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A CACCIA DI MITI

La prima donna di Adamo


Conferenza tenuta a Gandino (Salone Maconi) Venerdì, 4 maggio 2018

Il termine mito deriva dal lemma greco µύθοσ, che significa parola, discorso,
racconto. Esso, infatti, definisce una narrazione avvolta da un’aura di sacralità
e anche di mistero, con la quale l’uomo cerca di fornire risposte alle grandi
domande di sempre: la vita e la morte, il bene e il male, la condizione del creato
e delle sue creature. In quanto narrazione sacra, il mito è considerato verità di
fede in quasi tutte le civiltà e assume un valore religioso o almeno spirituale.
Questo non implica che il racconto sia vero oppure falso. Le vicende esposte nel
mito ebbero luogo in epoche precedenti l’invenzione della scrittura e pertanto
furono a lungo tramandate oralmente, prima di essere fissate per iscritto.
Ciò premesso, il mito della Prima donna di Adamo, che cercheremo di
analizzare in questa sede, affonda le sue radici nella religione, nella storia,
nella cultura e nelle credenze del popolo ebraico.
Per ovvie ragioni, le fonti utilizzate provengono quasi interamente dai testi
sacri del giudaismo, nonché dai commenti e dagli scritti che gli esegeti hanno
prodotto su di essi. Ove necessario, sonderemo le mitologie delle civiltà
mesopotamiche, con le quali il “popolo eletto” ebbe duraturi contatti,
individuando eventuali derivazioni e rielaborazioni.
***
Quando gli antichi «Saggi di venerata memoria» si addentrarono nel
ginepraio dei primi commenti esegetici al testo sacro, quelli che si occupavano
del libro di Bereshìt (Genesi) [‫ בראשית‬in ebr.] colsero immediatamente un
paradosso, che sollevava un problema di comprensione riguardo alla creazione
della donna. Le Sacre scritture presentano, infatti, due racconti differenti.
Genesi, 1, 27: «Dio Creò l’uomo a sua immagine; A immagine di Dio lo creò.
Maschio e femmina furono contemporaneamente creati» (Bible du Rabbinat, Paris,
1889-1906).
Genesi, 2, 21-23: «L’Eterno Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si
addormentò; prese una delle sue costole, e formò al suo posto un tessuto di
carne. L’Eterno Dio strutturò in una donna la costola che aveva preso all’uomo, e
la presentò all’uomo. E l’uomo disse: “Stavolta questa è membro estratto dalle
mie membra e carne dalla mia carne; sarà chiamata ishàh [‫ אישּה‬in ebr.], perché è
stata tratta da ish [‫ אישּ‬in ebr.]”» (Bible du Rabbinat, Paris, 1889-1906).
Nel primo racconto, redatto intorno al 500 a.C., l’uomo e la donna sono
entrambi creati sotto lo stesso nome di adam(a) [‫]אדמ‬, che in ebraico significa
anche «umanità», «terra», «uomo terreno o terroso o della terra rossa». 
Nel secondo, la donna viene plasmata partendo da una costola estratta dal
corpo dell’uomo. Solo dopo il peccato originale e la cacciata dall’Eden, riceverà
dal proprio compagno il nome di Eva.

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«L’uomo chiamò la sua donna con il nome di “Eva” (Vita) perché è la madre di
tutta l’umanità» (Bibbia interconfessionale, Genesi, 3, 20).
Per gli esperti di linguistica, questo testo è antecedente al primo e
risalirebbe al 900 a.C.
Gli antichi Saggi scelsero quella che sembrava loro la soluzione più semplice
e più ovvia: si trattava di due donne diverse, create in momenti successivi.
Altrimenti, perché, raccontare due distinte creazioni della donna (una al sesto
giorno, insieme all’uomo, e l’altra singolarmente e a posteriori)? Si apriva la
strada alle ipotesi più disparate e alle leggende più fantasiose, che costellano i
vari midrashìm (ebr. ‫)םישרדמ‬, commenti esegetici alla Tanàkh (ebr. ‫)ךנת‬, la
Bibbia ebraica, acronimo formato con le iniziali dei vari testi sacri (Torah
/Pentateuco, Nebi’îm /Profeti, Ketubîm /Scritti).
L’evidente parità tra i due sessi, quale emerge dal primo racconto biblico (Gn
1, 27), imbarazzava non poco i meforshim (in ebr. ‫ םישרפמ‬pl. - ‫ שרפמ‬sing. /
mefaresh), i commentatori / esegeti del testo sacro, perché contraria all’ordine
costituito di una società patriarcale tenacemente maschilista e per certi aspetti
misogina. Un esempio, fra i tanti, lo possiamo trovare nelle tre benedizioni che
da secoli ogni maschio ebreo recita al mattino, al momento del risveglio. La
terza testualmente dice: «Benedetto tu, o Signore Nostro Dio, Re del mondo, che
non mi hai fatto donna», (Talmud di Gerusalemme, Berakhot, 9:11). Spiegando le
maledizioni dell’esser donna, in un Baraitha (‫אתיירב‬, in aramaico), aggiunta al
Talmud, si afferma: «le crescono lunghi capelli ..., siede a bere acqua come le
bestie e serve da cuscino a suo marito» (‘Erubin, 100b). Su questa falsariga si
colloca anche Paolo di Tarso: «L’uomo non deve coprirsi il capo, perché egli è
immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell’uomo» (1COR 11,7).
Con questi presupposti, non c’è da meravigliarsi se i più meticolosi
commentatori siano giunti a ipotizzare nei loro scritti differenze riguardo al
materiale impiegato da Dio nella creazione rispettivamente dell’uomo e della
donna.
«La polvere della terra fu raccolta dal Signore dai quattro venti, i punti
cardinali, di modo che, in qualunque luogo l’uomo vi fosse morto, come una
madre [la terra] lo avrebbe accolto nel suo grembo» (Talmud Babilonese, Sanhedrin, 38ab).
Più sintetico, il Sefer ha-Zohar (Libro dello Splendore), il testo più
importante della speculazione cabalistica attribuito a Moses de Leon (1250-
1305), riferisce: «... la tradizione ci insegna che l’uomo è stato creato dalla terra
su cui è stato costruito il Tempio» (Zohar, I, 34b).
«In principio, il Santo, benedetto egli sia, creò la prima Eva, nel momento in
cui aveva formato Adamo, ma al posto di polvere pura usò sudiciume e
sedimento», (Yalqut Reubeni, Bereshit 34b).
Ma chi è questa donna primordiale, antecedente a Eva e vagamente ventilata
nel primo libro della Genesi, la cui esistenza i commentatori (meforshim) danno
assolutamente per certa? L’abbondante produzione di commenti esegetici
palesa la fertile fantasia degli autori, che si sbizzarriscono nell’esposizione di
numerosi particolari, attingendo a un sostrato paganeggiante di credenze
ancestrali ancora vive nel subconscio del «popolo eletto», anche dopo
l’affermazione del monoteismo, o semplicemente rielaborando e adattando gli
antichi miti delle civiltà mesopotamiche, con le quali gli Ebrei mantennero
duraturi contatti. Tuttavia, il personaggio di cui stiamo trattando per molto

