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Omicidio stradale e legge penale nel tempo

Introduzione

Capitolo I

La nuova fattispecie di omicidio stradale

1.1. La ratio della nuova fattispecie di omicidio stradale

1.2. Il contenuto del nuovo art. 589 bis c.p.

1.3. I profili critici della nuova disposizione

Capitolo II

La successione delle leggi penali nel tempo

2.1. Il principio di irretroattività della legge penale

2.2. I profili critici in materia di successione della legge penale

Capitolo III

Omicidio stradale e legge penale nel tempo: profili critici

1
3.1. Premessa: l'omicidio stradale tra fattispecie di reato autonoma o
circostanza aggravante

3.2. Successione delle leggi penali nel tempo ed omicidio stradale

Conclusioni

Bibliografia

2
Introduzione

La nuova fattispecie di omicidio e lesioni stradali è stata introdotta di


recente nel nostro ordinamento giuridico non senza polemiche e, soprattutto,
critiche da parte della dottrina, che l'ha considerata la classica legge-
manifesta, emanata solo per rassicurare l'opinione pubblica ma inidonea a
raggiungere gli scopi prefissati.

Obiettivo dell'indagine, tuttavia, è l'analisi di un particolare profilo


dell'omicidio stradale, ossia quello della successione delle leggi nel tempo,
aspetto di cui si è occupata di recente la Cassazione.

A tal fine, l'elaborato è suddiviso in tre capitoli. Il primo capitolo esamina in


generale la fattispecie di omicidio e lesioni stradali: La scelta del legislatore,
di introdurre il nuovo art. 589 bis c.p., sembra da un lato rispondere
all'esigenza di certezza derivante da una prassi giurisprudenziale piuttosto
controversa, dall'altro lato non può ritenersi estranea la tentazione di
soddisfare in chiave simbolico-emotiva la diffusa domanda di sicurezza e
giustizia proveniente dall’opinione pubblica.

L'introduzione dell'art. 589 bis c.p. pare costituire un classico esempio di


populismo penale, in quanto legge intrisa di un carico sanzionatorio
spropositato, finalizzato quasi esclusivamente a dare l'idea, all'opinione
pubblico, che lo Stato ha preso in carico il problema degli incidenti stradali
ed ha deciso di affrontarlo con la massima severità, incurante, tuttavia, dei
più elementari principi del diritto penale, come nel proseguo dell'elaborato
ben si vedrà.

Il secondo capitolo, invece, analizza il principio di irretroattività delle legge


penale, con tutte le sue criticità, che costituisce un corollario del principio di

3
legalità oltre che un principio di civiltà giuridica, secondo quanto stabilito
dalla Corte Costituzionale.

Il terzo ed ultimo capitolo, infine, esamina la questione della successione


delle leggi penali del tempo, con particolare riguardo alla problematica del
tempus commissi delicti: in proposito, la Cassazione ha chiarito che deve
trovare applicazione la legge in vigore al momento della condotta, e non
quella in vigore al momento dell'evento.

4
Capitolo I

La nuova fattispecie di omicidio stradale

Sommario: 1.1. La ratio della nuova fattispecie di omicidio stradale; 1.2.


Il contenuto del nuovo art. 589 bis c.p.; 1.3. I profili critici della nuova
disposizione

1.1. La ratio della nuova fattispecie di omicidio stradale

Prima della riforma in materia di omicidio stradale, attuata con la legge 23


marzo 2016, n. 41, che ha introdotto nel codice penale i nuovi artt. 589 bis e
590 bis c.p., contenente le autonome fattispecie di omicidio stradale e di
lesioni personali stradali, le fattispecie colpose di morte o lesioni nel
contesto di sinistri stradali avevano trovato una collocazione
sostanzialmente esclusiva nell'ambito dell'omicidio colposo o delle lesioni
colpose, sanzionati con pene piuttosto modeste, anche in considerazione del
fatto che, fino al 2008, le aggravanti specifiche erano neutralizzabili
nell'ambito del giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti1.

Nel corso degli ultimi anni precedenti all'introduzione dell'art. 589 bis c.p.,
tuttavia, la giurisprudenza aveva escogitato delle soluzioni diverse, al fine di
far fronte alla recrudescenza di fenomeni sempre più diffusi che avevano

1
Cfr. ampiamente sul tema P. Pisa, L'omicidio stradale nell'eclissi giurisprudenziale del
dolo eventuale, in Diritto penale e processo, 2, 2016, p. 145 ss. Per una disamina delle
soluzioni adottate dalla giurisprudenza prima dell'introduzione dell'art. 589 bis c.p., cfr. P.
Pisa, Incidenti stradali e dolo eventuale: l'evoluzione della giurisprudenza, in Diritto
penale e processo, 2011, p. 13 ss.

5
destato un vero e proprio allarme sociale. Si era infatti deciso di valorizzare
l'istituto del dolo eventuale.

La scelta del legislatore, di introdurre il nuovo art. 589 bis c.p., sembra da
un lato rispondere all'esigenza di certezza derivante da una prassi
giurisprudenziale piuttosto controversa, dall'altro lato non può ritenersi
estranea la tentazione di soddisfare in chiave simbolico-emotiva la diffusa
domanda di sicurezza e giustizia proveniente dall’opinione pubblica2.

Questo, del resto, è quanto si legge anche nei lavori preparatori della legge,
ed in particolare nello Schema di parere proposto dal Relatore sul disegno
di legge n. 859-1357-1378-1484-1553-B, secondo cui l’iniziativa legislativa
in esame «intercetta una non più eludibile domanda di giustizia da parte di
migliaia di famiglie che, nel corso degli anni, hanno conosciuto la perdita o
l’invalidazione permanente dei propri congiunti»3.

L'introduzione dell'art. 589 bis c.p. pare costituire un classico esempio di


populismo penale, in quanto legge intrisa di un carico sanzionatorio
spropositato, finalizzato quasi esclusivamente a dare l'idea, all'opinione
pubblico, che lo Stato ha preso in carico il problema degli incidenti stradali
ed ha deciso di affrontarlo con la massima severità, incurante, tuttavia, dei
più elementari principi del diritto penale, come nel proseguo dell'elaborato
ben si vedrà.

Pare piuttosto evidente, infatti, che la novella legislativa costituisce il frutto


di spinte demagogiche e populiste, chiaramente ispirate ad una tolleranza
zero che è da considerarsi essa sì intollerabile quando mezzo e fine del
diritto penale. Il diritto penale, infatti, non può diventare strumento per
raccogliere consensi, e nemmeno farsi servo di politiche demagogiche e

2
In tal senso E. Squillaci, Ombre e (poche) luci nella introduzione dei reati di omicidio e
lesioni personali stradali, in Diritto penale contemporaneo, 2016, p. 1.

3
Il testo dello Schema di parere è consultabile in www.senato.it.

6
dirette unicamente ad ottenere la legittimazione urlata di una parte del
popolo e dei mass media.

Quello che ne viene fuori è una legge che risulta essere ideale per ottenere
consensi, ma che dal punto di vista tecnico è caratterizzata da profili critici
evidenti, denotando una tecnica legislativa rozza e superficiale, come
evidenzia, in maniera emblematica, il collegamento tra la funzione
preventiva della pena e i reati colposi4.

Sebbene tali critiche siano state manifestate già durante l'iter dei lavori
preparatori, il Governo ha deciso di andare avanti per la sua strada: tuttavia,
alcune crepe sono sicuramente emerse all'interno della stessa maggioranza
che ha poi votato il provvedimento, se è vero che l'esecutivo ha dovuto
addirittura ricorrere al voto di fiducia, segno evidente che, diversamente, vi
era il serio rischio che la proposta di legge fosse bocciata all'interno delle
aule parlamentari.

Resta, evidente, una vera e propria "ferita" per il codice penale, il quale ha
tradizionalmente fatto ricorso, per tutte quelle fattispecie di omicidio di più
intenso disvalore, al sistema delle aggravanti, rifiutando l'idea di ipotesi
delittuose autonome. In realtà, se ci limitassimo a questo, il problema
sarebbe di poco conto. Così come minore, e questo davvero fa capire quanti

4
Cfr., sul punto, in senso critico, E. Squillaci, Ombre e (poche) luci nella introduzione dei
reati di omicidio e lesioni personali stradali, cit., p. 3, secondo cui «seguendo una tendenza
che trova la sua più immediata giustificazione nella diffusa superstizione popolare secondo
la quale ad ogni incremento sanzionatorio deve necessariamente conseguire una sicura
riduzione dei reati presi di mira e come ulteriore effetto – ci scusiamo per la malizia – un
certo aumento di consensi, anche questa volta il legislatore ha scommesso sul diritto penale.
Lo ha fatto assegnandogli l’improprio ruolo di apripista di una più ampia riforma della
materia, per giunta ricorrendo a soluzioni sanzionatorie che non esitiamo a definire
“drastiche”. Ciò senza tener conto, non soltanto di vizi tecnici evidenti, peraltro emersi in
sede emendativa, ma anche del problematico collegamento tra la funzione preventiva della
pena e i reati colposi. Fermo restando che riesce comunque difficile immaginare una
funzione preventiva della pena davvero efficace anche rispetto a quelle fattispecie – che qui
in taluni casi ricorrono – le quali implicano segmenti iniziali dolosi, nonché a quelle che
contemplano veri e propri reati dolosi con il ruolo di presupposti dei più gravi reati di
omicidio o lesioni personali stradali. Non fosse altro perché l’evento finale rimane pur
sempre colposo».

7
profili critici la nuova normativa si porta con sé, sarebbe anche la questione
relativa al fatto che un omicidio colposo diversamente cagionato viene
sanzionato in modo assai meno severo.

In generale, è la tenuta stessa del testo, su un piano anzitutto letterale, a


presentare dei problemi di costituzionalità che ictu oculi parrebbero
insormontabili. Ciò, tuttavia, non significa che non vi siano anche aspetti
che meritano apprezzamento: tuttavia, nel gioco del bilanciamento, essi
vengono sostanzialmente soverchiati dai profili critici che, come si vedrà,
investono quasi ogni aspetto della nuova normativa.

8
1.2. Il contenuto del nuovo art. 589 bis c.p.

I nuovi artt. 589 bis e 590 bis c.p.5 hanno dunque introdotto i reati di
omicidio e di lesioni personali stradali6. Per quanto concerne il nuovo art.

5
Il testo completo dell'articolo è il seguente: «chiunque cagioni per colpa la morte di una
persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con
la reclusione da due a sette anni. Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in
stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica conseguente all'assunzione di sostanze
stupefacenti o psicotrope ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera c), e
187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa la morte di una
persona, è punito con la reclusione da otto a dodici anni. La stessa pena si applica al
conducente di un veicolo a motore di cui all'articolo 186-bis, comma 1, lettere b), c) e d),
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il quale, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi
dell'articolo 186, comma 2, lettera b), del medesimo decreto legislativo n. 285 del 1992,
cagioni per colpa la morte di una persona. Salvo quanto previsto dal terzo comma,
chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica ai sensi
dell'articolo 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni
per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. La pena
di cui al comma precedente si applica altresì: 1) al conducente di un veicolo a motore che,
procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella
consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una
velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagioni per
colpa la morte di una persona; 2) al conducente di un veicolo a motore che, attraversando
un'intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando contromano, cagioni
per colpa la morte di una persona; 3) al conducente di un veicolo a motore che, a seguito di
manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni,
curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un
attraversamento pedonale o di linea continua, cagioni per colpa la morte di una persona.
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti la pena è aumentata se il fatto è commesso da
persona non munita di patente di guida o con patente sospesa o revocata, ovvero nel caso in
cui il veicolo a motore sia di proprietà dell'autore del fatto e tale veicolo sia sprovvisto di
assicurazione obbligatoria. Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora l'evento non
sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole, la pena è diminuita
fino alla metà. Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora il conducente cagioni la
morte di più persone, ovvero la morte di una o più persone e lesioni a una o più persone, si
applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse
aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni diciotto».

