È difficile rispondere alla domanda: cosa sono gli archivi? Da un lato abbiamo archivisti e
ricercatori che conoscono bene la materia, dall'altro persone comuni che pensano agli archivi
come luoghi di depositi inanimati e polverosi. In Italia è molto recente la tendenza a cercare nuove
possibilità di fruizione degli archivi con una tendenza ad allargare il bacino di utenza.
Gli archivi, con i musei e le biblioteche sono istituti di conservazione e valorizzazione dei beni
culturali; ma i documenti hanno caratteristiche diverse da quale delle opere d'arte e dei libri e
queste caratteristiche hanno contribuito a determinare un tipo specifico di fruizione.
È chiaro infatti che l'opera d'arte fin dal momento in cui nasce costituisce un fatto culturale à
suscita emozioni, riflessioni, etc.; opere d'arte e libri sono destinati a chiunque sia in grado di
vedere, leggere, capire. I documenti invece nascono con finalità giuridiche e amministrative o
comunque meramente pratiche, strettamente connesse alle funzioni e alle competenze proprie
degli uffici e degli enti che li pongono in essere, li classificano e li conservano con criteri propri
tendenti a razionalizzare l'organizzazione della propria memoria per un più funzionale svolgimento
della propria attività. Contemporaneamente sono testimonianza scritta di atti giuridici o di eventi
politici e sociali e dunque fin dall'origine i documenti hanno rilevanza storica.
I documenti vengono usati come fatto culturale attraverso la mediazione di coloro che li studiano
e li interpretano dopo che gli archivisti hanno provveduto a ordinarli e inventariali. I documenti
richiedono sempre una mediazione [materiale di un museo o libri di una biblioteca possono essere
fruiti senza una mediazione]. NB: il singolo documento o il complesso di documenti di una serie
archivistica non ordinata e priva di qualsiasi mezzo di corredo non hanno alcuna possibilità di
fruizione. Quando sono ordinati e inventariati possono essere fruiti solo se chi li consulta pone in
relazione le diverse informazioni reperite su documenti per risolvere uno specifico problema di
ricerca. L'utente di un archivio deve arrivare avendo già un'idea di cosa vuole cercare. Se l'utente è
uno specialista farà egli stesso da mediatore. La visita di un archivio da parte di una persona non
qualificata deve sempre essere guidata da un archivista esperto. Spesso è difficoltoso accostarsi a
determinati documenti ad esempio scritti in latino medievale etc., questa difficoltà a far propria
l'informazione contenuta nel documento è tra le cause della scarsa frequentazione degli archivi da
parte di frequentatori non qualificati.
Non si possono trascurare due fatti:
- enorme mole di documenti presenti in Italia negli archivi di stato e al di fuori ordinati e
inventariati con un grado insufficiente di ordinamento e inventariazione;
- si tratta di pezzi unici che possono deteriorarsi irrimediabilmente attraverso un uso
indiscriminato e incauto.
Non si può negare la tendenza da parte delle istituzioni a promuovere una più ampia conoscenza
delle fonti archivistiche, ma non bisogna certo pensare che la valorizzazione degli archivi consista
nell'attività promozionale, infatti la valorizzazione è implicita nel concetto di conservazione che
comporta studio e ordinamento delle fonti e compilazione di strumenti di ricerca. Si può inoltre
osservare che le attività promozionali tese a far accostare agli archivi un pubblico più
vasto sembrano aver finora trascurato la necessità di sensibilizzare la collettività sull'esigenza di
un'adeguata conservazione degli archivi degli uffici pubblici e delle diverse istituzioni che operano
nella nostra società: infatti per conservare le fonti archivistiche e tramandarle ai posteri è
necessario che i documenti siano tenuti in ordine fin dalla loro origine.
Il documento in diplomatica
La diplomatica studia le testimonianze scritte di fatti di natura giuridica compilate secondo
determinate forme, anzi studia essenzialmente le forme del documento.
Nell'affrontare lo studio del documento bisogna tener distinti:
- l’atto giuridico che pone in essere, modifica o estingue le situazioni giuridiche;
- documento ovvero la stesura dello scritto destinato a tramandare la memoria dell’atto che
produce effetti giuridici.
I documenti possono essere:
- testimonianza o espressione di rapporti determinati da una volontà sovrana che agisce
nell’interesse generale à diritto pubblico;
- possono riferirsi a rapporti regolati da norme giuridiche posti in essere su iniziativa del
singolo à diritto privato.
Rileviamo però la labilità di distinzione tra pubblico e privato nel Medioevo e per qualificare il
documento non ci si può semplicemente riferire all'autore (pubblico se emanato da autorità
pubblica e privato se relativo a atti tra privati, anche perché nel medioevo le autorità
pubbliche potevano anche compiere atti di diritto privato).
- documento cancelleresco: emesso da un'autorità pubblica che si avvale per la redazione e
la spedizione dei documenti di un ufficio apposito chiamato cancelleria à in questo caso ci
troviamo di fronte a un documento pubblico in diplomatica. Carattere di autenticità
garantito dall'autorità emanante.
- documento privato: autenticità garantita dall’essere redatto dal notaio e infatti tra il XII e il
XIII secolo l’istituto notarile acquista una preminenza assoluta in tutto il territorio italiano e
alle precedenti forme documentali (cartha e notitia) si sostituisce l’instrumentum publicum,
irrecusabile, dotato di pubblica fides ovvero di valore probante assoluto solo per il fatto di
essere stato redatto dal notaio.
Adottiamo la distinzione di Valenti:
- documento cancelleresco/pubblico è quello emesso da un'autorità pubblica in forma tale che i
mezzi di autenticazione emanano dall'autorità stessa che compie l'atto documentato.
- documento privato è quello in cui l’autore dell’azione o della documentazione si comporta come
un privato cittadino e cerca i mezzi di autenticazione al di fuori della sua persona.
L'elaborazione teorica del documento raggiunse un notevole grado di sistematizzazione ad opera
dei giuristi italiani del medioevo. Alla più organica disciplina della redazione del documento venne
a collegarsi l'evoluzione dei criteri per la conservazione dei documenti ritenuti utili.
Nell'alto medioevo la carenza di luoghi pubblici adeguati dove conservare i documenti redatti da
notai e scribi aveva consigliato di depositare i documenti negli archivi vescovili e di altri enti
ecclesiastici. Per conservare quelli più importanti si cominciò a ricorrere alla trascrizione degli atti
sui registri. Inoltre poi i notai cominciarono a trascrivere in forma abbreviata su 'quaderni' o
'protocolli' gli atti posti in essere, le imbreviature, cioè le redazioni in minuta degli atti, dovevano
così essere conservate presso il notaio e più tardi negli archivi comunali o dei collegia notariorum.
L'esigenza di conservare è determinata anche da finalità pratiche e motivazioni di diversa natura.
Sulla buona conservazione degli archivi incide soprattutto la coscienza che chi emette l'atto ha
dell'importanza della propria funzione, ma anche la pressione che direttamente o no può
esercitare chi ha interesse a utilizzare i documenti.
Il documento in archivistica
Gli archivisti usano la parola documento in un'accezione più ampia. Sotto il profilo giuridico
vengono definiti soprattutto gli elementi formali e sostanziali degli atti con i quali si creano,
modificano o estinguono le situazioni giuridiche. Spesso il termine atto viene impropriamente
usato come sinonimo di documento. L'archivista si occupa sia dei documenti ufficiali dello
stato, quelli cioè che rappresentano il momento conclusivo del procedimento e che comunque
hanno rilevanza esterna, sia di tutta la documentazione che si è formata nel corso del
procedimento. L'archivio comprende sia gli atti ufficiali sia la documentazione necessaria per
la loro formazione e nella sua interezza viene conservato. Inoltre i documenti non si formano
sempre con valore costitutivo, infatti una pluralità di documenti viene posta in essere per
finalità pratiche diverse giuridicamente irrilevanti. Va inoltre notato che la giuridicità del
documento può essere originaria oppure può sopravvenire in momenti successivi. Può inoltre
accadere che un documento nato con una determinata rilevanza giuridica, ne assuma una
diversa in un tempo successivo. Inoltre la rilevanza giuridica è propria sia dei documenti che
formano gli archivi pubblici sia quelli che formano gli archivi privati. I documenti, di qualsiasi
qualificazione qui indicata, hanno sempre una specifica potenzialità che è quella di poter
essere studiati sia per dare impulso ad altre finalità pratiche sia come fonti per la storia à
inoltre non è né il decorrere del tempo, ne l'accessibilità dei documenti a renderne attuale il
valore storico, bensì il fatto che in qualcuno si manifesti l'intenzione di utilizzarli e studiarli.
Il fatto che esso avesse o meno rilevanza giuridica impone al ricercatore diversi criteri per la
valutazione delle informazioni contenute.
Documento, informazione, informatica
Il documento può interessare:
- per gli elementi formali e sostanziali che ne caratterizzano la redazione;
- perché consente di ricostruire la struttura interna dell'archivio.
Questi due aspetti interessano soprattutto i tecnici dei documenti che specializzandosi in un
particolare tipo di indagine storica comprendono fenomeni e processi attraverso lo studio dei
dati esteriori.
Inoltre i documenti si rivelano preziosi come fonti storiche, ma anche come fonti per altre
discipline e per l'analisi critica di fonti di altro tipo à l'utilizzazione dei documenti varia a
seconda delle finalità che si pone il ricercatore.
La valutazione del documento non dipende soltanto dalla forma e dal contenuto di ciascun
documento, ma anche dalla relazione in cui quel documento si trova rispetto agli altri
documenti dell'archivio cui appartiene. Questo significa conoscere molto informazioni sul
documento stesso [autore, finalità, competenze, criteri di classificazione è evidente che
disaggregando e riaggregando i dati in diverse soluzioni si moltiplica la possibilità di
individuare documenti necessari e anche la significatività delle singole informazioni. Del resto
la prima cosa che si insegna a un ricercatore è proprio quella di lavorare su schede: uno
strumento che consente la disaggregazione e una pluralità di riaggregazione dei dati.
Si può ritenere che in linea di massimo l'uso dell'elaborazione elettronica non debba essere
teso alla selezione di dati e documenti di archivi che possono essere consultati con i mezzi
tradizionali, bensì all'individuazione di adeguate chiavi di ricerca per serie archivistiche
difficilmente consultabili con i mezzi tradizionali.
L'informatica applicata ai documenti tradizionali rende più agevole la ricerca soprattutto ai
ricercatori non qualificati a coloro che si rivolgono agli archivi per finalità pratiche. Il discorso
è più complesso per il ricercatore qualificato.
Il buon ricercatore non è in genere quello che consulta i fondi a tappeto bensì quello che, da
un intelligente esame delle guide e degli inventari dei fondi, individua rapidamente le serie e i
fascicoli essenziali ed estende via via la sua indagine ad altri documenti sulla base di un
ragionamento logico fondato su ipotesi e verifiche che si arricchiscono e si complicano man
mano che si trovano nuovi indizi e nuove prove.
Con l'elaborazione elettronica egli è condizionato da una maggiore incidenza della mediazione
dell'archivista il quale diventa arbitro delle scelte relative alle informazioni da introdurre nel
sistema e della predisposizione dei programmi per le possibili risposte.
L'uso dell'informatica ha costituito un'autentica rivoluzione nella redazione del documento,
nel linguaggio usato e nei caratteri della rappresentazione grafica.
Nell'archivio su supporto magnetico le unità elementari sono i dati: essi possono essere
inseriti mediante documenti intermedi che assumono la forma della scheda, del questionario
o del modulo di rilevazione nel quale si riporteranno dati quantitativi, oppure dei si o dei no o
delle risposte variabili nell'ambito di un numero di ipotesi precostituite.
Vi sono archivi su supporto magnetico ad accesso sequenziale nei quali i dati vengono raccolti
in files e all'interno in records, cioè unità codificate relative a un oggetto. La trasformazione
formale dell'archivio è decisamente più radicale quando i dati vengono immessi direttamente
in un sistema informativo e organizzati secondo un ordine predefinito.
Il mutamento del supporto, il diverso modo di lettura dei dati e l'indipendenza del singolo
dato rispetto al contesto in cui è inserito comportano per l'archivista nuovi problemi relativi
alla conservazione e per il ricercatore nuovi problemi relativi all'uso e all'analisi critica della
fonte. Il singolo dato diventa significativo solo nel momento in cui entra in relazione con altri
dati. Problemi: tutte le modifiche apportate ai programmi potrebbero non permettere di
riutilizzare successivamente i dati immagazzinati in passato. Non è difficile comprendere
come possa essere complessa la normativa per la definizione giuridica di questo tipo di
documentazione e per l'individuazione dei dati storici che debbono essere conservati.
Si aggiungono poi problemi di formazione professionale degli archivisti, problemi di natura
economica e tecnici di varia natura.
CAP 4 – GLI ARCHIVI COME FONTI PER LA STORIOGRAFIA
Il documento come testimonianza e interpretazione della realtà
La struttura degli archivi e le relazioni che intercorrono tra gli archivi degli enti operanti nei
diversi periodi storici costituiscono l'oggetto di studio dell'archivistica.
Gli archivi vengono in genere aperti al pubblico nella prima metà del XIX secolo per effetto
delle riforme napoleoniche [estensione del principio della pubblicità degli archivi], ma
l'interesse per i documenti d'archivio si era delineato con la storiografia umanistica.
Il tema della conservazione e dell'inventariazione degli archivi cominciava ad essere trattato
fin dal XVII secolo come oggetto di una disciplina sia pure diretta soltanto a chi deteneva gli
archivi e pochi eruditi che avevano accesso ad essi.
L'attenzione degli eruditi si concentra sui sistemi di riordinamento per lo più per materia per
reperire più facilmente i documenti à tuttavia l'archivistica resta in genere ancora
subordinata alla diplomatica.
L'erudizione storica trionfa tra il XVII e il XVIII secolo con i Maurini, Mabillon, ma soprattutto
con Ludovico Antonio Muratori la cui opera volta all'accertamento dei fatti attraverso l'esame
delle fonti e l'edizione dei testi si risolve in vera e propria storiografia.
È tuttavia nella prima metà del XIX sec che in Italia gli storici si rivolgono alle fonti archivistiche:
- viene fondata la rivista “archivio storico italiano”;
- si costituiscono le “Deputazioni di storia patria” che promuovono ricerche di storia locale fondate
sullo studio dei documenti e danno vita a nuovi periodici per la pubblicazione dei risultati di queste
indagini;
- 1883 viene creato l’Istituto storico Italiano a cui si deve la pubblicazione delle norme per la
trascrizione e l’edizione delle fonti. Ristampa a cura di V. Fiorini e G. Carducci e vengono poi
–viene fondata la rivista 'archivio storico italiano'
–si costituiscono le 'Deputazioni di storia patria' che promuovono ricerche di storia locale
fondate sullo studio dei documenti e danno vita a nuovi periodici per la pubblicazione dei risultati
di queste indagini
–1883 viene creato l'Istituto storico italiano a cui si deve la pubblicazione delle norme per la
trascrizione e l'edizione delle fonti. Ristampa a cura di V. Fiorini e G. Carducci e vengono poi
pubblicati codici diplomatici, raccolte di statuti e leggi; si affinano i criteri per l'edizione di
testi e documenti e si sviluppa la trattazione critica delle fonti.
Fin dalla metà del secolo le riflessioni di alcuni archivisti tra cui spicca la figura del toscano Bonaini
avevano individuato con lucidità il rapporto tra l'ente e il proprio archivio e da questo rapporto si
poteva dedurre che le fonti sono già di per sé interpretazioni e debbono a loro volta essere
interpretate.
L'atteggiamento degli storici riguardo alle fonti scritte è diverso in considerazione del fatto che la
funzione riconosciuta alle fonti varia col variare dei presupposti teoretici dello storico e varia
anche secondo i criteri metodologici adottati.
Vediamo le due diverse definizioni e dunque modi di intendere la storia e il rapporto con le
fonti ad opera di due grandi autori:
* Croce: per documenti sono da intendere tutte le opere del passato ancora rievocabili nei
segni delle scritture, notazioni musicali, pitture, sculture, architetture, ritrovati tecnici, nelle
trasformazioni fatte della superficie terrestre e in quelle fatte nelle profondità degli animi.
* L. Febvre: a proposito delle fonti parla dei testi, tutti i testi, ma non soltanto essi anche tutti i
documenti qualunque sia la loro natura.
Tuttavia l'esigenza di verificare l'attendibilità dei fatti, possibile soprattutto mediante le fonti
scritte, è sentita come un dovere morale di storici di formazione diversa.
Gli storici prendono in considerazione i documenti d'archivio per la ricostruzione dei fatti ed
essendo ormai acquisito che il documento d'archivio è pur sempre un'interpretazione della
realtà, le fonti archivistiche non rappresentano necessariamente una fonte privilegiata
rispetto alle altre fonti scritte.
