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1 2023
2021
ILSETTANTESIMO
LICEO TECNICO
IN COPERTINA
E A FRONTE
Vela Colombo,
Giulia Piscitelli, 2015,
candeggina su velluto
GIULIA PISCITELLI
Il triangolo che si staglia su questa copertina di “Civil- con l’esposizione degli undici stendardi del progetto Spi-
tà delle Macchine” è una forma costruita attraverso un ca all’Arsenale in occasione della 54ª Biennale di Venezia
processo di sottrazione. L’artista, Giulia Piscitelli, na- del 2011 e poi, di nuovo, nella mostra del 2019 al Kunst-
poletana, nata nel 1965, lo ha disegnato versando della museum di Luzern.
candeggina direttamente sull’arazzo. L’immagine si crea Oltre alle esposizioni già citate si segnalano le fonda-
tramite la corrosione del tessuto, che imita quella operata mentali partecipazioni alla 5ª Biennale di Berlino (2008)
dal tempo sulle cose. Il divoramento del supporto è ge- e a Documenta 14 (2017). Al 2016 risale invece Live the
nerativo. Le parti consumate isolano strumenti e oggetti, Dream, Galleria Fonti di Napoli, dove prossimamente si
diapason, cavalletti, oppure figure geometriche, numeri, terrà una nuova personale, la quinta, dopo Sim Sala Bim
elementi del mondo animale e vegetale. Piscitelli ribalta (2013), Protocollo (2009) e Selected video works 1989-
la natura del gesto quotidiano, e costruisce le sue forme, 2002 (2006). Qui presenta un nuovo gruppo di opere con
le sue immagini, negando al medium, l’arazzo, la tradizio- cui l’artista indaga i mutamenti dei confini nel corso della
nale trama. La serie degli arazzi si pone in continuità con storia, utilizzando mappe databili tra il 1920 e il 1942. Il
i temi del lavoro di Piscitelli, nelle sue performance, nei meccanismo significante si attiva – come per gli arazzi in
video, nelle fotografie, con un’attitudine sperimentale un certo senso – attraverso la sottrazione di parti delle
maturata nel corso di un trentennio. Nelle sue mostre le mappe che vengono coperte con l’applicazione della fo-
opere dialogano tra loro, in una modalità intermediale. glia d’oro, a riprendere un altro simbolo classico, questa
Gli arazzi sono esposti all’interno dello spazio della galle- volta divino, l’aureola. L’interesse per la fragilità della
ria, ma sono anche protagonisti di un video in cui si vede situazione geopolitica internazionale non è una novità in
l’artista intenta a stirarli – in un gesto ripetitivo e dome- Piscitelli che aveva affrontato lo stesso tema con sarca-
stico che fa pensare a un vecchio mitico e simbolico film smo e ironia nella mostra Sim Sala Bim. La magia a cui
di Chantal Akerman, Jeanne Dielman – aggiungendo così dà vita l’incantesimo si concretizza nella scultura esposta,
una dimensione quasi politica, sempre presente, ai sim- una vecchia coperta di lana irrigiditasi a seguito dell’im-
boli-spiriti del tessuto che diventa uno schermo. È questo mersione in acqua e zucchero. Agire, fare sono una magia
quanto si poteva vedere alla mostra Wide Rule, formula risolutiva. Perché, come dimostra il taglio di un’edizione
che compare sulle copertine dei taccuini americani, del di Guerra e pace di Lev Tolstoj operato dall’artista, la se-
2015 alla galleria Kayne Griffin Corcoran di Los Angeles. conda può essere di gran lunga più grande della prima.
La consacrazione degli arazzi era d’altronde già avvenuta (Elisa Albanesi)
1.2023 1 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 2 1.2023
SOMMARIO
4 IL FUTURO IN UN ANNIVERSARIO
di Marco Ferrante
I DIRETTORI
16 2. LE CINQUE MALATTIE
di Roberto Petrini
CRONOLOGIA ESSENZIALE 26
di Vincenzo Pisani
STORIE DI COPERTINA 32
di Luigi Ficacci
1. TECNOLOGIA E VERITÀ 44
di Antonio Spadaro
2 . ANDARE A TEMPO 46
di Éric Fottorino
3. LA PAROLA-SASSO 48
di Nadia Terranova
50 4. SPERIMENTARE
di Dan Crowe
52 5. L’INDIPENDENZA
di Rea S. Hederman
54 6. NICCHIE E WEB
di Marco Belpoliti
LA FIDUCIA NELL’ALGORITMO 58
di Mariarosaria Taddeo
TRADUZIONI 70
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 4 1.2023
1.2023 5 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
MARCO FERRANTE
S
eant’anni fa nasceva “Civiltà esistenza? Schematicamente per tre ragioni. In-
su come attualizzare delle Macchine”. Il primo numero
aveva una copertina leonardesca e
nanzituo per il momento in cui nasce, gli anni
Cinquanta. In generale soovalutati da un con-
la funzione delle si apriva con una leera-editoriale
di Giuseppe Ungare i, che della ri-
formismo delle classificazioni con cui scandia-
mo il tempo, furono gli anni in cui l’Italia geò i
origini vista era il nume tutelare e lo sarebbe rimasto semi del benessere e di una modernità che forse
fino alla sua scomparsa. Poesia, genio matema- non fu mai più moderna di allora e che rendeva
tico (nelle sue applicazioni) e creatività artistica compatibili le ragioni dello sviluppo economico,
(nelle sue applicazioni) costituivano i lati del del progresso sociale e del tentativo di colmare
triangolo che doveva sezionare la realtà e dar- le molte diseguaglianze con i tra i della specifi-
ne chiavi interpretative. Così accadde nei primi cità italiana: il patrimonio di bellezza, il talento
ventisei anni di vita della pubblicazione. Poi per come ingrediente del caraere nazionale, l’irre-
complesse ragioni in cui ebbe un’influenza il de- quietezza antropologica delle persone – riflessa
clinante peso dell’IRI nel sistema industrial-eco- questa irrequietezza nella prima, precoce, crisi
nomico-finanziario italiano la rivista chiuse nel del sistema dei partiti. Un decennio fondativo e
1979. Per i successivi quarant’anni le sopravvisse complesso che si chiuse con la celebrazione un
un’aura mitica – della cui origine tra poco. Riaprì po’ stereotipata di una vita dolce, poi aribuita
soo l’impulso di Gianni De Gennaro e Alessan- estensivamente ed erroneamente al decennio
dro Profumo nel 2019, soo la direzione di Pep- successivo, il quale decennio così dolce non fu.
pino Caldarola. Chi scrive è il quinto direore La seconda ragione investe il contesto in
della testata. In questo numero raccontiamo la cui si sviluppò la vita economica italiana. Il
storia della rivista, in un anniversario che arri- ruolo delle grandi imprese e il fortunato connu-
va dopo una vita editoriale a lungo interroa; e bio con la cultura, che fu incoraggiato da quelle
proviamo anche a rifleere su come aualizza- stesse imprese. Lo fecero le banche, le industrie
UNTITLED_0217, re la funzione delle origini. manifauriere, quelle tradizionali e quelle più
Davide Balliano, 2021, C’è un aspeo della storia di “Civiltà delle innovative (si veda l’articolo di Giuseppe Lupo
stucco, gesso e lacca su lino
Macchine” che desta curiosità in chi se ne occu- e il colloquio tra Fabiano Fabiani e Alessan-
belga. Un deaglio dell’opera
è stato pubblicato sulla
pa. Perché ha avuto così tanta influenza sull’im- dro Profumo). “Civiltà delle Macchine” nacque
copertina di “Civiltà delle maginario di un pezzo della cultura italiana, in una impresa emblematica, la subholding
Macchine”, 2/2022 soprauo riguardo alla parte iniziale della sua industriale dell’IRI, la Finmeccanica, guidata
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 6 1.2023
da Giuseppe Luraghi. Emblematica per il ruolo dovrà essere rafforzato e accessibile. Nel nostro
LUCIANO VIOLANTE
Definiamo qualcosa
che non è uno SETTE TESI
strumento, ma un
ambiente; segna SU UOMO
un mutamento
antropologico, è
reale, è oligopolistico,
E DIGITALE
sostituisce i vecchi
“C
iviltà delle Macchine” nac-
mediatori sociali, que con l’intento di intrec-
o al politico che stimiamo o che disprezziamo.
Attraverso i like valutiamo la reputazione di
di Homo sapiens 2.0. Sono i nativi digitali, ma dell’essere umano. Si sarebbe ridotta così la ca- assiste a un incidente non soccorre il ferito, lo
anche gli analogici immigrati, nativi analogici pacità di distinguere l’apparente dal reale e il fi lma perché rendere immortale l’istante è più
che si sono convertiti al primato dello schermo. vero dal falso. L’Homo videns diventa sempre importante che soccorrere.
I nativi digitali e gli analogici immigrati hanno più incapace di formarsi un’opinione propria e
tempi brevi di attenzione, compulsano frene- riduce la propria libertà. Una recente evoluzio- Tesi 4. Il digitale è reale
ticamente sull’iPhone, trasmettono messaggi, ne dell’Homo videns, effetto delle tecnologie di- Materiale e immateriale, tangibile e virtuale,
mettono like, comunicano con le emoticon. gitali, è l’Homo fi lmans, che att raverso l’iPhone non possono essere più concepiti in opposizione
fi lma tutto: l’abbraccio con una personalità, un tra loro. Il digitale è intangibile, immateriale ma
Tesi 3. Homo filmans monumento, una scena che att ira l’attenzione, è reale; esiste, non è una fantasia. Mi permetto
Gli Homo sapiens 2.0 partecipano alla vita ma- sé stesso in un determinato posto, un pano- una digressione. Fino a ieri il reale immateria-
teriale att raverso lo schermo che la rende im- rama, un animale. Lo schermo dell’iPhone ha le era il sacro. Oggi il reale immateriale è il di-
materiale e manipolabile; lo schermo consen- un fascino straordinario perché crea intimità, gitale. Tutto il nostro tempo è secolarizzato e
te di catturare il reale fotografandolo; a volte possesso ed esclusione dell’altro. L’Homo vi- mercantilizzato, perché quando accendiamo un
consente di modificarlo, e di inviare la foto ai dens è fermo, seduto in poltrona davanti a uno nostro device att iviamo un processo economi-
destinatari come segno di amicizia, informa- schermo, che deve condividere con altri; l’Ho- co. È conseguentemente necessario discutere
zione, scherno, condivisione o anche per puro mo fi lmans, invece, non deve condividere con e contrastare le banalizzazioni ideologiche che,
narcisismo. Nel 2000 Giovanni Sartori pubblicò nessuno il proprio schermo e non può fermarsi. servili a un immaginario post-umano, intendo-
“Homo videns”. A causa della televisione, soste- Si muove perché deve documentare la propria no azzerare la centralità delle persone nella sto-
neva Sartori nel suo libro, per la prima volta mobilità, la propria capacità di osservazione, la ria. Il comune destino del genere umano deve
nella storia l’immagine prevale sulla parola, varietà e l’interesse dei luoghi nei quali si trova essere garantito dalla centralità della dignità
mutando tanto la comunicazione quanto i mec- e delle persone che incontra. Si sente dotato di umana, da una corretta interpretazione del pro-
canismi di comprensione tra gli esseri umani. Il un potere divino perché rende eterno l’att imo. gresso quale strumento di sviluppo delle perso-
predominio dell’immagine sulla parola, conti- L’Homo fi lmans è un narcisista 2.0. Filma per ne, della società e dei popoli. La digitalizzazione
nuava lo studioso, avrebbe minato il cosiddetto att irare l’attenzione di chi riceverà le immagi- della vita e della società è, con tutta evidenza,
pensiero astratto e l’att ività simbolica propria ni ed è perciò costretto a stupire. Il fi lmans se un fenomeno di massa, ma l’entusiasmo di chi
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 10 1.2023
nei dati legge incrementi su incrementi deve società energetiche messe insieme. Viviamo in
essere frenato e ricalibrato davanti a un’altra un oligopolio. Gli oligopolisti hanno nelle loro
considerazione: una transizione digitale così mani persone, imprese, Stati. Se girassero l’in-
rapida ed estesa rischia di emarginare le fasce terruttore, il mondo si fermerebbe. Questa è la
più deboli della popolazione, coloro che avreb- loro forza.
bero più bisogno di usufruire di agevolazioni
e servizi ma che non dispongono di strumenti Tesi 6. L’inganno della disintermediazione
idonei per farlo, né delle competenze necessarie Nella cybersociety l’inganno più pericoloso è
per utilizzarli. la disintermediazione. Non è in corso la cancel-
lazione dei mediatori; è in corso la loro sostitu-
Tesi 5. L’oligopolio digitale zione. I vecchi mediatori – partito, associazione,
Microsoft, Google, Amazon (per citare le più chiesa, famiglia, sindacato – si presentavano
grandi piattaforme) controllano il 64% del mer- come tali sulla scena pubblica, erano scalabili,
cato cloud infrastrutturale. Microsoft ha circa avevano statuti conoscibili. I nuovi mediatori
il 90% dei sistemi operativi per server e PC e non si presentano come tali, non sono scalabi-
gestisce Office che è il pacchetto software più li, non hanno visibili statuti. Microsoft, Ama-
diffuso al mondo. Il 92% delle nostre caselle di zon, Google ci danno a costi accettabili e con
posta elettronica è gestito da Microsoft, Apple, efficienza i servizi che ci sono indispensabili.
Google. Sempre per definire il peso delle com- In cambio consegniamo loro gratuitamente e
pagnie del digitale, ricordo che nel 1990 le prime liberamente tutti i nostri dati. Se gli stessi dati
cinque imprese USA in termini di capitalizza- ci venissero chiesti dallo Stato, partirebbero
zione erano IBM, Exxon, General Electric, AT&T, cortei e campagne di stampa. È in corso una
Philip Morris. Nel 2020 erano Apple, Microsoft, reintermediazione. I nuovi mediatori sono le
Touch Scream, Federico
Clapis, 2018, resina,
Amazon, Alphabet, Facebook. Nello stesso anno, piattaforme che orientano la nostra vita quoti-
in “Civiltà delle Macchine”, inoltre, ciascuna delle cinque maggiori compa- diana in misura maggiore rispetto ai mediatori
4/2021, p. 84 gnie tecnologiche valeva più delle 76 maggiori tradizionali. Conoscevo l’indirizzo, il numero di
1.2023 11 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
Il mondo cloud
ha rimpiazzato le
antiche macchine
novecentesche.
Serve un aggiornato
impianto di
intelligenza, regole
e antropologia per
consentire all’uomo
una transizione
consapevole.
