Il documento
Se vengono spogliati dal vissuto cui noi li associamo, gli oggetti entrano in una visione ed
in una prospettiva deformate. È possibile passare da dato della realtà che ci circonda
attraverso la memoria orale o personale che abbiamo per l’informazione, ma nel momento
in cui non c’è più memoria personale occorrono i documenti. Il documento serve per
comprendere la nostra realtà attuale, per la comprensione delle realtà storiche che ci
hanno preceduto e per l’informazione e conoscenza delle società future. L’importanza dei
documenti è legata alla vita di chi li produce, e in particolare alla vita giuridica in quanto
testimoniano un fatto. In un secondo momento questi documenti diventano
testimonianza storica e il documento assume valore preminente storico.
es : Mostra di Losanna
Gli archeologi ipotizzano che nel 4mila d.C. le nostre società non scrivendo più su supporti
istruttori che si mantengano, perderemo i dati. Quindi non esisteranno che frammentari
oggetti di metallo, vetro ecc. Questi oggetti privati dalle fonti primarie descrittive ossia dei
documenti non avranno alcun riferimento e non si saprà a cosa servivano. Il documento
serve quindi per la comprensione della realtà attuale ma anche per la comprensione
delle realtà che ci hanno preceduto. Nel documento archivistico ci devono essere due
soggetti (es: il trattato di pace tra la città di Ebla e un altro attore). Il documento ha un
valore limitato nel tempo e ha un valore storico, es. scoperta di fascicoli che trattano di un
concorso pubblico del 1700, questi fascicoli hanno un valore storico. Alcuni documenti di
archivio mantengo nel tempo la loro attestazione di natura giuridica (es. acquisto di un
castello nel 1600 redazione di un atto di vendita che ha rilevanza anche oggi).
L'Archivistica —> si occupa del documento di archivio in senso lato. Gli archivi hanno
ancora qualche problema di conoscenza. L’archivistica non solo è una scienza, ma anche
un’attività, esistono gli archivisti che compiono una seria di attività sui documenti di
archivio. In senso stretto è un’attività molto antica che ha per oggetto la conservazione e
gestione della memoria scritta da parte di soggetti vari, pubblico e privato, sia le persone
che qualsiasi attività privata. L’archivistica è divenuta anche una disciplina che si occupa
di chiarire la natura degli archivi, ossia il riconoscimento di un insieme di documenti che
sia un archivio o meno, le modalità e procedure di informazione, i principi di
organizzazione per es nel periodo medioevale comunale era un’attività maggiormente
controllata, i criteri di conservazione, la tutela e la fruizione perché gli archivi sono beni
molto estesi devo essere fatti conoscere e fruiti. L'Archivio —> è solitamente individuato
come luogo polveroso, abbandonato, ma non è così in quanto contiene i documenti. Per il
codice dei bc l’archivio è un bene culturale dal suo nascere nonostante sia diverso dal
museo e dalla biblioteca perché: l’archivio non è un deposito, ma è l’insieme dei
documenti e anche il luogo e l’edificio di conservazione. Gli archivi non sono raccolte di
documenti, perché il concetto di raccolta sottolinea la volontarietà, si basa su un vincolo
volontario (decidi tu se raccogli qualcosa del 19 secolo ecc). Il vincolo volontario si attua
nelle raccolte museali e bibliotecarie. Non sono assimilabili alle biblioteche anche per un
altro fattore, perché i documenti sono unici. Quindi, nell'archivistica non sussiste il
concetto di volontarietà , ma sussiste il concetto di unicità dei documenti, mentre, nel
concetto di biblioteca c’è il concetto di pubblicazione e della riproducibilità.
Quindi come possiamo definire l’archivio nel senso della scienza archivistica?
In archivio ci sono diversi materiali, come libri mastri di contabilità, testamenti, elenco degli
ecclesiastici con precise informazioni, diplomi, disegni, mappe, manifesti pubblicitari,
miniature, sigilli, pergamene ecc.
Archivio di concentrazione —> stabile che contiene più archivi, esempio l’archivio di
Stato. Rappresentazione per lo più scrittoria coincidente con la memoria delle azioni e dei
comportamenti dei soggetti collocata su supporti di diversa natura.
La memoria di un fatto, ovvero il documento che lo rappresenta può avere vari aspetti:
• Pergamena
• Carta
• Stoffa
• Pellicole fotografiche
• Pietra
• Papiro
• Metallo
• CD, memoria hardware
Il documento d’archivio ha bisogno di codici per l’accesso(per capire cosa c’è scritto) e la
sua fruizione.
Conoscenze specifiche
Esistono vari tipi di soggetti produttori, in linea generale due grandi categorie :
1. soggetti pubblici :
• Amministrazioni pubbliche statali che possono essere centrali (ministeri) o periferiche
(prefetture, università). Es.: Archivio storico del Senato, Archivi di Stato (contengono i
documenti attenenti allo stato e quindi le funzioni che esercita la repubblica italiana).
• Enti territoriali ovvero enti pubblici che non sono emanazione dello Stato e che
amministrano un territorio (es. regioni, province, comuni, città metropolitane) —> questi
non portano i loro archivi storici nell’archivio di Stato, ma li conservano, quindi sono per
legge obbligati a costituire una sezione separata d’archivio. Es.: Archivio storico
comune di Rovato.
• Amministrazioni pubbliche non statali e non territoriali(opere pie e assistenziali,
ospedali, consorzi pubblici vari) Es.: Archivio storico settore politiche sociali della
provincia di Milano (ex brefotrofio), archivio storico Istituto degli Innocenti di Firenze.
2. soggetti privati :
• singole persone fisiche (es. Archivio di Salvatore Quasimodo ovvero documenti che il
poeta ha scritto con rilevanza esterna)
• singole persone giuridiche
• famiglia (archivio storico della famiglia Borromeo)
• impresa (archivio storico Enel, Archivio storico Alfa Romeo, Archivio storico Breda) -
associazione
• sindacati (Archivio storico del lavoro—> archivio di concentrazione che contiene una
documentazione sulla storia di tutte le operazioni svolte dalle CGIL)
Gli archivi piú antichi : Gli archivi reali di Ebla (Siria)
Il medio oriente è terra di scoperte archeologiche clamorose. Sono state ritrovate nel 1964
dall’Università La Sapienza tavolette d’argilla del III millennio a.C. nell’odierna Tell Mardik
nella Siria settentrionale.
Nel 1975 sono state ritrovate 17.000 tavolette risalenti tra 2500 e 2000 a.C. in caratteri
cuneiformi in alfabeto eblitico presso il Palazzo Reale. Tra il 1973-1985 venne esplorato il
palazzo reale del periodo proto siriano, seguirono poi le indagini della città bassa, della
necropoli, del tempio e del palazzo meridionale, del palazzo settentrionale e di quello
occidentale : strutture collocabili intorno al 2000 1600 a.C. Ebla aveva strutture di controllo
territoriale articolate, un’organizzazione militare e intratteneva relazioni internazionali con
gli stati e regioni meridionali dall’Egitto all’Afghanistan.
Il terrapieno che costituiva la cinta muraria era largo fino a 60m e alto tra i 18 e 22m sul
livello della campagna. La scelta del luogo della città fu determinata probabilmente da una
situazione favorevole per l'approvvigionamento dell'acqua, per la conformazione del suolo
che permetteva la risalita delle acque sotterranee. Si distinguono una cittadella arroccata
e ulteriormente difesa e una città più bassa. Nella cittadella erano collocati gli edifici
pubblici. Nella città bassa edifici pubblici di minor importanza, templi, case private.
L’ingresso alla cittadella era costituita da una lunga scalinata che arrivava alla corte delle
udienze. Il palazzo reale era un complesso di fabbriche architettoniche che componevano
un sistema ampio di edifici e quartieri. La sua superficie non era inferiore ai 20.000m2. La
corte delle udienze (area porticata a cui accedevano i cittadini) doveva essere lunga 60-65
m e larga 35-50 m. L’altezza dei porticati era intorno ai 5-7 m e nella vicinanza della sala
delle udienze erano collocati gli archivi, questo perché per giudicare qualcosa ed emettere
una sentenza si aveva la necessità di avere i documenti di cosa era successo.
Eccezionale struttura degli archivi di Ebla —> sono stati individuati 4 archivi (3 di
conservazione, 1 informazione) : piccolo archivio, grande archivio , vestibolo, archivio
trapezoidale.
I testi degli archivi, che riguardano tre re che si sono succeduti per circa un cinquantennio
sul trono sono in maggioranza documenti economici e amministrativi, analitici e sintetici,
anche mensili e annuali, che registrano entrate e uscite dal Palazzo. Analizzando questi
documenti è stato anche possibile ricostruire aspetti particolari della vita di Ebla e del suo
territorio, come le fiere e i mercati, che avevano luogo in villaggi della regione di Ebla, o le
guerre che la città combatté, soprattutto contro Mari.
Negli archivi sono state rinvenute migliaia di tavolette in scrittura cuneiforme, che hanno
dato origine a 17.000 numeri di inventario dei documenti precedenti al 2300 a.C. Non si
tratta di un archivio che abbraccia un grande periodo temporale ma è l'archivio che
documenta la vita di alcuni decenni del centro urbano di Ebla, quando la città pass da
città Stato, con un controllo territoriale circoscritto, a città imperiale o proto imperiale, con
un controllo sul territorio molto maggiore. Tutti gli archivi maggiori e minori erano in attività
al momento della conquista della città, del sacco del palazzo e della sua distruzione. Si
tratta quindi di un archivio corrente e, in parte, di un archivio di deposito. In alcune
stanze sono stati infatti trovati alcuni pani di argilla pronti per essere scritti, probabilmente
tenuti umidi con stracci bagnati per poter scalfire la superficie più facilmente.
Sono stati trovati gli strumenti scrittori, stili di osso e uno strumento con un'estremità
appuntita e l'altra piatta che doveva servire come cancellino.
Nel grande archivio erano collocati scaffali in legno (che non si sono conservati
ma si sono tuttavia rinvenuti le tracce del loro inserimento nelle strutture murarie)
Le tavolette avevano una particolare disposizione:
• Quelle a con i bordi piatti di dimensioni medio-grandi erano allineate in file parallele in
verticale, disposte in modo parallelo lungo gli scaffali.
• In ceste erano collocati invece alcuni pani di tavolette contabili.
• Le tavolette medie con i bordi tondeggianti erano poste di piatto sui ripiani degli scaffali.
• Le tavolette molto grandi con i bordi piatti e schiacciati erano appoggiati contro le pareti
sotto gli scaffali.
La diversa tipologia documentaria è collocata in diversi archivi —>Se ne deduce che
ogni archivio avesse una funzione particolare.
Si deduce dalla lettura delle tavolette che nel piccolo archivio i testi erano tenuti per un
tempo relativamente breve, come anche nell'archivio trapezoidale, in questi due
archivi erano conservati anche altri oggetti. Il vestibolo non era un luogo di
conservazione, ma di redazione dei documenti. Il contenuto principale si riferisce alla
distribuzione e al conteggio di cereali, pane, olio, malto, alle assegnazioni di razioni al
personale del palazzo. Il grande archivio fungeva anche da biblioteca. Conteneva
documenti amministrativi, contabili, testi letterari, testi lessicali, esercizi degli scritti. Nel
grande archivio si trovavano anche i rendiconti mensili.
Non si riscontrano manomissioni intenzionali dei documenti; ossia, coloro che hanno
distrutto la città di Ebla imperiale non hanno avuto interesse a toccare gli archivi.
I documenti hanno dimensioni abbastanza costanti dai 18 ai 21 cm (tavolette medie) o
dai 21 ai 22 (tavolette grandi) e lo spessore è di circa 3-4 cm al centro e 1,52 cm al
bordi.
La tipologia dei testi è molto varia :
• La maggior parte dei testi ha carattere economico e si riferisce alla contabilità della
struttura organizzativa del governo centrale. Il contenuto principale si riferisce alla
distribuzione e al conteggio di cereali, pane, olio, malto, alle assegnazioni di
razioni al personale del palazzo, soprattutto femminile, incaricato della filatura,
della tessitura, della macinazione dei cereali.
• Una quantità consistente di testi è di carattere lessicale con liste monolingui e bilingui di
parole.
• Una certa quantità di documenti è costituita da leggi e trattati con altri stati, decreti e
lettere imperiali.
• È limitatissimo il numero dei testi di carattere letterario. Quindi il luogo si identifica come
un archivio e non come una biblioteca.
• Altri documenti riguardano la distribuzione ai funzionari di oro e di argento, di oggetti
pregiati, oli e profumi.
