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21\09\2021
Si caratterizza per la sua struttura organica, suggerita dalla pluralità degli ambiti di ricerca e delle
esperienze maturate.
Il Percorso riconosce la CENTRALITA’ delle ATTIVITA’ DI FORMAZIONE E GESTIONE DEGLI ARCHIVI
CORRENTI.
- le qualità
La definizione di documento archivistico secondo la sua natura è una scelta non condivisa da tutti gli
archivisti. È considerato un OGGETTO D’USO. Secondo Schellenberg i documenti archivistici sono definiti in
ragione degli scopi di ricerca DALLE PERSONE DIVERSE DA CHI LI HA PRODOTTI e che ne guidano la
conservazione ( ovvero la SELEZIONE). LA SELEZIONE È UN’ESIGENZA PRIORITARIA DELL’INTERVENTO
ARCHIVISTICO IN NORDAMERICA, SERVE PER DEFINIRE IL DOCUMENTO.
La definizione di documento archivistico in questo capitolo verrà affrontato solo con l’ANALISI DELLA SUA
NATURA ORIGINARIA, cioè delle caratteristiche che lo identificano al momento della sua origine o
produzione.
I due concetti sono INTERDIPENDENTI: l’archivio è costituito di documenti archivistici, i quali sono
aggregati costituendo l’archivio. Quindi non è possibile considerare il documento archivistico come
un’entità singola e ancora meno autonoma.
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Partendo dal presupposto di archivio come complesso documentario, porta a prendere in esame le diverse
definizioni:
- ORGANICITA’
- STRUTTURA
- SEDIMENTAZIONE NATURALE
LA NATURA DELL’ARCHIVIO:
INSIEME DEI DOCUMENTI E DELLE RELAZIONI CHE SI STABILISCONO RECIPROCAMENTE, IN
RAPPORTO AL SOGGETTO CHE LI HA PRODOTTI E DELLE SUE FUNZIONI E ATTIVITA’. QUIBNDI IL
DOCUMENTO ARCHIVISTICO E’ LA COMPONENTE ELEMENTARE DELL’ ARCHIVIO.
1. Con gli strumenti teorici della diplomatica classica , ovvero la disciplina che studia la genesi e la
forma dei documenti che in epoca medievale avevano valore costitutivo o probatorio rispetto agli
atti rappresentati. Questi studi hanno definito il documento archivistico al singolare, in quanto
riconducibile ai CONTESTI ESTERNI di PRODUZIONE, GESTIONE E CONSERVAZIONE. È la definizione
che dà Jenkinson a sintetizzare quanto espresso, secondo cui : un documento può appartenere ad
una classe di archivio se è scritto o usato nel corso di un’attività amministrativa, sia essa pubblica
o privata, di cui faceva parte. In una seconda fase tenuto in custodia per propria informazione o
per le persone responsabili di tale attività. Conclude asserendo che gli ARCHIVI NON SONO SCRITTI
NELL’INTERESSE O PER INFORMAZIONE DEI POSTERI.
Questo ci porta a riflettere sulle PROPRIETA’ DEL DOCUMENTO ARCHIVISTICO ( proprietà che
derivando dalle circostanze della sua produzione, lo rendono diverso dagli altri documenti):
1. IMPARZIALITA’: perché i documenti archivistici sono prodotti come strumenti per condurre
un’attività di cui sono anche il residuo, essi sono liberi dal sospetto del pregiudizio in relazione agli
interessi per cui noi li usiamo. Questo vuol dire che il contesto della loro produzione consente di
rivelare i fatti e gli atti di cui essi sono parte.
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2. AUTENTICITA’ : dei documenti archivistici è correlata alla loro custodia continua da parte del
produttore o di un legittimo successore.
QUESTE DUE IMPLICANO CHE I DOCUMENTI ARCHIVISTICI SONO FONTI DI CONOSCENZA DEL
PASSATO.
3. NATURALEZZA: il documento è uno strumento utile per raggiungere uno scopo, un mezzo
piuttosto del prodotto. Il risultato dell’attività del produttore che esercita la sua funzione, che
completa i suoi compiti, che comunica con il mondo che lo circonda. La conseguenza è il vincolo
archivistico, LA RELAZIONE CIOE’ CHE OGNI DOCUMENTO HA CON ALTRI DOCUMENTI
ARCHIVISTICI CHE PARTECIPANO ALLA STESSA ATTIVITA’ E SI ACCUMULANO NEL CORSO DELLE
FUNZIONI DEL PRODUTTORE.
ATTENZIONE:
Mentre è possibile AVERE UNO O PIU’ DOCUMENTI IDENTICI, LE RELAZIONI DI CIASCUN DOCUMENTO
ARCHIVISTICO SONO DIVERSE E QUINDI CIASCUN DOCUMENTO ARCHIVISTICO E’ UNICO NEL SUO
CONTESTO.
I contesti sono:
- sistema giuridico-amministrativo
- il soggetto-produttore
IL DOCUMENTO ARCHIVISTICO NON PUO’ ESSERE CONCEPITO COME UN ELEMENTO ISOLATO. HA SEMPRE
UN CARATTERE DI UTILITA’ che ha validità se comparato agli altri documenti.
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LE COMPONENTI DEL DOCUMENTO ARCHIVISTICO
- supporto
Queste 3 inducono a considerare il documento archivistico come un documento
- forma ossia un’informazione scritta memorizzata su un supporto di qualunque natura:
legno, pergamena, carta, nastro magnetico o hard drive. In modo oggettivo, cioè
-atto indipendente da chi legge o visualizza e organizzata secondo una struttura. La
- persone struttura facilita la comunicazione, seguendo le regole di rappresentazione tipiche
del contesto in cui il doc viene prodotto e usato.
- vincolo archivistico
In particolare:
- La forma è una componente necessaria per la sua esistenza e per la determinazione della sua affidabilità e
autenticità nel suo stato di perfezione e trasmissione .
1. mettere in atto un’azione specifica che può avvenire tramite la sua redazione ( ad es. domanda di
registrazione, un ricorso, un verdetto, un contratto di vendita, una richiesta di informazioni) o per fornire la
prova di un’azione che è stata completata oralmente ma richiede evidenza scritta ( ad es. la registrazione di
un matrimonio, la ricevuta di un pagamento, l’attestazione di un giuramento) o per essere di ausilio allo
svolgimento di un’azione ( appunti di una lezione, mappa geografica) o per informazione.
Il contesto digitale
Nell’ambiente digitale i doc archivistici NON sono immediatamente DISTINGUIBILI da altri tipi di oggetti
digitali in quanto:
- si trovano in un archivio
- fisicamente appartengono ad aggregazioni di vario tipo che contengono una gran varietà di oggetti digitali.
È importante quindi identificare i documenti archivistici digitali concettualmente: i doc archivistici sono
informazioni redatte o ricevute nell’avviare, condurre o completare un’attività istituzionale o individuale,
che includono CONTENUTO, CONTESTO E STRUTTURA sufficienti a fornire prova di tale attività.
E’ indispensabile specificare il loro ruolo, le loro qualità e funzioni, cominciando dal supporto ( che nei doc
analogici contribuisce al suo significato). Il supporto fa parte del contesto tecnologico . il doc deve essere
memorizzato su un nastro magnetico, disco ottico o altro SENZA CAMBIARE L’IDENTITA’ DEL DOC.
- in termine di flusso tramite bit ( bitstream) ha un ruolo analogo al supporto dei doc tradizionali.
I bitstream sono necessari per riprodurre un doc digitale e che richiedono misure specifiche di
conservazione, definiti componenti digitali.
Il concetto di componente digitale è stato elaborato dal PROGETTO INTERPARES, come CONSEGUENZA del
fatto che NON E’ POSSIBILE UN DOC DIGITALE COME QUELLO ANALOGICO.
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Un doc digitale è un oggetto che viene mostrato su un monitor quando richiesto da un intervento di una
persona fisica o di un sistema, ma non può essere immagazzinato nella forma in cui viene visualizzato a
meno che non LO SI TRASFORMI IN FORMA ANALOGICA, ma in quel caso non sarebbe più un documento
digitale. Il doc digitale viene immagazzinato come uno o più flussi di bit che devono essere elaborati dal
pc per essere visibili. La CONSERVAZIONE DI UN DOC DIGITALE consiste nella PRESERVAZIONE DELLA
CAPACITA’ DI RIPRODURLO. Un sistema che conserva i documenti digitali deve essere in grado di
identificare e localizzare tutte le componenti digitali di ciascun documento e applicare il software
appropriato a ciascuna componente per riprodurre il doc archivistico.
- può contenere un doc intero o parte di un doc ( può essere anche un’email che contiene un messaggio in
forma di testo che contenga:
3. la foto
4. la firma
Un rapporto con 4 allegati testuali può essere composto di una sola componente digitale come un file pdf
( o pdf relativo agli allegati.
La relazione tra un doc digitale e un file può essere : 1 A 1\ 1 A MOLTI\ MOLTI A 1\ MOLTI A MOLTI.
QUINDI NON SI DEVE UTILIZZARE COME SINONIMO DI DOC ARCHIVISTICO IL TERMINE FILE. Anche se il doc
ha una sua forma fissa, non è DETTO CHE I BITSTREAM RIMANGONO INTATTI NEL TEMPO.
Gli attributi dei doc archivistici digitali funzionano come delle proprietà che, considerate nel suo insieme,
identificano un certo doc o elemento. Esempio di attributo possono essere:
-la data,
Nei doc digitali gli attributi devono essere visibili. Normalmente non sono visibili a chi visualizza il
documento perché vengono considerati dei METADATI, dati informativi cioè non inclusi.
DOCUMENTO ANALOGICO: è connesso al suo supporto, ha una forma fissa e contenuto stabile.
Hanno però sofferto la perdita o la corruzione di elementi di forma o contenuto a causa di fattori
ambientali, del passare del tempo o del modo in cui sono stati trattati: queste alterazioni vanno
considerate caso per caso.
Documento digitale, è sì un documento ma non è memorizzato in modo permanente su un
supporto. Il requisito di forma fissa non significa invariata, questo vuol dire che sono
ammessi certi tipi di variazioni offerte dalla tecnologia. Il contenuto può essere visualizzato
dall’utente solo in piccola parte, quella richiesta dalla sua ricerca.
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Bisogna distinguere la forma con cui il doc digitale si manifesta a un utente e quella con cui
è digitalmente immagazzinato.
SENZA QUESTA DISTINZIONE non potremmo affermare che un doc mantiene la sua identità anche quando
viene trasferito da un disco magnetico a uno ottico o quando viene tradotto da word a html ( per
pubblicarlo su un sito web).
Anche quando un testo viene codificato in caratteri, il doc non muta la sua forma estrinseca ai fini della
visualizzazione.
E’ utile distinguere i 3 tipi differenti di dati con cui il doc si è digitalmente codificato:
I dati di forma e composizione determinano la struttura di un doc digitale, ma non sono equivalenti alla
struttura.
I 3 dati possono essere trasmessi da una singola componente digitali e separati in componenti diverse.
- il doc immagazzinato: è quello salvato nel sistema. Include: i dati di contenuto, forma e composizione; ma
anche le regole necessarie per processare tali dati (le regole che abilitano il contenuto o forma del
documento).
- il doc manifesto: è il doc predisposto alla visualizzazione. E’ da definirsi la manifestazione del primo in una
forma comprensibile ad una persona o ad un altro sistema. Inoltre una o più documenti possono essere
usati anche nel riprodurre altri documenti.
Il sistema digitale è l’attività che presenta maggiori difficoltà, essendo basata sulle capacità di determinare
l’esistenza di un supporto a cui l’oggetto è affisso, la persistenza della sua forma e la stabilità del suo
contenuto.
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L’archivio è il complesso di documenti prodotti e acquisiti da un soggetto nell’esercizio delle sue attività. La
definizione è generica e scarna. L’archivio per sua natura, costituito da più oggetti ( documenti) legati tra
loro da relazioni complesse ( espresse dal vincolo archivistico che lega le singole parti al tutto) e
fondamentali per la piena comprensione di questo bene vulnerabile e multiforme. Nasce per un’esigenza
pratica: amministrativo-gestionale e giuridica; il ricorso a tecniche di formalizzazione e di organizzazione
sono implicite nella sua natura.
Il contesto di produzione e le scelte operate nell’organizzazione dell’archivio durante la fase della sua
formazione incidono profondamente sulle qualità, sulla sopravvivenza e sull’affidabilità delle fonti
archivistiche.
Il passaggio al digitale :
garantisce una più ampia e veloce diffusione attraverso sistemi distribuiti dei contenuti informativi.
Espone i documenti a rischio di corruttele da parte di terzi.
Permette di reperire velocemente le informazioni.
Velocizza la produzione di un documento.
Ne compromette la sopravvivenza qualora non si definisca il tempo di tenuta e le relative strategie
di conservazione.
Bisogna considerare l’esistenza di SISTEMI DOCUMENTARI IBRIDI, costituiti da documenti cartacei e digitali,
di norma gestiti con strumenti informatici.
Oggetto di questo capitolo è l’ANALISI DELLE ATTIVITA’ che avvengono nella prima fase.
Questa fase è data dalla VOLONTA’ DEL SOGGETTO,SIA ESSO PUBBLICO O PRIVATO, do GENERARE UN
insieme strutturato di documenti, prodotti o acquisiti nell’esercizio della propria attività.
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IL VERO VALORE INFORMATIVO di un ARCHIVIO risiede:
- negli oggetti
- ma soprattutto nelle relazioni che legano gli oggetti tra di loro. La dimensione relazionale deve essere
esplicitata e salvaguardata con la massima cura, perché ad essa è correlata la capacità di percepire la
valenza del documento stesso e del suo significato sia al presente che al futuro.
- In passato gli archivisti, per ragioni culturali e difficoltà di interagire efficacemente con le amministrazioni
durante la fase di produzione, hanno privilegiato LA CURA DEGLI ARCHIVI STORICI , dedicandosi quindi
interamente alla conservazione e alla valorizzazione delle fonti del passato. Per effetto di questa tendenza,
produzione e gestione dei doc negli archivi correnti è rimasta appannaggio anche delle amministrazioni
pubbliche e private ( figure prive di specifica formazione professionale).
Ancora oggi, l’intervento dello Stato, previsto dalla normativa di tutela e riconosciuto dalle disposizioni sulla
gestione informatica dei documenti, difficilmente riesce a garantire sul nascere L’ADOZIONE DI CORRETTE
PROCEDURE ARCHIVISTICHE , e spesso limitato alla SOLA PARTECIPAZIONE AL PROCESSO DECISIONALE con
cui SI DISPONE LA DESTINAZIONE FINALE DEL DOC.
°Approfondimento°
Fin dal 1894 la commissione incaricata dello studio degli archivi correnti dei ministeri italiani fu la
cosiddetta Commissione De Paoli che sottolineò l’importanza della classificazione nella tenuta dell’archivio
corrente, valutando la possibilità di adottare un TITOLARIO DI CLASSIFICAZIONE UNICO- MA QUESTO
TENTATIVO VENNE ABBANDONATO.
Ebbe maggior fortuna l’iniziativa del Ministero dell’Interno che nel 1897 elaborò un TITOLARIO UNICO PER I
COMUNI ITALIANI.
Ma:
Il ruolo delle commissioni di indirizzo è svolto dal 1693. Le soprintendenze archivistiche sono organi
periferici del ministero per i Beni e le Attività culturali con sede in tutti i capoluoghi regionali, eccetto per il
Piemonte e la Valle D’Aosta con sede a Torino. °
Una delle principali emergenze archivistiche nel nostro Paese è RECUPERARE IL VALORE CHE LA
CORRETTA GESTIONE DELL’ARCHIVIO in formazione assume.
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L’organizzazione di un archivio corrente è una questione di natura politica e di cultura amministrativa.
E’ necessario creare nelle amministrazioni una corretta percezione del ruolo dei professionisti che si
occupano dell’archivio corrente e di deposito è un obiettivo strategico per la conservazione di un lungo
termine delle memorie documentarie nel presente. La figura professionale specifica deve essere
dotata:
- alla guida del servizio per la gestione informatica del protocollo, dei flussi documentali e degli archivi
nelle amministrazioni pubbliche.
In Italia con il DPR 428\1998 poi integrato con il testo unico approvato con DPR 445\2000 – si
introduce il concetto di SISTEMA DI GESTIONE DEI FLUSSI DOCUMENTALI per indicare l’insieme delle
regole e strumenti che disciplinano la formazione e la tenuta dell’archivio nella fase corrente e di
deposito.
-i piani di classificazione
1. Rappresenta uno strumento con il quale la politica archivistica dell’ente si traduce in attività
pratiche di organizzazione e gestione, assicurando l’omogeneità dei comportamenti della struttura
amministrativa.
2. Costituisce la testimonianza per ricostruire le condizioni in cui si è costituito l’archivio corrente e la
volontà del soggetto produttore.
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Si procede all’identificazione e acquisizione. L’oggetto viene definito grazie agli elementi capaci di
descriverlo, gli si attribuisce un identificativo univoco e progressivo in una data sequenza ( che lo
distinguerà in tutte le fasi della vita del sistema stesso).
Lo scopo della registrazione è quello di provare che il doc è stato prodotto o acquisito nel sistema
documentale.
L’articolo 53 del DPR 445\2000 rende obbligatoria la registrazione dei documenti ricevuti e spediti
dall’amministrazione, compresi i doc informatici escludendo le gazzette ufficiali, i bollettini ufficiali e i
notiziari della pubblica amministrazione, le note di circolazione delle circolari e altre disposizioni.
