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Storia criminale
del Cristianesimo
a cura di
Carlo Pauer Modesti
Trad u z i o n e dal tedesco di L uci ano Franceschetti
© 2005
E d i z i o n i Ari e l e - M i l a n o
www.edi z i o n i arie l e. i t - ediz i o n i . ariele@tin.it
T i t o l o origi nale
Karlheinz Deschner
Krim inalges chichte des Christe n t ums
Sechster Band: Il. und 12. Jahrhundert
Von Kaiser Heinrich Il . . dem «Heiligen» ( /002).
bis zum Ende des Drillen Kreuzzugs (1192)
Copyright© 1 999 by Rowohlt Verlag GmbH - R e i n bek bei Hamburg
Stampa:
Erredi Grafiche Editoriali - Genova
ISBN
88-86480-69-5
"lo ho sempre desi derato naturalmente la r u i n a d e l l o stato ecc l e s i astico,
e l a fortu n a ha v o l uto che sono stati d u a pontefi c i tal i , che sono stato
sforzato desi derare e affaticarmi per l a grandezza l o ro. Se non fus s i q u e
sto rispetto, amerei p i ù Martino Luther che me mede s i m o , perché spere
rei che l a s u a setta pote s s i r u i nare o almanco tarpare le aie a q uesta
scel erata t i rannide de' preti.
G u i cciardini , Ricordi (serie B , n. 124)
Abbiamo con la chiesa e coi preti noi ital i ani questo pri m o o b b l i g o , d ' es
ser d i v entati senza rel ig i o n e e cattivi.
Machiave l l i , Discorsi sopra l a prima deca di Tito Livio
- CAPITOLO 11: L' imperatore Corrad o I I all ' alba del secolo sal i co . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. ..89
l Sal i i , 90 - Elezione del re e guerre c i v i l i , 90- Padrone della sua C h iesa e "si moniaco", 92- Massacri
sotto il sole del S u d : pompa e grottesco di u n ' i ncoronazione i m peri ale, 95 - La "Co nsti tutio de
fe udis" e l'arc ivescovo Ari berto d a M i lano, 98 - I l "coraggi oso attacco" d e l l ' i m peratore Corrado
caccia i Francesi dalla Borgogna, l 00 - Scappate l le cristiane i n Polonia e d i ntorn i , l 03 - Il santo
Stefano I, re d'Ungheria e " l uogotenente d i Dio ne l l a re gione", 1 06- I re assass i n i K n u d " i l Grande"
e Olaf i l Santo : com batte n t i per Cri sto e per se stess i , I l O - Note, 1 1 4
- CAPITOLO 111:
L' imp eratore Enrico I I I , i l " p i o portatore di pace" ................................... 117
Possesso e potere ancora maggiori per i prelati, 1 1 8 - Il guerriero pac i fi c o , 1 20- Battag l i e san g u i nose
per la Lo tari ngia, 1 22 - Guerra contro Polonia e B o e m i a e " l a ve neranda testimon ianza dell'Antico
Testamento", 1 25 Enrico, "il p i o p ortatore d i pace " , muove guerra a l l a catto l i ca U ngheria, 1 2 8 -
-
- CAPITOLO 111: " U n p apa s p i ng e suii ' al t ro . . . ": i santi p adri a metà secolo XI . 139
............... .
U n papa fa progetti n u z i a l i e vende i l papato , 1 40 - Santi Padri : " i d i o t i " o v i t t i me?, 1 42- Santo e
condottiero : papa Leone IX ( 1 049- 1 054), 1 44 - R i forma? R i v o l uzione ! Brame di potere mond iale
sulla base d i mere tru ffe e i n gan n i , 1 50 - Vittore II e Stefano IX, gli u l t i m i papi tedesc h i re gnanti
dopo Clemente I I , 1 53 - Benedetto X , N i co l ò II e i l nuovo decreto sul l'e l e z i one dei pap i , 1 5 4 -
N i co l ò II col labora c o i Normann i , l 57 - Lo sc i sma di Cadal o ha i n i z i o , 1 60 - Il santo Annone e i l
s u o c o l p o d i S tato a Kaiserswerth, 1 62 L a fine d e l l o scisma d i Cad a l o , 1 66 - A n tesignani d e l l e
-
pagan i, 234- Vita clericale nei dettagli, ov vero " v i vendo come l u p i fe roci ", 236- Antipapi, an ti vesc o v i
e guerra d a l l a G e rm a ni a a R o m a , 246 L' i mperatore Enrico I V n e l l e re t i d i p a p a U r b a n o I I , 250 -
-
N o te, 252
d i C le rmont, 268- Campagna d ' od i o e propaganda be l l i c ista d e i cristiani, 272- I n Germania hanno
i n i zi o i massacri d i Ebre i : l o n tani pre l u d i de l l ' era nazi sta, 2 7 7- Te rmina la "crociata d e i contad i n i ",
i nc o m i n c i a la " c ro c iata d e i prì n c i p i ", 2 8 2- La " v i a d e l l a Croce . . ", 286- . . e la v i a del tri o n fo, 290
. .
- N o te, 293
- C APITOLO vu: La fi ne del l ' era s a l i c a e del l a l otta del l e i nvest i t ure .................. .............. 297
G l i u l t i m i anni d i Enrico I V,
299- S u l l e orme del padre trad i to, 30 1 - N o te, 309
Il " c o l p o d i stato di Coble nza" e al tri "affari d i governo ", 342 Disord i n i , i nsurre z i o n i e guerre i n
-
I tal ia, 344 - " Le fi ore n t i reg i o n i s i spopolano", o v vero " c h i c o l à e ra p o vero ora è ricco grazie a
D i o ", 347 - G l i ord i n i caval l e resc h i : il nuovo "splendore di Cristo in terra", 35 1 - Il d o ttore d e l l a
c h i esa Bernardo promette " u n grande mercato", 356- La croc iata d e i re, 359 - " Battes i m o o morte":
la croci ata contro i Ve n d i , 363- Ha i n i z i o la "reconqu i sta" spag nola, 364- " A noi, San G iacom o ! ",
366- Fasi p i ù offensi ve e l ' i n teresse di Roma, 367 - N o te, 373
- " R i c o rdati d e l l a tua d o l c ezza, o S i g n o re ! ", 395- Terza e quarta campagna d ' I tal i a del B arbarossa,
398- San Pietro in fi amme, Barbarossa a l l 'apice d e l l a s u a gloria e " u n a m irac olosa letale pestilenza",
40 1 - La lega dei Lom bard i e l a pace d i Ve nezia. 404- I l terzo Conci l i o Laterano ( 1 1 79): morte di
Aless andro e i succes sori, 409 - Note, 4 1 3
Sono poch i , oggi, gli ital iani completamente al l ' oscuro del significato storico di
eventi quali le crociate e la l otta per le investiture; pagine de l passato i l cui vago ricor
do, con ogni probabil ità, risale ai tempi della scuola elementare o agl i studi successiv i .
I l ricordo è quel lo di immagini sintetiche, di semplificazioni attorno a nom i , luoghi ed
eventi , sempre gli stessi e sempre presentati con le dovute censure, reticenze, menzo
gne, più o meno grandi , più o meno dis-oneste. Ed ecco tornare alla memoria Enrico IV
a Canossa e Goffredo di B ugl ione in "terra santa", Matilde e I ldebrando di Soana
(Gregori o VII), Roma e Gerusalemme, sindoni, tesori e Templari .
Così , del resto, comincia il suo saggio - Le categorie della cultura medievale -
Aron Gurev i : "Il Medioevo . . . Evocandolo vediamo innal zarsi le mura dei castel l i dei
caval ieri e le moli delle cattedrali gotiche, e tornano al l a mente le croci ate e le sfide, gli
autodafé d eli ' Inquisizione e i tornei feudal i".
Ebbene, le crociate e la lotta per le investiture sono l ' argomento portante di questo
sesto volume del la storia del cristianes imo proposta da Deschner. Si parte per i l con
sueto viaggio nel "tunnel del l ' orrore" ali ' alba del l ' anno l 000 e si giunge, tu,rbati a
dovere, al le sogl ie del 1 200, quando le crociate sono già tre e, quasi senza accorgersene,
il lettore ha incontrato fatti noti dal l ' infanzia diluiti in quella quotidianità del potere,
com 'è nel lo stile proprio di questo lungo racconto, che restituiscono, come si diceva,
tutto l ' orrore necessario alla comprensione di un oggetto storico così complesso qual è
la religione cri stiana e le sue forme storico antropologiche, affrontando ancora in que
sto tom o, prev alentemente, la vari ante più feroce: i l cattolicesimo romano. Infatti , in
due momenti decisivi del l ' arco temporale tratteggi ato nel presente volume, ci si im bat
te nei due documenti (che propon iamo per intero al lettore ital iano in appendice a
questa prefazione) tra i più signific ativi del l ' intera storia del la chiesa di Roma, cioè i l
Dictatus Papae e i l di scorso s u l l a croc i ata a l "Popolo dei Franc hi".
Partendo da questi documenti riesam iniamo, al l ' inizio della seconda metà del l ' ope
ra (dopo il giro di boa del primo m i l lennio), il senso di quest' avventura letteraria la cui
necessità - perché una storia così ? - è rivelatrice del la natura delittuosa, sacri lega,
malvagia e il legale del cristianesimo, almeno a partire dal II sec . d.C. Riflettiamo accu
ratamente sugli abituali richiam i , troppo spesso proven ienti da laici apparentemente
insospettabili, alla presunta autori tà morale del papa e del la chiesa, questa orrenda
frottola ripetuta in automatico e consegnata come verità storica ad una distratta opinio
ne pubblica (non a caso discipl inata dal '48 secondo il progetto pedagogico degl i zer
bini vaticani che hanno occ upato il m i n i stero dell ' i struzione, fast but no least la
cattom i l iardaria M o ratti vol uta dal i ' Unto . . . ).
E torniamo dunque ai ricordi di scuola. La scuola, dove s ' i nsegna la storia - un
tempo pomposamente magistra vitae- ci ha presentato le "av venturose" croc iate e la
xii Prefazione
famosa v icenda di Canossa, ormai metafora del la capitolazione. A scuola ci vanno tutti
e tutti dovrebbero conoscere la storia, nelle sue linee essenziali, compresa quella del
cristianesimo con il quale ci confrontiamo quotidianamente (ma è palesemente più
corretto parlare d i cristianesimi e cattolicesimi). Dalla fine de l i ' impero Romano in poi,
le v icende del cristianesimo s ' intrecci ano inestricabilmente col divenire del l ' occ iden
te. Nel medioevo il cristianesimo di Roma, fondato sul l ' undicesimo comandamento
"ama il prossimo tuo come te stesso", s ' inventa un esercito, con croce sul petto, che
dichi ara guerra ali ' oriente arabo. Seri ve un notissimo storico francese: " .. .le croc iate
sono preparate e poi orchestrate da una propaganda che mette al priino posto tra gli odi
cristiani i seguac i di Maometto" 1, mostrando implicitamente che alle croci ate preesiste
una classificazione del l ' odio, cose e persone da odiare, vale a dire la normalità di un
senti mento non propriamente in sintonia con l ' amore verso i l prossimo. Ancora Le
Goff aggiunge "la cristianità medievale [ . . . ] si definisce per mezzo di un terribile razzi
smo religioso [ . . . ] la guerra, che è un male fra cristiani, è un dovere contro i non cristia
ni" 2, un dovere lo è, a q uanto pare per il cristiani ssimo presidente degli Stati Uni ti e
per molti cattolici nostran i , ancora oggi. Questo mentre in Europa si combatte una
guerra civile, Georges Duby parla di "ch iesa totalitaria" 3, tra Roma e la Germ ania, una
contesa che deve risolvere una questione di potere assoluto: l ' imperatore può deporre
il papa o il papa può rimuovere l ' imperatore? Un conflitto d ' interessi universale, scaturi
gine del Dettato di Gregorio VII. La scuola ce lo racconta. Ma come?
Le Crociate, un topos della Storia, possono essere i l l ustrate oltre al tram ite e/sem
plificatore delle tracce m anuali stiche, e in q uesto la scuola ha anche compiuto con
fatica qualche passo avanti rispetto alle scandalose agiografie degli anni '50, anche
attraverso testi monianze de l i ' epoca, per introdurre decisamente n el i ' apprendimento la
nozione di fonte, costituti va della stori ografia. A ffreschi e bassori l ievi sono preziose
fonti iconografiche, quanto quelle letterarie di poemi e canzoni, una gita ad Assisi o a
Fossanova, un concerto per coro a cappel la. Lo è nitidamente il discorso di Urbano I I
che esorta a l l a c rociata i l popolo dei Franch i . S upponiamo allora c h e la lettura e l a
comprensione d e l discorso papale - 2 7 novembre l 095 - siano sistematicamente orga
niche al programma di storia. Quali margini d ' intervento critico si offrono al docente
di storia di una scuola pubblica? Una premessa è d ' obbligo.
C'è una separazione, se si vuole " lavorare ai fianchi" un testo come questo, assai
problematica che disgiunge i livelli del di scorso. Questo di venta, da una parte storico
pol itico, dal l ' altra teologico (ma anch 'esso politico). Quest ' ultimo è posto in modo da
sottrarre al cristianesimo (e al docente di storia) l a sua fenomenologia rel igiosa, la sua
concezione del sacro, gli aspetti trascendenti ovvero l ' essenza del cristianesimo. Con-
cetti questi affidati, fin dal la m aterna, al patto scellerato tra stato e chiesa, cioè a dire
quel concordato che cede potere dal la Costituzione repubblicana verso la Scrittura al
punto da consentire " l ' ora di rel igione" affidandola a personale di "specchiata" mora
l ità scelto dal vescovo. L' ora di religione, perciò, ha la funzione di eliminare dal di
scorso storico, come si diceva, i l discorso affidato a personale laico per concorso pub
blico, uno dei due binari su cui dovrebbe viaggi are il treno del la cristianità. Lo studente
d unque, nel suo apprendistato, si vede con segnare una narrazi one schi zofren ica,
dicotom i zzata, che quasi m ai è in grado di ricomporre nel suo significato più profondo,
soprattutto perché non gli interessa. E come potrebbe? Perfino un cristiano professore
uni versitario, contemporaneo dei protagonisti di questo volume, Abelardo 4, sembra
avere già le idee chiare quando ricorda: "i miei studenti pretendevano ragioni umane e
filosofiche; avevano bisogno di spiegazioni intelligibi l i , piuttosto che di affermazio
ni". Con questo preambolo possiamo osservare da vicino l ' azione del nostro ipotetico
insegnante, bravo e coscienzioso, dotato soprattutto di quella fondamentale v i rtù, mai
tanto disprezzata come oggi, che è l ' onestà intel lettuale.
La separazi one dei due binari su cui corre i l treno cristiano, divisi tra le ore di storia
e l ' ora di religione (per chi l ' ha scelta), non permette, e vediamo come, all ' insegnante
laico di ragionare sulle parole di Urbano Il. Muov i amo dal i ' analisi del testo a partire da
un passo dove si dice: [il papa sta esortando al la guerra per riconqui stare i l santo sepol
cro, N.d.A. ] "A chi dunque incombe l ' onere di trame vendetta e di riconqui starlo? [ ... ]
Dio concesse ins igne gloria nelle armi [ . . . ] potenza d ' umil iare sino in fondo col oro che
v i resi stono". S i noterà, anche gli studenti del nostro ipotetico professore, come i l papa
inciti alla vendetta, fino ad umiliare il nem ico menando vanto del la gloria delle arm i
concessa da dio. Vendetta? Um iliazione? Arm i ? A questo punto il Nostro dovrebbe
richi amare alla memoria degli studenti chi è Urbano II, colui il quale decl ama queste
parole, e quale base politica ha l ' autorità di quest' uomo (auto)proposto uni versalmen
te, caput totius orhis, cioè nientemeno come v icario di Cristo in terra. Forse le provvi
denziali interpolazioni di Matteo 1 6 , 1 9 ("tu sei Pietro e su questa pietra ... ")? Forse le
donazioni di Costantino e di Sutri? O ancora, le "Decretal i pseudoisidoriane"? Mundus
vult decipi, ergo decipiatur S, dirà la sempre più spietata chiesa postridentina. Fal so.
Menzogna. Queste sono le basi del potere papale. Falsificazioni mostruose per edifica
re un dom inio che non ha fondamento teologico perché non viene certo dal figlio di
quel dio, c uore del la credenza, cui ciascun papa si sostituisce con arroganza senza
eguali ad ogn i intronazione. Infatti, volendo per una volta prender per buoni gli argo-
4 P i e tro Abe lardo, fi losofo e teo l o go francese ( l 079- 1 1 42). S posa in se gre to E l o isa, una sua g i o vane
al l ieva (A be l ardo i ns e g na l o g i c a a Pari g i ) , da cui ha un fi g l i o , Astro l a b i o . Il cano n i c o F u l berto, z i o
del la fan c i u l la, reagisce furi osamente e l o fa e v i rare . Entram bi ab brac ce ranno la v i ta re l i g i o sa. I l
metodo d i a l e t t i c o ( m u tuato da Socrate) i n trodotto dal l ' ormai e u n u c o te o l o g o , costi t u i rà l a base per
l o s v i l uppo success i v o d e l l a fi l osofia S c o lastica, preparando il terre no per l ' opera d i Tommaso .
5 Il mondo vuoi essere i n gannato, du nque lo si i ngan n i .
xiv Prefazione
ora di religione (certo u n ' arma spuntata m a ancora tagl iente). Discenti educati allora
ad una visione del la cristi anità, ad una interpretazione del cattolicesimo che el ude a
monte la ricerca de lla verità storica completa, offrendo piuttosto una rappresentazione
del passato (funzionale al presente) a dir poco omertosa.
Insomma, certe cose non si possono dire. Non ci pare, infatti , di aver assistito ad una
trasmissione telev isiva o ad una campagna di diffam azione a mezzo stampa dove l ' im
putato, un insegnate del l a scuola pubbl ica, fosse accusato di aver fatto onestamente il
suo l avoro fino in fondo, fino allo "scandalo", perché non ci ri sulta che mai nessuno
abbia adottato come lettura integrativa (nemmeno al l ' università) anche una sola delle
ormai trem i l a pagine di Deschner pubblicate ad oggi in Italia. Va da sé che questa è l a
ragione del l a necessità di u n l avoro stori ografico come la Kriminalgeschichte des
Christentums.
Buona Lettura.
DICTATUS PAPAE
4) Quod legatus eius omnibus episcopis presit in concilio etiam inferioris gradus et
adversus eos sententia depositionis possit dare.
Che un suo messo, anche se inferiore di grado, in concilio è al di sopra di tutti i
vescovi, e può pronunzi are sentenza di deposizione contro di l oro.
6) Quod cum excommunicatis ab ilio inter cetera nec in eadem domo debemus manere.
Che non dobbiamo aver comun ione o rimanere nel la stessa casa con coloro che
sono stati scom unicati da lui.
7) Quod il/i soli licet pro temporis necessitate novas leges condere , novas plebes
congregare , de canonica abbatiamfacere et e contra, divi te m episcopatum divide
re et inopes unire.
Che a lui solo è lecito prom ulgare nuove leggi in rapporto al le necessità del tempo,
radunare nuove congregazion i , rendere abbazia una canonica e viceversa, divide
re un episcopato ricco e unire quelli poveri .
1 5 ) Quod ah ilio ordinatus alii ecclesie preesse potest, sed non militare; et quod ah
aliquo episcopo non debet superiorem gradum accipere.
Che colui che è stato ordinato da l u i può essere a capo di un' al tra chiesa, ma non
sottoposto, e che da nessun vescovo può ottenere un grado superiore.
1 7 ) Quod nullum capitulum nullusque liher canon icus haheatur ahsque illius
auctoritate.
Che nessun articolo o libro può esser chiamato canonico senza la sua autorizzazio
ne.
18 ) Quod sententia illius a nullo deheat retractari et ipse omnium so/us retractare
possit.
Che nessuno deve revocare la sua parola e che egl i solo lo pu Ò fare.
22) Quod Romana ecclesia nunquam erravit nec imperpetuum scriptura restante
errahit.
Che la Chiesa Romana non errò e non errerà mai e ciò secondo la testimoni anza
delle Sacre Sc ritture.
xviii Pre fazione
23) Quod Romanus pontifex , si canon ice fu erit ordinatus , ment1s beati Petri
indubitanter effecitur sanctus testante sancto Ennodio Papiensi episcopo e i multis
sanctis patribus faventibus, sicut in decretis beati Symachi pape continetur.
Che il pontefice romano, se ordinato dopo elezione canonica, è indubitabilmente
santificato dai meriti del beato Pietro; ce lo testimonia sant' Ennodio, vescovo di
Pav ia, col consenso di molti Santi Padri, come è scritto nei decreti del beato
S immaco papa.
26) Quod catholicus non habeatur, qui non concordat Romane ecclesie.
Che non dev ' essere considerato cattolico chi non è d ' accordo con la Chiesa Ro
m ana.
Popolo dei Franchi, popolo d ' oltre i monti , popolo come ri luce in molte delle vostre
azioni eletto ed amato da Dio, disti nto da tutte le nazioni sia per i l sito del vostro paese
che per l ' osservanza del la fede cattolica e per l ' onore prestato alla Santa Chiesa, a voi
si rivolge i l nostro di scorso e la nostra esortazione.
Vogliamo che voi sappiate quale lugubre motivo c i abbia condotto nelle vostre terre;
quale necessità vostra e di tutti i fedeli ci abbia q u i , attratti. Da Gerusalemme e da
Costantinopoli è pervenuta e più d ' una volta è gi unta a noi una dolorosa notizia: i
Persiani, gente tanto di versa da noi, popolo affatto al ieno da Dio, stirpe dal cuore inco
stante e i l cui spirito non fu fedele al Signore, ha invaso le terre di quei cristiani, le ha
devastate col ferro, con la rapina e col fuoco e ne ha in parte condotti prigionieri gli
abitanti nel proprio paese, parte ne ha uccisi con m i serevole strage, e le ch iese di Dio o
ha distrutte dalle fondamenta o ha adibite al culto della propri a religione. Abbattono gli
altari dopo averl i sconc iamente profanati , circoncidono i cristiani e i l sangue del l a
circonc isione o spargono sopra gli al tari o gettano nelle vasche battesimal i ; e a quelli
che vogl iono condannare a una morte vergognosa perforano l' ombel ico, strappano i
genitali , li legano a un palo e, percuotendol i con sferze, li conducono in giro, finché,
con le vi scere strappate, cadono a terra prostrati. Altri fanno bersaglio alle frecce dopo
averl i legati ad un palo; altri , fattogli piegare il collo, assalgono con le spade e provano
a troncare loro la testa con un sol colpo. Che dire della nefanda violenza recata alle
donne, della q uale peggio è parl are che tacere? Il regno dei Greci è stato da loro già
tanto gravemente colpito e alienato dalle sue consuetudini, che non può essere attraver
sato con un viaggio di due mes i . A chi dunque incombe l ' onere di trame vendetta e di
riconqui starlo, se non a voi cui più che a tutte le al tre genti Dio concesse ins igne gloria
nelle arm i , grandezza d ' animo, ag i l ità nelle mem bra, potenza d ' um i l iare sino in fondo
coloro che vi resi stono?
Vi m uovano e incitino gli animi vostri ad azioni le gesta dei vostri antenati, la probi
tà e la grandezza del vostro re Carlo Magno e di Ludov ico suo figlio e degli altri vostri
sovrani che di strussero i regni dei pagan i e ad essi allargarono i confini della Chiesa.
Soprattutto vi sproni il Santo Sepolcro del Signore Salvatore nostro, ch ' è in mano
d ' una gente immonda, e i luoghi santi , che ora sono da essa vergognosamente possedu
ti e i rriverentemente insozzati dal la sua imm ondezza. O soldati fortissim i , figli di padri
inv itti , non si ate degeneri , ma ricordatevi del val ore dei vostri predecessori ; e se vi
trattiene il dolce affetto dei figli , dei gen itori e delle consorti, riandate a ciò che dice il
S ignore nel Vangelo " chi ama il padre e la m adre più di me, non è degno di me.
Chi unque lascerà il padre o la madre o la moglie o i figli o i campi per am ore del mio
nome riceverà cento volte tanto e possederà la vita eterna". Non vi trattenga il pensiero
di alc una proprietà, nessuna cura delle cose domestiche, ché questa terra che voi abi ta-
xx Pre fazione
te, serrata d ' ogni parte dal m are o da gioghi montani, è fatta angusta dal la vostra mol
titudine, né è esuberante di ricchezza e appena somministra di che vivere a chi l a colti
va. Perciò vi offendete e v i osteggiate a vicenda, v i fate guerra e tanto spesso v i uccide
te tra voi. Cessino dunque i vostri odi intestini, tacciano l e contese, si plachino le guer
re e si acquieti ogni dissenso ed ogni inimicizia. Prendete la via del santo Sepolcro,
strappate quella terra a quell a gente scellerata e sottomettetela a voi: essa da Dio fu
data in possessione ai fig l i di Israele; come dice la Scrittura, in essa scorrono l atte e
m iele.
Gerusalemme è l ' ombelico del mondo, terra ferace sopra tutte quasi un altro paradi
so di deli zie; i l Redentore del genere umano l a rese i l l ustre con la sua venuta, l a onorò
con la sua dimora, la consacrò con la sua passione, la redense con la sua morte, la fece
insigne con la sua sepol tura. E proprio questa regale città posta al centro del mondo, è
ora tenuta in soggezione dai propri nem ici e dagli infedel i , è fatta serva del rito pagano.
Essa alza i l suo l amento e anela ad essere l iberata e non cessa d ' implorare che voi
andiate in suo soccorso. Da voi più che da ogni altro essa esige ai uto poiché a voi è
stata concessa da Dio sopra tutte le stirpi la gloria delle arm i . Intraprendete dunque
questo cammino in rem issione dei vostri peccati, sicuri del l ' immarcescibile gloria del
regno dei cie l i .
O fratel l i amati ssim i , oggi in n o i si è manifestato quanto i l Signore d i c e n e l Vangelo:
Dove due o tre saranno radunati nel mio nome, i v i io sarò in mezzo a loro. Se i l Signore
Iddio non avesse ispi rato i vostri pensieri , la vostra voce non sarebbe stata unanime;
quantunque essa abbia risuonato con timbro diverso, unica fu tuttav ia la sua origine:
Dio che l 'ha suscitata, Dio che l 'ha ispirata nei vostri cuori . Sia dunque questa vostra
voce il vostro grido di guerra, dal momento che essa v iene da Dio.
Quando andrete all ' assalto dei bel l icosi nemici, sia questo l ' unanime grido di tutti i
soldati di Dio: "Dio lo vuole ! Dio lo vuole ! "
E noi non invi tiamo ad intraprendere questo cammino i vecchi o que l l i che non sono
idonei a portare le arm i; né le mogli si muovano senza i mariti o senza i fratel l i o senza
i legittimi testimoni: tutti costoro sono più un impedimento che un aiuto, più un peso
che un vantaggio. I ricchi sovvengano i poveri e conducano a proprie spese con loro
uomini pronti a combattere. Ai sacerdoti e ai chierici di q ualunque ordine non sia lecito
parti re senza la l icenza dei loro vescov i , perché questo viaggio sarebbe inutile per loro
senza questo consenso; e neppure ai laici sia permesso partire senza la benedizione del
loro sacerdote. Chiunque vorrà compiere questo santo pel legrinaggio e ne avrà fatto
promessa a Dio e a lui si sarà consacrato come v ittima vivente santa e accettevole porti
sul suo petto il segno dell a croce del S ignore; chi poi , pago del suo voto, vorrà ritomar
sene, ponga alle sue terga; sarà così adempi uto il precetto che il S ignore dà nel Vange
lo: "Chi non porta la sua croce e non viene dietro di me non è degno di me".
Selezione aggiornata della hihliografia italiana o tradotta in lingua italiana relativa all'argomen
to del presente volume:
AA.VV-l Cristiani in Italia : storia. personaggi, religiosità popolare, arte (3 voli.)- Torino 1990.
Abbiati, Sergio -La stregoneria: diavoli, streghe, inquisitori dal Trecento al Settecento - M i lano
1984.
Aetheria- Pellegrinaggio in Terra Santa; traduzione, introduzione e note a cura di Paolo Sinisca/co
e Le/la Scarampi -Roma, 1985.
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Karl Heinrich Leopol d Deschner nacque il 23 m a g g i o 1924 a B a m berga. Suo padre Karl ,
g u ard i a fo re s t a l e e p i s c i c o l tore, cattol i c o , era di fam i g l i a m o l t o i n d i g e n t e. S u a m adre
M argareta Karo l i n e , nata R e i schbock, protestante, era cresc i uta nei caste l l i d i suo padre in
Franconi a e Bassa B a v i era, conv ertendosi in s e g u i t o al catto l icesi m o.
K a r l h e i n z , i l m a g g i ore d i tre fi g l i , fre q u e n t ò l a s c u o l a e l e m e n tare a Tro s s e n fu r t
( S t e i g e r w a l d) dal 1 9 2 9 al 1933 , s t u d i ando s u c c e s s i v am e n t e n e l S e m i nari o francescano
,
Dette! bach s u l M e n o , dove abitò dappri ma come esterno presso l a fam i g l i a del c o n s i g l i ere
s p i r i t u a l e Leopold B a u m a n n , s u o padrino di batte s i m o e di cres i m a , e poi nel convento dei
Francescani. D a l 1934 al 1942 frequentò a Bam berga i l G i n n a s i o Vec c h i o e i l N u o v o Liceo,
quale allievo i nterno dei Carme l i tani e del l e s uore d i Nostra S i g n ora d e g l i A n g e l i. N e l m ar
zo 194 2 s u però l ' esame di maturi tà. Come tutta la sua c l a s s e , si arruo l ò s u b i t o come v o l on
tario e, ferito p i ù v o l t e , restò al fronte fi no a l l a capitolazione, da u l t i m o come paracadu t i
sta. I m m atricolato dapprima c o m e s t u dente d i S c i e n z e forestal i a l l ' U ni v ers ità d i Monaco,
nel 1946/4 7 Deschner seguì l e z i o n i d i diritto, teo l o g i a e fi l o sofi a alla Fac o l t à d i teol o g i a e
fi losofi a in Bam berga. Dal 1947 al 1951 s t u d i ò a l i ' U n i v ersità di Wlirzburg letteratura tede
sca contemporanea, fi l osofia e storia, l a u reandosi nel 1951 dottore i n Lettere e fi l osofia
( D r. p h i l.) con u n a tesi s u l l a "Lirica d i Lenau come espre s s i one d i d i s perazione metafi s ica".
Dal matrimon i o , contratto nel medes i m o anno, con El fi Tuch, nacq uero tre fig l i:Katja (1951) ,
B arbe! (1958) e Thomas (1959-1984). Dal 1924 al 1964 Deschner ha v i s s u t o i n u n e x c a s i
no da caccia d e i vescov i pri n c i p i di Wlirzburg a Tretzendorf (Steigerwald) , poi d u e a n n i
nel l a c a s a di c a m p a g n a d i u n amico a F i s c h b r u n n ( S v i zzera d i Hersbruck). Dopo d i a l l ora
abita a HaB fu rt s u l Meno.
Karlheinz Deschner ha pubbl i c ato romanzi , critica letterari a, sagg i , afori s m i , ma p i ù di
tutto opere storiche d i critica a l l a rel i g i one e a l l e c h iese. Nel corso deg l i anni , i nol tre,
Deschner ha provocato e affasc i n ato il s u o p u b b l i c o i n più d i duem i l a conferenze e pubbl i c i
d i batt i t i.
Nel 1971 fu costretto a difendersi in tribunale dali ' i mputazione di "oltraggio alle Chiese".
D a l 1970 Deschner l a v ora a l l a s u a v a s t i s s i m a " S toria c ri m i nale del Cristianesi mo". Dato
che, per spiriti i n q u i et i e i n q u i etanti come l u i , non e s i stono posti rem u nerat i , i m p i eg h i bu
rocra t i c i , borse di s t u d i o , pensioni onorarie né fi nanziamenti pubbl i c i , l ' i n gente l a v oro di
ricerca e d i e l aborazione gli è stato pos s i b i l e s o l tanto per i l d i s i nteres sato sostegno d i a l c u
ni a m i c i e lettori , soprat t u tto grazie al patroci n i o del s u o magnan i m o a m i c o e mecenate
A l fred Schwarz, il quale poté festeggi are l ' us c i t a del pri m o volume nel settembre 1986 , m a
non poté s a l u tare q u e l l a del secondo v o l u m e ; a l u i è seg u i t o l ' appogg i o del! ' i m prenditore
tedesco Herbert Steffe n .
Nel semestre estivo 1987 , Deschner ha svolto ali ' U n i versità di Mlinster un semi nario didat
tico sul tema "Storia criminale del cristianesimo". Per il suo i m pegno i l l u m i ni stico e per l a sua
opera letteraria Deschner venne insignito nel 1988- dopo Koeppen, Woll schliiger, Rlihmkorf
del premio inti tolato ad Arno Schmidt. Nel g i ugno 1993- dopo autori come Walter Jens, Dieter
H i l debrandt, Gerhard Zwerenz, Robert Jungk- gli fu conferito i l Premio Al ternati vo B lichner; e
nel l u g l i o dello stesso anno, a Berlino, fu i l primo a utore tedesco- dopo Sacharov e D ubcek- ad
essere insignito del prestigioso International Humanist Award.
Notizie sull ' autore e sua hihliogra f ia xxix
* Di q uesti due v o l u m i. di compless i v e 1 3 30 pagine nel l'edizione tedesca (pu b b l i cata da K i penheuer
& W i t s c h ) . e s i s t e u n a breve s i n tesi i n italiano. con prefazione dello stesso Desch ner. Essa s i i n t i to l a:
Con Dio e con il Fii h rer - Piron t i . Napoli. 1 99 7 .
xxx Notizie sull ' autore e sua bibliogra fia
Diverse opere di Karlheinz Deschner sono pubbl icate in molte lingue, tra c u i francese, gre
co, i taliano, ol andese, norvegese, polacco, russo, serbocroato, spagnolo. Sono in preparazione
traduzioni i n altre l i ngue.
A n c h e i n q uesto V I tomo le Note sono s tate p o s t e a l l a f i n e d i ogni cap i t o l o , a d i ffere nza d e l l 'ed i
zione tedesca che l e raccogl i e i n fo ndo a l vol ume : q uesto per re ndere p i ù agevole l a c o n s u l tazione
de l l e stesse. " B i b l iografia secondaria" e "A bbrev i a z i o n i " sono s tate manten ute i n fondo al v o l u m e ,
come ne l l ' e d i z i o ne te desca. I t i t o l i c o m p l e t i d e l l a b i b l io grafi a secondaria sono re g i s t rati a pagi na 439
e seguenti . I t i t o l i completi d e l l e p i ù i m portanti fo n t i a n t i c he si trovano ne l l ' elenco d e l l e A bbre v iazio
ni a p. 459 e segue n t i . G l i autori d i c u i s i è uti l i zzata una sola opera vengono c i tati n e l l e Note perl o p i ù
s o l o c o l loro n o m e , men tre le opere rimanenti appa i o n o con lemm i .
I ri mand i i n terni a l p re s e n te v o l u m e sono d i d u e t i p i :
a) (11 180 s.). r i n v i a a d argomenti trattati n e i prece denti tom i ; i l numero romano ( I l ) i n d i ca i l tomo
( 1 80) la pag i n a re lati va.
e q u e l l o arabo
b ) (p. 161 s.). rinvia a pag i n a/e del presente tomo dove lo stesso argomento è s tato o ve rrà trattato.
Anche in questo sesto tomo, come nei tre precede nti , sono s tati r i portati fuori dai marg i n i ( n e l l e
pag i ne pari come i n q u e l l e d i spari ) dei numeri i n gras setto : e s s i i n d i cano la corri spondente pag i n a
de l ! ' origi nale t e d e s c o , e preci samen te l a f i n e d i d e t t a pag i na. Questa numerazione a marg i ne serve
solo ed esclusivamente per la consul tazi o ne de l l "' I ndice dei n o m i " che, anche nel l ' e d i z i o n e i taliana,
mantiene i r i ferimenti alle pag i ne de l ! ' e d i z i one tedesca.
C APITOLO I
L' imperatore Enrico II (già duca Enrico IV di B aviera) , detto il Santo ( 1 002- 1 024),
nacque i l 6 maggio dell ' anno 973, o 978; forse ad Abbach, presso Ratisbona, forse a
H ildesheim. Qui, in ogni caso, egli visse durante l ' ostrac ismo di suo padre Enrico " i l
Litigioso" di Baviera (V 523 ss., 544 ss.). E la scuola d e l duom o di Hi ldesheim lo
preparò altresì per la carriera religi osa; probabilmente meno a causa del la sua salute
cagionevole c he per l ' intenzione del l ' imperatore Ottone II di pri vare il rampollo del
suo avversario di ogni partecipazione al potere imperiale. A Ratisbona, poi, la formazione
culturale del princ ipe venne portata a term ine dal "chierico riform ista" e vescovo locale
Wolfgang, am ico del grande falsario di doc umenti Pilgrim, vescovo di Passav ia (V 44 1
ss., 528 s . ) , dove ebbe infl uenza su di l u i anche l ' abate Ramwold di St. Emmerano,
anc h ' eg l i vi vace propagandi sta de l l a R i form a d i Gorze. In brev e, Enrico crebbe
respirando aria di chiesa, rimanendo al i ' interno di essa per tutta la v i ta, restando come
imprigionato dalla propria educazione religiosa.
Per un cervello così m odel lato tal i fatti, in ogni modo, producono certe conseguenze.
Non solo eg l i s i barcamenò, cosa difficile da evi tare se s i voleva governare in mezzo a
tanti gruppi nobi liari ; e non solo si diede ad adescare, qua con ingenti feudi, là con
i rresi stibi li prebende. No, egl i sfruttò anche la di scordia dei magnati, intrigando, agitando
e provocando senza sosta tensi oni e confl itti. Più di tutto, portò avanti la tramandata
inimicizia dei Liudolfinghi, segnatamente dei bavaresi , contro i Corrad ini e i Sal i i che
fi nirono per cooperare con loro. Propagò quindi la paura. Stringeva am icizie, per rom-
13 perle poi rapi damente. Foragg i ò spec ialmente i vescovati bavare s i , fav orendo i l
parentado e trascurando le attese di altri , per quanto legittime potessero essere. Amava
molto fingere e dissimulare. Le sue frequenti astuzie sfiorav ano talvolta l ' insidia
maliziosa. Commetteva apertamente ingiustizie per mezzo di giudici iniqu i ; e perfino
Thietm ar, assai benevolo nei suoi riguardi e a lui devoto, dedicandogl i due l i bri della
sua Cronaca, confessò una volta: "tutto i l popolo mugugnava e in segreto si lamentava
che l ' unto del Signore peccasse tanto".
Più innocuo, forse, i l debole che Enrico mostrava per gli scherzi macabri . S i divertiva,
ad esempi o, insieme con tutta la sua corte (certo non senza rimbrotti), ad osservare
sadicamente la paura della morte manifestata da un uomo nudo, spalmato di miele,
esposto inerme davanti ad un orso che lo leccav a ! Macabro, in tutt ' al tra gui sa, i l suo
forzato sfruttamento delle miniere d ' argento del Rammelsberg, presso Goslar; uno spreco
di legname talm ente smisurato da condurre ad una crisi ecologica nel la regi one del lo
Harz, con la conseguenza di una crescita rapida del l ' abete rosso.
Più di tutto, però, i l santo che impone di continuo l a pace e fa evocare senza tregua
la pace, impiega incessantemente la forza e la violenza; sicché fu uno "dei più bel l icosi
re del suo tempo" (Fried)
A ria di ch iesa e sue consef{uenze 3
Di persona il futuro re suscita un' im pressi one pia e devota. Di quando in quando si
rec a a visitare la tomba di qualche importante santo, venera ovviamente le reliquie e
partec ipa di regola, con magg ior frequenza deg l i altri prìncipi contemporanei, alle
cerimonie religiose. D i più, ostenta in quasi ogni occasione la sua totale devozione.
Nel Natale del l 002, a Francoforte, ha appena finito di celebrare la "incarnazione del
S ignore" e già, il 24 gennaio l 003 , è ad Aquisgrana per la commem orazione del suo
predecessore, "fatta con la massima devozi one"; subito dopo, per amore verso il santo
Servazio (m orto nel 384 ), visita i l suo sepolcro a Maastricht, poi prosegue alla volta di
Liegi per rendere omaggio al patrono locale Lamberto (m orto nel 703 ); di nuovo ad
Aquisgrana, il 2 febbrai o l 003 , celebra "con profonda venerazione l a purificazione
della Madre di Dio", dopodiché si affretta a Nimwegen per conseguire colà, per la
quaresima, "il regno di Dio e la sua giustizia . . . ", come dice Thietmar di Merseburgo, la
nostra fonte principale per quanto riguarda Enrico.
Ha qualcosa di "calcolato" questa devozi one? Naturalmente; come ogni devozione,
e a maggior ragione quel la cri stiana! Come quella di sua mogl ie, la santa Cunegonda, 14
della quale esi stono non meno di 60 documenti con l a formula "pro remedio animae",
per la sal vezza del l ' anima, o con analoghe frasi retoriche.
Notoriamente, Enrico - i l " rex canonicus" che senti va se stesso come "supremo
chierico del l ' Impero" - fu anche titolare di parecchi canonicati . Dal 1 007 fece parte
del capitolo del duomo di Bam berga, dal 1 0 1 0 di quello di Magdeburgo, ma fece pure
funzioni di canonico a Strasburgo, ad Aqui sgrana, a Paderbom, a Hildesheim. Partecipa
alle riunioni di preghiera dei capitoli del duomo e riscuote le relative prebende. Si
associa alla comunità di preghiera di Montecassino, conc lude con Cluny una "Societas
et fratemitas", si affratella anche con altri monasteri fautori del la riforma, con Fruttuaria,
con Saint-Benigne a Digione. Porta a term ine la rifondazione del vescovato di Merse
burgo ( l 004 ), la nuova fondazione del vescovado di Bam berga ( l 007 ), nonché del
vescovado di Bobbio ( l O 14 ) . . . "quale terzo obiettivo della sua pia esistenza" (Thietmar) :
ispirato probabilmente dal l ' abbazia di Bobbio che, insidiata non poco dai vescovi
confinanti , poteva aspettarsi m aggior protezi one da un proprio vescovado autonomo.
Ancora oggi, in ogni caso, ne Il' apologetica tradizionale di Enrico (e della santa consorte)
si encom ia la sua volontà "di una vita condotta a m isura di Cristo", si parla di una
"personale successione ligia ai dettam i del Vangelo", e gli si dà atto di "una rel igiosa,
particolarissima incl inazione." (Guth)
Quest ' u ltima qual ità colpisce forse nel segno. Infatti , se è vero che Enrico era
"veramente devoto" - come ribadisce i l benedettino B auerreiss, storico bavarese della
Chiesa -, non era tuttav ia troppo devoto; non di quella devozione da "bravo ragazzo",
che si m anifesta solo nel momento sbagliato, solo per disgustare. No, un "re dal cuore
tenero", no, "c iò sarebbe perfi no male": e qui B auerreiss cita B runo di Querfurt, un
altro santo.
4 L ' imperatore Enrico Il il Santo
Quantunque non fosse inizialmente destinato al trono, Enrico fu tuttavi a fatto coreggente
(condux) da suo padre e, dopo la morte di questi nel 995, eletto duca dalla nobiltà
bavarese; in Baviera trovò anche appoggio la sua pretesa alla corona, o quantomeno fu
largamente tollerata. Per altri versi, certo, l a sua candidatura al trono supremo d i Ottone
I I I , morto così inaspettatamente e senza eredi , fu tutt 'altro che incontrastata. Mancava
infatti sia un erede fisico diretto, sia una precedente designazione, ma c ' erano certamente
parecchi pretendenti e prìncipi discordi, i quali deci sero tutti di convocare proprie
assemblee elettive. Vero è che Enrico era un pronipote di Enrico I, un pronipote di
Ottone I , un cugino di secondo grado d i Ottone III. Tuttav ia c ' era anche i l parente più
prossimo di quest 'ultimo, i l salico Ottone di Carinzia, un nipote di Ottone " i l Grande".
E come figlio della di l u i sorella, egl i era di un grado ancora più vicino al defunto
sovrano ed era certo anche più potente di Enrico. Il carinziano tuttav ia rinunciò, se si
deve prestar fede al vescovo Thietmar, partigiano dichiarato di Enrico; sempre che non
si sia trattato di una rinuncia estorta con la forza. Alla fine si tolsero di mezzo anche gli
altri aspi ranti, soprattutto i due discendenti dei fratel l i di re Enrico I , i l duca svevo
Ermanno e il margravio Eccheardo di Meissen.
In realtà Enrico, sebbene malaticcio fin da piccolo, era invasato dal la voglia della
corona regale sfuggita al l a sua casa nel 936. Non avendo intenzione di temporeggiare
a l ungo, tenne sotto controllo, tanto insidiosamente quanto brutalmente, il corteo funebre,
continuamente m inacciato dal nemico del m orto, condotto attraverso le Alpi alla corte
16 di Pol ling, appartenente al vescovo S iegfried di Augusta, l ' unico Grande che fin da
principio si era schiarato decisamente al fi anco di Enrico e che lo aveva appunto fatto
vescovo. A Pol l ing, il duca bavarese strappò al corteo funebre le insegne imperiali, a
quel tempo straordinariamente significative in quanto s i mboleggi avano l ' autorità
del ! ' Impero. In questa s fac c i ata action directe , il m asnadiero versò lacrime i n
abbondanza, chiedendo a d ogni m agnate "individualmente" (singulatim) "tra grandi
promesse . . . di eleggerlo a loro signore e sovrano" (Thietmar).
San[?uinosa ascesa al trono 5
Tra quelle insegne mancava, per la verità, la Santa Lancia. Il diffidente arc ivescovo
di Colonia, Eriberto, che voleva eleggere re i l suo parente, i l duca di Svevia Ermanno
I I , l ' aveva fatta allontanare in precedenza. Così Enrico estorse la sua consegna facendo
arrestare l ' arc ivescovo - anc h ' eg l i , ol tretutto, santo (festa in origine il 1 6 m arzo, ora il
30 agosto) -, prendendo poi in ostaggio i l di l u i fratello, i l vescovo di Wtirzburg Enrico
I. Per tutta la v i ta i due santi d i ffi darono l ' u no del l ' al tro , e il santo re ridusse
al l ' impotenza, rendendo l o inoffensivo, il santo principe della Chiesa durante quasi tutto
il suo governo. Certo , Enrico fece seppe l l i re ad Augusta anche le v i scere di Ottone,
istituendo grandi fondazioni per la sal ute del la sua anima - benché non è tramandato
che le abbia anche real i zzate.
Fu soprattutto la m aggioranza dei prelati più potenti a soddisfare la ambizioni regali
di Enrico, non ultimo a causa delle sue promesse. Ricchi compensi , comunque, egl i
fece balenare anche a i grandi del potere temporale, l a c u i maggioranza però dapprima
egli ritenne " per molte ragioni non idonea" ai fi ni del governo. Benché assai scaltro,
come ogni politico di razza, Enrico era tuttav ia pronto ad el argire assicurazioni la cui
real izzazione si faceva poi spesso attendere. Così, nel la caccia alla propria legittimazione,
egl i ottenne la dignità regale solo mediante una form ale, prec ipitosa elezione parziale,
nonché "contro tutte le norme costituzionali a di ritto v igenti " (H irsch) che fu , ol tre
al l ' elezione di Enrico I, "la più controversa nel la stori a del regno del la Franconia
orientale" (Brtihl ) .
I l 7 giugno l 002, i l ventinovenne Enrico venne dunque eletto re, quale ultimo discen
dente maschile del l a dinastia sassone, a Magonza, dove fi no ad all ora non si era eletto
ancora nessun sovrano, coi voti di Franconia, Baviera e Alta Lorena; e subito incoronato 17
e unto dal locale arci vescovo Vi l l igiso, il suo zel ante e più potente sostenitore, tra inni
di lode in onore di Dio. Il metropol ita Vi l l igiso, al quale Enrico prom ise "secondo
scienza e potenza di potenziare ed elevare la chiesa di Dio e i sacerdoti di Cristo" (e al
quale, come a molti altri , aveva personalmente "molto donato e molto promesso"), fu
senza dubbio l ' i ncoronatore legittimo. Per altri aspetti, però, era del tutto inusuale i l
tempo e il l uogo; e mancava naturalmente i l trono carol ingio, come anche mancava
un' elezi one generale.
Avevano aiutato ad eleggere Enrico, che con tutte le sue forze voleva "dedicare cuore
e mente al culto divino", i vescovi Alboino di Bressanone, Hartw ig di Sali sburgo,
Cri stiano di Passavia, Gebardo di Ratisbona, Werner di Strasburgo, Gottschalk di
Frisinga, e pers ino i l prelato di Wtirzburg , da princ ipio preso in ostaggio da Enrico.
Al tri prelati propendevano tuttavia per altri pretendenti , o si schierarono per loro. Per il
6 L ' imperatore Enrico Il il Santo
m argrav io Eccheardo di Mei ssen presero partito alcune della più egregie personalità di
Sassonia, Arnolfo di Halberstadt e Bernardo di Hildesheim , il santo guerriero architetto
ed ex maestro di Ottone III (V 550), che aveva ricevuto già Ecc heardo a H ildesheim
con onori regal i . Per i l duca Ermanno di Svevi a s i schierarono soprattutto l ' arcivescovo
Eriberto di Colonia, Gisilero di Magedburgo, Lamberto di Costanza, Othel rich di Coira,
anche se per motivi spesso disparati . Ma Sasson i , Svevi e i prìncipi del l a Bassa Lorena
disertarono totalmente l ' elezione.
Eccheardo di Meissen, l ' ambi zioso duca popolare del la Turingia e favorito spec ial
mente dei Sassoni, i l "terrore dei nem ici", che sotto Ottone III suo amico aveva nel 998
espugnato la fortezza di Castel Sant' Angelo e liquidato brutalmente Crescenzio coi
18 suoi compagni (V 559), venne ora a sua volta, e ancora in tempo uti le, soppressq. A
questo importante pretendente alla corona - che in verità sembrava rinunziare proprio
a favore del duca svevo, cosa che avrebbe rafforzato notevolmente la sua posizione -
fu tagliata la testa una notte nel l a reggia di Pohlde sullo Harz, sottraendo in più i l
cadavere : la vendetta privata, come si dice di continuo, del conte S iegfried I I e d i
Benno di Northeim e d e i loro compl ici, i q uali dopo l ' impresa rimpatriarono "l ieti e
indi sturbati", mentre l ' abate Alfgero diceva la "messa in suffragi o delle anime". Senza
questo proditorio assassinio, in cui giocarono presumibilmente moventi pol itici, forse
Enrico, consacrato o no, non sarebbe diventato re, essendo lui l ' uomo che, secondo i l
vescovo Thietm ar, "per la grazia di D i o e la propria destrezza umiliava chi unque insor
gesse contro di lui", non solo, ma "costringeva tutti a gi urargli fedeltà con la schiena
curva".
Il che vale anche per Erm anno II di Svev ia e Alsazia (997 - l 003 ) , del casato francone
renano dei Corradini (V 354 ss.). Il pronipote Enrico I disponeva delle migliori relazioni
e apparve sulle prime i l pretendente al trono perfino più probabile, dal m omento che la
m aggioranza dei prìncipi raccolti per le eseq uie di Ottone III g l i assic urarono la loro
solidarietà. Si desiderava la sua candidatura ed egli cercò anche - con un esercito
composto di svevi, di alcuni franconi e di alsaziani - di impedire al rivale, presso
Worm s, di attraversare il Reno per essere incoronato a Magonza; m a venne messo fuori
gioco con una manovra ingannevole.
Ora, però, i l "duca umile e timorato di Dio" im pugnò le arm i contro i l futuro santo.
I suoi svevi espugnarono Strasburgo, che parteggiava per il re , sacc heggiandola e
rapinando perfino " l ' i ntero tesoro" del duomo dedicato alla santa Madre di Dio; e quindi,
a coronamento della l oro eroica impresa, dettero "alle fiamme l a casa del Signore" -
all ' insaputa del duca, afferma Thietmar, suo consanguineo; ma la maggioranza delle
fonti lo accusa. Tuttav ia i l santo Enrico, che attri buiva tutta la contesa per i l trono alle
trame del diavolo, che gli contendeva la sua regale fortuna, devastò per rappresaglia le
proprietà terriere del l o svevo, sacc hegg iando e sventrando le sue fattorie; una faccenda
19 necessaria che poi avrebbero apertamente portato avanti i vescovi di Strasburgo e di
R(fàrmare . . . e far cassa 7
B asi lea. In realtà, per consol idare i l suo dom inio, per acquistare valore come re, questi
dovev a per forza - "che lo volesse o meno", ma tale era l a pia usanza del l ' epoca
mettere a ferro e fuoco la regione
Intanto, prima che Enrico potesse intraprendere la campagna bel lica progettata per
la prim avera, lo svevo si sottom i se il primo ottobre a B ruchsal . "Né prima né dopo,
nessun re tedesco si era impadronito della corona in maniera altrettanto violenta" (R.
Usinger) - anche se certamente si poteva constatare che più o meno allo stesso modo
"tutti i re fi no ad al lora si erano comportati così " ( Fried), cioè a dire usando la violenza
e la guerra contro ogni opposizione. In un primo tempo, ol tretutto, Enrico non voleva
certo diventare né beato né santo. Voleva soltanto conq uistare ad ogni costo una dignità
che già suo padre e suo nonno avevano invano bramato; in breve, voleva riallacciarsi
"ai sani ( ! ) princìpi di governo di Ottone I " (Handhuch der Kirchengeschichte)
Che i l futuro santo non si sentisse ancora saldo in sel la lo comprova la sua "cavalcata
regale", che seguì immedi atamente ali ' i ncoronazione, e si protrasse per molti mes i . La
cerimonia, cons ueta presso i Merovingi, era in seguito decaduta per secoli. Enrico
riesumò quel l ' usanza, effettuata preci samente e palesem ente per dimostrare la sua
"legal ità": una lotta, per così dire, per ottenere consenso dopo l ' elezione, un ' elevazione
al rango regale - dice Roderich Schm idt - fatta "a tappe": un corteo che attraverso
Turingia, Sassonia, B assa Lotaringia, Svevia e Baviera portava fino al i ' Alta Lorena.
E già durante queste tappe a caval lo riprese a scorrere sangue e s i produssero
"aspri ssimi scontri ". Tant'è vero che il l O agosto, in occasione de li ' i ncoronazione del la
santa Cunegonda a Paderborn, truppe bavaresi avide di saccheggio si scontrarono con
gli abi tanti indigeni; e in quel l ' occasione cadde vittima lo scalco reale Heinrich, fratello
del cancelliere Eil berto . I l vescovo Thietmar ne rende responsabile la "bramosia dei
bavares i". Perché "a casa l oro devono contentars i sempre di poco, ma in casa d ' altri
sono pressoché insaziabi li". 6 20
In concreto, però, portò avanti senza fratture la politica ecclesiastica deg l i Ottoni .
Eppure quest ' uomo "ecce l l ente di sentimenti ol tremodo ecc lesiast i c i " ( vir omni
ecclesiastica perfectione praecipuus), i l quale intendeva essere addirittura "simpnista",
collega stesso dei vescovi , li rese assolutamente doc i l i al suo volere. La sua sollecitudine
verso di loro egli la trasformò - come non sono io a riconoscere per primo - in totale
egemonia su di loro, più ancora che sotto Ottone l; anzi , più di tutti i suoi predecessori ,
egli fece del l a questione un si stem a.
Enrico I I appoggiò infatti la riforma, la più severa osservanza della disciplina eccle
siastica, sostenendo i l celibato ecc lesiastico (p. 80), proibendo le nozze tra vicini e
promuovendo certe norme monastiche. Nondimeno, la riform a fu un sostegno anche
per lui . . . e gli giovò non poco.
Già nella sua qualità di duca, le sue prime m i sure di governo furono rivolte alla
riform a dei monasteri , dove egli poté porsi perfino contro i vescov i . Più tardi, provvide
a tal punto lo stato di proprietà dei monasteri , le loro costruzioni, che lo si c hiamò
"pater monachorum", padre dei monac i . A dire il vero, divenne a maggior ragione
pater episcoporum. Senza posa Enrico fu infatti prodigo di ingenti donazioni al l ' alto
clero, ai vescovati , vere colonne del suo potere. Lo celebra un contemporaneo necrologio
per la sua morte : "Quale (imperatore) ha ingrandito e arricchito con tanto splendore i
tem pli dei santi con altrettanta sovrabbondanza di beni?" 7
21 Ma Enrico I I non fu solo "il grande consolatore della Santa Chiesa" (Annali di Qued-
linhurg), ma fu per l ' appunto anche e ancor più un "Realpoliti ker", pol itico realista;
anzi , lo fu a tal punto che egl i , i l santo, per molti anni , ove fosse sembrato vantaggioso,
guerreggiò senza scrupoli fianco a fianco con gli stram aledetti pagani contro un princ ipe
cattolico (p. 52 ss.), un pri ncipe che ancora poco prima, insieme coi tedesch i , aveva
com battuto appunto q uesti m aledetti pagani !
Devozione e spiccato senso del l ' utile erano in lui inestricabilmente congiunti. Quando
si prendeva cura dei m onasteri , portava avanti la loro riforma (fin dal primo giorno del
suo governo conferm ò un ' elezi one abbaziale a Lorsch), e faceva donazioni ad abati e a
vescovi el argendo p i ù che mai beni pubbl i c i ; q uesto avveniva perché i conventi ,
sprofondati nella ricchezza e nel l usso, erano di venuti i stituti di approvvigionamento
del l ' aristocrazia feudale, perché i monaci v i vevano spesso, o volevano v i vere come
quella; ma Enrico aveva bisogno del la loro produttività, non solamente per le sue guerre
al di là dei confini, ma spesso, e ancor più, per l ' i ndebolimento suo della concentrazione
del potere dei prìncipi e dei nobi li ne li ' Impero. I conventi e le chiese vescov i l i dovevano
occupars i , dal momento che i caste l l i im periali in q uesto fal l i vano, del l a "Konigs
gastung" (servitium regis), dovevano mantenere Enrico - ancora più spesso nonché più
dispendiosamente in v i aggio dei suoi predecessori - col suo seguito, coi suoi amba
sciatori e messaggeri , con le relative scorte e i l personale, dato che i signori non viaggia
vano certam ente in solitudine. Per tacere del fatto che la Chiesa doveva mettere a
RUormare . . . e .far cassa 9
disposizione una parte considerevole de li 'esercito imperiale e che Enrico aveva condotto
"le sue più importanti campagne", come sottol inea Looshorn, principalm ente con le
truppe reclutate dai "prìncipi della Chiesa". (Ancora nel l ' anno del la sua morte, i l
monastero d i Fulda, i c u i abati tenevano residenza come prìncipi, ricevette d a l u i l a
contea d i Stoddenstadt nel la reg ione del Meno; persino i l m onastero femminile d i
Gandersheim era diventato contea solo pochi anni prim a).
Così egli rese politicamente produttivi i più importanti monasteri imperiali di Fulda,
Pri.im, Reichenau, Corvey, Sankt Maximin presso Trevi ri . . . limitando l a loro autonom ia.
Già come duca, infatti , Enrico aveva calpestato i l diritto dei monaci del Tegernsee alla
libera elezi one del l ' abate - i qual i nel l ' anno 1 003 pare avessero attentato alla vita del 22
loro abate - spregiando altrettanto rec lam i e proteste del vescovo di Fri singa Gotescalco
contro i l suo stesso candidato. (Eppure i monaci di Tegernsee avevano pregato per la
salvezza del loro duca, che soggiornava in Ital ia con Ottone III, con 1 50 messe e 7
salteri ). 8
Tutti i conventi dovevano devol vere ad Enrico dei contributi stabi liti, il servitium
reRale; e quasi ovunque dove riformava e secolarizzava i monasteri , egl i anche incassava
e incamerava con la massima disinvoltura, salassandoli sovente fino al l ' esaurimento.
Non a caso gli Annali di Quedlinhw"R lo marchiano con l ' epi teto di "predone di chiese".
Le sue continue controvers ie e le sue guerre divoravano molto denaro, e per procacciarsi
i mezzi necessari Enrico pretendeva da chiese e monasteri ben più di quanto fruttava la
prassi di Ottone l. Era ogni volta lo stesso identico procedimento; ogni volta l ' aspetto
riformativo si congi ungeva in m odo sorprendentemente armonico col fabbisogno
econom ico, e l ' i nteresse rel igioso s ' i ntrecc iava con l ' interesse del l ' Impero; ragion per
cui Enrico si occupò di preferenza del le abbazie più facoltose.
Così , nel l 003 , egl i impose al convento sull ' Eifel di Pri.im la prima riforma, mettendo
le mani sul rispettivo patrimonio. Nel l 004 Enrico fece riformare la ricca abbazia di
Hersfeld, dove i raffinati ssimi frati facevano la bella vita, separati gli uni dagli altri in
proprie residenze, tra caval li e gozzov iglie, incamerando gran parte dei loro posse
dimenti . Non diversamente si arricchì con la riform a dei conventi di Berge presso
Magdeburgo ( l 005 ) e del monastero di Reichenau ( l 006), accessibile solo alla nobi ltà
a partire dal X secolo. A Reic henau buttò fuori il frate Heinrich, eletto dai confrate l l i ,
"sebbene d a costui avesse accettato versamenti di denaro" (quamvis ad eo pecunias
accepisset), nominando al suo posto l ' abate Immo di Gorze e Pri.im, il quale "oppresse
gravemente molti fratelli con digiuni, percosse e ostrac ismo, per cui ne soffrì il rinomato
convento"; così scrive Erm anno di Reichenau, il valente croni sta colà dedito già da
sette anni "alle scienze", e colà inchi odato alla portantina fi no alla sua morte nel 1 054,
parl ando di "grav i perdite di uomini egregi, di libri e di tesori ecclesiastic i". Vero è che,
a sua volta, anche l ' abate Immo vi fu presto liqu idato. 23
Analogamente, nel l O 1 3 , con la riforma di Fui da - l a "regina tra le sedi monastiche
IO L ' imperatore Enrico Il il San to
oltrepassa sovente l e dimensioni di una corte contadina). Un cronista del XVII secolo,
mettendovi al l a base i prezzi del suo tempo, stima i l valore del convento preso dal re e,
per una parte non i rri levante, del patrimonio dato al duca di Baviera, suo cognato,
al l ' approssimativo controvalore di 43 m i l ioni di fiori ni.
Per molti monac i , tanto più per quel l i conservatori e ostili alla riform a, Enrico I I era
nient' altro che "un tiranno che metteva le m ani su beni, diritti e forme di vita di istituzioni
consacrate" (Schulze). A turno, in grande copia, egli donava ai vescovi conventi su
conventi : Seligenstadt al vescovato di Wurzburg, St. Stefan e Schwarzbach al vescovato
di Strasburgo; Paderbom ricevette le abbazie di Herlmarshausen e di Schildesche, Trevi ri
ebbe St. Florin a Coblenza, Bressanone ebbe Disenti s, eccetera. E in Ital ia non si
com portò di versamente: una strategia pol itica che consenti va ai vescovi di adempiere
abbondantemente e regolarmente "ai loro doveri m i l itari ed econom ici" (Seibert).
Tuttav ia, ogni qualvolta Enrico dava del suo "personale patrimonio", era pronto a
chiam arlo " i l nostro dovere di fornire, dei beni a noi conferi ti da Dio, soprattutto le
sacre chiese di Dio". Ma questo lo poteva fare tanto più in quanto tutto ciò che ricevevano 25
i vescovati , i cui fondi crescevano di continuo, restava disponibile per lui medesimo.
Per dirl a in maniera eufem istica o stori ografica (modi sovente identici ) : serviva agli
"interessi de l i ' Impero". Che parecchi vescovi abusassero delle proprietà monastiche
per interessi privati, è evidente; ma le cronache meravigl iose di punizioni infl itte ai
monaci non spaventavano certo i prelati , quanto piuttosto i comuni fedel i . La "Cronaca
di San Lorenzo" biasima nel l a forma più aspra il vescovo di Liegi Durando per aver
distratto senza scrupoli beni monastici, in parte per infeudare i suoi cavalieri , in parte a
vantagg io del la propria tavola. Eh già, quale i l signore, tale la mensa. Ancora nel l 023 ,
dopo la s u a ultima riforma monastica in Sankt Maximin presso Treviri, Enrico trasferì
una gran parte di q uesti possedimenti a v assal ii capac i di farl i rendere. Senza spendere
parole sul fatto che insediò e depose gli abati, a suo piacimento, senza alcun riguardo
alle regole elettive del convento. 9
Enrico I I , non derogando dal diritto di insediamento dei vescov i , impedendo più
risolutamente di Ottone I li bere elezioni, omettendo semplicemente il diritto di elezione
- come a Paderbom, trattandosi di rinnovare i priv ilegi -, conferì i più importanti uffici
ecclesiastici a uom ini di sua fiduc ia, senza preoccuparsi m i nimamente del le proposte
dei capitoli del duomo, dei conventi di l ibera approvazione, insomma di electio canonica
e dei relativi diritti garantiti in modo assol uto, per i scritto. Di fronte a contestazioni
nel l ' episcopato, nei casi di netta opposizione, egli impose semplicemente la propria
volontà, a Magdeburgo come a Trev i ri , ad Amburgo come a Halberstadt. Fatta eccezione
12 L ' imperatore Enrico Il il San to
per un solo caso, piuttosto oscuro, avvenuto in tutta la sua più che ventennale egemonia.
Molti vescovi, oltretutto, provenivano direttamente dall a "cappel l a di corte", ossia
dal servizio pol itico diplom atico; dei l O arcivescovi nominati da Enrico, 6 venivano da
quel sem inario. Di massima, quindi, egl i nom inava vescovi soltanto dei chierici che in
26 precedenza avessero dato buona prova di sé, per così dire sotto i suoi occhi. Pertanto,
dei 5 1 posti vacanti succedutisi durante il suo governo, egl i ne occupò 2 1 con membri
del l a c appella di corte, c ioè i l 4 1 ,2 per cento; qui m ancano, tuttavia, le nom ine vescovi l i
a Merserburgo, B amberga, Cambrai , Tou l , B ressanone e Trento. Ma Enrico rec l utava i
suoi uomini anche dalle scuole del le cattedra l i ; c i nque ne selezionò solo tra i licenziati
del l a scuola del duomo di Liegi; tra questi , i l suo c ancel l iere Gunther e il suo biografo
Adelboldo.
Grazie a lui, giovani promettenti i ntrapresero carriere nel c lero, m a dovettero però
anche fornire prestazioni in denaro e in beni a favore de li ' imperatore e del regno. Certo,
la carica di vescovo Enrico l a conferi va guardando non da ultimo àl capitale dei suoi
candidati; così fu per Thietmar di Merserburgo, così per Meinwerk di Paderborn e
Un w an di Amburgo, entrambi discendenti dal i ' opulenta stirpe sassone degli Immedinghi,
i quali dovettero cedere al l a Chiesa una ragguardevole parte del loro capitale. Tanto
che al santo non fu ri sparm i ata nemmeno l ' accusa di simonia.
Ad ogni modo, ciascuno dei suoi cancell ieri finì per ottenere un vescovado. Ragione,
questa, per cui i prelati princ ipali - Vi l l igiso di Magonza, Burcardo di Worms , Bernardo
di Hildesheim , Meinwerk di Paderborn, Eberardo di B amberga - gli restarono saldamen
te fedel i . Enrico accrebbe i loro possedimenti, elargendo loro ancora più contee, più
giurisdizioni sul territorio, più poteri in feudo del suo predecessore. Ampliò i loro diritti,
consolidò i l loro potere, m a senza che aumentasse l a l oro indipendenza nei confronti
della corona. Al contrario. Impose l oro la sua volontà. Pretese ubbidienza incondizionata.
Allorché vi furono divergenze con Gundachar di Eichstatt, Enrico gli disse fuori dai
denti di averlo nomi nato vescovo solo perché accadesse immediatamente tutto quanto
lui voleva; e quindi costu i, se desiderava restare in carica, doveva solo prenderne atto e
trame le conseguenze. E quando il vescovo di Liegi Wol berto recalcitrò ripetutamente
a mandare denaro alla Camera reale, rifi utandosi di gettarlo nel le fauci "dei ciarlatani
imbrog lioni e di al tri pescicane di corte", preferendo costruirci delle chiese e aiutare i
poveri , i l suo santo s ignore uscì dai gangheri .
27 Enrico, portando a compimento il potere regale nell a Chiesa di Stato e rivendicando
su questa il potere i l l im itato e assoluto, divenne "re sacerdote" come nessun altro sovrano
tedesco. Egl i guidò letteralmente - e ovviamente in contrasto col di ritto c anonico -
l ' intera Chiesa tedesca. Nei suoi templ i , in effetti, egl i ebbe la presidenza nel consesso
dei prelati ; e non era certo una presidenza onoraria. In qualità di re, convocò ben 1 5
cosiddetti "Sin odi del Reich", con cui cercò di regolare molti mali ed abusi nel l 'ammini
strazi one del l a Chiesa, come (altre) questioni del Regno. Dieta regale e s inodo, le
"Bravi cani pastore " e "Sacri montoni da guida " 13
assem blee della nobiltà laica, che si radunavano regolarmente accanto ai Conc i l i i , si
accav al l avano in ogni m odo le une sulle al tre.
Coi vescovi Enrico trattava come coi suoi subalterni. Control lava le q uestioni
disciplinari al l ' interno del la Chiesa nonché l ' amministrazione. Faceva valere l a sua
vol ontà nei problem i giurisdizional i , nei processi, nelle controversie sul patrimonio
ecclesiastico, sui confini delle dioces i , nel l a deposizione dei vescov i , nelle questioni
del la moral ità, del m atrimonio, persino in campo teologico. Costrinse perfino Benedetto
V I I I ad introdurre il "Symbolum" nella liturgia delle messe celebrate nel l ' urbe.
In tutto ciò, di massima, i papi avevano poco o punto da dire . La Chiesa, in sostanza,
era uno strumento di Enrico, un fatto squisi tamente pol itico. Ma egl i non governava
solo essa, governava anche attraverso di essa. Come, d ' altro canto, lo Stato era altamente
clericali zzato, anc or più che sotto gli Ottoni , e la c lericalizzazione del l a monarchia
toccò il suo apogeo. I l fatto che Enrico prendesse sul serio l a riforma al l ' i nterno del la
Chiesa, non contraddice, ma sottol inea anzi questo fatto, tanto più che i l m onachesimo
del i ' impero - infl uenzato dal la riforma di Gorze - si poneva per princ ipio positivamente
nei confronti del l a sua pol itica; ed eg l i non fece d ' al tronde che l i m i tare il potere
episcopale sui monasteri . 1 0
Nel 1 004, Enrico ripristinò il vescovato di Merseburgo, disciolto sotto Ottone II,
elevando nel 1 0 1 4 Bobbio a episcopato e fondando nel frattempo, nel 1 007 - "non
senza scal trezza" (Wenderhorst) -, il vescovato di B amberga (p. 4 1 ss.). Subordinato
·
al l ' arc idiocesi di Magonza, esso venne posto anche sotto lo spec iale patroc inio del
papato e promosso dal sovrano in tutti i modi, ricolmato di doni e beni regal i , con beni
ducal i bavaresi, con contee nel la Franconia settentrionale, con territori in Stiria, Carinzia, 28
Ti rolo, e numerosi monasteri . In realtà, il principale obiettivo pol itico-m issionario di
questo vescovato era indubbiamente la definitiva sottom iss ione della popolazione slava
insediata l ungo l ' affl uente Regn itz e su l i ' Alto Meno, attestata ancora mezzo secolo più
tard i (p. 43 ss. ) : di nuovo, insomma, l a "collaudata" vecchia pol itica carolingia di
guadagnare gli Slavi "con la spada insieme con la missione" (Brackmann).
Enrico I I s i appoggiò tanto p i ù ai vescovi in q uanto essi g l i serv i v ano come
contrappeso contro la nobiltà laicale, perché col loro aiuto egli poté - nel primo decennio
del suo regno - dom are tutte le insurrezioni dei laici signori feudal i , spesso perfi no dei
suoi stessi parenti , mobi l itando nel contempo anche "le ultime riserve del patrimonio
statale" (Fried) a vantaggio della Chiesa.
Così mandò in rov ina il m argrav io Enrico di Schweinfurt, al quale aveva promesso
il ducato di Baviera (p. 36 ss.). Così di strusse sistematicamente le posizioni di potere
del duca di Baviera e di Svevia. Proprio i prìncipi divenuti particol armente potenti
sotto Ottone II e Ottone III furono infatti i m aggiori antagonisti del re . Così egl i - il
Liudolfingo bavarese - perseguitò con inesorabile odio le di nastie franconi dei Salii e
dei Corradini, mobi l itando contro di esse i vescovi di Worm s , Magonza, WUrzburg,
14 L ' imperatore Enrico Il i l Santo
B amberga, Strasburgo, B asilea. Rafforzò i prelati a spese del potere ducale mediante
generosi pri v i leg i . Di conseguenza condusse anche gran parte del l e sue decisive
campagne principalmente con l ' ai uto dei vescov i , dopo averne insediati più di 42,
esigendo da loro di essere "bravi cani pastori " e santi "montoni da guida" !
Infatti , quanto già valeva da l unghissimo tempo, cioè che "Nelle lotte politiche sono
gli arcivescov i , i metropoliti, a farla da protagoni sti" (Daniel Rops), vale a m aggior
ragione sotto Enrico. L'episcopato è uno dei suoi decisivi strumenti di egemonia politica.
II bel l igerante "sistema delle chiese imperial i " tocca ora i l suo culm ine. 1 1
CLERO E G U E R R A
"Di gesta bell iche amavano udire e scrivere perfi no gl i alunni dei conventi;
grazie ad esse s i conseguiva fama ' immortale ' ,
senza d i esse l a v i ta era v uota, desolata e prosaica"
Heinrich Fichtenau 13
Ancora oggi i l Cristianesimo viene considerato, in maniera sconcertante, come u n ' orga
nizzazione della pace, come una comunità fondata su l i ' amore del prossimo e dei nemici,
rappresentante cioè del l a "B uona Novel la". Ancora oggi l a m aggioranza del l e persone,
tanto più dei c ri stiani credenti , non ha idea delle colossali dimensioni del coinvolgimento
già del l a Chiesa antica, soprattutto però di quell a medioevale, in faide e guerre. Nella
realtà, più di ogni altra religione, persino più di quella islam ica, i l Cristianesimo è stato
ed è rim asto la religione del l a guerra.
Già agl i al bori del IV secolo s i realizza questo tradimento, l a repentina metamorfosi
del l a Chiesa dei pac i fisti in quel l a dei rel igiosi da combattimento, che si verificò, per
così dire, dalla sera alla m attina (1 247 ss. ! ). In qualche occasione riecheggia, è vero, un
flebile, gracile residuo del prim itivo pac ifismo cristiano; per l ' uccisione del nem ico in
guerra, certi penitenziali de l i ' Alto Medioevo decretavano - in ottemperanza ad una
di sposizione di Bas i l i o di Cesarea - una penitenza per 40 giorn i , anzi talvolta per un
anno, come ancora soleva Ful berto, dal 1 006 vescovo di Chartres. Tuttavia, nel l a lotta
per le investiture, si el usero tali pene e si cessò di considerare come esse re umano i l
nem ico di turno: così s i poteva uccidere i mpunemente.
In Oriente compaiono ben presto soldati di Dio, santi bel ligeranti : i santi Demetrio,
Teodoro, Sergio, Giorgio. E già alla fi ne del quarto secolo i l fenomeno trova la sua
consacrazione letteraria quando i l cristiano Vegezio scrive la sua " Epitoma rei militaris".
È u n ' opera indiri zzata manifestamente a l l ' imperatore Teodosio I, concernente l a
cosiddetta arte del la guerra: rec l utamento e addestramento di rec l ute, struttura del
l ' esercito e delle rel ative istituzioni, l ' assedio, l a guerra marittima. Attraverso i secoli,
33 questo classico manuale di un cristiano ha dom i nato i l pensiero militare. Fu letto con
zelo fi no al tardo Medioevo, ricopiato e uti l izzato nel l a pratica da condottieri e strateghi
m i l itari . Stava nelle biblioteche dei monasteri , a Reichenau, a San Gallo. I vescovi
amavano farne dono ai prìncipi , come il vescovo Hertgar di Liegi (con rel ati vi versi di
dedica) al bel l igerante conte Eberardo del Friuli (morto nel 864 o 866), genero di Luigi
i l Pio.
Eberardo, un acc lamato veterano contro Saraceni e Slavi - venerato come santo
nel l ' abbazia Cysoing presso Tournai, da lui fondata - era in rapporti di am icizia con
Rabano, fam oso abate di Fulda e metropol i ta di M agonza. Questo benedettino creò
ne1 1 ' 85 5 , probabilmente ancora nel suo ultimo anno di vita, una versione abbreviata
del l ' opera di Vegezio per il giovane re Lotari o II, nipote di Carlo il Calvo. In alcune
appendici l ' arcivescovo inneggia alla guerra per la l i bertà, per il re, per la patria come
alla migliore garanzia per l ' accesso al paradiso. " Infatti, chi m antiene intatta la fedeltà
giurata al suo pri ncipe, preferendo perdere la sua vita terrena pi uttosto che la leal tà,
conseguirà senza dubbio la vita eterna da Col ui che ha creato il diritto e ha com andato
di conserv arlo . " 1 5
Nel l o stesso secolo, Nicolò I (858-867), i l papa procl amato santo, replica m olto
Cura d ' anime militare , ovvero "Amore in strana sembianza " 17
cristi anamente alla domanda dei B ulgari se fosse lecito fare guerra i n determ inati giorni
santificati : "Se in questi periodi la guerra sarà evitabile, se ne farà a meno; m a se si
dimostrasse necessaria per l a difesa del la patria, o per altri motivi ugualmente giusti ,
allora si dovrà farl a; perché equivarrebbe a tentare Dio lo starsene con le mani in mano
di fronte ai più gravi pericoli; speranza e salvezza si debbono riporre non in determ inati
giorni, ma solamente nel Signore; per dare questo insegnamento, Dio ha lasciato che si
massacrassero gli ebrei quando si rifi utarono di combattere il sabato (l Mac . , 2,32 ss.)."
Quale edificante esempio biblico ! E quanto benv i sto, in ogni caso : massacrare chi
non vuole a sua volta fare strag i - dando per scontate, naturalmente, ragioni "gi uste".
Ma queste non sono mancate mai . Di guerra "gi usta" parlano e v ivono ( ! ) i teologi
dopo Agostino (l 437 ss.). Nella realtà, una volta dato inizio alle osti lità, non ci si 34
rompeva più la testa sulla giustezza del confl itto , dovendo pi uttosto marciare, colpire
gli obiettiv i secondo l ' ordine, truc idare senza indugio, subito e senza scrupol i, dal
principio alla fine. Come anche oggi ! Sennonché nel Medioevo le guerre erano talmente
freq uenti che non si conoscevano dichiarazioni di guerra nel l ' accezione moderna, e si
diceva addirittura che non fossero consuete. (La guerra, come pure l a faida tanto affine
ad essa, incom inciava solitamente con l ' attacco portato di fatto al nem ico). 1 6
Anche i papi d ' al tronde, Leone I V (847-855) e Gi ovanni VIII (872-882) erano pronti
ad assicurare, a quanti cadevano in com battimento contro pagani e altri nem ici del la
Chiesa, la celeste ricompensa, ossia la vita eterna.
CURA D' ANIME MILITARE, OVV ERO "A MORE IN STRANA SEMBIANZA"
Da gran tem po, infatti, Madre Chiesa si prendeva c u ra del le an ime dei suoi fig l i
combattenti . Nientemeno c h e l '"apostolo d e i Tedesch i", il santo Bonifac io (IV cap. ! ! ),
regal ando al re di Merci a scudo e lanc ia, perseguì energicamente un ' integrale assi stenza
rel igiosa tra le forze arm ate. Così , nel 742, di sponeva il Concilium Germanicum : " Il
pri ncipe deve avere presso di sé uno o due vescovi i nsieme coi sacerdoti palati ni, e
ogni com andante (conte) avrà un sacerdote, i quali dec ideranno di quel li che confessano
i loro peccati e sulla penitenza da imporgli". Il decreto venne ripetuto e confermato con
legge regale da Carl omanno, il regnante de l i ' Austras ia, e successivamente caldegg iato
anc he da papa Adriano I; in tal modo fu istituita per la prima volta, gi uridicamente e
formalmente, l ' assistenza rel igiosa agl i eserciti carol ing i .
