altrove la conoscenza, traslandola in questo caso
dall’esperienza militare alla socialità di un tempo libero tutto da inventare, che
si apre lo spazio d’intervento del progetto e il margine per l’elaborazione di nuovi
prodotti, che daranno vita a un nuovo piccolo distretto produttivo. Ancora una
volta sono i desideri a innescare i bisogni, e questi sono la molla per indirizzare
competenze e conoscenze verso il progetto di nuove e concrete soluzioni.
Naturalmente potremmo raccontare molte altre storie, piccole avventure
I BISOGNI SON DESIDERI
imprenditoriali o colossali imprese multinazionali, come fu il caso della
Olivetti. Fondata da Camillo Olivetti nel 1908, l’azienda partiva da zero nella
progettazione e produzione di macchine per scrivere. Ispirandosi a modelli e
metodi americani, Olivetti procede elaborando ricerca di base, innovazione
tecnologica e sviluppo di prodotti, sempre accompagnati da originali relazioni
aziendali con i dipendenti. L’ingresso nell’azienda del figlio Adriano rilanciò
le iniziative in atto, ma comportò l’incremento del tasso tecnico e culturale
dei collaboratori, che, impegnati talvolta in vere e proprie attività di ricerca
scientifica, videro l’azienda affrontare progetti a complessità tecnologica
crescente, sino a inaugurare il campo delle applicazioni elettroniche. Il tutto
senza mai trascurare la messa a punto di innovative relazioni aziendali e
avanzati comportamenti sociali. Non solo prodotti. Architetti e designer non
erano semplicemente incaricati di disegnare nuovi oggetti o fabbriche o negozi: a
loro Olivetti chiedeva d’immaginare luoghi, linguaggi e forme capaci di narrare
l’incessante produzione di novità e progresso che l’azienda andava elaborando.
Quella che la Olivetti scrisse non è solo una straordinaria pagina del design
contemporaneo, quanto un bellissimo capitolo dell’Italia moderna.
Non è certo questa la sede per ripercorrere le straordinarie avventure dell’azienda
di Ivrea, qui appena accennate. Pur nella originalità di questa vicenda, che
vede l’azienda investire tantissimo in ricerca e sviluppo di competenze di
base, tornano alcuni elementi costanti. Se ci facciamo caso, anche questa
volta ci sono imprenditori visionari, capaci di inseguire concretamente i loro
sogni, c’è un patrimonio di conoscenze tecniche e operative, c’è un intreccio
di produzione e cultura teso a rendere accessibile la complessità del progetto e
allo stesso tempo a elaborare contenuti adeguati a nuovi comportamenti. Non si
tratta di teorizzare un modello del progetto italiano del design, quanto piuttosto
di circoscrivere un atteggiamento ricorrente che vede il progetto coagularsi là
dove la produzione non si limita alla forma delle cose, quanto alla capacità di
elaborare linguaggi e comunicare la forma di relazioni innovative ed evolute.
Ovvero là dove la complessità è molto elevata e i vincoli molto stringenti.
Sembrerebbe quasi che il progetto italiano si comporti come l’RNA messaggero
all’interno di una cellula, assolvendo il compito di acquisire nel nucleo alcuni
frasi delle informazioni genetiche custodite dal DNA che fungeranno da matrici
per la formazione di nuove catene di senso.
Ecco, è questa trama sottesa che mi sembra descrivere il paesaggio variegato e
ricchissimo che la mostra riunisce. Se, anziché guardare ogni singolo esempio
come un’avventura in sé conclusa, lo si pensa in qualche modo connesso con
tutti gli altri, emerge un disegno che non è semplicemente la declinazione di
una invocata quanto inafferrabile creatività, bensì il profilo di una cultura in
continua evoluzione.
22
Enrico Morteo Insight
Naturally, we could tell plenty of other stories, of minor entrepreneurial adventures
or colossal multinational operations, as in the case of Olivetti. Founded by Camillo
Olivetti in 1908, his business started from zero in the designing and production
of typewriters. Drawing inspiration from American models and methods, Olivetti
carried out basic research, technological innovation and product development,
always accompanied by original corporate relations with its employees.
When Camillo’s son Adriano joined the firm, he relaunched these initiatives,
NEEDS ARE WISHES
but this entailed higher grades of technical and cultural staff, at times engaged
in actual scientific research. The company went on to handle projects of growing
technological complexity and eventually inaugurated the field of electronic
applications. And all without ever neglecting the expansion of innovative
corporate relations and advanced social behaviours. Not only products. Olivetti
didn’t simply assign architects and designers to design new objects, factories
or shops; it tasked them with imagining places, languages and forms to narrate
the company’s ceaseless output of novelties and progress. Olivetti’s achievements
are not just an outstanding page in the history of contemporary design,
but a shining chapter in the life of modern Italy.
This is certainly not the place to retrace the extraordinary adventures of Olivetti
outlined above. However original those adventures were, boosted by heavy
investments in basic research and the development, certain features remain
constant. Here again, we have visionary industrial managers with the capacity to
concretely pursue their dreams. We have a heritage of technical and industrial
know-how, an interweave of production and culture allowing access to the
complexity of design whilst also producing contents to match new behaviours.
This does not mean theorizing an Italian approach to design. It means
circumscribing a recurrent attitude that sees design focused on a production
not limited to the form of things, but to a capacity to develop language and to
communicate the shape of innovative, evolved relations: in other words, where
the complexity is deep and the restraints tight. Italian design would seem
to behave almost like the mRNA of a cell, by carrying items of genetic DNA
information in its nucleus that will serve to form fresh chains of sense.
So it is this underlying state that seems to me to describe the variegated
and luxuriant landscape depicted in the exhibition. If, instead of considering each
single example as an adventure in its own right, it can be thought of as somehow
connected to all the others, there emerges a scheme that is not simply the
declension of an invoked, elusive creativity, but rather the profile of a continuously
evolving culture.
STORIE DI FABBRICHE ITALIANE
STORIES OF ITALIAN FACTORIES

