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Riassunto la religione entro i limiti della sola ragione

Storia delle religioni (Università degli Studi di Bergamo)

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LA RELIGIONE ENTRO I LIMITI DELLA SEMPLICE RAGIONE


Il male radicale nella natura umana
Secondo alcuni il mondo procede dal bene verso il male (ipotesi della decadenza) ma secondo altri il
movimento sarebbe opposto, cioè dal male verso il bene. Da qui la questione: l’uomo é cattivo o buono per
natura? E se fosse tutte e due le cose? Cioè in parte buono e in parte cattivo?
Un uomo si dice cattivo non solo quando compie azioni cattive ma quando queste azioni sono ispirate da
massime cattive presenti dentro di lui; queste massime non si possono osservare direttamente, per dire
cattivo un uomo bisogna risalire “a priori”
1. Da alcune azioni cattive, compiute coscientemente, ad una massima cattiva posta a loro
fondamento
2. E poi, da questa massima ad un principio generale che si trova nel soggetto.
Affermare che l’uomo è buono o che è cattivo per natura significa credere che l’uomo porti in sé un
fondamento primo che gli fa adottare massime buone o massime cattive. Questo carattere è innato ma la
colpa (o il merito) non è della natura ma dell’uomo stesso che ne è l’autore.
Non si può dire che l’uomo sia buono per alcuni aspetti e cattivo per altri perché in questo caso egli
adotterebbe in alcuni casi la legge morale che comanda l’osservanza del dovere e in altri casi non
l’adotterebbe, ma questo è un controsenso perché la legge morale è unica e universale.

L’originaria disposizione al bene nella natura umana


Questa disposizione può essere analizzata secondo tre classi:
1. Disposizione dell’uomo all’animalità in quanto essere vivente, cioè amore di sé fisico e meccanico
(conservazione di se stessi, continuazione della specie, stare in comunità con altri uomini). Su
questa disposizione possono essere impiantati vizi della rozzezza umana o vizi bestiali:
intemperanza, lussuria, disprezzo selvaggio della legge.
2. Disposizione dell’uomo all’umanità in quanto essere vivente e razionale, cioè amore fisico e
comparativo (felici o infelici solo in confronto agli altri). Su questa inclinazione possono innestarsi i
vizi satanici: invidia, ingratitudine, gioia per le disgrazie altrui.
3. Disposizione dell’uomo alla propria personalità in quanto essere vivente razionale suscettibile di
imputazione, cioè la capacità di provare per la legge morale un rispetto che sia un movente
sufficiente dell’arbitrio.

La tendenza al male nella natura umana


La tendenza al male morale è possibile solo come determinazione del libero arbitrio, e consiste nella
deviazione delle massime dalla legge morale.
La capacità o incapacità dell’arbitrio ad accogliere naturalmente nella sua massima la legge morale, viene
chiamata buon cuore o cattivo cuore.
Nella tendenza al male si possono distinguere 3 gradi:
1. Fragilità della natura umana, debolezza del cuore umano a mettere in atto le massime adottate a
livello generale
2. Impurità della natura umana, tendenza a mescolare moventi morali con moventi immorali: la
massima non ha accolto in sé la legge morale come unico movente sufficiente ma ha bisogno di
altri moventi per determinare l’arbitrio (le azioni non sono compiute puramente per dovere)
3. Malvagità della natura umana, tendenza all’adozione di massime cattive, tendenza dell’arbitrio a
sottomettere il movente della legge morale ad altri moventi.

Differenza tra
A. Uomo di buoni costumi: obbedisce alla lettera alla legge, le sue azioni raramente hanno come
movente unico la legge
B. Uomo moralmente buono: obbedisce allo spirito della legge, le sue azioni hanno sempre come
unico movente la legge.

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Ogni tendenza è
Fisica: appartenente all’arbitrio dell’uomo in quanto essere naturale
Morale: appartenente all’arbitrio dell’uomo in quanto essere morale
Con il concetto di tendenza si intende un motivo soggettivo che determina l’arbitrio anteriormente ad ogni
atto.

L’uomo è cattivo per natura


Cioè l’uomo è consapevole della legge morale e tuttavia ha voluto allontanarsi da essa.
Il carattere di questa tendenza deve essere riconosciuto a priori, come proveniente dal concetto di male, in
quanto questo male è possibile secondo le leggi della libertà. Se nessun altro movente lo spingesse in senso
contrario, l’uomo assumerebbe la legge morale come massima suprema. Ma egli, in virtù della disposizione
naturale dipende anche da moventi della sensibilità e li accoglie anche nella sua massima.
La differenza tra uomo buono e uomo cattivo sta nella subordinazione dei moventi (legge morale e impulsi
sensibili): quale dei due è condizione dell’altro.