Tutto ci era collocato nel piccolo archivio.
Molto più omogeneo il carattere dei testi scoperti nel vestibolo, trattandosi di lettere e
decreti reali.
Altri archivi antichi
Ebla non è l'unica città che ha fornito grandi archivi che hanno permesso la ricostruzione
di queste antiche civiltà dell'età del bronzo, sono famosissimi e conosciuti i ritrovamenti in
Mesopotamia, dei palazzi reali e dei relativi archivi : Ninive —> con tre nuclei d'archivio, e
30.000 tavole, conservati al British Museum di Londra. Era un archivio biblioteca in quanto
aveva 5mila testi letterari. Il più antico documento relativo a Ninive è del 2280 a. C. Dai
palazzi provengono le 24 mila tavolette della celebre biblioteca di Assurbanipal, di
fondamentale importanza per la conoscenza della letteratura mesopotamica. Uruk—>
definita “prima città della storia” 3200-1900 a.C. Ugarit
(Siria) —> datato al 13º secolo a.C. era un palazzo composto da 90 “stanze”, nei locali
adibiti ad archivio esistevano vari uffici molto più delineati come gli uffici di cancelleria, di
produzione de documenti ecc, ognuno aveva delle specifiche competenze. La lingua dei
documenti era l'accadico, l’hurrita e l’hittita. Palazzo di Mari —> sulla riva destra
dell’Eufrate, oggi al confine con l’Iraq. Fu uno dei poli della civiltà mesopotamica tra il 3°
millennio e il 18° secolo a.C. Si distinguono tre fasi:
La fase antica (2900-2650 a.C.) con pianta circolare e circondata da un terrapieno.
La fase II (2550-2220 a.C.), nella quale Mari si arricchì di templi e di un palazzo regale (il
più maestoso tra quelli noti di questo periodo).
La fase III (dal 2220 a.C.), alla quale risale il palazzo reale, che ha restituito pitture murali,
statue e migliaia di tavolette d’argilla incise con caratteri cuneiformi in lingua accadica,
l’archivio del re Zimri-Lim, contemporaneo di Hammurabi. Palazzo di Hattusa (Turchia
anatolica)—> Con più di 30.000 tavolette cuneiformi riportate alla luce, Hattusa
rappresenta il sito dal quale provengono la maggior parte delle attuali conoscenze sulla
civiltà ittita oltre che notevoli testimonianze sulla situazione di tutto il Medio Oriente.
Queste tavolette comprendono testi di natura molto varia (diplomatici, amministrativi,
religiosi, tecnici, legali, ecc.) e sono compilate in diverse lingue, che riflettono il carattere
multietnico dell'impero ittita: accadico (la lingua della Mesopotamia di quei tempi), hurrita,
e altre lingue di popoli dell’Anatolia. La scrittura era nel sistema cuneiforme
mesopotamico. Numerosissimi testi anche nelle case private e non solo negli edifici
pubblici. La fabbrica del palazzo reale era estesissima.
Da tutto ci possiamo quindi capire come gli archivi siano cardine dell’attività
amministrativa, politica, economica di una società civile.
Il termine “archivio” deriva dal termine greco archái, in Grecia gli archai erano i magistrati
che amministrano la cosa pubblica attraverso la redazione di documenti.
Dal termine archai deriva il termine archeion ovvero l’archivio inteso come insieme di
documenti e dal quale ha poi preso vito il termine latino archivum.
Nella storia della società greca classica gli archivi erano collocati in luoghi sacri in quanto il
documento testimonio l’attività non solo del singolo, ma della città stato, e quindi devono
testimoniare la verità e di fatto devo collocarlo in un luogo sacro che non può dar adito a
falsificazioni quindi veniva posto in templi e santuari così si conferiva sacralità all’archivio
e non solo autenticità.
Erano previsti anatemi su chi danneggiava e falsificava i documenti.
Gli archivi contenevano non solo le memorie degli eventi pubblici e la legislazione, ma
anche degli atti privati come testamenti, doti, contratti ecc. perché i documenti contenuti
nei templi e santuari conferivano sacralità e quindi verità.
Purtroppo non ci sono giunti i documenti degli archivi classi in quanto i papiri, il materiale,
su cui erano scritti, erano molto fragili e deteriorabili nel tempo, uniche testimonianze sono
due archivi molto ridotti : Archivi di Locri e archivio di un banchiere di Pompei.
I testi letterari essendo testi sono stati scritti e riscritti più volte a man a mano che il
supporto si consumava, mentre in una concezione dei documenti di archivio al suo
nascere, senza l’esistenza di una scienza archivistica i documenti che non si leggevano
più e non erano più utili non venivano più ricopiati, non hanno pensato all’archivio storico.
Dalla seconda metà del IV secolo a.C. viene istituito il primo Archivio di Stato
dell’età classica ad Atene che contenga leggi, atti processuali ecc., questo archivio era
pubblico e questo mostra come sia un passo avanti verso ci che noi oggi riteniamo
archivio.
Con questo gli archivi entrano nella storia della cultura occidentale, si inizia ad
usufruire dell’archivio per fare storiografia. Se nella Grecia classica gli archivi assumono
una funzione pubblica e sacra, nella Roma gli archivi diventano anche lo strumento
fondamentale per storici, studiosi e giuristi.
Età romana
La redazione dei documenti privati. Nelle corti imperiale e regia e in quella pontificia, i
documenti erano prodotti dalle cancellerie, secondo standard intrinsechi ed estrinsechi
ben definiti. Nel documento privato notarile non esiste una simile compattezza e
organicità. Il notariato in Italia si originò e si diffuse con estrema varietà: a Genova la
corporazione notarile si diede degli statuti già nel 1197, a Milano invece, il primo statuto
dei notai risale al 1397. Gli statuti imponevano un certo modus operandi per il notaio,
conferendo organicità alla produzione notarile di una determinata città. Il notaio romano in
epoca repubblicana e in età imperiale non tarda (notarius o scrinario) era uno stenografo
che esercitava la professione presso privati oppure in ambito pubblico. Verso la tarda età
imperiale, i notarii si riuniscono in scholae. Con la nascita della Chiesa strutturata, in
epoca imperiale a Roma, anche le istituzioni ecclesiastiche cominciarono a dotarsi di
questi scrivani per la redazione della documentazione ufficiale. Il notarius, però, non aveva
alcuna funzione giuridica e non rogava mai contratti per i privati. Le figure che si
avvicinavano maggiormente al notaio erano, invece, chiamati tabelliones. Anche costoro,
come i notarii, erano organizzati in collegi e il loro status fu poi regolato nel Corpus iuris
civilis dell'imperatore Giustiniano. La situazione mutò a partire dalla fine del VI secolo
quando i Longobardi invasero la Penisola occupandone gran parte.
Nel corso dei secoli VII e VIII, si assistette a una differenza del sistema di redazione dei
documenti: nei territori rimasti sotto il controllo bizantino, i tabelliones continuarono a
esercitare, in quelli longobardi i collegi dei tabelliones scomparvero e si assistette alla
lunga genesi che avrebbe poi portato alla nascita dell'istituto del notariato. Si incontrano i
professionisti, perlopiù appartenenti alla popolazione romana e spesso allo stato
ecclesiastico che assumono il titolo di notarii, come già gli scribi privati dell'età romana. La
figura del notaio assunse una prima fisionomia di persona dotata di publica fides sotto
l’impero carolingio.
Il presupposto dell'ottenimento, da parte del notaio, di quella publica fides conquistata nei
secoli XI-XIII, consisteva in un lungo iter che portava il notaio ad avere una solida
formazione culturale e il superamento di una serie di passaggi burocratici volti alla sua
identificazione in questa professione:
La creatio notarii
L'immatricolazione.
Accertate queste premesse, l'aspirante notaio doveva essere alfabetizzato nelle scholae,
pubbliche o cattedrali, di insegnamento primario, o a livello di apprendistato famigliare.
Successivamente l'aspirante notaio si recava presso un altro notaio per seguire un
periodo di apprendistato, basata essenzialmente sullo studio dei formulari e dei documenti
e protocolli dei colleghi notai. Tramite lo studio l'apprendista entra in contatto con il latino
giuridico basato su precise formule, ovvero frasi già parzialmente precostituite, da adattare
alle singole fattispecie dei negozi giuridici che, grazie alla rinascita del diritto romano a
opera dell’Università bolognese, vengono poi raccolte in veri e propri formulari a uso dei
notai. Conclusasi la formazione, l'aspirante notaio doveva ottenere la publica fides, dalle
autorità preposte, l'imperatore, il pontefice e soggetti ad hoc deputati dai primi due, i conti
palatini, alcuni vescovi e infine i Comuni, quando questi ultimi furono riconosciuti come
enti autonomi soggetti all'autorità imperiale in seguito alla pace di Costanza del 1183. Per
praticare, infine, era necessario verificare le effettive competenze grammaticali e
giuridiche. Questo compito era preso dalle istituzioni che assumevano poi i notai, ovvero i
Comuni e le diocesi, oppure dai collegi delle corporazioni notarili. La modalità d'esame del
candidato differiva secondo la categoria a cui quest'ultimo aspirava: …pro secundo notari.
Era il grado più basso e il "secondo notaio" poteva soltanto redigere alcuni documenti …
pro notario ad omnia. Era il grado che concedeva al notaio di rogare qualsiasi tipo di atto e
si poteva accedere soltanto dopo aver superato l'esame precedente. Il candidato doveva
essere in grado di utilizzare il linguaggio tecnico notarile, conoscere la grammatica e
rispettare le forme giuridiche.
Il documento privato
(Ego ….. scripsi, post traditam [chartam] complevi et absolvi). La formula della completio
appare per la prima volta nelle carte alla metà del sec. VI e diventa di uso generale, non
solo in tutto il territorio bizantino, ma anche in quello tosco-romano e in quello longobardo.
Con la completio la carta non ha più soltanto un valore probatorio, ma anche un valore
costitutivo, in quanto il negozio giuridico sorge e si perfeziona con il compiersi delle
formalità della traditio chartae. Le carte si redigevano secondo formularî fissi. Per il
territorio longobardo si aveva il cosiddetto Chartularium Langobardicum, raccolta di 15
formularî contenenti le parole formali che le parti dovevano pronunciare davanti al notaio
perché il negozio giuridico fosse valido, esso è un prodotto dell’ VIII secolo. Verso il
principio del sec. VIII nel territorio longobardo si introducono nella redazione della carta
altre modifiche destinate ad assumere grande importanza. Nel detto territorio era meno
facile che nel romano, trovare testimoni in numero sufficiente che sapessero scrivere. Fu
ammesso prestissimo che anche i testi, come l'autore dell'azione, potessero sottoscrivere,
mediante un segno di croce, che il notaio dichiarava come signum manus, fatto da quella
tal persona a cominciare dal sec. VIII si capisce che il signum manus è scritto dallo stesso
notaio. Questo fatto, col tempo, quando le sottoscrizioni autografe si richiesero solo agli
ecclesiastici, ai notai e ai giudici, permise al notaio di scrivere tutto l'atto coi signa manuum
senza che le parti ritornassero presso di lui per le formalità della completio. Si hanno col
sec. XI. Quando ciò avviene la completio non è più che una finzione, come sono una
finzione i signa manuum. Il momento in cui si perfeziona il negozio giuridico è quello in cui
le parti incaricano il notaio della redazione dell'atto, e il notaio scrive quegli appunti in
forma di breve (imbreviare, imbrevintura) che gli serviranno per stendere poi gli atti nella
forma definitiva. subito dopo, anche per effetto del risorto studio del diritto romano,
appaiono i primi esempî di documenti di un nuovo tipo. Danno notizia in forma oggettiva
dell'avvenuto negozio giuridico, omettono qualunque sottoscrizione dell'autore dell'azione
e indicando i nomi dei testimoni senza signum manus: interfuerunt ibi testes. Questo è
l'instrumentum notarile, che dominò in Italia fino al XVIII secolo avanzato.
Narratio: contiene la narrazione delle circostanze che hanno dato origine al negozio
giuridico espresso nel documento
La dispositio e la narratio sono le due formule che hanno per lo storico il maggiore
interesse.
3. sottoscrizione dello scrittore del documento o degli ufficiali di cancelleria incaricati della
redazione di esso.