6
Secondo il quale «chiunque cagioni per colpa ad altri una lesione personale con violazione
delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da tre
mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le lesioni gravissime. Chiunque,
ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione
psicofisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi
rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera c), e 187 del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa a taluno una lesione personale, è punito con la
reclusione da tre a cinque anni per le lesioni gravi e da quattro a sette anni per le lesioni
gravissime. Le pene di cui al comma precedente si applicano altresì al conducente di un
veicolo a motore di cui all'articolo 186 bis, comma 1, lettere b), c) e d), del decreto
9
589 bis c.p., attraverso tale riforma il legislatore prosegue negli interventi
normativi, avviati con la legge 21 febbraio 2006, n. 102 e il d.l. 23 maggio
2008, n. 92, convertito, con modificazioni, in legge 24 luglio 2008, n. 125,
volti a irrigidire il trattamento sanzionatorio dell'omicidio colposo e delle
lesioni personali colpose commessi con violazione delle norme sulla
disciplina della circolazione stradale, nonché da parte di persona che si sia
posta alla guida in stato di alterazione dovuta all'abuso di sostanze alcoliche
o stupefacenti.

La scelta legislativa realizzata con la legge n. 41/2016 è nel senso di rendere


autonome le fattispecie di reato di omicidio e lesioni personali colpose
commesse con violazione delle norme sulla circolazione stradale, prima
rispettivamente previste al secondo e terzo comma dell'art. 589 e al terzo
comma dell'art. 590.

legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il quale, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo
186, comma 2, lettera b), del medesimo decreto legislativo n. 285 del 1992, cagioni per
colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime. Salvo quanto previsto dal terzo comma,
chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica ai sensi
dell'articolo 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni
per colpa a taluno lesioni personali, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a tre
anni per le lesioni gravi e da due a quattro anni per le lesioni gravissime. Le pene di cui al
comma precedente si applicano altresì: 1) al conducente di un veicolo a motore che,
procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella
consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una
velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagioni per
colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime; 2) al conducente di un veicolo a motore
che, attraversando un'intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando
contromano, cagioni per colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime; 3) al
conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di
marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di
sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea
continua, cagioni per colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime. Nelle ipotesi di cui
ai commi precedenti la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona non munita di
patente di guida o con patente sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui il veicolo a motore
sia di proprietà dell'autore del fatto e tale veicolo sia sprovvisto di assicurazione
obbligatoria. Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora l'evento non sia esclusiva
conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà.
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora il conducente cagioni lesioni a più
persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni
commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni sette».

10
Il primo comma dell'art. 589 bis punisce l'omicidio colposo commesso con
violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale con la
reclusione da due a sette anni, come già previsto dal previgente secondo
comma dell'art. 589 c.p.

La Cassazione ha sottolineato che la disciplina sanzionatoria dell'art. 589


bis, primo comma, e quella del previgente art. 589, secondo comma, è la
medesima e, pertanto, sussiste piena continuità normativa e sanzionatoria
sotto tale profilo; del tutto distinto è, invece, il regime giuridico delle due
fattispecie succedutesi, atteso che la disposizione previgente costituiva,
unitamente a quella dell'omicidio colposo commesso con violazione delle
norme per la prevenzione di infortuni, ipotesi aggravata ad effetto speciale
del reato di omicidio colposo, mentre la nuova previsione dell'omicidio
stradale integra una ipotesi autonoma di reato7.

Il secondo della norma punisce con la reclusione da otto a dodici anni


l'omicidio colposo commesso da chi si sia posto alla guida di un veicolo a
motore in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per
litro (ai sensi dell'art. 186, secondo comma, lett. c), codice della strada)
ovvero in stato di alterazione psicofisica conseguente all'assunzione di
sostanze stupefacenti o psicotrope (ex art. 187 del codice della strada).
Trattasi della medesima situazione già prevista al terzo comma dell'art. 589,
che però fissava la sanzione nell'intervallo edittale compreso tra i tre e i
dieci anni di reclusione.

7
In tal senso Cass. pen., 1 marzo 2017, n. 29721, in Quotidiano giuridico, 2017, secondo
cui «se è vero che la disciplina sanzionatoria delle due disposizioni penali (art. 589-bis,
comma 1 e vecchio art. 589, comma 2, c.p.) è la medesima (reclusione da due a sette anni)
e pertanto sussiste piena continuità normativa e sanzionatoria sotto questo profilo, del tutto
distinto è il regime giuridico delle due fattispecie succedutesi, atteso che la disposizione di
cui all'art. 589, comma 2, c.p. costituiva, unitamente a quella dell'omicidio colposo
commesso con violazione delle norme per la prevenzione di infortuni, ipotesi aggravata ad
effetto speciale del reato di omicidio colposo, mentre la nuova previsione dell'omicidio
stradale, nella fattispecie base di cui all'art. 589-bis, comma 1, c.p. di nuova introduzione,
integra una ipotesi autonoma di reato».

11
Il terzo ed il quarto dell'art. 589 bis puniscono l'omicidio colposo commesso
da conducente in stato di ebbrezza con tasso alcolemico compreso tra 0,8 e
1,5 grammi per litro (ex art. 186, secondo comma, lett. b), del codice della
strada) con la pena da otto a dodici anni di reclusione, se trattasi di
conducenti di veicoli a motore che esercitino l'attività di trasporto di persone
o di cose, indicati all'art. 186 bis, primo comma, lett. b), c) e d), del codice
della strada ovvero con la pena da cinque a dieci anni di reclusione, se
trattasi di conducenti veicoli a motore non rientranti nelle particolari
categorie individuate al terzo comma della norma. Trattasi di situazioni che
la disciplina previgente non considerava specificamente e che, dunque,
ricadevano nella più mite previsione del secondo dell'art. 589, per i casi di
omicidio commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale.

Ai sensi dell'art. 359, terzo comma bis, c.p.p., introdotto dalla legge n.
41/2016, qualora il conducente rifiuti di sottoporsi agli accertamenti dello
stato di ebbrezza alcolica ovvero di alterazione correlata all'uso di sostanze
stupefacenti o psicotrope, è possibile procedere all'esecuzione coattiva delle
operazioni, secondo le modalità compiutamente precisate nella disposizione.
La pena da cinque a dieci anni di reclusione è applicata altresì, ai sensi del
quinto comma dell'art. 589 bis, ai conducenti veicoli a motore che abbiano
cagionato per colpa la morte di una persona: 1) procedendo in un centro
urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e
comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una
velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita
(la definizione di strade urbane ed extraurbane è contenuta all'art. 590
quinquies, c.p.); 2) attraversando un'intersezione con il semaforo disposto al
rosso ovvero circolando contromano; 3) a seguito di una manovra di
inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di
intersezioni, curve o dossi ovvero a seguito di sorpasso di un altro mezzo in
corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua.

12
Anche tali situazioni erano riconducibili nella disciplina previgente alla
previsione di cui al secondo comma dell'art. 589, con trattamento
sanzionatorio più mite di quello attualmente stabilito.

Le pene previste nei commi precedenti sono, infine, aumentate se il fatto è


commesso da persona non munita di patente di guida o con patente sospesa
o revocata ovvero nel caso in cui il veicolo a motore sia di proprietà
dell'autore del fatto e tale veicolo sia sprovvisto di assicurazione
obbligatoria (sesto comma). La pena è, invece, diminuita fino alla metà
qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione
del colpevole (settimo comma).

Un ulteriore circostanza aggravante ad effetto speciale è prevista all'art. 589


ter, per il caso in cui l'autore del delitto di omicidio stradale si dia dato alla
fuga.

L'ultimo comma dell'art. 589 bis c.p., ripetendo il disposto del quarto
comma dell'art. 589 c.p., per i casi di pluralità di eventi lesivi, stabilisce che,
qualora il conducente cagioni la morte di più persone, ovvero la morte di
una o più persone e lesioni a una o più persone, debba applicarsi la pena che
dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata
fino al triplo, purché pena non superi gli anni diciotto di reclusione (quindici
anni è invece il limite previsto all'art. 589 c.p.), configurando dunque una
nuova ipotesi di concorso formale di reati.

Ancora, da segnalare che il giudizio di bilanciamento tra le circostanze


aggravanti previste in tale norma e nell'art. 589 ter incontra i limiti ora
fissati all'art. 590 quater. Infine, i termini di prescrizione del reato sono
raddoppiati ai sensi del secondo comma dell'art. 157 c.p.

13
1.3. I profili critici della nuova disposizione

Un evidente profilo problematico della novella legislativa in materia di


omicidio stradale attiene al principio della colpevolezza. Va premesso,
anzitutto, che la colpevolezza si è imposta, nel corso degli anni, come
imprescindibile principio di civiltà giuridica, divenendo, insieme al fatto
materiale, il secondo elemento portante dei moderni sistemi di diritto
penale, stante l’esigenza dell’imputazione anche soggettiva del fatto
all’autore e il rigetto di ogni responsabilità penale nei casi di impossibilità
del soggetto di dominare l’evento lesivo e, quindi, di un diverso agire8.

La colpevolezza è da intendersi come responsabilità per il fatto proprio


colpevole, in cui la colpevolezza, normativa ed individualizzabile, riguarda
l’atteggiamento psichico antidoveroso nei confronti del singolo fatto e non
gli elementi personalistici estranei a questo atteggiamento concreto.
All’agente, difatti, viene rimproverato un fatto proprio compiuto con un
certo grado di partecipazione psichica, non una attitudine personale, una
qualità, una condotta di vita9.

Alla luce di queste considerazioni, appare piuttosto evidente, già ictu oculi,
come la novella legislativa in materia di omicidio stradale sia difficilmente
compatibile con il principio di colpevolezza.

8
Nell’ambito della copiosa produzione scientifica in tema di colpevolezza, si vedano, tra
gli altri, gli autorevoli contributi di T. Padovani, Appunti sull’evoluzione del concetto di
colpevolezza, in Rivista italiana, 1973, p. 554 ss,; S. Moccia, Il diritto penale tra essere e
valore, cit., p. 83 ss.; C. Roxin, Politica criminale e sistema del diritto penale. Saggi di
teoria del reato, trad. it. a cura di S. Moccia, Napoli, 2009, p. 149 ss.; R. Bartoli,
Colpevolezza tra personalismo e prevenzione, Torino, 2005, p. 1 ss.; D. Pulitanò, Una
sentenza storica che restaura il principio di colpevolezza, in Rivista italiana di diritto
processuale penale, 1988, p. 686 ss.

9
Si veda, sulla nozione di colpa d’autore, M.G. Tuzzato, La colpa d’autore nel diritto
penale, in Archivio penale, 2008, p. 228 ss.

14
Si è osservato, in particolare, che assodato che l'imputabilità costituisce un
presupposto della colpevolezza, ossia un elemento indispensabile per
rimproverare ad un soggetto il suo comportamento, a seguito della riforma il
legislatore rimprovera determinati comportamenti ricorrendo a vere e
proprie finzioni giuridiche, derogando alla regola generale secondo cui il
soggetto deve essere capace di intendere e di volere al momento del fatto.

Invero, gli artt. 92 e ss. del codice Rocco testimoniano che il legislatore ha
tradizionalmente fatto ricorso a tali espedienti in un'ottica decisamente
preventiva ed autoritaria10.

Si tratta, evidentemente, di una cornice normativa difficilmente compatibile


con il principio della responsabilità personale, ed in particolare con la
nozione di diritto penale del fatto, in quanto nelle diverse ipotesi di
ubriachezza ed assunzione di sostanze stupefacenti non accidentali, si
individuano, piuttosto che ipotesi di responsabilità oggettiva, vere e proprie
fattispecie di colpa d'autore, nelle quali, cioè, ad essere colpiti sono la
condotta di vita e l'atteggiamento interiore del soggetto, più che il fatto in
sé11.