L’origine del male nella natura umana


a) Origine razionale l’esistere dell’effetto derivato dalla sua causa prima. Quando si riserva l’origine
razionale di una cattiva azione questa va considerata come se l’uomo l’avesse commessa a partire
da uno stato di innocenza. Infatti l’azione è libera e deve essere giudicata come un uso primario del
libero arbitrio.
b) Origine temporale l’accadere dell’effetto che in quanto evento va riferito alla causa nel tempo. Per
esempio il peccato di Adamo: condizione di innocenza anteriore quindi peccato originale mentre
per noi c’è già una malvagità innata nella nostra natura.
Non vi è dunque alcun fondamento comprensibile da cui per la prima volta il male morale possa essere
venuto in noi. L’uomo è anche un essere ancora capace di migliorare in contrasto con uno spirito tentatore,
così viene lasciata la speranza di un ritorno al bene da cui si è allontanato.

La restaurazione dell’originale disposizione al bene in tutta la sua forza


Essere buono o cattivo è necessario che sia un effetto del libero arbitrio.
Se si dice “l’uomo creato buono” vuol dire che la sua disposizione originaria è buona. Ma l’uomo non è già
buono di per se stesso ma sarà buono o cattivo se accoglierà nella sua massima i moventi della legge
morale o delle disposizioni sensibili.
Il bene originario è la santità delle massime nel compiere il proprio dovere.
Il fermo proposito di compiere il proprio dovere è diventato abitudine e si chiama anche virtù.
Questa virtù ha come massima costante quella di agire in conformità della legge.
L’uomo si rende conto di essere virtuoso quando si sente saldo nelle massime che gli comandano di
compiere il proprio dovere.
Essere uomo buono anche moralmente significa non aver bisogno di nessun altro movente al di fuori della
rappresentazione del dovere stesso.
Non basta una rivoluzione graduale ma una rivoluzione nell’intenzione morale dell’uomo, l’uomo può
diventare un uomo nuovo solo attraverso un cambiamento del cuore.
La formazione morale dell’uomo non deve iniziare dal miglioramento dei costumi ma dal cambiamento del
modo di pensare e del carattere.
Per quanto virtuoso un uomo possa essere, non fa altro che il suo dovere e fare il proprio dovere significa
soltanto conformarsi all’ordine morale comune.
Esigenza di miglioramento è ostacolata dalla ragione che, per natura pigra nei confronti dell’impegno
morale, accampa il pretesto della propria impotenza naturale per appellarsi alle idee religiose.
Due specie di religione:
1. Religione cultuale: che mira ad ottenere favori
2. Religione morale: (maestra di buona condotta) non consiste in dogmi e osservanza ma si basa
sull’intenzione del cuore a rispettare tutti i doveri umani come comandi divini.

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La lotta del principio buono contro il principio cattivo per il dominio sull’uomo
Gli Stoici sostenevano che per diventare moralmente buoni non basta lasciar sviluppare il germe del bene
insito nell’uomo ma bisogna anche contrastare la tendenza al male. Ma gli Stoici combatterono contro la
stoltezza e non contro la malignità del cuore umano, che in maniera subdola mina l’intenzione morale con
principi corruttori dell’animo.

Il diritto al dominio sull’uomo rivendicato dal principio buono


A. Idea personificata del buon principio
Il figlio di Dio fatto uomo è il modello da imitare —> l’ideale dell’umanità gradita a Dio (ideale della
perfezione morale) —> possiamo concepirlo mediante l’idea di un uomo che diffonde il bene con la
dottrina e l’esempio —> con la fede nel figlio di Dio l’uomo può diventare gradito a Dio.

B. Realtà oggettiva di questa idea


Idea di un uomo moralmente gradito a Dio, come modello per la nostra condotta si trova già nella
nostra ragione, non c’è bisogno di esempi empirici.

C. Difficoltà relative alla realtà di questa idea e la loro soluzione


Prima difficoltà: mette in dubbio, tenendo conto dell’imperfezione della giustizia umana, dell’attuabilità
in noi dell’idea di umanità gradita a Dio (siate santi come è santo il Padre vostro che è nei cieli)
Seconda difficoltà: l’uomo che aspira al bene viene considerato alla luce della relazione di questo stesso
bene morale con la bontà divina, quindi la difficoltà concerne la felicità umana cioè la realtà e
perseveranza di un’intenzione morale in progresso verso il bene.
Chi possiede un’intenzione la cui purezza è quella richiesta, sentirà già da se stesso di non poter cadere
più tanto in basso verso il male.
Senza la totale fiducia dell’intenzione morale da noi adottata sarebbe impossibile perseverare in essa.
Terza difficoltà: uomo posto di fronte alla giustizia divina, da condannare nel giudizio finale nonostante
abbia imboccato la via del bene perché anche se ha adottato una intenzione buona, ha cominciato dal
male e questo è un debito che non potrà mai estinguere.
Soluzione: la sentenza di un giudice che scruta i cuori va pensata come basata sull’intenzione
dell’imputato. Che cosa deve attendersi o temere l’uomo dalla sua condotta alla fine della vita?