Nel periodo comunale il notaio acquista in modo definitivo questo suo status giuridico, cioè
quello che un notaio che ha passato l’esame ed è stato approvato.. assume la sua
fisionomia caratteristica di professionista che ha fede pubblica in quello che scrive, quindi
personalità giuridica tanto che in tutti gli statuti medievali, i notai che falsificavano i
documenti venivano puniti con l’amputazione della mano destra. In periodo comunale è
colui che ha in mano le “sorti giuridiche” del comune e delle società governate dai singoli
comuni perché sono i notai che redigono gli statuti e le norme e i documenti ufficiali e che
li conservano e hanno il compito di fare gli archivisti, quindi figura importante per la tenuta
dei doc di archivio perché sono i caposaldi su cui si regge l’autorità del libero comune.
Il comune medievale
Forma di governo locale che si attua dopo il mille, quindi epoca basso medievale, in vaste
aree dell’Europa occidentale. Non è un fenomeno solo italiano, ma si è generato dall’Italia
centro settentrionale verso la fine dell’XI sec, sviluppandosi poi in alcune regioni della
Germania, Fiandre, anche in Francia, Inghilterra e nella penisola iberica con forme e
modalità diverse. Il fenomeno in Italia si esaurisce nella prima metà del XIV secolo perché
si modificano gli equilibri politici di quasi tutte le città che sperimentano nuove forme di
governo. Dopo due secoli da forma consolare a quella podestarile. Nel primo caso vi era la
collegialità, nel secondo la podestà con pieni poteri. Da qui si svolge la signoria cittadina,
dove il signore detiene le redini di ogni tipo di potere. Tra la fine del XI e del XII il comune
di sostituisce all’autorità costitutiva. In itala si sono succeduti del 900 in poi i cosiddetti re
d’Italia, signori locali che si autonominavano ma il potere nominalmente era nelle mani
dell’imperatore e di qui ci furono le lotte con i comuni. All’inizio di questo fenomeno
l’istituzione comunale è governata da consoli su esempio della rep romana, ma coadiuvati
da un consiglio maggiore che tratta gli affari ordinari e consiglio minore, sorta di curia per
trattare alcuni particolari e riservati affari.
I magistrati : i consoli
I consoli prestavano giuramento di fedeltà davanti alla cittadinanza elencando i propri
obblighi che, insieme a consuetudini scritte e leggi approvate dal Comune, formarono le
prime stesure di Statuti cittadini. Durante il loro operato redigevano il Beve , una sorta di
elenco.archivio in cui erano riportate tutte le opere pubbliche intraprese. La prima forma di
governo fu quella consolare : il potere veniva affidato per un anno a magistrati scelti dalla
comunità, che sul modello romano erano chiamati consoli e il cui numero variava a
seconda dei periodi e dei Comuni. I primi consoli erano testimoniati per la cittá di Pisa nel
1805. Alla fase consolare seguì una fase
podestarile : il podestà era funzionario di mestiere, che riassumeva i compiti dei consoli
precedenti. Essi erano veri e propri professionisti, con compiti ben definiti e stipendiati dal
Comune, la cui preparazione veniva acquisita con lo studio del diritto nelle università. Si
rafforzò la funzione notarile perché si decise che il podestà dovesse essere forestiero
perché il comune come governo non è assimilabile ad una città stato classica, ma
rappresenta un conglomerato di poteri minori, di solito incarnati nei nobili e clero.
Insieme alla nascita degli statuti del comune, nascono poi gli statuti delle arti e mestieri
che raccolgono tutte le indicazioni e gli obblighi, i diritti per coloro che aderiscono ad una
determinata arte in senso mestiere: statuti dei tessitori, dei muratore ecc.
La produzione dei documenti avviene dopo la liberalizzazione dei diritti cittadini con la
pace di costanza nel 1183. La redazione degli Statuti era un coacervo di norme che
provenivano dal diritto romano e dal diritto consuetudinario. Nel diritto consuetudinario
ricadevano le norme del buon vivere civile, non si tratta solo di codici, ma anche di
consuetudini e viene fuori la vita delle città medievali con una chiarezza e
puntualizzazione: la vita quotidiana.
E’ con la redazione di questi statuti che il notaio assunse il definitivo assetto di persona
pubblica che era in grado di assumere su di sè la capacità di attribuire ad uno scritto la
sua forza giuridica. Per fare ciò il notaio si richiama all’autenticazione della sua
professione con delle formule antiche in cui diceva di essere il notaio di palazzo, poi notaio
pubblico per autorità imperiale che non era più l’autorità conferita della corte imperiale, ma
era l’autorità che i comuni ritengono di avere a seguito delle concessioni avute nel 1183,
quindi i notai divennero pubblici notai. In questo periodo si forma la struttura del
documento come strumento notarile (instrumentum) che rimase invariata e veniva
utilizzata per tutto l’antico regime. Comparse l’identificazione del rogatario, cioè il notaio
che richiama all’antichità classica, mediante l'adozione del segno personale del notaio
(signum tabellionis) e la redazione del testo in tutte le sue componenti formularie. L'
Imbreviario del notaio che si legava con la storia degli archivi era l'insieme di note nel
notaio quando venivava richiesto per svolgere i suoi compiti. Il notaio prendeva appunti,
non redigeva davanti ai contraenti il suo documento. Aveva talmente grande autorità
giuridica che prendeva appunti, li portava nello studio per redigere i documenti ufficiali. Da
allora in poi il notaio assunse le caratteristiche che ha ancora oggi. In questo periodo di
formano archivi dei comuni pubblici, ma anche gli archivi privati dei singoli notai che
mantengono i cumuli delle loro annotazioni. La forma più consueta di conservazione era
la filza (documenti infilzati). Il notaio aveva a disposizione una tavoletta con spuntone. Una
volta che i due originali erano redatti, l’annotazione veniva conservata in questo modo.
Una volta terminata la filza, i documenti venivano raccolti con ago e filo. E’ uno dei primi
strumenti di conservazione di archivi. Ancora oggi quando inventario, dobbiamo indicare
se la documentazione era conservata in filza. Anche nei comuni venivano conservati così,
perché in essi agivano i notai. La professione personale dei notai veniva
ad incontrarsi con la cancelleria comunale come funzionari di pubblica fede all’interno
degli uffici comunali. Questa cosa conferiva sempre più autorità e potere al notaio. Il
comune utilizzava i notai, perché erano persone che conferissero autorità ai documenti.
Gli statuti
Ci sono vari periodi di redazione degli statuti :
- Il primo piano cronologico di redazione è quello originario che nasce dalla fine del XII
(1183) a tutto il XIII che vide le cdomunità cittadine, guidate dai ceti aristocratici, darsi gli
statuti come strumenti normativi;
- Il secondo quello conseguente all'ascesa economica, politica e sociale dei ceti popolari
(metà XIII- inizio XIV secc);
- Il terzo quello in cui si prese atto del consolidamento degli assetti regionali e delle relative
subordinazioni (XIV-XV secc), congelando gli statuti nel loro valoro emblematico o
pieganodli ad affrontare le questioni pratiche e minute.
Il liber statutorum o lo statutum cittadino, si presenta spesso come l'emblema dello ius
proprium civitatis e dell'autonomia comunale in contrapposizione al diritto e al potere
imperiale. Su esso giurano fedeltà al comune i suoi diversi reggitori prima di entrare in
carica. Il liber staturoum è una semplice raccolta del diritto cittadino, come diritto speciale
locale può anche applicarsi per primo rispetto ad altre fonti, ma presuppone sempre i
concetti del diritto comune generale. Esistono anzi del limiti : gli statuti sono validi solo se
sono contrari al diritto divino e al diritto imperiale e comune. Per i giuristi dell'epoca non fu
agevole la ricostruzione del fondamento dello ius statuendi in capo al comune, proprio
quando la riscoperta del diritto giustinianeo con l'esplosione dell'insegnamento
universitario concentravano l'attenzione sulla lex imperiale e sul diritto comune. Si
sostenne allora che, poichè con la pace di Costanza del 1183 Federico I barbarossa
aveva consentito che nelle cittàn si giudicasse "secundum mores et leges illius civitatis",
l'imperatore aveva ammesso l'esistenza di uno ius proprium civitatis. Questo inseriva lo
statuto entro la tradizionale duplicità delle fonti e di richiamare il potere unitario
dell'imperatore quale fonte del diritto secondo l'impostazione giustinianea. Il liber
statutorum aveva una certa organicità, suddiviso in parti, la prima conteneva le norme
sull'organizzazione comunale e le magistrature cittadine, seguivano le norme sullo
svolgimento del processo, sulla repressione penale, sulla materia fiscale e della polizia
amministraiva e rurale. La successione delle parti poteva cambiare.
Statuti bolognesi
Il primo archivio del Comune di Bologna fu la Camera Actorum, in cui erano conservati i
documenti delle magistrature del periodo comunale, che dal '300 ebbe la propria sede a
palazzo Re Enzo e che assunse poi la denominazione di Archivio Pubblico. Lo statuto di
Bologna si ebbe nel 1288. Al podestà si affiancano quattro giudici, coadiuvati da un
numero di notai, intorno alle 10-12 unità. Le accuse e le inquisizioni sono attribuite ai due
giudici dei malefici che si dividono i quattro quartieri urbani. Nel pieno Duecento la
scritturazione degli atti amministrativi e giurisdizionali direttamente su registro era ormai un
dato di routine. Ciascun ufficio dava origine a una documentazione seriale su registro, che
doveva essere consegnata nell'archivio pubblico a fine mandato. Di questo sistema si ha
un riscontro sintetico, di fondamentale importanza, nell'inventario della "Camara actorum"
del Comune, redatto a fine Duecento sulla base delle consegne dei registri all'archivio
pubblico. L'inventario non è solo una straordinaria operazione di ordine archivistico, una
delle prima dell'Italia comunale, ma è anche un indice prezioso del filo ideologico e
istituzionale che lega insieme la documentazione. La funzione dell'archivio era anche
quella di consultazione e non solo di conservazione. L'archivio comunale era infatti aperto
anche ai cives, che potevano consultare i registri e chiedere copia degli atti necessari a
definire i loro rapporti con l'istituzione.
Anche Firenze, già nel 1125, aveva leggi e statuti. V'era persino anche un embrionale
regolamento per l'archivista o custode, cui era imposto, colla responsabilità unica
dell'archivio, e col divieto di darne comunicazione altrui prima di averlo ordinato, l'obbligo
di esser presente per tutte le ore di servizio della camera e di permettere la visione e copia
degli atti ai richiedenti, gratis, fuorchè per la spesa della scritturazione, che ne avesse fatta
egli stesso. Simili dispozioni anche nel 1291 negli Statuti del Comune di Prato, dove si
precisa la tariffa della scritturazione, l'orario di servizio, la durata dell'ufficio e il divieto
triennale imposto alla rielezione del medesimo individuo. Del 1271 e del 1292 sono gli
ordini dati dal Maggior Consiglio di Venezia agli Avogadori di restituire i libri, di cui si
fossero serviti. E dal 1345 si trascrivono in volumi separati e segnati con lettere
dell'alfabeto alcune deliberazioni del Senato in materia segrata, da cui il titolo di Secreti
loro dato. Dal 1401 cominciano invece a indicarsi con i numeri i libri dei Consigli della
Quarantia. A Parma i libri del Comune erano affidati nel 1259 ai notari tascarum, cioè dei
sacchi, mentre i documenti sciolti erano consegnati al gubernator instrumentorum.
Collocazione in casse, cassapanche e contenitori diversi, senza divisioni interne. In sacchi
e contenitori simili per gli archivi viatori. Utilità degli armarii , che potevano essere suddivisi
internamente, contenere cassetti e ripiani, ove i documenti potevano trovara una
collocazione materiale corrispondente a una suddivisione anche per tipologia o contenuto.
(lunedì 11/11/19 Visita guidata all’archivio Museo Martinitte Stelline, corso Magenta 57)
L’archivio del comune di Bologna nel XIII secolo e il ruolo dei notai
L’archivio bolognese esisteva nei primi decenni del XIII secolo, nella prima metà del 1200.
Bologna all’epoca aveva una grande scuola di diritto nell’università di Bologna e questo ha
fatto in modo che il comune di Bologna fosse il primo comune che si occupasse dei propri
archivi ed inserisse nei propri statuti il ruolo dell’archivio e il ruolo dei notai perché erano
loro che facevano gli archivisti. Un massaro aveva l’incarico della ricezione e della mera
conservazione del materiale prodotto. Nel 1259 compare la figura del Notarius ad acta,
ossia particolari operatori, dotati di conoscenze e competenze specifiche (notai), cui erano
assegnati i compiti della gestione del materiale archivistico, in relazione alla funzione
notarile. Nel 1250 un tale Johannes era il Notarius ad acta comunis che doveva fare non
solo gli atti, ma doveva redigere il testo delle scritture dei notai delle podestà. Un podestà
aveva la sua cerchia di notai, che dovevano essere ordinati nello svolgimento dei loro
compiti, perché il loro incarico era di durata semestrale e serviva per le successive
generazioni. Si parla di Camara Actorum ossia la struttura che conservava i documenti.