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tempo non ebbe neppure un nome. Alcuni commentatori si limitano a
designarla con una semplice locuzione: la prima Eva.
Solo molto più tardi, il midrash intitolato Alfabeto di Ben Sira, solleverà il
velo di indefinitezza e di mistero, mettendo in piena luce la nostra protagonista.
L’opera datata fra il IX e X secolo della nostra era e erroneamente attribuita a
Yeshua Ben Sira, l’autore del Siracide, dà un nome, una storia e un’immagine
compiuta a questa prima donna di Adamo. Ecco in sintesi il contenuto del
brano che ci interessa.
«Quando il Santo, benedetto egli sia, ebbe creato il primo uomo, l’unico, gli
disse: non è bene che l’uomo sia solo, gli creò una donna dalla terra come lui e la
chiamò Lilith» (in ebr. ‫)לילית‬.
Ma la coppia risultò fin dall’inizio male assortita e, cessata la breve parentesi
dell’estasi amorosa, quando si tocca il cielo col dito e tutto si colora di rosa,
entrò in contrasto proprio sull’elemento principale per cui era stata formata: il
sesso.
Lilith disse: «Io non starò sotto di te»; e Adamo le rispose piccato: «Ed io non
giacerò sotto di te, ma solo sopra. Per te è giusto stare solamente sotto, mentre io
sono fatto per stare sopra». Risentita, la donna obbiettò: «Sotto ci starai tu! Io e
te siamo pari, perché con la terra tutti e due siamo stati plasmati».
La giustificazione addotta da Adamo, che in linguaggio moderno potremmo
brutalmente sintetizzare in «Fa la cuccia, donna! Il tuo posto è sotto», si fonda su
un aforisma del Talmud, noto probabilmente anch’esso al pubblico cui era
indirizzato il racconto.
«Perché [nei rapporti sessuali] la faccia dell’uomo è volta verso il basso, e quella
della donna è volta verso l’alto, cioè verso l’uomo?», la risposta è semplice e
categorica: «Perché quello è il suo posto quando è stato creato e perché quello è il
suo posto quando è stata creata» (Talmud Babilonese, Nidda, 31a).
Il tentativo di Lilith di difendere il suo assunto appellandosi all’eguaglianza
della loro creazione è destinato a fallire di fronte all’argomento di Adamo preso
in prestito dal Talmud, il sacro codice della legge ebraica. Lilith può solo
apparire come una donna «anormale» e «fuori dagli schemi dell’ordine
costituito», che rifiuta caparbiamente di sottomettersi alla Legge.
Riprendiamo il racconto. Come spesso accade all’interno di una coppia, i due
non riuscirono a trovare un punto d’intesa. Intanto il Cielo restava muto, quasi
ad avvalorare la posizione dell’uomo. Quando Lilith si rese conto che non c’era
più nulla da fare, pronunciò con ira e ad alta voce l’ineffabile nome di Dio. Una
bestemmia! La religione ebraica, infatti, vieta in modo assoluto di pronunciare
il vero nome dell’Altissimo. Sull’istante Lilith fu trasformata in demone, le
spuntarono le ali e con esse se ne volò via nel vento, andando a rifugiarsi sulle
rive del Mar Rosso, dove lascivi brulicavano gli spiriti nefasti. Ciò rimanda ad
un’antica credenza ebraica, secondo la quale l’acqua attira i demoni.
Ossessionata da un’insaziabile voracità sessuale, questa prima donna della
creazione non perse tempo e si abbandonò ad una frenetica attività erotica,
accoppiandosi senza tregua con i numerosi demoni incontrati in loco, fino a
formare coppia fissa con Asmodai/Asmodeo [colui che fa perire], detto anche
Samael [castigo di Dio], potente demonio ebraico, spirito della distruzione,
signore della cupidigia, dell’ira, della discordia e della vendetta. In tal modo
generò un’infinita progenie di Jinn, esseri maligni accreditati di notevole

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potenza, quasi sempre in grado di esprimere una devastante e spesso mortale
cattiveria.
Ma torniamo ad Adamo che, ritto in piedi, si lagna con Dio: «O Signore dell’u-
niverso, la donna che mi hai dato, mi ha piantato in asso». Il racconto non
precisa se egli rivolesse indietro Lilith perché follemente innamorato di lei o
perché perdeva l’oggetto dei suoi trastulli o semplicemente perché voleva
riaffermare i propri diritti di maschio dominatore.
Comunque fosse, «Il Santo, benedetto egli sia, mandò subito al suo
inseguimento i tre angeli [Senoy, Sansenoy e Semangelof], con l’ordine di
riportarla indietro; e soggiunse che se la donna avesse accettato di far ritorno,
tutto sarebbe andato bene, altrimenti avrebbe dovuto accettare di veder morire
ogni giorno 100 dei suoi figli. I tre angeli la ritrovarono in mezzo al Mar Rosso,
nelle acque tumultuose dove più tardi gli Egiziani troveranno la morte. Parlarono
con Lilith, ma lei non volle far ritorno, obbiettando: “Come posso tornare da
Adamo e vivere come una moglie onesta dopo questo mio soggiorno al Mar
Rosso?”. Questi passarono alle maniere forti, minacciandola: “Ti affoghiamo nel
mare, se rifiuti”. La donna allora si schermì: “Lasciatemi perché sono stata
creata unicamente per fare del male ai neonati maschi fino all’ottavo giorno di
vita, e fino a 20 giorni dalla nascita se si tratta di bambine”. Intese quelle parole,
essi minacciarono di riportarla indietro con la forza. Lilith allora propose un
accordo, giurando loro, nel nome del Dio vivente e presente: “Ogni volta che vi
vedrò o che vedrò i vostri nomi o le vostre immagini su un amuleto non eserciterò
alcun potere su quel bimbo”».
Gli angeli accettarono la proposta, ma Dio mantenne quanto aveva
minacciato e punì la ribelle facendo morire ogni giorno 100 dei suoi piccini
appena nati. Da prima donna del creato Lilith, meravigliosamente splendida e
voluttuosa, è diventata un demone a tutti gli effetti, con gli attributi e i poteri
propri di tale genia malefica.
«Non è una bella cosa che l’uomo sia solo», pensò Dio, forse presagendo
che Adamo sarebbe andato a sfogare i propri istinti con animali della sua
taglia. L’antica consuetudine della zooerastia pare derivi dalla bestiale pratica
dei pastori del medio Oriente di montare pecore e capre del proprio gregge. Non
infrequente ai tempi biblici, è ritenuta ancora in uso ai nostri giorni, sebbene
nel Pentateuco venga considerata un peccato capitale.
«Chi si accoppia con una bestia dovrà esser messo a morte» (Esodo, 22:18).