A partire dal l ' età di Carlomagno s e n e fa spesso menzione. E non pochi, a scopo di
propaganda, per svolgere funzioni rel igiose e per distribuire i sacram enti, soprattutto
nei secoli IX e X, accompagnarono l ' esercito, nel quale - sotto gli Ottoni in Italia - i
canon ici fungevano da cappellani m i l i tari . Come anche le guerre, spec ialmente le 35
cosiddette guerre civili e le faide (una differenza più di dimensioni che di sostanza),
18 L ' imperatore Enrico Il il Santo
non furono praticamente mai interrotte nel Medioevo, in cui l ' etica dei cristiani s i
rafforzava assai meno del l a loro barbarie.
S icché è gettare pura polvere neg l i occhi affermare che il cristianesimo ha dovuto
prima compenetrare in profondità i l mondo, e quindi solo per mezzo "di sempre nuov i
impu l s i , di nuove religiose forze v i tali", da Benedetto di Aniane (V 35 ss.) nel IX
secol o - attraverso Cluniacensi e riform i sti gorziani , C istercensi e Premostratensi, fino
ai monaci mendicanti nel XIII secol o - avrebbe per così dire umanizzato il sanguinoso
mestiere, cioè la disciplina militaris. Vi fu "una subl i m azione del mestiere del le arm i
grazie ad un cristiano ideale cavalleresco", anche se "divenne efficace storicamente
solo all ' apice del Medioevo" (Schieffer) - dopo 1 200 anni dal l ' era cristiana !
Ma divenne davvero efficace?
In realtà le guerre rim asero ugualmente spaventose per tutto i l Medioevo. E tra i
popol i cristiani si fecero poi non solo più global i , ma al tresì più terribili, sempre più
ordinate e insieme micidiali : una escalation straripante senza ostacoli, di fatto quasi
sconfinata, m a fondamentalmente benedetta, legittim ata da parte chiesastica, '
che si
estendeva irrefrenabile anche ai non combattenti . 1 7
Eppure gli apologeti proseguono imperterriti il loro trito repertorio, la loro perm a
nente opera di i stupidimento e imbarbarimento del popolo. E così , assolutamente imper
turbato da due guerre m ondial i , Franz Bockle, il più esimio teol ogo morale della Ger
m ania, scrive. "Ogni qualvolta la violenza fronteggi a la vera del i nq uenza, essa non è
malvagia, ma appare piuttosto come amore in strana sem bianza. Assol uta m ancanza di
violenza porta addi ri ttura al l ' anarchia e al cri m i ne".
Assol uta mancanza di violenza è del demonio, chiaro? Di conseguenza, la cristianità
pratica l ' amore "in strana sembianza", e dai suoi sacerdoti non ne viene più punita, ma
ne viene pi uttosto l odata fino alla morte : letteralmente. Per la verità, ancora fi no al IV
36 secolo, Basilio, vescovo santo e dottore del l a chiesa, comanda ai belligeranti di "teners i
lontan i , con le l oro mani sporche, dalla comunione, per almeno tre anni". E ancora se
coli dopo, per le ucc isioni in guerra, Ful berto di Chartres esige la penitenza di un
anno . . . ma per l ' uccis ione di un prete (in tem po di pace) di anni ne esige ventuno. 1 8
Qui un anno di espiazione, là ventuno . . . chi non è indotto a m edi tarci sopra? Eppure,
da gran tempo ormai la deviazione nella lotta armata era stata già rivendicata dalla
Chiesa attraverso i secol i . Oltre a ciò, ogni avvenimento bel lico veniva arricchito di
demonico spi rito clericale; l ' uccisione di m assa era ritualizzata, m i stificata in modi
pseudorel igiosi , col supporto di testi cristian i , sostenuta da simbol i , consacrazioni,
Benedizione di armi, di insegne helliche . di massacrarori 19
Mentre la Chiesa consentiva generosamente ai suoi laici di ucc idere in guerra fin dal i ' era
di Costantino - nonostante la precedente rigorosamente contraria dottri na e prassi
pac ifista di trecento anni!-, rifi utava tuttav ia di consenti re ogni tipo di bel ligeranza al
clero. Perché alla classe c lericale, casta e immacolata, perché desse prova della sua
pec uliarità, per dimostrare la sua elevatezza, l a sua dignità, incom beva il compito di
di stinguersi dal rim anente popolo cristiano, ded ito a puttanegg iare e ad ammazzare.
Per cui, al la fine, i l c lero non avrebbe dovuto contrarre matrimonio né portare la spada.
Un sacerdote non poteva avere mani sporche di sangue, non doveva prestare servizio
militare né portare arm i . Per secoli, il contravvenire a tali consuetudini aveva comportato
destituzi one ed espu lsione. Prescri zioni ecclesiastiche dei primi secoli vietavano al
c lero anche la cacc ia. Parimenti , veniva loro interdetta qualsiasi attività giudiziari a e
penale. I rel igiosi non dovevano partecipare al la dec isione o al i ' esecuzione di un verdetto
capitale, diventandone perciò stesso corresponsabi l i . I trasgressori venivano destituiti,
puniti dal i ' X I Conc i l i o di Toledo (675) con carcere a vita; e questo avveniva già con la
decretazione diretta o indiretta di una sempl ice punizione corporale. 22
Ancora tra il VI e il VII secolo, per la verità, fu interdetto ai sacerdoti di portare e
usare le arm i , ma senza minacciare per questo anche pene concrete. Anche i l Concilio
nazionale gennanico, nel 742, vietò ai rel igiosi la partec ipazione alle operazioni bel liche,
proi bendo anzi di portare semplicemente le arm i , ma fece passare - per il mantenimento 40
delle funzioni definite "spiritual i " - l ' assistenza rel igiosa alle truppe. Tuttav ia i papi
del l ' VIII e del IX secolo premevano ancora sul clero perché rinunc iasse ad operazioni
sanguinose. Papa Zaccaria, ad esempio, oppure Adriano I , ammonirono Carlo "il Grande"
a tener lontani i vescov i , in particolar modo, da ogni prestazione m i l i tare . . . eppure lui
stesso, nel 778, intraprese con un proprio esercito l a prima guerra papale di aggressione
per l ' annessi one di Terrac ina. 2.l
Tuttav ia Carl omagno, i l massacratore dei Sasson i , Carlo - celebrato nella Chiesa
come santo per un m i l lenni o - stri zza l ' occhio, per così dire, al papa, ripetendo nel più
antico dei suoi Capitol ari (del 769) i deliberati del Concilium German icum, proibendo
ancora più volte ai chierici - nel suo capitol are ecc lesiastico di Aquisgrana (789) -
l ' esercizio del le arm i e consigliando loro di affidarsi pi uttosto alla protezione del Si
gnore. In realtà, però, i l grande dissangu atore, nel le sue incessanti campagne, nel la sua
creazione del l "'Europa" medievale, non poté fare a meno dei conti ngenti dei prelati;
insi stette senza posa sul loro dovere di servire m i l i tarmente, fece combattere vescovi e
abati tra di loro e per se medes imo, dal momento che il suo Stato significava "senza
discussione un passo im portante sulla v i a del conglobamento della guerra nel l ' etica
ecc lesiastica" (Erdmann). Certo, dal momento che anche "le guerre erano dettate sempre
più spesso da motivi rel igiosi" (Montgomery ) . 24
22 L ' imperatore Enrico Il il Santo
E come Carlo procedette in contrasto con le sue stesse disposizioni e con quelle dei
suoi predecessori , così pure fece la Chiesa. Mentre papa Nicolò I, ancora nel tardo IX
secolo, si pronunciav a ripetutamente contro un c lero armato e contro il relativo obbl igo
di servizio m i l i tare, vietando anche di giurare sulla spada, e mentre i l clero ital ico, col
vescovo Attone di Vercell i (noto teologo e storico del l a civi ltà), vedeva nelle battaglie
non tanto una questione di rel igiosi quanto invece di diavo l i , tutt ' intorno i prìncipi
ecclesiastici non facevano altro che scendere in campo. Non solo; trattandosi di aggres
sioni nemiche, di emergenze l oc al i , si armavano anche chierici ordinari .
Una cosa, infatti , era di solito la predicazione, altra cosa era il suo contrario, l a
prassi quotidiana. Al più tardi a partire dal I V secolo, s i andò avanti in q uesto modo -
41 come u n crasso, stridente paradosso crim inale - barcollando, barcamenandosi attraverso
i tempi. I doveri bel l i c i dei vescov i , rigidamente in contrasto con le disposizioni
c anoniche, vennero dunque assol ti ; di contro, molti veri e propri doveri pastorali di
parroci , rigidamente c anonici, rim asero i napplicati. E mentre aumentava i l prestigio
dei grandi capi rel igiosi, cresceva la loro coscienza di sé e i l loro potere, i loro diocesani
s i vedevano sempre di più salassati e sfruttati . 2 5
•
La partec ipazione del clero, segnatamente di quello gerarchicamente elevato, alla vita
m i l i tare derivò da disparati fattori : dal capovolgimento del rigoroso pac ifismo cristiano
nel più terri ficante grido di battagl i a che sia ri suonato attraverso la stori a ( 1 2 1 6 ss. ) ; da
una certa germanizzazione del l a società ( I V 32 s s . ) ; dal i ' enorme acc u m u l azi one
proprietaria ecclesiastica, che portò a sua volta di nuovo ali ' immunità e al vassal laggio,
alla formazi one del l 'eribanno (di ritto di bando) e al bando di difesa, che infatti vennero
espressamente conferiti. Con l 'eri banno il vescovo si poneva al la testa dei com battenti,
m entre i l bando di difesa dava all ' alto c lero i l di ritto di costrui re opere d i difesa.
Così , a poco a poco, tutti i vescovati disposero d i una propria "m i l itia", di m i l i ti ,
vassal l i , ministeriali che, per u n feudo o d u n servizio, erano soprattutto obbligati a
prestare il servizio di guerra per il re. Nel che, i vescovi reclutavano di preferenza le
loro truppe dal la cerchia dei parenti . Parimenti, la m aggioranza dei monasteri di sponeva
di squadre m i l itari ; ne avevano non solo quel l i più contigui al potere centrale, ma anche
i conventi di proprietà reale, oltre a quel l i soggetti ai grandi potentati laici e religiosi .
Fin dalla m igrazione dei popoli, in realtà, i prel ati d iventano "esponenti central i
della resi stenza" (F. G. Maier) contro i Germ ani . Così già ali ' inizio del V secolo, Tolosa
si difende col suo vescovo contro i Vandal i . Così i l santo Severino, nato nel 4 1 0, fa
42 appello ai Norici perché si mobil itino m i l itarmente c ontro gli Alemanni, comandando
Irru enza militare dei vescovi 23
personalmente l ' i mpresa. Nel 470 il pastore S idonio Apo l l i nare , genero de l l ' anti
im peratore gal l ico Av ito, gu ida l a difesa di Clermont-Ferrand (Avernum ) contro i
Visigoti .
S otto i Merov ingi (che combattevano in m odo "prim itivo", con giavellotti e asce, le
loro arm i principal i , come scrive nel V I secolo il poeta e storico greco Agazia), gli alti
prelati combattevano già in prima persona alla testa delle loro soldatesche. Nel la battaglia
presso Embrun, nel 57 1 , i l vescovo locale e il vescovo di Cap combattono contro i
Longobardi abbattendo (scrive un prelato contemporaneo) "moltissimi nem ici di proprio
pugno". Il pastore d ' anime Sagittario, rinom ato beone e puttaniere, cavalca all ora nel
cuore del l a carneficina "armato non col segno della santa croce, ma corazzato con
assai profani elmo e pettorale" (cfr IV 269 ss.). 26
Durante il VII secolo, i vescovi esperti e addestrati al com battimento - qual i ad
esempio Leodegaro di Autun (IV 286 ss.), Desiderato di Chalon-sur-Sa6ne, Bobone di
Valence o Genesi o di Li one - sono già una realtà "normale", tanto che l ' ab i l ità m i l itare
(analogamente al l ignaggio nobi liare) diventa "addiri ttura una spec ie di premessa per
la santità" (Prinz).
Lo si constata im mediatamente con Em i l iano, i l condottiero dei cristiani di Nantes
caduto nel 725 . Nato in Bretagna, terra così feconda di eroi e di santi , com batte tre
volte da guerriero furioso contro i Saraceni, abbatte il loro feroce generale Ninfeo,
infiamma e trascina i suoi commil itoni, da lui due volte esaltati dal suo temerario esempio
e dal "celeste nutrimento" (Donin) a vere grandi imprese nel massacrare i nemici, urlando
ancora nel cadere di com battere e di mori re per la santa Chiesa, rantol ando da ultimo
"vedo già il cielo che si apre, lassù è l a nostra vera patria" . . . e diventa in tal modo un
santo del la cattolicità.
Dopo i l VII secolo vescovi e abati erano tenuti , secondo i l "diritto pubblico" vigente,
a procacciare personalmente i loro coloni e vassal l i subal terni allo scopo di formare
l ' esercito. Essi stessi , per la verità, non avevano i l dovere di combattere e di ucc idere.
Ma Pipino II, il Medio, (morto nel 7 1 4) vedeva piuttosto volentieri i chierici bel ligeranti.
E già sotto suo figlio Carlo Martello i rel igiosi impegnati in azioni bell iche erano tutt ' altro
che delle eccezioni. Il vescovo Geroldo di Magonza cadde in una delle sue spedi zioni 43
in Sassonia. E il figlio Gewil ibo, anch'egli vescovo di Magonza, preparò nel la successiva
spedizione una vendetta di sangue su quel sassone che aveva ucciso suo padre. (Nel
745 Gewi l i bo fu invero spodestato, m a vi sse ancora 14 anni "con onore", quale patrono
di chiesa autonoma. Per inciso: i nom i dei due prelati di Magonza mancano nella m aggior
parte delle storie ecclesiastiche cattol iche - così come quel li di molte pecore nere). 27
24 L ' imperatore Enrico /1 il Santo
Dopo Carlo "Magno", le cui forze armate comprendevano diverse dec ine di m igliai a di
uom ini a caval l o accanto ad un numero ancora m aggiore di fanti , i prelati compaiono a
poco a poco, sempre più regolarmente, nelle spedizioni bell iche e sui campi di battag lia.
Nel l ' attacco di Carlo al la città di Pav ia c i sono nel suo esercito i vescovi e gli abati
del l ' Impero quanto i religiosi della cappella reale, che m arciano perfino davanti al re.
E nel 79 1 l ' arcivescovo Angilramno di Metz e il vescovo S i ntberto di Ratisbona sono
vittime della sua campagna offensiva contro gli Avari . Durante il IX secolo, il servizio
m i l itare (hostilicium) del l ' alto clero è ormai quasi u n ' ovv ietà. Anche sotto Ludovico i l
Pio, q uando i prelati sono coinvolti sempre più profondamente nel la politica e nelle
fazioni pol itiche, è consueta la m i l itanza bel l ica. Anzi nel tempo in cui l ' arci vescovo
Incmaro di Reims (845-882), richiamandosi ad Agostino, consente la guerra in onore
di Dio, vescovi e abati sono talmente attiv i sul campo di battagl i a che Franco di Liegi
prega i l papa di darg l i , per tutte le incom benze spi ritual i , due vescovi del coro, dal
momento che troppo spesso i l sangue nem ico macchia le sue mani. ':Queste non erano
eccezioni, così stavano le cose dappertutto" (Hauck). E non di rado, ormai, i veterani
del clero incontravano la morte da eroi.
In Ital ia, l ' i mperatore Lotari o compensava i prelati che si di stinguevano per spirito
e im prese bel l iche dotandoli di u n ' abbazia. Ludovico II, nel l ' 866, emetteva provvedi-
44 menti ancor più rigorosi sul servizio m i l itare dei chieric i . Solo un motivo cogente -
qualcosa come età avanzata o malattia - l i poteva esentare. Per quanto ne sappiamo, un
solo vescovo ital iano, Ansovino di Camerino, fu a suo tempo esonerato dal l ' obbligo
m i l itare. 2K
Ma non solo q uesti grand i pastori di anime scendono sul campo di battaglia; essi si
trovano sovente al comando di interi eserciti , come ne l i ' 857 Otgar di Eichstiitt, ne li' 872
Liutberto di Magonza o Arnone di WUrzburg.
Il pastore Arnone (855-892), dotato di speciale vocazione bel l ica, nel i ' 87 1 , assaltando
il corteo nuziale della figlia di un duca di Boem ia, depreda tra l ' altro 644 caval l i . L' anno
successivo, insieme con l ' abate di Fulda S igeardo, prende il com ando di un eserc ito
che attacca i Boem i , m a viene respi nto con gravi perdite. N eli ' 884 Arnone, comandante
supremo alla testa di un esercito franco orientale , vince contro i Norm ann i , N eli ' 892,
di propria ini ziativa, i rrompe di nuovo in Boem ia, m a i Sorbi lo sconfiggono con l a
m assima parte delle s u e truppe - appropriatamente a quanto sembra - "mentre canta l a
messa". Anche per l ' occasione egl i - come s i addice a d un vescovo - l asc iò prima
"precedere nel m artirio tutti i suoi accompagnatori ", offrendo al l a fine, insieme con le
sante ostie, "se medesimo a Dio padre" (Thietmar). I l vescovo, commenta Siegfried
H i rsch, testi monia con le "sue spedizioni ai confini dei pagani . . . la m i ssione del
vescovato . . . così giustamente". Orbene , questo fu pur sempre capace di far ricostrui re
A lla testa di interi eserciti 25
il duomo di Wiirzburg di strutto dal l ' i ncendio, di far sorgere nove chiese, seppure con
l ' ausilio di non pochi profi tti bel l i c i . E in Franconia, almeno ancora nel Settecento, si
venera il grande eroe come un marti re (festa il 1 3 l uglio).
I l successore di Arnone, i l vescovo Rodolfo, uomo nobile sì , ma pure molto stupido
(licet nohilis , stultissimus tamen), a quanto ne riferisce un croni sta contemporaneo,
conduce faide devastanti, che scuotono tutta la Franconia orientale come un catac l isma
naturale, combattendo coi precedenti signori di Babenberg (V 354 ss.). Cade nel 908
contro gli Ungheresi, aggrediti un decennio dopo, nel 9 1 9 , anche dal l ' arc ivescovo
Heriveo di Reims con 1 500 arm ati.
Non meno bel l icosi dei prelati di Wiirzburg : i l loro vic ino arci vescovo Liutberto di
Magonza, il cui proditorio cambiamento di fronte, durante l ' assemblea del l ' impero di
Tribur, contribuì a determ inare lo spodestamento del l ' imperatore Carlo I I I . Il prelato 45
attacca ora i Vendi ora i Norm anni, invade ne li ' 872 la Boem i a con un esercito, abbatte
cinque dei suoi duces e saccheggia la regi one. N eli ' 8 83 com batte anche contro i
Normanni, ucc idendone molti . Il suo successore, vescovo Sunderhold, cade nell ' 89 1 ,
alla testa di un' armata franco ne, nel lo scontro sul Geulenbach presso Meersen, costato
ingenti perdite. 2 9
Contro i Normanni , già ne1 1 ' 854, avevano m andato navi e truppe i vescovi Agius di
Orleans e Burcardo di Chartres. Il diacono e abate di S . Am and - Carlomanno, un
figlio di Carlo il Calvo - m arciò n eli ' 868 contro di loro. Il vescovo Wala di Metz fu una
loro v i ttima nel l ' 8 82. Franco, vescovo di Liegi e abate di Lobbes (856-903 ), aggredì i
Norm anni , per sua stessa confessione, "con numerose guerre". Anche Gauzl in, abate di
Saint-Amand, St. Germain-des-Prés, St. Denis, e dall ' 8 84 vescovo di Parigi, fu a capo
del le truppe contro i Normanni, atterrò quei dem oni - in certe occasioni "dopo preghiere
commosse e piene di lacrime alla madre di Dio" - di proprio pugno, recando giovamento
"in tutti i modi al popol o cristiano". (Suo nipote fu quel l ' abate Ebolo che si dice avesse
infi l zato con una sola freccia sette norm anni, ordinando poi spi ritosamente di portarli
in cucina). Solo dopo una vittoria su l l ' empio nem ico i l vescovo Gauzl in si reputava
degno di celebrare la messa per la vergine Maria. Il suo successore, il vescovo Askerico
di Parigi (8 86-9 1 0), viene celebrato per aver massacrato 600 normanni , con la protezione
di Maria e l ' aiuto di Dio. 30
Naturalmente, non erano soltanto diabolici nem ici o laici cristiani a cadere in battaglia.
Allora, nel l ' anno 900, restarono sul terreno non meno di dieci vescov i. Perché questi
i l l ustri curatori di anime non si limitavano ad offrire le loro masnade, ma partecipavano
in pri m a persona "alle campagne q u a l i mem bri del l a nobi l tà d i spada" (Prinz),
combattendo anzi "alla testa di propri conti ngenti m i l itari " (Stormer) - mentre più
tardi (non si è m ai contenti ! ) avrebbero lasci ato che crepassero solo gli altri . Nel l ' anno
880 cadono Marcovaldo di Hi ldesheim e Teoderico di Mi nden, nel l ' 8 82 Wal a di Metz
(contro i Norm anni), ne li ' 8 85 Wolfher di Minden (contro gli Slavi), ne li ' 89 1 Sunderold
26 L ' imperatore Enrico Il il Santo
46 di M agonza, nel l ' 892 Arnone di Wiirzburg. 11 5 luglio 907 m uoiono presso Bratislava
s u l la Enns (contro gli Ungari) i l metropolita bavarese Thietmar di Salisburgo, nonché
i vescovi Udo di Frisinga e Zacaria di Saben; nel 908 cade Rodol fo di Wiirzburg.
Non solo; i prelati scesero i n battaglia anche g l i uni contro gli altri. Tan t ' è vero che
davanti a Reims, nel settembre del 946, un eserc ito tedesco, nei cui rangh i c ' erano g l i
arc i vescovi di Treviri e di Magonza ol tre a d altri prìncipi ecc lesiasti c i , costrinse
l ' arci vescovo Ugo di Verm andois ad abbandonare l a città di cui era titol are. Dopo di
che i vescovi di Lorena espugnarono la roccaforte di Mouzon, dove si era rintanato
Ugo, e la rasero al suolo.31
Sotto gli Ottoni , la Chiesa di stato si presentò, per così dire, in piena rappresentazione
pi ttorica di guerra: un quadro bru l icante di arm i e di armati da cima a fondo. Si stimava
forte di circa 1 0000 cavalieri corazzati (loricati) l ' organico operativo del "Regnum
Teutonicum", di cui c irca 6000 erano dei vassal l i temporali, 3000 del l a Chiesa, e 1 000
del re, a cui si aggi ungevano salmerie e carriagg io. Quasi tutti i vescovati e le abbazie
disponevano di un ragguardevole potenziale m i l itare. E non di rado costituivano i ranghi
più forti delle armate imperia l i ; nel lo schieramento d i Ottone Il, al paragone con le
forze laiche, il rapporto tra chierici e laici arrivò pers ino a 2,5 contro l . Per il periodo
più lungo del suo governo, i vescovi prendono parte a tutte le operazioni bel l i che. Così
fu nel l ' assedio e nell a di struzione del castello di Boussu ad Ovest (gennaio 974). O
q uattro anni dopo nell ' azione di rappresag l i a per l ' aggressi one di Lotario contro
Aquisgrana (V 528), dove i vescovi Notker di Liegi, Dietrich di Metz e il santo Wolfgang
di Ratisbona spiccano nel l ' armata del l ' imperatore come, fatto ormai consueto, non
pochi cappellani e chierici da campo.
Notker di Liegi (972- 1 008), tipico rappresentante del sistema ottoni ano del l a Chiesa
di stato, cui egl i doveva tra l ' al tro le contee di Huy e "Brunnengeruut", fortificò non
solo l a città di cui era vescovo, m a fece altresì distruggere nel 987, a vantaggi o della
stessa, anche la roccaforte di Chevremont, un pruno nel l ' occhio per l u i come per i l suo
c lero, procedendo in c i ò con perfidia genui namente pretesca. Non potendo infatti
espugnare con l a forza il forte castello, dichi ara di voler fare la confessione nel borgo
47 in occasione del l ' imminente giovedì santo, per benedi re l ' olio santo. La noti zia è colà
accolta con gioia. Ma Notker introduce cl andestinam ente i suoi fedel issimi con le arm i
nascoste sotto gli abiti religios i , espelle dal l a rocca "certo non senza versamento di
sangue" (Hirsch) la guarnigione, incamerando tosto possedimenti e decime dei vil laggi
limitrofi . Il metodo incontrava il gradimento del l ' alto pastore. Tanto che, sotto il pretesto
di impartire il sacramento, penetrò un' altra volta nell a proprietà altrui impossessandosene
di nuovo c ruentemente . . . un vescovo che, a q uanto pare, leggeva senza posa le sacre
scritture. E i cui alliev i , al la celebrata scuola capitolare di Liegi, divennero noti esponenti
del l ' episcopato imperiale: Adal boldo di Utrecht, Rutardo ed Erluin di Cam brai , Heimo
di Verdun, Ermanno di Tou l , Gunther di Salisburgo, Durando e Wazo di Liegi. 32
A lla testa di in teri eserciti 27
Nel l ' epoca degli Ottoni tutti i vescovi del l ' Impero possedevano truppe, eccettuati
forse i vescovadi di B randeburgo e di Havelberg, ai primordi del la loro i stituzione. In
questo i prelati, specialmente nel l e diocesi e nei m onasteri di Lorena, facevano
com andare di preferenza le loro m i l i zie dai loro parenti . Spesso, tuttav ia, i monsignori
dovevano presentarsi di persona, insieme con le loro soldatesche. Così , sotto Ottone I,
il vescovo Dietrich di Metz fu per cinque anni, ininterrottamente, in Ital ia con l ' esercito
imperiale, e quasi altrettanto a lungo i l vescovo Adaldag di Amburgo. I vescovi Lantward
di M inden e Ottocaro di Spira furono per due volte di seguito di staccati al com ando
verso il Sud, dove trascorsero complessivamente più di sette anni. Sotto Ottone III, i
capi cristiani di Costanza, Worm s e Wiirzburg, prestarono quasi continuamente servizio
armato. Il vescovo Bernardo di Hi ldesheim , nella sollevazi one dei rom ani contro questo
imperatore, benedice non sol tanto le truppe del sovrano , ma si lancia anche l u i
personalmente tra le prime fi le con la sac ra l ancia ( " signifer ipse cum sancta haste in
prima fronte aciei egredi parat") sicché è dal 1 1 92 santo del la Chiesa cattol ica, con
-
festa il 20 novembre. Ma anche nel la campagna delle Fiandre, nel l 006/ 1 007, organizzata
dal santo Enrico, il santo Bernardo fu del la partita. A riprova del princ ipio: "La guerra
per l ' Impero è guerra santa" (Kohler).
Di tanto in tanto, naturalmente, i prelati, con le loro masnade arm ate , si rivoltarono
anche contro il re. Fu il caso dei vescovi l orenesi Gauzlin di Toul , Adal bero di Metz, e 48
del bel l icosi ssimo Bernain di Verdun. Perché, nel l a misura in cui la nobiltà si presentava
quale unitario blocco di interess i , altrettanto si comportava "la Chiesa", nel cui am bito
chiese vescovi li e conventual i e prelati potevano concorrere e formare fazioni fortemente
rivaleggi anti .
Verso Est, sempre al i ' epoca degli Ottoni , la rafforzata cri stiani zzazione nei confronti
degli S l avi si associò con una consolidata partec ipazione del clero alle atti vità bel l iche,
spec ialmente sotto Ottone III, che guidò di persona una campagna dopo l ' altra : nel 992
contro gli Hevel ler e, nel lo stesso anno, una contro gli Slavi de li ' El ba, nel 993 contro i
Liuti zi, nel 995 contro gli Abodriti e i Wilzi, nel 997 ancora contro gli Hevel ler. Ma
Ottone fa effettuare ulteriori spedizioni contro gli S lavi anche senza l a propria presenza.
Già i suoi predecessori erano stati tutt ' al tro che pigri sul fronte orientale. Perfino i l
vescovo Thietmar scrive c h e l ' arcivescovado di Magdeburgo, palesemente fondato
(come il coevo vescovado di Mei ssen) in posi zione strategicamente importante, serviva
non soltanto alla speranza nel l a vita eterna, ma anche "a difesa del la patria com une"
(defensionemque communis patriae ).
A l l ' Est com batteva Giselher di Merseburgo, che fu fatto arci vescovo in quanto
beniam ino di Ottone II; e sempre all ' Est combatterono i vescovi M i l one di Minden,
Hildiward di Halberstadt, Eiko di Meissen, Gebhard di Rati sbona, Gottschalk di Frisinga.
Il vescovo Ramward di M i nden spinse i suoi sudditi di Westfalia, inci tandol i "possen
temente alla battagl i a" (Th ietmar) con una croce in pugno, trasc inando! i nel folto del la
28 L ' imperatore Enrico Il il Santo
m ischia. "Senza dubbio il carattere religioso del l e guerre slave contribuì significativa
mente alla cooperazione dei prìnc ipi ecc lesiastici" (Auer). E nel tardo IX secolo, sotto
la pressione del tempo, venne anche abol ita generalmente l ' esenzione del basso clero
dal l ' obbligo m i l i tare. Adesso, come nelle guerre di Ungheria, anche i chierici comuni
partecipavano alle spedizioni armate in Oriente, e anzi i religiosi ne furono sovente i
portabandiera; gli alfieri dei vassall i di Verden e di B rema, un diacono e un sacerdote,
caddero nel 992 contro gli Slavi.
Certo, nel corso del secolo X, la Chiesa stessa m utò i l suo atteggiamento relativo al
servizio bel l ico dei cristiani, sulla posizione dei soldati nel l a misura in cui lo status del
49 combattente si era andato per così dire "cristiani zzando", per non dire "clericali zzando"
e assoggettando alla Chiesa. Nel l a realtà, q uesto sanguinoso mestiere, questo uccidere
legittimato otteneva ora "un ' immediata final ità ecclesiastica, dal momento che guerreg
giare al servizio del l a Chiesa, o a difesa dei debo l i , era visto come compito sacro, e non
solo a vantaggio del re, venendo dichiarato come dovere religioso per ogni singolo
cavaliere" (Erdmann).
Fu Enrico II a recl utare con l a massima frequenza per l a guerra i capi religiosi , dato
che il suo governo - palesemente in maniera convenevole ad un santo - rappresentò
" l ' i nequivocabile culm ine nel rec lutamento e formazione del l ' alto clero al l ' obbligo
m i l i tare al l ' Ovest come ali ' Est" (Auer). E, come già prima degl i Ottoni , erano comparsi
largamente in Europa i condottieri d ' anime in veste di condottieri di eserciti, così anche
ora, sotto di loro e i l oro successori , i prìncipi dell a Chiesa ebbero i l com ando di gruppi
m i l itari o di interi eserc iti : gli arcivescovi di Colonia e di Treviri in Occ idente, dove tra
gli altri sono impegnati nelle osti l ità anche i tre vescovi sassoni Bernardo di Hi ldes
hei m , Thiedrich di M iinster e Meinwerk di Paderborn . Sono inoltre atti v i , nelle guerre
contro gli Slav i , gli arcivescovi di Magdeburgo (che, solo tra i l 983 e i l 1 0 1 7 intra
prendono tredici campagne, come fanno di continuo anche i vescovi di Halberstadt); i l
patriarca d i Aquileia, l ' arcivescovo di Milano, l ' arc ivescovo Eriberto di Colonia, "uomo
di grande santità" (che in effetti venne pure canonizzato) nonché "famoso per i molti
miracol i " (Ermanno di Reichenau); non m ancano in Italia, dove spec ialmente i l vescovo
Leone di Vercell i (998- 1 026) - colà uno dei principal i seguac i di Enrico II, sulla cui
pol itica ebbe un influsso non trascurabile - ricoprì per anni funzioni di condottiero in
cruenti combattimenti . Così espugnò la fortezza di Orba, rinchi use Arduino nella
roccaforte di Sparrone, mosse guerra al conte U berto di concerto coi vescovi di Pav ia e
di Novara, e dovette perfino riconqui stare, dopo una temporanea perdita, la propria
sede vescov ile; al term ine del l a carriera, prese congedo "dal mondo in santa pace da
vecchio buon s ignore" (Wipo ).
Non mancarono, è pur vero, proteste di alti dignitari ecclesiastici contro i m aneggi
m i l itari del clero.
Così, in pieno secolo X I , il cardinale e dottore del l a chiesa Dam iani stigm atizzava,
Il buon esempio dei papi 29
con la passione a lui peculiare, che ai prelati ubbidissero non i loro religiosi, bensì dei 50
guerrieri armati fino ai denti . Di un vescovo ital iano scrive infatti : "Costui cavalca
davanti a tutti come i l condottiero di una fal ange pagana, corazzato dalla testa ai piedi ;
dietro a lui si accalcano le orde degli scudieri e dei l ancieri". Il dottor Dam iani era
nem ico dichi arato delle guerre non solo sante, ma di tutte quante, senza di stinzione.
Prima di l u i , anche il vescovo Ful berto di Chartres ( 1 006- 1 028) aveva accusato i
vescovi di ag ire da tiranni e carnefici. Gli imputava di intenders i di cose bel l iche più e
meglio dei potenti laici, anzi che fosse il loro piacere maggiore quello di organ izzare
truppe e spargimenti di sangue. Eppure Fulberto non respinge la guerra del mondo
profano, rifi utando però q uella del c lero, compresa la guerra cosiddetta giusta.
Nello stesso periodo, nondimeno, Bernardo di Angers si entusiasma per un priore di
Conques che regol armente cavalca al la testa dei suoi al "fronte", tenendo senz' al tro a
portata di mano le arm i nel la sua cella "solo per zelo verso Dio, a difesa del bene e a
protezione del suo convento". E nel medesimo secolo l ' arci vescovo Burcardo di Vi enne
viene glorificato ancora sul suo epitaffio in qual ità di condottiero c i rconfuso di gloria
bel lica, i l che viene dichiarato addi rittura per bocca del lo Spirito santo . . . subito dopo i
marti ri , le m i l izie clericali incedono nel cielo con la palma del l a vi ttoria. 33
Naturalmente, la sobi llazione guerrafondaia del l ' alto c lero fu possibile, non da ultimo,
per i l fatto che anche i papi, contrariamente al loro stesso m agistero ecc lesiale, erano
d ' accordo con essa, essendone anzi essi stessi partec ipi, guidando essi - direttamente o
indirettamente - battaglie terrestri e marittime.
Già Gregorio I (590-604), l ' unico "Santo Padre" con l ' epiteto di "Magno", ebbe il
com ando della guarnigione rom ana in periodi di crisi. Rec lutò uom ini dai monasteri , si
occupò di istituzioni militari , di punti d ' appogg io per le truppe, di fortificazioni, racco- 51
mandando anzi nel le operazi oni bell iche attacchi a l l e spal le, cattura di ostaggi e
saccheggi (IV 1 90 ss.). E fu fatto santo e dottore del l a Chi esa. Da discepolo autentico
di Gregorio, il suo allievo Onori o I (625 -63 8) diede impulso non solo ad una più pressante
lotta contro gli ebrei , ma nom inò anche un magister militum per Napoli. È pur vero che
papa Onorio fu ufficialmente proscritto dal l a sua stessa Chiesa ( l ' anatema fu di papa
Leone I I , santo pure lui, ratificato nel 682, si veda IV 3 3 6 ss.), ma certo non in quanto
antisem ita o guerrafondaio, bensì come "eretico".
Già nel 778 Adriano I , uomo estrem amente assetato di conqui ste territoriali, aveva
scatenato con un proprio eserc ito l a prima guerra papale di aggressione. N eli ' 849, papa
Leone IV accompagnò i suoi veteran i . Nel l ' 877 Gi ovanni VIII sconfigge l a flotta
saracena presso il Capo Circeo (V 265 ); nel 9 1 5 Gi ovanni X batte i Saraceni sul
30 L ' imperatore Enrico Il il San to
Garigl iano (V 484) e si vanta, in una l ettera al l ' arc ivescovo di Colonia, Erm anno, di
aver combattuto due volte personalmente contro di loro. Benedetto V I I I travolge i
S araceni nel l O 1 6 presso Lun i , sulla costa ligure; ma non è raro che potentati cristiani ,
compresi dei vescovi - come Atanas io di Napoli - si schierino dall a parte degl i Arabi
(V 267 s . ) . E Leone I X ( 1 049- 1 054), un conte tedesco nativo di Egisheim, è il primo
Santo Padre a condurre i n persona una guerra nel nome dell a Chiesa (p. 1 47 ss.). 34
La m aggior parte dei m onasteri , i stituti i mperiali e col laterali allo Stato, nonché altri
conventi autonomi o appartenenti a s ignori religiosi e laici, possedevano una "militia"
bene addestrata. Come i vescovadi, così anche molte case monacali erano obbligate a
p l acare l a fame di potere del sovrano, sotto l a g u i da de l i ' abate, con prodotti di
m acel l azione, mediante i vassall i ecclesiastici (milites aut homines ecclesiae), non
appena il re ne avesse bisogno. E ne aveva bisogno molto spesso ! Persino i conventi
femminili erano tenute al servizio m i l i tare e dovevano fornire delle truppe. Conventi
senza soldati, in ogni modo, erano tenuti ad equipaggi arne di esterni . Di regola, già nel
52 X secolo i monasteri m inori , che non fossero in grado di fornire armi e risorse ali ' Impero,
venivano dati in usufrutto o in affitto.
Dopo l ' età carol ingia, confidenti del principe reggente sono sovente g l i abati :
funzionari infl uenti che, nel l ' ambito del la sua politica, in relazione al rango e ali ' impor
tanza del suo casato, eseguono compiti più o meno rilevanti . E appunto non ulti m i , tra
questi , essi si arruolano in guerra per il re. Esattamente come i vescov i . 35
Per esempl ificare solo brevemente, ecco in età c arolingia l ' abate Achivo assolvere i l
suo "hosti l icium", e come l u i l ' abate Ermenlando, i l quale fu piuttosto ril uttante e tuttav ia
- stando alle cronache - straordinario nel le sue prestazioni. Fardulfo, abate di St. Denis,
combatte i n una spedizione di Carlo contro i Sasson i , nel l a quale porta con sé anche
delle sante reliquie come viatico nelle battaglie: uccidere e pregare . . .
A l l ' abate Fulrad di Altaich, nel l ' anno 806, l ' imperatore comanda: " I l 20 maggio
dov rai convenire coi tuoi uomini a StaBfurt sul fi ume Bode, pronto a combattere in
qualsiasi l uogo del nostro regno, scelto da noi. Dovrai essere presente con arm i , equipag
giamento e con salmerie e approvvigionamenti necessari alla condotta del l a guerra.
Ogni cavaliere deve avere scudo, lancia, spada, pugnale, arco e faretra. Nel tuo carro
avrai vanga, asce, picconi, barre provviste di punte di ferro, e tutto il materiale necessario
alla truppa. Le razioni dovranno bastare per tre mesi . . " 36 .
l ' abate Ugo di St. Quentin, un fi glio di Carlo "Magno", nonché Richboto di St. Riquier;
e viene fatto prigion iero, oltre a diversi vescov i , l ' abate Lupo di Ferrières ( V 1 36).
Anche nella battagl i a presso Bratis l ava perdono la vita tre vescov i . E al l ' epoca degli
imperatori sassoni , ad accompagnare i monarchi tedeschi nelle loro spedizioni in Ital ia
sono presenti, per quanto ne sappiam o, una quindicina di abati.
Nel l ' invasione del l ' Ungheria, nel 954, anche m i l i zie monastiche si mob i l i tarono
contro gli invasori . Talvolta erano i monaci stessi a scendere in campo armati contro i
nem ici del paese, contro città e caval ieri ; di più, i conventi stessi guerreggiavano tra di 53
loro. In tal modo, gradualmente, il monaco si andava trasform ando in cavaliere mona
stico. E al la cintola del caval iere fratesc o - ecco l a singol are metam orfosi del l ' antico
"gl adi atore di Cristo" - sono ora appesi arco e faretra, martello, tenaglia, spada e una
clava. È probabile che, sullo scorcio de li ' V III secolo, le officine dei conventi produ
cessero già spade e arm i di vario tipo. '7
Ovviamente, le roccaforti degli asceti - come ancora nel l a guerra civile di Spagna o
in Croazia verso la metà del XX secol o - fungevano anche da basi d ' appoggio m i l i tari .
Tale funzione ebbe ad esempio il m onastero di Elten, appartenente al vescovado di
Utrecht, il cui vescovo Ansfrid - un possente uomo d ' arme ari stoc ratico, formatosi
militarmente alla scuola del l ' arc ivescovo e condottiero Bruno (V 430 s s . ) - propri o a
queste capac ità fu debi tore del l a sua alta dignità canonica.
In realtà molti conventi , fi n dal pri mo Medioevo, furono trasformati in costruzioni
difensive, ri strutturati in roccaforti a regola d ' arte . Analogamente avvenne per molte
ci ttà vescov i l i . I pres upposti erano l ' autorizzazione del re e i l conferimento di giuri
sdizione a l l a d i fesa, che peraltro avveniva di freq uente nei m onasteri di nuova
costruzione. Questo significava i l diritto del castellano di reclutare l a (libera) popolazione
del circondario per tutti i lavori della rocca, in cambio del suo diritto a trovarvi protezione
in periodi di emergenza. JH
La costruzione dei borghi è più antica di quanto si sia ipoti zzato per l ungo tempo.
Risale, nel l ' Impero dei Franchi , fi no al l ' VIII secolo, si diffonde in Europa su l arga
scala verso la fi ne del IX secolo, e m i ra princi palmente a mettere al sic uro i territori
depredat i , servendo da base di partenza per ulteri ori predazioni, per faide, ol tre che per
proteggere i carriagg i di rifo rnimento.
Il borgo (in l atino hurguslburgum, in gotico haurgs, in antico alto tedesco hurg, in
francese hourg , antico slavo grad), chiam ato anche arx, castellum , castrum, faceva 54
parte in buona sostanza del lo stile di vita aristocratico, e quindi anc he del l a vita del la
Chiesa. In realtà, l ' alto clero era un'emanazione assoluta e diretta del la nobiltà e vive-
32 L ' imperatore Enrico I l il Santo
gioso che oltrepassò, quanto a potere e influenza, la maggior parte della nobiltà nel
l' ambito imperiale. Com inciarono infatti ad imitare nei l oro documenti , monete e sigil
l i , perfino nei simboli del potere e nel la tenuta del l a corte, le forme del l a rappresentan
za egemonica fino allora riservate al re, per arrivare in definitiva, da questo nuovo
57 senso del potere, a sottoporre il loro popol o ad oneri sempre più pesanti. Contempora
neamente, questa egemonia ufficiale in via di stratificazione venne rinforzata dai bor
ghi , facendone costruire sempre di nuovi, come per esempio ad Amburgo-Brema, al
l ' al tezza del Stillberg, o a B amberga con Gossweinstein, oppure strappandoli ad un
principe laico, come a Colonia la Tomburg ezzonica, sulla strada m i l i tare Aquisgrana
Francoforte; in tutti i casi destinati non a difesa dal i ' esterno, bensì con funzione di
stab i l izzazione verso l ' interno. Questi borghi non erano più concepiti come l uoghi di
protezi one del la popolazione, magari come luoghi fortificati di fuga o rifugio; ma era
no ormai sede di contingenti stabi l i , atti a rappresentare g l i interessi dei loro s ignori . 43
Da ultimo, durante il Medioevo, migliaia di c hiese vennero fabbricate in forma di
borghi. Nel suo studio sulle "Chiese fortificate ne l i ' Austria Inferiore", K. Kafka regi
stra, per i l solo c i rcondario della regione, riconoscibili ancora oggi , ben 1 1 4 chiese
m unite di difese, mentre attesta l ' esi stenza, per l ' Austria inferiore, di altre 1 29 chiese
analoghe. Ma esistevano perfi no chiese ri struttu rate non solo per farne delle fortezze,
bensì veri e propri covi di rapina; per esempio, nel secolo XI, nel la provincia eccles ia
stica di Reims.
In quel tempo, l o sviluppo dello spirito riform i stico portò a conflitti col potere impe
riale, a rifi uti del servizio bel l ico per l ' Impero, a contestazione del l ' intero obbligo m i
l itare del l ' alto clero, c h e culminò appunto sotto Enrico I I i l Santo. D a l quale abbiamo
58 preso le mosse e al quale, a q uesto punto, facciamo ritorno. 44
Suhito dopo / ' elezione di En rico , gu erre ci1 ·ili 35
Enrico II i l Santo - re di Gennania nel l 002 , re d ' I tal ia nel l 004, imperatore romano
nel 1 0 1 4 - il "grande promotore dell a pace" che, se si presta fede alla fal ange dei suoi
apol ogeti perlopiù clerical i , aveva ne li ' animo soprattutto la pace poli tica e ideal i di
pace, giustizia, riconc i l i azione, al quale anche oggi si accredita da parte cristiana uno
straordi nario am ore per la pace, ebbene , questo singolare santo, che nel la realtà impo
neva ed implorava di continuo la pace, per tutta la sua esistenza non diede m ai tregua,
non cessò mai da guerre e da faide, da confl itti sanguinosi coi cattolic i : coi polacchi
cattolici, con l a nobi l tà cattolica n eli ' Impero, in Alsazia, in Lorena, in Borgogna (solo
qui tre campagne), con l a nobiltà cattolica in Svevia e Sassonia, con l ' ari stoc razia cat
tol ica in Alta Ital ia, col parentado cattolico e coi vescovi cattolici. E in tutto ciò, e tanto
più nella sua grande guerra contro i Polacch i , Enrico non fu gu idato da un "sentimento
nazionale tedesco", ancor meno di quanto lo fossero i suoi nobi l i . Ma ucc isioni e stragi
facevano parte, in un certo senso, dei compiti precipui di un re cristiano, per cui il
"terrore" da l u i diffuso e la "paura" che em anava da lui erano i princ ipal i mezzi di
governo. Egl i aveva potere di anatema e bando, di ritto di punizione, di prendere pos
sesso e, al tempo stesso, di togliere la vita. Così sta scritto n eli ' ordine di incoronazi one
ottoniano del "Ponti ficale Romano-Gennanicum " : "Da tutti egl i dovrà essere tem uto,
da tutti sarà amato . . . " 59
Nessuna meraviglia, dunque, che il regno traboccasse di disordini, malcontenti e
azioni terroristiche di ogni specie. "Gli annali del governo di Enrico II sono pieni di
gesta di atroce violenza e di sfacciata violazi one del l a pace, contro cui l ' imperatore
combattè senza tregua, ma solo nei suoi ultimi anni con successo abbastanza visibile:
di continuo, senza sosta, udiamo notizie di saccheggi e di rapine dei potenti a danno dei
sudditi, dei laici contro le chiese, di cui g l i scrittori coevi l amentano l ' impunità"
(BreBiau). 45
Subito dopo la sua elezi one Enrico II, tra le sue prime azioni di governo, devastò i
terri tori del duca Enn anno II di Svevia, che aveva nutrito speranze per la corona ed era
stato sulle prime il candidato di molti grandi. Ed Ermanno infatti conquista e saccheg
gia Strasburgo, che era passata col suo vescovo Werner dal l a parte di Enrico I I : g l i
Svevi mettono a sacco i l duomo e lo danno perfino a l l e fiamme ( p . 6). Poiché il re, per
la primavera, progettava già una spedizione contro il rivale al trono, questi si sottom ise
ancora nell ' autunno e morì già pochi mesi dopo (nel m aggio 1 003 ) , per cui Enrico as
sunse personalmente il governo per i l di lui figlio minorenne Ennanno III. Anche questi
morì, sicuramente con soll ievo del sovrano, nel momento opportuno, nel 1 0 1 2 , prima
cioè di raggiungere la maggiore età e i suoi 12 anni di vita. Tre anni più tardi, anche il
duca Ernesto I di Svevia, pure giovanissimo e in modo molto sospetto, restò ucciso
36 L ' imperatore Enrico Il il San to
durante una partita di caccia da una freccia che, si dice, era destinato ad una cerva.
Un ' al tra guerra civile, quasi una continuazione del l a cruenta faida dei B abenberg
scatenata un secolo prima (V 354 s s . ) , Enrico II la scatenò nel Nordgau contro i l
m argrav io Enrico di Schweinfurt, discendente dell a casata d e i B abenberg.
I I Santo, inizialmente ancora in posizione precaria nella lotta per la corona, aveva
promesso al potente m argrav io, prima dell ' elezione, il ducato di Baviera divenuto va
cante, ma poi lo aveva truffato. (Tra parentesi, perché m ai dovrebbe un politico cattoli
co, ai nostri giorni, mantenere le promesse elettoral i , quando già m i l le anni prima un
imperatore cattolico non le manteneva affatto . . . e diventava ciò nonostante santo? La
60 storia dei popol i cristiani pullula di siffatti precedenti , esemplari per le scuole.)
Allorché Enrico divenne re, cercò di mettere a tacere le richieste del m argrav io con
dei pretesti che questi non accettò affatto. In fin dei conti Enrico gli aveva "assicurato
da tempo e definitivamente" il ducato, rag ion per cui egl i lo aveva anche " lealmente
appoggiato nei suoi sforzi per l ' ottenimento del l a dignità regale". Così tramanda i l
vescovo Thietmar di Merseburgo, cugino del margravi o di Schweinfurt, figlio a sua
volta del conte Bertoldo, che Ottone I aveva insediato nel Nordgau bavarese dopo aver
estromesso per sempre i l duca d i B aviera Eberardo (IV 42 1 s . ) . I conti di Schweinfu rt
offrivano con ciò una posizione di collegamento, quasi un ponte tra il Nord e il Sud
del l a Germania; essi avevano difatti ampliato i l loro territorio, rafforzandolo, al di fuo
ri della sede originaria, con una corposa ghirlanda di borghi : Banz, Kronach, Creussen,
Ammerthal , Hersbruck.
A seguito del l a fedifraga violazione del re Enrico, i l quale temeva certamente il
potere del bavarese sul fianco sud-orientale del regno, i l margrav io, dopo aver fatto
ricordare invano la sua promessa ad Enrico tram ite "gli uom ini più accorti ", si ritirò
dal la sua cerchia e si avvicinò a B oleslao Chrobry, padrone effettivo di Polonia e Boe
mia, il quale rifiutava ad Enrico omaggio e obbedienza per la Boem ia. Ora i due re
gnanti, al leati con il babenberghese Ernesto d ' Au stria, c u g i no del m argrav i o di
Schweinfurt, e con B runo, fratello stesso del re , insorsero nel l ' estate del 1 003 contro i l
reggente, ancora lontano dali ' esser saldo i n sella.
Thietmar c i ragguaglia su una rete di compl otti vasta e rami ficata. Subito ad Enrico
toccò una brutta batosta presso Hersbruck, ma poi estese le ostilità - al grido di batta
glia Kyrieleison ! - invadendo tutto il territorio del conte "e distrusse la maggior parte
dei suoi borghi" (Ermanno di Reichenau). Tant'è vero che "sem inare pace e concordia
fu nella sua vita i l fine supremo del sovrano" (Guth). S i combatté colpo su colpo. A l
princ ipe franco Enrico riuscì di sottrarre un borgo dopo l ' altro. Ammerthal, residenza
del m argravio, non lontana dal i ' odierna Amberg, fu data alle fiamme, la c i ttà diroccata,
la guarnigione polacca colà prigioniera di stri buita tra i vincitori. Creussen, sul Meno
Rosso, si arrende, il borgo di Crana (Kronach) ridotto in cenere su ordine del margrav io
61 ormai portato alla disperazione , prima di fuggire presso i l d u c a Boleslao.
Suhito dopo l ' elezione di Enrico , g u erre civili 37
La parola fi ne a questo dramma la mettono due alti prelati . Infatti i l Santo inviò il
vescovo Enrico di Wtirzburg (che un giorno avrebbe ugualmente ingannato) insieme
con l ' abate Ercanbaldo di Fulda (in ogni guerra e confl i tto ferreamente a fianco del
monarca, per cui q uesti lo nom inerà anche arcivescovo di Magonza), i quali ebbero
l ' incarico di annientare la "roccaforte di Schweinfu rt". Una m i ssione che i due pastori
d ' anime compirono "nel più del icato dei modi ". Tant'è che rasero al suolo "solamente
la cinta muraria e gli edifici", prom ettendo ad Ei l a, m adre del conte Enrico e zia di
Thietmar, che avrebbero fatto restaurare tutto quanto se la grazia del re lo avesse per
messo . . . Il bi ografo di Enrico - q uel ! ' Adalboldo di Utrecht cappellano di corte che nel
l O l O fu pure fatto vescovo - passa tuttav ia sotto si lenzio tutta questa tragedia.
Il re aveva piegato tutti i centri fortificati del suo avversario, saccheggiando tutte le
sue proprietà, sottraendogl i anche tutte le cariche e i feudi, ossia un vasto territorio.
Dopo di che godette il suo trionfo nel borgo di Bamberga, dove solennizzò 1 ' 8 settem
bre come "genetl iaco del l a madre di Dio in festosa leti zia" e ritemprò le sue forze
"dalle fatiche del l a campagna m i l itare" con la cacc ia autunnale nel l o Spessart e annun
ciando per l ' inverno prossimo venturo un ' i nvasi one nel l a regione dei Milzeni.
I l re rinchi use i l conte, ridotto a strisciare ai suoi piedi - riconoscendo "tra le lacrime
la sua grave colpa" (Thietmar) -, nel forte di Giebichenstei n, che serviva tal volta da
carcere per i prìncipi . Colà, guardato a vi sta giorno e notte, cantava talora i salm i , oltre
ad altri "esercizi spiritual i", e compiva 1 50 flessioni al giorno . . . per essere al la fine
dato in custodia al l ' arcivescovo di Magdeburgo, Tagino, un compagno d ' i nfanzia del
re , osc i l l ante ancora tra scoppi di rabbia e ascesi. Dopo il suo rilascio, Enrico di
Schwei nfurt rimase politicamente esautorato del tutto finché, nel settembre del l O 1 7 , a
Schwei nfurt, venne seppell ito con estrema generosità da ben tre vescovi (di Wtirzburg,
Bamberga e Trieste) . . . "fuori dal la chiesa, presso la porta del l a città", come strana
mente si era augurato. A questo punto , si racc onta che Enrico il Santo avesse provato
"profondo cordogl io" (multum doluit) per la morte di questo personaggio, "decoro del -
la Francon ia orientale". 62
Ciò malgrado, Enrico favorì i parenti del defunto margrav io di Schwei nfurt come
non fece con nessun al tro casato : con ingenti assegnazioni fondi arie nel la marca orien
tale bavarese, col duc ato di Svevia, con l ' arci vescovado di Trevi ri ; certo non si tratta
va di risarcimenti , bensì di rafforzare la casata nobi l i are per la l otta contro i Sal i i e
i Corradini, i suoi nem ici più odiati e accaniti . Tutto in conform ità al principio di divi
dere e di comandare, tutto per l a di struzi one del partito salico-corradiniano, che
Enrico perseguiva con feroce spirito di vendetta, senza poter tuttav ia impedire la sua
vittoria. 46
38 L ' imperatore Enrico I l il Santo
Nel m aggio/giugno 1 005 con una spedizione m i l i tare - preparata a Thiel durante la
santa quaresima - il re aggredì i Fri soni occidentali, m arci ando attraverso l o Zuidersee;
s i trattò presum ibilmente d i una guerra di rappresaglia, per vendicare la morte in batta
glia del conte Arnolfo. Il quale, per esser preci s i , vi era caduto già diec i , dodic i anni
prima. Così l ' attacco abbastanza riuscito contro i Frisoni avvenne pi uttosto a favore
della crescente potenza dei vescovi di Utrecht e del la vedova di Arnolfo, Liudgarda,
una sorella del l a moglie di Enrico, Cunegonda. Il vescovato di Utrecht faceva parte,
dai tempi di Carlo l , del l a circoscrizione ecc lesiastica di Colonia e comprendeva la
massima parte degli odierni Paesi Bassi , intrattenendo un florido commercio fino alla
Sassonia, Inghilterra, Danimarca e Norvegia. Le monete coniate a Utrecht (avente di
ritto di moneta fin dal 936) erano diffuse fino alla Scandinavia e al Baltico. E quanto i l
vescovado s ' impegnasse contro i s u o i v i c i n i frisoni, l o evidenzia appunto, tra l ' altro, la
campagna di Frisonia del l 0 1 8 , nel la quale i contingenti di truppe vescov i l i erano m ag
giori di quel l i dei prìncipi laici.
Già un anno dopo la sua spedizione contro i Frison i , Enrico tornò a combattere sul
fronte occ identale.
L' imperatore Ottone I I aveva istituito, l ungo la Schelda, una serie di marche che
evidentemente m inacciav ano i l vassal lo francese della corona Balduino IV, i l Barbuto,
conte delle Fiandre (988- 1 035). Questi cercava infatti di avere i l controllo sulla Schelda,
63 fi ume di confine. Contro B alduino, di conseguenza, Enrico concluse u n ' al leanza con i l
(taumaturgo) re Roberto I I i l Pio di Francia (987/996- 1 03 1 ) , di c u i era stato mediatore
niente meno che il vescovo Notker di Liegi. E, quale terzo componente nell a lega, i l
duca Riccardo I I di Normandia (996- 1 026) : anche lui esaltato nel le fonti quale "mo
del l o di virtù, tutore di pace e protettore del l a Chiesa" (Renou x). Tuttav ia, nonostante
siffatta triplice combutta del santo, del pio, del patrono e difensore del l a Chiesa, pro
prio a causa di quest ' ultimo si gi unse, nel l ' estate del 1 006, nella regi one di Arras, non
solo ai consueti saccheggi , ma anche alla lotta per contendersi il monastero di Mont
Saint-Eloi, difeso vanamente dai monac i . La "casa di Dio" venne totalmente devastata
dagli assal itori . Essendo tuttav ia fal lita l ' azione offensiva, Enrico riprese le osti lità
l ' anno dopo. Le sue truppe - tra le qual i , alla testa di un cospicuo contingente, marcia
va i l santo vescovo Bernardo di H i ldesheim - puntarono a saccheggiare il convento di
Holthem e la sua chiesa. S i conquistò Gent e s i saccheggiarono le Fiandre; in seguito a
ciò, Baldu ino dovette cedere ostaggi e sottomettersi nel l ' ottobre ad Aqui sgrana. Fu
però il vescovato di Cambrai a trarre "il primo e più sicuro vantaggio da quella campa
gna" (Hirsch), ottenendo subito, ancora ad Aqui sgrana, la contea del Cammeric hgau . 47
Perfino coi fratelli del l a sua santa moglie Cunegonda, figlia del conte Si gfrido I di
Lussemburgo ( Ltitzelburg), Enrico condusse lunghe guerre intestine ( 1 008- 1 0 1 5 ) nel-
Le guerre di Enrico il Santo in Occidente 39
l ' Alta Lorena, una terra sempre scossa da faide. E buono non era di certo neppure i l
rapporto c o l suo stesso fratello, i l vescovo B runo d i Augusta, vi sto che ben due volte
(nel 1 003/ 1 004, e nel 1 024) gli aveva infl itto l ' ostrac ismo. I Lussem burghesi, sotto i l
cognato del re, avevano ampl iato l a l oro posizione. Dom i navano su gran parte del l ' A l
t a Lorena, ma m i ravano a d espandersi anche verso E s t e a consolidars i sul medio corso
della Mosella. Questo era troppo per Enrico. Ora, due tra i fratel l i di Cunegonda erano
rel igiosi. Erano divorati dal i ' ambizione e cercavano di metter le mani sulle sedi vescovili,
onnai vacanti, di Metz ( l 005 ) e di Treviri ( l 008 ) : due diocesi comprese nel l a loro sfera
d ' i nfl uenza. 64
Intanto, nel 1 006, il fratello Dietrich II si era fatto, a quanto pare di propria iniziati
va, vescovo di Metz. Probabilmente però, dopo la morte di Adalbero II, ottenne nel
1 006 la diocesi vacante di Metz grazie all ' intervento di suo cognato Enrico. E anche al
cognato Adalbero, preposto di S. Paulin a Trev iri, il re sem bra avere promesso - a
quanto infonnano le fonti - i l locale convento. In ogni modo colà, dopo la morte del
l ' arcivescovo Liudolfo di Trev i ri, si elesse come successore - in modo canonicamente
corretto - Adalbero, i l fratel l o più giovane di Cunegonda, che era oltretutto un emerito
razziatore di chiese. A questo punto, però, i parenti ambiziosi diventavano troppo po
tenti per il re, per cui egl i , pur contro le "pressanti preghiere del l a sua amata consorte e
di altri am ici" (Thietmar), trasferì la titolarità di Treviri ad un controvescovo, c ioè al
tesoriere di Magonza Megingaud ( l 008- 1 0 1 5 ) . Il quale si comprò, come onnai consue
tudine da tempo, molte truppe a suon di beni ecc lesi astic i ; tuttavia l ' eletto con tutti i
crismi della legge g l i rifiutò l ' ingresso nel l a metropol i sulla Mosella. Divampò allora
quel l ' insurrezione che coinvolse gran parte del l a nobiltà lorenese, che vide saltuaria
mente a fi anco dei Lussemburghesi anche i loro consanguinei olandesi , ed inoltre il
conte palatino Ezzo, il sali co Corrado, e tra gli al tri il futuro imperatore Corrado I I : una
guerra che per un decennio fece trattenere il respiro, essendo alimentata da sempre
rinnovati attacchi incendi ari e da atroc ità.
Enrico, ol traggiato qui come usurpatore e "i nvasor regni", condusse tre spedizioni
contro i suoi cognati. Nel 1 008, a Trev iri, l ' arci vescovo Adal bero si difese per 16 setti
mane addi rittura eroicamente nella reggia appos itamente fortificata con mura, torri e
fossati . Nondimeno, mentre il santo faceva sm antellare le case del l a città, per costruire
col materiale del l a demolizione torri di assedio, gli assediati le attaccavano di nuovo
col fuoco, per cui Treviri venne ridotta ad un mucchio di macerie. Alla fine, nel l ' agosto
1 008, Enrico riuscì a conqui stare la città, a cacciare e scom unicare Adalbero, facendo
consacrare il tesoriere di Magonza Megi ngaud. In seguito, com unque, l ' arci vescovo
Adalbero fu in grado di rientrare a Trev iri, mentre l ' arcivescovo Megingaud fu costret
to al domicilio coatto a Coblenza fino al tenn ine dei suoi giorni .
L' estate successiva, nel mezzo della seconda guerra a l l a Polonia, in u n a dieta tenuta
a Ratisbona, il re depose il duca Enrico V di Baviera, mantenne la Baviera in suo pugno 65
40 L ' imperatore Enrico Il il Santo
Le maglie del l a rete in cui l e diocesi tedesche avvol gevano da l ungo tempo i l paese
furono rese ancora più fitte da Enrico II con la fondazi one del vescovato di Bamberga,
dove ancora oggi i l regale personaggio è fatto oggetto di particolare venerazione.
L' istituzione di questo vescovato è considerata volentieri come l a sua più insigne
prestazione ecclesiastica, cioè una del le sue "più belle azioni" (Wetzer/Welte ). A quan
to pare il re che, stando al racconto di Thietm ar, "fin da bambino aveva amato partico
larmente Bamberga", "da sempre" aveva vol uto istituirvi una sede vescovile, natural
mente per la sal vezza della propria anima. Il suo m atrimon io non gli aveva portato
fig l i , e qu indi doveva esser Dio il suo erede. Un motivo del tutto personale, al quale
però l a Chiesa congiunse ben presto una "pia reinterpretazione" (ossia un trucco pretesco
col laudato m i l l e e m i l l anta volte): la mancanza di prole di Enrico - così si disse per
secoli - era la conseguenza di un voto di castità, cioè di nozze "giuseppine" con la
consorte Cunegonda, anch 'essa poi santificata. 67
Ma di questo, per la verità, non si parla nemmeno, per quanto se ne sia predicato e
scritto, raccontando frottole e dandol a così a bere al mondo attraverso due santi, due
asceti . Perfino il dotto Frutolfo (morto nel l 1 03 ) , relativamente disincantato (in quan
to ha messo per esempio in dubbio anche il carattere storico di q uesta saga eroica),
monaco del convento bamberghese di M ichel sberg, reca la sua testimonianza: "Come
molti testimoniano, Enrico non conobbe m ai la reg ina Cunegonda, bensì l ' amò come
una sorella". E ancora nel XX secolo i l c lero diffonde l a leggenda: "I due condussero
insieme una vita veramente angel ica". E sempre nel XX secolo si ri propone, con
imprimatur, la seguente "Preghiera de lla Chiesa: O Dio, tu che nel giorno d ' oggi ( 1 5
luglio) hai prom osso i l tuo santo paladino Enrico dal più alto gradino del potere terreno
nel regno dei ciel i , ti suppl ichiamo umilmente: allo stesso modo con cui lo hai sostenu
to con l a tua grazia e l o hai assistito nel trionfare sulle tentazioni del mondo, così
concedi anche a noi, grazie al l ' im itazione di l u i , di poter superare le vane gioie di
questo mondo e di arrivare a te con cuore puro. Amen".
Le noti zie più antiche su q uesta casti ssima unione, superiore a tutte le tentazioni del
mondo, ci vengono dagli albori del XII secolo, e si richiamano alla sola tradizione
orale, che già Lei bniz riconobbe non degna di fede. Si presume che la santa consorte
del santo imperatore, non a caso venerata come patrona delle partorienti e dei bambini,
non sia stata meno attiva nel l ' alcova che nel l a vita politica, a cui prese parte v ivace
mente. Fu lei infatti , quando il santo portava guerra in Borgogna, ad insediare come
duca di Bav iera suo fratel l o Enrico. E fu ancora lei ad organi zzare la difesa del la regio
ne durante l ' assenza del consorte.
E la Chiesa organi zzò a sua volta, nei suoi riguardi, una saga m i racolosa dopo l ' al
tra. Sì , innumerevoli m i racoli avvennero s u l l a tomba del la santa Cunegonda : c h e fos-
42 L ' imperatore Enrico Il il Santo
sero sordi, muti, paral itic i , o ciech i , i malati ottenevano tutti - secondo l a testimonian
za di un cronista rel igioso - "completa guarigione da ogni malattia". La polvere sul
sepolcro della santa veniva spesso "trasformata i n chicchi di grano", come decreta
papa Innocenza I I I nell a sua Bolla di c anoni zzazione del 3 april e 1 200; nel l a quale s i
68 certifica pure che grazie a lei "i ciechi hanno riavuto la l oro vi sta, g l i sciancati le l oro
membra risanate, i muti la favella, i sordi l ' udito e altri inferm i la loro salute integra".
Come opera del l a moglie de li ' i m peratore, inoltre, s i fa menzi one di tre resurrezioni da
morte "che meritano ogni fede" (Donin).
Un croni sta arriva ad annunciare : "Coi nostri occhi abbiam o v isto come l a polvere
tolta dal la tom ba del l a santa vergine si trasformasse in erba fragrante o incenso profu
m ato. Gli animal i domestici, che erano rubati o portati l ontano dai rapaci , tornavano
nelle loro stalle dopo un voto fatto con invoc azione del l a santa Cunegonda. Quanto
spesso ciò accadesse è impossibile elencarlo, essendosi verificato infinite volte". Dopo
aver invocato la santa, un ladro di caval l i , già impiccato, discese sano e salvo dal pati
bolo. Anche un bambino rapito venne riportato a casa dal l upo cattivo: "incol ume e
tutto raggiante per la gioia", si capisce. Un altro bambino, già morto, tornò in vita sulla
tomba del l a santa. "Tutta Bamberga ne è testimone" (Looshom).
E molti secoli sono testimoni del fatto che, con q ueste e analoghe scemenze, che
riempiono intere biblioteche e strapazzano mostruosamente i l com une buon senso e l a
razional ità, s i sono rimbambite generazioni su generazion i , mantenendole n o n da u l t i
m o sotto tutela mentale e spirituale.
Ma la versi one di un m atrimonio "giuseppino" - per tornare alla gl oriosa fandonia
pretesca - viene smentita dal re stesso. Fu infatti lui in persona, che "per diverse ragio
n i " sembrava i nadatto, e forse era già cagionevole di sal ute, a dichi arare con le sue
parole, nel l a grande assemblea ecc lesiale del l novembre 1 007 a Francoforte sul Meno,
frequentata da 3 5 vescovi, prelati dalla Borgogna, dal i ' Ungheria, dal i ' Ital ia, nonché in
presenza del l a regina, di aver rinunziato a sperare nel l a propria prole ! In quel l ' occasio
ne, riferisce i l vescovo Thietmar, probabilmente presente, i l re avrebbe detto letteral
mente : "A causa del l a futura ricompensa celeste i o ho scelto Cristo per m i o successore,
giacché non posso più sperare di avere fig l i miei". E anche il protocollo sinodale con
tiene l ' accenno al vano desiderio di prole da parte del sovrano. Tant'è vero che ricorre,
ancora in doc umenti contemporanei , in parecchi atti emessi da l u i medesimo (per esem-
69 pio per i l monastero di Kaufungen, fondato da Cunegonda), l ' espressi one "qui duo
sumus in carne una" (noi che siamo due i n una carne), il cui significato era univoco
anche nel Medioevo; per tacere qui di altri indizi. 49
Molto più importante del l a salvezza del l ' anima del regnante, per l a creazione del
nuovo feudo vescovile, fu tuttavia, secondo ogni probab i l i tà, un altro motivo, che certo
poteva esservi stato collegato : l ' annientamento dei pagani slav i che colà risiedevano
da sempre. "Enrico stesso era pervaso da questo obiettivo, che la fede pagana dei Sorabi
Il vescovato di Bamherga nasce da una regale canag liata 43
(o dei Vendi ) dovesse finalmente essere eliminata. E considerò come m ezzo per questo
fine la fondazione del vescovato di Bamberga" (Hauck) . In effetti, tale i stituzione sug
gel lò l ' abbatti mento degli Slavi nella regione del l ' Alto Meno, nella zona del Fichtel
gebirge e nel le l i m i trofe regioni boeme.
Ancora nel Si nodo di Francoforte , Enrico investì i l suo cancelliere Eberardo del l a
nuova circoscrizione ecclesiastica. E i l conte francone, probabilmente imparentato col
re e subito m unito anche della giurisdizione com itale, quale sommo prelato di Bamberga
( 1 007- 1 040) trovò ancora tempo e modo di essere per più di un decennio (dal 1 0 1 3 al
1 024) anche Gran c ancell iere per l ' Ital ia. Solo Corrado II succederà ad Eberardo i n
questo ufficio; dopo di c h e l a s u a infl uenza sulla politica del l ' impero si attenuò, e poté
dedicarsi alla sua dioces i .
Il territori o intorno a Bamberga - chiam ato Radenzgau o regione di Slav i - era pieno
di Sassoni, di Sorabi mezzo slavizzati, cosa di cui fino ad oggi conservano ricordo i
molti toponimi con la sil laba "wind". Tutta la regione che ruota intorno a B amberga
diceva a suo tempo il vescovo Enrico di Wiirzburg - era abitata da Slavi (totam illam
terram fere silvam esse, Sclavos ihi hahitare). In realtà, già Carlo il "Grande" aveva
dato inizio alla cristianizzazione dei "Vendi" de l i ' Alto Meno, intorno a Rednitz e a
Wiesent; c ' erano i nvero, fin dall ' epoca carol ingia, circa tre dozzine di oratori i battesi
mali (seppure assai spars i) dissem inati fino ai monti del Fichtelgebi rge e alle foreste del
Frankenwald. E in realtà, propri o nei paraggi di Bamberga, al la confl uenza del Meno e
del la Regnitz, si erano insediati molti preti, da cui si è dedotto, tra tante combinazioni
più o meno dotte, anche il nome di Papenberg o Pfaffenberg [monte dei preti , N.d.T.] 70
Per due secoli, tuttav ia, gli S l avi del luogo non avevano abbandonato né la loro
lingua né la loro vecchia fede. Spesso vivevano ancora da pagani , o da sem ipagani .
Anche quando erano ormai cristian i , si seguitava a chiam arl i "pagani", "barbari ", "fal
si cristiani". Malgrado le cerimonie battes imal i , i l cristianesimo non l i aveva convinti .
Al contrario, lo rifiutavano nei fatti , tenendosi alla larga dai preti . Non celebravano la
domen ica, non praticavano nemmeno altre usanze chiesastiche, ed ignoravano perfino
il canonico di ritto m atrimoniale, preferendo seppellire i l oro morti su qualche coll ina,
in zone aperte, piuttosto che sul sagrato della chiesa. "Che costoro pagassero le decime,
neanche pensarl o; ed inuti lmente si cercava di trasc inarli davanti ai tribunal i ecc lesia
stic i . Senza rem ore , invece, portav ano le offerte tradizional i alle antiche divinità"
(Hauck ). Ancora al l a fine del secolo XI risuonano le recriminazioni nei riguardi degli
Slavi, i pagani del l a regione; e l a stessa fondazione del monastero ci stercense di Ebrach
( 1 1 27) verrà associ ata alla "idolatria" proliferante ancora nei dintorni. 50
Ai fautori del la conversione, pertanto, sembrò più che opportuna una più incisiva
campagna missionari a nei confronti dei Sorabi. Certo, nel protocol lo stesso del Sinodo
di Francoforte, si dice che "il paganes imo degli Slavi deve essere sbaragliato e il nome
di Cristo dovrà colà stare in solenne, sempiterna memoria". I ndubbiamente, m uovendo
44 L ' imperatore Enrico Il il Santo
da B amberga, l ' impresa doveva essere più faci le, considerato che la popolazione loca
l e andava perdendo progressivamente i l suo carattere pagano e slavo, assimilandosi a
quello tedesco e c ristiano.
In q uesto processo, sicuramente, gli Slavi non dovevano aspettarsi nessuna indul
genza. In realtà l i si odiava e di sprezzava da l unghissimo tempo. Tanto che i l santo
Bonifac i o - il missionario detto "apostolo del l a Germania" - non voleva neppure
evangel izzarl i . Per i l monaco Vitichindo essi non erano che "barbari "; per i l vescovo
Thietmar erano dei mentecatti, spregiatori di Dio, inaffidabi l i , fac i l i da corrompere,
falsi e feroc i, "peggiori delle bestie i rrazional i : gente che persino i loro capi governano
con brutalità, che nei contraddi ttori del le assemblee si tratta a bastonate, i cui averi
vengono inceneriti appena s i manifesta u n ' i nsubordinazione. Tra i cristian i , per l a ve-
71 rità, l e cose non andavano in sostanza m olto diversamente. Eppure questi Vendi - così
insegna il vescovo - bisogna tenerl i a bada, sorvegl iarl i come tori e bastonarli come
asini . "Sorabi e Tedeschi non hanno fatto altro che odi arsi ", scrive Albert Hauck; ragion
per cui, da parte tedesca, ci s i è attenuti al princ ipio che nei l oro confronti "si potesse
ottenere qualcosa solo con l a forza e la spietatezza". Quindi, per quanto clero e monac i
possano aver fatto per portare avanti l 'evangel i zzazione d e i pagan i , ciò sarà stato certo
poco efficiente, come al sol ito. Perc iò non si pensò più di riusc i re a persuadere "con
espedienti spirituali", ossia con i struzione, prediche, con speciali protezioni o provvi
denze, con nuov i templi cristiani . S i preferì pi uttosto - come resero ev idente i del ibera
ti del S inodo di Bamberga del 1 059 - fare appel l o al braccio secolare : "I renitenti
dov ranno essere colpiti da scomunica ed essere banditi dai l oro padroni fuori dal le l oro
terre" (von Guttenberg). 5 1
Con l a convers ione degl i Slavi, cioè con u n m ovente ecclesiastico, è tuttavia intrec
ciato un m otivo non meno rilevante e certo inscindibile da quel l o : i l significato strate
gico e politico che geograficamente salta subito ali ' occhio dell a regione del l ' Alto Meno,
del Nordgau bavarese, per l ' Impero. Perché, dal m omento che questo avanzava sui
fronti del Sudest e del Nordest, tra queg l i avamposti i l centro s i trovava molto arretrato
e vi si incuneava la Boem i a - "terra S l avorum " - come un c uneo nel l a regione. Proprio
la parte centrale del fianco orientale era in qualche m i s ura senza protezione e senza un
saldo baricentro. In quel l a zona, i reggenti de li ' Impero avev ano contrastato, nel pro
prio esc lusivo interesse, la forte aristocrazia l ocale; già sotto Ludovico i l Fanciullo
avevano l iquidato in maniera tanto brutale quanto proditoria, tramite l ' arci vescovo At
tone di Magonza ( i l più abom inevole mascal zone del suo tempo) i B abenberg (V 334
ss.); e poi, un secolo dopo, avevano rovesc iato Enrico di Schweinfurt, m argravi o del l a
settentrionale Nordmark bavarese, rapinando g l i sconfitti di tutte le loro proprietà.
A questo punto, Enrico II si propose, secondo il model lo ottoniano, di eliminare
quel "vuoto di potere" tra S teigerwald e Frankenwald medi ante un vescovado del l ' Im
pero, rafforzando così i l proprio potere regale sul l ' Alto Meno. Perché, in ultima anal i -
ll vesc{ J\'ato di Bamberga nasce da una regale canagliata 45
s i , B amberga costi tuiva anche un anello di congiunzi one tra il Nord e il Sud, tra le 72
regioni de l i ' El ba-Saale e le terre bavaresi del sovrano. 5 2
In quale modo, però, Enrico portò a compimento l ' impresa? Da dove prese i l territo
rio necessario?
Bamberga e rel ativo borgo - l ' antico castrum Babenberg - divenuti proprietà reale
dopo l ' estinzione dei Babenberg nel 906, era i l dono che nel 973 Ottone II aveva fatto
al duca di Baviera Enrico i l Litigioso, padre di Enrico I l . (Il primo duomo i vi consacra
to nel I O 1 2 fu eretto al posto del la precedente chiesa del borgo e di un contiguo cimite
ro). Ora il re, nel giorno di fondazione del vescovato, gli l asciò in eredità ben i e v i l l aggi
di sua proprietà nei dintorni di Bamberga, ma anche beni dotali che si estendevano fino
alla Svevia e ali ' odierna Austria Superiore. Inol tre, egl i sottom i se alla nuova circoscri
zione diocesana sei monasteri , tre conventi masch i l i e tre femmin i l i , cosa che non ral
legrò molto gli abi tanti di quelle terre. N e l m onastero di Kitzingen (Gau Gozfeld),
ancora alla fine del XII secolo, la gente non voleva saperne de l i ' imperatore canoni zza
to già da tempo. Anche nel l ' abbazi a Stein, nel Hegau, si vede il suo vescovado predi
letto prov visto di beni iniquamente amm ucchiati qui, provenienti da chissà dove. Già
nel gi orno di fondazione, i l primo novembre del l 007 , Enrico emise più di due dozzine
di atti di donazi one che, con l ' andar del tempo, prol iferarono di parecchie dozzine.
Gli storici di oggi parlano di "ambizione capricciosa", di "prodigal ità smodata";
perfino il benedettino Rom uald Bauerreiss non conosce altre fondazioni ecclesiastiche
"di altrettale sperpero". Tuttav ia, dato che i l santo amava congiungere sempre il rel i
gioso c o n l ' uti le, anche i ricavi del la diocesi di Bamberga servirono "saltuariamente al
mantenimento del la corte nelle diete imperial i" (Prinz). Perciò il lungim i rante princ ipe
non aveva concesso al vescovato nessuno di quei privi legi per l ' imm unità che altri
menti garantivano l ' intangibilità delle i stituzioni ecc lesial i .
Alla s u a creazione, Enrico cedette inoltre u n a considerevole parte dei vasti latifondi
sottratti ai margrav i di Schweinfurt; e anzi, il predone se n ' era impossessato forse già
nel la prospettiva di fondare un nuovo vescovado.