Esistono non solo gli statuti del comune ma anche i memoriali dei camara actorum, dove
veniva descritta la funzione dell’archivista notaio. Il notaio che poteva redigere gli atti con
fede pubblica era in grado di conservare i documenti e aveva anche la capacità di
conoscere dove sussistesse il falso, questa caratteristica è importantissima perché lui
conosceva tutte le formule notarili e la forma esteriore dei documenti, per cui sapeva
riconoscere perfettamente eventuali tentativi di falsificazione e chi li avesse fatti, quindi,
questa figura assume sempre più importanza perché diventa insostituibile. All’università di
Bologna si iniziò a studiare la forma del documento, non solo le formule notarili. Si passa
quindi da un livello pratico ad un livello teorico, quindi ad ipotizzare la formazione del
documento, ossia, come deve essere fatto dal punto di vista esteriore. Si passa anche a
concepire nella teoria il fatto che un documento debba seguire determinate impostazioni
formali questo vale soprattutto per le cancellerie imperiale e per la curia papale. (Nella
cancelleria del papa i documenti assumono delle caratteristiche formali es. la “Bolla” ha la
prima riga tutta fiorita e all’interno ci sono una serie di simboli che vanno a certificare
l’autenticità del documento, quindi si passa ad un livello teorico, ossia questi documenti
sono veri perché fatti con una certa autenticità). Prima della camara actorum c’era la
massena con attività prevalentemnte conservativa, questo permetteva la concezione del
passaggio teorico, i notai a cui era stata data la facoltà di redigere il documento,
diventavano titolari di un potere che ha a che fare con la realtà e la gestione
amministrativa e politica, perché ottenevano così un riconoscimento politico. Gli studiosi
hanno ipotizzato la presenza di un arte già dal XII secolo (intorno al 1150). Nel 1259 i
notari erano due, facevano parte della famiglia del podestà e dovevano essere forestieri
per assicurare l’imparzialità del loro operato. Vigilava su di loro un preconsole, erano in
carica 6 mesi, ed il preconsole doveva assicurare che i due notari tenessero bene gli uffici
e svolgessero il loro compito. Nella seconda metà del 200, nel comune di Bologna venne
istituto il capitano dei popoli che fece creare un contentore dei documenti, prodotto dal
capitano del popoli, quindi, gli archivi diventano duplici (armadium ed il contentore) ed i
notari diventano 4, due per ogni armadium. L’armadium indica stanze pieni di armadi in cui
vengono contenuti i documenti. Con il nuovo istituto vengono indicati nuovi compiti : la
presa in consegna della documentazione archivistica proveniente dai singoli uffici,
l’estensione di un verbale del materiale ricevuto, la siglatura di questo materiale e la
verificava che ci fosse la giusta corrispondenza con le registrazioni realizzate dagli ufficiali
incaricati. Il secondo compito era relativo agli obblighi di conservazione, si indicavano
come custodire i documenti, come chiuderli, con che modalità, quindi l’aspetto delle
modifiche delle scritture era delicato, a cui il notaio si impegnava e teneva molto. Il terzo
compito era relativo alla funzione del notaio, alla copiatura degli atti. Lui poteva avere le
richieste di copiatura o consultazione degli atti. Il controllo della camara actorum veniva
assolto dal podestà. Il versamento obbligatorio veniva assolto dal podestà nel momento in
cui andava via (dopo sei mesi) che aveva il dovere di versare i propri atti, il fatto che il
singolo podestà dovesse consegnare il materiale prodotto significava attribuire all’archivio
stesso un valore probatorio oltre che ai singoli documenti. Il rispetto degli archivi è dato da
chi è stato podestà in precedenza e servono sia per la testimonianza giuridica che per la
testimonianza storica, infatti, i documenti venivano trasferiti in quanto c’era troppa carta,
c’erano anche libri e registri.
Nel 1303 una riforma a Bologna portò al trasferimento degli archivi dalla camara actorum
al palazzo della Biava a causa del poco spazio a disposizione. Nel comune di Bologna si
passa da un archivio di formazione, all’archivio di deposito e poi all’archivio storico. In
quelli di deposito si ha la necessità di prendere la documentazione per le pratiche,
l’archivio storico invece ormai ha assunto un unico interesse, la testimonianza storica. Il
comune di Bologna, ma anche gli archivi di famiglie e altri enti avevano il memoriale, ossia
l’inventario di oggi di un archivio, la descrizione del contenuto dei singoli atti e fascicoli che
compongono un archivio. Quello che non era di immediata conservazione non doveva
rimanere presso la camera ma doveva essere trasferito in un altro luogo, si parla di
separazione degli archivi, perché vi era la necessità di un archivio storico situato in un
altro posto, perché non interferisse con il lavoro amministrativo e ordinario. Gli archivi
storici rappresentavano la sezione separata dall’archivio corrente. I mezzi di corredo erano
presenti nel Comune di Bologna già nel XIII secolo, essi attestano che, non solo dal punto
di vista gestionale che teorico, la scuola di Bologna si era applicata alla conservazione di
un archivio. Esso è tutto ciò che serve alla descrizione dell’archivio (es : semplici elenchi,
un inventario, una guida dell’archivio..).
Per capire la storia degli archivi abbiamo visto il ruolo svolto dei notai, soprattutto in
periodo medievale fino all’epoca del ‘400 e ‘500, all’epoca moderna, in cui occorre
prendere in considerazione la figura dei cronisti, ossia, quegli studiosi che scrivevano le
storie cittadine (della propria città, valle) che frequentavano biblioteche cittadine che
iniziano a frequentare anche gli archivi perché si assiste ad una evoluzione interessante,
in quanto, dopo forse tre secoli in cui i notai avevano assunto il potere di certificazione
della verità, si fa strada il concetto che occorre fondarsi su documenti, anche per
raccontare le storie. Questo è un periodo in cui gli interessi materiali sono più importanti di
quelli storici, tuttavia inizia a farsi strada la frequenza negli archivi, anche per raccontare le
storie, uno di questi è Bernardino Corio, lo storiografo della corte sforzesca, è morto nello
stesso anno di Leonardo, nel 1519. Lui scrisse una storia di Milano, suddiviso in tre
volumi. Provengono dalla cancelleria ossia gli uficci in cui venivano redatti i docuemnti del
principe, o sovrano, dalla figura notarile al servizio dal comune si passa a quella del
cancelliere, un personaggio più vicino alla corte che inizia a diventare quealcosa di più
segreto. Le storie della città si fonda sui documenti, ma non è che bernanrdino cita i
documenti, consulta gli archivi viscontei e riporta alcune citazioni. Le notizie dI bernanrdino
si hanno grazie alla sua istoria di Milano.
Per firenze vi era Leonardo Bruni, che fu un cancelliere e scrisse la istoria di Firenze.
Questi personaggi svolgono un attivita di cancellieri e notai e anche di storici. A forza di
considerare i documenti nascono le prime scienze ausiliarie come la Paleografia. Gli
storici iniziano a compiere una critica testuale del documento, iniziano a considerare se la
scrittura paleografica sia coeva al documento stesso, usano lo studio della scrittura antica.
Uno di questi è un tale Girolamo Zurita che scrisse gli Annali della corona di Aragona.
EGLI DECISE DI NON SCRIVERE NOTIZIA ALCUNA NELLA SUA OPERA SE NON
Nel ‘600 inizia il dibattito sulla natura degli archivi, si voleva capire se anche quelli privati
(es: come quello dell’architetto Leon Battista Alberti) potessero essere riconosciuti come
archivi e non sono quelli pubblici, perché l’archivio ancora conserva quelle caratteristiche
di archivi che sono divenuti importanti per la corte, per la curia papale. Vi sono due scritti :
uno di Baldassarre Bonifacio che scrisse nel 1632 il “De Archivis liber singularis”, dedicato
al senatore Molino che istituì un archivio nell’Accademia Patavina. Nello scritto considera
l’importanza dei documenti pubblici e come si deve tenere un archivio. Ci sono una serie
di interventi perché durante il ‘600 ci si rende conto che i documenti vengono maltrattati e
proibisce di contrattare i manoscritti per evitare che i documenti possano essere ritrovati
sul mercato o andar persi. Un altro di Antonio Orazio da Sangallo che supplica il duca di
emettere un regolamento per conservare documenti.
Marc Bloch considera la data 1719 una “gran data in verità, nella storia dello spirito
umano. La critica dei documenti d’archivio fu definitivamente fondata”. Perché gli archivi
vengano considerati beni culturali occorre arrivare al XX secolo, ma il 1719 fu una data di
svolta, in quanto, da una semplice raccolta l’archivio diventa un complesso documentario.
Nel 1700 però in molti stati si applica il sistema per materie, ossia, un sistema di
ordinamento (diverso dal riordinamento, un ordine che viene dato a posteriori quando si
verifica un disordine). Con la nascita di questo sistema in Italia (ducato di Milano,
granducato di Toscana) e in Austria si hanno dei fraintendimenti sull’applicazione di
questo sistema. L’ordinamento proposto è quello per materia, ossia vengono individuate
delle materie più importanti e delle sotto materie, viene ridatto un protocollo e indici per
materia, però questo sistema riguardava la formazione degli archivi sotto i governi
asburgici non il riordino, tranne in alcuni casi in cui il magistrato ordinario e straordinario
vengono messi insieme, a Milano nel 1767 il governo di Vienna ordina di fondere i due
archivi dei magistrati. Questo provocò la formazione di archivi concepiti in modo diverso
dal metodo cronologio, ossia quello per materia. Sambrunico fece atto della suddivvisione
per materia in classi dominanti e sottoclassi. Ciascun documento doveva contenere il
regesto, ossia l’estratto del contenuto, per ritrovare velocemente il documento. A fine 1700
a lui successe Luca Peroni, che applicò questo sistema a tutti i fondi dell’archivio
governativo, lui riunì i singoli archivi (dagli Sforza, Visconti ai documenti napoleonici)
suddividendoli in 33 materie che lui ritenne fondamentali e ha dissolto il vincolo archivistico
(ciò che tiene legati i fascicoli) e l’archivio di Milano ha un ordine di tipo peroniano, a
differenza del passato, oggi questo meotodo è considerato uno scempio.
Importante è il lavoro di tutela degli archivi attraverso l’istituzione di archivi nazionali come
quello spagnolo, ma l’azione di Carlo V era già stata anticipata da Fernando e Isabella di
Aragona, i re cattolici che avviarono la concentrazione dei loro archivi presso la cancelleria
di Valladolid. Carlo V conserva gli archivi in un castello, un luogo prestigioso. Sull’esempio
della monarchia spagnola, altri stati dedicarono cura al patrimonio, come la Francia in cui
prende avvio un lavoro non solo di conservazione ma anche della ricerca dei precedenti,
tanto che negli archivi storici francesi (quelli che stanno negli archivi nazionali) somo stati
ritrovati documenti risalenti a Carlo Magno. Questa attività di ricerca e conservazione della
documentazione, Richelieu emanò un regolamento ristretto per la conservazione degli
archivi. In Inghilterra la regina Elisabetta fonda un ufficio per la conservazione. In Italia ci
sono degli interventi nei singoli stati es: Cosimo I e Francesco I che fondarono gli Archivi
generali dei Contratti di Firenze e di Siena. A Roma il pontefice Pio V diede inizio al
processo formativo degli Archivi Vaticani che sarebbe stato portato a compimento dal suo
successore papa Paolo V, nel 1610.
Durante il ‘700 iniziano anche altri istituti a considerare i proprio archivi, ad esempio
ospedali, strutture ecclesiastiche. Nascono gli inventari, il mezzo di corredo più completo
che un archivista possa redigere, ossia la descrizione del contenuto di un archivio. Al suo
interno ci sono delle categorie e sotto categorie sino ad arrivare alle descrizioni delle
singole unità presenti nel documento. Gli Inventari venivano redatti sia in archivi privati che
pubblici. Le famiglie nobili gia nel ‘600 chiedevano la redazione degli inventari perchè
volevano che i loro archivi fossero riordinati e da questi fossero ricordati e messi in
evidenzia i documenti più importanti e accadde che gli archivisti immaginarono una
sequenza molto simile per le famiglie nobili. Si chiesero su quali elementi si fondasse il
titolo nobiliare. La prima delle voci su cui si fondarono i titoli erano le proprietà. Il
successivo gruppo su cui ordinare l’archivio era la concessione dei titoli nobiliari ed i
legami parentali delle famiglie nobiliari come nascita, morte, testamenti, tutto questo
gruppo in genere costituiva il secondo grosso agglomerato di documentazione. Una terza
grossa sezione era rappresentata dalle cause, perché le famiglie avevano cause con altre
famiglie per faccende diverse legati a matrimoni, testamenti, restituzione della dote. Le tre
grosse sezione compongono per lo più gli archivi delle famiglie nobili. In alcuni casi il
riordino secondo questa ripartizione non rispettava la nascita e conservazione antica con
cui l’archivio ha avuto origine e storia.