1. Numero di protocollo
2. Data di registrazione
3. Mittente del documento ( se in entrata) o destinatario ( se in uscita)
4. Oggetto ( ovvero la descrizione del documento)
5. Impronta( se il doc è informatico o trasmesso via telematica).
Al contempo si associa al documento una SEGNATURA DI PROTOCOLLO : ovvero una stringa contenente le
informazioni riguardanti il documento e che consente di identificarlo in modo inequivocabile, ovvero:
1. Numero di protocollo
2. Data di registrazione
3. Identificazione sintetica dell’amministrazione
+ codice identificativo dell’ufficio assegnatario o che ha prodotto il documento
+ indice di classificazione.
Il nesso tra DOCUMENTO E ATTIVITA’ è sancito dalla Classificazione. E’ un’attività strategica essenziale per
la gestione dei documenti; è usata per collegare il doc e il fascicolo all’attività amministrativa o all’affare a
cui si riferiscono. Il suo ruolo è quello di rendere esplicito il SUO VALORE D’USO ALL’INTERNO DEL SISTEMA
AMMINISTRATIVO CHE LO ACCOGLIE O PRODUCE e lo USA, e di accumulare i documenti in serie omogenee.
L’obiettivo è quello di costruire un sistema documentale che rifletta fedelmente il modo in cui sono
aggregati i documenti, diventando quindi la rappresentazione della realtà amministrativa che lo ha
generato.
Si appone l’indice di classificazione che si collega ad una delle voci di cui si compone il piano di
classificazione o titolario adottato dall’organizzazione. Attraverso la definizione del PIANO DI
CLASSIFICAZIONE si definiscono regole univoche e condivise da tutta l’organizzazione per gestire i
documenti di qualunque tipo (analogici e digitali).
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1. Garantire la gestione unitaria dell’archivio
2. Assicurare il controllo sulla sopravvivenza della documentazione
3. Garantire la costruzione dell’archivio inteso come PATRIMONIO DI CONOSCENZA DELL’INTERA
AMMINISTRAZIONE.
°Approfondimento°
La classificazione si presenta come uno schema generale di voci logiche articolate gerarchicamente e
stabilite uniformemente in modo da identificare le funzioni e le attività di ciascuna amministrazione. Le
finalità della classificazione sono:
1. Definizione criteri di formazione e di organizzazione dei fascicoli, dei dossier e delle serie di
documenti.
2. Reperire i documenti
3. Selezione dei doc ai fini della conservazione o distruzione
L’attività di classificazione è strettamente connessa alla successiva riconduzione del documento all’Unità
Archivistica che raccoglie tutti i doc relativi ad una singola istanza (fascicolazione). La fascicolazione è
un’attività logica che si traduce nell’inserimento fisico del documento in un raccoglitore ( detta carpetta o
camicia). In ambito digitale si realizza nel collegamento del documento all’unità archivistica corrispondente.
I fascicoli sono le unità archivistiche complesse e possono essere redatti per affare o intestati al nome del
soggetto ( individuo o ente) possono essere accorpati per :
La documentazione sarà sistemata per sequenza cronologica e aggregata in base alla materia di
riferimento. L’indice di classificazione riportata nei fascicoli o collegati ad essi ( fascicoli informatici), ne
permetterà l’accorpamento fisico o logico in serie archivistiche contenenti documentazione relativa alla
medesima attività o competenza.
Nel piano di fascicolazione sono riportati il contenuto di massima e le modalità di incremento. Si configura
come uno strumento che rappresenta il modo in cui le attività articolate e descritte nel piano di
classificazione si traducono nell’archivio reale. INDICE DI CLASSIFICAZIONE e POSIZIONE DEL FASCICOLO
compongono LA SEGNATURA ARCHIVISTICA con la quale ogni singola unità archivistica è individuata
all’interno del fondo archivistico di appartenenza. Il piano di conservazione definisce i tempi di tenuta di
ciascun fascicolo. Integrare lo strumento per la classificazione con quello della conservazione permette di
definire per ciascun documento, fin dalla sua fase iniziale quale sarà il suo percorso.
In ITALIA:
L’archivio di deposito è un luogo designato per la RICEZIONE e la GESTIONE dei documenti archivistici che
non sono sufficientemente attivi per essere tenuti negli uffici amministrativi, ma non attivi per essere
trasferiti all’archivio storico o per essere distrutti.
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Il carattere dell’archivio di deposito è temporaneo e instabile.
Lo status dei documenti è provvisorio, destinato a durare fino alla valutazione sulla loro destinazione finale
in termini di distruzione o di conservazione permanente.
L’archivio di deposito si configura come una fase di gestione dell’archivio per non ostacolare la gestione
efficiente dei documenti. Non cambiano la NATURA GIURIDICA E IL VALORE DELLA DOCUMENTAZIONE.
STORIA:
Nei primi decenni dello Stato Unitario, il rapporto tra archivio corrente e archivio di deposito era governato
da un sistema di trasferimenti periodici. L’archivio del Regno d’Italia (previsto dall’ordinamento generale
degli Archivi di Stato del 1875) che si stava costituendo lentamente a Roma come archivio storico( unico) in
cui confluivano gli ATTI NON PIU’ OCCORRENTI ALL’ORDINARIO SERVIZIO DEI DICASTERI. Affluiva anche la
documentazione recente.
Nel 1900 si stabilirono le regole preposte alla registrazione e la tenuta dei documenti e degli archivi delle
amministrazioni centrali, che riprendevano quelle del regno di Sardegna.
Nel corso del XX secolo si è assistito ad un’evoluzione paradossale della PERCEZIONE DEL RUOLO
DELL’INFORMAZIONE E DEI DOCUMENTI. Da un censimento recente emergeva che gli archivi fossero
sottoutilizzati dagli amministratori pubblici nel processo decisionale, soprattutto a livello ministeriale. Nella
maggioranza dei paesi gli archivi di deposito erano considerati le bassins de décantation dove, in attesa di
identificare i documenti di valore effimero o di interesse duraturo, la documentazione si era accumulata
senza controllo.
I DOCUMENTI IN DEPOSITO:
- hanno valore amministrativo, giuridico e informativo per i produttori e i cittadini. I limiti sono: di
trasparenza amministrativa e di disciplina dei beni culturali.
-il diritto di accesso è riconosciuto ai cittadini come strumento di tutela del proprio interesse e si esercita su
tutti i documenti in possesso delle amministrazioni senza alcuna distinzione.
> Le richieste di consultazione possono essere fatti da soggetti interessati e il dovere di consentire l’accesso
ai documenti dura per tutto il tempo in cui sussiste l’obbligo di conservarli. Il rifiuto, il differimento o la
limitazione dell’accesso sono impugnabili di fronte alla magistratura.
LA NORMATIVA : stabilisce un principio di accesso basato sulla natura di beni culturali dei documenti
pubblici e sull’obbligo che ne deriva di garantire la fruizione. Gli archivi di deposito di un’amministrazione
NON SONO APERTI AL PUBBLICO , la documentazione custodita può essere solo consultata ( dal personale
o da soggetti ai fini della ricerca).
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Dall’ordine in cui si trova la documentazione e delle procedure interne
L’ATTUALE NORMATIVA DI TUTELA dei BENI CULTURALI sottolinea l’importanza della conservazione in
tutte le fasi della gestione documentaria.
Il principio che regola l’attribuzione di responsabilità per gli Archivi di Stato e degli enti pubblici deriva
dalla condizione giuridica che è stabilita dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.
SERVIZIO INFORMATICO:
Da poco più di un decennio, vige l’obbligo per tutte le amministrazioni pubbliche di istituire un Servizio per
la gestione informatica dei documenti, dei flussi documentali e degli archivi: i compiti vengono assegnati al
responsabile di tale servizio. Le responsabilità devono essere individuate e rese pubbliche nel manuale di
gestione.
Dal 1963 il legislatore aveva dato vita a un modello di gestione documentaria rappresentato da un sistema
integrato di responsabilità del soggetto produttore della documentazione. Il sistema prevedeva la creazione
di organismi con il compito di vigilare sulla corretta gestione degli archivi correnti e di deposito delle
amministrazioni pubbliche: era il compito delle commissioni di sorveglianza, strutture collegiali composte
da rappresentanti dell’amministrazione e da un funzionario archivista dello Stato.
IL TRASFERIMENTO deve essere attivato rispettando l’organizzazione dei FASCICOLI DELLE SERIE
dell’archivio corrente perché:
N. B. Si possono determinare situazioni di reale rischio per la conservazione degli archivi per cui, si rende
necessario anticipare i tempi di versamento.
L’OUTSOURCING : è l’affidamento dei servizi in esterno. Esso risponde alla logica economica del make or
buy , si basa cioè sulla valutazione della convenienza di provvedere direttamente a un servizio , oppure
affidarne l’esecuzione ad un soggetto esterno. E’ una scelta organizzativa, finalizzata a migliorare l’efficienza
del servizio.
Il modello gestionale:
- la cui attività è considerata un’attività strumentale e viene spesso affidata ad un soggetto esterno, spesso
uno specialista che ha il proprio core business, che il soggetto committente trascura o non intende svolgere.
Ovviamente i soggetti esterni sono tenuti a rispettare l’obbligo di trasparenza previsti dai contratti di
esternalizzazione del servizio.
MODELLO AMERICANO:
Si basa sull’idea che il ciclo di vita dei documenti è diviso in 3 età, a seconda di 2 ambiti:
- oggetto di intervento
- disciplina
- professionalità
> La rete dei Federal Records Centers fa capo ai Nara, si è sviluppato a partire dagli anni 50 ed è
costituita da 17 sedi e offre servizi a circa 400 agenzie federali.
Circa il 95% dei doc custoditi sono considerati dei temporary records quindi vengono distrutti una volta
scaduto il tempo di conservazione. Il rimanente 5 % invece è destinato alla conservazione permanente
e restano sotto la custodia federale.
Modello Francese
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Prevede la creazione di un sistema di conservazione denominato préarchivage. I documenti non in uso
venivano trasferiti in un deposito di cui era responsabile un funzionario dell’amministrazione
archivistica operante stabilmente come missionarie.
La prima missione istituita nel 1952 presso il Ministero dell’Interno e da qui si è sviluppata una rete
definita Service des Missions. Nel 1969 fu fondata a Fontainebleu la Cité interministérielle des archives
destinata ad essere il centro prearchiviazione unico di vari ministeri. Il sistema che si è rivelato poco
efficace, specie per lo scarso livello di integrazione fra le missions, costituite spesso da un unico
archivista.
- la Cité interministérielle des archives ha trasfomato la sua missione diventando il centro destinato alla
conservazione permanente e alla conservazione degli archivi contemporanei e nel 1986 ha assunto la
denominazione di Centre des archives contemporaines.
- rafforzamento rete delle missioni che offrono consulenza specializzata e assistenza tecnica nello
sviluppo dei sistemi documentari.
1. Decentramento amministrativo
2. Privatizzazione delle attività pubbliche.
> E’ fondato sul diverso profilo giuridico dei soggetti produttori.
L’agenzia delle entrate ha progettato una soluzione specifica per la gestione del proprio sistema di
archiviazione e ha realizzato in un unico immobile situato a Roma: un’infrastruttura archivistica,
organizzativa, tecnologica e logistica per la conservazione.
Capitolo 4: LA SELEZIONE
La selezione è intesa come l’attività che stabilisce la durata dei documenti al fine di deciderne la
DESTINAZIONE FINALE ( CONSERVAZIONE A LUNGO TERMINE O ELIMINAZIONE) in base all’individuazione
e valutazione di criteri di funzionalità archivistica.
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Gli interventi di selezione sono periodici e programmati; le procedure di gestione devono essere oggetto
di un’azione di progettazione mirata.
1. Regolamenti
2. Standard
3. Prassi
4. Principi archivistici
5. Requisiti
Le diverse proposte degli archivisti non sono state sufficienti per rispondere all’interrogativo: si tiene conto
sì della capacità soggettiva di valutazione dell’archivista e dall’altra quella di conservare quello che ha
significato sul piano culturale( eliminando la minuzia e quisquilia). Si fa cenno alle proposte di selezione per
la conservazione: conservare la documentazione più antica per intero. A fronte della sovrabbondanza e
della carenza organizzativa, si propone il criterio di pre-selezione al momento della formazione
dell’archivio. Il piano di classificazione e di fascicolazione dovrà essere correlato allo strumento che guida la
selezione ( massimario di scarto).
Non esistono parametri obiettivi per definire e valutare la rilevanza storica dei documenti. Si ipotizza lo
sviluppo di una teoria, detta teoria della selezione che si adegui ai bisogni del soggetto produttore e la
tutela del diritto alla ricerca.
Da non trascurare è il valore archivistico delle fonti inteso come fondamento della valutazione e selezione
delle fonti documentarie.
- Il massimario di scarto indica l’elenco ufficiale dei documenti da sottoporre a distruzione inclusivo dei
relativi termini di tenuta presso l’archivio corrente e\o di deposito. E’ approvato da parte del soggetto
produttore cui il massimario di scarto si riferisce ed è autorizzato dall’amministrazione archivistica.
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La natura del massimario:
I limiti dello strumento riguardano il fatto che gli enti e gli archivisti che hanno collaborato alla loro
redazione, attenzionando le singole tipologie di documenti. Il punto cruciale ruota attorno
all’individuazione delle aggregazioni da scartare, ovvero delle serie e delle tipologie di fascicoli.
Le prime disposizioni consolidate sulla selezione risalgono alla legislatura post-napoleonica degli Stati pre-
unitari. Il regolamento archivistico del 1875 stabiliva:
- lo scarto era considerato un intervento eccezionale e doveva avvenire solo con il versamento delle carte
negli Archivi di Stato.
La norma peccava di astrattezza. La normativa di riferimento (limitata alle amministrazioni centrali dello
Stato) fu approvata con il regio decreto 25 gennaio 1900, n 35 e stabiliva le disposizioni in vigore:
Il successivo regolamento del 1902 estese il principio delle commissioni esterne agli uffici periferici
dell’amministrazione statale, confermando il principio della composizione mista con la partecipazione di
impiegati di ufficio. Le disposizioni furono riformulate, però la decisione veniva presa dal ministero
dell’Interno e la Giunta del Consiglio degli archivi (organo consultivo che elaborava pareri tecnici sulle
questioni di maggiore rilevanza).
La normativa venne riformulata con il DPR 30 SETTEMBRE 1963 n. 1409. Evidenziava la responsabilità e
procedure relative alla selezione dei documenti in base alla natura dei soggetti autonomi:
1- Vennero costituite le commissioni di sorveglianza all’interno degli Uffici dello Stato (che
esercitavano le funzioni delle commissioni di scarto.
2- Gli enti pubblici erano tenuti a stabilire con provvedimento i documenti dei propri archivi
3- I detentori degli archivi dichiarati di interesse storico la procedura di scarto doveva essere
autorizzata dal sovrintendente archivistico.
ELIMINAZIONE DEI DOCUMENTI conservati negli Archivi di Stato si stabiliva una procedura particolare che
prevedeva il parere della Giunta del Consiglio Superiore degli archivi ( Oggi Comitato tecnico-scientifico per
gli archivi).
LA NOVITA’ DELLA NORMATIVA DEL 63 è : LA SELEZIONE è considerata parte integrante della complessiva
attività di tutela sul patrimonio archivistico nazionale, sia pubblico che privato.
- si confermano le Commissioni di sorveglianza previste per le amministrazioni centrali dello Stato ( esclusi il
ministero degli Esteri ) il ruolo di vigilanza sulla tenuta degli archivi correnti e di deposito.
- si ampliano le competenze ispettive sullo stato di conservazione degli archivi di enti pubblici e privati
riconosciuti dalle Soprintendenze archivistiche ( che autorizzano la proposta di scarto dei documenti).
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- alla Direzione generale degli archivi compete l’approvazione dei piani di conservazione e scarto degli
archivi degli uffici dell’amministrazione statale.
La legislazione in materia di e-governement operativa a partire dal 98 verranno ampliati nel DPR 445\2000
che ha approvato il TESTO UNICO in materia di gestione dell’archivio, il piano di conservazione che
sostituisce e integra il massimario di scarto.
Il nuovo piano deve essere integrato con il piano di classificazione al fine di assicurare un costante
collegamento tra la formazione dell’archivio corrente e le esigenze nel tempo dei documenti. Il
regolamento applicativo del DPR 445\2000 stabilisce:
- l’ OBBLIGO di redigere per ogni struttura amministrativa pubblica dotata di autonomia un manuale delle
procedure documentarie (ovvero il manuale di gestione) che dovrà includere anche i criteri e le modalità di
conservazione e selezione dei documenti.
Il codice di amministrazione digitale approvato dal D. Lgs 82\2005 si occupa della distruzione dei documenti
sottoposti alla conservazione sostitutiva.
Il DPR 37\2001 stabilisce le modalità di composizione e nomina delle commissioni , le procedure per la loro
costituzione e il funzionamento relativo, le regole per il rilascio del nulla osta allo scarto per specifiche
categorie di documenti da individuare periodicamente (ogni 3 anni) con decreto dell’amministrazione
competente.
L’obbligo di scarto dei documenti della pubblica amministrazione su base annuale prevista dalla legge
135\2012.
Il sistema archivistico nazionale si caratterizza per il policentrismo conservativo che nell’Ottocento e nel
Novecento rappresentava un modello in grado di:
- coniugare la centralità dello Stato attraverso gli Archivi di Stato e le Sovrintendenze Archivistiche con
l’autonomia di altri soggetti istituzionali pubblici e privati
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- la valutazione della qualità delle fonti
Versare i propri archivi storici agli Archivi di Stato competenti per territorio e presenti in ogni
capoluogo di Provincia
Gli uffici periferici invece all’Archivio centrale dello Stato
Per gli archivi storici di enti pubblici territoriali e non territoriali , la normativa prevede l’obbligo della
conservazione dell’archivio storico presso lo stesso produttore.
L’OBBLIGO DI CONSERVAZIONE per lo STATO e gli ENTI LOCALI discende dalla natura di bene
demaniale.