La cosa interessante è che le prime testimoni anze del l ' i stituzi one di Bamberga a 73
sede episcopale provengano dal l ' epoca immediatamente successiva al la concl usione
della guerra contro Schweinfurt. Con l ' aiuto del nuovo vescovato, Enrico II voleva
annientare, una volta per sempre, le tradizioni pagane dei Vendi . Sennonché i conti di
Schweinfurt avevano condotto una politica spiccatamente fil oslava. Più di tutti , in con
trasto con le più dure richieste del la Chiesa, essi riconoscevano ai loro contadini, sia
tedeschi sia slavi, ol tre che ai nuovi colonizzatori , sensi bili alleggerimenti del le decime
nei nuovi insediamenti su terreni destinati a dissodamento e bon ifica. 53
Nel solo giorno della fondazione, Bamberga ottenne q uanto gli altri vescovadi ave
vano avuto in decenni . Certo, l a parte più cospicua della diocesi di Wilrzburg, che fino
al lora abbracciava l ' intera Franconia orientale, se la prese il santo Enrico; era la gran
46 L · imperatore Enrico Il il Santo
parte del Radenzgau ed un pezzo del Vol kfeldgau, la parte tra Aurach e Regnitz. La
regione di Wtirzburg perdette allora quasi un q uarto del suo territorio, circa 5000 chilo
metri quadrati .
Con lo "struggente desiderio del suo c uore" re Enrico aveva incalzato i l vescovo
Enrico, "sempre a lui v ic inissimo", l a cui dioces i , dopo lo sbaraglio dei B abenberg,
aveva ottenuto l a massima parte del l a preda costata tanto sangue. Alla fin fine, anche l a
provincia di Wtirzburg fu d ' accordo nel ! ' accettare l a grave perdita territoriale, dal
m omento che i l sovrano "più di tutti c lemente e m i sericordioso" - così lo definirono a
suo tempo i vescovi del l ' Impero - ovvero, in altri termini, "Enrico i l Grande e Fonda
tore di pace" avev a promesso, con un ' i ntesa segreta, la concessione del pal i io, simbolo
del l a dignità di arci vescovo, nonché la subaltemità del vescovo di B amberga quale
suffraganeo. Tuttavia quel "trattato segreto" finì in m era i l l usione, avendo l ' unico sco
po di proc acciare al re l ' autorizzazione, indispensabile per i l diri tto canonico, del pro
prietario del vescovato sulla futura regione vescovile: un atteggiamento del regnante
tanto più meschino in quanto il vescovo di Wtirzburg si era schierato dec isamente a
priori , prima degl i altri, a favore del le pretesa al trono di Enrico. (A conti fatti , il pal l i o
l o ricevette n e l l 05 3 , da Leone IX, non già i l prel ato di Wtirzburg, bensì i l vescovo d i
Bamberga).
Delle promesse del monarca, com unque, non si farà più parola in seguito: i l princi-
74 pesco del inquente non se ne diede la m inima preoccupazione. Perché avrebbe dovuto?
Aveva da rimproverarsi q ualcosa? Una grande mascalzonata? Un solenne imbroglio?
Aveva forse ag ito come un piccol o borseggiatore, l u i , l ' imperatore? Lui, un santo? Mai
e poi mai. Perc hé, ciò che forse poteva portare altri in galera, o al patibolo, per lui era
semplicemente una "mossa tattica" (Wolter), un sagg io dell a sua arte di governo. Ma i l
truffato vescovo d i Wtirzburg, travolto d a estrema agi tazione, ruppe ogni rapporto col
re e coi suoi colleghi, ritirò i l suo consenso e, tramite un messaggero - il cappellano
Beringer - protestò ufficialmente ed energicamente davanti al Si nodo riunitosi il primo
novembre a Francoforte. Protestò con tanta veemenza che gli stessi padri sinodal i - 8
arcivescovi e 27 vescovi - tentennarono seriamente. Il re, in una dramm atica seduta,
sembrò prossimo a capitolare e, come ogni volta che la sua causa stava per naufragare,
si prostrò in gi nocchio o forse, fatto insolito pers ino per quei tempi, addirittura sul
ventre. 54
Naturalmente tutte queste pose del reggente rientravano nel lo stile medievale della
com unicazione; anc h ' esse facevano parte di quei modelli di comportamento conven
zionalmente impiegati , che Gerd A lthoff, molto genericamente, definisce un ripiego,
un surrogato della più vasta rinunzia ali ' argomentazione verbale nel l a pubbl ica discus
sione. In tal modo si prendeva riguardo per l' onorabi lità ("honor") di persone altolocate,
rispettando forse anche in parte il l oro spiri to. In determ inate circostanze, a maggior
ragione, si affrontava una questione più sul piano emozionale che su quel lo razionale.
Il vescovato di Bamberga nasce da una re!{ale cana!{liara 47
Più in generale, non è inverosim ile che tutta quanta la coreog rafi a, così ricca di gesti
simbolici, fosse stata concordata già a priori.
Comunque fosse, sta il fatto che come Wi l l igis di Magonza e Tagino di Magedburgo,
i due metropoliti, avevano architettato l a più pacchiana del le bricconate, così l a sigil la
rono i sinodal i a Francoforte. Il santo, questo è certo, aveva menato per i l naso sia il
vescovo di Wilrzburg sia i l margrav io di Schweinfurt. E anche se l ' imperatore tornò
presto a riconci l iars i con quel lo, resta che, per secoli, Wilrzburg e Bam berga segui taro
no a rivaleggi are tra di loro.
Anche più tardi, tuttav ia, durante i l governo di Enrico, non passò anno senza che
questi facesse di tutto - sotto gli occhi di prelati stupefatti e invidiosi - per l ' amplia- 75
mento della diocesi di B am berga. Anche in Carinzia, con i suoi centri maggiori di
Vi llaco e Wolfsberg, Enrico ottenne stanziamenti e assegnazioni terri torial i , più prec i
samente delle proprietà che servivano palesemente anche a fi ni strategici, al i ' assicura
zione di importanti passi del le Alpi oriental i , per gli attraversamenti delle Alpi Giulie.
Dei 51 O doc umenti emessi da Enrico II, che si sono conservati, i l solo vescovo Eberardo
di Bamberga e il suo vescovado ne ottennero ben 8 3 . 55
Alla fine, nel l O I 6, anche l a città di EichsUitt fu costretta a fare del le cessioni.
II vescovo locale Megi ngaud si era rifiutato, per tutta la sua vita, di sborsare anche il
minimo contributo per eq uipaggiare la nuova e ricca diocesi l i m itrofa. Perfino un uomo
come Enrico II trovò con lui pane durissimo per i suoi denti . Megingaud, imparentato
con l ' imperatore, e per gi unta più vecchio di l u i , non usava al zars i nemmeno al cospet
to di sua maestà, mentre tutti i suoi confrate l l i si ri zzavano in piedi inchi nandosi; solo
fra tutti, restava seduto, spiegando di essere parente del sovrano e, in più, che "le scrit
ture profane e bibl iche impongono di onorare la vecchiaia".
Insomma questo vescovo, nem ico dei digiuni, am ico di copiosi banchetti e di brevi
messe, non sem bra essere stato in grande fam i l i arità con lo stile del cristianesimo.
Anche durante le più solenni liturgie pasquali soleva esternare : "le vostre cantilene, coi
vostri digiuni, mi fanno schi attare". Bestemmiava come un turco, impartiva consacra
zioni ai chierici "nel l a boscaglia di Wilrzburg", era capace di prendere a scudisciate un
messo imperiale, di appi oppare al fratel l o del re, i l vescovo B runo, l ' epiteto di "diavo
lo di Augusta", arriv ando a dire del re stesso che "aveva perduto i l senno". In breve,
con Megingaud dovette mordere i l freno anche il duro sovrano. Dovette aspettare che
la sua morte gl iene togl iesse il di sturbo, nom inando quindi un successore doc ile ai suoi
voleri , Gundekar I , i l quale pagò tosto l a sua promozione con l ' abbandono del l a regio-
ne di Eichstiitt, compresa tra Pegnitz e Erl angen-Schwabach. 5 6 76
48 L ' imperatore Enrico Il il Santo
Al centro degli avvenimenti in Italia, mentre Enrico saliva al trono, andava emergendo
in quel tempo il m argrav i o Arduino di Ivrea, re d ' Ital ia e capo del partito avverso agl i
Ottoni an i . Era un "truffatore fuori l egge" - così lo si definiva - che, capace solo d i
scelleratezze e di infam ie, voleva togliere ai Tedeschi l a loro egemonia: uno, insomma,
al quale si rimproverava e s i rimprovera bram a di potere. Assetato di potere? Non lo
era forse anche Enrico I I ? Non era tale l ' intera aureola principesca? Non erano così
tutti i magnati italian i ? Forse non volevano tutti quanti più potere, ingrandire, consol i
dare, completare i l oro possedimenti ? E non volevano tutti , al pari di Arduino, appro
fittare del momento favorevole?
Ma siccome il m argrav i o si avventava (e si appoggiava) spec ialmente sug l i usufrut
tuari di beni ecclesiastici, sui latifondi perlopiù vastissimi del clero, ed era per giunta
quasi sempre munito d i gi urisdizione, quanto meno nei gradi inferiori , venne presto in
confl i tto coi religiosi, avendo l a possibilità di intervenire con durezza. Tanto che una
volta, durante una controversia, afferrò per i c apelli il vescovo Adalbero di B rescia
(996- 1 004) ex cance l l iere di Ottone II e di Ottone III per l ' Ital ia - "sbattendolo al
-
uccisero il vescovo Pietro, dando alle fiamme la sua salma insieme con la chiesa. (An
che nel l a contesa col vescovo Wannud di Ivrea diedero man forte al margrav io i vassall i
m i nori oltre c h e coloni d e l vescovo, accanto agl i abitanti. E i l vescovo dovette p i ù
volte darsi al l a fuga.)
Quando Arduino, nell ' aprile del 999, si difese durante i l si nodo romano in San Pie
tro, amm ise l a sua partec ipazione alla l iquidazione del prelato. Al cospetto del papa e
del l ' imperatore fu condannato come assassino del vescovo, bandito come nem ico pub
blico e tutti i suoi averi , oltre a quel l i del suo seguito, vennero confi scati a favore del la
chiesa di Vercel l i . La quale fu, appunto, la beneficiaria princ ipale di quella condanna.
Incamerò infatti i beni confi scati , avoc andosi i diritti comitali del la città e del l a contea
di Vercel l i , e la contea di Santhià per soprammercato. Alla stessa stregua, allora, ven
nero privi legiati i vescovati di Ivrea e di Novara.
Inoltre il sinodo, frequentato principalmente da vescovi ital iani, appioppò al l a per
sona del conte una pesante penitenza: "dovrà deporre le ann i, non mangiare più carne,
non baci are più uomo né donna, non portare vesti di l ino, non soggiornare mai, fi nché
avrà salute, più di due notti nel lo stesso l uogo, non ricevere più, fino al tenn ine del la
sua esi stenza, i l corpo del S ignore, e riti rarsi per espiazione in un l uogo dove non possa 78
nuocere a nessuno di quelli che hanno deposto contro di lui, oppure entrare nello stato
monacale". 5H
Tuttav ia, nonostante Arduino fosse già stato scom unicato ripetutamente, il 1 5 feb
braio del l 002, non più di tre settim ane dopo la morte di Ottone III, venne consacrato
re d ' Ital ia ( 1 002- 1 0 1 5 ) nel l ' antica città del l ' i ncoronazione, Pav ia.
I vescovi di Asti , Como, Cremona e Lodi, perl opiù riccamente dotati da l u i , sosten
nero senza riserve l ' assassino del vescovo, mentre quel l i di Milano, Bresc ia, Piacenza
e Pavia stettero quantomeno al gioco. Il vescovo Pietro di Asti (992- 1 005 ), evidente
mente un depravato del l a pegg iore risma (papa S i l vestro II lo trascinò più volte davanti
al conc i l io), dopo la sua ordinazi one (992) era subito corso in Gennania per farsi
riconfennare da Ottone III la proprietà e i privi legi della propria dioces i . Ma subito
dopo la morte di Ottone III, si schierò dal l a parte di re Arduino. I l vescovo di Como
Pietro III (983- 1 002) , che sotto Ottone III era stato c ancelliere generale per l ' Italia, alla
morte di Ottone di venne subito cancelliere personale di Arduino. I l vescovo Odelrich
di Crem ona (973 - 1 004 ), subissato dagli imperatori sassoni con prove di benevolenza,
con diplom i e piaciti, sommerso di introiti, beni, mulini, porti, dogane, diritti di pesca,
eccetera eccetera, con la presa del potere da parte di Arduino sembra essere stato suo
partigiano. E il clero di Ivrea stava, a q uanto pare, altrettanto saldamente dal la sua
parte, quanto l a restante popolazione del l a m arca; e tanto più il popolo più semplice,
che da lui s i aspettava un m i g l i oramento del l e sue condizion i , i nnanzi tutto un
allentamento del potere temporale dei religiosi.
Però, sebbene Arduino facesse ora dei compromessi, di sponendosi a concessioni
50 L ' imperatore Enrico Il il Santo
verso le chiese episcopal i "nello stile di Ottone I I I " (Fasola), e sebbene s ingol i chierici
l o fiancheggi assero affrontando anche avversità e persecuzion i , ancora nel lo stesso
anno Leone di Vercelli, capo di alcuni prelati fedel i al i ' Impero - tra cui il vescovo
Otbert di Verona, impegnato politicamente e m i l i tarmente (992- 1 008) -, corse da Enri
co I l , munito di ricchi don i , al fine di ai zzarlo contro Arduino.
"Heinrice, curre, propera, te expectant omnia. Numq uam sinas te princ ipe Harduinum
v ivere ! " ("Spicciati , Enrico, m uoviti ! Tutti ti aspettano, non l asciare che Arduino viva
79 mentre tu sei re ! ").
In questi termini, l ' I l novembre l 002 a Ratisbona, i l vescovo Leone, q uale portavo
ce de l i ' opposizione ital iana, incalzò il re esortandolo ad intervenire in Italia. Con fer
vore lanciò un appel l o per l ' annientamento di Arduino . . . usando i l l i nguaggio di un
pastore d ' anime che era corresponsabile, in m isura determ inante, anche del l a condan
na del l ' antipapa Giovanni XVI Filagato, abbandonato poi al suo destino, orribilmente
m uti lato, senza occhi orecchi naso e lingua, accecato, senza poter parlare ed udire. (V
556 ss.).
Leone d i Vercel l i (999- 1 026), appartenendo dal 996 al l a cappella imperiale di corte,
fu i l più importante vescovo imperiale d ' Ital i a sotto Ottone I I I ed Enrico II; era, dicono
le fonti , i l tipico "episcopus palac i i " , "epi scopus de palacio", al quale stava di gran
l unga più a cuore la sua posizione a corte che il suo compito spirituale. Desiderava un
onnipotente condottiero tedesco, che doveva governare di concerto coi vescovi, ren
dendol i naturalmente più forti che mai. Per amore del santo re e imperatore, arrivava
perfino ad attaccare la santa Chiesa, ad esempio l ' abbazia di Breme o i l vescovato di
Ivrea, che cerc ava di usurpare per esautorarl i e ridurl i all ' impotenza.
Ma altrettanto privo di scrupoli, e dedito unicamente al proprio vantaggio, non meno
del vescovo, era anche il principe. Anzi, arrivò perfino a marciare a spese del prelato
Leone, che gli era tanto devoto ed era il suo più fedele seguace in Ital ia. Tant ' è che gli
sottrasse l a base del potere, con cui Ottone I I I - contro i l ribelle Arduino - I o aveva
generosamente munito, al fine di accrescere proprio i l potenziale m i l i tare del m argravio
di Ivrea, per fare da contrappeso contro i l m argrav io Odelrich-Manfred di Torino. 59
Al primo tentativo di dom are Arduino con un corpo di spedizione al comando di
Ottone di Worm s, duca di Carinzia (978-983 e 995 - 1 004), ci si buscò, nel gennaio
l 003 , ne l i ' alta valle del B renta, una grave batosta. Arduino, che da buon cristiano ave
va appena celebrato la festa di natale, s i mostrò molto più forte. Invece i Tedesch i -
l am enta Thietmar - furono "purtroppo quasi interamente sbaragliati, dispersi e pri v ati
de l i ' onore del l a vittoria". Di lì a poco, Arduino poté assistere alla consacrazione dell a
80 bas i l ica del convento di Fruttuaria per mano del l ' abate Guglielmo, in odore di santità.
Dal l ' altra parte, il pio Enrico, particolarmente invocato e atteso ancora dal l ' alto
clero - tra gli altri dal vescovo Otbert di Verona - dec retò una nuova guerra per l a
quaresima d e l l 004, c h e eg l i condusse p o i principalmente insieme coi vescovi e c o i
A rduilw d' Ivrea viene sbaragliato 51
rel ati vi contingenti; così furono soprattutto i prelati ad accompagnarl o nei suoi ulterio
ri v i aggi in Italia. Espressamente eg l i si recò prima a Magdeburgo, per implorare colà
l ' ai uto del santo Maurizio, leggendario eroe della legi one tebana e pur sempre celebra
to santo dell ' Impero (cfr. p. 59); quindi si fece corteggiare e ospitare in Augusta dal
vescovo Sigfrido, per assistere fi nalmente - i l 9 apri le I 004 a Trento - alla festa delle
palme, dopo un' avventurosa e dura marcia attraverso le Alpi, accompagnato quasi esclu
sivamente dal clero e dal la nobiltà bavarese. A Trento, dove palesemente gli si affolla
vano intorno schiere di vescov i , la grande maggioranza dei quali era sicuramente solle
cita più del proprio interesse che non del la corona, Enrico suggellò col suo seguito una
così detta fraternizzazione di preghiera, per propizi are i l buon esito del l ' impresa.
A questo punto, si cominciò con l ' elim inare la guarnigione di Arduino alle chiuse
del B renta (presso Prim olano), facendola in parte fuggire, in parte precipitare dal le
pendici nel l ' abisso, dove perirono nel le acque impetuose del B renta. All ora Enrico
festeggiò solennemente "sulle rive del fi ume . . . l ' U l tima Cena del S ignore, la consacra
zione del l ' olio santo, passione e resurrezione del Signore" (Th ietmar), guadagnandosi
così - per aver sospeso lo spargimento di sangue durante la settim ana santa - lo spec ia
le encom io del suo biografo Adalboldo di Utrecht.
Molti prelati passarono senza indugi dal la parte di Enrico; perfino quelli politica
mente poco impegnati, come il vescovo S igefred di Piacenza o il vescovo Landolfo I I
di Brescia, u n fratel l o d e! l ' arc ivescovo m i lanese Arnolfo II (99 8- 1 O 1 8 ). Anche questi ,
dapprima seguace di Ottone III, e più tardi di Arduino, che aveva sostenuto quantomeno
ipocritamente, ora cambiò di nuovo fronte alla svelta. Andò incontro ad Enrico a
Bergam o e lo incoronò a Pav ia il 1 4 maggi o l 004 col titolo di "re x Langobardorum ": i l
che avvenne nella medesima antica chiesa del l ' i ncoronazione di San Michele, in cui
due anni prima era stato incoronato Arduino. 81
Alla trionfale giornata di giubilo seguì , già nel la notte successiva, un m assacro de
vastante. Perché i presìdi local i insorsero "in temeraria insolenza", assem brandosi e
assedi ando il castello imperi ale. Il re, costretto a sal tare dalla finestra, fece espugnare
la città da Franchi, Svev i , Lorenesi accampati perlopiù all 'esterno; dal che conseguì un
orrendo bagno di sangue. "Impossibile descrivere le dimensioni della strage" (Looshorn).
Tra i caduti vi fu anche i l giovane Giselberto, fratello della regina Cunegonda. In bre
ve, la grandiosa festa si smorzò in modo raccapricci ante, spegnendosi nel sangue e
neg l i incendi . Si truc idarono i Pavesi, si depredarono e profanarono i loro cadaveri ,
riducendo in cenere gran parte della città.
Ma dopo che Pav ia fu domata "con la spada e col fuoco" (Erm anno di Reichenau) e
dopo che l ' insurrezione fu soffocata "in un m are di sangue" (Holtzmann), il santo re si
amm ansì e diede ordini severi "di ri sparm iare quel l i che restavano". Sì, Enrico i l B uo
no rinunziò perfino a "consumare subito la vendetta . . . giacché era già iniziata la guerra
in Polonia" (Hiawitschka). Fece visita al leale convento di S. Pietro in Cielo d ' oro,
52 L ' imperatore Enrico Il il Santo
Tra i l 1 004 e il 1 0 1 8 il re, che vedeva la sua m issione precipua nel soggi ogamento
del l ' Oriente europeo, intraprese una serie di campagne contro la Polonia. Furono tre
lunghe guerre che, con interruzioni dovute ad altre attività, tennero impegnato i l S anto
un decennio e mezzo, ossia per quasi l ' intero periodo del suo governo. Queste guerre
generarono stupore e i rritazione in una parte del m ondo cristiano, giacché riguardava
no un paese cattolico, anzi un princ ipe - Boleslao I Chrobry (992- 1 025) - che aveva
proseguito la fortunata politica fi lotedesca di suo padre M ieszko I (V 563 s.) e che i l
Le guerre di Enrico il Santo contro la cattolica Polonia 53
predecessore di Enrico, l ' imperatore Ottone I I I , aveva dichi arato ancora poco prima
"amico e alleato" (amicus et socius) , "fratel l o e collaboratore del l ' impero" (jrater et
cooperator imperii), al q uale egl i aveva posto simbolicamente sul capo la sua stessa 83
corona. Mano ne lla m ano, con lui e col papa, Boleslao s i proponeva di portare avanti la
"mi ssione al l ' Est" ( V 568 ss., specie 57 1 ) . Tant'è vero che l u i , dal 995, fece guerra
personalmente, fianco a fianco con Ottone, alle popolazioni pagane di Liutizi e Abroditi.
Ma ora, d ' i mprovviso, si trasform ò nel nem ico numero uno del santo imperatore. I l
vescovo Leone di Vercel l i esultò : "Lo s l a v o ha riavuto c o n ignominia i l s u o giogo
consueto, di modo che ora è sottomesso e serve coi tributi, come dovette serv i re pri
ma". Ma Boleslao si oppose subito, con sempre m aggior successo, comportandos i in
questa occasione - come tutti gli altri prìncipi - quando possono ag ire così : cogliendo
la chance per ampliare il proprio potere. Certo, agognavano entrambi, il polacco e i l
tedesco, al medesimo scopo : u n a politica offensiva da grande potenza e, p e r consol i
darla, ambivano a diffondere la B uona Novella. Proprio questo obiettivo fece appunto
del l ' Est, per l ' arco di quindici anni, un teatro di guerra.
Boleslao Chobry aveva già tentato di introdurre il cristianesimo in Pomerania, al
fine non certo trascurabile di aprirsi uno sbocco verso il mare. E, dopo aver imposto ai
Pomeran i una c ricca dirigente, diede subito mano al l ' opera di evangeli zzazione: fu
fondato il vescovado di Kolberg e i l prete tedesco Reinbern nom inato vescovo. Questi
distrusse non solo i santuari pagan i , ma intese perfi no purificare dagli idolatri il mare,
gravemente inquinato dal l a vecchia fede, affondandovi molte pietre unte con olio san
to. Morì tuttavia in prigione, prima che potesse eliminare una fol l i a sostituendola con
un' altra. Anche il vescovato di Kolberg, incorporato da Ottone III nel l ' arci vescov ato
pol acco di Gnesen , cessò di esi stere. S icché la Pomerania fu ancora a l ungo abbell ita
da ricchi e splendidi templi; anzi, pare che i suoi abi tanti odiassero i l cristianesimo e
seguitassero a guardare dal l ' alto in basso i suoi adepti . 6 1
P i ù ad Ovest, i l concorrente di Enrico a l trono nel Nord - i l potente margrav io
Eccheardo di Meissen - aveva tenuto in scacco gli Slavi, assoggettando nuovamente i
Milzi nel più lontano Oberlausitz. Ma non appena Eccheardo, durante la sua campagna
dim ostrativa del 1 002, fu proditoriamente ucc iso (p. 5 s . ) , il duca polacco Boleslao fu
pronto a cogliere l ' occasione. Invase senza indugio, saccheggi ando ogni cosa, i l terri- 84
torio fi no al l ' Elba, trasc inando con sé migl iaia di prigionieri, impossessandosi degli
importanti borghi di Bautzen e di Strehla, annettendosi poi anc he la marca di MeiBen.
S i sentiva forse dal la parte del diritto, magari in conseguenza di certi vincol i parental i :
sua figl i a Regl indi s era sposata col margrav io Ermanno, figlio d i Eccheardo, sua sorel-
la col fratel l o di Eccheardo, il margrav io Gunzelin di Meissen. Ma forse si conside
rava nel gi usto anche come "coll aboratore de li ' Impero" al progettato rinnovamento
del l ' Impero romano, a cui l ' aveva nom inato Ottone III a Gnesen, nel l ' anno 1 000 (V
57 1 ss.)
54 L ' imperatore Enrico Il il San to
tardi, nel 1 034, l ' evirato fu imposto d a Corrado I I a Udalrico quale coreggente e da
questi fu accecato, i ncarcerato e assassi nato nel l 035.
I l duca Jarom i r, alleato di Enrico I I - per gettare un breve sguardo in avanti - aveva
prestato "più volte un prezioso aiuto m i l i tare" ( H i lsch) durante le quattro campagne
contro la Polonia. Ma q uando nel bel mezzo della guerra, nel 1 0 1 2, venne esautorato e
scacc iato da Udalrico, Enrico lo trattenne a Utrecht come eventuale mezzo di pressi one
contro i l nuovo duca. Anche Udalrico, il figlio più giovane di Boleslao il Pio, ne fu
contrariato al i ' estremo. Tanto che, nel l O 1 4, fece gettare in carcere una delegazione di
Le guerre di Enrico il Santo contro la cattolica Polonia 55
pace dal l a Polonia - guidata dal figlio di Boleslao, Mieszko, e quindi suo consanguineo
-, facendone uccidere gli esponenti più insigni. Anzi, si dice che lui stesso abbia trafi t
to col ferro l a testa del suo parente e scannato coi suoi compagni i superstiti inerm i .
N e i disordini per i l trono n e l paese l i m itrofo i l princ ipe polacco Boleslao non era
rim asto a guardare. Anche qui l ' ora sembrò tornare propizia. Nel gennaio del 1 003
attaccò la Boem ia, ne cacc iò il duca Jarom ir, col fratel l o e la madre , e tolse di mezzo
anche Boleslao I I I . In un primo tempo, però, lo aveva appoggiato. Tuttav ia, quando
nel la primavera del 1 003 questo "perfido sanguinario", in un massacro eseguito tra i
suoi grandi , aveva di sua mano tagliato la testa anche a suo cognato - "per gi unta
durante la santa quaresima ! " (Thietmar) - il pri ncipe dei Piasti lo invitò alla sua corte. 86
A dire il vero accolse il boemo con affabil ità, ma già nel la notte successiva Io fece
catturare e accecare, l asciando languire il muti lato - con cristiana misericordia - per 34
ann i , fino alla sua morte ( l 037), in un castel lo della Polonia. Personalmente egl i risie
dette nel I 003 nel palazzo Hradschin di Praga, dove assunse anche la dignità di duca
(o, per dirla m odernamente, la responsabil ità di governo), avendo ora, quasi all ' im
provviso, i l dominio su un vasto impero c h e d a l m a r Baltico si estendeva fino ai Carpazi,
dai fiumi Warthe e Weichsel fino a l ambi re il Danubio. Invero, la Boem ia fu polacca
solo fino al 1 004, la Morav ia fino al 1 029. 6 3
Ma questo vicino, sotto il cui dominio i l paese già feudale si rafforzava e si estende
va sempre di più, sem brò troppo potente al santo Enrico. D ' altra parte però era arduo
intraprendere q ualcosa contro di l u i . Perfino il fratel l o di Enrico, "il diavolo vescov ile
di Augusta", si era schierato al fianco del duca di Pol onia. Anche altri prìncipi del l ' Im
pero simpatizzavano c o l partner cattol ico, fi no a poco prima ancora al leato di Ottone
III. Alcuni di loro erano confederati col polacco, gli Eccheardini addi rittura stretta
mente imparentati con l u i . Ad ogni modo la voglia di una guerra era contenuta in certi
limiti proprio tra i Sassoni orientali, quelli che avrebbero dovuto in massima parte
disputarla; tanto più che anche il terreno - impervio, ricco di foreste e paludi - era poco
adatto alle battaglie per le armate tedesche, e i Polacchi facevano poi tattica assai abi l
mente, disponendosi piuttosto alla guerriglia, assaltando carri aggi e reparti di approv
vigionamento, scansando i n tutti i modi gli scontri campal i. 64
Così Enric o, il "re cri stiano quant ' altri mai", prima di ribal tare l ' al leanza siglata a
Gnesen e di capovol gere da cima a fondo la grande strategia della politica orientale
cristiana contro l a Polonia cattol ica, prima di abbattere il suo principe - "cooperator
mundi" come Io considerava Ottone - si diede a rec l utare alleati e confederati . E li
trovò nei pagani Wendi , fino ad al lora così accanitamente ostegg iati , ma ora m inacc iati
dal la politica espansioni stica del duca di Polonia e Boem ia.
Grazie a "regal i assai al lettanti e seducenti promesse", come sottol inea Thietmar, il
re rese doc i l i ai suoi voleri i Liutizi e i Redari . Nel lo stesso giorno di Pasq ua del 1 003
ricevette i loro emi ssari e siglò con loro il patto avverso ai Piasti di ortodossa fede
56 L ' imperatore Enrico Il il Santo
87 c ristiana, che stracciava la cooperazione fino allora operante nel! ' Est e preparava l a
guerra, elevando n e l contempo i l prestigio d e i popol i pagani . Enrico I I vietò quindi l a
m i ssione finalizzata alla l oro evangel i zzazione : Liutizi e Redari restavano pertanto
pagani con la sua esplicita approvazione ! Si rinunc iò quindi , per il momento, alla
riconquista dei territori perduti, come pure al l a restaurazione dei vescovadi di Brande
burgo e di Havelberg.
I l rovesciamento del le al leanze - forse la più importante dec isione politica di Enrico
- non fu affatto approvato da tutti. Non pochi ne furono scossi, a maggior ragi one molti
grandi del la Sassonia che speravano naturalmente di attingere tributi dai Liutizi e di
ampliare i loro possedimenti a spese dei vicini; senza contare che costoro, durante i l
corso fi lopolacco, avevano allacciato anche vincol i parental i c o i signori feudali del l a
Polonia.
Anche molti ambienti ecc lesiastici erano interessati molto meno alla guerra che alle
nuove entrate derivanti dalle decime. Altri respingevano più o meno radicalmente l a
campagna contro la Polonia p e r motivi "rel igiosi": q u e l c h e volevano era in realtà
l ' ev angeli zzazione, la conversione dei pagani .
Wigbert di Merseburgo, in tutta fretta nom inato vescovo ( l 004- 1 009) d a Enrico a l l a
v i g i l i a del lo scoppio del l a guerra e ripetutamente coperto di regal i (con cessione d i
commerci anti e di "ebrei infedeli"), predicava imperterrito a l l o scopo di al lontanare
"gli adoratori di idol i dal l a loro vana supersti zione". Eppure questo "uomo di straordi
naria cultura" - così lo definisce Thietm ar, suo successore - non conoscev a scrupoli di
sorta: "fece infatti annientare completamente l a sacra foresta di Schkeitbar, da sempre
nel sentimento divino degli indigeni, e che dai tempi preistorici mai era stata violata; al
suo posto fece costruire una chiesa dedicata al santo m arti re Romano".
Nessuno, invece, bramava fanaticamente la m i ssione più del l ' arci vescovo B runo di
Querfurt, il sassone "di nob i li ssima schiatta" ed ex cappel l ano di corte di Ottone I I I ,
instancabile "missionario" n e l converti re Ungheresi , Pecceneghi , Prussiani. I l "terreno
infruttuoso" di questi u ltim i , in particol are, era quello che l u i intendeva "fecondare col
seme divino". Sennonché quegli ingrati, nel 1 099, fecero di lui un m arti re, e Boleslao
ne riscattò la salma a caro prezzo. Un santo verace, con tutti i crism i , dunque, al pari
del l o stesso Enrico, dal l a cui guerra alla Polonia egli dovette vedere sconvolti i propri
88 piani am biziosi, che andavano dai Pecceneghi ucraini alla Svezia, e tanto più il suo
progetto preferito : l ' evangeli zzazione dei Liutizi.
Così B runo, con una epistola del 1 008, accusò i l sov rano di durezza, di atroc ità. G l i
imputava di far guerra contemporaneamente su tre fronti , cioè non solo contro gli S l a
v i , ma anche in Lorena e in Baviera. Qua e là, suona molto pacifista quanto dichiara i l
"prediletto tra i fig l i d i Dio" (Thietmar). I n realtà, però, i l santo vuole aizzare i l santo
solo contro i pagani. B iasima i l re perché muove guerra a Boleslao, il quale elargisce a
l u i , B runo, molti beni , e che in più vuole aiutare la sua missione tra i prussiani con tutti
Le gu erre di Enrico il Santo contro la cattolica Polonia 57
i mezzi e tutte le forze. B runo scrive a Enrico I I : "Questo Boleslao p u ò darVi sicurezza
giacché per l ' eternità non può separarsi da Voi , essendo impegnato a serv irVi (servire)
sempre col massimo zelo, appoggi andoVi volentieri in tutto e per tutto nel l ' opera di
sottom issione dei pagani".
II vescovo B runo non si stanca m ai di stigmati zzare l a guerra del re contro i cristia
ni, condotta per gi unta a fianco di pagani . "Come si concilia Cristo con Belial? Che
cosa hanno mai i n com une l a l uce con le tenebre? Che cosa c'è di degno nel persegui
tare un cristiano avendo per alleato un popolo di infedeli?". Scagliando m aledizioni
sul l ' epoca iniqua in cui nessun re combatte più contro i pagan i , q uando i l proprio onore
viene anteposto al la causa di Cristo, B runo bram a appassionatamente la guerra contro
gli infedeli. Infatti , solo se Enrico costri ngerà con le arm i i Wendi ad abbracciare la
fede, agirà conformemente alla massima del Vangelo: Costring i l i ad entrare ! (Secondo
Agostino, uno dei più coll audati propagandisti del l ' odio e del la vi olenza, "molti hanno
piacere di essere obbli gati ! " Ergo: cogite intrare . . (cfr. I 4 1 3 ss. ! ) . Insomma, il santo
.
Enrico, secondo il santo B runo, dovrebbe far pace con i cristiani Polacchi e debellare
insieme con loro i Liutizi, per costringerl i ad entrare nel l a Chiesa e farl i cristiani con la
forza. Nessuno, prima del le Croc iate, ha preteso con tanta passi one la guerra contro i l
paganesimo. 65
Ma cosa fa la cattolica "storiografi a di leggende" di questa lotta del santo Enrico e 89
dei pagan i Liutizi contro la cattolica Polonia? L' esatto opposto !
Ancora nel l a seconda metà del XIX secolo, nelle "Biografie del l o Spirito Santo" di
P. M. Vogel (con approvazione del rev. Ordinariato episcopale di Ratisbona) si trova
scritto : " Notevole è soprattutto l a sua guerra contro i popoli ancora pagani i n Polonia,
i quali devastarono Merseburgo e bruci arono molte chiese. Li affrontò i n campo aper
to, i nvocò i santi Lorenzo, Giorgio e Adriano a protegger) o contro gli infedeli, prom ise
l a restaurazione del vescovato dopo l o sterm inio dei nemici, fece sì che tutta l ' armata
prendesse i santi sacramenti alla vigilia del l a battaglia, assolvendo personalmente le
sue devozioni ; ed ecco, alla testa de l i ' esercito imperiale, apparire i tre santi . . . Il terrore
s ' impadronì dei pagan i che si diedero alla fuga e si arresero senza resi stenza. "Gl i
avversari cattolici di Enrico, i Pol acchi , vengono spacciati per "pagani", contrabban
dati per "infedeli", mentre non si parla affatto dei suoi al leati pagani , cioè dei Liutizi !
Ma, ancora nel 1 986, trattando de li ' imperatore che guerreggiò per quasi tutta la sua
vita, l ' etnologo di Bamberga K laus Guth scrive nel "St. Otto Verlag" che Enrico real iz
zò "un peculiare ethos del l a responsabi l ità e del la pace". Peculiare sì , non v ' è dubbio.
L' ethos, per l ' appunto, di un santo. Nel 1 1 46, infatti, ancora prima di Carl o "Magno",
Enrico II fu canoni zzato da papa Eugenio I I I , ossia da quel "c ane sang uinario" (così lo
defi nì Arnaldo da B resc ia, successore di Abel ardo al l ' Università di Parigi) beatificato
nel 1 872, che solo pochi mesi prima aveva proc lam ato la Seconda Croc iata m i sera
mente fal l ita. 66
58 L ' imperatore Enrico I l il San to
Nel febbraio del 1 004 Enrico penetrò nel paese dei M i l zeni . Ma forti nev icate, gela
te e improvvisi disgel i ostacolarono gli invasori tedesch i ; altrimenti è il giudizio di
-
Thietmar - "tutta la regione sarebbe stata devastata e spopolata". Dio m io, come suona
incresci oso? ! Pur con tanto rammarico, i l santo dovette alla fine desistere dal suo pro
posito.
Già in estate, però, coi suoi fedel i in Cris to assemblati dal la Sassonia, dall a B av iera
90 e dal l a Franconia, Enrico m arciava contro la B oem i a dove, dopo i tumulti per il trono,
regnava ora il principe polacco Boleslao, contestando l a sovranità feudale di Enrico sul
paese. L' esercito reale era accompagnato dal l 'esiliato duca boemo Jarom i r, oltre che
da una m i riade di prelati : Gottschalk di Frisinga, Walter di Spira, Wibert di Merseburgo,
Hildi ward di Zeitz, Guido di Brandenburgo, H i lderich di Havelberg, Tagino di Magde
burgo. Saltuariamente, gli arcivescovi di Magdeburgo portarono persino il peso princ i
pale del le offensive di Enrico contro l a Polonia. Perché era proprio l a "pugnax Saxonia"
(Leone di Vercel l i ) , l a bel l icosa Sassonia, quel la che allora presentava più vescovati di
qualsiasi altra regione germanica: protesa verso l ' Est e costellata di borghi e fortezze.
Per via, ai primi di agosto, il re assistette alla solenne inaugurazione del l a nuova
chiesa monastica di Nienburg presso Calbe sulla Saale e , in vista dell ' im m i nente ma
cello in Polonia, fece dono al l ' abate Eccheardo, uno dei suoi congiunti, di diversi pos
sedimenti nel l a Lausitz "q uale auspicio di sicura vittoria".
Per Enrico II, alla vigilia del le sue offensive, di venne quasi una questione di princ i
p i o quel la di partecipare a consacrazioni di chiese. Così fu prima del le campagne bel l iche
in Polonia nel 1 0 1 0 e nel 1 0 1 7 . Così per la consacrazione del duomo di Magonza,
prima di marc iare contro l a Borgogna. Di più, anche le tre consacrazioni del l ' anno
1 02 1 a Quedl inburg, Merseburgo e B amberga, vennero intese "come parte d ' una pre
parazione spi rituale del l a campagna d ' Italia" (Guth). Iniziative siffatte si defi n i sco
no come "devozione pol itica". Ed è soltanto un caso che Enrico visiti con m aggior
frequenza la S assonia, 39 volte per quanto se ne sa, che delle 15 consacrazioni onorate
dal l a sua presenza 7 avessero l uogo in Sassonia, sul confi ne orientale, "in sicurezza ed
abbondanza" dentro questo "paradisiaco giardino" (Thietmar)? Di massima vigeva q ue
sto princ ipio: nessun importante m assacro organi zzato - anche di cristian i , s i capisce
senza sante messe ! E così è stato ancora nel XX secolo . . .
La prima guerra in Polonia prese le mosse da Merseburgo. I l santo condottiero fece
finta di muovere contro la Polonia, ma piombò - del tutto inaspettatamente - nella
regione di Boem ia dove l a popol az ione di S aatz gli aprì le porte e, dice i l vescovo
Thietm ar, gli concesse "am ichevole sostegno" malgrado uno "spaventoso m acello"
91 (dirà p i ù tardi Looshom) c o n cui fu sbaragl i ata l a guarnigione polacca d e l borgo. Pare
che vi fossero anche brutali mutilazioni, evirazioni e s i m i l i ; di queste cose, com unq ue,
fa m enzione il biografo d i Enrico, il vescovo Adalboldo di Utrecht. Ma il re fu talmente
commosso dal le atroc ità che ancora una volta, "pieno di m i sericordia" (si ricordi il suo
Le guerre di Enrico il Santo contro la cattolica Polonia 59
ordine nel m assacro di Pavia: p. 5 1 ) ordinò di ri sparm iare i sopravvissuti che ancora
restavano.
Quindi si marciò su Praga, per iv i "catturare o uccidere il velenoso serpente" Boleslao,
secondo le direttive di Enrico. La serpe si scansò tuttavia davanti al l ' armata che inva
deva la Polonia sotto la guida di Jarom ir, mentre Sobebor - i l figlio maggiore del prin
cipe Slavnik di Libice, un fratel l o del santo Adal berto (V 55 1 s . ) - cadeva ancora in
battaglia sul ponte alle porte di Praga. In settem bre tornava a regnare sulla città (dal
973 sede vescov ile sottoposta a Magonza) i l princ ipe Prem yslide Jarom ir, fratel lo di
Boleslao III, i l quale prestò ad Enrico l ' om aggio feudale. Ed ora, anziché dai Polacchi,
i Cechi vennero dom i nati dai Tedeschi. 67
A Praga, in quel tempo, nel la festa natale del l a santa madre di Dio, 1 ' 8 settem bre
1 004, il re - "con il consenso del vescovo locale" - ordinò al vescovo Gottschalk di
Frisinga di predicare al popolo. E questi - non solo un "servo di Dio", ma naturalmente
anche del re - esortò subito pressantemente tutti a restare fedel i ai "duplici vincoli
d ' amore", vale a dire "ad essere ubbidienti verso Dio e a ri spettare e temere le autori
tà" : due colonne del l a nostra società, che da due m i l lenni si rivelano così prodighe di
benedizioni.
"Con una marcia molto dura" si penetrò quindi nel territori del Oberlausitz, com
piendo altre gesta eroiche contro la guarnigi one polacca del borgo di Bautzen. In più,
avvenne un m i racolo veramente straordi nari o nella cerchia del santo Enrico. Infatti,
mentre questi inc itava tutti i suoi fedel i al l ' assalto contro i difensori cattol i c i , la "divi
na provv idenza" l o protesse dal la frecc ia di un arc iere, trafiggendo in vece sua un
vassal lo che gli stava accanto. "Il re elevò in umi ltà il suo c uore lodando Dio che come
sempre gli aveva manifestato, senza suo merito, la sua protezione e il suo amore".
Ciascuno, per l ' appunto, è il prossimo di se stesso. O, come dice Nietzsche, un indi vi-
duo religioso pensa solo a se medesimo. Subito dopo, si rammarica i l vescovo Thietmar 92
(cfr. la sua glossa a p. 5 8 ) , " i l borgo sarebbe fi nito nelle fi amme di un incendio se non
lo avesse impedito un infelice ordine del m argrav io Gunzelin". Che peccato, stavolta!
Fortuna e scalogna. Ma certo, in entram bi i casi, ne traspare molto sentimento cattolico
cristiano. 68
Nel 1 005 , per risvegliare nei Sassoni scarsamente incl ini alla guerra la voglia di
un'ulteri ore campagna, il santo cercò di nuovo rifugio nel l a divinità. Intanto, organiz
zò con molti prelati un ciclo di preghiere che, in caso di morte, garantisse ragguardevo
li commem orazioni : un 'elevata rendita spirituale, per così dire. Poi , n eli ' estate di quel
l ' anno, che fu uno dei peggiori anni di carestia - " Fames magna facta est" l a dice
l aconicamente i l m onaco cronista di Reichenau -, riprese l a guerra di Polonia sotto la
spec iale protezione del santo Maurizio, eroe della legione tebana.
Enrico aveva un cu lto spec iale per questo eroe, un personaggi o invero assai leggen
dario, ma che aveva av uto un ruolo importante anche per Ottone I (V 459 s . ) . La fi gura
60 L ' imperatore Enrico Il il Santo
di san Maurizio era stata altamente venerata già durante il governo gangsteri stico dei
Merov ingi ; era rappresentato talora con tre teste di m oro, indicato quale patrono del l a
fanteri a, peraltro soccorrevole anche contro l a gotta, i l m a l e agl i orecch i , i dolori dei
c aval l i . . . perciò tutti quanti potevano averne bisogno : neri , bianchi, m acellai, c i v i l i ,
perfino gli animali (questi ultim i , naturalmente, s o l o p e r l a l oro uti lità al serv izio del
l ' uomo, corona suprema del la creazione ! )
Nel X secolo dire messa i n onore d i Mauri zio divenne q uasi una m oda. Con Enrico
I I poi, i l santo "tebano", patrono suo e di Magdeburgo, fu elevato al vertice dei combat
tenti santi . Si conservava nel la cappella del re tutto q uanto era considerato o venisse
spacc iato per rel iquie di san Maurizio. E sempre nel febbraio del l 004, stando alle
fonti antiche, il santo sovrano, scalzo, con l a neve e il ghiacc io, aveva portato con le
sue mani i resti "sancti Mauric ii", o di chi sa chi, nel duomo d i M agdeburgo; m uoven
do oltre tutto dal malfamato monastero di Berge il cui abate, R ikdag, già l ' anno succes
sivo sarebbe stato destituito per un "delitto". (Il convento stesso sarà poi distrutto nel
l ' età della R i forma.)
La città di Magdeburgo, dalla sua fondazione ad opera di Ottone I base m i l i tare assai
93 quotata per le offensive nei paesi slav i , doveva chiaramente funzionare al lo stesso m odo
sotto Enrico, il q uale dichiarò spesse volte la sua simpatia per i Sassoni e per la città,
volendo dichiaratamente portare avanti l ' opera del suo "grande" predecessore. 69
Il raduno avvenne il 1 6 agosto a Leitzkau . S ituata in un luogo strategicamente pro
pizio (sulla destra del l ' Elba, ad est di Magdeburgo) - con una corte del vescovo di
B randeburgo - questa c ittadina serviva spesso alle forze tedesche da punto d ' incontro
e da campo base per g l i attacchi verso Est: sotto Ottone I I I contro i pagan i , sotto Enrico
il S anto contro i cattolici polacchi (i quali distrussero poi la località con la corte vescovi le,
dopo di che essa ridi ventò zona di vegetazione selvaggia. Nel 1 030, i Polacchi cattura
rono il prelato del B randeburgo Liuzo).
Alla vigilia del l ' i ncontro a Leitzkau, i l santo re aveva celebrato a M agdeburgo la
"ascensione in cielo del la santa m adre di Dio", ascoltando messa i l giorno successivo,
attraversando quindi con la consorte l ' Elba su un vascel lo. Con truppe recl utate da
tutto il regno, tra cui anche gli armati del vescovo Arnolfo di Halberstadt e de l i ' arc i ve
scovo Tagino di Magdeburgo, che cavalcava e combatteva di persona, si avanzò verso
le rive de l i ' Oder a prezzo di scontri sanguinosi. Là i combattenti di Cristo piombarono
addosso ai Liutizi con tutte le rispettive insegne. Ecco dunque bandiere con simboli
pagani e cattolici sventolare in bel i ' armonia le une accanto alle altre. E i pagani eserc i
tare pubblicamente i l l oro servizio a Satana. Perfino i l vescovo Thietmar riconosce
quei contingenti come truppe ausil i arie, seppure ammonendo: "Ma tu evita l a l oro co
m unità e il loro culto, caro lettore ! "
S otto questi emblemi del l ' ortodossia e i vess i l l i del demonio s i penetrò a fondo i n
territorio polacco, p i ù d i quanto avesse mai fatto prima u n esercito tedesco; non senza
Le g u erre di Enrico il Santo contro la cattolica Polonia 61
strapazzi per l e l unghe marce, i l pessimo vitto, l a fame tormentosa e analoghe calamità
bel liche. Benché sempre alle calcagna del nem ico in ritirata, le truppe di Enrico venne-
ro tuttavi a spesso battute, segnatamente nel le loro pericolose sortite per il vettova
gliamento. Il condottiero stesso fece onore una volta ad u n ' abbazia, solenni zzò la festa
del l a Legione Tebana, organizzando di quando in quando grasse scorrerie, intonando
poi "col c lero e tutte le truppe alte lodi a Cristo" e mettendo a sacco, come di consueto,
"tutto quanto c ' era intorno" (Thietm ar) . Davanti a Poznan/Posnania le sue m i l izie su- 94
birono altre importanti perdite per un assalto alle spal le. E così Enrico pose termine in
Posnania alla sua impresa senza poter costringere Boleslao al l ' obbedienza. L' annal ista
di Quedl inburg ri vela che il re riportò a casa, con le salme dei suoi uomini migliori , una
"pace insodd isfacente"; ed è forse questa la ragione per cui non se n ' è saputo di più.
Ma il vescovo del l a Posnania, i l tedesco Unger, attribuì l a salvezza della Polonia
all ' assi stenza dei nuovi martiri , ossia dei "cinque santi fratelli", i quali presto non avreb
bero più protetto nemmeno l u i . Tant ' è che nel 1 007 Enrico lo confinò per tutta la v ita a
Magdeburgo, mentre " l ' arcivescovo Tagino - stretto confidente del monarca dal tempo
del la loro comune formazione nel monastero dei falsari S. Emmerano di Ratisbona (p.
1 45 ) - perfezionava con falsi l ' annessione della Posnania alla propria provincia eccle
siastica; il tutto, è ovvio, in perfetta si ntonia col santo re.
Ora, dopo la prima guerra di Polonia, Enrico fece impiccare a Merseburgo - divenu
ta l a sua residenza principale con 25 peri odi di soggiorno - i l vassal lo Brunkio, mentre
a Fal lersleben fece altrettanto con alcuni dei suoi più em inenti avversari slav i , col rela
tivo seguito. "Il suo volto sereno annunc iava la bontà del suo cuore"; così un lamento
funebre contemporaneo tesse l ' elogio del la sua morte. Certo, i "Santi di Dio" di Vogel,
libro approvato dai vescov i (corredato da "pezzi didattici che incoraggiano al l ' imita
zione", in un ossequioso tedesco ecc lesiale), mostra di sapere che "tutta la sua vita fu
santa e una costante preparazione alla morte" . . . certo, soprattutto alla morte degli altri .
Due anni dopo l ' arm istizio, nel l 007 , quando Boleslao tentò di ti rare dal la sua parte
"con parole e denaro" i Liutizi , Enrico diede inizio alla seconda guerra in Polonia, che
sarebbe durata sei anni. Disdisse infatti il trattato di pace e Boleslao dichiarò al l ' amba
sciatore del re, il margrav io della regione dei M i l zeni , Ermanno (marito del la figlia di
Boleslao, Regl ind i ) : "Cristo, l ' onni sc iente, m i sia testimone che farò malvolentieri ciò
che sono costretto a fare ! " . Dopo di che devastò la regione di Magdeburgo, trucidò gli
abitanti o li fece prigionieri trasc inandol i in catene .
Eppure lo si era acc olto solo uno, due anni prima, nel capitolo del duom o in
Magdeburgo, e in più si era celebrata una "fraternitas", un rito di affratellamento. Ora, 95
a guidare la controm anovra m i l itare fu l ' arc ivescovo del l uogo, Tag ino: un uomo che
diceva messa ogni gi orno cantando il salterio e v i vendo come "un vero monaco"
(Thietmar), cosa che non è fac ile da imitare. In realtà, l ' arc ivescovo Tagino appare
piuttosto altezzoso: amava le persone disti nte (alle quali aumentò le prebende in dena-
62 L ' imperatore Enrico Il il Santo
va bene, insomma, perché si voleva avere il re come am ico . . . ma non come ospite. 7 0
In guerra, certo, i l fenomeno assumeva tutt ' altro aspetto. A l l ' occasi one - come du
rante la seconda guerra di Polonia - si impiccavano i "traditori" e si appiccava il fuoco
così , giusto per m antenersi in qualche m odo in esercizio. Vescovi come Arnolfo di
Halberstadt e Meinwerk di Paderborn , impegnati l ' anno prima già contro i Lussembur
ghes i , trovavano ora anche i l tempo per saccheggi are la S lesia centrale e settentrionale.
Ai loro nem ici cattolici, nonostante le frequenti e forti piogge, costoro inflissero "pe
santi perdite", conducendo una guerra di rapina del tutto fortuita, al la cieca, che era in
fondo nulla più che una dimostrazione del la loro presenza. "Solo dopo che tutt ' intorno
ogni cosa fu devastata, i B oem i fecero ritorno nel l a l oro terra, mentre i nostri si ritira
vano festosamente s u l l ' Elba attraverso l a regi one dei Milzeni " (Thietmar).
Un cristianesimo gaio e festoso, ancora una volta. Già nel 1 0 1 1 , Meinwerk di Pader
born, vescovo solo dal 1 009, come primo frutto del suo secondo intervento bellico a
sostegno del sovrano, ottenne una contea: e fu l ' inizio "di una l unga serie di stanzi amenti
regal i " (Bannasch). 97
Nel mezzo del l a guerra in Polonia, nel l O 1 2, ne l i ' anno in cui i l Santo cercò di piega
re con due campagne sincrone i suoi antagonisti ad Est e ad Ovest, il 9 giugno, l ' arci
vescovo Tagino, come si esprime i l croni sta "andò non incontro a l l a m orte, bensì in
contro a Cristo i n letizia". 7 1
G l i succedette i l prevosto del c apitolo Wal thard; non senza u n bric iolo d i simonia,
oltre ad una prebenda ecc lesiastica d i "20 l i bbre di argento come pio omagg io per i l
sostentamento". Tant ' è che pure il rel atore Thietm ar riconosce, per quanto riguarda se
stesso, di aver ottenuto i l suo alto ufficio i n m odo analogo "ma non per denaro, in
verità, bensì in cambio di una donazione fondiaria a favore di mio zio". Promosso ad
arc ivescovo, Walthard di Magdeburgo ottenne il comando supremo in occasione di un
nuovo attacco; venivano da q uesta regi one, infatti , gli eserciti tedeschi che fino allora
avevano attaccato la Polonia.
Walthard, che di versamente dai suoi predecessori non aveva mai prestato serv izio a
corte né aveva partec ipato alla cappella di corte (ragion per cui nel suo insediam ento
quale primo alto pre lato di Magdeburgo dovette prestare giuramento di fedeltà al re
che l ' accoglieva di m alavogl ia), condusse svogliatamente la campagna m i l i tare. Anzi,
dopo una breve avanzata, interruppe l ' i mpresa, invero d ' accordo con l a nobi l tà nuova
mente poco motivata al l a guerra, eppu re contro l ' intenzione di Enrico, l a cui politica
offensiva gli ripugnava. Tanto che presto s i rimproverò al prelato, responsabile del l ' at
tacc o, di avere tramato "molte cose" a danno del re.
Purtroppo non ne sappiamo di più. Tuttav ia Thietm ar, ricordando che l ' arc ivescovo,
nel le trattative di pace con l a Polonia, benché fossero fal l ite, venne trattato con molti
riguardi e che fu anche "riccamente coperto di regali", fa di tutto per discolparlo. Al
nostro famoso c roni sta, che aveva spesso incontri coi defunti (V 395 ss.), apparve an-
64 L ' imperatore Enrico Il il Santo
precisamente, informa Thietmar, "per istigazione di una seconda Erodi ade". Questa
dama, tuttav ia, altri non era che la madre del vescovo di Parderborn, Meinwerk; i l
quale, anche in proprio, a som iglianza del l a m adre, condusse una bri l l ante politica
affaristica, senza scrupol i e fortemente espansiva, salassando tutte le fasce dell a popo
l azione nella m i s ura in cui possedevano ben i e terreni propri : al punto da essere univer
salmente considerato i l più rappresentativo vescovo di Paderborn nel Medioevo.
La nobi ldonna Ade l a di Ham al and (morta nel l 028 ) , di origine carolingia per parte
m aterna, pare che facesse ucc idere proditoriamente nel 1 0 1 4 anche il proprio figlio
m aggiore, i l conte Dietrich di Hamaland, cosa che oggi, a dire i l vero, viene messa in
dubbio. In più, altre voc i vogliono che anc he la sua sorella maggiore - la badessa
Liutgarda -, inimicatasi con lei per un violento dissidio sul l ' eredità, sia stata avvelena
ta per sua istigazione. In ogni caso Adela usurpò il retaggio paterno. E com unque si
prese cura di sopprimere il conte Wichmann, carpendo per sé anche parte dell a sua
eredità. Abusando del diritto di ospital ità il nobil e B i l l unger, da l ungo tempo coinvolto
1 0 1 in faide col secondo marito di Adela, Balderich conte di Drenthe, fu dapprima avvele
nato nella sua casa, quindi trucidato alle spal le. La prudenza non è mai troppa . . . si pensi
alla prima ucc isione di un papa (V 27 1 ), che in tal caso ha palesemente fatto scuola.
I l vescovo Dietrich di Mtinster, in rapporti di am icizia con l ' ucciso, gridò al l a ven
detta, devastò e bruc iò anche nel paese del rifugi ato B alderich, i l quale trovò la prote
zione del l ' arcivescovo di Colonia Eriberto. Eppure la m adre assassina di Meinwerk fu
più tardi sepolta davanti al duomo di Colonia; ma pare che la sua salma fosse poi
dissepolta da un minacci oso nubifragio e gettata nel Reno. Comunque andasse, è in
dubbio che la personalità affasc inante della m adre contribuì considerevolmente alla
ricchezza del figlio vescovo. 74
Intanto l ' imperatore cercava di ottenere una revisione del l a pace recente, riportan
done tuttav ia quasi solo batoste e perdite. E anc he quando, nel l O 1 7 , nuovamente raf
forzato da una m assa di prelati tra le sue fi la, coalizzato al tresì col grande pri ncipe
Jaroslaw di Kiev, intraprese un' aggressione combinata (si trattò del l a prima aggressio
ne di Tedeschi e Russi coal i zzati contro l a Polonia), i l fal l imento fu totale. Ad ogni
modo l ' Europa cristiana si al l argò guerreggiando dal Dnieper fino al Tevere, per non
spi ngersi anche più a S ud. Solo con forze molto indebol ite Enrico poté ritirars i , mentre
i Polacchi fecero un gran numero di prig ionieri , penetrando anzi al di qua del l ' Elba e
rendendo improduttivo i l territorio tedesco fino alla Mulde.
I l vescovo Thietmar così sinteti zza: " Chi potrebbe descrivere le calam ità di questa
campagna e le perdite sofferte da tutti ? Se già era stato arduo l ' accesso in Boemia, fu
allora molto più difficoltoso venirne fuori . . . E ciò che i nem ici al lora non avevano
potuto infliggere i , ci colpì più tardi a causa dei nostri misfatti. Ma vorrei ancora ricor
dare e compiangere un ' i nfamia che i vassal l i di Boleslao commi sero tra l ' Elba e la
Mulde. Per ordine del loro signore, costoro batterono in ritirata con la massima preci -
Le g uerre di Enrico il Santo contro la cattolica Polonia 67
pitazione, trasc inando con sé nelle campagne i l 1 9 settembre più di l 000 prigionieri;
tagl ieggiarono e appiccarono i ncendi in tutte le direzioni e se ne tornarono a casa sod
di sfatti". Anc h ' essi, insomma, felici e contenti . . . 75
Quando già cominciavano ad imperversare devastanti malattie negli accampamenti 102
imperial i , si assediò il borgo di Nimptsch (Niemcza) sulla Lohe (a sudest di Zoben),
una del le località più antiche del l a S lesia. Ma tutti g l i assalti tedesco-pagani furono
inuti l i . Fatto c uri oso: i Polacchi assediati, al la fine, avevano piazzato un croc ifisso
altissimo propri o sul punto del vallo in cui i Liutizi attaccavano. Ebbene, gli annali
regi strano un solo successo da parte imperial e : un accompagnatore del margrav io
Hermann traforò con una pietra il simulacro di una dea pagana i ssato su un ' insegna
m i l i tare . . . ed Enrico pagò, diciamo a titolo di risarcimento per danni moral i , 1 2 l ibbre
d ' argento ai suoi sdegnati com m i l iton i . 76
Benché fosse stato l ' imperatore ad iniziare le due ultime guerre , avendone ogni
volta la peggio, anche stavolta fu il polacco ad offrire la pace, che fu stipulata il 30
gennaio del l O 1 8 a Bautzen . E Boleslao ottenne nuovamente - come già nel l O 1 3 con
l a pace di Merseburgo - l a regione di Lausitz quale feudo tedesco, nonché il paese dei
Milzeni intorno a Bautzen, acq ui sendo l a piena indipendenza per la Polonia. Come
l amenta Thietmar, fu una pace poco gloriosa "non come sarebbe convenuto, bensì come
fu all ora poss ibile".
In realtà, quel primo impero polacco di Boleslao Chrobry naufragò ben presto. Non
dimeno, la concezione di una "grande Polonia piastica" sopravvisse, anzi culm inò trion
falmente nel la prima età moderna nel la concezione iagel lonica, all orché gli Iagelloni -
intorno al 1 500 - dom inarono su Polonia, Lituania, Russia l ituanica, Boem ia e Unghe
ria. Di più, questo ideale sopravvive ancora nel la coscienza politica dei Polacchi del
XX secolo, cioè nel l a concezione di una Polonia estesa dal Mar Baltico al Mar nero,
ossia di una "Polonia estesa dal mare al mare". 77
Alla guerra di Polonia fece seguito immediatamente, al l ' Est, un duplice massacro.
Dapprima i Liutizi cacciarono il principe cristiano degli Abodriti, M i sti zl aw, al qua-
le rinfacciavano di non aver combattuto in guerra al loro fi anco. In realtà, gli Abodri ti
erano ridiventati pagani in grande m aggi oranza. Avevano infatti "sollevato la loro
nuca dal soave giogo di Cristo", per sottomettersi di nuovo al "peso schiacc iante del l a
signoria del diavolo" (Thietmar). Così su tutto i l terri torio degli Abodriti - abitanti 103
slavi del l a regione Wagrien (oggi Schleswig-Holstein) -, le chiese vennero date alle
fiamme, i crocifissi frantumati, i sacerdoti "macellati come bestiame" (Adamo di Brema).
Ai converti ti, incidevano una croce nel cuoio capell uto, gli apri vano i l cranio, e li
trasci navano per le città slave fi no a quando fossero crepati.
A Nim wegen, i l vescovo Bernardo di Oldenburg (sempre nel Wagrien) allarmò l ' im
peratore, che a sua volta inform ò sulle prime Knud " i l Grande", signore di Danimarca
e Inghi l terra (p. 1 1 0) . La con seguenza fu che Knud, dedito al l ' annientamento del
68 L ' imperatore Enrico Il il Santo
tro passò sotto si lenzio in Occidente. In quel tempo, secondo la cronaca di due cron isti
francesi, s i accusarono gli ebrei di Francia di avere fornito ai musulmani l e calunniose
notizie di una crociata che m inacciava l 'Oriente, provocando pertanto il califfo.
La copia del primo m anifesto papale di una croc iata, risalente all ' X I secolo, venne
scoperta nel 1 682 dal l ' intendente reale N icolas-J oseph Foucaul t n eli ' abbazi a benedet
tina di Moissac (provincia di Languedoc). E nel 1 857 Jules Lair val utò e pubblicò
l ' emozionante documento, conservato col testo completo nel l a Bibliothèque Nationale
di Parigi , indubbiamente rilevante per gli antecedenti storici del l a Prima Crociata.
Da al l ora, però, l ' appello è oggetto di forti controversie; importanti ricercatori l o
hanno dichiarato spurio (così Julius Pfl ugk-Harttung, Pau! Comte d e Riant, Johannes
Hal ler, H arald Zimmermann ed altri ), mentre altri non meno importanti studiosi l ' han
no trovato autentico (lo stesso Jules Lair, Pau] Fridolin Kehr, Adolf Waas) . Nel 1 930
Cari Erdmann cercò di dimostrare definitivamente l ' autenticità del testo; nel 1 950
Alexander Gieysztor, per contro, l a sua fal sità. E nel 1 99 1 , dopo u n ' approfondita ana
l isi dell o scritto, Hans Martin Schaller ne sintetizza l ' esito: "Neanche un argomento
formale o sostanziale contrario al l ' autenticità del l ' enciclica pontificia s i è dimostrato
valido e convincente . . . ". 8 1
Nello scritto circolare, mediocre sia sul piano logico che l inguistico, Sergio IV s i
appella ali ' intera cristianità, esortando a sacrifici e d offerte per gli armamenti , per l ' im i
tazione di Cristo, per la vendetta. Rec lam a arm i e navi ( g l i ital iani volevano armare
m i l le navi ancora "in i sto anno") e anzi l u i stesso intende sbarcare con g l i altri in S i ria
per far fuori i seguaci di Maometto. Dopo l a descrizione del santo sepolcro ridotto in
frantum i , papa Sergio esalta di continuo i l merito del l a guerra imm inente, chiam ata
"battaglia del S ignore". Non si tratta, questa volta, di un m i serabile regno terreno,
bensì di Dio e del l a l otta contro i nem ici di Dio, del l a salvezza del le anime, del regno
dei cieli. Promettendo a tutti i combattenti , naturalmente, vittoria e vita eterna. A i suoi
occhi , l ' impresa non può essere abbastanza urgente. " Venite, fil i i , defendite Deum et
1 07 regnum acq uirite aeternum ! Spero, credo et certi ssime teneo, quia per v i rtutem dom ini
nostri Ihesu Christi nostra eri t victoria . . . ". Ecco i l commento di un cattolico storico del
papato : "Un papa paci fico, caritatevole, che per la prima volta lancia - seppur inuti l
m ente - l ' appello per la crociata. "
Notev ole i l fatto che, col grido di guerra, risuonasse anche un appello alla pace, ad
una pace globale tra i cristiani, tra tutte le chiese, tutti i paesi e tutti i credenti , v isto che
Dio è un Dio di pace e, tramite l a pace, doveva naturalmente essere vinta l a guerra e
conqui stato i l santo sepolcro e la vita eterna. Che splendida moral e ! Sennonché, d i
tutta q uesta bella impresa, n o n se n e fece n u l l a, forse perché gli "infedel i " furono più
veloc i . In real tà, i nformati certamente di tutti quei devoti preparativi, assaltarono Pisa
- centro delle operazioni bel l iche, base del riarm o cristiano - e di strussero l a città. 82
Papa Benedetto VIII 71
La morte quasi contemporanea di papa Sergio IV, il 1 2 maggio, e del patrizio Giovanni
II Crescenzio, il 1 8 m aggio 1 0 1 2, nonché l ' im medi ata elezione di un nuovo papa dal la
cerchia del l a fam iglia rivale, nutrirono i l sospetto che Sergio e i l Crescenzio fossero
caduti vittime di un attentato. In ogni modo, a Roma il potere passò ai conti di Tuscolo
(presso Frascati), i discendenti del la fam igerata stirpe di Teofi l atto, con l a quale aveva
un tempo preso le m osse il "romano reggimento del le prostitute" (V 48 1 ss. ) . Da molti
anni, dal l ' alto del loro nido quasi inespugnabile, più antico di Roma stessa, i signori di
Tuscolo avidi di preda guatavano la città, non aspettando altro che di stritolarla fi nal
mente coi loro artigl i . E videro gi unto questo momento con l a morte, con la duplice
scomparsa del patri zio Giovanni e di papa Sergio. Così scattarono all ' azione. 83
Già i l 2 1 maggio scel sero Teofi l atto, il secondogenito del duca Gregorio di Tuscolo,
nominando questo laico senza frapporre indugi - tanto pressante era l ' occasione - alla
carica di sommo pontefice. Per gi unta Teofi l atto era simoniaco, e ciò nondimeno emise 108
con l ' imperatore Enrico, nel corso dei sinodi organizzati insieme (nel 1 0 1 4, 1 020, 1 022),
parecchi decreti contrari alla simonia.
(Niente di insolito, com unque. Ancora mezzo m i l lennio dopo Giulio II ( 1 503- 1 5 1 3),
padre di tre figlie "naturali", generate mentr 'era cardinale, diventerà papa solo grazie
alla più sfrenata simonia. E questo dopo aver ottenuto l a destituzione, proprio per
simonia, del suo predecessore Alessandro V I . Anzi , dopo aver decretato con una boll a
lui stesso, simoniaco m i l i tante, l ' i nvalidità di elezioni simoniache . )
Per l ' assegnazione d e l pal lio, Teofi l atto si riservò somme colossal i . E quando, per
compi acere una grande fam igl ia, approvò l ' i stituzione del vescovato di Bisulduno, vio
lando ogni di ritto ecc lesiastico, dispose che fosse pagata alla Santa Sede un cospicua
somma di denaro per ogni futura occupazione della medesima; e in tale occasione
dichiarò con estrema disinvoltura, senz'ombra di imbarazzo : nessuno gi ungeva al soglio
papale a mani vuote.
Per gi unta, il nuovo pontefice era ancora una volta un esperto uomo d ' arme: " l ' uo
mo giusto, com unque, in questi duri tempi" (Cartel lieri ) . Così fu presto considerato
anche pienamente legittimo. Prese il nome di Benedetto VIII ( l O 1 2- 1 024 ), inauguran
do la serie dei fam igerati papi "tusc ulani " : suo fratello Romano gli succederà col nome
di Gi ovanni XIX, il nipote di entrambi Teofi l atto col nome di Benedetto IX. E nessuno
di loro era stato prima sacerdote !
Nel frattempo, però, si verificò un breve scisma.
Perché i Crescenzi , che nel l ' ultimo decennio avevano governato Roma ed espresso
tre santi padri , elessero e m i sero sul trono petri no un certo Gregori o (VI). Certo, cia
scuna del le due rapaci fam igl ie considerava il papato come sua proprietà privata. Per-
72 L ' imperatore Enrico Il il Santo
Anche per il vescovo Thietmar, che pure loda il "nostro amabile paese", non sono
conform i "al nostro modo di vedere" né il clima d ' Itali a né la mental ità del l a sua gente,
vale a dire l a qualità dell a sua i ndole morale: "Cattiva perfidia domina purtroppo nella
terra dei Romani e del l a Lombardia. Solo poca simpatia s i riverbera su tutti q uel l i che
c i arrivano. Là è necessario pagare qualsiasi necessità deg l i ospiti , e per gi unta s i v iene
im brog l i ati, e molti ci lasciano la pel l e per avvelenamento". 87
Per ordine di Enrico, Benedetto V I I I dovette a suo tempo restituire alcuni dei posse
dimenti estorti dai Crescenzi al l ' imperiale dom inio di Farfa. Molte abbazie, infatti ,
non soltanto allora, atti ravano su di s é l ' attenzione dei potenti , dei vicini s ignori rel i
g i o s i e laic i . Costoro erano avidi soprattutto d e i conventi, riccamente dotati di beni e d i
privi legi. E d è qui c h e i l re, in contrasto c o n l a s u a politica in Germania, prendeva p i ù
spesso partito per i monac i , anche a svantaggio d e i vescovi .
112 Ora papa Benedetto, paragonato talvolta al bel l i coso papa rinascimentale Giulio I I ,
condusse due campagne contro i Crescenzi; la prima nel l O 1 4 contro l a fortezza B ucchi
niano, un anno dopo contro i l castello Tribucco che egl i , nonostante l a schiacciante
superiorità, ri uscì ad espugnare solo con la fame, resti tuendo! i al convento. E la v iolen
za fu l a vera ispiratrice di q uesto papa. Tanto che, nei successivi sei anni, per conso l i
dare la Stato della Chiesa e i l s u o potere, intraprese molte spedizioni bel liche, "opera
zioni armate a Roma e dintorni"; non tanto per incrementare il potere dei Tusculani,
bensì per "espandere l a Chiesa di Roma" (K.-J. Herrmann). Così egl i operò nella Cam
pagna Romana e nell a Tuscia rom ana. E così , coal i zzatosi con le Repubbliche marina
re di Pisa e di Genova, Benedetto combatté contro i Saraceni che - dopo la loro conq u i
s t a della Sardegna n e l l O 1 5 sotto i l l oro em iro M udjahid - attaccavano volentieri l ' Ita
l ia del nord, ma che già anni prima avevano preso ripetutamente, e perfino distrutto, la
città di Pisa. Già nel l ' anno successivo i Saraceni occ uparono la ricca città portuale e
commerciale di Luni, nel golfo di La Spezia, "abusando delle donne deg l i abitanti "; in
reazione a ciò, i l Santo Padre l anc i ò un appel l o a "tutti i capi e protettori del l a santa
Madre Chiesa . . . al fine di annientare con l ' ai uto del S ignore questi temerari nem ici di
Cristo".
I I trionfo su q uegl i infedel i riuscì (grazie anche ad una furiosa tempesta di m are che
scag l i ò gran parte delle l oro navi sulla costa, dove i cristiani poterono infi lzare tutti gli
equipaggi), e riuscì talmente bene che, stando a quanto se ne legge, "neanche uno d i
loro sopravvisse e i vincitori non poterono contare la m assa dei vinti e d e l bottino" .
N e l l e loro m a n i cadde anche l a regina, c h e per pura giustizia venne tosto "decapitata
per le bl asfeme gesta del suo consorte ( ! )". L' i mpresa fu ordinata "a sangue freddo" dal
Santo Padre, dopo aver req uisito per sé il dorato serto regale di lei , tempestato di pietre
preziose. "L'ornamento del l a regina assassinata gli sem brò un bottino adeguato ad un
papa". Eppure, poche pagine prima, i l teol ogo Al bert Hauck riconosce che il santo
Enrico seppe comprendere e stim are un uomo siffatto. E anche l u i , infatti , ottenne i
Il santo Imperatore , il santo Padre e la loro campagna 75
preziosi ornamenti del l a decapitata sovrana. (Oltre a menzi onare quel bottino papale,
Hauck ricorda che i l medesimo vicario di Cri sto fece condannare a morte anche degl i
ebrei; perché costoro, c o n l ' i rrisione del l a croce, sarebbero stati l a causa di u n o spa- 1 1 3
ventoso uragano c h e terrorizzò i l popolo di Roma ! )
Quando l ' i ncremento patrimoniale fu distribuito (solo l a parte toccata ali ' imperato
re fu stim ata a m i l le l ibbre), si fece di nuovo ritorno " l ietamente in patri a cantando inni
di lode in onore del Cristo trionfante" (Thietmar). In l inea di principio l 'espansione
musulmana viene dipi nta dai cristian i , fin dai suoi albori , con le tinte più fosche. Per
lungo tempo, infatti, i Cristiani personificano l ' aspetto intollerante, refrattario a qualsia
si dialogo. E anche se i Saraceni erano ormai scacciati dal la Sardegna, dove non avreb
bero più rimesso piede, tuttavia, ancora nel l O 1 6, colà furono i cattolici a farsi guerra
tra loro, dal m omento che Pisani e Genovesi combatterono senza tregua per i l monopo
lio commerciale del l ' i sola.
D ' altronde i l papa, che aveva preso parte personalmente alla battaglia contro gli
"infedeli", si scontrò subito dopo combattendo anche i B i zanti ni nel Meridione. Era un
sant ' uomo, quel l o : uno che Enrico "seppe comprendere e amm i rare". xs
Nel la Longobardia dom inata dai bizantini - in questo antico retaggio l asciato dal la gi
gantesca guerra di Belisario, Giustiniano e del papato contro i Goti (Il 300 ss., 309 ss. ! )
-, parecchie città s i erano sollevate contro l ' egem onia straniera de l i ' imperatore Basilio
II. Prima, in verità, si era creduto che dietro questa insurrezione a l ungo preparata
fossero operanti motivazioni più patriottiche, mentre la rivolta traeva pi uttosto origine
da locali lotte ari stocratiche, e segnatamente dal l ' esasperazione generata dai crescenti
gravam i fi scal i , in conseguenza della guerra bi zantina in Bu lgari a ( 1 004- 1 0 1 4).
Il papato, comunque, che in passato avev a sterm inato i Goti nel pauroso genoc idio
praticato in combutta con Bisanzio, si trovò a combattere ora contro B i sanzio.
Benedetto VIII favorì infatti apertamente i ri voltosi a causa dei vasti possedimenti 1 1 4
curi al i e del le pretese di proprietà n e l meridi one. Di conseguenza, benedi sse i cavalieri
normanni, gli assassini di un duca norm anno che si erano rifugiati da lui e che egl i
affidò al più importante notabile d e i ribel l i pugl iesi, rifugiatosi pure a Roma, ossia
al l ' ebreo battezzato Meles (lsmae l ) di B ari . E lasc iò al ribelle cognato di lui, Dattus,
una torre fortificata alle foci del Garigliano, per attacchi contro i Bi zantini.
Intanto, dopo vittorie e rovesc i inizial i , Meles soggiacque, nel l ' ottobre 1 0 1 8 nella
battaglia decisiva presso l ' antica Canne (dove Anni bale aveva sgom inato i Romani), al
generale romano d ' O riente Basi lio Boioannes, un abil i ssimo stratega e organizzatore.
76 L ' imperatore Enrico Il il Santo
E mentre Meles fuggiva verso Roma e, comandato dal papa, si recava alla corte del
l' imperatore tedesco, i l condottiero romano d ' Oriente - appoggiato dal i ' abate Atenulfo
di Monte Cassino - s ' impadroniva di sorpresa della torre papale sul Garigliano, facen
do gettare in m are presso B ari, intrappolato in un sacco, Dattus accusato di alto tradi
m ento. 8 9
La disfatta di Canne, che decimò soprattutto i Normanni, ristabi lendo tuttavi a i vec
chi rapporti di proprietà, fu totale e colpì anche il papa. I l q uale, nel l a primavera del
1 020, si affrettò a raggiungere la Germania, invitato probabilmente dal l ' im peratore,
ma in effetti per cercare di guadagnare il suo sostegno m i l i tare; come aveva fatto già
Stefano II, ma che aveva com unque significato guerra ( I V 378 ss.).
Enrico accolse l ' ospite romano con quattro corali di pret i : due gi ubi l avano al di qua
e al di là del ponte sul l a Regnitz: un coro giubi l ava al l a porta del l a città, un altro davan
ti al duomo. Da ogni parte tripudio e preghiere. E dopo che Benedetto ebbe detto messa
ogn i giorno, consac rando a Pasqua l a chiesa di Stefano, stimolando e galvan izzando
l iturgicamente il popolo, si dette inizio agl i affari , e il Santo Padre incassò l ' aiuto
agognato. La spettacolare l i turgia riuscì a stento a cam uffare l ' imminente campagna
bel l ica. Dapprima una pomposa consacrazione del tempio, con stupende donazioni
reliquiarie quale coronamento del l a visita pontificia a B am berga . . . dopo un potente
corpo di spedizi one per la guerra nel l ' Ital ia meridionale contro B isanzio in via di espan-
11 5 sione verso il Nord.
Da non dimenticare il cosiddetto "Heinric ianum ", non una mera formal ità, "una
q uestione di prestigio del papa" (Wolter) : bensì una fedelissima riform ulazione del
famoso/famigerato (e già da Ottone III riconosciuto come fal so) Privilegium Ottonianum
del 962 (V 498 ss.). I l S anto Padre se l o fece porgere dal reggente addi rittura i n una
redazione ampliata (arricchita tra l ' altro dei territori d i N ami, Tern i , Spoleto). Nel trat
tato, anzi, si tramandava al beneficiario romano anche il monastero di Fu l da unitamente
al di ritto del la consacrazione abbaziale, così come si sottoponeva alla sua protezione i l
vescovato d i B am berga, per c u i egli chiedeva annualmente u n caval lo bianco "quale
interesse".
S ignificati vo il fatto che in quel periodo soggiornasse in Bam berga anche il barese
Meles, al quale Enrico aveva conferito il titolo di "duca di Pugl ia", in forza del quale
Mel es avanzò del le pretese su li ' Italia meridionale. Laggi ù avevano attaccato già g l i
Ottoni ; e Ottone I I , sostenendo esplic ite rivend icazioni ecclesiastiche, c i aveva perduto
quasi l ' intero esercito tedesco presso Capo del l e Colonne ( V 536 ss.).