Il diritto al dominio sull’uomo rivendicato dal principio cattivo e la lotta tra i due principi
Bene e male nell’uomo sono rappresentati nelle scritture in maniera opposta e separata.
Ma potremmo chiederci come mai Dio non abbia fatto uso della sua forza per annientare il principio cattivo
fin dall’inizio.
Il governo di Dio sugli esseri ragionevoli agisce secondo il principio della loro libertà e cosi quello che deve
loro capitare di bene o di male essi devono imputarlo a loro stessi (libero arbitrio).
Quando apparve Cristo su cui il principio cattivo non aveva alcun potere, questo era posto in pericolo.
Poiché quest’uomo resistette alle tentazioni venne perseguitato fino alla morte.
La rappresentazione di questa morte spalanca la porta della libertà, la morte di Cristo fu la
rappresentazione del principio buono come esempio da imitare per tutti.
L’esito morale di questa lotta non è propriamente la sconfitta del principio cattivo, ma solo una
diminuzione della sua potenza, in quanto non può trattenere contro la volontà coloro che vogliono seguire
la signoria morale.

Se si vuole costituire una religione morale che non riposi in dogmi, si deve rendere superflua la credenza
nei miracoli.
La credenza nei miracoli è (e deve essere) superflua perché essi non si possono spiegare con la ragione.
I miracoli sono avvenimenti del mondo prodotti da cause efficienti le cui leggi per noi sono totalmente
ignote.
Si può parlare di miracoli teistici o di miracoli demoniaci; i miracoli demoniaci si dividono in angelici e in
diabolici. Solo i miracoli diabolici vengono presi in considerazione in quanto gli angeli buoni fanno parlare di
se molto poco.

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È impossibile fare affidamento sui miracoli o prenderli in considerazione nell’uso della ragione.
Il giudice di un tribunale non tiene minimamente conto della difesa presuntuosa di un delinquente che
pretende di essere stato vittima di tentazioni diaboliche; il giudice non può citare Satana alla sbarra e
metterlo a confronto con l’accusato; non può cavare nulla di razionale in quei pretesti.
I miracoli in senso buono sono diventati semplicemente modi di dire che la gente impiega quando parla
delle proprie faccende: “per il malato non c’è nulla da fare, a meno di un miracolo”.

La vittoria del principio buono sul principio cattivo e la fondazione di un regno di dio sulla terra.
Le inclinazioni maligne invadono la natura dell’uomo.
Il dominio del principio buono è realizzabile con la fondazione di una società governata dalle e per le leggi
della virtù. Soltanto in questa maniera si può sperare per il principio buono la vittoria sul cattivo.
Una società che l’intero genere umano ha il compito e il dovere di costruire mediante la ragione.
Una comunità di uomini costituita secondo le leggi della virtù, chiamata società etico-civile o comunità
etica. Stato etico = regno della virtù = pienamente fondato nella ragione umana.

Rappresentazione filosofica della vittoria del principio buono mediante la fondazione di un Regno di Dio
sulla terra
1. Lo stato di natura etico: uno stato giuridico-civile (politico) regola il rapporto tra gli uomini
attraverso leggi pubbliche del diritto, leggi coercitive; uno stato etico-civile è quello in cui gli uomini
sono riuniti sotto leggi prive di costrizioni cioè sotto semplici leggi della virtù.
Al primo si oppone lo stato di natura giuridico, mentre al secondo lo stato di natura etico. In questi
due stati di natura ognuno dal legge a se stesso —> non c’è nessuna legge esterna alla quale ci si
riconosce assoggettati —> uomo giudice di se stesso —> nessuna autorità pubblica.
Il legislatore non può attuare con la forza una costituzione indirizzata a fini morali (etici), perché
produrrebbe proprio il contrario degli scopi morali e renderebbe vacillanti gli stessi suoi scopi
politici. Cittadino di una comunità politica è libero di entrare insieme ad altri cittadini in un
associazione etica.
Una comunità etica deve poggiare su leggi pubbliche e avere una costituzione fondata su tali leggi:
essi devono sottostare alla condizione di non introdurre nulla, nella comunità, che sia in contrasto
col dovere dei membri in quanto cittadini di uno stato.
2. L’uomo deve uscire dallo stato di natura etico, per diventare membro di una comunità etica.
Lo stato di natura giuridico e etico sono in stato di continua ostilità causata dal male presente in
ogni uomo.
Lo stato di natura etico è uno stato di mutua ostilità contro i principi della virtù da cui l’uomo
naturale deve aver cura di uscire al più presto possibile.
Questo è un dovere del genere umano verso se stesso, destinato al proponimento del sommo
bene.
3. Il concetto di una comunità etica è il concetto di un popolo di Dio retto da leggi etiche. Affinché
sorga una comunità etica è necessario che tutti gli uomini siano soggetti ad una legislazione
pubblica e che sia riconosciuta proveniente da un legislatore comune in quanto il popolo non può
essere autolegislatore. Le leggi mirano alla moralità delle azioni (in una comunità giuridica esse
mirano alla legalità delle azioni). Il legislatore di una comunità etica deve essere colui rispetto al
quale tutti i doveri siano rappresentati come suoi comandi, cioè Dio in quanto Signore morale del
mondo.
4. L’idea di un popolo di Dio è attuabile soltanto sotto la forma di una Chiesa.
Comunità etica = popolo di Dio retto secondo le leggi della virtù.
Una comunità fondata sulla legislazione morale divina è una chiesa che, in quanto non è un oggetto
dell’esperienza possibile, si chiama chiesa invisibile = la riunione effettiva degli uomini in un Tutto
che concorda con questo ideale.
I requisiti della vera chiesa sono:
Universalità e unità numerica in quanto deve contenere dentro se la disposizione all’unità —>
avere dei principi che conducano all’unione generale in un'unica chiesa.
La purezza cioè unione deve avvenire solo per motivi morali