Il dilemma
inconsapevole
dell’Homo filmans
è un simbolo dei
cambiamenti
telefono, i dirigenti e gli addetti del mio partito, mato permette di discriminare attraverso il lin-
del mio sindacato, della mia parrocchia. Potevo guaggio d’odio, spesso con caratteri “identitari”,
mettere in discussione la leadership del partito sino alla costituzione di comunità odianti che
e del sindacato e potevo candidarmi al loro po- si caratterizzano per azioni di denigrazione o di
sto. Invece non ho l’indirizzo e il numero di tele- aggressione sino al linciaggio digitale. Altra fac-
fono di Amazon, né posso scalarla. I rischi sono cia della medaglia: l’anonimato permette a per-
evidenti. Per i mediatori occulti non ci sono né sone meno strutturate, con identità più fragili,
regole né contropoteri; senza idonee contromi- di essere ugualmente presenti sulla scena pub-
sure sono destinati a esercitare sulle nostre vite blica portando il loro contributo positivo al dia-
un potere infinito. I flussi di pensiero pilotati logo sociale. Il sistema deve poter espungere i
attraverso i social media contano più della in- primi tutelando l’espressività dei secondi, senza
telligenza individuale. Chi governa l’ambiente scivolare nello stato etico dei robot. Dobbiamo
digitale ha la possibilità di decidere non solo impegnarci per costruire una Civiltà Digitale,
cosa compriamo, ma cosa pensiamo e come ci capace di dare a ciascuno la piena consapevo-
orientiamo nel mondo. lezza delle possibilità, dei limiti e dei rischi per
la sua libertà di scelta. Con questa espressione
Tesi 7. Le garanzie nella società digitale si comprende il complesso degli aspetti culturali
Una società evoluta deve proteggere le persone. e sociali prodotti o condizionati nella nostra so-
La società digitale ricorre a un uso intensivo, cietà dalla IA Civiltà Digitale, accentuo il peso
quasi parossistico, della rete per condividere del sostantivo, vuol dire una condizione uma-
informazioni, dati e contenuti. Sono possibili na caratterizzata dall’autonomia dell’individuo
l’anonimato, l’identità contraffatta, le identità nell’ambiente digitale e dal dominio dell’uomo
multiple con la conseguente possibilità di dif- sulla tecnica digitale; la costruzione dell’auto-
fondere contenuti senza che sia possibile risa- nomia e del dominio della persona sull’algorit-
lire a una fonte che ne assuma responsabilità o mo è l’obiettivo da porsi nel presente, per poter
ne possa trarre legittimo giovamento. L’anoni- essere liberi nel futuro.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 12 1.2023
STEFANO BARTEZZAGHI
I DIRETTORI/1
UN DEMONE
E DIECI NUVOLE
Leonardo Sinisgalli
I
fondò la rivista nel ngegnere, poeta, fondatore di riviste ne. Possiamo definirla, l’analogia, come quel pro-
aziendali. La concomitanza di tre qua- cedimento del pensiero che sta alla base della
1953. Delineò in lifiche come queste sembrerebbe pre- metafora e dell’allegoria, quello che con Dante fa
ludere al ritratto di un personaggio let- dell’esistenza un cammino, con Leopardi di una
tempi durissimi una terario quasi grottesco, uno di quegli siepe l’evocazione del confine tra finito e infini-
l’essere umano nell’era nessuno dei tre tasselli può essere omesso quan-
do si tratta di delineare la reale figura – magari
re è dritto) conclusioni da premesse, l’analogia
concede alla ragione umana gli strumenti più
incorniciare il perimetro dell’attività di Sinisgal- l’attenzione dei docenti a notarne i meriti sco- saggistica della parola, era però comunicazione
li. Il tre è il numero della relazione aperta e alla lastici e a convincere i genitori ad avviarlo agli anche la sua attività di direzione e redazione del-
fine dei conti l’eclettismo di Sinisgalli risulta studi superiori, poi svolti a Caserta, Benevento, le riviste aziendali, intese proprio a stabilire con
essere una specie di “poliglottismo” disciplinare. Napoli e infine a Roma. Già ingegnere laureato, il pubblico un colloquio più disteso e coinvolgen-
Gli consentiva infatti di dialogare (intendersi nel 1934 vinse i littoriali per la poesia, precedendo te, privo di scopi immediatamente commerciali.
e farsi ben intendere) con critici letterari, con in graduatoria Attilio Bertolucci e Pietro Ingrao. Proseguiva intanto la sua produzione di versi e
scienziati di prim’ordine, con capitani di indu- Nel 1937 cominciò la sua carriera aziendale con di saggi occasionali, che avrebbero poi composto
stria e con cittadini comuni di una società anco- Pirelli, poi con Olivetti e quindi con Finmeccani- soprattutto il suo “zibaldone”, un libro pubblicato
ra molto arretrata in termini culturali quando ca. Oggi diremmo che per queste grandi industrie nel 1944, ampliato nel 1950 e ancora rimaneggiato
non già di pura e semplice alfabetizzazione. egli “faceva comunicazione”, e in due sensi diver- e che di Sinisgalli è probabilmente il capolavoro:
Leonardo Sinisgalli era nato a Montemur- si dell’espressione. Un primo senso è quello della “Furor mathematicus”.
ro (Potenza) nel 1908. Suo padre Vito emigrò a pubblicità vera e propria e Sinisgalli se ne occupò Il “furor” è pure un démone, la mania che si
Brooklyn e poi in Colombia, dove svolse attività almeno fino al momento in cui, con suo grande impadronisce di un organismo umano: ma qui a
di sarto; al rientro diventò agricoltore. Dare un’i- rammarico, le aziende italiane non cominciarono invasare il soggetto non è più l’analogia bensì la
struzione approfondita al figlio Leonardo non ad avvalersi di agenzie esterne, secondo il model- matematica stessa. Come a dire che esiste anche
era nei suoi piani, né in quelli della famiglia. Fu lo americano. Nell’accezione più giornalistica e il demone della scienza e che la scienza non ap-
1.2023 15 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
partiene di per sé, e in tutto e per tutto, ai domini gia del poeta. Capì innanzitutto la fulmineità
della logica. Diciamo dunque che il confine tra
logica e analogia non corrisponde a quello tra
dell’atto creativo». Al di là dell’omonimia, che
certo non ha mancato di suggestionarlo, a quel
Il poliglottismo
ragione e mania, tra scienza e poesia, come vor-
rebbe lo stereotipo. Scienza e poesia dialogano,
da Vinci quest’altro Leonardo novecentesco
era particolarmente legato. La tesi di laurea
disciplinare gli
si scambiano i ruoli. La poesia può e anzi deve
avere il cursus di una dimostrazione, di uno
in ingegneria industriale era il progetto di un
aereo e proprio dagli studi leonardeschi sul
consentì di dialogare
sviluppo algebrico. Secondo un giudizio espres-
so da Contini la matematica è stata ciò che ha
volo Sinisgalli estraeva una “Poetica di Leonar-
do”: «Come noi guardiamo un paesaggio tutta
con critici, letterati,
consentito a Sinisgalli di dare una «rappresenta-
zione non convenzionale della realtà». La mate-
la vita, il corso di un fiume che il tempo muta
solo insensibilmente, per trent’anni Leonardo
scienziati, capitani
matica non come «alta specializzazione tecnica» ha letto nell’aria un’animazione che ci sfugge: d’industria e cittadini
ma come «matrice d’invenzione» ed «enorme ri- correnti, vortici, crinali, linee, superfici, piste e
serva euristica». Contini si riferiva a quella for- colonne, un crepitare di punti vivi, un edificio comuni di una
mula che Sinisgalli gli aveva confidato in una elastico, “piramidale”. Precisamente è la parte
lettera del 1941: «cerca di approfondire quest’i- che sta al di qua dell’azzurro che ha interessato società ancora molto
dea che mi sono fatto della poesia: un quantum,
una forza, una estrema animazione, esprimibile
Leonardo, dove c’è aria, nubi e la nazione degli
uccelli. A lui dunque non premeva l’azzurro arretrata
mediante un numero complesso: a + bj». Qui ha del cielo, né il di là dell’azzurro dov’è l’orrendo
spiegato il démone, poco più avanti ha chiarito dominio infinito. Nei suoi scritti sul volo non
l’analogia: a e b sono quantità reali, j è un opera- siamo riusciti a trovare una sola riga di esalta-
tore matematico immaginario e il risultato è un zione del canto degli uccelli». Sinisgalli riferi-
vettore, cioè una forza attiva, mobile. Realtà più sce poi che è solo in una nota datata 1505 che
realtà potenziata dall’immaginario. Leonardo, ormai più che cinquantenne, scrive
I capitoli del “Furor” hanno titoli come: di essersi rassegnato: avrebbe continuato a stu-
“Quaderno di geometria”, “Carciopholus roma- diare il volo ma ormai rinunciava all’ambizione
nus”, “Arcadia delle macchine”. Tra questi colpi- di volare egli stesso.
sce: “Panorami per le orecchie”. Confrontandolo Per creature che la gravità e l’anatomia con-
con l’espressione stabilizzata “panorami per gli dannano a tenere i piedi per terra, il volo è l’a-
occhi”, si comprende come l’operatore imma- nalogo universale e perenne della libertà, della
ginario e irrazionale (qui rappresentato dalla fantasia, del sogno. Ma appunto c’è il volo di Pin-
sinestesia: panorami non visivi ma uditivi) dia daro e c’è quello di Dedalo, che è anche quello
mobilità alla lingua, la tolga dalla quiete inerte poi di Leonardo, poi dei fratelli Montgolfier e poi
dell’uso, inneschi la fantasia di chi legge, conta- dei Wright. Il bello avviene quando le due rotte
giandola con quella di chi scrive. si incrociano; quando lo scienziato si incuriosi-
Non deve meravigliare, allora, se è proprio sce della fisiologia del poeta e quando il poeta si
di Sinisgalli e se proviene proprio dal suo “Furor accorge che il volo ha una possibile scienza.
mathematicus” la citazione più interessante che Nel precedente leonardesco Sinisgalli trovò
il “Grande Dizionario della Lingua Italiana” di l’incoraggiamento a trattare scientificamente
Salvatore Battaglia dedica al termine: creativo. gli elementi irriducibili alla ragione presenti
Il termine era sino ad allora usato pochissimo e nella poesia, come la matematica sa appunto
non nel senso in cui oggi è comune, ma con mag- fare dei suoi numeri immaginari e irrazionali. A
giore vicinanza alla creazione biblica. Avrebbe rendere attiva, mobile e quindi poetica la lingua
cominciato a circolare velocemente e ubiquo è un quantum di irrazionale e di indetermina-
soltanto a partire dallo stesso 1950 in cui Sini- bile che pure possiamo far entrare nelle nostre
sgalli pubblicava il suo zibaldone, quando cioè espressioni e quindi nei nostri ragionamenti.
Paul J. Guilford aprì il congresso dell’Associa- L’analogia proporzionale partecipa di entrambi
zione americana di psicologia da lui presieduto i versanti: è creativa e al tempo stesso si fon-
con una prolusione a proposito della creatività. da su una ratio (in latino: proporzione). Forse è
Ormai del tutto depurato da riferimenti mistici, proprio questo doppio funzionamento ciò che
il termine avrebbe cominciato a diffondersi du- continuerà a metterla, l’analogia creativa, fuori
rante gli anni Sessanta per diventare prima una dalla portata degli automi.
bandiera concettuale dei movimenti di contesta- Con la sua immaginazione, il suo linguaggio
zione e poi, dagli Ottanta, la parola d’ordine della allusivo e coinvolgente, i cortocircuiti analo-
comunicazione massmediale. Oggi la creatività gici a cui il suo démone personale lo induceva,
riguarda qualsiasi sfera dell’azione umana. Sinisgalli ha delineato in tempi durissimi una
Nel 1950 Sinisgalli, parlando di un Leonar- possibile civiltà per l’essere umano nell’era della
do che era quello da Vinci, diceva: «L’attenzione tecnica. Ci suggerisce di costruire automi con-
Superficie 131, Giuseppe
di Leonardo fu rivolta a scoprire, a indagare, tinuando però a seguire i nostri démoni umani,
Capogrossi, 1954, olio su
a coordinare alcuni fenomeni tipici della per- senza mai pensare di consegnarci interamente
tela, Fondazione Archivio
sona poetica. Si potrebbe dire ch’egli ci diede i né agli uni né agli altri. Forse non lo abbiamo an- Capogrossi, in “Civiltà
primi suggerimenti per comporre una fisiolo- cora letto abbastanza. delle Macchine”, 1/1956, p. 31
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 16 1.2023
ROBERTO PETRINI
I DIRETTORI/2
LE CINQUE
MALATTIE
Breve biografia
«N
intellettuale di on ho mai ben compreso il sua biografia: Francesco d’Arcais era un intellet-
vero significato del malu- tuale eclettico con studi di matematica, scienza
Francesco (Flores) more suscitato dalla stam- e filosofia e al tempo stesso era un artigiano
pa politica di ogni tendenza del giornalismo in grado di battere il tempo in
d’Arcais, diresse nei confronti di quello slo- quella bottega rinascimentale che era la “Civiltà
il futuro Paolo VI invita «all’entusiasmo» i gio- Democrazia cristiana, del Partito d’Azione, del
vani universitari cattolici perché, ammonisce,
«non si lavora nel nostro campo se il ferro non
Partito socialista e della Democrazia del lavoro:
perché l’obiettivo comune è «rivalutare il lavoro
D’Arcais, studi
è rovente». 4 È in questo clima, dove gli studenti
della FUCI contestano il regime, che Francesco
e l’elevazione delle classi bisognose».
I tempi sono maturi per il salto a Roma,
matematici, cattolico
d’Arcais fa i suoi primi passi in politica: un cam-
mino che comincia negli anni Trenta e prosegue
dove arriva nel 1948, chiamato come capo ufficio
stampa da Amintore Fanfani, per poi passare al
progressista, amico
senza sosta. Dopo l’8 settembre, ufficiale del Re-
gio esercito, rifiuta la chiamata alle armi della
“Popolo”, l’organo della Democrazia cristiana,
come notista politico. Il clima non è certo favo-
personale di Gui e poi
Repubblica sociale e trova riparo a Cervignano:
un percorso che lo porterà fino a prendere parte
revole alla sinistra e sono anni piuttosto difficili,
ma Francesco d’Arcais si batte e stringe ancora
di Taviani, dopo una
organica alla Resistenza e nel 1944 a fondare e di più i legami con i vecchi compagni di strada formazione politica
guidare come direttore l’organo della Democra- con cui aveva condiviso, al di là dei tortuosi per-
zia cristiana veneta “La Libertà”. corsi della DC di quegli anni, l’esperienza della nella FUCI, era stato
La guerra finisce, l’entusiasmo della ritro- FUCI e l’impianto democratico-sociale dosset-
vata democrazia e il ritorno della libera circo- tiano. In prima linea tra le sue frequentazioni capo ufficio stampa
lazione delle idee scaldano cuori e coscienze.