Meles morì già i l 23 apri le e venne tumu l ato nel duomo di Bamberga con onori
princ ipeschi. M a l ' imperatore preparava già la guerra i n m aniera ancora tipicamente
"spirituale": il 22 settembre con la sua partecipazione alla festa del l a Legione Tebana
presso il vescovo Amolfo d i Halberstadt, il 24 settem bre con la sua presenza al i ' inau
gurazione del nuovo duomo di Quedl inburg, i l primo ottobre in occasione di un' altra
Il santo Imperatore . il santo Padre e la loro campagna 77
fianco delle forze papal i-imperiali nel la penisola appenninica: era la nuova potenza
del la casa di Altav i l l a che presto - approfi ttando del l e diverse rival ità reg ional i e
sovrareg ionali - avrebbe domi nato su Sici l ia, Calabria e Pugl ia, instaurando una rag
guardevole egemonia. 90
A Pav ia, nel l ' agosto del 1 022, sulla via di ritorno dal la guerra in Ital ia, si svolse un
sinodo ricco di conseguenze al la presenza del l ' imperatore e del papa.
Si doveva deliberare circa i l matrimonio ecclesiastico, dec idere sul cel i bato; più prec i
samente, si trattava di mettere al sicuro il patri monio chiesastico tram ite l o stato
celibatario del c lero e l ' asservimento dei figli di religiosi ligi ai dettam i ecclesiali .
D a l ungo tempo, per l a verità, l a tradizione parla d i celibato. Ma nel Nuovo Testa
mento non se ne parla in nessun luogo. Al contrario. Vescovo e diacono debbono - così
insegna l a B i bbia - essere uniti in matrimonio (unius uxoris vir), mettendo espressa
mente in guardia dai fal s i m aestri che proibiscono di sposars i . I prim i apostol i si porta
vano le rispettive mogli ancora come m i ssionarie e giammai la Chiesa più antica ha
fatto obbl igo di essere senza moglie. La m aggioranza del prim itivo c lero cristiano era
sposata e per secoli i rel igiosi erano stati normali padri di fam iglia.
Nel IV secolo, i sinodi di Ancira in Galazia e di Gangra in Paflagonia prendono
posizi one, tra l ' altro, a favore del m atrimonio ecclesiastico. Ancora nel V secolo, molti
vescovi avevano prole numerosa. Lo stesso dottore del l a chiesa Gregorio di N azianzo
fu figlio d ' un vescovo.
In tutto l ' Oriente (al l a testa del m ovimento teologico) non c i s i l asciò indurre ad
accettare i l celi bato. In Inghilterra, ancora nel l ' V III e nel IX secolo, è in uso i l m atri-
1 1 8 monio dei vescovi . Pers ino a Roma, nel X secolo, non sono pochi i figli di sacerdoti
che diventano papi. Anzi , alcuni papi erano figl i di papi, come papa S i lverio (536-537)
o papa Giovanni XI (93 1 -935). E ancora a metà del l 'XI secolo lo stato celibatario di un
religi oso, per esempio nel l a grande diocesi di M i l ano, era "eccezione estrem amente
rara". 9 1
Dal i ' altra parte, tuttav ia, era d a gran tempo atti vo un partito che puntava sul l ' ascesi ,
predicando la m i soginia e l ' osti l i tà a l l a donna, puntando a d un prestigio p i ù elevato, a
conseguire più potere e profitto, osteggiando senza quartiere i l matrimonio dei rel igio
si. Non era certo una motivazi one di c ulto, né l ' ossessione del l a purezza, deri v ante già
dal paganesimo, ad im primervi la spinta deci siva; era piuttosto i l movente pol itico
finanziario, connesso al diritto di proprietà: i celibi costavano al l a Chiesa m eno dei
padri di fam iglia. Inoltre, ancora più importante, era l a costante l i bera disponibilità dei
Il Sim)(/o di Pavia del l 022 79
alla Chiesa; ed è ovvio che si del i berò per il medesimo risultato. L' alto clero, infatti,
non poteva avere mai abbastanza denaro e potere, e q uindi neanche abbastanza schiav i ,
m ai abbastanza subaltemi. I l basso clero, per contro, era perlopiù espress ione d e l ceto
non libero , non poteva quindi possedere in alcun m odo una libera proprietà; tutto ciò
che otteneva o risparm iava apparteneva totalmente al vescovo, i l quale già per questo
aveva il massimo i nteresse a che l a prole dei sacerdoti non potesse ereditare . La prole
delle schiave della Chiesa era d ' al tronde inabile ad ereditare; di essa i prelati potevano
di sporre a piacimento, per cui non vedevano affatto malvolentieri che un chierico si
1 20 unisse con una schiava del l a Chiesa.
Tuttavia, q ualora religiosi non l i beri sposassero donne l i bere, questi erano idonei
alla proprietà e al i ' eredità, q uindi protetti dalle leggi temporal i . Ecco un boccone ama
ro per l a Madre Chiesa. Tanto che papa Benedetto se ne l amenta: "Perfino i chierici che
costituiscono il servi torame del l a Chiesa, per quanto li s i può chi amare ancora chierici,
dal momento che sono privati dalle leggi d i ogni diritto d i avere una donna, procreano
bambini da donne l i bere ed evi tano le schiave del l a Chiesa ( ! ) solo per fraudolenta
intenzione, affinché i fig l i , generati da m adre l ibera, possano essere liberi a loro volta.
E sono questi, oh c ielo, oh terra (Mi sunt, o caelum , o terra!) quel l i che s i ribel l ano
contro la Chiesa. Non v i sono nem ici peggiori di questi per la Chiesa (Nulli peiores
hostes ecclesiae quam isti) - lamenta il pontefice. Nessuno più di l oro è pronto a
tendere insidie nocive alla Chiesa e a Cristo. Così , mentre i figli deg l i schiav i , come
essi s i dicono fal samente, restano in l ibertà, la Chiesa li perde tutti e due, i servi e i
beni . E così la Chiesa, un tempo ricca, è diventata povera". 95
Di conseguenza il S anto Padre paragona ancora i disubbidienti servi dei prelati agli
stal loni da monta e ai maiali di Epicuro; di più, biasima a riprova di estrem a dissolutez
za - così Roma coltiva l ' ipocrisia! - il fatto che costoro commettano atti di l ibidine non
"con prudenza" (caute) , bensì "pubblicamente" (publice). (Tant ' è che i sinodi spagnol i
nel Medioevo trattano solamente del l e concubine pubbl iche del c lero, senza neanche
m enzionare quelle segrete . . . " ciò che avviene in segreto, non è accaduto, solo ciò che
fa scandalo e rumore è peccato", scrive Pani zza). A l l a fi n fi ne, ecco l ' ordine di papa
Benedetto : " Tutte le figlie e i fig l i dei chierici, che siano nati da donna l i bera o schiava,
da legittim a consorte o da concubina - giacché nessuna condizione è, è m ai stata ( ! ) né
sarà permessa - saranno schiavi del l a Chiesa per l ' eterni tà" (servi sua e erunt ecclesiae
in saecula saeculorum).
I l quarto canone del si nodo di Pavia m inacc ia i giudic i : "Chi dichiara l i beri i fig l i di
quei chierici che sono schiavi del l a Chiesa, in quanto nati da donne libere, sarà passibi-
1 2 1 l e di anatema, in quando depreda la Chiesa". I capito l i da 5 a 7 v ietano a tutti i membri
del l a Chiesa di acq u i s tare ben i da persone l i bere, m i n ac c i ando pene corporal i e
i ncarcerazion i : "Nessun servo di una chiesa, sia chierico sia laico, può acquistare qual
cosa sotto i l nome o con la mediazione di un libero. Se nondimeno lo fa, verrà frustato
Note 81
e incarcerato fintanto che l a Chiesa non riavrà i documenti che l o riguardano. I l libero
che lo ha aiutato in ciò deve risarcire totalmente la Chiesa, oppure sarà m aledetto come
tutti i l adri del l a Chiesa. I l giudice o notai o che ha compilato quei documenti verrà
anatem i zzato . "
L' imperatore Enrico I I elevò i del iberati di Pavia, in forma m odificata, a legge del
l ' Impero; un ' iniziativa che, manifestamente, mosse in comune dal papa e dai mem bri
sinodal i . Certo è che il sovrano non solo approvò e confermò tal i dec reti , ma addi rittu
ra - più papal i no del papa ! - l i inasprì ulteriormente . Talché i giudic i , che dichiaravano
liberi i rampo l l i dei sacerdoti , dovevano essere spogliati del loro patrimonio e banditi
per sempre, le madri di quei figli dovevano essere frustrate sul mercato e parimenti
es i l i ate, e i notai che avevano attestato a favore dei chierici l i bera nascita e analoghi
benefici, avrebbero perso la mano destra. "Io, Enrico, Imperator A ugustus per grazia di
Dio, ho emesso questa legge perenne su consiglio del S ignor Papa Benedetto e di nu
merosi vescovi per volere di Dio ( ! ), confermandola e decretandone l ' eterna durata;
così ho supplicato e pregato affinché i grandi del mio regno la sostengano".
Di contro, una legge sicil iana di Federico I I , grande spirito l i bero e avversario del
papa, aggiudicò esplicitamente ai fig l i dei sacerdoti la legittimazione all ' eredità. E
quando in Spagna, a parti re dal IX secolo, durante la fiorente cultura moresca, all ' in
temo del c lero si diffuse largamente il concubi nato, l a barragania, i fig l i nati da siffatte
unioni, così analoghe a quelle matrimonial i , furono liberi fi no al XIII secolo. 96 122
NOTE
1
A n n . Hildes h . l 002
Thietm. 4,54
3
Fried, Der Wefi 607, 623
4
HKG I I I/ l , 2 8 3
5 Thietm. 5,27 s . 7 , 2 ; 7 , 8 . Tad dey 503. L M A Il 295 s . I V 2037 s . VII 432 s . H i rsch I 247 s s . III 247 .
H a u c k I I I 39 1 , no t a 1 , 3 9 5 s. H o l t z m a n n I I 3 7 5 s. F i s c h er, Studien um B a m h erg 46. K i s t 1 6 .
N e u m ii l l e r s - K l a u s e r 2 8 . Tri l l m i c h , Th ietmar \'011 Mersehurg 49 5 . Prinz, Grundla g e n . u n d A nfii n ge
1 7 8 , 1 84. F l e k k e n s te i n , R ex canonicus 64 ss. F l e c k e n s t e i n/B u l s t 1 22 . C l a ude I 2 34. S c h u l ze ,
Hegemoniales Kaisertum 296. B r ii h l , D eutschland - Frankreich 627. G u t h , I l f . 36, 4 0 , 43, 54.
H l a w i t schka, Ka iser Heinrich Il. 1 67 . Wo l t e r 267. Fried , Die Formierung I O, 1 3 . I d e m , Der Weg
6 1 O, 6 1 2 , 6 1 8 , 620 s s . 629 s . 6 3 2 , 765 s. - S u l l a c r i s i e c o l o g i c a n e l l a re g i o ne d e l l o Harz c fr.
H i l l e bre cht 2 7 5 s s . o l tre che E. S c h u bert, Der Wa ld 2 5 7 s s .
6 T h i e t m . 4,50; 4,54; 5,2 s s . 5, 1 1 s s . Vita Mathi/d. p o s t . 20. H e r m . v. R e i c h e n . 995; l 002 . S u Herman n :
B o r s t , Miinche 1 02 s s . L M A I I I 1 764 s . I V 203 8 , 2 0 8 7 , 2 1 5 5 s . 2 1 6 1 . LT hK I V' I 3 7 5 . 1 43 8 s .
Tad dey 3 0 4 , 503. HEG I 708 s . H K G I I I/ l , 2 8 3 . H i rsch I 1 94 s s . 2 0 0 s s . 2 1 3 s s . 2 1 7 s s . 228 s . 438
s s . 44 1 s s . R . U s i nger i n : Excur.1· I I I compreso i n H i rs c h I 445 H a u c k I I I 3 9 1 , 399 s . Looshorn I 5 3
s s . H o l tzmann I I 3 66 s s . 374. Bauerre i s s 1 34. M i tteis 7 7 s s . Lange 3 s . Bannasch 1 26 s . 1 3 0 s s .
Flekkenste i n , Grundlagen 203. Flekkenste i n/B u l s t 1 2 1 . B r ii h l , Deutschland - Fra nkreich 626 s s .
82 L ' imperatore Enrico I l il Santo
63 1 ss. 634 ss. R. U s i nger, Die Erh ebung Heinrichs Il. zum deutschen Konig 445 : secondo B r ii h l ,
Deutsch land-Frankreich 6 3 7 . S c h u l z e , H egemonia/es Kaisertum 2 9 8 . H l awitschka, Kaiser Heinrich
Il. 1 6 8 . R. S c h n e i der, Die Konigserhebung Heinrichs Il. 74 ss. Pri n z , Grundlagen und A nfiinge
1 7 8 s . G u t h 1 2 , 1 9 s . Fri e d , Der Weg 602 s s . 608 , 6 1 0 , 6 3 0 , 732 s . 8 0 6. B o s h o f, D i e Salier 2 2 ss.
Wo lter 2 1 4 . R . S c h m i d t , Konigsumritt und Huldig ung in ottonisch-salischer Zeit 1 96 1 , 2 . A . 1 9 8 1
1 1 4, c i tato da B r ii h l , Deutschland - Frankreich 6 3 5 . - C i rc a l e l acrime d i Enrico n e l l ' attacco d i
sorpresa al trasporto fune bre a l l a corte d i Po l l i n g s i v e d a p e r fondame n t o : A l thoff, Emporung ,
Triinen 60 s s . , che tu ttav i a non si d i ffonde q u i su Enrico I l .
A nna/. H ildesh. 1 002 . LTh K IV/3, 1 3 7 5 . L M A I V 203 8 . H E G I 7 1 5 . H K G I I I/ l , 2 8 2 s s . H i rs c h I I I
3 0 1 ss. Hauck I I I 433 s s . - S u l l e prolu ngate c o l o s s a l i d o n a z i o n i d i Enrico a l l a C h i e s a s i v e d a d i
m ass im a Looshorn I 6 2 , 6 6 , 69 s . 8 4 , 9 5 s . I 00 s s . l 0 7 , 1 1 3 s . , 1 1 7 , 1 3 4 s s . 1 40 s s . , 1 5 1 , 1 6 3 s . 1 7 3 ,
1 9 6 . - C fr. i n o l tre I b i d e m . 2 7 3 . D o n i n I V 1 3 2 . S i eg w a r t , 1 00 s s . 1 49 s s . B an n a s c h 1 3 7 s s .
Fleckenste i n/B u l s t 1 1 2 , 1 3 1 s s . 1 44 . G u t h 1 8 s . Frie d , D e r Weg 606, 6 3 0 . S tormer, Bayern u n d der
bayerische Herzog 5 2 1
A nna/. Quedl. l 024. LT h K I V3 1 3 7 5 . HEG I 7 1 5 . H K G I I I/ l , 2 8 4 . H i rsch I 2 1 6 , 264, 364, 3 6 6 . I I I
2 7 4 s . Hauck I I I 444 s . nota 4,447. Looshorn I 2 8 2 . Bauerre i s s I l 3 7 . H o l t z m a n n I l 3 7 7 . S tern/
BartmuB 202 s . H l a w i tschka, Vom Frankenreich 1 3 4 s . Guth 1 8 s . Fri e d , D e r Weg 693, 704. S e i
ber!, Libertas 507 s s . Vog therr, Die Reichskloster 4 3 0 s . C fr. a n c h e Moraw 3 6 0 e Z o t z , Priisenz
1 7 2 , c o n r i ferimento agli Otto n i .
Thietm. 7 , 3 1 . A nna/. Quedl. 1 0 1 3 , 1 0 1 4 , 1 0 1 5 . L M A I V 2 1 24 (Fahlbu s c h ) , V 1 54 s . V I 4 7 5 ( S tr u v e ) ,
508 . H K G I I I/ l , 2 8 4 . Hirsch I 3 6 2 s s . I I 4 0 9 s s . I I I 3 s s . 1 8 2 s . 2 7 2 . ss. H a u c k I I I 4 4 9 s . 456 s s .
K o h l e r 49 s s . 5 9 . B a u e rre i s s 3 7 . H o l tzmann I I 4 1 1 s s . 4 5 9 . B an nasch 8 1 s s . 8 6 s . 1 7 1 s . 2 1 1 s s . 2 1 8
s s . - Cfr. anche 245 s s . 2 5 0 s s . Fleckenste i n , Grundlagen 2 1 O s . S c h u l ze , H egemonia /es Kaisertum
3 1 8 ss. Fried, Der Weg 787 s. S e i bert, Libertas 508 s
1" T h i e t m . 6 , 2 8 ; 6,40. L M A IV 203 8 . Hauck I I I 3 9 7 , 400 s s . 405 s s . 4 1 0, 42 8 s s . 4 3 3 s s . H o l tzmann I l
3 7 7 . S tern/Bart m u B 2 0 2 . Fleckenste i n/ B u l s t 1 3 2 s . F l e c k e n s te i n , D i e Hofkapel/e I I 1 8 2 . B r ii h l ,
Deutsch /and- Frankreich 643 , con rimando a Flecken s te i n , Die Hofkapel/e I I 1 6 7 s s . 1 84 , 2 1 1 s .
2 1 4 s s . C l aude I 2 9 9 . Pri n z , Grundlagen u n d A nfiinge 1 84 s s . S c h u l ze , Hegenwn iales Kaisertum
307 , 3 1 2 ss. Guth 43. B a n nasch I S O ss. Wol te r 224, 3 1 2 . Fried, Der Weg 606 s. 630 s . 643, 6 6 8 ,
6 8 5 , 6 9 3 , 7 74 s . 7 7 7 , 7 8 3 , 8 2 2 , 8 5 8
11 M A I V 2 0 3 8 ( Wendehorst). Looshorn I 7 5 , 2 8 2 . B rac k m a n n 206. Dan i e l - R o p s 5 7 3 . S tern/B art m u B
2 0 2 s . Fleckenstein/B u l s t 1 34. B r ii h l , Deutschland - Frankreich 6 4 0 s s . Pri n z , Grundlagen und A n
fiinge 1 84 s . Wo I te r 2 1 8 . Frie d , Der Weg 6 3 1 . Cfr. a n c h e G u t h . I l , 25
12 S c h n e i d e r, Das Frankenreich 8 5
u Fichtenau 1 9 1
14 B riefsammlung Gerberts e d . We i g l e 2 3 6 , N r. 1 94. C i tato d a Fichtenau , i b i d e m 5 5 2 , che ne l l a N ota
3 3 s c r i v e al riguard o : "La l e ttera . . . contiene s i c u ramente l a vera o p i n ione d i Gerbe rto . "
1� F u l b . v. Chartr. d e pece. capir. P L 1 4 1 S . 3 3 9 . Hrab. d e proc . Rom. m i/. c . 1 4 . C o n fronta c o l c . 4 .
L M A I I I 1 5 1 3 . D e r Kleine Pauly 5 , 1 1 5 1 s . Erdmann 3 s s . 1 4 . Erben 5 8 s s . - U l te r i o re b i b l i ografi a
su Ve gezio e la s u a d i ffu sione p . 6 4 s. Ancora a l l a fi ne d e l secolo XX Horst Herrm a n n , n e l s u o
Ketzer in Deutschland 6 7 , riferi sce d i una s t i m a s tati s t i c a secondo c u i " a l l ' i nterno d i c i rca 9 8 0
m i l i o n i d i cri stiani s i trovano s o l o 600.000 pac i fi s t i . "
16 L M A V 1 5 26 s . Hoffm a n n , Gottesfriede 7 1 s . Hornus 1 6 8 . Cram 1 1 2 . F i c h t e n a u 5 44 s .
17 Leo I V. ep . 2 8 . Joh. V I I I . ep. 1 5 0 . Koeniger 2 2 3 , 2 3 7 . Vo i g t 5 6 . Dorri es I I 8 . F i n ke 1 42 9 . A u e r, D e r
Kriegsdienst I 3 1 8 , I I 5 9 . I d e m , i n : MIOG 3 4 4 . S c h i e ffer, Winfried- Bonifatius 5 9 . F i c h t e n a u 5 4 5 ,
552, 555
'" Basi/. ep . a d A mphi/. c . 5 5 u . 1 3 . B oc k l e 1 8 . Auer, D e r Kriegsdienst 1 5 6 . Cfr. D e s c h ner, A bermals
506 s s .
Note 83
10
N e u s s 1 44 f . Erdmann 24 s s . 3 0 s s . 5 0 . Cfr. anche 326 s s . L a u t e m a n n 2 3 3 s s .
'" L M A I I 1 8 00 s s . I V 1 9 8 7 s s . (Contam i ne ) , V I 4 1 2 . Grupp I 1 43 . N e u s s 1 44 f . Erdmann 7 2 s s . 7 7 s s .
329 ss.
" D a v i d s o h n I I l . T . 4 1 5 s . Grupp I V 1 43 . Erbe n 1 6 . E r d m a n n 3 8 s s . 8 3 s . B e c ke r, Sal( Nein 1 06 .
" Can . Apost. C . 8 3 . Syn . A re/. ( 3 1 4 ) C . 3 . C o n c . Chalced. (45 1 ) c . 7 . Syn . Turo n . (46 1 ) c . 5 . Syn .
Matisc. ( 5 8 3 ) c. 5. Syn . Tarracon. ( 5 1 6 ) c. 4. Syn . Tol. ( 6 3 3 ) c. 3 1 . Syn . Bardi!( . ( 6 3 3 /6 7 5 ) c. l Syn .
Tol. ( 6 7 5 ) C. 6. K o be r, Die Deposition 6 9 3 s. Erdmann 1 2 s. P r i n z , Klerus und Kriel( 4 s s .
H Vo igt 5 6 . E r b e n 5 5 s . Koe n i ge r 2 3 7 . Erdmann 1 2 . Pri n z , Klerus und Kriel( 4 s s . 7 9 s .
24
Hel l i nger 1 1 8 . S c h u bert, Geschichte der christlichen Kirche I 36 1 . M o n tgomery I 1 8 9 . Vo i g t 5 6 .
Erdmann 2 1 . P r i n z , Klerus und Krieg 1 2 , 7 6 , 79 s .
" S c h u bert, Geschichte der christlichen Kirche I 1 60 . Erben 5 5 s s . K o n i ge r 2 3 7 . Auer, Kriegsdienst
1 3 1 8 , I I 69
" Greg. v. T. 4,42. 5 , 2 1 ss. L M A VII 1 8 05 s . P6schl 1 1 5 , 1 46 . v. Sch ubert, Geschichte der christlichen
Kirche I 1 60. M o n tgomery I 1 60 s . K ap h a n , Zwischen A n tike 1 40 ss. M a i e r, Die Verwandlung 1 2 7 ,
1 34 s . 1 48 , 1 62 . A u e r, D e r Reichskriegsdienst 5 s s .
" D o n i n I 30 l s . G r u p p I I 1 84. K 6 n i ge r 2 2 1 . Vo i g t 3 0 . G a n ah l 4 4 . v. S c h u be r t , Geschichte der christ
lichen Kirche l 1 60, I I 5 7 2 . Prinz, Klerus und Krieg 58 s . 69
" Notk. Gesta Kar. 2 , 1 7 . A n n . Loh. 870. L M A I V 1 99 1 . Diimmler I I 249. Hauck II 652 s . K o e n i g e r
2 3 2 . P r i n z , Klerus und Kriel( 60, 7 6 , 7 8 s . I 04 , I l O, 1 1 5 s s . A n t o n , Fiirstenspiege/ 2 99. S t6rmer,
Friiher Ade/ II 3 1 4 . F i s c her, Konil(tum , A de/ l 07 s. 1 1 3
29 T h i e t m . 1 ,4 . LTh K l 1 0 1 5 . L M AV 2 0 3 9 . H a u c k II 6 5 3 . S c h n ii re r II 1 3 . We l le r 47 f. Fries 64 ff.
P r i n z , Klerus und Krieg 1 3 9 s s . Li ndner 2 3 1 ss.
311 T h i e t m . l ,4. H i rs c h I I 48 s . Hauck I I 6 5 3 . M o n t g o m e ry l 1 66 . P r i n z , Klerus un d Krieg 1 24 s s . 1 2 8
s s . S t e i n bac h , Das Frankenreich 79
31 HBG ( P r i n z ) l 453. H a u c k I I 653. S o m merlad I I 2 1 2 . Hol tzmann l 1 3 1 s . A u fhauser 2 s . Erben 5 6 .
Auer, Kriegsdienst des Klerus I 3 2 1 . Pri n z , Klerus und Kriel( 1 3 9 , 1 4 3 . S t6rmer, Friiher A de/ I I 3 l 4
·12
L M A V I 1 2 8 8 s . H i rsch I 4 0 3 s s . I I 50 s . 6 8 . S o m m e r l a d I I 2 5 4 . Grupp I V A u e r , Kriegsdienst des
Klerus l 3 2 3 . Fri e d , Der Weg 7 0 1
33 T h i e t m . 4 , 2 9 ; 6 , 3 3 . W i p o c . 1 2 . A d a l b . v . B r. 2 , 1 s . 2 , 9 . Herm. v . R e i c he n a u 1 02 , Vita Bernw. C . 24.
Fu/h. ep. 1 1 2 . LTh K . II 2 8 6 s . l V' 1 43 8 . L M A IV 1 46 8 , V 1 8 8 1 s. VI 476. Dresdner 8 8 . Kretsc hmann,
D i e stammesmiissil(e Zusammenset:unl( 9 . Grupp I I I 1 46 s . Erdmann 5 1 , 69 s . 1 3 1 s . B a n nasch , 1 60
f. Heer, Kreuzziige 1 8 . A u e r, Der Reichskriel(sdienst I 8, 37 s . 1 2 2 s. 1 2 7 s. 1 3 1 s. 1 62 s. 3 2 5 , 3 5 9 ,
3 6 2 s . I I 8 , 1 5 s s . 5 0 , 5 5 s s . 6 9 . F r i e d . Die Formierufll( 5 6 . K o h l e r, D i e Ottonische Reichskirch e.
H o ffm a n n , Gottesfriede 5 0 . Zum Welthild Damianis cfr. anche: Lohmer, Ordo u . Heilserwartung
1 7 5 ss.
34 Joh. V I I I . ep . 1 5 0 . K e l l y 8 5 , 9 3 s . S e p p e l t I I 1 70 . Erdmann 2 1 ss. M a i e r, Die Verwandlung 340 s.
H e e r, Kreuzziige 1 9 . K ii h n e r, G ezeiten I 1 62 . Pri n z , Klerus und Krieg 8 0 , 1 43
35 L M A I 60 s . S p rone 54 s s . l v i anche il c a p i t o l o " La partec ipazione di Servato Lupo a l l e s pe d i z i o n i
m i l i ta r i " . A u e r , Der Kriegsdienst des Klerus, i n : M I O G I I 63 s .
36 M ontgomery I 1 6 3 . Graus 3 6 8 . Pri n z , Klerus u n d Krieg 1 04
37 Grupp I I I 1 3 7 . IV 443 . Pre i de l l 9 3 , c o n r i fe r i m e n t o al c a p i t o l o 8 1 1 del M G H , C a p i i . I 1 67 c. I O .
A u er, Kriel(sdienst i n : M I OG 6 2 . I d e m , Der Reichskriegsdienst, 1 9 6 8 , 37 s. P r i n z , Klerus und
Krieg l 06, 1 20. Per q u anto r i g uarda i " g l a d i atori d i C r i s to" s i veda Deschner, A hermals 3 2 9 s .
38 L M A I I 965 . M i tterauer, Herrenhurg und B u rgstadt 4 8 6 s s . A u e r , D e r Reichskriegsdienst 1 96 8 , 4 1 ,
5 7 s . Cfr. anche S c h u l ze , Grundstrukturen I I 8 6 s s . , i n particol are 9 1 .
39 L M A I I 9 5 7 s s . i n part i c o l are 966. S c h w i n d , Zur Ve!fassung und Bedeutung der Reichshurgen 8 5 .
E b n e r, D i e B u rg a l s Fors c h u ngspro hlem I 6 8 . F r i e d , D i e Form ierung 1 2 8 . M e t z 3 5 0 . Zur
Herrschaftsausstrahlung der B u rg im spiiteren Mittelalter, c fr : S c h a a b , Geograp hische und
84 L ' imperatore Enrico Il il Santo
topographische Elemente I I 40 s s .
40 Ven . Fort. carm. 3 , 1 2 s s . K e l l y 1 1 8 . M i tterauer, Herrenburg und B u rgstadt 484 s s . Pri n z , Klerus
und Krieg 54. S tiirmer, Friiher A de/ I 1 7 8 s.
41 B ii ttner, Sch waben und Schweiz 225 ss. 243 s. 395 s s .
42 S c h m i d , Z u r A blosung 2 5 . Ebner 69. M i tterauer, Herrenhurg und Burgstadt 486 s s . M on tgomery
I 1 8 2 . Pri n z , Klerus und Krieg 1 5 2 ss .
4.1 Adam v. B r. 2,67 s. Cfr. 3 , 2 5 ; 3 , 3 6 . L M A I 20 1 2 , VI 1 5 7 7 . H E G II 5 5 3 . B ertram , 64. H o l tzmann I I
307, 3 1 2 . E r d m a n n 65 s . Auer, Der R eichskriegsdienst 54 s . 1 36 . B o s hof, Di e Salier 2 3 s s . Bannasch
245 . S i veda anche l a costruzione d i borg h i del v es c o v o B e n n o I I d i Osnabriic k : Riise ner, Bauern in
der Salierzeit 5 1 . We i n fu rter, Herrschaftslegitimation und Konigsautoritiit 79
44 LMA VII 627 s. Kafka, Wehrkirchen Niederosterreichs, pas s i m . Hoffmann, Gottesfrieden 1 8 7 . A uer,
Der Reichskriegsdienst 1 70 s. M o l t i esempi d i c h i ese costruite per d i fesa anche in Erffa 5 2 . s s .
45 BreBlau I I 3 7 6 . Vedasi a n c h e l a n o t a s u c c e s s i v a .
46 T h i e t m . 4, 2 1 ; 5 , 1 4; 5,32; 5 , 3 4 s . 5 , 3 8 ; 6 , 2 ; 7,63. Herm. v. R e i c h . 1 003 , 1 0 1 5 , 1 024. A nn a / .
Hildesh . I O I 5 . H B G I 308 s . LThK I 1 3 1 . L M A I 1 03 s . I I 7 5 3 . I I I 2 1 22 , 2 1 79 . IV 2 1 6 1 V I I I 4 3 2
s . H i rs c h I 2 1 4, 2 2 1 , 2 6 3 s s . 269 s s . 299 s . I I I 2 3 s . l 09. Loos horn I 84 s s . H o l t z m a n n I I 3 7 1 , 3 8 2 s s .
B o s l , Geschichte Bayerns I 60 s . Meyer, In d e r Hat·monie 2 1 3 , 2 2 1 s s . C l aude I 2 2 2 s . 3 3 2 . Pri nz,
Grundlagen und A nfiinge 1 8 2 s . 1 8 7 . S c h u l z e , Hegemonia les Kaisertum 297 s . G u t h 20, 2 9 , 48 s.
Fried, D e r Weg 606, 6 1 4 s s . 620 s . 699 s . Krah 3 2 1 s s . Wo lter 2 1 5 s . Mertens 2 3 1 sottol i nea al tresì
come T h i etmar te nda a m i n i m i zzare a p u ro e s e m p l i c e i n c i d e n te d i caccia le " s o s pe tte c i rcostanze"
connesse a l l a morte del d u c a c o n " v i s tosa penetrazi o n e " .
47 Vita B e rnw. 4 1 . T h i e t m . 6 , 1 9 . A nna/. Hildesh . 1 00 5 . LThK I I 2 8 6 . L M A I 1 3 70, I V 5 1 5 , V I I 8 1 5 s .
8 8 4 s . V I I I 1 349 s s . H i rs c h I 3 5 2 s s . 40 l s s . I I 9 s s . H o l t z mann I I 396. Fleckenstei n/B u l s t 1 26 .
H l a w i tschka, Kaiser Heinrich I l . 1 72 . Vo s s 65 s s .
41! T h i e t m . 6 , 3 ; 6 , 3 5 ; 6 ,4 1 ; 6 , 5 1 ; 7 , 9 . Vita Bern w . 4 1 ; 4 3 . Herm . v. R e i c h . 1 00 8 . LTh K 1 1 2 8 6 . L M A I
20 1 2, I I I 1 030 s. IV 2064, V 1 5 7 0 s. VI 2 9 . H i rs c h I 359 s s . II 200 s s . 208 , 2 8 0 s s . H B G I 3 0 9.
L o o s h o r n I 1 69 . H o l tz m a n n I I 40 1 s s . S tern/B artm u s s 203 s . F l e c k e n s t e i n , G r undlag en 2 0 3 .
Flecke n s te i n/B u l s t 1 27 . G u t h 30 s . WoI t e r 242 . s s . 2 4 9 , 2 5 1 s . Fri e d , Der Weg 6 1 8 s s . B o s h o f,
Konigtum 2 5 . Hlawi tschka, Kaiser Heinrich Il. 1 76 . Twe l l e n kamp 475 s s . , specie 479 s s . Beyreuther
89. - R i g u ardo a Metz e a Tre v iri i n quanto centri u rbani c fr. Haverkamp, Die Stiidte Trier, Metz ,
Toul und Verdun 1 65 s s . , e per Tre v i ri e Metz in part i c o l are anche Haverkamp, Einfiihrung 1 24 s .
H . -J . S c h m i d t , Religiose Mittelpunkte 1 8 1 s s .
41) T h i e t m . 6 , 3 0 s . Herm. v. R e i c h . 1 00 7 . Protok : DH I I N r. 1 43 . ( 1 . 1 1 . 1 007 ) . Wetzer/We l te V , 3.
LT hK IV /3 2 1 3 . Fichtinger 1 64. L M A I V l 002 . H E G I 7 1 6 . H i rsch I I 17 ss. 66 s s . I I I E x c u r s X I
359 s s . D o n i n I I 22 s . Hauck I I I 4 1 8 s s . Looshorn I 3 1 7 ss. 3 2 6 . Aersse n , Kirchengeschichte 1 48 .
Auer, Heiligen-Legende 3 9 3 . Hol tzmann I I 4 1 0. B auerre i s s 1 29 s s . Schulze , Hegemoniales Kaisertum
296, 3 2 1 . Guth 26. E n dres 37, Wol te r 2 3 1 ss. Fried, Der Weg 603 s . 654. Beyreuther 93
50 LT hK III 425. LMA I 1 3 96 s . III 1 5 1 9 . H i rsch I I 1 7 , 2 8 ss. Hauck III 4 1 8 ss. 42 5 . Fri e s 5 0 s .
H o l tzmann I I . 4 1 O s . G u t te nberg I I 3 4 . B ii n d i n g - Nauj o k s 8 1 s . Wo I te r 2 3 1 s . G u t h 2 6
" Widuk. I , 3 5 s . 2,20 3 , 4 5 . T h i e t m . 3 , 1 9 ; 6, I l ; 6 , 2 5 ; 8 , 2 . Per l a " m i s s i o n e tra i pagani " n e l R e i c h s i
veda anche Adam v . B r. 2 ,46. H i r s c h II 3 2 . Hauck I I I 8 6 s s . 4 1 9 s s . 4 2 7 s . Guttenberg I I 3 4 . E n d re s
3 7 . N e u m ii l lers - K l au ser 34
51 LMA I 1 39 6 s . H i rsch II 20, 42 s s . 5 0 . Pri nz, Gru ndlagen und A nfiinge 1 8 7 . Wol te r 2 3 1 ss. Guth 2 6 .
S c h u l z , Hegem oniales Kaisertum 3 2 1
'.l H i rsch II 42 s s . 1 1 6 s s . B auerre i s s 1 3 1 s s . G u tt en berg I 5 2 . Endres 4 1 . S c h ii t z 3 1 7 . N e u m ii l l e r s
K l auser 34. G u t h 26. Wo l ter 23 1 . Prinz, Grundlagen und A nfii n ge 1 8 7 . S age 2 1 . Cfr. a n c h e S c h m i d ,
H . F. , Der Gegenstand des Zehn tstreites 1 67 s s .
54 Thietm. 6 , 3 0 s s . V i t a B e rnw. 4 1 . L M A I 1 396 s s . IV 203 8 . H i rsch I 2 1 4 s . I I 50 s s . 5 5 s s . 6 1 s s . 6 5
Note 85
ss. Hauck I I I 422 ss. 426. Looshorn I 84 ss. H o l tzmann II 409 ss. B aucrre i s s 1 40 s. B o s l , Geschichte
Bayems I 44, 60 s . A l thoff, Emporung , Triinen 76 ss. Guth 26. Wo lter 235 s s . S c h u l z e , H egemonia/es
Kaisertum 32 1 . F r i e d , Der Weg 6 1 5 .
" L M A I 1 39 7 s. VI 203 8 . H i rsch II 78 s s . Bauerre i s s 1 40 s. H o l t z m a n n I l 4 1 1 . Guttenberg I 5 2 .
P r i n z , Grundlag en und A nfiinge 1 8 7 . G u t h 2 6 . S c h u l ze , H egemonia /es Kaisertum 3 2 2 . F r i e d , D e r
Weg 6 1 5 s . A l thoff, Emporung , Trii n e n 60 s s . s p e c i e 76 s s . S u l l a r i v a l i t à t r a W ii rzburg e B am be rga
c o n fronta anche : We ndehorst, B ischofe und B isch()(vkirchen 226 s.
'6 L M A I V 1 79 1 , 203 8 . H i rsch II 78 ss.
" T h i e t m . 4,54; 5 ,24. Tri l l m i c h , T h i e tmar 2 1 9 nota 94. B e y re u ther 90
" A nna/. Sanga/1. maiores 982. LMA V I I I 1 49 6 . P a u l e r I 26, 30 s s . 3 8 s . Wo l te r 1 69 ss.
5') Thietm.4,54 L M A I 9 1 5 s . ( F a s o l a ) , V 1 8 8 1 s . H i rsch I 2 3 5 s s . I I 362 s s . Schulze, H egemon ia/es
Kaisertum 305. Fried, Der Weg 624 s. Pauler 14 s. 26, 3 1 , 42 ss. 95, 1 5 0 ss. Ved i anche l a nota
seguente.
60 Thietm. 5 , 24 s s . 6 , 3 s s . 6 , 7 s s . 7 ,24. A d a l b . Vita H e i nr. c . 35. Wipo c . l . A nna/. Hildesh. 1 004.
Herm. v. R e i c h e n . 1 004. Der Neue B rockhaus V 406 s. d t v - L e x . 1 9 , 225 s . LMA I l 0 1 8 , Il 7 5 3 , VI
1 8 3 3 . H i rsch I 240 ss. 2 7 2 , 300 ss. 306 s s . II 355 ss. I I I 1 20. Menzel I 309. G regoro v i u s I l/ l 6 s. 9
s. Looshorn 1 94 s s . Hartm a n n , C. M. IV l H, 1 62 s s . H o l t z m a n n Il 364, 3 8 0 s s . 3 8 7 . H o ffm a n n ,
Gotte s friede 7 1 . F l e c k e n s te i n/B u l s t 1 25 s . A u e r, Der Reichskriegsdienst 1 22 . B o s h o f. Die Sa/ier
25. Pau ler I 1 4 ss. 79 s . 87 s . H l aw i t s c h k a , Kaiser Heinrich Il. 1 7 3 . T m i l l m i c h , Wipo 533 nota 50.
S c h u l ze , H egemonia/es Ka isertum 305 s . C l aude I 234. Fried , Der Weg 625 ss. Wo lter 253 s s . - In
s e g u i t o , a l l orché E n r i c o II e i l papa, al posto d e l l ' es p u l s o vescovo Pie tro d i A s t i , energico fa utore
di A r d u i n o , i n s e d i arono in A s t i un certo A d e l r i c o ( u n frate l l o del margra v i o Ode l ri c o - M a n fredi d i
To r i n o ) , n o n c u ra n d o s i affatto d e l l a competenza del metropo l i ta m i l anese, q ue s t i n o n s o l o scag l i ò
i l bando con tro A d e l r i c o , m a assediò a l tresì la c i t t à d i A s t i c o i s u o i s u ffraganei e coi s u o i v assal i i ,
ottenendo i n tal modo l a d e s t i t u z i o n e d e l desi gnato g i à consacrato d a l papa, anche s e a l l a fi ne
dovette re i n s e d i a r l o . Per l a verità, g l i c o n fe rì l a d i oc es i d i A s t i solo dopo che egli e s u o frate l l o , il
margra v i o Ode l ri c o , e bbero fatto pubblica c o n t r i z i o n e , recandosi c i oè a piedi s c a l z i nel duomo di
M i l a n o , men tre A d e l ri c o fu cos tretto a portare u n a b i b bi a - punizione d a v v e ro i n s o l ita - e Ode l r i c o
dove tte re care u n c a n e : u n a pena c o n s i derata s i c u ramente assai d i so n o re v o l e
61 LMA I I 360 s . V I I 84. H E G I I 1 05 0 s . H a u c k I V 5 8 6 s s . H l a w i t s c h k a , Kaiser Heinrich Il. 1 70 s.
S c h u l ze , Hegemoniales Kaisertum 3 0 2 s . F r i e d , D e r Weg 6 1 2 s .
62 Thietm. 5 , 1 5 ; 5 , 1 8 . H i rsch I 2 0 5 , 2 2 5 . H o l tzmann I l 2 6 9 , 3 2 6 , 343, 372 s s . Hauptmann, Di e Friihzeit
3 2 7 . Fleckenste i n , G rund/agen 205 . H l a w i t s c h k a , Kaiser Heinrich Il. 1 70. Fried, Der Weg 6 1 2 .
Ludat, Piasten 342 s s . n o n vede ne li ' attacco di B o l e s lao ness u n t i p o di aggre s s i o n e e g i u d i c a in p i ù
E n r i c o i n c o l p e v o l e de l i ' attentato.
63 Thietm. 5 , 1 8 ; 5 , 2 3 ; 5,29 s . 7 , 1 0. H B G 1 3 1 2 , 3 1 5 , 7 1 1 . H E G I 7 1 1 , 8 7 2 s s . I I 1 05 1 . LT hK I I 5 5 7 .
LMA I I 3 5 8 s s . 3 6 2 , I V 1 7 9 5 , V 3 0 4 s . ( H i l s c h ) . V I I I 1 1 72 s . H i rsch I 23 1 s . 25 1 s . 2 6 8 s . I I I I l ss.
Tri l l m i c h , Thietmar 2 1 7 , n o t a 86. 225, n o t e 1 1 5 , 2 5 5 , n o t a 42 . H o l tzmann I I 343, 3 8 0 s s . Hauptmann,
Die Friihzeit 327. C l a u d e I 203, 2 8 7 . Fleckenste i n , Grund/agen 205 . H l aw i t s c h k a , Kaiser Heinrich
Il . 1 7 0. Frie d , Der Weg 6 1 1 s . Beyreuther 87
64 H i rsch I 253. H a u c k I I I 4 5 3 . K i s t 2 1 . H o l tzmann I l 3 8 5 s . C l aude I 2 4 1 s . H l aw i t s c h k a , Ka iser
Heinrich Il. 1 70, 1 7 2
65 T h i e t m . 5 , 3 1 ; 5 ,40; 6, l ; 6, 1 6 ; 6 , 3 6 s s . 6,94 s. LT hK Il 724. L M A Il 7 5 5 s. Hirsch 1 1 270. H o l t z m a n n
I l 3 8 3 , 472. Brackmann 206. K o s s m a n n , Deutschland und Polen 440 s s . C l aude I 203 s . 2 2 8 , 23 1 ,
24 1 , 243 s s . Ze i s s berg 5 5 s s . B ii n d i n g - Nauj o k s 7 3 s s . K a h l , Compellere itlfrare 1 7 7 s . Fleckenste i n ,
Grundlagen 2 0 5 . Erdmann 97 s . Pri n z , Grundlag en u n d A nfange 1 8 3 s . Epperlei n , Friinkische
Eroberungspolitik 2 8 9 . B o s l , Her:og , Kiin ig , B ischof 2 8 1 . N e u m ii l l e r s - K i auser 29. Beyreuther 87
s . Ludat, A n E/be un d O der 8 1 s . Fried , Der Weg 6 1 4, 6 1 7 , 769
86 L ' imperatore Enrico Il il Santo
66 Vo gel I I 60 s . G u th I l
67 T h i e t m . 6 , 2 ; 6 , l O s s . Ada! b . 47 H i rs c h I 3 1 6 s s . H a u c k I I I 3 9 3 . Looshorn I 1 02 s . H o l tzmann I I 3 8 6 .
C l aude l 23 1 , 2 5 2 s . A uer, Der Reichskriegsdienst 1 3 7 . Wo I ter 2 2 0 s. H l a w i tschka, Kaiser Heinrich
Il. 1 7 1 . Fri e d , Die Formierung 3 1 , 5 3 . Idem, Der Weg 6 1 3 , 706 ( i v i c i tati Leone di Verce l l i e 6 1 7
T h i e tmar. G u t h 4 3 , 46. Dahlhaus 3 7 5
'" T h i e t m . 6 , l O s s . 6 , 1 4 s . H irsch I 3 2 2 s s .
69 T h i e t m . 6 , 2 0 . H e r m . v. R e i c h . 1 00 5 . A n n . Magdeb. 1 004. LThK V I I I 6 s . L M A I 1 9 5 2 . K e l l e r,
R e c l a m s Le x i k o n 3 7 4 . F i c h t i n g e r 2 7 3 s . H i r s c h I 3 0 0 s . 3 6 5 . C l a u d e I 2 3 2 s. Wolter 2 2 3 .
H l a w i tschka, Kaiser Heinrich Il. 1 7 1 . Fried, D e r Weg 6 1 7 , 804
70 Thietm. 6 , 1 9 ; 6,22; 6,25 ss. A 1111 . Quedlin h. 1 00 5 . A n11 . Magdeh. 1 03 0 . H i rsch l 3 6 7 ss. 370 s . I I
294. L M A V I I I 4 3 2 . Vogel I I 6 1 . Looshorn I 1 1 2 , 2 7 4 . H o l tzmann I I 3 8 6 s . C l a u d e I 2 4 0 , 2 5 3 s .
Auer, D e r Reichskriegsdienst 1 3 7 . Epperl e i n , Friinkische Eroherungspolitik 2 8 9 s s . Fried, Der
Weg 6 1 3 s .
71 Thietm. 6 , 3 3 s . 6 , 5 6 s s . 6 , 6 1 ; 6 ,64 s . A 1111 . Quedlinb . I O I O. H i rsch I I 8 s s . 1 4 s s . 2 9 1 s s . L M A I V
1 1 3 7 s . V I I 1 79 6 , V I I I 4 3 2 s . H a u c k I I I 4 1 1 s . Looshorn I 1 7 3 s . H o l tzmann I I 3 8 9 s s . Auer, D e r
Reichskriegsdienst 1 3 7 s . Fleckenste i n , Grundlag en. 206 . Cl aude I 248 s s . 2 5 4 s s . 262 s s . 2 6 7 .
B a n n a s c h 1 6 1 s s . B r ii h l , Z u r G eschichte 4 1 9 s s . F r i e d , Der Weg 662 s . 6 9 2 s .
72 T hi e tm . l , 1 6 ; 6 , 4 3 ; 6 , 5 9 ; 6 , 6 2 ; 6 , 6 6 ; 6 , 6 9 ; 6 , 8 0 ; 6 , 9 0 . H i rsch I I 3 3 0 s s . 3 3 4 s . A u e r, Kriegsdienst
M IOG 405 . C l aude I 257 s . 274 ss. 282 ss. 2 8 7 , 297. Leyser 1 6 3 s.
" T hi e tm . 7 , 1 6 ss. 7,20 s . 7 , 5 0 s . A n n . Quedlinh . 1 0 1 5 . L M A I V 1 3 49. H i rs c h I I I 1 8 s s . C l aude I 2 4 7 ,
2 8 9 s . Bannasch 8 5 . S c h u lze, H egem o n ia/es Kaisertum 2 9 6
74 T hi e tm . 7 ,47 f . A n n . Hildes h . , 1 0 1 6 . Vita M e i nw. c . 1 3 2 . L M A I 1 42 s . H i rs c h I I I 4 1 s s . Tri l l m i c h ,
T h i e tmar 4 0 5 n o t a 1 65 , 1 6 7 . Bannasch 84 s . 1 7 5 s . 2 5 0 s s . 260 s s . 2 7 9 s s .
75 T h i e t m . 7 , 6 4 . H i rsch I I 3 9 2 s . I I I 5 5 s s . Hol tzmann II 4 2 5 . Fleckenste i n , Grundlag en 2 0 6
76 T h i e t m . 7 , 5 0 s . 7 , 5 9 s . 7 , 64. L M A V I 1 1 96 . H i rs c h I I I 60. H o l tzmann I I 4 2 9 . C laude I 2 9 0 s .
Epperl e i n , Friinkische Eroherungspolitik 2 9 4 s .
77 T h i e t m . 6 , 9 1 ; 7 , 64; 8 , 1 . L M A V 274 s s . H i rs c h l 207 , I I I 8 6 s s . H o l t z m a n n I I 4 2 9 s . Auer, D e r
Reichskriegsdienst 1 3 8 . C l aude I 2 3 6 , 24 1 . P r i n z , Grundlagen und A nfii n g e 1 8 3 s . S c h u l z e ,
H egemonia/es Kaisertum 3 0 5
78 T h i e t m . 8 , 5 . A d a m v. B rem . 2 , 4 ; 2 ,46 s . L M A I I 1 9 3 , V I I I 1 27 4 . H a u c k I I I 6 3 8 . Looshorn I 2 3 2 .
H o l tzmann I I 43 1 s s . S c h ii ffel I 1 9 2
7" LP 2 , 2 6 5 . JW l , 5 0 1 . T h i e t m . 6 , 1 00 s. Ke l l y 1 54 s. L M A I I I 344. H i rsch II 3 8 2 s. G re g o ro v i u s II l , 3 .
H a l l e r I I 1 6 8 . S e p p e l t I I 3 9 1 s . S c h u l z e , H egemonia/es Kaisertum 3 0 2 . Fri e d , D e r Weg 629
"" LP 2 , 266 s . J W 1 , 5 0 1 ss. T h i e tm . 6 , 1 00. K e l l y 1 5 5 s. L M A V 543 VII 1 7 8 7 s. H i rsch I I 3 8 4 .
Gregoro v i u s I I l , 5 . S e p p e l t I I 3 9 2
" T h i e t m . 6 , l 0 0 . LMA I V 3 1 8 . S c h a l l er, Z u r Kreuzzugsenzyklika 1 3 5 , d o v e s o n o t u t te l e i nd i ca z i o n i
b i b l i ografi c h e .
" C o n fronta ibidem l ' ap p e n d i c e con l ' e d i z i o n e c r i t i c a de l i ' E n c i c l i c a 1 50 s s . K ii h n e r, Lexikon 7 6 .
E r d m a n n 1 02 s s . Seppe l t I I 3 9 3 r i t i e n e p u re i l d o c u m e n to a u te n t i c o , g i u d i c a n d o l o " l ' i n i z i o del
m o v i mento c roc iato".
'-' Kelly 1 5 6 . Gregoro v i u s I I l , 3 s . Seppe l t I I 3 9 3 . Tri l l mi c h , T h ietmar 349 n o ta 3 2 8 . K.-J. Herrm a n n ,
Das Tuskulan erpapsttum l s . Wo l ter 2 5 5
"' LP 2 , 268 . J W l , 5 06 s s . T h i e t m . 6 , 1 0 1 . K e l l y 1 5 6 s s . 2 7 2 s s . K ii hner, L exikon 7 6 s . 1 66 . Idem, Das
lmperium 1 29 . L M A I 1 8 5 9 . H i rsch I I 3 8 5 s s . 4 1 9 , I I I 1 2 7 . Hauck I I I 5 1 8 s . 5 2 6 s . Carte l l ieri ,
Weltgeschichte als Machtgeschichte Il 2 9 0 , c i tato da S c h u l z e , Hegemon iales Kaisertum 306 s .
S e p pe! t I I 3 9 3 s s . Seppelt/Schwaiger 1 2 8 . H a l l e r I I 1 6 8 s . H e rrm a n n , D a s Tuskula n e rpapsttum 4 s s .
24. Pri n z , Grundlagen und A nfiinge , 8 0
" T h i e t m . 7 , l . A n n . Qued l i n b . l O 1 3 . L M A I I I 8 0 3 , V I I 6 2 3 s s . K e l l y 1 5 6 . H i rs c h I I 3 8 8 s . 4 1 4 s s . 424
Note 87
I SALII
Con la morte di Enrico I I , vissuto senza fig l i , avvenuta il 1 3 luglio l 024 nel l a reggia di
Grone, presso Gottinga, s i estingueva la dinasta deg l i Ottoni per parte maschile. Per
ché B runo, fratel lo carnale di Enrico, noto come il vescovi le "diavolo di Augusta",
restava escluso, i n q uanto rel igioso, dal la successione. Comunque, in base alla loro
di scendenza, si proponevano prima di tutti g l i altri pretendenti al trono gli omonimi
cugini Corrado i l Vecchio e i l Giovane; erano entram bi imparentati con gli Ottoni ,
rampol l i di un casato che, specialmente intorno alle città d i Worm s e di Spira, aveva
ricchi possedimenti e s i chiamava "salico".
I l nome "Sal i i " appare per la prima volta come attributo qualificati vo (rex Salicus,
reges Salici) non prima del l ' i ncipiente secolo XII. Probabilmente usato dallo storiografo
Ottone di Fri singa in memoria del merovingio Clodoveo (IV 52 ss ! ), riferi to alle più
di stinte fam iglie dei Franchi di l ingua tedesca sulla destra del Reno, l ' aggettivo fu più
tard i circoscritto a Corrado I l e ai suoi discendenti. Ma il suo progenitore, storicam ente
accertato, è tuttav ia solo il bi snonno di Corrado I l , cioè il duca di Lorena Corrado i l
Rosso (V 4 2 6 s . , 438), caduto nel 955 nella battaglia di Lechfeld, i l q u a l e e r a sposato
con Li utgarda, una figlia del l ' imperatore Ottone " i l Grande".
La dinastia salica ( 1 024- 1 1 25 ) , esprimendo in quattro generazioni quattro re e i m
peratori tedesch i , conduce d a Corrado II, in fi liale successi one ini nterrotta, attraverso
Enrico I I I , Enrico IV ad Enrico V, portando, in sintonia con la notoria durezza e deter
m inazi one del casato, a diversi momenti culm inanti del potere politico. Tuttav ia, anche
in quest' epoca che modificò quasi tutte le condizioni della vita, ha inizio la di uturna,
1 25 incessante lotta tra imperatori e papi che sconvolge l ' i ntero Occidente, riperc uotendosi
inoltre sui secoli venturi .
Quando Enrico V m orirà nel 1 1 25 senza eredi, il secolo dei Sal i i prosegue ancora
attraverso i l oro eredi, gli Hohenstaufen, attraverso il duca Federico I di Svevia, i l
genero d i Enrico I V. 5
L' elezione del nuovo sovrano ebbe luogo, dopo una vacanza del trono di quasi due
mesi, i l 4 settembre 1 024 sulla vasta piana tra Worms e Magonza. L' assemblea si radu
nò sulla ri va destra del Reno a Kamba, una l ocal ità in seguito scomparsa, d i rimpetto a
Oppenheim. Sorprendentemente forte era la rappresentanza dei vesc o v i , provenienti
più di tutto dal le regioni renane, guidata dal potente arcivescovo Aribo di Magonza
( l 02 1 - 1 03 1 ), un parente di Enrico Il. Il principe della Chiesa fungeva da presidente
del ! 'elezione, arrogandosi anche il diritto del primo voto e conferendo un certo vantag-
Elezione del re e f?uerre civili 91
Corrado II fu un politico "reali sta" che seppe bene valutare le possibil ità del proprio
potere, scansandone i risch i , e che più di tutto preferiva seguire la linea del la minore
resistenza. Specie con l ' incorporazione della Borgogna egli ampliò ulteriormente l ' ege
monia dell ' Impero, edificando definitivamente 1 '/mperium Romanum. Fu un sovrano
magnanimo quando gli sembrava conveniente, gioviale quando gli sembrava utile, spre
gi udicato e senza scrupoli se necessario.
Tutt ' altro che un signore accondi scendente, consentiva tuttavia libera espress ione
di opinioni in questioni rel igiose. Cosicché teneva un medico personale di fede ebrai
ca, viveva in rapporto coniugale proibito , ed era forse, personalmente, poco devoto,
1 28 per nulla " saldo nel l a fede"; era, in sintesi , un "souverain sans foi" (Fiiche).
Ogg i , per la verità, questo aspetto lo si giudica diversamente. In realtà, anche se
Corrado non aveva speciale interesse per le innovazioni monastiche, tuttavi a non era
del tutto insensibi le ad esse, i l che era anche politicamente motivato. S i fece infatti
accogl iere, insieme alla consorte Gisela, prom otrice del clero, nella confraternita di
preghiera del duomo di Eichstatt e nelle confraternite di altre fondazioni e monasteri .
Frequentava regolarmente la m essa, entrando nei templi cristiani durante le solennità
l iturgiche seguito da vescovi e da abati, a quanto pare più spesso ancora di molti altri
monarchi tedeschi. Fondò il monastero di Limburg, posando inoltre la pri m a pietra per
Padrone della sua chiesa e " simoniaco " 93
una chiesa più monumentale di San Pietro in Roma; la più grande di tutte le cattedrali
del tempo, i l Duomo di Spira, che sarà i l suo mausoleo, i l suo monumento personale.
Tuttav ia, se Corrado fosse davvero i l "laico eccel lente", "il meno spi rituale di tutti
gli imperatori tedeschi " - come ritennero gli storic i nazional i e liberali del l ' Ottocento
-, o non lo fosse per niente, come oggi ritengono molti di diverso orientamento ideolo
gico, certo è che insistette integralmente sulla propria piena egemonia rispetto alla
Chiesa e anzi usò il clero per i suoi fini, più spreg iudicatamente degli Ottoni e perfino
di Enrico Il.
Ancora più di l oro, Corrado vedeva nel la Ch iesa un apparato amministrativo che
serviva agl i interessi de li ' Impero, che eg li s ignoreggiava e su cui eserc itava i l coman
do. Prendeva qu indi dec isioni rig uardo al digiuno non meno che sulle festiv ità eccJec
siastiche. Nel 1 036 fece mettere in catene l ' arcivescovo Burcardo di Lione, che non
riebbe la libertà finché v i sse l ' imperatore. Cacciò in gattabuia, oppure m i se al bando,
altri prelati ancora. Come per i suoi predecessori , i vescovi erano per lui in prima
istanza servi tori dello Stato, e lui l i puniva come vassall i laici quando gli si opponeva
no. Così incarcerò anche Ari berto, il potente arcivescovo di Milano, in quanto colpevo
le di alto tradimento, e altrettanto fece - mediante i l dec reto di una dieta di prìncipi e
non di un tribunale ecc lesiastico - con tre al tri prelati che avevano offerto la corona
d ' Ital ia al conte Oddone del la Champagne.
Al di qua come al di là delle Alpi, i l regnante intervenne energicamente anche nel la
composizione dei vescovati, nel che perfino la consorte Gisela acquistò occasionai mente
notevole infl uenza. A som iglianza di Enrico II, Corrado insediò i vescov i, uom ini del-
l' alta ari stoc razia, scegl iendoli in parte dal la sua cerchia più vic ina, secondo i l suo 1 29
gradimento; in questo, l ' elezione canonica era considerata compiuta in seguito all ' ap
provazione di clero e laic i . E dunque promosse di propria ini ziativa Azecho a vescovo
di Worms, e così diede l ' i nvestitura a chierici tedeschi per le sedi di Aqui leia, Ravenna
e Tuscia. Per lui furono in ciò determ inanti certi criteri temporali , non ecc lesiastici.
Non lo preocc upava l ' idoneità "spirituale" di q uei signori, quanto pi uttosto gli interes-
si pol itici per i quali egli - capo della Chiesa imperiale - si manteneva assol utamente
sul terreno del la legal ità.
Va da sé che Corrado di sponeva dei beni delle chiese e dei conventi de l i ' impero, che
per lui non significavano più di una riserva imperi ale del patrimonio. D ' altro canto,
egl i li favorì in tutti i modi. Come solo di recente è stato doc umentato con prec i sione,
la parte di gran lunga maggi ore di destinatari di documenti , nel la sua epoca, constava
pur sempre di i stanze ecc lesiastiche, cioè di 1 44 vescovati, conventi, fondazioni tede
sche e ital iane (numericamente preferite), che complessivamente ottennero 260 diplo
mi, tutti attestati e tram andati.
Senz' ambagi d ' al tronde, per l ' attribuzione di pingui sedi vescovi l i , Corrado pretese
molto denaro, come già il suo santo predecessore, ragione per cui ebbe anche presto
94 L ' imperatore Corrado Il - A ll ' alba del secolo sali co
fama di simoniaco.
La "sim onìa", problema centrale del l a lotta per le investiture, era nota fin dal l ' anti
chità e largamente praticata nell a Chiesa del primo Medioevo, a di spetto di ogni proi
bizione. Ma se nelle origini - stando ad un episodio narrato neg l i Atti degl i aposto l i -
significava soltanto I ' acquisizione pecuniaria de l i ' ordi nazione sacerdotale, tale l im ita
zione venne in seguito abbandonata. Nel Nord come nel S ud s i contrattava sui beni
cosiddetti spiritual i , saldando I ' acquisto di uffici ecc lesiali con forniture m aterial i . Così
fu del tutto ovvio che le vendesse anche Corrado. In fin dei conti , chiede Aulo Engler
(per i l quale questo sovrano fu "uno schietto uomo di mondo") "di che cosa doveva
vi vere Io Stato, se i l m aggi ore Jatifondista, i l più ricco dopo l ' imperatore, doveva esse
re esente da tributi?"
Alla sua corte, uno stuolo di vescovi ricopriva un ruolo rilevante: A ri bo di M agonza,
per esempio, o B runo di Augusta, considerato il più insigne consigliere del regnante; e
ancora Werner di Strasburgo, Egil berto di Frisinga, Meinwerk di Paderborn, Pilgrim e
1 30 Ermanno di Colonia, B runo di Toul, e tanti altri . 9
Per il resto, il cambio di governo avvenne senza rottura col s istema di potere fino
allora esi stente, per cui Corrado poté consol idare e ampl iare il potere de li ' Impero ac
quisito dal suo predecessore. Per la verità, egli lasciò agli Ungari la regione compresa
tra i fi umi Fischa e Leitha, i l che gli risparm i ò comunque le l unghe e disastrose cam
pagne in Ungheria intraprese da suo figlio Enrico III. Certo, eg li dovette cedere la
m arca del l o Schleswig a Knud "il Grande", i l che g l i garantì tuttav ia l ' amicizia del
potente vic ino. Ma Corrado sottomise pure I ' Ital ia, si annetté la Borgogna, conquistò la
Lusazia, e sottom ise completamente la Polonia.
Non m ancarono certo le guerre nemmeno al primo sovrano del l a dinastia salica,
anche lui "vicario di Cristo": nel 1 026 scende in Ital ia, nel 1 029 contro l a Polonia, nel
1 030 contro l ' Ungheria, nel 1 03 1 ancora l a Polonia, nel 1 03 3 nella Champagne, nel
1 034 in Borgogna, nel 1 035 e 1 036 contro i Liuti zi; alla fine del 1 036 ancora in Italia,
nel l 03 8 in Borgogna. I I 1 03 9 è I' anno della morte. Un ' es istenza, s i vede, folta d i
guerre e di faide.
Corrado II non trascurò occasione per accrescere i possedimenti del l ' Impero, so
vente anche mediante confische sulla base di processi politici . "Instancabilmente egli
ha operato per i l massimo vantaggio possibile del l ' Impero", è la lode che ne fa i l c ap
pellano e storiografo Vipone, morto nel 1 046, probabi lmente un borgognone che -
nelle sue "Gesta Chuonradi imperatoris" - descrive il governo del regnante avendo
partecipato di persona a parecchie delle sue spedizioni m i litari , come alla campagna
contro i Liutizi. Riguardo ai quali Vipone riferisce c he l ' imperatore, quale "vendicato
re del l a fede" (ultor fide i), Ii fece massac rare tutti a causa del loro empie c redenze
pagane. 1 0
Massacri sotto il sole del Sud 95
Nei confronti de l i ' Italia, gli Ottoni avevano mostrato interessi assai disparati : Ottone II
si era occupato spec ialmente del meridi one (contro Arabi e Bi zantini), Ottone III si era
ded icato principalmente a Roma, mentre Enrico II se ne interessò solo scarsamente. 131
Corrado, i l primo dei Sal i i , si impegnò soprattutto ne li' Ital ia settentrionale, vera
base tedesca di potere a sud del le Alpi , rivendicando tutti i di ritti o istanze di diritto dei
suoi predecessori . Dei 5 3 8 5 giorni complessivi del suo governo, ne trascorse, come si
è calcolato, almeno 1 03 5 su suolo ital iano; l ' Ital ia non fu per l u i , quindi, un paese
semplicemente "marginale".
In generale, come sotto Ottone III, venne nuovamente rimarcato i l carattere "roma
no" del l ' Impero, tanto che la bol la imperiale si fregiò del la nuova dic itura: Roma caput
mundi regit orbis frena rotundi (Roma, capitale del mondo, regge le redini del mondo
intero). Ora, anche l ' espressi one "Imperi um Romanum" diventa definiti vamente usua
le per definire lo Stato de li ' Occidente.
In princ ipio, subito dopo la morte di Enrico Il, il governo tedesco in Ital ia si era
sfaldato qua e là. Perché qui, in generale, si profi lavano tem pi più duri , un'epoca di
m utamenti sociali in cui, a poco a poco, gli strati inferiori e medi del l a società preten
devano più attenzi one. E come, dopo la morte di Ottone III, si aspirava anche ora ad
una maggiore autonom ia, ad un regno genui namente italiano, ancora una volta a Pav ia
- la vecchia capitale - venne distrutta la residenza reale; a quanto pare , come i Pavesi
addussero poi a l oro gi ustificazione, perché i l re era morto. Al che Corrado ribatté,
avanzando con franchezza una nuova, inedita concezione transpersonale dello Stato :
"Quando muore il re, sopravvive comunque il reame, così come conti nua il suo corso
la nave di cui è caduto i l timoniere".
Solo il 6 giugno 1 025, a Costanza, l ' arci vescovo di Milano Ariberto, con una dele
gazione composta perl opiù di prìncipi ecclesiastici dal le regioni a sud delle Alpi, aveva
esortato Corrado ad una spedizione m i l i tare in Ital ia giurando, sotto cessione di ostag
gi, di appoggi are colà la sua rivend icazi one egem onica. Subito dopo i l cambio al verti
ce del potere, infatti , parecchi m agnati ital iani si erano messi al la testa di un ' i nsurre
zione, e specialmente i grandi del potere temporale si erano opposti ai vescovi fedel i
al l ' Impero, sulla cui forza poggiava più c h e su al tri l ' egemonia tedesca n e l Meridione.
Così Corrado, dopo aver designato in caso di sua morte quale successore i l piccolo
Enrico di otto anni, affidandone la tutel a al vescovo di Augusta B runo insieme con la
reggenza sul regno durante la sua assenza, m osse nel febbraio del l 026 da Augusta alla 132
volta del Brennero. Nel l ' esercito, come sempre, forte era la rappresentanza de l i ' alto
clero : tra gli altri , gli arcivescovi Aribo di Magonza, Pilgrim di Colonia, Poppone di
Trev i r i , Thi etm ar di Sali sburgo, Hunfried di Magdeburgo, i vescov i di Utrec ht,
96 L ' imperatore Corrado II - A ll ' a lba del secolo sali co
Strasburgo, Augusta, Paderborn, Costanza e, in l uogo del l ' infermo vescovo Ermanno
di Tou l , i l giovane chierico B runo di Egisheim, futuro papa.
In Ital ia, dove si aggregarono altri numerosi prelati , Corrado spezzò progressiva
m ente la resistenza del l a nobi ltà che spingeva al i ' opposizione, nonché l ' ostil ità di pa
recchie città, come quella dei "miserabili Ravennati". Alla fine, scrive il croni sta Vi pone,
i Tedeschi li circondarono "da tutte le parti, facendosi strada con arm i inesorabi l i e
lasciando dietro di sé una scia di m orti, feriti e suppl icanti ". E la mattina successiva si
assistette ad una scena umil iante che si ripeterà ancora spesse volte nel l ' " ltal ia impe
riale": i cittadini di Ravenna comparvero " cinti dal c i l icio, scalzi e con le sole spade al
cospetto del re", che i l giorno prima aveva dorm ito durante tutta la battaglia nella
reggia, "per scontare fino ali ' u l timo la pena ad essi richiesta".
Ali ' inizio del l 027 Corrado espugnò Pavia, la vecchia capitale dei Lombardi (p. 5 1 )
ridotta quasi completam ente in cenere nel l 004 sotto Enrico i l Santo, dopo aver pro
dotto nel territorio circostante "grav i devastazioni", distruggendo punti fortificati , at
taccando numerosi luoghi di culto e persone inerm i . Vipone ne testimonia in questi
term i n i : "Nei dintorni, vennero date alle fiamme molte chiese e molti borghi, e la popo
lazione che vi aveva cercato rifugio vi perdette l a v i ta col ferro o col fuoco. Campi
furono devastati, v igneti abbattuti . I l re fece bloccare accessi e vie di fuga, catturò i
navig l i , rendendo impossibile ogni traffico commerc iale. In questo modo m artoriò i
Ticinesi per due anni, fino a che costoro esaud irono senza condizioni tutte le richieste."
Nella sua prima discesa in Ital ia, Corrado ricevette a Milano (secondo una tradizio
ne non pienamente attestata) la Corona Ferrea dei Longobardi dalle m ani de l i ' ambizio
sissimo arcivescovo l ocale Ariberto I l . E i l 26 m arzo l 027, "nel santo giorno di Pa-
133 squa", a lui e al l a moglie Gisela - era questo lo scopo unico di questa v i sita - il papa
tusculano Gi ovanni XIX impose in San Pietro la corona imperiale. Bril lavano in quel
consesso perfino due re, entram bi assai amici del clero : Knud "il Grande" e Rodolfo I I I
di Borgogna, e inoltre m o l t i prìncipi laic i , compresi più di cinq uanta arcivescov i e
vescovi di Germ ani a e d ' Ital ia. Fu una del le cerimonie d ' incoronazi one più fastose
del l a storia del l ' Impero medioevale e certamente, per Roma, la più sfarzosa incorona
zione imperiale che avesse mai v isto. Ma, a dire il vero, non tutto vi s i svolse senza
qualche penoso inconveniente.
Uno scandalo, intanto, fu certamente i l Santo Padre in persona. Giovanni XIX s i era
comprato a caro prezzo la propria elezi one alla carica, ricevendo inoltre in un solo
gi orno tutte le necessarie consacrazioni da laico, su su fino a capo del l a Chiesa: per non
d i re delle somme col ossal i , causa di grande indignazione, che egl i pretese per il
conferimento del pall io. Ad ingenerare ulteriori i rritazioni c ' erano alcuni dei princ ipal i
prelati, gli eccel lenti ssimi capi rel igiosi di M i l ano e di Ravenna, tra i quali scoppiò una
penosa diatriba su chi dovesse scortare i l futuro imperatore al l a cerim onia d ' i ncorona
zione : un onore che l ' arcivescovo Ariberto di M i lano pretendeva per sé. Ma il suo
Massacri sotto il sole del Sud 97
hanno m ai preoccupato certi banditi di Stato del XX secolo, quando quelle case fossero
solo del "nem ico"?
135 Anche g l i imperatori del Medioevo, tecnicamente ancora alquanto svantaggiati , get-
tavano "a mala pena uno sguardo di compassione sulle c i ttà fum anti , sui campi deva
stati, sulle strade coperte di cadaveri , sulle prigioni grem ite di gente colpevole di lesa
m aestà". E nemmeno i rritava quei signori vedere poi i v i nti stremati , bocconi ai l oro
piedi, tremanti , a piedi scalzi, i l i beri con la spada snudata i ntorno al collo, i non l i beri
con v incastri di salice pure al collo, "come se volessero farsi impiccare" ( Vi pone) . . .
"mentre le fiamme del l a c i ttà ancora arroventata i l l um inavano i l oro pal l idi volti"
(Gregorov ius). 1 1
A suo tempo, allorché Corrado fece impiccare anche i l "violento Tasselgardo", i l
conte di Ferm o, s i spinse fulmineamente fino i n Puglia, sottomettendo diverse città e
perdendo, durante la ritirata lungo l ' Adriatico, a causa del clima insalubre "moltissim i
soldati e famosi prìnc ipi" (Ottone di Frisinga). Tra costoro c ' erano due duchi : sono i
Grandi che naturalmente, come sempre, vanno pure ad ingrassare i cavoli ; una perdita
particolarmente amara.
Nel Sud del l ' I tal ia Corrado aveva affidato ai Norm anni i l compito di assicurare i
confini nei confronti di B isanzio, legittimando così la loro egemonia sul territorio : un
errore difficilmente prevedi bile, eppure grav ido di conseguenze nel la prospettiva dell a
pol itica del l ' Impero. Eppoi , al pari di Enrico II, anche Corrado non si introm i se nelle
faccende romane, tol lerando sia i l governo del conti di Tuscolo, sia i l papa tusculano
Giovanni XIX.
Per converso, il suo interesse per l ' Ital i a settentrionale, tanto sul piano amm i nistrativo
quanto su quello m i l i tare, fu assai più spiccato di quell o del suo predecessore, al quale
pure Corrado s i rial laccia anche a q uesto riguardo. In ciò si appoggiò di preferenza,
soprattutto nei punti strategicamente rilevanti, nel le piazze strategicamente significati
ve, ai prelati da lui per al tri aspetti privilegiati, che erano i veri e propri beneficiari di
questa politica. Di conseguenza, per assicurare l a via del Brennero - i l valico principa-
136 le di comunicazione tra i due ream i su entrambi i versanti delle Alpi - Corrado assegnò
la contea di Bolzano al vescovo di Trento, la contea del l a valle del l ' I nn al vescovo di
Bressanone. Allo stesso modo procedette nelle province ecclesiastiche di Ravenna e di
Tusc ia. In Ital ia, o ltretutto, era l ' alto c lero a procurare al sovrano i l grosso del le v ittime
sacri ficat i .
A differenza d e l santo Enrico, Corrado si sforzò in vero di assoggettarsi anche i grandi
del l a politica e anzi , conformemente alle situazioni mutevol i , a guadagnare alla pro-
L' arcivescovo Ariberto da Milano 99
pria causa, accanto ai signori feudal i ( Valvasores majores), anche i Valvasores minores,
che ora si stavano affacc iando sempre più sulla scena pubbl ica, e dietro ai quali si
classificavano inoltre i Valvassi ni, i feudatari agrari . Tanto che questo fu addirittura i l
motivo del l a s u a seconda discesa in Ital ia ( l 036- 1 03 8 ) : una rivolta, ormai estesa a tutta
la Lombardia, dei valvassori m i nori contro la tirannia dei magnati "contro i l oro signo
ri feudali perlopiù rel igiosi" (Struve). Perché la loro l i bertà, non essendoci ancora
l ' ereditarietà dei l oro feudi , appari va appunto "mi nacci ata costantemente per opera dei
vescovi" (Gregorov ius).
Eppure q uesta insurrezione non fu certo l ' unica del suo genere. Già nel X secolo,
per esempi o, gli abitanti di Cremona avevano tentato di sottrars i alla pressione econo
mica dei loro ricchissimi pastori e prelati . Nella stessa maniera, nei primi anni trenta
del nuovo secolo, insorsero di nuovo, abbatterono la cittadel la vescovi le fortificata,
distrussero la ci ttà vecch ia cacci ando il loro sev izi atore Landolfo, di sconoscendog li
"qualsiasi potere ufficiale al di fuori del la sua abitazione".
Anche la ribel l i one di Milano prendeva di m i ra soprattutto un princ ipe della Chiesa,
l ' arcivescovo Ariberto, ol tre che alcuni potenti laic i . Tuttav ia, mentre l ' imperatore
dice Ermanno di Reichenau - "devastava borghi , v i l laggi e tutto quanto nei dintorni",
compresi ovviamente castel li e fondi della Chiesa, non fu in grado di espugnare la
metropol i protetta da trecento torri. Di conseguenza, Corrado tenne conto in diversa
maniera del processo di trasformazione sociale, del la spinta ali ' innovazione, ovvero -
per dirla col cappel lano Vipone - degli "inaudi ti torbidi derivanti dal la congiura del
popolo contro i suoi prìnc ipi". Il 28 maggio del 1 037, perdurando ancora l ' assedio di
Mi lano, i l sovrano emise la celebre "Constitutio de feudis", garantendo con essa ai 1 37
valvassori minori la proprietà i l l im itata non meno che l 'ered itarietà dei loro feudi .
Per la verità, questa garanzia statuale, ritrattabile solo per tram ite degli interessati al
si stem a feudale, era stata concessa da Corrado non del tutto vol ontariamente, ma gli
era stata strappata all orché i valvassori del l ' Alta Ital ia si erano rivo ltati appunto "con
tro il forte intervento egemonico dei feudatari dei prìncipi (soprattutto di quel l i della
chiesa imperi ale)" (Hagen Keller), i quali riusc irono perfino a vincere in un cruento
scontro a Campo Malo, presso Mi lano, in cui da entrambe le parti v ' erano stati molti
caduti , tra cui Adelrico di Asti ( 1 008- 1 034), nomi nato vescovo già da Enrico i l Santo.
Ma l ' imperatore aveva bisogno della fedeltà anche dei ceti inferiori , non meno che del
loro potenziale m i l i tare.
Con questo, d ' altronde, il sovrano si poneva in confl itto con l ' arc ivescovo Ari berto
Il di Mi lano ( l O 1 8- 1 045 ), il quale pure doveva la sua carriera ad Enrico I l , intrattenen
do sulle prime buoni rapporti anche con Corrado. Ancora nel l 034 il prelato prendeva
parte alla conqui sta della Borgogna. Di conseguenza lui ed altri prelati feudali si inimi
carono col sovrano, i l quale coinvolse parecchi vescovi : Pietro di Piacenza, Ubaldo di
Crem ona, Arderico di Vercel l i (al braccio del quale era inceduto per ricevere la corona
1 00 L ' imperatore Corrado Il - A l l ' alba del secolo sali co
imperiale: p. 97). Senza tanti processi , costoro vennero da l u i arrestati e messi al ban
do. Nella primavera del 1 037, durante un processo inscenato a Pavia, Corrado fece
inoltre arrestare ed i ncarcerare il suo principale avversario, il metropolita m i l anese che
guidava i capitani, "per essersi ribel lato contro i l diritto al l ' imperatore suo signore"
(vescovo Ottone di Frisinga); lo depose senza giudizio s inodale, facendol o infine sco
m unicare dal papa: un procedimento che suscitò in Ital ia enorme scalpore e grande
risentimento contro Corrado. Ancora nel l 037, tuttav ia, Ariberto offrì la corona di re
d ' Italia al conte Oddone II di Champagne - a quello stesso Oddone, al quale, appena
tre anni prima, aveva mosso guerra al fi anco di Corrado ! E tre anni dopo, nel l 040,
1 38 quando si riconc i l i ò col figlio di Corrado e successore Enrico I I I , Ari berto mosse di
nuovo un eserc i to contro il conte Oddone, che tre anni prima aveva voluto fare re
d ' Ital ia. Con una nuova sol levazione dei c ittadini m i lanesi, Ariberto fu scacc iato nel
1 042 da Mi lano insieme con l ' aristocrazia, e morì non molto dopo il suo rientro.
Anche nei confronti deg l i "eretici", il metropol ita non esercitò alcuna clemenza.