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La libertà, come una specie di democrazia; rapporti basati sulla libertà: rapporti tra membri e
rapporti tra chiesa e stato
L’immutabilità della costituzione ecclesiale in quanto deve contenere principi certi. È necessario
che sia soggetta a leggi ordinarie e non deve basarsi su simboli arbitrari che, mancando di
autenticità, sono accidentali.
5. La costituzione di una chiesa parte sempre da qualche fede storica (rivelata) che si può chiamare
fede ecclesiale (della chiesa) e che trova i suoi migliori fondamenti in un libro santo (sacra
scrittura). La fede religiosa pura è una semplice fede della ragione, mentre una fede storica è
fondata sui fatti.
La fede religiosa pura è l’unica in grado di fondare una chiesa universale perché è una fede
razionale che può essere comunicata a tutti con persuasività.
Una costante cura per mantenere una condotta moralmente buona è tutto ciò che Dio esige dagli
uomini per essere graditi nel suo regno. Essi infatti concepiscono la loro obbligazione come dovere
ad un culto qualsiasi in cui non importa il valore morale interno alle azioni, ma il loro concepimento.
Siccome qualunque signore di questo mondo ha un bisogno particolare di essere onorato e lodato
dai suoi sudditi con segni di sottomissione, ritiene che Dio sia meritevole di essere universalmente
onorato in questo modo (antropomorfizzano Dio).
Nasce così una religione cultuale.
La religione è costituita da leggi statutarie e da leggi puramente morali.
Possono essere ammesse anche leggi statutarie che costituiscono la dottrina della chiesa, ma la
legislazione morale pura è ciò che costituisce la vera religione, e la religione statutaria può quindi
contenere solo il mezzo per la sua promozione e diffusione.
Nella fede religiosa pura importa solo il concepimento, secondo l’intenzione morale, di tutti i
doveri.
Vi è una sola vera religione ma si possono avere diverse specie di fede (Cristina, ebraica, islamica).
L’uomo intende sempre per religione la sua fede ecclesiale (di chiesa), mentre la religione dipende
solamente dalle intenzioni morali, è nascosta nell’interiorità dell’uomo.
6. L’interprete prima della fede ecclesiale è la fede religiosa pura.
Quando una chiesa si fonda su una fede rilevata, essa è priva del contrassegno più importante della
sua verità, cioè della legittima pretesa all’universalità; la fede rilevata, in quanto storica, non è in
grado di essere universalmente comunicata e condivisa in modo convincente.
È comunque necessario far capo a una qualche fede ecclesiale storica: e questo perché in tutti gli
uomini c’è il bisogno naturale di avere sempre un sostengo sensibile, per i concetti razionali
supremi e per i fondamenti ultimi.
Non importa se una tale fede empirica sia intesa come fine o come semplice mezzo, bensì se essa
sia conciliabile con i fondamenti di una fede morale; allora è necessaria un’interpretazione della
rivelazione data.
Bisogna coglierne in generale un senso che concordi con le regole pratiche universali di una
religione razionale pura.
L’aspetto teorico della fede ecclesiale non può avere per noi nessun interesse morale se non
influisce nell’adempimento di tutti i doveri umani intesi come comandi divini.
Nel caso in cui il testo ne ammetta però anche soltanto la possibilità, è allora necessario preferire
questa interpretazione a un interpretazione letterale che, o non contiene nessun elemento utile alla
moralità o va addirittura contro i moventi morali.
È quello che è avvenuto in ogni tempo con tutte le credenze antiche e moderne redatte in parte in
libri sacri: maestri del popolo, forniti di buonsenso, le hanno via via interpretate fino a far accordare
il loro contenuto essenziale con i principi della fede morale universale.
La lettura dei libri sacri ha lo scopo di rendere gli uomini migliori.
Anche se uno scritto è stato accolto come rivelazione divina, tuttavia il criterio supremo per
giudicarlo tale è il seguente: “ogni scritto ispirato da Dio è utile per istituire, per correggere, per
migliorare”.
Il miglioramento morale dell’uomo costituisce il fine vero di tutta quanta la religione razionale,
quindi conterrà anche il principio supremo di ogni interpretazione della Scrittura.