Oltre alla leggenda di Ben Sira appena riferita, altre leggende ebraiche più
antiche raccontano gli insuccessi dei primi tentativi messi in opera da Dio per
creare una compagna confacente ad Adamo. Prendendo spunto da un breve
passo del Bereshit Rabbah (17, 7), i due studiosi Patai e Graves così narrano:
«Deluso dal fallimento di dare ad Adamo un aiuto appropriato, Dio fece un
altro esperimento e lasciò che Adamo stesse a guardare mentre realizzava una
forma anatomica di donna. Utilizzò ossa, tessuti, muscoli, sangue e secrezioni
ghiandolari, poi rivestì il tutto con la pelle e aggiunse ciuffi di peli nei posti
appropriati. Quella vista causò tale ribrezzo in Adamo, che anche quando la
nuova donna stette davanti a lui in tutta la sua splendente bellezza, egli avvertì
per lei una ripugnanza irreprimibile. Dio si rese conto di essersi nuovamente
sbagliato, e si portò via la sua creazione. Dove poi l’avesse portata, nessuno lo
seppe mai.

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Dio fece allora un terzo tentativo, ma agì stavolta con più circospezione. Tolta
una costola ad Adamo mentre era immerso nel sonno, plasmò con essa una
donna, poi le intrecciò i capelli e l’adornò come una sposa con ventiquattro
gioielli, prima di risvegliare Adamo. Questi rimase estasiato da tanta bellezza»
(RAPHAEL PATAI-ROBERT GRAVES, I miti ebraici, Milano, 2013, pag. 80).