Così , nella diocesi di Asti, Ariberto represse energicam ente diversi "eretici" che egl i
(probabilmente nel 1 028) aveva scovato nel castello di Monteforte, tra i quali era l a
contessa. Tutta codesta cerchia, i c u i esponenti p i ù insigni, trasci nati a M i l ano, v i g ua
dagnarono rapidamente un seguito m aggiore, respingevano il potere sempre più peri
coloso del l a Chiesa, la sua gerarchia, i suoi sacramenti . In più, tal i "eretic i " avevano un
forte orientamento ascetico, praticavano astinenza sessuale persino nel m atrimonio, e
quindi, essendosi rifiutati di rinnegare i loro princìpi, furono bruciati sul rogo. 1 2
Corrado I I , intanto, conseguiva i l suo maggior successo con l a conq u ista del l a
Borgogna, preparata invero d a l ungo tempo.
È stata spesso sottovalutata l ' importanza del l a Borgogna per la storia futura europea.
Insieme col regno di Germania e d ' Ital ia, in ogni caso, questa triade costituisce il reale
nucleo egemonico del l ' imperatore nel l ' alto Medioevo, per l ' Impero, ossia il v ero e
proprio "Reich Romano". Per la verità, il patrimonio del la corona di Borgogna era
stato in gran parte dissipato; in generale, la pos izione del re era molto c i rcoscritta dalla
forte pos izione del l ' alta ari stocrazia, i l suo potere su alcune reg ioni sol tanto nom i nale
e, se non bastasse, da quella regione non si potevano aspettare rilevanti aiuti m i l itari .
Ma della Borgogna, che comprendev a le reg ioni del Rodano, con l a Provenza e con
una fi tta m ag l i a d i c i ttà romane, facevano pur sempre parte non meno d i sette
arci vescovadi e ben 30 vescovati . La proprietà della regione era pertanto i rri nunciabile
per la posizi one predominante del l ' imperatore tedesco, assumendo grande rilevanza
Il "coraf{f?ioso attacco " dell' imperatore Corrado 101
econom ica e soprattutto strategica. Q u i si trovavano i val ichi del le Alpi Occidentali p i ù 139
frequentat i : il Grande e i l Piccolo San Bernardo, i l Mong inevro e i l Moncen isio, detto
il passo dei re. Chi dominava la Borgogna, regnava anche sulla via dei commerc i ,
importante già al tempo dei Romani, c h e attraversava la v a l l e d e l Rodano, c h e univa
col collegamento più breve le ci ttà commerciali sul Reno e sulla Mosel la col Mediter
raneo. In modo particolare, tuttavia, il controllo di codesti passi assic urava il dom inio
sul! ' Ital ia, visto che la Franc ia impedì per secoli accessi e sbocchi verso la penisola
appenninica. 1 3
La Borgogna, sorta dal disfacimento del regno carol ingio e dal la liquidazione della
Lotari ngia, venne assegnata nel l O 1 6, nel contratto di successione di Strasburgo, dal
suo re Rodolfo III (993- 1 032) all ' imperatore Enrico II i l Santo, suo nipote. Ne derivò
così anche il confl itto con Ott-Wi lhel m , conte di Borgogna e figlio del re Adalberto
d ' Ital ia.
Con determ inati ambienti ecclesi astici, princ ipalmente, Ott-Wilhelm aveva fatto più
volte pessime esperienze. Da giovane, solo con la fuga era riuscito a sottrarsi ad una
severa custodia conventuale. Poi suo zio, i l vescovo Ugo di Chalon, gli soffiò una
grande eredità, q uella del duca Enrico I di Borgogna, secondo m arito di sua madre, il
quale lo aveva adottato. Infatti, essendosi i l prelato schierato contro Ott-Wi lhelm, quel
l' eredità se la incamerò i l nipote di Enrico - Roberto I I il Pio re di Franc ia - ma solo nel
IO 1 6, dopo l unghe contestazioni ed una pluriennale guerra. Il "Pio", che sapeva come
far spari re le ferite solo con l ' imposizione delle m ani e segni di croce, se la intendeva
benissimo con Enrico il Santo, il quale non riuscì tuttavia a prendersi i borghi di Ott
Wilhelm con una spedizione m i l i tare; anzi , questi dom inò sulla Borgogna al di là del la
Saòne fi no alla sua morte nel I 026. 1 4
Eppure Enrico I I non aveva tralasciato n u l l a per incamerare la s u a "eredità". Già nel
l 006 aveva annesso al Rei c h la città di Basilea, porta d ' ingresso per la Borgogna, come
una sorta di pegno mobile, facendo confermare la sua successione testamentaria nel
1 0 1 6 a Strasburgo, ribadendo la ancora nel l 0 1 8 a Magonza; e intraprese anche un' inu
tile spedizione bel lica nel la regione del Rodano, dove si respingeva seccamente la
regolamentazione ereditaria, e segnatamente la consanguineità di Rodolfo.
Il re borgognone o - come lo definisce i l monaco Ermanno di Reichenau - "il reuc- 140
cio pigro di Borgogna", portatore solo del titol o, della corona, ma non del potere, regnò
in effetti in modo esclusivamente nom inale, e venne messo al le strette da diversi prìncipi
ereditari , al punto tale che dovette appoggiars i strettamente ad Enrico. Tuttavia, quan-
do Enrico, che avrebbe ereditato tanto volentieri dal tormentato zio senza figli - per cui
il S anto, secondo Vipone, "stanziava i ncessantemente ingenti somme (infin itam
pecuniam) -, morì sorprendentemente prima di Rodolfo, questi non si sentì più vinco-
lato alle intese fatte col nipote. A questo punto, considerò nullo il contratto, sentendo di
avere mano libera per nuove decisioni.
1 02 L ' imperatore Corrado Il - All' alba del secolo salic·o
Mentre i l re tedesco si assic urava la Borgogna, portava avanti al tresì le guerre con la
cattolica Polonia, ovvero con un popolo che - stando al i ' opinione del vescovo Thietmar
- doveva essere sorveg liato come un bue e bastonato come un asino.
1 04 L ' imperatore Corrado Il - A ll ' alba del secolo salico
146 Liutizi. E qui, in battaglia, si dice che fosse stato il primo in una guerra che - come era
consuetudine ali ' Est - consisteva in brutal i scorribande devastatric i , nel dar fuoco ai
v i l l aggi, nel devastare le campagne, nel disperdere le sementi, insomma in una scorre
ria m i l itare che - scrive Harry B reB!au - veniva condotta con la più selvaggia effera
tezza di una guerra di razza e di religione. E questo contro un popolo il cui aiuto, in
passato, Enrico i l Santo aveva apprezzato a tal punto che, quando uno dei suoi cavalieri
trafisse l ' immagine di una dea l i utiziana, pagò un ' am menda agl i alleati pagan i . (p. 67).
Ora, invece, essendo c aduta un ' effigie ! ignea del croci fisso nelle mani dei Liutizi, ecco
che costoro "la i rridono ignom iniosamente, coprendola di sputi e di percosse". Non
basta; alla fine le cavano gli occhi, staccandone m ani e piedi . Certo, quanto i pagani
perpetrarono su un pezzo di legno, avvenne "per vendicare" molti Liutizi v iventi . Cer
to, perché l ' imperatore, che poteva perseguitare inesorabilmente prìncipi ecclesiastici
e laici, "in cambio di u n ' effigie di Cristo fece muti l are in uguale maniera un grande
numero di pagani fatti prigionieri, condannandol i a morte in diverse guise". Certo è
che gli fece del pari cavare gli occh i , staccare m ani e piedi e, ritornato in patria, repres
se per gi unta "tutte le res istenze nel regno con potenza imperiale . . . " ( Vipone). 1 7
M a anche u n altro buon sovrano cattolico, anzi di gran lunga p i ù cattolico di l u i , usò
le guerre in Polonia di Corrado, ossia del "vicario di Cristo" (vedi i l motto), per i rrom
pere nei territori di l u i : era il "l uogotenente di Dio" in persona.
Il primo re d ' Ungheria era cognato del santo Enrico e divenne santo a sua volta; certo,
la sua canonizzazione non venne dagli Ungari , bensì "sulla base di una papale i stanza"
(Deér). Inoltre, il suo padrino di battesimo fu nientemeno che l ' imperatore Ottone I I I .
1 4 7 Infine, egl i sottom ise i l s u o regno e s e medesimo - per votum e t oblationem - a l l a
protezi one della vergine Maria, facendo consacrare a lei u n a basi l ica nella propria reg
g i a , s u a futura sepoltura. 1 �
Stefano I (997- 1 03 8 ) era i l figlio del granduca Géza d i Ungheria (972-997) e di sua
moglie Sarolt (Beleknegini, cioè "bel la principessa") , figlia a sua volta del principe
ungherese Gyula di S iebenburgen. Il padre di Stefano aveva già preordinato il futuro
governo del fi glio. In realtà, dal l ' insediamento del suo governo, Géza portò avanti la
cristianizzazione del l ' Ungheria, orientata verso l ' Occidente - una cristianità m ai seria
mente messa in pericolo fino ad oggi -, un ' impresa in cui l o sostennero tra l ' al tro i
m issionari del vescovo di Passavia, Pilgri m , distintosi come valente falsificatore d i
documenti (V 44 1 ss.)
Il granduca, che aveva fatto battezzare fin da ragazzo suo figlio Vaj k (come Stefano
si chiamò in un primo tempo), facendolo sposare nel 995 con l a principessa bavarese
Il santo Stefano l, re d' Ungheria 1 07
Gisela - una beata educ ata dal santo Wolfgang e sorella di Enrico il Santo -, rinunziò
per la verità a far guerra ai vicini. Tanto più a fondo , in compenso, eg l i prom osse la
"conversione" nei suoi territori . Non da ultimo, per tale impresa, egl i liq uidò quasi
completamente il proprio clan. Quando morì , nel 997, l ' Ungheria era parzi almente
cristiani zzata e politicamente orientata verso l ' Eu ropa centrale e occ identale; e in tutta
l ' Ungheri a occ identale era al potere un solo principe tribale, il carchan Koppany, lea
der del paganesimo nazionale. Era lo zio di Stefano e, in virtù del seniorato e del levirato,
rivendicava l ' egem onia e la m ano del la vedova del princ ipe. Ma Stefano, l ' anno stesso
della morte di suo padre, sbaragliò l ' esercitò di Koppany presso Veszprèm nel l ' Ovest
del l ' Ungheri a (a nord del lago Balaton), facendo smembrare il cadavere del principe
caduto.
Solo con la guerra il santo riuscì a trasformare gli ungheres i in cristiani ; solo con la
forza riuscì a piegare le popolazioni indigene, la recalcitrante vecchia aristocrazia, re
primendo nel sangue i popol i lim itrofi , e quindi a "predicare le parole del la vita" (verba
vitae predicare t), come si legge a conclusione delle "Gesta Hungarorum", la più antica
desc rizione della storia ungherese.
Certo, se su questa introduzione del cristianesimo si consulta una rinomata collettanea
- i l "Manuale della Storia d ' Europa" (Handbuch der Europiiischen Geschichte, 3. edi- 148
zione 1 992) -, per quanto sanguinario fosse il m odo in cui la Buona Novella arri vò tra
i Magiari , si potrebbe credere che non vi scorresse una goccia di sangue, dato che colà
non si legge più del seguente giudizio: "Quando Géza morì nel 997, non solo fu assicu-
rata la successione al trono, ma le popolazioni ungheresi, ancora malfamate solo mez-
zo secolo prima come un popolo barbaro e apocalittico, erano cristiani zzate almeno nei
loro ceti superiori; e il loro condottiero era imparentato con la dinastia degl i Ottoni .
Anche Stefano dovette imporsi contro i s u o i consanguinei c h e gli contestavano l ' ege
monia in base alle consuetudini ereditarie fino allora v igenti; nondimeno, egl i poté non
solo affermars i , ma altresì real izzare appieno la monarchia cristiana quale principio
d' ordine politico-sociale."
Ebbene, che c'è di m ale? Non è tutto così accettabile? Non c ' è più un popolo subal
terno; i ceti elevati sono cristiani, il loro re imparentato con gli Ottoni; contro i fam igliari
si fa valere i l comando e, a conti fatti , si ha una monarchia cristiana come principio
d ' ordine. Nessun dubbio: meglio di così non può essere. Prima del la battaglia di
Veszprèm , Stefano viene consacrato caval iere dai signori bavaresi, il suo esercito è
guidato dal tedesco Wezelin di Wasserburg. Probabi lmente, anche una notevole parte
del le truppe era composta da tedeschi, da "nobi l i " di Baviera, dato che già da parecchi
decenni soldati e rel igiosi occidental i si riversavano nel regno di Géza.
In ogni caso non si deve sopravvalutare l ' importanza di questa battaglia svoltasi
"nel segno della croce", dove non poteva mancare la "lancia vittoriosa", tale da con
sentire al duca Stefano di portare avanti la "conversione" del suo popolo, nel momento
1 08 L ' imperatore Corrado Il - A ll ' a/ha del secolo sa fico
letteratura latina in Ungheria (di q uesto periodo o di età non molto posteriore) - il re
ammoni sce i l gi ovane principe a rendere ai vescovi " l ' onore supremo", ad ornamento
e garanzia del l a corona. Ove un alto chierico commetta un del itto, il principe dovrà
redarguirlo privatamente, tre o quattro volte , e denunc iarlo al la Chiesa solo in caso di
ripetuta perv icac i a. Anzi, secondo il codice penale di Stefano, traboccante di falsi ec
clesiastici, un laico non può di massima querelare un religioso, laddove il laico dovrà
essere invece pronto a sacrificare la sua vita per il prete !
Verso il l O 1 5 Stefano chiamò l 'ex abate Gerardo quale educatore di suo figlio Emerico
(Imre) che, unico dei fig l i del re, stava raggiungendo l ' età matura. Ma il re lasciò con
sigliare da Gerardo in m i sura determinante anche se stesso, nom inando nel I 030 codesto
fervente adoratore di Maria vescovo del l a d iocesi di Csanad (Szeged; oggi Cenad, in
Romania). Così di venne santo anche l u i , tanto quanto Emerico. Il quale, come si addi
ce ad un santo, ebbe i l comando de lle forze ann ate reali, figurando nelle "Esortazioni"
del padre Stefano come "la speranza di futura successione". Ma siccome conduceva un
matrimonio senza fi gli con una princ ipessa croata, la leggenda del XII secolo fece di
lui lo "sposo casto"; questo ricorda moltissimo la castità del santo Enrico (p. 41 ss.), la
cui analoga storia fitti zia è possibile che infl uenzasse quel la di Emerico.
Ad ogni modo qui come là si tratta del la medesima impostura. E quando i l figlio
perse la vita in un incidente di cacc ia nel l 03 1 , i l padre si comportò di nuovo in santa
gui sa. Infatti , considerato che alla successione avevano di ritto - secondo un vecchio
diritto tri bale - i fi gli dei fratel l i , ovvero i discendenti di Michael, fratel lo di Géza,
Stefano rese total mente inetto a governare suo cugino, incl ine ancora al paganesimo,
ma forse sim patizzante anche per Bi sanzio. I l santo, che molti anni prima "con tutto i l
s u o popolo si era convertito a l l a fede in Cristo e aveva edificato molte chiese e vescovati
- era uomo di grande m i tezza verso i buoni" ( Ermanno di Reichenau) -, fece cavare gli
occhi al malvagio cugino e versare piombo negli orecchi; i suoi tre figli fuggirono in 1 5 1
Polonia e i n Russia. Invece, i l re apostolico, la cui mano destra così clemente fu poi
trovata "incorrotta" nell a tomba e il cui culto ebbe inizio assai presto, stabilì come
propri o successore Pietro Orseolo, figlio di sua sorella e del l ' esiliato Doge di Venezia.
Comunque, anche i l biografo di Stefano amm ette apertamente che la salma del re non
operò alcun m i racolo per quarant ' anni. Egli venne santificato solo a cagione delle "eroi-
che virtù" ( Deér) o, detta in parole povere, per i l giovamento recato al la causa del la
cattol icità. 20
Il primo ord ine di Stefano fu il battesimo per tutti. Al suo regno, in cui aumentava il
numero dei non liberi in seguito alle continue guerre e dove prosperavano gagliarda
mente le condizioni feudal i , Stefano diede una costituzione che, in molte parti, concor
dava nei concetti o ne lle espressioni coi precetti ecclesiastici, che ora in Ungheri a ac
qui stavano sempre maggi ore validità. La legislazi one di Stefano puntava più di tutto al
consol idamento del Cristianesimo, al rafforzamento del la monarchia, unitamente alla
I lO L ' imperatore Corrado Il - A ll ' alba del secolo saliL·o
sua gi uri sprudenza, e al potenziamento del l a proprietà privata, di modo che " i l re puni
va ciò che non si lasciava conc i l i are con l a fede cristiana e con le leggi del l a Chiesa"
(Homan).
Stefano I fondò due arcivescovadi e otto episcopati , costruì templi cristiani e mona
steri , dichiarò la santa vergine Maria patrona e protettrice, facendo dei prelati cattolici
i l primo ceto sociale del l o Stato. Comandò di devolvere tasse al clero, imponendo al
popolo di frequentare i sacramenti, le funzioni religiose, digi uno, confessione, e simili;
perciò fu naturalmente sostenuto appieno dal ceto clericale che acquistava sempre più
infl uenza sulla politica, em arg inando dal la corte i m agnati ungheres i .
In tutta l ' Ungheria, per disposizi one di Stefano, i v i l l aggi dovettero provvedere d a
sé al mantenimento d e i parroc i . Gli abi tanti dovevano edificare la chiesa, mettendo a
disposizione del parroco due fam iglie di serv i del l a gleba con la casa, uno stal l one, una
cavalla, due vacche, sei buoi e qualche dozzina di animali da corti le. O ltre a ciò, Stefa
no dispose il pagamento del l a dec ima, una tassa sul bestiame al levato, sui cereal i e altri
prodotti , di una decima su ogni sorta di entrate; perfino i l decimo bambino di una
1 5 2 coppia era destinato al servizio in chiesa. Contravvenzioni alle leggi ecclesiastiche
venivano punite dal vescovo "per discipl inas canonum"; coi renitenti e rec idi v i la pena
era ripetuta sette volte, dopo di che i trasgressori erano consegnati al tribunale del re. I l
monarca defensor christianitatis
- - presiedeva i l s inodo misto, era c i rconfuso dal
nimbo apostolico, otteneva anche dal papa i l titolo di re apostolico, essendo senz' altro
riguardato come "luogotenente di Dio nel paese ed esecutore della giustizia ultraterrena"
(Bònis). 2 1
M a non solo n el i ' Est europeo, anche nel Nord l a presenza di siffatti l uogotenenti ed
esecutori del l a g iustizia soprannaturale si deli neava sempre più cristianamente.
Anche Knud " i l Grande" (m orto nel l 035 ) , membro della confraternita del l a Chiesa d i
Cristo di Canterbury e, più tardi, della confraternita di Brema, fu " u n servo fedele e
devoto" della Chiesa (Handbuch der Kirchengeschichte), essendosi tra l ' altro recato,
peregrinando talvolta a piedi nudi , di santuario in santuario, in Inghilterra, nonché at
traverso mezza Europa.
Che cosa e come Knud, figlio del re danese Sven Gabelbart eletto nel 1 0 1 3 re d ' I n
ghilterra e di u n a figlia d e l principe polacco M ieszko, pensasse riguardo a i sacerdoti
cristian i , l o si riscontra nel le sue leggi ecclesiastiche : "Chiunque voglia e possa, sarà i n
grado di comprendere c h e cosa i l sacerdote ha da fare per i l bene d e l popol o. È impor
tante lo scongi uro, è significativa la consacrazione, il potere di esorc i zzare e m ettere i n
l re assassini Knud "il Grande " e Olaf il Santo III
fuga i demòni ogni qualvolta si battezza e si consacra l ' ostia. Al lora i santi angeli Io
circondano, proteggendone le azioni e ass istendo i sacerdoti col potere di Dio, tutte le
volte che servono Cri sto secondo la legge". E da Roma, scri vendo ai paesi nordic i ,
Knud afferma di " ri ngraziare D i o per avergli concesso d i visitare le chiese di Pietro e
Paolo e tutti i santuari che si possono trovare nel l ' urbe; perché i saggi gli hanno detto
che Pietro è il portiere del paradiso e che sarà cagione di mass imo profi tto averlo per 153
intercessore e patrono".
In effetti, egl i procacciò i l massimo guadagno - ma a profi tto dei "saggi". Ad esem
pio, Knud si fece forte del puntuale versamento del l ' obolo di Pietro (denarius S. Petri;
in inglese Rom-peni, Romescot, e simili), una vol ontaria prestazione fi nanziaria dei re
anglosassoni a parti re dal l ' VIII secolo. E fino ad Alessandro I I , nel l ' anno 1 062, l ' of
ferta rim ase anche meramente vol ontari a. Successivamente, però, si fece di tutto per
"trasform arl a in una tassa fi ssa ricavando ulteri ori conseguenze dal pagamento"
(Seegrtin). Oram ai l a cosa stava evolvendo da una motivazione rel igiosa i n titolo giu
ridico, in tributo obbligatori o, "dal pagamento del principe al rovesci amento sulla po
polazione sotto forma di tributo focatico, successivamente testatico" (Roberg). Papa
Gregorio VII tentò di appioppare tale ripartizi one anc he alla Francia; ma invano. In
compenso, l ' introduzione del l ' obolo di Pietro ri uscì nel XII secolo per Danimarca,
Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda. E ovviamente la corri sposero, a maggior ragio
ne, i devoti cittadini di Polonia e Ungheria. Solo al i ' epoca della Riforma tale pagamen
to fi nirà quasi ovunque. 22
Dal la fi ne del 1 0 1 6 Knud "il Grande" dom inò su tutta l ' Inghilterra, dal 1 020 sulla
Danim arc a e dal l 028 anche sulla Norvegia, e si capisce come ciò avvenisse non senza
atroc ità e grandi versamenti di sangue. Nel l 020, in una spec ie di programma di gover
no, Knud proc lam ò : "Voglio essere un sovrano clemente, senza scostarm i dai diritti di
Dio e dal le giuste leggi temporal i". Così , anche al term ine della sua vita, impose ai
sudditi - q uale princ ipio del la sua legislazione - d i am are più di tutto q uel l ' unico Dio
e di salvaguardare l ' indi visibile fede cristiana.
Questo princ ipio, grazie anche allo strapotere del re, s ' impose in tutta la Danimarca.
Dove il compito di "elim inare" i l paganesimo in quella regione fu per Knud una "que
stione d ' onore" (Wetzer/Welte), Per com inci are, destinò a tal fi ne dei sacerdoti anglo
sasson i, facendo consacrare, per i nuovi vescovati da istituire sulle isole danes i , i pre-
lati in Inghilterra e istituendo quindi le prime sedi vescov i l i in Danimarca. In seguito,
però, anche altri dec isero di prendere parte a questo gigantesco affare, in cui Knud 1 54
riversava il suo corno dell ' abbondanza sui conventi e sul ceto c lericale, come anche su
papa Giovanni XIX, fam igerato carrierista lampo (p. 96). Così Unwan, arcivescovo di
Amburgo-Brema, non tol lerò nessuna chiesa nazionale danese che dipendesse dall a
Germania. D i conseguenza, fece catturare e incarcerare senza tante storie il vescovo
Gerbrando, consac rato da Aethel roth di Canterbury e desti nato ad essere capo religioso
1 12 L ' imperatore Corrado Il - A ll ' alba del secolo sali co
a Roskilde, Zelanda. E privò questo suo fratello in Cristo del la l i bertà, fino al m omento
in cui costui g l i fece i l giuramento di ubbidienza, consueto per i vescovi suffraganei di
B rema. In questa faccenda Knud, a conti fatti , s i adeguò ali ' interesse del l a sua pol itica
fi lotedesca, diventando intimo amico del metropolita di B rema.
Persino in Inghilterra, Knud s i era spianato i l cammino al trono "col sangue e coi
cadaveri " (BreBiau), che è per l ' appunto i l cammino tipico dei "Grandi"; aveva fatto
gi ustiziare personaggi i nfl uenti , uccidendo o m andando in esilio membri della fami
g l i a reale. Per i l "Manuale cattolico di stori a ecc lesiastica", in ogni caso , - dal momen
to che la via dei "Grandi" è sempre anche la via della Chiesa cattolica - questo era
ancora troppo poco, giacché le "forze che m inavano lo Stato, in quei paesi , avrebbero
dovuto essere contrastate ancora più energicamente " ! Così Knud fece assassinare a
tradimento il proprio cognato, che g l i aveva salvato la vita, per la sua incauta satira
sulla fuga in battaglia del re.
A l lorché Knud, sulla fine del 1 027, ritornò da Roma, si procl amò non solo re di tutti
gli Inglesi, Danesi e Norvegesi , ma anche in parte degl i Svedesi . E il suo vasto impero
offriva al la Chiesa "opportunità molto concrete e spec iali per l ' evangelizzazione del
Nord" (Handbuch der Kirchengeschichte). 23
Orbene qui, come del resto in altri l uogh i , codeste speciali possibil ità consistevano
soprattutto ne l i ' applicazione pratica del l a violenza. Perché, da sola, la c ampagna m is
sionaria nei paesi nordici sarebbe "miseramente fal l ita nel la rabbia con cui i regni scan
dinav i perseguitavano i l cristianesimo". No, non fu per tram ite del l ' atti vità m issiona
ria, bensì per opera di Knud "il Grande" che i l cristianesimo "pervenne al la v i ttori a
nelle terre nordiche" (Schoffel). Anche nel N ord, in realtà, la "conversione" si svolse
spesso con brutal ità, come le fonti confermano "in tutto e per tutto" (Kummer) . E
1 55 certo, per il cristiano, è solo dopo i l battesimo che l ' essere umano ha inizio nel "Suo
Nome" (i hans nafni). Chi non si lasciava battezzare, quindi, veniva demoni zzato an
che in quelle reg ioni; similmente i l Diavolo - che nel mondo pagano non esistev a,
osserva Andreas Heusler - assunse ora un ruolo da protagonista nel la nuova credenza
popolare. E fu pertanto più onnipresente del l ' onnipresenza stessa di Dio.
Quasi tutto ciò che fino allora era sacro venne trascinato nel fango, mentre l ' evange
l i zzazione era propagata a forza e sostenuta da prìncipi laici ed ecclesiastici. "Muori
oppure fatti battezzare ! ", fu presto l a parola d ' ordine per tutti .
Il pronipote Araldo Bellachioma (cfr. V 470 ss.), e nel 994 il re di Norvegi a Olaf I
Tryggvason (994/995-999/ 1 000) aderirono sulle isole Scilly al cristianesimo. Accad
de, dopo aver prestato vari servizi m i litari , col re Waldemar di Hòlmgard (Novgorod) ,
e dopo i v i aggi d e i Vichinghi n e i m ari d e l Nord e n e l Baltico, viaggi c h e pare g l i inse
gnassero ad apprezzare la nuova religione. Per conseguenza egl i la introdusse definiti
vamente e ovunque nelle sue terre "in parte con la violenza" ( H . Ehrhardt), usando
insomma "tutti i mezzi", ricorrendo cioè a "indottrinamenti , regal i . . . e sanguinose ven-
l re assassini Knud "il Grande " e Olql il Santo 1 13
dette " (Wetzer/Welte). Rase al suolo i templi pagani per edificare templi cristiani, sen
za tuttav ia rinunziare alla poligamia (cfr. p. 4 1 4) .
L a cristiani zzazione del la Norvegia f u quindi portata a term ine c o n la necessaria
durezza ad opera del re Olaf II Haraldsson il Grasso ( l O 1 6- 1 030), un vichingo bel lico
so e spietato . . . e santo a sua volta (festa i l 1 9 luglio). Scrive lo stesso Lexikon fiir
Theologie und Kirche che costui portò a conclus ione " l ' opera m issionaria" intrapresa
da Olaf I "in parte con la forza", allineando così la Norvegia alla "fam iglia dei popoli
cri stiani". In effetti Olaf I I completò la sottom issione dei capi minori , facendo sterm i
nare in m assa i non battezzati e i renitenti a l l a conversione. Ordinò che quanti si radu
navano clandestinamente per le loro feste venissero assal iti, rapinati ed elim inati, spes
so nel modo più atroce possibile. Accecamenti , mutilazion i , uccision i , stupri : sotto la
guida del santo, tutto era permesso contro i pagani. Per tutto i l paese Olaf diede la
cacci a ai "magh i " e ag l i "stregoni", abbattendo per ogni dove templi pagan i , simulacri
e immagini di dèi , tra cui un busto gigantesco del dio Thor, rivestito d ' oro e d ' argento,
dal quale - secondo la nota "Enciclopedia di Teologia cattolica" - "fuori uscirono in
massa topi, ratti e bisce". 156
Il brutale governo di Olaf fac i l itò a Knud, suo fratello in Cristo, la conqui sta della
Norveg ia. Per mezzo di denari e al tre forme di corruzione, infatti , Knud, nel l 028 , poté
spedirlo in esilio e, dopo il suo rientro, farlo uccidere il 29 luglio l 030, presso Stiklestad,
nel la battaglia contro un esercito di contadini. Ol af, per la verità, aveva accolto nel suo
eserc ito solo truppe cristiane, contrassegnando inoltre i loro scudi ed elmi con la croce,
lanciando la parola d ' ordine "Avanti, sempre avanti , com battenti di Cristo . . . " - che a
me, (semper idem), ricorda il motto del vescovo cattolico sotto Hitler "Avanti , soldati
cristi ani, sulla v i a della vittoria . . . ". Salvo che quello slogan non giovò più del secondo.
Ad ogni modo il grasso Olaf, inumato nel la chiesa di Cristo, nel duom o di Drontheim,
venne canoni zzato per i l suo zel o e la sua devozione, nel 1 1 64 dichiarato santo nazio
nale del la Norveg ia e in più patrono protettore di tutta l ' Europa del Nord, e da allora
celebrato da saghe, leggende e consi m i l i fanfaluche. Perfi no pellegrini dal la Spagna si
rec avano al suo "scrigno taumaturgico" (Bosl) e ancora nel 1 847 si fondò in suo onore
l ' Ordine di santo Ol af. In fi n dei conti , il santo aveva condotto "continue guerre" con
tro Knud, dedicandovi "tutta l a sua esistenza" (Adamo di Brema), 24
L' imperatore Corrado II era tornato in Germania, nel l ' estate 1 03 8 , dal la sua seconda
campagna in Italia; e l ' anno successivo, i l 4 gi ugno 1 039, moriva a Utrecht, quasi
cinquantenne. Al figlio, suo successore, lasc iò un impero che deteneva un ' i ndiscussa
posizione di guida nel mondo occidentale. 2 5 157
1 14 L ' imperatore Corrado Il - A ll ' alba del secolo salico
NOTE
"In sostanza, solo i vescovi rappresentano un sostegno per il potere imperiale. "
"Però si perpetuano anche i pri v i legi d e i vescov i ,
e in m i sura t a l e c h e s i può parl are di un ' ul teriore
intensificazi one del s i stema ottoniano."
Karl Rudolf Schnith 3
In qualità di "caput ecc lesiae", Enrico III esercitò il com ando sulla Chiesa come pochi
prima di lui. Nom inò gli alti prelati con naturalezza non m inore di quanto faceva suo
padre; e non v'è dubbio che in ciò fosse determ inante la loro idoneità per i l serv izio
all ' Impero. Non s i fece scrupolo di deporre persino un vescovo, anche se faceva ratifi
care la dec is ione d a un si nodo. Ma al trettanto disinvol tamente egl i agì n e i confronti dei
m onac i . Intervenne senza posa nel le elezioni abbazial i , in cui i l di ritto eletti vo non
vigeva affatto. In un solo anno, nel l 042, egl i impose al monastero di Tegemsee tre
differenti priori . E di proprio arbitrio insediò nel la carica abati anche a Wissenburg , a
Possesso e potere ancora magf?iori per i prelati 1 19
Corvey, Lorsch, Limburg, Fulda, Ebersberg, Quedl inburg, Gandersheim , Essen, oltre
che in molti conventi ital iani. 5
Ciò nondimeno non stupisce che questo sovrano, indottrinato intensamente fi n da
piccolo, assai religioso, a quanto si dice inc l i ne anche al l ' ascesi e perfi no procl ive ad
autotl agellarsi, avesse stretti contatti con la Chiesa, anche con esponenti della riforma
del clero : ad esempio col santo dottore del la chiesa Pietro Dam iani, col santo abate
Ugo di Cluny, che nel l 05 1 egli scelse perfino quale padri no battesimale di suo figlio
Enrico (IV); non fa meraviglia che questo secondo, più potente Salico - che sentiva se
medesimo come unto del Signore e "vicarius Christi " - elargi sse i suoi favori spec ial
mente al l ' alto clero, ai monasteri , riversando prodigalmente su di l oro l a pienezza dei
suoi doni.
Enrico III conferì e conferm ò a vescovi ed abati (occasionalmente, come nella citta
dina belga di Stavelot, nel mezzo del la messa solenne) un profluvio di imm unità, di 162
prebende, di salvacondotti, di merc i in franchigia, di serv i , di u n ' i nfinità di diritti so
vrani da farci bei soldi, di beni fondiari, foreste, ri serve di cacc ia, diritti di tener merca-
to : in breve, un procedimento molto praticato dalle regioni della Frisia fino ai paesi
affacciati sul Medi terraneo.
Eppure i prìncipi del la Chiesa erano più che ricchi. Il patriarca Poppone di Aqui leia,
ad esempio, disponeva, solo nel mercato di questa città, di oltre trenta punti di vendita,
e di oltre venti nel centro portuale di Pii o. A ciò si aggi ungevano i diritti di proprietà sui
fi umi, per entram be le rive, unitamente al di ritto di esercitare la pesca, di attivare i
mulini, di istituire attracchi , punti di attraversamento, incassando in compenso tributi,
balzelli per l ' acqua, per le rive, quattri ni per la fissazione dei pal i (aquatica, ripatica,
pal ifictura). Quasi tutti le maggiori vie d ' acqua de l i ' Alta Italia erano in realtà proprietà
escl usiva dei vescov i .
In più, nel periodo che va d a Ottone I I I fi no a Enrico III, qu indi in u n a settantina d i
anni , i prelati incamerarono intere contee, almeno 37. Ora, questo stimatissimo "homo
rel igiosus", rimpinzando la Chiesa di beni e di privilegi, in che modo compensava il
deficit che ne derivava al suo fisco (certo non solo per tale via)? Semplicemente con la
"brutale confisca nei confronti dei laic i " ( Fuhrm ann ). Semplice: sottraendo perlopiù
al la nobiltà laica ciò che avrebbe elargito al l ' ari stocrazia rel igiosa.
In compenso si doveva naturalmente intervenire, come coi signori precedenti , soc
correndo secondo il principio del "do ut des", prestando il servitium regis : un presso
ché ini nterrotto servizio m i l i tare. Pars pro toto, valga in proposito un altro esempi o :
l ' orgog lioso e aristocratico arci vescovo Adalberto di Amburgo-Brema ( i l quale amava
spacciarsi per di scendente di Ottone II e del l ' imperatrice Teofane , ma era in realtà il
terzo figlio del conte di Turingia Federico di Goseck). "Il grande uomo di Dio" - infor
ma l ' onesto scol aro del duomo Adamo di Brema, celebrando di lui tante nobili v i rtù,
tra cui castità e moderazione - prese parte "coi suoi volontariamente a tante spedizioni
1 20 L ' imperatore Enrico III , il "pio portatore di pac e "
i n tutti i paesi, a imprese bel liche che l ' arci vescovo intraprese in Ungheria, Slavonia
(cioè contro i Liutizi), Ital ia e Fiandre con l ' i mperatore . . . ciascuna delle quali connessa
1 63 con ingenti spese per i l vescovado e con pesanti oneri per le fam iglie"; ragi on per cui
anche Enric o, pio amante del la pace, ebbe a " lodare amm i rato l ' infaticabile costanza"
del l ' arcivescovo in tempi di guerra (Meyer di Knonau) .
Tuttav ia, anche se i prelati erano sovraccarichi di diritti e di privi legi , la dispendiosa
pol i tica di potenza seguitava ad i ngoiare m ontagne di denaro. Ad esempio, sebbene
schiere di pellegrini lasc iassero molti quattrini al convento di S. Trond, tanto che i
m onac i non riuscivano a contarl i (per tacere di altre offerte), pare che l ' abate fosse in
tanta angustia finanziaria da far fondere una parte del tesoro del la chiesa (che era pur
sempre sua proprietà) per poter acquistare altri beni e costruire borghi. G i acché s i mi
rava, i n ogni caso, ad accrescere l a proprietà d i fondi e terreni, insomma i l patrimonio
degl i immobi l i . Per questa ragione, anche se l ' ospitalità, l ' accoglienza del m onarca
itinerante e i l sostentamento del seguito regale ingoiavano molte risorse, proprio i principi
ecclesiastici più ambiziosi, badando soprattutto all ' i ncremento di reputazione e averi ,
si sforzavano in tutti i modi - almeno a partire dal i ' X I secolo - di ospitare tali costose
visite regali nelle proprie residenze. 6
IL GUERRIERO PACIFICO
I l fatto che l a Chiesa nutrisse benevolenza per il successore al trono, considerato fin
dal l ' inizio speranza del regno (spes imperii), glorificato dappertutto come uomo timorato
di Dio e invincibile, ora paragonando Enrico I I I al biblico re Davide (polverizzando sul
piano etico ogni parallel i smo), ora affiancandolo a Carlo " Magno" e al "Grande" Otto
ne, non può davvero sorprendere . Fino ai nostri giorni, tutto sommato, anche gli stu
diosi lo stimano, riconoscendo generosamente il fondamento ideale de l suo potere tra
smessogli da m aestri e precursori , apprezzando l ' etica cristiana del suo governo; e
questo, nonostante che a ciò manchino quasi totalmente testimonianze personal i , men
tre sono assai carenti anche le voci contemporanee in tal senso. Ciò nonostante, la
corporazione vede q uesto sovrano gu idato da una "sensibile coscienza del d i ritto"
(Boshof), da "alto senso del dovere", "da un ethos particolare . . . proprio del regale po-
1 64 tere c ristiano" (Handbuch der Europdischen Geschichte), giudicandolo ricolmo "de
gli ideali del l a pace (pax) e della giustizia (iustitia)" (Struve), impregnato "di spi rito
religi oso" (Fleckenstein), anzi più d ' ogni altro prima di lui "anim ato dal la più profon
da rel igiosità" (Fuhrmann). Ovvi amente, Enrico III aveva "il m assimo rispetto . . . per
le i stituzioni del l a Chiesa, una concezione, da definirs i addi ri ttura sacerdotale, del l e
final ità d e l governare" ( Meyer di Knonau), e di sicuro i l s u o "dom inio temporale era di
c arattere c lericale" (Hlawitschka), insomma, i l peggi o che si possa dire di un politico.
Il f?uerriero pacifico 121
Gi unse anzi a far propria " l ' esigenza rel igiosa della pace i n tutte l e sue conseguenze"
(Handhuch der Kirchengeschichte).
Che cosa significhi q uesto , l ' opera cattolica lo fa presagire già poche righe appres
so: "l prìncipi laici sentirono presto sulla loro pel le quale fosse il volere di un sovrano
proteso al continuo incremento del potere regale". In effetti , quando un sovrano incre
menta i l suo potere senza tregua e in m odo visibile, è possibile che le cose si svolgano
molto pac ificamente? 7
In realtà questo regime, fino ad oggi tanto encomiato, som iglia in pratica maledetta
mente ai governi precedenti; eppoi qui interessa so ltanto il suo rapporto col potere , i l
s u o modo di eserci tare la forza.
E questo, proprio in riguardo a Enrico I I I , v iene perl opiù sottaci uto. Ecco, ad esem
pio, i l giudizio di Heinz Wolter: "Nel la sua qualità di rex et sacerdos, Enrico fondò il
suo regno, in m i sura di gran l unga m aggiore dei suoi predecessori , sulla radice sacra) e
cristiana del la sua egem onia, che per l u i non era solo mansione, ma più di tutto anche
dovere interiore. A causa di ciò, non deve merav igliare che i caratteri veramente nuovi
del dom inio ecc lesiale del secondo re Salico si ritrovino non tanto nelle sue appari zioni
ed azioni esteriori ( ! ) - qui egl i ricalca ampi amente l a tradizione iniziata dai suoi pre
decessori - quanto pi uttosto nel la sua intima relazione con la sua funzione regnante,
che tuttavia, in m i sura del la peculiarità delle nostre fonti , si lascia illum inare solo con
difficoltà. "
Orbene, se la politica effettiva di Enrico III è "ampiamente" identica a quella dei
suoi predecessori (per quello che, ancora una volta, riguarda esclusivamente noi ) , che
vorrà mai significare il suo presunto, nuovo atteggiamento interi ore, tanto più quando
esso, sulla base delle fonti, "si lascia i l luminare solo a fatica" !? 8 1 65
Vero è che il cambio di potere - per la prima volta dopo il 973 ! - si svolse senza
problem i . Tuttavia, per quanto il governo del 22enne sovrano (che morirà a soli 39
ann i ) fosse iniz iato brillantemente e senza controversie, e benché in molti aspetti -
almeno secondo i criteri della stori ografia tradi zionale - sia rim asto tra i momenti cul
m inanti del l ' impero rom ano-tedesco, i suoi interessi di potere vennero a collisione
con gli interessi dinastic i dei duchi di Baviera, Carinzia, Sassonia, in particolare della
Lorena, con prìncipi che si sentivano troppo emargi nati , respinti sul fondo, offesi dal lo
sti le egem onico ari stocratico, esclusi dalla politica imperiale, come toccava general
mente ad ampie cerchie del ceto dirigente.
S ' inaspri scono così l unghi confl itti di politica interna durante i qual i - nonostante
tutta la devozione e l ' amor di pace di quest ' uomo, strombazzati da adul atori più o
meno ufficial i - di altro non si trattò che dei soliti intral lazzi di potere, del sangui noso
conflitto tra i cosiddetti poteri centrali e particolari .
A guerre e battaglie, del resto, Enrico era avvezzo fin da bambino, al pari de li ' i ntera
casta nobiliare. In fin dei conti , aveva già preso parte alle guerre condotte da suo padre.
1 22 L ' imperatore Enrico III , il "pio portatore di pac e "
Nel l ' ottobre del 1 032, compiuti i quindici ann i , essendo quindi maggiorenne per il
di ritto francane, poté "essere esentato dal la guida del suo educatore spirituale", e di
conseguenza " m ietere i suoi primi allori bel l i c i " (BreBiau). Con tale immediatezza,
con tale naturalezza, s ' integravano interagendo tra loro . . . Cristianesimo e guerra. E i l
s u o mentore spirituale, i l cronista Vipone , c h e ad Enrico aveva ded icato c o i suoi
didascalici "Proverbia" una sorta di programm a cristiano di governo, partec ipava di
persona sia alle diete imperi ali sia alle spedizioni m i l i tari . Probabilmente Enrico era
pure presente nel la guerra di Corrado contro la Polonia, nel settembre del l 03 1 , ol tre
che nel la campagna contro i Liutizi nel l ' autunno del 1 03 5 (p. 1 05 s . ) , ma sicuramente
nel l ' i nvasione di Corrado in Borgogna nel l ' inverno del 1 032/3 3 . Successivamente, fu
presente con I 'esercito anche in Boem ia, come pure, nel 1 03 7/3 8 , in rinforzo alle trup
pe imperiali, alla testa di un esercito in Italia.
E seppure il terzo Enrico amasse ammantare sempre di più la bel l i geranza sotto
1 66 forme e sem bi anze ecc lesiali, e anche se voleva dare inizio alla sua aggressione in
Boem ia nel 1 04 1 con una solennità penitenziale deli ' esercito, term inando l ' avanzata
contro gli Ungari sul campo di battaglia sulla Raab scalzo e in abiti da penitente,
prosternandosi per gratitudine con l a sua spada davanti ad un presunto frammento del
la Santa Croce, nondimeno si seguitò imperterriti a sbudellare, a ferire, ad uccidere. E
tutto il grande chiasso, tutte le cianfrusaglie pseudoreligiose intese ad approvare e giu
stificare le stragi statali - per quanto i l re, detto sarcasticamente anche i l "m onaco",
possa averle prese più o meno seriamente - rendeva tutto ciò ancora più tragico: chiac
chiere di quel genere ratificano le ucc isioni di m assa nel nome di Cristo ancora fino
alla soglia del l ' anno 2000.
Ancora nel l ' anno del l a sua morte, nel 1 056, q uesto sovrano talmente bramoso di
pace progettava una campagna in terra di Francia. 9
soltanto l ' Alta Lorena. Per contro, diede la Bassa Lorena al più giovane fratello di lui,
Gozelo I I , che pareva più atto al governo, m a che sarebbe morto di lì a poco, e succes
sivamente al l ussemburghese Federico II ( l 046- 1 065 ) .
Ma l ' ambizioso Goffredo, prom ettendo solennemente a l re qualsiasi prestazione i n
cambio del l ' intero ducato, n e l 1 044 - durante la dieta in Aq uisgrana, a cui i l duca era 1 67
comparso confidando ingenuamente nel suo di ritto e nei suoi argomenti - fu destituito
da Enrico con l ' accusa di alto tradi mento. Pare com unque che avesse cospirato anche
col re Enrico I di Francia, come l ' autore deg l i Anna/es A ltahenses (un m onaco del
convento di Niederalteich) afferma in contrasto col vero; questo annal ista, oltretutto, è
uno dei prim i autori a parlare (nel 1 03 8 ) di un "regno tedesco" (regnum Teutonicum).
Enrico III, c h e forse si sentiva profondamente legato a l programma di pace del suo
istruttore Vipone, tolse al duca tutti i feudi ; sicuramente anche la sua contea di Verdun,
passata al favorito vescovo Riccardo, e condusse dal l 044 una campagna invernale che
colpì dram maticamente l a Lorena, campagna in cui, oltre al vescovo Riccardo l o ap
poggiarono anche i l vescovo Wazo di Liegi e l ' arci vescovo Erm anno di Colonia; ma a
causa di una carestia dovette porre fine al l ' impresa. Nondimeno Goffredo il Barbuto si
sottom ise nel luglio 1 045. Enrico lo incarcerò nel Giebichenstein, graziandolo nel 1 046
e conferendog l i , in cambio di suo figlio come ostaggio, i l ducato de l i ' Alta Lorena.
Anche nel sud de l i ' Olanda gli interessi di potere del conte vennero in col l i s ione con
quel l i dei prelati , i quali cercavano di ingrandire quasi dappertutto le loro entrate e di
ampli are il loro territorio: la qual cosa, sotto i l regno di questo Salico, non era impresa
molto difficile. Al vescovo Bernoldo di Utrecht il monarca trasferì , oltre a varie cospi-
cue donazioni, due contee, tra cui la contea di Drehnte, già appartenuta al duca Gozelo.
Gli alti prelati di Liegi (i cui cittadini vengono nom inati solo nel 960 in occasi one di
una rivolta contro i l loro vescovo Everaco), possedevano in quel tempo privi legi nelle
più importanti città del la regione della M osa, compresi naturalmente anche fondi rura-
l i , propri monasteri , grandi abbazie; nel l 040 vi si aggiunse la terza contea, il tutto
ovviamente a spese dei signori laic i . S i m i lmente, i pastori d ' anime di Metz s ' impadro
nirono dei diritti di governo, creando a loro arbi trio conti e bal i v i , coniando monete,
amm ini strando mercati ed esportazioni fino ai paesi rivieraschi del Medi terraneo. Il
vescovo di Metz, Dietrich (p. 1 24) II di Lussemburgo, fratello de l i ' arcivescovo Adalbero 1 68
di Treviri e della santa Cunegonda, combatté persino lo sposo di lei, Enrico il Santo (p.
39 ss.). In generale però i vescovi favoriti dal la pol itica imperiale erano naturalmente
schierati dal la parte del sovrano, il quale li all ineava consc iamente - come dappertutto,
in questo caso in Sassonia (p. 1 3 1 ) - a far da contrappeso ai potentati temporal i . 1 0
Nel 1 046, mentre si estendeva i l confl itto tra i l conte Dietrich IV d ' Ol anda ( 1 029-
1 049) da un lato e l ' Impero coali zzato con la Chiesa imperiale dal l ' altro, i l sovrano
scese personalmente in campo. Eg li aveva solennizzato la Pasqua a Utrecht, dopodiché
strappò al margrav io un di stretto e festeggiò la Pentecoste in Aquisgrana. Ma Dietrich,
1 24 L ' imperatore Enrico III, il "pio portatore di pac e "
l ' anno dopo, s i coal izzò col conte Balduino V di Fiandre ( l 03 5 - 1 067) , contro i l cui
padre Balduino IV già Enrico i l Santo era stato in guerra. Questi fece causa comune
con Goffredo i l Barbuto, duca de l i ' Alta Lorena, che oltre ad altri colpi osti l i al re
saccheggiò e bruc iò nel l ' ottobre del 1 047 Verdun; in tale azione andarono distrutti
anche il tesoro della chiesa e l ' archivio, a cui seguì una grande calam ità. Ma Goffredo
risarcì rapidamente la chiesa, che dovette pur sempre riconoscere la sua pretesa sulla
contea di Verdun, con elargizioni fondiarie e altre importanti donazioni. In più, si adat
tò anche a fare penitenze; e pare anzi che stri sciasse sul pav imento fi no al l ' altare più
alto del duomo, dove si fece persino flagel lare.
Il conte Dietrich d ' Olanda affrontò decisamente i vescovati limitrofi , in particolare
quello di Utrecht, che si arricchiva a sue spese, come del resto le altre signorie religiose.
Enrico III attaccò per l a seconda volta l 'Olanda in gran parte sommersa dalle inondazio
ni, ma venne respinto con gravi perdite. I l grande centro imperiale di Nimwegen, ricco
di edifici - e nel 1 03 6 sede delle sue nozze con Gunhild d ' Inghilterra - fu divorato
totalmente dalle fiamme; molti borghi imperiali e il vescovato di Liegi furono spinti alla
capitolazione. A Dietrich d ' Olanda, nondimeno, i grandi pastori Bernolfo di Utrecht,
Dietwin di Liegi e Adalbero III di Metz, insieme con altri nobi l i caval ieri , tesero nel
rigido inverno del gennaio 1 049 un ' imboscata presso Dordrecht e lo tolsero di mezzo. 1 1
169 Solo in forza di molteplici sostegni dal i ' esterno, sia m i l itari che ecclesiastici, Enrico
III ebbe la meglio sul suo pericoloso antagonista. Alla fine la guerra assunse dimensio
ni europee. I re Sven di Danimarca e Edoardo d ' Inghilterra prestarono aiuti navali
contro i l conte di Fiandre e papa Leone IX, dopo aver soggiornato parecchie settimane
al fianco di Enrico (fatto decisivo per le sorti della guerra), lanciò la scom unica su
B alduino e Gottfried il Barbuto. Così , nel l ' estate 1 049, prima Gottfried e poi B alduino
deposero le arm i .
Fino al l 05 1 Gottfried restò in carcere presso l ' arc ivescovo Eberardo di Treviri (che
dieci anni dopo sarebbe stato a sua volta ridotto in prigionia); in seguito a Goslar, nel
santo giorno di Natale, avrebbe diretto l 'esecuzione a morte di "heretic i " condannati,
oriundi della Lorena. Nel 1 054 avrebbe suscitato sorpresa con un colpo di scena inau
dito. Malgrado la disapprovazione di Enrico, Gottfried sposò infatti la sua consangui
nea Beatrice, figlia di Federico I I del l ' Alta Lorena e vedova del potente margrav io
Bonifacio di Tuscia, assassinato nel l 052; di conseguenza, Gottfried avrebbe avuto per
un decennio un ruolo di primo piano, non suscettibile di contestazioni da parte del re,
proprio in Ital ia, dove suo fratel l o Federico sarebbe diventato addi rittura papa col nome
di Stefano IX.
Ma Balduino attaccò di nuovo nel l 050 e si annettè anche lo Hennegau; in conse
guenza di ciò, tuttav ia, Enrico, dopo essersi procacciato a Maastricht la testa del santo
Servazio, i rruppe con ingenti forze nelle Fi andre e le devastò quasi fino a Valenciennes,
ri uscendo anche stav olta a frenare, solo tem poraneamente , l ' i mpeto espansivo di
Guerra contro Polonia e Boemia 1 25
Nella conti nuità con l ' imperatore Ottone I I I , Enrico cercò d ' incl udere sotto il propri o
dominio Polonia, Boem ia e Ungheria, di conservare la pos izione egemonica del l ' Im
pero e di creare, nel contempo, nuovi spazi d ' i ntervento m i l itare.
Il rafforzamento della Polonia doveva essere fonte di perenne irritazione per i signo
ri tedeschi, e l ' i ncoronazi one regale di Boleslao I e di Mieszko Il, nel l 025, sembrò
una provocazione davvero intollerabile. Già Enrico il Santo aveva condotto tre grandi
guerre contro i polacchi (p. 52 ss.), tra cui sette spedizioni tra il l 004 e il l O 1 7 sotto i l
s u o personale comando. I l s u o successore Corrado I I fu per tre volte personalmente,
nel l ' arco di quattro ann i , alla testa di u n ' invasione contro la Polonia, alla quale in un
trentennio - tra il 1 002 e i l 1 032 - furono dedicate non meno di quattordici spedizioni
tedesche: in media, dunque, un' invas ione ogni due anni.
Certo , questo corri sponde in tutto e per tutto ad una tradizione cristiana che risale
fino al l ' Antico Testamento. Tant'è vero che il cappellano Vipone fa sapere che "il ve
nerabile Antico Testamento ci insegna, con i l suo fecondo sforzo di rappresentare a
fondo ed esemplarmente le storie dei nostri progenitori , che dobbiamo assimil are an-
che il frutto dei nuovi eventi nel lo scrigno del nostro patri monio spi rituale. Sappiamo
bene che Abram o ha li berato il nipote Loth grazie alla guerra; sappiamo che i figli di
Israele hanno debel lato molti nem i c i . Sono davanti ai nostri occhi le battaglie del re 1 7 1
Dav ide, la saggezza d i Salom one, l ' abil ità di Gedeone e le battaglie d e i Maccabei, dal
1 26 L ' imperatore Enrico Il/, il "pio portatore di pac e "
momento che molti ne hanno scritto. "E q uesto c i viene dal medesimo autore che, con
collaudata doppiezza pretesca, glorifica sopra ogni cosa come una sorta di etica regale
l a pace e l a conservazione della pace, esaltando i l sovrano come am ico della pace
(amicus pacis) e il pacifi sta quale amico di Cristo (amicus Christi), quasi a dire luogo
tenente di Dio sulla terra: un programma in cui Enrico III "si riconosceva profonda
mente" (Boshof). 1 3
Non stupisce, dunque, che alla rapida ascesa della Polonia seguisse la sua ancor più
repentina caduta, i l m i sero fi asco dello stato fondato dai Piasti . M iesko I I , avendo
contro di sé quasi tutti i vicini, anche l ' opposi zi one del l a nobiltà polacc a - senza con
tare il parentado insoddisfatto nel l ' avvicendamento al trono - venne accerchiato da Est
e da Ovest e spodestato nel 1 03 1 . Ora, con l ' aiuto di truppe russe, e appoggiato dal i ' impe
ratore tedesco, saliva al trono il fratellastro Bezprym il quale, mentre M ieszko e il suo
fratel l o più giovane Ottone fuggivano in Boem ia, s i m ostrò subito arrendevole al parti
to tedesco. Ottone fornì a Corrado I I I sia la corona sia le insegne real i , m a fu ucciso già
dopo pochi mesi . Vero è che ora Mieszko poté rientrare, ma solo come uno dei tre
regnanti al potere, due dei quali morirono assai presto, ancora prima di l u i (cfr. p. l 05 ) .
Dopo la morte di Mieszko II, g l i succedette s u o figlio Casimiro I , i l Restauratore
( l 034- 1 05 8), in qualità di duca del l a Polonia, sconvolta d ' ora in poi da insurrezioni ,
crisi e guerre senza tregua. Così il principe di B oem ia Bretislao I, che nel l 029 aveva
già conquistato l a Morav ia, approfi ttò del momento per invadere nel l 039 anche la
Polonia, avendo al suo fianco il vescovo Severo di Praga, ordinato nel 1 03 1 dal l ' arc i
vescovo di Magonza B ardo, i l quale si distinse in modo particolare. I d u e occuparono
di concerto la S lesia, devastando la regi one fino a Gnesen. M isero a sacco v i l l aggi
indifesi, riducendoli in cenere, espugnarono borghi e rasero al suolo anche città d ' una
certa grandezza, come Cracovia.
A Gnesen, la c ruenta spedizione bel l ica si trasform ò poi in un devoto pelleg rinag
gio. Nella città di Gnesen , infatti , si trovava i l sepolcro del santo Adalberto (V 5 5 1 ss.);
e q u i , certo non senza qualche aiuto del vescovo Severo, si verificò un m i racolo, per
172 cui si fece un digiuno di tre giorni, pregando, facendo penitenza e rapinando alfine
non senza l ' approvazione del corrotto papa Benedetto IX - le reliquie di Adalberto e di
altri m artiri del l ' anno 1 004. Tanto bottino venne fatto g iungere e distribuire a Praga,
con più di cento carri carichi di refu rti va e una m assa di prigionieri , tutti con le mani
legate e i l collo aggiogato.
Cosma di Praga (morto nel 1 1 25 ) , il sacerdote sposato e decano della l ocale bas i l ica,
per il q uale i polacchi c attolici sono "nem ici m ortali" al pari dei cattolici tedeschi,
annovera questa grandiosa traslazione dei santi - nella prima cronaca del suo paese,
fondamento e durevole istituzione di "tutta l a storiografia boema medievale" (F. Graus)
- tra gli avvenimenti più gloriosi del la storia della Boem ia. Dal i ' altro l ato, la più antica
cronaca di Pol onia ascrive la medesima traslazione alle m aggiori calamità del l a storia
G uerra contro Polonia e Boemia 1 27
polacca. E noi riconosc iamo in essa la morale cristiana di molti seco l i , i l pensiero
pervertito del ! ' Occ idente : quanto poco importasse ai suoi governanti , cioè, di ridurre
con la violenza m igl iaia di persone vive a cadaveri , e quanto importasse invece - alle
genti plagiate da costoro - possedere una m anci ata di chissà qual i vecchie salme, ossa,
ossicini, solo che fossero considerati "santi " !
Il vescovo Severo, cercando d i val ori zzare anche ecclesiasticamente l a Boem ia or-
m ai adulta, patroc inò presso il papa tusculano Benedetto IX la promozione di Praga a
sede metropolitana, promovendo la creazione di una propria chiesa regionale che avrebbe
comportato il distacco del vescovato di Praga dal l ' unione metropolitana di Magonza.
Ma ciò che, alcuni decenni prima, era ri uscito a Polacchi e Ungheresi, non riuscì ora ai
B oem i . E quando Enrico I I I volle vendicare l ' aggressione di Bretislao alla Polonia che
stava sotto l ' egemonia tedesca, Bretislao prima si dette per vinto, consegnando in ostag-
gio suo figlio Spitignew, e poi si riarm ò contro Enrico, coal i zzandosi nel contempo con
l ' Ungheri a. Così il re tedesco invase la B oem ia nel l ' agosto del l ' anno successivo con
due eserciti, proprio mentre grandi inondazioni nei terri tori imperiali costavano l a vita
a molti sudditi . Nondimeno il conti ngente da lui guidato e quello proveniente dal la
Baviera, subirono una grave disfatta, la perdita di molti cavalieri e capi, tra cui una
serie di vassal l i regal i : i l conte Regi nardo, il m aggiordomo e alfiere di Fulda, nonché la 173
maggior parte dei combattenti di quel monastero. Di contro, le truppe provenienti dal
nord, sotto il margrav io Eccheardo di Meissen e il santo arcivescovo Bardo di Magonza
(festa il 1 5 gi ugno) avevano aperto, corrompendo i l conte Prikos, i passi del la regione;
così sbaragl iarono col ferro e col fuoco tutto ciò che si opponeva loro. 14
L' anno dopo, B retislao si mostrò pronto a trattare, ma il sovrano tedesco insistette
per una resa incondizi onata; e avanzò nuovamente puntando su Praga con due col onne
arm ate, una delle quali era condotta ancora dal m argrav io Eccheardo e dal santo B ardo.
Anche stavolta "devastò tutto con incendi e rapine" facendo attaccare anche la Mora via
e costringendo i l boemo a l l a capitolazi one "per forza di c arestia" ( Ermanno di
Reichenau) ; ma non prima che i l vescovo Severo fosse intanto passato dalla parte del
l' imperatore .
Raccontano gli "Annal i di Altaich" che B retislao suppl icò il permesso "di arrender
si col suo regno e i suoi, cercando la grazia del l ' imperatore , come piacesse a l u i e ai
suoi ". In realtà, Breti slao ebbe licenza di teners i la S lesia, ma non i frutti del suo bottino
polacco. Dovette pagare i tributi arretrati e riconoscere la suprem azia tedesca. Dovette
inoltre mettere a di sposizione cinque ostaggi : un figlio per ciascuno dei quattro grandi
del lo stato, più uno dei suoi figli, consegnandol i con la dichiarazione che il re , in caso
di inosservanza dei patti , aveva facoltà di ucc iderl i nel modo a lui più gradito. 1 5
Come già contro la Boem ia, Enrico III cercò di estendere la sua posizione egem onica
anche nei confronti del l ' Ungheria.
1 28 L ' imperatore Enrico III , il "pio portatore di pac e "
ENRICO, "IL PIO PORTATORE DI PACE", MUOVE GUERRA ALLA CATTOLICA UNGHERIA
Dopo l a morte di suo figl i o Emmerico, Stefano I aveva designato a succedergli sul
trono suo nipote, fig l io del doge di Venezia Pietro Orseolo. E dopo l a morte di Stefano
174 nel 1 03 8 , gli succedette infatti sul trono Pietro ( 1 03 8 -4 1 , 1 044-46), il quale proseguì
nel l o stile del santo. Preferì pertanto gli stranieri , fu ingiusto, vi olento, sostenne la
B oem ia contro Enrico I I I , devastò personalmente, nel l ' i nverno del 1 039/40, la m arca
orientale bavarese, "con razzie, incendi e rastrellamenti di prigionieri " (Erm anno di
Reiche-nau) e mosse guerra nel 1 040 alla Bulgaria bizantina.
Ma poiché Pietro aveva provocato anche in politica interna svariati disordini, con
una rivoluzione di palazzo si elesse re Aba-S am uel ( 1 04 1 - 1 044 ), cognato o nipote di
Stefano I . Non passò molto che l ' usurpatore, favorendo i sudditi l iberi , finì per i rritare
sempre di più aristocrazia e clero, in parti colar modo il santo vescovo Gerardo di Csamid;
il quale gli imputava l ' assassinio di molti avversari ; la qual cosa si sarebbe potuta
rinfacc iare senza dubbio ad innumerevoli teste coronate, non solo di quel l ' epoca. Ora,
avendo Pietro Orseolo, espulso dal i ' Ungheria nel l 04 1 , sollecitato l ' intervento del so
vrano tedesco, Aba-Samuel - "il tiranno d ' Ungheria" - con u n ' arm ata divisa in due
taglieggiò con minacce d ' i ncendi l a Baviera dai due lati del Danubio e c atturò m asse di
prigionieri . Ne seguì , però, che l ' esercito in m arc ia a nord del Danubio "fu trucidato
fino al l ' ultimo uomo"; il condottiero degli Ungari , scampato al massacro, fu deposto e
accecato da Aba-Samuel.
A q uesto punto re Enrico, i l "pio portatore di pace", nonostante due offerte di pace
da parte di Aba, approfittò del l ' invasione ungarica nel la m arca orientale e in Carinzia
per m uovere guerra all ' Ungheria nei tre ann i successi v i ( 1 042, 1 043 e 1 044) al fine di
renderla dipendente dal l ' Impero. E ciò riuscì soltanto - affermano gli Annal i del con
vento di N iederaltaich - perché Enrico, nel l a sua umi ltà, non confidò nel l a propria
forza, ma unicamente nel S ignore. Ogni vittoria era la v ittoria di l u i , ogni battaglia, a
giudizio del cronista, un giudizio di Dio. E questo nonostante che il re A ba "cercasse l a
conc i l i azione c o n l ' imperatore" (Gyorffy).
Enrico, spirito profondamente rel igioso, pac ifico e pieno di ideal i, re sacerdote pres
soché perfetto (p. 1 20 s.), incom inc i ò le sue offensive, accompagnato dal profugo Pie-
175 tro Orseolo, ancora nel l ' autunno del 1 042. Rase al suolo Hainburg e Breslavia, deva
stando intere c ampagne della reg ione e "effettuando grandi bagni di sangue" (Erm anno
di Reichenau) . Quindi fece ritorno con l ' eserc ito, innal zando lodi a Dio per i l m agnifi
co risultato. G i à l ' anno successivo penetrò nuovamente i n Ungheria, incurante del l e
ripetute e generose offerte di pace degli ungheresi, ricevendo dal loro re, c h e ottenne a
fatica un trattato, "soddisfazione, ostaggi , donazioni e la parte del regno fino al fiume
Leitha". E l ' anno dopo attaccò di nuovo, dal m omento che i l principe ungherese - c osì
dice almeno il m onaco di Reichenau - "aveva violato giuramento e trattato". Anche in
Enrico . " il pio portatore di pace " . muove guerra all ' Ungheria 1 29
questa terza guerra furono della partita diversi prelati tedeschi, tra cui il vescovo Gebardo
di Ratisbona, bel l icosissimo zio del re, il vescovo B runo di Wtirzburg, il vescovo
Adelgaro di Worm s .
Guidato da profughi ungheresi attraverso i varchi di frontiera, i l sovrano tedesco
"confidando nel l ' aiuto div ino", i l 5 gi ugno 1 044 sgom inò al primo scontro uno "scon
finato esercito di ungheresi in fuga ) asciandoli sul terreno". Lo stesso re Aba venne
"catturato da re Pietro e condannato a morte in espiazione del le sue infam ie" (Ermanno
di Reichenau ) : Pietro fece decapitare il rivale. Il vincitore Enrico I I I , invece, cadendo
sulle gi nocchia davanti ad una presunta reliquia del l a Santa croce, insieme a tutti i
prìncipi e agli al tri com battenti , non mancò di inviare al Santo Padre la corona e la
lancia dorata del l iquidato rivale. 1 6
Un ruolo particolare, non solo nella guerra d ' Ungheria, l ' ebbe il già ricordato ve
scovo Gebardo III di Rati sbona ( l 036- 1 060), un fratel lastro del l ' imperatore Corrado
I I , parente prossimo di Enrico I I I , imparentato anche col futuro papa Vittorio I l . In
gioventù, rinchiuso contro la sua incl inazione nel convento del duomo di Wtirzburg,
Gebardo ne era scappato, m a fu poi suo malgrado costretto a farsi monaco. Da prelato,
com batté nelle guerre imperi ali in Boem ia e in Ungheria dove, nel 1 050, condusse di
propria ini ziativa addi rittura una "guerra privata". Anche l ' anno successivo fu alla te-
sta di un eserc ito che penetrava a nord del Danubio e, poiché gli Ungheresi non si
difendevano, ne trasse un cospicuo bottino. In seguito i suoi inv asero saccheggiando e 176
bruc iando anche i l territorio del l ' impero, dove i l vescovo Gebardo era pure implicato
in conflitti, complotti e continue liti proprietarie, essendo tra l ' al tro coinvolto in dure
contestazioni col monastero di S. Emmerano, di cui aveva cacc iato l ' abate Ricolfo
(Richbold) con tutti i suoi monac i .
C h i era dunque Gebardo di Ratisbona? N ient' al tro che una pecora nera? Passiamo
brevemente al vaglio, ma senza tral asc iare nessuno, i suoi confratel l i che l ' avevano
preceduto e che gli succedettero, secondo i l giudizio complessivo del teol ogo e storico
cattolico Ferdinand Janner, i l quale avrebbe am ato tanto scrivere (e spesso lo ha pure
fatto) la sua opera fondamentale - la "Storia dei vescovi di Rati sbona" in tre volumi
nel modo che si intui sce quasi ad ogni pagina, cioè come storia di santi uom ini. Rig uar
do a Gebardo I (995 - 1 023 ): "Bramosia di averi e di dom inio". Su Gebardo II ( 1 023-
1 036): " . . . certamente non al di sopra di ogni biasimo". Circa il successore di Gebardo
III, Ottone ( 1 06 1 - 1 089): "non trov iamo traccia di provv idenze a favore della diocesi ;
per contro, il vescovo si fa conoscere come cortigiano in beceri accampamenti , come
uomo d ' arme in di verse spedizioni di iniqua violenza" . . . virtù per le quali Dio lo lasciò
guidare la diocesi per quasi trent ' anni ! Quanto a Gebardo IV ( l 089- 1 1 05 ), fatto fuori
da uno dei suoi, Janner conclude: "Per 1 6 anni egl i ricoprì la funzione di pastore nel la
diocesi di Ratisbona in modo davvero pietoso." 1 7
Quando i l conte Vasul, dopo una fal lita rivolta contro Stefano i l Santo, venne acce-
1 30 L ' imperatore Enrico Il/, il "pio portatore di pace "
cato e i suoi tre figli furono scacciati (tra i quali Andrea I, re dal 1 046), g l i oppositori
del v assal lo di Enrico I I I Pietro Orseolo richiam arono in patria Andrea. Questi giunse
durante un ' i nsurrezione di pagan i ; si servì di l oro per i suoi fini e poi li elim inò per
rientrare nuovamente nelle condizioni poste da S tefano e mettersi al fianco del ! ' impe
ratore tedesco. Orseolo s i era brusc amente d i stan z i ato dal partito del l ' eversione
anticristiana e si era fatto incoronare dai vescovi cristiani re d ' Ungheria; aveva fatto
giustiziare parte dei ribel l i e vietato il paganesimo sotto pena di morte, i l che coinc ide
va appieno con la politica tedesca. Eppure il re cristiano fece accecare anche il suo
cristiano predecessore Pietro Orseolo i ns ieme ai suoi fig l i : e i l re Pietro soccombette
poco dopo alle proprie ferite. 1 8
1 77 Tutto c i ò accadeva in un'epoca di grandi difficoltà econom iche, di rincari del costo
della vita, di un i nverno insolitamente rigido, fitto di forti nevicate e gelo i ntenso. Una
paurosa m oria di bestiame infuriava accanto ad una c arestia che si protraev a da anni ,
"peggiore di ogni epidem ia". Tal i calamità si estesero per tutta l ' Europa occidentale e
centrale e costarono la v i ta a migl iaia e migliai a di persone. In B oem ia, stando ad una
notizia annal istica del ceco Cosma, perì un terzo del! ' i ntera popolazione. 1 9
Per quanto strano possa sembrare , definire i l "motivo centrale" di Enrico I I I come
"la preoccupazione di ottenere e conservare l a pace" (Boshof) , ove non s ' i ntenda con
questo all udere proprio alla guerra - come con l a ritrita, ipocrita frase, dal suono così
som igl iante, dei pol itici d ' oggi e dei l oro simili -, non meno stravagante appare un ' isti
tuzione del ! ' epoca a cui s i riferiscono direttamente g l i sforzi "pacifi stici" di Enrico: il
cosiddetto "movimento per la pace di Dio". Questo, che doveva subentrare al l ' epoca
delle violenze con nuovi comportamenti , consoni con la predicazione di Cristo, venne
di secolo in secolo trasfigurato dal la storiografi a (cattolica) e fu oltremodo esaltato, per
esempio come "una delle più grandiose e più umanitarie i stituzioni del Medioevo"
(Wetzer/Welte), laddove la ricerca più recente si lim ita a compendiare laconica: " Le
conseguenze pratiche . . . furono piuttosto scarse" ( Boockmann). 2 0
mente esposti a rischi mortali; ne erano v ittime i grandi del l a politica, per esempio,
sotto Enrico III, Bonifacio di Tuscia oppure, i l 5 m aggio, nel l ' anno della morte del
l ' imperatore, i l nobile Dedo, conte palatino di Sassonia, ucciso da un prete di Brema;
in questo caso non si perseguì nemmeno l ' assassino perché (così fu detto) la sua stessa
vittima avrebbe voluto ri sparm i arlo.
Ma lo stesso re e imperatore non era al sicuro da attentati ; anche e soprattutto in
Sassonia, dove Enrico III elesse a propri a principale residenza la prosperosa città di
Gosl ar, fiorente per i suoi ricchi giac imenti d ' argento - in quel tempo i m igl iori d ' Eu
ropa -, facendone la "residenza sali ca" e fondando altresì il duomo e la residenza palatina
dei santi Simone e Giuda affinché ivi si radunassero i suoi cappellani di corte. In più,
era la Sassonia dove egli privilegiava soprattutto la Chiesa, spec ialmente i vescovati di
Hi ldesheim e di Hal bersatdt, quasi sommergendol i con donazioni, colmandoli di privi
legi e franchigie di dogana, di moneta, di tribunal i , di una serie di contee; la Sassonia
dove l u i , contro i duchi del l ' opposizione dei B i l l ungh i , appoggiava e prom uoveva i
piani del l ' ambizioso arc ivescovo Adalberto di Amburgo-Brema ( 1 043- 1 072) e dove
infine, ma certamente non da ultimo, eg l i rafforzava costantemente anche le proprie
posizioni egemoniche sulla regione del lo Harz, ampliando sistematicamente il patri
monio del l ' Impero contro g l i interessi dei m agnati .
Proprio in Sassonia dunque, nel l ' autunno 1 047, alla corte regale di Les um , Enrico
III scampò fortunosamente ad un attentato, organi zzato probabilmente da Thietmar,
del la fam iglia dei B i l lungh i . Il conte, un fratel l o del duca Bernardo I I , in legittimo
duel lo fu ferito così gravemente dal l ' accusatore, i l suo vassal lo Arnoldo, che morì tre
giorni dopo. (In seguito, un figlio de II ' ucciso fece appendere Arnoldo per le gambe tra
due cani feroc i , )asc i andolo che lo mordessero fino al la morte.)
Ancora poco prima che se ne andasse, nel 1 05 5 , quando non aveva compiuto i 39
anni , un complotto d i prìncipi attentò nuovamente al la corona e alla vita de li ' imperato-
re : tra gli al tri , il duca Corrado I di Bavi era, il duca Goffredo il Barbuto (p. 1 22 s . ) e i l
vescovo Gebardo III di Ratisbona (p. 1 29 s . ) . Lo zio d e l monarca, c h e tentò invano d i
negare, com parv e di nanzi a d un tri bunale di prìncipi e arrestato. Ma fu presto rimesso 1 79
in l i bertà e fu di nuovo vescovo di Ratisbona, mentre si condannò a morte uno dei suoi
complici - i l facoltoso laico Richwin della m arca orientale - al quale furono confiscati
tutti i beni. 2 1
In questo mondo selvaggio, lacerato da continue macchinazioni, da lotte di posizio
ne, strazi ato da faide e guerre - un mondo genuinamente cristiano - ecco che di versi
"portatori di potere", soprattutto vescov i del tardo decimo secolo, introdussero nel la
Franc ia meridionale (spec ialmente in Aquitania, dove pare che i l terrore dei ceti arm ati
dilagasse più che altrove) un tipo di pace davvero singol are . Nel tem po il movimento
ebbe denom inazioni differenti, quali pax, pactum pacis, restauratio pacis et iustitiae,
pax et treva Domini, dal le quali in seguito, verso i l 1 040, scaturì il nome abbreviato di
1 32 L ' imperatore En rico III, il "pio portatore di pace "
"pax Dei", pace di Dio. Differenti erano, comunque, le forme e i tem p i , come pure gli
spazi , le località e i gruppi umani. Interessante i l fatto che i l clero, ora, si appoggiava
non solo allo Stato come complesso sociale, m a entrava in contatto immediato con
l ' ordine caval leresco; anzi, un papa come Gregorio VII ne fece uno strumento contro
lo Stato, mandandolo addirittura in guerra contro di esso. 22
Nel primo terzo del l ' XI secolo, agl i albori del l ' età dei Sali, il movimento della "pace
di Dio" - promosso dal re di Franc ia, che se ne riprometteva un rafforzamento del la
propria posizione - muovendo dal l ' Aquitania si estese al Nord del l a Francia e alla
Borgogna ed infine alla Spagna, ali ' Ital ia e ali ' interno del l ' Impero tedesco. E qui, ap
punto, a partire dal 1 043, pare che infl uisse sulle "misure di pace" del l ' i mperatore
Enrico I I I , "e prec isamente nel senso di un potenziamento verso un complessivo pro
gramma di pace" (Reinhold Kai ser) . Passò tuttavia propriamente nei terri tori imperiali
solo dopo i l l 080, allorquando apparve diviso e l iquidato da ininterrotte bel l i geranze .
Sorge quindi i l noto i nterrogativo di Cicerone : cui bono? A chi g i ova? Che resta
sempre la "dom anda centrale della criminologia circa il m ovente nel l ' i nvestigazi one di
un delitto" (Duden) . E forse ai uta a progredi re la nuova problematica dom anda: chi ha
iniziato la (divina) q uestione una volta accantonato il buon padre celeste?
Non v'è dubbio: più di tutti l ' ordine episcopale. In un ordinamento "in via di deca
denza", esso intendeva in prima linea salvare i propri colossali beni ecclesiasti c i , tut-
ISO t ' i ntera la sua ricchezza. In questo l ' episcopato non pensava ovviamente solo a se stes
so, niente affatto; si preoccupava invece proprio dei suoi beneam ati v i c i n i , più di tutto
degl i "i nermes pauperes", le inerm i masse depauperate, derel itte. Erano in effetti g l i
affamati , i reietti , gli oppressi , le vedove, gli orfani e g l i indifesi a trovarsi sempre p i ù
v i c i n i c h e mai ai potenti ! In breve, quei pacta pacis furono in ori g i ne un atto "pro
dom o sua " del l ' alto clero; costitui vano una sorta di gi ustizia soc iale di vescovi e abati ,
che si poteva spiegare - in senso rettamente pastorale - come pio dovere di protezione
e di cura dei pastori a v antaggio delle pecore. 2 3
Coi gerarchi, naturalmente, anc he l ' alta nobiltà - segnatamente la c lasse dei prìncipi
al potere - lanc iò od estorse la pace di Dio, oppure la conclusione di i n i ziative regiona
li di pacificazi one, dato che i potenti cosiddetti temporal i avevano da trame non m i no
re profitto. Certo, le perenni "gesta inique" dei piccol i "seigneurs", c i oè dei cavalieri
predoni subalterni e le l oro querele private , per così dire, dovevano per forza m ettere a
repentag lio le azioni dei Grandi crim inal i , le loro faide e spedizion i , l a pec u l i are ege
monia dei potenti , dei "magnati". Già nel 789 Carlo I aveva probab i l m ente proibito le
faide, argi nandole tuttavi a di sicuro con un capitolare del l ' anno 802 con l ' em issione
del bando reale. In ogni caso i Grandi, dovendo rivaleggiare non solo coi loro pari ma
altrettanto con l a bassa nobiltà, non meno bramosa di faide, si serv i rono del l a pace di
Dio a vantaggio della propria brama di potere. 24
Da tempi immemorabi l i , infatti , la faida ricorrente nelle tribù germaniche - come
La "pace di Dio " . . . e chi se ne avvantaRRiò 1 33
pugnava spesso per fini più interessati ed egoistici , tanto che i sacerdoti erano alla testa
delle truppe.
A suo tempo, l ' arci vescovo di Bourges, Aimone di Bourbon ( 1 030- 1 070) - da ricor
dare che nel XV secolo un mem bro di codesto casato principesco, Charles de Bourbon,
sarà eletto arcivescovo di Lione ali ' età di dieci anni e confermato dal papa - s i procac
ciò così un esercito privato insieme coi suoi suffraganei. O ltre ai "milites", ne faceva
parte anche uno schieramento popolare, qualcosa di simile ad un "Volksturm " , ovvero
una m i l i zia popol are in cui (anche questo riporta alla memoria l a dittatura di H itler e la
Seconda Guerra mondiale) persino i fanciulli erano tenuti a combattere, appena com
piuti i 1 5 ann i . Ebbene, i "com battenti per l a pace di Dio" non devastarono solo il
territorio, m a diedero pure alle fiamme i l borgo di Benecy con 1 400 abitanti . Contro la
piccola teppaglia di ladruncol i , le "pax-m i lizie" de l i ' arcivescovo Aimone erano infatti
invincibi l i . Ma quando questi ci s i provò con uno dei più potenti signori del Berry, Odo
di Déols, gli toccò subire una tremenda disfatta il 1 9 gennaio del l 03 8 , nel la battagl i a
di Cher, dove perdettero l a vita più di 700 chierici.