Il documento è esso stesso un'interpretazione della realtà e come tale non ha valore obiettivo
assoluto e anche nei casi in cui questo valore si possa riscontrare la lettura dei documenti non
determina di per sé conoscenza storica. La critica ha affinato nel tempo i metodi per la
valutazione dell'autenticità o falsità del documento o delle informazioni da esso ricavabili à
si è riflettuto poco sul fatto che essendo i documenti d'archivio nati per finalità pratiche essi
possono aver avuto effetti sulla società anche quando essi fossero rappresentazioni false della
realtà.
Archivio come testimonianza dell’ente
L'archivio è fonte storica anche perché consente di conoscere l'istituzione che operava nella
società, i suoi condizionamenti, le sue finalità, i modi in cui di fatto operava.
L'archivio è un'opera, un monumento del passato al pari di un edificio o di un reperto
archeologico e costituisce in sé oggetto di studio per le sue caratteristiche strutturali e
funzionali. Inoltre la conoscenza dell'istituzione fornisce anche importanti elementi per
l'interpretazione dei documenti, anche se raramente si fa riferimento all'ordinamento degli
archivi quale presupposto per l'analisi critica delle fonti.
La formazione degli archivi in rapporto all’evoluzione delle istituzioni pubbliche e
private
La ricerca d'archivio presuppone dunque la conoscenza della storia delle istituzioni e delle vicende
occorse agli archivi delle istituzioni stesse.
Il riferimento al quadro politico-istituzionale risponde a due esigenze metodologiche precise:
- individuazione delle fonti: necessità che si pone sia a chi voglia fare ricerche di storia politica, sia
a chi voglia fare ricerche settoriali o quantitative, sia a chi voglia fare storia
fortemente ideologizzata, sia a chi voglia indagare con criteri logico-sperimentali.
- qualità delle fonti: quando si esamina un archivio bisogna conoscere l’ente he lo ha prodotto per
verificare una serie di cose tra cui ad esempio l’attendibilità delle fonti.
Ai fini dell'individuazione delle fonti archivistiche esistenti è necessario conoscere la storia delle
istituzioni dello stato per il periodo preso in esame e individuare quali enti pubblici o privati
operavano nello stesso periodo nell'ambito territoriale considerato.
Un ufficio tratta una questione in rapporto alle proprie finalità, ma dobbiamo tener presente
che di una stessa questione si possono occupare diversi uffici e dunque le informazioni
potrebbero trovarsi in archivi diversi.
Quando si parla di fonti archivistiche ci si riferisce in linea di massima a un periodo compreso
tra il medioevo e i nostri giorni: serie archivistiche continue partono in genere dall'età
comunale, ma frammenti e documenti, a partire dal VIII sec, si trovano negli archivi di Stato,
comunali e negli archivi di monasteri e abbazie.
Dal medioevo in poi l'evoluzione dell'apparato statale è andata formandosi parallelamente
all'evoluzione della struttura ecclesiastica, formando centri di potere statali e ecclesiastici à
si determina così una pluralità di poteri concorrenziali con giurisdizioni proprie che si
sovrapponevano sullo stesso territorio. A livello locale possiamo trovare organi dello Stato
comuni a tutto il territorio dello Stato stesso e organi locali più differenziati a seconda della
diversa evoluzione delle singole località à in uno stesso territorio dunque la popolazione
obbediva a norme e tasse poste dallo stato ma anche dalla comunità.
Inoltre prima della rivoluzione francese non è netta la distinzione tra potere esecutivo e
potere giudiziario. Solo con le riforme francesi viene abolita in tutti gli stati la feudalità e viene
attuato ovunque un sistema di ripartizione del territorio che indica con certezza la
circoscrizione propria di ciascun organo periferico.
Nell'ampio settore dei rapporti negoziali tra privati c'è la figura del notaio: nella sua attività
rogatoria dà certezza ai rapporti stessi e conserva tutti gli atti rogati nella zona di sua
competenza. Quanto è maggiore l'area di rilevanza giuridica tanto maggiore è la possibilità di
trovare traccia dei modi in cui si attua il potere politico.
Dunque:
* per trovare testimonianza delle attività regolate da norme giuridiche ci si deve rivolgere a
archivi di stato, istituzioni ecclesiastiche.
* per le diverse forme di attività sociale giuridicamente irrilevanti è possibile trovare
testimonianza diretta nelle strutture che hanno un minimo di organizzazione (corporazioni
delle arti) à fenomeno molto evidente nel XVIII sec con lo sviluppo delle società scientifiche e
letterarie, club, salotti, borsa, giornali, accademie e teatri.
* notizie relative a usi e abitudini accettati per tradizioni trovano difficilmente testimonianze
scritte dirette e solitamente per avere notizie relative alle condizioni di vita delle classi
subalterne ci si rivolge a fonti di natura diversa (fonti orali, tradizioni popolari etc), inoltre è
difficile pensare di trovare documentazione prodotta direttamente da ceti sociali subalterni.
CAP 5 – SELEZIONE E CONSERVAZIONE DELLE FONTI
La selezione come momento qualificante per la conservazione delle fonti
Notiamo che in linea di massima sono stati conservati nel tempo gli archivi di enti che hanno
svolto un ruolo importante nella società e che ne avevano coscienza.
Una prima esigenza che muove alla conservazione è certamente quella di conferire certezza ai
rapporti tra i soggetti che operano in una determinata società, quanto più una società diventa
complessa tanto più si articola la sua struttura organizzativa e la possibilità di lasciare
testimonianza scritta della sua esistenza.
All'idea della conservazione si associa quella della selezione: si sceglie di conservare quel
che appare importante. La qualifica di importante è difficile da definire e può assumere
significati
diversi e la rilevanza può dipendere:
- dal valore che l’ente attribuisce alla documentazione come prova di propri diritti o privilegi;
- dal potere che discende dalla gestione di documentazione segreta;
- dalla natura stessa delle finalità perseguite dall’ente;
- dalle persone che con esse entrano in rapporto.
L'interesse per la conservazione dei documenti in relazione alla loro rilevanza storica si manifesta
più tardi di quello dovuto a finalità politiche e amministrative.
Necessità di conservare esprime l'esigenza di obiettivare la propria esistenza in quell'oggetto
concreto e reale che è il documento.
Tutti noi conserviamo cose, fotografie, documenti, contratti, ricevute, etc, tutte queste cose
perdono di importanza quando la persona muore, ma possono invece risultare ancora importanti
se questa persona per esempio rivestiva cariche pubbliche. Lo stesso vale per un ente/istituzione
pubblica o privata: una parte più o meno consistente della documentazione cessa di avere
importanza quando si sono esauriti gli affari per cui era stata posta in essere, mentre la parte
d'archivio destinata alla conservazione può essere selezionata con criteri particolari.
Naturalmente la distruzione parziale o totale di archivi può essere causata da incuria
deplorevole, calamità naturali, eventi bellici, cause accidentali varie. Qui poniamo l'attenzione
sulla distruzione di una parte di documenti come frutto di una necessità. La selezione tra
documentazione da conservare e da distruggere risponde a esigenze di funzionalità dell'ente,
tanto più evidenti man mano che nel corso dei secoli cresce quantitativamente la produzione
di documenti scritti.
L'operazione con la quale si distrugge una parte della documentazione si chiama scarto: nei
manuali si legge che lo scarto è un compromesso tra l'esigenza di conservare tutta la
documentazione prodotta e la carenza di spazio, ma individuare il fondamento dello scarto
nella mancanza di spazio appare insoddisfacente. Il fondamento dello scarto va ricercato in
quella che può essere una legge di economicità presente in ogni processo evolutivo. Lo scarto
risponde quindi all'esigenza di scegliere quei documenti che sembrano ai contemporanei
essenziali per la comprensione della propria epoca o di quella immediatamente precedente.
La scelta di tali documenti risponde a criteri che variano nello spazio e nel tempo.
Lo scarto non comporta che quei documenti siano privi di valore storico ma solo il fatto che al
selezionatore non sembrano essenziali per la funzionalità dell'ente o non sembrano essenziali
per accrescere la possibilità di comprensione storica.
Gli archivi degli organi più spiccatamente politici sono stati conservati con cura maggiore, ma
proprio per la loro natura politica sono stati spesso oggetto di sommosse, rivolte, incendi etc.
Non va dimenticato il fenomeno della distruzione intenzionale di documenti giudicati
compromettenti da parte di chi abbia interesse e si trovi nella condizione di poterlo fare. È
inoltre relativamente recente l'interesse per ambienti e gruppi non caratterizzati da posizioni
di prestigio.
Gli archivi di concentrazione
* dal secolo XII si inizia ad avvertire l'esigenza di una razionalizzazione nella conservazione
dei documenti ritenuti importanti;
* nel secolo XII i vari governi cittadini iniziano a conservare le proprie carte e o propri registri,
ed è proprio nell'età signorile che iniziano a formarsi archivi dinastici à documenti
dell'archivio familiare etc.;
* dalla metà del XVI sec in diversi Stati italiani compaiono norme per l'istituzione di archivi
nei quali dovevano essere concentrati archivi di magistrature diverse per la conservazione e
l'ordinamento dei documenti à così avvenne per il regno Napoli, ducato Savoia, Milano,
Parma, Piacenza e Stato della Chiesa.
* seconda metà XVIII secolo vengono creati archivi generali regolati da norme che
preannunciano l'evoluzione istituzionale che porterà all'attuale ordinamento archivistico à
archivio governativo di Milano creato da M. Teresa, archivio diplomatico a Firenze, Grande
archivio di Napoli. Vengono dunque riorganizzati archivi che erano stati precedentemente
istituiti per esigenze di una più razionale organizzazione oppure vengono istituiti archivi con
dichiarate finalità culturali.
* 1852: Archivio di Stato di Firenze in cui confluivano il vecchio archivio diplomatico e altri
importanti fondi. [al momento dell'unificazione del regno esistevano 15 archivi di stato]
successivamente vennero istituiti quelli di Roma, Bologna, Massa, Reggio Emilia e
successivamente quelli di Trento, Trieste, Zara, Bolzano.
* 1939: legge sugli archivi con cui fu prevista la creazione di istituti archivistici statali in tutte
le province: 20 dovevano chiamarsi Archivi di Stato e gli altri Sezioni di Archivio di Stato.
* successiva legge 1963: chiama Archivi di Stato tutti gli istituti archivistici dei capoluoghi di
provincia e ha previsto la creazione di 40 Sezioni di Archivio di Stato in comuni di particolare
importanza dipendenti dall'Archivio di stato del capoluogo.
Si ebbe dunque con l'unificazione del regno una rete di istituti archivistici articolati all'interno
di dieci soprintendenze istituite nel 1874: tutti gli Archivi di stato furono posti alle
dipendenze del ministero dell'interno. Fu lasciata invece ampia autonomia di gestione per gli
archivi non statali, di enti pubblici, istituzioni private, famiglie e persone. I sopraintendenti in
base alle norme del 1875 dovevano essere una sorta di tutela sugli archivi comunali,
vescovali, parrocchiali e di altri enti. Con il passaggio dell'amministrazione degli Archivi di
Stato dal ministero dell'interno a quello dei Beni culturali l'organizzazione degli uffici
periferici non ha subito modifiche.
CAP 6 – ORGANIZZAZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE ARCHIVISTICA
Normativa vigente
Norme che attualmente regolano l'amministrazione degli archivi sono:
- DPR 1963, n. 1409: contiene disposizioni inerenti all’organizzazione centrale e periferica
dell’amministrazione archivistica e disposizioni inerenti ai compiti istituzionali
dell’amministrazione;
- RD 1911, n. 1163: è tuttora in vigore il regolamento per gli Archivi di Stato;
- la legge 29 gennaio 1975, n. 5;
- DPR 1975, n. 805: istituzione del ministero per i Beni Culturali e ambientali e nuova
organizzazione del ministero, le norme contenute nella legge 1963 sono state abrogate;
- DPR 1975, n. 854: regola le competenze rimaste al ministero dell’interno in materia di
archivi dopo il passaggio;
- DPR 1977, n. 616: relativo all’attuazione della delega prevista dall’art. 1 della legge 1975
sull’ordinamento regionale. Gli archivi dunque non rientrano tra le materie indicate dal 117
della costituzione su cui le regioni possono emanare norme legislative.
Organi centrali e consultivi dell’amministrazione archivistica
Amministrazione degli archivi di stato dipende dal Ministero dei Beni culturali e ambientali
istituito nel 1974 a seguito dell'unione in un unico dicastero della Direzione generale antichità
e belle arti e di quella delle biblioteche e accademia. Nel nuovo ministero veniva istituita
un'unica Direzione generale per gli affari generali amministrativi e del personale.
Con la costituzione del nuovo ministero sono stati soppressi i precedenti organi collegiali e
sono stati istituiti il Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali composto di 91
membri e presieduto dal ministro. Sono stati poi inoltre istituiti organi collegiali periferici.
Un collegamento più incisivo con le Regioni è previsto mediante l'istituzione di un altro
organo collegiale periferico: il comitato regionale. Poiché l'amministrazione degli archivi di
stato ha più uffici periferici delle altre branche di beni culturali in questi organi collegiali
periferici la presenza degli archivisti è sempre proporzionalmente piuttosto alta.
Conservazione degli archivi statali e vigilanza sugli archivi non statali
I compiti fondamentali dell'amministrazione archivistica sono stabiliti nell'art. 1 della legge sugli
archivi del 1963:
* conservazione degli archivi degli organi centrali e periferici dello Stato pre e post unitari e degli
archivi e singoli documenti che lo Stato abbia in proprietà o in deposito;
* vigilanza sugli archivi degli enti pubblici e sugli archivi privati dichiarati di notevole interesse
storico.
- La conservazione viene attuata mediante l'Archivio centrale dello Stato, gli Archivi di Stato
istituiti in tutti i capoluoghi di provincia, le Sezioni di Archivio di Stato istituite in 40 comuni
nei quali esistano archivi statali rilevanti per quantità e qualità. Alla funzione di conservazione
attuata negli archivi di Stato si collega una serie di compiti specifici: ordinamento degli archivi,
compilazione dei relativi inventari, di indici alfabetici e di tutti quegli strumenti che rendono
possibile la consultazione dei documenti, rientra in quest'ambito anche l'uso dell'elaborazione
elettronica applicato agli archivi tradizionali, assistenza ai ricercatori in sala di studio, compilazione
dei massimari di scarto, sorveglianza sugli archivi correnti e di deposito.
- La vigilanza viene attuata mediante le soprintendenze. Alla funzione della vigilanza attuata
mediante le soprintendenze archivistiche si collega una serie di compiti specifici: ispezioni sugli
archivi non statali, individuazione degli archivi esistenti nella regione e loro censimento,
dichiarazione di notevole interesse storico degli archivi privati, consulenza sulla tenuta degli
archivi, interventi di varia natura in caso di inadempienza degli obblighi stabiliti a carico degli enti
pubblici e privati. Gli archivi di stato e le soprintendenze archivistiche sono uffici periferici
dell’ufficio centrale per i beni archivistici ciascuno indipendente dall'altro.
Versamento e scarto
La legge sugli archivi del 1963 stabilisce che gli organi centrali e periferici dello stato versino
nei competenti Archivi di Stato i documenti relativi agli affari esauriti da oltre 40 anni, per le
liste di leva o di estrazione è previsto un termine di 70 anni dalla data di nascita della classe
cui si riferiscono. Il sovrintendente dell'Archivio centrale dello Stato e i direttori degli archivi
di stato possono accettare versamenti di documenti di data più recente quando vi sia pericolo
di dispersione o di danneggiamento. Di fatto il versamento non avviene con periodicità
regolare ma sotto la spinta della carenza di spazio negli uffici statali.
NB: il versamento può essere effettuato solo se siano state fatte le preliminari operazioni di
scarto. Tutte le funzioni inerenti alla sorveglianza sugli archivi degli uffici statali, allo scarto e
al versamento sono esercitate da apposite commissioni di sorveglianza.
Queste ultime sono istituite con decreto ministeriale e durano in carica tre anni, sono
composte dal capo dell'ufficio o suo delegato, da un altro funzionario dell'ufficio, da un
archivista di stato e da un rappresentante del ministero dell'Interno. Attualmente le
commissioni di sorveglianza svolgono le operazioni inerenti allo scarto e al versamento in
situazioni logistiche precarie.
Gli archivi di deposito dei ministeri sono semplicemente dei locali in cui vengono conservati,
in genere in maniera inadeguata, i documenti non più occorrenti alle ordinarie esigenze di
servizio, per i quali tuttavia non siano trascorsi i 40 anni previsti per il versamento. Le
commissioni di sorveglianza debbono riunirsi almeno due volte l'anno. La commissione
approva o modifica la proposta dell'ufficio di scarto e allegando l'elenco dei documenti da
scartare chiede il relativo nulla osta alla divisione competente dell'Ufficio centrale per i beni
archivistici.
Per lo scarto degli archivi di enti pubblici intervengono invece le soprintendenze
archivistiche. Anche i proprietari, possessori o detentori di archivi o di singoli documenti
dichiarati di notevole interesse storico non possono provvedere a scarti senza la preventiva
autorizzazione del competente soprintendente archivistico.