Il legislatore, dunque, pare aver costruito una fattispecie che configura una
responsabilità oggettiva occulta: la responsabilità oggettiva12 costituisce un
vero e proprio vulnus nel sistema penale. Essa consiste sia nella
responsabilità oggettiva per l’evento, laddove esso è posto altrimenti a
carico dell’agente come conseguenza della sua azione o omissione, sulla

10
D. D'Auria, Omicidio stradale: prime osservazioni, cit., p. 437.

11
Si veda, sulla nozione di colpa d’autore, M.G. Tuzzato, La colpa d’autore nel diritto
penale, cit., p. 228 ss.

12
Nella vastissima bibliografia sul tema, si vedano S. Moccia, Il problema della
responsabilità oggettiva tra principio di tipicità e principio di colpevolezza, in G. Giostra,
G. Insolera (a cura di), Costituzione, diritto e procedura penale, Milano, 1998, p. 141 ss.;
A. Pagliaro, Colpa e responsabilità obiettiva, in Rivista italiana, 1988, p. 387 ss.

15
base del semplice rapporto di causalità, indipendentemente dal dolo e dalla
colpa, che possono anche sussistere, ma non sono richieste; sia nella
responsabilità oggettiva per un elemento del fatto, diverso dall’evento, che
viene posto a carico dell’agente per il solo fatto della sua oggettiva
esistenza, anche se non conosciuto dall’agente e nemmeno conoscibile13.

La responsabilità oggettiva occulta, in particolare, ha ad oggetto quelle


ipotesi che si annidano nello stesso concetto di colpevolezza e nelle sue
specifiche forme del dolo e della colpa, quando non siano non solo
concepite, ma anche concretamente applicate in termini di autentica
responsabilità colpevole. Mentre la responsabilità oggettiva espressa può
essere cancellata con interventi abrogativi del legislatore, più arduo, invero,
appare liberare il diritto penale e soprattutto la prassi giudiziaria dalle
ipotesi di responsabilità oggettiva occulta, che, a dire il vero, dipendono
spesso anche da una conclamata difficoltà dei giudicanti nella prova
dell’elemento soggettivo del reato.

Nell'ipotesi dell'omicidio stradale, infatti, è evidente il tentativo del


legislatore di sanzionare un soggetto al quale, tuttavia, non sarebbe possibile
muovere alcun rimprovero in quanto non è in grado di autodeterminarsi
secondo i valori espressi dall'ordinamento giuridico, nel senso che non è
capace di esprimere un giudizio in merito al proprio comportamento: il
soggetto, infatti, non è in grado nemmeno di comprendere il carattere
offensivo concreto del proprio comportamento.

Ciò si ricollega alla funzione educativa della pena di cui a breve si dirà: se il
soggetto non è in grado di comprendere il disvalore del proprio
comportamento, non sarà in grado di capire per quale ragione gli viene

13
Si v. F. Dassano, La colpa in re illicita: verso il superamento della responsabilità
oggettiva, in AA.VV., Scritti in memoria di Giuliano Marini, Milano, 2010, p. 280 ss.

16
comminata una pena, e dunque la funzione rieducativa di quest'ultima non
riuscirà a dispiegare i propri effetti.

Va segnalato, ancora, che anche la nuova fattispecie colposa introdotta dal


legislatore pare confliggere con il principio di colpevolezza, in quanto è
stata di fatto introdotta una vera e propria fictio iuris, nel senso che è stata
determinata una anticipazione della valutazione dell'elemento soggettivo ad
un momento antecedente rispetto a quello nel quale viene posta in essere la
condotta incriminata, ossia quella in cui il futuro conducente assume la
sostanza alcolica o stupefacente.

L'assunzione di tali sostanze, del resto, non costituisce ex sé un fatto di


reato, ed anzi è del tutto estranea al fatto tipico. Sebbene si tratti di una
materia piuttosto delicata, l'impressione è che il legislatore non abbia
nemmeno provato a configurare una fattispecie compatibile con il principio
di colpevolezza, mirando, piuttosto, alla introduzione di una fattispecie in
grado di colpire positivamente l'opinione pubblica.

Resta da chiedersi come il legislatore avrebbe potuto "salvare" la fattispecie.


Secondo parte della dottrina, il legislatore, al fine di reprimere tali
comportamenti che, obiettivamente, destano grande allarme sociale, avrebbe
potuto fare ricorso ad una norma di parte speciale, come ad esempio quella
prevista dal legislatore tedesco nel par. 323 StGB, al fine di sanzionare il
conducente che ha assunto sostanze stupefacenti o alcooliche che procura la
morte di una persona per essersi posto in una incapacità di intendere e di
volere.

Sostanzialmente, quindi, l'utilizzo di alcool e sostanze stupefacenti potevano


diventare fattispecie di pericolo, punibili solo nel momento in cui si fosse
realizzato l'ulteriore reato dovuto allo stato di incapacità14.

14
D. D'Auria, Omicidio stradale: prime osservazioni, cit., p. 438.

17
Secondo questa ricostruzione, dunque, ferma restando l'inopportunità di
punire l'assunzione di tali sostanze quando tale atto non determini
conseguenze negative apprezzabili nei confronti del resto dei consociati, il
diritto penale potrebbe intervenire irrogando una pena solo nel caso in cui
dall'assunzione di tali sostanze siano derivate lesioni di beni meritevoli di
tutela al cospetto della comunità dei consociati.

Tale impostazione, infatti, pare essere l'unica compatibile con il principio di


colpevolezza.

Altro profilo critico concerne l'eccessiva severità del quadro sanzionatorio.


La finalità repressivo-deterrente della pena, lungi dall’essere attendibile
sotto il profilo dell’efficienza, disorienta i consociati, in quanto l’afflizione
delle sanzioni severe ed eccessive è avvertita dall’individuo come un abuso
di potere e provoca un senso di insofferenza nei confronti dell’ordinamento.
Inoltre, al fine di trattenere la comunità dal commettere delitti, finirebbe per
degradare il reo a mero strumento per l’altrui intimidazione.

E come pure è stato affermato già da Cesare Beccaria, la finalità della pena
non è quella di infliggere un male, quanto, piuttosto, una funzione
generalpreventiva, con l'obiettivo di dissuadere altri dal commettere reati15.

L’irrinunciabilità delle garanzie costituzionali comporta l’ammissibilità dei


soli scopi positivi della prevenzione generale e speciale, i quali confluiscono
unitariamente nell’impostazione della pena come integrazione sociale. Sul
piano generale sono costituiti dal rafforzamento della coscienza sociale e
dall’aggregazione dei consensi intorno ai valori fondamentali su cui si fonda

15
C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, cit., par. XV, p. 32 ss..

18
l’ordinamento giuridico; sul piano individuale, dal recupero sociale per il
condannato che lo desideri, e comunque dalla non desocializzazione16.

Proporzionalità e ragionevolezza della pena, dunque, sono due garanzie


ineliminabili, in quanto strettamente connesse alla funzione rieducativa della
sanzione penale di cui si è già detto in precedenza. Orbene, anche in
relazione a tali principi la novella legislativa in materia di omicidio stradale
solleva numerose perplessità.

Si è sostenuto, in particolare, che le caratteristiche del reato disegnato dal


legislatore si pone in contrasto con sanzioni che contraddistinguono
l'omicidio volontario. Il legislatore, infatti, ha introdotto delle pene che sono
analoghe a quelle dell'omicidio preterintenzionale, e addirittura superiori
nella cornice edittale minima.

Senza considerare, poi, i divieti di diminuzione per effetto delle attenuanti


che, in determinate ipotesi, fanno sì che sia preferibile contestare il delitto di
omicidio doloso, la cui sanzione può essere significativamente ridotta
semplicemente riconoscendo le attenuanti generiche.

Tale incongruenza rischia di essere considerata illegittima dalla Corte


Costituzionale. Da un punto di vista più generale, la scelta del legislatore
sembra errata in partenza, perché è noto che non è con un inasprimento delle
pene che è possibile ottenere risultati migliori, diminuendo i reati: si pensi,
ad esempio, a quanto accaduto in tema di violenza sessuale.

Questo non significa che il legislatore non doveva intervenire, perché


l'allarme sociale destato dalla tematica era notevole e meritava una risposta:
tuttavia, il legislatore ha fatto ricorso ad una cornice sanzionatoria del tutto
incompatibile con un delitto colposo.

16
Cfr. C. Iasevoli, Diritto all’educazione e processo penale minorile, cit., p. 73:
«l’ordinamento del nostro paese contiene i presupposti normativi - forse non i connotati
effettuali – per realizzare in positivo lo scopo dei socializzanti della pena».

19
Il problema degli incidenti stradali richiede interventi seri e ponderati, e non
delle misure superficiali che rischiano di essere sgretolate dagli interventi
della giurisprudenza a causa della palese violazione di una serie di principi
costituzionali17.

Del resto, la Corte Costituzionale in più occasioni ha riconosciuto la


necessità che venga rispettato il principio di proporzione tra l'illecito e la
sanzione, quale corollario del principio di ragionevolezza. La Consulta,
infatti, ha chiarito che allo stesso modo di quello che si verifica per la
configurazione delle fattispecie astratte di reato, anche la cornice edittale è
riservata alla discrezionalità del legislatore, in quanto tale discrezionalità
risponde ad esigenze di tipo politico.

Orbene, la discrezionalità del legislatore può essere sindacata solo nel caso
in cui sia espressione di manifesta irragionevolezza o arbitrio, come ad
esempio si verifica nel caso in cui fattispecie simili siano sanzionate con
pene del tutto disomogenee18.

Al fine di verificare l'esistenza di disomogeneità, è necessario ricorrere al


c.d. tertium comparationis19. Secondo la Consulta, infatti, pur in presenza di
forti squilibri sanzionatori, non può intervenire in assenza di punti di
riferimento ben precisi20.

17
Organismo Unitario Avvocatura. Commissione di diritto penale, Osservazioni su
omicidio stradale, in www.oua.it, 18 dicembre 2015. Secondo la Commissione «non si
comprende, a titolo di mero esempio, quale sia l’elemento differenziante tra l’aver
commesso un omicidio stradale per un’ingestione minima di sostanza alcolica e l’uso del
cellulare alla guida».

18
Corte Cost., 23 marzo 2012, n. 68, in www.giurcost.org.

19
In tal senso Camera dei deputati, Introduzione dei reati di omicidio stradale e lesioni
personali stradali. Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale,
Dossier n. 155, 22 ottobre 2015, p. 6.

20
Corte Cost., 2 febbraio 2007, n. 22, in www.giurcost.org.

20
Proprio con riguardo alle infrazioni stradali, la Corte ha anche di recente
ribadito che il legislatore ha piena discrezionalità nella scelta della cornice
edittale considerata adeguata, sempre che tale atteggiamento non trasmodi in
totale irragionevolezza21.

Resta da verificare, dunque, cosa succederà nell'ipotesi, assai probabile, in


cui venga richiesta una verifica della legittimità costituzionale della
fattispecie introdotta dal legislatore. Nel frattempo, la dottrina, come detto,
ha rilevato la sproporzione tra sanzione e fatto commesso.

Si è osservato, in particolare, che a destare dubbi ulteriori è soprattutto


l'aumento della pena nel caso in cui il conducente guidi con patente revocata
o sospesa, oppure laddove superi il limite di velocità oppure passi con il
rosso: in tutte queste ipotesi, infatti, viene punito con la pena prevista per il
reato preterintenzionale un fatto tipicamente colposo.

Il reato di omicidio colposo è punito dal codice penale con la pena che va da
sei mesi a cinque anni: l'omicidio stradale con alterazione psico-fisica,
fattispecie anch'essa colposa, è invece sanzionato con una pena che va dagli
8 ai 12 anni. Ciò significa che il legislatore, nel disegno della cornice
edittale, non ha tenuto conto del fatto che la giurisprudenza ha
tradizionalmente sottolineato che l'omicidio posto in essere in stato di
ebbrezza o durante l'assunzione di sostanze stupefacenti deve essere
necessariamente considerato una fattispecie di reato colposa, e non
dolosa.22.