Evidentemente la donna era un vero grattacapo per Dio, come dimostrano i


reiterati insuccessi nella realizzazione dei vari prototipi. È questo un tema
ricorrente nelle leggende ebraiche relative alla creazione delle «prime Eve». Nel
citato midrash Rabbah, leggiamo di un Dio titubante e preoccupato nell’atto di
imbarcarsi in quest’opera piena di imprevisti.
«Il Santo, benedetto egli sia, rifletté da che cosa partire per creare la donna.
Egli disse: “Non la creerò partendo dalla testa, sarebbe vanagloriosa, né
partendo dall’occhio, sarebbe una spiona, né partendo dall’orecchio, sarebbe
indiscreta, né partendo dalla bocca, sarebbe una chiacchierona, né partendo dal
cuore, sarebbe invidiosa, né partendo dalla mano, sarebbe una ladra, né
partendo dal piede, sarebbe una girellona. La creerò partendo da una parte
dell’uomo (la costola), che è nascosta e resta coperta anche quando egli è
nudo! ... “E tuttavia … Io non l’ho creata a partire dalla testa, però è
vanagloriosa ... Né dall’occhio, però è spiona ... Né dall’orecchio, però è indiscreta
... Né dalla bocca, però è chiacchierona ... Né dal cuore, però è invidiosa ... Né
dalla mano, però è ladra ... Né dal piede, però è girellona” ...» (Bereshit Rabbah, 18, 3).
Dal raffronto fra le varie leggende, riscontriamo che esse insistono nell’affer-
mare l’inferiorità congenita della donna in quanto creatura «mal riuscita»,
piuttosto che sull’immagine di Lilith, «Prima Eva» altera e sovrana, retaggio di
un ipotetico ordine sociale contrassegnato dal primato della donna. La
leggenda di Ben Sira, dopo aver ribadito il fallimento di Dio nella creazione di
una prima compagna «adatta» ad Adamo, sottolinea l’assoggettamento della
donna all’uomo, rimarcato dalla piena sconfitta di Lilith e dalla conseguente
sua demonizzazione. Il desiderio vano di Lilith ad un amplesso «insolito»
sarebbe l’espressione dell’impossibilità di affermare un desiderio sessuale
femminile autonomo nelle culture che assegnano la donna al servizio
dell’uomo.
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Secondo un’etimologia popolare ebraica, Lilith deriverebbe da LAYeLAH (in
ebr. ‫ = ה ָלי ְ ַל‬la notte). Nell’iconografia viene spesso raffigurata come un mostro
notturno, dal quale non traspare alcun tratto della bellezza d’un tempo. Pur
essendo ampiamente presente nella mitologia e nelle credenze del «popolo
eletto», le sue origini vanno cercate molto, molto lontano, nel crogiolo delle
civiltà mesopotamiche.
L’archeologia ha permesso di risalire lungo la genealogia di Lilith fino ai suoi
antenati sumero-accadici. Dapprima compare probabilmente come Ki-sikill-
Lilla-Ke (la vergine del vento) su tavolette sumere provenienti da Ur e risalenti a
circa 2300 anni a.C., dove si narra la famosa epopea di Gilgamesh.
Nelle liturgie sumeriche più tarde il suo nome diventerà «Līlītu», da «lil» (=
vento, respiro, spirito).
In origine, Lilith/Lilitu non presenta i caratteri di demone succube che
assumerà nella mitologia e nel folclore babilonesi prima ed ebraici poi:
partecipa ai misteri della Grande Inanna (= Signora del Cielo), dea della
fecondità, della bellezza e dell’amore, inteso come relazione erotica e sacra. In
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un testo coevo di grammatica sumera Lilitu appare come una vergine che la
serve come dama di compagnia col titolo di «Mano d’Inanna»:
«Inviata da Inanna, una bella e licenziosa giovane adescatrice seduce gli
uomini nelle strade e nei campi». Praticamente guidava gli uomini dai campi al
tempio di Erech (Uruk), per compiere rituali sacri a sfondo sessuale. Ci
troviamo nell’ambito della «prostituzione sacra», istituzione molto diffusa
nell’antichi-tà e, in particolare, in area mesopotamica e nel bacino del
mediterraneo. Il servizio era svolto dalle «ierodule», schiave addestrate e
consacrate al sesso, che praticavano nei templi dedicati alla dea della fecondità
e dell’amore (Inanna, Ishtar, Afrodite e altre divinità consimili, a seconda dei
luoghi). Narra lo storico greco Erodoto (Le Storie, 1, 199) che a Babilonia un’antica
usanza costringeva tutte le donne, almeno una volta nella vita, a fare sesso
all’interno del tempio della dea dell’amore con uno sconosciuto fedele, che
passando gettava delle monete in grembo alla prescelta, invitandola così a
disporsi al sacro coito. In nessun caso la donna poteva rifiutarsi, perché ciò
avrebbe costituito un grave peccato.
A questi riti erano costrette anche le giovani ebree al tempo della «cattività
babilonese» (VII-VI sec. a.C.), ma non risulta che ne fossero dispiaciute più di
tanto, se dopo il ritorno in patria i sacri amplessi vennero a lungo mantenuti.
Non per nulla i profeti levarono più volte la loro voce contro le donne d’Israele
accusandole di abbandonarsi a turpi usi pagani. A quanto pare, almeno
all’inizio, tutto ciò avveniva con il tacito consenso della classe sacerdotale,
finché la prassi di dedicare a Dio i proventi di quel lubrico commercio venne
severamente proibita.
«Nessun Israelita, uomo o donna, deve darsi alla prostituzione sacra. Il
denaro guadagnato in questo modo non devono portarlo al tempio del Signore,
vostro Dio, per adempiere un voto. Quel che fanno è in realtà una vergogna per il
Signore». (Deuteronomio, XXIII, 18).
Nella demonologia di Akkad, la città che ospitò per parecchi millenni prima
di Cristo la prima civiltà mesopotamica, le Lils designavano in modo generico le
grandi forze ostili della natura. Queste forze del male, personificate da demoni
o spiriti nefasti, si sono progressivamente differenziate in demoni maschi e in
demoni femmine.
Il passaggio alla demonizzazione sembra sia avvenuto quando la dea sumera
Inanna fu sostituita dalla dea Ishtar, il suo equivalente semitico tra gli Accadi, i
Babilonesi e gli Assiri.
Lilitu, l’antenata di Lilith nel panteon ebraico, diventerà allora parte di una
triade demoniaca composta da:
 Lilu, l’incube (demone di sesso maschile), chiamato Lila in sumero e Lillal
in assiro.
 Lilitu, la succube (demone femmina), chiamata Kil-lillal in assiro.
 Ardat-Lili (altro demone femmina), che significa «schiava, o meglio
concubina, di Lilu».
Il demone Lilitu era la schiava di Ishtar e la protettrice delle prostitute sacre
del suo tempio. Ma era anche «colei che non ha marito», vergine insoddisfatta
alla ricerca di un maschio da sedurre o di un bambino da rapire. Era,
insomma, una potenza delle tenebre.
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Che ne è stato di Lilith che, dopo aver abbandonato, sbattendo la porta, il
giardino dell’Eden, si è data a un’esistenza errabonda da demone votato alla
lussuria e al male? Nel suo cuore covava un rancore inestinguibile contro
Adamo e la sua nuova compagna, alla cui creazione aveva assistito di
soppiatto.
A questo proposito, lo Zohar così racconta:
«Adamo dunque era disteso a terra, corpo senz’anima, di un pallore
verdastro ... Successivamente il Santo, benedetto egli sia, divise Adamo in due
parti, e creò la donna. E la portò ad Adamo maschio nella sua perfezione come
sposa. Quando Lilith vide questo, fuggì via. E se ne andò nelle città del mare, e
cerca sempre di nuocere ai bambini del mondo» (Zohar 3,19).
Ma c’è ben altro! Lilith aveva rifiutato di servire Adamo come Dio l’aveva
destinata. Ma rifiutando di piegarsi a ciò che era percepito come «l’ordine
naturale» del mondo, Lilith aveva introdotto il disordine e il sovvertimento nella
creazione, il che avrebbe anche causato la sua destituzione a vantaggio di
un’Eva più sottomessa. Quest’ultima è il suo esatto opposto. L’Eva descritta
nella Bibbia è tutto quello che, in un’ottica maschilista, c’è di più desiderabile
in una donna: passiva, non scontrosa, remissiva e discreta. Nella nostra
tradizione familiare, sociale e morale rappresenta la moglie ideale. Relegata in
secondo piano, se esiste, è solo per «aiutare» Adamo. L’uomo sarebbe dunque
l’orgoglio di Dio, il suo capolavoro, mentre la donna solo un surrogato, una
copia sbiadita. Col pensiero rivolto a Lilith, ci viene spontanea una domanda:
«Eva è la prima donna della creazione o invece la copia migliorata – o piuttosto
addomesticata – di un’altra donna scartata perché non idonea al suo ruolo?».
Lilith era pienamente cosciente di questo e non vedeva l’ora di prendersi la
rivincita, contando sul fatto che la compagna di Adamo era un’ingenua
bambolona, una specie di Barbie ante litteram, buona da letto e da
riproduttrice. Non ci voleva molto a raggirarla.
Il Trattato dell’Emanazione Sinistra, opera apocrifa del XIII secolo
attribuita al rabbino Isaac ben Jacob ha-Kohen, racconta come Lilith ingannò
Eva nel Paradiso Terrestre. Assunta la forma di serpente, la indusse ad
assaporare il frutto proibito dell’albero della conoscenza del bene e del male.
Questo testo ispirerà Michelangelo che, nel 1509, inserirà Lilith nel suo
affresco La tentazione di Adamo ed Eva, dipinto sulla volta della cappella
Sistina.
Lo stesso evento viene riportato anche dall’Emeq ha-Melekh (Valle del Re,
Amsterdam, 1648), discusso trattato cabalistico scritto da Naftali Hertz ben
Yaakov Elchanan (noto anche col soprannome di Bacharach):
«E il Serpente, la Donna della Prostituzione [Lilith], incitò e sedusse Eva nel
suo involucro di Luce, che è in sé indice di santità. E il Serpente sedusse Santa
Eva, e ciò basta per chi sa intendere» (Bacharach, Emeq ha-Melekh, 23c-d). Si congiunge,
quindi, a lei carnalmente, per quanto sia inverosimile che ciò possa avvenire in
un rapporto lesbico, perché Lilith è pur sempre una donna. Eppure il testo fa
esplicita menzione del seme che il serpente avrebbe eiaculato in Eva, ancora
vergine, e lo dichiara causa delle mestruazioni avute da essa.
Questa è una delle poche volte che in un testo Lilith ricopre il ruolo del
Serpente. Nell’immaginario collettivo giudaico «la forma ideale del diavolo è il
serpente» (Zohar 1, 35b).
Viene poi il turno di Adamo che, preso da ardente passione, si accoppia per
la prima volta con la propria donna, «quand’essa era nella sua impurità
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mestruale» (Bacharach, Emeq ha-Melekh, 23c-d), violando così i divieti in proposito.
Secondo la Bibbia, infatti, Quando una donna ha le mestruazioni, ed esce
sangue dal suo corpo, è impura per una settimana. Chi la tocca resta impuro
fino a sera (Levitico 15,19). Non dovete avere relazioni con una donna quando ha le
mestruazioni, perché essa è impura. (Levitico 18,19; Ezechiele 18,6; 22,10). Se un uomo si
unisce con una donna che ha le mestruazioni, saranno tutti e due esclusi dal
popolo d'Israele perché, di comune accordo, hanno scoperto la fonte del proprio
sangue. (Levitico 20,18).
Secondo un altro racconto, più plausibile, presente nella tradizione ebraica,
è Lilith che spinge il suo compagno Samael ad assumere l’aspetto di serpente e
a corrompere Eva, possedendola carnalmente.
«Quando Samael conviveva con Eva, le trasmise il suo seme corrotto, del quale
rimase incinta; fu allora che partorì Caino, il cui volto non era come quello degli
altri uomini» (Zohar 1, 37).
Su questa falsariga sta scritto nel Targum di Gerusalemme o dello Pseudo
Gionata: «Adamo conobbe Eva, sua moglie, che era incinta di Samael, l’angelo
[caduto] di Jahvè» (Targum di Gerusalemme, cap. 4).
Come risulta con evidenza, il mito di Lilith è tutto fuorché univoco. Perfino
nell’ambito delle stesse fonti essa viene identificata con figure diverse.
Comunque, in entrambi i casi, dall’unione con queste creature demoniache
nasce il primo essere umano ombelicato: Caino, che commette il primo
omicidio della storia, uccidendo in modo atroce ed efferato Abele, suo fratello.
«“Caino litigò con Abele suo fratello mentre erano nei campi” (Gen. 4,8) […] Ed i
seguito a ciò sorse Caino contro Abele suo fratello e lo uccise”. [...] Rabbi Ajbû
disse: “Quale potrebbe essere il motivo del loro litigio?”. Rabbi Hunah disse:
“Una gemella in più era nata con Abele. Caino disse: La prendo io, che sono il
primogenito. Abele disse: La prendo io perché è nata con me”» (Bereshit Rabba 22,7).
Così, Lilith, è quattro volte vendicata: attraverso l’uomo tradito (Adamo),
attraverso la madre beffata e ingannata (Eva), attraverso il figlio pervertito
divenuto assassino (Caino) ed infine attraverso l’altro figlio ucciso (Abele). Ben
oltre la vendetta, Lilith può godere del male per il male.
Dopo questa tragedia primordiale, «Adamo, il primo uomo, [che] era molto pio
pensava di essere la causa dell’ingresso della morte nel mondo. Così se ne stette
inattivo e a digiuno per 130 anni, e si separò anche da sua moglie [sempre] per
130 anni”» (Talmud di Babilonia, ‘Erubin, 18b).
Non sembra però che in tutto questo tempo abbia vissuto in assoluta castità.
Anzi: «Quando Adamo restò separato per centotrenta anni da Eva, dormì da solo,
e la prima Eva ─ cioè Lilith ─ lo trovò, e rimase incantata dalla sua bellezza, si
sdraiò accanto a lui, e generò demoni, spiriti e folletti a migliaia e a miriadi, ed
essi li ferirono e uccisero sul colpo, finché apparve Methushelah, che supplicò la
misericordia di Dio» (Cronache di Jerahmeel, cap. 23).
La stessa vertigine dei sensi si legge anche altrove.
«Per la malvagità di Lilith, quand’ella vide l’enormità della corruzione di
Adamo, venne da lui contro la sua volontà, lo eccitò e gli diede numerosi demoni
e spiriti e Lilin» (Bacharach, Emeq ha-Melekh, 23c-d). Questi Lilin, o Lilim, sono creature
del folclore ebraico e della tradizione cabalistica, generate appunto da Lilith nel
corso dei suoi insaziabili accoppiamenti con gli umani. In genere vengono
raffigurati come demoni e spiriti immondi. Antiche credenze ebraiche
consideravano tali i bambini concepiti da unioni legalizzate in modo contrario