Limite alla consultabilità dei documenti
I documenti conservati negli Archivi di Stato sono liberamente consultabili, ad eccezione di
quelli di carattere riservato relativi alla politica estera o interna dello Stato, che divengono
consultabili cinquant'anni dopo la loro data, e di quelli riservati relativi a situazioni
puramente private di persone, che lo divengono dopo settant'anni.
I documenti dei processi penali sono consultabili 70 anni dopo la data della conclusione del
procedimento. La consultazione dei documenti di carattere riservato può essere autorizzata
per diversi motivi di studio dall'amministrazione dell'Interno. Va rilevato che se uno studioso
deve consultare documenti riservati che si trovano in archivi diversi deve presentare la
richiesta di autorizzazione presso ciascun istituto à autorizzazione che può essere concessa o
negata. Fino al 1975 le richieste di autorizzazione munite del parere del direttore dell'archivio
dovevano essere sottoposte al parere della giunta superiore degli archivi che valutava e
coordinava le richieste trasmesse da tutti gli Archivi di Stato. Oggi l'ispettorato centrale riceve
le richieste di autorizzazione munite del parere del direttore d'archivio e decide senza sentire
il parere del comitato di settore. Di fatto si è comunque instaurata la prassi di concedere
autorizzazioni per il periodo anteriore all'ultimo trentennio salvo limitazioni specifiche
adottata da ciascun stato. La legge non prevede distinzioni tra studiosi italiani e stranieri.
Formazione professionale degli archivisti
Formazione professionale degli archivisti
Gli archivisti di Stato entrano in carriera mediante pubblico concorso che prevede due prove
scritte, prove orali in materie giuridiche e storiche e una prova in lingua straniera.
Titolo di studio richiesto è: laurea in giurisprudenza, scienze politiche, lettere, filosofia oppure
la laurea conseguita presso la facoltà di magistero. Coloro che abbiano superato il concorso
debbono frequentare obbligatoriamente un corso biennale presso le scuole di archivistica,
paleografia e diplomatica istituiti e negli Archivi di Stato. Queste scuole sono aperte al
pubblico e gratuite e oltre alle materie sopraddette si studiano anche altre materie ausiliarie.
La destinazione degli archivisti agli Archivi di Stato o alle soprintendenze è casuale e nel corso
della carriera si può essere trasferiti.
Tecnologia archivistica
L'amministrazione degli AS dispone di un articolato servizio di tecnologia archivistica che
comprende un centro di fotoriproduzione, legatoria e restauro a Roma e 40 sezioni di
fotoriproduzione presso altrettanti AS.
Il centro ha il compito di studiare e sperimentare le attrezzature e i procedimenti da usare nel
servizio di fotoriproduzione, legatoria e restauro, quello di curare l'addestramento del
personale di AS addetto a tale servizio mediante corsi di preparazione, aggiornamento,
perfezionamento, specializzazione e di qualificazione tecnica. Le sezioni hanno compiti
operativi in favore degli AS presso cui sono istituiti e dei vicini istituti archivistici.
Tutti gli archivi di stato e le soprintendenze dispongono di apparecchi per fotocopiare i
documenti.
A tutt'oggi il servizio di microfilm è molto utilizzato dai frequentatori delle sale di studio à
utilizzo dei microfilm in luogo di alcune serie archivistiche di particolare importanza o di
microfilm di complemento per archivi conservati in sedi diverse.
Altro settore tecnologico importante è quello del restauro: comporta un enorme impegno
economico da parte dell'amministrazione archivistica, sempre insufficiente tuttavia, rispetto
alla mole e alla qualità del materiale archivistico conservato negli AS.
L'opera di restauro è attuata sia attraverso laboratori di legatoria annessi ad una parte delle
sezioni di fotoriproduzione sia attraverso il ricorso a ditte private.
Terzo settore è quello dell'informatica: che interessa gli archivi di stato sotto due aspetti.
Il primo si collega al fatto che l'uso dell'informatica si sta diffondendo negli archivi di stato
correnti delle amministrazioni pubbliche e private. Gli archivisti di stato entrano in contatto
con questa mutata realtà archivistica che pone problemi sia di natura giuridica e impone la
ricerca di nuove tecniche di conservazione.
Il secondo aspetto si collega all’uso delle tecniche automatiche applicate ai documenti
tradizionali conservati negli AS, un uso che può allargare a dismisura la possibilità di
effettuare ricerche.
In rapporto a entrambe queste possibilità si pongono problemi derivanti dall'insufficiente
grado di ordinamento e inventariazione degli archivi conservati per una corretta
comparazione ed elaborazione dei dati. Il centro di Roma ha compiuto esperimenti di grande
interesse in questo settore quali quello del "Codice diplomatico veneziano".
Sono in atto diversi programmi di automazione su archivi conservati in vari istituti
archivistici.
Edilizia e scaffalature
Un problema importante per la sistemazione dei documenti è rappresentato dall'edilizia
archivistica. Gli AS hanno bisogno di edifici grandi e funzionali mentre spesso hanno sede in
vecchi conventi o in edifici pubblici e privati adattati alla meglio.
Per sfruttare razionalmente lo spazio è necessario usare scaffalature adeguate. Si usano
preferibilmente scaffalature metalliche con palchetti mobili.
L'uso dei compactus, scaffalature ravvicinate scorrevoli su binari, pur essendo meno pratici
delle scaffalature tradizionali e fisse e distanti l'una dall'altra intorno ai 70/80 cm, consentono
di raddoppiare quasi lo spazio destinato alla scaffalatura.
È buona norma numerare le file di scaffali e per ciascuna fila le colonne di palchetti. È inoltre
utile tracciare una pianta della collocazione materiale dei fondi nei depositi.
Poiché la documentazione è altamente infiammabile sono previste norme particolari di
sicurezza e naturalmente anche sistemi antifurto.
Sono necessari controlli sull'umidità, areazione, temperatura e luminosità degli ambienti.
Per la custodia dei documenti si usano buste di cartone nelle quali i documenti sono
conservati in senso verticale o scatole nelle quali sono conservati in senso orizzontale. In un
archivio gli uffici debbono essere distinti dai depositi. Essenziali i locali dedicati alla sala di
studio.
CAP 7 – ARCHIVI E SINGOLI DOCUMENTI CONSERVATI NEGLI ARCHIVI DI STATO
Archivi di Stato
Una presentazione sistematica dei fondi conservati risponde all'esigenza di consentire
comparazioni e valutazioni tra le diverse realtà istituzionali. Ogni inquadramento sistematico
può presentarsi a critiche dal momento che ci si trova di fronte a situazioni molto varie: è
realmente problematico ricondurre la documentazione a partizioni precostituite che
privilegiando un aspetto rischiano di sacrificarne altri; ma è indispensabile un riferimento a
una visione d'insieme.
L'amministrazione degli AS ha provveduto con la pubblicazione in corso della Guida generale
degli AS Italiani ad offrire agli studiosi una prima informazione del contenuto degli AS.
Gli AS conservano gli archivi degli stati italiani preunitari, gli archivi degli organi centrali e
periferici italiani, gli archivi notarili e tutti gli altri archivi e singoli documenti che lo stato
abbia in proprietà o in deposto per disposizione di legge o per altro titolo. Si tratta di un
complesso di circa un milione di pergamene sciolte e circa otto milioni di unità tra buste, filze,
mazzi, fasci, volumi e registri per un totale non calcolabile di singoli documenti cartacei o
pergamenacei. Quantità del materiale calcolato in metri lineari occupa circa 900.000 metri.
Il documento pergamenaceo più antico è dell'anno 721 e si trova nell'AS di Milano. La prima e
rara documentazione cartacea risale al secolo XII. I documenti più recenti sono gli originali
delle leggi e decreti italiani che vengono annualmente versati nell'archivio centrale dello stato.
Facendo riferimento a dati del 1975 si rivela che gli Archivi di stato più grandi sono quelli di:
- Venezia, Firenze e Napoli con 60,000 metri lineari;
- Seguono poi Torino e Roma con 50,000 e 40,000 metri lineari;
- Seguono poi Milano, Palermo e archivio centrale con 30,000/35,000 metri lineari;
- Parma, Modena, Bologna;
- Catania, Siena, Brescia, Perugia tra i 12,000 e i 16,000 metri lineari.
Va rilevata la situazione particolare di Roma: la documentazione dello stato pontificio è
conservata in parte nell'Archivio Vaticano, in parte nell'Archivio di Stato di Roma. La parte più
consistente relativa all'amministrazione dello Stato pontificio si trova nell'AS di Roma, mentre
nell'Archivio Vaticano prevale la documentazione relativa agli archivi della Chiesa.
Nell'AS di Roma vengono versati gli archivi degli uffici statali periferici italiani mentre quelli
degli organi centrali vengono versati nell'archivio centrale dello stato.
L'Archivio centrale dello Stato ha caratteristiche proprie rispetto agli altri archivi di stato. La
sistemazione dei fondi riflette la partizione dei poteri:
- serie originali delle leggi e decreti e originale della costituzione italiana;
- inchieste parlamentari, atti di governo, serie dei verbali del consiglio dei ministri;
- cospicuo complesso dei ministeri in ordine alfabetico;
- archivi della segreteria particolare di Mussolini e del partito fascista;
- archivi della corte suprema di cassazione e tribunali militari;
- complesso di piccoli archivi eterogenei;
- archivi di enti pubblici e di varie istituzioni private;
- notevole è il complesso di oltre cento archivi privati di personalità politiche;
- microfilm di archivi italiani e stranieri acquistati.
Per gli altri AS è dedicata a ciascuno una voce articolata in tre parti:
* comprende archivi degli organi e uffici statali preunitari distinti in archivi degli antichi
regimi, del periodo napoleonico, della Restaurazione.
In diversi casi è stato possibile procedere a sotto periodizzazioni corrispondenti a determinati
ordinamenti politico-istituzionali. Spesso l'identificazione delle magistrature è stata fatta solo
sulla carta senza comportare separazioni di fatto nell'ambito dei fondi in cui si trova la
documentazione. Si è inoltre ritenuto opportuno non forzare quei complessi archivistici nei
quali si è sedimentata nel tempo una struttura articolata. [ad esempio gli archivi comunali e
signorili rivelano al loro interno una partizione rispondente a criteri misti, carattere di
maggiore uniformità presentano gli archivi del periodo napoleonico e della restaurazione]
* archivi degli uffici periferici italiani
* archivi non statali che lo stato ha in proprietà o in deposito per disposizione di legge o per
altro titolo: sono ricondotti a raggruppamenti determinati: feudi, comuni, università, province,
archivi notarili, opere pie, corporazioni religiose, archivi di famiglie e persone etc.
Naturalmente non capita che ogni AS conservi tutti questi tipi di archivio: ad esempio quelli
comunali sono presenti solo in piccola parte, mentre quelli feudali e ecclesiastici sono
piuttosto rari, costituiscono invece nuclei più fondamentali gli archivi notarili e i catasti e
anche le corporazioni religiose.
Nei diplomatici - nome che si usa anche per alcune prestigiose raccolte di pergamene che non
traggono la loro origine da un atto istitutivo - si trovano documenti che risalgono ai secoli VIII,
IX e X: tra i più importanti diplomatici si ricordano quelli degli AS di Firenze Milano e Siena.
Altri diplomatici meno consistenti ma comunque ricchi di documenti importanti si trovano
soprattutto nell’Italia centro-settentrionale.
Nell'Italia meridionale molta documentazione è stata distrutta dai bombardamenti della
seconda guerra mondiale.
Numerosissimi anche gli archivi di opere pie e istituzioni di beneficenza.
Documentazione rilevante si trova negli archivi di famigli importanti.
Bologna, Pavia e Pisa conservano inoltre archivi delle rispettive prestigiose università.
Più rara la presenza di archivi di enti pubblici non territoriali e istituzioni private.
Ricordiamo che la complessità e la varietà delle istituzioni pubbliche preunitarie connesse al
particolarismo della storia politica italiana si riflette negli archivi conservati che presentano
una tipologia ricca e fortemente differenziata in relazione alle forme di governo sviluppatesi
nelle diverse aree storico politiche: ne consegue dunque che la documentazione conservata
negli AS si riferisce anche a circoscrizioni territoriali diverse da quelle corrispondenti alle
province attuali. Un ricercatore deve dunque tener conto nella sua ricerca di questo fatto e
dovrà spesso rivolgersi ad archivi di zone differenti.
Dalla dettagliata ricognizione dei fondi fatta in occasione della compilazione della Guida
emergono gravi lacune prodotte da calamità, guerre ma anche a scarti inopportuni e
dall'incuria della pubblica amministrazione nella gestione dei propri archivi correnti, del resto
uno degli obiettivi della guida era quello di fare un quadro puntuale della situazione per porsi
come strumento per la programmazione di futuri lavori e migliorie.
Nonostante ciò va rilevata la ricchezza eccezionale per qualità e quantità della
documentazione conservata negli AS, conservazione che pare assicurata per quanto riguarda
scaffalature, sistemi antiincendio e antifurto sebbene siano da rilevare problemi legati allo
spazio e all'edilizia.
Va sottolineato che questa mole immensa di documentazione è consultabile dal pubblico.
Inoltre la guida costituisce uno strumento per il ricercatore al quale è consentito di conoscere
il contenuto degli AS senza dipendere troppo dall'archivista.
Organi dello Stato dotati di un proprio archivio storico
- ministero degli Affari Esteri: ha un proprio archivio storico nel quale oltre alla
documentazione del ministero e delle rappresentanze all’estero sono conservati l’archivio del
soppresso ministero dell’Africa italiana e carteggi privati;
- archivi del ministero della Difesa: la documentazione viene in parte versata all’archivio
centrale dello stato e agli AS delle province, mentre in parte viene conservata presso gli uffici
storici dello stato maggiore dell’esercito, della marina e dell’aeronautica, parte infine rimane
presso gli organi che la producono;
- per l’arma Carabinieri esiste un archivio storico distinto.
Archivi notarili
L'amministrazione dipende dal ministero di Grazia e Giustizia. Gli archivi notarili sono distrettuali
ovvero si trovano nei comuni capoluoghi di distretti notarili e mandamentali.
Atti, repertori, carte relative l'ufficio notarile vengono consegnati nell'archivio notarile
distrettuale. Dopo 100 anni dalla morte o dalla cessazione dell'esercizio notarile del notaio gli atti
vengono versati negli AS competenti per territorio. Gli archivi mandamentali conservano le copie
conformi agli atti notarili trasmessi ogni dieci anni dagli uffici del registro. Si sono verificate
parecchie soppressioni degli archivi mandamentali con conseguente trasferimento degli atti
originali negli archivi notarili distrettuali. Legge sugli archivi del 1939 aveva stabilito che: tutti gli
atti notarili prima del 1800 dovessero essere versati negli AS e infatti essi costituiscono al loro
interno una delle fonti archivistiche più cospicue. In base alla legge sul riordinamento degli archivi
notarili del 1952 il termine del 1800 fu sostituito con quello dei cento anni dalla cessazione
dell'esercizio notarile, norma poi recepita dalla legge sugli archivi del 1963.
CAP 8 – ARCHIVI NON STATALI
La conservazione degli archivi non statali
La conservazione di archivi non statali vale a dire archivi di enti pubblici e archivi privati è
affidata agli enti stessi che li pongono in essere mentre lo Stato esercita su di essi compiti di
vigilanza attraverso il mezzo delle soprintendenze archivistiche.
Gli enti pubblici hanno l'obbligo di:
- procedere alla conservazione e all’ordinamento dei propri archivi, di istituire separate
sezioni di archivio per la conservazione;
- istituire separate sezioni di archivio per la conservazione dei documenti relativi agli affari
esauriti da oltre quarant’anni;
- eseguire le operazioni di scarto prima di trasferire i documenti dall’archivio corrente alla
separata sezione d’archivio secondo una procedura determinata che prevede il nulla osta da
parte delle soprintendenze;
- possono riunirsi in consorzio e affidare ad un unico impiegato la direzione delle separate
sezioni d’archivio;
- possono depositare i loro archivi negli AS mentre nel caso di estinzione degli enti i rispettivi
archivi debbono essere versati negli AS oppure se ritenuto necessario, trasferiti ad altri enti
à di fatto la selezione che deve farsi al momento dell’estinzione dell’ente non è sempre
un’operazione semplice.
I privati possono depositare, donare o vendere i loro archivi allo stato o ad altre istituzioni
pubbliche o private. Se si tratta di archivi di notevole interesse storico il trasferimento deve
essere notificato al soprintendente. Nel caso di trasferimento a titolo oneroso lo Stato può
esercitare il diritto di prelazione.
Alcuni enti hanno emanato disposizioni interne per la tenuta degli archivi correnti e per la
conservazione della parte meno recente dei loro archivi.
Ne consegue che per gli archivi non statali si presentano due ordini di problemi:
- massima eterogeneità nell’organizzazione e nella tenuta degli archivi correnti;
- massima varietà di situazioni per l’ordinamento, l’inventariazione e la consultabilità della
documentazione anteriore all’ultimo quarantennio.