L'irragionevolezza della sanzione, che pare essere del tutto sproporzionata al


fatto commesso, ha indotto parte della dottrina a sospettare che il legislatore
abbia configurato un reato d'evento non colposo.

21
Corte Cost., 9 ottobre 2015, n. 198, in www.giurcost.org.

22
E. Massaccessi, Omicidio stradale, in Newstown. La notizia della città che cambia, 14
aprile 2016.

21
Si è sostenuto, in proposito, che se si guardano gli artt. 589 e 590 c.p. in una
prospettiva sistematica, è piuttosto arduo cercare di giustificare in maniera
ragionevole una differenza sanzionatoria così significativa. Pare evidente,
dunque, che il legislatore ha concepito l'omicidio stradale non in termini di
colpa, ma di dolo misto a colpa23.

Alla luce di queste considerazioni, si è ritenuto che il legislatore abbia


delineato una fattispecie di reato caratterizzata dalla presenza di un elemento
soggettivo che si colloca in una posizione ibrida, intermedia tra il dolo e la
colpa, anche se più "vicina" al primo che alla seconda. Un qualcosa di
simile alla c.d. recklessness, un elemento psicologico del reato di gravità
intermedia tra intention e negligence, tipico della dottrina anglosassone.

Il legislatore, in altri termini, avrebbe inteso punire una colpa piuttosto


intensa, caratterizzata da una irragionevole assunzione del rischio, che è
stata definita "sconsideratezza"24.

La sconsideratezza si concretizza nel comportamento di chi, pur non


volendo l'evento, si produce comunque in un fatto dal disvalore piuttosto
intenso con una condotta che, di base, ha comunque un fondamento di

23
E. Squillaci, Ombre e (poche) luci nella introduzione dei reati di omicidio e lesioni
personali stradali, cit., p. 6 s. L'A. osserva che «è ovvio che il conducente non
risponderebbe dei reati di omicidio o lesioni personali stradali, ma solo di quelli previsti
dagli artt. 186, comma 2, lett. b) e c), e 187 d.lgs. n. 285/1992, se l’evento – malgrado
l’anomalia delle sue condizioni soggettive – risultasse inevitabile, ossia non commesso per
colpa. Non vi è dubbio, infatti, che questo segmento delle disposizioni risulta già di per sé
particolarmente grave. La violazione della regola cautelare, al contrario di ciò che avviene
di norma, è autonomamente sanzionata, nel senso che costituisce reato anche a prescindere
dal verificarsi di ogni evento19. Peraltro, l’elemento soggettivo che contrassegna la
trasgressione di una simile regola è il dolo e per di più l’evento che in conseguenza si
determina implica una condotta ulteriormente colposa».

24
La "sconsideratezza", come terza via dell'elemento psicologico (anche con riferimento
alla circolazione stradale), è stata ipotizzata, tra gli altri, da F. Curi, Tertium datur. Dal
common law al civil law per una scomposizione tripartita dell’elemento soggettivo del
reato, Milano, 2003, p. 226 ss.; E. Squillaci, Ombre e (poche) luci nella introduzione dei
reati di omicidio e lesioni personali stradali, cit., p. 8.

22
volontarietà25: si tratta di imprudenza avventata, disprezzo consapevole
delle regole cautelari, finanche temerarietà.

Intesa in questi termini, la sconsideratezza si atteggia come fattispecie


intermedia tra dolo e colpa, e la sua introduzione nel nostro ordinamento si
renderebbe necessaria per ovviare alla eccessiva rigidità dello schema
tradizionale imperniato sulla dicotomia tra dolo e colpa26.

Pur collocandosi in via intermedia tra il dolo e la colpa, la sconsideratezza è


cosa ben diversa dalla preterintenzione, la quale pare invero risolversi in una
vera e propria responsabilità oggettiva occulta. Allo stesso modo, la
sconsideratezza si distingue dal dolo eventuale, sebbene, almeno in
relazione al reato di omicidio stradale, proprio a tale elemento psicologico
essa può essere maggiormente avvicinata.

Rispetto al dolo eventuale, tuttavia, manca del tutto la volizione dell'evento,


sussistendo, al massimo, una creazione volontaria dell'evento estremamente
pericoloso. La sconsideratezza, intesa in questi termini, si discosta anche
dalla colpa cosciente, presentando un grado di maggiore disvalore e, quindi,
riprovevolezza.

L'evento che il conducente si prefigura, infatti, deve essere "voluto" in


termini maggiori della mera previsione che caratterizza normalmente la

25
Come è stato osservato da F. Curi, Tertium datur. Dal common law al civil law per una
scomposizione tripartita dell’elemento soggettivo del reato, cit., p. 4, «è innegabile che
l’esigenza di rimodellare il tradizionale schema binario dolo/colpa, individuando una figura
intermedia di ascrizione della responsabilità, costituisce anche una diretta conseguenza del
progresso tecnologico e scientifico, a fronte del quale il diritto penale di tipo tradizionale
cede il passo ad un modello di intervento più moderno, orientato alla salvaguardia in chiave
avanzata di interessi diffusi ovvero di complesse ed eterogenee condizioni di sicurezza
della collettività, prima ancora che alla protezione di beni giuridici dalla fisionomia ben
circoscritta. Sui rischi di una torsione dei principi fondamentali del diritto penale, nel caso
in cui quest’ultimo venga impiegato, al contempo, quale “catalizzatore” e “mezzo di
governo” dei più disparati fattori di instabilità sociale alimentati dallo sviluppo della
modernità».

26
E. Squillaci, Ombre e (poche) luci nella introduzione dei reati di omicidio e lesioni
personali stradali, cit., p. 9.

23
colpa cosciente. In tale ultima situazione, infatti, come chiarito dalla
Cassazione in versione nomofilattica, ci si trova, in maniera consapevole,
all'interno di una situazione rischiosa e, a causa di imperizia,
irragionevolezza o sciatteria, il soggetto decide di non agire come sarebbe
stato doveroso fare27.

La sconsideratezza, invece, non si risolve in un mero malgoverno del rischio


creato, richiedendo, piuttosto, una avventatezza eccessiva, una volontaria
creazione del pericolo, come ad esempio si verifica nelle ipotesi descritte
dagli artt. 186 e 187 del codice della strada, in tutti quei casi in cui
conseguano la morte o le lesioni.

Intesa in questi termini, nei quali è piuttosto evidente che la sconsideratezza


richiede un quid pluris rispetto alla colpa cosciente, è agevole comprendere
che tale figura si discosta anche dalla colpa grave, la quale, come è stata
definita dal decreto Balduzzi in materia di responsabilità medica, consiste in
una divergenza del comportamento tenuto rispetto alle "linee guida" e alle
"buone pratiche" accreditate dalla comunità scientifica, ossia a regole
cautelari prescrittive di specifici comportamenti28.

Le soglie di rischio dei reati di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p., dunque,
paiono ricondurre all'elemento psicologico della "sconsideratezza",
soprattutto se si tengono a mente alcune delle regole cautelari descritte dalle
disposizione oggetto di analisi.

Si pensi alle ipotesi di guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze


stupefacenti: si tratta infatti di reati che, secondo quella che è la comune
27
Cass. pen., SS.UU., 24 aprile 2014, n. 38343, in www.plurisonline.it.

28
Per una disamina del requisito della colpa grave in materia di responsabilità medica, nella
sterminata produzione bibliografica si v. A. D'Andrea, P. Molino, I reati colposi
nell'attività medico-chirurgica, in Cassazione penale, 6, 2016, p. 112 ss.; G.M. Caletti, Non
solo imperizia: la Cassazione amplia l'orizzonte applicativo della Legge Balduzzi. Nota a
Cass. sez. IV pen. 9 ottobre 2014, n. 47289; Cass. sez. IV pen. 19 gennaio 2015, n. 9923, in
Diritto penale e processo, 9, 2015, p. 1147 ss.

24
esperienza, vengono posti in essere con dolo, sebbene il loro carattere di
contravvenzione ne permette la possibilità di configurarli in termini di dolo
ed in termini di colpa.

In tali fattispecie, il profilo soggettivo rappresentato dalla causazione di un


pericolo intollerabile si connette a quello oggettivo costituito dalla
violazione di una norma cautelare di carattere tassativo che potrebbe essa
stessa configurare una ipotesi autonoma di reato29.

Altri indici sintomatici della caratterizzazione di tali fattispecie in termini di


sconsideratezza, poi, sembrano rinvenirsi anche nella violazione di quelle
regole cautelari che, pur non integrando autonome fattispecie di reato,
richiamano comunque una soglia di rischio assai elevata.

Si pensi al superamento dei limiti di velocità previsti dal codice della strada:
si tratta di una ipotesi che evidenzia una eccessiva avventatezza da parte
dell'autore, in quanto idonea ad esporre ad un pericolo molto grave i beni
giuridici tutelati dagli artt. 589 bis e 590 bis c.p.

Va segnalato, in conclusione, che la costruzione di tali fattispecie in termini


di sconsideratezza sembra essere l'unica via per salvare la novella
legislativa, altrimenti del tutto irragionevole e sproporzionata nel
trattamento sanzionatorio. Resta comunque il fatto che si tratta pur sempre
di una soluzione "forzata", che pone pur sempre delle problematiche
interpretative: meglio avrebbe fatto il legislatore a descrivere in termini del
tutto diversi e meno superficiali le ipotesi delittuose in esame.

Altro profilo critico della novella legislativa, poi, riguarda la compatibilità


della fattispecie di omicidio stradale con la finalità rieducativa della pena30.

29
E. Squillaci, Ombre e (poche) luci nella introduzione dei reati di omicidio e lesioni
personali stradali, cit., p. 14.

30
Cfr. sul tema D. D'Auria, Omicidio stradale: prime osservazioni, in Diritto penale e
processo, 4, 2016, p. 432 ss.; F. Bartolini, Le innovazioni legislative in tema di delitti
25
Come è noto, nel nostro ordinamento giuridico è stato accolto il principio
del finalismo rieducativo della pena, alla luce dell'art. 27 Cost.: il terzo
comma dell'art. 27 Cost., in particolare, dispone che le pene devono tendere
alla rieducazione del condannato, ponendo il problema in merito a cosa
effettivamente debba intendersi per rieducazione.

Pare piuttosto evidente che la novella legislativa in materia di omicidio


stradale si presenta assai critica se analizzata con riguardo all'obiettivo
legislativo di rieducare il condannato mediante la sanzione penale.

Il legislatore, infatti, ha puntato su una cornice sanzionatoria severissima,


del tutto sproporzionata rispetto al disvalore del fatto posto in essere:
l'obiettivo, piuttosto evidente, è quello di puntare sull'effetto deterrente di
una sanzione assai afflittiva, sull'onda di una serie di drammatici episodi di
grande impatto presso l'opinione pubblica.

La sensazione, piuttosto diffusa, è che, come sottolineato in precedenza, si


tratti della classica legge "manifesto", ossia del classico provvedimento
emanato ad uso e consumo dell'opinione pubblica, per testimoniare la
capacità del governo di rispondere ad un fenomeno, quale quello degli
omicidi stradali, obiettivamente in crescita, ma utilizzando uno strumento
piuttosto inadeguato e "rozzo" dal punto di vista giuridico31.

Eppure l'esperienza dovrebbe insegnare che provvedimenti del genere, che


puntano esclusivamente sull'effetto deterrenza, assecondando una logica
repressiva e meramente sanzionatorio, non hanno mai prodotto benefici al
sistema, finendo solo con l'evidenziarne la sua totale irrazionalità.

commessi nella circolazione stradale, in Archivio giuridico della circolazione e dei sinistri
stradali, 5, 2016, p. 361 ss.

31
Così F. Bartolini, Le fattispecie aggravate di omicidio stradale: guida in stato di
ebbrezza o in stato di alterazione dovuta a stupefacenti, in Archivio giuridico della
circolazione e dei sinistri stradali, 11, 2016, p. 831 ss. Si v. sul tema anche D. Bianchi, I
nuovi delitti di omicidio e lesioni stradali (commento alla l. 23 marzo 2016, n. 41), in
Studium iuris, 6, 2016, p. 679 ss.