Gli archivi PRIVATI se dichiarati di interesse storico da parte delle Sovrintendenze archivistiche ovvero
degli organi del Ministero dei Beni e Attività culturali vanno custoditi nelle sedi prescelte, con l’obbligo
di conservazione e fruizione.
IL MODELLO ISTITUZIONALE ATTUALE- gli Archivi di Stato si configurano come luoghi di concentrazione
di archivi storici di diversa provenienza ma appartenenti ad uffici statali.
La storia degli archivi è parte della storia istituzionale e culturale nazionale. Essa chiaramente dipende
da:
Gli archivi facevano capo al Ministero dell’Interno, mentre al ministero delle Finanze si rifacevano gli
archivi di Torino e del Banco di San Giorgio di Genova. Gli archivi Toscani avevano un sistema incentrato
sul dicastero della Pubblica Istruzione.
Nel Mezzogiorno i grandi archivi di Napoli e Palermo, opera del governo borbonico, la rete di istituti
archivistici aveva una sede in ogni città di Intendenza allo scopo di raccogliere la documentazione
prodotta dalle nuove amministrazioni secondo il modello francese introdotto dall’esperienza
murattiana. La direzione del Servizio era affidata anche in questo caso al Ministero dell’Interno.
1. Memoria archivistica
2. Vicende amministrative dei territori, sottolineano la dimensione statale dei documenti
3. Classi dirigenti alla base della nascita dello stato unitario.
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IL REGIO DECRETO del 27 MAGGIO 1875 prevedeva l’AFFIDAMENTO delle funzioni di CONSERVAZIONE e
TUTELA degli Archivi Storici allo Stato. La rete degli archivi delle ex capitali degli stati pre-unitari era sempre
alle dipendenze del Ministero dell’Interno.
LA GESTIONE DELLE SEDI PERIFERICHE tramite le 10 direzioni regionali chiamate “Sovrintendenze”. Questo
prevedeva la riconoscenza della diversità del patrimonio archivistico, si intensificò il legame culturale con le
realtà locali e si affermò il principio del rispetto delle particolarità istituzionali e culturali delle aree
geopolitiche italiane.
Bisogna annoverare le due commissioni che vennero istituite dal Regno d’Italia per il “riordinamento” :
La commissione prende il nome del ministro di Stato Cibrario. Gli archivi vengono affidati a più
Sovrintendenze, dipendenti dal Ministero.
La scelta del Ministero implicava un giudizio sulla natura della documentazione d’archivio:
- la documentazione se considerata al pari i libri e degli oggetti d’arti conservati nelle biblioteche e nei
musei, allora gli istituti archivistici dovevano fare capo alla Pubblica amministrazione.
1. Storico- come archivio antico per la parte a disposizione dei docs storici
2. Moderno- per l’aspetto amministrativo, che ha quindi ripercussioni e influenza nel presente.
Si evince UN USO POLITICO DELLA STORIA E DELLA DOCUMENTAZIONE, di cui lo Stato unitario italiano
aveva bisogno di rinsaldare le radici storiche legittimanti la nuova costruzione statale.
GLI ARCHIVI DI STATO VENGONO POSTI ALLE DIPENDENZE DEL MINISTERO DELL’INTERNO.
1874-75: si compie l’unità archivistica italiana con il reticolato di istituti amministrati direttamente
dallo Stato. La distribuzione geografica NON ERA PERO’ UNIFORME:
NORD: maglia amplia a causa della presenza di istituti nelle sole città ex capitali di Stati
SUD : grazie alla legislazione borbonica, esisteva una fitta rete costituita da Archivi di Stato
di Napoli e Palermo e dagli archivi provinciali presenti in tutti i Comuni capoluoghi di
provincia ( che non sono gestiti dallo Stato) svolgono però gli stessi compiti .
Il Consiglio superiore degli archivi era un organo tecnico composto da eminenti personalità del
mondo della cultura, istituito con il compito di esprimere pareri su problemi legislativi, culturali
e tecnico-scientifici.
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1860- La preoccupazione dello Stato appena nato era quello di salvaguardare le carte più antiche.
Cominciarono ad accumularsi i nuovi uffici periferici di carte, diventando una vera e propria MASSA
documentaria non più utile al disbrigo pratiche.
1891 vennero soppresse le Sovrintendenze create per salvaguardare le particolarità storiche ed
istituzionali delle realtà archivistiche.
Il NOVECENTO E LE NORMATIVE
Legge del 22 dicembre 1939 n.2006: prevede l’istituzione di un Archivio di Stato per ogni provincia
italiana e la ricostruzione delle Sovrintendenze archivistiche con le nuove funzioni di vigilanza sugli
archivi non statali.
ENTRATA IN VIGORE DELLA COSTITUZIONE DEL 1948 non incise sull’intelaiatura
dell’amministrazione archivistica.
NASCITA DELLE REGIONI 1970-71, non intaccò.
1974-75 il passaggio al Ministero dei Beni culturali e ambientali non cambiò nulla.
- il decreto legislativo 21 marzo 1998 n. 112, la revisione del Titolo V della Costituzione nel 2001 e
l’emanazione del Codice dei Beni culturali e del paesaggio nel 2004 hanno arricchito di competenze e ruoli
in atto tra attori diversi.
I cardini del modello conservativo archivistico sono le trasformazioni che hanno attraversato :
1. Le istituzioni
2. Culture
3. Politiche e le pratiche archivistiche
4. La natura statale dell’amministrazione archivistica
5. Uniformità su tutto il territorio nazionale
6. Accentramento burocratico con la dipendenza dal ministero
7. Il riferimento territoriale alle circoscrizioni amministrative (la Provincia per le competenze degli
Archivi di Stato, la Regione per le competenze delle Sovrintendenze archivistiche
Sicuramente la Rivoluzione francese aprì un nuovo mondo nel campo della storia degli archivi. Essa creò i
PRESUPPOSTI per un nuovo periodo archivistico:
Si respira un nuovo clima culturale; in contemporanea il rinnovamento della storiografia italiana. Tra le
novità più importanti la diffusione dell’eurocentrismo e concetto di cultura. Si è affrontato lo studio delle
società primitive, ridando voce alle formazioni umane senza storia. Si assiste al passaggio da un’idea di
cultura intesa come prodotto di attività intellettuali ad un concetto che identifica la cultura con tutte le
manifestazioni ed espressioni umane, individuali e collettive , quotidiane e ripetitive.
In Italia, la creazione della rivista dei “Dialoghi di Archeologia” si celebra il suo incontro con la cultura
materiale e la sua emancipazione dalla storia dell’arte. Nel testo elaborato dalla Commissione Franceschini
alla fine dei suoi lavori nel 1967, si intendeva per bene culturale “OGNI ALTRO BENE CHE COSTITUISCA
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TESTIMONIANZA MATERIALE AVENTE VALORE DI CIVILTA’. Dalla voce “monumento” diffusa nell’Ottocento
dalla cultura romantica per la sua capacità di rappresentare l’ideale estetico insieme ai fini pedagogici .
E’ la testimonianza materiale di civiltà che raggiunge la massima estensione e la massima unità della
categoria. Il documento di archivio e gli archivi possono essere considerati a pieno titolo beni culturali.
La creazione del ministero per i Beni culturali e ambientali istituito con decreto legge 14 DICEMBRE 1974 n.
n.657 e convertito in legge del 29 gennaio 1975 n. 5. Gli archivi di Stato si staccarono dal Ministero
dell’Interno ed entrarono a far parte della nuova amministrazione insieme alle biblioteche, ai musei e alle
gallerie (prima gestiti dal ministero della Pubblica Istruzione e alla Discoteca di Stato- istituto per i beni
sonori e audiovisivi, dove si raccoglie il patrimonio sonoro italiano).
La conservazione italiana fino alla prima metà del Novecento era caratterizzata dal policentrismo; solo dalla
seconda metà del 900 si è trasformato in un puro “pluralismo” rappresentato da una miriade di luoghi ed
enti conservatori che operano negli Archivi di Stato. Si assiste:
IL RISULTATO È UNA REALTA’ SEMPRE PIU’ AFFOLLATA, con addensamenti e rarefazioni con il Centro Nord
sempre più affollato rispetto ad un Sud con larghe zone deserte, data la presenza di reti di istituti sul
territorio nazionale e centri di conservazione con un raggio di azione.
- archivi delle grandi famiglie ( rappresentava il patrimonio disseminato fuori degli Archivi di Stato)
Successivamente:
1. I cambiamenti istituzionali.
2. Il peso degli enti pubblici: si parla di peso perché è attribuito al recupero del passato per la
costruzione delle identità territoriali, geo-culturali, etniche e di genere in un’ottica oscillante tra la
storia e la memoria.
3. Il ridimensionamento della presenza delle strutture dello Stato sul territorio.
4. I fenomeni di privatizzazione di funzioni pubbliche e statali hanno reso meno governabile la
distribuzione della documentazione al di fuori degli Archivi di Stato.
Anche le istanze della storiografia e le nuove curiosità della ricerca storica hanno giocato un ruolo rilevante
nel trasformare un deposito di documenti in fonti storiche.
TIPOLOGIE DI ARCHIVI:
Archivi d’impresa- ANNI 60: l’interesse nei confronti degli archivi d’impresa fu determinata:
1. Spinta del rinnovamento metodologico della storiografia economica.
2. La produzione “labour industry”
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Una spinta importante in questo settore venne fornita dallo studio di Bonelli del 1975 sulle acciaierie di
Terni, reso possibile grazie all’iniziativa di voler depositare le carte della società dell’archivio di stato di
Terni. La storia dell’industria prevede la messa in evidenza della storia delle relazioni industriali,
l’organizzazione del lavoro e la storia sociale.
Il lavoro delle Sovrintendenze archivistiche era concentrato, per lo più, degli archivi storici delle famiglie,
solo che si stava concentrando sugli archivi privati. In questo clima culturale si realizzarono i primi
censimenti regionali.
Fattori determinanti della conservazione della documentazione archivistica nella prima metà degli anni 90:
1- Stabilità economica.
2- Prospettive di sviluppo.
3- La necessità di una gestione efficiente dei flussi informativi.
4- Sentimento di appartenenza orgogliosa a storie di famiglia.
Il reticolato si caratterizzava per le piccole e medie imprese. Per ovviare alla scarsa capacità conservativa in
Europa sono nate delle ISTITUZIONI indirizzate a concentrare e salvaguardare gli “archivi economici”,
prevedono:
A questo modello si ispirano: la Fondazione Ansaldo di Genova e il Centro per la cultura di Milano.
Fine anni 90: estensione della denominazione di “archivi economici”, comprendere varie tipologie di attività
produttive ed economiche ( dal settore primario al terziario; dalle banche alle assicurazioni)che agiscono
per finalità produttive ma anche di sostegno, indirizzo e controllo. Un discreto numero di medie imprese ha
iniziato ad interessarsi al proprio patrimonio documentale dando vita ad esposizioni di collezioni.
Le trasformazioni subite dal sistema politico italiano, a seguito dei cambiamenti registrati dalla fine
dell’Unione Sovietica- 12 dicembre 1991, furono tra le cause che portarono alle sorti degli archivi dei partiti.
- scomparsa dei partiti storici – comportò i rischi di dispersione e distruzione del patrimonio archivistico.
In sintonia con la comunità archivistica internazionale, in Italia si sviluppò una maggiore attenzione nei
confronti della documentazione archivistica, considerata dalla storiografia politica, una fonte non più
trascurabile per rispondere alle nuove domande poste dalla ricerca storica.
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1. Istituzioni private
2. Raramente ad Archivi di Stato che ne hanno permesso la consultazione pubblica.
Anche nei partiti politici si nota una certa diseguaglianza nella distribuzione territoriale degli archivi:
- forza organizzativa
- il radicamento territoriale
- il grado di presenza e di controllo delle istituzioni pubbliche locali ( in base ai risultati elettorali ottenuti)
Nell’Italia centrale e settentrionale, invece, i privati svolgono un ruolo sussidiario che ha costituito uno
stimolo per l’emersione e il recupero di patrimoni documentari legati alla storia locale, a identità politiche e
sociali, a comunità etniche o di altra natura.
GLI ARCHIVI DI STATO SONO GLI ISTITUTI CULTURALI PRIVATI I LUOGHI PREFERITI PER LA CONSERVAZIONE
DI ARCHIVI DI PARTITO, DI DIRIGENTI, DI MILITANTI.
La scelta dei luoghi cui affidare la memoria storica avveniva sulla base delle affinità politiche. Una tendenza
evidente è quella che ha investito la tradizione comunista italiana che custodiva tra le carte, anche quelle
dei singoli dirigenti, nel nome e del rispetto di una concezione che vedeva le azioni individuali acquistare
significato solo alla luce dell’operare collettivo. Due episodi significativi di istituzione di archivi in memoria
di Ingrao e Iotti (il primo fu il primo comunista a ricoprire la terza carica dello Stato, la seconda fu la prima
donna ad esserne presidente).
Gli archivi fungono da istituti luoghi di esaltazione personale con risvolti biografico-politici. L’obiettivo è la
valorizzazione storica dei partiti attraverso l’istituzione delle “fondazioni”.
I cambiamenti del tessuto economico italiano come la trasformazione della mentalità e dei costumi, oltre al
riconoscimento della centralità dell’uomo nella società borghese portarono alla sostituzione dei tradizionali
archivi di famiglia in archivi di persone.
Fino alla metà dell’800 la famiglia era la garanzia della memoria collettiva ed insieme ai singoli componenti.
Adesso l’individuo si farà carico di recuperare e conservare la memoria familiare. Negli archivi di persona la
memoria familiare si configura come un’esperienza interiore che dà senso e arricchisce l’esistenza
individuale; concorre alla formazione delle reti di relazioni che attraversano e segnano le vicende dei
singoli; non E’ PIU’ UN PATRIMONIO COMUNE a cui tutti i membri possono attingere , MA è UNA
RIELABORAZIONE INTIMA.
Nella seconda metà del 900 si sviluppò la critica letteraria- il pioniere fu Gianfranco Contini.
IL PLURALISMO CONSERVATIVO:
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A seguito dell’esplosione del bisogno di memoria si sono venuti formando reti e centri che affiancano gli
Archivi di Stato svolgendo il ruolo importante di custodi della memoria nazionale. Bisogna chiedersi il
motivo per cui gli Archivi di Stato hanno perso la loro attrattiva malgrado la loro apertura verso la
documentazione non statale. Esistono anche archivi autonomi sorti in autonomia in deroga alla normativa
nazionale, esistono delle motivazioni che richiamano un diverso rapporto della società e delle istituzioni
con la propria memoria.
FLASHBACK:
L’indomani della liberazione dell’Italia dall’esercito tedesco e dal regime fascista coloro che avevano
partecipato al movimento della resistenza e dell’opposizione antifascista , si posero il problema della
conservazione della documentazione prodotta nelle STRUTTURE POLITICHE MILITARI create negli anni del
1943-45. Le perplessità circa la DESTINAZIONE DA DARE AGLI ARCHIVI, i dubbi ruotavano intorno:
1. Il carattere pubblico delle carte prodotte dagli organi politici e militari riconosciuti dal Comitato di
Liberazione nazionale ( CLN).
2. Gli archivi del CLN erano di natura statale e gli archivi provvisori dovevano confluire negli Archivi
del Regno.
Nel luglio 1948 IL CONSIGLIO SUPERIORE riconobbe l’autorità e la facoltà degli Istituti della Resistenza.
Non bisogna trascurare il protagonismo delle istituzioni private che si manifestava nel campo della ricerca,
ma anche della conservazione e valorizzazione della documentazione archivistica; la fine dell’esclusività del
rapporto tra memoria nazionale e statale.
Gli archivi vengono accostati alla memoria, individuale e collettiva, di un territorio o di una comunità,
caricando su di essi aspettative e bisogni di identità, radici e di dignità- che ne fanno luoghi simbolici e
rappresentativi, piuttosto che luoghi di conoscenza. Questo slittamento semantico non influisce
sull’organizzazione culturale dove si registra un fiorire di centri, enti, archivi, bensì sulla domanda di
rappresentazione della memoria locale.
- ridefinizione centro-periferia
-passaggi di competenze
-processi di privatizzazione
Il modello conservativo:
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1. Maturato nel clima giuridico, politico e culturale nell’Ottocento
2. Mostra crepe e debolezze perché non è più funzionale alle trasformazioni del sistema
amministrativo pubblico, caratterizzate dall’accentuazione di processi di pluralizzazione e fuga
dallo Stato.
I POLI ARCHIVISTICI
Per dare risposta ad un pubblico più ampio e differenziato e risolvere i problemi di spazio si vanno
sperimentando in Italia soluzioni per aggregare più archivi storici. I luoghi archivistici si configuravano come
i luoghi di cooperazione interistituzionale per la conservazione, gestione e valorizzazione coordinata del
patrimonio documentale, rappresentano il superamento delle politiche tradizionali. Le Regioni istituivano i
loro archivi storici al compimento dei 40anni dalla loro istituzione. I poli archivistici non si limitano a gestire
dei portali, ma aprono a spazi più ampi, di pubblica utilità , dove le istituzioni che depositano il loro archivio
possano condividere struttura, servizi, risorse, personale e responsabilità.
- volti a concentrare gli archivi di deposito degli uffici periferici dei 3 ministeri (Interno, Giustizia, Beni
culturali) ma aperto anche all’adesione di altri soggetti di pubbliche amministrazioni.
Una svolta si avrà con la Riforma del Titolo V della Costituzione e dal Codice di beni culturali, oltre alle
nuove emergenze legate alla conservazione delle memorie digitali.
L’archivistica italiana si pone come disciplina autonoma negli anni dell’unificazione nazionale quando
GRANDI COMPLESSI DOCUMENTARI confluiscono negli Archivi di Stato, istituiti in tutte le città ex capitali.