L'obiettivo che deve raggiungere la collettività è quello di ottenere che la documentazione
storicamente rilevante venga conservata in maniera adeguata e posta in consultazione.
Si rende dunque necessario in primo luogo il censimento del patrimonio archivistico non
statale, ma l'eterogeneità dei soggetti non statali che producono documentazione è veramente
ampia. Tra gli archivi non statali si possono annoverare quelli di banche, industrie, enti che già
da tempo hanno introdotto i sistemi di elaborazione elettronica.
Per comprendere la difficoltà basti pensare alla situazione dei comuni che avendo
caratteristiche geografiche e problemi specifici presentano differenze notevoli.
Per gli enti pubblici territoriali, per parte di quelli non territoriali e per alcuni enti privati
(banche) può capitare che esista una normativa comune a una pluralità di enti dello stesso
tipo o si può impostare l'organizzazione degli archivi in maniera omogenea.
Vi è però una pluralità difficilmente calcolabile di enti pubblici e istituzioni private che
organizzano il proprio archivio come meglio credono.
Recuperare gli archivi di enti estinti, società disciolte, fabbriche che hanno cambiato padrone,
famiglie senza eredi non sono facili, ma non è nemmeno facile censire gli archivi privati e
quelli di enti pubblici che svolgono tuttora la loro attività.
Molte sono le cause che ostacolano la possibilità di conoscere, ordinare e predisporre per la
consultazione degli archivi non statali à è un campo che richiede la collaborazione tra Stato,
istituzioni culturali e enti locali. La creazione del ministero per i Beni culturali e Ambientali
mirava a stabilire la corresponsabilità tra stato e enti locali nella tutela del patrimonio
costituito dai beni culturali. Le norme purtroppo non sono ben chiare in materia di
programmazione spettante agli organi centrali del ministero e agli organi collegiali centrali e
periferici à ne consegue una serie di discrepanze tra le disposizioni di legge in vigore e le
situazioni mutate dopo l'attuazione delle leggi regionali e la delega alle regioni. Nonostante
ciò in alcuni casi si sono instaurati rapporti di collaborazione che giovano alla salvaguardia
dei beni culturali.
Per quanto riguarda gli archivi va rilevato che la legge del 1963 non offre strumenti sufficienti
per un'azione efficace. Il problema degli archivi comunali fu affrontato dalla commissione
Cibrario nel 1870 e in quella occasione si riconobbe l'opportunità di lasciare ai comuni la
gestione dei propri archivi e tutta la legislazione successiva ha mantenuto questo principio
ponendo dei limiti solo nei casi di inadempienza delle amministrazioni.
Archivi privati: la legge dà chiare indicazioni per quelli tradizionalmente intesi come tali ovvero
Archivi privati: la legge da chiare indicazioni per quelli tradizionalmente intesi come tali
ovvero delle famiglie e delle persone fisiche, sembra ignorare gli archivi delle persone
giuridiche private per la cui rilevanza nella società moderna basti pensare a partiti, banche,
imprese, giornali etc. La legge prevede l'obbligo per chi sia proprietario, possessore o
detentore di archivi privati di segnalarne l'esistenza alle soprintendenze solo quando gli
archivi comprendono documenti anteriori all'ultimo settantennio. Non vi è dunque un
adeguato supporto normativo.
Possono considerarsi positive:
- la norma del 1982 sul regime fiscale dei beni di rilevante interesse culturale che consente
esenzioni da imposte dirette per immobili destinati ad usi culturali;
- proposta di legge del 1980 relativa alla concessione di contributi finanziari a carico dello
stato per gli archivi di notevole interesse storico di cui siano possessori privati o enti di diritto
privato.
Archivi industriali
Tavola rotonda 1972 sugli archivi delle imprese industriali: nella relazione introduttiva
F.Bonelli notava come estranea all'esperienza e alla formazione dell'attuale archivista, è la
situazione in cui questi si muove quando voglia rintracciare le carte di un operatore
economico, sia pure di un'impresa che abbia avuto o abbia la forma giuridica di società per
azioni. Si rende necessaria una maggiore preparazione dell'archivista in questo campo e
inoltre l'amministrazione archivistica dovrebbe essere in grado di saper proporre adeguate
soluzioni tecniche per il riordinamento e la conservazione di un archivio secondo le esigenze
di una moderna impresa industriale. È inoltre necessario sensibilizzare l'impresa sulle
esigenze scientifiche che i loro archivi possono contribuire a soddisfare.
La presenza dello storico inglese S.J. Woolf consentì di confrontare la situazione degli archivi
industriali italiani con quelli inglesi.
* In Inghilterra il problema si era posto tra le due guerre e nel 1934 un gruppo di studiosi
affiancati da dirigenti fondò un'associazione 'Business Archives Council' per la conservazione
degli archivi industriali che in molti casi risalivano al '700. Si iniziò a condurre censimenti
sistematici per settore industriale e per regione, solo successivamente prese a collaborare
anche l'amministrazione degli archivi di stato. Inoltre si sono predisposti dei corsi sulle
tecniche moderne di archiviazione e di recupero di documenti aziendali, questi corsi sono
organizzati a diversi livelli dunque non soltanto per gli archivisti di mestiere ma anche per
chi ha responsabilità archivistiche in imprese o istituzioni. Qui sta una delle differenze più
spiccate tra la situazione inglese e quella italiana: in Inghilterra è riconosciuta la possibilità di
preparare nelle tecniche adatte agli archivi delle imprese persone che non sono archivisti di
mestiere. Il Business Archives Council è in grado inoltre di aiutare le imprese che si rivolgono
ad esso per la sistemazione dei propri archivi.
L'esperienza inglese è interessante perché anche nel paese dove è nata l'industria la
sensibilizzazione alla necessità di conservare i loro archivi è stata difficile e ha richiesto tempi
lunghi anche qui. In Inghilterra si deve all'iniziativa privata l'avvio a una politica di recupero e
di salvaguardia degli archivi industriali e così pure avviene nei paesi del Commonwealth
(Australia, Canada, Nuova Zelanda).
* negli Stati Uniti veniva fondata nel 1927 dalla Baker Library dell'università di Harvard un
dipartimento di archivistica economica e anche altre uni americane hanno svolto un'ampia
opera di recupero e conservazione in questo settore mentre esistono soltanto una cinquantina
di archivi d'impresa aperti al pubblico.
* in Germania paese che per primo ha affrontato il problema degli archivi industriali si sono
sviluppate due tendenze: quella dell'archivio gestito direttamente dall'impresa e quella della
creazione di archivi con competenza regionale e specialistica.
- 1905/1906 Krupp e Siemens organizzarono i propri archivi e veniva istituito a Colonia il
primo archivio regionale economico e ne furono creati successivamente altri due.
* in Francia viene adottata una soluzione statale, infatti presso l'archivio nazionale esiste un
reparto dove confluiscono soprattutto gli archivi delle imprese nazionalizzate, banche,
ferrovie e negli archivi dipartimentali in cui si conservano circa 250 archivi economici
* nell'Europa orientale ovvero nei paesi ad economia centralizzata gli archivi economici
appartengono al complesso degli archivi pubblici e sono di competenza dello stato.
* in Italia qualche iniziativa in materia di archivi industriali era già stata presa prima del 1972:
così ad esempio erano stati visitati gli archivi della Fiat e Olivetti e Fabriano, l'archivio Pirelli
era in parte a disposizione del pubblico. Tuttavia in occasione della tavola rotonda emersero
con chiarezza alcuni problemi:
- necessità di sensibilizzare gli operatori economici sull'opportunità di conservare i loro
archivi, cioè necessità di creare un clima culturale che favorisse l'applicazione delle norme
esistenti o di eventuali future disposizioni;
- necessità di creare collegamento tra gli archivisti, i ricercatori, gli operatori economici;
- necessità di provvedere a una preparazione professionale specifica degli archivisti;
- necessità di introdurre nuove norme per consentire un'efficace azione di vigilanza sugli
archivi privati e degli enti pubblici;
- si delineava infine in termini piuttosto generici la necessità di collaborazione tra stati e enti
locali.
Negli ultimi anni si è iniziato a lavorare seriamente in questo settore e i primi risultati
cominciano a vedersi:
- il fatto di maggior risonanza è costituito dall'apertura al pubblico dell'archivio dell'Ansaldo
di Genova impresa che può vantare una storia di ben 130 anni;
Genova impresa che può vantare una storia di ben 130anni.
- recentemente è stata istituita una commissione per individuare e conservare i fondi
archivistici delle aziende industriali, finanziarie e di servizi facenti capo al sistema delle
partecipazioni statali;
- commissione di storia dell'industria del consiglio nazionale delle ricerche presiedute da
Giorgio Mori tendente a mettere a punto un progetto per giungere ad un'inventariazione degli
archivi di impresa ancora esistenti e ad una loro intelligente e sistematica apertura ed
agibilità per la ricerca.
La commissione è entrata in rapporto con associazione di enti pubblici e privati, tuttavia si è
rivelata essenziale la collaborazione dell'amministrazione degli AS. Positivo cambiamento del
clima culturale che trova conferma nel convegno di Genova su Beni culturali, ricerca storica e
impresa dell'82.
Gli ostacoli che le imprese oppongono alla conservazione dei propri archivi si concentrano su
due aspetti:
- diffidenza nei confronti di chi voglia consultare i documenti o suggerire criteri per la loro
conservazione cui si collega il timore che la divulgazione della propria vicenda storica possa
ledere interessi vitali dell'azienda à rientra in un più vasto problema di cultura storica e
aziendale per il quale però sembra esserci evoluzione positiva;
- alti costi per la conservazione e apertura al pubblico del proprio archivio che si risolvono in
una spesa non produttiva à soluzione che può venire solo dalla collaborazione tra aziende e
pubblici poteri.
Molte imprese sembrano aver recepito come un invito a non conservare la propria memoria
storica le disposizioni degli articoli 2214/2220 del codice civile.
Archivi delle istituzioni di assistenza e beneficenza
Un decreto sopprimeva una parte di quelle istituzioni conferendo ai comuni le funzioni della
beneficenza pubblica. A seguito della soppressione degli enti comunali di assistenza gli archivi
in base all'art. 32 della legge archivistica del 1963 debbono essere versati nei competenti
Archivi di Stato. Il termine 'opera pia' adottato nel 1862 dalla legislazione italiana fu mutato
nel 189 in quello di istituzioni pubbliche di beneficenza e infine in quelli di istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza (Ipab). Fin dal secolo XVIII le istituzioni di assistenza e
di beneficenza sia religiose che laiche (tra le quali vanno considerati molti enti ospedalieri)
furono sottoposte a controllo da parte delle autorità pubbliche e a frequenti fusioni dei loro
patrimoni e archivi. Nel 1862 furono create le congregazioni di carità nelle quali vennero
concentrandosi per soppressione o fusione di enti, patrimoni e archivi di vecchie istituzioni
caritative. In base alle norme vigenti gli archivi degli enti soppressi debbono essere versati
negli AS competenti per territorio, ma in alcuni casi gli enti locali oppongono resistenza al
trasferimento di documentazione che è diretta emanazione della vita sociale delle comunità;
gli AS però hanno ormai gravi problemi di spazio e in molti casi sono costretti a non ricevere
neanche i versamenti degli uffici statali à si impone la necessità di studiare nuove soluzioni.
Per gli archivi non statali si può constatare una viva resistenza all'ipotesi del trasferimento
degli archivi nel capoluogo di provincia cui peraltro non fa solitamente riscontro una
particolare sollecitudine nell'apprestare localmente strutture adeguate alla conservazione e
l'apertura al pubblico degli archivi.
Possiamo dunque considerare:
- da un lato l'ipotesi di favorire la concentrazione degli archivi di formazione locale in istituti
culturali a livello provinciale o interprovinciale o regionale o in aree in cui si manifesti un
interesse verso specifici problemi di fonti archivistiche legato a particolari tradizioni storiche
e culturali;
- dall'altro l'ipotesi di favorire la conservazione a livello comunale o al massimo
intercomunale.
Chi pone l'accento sull'esigenza di conservare il più possibile in loco la documentazione
intende valorizzare le fonti archivistiche in rapporto alla ricostruzione delle radici storiche e
delle tradizioni locali. si può però obiettare che per ragioni storico-istituzionali le fonti
archivistiche per la storia locale non si esauriscono mai esclusivamente in quelle prodotte in
loco. Inoltre per applicare correttamente il principio della conservazione delle testimonianze
nel contesto culturale e quindi nell'area storico geografica in cui sono state prodotte è
necessario intendersi sulla definizione dell'ambito e dei riferimenti storici e cronologici del
territorio.
È vero tuttavia che le fonti conservate nel luogo in cui sono state prodotte possono essere
facilmente confrontate con altre fonti locali e valorizzate in una dimensione non soltanto
culturale ma anche sociale. Ma vi sono molti temi di ricerca per i quali è certamente
preferibile la concentrazione degli archivi di istituzioni pubbliche e private di diverse località.
La scelta dell'ambito territoriale di un archivio di concentrazione è rilevante perché la
conservazione adeguata degli archivi presuppone ampi spazi e scaffalature per i depositi, una
sala di studio, sistema antiincendio e antifurto, personale specializzato etc: infatti conservare
gli archivi senza porli adeguatamente a disposizione del pubblico non risolve il problema delle
fonti. È necessario considerare quale soluzione offre maggiori garanzie per la conservazione
e l'utilizzazione degli archivi.
Archivi sanitari
La soppressione degli enti che cessavano dalle loro funzioni e la creazione di nuove strutture
hanno determinato la necessità di affrontare il problema della conservazione degli archivi
degli enti estinti e quello dell'organizzazione degli archivi delle nuove Unità sanitarie locali
(Usl). Nel 1981 è stata tenuta una tavola rotonda presso la Fondazione San Servolo a Venezia
sugli archivi sanitari da cui è emersa la necessità di un coordinamento a livello nazionale delle
diverse soluzioni adottate soprattutto in relazione alla classificazione degli atti delle Usl per
consentire una corretta possibilità di confronto a fini di ricerca e di rilevazioni statistiche
fondamentali anche per pianificare nuovi interventi in un settore sociale così rilevanti.
Per quanto riguarda gli archivi delle istituzioni sanitarie soppresse di pongono in concreto
quei problemi di coordinamento che potevano già essere ipotizzati inseguito all'istituzione del
ministero. Così ad esempio un articolo della legge del 1978 trasferisce i beni di quelle
istituzioni al patrimonio del comune con vincolo di destinazione alle Usl, poiché la
soprintendenza archivistica è comunque l'organo tecnico in materia di archivi presente nella
regione ne consegue la necessità di un coordinamento tra l'azione della regione e quella della
soprintendenza.
Altro problema: scarto delle cartelle cliniche. Il ministero della sanità ne ha autorizzato lo
scarto dopo 25 anni dalla data, è un termine indiscutibilmente breve in rapporto alla vita
media di una persona e lascia dunque perplessi anche dal punto di vista storico per lo studio
dell'attività stessa dell'ospedale. Per questo a Venezia è stata creata la Fondazione San
Servolo per garantire la conservazione illimitata della documentazione clinica, costituzione
della Siaso: società italiana archivi sanitari ospedalieri.
Consultabilità: le cartelle cliniche rientrano nella categoria degli atti riservati per motivi
puramente personali, ma con un decreto del 1969 è stato attribuito alla direzione sanitaria il
servizio dell'archivio clinico e della biblio medica: compiti di promozione dell'attività
culturale e di ricerca e sorveglianza sugli archivi delle cartelle cliniche. Anche qui auspicabile
un coordinamento tra la norma generale e i regolamenti interni dei vari ospedali.
Censimenti settoriali
Stiamo attraversando una fase di trasformazioni istituzionali che incidono particolarmente
sugli archivi non statali. Partendo dalla legge del 1963 l'unica distinzione possibile per gli
archivi non statali è quella tra archivi di enti pubblici e archivi privati. Di fatto per chi opera in
questo settore è molto comodo lavorare e censire gli archivi per settore poiché è naturale che
archivi che svolgono attività dello stesso tipo presentano problemi analoghi che possono dal
confronto trovare soluzioni più adeguate. Non è possibile descrivere la mole degli archivi non
statali offrendo una fotografia della situazione esistente di fatto sul territorio nazionale: se
infatti esistono da tempo dati relativi agli enti pubblici territoriali e agli archivi privati
prevalentemente di famiglie di notevole interesse storico mancano però censimenti anche
solo parziali di molti diremo troppi archivi privati e di enti pubblici.
* Francia: tradizione archivistica sensibile alla necessità di organizzare sistematicamente gli
archivi, anche dopo l'adozione del respect des fonds ha sentito l'esigenza di imbrigliare la
documentazione nell'ambito di cadres de classement uniformi per tutti gli archivi
dipartimentali, comunali e ospedalieri.