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alle norme, e principalmente quelli nati al di fuori del matrimonio. Concepire
un figlio senza rispettare i precetti talmudici, consentiva a Lilith di penetrare
nel grembo della madre e prendere potere sul feto.
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Non è raro trovare nei testi il binomio Lilith e Naamah, altra creatura
demoniaca appartenente alla cerchia di Samael. Lo Zohar la presenta come
uno dei quattro angeli della prostituzione sacra. Succube come Lilith, gode
anch’essa di una straordinaria bellezza. Si insinua nei sogni degli uomini, li
strega e porta via i loro bambini.
«A volte succede che Naamah esca nel mondo per eccitarsi con gli uomini. Può
accadere che qualcuno si trovi a desiderarla, e poi si svegli dal sonno, si unisca a
sua moglie e giaccia con lei, mentre la sua volontà è in quel desiderio che ha
avuto in sogno: allora il figlio che genera proviene da Naamah» (Zohar, 3:77a).
Insieme i due demoni hanno tormentato Adamo, dopo la sua separazione da
Eva. Il primo scritto che riporta questo racconto è il Midrash Abkir, redatto
nel X secolo. Esso viene riportato anche nello Zohar.
«Dopo che Caino ebbe ucciso Abele, Adamo non voleva più unirsi a sua moglie.
[...] Egli disse: Perché dovrei generare figli per essere sterminati? Subito smise di
avere rapporti con la moglie, ma due spiriti femminili [Lilith e Naamah] solevano
giungere, copulare con lui e generare. Quelli che furono generati sono degli spiriti
maligni, che affliggono il mondo e sono i flagelli dell’umanità: vagano tra la gente
e prendono dimora sulla porta di casa, nei pozzi e nelle latrine» (Zohar, 3:76b).
***
Il cabalista Joseph Angelino, nel Sefer Livnat ha-Sapir - Libro della
limpidezza dello Zaffiro (1310-1330), ritiene che sotto le sembianze della regina
di Saba, Balqis (in lingua araba) e Makedà (l’impetuosa, in lingua etiope), si celi
Lilith, con la quale presenta notevoli similitudini. Infatti, Balqis aveva
reputazione di strega demoniaca e divorava anch’essa i bambini. Il saggio re
Salomone fu completamente irretito dal fascino erotico emanato della regina di
Saba; eppure il suo letto era sovraffollato, se è vero che ebbe 700 mogli e 300
concubine.
Si racconta anche che quando il re Salomone era ebbro di vino, invitava gli
animali selvaggi, gli uccelli, i rettili, come pure gli spiriti del male e Lilith a
danzare per lui. Avendo autorità sui demoni, poteva così resistere alla regina di
Saba, di cui Lilith aveva assunto l’aspetto. Il Targum di Giobbe (1:15) ci
informa che il nome «Saba» si traduce con «Lilith, la regina degli Zamargad».
Questo documento, redatto in aramaico, fa parte delle migliaia di frammenti
ritrovati a Qumran, che costituiscono i Manoscritti del Mar Morto. Il Targum di
Giobbe fu scoperto da Beduini nel 1956 nella grotta numero 11. Datato al I
secolo della nostra era, è a tutt’oggi il più antico targum che si conosca.
È noto l’episodio del Giudizio di Salomone narrato nella Bibbia:
«16In quel tempo [...] si presentarono davanti al re due donne di malaffare. 17E
una di loro disse: «Ascoltami, Signore! Io e questa donna abitiamo nella stessa
casa; io ho dato alla luce un figlio mentre stavo con lei. 18Tre giorni dopo, anche
questa donna ha partorito. Noi viviamo insieme e nessun estraneo abita con noi
[...]. 19Durante la notte, il figlio di questa donna è morto, perché lei gli si era
coricata sopra. 20Ma nel cuore della notte si è alzata, ha sottratto a me mio figlio,