Ne gioisce, poco più che trentenne, d’Arcais ma
il vecchio amico e coetaneo Luigi Gui, anch’e-
gli cattolico, resistente e padovano, destinato a di Fanfani, aveva
dalle sue parole emerge con chiarezza che non
dimenticherà facilmente le sofferenze del Ven-
diventare ministro della Pubblica Istruzione e
a condurre in porto una radicale riforma della lavorato al “Popolo”,
tennio: «Il popolo italiano è stato costretto per
lunghi anni ad ignorare tutto quanto rifletteva
scuola. Comincia a frequentare anche Paolo
Emilio Taviani, esponente dossettiano con sen-
alla cui direzione
la politica fuori dei nostri confini» oppure, scri-
ve sulla “Libera Tribuna” nel luglio del 1945, ha
sibilità sociali, favorevole all’apertura a sinistra
e all’intervento dello Stato nell’economia.
gli fu poi preferito
dovuto subire la «falsa rappresentazione» della
realtà offerta dal regime che demoliva «tutto
Trascorrono così dieci anni cruciali sul pia-
no professionale e di grande impegno su quello
Ettore Bernabei
ciò che non era fascista». 5 C’era dunque molto politico. Alla fine degli anni Cinquanta d’Arcais
da fare, da riscrivere e da rivelare all’opinione è in corsa per diventare direttore del “Popolo”,
pubblica: ottima occasione per intellettuali e ma lo batte Ettore Bernabei, favorito da un rap-
giornalisti. porto più stretto con Fanfani. È l’occasione per
Quello che è certo è che per d’Arcais non era avvicinarsi a un nuovo registro professionale:
il caso di abbassare la guardia. È vero, il nazifa- nel 1958 “Civiltà delle Macchine”, la raffinata
scismo era sconfitto, la democrazia riconquista- rivista di proprietà della Finmeccanica passa
ta ma bisognava vigilare sul nuovo ordine mon- sotto il controllo dell’IRI. La cosa non piace al
diale post-guerra che già manifestava i rischi direttore Leonardo Sinisgalli, fondatore della
di concentrazioni internazionali di potere. Con creatura editoriale cinque anni prima, che se ne
determinazione, in un articolo del 1945 sulla “Li- va. L’uomo giusto che viene individuato come
bera Tribuna”, lancia l’allarme sulla conferenza successore è Francesco d’Arcais. Naturalmen-
di Potsdam, dove si riunirono le tre potenze te c’è un retroscena: l’idea di strappare “Civiltà
vincitrici, Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione delle Macchine” alla controllata Finmeccani-
Sovietica, tra la fine di luglio e i primi di agosto ca per farne una specie di banale house organ
di quell’anno. Cita Luigi Salvatorelli, azionista, dell’IRI fu dell’ex deputato democristiano Aldo
storico e giornalista, per sintetizzare e rappre- Fascetti asceso ai vertici dell’Istituto nel 1956:
sentare il suo pensiero su quelli che già chiama tant’è che in un primo momento riuscì a impor-
i big three: «Se i tre grandi si sentissero autoriz- re nella raffinata iconografia di “Civiltà delle
zati a mettersi a tavolino per decidere da soli (…) Macchine”, dove figuravano Vedova, Vespigna-
avrebbero torto (…) Essi invece devono ascoltare ni, Munari, Dorfles e Mafai, la pubblicazione
le voci dei popoli».6 La tesi che sviluppa d’Arcais delle sue foto d’occasione accompagnato da
è che per perseguire la pace bisogna guardare gruppi di notabili della DC.
alla conferenza di San Francisco dove, poco pri- Naturalmente d’Arcais non sta al gioco:
ma, tra l’aprile e il giugno dello stesso anno si mantiene lo schema della rivista con la sua me-
erano già riuniti 50 paesi, piccoli e grandi, per ravigliosa grafica e con la minuzia editoriale fat-
gettare le basi dell’ONU cui avrebbe dovuto ta di riassunti degli articoli in inglese e francese,
spettare, almeno nelle intenzioni, il compito di di indici periodici dei contributi e degli autori
dirimere i futuri conflitti. pubblicati, di copertine d’autore di gran classe.
La scelta democratica e progressista è già ra- Ma c’è di più, la direzione di Francesco d’Arcais,
dicata nel giovane Francesco d’Arcais, per i suoi come spiega Donatella Germanese, del Max
trascorsi di antifascismo, Resistenza e cattolice- Planck Institute, che ha dedicato un saggio a “Ci-
Varsavia ’59-n.1,
simo sociale, ma lui sembra allargare il campo e viltà delle Macchine”, «imprime una svolta cul-
Emilio Vedova, 1959,
cercare già soluzioni più avanzate. In un artico- turale, allontanandosi più e più dalla pubblicità idropittura e carboncino
lo intitolato “Chi sono i laburisti”7 spiega ai letto- aziendale verso numeri monotematici di stampo su tela, in “Civiltà delle
ri che il Labour Party britannico è “cugino” della sociologico e filosofico». 8 Si può dire che nei circa Macchine”, 2/1961, pp. 37-44
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 20 1.2023
22 anni in cui d’Arcais dirige “Civiltà delle Mac- si e di attualità. Il 20 luglio del 1969 la missione non ho citato esattamente il verso di Montale, le
chine”, la rivista con le sue 16.000 copie patinate Apollo atterra sulla Luna? “Civiltà delle Macchi- sarò grato se vorrà controllare». 12
diventa un punto di riferimento degli intellet- ne” ospita una riflessione di Alberto Moravia che Nel frattempo, siamo ormai nel pieno degli
tuali progressisti italiani e ospita regolarmente va oltre il carattere scientifico dell’evento e che anni Sessanta, la famiglia si allarga, la casa del
voci e articoli dei maggiori pensatori del globo. ha come titolo “Al di là della Luna. Verso un’e- quartiere romano della Balduina è centro di in-
Resta al suo posto il poeta Giuseppe Un- vasione dalla Terra”. Vero e proprio catalogo del contri di lavoro, summit politici, di riunioni con
garetti, da sempre nume tutelare letterario pensiero moderno il periodico, sotto la direzione teologi e cardinali in vista del Concilio Vaticano
della rivista, viene mantenuta la cifra grafica di d’Arcais, raccoglie scritti e riflessioni di filoso- II, i figli vanno a scuola con quelli di Andreotti,
e l’occhio intelligente alle arti visive e fotogra- fi come Nicola Abbagnano, Ludovico Geymonat, Moro e Nobili, le mogli sono amiche. Il vento del
fiche, ma d’Arcais sposta in avanti l’obiettivo, Norberto Bobbio, e Guido Calogero; di sociolo- Sessantotto investe anche casa d’Arcais, dove
si ferma, riflette e sceglie di prendere di petto i gi come Franco Ferrarotti, Luciano Gallino e l’educazione è severa e ispirata a un fervente
grandi temi della società, della scienza e della Sabino Acquaviva; del futuro riformatore dei spirito religioso. Le vacanze sono rigorosamente
filosofia. Dall’estetica applicata alla meccanica manicomi Franco Basaglia, di un quarantenne a Soraga di Fassa dove si riuniscono le famiglie
e dall’industrial design, come lo stesso d’Arcais Umberto Eco intervistato sul Medioevo, di un dei laureati cattolici romani, ma come accade
definirà le scelte editoriali del suo predecessore gruppo di economisti come Paolo Sylos Labini, in quei tempi si apre il conflitto generazionale: i
nella prospettiva di accomiatarsi dalla “Civiltà Pasquale Saraceno, Siro Lombardini, Luigi Spa- figli Paolo e Marcello13 sono nel movimento stu-
delle Macchine” nel 1979, alla ricerca delle cause venta e il matematico-statistico Bruno de Finet- dentesco, e il dibattito politico s’infuoca. Con le
profonde dei fenomeni sociali e scientifici dan- ti. Architetti e storici dell’arte restano una co- contraddizioni dell’epoca: come quando Paolo
do voce ai maggiori intellettuali del Novecento.9 lonna portante della rivista affezionata al bello rientra a casa con sottobraccio il volantino ap-
Del resto già negli anni padovani, tra il 1942 e alla civiltà urbanistica: partecipano Pier Luigi pena distribuito all’università con scritto “Gui
e il 1946, si era concesso la scrittura di alcuni ma- Nervi, Giulio Carlo Argan, Gillo Dorfles. Wal- ministro del manganello” (era ministro degli
nuali di matematica e aritmetica, sua vecchia ter Gropius, padre della Bauhaus, gli scrive per Interni) e incrocia in salotto una imbarazzata
passione, per le scuole medie e gli istituti tec- dirgli che ha esposto nel suo studio una copia signora Gui intenta a prendere il tè con la madre.
nici. 10 Ora mette alla prova il suo impegno sulla di “Civiltà delle Macchine” perché ne possano Il ruolo di Francesco d’Arcais in questi anni
nuova sfida e comincia a coinvolgere una giran- godere tutti. 11 Leonardo Sciascia, quando invia va oltre quello del giornalista e dell’organizzato-
dola di intellettuali assegnando loro temi preci- il suo contributo, chiede un piccolo aiuto: «Forse re culturale. Affronta in prima persona i grandi
1.2023 21 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
temi del presente, cerca una risposta, dialoga zione a non perdere lo stupore, in altri termini la
Diario di Spagna ’61-5,
con gli intellettuali e scrive in ogni numero fantasia e la creatività, e in questo caso dunque Emilio Vedova, 1961,
editoriali complessi alla ricerca di una trama a non cadere in uno stato di passività. pittura a tempera,
filosofica, antropologica e sociale della realtà. Così come nella “Ambiguità della sicurez- carboncino e pastello su
Anzi i nuovi fermenti degli anni Settanta e, for- za”, nel numero successivo uscito nell’estate carta, in “Civiltà delle
Macchine”, 6/1962, pp. 56-62
se anche il confronto con i figli, lo spingono an- del 1966, l’editoriale spiega che la mancanza di
cora una volta a guardare oltre l’orizzonte: una stupore si accoppia malauguratamente con la
scelta che lo porterà ad avvicinarsi a Raniero La crescita del «senso di sicurezza». In base allo
Valle e al gruppo dei cattolici della Sinistra indi- stesso processo per cui ci aspettiamo i progres-
pendente e a votare in qualche occasione PCI. si senza considerare l’incertezza in cui operano
I sei numeri del 1966 sono emblematici e gli scienziati, ci fidiamo e godiamo dei «risultati
vale la pena leggerli con un po’ più di attenzione dagli altri conseguiti» nella civiltà del benesse-
come esempio dello stile di direzione di d’Arcais. re. Affrontiamo la vita con il minimo rischio e
Ogni fascicolo è deliberatamente un pezzo di cadiamo in uno stato di pigrizia. Anche in que-
una riflessione su come la scienza e le tecnologie sto caso è l’uomo che spesso reagisce male nei
stanno cambiando l’uomo e come bisogna reagi- confronti della scienza e la parola d’ordine per
re. Ogni editoriale bimestrale affronta, come il Francesco d’Arcais è non cedere alla passività.
1
La fantasia nell’età tecnologica, intervento di Francesco d’Arcais nella
capitolo di un pamphlet, un aspetto del cambia- La quinta malattia, come si intitola l’edito- tavola rotonda con, tra gli altri, Diego Fabbri e Pasquale Saraceno, in
mento. Si chiede: quali sono gli effetti e i rischi riale del quinto numero dell’anno, è “L’ansia di “Civiltà delle Macchine”, 4/1970.
dell’avvento dell’automazione e della ciberneti- autonomia”. Emerge di fronte alla caduta dei 2
La FUCI, Federazione universitaria cattolica, fu particolarmente ostile al
ca? D’Arcais individua almeno cinque malattie miti, al «crollo degli idoli» al rifiuto della tra- fascismo, negli anni Venti sotto la guida di Montini e Righetti, l’ostilità restò
viva dopo la crisi tra regime e Santa sede del 1931 fino a fornire quadri e
provocate nell’uomo dalla scienza. dizione indotto dalla società moderna che, di martiri alla Resistenza. «Dopo il 1925 non si allentò la tensione con i Gruppi
Già nel primo numero dell’anno, dedicato fatto, sembra dire d’Arcais, sviluppa un senso di universitari fascisti; vi furono incidenti alle manifestazioni nazionali della
FUCI e in varie sedi universitarie, che giunsero a mettere in pericolo la stessa
al “Consumo rapido”, mette in guardia su come, superbia nell’uomo che deve essere contrasta- sopravvivenza del movimento», N. Antonetti, Igino Righetti, in Dizionario
sulla scia di quanto la tecnologia sta provocan- to. L’anno si chiude con un editoriale di sintesi storico del movimento cattolico in Italia, vol. II, I protagonisti, Edizioni Marietti,
Casale Monferrato 1982, p. 542. Si veda anche V. Giuntella, I cattolici nella
do per gli oggetti di consumo, si stia verifican- intitolato “Dalla ambiguità alla speranza” nel Resistenza, in Dizionario storico cit., vol. I/2, I fatti e le idee, 1981, pp. 117 e sgg.
do una «obsolescenza delle idee» e «un logora- segno di uno sforzo caratterizzato da un nuovo «Se i giovani delle formazioni partigiane cattoliche hanno poca esperienza
politica e scarsi collegamenti, portano però nella Resistenza un’alta idealità
mento dei prodotti intellettuali», dall’arte alla umanesimo per governare l’epoca di transizio- morale e un profondo sentimento di libertà, maturato in un terreno non
letteratura. Ebbene il rischio è che l’uomo, sotto ne. Viviamo in un’epoca di ambiguità ma «la so- incoraggiante, ma alimentato dal sordo contrasto con il regime, durante e
dopo la crisi del 1931. Non meraviglia, perciò, trovare tra i protagonisti gli
il ritmo delle mode pensi che «la velocità possa luzione è opera dell’uomo, perché è l’uomo che epigoni della FUCI montiniana, in misura superiore alla proporzione numerica
diventare anche una dimensione dello spirito» possiede la speranza: le cose non vivono, non con le altre associazioni cattoliche». Nello stesso saggio l’autore fa cenno
all’«alto contributo di sangue» della FUCI di Padova che costa la vita, tra gli
con la conseguenza di cadere nella «incertezza e operano, non sono che attraverso la vita dell’uo- altri, al presidente Evangelista Groppo e a Luigi Pietrobon.
nella mediocrità». Attenzione, dunque, a non di- mo, e la speranza è capace di vincere ogni ambi- 3
Paolo (1944), Marcello (1945), Cristina (1947), Manuela (1949),
ventare schiavi delle macchine e dei loro nuovi guità. Così è stato in tutti i tempi, in tutti i mo- Alberto (1951), Maurizio (1953), Alessandra (1956).
ritmi anche nel pensiero. menti di crisi. E ogni epoca ha avuto così il suo 4
Fondo Flores d’Arcais, lettera di Giovanni Battista Montini a Igino Righetti,
Come bisogna fare attenzione – e questo umanesimo». 14 Per governare scienza e tecnica. 1929.
è l’oggetto del secondo numero dedicato alla Con l’arrivo della crisi petrolifera e il ma- 5
F. d’Arcais, Chi sono i laburisti, in “Libera Tribuna”, 28 luglio 1945.
“Scomparsa della fatica” – a non lasciarsi sopraf- nifestarsi dei primi sintomi della lenta e lunga 6
F. d’Arcais, La bilancia e la spada, in “Libera Tribuna”, 24 luglio 1945.
fare dalla noia, cioè «dalla perdita di fantasia e agonia dell’IRI, 15 nel 1979, “Civiltà delle Macchi- 7
F. d’Arcais, Chi sono i laburisti cit. Risale agli stessi anni la corrispondenza con
dalla mancanza di interesse», in una società ne” venne chiusa. Per Francesco d’Arcais, a 62 Sergio Paronetto, economista cattolico e ispiratore del Codice di Camaldoli:
uno degli argomenti era il serrato dibattito con Pasquale Saraceno, apparso
dove prevalgono l’automazione, la cibernetica e anni, è il momento di nuove sfide sempre all’in- sulla rivista “Studium”, espressione della FUCI, a proposito del principio della
si apre la strada all’«era del tempo libero». Così segna dei suoi interessi principali: la scienza, la partecipazione dei lavoratori agli utili. La lettera di d’Arcais a Paronetto del
28 febbraio 1944 è citata in T. Torresi, Sergio Paronetto, Il Mulino, Bologna 2017,
il messaggio contenuto nel primo numero viene storia, la filosofia e la religione. Nel 1983 tentò pp. 394 e 425.
reiterato: «È la dimensione dell’uomo che deve di far rivivere l’esperienza dell’antica rivista 8
D. Germanese, Civiltà delle Macchine (1953-1979), in “Parolechiave”, 51/2014,
sopravanzare la dimensione della macchina», battezzata “Nuova civiltà delle macchine”: riunì pp. 145-52.
suggerisce d’Arcais. filosofi e umanisti, come Dario Antiseri, Mar- 9
F. d’Arcais (non firmato ma attribuito al direttore), Autobiografia di una rivista,
Un terzo effetto del progresso della scienza cello Pera, Luciano Pellicani, Norberto Bobbio, in “Civiltà delle Macchine”, 5-6/1977.
e delle sue scoperte è quello che d’Arcais defini- Paolo Sylos Labini, Rita Levi Montalcini. Dopo 10
Si veda per esempio F. d’Arcais, La matematica per le scuole tecniche
sce “La mancanza di stupore”, cui è dedicato il un paio d’anni d’Arcais lasciò la direzione ma professionali, Cedam, Padova 1965. I tre volumetti, apparsi tra il 1942 e il 1946,
si intitolavano La matematica per la scuola media.
terzo fascicolo del 1966. L’uomo contemporaneo, non l’attivismo culturale: fu tra i fondatori in-
11
Fondo Flores d’Arcais, lettera dattiloscritta di Walter Gropius a Francesco
un po’ come uno spettatore o un consumatore, sieme a Primo Levi, Giuseppe De Rita, Valentino d’Arcais, 19 febbraio 1965.
accoglie ormai quasi come inevitabile e sconta- Bompiani e Margherita Hack, dell’associazione 12
Fondo Flores d’Arcais, lettera autografa di Leonardo Sciascia a Francesco
to ogni passo in avanti della scienza che invece “Biblia” attiva negli studi dei testi sacri e del dia- d’Arcais, 18 novembre 1977.
scontato non è affatto, anzi è completamente logo interreligioso. Dedicò gli ultimi anni alle 13
Testimonianze all’autore raccolte presso la famiglia. I protagonisti erano
soggetto all’incertezza. Il progresso «è dovuto» ricerche storiche sulle origini della sua famiglia Paolo Flores d’Arcais, in seguito intellettuale e direttore di “Micromega”,
e Marcello Flores d’Arcais, in seguito storico all’Università di Firenze.
all’uomo della strada, annota d’Arcais. S’igno- in Sardegna e alla figura di Enzo Bifoli, padre Anche Alberto Flores d’Arcais, futuro corrispondente da New York di
ra invece nel grosso dell’opinione pubblica lo della moglie Giovanna, pittore e architetto, an- “la Repubblica”, ai tempi liceale, confluiva sulle posizioni della contestazione.