Proposta di atlante dell’attitudine italiana per l’impossibile

Proposal for an atlas of the Italian aptitude for the impossible
 Abet Laminati
Bra (Cuneo) Superfici decorative in laminato
Piemonte
Abet Laminati è un’industria
del territorio piemontese nata
per la produzione di tannino estratto
dal castagno e destinato all’industria
conciaria. Essa si è convertita alla fine
degli anni Cinquanta alla produzione
di laminati per l’architettura.
Il laminato rappresentò allora
una vera rivoluzione: superfici
colorate e resistentissime, prodotte
per stratificazione di carta kraft
e resine termoindurenti.
La disponibilità a sperimentare
nuove strade e una certa
lungimiranza nel riconoscere
un rapporto di reciproca dipendenza
tra l’industria e il mondo dell’arte
hanno spinto Abet ad affidarsi
al lavoro di progettisti, artisti
e architetti per trovare un’identità
a un nuovo materiale “artificiale”
che fino a quel momento imitava
i materiali naturali come il marmo
e il legno.
SUPER SUPERFICI
Alessandro Mendini, tra i più sofisticati
‘ideologi’ della decorazione, ha
riconosciuto in questa collaborazione
con una grande quantità di autori,
noti e meno noti, “una delle più vaste
palestre di sperimentalità decorative
degli ultimi anni”. Storici gli incontri
dell’azienda con Gio Ponti, che definì
il laminato uno “straordinario
materiale per l’architettura, il primo
non legato alla natura ma elaborato
SUPER SURFACES
dall’uomo”, e in seguito con Ettore
Sottsass, che ne fece una bandiera
della liberazione anti-funzionalista
degli anni Ottanta. Abet è riuscita
a imporre il laminato come linguaggio
espressivo sulla scena internazionale
con un catalogo di superfici decorative
che rimane ineguagliato.
26
Decorative surfaces in laminate
Abet Laminati is a company
located in Piedmont that was set up
to produce chestnut-extracted tannin
for the tanning industry. In the late
1950s it converted to the production
of laminates for architecture.
Laminate at that time was
a revolutionary material, with its
coloured, ultra-resistant surfaces
created by layering kraft paper
and thermo-hardening resins.
A readiness to blaze trails,
plus the far-sighted recognition
of a mutual dependency between
industry and the art world, prompted
Abet to hire designers, artists
and architects to find an identity
for an untried “artificial” material
that had previously imitated natural
materials like marble and wood.
Alessandro Mendini, one of
the most sophisticated ‘ideologists’
of decoration, hailed this collaboration
with a large number of well
and less well known creatives
as “one of the biggest exercises
in decorative experimentation
of recent years”. Memorable are
the company’s dealings with Gio Ponti,
who defined laminate as an
“outstanding material for architecture,
the first not to be tied to nature but
developed by man”; and later, with
Ettore Sottsass, who made it a flag
of 1980s anti-functionalist freedom.
Abet established laminate worldwide
as an expressive idiom, with a still
unsurpassed catalogue of decorative
surfaces.
Campioni di laminato Abet. Abet laminate samples.
 Alpi
Modigliana (Forlì-Cesena)
Emilia-Romagna
LA REINVENZIONE DEL LEGNO
THE REINVENTION OF WOOD
28
Superfici decorative in legno
composto
Alpi produce superfici decorative
in legno composto grazie
all’invenzione di un processo
manifatturiero che la famiglia
Alpi ha industrializzato agli inizi
del secolo scorso, con il fine
di trovare un’alternativa economica
al mercato delle essenze pregiate
esistenti in natura: un modo
per produrne di nuove nel rispetto
delle risorse ambientali.
Alpi scompone e ricompone il legno
in infinite essenze, finiture e decori
attraverso un processo sofisticatissimo,
facendo della collaborazione con
i designer una parte integrante
dell’esplorazione, della reinvenzione e
della progettazione di nuove venature
del legno. L’archivio di prodotti Alpi
equivale a un giacimento vastissimo
da cui scegliere tra un’infinita gamma
di essenze, texture e tonalità.
Da sinistra:
Alpi Maritime Pine, design Kengo Kuma,
ALPIlignum (250x62 cm), 2019.
Il disegno si ispira alla corteccia
del pino marittimo.
Alpi Gamperana Triplex, design Martino
Gamper, ALPIlignum (250x62 cm), 2020.
La texture gioca sull’accostamento
di geometria, toni naturali e contrasti
cromatici.
Alpi Sottsass Red, design Ettore
Sottsass, ALPIkord, (250x62 cm).
Utilizzato per la prima volta
nella collezione Memphis presentata
negli anni Ottanta, il disegno di questo
legno verosimile ma totalmente
inventato nasce mentre Sottsass
è impegnato a sfidare il conformismo
razionalista progettando oggetti
decorati dai colori accesi.
Lavorando con Alpi, Sottsass è attratto
dal disegno delle venature che reinventa,
accentuandone i caratteri e adottando
il colore in quattro varianti cromatiche:
rosso, arancio, marrone e grigio.
Sezione di “tronco Alpi”.
Alpi Pointillisme, design Alessandro
Mendini, ALPIlignum (250x62 cm),
1991. Le suggestioni del Puntinismo
sono i segni riconoscibili della poetica
di Mendini, le stesse riprodotte nel
legno Alpi che ne preserva il carattere
pulviscolare e intangibile.
Decorative surfaces
of reconstituted wood
Alpi produces decorative surfaces
in composite wood thanks
to the invention of a manufacturing
process. Industrialised by the Alpi
family in the early twentieth century,
its purpose was to find an affordable
alternative to the market of prized
species existing in nature and
to produce new, environmentally
friendly varieties.
Alpi breaks down and reconstructs
wood in innumerable essences,
finishes and decorations using a highly
sophisticated process. The company’s
collaboration with designers forms
an integral part of its exploration,
reinvention and creating of new wood
grains. Alpi products are equivalent
to a vast deposit, with a gamut
of varieties, textures and tones
to choose from.
From left:
Alpi Maritime Pine, design Kengo Kuma,
ALPIlignum (250x62 cm), 2019.
The design is inspired by the bark
of maritime pine.
Alpi Gamperana Triplex, design Martino
Gamper, ALPIlignum (250x62 cm), 2020.
The texture plays on combinations
of geometry, natural tones and colour
contrasts.
Alpi Sottsass Red, design Ettore
Sottsass, ALPIkord (250x62 cm).
Used for the first time in the Memphis
collection presented in the 1980s,
the design for this realistic but
totally invented wood was created
while Sottsass was busy challenging
rationalist conventions with brightly
coloured objects.
Working with Alpi, he was attracted
by the pattern of wood veins. So he
began to reinvent and accentuate
their characteristics and introduced
four colour variants: red, orange,
brown and grey.
Section of “Alpi trunk”.
Alpi Pointillisme, design Alessandro
Mendini, ALPIlignum (250x62 cm), 1991.
The affecting influences of pointillism
are the recognisable signs of Mendini’s
poetic approach, like those reproduced
in the Alpi wood which retains their
dustily intangible character.
 Brembo
Stezzano (Bergamo) Sistemi frenanti ad alte
Lombardia prestazioni
Da piccola officina meccanica fondata
nel 1961, Brembo, a partire dalla metà
degli anni Sessanta, si specializza
nella produzione di dischi e pinze
freno, tanto da diventare in brevissimo
tempo fornitore ufficiale della Ferrari
DA 300 KM/H A 0 IN 3,79 SECONDI
e delle più importanti scuderie
automobilistiche e motociclistiche.
Riferimento assoluto a livello globale
per i sistemi frenanti, Brembo è
riuscita a trasformare un componente
meccanico in una “scultura
dalle prestazioni eccezionali”,
tanto da guadagnarsi due volte
il prestigioso premio di design
Compasso d’Oro. L’azienda opera
in 15 Paesi di 3 continenti, contando
sulla collaborazione di oltre 11.000
FROM 300 KM/H TO 0 IN 3.79 SECONDS
persone. Di queste, una consistente
parte (circa il 10%) è rappresentata
da ingegneri e specialisti impegnati
nella ricerca e sviluppo.
Pinza freno per Formula E, 2017
(Compasso d’Oro 2020). Lo sviluppo
della pinza (come gli speciali
dischi in carbonio) è stato studiato
appositamente per le esigenze
di una monoposto full electric
e per questo rappresenta il risultato
più avanzato della ricerca esasperata
di prestazioni e leggerezza. Il peso è
di 965 grammi.
La pinza è una monoblocco lavorata
dal pieno in lega d’alluminio.
Da sinistra, fasi di lavorazione,
dalla materia alla pinza finita.
Blocco di lega d’alluminio (semilavorato
di partenza) / Semilavorato della fase
iniziale di lavorazione / Semilavorato
di una fase intermedia di lavorazione /
30 Pinza finita.
High performance braking
systems
Having started in 1961 as a small
mechanical workshop, Brembo
has specialised since the mid-1960s
in the production of brake discs
and calipers. In a very short space of
time it grew to become official supplier
to Ferrari and to the leading automobile
and motorcycle racing teams.
An absolute global landmark
in the braking systems industry,
Brembo transformed a mechanical
component so successfully into
“a sculpture with outstanding
performances” as to win the
prestigious Compasso d’Oro design
award twice. The company operates
in 15 countries on 3 continents and
relies on the services of over 11,000
people. Of these, a considerable
number (about 10%) are engineers
and specialists involved in research
and development.
Brake caliper for Formula E, 2017
(Compasso d’Oro 2020). The development
of the caliper (like the special carbon
discs) was specially adapted
to the requirements of a fully electric
single-seater. It is consequently the most
advanced result of an intensive drive
to achieve ever better performance
and lightness. It weighs just 965 grams.
The caliper is a monoblock machined
from solid billet aluminium alloy.
From left, machining phases,
from the material to the finished caliper.
Aluminium alloy quad block (initial
semi-finished product) / Semi-finished
product in the initial processing stage /
Semi-finished product in an intermediate
processing phase / Finished caliper.
 Coex
Pieve Porto Morone (Pavia) Tessuti tecnici naturalmente
Lombardia ignifughi
Nata come spin off di Torcitura Padana
(un’azienda tessile specializzata
nella produzione di filati) e Gruppo
Zanolo (impresa storica del biellese
NATURALMENTE A PROVA DI FUOCO
specializzata nella tintura), Coex
ha messo a punto una tecnologia
brevettata per rendere le fibre
naturali intrinsecamente ignifughe,
senza cioè l’uso di prodotti chimici
come ritardanti di fiamma o resine
ignifuganti.
Il tessuto così trattato è indistinguibile
da ogni altro filato di qualità poiché
il carattere della sua innovazione
è impercettibile ai sensi.
Quando esposto alle fiamme
non brucia, non gocciola, non emette
fumi nocivi (come la diossina).
“Siamo i primi al mondo ad aver
brevettato una fibra naturale
ignifuga”, racconta Simona Pesaro,
AD di Coex. “Le nostre due aziende
collaboravano già da anni. Quando
si pensò di esplorare insieme
possibilità innovative, uno dei nostri
NATURALLY FIREPROOF
giovani chimici propose di ripescare
un vecchio studio degli anni Cinquanta
che riguardava un processo chimico
per modificare una fibra a base
di cellulosa e formare una barriera
impenetrabile al fuoco. Gli studi
realizzati dall’Università di Chimica
di Pavia sono stati cruciali e dopo
quattro anni di ricerche e cospicui
investimenti siamo riusciti
a brevettare una tecnologia basata
sulle proprietà di fosforo, azoto e zolfo
che modificano, senza additivi,
la struttura molecolare della cellulosa.
Il risultato è stato sorprendente anche
per noi. Da lì è iniziata la produzione
dei primi filati, in lino e cotone, che
non bruciano e sono biodegradabili”.
34 Campione di tessuto Coex. Sample of Coex fabric.
Naturally fireproof technical
fabrics
Founded as a spin off of Torcitura
Padana (a textile company specialised
in producing threads) and Zanolo
Group (a longstanding company from
the Biella region specialising in dyes),
Coex has fine‐tuned a patented
technology for rendering natural fibres
intrinsically fireproof, without that is
the use of additives (no chemical product
as flame retardant o fireproofing resins).
The textile is indistinguishable from
every other type of quality thread
as the character of innovation
is imperceptible to the senses.
When exposed to flames it does
not burn, it doesn’t drip, it doesn’t emit
toxic smoke (such as dioxin). “We are
the first in the world to have patented
a fireproof natural fibre”, says Simona
Pesaro, AD of Coex. “Both of our
companies have worked together
for years. When it was time to think
about exploring possible innovations
together, one of our young chemists
suggested digging up an old study
from the 1950s which was about
a chemical process for modifying
cellulose based fibre to form a barrier
that fire couldn’t penetrate.
The research carried out by the University
of Chemistry in Pavia was crucial and
after 4 years of research and substantial
investments we succeeded in patenting
a technology based on the characteristics
of phosphorus, nitrogen and sulphur
which modify, without additives,
the cellulose molecular structure.
The result has surprised even us.
From therein the production of the first
threads, in linen and cotton, which
don’t burn and are biodegradable”.
 Crea Concrete
Design
Darfo Boario Terme (Brescia) Manufatti in cemento
Lombardia
Crea Concrete Design nasce
nel 1997 dalla famiglia Piccinelli,
attiva da generazioni nel mondo
delle costruzioni edili nella migliore
tradizione espressa dal territorio
tra Bergamo e Brescia. L’azienda,
dopo molti anni di esperienza
nella lavorazione del cemento,
si specializza dapprima nella
produzione di manufatti per edilizia;
in seguito cambia scala di intervento
dall’edificio al prodotto di piccole
dimensioni fino a entrare nel mondo
del disegno industriale come fornitore
di molti noti marchi tra cui Alessi,
PAESAGGI MONOMATERICI
Foscarini, Alias e Kristalia.
Crea Concrete Design, pur
producendo oggetti in cemento
completamente a mano,
è caratterizzata da una produzione
ingegnerizzata di serie e una grande
esperienza nella progettazione
MONO-MATERIAL LANDSCAPES
di mescole di cemento per gli usi
più disparati.
Da sinistra:
Scogliera, centrotavola della serie
Out of Scale – Architetture enigmatiche,
design Mario Trimarchi, prodotto da
Crea Concrete Design per Alias, 2018.
La trama e l’ordito, design LPWK-
Desall-Luca Galbusera, prodotto
da Crea Concrete Design per Alessi,
2014. La texture richiama le lavorazioni
a intreccio e la tessitura. Il progetto
è vincitore del concorso internazionale
#Concrete In Design, condotto da LPWK
Design Studio in collaborazione
con Alessi e Italcementi.
Corpo della lampada Aplomb, design
Lucidi&Pevere, prodotto da Crea
Concrete Design per Foscarini, 2010
36 (segnalazione XXIII Compasso d’Oro).
Objects in cement
Crea Concrete Design was
established in 1997 by the Piccinelli
family, which had operated for
generations in the finest tradition
of building between Bergamo
and Brescia. After many years
of experience in cement processing,
the company began to specialise
in construction products and
subsequently reduced its scale
to smaller ones, eventually moving
into industrial design circles
as a supplier to numerous
upmarket firms including Alessi,
Foscarini, Alias and Kristalia.
Whilst making objects in cement
entirely by hand, Crea Concrete
Design is also distinguished for
its engineered series production
and expertise in creating cement
mixtures for the widest variety
of uses.
From left:
Scogliera (cliff), table centrepiece from
the series Out of Scale - Enigmatic
Architecture, design Mario Trimarchi, made
by Crea Concrete Design for Alias, 2018.
La trama e l’ordito (the weft and
the warp), design LPWK-Desall-Luca
Galbusera, made by Crea Concrete
Design for Alessi, 2014. The texture
echoes plaiting and weaving processes.
The design won the #Concrete
in Design international award, led
by LPWK Design Studio in collaboration
with Alessi and Italcementi.
Body of the Ap lomb lamp, design
Lucidi&Pevere, made by Crea Concrete
Design for Foscarini, 2010 (XXIII Compasso
d’Oro special mention).
 Cressi Sub
Genova Attrezzature subacquee
Liguria
Cressi Sub è tra le più antiche aziende
di attrezzature subacquee al mondo:
sono i fratelli Cressi, appassionati
di pesca e amanti del mare, a realizzare
in serie la prima maschera e molti altri
dispositivi per l’immersione subacquea,
come l’autorespiratore a circuito chiuso.
Egidio e Nanni Cressi, già prima
dell’inizio del secondo conflitto
mondiale, iniziano a progettare
i primi strumenti per la subacquea
e costruiscono così un saper fare
che li porta a produrre il primo
prodotto industriale per guardare
sott’acqua: una maschera a vetro
unico chiamata Sirena. È con le pinne
Rondine e la maschera Pinocchio però
che Cressi acquista una notorietà
internazionale: la maschera è dotata
di un alloggiamento sagomato per
il naso per favorire la compensazione
di chi pratica l’apnea.
Cressi Sub afferma di essere orgogliosa
PRIMI SOTT’ACQUA
di produrre la maggioranza dei suoi
articoli nella sua sede centrale
di Genova. Ancora oggi, Antonio Cressi
(figlio e nipote dei fondatori) è abituato
a testare ogni nuovo prodotto
nella vicina baia marina di Portofino.
FIRST UNDERWATER
Si deve proprio a questo tipo
di inventiva, e al desiderio di rendere
accessibile a tutti l’esplorazione
del mare, la nascita a Genova
di uno dei più importanti poli
dell’industria subacquea del mondo.
Maschera Calibro, 2017 (produzione
attuale), maschera con lenti separate,
cerchietto in policarbonato con carica
elastomerica, facciale in silicone
ipoallergenico, fibbie in resina
38 acetalica.
Scuba gear
Cressi Sub is one of the longest-
standing scuba gear factories
in the world. It was the Cressi
brothers, who were fishing and sea
enthusiasts, who invented the first
series-manufactured mask, along with
numerous other scuba devices
and pieces of equipment such
as the first closed-circuit breathing
apparatus. Before World War 2, Egidio
and Nanni Cressi had already begun
to design the first artisanal scuba
products. They continued to build
a know-how that led them to produce
the first industrial product for seeing
underwater: a single lens mask called
Sirena. It was with the Rondine fins
and the Pinocchio mask, however,
that Cressi Sub gained worldwide fame.
Fitted with a shaped nose pocket,
the mask gave better compensation
to free divers.
Cressi Sub is proud of making
the bulk of its products in its central
headquarters in Genoa. To this day,
Antonio Cressi (son and nephew
of the company’s founders)
is accustomed to test every new
product in the nearby bay of Portofino.
It is this kind of inventiveness,
and the desire to make underwater
sea exploration accessible to all,
that explains the existence in Genoa
of one of the world’s most important
scuba gear industries.
Calibro mask, 2017 (in production),
a mask with separate lenses,
polycarbonate strap and elastomeric
load, hypoallergenic silicone face
and acetal resin buckles.
 Dainese
Vicenza Smart Jacket, Sea-Guard
Veneto
Dainese pone al centro della sua missione
la tutela del corpo e della vita. La parola
chiave è “sicurezza”, i prodotti principali
sono “protezioni”. È in questa accezione
che Lino Dainese, il fondatore, pur
muovendosi con un ampio margine
d’invenzione all’interno dell’ambito
ristretto dell’assoluta affidabilità
delle protezioni per il corpo, chiarisce
il punto di partenza della sua missione
aziendale dichiarando: “ci sentiamo
più vicini alla medicina che alla moda”.
IL DESIGN CHE SALVA LA VITA
Quando il primo modello funzionale
di para-schiena costruito dai tecnici
Dainese e chiamato Aragosta salva
la colonna vertebrale del pilota Freddie
Spencer nel corso di una caduta
sul circuito di Kyalami nel 1981,
per il percorso di Lino Dainese
è il momento della svolta. Dai capi
di abbigliamento per motociclisti passa
agli elementi di protezione: dispositivi
che integrano l’abbigliamento di chi
viaggia in moto. Con gli anni, la cultura
della sicurezza si è spinta sempre più
avanti e l’interesse per la protezione
del corpo si è esteso ininterrottamente
a nuovi campi di applicazione come
nel caso dei dispositivi di protezione
LIFESAVING DESIGN
per i velisti di Luna Rossa Prada Pirelli
Team impegnati nelle regate dell’ultima
edizione dell’America’s Cup.
Dainese D-air ® Smart Jacket, gilet
salvavita con airbag incorporato.
Il giubbino adotta la tecnologia
utilizzata in MotoGP TM, sviluppata
in 25 anni di ricerca su strada
e in pista. Il sistema D-air ® protegge
il motociclista attraverso lo Shield,
un dispositivo brevettato che,
gonfiandosi, assicura una capacità
di assorbimento degli impatti
equivalente a quella di sette
paraschiena. Il cervello del sistema,
attraverso l’azione di sette sensori,
monitora ed elabora i dati 1.000 volte
al secondo per rilevare il pericolo
e attivare lo Shield.
Dainese Sea-Guard, sviluppato per
il sailing team di Luna Rossa Prada
Pirelli in occasione delle regate della
36^America’s Cup presented by Prada.
Realizzato in tessuto tecnico Kinetech,
integra nel corpetto una sacca
per l’acqua, una bombola d’ossigeno,
un sistema d’interfono e un coltello
per tagliare le cime in situazioni
40 di emergenza.
Smart Jacket, Sea-Guard
Dainese focuses its mission on body
and life protection. Its keyword
is “safety” and its principal products
are “protections”. It is in this light
that Lino Dainese, the company’s
founder, although operating with
a wide margin of invention within
the narrow framework of absolutely
reliable body protection, explains
the starting point of his corporate
goal: “We feel closer to medicine
than to fashion”. When the first
functional back-protector model
made by Dainese, named Aragosta
(lobster), saved the spine of racing
driver Freddie Spencer after a fall
on the Kyalami circuit in 1981, it came
as a turning-point in Lino Dainese’s
business development.
From motorcyclists’ clothing he
switched to protection gear: devices
to complete the motorcyclist’s
apparel. Over the years, that safety
culture steadily advanced and the firm’s
interest in body armour expanded
to include new applications such as
the protection gear used by the Luna
Rossa’s Prada Pirelli Team during
the America’s Cup.
Dainese D-air ® Smart Jacket, motorbike
airbag system. The lifesaver vest uses
the MotoGPTM technology developed
during 25 years of road and track
research. The D-air ® system protects
the motorcyclist with the Shield,
a patented device that inflates
to guarantee impact absorption equal
to that of seven back armour vests.
The system’s brain uses the action
of seven sensors to monitor and process
data 1000 times per second to check
danger and activate the Shield.
Dainese Sea-Guard, developed for
the Luna Rossa Prada Pirelli sailing
team at the 36th America’s Cup regattas
presented by Prada. Made in Kinetech
fabric, its vest contains a water bag,
an oxygen cylinder, an intercom
system and a knife for cutting ropes
in emergency situations.
 Directa Plus
Lomazzo (Como) Grafysorber®, dispositivo per
Lombardia la decontaminazione dell’acqua
composto da nanostrutture
tridimensionali a base di
grafene (brevetto Directa Plus)
RIPULIRE IL MARE COL GRAFENE
Il grafene è il più sottile materiale
mai creato in laboratorio – duecentomila
volte più fine di un capello. Nel 2010
ha fruttato il Nobel ai due giovani
scienziati che l’hanno scoperto.
È un materiale dalle promettenti
caratteristiche: conduce l’elettricità
meglio del rame, è trasparente come
CLEANING THE SEA WITH GRAPHENE
il vetro, più resistente dell’acciaio
e plasmabile come la plastica.
Il grafene apre nuove prospettive
per la fisica quantistica e un’ampia
gamma di applicazioni pratiche sono
già possibili (dalle batterie al tessile).
Directa Plus è la maggiore azienda
europea per la produzione di grafene
(in termini di volume di produzione)
e la quarta al mondo; la sua forza
è quella di aver sviluppato per prima
una tecnologia di produzione con
un processo completamente fisico
che non necessita dell’impiego
di agenti chimici: per questo
la produzione industriale risulta
pienamente sostenibile. L’azienda
è nata dall’intuizione di Giulio Cesareo,
socio fondatore e CEO, il quale dopo aver
studiato la tecnologia di produzione
negli Stati Uniti l’ha portata in Italia
dove Directa Plus ha piantato le radici
con l’idea di mettere a frutto l’eccellenza
del territorio in termini di risorse umane.
Grafysorber® è il risultato della prima fase
del processo di produzione brevettato
da Directa Plus durante il quale la grafite
viene sottoposta ad un processo
di espansione al plasma (denominato
plasma super-expansion): essa vede
l’utilizzo di temperature altissime,
nell’ordine dei 10.000 gradi, ben oltre
la temperatura della superficie del sole.
GRAFYSORBER® è un dispositivo a base
di grafene per la decontaminazione
dell’acqua da petrolio e idrocarburi:
arriva ad assorbire oltre 90 volte
il suo peso di agenti inquinanti.
La sua struttura tridimensionale
agisce come una spugna “catturando”
gli idrocarburi che inquinano le acque
o gli altri elementi tra cui il suolo
e l’aria. Nasce all’interno delle Officine
del Grafene di Lomazzo, dove Directa
Plus ha localizzato la sua produzione
44 industriale.
Grafysorber®, a device for the
depollution of water, composed
of graphene-based three-
dimensional nanostructures
(patent Directa Plus)
Graphene is the finest material ever
created in a laboratory. Two hundred
thousand times finer than a hair, its
discovery in 2010 earned a Nobel for
the two scientists who researched it.
A material with promising characteristics,
it conducts electricity better than
copper, it is transparent like glass,
more resistant than steel and can be
moulded like plastic. Graphene opens
up new prospects for quantum physics
and has already enabled a wide range
of practical applications (from batteries
to textiles).
Directa Plus is the biggest European
graphene production company
(in terms of production volume)
and the fourth largest in the world.
Its forte is that of having been the first
to develop a production technology
based on a completely physical
process requiring no chemical agents.
Its industrial production is thus fully
sustainable.
The company started from an intuition
pursued by Giulio Cesareo, the founder
partner and CEO. After studying
production technology in the United
States, he brought it to Italy where
Directa Plus put down its roots
with the idea of bringing to bear
the excellence of its territory in terms
of human resources. Grafysorber®
is the result of the first production
phase, patented by Directa Plus,
during which graphite is subjected
to a process called plasma super-
expansion. This uses very high
temperatures, of around 10,000
degrees, well beyond that
of the sun’s surface.
GRAFYSORBER® is a graphene-
based device for the depollution
of water contaminated by petrol
and hydrocarbons. It can absorb
more than 90 times its own weight
in pollutants. Its three-dimensional
structure acts as a sponge by
“capturing” hydrocarbons polluting
waters or other elements including
soil and air. It is produced in the Officine
del Grafene in Lomazzo, where Directa
Plus’s industrial production is located.
 Eumakers
Barletta (Barletta-Andria-Trani) Filamenti per stampanti 3D
Puglia
Eumakers è il nuovo ramo
della Rigenera Biocompound,
parte del gruppo di aziende
nate attorno a Sfregola Materie
Plastiche che da oltre 50 anni è
attiva nel campo della lavorazione
e della trasformazione delle materie
plastiche e, nello specifico, nella
produzione di un’ampia gamma
di sacchi, sacchetti, borse e shopper
biodegradabili e compostabili
per i molti specifici tipi di raccolta
differenziata, rifiuti speciali
e nettezza urbana.
L’idea di Eumakers è quella di
riutilizzare gli scarti di lavorazione
proprio di questa vasta produzione
industriale, e di trasformarli quindi
in materia prima per stampanti 3D,
puntando sul colore: si occupa infatti
di produrre rocchetti di filamenti
in novanta varietà cromatiche.
3D MULTI-COLOR
Filamenti PLA p er stampanti 3D. PLA filaments for 3D printers.
46
Filaments for 3D printers
Eumakers is the new branch
of Rigenera Biocompound,
part of the group of companies
set up around Sfregola Materie
Plastiche, which has been active
for over 50 years in the processing
and transformation of plastics,
and in the production of a wide
range of biodegradable,
compostable trash bags,
can liners and shoppers for
numerous types of waste sorting,
special rubbish and urban cleaning.
The idea of Eumakers is to reuse
the processing scrap left precisely
by this vast industrial output,
for their transformation into raw
material for 3D printers while
concentrating on colour.
It is concerned in fact with producing
filament reels in ninety different
varieties of colour.
 Falci
Dronero (Cuneo) Attrezzi agricoli manuali
Piemonte in ferro forgiato
Falci è un produttore di falci
di Dronero: fabbri forgiatori dal 1600.
In una valle della provincia di Cuneo
si è tramandata la maestria produttiva
dei più perfetti strumenti di taglio
ancora prodotti al mondo.
LA MULTINAZIONALE DEI CONTADINI
Riferimento assoluto per i contadini
di tutto il pianeta, Falci conserva
un archivio di miriadi di modelli
e forme diverse che interpretano
gli stessi gesti: si tratta di oltre 300
modelli differenti di falce.
“Esiste tutta una parte di mondo,
in cui gli agricoltori vedono
nell’utilizzo di strumenti manuali
molti vantaggi rispetto all’uso
di macchine”, spiega Carlo Pedretti,
presidente di Falci. “Il taglio netto,
per esempio, offre il vantaggio
che l’erba cicatrizza immediatamente
e a terra rimane erba pulita che può
essere usata come pacciamatura.
Poiché non trasmette malattie fungine
(come al contrario fa la poltiglia
triturata prodotta dagli strumenti
meccanici) è ottima nei periodi di
THE FARMERS’ MULTINATIONAL
siccità. Dal punto di vista produttivo,
forse non tutti sanno che una falce
è forgiata interamente a mano
attraverso 25 passaggi e non può
essere fatta in nessun altro modo.
La forgiatura è una lavorazione violenta
dell’acciaio. I magli comprimono
le molecole ed è questo trattamento
a dare flessibilità alla falce.
È in questo modo che si ottiene
un oggetto tagliente, sottile, leggero
ma anche molto resistente. Non si
piega, è robusto e, poiché deve essere
impugnato, è calibrato sul gesto.
Una falce, infatti, deve pesare in media
due o tre etti”. Ultima manifattura
esistente in Europa esperta di questa
cultura produttiva sofisticata, Falci
è il leader mondiale ed è presente
in 54 paesi.
Ciascun marchio delle singole falci
rimanda a una storia. “Drago Nero”
è simbolo di Dronero; il “Serpente”
identifica la falce più efficiente;
la “Due Mondi” è usata oltreoceano;
il “Pavone” ha una “barba” che,
abbassando gli steli, facilita il taglio;
“Acier Brillant Styrie”, specifica
per il grano, è il modello più venduto
in Iran, Turchia e Persia; il “Modello
Egitto”, con i suoi 85 cm di lunghezza,
è la falce più lunga prodotta; il simbolo
“Spiga di Grano” è il marchio più antico,
48 il primo a essere registrato nel 1924.
Forged iron manual agricultural
tools
Falci (scythes) is a maker of scythes
located in Dronero: blacksmiths
since 1600. In a valley in the province
of Cuneo the master craftsmanship
of the world’s most perfect cutting
tools has been passed down ever since.
An absolute landmark for farmers from
every corner of the planet, Falci keeps
an archive of myriad different models
and forms, all interpreting the same
movements. With over 300 different
models of scythes.
“There exists a whole chunk of the
world in which farmers see manual
tools as offering many advantages
compared to machinery”, explains
Carlo Pedretti, chairman of Falci.
“The advantage of the sharp cut,
for example, is that the grass recovers
immediately and stays clean on the
ground ready for use as mulch.
Since it does not transmit fungal
diseases (unlike the triturated mulch
produced by mechanical tools),
it is excellent in periods of drought.
From the productive point of view,
perhaps not everyone knows that
a scythe is forged entirely by hand
in 25 passages and cannot be made
in any other way.
Forging is a violent processing of steel.
The hammers compress the molecules
and it is this treatment that gives the
scythe its flexibility. And thus a sharp,
thin and light but also highly resistant
object is obtained. It does not bend,
it is sturdy, and since it has to be
gripped, it adjusts to the movement
of the arm. A scythe in fact must weigh
on average two or three hectograms
(approx. 7 or 10½ oz.)”. The last
manufacturer existing in Europe with
expertise in this sophisticated industrial
culture, Falci is the world leader and
operates in 54 countries.
Each brand of single scythes tells a story.
“Drago Nero” (Black Dragon) is the symbol
of Dronero; the “Serpente” (Snake) identifies
the most efficient scythe; the “Due Mondi”
(Two Worlds) is used abroad; the “Pavone”
(Peacock) has a “beard” which lowers stalks
and weeds to make them easier to cut;
“Acier Brillant Styrie”, specifically for corn,
is the most sold model in Iran and Turkey;
the “Modello Egitto” (Egypt model), with
its 85 cm length, is the longest scythe
produced; while the “Spiga di Grano”
(Ear of corn) is the oldest brand, the first
to be registered, in 1924.
 Fizik
Pozzoleone (Vicenza) Sella Antares Versus Evo
Veneto Adaptive
Antares Versus Evo Adaptive è la prima
sella ad alte prestazioni stampata
in 3D con struttura a geometria
alveolare e ammortizzazione suddivisa
in aree funzionali. È stata studiata
da Fizik testando sul campo centinaia
SELLE BIOMECCANICHE STAMPATE IN 3D
di prove di carico. La produzione
sia dei prototipi sia dei prodotti finali
avviene con processi di Digital Light
Synthesis, una tecnologia innovativa
che impiega la proiezione digitale
della luce ultravioletta e resine liquide
3D-PRINTED BIOMECHANICAL SADDLES
programmabili per produrre parti
con eccellenti proprietà meccaniche;
la sella è prodotta in collaborazione
con Carbon®, una società di produzione
digitale con sede nella Silicon Valley.
Questo modello di sviluppo di prodotto
prefigura una nuova idea di produzione
in serie variata: prodotti industriali
su misura calibrati sul corpo di ogni
singolo ciclista.
52
Antares Versus Evo Adaptive
saddle
Antares Versus Evo Adaptive is
the first 3D-printed high performance
saddle. With a honeycomb geometrical
structure and shock-absorbing frame
divided into functional areas, it was
developed by Fizik through hundreds
of practical load tests.
The production of both prototypes
and final products uses Digital Light
Synthesis processes, an innovative
technology deploying digital
ultraviolet light projection and
programmable liquid resins to make
parts with excellent mechanical
properties. The saddle is produced
in collaboration with Carbon®, a digital
production company headquartered
in Silicon Valley. This product
development model ushers in a new
idea of varied series production:
industrial products made to fit
the body of each individual cyclist.
Sella Antares Versus Evo Adaptive, 2019. Antares Versus Evo Adaptive saddle, 2019.
 Fontana Group
Calolziocorte (Lecco) Componenti in alluminio
Lombardia stampato per automotive
Fontana Group è una delle più
importanti aziende nella produzione
di carrozzerie di supercar, leader
mondiale per la costruzione
di stampi e nello stampaggio
di carrozzerie di alluminio.
SARTORIA TECNOLOGICA PER SUPERCAR
Nasce a metà degli anni Cinquanta
quando Pietro Fontana fonda
un’officina per lavorazioni meccaniche
e di tranciatura occupandosi
di minuteria metallica. È questo
tipo di attitudine per la perfezione
delle piccole cose che lo accompagna
anche quando sposta il campo
TECHNOLOGICAL SUPERCAR TRIMMING
di applicazione e si concentra su quello
che sarà il cuore della sua produzione:
la costruzione degli stampi per
automobili. Negli anni Ottanta,
introduce in fabbrica i primi software
di simulazione numerica per lo studio
della deformazione dei materiali.
È il segno di come l’interesse costante
per le tecnologie più avanzate si possa
innestare sull’abitudine artigiana
del lavoro a regola d’arte.
Come in una sartoria, Fontana Group
disegna e costruisce gli abiti
delle vetture di clienti come Audi,
BMW, Ferrari, Jaguar e Rolls Royce.
Solo per la Ferrari, Fontana Group
realizza il 100% delle carrozzerie
delle vetture Granturismo.
Spicca la maestria nella produzione
di pezzi dalle geometrie complesse
con materiali avanzati (come leghe
di alluminio ad alta resistenza, leghe
di magnesio e materiali compositi
in fibra di carbonio) e di tecnologie
come Blow Forming o di additive
manufacturing. Negli ultimi anni
ha esteso le competenze raggiunte
nel settore automotive al settore
aerospaziale e all’arredamento,
aprendo le nuove divisioni F-Blow
e Altreforme.
Cofano M157, Maserati Ghibli Trofeo,
alluminio (165,7x180x40 cm),
produzione Fontana Group.
Il cofano in alluminio stampato
a freddo è l’elemento distintivo
della vettura top di gamma, le prese
d’aria caratterizzano il disegno
“aggressivo” e assolvono alla funzione
di raffreddamento del motore:
il più potente sul mercato. Fontana
Group è straordinariamente esperta
nella messa a punto e nella produzione
di forme filanti e dinamiche, espressive
54 delle performance più avanzate.
Moulded aluminium automotive
components
Fontana group is one of the most
important makers of supercar bodies.
It is also a world leader
in the manufacture of moulds
and in the moulding of aluminium
car bodywork. The group started
in the 1950s when Pietro Fontana
founded a workshop for mechanical
processing and blanking focused
on small metal parts. This aptitude
for perfection in smaller items stayed
with him when he moved his sphere
of application to concentrate
on what became his core business:
the making of automotive moulds.
In the 1980s, he brought the first
numeric simulation software into
the factory for the study of materials
deformation: showing how a constant
interest in the most advanced
technologies can be grafted onto
a habitual state-of-the-art craftman’s
approach. As in a tailor’s shop,
Fontana Group designs and makes
the car apparel for customers like
Audi, BMW, Ferrari, Jaguar and Rolls
Royce. For Ferrari alone, Fontana Group
made 100% of the Granturismo car
bodywork. Outstanding is the masterly
production of geometrically complex
pieces with advanced materials
(such as high-resistance aluminium
alloys, magnesium alloys and carbon
fibre composites) and technologies
such as Blow Forming or additive
manufacturing. In recent years
the company expanded its expertise
gained in the automotive sector to
include the aerospace and furniture
industries, with the opening of its new
divisions F-Blow and Altreforme.
M15 bonnet, Maserati Ghibli Trofeo,
aluminium (165.7x180x40 cm), made
by Fontana Group. The cold-moulded
aluminium bonnet is the distinctive
feature of the fastest Maserati sedan.
Its air inlet ducts enhance an
“aggressive” design while cooling
the most powerful engine on the market.
Fontana Group is supremely expert
in the refinement and production
of aerodynamic forms to express
the most advanced performances.
 Foscarini
Marcon (Venezia) Lampada Mite, design Marc
Veneto Sadler
Nella stessa area geografica
vicina alla città di Venezia in cui
tradizionalmente si è consolidata
l’arte della lavorazione del vetro
(anche per la storica realizzazione
di lampadari decorativi) nasce
Foscarini, azienda che ha costruito
la sua reputazione nella realizzazione
di prodotti d’illuminazione.
L’incontro con la progettualità
di figure come il designer Marc Sadler
ha portato Foscarini a creare sinergie
con produttori di filiere diverse
sperimentando il trasferimento
di tecniche e tecnologie verso
il campo della luce.
Dall’utilizzo della vetroresina,
al Kevlar, fino ai compositi
e al cemento, il panorama
A PESCA DI LAMPADE
dei prodotti Foscarini incarna
la possibilità di mettere al centro
del processo di innovazione,
la disponibilità a tradurre le idee
in prodotti reali e a “investigare”
le potenzialità di materiali e
tecnologie. Carlo Urbinati, il presidente
dell’azienda, spiega: “A volte succede
che la presentazione di un nostro
FISHING FOR LAMPS
progetto raccolga un perentorio
‘non si può fare’: noi speriamo allora
di essere sulla strada giusta per fare
qualcosa di originale, perché abbiamo
imparato che questa frase spesso
significa ‘non lo abbiamo mai fatto’”.
Lampada Mite, design Marc Sadler, 2000.
Dall’idea al prodotto: lampada di serie
e primi prototipi. La lampada è frutto
di una triangolazione che, accanto
a Foscarini e al designer, ha previsto
il coinvolgimento di un’azienda esperta
nella produzione di canne da pesca
sportive in materiali compositi (FAPS):
le aste in fibra di carbonio lunghe
fino a quindici metri sono alla base
dello sviluppo del fusto della lampada
56 Luminator.
Mite lamp, design Marc
Sadler
Foscarini is a company that started
in the same area near Venice
in which the art of glassmaking
was traditionally consolidated,
including the historical manufacture
of decorative chandeliers.
Foscarini built its reputation on
the making of lighting products.
Collaboration with the design
culture of figures like the designer
Marc Sadler led Foscarini to create
synergies with operators from
different sectors by experimenting
with the transfer of techniques and
technologies to the sphere of light.
From the use of glass resin, to Kevlar
and to composites and concrete,
Foscarini products relate their
innovation process to a readiness
to turn ideas into real products
and to “investigate” the potentials
of materials and technologies.
Carlo Urbinati, the company’s chief
executive, explains: “There are times
when the presentation of a project
by us is greeted with a peremptory
‘it can’t be done’. In which case we
hope to be on the right road towards
doing something original, because
we have learnt that this comment often
means ‘we have never done that’”.
Mite lamp , design Marc Sadler, 2000.
From the idea to the product: series
lamp and first prototypes. The lamp
is the fruit of a triangulation which,
alongside Foscarini and the designer,
has also involved a firm (FAPS) with
expertise in the production of fishing
rods made from composites: the rods
in carbon fibre up to fifteen metres
long underpin the development
of the Luminator lamp’s stem.
 GAM Gonzagarredi
Montessori
Gonzaga (Mantova) Dispositivi per l’apprendimento
Lombardia
“Una chiave che apre al mondo” è
l’immagine usata da Maria Montessori
per spiegare la funzione dei materiali
educativi messi a punto in stretta
collaborazione con l’amica Maria
Maraini Guerrieri Gonzaga.
Materiali progettati e fatti costruire
con l’idea di attirare l’attenzione
dei bambini e assecondare il modo
in cui opera la loro mente:
associando cioè la manualità
al processo cognitivo.
A Maria Montessori si deve
la straordinaria rivoluzione
pedagogica che ha riconosciuto
ai bambini il diritto di essere aiutati
a “fare da soli” e a intraprendere
così un percorso di “auto-educazione”.
Tra i tanti meriti, ha avuto anche
quello di aver ripensato l’ambiente
stesso quale luogo di apprendimento;
da questa prospettiva può essere
MATERIALI MONTESSORI
considerata una pioniera del design
per l’infanzia e dei processi
di conoscenza come esercizio
di libertà da sperimentare sul campo.
MONTESSORI MATERIALS
GAM Gonzagarredi Montessori ha
raccolto l’eredità della “Società
Anonima per il Materiale Didattico
Montessori” nata nei primi anni
del Novecento proprio per produrre
i primi materiali educativi e nello
stesso luogo, a Gonzaga, continua
a produrre e a collaborare con i più
importanti esperti e associazioni
Montessoriane del mondo.
Torre Rosa. La dimensione della serie
di dieci cubi in legno dipinti di rosa segue
una progressione da 1 cm3 a 1.000 cm3.
La serie di cubi sviluppa la percezione
visiva della tridimensionalità, prepara
i bambini ai concetti matematici
del sistema decimale, alla geometria
e al volume.
58
Learning devices
“A key to open the world” is the image
used by Maria Montessori to explain
the function of the educational materials
developed in close collaboration
with her friend Maria Maraini Guerrieri
Gonzaga. These materials were
designed and made with the idea
of attracting children’s attention
and supporting the way their minds
work: by associating manual dexterity
with the cognitive process.
Maria Montessori prompted
the extraordinary pedagogical
revolution that recognised
children’s right to be helped
to “do it by themselves” and thus
to undertake a path of “self-education”.
Also among her many merits was
that of having re-thought the children’s
surroundings as a place of learning
in themselves. And from this perspective
she may be considered a pioneer
in design for childhood and for
processes of knowledge as exercises
in freedom to experiment directly.
GAM Gonzagarredi Montessori took up
the inheritance of the “Società Anonima
per il Materiale Didattico Montessori”
created in the early 1900s, precisely
to produce the first educative materials.
Still in Gonzaga, it continues to produce
and to collaborate with the world’s most
important Montessorian experts and
associations.
Pink Tower. The Pink Tower consists
of ten wooden cubes painted pink,
increasing increments from 1 cm³
to 1,000 cm³. The series of cubes
develops visual discrimination
of size in 3 dimensions and prepares
the child for mathematical concepts
in the decimal system, geometry
and volume.
 Gemar
Casalvieri (Frosinone) Palloncini biodegradabili
Lazio in lattice
Nella campagna di Frosinone,
più precisamente a Casalvieri,
in un’area che si definisce “distretto
del palloncino”, sorge la Gemar,
azienda che dal 1902 produce
palloncini gonfiabili in lattice,
ora perfettamente biodegradabili.
La Gemar, con i suoi palloncini
colorati, testimonia la varietà
dei distretti industriali italiani:
sembra incredibile che l’Italia
si pregi anche del primato europeo
nella produzione di questo tipo
di manufatti. Al ritmo di sei milioni
al giorno, Gemar continua a fabbricare
i “palloncini italiani” venduti in tutto
il mondo in oltre 100 tra forme,
misure e colorazioni brillanti.
U.F.O. UNPOLLUTING FLYING OBJECTS
Stampo per la produzione di palloncini Mould for the p roduction of Gemar
60 di lattice. latex balloons.
Biodegradable latex balloons
Located in the Frosinone countryside,
at Casalvieri to be exact, in an area
known as the “balloon district”, is Gemar,
a company that has been making latex
balloons since 1902, now perfectly
biodegradable. Gemar, with its coloured
balloons, bears witness to the variety
of Italian industrial districts. It seems
incredible that Italy can also boast
the European record in the production
of this type of manufacture. At the rate
of six millions a day, Gemar continues
to make the “Italian balloons” sold
worldwide in more than 100 shapes,
sizes and bright colours.
 Grivel
Courmayeur (Aosta) Casco Duetto, ramponi G22 Plus
Valle d’Aosta
Grivel è il nome della storica bottega
del fabbro di Courmayeur che aveva
sempre costruito la propria attività
intorno ai bisogni di una piccola
comunità ai piedi del Monte Bianco.
Agli inizi dell’Ottocento si diffuse
la passione per l’alpinismo moderno
e i fabbri Grivel si trovarono
nella condizione di soddisfare
le richieste di una nuova categoria
di clienti. Quando da ogni parte
del mondo iniziarono a giungere
alpinisti desiderosi di scalare
la vetta più alta d’Europa, i fabbri
iniziarono a spostare la produzione
dagli strumenti agricoli
alle attrezzature per le scalate.
Nel 1909, dall’incontro di Henry Grivel
SICURI IN ALTA QUOTA
con l’ingegnere ferroviario inglese
Oscar Eckenstein, nasce l’idea
di fabbricare un attrezzo destinato
a rivoluzionare le scalate sul ghiaccio:
i primi ramponi moderni danno l’avvio
a una produzione di attrezzatura
HIGH ALTITUDE SAFETY
da montagna ancora oggi tra le più
perfette e avanzate nell’applicazione
di nuove tecnologie.
Pur mantenendo una dimensione
contenuta e familiare, Grivel è presente
in oltre 50 paesi dove esporta il 90%
dei propri prodotti assumendo i caratteri
di una “multinazionale tascabile”.
Casco Duetto, EPP (polipropilene
espanso). Duetto è un casco innovativo.
Il nome richiama il concetto
di doppia certificazione come casco
da arrampicata, alpinismo e sci.
Stampato in EPP (polipropilene
espanso), pesa 215 grammi: è molto
più leggero di tutti i suoi attuali
concorrenti. Lo spessore assicura
un ottimo assorbimento degli urti
sia sulla parte superiore, sia sui lati
(all-round protection).
Ramp oni G22 Plus. È un rampone
moderno e leggero per alpinismo
tecnico. Caratterizzato da due punte
frontali in acciaio forgiato con struttura
a T sostituibili in caso di usura elevata,
la plasticità dell’acciaio forgiato
assicura una tenuta in aderenza
sulla roccia e una penetrazione
“morbida” sul ghiaccio. La posizione
di ogni punta è studiata per dare
maggiore stabilità in tutte le posizioni
di arrampicata e su tutte le forme
di ghiaccio; il sistema Antibot evita
62 che la neve si accumuli sotto il rampone.
Duetto helmet, G22 Plus
crampons
Grivel is the name of the historic
blacksmith’s workshop in Courmayeur,
which had always built its business
around the needs of a small community
living at the foot of Mont Blanc.
At the beginning of the 19th century
the passion for modern mountaineering
began to spread, and the Grivel smithies
found themselves able to satisfy
the demands of a new category
of customers. When climbers from
all over the world began to arrive with
the intention of climbing the highest
peak in Europe, the smithies started
switching their production of agricultural
tools to that of climbing gear.
In 1909, from an encounter between
Henry Grivel and the British railway
engineer Oscar Eckenstein, sprang
the idea of making a tool that would
revolutionise ice-climbing.
The first modern crampons launched
a production of mountain equipment
that is to this day among the best
and most advanced in the application
of new technologies.
Although still on a manageable
and family scale, Grivel operates
in over 50 countries, to which it exports
90% of its products; and so it might
be called a “pocket multinational”.
Duetto helmet, EPP (expanded
propylene). Duetto is an innovative
helmet. Its name indicates the concept
of a double certification as a rock
climbing, mountaineering and ski
helmet. Moulded in EPP (expanded
polypropylene), it weighs 215 grams
and is much lighter than all of its
current competitors. Its thickness
ensures excellent all-round protection.
G22 Plus cramp ons. This is a modern
and lightweight crampon for technical
climbing. Characterised by its two
T-structured forged steel front spikes
that can be replaced if necessary, the
plasticity of the forged steel guarantees
a safe grip plus “soft” ice penetration.
The position of each spike is calculated
to provide maximum stability in all
climbing postures and on all forms
of ice. The Antibot system prevents
snow accumulating under the crampon.
 K-Array
San Piero a Sieve (Firenze) Diffusore acustico flessibile
Toscana Anakonda
In Italia esistono importanti distretti
per l’ingegneria del suono, dove
aziende piccole e medie sono nate
dall’iniziativa di ingegneri e musicisti
spinti dal bisogno di dare risposta
a specifiche esigenze acustiche
e di riproduzione del suono. K-Array,
una delle realtà più interessanti
di questo reparto, ha progettato
Anakonda, un diffusore acustico
flessibile, avvolgibile, calpestabile
e aggregabile modularmente:
può essere considerato la prima
cassa “pieghevole” della storia della
diffusione acustica.
NUOVE FORME DEL SUONO
NEW SHAPES OF SOUND
Anakonda KAN200+8 diffusore
acustico flessibile. Design Alessandro
Tatini. Il modulo è lungo 2 metri
e permette di creare una linea di suono
64 continua fino a 8 metri di lunghezza.
Flexible Anakonda snake
speaker
Italy has a number of important sound
engineering districts, where small
and medium firms have sprung up
from the initiatives of engineers
and musicians driven by the need
to meet specific acoustic and sound
reproduction requirements. K-Array,
one of the most interesting enterprises
in this field, designed Anakonda,
a flexible, windable, crush-resistant
and modular speaker. It can be
considered the first “folding” speaker
in the history of sound diffusion.
Anakonda KAN2oo+8 flexible speaker.
Design Alessandro Tatini. The module
is 2 metres long and creates a continuous
line of sound up to 8 metres long.
 Kong
Monte Marenzo (Lecco)
Lombardia
L’INVENZIONE DEL MOSCHETTONE
INVENTING THE CARABINER
Connettori di ogni tipo e misura
Kong è leader nella produzione
di moschettoni e attrezzi
per la sicurezza, usati in alpinismo,
soccorso, speleologia, nautica
e lavori in quota. Il marchio nasce
nel 1977 per proseguire l’esperienza
maturata nel corso degli anni
dall’officina meccanica della famiglia
Bonaiti, specializzata nella produzione
di articoli derivati dal filo di ferro
come chiodi, fibbie, catene e attrezzi
agricoli; è attiva fin dal 1830,
tra le montagne di Lecco, ai margini
della strada conosciuta anticamente
come via del ferro e del legname.
Kong è entrata a far parte della storia
dell’alpinismo per aver accompagnato
l’evoluzione delle attrezzature
di sicurezza a partire dall’invenzione
del moschettone a D quando
una leggenda dell’alpinismo,
Riccardo Cassin, si rivolse a Felice
Bonaiti per perfezionare alcuni ganci
a forma di pera in uso presso i vigili
del fuoco di Monaco, ganci che
lo scalatore Otto Herzog aveva
adottato per scalare la parete sud
dello Schüsselkarspitze intorno al 1914.
È su questo tipo di esperienza
che Kong ha costruito la propria
reputazione nell’inventare e mettere
a punto gli standard delle attrezzature
per la sicurezza. Negli anni Sessanta
i Bonaiti fabbricarono “a freddo”
i primi moschettoni in lega leggera
per l’alpinismo estremo riuscendo
a ridurne il peso da 200 a 65 grammi.
Nel corso degli anni la produzione
si è estesa agli articoli destinati
al salvataggio come la barella Lecco
divenuta uno standard nelle dotazioni
per il soccorso alpino.
In questo campo, Kong è oggi
un riferimento per la formazione
nelle pratiche di soccorso
e di sicurezza.
Connettori di ogni tipo e misura,
da quello a corpo ritorto per carichi
“disassati” (Ovalone DNA ), al modello
in grado di sollevare 6 automobili
utilitarie (Heavy Duty Plus ), al più
piccolo facile da usare con una mano
sola (Argon S ), a quello a chiusura
automatica (Panic ), al connettore
con meccanismo automatico sul
modello del grilletto della pistola
(Frog, brevetto Kong 1998 ).
Connectors in every shape
and type
Kong is a leading maker of carabiners
and safety equipment, used in climbing,
rescue, speleology, sailing and altitude
work. The brand was created in 1977
to carry on the experience gained
over the years by the Bonaiti family’s
mechanical workshop, specialised
in the production of wire-derived
articles such as nails, buckles, chains
and farm tools. Located in the Lecco
mountains, on the road formerly known
as the iron and timber way,
the firm has been active since 1830.
Kong entered the history
of mountaineering after joining
the evolution of safety gear.
It started from the invention
of the D-shaped carabiner, when
the legendary climber Riccardo
Cassin asked Felice Bonaiti
to perfect pear-shaped hooks
used by the Munich firefighters
which the climber Otto Herzog
had adopted to climb the south face
of Schüsselkarspitze around 1914.
It is on this type of experience that
Kong built its reputation for inventing
and developing the standard of safety
equipment. In the 1960s the Bonaitis
“cold”- manufactured the first light
alloy carabiners for extreme climbing,
reducing their weight from 200
to 65 grams. Over the years, this output
extended to other rescue articles
such as the Lecco stretcher which
became a standard part of mountain
rescue work. In this field, Kong is now
a landmark name in rescue and safety
training practices.
Carabiners for every necessity,
from the one with the twisted body
for “misaligned” loads (Ovalone
DNA), to the model that can lift 6
utility vehicles (Heavy Duty Plus),
to the smaller product easily used
with one hand (Argon S), to the one
with automatic closure (Panic),
to the automatic carabiner
modelled on the pistol trigger
(Frog, Kong patent 1998).
 Landucci
Pistoia Trafile e inserti per formati
Toscana tradizionali e di fantasia
Per il popolo italiano la moltiplicazione
delle forme della pasta rappresenta
non solo una tradizione alimentare
ma uno dei fondamenti della propria
cultura materiale.
Landucci possiede un’esperienza
di quasi cento anni nella produzione
di trafile per pasta: un’esperienza
che si è evoluta nel passaggio dalla
costruzione completamente a mano
all’industrializzazione dei processi
produttivi. La trafila è l’elemento
cardine su cui ruota la lavorazione
industriale della pasta alimentare:
un dispositivo inaspettatamente
sofisticato, tanto che esistono solo
INFINITE FORME DI PASTA
pochi produttori nel mondo (di cui
quattro in Italia). Grazie al continuo
dialogo con i costruttori di linee
di produzione e con i produttori
di pasta, Landucci è in grado di offrire
un’infinita varietà di forme di pasta
secondo un repertorio messo insieme
nel corso di quasi cento anni.
Fondata nel 1925 da Sestilio Landucci,
è ancora oggi un’azienda familiare
giunta alla quarta generazione che
si muove in un mercato globalizzato.
INFINITE PASTA SHAPES
Inserti per la produzione di pasta
di vari formati e misure: dai più
tradizionali ai formati di fantasia
come quelli dedicati a Pinocchio;
la sede storica dell’azienda si trova
infatti nelle vicinanze di Collodi,
il paese che ha dato il nome all’autore
della favola italiana più amata
68 al mondo.
Extruder dies and inserts for
traditional and fancy formats
For Italians the multiplication of pasta
shapes is not only a food tradition but
one of the foundations of its material
culture.
Landucci can boast nearly a hundred
years of experience in the production
of pasta extruders: an experience
that evolved in the passage from
the completely hand-made to
industrialised production processes.
The extruder die is the mainstay
on which the industrial processing
of pasta rests: an unexpectedly
sophisticated device made by just
few factories in the world, four of
which are in Italy. Thanks to a constant
dialogue with the makers of production
lines and pasta makers, Landucci
can offer an infinite variety of pasta
shapes in a repertoire developed
in the course of almost a century.
Founded in 1925 by Sestilio Landucci,
it is still a family business, now into
its fourth generation and operating
on a globalised market.
Inserts for the production of varying
shapes and sizes; from the more
traditional formats to imaginative ones
like those dedicated to the tale
of Pinocchio; the historic headquarters
of the company is situated near
the town of Collodi, birthplace
of the author of the world’s
best-loved Italian story.