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La religione internazionale è “lo Spirito di Dio ce ci guida alla verità tutta intera”; è quello spirito che
istruisce, ci vivifica infondendo in noi principi per le azioni.
“Si può trovare la vita eterna soltanto perché essa rende testimonianza a questo principio”.
In vista dell’unione di tutti gli uomini in una Chiesa, lo strumento più degno è l’autorità della
scrittura, che è l’elemento costitutivo della fede ecclesiale.
Non si può certo negare che “chi segue la dottrina della scrittura e fa ciò che essa prescrive,
sicuramente troverà che essa viene da Dio”.
Della divinità della scrittura, colui che, leggendola o sentendola predicare, non può fare a meno di
sentire l’impulso ad agire bene è l’effetto della legge morale.
7. Il passaggio graduale della fede ecclesiale al dominio unico della fede religiosa pura e
l’approssimarsi del regno di Dio.
La fede storica può bastare si per la fede ecclesiale, ma solo la fede religiosa pura, interamente
fondata sulla ragione, può essere riconosciuta come la sola che caratterizzi la chiesa vera.
Si chiama beatificante la fede di ciascun uomo, il quale abbia in sé la capacità morale di essere
eternamente felice.
La fede, invece, di una religione cultuale è una fede servile e mercenaria e non può essere
considerata come santificante perché non è morale, la quale invece è una fede libera perché
fondata sulle intenzioni.

Rappresentazione storica della formazione graduale del dominio del principio buono sulla terra
La religione è fondata sulla fede morale pura e quindi non è una condizione pubblica ma privata. Quando la
fede ecclesiale riconosce la sua dipendenza dalle condizioni limitanti poste dalla fede religiosa pura, la
chiesa universale inizia ad assumere la forma di stato etico retto da Dio e avvia il progresso inarrestabile
verso la realizzazione di questo stato. Questa storia rappresenta la lotta tra fede cultuale e fede religiosa
morale.
La fede giudaica è un insieme di leggi semplicemente statutarie che regolano una riunione di una
moltitudine di uomini che diede la forma non di una chiesa ma di una comunità.
I dieci comandamenti in quella legislazione sono dati senza che si esiga l’intenzione morale, ma furono
esclusivamente rivolti solo all’osservanza esteriore degli atti.
Un Dio che vuole semplicemente l’obbedienza a comandamenti tali che non richiedono per nulla un
miglioramento dell’intenzione morale, non è veramente quell’Essere morale il cui concetto riteniamo
necessario per una religione.
Possiamo dunque incominciare la storia universale della chiesa solamente dall’origine del Cristianesimo, il
quale proclamava unica fede santificante la fede morale, la cui purezza si prova con la buona condotta.
L’epoca migliore per la stoia della chiesa è l’epoca attuale.
Ogni indagine sulla natura di una fede religiosa urta sempre contro un sacro mistero (in quanto qualcosa di
sacro il mistero è un oggetto della ragione e deve essere conosciuto interiormente) e la fede in un sacro
mistero può essere:
 Fede divinamene ispirata
 Fede razionale pura
La vera fede religiosa universale è la fede in un Dio: creatore onnipotente del cielo e della terra,
conservatore del genere umano e custode delle sue leggi sante.
Mistero è ciò che, pur potendo essere compreso sul piano pratico, sorpassa tutti i nostri concetti sul piano
teoretico ed è un mistero rivelato, mistero rivelato che può essere diviso in altri 3 misteri rivelati della
nostra ragione:
1. Mistero della vocazione degli uomini a divenire cittadini di uno stato etico mediante un
obbligazione morale, possibile secondo le leggi della libertà
2. Mistero dell’espiazione, l’uomo è corrotto tuttavia Dio dispone di un mezzo per compensare ciò
che manca alla capacità umana per poter essere membro del regno di dio.
3. Mistero dell’elezione, anche ammessa la possibilità dell’espiazione è Dio che accorda a un uomo la
sua assistenza e a un altro la nega.
Questi 3 misteri riguardano i seguenti problemi della vita morale dell’uomo:
 Perché del mondo ci sono un bene e un male morali?

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 Dato che il male si trova in tutti gli uomini e in ogni epoca, come può scaturire il bene?
 Perché il bene compare in alcuni uomini e in altri no?
Su tali misteri Dio non ci ha rivelato nulla, Dio ci ha rivelato la volontà attraverso la legge morale ma ci ha
lasciato nella totale oscurità riguardo alle cause di ogni nostra libera azione sulla terra.. Per quanto riguarda
il comportamento invece tutto ciò di cui abbiamo bisogno ci è stato rivelato dalle Scritture.
La ragione e la Scrittura ci rivelano che è necessario che:
 L’uomo tenga una buona condotta di vita
 Egli abbia fiducia nello spirito buono
 Egli esamini continuamente se stesso come se si dovesse presentare ad un giudice

Il culto vero e il culto falso sotto il dominio del principio buono ovvero religione e clericalismo
Si ha un inizio del dominio del principio buono e segno che “il regno di Dio venuto in mezzo a noi” quando i
principio della costituzione di questo regno cominciano a divenire pubblici.
Una comunità etica in quanto regno di Dio può essere costituita dagli uomini solo mediante la religione e
affinché la religione sia pubblica raffigurata nella forma sensibile di una chiesa.
Nella religione pura non ci sono ministri legalmente riconosciuti ma ogni membro riceve ordini
direttamente dal legislatore supremo.
Ogni chiesa visibile basata su leggi statutarie può essere la chiesa vera solo se contiene il principio morale di
avvicinarsi sempre più alla fede razionale pura.