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mentre dormivo, se lo è messo al seno, e suo figlio morto lo ha deposto fra le mie
braccia. 21Al mattino, mentre mi accingevo ad allattare mio figlio, toh, era morto!
Quando fu giorno fatto, l’ho osservato bene, e quello non era il figlio che avevo
dato alla luce». «Non è così!», disse l’altra donna, «mio figlio è vivo, è il tuo che è
morto!». 22«Niente affatto», riprese la prima, «È il tuo che è morto, quello vivo è il
mio!». [...] 24 A questo punto Salomone chiese una spada e, quando gli fu
portata, ordinò alle guardie: «Tagliate in due il bambino vivo e datene metà
all’una e metà all’altra di queste donne». 26La madre del bambino vivo, le cui
viscere si erano mosse a pietà per suo figlio, gridò rivolta al re: «Pietà, Signore!
Date a lei il bimbo vivo; non fatelo morire!». Ma l’altra diceva: «Non sia né mio né
tuo: tagliate!». 27Ripresa la parola, il re disse: «Date alla prima il bimbo vivo [...]. È
quella sua madre» (1Re 3:16-27).
Alcune fonti hanno visto Lilith nella madre del bimbo morto e Naamah in
quella del bimbo vivo. È quanto, ad esempio, sostiene Shlomo bem Aderet
(1235-1310), rabbino spagnolo, meglio conosciuto sotto il nome di Rashba, in
una sua opera dal titolo Hiddushei Ha-Rashba, un commentario del Talmud.
***
Dalle fonti citate, appare sorprendentemente pervasiva e persistente durante
i secoli la popolarità di Lilith nel mondo giudaico, tanto più se si considera che
tali fonti costituiscono solo una minima parte di quanto è stato scritto o
tramandato su questa emblematica figura fin dalla notte dei tempi. Senza
contare la forte presenza nell’immaginario collettivo e nelle credenze di tutto un
popolo. Ciò nonostante la Bibbia lascia uno spazio marginale a Lilith. Assente
dal libro della Genesi, viene citata solo nel Libro di Isaia, in un contesto
particolarmente sinistro, al tempo della caduta del regno di Edom: sullo sfondo
un deserto di pece, fra rovi, ortiche e cardi.
«Le bestie del deserto vi incontreranno i cani selvatici, le capre selvatiche vi
chiameranno le compagne; là Lilit farà la sua abitazione, e vi troverà il suo luogo
di riposo» (Isaia 34:14 - Bibbia interconfessionale TILC).
Il termine si trova in varie versioni della Bibbia, ma le traduzioni non
concordano fra loro. Mentre certe versioni nominano espressamente Lilith (o
Lilit), altre traducono lo stesso nome con spettro della notte, onocentauro, gufo,
barbagianni o civetta. In ogni caso si designa un «essere notturno», prova
evidente della volontà di far passare Lilith per una dea legata al lato oscuro.
Peraltro, la figura del demone di mezzogiorno evocata nel Salmo XCI, 5 a
volte è identificato con lei, a volte è un altro demone dello stesso passo al quale
viene dato il suo nome:
«Non temerai né Lilith, né la freccia che vola di giorno, né Deber, la peste che
cammina nelle tenebre, né Keteb, il flagello che devasta a Mezzogiorno».
***
Si ha l’impressione che i masoreti, gli studiosi ebraici che tra il VII e l’XI
secolo d.C. sistematizzarono il testo della Tanakh (Bibbia), procedendo alla
meticolosa soppressione di quanto giudicavano errori, deformazioni e aggiunte
dei copisti, si siano accaniti nell’espungere ogni riferimento a Lilith, anche a
costo di creare incongruenze e ambiguità. Cacciata dal testo sacro, la «prima
donna» della creazione ebbe in compenso ampio e duraturo spazio nel folclore,
nelle credenze e nelle superstizioni del «popolo eletto».