Analoga sorte toccò, una generazione più tardi, all ' esercito diocesano del vescovo
Arnaldo di Le Mans, una città dove nobiltà, borghesia a clero, durante i l secolo X I ,
v i vevano in perenne confl itto. È chi aro, d ' altronde, c h e questa c ampagna di pace del
l ' arc i vescovo di Bourges ( e dei suoi colleghi) "serviva in ultima anali s i a rinsaldare
l ' egemonia arc i vescov i le", tanto che nel l ' arcidiocesi di Bourges si seguitò a far com
battere la popolazione non caval leresca fino al XIII secolo "per la causa della pace
arc ivescovile" (R. Kaiser).
Naturalmente non era solo dal clero e dal popolo che i prelati recl utavano schiere di
armati. Essi prelevavano anche appositi tri buti, e va da sé che si trattava di contributi
"pro pace"; a parti re dal XII secolo il tributo commune pacis ( i l francese commun de
paix), ossia una tassa di pace che sussisterà fino al tardo Medioevo (doc umentata, s otto
183 altro nome, anche in Spagna) con cui i capi rel igiosi fi nanziavano unità o forti ficazioni
funzional i alle operazioni bel l iche.
Più in generale, forse l a cosa più importante, la pace c lericalmente organi zzata ser
viva nel contempo alla guerra, alla professione del l a guerra, organi zzata in forme
chiesastiche. Perché in effetti : "Le m i sure contro i sabotatori del l a pace, spesso previ
ste negli statuti della pace d i Dio, non producono nient 'altro che una nuova guerra,
questa volta preordinata dal la Chiesa stessa". E generano in più anche una guerra pilo
tata dal la Chiesa, ovvero una "guerra alla guerra", una "guerra di pace", nel l a quale si
arruolavano i parroc i con le loro bandiere, croc i e stendardi. Da una parte come dali ' al
tra, i n realtà, i violatori della pace venivano esclusi dalla Chiesa.
Per la verità, il papato, a cui ora ci dedicheremo contestualmente per un periodo
piuttosto lungo, accettò solo con molte rise rve la pace di Dio. Il prim o d i q uesti papi fu
184 Urbano II, nel 1 095 - poco prim a che iniziasse la prima Croc iata ! 2 5
Note 1 35
NOTE
Vipone Prol . , c . l
Fleckenste i n , Rex Canonicus 63
Schnith, M i tte l a l t e r l i c h e He rrsc her 1 9 7 , 200
H K G I I I/ l , 289
Vipone c. 23 s. L M A IV 2 0 39 s. V 1 3 4 3 . H EG I 7 2 3 . II 40. S t e i n d o rff I 47 s s . H a u c k I I I 5 7 6 s s .
Fleckenste i n , R ex Canonicus 6 3 . H l aw i tschka, Vom Frankenreich 1 64 . S c h n i t h , Kaiser Heinrich
III. 1 96 s . H u s c h ner, Heinrich III. I l i . Struve 2 1 9 . S c h u l ze , Hegemoniales Kaisertum 374 s . K .
S c h m i d , Zum Haus- u n d Herrscha.fisl'erstiindnis der Salier 3 1 . S t ormer, Bayern u n d der hayerische
Herzog 5 1 3 ss. Di kkerhoff 447 . F u h rman n , Deutsche G eschichte im hohen Mittelalter 53
Vipone c . 2 1 ; 28; 33. Adam v. B r. 3,5 s . LT hK I 1 3 9 . L M A I 97, I I I 1 609 s . V I 1 2 9 1 s . Meyer v.
Knonau I I 1 24 , 1 2 8 . Gregoro v i u s 1 1/ 1 , 45 . S u l l e i mponenti donazioni d i Enrico I I I a favore d e l l ' al
t o c l ero si v e d a spec i a l me nte S te i n dorff 7 8 s s . 8 5 s s . 90 s s . 9 8 s . l O l s s . e a l trove. C fr. i n o l tre
Goetting 268 s. Gregoro v i u s I I/ l , 45. Hauck I I I 5 7 5 , 5 8 0 . Flekkenste i n , Rex Canonicus 6 3 . Tri l l m i ch,
Wip o . Taten Kaiser Konrads Il. 5 8 4 nota 236. B o s h o f, Die Salier 9 3 s . 1 07 . K e l l er, Zwisch en
reg ionaler B egrenzung 7 1 , 1 2 1 s . H u s c h n er, Heinrich III. 1 06 s . F u h rman n , Deutsche Geschichte
i m hohen Mittelalter 5 3 . - Per q u anto concerne l ' asces i , C l u n y e l a riforma, s i tenga ben presente
che i monaci d e l l a re g i one non erano certamente i m m u n i da i n c l i n a z i on i b u o n g u s taie e d a l l a m o l
tep l i c i tà d e l le portate. "È a C l u n y che l ' Europa ha i m parato a m a n g i a r bene ! " . Cfr. a n c h e van
Winter 91 s .
Taddey 504. L M A I I I 8 0 7 , IV 2040 ( S truve ) , V 1 6 5 , V I 1 9 70. H K G I I I , 2 8 9 . H E G I 7 2 4 . Steindorff
l a s. l O s s . Meyer v. K n o n a u I l . Flekkenste i n , Re x Canon icus 6 3 . Wo lter 362 s. H l aw i tschka, V om
Frankenreich 1 6 5 s. S c h u l z e , Hegemon iales Kaiserreich 3 7 4 . B o s h o f, Die Salier 9 2 s s . 9 6 .
F u h r m a n n , Deutsche Geschichte im hohen Mittelalter 5 1 . S c h n i t h , Kaiser Heinrich 111. 1 96
Wo l te r 362 s .
L a m p . A n n . l 0 5 6 . LT hK X l 94 1 s . L M A I I I 807 . S t e i n dorff I 26 s s . , 3 9 , 47 s s . I I 3 4 0 s . H a u c k I I I
5 7 3 s . H a l l e r I I 2 0 1 . H l aw i t s c h k a , Vom Frankenreich 1 63 . K e l l e r, Zwischen reg iona/er Begremung
75. Boshof, D i e Salier 96 s . Fuhrmann, Deutsche G eschichte im hohen Mittelalter 5 3 s s . Ved i
anche l a n o t a seguente
10 Lamp. A n n . 1 044 s s . Herm . v . R e i c h . 1 044. A n n . A l lah. 1 044. LMA I 66 1 s. 1 3 70 s. I I I 8 0 7 , 1 02 3 ,
l 0 3 0 , I V 9 5 0 , 1 60 l , V I 2 5 s s . 5 8 6 s s . H E G I 7 2 6 . B re B l a u I I 84 s s . 1 7 6 s s . l 9 7 s s . S te i ndorff I 2 8 2 .
K o h l e r 4 6 s s . 5 4 , 5 6 . S c h u l ze , Hegemon iales Kaisertum 3 8 3 s . H l awitschka, Vom Fra nkenreich
1 64 s . B o s h o f, Lothringen , Frankreich und das Reich 63 ss. 66 ss. 69 s s . 7 2 ss. 8 7 ss. Idem, Die
Salier l 01 ss. 1 1 5 . H u schner, Heinrich Ili. I l i . S c h n i t h , Kaiser Heinrich Ili. 1 97 . Kel ler, Zwischen
reg ionaler Begren zung 8 1 . Fuhrman n , Deutsche Geschichte im hohen Mittelalter 5 2 s . Cfr. anche
M. We rner, Der Herzog \'011 Lothringen 367 s s . , specie 382 ss. 4 1 9 s s .
11 L M A I 1 3 70 s . I I I l 0 2 3 . H EG I 7 2 6 . S t e i n d o rff I I 1 5 s . B o s hof, Di e Salier l 0 5
12
Vi pone , nota l . H e r m . v. R e i c h . l 046 s. l 049 . Lamp. A nn. l 046 s. l 0 5 3 . A 1111. A ltah. l 049. LMA I
1 3 70 s. I I I 1 5 2 2 . IV 5 1 5 , 1 60 l . H EG I 7 2 6 . S t ei ndorf II 5 s s . 1 8 s s . 46 s s . 83 s . , l 06 s. 2 8 0 s. K e l ler,
Zwischen reg ionaler Begrenzung 80. B orst, Die Katharer 7 9 . B os hof, Lothring en , Frankreich und
das Reich 9 7 ss. l 03 ss. 1 1 9 ss. Idem, Di e Salier l 04 s s .
13 V i p o n e , Prol o g u s . LMA V I 6 1 7 s . K retsc hmann, Di e stammesmiij3ige Zusammensetzung 1 2 . Boshof,
Di e Salier 9 5 , 1 1 8 s s . Non potrei i m m a g i narmi n e s s u n commento p i ù azzeccato a l l e e s terna z i o n i d i
V i p o n e d i q u e l l o es presso nei due passi d i D i e t e r B i rnbacher, 1 48 , conte n u t i nel s u o saggio Das
Dilemma der christlichen Ethik: "In e ffe t t i , ciò che il teologo i m mette nel d i battito e t i c o come
p re s u n t a " p aro l a d i D i o ' , d i pe nde d a v v e ro d a ciò che e g l i , in modo personale e sogge t t i v o , ritiene
attuale e c o nforme allo s p i r i t o d e l suo tempo. Dato che l a B i bbi a non contiene sol tanto la pre d i c a
1 36 L ' imperatore Enrico III, il "pio portatore di pac e "
Dopo la morte di Gi ovanni XIX, di quel S anto Padre che con ingenti corruzioni era
assurto in un solo giorno dallo stato laico al trono pontificio (p. 96), succedette Bene
detto IX ( 1 032- 1 045, 1 047 fino al 1 048), nipote dei suoi due predecessori , dei fratel l i
Giovanni XIX e Benedetto VIII. Così, per la terza volta consecutivamente, un conte d i
Tuscolo era di nuovo assiso s u l l a cosiddetta "Cathedra Petri "; e anc ora grazie a l l e arm i
e al l ' oro, questa volta da parte di suo padre Alberico I I I . Come testimonia lo stesso
papa Vittorio III, i l clero romano v iveva "in uno stato di sconfi nata barbarie" . . . come
l ' intera Roma cristiana del resto; una condizi one che Ferdinand Gregorov ius caratte
rizza così : "tutte le strade venivano assediate da grassatori , tutti i pel legri n i spog l i ati
dei l oro averi ; nella città, le chiese erano in degrado, mentre i sacerdoti si sollazzavano
nei baccanal i . Agguati e rapine rendevano malsicure le strade, e persino nel l a basi lica
di San Pietro gli aristocratici romani i rrompevano con la spada in pugno a rapinare le
offerte che m ani devote avevano deposto sul l ' altare".
Con Benedetto IX era di ventato papa, ancora una volta, un laico; probabilmente un
ragazzino di dieci o dodici anni, e lo affermano non solo fonti coeve, ma ancora storici
del XIX, anzi del l ' ormai declinante XX secolo, come Hagen Keller. Magari Benedetto
IX poteva essere un po' più vecch io, chissà, certo è che, tranne alcuni interv a l l i forzati ,
si m antenne una dozzina d ' anni quasi incontrastato s u l Sacro Trono e fu l ' unico papa,
in ogni caso, ad occuparlo addi rittura tre volte consecutivamente.
1 87 La vita del l ' immaturo ragazzo, la cui crimi nale promozi one l ' imperatore Corrado
aveva palesemente tollerato con benevolenza per i l modo in cui egl i si accordava in
tutto con lui, som igliò presto più alla vita di un sultano che non a quella di un individuo
celibe. Per gi unta, a quanto dicono croni sti ecc lesiastic i , questo papa evocava i diavoli
con l ' ausilio di l i bri magic i , aveva frequentazioni col diavolo nei boschi, atti rava le
femm i ne con pratiche m agiche, commettendo adulterio, rapine e ucc isioni.
Ma forse non era poi tanto malvagio quanto appariva all ' abate Desiderio di Monte
Cassino, che inorridiva al l ' idea di divulgare certi particolari . La cancel leria papale
spediva in giro per il mondo pur sempre notizie edificanti, predicava il di sprezzo delle
brame terrene, la struggente nostalgia per la patria celeste. Sua santità stessa non s i
peritava di mostrare progetti matrimonial i , am biva ad ottenere manifestamente la m ano
di una parente romana e, dopo che ebbe consumato tutto quanto c ' era da consumare
mentre peste e carestia m artoriavano l ' Occidente -, papa Benedetto divenne bersag l i o
di un tentativo di om icidio. Gli ottimati di Rom a organizzarono un complotto p e r farl o
fuori sul l ' altare, non a caso per la festa degli apostol i ; ma il progetto andò a v uoto. Solo
nel l ' autunno del 1 044 una rivolta del l ' aristocrazia ri uscì a cacc iarlo, senza che fosse
però deposto formalmente. Nel gennaio del l 045 , dopo l unghe e cruente l otte tra fazio
ni, fu eletto papa i l vescovo Giovanni di S abina - manifestamente un esponente dei
Un papa fa progetti n uziali 141
Crescenzi - col nome d i S i lvestro III, i l q uale pure aveva corrotto i rivoltosi con I ' oro.
Ciò malgrado, già dopo poche settimane, preci samente il I O marzo, costui dovette
fuggire. Infatti Benedetto era rientrato dai suoi borghi sui Monti Alban i , si era ripreso
il suo sacro ufficio ed aveva scom unicato, ovviamente ed immediatamente, il rivale.
Ma poi la situazione parve anche a lui, diversamente da molti suoi predecessori , troppo
rischiosa; una nuova caduta gli sem brò troppo probabile; un prudente ritiro dal la rap
presentanza di Dio sulla terra dovette sembrargli senz'altro possibile, anzi accettabile,
quanto meno col rimborso delle alti ssime spese che la sua elezione aveva comportato.
Seriamente interessato a quest ' affare fu un certo Giovanni Graziano, il vegliardo
arc iprete di S. Giovanni a porta Latina, il padrino del papa (patrinus, ma forse anche
confessore), probabilmente un parente del la ricca banca ebraica dei Pierleoni . II con- 188
vertito ebreo B aruch prestò a Gi ovanni ingenti somme (tra 1 000 e 2000 l ibbre d ' argen-
to); i dati numerici osc il lano, la transazione fi nanziaria resta intenzi onalmente nel vago.
Certo è che, secondo la m aggior parte delle fonti, il papa - in un form ale documento di
dim issioni del l maggio l 045 - smerciò al suo padrino la sede apostolica per una
somma colossale, soprattutto, come si suppose, grazie ai ricavi de l i ' obolo di Pietro
provenienti dal i ' Ingh ilterra (p. I l i ) . Perfino Franz Xaver Seppelt, storico cattolico del
papato, vede in quel l ' affare non una rendita v ital i zia, una transazione, bensì probabil
mente "una vendita vera e propria del la dignità papale"; un caso singolare, a dire i l
vero, n e l m ondo spec iale d e l papato, ma evidentemente accettato in l arga m isura.
Alla compravendita di beni e di glorie rel igiose, comunque, la comunità cristiana
era abituata da l unghissimo tempo (p. ! 50 s . ) . Non solo, era anche avvezza al l ' elargi
zione di doni allo scopo di assicurare i cari parenti : un tratto molto umano, s i direbbe
quasi bello. Il conte Riccardo di Normandia, progenitore di quel Guglielmo il Conqui
statore così incoraggi ato dal papato (p. 1 87 ) , destinò l ' eredità del l ' arci vescovado di
Rouen al proprio figlio, due vescovati ad un nipote. Re Enrico I di Francia, i l taumaturgo,
equipaggiò la figlia con l ' abbazia di Corbie; un conte di Tolosa consolò la sua vedova
con le entrate della diocesi di Albi e del convento di S. Gil les; i conti di Barcellona
gratific arono i loro eredi con interi vescovadi. Un conte di Bretagna elevò se medesi
mo a capo rel igioso di Quimper, assegnò la diocesi in eredità al figlio, c h e p o i si sposò
ridando a sua volta l ' ufficio epi scopale al propri o figlio. Per ogni dove, insomma, com
moventi prem ure e provvidenziali sol lec itudini d ' alta nobi ltà cristiana.
Naturalmente non si era altrettanto altrui sti col "prossimo" più lontano e si vendeva
senza tanti scrupol i . Nel 1 030, per esempio, i l vescovato di Albi, venduto per 5000
scel lini. Nel I O 1 6, per 1 00000 scellini, il conte Wi lfred di Barcelona-U rgel prom osse i l
s u o omonimo figl i o di due anni a l seggio arcivescov ile di Narbonne; i l rampollo s i
sarebbe p o i dimostrato riconoscente, devolvendo a s u o frate llo la diocesi di Urge! per
la stessa somma. "In alcune reg ioni, spec ialmente nel la Francia meridionale e occiden- 1 89
tale, coi vescovadi si effettuarono vere e proprie transazioni commerciali" (Tellenbach).
1 42 l santi Padri a metà del secolo Xl
Per la sede vescov ile di Firenze pare si versassero, al l a metà del secolo XI, almeno
3000 l i bbre. Ma a suo tempo, nel l a terra del pontefice, tutti i vescovi s i diceva che
avessero comprato la loro sedicente dignità; ed ove la fonte contemporanea apparisse
esagerata, sicuramente non era così l ontana dal vero.
Nel m aggio del l 045 , comunque, in conseguenza di molteplici gravi infrazi oni al
diri tto canonico, si ebbe un altro Santo Padre: era Gregorio VI ( l m aggio 1 045-20
dicembre 1 046), uomo assai stimato, di cui s i l odava la grande devozione. Anche l u i ,
tuttavia, n o n riuscì a trovare manifestamente niente di m a l e n e l mercimonio. O avreb
be al trimenti esternato, come si dice, che aveva dato il suo bene più prezioso, il dena
ro, per la dignità più preziosa del m ondo? 1
Perfino dottori del l a Chiesa e avversari del la sim onìa, come Pietro Damiani e i l
m onaco I ldebrando - attivo nella curia sotto Gregori o V I e, quale futuro papa Gregorio
V I I , fanatico avversario del rel igioso mercato delle cariche -, in princ ipio, forse senza
preci se conoscenze del procedimento in uso, si associarono tuttavi a entus iasti al papa
simoniaco, il cui pontificato è comunque approvato anche nel catalogo dei pontefi c i .
Tutto i l mondo sembrava essere d ' accordo s u Gregorio V I , anche Odilo di C l uny, an
che il re di Francia Enrico I, ad eccezione del re tedesco Enrico I I I , assurto nel frattem
p o al trono. I l quale m osse d a Augusta, attraversò i l B rennero nel l ' autunno d e l l 046
con forti contingenti militari e - sebbene o piuttosto proprio perché già tre papi fregi avano
il palcoscenico apostolico: "Un papa preme e spinge su li ' altro", così suonava un appel
l o rivolto ad Enrico - fece eleggere i l 25 dicembre a "summus pontifex" i l vescovo d i
Bamberga, i l conte di S assonia Swidger di Morsleben, col nome d i Clemente I I ( l 046-
1 047), e s i fece incoronare da l u i , nello stesso giorno di Natale, imperatore. Anche
190 sotto Ottone III e Gregorio V, d ' altra parte, elezione papale e incoronazione imperiale
si erano susseguite immediatamente l ' una al l ' altra.
Clemente II fu il prim o di quattro papi provenienti dali ' alta nobi ltà tedesca ad essere
insediati da Enrico. I l che avvenne i nvero solo dopo che Adalberto di Amburgo-Brema
aveva rifiutato, proponendo al proprio posto i l vescovo di B amberga, suo buon am ico.
Per se stesso Enrico avocava i l potere del patri ziato, che g l i conferiva l ' ultima determ i
nante parola nel la designazione e nomina papale, vincolando di nuovo i Romani a non
eleggere alcun capo supremo del l a Chiesa senza il consenso imperiale. "Noi ricono
sciamo di essere stati dissennati, anzi piuttosto i rragionevoli, al punto da elevare a tale
ufficio dei veri idioti", dichiararono infatti in un sinodo tenuto a Roma il 24 dicembre.
Poco prima, il 20 dicembre del 1 046, Enrico convocò in un s inodo tenuto a S utri
sotto la sua presidenza i tre papi S i lvestro I I I , Gregorio VI e Benedetto IX. B enedetto,
Santi Padri: " idioti " o vittime ? 1 43
tuttav ia, non si fece vedere né a Roma né a S utri . S i lvestro fu form almente deposto e
condannato agl i arresti monastici, ma gli fu presto consentito di ritornare nella sua
dioces i . L' ex papa Gregori o, invece, giudicato colpevole di simonìa e detroni zzato, fu
bandito in Germ ania (certamente per i l suo grande seguito in Ital ia), dove fu accompa
gnato dal suo c appellano Ildebrando, un gi ovane monaco che avrà importanza per la
storia del mondo col nome di Gregorio V I I , e qui fu sottoposto alla sorvegl i anza del
metropolita di Colonia. Ma già dopo pochi mesi scomparve dal la scena, non molto
dopo che i l vescovo Wazo di Liegi ne aveva chiesto all ' imperatore la reintegrazione, a
causa di "una malattia che non fu individuata più prec isamente" (Kelly). 2
Tuttav ia anche Clemente II avrebbe fatto bene a non lasci are m ai il suo seggio
episcopale di B amberga che egli ora - in una bolla del 24 settembre, mal ato di nostal -
gia e come tormentato da catti vi presagi - vagheggiava come "colomba", "figlia fida
tissima", "sposa dolcissima" dal la quale non sopportava di essere separato. Infatti an-
che lui, che era papa soltanto perché il primo designato scelto dal i ' imperatore, Adalberto
di Amburgo-Brema, aveva decl inato l ' offerta, e poi perché - assicurano unanimi pa
recchie fonti contemporanee - a Roma non si era trov ato un solo chierico onesto, morì 1 9 1
presto. A l l ' inizio del l ' anno aveva accompagnato l ' imperatore n e l meridione d ' Ital ia e
lanciato la scom unica sulla città di Benevento, che negava l ' i ngresso ad Enrico; nel la
tarda estate dovette abbandonare Roma a causa di grav i sommosse; morì i l 9 ottobre
1 047 nel l ' abbazi a di San Tommaso di Pesaro, probabilmente "per poculum veneni". A
porgergli la coppa velenosa corse voce che fosse stato lo stesso Benedetto IX.
La salma di Clemente I I fu trasportata a B amberga e inumata nel duomo, ne l i ' unico
sepolcro papale a nord del le Alpi. E aprendola novecento anni dopo, nel 1 942, si trova
rono non solo sontuosi paramenti pontificali e, come già nel la precedente apertura del
1 73 1 , "molti capelli biondo giallini", ma anche, in seguito ad un ' anal isi tossicologica,
un notevole tasso di piombo nelle ossa. L' antico sospetto, circolante già dal l ' alto Me
dioevo, che fosse stato avvelenato, si presume da papa Benedetto, parve usci me conva
lidato. Per i restanti quattro "papi tedeschi" del tempo, Dam aso II, Leone IX, Vittorio
I I e Stefano IX, "la morte per avvelenamento appare improbabile" ( Fuhrm ann). 3
Subito dopo la morte di Clemente II tornò al l a ribalta Benedetto IX, uscito dal suo
rifugio presso Tuscolo; egli i rruppe nel la città e ridivenne papa 1 ' 8 novembre del 1 047.
Appoggiato dal margrav io Bonifacio, all ora i l più potente princ ipe d ' Ital ia, eg li offrì
fino al luglio del l 048 una terza ed ormai ultima rec ita straordinaria, osannato dal
popolino comprato e corrotto, rec itata sul Soglio dei sogli - questa volta, a dire il vero,
nel ruolo di antipapa. (Era quindi possibile essere papa e antipapa nel la medesima
persona . . . non però nel medesimo tempo ! ). L' imperatore nel frattempo designava i l
conte bavarese Poppone a vescovo di B ressanone, in Tirolo; il quale tuttavia fu intro
dotto come accompagnatore in Laterano dal margrav io di Tuscia solo dopo la pressante
minaccia di Enrico.
1 44 l santi Padri a metà del secolo Xl
Il ricchissimo m argrav io Bonifac io, duca di Tusc ia e "vero tiranno d ' Italia" - che
alla fine parteggiò per le riforme e s i fece anche flagel l are, e che pare fosse s tato parte
c ipe a Mantova, con Enrico I I I e Leone IX, del ritrovamento del "sangue di Cristo" (la
1 9 2 l infa preziosa del S ignore fu propriamente trovata "da un c ieco" e naturalm ente "dietro
divina rivelazione": parola di Ermanno di Reichenau) - fu ucc iso a tradi mento nel
1 052 da frecce avvelenate, dopo l unga e aspra tirannide. Ma già quattro anni prim a
Poppone di B ressanone, salito sulla cattedra di Pietro il 1 7 l ug l i o del l 048 c o l nome di
Damaso II, era morto i l 9 agosto a Palestrina, dopo solo tre settimane, per effetto del l a
m al aria oppure - c o m e ritengono altre fonti - per un veleno forse som m i n i strato d a
Benedetto I X . Questi , in ogni caso, gli aveva m i nacc i ato vendetta e altrettanto aveva
fatto nei confronti del suo successore Leone IX. Ma ormai s i era incrinata in qualche
m isura anche la potenza dei conti Tusculani, dopo aver dato a Roma ben c inque Santi
Padri : Giovanni Xl, Giovanni XII, Benedetto VIII, Giov anni XIX e Benedetto IX.
Fatta tutt ' al più una sola eccezione, furono cinque figuri da far rizzare i cape l l i , per non
dire personificazioni più o meno perfette di del inquenti .
È pur vero che in q uel tempo, tra i l 1 046 e il 1 05 8 , anche cinque papi tedeschi (dei
sette tedesch i presenti nel l ' intera storia dei papi) sedettero sul trono che l ' apostol o
Pietro giammai aveva occupato, e c h e alcuni di questi tedeschi scansarono i n m aniera
sorprendente. Tutti costoro ebbero pontificati stranamente brevi , assai c h i acchierati ,
che non superarono complessi vam ente i dodici anni : v i te brevi , interpretate dal cardi
nale Dam iani come conseguenza del l ' onere connesso al l ' alta carica. 4
Al conte Poppone, papa regnante solo 23 giorni, succedette un altro conte tedesco,
B runone dei conti di Egi sheim -Dagsburg, un cugino del l ' imperatore Enrico I I I , nato in
A lsazia nel l 002, col nome di Leone IX.
Il nuovo capo della Chiesa era un uomo bello, ricco, istruito, di nam ico i n m aniera
quasi febbrile e solo di rado presente a Rom a dove, durante i suoi cinque anni di regno,
ri s iedette solo per pochi mes i . Il papa - al le cui spalle già s i profi lava altissima l a
1 93 figura d i Ildebrando, allora suo subdiacono e abate di San Paol o - godeva d i u n a vasta
pubblicità grazie al suo i ncedere, al suo zelo, ai grandi viaggi (tre volte in Francia, tre
in Germania, sei volte nel meridione d ' Ital ia). Aumentò enormemente anche la corri
spondenza epi stolare; v i sono più di 1 70 documenti tramandati come appartenenti a
Leone, però "con una notevole percentuale di falsi" (Lexikonfiir Theologie und Kirche).
Il suo fu un attiv ismo addirittura sfrenato, che serviva soprattutto a fini politici, agl i
affari de l i ' Impero, al la leale col laborazione tram ite frequenti e lunghi incontri con l ' im
peratore s u o parente.
Santo e condottiero : papa Leone IV 1 45
Eppure i l santo Leone si presentò proprio così : provvedendo e si stemando ogni cosa
i n modo tipicamente cristiano. Infatti quando i romani - derubati e angariati sempre
sanguinosamente dal c acci ato papa Benedetto e dal suo seguito di Tuscolo e di altri
borghi - pretesero una delle feroci azioni di vendetta usuali tra cristian i , allora il santo
papa non volle ripagare m ale col male, bensì cercare la pace, con spiri to evangelico;
volle proprio per questi "convocare un s inodo; chi v i consente e abbandona l ' errore,
sia nostro am ico; chi non ubbidisce, sia punito come eretico". Così nell ' aprile del l 049,
appena due mesi dopo l a sua consacrazione pontificale, in un s inodo nel Laterano che
qualificò come "Si nodo del la riforma", m i se al bando, uno dopo l ' altro, Benedetto IX
insieme ai ai restanti "perfidi" e ordinò che le m i lizie romane marc iassero contro di
l oro. Di conseguenza si di stru ssero e bruc iarono senza ambagi parecchi castel l i , e si
195 devastarono i dintorni di Tuscolo, senza peraltro riuscire a conquistarl i . 6
Il santo papa, rampollo di un c asato di conti avvezzi a combattere - gente che con
sumava una faida dopo l ' altra, istituendo poi ricche fondazioni per salvarsi l ' anima,
morendo in convento, percorrendo insomma i l c lassico iti nerari o cristiano verso la
Vita Eterna - predi lesse l ' attività guerresca fin dai suoi primi ann i . Doveva essere anzi,
inform a i l suo biografo Viberto, versato a tal punto nel la pratica m i l itare, come se
questa fosse stata da sempre la sua unica occupazione ! Nel 1 025/26, durante una cam
pagna m i l itare in Lombardia, agl i ordini del suo parente, re Corrado II, i l 23enne c ano
nico del duomo di Toul ebbe i l comando delle truppe del suo vescovo infermo. E q u an
do q uesti s e n e andò, n e l 1 027, Corrado designò a succederg l i i l giovane canonico e
condottiero. Alla fine del l 048 a Worms, a coronamento della carriera, Enrico III l ' avreb
be designato papa. 7
In passato, però, il santo Leone non aveva forse visitato Roma con scarso seg uito,
scal zo e in abiti da pellegrino? Non era forse andato in pel legri nagg io anche in Pugl ia,
sul Monte Gargano? Certamente, proprio in quel glorioso luogo di grazie, strettamente
connesso con la vita m i l i tare e la guerra, che nel 1 462 - ironia della storia - s otto
l ' instancabile e bell igerante Ferdinando I di Aragona sarebbe stato teatro di guerra
contro i baroni rivoltosi e saccheggiato dal le sue truppe regolari .
Al centro del Gargano si collocava però la chiesa della Grotta, in onore del l ' arcange
lo M ichele, di questo messaggero divino spiccatamente bellicoso che porta vesti sol
datesche, munito di lanc ia, spada, scudo, che uccide i l drago e guerreggia con Luc i fero,
ed è in più stratega sul campo (archistrategos) essendo alla testa degl i spiriti beati nel l o
scontro alla fine d e i tempi . Al i ' arcangelo si attribuiscono vittorie su Greci e S l a v i ; l a s u a
immagine e i l suo nome campeggiavano anche s u l l e insegne bel liche della battag l i a d i
Lechfeld (955), considerata "grande dono d e l d i v i n o amore" (V 435 ss. , specialmente p.
439). A lui, solo in Ital ia, furono consacrate quasi 800 chiese. Leone IX, dunque, aveva
scelto bene i l l uogo di pellegrinaggio, lo stesso l uogo dal quale anche i l barese Meles (p.
75 s.) aveva propagandato l ' annessione del l ' Italia meridionale.
Santo e condottiero : papa Leone IV 1 47
Ma il papa preparò la guerra, che avrebbe concluso così rovinosamente il suo regno,
senza però intaccare la propria canoni zzazione, mediante ulteriori operazioni "religio- 1 96
se". Così la domenica del le palme, il 1 9 marzo, nel monastero di Monte Cassino (in
quel tempo una sorta di avamposto contro i Normanni), i l papa incitò i monaci che Io
acclamavano entusiasti . E una visita analoga l o condusse poi nella regione di Atina.
Azioni ancora più esplicite Leone le intraprese nel la prim avera del I 050 quando
tornò a scom unicare i cittadini di Benevento e a Melfi , la capitale della Puglia normanna,
si schierò col popolo contro i conq uistatori; e si schierò anche dal la parte del clero e dei
beni ecclesiastic i , si capisce. L'anno dopo Leone prom osse intense e ripetute agitazioni
nel meridione d ' Ital ia dove, grazie ai Norm anni, si prese ogni libertà di movimento;
eppure era già allora ferm amente dec iso a m uover l oro guerra, orm ai deciso a sterm i
narl i di concerto c o n gli imperatori d ' Oriente e d ' Occ idente, c o l re di Franc ia c o n l a
s u a soldatesca. G l i m ancava soltanto la necessari a forza m i l itare .
A tal fine intraprese, quell 'estate, il viaggio a Worms per trattare con Enrico I I I :
pretese la restituzione del l ' abbazia di Fulda e di altri monasteri e local ità, e in p i ù
guadagnò il monarca a l proprio di segno bel l ico. E anche quando l ' imperatore, incalza
to dal suo cancelliere vescovo Gebardo di Eichstatt - che sarà il prossimo papa Vittore
I I - prese di nuovo le di stanze, rigettando la politica papale di conq ui sta, Leone non si
lasc iò irritare. Proc lamò la guerra santa . . . un mero dovere pastorale. Fece di tutto per
presentare l ' aggressione come lotta di legittima difesa. Coi mezzi propri e col sostegno
dei suoi consangu i nei si diede a reclutare soldati in Germania: mercenari , avventurieri ,
vagabondi e giramondo; erano uom ini in parte messi a disposizione dai loro padroni, in
parte bramosi di bottino, che i l santo condottiero accolse con spirito "benigno e grato",
e ai quali concesse impun ità e amnistia, annunc iando l ' assoluzione dai loro peccati.
Tutto per la causa buona, l ' unica a dare salvezza: prefigurando di fatto, oram ai , un' in
dulgenza da croc iata.
II contingente m i l i tare, in parte non trascurabile una massa di delinquenti - come
evidenzia anc he il non acritico croni sta frate Erm anno di Reichenau -, insieme col
papa e con Federico, i l cancelliere della Chiesa, attraversò nel febbraio del l 053 le
Alpi , dove da un lato si aggiunsero altre truppe, soprattutto dal l o stato della Chiesa,
dal l ' al tro fu revocato l ' eribanno imperiale per l ' intervento del vescovo Gebardo. An- 1 97
che il principe Vaim aro IV di Salerno, duca di Puglia e di Calabria, si oppose all ' i nva
sione papale, schierandosi anzi a favore dei Normanni ; ma cadde proditoriamente vit
tima di un attentato e la sua salma, dissanguata da dozzine di ferite, fu orrendamente
dilaniata.
Il santo Leone, celebrato anche da storiografi moderni come "ornamento della Santa
Sede", come uomo "interamente pervaso dagli ideali del la sua m issione", m arciò in
tanto contro i Normanni al l a testa delle sue truppe. Come si sa, c ' erano già stati moltis
simi prelati bel licosi, perfi no papi, prima di lui. Tuttav ia fu lui i l primo papa a condurre
1 48 l santi Padri a metà del secolo Xl
una guerra in nome dell a Chiesa. Fu il primo papa "che dedusse di massima le sue
guerre dall a religione, mettendole in sintonia coi comandamenti del la Chiesa e compe
netrando di spirito ecc lesiastico lo spirito guerriero del l ' esercito" (Erdm ann) .
I Normanni, annota i l monaco di Reichenau, "supplicarono di non essere attaccati ,
volendo m antenere la pace. G l i prom isero sottomissione e ubbidienza, assicurando d i
v o l e r conservare , grazie alla sua investitura, tutto ciò c h e fino a q u e l momento si erano
arrogati illegalmente e di c u i si erano appropriati; ma il papa rifi utò". A conti fatti , era
dai tempi di Carlo il "Grande" che la Sede Rom ana puntava ad annettersi Campania e
Puglia. In più, l ' esercito di Leone era stavolta superiore per numero. Di conseguenza,
i l santo papa ignorò le aspirazioni e gli sforzi di pace da parte dei cluniacens i , sconfes
sò la "pace di Dio" propagandata dal i ' imperatore, finse di non vedere il ritiro delle
truppe del monarca, ignorando persino la sua stessa proibizione (rinnovata nel Conci
lio di Reims del 1 049) a portare le arm i , i l divieto del servizio m i l i tare per i rel igios i :
tutte cose fatte certamente sotto l ' influsso del s u o cardinale diacono I l debrando e del d i
l u i m otto predi letto : "Maledetto colui che trattiene l a s u a spada dal sangue". Per l a
verità, l ' abate Pietro Dam iani mise i n guardia dal la "guerra papale". Ma il Santo Padre
era ormai determ inato ali ' impresa, come fosse ossessionato dal i ' idea del " ricupero". E
il 1 6 gi ugno del 1 05 3 , ancor prima di ricongiungersi coi Grec i che provenivano da
B ari , i Normanni furono schierati e pronti a dar battaglia sul Fortore presso Civitate,
1 98 una l ocal ità scom parsa a nord ovest di Foggia. 8
L' armata papale, tra le cui fi la si trovavano oltre al cancelliere Federico anche i l
cardinale Umberto e g l i arcivescovi Pietro di Amalfi e Udalrico di Benevento, oriundo
tedesco, si presentò sul campo sotto i gonfaloni di San Pietro fatti issare da Leone. E
accompagnata dalla benedizione del papa, assolta dai suoi peccati , ingaggiò la batta
glia andando i ncontro al l a sua dura di sfatta: "secondo l ' imperscrutabile disegno di
Dio". Perché, sebbene fossero ormai "quasi sopraffatti dai tedeschi", i Normanni l i
circ ondarono c o n insidie, incal zandoli c o n forze di riserva. L e truppe ital iane - in que
sto concordano le cronache - schizzarono in rotta al primo assalto di Riccardo di Aversa.
E i Tedeschi, che prima m i l l antavano di sterm inare i "briganti" normanni, ora, accer
chiati e male armati , peri rono tutti . Attaccati s u l fianco dai l ancieri di Roberto i l
Guiscardo, che sarebbero dovuti intervenire solo in emergenza, caddero probabilmente
fino al l ' ultimo uomo . . . mentre il santo Leone, attorniato dai suoi vescovi, secondo un
antico costume dei condottieri , stava a guardare.
Fu la catastrofe del la sua vita.
A l l a fine, quando i Normanni stavano per espugnare il castello e i sobborghi erano
già in fiamme, i c ittadini di Civitate saccheggiarono i bagagl i e le salmerie del papa e
del suo c lero al seguito; saccheggiarono anzi i tesori ecclesiastici che il papa si era
portato dietro e spinsero Leone coi suoi cardinal i davanti alla città, dove i suoi nem ici
gli baciarono umilmente i piedi apostolici e gli ricordarono, prostrati ai suoi piedi, l a
Santo e condottiero : papa Leone IV 1 49
sua sacerdotale m i ssione, propri o mentre egli porgeva l oro la comunione precedente
mente rifi utata. Ma è anche vero che i vinci tori lo tennero prigioniero per otto mesi a
Benevento, fino al i ' estate del l 054, poco prima che lo cogl iesse la morteY
Naturalmente g l i apologeti seppero subito perché l a politica antinormanna di Leone
fosse fal l i ta così m iseramente, perché mai i diabolici Normanni - pur sempre cattolici
al pari di loro - poterono ottenere una v i ttori a così sanguinosa sul vicario di Cristo. E i l
biografo del papa additò a l mondo, c h e n e era strapieno, u n inedito m i racol o : per i l
pontefice orante in suffragi o dei suoi morti era stato un grande conforto "trovare 199
incorrotti i cadaveri dei suoi guerrieri mentre g l i occhi dei Normanni morti venivano
cavati dai corvi". Per di più anche i santi m arti ri del l a guerra - questi promettenti
modelli ideali per futuri combattenti c attolici - seguitarono per decenni a compiere
m i racoli calandosi direttamente giù dal cielo.
E che cosa fece Leone IX?
Dopo aver elevato tutti i caduti del suo eserc ito (tra i quali non mancavano certo
briganti e malvi venti) al rango di marti ri e santi, questo "uomo m i te quant ' altri mai",
ancora a Benevento, inviò a Bisanzio i cardinali Federico di Lorena e Umberto di S i lva
Candida, i suoi più stretti parenti, allo scopo di conv incere l ' imperatore d ' Oriente
Costantino IX Monomaco ( l 042- 1 055 ) a com battere i Normanni , unendosi in coal izio
ne con lui e con l ' im peratore Enrico III. In un'empietà più che pagana, costoro non
avrebbero ri spettato niente di sacro, im perversando contro la Chiesa e sterm inando i
cristiani. Infatti : "Non gli m ancava la volontà, ma solo la forza sufficiente per prose
guire la guerra . . . Scrupoli di cosc ienza erano sconosc iuti al papa" (Stei ndorff). Tanto
che, violando la verità, arri vò ad affermare che fosse imm inente un personale interven
to del l ' imperatore tedesco nel meridi one d ' Italia, ossia una vera e propria guerra con
tro i Norm anni.
Solo un anno dopo, nel luglio del l 054, si real izzò lo scisma, l a frattura definitiva tra
la Chiesa greca e quella l atina. (Qui si andava molto oltre le differenze dogmatiche,
trattandosi di profondi contrasti sociali e cultural i, e solo in superficie anche di fanfaluche
ritual i ) . Ol tretutto Leone pretendeva per sé - richiamandosi perentoriamente al falso
Consitutum Constamin i (IV 30 1 ss.) - grandi parti del l ' Ital ia del Sud, se non addirittu
ra tutto ciò che Costantino e i suoi successori si credeva avessero donato alla Chiesa !
Ritornato a Roma i l 3 apri le, sconfitto e ammalato, il papa chiamò a sé cardinal i ,
vescov i e altri chieric i , esortandol i - così si legge in u n a fonte coeva - a vivere
"castamente, con m i tezza e bontà"; proc l amò ancora una volta v ittime del marti rio i
combattenti caduti nella propria disfatta in Pug l ia e morì , proprio al compimento dei
suoi cinquant' anni , il 1 9 apri le l 054. Fu venerato senza indugio come santo, e subito
circonfuso da rel ative dicerie di m i racoli. 1 0
Soprattutto dopo Leone IX i papi vengono definiti "riformatori "; e s i suole esal tare 200
- non certo solo in ambienti c leric ali - tale "movimento ecclesiale di riforma" del l 'XI
1 50 l santi Padri a metà del secolo Xl
I l concetto di riforma è vecchio, ricorrente già nel l ' antichità. E nel latino classico, al
verbo "reformare", non s i deve necessariamente ricollegare nessuno spettro semantico
pol itico-sociale, restando nel complesso pi uttosto vago, indeterminato. Anche nel lin
guaggi o spec ifico dei giureconsulti del l a tarda classicità la "reformatio" può esprimere
semplicemente "cambiamento, modifica", senza alcuna sottolineatura d ' indiri zzo o di
valore, potendo addirittura assumere un risvolto semantico peggiorativo, segnalando
addi rittura una tendenza al peggioramento.
Nel Cristianesimo, per converso, al term ine riforma si connette qualcosa di progres
sivo, di positivo, dal momento che l a parola emana u n ' aura affermativa, generando in
certa m isura associazioni (nuovamente) edificanti ; insomma, una "reformatio in melius",
una modifica migliorati va . . . come se la storia fino ad oggi non conoscesse anc he
"reformationes in peius " !
L e conc lam ate "riforme" di Leone riguardavano la simonì a e i l celibato : gli obiettivi
predi letti dei riform atori del l ' epoca. Erano un favoloso pretesto per flagell are e respin
gere l ' ingerenza dei laici nel la Chiesa, sebbene i laici fossero assai m eno coinvolti in
affari di simonìa, mentre per altri aspetti si è potuto addi ri ttura scrivere : "Senza chieri
ci non c ' era mai stata simonìa" (Tellenbach).
Anche la "simonìa" era antica e fu praticata per tutto i l primo m i l lennio (p. 94) , pur
essendo stata per tutto i l m i l lennio biasimata e combattuta, condannata da conc i l i i , da
papi, perfino da prìncipi laici . Nondimeno, quanto più ricca di ventava la Chiesa, tanto
più rigogl iosa prosperava la simonìa, dato che tutto ciò che è corruttibile si accresce
201 con la ricchezza. Senza contare i l fatto che per simonìa, in ultima anal isi, sembra si
siano sempre più intesi fenomeni assai eterogenei. Già nel X secolo Abbone, abate d i
Fleury, n o n trovava q uasi n u l l a , n e l m ondo della Chiesa, c h e n o n fosse commerciabi le,
che non potesse essere oggetto di trattative: vescovati, parrocchie, diaconato, i l decanato,
la prepositura, la tesoreria, il battesimo, la tumulazione, eccetera. Alla fine, papi e
antipapi si rinfacciavano questo vizio a vicenda: Alessandro II e Onorio I I , Gregorio
VII e Clemente III, e così via. 1 1
Ma Leone non poteva certo annullare tutte le consacrazioni effettuate da vescovi
simoniac i ; le chiese sarebbero rim aste deserte. Così finì per inasprire soltanto le pen i
tenze di quattordici giorni , c onsuete già in passato p e r c a s i analoghi .
R(f'orma ? Rivoluzione! 151
Riguardo al celi bato, papa Leone dispose i l l icenziamento delle mogli dei preti. A
Roma, anzi, ridusse tutte le donne conviventi con rel igiosi a schiave del suo palazzo,
per impedire in tal modo lasciti ereditari . Perché in realtà, molto più che la castità -
ammesso che di ciò si trattasse, ovvero di una riform a interiore - su questo punto, e
prec isamente a questo proposito, interessavano il denaro e i beni che, tram ite il matri
monio dei sacerdoti, venivano semplicemente e rapidamente "al ienati ", potendo essere
intestati alla prole. "Qui si tratta in sostanza sempre e solamente di impedire perdite di
introiti m ateri ali per la Chiesa" ( i l gesuita Kempf) . Non era davvero necessario essere
casti , ma prudenti sì ! "Si faccia comunque bene attenzione che tutto avvenga in segre
to . . . ": ecco la m assima (non) morale scritta e non scritta vi gente fino ad ogg i : l ' ipoc ri
sia, quale è documentata nel la letteratura (si veda la mia Storia del sesso nel Cristiane
simo). 1 2
In buona sostanza, i l "papa riform i sta", che riordinò pure la burocrazia papale e creò
le basi per il collegio cardinal izio, non fece che ric icl are vecchi precetti , non volendo
né potendo q uantomeno intervenire con rigore per el i m inare davvero la simonìa e per
imporre il celibato. Restò intatto anche i l rapporto verso le istanze temporal i e così
pure l ' i nsediamento dei vescovi da parte dei signori territori al i , qualora si fosse salvata
almeno la forma del l ' elezi one per mezzo del clero e del popolo. 1 2 h ; ,
Certamente, in questo come in altri aspetti, molte cose dovevano modificarsi per 202
opera dei "papi riform i sti"; m a non in seguito a riforma, quanto pi uttosto in conse
guenza d ' un sovvertimento. Tram ite una ri voluzione.
E qui si ignora sovente, o si trascura volentieri , che l a ri strutturazi one del papato era
stata preceduta da importanti provvedimenti imperiali di riforma - sotto i governanti
franchi e più ancora sotto i sovrani salici -, i quali giovarono largamente al la rigene
razione della curia. Già Enrico I I è molto più interessato al la riform a, naturalm ente a
vantaggio del l a propri a politica di potenza, di quanto non lo sia papa Benedetto VIII.
Ol tre a ciò, i vescovi tedeschi del l ' Im pero i nsediati sul soglio papale dag l i imperatori ,
furono in realtà i primi papi riform atori , dal momento che propri o i papi tedeschi furo
no "gli araldi e i precursori della riforma gregoriana del la Chiesa" ( Frech).
Il papato "riformatore" combatté infatti non solo i l matrimonio ecclesiastico, al cui
posto subentrò alla fine una spec ie di poligam i a di numerosi , anzi certamente del la
maggior parte dei sacerdoti . Inoltre, il papato riform i sta non combatté solo la simonìa,
cui subentrò un colossale commercio spirituale del la corte pontificia. No, i l papato
riform ista contestò altresì l ' antico di ritto dei laici ad occupare i vescovati e più gene
ralmente le istituzioni chiesastiche. Massicce impl icazioni materi ali erano dunque in
trecciate con le diverse attiv ità di riforma; impl icazioni che "non sempre ( ! ) ebbero
invero un peso decisivo, ma che tuttavia non m ancavano mai" (Miethke).
Ma soprattutto, con la l otta per le investiture, si congiunge presto la lotta del clero
contro i laic i , dei papi contro gli imperatori , la pretesa di guidare anche i potentati laici
! 52 l santi Padri a metà del secolo XI
"come le anime fanno col corpo"; e pertanto non più riforma, bensì rivoluzi one, ripu
dio del sistema pol itico rel igioso fino allora esi stente, che poggiava s u l l ' idea della
m onarchia teocratica. La quale, per la verità, non si conc i liava più con la concezione
203 gerarchicam ente universal istica di Roma. Così ora i papi incalzano la posizione dei
Cesari , spingendosi molto più in là di l oro e praticando, con c rescente indipendenza e
brama di potere quasi i rresistibile, un espansionismo sconfinato, assolutamente non
circoscritto alla sola politica ecclesiastica. I papi perseguono difatti u n ' autorità per
così dire g lobale - c ioè la guida del mondo intero - e prec isam ente con ogni mezzo e
con ogni forza, inclusa quella delle arm i . . . e tutto sotto l ' au reola di antichi ideal i
c ristiani, che si dice di voler ripri stinare !
A questo punto, l ' au reola del l a guerra venne i ntessuta al servizio del l a Chiesa, por
tando la "riform a" ad una serie di m ostruosi del itti che non sarebbero stati possibili
senza l ' alibi di una "riforma". Già Leone IX, che in certa misura aveva iniziato nello
spirito del l a volontà di rinnovamento e del l a pace, ed ancora con spirito di stretta coo
perazione con l ' imperatore, prestò servizio a tal fine non solo m i l i tarmente, m a term i
nò addirittura i l s u o regno c o n u n a s u a personale sanguinosa guerra: u n fatto tipico per
l ' epoca che si iniziava. A l punto che, subito dopo la sua morte, il suo nome è venerato
come santo (festa il 1 9 apri le); e corse voce che la salma del battagl i ero luogotenente di
Cristo avesse operato non pochi m i raco l i . Eppure anche la grande spaccatura del l a
Chiesa - lo storico scisma tra Oriente e Occ idente, tra Chiesa greca d a un lato e Chiesa
l atina dal l ' al tro - va addebitato al suo pontificato. 1 3
Orbene, in tutte le "riforme" del l ' XI secol o ci si ricol legò, di fatto, all ' antico diri tto
ecclesiastico. Nella realtà, però, quel si stema giuridico non esisteva. Ci si riferiva a
condizioni che non erano mai esistite. Si faceva appello a colossali falsificazioni, alla
donazione di Costantino (IV c ap. 1 4 ! ) e ai testi del Pseudo-Isidoro (V 1 8 1 s s . ) , ossia a
documenti che erano prodotti di pura fantasia, a decretal i fittizi e mendac i .
Un manuale di diritto ecclesiastico, compilato nel l ' XI secolo d a l cardinale U mberto
di Silva Candida - infl uentissimo consigliere di quattro pontefici - mutua i propri con
tenuti, per quasi cinque sesti , dal l a gigantesca falsificazione del I X secol o ! In forza di
codesta truffa pseudo-isidoriana fu possibile pretendere, a favore del papato, una pie
nezza di poteri pressoché i l l i m i tata; si poté affermare che l a Curia di Roma aveva rice
v uto i l suo primato da Dio, che tutte le Chiese dovevano pertanto uniformarsi ad essa,
m entre essa medesima non poteva essere gi udicata da nessun altro al mondo. E tutto
q uesto, ma anche moltissimo di più, in quelle fonti contraffatte veniva messo in bocca
204 già agli antichi, ritenuti particolarmente autorevol i , venerandi testimoni del la cristiani
tà: ai vescov i romani v i ssuti nel l ' epoca dei m artiri .
Vittore Il e Stefano IX 1 53
Dopo la morte di Leone, il 1 9 apri le l 054, una delegazi one rom ana, guidata dal
sottodiacono Ildebrando di Soana, fu incaricata di preparare l ' elezi one del nuovo papa.
Vi furono lunghi di battiti; alla fi ne, nel novembre di quel l ' anno, a Magonza, il monar
ca Enrico III si dec ise a favore del proprio cancelliere Gebardo di Eichstatt, conte di
Dol lenstein-Hirschberg . Questo vescovo, che aveva esi tato per tanti mesi prima di ac
cettare la nomina, era a sua volta imparentato con la casa reale; era l ' ul timo dei quattro
papi tedeschi nom inati da Enrico, personalità di grande ascendente sul monarca, dal
quale ottenne ad esempio il rifiuto di aiuti m i l i tari per la guerra di Leone contro i
Normanni del 1 05 3 . Benché fosse soprattutto un politico matricolato, che Enrico pro
mosse subito a duca di Spoleto e conte di Fermo, papa Vittore II ( l 055 - 1 05 7) portò
avanti la politica ri form istica. Inasprì il div ieto del m atrimonio dei rel igiosi e del la
compravendita deg l i uffici, sil urando nel la sola prov inc ia di Lione sei vescovi colpe
voli di simonì a. Ma perseguì in tutti i modi, con l ' ai uto imperiale, anche l ' ampliamento
del lo S tato del l a Chiesa, facendo accettare determ inati "rec uperi " in v i rtù dei suoi pie
ni poteri .
Di concerto col sovrano combatté il di lui rivale Goffredo il Barbuto di Lorena, che
aveva nel frattempo sposato Beatrice, vedova del m argrav io Bonifacio di Toscana, as
sassinato nel 1 052 (p. 1 44). Goffredo venne messo al bando e sua moglie incarcerata.
Tuttav ia, appena l ' imperatore morì nel l ' autunno del 1 056 a Bodfeld, mentre una care-
stia colpiva vasti strati della popol azione, Vittore si riconciliò con Goffredo, il q uale
riebbe l a Bassa Lorena e l a Toscana, e qu indi ora - quale principe più potente del ! ' im
pero - avrebbe dovuto proteggere e sostenere il papa. Ma già i l 28 luglio 1 05 7 , a d 205
Arezzo, Vittore II soccombeva ad un inesorabile attacco di febbre; poco prima, rice
vendo dal morente imperatore l ' incarico di prendersi cura di Enrico, il figlioletto di
cinque anni, aveva assicurato con grande lungimiranza la sua successione ad Aquisgrana,
insieme con la nom ina di sua madre Agnese a reggente del l ' impero . 1 4
La vedova del l ' imperatore assunse la tutela del futuro Enrico ( I V ) m a , come reg
gente, operò interamente sotto l ' infl usso di consigl ieri clerical i , in particolare del ve
scovo di Augusta Enrico. A poco a poco, nei confronti della dam a aliena dall a politica,
l ' epi scopato tedesco passò al l ' opposi zione, e di tale situazione approfittò i l c lero di
Rom a per il proprio vantaggio.
S uccessore di Vittore I I fu Federico di Lorena, che assunse i l nome di Stefano IX
( 1 057- 1 058) e non nascose la gratitudine per i l suo predecessore, dato che costui lo
aveva da poco tempo promosso a cardinale e abate di Monte Cassino (dopo aver co
stretto al ritiro l ' abate già in carica). Ma ancora di più, indubbiamente, questo Federico
- il figlio più giovane del duca Gozelo I di Lorena - doveva l a carica papale al lo
1 54 l santi Padri a metà del secolo Xl
A Roma fu il momento, per gli ambienti aristocratic i , di gherm i re il potere; più di tutti
si fecero sotto i Tusculan i , questa volta coali zzati perfino con i Crescenzi : due casati
che ora conducono nuovamente il gioco, dec isi a riconquistare le loro posizioni perdu
te ne l i ' urbe e nella Chiesa. Occuparono d i notte la c i ttà e, sostenuti da tutte le forze
nem iche della riform a - comprese quelle simoni stiche, e anche dal clero concubinario
- nom inarono papa, i l 5 apri le, il vescovo cardinale G iovanni di Vel letri , un nipote di
Benedetto IX, con i l nome di Benedetto X ( 1 05 8 - 1 059); naturalmente ancora ad i nsa
puta e senza approvazione del governo tedesco, ma non senza aver prima corrotto il
popolo. S i saccheggiarono palazzi, chiese, rapinando in più i calici d ' oro e d ' argento
della bas i l ica di san Pietro. In tutti i vicoli e ad ogni angolo, a quanto si dice, ritornò i l
denaro tra l a gente, mentre quasi tutti i cardinali partigiani del l a riform a l asc iav ano
Roma tra le più terri bili maledizioni.
B enedetto X , consacrato in modo i rregolare e i l legittimo, incom inciò subito a svol-
Benedetto X, Nicolò Il e il nuovo decreto sull' elezione dei papi ! 55
gere le sue funzioni : emise bolle (ancora conservate) per la Germania e l ' Inghi l terra,
essendo considerato un pontefice con tutte le carte in regola. Nondimeno i riformatori
fuggiti da Roma, cedendo al la determ inante pressi one di Ildebrando, gli contrappose
ro, in dicem bre, a S iena, il candidato vol uto appunto da Ildebrando : il non meno rego
lare Nicolò II ( l 058- 1 06 1 ) . I l q uale si chiam ava Gerardo, era stato fi no ad all ora vesco-
vo di Firenze, dov ' era spirato l ' ultimo papa. Era un uomo assol utamente arrendevole, 207
fac ile da pilotare : in breve, la creatura ideale di Ildebrando. Nato in Lorena, o nella
Borgogna francese, era figlio di un' uni one il legittima, se non addirittura adulterina e,
quale uomo di fiduc ia del duca Goffredo, g l i era evidentemente debitore della sua stes-
sa nom ina. Tutt ' e due, con un esercito, marc iarono su Roma e fecero scom unicare e
anatem izzare papa Benedetto X ancora a S utri, durante un sinodo tenuto nel gennaio
1 059, in presenza del cancelliere imperiale Wibert. 1 6
A Roma, n e l frattempo, I ldebrando aveva fomentato la ribel lione contro Benedetto,
il quale per mesi aveva operato del tutto l iberamente, senza contestazioni. Ma Ildebrando
gli rese al iena una parte del suo seguito, per la qual cosa mise in opera ogni sorta di
corruzione. Leone, il figlio de li 'ebreo battezzato Baruch-Benedetto, di stribuiva denari
a favore di Ildebrando. E proprio là dove abi tava Leone, nel l ' oltre Tevere, ebbe anche
inizio la rivolta contro Benedetto X, ancor prima che si avvicinasse l 'esercito di Goffredo,
forte di 500 caval ieri . Agguati e scontri sulle strade si protrassero per di versi giorni; e
mentre le truppe di Goffredo espugnarono al la fi ne i l Laterano, Benedetto si rifugiò,
passando per Passarano, un castel lo dei Crescenzi , in una fortezza del conte di Galeria,
che pare fosse un al tro dei Tusculani, o imparentato con loro, e comunque i l suo specia
le protettore.
Ildebrando si prec ipitò subito in Campan ia per trattare, in nome del papa, con i
Norm anni. In base ad un trattato, egli riconobbe Riccardo come principe di Capua, i l
quale offrì u n giuramento di fedeltà a l l a Chiesa di Roma, e prec i samente a Nicolò I l ,
mandandog l i per gi unta immediatamente, ins ieme con Ildebrando, tre conti e 300 ca
val ieri per contrastare la nobi ltà di Roma. In combutta con le truppe papaline, costoro
assal irono i borghi dei di ntorni, saccheggiando, bruci ando e causando molte vittime da
entrambe le parti.
Dopo la fuga del rivale, Nicolò II - dipendendo completam ente da Ildebrando - era
entrato in Roma, i l 24 gennaio 1 059, osannato dal popolo da lui prezzol ato. Ma poiché
era diventato papa in modo i rregolare, contrari o alla tradizione (fuori di Roma, in as
senza del clero e della popol azione, eletto da una cerchia di persone senza privileg i), al
fine di consolidare la sua posizione, radunò nel suo primo concilio - nel si nodo Laterano
del 1 3 apri le - ben 1 1 3 prelati, quasi tutti italian i , ed emise subito un nuovo decreto per 208
l ' elezione del papa. In v i rtù di tale delibera, l ' elezione di Benedetto era i l legitti ma,
mentre la sua, non meno i l legale di q uella, venne pienamente legittimata.
In origine il vescovo di Roma, al pari di tutti gli altri vescov i , veniva eletto dal clero
1 56 l santi Padri a metà del secolo Xl
e dai laic i ; ma a poco a poco il voto del popolo, dapprim a reale, venne in pratica accan
tonato e rimpiazzato da una semplice acclamazione.
Fin dal I V secolo, tuttavia, imperatori cristiani e prìncipi germanici esercitarono
un ' influenza sulla composizione dei seggi prelati zi. Dal V secolo, sporadicamente,
l ' aristocrazia urbana di Roma determinò fortemente la selezione locale dei vescovi .
R isale all ' anno 824 l a Consitutio Romana di Lotario I (V 6 6 ) c h e esigeva già d a ogni
"electus", da ogni consacrando papa, un gi uramento di fedeltà verso l ' i mperatore da
prestare in presenza del l ' inviato del regnante; i n altri term ini, era nuovam ente indi
spensabile l a conferma del l ' elezione papale da parte del sovrano: e papa Giovanni IX,
nel 898, approvò espl icitamente l a procedura.
Ebbene, il celebre decreto del secondo Nicolò - palesemente ispirato da Ildebrando
- riduceva il diritto elettorale, in consapevole contrasto con le designazioni (in effetti
le nomine del l ' imperatore Enrico I I I del 1 046), !imitandolo ai vescovi c ardinali , che
ora davano il voto decisivo nel l ' elezione di un papa e alla fine pretesero e ricevettero i l
rango d i prìncipi di sangue !
Con ciò, come spesso accade nel la storia della Chiesa, la situazione originaria veni
va letteralmente capovolta. Infatti , mentre nel l a Chiesa antica popolo e c lero eleggeva
no i vescov i , ma questi stessi potevano confermare solo l ' ammissibi lità dell ' elezione,
ora invece solo i cardinali - più prec isamente i c ardinali vescovi - ottenevano per
delega il di ritto di elezione, mentre i l popolo e i l restante clero non avevano più nessu
na voce in capitolo. E come l a comunità finiva sempre più in fuorigioco, anzi era fatta
fuori del tutto, la stessa cosa valeva anche per l ' imperatore il quale - dopo una clausola
m anifestamente vaga nel l ' intenzione, ambiguamente interpretabile e che ogni partito
poteva interpretare a proprio vantaggio - poteva solo confermare, solo riconoscere la
scelta fatta dai cardinal i . L' imperatore dunque otteneva, per così dire, solo una spec ie
di diritto di consenso o diritto d ' onore . . . "ferm a restando", come si dice più malamen-
209 te che rettamente, "la venerazione dovuta e già assicurata al nostro diletto figlio Enri
co, attuale re e, se Dio vuole, futuro imperatore, non meno che ai suoi successori , i
quali dal Soglio Papale riceverebbero personalmente q uesto diritto". Il Decreto si con
c l ude con terri bili m inacce di punizioni celesti e terrene contro eventuali trasgressori.
Grande fu l ' i rritazione suscitata i n Germania. L' imperatore Enrico III aveva insisti
to sul diritto della nomina papale; ed ora in q uel doc umento non se ne faceva parola. E
mai, prima di allora, un vescovo romano era stato eletto come questo che, nell a con
temporanea assemblea ecclesiale - che per la prima volta emetteva un div ieto d ' inve
stitura laica, proibiva c ioè ai rel igiosi di acquistare chiese dai laici - fece l a sua com
parsa con un duplice corona sul cui anell o più basso si leggeva "corona regale per
grazia di Dio", sovrastato dal la dicitura "corona imperiale per mano di Pietro". Con ciò
i l papa si poneva sullo stesso piano del l ' imperatore; anche se rim ane incerta l ' origine
di q uesto copricapo, la tiara che, come la potenza papale, attraversò una l unga evolu-
Nicolò Il collabora con i Normanni ! 57
zione e raggi unse la sua fonna fi nale solo nel X I V secolo, sotto Clemente V I : tre coro
ne, e tutte alla stessa di stanza l ' una dal i ' altra . . . pressapoco alla maniera di un princ ipe
da carnevale.
I l decreto sul l ' elezione fu un ' innovazi one destinata soprattutto a conferire sul mo
mento l ' aureola del l a legal ità al l ' appena avvenuta nom ina del pontefice. Con l ' andar
del tempo non fu più preso in considerazi one, anzi marchiato come fuorilegge. "In
realtà, nessuno dei successivi papi rifonn istici venne eletto confonnemente a quella
del iberazione" (Schwaiger). Ma intanto l 'elezione i l legale di Nicolò assunse le sem
bianze del di ritto.
Quando, poco dopo i l S inodo, i l cardinale Stefano, fiduci ario di I ldebrando, tenninò
i l viaggio che lo portò al la corte tedesca, colà lo si fece aspettare cinque giorni, per poi
rimandarlo a casa, senza avergli fatto neppure incontrare Enrico I V. Non gli restò che
riportare a Roma il messaggio papale ancora sigillato. Fu un grave affronto che, per la
verità, si ricol legava nettamente ad una radicale trasfonnazione del la strategia curiale. 1 7
Per Nicolò II, che peral tro aveva contro di sé quel Benedetto X stimato anche dal la
nobiltà, un sostegno dal clero d ' Oltralpe stava diventando sempre più incerto e inaffi
dabile, e più di tutto non c ' era da aspettarsi alcun aiuto da parte del m inorenne Enrico
IV, ancora sotto tutela. Pertanto la Santa Sede si v ide costretta a guardarsi intorno, alla 2 1 0
ricerca di nuovi compagni di lotta nel l ' universale gara tra prede e predatori : o divorare
o esser divorati. E poiché è l ' opportunismo, di nonna, a detenninare il comportamento
umano in generale, e quello dei preti in particolare, poiché il principio del l ' uti lità ifructus,
utilitas) propri o per loro sta di fatto al disopra di tutto, ebbe ora inizio un importante
cambi amento di rotta, un totale capovolgimento della politica rom ana.
Era dal l O 1 6 che i Normanni erano penetrati nel l ' Ital ia meridionale, senza nessun veto
da parte dei governanti tedeschi. Anzi , Corrado II ed Enrico III l i infeudarono coi terri
tori di Aversa e delle Puglie. La Chiesa, al contrario, li ostegg iò subito, maledicendoli
e cercando di annientarl i con tutti i mezzi. Al pari degli Arabi, vennero da essa chiamati
Agaren i, equiparati di fatto agl i incursori arabi , cioè ai nem ici di Dio che per secoli
facevano scorrerie in Ital ia. Come questi, infatti , anche i Nonnanni non ri spettavano i
possedimenti del la Chiesa e dei conventi, e nemmeno quelli del papa. Depredarono tra
l ' altro l ' abbazia di Monte Cassino, occuparono Benevento. La loro potenza s ' accrebbe
sempre più; dopo la disfatta infl i tta a Leone I X , che aveva vol uto bandirli e annientarl i ,
erano diventati signori incontrastati di altre città e regioni, conqui stando Capua e Troj a,
occupando vaste parti di Puglia e Calabria. Nicolò, insomma, non era in grado di an
nientare i Nonnann i . Erano troppo forti per questo; e d ' al tronde nemmeno gli alleati
1 58 l santi Padri a metà del secolo Xl
parte di Nicolò I I , perfino secondo gli storici cattolici Seppelt/Schwaiger erano "in
contrasto con ogni diritto imperiale". In realtà, nulla di tutto ciò che i l papa e Ildebrando
elargirono a Melfi a piene m an i , (né Capua né la Puglia, né Calabria né la Sicilia),
erano proprietà di Roma . . . non c'è da stupi rsi , dunque, se a suo tempo i l loro amba
sciatore alla corte tedesca fu rim andato a mani vuote (p. 1 57).
I due prìncipi normanni, tuttavia, avevano fatto un copioso raccolto; ol tretutto erano
stati legittimati dal papa e ottenevano in più un "titolo gi uridico" che li di stingueva al
cospetto di sudditi , rival i , invidios i . Avevano buone ragioni ora, i Normanni , per giura
re davanti a Nicolò I I : "Io offrirò aiuto e assi stenza alla santa rom ana Chiesa e a te, con
tutte le forze, contro tutti gli avversari , al fine di conservare e guadagnare regalie e
possedimenti di san Pietro, e ti sosterrò per m antenere il papato in condizione di sicu
rezza ed onorabil ità".
Entrambi prom i sero a lui, e ad ogni papa legittimamente eletto, aiuto e servizio
m i l i tare, come i vassal l i di un principe; col che, naturalmente, si doveva dare un certo
"carattere di crociata" a q ualsiasi carneficina di q ualche importanza, per non confon
derl a con le usuali carnefic ine dei comuni governanti temporal i . Per l ' avvenire si ag
giungeva inoltre una speciale obbligazione di prestare aiuto in caso di elezi one papale.
E i l giuramento dei Normanni non è lì a mostrare , in m aniera eclatante, di che si trattas
se? Forse della riform a? Certamente di acq uisti territoriali. Di potere m i l i tare. E di
"pri ncipato del santo Pietro".
E per quanto ci guadagnasse anche il Normanno, di più ci guadagnò sic uramente il
papa il quale, anche in questo grandioso affare, si appel l ò pubblicamente alla "Donazio
ne di Costantino". Indubbiamente, il colpaccio di Ildebrando lo aveva reso d ' un colpo
solo padrone della maggiore metà d ' Ital ia; non solo signore di nuovi e oltrem odo poten
ti prìncipi normanni , ma altresì dei vescovi italiani del meridione e della Sicilia. 1 �
L a travolgente m anovra d à anche subito i suoi frutti . Perché ancora in quel l ' anno,
nel l ' anno della svolta così grave di conseguenze, nel l ' estate del 1 059, Nicolò I I e 2 1 3
I ldebrando conducono u n a nuova "croci ata" contro Benedetto X. S i procede a l l a "bo
nifica" dei territori intorno a Roma, assaltando i castelli de l i ' aristocrazia romana. N icolò
in persona assedia i l suo rivale Benedetto nel la fortezza di Galeria; si di strugge col
fuoco, si saccheggia e, dopo la sottom issione del suo protettore - del conte Gerardo
bandito con trem endi anatemi da parecchi papi - anche l ' antipapa si sottomette e rasse-
gna le dimi ssioni . Dal l ' alto delle m u ra della rocca, dinanzi a cui Nicolò era accampato
con le sue truppe, pare che Benedetto imprecasse contro i Rom ani , rinfacc iando loro di
averlo fatto papa contro la propria volontà. E poiché gli fu interdetto il suo vescovato
di Vel letri , si ritirò in Roma in una dim ora di sua madre, presso Santa Maria Maggiore,
ma solo dopo che trenta nob i l i rom ani gli ebbero uffici almente giurato sicurezza per la
sua persona e i suoi averi , garantendolo da qualsiasi raggiro.
Eppure non servì a nulla. L' i nganno subentrò presto nel la figura di I ldebrando. In-
1 60 l santi Padri a metà del secolo Xl
fatti , già un mese più tardi, il cardinale inviò le truppe per trasferire Benedetto in c arce
re . I ldebrando fu intanto promosso al rango di arc idiacono dell a Chiesa di Roma e, per
il soddisfacimento dei suoi bisogni , nonché per la "dotazione" del suo rango, si v ide
assegnare la ricca abbazia di S an Paolo fuori le Mura.
Per l ' antipapa spodestato, i ntanto, si m i se in scena i l processo. Durante i l s inodo
pasquale del 1 060 Benedetto dovette confessare tutti i delitti immaginab i l i , tanto che
venne deposto ancora una volta secondo tutti i c rism i . Non servì a nulla i l fatto che
ribadisse di essere stato costretto ad accettare l ' alto ufficio. Davanti al concorrente
v ittorioso g l i furono strappati , pezzo per pezzo, i paramenti papali. Poi , prostrato ai
piedi di Nicolò in atteggiamento umiliante, gli fecero leggere un ' am m i ssione di colpa
predi sposta allo scopo : una l i sta di menzogne, talmente farcita di peccati e orrendi
c rim ini, che egl i v i si acconc iò solo dopo aver recalcitrato e dopo tante l acrime, mentre
sua m adre, ci rcondata dai parenti in gram aglie, si strappava i capell i e si squarc i av a i l
v iso, mentre infuriava i l sarcasmo di Ildebrando: "Ascoltate dunque, o cittadini di Roma,
le azioni del Vostro Papa, che Voi avete eletto ! ". I l s inodo l o confinò, v i ta natura! du-
2 1 4 rante, nel convento di sant' Agnese presso Roma, dove lo sev i zi arono con tanta durezza
che alla fi ne cessò di vi vere. Ma dopo il l 072 Gregorio VII - proprio quel l ' Ildebrando
che lo aveva cacciato in carcere - l ' avrebbe fatto seppel l i re con gli onori papal i !
Non passò molto, s i sa, che anche Nicolò I I venne deposto dal suo trono, scom u n i
cato, mentre tutti i s u o i provvedimenti venivano annullati. Tuttav ia, p r i m a c h e l o s i
potesse allontanare effetti vamente, morì d ' improvviso i l 1 9 l u g l i o 1 06 1 a Firenze, l a
c ittà di cui era vescovo. Di l u i fu detto poco di buono; anzi, i detrattori l o accusarono d i
ignoranza e superficialità, rinfacciandogl i anche u n a v i t a dissoluta. 1 9
Intanto, avveniva u n a nuova spaccatura a l i ' i nterno della Chiesa.
Ildebrando aveva scelto come papa prossimo venturo Anselmo da Lucca, al la cui sede
vescovi le si recò per l ' occasione. Nello stesso tempo fece accorrere il norm anno
Riccardo: che fosse nuovamente corrotto (come dicono i suoi avversari ) oppure no, i n
ogni caso i l mandante fu p i ù rapido del la parte tedesca. I l re normanno m arc i ò di nuovo
s u Roma, brandendo la spada. Ragion per c u i I ldebrando e l ' i ntero suo seguito, che
comprendeva quasi tutti i cardinal i romani , si affrettarono a imporre e consac rare il
l oro uomo. Sulle prime, è vero, l ' introni zzazione fal lì , perché i Romani tennero occu
pato l ' i tinerario per l a cerimonia. Ma con un impetuoso colpo d i m ano, nel l a notte del
primo ottobre, gli invasori occ uparono l a chiesa di S an Pietro in Vinco l i ; i l conte
norm anno , avendo ancora "la spanda insanguinata al fianco" (Hauck) scortò l ' eletto
al la meta e la cerimonia s i svolse "con mani grondanti sangue del la battagl i a . . . " (Meyer
Lo scisma di Cada/o ha inizio 161
strade, dal momento che I ldebrando aveva mobi litato nuovi combattenti con rinnovate
risorse finanziarie. 22
Inoltre l ' u l teriore avanzata di Cada lo subì un arresto in conseguenza di un gravissi
m o evento veri ficatosi in Germ ania.
Dopo la morte di Enrico III governò sulle prime la vedova, l ' imperatrice Agnese di
Poitou, per i l figlio ancora m inorenne eppure già incoronato col nome di Enrico IV. Da
un l ato Agnese proseguì le misure di centralizzazione del defunto monarca, rivolte
ultimamente contro l ' alta aristocrazia; dal i ' altro lato essa m i rò a vincolare al potere
centrale i prìncipi più i mportanti mediante l ' attribuzione di nuovi ducati : tentativ i en
tram bi fal liti. Perché, come suole nella fasi di transizione e sotto governi deboli, am
bienti rel igiosi e laici cercarono di ricavarne il massimo profitto, o almeno tentarono in
tutti i modi, sicché Agnese cadde nel meccanismo di rimorchio dei suoi consigl ieri . Di
questa cerchia faceva parte - secondo il croni sta Lamperto di Hersfeld - specialmente
il vescovo Enrico di Augusta, col quale la vedova intratteneva una strettissima collabo
razione. Così ne informa i l monaco ostile al monarca: "Per questo ella non poté sfuggi
re al sospetto di un amore di sonesto, tanto c he corse generalmente voce che un rappor
to così confidenziale non sarebbe cresci uto senza una relazione immorale".
Vi furono insurrezioni in Sassonia, Svevia, sul B asso Reno, e rivolte scoppiarono
217 anche tra i Frisoni e i Liutizi. Importanti posizioni del l a corona andarono perdute. Non
da ultimo, come sempre avviene coi governi debo l i , c ' era l ' aspirazione del c lero a
poteri e pri v i legi ancora m aggiori. Ad onor del vero, il papa tedesco Vittore I I , l ' ex
vescovo Gebardo di Eichstatt, aveva pregato per Enrico III morente davanti alla corte
raccolta a sostegno del figlio, e aveva assistito lealmente la vedova reggente, portando
a conc lusione la riconci l i azione con Goffredo di Lorena (p. 1 5 3 s.), il più accanito
avversario di Enrico. Ma in seguito l a rel azione col papato pegg iorò, sicché i suoi
successori vennero designati senza la cooperazione del governo imperiale. S tefano IX,
coperto dal l ' immenso potere del suo ducale fratello, per mesi e mesi non dichiarò in
Germ ania i l proprio insediamento; Nicolò I I cercò e trovò l ' ai uto delle arm i norm anne,
emettendo nel 1 059 il suo "Decretum" s u l l ' e lezione, ostile all ' Impero. E finalmente, a
por term ine alla reggenza di Agnese, ecco il colpo di Stato del l ' ambizioso m etropolita
di Colonia, affam ato di proprietà e territori .
Questo verace santo, l ' arcivescovo di Colonia Annone II ( 1 056- 1 075) possedeva
dunque - come vanta Lamperto di Hersfeld - "ogni genere di v i rtù nel l a m assima
m isura", "profonda devozione", "grande generosità", "estrema m i tezza", eccetera; ed
è s icuramente, anche per gli storici ecclesiastici del la m odernità, i l pio e "fi lantropico
Il santo A nnone e il suo colpo di stato a Kaiserwerth 1 63
bondo, con tanto di elmo e di corazza, brandendo una spada fiammeggiante . . . ". I
219 diocesani di Annone, detti "i contenitori del diavolo", demolirono e saccheggiarono i l
s u o palazzo e la cappella, abbattendo "tutti g l i attrezzi l i turgici con zelante, anzi schiu
m ante radical ità", attaccando con una "raffica di colpi" l ' arc ivescovo i n persona. I l
quale si barricò nel duomo, nel l a "chiesa del santo Pietro", e poté p o i travestito attra
verso un buco nel m uro abbandonare nel la notte la città, dopo aver rimediato quattro
caval l i per sé e per la sua scorta.
Mentre i Coloniesi invocano l ' ai uto del sovrano, il loro santo già si avvicina con un
esercito che, se ce ne fosse bisogno, lo vuole "rimettere sul suo seggio vescovile pas
sando sul m ucchio dei nem ici abbattuti". Ma i cittadini invocano la pace e Annone
promette anche perdono per il s incero pentimento; e tuttavia, dopo una solenne l i tu rgia
religiosa, l i fa strisciare davanti a sé, tutti scalzi e i n abiti penitenziali , annunciando per
il giorno dopo una cerimonia espiatoria "per l ' enorm e crimine secondo i precetti c ano
nici". Nella notte si danno alla fuga più di 600 commercianti ; l a soldatesca del vescovo
saccheggia le case dei malv iventi , sbaragl i ando o mettendo ai ferri i renitenti . Annone,
l ' uomo "dal la mirabi le santità" ( Vita Bennonis) ne fa malmenare, flagel lare e mutilare
alcuni - "arbitrari atti di vendetta" (His) -, e li colpisce tutti con gravi pene patrimonial i .
In più, i l popolo deve giurare di difenderl o contro chi unque e di riguardare i profughi
come i peggiori nem ici fino a che non abbiano dato soddisfazione all ' arc ivescovo.
Scrive Lamperto : "In q uesto m odo, di colpo, la città s i spopolò quasi totalmente . . . " 24
Ma Annone pregò "supplichevole" l ' arc ivescovo Udo di Treviri di rendere noto i l
s u o anatem a contro i Coloniesi ribelli (''gregge insudiciato") anche a i fedel i diocesani
di Trev iri, affi nché "essi non siano infettati dal contagio incom bente sugli scomunicati;
m a voi, intanto, cacciate ed eliminate questa gente dai vostri confini, affinché i d i scorsi
di quelli che s ' insinuano subito come la peste non m uova i Vostri a fare qualcosa del
genere contro di Voi".