26
Il nuovo art. 589 bis c.p., pur lasciando inalterata la previsione della pena
della reclusione da due a sette anni in caso di omicidio colposo posto in
essere mediante la violazione delle disposizioni in materia di circolazione
stradale, sanziona, al secondo comma, con la pena della reclusione da otto a
dodici anni l’omicidio stradale commesso dal conducente in stato di grave
ebbrezza alcolica (oltre 1.5 g/l) o di alterazione psicofisica conseguente
all’assunzione di sostanze stupefacenti (nel caso di conducente
professionale, ai sensi del comma 3 dell’art. 589 bis c.p., è sufficiente un
tasso alcolico superiore a 0.8 g/l); al quarto comma, con la pena della
reclusione da cinque a dieci anni l’omicidio stradale commesso dal
conducente in stato di ebbrezza alcolica media (tra 0.8 g/l e 1.5 g/l); al
quinto comma, infine, con la stessa sanzione di cui al quarto comma
l'omicidio stradale commesso dal conducente che ecceda i limiti di velocità
(procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio
di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade
extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella
massima consentita) o che attraversi un’intersezione con il semaforo rosso o
che circoli contromano o che inverta la marcia in prossimità o in
corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un
altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea
continua.

Il legislatore ha poi previsto diversi aumenti di pena: la pena è aumentata se


il fatto è commesso da persona non munita di patente di guida o con patente
sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui il veicolo a motore sia di
proprietà dell'autore del fatto e tale veicolo sia sprovvisto di assicurazione
obbligatoria; qualora il conducente cagioni la morte di più persone, ovvero
la morte di una o più persone e lesioni a una o più persone, si applica la
pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse
aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni diciotto.

27
Ai sensi dell'art. 589 ter c.p., poi, per colui il quale, dopo essersi reso
colpevole di un omicidio stradale, si dia alla fuga, è previsto un aumento
della pena in un range che va da un terzo a due terzi, ed in ogni caso non
inferiore a cinque anni.

Parte della dottrina ha criticato l'espressione del legislatore: si è sostenuto,


in particolare, che essa si presenta del tutto infelice. Pare infatti piuttosto
evidente che è l'aumento della pena che non può essere inferiore a cinque
anni, e non la pena da irrogare, in quanto, se così non fosse, si
configurerebbe un trattamento del tutto ingiustificato favorevole ai
conducenti in stato di ebbrezza che si dia alla fuga, nel senso che sarebbe
sanzionato con una pena inferiore a quella minima di otto anni prevista dal
secondo comma dell'art. 589 bis c.p., che riguarda una ipotesi di minore
disvalore sociale, considerato che l'omicidio non è seguito dalla fuga32.

Va segnalato, in proposito, che il codice della strada già sanziona in maniera


autonoma, con una specifica fattispecie contenuta nell'art. 189, sesto
comma, la fuga a seguito di un sinistro stradale, punendola con la reclusione
da sei mesi a tre anni. Ne deriva che l'art. 589 ter c.p. si atteggia come
ipotesi speciale rispetto a quest'ultima fattispecie.

La cornice sanzionatoria sinteticamente delineata si mostra in tutta la sua


repressività, evidente persino nelle sanzioni accessorie: si pensi che in caso
omicidio stradale, finanche nel caso in cui venga concesso il beneficio della
sospensione condizionale della pena, segue sempre e comunque la revoca
della patente di guida, che potrà essere ottenuta nuovamente soltanto a
seguito di un iter piuttosto lungo e complesso. Addirittura, nell'ipotesi di
fuga a seguito di omicidio stradale, esso arriva fino a trent'anni.

La logica sottesa alla scelta del legislatore è chiaramente di matrice


retributiva: l'idea della pena retributiva legittima la punizione sulla base di
32
D. D'Auria, Omicidio stradale: prime osservazioni, cit., p. 432.

28
un'esigenza di giustizia "assoluta", svincolata cioè dalla considerazione di
un qualsivoglia finalità da raggiungere33 per la mancanza di altre finalità
rispetto alla mera inflizione della pena34 stessa.

Il legislatore avrebbe dovuto invece concepire l'omicidio stradale secondo la


teoria special preventiva, la quale, invece, concepisce la pena finalizzata a
che l'autore di un reato non ne commetta ulteriori; la pena, in tale
prospettiva, non ha carattere esemplare, ma è rivolta al singolo autore della
condotta antisociale. La prevenzione speciale in chiave rieducativa assume
anche un'accezione "positiva" dal momento che ha come fine quello di
incidere costruttivamente sulla personalità del singolo autore di reato
mediante il processo di risocializzazione.

La finalità repressivo-deterrente della pena, che il legislatore ha utilizzato


per l'omicidio stradale, lungi dall’essere attendibile sotto il profilo
dell’efficienza, presenta molteplici risvolti negativi: essa, infatti, disorienta i
consociati, in quanto l’afflizione delle sanzioni severe ed eccessive è
avvertita dall’individuo come un abuso di potere e provoca un senso di
insofferenza nei confronti dell’ordinamento. Inoltre, al fine di trattenere la
comunità dal commettere delitti, finisce per degradare il reo a mero
strumento per l’altrui intimidazione35.

Intesa in questi termini, la cornice sanzionatoria che caratterizza la


fattispecie di omicidio stradale si pone in contrasto con l'art. 27 Cost. e con

33
E. Dolcini, G. Marinucci, Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, 2012, p. 4.

34
Cfr. S. Moccia, Il diritto penale tra essere e valore, Napoli, 1998, p. 40.

35
E come pure è stato affermato da Cesare Beccaria «è evidente che il fine delle pene non è
di tormentare ed affliggere un essere sensibile, né di disfare un delitto già commesso […]
l’atrocità stessa della pena fa sì che si ardisce tanto più per ischivarla quanto è più grande il
male a cui si va incontro; fa sì che si commettono più delitti per fuggire la pena di uno
solo»: Dei delitti e delle pene, cap. XI.

29
la logica che ispira la concezione della pena nel nostro ordinamento
giuridico.

Il nostro ordinamento si fonda sul rispetto dell’uomo, il quale, anche se


delinque, va considerato come persona e mai "cosa"; il che rappresenta la
premessa fondamentale per il suo recupero sociale e tale principio
illuministico non può subire contraddizioni a meno di contraddire lo stesso
impianto normativo.

Orbene tali principi non sembrano essere stati tenuti in debita


considerazione dal legislatore nella redazione del reato di omicidio stradale.

30
Capitolo II

La successione delle leggi penali nel tempo

Sommario: 2.1. Il principio di irretroattività della legge penale; 2.2. I


profili critici in materia di successione della legge penale

2.1. Il principio di irretroattività della legge penale

Al fine di comprendere il principio di irretroattività della legge penale, è


indispensabile esaminare in primo luogo il principio di legalità, altro
principio fondamentale del diritto penale, del quale quello di irretroattività
costituisce un corollario.

Il principio di legalità36 è un principio fondamentale dell’ordinamento


giuridico e del diritto penale in particolare: è possibile distinguere una
nozione formale ed una sostanziale di legalità penale.

Il principio di legalità in senso formale comporta il divieto di sanzionare un


qualsiasi fatto che, all'atto della commissione, non è previsto dalla legge
come reato, e con pene che non siano da essa stabilite, in ossequio all’antico
brocardo "nullum crimen, nulla poena sine lege".

Per quanto concerne, invece, il principio di irretroattività37, esso deve essere


inteso nel senso che la legge penale si applica esclusivamente ai fatti

36
Nella vastissima bibliografia in materia di principio di legalità, si veda G. Vassalli,
Nullum crimen, nulla poena, sine lege, in Digesto delle discipline penalistiche, VIII,
Torino, 1994, p. 278 ss.; P.G. Grasso, Il principio “nullum crimen” sine lege nella
Costituzione italiana, Milano, 1972; M. Boscarelli, Nullum crimen sine lege, in EG. XXI,
Milano, 1990, p. 121 ss.

31
commessi dopo la sua entrata in vigore e che, quindi, non può trovare
applicazione per i fatti commessi prima della sua entrata in vigore;
corollario di tale principio è quello della non ultrattività, per effetto del
quale la legge non si applica ai fatti commessi dopo l’estinzione di una
determinata legge penale.

Il principio di irretroattività costituisce, evidentemente, anch’esso un


corollario del principio di legalità, ma ha carattere relativo e non assoluto.
Nel nostro ordinamento la successione delle leggi è disciplinata, per la legge
in generale, dall’art. 11 disp. prel., secondo cui «la legge non dispone che
per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo»; in diritto penale, invece, il
principio di irretroattività ha carattere relativo, in quanto l’art. 2 c.p. afferma
che nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo
in cui fu commesso, non costituiva reato, ma, allo stesso tempo, che se la
legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si
applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia
stata pronunciata sentenza irrevocabile.

La Corte Costituzionale ha sostenuto che nessun individuo, sospettato di


aver commesso un fatto di cui una disposizione contenuta nel codice penale
abbia escluso il carattere antigiuridico, potrebbe essere penalmente
condannato a seguito di una pronuncia della Corte medesima che dichiarasse
illegittima la norma stessa. Costituisce, infatti, un principio ineliminabile di
civiltà giuridica pretendere certezza ed irretroattività dei reati e delle

37
Sul quale si veda C. Esposito, Irretroattività e legalità delle pene nella nuova
Costituzione, in La Costituzione italiana, Padova, 1954, p. 90 ss.; P. Siracusano,
Successione di leggi penali I, Messina, 1988; C. Pecorella, L’efficacia nel tempo della legge
più favorevole, Milano, 2008; F. Bricola, Sub art. 25, commi 2 e 3 Cost., in G. Branca
(diretto da), Commentario della Costituzione, Bologna, 1981, p. 257 ss.

32
sanzioni penali, in quanto, diversamente, sarebbe tradito tutto l'impianto
costituzionale38.

Inteso in questi termini, e come sottolineato dalla Corte Costituzionale in


altra pronuncia, è piuttosto evidente che il principio di irretroattività è
funzionale ad evitare arbitri del legislatore. Ogni individuo, poi, deve
conoscere con certezza le conseguenze penali delle proprie azioni, esigenza
che sarebbe frustrata in assenza del principio i di irretroattività della legge
penale39.

38
Corte Cost. 2 giugno 1983, n. 148, in www.giurocost.org. Cfr. D.P. Triolo, La
successione di leggi penali nel tempo, Vicalvi, 2015, p. 12 ss.; R. Romano, Irretroattività
della legge penale e riforme legislative: reati tributari e false comunicazioni sociali, in
Rivista italiana di diritto processuale penale, 2002, p. 1250 ss.

39
Corte Cost. 23 novembre 2006, n. 394, in www.giucost.org. Cfr. M. Gambardella, L’art.
2 del codice penale, tra nuova incriminazione, abolitio criminis, depenalizzazione e
successione di leggi nel tempo, in Rivista italiana di diritto processuale penale, 2009, p.
1194 ss.

33
2.2. I profili critici in materia di successione della legge penale

Il principio di retroattività della legge penale più favorevole trova un limite


nella leggi temporanee ed in quelle eccezionali. Quanto alle prima, si tratta
di leggi la cui vigenza è sottoposta ad un termine prefissato dal legislatore,
allo scadere del quale vengono meno gli effetti della stessa senza un
ulteriore provvedimento del legislatore; le leggi eccezionali, invece, sono
emanate in presenza di una situazione eccezionale, appunto, cui debbono far
fronte, al termine della quale pure esse vengono meno, ma questa volta non
in via automatica, bensì mediante un provvedimento del legislatore.