Camp ioni di tessuto tecnico Dolmias,
70 produzione Limonta 2021.
Limonta
Costa Masnaga (Lecco) Tessuti tecnici bio-based
Lombardia
Industria simbolo dell’evoluzione
e del continuo aggiornamento
del distretto del tessile, Limonta
nasce e si sviluppa a Costa Masnaga
nel lecchese, in una delle più antiche
zone europee a tradizione tessile,
tra il lago di Como e Milano.
L’azienda, nata con la produzione
di arazzi e tessuti jacquard,
si è specializzata nel corso degli anni
nell’integrazione tra chimica e tessile
per trasferire nei settori della moda
e dell’arredamento i risultati di questa
ricerca orientata all’innovazione
e alla diversificazione di prodotto.
Tra i prodotti iconici di Limonta,
il Dolmias è un tessuto tecnico
di nylon con un particolare effetto
serico, un aspetto lucido e una mano
compatta. Su questo tipo
di invenzione industriale si fonda
il successo globale dell’azienda
divenuta un riferimento nel mondo
dei tessuti tecnici per la moda,
con un’indiscussa autorevolezza
nell’ambito del fashion design.
SUSTAINABLE TEXTILE
Oggi, la nuova frontiera di Limonta
riguarda la sostenibilità nell’ambito
tessile sia con l’utilizzo di nylon
rigenerato, sia nella ricerca nel campo
dei biopolimeri e dei filati tecnici
di origine bio-based.
Samples of Dolmias technical fabrics,
made by Limonta 2021.
Bio-based technical fabrics
A symbol of the evolution and
constant updating of the textile
sector, Limonta was established
and developed in Costa Masnaga
in the Lecco area, in one of the oldest
European textile tradition zones,
between Lake Como and Milan.
The company, which started
with the production of tapestries
and jacquard fabrics, in the course
of time specialised in the integration
of chemistry and textiles to transfer
into the sectors of fashion and
furniture the results of this research
geared to product innovation and
diversification. Among Limonta’s iconic
products is Dolmias, a nylon technical
fabric with a particular silky effect,
a polished look and a compact touch.
Founded on this type of industrial
invention is the firm’s global success,
making it a landmark name in the
world of technical fashion textiles,
with an unmatched authority
in the sphere of fashion design.
Today Limonta’s new frontier concerns
textile sustainability both through
the use of regenerated nylon
and hands-on research in the field
of biopolymers and bio-based
technical yarns.
 Magis
Torre di Mosto (Venezia) Chair_ONE, design Konstantin
Veneto Grcic
Magis occupa un ruolo unico
in termini di ricerca e trasferimento
tecnologico di know-how industriale
verso il mondo dell’arredamento.
La figura del suo imprenditore,
Eugenio Perazza, è stata decisiva
nel ricollegarsi alla più pura
tradizione italiana delle fabbriche
IMPRENDITORIA ENZIMATICA
del design, e nel radicare
questo modello in un territorio
con una straordinaria vitalità
produttiva come il Nord-Est.
ENZYMATIC INDUSTRIAL MANAGEMENT
Nell’affiancare slanci tecnici
a un’appassionata adesione
alla cultura del progetto, Perazza
si è costruito una solida reputazione
a partire dagli anni Ottanta ed è oggi
una delle voci più influenti della scena
contemporanea del design italiano.
Per la convinzione con cui hanno
portato un approccio fondato
sul design in un distretto fino ad allora
configurato come una sorta di sistema
di fornitori di conoscenze tecniche
e produttive, Perazza e la Magis
rappresentano in modo inequivocabile
la funzione enzimatica del design
come catalizzatore che, accostando
agenti diversi, riesce a generare
innovazione e oggetti paradigmatici
della storia del design italiano.
A capo di un’azienda che definisce
“senza fabbrica”, Perazza sostiene
che “se è pur vero che la tecnologia
è disponibile sul mercato, la tecnica,
intesa come capacità di far funzionare
la tecnologia, non lo è: è parte piuttosto
del capitale intellettuale proprio
ed esclusivo dell’azienda”.
Chair _ ONE, sedia con sedile
girevole, design Konstantin Grcic,
2004. Il sedile è in pressofusione
di alluminio e la base in cemento.
Il progetto nasce dalla felice
collaborazione con il designer
tedesco Konstantin Grcic invitato
a sperimentare una tecnologia
utilizzata in campo aeronautico.
Nella pagina successiva: la scocca
grezza in pressofusione di alluminio
appena uscita dallo stampo.
In evidenza la materozza (il cordone
ombelicale dello stampaggio)
72 e i canali di colata.
Chair_ONE, design Konstantin
Grcic
Magis performs a unique role in terms
of research and the technological
transfer of industrial know‐how
into the furniture sector.
Its CEO, Eugenio Perazza, was decisive
in reconnecting to the purest Italian
tradition of design factories, and rooting
this model in a territory endowed
with such outstanding industrial
vitality as that of the North-East.
Matching a technical flair with a passion
for design culture, Perazza built up
a solid reputation starting from the
1980s. His firm is today one of the most
influential on the contemporary Italian
design scene. Due to his convinced
introduction of design to a district until
then configured as a sort of system
of suppliers of technical and industrial
knowledge, Perazza, with Magis,
unmistakably represent the enzymatic
function of design as a catalyser.
By combining different agents, it has
generated innovation and paradigmatic
objects in the history of Italian design.
At the head of a company which he
defines as being “without a factory”,
Perazza maintains that “whilst it is true
that the technology is available on
the market, the technique, intended
as the capacity to make technology
work, is not so. Rather, it is part of the
company’s own exclusive intellectual
capital”.
Chair_ONE, swivel-seat chair, design
Konstantin Grcic, 2004. The seat
is in die-cast aluminium and the base
in concrete. The design stems from
the fortunate collaboration with the
German designer Konstantin Grcic
who was invited to experiment with
a technology used in aeronautics.
In the next page: the raw monocoque
in die-cast aluminium just out
of the mould.
Showing the riser (the mould’s
umbilical cord) and the injection
channels.
 Nonino
Ronchi di Percoto –
Pavia di Udine (Udine)
Friuli Venezia Giulia
ALTO ARTIGIANATO DELLO SPIRITO
HIGH CRAFSTMANSHIP OF SPIRIT
76
Nonino Cru Monovitigno®
La grappa è un prodotto tipicamente
italiano. Per decenni la grappa è stata
poco più che un superalcolico popolare
tra i contadini e gli abitanti delle
montagne del Nord Italia. Ma tutto
questo accadeva prima che i Nonino
di Percoto, in Friuli, nobilitassero
la grappa e la trasformassero
in un distillato di grande qualità,
tanto da aggiudicarsi il premio di
Migliore Distilleria del Mondo del 2019,
assegnato a San Francisco in occasione
dei Wine Enthusiast_Wine Star Awards.
La famiglia Nonino si dedica all’arte
della distillazione in Friuli fin dal 1897.
Fondata da Orazio Nonino come
distilleria ambulante, è nel 1973
che la Nonino, grazie all’intraprendenza
di Benito e Giannola Nonino,
subisce un’importante evoluzione
fondata sull’intuizione di distillare
separatamente le vinacce dell’uva
Picolit dando inizio alla tradizione
della grappa Monovitigno®.
La famiglia Nonino si occupa
personalmente dell’acquisto
della materia prima, ossia
delle vinacce derivate da storici
vitigni friulani. Quest’azione
di recupero e riciclo è altresì
importante per preservare
le specie autoctone.
Grapp a Monovitigno ® Picolit Cru Grapp a Monovitigno ® Picolit Cru
Vigna Nonino Buttrio, Friuli, 500 ml Vigna Nonino Buttrio, Friuli, 500 ml
50% Alc/Vol. 50% Alc/Vol.
Nonino Cru Monovitigno®
Grappa is a typically Italian product.
For decades it was little more than
a spirit popular among the farmers
and inhabitants of the northern Italian
mountains. But all that was before
the Nonino family from Percoto, in Friuli,
ennobled grappa and transformed
it into a high quality distillate.
To the point where Nonino was awarded
the 2019 World’s Best Distillery Prize at
the Wine Enthusiast_Wine Star Awards
in San Francisco.
The Nonino family has been devoted
to the art of distillation in Friuli since 1897.
Founded by Orazio Nonino as a
travelling distillery, it was in 1973
that Nonino, thanks to the enterprise
of Benito and Giannola Nonino,
underwent a major evolution based
on the intuition of separately distilling
the Picolit pomace to launch the
tradition of single-vine grappa
(Monovitigno®).
The Nonino family deals personally
with the buying of raw material, namely
the pomace derived from the time-
honoured Friuli vines. This retrieval
and recycling is important furthermore
in preserving autochthonous species.
 Novamont
Novara Quarta generazione di Mater-Bi,
Piemonte bioplastiche biodegradabili
e compostabili
Tra le tante eccellenze produttive
Italiane, Novamont rappresenta
un unicum grazie all’attività
più che mai strategica nel campo
delle bioplastiche e nella ricerca
sulle materie prime di origine
rinnovabile. Proseguendo le ricerche
PROGETTATI PER SPARIRE
nate all’interno del polo storico
della chimica italiana, la Novamont,
diretta dalla chimica Catia Bastioli,
si è da subito distinta nello studio
di innovative bioplastiche derivate
dagli scarti di produzione agricola:
amido di mais, grano e patate.
Questa ricerca, partita a monte
dalla filiera agricola, ha portato
agli inizi degli anni Novanta
all’invenzione del Mater-Bi,
la prima bioplastica certificata
biodegradabile, compostabile e
DESIGNED TO DISAPPEAR
smaltibile con il rifiuto organico.
Il Mater-Bi è utilizzato in larga
parte per la produzione di sacchetti
biodegradabili in sostituzione
dei tradizionali in polietilene e per
la produzione di film biodegradabili
impiegati in agricoltura per la
pacciamatura delle coltivazioni.
Si deve al Mater-Bi il primo sacchetto
di plastica biodegradabile prodotto
al mondo, nell’ambito di un progetto
pilota di raccolta dei rifiuti urbani
condotto nella cittadina bavarese
di Fürstenfeldbruck nel 1992.
Il Mater-Bi è un’innovativa famiglia
di bioplastiche biodegradabili
e compostabili sviluppate da Novamont
in trent’anni di ricerca. Ottenute
da una serie di tecnologie proprietarie
e prime al mondo nel campo
degli amidi, delle cellulose, degli oli
vegetali e delle loro combinazioni,
le bioplastiche Mater-Bi presentano
caratteristiche e proprietà d’uso
del tutto simili alle plastiche
di origine fossile; essendo però
di origine vegetale, sono
biodegradabili e compostabili nel
rispetto degli standard europei
78 (EN 13432).
The 4th generation Mater-Bi,
biodegradable compostable
bioplastics
Among the many Italian industrial
excellences, Novamont is exceptional,
thanks to its highly strategic activity
in bioplastics and research into
renewable raw materials.
Continuing the work begun within
the core of Italian chemistry,
Novamont, under its CEO chemist
Catia Bastioli, immediately stood out
for its study of innovative bioplastics
derived from agricultural waste:
maize starch, corn and potatoes.
Starting with the upstream agricultural
chain this research led, in the early
1990s, to the invention of Mater-Bi,
the first certified biodegradable,
compostable bioplastic, disposable
with organic waste.
Mater-Bi is used mainly for the
production of biodegradable bags
to replace those in the traditional
polyethylene, and in the production
of biodegradable film for agricultural
crop mulching. Mater-Bi created the
world’s first biodegradable plastic
bag, produced under a pilot project
for urban refuse collection
conducted by the Bavarian town
of Fürstenfeldbruck in 1992.
Mater-Bi is a range of biodegradable
and compostable plastics developed
by Novamont over thirty years
of research. They are obtained
by patented technologies in the field
of processing starches, vegetable oils
and combinations thereof; they have
material characteristics and properties
similar to those of traditional plastics,
while being of vegetable origin,
biodegradable and compostable
according to European Standards
(EN 13432).
 Omnicos Group
Bagnolo Cremasco (Cremona) Polveri e colori per la cosmetica
Lombardia
Il territorio cremasco rappresenta
un fondamentale distretto per la
produzione di make-up nel mondo.
Si calcola che circa il 65% di rossetti,
ombretti, fondotinta e, più in generale,
ogni tipo di prodotto per il trucco
e la cosmesi siano realizzati in aziende
che sorgono nei dintorni di Crema
e in un quadrilatero che comprende
anche Bergamo, Milano e l’intera
Brianza. Il polo globalizzato
della cosmesi è insediato nel cuore
della pianura padana e rappresenta
una filiera in grado di offrire tutti
i servizi necessari per assecondare
i tempi rapidi della creazione delle
collezioni dei maggiori brand globali
di make-up.
Si tratta di un servizio “sartoriale”
che copre il ciclo completo
dalla ricerca sulle materie prime
fino al confezionamento, dove
la reputazione si gioca sulla rapidità
d’azione nel progettare e produrre
a un ritmo che prevede anche più
di 13 collezioni all’anno.
Per dare un’idea della sofisticazione
degli aspetti creativi del processo
di ricerca e sviluppo, solo per le
gradazioni di colore dei rossetti,
MAKE-UP MAKERS
si possono contare 400 sfumature
di rosso, per non dire delle miriadi
di qualità di “perle” delle texture
superficiali. Omnicos Group si
distingue, nel paesaggio industriale
locale, per una spiccata vocazione
alla ricerca.
Polveri cosmetiche pressate pensate
per valorizzare ogni tipo di carnagione.
L’alta percentuale di polveri
micronizzate e rivestite da ingredienti
dermo-affini assorbe l’eccesso di sebo
senza seccare la pelle. Le colorazioni
naturali sono studiate per adattarsi
a tutti i colori di pelle, dal nudo fino
alle tonalità accese dei fard e dei bronzer.
Le linee per il viso hanno formulazioni
diverse e finish differenti e comprendono
bronzer, blush, illuminante, cipria,
fondotinta e correttori.
80 Produzione Omnicos Group.
Make‐up powders and colours
The Cremona area is of worldwide
importance in the production of make-
up. It is estimated that 65%
of lipsticks, eyeshadow, foundation
cream and, more generally,
of every type of product for makeup
and cosmetics, are made by firms
located around Crema and in a wider
area that also includes Bergamo,
Milan and the whole of Brianza.
The globalised cosmetics hub lies
in the heart of the Po Valley and
represents a supply chain offering all
the services necessary to support the
rapidly succeeding collections created
by the world’s top make-up brands.
This “sartorial” service covers
the complete cycle from raw
materials research to packaging,
where a reputation depends
on the speed of action in designing
and producing at the rate of 13
or more collections per year.
To give an idea of the sophistication
of the creative aspects of the R&D
process, as regards lipstick colour
shades, 400 types of red can be
counted, not to mention the myriad
qualities of surface texture “pearls”.
Omnicos Group is distinguished,
in the local industrial landscape,
for its outstanding vocation
for research.
Pressed cosmetic powders designed
to enhance every type of complexion.
The high percentage of micronised
powders coated with skincare
ingredients absorbs excess sebum
without dehydrating the skin. Natural
colourings are created to adapt to all
skin shades, from naked to the brighter
fards and bronzers. The product lines
come in a variety of formulations and
different finishes, and include bronzers,
blushes, highlighters, face powders,
foundation creams and correctors.
Manufactured by Omnicos Group.
 Pedrali
Mornico al Serio (Bergamo) Sedia Frida, design Odo
Lombardia Fioravanti
Manzano (Udine)
Fondata nel 1963 a Palazzolo
Friuli Venezia Giulia
sull’Oglio (nei pressi di Brescia),
Pedrali è un’azienda all’avanguardia
nella produzione di elementi d’arredo
per gli spazi pubblici, l’ufficio e la casa.
È nata per iniziativa di Mario Pedrali,
imprenditore-artigiano guidato
nel suo percorso da una passione
non comune per la produzione
e le fabbriche, passione che lo ha
portato, a coronamento della sua
carriera, a essere riconosciuto come
“imprenditore olivettiano” nel 2017.
L’azienda si è costruita una posizione
autorevole nella produzione di sedie
e tavoli, nel solco della tradizione
del design italiano, diventando
un riferimento internazionale.
“La filosofia industriale che ci ha
insegnato mio padre riguarda
la capacità di investire in nuove
tecnologie ma di pensare anche
a fare una fabbrica bella”, afferma
Giuseppe Pedrali, figlio di Mario
e Amministratore Delegato.
“Dall’ossessione per la qualità, invece,
deriva la decisione di realizzare tutto
ENGINEERED WOOD
internamente nelle due sedi produttive
di Mornico al Serio e di Manzano.
L’obiettivo è offrire ai clienti una
garanzia autentica di qualità, data
dal controllo a 360 gradi dell’intera
filiera produttiva”. L’attenzione
per la qualità del processo produttivo
e dell’ambiente di lavoro, la selezione
di materie prime certificate, la ricerca
e l’implementazione delle tecnologie
più avanzate sono i principali aspetti
che identificano Pedrali quale interprete
eccellente del panorama industriale
italiano. Nell’ultimo decennio
si è impegnata nella costruzione
di uno dei più grandi stabilimenti
produttivi d’Europa per la lavorazione
del legno, innestato nel centro
del distretto friulano tradizionalmente
conosciuto come “triangolo della sedia”
intorno a Manzano.
Sedia Frida, design Odo Fioravanti,
2008, ha vinto il Compasso d’Oro 2011
“per la semplice bellezza scultorea”.
Il progetto mette a frutto le qualità
di un nuovo processo che ottiene
curvature complesse e superfici sottili,
combinandoli con una struttura
di legno massello.
82 (Foto Leo Torri)
Frida chair, design Odo
Fioravanti
Founded in 1963 in Palazzolo
sull’Oglio (near Brescia), Pedrali
is an avant-garde maker of urban,
office and home furniture.
The business started from an initiative
by Mario Pedrali, an entrepreneur-
craftsman guided by an uncommon
passion for production and factories
that eventually crowned his career
as an “imprenditore olivettiano”
(an Olivettian industrial manager)
in 2017. The company made its name
as a highly respected maker of chairs
and tables, following
the tradition of Italian design
to become internationally famous.
“The industrial philosophy that my
farther taught me concerns the
capacity to invest in new technologies,
but also to think of making a beautiful
factory”, says Giuseppe Pedrali,
Mario’s son and CEO.
“From the obsession with quality
sprang the decision to produce
everything internally in the two
production plants at Mornico al Serio
and Manzano. The aim is to offer
customers a genuine guarantee
of quality, ensured by a 360-degree
control of the entire production chain”.
This attention to the quality
of the production process and
of the working environment, the
selection of certified raw materials,
research and the implementation
of the most advanced technologies,
are the mainsprings that identify
Pedrali as an excellent interpreter
of the Italian industrial panorama.
In the past decade the company has
been busy building one of the largest
production plants in Europe
for the processing of wood, grafted
into the Friuli district traditionally
known as the “chair triangle”.
Frida chair, design Odo Fioravanti, 2008.
The chair won the 2011 Compasso d’Oro
prize “for its simple sculptural beauty”.
This design exploits the qualities
of a new process to create complex
bends and thin surfaces combined
with a heartwood structure.
(Photo Leo Torri)
 Petroceramics
Stezzano (Bergamo) Materiali compositi a matrice
Lombardia ceramica
Petroceramics, nata nel 2003
quale spin off della Facoltà di Geologia
dell’Università degli Studi di Milano,
lavora da oltre 15 anni su un processo
di infiltrazione da silicio liquido
chiamato Liquid Silicon Infiltration
(LSI) svolgendo un ruolo chiave
nello sviluppo e nella produzione
di materiali carboceramici
per applicazioni aerospaziali,
automotive e in tutti quei settori
dove sono previsti materiali
dai super poteri capaci di lavorare
in condizioni estreme e ad altissime
temperature. Una delle sue principali
attività di ricerca e sviluppo riguarda
il progetto di materiale carboceramico
per la produzione di dischi freno
SUPERPOTERI DEI MATERIALI
e materiali di attrito per le pastiglie
in collaborazione con Brembo.
Sul fronte della ricerca aerospaziale
Petroceramics ha sviluppato
con il Centro Italiano Ricerche
Aerospaziali (CIRA) un composito
a matrice ceramica registrato
con il marchio “ISiComp”
per la produzione di alcuni
componenti di protezione termica
SUPERPOWERS OF MATERIALS
per il futuro velivolo aerospaziale
‘riutilizzabile’ che sarà impegnato
nella missione dell’Agenzia Spaziale
Europea (ESA) prevista per il 2023.
A sinistra, dall’alto:
Schiuma di materiale a base di carburo
di silicio e silicio SiSiC, densità 0,3 g /cm3.
Piastrella di rivestimento per navicella
spaziale in materiale a matrice
ceramica ISiComp, primo stadio
di produzione corrispondetente
alla formatura allo stato polimerico
(la fibra continua di carbonio è infiltrata
di silicio e ha densità 2 g /cm3).
Parallelepipedi di materiale a base
di carburo di silicio e silicio SiSiC,
densità 3 g/cm3.
A destra:
Esempio di formatura con geometria
complessa del materiale ISiComp .
Sullo sfondo:
Scambiatore termico in materiale a
base di carburo di silicio e silicio SiSiC,
84 densità 3 g/cm3, Ø cm 21.
Ceramic matrix composites
Petroceramics, established in 2003
as a spinoff from the Faculty of Geology
at the Università degli Studi in Milan,
has beaen working for over 15 years
on a process called Liquid Silicon
Infiltration (LSI). It plays a key role
in the development and production
of carbon ceramics for aerospace
and automotive applications
and in all those sectors requiring
superpower materials usable
in extreme conditions and very
high temperatures.
One of its principal R&D activities
concerns a carbo-ceramic
for the production of brake discs
and friction pad materials, made
in collaboration with Brembo.
On the aerospace research front,
Petroceramics has developed with
the Centro Italiano Ricerche
Aerospaziali (CIRA) a ceramic-based
compound registered under
the trademark “ISiComp”
for the production of some
of the thermal protection components
in the future ‘reusable’ aerospace
vehicle to be deployed in the European
Space Agency (ESA) mission
scheduled for 2023.
From top left:
Silicon and SiSiC silicon carbon based
foam, density 0.3 g/cm3.
Cladding tile for spacecraft in ISiComp :
ceramic-based material: first production
stage corresponding to polymeric
forming (the continuous carbon fibre
is silicon infiltrated and has a density
of 2 g/cm3).
Parallelepipeds in silicon carbon and
SiSiC silicon material, density 3g/cm3.
Right:
Example of complex geometry ISiComp
forming.
On the background:
Heat exchanger in silicon carbon and
SiSiC silicon carbon, density 3 g/cm3,
Ø cm 21.
 Plastitalia
Brolo (Messina) Raccorderia per tubi in PE
Sicilia con anodi integrati per
facilitare la saldatura
Plastitalia rappresenta nel mondo
l’eccellenza nella produzione
di raccordi in polietilene per acqua,
gas e fluidi industriali. Fu fondata
MIRABILI CONNESSIONI SOTTERRANEE
nel 1987 in provincia di Messina
come business unit di Eurocondotte
con lo scopo di produrre giunzioni
di qualità.
Nino Lenzo, il fondatore, ha reso
la sua esperienza nel settore delle
linee di distribuzione sotterranee
modello per la creazione di nuovi
prodotti che semplificano il lavoro
ADMIRABLE UNDERGROUND FITTINGS
degli operatori. Dal 1998 ha dato via
alla produzione di raccordi elettro-
saldabili in grado di evolvere
fino a versioni che integrano
la geolocalizzazione GPS
per il tracciamento di ogni singola
giunzione di una linea distributiva.
86
PE pipe fittings with integrated
anodes to facilitate welding
Plastitalia represents in the world
the excellence of polyethylene
fittings for water, gas and industrial
fluids. It started in 1987 in the
province of Messina, as a business
unit of Eurocondotte for the purpose
of producing quality joints.
Nino Lenzo, its founder, has made
his experience in the world
of underground conducting pipes
a model for the creation of new
products that simplify pipe laying
operations. Since 1998 he has
been producing electro-weldable
connectors that can evolve up to
integrated GPS versions to trace
each single joint in a conducting
system.
Manicotti in polietilene: Polyethylene couplings:
MP025C, MP040C, MP050C, MP075C, MP025C, MP040C, MP050C, MP075C,
MP090C, MP110C, MP200C. MP090C, MP110C, MP200C.
 Springa
Milano Goliath, il primo strumento
Lombardia robotico a controllo numerico
(CNC) portatile e autonomo
Goliath è la prima fresa robotica
a controllo numerico (CNC) portatile
e autonoma prodotta da Springa,
un’azienda fondata nel 2016
con l’obiettivo di sviluppare strumenti
robotici per la fabbricazione digitale.
Per il suo primo prodotto il collettivo
di giovani designer e ingegneri
del Politecnico di Milano ha
sviluppato, attraverso un crowdfunding
di Kickstarter, il progetto di una
macchina utensile robotica che cambia
il rapporto tra fresa e piano di lavoro
ribaltando il punto di vista: da fisso
a mobile. Il piano di lavoro diventa,
infatti, il pannello stesso che si sta
fresando e la parte più consistente
della macchina (di solito una specie
di tavolo ingombrante) sparisce.
Quando la raccolta di fondi digitale
ha raggiunto sorprendentemente
la cifra di $ 1.072.544,
AUTONOMOUS ROBOTIC
l’ingegnerizzazione del prodotto
ha preso un nuovo impulso
confermando l’intuizione di aver
colto un bisogno sentito dalla
comunità mondiale dei maker.
La fresa a controllo numerico Goliath
rimuove i confini fissi degli strumenti
di lavoro, immaginando uno spazio
di lavoro dinamico, costruito
sulla libertà d’azione.
Goliath CNC, alluminio, plastica, Goliath CNC, aluminium, plastic, rubber,
gomma, 15 kg (45x45x30 cm). 15 kg (45x45x30 cm).
Design Lorenzo Frangi, Alessandro Design Lorenzo Frangi, Alessandro
88 Trifoni, Davide Cevoli, 2016/2021. Trifoni, Davide Cevoli, 2016/2021.
Goliath is the first portable and
autonomous CNC robotic tool
Goliath is the first robotic CNC portable
and autonomous milling machine
produced by Springa, a company
established in 2016 to develop robotic
tools for digital manufacturing.
For its first product the collective
of young designers and engineers
from Politecnico di Milano developed
through a Kickstarter crowdfunding
the project for a robotic machine tool
that changes the ratio between a
milling machine and worktop
by reversing the point of view:
from fixed to mobile. The worktop
in fact becomes the panel itself that
is being milled, while the most
consistent part of the machine
(usually a kind of cumbersome table)
disappears. When the digital fund
surprisingly raised the sum of
$ 1,072,544, the product’s engineering
was further galvanised in the
knowledge that it had hit on a need
felt by the world community of makers.
The Goliath CNC miller removes the
fixed borders of work tools while
imagining a dynamic workspace built
on freedom of action.
 Terre Davis
Torre de’ Picenardi (Cremona) Terra rossa per campi da tennis
Lombardia
L’argilla che si estrae nelle cave vicine
al Po ha storicamente alimentato
la produzione di mattoni caratterizzati
da un deciso colore rosso, tipico
del paesaggio padano. Dalla loro
macinatura, a seguito di demolizioni
di vecchie strutture agricole e abitative,
si ottiene una polvere perfetta per
la realizzazione dei campi da tennis.
Terre Davis inizia la produzione
GROUND HERO
di campi di terra battuta nel 1975
e rapidamente diventa leader
di mercato servendo circa 2.500
circoli tennistici e costruttori
di impianti sportivi. Sulla loro terra
rossa sono giocati i più importanti
tornei internazionali di tennis,
tra questi gli Internazionali di Roma
al Foro Italico.
Stratigrafia della costruzione
90 di un campo da tennis di terra rossa.
Crushed brick for clay tennis
courts
The clay extracted from the quarries
near the river Po has always been
used to make the typically red bricks
of the Po Valley landscape. Obtained
from their grinding after the demolition
of old agricultural and residential
buildings is a powder that is perfect
for tennis courts.
Terre Davis began making crushed
brick courts in 1975 and rapidly grew
to become a market leader, serving
some 2,500 tennis clubs and sports
facility builders. Major international
tennis tournaments, including those
of the Foro Italico in Rome, have been
played on their clay courts.
Stratigraphy for the construction
of a clay tennis court.
 Tecno Tessile
Adler
Airola (Benevento) Abitacolo di sicurezza
Campania in fibra di carbonio
Tecno Tessile Adler è parte
di un Gruppo internazionale,
con sede a Ottaviano, in provincia
di Napoli che progetta, sviluppa
e industrializza componenti e sistemi
per l’industria del trasporto. Fondata
nel 1956 da Achille Scudieri, che
intuisce le potenzialità dei polimeri,
oggi è il primo produttore italiano
di sistemi per il comfort acustico
e termico, di rivestimenti e pannelli
per le portiere e di tappeti interni
(di cui è il secondo player mondiale).
Esemplare il lavoro di TTA sulle cellule
di sicurezza per macchine sportive
in materiali compositi realizzate
per i più importanti costruttori
di auto al mondo.
SAFETY CELL
Cellula centrale in fibra di carbonio per
abitacolo di sicurezza, produzione TTA.
Il telaio dell’Alfa Romeo 4C è costituito
da una monoscocca realizzata
completamente in fibra di carbonio
del peso di 80 kg, costruito
con una tecnologia proveniente
dall’esperienza maturata in Formula 1.
La monoscocca in carbonio pre-preg,
con inserti in Ergal, Nomex e Rohacell,
utilizza la tecnologia di laminazione
di plies di carbonio pre-preg su stampi
in carbonio con ciclo di cura in autoclave
(240x190x110 cm).
Carbon fibre safety cell
Tecno Tessile Adler is part
of an international group with head
offices in Ottaviano, near Naples.
It designs, develops and industrialises
components and systems for the
transport industry. Founded in 1956
by Achille Scudieri, who had intuited
the potentialities of polymers,
the group is now the foremost Italian
maker of acoustic and thermal
comfort systems, door cladding
and panels and internal carpeting
(of which it is world’s second most
important maker).
TTA safety cells in composite
materials are used for sports cars
made by the world’s leading
automakers.
Carbon fibre central cell for safety car
interiors, manufactured by TTA.
The Alfa Romeo 4C chassis comprises
a monocoque made entirely of carbon
fibre. Weighing 80 kg, it is built with
a technology gained from Formula
1 racing experience. The pre-preg
carbon monocoque, with Ergal,
Nomex and Rohacell inserts,
uses the technology of laminated
pre-preg carbon plies on carbon
moulds with an autoclave cure cycle
(240x190x110 cm).
 Vibram
Albizzate (Varese) Suole in gomma
Lombardia ad alte prestazioni
L’azienda è fondata nel 1939
dall’alpinista Vitale Bramani che,
dopo un incidente in montagna,
si dedica all’invenzione del “Carrarmato”
individuando un materiale per l’epoca
innovativo come la gomma per tradurre
la forma della tradizionale suola
chiodata in cuoio e migliorare
la funzione di aderenza al suolo.
Vibram è il riferimento internazionale
per la produzione di suole in gomma,
divenute componente essenziale
delle calzature di marchi di rilevanza
globale come Nike, Timberland o Prada.
Nella storia più recente Vibram ha
iniziato a ribaltare il punto di vista
sulla funzione di una componente
DOWN SIDE UP
destinata a rimanere nascosta per
farne una protagonista della scarpa
come avviene con l’esoscheletro in
gomma delle pluripremiate Furoshiki
o per le Five Fingers.
FiveFingers, 2004. Sorta di “guanto
da piede” è una “non-scarpa”
che funziona da rivestimento, seguendo
la conformazione anatomica del piede.
Furoshiki, 2011. Prima suola avvolgente,
si ispira alla cultura giapponese
dell’impacchettare gli oggetti con
94 ritagli di stoffa.
High-performance
soling systems
The company was founded in 1939
by the mountaineer Vitale Bramante.
After a climbing accident, he set
about inventing a more reliable
boot sole that would guarantee
outstanding traction. He named it
“Carrarmato” (tank). His intuition
was to adopt rubber, an innovative
material at the time, as a marked
improvement on the traditional
hobnailed leather soles of the
mountain boots used previously.
Vibram today is the internationally
acclaimed model for the production
of rubber lug soles, by now
an essential feature of globally
renowned footwear like Nike,
Timberland or Prada. In its more
recent history, Vibram reversed
the concept of a previously hidden
component and turned it instead
into an eye-catching part of the shoe,
as in the rubber exoskeleton
on the multi-award winning Furoshiki
or on the Fivefingers.
FiveFingers, 2004. “Non-shoe”, a sort
of “foot glove” that fits the anatomical
shape of the foot.
Furoshiki, 2011. First wrapping sole,
inspired by the Japanese culture
of packing objects with cloth cuttings.
CONTRIBUTI
CONTRIBUTIONS