Nel XX secolo si arriva a concepire l’archivio come un bene culturale, anche se la maggior
parte degli studi sulla teoria archivistica ha avuto luogo nel IXX secolo. Oggi la teoria
archivistica considera gli archivi come una sorte di ripartizione in :
Archivio corrente : è quell’archivio che serve nel preciso momento della trattazione
amministrativa, è l’archivio in trattazione. In una società complessa, qualunque ditta,
industria, privato ha la dispersione dell’archivio corrente in singoli uffici. (es. L’università ha
il proprio ufficio in cui vengono trattati i propri archivi). L’archivio corrente quindi si trova nei
singoli uffici che lo trattano. Ha però un inizio. Si inizia attraverso l’attività di registrazione
dell’ufficio protocollo, fondamentale per gli enti pubblici e tiene la registrazione di ogni
documento che entra o esce verso l’esterno, non tiene conto dello scambio documentario
che rimane interno all’ente perché fa parte della trattazione della pratica. La registrazione
di protocollo conferisce validità giuridica privilegiata al singolo fascicolo. Nel momento in
cui entra un documento, si ha la richiesta e si forma pian piano il fascicolo, che viene
immediatamente riconosciuto in una sorta di scibile. Quando un documento entra, viene
già definito dall’archivista del protocollo es. ospedale che gestisce (I) i ricoveri, (II) il
personale, (III) ufficio ragioneria, (IV) ufficio legale ecc. Il sistema classificatorio prevede
quattro materie più importanti che a loro volta hanno delle sotto serie con i singoli fascicoli
es. il signor x che deve fare un intervento chirurgico, ricoveri (1) chirurgia (2) cardiologia
ecc, per cui l’archivista dà come classificazione I.1.10 ecc. Per gli enti pubblici statali il
sistema classificatorio viene deciso dalle soprintendenze, dando classificazioni ben
precise (con tre livelli Serie, Sotto serie, Fascicoli) per i privati invece le soprintendenze
vigilano. Questo succede oggi, ma anticamente ognuno si faceva il sistema classificatorio
come voleva, tanto che nell’Ottocento si formavano molte sotto serie vuote. Per gli
ospedali per es. la serie III è il patrimonio attivo (tutto ciò che apportava denaro) suddiviso
per località (Milano), poi per via, per stabile e per cascine, poi in genere e affitti creando
delle matriosche con sotto serie vuote.
Archivio di deposito
Archivio storico
Due fasi :
• Archivio in funzione, ovvero in vita che si incrementa continuamente e che ha funzioni sia
amministrative che di testimonianza giuridica e storica.
• Archivi “morti” NON sono gli archivi storici, ma quelli che non hanno incremento di
materiale.
• Archivio di deposito —> alle pratiche che prima erano in trattazione e poi la trattazione si
conclude. Pratiche che rimangono in giacenza per 30 anni, durata stimata prevista da una legge
dello stato italiano (fino a 4 anni fa la durata era 40). Conserva per eventuali fini pratici,
amministrativi e giuridici e i documenti non hanno una trattazione immediata.
La sua prima azione non è quella della produzione o trattazione di una pratica, ma è quella della
CONSERVAZIONE.
Altra azione fondamentale è la SELEZIONE che avviene sia ai fini della conservazione perenne
sia dello scarto.
ORGANIZZA quindi i fascicoli secondo la classificazione e il titolario in uso.
“CONCETTO DI SELEZIONE” —> ovvero visione accurata della documentazione contenuta
all’interno dei singoli fascicoli. Ovviamente non è possibile conservare tutto, da quando abbiamo
la riproducibilità attraverso le fotocopie sia tendenti a produrre una vastità enorme di carte NB.
fotocopie non sono documenti dell’archivio in quanto non hanno validità giuridica.
L’archivista non è solo nella decisione di scarto, ad oggi sono stati prodotti i MASSIMARI DI
SELEZIONE/SCARTO ovvero indicazioni molto corpose che riguardano tutti i documenti
prodotti da ogni singolo ente e per ognuno di questi documenti viene decisa la quantità di tempo
di conservazione. I massimari sono utili perché liberano l’archivista da varie problematiche e
responsabilità.
Massimari sono stati elaborati dalle sovrintende archivistiche per tutti gli archivi di enti pubblici
e di conseguenza deriva da questa situazione il fatto che l’archivista che si sottopone allo scarto
della documentazione non pu buttare la propria documentazione senza la relativa
documentazione.
Es. nel 700 tutti gli archivi economici del gran ducato di Toscana, ma siccome in quel secolo la
carta era preponderante rispetto al deposito che la conteneva il gran duca chiese il parere a dei
tecnici (letterati e giuristi) per l’utilità di queste pratiche e dopo qualche mese di considerazioni i
tecnici gli suggerirono di gettare tutta la documentazione fino all’inizio del secolo corrente.
3. Archivio storico —> ha una durata perenne e raccoglie tutte quelle pratiche che hanno superato
i 30 anni citati prima.
Esistono naturalmente delle selezioni e una volta effettuate questi fascicoli passano alla
SEZIONE SEPARATA D’ARCHIVIO detta anche archivio storico.
Ogni ente pubblico non statale è obbligato a istituite al proprio interno un archivio storico, quindi
i consultatori possono recarsi nell’archivio della provincia/ospedali per esempio e chiedere di
visitare gli archivi storici in quanto PER LEGGE sono liberamente consultabili. Il loro compito
principale è quello della CONSERVAZIONE per fini storici in forma permanente.
RIORDINO non è il conferimento di un nuovo ordine, ma è la comprensione dell’ordine
originario e la ricostituzione di esso.
Predispone I MEZZI DI CORREDO per la descrizione archivistica, il mezzo di corredo
principe è l’inventario d’archivio con cui descrivo ogni classifica dell’archivio fino ad arrivare
alla singola pratica e illustro come esso è articolato.
PROMUOVE la fruizione della documentazione, quindi l’ente che gestisce l’archivio è
obbligato per legge alla pubblica fruizione.
Le sezioni separate per possono essere anche situate negli archivi di concentrazione e ci
avviene per tutti gli enti dello Stato che portano i loro archivi storici agli archivi di Stato
competenti.
Gli enti pubblici non statali costituiscono invece la propria sezione separata(archivio storico) o la
depositano presso gli archivi di concentrazione competenti.
LEX CORNELIA
Rappresenta una pietra miliare, rappresenta la lotta alla falsificazione documentare.
Non è più l’edificio sacro che infonde sacralità ai documenti contenuti, ma è la legge dello Stato che
stabilisce pene per chiunque manometta la documentazione. Quindi non è più un anatema, ma è un
preciso diritto dei cittadini avere documenti veri e conservati negli archivi che proprio perché
archivi dello stato conservo documenti veri.
Questa legge condanna anche la falsificazione delle singole parti del documento come per esempio i
signa ovvero le firme. Riassumendo nell’età classica e imperiale Iil concetto di archivio si esplica
in questo :
• luogo fisico di conservazione
• luogo sacro e a volte non accessibile
• rivesta la natura pubblica del luogo di conservazione
• luogo degno di fede
• luogo e documento degni di fede quindi dicono il vero.
Servio Mario (IV – V sec. d.C.) “archivio è il luogo dove sono conservati gli atti pubblici”
Quindi elemento fondamentale in queste due definizioni è la pubblicità del documento, quindi i
documenti pubblici considerato archivi a differenza di quelli privati.
Medioevo
Dopo la caduta dell’impero romano occorre fare un salto notevole, non solo perché il diritto è
dovuto rinascere per considerare gli archivi, ma anche perché di periodi precedenti se ne
conservano pochi.
Il documento più antico di epoca alto medievale che si conservi sul suolo italiano è conservato a
Milano ed è di epoca longobarda di fine 700 ed è un mundio —> le donne longobarde non avendo
libertà giuridica avevano bisogno di un uomo per compiere qualsiasi atto.
Quindi abbiamo pochissimi atti longobardi, un centinaio su tutto il territorio italiano. Pian piano la
comprensione del fatto che redigere documenti fosse utile entra anche nella concezione dei secoli
alto medievale e i documenti aumentano sopratutto nel periodo carolingio in quanto già nell’ambito
delle loro riforme avevano già immaginato e portato avanti l’attenzione verso la redazione di
documenti.
La rinascita dell’attenzione e della funzione dei documenti è tutta da riscrivere in ambito medievale
dopo il 1000 quando c’è la rinascita dello studio del diritto romano.
Nel territorio italiano si dilata anche un fenomeno importante ovvero la nascita dei liberi comuni
(1100-1200), ovvero i comuni si autodeterminano e quindi hanno bisogno di documenti e di archivi.
Si creano quindi gli archivi comunali divisi per uffici di pertinenza, ma non sono strutturati come la
Roma classica in cui vi era un tabulario ecc., vi era qualcosa di molto empirico, ma troviamo
comunque delle basi che arrivano fino al giorno d’oggi.
Le possibilità di falsificazione vengono eliminate facendo si che il luogo non sia accessibile al
pubblico e faccio in modo che gli armadi contenenti i documenti siano considerati sacri, chiusi a
chiava all’interno del comune.
Tancredi da Bologna dice :“il documento pubblico è detto quello che proviene dall’archivio
pubblico ovvero dall’armadio dove era conservato oppure che proviene dal libro del censo nel quale
sono scritti i censi, le annotazioni oppure qualunque cosa si consideri essere stato prodotto da un
archivio pubblico”.
Quindi abbiamo il comune con i suoi uffici, l’ufficio produce documenti, l’ufficio è pubblico e
quello che producono questi singoli uffici è pubblico, ma lo conservano nell’armadio e la parola
armadium verrà fuori in tutti gli statuti comunali.
Il 500
Nel periodo delle signorie, del ducato anche qua a Milano, i duchi non hanno fatto altro che ribadire
i diritti delle singole città, ci sono un sacco di statuti conservati nella loro versione ducale in quando
il duca riusciva ad ottenere in questo modo la lealtà della città ed imprimeva la sua autorità alla
redazione degli statuti. Quindi gli statuti di epoca ducale anziano dicendo che il duca approvava lo
statuto della città.
Poi durante il 500 abbiamo le prime considerazioni degli archivi e della loro importanza —> nel
500 sono ormai formati da tempo i grandi Stati Nazionali e proprio dalle considerazioni degli storici
sugli Stati Nazionali che sortiscono i primi trattati di archivistica con la creazione dei primi archivi
di concentrazione sia per gli stati sia per le singole famiglia e per esempio uno pu essere l’Archivio
segreto Vaticano (si chiama segreto perché stava vicino alla biblioteca segreta vaticana). Solo con il
16 secolo si ha la percezione per cui io governo grazie anche alla documentazione precedente che
devo conservare per testimoniare e questo concetto riesce a farsi strada anche nelle famiglie
nobiliari per testimoniare la loro autorità.
Quindi le famiglie vanno alla ricerca dei loro archivi per testimoniare la loro autorità e quando non
li trovano si recano negli archivi dei comuni per vedere se sono rimasti dei documenti loro
appartenenti e si fanno rilasciare delle copie conformi.
Grazie a questa creazione di archivi familiari, statali, nazionali si creano gli studi, quindi ci sono le
persone che iniziano a studiare gli archivi e nascono le prime opere dedicate all’archivistica. Da
qui prende avvio la storiografia e nasce la diplomatica e insieme ad essa nasce la paleografia
ovvero lo studio delle scritture occidentali.
Alcuni dei primi studiosi creano veri e propri manuali per comprendere come dovessero essere i
documenti, studiano per decenni la forma dell’intitolazione, come dovessero essere le forme
notarili, le sottoscrizioni ecc., in quanto si sono resi conto che vi erano formule fisse. Attraverso
questa analisi hanno classificato tutta la documentazione e hanno stabilito le regole con le quali
possiamo verificare l’autenticità del documento.