Appare una deroga ragionevole, in quanto si tratta in entrambi i casi di leggi


chiamate a regolare situazioni contingenti e transeunti, per cui entrambe
presentano una ratio in comune: nel caso, assai più diffuso, in cui la legge
temporanea o eccezionale sia sostituita da una legge più favorevole, laddove
quest'ultima avesse carattere retroattivo, si avrebbe la garanzia di avere un
trattamento più favorevole, se non una vera e propria impunità, situazione
che priverebbe le leggi eccezionali di tutto il loro carattere deterrente.

Nella diversa ipotesi in cui ad una legge ordinaria succede una legge
eccezionale o temporanea più favorevole, in assenza del principio di
irretroattività della legge penale si verificherebbe l'estensione del
trattamento più favorevole, "pensato" per una situazione particolare, a
situazione preesistenti per le quali tale trattamento di favore non sarebbe
ragionevole40.

Il punctum dolens del principio di irretroattività riguarda i decreti legge non


convertiti e le leggi dichiarate incostituzionali, le quali cessano la loro

40
Cfr. sul tema F. Poli, Il principio della retroattività della legge penale più favorevole
nella giurisprudenza costituzionale ed europea, in Rivista dell'Associazione italiana dei
costituzionalisti, 3, 2012.

34
efficacia ex tunc, determinando la reviviscenza o la riespansione retroattiva
della legge che era stata sospesa totalmente o parzialmente dal decreto legge
o di quella che era stata abrogata o limitata dalla legge poi successivamente
oggetto della declaratoria di incostituzionalità.41.

Va segnalato, in proposito, che per quanto riguarda i fatti commessi prima


che fosse entrato in vigore il decreto non convertito o la legge dichiarata
incostituzionale, essi sono soggetti alla legge vigente al momento in cui
sono stati posti in essere, anche se il decreto o tale legge risulta essere più
favorevole.

Quanto, invece, ai fatti concomitanti, ossia posti in essere nel periodo in cui
vigeva il decreto poi non convertito o la legge poi dichiarata
incostituzionale, è necessario distinguere diverse ipotesi: la prima, che non
pone particolare dubbi, in cui vi è il decreto non convertito o la legge
dichiarata incostituzionale, più favorevoli, in cui trova applicazione la legge
più favorevole preesistente, che ha poi ripreso vigore, travolgendo anche
l'eventuale giudicato di condanna che sia nel frattempo intervenuto; la
seconda ipotesi è invece assai più controversa, riguardando il caso del
decreto non convertito o la legge dichiarata incostituzionale, più favorevoli,
situazione in cui si ritiene che si applichi il principio di retroattività della
legge più favorevole

Quello che è evidente, comunque, è che il principio di irretroattività della


legge penale è espressione di un alto grado di civiltà giuridica, e ciò spiega
il perché della sua costituzionalizzazione e del suo recepimento anche nel
diritto internazionale.42.

41
Si veda G. Dodaro, Principio di retroattività e “termini più brevi” di prescrizione dei
reati, in Giurisprudenza costituzionale, 2006, p. 4116 ss. E.M. Ambrosetti, Abolitio
criminis e modifica della fattispecie, Padova, 2004.

42
Così S. Vinciguerra, La riforma del sistema punitivo nella l. 24 novembre 1981, n. 689.
Infrazione amministrativa e reato, Padova, 1983. L'A. osserva che in sede internazionale
35
Il principio di irretroattività è posto a garanzia del cittadino, posto in tal
modo al riparo da arbitri del potere esecutivo e giudiziario. Esso consente
che ciascun cittadino, prima di agire, sia messo nella condizione di
conoscere come l'ordinamento considera la sua condotta, «di conoscere le
conseguenze a cui va incontro e di prevedere quale sarà la decisione
dell'autorità chiamata a valutare il suo operato, soprattutto quando è in gioco
la libertà personale. In tal senso il fondamento dell'irretroattività della legge
penale va individuato nell'esigenza di certezza a cui deve ispirarsi la legge
stessa»43.

L'irretroattività della legge penale, in tal modo, è espressione non tanto della
primazia del legislatore, quanto, piuttosto, della volontà di contenere gli
arbitri del legislatore medesimo44. Esso appresta pertanto adeguata tutela al
cittadino nei confronti di qualsivoglia invasione del potere politico, tanto è
vero che colpisce unicamente la norma penale sfavorevole, in quanto
occorre che ogni individuo, al fine di essere tutelato, non possa essere
oggetto di un trattamento più sfavorevole rispetto a quello che si ricava dalla
legislazione che all'atto della commissione dle fatto45.

pattizia è stato riconosciuto che «vi sono crimini così efferati che ispirano orrore alla
coscienza umana in ogni tempo ed in ogni luogo, sì che sono sempre punibili sebbene
consentiti o imposti in particolari contingenze ambientali». Tali "eccezioni" sono previste
dall'art. 7.2 CEDU («fatti ritenuti criminosi secondo i princìpi generali di diritto
riconosciuti dalle nazioni civili»), e dall'art. 15.2, Patto internazionale relativo ai diritti
civili e politici («azioni ed omissioni che quando furono commessi erano ritenuti criminosi
secondo i princìpi generali di diritto riconosciuti dal concerto delle nazioni»).

43
A. Cadoppi, Il principio di irretroattività, in G. Insolera, N. Mazzacuva, M. Pavarini, M.
Zanotti (a cura di), Introduzione al sistema penale, Milano, 2012, p. 115.

44
A. Martufi, Eccezioni alla retroattività favorevole e diritti fondamentali, in Diritto penale
e processo, 4, 2013, p. 489.

45
M. Siniscalco, Irretroattività delle leggi in materia penale, Milano, 1969, p. 97.

36
Tale principio si basa sull'esigenza di rendere certe le decisioni dei giudici e
preventivamente noto il contenuto della disposizione penale46. Tale ultima
funzione, tuttavia, si presenta essere del tutto subordinata e marginale
rispetto a quella di garanzia del consociato: l'irretroattività della legge
penale, infatti, si presta ad essere senza alcun dubbio utile ai fini della
prevenzione generale, ma non strettamente necessaria, in quanto tale
obiettivo può essere raggiunto anche perseguendo strade diverse dalla
irretroattività.

Si è comunque ritenuto che il combinato disposto del principio di


irretroattività e di quello di legalità sia indispensabile al fine di consentire
alla pena di assolvere alla sua finalità di intimidazione, quale strumento di
prevenzione generale47.

La retroattività della legge penale più favorevole, invece, assolve ad una


funziona fondamentale: la giurisprudenza, infatti, ha osservato il diritto ad
essere giudicati dalla legge più favorevole rappresenta un principio di civiltà
giuridica, posto a presidio di interessi costituzionalmente rilevanti, quali
quello di proporzionalità, uguaglianza e funzione rieducativa della sanzione
penale, con conseguente attribuzione, al giudice, il potere di rilevare
d'ufficio l'eventuale violazione, anche al cospetto di un ricorso per
cassazione inammissibile e non avente ad oggetto censure inerenti il profilo
sanzionatorio48.

La retroattività della legge favorevole consente anche di evitare l'illogicità


determinata all'applicazione di una disposizione penale non più attuale,

46
S. Vinciguerra, La riforma del sistema punitivo nella l. 24 novembre 1981, n. 689.
Infrazione amministrativa e reato, cit., p. 299.

47
G. Marinucci, E. Dolcini, Corso di diritto penale. Parte generale, Milano, 2001, p. 81.

48
Cass. pen., SS.UU., 26 giugno 2015, n. 46653, in Quotidiano giuridico, 2015, con nota di
ROMANO.

37
perché abrogata. In assenza delle disposizioni in materia di retroattività,
infatti, potrebbe essere punito un fatto il quale è divenuto penalmente lecito,
in quanto incapace di destare allarme o riprovazione sociale. Sanzionare un
fatto che non è più reato sarebbe altrettanto irragionevole quanto punire un
fatto che non era ancora reato al momento della sua commissione da parte di
un determinato soggetto.

La giurisprudenza ha riconosciuto il valore del principio di irretroattività


della legge penale, ma ha ritenuto tale principio fondamentale unicamente
nell'ambito penale. La Corte Costituzionale, in particolare, ha precisato che
il principio di irretroattività della legge non ha carattere universale, potendo
essere derogato in altri settori dell'ordinamento, in particolare nel diritto
civile49.

Il principio della irretroattività della legge, in definitiva, è considerato un


principio fondamentale unicamente nel diritto penale, in quanto in altri

49
Corte Cost., 26 gennaio 1994, n. 4, in www.giurcost.org. Tale principio era in realtà già
stato sancito da Corte Cost., 8 luglio 1957, n. 118, in www.giurcost.org, secondo cui «il
principio generale della irretroattività delle leggi - attualmente enunciato nell'art. 11 delle
disposizioni sulla legge in generale - rappresenta un'antica conquista della nostra civiltà
giuridica. Esso però non é mai assurto nel nostro ordinamento alla dignità di norma
costituzionale; né vi é stato elevato dalla vigente Costituzione, se non per la materia penale
(vano é appellarsi in contrario - come fa taluna delle ordinanze di rimessione - a precetti,
quali gli artt. 136 e 75 Cost., che hanno tutt'altro oggetto, e perciò non appaiono in alcun
modo incompatibili con l'emanazione di leggi retroattive). Per le materie diverse da quella
penale, l'osservanza del tradizionale principio é dunque rimessa - così come in passato - alla
prudente valutazione del legislatore, il quale peraltro - salvo estrema necessità - dovrebbe a
esso attenersi, essendo, sia nel diritto pubblico che in quello privato, la certezza dei rapporti
preferiti (anche se non definiti in via di giudicato, transazione, ecc.) uno dei cardini della
tranquillità sociale e del vivere civile. Con ciò non si vuole escludere che in singole
materie, anche fuori di quella penale, l'emanazione di una legge retroattiva possa rivelarsi
in contrasto con qualche specifico precetto costituzionale. Si vuole semplicemente
affermare il concetto che nel nostro ordinamento il principio della irretroattività della legge
non assurge, nella sua assolutezza, a precetto costituzionale. E si vuole in particolare
escludere che sia ricavabile dagli artt. 23, 24 e 25 Cost. (come si assume in talune delle
ordinanze di rimessione) un precetto costituzionale che escluda la possibilità di leggi
retroattive destinate comunque a incidere nella sfera degli interessi privati, sacrificandoli, o
nella sfera dell'autonomia privata, comprimendola. Come pure si vuole escludere che possa
essere considerato lesivo della sfera del potere giudiziario (e in particolare degli artt. 101,
102 e 104 Cost.) il fatto che da una legge retroattiva derivi ai giudici l'obbligo di applicarla
in relazione a rapporti sorti nel passato, e magari conclusi (ma non definiti), tanto più
quando la legge non appaia mossa dall'intento di influire sui giudizi in corso».

38
settori dell'ordinamento giuridico è riconosciuta, al legislatore, la facoltà di
prevedere norme retroattive, anche se non in via arbitraria: al fine di non
incorrere in una dichiarazione di incostituzionalità, infatti, è necessario che
la scelta del legislatore sia improntata ad un canone di ragionevolezza ed
adeguatezza.

39
Capitolo III

Omicidio stradale e legge penale nel tempo: profili critici

Sommario: 3.1. Premessa: l'omicidio stradale tra fattispecie di reato


autonoma o circostanza aggravante; 3.2. Successione delle leggi penali
nel tempo ed omicidio stradale

3.1. Premessa: l'omicidio stradale tra fattispecie di reato autonoma o


circostanza aggravante

La questione della successione delle leggi penali in materia di omicidio


stradale, posta anche all'attenzione della Corte di Cassazione a Sezioni
Unite, è la seguente: ci si chiede se, al cospetto di una condotta posta in
essere interamente sotto la vigenza di una legge penale più favorevole e di
un evento occorso sotto il vigore di una legge penale più sfavorevole, debba
trovare applicazione la cornice edittale in vigore all'atto della condotta, o
quella vigente al momento dell'evento.

Prima di soffermarci su tale questione, tuttavia, appare indispensabile


chiarire se la nuova fattispecie di omicidio stradale costituisce una
fattispecie di reato autonoma o una aggravante.

