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Dominique Falduto

ESERCITAZIONE - RIFLESSIONE SCRITTA – MARCA E PACKAGING

Il discente rilegga con attenzione la lezione su prodotti e prospettiva interculturale, marca e packaging. Lo
studente presenti tre diversi prodotti, in testo e in immagine, in italiano e in lingua
inglese/spagnola/francese/tedesca. Per ogni prodotto lo studente presenti un’analisi in prospettiva
interculturale, commentando le immagini e i testi tradotti.

I prodotti hanno lo scopo di soddisfare esigenze particolari di utenti specifici.

Questo vale sia per i prodotti “materiali”, ovvero i beni, sia per i prodotti “intangibili”, ovvero i servizi.

Il valore di un prodotto è dato dalla sua abilità di soddisfare il bisogno dell’utente e si compone di tre
elementi:

1. Il prodotto base che corrisponde al prodotto come entità fisica.


2. Il prodotto tangibile per cui s’intende la parte di prodotto che ha funzione di contatto visivo come il
packaging, marca, ecc.
3. Il prodotto ampliato che comprende una parte di elementi che fanno da cornice essenziale al
prodotto stesso, come installazione, consegna, garanzia, ecc.

I prodotti possono variare per diversi aspetti: le principali caratteristiche riguardano la loro dimensione,
taglia, capacità e volume.

Le modalità con cui un prodotto o un marchio si presentano al pubblico sono rappresentate dalle immagini,
dal packaging o dalle scelte linguistiche.

Questa flessibilità richiede però una grande sensibilità per il diverso e la capacità di saper “reinterpretare” il
prodotto base.

La cultura naturalmente ha un peso fondamentale sul prodotto. Tale influenza non si esplicita nel prodotto
base, poiché è un elemento che può essere condiviso da più culture. La cultura esercita il suo potere sul
prodotto tangibile o ampliato, poiché sono questi due elementi che determinano le caratteristiche più
specifiche del prodotto, differenziando i prodotti finali e soddisfacendo così i gusti più disparati dei clienti.

Spesso vi sono delle differenze culturali anche all’interno dello stesso Paese, per via di sottogruppi etnici o
minoranze linguistiche ed è anche in questi casi che il marketing interculturale ricopre un importante ruolo.
Il primo esempio riportato è quello del marchio Algida che prende il nome di Wall’s in UK, Langnese in
Germania, Frigo in Spagna Heartbrand in Francia e così via.

Il secondo esempio riguarda un marchio relativo a prodotti per la pulizia della casa, conosciuto in Italia con
il nome di “Mastro Lindo”, creato da due imprenditori, Linwood Burton (statunitense) e Mathusan
Chandramohan (cingalese) e poi venduto a Procter & Gamble.
Il personaggio che appare sul packaging è la mascotte dei prodotti. Si tratta di un uomo abbronzato, calvo e
muscoloso, spesso con le braccia conserti e con l’orecchino che richiama nell’immaginario collettivo il
“genio della lampada” che appare magicamente quando c’è bisogno di lui, ovvero quando la casa non
risulta essere pulita come si vorrebbe. L’orecchino brilla, come per sottolineare ancora di più l’efficacia del
prodotto e questo dettaglio appare in tutte le versioni, indipendentemente dal Paese di distribuzione.

Le braccia conserte invece, sono un dettaglio che appare solo in alcuni dei Paesi in cui il prodotto è
distribuito; nei Paesi anglosassoni, ad esempio, le braccia sono nascoste e sembrano essere lungo i fianchi,
come a dimostrare un atteggiamento di fierezza; in Italia o in Spagna il soggetto è spesso solo in primo
piano, tagliato sul busto e non è quindi possibile visualizzare la posizione delle braccia. La linea di prodotti si
chiama “Mastro Lindo” solo in Italia e a Malta, ma il suo nome originale è “Mr Clean” ed è utilizzato nei
paesi anglosassoni. In Spagna lo si conosce come “Don Limpio”, in Francia e nel Belgio francofono
“Monsieur/Mr Propre” ed in Germania “Meister Proper”. La scelta del nome viene inevitabilmente
influenzata dalla cultura di destinazione e se un prodotto di utilizzo così preciso avesse avuto lo stesso
nome in tutti i Paesi, probabilmente non avrebbe riscosso lo stesso successo.

Si è quindi scelto innanzitutto di tradurre la parola “Mr”. In Italia, ad esempio, si è tradotto rafforzando
l’idea dell’“esperto” ed ha optato per il termine “Mastro” che va a richiamare appunto una specializzazione,
mentre in altri paesi si è optato per il mantenimento di “Mr”. Si sono poi cercati dei termini che avessero un
significato simile alla parola inglese “clean”, nelle altre lingue quali: “lindo”, “limpio”, “proper”, “propre”.

In questo modo oltre l’immagine che lascia già visualizzare l’idea del pulito, è rafforzata dalla descrizione,
che oltre a dare il nome al prodotto, lo dà alla mascotte riportata sul packaging.

Il terzo esempio riguarda è quello del detergente cremoso lanciato in Francia nel 1965 e conosciuto anche
in Italia con il nome “Cif”, il cui nome in sé non ha alcun significato, ma riveste un ruolo fondamentale
perché permette di contraddistinguere quel prodotto dalla concorrenza. In Gran Bretagna e in Grecia è
conosciuto con il nome “Jif”, in Svizzera si chiama “Vif”, in Germania “Viss”. La scelta di dare nuovi nomi
potrebbe dipendere dal suono o dalle connotazioni che la parola “Cif” può avere in certe lingue; in alcuni
casi potrebbe avere un’accezione negativa che risulterebbe fuorviante e controproducente per il prodotto
stesso. Nel 2001 molti di questi Pasei hanno optato per il ritorno al nome “Cif”, al fine di armonizzare le
scorte di marketing e prodotti in tutto il continente. Nel Regno Unito, in Irlanda ed in Norvegia, però, la
maggior parte della gente continuava a chiamare il prodotto “Jif”. Ciò è avvenuto poiché la marca, dopo
anni, acquisisce una forte connotazione culturale ed il suo valore per i clienti deriva dall’immagine che essa
ha costruito nel tempo.

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