Gli archivi nascono per sopperire all’immensa quantità di documenti afferenti agli antichi regimi provenienti
da Stati pre-unitari. Si intuisce quindi un collegamento con la storia delle istituzioni e del diritto. Quando ci
si “accosta” ad un documento, bisogna tener conto del contesto storico-istituzionale in cui si sono formati e
i caratteri intrinseci ed estrinseci. Alla metà dell’Ottocento era già diffuso il principio del “respect des fonds”
che tendeva a rispettare la configurazione di un complesso documentario in considerazione alle funzioni e
al processo di tradizione. Non è facile identificare con certezza le varie istituzioni e il rapporto con le
cancellerie e i criteri di archiviazione. Con l’istituzione delle segreterie dello Stato si definiscono i contorni
istituzionali degli organi centrali dello stato. Solo con il periodo napoleonico si definiscono gli uffici periferici
degli Stati in rapporto con la normativa comune.
A partire dall’Ottocento si fa strada l’esigenza di un uso più attento delle fonti, oltre ad un uso critico dei
documenti (studiandoli nel loro processo di produzione) molti archivisti, impegnati nella storia delle
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istituzioni, si confrontano nella ricerca storica portando ad un costante rapporto tra archivistica, storia
delle istituzioni ha favorito una riflessione teorica che è alla base del metodo storico (l’interpretazione
italiana del respect des fonds).
Il compito prioritario di un archivista è quello di facilitare la ricerca storica. Gli interventi di ordinamento
vanno programmati secondo una scala di priorità , essa prevede una valutazione esatta.
L’ORDINAMENTO:
A fine Settecento in alcuni stati italiani sono stati applicati criteri di riordinamento per materia
smembrando archivi di diversa provenienza e riaccorpando le carte sulla base di articolazioni artificiose. Nel
corso dell’Ottocento, il principio noto come Provenienz Prinzip o Respect des fonds che in Italia si è
sviluppato come METODO STORICO era incentrato sull’ANALISI DEL RAPPORTO TRA UN ENTE E LA
DOCUMENTAZIONE prodotta nell’ambito di un CONTESTO STORICO-POLITICO. Si delinea l’approccio alla
storia delle istituzioni che si è configurata come disciplina chiamata Archivistica speciale ( studia la storia
delle istituzioni rapportata all’ambito dello Stato preunitario e costituisce un approccio allo studio
dell’amministrazione).
Il METODO STORICO si basa sulla ricostruzione del fondo secondo i criteri originari di ordinamento e implica
un attento studio dell’ente che ha prodotto i documenti e delle sue interrelazioni con gli altri enti di un
determinato contesto storico-istituzionale, si è sviluppato per l’esigenza di dare un ordine ai complessi
documentari presso gli Archivi di concentrazione.
- diacronico : la relazione diacronica tra complessi documentari, soggetti produttori, enti e appartenenza a
contesti storico-politici differenti privilegiano la continuità delle funzioni.
- sincronico: la relazione sincronica tra enti coevi, soggetti produttori effettivi e cesure in corrispondenza di
eventi storico-istituzionali.
IL LAVORO DELL’ARCHIVISTA:
Le raccolte e le collezioni si identificano spesso con il nome del soggetto che ha proceduto alla raccolta.
Il versamento è un nucleo di documenti relativi ai documenti relativi ad affari conclusi che un ente versa, in
un determinato momento, all’Archivio di Stato competente o al proprio Archivio storico ; si chiama elenco
di versamento , quello elaborato dall’ufficio versante che descrive in maniera più o meno sommaria, la
documentazione versata per attestare il passaggio di responsabilità dall’ufficio versante all’Archivio di
Stato. Il versamento è determinato da mere esigenze di spazio.
Se gli uffici vengono soppressi, la documentazione verrà trasferita in un’altra sede (uffici in funzione o
archivi di Stato regionali). In fase di ordinamento è utile la verifica della conservazione di altra
documentazione. Il fondo è un complesso di documenti e l’ordinamento prevede la denominazione
dell’ultimo soggetto produttore. IL CAMBIAMENTO può rendere opportuna la separazione degli archivi.
IL FONDO:
Semplice: può essere articolato in serie ed eventuali sottoserie che sono comunque delle partizioni
di fondo assunto come livello base per la descrizione sia di inventari che delle guide. Si qualificano
con la denominazione dell’ente titolare del fondo . Far precedere la denominazione dell’ufficio dal
ministero di appartenenza non è corretto sotto il profilo istituzionale perché lede il rapporto tra un
organo centrale dello Stato e gli uffici.
Complesso: è un fondo che risulta composto da una pluralità di fondi, che può essere strutturato su
più livelli. Ogni livello ha una propria denominazione. I fondi di un fondo complesso sono
determinati dal livello di autonomia interna riconosciuta , in ordine di protocollazione e gestione
documentaria, ad aree omogenee interne all’ente. L’articolazione in divisioni, la denominazione è
così: Archivio generale, seguito da Divisione A, B etc.
I livelli che contraddistinguono un fondo complesso sono rilevanti e sono sottolineati dalle norme ISAAR.
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L’ente titolare dell’archivio e del fondo è detto soggetto produttore – l’ente che ha prodotto l’archivio
inteso come insieme della documentazione spedita e ricevuta e dell’ente titolare dell’archivio. Quando non
è possibile riaccorpare tutta la documentazione afferente all’archivio è opportuno ricostruire virtualmente
l’archivio nella sua completezza. La ricostruzione virtuale dell’archivio di un ente deve essere ancorato a
nuclei di carte identificabili.
Nel caso dei versamenti si procede alla ricomposizione fisica dell’archivio, in quanto i versamenti debbono
essere analizzati e trattati in modo da ricomporre un fondo unitario. Il lavoro archivistico richiede
aggiornamenti e revisioni a nuovi ordinamenti.
Il soggetto collettore è un ente che acquisisce archivi di altri enti. Il collegamento tra l’archivio dell’ente
collettore e l’archivio acquisito dando luogo ad un fondo complesso e strutturato.
L’archivio di un ente è articolato in serie, esse mostrano il processo di sedimentazione delle carte.
I raggruppamenti di serie avviene per affinità di funzioni, per località o per aree geografiche, per
articolazioni cronologiche e per materia.
L’INTRODUZIONE DEL QUADRO DI CLASSIFICAZIONE tra fine 700 e inizi 800: si innova l’organizzazione del
carteggio. L’articolazione in categorie si combina con due parametri temporali:
I QUADRI DI CLASSIFICAZIONE O TITOLARIO sono più funzionali se costruiti per funzione e materia.
L’articolazione in fascicoli a sua volta divisi in partizioni o articolazioni dei fascicoli senza un quadro di
classificazione. LE SERIE SONO ORDINATE SECONDO UN ORDINAMENTO CRONOLOGICO.
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amministrative o giudiziarie nell’archivio corrente, mentre il volume e la sua rilegatura
viene effettuata solo ai fini di conservazione.
o UNITA’ DI CONSERVAZIONE:
- è il contenitore in forma di busta o faldone, scatola o cartella.
- il fascicolo è un insieme di docs raggruppati entro una copertina o camicia o carpetta secondo un
nesso di collegamento organico afferenti a un determinato oggetto. La distinzione concettuale fra
fascicolo\unità archivistica E BUSTA O SCATOLA\UNITà DI CONSERVAZIONE mentre non risulta
limpida quella di filze, pacchi, fasci o mazzi.
Il termine busta indica un contenitore costituito da un unico pezzo di cartone con piegature
verticali che delimitano due facce laterali (piatti) e il dorso ( costa) nel quale i documenti risultano
trattenuti da fettucce.
La scatola serve per la conservazione dei documenti in senso orizzontale.
La cartella si usa per la conservazione di docs di formato particolare come mappe e disegni.
Capitolo 6: LA DESCRIZIONE DEGLI ARCHIVI NELL’EPOCA DEGLI STANDARD E DEI SISTEMI INFORMATICI
La SVOLTA è da ricercarsi nella CREAZIONE DEGLI ARCHIVI DI STATO ( prima metà del XIX secolo). Gli
archivisti si rifacevano a strumenti come:
1- Regesti
2- Spogli
Questi due vengono definiti dal Dizionario del Linguaggio Storico e amministrativo come “raccolte di notizie
ricavate da un libro o da commentari di tutte le cose contenute in un documento”. Questo avvalorava la
tesi volta a valorizzare il carattere di informazione, il più delle volte organizzate in ordine cronologico. A
fornire informazioni circa la “CONSISTENZA QUANTITATIVA” e la loro “articolazione in serie” sono gli
INVENTARI. Nel vocabolario della Crusca lo identificava come “una scrittura in cui sono annotate capo per
capo le masserizie e altro”. Il riferimento all’uso archivistico del termine è senz’altro “scrittura”. La volontà
di descrizione archivistica si afferma nel XIX secolo e si caratterizza per la sintesi tra i due approcci, uno
basato sulla rappresentazione organizzata secondo le logiche variabili, l’altro era quello degli spogli e
regesti, che avevano il compito di mettere a punto dei strumenti che fossero surrogati della descrizione
descritta.
L’ORDINAMENTO era inteso come ricostruzione dell’ordine originario, così anche l’inventariazione diventa
insieme all’ordinamento due facce della stessa medaglia. L’ordinamento si configura come sequenza dotata
di un significato forte, le relazioni strutturali fra le singole componenti dell’archivio come elemento
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fondamentale per la loro identificazione, la centralità del contesto di produzione come CHIAVE DI
INTERPRETAZIONE dell’archivio. La rappresentazione implica la relazione tra oggetto e dispositivo.
GLI STRUMENTI DI RICERCA elaborati espressamente per il pubblico dei ricercatori sono:
Caratteristiche dell’inventario:
o Dare conto alla struttura complessiva del fondo, presentando la loro sequenza ordinata le sue
articolazioni.
o Rende più chiara la struttura del fondo con eventuali partizioni maggiori (SUB-FONDI, SEZIONI,
SOTTOFASCICOLI), le serie, le singole unità e sottounità archivistiche ( buste, fascicoli, registri,
sottofascicoli).
o La descrizione delle singole partizioni è preceduta da una parte introduttiva recante le informazioni
di contesto. Essa contiene la storia istituzionale o la biografia del soggetto produttore, la
formazione del fondo o delle vicende archivistiche che ne hanno caratterizzato il processo di
trasmissione, il resoconto delle scelte operate, i criteri di descrizione operate dall’archivista
(abbreviazioni, glossari).
o Oltre alla parte introduttiva, vi è la descrizione delle singole unità ordinate in genere secondo la
serie di appartenenza, una complessiva presentazione dei caratteri comuni delle unità ( modalità di
sedimentazione, tipologia documentaria, strumenti e percorsi di ricerca). E’ nella descrizione delle
singole unità che si riscontrano le difformità maggiori in particolare nella tipologia e quantità di
informazioni. Ciò era dovuto:
1- Stili descrittivi variabili nello spazio e nel tempo
2- Qualità e accuratezza del lavoro
3- Ragioni oggettive tese ad identificare le unità archivistiche
4- Tipologia documentaria
5- Disponibilità di mezzi di corredo
6- Formazione
7- Sedimentazione
o Gli inventari contengono gli indici di nomi di persona, enti, istituzioni, toponimi per consentire e
favorire la consultazione.
GUIDA: strumento volto a mediare e diffondere la conoscenza degli archivi presso il pubblico. Le
sue finalità sono:
o Permettere l’identificazione e l’accesso alle singole unità archivistiche
o Individuare la documentazione realizzata da un soggetto produttore
o Scoprire l’arco cronologico della documentazione
o Fornire informazioni sul fondo tra cui:
1- La denominazione
2- La consistenza
3- Le date estreme
4- Sommaria descrizione del contenuto
5- Profilo del soggetto produttore
6- Indicazione delle serie principali
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7- Esistenza di strumenti di ricerca
8- Sintetica bibliografia
Ogni archivista costruiva il proprio modello di rappresentazione, individuava gli attributi e i segni linguistici
e grafici. Le sue scelte non erano svincolate dal contesto in cui operava e dipendevano anche dalle
tradizioni locali e politiche descrittive dei singoli istituti.
L’esigenza di mettere a punto standard di descrizione degli archivi ha cominciato ad affermarsi nel Nord
America negli anni 80. L’OBIETTIVO ERA DESCRIVERE FONDI E SERIE ARCHIVISTICHE nelle reti bibliografiche
informatizzate- mediante l’utilizzo del MARC, ossia il formato di catalogazione bibliografica nella sua
versione “for archives and manuscripts control”. Il formato rivelava i limiti nella capacità di rappresentare in
modo efficace e completo gli archivi. Vennero elaborate the Rules of Description in Canada negli anni 90
che ribadiscono l’IMPORTANZA DEI PRINCIPI FONDAMENTALI riguardo:
Nella seconda metà degli anni 80 invece, nell’altra sponda dell’Oceano, Michael Cook che si era distinto per
essersi esposto circa l’impatto dell’avvento del pc sul lavoro in archivio, nella prima edizione del Manual of
Archival Description si pronuncia verso lo sviluppo di standard descrittivi e nell’applicazione dell’informatica
alla gestione degli archivi. Un aspetto innovativo proposto nel Manuale era la TEORIA DELLA DESCRIZIONE
MULTILIVELLO , basato sulla gerarchia dei livelli descrittivi , dove è possibile rintracciare le relazioni
VERTICALI E ORIZZONTALI tra serie, unità e singoli documenti. Il Manuale regolarizzava il progetto di ricerca
sulla natura della descrizione archivistica promosso dalla Society of Archivists, presentando una lista di
informazioni descrittive utilizzate per descrivere gli archivi.
GRAZIE A QUESTO PROCESSO si è giunti all’elaborazione degli Standard da parte del Consiglio
internazionale degli archivi.
Le vicende:
- incontro successivo organizzato a Parigi nel 1989 con il contributo dell’UNESCO l’esecutivo del Consiglio
nominò una Commissione ad hoc per l’elaborazione degli standard di descrizione. La Commissione era
presieduta dal britannico Kitching della Royal Commission on Historical Manuscripts insieme al
sottosegretario e al direttore del progetto Stibbe dell’Archivio Nazionale del Canada.
- Nel gennaio del 93, la Commissione approvò la versione definitiva dell’ISAD che venne pubblicata a
stampa nel 94.
32
- L’attività della Commissione proseguì nella redazione degli Standard ISAAR(International Standard Archival
Authority Records). Formulate dagli australiani. L’ideazione diede un contributo per le pratiche in uso nei
cataloghi bibliografici automatizzati per la gestione dei nomi degli autori attraverso le liste di autorità
automatizzate.
- Al XIII Congresso, tenutosi a Pechino nel 96, si decise di trasformare la Commissione in un comitato stabile
il Committee on Descriptive Standards. Si apriva la fase di consolidamento e perfezionamento degli
standard che si concluse nel 2004, nella bibliografia internazionale sugli standard di descrizione alle
Guidelines for the Preparation and Presentation of Finding Aids, il Comitato portò avanti il ciclo di revisione
quinquennale.
LA NUOVA FASE
Il ridimensionarsi dell’interesse del Consiglio internazionale degli archivi nei confronti degli standard
descrittivi. Adesso è il Comittee on Best Practises and Standards che ha costituito una sorta di strumento di
coordinamento dell’attività di gruppi di lavoro impegnati in campi diversi. Quello degli standard di
descrizione è rimasto più attivo e ha prodotto fra il 2004 e il 2008, vennero proposti due ulteriori standard:
- funzioni e attività.
Al congresso dell’Ica in Australia nel 2012 è stato elaborato un documento che proponeva il coordinamento
dei 4 standard .
1. LE COMUNITA’ per cui gli STANDARD sono ELABORATI E CHE DI ESSI FA USO.
2. OBIETTIVI CONCRETI O I PRODOTTI che tali standard devono rendere omogenei o almeno
confrontabili.
La comunità di riferimento è quella degli archivisti. Gli standard hanno fallito però l’obiettivo che
proponevano. Gli standard non sono d’utilità solo agli archivisti, ma anche alle altre comunità di riferimento
per altre comunità professionali. Si pensi agli informatici che sviluppano software per la descrizione
archivistica, che ritrovano negli standard le regole essenziali di riferimento.
GLI STANDARD sono strumenti di comunicazione efficaci che veicolano sottoforma di linee guida, norme ,
convenzioni , prescrizioni, fondamenti teorici, gli orientamenti metodologici e gli indirizzi pratici di un
sapere disciplinare consolidatosi nel corso del tempo.
OBIETTIVO: rappresentazione accurata degli oggetti o entità riferibili ad archivi. Il fine sostanziale è la messa
a punto di un modello di rappresentazione, quanto più generale degli archivi.
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I CARATTERI FONDAMENTALI del modello teorico di rappresentazione\descrizione:
Il modello di rappresentazione promosso dalla CIA ha introdotto innovazioni significative nelle modalità di
descrizione degli archivi. Le informazioni sul contesto di produzione della documentazione in passato
confluivano negli inventari, adesso la descrizione viene separata dal resto della documentazione.
Sintesi:
Individuazione degli attributi ( cioè elementi descrittivi o informativi) che caratterizzano le quattro
entità descritte.
Ricorso ad elementi al di fuori degli standard ( ad es. la descrizione di alcune unità archivistiche
prevede l’aggiunta di fotografie , audiovideo etc).
Il mestiere dell’archivista ha perso la componente storica dovuto alla disseminazione degli archivi o
policentrismo di conservazione ha determinato una fioritura di istituzioni archivistiche , centri di
documentazioni, istituzioni culturali e varie di raccolta, tutela e valorizzazione delle fonti documentarie.
Inoltre gli archivisti operano come liberi professionisti da soli oppure organizzati in cooperative o altre
forme di impresa.