* Spagna: ha pubblicato un censo nel 1972 relativo a tutti gli archivi comunali e parrocchiali
della Spagna, per ognuno sono state segnalate le serie, le date e la consistenza secondo un
ordine schematico e in una forma tipografica molto economica. La pubblicazione dei dati
relativi agli archivi vincola gli enti che li conservano a salvaguardare almeno la situazione già
nota.
* Italia:
- ricognizione generale tentata da Mazzantini e proseguita da Degli Azzi Vitelleschi negli anni
1897-1915, doveva comprendere sia le carte degli AS, sia quelle oggi sottoposte a vigilanza.
Opera che pur con inevitabili lacune può essere ancora utilmente consultata.
- Guida storica e bibliografica degli archivi e delle biblioteche d’Italia progettata sotto il
patronato dell'istituto storico italiano furono pubblicati tre volumi.
- Guide regionali degli archivi regionali progettata dall'amministrazione degli As,
pubblicazione di 3 volumi. Si è manifestata negli ultimi anni un'attenzione agli archivi non
statali in una più ampia prospettiva di salvaguardia dei beni culturali à nuove iniziative da
parte di organi statali, regionali e istituzioni culturali. Purtroppo non sempre esiste
coordinamento tra le iniziative statali e quelle degli enti locali e manca del resto
quell'indispensabile scambio di informazione.
Per quanto riguarda la preparazione professionale l'immissione di giovani in strutture che
lamentavano una secolare carenza di personale ha prodotto in alcuni casi effetti postivi e altri
negativi. Il lavoro d'archivio non si impara seguendo corsi di formazione professionale ma è
necessario un apprendistato di tipo artigianale accanto a un archivista esperto.
CAP 9. – GLI ARCHIVI NON STATALI IN RAPPORTO ALLA NATURA GIURIDICA DEI
SOGGETTI CHE LI PRODUCONO
È necessario fare costante riferimento alla natura giuridica degli enti dal momento che è in
rapporto ad essa che varia l'incidenza della tutela dello Stato in base alla quale distinguiamo:
- Archivi di enti pubblici: territoriali e non territoriali.
- Archivi privati: famiglie o persone fisiche oppure persone giuridiche.
- Archivi stranieri.
- Archivi di enti internazionali.
- Archivi ecclesiastici e religiosi.
Studio di questo tipo di enti rientra nell'ambito del diritto costituzionale e del diritto
amministrativo, ma per avere un'idea di cosa siano gli enti pubblici sarà sufficiente rifarsi alla
nozione di persona giuridica: soggetto titolare di rapporti giuridici diverso dalla persona
fisica. La persona giuridica può essere costituita da un complesso di persone organizzate per
perseguire uno scopo à associazione o anche corporazione; oppure da un patrimonio
destinato ad uno scopo à fondazione o anche istituzione.
Se le finalità rientrano tra quelle di interesse generale proprie dello stato allora la persona
giuridica è pubblica, altrimenti è privata. (questa distinzione non si rivela spesso con facilità).
In linea di massima le persone giuridiche pubbliche vengono disciplinate dal diritto
amministrativo, quelle private dal diritto privato. A seconda delle condizioni storico-politiche
può accadere che una certa sfera d'azione che prima era affidata ai privati venga invece
assunta dallo stato per assicurare la soddisfazione dell'interesse generale. Nel XIX sec si è
assistito all'accentuarsi dell'intervento dello Stato nel settore dell'assistenza e della
beneficenza e in quello dell'istruzione, in questo secolo una progressiva estensione si è invece
avuta nel settore dell'economia.
Gli archivi degli enti pubblici possono conservare documentazione molto antica e anteriore
alla loro istituzione o al loro ordinamento nello stato unitario a seconda della storia di
ciascuno di essi. Per comprendere la rilevanza degli archivi degli enti pubblici conviene fare
riferimento alla distinzione tra:
* enti pubblici territoriali: comune, provincia e regione. Godono di autonomia e poteri per
certi aspetti simili a quelli dello stato, autonomia garantita dalla costituzione. Sono enti a fini
generali per i quali il territorio su cui operano non delimita soltanto la circoscrizione su cui
esercitano la loro competenza, ma rappresenta anche un loro elemento costitutivo che indica
l'ambito in cui si dispiega la potestà dell'ente e determina quelli siano le persone assoggettate
ad esso.
* enti pubblici non territoriali: sono caratterizzati da fini determinati e sono costituiti da un
patrimonio destinato a uno scopo o da un complesso di persone che per scelta o per
appartenenza a una professione o per lo svolgimento di un'attività sono associate per il
conseguimento di uno scopo. Essi sono necessariamente numerosi perché in pratica vengono
ad essere tanti quanti sono i fini sociali o economici o culturali o di altra natura.
Enti pubblici territoriali
Comune: Si pone come problema dell'ordinamento territoriale proprio dello stato moderno
di diritto. Si collega alla legislazione francese napoleonica e ha precedenti nelle riforme del
periodo illuminista. Ma la realtà comunale rappresenta uno dei problemi istituzionali più
complessi nel panorama già particolarmente complesso delle istituzioni italiane. Nel ex regno
italico si determinano a partire del XI sec forme di esercizio di funzioni normative, finanziarie,
amministrative e giudiziari proprie dei singoli comuni à con la pace di Costanza 1183
vengono riconosciute consuetudini e regalie già esistenti nei Comuni.
- Sulla natura dell'autonomia che caratterizza la storia di buona parte dell'Italia
centrosettentrionale nei secoli XI-XIV rimane ampia testimonianza negli statuti e nelle riforme
in varie altre serie degli archivi comunali. Fenomeno che si presenta con differenze locali
notevoli che non consentono generalizzazioni. Le magistrature comunali tuttavia sussistono e
mantengono spesso le stesse denominazioni anche quando i comuni vengono assoggettati da
comuni più potenti o da una signoria ovvero quando entrano in compagini territoriali più
ampie. Viene meno il carattere di elettività degli organi e non sempre sono chiaramente
distinguibili le funzioni e la natura dei rapporti che intercorrono tra le autorità comunali e gli
organi centrali e periferici dello stato.
settentrionale nei secoli XI-XIV rimane ampia testimonianza negli statuti e nelle riforme e in
varie altre serie degli archivi comunali. Fenomeno che si presenta con differenze locali
notevoli che non consentono generalizzazioni. Le magistrature comunali tuttavia sussistono e
mantengono spesso le stesse denominazioni anche quando i comuni vengono assoggettati da
comuni più potenti o da una signoria ovvero quando entrano in compagini territoriali più
ampie. Viene meno il carattere di elettività degli organi e non sempre sono chiaramente
distinguibili le funzioni e la natura dei rapporti che intercorrono tra le autorità comunali e gli
organi centrali e periferici dello stato.
- Italia mediterranea: presenza di una monarchia accentrata dal secolo XII nella quale
venivano a confluire territori con tradizioni amministrative molto diverse pose in epoca
normanna problemi di fusione. Il grado di autonomia dei Comuni è condizionato nei diversi
periodi dalle vicende della feudalità e dal potere maggiore o minore esercitato di fatto dalla
monarchia.
La cospicua documentazione amministrativa e giudiziaria dell'età moderna consente di
rilevare che le magistrature comunali pur variando moltissimo nel tempo e nello spazio
continuarono ad esistere. È con le riforme del '700 che si ripropone il problema dell'assetto
degli ordinamenti territoriali in termini nuovi. Nella restaurazione gli Stati emanano leggi
sull'ordinamento territoriale esemplati su quelle francesi connesse alla costituzione di uno
stato accentrato.
Il Regno di Sardegna merita qualche cenno poiché da esso derivò poi l'ordinamento italiano: si
rifece alle norme del 775 recependo da quelle francesi la nomina governativa del sindaco ed
era previsto un consiglio comunale regionale elettivo. Il sindaco era nominato per un triennio
dall'intendente generale. I controlli sull'attività dei comuni spettavano agli organi periferici e
centrali dello stato.
La legge Rattazzi sull'ordinamento comunale e provinciale del 1859 si ispira ai modelli
napoleonici: aumenta l'ambito decisionale delle autorità comunali ma aumenta il complesso
dei poteri di controllo e di direzione delle autorità statali periferiche.
Con questa legge il Regno viene diviso in:
- province e comuni, circoscrizioni di stato fonte di personalità giuridica.
- mandamenti e circondari, sforniti di personalità giuridica.
Legge italiana 1865 viene accolto il principio franco piemontese dallo stato italiano e
progressivamente si ebbe un allargamento del censo che conferì effettiva rappresentanza agli
organi elettivi. In epoca fascista fu soppresso il principio delle cariche elettive e al sindaco
subentrò il podestà di nomina regia. Nel 1934 fu approvato il testo unico della legge comunale
e provinciale.
L'ambito territoriale dei comuni e i criteri per le variazioni di esso hanno costituito un
tormentato processo che è stato oggetto di varie leggi in basi alle quali le circoscrizioni
territoriali hanno subito numerose modifiche. L'accrescersi di organi statali periferici ha
portato al sistema delle attribuzioni promiscue tra stato e comuni che ha favorito l'ulteriore
aumento dei controlli statali sugli enti locali.
Da questi cenni sommari è evidente quanto siano importanti le fonti archivistiche comunali e
al tempo stesso quali difficoltà possa presentare l'ordinamento di un archivio comunale.
È necessario tenere distinti concettualmente il comune inteso come istituzione dall'archivio
comunale nel quale si possono trovare anche archivi di organi dello Stato o di enti di varia
natura.
Le ragioni per cui archivi diversi sono confluiti negli archivi comunali sono diverse e vanno
studiate caso per caso.
I comuni in Italia sono oltre 8.000 e in ognuno si è formato un archivio. Istituzionalmente i
comuni sono tenuti a istituire Sezioni d'archivio separate per la documentazione anteriore
all'ultimo quarantennio, solo in parte effettivamente realizzate (spesso le condizioni sono
deplorevoli). Altre possono essere le soluzioni adottate. Anche se le soprintendenze
archivistiche sono state istituite nel 1939 già dagli stati preunitari esistevano norme per la
tenuta degli archivi comunali.
- Es: Toscana riordinamento dell'assetto territoriale del 1774 e posti i criteri per la tenuta
degli archivi.
I sistemi variavano però in rapporto alle diverse forme di organizzazione statale.
L'ordinamento degli archivi comunali pone molti problemi dovuti al lungo arco di tempo per il
quale si conservano le carte e quindi alla diversa natura delle funzioni esercitate e alla
complessità delle interrelazioni con i diversi organi statali succedutisi nel tempo.
L'ordinamento richiede l'identificazione delle serie archivistiche prodotte dalle magistrature e
dagli organi comunali rispetto agli archivi di altri enti. Vanno poi ricercati documenti del
comune conservati altrove. Una competenza fondamentale del Comune è lo stato civile: gli atti
relativi hanno origine dall'introduzione del codice napoleonico, nell'ordinamento italiano le
norme relative allo stato civile vengono approvate nel 1865. I registri dello stato civile
prevedono oltre alle registrazioni inerenti ai nati, morti, matrimoni anche quelle relative alla
cittadinanza. Degli atti dello stato civile esistono due serie di originali una delle quali deve
essere sempre conservata presso i comuni, l'altra che si costituisce presso i tribunali viene
versata negli AS: attualmente versamento fino al 1900.
Provincia
Tendenza alla formazione di circoscrizioni territoriali via via sempre più vaste si verifica
dapprima nella monarchia normanna e successivamente nell'Italia centro-settentrionale. La
provincia rappresenta per lungo tempo una circoscrizione statale e non è espressione di
autonomia locale. La Provincia nella duplice attuale configurazione di circoscrizione
amministrativa dello stato e di ente autarchico territoriale ha le sue radici nel XVIII secolo.
Nel regno di Sardegna da cui deriva l'ordinamento italiano le norme fondamentali per
l'ordinamento della Provincia sono del 1842. Dal 1861 in tutto il territorio l'autorità statale
più elevata nella provincia aveva assunto la denominazione di Prefetto. Testo unico della legge
comunale e provinciale del 1934 prevede che la Provincia svolga funzioni che rientrano
essenzialmente nel campo dell'attività sociale: viabilità, beneficenza, assistenza, sanità e
igiene. Dal 1923 la provincia può assumere la gestione diretta di pubblici servizi al pari
del comune. Le province debbono istituire la Sezione separata d'archivio per la
documentazione anteriore all'ultimo quarantennio, alcune province hanno depositato il loro
archivio nell'AS competente per territorio.
Regione: Istituzione talmente recente (a parte quelle a statuto speciale) che ancora non si
pone il problema della creazione delle separate sezioni d'archivio. La regione è stata
introdotta come nuovo ente pubblico territoriale dalla Costituzione repubblicana e le norme
fondamentali per il suo ordinamento sono state stabilite dalla Costituzione stessa: ogni
regione ha un suo statuto il quale stabilisce le norme relative all'organizzazione interna della
regione à le regioni possono avere ordinamenti in parte diversi. L'organo statale preposto
all'esercizio dell'attività di controllo è il commissario del governo. La costituzione inoltre
prevede 5 regioni a statuto speciale. I rapporti tra stato e regioni si attuano mediante
l'istituzione di organi e uffici che hanno funzioni, organizzazione e procedure diverse. In realtà
la complessità delle interrelazioni con interferenze di compiti che si è stabilita tra stato e
regioni si va sviluppando secondo linee un po’ diverse da quelle previste dalla costituzione.
Enti pubblici non territoriali
Gli enti pubblici non territoriali essendo istituiti per il perseguimento di finalità determinate
sono numerosissimi e pertanto non è possibile indicarli al solo scopo di dare un'idea della loro
importanza nella vita del paese e quindi del rilievo che i loro archivi possono avere per i
ricercatori. Questi enti possono avere competenza locale o nazionale e sono caratterizzati dal
fatto che perseguono fini pubblici e da un particolare rapporto con lo Stato. Nell'arco di oltre
un secolo dunque gli enti pubblici si sono notevolmente sviluppati soprattutto a partire dal XX
secolo. Tra gli enti di assistenza, previdenza e assicurazione di questo periodo si possono
ricordare ad esempio: istituti di previdenza presso il ministero del tesoro e per il personale
delle ferrovie dello stato, Cassa per le pensioni civili, sindacato obbligatorio siciliano, cassa
nazionale di maternità etc., vengono istituite poi la Banca d'Italia e la Banca nazionale del
lavoro. Durante e dopo la prima guerra mondiale sorgono nuovi enti: costituiscono un
modello alternativo rispetto al sistema delle opere pie, Opera nazionale per gli invalidi di
guerra e l'opera nazione combattenti. Durante il fascismo si possono individuare varie linee di
sviluppo per gli enti pubblici: partito nazionale fascista, associazioni sindacali e una pluralità
di enti che facevano capo al partito fascista, istituiti nuovi enti di carattere assistenziale e
patriottico-propagandistico, sviluppo notevole di enti con finalità sociali e culturali, creazione
di enti nel settore creditizio-economico. E in questo periodo vengono anche soppressi alcuni
enti. Nel periodo fascista si è dunque verificato lo sviluppo più massiccio degli enti pubblici
nettamente superiore anche a quello che si avrà nel periodo successivo alla fine della guerra.
Qualche parola merita l'IRI: sorto per risanare le perdite delle imprese finite sotto il controllo
dei più importanti istituito di crediti divenne anche operatore economico secondo le finalità
della politica governativa assicurando allo stato il controllo delle tre maggiori banche
nazionali. Negli anni della ricostruzione postbellica fu riorganizzato assumendo una funzione
propulsiva essenziale nel rilancio del sistema economico. [Accanto all'Iri ricordiamo l'Eni e
l'Efim e la cassa per il Mezzogiorno]. Tra i vari enti pubblici sorti nel dopoguerra si constata
un certo sviluppo di istituti di credito a medio termine. Nel 1968 vengono censiti oltre 58,000
enti pubblici. Il quadro degli enti pubblici subisce sostanziali modifiche nell'ultimo decennio
tendenti a un brusco ridimensionamento del sistema. Legge del marzo 1975 impartì
disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e sul rapporto di lavoro del personale
dipendente. Non è difficile comprendere quante difficoltà si incontrano per seguire le vicende
degli archivi di un così alto numero di enti pubblici non territoriali. Non è possibile dire quanti
e quali enti abbiano organizzato per la consultazione al pubblico la parte dei loro documenti
relativi a pratiche esaurite da oltre quarant'anni anche se certamente alcuni lo hanno fatto
(Banca d'Italia, Università). Invece tra i più importanti archivi depositati negli AS si segnala
quello dell'Iri.
Archivi privati
Rientrano in questa categoria: archivi familiari, di persone fisiche, associazioni non
riconosciute, partiti, sindacati, comitati vari, associazioni e istituzioni fornite di personalità
giuridica privata, di società e imprese, di banche, di giornali. Presso gli AS sono conservati
1000 archivi di familiari o persone fisiche mentre esiguo è il numero di archivi privati di altro
tipo. Attenzione rivolta agli archivi familiari trova la sua ragione nel fatto che sono molte le
famiglie di antica origine la cui vicenda si intreccia con la storia dei luoghi su cui estendevano
la loro influenza. Quanto alle persone giuridiche gli elementi costitutivi sono la pluralità di
persone e lo scopo comune per le associazioni, il patrimonio e lo scopo per le fondazioni:
perché la persona sia giuridica occorre che lo stato lo riconosca mediante decreto. Il
riconoscimento deve essere preceduto da atti mediante i quali una o più persone manifestano
la volontà di dar vita a una persona giuridica.