Osservazioni sono giunte anche dalle sorelle Cristina, Manuela e Alessandra
sforzo dello scienziato che l’autore descrive con tifascista e collaboratore di Gino Coppedè. Ma che ringrazio per l’aiuto e la disponibilità. Preziosa la conservazione
parole suggestive: «La fede unita al dubbio, la non chiuse gli occhi sul mondo e sulla politica: archivistica del materiale da parte di Alessandra.
pazienza che si accompagna alla ripetizione, il la sua prima attività, il mattino, era la regolare 14
Si veda “Civiltà delle Macchine”, numeri 1-6/1966.
controllo che non annulla l’imprevedibile, il co- lettura di cinque giornali. Fino alla morte avve- 15
Si veda R. Petrini, L’Iri nei tre anni fatali: la crisi del paese e le privatizzazioni,
raggio che è pur sempre prudenza». Ecco: atten- nuta il 22 agosto del 2011. in Storia dell’Iri, 4. Crisi e privatizzazioni, Laterza, Roma-Bari 2013.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 22 1.2023
PIETRANGELO BUTTAFUOCO
I DIRETTORI/3
ASTRONAVI
SULLE SPIGHE
Con Peppino
P
Caldarola la rivista eppino Caldarola – già redattore presso il catalogo Laterza,
due volte a capo de “l’Unità”, direttore di “Civiltà delle Macchi-
ripartì. Era pugliese, ne” – è stato un comunista. Come il cavallo lo è per Napoleone
o il poncho per Giuseppe Garibaldi, e così per Caldarola è quel
tutta la vita a sinistra, segno preciso e inequivocabile: falce e martello su bandiera
rossa e un tricolore a significare la specificità italiana. Bandiera rossa è lo
era stato due volte Zeitgeist di Peppino.
di odio», così scrive Peppino in quel suo libro – sommi che fanno l’insieme del sentimento di let- in “Civiltà delle Macchine”, 2018, elaborazione
5-6/1973, p. 27 fotografica
prende comunque i rivoli degli imprevisti. Ina- teratura e dovere sociale. Tutto quel che è Mac-
di un rottame d’auto,
spettati cambi di registro esistenziali, sono quel- china. E tutto quel che è Civiltà, com’è nel lascito
collezione dell’artista,
li dei comunisti, tutti aperti, plurali, dialettici nel di questa storia, la storia in cui ebbe ad accompa- in “Civiltà delle Macchine”,
rispetto proprio dell’etimo: tesi, antitesi e sintesi gnarci – per restare – Peppino Caldarola. 3/2019, p. 65
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 26 1.2023
VINCENZO PISANI
CRONOLOGIA
ESSENZIALE
1951 Giuseppe Luraghi – personalità poliedrica, e se ne va. Il secondo numero (marzo-aprile) è
uomo di industria, giornalista, scrittore, poeta – l’ultimo della sua stagione. Alla guida della ri-
diviene direttore generale di Finmeccanica, vista arriva Francesco Flores d’Arcais, cattolico,
sub-holding industriale pubblica costituita nel giornalista, cresciuto nella FUCI, piena espres-
1948 e controllata dall’IRI, in cui erano conflu- sione della classe dirigente culturale di area DC.
ite alcune storiche aziende manifatturiere ita- Come il suo predecessore, il nuovo direttore è
liane, come Ansaldo, Alfa Romeo, San Giorgio, un intellettuale multidisciplinare. Ha alle spalle
Cantieri Navali dell’Adriatico, Filotecnica Sal- studi di matematica, scienza e filosofia. Si impe-
moiraghi. gna a mantenere alta la cifra stilistica della rivi-
sta e il livello del dibattito letterario, filosofico,
1953 Per dotare la società di un house organ, scientifico sviluppato e arricchito numero dopo
Luraghi sceglie Leonardo Sinisgalli, le cui com- numero.
petenze e passioni spaziano dalla matematica
alle lettere, dalla poesia al design. Si ispira all’u- 1958-1978 Le pagine di “Civiltà delle Macchine”
nità rinascimentale del sapere, per far dialogare accolgono le riflessioni di molti grandi nomi
scienza e arte, tecnologia e umanesimo, indu- della cultura italiana da Leonardo Sciascia,
stria e letteratura. Il primo numero di “Civiltà Norberto Bobbio, Franco Basaglia, Alessandro
delle Macchine” esce a gennaio. Portelli fino ai giovani Franco Ferrarotti e Um-
berto Eco. Collaborano inoltre economisti qua-
1953-1957 Sinisgalli pubblica 31 fascicoli. «Non li: Paolo Sylos Labini, Pasquale Saraceno, Luigi
esiste in Italia né, credo, altrove una pubblica- Spaventa e Federico Caffè. L’arte, come già nei
zione come questa, in cui vediamo il poeta stu- primi anni della rivista, resta asse portante e
pirsi di una caldaia a vapore, l’ingegnere goder- linguaggio d’elezione del progetto editoriale.
si i meccanismi di vecchi catenacci, l’architetto Tra gli altri, troviamo i contributi di Pier Luigi
escogitare linguaggi nuovi, il matematico cre- Nervi, Giulio Carlo Argan, Gillo Dorfles, Achil-
are topi elettrici, il pittore bambino raffigurare le Perilli e Cesare Vivaldi.
fate e angeli al posto di macchine e uomini»,
scrive Luraghi. Ad aprire le prime pubblicazioni, 1979 La crisi energetica del 1973 innesca un
le lettere inviate al direttore da grandi scrittori processo di recessione che condizionerà per
e intellettuali: Giuseppe Ungaretti, Carlo Emilio molti anni l’economia mondiale. Si manifesta-
Gadda, Alberto Moravia, Arturo Tofanelli, Gian- no i primi sintomi del lento declino dell’IRI. In
siro Ferrata e altri ancora. questo clima “Civiltà delle Macchine” cessa la
pubblicazione. L’ultimo numero esce a dicem-
1958 “Civiltà delle Macchine” passa sotto il di- bre ed è dedicato ai rapporti tra cultura e re-
retto controllo dell’IRI. Sinisgalli non approva ligione.
1.2023 27 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
GIUSEPPE LUPO
Nel dopoguerra, in
Italia prendono piede POESIA
E NON POESIA
le riviste aziendali.
Diventeranno un
luogo di dialogo
affidato alla cura
N
di intellettuali onostante il Novecento sia tra-
montato da tempo – e con esso
chine” (1953), “Il Gatto Selvatico” (1955), “Rivista
Italsider” (1961) – faccio i titoli delle più sensibili
occorreva volgere gli occhi come si fa verso so- avuto le riviste aziendali citate sopra, dunque, è
lidi modelli culturali, a cominciare da Dante, stato quello di aver favorito (e non impedito) il
che era stato un poeta di contaminazioni (e non dialogo tra le “due culture”, sconfessando clamo-
di purezza letteraria), e a proseguire poi sia con rosamente le affermazioni a cui giungeva Snow
le esperienze di Leonardo e di Galilei, sia con le nel suo importante – ma facile al fraintendi-
ipotesi intellettuali che animavano le pagine del mento – pamphlet.
“Caffè” (1764-66) dei fratelli Verri o del “Politecni- La presenza di questi periodici non sembra
co” (1839-44; 1859-68) di Carlo Cattaneo. Perfi no mettere al sicuro dal rischio di vedere confer-
Primo Levi, uno dei maggiori intellettuali poli- mati i ragionamenti di Snow. Per quanto rile-
tecnici del Novecento, in quanto chimico e poi vanti siano stati gli sforzi affi nché la teoria dei
scrittore avrebbe tessuto l’elogio della “cultura mondi incompatibili venisse defi nitivamente
impura” in una pagina di “Il sistema periodico” superata a vantaggio di un dialogo interdisci-
(1975): «Perché la ruota giri, perché la vita viva, plinare, diffidenze e sospett i hanno continua-
ci vogliono le impurezze, e le impurezze delle to a mantenere viva la distanza tra umanisti e
Rilievo B, Franco Garelli,
impurezze: anche nel terreno, come è noto, se ha scienziati anche in Italia, nel cuore di quel No-
1966, lamiera verniciata,
in “Civiltà delle Macchine”, da essere fertile. Ci vuole il dissenso, il diverso, vecento che avrebbe dovuto dare una sferzata
5/1968, p. 29 il grano di sale e di senape». Se un merito hanno alle distinzioni tra poesia e non poesia di marca
1.2023 31 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
crociana, accantonando per sempre il sospetto vi. A lui, infatti, va dato il merito di aver inau-
di una inconciliabilità. Così non è stato e il dub-
bio che le istanze metodologiche, portate avanti
gurato una serie di periodici – oltre a “Pirelli”
e “Civiltà delle Macchine”, anche “La Botte e il
Che cosa legava
dalle riviste aziendali più illuminate, fossero
solo il frutto di una visione eccentrica dell’in-
Violino” (1964) e “Il Quadrifoglio” (1967) – con il
preciso intento di favorire il dibattito tra le “due
Calvino, Primo Levi,
dustria ha continuato a serpeggiare a lungo. Il
problema non poteva essere risolto incaricando
culture”, anticipando di almeno un decennio (il
numero d’esordio di “Pirelli” vede la luce nel
Luraghi e Sinisgalli.
un poeta come Attilio Bertolucci di dirigere “Il
Gatto Selvatico”, la rivista dell’Eni, o nemmeno
1948, cioè undici anni prima della pubblicazione
del libro di Snow) il tentativo di conciliazione
Il contributo al
chiedendo a Eugenio Carmi di assumere la re- destinato a diventare un tema dominante nella dibattito degli anni
sponsabilità della comunicazione Italsider. Esi- seconda metà del Novecento.
steva un fossato ben più profondo da colmare Sinisgalli era ben consapevole del ritardo Cinquanta di
e di certo non sarebbe bastato affidare la scri- che gravava sul cammino dei letterati italiani
vania da direttore a un poeta o a un pittore per nei confronti delle conquiste tecnologiche e a Charles P. Snow con
sentirsi dentro la cultura politecnica, né chie-
dere a letterati, poeti, scrittori di innamorarsi
questo mirava quando si accingeva a varare, in
collaborazione con Giuseppe Eugenio Luraghi, “Le due culture”
all’improvviso delle macchine, dopo secoli di il primo numero di “Civiltà delle Macchine”, nel
incomprensione, diciamo pure di incompatibili- gennaio del 1953. La rivista della Finmeccani-
tà, in cui la cultura ufficiale li aveva spronati a ca si inseriva nella traiettoria che era già stata
diffidare di tutto ciò che appartenesse al piano di “Pirelli” e ambiva a diventare il luogo in cui
della tecnica, di gran lunga considerato secon- potessero convergere le questioni della lette-
dario e inferiore rispetto alle questioni più alte ratura e della ricerca scientifica, dell’arte e del
della filosofia e della letteratura. Certo occorre- progresso tecnologico. «L’inverno del 1953» – ci
va intendersi su cosa fosse letteratura: retorica, ricorda egli stesso in un’intervista a Ferdinando
arcadia, repubblica delle lettere? Tutto questo lo Camon edita nel 1965 – «quando misi a fuoco il
era, ma non poteva limitarsi alla retorica, all’ar- progetto di “Civiltà delle Macchine” [...] la cultu-
cadia, alla repubblica delle lettere. Il male (se di ra dell’Occidente era rimasta incredibilmente
male si tratta) era alla radice, vale a dire nella di- arretrata e scettica nei confronti della tecnica,
mensione di una malinconica sfiducia nei con- dell’ingegneria. Voglio dire che erano sfuggite
fronti del nuovo, che da sempre teneva e tiene alla cultura le scoperte di Archimede e di Leo-
prigionieri gli intellettuali italiani dentro il ca- nardo, di Cardano e di Galilei, di Newton e di
stello fatato di una memoria rivolta al passato, Einstein. Io volevo sfondare le porte dei labo-
verso il mito dell’età dell’oro, che per certi versi ratori, delle specole, delle celle. Mi ero convin-
sembra coincidere con l’isola dell’utopia, spazio to che c’è una simbiosi tra intelletto e istinto,
di un’epoca felice e, per altri versi invece, ha le tra ragione e passione, tra reale e immaginario.
fattezze di un indimenticato paradiso perduto. Ch’era urgente tentare una commistione, un
Ma l’età dell’oro non è per nulla un modello a innesto, anche a costo di sacrificare la purezza».
cui rifarsi poiché si tratta di un mondo falso, di Prima ancora che il saggio di Snow fosse
un’invenzione dei poeti. I quali, continuando a tradotto in Italia, Sinisgalli ipotizzava un’idea
guardare all’indietro, ignorano la possibilità di politecnica del sapere e individuava nell’imma-
dare origine a un processo di costruzione con- gine della “commistione” e dell’“innesto” (due
creta in vista di una civiltà rivolta al domani. termini che alludono certo alla mescolanza di
È questa la cerniera in cui viene a inserir- sostanze ma anche a delicate operazioni bota-
si l’esperienza dei periodici aziendali, con tut- niche) il metodo attraverso cui favorire questo
ti i limiti e le contraddizioni che si portavano rapporto dialettico. Si trattava di operare lungo
dietro, a cominciare dai retaggi antimoderni di una direttrice che avrebbe minato il carattere
cui molti degli autori che vi collaborarono non dell’ortodossia intellettuale, optando per una
erano ancora riusciti a liberarsi. Potrà sembra- contaminazione di temi e discipline – nel 1964
re un discorso anomalo e provocatorio, ma dif- Montale, per indicare un tipo di poesia impura,
ficilmente si potranno elencare oltre le dita di sarebbe ricorso alla categoria dell’inclusività –
una mano i nomi di intellettuali a cui affibbiare e nello stesso tempo avrebbe inaugurato un
la patente di politecnici: forse Calvino (però con ambizioso programma di rinnovamento, capa-
qualche dubbio), di sicuro non Gadda (che, pur ce di sondare i segnali della modernità. Conta-
essendo ingegnere, si consegna alla letteratura minare richiama alla mente le affermazioni di
come chi si arrende a un labirinto nella forma Primo Levi in “Il sistema periodico” ed è forse
di una sconfitta della ragione), probabilmente i la maniera più immediata per indicare una
più convincenti sono il già ricordato Primo Levi strada nuova che l’establishment avrebbe po-
e Leonardo Sinisgalli, l’uno chimico-scrittore, tuto intraprendere. Se ciò poi sia avvenuto per
l’altro ingegnere-poeta. Il panorama è davve- davvero è un altro discorso. Probabilmente no.