Storie di imprese non comuni

Stories of uncommon enterprises
 UN PRODOTTO,
OLTRE CHE FUNZIONALE,
DEVE ANCHE ESSERE BELLO
Alberto Bombassei
Il Presidente di Brembo Alberto Bombassei ripercorre le tracce della storia dell’azienda
e racconta come un componente meccanico come il freno si sia trasformato
in un “elemento identitario per i più iconici veicoli al mondo”.

Brembo è nata nel 1961, a pochi chilometri da Bergamo. Fondata da mio padre
Emilio, Italo Breda, da me e mio fratello Sergio. Eravamo una piccola realtà,
nei primi anni il nome dell’azienda era OMdS, Officine Meccaniche di Sombreno
e ci occupavamo di lavorazioni meccaniche per conto terzi.

Courtesy of Formula E
Da quel nucleo originario, è cominciata una straordinaria avventura
imprenditoriale che ha reso Brembo un’eccellenza italiana e internazionale,
un marchio diventato in tutto il mondo sinonimo di freno.

C’è un episodio nella nostra storia che ha segnato il futuro dell’azienda e che,
se guardato in prospettiva, ci dà un certo senso di destino. Un evento del tutto
fortuito avvenuto nel 1964: l’incidente di un camion proveniente dall’Inghilterra
e che trasportava un carico di dischi freno destinati all’Alfa Romeo. All’epoca,
i freni a disco erano fabbricati solo dagli inglesi e Alfa Romeo, per rimediare
al danno, chiese a Brembo di riparare i pezzi rovinati.

Il caso e la fortuna possono dare una mano, ma certe opportunità bisogna essere
in grado di coglierle: ci proponemmo dunque di provare a produrre i dischi

A PRODUCT MUST BE
direttamente in Italia, a prezzi più competitivi. Da questa brillante intuizione,
aiutata dalla fortuna, cominciammo per primi in Italia la produzione dei pezzi
per Alfa Romeo, orientando fin da subito le nostre energie verso la ricerca

BEAUTIFUL AS WELL
e l’innovazione, sperimentando materiali alternativi e lavorazioni più raffinate.

Grazie a questo nostro approccio, la storia di Brembo è stata costellata di grandi

AS FUNCTIONAL
svolte: la produzione del primo impianto completo per moto montato di serie
sulle Guzzi e poi le Laverda nel 1972, la fornitura della Ferrari in Formula 1
tre anni dopo, la prima pinza in alluminio e i primi dischi in carbonio negli anni
Ottanta; a seguire lo sbarco in borsa, l’apertura di sempre nuovi stabilimenti

Alberto Bombassei
in tutti i Paesi dove operano i nostri clienti e l’inaugurazione del Kilometro
Rosso alle porte di Bergamo, dove si trova la nostra bellissima sede.
In tutti questi anni, a guidarci è stata una forte passione per il nostro lavoro.