L’interesse per l’elaborazione degli standard è stato recepito in Italia a partire dalla metà degli anni 90
dall’Associazione nazionale archivistica italiana( ANAI) e successivamente dall’Amministrazione archivistica
centrale hanno promosso la traduzione italiana degli standard. L’Italia è stato uno dei paesi in cui il modello
è stato recepito con maggiore rapidità, ma ci sono state le compilazioni. Si è apprezzata l’utilità pratica e la
portata teorica: problematicità del rapporto tra fondi e soggetti produttori. La gestione separata e
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normalizzata delle descrizioni dei soggetti produttori si configura come monogerarchica e
monodimensionale della descrizione archivistica a favore di una concezione pluridimensionale e dinamica
all’interno della quale i rapporti tra fondi e soggetti produttori sono resi flessibili e molteplici, storicamente
variabili.
Nel corso dell’ultimo decennio in Italia si è assistito al proliferare di programmi di inventariazione e sistemi
archivistici predisposti dall’Amministrazione archivistica centrale, come il SIUSA ( SISTEMA DEGLI ARCHIVI
DI STATO E IL SIAS – SISTEMA GUIDA GENERALE). Per la realizzazione dei programmi e tecnologie diverse
quale banche date relazionali oppure metalinguaggi di marcatura. I sistemi sviluppati sono basati su
un’architettura in conformità con ISAD , descrive la documentazione archivistica secondo una gerarchia di
livelli rappresentati da una struttura di albero rovesciato e in accordo con ISAAR e ISDIAH prevede la
descrizione separata dei soggetti produttori (enti, famiglie, persone) e dei cosiddetti soggetti conservatori
degli archivi ( istituzioni archivistiche ma ad altri enti e persone).
Queste sono le premesse per la realizzazione di UN SISTEMA ARCHIVISTICO NAZIONALE fra il 2009 e il 2011
o meglio il CATALOGO DELLE RISORSE ARCHIVISTICHE (CAT) e l’Archivio digitale che costituiscono il cuore.
Il CAT costituisce una mappa generale del patrimonio archivistico nazionale in grado di:
L’architettura del CAT ricorda il modello di rappresentazione promosso dagli standard internazionali ed è
articolata in:
Si tratta di descrizioni sintetiche , includono un numero limitato di elementi descrittivi composto da quelli
considerati obbligatori o essenziali negli standard internazionali. La descrizione sono importate dai sistemi
aderenti ai protocolli di comunicazione codificati nel metalinguaggio di marcatura XML ed elaborati a
partire dai formati di scambio più diffusi a livello internazionale.
I protocolli sono stati definii nel corso del 2009 ad opera della Commissione tecnica paritetica Stato-
Autonomie locali per la definizione di standard internazionali.
La medesima metodologia è stata eseguita per l’elaborazione dei metadati degli oggetti digitali che possono
essere gestiti all’interno del Portale SAN secondo le modalità previste e possono essere immagazzinate nel
portale .
Il set di metadati si applica ad entrambe le modalità , è codificato XML , secondo un formato che si basa
essenzialmente sul Metadata Encoding and Trasmission Standard ( METS) sviluppato dal Library of Congress
per gestire le informazioni descrittive, strutturali , tecniche e amministrative di oggetti digitali. Si
propongono di rendere recuperabili gli oggetti digitali.
Il modello aperto e cooperativo di definizione degli standard SAN ha consentito di rendere più omogenee ,
confrontabili e integrabili le descrizioni archivistiche.
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I PROBLEMI DI OMOGENEITA’ E COERENZA DEL CONTENUTO delle descrizioni vengono in parte affrontati
nella pubblicazione delle Norme italiane per l’elaborazione dei record di autorità archivistici di enti,
persone, famiglie le cui finalità sono:
1. Individuare gli elementi che servono ad identificare e descrivere le entità ente, persona e famiglia.
2. Individuare gli elementi del record di autorità dell’ente etc..
3. Stabilire le regole per la standardizzazione degli elementi strutturati del record di autorità
ISAAR, trasposto nella lingua italiana è NIERA, costituisce il primo vero standard descrittivo di portata
nazionale elaborato nel nostro paese e si pongono come punto di riferimento per la REALIZZAZIONE DI
DESCRIZIONI OMOGENEE E CONFRONTABILI DI ENTI. Gli elementi di originalità della NIERA investono il
concetto record di AUTORITA’ e di INTESTAZIONE.
1. IL RECORD DI AUTORITA’ può non coincidere con la descrizione di enti, persone e famiglie. Il
record di autorità deve essere l’unico ambito di uno specifico contesto di descrizione nazionale,
locale e tematico. I record di propongono come STRUMENTI DI IDENTIFICAZIONE univoca delle
ENTITA’ DESCRITTE e di raccordo fra le possibili descrizioni.
2. L’INTESTAZIONE DI AUTORITA’ di una singola entità , nel suo essere “elemento composito
costituito dalla denominazione, combinata con un’indicazione cronologica e altri elementi”. Le
liste di intestazioni possono essere diverse in quanto sono “strutture dinamiche i cui elementi
possono essere combinati tra loro”.
Si evince :
SI PUO’ DIRE CHE NESSUNO DEI SISTEMI DESCRITTIVI OGGI ESISTENTI IN ITALIA E’ IN GRADO DI
PERMETTERE LA FORMULAZIONE DI RECORD DI AUTORITA’ PIENAMENTE CONFORMI ALLA NIERA, neanche
il record di autorità del Catalogo delle risorse archivistiche del Portale San.
Esse traducono in rappresentazioni gerarchiche la tipica articolazione dei fondi in partizioni o sub-fondi,
serie, sottoserie, unità archivistiche. Gli alberi che compone l’archivista sono molto articolati e composti da
un numero cospicuo di LIVELLI E SOTTOLIVELLI DESCRITTI. Le articolazioni quindi costituiscono livelli
descrittivi artificiali indotti dai meccanismi di funzionamento e di rappresentazione dei software; essi
nascondono una certa limitatezza dei contenuti e rivelano una scarsa flessibilità nell’adeguare la
costruzione di alberi gerarchici all’infinita quantità di informazioni che si intendono fornire.
Le conseguenze:
1- Ai molti livelli creati corrispondono schede descrittive scarne di contenuto o con informazioni
reiteranti per livelli.
2- Le relazioni verticali per livelli sono messe in rilievo dalle gerarchie di rappresentazione
3- Le relazioni orizzontali che rivelano connessioni e le complementarietà fra le diverse partizioni e
serie dei fondi non emergono dalle descrizioni e sono rese opache dalle stesse gerarchie di
rappresentazione.
Le operazioni che si ritrova a compiere secondo la logica dei software non sono semplici,inoltre PRODURRE
DESCRIZIONI ARCHIVISTICHE utilizzando software archivistici e standard descrittivi non deve limitarsi solo al
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meccanico adempimento, ma deve valutare un’accurata valutazione delle possibili scelte da attuare a
seconda dei caratteri dello strumento e del sistema descrittivo che si vuole produrre e le sue finalità.
La nuova concezione dell’archivio come rappresentazione metaforica della vita in cui la memoria permane
viva, conduce necessariamente alla modificazione del criterio di sedimentazione degli elementi costitutivi
della memoria stessa.
La sedimentazione è:
L’arco di tempo compreso fra la formazione dell’archivio e la sua riutilizzazione come fonte,
comprese le modiche apportate dal soggetto produttore.
Un evento che avviene tempo e spazio storico e porta con sé e su di sé tutti i segni delle persone
che lo hanno prodotto e vissuto in un tempo e luogo determinati.
I tempi di sedimentazione sono i cambiamenti intervenuti in una data realtà nel tempo trascorso in una
data realtà nel tempo trascorso tra quando il documento è stato posto in essere e quando viene riutilizzato
per una ragione qualsiasi.
I tempi non possono essere disgiunti dalla modalità di conservazione fisica dei documenti: lo stato di salute
dei documenti che devono essere mantenuti integri in modo corretto ( temperatura, umidità e luce).
La sedimentazione può essere considerato il periodo di latenza compreso tra lo scarico ( accumulo
in un luogo) e il momento in cui vengono ripresi in funzione di qualche esigenza contingente.
Alla fine del processo di sedimentazione i documenti risulteranno suddivisi per criteri che possono essere
ad esempio per aspetto, autore, anno e luogo.
LA SEDIMENTAZIONE STORICA:
Bisogna ricordare che nei processi di formazione, cambiamento, stratificazione che lo determinano
l’archivio acquista autonomia e significato intrinseco. La stessa impostazione “storica” dell’archivistica
moderna aiuta a definire il concetto dell’archivio come fonte quando insiste sul vincolo tra archivio e il
soggetto titolare che è il problema storiografico principale dell’archivistica.
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I documenti non possono essere svincolati dalla loro dimensione storica. Occorre distinguere tra i due
termini:
La sedimentazione archivistica è storica perché avviene nella storia della società in cui è conservato
l’archivio, fa parte tanto della microstoria di quella società, quanto alla microstoria giuridica e culturale di
un’epoca per la sua frequente dipendenza da un potenziale risvolto di utilità. Per molti anni si è assistito al
misconoscimento della rilevanza storica della documentazione prodotta 50 anni fa, oggi invece in Italia
abbiamo una massa smisurata di documenti antichi, i motivi sono:
Nel 700 e 800 la svolta dovuta alla nuova concezione della documentazione come memoria-fonte. Bisogna
considerare che nell’800 non risulta il restauro degli antichi monumenti o il miglioramento delle condizioni
di conservazione in considerazione del loro valore storico. Le scritture originali d’antico regime ci sono
giunte negli stessi supporti e nelle stesse forme di condizionatura che avevano in origine tranne nei casi di
nuova sistemazione archivistica. Il mutamento di condizionatura riguarda solo gli aspetti esterni della
conservazione:
La relazione tra:
Le pratiche conservative connesse alla sedimentazione degli archivi attuate in antico regime non brillarono
mai per accuratezza. Molto dipese dal tipo di governo e dalla forma istituzionale che condizionarono la
sedimentazione degli archivi e gli archivi correlati.
L’ordinamento era un fatto empirico non vi erano pratiche storiche o moderne, in quanto ai documenti non
era riconosciuta alcuna valenza storica.
Ritornando alle pratiche, bisogna precisare che non distinguevano gli aspetti fisici della conservazione del
materiale e aspetti logici e storici. Non vi erano separazioni tra parti antiche e moderne , archivi
amministrativi e storici. Il radicale cambiamento modifica le regole, le scritture prodotte in quel periodo
non hanno più il valore amministrativo, politico ed economico riconosciuto dalle precedenti forme
istituzionali. Il passaggio dai GOVERNI DEI CORPI SOCIALI E AI GOVERNI DIRETTI , da un’amministrazione
fondata sull’appalto e la vendita delle magistrature ad una basata sulla nomina sovrana di persone fedeli e
capaci.
Una delle prime realizzazioni delle nuove pratiche conservative è la concentrazione degli archivi governativi
come testimonianza della storia del passato. Nei secoli precedenti, gli archivi pubblici si erano sedimentati
con relativa calma e continuità. Gli archivi prodotti dalle cancellerie comunali e poi signorili che si
configurano come organi di scritturazione e di registrazione degli atti allo scopo di mantenere la memoria. I
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loro archivi sono strumenti di governo e quasi convivono con i cancellieri, ne fissano le procedure. La
sedimentazione di questi archivi è affare di governo ed è costantemente tutelata dai cancellieri. Ad
esempio gli archivi delle cancellerie delle repubbliche di Genova e Venezia erano gestiti in modo diverso,
meno dipendenti dalla persona-sovrano, sono curati dai segretari che tendono a tramandare da padre in
figlio la conoscenza della massa documentaria. Il governo mostra qui meno interesse per l’archivio e lascia
l’incombenza di conservarlo e tramandarlo agli archivisti. La sedimentazione degli archivi delle repubbliche
oligarchiche è lasciata a sé stessa e alle cure degli addetti.
Nei secoli XIV e XVII si sviluppano gli archivi privati: di famiglie, di mercanti e di Chiesa. Questi ultimi
subiscono cambiamenti a seguito del Concilio di Trento. Nella storia di questi archivi si manifesta l’assoluto
dominio di forti poteri istituzionali che tendono ad una capacità amministrativa astrusa e da un altro
l’esigenza di produrre e conservare in forme istituzionali la documentazione privata essenziale per lo
sviluppo delle attività e la ricchezza dello Stato. La documentazione si organizza e si sedimenta a secondo le
magistrature e curie diverse e tende a stabilizzare la sua sedimentazione in base agli affari e alle specifiche
attività. La stabilità dei governi in Italia si raggiunse solo con Cateau Cambrésis in poi consente una
regolarità nei modi di sedimentazione dei documenti archivistici governativi, le famiglie e in generale i
soggetti produttori .
- non viene eliminato ma entra a far parte dell’archivio del potente mandante del furto
Ecco perché spesso si ricorre allo smembramento di un archivio di famiglio a seguito di matrimoni e liti, in
questo caso la sedimentazione è sempre a rischio anche dopo la caduta degli antichi regimi.
La sedimentazione degli archivi di famiglia si consolida nel XVII e XVIII secolo e diviene sempre più
essenziale nella realtà economica. Nel settecento con il riformismo illuminato possono essere realizzate
solo grazie all’utilizzazione delle memorie familiari. Essi attestano antichi atti di proprietà, concessioni,
diritti e privilegi ha contributo a costruire l’assetto economico, sociale e politico delle situazioni locali su cui
il governo intende esercitare il controllo. L’insieme dei documenti e degli archivi sopravvive a distruzioni
intenzionali e accidentali.
Con la caduta dell’antico regime la prospettiva della sedimentazione muta radicalmente: gli anni
rivoluzionari e napoleonici producono effetti sulla sedimentazione dei documenti, ma bisogna precisare che
assumono rilievo nell’attività amministrativa e acquisiscono una rilevanza storica.
La consultabiltà dei documenti è un argomento molto complesso e contraddittorio. Bisogna precisare che il
diritto all’informazione e alla ricerca sono tutelati dagli articoli 9 e 21 della Costituzione; ma non sono solo
questi anche il diritto alla riservatezza delle persone e la tutela della sicurezza esterna e interna dello Stato.
Esistono due tipologie di ricerca:
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- la ricerca per finalità amministrative e per la tutela degli interessi che corrispondono a situazioni
giuridicamente tutelate, che da 20 anni circa, si definisce “diritto di accesso” ai documenti delle pubbliche
amministrazioni, connesse al principio della trasparenza dell’attività dei pubblici uffici.
IL DIRITTO DI ACCESSO si distingue dal diritto alla ricerca per scopi storici. Le motivazioni sono riscontrabili:
1. Nelle motivazioni
2. Nei soggetti legittimati all’accesso.
LA DISCIPLINA in vigore è il Codice dei beni culturali e del Paesaggio (D.lgs 22 gennaio 2004 n. 42) che
dedica uno specifico Capo a questo tema, all’interno del Titolo II dedicato alla FRUIZIONE e
VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI, ossia al loro godimento pubblico. Il riferimento a questo nuovo
provvedimento è la legge archivistica del 1963 e il Codice in materia di protezione dei dati personali,
approvato con D.lgs 30 giugno 2003 n. 196, cosiddetto Codice della privacy e l’allegato Codice di
deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi storici del 28 febbraio 2001,
senza dimenticare la legge n. 241 del 90 sul procedimento amministrativo e il diritto di accesso a
documenti amministrativi.
L’ARTICOLO 122 del Codice dei beni culturali e del paesaggio stabilisce il PRINCIPIO DI LIBERO ACCESSO,
valido nei confronti di tutti i documenti conservati negli Archivi di Stato, storici, enti pubblici territoriali,
salvo 3 eccezioni:
1- I DOCUMENTI dichiarati di carattere riservato, relativi alla politica estera o interna dello Stato,
che diventano consultabili 50 anni dopo la loro data.
2- I DOCUMENTI contenenti i dati sensibili a provvedimenti di natura penale, che diventano
consultabili dopo i 40 anni. Se si riferiscono alla salute, vita sessuale o rapporti di tipo familiare,
il termine è di 70 anni.
3- I DOCUMENTI versati negli ARCHIVI DI STATO e nell’ARCHIVIO CENTRALE DI STATO, in caso di
pericolo dispersione o danneggiamento, il termine normale è di 40 anni.
40
IL PRIVATO CHE DONA, VENDE, LASCIA IN COMODATO IL PROPRIO ARCHIVIO A QUESTI ISTITUTI PUO’
STABILIRE LA CONDIZIONE DELLA NON CONSULTABILITA’ DI TUTTI O PARTE DEI DOCUMENTI DELL’ULTIMO
70ENNIO.
ART. 123 Il Codice prevede un meccanismo di consultazione anticipata dei documenti che deve essere
preceduta dalla richiesta del Ministero dell’Interno e del consenso del Direttore dell’Archivio di Stato
competente, udita la Commissione che può autorizzare per:
- scopi storici la consultazione dei documenti relativi alla POLITICA INTERNA O ESTERA, contenenti dati
sensibili o giudiziari, anche prima dei 40,50 e 70 anni previsti dall’art. 122.
Lo studioso per poter accedere ai documenti invia la richiesta al Ministero dell’Interno: la consultabilità è
fattibile negli archivi pubblici e di proprietà privata dichiarata di interesse storico—le modalità di accesso
sono concordate tra privato—sovrintendente e richiedente. Per risolvere il problema relativo
all’accertamento dell’esistenza di fascicoli, è stato introdotto l’obbligo di invio di una copia dei fascicoli
archivistici al Ministero dell’Interno.