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Indipendentemente dagli esegeti, Lilith è sempre descritta o percepita come
una donna padrona, che ha un forte ascendente su Adamo e un appetito
sessuale insaziabile. Essa viene da tempi in cui il posto della donna era molto
diverso, quando la donna veniva venerata per la sua capacità di dare la vita.
Ma anche da un tempo in cui il potere dell’uomo non aveva ancora oppresso la
libertà della sua eguale, la donna. Lilith occupa un posizione centrale nel
panteon di creature malefiche della demonologia ebraica. È spesso
rappresentata sotto l’aspetto di una sulfurea divoratrice di uomini, come
tentatrice dalla sessualità sfrenata, divoratrice di neonati, castratrice … Essa si
avvinghia agli uomini nel sonno provocando loro polluzioni notturne, che sono
poi i semi della sua progenie ibrida …
«Lilith [...] si riscalda fornicando con gli uomini, mediante emissioni spontanee.
Lilith ha il dominio sui bambini generati da un uomo che ha avuto rapporti al
lume di candela, o con la propria moglie nuda, o in un momento in cui è vietato
avere rapporti. Tutti i bambini generati da questi rapporti, Lilith può ucciderli
quando lo desidera, perché le sono posti nelle sue mani. E questo è il segreto dei
bambini che ridono nel sonno quando sono ancora piccoli: è Lilith che gioca con
loro. Ho sentito dire che quando un bambino piccolo ride nella notte di sabato o
in una notte di luna nuova, è a causa di Lilith che gioca con lui, ed è bene che il
suo papà o la sua mamma o chiunque lo veda ridere gli dia col dito un buffetto
sul naso e dica “Vattene, tu impura, perché qui non è il tuo posto”. E per il fatto
che le è concesso di uccidere questi bambini, le loro anime sono chiamate Anime
Tormentate» (BACHARACH, Emeq haMelekh, 84b-d).
Lilith, poi, «[...] è sempre vicina al letto dell’uomo e della donna mentre si
accoppiano, per catturare spruzzi e gocce del seme che si lasciano sfuggire,
perché non può operare senza questo, e con esso genera demoni e spiriti e Lilim.
Ma c’è un incantesimo per allontanare Lilith dal letto e rafforzare le anime sante,
che è menzionato nel santo Zohar» (BACHARACH, Emeq haMelekh, 19c).
Nel 1717 Johann Jacob Schudt scrive: «Gli ebrei di Francoforte credono
fermamente che quando lo sperma sfugge a un uomo, andrà a formare degli
spiriti malvagi con l’ausilio di [...] Lilith, ma moriranno a loro tempo. Il seme che si
sparge per terra con la masturbazione, feconda Lilith e gli genera dei figli».
Ma c’è ben altro. «L’uomo che si guarda spesso allo specchio risveglia lo spirito
menzionato, che gli conduce “Lilith”, la madre dei demoni. Siccome il fatto di
guardarsi allo specchio ha come movente l’orgoglio, “Lilith”, che ama gli
orgogliosi, esige da questo uomo che abbia con lei rapporti sessuali durante il
sonno, o lo uccide» (Zohar, I, 267b).
Rabbi Eliezer dice: “Ci viene insegnato che un uomo non deve uscire da solo
durante la notte, specialmente quando c’è la luna nuova e senza lume. Perché in
quel momento lo spirito immondo, che è la stessa cosa che lo spirito maligno, è
senza freni”» (Zohar, I, 169b). Inoltre, «Non bisogna dormire da soli in casa, e chi
dorme da solo in casa, Lilith lo cattura» (Talmud di Babilonia, Shabat, 151b).
Lilith è costantemente in agguato, pronta a ghermire le prede prescelte:
neonati, gestanti, puerpere, uomini e giovani in età fertile, persino le coppie
nella loro intimità. La sua presenza oscura e incombente permea e ossessiona
l’im- maginario collettivo del popolo ebraico, e contagia anche le masse del
mondo cristiano medievale. Contro questo demone notturno e malvagio, che
concentra in sé la morte, occorre mettere in atto efficaci meccanismi di difesa,