L'appartenenza delle persone giuridiche ad uno stato si chiama nazionalità: essa è
determinata dallo stato che ha proceduto al riconoscimento, pertanto sono persone italiane
tutte quelle che hanno ricevuto il riconoscimento dall’Italia. Presupposto per le associazioni
non riconosciute è che lo scopo e l'attività per perseguirlo siano leciti. La disposizione che
rende obbligatoria la comunicazione ai soprintendenti archivistici dell'esistenza di documenti
anteriori all'ultimo settantennio non trova larga applicazione e ne può essere una sufficiente
garanzia per la conservazione delle fonti prodotte da soggetti privati di più recente
istituzione. Va rilevato che l'archivio è un bene del soggetto che lo produce pertanto si collega
nel nostro ordinamento giuridico all'esigenza del rispetto della proprietà privata sebbene
questa esigenza debba essere comparata con quella della collettività di poter condurre la
ricerca scientifica. Nell'ambito degli archivi dei soggetti privati ci troviamo di fronte a una
pluralità di situazioni in cui si intersecano esigenze contrastanti che rendono molto difficile
un'efficace tutela della documentazione. Appare positiva la via intrapresa con l'approvazione
di norme che concedono facilitazioni e sgravi fiscali ai proprietari di archivi privati che ne
garantiscano la conservazione.
Archivi ecclesiastici e religiosi
Sono fonti molto importanti sul territorio nazionale. In Italia infatti la presenza della chiesa
assume caratteri particolari attraverso la formazione dello Stato pontificio: uno stato che
esercitava un potere temporale con un proprio ordinamento giuridico-amministrativo
distinto da quello degli altri stati italiani nel quale tuttavia al pari degli altri stati italiani
coesisteva l'organizzazione ecclesiastica.
Le fonti archivistiche che testimoniano la storia dello stato pontificio si trovano in parte
nell'Archivio Segreto Vaticano e in parte nell'archivio di stato di Roma, anche quando nel 1870
Roma entrò a far parte dello stato italiano gli archivi che si trovavano all'interno delle mura
leonine rimasero all'interno del vaticano. Gli archivi degli organi periferici dello stato si
trovano negli AS competenti per territorio. Per archivi ecclesiastici e religiosi si intendono
quelli che riflettono la multiforme attività della chiesa cattolica: oltre all'archivio segreto
vaticano si hanno archivi delle congregazioni pontificie, archivi diocesani, archivi delle mense
vescovili, archivi parrocchiali, capitolari, delle confraternite, dei monasteri e delle
congregazioni religiose, archivi dei santuari, dei seminari, di tribunali ecclesiastici, vi sono poi
archivi di enti laici direttamente dipendenti dall'autorità ecclesiastica. (università cattoliche,
azione cattolica, oratori).
- La documentazione originale conservata presso l’archivio segreto vaticano inizia nel XII sec.
Mentre quella anteriore è andata quasi interamente distrutta. Fin dai primi secoli dopo
Cristo la chiesa romana si preoccupò di conservare i documenti: tra i primi c'erano oltre alla
Bibbia anche le testimonianze dei martiri.
- Successivamente si formò presso la chiesa di Roma una cancelleria, un’organizzazione
notarile e un archivio.
- Nel IX sec archivio pontificio si unì alla biblioteca apostolica e si ha notizia nel secolo XI di un
archivio pontificio di carattere amministrativo conservato presso il palatino. Nel periodo
avignonese si formò un archivio anche la.
- Sec XV, Sisto IV istituì l’archivio di Castel sant’Angelo, dove vennero collocati i documenti più
antichi.
- Nel 1612 Paolo V fondò l’archivio segreto vaticano dove confluirono tutti i volumi e i
documenti antichi conservati in vari luoghi del vaticano. L'intero archivio fu trasportato a
Parigi nel 1810 per ordine di napoleone e riportato a Roma nel 1815.
- Papa Benedetto XIII emanò la costituzione per gli archivi ecclesiastici.
- Nel 1881 l’archivio segreto vaticano fu aperto alla consultazione degli studiosi da Leone XIII.
- Nel 1884 fu istituita presso l'archivio segreto la scuola di paleografia e diplomatica.
Anche le altre sedi episcopali dopo il periodo delle persecuzioni o in epoca un po’ più tarda si
organizzarono con una cancelleria e un archivio. Purtroppo la documentazione più antica
degli archivi diocesani è spesso andata dispersa, questa documentazione assume importanza se
si tiene conto che in ogni diocesi il vescovo applica le linee di carattere generali in maniera da
adattarle alle situazioni locali. Un tipo di documento ben noto agli storici è rappresentato dalle
visite pastorali che costituiscono la fonte più sicura per lo studio della pratica religiosa. Le
relazioni ad limina sono rapporti periodici sullo stato della diocesi che il vescovo invia al papa.
I questionari invece sono il complesso delle domande che il vescovo trasmette ai parroci per
la rilevazione dei dati nelle parrocchie e che costituiscono la preparazione alle visite
parrocchiali.
Secondo il diritto canonico il parroco è responsabile diretto di ogni attività parrocchiale.
L'attività pastorale del parroco presuppone una saggia amministrazione dei beni mobili e
immobili della chiesa e del beneficio parrocchiale. Il parroco tiene i libri parrocchiali, ne cura
le variazioni e invia il duplicato dei registri all'archivio della curia vescovile.
Tra gli atti più importanti delle parrocchie vanno annoverati i documenta et instrumenta che
attestano i titoli giuridici per la tutela de beni e dei diritti della chiesa.
In base alla legislazione italiana sulle opere pie si venne attuando la distinzione tra le
confraternite laiche che perseguivano scopi religiosi e le opere pie che perseguivano finalità
sociali. Gli archivi delle opere pie sono spesso confluiti negli AS. Con la soppressione delle
corporazioni religiose degli antichi stati italiani e dei regimi napoleonici furono soppresse
anche confraternite laiche. Gli ordini monastici e le congregazioni religiose sono esenti dalla
giurisdizione del vescovo. Sono articolati in una curia gentilizia e in curie provinciali.
È importante ricordare che a seguito del trasferimento dei beni delle corporazioni soppresse
allo stato i loro archivi anteriori alla data di soppressione si trovano ora negli archivi di stato.
Gli archivi delle corporazioni religiose rivestono interesse per le ricerche di carattere
economico-amministrativo dal momento che in determinati periodi gli ordini monastici
esercitarono un grande potere economico su vasti territori.
L'attenzione dei pontefici per le fonti è costante. I documenti antichi sono la testimonianza
della vita e delle opere della chiesa e formano nel loro insieme una documentazione unica
essenziale e insostituibile à lo studio del passato ha anche finalità spirituali per rendere
migliore e più viva la chiesa del presente.
Serie di iniziative e provvedimenti per gli archivi è stata presa dall'inizio del secolo:
- 1902: disposizioni per la custodia e uso degli archivi e delle biblio scolastiche;
- 1907 istituzione di un commissario diocesano per i documenti;
- 1923: raccomandazioni per la tenuta dei documenti e corso di archivistica;
- 1942: disposto il censimento degli archivi ecclesiastici.
Ma tuttavia gli archivi diocesani e parrocchiali spesso non sono conservati in maniera
adeguata. Gli enti ecclesiastici hanno il riconoscimento di persona giuridica pubblica da parte
dello stato italiano tuttavia le soprintendenze non hanno mai esercitato alcun compito di
vigilanza sugli archivi ecclesiastici e solo eccezionalmente si sono stabiliti rapporti di
collaborazione tra stato e enti ecclesiastici.
Archivi stranieri e di enti internazionali
Per le persone giuridiche straniere vale il principio della reciprocità vale a dire che ad esse si
riserva il trattamento che lo stato che ne ha effettuato il riconoscimento riserva alle persone
giuridiche italiane. Importante complesso di archivi stranieri presenti sul territorio nazionale
è costituito dagli archivi delle ambasciate, dei consolati e in genere delle rappresentanze
straniere: questi archivi appartengono ai rispettivi stati. Al pari gli archivi delle
rappresentanze diplomatiche italiane all'estero vengono più o meno periodicamente
ricondotti al nostro ministero per gli affari esteri che li conserva nel proprio archivio storico
dal momento che questo ministero non versa la propria documentazione all'archivio centrale
dello stato. Godono dell'extraterritorialità in Italia anche le basiliche della Santa casa di Loreto
S Francesco d'Assisi e S. Antonio da Padova. Le norme per la conservazione degli archivi degli
enti internazionali aventi sede in Italia sono dettate dagli enti stessi, ad esempio la FAO.
Naturalmente le soprintendenze non hanno alcuna competenza né sugli archivi stranieri
esistenti in Italia né su quelli di enti internazionali.
PARTE SECONDA
CAP. 10 – L’ORDINAMENTO
Ordinamento e inventariazione sono gli aspetti più qualificanti e più specifici del lavoro
dell'archivista, rispondono ad uno stesso obiettivo che è la corretta conservazione della fonte
destinata all'uso pubblico. La corretta conservazione comporta lo studio dell'ente,
l'organizzazione sistematica del suo archivio e la compilazione degli strumenti per eseguire
ricerche. I documenti che compongono un archivio vengono posti in essere secondo un
determinato ordine che è quello dato dall'ente stesso che li produce, nel tempo questo ordine
può subire modifiche per motivi diversi. L'archivista deve ricostruire e se possibile
ripristinare l'ordine originario secondo cui l'ente che aveva prodotto quei documenti aveva
provveduto a classificarli e ad articolarli in serie.
Di uno stesso documento spedito esistono almeno due esemplari:
- la minuta inserita nell’archivio dell’ufficio che spedisce.
- l’originale inserito nell’archivio dell’ufficio che riceve.
Ciascuno dei due esemplari trovandosi in due archivi distinti entra in connessione con
documenti diversi fornendo una più complessa chiave di lettura di uno stesso evento.
L’ordinamento tende a ristabilire quelle connessioni interne alla struttura di un archivio che
conferiscono ai singoli documenti una significatività specifica dipendente dalla funzione che
ha. La ricostruzione dell'ordine originario consente dunque di inquadrare il documento nel
contesto in cui si è formato. Non sempre è stato adottato questo metodo di riordinamento
noto come metodo storico fondato sul principio di provenienza del documento. Elaborato
verso la metà dell'800 è subentrato lentamente al riordinamento per materia.
Il lavoro di riordinamento mira a ricostruire un sistema quale si è dato storicamente e tende a
cogliere e ad evidenziare tutti i nessi significativi tra le serie di uno stesso archivio. Si vedrà
però che non sempre è possibile seguire il metodo storico, in certi casi si dovrà ricorrere a
criteri logici. La compilazione dell'inventario risponde invece all'esigenza di predisporre gli
strumenti adatti per consentire la ricerca nei fondi archivistici. Appare qui preferibile
rimanere nell'ambito della tradizione ormai acquisita in Italia di riordinare le fonti
archivistiche in relazione al processo della produzione dei documenti e quindi in relazione
allo studio delle magistrature e delle istituzioni pubbliche o private che hanno prodotto nello
svolgimento della loro attività gli archivi.
Perché si rende necessario riordinare un archivio
Gli archivi italiani conservati negli AS o presso altri enti coprono un arco cronologico che va
dal VII al XX secolo (700-1900) e pertanto si riferiscono a istituzioni pubbliche o di altra
natura operanti in epoche e aree storico-geografiche diverse nell'ambito di una pluralità di
ordinamenti statali.
Sulla formazione di un archivio incidono la forma di governo e l'ordinamento istituzionale: i
documenti testimoniano l'attività pratica svolta dalle istituzioni e pertanto riflettono
l'ordinamento nel quale quelle istituzioni operavano. L'elaborazione dei principi giuridici
influisce sulla concezione quindi sull'organizzazione dello stato determinando trasformazioni
istituzionali tanto più rilevabili dalla struttura degli archivi quanto più si attua la territorialità
e la formalizzazione del diritto. Le vicende politiche determinano mutamenti istituzionali e
forme di adattamento più o meno complesse degli ordinamenti statali a situazioni locali molto
diversificate. [es ducato di Milano che passa dagli Sforza alla dominazione spagnola]. Le
vicende politico-istituzionali incidono anche sulla sorte degli archivi. [es archivi lombardo
veneti che gli austriaci portarono a Vienna].
Le modifiche all'interno di una stessa magistratura non sempre si riflettono negli archivi.
Quando una magistratura è soppressa l'archivio di quella che subentra può innestarsi sul
precedente senza apparente soluzione di continuità; oppure l'archivio della magistratura può
venir smembrato tra più organi che subentrano a essa; oppure può venir abbandonato da
qualche parte e finisce col deteriorarsi o col disperdersi oppure miracolosamente conservarsi
e venire ritrovato in epoche successive.
Sul modo in cui gli archivi vengono tramandati influisce anche la diversa genesi degli archivi
di conservazione. In relazione ai diversi criteri adottati negli archivi di conservazione sono
stati operati nel tempo, su maggiore o minore scala, riordinamenti per materia, fusioni o
smembramenti di archivi più o meno giustificati.
Per quel che attiene ai documenti versati negli AS la situazione è stata condizionata dalle
disposizioni del 1875 che introducevano una tripartizione in:
- atti amministrativi;
- atti giudiziari;
- atti notarili;
che tendeva da un lato a sovrapporre una distinzione netta dei poteri e delle funzioni anche a
documentazione di epoche in cui tali distinzioni erano tutt’altro che definite, dall'altro ha
favorito la tendenza agli archivisti a indicare il fondo col nome dell'ufficio versante senza
cercare di individuare le magistrature in esso confluite.
Archivio in senso proprio e complesso archivistico
Bisogna chiarire alcuni punti:
- va distinto l’ordinamento che l’ente da al proprio archivio di riordinamento che viene
effettuato dall'archivista/conservatore delle fonti. L'ente ordina la propria documentazione
secondo una pluralità di criteri mentre l'archivista consiste nell'organizzazione sistematica
delle unità archivistiche che compongono l'archivio sulla base di un principio teorico che è
attualmente il metodo storico.
- va rilevato che con la parola archivio si indica sia la documentazione prodotta da una
determinata magistratura nel periodo in cui essa è esistita, sia il complesso archivistico o
documentario che si costituisce presso una determinata magistratura in cui si trovi unita
alla documentazione da essa prodotta anche documentazione delle magistrature che l'hanno
preceduta o comunque di varia provenienza.
Quando si esamina un archivio bisogna tener presente che essi si possono considerare da due
punti di vista:
- ciascun fondo può essere considerato in relazione al suo processo di formazione nel corso
del tempo e si pone allora l'attenzione sulla competenza nella cui gestione si sono susseguite
nel tempo magistratura diverse
- si possono prendere in esame gli archivi delle diverse istituzioni operanti nell’ambito di uno
stato identificando all'interno di ciascun complesso le magistrature in esso rappresentate.
La contrapposizione tra queste due diverse prospettive costituisce il nodo più problematico
per le scelte da operare in sede di riordinamento.
Si ritiene che l'archivistica ossia lo studio degli archivi non debba tendere a ricerche fini a sé
stesse accentuando esclusivamente lo studio delle tipologie dei diversi complessi archivistici
considerati come realtà distinte rispetto alle magistrature che hanno prodotto in tempi
diversi archivi diversi. Lo studio delle istituzioni richiede cioè che un archivio venga
analizzato sia in relazione ai modi in cui si è formato, sedimentato e trasformato nei secoli à
seguendo la vicenda diacronica, sia nel suo rapporto sincronico con gli archivi delle istituzioni
che operavano nello stesso tempo.
Si può inoltre operare sulla carta e non sulle carte: quando infatti si sia ricostituito l'ordine
originario di un archivio mediante schede che identificano le unità che lo compongono può
apparire in certi casi opportuno non procedere allo spostamento totale o parziale delle
singole unità, limitando a riprodurre l'ordine originario delle unità stesse soltanto sullo
strumento di ricerca à questa cosa potrebbe avere interessanti sviluppi con l'uso
dell'elaborazione elettronica.
Quando non sarà possibile operare distinzioni o aggregazioni sulla carta sarà cura
dell'archivista descrivere nell'introduzione dell'inventario le ragioni storico-istituzionali che
hanno determinato quella particolare situazione.
Varie situazioni in cui può trovarsi un fondo da riordinare
I documenti in un archivio vengono posti in essere o nella forma di documenti sciolti -possono
trovarsi raccolti in buste, filze, fasci, mazzi- o nella forma di registro.