NELL’ART. 123 è stata inserita una DISPOSIZIONE di una norma del D.lgs 281 del 1999 si tratta del PRINCIPIO
DI NON DISCRIMINAZIONE nei confronti degli STUDIOSI : “L’AUTORIZZAZIONE E’ RILASCIATA, A PARITA’ DI
CONDIZIONI, AD OGNI RICHIEDENTE” . Questa disposizione trova massima articolazione nel Codice di
deontologia per i trattamenti dei dati personali per scopi storici, che ribadisce la VALUTAZIONE DELLA
PARITA’ di CONDIZIONI in cui avviene la ricerca deve essere parte di un “progetto di ricerca”. Qui si sposta
la valutazione su un piano soggettivo ( qualifica del ricercatore) a quello più obiettivo più incentrato sulla
pertinenza del progetto.
1. Introduzione terza eccezione, con la modifica del Codice nel 2006, riguarda la disponibilità dei
documenti di carattere non riservato—è di 40 anni fino all’esaurimento degli affari rappresentati
nelle carte. Questo implica l’inutilità della seconda eccezione.
Prima della modifica del 2006, il libero accesso alle carte non era condizionato al momento del versamento.
Bisogna evidenziare che i termini normali di versamento negli archivi, previsti 40 anni, spesso coincidono
con i 50 della data dei documenti, facendo così cadere la valutazione sull’eventuale riservatezza per motivi
di politica estera o interna della documentazione versata. Quindi occorre precisare che il termine
quarantennio non è mai stato rispettato, dato che i versamenti si susseguono nei decenni a scadenze
irregolari, determinate da carenze di spazio negli archivi di deposito e dai trasferimenti di sede negli uffici.
Riguardo al pericolo di dispersione o danneggiamento, la copertura normativa permette ai direttori di
ricevere i versamenti dei documenti più recenti.
Le condizioni di consultabilità con i limiti imposti dall’art. 122 NON VALGONO PER GLI ORGANI
COSTITUZIONALI, ma sono validi per il Ministero della Difesa e Degli Esteri (forze armate).
I documenti contenenti i dati sensibili, la cui definizione è contenuta nell’art. 4 del Codice in materia di
protezione dei dati personali, i “dati sensibili sono dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed entica,
le convinzioni religiose, filosofiche e di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati,
associazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali che rivelano lo stato
di salute e la vita sessuale”.
Il codice della privacy non esclude però che questi documenti contenente tali dati, possano essere trasferiti
negli archivi storici, ove soddisferanno altre finalità, tra cui quella principale , quella storica.
41
L’art. 99 del Codice della privacy “il trattamento di dati personali effettuato per scopi storici, statistici o
scientifici è considerato compatibile con i diversi scopi per i quali sono stati in precedenza raccolti o
trattati”. Una delle esigenze è quello del rispetto della riservatezza individuale.
- 40 anni per la data dei documenti per la generalità dei dati sensibili
- 70 anni per i dati sensibilissimi relativi alle abitudini sessuali o allo stato di salute, a cui il Codice ha
aggiunto i rapporti riservati di tipo familiare.
Si evince la perplessità per la libera fruibilità : si auspica la diminuzione del limite temporale fissato per
l’accesso alle carte contenenti dati sensibili, mentre per quelli sensibilissimi 70 anni appare il termine più
adeguato.
L’articolo 9 del Codice deontologico stabilisce che gli utenti utilizzano i documenti sotto la loro
responsabilità ed è applicabile alla diffusione dei dati personali, che deve adempiere nel rispetto dei diritti,
delle libertà fondamentali e della dignità delle persone interessate. Gli utenti possono pubblicare i dati
personali tenendo conto della loro natura, solo se pertinenti ed indispensabili alla ricerca. Sempre lo stesso
codice però si astiene nel rendere noti dati analitici relativi all’interesse clinico o nelle descrizioni di
abitudini sessuali di una determinata persona.
Una questione controversa è rappresentata al “blocco dei dati” contemplato nell’art. 126 del Codice dei
beni culturali.
Il blocco dei dati consente di ottenere che i dati personali contenuti nei suddetti documenti, vengano
conservati negli archivi storici, inibendone ogni utilizzo! L’ovvia conseguenza è l’interruzione delle
possibilità di diffondere i documenti, ma anche nel consultarli. L’art. 7 della disciplina generale in materia di
dati personali si limita a riconoscere all’interessato il diritto di ottenere il blocco dei dati quando questi
siano stati trattati in violazione di legge. Si assiste alla nascita e dal consolidarsi di una nuova categoria non
codificata “il diritto all’oblio” un intermezzo tra diritto alla riservatezza e diritto all’identità personale “—
un’invenzione frutto dell’elaborazione giurisprudenziale e non rinvenibile nei testi di legge. Resta il fatto
che il fatto personale può essere reso pubblico solo se rinasce l’interesse per il pubblico all’informazione.
La definizione di Segreto di Stato nel Codice del 1930 è “notizie che, nell’interesse della sicurezza dello
Stato devono rimanere segrete”. La Corte costituzionale, con sentenza nel 2002, ha confermato che le
notizie riservate costituiscono una categoria omogenea, sul piano dei requisiti oggettivi di pertinenza e
idoneità offensiva, rispetto a quelle notizie sottoposte a segreto di Stato. I documenti riguardanti la politica
estera o l’amministrazione interna di carattere politico e riservato fanno riflettere sulla possibilità di ritardo
dei versamenti negli archivi storici di serie contenenti documenti classificati o di impedirne in alcuni casi la
consultazione, anche una volta decorsi i 50 anni previsti dalla legge sugli archivi. L’aspetto più criticabile è la
prassi che riguarda la situazione dopo che sia stato superato il termine, dato che esso ha un significato
liberatorio e risolutivo ed è VALIDO PER TUTTI GLI ARCHIVI compreso quelli conservati presso gli archivi
storici degli uffici dipendenti dal ministero della Difesa e degli Esteri.
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La legge 124 del 2007 ha introdotto un limite temporale al vincolo segreto di Stato: la norma prevede che
decorsi i 15 anni dall’apposizione del segreto di Stato, chiunque abbia interesse possa chiedere al
Presidente del Consiglio di avere accesso alle informazioni e ai documenti coperti dal segreto. Il presidente
può rifiutare la domanda di accesso. La durata complessiva del vincolo del segreto di Stato è di 30 anni
quindi di fatto supera il termine più lungo fissato dal Codice dei beni culturali. Il mancato intervento di
armonizzazione ha portato ad una soluzione in merito all’automatismo della decadenza temporale del
segreto di Stato con una legge proposta dal Consiglio Prodi del 2008, di cui l’art. 10 ha circoscritto i soggetti
abilitati all’accesso a coloro che abbiano un interesse giuridicamente qualificato, coordinando una nuova
legge sul segreto di Stato. Questa nuova legge prevede la sussistenza in capo ai richiedenti di un interesse
diretto, concreto e attuale. Si pone su un piano diverso il diritto di accesso ai documenti svincolati dal
segreto di Stato dopo 15 o 30 anni, rispetto al diritto di ricerca e all’informazione, alla cui tutela è
preordinata la disciplina sulla consultabilità del Codice dei beni culturali. La durata trentennale del vincolo
del segreto politico determina conseguenze sulla definizione di documenti riservati. I limiti di 15 e 30 anni
sono considerati dalla legge “limiti cronologici” adeguati alla cessazione del vincolo del segreto di Stato e a
radicare l’esercizio del diritto di accesso ai 50 anni.
I DOCUMENTI NEGLI ARCHIVI DI STATO: L’ART. 122 del Codice dei Beni culturali
L’art. 122 del Codice dei beni culturali individua non immediatamente consultabili, ma soggetti ad un limite
temporale di 40 anni dalla loro data. Meritano una specifica attenzione i documenti contenenti “ dati
relativi provvedimenti di natura penale espressamente indicata dalla normativa in materia di trattamento
dei dati personali”. La legge precedente (al Codice dei Beni culturali) sugli archivi che poneva un limite di 70
anni all’ostensibilità dei documenti dei processi penali. Nel Codice di Procedura Penale contempla il divieto
di pubblicazione degli atti di dibattimento celebrato a porte chiuse quando la pubblicità possa offendere il
buon costume oppure possa comportare la diffusione di notizie che devono rimanere segrete nell’interesse
dello Stato—qui il Codice di rito sottolinea che il divieto di pubblicazione cessa quando sono trascorsi i
termini stabiliti dalla legge degli Archivi di Stato, ovvero è trascorso il termine di 10 anni dalla sentenza
irrevocabile e la pubblicazione è autorizzata dal ministro di Grazia e Giustizia.
Resta il fatto che L’AREA DI INACCESSIBILITA’ prevista dal D. lgs 42\2004 tramite il rinvio all’art. 4 del Codice
della privacy, esclude dalla consultabilità per un 40ennio i documenti idonei a rivelare la condizione di
indagato o di un imputato, che spesso ricadono in mano ai giornalisti. A tal proposito, l’art. 137 del Codice
della privacy stabilisce che per il trattamento dei dati giudiziari compiuto nell’esercizio dell’attività
giornalistica non è necessaria l’autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali, in virtù
dell’esercizio della libera espressione del pensiero.
Nella seconda metà degli anni 90, l’ISO valuta la proposta australiana di riconoscere come standard
internazionale, quello nazionale AS 4390. Il modello ISO è progettato per:
- agevolare
- razionalizzare la creazione, l’acquisizione e la tenuta dei documenti con i requisiti normativi e tecnici.
Il modello ISO può essere utilizzato per documenti di qualsiasi formato e su qualsiasi supporto, prodotti e
acquisiti da un soggetto produttore nell’esercizio delle sue funzioni.
La parte generale di ISO 1589 è organizzata in 11 sezioni all’interno delle quali sono esplorati i concetti, i
principi metodologici e i requisiti assunti a fondamento di un sistema documentario. Un programma
generale per la gestione dei documenti dovrebbe prevedere:
-l’individuazione e la valutazione delle opportunità per migliorare l’efficienza e la qualità dei processi.
Lo standard garantisce:
1- Autenticità
2- Affidabilità
3- Integrità
4- Usabilità
Lo standard richiede che i documenti contengano i metadati necessari e descrivere l’atto di cui sono
rappresentazione. E’ necessario:
In relazione ai sistemi di gestione documentale, lo standard definisce le caratteristiche generali che devono
possedere ( autenticità, affidabilità etc) e le funzioni fondamentali che devono svolgere:
Acquisizione
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Registrazione
Classificazione
Memorizzazione e trattamento
Accesso ai documenti
Tracciamento della movimentazione e dell’utilizzo dei documenti all’interno del sistema
Determinazione della destinazione finale
La presenza di norme nazionali può costituire un freno non indifferente per l’adozione del modello ISO.
- documenti
- persone
-sistemi
In relazione alla granularità , i metadati possono essere applicati a diversi livelli di profondità:
- singolo documento
-gruppo di documenti
-ai documenti
-mandato istituzionale
- ai processi di lavoro
Iso 23081: tratti i principi alla base della gestione documentale. La norma iso 23081 costituisce
un corpus organico che faccia da guida alla comprensione, implementazione e utilizzo di
metadati ottenuti al momento dell’acquisizione (documentano i contesti di produzione) e
successivi all’acquisizione (documentano la gestione dei documenti e i processi amministrativi).
Iso 15836: conosciuto come Dublin Core. E’ un insieme di metadati progettato per la
descrizione di una qualunque risorsa informativa, indipendentemente dal dominio di
appartenenza.
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Questo insieme, progettato nel 2001 è costituito da 15 elementi informativi: titolo, creatore,
soggetto, descrizione, editore, autore di contributo subordinato, data, tipo, formato,
identificatore, fonte, lingua, relazione, copertura, gestione dei diritti. Il Dublin Core ottenuto
grazie all’utilizzo di queste 3 diverse strategie:
1- Ampliamento del nucleo originario di elementi informativi
2- Specializzazione della semantica degli elementi informativi, con l’aggiunta dei metadati di
secondo livello
3- Individuazione degli schemi di codifica
Caratteristica: carattere generico per risolvere i conflitti terminologici e semantici delle diverse
aree di utilizzo. ALTRA CARATTERISTICA E’ LA SEMPLICITA’- favorisce l’incremento della
produzione e della presenza di descrizioni normalizzate, grazie ai costi contenuti.
Iso 16175 è il primo modulo stabilito dal Consiglio Internazionale degli Archivi (ICA)- organismo
non governativo cui partecipano le istituzioni archivistiche, associazioni professionali, realtà
d’impresa e singoli individui a titolo personale per realizzare una rete di 1400 membri
provenienti da 190 paesi. Il suo obiettivo è la promozione della fruizione, conservazione e
valorizzazione del patrimonio archivistico mondiale mediante la condivisione delle esperienze,
delle ricerche e delle riflessioni maturate a livello nazionale. Nel 2010 e 11 i requisiti diventano
norme - le informazioni sulle attività:
1- Riguardano il contesto amministrativo e operativo
2- Devono essere selezionate per lo scarto e per la conservazione permanente
3- Devono essere accessibili agli utenti autorizzati
I sistemi:
1- Creazione
2- Tenuta
3- Distribuzione
4- Amministrazione
Il terzo modulo è dedicato alle organizzazioni che desiderano integrare delle funzioni
documentali all’interno dei sistemi di gestione dei processi.
L’ICA ha concentrato la propria attività di sviluppo normativo sul tema della descrizione
archivistica, giungendo ad elaborare:
Moreq: La Commissione europea istituì nel 1995 il DLM Forum per gestire:
1- Archiviazione
2- Conservazione
3- Recupero dati elettronici.
1- La classificazione
2- Le procedure di controllo
3- La sicurezza
4- La conservazione
5- La selezione
6- L’acquisizione
7- La ricerca
8- Il recupero
9- La rappresentazione degli oggetti documentali
Il Moreq illustra i processi usuali e definisce il modello informativo su cui è fondata l’intera architettura
descritta nel documento. Moreq individua un vero e proprio modello di gestione documentale , inteso
come sistema coerente di principi, metodi e processi relativi alla gestione dei documenti in ambiente
digitale. Il modello presenta degli aspetti critici assai rilevanti in materia di certificazione- certificazione
e compatibilità non coincidono. Se un sistema dichiara la compatibilità di tale affermazione e non può
essere il DLM Forum l’unica autorità di certificazione della compatibilità del sistema.
Il modello OAIS è uno strumento fondamentale per comprendere i concetti, le componenti funzionali e
i flussi di dati all’interno di un sistema dedicato alla conservazione digitale, ma non fornisce indicazioni
di carattere pratico per la realizzazione di un tale sistema.
ICA o CIA è il Consiglio Internazionale degli archivi è un’organizzazione internazionale , fondata nel
1948, di cui fanno parte Amministrazioni archivistiche (Archivi nazionali o Direzioni generali per gli
archivi), associazioni di archivisti e singoli archivi (archivi di enti locali, d’impresa, di università, di
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sindacati, di ong, di organizzazioni internazionali, di denominazioni religiose, ecc.) di 195 paesi. Possono
associarsi singoli archivisti, senza però diritto di voto. Il CIA si articola internamente in sezioni
geografiche, sezioni tematiche e in gruppi di lavoro. La sezione europea EURBICA è stata fondata nel
2001, a Firenze, in occasione della VI Conferenza europea degli archivi.
Al Committee on Best Practices and Standards (CBPS) del CIA si deve l’elaborazione degli Standard
internazionali di descrizione archivistica ISAD (G) e di altri standard descrittivi, mentre alle diverse
sezioni tematiche (Sezione associazioni professionali, Sezione archivi d’impresa e sindacali, Sezione
archivi letterari e dell’arte, Sezione archivi d’architettura, ecc.) si deve la preparazione di manuali,
bibliografie, glossari e altri strumenti di lavoro, nonché l’organizzazione di seminari e convegni. Durante
il congresso tenutosi a Pechino nel 1996, il CIA si è dotato di un Codice etico per archivisti Nel 2010,
l’assemblea generale del CIA ha approvato la Dichiarazione universale sugli archivi che è stata fatta
propria, con voto unanime, dall’assemblea plenaria dell’Unesco il 10 novembre 2011. Infine nel 2012,
durante il congresso a Brisbane, il CIA ha approvato i Principi sulla consultabilità degli archivi.
La conservazione a lungo termine di entità digitali è un processo molto complesso, oggetto di studi e
ricerche a livello nazionale e internazionale. L’obiettivo da perseguire è MANTENERE INALTERATE NEL
TEMPO LE CARATTERISTICHE DI:
1- Integrità
2- Accessibilità
3- Intellegibilità
4- Autenticità dei contenuti informativi digitali
5- Documenti informatici sottoscritti con FIRME ELETTRONICHE.
Oltre a dimostrare in sede giuridica il RISULTATO, ossia che il processo conservativo sia avvenuto
correttamente.
- Una qualsiasi entità digitale è costituita da una sequenza binaria , ovvero file, fissata su una o più supporti
di memorializzazione ( media) nella quale i BIT assumono un significato e un’organizzazione ben precisa,
determinata in base a un insieme di regole che costituisce il formato elettronico.
1. longevità: è auspicabile la disponibilità di una road map con la quale il costruttore si impegna a garantire
un arco temporale ampio per l’evoluzione e manutenzione del sistema.
2. elevato grado di standardizzazione delle parti hardware e software per minimizzare la dipendenza da un
fornitore o da una piattaforma tecnologica.
3. la certificazione da parte del costruttore della capacità di riacquisire integralmente gli oggetti digitali
memorizzati nel sistema.
4. la disponibilità di meccanismi molto efficienti per rilevare e correggere gli errori nelle fasi di registrazione
e lettura delle sequenze binarie.
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5. capacità di memorializzazione adeguata alle esigenze della struttura di conservazione
7. la produzione automatica di standard e interoperabile, di reports sulle attività svolte , che specifichino
quando sono state eseguite e da chi certifichino risultati ottenuti (self-documentation).
