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DIFFAMAZIONE E MINACCIA

DIFFAMAZIONE 595 c.p.

Reato istantaneo di evento, che si consuma nel momento in cui la frase o


l’immagine lesiva diventano fruibili da parte dei terzi, con la conseguenza
che da quel momento inizia a decorrere il termine di prescrizione del reato.

REQUISITI: a) ASSENZA DELL’OFFESO, ovvero impossibilità che la


persona percepisca direttamente l’addebito diffamatorio;
b) OFFESA ALLA REPUTAZIONE, la reputazione viene lesa ogni volta
che la considerazione della vittima è screditata in maniera significativa
agli occhi degli altri, potendo essere anche la verità essere “infamante”,
purché rechi una grave offesa alla reputazione del soggetto;
c) PLURALITA’ DI PERSONE nel percepire le parole diffamatorie,
qualora l’offesa sia comunicata ad una sola persona, il delitto si integra,
affinché questa, la comunica ad altre persone (Cassazione penale, Sez. V,
sentenza n. 36602 del 13 ottobre 2010).

DETERMINABILITA’ DELLA PERSONA OFFESA: perché ci sia


diffamazione, la persona offesa deve essere determinata o
determinabile: «l’individuazione del destinatario dell’offesa deve essere
deducibile, in termini di affidabile certezza, dalla stessa prospettazione
dell’offesa, sulla base di un criterio oggettivo, non essendo consentito il
ricorso ad intuizioni o soggettive congetture di soggetti che ritengano di
potere essere destinatari dell’offesa» (Cass. penale sez. I sentenza n.
39763 del 2017).

CONDOTTA AGENTE: sussistenza dolo generico, ossia la coscienza e


volontà dell’offesa e della sua comunicazione a due o più persone.

SCRIMINANTE: Diritto di cronaca, critica e satira. Quanto al diritto di


critica: “in tema di diffamazione, nel caso di condotta realizzata attraverso
i social network, nella valutazione del requisito della continenza, ai fini
del legittimo esercizio del diritto di critica, si deve tener conto non solo
del tenore del linguaggio, utilizzato, ma anche dell’eccentricità delle
modalità di esercizio della critica, restando fermo il limite del rispetto dei
valori fondamentali, che devono sempre ritenersi superati quando, la
persona offesa, oltre la ludibrio della sua immagine, sia esposta al
pubblico rispetto” (Cass. Pen., 18 gennaio 2021, n. 8898).

CIRCOSTANZA AGGRAVANTE, COMMA III: Qualora la


diffamazione sia commessa “a mezzo stampa o con altro mezzo di
pubblicità”.
E’ pacifico che l’uso di un social network (facebook) integri l’aggravante
citata, infatti, la comunicazione di contenuti diffamatori attraverso la
bacheca di un utente, visualizzabile da tutti coloro che hanno accesso al
profilo, costituisce diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, comma 3
c.p., sotto il profilo dell'offesa arrecata con qualsiasi altro mezzo di
pubblicità, diverso dalla stampa, poiché la condotta in tal modo realizzata
è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o
comunque quantitativamente apprezzabile, di persone. (“l’ipotesi di reato
di cui al terzo comma dell’articolo 595 c.p. quale fattispecie aggravata del
delitto di diffamazione trova il suo fondamento nella potenzialità, nella
idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato per la consumazione del
reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone, ancorché non
individuate nello specifico ed apprezzabili soltanto in via potenziale, con
ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa. […]
anche in questo caso, per definizione, si determina una diffusione
dell’offesa ed in tale tipologia, quella appunto del mezzo di pubblicità, la
giurisprudenza nel tempo ha fatto rientrare, a esempio, 1) un pubblico
comizio, 2) l’utilizzo, al fine di inviare un messaggio, della posta
elettronica secondo le modalità del forward e cioè vero una pluralità di
destinatari, trattandosi anch’esso di mezzo idoneo a provocare una ampia
e indiscriminata diffusione della notizia tra un numero indeterminato di
persone». Cass. Pen., sentenza n. 24431/2015; La diffusione di un
messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca "facebook" integra
un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, comma terzo,
cod. pen., sotto il profilo dell'offesa arrecata "con qualsiasi altro mezzo di
pubblicità" diverso dalla stampa, poiché la condotta in tal modo realizzata
è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o
comunque quantitativamente apprezzabile, di persone. Cass. Pen., 25
gennaio 2021, n. 13979)

DIFFAMAZIONE “FACEBOOK”
I commenti pubblicati su facebook, anche soltanto sulla bacheca, hanno
una possibile natura diffamatoria: “La diffusione di un messaggio
diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra
un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, comma terzo,
cod. pen., sotto il profilo dell’offesa arrecata “con qualsiasi altro mezzo di
pubblicità” diverso dalla stampa, poiché la condotta in tal modo
realizzata è potenzialmente capace di raggiungere un numero
indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone”
(Cass. Pen. n. 4873/2017); “

RICONDIVISIONE POST-COMMENTO:
la dottrina, ritiene che tale condotta integri il concorso nel reato. In tal
modo, infatti, fai tuo il contenuto postato condividendolo per intero, ne
ampli la platea di “amici” che ne diviene a conoscenza e rechi ulteriore
offesa al soggetto “diffamato”.
Fattispecie diversa rispetto al semplice “Like” dove il momento volitivo è
inferiore, ed è un atto compiuto con maggiore superficialità.