Siamo stati capaci di trasformare un componente meccanico come il freno

in un elemento identitario e distintivo per i più iconici veicoli al mondo, The President of Brembo traces the company’s history and recounts how a mechanical
su strada e su pista. Un risultato che si basa su una convinzione semplice component like the brake has been transformed into an “identifying element for the world’s
quanto rivoluzionaria: un prodotto, oltre che funzionale, può anche essere bello. most iconic vehicles”.
98
 Alberto Bombassei UN PRODOTTO, OLTRE CHE FUNZIONALE, DEVE ANCHE ESSERE BELLO
Courtesy of Brembo
Un concetto parte della ricca espressione del design e del saper fare italiano,
figlio di una forte tradizione artigianale. È per questo che infondiamo
nei nostri prodotti la continua ricerca di linee e geometrie nuove, l’attenzione
al dettaglio e l’emozione del colore. Uniamo creatività, design e tecnologia
per realizzare freni non solo di grande qualità, ma permeati di gusto estetico
e amore per la bellezza.
“Se non fosse un freno, sarebbe una scultura degna di qualunque museo
d’arte moderna”: è questa la motivazione della giuria internazionale
che nel 2004 ha assegnato il Compasso d’Oro al nostro impianto frenante
con disco carbonio-ceramico per vetture da strada. Nel 2020, il più prestigioso
premio di design industriale al mondo ci è stato conferito per la seconda
volta, motivo di grande soddisfazione e dimostrazione della nostra vocazione
all’eccellenza, estetica e prestazionale. Lo abbiamo conseguito grazie
alla pinza posteriore per le monoposto del campionato elettrico di Formula E.
Il prodotto che presentiamo con orgoglio alla mostra sulle eccellenze
dell’industria italiana: “Created in Italy”.
100
Alberto Bombassei A PRODUCT MUST BE BEAUTIFUL AS WELL AS FUNCTIONAL
Brembo was founded in 1961, just a few kilometres from Bergamo. It was
established by my father Emilio, Italo Breda, myself and my brother Sergio.
We were a small company and in the early years the company was known as
OMDS, Officine Meccaniche di Sombreno. Back then, we worked on mechanical
processing for third parties.
From that background, an extraordinary business adventure unfolded
that has made Brembo an outstanding Italian and international brand
that has become synonymous with brakes the world over.
There is one episode in our history that marked the future of the company
and which, if looked at in perspective, gives us a certain sense of destiny.
It was quite an unexpected event in 1964: a truck coming from England
and carrying a load of brake discs for Alfa Romeo crashed. At the time,
disc brakes were only manufactured by the British, and Alfa Romeo,
in order to repair the damage, asked Brembo to mend the damaged parts.
Chance and luck can help, but you have to be able to take advantage
of certain opportunities: we therefore decided to try to produce the discs
in Italy ourselves, at more competitive prices. From this brilliant idea,
helped by some luck, we were the first company in Italy to start producing
brake discs, immediately steering our energies towards research
and innovation, experimenting with alternative materials and more refined
processes.
Thanks to this new approach, Brembo’s history has been marked by major
breakthroughs: the production of the first complete system for motorbikes
fitted as standard on Guzzi and then Laverda bikes in 1972, supplying
Ferrari in Formula 1 three years later, the first aluminium callipers
and the first carbon discs in the 1980s, followed by our listing on the stock
exchange, the opening of more and more new plants in all the countries
where our customers operate and the inauguration of the Kilometro Rosso
just outside Bergamo, where our beautiful headquarters are located.
Over the years, we have been guided by a strong passion for our work.
We have been able to transform a mechanical component such as the brake
into an identifying and distinctive element for the world’s most iconic vehicles,
both on the road and on the track. A result based on a simple yet revolutionary
conviction: a product can be beautiful as well as functional. A concept that
is part of the rich expression of Italian design and know-how, the product
of a strong tradition of craftsmanship.
This is why we put our constant search for new shapes and forms, attention
to detail and the emotion of colour into our products. We combine creativity,
design, and technology to produce brakes that are not only top quality, but
also permeated with aesthetic taste and a love for beauty. “If it wasn’t a brake,
it would be a sculpture worthy of any modern art museum”: this was the
reasoning of the international jury that awarded the Compasso d’Oro in 2004 to
our braking system with carbon-ceramic disc for cars. In 2020, we received the
Courtesy of Brembo
world’s most prestigious industrial design award for the second time, which is a
source of great satisfaction and demonstrative of our dedication to excellence,
both aesthetically and in terms of performance. We won it thanks to our rear
calliper for the Formula E electric championship single-seaters. The product
we proudly present at the exhibition on the outstanding achievements of Italian
industry: “Created in Italy”.
 IL MADE IN ITALY
DELLA SUBACQUEA
ALL’INSEGNA DI QUALITÀ
E SICUREZZA
Linda Kaiser
Specialista di musei d’impresa, impegnata nell’organizzazione dell’Archivio Storico
Cressi Sub, Kaiser traccia un racconto sintetico di come ogni nuovo prodotto Cressi Sub
sia il risultato di un’evoluzione industriale che si è costruita sulla passione per il mare
e la cura per la qualità.
Sin dalla fine degli anni Trenta del secolo scorso, quando i fratelli Egidio
e Nanni Cressi mettevano a punto, a Genova, i primi attrezzi artigianali e
pionieristici per la pesca sotto la superficie marina, il loro nome è divenuto
sinonimo di ricerca e sviluppo, di ingegno e qualità. L’azienda, che si struttura
imprenditorialmente soprattutto a partire dal dopoguerra, si caratterizza per
la propria spiccata tendenza all’innovazione. La pinna Rondine nel 1951-52, con
Courtesy of Archivio Storico Cressi Sub
piede e pala congiunti in sovrapposizione, e la maschera Pinocchio nel 1952-53,
con la sagomatura per il naso in modo da stringerlo dall’esterno per facilitare
la compensazione, dettano i nuovi indirizzi costruttivi, migliorando la resa
e il comfort di questi prodotti.
Cressi ha sempre ampliato nel tempo la propria offerta negli ambiti della
subacquea, della pesca, dell’apnea, dello snorkeling e del nuoto e, più
recentemente, dell’outdoor connesso all’acqua. Oggi l’azienda è presente con le
sue filiali in tutto il mondo, dall’Europa all’Asia, dagli Stati Uniti al Sudamerica.
La funzione e la sicurezza, imprescindibili negli attrezzi per la subacquea
e l’apnea, si accompagnano in Cressi a doti di originalità, materiali di prima
scelta e ultime tendenze del design, come dimostrano le decine di brevetti
ottenuti e come testimoniano i prodotti più recenti. Tra questi, la Calibro si può
definire un punto di arrivo per l’innovazione tecnica nelle maschere. La sua
peculiarità principale è la membrana attorno al naso, che crea una barriera per
l’aria calda proveniente dal naso stesso e riduce così notevolmente la quantità
di condensa sulle lenti. Alla Calibro sono connessi anche altri brevetti, come le
lenti inclinate per ampliare il campo visivo; i giunti in gomma che collegano le
fibbie in resina acetalica al cerchietto in policarbonato con carica elastomerica,
consentendo una maggiore adattabilità della maschera al viso; infine, l’intera
struttura rigida della maschera è contenuta in una sorta di tasca nel facciale per
ridurre il volume interno e avvicinare le lenti agli occhi. Tra le pinne di ultima
generazione, la Impulse è caratterizzata da una struttura che le permette di
flettere in due punti durante la pinneggiata, a formare quasi una “S”. La pala
fornisce così una nuova modalità di accumulo di energia potenziale elastica e
rilascio della stessa, che coadiuva in modo ottimale l’atto motorio della gamba
dell’apneista, garantendo un miglioramento netto della resa propulsiva. La
scarpetta, costruita in due materiali in gomma termoplastica certificata Full
Contact, i longheroni laterali in gomma ad alto modulo flessibile e la pala in
compound di tecnopolimeri elastomerizzati seguono lo sviluppo delle miscele
dei materiali creati in Cressi da valenti ricercatori.
102
Since the late 1930s, when the brothers Egidio and Nanni Cressi developed
the first pioneering handmade equipment for underwater fishing in Genoa,
their name has become synonymous with research and development, creativity,
and quality. The company, which was established in the post-war period, stands
out for its distinct tendency towards innovation. The Rondine fins in 1951-52,
with an overlapping foot and blade, and the Pinocchio mask in 1952-53, with the
nose moulded so that it was tightened from the outside to ease compensation,
dictated new constructional trends, improving the performance and comfort
of these products.
Over the years, Cressi has constantly expanded its range of products in the
fields of diving, spearfishing, freediving, snorkelling and swimming and, more
recently, water-related outdoor products. Today the company is active all over
the world with its subsidiaries, from Europe to Asia, from the United States
to South America. Function and safety, essential in diving and freediving
equipment, are combined with originality, top quality materials and
the latest trends in design, as demonstrated by the dozens of patents obtained
and the company’s most recent products. Among these, the Calibro can be
described as a landmark in technical innovation in masks. Its main feature
is the membrane around the nose, which creates a barrier for warm air
from the nose and thus significantly reduces the amount of condensation
on the lenses. Other patents are also linked to the Calibro, such as inclined
lenses to widen the field of vision; rubber joints connecting the acetal resin
buckles to the elastomer-filled polycarbonate headband, allowing the mask
to be more adaptable to the face; and finally, the entire rigid structure of the
mask is contained in a sort of pocket in the face piece to reduce internal volume
and bring the lenses closer to the eyes. Among the latest generation of fins,
the Impulse features a structure that allows it to flex at two points during
the kick, almost forming an “S”. The blade therefore provides a new way
of accumulating and releasing potential elastic energy, which provides optimal
support for the freediver’s leg movements, guaranteeing a clear improvement
in propulsive performance. The foot pocket, made of two materials in Full
Contact certified thermoplastic rubber, the side stringers in high modulus
flexible rubber and the blade in an elastomerised technopolymer compound
follow the development of material mixtures created at Cressi by skilled
researchers.
SCUBA DIVING EQUIPMENT
MADE IN ITALY IN THE NAME
OF QUALITY AND SAFETY
Linda Kaiser
Specialist in Company Museums, involved in the organisation of the Archivio Storico
Cressi Sub, Kaiser gives a concise account of how each new product Cressi Sub is the result
of an industrial evolution built on a passion for the sea and care for quality.
 L’ARTE DELLO SFALCIO
A MANO: L’UOMO The key word in the world of Falci is resilience – being able to adapt and resist
blows. The scythe is forged and moulded under the impact of the hammer
until the object that for thousands of years has resembled the perfect shape

E I SUOI STRUMENTI of the crescent moon is achieved and is not perfectible. The layman’s eye
is captured by its beauty. Those who use it appreciate its ductility and resistance.

Stefania Riboli Falci srl, the last Italian manufacturer, was founded as an act of wise resilience.
Twelve master carpenters joined forces at the beginning of the 20th century
to be stronger in the market. They gave up a little bit of themselves but not
their labels and logos. From Italy to becoming a world leader, exporting
La fondatrice di Prometheus, un progetto che si è dato la missione di valorizzare le falci to fifty-four countries, the step resulted in a hundred years of history.
Ten of the many models in this exhibition give an idea of how important beauty
e la falciatura in una prospettiva di sviluppo, racconta di Falci, l’azienda nata negli anni is in every field. An industrially produced agricultural object has shapes, colours,
Venti del secolo scorso dall’unione di artigiani forgiatori della Val Maira. Questi fabbri, lines, and sizes that serve to adapt it to different uses and needs, but also
custodi di una tradizione pluricentenaria nella produzione di falci, hanno garantito to complete an ancient gesture with wisdom and elegance.
la sopravvivenza di una pratica messa a dura prova dall’industrializzazione trasformando
un’unione di botteghe in una solida multinazionale oggi presente in 54 paesi. I came across Falci through its president, Carlo Pedretti. A working man,
a blacksmith, a pragmatic dreamer who knows how to share his love
of forging. Hence the challenge, to reintroduce the art of manual cutting through
the Prometheus project. Listening, practice and study have allowed me to borrow
a bit of the knowledge that accompanies the act of mowing and to feel part
of something great. The future will be to preserve and pass on the culture and
technique of cutting so that history will continue.

ph. Raffaele Romano

La parola chiave del mondo Falci è resilienza – sapersi adattare e resistere
ai colpi. La falce sotto l’azione del maglio viene forgiata e modellata fino
a ottenere l’oggetto che da migliaia di anni ricorda la forma perfetta della
luna crescente e che non è perfettibile. L’occhio di chi la guarda da profano
viene catturato dalla sua bellezza. Chi la usa ne apprezza duttilità e resistenza.

THE ART OF HAND CUTTING:

Falci srl, l’ultima manifattura italiana, nasce proprio da un atto di saggia
resilienza. Dodici maestri falciai si uniscono a inizio Novecento per essere
più forti sul mercato. Rinunciano a un po’ di se stessi ma non a portare

PEOPLE AND THEIR TOOLS

con sé finiture, etichette e loghi. Dall’Italia a diventare leader mondiali
esportando in cinquantaquattro paesi il passo è ... una Storia lunga cento anni
(dieci tra i numerosi modelli prodotti danno, in questa mostra, un’idea di quanto

Stefania Riboli
la bellezza è importante in ogni ambito). Un oggetto agricolo, prodotto a livello
industriale ha forme, colori, linee, misure che servono ad adattarlo ai diversi
usi ed esigenze ma anche ad accompagnare un gesto atavico con sapienza
ed eleganza.

Incontro Falci grazie al suo Presidente Carlo Pedretti. Uomo d’opera, un fabbro,
un pragmatico sognatore che sa condividere il suo amore per la forgiatura.
Di qui la sfida, reintrodurre l’arte dello sfalcio manuale attraverso il progetto
Prometheus. Ascolto, pratica e studio hanno permesso di “rubare” un briciolo
della sapienza che accompagna il gesto dello sfalcio e di sentirmi parte
di qualcosa di grande. Il futuro sarà custodire e tramandare la cultura
e tecnica della falciatura perché la Storia continui.
104
The founder of Prometheus, a project whose mission is to enhance the value of scythes
and mowing in a development perspective, talks about Falci, the company founded
in the 1920s by a union of blacksmiths from Val Maira. These blacksmiths, custodians
of a centuries-old tradition in scythe production, have ensured the survival of a practice
put to the test by industrialisation, transforming a union of workshops into a strong
multinational company now present in 54 countries.
 UN APPROCCIO CIRCOLARE
ALLA BIOECONOMIA
Catia Bastioli
Scienziata, amministratore delegato di Novamont, inventore europeo dell’anno 2007
e artefice della prima bioplastica prodotta su scala industriale (il Mater-Bi), Catia Bastioli
spiega la sua visione di un modello di bioeconomia inteso come rigenerazione territoriale,
dove anche l’oggetto apparentemente più insignificante ha il potere di innescare
cambiamenti radicali.
Era il 1988 quando, lavorando come ricercatrice all’interno del Gruppo
Montedison, ho iniziato ad applicare le mie conoscenze di chimica alle materie
prime e agli scarti agricoli del Gruppo Ferruzzi con l’obiettivo di sviluppare
bioplastiche. Ero a capo di un gruppo di ricerca e credevo profondamente
che la scienza e la tecnologia potessero migliorare il mondo e la vita delle persone.
Ricordo ancora l’emozione della prima volta che sono riuscita a produrre
una bioplastica e a brevettarla: non avevo ancora idea che avessimo inventato
un altro dei milioni di prodotti che affollavano il pianeta senza preoccuparci
dei modelli di produzione e di consumo.
Ciò che ho imparato nel percorso di costruzione della filiera delle bioplastiche
e dei biochemicals, che ha occupato gran parte della mia vita, è che qualsiasi
innovazione e tecnologia, anche le migliori, possono dare effetti negativi
se non declinate con la dovuta saggezza, specialmente quando si ha a che fare
con materie prime rinnovabili. Questo fatto mi è diventato sempre più evidente
a mano a mano che il mondo si andava globalizzando. Ho avuto modo di vivere
le distorsioni di un’economia sempre più finanziarizzata, con dimensioni
sempre più grandi e obiettivi sempre più a corto raggio, con il profitto
come fine ultimo a scapito della qualità della vita e del capitale naturale.
Ho visto i territori diventare sempre più marginali e preda di gruppi globali,
alla ricerca di luoghi dove ottenere prodotti al minor costo; ho assistito così
all’impoverimento culturale ed economico di intere classi sociali e territori.
La ricchezza generata in passato da produzioni impattanti lasciava il posto
a disoccupazione e inquinamento a carico dei territori. Nel 1996 l’avventura
del progetto Montedison sulle materie prime rinnovabili è finita, a causa
di una crisi finanziaria che ha distrutto il gruppo.
In quel momento il potenziale delle materie prime rinnovabili mi era chiaro,
ma percepivo anche l’importanza di trovare modelli che puntassero all’uso
efficiente di queste risorse così preziose. Decisi quindi che avrei impegnato
tutte le mie energie per sperimentare, insieme e intorno ai prodotti rinnovabili
via via sviluppati, un approccio sistemico che avrebbe dovuto partire
dai territori. L’idea era di mettere al centro progetti condivisi di filiera basati
su tecnologie innovative, diversificate e integrate, in grado di creare valore
aggiunto e di abbattere l’impatto ambientale, di riconvertire i siti dismessi
e di ricreare opportunità di lavoro qualificato. […]
106
It was 1988 when, working as a researcher within the Montedison Group, I started
applying my knowledge of chemistry to raw materials and agricultural waste
from the Ferruzzi Group with the aim of developing bioplastics. I was the head
of a research group and I truly believed that science and technology could
improve the world and people’s lives. I still remember the excitement of the first
time I managed to produce a bioplastic and patent it: I still had no idea
that we had invented another one of the millions of products crowding
the planet without worrying about production and consumption patterns.
What I have learnt while creating the bioplastics and biochemicals supply chain,
which has taken up a large part of my life, is that even the best innovations
and technologies can have negative effects if not applied wisely, especially
when dealing with renewable raw materials. This became increasingly evident
to me as the world became more and more globalised. I have experienced
the distortions of an increasingly financialised economy, with ever-larger
dimensions and ever-shorter objectives, with profit as the goal to the cost
of quality of life and of natural resources.
I have seen areas become increasingly marginalised and prey to global groups
looking for places to source products at the lowest cost; I have witnessed
the cultural and economic impoverishment of entire social classes
and areas. The wealth generated in the past by high-impact production gave way
to unemployment and pollution in the region. In 1996 Montedison’s renewable
raw materials project came to an end, due to a financial crisis that ended
the group.
At that time, the potential of renewable raw materials was clear to me, but I also
perceived the importance of finding models that focused on the efficient use
of these valuable resources. I then decided that I would put all my energies
into experimenting with and around renewable products as they were developed,
a systemic approach that would have to start from the local level.
The idea was to focus on shared supply chain projects based on innovative,
diversified, and integrated technologies capable of creating added value
and reducing environmental impact, converting abandoned sites and recreating
qualified job opportunities. [...]
A CIRCULAR APPROACH
TO BIOECONOMY
Catia Bastioli
A scientist, managing director of Novamont, European Inventor of the Year 2007
and creator of the first bioplastic produced on an industrial scale (Mater-Bi),
Catia Bastioli explains her vision of a bioeconomy model seen as territorial
regeneration where even the most apparently insignificant object has
the power to trigger radical changes.
 Catia Bastioli UN APPROCCIO CIRCOLARE ALLA BIOECONOMIA
Oggi Novamont è una realtà industriale consolidata […], conosciuta a livello
internazionale come un pioniere della bioeconomia e in particolare del settore
delle bio-plastiche. Da centro di ricerca è divenuta dapprima una società
indipendente e profittevole, poi un gruppo di aziende che ha all’attivo uno
dei più grandi investimenti nel settore chimico nel Paese, con un network
di siti produttivi e di ricerca in tutta Italia e una rete commerciale globale. […]
Courtesy of Novamont
Oggi Novamont ha realizzato, in siti italiani dismessi, impianti primi
al mondo basati su proprie tecnologie originali. Il lavoro, portato avanti
con convinzione per più di vent’anni, per costruire una filiera delle bioplastiche
integrata a monte e a valle, privilegiando quelle applicazioni che guardano
a un utilizzo efficiente delle risorse, ha permesso all’Italia di diventare
il laboratorio di un vero e proprio caso studio di bioeconomia: un caso studio
che parte dalle bioplastiche e mette al centro la costruzione di filiere integrate,
dall’agricoltura in terreni marginali fino ai prodotti finiti, in diversi settori
di mercato che vanno ben oltre le stesse bioplastiche. Il suo modello di sviluppo,
che guarda alla bioeconomia come a un fattore di rigenerazione territoriale,
si basa fondamentalmente su tre pilastri: la creazione di infrastrutture
di bioeconomia, lo sviluppo di filiere agricole integrate e i prodotti intesi come
soluzioni. […]
I PRODOTTI COME SOLUZIONI
I nuovi prodotti su cui oggi l’Europa può contare grazie alla filiera creata
da Novamont, insieme ai suoi partner, sono dunque elementi di un sistema
per dare soluzioni concrete a problemi ben più sfidanti rispetto al prodotto in sé.
I prodotti così ottenuti non sono importanti soltanto perché prodotti biobased:
Courtesy of Novamont
essi sono parte di una filiera virtuosa che, a partire per l’appunto da un prodotto,
traina un sistema integrato, con un ampio ventaglio di opportunità da cogliere.
In particolare, la nostra sfida iniziale è stata quella di sviluppare bioplastiche a
basso impatto con l’ottica di risolvere alcuni problemi ambientali connessi con
il fine vita, che andassero molto oltre il nuovo materiale sviluppato. […]
IL CASO STUDIO DEI SACCHI PER ASPORTO MERCI E IL PROGETTO “ZERO
RIFIUTO ORGANICO”
Il caso di studio dei sacchi per asporto merci fornisce un chiaro esempio
di come i prodotti ottenuti da queste filiere innovative rappresentino
un punto di connessione, un elemento in partenza negativo che diventa positivo.
L’Italia, con la sua legislazione pionieristica in materia di sacchi biodegradabili,
è passata da una posizione di default delle regole europee a Paese guida. […]
Il sacco per asporto merci, grazie a quanto è stato realizzato in Italia,
sta diventando così un simbolo del possibile cambio di paradigma, per cui occorre
guardare con occhi nuovi anche l’oggetto più insignificante che ci circonda
per reinventarlo, e accelerare la riconfigurazione dei sistemi di produzione
e consumo verso la triplice sfida dell’efficienza delle risorse, della resilienza
degli ecosistemi e del benessere delle persone. [...]
La mia speranza è che quanto costruito fino a oggi da Novamont possa
rappresentare un modello virtuoso da cui partire per un’accelerazione
che coinvolga il nostro Paese, l’Europa e altri Paesi extraeuropei.
Il testo è un estratto della Lectio Magistralis “Un approccio
circolare alla bioeconomia: un’opportunità per decarbonizzare
l’economia e riconnetterla con la società”
108
Catia Bastioli A CIRCULAR APPROACH TO BIOECONOMY
Today Novamont is a consolidated industrial company [...], known internationally
as a pioneer in the bioeconomy and in particular in the bio-plastics sector.
Novamont has grown from a research centre to an independent and profitable
company, and then to a group of companies with one of the largest investments
in the chemical sector in the country, with a network of production and research
sites throughout Italy and a global sales network. [...]
To date, Novamont has built the world’s first plants based on its own original
technologies on disused Italian sites. The work, carried out with conviction
for more than twenty years, to build an upstream and downstream integrated
bioplastics supply chain, giving priority to applications that focus on the efficient
use of resources, has enabled Italy to become the testbed for a genuine case
study of the bioeconomy: a case study that starts with bioplastics and focuses
on the construction of integrated supply chains, from agriculture in remote areas
to finished products, in various market sectors that go well beyond bioplastics
themselves. Its development model, which sees the bioeconomy as a factor
in territorial regeneration, is based on three pillars: the creation of bioeconomy
infrastructures, the development of integrated agricultural supply chains
and products as solutions. [...]
PRODUCTS AS SOLUTIONS
The new products that Europe can now count on thanks to the supply chain
created by Novamont and its partners are part of a system to provide concrete
solutions to problems that are far more challenging than the product itself.
The products obtained in this fashion are not only important because they are
biobased products: they are part of a positive supply chain which, starting from
a product, drives an integrated system with a wide range of opportunities to be
tapped. Our initial challenge was to develop low-impact bioplastics with a view
to solving a number of end-of-life environmental problems that went far beyond
the new material developed. [...]
THE CASE STUDY OF CARRIER BAGS AND THE “ZERO ORGANIC WASTE” PROJECT
The carrier bags case study provides a clear example of how products
from these innovative supply chains represent a connecting point, a negative
starting point that becomes a positive one. Italy, with its pioneering legislation
on biodegradable bags, has gone from a default position under European rules
to a leading country. [...]
Thanks to what has been achieved in Italy, the carrier bag is now becoming
a symbol of a possible paradigm shift, whereby we need to look at even
the most insignificant object around us with new eyes in order to reinvent it, and
accelerate the reconfiguration of production and consumption systems towards
the triple challenge of resource efficiency, ecosystem resilience
and people’s well-being. [...]
My hope is that what Novamont has built up to now can represent a good model
from which to start an acceleration involving our country, Europe and other non-
European countries.
The text is an extract from the Lectio Magistralis “Un approccio
circolare alla bioeconomia: un’opportunità per decarbonizzare
l’economia e riconnetterla con la società”
 L’IDEA UN PO’ MATTA
DI PENSARE “INVERTIAMO Yours is a million-dollar idea: a cutter that reverses the very nature of a milling
machine and turns it into an autonomous robot. What was the process that
led you to make it?