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che vengono effettivamente approntati fin dai tempi più antichi sotto forma di
talismani e formule d’incantesimo.
Agli inizi del XX secolo sono state rinvenute in vari siti archeologici dell’Iran
e dell’Iraq numerose coppe magiche con inscrizioni in aramaico. Alcune recano
varie formule contro Lilith. Su una Lilith viene raffigurata nuda, con i capelli
lunghi e sparsi, con le parti genitali, petto e sesso, molto marcate e con le
caviglie serrate nei ceppi. I ferri che la incatenano sono evocati nella formula
d’in-cantesimo che scongiura Lilith di abbandonare la casa di un certo Zakoy:
«Legata è la strega Lilith, con anelli di ferro nel naso, legata è la strega Lilith
con tenaglie di ferro nella bocca, legata è la strega che infesta la casa di Zakoy
con una catena al collo, legata è la strega Lilith con manette di ferro ai polsi,
legata è la strega Lilith con blocchi di pietra attaccati alle caviglie».
Nella tradizione popolare ebraica si trovano speciali amuleti, dapprima
metallici e, più tardi, nel Medioevo, anche cartacei, che si ritiene abbiano il
potere di tenere lontana Lilith. Vengono allacciati con una cordicella attorno al
collo dei neonati di sesso maschile fino alla circoncisione (otto giorni dopo la
nascita). Per le femmine, invece, il periodo è di venti giorni. Uno di questi
amuleti è raffigurato in Sefer Raziel HaMalakh ─ Libro di Raziel l’Angelo (
‫ ספר רזיאל המלאך‬in ebr.). Sulla prima riga compare la formula apotropaica «Adamo
(‫ )אדם‬ed Eva (‫)חוה‬, fuori (‫ )חוץ‬Lilith! (‫ ;»)לילית‬la seconda linea a destra riporta i nomi
dei tre angeli «Senoi (‫)סנה‬, Sansenoi (‫ )סינסני‬e Semangelof (‫ ;»)סמנגלוף‬la riga inferiore
è composta da abbreviazioni di parole tratte dalle Scritture.
Su un altro amuleto possiamo leggere la stessa frase: Adamo sull’angolo
superiore destro ed Eva sull’angolo superiore sinistro, e al di sotto: «Hutz Lilith
hawa rishonah» (fuori, Lilith prima donna). Seguono i nomi dei tre angeli che
hanno il compito di cacciare Lilith.
Anche per gli sposi che vogliono copulare in santa pace, senza essere
molestati da Lilith, esiste uno specifico rituale.
«Il rimedio per questo pericolo è che l’uomo, nel momento in cui si unisce con
sua moglie, diriga il suo cuore alla santità del proprio e dica così:
“L’avvolta nel lenzuolo si presenta. Lascia, lascia, non entrare e non
uscire! Non è tuo e non è la tua parte assegnata! Vattene, vattene, il
mare è agitato, le sue onde ti chiamano! Mi aggrappo alla parte santa,
mi avvolgo nella santità del Re!
E copra la sua testa e quella di sua moglie per un’ora, e così per tre giorni
dall’assorbimento del seme, perché ogni innesto che non attecchisce entro tre
giorni non attecchisce più.
Nel Libro che Asmodeo consegnò al re Salomone [...] si afferma che dopo aver
terminato l’opera, va versata acqua limpida intorno al letto, a protezione di tutto.
La donna che allatta il proprio bimbo non si unisca al marito, se non quando il
bambino dorme, e dopo non lo allatti per un’ora. [...] In questo modo non avrà mai
da temere da [Lilith]» (Zohar, III, 19a).
C’è infine una tradizione ebraica secondo la quale si aspetta prima di tagliare
i capelli ad un ragazzo per ingannare Lilith, facendole credere che sia in realtà
una ragazza, così che la sua vita viene risparmiata.
* * *
Ma in fondo chi è, chi è stata, cosa rappresenta Lilith?
Innanzitutto, il mito di Lilith risale ai tempi remoti del passaggio, avvenuto
circa 6000-8000 anni fa, da una società di tipo matrifocale ad una società

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patriarcale. Nel primo caso la figura della donna era centrale nella vita della
comunità e in seno alla famiglia veniva assegnata alla madre una funzione di
preminenza; nel secondo caso la donna perse il suo ruolo e il suo valore, messa
sotto i piedi dal predominio maschile. In questo nuovo ordinamento non c’era
più posto neanche per le divinità femminili, che furono rinnegate demonizzate.
Anche Lilith subisce lo stesso destino. Questo perché in primo luogo
rappresenta la parte rimossa (e quindi buia e nascosta) di ogni donna: quella
parte intuitiva, istintiva e selvaggia, seducente e colma di energia,
imprevedibile e ingovernabile dall’uomo, ma non per questo cattiva, tutt’altro.
Ma all’uomo una simile creatura fa paura e, invece di integrarla in sé e nella
propria cultura, stupidamente la combatte e la respinge nell’«inferno».
Al di là dell’immagine misogina abituale, troviamo di fatto in Lilith una
donna libera, indipendente, che rifiuta l’ordine stabilito dagli uomini e da Dio,
che mette a nudo le nostre pulsioni più nascoste. È colei che ha osato
rovesciare l’ordine delle cose, respingendo ogni morale imposta con una libertà
alimentata dalla sua condizione di donna non madre, senza responsabilità
familiare che possa danneggiarla. E l’episodio della disputa coniugale riguardo
al posto da prendere nel fare l’amore è un fatto ben più significativo di quanto
appaia.
Libera, non esita ad incorrere nella collera di Dio col suo rifiuto di
sottomettersi, ma scopriremo anche che è fedele ai suoi impegni nell’episodio
dei tre angeli mandati a cercarla, quando si impegna a risparmiare i bambini
che saranno posti sotto la loro protezione. Ma per mantenere il suo libero
arbitrio, accetta anche il sacrificio quotidiano di 100 dei propri figli.
In questo ruolo di donna anti-materna, fa paura agli uomini che tuttavia in
segreto la desiderano. Lilith è stata respinta, negata, demonizzata allo scopo di
esorcizzare questa attrazione-repulsione che l’uomo prova nei suoi confronti. È
stata persino associata alla Luna Nera, l’anti-Luna per farle ricoprire il ruolo
della donna da esiliare, da distruggere, e ritroveremo questa negazione della
femminilità libera fin nei roghi che consumeranno le streghe in Europa e nelle
Americhe nei secoli XVI e XVII.
Ma Lilith resta il modello della donna integrale, reintegrata al proprio posto
di eguale all’uomo, ed è forse per questo che, oggi, numerose associazioni
femministe si sono appropriate del suo nome come simbolo della loro battaglia.

Filone di Alessandria, De Cherubim 59-60, «... in senso allegorico, l’uomo


rappresenta l’intelletto e la donna il potere dei sensi; e quello vale il doppio di questo».

L’ambivalenza di fondo e costitutiva del personaggio della donna attesa, esprimeva una forma
di terrore di fronte alla minaccia egualitaria implicita nel racconto della creazione. Perché su
cosa fondare le pretese di un sesso di dominare l’altro, se l’uno e l’altro sono frutto della stessa
modellazione iniziale?

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Nello Zohar sta scritto: “1 L’uomo è obbligato alla riproduzione, non la donna...”,
“l’uomo obbliga la donna a non uscire, perché ogni donna che esce alla fine cade “.

BARASCHIT BARÀ AELOHIM, ETH HA-SHAMAIM W’AET-HA-ARETZ

‫ץראה תאו םימשה תא םיהלא ארב תישארב‬

Giovanni
Demin
(1789-1859)
Titolo Salomone e la regina di Saba

Data 19 ° secolo

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