- Bisogna anche considerare gli aspetti inerenti alla sicurezza fisica e logica dell’impianto tecnologico , dove
si fa ricorso a strutture di data center che garantiscono:
LA NORMATIVA ITALIANA
- prende in considerazione solo i docs informatici senza fornire regola per la corretta formazione e
conservazione della memoria digitale.
L’ARCHIVIAZIONE SOSTITUTIVA
- si intende il processo volto alla conservazione delle rappresentazioni digitali di documenti analogici con
modalità tali da renderle sostitutive ad ogni effetto di legge, degli originali di cui sono tratte. Occorre quindi
garantire la conformità dei documenti agli originali.
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Art. 42 invita le pubbliche amministrazioni a valutare in termini di rapporto tra costi e benefici il recupero
su supporto informatico dei documenti e degli atta cartacei dei quali sia obbligatoria e opportuna la
conservazione e a predisporre i seguenti PIANI DI SOSTITUZIONE degli archivi cartacei con archivi
informatici.
--La delibera del CNIPA del 19 febbraio 2004 prescrive nell’art. 4 la distinzione tra documento analogico
originale unico e documento analogico originale non unico proposta nell’art. 1, specifica: “l’archiviazione
sostitutiva dei documenti analogici che sono copie o originali non unici si realizza mediante la
memorizzazione delle immagini su supporti ottici e l’apposizione sull’insieme dei documenti trattati , o su
un’evidenza informatica contenente una o più impronte dei documenti, o un loro insieme, del riferimento
temporale e della firma digitale del responsabile della conservazione.
-- Solo nel caso di documenti unici è richiesta anche l’apposizione del riferimento temporale della firma
digitale da parte di un pubblico ufficiale per attestare la conformità di quanto memorizzato al documento
d’origine.
- esso si realizza tramite la MEMORIZZAZIONE dei DOCUMENTI INFORMATICI su SUPPORTI OTTICI e termina
con l’apposizione, sull’insieme dei documenti, o su un’evidenza informatica contenente una o più impronte
dei documenti riguardo la firma digitale da parte del responsabile della conservazione che attesta il corretto
svolgimento del processo.
L’art. 8 della deliberazione CNIPA 19 febbraio 2004 n. 11 fornisce indicazioni molto generiche sui supporti di
memorizzazione da utilizzare nei processi di archiviazione sostitutiva e conservazione digitale. Essa è data la
facoltà alle pubbliche amministrazioni e ai privati di utilizzare un qualsiasi supporto di memorizzazione,
anche non ottico, comunque idoneo a garantire la conformità dei documenti agli originali.
Il riversamento sostitutivo deve apporre un riferimento temporale e la sua firma digitale; nel caso in cui si
trattasse di documenti informatici, si ritiene necessario l’apposizione della firma digitale da parte di un
pubblico ufficiale.
ACCREDITAMENTO DEI DEPOSITI DIGITALI: sancito nell’art. 44 bis del codice dell’amministrazione
digitale( CAD) detta alcune vincolanti condizioni per i soggetti pubblici e privati che svolgono in Italia le
attività di conservazione dei documenti informatici e di certificazione dei relativi processi. Richiede che i
soggetti siano costituiti in una società di capitali con capitale sociale non inferiore a 200.000 euro e che
possano chiedere l’accreditamento all’ Agenzia per l’Italia digitale.
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Il DIGITPA ha elaborato nuove regole tecniche in materia di:
Queste nuove disposizioni, se approvate, cambieranno il quadro giuridico -procedurale di riferimento per la
conservazione delle memorie digitali. In questo caso andrebbero abrogate le disposizioni della delibera
zione CNIPA n.11\2004.
Riguardo la conservazione della memoria digitale, le nuove regole tecniche prevedono che:
Quando si tiene conto del processo conservativo digitale a lungo termine, occorre AGIRE sull’INSIEME dei
METADATI che descrivono:
Bisogna quindi prestare attenzione alle sequenze binarie, ai formati elettronici e ai requisiti di natura
giuridica , ma anche all’insieme di metadati da valorizzare per rendere evidente il “VINCOLO
ARCHIVISTICO”, rappresentato dall’insieme di relazioni logiche e formali che esistono tra i documenti di un
archivio.
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Appaiono evidenti i concetti alla base del modello OAIS:
-la struttura dei pacchetti informativi deve essere preventivamente concordata tra l’archivio OAIS e il
soggetto produttore il quale dovrà garantire, nelle fasi di produzione e gestione dei documenti, la
valorizzazione di tutti i metadati previsti.
- i contenuti informativi digitali sono trattati come sequenze di bit alle quali sono associate le relative
informazioni di rappresentazione e questo è possibile solo se si adottano formati elettronici aperti e
ben documentati.
Un soggetto produttore può immettere delle risorse digitali nell’archivio OAIS sottoforma di pacchetti
informativi di versamento. Tali pacchetti si sono verificati e integrati con altre informazioni dalla
struttura di Archivio OAIS fino a produrre i pacchetti informativi di archiviazione destinati alla
conservazione a lungo termine. L’archivio OAIS può, in accordo con il soggetto produttore , produrre e
archiviare i pacchetti informativi di distribuzione.
I pacchetti informativi di archiviazione AIP possono essere trattati come oggetto a sé stante, e in tal
caso è denominato Archival Information Unit e come una parte costitutiva di un insieme di pacchetti
informativi legati tra di loro da UNA QUALCHE RELAZIONE.
1- Attrezzata con sistemi informatici aventi le caratteristiche di cui ai precedenti paragrafi e dotata di
personale con specifiche competenze in materia di:
Archivistica
Informatica
Diritto e diplomatica del documento contemporaneo
Organizzazione ( produzione di documenti)
2- Un modello organizzativo prevede 3 unità:
Di progettazione e pianificazione
Di archiviazione e conservazione
Di gestione dell’impianto tecnologico.
3- All’unità di progettazione e pianificazione compete:
Definizione e descrizione
Elaborazione di un piano di audit e di monitoraggio delle attività e dei sistemi di deposito
La definizione delle esigenze di aggiornamento dell’impianto tecnologico e di formazione
professionale del personale.
La supervisione e il coordinamento di tutte le attività del deposito.
4- All’unità di gestione dell’impianto tecnologico compete:
La gestione ordinaria
La manutenzione del sistema di conservazione
Monitoraggio del suo stato di funzionamento
Adozione delle misure di sicurezza fisica e logica
Esecuzione delle attività di migrazione – backup, restore, disaster recovery.
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Allo stato attuale in Italia operano diverse strutture di conservazione digitale , alcune pubbliche e altre
private: es. Polo di conservazione digitale della Regione Emilia Romagna ( soggetto pubblico con personalità
giuridica propria, dotato di autonomia tecnico-scientifica e un organico composto di personalità
qualificate).
Il consiglio Nazionale del notariato italiano ha dotato la categoria dei notai di un sistema di conservazione a
norma dei documenti informatici oggetto delle loro attività.
- avviene presso il soggetto produttore con l’ausilio di un sistema di gestione informatica dei documenti.
Occorre:
La fase della conservazione, accesso e fruizione prende avvio con la presa in carico da parte del deposito
digitale delle entità trasferite dai soggetti produttori e comprende l’insieme delle operazioni di :
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Capitolo 12: LA FORMAZIONE DEGLI ARCHIVISTI
LA SELEZIONE CRITICA:
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Gli archivisti non di Stato erano privi di formazione specifica e di riferimenti. Vi erano
amministratori inconsapevoli del significato storico e giuridico delle carte.
Le realtà degli archivi correnti e di deposito disseminati nel territorio erano caratterizzati da una
scarsa attività di sorveglianza e vigilanza dell’amministrazione archivistica.
LA DISTINZIONE TRA LE DUE TIPOLOGIE DI ARCHIVISTI risiedeva nella gerarchia stessa degli archivi;
la rilevanza di quelli storici è enfatizzata rispetto a quelli correnti e di deposito.
L’EVOLUZIONE ORGANIZZATIVA DELLO STATO ha determinato una consapevolezza maggiore del
ruolo degli archivisti all’interno delle istituzioni produttrici di archivi.
Le strutture di conservazione su base territoriali sono sorte verticalmente; si tratta di enti e
istituzioni non statali che avevano acquisito rilevanza amministrativa.
Le strutture amministrative hanno assunto personale qualificato e realizzato sedi qualificate
attrezzate.
Resta il fatto che la formazione dell’archivista deve essere a tutto tondo e deve tendere a sviluppare la
capacità di impegnarsi in settori e campi differenziati.
1- Chi già lavora in una struttura archivistica o amministrativa con mansioni archivistiche.
2- Chi non è entrato nel mondo di lavoro e deve apprendere i rudimenti della professione, anche
attraverso stage formativi in strutture archivistiche.
3- Chi ha una preparazione archivistica di base o chi intende specializzarsi o aggiornare le proprie
conoscenze.
LA CLASSE DI LAUREA SPECIFICA è LA 5\S e poi la 5\M dedicata alla SSD M-STO\08 Archivistica e
Biblioteconomia. Soluzione efficace perché si tratta di una commistione tra discipline dedicate agli altri beni
culturali ma sfavorevole perché abbina due settori che hanno cercato di definire la loro reciproca
indipendenza e solo di recente stanno scoprendo le possibili convergenze.
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La formazione in ambito universitario e le svariate offerte di altri soggetti formatori hanno affiancato la
tradizionale attività d’archivio, peculiarità del nostro settore, rispetto agli altri del ministero per i Beni e
Attività culturali.
La storia delle Scuole è nota e illustre: furono istituite nel secolo XIX nei principali Archivi di Stato per
formare archivisti di Stato. Erano quindi scuole interne all’amministrazione, finalizzate a fornire
un’adeguata preparazione a chi non era stato assunto in modo che potesse operare sui fondi antichi degli
Stati preunitari, degli enti ecclesiastici indemaniati e dei notai. La scelta fu di creare più scuole , una per
ogni capitale di Stato pre-unitario, cui si aggiunsero altre 4 nel 1963, invece di una come quella parigina
Ecole des chartres. Questa scelta portò alla formazione di centri formativi adatti alla geografia storico-
politica- amministrativa del paese. Fin dal 1895 l’art. 51 – regolamento prevedeva che alle Scuole potessero
parteciparti oltre ai tirocinanti anche gli allievi esterni che avessero compiuto gli studi liceali. Le materie
insegnate erano:
- paleografia
- diplomatica
- poca archivistica
-discipline ausiliarie come: numismatica, sfragistica, cronologia, araldica, storia delle istituzioni.
DISCIPLINE DI NICCHIA NECESSARIE PER COMPRENDERE LA QUASI TOTALITA’ DEI DOCUMENTI CONSERVATI
NEGLI ARCHIVI DI STATO.
I contenuti didattici stabiliti dal regolamento del 1911 erano adeguati al tipo di materiale documentario
conservato negli archivi considerati degni di attenzione.
Il regolamento tuttora vigente, ossia IL REGIO DECRETO 1163\1911 ribadisce che non sono stati più assunti
negli ultimi 3 decenni. L’offerta formativa delle Scuole d’archivio dell’inizio del XX secolo era perfettamente
armonizzata con il contesto generale di percorsi scolastici e di modalità di accesso alla carriera archivistica.
Tale impostazione è confermata anche dal DPR 1409\1963 che ribadisce l’obbligatorietà del diploma non
per tutti gli archivisti di Stato ma solo quelli che volevano progredire nella carriera. I direttori ovviamente
dovevano essere in possesso del diploma: questa richiesta portò a un aumento negli anni 80 delle iscrizioni
alle Scuole da parte di esterni.
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Capitolo 13: GLI ARCHIVI TRA COMUNICAZIONE E RIMOZIONE
LA PARABOLA STORICA:
Nei secoli di antico regime la cura e l’attenzione rivolta agli archivi è un tratto distintivo delle corti europee ,
che procurano, in tempi diversi e con modalità svariate, la separazione tra documenti pubblici e riservati
che vengono posti in sedi appropriate, per sottoporre la consultazione ad un controllo più rigido,
circoscritto ai rappresentanti del potere e ai pubblici storiografi. Resta il fatto che la conservazione degli
archivi si attiva per salvaguardare i documenti pubblici che un giorno sarebbero diventati fonte storica.
Con la caduta degli antichi regimi permane la forza attrattiva esercitata dai luoghi e dai documenti , solo la
fine dell’impero spezzò il sogno di Napoleone di realizzare il grande progetto di costruire una gigantesca
sede nella quale concentrare le carte provenienti da tutti i paesi conquistati, che sul finire del XVIII secolo
erano state caricate nei carri e nelle casse e trasportate a Parigi, nella sede provvisoria dell’Hotel de
Soubise, per la realizzazione dell’Archives nationales, in un luogo evocativo delle sue imprese di guerra, tra
la Scuola militare e il Campo di Marte, doveva innalzarsi un simbolo della sua conquista sul mondo. A 70
anni di distanza Eiffel costruì proprio in quel punto la Tour Eiffel.
L’OTTOCENTO:
È il secolo in cui, in tutte le città, Italia compresa vennero a costituirsi gli archivi come istituti nuovi, nei quali
far confluire un patrimonio documentario prodotto nei secoli precedenti da istituzioni ormai scomparse. Si
cerca come sede un edificio monumentale di vaste proporzioni e ben riconoscibile all’esterno, grazie a
un’insegna solenne, ma anche come forte presenza simbolica nel tessuto urbano delle antiche capitali degli
Stati pre-unitari: si confermano le sedi a Torino e Firenze o si destina un antico convento come in altre città.
Bisogna precisare il senso risorgimentale del proprio ruolo – quello di restituire ai cittadini le prime tracce di
una identità nazionale- porta molti archivisti a una produzione ricchissima di lavori rivolti a favorire la
ricerca storica: elenchi, inventari, edizioni di fonti. Anche gli inventari dei fondi rivoluzionari del 1848, negli
elenchi dei patrioti garibaldini, dei partecipanti all’impresa dei Mille, negli indici dei Cacciatori delle Alpi. In
quegli anni alle stampe si dava il resoconto dei fondi accolti, i riordini in corso, strumenti elaborati.
XX SECOLO:
Molti archivi allestiscono e offrono ai visitatori delle MOSTRE PERMANENTI, che si presentano come una
sorta di camera delle meraviglie per illustrare il patrimonio nei suoi aspetti rilevanti: i documenti più antichi,
quelli preziosi (miniature, disegni, sigilli), gli autografi dei personaggi eminenti ( sovrani, letterati, scienziati,
artisti, politici) e i documenti per ricostruire la storia della città e del territorio prima o dopo l’Unità d’Italia.
SINTETICA LA DEFINIZIONE DEI TRE FRONTI SU CUI LAVORANO OGGI GLI ARCHIVISTI:
- verso il passato— conservando correttamente e offrendo alla consultazione i documenti selezionati per il
loro valore giuridico e storico permanente.
- verso il futuro – preoccupandosi di salvaguardare, con mediate visioni strategiche, archivi sempre più
grandi e sempre più fragili per via dell’accelerata obsolescenza delle tecnologie.
Si dichiarano i motivi per cui gli archivisti sono attualmente figure invisibili nella società italiana:
La crisi degli archivi non è principalmente tecnica, né economica ma di carattere intellettuale e morale.
I grandi Istituti di conservazione storica come certi Archivi di Stato o di grandi comuni sono noti al pubblico
perché ogni anto si organizzano mostre, spesso riportate nei media, per il gran clamore.
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Chi ha la colpa?
1- La scuola non ha spiegato l’importanza dei documenti degli archivi come il presidio dei diritti?
2- La politica che stenta a guardare oltre l’orizzonte della singola legislatura?
3- Paura che gli archivi rivelino cose imbarazzanti?
Un sistema informativo è definito come un insieme di apparecchiature, procedure e persone che hanno il
compito di raccogliere, organizzare, selezionare, archiviare e comunicare i dati riguardanti l’attività di
un’organizzazione. Suo obiettivo è quello di mettere a disposizione dei responsabili delle decisioni operative
tutte le informazioni necessarie per effettuare le migliori scelte possibili.
I sistemi informativi archivistici non sono semplici strumenti di ricerca di una nuova generazione; occorre
considerare obiettivi e funzionalità che potremmo definire gestionali di back end. Non solo comunicazione
“front end” ma anche ottimizzazione, razionalizzazione e gestione dei contesti e contenuti informativi nel
loro complesso. Un obiettivo non secondario per i SIA è il monitoraggio dell’ingente patrimonio
documentario per garantirne tutela e gestione. Il tema della SIA significa confrontarsi con una delle più
importanti trasformazioni manifestatesi negli archivi storici per effetto della diffusione delle tecnologie e
dell’informazione.
- il primo esempio di descrizione sistematica è dato dalla Guida generale degli Archivi di Stato. Fu pensata
per normalizzare l’intero patrimonio documentario conservato nei nostri archivi di Stato pensata intorno
alla metà degli anni Sessanta e realizzata nel trentennio successivo. La Guida non era un SIA nel senso
moderno del termine, ma sotto molti punti di vista dei SIA può essere considerata la progenitrice. Prima
che il quarto e ultimo volume venisse stampato, l’amministrazione archivistica varò infatti “l’Anagrafe
informatizzata degli archivi italiani”, il primo esempio di diffusa applicazione di informatica – sia pure
ancora piuttosto rigida—alla sfera degli archivi e della descrizione archivistica. Se nella Guida si identifica la
madre della SIA, IL PROGETTO ANAGRAFE rappresenta la figura del padre, portatore di un corredo genetico
di natura tecnologica e organizzativa che si rivela significativo in termini di contenuti.