LA LOGICA” When I graduated in Design Engineering from the Milan Polytechnic in 2014,
I was fascinated by the idea that everyone wanted to become a maker.
I was very attracted to this trend but at the same time I wasn’t entirely convinced

Lorenzo Frangi by the prediction that every garage would become a factory and industry would
disappear. I saw a certain contradiction in the emphasis on 3D printing of people
who got a printer and ended up producing quite insignificant things, bordering
on gadgets. However, I was very much drawn to this phenomenon and it is
Il fondatore di Springa è parte di un team di giovani progettisti, divenuti imprenditori undeniable that the Goliath CNC project came from observing what was
happening in the digital manufacturing market at the height of the 3D
appena laureati, che ha prodotto la prima fresa robotica a controllo numerico printing boom.
con una campagna di crowdfunding che ha oltrepassato il milione di dollari. When I was studying processes at the Politecnico, I was particularly passionate
about milling, so it was natural to ask myself, quite simply, why not think
of a milling cutter with the same kind of flexibility?
I started looking at the market for desktop milling cutters (the counterpart
to desktop 3D printers, except that instead of adding material, they remove it)
and realised that there was a big problem with the working area: these tools
have great potential but have, on average, a working area the size of an A4 sheet
La vostra è un’idea da 1 milione di dollari: una fresa che inverte il concetto stesso of paper.
di macchina fresatrice trasformandola in un robot autonomo. Qual è stato l’iter This kind of reasoning gave rise to the somewhat crazy idea of thinking
che vi ha portato a produrla? “let’s reverse the logic”, let’s make a mobile machine to be positioned directly
Quando mi sono laureato in Design Engineering al Politecnico di Milano, on the workpiece, rather than using a machine with a fixed, cumbersome
nel 2014, mi appassionava l’idea che tutti volessero diventare dei maker. workstation to work on.
Ero molto attratto da questo movimento ma nello stesso tempo non ero del tutto
convinto della previsione per cui ogni garage sarebbe diventato una fabbrica
e l’industria fosse destinata a scomparire. Coglievo una certa contraddizione
nell’enfasi per la stampa 3D da parte di chi si procurava una stampante
e finiva per produrre cose abbastanza insignificanti, al limite del gadget.
Ero comunque molto affascinato da questo fenomeno ed è innegabile
che il progetto Goliath CNC sia nato dall’osservazione di quanto stava
succedendo nel mercato della fabbricazione digitale, nel pieno del boom
della stampa 3D.
Quando al Politecnico studiavo i processi, la fresatura mi aveva particolarmente
appassionato, quindi è stato naturale chiedersi, molto semplicemente, perché
non pensare a una fresa con la stessa logica di flessibilità?
Ho iniziato a osservare il mercato delle frese desktop (i corrispettivi
delle stampanti 3D da scrivania con la differenza che invece di aggiungere
materiale lo asportano) e mi sono reso conto del grosso problema legato

THE SLIGHTLY CRAZY IDEA

all’area di lavoro: questi strumenti hanno una grande potenzialità ma hanno,
in media, una superficie di lavoro grande quanto un foglio A4.

OF THINKING “LET’S REVERSE

Da questo tipo di ragionamenti è nata l’idea un po’ matta di pensare
“invertiamo la logica”, facciamo una macchina mobile da posizionare
direttamente sul pezzo da lavorare, piuttosto che utilizzare un macchinario

THE LOGIC”
con una postazione fissa, ingombrante, su cui lavorare. Da qui ha preso forma
la prima idea di progetto da cui si è avviato il processo di prototipazione
con il team di lavoro con cui abbiamo fondato Springa. Nel frattempo facevo
il designer in uno studio; mentre portavo avanti il progetto, abbiamo ricevuto

Lorenzo Frangi
alcuni premi che sono stati utili come primi finanziamenti per procedere
con la messa a punto del nostro prototipo.
Grazie a queste risposte positive ho deciso di lasciare il lavoro per dedicarmi
totalmente a fare l’imprenditore con l’obiettivo di portare questo prodotto
sul mercato. Quando per sondare le potenzialità commerciali ci è venuta l’idea
di avviare una campagna di finanziamento collettivo attraverso Kickstarter, The founder of Springa is part of a team of young designers who became entrepreneurs
eravamo mossi dall’ambizione di andare a colpire il mercato americano as soon as they graduated, and who produced the first autonomous robotic machine tool
contando sul fatto che queste piattaforme sono frequentate da molti maker. with a crowdfunding campaign that passed the million-dollar mark.
110
 Lorenzo Frangi L’IDEA UN PO’ MATTA DI PENSARE “INVERTIAMO LA LOGICA”
Non posso negare la sorpresa nell’aver superato ampiamente l’obiettivo
previsto, quasi decuplicandolo e oltrepassando la cifra di un milione di dollari.
Se da un lato è stata una grandissima soddisfazione, dall’altro è stato anche
il momento in cui abbiamo cominciato a sentire il peso di una grande
responsabilità.
Con la campagna abbiamo raccolto quasi 600 pre-ordini e dal quel giorno
fino a qualche mese fa siamo stati assorbiti dal lavoro di ingegnerizzazione
per rendere quei prototipi funzionanti, ossia un prodotto reale che esce
da un processo di produzione industriale. Un percorso che ci ha portato
a distribuire i primi 100 pezzi negli ultimi mesi del 2020.
Quanti siete?
Il nucleo fondatore è costituito da due designer industriali e un ingegnere
meccanico. Oggi siamo nove persone, tutte sotto i 30 anni, con competenze
variegate e tanta passione.
Solitamente i designer classici si confrontano con le maestranze all’interno
delle industrie, dove c’è sempre una figura di area tecnica che ti aiuta a migliorare
il progetto entrando nel merito dei problemi specifici, invece voi avete ricreato
questo tipo di situazione tutta al vostro interno, dandovi una sorta di regola.
Non avete nessuno che vi dica cosa non si può fare.
È il bello e il difficile di un’esperienza come la nostra: individuare soluzioni
tecniche consolidate e unirle in una forma completamente nuova. L’accesso
al capitale è stato cruciale ma è lo stato anche il contatto con il PoliHub
(l’acceleratore di startup del Politecnico di Milano), perché è attraverso
il percorso di mentorship sviluppato al suo interno che abbiamo potuto costruire
l’esperienza manageriale necessaria alla gestione del progetto.
Una definizione che mi è sempre piaciuta a proposito del nostro percorso
è quella di “esploratori in una giungla inesplorata”, ma non siamo mai stati
soli. Negli anni abbiamo costruito una rete di manager e imprenditori con più
esperienza di noi, che nel percorso di industrializzazione ci ha dato una grande
mano e, sul fronte della progettazione, uno di questi è stato Alberto Meda.
Con alcuni di loro sono nate delle vere e proprie amicizie: quando
ho un problema so che posso contare su consigli preziosi. Anche grazie
a questa rete abbiamo identificato – tutti in Italia – fornitori validi e competenti
a cui abbiamo affidato la produzione. Il percorso di ingegnerizzazione è stato
complesso anche più di quanto avessimo previsto ma siamo sempre stati
animati dal desiderio di fare le cose per bene e questo ha richiesto un grande
lavoro di messa a punto e di test per rimediare a ogni piccolo difetto sorto
durante la prototipazione, in modo da individuare le soluzioni più adatte.
C’è qualche grande gruppo che vi ha contattato?
Courtesy of Springa
Durante la campagna di Kickstarter, quando la raccolta fondi stava andando
molto bene, abbiamo avuto diversi contatti interessanti che ci sono serviti
per costruire la nostra idea di azienda. Personalmente, una delle più grandi
soddisfazioni è stato l’invito da una delle più importanti aziende produttrici
di power tools tedesca per fare una dimostrazione nel loro headquarter
in Germania. Direi che ci sentiamo sotto osservazione, per ora però vogliamo
procedere con le nostre gambe.
112
Lorenzo Frangi THE SLIGHTLY CRAZY IDEA OF THINKING “LET’S REVERSE THE LOGIC”
This is where the first project idea took shape, from which the prototyping process
started with the team that founded Springa. In the meantime, I was working
as a designer in a studio; while I was working on the project, we received some
awards which provided the first funding to proceed with the development
of our prototype. Thanks to these positive responses, I decided to quit my job
and dedicate myself entirely to being an entrepreneur with the aim of bringing
this product to market. When we came up with the idea of starting a crowdfunding
campaign through Kickstarter to test the commercial potential, we were
motivated by the ambition of hitting the American market, counting on the fact
that these platforms are popular with a lot of makers.
I can’t deny my surprise at having far exceeded the target, almost tenfold
and exceeding the $1 million mark. While this was enormously satisfying,
it was also the moment when we began to feel the weight of a great responsibility.
We received almost 600 pre-orders with the campaign and from that day until
a few months ago we were absorbed in the engineering work to make those
prototypes functional, i.e. a real product coming out of an industrial production
process. A process that led us to deliver the first 100 pieces in the final months
of 2020.
How many of you are there in the team?
The founding nucleus consisted of two industrial designers and a mechanical
engineer. Today there are nine of us, all under 30, with varied skills and a lot
of passion.
Usually, classic designers have to work together with the people in the industry,
and there is always a figure from the technical area who helps you improve
the design by going into the merits of specific problems, but you have recreated
this type of situation in-house, giving you a sort of standard. You don’t have
anyone to tell you what you can’t do.
That’s the beauty and the difficulty of an experience like ours: identifying
established technical solutions and uniting them in a completely new form.
Access to capital was crucial, but so was contact with PoliHub (the start-up
accelerator at the Politecnico di Milano), because it was through the mentorship
we developed there that we were able to build up the managerial experience
needed to manage the project.
A definition that I have always liked about our journey is that of ‘explorers
in an unexplored jungle’, but we have never been alone. Over the years we
have built up a network of managers and entrepreneurs with more experience
than us, who have given us a big hand in the industrialisation process, and on
the design front, one of these people is Alberto Meda. Some of them have
become real friends: when I have a problem, I know I can count on valuable advice.
Also, thanks to this network, we have found good, competent suppliers
– all in Italy – to whom we have entrusted production. The engineering process
was even more complex than we had anticipated, but we were always motivated
by the desire to get it right, and this required a great deal of fine-tuning and
testing to remedy every small defect that arose during the prototype phase
in order to find the best solutions.
Have any big groups contacted you?
During the Kickstarter campaign, when the fundraising was going very well,
we had several interesting leads that helped us build our company idea.
Personally, one of the most satisfying ones was an invitation from one of the leading
German power tool companies to do a demonstration at their headquarters
in Germany. I would say that we feel we are under observation, but for now
we want to go it alone.
 ESISTE UNA VIA
SQUISITAMENTE ITALIANA
DI FARE UN PRODOTTO
DI DESIGN IN UN MONDO
GLOBALIZZATO?
Eugenio Perazza
Il fondatore di Magis, figura “enzimatica” per eccellenza, ha costruito la sua reputazione
sulla scena del design contemporaneo ponendo domande progettuali chiare, già parte
importante della risposta soprattutto se elaborate con progettisti di talento.

Il nostro racconto dell’industria italiana si snoda attraverso una raccolta di casi

caratterizzati dalla capacità di trasformare ciò che per gli altri è una difficoltà in
un’opportunità. Si tratta di un’immagine, anche un po’ romantica, dell’imprenditore
italiano come una figura capace di inventare percorsi produttivi virtuosi là dove
altri non riuscirebbero a immaginare sviluppi industriali.

Per quanto la nostra selezione non sia strettamente legata al mondo del design,
il caso di Magis rappresenta il prototipo di un’azienda che non solo guarda in

IS THERE AN EXQUISITELY
tutte le direzioni per trasformare le più diverse possibilità produttive presenti nel
territorio, ma è anche capace di attirare intelligenze progettuali da tutto il mondo:
bravissimi designer che trovano in questa collaborazione un incubatore per i propri

ITALIAN WAY OF CREATING

progetti.

Personalmente l’oggetto della vostra indagine riguarda qualcosa su cui

A DESIGN PRODUCT IN A
mi sono interrogato più volte: esiste una via squisitamente italiana di fare
un prodotto di design in un mondo globalizzato in cui si stanno via via
riducendo le differenze tra un paese e l’altro? È un argomento che mi sta

GLOBALISED WORLD?
a cuore e su cui ho molto riflettuto per finire col rispondere che, secondo me,
la via italiana è legata all’artigianato, perché credo che gli artigiani italiani
conoscano la lezione del “ben fatto” molto bene, anche meglio di quanto avviene
in altri contesti.