Vediamo alcune situazioni tipo che l'archivista può trovarsi ad affrontare:
1 – archivio può trovarsi nello stesso ordine in cui si è formato o in un ordine che risulta da
successivi rimaneggiamenti portati dall'ufficio stesso al proprio archivio. Quando un ente ha
provveduto a rimaneggiare l'ordine delle proprie carte, si dovrà rispettare, in linea di
massima l'ultimo ordinamento. Vi potranno essere dei casi in cui sarà opportuno ricostruire
un unico ordine.
2 – l’archivio può trovarsi in vari versamenti organici eseguiti da uno stesso ente o in spezzoni
di serie corrispondenti a nuclei di documenti che costituiscono quanto resta di un archivio.
Quando ci si trova di fronte a più versamenti/spezzoni si deve procedere al riordinamento
globale cercando di ricostruire l’ordine originario delle serie pervenute frammentariamente.
3 – l’archivio può trovarsi suddiviso in fondi diversi, costituitisi cioè presso enti diversi, talora
conservati nello stesso Archivio di stato e talora conservati invece in istituti culturali diversi.
In questo caso l’archivista deve porsi il problema dell’ordinamento originario dell’archivio
studiando attentamente i motivi che hanno determinato il passaggio di parte della
documentazione in archivi di enti diversi. È proprio in relazione all’archivio suddiviso in fondi
piò rivelarsi opportuno quello he si chiama ordinamento sulla carta che anzi si rivela l’unica
forma possibile nel caso di sedi diverse. Anche qui può capitare che alcuni raggruppamenti
siano ordinati e altri disordinati. Quando in epoca successiva si trovino documenti che
appartengono a un archivio già riordinato si valuterò se è il caso di inserirli in esso integrando
il messo di corredo o se invece sia opportuno non spostarli dal fondo in cui si trovano
aggiungendo nel mezzo di corredo i necessari rinvii. Se un ente viene soppresso il suo archivio
passa in genere in parte all’ente che gli subentra e in parte ne liquida le pratiche pendenti, in
parte resta dove si trova o viene versato in un AS.
4 – l’archivio può trovarsi in disordine: il grado di disordine può andare dalla semplice
confusione nell’rodine alfabetico dei fascicoli di una serie allo scompaginamento totale di un
fondo. La difficoltà del riordinamento per cause accidentali non dipende tanto dal rado di
disordine quanto dal sistema originario di classificazione dei documenti. Se un fondo è molto
disordinato ma in origine era stato costruito con un sistema di classificazione razionale
l’archivista pur con tutta una serie di difficoltà può riuscire l’ordine originario dell’archivio.
Inoltre il disordine di un archivio è spesso più apparente che reale.
5 – è probabile che l’archivio di un ufficio, sia quando si presenti ordinato, o parzialmente
ordinato o variamente disordinato comprenda documenti prodotti da uffici diversi che lo
hanno preceduto nello svolgimento di competenze analoghe o che sono confluiti nel suo
archivio per motivi diversi. Se gli archivi hanno mantenuto la loro individualità non sarà
difficile procedere all’ordinamento di ciascuno di essi, si cercherà inoltre di capire se i
documenti di epoca successiva alla cessazione di attività dell’ente concludono pratiche
precedenti o se i documenti anteriori costituiscono i precedenti di pratiche di nuova
formazione. Se si individua all’interno di un complesso la documentazione di commissioni
permanenti o di organi consultivi si lasceranno all’interno di quell’amministrazione perché ad
essa appartengono; talora costituiscono delle vere e proprie serie.
Fasi dell’ordinamento
Per prima cosa deve capire se i documenti sono di archivi diversi e o nel caso se siano entrati
a far parte integrante del fondo considerato o se possano o debbano essere stralciati e
ordinati a parte. In ogni caso non si può procedere senza aver messo a fuoco tutti i vari
problemi, di aver compreso le ragioni che hanno determinato l'ordine di un archivio e di aver
studiato a fondo le soluzioni da adottare. Ai fini dell'ordinamento è importante sia la storia
dell'archivio che quella dell'istituzione.
Varie fasi dell'ordinamento possono essere così schematizzate:
- schedatura delle singole unità con l’indicazione di alcuni dati essenziali: denominazione
dell'ente cui il documento o il fascicolo, volume, registro appartiene e se si tratta di un ente
articolato in più uffici, indicazione dell'ufficio, indicazione dell'oggetto o della natura della
documentazione, date estreme, segnature archivistiche originali, tutte le annotazioni che
possano concorrere all'identificazione del pezzo
- raggruppamento delle schede per ente e per uffici di ciascun ente: separazione delle schede
che appartengono a enti diversi da quello di cui si sta ricostruendo l'archivio
- ricostruzione delle serie in base alle segnature archivistiche o ai criteri scaturiti dalla
struttura propria di ciascun archivio. La serie è un'aggregazione sistematica di documenti che
l'ente può determinare in base a vari criteri (materia, tipo di atti, alfabetico, cronologico) per
cui nella stessa serie possono confluire documenti prodotti da diversi uffici dell'ente
- spostamento materiale delle unità archivistiche dal fondo/i e loro riaggregazione sulla base
delle segnature archivistiche
- in linea di massima quando la serie è costituita da documenti sciolti per i quali non risulti un
criterio originario di aggregazione i documenti si dispongono in ordine cronologico (non
tutti gli archivisti sono concordi)
- disposizioni delle serie secondo l’ordine originario se questo è mai esistito e se è
fondamentale ricostruibile. Se le serie non rivelano un rapporto precostituito si procederà
secondo un ordine logico: disposizioni di carattere generale, decisioni degli organi deliberanti,
atti amministrativi, atti conclusivi, fascicoli del personale.
Nella prima fase del lavoro l'archivista deve identificare ogni fascicolo, filza, volume, registro,
nel caso di documenti sciolti si dovrà procedere all'identificazione di ciascun documento.
All'inizio della schedatura non conviene perdere troppo tempo con le unità che non sono
facilmente identificabili: basterà indicarle con una formula del tipo "varie" o "affari diversi"
con l'indicazione se possibile delle date estreme à andando avanti si acquisiscono varie
cognizioni.
Uno degli errori più frequenti è quella di compilare schede molto analitiche in relazione al
contenuto del documento senza finalizzare la schedatura del pezzo e della serie cui
appartiene: va privilegiata la rilevazione sistematica di dati formali.
La scheda per l'ordinamento deve prevedere la rilevazione di alcuni dati essenziali e tutte le
annotazioni che evidenzino le variazioni nelle sequenze di dati.
Va sempre segnato il numero della busta o dell'unità considerata che sarà ovviamente
provvisorio, numero che non deve essere di intralcio alla numerazione definitiva.
Elementi formali sui quali l'archivista soffermerà soprattutto la sua attenzione saranno la
denominazione dell'ufficio cui il documento appartiene - che può risultare dall'intestazione
del foglio nelle minute, dall'indirizzo del destinatario negli originali oppure la denominazione
dell'autorità che ha emanato l'atto o emesso la sentenza o parere oppure l'autorità presso cui
è stato esibito o depositato l'atto, il rogatorio, le classificazioni, segnature, note tergali e di
cancelleria, titolo del fascicolo o oggetto in pratica, natura dell'atto/documento, date estreme
etc. Quando deve identificare singoli documenti sciolti o usciti fuori dai rispettivi fascicoli
l'archivista deve esaminare la parte che si chiama protocollo del documento: si riferisce
all'intestazione, destinatario, data, numero di protocollo, classificazione, indicazione degli
allegati, dell'oggetto, per i documenti ricevuti vanno considerati il numero di protocollo e la
classificazione data dal destinatario e deve essere individuato il luogo in cui il documento è
stato redatto e spesso è da decifrare anche la firma che si trova nell'escatocollo o protocollo
finale. Se i documenti sono di carattere interno (bozza, minuta) si porrà attenzione ad altri
elementi come i dati estrinseci: calligrafia, sigle etc.
Quando deve identificare un fascicolo l'archivista deve tener conto soprattutto degli indici di
classificazione, numeri di posizione, eventuali rimunerazioni, eventuali annotazioni, rinvii,
date e titolo fascicoli. Quando si debbono identificare documenti sciolti o fascicoli che
presentano caratteristiche omogenee si potrà fare una scheda per busta o per raggruppamenti
di più documenti o fascicoli. Quando si debbono identificare registri che non recano indici di
classificazione o un’intestazione si indicherà sulla scheda il tipo di registrazione.
Quando si riordina un archivio che comprende sicuramente la documentazione di un unico
ente si può ometterne l'indicazione sulla scheda.
L'uso di raccogliere in filze o di rilegare in volume i documenti sciolti o di trascriverli su
registri – più frequente per la documentazione pre-ottocentesca che non per quelle di epoca
successiva - costituisce un filo conduttore per l'identificazione della serie.
Se un archivio adotta un sistema di ordinamento fino a una certa data e uno diverso in epoca
successiva, si riordinerà ciascuna parte in base ai rispettivi criteri originari.
È importante sottolineare che i dati riportati sulla scheda devono essere disposti in maniera
chiara e sistematica.
Da quanto detto fin qui discende che non si può stabilire uno schema tipo per la rilevazione
dei dati valido per ogni archivio perché a seconda del sistema di ordinamento adottato in
origine dall'ente può variare il dato qualificante della serie.
Quando l'archivio non presenti tracce di alcun ordine originario l'archivista si lascerà guidare
dalla logica e dal buonsenso ponendo sempre attenzione soprattutto alla forma del
documento e alle funzioni di cui è espressione e solo in via subordinata al contenuto per
formulare un'ipotesi di ripartizione dei documenti in serie à in linea di massima ordine
cronologico/alfabetico/logico.
Ma solitamente un archivista esperto è in grado di cogliere i suggerimenti meno evidenti che
vengono dal documento.
Classificazione dei documenti e registrazioni di protocollo:
- il numero di protocollo è il numero con il quale viene registrato sul registro di protocollo il
documento in arrivo o in partenza secondo l'ordine cronologico di ricezione o spedizione. In
alcuni uffici si usava in passato un registro per i documenti in partenza e uno per quelli in
arrivo; è prevalso tuttavia l'uso di un unico registro di protocollo con un'unica enumerazione
progressiva sia per i documenti in arrivo sia per quelli in partenza.
- la classificazione risponde alle necessità dell’ente di organizzare razionalmente il proprio
archivio mediante la predisposizione di un quadro di categorie detto titolario che corrisponde
a un sistema di partizioni astratte desunte dall'analisi delle competenze dell'ente. Ogni
categoria corrisponde a una fattispecie astratta in base alla quale vengono classificate e
raggruppate le singole pratiche che ne costituiscono le fattispecie concrete.
Classificare i documenti è un'operazione piuttosto difficile che nelle amministrazioni statali
viene spesso affidata a personale della carriera esecutiva, spesso ordinamento illogico. Le
categorie del titolario possono essere ripartite in sotto categorie a loro volta suddivise in
sotto-sottocategorie. L'indice di classificazione, cioè il simbolo alfabetico o numerico o misto
che corrisponde alla categoria e alle sue eventuali sotto partizioni è determinato dal simbolo
della categoria (più simbolo delle sottocategorie e delle sotto-sottocategorie)
All'interno dell'archivio di un determinato ente le minute recheranno il numero di protocollo,
la classificazione adottata da quell'ente, il riferimento al documento cui si risponde e la data di
partenza.
Un ufficio può usare in sistema di protocollo:
- sintetico, quando tutti i documenti di una stessa pratica vengono registrati con lo stesso
numero di protocollo dato al primo documento della pratica, in questo caso il numero di
protocollo funge anche da indice di classificazione e contrassegnerà anche il fascicolo relativo,
esiste tuttavia la possibilità di combinare il protocollo sintetico con il titolario. Se un ufficio
adotta il protocollo sintetico ritroverà facilmente le sue pratiche se adotta anche una rubrica o
uno schedario per materia, ente, norme di persona o luogo. Necessità periodicamente di
chiudere una numerazione e farne partire un'altra
- analitico, ogni documento in arrivo o in partenza viene registrato con un diverso numero
dato in base all'ordine di ricezione o spedizione. In ogni caso i documenti che costituiscono
una pratica hanno diverso numero di protocollo o al massimo con lo stesso numero si troverà
un originale e una minuta direttamente correlati. Nel protocollo analitico è fondamentale la
classificazione del documento: nel registro di protocollo c'è una fincatura apposita nella quale
vengono segnate la classificazione del documento che costituisce l'immediato precedente
della stessa pratica per il quale dovrà segnarsi il rinvio al numero di protocollo che ne
costituisce il susseguente. Nel registro di protocollo avremo per ciascun documento, oltre al
numero di protocollo, all'indicazione del destinatario o del mittente, alla data o all'oggetto,
anche la classificazione e il rinvio al documento precedente e a quello susseguente relativi alla
stessa pratica cioè allo stesso fascicolo.
Con il protocollo sia sintetico sia analitico il vincolo archivistico risulta con particolare
evidenza e costituisce una traccia sicura per il riordinamento.
Alcune osservazioni sulla formazione della serie e sulla possibilità di identificarle e
ricostituirle
Necessità di ripartire i documenti in serie o raggruppamenti era avvertita nelle cancellerie
delle antiche magistrature. Impostando correttamente l'ordinamento di archivi prodotti da
magistrature dello stesso tipo si arriva a porre in evidenza più tratti uniformi di quanto non si
poteva supporre prima dell'ordinamento, mentre più varia è l'articolazione all'interno di
ciascuna serie. Nella documentazione anteriore alle riforme dell'illuminismo si trovano serie
che sono il frutto di una selezione dei documenti più importanti.
All'interno di ciascuna serie prevaleva nel Medioevo l'ordine cronologico o il dato unificante
rappresentato dal notaio che redigeva gli atti o dal cancelliere per il periodo in cui era in
carica senza preoccuparsi di procedere a ripartizioni precostituite.
Per gli archivi dei secoli XIX e XX la mole sempre crescente di documenti e lo scarto frequente
tra le partizioni astratte precostituite sulla base dei titolari e la formazione empirica degli
affari concreti rendono problematica l'identificazione delle serie. In linea di massima è
relativamente semplice ricostruire le serie costituite da registri. Negli uffici di protocollo certi
tipi di documenti possono essere registrati in maniera tale da costituire delle partizioni fin
dall'origine. Nell'ordinamento vanno rispettate le partizioni precostituite dall'ente, ma riveste
interesse particolare l'individuazione delle serie formate empiricamente negli archivi degli
enti che rispecchiano organicamente l'attività svolta dall'ente stesso.
Nei secoli XVIII e XIX vedono l'affermarsi su larga scala gli ordinamenti per materia e questo
mostra come si avverta sulla base di nuove istanze amministrative e di ricerca la necessità di
trovare rapidamente i documenti: appariva dunque razionale l'ordinamento per materia
facendo però scomparire l'ordine originario della serie. Il grande salto qualitativo verificatosi
con l'ordinamento storico è stato quello di affidare la possibilità di effettuare ricerche agli
indici per materia rispettando o ripristinando l'ordine originario dei documenti e della loro
ripartizione in serie. Con l'elaborazione elettronica si è determinata la possibilità di
moltiplicare enormemente le chiavi di ricerca che fino ad ora non andavano al di là degli indici
per materia, per ente, per nome di persona o località, ma si rischia di mortificare la funzione
dell'ordinamento. Tutte queste cose tendono a indicare un metodo di lavoro che ha bisogno
di adeguamenti. L'ordinamento presuppone una buona conoscenza della storia e della storia
delle istituzioni e comporta il recupero e lo studio delle norme che regolavano l'ente che ha
prodotto l'archivio che si sta ordinando, la ricerca sui documenti per ricostruire l'iter delle
pratiche e le finalità di certe registrazioni, la distribuzione delle competenze e l'inevitabile
scarto tra la struttura dell'archivio e l'organizzazione dell'ente. L'archivio infatti ha una
struttura più semplice dell'organizzazione dell'ente: con l'ordinamento si ripristina la
struttura dell'archivio non quella dell'ente. In sede di ordinamento l'archivista studia
l'organizzazione e le funzioni dell'ente in correlazione all'andamento logico delle sequenze.
Si può rilevare che molti enti pubblici non territoriali, famiglie, persone non essendo vincolati
da disposizioni di carattere normativo sulla tenuta delle carte non si sono preoccupati di
organizzare razionalmente i propri archivi – in questo caso diventa essenziale conoscere le
funzioni dell'ente, l'iter delle pratiche etc. - oppure può avvenire il contrario.
La tecnicità dell'archivista si rivela nel poter estendere ad altri ordinamenti le cognizioni già
acquisite, ad una specializzazione per archivi di enti dello stesso tipo è dunque preferibile una
specializzazione per aree storico-geografiche e per periodi storici.
Rapporto tra la struttura dell’archivio e l’organizzazione dell’ente
Sull'organizzazione dell'ente possono influire sia le riforme istituzionali di carattere generale
– che incidono sugli archivi degli organi centrali e periferici dello stato ma anche in quelli di
enti di altra natura operanti nell'ambito dell'ordinamento statale - sia le riforme proprie di
ciascun ente. In genere la struttura dell'archivio mantiene la stessa articolazione delle serie
anche quando muti la distribuzione delle funzioni tra i vari uffici dell'ente.