ro sguarnito. Mentre Levi non avrebbe avuto Eppure nulla mancava a questo progetto cultu-
grandi rapporti con le riviste aziendali, a Sini- rale per interpretare a pieno titolo la nozione di
sgalli invece è capitato di essere tra i più atti- modernità.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 32 1.2023
LUIGI FICACCI
I
del rapporto tra n quest’epoca della post industria, ini-
ziata, secondo le definizioni storiche,
tentativo di conformare l’arte all’interpretazio-
ne della vita moderna implicita nello sviluppo
funzionalità e bellezza. dall’ultimo quarto del XX secolo, cosa
resta di vitale, a settant’anni dal primo
tecnologico. Al positivo, chiariva come la fun-
zione imprescindibile di una considerazione
La coalescenza numero di “Civiltà delle Macchine”, di
quella ricerca di dialogo tra cultura umanistica
dell’arte interna ai processi meccanici, dovesse,
nella sua integrità e unità, costituire l’istanza di
dei saperi, una e tecnica e arte, che costituì la ben nota finalità una soggettività sociale protagonista e agente
e diffusione di valori della rivista voluta da Giu- della produttività, non suo strumento e vittima.
osmosi sul modello seppe Luraghi e creata da Leonardo Sinisgalli Erano tesi razionaliste e funzionaliste che
in Finmeccanica? Tanto più in una Italia dove risalivano alla sua riflessione sul Bauhaus, in-
interdisciplinare la fenomenologia post industriale, invece che trapresa da giovanissimo, già negli anni Trenta.
stampato con un’accuratezza tecnica capace di scienza e arte che, all’inizio del secolo XVII, ave-
di vita della rivista. che l’artista avrebbe mostrato pochi mesi dopo
alla Galleria l’Obelisco di Irene Brin e Gaspero
che la forma possa inventare processi unitari,
tra poesia, matematica e meccanica, funzionali
Dai disegni sul volo del Corso, che rivela l’originalità critico poetica
di Sinisgalli, nel suo programma di diffondere
alla produzione. Sinisgalli ricercava qualcosa di
più radicale: quell’osmosi, che un fisico, quanto
di Leonardo alla tramite Finmeccanica il gusto della trasforma-
zione della materia prodotta dalla tecnica.
un filologo classico, avrebbero potuto chiamare
“coalescenza”, tra i saperi. Un ideale di impronta
pianta di un vicinato La copertina del numero estivo del 1957 in-
quadra, fino all’irriconoscibilità dell’opera, l’a-
Bauhaus, questo, che alla visionarietà di Oli-
vetti e alle esperienze industriali che nei primi
di Matera rea centrale di un disegno di Franz Kline. Nei anni Cinquanta vi si ispiravano, imprimeva la
primi mesi del 1958, la Galleria La Tartaruga di passione, lirica e civile, del poeta, sullo sfondo
Plinio De Martiis avrebbe presentato la prima del grande tema marxista dell’alienazione.
personale dell’artista statunitense in Europa. Ma la mutazione della rivista con la direzio-
La notorietà di Kline a Roma si doveva al viag- ne d’Arcais non è effetto di volontà individuale
gio a New York di Toti Scialoja nel 1956, fonda- e arbitraria. Le cause sono sì intrinseche alle
mentale per il ponte che contribuirà a gettare variabilità nel contesto industriale, ma soprat-
tra le due città. Già nell’estate del ’57, dunque, tutto allo sviluppo dell’arte dalla seconda metà
la violenza lirica della gestualità nero su bian- degli anni Cinquanta in avanti. Fino dal primo
co di Kline dilagava sulla copertina di “Civiltà numero di “Civiltà delle Macchine” la fiducia
delle Macchine”, segnando una breccia nel gu- negli effetti umanizzanti dell’immissione del
sto corrente, in quegli anni e mesi, di molte, in- valore estetico entro i processi della tecnolo-
tense, incalzanti evoluzioni successive. Ma l’an- gia e della produzione è carica di interrogati-
no prima, in Finmeccanica, le divergenze con vi. Tutt’altro che ingenua o inconsapevole, è la
intenti e metodi della presidenza IRI avevano forma, nel linguaggio individuale degli artisti,
portato Luraghi alle dimissioni. Convintosi di ad articolare di dubbi e obiezioni l’utopia olivet-
una mutazione degli ideali aziendali, Sinisgalli, tiana, fino a destrutturarla dall’interno. Questa
al secondo numero del 1958, decise di lasciare la dinamica critica dell’arte, che si fa sempre più
direzione della rivista. Gli subentrò Francesco complessa nel tempo, è assai più significativa e
Flores d’Arcais junior, che la resse a lungo, fino rilevante delle divergenze interne all’industria
alla chiusura nel 1979, per essere poi partecipe o alla politica. È l’arte stessa a non accettare
di un tentativo di ripresa, nel 1983, come “Nuova di essere organica: per intrinseca natura non
Civiltà delle Macchine”. avrebbe potuto esserlo, né rispetto all’industria,
È sufficientemente riconosciuto – e ricono- ma neppure a programmi estetici che fossero
scibile – come i primi numeri della direzione vincolanti o imposti. Tra correnti artistiche in
d’Arcais volessero proseguire la fisionomia ori- continua evoluzione, “Civiltà delle Macchine”
ginaria di “Civiltà delle Macchine”, ma erano i tiene il punto delle proprie ragioni istitutive.
contesti, soprattutto artistico culturali, a essere Evitando la tentazione dell’attualità, che sa-
mutati, rispetto all’ideale del loro inserimento rebbe stata incongrua rispetto alle tematiche
nel processo produttivo quali modelli struttura- proprie della rivista, esclude tendenze intrinse-
li, qualificanti e umanizzanti. Con il passare dei camente estranee e, con una certa riconoscibile
bimestri, “Civiltà delle Macchine” si distinguerà costanza, vi oppone scelte orientate piuttosto
per essere una rivista molto bella, per scelte ico- verso artisti considerabili visivamente affini
niche, configurazione grafica e qualità di stam- alle tematiche originarie.
pa. Le copertine mostreranno vivacità e varietà Con il tempo, nel campo industriale, l’esi-
di scelte, ma saranno sempre più riproduttive di genza di un valore estetico del prodotto, la ri-
opere artistiche. A quel punto, l’arte, nella indi- cerca di una sua originalità creativa, progredi-
vidualità delle sue espressioni, fodera della pro- scono sufficientemente da divenire strutturali e
pria qualità di confezione i contenuti interni del intrinseci al sistema produttivo. Si precisano in
fascicolo. Ma questi, nella loro pertinenza infor- termini funzionali, nelle specifiche metodiche
mativa o problematica, conservano l’aderenza del disegno industriale. Dalla fine degli anni
al proprio autonomo dominio. Periodicamente, Cinquanta il design diviene infatti un elemento
la copertina esibisce un’affinità tra sembianze indiscutibile della prassi industriale, comunque
stilistiche dell’arte e apparenze esteriori della venga risolto in ogni singola realtà produttiva.
scienza e della tecnologia. D’Arcais, invitando Quando questa ricerca non si verificasse effica-
gli artisti a interpretare con il segno le parole cemente, sarebbe per intenzionale trascuratez-
Avvento del Paperino,
di campi eteronomi, persegue una equivalenza. za, strumentalità economicistica, ovvero per ar-
Riccardo Manzi, in “Civiltà
delle Macchine”, 3/1953, Una condizione che rinnova il classico “parago- retratezza culturale. L’esigenza estetica è ormai
seconda di copertina ne” tra le arti, precedente quella scissione tra comunemente acquisita dalla programmazione
1.2023 37 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
Marte, Umberto
Mastroianni, 1971.
Prova stampa (sopra) con
indicazioni di colori e
inchiostri e matrice incisa
(sotto) commissionate
da “Civiltà delle Macchine”
allo stampatore Renzo
Romero, Roma, Istituto
centrale per la grafica,
per gentile concessione
del ministero della Cultura
1.2023 39 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
condizione attuale del problema, alla luce degli d’Arcais affidava la responsabilità della stampa
ultimi fenomeni dell’arte e della società. Era
un tentativo di reagire all’individualismo por-
delle copertine di “Civiltà delle Macchine”.
Dunque, nei decenni intercorsi, non solo
L’evoluzione delle
tato dalla pop americana, alla concentrazione
parodistica sul comportamento consumistico,
l’industria, ma l’arte e i reciproci rapporti era-
no completamente cambiati. A settant’anni di
copertine con d’Arcais.
per rilanciare una ricerca di sintesi, finalizzata
a recuperare il valore estetico come struttura
distanza, per quella rilevanza di significato e di
necessità che il procedere del tempo imprime
L’arte diventa
della comunicazione dell’arte e ristabilire una
sua necessità nella coscienza dell’uomo con-
alle vicende umane, ogni numero di “Civiltà del-
le Macchine” rivela la necessità di una rilettura
la fodera bella
temporaneo.
Anche la successiva Biennale, del 1966,
attuale, prossima all’urgenza. Densità e intensi-
tà, caratteri che imprimono intenzionalmente di
e un po’ formale
indagando le correnti dell’arte cinetica e pro- sé i primi anni, in ogni componente della rivista, di contenuti che
grammatica, portava a sua volta la ricerca in dalla selezione degli argomenti all’individuazio-
una direzione alternativa e critica della cultura ne di problemi, alla grafica di testi e figurazio- restano autonomi.
pop. Ne derivò un giudizio limitativo, di accetta- ne, l’orchestrazione cioè del bianco e nero, tra
zione remissiva dei modi del capitalismo, anche scrittura, immagini, riproduzioni fotografiche Il coinvolgimento
da parte dell’ultima generazione d’avanguardia
italiana, da Schifano ad Angeli e Festa e Ceroli
e inserti del colore, risultano oggi in sé di una
sorprendente pregnanza di contenuto linguisti- dei pittori
o Rotella, così come Mauri o Pistoletto o Paolini, co. Così, la loro evoluzione nei decenni, oltre ov-
che dell’iconismo americano erodevano dall’in- viamente alla rilevanza degli autori, sempre di
terno i possibili profili di disimpegno. Accadde una qualità da renderli imprescindibili. Poiché
a quel punto che un certo astrattismo dal nuo- ogni anniversario richiede di essere assunto nei
vo rigore si distinguesse sempre più dal sensi- modi di un ragionato auspicio rispetto all’oggi,
smo dell’informale, concentrando la ricerca sul raggiungere la diffusa accessibilità dell’intera
linguaggio, sul segno e sulle problematiche del- serie sembrerebbe una iniziativa rilevante, in
la riproducibilità dell’immagine, derivandovi un paese dalla grave carenza di divulgazione
un impegno nella funzione sociale e educativa digitale del proprio patrimonio storico docu-
dell’arte, opposta alla pop, alle estetiche ne- mentario. Evitando un eccesso di storicizzazio-
gative e concettualiste dell’autoreferenzialità ne o interpretazione semiotica, ma tornando
dell’arte. Argan appoggiava particolarmente a guardare la complessità dell’evoluzione del
queste tendenze, come una rinnovata versione paese con quella duttilità che ogni fascicolo di
di costruttivismo, sviluppando e promuovendo “Civiltà delle Macchine” consente, attraverso
soprattutto le implicazioni del multiplo e della ambiti e temi e modi di comunicazione tra i più
stampa da matrice. Era una linea che prenden- importanti, ma costantemente trascurati e di-
do origine dal costruttivismo degli anni Trenta, sertati dal gusto culturale del paese e dalle sue
perseguì una propria tenuta appartata ma te- preferenze retrospettive. Parrebbe utile, soprat-
nace, che prosegue tuttora, nello specifico am- tutto considerando l’odierna labilità della fidu-
bito della stampa. Proprio per strutturare que- cia nel progresso, tanto più irrazionale quanto
sta linea, a metà anni Settanta, Argan impegnò maggiore è la dipendenza dalle sue opportunità.
la sua influenza intellettuale affinché il neoisti- Sarebbe salutare anche nei confronti di arte e
tuito ministero per i Beni culturali e ambientali cultura, perché riproporrebbe quell’ordine di
costituisse una specifica struttura di elabora- necessità che gli intenti fondativi di “Civiltà del-
zione critica e tecnica: l’Istituto nazionale per le Macchine” auspicavano analogo a quello della
la grafica, nato dalla trasformazione dell’an- scienza e che invece risulta appannato dal con-
tica Calcografia papale. Le copertine di “Civil- finamento della fruizione artistica e culturale
tà delle Macchine” si accostarono piuttosto a negli ambiti opzionali dell’evasione. Basterebbe
questo orientamento, diventandone una sorta tornare a guardare il fascicolo del gennaio 1953,
di vetrina bimensile. Non solo con gli artisti precisamente quello di settanta anni fa, per tro-
più coinvolti in questo genere di ricerca, come vare due chiavi di assoluta validità: la lettera di
Perilli o Dorazio, ma anche fungendo da oc- Ungaretti, carica di interrogativi di assai crucia-
casione, per altri, come Capogrossi, Consagra, le e circostanziata umanità, cui risponde auspi-
Mastroianni, Arnaldo Pomodoro o Franchina, cando «forza morale!», per affrontare i proble-
di provarsi con un’applicazione calcografica del mi legati all’aspirazione umana di giustizia e
loro astrattismo. Estremamente significativo, libertà; il ragionamento di Argan che, evocando
oggi, che il luogo cui Francesco Flores d’Arcais Munford, concretizza l’urgenza che l’uomo con-
ha voluto lasciare le matrici delle copertine di servi il comando sulla tecnologia, riconoscen-
“Civiltà delle Macchine”, sia proprio la Calco- dovi un problema di spazio sociale e quindi di
grafia dell’odierno Istituto centrale per la gra- città. Che queste due questioni e i relativi valori
fica e che le sue collezioni si possano fregiare vengano rinnovati alla coscienza contempora-
dell’eccezionale patrimonio di prove di stampa nea dall’ambito pratico della civiltà che origina
e delle testimonianze della sapienza tecnica di dalla macchina, è il migliore auspicio che un an-
Renzo Romero, celebre e grande stampatore cui niversario possa produrre.
1.2023 41 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
LA SCIENZA
NEI DIZIONARI
Come, dal Seicento
L
a oggi, le parole delle a contrapposizione tra saperi
scientifici e saperi umanistici è un
conto del fatto che si trattava di uno strumento
di recentissima invenzione (Galilei lo chiamava
due culture si sono tratto secolare della cultura italia- «occhialino per vedere le cose minime»), la sua
na, segnata, soprattutto tra la fine registrazione nel vocabolario e il riferimento a
fronteggiate nella dell’Ottocento e la prima metà del testi di autori contemporanei sono significativi.