Assai appropriato, dunque, che proprio Gregorio V I I , pure l u i un santo, assicurasse
220 solo pochi mesi dopo i l santo Annone che, fra tutte le Chiese del l ' Impero tedesco, l a
chiesa di Colonia fosse per l u i , per i l papa, certamente "la figlia p i ù cara al s u o c uore"
(dulcissima filia).
Certo è che i l nobile Annone, i n punto di morte, offrì poi a tutti quel l i da l u i c acciati
"non sol tanto la com unità ecc lesiale ma anche", ammettendo che sia vero, " restituì
benignamente tutti i beni che aveva loro sottratto" (benignissime restituir). In effetti
Annone fu certamente, come riferisce Lamperto, "stimato da tutti i buoni, soprattutto
perché si atteneva inflessibilmente al diritto e all ' onestà"; fu un uomo che - ecco l a
gloriosa duplice dote, la splendida grazia di questa spec ie spirituale - di giorno, con
più successo di tutti i vescovi di Colonia dal l a fondazione della città, faceva invero i
suoi affari , m entre dedicava "tutte le notti alle funzioni religiose", e che anzi predicava
"la parola di Dio così efficacemente e così m agnificamente che la sua predica sem bra-
Il santo A nnone e il suo colpo di stato a Kaiserwerth 1 65
eccetera; e il cardinale I ldebrando inviò entusiastiche congratul azioni al vescov ile ra
pitore. Anche i l cardinale e dottore del l a chiesa Pietro Dam iani non risparm iò le sue
lodi per l ' impresa, mentre l ' imperatrice, senza nemmeno tentare una punizione, s i la
sciò spogl i are del potere, prendendo il velo e fi nendo poi in un convento ital iano.
Certo, dopo la sua investitura a cavaliere e l ' uscita dalla minore età, Enrico IV avrebbe
cacciato col m assimo piacere il sacerdotale mascalzone; e mai perdonò al prelato il suo
222 subdolo modo di agi re, che per tutta la v ita suscitò in lui profonda diffidenza. Nei pri m i
tempi, indubbiamente, Annone fu i l vero e proprio arbitro del regno; "un vescovo sicu
ramente non indegno", scrive di lui Albert Hauck, e tuttav ia, detto sulla stessa pagina:
orgogl ioso, di spotico, amante del fasto, incl ine a favorire am ici e parenti nel modo più
spreg iudicato, non esente da offese al diritto e da astio i rriduc ibi le, e anz i : la sua vita "è
stata un fal l imento" . . . e tuttavia: non indegno, uno dei nostri "uomini più grandi". (A
tal punto persino storici di prim ' ordine dimenticano i l proprio razioc inio, dal momento
che Hauck lo pensa seriamente, la storiografi a della m aggi oranza della corporazione
può ancora stupire; sebbene la storiografia - purtroppo un postulato q u asi utopico -
dov rebbe essere, ancor più che questione di carattere , testimonianza di onestà intellet
tuale e non pseudosc ientifica, servile adulazione). 2 5
Ma il santo Annone , avendo assunto di fatto, con il colpo di stato di Kai serswerth, la
guida del l ' Impero, trovò un accomodamento coi c ardinali a Roma: un' altra sensibile
perdita di potere per i sovrani salici.
A Roma, dopo i sang uinosi scontri tra le m i li zie d i due Santi Padri , si gi unse ad un
arm i sti zio. Il duca Goffredo fu in grado di spingere i papi a sgombrare la c i ttà. Alessan
dro fece ritorno a Lucca; Cadalo, che pareva aver dato fondo alle risorse fi nanziarie,
rientrò a Parma per attendere la dec isione della corte tedesca su cui entram bi continua
vano ad operare. Pietro Damiani, intanto, continuò a diffamare Cadalo, apostrofandolo
nuovamente come "vescovo di menzogne", definendolo "quasi un Vesuvio che vomita
le fiamme del l ' i nferno", accatastando sul suo capo, molto cristianamente, le più turpi
m aledi zioni: "Volesse i l cielo che non fossi mai nato o che morissi presto . . . " (Qui, coi
dottori del l a Chiesa, coi cristiani a partire dal N uovo Testamento (l 1 32 ss.) s i può
imparare - e si dovrebbe studiarl o ! - che cos ' è l ' odio. Da nessun ' al tra parte ne esiste di
peggiore. In nessun l uogo esso è così concentrato. E in nessun altro l uogo dissim u l ato
223 in tale m i sura ! ). Ma perfino il vescovo che, forse costrettovi, aveva intronizzato A les
sandro II, dichiarò che questi s i era impadronito del trono apostolico per mezzo della
corruzione dei Normanni , al pari di un l adro o di un brigante matricolato . . .
Ma ora, sotto l ' i nfl uenza di Annone, l 'episcopato tedesco si orientò a favore di A les-
La .fine dello scisma di Cada/o 1 67
sandro : un' altra canagliata del santo. Perché, sebbene al Sinodo di Augusta, a fine
ottobre l 062, fosse stato ri nviato il verdetto, tuttavia il vescovo Burcardo di Halberstadt,
nipote di Annone, inviato a Roma a nome del re tedesco da loro raggirato, riconobbe
ancora nel lo stesso anno Alessandro I I : lo scisma di Cadalo aveva deci so a favore di
Alessandro. In compenso, Burcardo ottenne prontamente i l pal lio e al tre agevolazion i :
croc i privi legiate, paramenti cavallereschi, la m i tria, mentre i l santo Annone otteneva
la nom ina ad arcicancell iere del la Chiesa tedesca. Inol tre anche i vescovi tedeschi era
no stati probabilmente corrotti con l ' oro.
Il 20 apri le del l 063 , nel la basi lica del Laterano, davanti a più di cento prelati ,
Alessandro lanc iò sul suo rivale Cadalo l ' anatem a per sim onìa, lesioni e uccisioni
multiple. Per tutta risposta, Cadalo m i se al bando Alessandro davanti ad un ' assem blea
di vescovi e rel igiosi a Parma. Ri badì di essere l u i , Onorio, il supremo pastore ordinato
legittimamente dal re, mentre il suo rivale era stato eletto solo dai Norm anni, nem ici
del l ' impero, a forza di truffe ed inganni. E si gettò di nuovo su Roma, appoggi ato
soprattutto da numerosi vescovi ital iani, superando gli ostacoli predisposti contro di lui
su alture e foreste; radunò nuove truppe alle porte della capitale, comprò i conti, men
tre si attendeva lo scoppi o di una seconda guerra urbana. Nella notte, Onorio conqui stò
san Pietro e prese residenza in Castel Sant ' Angelo, mentre Alessandro si acquartierò
coi suoi Normanni nel Laterano. E dopo che Il debrando, come si di sse, ebbe pregato
per tre giorni, scatenò i Normanni all ' attacco contro i "parmensi", le soldatesche di
Cadalo.
Entrambe le parti erano degne l ' una de I I ' altra: ucci sero e rapinarono, di ssem inando
a piene mani denari e prede tra i razziatori , caval l i , corazze, pel l icce, preziosi. Per ol tre 224
un anno im perversarono lotte per le strade. Le opere d ' arte pagane in frantum i , trasfor
mate da oltre un secolo - dai pionieri della civi ltà cristiana - i n torri , balaustre di ponti,
e piccole fortificazioni, giovarono m olto al dialogo cattolico, mentre i due papi faceva-
no di tutto per corrompere senza lesinare, per pregare, cantar messa, impegnati a male
dirsi reciproc amente e solennemente, sostenuti dal clero dei fronti ri spettiv i .
Malgrado tutti gli sforzi micidial i , d a u n parte come dal l ' al tra, la situazione appari
va senza uscita. Cosicché lo stesso Alessandro fu d ' accordo nel demandare la decisio
ne ad un concilio imperiale. A questo punto, però, l ' esercito lombardo piantò in asso
Onorio, perché anche i l suo denaro lo stava abbandonando; per contro, Alessandro
disponeva delle risorse, apparentemente inesauribili, del l ' ebreo convertito e neofita
cristiano Leone. Spolpato per gi unta dai suoi protettori , Onorio, la cui posizione in
Castel Sant ' Angelo som igliava vieppiù ad una prigionia, tentò di tagliar la corda ai
prim i del 1 064, travestito da pellegrino, dietro versamento di 300 l i bbre d ' argento. È
verosimile che il suo opposi tore fosse stato molto deluso, dal momento che (di nuovo
assai cristianamente) aveva sperato "per la m isericordia di Dio" che Cadalo "non avrebbe
potuto in alcun modo evadere di là, fino a che avesse dato soddisfazione, in gi usto
1 68 l santi Padri a metà del secolo Xl
compenso, per tutto ciò che aveva avuto l ' ardire di fare contro i l santo Pietro, a causa
della sua spregevole azione . . . "
Lui stesso, Alessandro, nel maggio del 1 064, in un S i nodo a Mantova in cui aveva l a
presidenza e dove mediante giuramento assolse se stesso - c o n procedimento allora
popolare - dal l ' accusa di simonìa e da altre imputazioni e venne riconosciuto come
papa, maledì ancora una volta Onorio II come "eretico". E per un soffio fal lì un ultimo
assalto che Onorio fece proprio allora piombando i naspettatamente su Mantova e i r
rompendo in chiesa con grande sconquasso e alte grida che acc usavano Alessandro di
essere un "eretico".
A conclusione dell a vicenda, Cadalo si ritirò nell a sua diocesi, continuando a servire
Dio come vescovo di Parma, dicendo messe, consac rando preti e spedendo missive,
tutto "secondo la consuetudine della sede apostolica" (more sedis apostolicae : Lamper
to), mentre i l vittorioso Alessandro regnava ormai i ncontrastato nella sua papale fun-
225 zione. E molti, ora, cambiarono fronte more majorum : come fece quel l ' Ugo, cardinale
di santa romana chiesa, portato in passato dall a Lorena a Roma dal santo Leone IX, che
era trasmigrato prima da Alessandro I I a Cadalo, poi da Cadalo di nuovo ad Alessan
dro, dopo di che fu ancora attivo come am basci atore di quest ' u ltimo in Spagna e in
Francia; e fu pubblicamente accusato di simonìa dai monaci di Cluny e da diversi
vescovi ma, a quanto pare, senza subime conseguenze di sorta. 26
Ma Alessandro, intanto, operava attivamente in Itali a meridionale, in Sicilia, in Spa
gna e in Inghilterra.
Secondo Amato di Monte Cassino - lo storiografo dei Normanni nato a Salerno nel
lO l O (temporaneamente vescovo di Capaccio-Paestum) -, quel popolo nordico era sceso
in Ital ia soprattutto per conquistare la Sicil ia. E i cronisti normanni rappresentano fin 226
da princ ipio la guerra in Sicilia come guerra religiosa, dato che essa fu in effetti con
dotta come una specie di croc iata, più di qualsiasi precedente guerra contro i pagani.
"Sentiamo dire spesse volte c h e i combattenti , prima della battaglia, si confessavano e
com unicavano, che le al locuzioni dei capi consistevano in religiosi ragi onamenti , che
il botti no dopo la vittoria veniva offerto al la chiesa o che, nei luoghi conqui stati , si
costruivano tosto del le chiese o si tenevano messe solenni" (Erdmann).
Nella battaglia di Ceram i ( 1 063) apparve per la prima volta san Giorgio - i l futuro
patrono dei crociati - a caval lo di un bianco destriero che brandisce una bandiera bian
ca con la croce i n campo. Dopo la battaglia, Ruggero I di S i c i l ia, un figlio di Tancredi
d'Altavi lla, inviò ad Alessandro una parte del bottino, tra cui quattro cammel l i . In
cambio, il pontefice concesse l ' assoluzione alla sua soldatesca, dedicandole una ban
diera consacrata e incoraggiando la ad aver fiducia nel santo Pietro per sgom inare tanto
più sicuramente le m i l izie saracene.
Non c ' è dubbio che la guerra di Sicilia venne condotta a totale beneficio della Curia,
anzi addirittura in base alle sue direttive. Con essa i Normanni, pur combattendosi
sanguinosamente gli uni con gli altri, conquistarono quasi completamente la Sicilia per
opera di Roberto i l Gui scardo e del suo fratello e vassal lo Ruggero, facendo così del
papa il loro diretto feudatario e "proprietario del la regione" (Hal ler). Nel 1 06 1 cadde
Messina; da qui Roberto dichiarò che avrebbe cacciato tutti gli infedeli. Nel 1 072 egl i
prese anche Palermo. In quel la guerra, secondo Amato, il numero d e i saraceni uccisi o
venduti in schiavitù oltrepassò ogni capac ità immaginativa. E quando si celebrò una
solenne liturgia - dopo una "radicale epurazione" della cattedrale da tutte le infi ltrazio
ni islamiche - si credette di percepire cori angelici e splendori ultraterreni. Nel l 09 1
cadde Noto. Ma prima, nel l 085, era caduto lo stesso Roberto il Guiscardo nel la reali z
zazione del suo ultimo obiettivo : una guerra contro la cristianissima B i sanzio.
Ruggero, conte di Sicilia e di Calabria, che nel la liberazione de l i ' i sola dai musulmani
aveva arruolato perfino truppe islam iche e un condottiero musulmano - come nove 227
secoli dopo il fasci sta Franco condurrà la sua crociata <.:ri stiana impiegando anche mori
maomettani (che castravano le loro vittime) - ebbene Ruggero promosse clero e con
venti in Sicil ia, assegnò vescovati a prelati a lui devoti ed eresse "una rete di bastioni
ecclesiali ai confini" (Tramontana). 27
Guerra e Chiesa: un binom io indissolubile. Da tutto ciò si traevano profitti , si gua
dagnavano terreni , schiavi, dipendenti , cammel l i . Ce n ' era per tutti; e tutto faceva
mucchio. Nel le battaglie per la conquista di Palermo, i Pisani portarono via il loro
bottino, accatastandolo in sei grandi navi rapinate nel porto; e così diedero inizio alla
costruzione del loro duomo i n onore del la Santa Vergine. 2�
1 70 l santi Padri a metà del secolo Xl
Da non dimenticare, in tale contesto, anche la crociata intrapresa in Spagna nel l 064,
con la conqui sta di B arbastro.
Sulla penisola iberica si era formata, fin dall ' anno 7 1 4, una Spagna musulmana (IV
303 s.). Dopo i l loro sbarco, nel 7 1 0/7 1 1 , i Mori nordafricani, chiamati da parte dei
Visigoti cristianizzati per contrasti dinastici e sostenuti nella battaglia dec i s iva, aveva
no conquistato i n breve tempo quasi tutta la Spagna, fondando dapprim a un emirato
dipendente da Damasco, dal 929 il califfato - politicamente indipendente - di Cordova
che, dopo la sua frammentazione nel secolo XI, sarebbe progressivamente caduto v it
tima del la "reconquista" cristiana. Resta tuttavia memorabile l ' alto livello del l ' ammi
nistrazione nel la Spagna moresca, l a fioritura c ulturale (n e i campi del la scienza, delle
lettere e del l ' architettura), l a grande tolleranza nei confronti dei cristiani (Mozarabi) e
degl i ebrei, ed inoltre i l s istema sociale ordinato alla demolizione delle tensioni social i
e, non ultimo, una prosperità economica quale i l Paese "non ha più v issuto fino ali ' età
moderna" (Meyers Taschen-Lexikon Geschichte) .
A metà del l ' XI secolo, i c ristiani spagnoli attaccarono in forze l ' Islam ; e all ' inizio
del 1 064 Ram i ro I di Aragona e suo genero conte Ermengol III di Urge! progettarono di
conquistare Barbastro, un ' i mportante città fortificata in Aragona (provincia di Huesca).
228 Il re c adde nel l ' assedio ma la città fu presa, anche se andò perduta nuovamente nel
l 065 . Quando, il 1 8 ottobre del 1 1 00, re Pietro di Aragona la conquistò definitivamente,
Barbastro aveva due moschee, una chiesa mozarabica e una sinagoga.
Ebbene, nell a crociata spagnola del 1 064 combatterono anche truppe di altri paesi ,
soprattutto schiere d i cavalieri dal la Francia e dal la Borgogna; tanto che i l cronista
arabico lbn-Chaijan definisce i l condottiero dei croc iati stranieri , presenti all ' assedio
di Barbastro, "comandante del l a caval leria di Roma". Qualunque cosa c i ò significhi, il
papa aveva preparato anche questa spedizione, non solo m andando in Spagna i l c ardi
nale Ugo Candido, forse come una sorta di "legato alla crociata", m a annunciando
altresì , per i partecipanti al la cruenta impresa, un ' indulgenza speciale: la prima indul
genza croc iata papale che s i conosca, in senso letterale. Di conseguenza, si i ntraprese
la guerra come una guerra santa contro i pagan i , al fine di "sottometter! i ai c ri stiani",
come scrive Amato di Montecassino. "Ed essi invocarono l ' aiuto di Dio, perc i ò D i o fu
presente a sostegno di coloro che lo avevano pregato. Così vinsero i fede l i in battag l ia,
e grande parte dei saraceni fu uccisa; e i credenti ringraziarono Dio per la v i ttori a data
al suo popolo". S ignificativamente li aiutò in questo successo una "pace di Dio", an
nunciata da vescovi e prìnc ipi catalani nel l 064; poiché costoro - tale fu la dichiarazio
ne schietta, senz' ambagi - avevano vol uto condurre l a guerra, ragion per cui sia i par
tecipanti sia quelli rimasti a casa, ora dovevano rappacificarsi tra loro ! 29
Un anno dopo, nel marzo del l 065 , ebbe l uogo la cerimonia della vestizione a cava
l iere di re Enrico IV; e l ' anno successivo, al compimento dei suoi 1 6 ann i , ebbe inizio
i l governo personale di un sovrano l a c ui esistenza fu certo più agitata e tempestosa di
Note 171
quel la dei suoi predecessori . A causa, soprattutto, del confl itto ingaggiato con uno dei
papi più famosi di tutti i tempi.
229
NOTE
im hohen Mittelalter 5 9
10
H e r m . v. R e i c h . 10 5 3 . L a m p . A n n . 10 5 4 . B r u n o n i s e p i s c . S i n g n i n i lib. d e sym o n . 5 , 6 . MG L i b . de
l i te II S . 5 50 s . LTh K V 3 3 2 9 s . V 824 s . L M A V 1 3 7 7 . H E G I 845 s . II 2 7 1 . S t e i ndorff II 252 ss.
2 5 8 s s . 266 s s . Gregoro v i u s 11/1, 3 6 , 38. Erdmann I l O s s . Haller I I 21 5 . K ii hn e r, G e zeiten I 1 6 3 .
Idem, D i e Kreuzziig e .
11 L M A V I I 543 s s . S c h i e ffer, Kaiser Heinrich l/1 10I7-I056, i n : D i e grossen D e u t s c h e n I 1 9 5 6 , 6 8 .
C i tato d a Te l le n bac h 1 3 3 . I d e m , i b i d e m 140 s s .
" H K G I I I / l 2 8 7 ( Ke m p f) . M i rbt 2 8 0 . Bti hmer 19. G r u p p I I I I S O. H a l l e r I I 2 1 1 s s . Me h n e r t 5 6 .
B o e l e n s 1 3 5 . Deschner, D a s Kreuz 1 6 3 , 1 6 9 , 1 9 8 s s . Te l l e nbach 1 3 6 s s . S c h n i t h , Ka iser Heinrich
III 1 9 9 s . Fuhrmann, A da lberts von Bremen Mahnung 9 3 ss.
11
H E G I I 40 s . H a l l e r I I 199 s . U l l m a n n 3 8 3 . Te l l e n bach 134. Frech 313 s s . 331 s . K e l l y 1 6 3 ss.
L M A V 1 8 80 s. VII 544 s . ( M i e t h k e ) . H a l l e r Il 199 s . 225 s s . McCabe, A History of the Popes 6.
Jordan, Investiturs treit 1 6 s. U l l mann 3 8 3 . Te l l e nbach 1 3 4 . Fre c h 3 1 3 s s . 3 31 s . S e i d l mayer I 106
ss. S c h n i t h , Kaiser Heinrich IIIl99 s.
14 LP II 2 7 7 . J W I 5 40 ss. Lamp. A nn. l 054 ss. He rm. v. R e i c h . l 0 5 4 . Taddey 4 5 8 . K e l l y 165 s. L M A
I I 4 2 3 , I V 1 5 9 8 , V 20 7 s . S t e i n d orff I I 30 8 . Meyer v o n K n o n a u I l O s s . 24 s s . Gregoro v i u s I l/ l 40
s. S e p p e l t I I I 32 s s . S e p pe l t/S c h waiger 142. H a l l e r I I 2 2 3 s s. 2 30 s s . Erdmann 11 6 . A n t o n , B o n ifaz
von Canossa 529 ss. Frech 3 11 s.
" LP2 , 2 7 8 ; 334. JW 1 , 5 5 3 ss. P L 1 4 3 , 865 ss. Lamp. A n n . 10 5 8 . A n n . A ll a h . m a i . 10 5 7 . K e l l y 166 s s .
L M A I 2 1 2 , V I I I 11 8 s . H E G I I 2 8 4 , 5 5 9 s . M e y e r v. K n o n a u 124 s s . 3 0 s s . s p e c i a l m e n te 3 5 , 5 2 s s .
7 7 s s . G regoro v i u s I l / l 42 s . 4 8 s . Dresdner 9 3 . Seppe l t I I I 34 s s . S e p p e l t/S c h w a i g e r 142. s . H a l l e r
II 2 2 5 s . Erdmann 11 6 . McCabe, A History 7 . Zimmermann, Papstabsetz u n g e n ! 40 . Te l len b a c h
1 2 6 . Jordan, Investiturstreit 1 5 s s . F r e c h 3 1 2 s . - S i ricordi che sotto S te fano I X i n c o m i n c i ò qu e l l a
fatale c o n n e s s i o n e d e l papato r i form i s t i c o c o n l a Pataria, i l noto m o v i m e n to p o p o l are m i l an e s e , s u
c u i ho scri tto n e l l a m i a S t o r i a s e s s u a l e n e l c a p i t o l o " D o d i c i a n n i d i g u e rra ce l i bataria a M i l an o "
( D a s Kre uz mit d e r Kirche 1 70 s.)
" LP I I 279. J W I 556 s . K e l l y 167 s . LT h K I I 256 s. LMA I 2 1 2 , 1 8 60 , V I I I 112 3 . Meyer v. K n o n a u
I 8 5 s s . 11 8 s . H au c k I I I 6 7 8 s s . D a v i d s o h n I 1 8 3 s . Gregoro v i u s I l/ l , 48 s . H a l l e r I I 2 2 6 , 2 3 3 .
Hiigermann 161 s . 171. McCabe, A History 8 . Tel l e nbach 1 2 6 s . 1 3 4 . Jordan, Investiturstreit 1 8 .
Z i m m ermann, Papstabsetzungen 141 s .
17 K e l l y 1 6 7 s s . L M A I 21 2 . M e y e r v.Knonau I l ,9 s s . 1 2 5 s . 1 3 4 s . 1 8 0 . Gregoro v i u s I l/ l , 4 9 s s .
D a v i d s o h n I 1 8 3 s . H a u c k I I I 6 8 1 , 6 8 3 s s . 6 9 8 s s . G r u p p I I I I S O s _ . S e p p e l t/Schwaiger 1 4 4 s . H a l l e r
I l 2 3 3 s s . Jordan, Investiturstreit 1 8 . B l u m e n thal 30 . Deschner, A bermals 2 2 8 s .
" K e l l y 1 6 7 ss. L M A I I I 30 3 , I V 1 9 7 8 , V 209 s . V I 49 3 , V I I 1 9 5 9 s . Meyer v. K nonau I 146 s s .
G regoro v i u s I I / l 5 3 s . H a u c k I I I 6 8 8 s s . W ii h r 6 5 . Erdmann I l O, 114 s s . S e p pe l t/ S c h w a i g e r 1 4 4 ,
146. H a l l e r I I 2 3 9 s s . Jordan, Investiturstreit ! 9 . M o n t g o m e r y I 164 s s .
1 '' K e l l y 1 6 8 s . K ii h n e r, L exikon 8 3 . Meyer v . Knonau I 1 70 s s . 1 7 7 s s . 216. Gregoro v i u s 1 1/1 , 5 3 .
Hauck I I I 6 8 9 s . D a v i d s o h n I 2 20 s . Erdmann 11 7 s . M c Cabe, A H istory 8 s . S e p p e l t/Schwaiger 14 7
s. H a l l e r II 244. Jord an, Investiturstreit 20. Z i mmermann, Papstabsetzungen 141 s s . 147 s .
20
M e y e r v. K n o n a u I 21 8 s s . H a u c k I I I 7 0 2 s s . H a l l e r I l 2 4 5 . Z i m m e rm a n n, Paps tabsetzungen 1 4 8 s s .
21
Petr. Dam. e p . 3 ,6 ; 7 ,1 3 . K ii h ner, Le x i k o n 84. LT hK I I I 410 . L M A I 2 1 2 , 6 6 6 , V 120. M e y e r v .
K n o n a u I 2 2 3 s s . G regoro v i u s I I/ l 5 6 s s . D o n i n I 5 3 8 . D a v i d s o h n I 201 . Z i m me rmann, Papst
absetzungen 148 s s .
" M e y e r v . K n o n a u I 2 50 s s . Gregoro v i u s I I / l , 5 8 s . H a u c k I I I 7 0 6 s s . H a l l e r I I 2 4 5 s .
2
.1 Lam p . A n n . 1074. Theod. Vita C o n r. MG S S V I I I 2 1 2 s s . Adam v. B r. 3 , 34. LT h K I 6 9 8 , I I 7 9 8 V I
5 2 8 s . H E G I I 2 8 3 s . L M A V 1 5 7 2 . B e i s s e l I I 7 s s . Te u ffel 2 7 . S c h r e i b e r 9 5 . We l l e r 1 2 8 . Lev i s o n
10 3 s . S t e i nbach, D i e Ezzonen 8 6 2 s . Liick 4 3 s . Fleckenstein, Hein rich I V 2 2 7 . S c hwarzmaier, n e l
" s a l i c o arc h i v i o d o m e s t i c o", 114 , sotto l i ne a c he l ' i mperatrice Agnese, c o n l a s u a p iù c h e m un i fi c a
Note 1 73
"Di nuovo, anzi d'inaudito in tutti i secoli precedenti, c'è che i papi vogliono
dividere a cuor leggero i regni dei popoli, il fatto che calpestano la dignità dei sovrani ...
con improvvise perfidie, che riducono allo stato di plebei, a semplici amministratori,
gli unti del Signore, ogniqualvolta gli aggrada, e gli impongono di rinunziare al potere
dei loro padri, punendoli con l'anatema, quando non vi ottemperano senza indugio."
Lo scolastico Wenrich di Treviri 2
Novità ne introdusse senza alcun dubbio colui che, contro i precetti dei padri,
concesse l'autorizzazione a giurare spergiuri, spezzando in tal modo il vincolo dell'unità e
della concordia, attizzando rivolte, suscitando spaccature, infliggendo
alla Chiesa e all'Impero violenza e incendi in ogni luogo, rapine e sacrilegi
e calamità senza fine. Insomma, queste due calamità ereticali e radicalmente opposte
alla salvezza cristiana le introdusse indubbiamente Ildebrando."
Vescovo Guido di Osnabrlick 4 231
Enrico I V venne al mondo l' 1 1 novembre del 1 050, probabi lmente nell a città di Goslar.
Nel l 05 3 , quando aveva appena tre ann i , per designazione di suo padre venne nomina
to re e consacrato l ' anno successivo, i n Aqui sgrana, dal l ' arc i vescovo di Colonia,
Erm anno. Ne scrive Lamperto di Hersfeld: "L'educazione del futuro re e di tutto il
governo era nelle mani dei vescovi , tra i quali la m assima influenza era eserc itata dag l i
arcivescov i di Magonza e di Colonia". Pare c h e i m o d i di fare del giovane r e fossero
assai affabi l i , il suo comportamento disinibito e spregi udicato, improntato da impetuo
si desideri , se dobbiamo credere alle fonti che lo descrivono anche "di bel l a corporatu
ra e di statura slanciata".
Aveva sei anni , Enrico, allorché suo padre morì . Quando compì gli undici anni , l o
colpì molto i l colpo di S tato di Kaiserswerth ( p . 1 62 ss. ) . A quindici anni , c o l rito di
reci ngere la spada, secondo i l diritto antico, uscì di m inorità. A sedici i ncominciò a
governare autonomamente e il 1 3 luglio l 066 sposò Berta di Torino, fidanzata con l u i
già d a l 1 055 a Zurigo e dalla quale, a diciannove anni , pretese dai vescovi i l divorzio.
Eppure Enrico, al contrario di molti prìncipi, era abbastanza sincero da ammettere "di
non poterle rimproverare nulla che giustificasse una separazione", confessando tutta
via di non essere in grado "di compiere con lei la comunione coniugale" ( Lamperto).
L' arcivescovo S iegfried di Magonza, sedotto da allettanti promesse, ne approvò la de
cisione mentre il legato di Roma, Pietro Damian i , in un si nodo a Francoforte ne l i ' otto
bre del 1 069, vi si oppose energicamente.
233 Una psicologia manifestamente complessa, nonché le lesioni riportate nel l a sua pri-
ma fanc iul lezza, resero più gravoso il suo governo tutt' altro che agevole, proprio in
un'epoca in cui la Chiesa riformata e rafforzata sotto suo padre e i rispettivi predeces
sori , combatteva ora per l a vita e per la morte proprio contro di lui, il figlio di Enrico
III. Questa era la realtà: "Ciò che per i Tedeschi , fino allora, era considerata l a cosa più
sublime, cioè che i l l oro re fosse nel contempo sovrano e sacerdote, veniva ora respinto
da Roma come la cosa più esiziale" ( Hauck). 6
Il giovane "rex" cercò, per prima cosa, di frenare energicamente abusi e soprusi,
perpetrati con la forza dal i ' alta nobiltà, sui beni del la corona e sui diri tti di sovranità:
una "formale ruberia ai danni dell ' Impero" (Epperlein). In ciò fu primo l ' arc i vescovo
Adalberto di B rema, colui che divenne lo spec iale confidente del giovane monarca e
che sembrò - secondo Lamperto - "appropriarsi quasi u n ' esclusiva egemonia nell a
comune prassi di governo". Anche l u i , ad onor del vero, aveva dilapidato somme co
lossal i a vantaggio dei favoriti, cedendo vescovadi e abbazie per somme ingenti, ed
eserc itando, specialmente nei confronti dei monasteri , "vere rapine con assol uta sfre
natezza". Nel 1 066, Enrico, posto dai prìncipi di fronte all ' alternativa di lasci ar deca
dere il prelato di B rema dall a funzione di consigliere e co-reggente, oppure di abdicare,
Inizia il regno di Enrico IV 17 7
rinunziò ad Adalberto.
Tuttav ia, cedendo presum ibilmente ancora agl i interessati suggerimenti di lui, Enri
co rafforzò il suo potere regale, a partire dagli ultimi anni Sessanta, nella regione di
Sassonia-Turingia, con la regione del lo Harz nel centro. Mediante rec uperi , riciclaggi
di usurpati territori della corona, con l ' ampl iamento o la ristrutturazione di residenze
regal i , di abbazie imperial i , di borghi, Enrico creò dei complessi di proprietà, sottopo
sti di rettamente alla sua persona, il che avvenne soprattutto per mezzo di funzionari
ministeriali, oriundi in prevalenza dalla Svevia.
Era, questo, un raggruppamento sociale che si era deli neato fin dal i ' epoca di Corrado
II e che si era andato formando progressivamente, promosso però in modo speciale per
opera di Enrico IV: un gruppo di funzionari di incrollabile lealtà nei suoi confronti , con
importanti compiti e servizi al i ' interno della pol itica, del l ' econom ia, del mondo mili-
tare e dell ' amministrazione della gi ustizia. Era una cerchia di persone qualificate, seppure
indipendenti, che tuttavia non forniva personal i imposte, ricevendo tuttavia un proprio
stato giuridico, una propri a peculiare cosc ienza di classe: più tardi essa avanzò spesso 23 4
all ' interno del la (bassa) nobiltà, della c lasse caval leresca, fin dai ceti direttivi del la
borghesia. Costituiva del resto una peculiarità de l i ' impero tedesco e dei suoi confini
occidentali : un gruppo di arrampicatori sociali che, nel la società de l i ' Alto Medioevo,
ebbe un ruolo incisivo e non del tutto incruento, in cui la ministerialità regale si stacca-
va fortemente dai gruppi ministerial i dei prìncipi laici e clerical i .
Magnati e notab i l i , a poco a poco emarginati dai m ini sterial i , temevano molto di
essere privati della loro autorità; erano denigrati in realtà come "vil issimi homines",
"gentaglia", "arriv i sti", "adulatori ", "spiantati", tanto da costituirsi in fronte di opposi
zione. Così annotava un monaco del convento di Niederaltaich, peraltro leale partigia
no di Enrico: "Il re aveva preso in dispregi o tutti i potenti , mentre faceva promuovere
gente infima e sconosci uta, facendo applicare quanto si doveva fare secondo il loro
consiglio, mentre solo di rado accoglieva uno dei grandi per i suoi piani segreti ; e
poiché molte cose avvenivano contro i l consueto ordinamento, ecco che vescovi, duchi
e altri prìncipi de l i ' impero s i ritirarono dagli affari del la corona . . . "
Avvennero così più o meno rilevanti conflitti del re con la nobiltà, e non a caso,
soprattutto nel le regioni oriental i , dove Enrico, anche nel l ' inverno del 1 068/ 1 069, at
taccò i Vendi , abbattè i loro santuari , bruci ò innumerevoli villaggi e uccise o catturò i
pagani . . . nul l ' altro che una prosec uzione del le tradizionali guerre di rapina e di deva
stazione, come quelle che a suo tempo condusse soprattutto il duca Ordulfo di Sassonia,
invero più ostinate che vittoriose; non diversamente dal suo comm i l i tone vescovo
Burcardo II di Halberstadt, il nipote di Annone, caduto poi lui stesso in una rivolta. 7 235
1 78 Enrico IV (1065-1 106) e Gregorio VII (1073-1085)
In realtà anche nei confini dell ' Impero non cessano i conflitti , per cui si giunge a dispu
te tanto penose quanto c ruenti.
Ad esempio quella scoppiata tra il seguito dell ' abate Widerad di Fulda e i servitori
del vescovo di H ildesheim, Hezilo. Il promi nente chierico, tra i cui parenti si contava
no i vescov i Poppone di Paderborn e Cuno di B rescia, era stato sotto Enrico III mem
bro del la cappella di corte e, nel 1 05 3 , cancelliere per l ' Italia, prima di ascendere nel
l' anno successivo al seggio episcopale di H ildesheim. In tale autorevole qual i tà, sede
va al centro del "paesaggio regale" salico e - come altri altissimi prelati, Annone di
Colonia, Adalberto di B rema - traeva sfacciatamente profitto, a proprio vantaggio,
del l a fase di transizione sotto l ' ancora m inorenne Enrico I V. In pratica, non era più in
grado di ampl i are ulteriormente i l proprio potere; e quanto l a sua ambizione o la su a
umiltà potessero ancora sviluppars i , q ua l i forme potessero assumere, ce l o mostra l a
disputa intorno alla questione di priorità divampata i l giorno di Pentecoste d e l 1 063
nella chiesa di Goslar, davanti all ' altare e i n presenza del giovane re.
Già nel l 'estate del 1 062 i due prelati, in un s inodo provinciale indetto a Goslar,
avevano preteso c iascuno per sé i l posto d ' onore al fianco dell ' arc ivescovo S iegfried I
di Magonza; e ne l i ' assegnazione dei posti per la l iturgia del ves pero si addi venne ad un
alterco tra i camerieri del vescovo e quell i de li ' abate, i n c u i volarono pugni e panchine.
Pare che in quel l ' occasione l ' abate avesse l a meglio, prendendo posto accanto all ' arci
vescovo, s u o predecessore a Fulda, mentre i l rivale di H ildesheim usciva di scena.
Per la successiva festa di Pentecoste, nel l a reggia di Goslar ricomparvero i due si
gnori - i l vescovo Hezil o e l ' abate Widerad - spalleggiati per ogni evenienza da un
numero adeguato di armati . E gli uom ini del vescovo presero subito posizione, sotto il
comando del conte Ekberto di B raunschweig (p. 1 65), i n l uogo consacrato d ietro l ' al
tare della chiesa madre dei santi S imone e Giuda, per spiare q u anto accadeva. Infatti ,
236 non appena cominciò la rissa e l a bagarre dei c amerieri per i seggi davanti al i ' altare, g l i
uom ini del vescovo c o l à nascosti s ' avventarono sug l i attoniti servitori del l ' abate, at
terrandoli e poi buttandol i fuori a forza di bastonate. Di là, tuttavia, costoro rientrarono
rapidamente con gli armati chiam ati per la bisogna. E mentre c anonici e rel i g iosi leva
vano già in coro le loro voci per l e funzioni vespertine, le due soldatesche i nvece leva
rono le arm i , per cui le grida dei combattenti, feriti e m oribondi, s i mescolarono strana
mente al canto dei salm i ; il sangue scorse per il duomo, schizzò sug l i altari , mentre i l
vescovo Hezilo, d a una postazione p i ù elevata ( e certo anche p i ù sicura) incitava i suoi
di H ildesheim ad i ntervenire per la buona causa voluta da Dio, negando l a futura co
m unione del la Chiesa alle anime dei nemici caduti ed escludendone anzi i sopravvissu
ti. I l giovane re, che in tale occasione aveva ricevuto u n ' insuperabile lezione dimostra
tiva sul tema "umiltà clericale" - sul posto, dal vivo -, riuscì a m ettersi in salvo appena
Incipiente guerra civile in Germania 1 79
in tempo. Sul terreno, tuttavia, ci restò di tutto; dal la parte del monastero, tra g l i altri , i l
conte Reginbodo, vess i l l i fero di Fulda, e probabilmente anche i l conte Wignand. Ad
ogni modo, scrive Lamperto di Hersfeld, "molti furono i feriti, molti gli uccisi"; sugl i
altari di D i o si macel larono "orrende v ittime", d a ogni parte "fiumi di sangue" inonda
rono la chiesa, mentre si portavano via m orti e feriti, e solo la notte separò i contenden
ti . Ma il principale responsabile, Widerad, pare che mantenesse la sua dignità abbaziale
solo in virtù di corruzioni e sperperi del patrimonio conventuale di Fulda.
E tutto per pura e semplice umi ltà (cfr. p. 96 s.).
Solo pochi anni dopo, nel l 070, a Hi ldesheim, i l seguito del re venne alle mani con
gli uom ini del vescovo locale Hezilo; questa volta, però, non a Natale né a Pentecoste,
bensì durante la festa pasquale; uno scontro i n cui "molti" (Lamperto) tra i seguaci del
vescovo furono ucci s i , mentre altri agitatori furono messi in catene per ordine del re.
(Evidentemente, il vescovo Hezi lo fu dapprima un avversario di Enrico, ma passò poi
dalla sua parte in conseguenza dei suoi successi m i l i tari ). H 237
Uno scontro molto più significativo avvenne, ancora in quel l ' anno, col bavarese duca
di Northeim che, ripetutamente condannato e graziato da Enrico, m utava di volta in
volta i fronti.
Il duca Ottone regnava su un territorio considerevole, in parte di sua proprietà, in
parte assunto col matrimonio che lo legava a Richenza, figlia probabi lmente del duca
Ottone di Svevia (il di lei figlio duca Enrico l ' Adiposo divenne il padre d eli ' imperatri
ce R ichenza: cfr. p. 3 20). E sebbene nel l 06 1 avesse avuto in feudo i l ducato di Bavie
ra, Ottone prese parte, subito l ' anno dopo, al succitato colpo di Stato di Kaiserswerth.
Tuttavia nel 1 064, l 066 e l 068, per incarico di Enrico, fu attivo in Ital ia, partecipando
inoltre al la guerra del 1 063 contro l ' Ungheria e del 1 069 contro i Liuti zi .
Nel 1 070, però, il re avvi ò un procedimento gi udiziario contro i l duca per alto tradi
mento.
Enrico IV non aveva mai superato la sua profonda antipatia per Ottone a c ausa del
l ' appoggio da lui dato al suo rapimento. È possibile che in quel processo giocasse
anche l ' invidia, una rivalità di natura politico-territoriale, tanto più che Ottone di
Northeim cercava di stabilizzare costantemente la sua posizione sui versanti ovest e
sud dello Harz, aumentando ulteriormente i l suo potere e muovendosi nei dintorni im
mediati del la dinastia sal ica.
Nel 1 070, comunque, un certo Egino - un sinistro figuro che aveva reputazione di
particolare aggressiv ità - incolpò Ottone di aver indotto ripetutamente all ' assassinio
del re con molte preghiere e promesse, e di aver pertanto commesso al to tradimento. E
1 80 Enrico IV ( 1065-1106) e Gregorio VII (1073-1085)
poiché Ottone si sottrasse alla prova dell a sua innocenza (con un duello), i l 2 agosto, in
Sassonia, i grandi della regione di Sassonia emisero i l verdetto: Ottone fu dichiarato
proscritto e gli fu tolto il ducato di Baviera, anche se, per la verità, gli fu l asciato il suo
patrimonio privato.
Ma il re fece di tutto per annientare il duca. In Sassonia, dove era più forte, fece
distruggere dal le fondamenta il borgo di Hanstein sul fiume Werra, lasciando che i suoi
238 possedimenti fossero devastati , saccheggiati e bruci ati, colpendo anche la sua servitù e
i suoi contadini, non risparmiando neanche le chiese che egli aveva costruito a sue
spese. Anche in Westfalia, fin dove i l re si spinse, vennero date alle fiamme molti vasti
territori e preziosi averi della moglie di Ottone, Richenza, e anche in questo - almeno
a quanto afferma Lamperto, notorio nem ico del re - si m altrattarono gravemente anche
donne e bambini, persone innocenti, del tutto estranee . . . "e questo dal loro stesso re,
poiché non avrebbero potuto patire nulla di più duro e di più atroce dai barbari".
Nella controffensiva, Ottone attaccò, secondo Lamperto, "con 3000 uomini scelti ed
esperti in tutte le arti del la guerra" le opulente corti regali in Turingia, distribuendo i
loro tesori a contadini in miseria che si arruolavano con lui, e ancor più sicuramente ai
suoi armati , per legarli a sé. Presso Eschwege, il 2 settembre, ebbe la meglio in uno
scontro particolarmente sanguinoso contro un contingente della Turingia, in seguito al
quale trascorse i l resto dell ' anno tra incursioni in possedimenti regal i e vescov i l i in
Sassonia, sostenuto dal figlio di Ordulfo dei B i l l unghi , i l giovane Magnus (l 072- 1 1 06).
Entrambi, però, furono costretti alla capitolazione nel l ' anno successivo. 9
Nel l 'estate del 1 07 3, intanto, la rivolta infiammò nuovamente la Sassonia.
Come già suo padre, Enrico IV soggiornava di preferenza in questa regione, vuoi
per la caccia vuoi per le feste ecclesiali , o per qualsiasi motivo, il che comportava non
pochi oneri (cfr. p. 62). In Sassoni a e Turingia, inoltre, ampliò ed eresse una serie di
borghi, talché non si poteva disconoscere che queste opere potevano serv ire non solo
contro pagani e nem ici del lo Stato, ma anche a domare, asservi re e sfruttare le popola
zioni sassoni e turingie. Inoltre il re teneva sempre prigioniero sul Harzburg l ' anzidetto
Magnus dei B i l l unghi , il cui padre, il duca Ordulfo, era morto già nel la primavera del
l 072 senza che Enrico avesse ancora occupato il ducato in via di estinzione. 1 0
239 Sulle prime, Ottone di Northeim esitò ad unirsi ai congiurati . A compiere questo
passo, tuttavia, fu spinto da parte vescovile, e precisamente da Hezi lo di H ildesheim,
che lo esortò a tener accesa "la scintil la", a fare "nel più splendido modo" tutto ciò "che
Tu in patria hai minacc i ato con chiarezza, seppur esitando . . . ". I l prelato spiega a Otto
ne come deve real izzare la sua m inaccia, lo mette in guardia dal non partecipare, allet
tandolo anche con le "benevole promesse" del vescovo Burcardo I I di Halberstadt. I l
nipote d i Annone di Colonia era uno dei c api del la rivolta in Sassonia e tuttavi a s i
ribellava per nessun altro motivo - dice Lamperto - "che non fosse lo zelo per D i o e
puro rispetto per il bene generale". Eppure costui aveva comandato, pochi anni prima,
Incipiente guerra civile in Germania 181
vasione in Ungheria, a cui pare i nvero che Geisa fosse meglio preparato, mentre le
truppe di Enrico, con approvvigionamenti insufficienti e generalmente m ale equipag
giate, furono decimate da fame ed epidem ie, e mentre quasi tutti i cavall i v i trovarono
241 una fine m iseranda. Solo pochi resti fecero mesto ritorno in patria, quell ' autunno. 1 3
La corte celebrò con grande sfarzo le feste natalizie del l 074 a Strasburgo, alla presen
za di molti prìncipi, provenienti perlopi ù dal la Germania settentrionale. Ma certo l a
nasci ta del S ignore era molto meno i mportante dei preparativi per la campagna contro
i Sassoni, portata avanti i ntensivamente dal re, ma assai temuta dai Sassoni . In molte e
um i l i suppliche indirizzate ad Enrico, non meno che ai suoi consiglieri , i grandi della
Sassonia cerc arono di impedire la guerra. Ma i l re aveva effettuato un riarmo assai
esplicito; respinse tutte le proposte e gli sforzi per l a pace, tutte le offerte ed ogni
accondiscendenza, festeggiò ancora la Pentecoste e, 1 ' 8 di giugno, mosse col suo eser
c ito, che comprendeva un grande numero di vescovi e sacerdoti . 1 4
I l 9 giugno del 1 075, n e i pressi di Homburg , sulle rive della Unstrut, divampò l a
battaglia in c u i i Sassoni si batterono c o l coraggi o della disperazione, ragion per c u i
anche per le truppe di Enrico " l ' eccidio si fece estremamente grave". Sembrava anzi
che Svevi e Bavares i si sarebbero dati alla fuga, al lorché forze incalzanti del re - tra cui
eccel levano "gli armati della Chiesa di Bamberga" (Meyer di Knonau) - risollevarono
le sorti dello scontro, finendo per disperdere in tutte le direzioni i Sasson i , travolti dalla
superiorità dell ' i nvasore.
Il disastro peggiore toccò al poco addestrato "vulgus pedestre", ovvero alla massa
dei fanti rintanati nel l ' accampamento durante l 'assalto della caval leria. Contro questa
plebaglia - scrive la cronaca di Lamperto - "imperversò l a nemica disumanità al diso
pra di ogni m i sura e senza limitazioni in modo tale che, dimentichi di ogni cristiano
ritegno, macellarono uomini come bestiame. Una parte di loro annegò anche nel la
Unstrut quando, per il terrore davanti alle spade i ncombenti, i fanti si buttarono a capo
fitto nei suoi flutti". Straordinario fu il bottino i n oro, argento, preziosi, anche in vetto
vaglie; ragion per cui si saccheggiò l ' accampamento avversario anche quando l' oscu
rità da tempo aveva posto fine al macello e così si scannarono "molti dei loro stessi
commi l i toni, che essi scambiavano per nemici" (Lampert).
242 Ciò nondimeno i l re, continua i l monaco Lamperto, "rientrò dopo il tramonto nel-
l ' accampamento tra le accl amazioni augurali dei suoi guerrieri , com ' è d ' uso, in un' at
mosfera di giubilo straripante, per aver trionfato sui suoi peggiori nemici, talché i suoi
menarono vanto dappertutto del fatto di aver soppresso di proprio pugno questo o quel -
La battaglia di Homhurg 183
Alessandro II era morto i l 2 1 aprile 1 07 3 . Come tram anda il vescovo Bonizo di S utri
(un partigiano di Gregorio VII, più tardi accecato e muti lato dai suoi vessati diocesani
a Piacenza), costui aveva annunciato la propria morte con le parole: "Adesso io vengo
sacri ficato ed è prossima l ' ora del mio disfac imento". Un altro vescovo, Benzo di Alba
(in Liguria), di formazione classica, incl ine alla poesia, ma avversario accanito di
Gregorio, affermò addirittura che Alessandro venne tolto di mezzo da I ldebrando con
violenza: "quel l i che l ' arcidiacono aveva impiantato, quindi anche quest ' ultimo dei
suoi papali predecessori , Ildebrando l i aveva lasciati pendere come erba ormai secca,
finché aveva vol uto, ramazzandoli via quando gli convenne".
Generalmente, si ritiene quest' asserzione come dettata da odio di parte. Eppure non
era così lontana nel tempo l ' epoca ( V 475 ss. ! ) i n cui i curiali - e tra costoro i papi
stessi - avevano soppresso un numero impressionante di pontefici. Anche i l trapassato
Alessandro venne messo con sorprendente rapidità, già il giorno dopo, sotto terra, mentre
nel medesimo giorno il suo successore - non meno rapidamente, nel lo stesso giorno -
Papa Gregorio VII: il "santo Satana" al suo dehutto 1 85
veniva assunto sul trono papale. Lo stesso Ildebrando rappresenta i l fatto in questi
term ini : "d' un tratto, mentre nel la chiesa del Redentore il nostro papa veniva conse
gnato al sepolcro, si al zò grande rumore e agitazione nel popolo che si accalcava intor- 245
no a me come impazzito; senza )asc iarm i occasione né lo spazio per dire qualcosa, per
consultarm i , mi trasci narono con impeto sul luogo del la suprema egemonia apostoli-
ca . . . ".
Verso quel posto, certo, nessun papa si era mai accalcato; mai uno che vi prendesse
posto e vi restasse saldamente appicc icato ! No, prima di arrivarc i, tutti si sentivano e si
sentono troppo deboli alla bisogna, troppo inadeguati , semplicemente indegni - così
sembra - per esserne poi tuttavia, di regola, fin troppo degni ! Ma l 'esitare, il tergi ver
sare, il fare i prezi osi , attraverso i tempi, fa parte del l oro "galateo", del la loro goffa
ipocri sia da conclave. Anche Ildebrando, che si era serv ito e riproposto già così premu
roso, e dando tanto di gomito, fino al la carica di arcidiacono, sicuramente nell ' esclusi
va intenzione di ascendere al soglio, anche lui non volle ovviamente portarne i l peso,
quel l ' onere che - come egl i stesso tanto spesso afferma (già questo non senza sospet
to) - gli venne imposto "Dio mi è testimone . . . contro la mia volontà", e che lui dovette
accettare "con la forza" ( violenter).
Il pover' uomo, a ciò costretto, non fa che ripetere, e lo fa sapere a tutti , "come io per
l ' insi stenza pressante dei fratel l i sono stato addirittura costretto a prender su di me
l ' onere di guidare la Chiesa universale". Ma ciò portava solo "ad un dolore interiore e
ad angosce oltremodo incresciose", al punto da desiderare per la sua anima "la quiete
del la dissoluzione in Cristo pi uttosto che un ' esistenza fra ri schi siffatti." (Eppure gli
piacque "lavorare giorno e notte fra tanti pericoli, anzi fino alla morte, nel vigneto del
S ignore" . . . per pura responsabi l i tà, pura responsabil ità di governo ! ). Comunque tutto
si svolse nella massima rapidità. "Vi piace?" "Sì , piace" "Voi lo volete?" "Lo vogl ia
mo" "Gli donate i l Vostro plauso?" "Noi lo applaudiamo". Così laconico, e rituale, il
protocol lo del l 'elezione. Di tempo, per il lutto, non se ne trovò molto, e men che meno
ci pensò l ' eletto. 17
Da gran tempo I ldebrando era senza alcun dubbio l ' al lenatore, il precorritore di se
medesimo; ma l ' artefice immediato del la sua elezione fu sicuramente il cardinale U go
di Rem iremont detto Candido ( i l Bianco) di San Clemente. Fu un personaggio singo
larmente sini stro, versatile e mutevole, che si prodigò dapprima per i papi Leone IX e
Nicolò II, passando poi con la corte tedesca dal la parte del l ' antipapa Onorio I I ; cambiò 246
quindi fronte con Alessandro II per approdare a Gregorio V I I , il quale, quando entrò in
azione a favore dell ' antipapa Clemente I I I (Wi berto), finì per scomunicarlo tre volte. E
Io anatem izzò inoltre come "apostata ed eresiarca", "i stigatore e compare del l ' eresia";
durante i l sinodo del digiuno del 1 078, su questo prelato papa I ldebrando dichiarò : "A
lui noi revochiamo ogni dignità episcopale, interdicendogl i sia l ' accesso e la dignità
del la chiesa suddetta sia di altre chiese in base a questo verdetto eterno e irrevocabi-
1 86 Enrico IV (/065- 1 106) e Gregorio VII ( 1073-1085)
le . . . ". Sotto l ' antipapa Clemente I I I , al quale si aggregarono pur sempre tredici cardi
nali , Ugo venne promosso a vescovo cardinale di Palestrina; dopo i l 1 099, di lui si
perde ogni traccia. I H
Nella basilica del Laterano, perdurando ancora le cerimonie funebri per Alessandro
II, Ugo Candido raccomandò infatti Ildebrando come "uomo provato in tutte le vicissi
tudini" fin dai tempi di Leone IX; al che cardi nal i , vescovi e sacerdoti risposero accla
m ando "Il santo Pietro ha eletto papa Gregori o ! ", che infatti venne subito i ntronizzato
nella chiesa di S. Pietro in Vincoli. E lui, il pontefice eletto, attesterà tosto la sua bene
volenza al suo "diletto fig lio", al confratello Ugo . . . fino al momento di escluderlo.
Per i l resto, l ' i ntera procedura - e nessuno lo sapeva meglio di Gregorio - contravveni
va grandemente a tutte le regole, più di tutto al decreto relativo ali ' elezione del papa,
emanato da Nicolò II nel 1 059. 19
Ildebrando di Soana, papa col nome di Gregorio VII ( 1 073- 1 085), più che cinquan
tenne al momento del l 'elezione, era figlio di contadini della Toscana, piccolo di statu
ra, poco appariscente, piuttosto bruttino, e perciò parodiato e dileggiato dai suoi nemi
c i . Ma i l s u o spirito era potente e spietato, la s u a forza espressiva spesso intensa, con
centrata, talvolta affasc inante. Basta leggere in proposito solo qualche testimonianza
coeva per vedeme i caratteri a tutto tondo: la sua chiarezza, i l suo acume, la passione,
l ' odio, la sua brama di vendetta. Benché p ieno di foga tempestosa, egl i si frena e
s ' ammansisce, anche se lo fa soltanto per amore dei suoi obiettiv i , dei suoi fin i ; sia
pure per poter alla fine sferrare l ' attacco, per colpire prima o dopo implacabile, per
annientare ove qualcuno gli si opponga o solo si azzardi ad opporglisi.
Quest' uomo non conosce la pazienza. Gli è estranea la fantasia. Versati l ità, pluralità
247 di vedute, g l i sono più estranee che mai. Aveva un unico obietti vo, i l fine di tutti quell i
del l a sua casta: potere, potere, potere. M a egli vuole più potere, p i ù d i loro tutti , vuole
un potere mondiale. Vuole, nel centro del l ' arena, i n modo del tutto personale, far agire
le sue visioni del potere, sul fronte più avanzato, su punti focali , giocando quasi v irtuo
samente col cassone di sabbia. Perché - i ronia del destino - ad attuare certi disegn i ,
Ildebrando n o n c i arri vò m a i . Né durante la campagna in Oriente, a l l a testa di oltre
50000 uom ini in arme, né in Spagna come amm i raglio di una flotta di guerra per ridur
re alla necessaria ragione re Alfonso.
Ahi ! Tutti sono rinnegati, e tanto più corrotti , più depravati - lamenta Ildebrando, ad
una voce col salm ista - "nessuno fa il bene, neanche uno, un solo individuo". Per
questo Santo Padre, infatti , il bene s i real izza - ma questo, nel la sua Chiesa, è un fatto
ricorrente, quasi usuale - quando zampilla il sangue del nemico, anche sangue di cri
stiani, si capisce, non è questo che importa, l ' essenziale è che si muoia per essa, che si
crepi per i l s u o vantaggio. Così egl i apostrofa infatti , impartendo l ' apostolica benedi
zione, i l duca Goffredo di Lorena i l 7 aprile 1 074: "Dov ' è l ' ai uto che T u assicurasti,
dove sono i cavalieri che Tu promettesti di procurarci ad onore e sostegno del santo
Papa Gregorio VII : il "santo Satana" al suo dehutto 1 87
Pietro?". Sì, dice Gregorio come una sanguisuga, dov 'è, per così dire, la carne da can
none, dove il bestiame da macello? Solo quando il duca manterrà la sua promessa "al
santo Pietro" - di lui qui si tratta, non del papa ! -, solo al lora "Noi guarderemo a Te
come ad un figl i o profondamente diletto e Tu avrai in Noi un padre tenero e affettuoso,
anche se ne siamo i ndegni". 20
Questo papa fu innamorato della guerra e non è un caso che uno dei più antichi
documenti abbastanza dettagliati - se non in assoluto la più antica testimonianza della
fede di Gregorio VII nel l ' aiuto dal cielo - faccia esplicito riferimento proprio alla guerra:
cioè alla fede dei cristiani nel fatto che il papa dal cielo avrebbe protetto i suoi in bat
taglia e mandato in soccorso l ' arcangelo Michele alla testa di tutte le schiere elisie.
Ildebrando, che pure aveva giocato un ruolo sempre più rilevante già sotto i suoi
predecessori , portò altresì a compimento le alleanze m i l itari da essi avviate. Così fu
del la fatidica coali zione coi Norm anni. E così fu della l otta contro papa Cada! o, in cui
egl i pungolò senza tregua i Romani con sermoni e denari e poi , da papa, giubilò in 248
prima persona per gli "onori e i trionfi " conseguiti nel la risoluzione di quella contesa.
Quale arc idiacono della Chiesa di Roma, Ildebrando amm inistrò lo Stato chiesastico
eserc itando i l comando - così suona il commento certamente inacidito di Landolfo di
Mi lano - "sulle m i l i zie romane, dalla sua residenza nel palazzo del Laterano, come un
condottiero sul campo".
Cari Erdmann ha sintetizzato le ini ziative bel l iche di Ildebrando, negli anni antece
denti il papato (in special m odo l ' impegno speso sotto il suo immediato predecessore)
come un ' attività tutt ' al tro che sporca, in cui si poteva ravv isare lo zampino del futuro
santo. E non importa che ciò riguardasse la cooptazione di Erlembaldo per la guida
militare del la Pataria a Milano, oppure la guerra del conte Ebolo di Roucy contro i
musulmani in Spagna "in onore del santo Pietro", o la conquista inglese del 1 066 sotto
Guglielmo di Normandia, al quale egl i stesso aveva scritto: "Tu sai con quanto zelo io
ho lavorato affinché Tu raggiungessi la dignità regale. A causa di ciò io venni biasima
to da molti fratel l i che mi rimproverarono di esserm i tanto prodigato per un siffatto
spargimento di sangue".
Tale scorreria di Guglielmo, nella quale costui apparve davanti alle coste inglesi con
il vessillo di san Pietro, venne dichiarata una guerra santa. Eppure lo stesso stendardo
- ovviamente benedetto dal la Chiesa - era stato consegnato a Erlembaldo anche al lo
scopo di infiammare le battaglie per Milano. E lo stesso emblema papale l ' aveva rice
vuto da papa Alessandro i l conte normanno Ruggero al l ' inizio del la conquista della
Sicil ia. Insomma, am ici e nemici sapevano bene che Ildebrando era stato alle spal le del
papa di quella v icenda, che era I ldebrando ad assegnare i compiti e le direttive.
Gregorio dimostrò precocemente grande interesse per le arm i e le imprese bell iche.
I suoi scritti papal i sono costellati di modi di dire corrispondenti. Più di altri "vicari"
egl i si serve del l inguaggio marziale, evocando spade e proiett ili, ferite e morte, con
1 88 Enrico IV (1065-1106) e Gregorio VII (1073-1085)
ricorrenti espressioni di militia Christi, militia sancti Petri, christiana militia e sim i l i .
Parla senza tregua di "bravi soldati di Cristo" e di "combattenti regali", c o n cui natu
ralmente allude ai "santi vescovi"; parla di "scudo del l a fede", di "spada di Cristo",
249 "brando dell a parola divina", "spada del bando universale", di "spada dell a vendetta
apostol ica", un ' arma che inguaribilmente "ferisce dall a pianta dei piedi fino alla te
sta". Ed incessante ricorre il suo motto ispiratore, il già c itato versetto della B ibbia:
"Maledetto l ' uomo che trattiene l a sua spada dal sangue".
Per esser chiari, molti termini mutuati dal gergo bel lico, dall a prassi m i litare, ven
gono impiegati sia in senso letterale sia i n accezione spiritualmente figurata, sicché
talvolta l ' interpretazione rimane incerta, oscillante, forse anche consciamente corrusca.
Naturalmente Gregorio dichiarò peccaminoso l ' uso delle arm i contra justitiam, defi
nendo per contro lecito i l loro impiego per la difesa del diritto, a maggior ragi one per l a
difesa del l ' ordinamento stabil ito da Dio. 2 1
Certo, ciò che I ldebrando intende per diritto, giustizia, ordinamento divino, altro non è
se non ciò che torna util e a lui, ovvero quanto è di vantaggio per i l papato e la Chiesa.
"Whatever was favourable to the Roman Church system , carne within the defi nition of
j ustitia" (Emerton). Oppure, come su Gregorio osserva McCabe: "Non si cura minima
mente se la pretesa di un uomo al suo regno fosse g iusta o ingiusta; l u i accettava i l
gonfalone consacrato del papa e diventava suo vassallo". D i conseguenza, non era i l
diritto presente ad interessare Gregorio, bensì i l contrario; non i l mantenimento del
l' ord inamento giuridico v igente, bensì il suo rovesci amento. E quindi ciò che egl i chia
m ava torto, era i l "diritto riconosciuto attraverso i secoli" ( Hauck). 2 2
Questa vecchia volpe era ovviamente consapevole di capovolgere le cose, mettendo
a soqquadro ogni cosa. Sapeva di non poter farsene nulla del passato, di non poter
usare il diritto esistente di S tati e popoli, di volere qualcosa di tutt ' altra natura: ossia i l
papato non come partner paritario, c o n uguali diritti, per non dire servo di r e e impera
tori, bensì come loro padrone. Perci ò polem izzò così smaniosamente contro le anti-
250 che consuetudini, contro le cose tramandate. Così egl i erudisce il vescovo Wimund di
Aversa: "Ove Tu ti richiamassi alle tradizioni (consuetudinem), allora occorre tener
presente c he il S ignore dice : Io sono la Verità e la vita. Egl i non disse: Io sono la
Tradizione, bensì la verità. E certamente, per usare un detto del santo C ipriano,
qualsivoglia cosa tramandata, per quanto essa sia antica, per q uanto diffusa essa sia, è
in ogni caso da posporre alla verità, e così è da detestare un ' abitudine che s i a in con
traddizione con la verità . . . "
Questa volta, il sant ' uomo spiattel la ogni segreto. D i norma, avviene i l c ontrario,
Come il santo Gref?orio capovolf?e il preesistente ordine gerarchico 1 89
con freddezza e sgarbo, come quando dichiara a Enrico IV che lui non fa che "riandare
alle disposizioni dei santi Padri, senza decretare nulla di nuovo, senza decidere alcunché
sulla base di una personale invenzione". E scrive anche al vescovo Enrico di Lieg i :
"Sono gli statuti dei santi padri quell i che noi conserv iamo e difendiamo ogni qualvolta,
negli affari del la Chiesa, abbiamo adottato o adottiam o un verdetto; non sono innova
zioni o cose nostre (nova aut nostra) quelle che noi portiamo avanti , bensì Noi seguia
mo ed eseguiamo piuttosto ciò che da loro fu proposto dietro l ' ispirazione dello Spirito
Santo".
I suoi avversari in mezzo ai prelati, quell i che la pensano diversamente da lui, Gregorio
li oltraggia e li demonizza, tacciandoli di eresia. Dice di l oro, ritorcendo le accuse, che,
cedendo alle seduzioni di Satana, non solo abbandonano la legge di Dio, ma che non la
smettono di combatterla e di rovesc iarla, con proterv ia e violenza.
In realtà è lui a rovesciare - e solo di q uesto qui si tratta - l ' ordinamento gerarchico
esistito e vigente fino ad allora. Difatti egl i vuole governare in luogo dei prìncipi, vuole
dominare su di loro : per questo non fa che denigrarl i , strapazzandoli di continuo ed
accusandol i - in uno scritto al vescovo Ermanno di Metz - di alterigia, di rapina, di
infedeltà, di assassinio, "delitti di ogni specie, compi uti per incitamento del diavolo,
principe del mondo"; e afferma che costoro vogliono dom inare gli uom ini con cieca
bramosia, con insopportabile arroganza . . . precisamente quello che (anche) lui vuole ! 23
Tutte le pretese di primato dei papi vennero tuttavia formandosi solo in lunghi perio-
di e s ' andarono sempre più accrescendo visto che, alla fi n fine, ambizione e sete di
potere di questi um i l i serv itori di Cristo, di questi "serv i dei servi di Dio", non conob
bero praticamente nessun lim ite. Nei prim i tempi, infatti , per più di due secoli, essi non 25 1
avevano mai insistito su un ' elezione, su un insediamento per opera di Gesù, né si erano
mai gloriati di essere i successori di Pietro. Al contrario, tutta la Chiesa primitiva non
conobbe alcun primato d ' onore e di diritto, i stituito da Gesù, dovuto al vescovo di
Roma. Anzi , un tale primato è in netta contraddizione con l ' insegnamento di tutti i
primi padri della Chiesa, anche dei più famosi (Il 48 ss. ! ). Ciò nondimeno, a lungo
andare si gabellarono come fatti sempre esistiti quell i che erano state crasse novità; e
tutto quanto era fondato su contraffazioni e menzogne (Il 84 ss.).
Lo stesso Leone I , che non a caso ottenne l ' appel lativo di "Grande" e il raro titolo di
"dottore del la Chiesa" (come ebbe un altro papa soltanto), lo stesso Leone I, che in
un 'epoca di sfacelo politico non poté spingere più in alto la supremazia papale e che
pure, ricordiamo l o di passata, non poté screditare e condannare abbastanza gli Ebrei né
perseguitare abbastanza gli "eretici", esaltando di fronte al l ' imperatore la religione
del l ' amore in quanto rendeva "invincibile la potenza delle arm i " (sic ! ), ebbene perfino
questo "grande" Leone si china dinanzi all ' imperatore, riconoscendogli anzi infal libi
lità nel la fede e riservando a se stesso i l dovere di annunci are la fede ne li ' Impero (Il,
cap. 5). Eppure è indubbio che, già sotto Leone I , i l dom inio del papa è teoricamente
190 En rico IV (/065-1106) e Gregorio VII (1073-1085)
I potentati temporali vengono degradati da Gregorio per q uanto possibile. Eccolo dun
que dichiarare, richiamandosi ad Agostino, il potere regale come u n ' invenzione del
l ' orgoglio umano, creato per istigazione del diavolo. La regalità diventa tuttavia addi
rittura benefica, a condizione c h e si sottometta al giudizio del clero. I re debbono ubbi
dire ai sacerdoti , in special modo al papa, naturalmente, ossia al successore di Pietro,
sommo re dei re, accanto a Dio. È l ' assioma di Gregorio V I I : "Chi si separa da Pietro,
non è in grado di realizzare alcuna vittoria in battagli a, nessuna fortuna nel mondo.
Perché con ferreo rigore egl i disgrega e distrugge tutto quanto gli si contrappone. Niente
e nessuno si sottrae al suo potere".
L' augusto rampollo di contadini toscani non ribadisce mai abbastanza "fino a che
punto" differiscono tra l oro la dignità regale e quella vescovi le, facendo capire - come
egli insegna 1 ' 8 maggio 1 080 scrivendo al re Guglielmo I d ' Inghilterra - "come il
potere regale v iene guidato e collocato vic ino a Dio per mezzo del l ' assistenza e della
guida apostolica" . . . quanto grande non è dunque "la distanza del rango superiore da
quello che sta più in basso"! Tuttavia, mentre riconosce pure al re inglese che " D i o
Il papa, sottoposto all' imperatore , si proclama suo padrone 19 1
onnipotente ha assegnato a questo mondo, per la sua guida, la dignità apostolica e 253
quel la regale, che superano tutte le altre", Gregorio scrive al vescovo Ermanno di Metz
- alla maniera dei preti quando si parlano tra loro - che la dignità monarchica ha inven-
tato e posto in essere la "umana alterigia" ! La dignità vescovile, così egl i spiega al
vescovo "è stata istituita dal la m isericordia divina. Quella non si stanca di inseguire la
vana gloria, questa cerca di raggiungere senza sosta la vita celeste".
Nel la realtà i vescov i , e spec ialmente i papi - in particolare uno come Gregorio
non cercano altro che potere, potere, potere. Non è l u i stesso infatti ad infonnare, per
quanto concerne i vescov i , in un altro passo (parlando certo solo di quelli che non gli
aggradano): "Ma i vescovi . . . pospongono quasi totalmente la legge di Dio . . . agognando
solo la gloria terrena in v i rtù della loro dignità ecclesiastica . . . ", al pari dei sovrani
altezzosi? Ma la sua stessa vanità, la sua sete di gloria e la sua megalomania sono
difficili da superare. Al "chierico" Tedaldo, nominato arci vescovo di Milano da Enrico
IV nel 1 075, Gregorio manda a dire m inacc ioso: "Tieni ben presente che il potere dei
re e degli imperatori valgono come cenere e polvere al cospetto del diritto apostolico,
di fronte all ' onnipotenza del l ' altissimo Iddio." (la quale viene comunque dopo il dirit
to apostolico). 24
Quanta boria pretesca!
In realtà Gregorio VII era dom inato dal la fissazione, da una sua idea pec uliare: che
il papa fosse il signore del mondo. Infatti lui - il monaco Ildebrando che così spesso ha
stigmatizzato l ' altrui bramosia di dominio - è più di tutti ossessionato dal potere. Chiun
que altro, sia vescovo sia re, è tenuto ad ubbidirgli e a servirlo. Soltanto il papa deve
avere precedenza su tutti : precedenza e privi leg i . In fondo, egli disprezza tutti e vuole
essere stimato da tutti .
Nel modo più pregnante, la sua esorbitante megalomania fa sfoggio di sé nel fami
gerato "Dictatus papae", i n quelle 27 conc ise e disordinate pseudo-proposizioni non
datate, ma fonn ulate nel 1 075, che probabi lmente dovevano costituire il nucleo fonda
mentale di una nuova sil loge gi uridica. Ecco le più significative :
" VII. C he s ol o a l u i ( a l papa) è consentito, in corrispondenza c on le esigenze del
tempo, proporre leggi nuove, fonnare nuove comunità.
VIII. che solo lui può impiegare i simboli del potere imperiale. 254
IX che tutti i prìncipi bac ino solo i piedi del papa.
XII. che a lui è consentito di detroni zzare gli imperatori , che i l suo verdetto non
può essere ritrattato da nessuno e che lui è l ' unico a poter revocare sentenze
e giudizi.
XVIII. che lui non può essere giudicato da nessuno.
XXI I. che la Chiesa di Roma non è mai caduta in errore e, secondo la testimonian
za del la scrittura, non errerà mai per l ' eternità. " 25
Ora, sebbene codesti dettati siano in gran parte dedotti da testi precedenti , soprattut-
1 92 Enrico IV (1065-1106) e Gregorio Vll (1073-1085)
to da falsificazioni, tuttavia parecchie delle tesi (qui c itate) sono del tutto nuove, lette
ralmente rivoluzionarie. Gregorio, la c ui paternità è oggi i ncontestata, le ha formulate
in maniera diretta e spontanea, sostenendo perfino l ' asserto dell a santità ereditaria o
santità del l ' ufficio papale (23 ) : " Ciascun vescovo romano legittimamente i nsediato
diventa indubbiamente santo in vi rtù del merito di san Pietro". (Ad onor del vero, l a
Chiesa stessa n o n ha canonizzato gran parte d e i vescovi romani, mentre lo ha fatto con
Gregorio V I I , eletto i llegalmente, in contrasto sia coi vecchi precetti sia col recente
regolamento elettorale del l 059).
Dunque il papa che, se è eletto secondo i l canone, diventa indubitabilmente santo, è
l ' unico che può cassare tutti i giudizi , mentre nessuno può revocare i l suo giudizio,
come pure nessuno l o può giudicare. Può perfino destituire imperatori, può far uso
delle insegne imperiali e a lui soltanto tutti i prìncipi debbono baciare i piedi. E questi
farisei predicano per g iunta l ' um i l tà del l 'essere umano !
Sapienti sat: tanto basti a chi sa.
Va da sé che, per un del i rio d' arroganza a tal punto sconfinato, in costante escalation,
manchino praticamente tutte le pezze d ' appoggio della tradizione storica. La maggio
ranza di queste ipertrofiche sfacciataggini sono dedotte da tradizioni largamente con
traffatte, specialmente dal Pseudo-Isidoro (V 1 8 1 ss.), costituendo un'esasperata, smo-
255 data reazione di Gregorio al conflitto col re e con l 'episcopato tedesco. Non è un caso
che poco prima, il 7 dicembre 1 074, Gregorio avesse scritto ad Enrico IV "che Tu con
cepirai rettamente i l potere regale solo quando renderai praticabile la sublimità del Tuo
potere al re dei re, cioè Cristo, utile al ristabilimento e alla difesa della sua Chiesa". 26
Al re dei re? A Gregorio e ai suoi pari ! Coi propri pari, tuttavia, non si può fare storia
di continuo, non attraverso i secoli. Coi fantasmi del l ' Elisio sì , si può fare. Lo sa bene
la canaglia al potere. Che essa stessa creda ai fantasm i , è del tutto irrilevante, purché e
fintanto che riesce a farci credere g l i altri .
Gregorio, in ogni caso, voleva sottomettere a sé non soltanto i l sovrano tedesco ma
anche gli altri ; più di tutto, avrebbe preferito sottomettersel i tutti.
Nella realtà, Gregorio non voleva niente di meno che sottoporre al proprio comando
il mondo intero. Se in origine i l papa era sottoposto ali ' i mperatore e in seguito si collo
cò accanto a lui, sullo stesso piano, ora Gregorio - perseguendo la soddisfazione inte
grale delle voglie di primazìa papal i - m irava a subordinare a sé tutti i sovrani , richia
mandosi di preferenza proprio alle falsificazion i . Imperatori e re dovevano essere e
restare solo protettori del papa, fungere da esecutori del mandato del c lero; non più,
dunque, come in precedenza, proprietari di chiese e aventi diritto ali ' i nvestitura, bensì
supini protettori del vescovo di Roma, funzionari del suo volere. Per Gregorio anche i l
più infimo chierico stava al di sopra di tutti i prìncipi, duchi e re, i quali potevano
soggiogare i popoli solo "con brame di potere, rapina, uccisioni, insomma con ogni
genere di del itti". Nella Chiesa di Roma, per contro, Gregorio vede personificata la
Il papa . sottoposto all' imperatore , si proclama suo padrone 1 93
giustizia e nel papa i l solo legislatore legittimo nel l ' ambito del la soc ietà cristiana. I l
"sacerdotium " stava davanti e al di sopra d e l "regnum". In ciò consistevano, per
Gregorio, la vera e propria l ibertà della Chiesa (libertas ecclesiae), in ciò la "justitia".
In tale spi rito egli scrive, nel 1 075, al re Sven I I di Danimarca: "La legge dei papi di
Roma ha ottenuto validità su più paesi di quanti ne avesse la legge degli Imperatori
romani; la loro voce è arrivata in tutto il mondo, sicché quell i a cui comandava un
tempo l ' imperatore sono ora comandati da Cristo". Ma non basta: al re d ' Irlanda
Terdelvaco, Gregorio dà ad intendere che Cristo avrebbe elevato al trono Pietro sopra 256
tutti i regni del mondo (super omnia mundi regna constituit), per cui egli auspica per
Pietro e i suoi successori ogni potere nel mondo, ovvero "in saeculo". "L' universo
mondo deve ubbidire al la Chiesa romana e venerarla". Analogamente cerca di erudire,
nel 1 079, i l re Alfonso di Castiglia: "Al santo Pietro l ' onnipotente Iddio ha sottomesso
tutti i principati e tutti i poteri della terra".
In passato perfino il dispotico Ambrogio, vescovo di Milano e dottore del la Chiesa,
aveva insi stito sulla superiorità del clero, ma soltanto in ambito rel igioso: "Nelle que
stioni di fede sono i vescovi i gi udic i degli imperatori cristiani, non gli imperatori i
giudici dei vescovi". Adesso, anche nom inalmente, Gregorio pretende l ' egemonia su
moltissimi paesi e l o fa con le motivazioni più avventurose. La vuole sulla Boemia
(dove popolo e clero si ribel larono già nel 1 073 contro gli ambasciatori di Gregorio),
perché il predecessore Alessandro I I aveva riconosci uto al duca Wratislao l ' uso di una
mitria ! Sulla Russia, perché un granduca deposto s ' era fatto infeudare da san Pietro
tram ite un figlio. Sul l ' Ungheria, perché era una proprietà della Chiesa romana, un dono
fatto dal santo Stefano a san Pietro. Anche la Corsica, che egli incorpora effettivamente
nella sua sfera di potere, faceva parte del le "donazioni carol inge". In più, in forza del
contraffatto Constitutum Constantini, il papa rivendica la Spagna, in quanto antico
possedi mento papale. Rivendica inoltre l ' egemonia feudale sulla Sardegna, sulla
Dalmazia, su Croazia, Polonia, Danimarca, Inghilterra, che egl i spaccia tutte insieme
come antica proprietà di San Pietro. In effetti, Gregorio dichiara al re Filippo I di Fran
cia che tanto il suo reame quanto la sua anima sono in potere del santo Pietro, minac
ciando nel l 075 la scomunica al riottoso monarca.
Ma ogni qualvolta Gregorio fa valere l 'egemonia feudale, chiede perlopiù conces
sioni ecclesiastiche o servizio m i l itare a favore del la Chiesa e in più vari e maggiori
interessi, una tassa feudale.
Di conseguenza, i Norm anni dovettero versare una pensione (pensio), Demetrio
Zwonimir di Dalmazia un "tributum " di 200 ducati d ' oro annui , i l conte Pietro di
Melguei l e altri conti un "census".
Certo è che non dappertutto attecchì questa papale tattica da tagliaborse. La Sarde- 257
gna, ad esempio, Gregorio non riuscì a soggiogarla, sebbene le mettesse paura con le
"minacce" e coi "propositi di conquista" da parte di altri prìncipi . Non diversamente,
1 94 Enrico IV ( /065- 1106) e Gregorio VII (1073-/ 085)
Il re di Francia Fil ippo I ( 1 060- 1 1 08 ) non s i preoccupava granché delle brame, dei
moniti e del le m inacce papali. E praticava personalmente l ' investitura dei suoi prelati.
Proteggeva il vescovo di Orléans, contro i l quale s i era mosso già Alessandro Il. Per
converso, fece cacciare dai fedel i il vescovo di Beauvais. Per questo Gregorio svil l a
neggia i l re come un despota che presta orecchio al diavolo. Per l u i , i l re non è se non
"il l upo rapace e il tiranno iniquo, nemico di Dio e del la rel igione", al quale egli adde
bita la "distruzione delle chiese" ed altri del itti come "adulterio, infami razzie, spergiu
ri ed imbrogli di ogni genere". Nel 1 074, è vero, Gregorio vuole essere u n ' altra volta
benevolo nei confronti di Filippo, a condizione che si penta e sottometta, che si presen
ti in qualità di "pecora perduta e ritrovata". "Ma se costui , cosa che Noi non vogliamo,
opera contro di ciò, allora gli promettiamo che Dio ( ! ) diventerà senza dubbio suo
nemico, e la S anta romana Chiesa, alla cui testa noi, sebbene indegnamente, c i trovia-
258 m o, e noi stessi lo combatteremo con tutte le forze e in tutti i modi". Ciò nondimeno nel
1 07 5 , a causa del l ' insufficiente forza militare, i l papa si dovette accontentare di una
m inaccia di bando, tanto più in quanto incom inciava a battersi al lora contro il più po
tente re tedesco.