Il culto di dio in una religione generale


La religione è la conoscenza di tutti i nostri doveri come comandamenti divini.
Religione rivelata = prima so che qualcosa è un comando divino e poi lo riconosco come dovere.
Religione naturale = prima so che qualcosa è un dovere e poi lo riconosco come comando divino.
Se si considera la religione secondo il carattere che la rende suscettibile di essere comunicata all’esterno
distinguiamo tra
 Religione naturale, ciascuno può convincersi con la propria ragione
 Religione erudita, si può essere convinti solo con l’erudizione cioè l’aiuto della dottrina
Una religione naturale può essere anche rivelata se è costituita in modo tale che gli uomini avrebbero
potuto giungervi da se con l’uso della propria ragione.
In una rivelazione di tale religione può risultare cosa saggia e vantaggiosa per il genere umano nel
momento in cui esiste ed è nota pubblicamente la religione tramite la rivelazione; chiunque deve potersi
convincere della sua verità da sé, con la propria ragione.
Sebbene si tratti soggettivamente di una religione rivelata essa è oggettivamente una religione naturale;
con l’andare del tempo l’evento della rivelazione soprannaturale potrebbe cadere completamente in un
oblio.
La cosa cambia quando si ha a che fare con una religione che può essere considerata soltanto come
rivelata.
Ogni religione, anche se rivelata, non può contenere alcuni principi della religione naturale; può infatti
essere connessa al concetto di una religione solo mediante la ragione.
Noi potremmo esaminare una religione rivelata considerandola, da un lato, ancora come naturale e,
dall’altro, come erudita; e occorrerà distinguere cosa e quanto le proviene da ciascuna di queste due fonti.

La religione Cristiana come religione naturale


La religione naturale è la sfera morale connessa al concetto dell’Essere che può attuare ill fine morale
ultimo e riferita a una durata della vita umana adeguata a questa fine nel suo complesso.
La religione naturale, in quanto morale, è un concetto puro pratico della ragione, e possiede il requisito
della vera chiesa, cioè l’attitudine all’universalità.
Per diffondersi e mantenersi in questo senso ha bisogno di un corpo di servitori consacrati alla chiesa
puramente invisibile ma non di funzionari.

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Una tale umanità non è in grado di conservarsi da se stessa se non diviene una chiesa visibile, è ciò
comporta l’aggiunta di una universalità collettiva, cioè l’unione stabile degli uomini in una Chiesa secondo i
principi di una religione razionale pura.
Se alle leggi naturali conoscibili dalla semplice ragione non si aggiungono alcuni orientamenti statutari
dotati a un tempo di prestigio legislativo allora mancherà sempre ciò che costituisce un dovere umano
particolare, un mezzo indispensabile in vista del fine supremo degli uomini: mancherà cioè l’unione stabile
degli uomini in una Chiesa universale visibile.
La storia ci parla di un Maestro che avrebbe predicato una religione pura accessibile a tutti e dotata di
grande forza persuasiva; egli ha fatto di quella religione razionale e universale la condizione suprema e
imprescindibile di ogni fede religiosa.
Malgrado l’accidentalità delle disposizioni statutarie stabilite da questo maestro, non si può contestare a
una Chiesa cosi fondata, il titolo di vera Chiesa Universale, e bisogna riconoscere al suo fondatore il merito
di aver chiamato gli uomini a unirsi in essa.
Questa descrizione ci consente di indicare inequivocabilmente la persona di colui che può essere onorato,
se proprio come fondatore della religione scritta nel cuore di tutti gli uomini, senz’altro come il fondatore
della prima vera Chiesa.
Una religione completa che ogni uomo in virtù della sua ragione può riconoscere come comprensibile e
convincente; è inoltre stata resa visibile in un esempio che deve necessariamente servirci da modello
d’imitazione.

La religione Cristiana come religione erudita


Se una religione si basa su articoli di fede che devono essere tramandati c’è bisogno di eruditi.
La fede della religione cristiana è da una parte una fede razionale pura (liberamente accettata) e dall’altra
una fede rivelata (comandata).
Compito della religione razionale è quello di convincere ognuno, mediante la propria ragione che:
 Il male è connaturato in ogni uomo, nessun uomo ne è esente
 Non ci si può mai ritenere giustificati davanti a Dio
 È inutile voler supplire alla mancanza di rettitudine con osservanze ecclesiali e devozioni servili,
mentre è un obbligo quello di diventare un uomo nuovo.
La dottrina cristiana è fondata su fatti, quindi non è più solo religione Cristiana ma anche fede cristiana,
posta a fondamento di una chiesa. Il culto di una chiesa è duplice:
1. Alla storicità della fede
2. Alla razionalità pratica e morale della fede
Nella chiesa cristiana i due culti non possono essere separati. Nella dottrina della fede cristiana è
necessario:
1. Che la ragione umana universale, inerente alla religione naturale venga riconosciuta e onorata
come il supremo principio dominante
2. Che la dottrina rivelata, su ci si fonda la chiesa, sia amata e coltivata come semplice ma
preziosissimo mezzo per rendere la religione accessibile anche agli ignoranti e per garantirle
diffusione e continuità
È questo il vero culto della chiesa sotto il dominio del principio buono.