Novecento, dalla divaricazione tra i due tipi di Quella terza edizione fu resa innovativa e mo-
codificazione ufficiale conoscenze: quella storica, letteraria, filosofica e derna dalla presenza delle citazioni di scienzia-
padovano Antonio Vallisnieri, studioso di biolo- Si trattava di dizionari che raggruppavano le le nuove esigenze legate alle conoscenze scien-
gia e medicina, era consapevole della necessità parole per categorie, nati per raccogliere e illu- tifiche nell’Italia fi nalmente unita, nello stesso
di mettersi al passo con le nazioni europee nelle strare le voci delle arti, della tecnica, dei mestie- tempo si manifestavano segnali di disinteresse
quali nel frattempo erano state pubblicate rac- ri, dell’artigianato, della vita quotidiana, ispirati e di chiusura verso questi àmbiti. La quinta edi-
colte di termini della tecnica e della scienza, e tutt i dallo stesso desiderio di conoscenza della zione del “Vocabolario della Crusca”, il cui primo
nel suo dizionario cercò di sottrarre ai “maestri nomenclatura dei vari ambiti professionali. E volume apparve nel 1863, attenuava l’orienta-
di lingua”, gli accademici della Crusca fiorentini, negli stessi anni in cui si preparava l’Unità d’I- mento arcaizzante delle edizioni precedenti, ma
il controllo della terminologia scientifica, senza talia venivano pubblicati numerosi dizionari confermava l’ostracismo nei confronti della ter-
censure nei confronti delle parole esotiche pro- specialistici di agricoltura, del commercio, stori- minologia tecnico-scientifica. L’Accademia nei
venienti da altre lingue. co-amministrativi, della navigazione. Dizionari primi decenni del Novecento cominciò a essere
Nel corso del Settecento si era realizzato che lasciano trasparire tutt i, in misura più o accusata da vari settori del mondo della cultura
un progressivo allontanamento dall’autorevole meno forte, un interesse crescente nei confron- di «sonnolenza e incapacità», e personalità auto-
modello della Crusca, con una nuova attenzione ti della conoscenza della lingua della tecnica e revoli come il fi losofo Benedetto Croce si dichia-
nei confronti della terminologia tecnico-scien- della scienza. Perfi no il dizionario più impor- rarono contrarie al fiorentinismo arcaizzante
tifica. Nell’Ottocento, defi nito “il secolo dei vo- tante dell’Ottocento, il celebre “Dizionario della del vocabolario e a qualsiasi concezione di “lin-
cabolari” per la quantità di opere lessicografiche lingua italiana” pubblicato tra il 1861 e il 1879 da gua modello”. Le polemiche portarono alla no-
pubblicate, la situazione cambiò. Da una parte, Niccolò Tommaseo, si basò non più solo su testi mina di una commissione per la riforma dell’Ac-
nei primi decenni del secolo, c’erano i puristi, letterari, ma anche su trattati tecnico-scientifi- cademia: con decreto dell’11 marzo 1923, fi rmato
che continuavano a considerare insuperato e ci, con l’aiuto di molti specialisti delle singole di- dal ministro della Pubblica istruzione Giovanni
perfetto il modello della lingua fiorentina del scipline per le voci della tecnica e della scienza. Gentile, la pubblicazione del “Vocabolario” ven-
Trecento, ma nello stesso periodo cominciarono Se, dunque, almeno nel campo della lessi- ne sospesa, e quella della quinta edizione rimase
a diffondersi opere di impostazione completa- cografia, il predominio umanistico-letterario per sempre incompiuta; ferma, per ironia della
mente diversa, i cosiddett i “dizionari metodici”. sembrava lentamente saldarsi e ricomporsi con sorte, a una voce di àmbito scientifico, ozono.
1.2023 43 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
Il clima culturale, nel periodo del liberalismo hanno saputo allinearsi con i profondi cambia-
linguistico ispirato alle posizioni di Benedetto
Croce e del neoidealismo, non era certo favore-
menti che si stavano verificando nella cultura
intellettuale del paese: senza più pregiudizi la
Il formidabile caso
vole alla codificazione linguistica e neppure alla
cultura scientifica, e di questa separazione si
lingua della scienza entrava finalmente nella re-
dazione dei dizionari. In questo modo la lessico-
di Francesco Redi:
sconteranno a lungo le conseguenze.
Due anni dopo, nel 1925, fu fondato l’Istituto
grafia italiana, sulla quale aveva a lungo pesato
un’impostazione arcaizzante e letteraria, anche
per introdurre dei
Giovanni Treccani per l’Enciclopedia Italiana,
che avrebbe dato vita, dal 1929 al 1937, ai tren-
se come s’è visto non erano mancate opere di se-
gno diverso, si è progressivamente emancipata
termini scientifici nel
tacinque volumi della famosa “Enciclopedia dal peso della tradizione: lingua letteraria, lin- “Vocabolario della
Italiana di Scienze, Lettere ed Arti”. Già presenti gua tecnico-scientifica, lingua scritta e lingua
nel Manifesto che annunciava l’uscita dell’“En- parlata convivono finalmente in un equilibrio Crusca”, inventò delle
ciclopedia” nel 1929, la scienza e la tecnica erano mai raggiunto prima. Anzi, nel recentissimo
ben rappresentate nelle varie sezioni dell’opera. “Dizionario della lingua italiana Treccani”, il nu- citazioni letterarie
A dirigere l’opera fu chiamato il filosofo Giovan-
ni Gentile, che fin dall’inizio scelse il matema-
mero delle voci e delle citazioni letterarie è stato
molto ridotto, in particolare nei casi in cui ave- attribuite a inesistenti
tico Federigo Enriques per curare la presenza
delle scienze matematiche, fisiche e naturali nei
vano una funzione puramente decorativa, men-
tre è stato riservato maggiore spazio alle voci manoscritti di
futuri volumi, attraverso voci compilate, tra gli
altri, da collaboratori come Ugo Amaldi ed Enri-
di àmbito tecnico-scientifico (per esempio, alle
parole dell’informatica, della rete, della cultura inesistenti autori
co Fermi, che nel 1938 ricevette il premio Nobel digitale), per la definizione delle quali è stato ri-
per la Fisica. Cito questi episodi per ricordare spettato il primo diritto di chi legge, che è quello
che, nonostante l’attualismo di Gentile si pre- dell’immediata comprensione dei significati. Al-
sentasse come un sistema filosofico che svaluta- meno all’interno dei dizionari, dunque, il duali-
va la cultura scientifica, la nuova impresa diede smo tra sapere scientifico e umanistico sembra
imprevedibilmente largo spazio (fin dal titolo), essersi riequilibrato e ricomposto attraverso la
alle scienze. Anche grazie a questa impostazio- descrizione di una lingua italiana rappresentata
ne, le nuove opere enciclopediche e lessicografi- nella sua complessità, senza più chiusure e sbar-
che pubblicate nel solco di quella grande opera ramenti ideologici.
ANTONIO SPADARO
«U
topie, progetti arditi e castel- entra in casa per recarti novelle, per proporti
ÉRIC FOTTORINO
ANDARE
A TEMPO
Si tratta di obbedire
R
omain Gary diceva che la cosa società dello spettacolo” (1967), ne trasse una
a un impulso. peggiore che può capitare alle do- lezione spaventosa: «un giorno – scriveva il pen-
mande è la risposta. All’autore di satore iconoclasta – il reale non sarà altro che
Vogliamo la nostra “Les Racines du Ciel” fa eco Milan un momento del falso». Siamo arrivati al punto
pagine girate, manda per ogni cosa. Faccio affidamento fin dal
principio ai riferimenti letterari più belli, come
to ristretto, parziale, tronco. Come se la verità si
trovasse solo all’interno di una comunità mono-
riflessioni sulle idee, fossero lussuose stampelle del mio pensiero fal-
lace, poiché fatico a trovare un perché. Perché
colore, contrapposta alle presunte bugie di chi
non ci assomiglia. Questa nuova intolleranza,
dibattiti, indagini, nel 2023 credo ancora nella parola scritta come
nell’aria che respiro e nelle riviste cartacee che
accentuata e aggravata dai social network, ci
priva del nostro legame vitale con la realtà del
NADIA TERRANOVA
LA PAROLA-SASSO
«H
o pensato a te per mettere su darci un racconto inedito scritto intorno a una
una rivista letteraria». Quan- parola chiave. Non un tema, però: non credo
do Christian Rocca, neodi- nella letteratura a tema, i romanzi e i racconti
rettore de “Linkiesta”, testata sono brutti se parlano di qualcosa che non sia
di informazione online, mi la loro stessa anima. Piuttosto, la parola chia-
ha telefonato per farmi una proposta che non ve è una parola-sasso, viene scagliata nell’ac-
aveva nemmeno il punto di domanda, nessuna qua e forma dei cerchi concentrici e diseguali,
sfumatura di possibile diniego, eravamo in pie- imprevedibili. Quei cerchi sono le diramazioni
na clausura per lo scoppio della pandemia. Era degli scrittori nate da quel lancio nel vuoto, ov-
la primavera 2020, stavamo tappati in casa a la- vero i loro racconti. Non fornisco agli scrittori
mentarci del blocco della lettura, le librerie era- un’indicazione su come debba essere il raccon-
no chiuse, si discuteva di che tipo di bene fosse to, non ci sono rigidi paletti di lunghezze (solo
il libro, il cartaceo si affacciava dalle biblioteche indicazioni di massima), non c’è l’imperativo di
delle nostre case sempre più piccole chiedendo declinare la parola bensì di portarla nel punto
di essere rimesso a posto. E io ho risposto: certo, più lontano e segreto dove la propria poetica
facciamola, ma che sia di carta e che vada in li- può arrivare, e da lì scoprirne un significato
breria, e soprattutto nelle librerie indipendenti. nuovo, un campo semantico inesplorato. An-
È sempre bello rispondere a una follia con un’al- che per questa ragione non accettiamo auto-
tra follia, perché è a quel punto che ti accorgi candidature, scegliamo noi le voci sulla base di
che non è vero il motto disneyano, se puoi so- una fiducia nella prosa e nell’immaginario di
gnarlo puoi farlo, ma è vero quasi il contrario: quello scrittore; gli inviti sono fatti secondo il
puoi farlo solo se continui a sognarlo. gusto mio, del direttore e delle persone che via
Ci siamo dunque messi a pensare, e ogni via si sono affiancate a lavorare con noi, Giusi
tanto a scambiarci le idee che venivano fuori Migliaccio soprattutto, ma l’importante è che il
per messaggio oppure al telefono. Si stabiliva- mosaico della rivista sia poliedrico e polifoni-
no alcuni punti fermi e del tutto folli (per l’ap- co, non somigli a una congrega chiusa, possa
punto), su come dovesse essere la rivista: in- anche disorientare e spiazzare unendo voci di-
nanzitutto non doveva somigliare a un inserto verse per provenienza geografica, pubblico, età
culturale, dunque niente recensioni, niente e quant’altro. Non ci interessa distinguere tra
pezzi di cultura, niente che non fosse lettera- voci commerciali o di nicchia, esordienti o na-
tura. Poi: letteratura sotto forma di racconto. vigati, ci interessa che in quella scrittura ci sia
E così si aggiungeva un’altra spericolatezza, una voce nitida e forte. Secondo me una rivista
Alfabetiere murale, osare nella forma breve, quella che per anto- letteraria serve a questo: a far risuonare le voci,
Tomaso Binga, 1976,
nomasia gli editori dicono che non vende, la- a non farle perdere nel silenzio, o peggio anco-
foto di Verita Monselles.
mentandosi e rifiutandola (salvo poi ricredersi ra nel troppo chiasso.
L’opera è stata pubblicata
sulla copertina di “Civiltà quando Alice Munro vince il Nobel). Le scrit- Dicevo, le parole chiave. E dicevo anche, la
delle Macchine”, 1/2021 trici e gli scrittori chiamati avrebbero dovuto follia: ci fu pure nella scelta della prima, “sesso”,
1.2023 49 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
Rispondere con la
follia alla follia
se si spera di
trovare qualcosa
di interessante per
intercettare il tempo
che ci tocca vivere
perché scegliemmo di portare al centro della vitato qualcuno. La sorpresa, quando arrivano
pagina i corpi che il virus aveva reso i luoghi i racconti, è per me uno dei momenti più belli,
del pericolo e del contagio. Per me la letteratura e poi c’è il giorno in cui la rivista di carta arri-
deve svolgersi in un altrove e in quel momen- va a casa, e perfino a me che l’ho creata sembra
to non c’era nulla di più esotico della sensuali- un miracolo. Qualcosa, di numero in numero,
tà, del desiderio, della seduzione in un periodo è cambiato: all’inizio, oltre ai racconti, c’erano
in cui gli amanti erano separati, i pornoattori delle anticipazioni sulla narrativa straniera che
davano lezioni online per ravvivare la vita di piano piano hanno lasciato il posto a intervi-
coppia che il confino forzato tendeva ad am- ste larghe a scrittrici e scrittori che finalmente
mazzare e perfino gli abbracci erano dichiarati hanno il tempo e l’agio di mostrare a chi legge
illegali. Inoltre il sesso imbarazza, mette in diffi- il loro mondo senza i tempi stretti del quotidia-
coltà: io sono una scrittrice e so che oltrepassare no o quelli costruiti della televisione. La prima
il pudore è il requisito minimo per sperare di intervista è stata a cura di Simonetta Sciandiva-
scrivere qualcosa di buono, e so anche quanto sci, che poi ha lasciato il testimone ad Annalisa
conti avere una commissione. Avere una sca- De Simone. Entrambe erano state firme di un
denza è la salvezza di ogni dispersione, e sapere racconto. Dall’ultimo numero c’è un’altra follia,
di essere in un’antologia con altri può stimolare una sezione di poesia curata di volta in volta da
un senso di sana competizione. Oggi abbiamo una critica o un critico diverso. Dico follia per-
cinque numeri, cinque parole chiave, una ogni ché se gli editori si lamentano che i racconti non
sei mesi: sesso, memoria, città, felicità, pianeta. vendono, figuriamoci i versi, ma noi, anche qui,
Per ciascun numero abbiamo scrittori e scrittri- decidiamo di andare in una direzione opposta a
ci sempre diversi, sempre un po’ meno di venti, quella del buon senso. È lì che bisogna andare se
che spingono queste parole in posti impensati, si spera di trovare qualcosa di interessante che
e non ci è mai successo di pentirci di avere in- davvero intercetti il tempo che tocca vivere.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 50 1.2023
1.2023 51 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
DAN CROWE
Joyce fu pubblicato
sulla “Little Review” SPERIMENTARE
e Franzen dalla
A
“Paris Review”. Seattle, negli anni Novanta, com- terario che abbiamo mai avuto». Sulla rivista
REA S. HEDERMAN
L’esperienza
di mercato dello L’INDIPENDENZA
storico editore
S
di “The New York ettant’anni sono una vita per la missione editoriale della pubblicazione o che
MARCO BELPOLITI
NICCHIE E WEB
La futura direzione
L
dei magazine e riviste esistono da quando esi- caratteri della cultura contemporanea, effetto
ste quella che il filosofo Jürgen dei sistemi produttivi e tecnologici della pro-
culturali. Saranno Habermas ha chiamato “l’opinio- duzione: il frazionamento progressivo. Tutto è
sata, gli anni Sessanta, era una rivista speciali- interpretazione, la funzione svolta dai singoli
stica; aveva cambiato formato “Il Politecnico”,
che somigliava anche graficamente a un quo-
“prodotti culturali” nel mercato stesso.
Quale potrebbe essere il futuro delle riviste
Il modo di trattare
tidiano di grande formato, mentre “il Menabò”
era una rivista-libro, i cui lettori ideali erano i
nel web? Non è facile dirlo perché la velocità di
trasformazione è molto rapida. Intanto il web
gli argomenti è
letterati e coloro che si occupavano professio-
nalmente di cultura nelle case editrici o nei
ha definito in modo abbastanza irreversibile il
dominio dell’immagine sulla parola. Un social
cambiato. Libri,
giornali dell’epoca.
Il web ha incentivato oltre ogni misura que-
network come Instagram è stato un fattore de-
cisivo di questa trasformazione. La parola non
film, serie televisive,
sto passaggio: le riviste letterarie e di cultura in ha cessato di essere importante, tuttavia l’uso musica non sono
Internet sono lette per lo più dal pubblico che- dei social scritti e visivi non ha sviluppato una
le-fa, o che-vorrebbe-farle: sono un modo per nuova civiltà della parola, come molti si atten- più contenuti ma
entrare nel campo letterario o culturale, una devano. La parola è oggi il modo più sintetico
via d’accesso alla pubblicazione. Il costo della della comunicazione: didascalia dell’immagine, prodotti
loro realizzazione è oggi alla portata di molti. più che trasmissione di un pensiero complesso.