1802 in Italia
Primo manuale legato alla diplomatica (in quanto l’archivistica nasce dall’evolversi della
diplomatica) —> Le istituzioni diplomatiche per lo studio dei documenti (Angelo Fumagalli,
1802)
17/10 Lezione 5 (ppt le origini dell’archivistica)
Il 1800
Vi è l’evoluzione verso la moderna teoria archivistica —> nasce l’archivistica come disciplina.
Nell’800 si formano alcuni concetti che poi saranno più chiari nel 1900 :
• Distinzione del momento di formazione degli archivi correnti e di formazione-conservazione
dell’archivio storico
• Conservazione a fini storici oltre che di testimonianza giuridica, durante il 900 questo concetto si
amplifica e si dirige verso la considerazione dell’archivio storico come bene culturale.
• Con l’unità l’Italia l’archivistica acquista una nuova struttura giuridica e in questo contesto si
elabora un concetto fondamentale per l’archivistica storica che è quello del rispetto della
provenienza dei fondi (importante per evitare confusioni)
• Concezione della funzione culturale degli archivi storici e non solo.
La prima scuola in Italia è del 1842 e nasce a Milano “Scuola di paleografia, archivistica e
diplomatica” —> la scuola di paleografia, archivistica e diplomatica dell’archivio di Stato di
Milano è oggi attiva.
Il XX secolo
Nel XX secolo il concetto di scienza archivistica è ormai ampiamente sviluppato e si formano le
due branchie fondamentali :
• Archivistica generale
• Archivistica speciale —> si occupa dello studio di particolari e specifici archivi (per esempio
archivi di impresa, archivio familiare) In questo secolo abbiamo :
• Sviluppo del principio di provenienza dei fondi —> accettato da ogni stato e operatore del settore
• Sviluppo del concetto di metodo storico
• Sviluppo del concetto di vincolo archivistico soprattutto nel caso di riordino
• Sviluppo del concetto di archivio come complesso organico e unitario formato a scopo
amministrativo e giuridico la cui finale funzione è storica.
L’archivistica oggi
Il compito come istituto è quello di conservare.
I maggiori istituti archivistici di conservazione sono quelli di CONCENTRAZIONE e sono gli
archivi di Stato, in Italia sono in ogni capoluogo di provincia.
L’archivista ha come compito quello di rendere fruibili i documenti, curare, conservare, ordinare,
riordinare e descrivere i fondi.
Compito dell’archivistica invece è studiare le forme e i modi per operare in tutti questi settori.
Cura e conservazione
C’è un settore dell’archivistica chiamato ARCHIVECONOMIA che si interessa della
conservazione.
Differenza tra riordino per materia e ordinamento per materia in quanto pu essere che alcuni archivi
nascano ordinati per materia e non secondo gli uffici.
Ogni documento è legato ad un altro grazie al vincolo archivistico –> il filo rosso della memoria di
un archivio e costituisce la base per il riordino.
L’insieme dei documenti pu essere preso in considerazione da solo, il bene archivistico deve essere
considerato una “universitas rerum”, dovuto al fatto che esiste questo vincolo che lega tutti i singoli
documenti. Per questo motivo l’archivio non pu essere considerato come una collezione.
Il protocollo Duplice
valenza:
• Registro dove vengono annotati i singoli documenti che ricevono precisa registrazione
• Come ufficio stesso di registrazione
Terza definizione usata dai diplomatisti: parte iniziale del documento
Ogni documento, anche contemporaneo, è costituito dal protocollo (sorta di intestazione), testo e
firme necessarie per dare validità al documento steso.
I documenti in entrata sono tutti i documenti che provengono dall’esterno agli uffici dell’ente, serve
per fornire dei dati certi e per tanto non deve contenere cancellazioni e abrasioni, in forma
elettronica deve rispettare l’immutabilità dei campi.
Attribuisce un numero sequenziale ad ogni documento (codice a barre per quelli digitali).
Il registro di protocollo ha una funzione giuridica particolare, attesta e dimostra che un determinato
documento, scritto da un certo soggetto e caratterizzato da uno specifico contenuto, è entrato nella
memoria del soggetto produttore dell’archivio in un determinato momento.
La giurisprudenza dice che il registro di protocollo è un atto pubblico di fede, fa attività probatoria e
di fede privilegiata (fa attività probatoria salvo prova di falso) —> il registro di protocollo deve
essere uno solo per ogni soggetto.
Il protocollo informatico –> stabilito dal DPR nr.445 del 2000 – testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.
Successive indicazioni di legge per la formazione del protocollo digitale dei flussi documentali e
della conservazione degli archivi digitali AGID.
Possibilità di consultazione non legata al diritto personale ma alle finalità storiche (art. 124 codice
dei beni culturali) ma non possono essere divulgati i dati in modo aperto.
—> così come esiste il diritto di cronaca (giornalisti accedono a fascicoli giudiziari) non possono
divulgare più informazioni oltre le quali si avrebbe la lezione del diritto di interesse.
Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti dei dati personali per scopi storici –>
provvedimento Garante protezione Dati personali 14 marzo 2001 n8 Detta
regole diverse per gli “archivisti” e “utenti”.
Il codice deontologico
Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento di dati personali per scopi storici.
Provved. Garante protez. Dati personali 14 marzo 2001 n. 8. Detta regole diverse per gli “archivisti”
(coloro che gestiscono un archivio) e “utenti” (coloro che chiedono di usufruirne)
Prevede che i soggetti che trattano dati personali sono esentati dall’ottenere il consenso al
trattamento dei dati personali, tuttavia non ne è consentita la divulgazione.
Tutela della privacy su alcuni fascicoli che contengano documentazione mista (non tutti i fascicoli
sono fatti da dati totalmente sensibili) – l’archivista pu mettere a disposizione un fascicolo che ha
raggiunto i 40 anni di deposito (diventato storico) ma se contiene per caso o per necessità dei dati
sensibilissimi, quindi estrapola i documenti che contengono dati sensibili e fa la cosiddetta
“scrematura” e mette poi a disposizione i documenti.
L’utilizzo dei dati da parte degli utenti è limitato dal principio di “pertinenza e indispensabilità dei
dati rispetto agli scopi perseguiti”, possibile divulgare alcune informazioni, quelle non necessarie
non si possono divulgare.
Nonostante siano passati anni, la divulgazione pu essere considerata lesiva per una persona, la
diffusione diventa illecita se la persona diversamente interessata non vuole che questi dati vengano
divulgati.
Il codice ruota intorno ad un principio fondamentale: i dati personali debbono essere utilizzati nel
rispetto della dignità delle persone interessate. Da questo principio, discendono una serie di
indicazioni pratiche per chi utilizza i documenti d’archivio:
• “Nel far riferimento allo stato di salute delle persone l'utente si astiene dal pubblicare dati
analitici di interesse strettamente clinico e dal descrivere abitudini sessuali riferite ad una
determinata persona identificata o identificabile.” (art. 11, c. 2)
• “L’utente pu diffondere i dati personali se pertinenti e indispensabili alla ricerca e se gli
stessi non ledono la dignità e la riservatezza delle persone.”
Art 10 —> “Sono beni culturali (…)gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli
altri enti pubblici territoriali, nonchè di ogni altro ente ed istituto pubblico”
Art 17 —> CATALOGAZIONE “Il Ministero, con il concorso delle regioni e degli altri enti
pubblici territoriali, assicura la catalogazione dei beni culturali e coordina le relative attività. Le
procedure e le modalità di catalogazione sono stabilite con decreto ministeriale. A tal fine il
Ministero, con il concorso delle regioni, individua e definisce metodologie comuni di raccolta,
scambio, accesso ed elaborazione dei dati a livello nazionale e di integrazione in rete delle banche
dati dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali. (…)Il Ministero, le regioni e gli
altri enti pubblici territoriali, con le modalità di cui al decreto ministeriale previsto al comma 2,
curano la catalogazione dei beni culturali loro appartenenti e, previe intese con gli enti proprietari,
degli altri beni culturali.
Art 18,19 —> VIGILANZA e ISPEZIONE svolta dalle sovrintendenze archivistiche.
Fruizione non significa promozione dello studio e della ricerca dei documenti.
Art 101 —> Fruizione dei beni (archivi). “Ai fini del presente codice sono istituti e luoghi della
cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali.
Si intende per (…) "archivio", una struttura permanente che raccoglie, inventaria e conserva
documenti originali di interesse storico e ne assicura la consultazione per finalità di studio e di
ricerca”
Art 102 —> “Lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali ed ogni altro ente ed istituto
pubblico, assicurano la fruizione dei beni presenti negli istituti e nei luoghi indicati all'articolo 101,
nel rispetto dei principi fondamentali fissati dal presente codice. (…)Al fine di coordinare,
armonizzare ed integrare la fruizione relativamente agli istituti ed ai luoghi della cultura di
appartenenza pubblica lo Stato, e per esso il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali
definiscono accordi nell'ambito e con le procedure dell'articolo 112. In assenza di accordo, ciascun
soggetto pubblico è tenuto a garantire la fruizione dei beni di cui ha comunque la disponibilità.” Art
111 e 112 —> Valorizzazione
Art 115 —> Modalità di gestione
Art 117 —> Servizi aggiuntivi
Art 118 —>Promozione dello studio e della ricerca
Art 119 —> Diffusione conoscenza nelle scuole, aspetto legato allo studio della storia
Art 122, 123, 124 —> Norme per l’accesso ai documenti degli enti pubblici e dello Stato. Art 122
“1. I documenti conservati negli archivi di Stato e negli archivi storici delle regioni, degli altri enti
pubblici territoriali nonchè di ogni altro ente ed istituto pubblico sono liberamente consultabili, ad
eccezione: a) di quelli dichiarati di carattere riservato, ai sensi dell'articolo 125, relativi alla
politica estera o interna dello Stato, che diventano consultabili 50 anni dopo la loro data; b) di
quelli contenenti i dati sensibili nonchè i dati relativi a provvedimenti di natura penale
espressamente indicati dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali, che diventano
consultabili 40 anni dopo la loro data. Il termine è di 70 anni se i dati sono idonei a rivelare lo stato
di salute, la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare. I depositanti e coloro che donano o
vendono o lasciano in eredità o legato i documenti possono anche stabilire la condizione della non
consultabilità di tutti o di parte dei documenti dell'ultimo settantennio. Tale limitazione, così come
quella generale stabilita dal comma 1, lettera b), non opera nei riguardi dei depositanti, dei donanti,
dei venditori e di qualsiasi altra persona da essi designata; detta limitazione è altresì inoperante nei
confronti degli aventi causa dai depositanti, donanti e venditori, quando si tratti di documenti
concernenti oggetti patrimoniali, ai quali essi siano interessati per il titolo di acquisto”.
Art 123 “Il Ministro dell'interno, previo parere del direttore dell'Archivio di Stato competente e
udita la commissione per le questioni inerenti alla consultabilità degli atti di archivio riservati,
istituita presso il Ministero dell'interno, pu autorizzare la consultazione per scopi storici di
documenti di carattere riservato conservati negli archivi di Stato anche prima della scadenza dei
termini indicati nell'articolo 122, comma 1. L'autorizzazione è rilasciata, a parità di condizioni, ad
ogni richiedente. 2. I documenti per i quali è autorizzata la consultazione ai sensi del comma 1
conservano il loro carattere riservato e non possono essere ulteriormente utilizzati da altri soggetti
senza la relativa autorizzazione . 3. Alle disposizioni dei commi 1 e 2 è assoggettata anche la
consultazione per scopi storici di documenti di carattere riservato conservati negli archivi storici
delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali nonchè di ogni altro ente ed istituto pubblico. Il
parere di cui al comma 1 è reso dal soprintendente archivistico.”
Art 124 “1. Salvo quanto disposto dalla vigente normativa in materia di accesso agli atti della
pubblica amministrazione, lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali disciplinano la
consultazione a scopi storici dei propri archivi correnti e di deposito. 2. La consultazione ai fini del
comma 1 degli archivi correnti e di deposito degli altri enti ed istituti pubblici, è regolata dagli enti
ed istituti medesimi, sulla base di indirizzi generali stabiliti dal Ministero.” Art
126 —> Protezione dei dati personali
Le associazioni professionali
• Associazione professionale tra archivisti
• Associazione Nazionale Archivistica Italiana (ANAI) —> si propongono convegni e corsi di
formazione. Una sezione dell’ANAI molto importante è quella di Torino in cui fanno corsi
importanti sulla conservazione e fruizione, specializzandosi sui documenti virtuali.
• CIA —> “Consiglio internazionale degli archivi” ha delle sezioni attive dedite alla didattica o
alla conservazione e tutela in casi di guerra infatti esistono i caschi blu per gli archivi.