La mia intuizione, sviluppata in alcuni dei progetti più recenti di Magis,

è quella di mettere al centro l’artigianato. Si tratta di concepire un prodotto
Eugenio Perazza
che abbia una caratterizzazione fortissimamente industriale, e nello stesso
tempo di spingere per mettere in campo una quota di lavoro artigianale
nella manifattura dell’oggetto; mi interessa che sia questa quota a prendere The founder of Magis and “enzymatic” figure par excellence, Perazza has built his reputation
il sopravvento sulla parte industriale per diventare la dominante estetica on the contemporary design scene by asking clear design questions, which are already
e determinare la qualità complessiva dell’oggetto. an important part of the answer especially when elaborated with talented designers.
Eugenio Perazza ESISTE UNA VIA SQUISITAMENTE ITALIANA DI FARE UN PRODOTTO
DI DESIGN IN UN MONDO GLOBALIZZATO?
Quest’approccio sta caratterizzando alcuni progetti cui mi sto dedicando
negli ultimi anni ma per trovare un linguaggio contemporaneo ha bisogno
di alimentarsi del dialogo continuo con i progettisti.
Il progetto di design per come lo si coltiva in Magis è quasi sempre equiparabile
a una ping pong conversation tra il designer e l’azienda che si chiude nella
convergenza di punti di vista diversi. Con i designer con cui oggi collaboro
di più, con Konstantin Grcic o con i fratelli Bouroullec che considero tra i più
bravi designer in circolazione, abbiamo contatti frequenti perché per costruire
del buon design occorre entrare in simbiosi, volersi bene, avere la piena
consapevolezza che l’uno non può fare a meno dell’altro.
Quale ritiene possa essere un oggetto paradigmatico del suo modo di affrontare
questa terza via tra industria e artigianato che sta ricercando con Magis?
Uno dei prodotti che può rappresentare il nostro lavoro è la collezione
di sedie sviluppata per noi da Konstantin Grcic nel 2004 che ha rappresentato
una svolta. È un progetto che ha avuto una gestazione piuttosto lunga; fin
dalla fine degli anni Novanta, e per qualche anno, ogni volta che incontravo
Konstantin Grcic in occasione del Salone del Mobile di Milano gli chiedevo
se volesse progettare una sedia per Magis: lui però declinava l’invito.
Grcic è un designer che ho sempre molto stimato e naturalmente mi arrovellavo
sulle ragioni di questo rifiuto finché non ho trovato la risposta: intuivo che
pensasse di dover progettare un’ennesima sedia di plastica.
Quando lo incontrai nuovamente l’anno seguente e gli dissi che mi sarebbe
piaciuto che disegnasse per noi una sedia in pressofusione di alluminio,
finalmente accettò. Avevo individuato un’azienda che lavorava l’alluminio
per le produzioni del settore aeronautico e così si diede l’avvio al progetto.
Quando poi mi chiamò dicendo di essere pronto per mostrare il primo modello
e ci incontrammo, il risultato andò al di là di ogni mia aspettativa. Capii subito
la forza del suo disegno: una scocca dematerializzata a tal punto da far sì che
Courtesy of Magis
il vuoto prendesse il sopravvento sul pieno determinando la qualità estetica
della sedia. Ricordo che quando l’abbiamo presentata al Salone del Mobile,
passò quasi inosservata; un fatto che oggi non mi stupisce più di tanto perché
con gli anni ho imparato che più alto è il grado di innovazione di un prodotto,
più è lenta la sua messa in moto sul mercato.
Oggi è uno dei nostri best seller e credo che si possa ormai considerare un classico.
Il caso di Magis è particolarmente significativo per la capacità enzimatica
di accelerare le trasformazioni dei processi produttivi facendo leva su una specie
di apparato produttivo esterno, duttile e flessibile. In questo senso Magis fa capo
a una rete di terzisti in cui riconoscete un valore particolare.
Qual è il suo rapporto con il territorio?
Quando ho creato Magis nel 1976 avevo a disposizione una dotazione di capitale
estremamente ristretta che ha avuto come conseguenza la definizione di un
progetto di impresa necessariamente leggero. Questo limite mi ha portato
a esternalizzare tutta la produzione per occuparmi essenzialmente della
progettazione e della distribuzione.
In quegli anni, in Veneto, a differenza di quanto avveniva in Brianza, il design
aveva un’identità fragile ed esitante ed io venivo guardato con diffidenza.
La mentalità imprenditoriale allora diffusa in Italia era propensa a investire
nel processo produttivo ma poco aperta alla ricerca e allo sviluppo del prodotto.
116
Eugenio Perazza IS THERE AN EXQUISITELY ITALIAN WAY OF CREATING A DESIGN PRODUCT
IN A GLOBALISED WORLD?
Our story of Italian industry unfolds through a collection of cases marked
by the ability to transform what for others is a difficulty into an opportunity.
It is a somewhat romantic image of the Italian entrepreneur as a figure capable
of inventing virtuous productive approaches where others could not imagine
industrial development.
Although our selection is not strictly related to the world of design, the example
of Magis is essential because it represents the prototype of a company that
not only looks in all directions to develop the most diverse production
opportunities available in the area, but is also capable of attracting design
talent from all over the world: excellent designers who are able to incubate their
projects in the context of this collaborative effort.
Personally, the subject of your investigation is something I have often
wondered about: is there an exquisitely Italian way of creating a design product
in a globalised world where the differences between one country and another
are gradually dwindling? This is a subject that is close to my heart and I have
reflected on it a lot, and I ended up responding that, in my opinion, the Italian
method is linked to artisanship, because I believe that Italian artisans know
the lesson of “well made” very well, even better than in other contexts.
My intuition, developed in some of Magis’ most recent projects, is to put
craftsmanship at the centre. It is a question of conceiving a product that has
a strong industrial character, and at the same time of pushing for a share
of craftsmanship in the production of the object; it is important to me that this
part takes over from the industrial part to become the dominant aesthetic
and determine the overall quality of the object.
This approach has been shaping some of the projects I have been working on
over the last few years, but to find a contemporary language, it needs to be
fuelled by continuous dialogue with designers.
The design project, as we do it at Magis, is almost always comparable to a ping-
pong conversation between the designer and the company, which ends with the
convergence of different points of view. With the designers I collaborate most
with nowadays, with Konstantin Grcic or the Bouroullec brothers, who I consider
to be among the best designers around, we have frequent talks because in order
to create good design you need to enter into symbiosis, to like each other, to be
fully aware that one cannot manage without the other.
What do you think might be a paradigmatic object in your approach to this
third way between industry and craftsmanship that you are seeking with Magis?
One of the products that can best represent our work is the chair collection
developed for us by Konstantin Grcic in 2004, which represented a turning point.
It’s a project that had quite a long gestation period because from the late 1990s
onwards and for a few years, every time I met Konstantin Grcic at the Salone
del Mobile in Milan and asked him if he wanted to design a chair for Magis:
he declined.
Grcic is a designer I have always held in high esteem, and I naturally wondered
why he refused until I found the answer: I sensed that he thought he would have
to design yet another plastic chair.
When I met him again the following year and told him that I would like him
to design a chair for us in die-cast aluminium, he finally agreed. I had found
a company that processed aluminium for the aeronautical sector and so
the project began.
Eugenio Perazza ESISTE UNA VIA SQUISITAMENTE ITALIANA DI FARE UN PRODOTTO
DI DESIGN IN UN MONDO GLOBALIZZATO ?
Nonostante questo sono sempre stato convinto che il design potesse essere
un formidabile generatore di valore e di ricchezza aziendale.
Soprattutto, sono sempre stato un sognatore e, a me, tutto sembrava possibile.
Magis, con il suo essere on the edge, si è sempre data da fare per spingersi
oltre e convincere i mei partner che solo così facendo può nascere un progetto
innovativo che sappia sfidare lo status quo e fare la differenza sul mercato.
Di errori ne sono stati fatti tanti, però credo che oggi dopo tanti anni
di esperienza è sufficientemente chiaro in quale direzione muovermi.
La Magis è un’azienda massimamente curiosa. Dentro di me sento forte
la spinta per cercare di stare il più lontano possibile da quello che fanno
gli altri perché oggi sembra quasi di assistere a una gara tra le aziende
a diventare sempre più simili tra di loro e fare tutti le stesse cose.
Personalmente cerco di stare poco in ufficio, nonostante l’età. Sono sempre
fuori, visito aziende, voglio capire cosa sono bravi a fare, dov’è il punto di forza
che li distingue rispetto agli altri: sono sempre stato convinto che per essere
vittoriosi bisogna essere bravi a saper mixare tecnica e design per trasferire
al prodotto un contenuto d’innovazione che lo distingua dagli altri.
118
Eugenio Perazza IS THERE AN EXQUISITELY ITALIAN WAY OF CREATING A DESIGN PRODUCT
IN A GLOBALISED WORLD?
When he called me and said he was ready to show the first model and we met,
the result was beyond my expectations. I immediately understood the strength
of his design: a shell dematerialised to such an extent that the emptiness took
over from the fullness and determined the aesthetic quality of the chair.
I remember that when we presented it at the Salone del Mobile, it went almost
unnoticed; a fact that does not surprise me much today because over the years
I have learned that the higher the degree of innovation of a product, the slower
it is to get going on the market.
Today it is one of our best sellers and I think it can now be considered a classic.
The case of Magis is particularly significant for its ability to accelerate the
transformation of production processes by leveraging a kind of external,
ductile, and flexible production system. In this sense, Magis relies on a network
of subcontractors in which you recognise a particular value.
What is your relationship with the local area?
When I set up Magis in 1976, I had a limited amount of capital at my disposal,
which meant that I had to define a necessarily lightweight business plan.
This limitation led me to outsource all production to deal essentially with design
and distribution.
In those years, in the Veneto, unlike in Brianza, design had a delicate
and hesitant identity, and I was looked at with distrust. The entrepreneurial
mentality prevalent in Italy at the time was willing to invest in the production
process but not incredibly open to research and product development.
Despite this, I have always been convinced that design could be a formidable
generator of value and company wealth.
Most importantly, I have always been a dreamer, and, to me, anything seemed
possible. Magis, with its being on the edge, has always strived to push
the envelope and convince my partners thatthis is the only way to create
an innovative project that can challenge the status quo and make a difference
in the market.
A lot of mistakes have been made, but I think that today, after so many years
of experience, the direction that I am moving in is clear enough. Magis is
a very curious company. Inside me I feel a strong urge to try to stay as far away
as possible from what others are doing, because nowadays it seems almost
as if there is a race between companies to become more and more similar
to each other and everyone does the same things.
Personally, I try to stay in the office very little, despite my age. I am always out,
I visit companies, I want to understand what they’re good at, where their strengths
are that distinguish them from others. I’ve always been convinced that in order
to be successful you have to be able to mix technique and design to give
the product an innovative content that sets it apart from others.
 IL MECCANISMO CHE
MUOVE LA CREATIVITÀ
ITALIANA È QUELLO DI
CERCARE UNA SOLUZIONE
IN OGNI MODO POSSIBILE
Celestino Panzeri
Il responsabile della Direzione artistica e sviluppo prodotto di Limonta – una delle aziende
storicamente più impegnate sul fronte della potenzialità di ricerca nel tessile – racconta
come la rivoluzione estetica dello sportwear abbia anticipato l’esplorazione di soluzioni
sostenibili nel mondo dei filati e dei tessuti bio-sourced.
Limonta nasce storicamente come produttore di tessuti per arredamento
all’interno di un distretto nel quale, per tradizione, si è costruita l’eccellenza
del tessile nella lavorazione jacquard. La nostra attività si sviluppa intorno
al paese di Costa Masnaga, in provincia di Lecco, tra Milano e il lago di Como
che, com’è noto, era il distretto serico per eccellenza. È stato dunque grazie
alla conoscenza del mondo del tessile che, nel corso degli anni, la nostra azienda
ha saputo interpretare i cambiamenti in atto e aprirsi alla diversificazione,
Courtesy of Limonta
cosa che le ha permesso di crescere, a differenza di altre realtà della zona,
ma soprattutto, di avvicinarsi al mondo della moda, fino a conoscere
le sue regole e le sue capacità di visione.
Con un certo orgoglio, posso affermare che Limonta ha contribuito a creare
il fenomeno del casual sportswear proprio in quei primi anni Settanta, quando
personaggi come Armani, Ferrè, Mariuccia Mandelli o Versace hanno posto
le basi del fenomeno del Made in Italy nella moda. La creatività italiana
è sempre stata capace di offrire un punto di vista diverso. Lo sportswear
ha reso possibile la rottura degli stereotipi che governavano l’alta moda
a partire dalla sperimentazione. In quegli anni il lavoro di questi grandi
stilisti è stato guidato da una sorta di “culto” per la ricerca dei materiali.
Quando, alla fine degli anni Ottanta, Prada interpretò un prodotto tecnico come
il nylon, solitamente utilizzato nell’abbigliamento da lavoro, trovando
lavorazioni adatte per introdurlo nelle collezioni e nelle sfilate, fu una
rivoluzione estetica di straordinario impatto.
Quest’innovazione per noi ha significato una vera e propria rivoluzione
dal punto di vista produttivo; il passaggio che ci ha portati da produrre milioni
di metri di cotone a produrre il nylon è stato un cambiamento industriale
radicale, che ha richiesto investimenti enormi. Limonta, tuttavia, aveva colto
la portata di un’innovazione che avrebbe influenzato tutto il decennio
successivo.
120
Limonta was founded as a manufacturer of upholstery fabrics within
a district that had traditionally been home to excellent jacquard textiles.
Our business developed around the village of Costa Masnaga, in the province
of Lecco, between Milan and Lake Como which, as we know, was the silk district
par excellence. It was therefore thanks to the knowledge of the world
of textiles that over the years, our company has been able to interpret
the changes taking place and open to diversification, which allowed it to grow,
unlike other companies in the area, but above all, to approach the world of fashion,
to learn its rules and vision.
With a certain sense of pride, I can say that Limonta helped to create
the phenomenon of casual sportswear in the early 1970s, when figures such
as Armani, Ferrè, Mariuccia Mandelli and Versace laid the foundations of the
Made in Italy phenomenon in fashion. Italian creativity has always offered
a different point of view. And sportswear made it possible to break down
the stereotypes that governed haute couture through experimentation.
In that period, the work of these great designers was guided by a sort of devotion
for research into materials.
When, at the end of the 1980s, Prada took a technical product like nylon,
usually used in workwear, and developed suitable processes to incorporate
it into its collections and fashion shows, it was an aesthetic revolution with an
extraordinary impact.
For us, this innovation meant a real revolution from a production point of view;
the transition from producing millions of metres of cotton to producing nylon
was a radical industrial change that required enormous amounts of investment.
Limonta, however, had grasped the scope of this innovation, which was
to influence the entire following decade.
The entrepreneur Giovanni Battista Limonta has always been a forward-looking
spirit: the history of his business decisions testifies to this, such as being the first
to introduce chemical ennobling, and therefore coating, into the world of textiles.
THE MECHANISM THAT DRIVES
ITALIAN CREATIVITY IS
TO LOOK FOR A SOLUTION
IN EVERY POSSIBLE WAY
Celestino Panzeri
The head of Art Direction and Product Development at Limonta – one of the companies
historically most committed to research in textile potential – talks about how the aesthetic
revolution of sportswear heralded the exploration of sustainable solutions in the world
of bio-sourced yarns and fabrics.
 Celestino Panzeri IL MECCANISMO CHE MUOVE LA CREATIVITÀ ITALIANA È QUELLO
DI CERCARE UNA SOLUZIONE IN OGNI MODO POSSIBILE
L’imprenditore Cavalier Giovanni Battista Limonta è sempre stato uno spirito
portato a guardare in avanti: lo testimonia la storia delle sue scelte aziendali,
come quella di introdurre per primo la nobilitazione chimica, quindi
le spalmature, nel mondo del tessile.
Il meccanismo che muove la creatività italiana è quello di cercare
una soluzione in ogni modo possibile e di farlo anche in maniera ossessiva.
Courtesy of Limonta
È un atteggiamento che non è facile trovare altrove nel mondo. In generale,
di fronte a un problema, è più facile sentirsi dire: “Non si può fare”. Un italiano
è portato a dire piuttosto: “Proviamo!” E mentre lo dice, quel “Proviamo”
si traduce in un’immediata formulazione di svariate ipotesi per cercare
una soluzione. È con quest’attitudine che tendiamo a vedere il nostro lavoro
come una consulenza per i brand, al fine di capire come trovare soluzioni
adeguate. In quest’ottica, l’intuizione storica di Limonta è stata quella di usare
i telai che normalmente erano dedicati alla produzione della seta per mettere
a punto un filato di nylon che ne avesse le stesse caratteristiche; così quando
ci siamo messi nella condizione di produrre un taffetà in fibra di nylon, avendo
ben in mente il livello di qualità che dovevamo raggiungere, lo abbiamo fatto
con risultati ampiamente soddisfacenti, soprattutto in termini di formulazione
dei colori.
Fino a che il nylon fu usato per prodotti industriali per la tenacità e il basso
costo, non ci si era accorti che si potesse tingere con coloranti acidi, gli stessi
impiegati per la seta e per la lana, con effetti di grande intensità cromatica
e un tipo di colore pieno, lucido e molto saturo. Prodotti come il Dolmias
di Limonta sono proprio una conseguenza del tipo di ricerca e sperimentazione
nata in quegli anni.
Se la storia di Limonta è associata inevitabilmente al prodotto tecnico, e quindi
al nylon, la nostra cultura industriale però è molto più ampia e disponibile
a sperimentare altri mondi, soprattutto nell’ambito della sostenibilità che
sarà il progetto centrale per i prossimi anni. Da questo punto di vista abbiamo
già in cantiere delle innovazioni che influenzeranno il futuro del tessile
nel campo dei biopolimeri e dei tessuti bio-sourced di derivazione vegetale.
Quando Greenpeace ha lanciato la campagna Detox indicando la filiera
del tessile quale uno dei principali responsabili dell’inquinamento ambientale,
noi ci siamo sentiti in dovere di trovare ogni soluzione possibile per eliminare
ogni tipo di sostanza nociva dal ciclo produttivo dei tessili. Dall’esperienza
maturata con tessuti come il Dolmias, ci siamo resi conto che produrre senza
sostanze chimiche di origine fossile era già alla nostra portata e abbiamo
spinto in quella direzione: abbiamo individuato la possibilità di aggiornare
in chiave ancora più sostenibile la nostra produzione in un tipo di bioplastica
della famiglia dei polimeri di nylon prodotto da semi di ricino, quindi
Courtesy of Limonta
una materia prima di origine vegetale. L’abbiamo cavalcato immediatamente,
e anche se stabilizzare un nuovo prodotto vegetale in un processo industriale
è un passaggio graduale, stiamo ora concludendo la fase di industrializzazione
per produrre un tessuto con oltre il 64% di materia di origine vegetale con
l’obiettivo di arrivare presto al 100%. Tutto questo coinvolgendo attori italiani
perché è nostro interesse creare una filiera corta. E poiché è nel nostro DNA
cercare ogni possibilità di ricerca di nuove prospettive nel tessile, una buona
parte della nostra capacità di ricerca sta andando proprio nella direzione
di eliminare la componente fossile nelle fibre sintetiche.
122
Celestino Panzeri THE MECHANISM THAT DRIVES ITALIAN CREATIVITY IS TO LOOK FOR
A SOLUTION IN EVERY POSSIBLE WAY
The mechanism that drives Italian creativity is to look for a solution in every
possible way, and to do so obsessively. It is an attitude that is not easily found
elsewhere in the world. Generally speaking, when faced with a problem,
it is easier to hear: “It can’t be done”. An Italian is more likely to say: “Let’s try!”.
And as they say it, that ‘let’s try’ translates into an immediate formulation
of various hypotheses in search of a solution. It is with this attitude that we tend
to see our work as a consultancy for brands, to understand how to find suitable
solutions. From this point of view, Limonta’s historical intuition was to use
the looms that were normally used for silk production to develop a nylon yarn
with the same characteristics; so, when we set out to produce a nylon fibre
taffeta, with the level of quality we needed to achieve in mind, we did so with
very satisfying results, especially in terms of colour.
Since nylon was used for industrial products because of its toughness and low
cost, it was not known that it could be coloured with acid dyes, the same used
for silk and wool, with very intense chromatic effects and a full, glossy and very
saturated type of colour. Products such as Limonta’s Dolmias are a consequence
of the kind of research and experimentation that took place in those years.
While Limonta’s history is inevitably associated with technical products,
and therefore with nylon, our industrial philosophy is much broader and open
to experimenting with other worlds, especially in sustainability, which will be
our central concern in the coming years. From this point of view, we already
have some innovations in the pipeline that will influence the future of textiles
in the field of biopolymers and bio-sourced fabrics derived from plants.
When Greenpeace launched its Detox campaign, pointing to the textile industry
as one of the main culprits of environmental pollution, we felt compelled
to find every possible solution to eliminate every kind of harmful substance from
our textile production cycle. From our experience with fabrics such as Dolmias,
we realised that producing without fossil chemicals was already within our
reach and we pushed in that direction: we identified the possibility of updating
our production in an even more sustainable way in a type of bioplastic from
the nylon polymer family produced from castor beans, a raw material of vegetal
origin. We immediately seized on it, and although stabilising a new plant-
based product in an industrial process takes time, we are now completing
the industrialisation phase to produce a fabric containing over 64% plant-
based material, with the aim of soon reaching 100%. All of this involves Italian
participants because it is in our interest to create a short supply chain. And since
it is in our DNA to seek out every possibility for new perspectives in textiles,
a large part of our research capacity is going in the direction of eliminating
the fossil fuel component in synthetic fibres.
 QUELLO CHE PER QUALCUNO
È UNO SCARTO, PER NOI È
UNA PREZIOSA MATERIA PRIMA
Antonella Nonino
Antonella Nonino appartiene alla più importante famiglia di distillatori italiani.
È una delle tre figlie di Giannola e Benito Nonino cui si deve non solo di aver nobilitato
un prodotto come la grappa, ma anche di aver conciliato la ricerca dell’innovazione
con il rispetto della cultura e dell’identità del territorio in cui operano.
La grappa è il distillato nazionale italiano: Nonino ha il merito di aver rivoluzionato e
nobilitato un prodotto che appartiene storicamente alla tradizione rurale, un prodotto
che oggi esportate in 80 paesi. Recentemente avete ricevuto un premio importante
quale migliore distilleria del mondo, di cosa si tratta?
Il Wine Enthusiast Star Award è il premio più prestigioso del mondo dei distillati
istituito negli Stati Uniti dalla rivista “Wine Enthusiast” 20 anni fa. Per la prima
volta è assegnato a una distilleria italiana e alla grappa, un prodotto tipicamente
italiano, e ne siamo molto orgogliosi. I nostri genitori Giannola e Benito Nonino
volevano distillare la grappa più buona del mondo e portarla al pari dei migliori
distillati internazionali come il cognac e il whisky. La distillazione è un’arte
antica che nella nostra famiglia si tramanda da padre in figlia da sei generazioni,
questo obiettivo che si erano dati richiedeva standard altissimi di qualità.
Del resto Nonino ha una storia familiare di oltre 120 anni e come tutte le famiglie
ha un capostipite: Orazio Nonino. È lui che nel 1897 decide di stabilirsi nel paesino
di Ronchi di Percoto, quasi al confine con la Slovenia, per impiantare la propria
distilleria esistita fino ad allora sotto forma di alambicco itinerante montato su
ruote. La data cruciale della storia della nostra famiglia però è il primo dicembre
1973, quando i nostri genitori Giannola e Benito crearono la grappa Monovitigno®
distillando separatamente le vinacce dell’Uva Picolit e rivoluzionando il metodo
di produrre e presentare la grappa in Italia e nel Mondo. Impegnati da oltre dieci
anni nella sperimentazione per nobilitare la grappa scelsero di distillare soltanto
vinacce di uva Picolit, il vitigno più pregiato e più raro del Friuli.
Riuscire a ottenere le vinacce di quel vitigno separate da tutte le altre,
contrariamente a quanto avveniva da centinaia di anni per tradizione, fu molto
difficile oltreché costoso; la Grappa ottenuta, distillata dal papà rigorosamente
con metodo 100% artigianale, fu limitatissima in termini di quantità.
Non potevano certo vendere il Monovitigno così ottenuto in bottiglioni
come quelli utilizzati per la grappa tradizionale legata da sempre all’immagine
degli alpini! Nostro padre andò alla ricerca della bottiglia giusta, ritornò
con l’ampolla da laboratorio e insieme si rivolsero a un amico architetto perché
ne disegnasse il packaging. Anche per il fatto di essere piccola e in vetro soffiato,
solo a vederla evocava l’idea di un contenuto prezioso: da qui nasce la forma
ad ampolla della bottiglia. All’epoca la grappa era imbottigliata in fiaschi
o in bottiglie di vetro colorato che non valorizzavano l’aspetto cristallino
del distillato: già la semplice trasparenza fu un forte elemento di distinzione.
La vostra è un’azienda con una forte presenza femminile.
A parte mio padre Benito, siamo tutte donne. Quando nostra madre Giannola
è stata insignita di uno dei più importanti riconoscimenti ai meriti imprenditoriali,
i Cavalieri del lavoro donna erano ancora pochissimi nella storia della Repubblica
italiana ed era il 1998! Siamo la classica azienda familiare italiana; quando
124 noi figlie siamo entrate in azienda – nel 1984 – i nostri genitori per celebrare
Grappa is Italy’s national spirit. Nonino has the merit of having revolutionised
and refined a product that historically came from the rural tradition, a product
that you now export to 80 countries. You have recently been named as the best
distillery in the world, what is it about?
The Wine Enthusiast Star Award is the most prestigious award in the world of
spirits, established in the United States by “Wine Enthusiast” magazine 20 years
ago. For the first time it has been awarded to an Italian distillery and to grappa,
a distinctively Italian product, and we are immensely proud of it. Our parents
Giannola and Benito Nonino wanted to distil the best grappa in the world and
bring it up to par with the world’s best international spirits such as cognac and
whisky. Distillation is an ancient art that in our family has been handed down from
father to daughter for six generations, and the objective they set themselves
demanded extremely high standards of quality. After all, Nonino has a family
history of more than 120 years and, like all families, it has a progenitor: Orazio
Nonino. It was he who in 1897 decided to settle in the village of Ronchi di Percoto,
close to the border with Slovenia, to set up his own distillery, which until then
had existed in the form of a mobile alembic mounted on wheels. The key date
in our family’s history, however, is 1 December 1973 when our parents Giannola
and Benito created the Monovitigno® grappa by distilling the pomace of the
Picolit grape separately and revolutionising the method of producing and selling
grappa in Italy and around the world. They had been experimenting for more
than ten years on improving grappa and chose to distil only pomace from Picolit
grapes, the most prized and rarest vine in Friuli. Obtaining the pomace from that
vine separately from all the others, unlike what had been done traditionally for
hundreds of years, was difficult, not to mention very expensive; the resulting
grappa, distilled by my father using a 100% artisanal method, was very limited
in quantity. They certainly couldn’t sell the resulting single-varietal grappa in
bottles like those used for traditional grappa, which has always been linked
to the image of the Alpine troops! Our father sought out the right bottle and
returned with an ampoule, and together they asked an architect friend to design
the packaging. The fact that the bottle was so small and made from blown glass,
evoked the idea of its precious contents: hence the ampoule shape of the bottle.
At the time, grappa was bottled in flasks or coloured glass bottles which did not
show off the crystal-clear appearance of the spirit: its simple transparency was
already a strong distinguishing feature.
As a company, you have a strong female presence.
Except for my father Benito, we are all women. When our mother Giannola was
awarded one of the most important recognitions for entrepreneurial merit, there
were still very few women Cavalieri del lavoro in the history of the Italian Republic,
and that was in 1998!
WHAT IS WASTE FOR OTHERS
IS VALUABLE RAW MATERIAL
FOR US
Antonella Nonino
Antonella Nonino belongs to the most prominent family of Italian distillers.
She is one of the three daughters of Giannola and Benito Nonino, to whom we owe not
only the enhancement of a product like grappa, but also the fact that they combined
the search for innovation with respect for the culture and identity of the local area.
 Antonella Nonino QUELLO CHE PER QUALCUNO È UNO SCARTO, PER NOI È UNA PREZIOSA
MATERIA PRIMA
l’evento hanno creato l’Acquavite d’uva ÙE® dedicandola a noi tre sorelle.
Si sa, nelle aziende familiari dare una mano è una consuetudine e noi fin
da ragazzine siamo state coinvolte nell’attività di famiglia, soprattutto nel
periodo della vendemmia che per noi coincide con il periodo della distillazione
della grappa. Oggi, con mia nipote Francesca, è entrata in azienda anche
la sesta generazione: sempre in linea femminile. La nostra famiglia si è da sempre
dedicata all’arte della distillazione e le donne hanno sempre fatto, per necessità
e per tradizione, la loro parte. Quando la nonna Silvia è rimasta vedova,
mio padre e sua sorella erano ancora bambini. Il papà ha sempre visto
ph. Foto Ciol
sua madre mandare avanti la distilleria ed è stato dunque naturale per
lui coinvolgere nostra madre Giannola nel lavoro tra gli alambicchi.
Avere una fortissima personalità non ha impedito a entrambi di lavorare
insieme con grandissime soddisfazioni; grandi discussioni non sono mancate
ma, come ricorda sempre nostra madre, la vincitrice è sempre stata “la Grappa”.
Se nostro padre si è mosso tra i suoi alambicchi, nostra madre si è occupata
di comunicare all’esterno e far apprezzare la Grappa Nonino nel mondo. E oggi,
noi tutti, con nostra sorella Elisabetta, impegnata nel management, e nostra
sorella Cristina, che affianca nostro padre tra gli alambicchi, siamo orgogliose
di aver realizzato una distilleria unica al mondo: con i suoi 66 alambicchi
discontinui è il tempio della distillazione della grappa!
Ci spiega cosa significa grappa Monovitigno ?
®
Forse non tutti sanno che la grappa si ottiene dalla distillazione di quel che resta
dalla vinificazione: la vinaccia. In un certo senso è un prodotto che valorizza quello
che per altri è uno scarto; per noi è una preziosa materia prima! Quando nel corso
della loro sperimentazione per ottenere la grappa più buona del mondo i nostri
genitori hanno avuto l’intuizione di distillare una singola varietà di vinaccia,
ph. Giulia Iacolutti
erano interessati a far emergere nel distillato, come accade per i vini, i profumi e
i sapori del vitigno d’origine. L’idea era affascinante ma per poterla concretizzare
dovevano raccogliere le vinacce del Picolit separate dalle altre; i viticultori erano
abituati a mescolare tutto quello che per loro era prodotto di scarto, e non fu
affatto facile. Quando le difficoltà sembravano insormontabili, mia madre ha
avuto l’intuizione di rivolgersi alle mogli dei viticultori promettendo loro di pagare
15 volte il valore delle vinacce mescolate se l’avessero aiutata.
Dato che a quel tempo le donne non disponevano di un’indipendenza economica,
questa proposta rappresentava un’entrata extra molto allettante e furono felici
di collaborare. La prima distillazione fu fantastica. Invitarono a tenere
a battesimo il Monovitigno® Nonino Luigi Veronelli che ne decantò l’unicità nella
sua rubrica “Il buon vino” sulla rivista “Epoca”; malgrado avessero ricevuto molte
prenotazioni, la prima produzione però rimase invenduta per il costo troppo
elevato. Nostra madre, piuttosto che svenderla, decise di regalarla agli influencer
dell’epoca, avvicinandosi al mondo dei sommelier e invitando coloro che erano
curiosi di assaggiare il Monovitigno® a venire a trovarci in distilleria, a Percoto.
Intanto nelle loro ricerche dei vitigni autoctoni friulani per distillarne le vinacce
scoprirono che i più rappresentativi – come lo Schioppettino, il Pignolo, Tazzelenghe
o la Ribolla gialla – erano in via d’estinzione perché dimenticati nella lista
dei vitigni presenti sul territorio e così diventati fuorilegge. Fu per sensibilizzare
sul rischio di perdere questo patrimonio che istituirono il Premio Nonino Risit d’Âur
attraverso il quale riuscirono in pochi anni a ottenere il riconoscimento dei
vitigni da parte della Comunità Europea; a questo premio tecnico, per il desiderio
di promuovere la valorizzazione della civiltà contadina, aggiunsero poco dopo
la sezione di Letteratura. Fu con questo spirito che negli anni furono premiate
personalità di grandissimo valore e fra questi ben cinque di loro, Rigoberta
Menchù, V.S. Naipaul, Tomas Tranströmer, Mo Yan e Peter Higgs, prima
che vincessero il premio Nobel! Il Premio Nonino non ha alcun carattere formale,
ogni anno richiede un’appassionata ricerca per far arrivare in Friuli persone
con un senso profondo del legame tra l’uomo e la terra e di tutto il lavoro
che si svolge per rispettarne la cultura. È un legame importante e una straordinaria
126 fonte di ispirazione per tutti.
Antonella Nonino WHAT IS WASTE FOR OTHERS IS VALUABLE RAW MATERIAL FOR US
We are a classic Italian family business; when we joined the company as daughters
– in 1984 – our parents created Acquavite d’uva ÙE® to celebrate the event
and dedicated it to us three sisters. As you know, in family businesses it is normal
to lend a hand and we have been involved in the family business since we were
little girls, especially during the harvest period, which for us coincides with
the distillation of grappa. Today, with my granddaughter Francesca, the sixth
generation has joined the company: again, in the female line. Our family has always
focused on the art of distillation and women have always played their part, out
of necessity and tradition. When my grandmother Silvia was widowed, my
father and his sister were still children. Dad had always seen his mother run the
distillery and it was therefore natural for him to involve our mother Giannola
in the work between the stills. Having a strong personality did not prevent
them both from working together with great satisfaction; there were plenty of
arguments but, as our mother always reminds us, the winner was always ‘la
Grappa’. While our father was busy with his stills, our mother dealt with external
communications and getting Grappa Nonino appreciated worldwide. And
today, all of us, with our sister Elisabetta in management and our sister Cristina
working with our father in the stills room, are proud to have created a truly unique
distillery. With its 66 discontinuous stills, it is the temple of grappa distillation!
Can you explain what Monovitigno® grappa means?
Perhaps not everyone knows that grappa is made by distilling what is left over
from winemaking: the pomace. In a certain sense it is a product that enhances
what is waste for others; for us it is a precious raw material! When, during their
experiments to obtain the best grappa in the world, our parents had the intuition
to distil a single grape variety, they were interested in bringing out the scents
and flavours of the original grape variety in the distillate, as happens with wines.
The idea was fascinating, but to put it into practice, they had to collect the
Picolit pomace separately from the others; winemakers were used to mixing
everything they considered a waste product, and it was not at all easy. When
the difficulties seemed insurmountable, my mother had the idea of approaching
the winegrowers’ wives and promised to pay them 15 times the value of the
mixed pomace if they helped her.
As women were not financially independent at that time, this proposal
represented an attractive source of extra income and they were happy
to play their part. The first distillation was fantastic. They invited Luigi Veronelli
to christen the Monovitigno® Nonino, who praised its uniqueness in his column
“Il buon vino” in the magazine “Epoca”; although they received many orders,
the first batch remained unsold because the cost was too high. Our mother,
rather than selling it off, decided to give it to the influencers of the time, moving
closer to the world of sommeliers and inviting those who were interested
in tasting Monovitigno® to come and visit us at the distillery in Percoto.
Meanwhile, in their search for indigenous Friulian grape varieties to distil their
pomace, they discovered that the most emblematic – such as Schioppettino,
Pignolo, Tazzelenghe or Ribolla Gialla – were on the verge of extinction because
they had been banned. It was to raise awareness of the risk of losing this
heritage that they set up the Nonino Risit d’Âur Prize, through which they
succeeded in obtaining recognition (ndr: for the grape varieties) from the
European Community in just a few years; to this technical prize, out of a desire
to promote the appreciation of rural culture, they added the Literature section
shortly afterwards. It was in this spirit that, over the years, outstanding figures
were awarded prizes, and no fewer than four of them, Rigoberta Menchù,
V.S. Naipaul, Tomas Tranströmer, Mo Yan and Peter Higgs before they won
the Nobel Prize! The Premio Nonino has no formal status, every year it demands
a passionate search to bring to Friuli people with a deep sense of the link
between humanity and the land and all the work that goes into respecting
its culture. It is an important link and an extraordinary source of inspiration
for everyone.
 UNA FORMULA PER
REINVENTARE IL LEGNO,
RIDURRE GLI SCARTI E
PRESERVARE LE ESSENZE
PREGIATE
Vittorio Alpi
Alpi nasce ai primi del Novecento come laboratorio di alta ebanisteria: Vittorio Alpi
racconta la storia dell’azienda di famiglia, tra le prime al mondo ad aver industrializzato
il processo per produrre superfici decorative in legno composto, con il valore aggiunto
di ridurre il consumo di essenze pregiate.

Courtesy of Alpi
Alpi si è inventata una formula per reinventare il legno, ce la può spiegare
in parole povere?
Devo premettere che non siamo stati noi a inventare il legno in fogli
da usare al posto del massello; prima di noi già esistevano i tranciati naturali
di noce, di rovere e di molte altre essenze. Possiamo dire però di aver il merito

A FORMULA FOR REINVENTING

di aver industrializzato questo processo. Agli inizi del Novecento il tek, il noce,
o il palissandro erano tra le essenze più ricercate dai decoratori, e lo spirito
che ha guidato la ricerca era quello di ridurre i costi e disporre di un prodotto

WOOD, REDUCING WASTE

più adatto a un uso industriale. L’intuizione è stata quella di trasformare
un unico legno di base in essenze di colori e venature diverse, arrivando
infine a crearne di nuove.

Il prodotto, a differenza del legno naturale, è abbastanza normalizzato,

nel senso che segue delle regole ripetibili; la forma rettangolare è sempre AND PRESERVING VALUABLE
SPECIES OF WOOD
uguale e anche il disegno e il colore sono omogenei. Il colore soprattutto.