Per quanto vi sia stato un salto di qualità gra- La tendenza del pensiero umano ha imboccato
fica e progettuale tra una piccola rivista online, due direzioni parallele e per ora non conver-
organo di un gruppo intellettuale, e una rivista genti: la comunicazione di pensieri complessi
che invece è prodotta professionalmente, le e la semplificazione della comunicazione al li-
risorse economiche necessarie per produrla, e vello di messaggi elementari. Solo nell’ambito
metterla online, sono inferiori a quella prodotta della prima tendenza esiste la possibilità di
su carta. sviluppare un’attività editoriale di nuove rivi-
La seconda caratteristica delle riviste pre- ste; nell’ambito dei social network la comuni-
senti nel web dedicate ai temi culturali è la quasi cazione è istantanea, rapida e di breve durata.
totale assenza di un progetto “politico” in sen- Le riviste della complessità sedimentano il
so lato. L’aspetto ideologico è caduto con la fine pensiero e inducono a una “pensosità” che il fi-
degli anni Ottanta. Non scomparso, ma margi- losofo Hans Blumenberg riteneva propria della
nalizzato, oppure diventato, almeno nella sua riflessione.
formulazione, assai generico. La dominante cul- Resta la questione di come definire l’attività
turale delle riviste è quella del “mercato”, ovvero futura delle riviste: organi di gruppi intellettuali
la prevalenza dell’aspetto del consumo. Libri, di nicchia o attività rivolta all’insieme di tanti
film, serie televisive, musica ecc. sono presenta- potenziali lettori? E poi come s’accordano le rivi-
ti come prodotti e non come “contenuti”. L’iper- ste con le istituzioni del sapere contemporaneo
specialismo spinge una trattazione che non si che sono le università? Quale sarà il loro ruolo in
riferisce a una visione generale della società, in futuro? Il web è divento l’università quotidiana
cui quella specifica forma culturale s’inserisce, di miliardi di persone? Con quale lingua si co-
ma privilegia prima di tutto il valore di intrat- munica oggi? Inglese, spagnolo o cinese? Sono
tenimento dei prodotti culturali, la loro com- tutti interrogativi cui non so rispondere. Mi ba-
merciabilità, oppure l’aspetto cool legato a uno sterebbe solo sapere che queste sono alcune del-
specifico gusto (l’elemento snobistico dell’inizio le domande giuste da porsi per capire il futuro. Nelle pagine a seguire:
dell’epoca delle riviste si è fuso con quello kitsch Sarebbe già molto. Combustione, Alberto Burri,
attuale). Domina l’aspetto del “mercato cultura- 1955, carta, acrilico, vinavil,
le”, non quello del “dibattito di idee” (per dirlo con combustione su carta.
Un dettaglio dell’opera venne
una formula del passato).
pubblicato sulla copertina
Questo elemento è stato portato alle estre- di “Civiltà delle Macchine”,
me conseguenze in un mercato in cui le offerte 6/1956 (a sinistra).
sono talmente profilate attraverso i dati raccolti In occasione della visita
MARIAROSARIA TADDEO
Le tecnologie digitali
sono un’interfaccia LA FIDUCIA
NELL’ALGORITMO
attraverso cui
interagiamo,
cambiamo, percepiamo
e comprendiamo
«S
gli altri e l’ambiente enza fiducia un individuo non potrebbe neppure alzarsi
dal letto la mattina», scriveva Niklas Luhman. 1 In effet-
che ci circonda. ti, una mancanza di fiducia porterebbe ciascuno a dover
svolgere o supervisionare tutti i compiti che normal-
Allo stesso tempo, mente delega durante la routine quotidiana. Per fare un
ulteriore passo in avanti rispetto all’affermazione di Luhman, vorrei ag-
queste tecnologie giungere che una totale assenza di fiducia non solo impedirebbe a ogni
individuo di alzarsi al mattino, ma ostacolerebbe e bloccherebbe qualsiasi
condividono con sistema sociale. Essa svolge infatti un ruolo di facilitatore delle interazio-
ni tra i membri di un sistema, siano questi agenti umani, artificiali o una
l’ambiente e con gli combinazione di entrambi (sistema ibrido). Altrove ho sostenuto che le
agenti umani la stessa manifestazioni della fiducia sono correlate tra loro, e influenzano le re-
lazioni preesistenti, come l’acquisto, la negoziazione, la comunicazione e
natura informativa la delega. 2 Ma la fiducia non deve essere considerata una relazione in sé,
quanto una proprietà delle relazioni, qualcosa che cambia il modo in cui
queste avvengono.
Consideriamo un caso relativo alle comunicazioni. Esiste una relazio-
ne di primo ordine, la comunicazione appunto, che riguarda i due agenti, e
la proprietà di secondo ordine della fiducia che si estende alla relazione di
primo ordine e influenza le modalità con cui questa si verifica. In tal senso,
in quanto proprietà delle relazioni, la fiducia riduce al minimo lo sforzo e
l’impegno per il raggiungimento di un determinato obiettivo dell’agente
che decide di fidarsi (il trustor). Lo fa in due modi: in primo luogo, il trustor
può evitare di compiere personalmente l’azione necessaria per raggiun-
Composition in Oval with gere il suo obiettivo perché può contare sul trustee per farlo; in secondo
Color Planes 1, luogo, il trustor può decidere di non supervisionare l’operato del trustee.
Piet Mondrian, 1914, olio
Ciò indica la presenza di fiducia. 3
su tela, Museum of Modern
Art (MoMA), New York,
È proprio questa sua capacità di facilitazione a rendere la fiducia cru-
in “Civiltà delle Macchine”, ciale per il funzionamento dei sistemi di agenti, siano essi agenti artificiali
1/1957, p. 48 e/o agenti umani. Senza fiducia, delegare sarebbe molto più problematico
1.2023 59 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 60 1.2023
1.2023 61 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
dimentica”) vengono minati i diritt i fondamen- cui la fiducia verso l’intelligenza artificiale va a
tali, l’autonomia individuale e il controllo com- rotoli perché l’assenza di una supervisione non
plessivo dell’impatto di queste tecnologie sui ha permesso di individuare tempestivamente
processi democratici. errori e problemi, che poi vengono perpetrati
Si consideri il caso dell’algoritmo di machi- su larga scala, spesso impattando su gran parte
ne learning utilizzato negli Stati Uniti per gesti- della società.
re l’accesso ai servizi sanitari (IA per la sanità). Questo non significa che dobbiamo smet-
Study for the Grey Tree, Uno studio5 riporta che questi algoritmi, che si tere di fidarci delle tecnologie digitali, vuol
Piet Mondrian, 1911,
occupano delle cure mediche di circa 200 milio- dire invece che dobbiamo identificare il modo
pastello nero su carta,
ni di persone, discriminano sistematicamente corretto per farlo, quello che ci permetterebbe
Kunstmuseum Den Haag,
L’Aia, in “Civiltà delle le persone di colore, a cui viene pregiudicato di sfruttare al meglio il valore di queste tecno-
Macchine”, 1/1957, p. 46 il diritto alla salute. Si tratta di un esempio in logie, proteggendo e promuovendo lo sviluppo
1.2023 63 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
GIUSEPPE LUPO
Conversazione tra
due amministratori SETTANT’ANNI
DI STATO
delegati della società
in cui è nata questa
pubblicazione,
Alessandro Profumo
e Fabiano Fabiani, E MERCATO
divisi da cinque
decenni. Il tempo
N
ei tempi d’oro del capitalismo pubblica, innervare di principi efficientisti ex
storico dell’uno italiano, le grandi imprese, pub- mercato il sistema, ridurre il debito pubblico. Fu
bliche e private, condividevano una stagione controversa. Quello che si ottenne
e dell’altro, i – pur nelle differenze – una vo- con le vendite e le quotazioni in borsa ridusse
cazione generalista, un disegno solo temporaneamente il debito trascinato in
cambiamenti del complessivo di sviluppo del paese, di persegui- alto dai costi pubblici derivanti dalle riforme de-
mento dell’interesse nazionale e di ruolo della gli anni Settanta, previdenza in primis. Alcune
presente. Il ruolo classe dirigente espressa dalle aziende. È quel- delle imprese cedute dallo Stato non rafforzaro-
1966 al 1969, e ha proseguito la sua carriera nel due importanti decisioni: quella del presiden-
politica e la società nel grande campo dell’eco- alla Ford. Si disse che era una scelta di sistema energetica, autosufficienza alimentare e delle
nomia reale. Oggi si può essere uomini d’area, per favorire Torino, e si attribuì a quel fatto la materie prime. Come sarà, come vi immaginate
ma non c’è più l’immanenza della politica a fare mancata introduzione di meccanismi concor- che sarà, dopo Covid e Ucraina il ruolo del pote-
da collante. Tenendo conto di questa differenza renziali nel comparto automobilistico interno. re pubblico nell’economia?
avete mai aderito a delle scelte di sistema fat- «Sì – risponde Fabiani – si disse questo, ma non Dice Profumo: «In generale credo che biso-
te altrove? Oppure avete mai detto di sì a una era così. Romano Prodi, presidente dell’IRI, con- gnerebbe tornare a rafforzare il ruolo pubblico
richiesta dell’azionista a voi non gradita? Pro- siderava positiva per il paese una seconda pre- in alcuni settori strategici. È inevitabile. Poi bi-
fumo: «Quando mi chiesero di salvare Piaggio senza industriale nel settore auto, ma – ovvia- sognerà decidere su quale scala territoriale an-
Aerospace, dissi sì, con una dotazione iniziale di mente – rimettendosi ai risultati della gara. Lo drà fatto, e credo che l’Europa sia il nostro oriz-
500 milioni di euro, posso valutare l’ipotesi. Ma ha sempre ribadito nel corso degli anni succes- zonte naturale. Nel nostro settore partirei da un
nessuno dette seguito al ragionamento e la cosa sivi. E l’offerta della Ford era economicamente principio: bisogna presidiare delle competenze
decadde». Replica Fabiani: «C’era un’azienda no- meno conveniente di quella della Fiat. La riunio- in cui essere leader come azienda ma anche
stra a Napoli che si chiamava Ansaldo Traspor- ne con First Boston, nostro advisor finanziario, come paese, salvaguardando alcune tecnologie
ti, avevamo già trovato un accordo sul nuovo per valutare le offerte durò venti minuti, era strategiche. A partire da ciò, bisogna avere la
amministratore delegato. Paolo Cirino Pomici- tutto molto evidente. Noi non facevamo scelte capacità di stringere alleanze di lungo periodo
no, all’epoca ministro del Bilancio, mi chiese di politiche, ma di mercato». Interviene Profumo: con partner complementari, avendo un ruolo
cambiare il nome su cui puntare, mi propose un «Una scelta diversa avrebbe dovuto prenderla da pari. In questo modo si mantengono produ-
altro amministratore. Io dissi di no, e lui mi dis- semmai il governo». «Certamente», conviene Fa- zioni di qualità sul territorio, si salvaguarda e
se che ero un testone, e non insistette. Racconto biani. Sul rapporto tra scelte politiche e scelte di tutela l’intero ecosistema industriale, a partire
questo episodio, perché io credo fermamente mercato e sul ruolo della politica nelle decisioni dalle università fino alle piccole e medie impre-
che i sì e i no dipendano sempre dagli uomini». strategiche torneremo più avanti. Arriviamoci se della filiera e si mantiene la competitività
Profumo annuisce. Fabiani aggiunge: «Il potere da un altro lato, e cioè: due eventi straordinari sui mercati internazionali. In questa logica un
non basta a spiegare le cose o a determinarle, e imprevisti hanno impresso una drammatica modello con una holding non quotata, che con-
c’è anche il carattere delle persone». Nel 1986 fu svolta alle nostre vite quotidiane, il Covid e la trolla società specifiche quotate, avrebbe più li-
molto contestata la cessione da parte di Finmec- guerra in Europa. Il dibattito pubblico è stato in- bertà per favorire un processo di aggregazione
canica dell’Alfa Romeo alla Fiat che fu preferita vestito di una serie di questioni: indipendenza dell’industria della difesa europea, mantenendo
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 68 1.2023
al contempo la sostenibilità di lungo periodo come salvare l’Ilva». Ci furono errori irrecupera-
del sistema Italia. In questo modo l’industria bili negli anni delle cessioni pubbliche? «Nella
europea della difesa potrebbe intraprendere telefonia – risponde Fabiani – la privatizzazio-
un percorso progressivo di integrazione, senza ne fu ridicola». «Concordo – dice Profumo – in
doppioni e valorizzando il tessuto industria- quel momento facevo il banchiere e la banca che
le sottostante: una grande società di elicotteri, guidavo aveva il 6% nella privatizzazione di Te-
una di aerei, una di radar ecc.». Osserva Fabiani: lecom. Che alcune cose non abbiano funzionato
«Ricordiamo che la difesa comune è un obiettivo è chiaro. Ma dobbiamo fare attenzione in questa
che per l’Europa viene ancora prima della comu- fase a non commettere l’errore opposto a quello
nità del carbone e dell’acciaio e che negli anni di trent’anni fa. Il mercato resta uno strumento
Cinquanta fallì solo per i tentennamenti della e dobbiamo usarlo nel miglior modo possibile».
Francia di Pierre Mendès France». Profumo an- Dicevate prima che non sempre l’interesse a
nuisce. Fabiani prosegue: «Però per tornare al breve delle imprese si coniuga con una visione
ruolo odierno degli Stati rispetto alle decisioni strategica dell’interesse collettivo, che dovreb-
economiche, quando occupavo posizioni di ver- be essere una prerogativa della politica. C’è uno
tice nel mondo IRI, le ragioni del mercato sem- strumento appannaggio dello Stato che viene
bravano superiori a quelle dello Stato. Era il ven- evocato spesso ma usato quasi mai, il golden
to di quel momento storico, la fine della guerra power. Che ne pensate? Profumo: «Il golden
fredda, la sconfitta del comunismo. Il mondo an- power è uno strumento che funziona ex post,
dava in quella direzione. Poi dopo qualche anno, un correttivo. Secondo me non dovrebbe mai
un giorno ti accorgi che hai perduto l’acciaio e la essere invocato, perché i problemi andrebbero
rete telefonica fissa. E intorno a te c’è un mondo risolti prima con una buona politica industria-
diverso in cui gli Stati sono di nuovo in conflit- le». Fabiani interviene: «Beniamino Andreatta
to tra loro. Oggi il governo sta ragionando su sosteneva che politica industriale è una espres-
come assicurarsi il controllo della rete fissa e su sione sbagliata. La politica industriale è deter-
1.2023 69 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
minata dalle imprese e non può quindi essere pei nelle decisioni strategiche sull’industria?
politica». «Mi dispiace di non aver mai conosciu-
to Andreatta, il giudizio sulla sua intelligenza è
Fabiani osserva: «L’Europa degli ultimi tempi
mi piace. Ha fatto dei passi avanti sui vaccini e
Com’è cambiato il
largamente condiviso. Capisco l’osservazione,
però si può immaginare un sistema dove ci sia
sul recovery plan. Vedremo sul gas. Ovviamen-
te si può migliorare, ma sembra la giusta dire-
rapporto tra lo Stato
un orientamento generale, un disegno strate-
gico e poi l’azione libera degli operatori econo-
zione». Profumo: «Sul recovery sono d’accordo.