Un ministero ad esempio ha un archivio complesso costituito da una pluralità di archivi: ogni
ufficio che dispone di un proprio titolario e di un proprio protocollo dà luogo a un archivio
distinto. La struttura di un archivio non subisce modifiche rilevanti quando l'ente perde
alcune funzioni o ne acquista altre che prima non aveva. Quando il fondo si riferisce a un ente
che cambia solo denominazione o modifica parzialmente le sue competenze nell'ambito di
uno stesso ordinamento statale viene considerato in linea di massima un unico archivio
identificato con il nome dell'ufficio che ha la data del documento più recente.
L'indagine sulle norme che regolano l'organizzazione e le funzioni di una pluralità di enti o di
un singolo ente non riguarda solo gli archivi degli organi centrali/periferici dello stato ma
anche ad una pluralità di archivi di diversa natura. Si può inoltre constatare che in un arco di
tempo breve alcuni uffici cambiano due o tre volte il sistema di classificazione dei propri
documenti e che non adottino infine il più funzionale à spesso usano sistemi inadeguati per
quanto riguarda la facile reperibilità dei documenti.
Necessità di istituire un collegamento tra gli archivi e il quadro storico-istituzionale
La problematica inerente all'esigenza di rispettare gli ordinamenti originari degli archivi
impone un ulteriore collegamento alle periodizzazioni storico-istituzionali rilevanti. Chiunque
affronti un lavoro di riordinamento dovrà necessariamente stabilire una periodizzazione
storico-istituzionale ed esse costituiranno il primo sistema di riferimento.
Si è detto però che la struttura dei singoli archivi non necessariamente muta quando mutano
le norme di organizzazione e di funzionamento ma si è anche detto che l'ordinamento delle
carte dovrà rispettare la struttura originaria di ciascun archivio.
Si deve fare attenzione a non credere che una serie sia continua solo perché materialmente i
documenti che la compongono si trovano articolati e sistemati in maniera tale da scavalcare
periodizzazioni storico-istituzionali.
Senza dubbio debbono essere rilevate le trasformazioni storico istituzionali. L'adozione di un
modo o di un altro nella classificazione ci aiuta ad interpretare l'evento storico-istituzionale.
Le qualità fondamentali dell'archivista siano: capacità di sintesi, rapidità nel rilevare dati
essenziali e di collegarli razionalmente tra loro, lucidità nel cogliere quanto vi è di sistematico
in quantità sterminate di documenti, buona conoscenza della storia e delle istituzioni.
L'archivista non deve mai operare meccanicamente ma studiare e interpretare ogni situazione
reale alla luce di un procedimento logico che lo porterà necessariamente a soluzioni diverse.
CAP. 11 – COMPILAZIONE DEGLI STRUMENTI PER LA RICERCA
Finalità degli strumenti per la ricerca
È necessario compilare strumenti che aiutino i ricercatori ad orientarsi. Saranno necessarie
una:
- guida generale
- guide particolari di tutti i fondi conservati in sedi diversi
- guide tematiche che indichino i fondi relativi a uno specifico tema di ricerca.
Inventari relativi a ciascun fondo: deve fornire un prospetto generale dell'archivio con una
descrizione delle unità che lo compongono per far capire al ricercatore che documenti vi si
trovano.
Vari tipi di mezzi di corredo
Gli strumenti per la ricerca si dicono anche mezzi di corredo e si possono ricondurre a tre tipi
diversi:
- mezzi di corredo coevi ai documenti negli uffici di protocollo per la classificazione dei
documenti, per la loro registrazione sul protocollo, per il loro reperimento: si tratta del
titolario o prontuario delle categorie, dei registri di protocollo, delle rubriche e degli schedari.
Si riferiscono a un determinato archivio e consentono di capire i criteri di classificazione di
quello specifico fondo.
- mezzi di corredo approntati nella fase del versamento dal personale degli uffici versanti: si
tratta di elenchi di versamento o di deposito che possono essere più o meno analitici. L'ufficio
versate ha sempre facoltà di richiedere fascicoli propri per necessità d'ufficio, ma con il
versamento l'AS assume i compiti inerenti alla conservazione permanente, all'ordinamento e
all'inventariazione di quei documenti. Di fatto negli AS gli elenchi di versamento sono usati
come strumenti di ricerca. Inoltre l'elenco di versamento è utile anche ai fini
dell'ordinamento.
- mezzi di corredo approntati in archivio dagli archivisti di stato: elenchi di consistenza,
elenchi, inventari sommari, inventari analitici, indici, schedari. Possono avere diversi gradi
di analiticità.
Gli elenchi di consistenza riportano dati meramente quantitativi. Gli elenchi possono essere
più o meno analitici. Entrambi non presuppongono il riordinamento del fondo.
Se un fondo è privo di mezzi di corredo sarà cura dell'archivista fare un elenco più o meno
dettagliato della documentazione nell'ordine in cui si trova sia per avere un'idea sia per
consentire una qualche possibilità di ricerca. In considerazione del fatto che molti fondi non
sono consultabili sarebbe utile prevedere almeno semplici elenchi mediamente dettagliati per
tutti i fondi conservati.
L'inventario invece prevede che il fondo sia ordinato e deve essere in ogni caso funzionale alla
ricerca: nell'ambito di uno stesso archivio per alcune serie può essere funzionale una
schedatura meno analitica, per altre serie è indispensabile fornire un complesso di dati
formali senza che si debba integrare la descrizione originale dell'oggetto dei documenti o del
titolo dei fascicoli, per altre è necessario fornire anche una descrizione fisica delle unità, per
altre sono necessari ulteriori dati che si desumono dal contenuto dei documenti e vanno
studiati caso per caso.
Elementi essenziali per l’inventario analitico
Il lavoro di inventariazione deve essere coordinato e diretto dalla stessa persona che ha
ordinato il fondo e che può stabilire quali elementi sia necessario rilevare per compilare
correttamente l'inventario. Per la compilazione si procede a seconda dei casi o mediante una
nuova schedatura di fascicoli oppure utilizzando le stesse schede usate per l'ordinamento.
Si procede in genere a una nuova schedatura per l'inventariazione quando si intende
compilare un inventario analitico, elementi indispensabili per considerare analitico un
inventario sono:
SERIE COSTITUITA DA FASCICOLO: per ogni fascicolo devono indicarsi;
- classificazione originaria
- numero di posizione
- titolo, talora integrato da una descrizione del contenuto o da annotazioni specifiche
- date estreme
- numero di corda della busta
- eventuale numero di corda del fascicolo
SERIE COSTITUITA DA VOLUMI: di documenti omogenei;
- classificazione originaria, segnature e numerazioni significative
- indicazione del tipo di documento e dell'autorità che ha emesso/ricevuto i documenti
- data del primo e dell'ultimo documento
- numero del volume dato dall'ente che ha prodotto i documenti
- eventuale numero di corda
SERIE COSTITUITA DA DOCUMENTI SCIOLTI: omogenei raccolti in buste o in filze o in
pacchi;
- classificazioni e numerazioni significative
- indicazione del tipo di documento: lettere, telegrammi...
- data del primo e ultimo documento
- numero di corda o filza o pacco
SERIE COSTITUITA DA LETTERE: (carteggio di un ente, personalità politica)
- data topica e cronica
- mittente
- numero di corda dato a ciascuna lettera dall'archivista
- numero di corda della busta
- può essere opportuno indicare l'oggetto di ciascuna lettera
SERIE COSTITUITA DA DOCUMENTI: di natura eterogenea;
- classificazione originarie di ciascun documento inerenti a una stessa pratica
- indicazione dell'oggetto per ciascun documento o per gruppi di documenti
- data di ciascun documento e date estreme per ciascun gruppo di documenti
- numero di corda della busta, filza, pacco
SERIE COSTITUITA DA REGISTRI:
- classificazioni e numerazioni originarie
- indicazione del tipo di registrazione
- data della prima e ultima registrazione
- numero originale del registro
- eventuale numero di corda
In linea di massima in un inventario analitico è necessario dare il numero delle carte per
ciascuna unità. Per carta si intende foglio non pagina (no i fogli bianchi), il numero viene
apposto a matita in alto a dx o in basso a dx con tratto leggero e carattere piccolo.
La funzione della numerazione è duplice: rende più facile il controllo sul mantenimento
dell'ordine interno dei documenti e da al ricercatore un'idea sulla consistenza del fascicolo o
unità considerata.
Datazione
Nei documenti antichi la data si segnala indicando anno, mese, giorno. Idem per i documenti
contemporanei. L'anno è l'elemento indispensabile. La data che si prende in considerazione è
quella del documento.
Nel caso di documenti con la data in stile diverso da quello moderno il documento si colloca
secondo la data attuale ma sull'inventario si indicherà sia la data secondo lo stile usato sia
quella attuale corrispondente con opportuni accorgimenti tipografici. La doppia datazione è
indispensabile quando si trascrive un documento o se ne fa il regesto.
Titolo del fascicolo e oggetto del documento
Per indicare il contenuto del fascicolo si riporta il titolo originario tra virgolette con eventuali
integrazioni tra []. Se nel fascicolo mancano documenti se ne dovrà dare notizia.
Se manca il titolo se ne dovrà desumere uno adeguato e in questo caso non si porrà tra
virgolette. Il punto essenziale da tener presente è che l'inventario è una guida per la ricerca
dei documenti e quindi descrive i documenti non ne espone il contenuto.
L'indicazione dell'oggetto sarà dunque fin dove possibile quella originale. Vi sono serie in cui è
necessario un livello maggiore di analiticità pertanto si darà una descrizione dell'unità
archivistica più dettagliata.
Ordine cronologico all’interno di un fascicolo
I documenti all'interno del fascicolo sono collocati in ordine cronologico così come i sotto
fascicoli e gli inserti. L'ordine cronologico riflette l'ordine nel quale i documenti sono stati
archiviati quindi aprendo il fascicolo si troverà per primo il documento più recente e via via di
seguito quelli di data anteriore. Gli allegati seguono i documenti cui si riferiscono.
Condizionatura del fascicolo
Se la serie è costituita da documenti raggruppati per pratica in camicie su cui riporterà il titolo
dedotto dall'oggetto o dal testo dei documenti che costituiscono la pratica e le relative
classificazioni, dando eventualmente un numero di corda.
Quando si ritiene opportuno dare un numero di corda ai fascicoli questi verranno inseriti in
nuove copertine sulle quali il numero di corda sarà riportato in maniera tale da non
confonderlo con eventuali numerazioni originarie che verranno poste tra virgolette insieme al
titolo originale. La copertina è parte integrante del fascicolo pertanto anche quando è in
cattivo stato non deve essere distrutta, ma inserita insieme ai documenti nella copertina
nuova.
Moduli con fincature per la redazione dell’inventario
Per la stesura definitiva dell'inventario è bene adottare moduli con fincature che consentano
una chiara distinzione degli elementi considerati. L'articolazione delle fincature deve essere
studiata in base alle caratteristiche delle serie. Quando si è deciso di prendere in
considerazione anche altri dati si predisporranno tante fincature quanti sono i dati
considerati.
Schedatura in funzione dell’individuazione degli elementi da rilevare e dell’ordine dei
fascicoli
Perché in molti casi si ritiene necessario procedere a una nuova schedatura trattandosi ormai
di un fondo riordinato?
- questa esigenza nasce dal fatto che per l’ordinamento si lavora meglio e più rapidamente con
schede piuttosto sintetiche, si ritiene più economico procedere in maniera distinta al lavoro di
ordinamento e di inventariazione perché essendo diverse le finalità delle due operazioni è
diverso anche il tipo di attenzione rivolto alle carte. Quando si riordina è necessario ricordare
e collegare logicamente una quantità di dati, fare ipotesi e verificarle, dedurre certe soluzioni
da dati frammentari, alternare la schedatura con ricerche bibliografiche e sui documenti
inerenti alla storia politica e istituzionale connessa all’archivio considerato. Quando si
procede all’inventario una volta stabiliti i criteri da adottare ci si trova di fronte a un lavoro
ripetitivo e monotono.
- uso delle schede per l’inventariazione si rende indispensabile nei casi in cui individuati in
sede di ordinamento i fascicoli che appartengono sicuramente ad una serie o ad una categoria
si procede a raggrupparli in una prima fase senza badare all'ordine dei fascicoli, va rilevato
che in archivi molto complessi articolati in categorie non è sempre facile individuare il
fascicolo cioè l'unità di base di ciascuna serie.
- si arriva a mettere a punto la scheda tipo su cui impiantare un inventario analitico
procedendo per tentativi, in genere si hanno le idee chiare solo alla fine della schedatura, ma
la schedatura va fatta in base a criteri omogenei prefissati: revisioni, controlli, sondaggi,
correzioni; non si scheda un fondo senza avere un'idea ben definita dei risultati che si
vogliono ottenere. Il procedere per tentativi si rende indispensabile quando si intenda
procedere alla compilazione di un inventario molto analitico. La scelta degli elementi da
inserire dovrà cadere preferibilmente su dati obiettivamente rilevabili.
Numero di corda
Si presentano diverse possibilità di numerazione. Ricordiamo che il numero di corda
costituisce un dato meramente estrinseco che risponde a finalità meramente pratiche:
calcolare la consistenza dell'archivio, di mantenere l'ordine, di identificare le singole unità per
la consultazione.
- prima soluzione: prevede un numero di corda progressivo per tutti i fascicoli à
numerazione a serie chiuse;
- seconda soluzione: numero di corsa progressivo per tutte le buste e i registri e un numero di
corda che riparte dal numero 1 per i fascicoli di ciascuna serie à soluzione ibrida;
- terza soluzione: numero di corda per i documenti sciolti e numero di corsa per i registri, si
può usare per archivi piccoli o con serie frammentarie à può dar luogo a serie chiuse o a serie
aperte;
- quarta soluzione: numero di corda per le buste che riparte da uno per ciascuna serie e
all’interno di ciascuna serie un numero di corda per i fascicoli che riparte da uno; per archivi
suscettibili di incremento. Sulla busta indicazione della denominazione dell'archivio numero
della serie o della busta;
- quinta soluzione: numero di corda per le buste che riparte da 1 per ciascuna serie e un
numero di corda per i fascicoli all'interno della prima e quarta serie che riparte da 1, mentre
per la terza articolata in sotto serie si riparte da 1 per ogni sotto serie, per archivi suscettibili
di incremento con serie articolate in sotto serie;
- sesta soluzione: numero di corda per le buste che riparte da 1 per ogni serie, numero di
corda per i fascicoli che riparte da 1 per quelli della serie prima e quarta e un numero di corda
che riparte da 1 per la serie prima e quarta, numero di corda che riparte da 1 per buste e
fascicoli di ogni sotto serie della serie terza.
à numerazioni a serie aperte: consentono incrementi senza modificare l’ordinamento
precedente. L’adozione della numerazione aperta rende più agevole il lavoro di
inventariazione.
Problemi particolari per l’inventariazione analitica di alcuni tipi di serie
Nel caso di documenti uguali nella forma e di contenuto eterogeno l'ordinamento non
presenta particolari difficoltà. È arduo trovare un'adeguata chiave di ricerca quando non
esistono rubriche o altri repertori.
Per atti notarili: si possono indicare notai, piazze.
Per corrispondenza: mittente, località da cui parte la lettera.
Quando però si vogliono dare indicazioni sui contenuti sorgono varie difficoltà.
Nel caso di documenti antichi si può decidere di fare il regesto per nuclei di documenti scelti
in base a un tema, autorità, località. Nel caso di documenti moderni si possono tentare
soluzioni diverse. In ogni caso un inventario del genere deve essere corredato da una pluralità
d’indici. Questo settore risultati interessanti possono raggiungersi con l'elaborazione
elettronica.
Indici
L'inventario analitico deve essere corredato da indici: il più diffuso è quello per materia e
deve essere fatto individuando un numero di parole chiave.
Inventari sommari
L'inventario sommario è quello che descrive le unità archivistiche di un archivio riordinato in
maniera più o meno sommaria. Spesso lo si fa quando non si sia proceduto a dare un nuovo
numero di corda ai fascicoli perché si presume che si dovrà rimettere mano al lavoro di
ordinamento. L'inventario analitico ha carattere di definitività, l'inventario sommario si
compila sapendo che si potrà sempre sostituirlo in futuro con strumenti più analitici. Ci sono
dei casi in cui è preferibile utilizzare un inventario sommario.
Introduzione dell’inventario e descrizione della serie
L'inventario deve essere preceduto da un'introduzione che comprende un cenno storico
sull'istituzione che ha prodotto l'archivio. Il cenno storico deve essere sobrio e avalutativo
perché funzionale alla comprensione delle carte. L'introduzione dovrà fornire notizie sulle
vicende relative ai versamenti delle carte e alla storia dell'archivio, i criteri adottati
nell'ordinamento e segnalazione di altre parti d'archivio conservate altrove. È opportuno
utilizzare fogli con fincature o comunque disposti in colonna.