Se mi chiedete come si ottiene questo processo di riproduzione di essenze

del legno, bisogna precisare che non si tratta di una stampa e la decorazione
che si ottiene è un legno ricostruito.
Vittorio Alpi
Il processo, detto nel modo più semplice in cui riesco a dirlo, consiste
nello smontare un tronco, cioè ridurlo in fogli rettangolari di dimensioni
uguali. Questi fogli li tingiamo in base all’essenza finale che vogliamo
Alpi was founded in the early 20th century as a high-quality cabinet-making workshop.
riprodurre. Quanto alla componente venatura, invece, una volta tinti,
incolliamo i fogli uno sopra l’altro fino a formare dei blocchi di fogli rettangolari Vittorio Alpi tells the story of the family business, one of the first in the world to have
che costituiscono un nuovo tronco: quadrato invece che tondo. industrialised the process of reconstituted wood to produce decorative surfaces,
È un semilavorato che noi famigliarmente chiamiamo tronco Alpi. with the additional value of reducing the use of precious woods.
128
 Vittorio Alpi UNA FORMULA PER REINVENTARE IL LEGNO, RIDURRE GLI SCARTI
E PRESERVARE LE ESSENZE PREGIATE
ph. Gianluca Vassallo
È formato in presse con stampi diversi a seconda delle venature che vogliamo
ottenere: la magia è tutta in questa fase. La cosa cruciale da far notare
è che ci troviamo di fonte a un disegno progettato, non si tratta di un disegno
random: è un punto piuttosto importante perché un problema enorme
per gli architetti o per chi usa il legno, è la differenza di colore o di figurazione;
il nostro invece è un prodotto progettato e non dà sorprese a chi lo utilizza.
In questo modo si producono meno scarti. Un legno naturale produce uno sfrido
minimo nell’ordine del 40%, mentre nel nostro foglio non se ne produce quasi.
Com’è avvenuto lo sviluppo dell’invenzione?
Questo sistema è stato immaginato più di un secolo fa, a cavallo tra il XIX
e il XX secolo ma non fu messo in pratica secondo una logica industriale.
A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, mio padre
Courtesy of Alpi
e mio nonno invece si dedicarono all’industrializzazione di questo processo,
che ebbe subito un grande successo. L’intuizione più significativa però
fu la tintura. Fino a quel momento il colore non era previsto dato che
le essenze si usavano per riprodurre se stesse, invece loro incominciarono a
studiare la tintura del legno oltre che la formatura.
130
Vittorio Alpi A FORMULA FOR REINVENTING WOOD, REDUCING WASTE AND PRESERVING
VALUABLE SPECIES OF WOOD
Alpi has come up with a formula to reinvent wood, can you explain it in simple
terms?
I have to say that we did not invent sheet wood to be used instead of solid
wood; before us, there were already natural veneers of walnut, oak and many
other types of wood. However, we have the credit for industrialising
this process. At the beginning of the 20th century teak, walnut or rosewood
were among the most sought-after woods by decorators, and the spirit
that guided our research was that of reducing costs and having a product
that was more suitable for industrial use. Our intuition was to transform a single basic
wood into varieties of different colours and grains, eventually creating new ones.
The product, unlike natural wood, is fairly standardised, in the sense that it follows
repeatable rules; the rectangular shape is always the same and the design
and colour are also homogenous. Especially the colour.
If you ask me how this process of reproducing wood varieties is achieved,
it should be pointed out that it is not a print and the decoration you get
is reconstructed wood.
The process, in the simplest way I can put it, consists of disassembling
a log, that is, reducing it into rectangular sheets of equal size. We dye these
sheets according to the final appearance we want to reproduce. As for the
grain component, once dyed, we glue the sheets one on top of the other
to form blocks of rectangular sheets that make up a new log: square, not round.
It is a semi-finished product that we familiarly call an Alpi log.
It is formed in presses with different moulds according to the grain
we want to obtain: this is where the magic lies. The major thing to point out
is that we are dealing with a designed pattern, not a random one: this is quite
an important point because a huge problem for architects or those who use wood
is the difference in colour or pattern. This produces less waste. A natural wood
produces a minimum waste of about 40%, while our sheet produces almost none.
How did the invention come about?
This system was devised more than a century ago, at the turn of the 19th
and 20th centuries, but was not put into practice according to an industrial
logic. Instead, my father and grandfather worked on the industrialisation
of this process at the turn of the 1950s and 1960s, which was immediately
successful. But the most significant insight was the dyeing process.
Up to that time, colour was not foreseen, as the woods were used to reproduce
themselves, but they began to study the dyeing of wood as well as moulding.
Did they have an artistic background?
My father had a great hand, but they were essentially carpenters, I would say
that their training consisted of knowing how to use the planer. The first driver
was essentially economic. Then the desire to produce vanishing and fanciful
woods emerged. Then, starting in the 1980s, the idea of exploring the design
of new wood grains came into focus. The first collaboration was with
Angelo Mangiarotti who designed a kind of wood with a minute texture
working with colour. It struck a chord with everyone and had great resonance.
Immediately afterwards there was a collaboration with Ettore Sottsass.
It was the beginning of the 1980s, the Memphis phenomenon had exploded,
and I thought it would be nice to work with him. I went to look for him. Sottsass
was fascinated by the possibility of using wood alongside laminate, which
was the material of choice for Memphis. He felt the need to explore new ground
and so our process was an inspiration for his research.
Vittorio Alpi UNA FORMULA PER REINVENTARE IL LEGNO, RIDURRE GLI SCARTI Vittorio Alpi A FORMULA FOR REINVENTING WOOD, REDUCING WASTE AND PRESERVING
E PRESERVARE LE ESSENZE PREGIATE VALUABLE SPECIES OF WOOD

Avevano una formazione artistica?

Mio padre aveva una gran mano, però erano essenzialmente falegnami,
direi che la loro formazione consisteva nel saper usare la pialla. Il primo
driver fu essenzialmente di tipo economico. Successivamente è emerso
il desiderio di produrre essenze in pericolo di estinzione e di fantasia.
A partire dagli anni Ottanta, poi, si è andata mettendo a fuoco l’idea di esplorare
il progetto di nuove venature del legno. La prima collaborazione è stata con
Angelo Mangiarotti, che ha disegnato un legno con una texture minuta
lavorando sul colore. Colpì tutti ed ebbe grande risonanza. Immediatamente
dopo ci fu l’incontro con Ettore Sottsass.

Erano gli inizi degli anni Ottanta, era esploso il fenomeno Memphis e io pensai
che sarebbe stato bello collaborare con lui. Andai a cercarlo.
Sottsass era affascinato da questa possibilità di usare il legno accanto
al laminato che era il materiale di elezione di Memphis. Sentiva l’esigenza
di esplorare territori nuovi e quindi il nostro processo fu d’ispirazione
per la sua ricerca.

Quando venne a trovarci, mentre giravamo per la fabbrica, vide un pezzo

di semilavorato che gli interessava, disse semplicemente: “Mi piacerebbe
vedere meglio questo processo”. Assomigliava un po’ a un compensato.
A quel punto, realizzò un disegno e scelse quattro colori.
A differenza del disegno di Angelo Mangiarotti, evocativo di una stoffa,
Sottsass lavorò sul disegno naturale del legno e, con un approccio di matrice
Pop, lo esagerò ingrandendo la venatura ma lasciandola riconoscibile.
Malgrado l’artificio, infatti, nessuno direbbe: “non è legno”. Devo dire però
che il legno di Sottsass vendette pochissimo; probabilmente era troppo
in anticipo e io fui anche un po’ canzonato per aver spinto in quella direzione.

Courtesy of Alpi
L’intuizione di Sottsass fu fare un non -legno che fosse però inequivocabilmente
riconoscibile come tale, anche se di fantasia. Martino Gamper, uno dei nostri
autori, mi ha raccontato che quando era studente di carpenteria in Alto Adige
e vide la prima volta il legno di Sottsass, scervellandosi per capire da che
albero provenisse, arrivò alla conclusione che non poteva che essere l’albero
di Memphis!

When he came to visit us, while we were walking around the factory, he saw
ph. Gianluca Vassallo

a piece of semi-finished product that interested him and simply said: “I would
like to see this process better”. It looked a bit like plywood. At that point,
he made a drawing and chose four colours. Unlike Angelo Mangiarotti’s drawing,
which was evocative of a fabric, Sottsass worked on the natural pattern
of the wood and, with a Pop approach, exaggerated it by enlarging the grain
but leaving it recognisable. Despite the artifice, in fact, no one would ever say
“it’s not wood”. I have to say, though, that Sottsass’s wood sold very little; it was
probably too far ahead of its time, and I was even mocked a bit for pushing
it in that direction.

Sottsass’s intuition was to make a non-wood that was unmistakably recognisable

as such, even if it was a fantasy. Martino Gamper, one of our designers, told me
that when he was a carpentry student in Alto Adige and saw Sottsass’s wood
for the first time, he racked his brains trying to work out what tree it came
from and concluded that it could only be the Memphis tree!

132
 BREVE ACCENNO
ALLA STORIA DEI
MATERIALI MONTESSORI
Con Michele Dal Trozzo, esperto di materiali Montessori, analizziamo il contributo
di Maria Montessori al progetto di oggetti e arredi a misura di bambino prodotti
nello stesso luogo fin dal 1911.

I materiali Montessori sono il frutto della ricerca e della sperimentazione

pedagogica messe in atto da Maria Montessori nel corso della sua opera
rivoluzionaria. La loro ideazione ha l’obiettivo di soddisfare le esigenze
di crescita intellettuale del bambino nel suo percorso di sviluppo.

I materiali servono per avvicinare il bambino alla conoscenza del mondo

e dei vari ambiti della cultura umana, come ad esempio il linguaggio,
la matematica, la geografia, la musica, ecc., rendendo concetti complessi
accessibili e comprensibili con lo stesso piacere del gioco e, allo stesso tempo,
creano le fondamenta su cui il bambino può costruire la propria personalità.

Il “Materiale Sensoriale”, in particolare, ha spiegato Maria Montessori, “analizza

e rappresenta gli attributi delle cose: dimensioni, forme, colori, levigatezza
o ruvidezza delle superfici, peso, temperatura, sapori, rumori, suoni”.

Courtesy of GAM
È un dispositivo che aiuta a sviluppare la percezione della tridimensionalità,
introduce il concetto di grande e piccolo, avvicina al sistema decimale,
alla geometria, alle proporzioni e aiuta la coordinazione nei movimenti.

La vicenda dei materiali progettati da Maria Montessori e realizzati

da un laboratorio di falegnami della provincia di Mantova nella prima metà
del Novecento è una storia stranamente poco conosciuta. Se ne trova
però traccia nella prefazione de L’Autoeducazione nelle scuole elementari,
fra i suoi testi più conosciuti: “Fu nel 1911 che una mia amica, Donna Maria
Maraini Guerrieri Gonzaga”, scrive Montessori, “volle mettere le prime basi
a un esperimento privato del tutto libero, per cercare se con altri materiali
più avanzati si fosse potuto continuare l’indirizzo educativo che già
aveva avuto successo coi piccoli bambini”.

Si deve, dunque, alla filantropa Maria Maraini, originaria di Gonzaga

e appassionata sostenitrice dell’opera pioneristica di Maria Montessori, A SHORT HISTORY OF
MONTESSORI MATERIALS
il merito di aver costruito i primi contatti per tradurre in realtà i materiali
educativi della maggiore qualità e perfezione possibile.

Fu proprio a Gonzaga, infatti, che prese vita la produzione di materiali

e arredi per ambienti educativi secondo il Metodo Montessori, grazie alle precise
richieste indirizzate a un laboratorio di falegnami locali, la ditta Bassoli Ernesto
& Figli, che si appassionarono alla missione tanto da configurarsi dapprima With Michele Dal Trozzo, an expert on Montessori materials, we analyse
quali “fornitori esclusivi” e poi, nel 1938, consolidarsi nella Società Anonima Maria Montessori’s contribution to the design of child-friendly objects
per il Materiale Didattico “Montessori”. and furniture manufactured in the same place since 1911.
134
 BREVE ACCENNO ALLA STORIA DEI MATERIALI MONTESSORI
La stessa Società, attraverso una serie di ulteriori trasformazioni che non incisero
però sul radicamento nel luogo dove prese forma, confluisce in ciò che è oggi GAM
Gonzagarredi Montessori.
Il colore, l’armonia delle forme, ma anche l’esattezza che li rendono così attraenti,
sono anche la sottile ragione che induce chi usa questi oggetti ad adottare
gesti attenti, rispettosi, risvegliando una speciale cura e concentrazione
nel maneggiarli. In questo senso è proprio il sentimento suscitato dalla perfezione
della qualità ad aiutare – soprattutto nei bambini che li manipolano per le prime
volte – lo sviluppo di caratteri quali costanza, auto-controllo, auto-disciplina
e soprattutto autonomia.
GAM Gonzagarredi Montessori nel raccogliere l’eredità del primo laboratorio
di falegnami sorto nei primi anni del Novecento, continua a produrli con la stessa
esattezza: è una delle quattro aziende al mondo di cui l’Association Montessori
Internationale approva ufficialmente i materiali.
Courtesy of GAM
Courtesy of GAM
136
A SHORT HISTORY OF MONTESSORI MATERIALS
Montessori materials are the result of the pedagogical research and
experimentation undertaken by Maria Montessori in the course of her
revolutionary work. They are designed to meet the needs of the child’s
intellectual development.
The materials are used to introduce the child to the knowledge of the world and
the various areas of human culture, such as language, mathematics, geography,
music, etc., making complex concepts accessible and comprehensible with the
same joy of playing and, at the same time, creating the foundations on which
the child can build his or her own personality.
The “Sensory Material”, in particular, Maria Montessori explained, “analyses
and represents the attributes of things: size, shapes, colours, smoothness or
roughness of surfaces, weight, temperature, tastes, noises, sounds”. It is a
device that helps develop the perception of three-dimensionality, introduces
the concept of big and small, introduces the decimal system, geometry,
proportions and helps coordination in moving.
The story of the materials designed by Maria Montessori and made in a
carpenter’s workshop in the province of Mantua in the first half of the 20th
century is curiously little known. There is, however, a trace of it in the preface
to L’Autoeducazione nelle scuole elementari, one of her best-known texts: “It was
in 1911 that a friend of mine, Donna Maria Maraini Guerrieri Gonzaga,” writes
Montessori, “wanted to set the first foundations for a private, completely free
experiment, to see if with other, more advanced materials it would be possible
to continue the educational approach that had already been successful with
small children”.
It is therefore thanks to the philanthropist Maria Maraini, originally from Gonzaga
and a passionate supporter of Maria Montessori’s groundbreaking work, that
the first attempts were made to put into practice educational materials of the
highest possible quality and perfection. It was in Gonzaga, in fact, that the
production of materials and furnishings for educational environments according
to the Montessori Method came to life thanks to the precise requests addressed
to a local carpenter’s workshop, the Bassoli Ernesto & Figli company, who were
so passionate about the mission that they first became “exclusive suppliers” and
then, in 1938, consolidated into the Società Anonima per il Materiale Didattico
“Montessori”. The same company, through a series of further transformations
that did not however affect its roots in the place where it took shape, merged
into what is today GAM Gonzagarredi Montessori.
The colour, the harmony of the forms, but also the exactness that make them
so attractive, are also the underlying reason that induces those who use
these objects to use watchful, respectful gestures, inspiring special care and
concentration when handling them. In this sense, it is precisely the feeling
aroused by the perfection of quality that helps – especially in children handling
them for the first time – the development of traits such as constancy, self-
control, self-discipline and above all autonomy.
GAM Gonzagarredi Montessori, in taking up the legacy of the first workshop set
up in the early 20th century, continues to produce them with the same precision:
it is one of the four companies in the world whose materials are officially
approved by the Association Montessori Internationale.
 Note sull’allestimento Notes on the exhibit design

MOSTRARE L’IMPOSSIBILE SHOWING THE IMPOSSIBLE

Mario Trimarchi Mario Trimarchi

L’allestimento per una mostra itinerante deve essere leggero e occupare

il minor spazio possibile. Quando gli oggetti in mostra, come in questo caso,
sono straordinari, l’allestimento deve essere invisibile. Se poi la mostra vuole
raccontare la ricerca dell’impossibile, l’allestimento deve essere improbabile.
Leggero, invisibile, improbabile: questi gli obiettivi del nostro progetto.

ALLEGGERIRE
Il sistema delle gabbie incomplete e dei tavolini metallici è basato su sezioni
così sottili che praticamente non sta in piedi. Abbiamo immaginato allora
i contrappesi più semplici del mondo: delle risme comuni di carta bianca
standard, quella per le fotocopiatrici per intenderci, quella che qualsiasi
Istituto di Cultura può comprare in cartoleria, piazzare ordinatamente
in un apposito alloggiamento sotto il tavolo, e alla fine della mostra
può usarla nelle stampanti perché è praticamente nuova bianca e perfetta.

STROPICCIARE
La mostra andrà in giro per il mondo, in stanze sempre differenti: colori
di ogni tipo, quadri, stucchi, specchi barocchi, mobili in legno, boiserie.
Nasce quindi l’esigenza di progettare delle schermature leggere. La soluzione
più semplice è mandare in giro una certa quantità di fogli grigi di Tyvek The set-up for a touring exhibition must be light and take up as little space
(tessuto non tessuto), da appendere in doppio strato ai traversi posteriori as possible. When the objects on display are extraordinary, as in this case,
della struttura, così da stare perfettamente verticale dietro gli oggetti the exhibition design must be invisible. If the exhibition is about the quest
in mostra. L’unica accortezza è quella di stropicciarlo ben bene con le mani, for the impossible, the exhibition design must be improbable.
per creare una superficie tridimensionale che cattura luci e ombre. Light, invisible, improbable – these are the objectives of our project.

RISPETTARE
Le strutture bianche dell’allestimento servono a creare silenzio attorno
ai pezzi in mostra. Rappresentano un’area ideale di rispetto tridimensionale,
fanno respirare i prodotti, dicono al visitatore qual è la distanza giusta
per guardare bene e capire bene. Abbiamo lavorato col gruppo dei curatori
per esaltare la presentazione degli oggetti senza alzare la voce con segni troppo
connotati esteticamente; il progetto dell’allestimento fa un passo indietro
per non alzare il tono della conversazione.
138
LIGHTENING
The system of incomplete cages and metal tables is based on such thin
sections that it practically cannot be sustained. So we imagined the simplest
counterweights in the world: common reams of standard white paper,
the kind used for photocopiers, the kind that any cultural institute can buy
at a stationery shop, place neatly in a special compartment under the table,
and at the end of the exhibition can use in printers because it is practically
new, white and perfect.
 Mario Trimarchi Note sull’allestimento Mario Trimarchi Notes on the exhibit design

ADATTARE

MOSTRARE L’IMPOSSIBILE
L’allestimento è composto da strutture modulari ripetitive, smontabili
e facilmente assemblabili. Questo permette di poter spedire moduli quasi
piatti che ingombrano il meno possibile, e di poter suddividere la mostra
in parti, così da adattarla facilmente alle diverse misure e tipologie di spazio
a disposizione.
Si può così comporre il layout più adatto per ogni sede espositiva.

AUGURARE
Adesso che il progetto è finito e le nostre stanze senza pareti sono pronte
a ospitare questa straordinaria selezione di pezzi straordinari, ecco,
adesso siamo sicuri che questo bel festival, questo giro del mondo che
sta per cominciare sarà un bel racconto di storie inattese. Non ci resta
allora che augurare al nostro allestimento di essere come una pagina
silenziosa su cui raccontare con passione quella parte d’industria italiana
che guarda al futuro con coraggio nuovo e a volte un po’ incosciente.

CRUMPLING
The exhibition will travel around the world, in rooms that are different each
time: all kinds of colours, paintings, stucco, baroque mirrors, wooden furniture,
boiserie. So the need arises to design lightweight screens. The simplest solution
is to send around a certain quantity of grey Tyvek (non-woven fabric) sheets,
to be hung in a double layer on the rear crossbeams of the structure, so as
to be perfectly vertical behind the objects on display. The only thing to do is

SHOWING THE IMPOSSIBLE

to crumple it up with your hands to create a three-dimensional surface that
captures light and shadow.

RESPECTING
The white structures in the exhibition design serve to create silence around
the exhibits. They represent an ideal area of three-dimensional respect, they
let the objects breathe, they give the visitor the right distance to best observe
and understand. We have worked with the curatorial team to enhance the
presentation of the objects without raising the voice with signs that are too
aesthetically connoted; the design of the installation takes a step backwards so
as not to raise the tone of the conversation.

ADAPTING
The exhibition is made up of repetitive modular structures that can be dismantled
and easily assembled. This makes it possible to ship almost flat modules that
take up as little space as possible, and to divide the exhibition into parts, so that
it can be easily adapted to the different sizes and types of space available.
In this way, the most suitable layout can be put together for each exhibition
venue.

WISHING
Now that the project is over and our wall-less rooms are ready to host this
extraordinary selection of extraordinary pieces, now we are sure that this
beautiful festival, this world tour that is about to begin, will be a beautiful tale
of unexpected stories. All that remains for us, then, is to wish our exhibition to be
a kind of silent page on which to passionately recount that part of Italian industry
that looks to the future with new and sometimes slightly unconscious courage.
140
CREATED IN ITALY
L’attitudine per l’impossibile
An aptitude for the impossible

A cura di ISBN 978-88-7570-957-0 Ringraziamo

Curated by Special thanks
Odo Fioravanti © CREATED IN ITALY Jennifer Alberti
Giulio Iacchetti © 2021 Maurizio Corraini s.r.l. Vittorio Alpi
Francesca Picchi Daniele Antonini
Tutti i diritti riservati Francesco Arnulfo
Da un’idea di Maurizio Corraini s.r.l. Sabrina Asperti
Concept by All rights reserved Paolo Benelli
Angelo Gioè Maurizio Corraini s.r.l. Alberto Bombassei
Roberto Capelli
Coordinamento generale Nessuna parte di questo libro può Roberto Cattaneo
Project management essere riprodotta o trasmessa in Davide Cesareo
Angelo Gioè nessuna forma e con nessun mezzo Domenico Cicchetti
Elettra La Duca (elettronico o meccanico, inclusi la Marco Cicchetti
fotocopia, la registrazione od ogni altro Mara Colzani
Autori dei testi mezzo di ripresa delle informazioni) Silvia Cortese
Text contributors senza il permesso scritto dell’editore. Antonio Cressi
Lorenzo Angeloni No part of this book may be reproduced Sabrina Dalla Grassa
Catia Bastioli or transmitted in any form or by any Michele Dal Trozzo
Alberto Bombassei means (electronic or mechanical, Francesca De Sanctis
Odo Fioravanti including photocopying, recording or Andrea Di Stefano
Giulio Iacchetti any information retrieval system) without Cecilia Dossan
Linda Kaiser permission in writing from the publisher. Alberto Ferrrari
Enrico Morteo Vincenzo Flamia
Celestino Panzeri CREATED IN ITALY è a disposizione Giovanni Fogal
Francesca Picchi degli eventuali aventi diritto Valentina Fontana
Stefania Riboli per le fonti non individuate. Lorenzo Frangi
Mario Trimarchi CREATED IN ITALY will be at complete Christian Garaffa
disposal to whom might be related to the Anna Garavelli
Progetto grafico unidentified sources printed in this book. Andrea Giust
Book design Oliviero Gobbi
Mario Trimarchi Design Stampato in Italia da Paolo Guida
Printed in Italy by Linda Kaiser
© gli autori per i testi e le immagini Galli Thierr y Stamp a s.r.l. Milano Daniela Iacchetti
© Ettore Sottsass, by SIAE 2021 Federica Landucci
Prima edizione Flaviana Lenzo
Tutte le foto giugno 2021 Bianca Limonta
All photographs First edition Enrico Ostidich
Max Rommel June 2021 Luca Madonini
tranne Roberto Marangon
except Maurizio Corraini s.r.l. Federica Marti
Leo Torri (p.83) Via Ippolito Nievo, 7/A Bruno Mazzola
Luca Quagliato (p.99) 46100 Mantova Barbara Minetto
Raffaele Romano (p.105) Tel 0039 0376 322753 Antonella Nonino
Gianluca Vassallo (p.130, 132) Fax 0039 0376 365566 Viola Pagani
Foto Ciol (p.126) info@corraini.com Celestino Panzeri
Giulia Iacolutti (p.127) www.corraini.com Roberta Pascucci
Alessandro Pavanati
Digital design Giuseppe Pedrali
propp.it Monica Pedrali
Carlo Pedretti
Progetto dell’allestimento Eugenio Perazza
Exhibit design Annalisa Perelli
Mario Trimarchi Design Carlo Piccinelli
Chiara Poletti
Realizzazione dell’allestimento Antonio Prestini
Set-up production Massimo Bruto Randone
Xilografia Nuova s.r.l. Marco Re
Stefania Riboli
Traduzioni Genesio Rocca
Translations Marc Sadler
David Kelly Damiano Sfregola
Rodney Stringer Adelaide Siciliano
Elisa Sonzini
Editing e correzione bozze Gaia Anselmi Tamburrini
Copyediting and proofreading Andrea Torelli
CorrainiStudio Massimiliano Valle
Giulia Vivaldi
Exhibition website Stefano Zaccaria
www.createdinitaly.it Alessandro Zecchin
Daniele Zibetti
Storie di fabbriche italiane
Stories of Italian Factories

Abet Laminati
Alpi
Brembo
Coex
Crea Concrete Design
Cressi Sub
Dainese
Directa Plus
Eumakers
Falci
Fizik
Fontana Group
Foscarini
GAM
Gemar
Grivel
K-Array
Kong
Landucci
Limonta
Magis
Nonino
Novamont
Omnicos Group
Pedrali
Petroceramics
Plastitalia
Springa
Terre Davis
Tecno Tessile Adler
Vibram

€ 23,00