Sui vaccini meno. E sulla guerra e sul gas se-
azionista (e a volte
mici». «Sono d’accordo. Guardando avanti la
questione è evitare le ideologie, la contrapposi-
condo me non ci siamo. In generale mi sembra
che non ci sia ancora una vera coesione. Sulle
committente) e i
zione tra statalismo e mercatismo. Lo sviluppo decisioni strategiche non c’è coordinamento. manager nelle grandi
industriale può avvalersi di un ruolo del pubbli- Per esempio, non vedo grandi discussioni con-
co più o meno pronunciato. Fasi diverse dettano tinentali sulla tecnologia, su quello che servi- imprese partecipate.
esigenze diverse. E sono curioso di sapere che rebbe per conseguire degli obiettivi comuni.
cosa ne penserebbe Andreatta oggi». Non è solo un problema di egoismi nazionali, è Quanto contano
L’evocazione di Andreatta ci porta a una ul- proprio una forma di distrazione. Dovremmo
teriore questione. La grande impresa pubblica avere un dibattito molto più serrato sul futuro le scelte di sistema
e la formazione della classe dirigente. I due in-
terlocutori sono guardinghi. Poi Profumo dice:
della tecnologia e delle imprese tecnologiche
europee, tanto più che alcune delle nostre eco- e il carattere degli
«L’IRI ha formato classe dirigente riconosciuta
in tutto il paese, da lì in poi la scuola manageria-
nomie sono ancora economie avanzate». Qual-
cuno osserva che le decisioni sulla transazione uomini
le italiana non ha saputo più esprimere la stessa energetica e sul passaggio dal motore termico
leadership, a parte qualche eccezione». Fabiani: a quello elettrico, con tutte le conseguenze
«Credo che l’IRI fosse avvantaggiata in questo sull’industria dell’automotive, non sono scatu-
rispetto agli altri grandi gruppi italiani. Era una rite da un dibattito ufficiale europeo. Osserva
vera holding, più ricca di aziende, fatta di affa- Fabiani: «Ma in fondo questo è accaduto altre
ri diversi, strategie diverse, più articolate, dalla volte. Da noi non ricordo grandi discussioni
Rai all’Alitalia, alle banche. Era un mondo plura- quando si nazionalizzò la produzione di energia
le. Comunque oggi quella selezione di classe di- elettrica. Fu un passaggio da una maggioranza
rigente non c’è più, perché il degrado è generale. a un’altra. Fu una richiesta di Riccardo Lom-
La storia è così». bardi, minoranza del PSI, a cui Aldo Moro non
A proposito di ruolo delle imprese, e di con- si oppose. Si era discusso maggiormente della
tributo alla formazione delle classi dirigenti, legge di Fiorentino Sullo sui suoli, o anni prima
Fabiani è entrato nella galassia IRI a metà de- sulla riforma agraria, questo sì. Ho un amico
gli anni Cinquanta. Erano anni in cui le impre- sacerdote che vive in campagna che ha scritto
se sviluppavano una carnalità identitaria (del due libri su questa storia della riforma agraria,
resto è il tema di questo numero della rivista). ma solo perché era contrario. Raccontava che
Giuseppe Luraghi, potente e fantasioso capo di Fanfani era molto seccato quando scoprì che in
Finmeccanica prima e di Alfa Romeo poi, dette Maremma l’acqua corrente per le case contadi-
mandato in quegli anni a Leonardo Sinisgalli ne funzionava davvero».
di fondare un paio di riviste che si scavarono La storia del sacerdote riformista fa slittare
uno spazio nell’immaginario culturale di allo- la conversazione nei ricordi e negli aneddoti.
ra, una era “Civiltà delle Macchine”. Che ricor- Giudizi condivisi sulla situazione generale e su-
do ha di quella storia? «In quegli anni “Civiltà gli uomini: sulle promesse mancate della società
delle Macchine” dava l’idea della presenza del italiana, sulle leadership politiche, su imprendi-
mondo dell’industria nella dimensione cultu- tori poco imprenditoriali, su dirigenti d’impresa
rale del paese. E di quale fosse il ruolo di Fin- del passato. Spunta Cuccia a un certo punto, è
meccanica e dell’IRI nella costruzione di una quasi inevitabile. Cammina solitario verso via
soggettività industriale. L’eco dell’autorevolezza dei Filodrammatici, sa molte cose, anticipa di
di Luraghi si percepiva ancora molti anni dopo qualche mese le notizie, i fatti che accadranno,
la sua uscita dall’IRI. Nel 1988, quasi dieci anni non è lo Stato, ma lo lambisce, lo interpreta.
dopo la chiusura della rivista, grazie all’editore Spunta Senigaglia, il fondatore della siderur-
Vanni Scheiwiller, pubblicammo una antologia gia italiana, il più taylorista e politico dei nostri
della rivista». Perché Profumo la ripropose dopo capitani d’industria, credeva nell’alta efficien-
quasi quarant’anni? «Perché la cultura d’impre- za dei sistemi di produzione innovativi e nella
sa è un valore da tutelare e mantenere vivo nel valorizzazione del mercato del lavoro e delle
tempo. Per l’impresa è un bene irrinunciabile, retribuzioni dei dipendenti. Si evocano incontri
secondo me. E poi “Civiltà delle Macchine” era simbolici con politici, amministratori, intellet-
una formula e un nome bellissimi, che riassu- tuali, religiosi, quasi tutte storie di un mondo
mevano questo valore». che non c’è più. Dopo tre ore di conversazione,
Prima di chiudere, è rimasta una questione i due interlocutori si salutano, è nata una cor-
in sospeso sull’Europa. Dovremmo immaginar- dialità, e continuano a darsi del lei. (MF – Civiltà
ci una maggiore cooperazione tra i paesi euro- delle Macchine)
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 70 TRADUZIONI
1.2023 71 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
A fronte: Nel nero mi annego, Achille Perilli, 2008, tecnica mista su tela. L’opera è stata pubblicata sulla copertina di “Civiltà delle Macchine”, 3/2021
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 72 TRADUZIONI
1.2023 73 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 74 TRADUZIONI
1.2023 75 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 76 TRADUZIONI
1.2023 77 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 78 TRADUZIONI
1.2023 79 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
Elaborazione fotografica di Enzo Ragazzini. L’opera è stata pubblicata sulla copertina di “Civiltà delle Macchine”, 5-6/1973
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 80 TRADUZIONI
Parade Amoureuse, Francis Picabia, 1917, olio su tela, collezione privata, in “Civiltà delle Macchine”, 4/1955, p. 76
1.2023 81 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
Tubo giallo, Franco Garelli, 1966, lamiera verniciata saldata, in “Civiltà delle Macchine”, 5/1968, p. 29
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 82 TRADUZIONI
“Janua” San Giorgio, Riccardo Manzi, in “Civiltà delle Macchine”, 2/1953, terza di copertina
1.2023 83 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 84 TRADUZIONI
1.2023 85 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 86 TRADUZIONI
Jur, Gastone Novelli, 1961, olio su tela, in “Civiltà delle Macchine”, 1/1969, p. 38
1.2023 87 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 88 TRADUZIONI
1.2023 89 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 90 TRADUZIONI
Elaborazione fotografica di Enzo Ragazzini. L’opera è stata pubblicata sulla copertina di “Civiltà delle Macchine”, 3/1965
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 92 TRADUZIONI
1.2023 93 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 94 TRADUZIONI
Impossible Sculptures No.1, Hande Şekerciler e Arda Yalkın (ha:ar), 2018, Computer Generated Image (CGI), Computer Controlled Light Box, in “Civiltà delle Macchine”, 4/2021, pp. 78-79
1.2023 95 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 96 TRADUZIONI
1.2023 97 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
Nelle pagine a seguire: Elaborazione fotografica di Enzo Ragazzini. Un dettaglio dell’opera è apparso in “Civiltà delle Macchine”, 6/1965, p. 33
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 98 TRADUZIONI
1.2023 99 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 100 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
AUTORI
È presidente della Fondazione Specializzato in relazioni internazionali, Gesuita, è direttore della rivista Redattore di numerosi magazine,
Leonardo – Civiltà delle Macchine. coordina l’area cultura industriale “La Civiltà Cattolica” dal 2011. è il fondatore del trimestrale “Zembla”,
È stato magistrato, professore ordinario della Fondazione Leonardo – Civiltà delle Consultore del Pontificio Consiglio cofondatore e coeditore dell’innovativa
di Diritto e procedura penale, Macchine. della Cultura, ha insegnato alla Pontificia rivista “Port” e di “INQUE Magazine”.
parlamentare dal 1979 al 2008. Università Gregoriana dal 2001 al 2011. Ha curato i volumi “How I write: The
Presidente della Commissione Antimafia Ha fatto parte del Vatican Media Secret Lives of Authors” (Rizzoli, 2007),
GIUSEPPE LUPO
(1992-94) e presidente della Camera Committee e ha partecipato come “Writing on Edge: Great Contemporary
dei deputati (1996-2001), è autore Nato in Lucania, vive in Lombardia dove membro di nomina pontificia ai Sinodi Writers on the Front Line of Crisis”
di diversi libri, l’ultimo, “Notizie della insegna presso l’Università Cattolica dei Vescovi dal 2014 in poi e, dal 2016, (Rizzoli, 2010) e “Dead Interviews: Living
signora Marthensen?”, uscito nel 2022 di Milano. Ha scritto numerosi romanzi, del seguito papale nei viaggi apostolici Writers Meet Dead Icons” (Granta, 2013),
per Marsilio. ha vinto nel 2018 il Premio Viareggio di papa Francesco. È membro della uscito in Italia con il titolo “Interviste con
Rèpaci con “Gli anni del nostro incanto” Pontificia Accademia dei Virtuosi il morto. Scrittori famosi incontrano grandi
STEFANO BARTEZZAGHI (Marsilio). Autore di diversi saggi sulla al Pantheon e fa parte del Board of icone del passato” (66thand2nd, 2015).
cultura del Novecento e la modernità Directors della Georgetown University
Insegna Semiotica della creatività industriale, collabora alle pagine culturali di Washington. REA S. HEDERMAN
all’Università IULM di Milano. Dal 2000 de “Il Sole 24 Ore”. Il suo ultimo libro
pubblica articoli (su cultura, lingua, è “Tabacco Clan” (Marsilio, 2022). Figura di primo piano del giornalismo
ÉRIC FOTTORINO
enigmistica), cruciverba e altri giochi con americano, tra gli anni Settanta e Ottanta
“la Repubblica” e con “Il Venerdì Giornalista e scrittore, ha trascorso ha radicalmente trasformato il quotidiano
LUIGI FICACCI
di Repubblica”. Dirige per Bompiani venticinque anni a “Le Monde” che ha di proprietà della sua famiglia, il “Clarion-
le collane di semiotica (Campo aperto) Storico dell’arte, è allievo di Giulio Carlo diretto tra il 2007 e il 2011. Cofondatore Ledger”, rompendo con le sue politiche
e umorismo (Amletica leggera). Argan. Collabora con la Scuola del settimanale “Le 1” e delle riviste segregazioniste e razziste. Sotto la sua
I suoi libri più recenti sono “Mettere di Specializzazione in Storia dell’arte trimestrali “America”, “Zadig” e “Légende”, guida, il “Clarion” ha ricevuto il George
al mondo il mondo. Tutto quanto della Sapienza Università di Roma, è autore di numerosi romanzi, tra cui Polk Award, l’Heywood Broun Award
facciamo per essere detti creativi e chi insegnando Storia del disegno e della “Korsakov” (Gallimard, 2004; Prix des e il Robert F. Kennedy Award e, poco
ce lo fa fare” (Bompiani, 2021) grafica. È stato soprintendente per Libraires), “Baisers de cinéma” (Gallimard, dopo il suo allontanamento dal giornale,
e “Senza distinzione. Di sesso, di razza, i Beni artistici e storici di Bologna, 2007; Prix Femina), “L’Homme qui anche il Premio Pulitzer. Dal 1984 è
di lingua” (People, 2022). e ispettore presso la Soprintendenza m’aimait tout bas” (Gallimard, 2009; proprietario e editore della “The New
di Modena e Reggio Emilia, quindi Grand Prix des Lectrices de Elle), York Review of Books”, una delle più
ROBERTO PETRINI direttore dell’Istituto nazionale per e di un racconto, “Mon Tour du Monde” importanti riviste culturali degli Stati Uniti
la grafica (1984-2004). Nel 2005 (Gallimard, 2012). e del mondo, e tra il 1995 e il 2005
Giornalista e storico, commenta gli è stato incaricato di fondare la nuova è stato proprietario della autorevole rivista
avvenimenti economici per “Avvenire”. Soprintendenza unica di Lucca letteraria britannica “Granta”.
NADIA TERRANOVA
In precedenza è stato inviato e Massa Carrara, che ha diretto dal
per “la Repubblica”. Tra i suoi libri 2015 fino al 2018, quando ha assunto Nata a Messina nel 1978, vive a MARCO BELPOLITI
“Il declino dell’Italia” (Laterza, 2003), la direzione dell’Istituto Centrale del Roma. Ha pubblicato i romanzi “Gli
“Processo agli economisti” (Chiarelettere, Restauro, a Roma. anni al contrario” (Einaudi, 2015; Premio Saggista e scrittore, collabora con
2009) e “Controstoria della moneta” Bagutta Opera Prima e The Bridge Book “la Repubblica”; insegna Critica letteraria
(Imprimatur, 2014). Ha tenuto lezioni Award), “Addio fantasmi” (Einaudi, 2018; e Letterature e arti visive presso
VALERIA DELLA VALLE
di storia economica all’Università finalista Premio Strega 2019), “Trema la l’Università di Bergamo; con Elio Grazioli
LUISS Guido Carli e all’Università Ha insegnato Linguistica italiana alla notte” (Einaudi, 2022; Premio Vittorini), dirige la collana Riga presso Marcos y
Europea di Roma. Sapienza Università di Roma. la raccolta di racconti “Come una storia Marcos; è condirettore della rivista e casa
È accademica corrispondente della d’amore” (Giulio Perrone Editore, editrice nel web www.doppiozero.com.
PIETRANGELO BUTTAFUOCO Crusca e accademica dell’Arcadia. 2020) e diversi libri per ragazzi tra Tra i suoi libri: “Il corpo del capo” (2009),
Ha diretto con Giovanni Adamo i dizionari cui “Aladino” (Orecchio Acerbo, 2020), “La canottiera di Bossi” (2012) e “Da quella
Scrittore, tra i suoi libri “Le uova del drago” Treccani “Neologismi” (2008 e 2018), “Il Segreto” (Mondadori, 2021; Premio prigione. Moro, Warhol e le Brigate Rosse”
(Mondadori, 2005), “Il lupo e la luna” con Vincenzo Trione l’Enciclopedia Andersen 2022; Premio Strega ragazze (2022), per Guanda. Ha curato con Nunzia
(Bompiani, 2011), “Sono cose che passano” Treccani “Arte contemporanea” (2021), e ragazzi 2022), “Il cortile delle sette fate” Palmieri nella collana Meridiani Mondadori
(La Nave di Teseo, 2021). con Giuseppe Patota “Il Nuovo Treccani” (Guanda, 2022; finalista Premio Campiello “Romanzi. Cronache e racconti” di Gianni
(2018) e il “Dizionario dell’italiano Junior). È tradotta in tutto il mondo. Celati. Le sue opere sono tradotte
Treccani” (2022). Nel 2022 ha pubblicato in spagnolo, francese, inglese, polacco,
per Einaudi “La strada sognata”, la sua giapponese.
prima opera narrativa.
4.2020
2.2022
1.2023 101 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
MARIAROSARIA TADDEO
FABIANO FABIANI
ALESSANDRO PROFUMO
ELISA ALBANESI
RIVISTA TRIMESTRALE Iscrizione al Registro degli Operatori Numero chiuso in redazione SEDE LEGALE
1 2023 di Comunicazione con numero 32893 il 16 gennaio 2023 Via del Plebiscito 102
FEBBRAIO 2023 ISSN 2612-4416 00186 ROMA (RM)
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