Il falso culto di Dio in una religione statutaria


L’unica vera religione contiene leggi, principi pratici della cui necessità incondizionata siamo in grado di
renderci consapevoli.
Una fede statutaria è sempre limitata a un solo popolo e non può contenere la religione universale, di
conseguenza, ritenere che questa fede sia essenziale al culto di Dio è un illusione religiosa.
Da questa illusione procede un falso culto che agisce in modo esattamente contrario al vero culto che Dio
esige da noi.

Il fondamento soggettivo universale dell’illusione religiosa


Antropomorfismo = tendenza a rappresentarsi ogni realtà materiale o spirituale sotto forma umana e
quindi fornita di aspetto, facoltà e destini propri dell’uomo.

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Antropomorfismo è pressoché inevitabile ma anche inoffensivo; quando invece entrano in gioco i nostri
rapporti pratici con la volontà divina, allora diventa molto pericoloso per la nostra stessa moralità, infatti ci
facciamo un Dio a nostra immagine credendo di potere più facilmente accattivarcene i favori.
Tutto ciò che noi facciamo unicamente per essere graditi a Dio cioè sacrifici, espiazioni, feste etc. Per
propiziarsi la divinità sono un illusione religiosa.
Quanto più utili sono questi auto-tormenti tanto più lontani dal mirare al miglioramento morale generale
dell’uomo tanto più essi sembrano santi. Benché con questi atti non si renda a Dio nessun servizio egli
riconosce la buona volontà nell’obbedire ai comandi divini.

Il principio morale della religione opposto all’illusione religiosa


Tutto ciò che, al di fuori di una buona condotta, l’uomo ritiene di poter fare per diventare gradito a Dio, è
una semplice illusione religiosa e falso culto di Dio. L’unico modo per rendersi graditi a Dio è quello di
manifestare fenomenicamente la propria intenzione morale. L’illusione di poter influenzare con atti cultuali
religiosi la nostra giustificazione davanti a Dio è la superstizione religiosa. L’illusione di poter ottenere
questo scopo aspirando all’intimità con Dio è il fanatismo religioso.

Il clericalismo come regime fondato sul falso culto di del principio buono
L’uomo che utilizza le onoranze come mezzi adatti a procurargli l’immediato compiacimento di Dio
trasforma il culto in feticismo —> l’uomo rende a Dio un falso culto è ciò provoca un regresso nello
sviluppo verso la vera religione.
Il clericalismo è la costituzione di una chiesa in cui domina il culto feticista, il quale si riscontra tutte le volte
che, non i principi della moralità, ma comandamenti statutari e pratiche costituiscono la base e l’essenza
della chiesa.
Domina un clero che crede di poter fare del tutto a meno della ragione e anche della scienza strutturale:
esso infatti, in qualità di unico custode e interprete autorizzato della volontà del Legislatore Invisibile,
rivendica l’autorità esclusiva a regolare le prescrizioni di fede, quindi il clero può solo comandare, non
convincere.
Al di fuori dei membri di questo clero, tutti gli altri sono laici, dunque la Chiesa domina anche lo Stato non
con la forza ma con l’influenza sugli animi.
Esiste una conoscenza pratica che è cosi accessibile a tutti, che la si direbbe scritta letteralmente nel cuore
di ogni uomo: è la legge della moralità.
Tale conoscenza o ci conduce direttamente alla fede di Dio o determina il concetto di Dio come
Legislatore morale; la legge morale ci guida a ciò in modo cosi naturale che risulterà che ogni uomo è in
grado di rispondere alle domande su questa fede, senza che nessuno gli abbia mai insegnato nulla a
riguardo.
È anche doveri farne l’unica suprema condizione della nostra speranza di partecipare alla salvezza, qualsiasi
cosa la fede storica possa prometterci in merito: solo l’interpretazione che la fede pura fornisce della fede
storica ci mette in grado di conferire a quest’ultima un valore universalmente vincolante.
Colui che possiede una fede morale può accogliere anche la fede storica, nella misura in cui la ritiene
idonea a riavviare i propri sentimenti religiosi puri…
L’uomo segue la dottrina della virtù quando segue la sua legge morale (cuore).
Nella dottrina della pietà religiosa, questa implica due determinazioni dell’intenzione morale rispetto a
Dio:
 Timore di Dio, quando si obbedisce ai comandi divini per dovere imposto, cioè per rispetto della
legge
 Amore di Dio, quando si obbedisce per propria libera scelta e per compiacimento verso la legge
Le due dottrine sono in connessione reciproca necessaria tra di loro, come fine e l’altra come mezzo.
La dottrina della virtù sussiste per sé, mentre la dottrina della pietà non può costituire il fine dell’impegno
morale ma può servire solo come mezzo per rafforzare l’intenzione virtuosa.
La pietà, dunque, non è un surrogato della virtù ma ne è invece il concepimento, che può essere coronata
con la speranza di raggiungere un giorno tutti i nostri scopi buoni.