Va premesso che l'investimento del pedone è un ambito della circolazione


stradale nel quale si tende sovente a sovrapporre il piano della causalità con
quello della colpa.

Va segnalato, in proposito, che un primo indirizzo della giurisprudenza


attribuisce prevalenza all'ambito causale affermando che la responsabilità
del conducente va esclusa in tutte quelle ipotesi in cui la condotta del
40
pedone è stata talmente atipica ed imprevedibile da atteggiarsi come causa
unica ed esclusiva nella causazione dell'evento.

Un diverso orientamento, invece, che appare essere assai più condivisibile,


risolve la questione sul piano della colpa, in quanto attribuisce rilevanza al
piano della possibilità o meno di avvistare il pedone. Decisiva, dunque, è la
possibilità o meno di prevedere l'attraversamento50.

Secondo questa chiave di lettura, l'automobilista va esente da responsabilità


nel caso in cui non abbia violate regole cautelari: del resto, è proprio
l'avvistamento del pedone che fa scattare o meno la prevedibilità del
pericolo, che può essere scongiurato solo adottando la regola cautelare.

La pronuncia oggetto di analisi è espressione di questo secondo


orientamento, in quanto analizza il comportamento del pedone dal punto di
vista della prevedibilità/imprevedibilità.

La pronuncia, tuttavia, è interessante anche perché analizza il tema,


piuttosto discusso, del rapporto tra la nuova fattispecie di omicidio stradale
e la vecchia previsione dell'omicidio colposo aggravato dalla violazione
delle norme sulla disciplina della circolazione stradale di cui all’art. 589,
comma 2, c.p., mettendone in risalto - pur nella riconosciuta continuità
normativa e sanzionatoria - le differenze51.

La Cassazione, in proposito, ha ritenuto che se è vero che la disciplina


sanzionatoria delle due disposizioni penali (art. 589 bis, comma 1 e
vecchio art. 589, comma 2, c.p.) è la medesima (reclusione da due a sette

50
Cfr., sul tema, P. Cipolla, Le principali questioni in materia di reati stradali, in
Giurisprudenza di merito, 5, 2012, p. 1230 ss.; G. Grosso, Parere giudiziario di diritto
penale. In materia di responsabilità penale per la morte di un pedone in seguito ad
incidente stradale con pluralità di collisioni in successione, in Diritto e Formazione, 4,
2003, p. 671 ss.

51
Così D. D'Auria, Pedone investito e concorso di colpa: è più favorevole la disciplina
dell'omicidio stradale?, in Quotidiano giuridico, 23 giugno 2017.

41
anni) e pertanto sussiste piena continuità normativa e sanzionatoria sotto
questo profilo, del tutto distinto è il regime giuridico delle due fattispecie
succedutesi, atteso che la disposizione di cui all'art. 589, comma 2,
c.p. costituiva, unitamente a quella dell'omicidio colposo commesso con
violazione delle norme per la prevenzione di infortuni, ipotesi aggravata ad
effetto speciale del reato di omicidio colposo, mentre la nuova previsione
dell'omicidio stradale, nella fattispecie base di cui all'art. 589 bis, comma 1,
c.p. di nuova introduzione, integra una ipotesi autonoma di reato.

Ancora, la Suprema Corte di legittimità ha concluso affermando che le


fattispecie tipizzate negli artt. 589 bis e 590 bis c.p. (omicidio stradale e
lesioni personali stradali gravi e gravissime), introdotti dall'art. 1 della legge
23 marzo 2016, n. 41, costituiscono fattispecie autonome e non ipotesi
aggravate dei reati di omicidio colposo e lesioni colpose.

In questo senso si è espressa la Cassazione anche in una pronuncia di


qualche mese successiva, nella quale, rispondendo al quesito se e il nuovo
art. 590 bis c.p., che punisce le lesioni personali stradali gravi o gravissime,
descriva una fattispecie autonoma di reato procedibile di ufficio, oppure,
una circostanza aggravante ad effetto speciale del reato di lesioni colpose
previsto dall’art. 590 cp, con conseguente necessità della querela, ha
affermanto che «la norma incriminatrice di cui all’art. 590 bis cp delinea
una figura autonoma di reato e non una circostanza aggravante ad effetto
speciale del delitto di cui all’art. 590 cp, e pertanto non necessita di querela
ai fini della sua procedibilità»52.

La questione non è priva di significato, in quanto presenta delle ricadute


piuttosto evidenti dal punto di vista della procedibilità. Infatti, nel caso in

52
Cass. pen., 15 settembre 2017, n. 42346, in www.questionegiustizia.it. Nel caso di specie
il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dal
gip del Tribunale di Udine, con la quale veniva applicata la pena concordata tra le parti, a
norma dell’art. 444 cpp, in ordine al reato di lesioni stradali di cui all’art. 590 bis cp,
comma 1, con contestuale revoca della patente di guida.

42
cui si ritenga che l'art. 590 bis c.p. preveda una fattispecie autonoma di
reato, il reato in esame sarebbe senza alcun dubbio procedibile d'ufficio,
stante l'assenza di una specifica previsione che disponga il contrario.

Laddove, invece, si ritenga che l'art. 590 bis c.p. configuri nient'altro che
una elencazione delle nuove circostanze della fattispecie base contenuta
nell'art. 590, primo comma, c.p., il reato sarebbe procedibile solo a querela
di parte, in quanto troverebbe applicazione l'ultimo comma di cui all'art. 590
c.p., che stabilisce appunto la procedibilità a querela delle lesioni personali
colpose, comprese dunque quelle stradali, posto che l’unica eccezione alla
procedibilità a querela riguarda i fatti commessi con violazione delle norme
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o
che abbiano determinato una malattia professionale53.

Va segnalato, in proposito, che una parte della dottrina ha avanzato l'ipotesi


che le previsioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, contenute all’interno
dell’art. 590 bis cp, costituiscano delle circostanze aggravanti ad effetto
speciale del reato di lesioni personali colpose previsto dall’art. 590 cp.

In particolare, si è sostenuto che tutte «le previsioni dell’art. 590 bis c.p.
puniscono le condotte di lesioni personali colpose, già contemplate nella
norma generale dell’art. 590, comma 1, c.p., semplicemente aggiungendo
uno o più elementi specializzanti. Infatti, l’art. 590 bis, comma 1, cp
aumenta la pena a quella quota di casi di lesioni personali gravi o gravissime
la cui colpa specifica è costituita dalla violazione delle norme sulla
circolazione stradale»54.

53
Sul punto si v. F. Picciché, Lesioni colpose stradali grave o gravissime: figura autonoma
di reato o circostanza aggravante ad effetto speciale? Nota a Cass., Pen., Sez. IV, Sent. 16
maggio 2017 (dep. 15 settembre 2017), n. 42346, Pres. Bianchi, Rel. Ranaldi, in Questione
giustizia, 15 novembre 2017.

54
M. Tornatore, Lesioni personali stradali: profili problematici in tema di procedibilità del
reato, in www.altalex.com, 4 marzo 2016; cfr., pure, V. Attili, Il delitto di lesioni personali
stradali gravi e gravissime ex art. 590 bis c.p.: fattispecie autonoma o nutrita schiera di
43
Si è inoltre ulteriormente osservato che l'art. 590 c.p., il quale continua
comunque a sanzionare le lesioni stradali colpose, che non siano gravi o
gravissime, e l'art. 590 bis c.p. tutelerebbero entrambi lo stesso bene
giuridico, ossia, nel caso di specie, il bene dell'integrità fisica55.

Ancora, si è ritenuto che il nuovo comma 8 dell'art. 189 del codice della
strada preclude la possibilità che possa essere arrestato in flagranza di reato
il conducente che si fermi e presti assistenza all'investito, nel caso in cui
dall'incidente derivi il delitto di lesioni personali colpose.

Per tale ragione, se non si vuole svuotare del tutto di significato tale
disposizione, relegandola alle sole ipotesi previste dall'art. 590 c.p., per le
quali, tra l'altro, è esclusa la possibilità di ricorrere alla misura precautelare
dell'arresto, sarebbe necessario ipotizzare che «l’art. 590 bis cp costituisca
interamente un catalogo di nuove circostanze aggravanti, poiché solo in tal
modo potrebbe confluire nel comune reato di lesioni personali colpose in
relazione al quale potrebbe applicarsi l’esenzione dall’arresto in flagranza
per il conducente responsabile ma collaborante»56.

Tuttavia, come si è visto, l'orientamento della Corte di Cassazione, che però


non può essere ancora considerato "consolidato", è nel senso di ritenere che
le due fattispecie configurino delle fattispecie autonome.

Tale orientamento, invero, è stato considerato più convincente da altra


dottrina, in quanto maggiormente aderente alla ratio legislativa57. Va

circostanze aggravanti?, in S. Pollastrelli, R. Acquaroli, Il reato di omicidio stradale,


Milano, 2017, p. 59.

55
V. Attili, Il delitto di lesioni personali stradali gravi e gravissime ex art. 590 bis c.p.:
fattispecie autonoma o nutrita schiera di circostanze aggravanti?, cit., p. 60.

56
V. Attili, Il delitto di lesioni personali stradali gravi e gravissime ex art. 590 bis c.p.:
fattispecie autonoma o nutrita schiera di circostanze aggravanti?, cit., p. 60.

57
In tal senso cfr. F. Picciché, Lesioni colpose stradali grave o gravissime: figura
autonoma di reato o circostanza aggravante ad effetto speciale? Nota a Cass., Pen., Sez.
44
aggiunto, poi, che la stessa Cassazione già in passato ha indicato i criteri che
devono essere seguiti per stabilire se due fattispecie delittuose devono essere
considerate autonome oppure come circostanze l'una dell'altra58.

In particolare, il criterio da seguire sarebbe quello del rinvio di una


fattispecie di reato all'altro: in presenza di tale rinvio legislativo, ci si
troverebbe al cospetto di una fattispecie non autonoma, ma attenuante o
aggravante dell'altra.

Orbene, seguendo tale criterio, è evidente che manca, nelle due fattispecie
oggetto di analisi, qualsivoglia rinvio legislativo dell'una nei confronti
dell'altra. In particolare, analizzando l'art. 590 bis c.p., si nota agevolmente
che al suo interno vengono descritte tutte le condotte incriminate, senza che
venga effettuato alcun rinvio all'art. 590 c.p.

Ciò lascia intendere che il legislatore abbia voluto introdurre una fattispecie
autonoma. Resta il fatto, comunque, che entrambe le posizioni sono
piuttosto solide, con argomentazioni valide e convincenti, per cui non è da
escludere che in futuro possa intervenire la Corte di Cassazione a Sezioni
Unite, in versione nomofilattica59.

IV, Sent. 16 maggio 2017 (dep. 15 settembre 2017), n. 42346, Pres. Bianchi, Rel. Ranaldi,
cit., secondo il quale «per quanto la tesi della natura circostanziale dell’art. 590 bis cp si
basi su argomentazioni di sicuro spessore, la contrapposta tesi della natura autonoma
sembrerebbe maggiormente persuasiva perché più aderente alla voluntas legis».

58
Cfr., in particolare, Cass. pen., SS.UU., 26 giugno 2002, n. 26351, in www.dejure.it. Nel
caso di specie, la questione analizzata dalla sentenza, nota come sentenza "Fredi",
consisteva nello stabilire se il reato di cui all’art. 640 bis cp, che punisce la truffa aggravata
per il conseguimento di erogazioni pubbliche, costituisse una figura autonoma di reato,
oppure, una circostanza aggravante del reato di truffa ed era stata risolta nel senso di
considerare l’art. 640 bis cp come una circostanza aggravante del reato di truffa di cui
all’art. 640 cp. I giudici di legittimità erano giunti a questa conclusione in quanto la
fattispecie di cui all’art. 640 bis cp viene descritta «attraverso il rinvio al fatto-reato
previsto nell’art. 640, seppure con l’integrazione di un oggetto materiale specifico della
condotta truffaldina e della disposizione patrimoniale (le erogazioni da parte dello Stato,
delle Comunità europee o di altri enti pubblici)».