Negli anni 90, giunse a maturazione il processo di elaborazione degli standard di descrizione archivistica. La
messa a punto degli standard ISAD E ISAAR giocò un ruolo fondamentale in vista della progettazione degli
strumenti di descrizione archivistica digitali. L’individuazione degli oggetti, obiettivi e strumenti della
descrizione archivistica consentì alla comunità archivistica di formulare le proprie richieste in uno spazio
comune di dialogo con l’ambiente informatico. Il primo sistema archivistico italiano, mai reso disponibile in
rete, fu Loran, realizzato dalla Soprintendenza archivistica della Toscana. Negli anni successivi venne
formulato il SIUSA – sistema informativo unificato delle Soprintendenze Archivistiche che fece la sua
comparsa a cavallo con il nuovo millennio, oltre al SIAS – Sistema informativo degli Archivi di Stato varato
nel 2003.
Si apriva la stagione del popolamento dei modelli e la piena utilizzazione di essi da parte degli utenti. Si è,
di fatto, assistito alla proliferazione di SIA di diversa natura.
1. Potente strumento a disposizione della comunità archivistica per la tutela e gestione del patrimonio
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2. Piattaforma di conoscenza, che valorizzi la memoria documentaria rendendola navigabile e
interrogabile da tutti gli utenti.
Quando si parla di sistema ci si riferirà sia ai dati e alla piattaforma tecnologica che all’insieme coordinato di
sistemi, procedure, risorse organizzative e gestionali.
- una svolta viene data nella seconda Conferenza nazionale degli archivi tenutasi a Bologna nel novembre
del 2009, il cui slogan era “Fare sistema”. Durante la conferenza è stata discussa:
La progettazione definitiva del PAN- PORTALE ARCHIVISTICO NAZIONALE, inteso come prima
realizzazione del Sistema informativo archivistico unificato. Rappresenta lo strumento di accesso
comune ai diversi sistemi di descrizione del patrimonio archivistico realizzati dal Ministero per i
beni e attività culturali – Direzione generale per gli archivi (di Stato SIUSA e SIAS) e quelli realizzati
dalle Regioni, istituzioni culturali e altri soggetti per garantire agli studiosi, al mondo della scuola e
al largo pubblico di giovani, percorsi di ricerca unitari, facilmente accessibili e di immediato
interesse.
Dopo queste istanze ha fatto seguito l’Accordo per la promozione e l’attuazione del Sistema
archivistico nazionale, tra l’Unione delle province italiane e Associazione nazionale dei comuni
italiani, in accordo con il MIBACT.
1- MINISTERO
2- REGIONI
3- ISTITUZIONI LOCALI
4- SOGGETTI PUBBLICI
5- PRIVATI POSSESSORI
6- DETENTORI DI ARCHIVI DI INTERESSE STORICO particolarmente importante, con speciale attenzione
alle Università e agli Istituti di cultura.
Il SAN inteso come risorsa web, allo stato attuale si propone come strumento di accesso ad una molteplicità
di risorse informative archivistiche.
Obiettivo primario : conoscenza degli archivi e del contesto storico nel quale si sono formati, i luoghi di
conservazione , accesso e di consultazione, sia che si tratti di documentazione dello Stato, sia che si tratti di
archivi non statali pubblici (comuni, province enti pubblici vari) o di archivi di interesse storico appartenenti
ad enti religiosi o privati, soggetti alla vigilanza dello Stato – diocesi, parrocchie, fondazioni, partiti,
sindacati, aziende, persone giuridiche private e persone fisiche o famiglie.
Al centro di questo meccanismo si colloca il CATALOGO delle RISORSE ARCHIVISTICHE ( CAT), l’ambiente
tecnologico e descrittivo che mette in comunicazione i sistemi aderenti con il SAN.
IL CAT- CATALOGO DELLE RISORSE ARCHIVISTICHE è concepito come una sorta di bacino di raccolta di
informazioni essenziali relative al patrimonio archivistico descritto nei sistemi nazionali e locali e di
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smistamento dell’utente verso il sistema e i sistemi che detengono le descrizioni archivistiche che
soddisfano le sue esigenze.
La naturale collocazione di questi strumenti ai fini della piena fruibilità è il web anche se è opportuno
distinguere il web archivistico dai sistemi informativi che del web sono una componente molto importante.
Il web archivistico è costituito da una serie di risorse diversificate che vanno da quelle:
1- Informative, relative alla mission e alla dimensione logistica degli istituti culturali
2- Riproduzione digitale dei documenti, passando per la pubblicazione online degli strumenti di
ricerca.
Attraverso i sistemi informativi, l’utente può muoversi nel web in direzione di informazioni sempre più
puntuali rispetto all’oggetto della sua ricerca. La modularità può svilupparsi secondo formule organizzative
e tecnologiche diverse, osservando da vicino i SIA italiani. Le soluzioni possibili sono 3:
1- Sistemi chiusi: che tendono a sviluppare al proprio interno anche i moduli per la gestione e
restituzione degli strumenti analitici.
2- Sistemi aperti: che rinviano a risorse analitiche allocate in altri sistemi specializzati.
3- Sistemi ibridi, al momento i più prevalenti, che combinano le due soluzioni precedenti.
L’esigenza di aumentare il potenziale informativo dei SIA è segnale di ulteriore sviluppo di questi strumenti,
che stanno evolvendo verso architetture e contenuti più ricchi e complessi.
I SISTEMI ADERENTI:
La COSTITUZIONE dei network information systems di cui il Sia è solo una componente importante. In Italia
ogni soggetto che progetta un Sia tende a prevalere e a connotare in maniera forte l’intero sistema.
In linea teorica, vista la sostanziale corrispondenza di ogni SIA ad un modello concettuale basato sugli
standard ISAD, ISAAR E ISDIAH questo processo di omogenizzazione ed integrazione non dovrebbe essere
complesso. Infatti i nuovi sistemi archivistici saranno chiamati a sviluppare le opportunità delle risorse
digitali, standard e strumenti descrittivi costruiti fin qui, hanno superato l’approccio ad una concezione
tradizionale dei sistemi di descrizioni archivistiche.
Capitolo 15: ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI E COOPERAZIONE TRA GLI ARCHIVI DEL MONDO
Gli archivisti del mondo hanno deciso di unirsi nell’ICA e di dare vita ad altre forme di collaborazione:
IL CONSIGLIO INTERNAZIONALE DEGLI ARCHIVI: maturò nel clima politico e culturale del
dopoguerra. Gli studi che si alimentano delle fonti archivistiche di un solo paese non possono che
essere unilaterali e nazionalisti. Buck, archivista statunitense, sostenne che gli unici antidoti di
maggiore libertà di accesso agli originali in qualsiasi paese si possono trovare in una crescente
produzione e scambio di copie fotografiche. La perdita di un importante corpus di documenti è una
perdita per tutti i paesi. Chiaramente l’illusione tecnicista di Buck serve per comprendere una
caratteristica dominante nell’ICA sin dalle origini: attenzione alla posizione degli archivi nella società
e alla loro funzione sociale. Buck immaginò gli archivi come strumento di pace.
Negli anni della DECOLONIZZAZIONE, l’ICA pensava agli archivi come uno STRUMENTO
FONDAMENTALE PER LA COSTITUZIONE DEGLI STATI NAZIONALI, mentre negli ultimi 20 anni è
cresciuta nell’Ica l’attenzione sul ruolo degli archivi come strumento per la democrazia, la certezza
del diritto, il controllo dei governanti da parte dei governati e la tutela dei diritti umani.
L’APPROCCIO PRAGMATICO DELL’ICA, mediante il confronto e cooperazione internazionale,
prevedeva soluzioni pratiche ai problemi:
1) STABILIRE UN PIANO PER LA CONSERVAZIONE DEGLI ARCHIVI DELLE NAZIONI UNITE E
DEGLI ALTRI ENTI E ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI ad esse affiliate.
2) RICOSTRUIRE GLI EDIFICI SEDI DI ARCHIVIO
3) ELABORARE PIANI DI DIFESA del PATRIMONIO ARCHIVISTICO
4) INCLUDERE NEI TRATTATI DI PACE CLAUSOLE RELATIVE AGLI ARCHIVI
5) PROBLEMI relativi al TRATTAMENTO di MASSA degli ARCHIVI MODERNI- Usa sviluppo del
Welfare State, l’espansione delle funzioni dello Stato aveva comportato una straordinaria
crescita della produzione documentaria.
6) TRATTAMENTO NUOVI ARCHIVI – includendo fotografie, film e registrazioni sonore
7) RIPRODUZIONE FOTOGRAFICA archivi
8) PROMOZIONE DI UN PROGRAMMA INTERNAZIONALE DI SCAMBIO DI RIPRODUZIONI
FOTOGRAFICHE
9) PROMOZIONI DI UNA TERMINOLOGIA ARCHIVISTICA UNIFORME
10) COOPERAZIONE NELLA FORMULAZIONE DEGLI ARCHIVISTI
11) COOPERAZIONE PER LA PREPARAZIONE DI UNA GUIDA INTERNAZIONALE- Buck avanzava
l’idea di effettuare un censimento dei danni agli archivi causati dalla guerra. Un progetto
che verrà realizzato solo negli anni 90, con il titolo “Memoria del mondo” in collaborazione
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con ICA E IFLA( FEDERAZIONE INTERNAZIONALE delle ASSOCIAZIONI e ISTITUZIONI
bibliotecarie), nato con l’obiettivo di coprire l’insieme delle distruzioni causate dalle guerre
del XX secolo.
UNESCO: subito dopo la sua fondazione avvenuta nel novembre del 1945, adottò la strategia volta a
favorire la creazione di organizzazioni professionali internazionali e decise di accogliere la proposta
di Buck e sostenere la nascita di UNA RELATIVA agli ARCHIVI. Nel 48, si tenne a Parigi la riunione
costitutiva dell’organizzazione, a cui parteciparono i direttori generali degli archivi di USA, MESSICO,
FRANCIA, REGNO UNITO, NORVEGIA, OLANDA, ITALIA – GLI ARCHIVISTI TEDESCHI NON VENNERO
INVITATI. Due anni dopo, l’ICA tenne il suo primo congresso e l’organizzazione cominciava a
crescere, in termini numerici, soprattutto con la decolonizzazione.
- La nascita dell’Ica avvenne in piena guerra fredda. Un archivista ungherese lasciò l’impronta
nell’organizzazione, neolaureato, aveva appena iniziato a lavorare per gli Archivi di Stato del suo
paese, fin quando la repressione sovietica lo costrinse a prendere la via dell’esilio. Lavorò nel
consiglio nazionale degli archivi a Parigi, ne divenne il segretario generale, carica lasciata nel 98. La
tecnicità del lavoro archivistico ha influito nella capacità di resistere alla politicizzazione durante
tutto il periodo della guerra fredda.
I congressi dell’Ica si tenevano ogni 4 anni; a partire dagli anni 60, l’attività dell’Ica era associata a quelle di
strutture professionali come sezioni e comitati e rete di 9 sezioni regionali incaricate nel programma per il
Terzo Mondo. L’ICA creò gruppi di lavoro sulla microfilmatura e sulla terminologia archivistica: nel 1968
nacque il Comitato sul microfilm, seguito da quello dell’informatica, sulla conservazione e restauro e sulla
formazione professionale. Le sezioni regionali hanno iniziato a essere costituite a partire dal 1968- la loro
nascita si deve all’archivista ungherese. QUINDI IN PIENA GUERRA FREDDA, L’ICA SI MUOVEVA IN UN
AMBITO DELLA VALENZA POLITICA MOLTO FORTE. Ai paesi del Terzo Mondo o quelli che stavano per
ottenere l’indipendenza, bastava trasmettere loro l’esperienza e le competenze acquisite in ambito
archivistico. I problemi sorsero quando si innestarono quelli finanziari, che si sono rilevati un ostacolo ai
progetti di assistenza. Ica vive di quote dei soci, non ha mai avuto risorse per sostenere grandi progetti in
proprio. Anche il sostegno dell’UNESCO fu modesto- fino alla metà degli anni 60, i fondi UNESCO furono
destinati al 50% alle attività di 2 unità mobili x la microfilmatura e per il restante 50 suddivisi tra missioni di
esperti e borse di studio per archivisti dei paesi in via di sviluppo, affinché potessero ricevere una
formazione all’estero. Era necessario creare centri di formazione in loco per incentivare la formazione di
questa “fetta” di archivisti. Un altro contributo dell’ICA allo sviluppo archivistico nei paesi di recente
indipendenza fu la pubblicazione di manuali e altri testi di archivistica.
ACCORDO ICA-UNESCO nacque un’altra importante iniziativa editoriale, concepita nel 1958 e
realizzata nei secoli successivi: un monumentale censimento delle fonti archivistiche relative alla
storia dell’America Latina, Africa e Asia conservate negli Archivi europei e nordamericani. Tra il
1958 e il 1984 sono stati pubblicati 60 volumi, a cui è stato dato il titolo collettivo di “Guida alle
fonti per la storia delle nazioni”- il titolo ricorda la crisi del paradigma nazionale.
LE FONTI ARCHIVISTICHE erano in gran parte disperse in Occidente, sia perché le potenze coloniali, al
momento della decolonizzazione , si erano portate via archivi prodotti localmente, sia perché i
ministeri delle colonie dei governi metropolitani avevano prodotto importanti corpus documentari
relativi alla storia delle colonie.
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La rivoluzione informatica investì in pieno gli archivi, determina la standardizzazione della descrizione
archivistica. I primi tentativi giunsero dal Canada, UK e USA- sistemi informativi che misero in evidenza
una mancanza di coerenza nelle pratiche di descrizione archivistica. Si passò ai sistemi complessi che
descrivevano la pluralità di fondi.
La fine della guerra fredda ha permesso all’ICA di muoversi su di un terreno più esplicitamente
politico, senza timore di strumentalizzazioni o di essere percepito come lo strumento di un blocco
contro l’altro.
Al tema, ARCHIVI E DIRITTI UMANI , l’ICA si riunì a Città del Capo nel 2003,2004 e 2008- dove
l’argomento era cambiato, si discuteva dell’archivio in quanto testimonianza della violazione dei
diritti umani- la cattiva gestione dei documenti può sfociare in violazione di un diritto umano: la
Dichiarazione universale del 1948 garantisce il diritto di nazionalità che viene violato se i registri di
stato civile sono lacunosi ; il diritto di proprietà che è facilmente violato se non si hanno efficienti
catasti; il diritto a una pensione che è violato se non si conserva memoria documentaria dei
contributi pensionistici versati.
Il decennio 2008-18 si caratterizza per un efficiente gestione degli archivi correnti e storici come
“precondizione essenziale” per la “certezza di un diritto, la trasparenza amministrativa e l’accesso
alle informazioni da parte dei cittadini”. L’ICA promuove il ruolo centrale degli archivi correnti e
storici nel proteggere i diritti degli individui degli stati , nel sostenere la democrazia e il buon
governo. Lavora per la gestione efficiente degli archivi come memoria documentaria delle nazioni e
delle società, e per la loro accessibilità più ampia del possibile da parte del pubblico.
La Dichiarazione è stata fatta propria dall’UNESCO nel 2011 – afferma nella premessa “ l’accesso
agli archivi arricchisce la nostra conoscenza della società umana, promuove la democrazia, tutela i
diritti dei cittadini e migliora la qualità della vita”.
Bisogna sottolineare che L’ICA NON SI E’ MAI OCCUPATA DELL’ACCESSO AGLI ARCHIVI CORRENTI, le
sue iniziative si sono concentrate solo sulla consultabilità degli archivi storici, ma è stato certo
influenzato da questi sviluppi politici e normativi.
L’ICA SI è DOTATO DI UN CODICE ETICO PER LA GESTIONE DEGLI ARCHIVI- gli archivisti italiani
devono rispettare un codice di deontologia professionale per quanto attiene la consultazione dei
documenti personali – lo impone la normativa della privacy. Il codice dell’ICA RIGUARDA TUTTE LE
SFERE DI ATTIVITA’ DEGLI ARCHIVISTI , approvato nel Congresso di Pechino nel 96, richiama al
dovere di garantire integrità agli archivi, proteggendoli da manipolazioni e di ordinarli e conservarli
secondo il metodo storico, li impegna a promuovere il massimo accesso possibile agli archivi nel
rispetto della privacy e aggiornare sistematicamente e continuamente le loro conoscenze.
- nata in concomitanza con la crisi degli Stati nazionali e il crollo del comunismo hanno portato alla fine del
Novecento a una riconfigurazione dei conflitti: le tradizionali guerre tra Stati e le rivoluzioni con una matrice
socialista hanno lasciato il campo a conflitti di tipo etnico. Questo ha posto i beni ad una situazione di
rischio ancora maggiore di quanto non avvenisse precedentemente. Nel conflitto su base etnica, i
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contendenti colpiscono intenzionalmente i simboli del nemico: basti pensare alla distruzione del ponte di
Mostar o della Biblioteca nazionale di Sarajevo.
- si tratta di TRAGEDIE CULTURALI, avvenute nel cuore dell’Europa, hanno spinto l’ICA , assieme ai suoi
omologhi nel campo delle biblioteche, dei musei, dei monumenti, degli audiovisivi a fondare una sorta di
Croce rossa per i beni culturali: LO SCUDO BLU, che ha scelto come nome ed emblema-simbolo adottato
dalla Convenzione dell’AIA per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato del 1954 per
identificare i beni culturali immobili sotto la protezione speciale.
Dopo il terremoto ad Haiti del 2010 , lo Scudo Blu ha inviato nell’isola specialisti di diverse aree della
conservazione dei beni culturali , mentre nel 2009, dopo il crollo dell’archivio municipale di Colonia ha
organizzato squadre di archivisti volontari che dessero aiuto ai colleghi tedeschi. Gli sforzi fatti del recupero
dei documenti negli archivi dell’Iraq in occasione della guerra, si rivelarono vani.
Capitolo 16: CITTA’ DEGLI ARCHIVI, ARCHIVI TERRITORIALI: NUOVI MODELLI DI CONSERVAZIONE
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