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Il filo conduttore della coscienza morale nelle cose di fede


La coscienza è una consapevolezza che, per se stessa, è un dovere —> di un’azione che io voglio
intraprendere, bisogna non soltanto che io giudichi o creda, ma che io sia pure sicuro in coscienza che essa
non sia contraria alla rettitudine cioè non devo fare una cosa se c’p il rischio che sia ingiusta.
La coscienza morale potrebbe essere definita come la facoltà del giudizio morale che giudica se stessa; non
giudica le azioni perché quello è compito della ragione.

Il vene che l’uomo può compiere da se stesso liberamente si può chiamare natura.
Sebbene la libertà rimane incomprensibile essa si determina attraverso le leggi della virtù.
La grazia riguarda il soprannaturale ed è interamente priva della conoscenza delle leggi. È un intervento
soprannaturale di cui nessuna esperienza può garantirci la realtà.
Sono mezzi tutte le cause intermedie che l’uomo ha in suo potere per attuare un certo proposito; e poi,
poiché il perfezionamento morale necessario per essere graditi a Dio non è in nostro potere, allora per
renderci degni dell’aiuto celeste non esiste altro mezzo che l’impegno serio a migliorare il più possibile la
nostra attitudine morale: solo cosi possiamo diventare capaci di ricevere ciò che ci manca per raggiungere
quel perfezionamento.
È per cosa prevedibile a priori che l’uomo impuro cerchi l’aiuto divino facendo ricorso a determinate
istituzioni sensibili; il concetto di un cosiddetto messo della grazia, che funge in realtà da mezzo per
produrre un auto illusione che è tanto diffusa quanto dannosa alla vera religione.
Il vero culto (morale) è senza dubbio invisibile come questo stesso regno: é un culto dei cuori; esso può
consistere unicamente nell’intenzione di compiere tutti i veri dover come obbedendo a comandi divini, e
non ha nulla a che vedere con azioni specifiche votate in maniera esclusiva a Dio.
Presso gli uomini l’invisibile ha bisogno di essere raffigurato mediante qualcosa di visibile.
Il culto divino può anche essere suddiviso mediante la ragione in 4 tipi di doveri:
1. Il dovere di radicare saldamente il bene morale in noi stessi e di sollecitarne l’intenzione; è la
preghiera privata.
2. Il dovere di favorire la diffusione esterna del Bene mediante riunioni pubbliche da tenere in giorni
consacrati a questo scopo; è la frequentazione della chiesa.
3. Il dovere di trasmettere il Bene alla posterità accogliendo nuovi membri nella comunità religiosa; è
il battesimo.
4. Il dovere di conservare questa comunità per mezzo della ripetizione di una cerimonia pubblica; è la
comunione.

Nel momento in cui si oltrepassano i limiti della ragione in direzioni soprannaturale possono sorgere tre
specie di fede illusoria:
1. La convinzione di conoscere empiricamente qualcosa che non possiamo ammettere sia avvenuto
secondo leggi empiriche oggettive: la fede nei miracoli
2. L’illusione di dover accogliere tra i nostri concetti razionali ciò di cui la nostra stess ragione non può
farsi nessun concetto: la fede nei misteri
3. L’illusione do poter produrre un effetto che per noi è avvolto nel mistero, cioè l’influsso di Dio sulla
nostra moralità: la fede nei mezzi della grazia.
Mezzi di grazia; quattro tipi di doveri che promuovono il Bene morale:
 La preghiera intesa come culto divino interiore e formale è un illusione superstiziosa; essa è
semplicemente l’espressione dei nostri desideri. In noi può e deve esserci necessariamente lo
spirito della preghiera, il quale consiste nel desiderare con tutti il cuore di essere graditi a Dio
 Il frequentare la chiesa è una raffigurazione sensibile della comunione dei fedeli; non è soltanto un
mezzo prezioso di edificazione per i singoli uomini ma anche un dovere obbligatorio per tutti.
 La consacrazione solenne alla comunità ecclesiastica è propriamente l’accoglimento di un nuovo
membro nella chiesa; solennità molto importante, che comporta grandi obblighi per il consacrando,
se è già in grado di professare da e stesso la propria fede, oppure per i suoi testimoni, che si
assumono l’impegno di educarlo secondo la fede della chiesa.
 La solennità in vista del rinnovamento della comunità e della propagazione della comunità
ecclesiale secondo le leggi di uguaglianza (la comunione) la quale viene ripetuta nel tempo.

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