59
Entrando a far parte di quelle questioni ostinatamente dubbie di cui parla R. Bartoli,
Truffa aggravata per conseguire erogazioni pubbliche: una fattispecie davvero
45
circostanziante?, in Diritto penale processuale, 2003, p. 303. Basti pensare che di recente
su tali profili, si è pronunciato il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di
Milano: con decreto motivato del 4 maggio 2017. Nel caso di specie l'organo giudicante ha
optato per l’archiviazione di un fascicolo iscritto per il reato previsto e punito dall’attuale
art. 590-bis c.p. sulla base di un duplice convincimento. In primo luogo, il giudice per le
indagini preliminari ha ritenuto di qualificare come circostanziale – e non autonoma – la
fattispecie di nuovo conio e, in secondo luogo e di conseguenza, ha applicato, secondo l’iter
argomentativo che si andrà ad analizzare, il regime di procedibilità a querela di parte.

46
3.2. Successione delle leggi penali nel tempo ed omicidio stradale

Il caso che ha dato vita alla questione oggetto di analisi è il seguente: in


particolare, l'ordinanza della Corte di Cassazione prende avvio da una
pronuncia di applicazione di pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p., emanata nei
confronti del ricorrente dal giudice per le indagini preliminari pressi il
Tribunale di Prato per il reato di cui all'art. 589 bis c.p60.

La condotta dell'imputato aveva provocato la morte di un pedone nel corso


di un attraversamento stradale: l'incidente era avvenuto sotto la vigenza
della vecchia normativa, mentre la morte era avvenuta a seguito della
riforma.

Il ricorrente, dunque, metteva in luce che il reato di omicidio stradale, che


gli era stato contestato, era stato introdotto successivamente alla condotta
contestata, per cui doveva trovare applicazione la fattispecie di omicidio
colposo, anche se aggravato dalle violazioni del codice della strada, ai sensi
dell'art. 589, comma 2, c.p.

Ad avviso del ricorrente, dunque, era da considerarsi illegittima, per


violazione del principio di irretroattività della legge penale, l'applicazione
del reato di omicidio stradale: ciò in quanto, se la vittima fosse morta sul
colpo, sicuramente la pena sarebbe stata decisamente inferiore rispetto a
quella contestata.

La Cassazione, chiamata ad intervenire, si è anzitutto soffermata sulla


questione delle possibilità di ricorrere per cassazione la sentenza di
patteggiamento per questioni inerenti alla pena, non quella concordata in
concreto dalle parti, ma quella astrattamente prevista dal legislatore.

60
Cfr. Cass. pen., 14 maggio 2018, n. 21286, in www.dejure.it.
47
Il ricorrente, in particolare, sollevava un dubbio circa la legalità
dell'applicazione della pena, in quanto questa, al momento della
commissione della condotta, doveva rientrare nell'ambito di limiti edittali
assai più ristretti e favorevoli.

La Cassazione ha considerato ricorribile per cassazione la questione, anche


in considerazione del fatto che la nuova fattispecie costituisce un reato
autonomo e non una aggravante.

Chiarita la questione preliminare, la questione principale verteva


sull'applicazione della legge all'atto della condotta o di quella al momento
dell'evento. L'indirizzo giurisprudenziale prevalente ritiene tradizionalmente
che nei reati di evento trova applicazione la legge vigente all'atto del
verificarsi dell'evento.

Un indirizzo minoritario, invece, ritiene che debba trovare applicazione la


legge vigente al momento del verificarsi della condotta, anche perché, se
così non fosse, il reo non sarebbe in grado di valutare le conseguenze penali
del proprio comportamento.

Secondo la Cassazione a Sezioni Unite, il criterio dell'evento si pone in


contrasto con la legalità penale, con il principio di uguaglianza, con il
principio di adesione dell’ordinamento ai vincoli derivanti dagli obblighi
internazionali ex art. 117, comma 1, Cost., con particolare riguardo ai
principi di cui all’art. 7 CEDU di accessibilità della norma penale per il
destinatario.

Il criterio che assume rilevanza, dunque, è il criterio della condotta, in


quanto è in quel preciso momento che l'autore decide di porsi in contrasto
con la legalità penale.

48
La Cassazione, dunque, ha ribadito il fondamentale principio di
irretroattività penale, chiarendo poi anche la questione del tempus commissi
delicti.

49
Conclusioni

L'introduzione dei reati di omicidio stradale e lesioni colpose stradali è


derivata da un diffuso e crescente allarme sociale presso l'opinione pubblica,
allarmata dal racconto, da parte dei media, di continui episodi di incidenti
gravi che, pur presenti invero anche in passato, erano spesso passati sotto
traccia.

Si era dunque diffusa la sensazione che le condanne non fossero adeguate a


causa della mancanza di un provvedimento legislativo ad hoc, di cui da più
parti si richiedeva l'introduzione. La riforma, pertanto, è stata
mediaticamente ispirata, ma ha lasciato piuttosto perplesso l'ambiente
giuridico61.

Ad onor del vero, non è solo l'allarmismo dell'opinione pubblica ad aver


indotto il legislatore ad intervenire, perché vi è la sensazione che anche le
continue oscillazioni giurisprudenziali in materia abbiano progressivamente
finito con il sottrarre la certezza del diritto sul tema.

Per lungo tempo la giurisprudenza ha ricondotto l'omicidio stradale e le


lesioni colpose stradali nell'ambito dell'omicidio colposo o delle lesioni
colpose, che sono punite con una cornice sanzionatoria piuttosto modesta,
anche in considerazione del fatto che, almeno fino al 2008, le aggravanti
erano neutralizzabili nell'ambito del giudizio di bilanciamento con le
attenuanti.

Per tale ragione, si è visto che la giurisprudenza più recente aveva


progressivamente ricondotto nell'alveo dell'omicidio doloso (nella forma del
dolo eventuale) le fattispecie di omicidio stradale più gravi, al fine di

61
Cfr. P. BERNAZZANI, Il reato di omicidio stradale: spunti problematici, in Cassazione
penale, 5, 2017, p. 102 ss.; F. BARTOLINI, Le fattispecie aggravate di omicidio stradale:
guida in stato di ebbrezza o in stato di alterazione dovuta a stupefacenti, in Archivio
giuridico della circolazione e dei sinistri stradali, 11, 2016, p. 831 ss.
50
sanzionare in maniera esemplare il reo di un delitto spesso considerato
minore.

Il nuovo orientamento giurisprudenziale, favorevole ad inquadrare


l'omicidio stradale nell'ambito del dolo eventuale, permetteva di selezionare
gli incidenti più gravi, con l'obiettivo di reprimerli più duramente. La
maggior parte degli incidenti stradali, considerati minori, continuava
comunque ad essere ricondotta nell'ambito delle fattispecie colpose, anche
in considerazione del fatto che il legislatore, eliminando il bilanciamento
delle aggravanti con le attenuanti, aveva progressivamente irrigidito la
cornice sanzionatoria.

In un contesto siffatto, intervenire con una nuova fattispecie sanzionatoria,


che disciplinasse nello specifico il reato di omicidio stradale, pareva essere
l'ultima delle opzioni, perché la giurisprudenza sembrava aver trovato una
corretta quadratura del cerchio.

Ciò almeno fino al momento in cui la stessa categoria del dolo eventuale è
stata messa in discussione, soprattutto dalla dottrina62, inducendo la
giurisprudenza a maturare un nuovo convincimento sul tema. L'aver
riesumato la nota formula di Frank rendeva infatti sostanzialmente
impossibile la prova del dolo eventuale, determinando una progressiva
abrogazione, in via giurisprudenziale, del dolo eventuale.

Alla luce di questa formula, infatti, negli incidenti stradali il dolo eventuale
è praticamente indimostrabile, soprattutto al cospetto di un guidatore
ubriaco o sotto l'effetto di stupefacenti. In tale prospettiva, è apparsa
discutibile la scelta del legislatore di introdurre un reato di omicidio stradale
caratterizzato dalla presenza di una prova "semplificata", lasciando al di
fuori di essa il dolo eventuale.

62
Cfr. A. DE VITA, La responsabilità del vertice aziendale nella vicenda Thyssen-Krupp
tra "Formula di Frank" e recklessness, in Diritti lavori mercati, 3, 2011, p. 475 ss.
51
Se è vero, infatti, che la cornice edittale è più contenuta, è altrettanto vero
che la sanzione è comunque molto severa, prevedendo dei massimi di dieci-
dodici anni, che possono essere elevati fino a diciotto anni laddove
dall'incidente derivino più vittime.

A ciò va aggiunto che se il responsabile si è dato alla fuga la sanzione


aggiuntiva è di cinque anni di reclusione. Per quanto riguarda, invece, le
lesioni gravi o gravissime, il nuovo quadro sanzionatorio è ovviamente assai
meno rigoroso, ma comunque non così distante dalle pene previste per le
lesioni dolose: si consideri, tra l'altro, che le aggravanti previste dall'art. 583
c.p. sono suscettibili di bilanciamento, diversamente da quelle della
fattispecie stradale colposa.

Il rischio della scelta del legislatore è quello di "mettere in soffitta"


l'omicidio volontario, riconducendo tutte le forme di incidenti,
indipendentemente dalla gravità, nell'ambito dell'omicidio stradale. In tal
modo, però, viene a crearsi un appiattimento della cornice sanzionatoria,
con grave nocumento del principio di equità e di quello di uguaglianza.

Se in precedenza, infatti, la giurisprudenza era riuscita, pur faticosamente, a


trovare una via d'uscita, riconducendo gli incidenti più gravi nell'ambito del
dolo eventuali e quelli c.d. ordinari nell'ambito delle fattispecie colpose,
garantendo pene diverse e quindi eque, a seguito della riforma del
legislatore tutti gli incidenti rischiano di essere trattati alla stessa maniera,
con lievi differenze di pene.

Ancora una volta, spetterà alla giurisprudenza individuare il giusto


compromesso, sopperendo alle mancanze del legislatore, il quale sembra
animato dalla volontà di creare tante nuove forme di omicidio colposo
quanti sono i settori mediaticamente considerati più a rischio63.

63
In tal senso si v. P. PISA, L’omicidio stradale nell’eclissi giurisprudenziale del dolo
eventuale, in Quotidiano giuridico, 3 marzo 2016, il quale osserva che «è difficile per ora
52
La dottrina, in proposito, ha osservato, in senso critico, che «può darsi che i
limiti alla discrezionalità giudiziale vengano sottoposti all’attenzione della
Corte costituzionale ma non è agevole prefigurare l’esito di eccezioni di
incostituzionalità. Comunque l’appiattimento di casi molto diversi nello
schema dell’omicidio colposo stradale non è risultato soddisfacente ed è
quindi augurabile che non sia precluso, sia pure in vicende gravissime,
l’inquadramento nell’ambito dell’omicidio doloso, rimandando in soffitta la
formula di Frank»64.

Del resto, non vi è alcuna ragione per ritenere che il legislatore abbia inteso
ricondurre, nell'ambito dell'omicidio stradale, tutte le forme di omicidio
stradale, essendo ben possibile che, nei casi più gravi, in cui è evidente il
dolo dell'autore, il fatto possa essere ricondotto nell'ambito dell'omicidio
volontario.

prevedere se il legislatore si fermerà qui o se assisteremo, sotto nuove pressioni mediatiche,


al varo di ulteriori figure specifiche di omicidio colposo (“industriale”, “ecologico”,
“sportivo” e così via), accompagnate da analoghe fattispecie di lesioni gravi o gravissime.
Appare sicuro, invece, qualche eccesso sanzionatorio per i casi meno gravi: basta rileggere
separatamente alcune delle ipotesi previste dal comma 5 del nuovo art. 589 bis e collocarle
in contesti particolari».
64
P. PISA, L’omicidio stradale nell’eclissi giurisprudenziale del dolo eventuale, cit.
53
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