07/11 Lezione 10 (ppt 7 Lezione Inventario)
L’inventario d’archivio
Un inventario è lo strumento principe per la consultazione di un archivio (in biblioteca noi abbiamo
il catalogo).
Ogni inventario è diverso dall’altro —> non è sempre uniforme la stesura di esso, le voci delle
serie, sottospecie ecc. Di conseguenza mentre si è certi che facendo una ricerca in biblioteca si pu
mettere nome dell’autore o titolo usciranno informazioni certe, non è così per l’archivio.
L’inventario è un mezzo di corredo complicato che comprende :
• Tutti gli aspetti conoscitivi dell’archivio in questione sia quelli introduttivi sia quelli proprio
descrittivi
• Tutta la bibliografia conosciuta sull’argomento ovvero sull’ente produttore dell’archivio -
Gli indici.
L’inventario costituisce quindi una forma organica e completa di descrizione, che riporta tutti gli
elementi possibili storici, culturali e sociali che riguardano il soggetto produttore da un lato e questo
fa parte delle INTRODUZIONI degli inventari, dall’altro comprende la descrizione delle unità
archivistiche con criteri uniformi e tecnicamente validi.
Da qualche anno a questa parte esistono criteri uniformi livello internazionale che sono le NORME
DI DESCRIZIONE ARCHIVISTICA (ISAD) e le NORME PER LA DESCRIZIONE DELLE
LISTE DI AUTORITA’.
Elementi strutturali
- Sezione delle Introduzioni generali
• Introduzione scriva generale
• Introduzione storica particolare
- Sezione tavole simboliche e di raffronto (eventuale perché non sempre si trovano le vecchie
segnature e indicazioni)
• Tavole delle abbreviazioni
• Tavole di raffronto
- Sezione indici
• Indici onomastici
• Indici toponomastici
• Indici generali
Unità archivistica
Quindi per unità archivistica noi intendiamo o il singolo documento o un insieme di documenti
rilegati o raggruppati secondo un nesso organico di collegamento, che costituiscono una unità non
divisibile: registro, volume, filza, mazzo, fascicolo, documento singolo.
Numerazione
Inizialmente per serie (numerazione provvisoria, nel caso esistesse la necessità di trasferire unità da
una serie all’altra).
Terminata l’inventariazione, la numerazione è progressiva a catena per unità archivistiche.
Le datazioni
• Data topica —> il luogo in cui è stato fatta l’unità archivistica di cui stiamo parlando. La si mette
solo per i singoli documenti, di solito medievali, in quanto il fascicolo pu essere composto in vari
luoghi.
• Data cronica —> il tempo durante il quale si è realizzato il documento. Abbiamo due tipi di
datazione cronica :
• Datazioni singole (di un unico documento)
• Datazioni complesse (relative a più documenti, a un fascicolo etc.). Queste possono riportare
solo gli estremi cronologici dell’anno (1789-1803) o possono essere complete (anno, mese,
giorno). Bisogna ricordar che si pu mettere una datazione cronica di questo tipo solo se i
documenti sono sequenziali e non la si pu mettere nel caso in cui il fascicolo abbia documenti
dal 1789 al 90 e poi un documento del 1803 perché si costituirebbe una notizia falsa. Nei
programmi informatizzati di inventariazione sono proposti schemi di datazione molto
differenziati.
• Gli estremi cronologici si separano con un trattino –
• Gli antecedenti e i susseguenti sono introdotti da un punto e virgola ; Es: “1754-
1757; con antecedenti al 1650”.
Intitolazioni (o titoli)
Forniscono una indicazione sintetica e diretta, facilmente comprensibile e leggibile anche a
distanza. Hanno una finalità immediatamente pratica
• Originarietà e naturalezza delle intitolazioni
• Parallelismo tra titolo e contenuto (non sempre corrispondente)
• Parallelismo tra titolo e contenuto (non sempre corrispondente)
• Intitolazioni reali —> originali, Il titolo reale deve essere riportato esattamente nella sua
interezza, senza interpretazioni e/o interpolazioni
• Intitolazioni apparenti —> titoli modificati nel tempo
Le segnature
La segnatura ha collegamento con il contenuto dell’unità archivistica e con la realtà funzionale che
sta alla base del concetto di serie archivistica.
Colloca l’unità archivistica in un determinato “settore” di appartenenza in seno all’archivio stesso.
Le vecchie segnature sono molto interessanti, si trovano su documenti fino al 700 perché indicano
spesso la posizione non del titolario, ma la posizione materiale e fisica.
Le vecchie segnature indicavano lo scaffale o il cassetto dove erano contenuti i documenti. Il
passaggio da indicazione fisica alla concettualizzazione della struttura dell’archivio è avvenuta
alla fine del 700 e la creazione dei titolari si è strutturata tra l’età asburgica e l’età napoleonica in
Lombardia. Importante è quindi riportare le vecchie segnature perché rimettendole insieme si
riscontra l’ordine con cui erano state sistemate le unità archivistiche.
Le nuove segnature sono effettuate in occasione del riordino e della relativa inventariazione.
Nei programmi informatizzati esistono campi appositi differenziati per nuove e antiche segnature.
Negli inventari cartacei le vecchie segnature sono indicate facendo precedere la sigla V.s.
Busta
Contenitore in cartone rigido con lacci e parti laterali in tessuto.
Sulla costola o dorso sono collocate le intitolazioni e la classificazione di archivio.
Normalmente funge da contenitore di più unità archivistiche; più raramente si tratta di una unica
unità archivistica Si abbrevia con b.
Filza
• Sistema di tenuta delle carte sciolte prima dell’istituzione del sistema di protocollo e
dell’applicazione di un titolario.
• Si tratta in genere di carte in entrata (quelle in uscita venivano normalmente copiati su un
registro) infilzate su un ago e poi cucite insieme.
• Nella scheda archivistica viene indicata come filza.
Fascicolo
• Insieme di due o più carte collegate da un vincolo naturale unite da un contenitore.
• Processo di sedimentazione delle carte: ordine cronologico riferito non alla data del documento,
ma alla data dell’acquisizione da parte dell’ente.
• Pu essere articolato in sottofascicoli.
• Ha normalmente una intitolazione esterna e una classificazione. - Nella scheda di inventario si
abbrevia con Fasc.
Volume
• Un unico pezzo che contiene carte cucite o legate insieme, a volte di formati differenti e
disomogenee : carte singole, quaderni, registri, fascicoli ecc.
• Si abbrevia con vol.
Registro
• Insieme di carte di struttura uniforme, rilegate o cucite (ovvero predisposte per esserlo).
• Formati dei registri non standardizzati.
• Nasce per la registrazione di scritture secondo regole precise.
I supporti
• Elemento estrinseco consistente nell’indicazione della tipologia del materiale scrittorio
• Normalmente si tratta di materiali uniformi, ma possono riscontrarsi pezzi misti, specialmente
nei volumi
• Cartaceo —> carta di stracci/ carta di cellulosa.
• Membranaceo —> pergamena conservata in rotolo o in codice originariamente, ora vengono
conservate stese in appositi contenitori.
• Papiraceo —> originariamente conservati in rotoli.
I supporti odierni -
Microfilm
• Fotografie
• Videocassette
• Audiocassette
• Floppy Disk
• CD Rom - DVD
Dimensioni
Un tempo anche se era un’indicazione non obbligatoria anche per la descrizione dell’unità
archivistica medievale, venivano fornite le dimensioni.
Nella descrizione dell’unità archivistica vengono fornite anche le dimensioni (b x h) in millimetri o
centimetri.
Antecedentemente il metodo di indicazione delle dimensioni faceva riferimento al folio prodotto
nelle cartiere (70x50 in media).
• Registro o documento in folio (grandi dimensioni, i fogli venivano piegati una sola volta)
cm. 35x50 circa
• La seconda piegatura sul lato lungo produceva un documento in quarto (cm. 25x35 circa) -
La terza piegatura produceva un documento in ottavo (cm. 17x25 circa) - La quarta
piegatura produceva un documento in sedicesimo (cm. 12x17circa).
Cartolazione e paginazione
• Cartolazione: apposizione di un numero progressivo in ogni carta, in alto a destra sul recto.
• Paginazione: apposizione di un numero progressivo su ogni pagina, recto e verso.
Cartolazione e paginazione possono essere originari oppure moderni.
Cartolazione e paginazione sono importanti perché forniscono le garanzie di conservazione
specialmente nel caso di unità sciolte (es. busta di carte sciolte non numerata che dovesse cadere a
terra, scompaginando l’ordine originario; in caso di furti etc.).
• L’indicazione deve contenere i due numeri estremi: “cc. 1-160” e non “cc. 160”
• Se manca originariamente la numerazione delle carte iniziali, si integra usando criteri diversi
(normalmente numeri romani)
• Se non sono state numerate le carte finali, si continua la numerazione con il criterio originale,
segnalando la specificazione: “reg. cart. in 4°, di cc. 1-156 (cc. 148-156 n.m.)”
• In presenza di situazioni complicate nelle quali le numerazioni non sono facilmente recuperabili
si procede a nuova cartolazione (o paginazione)
Allegati
Normalmente una o più carte sciolte che non fanno strettamente parte dell’unità statistica in
collegamento con documenti che hanno carattere primario.
Spesso, in epoche più vicine, l’allegato è unito con uno spillo o altri strumenti nella parte posteriore
del documento principale.
Quando le carte sono da mediocre a massimo bisogna specificare i danni che ci sono. Vengono
indicati i motivi di deterioramento dei documenti (muffe, funghi, sbriciolamento del supporto,
acidità dell’inchiostro, scomparsa della scrittura, perforazione del supporto, mancanze di carte o
parti del documento per azione di insetti o roditori etc.).
Il danno peggiore per cui non iene consegnato il materiale è quando il materiale è attaccato da
muffe e funghi perché possono facilmente distruggersi. Questi sono dovuti ad un cattivo stato di
conservazione o all’umidità.
Il contenuto
Note
• Viene indicata la presenza di: sigilli aderenti o pendenti(si usano per documenti importanti, sono
attaccate al documento con fili di canapa, seta ecc a seconda dell’importanza del documento
stesso), contenuti storici particolarmente rilevanti (es. la peste del 1348), autografi di personalità.
• Vengono inserite anche notizie di particolarità archivistiche (es. vecchie segnature, cambi di
classificazione, es. in un documento di una badessa del 1222 venne annotato a margine del
documento che ci fu un terremoto il 25 dicembre e questa è una delle attestazioni di
quell’accadimento).
Introduzioni generali
Le introduzioni generali all’inventario rappresentano il mezzo per accompagnare gli studiosi
dell’archivio alla migliore comprensione possibile dei documenti, sia da un punto di vista storico,
sia da un punto di vista archivistico.
Gli elementi si acquisiscono tramite ricerche sia su materiale bibliografico (generale e
specialistico), sia direttamente sulla documentazione.
• Conoscenza del soggetto produttore in relazione alla sua origine (es. un Comune), alle funzioni
svolte e alla sua organizzazione.
• Conoscenza del contesto storico generale e del contesto istituzionale e amministrativo generale
nel quale il soggetto produttore ha operato.
• Conoscenza delle interrelazioni che il soggetto produttore ha avuto con altre realtà istituzionali.
- Conoscenza della vita e delle vicende formative e gestionali dell’archivio in ogni sua fase.
Introduzione storica
Non deve essere un saggio storico a sé stante, ma uno strumento per rendere più agile la conoscenza
dell’archivio e quindi dove poter trovare i materiali che si cercano.
Deve essere corredata da un apparato critico sufficiente e scientificamente corretto (bibliografia,
fonti edite e fonti archivistiche utilizzate).
Introduzione archivistica
• Deve riportare chiaramente le fasi, le modalità e le metodologie che sono state alla base della
creazione dell’archivio.
• Deve strutturarsi come una storia dell’archivio sin dall’origine
• Deve descrivere i criteri costituitivi e le modalità di conservazione
• È utile segnalare anche le condizioni nelle quali si trovava l’archivio prima dell’intervento, sia in
relazione allo stato di conservazione, sia in relazione all’ordinamento
• È obbligatorio descrivere le soluzioni tecniche e le metodologie usate nella fase di riordino e
nella fase di inventariazione. Introduzioni alle serie archivistiche
• È una particolare introduzione che precede ogni raggruppamento.
• Ha finalità descrittive sia in relazione al contesto storico, sia in relazione alla struttura
amministrativa che ha prodotto tale serie, sia in relazione alla tipologia di documentazione
contenuta.
• Il cappello introduttivo alle serie è una sede privilegiata per le indicazioni riguardanti il vincolo
archivistico e i nessi naturali che legano tra loro i documenti.