Con la sentenza 29 gennaio 2016, n. 3981, la corte di Cassazione ha


chiarito che chi abbia inserito su Facebook un messaggio privo di
intrinseca portata offensiva non può rispondere del reato di diffamazione
per il solo fatto che tale messaggio era stato pubblicato nel contesto di una
discussione telematica durante la quale altri partecipanti avevano in
precedenza inviato messaggi contenenti espressioni offensive, ove risulti
che egli, pur condividendo la critica alla persona offesa, non abbia
condiviso le forme illecite attraverso cui gli altri soggetti l'avevano
promossa
Ai fini della configurabilità del delitto di diffamazione, è necessario che le
parole utilizzate siano attributive di qualità sfavorevoli alla persona offesa,
ovvero che gettino, comunque, una luce negativa su quest'ultima, con la
conseguenza che è priva di rilevanza penale l'espressione di un auspicio la
cui verificazione dipenda dalla volontà e dalle inclinazioni di terzi (Cass.
Pen. 7 febbraio 2020, n. 17944).

MINACCIA 612 C.P.


E’ un reato di pericolo a forma libera, che si consuma nel momento e nel
luogo in cui la minaccia viene conosciuta dalla vittima, volto alla tutela
della libertà morale.
ELEMENTO OGGETTIVO: LA MINACCIA DI UN MALE
INGIUSTO (elemento oggettivo), in qualsiasi modo si realizzi purché sia
idonea in modo efficace anche se potenziale a realizzare un risultato di
intimidazione verso chi la subisce. Deve cioè essere in grado di turbare la
tranquillità psichica della vittima, a prescindere dal fatto che si realizzi
effettivamente tale turbamento.
Per quanto riguarda l’ingiustizia del danno tale aspetto viene inteso dalle
interpretazioni prevalenti come il pregiudizio che sia non solo contra ius,
cioè illecito, ma anche quando viene perseguito un risultato formalmente
lecito ma per scopi differenti da quelli per cui è previsto il potere esercitato
(“Ai fini dell’integrazione del reato non necessario che la minaccia si attui
con parole intimidatorie, essendo sufficiente qualsiasi comportamento
idoneo ad incutere timore e a suscitare in altri la preoccupazione di
soffrire un danno ingiusto e che comunque offenda o diminuisca l'altrui
libertà morale. La minaccia può essere anche implicita e consistere anche
in un semplice atteggiamento dell'agente in assenza di parole o di gesti
espliciti di intimidazione, purché risulti ai fini della consumazione del
reato, che la volontà altrui sia rimasta di fatto coartata. Cass. Pen. 19
settembre 2014, n. 38591).
Inoltre, la minaccia può essere integrata anche con un riferimento indiretto:
“La minaccia (art. 612 cod. pen.) può essere integrata anche dal
riferimento indiretto o allusivo, contenuto in uno scritto anonimo, a
possibili obiettivi da colpire nell'ambito degli interessi ed affetti del
destinatario, essendo anche in tale forma idonea a coartarne la libertà
morale”. Cass. Pen. 6 ottobre 2015, n. 463
ELEMENTO SOGGETTIVO: DOLO GENERICO, consiste nella
coscienza e volontà di minacciare alla vittima un male essendo
consapevoli della sua ingiustizia.
PERCEZIONE MINACCIA: deve essere percepita o percepibile da
parte del soggetto a cui è rivolta. A tal fine non è necessaria la presenza del
soggetto passivo, essendo sufficiente che la minaccia pervenga o sia in
grado di pervenire a sua conoscenza (Cass. Pen. 13 settembre 2012, n.
35235).

AUGURARE UN MALE ALLA PERSONA: il malaugurio come


“augurare la morte o il fallimento di una società” non integra il reato di
minaccia, in quanto le conseguenze dannose per la vittima non dipendono
dalla condotta dell’agente. Diverso sarebbe dire dire invece «Prima o poi
ti ammazzo», «Ti investo», «Non sai che ti faccio», «Ti riduco a
brandelli» configura invece il reato di minaccia perché, in questo caso,
l’evento – ossia la morte o le lesioni fisiche – viene fatto dipendere
proprio da un comportamento volontario dell’agente.
La minaccia scatta solo quando l’evento dipende dalla volontà dell’agente
e non da fattori esterni, come potrebbe essere una malattia o un incidente
stradale. Il semplice odio non è un reato. (Cass. sent. n. 54879/17)

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