• Serve a porre in luce i collegamenti tra le unità archivistiche, i fascicoli formatisi, le unità di
condizionamento esterno, le eventuali sottoserie (o diversa tipologia di raggruppamento), le serie
prodotte e l’archivio nel suo complesso. 26/11 Lezione 14 (ppt 8)
Intervento di :
Maria Teresa Sillano —> responsabile degli archivi dell’università Bocconi
Viviana Rocco —> responsabile degli archivi della Pirrelli
Archimistica è un’applicazione open source per la schedatura, l’ordinamento e la descrizione degli
archivi storici. Applicazione realizzata sulla base di un accordo tra Regione Lombardia, Regione
Piemonte (che prima utilizzava Guarini) e Direzione Generale per gli Archivi che hanno conferito
un incarico ad hoc all’Università degli Studi di Pavia.
L’applicazione è stata sviluppata dalla Cooperativa Codex di Pavia, e adesso è gestito dal
Politecnico di Milano.
Archiviando è una sessione di discussione, un forum vero e proprio, su alchimista nella quale si
possono fare domande.
Software in continua evoluzione, essendo in open source pu essere sempre aggiornato.
La bacheca
Indica da cosa è complesso l’archivio, quanti complessi archivistici, soggetti produttori (coloro che
hanno prodotto i documenti) e soggetti conservatori.
4 soggetti studiati dalle dottoresse:
• Orfanotrofio femminile (non ha indicazione temporale in quanto è un fondo su cui si sta ancora
lavorando);
• Orfanotrofio maschile;
• Pio albergo Trivulzio amministrazione;
• Pio albergo Trivulzio direzione.
Soggetti produttori
Sono elencati i soggetti con gli estremi cronologici
Date di modifiche
(Il Pio albergo Trivulzio è ancora attivo come ente e infatti abbiamo solo una data cronologica)
Fonti —>sono dove noi andiamo a prendere la storia dei nostri soggetti e contesti, quelle che danno
origini, evoluzione, cani di denominazione.
Oggetti digitali —> ovvero quelli che abbiamo solo come informatizzazione e non come cartaceo.
In ogni momento posso creare un nuovo complesso che pu essere ritrovato nel nostro archivio
perché soltanto via via che si studiano i documenti possiamo avere nuove informazioni.
In ogni momento posso modificare il complesso, possiamo trovare nuovi documenti, nuovi estremi
cronologici ecc.
Nel nostro complesso possiamo avere vari FONDI, possiamo anche unire due complessi archivistici
di primo livello, tuttavia non è consigliata l’operazione in quanto essa non è reversibile, bisogna
quindi stare attenti e in caso farlo solo quando si sono fatte tutte le ricerche possibili e si hanno tutti
i documenti.
Scheda descrittiva del complesso —> scrivo tutto quello che caratterizza il complesso, la
denominazione, le annotazioni, le date che ne fanno gli estremi cronologici
La segnatura
Fondamentale in quanto permette d rintracciare fisicamente il nostro documento
Busta —> scrivo il numero del falcone in analisi, poi clicco su calcola e scrive direttamente per
esempio b. 1(busta) fasc. 1 (primo fascicolo all’interno della busta).
Principi di conservazione
Ogni stato da delle indicazioni per la tutela dei propri archivi sia in quanto contenitore sia in quanto
stabile.
A Milano l’archivio diocesano di Milano —> esempio di ottima conservazione di depositi,
illuminazione e utilizzo di materiali naturali.
La tutela viene svolta dallo Stato e tutte le informazioni vengono fornite dalle sovrintendenze
(Indicazioni a cura delle Soprintendenze Cfr. SAMI)
I locali devono essere puliti, sani, aereati, sicuri da intrusione e da rischi di allagamento
(sconsigliati i seminterrati, specialmente se l'edificio è in zona di esondazione di corsi d’acqua),
inoltre vi deve essere la periodica spolveratura degli scaffali, pulizia e disinfestazione dei locali.
Materiali non infiammabili né tali da favorire l'installarsi di agenti biologici, chimici o fisici di
degrado (sconsigliati pavimenti e soffitti di legno, tappezzerie, rivestimenti in materiali plastici,
intercapedini collegate con l'ambiente dei locali d'archivio).
• Posizionare estintori in perfetta efficienza sia all’interno sia all’ingresso dei locali d'archivio.
• In tale ultima ipotesi i locali debbono essere a tenuta e gli eventuali condotti d’aria debbono
chiudersi automaticamente a seguito dell’allarme.
• Prevedere la cartellonistica indicante vie di fuga e posizione degli impianti antincendio.
Temperatura costante (valore ideale 18° o temperature inferiori), con oscillazioni di + o – 5°.
• Finestre provviste di imposte/ tapparelle esterne per evitare che i raggi solari sui vetri provochino
effetto serra.
• Evitare che l’intensità luminosa, anche indiretta, danneggi i documenti.
• Escludere l'esposizione permanente di documenti d'archivio perché gli effetti della luce si
sommano nel tempo.
• Tenere conto che eventuali esigenze d'immagine possono essere risolte con l'esposizione di
riproduzioni di alta qualità.
• Glossario
• Sicurezza e prevenzione dei sinistri
• Condizioni climatiche e ambientali
• I documenti tradizionali
• Supporti fotografici e films
• Supporti audiovisuali
• Trasferimenti su altri supporti
• Bibliografia
• La normativa internazionale ISO (International Organization for Standardization)
Strutturato secondo una graduale presa di coscienza di quello che dovrebbe essere il lavoro di chi si
occupa della conservazione.
Prende in esame in primis la PREVENZIONE —> Attività primaria ed essenziale per la corretta
conservazione.
Attività che non prende in considerazione solo la carta, ma tutti gli strumenti su cui sono conservati
i documenti.
L’attività di prevenzione è complessa e prevede :
• Studio del luogo —> dove si trova il deposito
• Studio dello stabile e dei locali
• Progettazione interventi —> interventi secondo le normative ISO
• Controllo sistematico della funzionalità degli interventi
Le condizioni ambientali e i modi di stoccaggio hanno una grande influenza sulla conservazione
dei documenti.
Il controllo dei fattori ambientali e la predisposizione delle condizioni ideali per lo stoccaggio dei
documenti costituiscono la prima delle misure preventive.
Misure di prevenzione
• Prevenzione dei danni dovuti all’uomo
Il degrado dovuto all’uomo pu essere ridotto con la formazione iniziale e continua degli addetti.
• Prevenzione delle catastrofi
Si raccomanda di preparare un piano di intervento in caso di catastrofe, determinando esattamente
le procedure da eseguire e di verificare il piano stesso con esercitazioni periodiche. Le misure di
prevenzioni comprendono :
• il controllo dei fabbricati,
• l’installazione di sistemi antincendio e antiallagamento,
• i provvedimenti per la sicurezza delle collezioni durante le esposizioni,
• l’effettuazione di copie di sicurezza da conservare in altri siti, - la protezione dei sistemi elettrici
ed informatici, - la sottoscrizione di idonee polizze assicurative.
Il piano di emergenza
• le attrezzature necessarie in caso di sinistro e la loro tenuta in efficienza,
• la costituzione di squadre di intervento opportunamente addestrate,
• le regole per le procedure per dare l’allarme, per evacuare le persone e per intervenire sul luogo
del sinistro,
• la redazione di documenti informativi opportunamente dislocati e diffusi tra il personale
dell’ente,
• la redazione degli inventari delle collezioni con l’indicazione delle priorità nei salvataggi.
L’intervento
In occasione del sinistro occorre:
• seguire le procedure indicate nel piano di emergenza e contattare i responsabili della sicurezza e
delle squadre di intervento.
• Una volta che sia possibile ritornare sul luogo del sinistro occorre fare un primo inventario dei
danni, ristabilire le condizioni climatiche necessarie per evitare l’aggravamento dei danni,
documentare i danni per la compagnia di assicurazione, eventualmente trasferire gli oggetti in
luoghi sicuri.
La risitemazione
Occorre
• contattare l’assicurazione,
• stabilire un programma di restauro per gli oggetti danneggiati,
• stabilire un programma di conservazione «di attesa» ove il restauro appaia lungo,
• eliminare i documenti irrecuperabili,
• risistemare il luogo sinistrato e rimettere a posto i documenti
• analizzare cause ed effetti del sinistro per migliorare il piano di prevenzione.
05/12 Lezione 17
ISAD
Essa ha lo scopo di definire uno standard, adottabile dai vari membri, per la descrizione di archivi
destinati alla registrazione di documenti prodotti da organizzazioni, persone e famiglie.
Il suo obiettivo è quello di permettere la diffusione di informazioni sul contenuto e sull'interesse
rivestito da fondi di archivio, a beneficio dei servizi archivistici e dei ricercatori: tale obiettivo
necessita di un sistema standard che dia luogo a descrizioni omogene, schede d'autorità comuni e
accordi sui formati di interscambio.
Gli elementi descrittivi delle ISAD riguardano:
• L’istituto di conservazione
• Lo Stato di Appartenenza
• Denominazione del fondo
• Le date estreme e la consistenza
• L’indicazione del soggetto produttore
• L’articolazione in serie del fondo
• La presenza di strumenti di ricerca
• Note sul sistema adottato
ISAD(G) prevede 26 elementi descrittivi, la cui combinazione permette di descrivere qualsiasi unità
archivistica. Questi elementi sono ripartiti in 7 aree: identificazione, contesto, contenuto, condizioni
d'accesso, fonti complementari, note, controllo della descrizione. La prima zona, che è la più
importante, comprende il codice dell'unità descritta, la titolazione che ne riassume il contenuto, il
soggetto produttore, le date estreme, il livello di descrizione scelto e le indicazioni sul volume
dell'unità descritta (metraggio lineare, numero dei pezzi, etc.).
ISAAR
Questo standard fornisce una guida per l’elaborazione di record di autorità archivistici che offrano
descrizioni di entità (enti, persone e famiglie) coinvolte nella produzione e conservazione degli
archivi.
I record di autorità archivistici possono essere utilizzati:
• per descrivere enti, persone o famiglie come elementi di un sistema di descrizione archivistico
e/o
• per sottoporre a controllo d’autorità l’elaborazione e l’uso di chiavi d’accesso alle descrizioni
archivistiche;
• per documentare le relazioni fra differenti soggetti produttori e fra questi e la documentazione da
essi prodotta e/o altre risorse ad essi relative o ascrivibili.
Si ha un connubio nella descrizione con le isad poiché nelle descrizioni cito storie nomi e eventi per
cui devo fare riferimento ad entrambi.
Lo scopo primario di questo standard è di fornire regole generali per la normalizzazione delle
descrizioni archivistiche dei soggetti produttori di archivio e del contesto di produzione della
documentazione archivistica, rendendo così possibile:
• l'accesso agli archivi e ai documenti basato sulla disponibilità di descrizioni del contesto di
produzione degli archivi che siano connesse alle descrizioni degli archivi stessi, spesso distinti e
fisicamente disgiunti;
• la comprensione da parte degli utenti del contesto di produzione ed uso di archivi e
documenti, cosicché essi ne possano interpretare meglio il significato e la rilevanza;
• la precisa identificazione del soggetto produttore, che comprende la descrizione delle
relazioni fra diverse entità, ed in particolare l’illustrazione delle trasformazioni amministrative di
enti e istituzioni o i mutamenti di condizione personale di singoli individui e famiglie; e - lo
scambio di queste descrizioni fra istituzioni, sistemi e/o reti.
•
nell’ambito dell’attività istituzionalmente finalizzata alla descrizione del ruolo e della natura degli
standard descrittivi, due enti WGSAD e SAA, ne individuarono due:
• Data content standards: con il compito di indentificare gli elementi che compongono una
descrizione archivistica. Uno standard di Contenuto senza un modello di standard di dati che ne
istanzi puntualmente i concetti rischia di dar vita a fin troppe strutture eterogenee su di esso
esemplate.
• Data structure standards: ha il compito di fornire le regole che stabiliscono come inserire le
informazioni all’interno degli elementi dalla struttura dati. Gli standard di Struttura, indispensabili
per lo scambio di informazioni, non sono tuttavia autosufficienti a prescindere dalle descrizioni
archivistiche, senza un corrispondente standard di contenuto che guidi la compilazione degli
elementi.
EAD e EAC nascono con l’ambizione di proporre un modello di struttura dati ispirato agli stessi
principi teorici per la descrizione della documentazione archivistica e dei soggetti legati al contesto
di produzione e conservazione dei fondi. Entrambi gli standard sono stati definiti poggiando sui
meccanismi formali forniti dai cosi detto linguaggi di marcatura.