Nei vescovi di Francia, fedel i al re, Gregorio v ide a suo tempo "cani che non osano
abbaiare" e pretese che, "incoraggiati e obbl igati dai pieni poteri apostolici", dovesse
ro affrancarsi completamente dal l ' ubbidienza e dall a comunione con il re, e quindi
"interdire in tutta la Francia qualsiasi pubbl ica liturgia". Certo era che, se non voleva,
neanche mediante un tale bando, ridursi a m i ti consigli, "non dovrà essere nascosto a
nessuno, né esservi dubbio, - perché tale è i l nostro volere - che noi cercheremo in
ogni modo di strappare dalle s ue m a n i , c o n l ' ai uto di Dio, i l potere reale sulla Francia".
Gregorio non dimentica d i richiamare alla memoria che sarà maledetto chi non intinga
la sua spada nel sangue. Ciò nondimeno, se i prelati dovessero stare dalla parte del re,
l u i , i l papa, l i avrebbe destituiti "della dignità vescovile quali compari e complici dei
Papa Gregorio VII agof(na / ' egemonia regale 195
te, Voi vedete ogni giorno come effimera e precaria sia la vita dei mortal i". E quindi :
occorre pensare di continuo alle cose ultime, ai "futuri pericoli", al severo "tribunale",
ed essere costantemente consapevoli con quale amarezza si debba "lasciare il mondo
presente, che non ha valore ( ! ), per tornare alla putrefazione del terreno e allo sporco
260 del la polvere".
Ora, dopo siffatti petulanti preliminari , Gregorio arriva al punto: "Inoltre, vorrem
mo portare a Vostra conoscenza ciò che in verità non sta in Noi di passare sotto silenzio
. . . cioè che i l potere reale sulla Spagna, in base ad antichi statuti , fu trasferito al santo
Pietro e alla santa Chiesa Romana per diritto di proprietà".
Prove di questa folle asserzione il papa non può certamente addurne. E reputa che al
di ritto di proprietà ecclesiastica sull a Spagna avrebbero fatto velo "fino ad oggi l ' i ncle
menza dei tempi passati ed una certa trascuratezza (neglegentia) dei nostri predecesso
ri ". Nella sua megalomania, Gregorio non indietreggia neppure dal l ' incolpare i papi
medesim i . Ma poiché ora Dio ha concesso ai prìncipi spagnoli la vittoria sui loro nemi
c i , costoro dovranno anche "acquistare meriti c i rca i l ripristino e la restituzione del
diritto e dell ' onore del santo Pietro e dell a sua santa apostolica Sede". Dovranno mo
strarsi "consenzienti e magnanimi di fronte al l ' onore del santo Pietro e della Vostra
santa madre, della Chiesa romana"; devono sapere "quanto Voi siete debitori al santo
principe degli apostoli Pietro". Il che significa sempre la stessa identica cosa: "Userete
le Vostre arm i e risorse, la Vostra forza e potere non solo per le g lorie mondane, bensì
,
per l onore e il servizio del re immortale". 30
Le arm i , per papa Gregorio, furono sempre le benvenute, le predilette, purché com
battessero per lui. Tant'è vero che, nel gennaio del 1 075, si provò a sondare presso il re
danese Sven Estridsen: "Ancora : nel caso che la Santa romana madre Chiesa avesse
bisogno di combattenti e di spade mondane contro i senzadio e i nem ici di Dio, vor
remmo sapere, tramite discreti messaggi, quale speranza potremmo riporre in Te". In
compenso Gregorio fece anche qui entrare in gioco qualcosa che non gli apparteneva
affatto. In questo caso egli offriva al danese - quale feudo di Pietro - probabilmente la
Dalmazia, continuando: "Sul mare, non lontano da noi, si affaccia una regione vera
mente ricchissima" (provincia quaedam opulentissima iuxta mare), ora proprietà di
venal i e codardi eretici , in cui Noi desideriamo di insediare uno dei Tuoi fig l i quale
261 duca, principe e difensore del Cristianesimo, qualora Tu - come un vescovo del Tuo
paese ha confidato essere Tua intenzione - lo ponga, con un reparto di guerrieri a lu i
devoti, a disposizione d e l nome apostolico".
In assenza di reazioni da parte del re danese, nell ' aprile del 1 075 i l papa gli scrisse
un' altra volta, senza q uelle espressioni di disappunto che gli erano altrimenti abitual i .
Solo per grandi linee si l amentava dei contemporanei sovrani e grandi del la terra che
non tributavano i l necessario rispetto alla Chiesa e anzi le riservavano una disubbidien
za molto vicina al l ' idolatria. Ma eccolo, dopo qualche accento di adulazione per i l
Disegni hellici senza tregua 1 97
danese, venire dritto al punto: cioè al diritto di protezione, dovuto al rispetto per san
Pietro, nei confronti del regno danese, che sarebbe dovuto rientrare nel la competenza
feudale del Soglio pontificio.
Nel lo stesso periodo e con analoga intenzione Gregorio s ' introm ise negli affari della
Russia. Pare infatti che i l principe esil iato da Kiew si fosse rivolto, nelle sue angustie,
perfino al papa, chiedendogli i l trasferimento dei poteri sul territorio russo; e Gregorio
non esitò, naturalmente, ad affidare la regi one alla protezione del santo Pietro. 3 1
Anche l ' Inghilterra, del la cui conquista nel 1 066 il futuro Gregorio V I I era stato i l
vero e proprio mandante e stratega, egli vuole ora, i n qualità d i papa, ridurre sotto la
sua egemonia feudale. Perc iò assicura ripetutamente il re Guglielmo del la sua spec iale
pred ilezione, lo definisce "gemma fulgente tra i principi", corteggiandolo come l ' uni
co sovrano che ama sinceramente Dio e la Chiesa, anzi come l ' unico figlio del la Chie
sa di Roma!
Ma non appena Guglielmo ebbe reali zzato in Inghilterra quanto voleva, non reputò
più indispensabile la complicità papale, sicché ebbe inizio un sensibile raffreddamento
del rapporto così cordiale in origine. Già nel l 079 Gregorio bol la il re come borioso,
svergognato e temerario. 1 1 24 apri le 1 080 Gregorio rammenta al re quei meriti sangui
nosi che egl i , come cardi nale, si era acquistato per insediare Guglielmo sul trono ingle-
se (p. 1 87), esige da lui "umile e devota autoum iliazione" promettendogli in compenso
che "sarà nel la gloria del venturo Regno di Dio princ ipe al di sopra di tanti prìnc ipi".
Siffatte prospettive ultraterrene, tuttavia, non allettarono per niente re Guglielmo. Il
quale rimase devoto, affabile e cortese, ricordando al papa di aver promesso al la Santa 262
Sede soltanto un ' elemosina annuale - l ' obolo di san Pietro in uso ormai da tempo
giammai però i l giuramento feudale. E allorché il legato Uberto pretese in effetti que-
sto giuramento, Guglielmo lo respinse nettamente. Di sse di non aver offerto nessun
omaggio e che non l ' avrebbe prestato più dei suoi predecessori. Da ultimo si di ssociò
del tutto da Gregorio, passando forse decisamente dal la parte del l ' antipapa. In ogni
caso, gli sforzi di Gregorio per asservirsi l ' Inghilterra sfociarono in un totale insucces-
so. Di lì a poco, la rapida penetrazione del suo grande antagonista in Germania non gli
lasciò più abbastanza tempo per occ uparsi del la situazione creatasi in Inghi lterra. 3 2
momento. Com m isurando tuttavi a quei disegni alle sue intenzioni, si è potuto classifi
carlo come i l papa più bellicoso mai assiso sulla sedia di Pietro.
Gregorio - beatificato nel 1 5 84 e canonizzato nel 1 606 da Paolo V - pretese infatti
dal potere politico non solo guerre a favore del la Chiesa, ma anche guerre promosse
dal l a Chiesa stessa. Subito dopo l ' insediamento nella carica, egl i si occupò intensa
mente del riarmo, dedicandosi ai preparativi bellici. Collette e donazioni, che conflui
vano di continuo a Roma provenendo dal l ' Inghilterra alla Spagna, vennero adoperate
per dar vita ad un' armata. Per i suoi attacchi effettivi o programmati egli ammassava
truppe senza tregua; e poiché non ne aveva mai abbastanza, giunse a dichiarare che
fosse compito del credente quel l o di consacrarsi alla "militia sancti Petri" (un concetto
coniato da lui). Arrivò così a sancire anche la guerra di aggressione. Anzi , mantenne da
263 sé un esercito alla testa del quale torreggiava sul suo destriero. Chi si meraviglia che
nelle sue epistole e nei suoi del iberati sinodali non vi sia per i chierici nessun divieto di
combattere? Sebbene non avanzasse pretese sulle truppe dei vescovi stranieri , tuttavia
le sol lecitò in varie occasioni, come nel 1 076 dal vescovo di Trento e nel 1 078 dal i ' ar
c ivescovo Manasse di Reims. Così fece giurare vescovi , come il patriarca di Aquileia,
impiegando la tradizionale formula ufficiale ma con questa aggi unta: "Ove ne sia sol
lecitato, sosterrò lealmente la Chiesa di Roma con forze armate temporali". Dai prelati
francesi Gregorio pretese l ' aggiunta di "armi spirituali e temporali". E per quanto egli
deplorasse l o spargimento di sangue (a cagione del l a nota antica doppia morale),
purtuttavia non mancava di propagandare la guerra clerico-papale.
A questo proposito, nel 1 965, Cari Erdmann giunge ad una constatazione che stra
namente, come sottol inea, è mancata finora nella ricerca, e c ioè : "Nella misura in cui i
pubblicisti si occupano del problema fondamentale della guerra - e questo è appunto
l argamente il caso -, tutti i gregoriani sono favorevoli ad una guerra del l a Chiesa,
ali ' applicazione della forza delle arm i per amore della religione, mentre tutti gli impe
rial i sono contrari"; un' osservazione c he trova conferma anche in quegli scritti che
solo marginalmente hanno per tema la guerra.
Di conseguenza per sua Santità non potevano mai esserci abbastanza caduti né ab
bastanza vittime in battagl ia. Gregorio se ne rammarica dinanzi ai fedelissimi della
Santa Sede: "Fino ad oggi solo pochi dei nostri seguaci hanno resistito agli empi infe
del i fino a versare il loro sangue, pochissimi hanno affrontato la morte per Cristo". Ahi
che terribile realtà ! Non sono mai abbastanza, giustamente, quell i che mordono la pol
vere per Cristo, per il papato; tanto più che "ogni giorno sono in battaglia combattenti
in difesa dei l oro signori terreni , sfidando per questo la morte . . . ". Di qui l a conc lusio
ne : "Pensate dunque quanti caval ieri m uoiono tutti i g iorni per la vile moneta e per i
loro padroni; ma noi che cosa facciamo, che cosa sopportiamo per il Re dei re, per i l
Signore supremo?"
Così l 'indignato e deluso pontefice prega, implora e incalza senza sosta; ed ovv i a-
Disegni hellici senza tregua 1 99
mente solo "da parte del santo Pietro (ex parte beati Petri), affinché i credenti scenda-
no in campo "per il re celeste", per la "celeste aristocrazia" (celestem nohilitatem), 264
quale che sia il significato de l i ' espressione. Così sintetizzano i teologi cattolici Seppe l t/
Schwaiger: "Ciò che Gregorio vuole è la reali zzazione del regno di Dio sulla terra sotto
la guida del papa. " 33
Ai suoi guerrieri , nonché alle sue vi ttime, comunque, il papa promette di più. Per
ché, facendo spec iale affidamento - in tutti i suoi progetti di aggressione - in vol ontari
afflussi di truppe, egli garantisce a tutti una ricompensa in cielo. In questo modo egl i
adesca Guglielmo di Borgogna, chiamandol o a l l a guerra contro i Normanni e l ' Orien
te : "I prìncipi degli apostol i Pietro e Paolo, così crediamo, saranno prodighi, verso te e
verso tutti quel l i che si impegneranno in questa campagna, di una doppia, anzi molte
plice mercede". Nella guerra di Enrico IV contro Rodolfo di Svevia, essendosi schiera
to dal la parte del l ' anti -re, il pontefice romano ril ascia già una specie di indulgenza:
"Affinché Rodolfo possa reggere e difendere i l regno tedesco, concediamo a tutti i suoi
alleati assoluzione da tutti i loro peccati"; ragion per cui Wenrich di Trev iri scrisse che
Gregorio assolveva dai peccati quelli che ammazzavano i cristiani in nome di Cristo.
Nel suo secondo appello per una crociata, Gregorio promette: "Per la vostra tempora
nea fatica (momentaneum /ahorem) potrete consegu ire l ' eterna mercede". E nel suo
ultimo appello dopo la perdita di Roma: "Accorrete in aiuto se volete avere rem issione
dei peccati, benedizione e grazia in questa e ne li ' altra vita". E analogamente per tante
altre imprese. 34
Tra i primi provvedimenti m i l itari , al i ' inizio del suo pontificato, vi fu la richiesta di
Gregori o al suo legato spagnolo di rec lutare soldati per una crociata contro i Mori in
Spagna. Voleva infatti sottomettere definitivamente la Spagna alla Chiesa, giacché era
"antica proprietà di Pietro" e non sottostava a nessun altro se non alla "apostol ica"
sede. Vi inviò al tempo stesso il cardinale Ugo Candido, ribadendo così l' "antico dirit-
to proprietario di Pietro" su tutta la penisola iberica. Col che, in modo evidenti ssimo, si
richiamava alla "donazione di Costantino" (IV 14 cap.). Parola di Gregorio : "Infatti ,
ciò c h e u n tempo, secondo i l volere di D i o , è giunto c o n giustizia nel la proprietà della
Chiesa, non potrà esserle sottratto, finché la giusta causa si manterrà, a causa del le
circostanze del tempo contingente, prec isamente dal l ' impiego di esse, ma non dal loro
diritto, tranne che non si sia verificato un legittimo consenso". Senza nemmeno richia- 265
mare alla memoria i regni cristiani ormai esistenti in Spagna, Gregorio di sponeva sem
plicemente del paese in forza di meri asserti verbal i .
I l conte francese Ebulo di Roucy (oriundo del la Champagne) - a giudizio del l ' abate
Sugero di Saint Denis uno dei peggiori caval ieri predoni dedito al pio lavoro con la
benedizione di Alessandro II - doveva infatti invadere la Spagna, in onore del santo
Pietro, per annettersi (così era concordato per contratto) tutto ciò che avrebbe strappato
agl i "infedeli". Infatti Ebulo irruppe in terra spagnola con un potente eserc ito. Eviden-
200 Enrico IV (/065-1106) e Gregorio VII (1073-1085)
La fame di Gregorio per la guerra (ove non ne andasse della sua testa, ma q uesta regola
vale per tutti i signori dell a guerra) era talmente insaziabile che, nel medesimo tempo
i n cui progettava attacchi m i litari contro Roberto il Guiscardo (eventualmente anche
contro il re di Francia), architettava pure un ' i nvasione in Oriente.
Per tutto l ' anno l 074 sua Santità venti lò niente di meno che una dispendiosa crocia
ta, dapprima contro i Turchi per la sedicente l i berazione del l ' Impero bizantino, poi per
l a conquista di Gerusalemme, da cui Gregorio sperava di riguadagnare al tempo stesso
266 la Chiesa d ' Oriente, separatasi con lo scisma del l 054. Per mesi, forse per anni , coltivò
questi progetti . Il primo marzo del l 074 diffuse la voce di aver appreso da molti v i ag
g iatori "che il popol o dei pagani si è fortemente rafforzato contro l ' Impero cristiano,
devastando ogni cosa con penose atrocità fin quasi sotto le mura di Costantinopoli ,
conquistando con v iolenza tirannica e uccidendo molte m igliai a di cristiani come be
stiame". S uppergiù le medesime cose scrisse il 7 dicembre del 1 074 ad Enrico IV: una
parte ragg uardevole di cristiani era stata "annientata dai pagani con un eccidio senza
precedenti e macellata ogni giorno senza tregua come mandrie di bestiame: così si è
annientato il popolo c ristiano". Per questa ragione voleva mettere insieme, dal l ' Italia
fino alla Danimarca, 50000 combattenti per la fede, e poi lui stesso come "condottiero
e pastore (dux et pontifex) mettersi alla testa del l e truppe (me pro duce habere . . . ),
mentre i l re Enrico avrebbe dovuto assumere l a difesa del l a Chiesa romana . . . "affinché
Tu la sorvegl i non solo come la Tua santa madre, ma possa difendere anche i l suo
onore". Certo, non stupisce che ora Gregorio dichiari pressantemente al re i l suo since
ro affetto.
Ma per poter condurre la guerra in Oriente il santo afferma non solo che i c ri stiani
sono costretti a vivere "come bestie" (quasi pecudes) in Oriente, ma altresì che vengo
no sterm inati a m igliaia, sebbene - dice i l cattolico Kiihner - "non fosse vero neanche
Una crociata con due dame fallisce miseramente 20 1
un briciolo di quella grottesca asserzione". È pur vero, in realtà, che in quelle zone
molti Armeni fuggi vano davanti a Turchi, ma moltiss i mi cristiani si convertivano
aii ' Islam (certo un motivo per la croc iata ! ) , mentre più tardi, perfino nell a ripetuta
conquista di Gerusalemme da parte dei saracen i , a nessun cristiano fu torto un capello.
Nondimeno Gregorio era determinato a giungere "a mano armata . . . fino al sepol
cro del Signore sotto l a di lui guida". E naturalmente voleva anche essere l u i stesso i l
"condottiero": praticamente l a stessa identica cosa. Infatti il "Signore" viene sempre
fatto precedere, e i signori gli vanno dietro; essi vogliono tosare oppure macel lare i
popoli, ma una del le due cose la vogli ono sempre . . . e questo lo chiamano "pascere i l
gregge". M a possono le pecore afferrare i l concetto? E tuttavia: nessuna conoscenza a
questo riguardo è più importante.
Molto teo-logicamente, papa Gregorio giustifica la sua progettata grande guerra in- 267
sieme con Gesù "giacché, come il Salvatore sacrificò la sua v ita per noi, così anche noi
dobbiamo mettere a repentagl i o la nostra vita per i nostri fratel l i ". ( Fino al la Prima e
alla Seconda guerra mondiale, ed oltre, in questo m odo il buon pastore "pacifista" dei
vangel i si collega, con sempre immutata ripugnanza e spudoratezza, coi più orrendi
genocidi).
Gregorio so leva datare i suoi scritti - caso assai singolare nella storia dei papi - "dal
l uogo del l ' accampamento" (data in expeditione). Ma quando, nel gi ugno del 1 074, la
sua armata si radunò presso Roma, al term ine di massicci preparativi, egli non volle
mandarla in Oriente, bensì contro i Normanni , i l duca dei quali si opponeva ai suoi
disegni . Nel l ' agosto del 1 073 , infatti , a Gregorio avevano reso omaggio Landolfo VI
di Benevento, in settembre i l principe Riccardo di Capua. Solo Roberto il Gui scardo
non si conformò ai suoi desideri; per questo il Pontefice, rabbioso e fremente d ' i ra,
fece di tutto per accerchiarlo: ciò nonostante Roberto estese il suo dominio, sottom ise
Amalfi penetrando nel principato di Capua, cioè nello Stato del la Chiesa, e così si
buscò l ' anatema di Gregorio nel 1 074.
In un appello il papa si era vantato di non aver bi sogno di truppe contro i Normanni,
coi quali voleva cavarsela da solo. Ma tutto naufragò, fin da principio, nella reciproca
rivalità dei prìncipi. Uno dopo l ' altro, tra quei "fedeli di San Pietro", tutti gli voltarono
le spalle. Da Salerno fino alla Francia, dunque, non giunse nessun rinforzo e per di più
si squagliò anche i l resto del la sua soldatesca. 36
Alla fine del I 074 Gregorio ritornò più volte, e perfino con grande enfasi , a trattare
il tema del suo progetto di crociata, nel quale egl i , come "vescovo e condottiero",
intendeva recarsi in Oriente, avendo al suo fianco - idea piuttosto singolare - due
gentili signore : la vecchia imperatrice Agnese (forse come dama di compagnia?) e la
giovane marchesa Mati lde di Tusc ia, la "com itissa et ducatrix", che aveva al lora 28
anni e, per tutta la vita, talmente affezionata a Sua Santità, che molti (compresi parec
chi vescovi ) li sospettarono di ambigui rapporti. Per contro, di questa donna sposata
202 Enrico IV (1065-1106) e Gregorio VII (1073-1085)
due volte certi autori c ristiani avrebbero fatto quasi una monaca o quantomeno una
fanciulla i l libata.
268 Si sa bene che il papa aveva somma considerazione per quell a che egl i chiamava l a
"gloriosa Beatrice" di Tuscia, madre di Mati lda. Protesta di continuo "quanto forte s i a
l ' amore c h e c i unisce profondamente c o n Voi". I n fin d e i conti , le d u e "amatissime
figlie del santo Pietro" possedevano non solo territori vastissimi, ma disponevano per
giunta di non i rrilevanti forze m i l itari . E l ' amore d i Gregorio - grazie al Cielo - era
tutt'altro che unilaterale. No, quelle signore, come egli certifica personalmente, si sfor
zavano "di sostenerci giorno e notte (die noctuque)". Il loro affettuoso attaccamento gli
ricorda "molto spesso" q uelle donne della B i bbia che cercavano nella tomba i l Signo
re, creduto morto, "più di tutti i di scepol i , rapite com ' erano da straordinario impeto
amoroso . . " . 37
.
Matilde di Tuscia ( l 046- 1 1 1 5), figlia del margravio B onifac io di Tuscia (l iquidato
nel l 052) e della contessa Beatrice di Lotaringia, fu dapprima sposa del duca Goffredo
IV i l Barbuto, duca di Lotaringia, seguace fedelissimo di Enrico. Ma quel matrimonio
si rivelò presto una catastrofe. Dal 1 07 1 Matilde, separata e senza figli, v isse stabil
mente nei suoi vasti territori italiani - per i l cui possesso imperatori e papi si sarebbero
azzuffati per tutto il secolo XII -, mentre g l i affari i nterni tenevano occupato il duca in
tale misura "che poteva visitare la marca italiana solo ogni tre o quattro anni" (Lamperto).
Il papa si guardò bene dal mediare tra i due, anzi cercò di inasprire i l loro disaccordo.
E quando Goffredo diventò suo nem ico, fu presto un uomo morto - febbraio del 1 076
- ucciso orrendamente a tradimento in una delle sue scorrerie . . . e il principe frisone,
presunto autore de l i ' assassinio, restò per il papa il "figlio diletto in Cristo"; allo stesso
modo la giovane Matilde era la "figlia diletta in Cristo", chiamata anche "fedele ancella
del santo Pietro", oppure "la più cara e fidata figlia del santo Pietro".
Già con l a madre Beatrice, Matilde aveva condotto un rigido sti le di politica m i l i
tante, inteso a promuovere anche i piani bel lici papal i contro Saraceni e Normanni
(l 074 ), aveva appoggiato soprattutto la Chiesa romana - come Gregorio stesso ricono
sce - "in tutto e per tutto" (penitus . . . un avverbio strettamente connesso con penis,
269 significante letteralmente in profondità, fino all ' intimo). E quando l a madre di Matilde
morì nel l 076, nello stesso anno i n cui anche il marito di Matilde finì così brutalmente
(p. 2 1 0), ella divenne una dell e più potenti colonne del Santo Padre : pol iticamente,
m i litarmente, in tutti gli aspetti . Ma forse la nobildonna, cresci uta senza padre, nel
l ' imperioso affascinante gerarca non vedeva soltanto il Santo Padre.
O forse, più in generale, non soltanto i l padre. (Solo dopo la morte di Gregorio,
infatti, per desiderio di papa Urbano II, M atilde contrasse un matrimonio fi ttizio, poli
ticam ente motivato, c o l diciassettenne Wel f V, di 2 5 anni p i ù giovane .)
Durante i l pontificato di Gregorio, Matilde visse - così racconta il monaco di Hersfeld
- "in una sorta di stato vedovi l e", tenendosi di continuo "al fianco del papa, in qualità
Una crociata con due dame fallisce miseramente 203
moltissimo "attraversare i l mare nella preziosa compagnia di tali sorelle, per rischiare
se necessario la mia vita per Cristo, insieme con Voi , con le quali mi auguro di essere
congiunto nell a patria eterna". E, nella conclusione, la incalza di nuovo: "Cerca di
risponderm i quanto prima e dimmi quale sia l a tua opinione su questa proposta e la tua
venuta a Roma . . . "
E mentre i l papa fa guerra in Oriente con Mati lde e le sue truppe, al re Enrico I V
spetterà proteggere in Europa la Chiesa d e l papa ! Soprattutto agl i "ultramontani", i n -
27 1 fatti , Gregorio rivolge i l s uo appello: "Fino a d oggi voi avete combattuto valorosamen
te per una mercede effimera; ora è i l momento di combattere con più valore per quel
premio e quel la gloria che trascende tutti i desideri ". 4 0
Papa e re furono molto interessati , sulle prime, al mantenimento della pace. Gregorio
m anifesta chiaramente l a sua benevolenza ed Enrico riconosce l a scelta di Gregorio,
sebbene l 'eletto abbia già calpestato i diritti del re non avendogl i denunc iato né l ' inse
diamento sul trono né avendolo pregato di una conferma del l ' elezione da parte sua. E il
modo in cui Gregorio portava avanti l a riforma della Chiesa in Germania non faceva
altro che peggiorare i rapporti, e per giunta anche nei confronti della maggioranza
del l ' alto c lero tedesco. Poiché il papa sobillava anche apertamente i rel igiosi a disubbi
dire ai loro vescovi , questi si opponevano alle sue stesse direttive.
A ciò si aggiunse i l grave confl itto tra re e c uria per l ' arcivescovado di Milano. Dal
1 070, qui, si fronteggiavano l ' arc ivescovo Goffredo, nominato dal re, e l ' arci vescovo
Attone sostenuto dai Patarin i : Goffredo viveva quasi dimenticato nella provincia lom
barda, Attone sotto protezione papale in Roma. A Milano, intanto, la tensione aumenta
va. Nella primavera del l 075 una serie di incendi, appiccati probabilmente dai Patarini,
aveva distrutto mezza città e i l duomo; in una battagl i a stradale avevano avuto la me
glio gli avversari del la Pataria, che ora trovavano più vasto appoggio e sollecitavano
Enrico IV perché intervenisse. Il sovrano fece bandire dali ' impero i Patarini e investì
subito il cappellano reale Tedaldo quale nuovo arcivescovo, mentre il papa riconfermava
Attone e respingeva per principio l ' insediamento dei vescovi da parte del re.
Eppure, non molto tempo prima, Gregorio aveva ricevuto da Enrico ancora "parole
piene di dolcezza e di ubbidienza", espressioni di rispetto che "né lui stesso né i suoi
272 predecessori avevano mai trasmesso ai vescovi romani". E non bastava: Enrico si rico
nosceva quale simonista ed espropriatore di beni ecclesiastici, anche se soltanto a mo
tivo della situazione da guerra civile esistente in Sassonia. D ' altra parte anche Gregorio
faceva certe concessioni, senza peraltro m andare parole piene di ubbidienza al di là
delle Alpi; tuttavia il 7 dicembre del l 074, inviando "al glorioso Enrico saluti e bene-
Incipiente lotta di potere e vecchio teatrino da guitti 205
dizioni apostol iche", dice di aspettarsi da Dio "con certezza" il giorno in cui egl i potrà
"volergli bene con sincera dedizione". Eppure fin da principio il papa, tanto diffidente
quanto bramoso di potere, dava a vedere "quanto noi possiamo essergli di giovamento
e quanto recargli danno se ritiri am o la nostra soccorrevo le mano . . . ".
Chiaro che al re tedesco non rimane altro che ball are al suono del la musica roma
na . . . "Se il re ci ascolta, noi ci rallegriamo del la sua fortuna non di versamente dal la
nostra . . . ": "Se ottempera ai nostri moniti e consigli . . . ". Ma certo . . . a queste condizio
ni ! Scrive Gregorio nel l 073 : "Contro di lui, a dire il vero, non dobbiamo e non vor
remmo coltivare nessun ' avversione, a meno che egli - ma sia lontana l ' ipotesi ! - non
vogl ia mostrarsi avversario del la divina religione". 4 1
Indubbiamente i l papa mandava segnali sempre p i ù insistenti della sua inarrestabile
smania di potere.
Non voleva solo eliminare la simonia ed introdurre il celibato; bram ava in tutti i
modi arrogarsi anche l ' investitura del c lero che, nel sinodo quaresimale del l 075 , proi
bì espressamente a tutti i laic i , anche al re stesso. Ma poiché, con l ' investitura, era
connessa anche la disponibilità dei diritti temporal i , cioè sulla globale proprietà del la
Chiesa, su tutti i diritti e i beni che non avevano un diretto carattere rel igioso, il re
veniva a perdere, con la perdita dell ' investitura, anche la disponibilità de li ' intero patri
monio ecclesiastico. Questo patrimonio, infatti , non era proprietà nel senso rigoroso
del term ine; i vescovi avevano solo una diritto di usufrutto, perché il patrimonio vescovi le
era in realtà patrimonio de l i ' Impero, trasferito dai sovrani ai prelati da oltre un secolo.
Quindi, se cadeva l ' investitura (e il giuramento di vassallaggio ad essa congi unto) da
parte del re, i vescovi erano prìncipi indipendenti da lui, non essendogl i più debi tori di
sottom issione e di ubbidienza: cose che essi , ora, dovevano sol tanto al papa.
Enrico, che non poteva lasciarsi imporre tutto ciò, che doveva esigere l ' i nvestitura 273
tanto più deci samente di quanto non l ' avessero praticata indiscussamente i suoi prede
cessori , non protestò contro il divieto papale. Semplicemente lo ignorò. Come sempre
continuò ad investire i vescov i : Huzmann di Spira, Enrico di Liegi, Ruotpert di Bam
berga. Del pari nom inò nuovi abati a Lorsch e a Fulda, dove nel l 'elezione degli abati c i
si lodava vicendevolmente "a gara e c o n grande enfasi": così informa Lamperto, i l
quale continua: " u n prelato prometteva mari e monti, un altro garantiva feudi sconfina-
ti sui possedimenti intorno a Fulda, un terzo assicurava straordi narie prestazioni a van
taggio del regno; e tutti quanti , con le loro offerte, oltrepassavano ogni misura" . . . fin-
ché Enrico, alle corte, non pose tenn ine al l ' ambizione smodata dei candidati . 42
A lungo andare il re tedesco finì per ingerirsi proprio in Ital ia, toccando certamente
il punto più sensibile per Gregorio.
Il papa, dapprima, aveva ancora aspettato ed i ndugiava tanto di più in quanto Enri
co, ali ' i nizio di luglio, aveva appena battuto i Sassoni (p. 1 82 ss.) e pertanto - come gli
scrive Gregorio in settem bre - "la loro tracotanza è stata umil iata da Te secondo i l
206 Enrico IV ( 1065-1/06) e Gregorio VII (1073-/085)
giudizio di Dio". Il che, a dire il vero, è doloroso per i l Santo Padre "in quanto si è
versato il sangue di molti cristiani"; nondimeno, per amore di Enrico, la v ittoria lo
riempie "di gioia". Tuttavia, come i n Germania, anche in Italia i l re sal ico nom inava ed
investiva nuovi prelati, non solo al nord, a Mi lano, ma anche nel centro Ital ia, a Fermo
e a Spoleto, a soli cento chi lometri da Roma.
Gregorio reagì visibilmente i n modo tutt ' altro che am ichevole. Ebbe toni minaccio
si per i l re, scrivendo che era grave tentare di "opporsi alla santa Chiesa di Roma, a cui
Voi siete tenuti ad ubbidire come ad una madre". Interruppe quindi le trattative per
l ' incoronazione, pose una sorta d i ultimatum e accennò già alla poss ibil ità di una
destituzione d i Enrico. Così, a poco a poco, assumeva contorni sempre più netti la lotta
per le investiture, che sarebbe durata quasi mezzo secolo: una lotta di potere tra la
monarchia e i l papato.
Lo si rileva da una lettera di Gregorio del l ' 8 dicem bre 1 075 (la datazione non è del
tutto sicura) i n cui egl i m anda invero "a re Enrico i l saluto e l ' apostolica benedizione",
274 ma con l ' aggiunta "a condizione che egl i ubbidisca diversamente alla sede apostolica,
come si addice ad un re cristiano" (ut christianum decet regem). Tuttavia egl i q uesto
non l o fa; al contrario, mantiene "consapevoli relazioni con gli scomunicati" e dovrà
quindi scontare anche "un' adeguata espiazione per questa colpa". Il re, è vero, g l i ha
mandato "numerose lettere piene di ossequio", anche degl i ambasc iatori che esprimo
no gli stessi accenti , ma s i mostra tuttav ia "nella sostanza e nei fatti intrattabile . . . con
atteggiamenti recalcitranti". Con i l trasferimento del le chiese di Fermo e di Spoleto, il
sovrano gli causa "ferita su ferita", mentre g l i sarebbe convenuto "guardare con più
rispetto e riverenza al capo della Chiesa, c ioè al santo principe degli apostoli Pietro.
Qualora Tu faccia parte delle pecore del S ignore, a lui Tu sei anche sottomesso grazie
alla parola e alla potenza del S ignore, acciocché Egl i ti nutra e delizi . . . "; ed Enrico
dovrà guardarsi dal rifi utare "la doverosa riverenza non a noi, bensì ali ' onnipotente
Iddio". E come in ciascuno dei suoi scritti , Gregorio cita la Bibbia nel modo c he gli
serve: Chi ascolta voi, ascolta me, e chi disprezza voi, disprezza me".
Costantemente il papa, come tutti i suoi simili, proietta ed espande dietro la propria
immagine le figure di Dio, Cristo, san Pietro, moltiplicando così i l suo peso e l a sua
autorevolezza i n misura per così dire i l limitata. Ogni atto di disubbidienza del re - ecco
la suggestione che gli ispira - riguarda non lui, Gregorio, bensì "il principe degl i apo
stoli , il maestro supremo della Chiesa, il santo Pietro". E quindi, anche nella conc lusio
ne, esorta ancora il re "con paterno amore, a riconoscere l ' egemonia di Cri sto su di te,
e di riflettere quanto sia pericoloso anteporre il Tuo onore al Suo . . . ".
Non c'è momento i n cui i gerarchi romani cessino di montare intorno a sé qualcosa
di "superiore". In realtà, non si tratta delle loro persone, no, qui sono in g ioco il santo
Pietro, Cristo, Dio in persona ! La vecchia, metafisica finzione dei guitti , che attraverso
i secoli viene messa ritualmente in scena (certo non solo a Roma) per i popoli e i loro
"Scendi gitì , giù , tu maledetto in eterno! " 207
La reazione del re si manifestò nel la Dieta di Worms del 24 gennaio l 076 e nel sin odo
del l ' Impero che i v i sì riunì contemporaneamente. Oltre a 24 arcivescovi e vescovi
tedeschi (la maggioranza del l ' episcopato tedesco, per gran parte osti le a Roma) ed
oltre a molti abati, era comparso anche i l fanatico nem ico di Gregorio, il cardinale Ugo
Candido, i l quale eccitò l ' assemblea con tutte le possibili e immaginabili, credibili ed
incredibi li storie riguardanti i l papa (e non ultima Matilde).
Alla fine tutti i prelati , tra i quali erano riluttanti soltanto Adalbero di Wtirzburg e
Ermanno di Metz, sotto la regia del l ' arc ivescovo S iegfried di Magonza, non riconob
bero più il loro "fratello Ildebrando" come papa, negandogl i l ' ubbidienza, cosa che
non solo tutti dovettero certificare con la loro firm a manoscritta, ma che ciascuno do
veva ratificare con un aggi untivo consenso, attestato in m odo documentale.
In una lunga epistola, gli alti prelati acc umularono accuse su accuse al l ' indirizzo del
papa. II quale si era insediato in modi contrari al diritto e alla legge, ini ziando il suo
pontificato con una violazione al decreto sull ' elezione del 1 059 e con due gravi sper
giuri, soprattutto con quel lo che non avrebbe conseguito mai la dignità papale, propa
gando inoltre in molti paesi le conseguenze dell a discordia "in delirante foll i a". In
effetti, al "del itto iniziale" del suo pontificato fece poi seguito un "processo assai peg
giore" nel l ' emanare decreti e nei fatti . I padri sinodal i gli addebitano "innovazioni
profane", "superba atrocità e proterva alterigia", oltre che "delirante fol l ia". Gregorio
aveva bollato i vescovi come "figli di prostitute", togl iendo loro, per quanto gli era 276
possibile, "tutti i poteri", e lasciando inoltre in balìa della "plebe furibonda l ' intera
amministrazione del la Chiesa".
" Infine, Tu hai riempito la Chiesa intera con la puzza di uno scandalo ignobile, in
quanto conv ivi con una donna e hai con essa rapporti più confidenziali di quanto sareb
be necessario. Per questa ragione il nostro pudore soffre più del la nostra causa, ma
questa è l ' accusa universale che si ode dappertutto : ogni gi udizio, ogni decreto della
sede apostolica viene form ulato da donne, talché questo nuovo senato femminile fini
sce per governare la Chiesa intera".
Un secolo fa, I o storico ecclesiastico cattolico Janner scriveva: "Tra le imputazioni
208 Enrico IV (/065-1 106) e Gregorio VII ( 1073-/085)
più sciocche e i pretesti più meschini, questo sinodo fittizio ( ! ) destituì papa Gregorio
VII". Nondimeno, a prescindere dal l ' accusa riguardante - forse a torto - la contessa
Matilde, l e accuse dei vescovi non erano meno infondate e sciocche di quelle di Enrico
stesso. Gregorio era stato eletto fra i tumulti , il decreto sul l 'elezione papale del 1 059
era stato calpestato né più né meno del diritto del re tedesco in esso garantito. Nello
stesso giorno scelto dai prelati , Enrico mandò al papa un decreto di destituzione, defi
nendolo il più pernicioso nem ico della sua vita e del suo governo, approvando il ver
detto dei vescovi , che rifi utava sottom issione e ubbidienza nei confronti di Ildebrando,
non ritenendolo più papa, e disconoscendo a papa Gregorio "qualsiasi diritto che fino
ad oggi sembravi avere sul papato". Del pari , sempre nel lo stesso giorno, Enrico l an
ciava un appello ai Roman i : Insorgete dunque contro di lui, o miei fedelissimi , e i l
primo nel la lealtà sia i l primo che lo condanna. Ma n o i non diciamo c h e dobbiate
versare il suo sangue, dal momento che la vita dopo la destituzione sarà per l u i una
pena più grave del la morte. "
Di questa azione contro i l papa la forza motrice non fu tanto l ' allora 25enne re
Enrico, quanto piuttosto l 'episcopato tedesco, al quale fece seguito - in un sinodo te
nuto a Piacenza - l ' i nsieme dei vescovi Iom bardi che dichiararono del pari unan imemente
il proprio distacco da Gregorio. E il re, accusando Gregorio di attentare al la sua v ita e
al suo potere, lo invitò ad abbandonare il suo seggio. 43
Quando gli ambasciatori di Enrico - i vescovi Huzmann di Spira, Burcardo di Basilea
277 e il conte Eberhard di Nellenburg - diedero lettura in Laterano, i l 1 5 febbraio, delle
del iberazioni di Worms e di Piacenza, nel S inodo quaresimale frequentato da oltre
cento vescovi , da numerosi abati e laic i, ivi compresa l ' imperatrice Agnese, vennero
non solo maltrattati dai pii padri , ma poco mancò che fossero uccisi all ' interno del
tempio. Il papa, che nel l ' occasione pare avesse salvato dal peggio i legati già mezzo
morti, scom unicò il metropol i ta di Magonza, il presidente del Sinodo di Worms i nsie
me con tutti i prelati di Lombardia.
Sulla persona stessa di Enrico i l papa pronunciò l ' anatema: un provvedimento che
susc i tò uno scalpore immenso, inaudito prima di al lora, contro i l monarca "unto del
S ignore". Più volte, infatti , un re cattolico aveva invero deposto un papa, giammai però
un papa aveva scomunicato un re cattol ico. Ancora due generazioni più tardi, nel l a sua
"Cronaca del mondo", i l cronista vescovo Ottone di Frisinga, un nipote di Enrico I V, se
ne mostra stupito: "Non smetto mai di leggere a fondo la storia dei re e imperatori
romani , ma non trovo in nessun luogo che uno di loro, prima di questo, sia stato espul
so da un vescovo di Roma."
A tutta la vicenda Gregorio conferì un restroscena enfatico e roboante, avvolgendo
sé e la propria sentenza in una nube di metafisica; con straordinaria efficacia inserì i l
verdetto in una preghiera rivolta a l principe degli apostol i Pietro, a l quale e g l i si assi
m ilava fino ali ' immedesimazione. Quale suo luogotenente, sosteneva di avere da Dio
"Scendi !:ÙÌ , gitì , tu maledetto in eterno!" 209
n uta i l 27 aprile l 076 in modo estremamente doloroso, del vescovo Guglielmo di Utrecht,
annunciatore del verdetto, l ' unico dei prelati astanti che avesse osato leggere l ' anate
ma contro il papa. Da parte dei gregoriani, di fatto, la morte del vescovo venne natural
mente interpretata come esempio spaventoso e deterrente di una punizione del c ielo. E
forse significò qualcosa di analogo anche l ' uccisione, avvenuta solo poche settimane
prima, del più fedele seguace di Enrico, il duca Goffredo di Bassa Lorena, nel febbraio
l 076, avvenuta nel ! ' accampamento v ic ino alla costa, nel braccio più settentrionale della
Maas. " S i era appartato una notte, mentre tutti donn ivano, per sbrigare un bisogno
naturale, allorché un sicario che lo attendeva ali ' esterno gli cacc iò una lama nel sedere,
!asc iandolo accasciato sulla ferita e dandosi alla fuga. Il duca sopravv isse per pochi
giorni alla ferita". (Non era così malvista, neg l i ambienti raffi nati del l ' ari stocrazia,
l ' usanza di far fuori l ' avversario intento a defecare: vedi anche V 3 1 8) . Comunque,
perfino Lamperto, cronista osti le al monarca, descrisse l ' amico del re, così atrocemen
te tolto di mezzo, "un robusto, validissimo puntello del! ' impero tedesco perché, sebbe
ne sembrasse incutere poca soggezione per la sua piccola statura e per la sua gobba,
tuttavia eccel leva, come spesso si è detto, sugli altri prìncipi del! ' impero per la fastosa
ricchezza, per la massa di valorosi combattenti, per matura saggezza e, da ultimo, per
senso del la mi sura nel suo modo di vi vere".
L' assassinio del principe fu una perdita incolmabile per il re. E fu un autentico colpo
di fortuna per i l papa, giacché costituiva la "rimozione di un serio ostacolo per i piani
venti lati da Gregorio VII". E Matilde, l ' allora quasi trentenne vedova del poco più
vecchio Goffredo, fu ora nella condi zi one, in maniera ancor più spregi udicata di prima,
di "mettere in mov imento tutto ciò che poteva per la vittoria di Gregorio VII" (Meyer
di Knonau). Il quale pregò certo intensamente per la salvezza del l ' anima del principe
280 assassi nato. Tutta questa storia, certo, suona come scaturita da una leggenda di santi .
A questo punto, però, il fronte del l 'episcopato tedesco ammorbidì la sua osti l ità,
cosa su cui Gregorio aveva contato. La maggioranza, sommersa da due legati papal ini
con prove "composte di stori a contraffatta e di documenti inventati" (Hal ler), voltò le
spal le al re. Uno dopo l ' altro i prelati si diedero per vinti, cominciando da Ottone di
Costanza; seguirono il metropolita di Magonza Siegfried, proseguendo con i vescovi
di Kamerijk, Liegi , Miinster e Spira, ai quali si aggregarono molti abati. Alcuni, come
i l vescovo Ennanno di Metz, ri lasciarono a piede l i bero gli alti funzionari sassoni dete
nuti da Enrico. Altri, come il vescovo Pibo di Toul e Huzm ann di Spira, addi ri ttura si
prostrarono a Rom a davanti alla croce. Crebbe anche l ' oppos izione dei prìnc ipi,
segnatamente in Sassonia; ma anche i duchi di Svevia, Baviera e Carinzia dichiararo
no di non riconoscere più Enrico come sovrano, qualora non fosse sciolto dall ' anate
ma. Prìncipi reali e prìncipi ecc lesiastici cercarono contatti col papa, il quale progetta
va già l 'elezione di un nuovo re e tornava a galla sempre di più; di ventava sempre più
inflessibile ad ogni successo, stringendo il cerchio e di rigendo la cacc ia spietata. Con-
Canossa 2 11
tava addi rittura di recarsi l ' anno successivo in Germania per pronunciare un giudizio
arbitrale che, visto come andavano le cose, poteva m i rare solo alla destituzione di En
rico o al la sua totale capitolazione. Oramai il battagl iero Gregori o, come va assicuran
do "a tutti i livel l i , dovunque, in terra tedesca", era dec i so ad affrontare senza esitazio
ne "anche le contrarietà e, se necessario, perfino la morte per la libertà della santa
Chiesa e la salvezza del l ' Impero". 45
CANOSSA
Di Hei ne, naturalmente. E già nel terzo verso del suo omonimo componimento
"Heinrich", di sei strofe, affiora la parola i ntorno alla quale Aulo Engler ha di recente
scritto un corposo libro: "Canossa, il grande inganno". Nel quale intende evidenziare
che tutto, ma proprio tutto, si svolse in modo completamente diverso da q uanto il mon
do - tutt ' intero, inclusa la scienza storica - ha sempre creduto ormai da un m i l l ennio. E
così interamente falso sembra che non sia affatto ciò che sta nel libro di Engler; anzi
piuttosto convincente nella sostanza, pur con qualche inesattezza che contiene . . . come
qualsiasi lavoro di storia. 4 7
Canossa . . . Ciò che, a partire da quell ' epoca, al risuonare di questo nol)'le si ridesta
negli ani m i d ' innumerevoli persone, attraverso tanti secol i , è l ' immagine del sovrano
tedesco che si umi lia, prostrato ai piedi del papa: tre giorni trascorsi espiando sul ghiaccio
283 e nella neve, come l ' ultimo m i serabile figlio di un cane.
Ma può essere andata davvero così?
Osserviamo da v icino l ' avvenimento sulla scorta del più noto annal ista contempora
neo che ne riferisce, ossia con Lamperto di Hersfeld. Il quale annota: "Ecco giungere i l
Canossa 213
re, come gli era comandato, e poiché i l borgo era cinto da tre mura, fu accolto ali ' inter
no dell a seconda cinta m uraria, mentre tutto il suo seguito restò al l 'esterno; qui egl i
stette, dopo aver deposto g li indumenti regal i , e senza distintivi del la dignità regale,
senza esibire la minima pompa, scalzo e digiuno, dal la mattina alla sera, attendendo il
giudizio del papa. Così si comportò i l secondo giorno, e così nel terzo. Finalmente, i l
quarto giorno, egl i venne introdotto a l suo cospetto e , dopo molto discorsi e contro
discorsi, venne alla fine prosciolto dal bando alle seguenti condizioni . . . "
A parte che non si può accertare nulla di prec iso sui dettag l i , a parte che non sappia
mo con certezza dove prese alloggio Enrico e nemmeno il suo seguito, e a parte anche
che il re giunse colà non per ordine del papa o di chi unque altro, leggiamo il commento
di Wolfgang Dietrich Fritz: "Enrico gi unse durante le trattative, o al term ine di esse,
comunque non seguendo un ordine prestabil ito, ma per propria deci sione". Eppure, a
parte tutto ciò - afferma il monaco di Hersfeld - Enrico stette tre giorni davanti a
Canossa "scalzo e digiuno da matti na a sera (nudis pedibus ieiunus a mane usque ad
vesperam), in attesa del verdetto del papa". �H
Ebbene, gli annal i di Lamperto saranno pure "un culmine della storiografia medio
evale" (Struve), ma sono anche, in parte, molto fantasiosi, e più di tutto marcatamente
osti l i al monarca. Tant 'è vero che non v ' è infam ia o atrocità che egl i non addossi ad
Enrico IV o di cui non lo reputi capace. "In realtà, al la sfrenatezza del re non pose
confine né la ragione né la sua età avanzata, né il biasimo di qualsiasi am ico, ma anzi
egl i andò peggiorando di giorno in giorno, spezzando tutti i vincoli del ritegno umano,
per non dire cri stiano, tuffandosi a capofitto in ogni del itto . . . " 49
Sulla medesima linea, appunto, Lamperto presenta ora Enrico quanto più possibile
spoglio della sua dignità, scalzo per tre giorni da mane a sera, esposto alle intemperie. 284
Certo, si era in gennaio, nel pieno del l ' inverno. E che inverno ! Da potersi dire l ' inver-
no del secolo. Lo stesso Lamperto informa che il Reno restò ghiacc iato da metà no
vembre fino ai primi di apri le ed era transitabile a piedi. Ma non solo in Germ ania;
l ' Europa intera fu al lora attanagliata dal gelo. Anche l ' Ital ia. Perfino il P o era congela-
to. Canossa, poi , era a seicento metri di altitudine. In tal i condizioni , Enrico poteva . . ?
.
Senza cibo, per giunta ! E per tre giorni ! Appena due o tre ore vi avrebbe resi stito, senza
grav i lesioni. Su questo dato di fatto insiste Aulo Engler, quantunque la cosa dovrebbe
esser chiara di per sé. 50
Di sicuro c ' è che a spargere la notizia non fu soltanto Lamperto, ma altresì la nostra
fonte principale: l ' ancor p i ù antimonarchico pontefice. Infatti, non appena Enrico ces
sò di sembrargli uti l i zzabile in qualche modo e non fu più - com 'era ancora nel luglio
1 075 - i l suo "eccellentissimo figl io" (jili excellentissime) o, come ancora pochi mesi
prima, il suo "figlio intimamente diletto" (jili karissime), quando non gli scrisse più
"quanto intensamente Ti amo", bensì quando Enrico ricambiò d ' improvviso "il bene
col male", commettendo "i naudite malvagità", e quando Gregorio stesso si fece, se mai
214 Enrico I V ( 1065- 1 1 06) e Gregorio VII ( 1073- 1 085)
possibile, ancor più smanioso di potere, ecco che allora - nella forma a lui peculiare,
assolutamente ben ponderata -, egl i dipinse per i l m ondo, e particolarmente per tutti i
suoi "cari" in Germ ania, un ' immagine della m iseranda umiliazione del re: i l tutto natu
ralmente, come egl i ribadisce, "nella verità nuda e c ruda". Orbene, quell a breve rap
presentazione plasmò lo scenario, creando l ' affabu lazione storica di Canossa traman
data fino ai nostri giorni .
Già prima di entrare in Italia - dice Gregorio narrando di Enrico - i l re inviò "osse
quiosi messaggeri da noi , offrendosi di chiedere scusa e perdono in tutto e per tutto al
santo Pietro e a noi, e prom ise per il miglioramento della sua vita di mantenere piena
ubbidienza, per quanto meritasse di ottenere solo l ' assol uzione e la grazia del! ' aposto
l ica benedizione". E a Canossa - afferma il papa nel gennaio l 077, quindi subito dopo
l ' evento - "davanti a tutti g l i arc ivescovi , vescovi , duchi, conti e altri prìncipi del re
gno di Germania" -, proprio a Canossa, "egli restò in attesa per tre giorni davanti al
285 portone del borgo, senza alcun indumento regale, in modo tale da destare compassione,
senza calzari e con panni di lana, e non smise di aspettare, supplicando tra le lacrime
aiuto e conforto dal la pietà apostolica, fino a che non mosse tutti quanti erano presenti ,
e coloro ai quali gi unse questa noti zia, a tale misericordia e a tanta pietosa compassio
ne che tutti si meravigliarono del l ' insol ita durezza del nostro sentimento; ma alcuni si
lamentarono che in noi non c i fosse la saldezza del rigore apostolico, ma i n certa misu
ra l ' atroc ità della tirannica fierezza. "
"Alla fin fi ne, noi fummo sopraffatti dal la sua costante contri zione e dal tanto im
plorare degli astanti ; sciogliemmo finalmente le catene del l ' anatema, accogl iendolo di
nuovo nella grazia del la comunità e nel grem bo della santa Madre Chiesa, dopo aver
avuto da lui le garanzie qui sotto elencate". 5 1
I n questo modo, papa Gregorio V I I è i l primo a pretendere dal suo antagonista, i n
quei giorni di gennaio estremamente rigidi, la trafila di tre giorni del! ' uomo senza
scarpe (disca/ciatus) davanti a Canossa, durante la quale Enrico supplicò per ottenere
"tra inarrestabi l i lacrime ai uto e conforto del l ' apostolica m isericordia", pregando tutti
i presenti che intercedessero "a suo favore con molte suppliche e pianti ", fintanto che
la "costante contrizione" del re malvagio, ma così du ramente penitente, ammorbidì i l
papa che teneva i n pugno la s u a sorte.
Sparate piuttosto grosse, non è vero?
Ad ogni modo il racconto non corrispose alla situazione, né a quella c l imatica né a
quell a politica. Certo, i l re aveva bisogno del l ' assoluzione papale, giacché 'non voleva
rischi are né il trono né i l potere, e forse di più ancora. D ' altronde Gregorio, uomo di
chiesa, non aveva scelta; non gli restava altro che im partire l ' assoluzione al peccatore
pentito per non perdere ogni credibil ità di fronte al mondo dei credenti cristiani.
Oltretutto i l papa, in Ital ia, non aveva molto da dire sul piano pol i tico. Si era real i z
zata la paradossale situazione per c ui in Germania, dove Enrico era sul ! ' orlo della
Rodo/f{> di Rheinfelden diventa anti-re 215
disfatta, i l papa aveva i n m ano quasi tutte l e carte da giocare, mentre i n Ital ia, almeno 286
in questa congiuntura, il re tedesco dom inava molto di più del suo avversario. Qui,
tutto appariva favorevole al monarca, tanto che presto dispose anche di ragguardevoli
contingenti di truppe. Persino Lamperto lo ammette: non appena in Italia si sparse la
notizia che i l re era arrivato "ecco tutti i vescovi e i conti d ' Italia correrg l i incontro a
gara, pronti a riceverlo, come s ' addice alla dignità regale, rendendogl i i massimi onori ,
talché in pochi giorni si ammassò intorno a lui un eserc i to oltremodo numeroso. Già
dal l ' inizio del suo governo, infatti, costoro avevano agognato la sua presenza in Ital ia,
in quanto i l paese era continuamente attraversato da guerre, scosso da rivolte, saccheg-
gi, scorrerie, insomma dal le più diverse faide private, e perché speravano che tutto ciò
che individui senza scrupol i si permettevano contro le leggi e i diritti deg l i avi , sarebbe
stato eliminato per l ' intervento del legittimo potere reale. In più, essendosi diffusa la
voce che scendeva dal le Alpi ribol lente d ' i ra per deporre i l papa, costoro si ral legraro-
no oltremodo che venisse l oro offerta occasione di vendicarsi convenientemente di
col ui che, già da gran tempo, li aveva esclusi dal la comunità ecclesiale, riab i l i tando i l
loro di sonore."
E lo stesso Gregorio, i l primo ottobre, rivolgendosi "a tutti i fedel i del santo Pietro
nel l ' impero tedesco", deve ammettere: "tutti i lati ni, ad eccezione di pochissim i , espri
mono i l loro plauso alla causa di Enrico, e la difendono, mentre accusano me di ecces
siva durezza e spietatezza nei suoi confronti". 5 2
c iosa confl uenza, sul suolo tedesco, di Gregorio coi nem ici di Enrico, i cosiddetti "anti
enriciani"; ed ora, anzi, questi avversari del re non avevano più nessuna gi ustificazione
morale. Tanto più che il papa, almeno di fatto, aveva riconosci uto Enrico come re,
)asciandolo andare con la sua benedizione. Una parte dei prìnc ipi, di conseguenza, si
schierò nuovamente dal la sua parte.
Solo un gruppo radicale seguitò a resistere, tra cui specialmente numerosi prelati : i
massimi pastori di Magonza, Salisburgo, Magdeburgo, Halberstadt, Worms, Wtirzburg,
Passav ia. Costoro, insieme con Ottone di Northeim e coi duchi del la Germ ania meri
dionale, riuniti a Forchheim il 1 5 marzo l 077, nom inarono re il duca di Svevia Rodolfo
di Rheinfelden. L' elezione, avvenuta in assenza di due legati pontifici, fu principal
mente una scelta clericale: l ' alto c lero costituiva inequivocabilmente la maggioranza,
votando del resto anche in prima battuta, e l ' arc ivescovo S igfried I di Magonza - pas
sato l ' anno prima dal partito del re a quello del papa - diresse l ' operazione. Il 26 marzo
Rodolfo, nuovamente in assenza dei legati romani, venne incoronato dal l ' arc ivescovo
Siegfried a Magonza; e pochi anni dopo, a Goslar, lo stesso Siegfried incoronò l ' anti-re
Ermanno di Lussemburgo conte di Salm.
Anche se Gregorio avrebbe preferito un rinvio del l 'elezione, evitando del resto il
riconoscimento ufficiale di Rodolfo, il nuovo re fu universalmente riguardato come
candidato della Chiesa; si poneva infatti molto vicino alle sue aspirazioni riform i stiche,
288 promettendo ubbidienza al papa e assic urando l 'elezione canonica dei vescovi.
Certo è che neppure lui rinunziò del tutto alle investiture. Favorito dal governo di
reggenza vescov i le ( l 063 ) tram ite il trasferimento de l i 'abbazia di Kempten a spese del
regno, Rodolfo aveva mutato più volte i fronti . E benché fosse legato da v i ncoli di
parentela ai regnanti sal ici e da loro sostenuto, fu accusato di molteplici attentati al re.
Col quale, per la verità, si riconc i l iò nel 1 072 e nel 1 074, aggregandosi però di nuovo
nel 1 076 alla fronda dei prìncipi che sbarrò i passi alpini ad Enrico; e non c ' è dubbio
che ambisse egl i stesso alla corona, benché si offri sse, in apparenza solo perché co
strettovi, al l ' elezione palesemente ben preparata. Per lui, in realtà, nel monastero di
Ebershe imm tinster - retto dal l ' abate Adelgaud, parente di Rodolfo - era stata già in
precedenza confezionata i n segreto una corona. 5 1
Di concerto con i grandi in rivolta, il papa aveva portato la guerra civile in Gennania,
e aveva pertanto i l vantaggio di essere al sicuro dali ' intervento del le arm i tedesche in
Italia fintanto che i l partito papista teneva in scacco re Enrico. La spaccatura attraversa
va il regno intero, dividendo vescovati e monasteri : si fronteggiavano infatti vescovi e
antivescovi , abati e antiabati , i "real isti" e i "fedel i di san Pietro". Ma il popolo tedesco,
in tutti i casi le classi inferiori (più di tutto contadini e borghesi nel metidione e nelle
regioni del Reno), ma anche la bassa nobiltà e certamente perfino il basso c lero, tenne
prevalentemente per Enrico, dal quale si aspettava tranquillità e sicurezza. Anche parec
chi prel ati presero partito per lui, come i vescovi di B amberga Eramanno I e R uperto.
Guerra civile in Germania 217
Anche per l a festa de l i ' i ncoronazione d i Rodolfo a Magonza, i l 26 marzo del l 077,
scoppiò un ' i nsurrezione armata del la cittadinanza simpati zzante per Enrico. L' assalto
si concentrò sul palazzo reale e in particol are sul duomo, in cui pare che perdessero la
v ita non pochi cortigian i , ma soprattutto più di cento cittadini. Il bagno di sangue si
protrasse anche i l giorno dopo. Arc ivescovo e anti -re dovettero fuggire. Worms chiuse
le porte a Rodolfo, Wi.irzburg si difese di speratamente. Alla fine Rodolfo si ritirò in
Sassonia, base futura del suo potere. Ed Enrico, a fi ne maggio del 1 077, in una D ieta
tenuta ad Ulma, gli tolse il titolo di duca di Svevia. Parimenti perdettero cariche e feudi 289
i conti Welf e Bertoldo. Entrambi dovettero accettare dal re contraenti prestab iliti. An-
che sui seggi episcopal i non erano infrequenti le doppie assegnazioni. Come si legge in
un certo comico, "tutti abbiamo il nostro doppio" - così deplora un croni sta contempo
raneo -, ragion per cui i papi hanno il loro doppio, i vescovi sono dupl i c i , e al trettanto
doppi sono re e conti ! " 54
Le sofferenze peggi ori toccarono prima alla Svevia, dove i seguac i dei due re erano più
numerosi e più vicini gl i uni agl i altri .
Fu là che la campagna m i l itare di Enrico, stando com unque alle fonti avversarie, fu
accompagnata da ogni genere di ostilità, da rapine, rappresaglie, incend i , da pubbliche
azioni di stupro, spec ialmente da parte dei Boem i i quali violentavano le donne o le
trascinavano prigioniere nel le ch iese, da essi considerate al pari di stal le. A Wiesloch,
ne li ' incendio di un tempio cristiano, persero la vita più di cento persone in lotta contro
i real isti. Molti v i l laggi furono devastati dal le fi amme insieme con le loro chiese. Vaste
regi oni furono preda di i ncendi e fum i : faide, borghi diroccati, saccheggi e fuoco senza
fine, delitti da entrambe le part i .
In particol are i vescovi Werner di Strasburgo, Burcardo di Basilea e Burcardo di
Losanna attaccarono in maniera di struttiva i possedimenti del l ' anti-re, al lo scopo di
sottomettere l ' intera regione ad Enrico. Il vescovo di Strasburgo, che conviveva del
tutto apertamente con una donna che aveva comprato da uno dei suoi caval ieri dopo la
morte di lui, morì d ' im provv iso nel l ' accampamento del re, avvolto ancora nella coraz
za - secondo la tradizione de li ' abbazia benedettina di Hirsau -, mentre si apprestava
ad attaccare proprio questo convento.
Ma anche fuori del l a Svevia si scatenarono devastazioni e assedi; e si tenne in carce-
re per mezzo anno uno dei legati del papa, l ' abate Bernardo, dopo averl o depredato di
tutto. Il furore di Enrico si abbatté soprattutto sulla Baviera orientale. In quelle terre, 290
malgrado l ' inverno eccezionalmente rigido, tra il 1 077 e il 1 078, i real isti appiccarono
incendi , assal tarono ed espugnarono borghi (se ne menzionano otto), devastando so-
218 Enrico IV ( 1065- 1 106) e Gregorio VII ( 1073- 1085)
prattutto il territorio del vescovo di Passavia, Altm ann, assai ligio al papa, osteggiato
mortalmente già dal suo stesso c lero diocesano; il beato Altmann dovette accettare due
antivescovi e restare confi nato nel l a parte orientale della sua diocesi, ed ancora oggi ,
senza canonizzazione, viene onorato come santo d a Passavia a Vienna (festa 1 ' 8 agosto).
A suo tempo, anche l ' abate Udalrico di San Gal lo prese le arm i contro l ' abate
Eggehard di Reichenau; uno scontro che si protrasse a l ungo, e non era ancora esaurito
allorché Udalrico abbandonò disperato San Gallo, mentre l 'abate Eggehard di Reichenau,
ne l i ' anno l 080, espugnava con successo per tre volte il monastero avversario, distrug
gendolo definitivamente - con ispirazione profondamente cristiana - durante le sante
feste natal izie.
Intanto la guerra, tra efferate devastazion i , si era spostata in Franconia, teatro prin
cipale del confl itto negl i anni a venire. Nella primavera del l 078 Rodolfo la invase
insieme con Sassoni e Svevi; e il 7 agosto a Mel lrichstadt, nei dintorni di Schweinfurt,
divampò una battaglia che si trascinò con alterne vicende, senza un esito definitivo.
"San Pietro è i l nostro S ignore ! " fu i l grido di battagl i a dei Sassoni. E tra i primi , che
dalla loro parte già dal l ' inizio si diedero al la macchia, vi furono l ' arc ivescovo Werner
di Magdeburgo, fratel l o del santo Annone, e il vescovo Werner di Merseburgo.
Nello stesso giorno, i deposti duchi Wel f e Bertoldo annientarono sulle rive del
Neckar un esercito di contadini franconi e real isti - composto presumi bi l mente di 1 2000
uom ini - che furono in parte massacrati, in parte evirati con ferina durezza: cosa che un
cronista definisce "un castigo abbastanza mite". Per vendicarsi , i contadini del nord
diedero la caccia ai fuggitivi prelati "gregoriani", catturando l ' arcivescovo di Magonza
S iegfried, che poco mancò non venisse impiccato, e i l vescovo di Worms; depredarono
inoltre Werner di Merseburgo e uccisero Werner di Magdeburgo con tutti i rel igiosi al
suo seguito. Ma i Sassoni, certamente troppo deboli per una strategia offensiva, fecero
291 ritorno alle loro terre, mettendo a ferro e a fuoco la Turingia, lodando e ringraziando
Dio ancora una volta, tra inni e lacrime, per la bella vittoria. Per perfezionare l ' impre
sa, Rodolfo diede alle fiamme la local ità di Schmalkalden.
In autunno Enrico IV si trattenne in Svevia, senza i nfl iggere e subire danni, metten
do colà in pratica la B uona Novella alla sua maniera, se è lec ito prestar fede alla crona
ca ufficiale degli avversari , suffragata peraltro parzialmente dal quartier generale dei
real isti.
Alle case di Dio, quindi, fu rivolta di nuovo grande attenzione. Esse vennero infatti
spogliate di tutto dai "peggiori e più disumani briganti ", date alle fiamme; g l i altari
ridotti in frantum i , le rel iquie sottratte: finalmente si apprese ad apprezzare ciò che
c 'era di più sacro. Naturalmente si asportarono anche moltissimi campioni di oggettistica
sacra. Si presume che quasi cento chiese fossero al lora profanate, demolite, ridotte a
stal le e a latrine. (Ciò richiama al la memoria azioni analoghe, certamente molto più
estese - ma questo è i l progress o ! -, più rabbiose e c ruente, sferrate dai c attolici croati
Papa Gref?m·io partef?f?ia per / ' anti-re 219
nessun trionfo per il resto del l a sua vita". In realtà Gregorio, propagando ormai il pen
siero della guerra santa, consentiva molto eloquentemente l ' uso delle armi "per difen-
293 dere l a g iustizia secondo i l consiglio di devoti vescovi" (consilio religiosorum episco
porum pro defendenda iustitia).
Di sorpresa, nel ! ' inverno del l 079/80, Enrico penetrò in Sassonia, principale riserva
di Rodolfo. Tuttavia, i l 27 gennaio del 1 080, nel la battagl i a di Flarchheim a sud di
Miilhausen, l' anti-re ebbe l a meglio. Ed ora, dopo l a sconfitta di Enrico, papa Gregorio
ritenne g iunto i l momento di abbandonare anche l ' u ltima apparenza di neutralità. Per il
sinodo q uaresimale romano del 1 080 i suoi fedel i tedeschi gli fecero avere una protesta
che distruggeva completamente l ' immag i ne di Enrico IV. Il quale era penetrato "in
maniera tirannica" ne l reame, c h e era pur sempre s uo, contro i l comandamento pontifi
cio, aveva "devastato ogni c o s a col ferro, col fuoco e l a razzia", commettendo "innu
merevoli violenze", bruciando "moltissime chiese"; i nfine aveva ucciso "molte m i
g l i aia d i persone" e l asci ato languire in prigionia i l vescovo Adalberto di Worms . "Dal
la sua azione tirannica è stato ucciso anche l ' arci vescovo Werner di M agdeburgo di
santa memoria", eccetera.
Così , nel sinodo quaresimale del 7 m arzo l 080, Gregorio riconobbe solennemente
l ' anti-re Rodolfo e m aledisse per la seconda volta Enrico, dichiarandolo spodestato,
affermando che agl i aposto l i Pietro e Paolo spettava il potere di dare e tog l iere, anche
sulla terra, principati e possedimenti di ogni genere. Esonerò pertanto i sudditi di Enri
co dal loro giuramento di fedel tà e prom ise ai suoi nem K: i una ricompensa spirituale. E
in maniera spettacolare, piena di effetti, seppe nuovam ente proiettare davanti a sé l ' im
m agine d e l cielo, assoc iandovi anche i l santo Paolo: "San Pietro, principe deg l i aposto
l i , e tu san Paolo, ammaestratore dei pagan i , vog l i ate - q uesta è l a m i a preghiera -
darm i ascolto ed esaudirm i benignamente. Poiché Voi siete discepo l i del l a verità e
l ' amate, assistetemi affinché io possa d i rVi la verità senza quelle falsità dal le quali io
m i di stanzio senza riserva . . " 5 7
.
Con toni siffatti parlano sempre quei g randi sicuri di sé, grandi parolai, grandi bu
giardi . A questo punto Gregorio racconta ai santi Pietro e Paolo come tutta l a sua atti
vità al serv i zio dei papi, tutta l a sua ascesa sia avvenuta controvogl i a e suo m algrado:
294 "contro i l suo volere" già con papa Gregorio V I , attraversando le Alpi; " ancor meno
volentieri " risalendo a papa Leone IX; e assai controvoglia - manco a dirlo - l u i stesso
divenne papa, giacché fu posto" sul Vostro trono assai malvolentieri , e ssendone del
tutto indegno, con grande affi l i azione, sospiri e lamenti".
Terribile, certo, per un uomo come G regorio: i l m omento più spaventoso del l a sua
vita. E subito si levarono contro di lui le orde del diavolo; da una parte s i schieravano
- ecco l ' eterna pittura i n bianco e nero del m ondo c attolico - "i membri del demonio"
(membra diaboli), dal l ' altra "i membri d i Cristo" (membra Christi). E i m al v ag i "osa
rono fargl i violenza fino a spargere sangue". ( S i narrò infatti che avesse subito un
Brama di dominio e di potere di un santo papa 22 1
attentato vicino al l ' altare, riportandone una pericolosa ferita da cui fu salvato come per
m i racolo).
Ma chi erano i "membri del demonio"? "I re della terra si ribel larono e i prìncipi
rel igiosi e temporal i , i s ignori delle corti e i l popolo comune . . . ". Tutti erano contro il
S ignore, contro i suoi unti e, naturalmente, contro di lui, Ildebrando . . . "per annientar
m i completamente, con la morte o con l 'esil io". Più d i tutto, poi , Enrico "che costoro
chiamano re, figlio del l ' imperatore Enrico, ha osato sfidare la Vostra Chiesa, complot
tando con numerosi vescovi d ' oltralpe e d ' Ital ia per detronizzarm i ed asserv i rm i a loro".
Eppure costu i , in passato si era presentato da l u i , "confuso e um i l i ato", a Canossa,
dove tuttavia gli venne restituita "solo l ' appartenenza alla comunità", ma soltanto quella,
dal momento che "io l ' ho reintegrato d i nuovo nel la sua regal ità di cui l ' avevo deposto
nel Vostro S inodo a Roma . . . ". Una menzogna bel l a e buona. Poiché, in realtà, la sen
tenza di bando del 1 076 (p. 208) parla soltanto d i scomunica, non di destituzione. E in
realtà Gregorio lo chiama e l o tratta nuovamente da re anche in seguito.
Attualmente, però, la sua creatura è Rodolfo, v isto che era stato "pronto ad ubbidir-
m i in ogni modo (omn ihus modis ohoedire)". E solo di questo si tratta. Per maggior
sicurezza, la Santità non tral asc ia di esigere da Rodolfo, "per la Santa Chiesa di Roma"
una promessa giurata, i l cui testo ha così inizio: "A partire da oggi e per l ' avvenire, io
sarò fedele al santo apostolo Pietro e al suo v icario Gregorio, attuale pontefice, con 295
sincera lealtà. E tutto ciò che il papa prescrive con le parole ' con vera obbedienza' , io
lo osserverò i n tutto e per tutto, lealmente, c o m e è dovere di un cristiano". oH
Interessante rilevare, di sfuggita, la formula "sarò fedele con sincera lealtà" (jidelis
ero per rectam jìdem). Essere fedele, in realtà, non è sufficiente ! Non certo per coloro
che non lo sono mai. I qual i , di solito, passano dal l a parte del più potente. Analogamen
te dicasi con l 'espressi one "con vera obbedienza" (per veram ohoedientiam) . Perché
l ' ubbidienza, da sola, non basta. (E analogamente Gregorio, essendo tutto ciò tipico,
impone la formula del giuramento con cui l ' anti-re deve dichiararsi a lui . . . "con since
ra lealtà" e naturalmente anche "con vera obbedi enza").
Ancora più significativo, benché tutt ' altro che sorprendente, è che il passo più lungo
del gi uramento sia dedicato alla proprietà fondiaria e agl i interessi, ai beni - quel l i
squ isi tamente terreni - , c h e sempre stanno profondamente a cuore ai predicatori
del l ' aldilà . . . fino ai nostri giorni .
"Per quanto concerne la guarnigione del le chiese e dei territori e del l ' interesse che
l ' imperatore Costantino o Carlomagno hanno dato al santo Pietro, e di tutte le chiese e
beni che all ' apostol ica sede sono stati donati o concessi da uom ini e donne in qualsiasi
222 Enrico IV (1065-1106) e Gre�orio VII (1073-1085)
d ' oro, 20 dei qual i costituiscono un' onc ia". E anche quando supplica l ' onnipotente
Iddio ( 1 074) di voler conservare ad Enrico IV i beni terreni e di dargliene altri ancora,
non lo fa senza aggi ungere "per la prosperità del l a sua Chiesa . . . ".
Ma ora Gregorio sottomette colui che non voleva sottomettersi , "quel l ' Enrico, che
essi chiamano re, e tutti i suoi sostenitori , alla scomunica, e li lega coi v incol i de li ' ana
tema. E ancora una volta g l i vieto il potere egemonico sui Tedeschi e sul l ' Ital ia nel
nome del l ' onnipotente Dio e nel nome vostro, e g l i tolgo ogni potere e dignità regale, e
proibisco che qualsivoglia cristiano g l i ubbidisca come ad un sovrano; e sc iolgo dal la
promessa di giuramento tutti coloro che hanno gi urato o giureranno nelle sue mani per
legittimare il potere sul reame. Possa questo Enrico, i nsieme ai suoi fautori , non avere
forze in nessun evento bel l ico, né conseguire vittoria alcuna nella sua vita. Per conver
so, approvo ed ammetto che Rodolfo, che i Tedeschi si sono scelti come sovrano per
fedeltà nei vostri confronti , governi e difenda l ' impero tedesco . . . ". 60
Ma non basta. Perché ora viene i l più bel lo, la cosa più um i l iante, giacché dimostra
quanto grande fosse l ' esaltazione del megalomane, di quali forze profetiche egl i si
credesse sicuramente dotato. Al punto che, a Pasqua i n san Pietro, davanti al popolo,
dopo aver reiterato i l suo verdetto di condanna, Gregorio annunc iò che Enrico avrebbe
trovato la sua fi ne entro il primo agosto - per la festa di san Pietro in Vincoli -, che
presto sarebbe morto o comunque fatto fuori . E s i spinse fi no a dichiarare che non g l i si
dovev a più credere, che s i sarebbe dovuto cacc iarlo dal soglio pontificio, qualora la sua
profezia non s i fosse avverata.
In realtà, la parabola discendente di Gregorio era già iniziata. La ripetizione del ban-
do, infatti , non accrebbe la sua efficacia. Ci si accorgeva sempre di più per quale scopo
lottava l ' uomo di Roma. E alla sua egemonia mondiale ci credevano sempre in meno. Si
era capito c he la s u a scomunica di Enrico e i l s uo riconosc imento di Rodolfo prol unga
vano la guerra civi le, che era lui "la causa di ogni sventura e di tanto sparg imento di 298
sangue" (Hauck). Anche in Sassonia il fronte com inciò a mostrare cedimenti . E perfino
la maggioranza dei vescovi tedeschi e lombardi passavano ora dalla parte di Enrico.
Durante un sinodo a Bamberga, a Pasqua, si ri fiutò obbedienza a papa Gregorio, con
dannandolo con estrema durezza i n una predica solenne. Un altro sinodo, tenuto a
Magonza per la Pentecoste, cessò di riconoscere Gregorio come papa. E nel g iugno del
l 080, come reazione alla rinnovata esclusione di Enrico, trenta esponenti de li ' episcopato
tedesco e lom bardo si incontrarono col re a Bressanone per deporre Gregorio VII. 6 1
Il sinodo di Bressanone, n eli ' estate del l 080, che aprì un decennale sc isma al i ' interno
del l a Chiesa occidentale, fece prorompere "come da una sola bocca la tremenda accusa
224 Enrico IV (1065-1106) e Gregorio VII ( 1073-1085)
di fol l i a omicida a carico di un certo Ildebrando, falso monaco, denom inato papa
Gregorio VII". Quest' uomo, si diceva, era preda del la m agia e credeva alla divinazione
e ai sogni, amava spettacoli immoral i, predicava spergiuro, morte e distruzione, atten
tando persino alla vita di re Enrico.
Quel sinodo stigmatizzò con forza la palese avidità di denaro di Gregori o. "Dopo
essersi procaurato in tal modo somme incalcolabi l i , Gregorio trasferì l ' abate e s ' im p a
dronì deli ' abbazia del santo Paolo. Poi s ' impadronì, con u n ' ingannevole fomentazione,
di un certo Manc ia e lo i stigò a vendere il suo ufficio, quel lo del l ' arcidiaconato; e
sebbene il papa Nicolò non lo volesse, aizzò un tumulto popolare e ottenne con la forza
la sua elevazione al rango di economo papale. Egl i fu anche, in maniera dimostrabile,
l ' assassino di quattro papi, che egl i fece avvelenare per opera di uno dei suoi confiden
ti, Giovanni Brachiuti. Anche se tutti ne tacciono, tuttavia questo Giovanni , trovandosi
299 a sua volta n el i ' angoscia del la morte, tormentato da troppo tardo rimorso, lo confessò
sul suo letto di morte tra orrende grida".
E dopo la dipartita di papa Alessandro - così continua la dichiarazione di Bressanone
- Gregorio aveva "occupato militarmente il palazzo del Laterano con reparti in assetto
di guerra, terrorizzando il clero con minacce di morte affinché non osasse contraddirlo,
dato che nessuno voleva eleggerlo, con le spade sguainate degli uomini al seguito; e si
assise sul seggio vescov i le più rapidamente di quanto i l corpo del defunto prendesse
possesso del la tomba".
Che ci fosse molto o poco di vero in tutte queste incriminazioni, sta di fatto che i l
cardinale Ugo Candido le sottoscrisse per conto d i tutti i cardinali romani (o n e fece
quantomeno mostra) e quasi trenta vescovi cattolici garantirono col loro nome anche le
evidenti menzogne ! In tutti i casi - così decretò, in forza di tutto ciò, l ' assemblea del 25
gi ugno - Gregorio non poteva non essere "destituito in base agl i statuti ecclesial i , e ra
necessario destituirlo e, se non abdicava da sé, lo si doveva scom unicare". Oltre al
pontefice, i si nodali misero al bando anche i suoi princ ipali seguac i, Rodolfo di Rhe i n
felden e Welf I V. Contemporaneamente, certo dietro pressione d e i Lombardi, i l sinodo
nom inava un nuovo papa: l 'ex cancelliere ital iano Viberto di Ravenna, più volte confi
nato e condannato d a Gregorio, che, dopo la s u a intronizzazione del l 084, assunse i l
nome d i Clemente III. 6 2
Per la verità Gregorio, ancora al i ' inizio del suo pontificato, aveva augurato a questo
"arcivescovo Vi berto di Ravenna salvezza in Cristo". Anche cinque anni dopo, nel
l 07 8 , non volle assolutamente - così gli scrisse - "gioire del Vostro tram onto, bensì
portare soccorso per la Vostra salvezza". Ma quel lo stesso anno costui diventa, per
Gregorio, "quello che ora si chiama vescovo del la Chiesa di Ravenna". Perché costui
avrebbe rovinato questa c hiesa, un tempo ricchissima e timorata di Dio, "con tirannica
depredazione", "mediante l ' esempio di una vita dissol uta", facendola cadere in "molti
altri m isfatti" e in quanto v'è di peggio, essendo quel presule "gonfiato dal l ' orgog l i o
Destituzione di Gregorio . pr()f"e zie non esaudite 225
del la vanità, essendosi ribellato contro i l principe degli apostoli e perseverando nel la 300
disubbidienza che s ' identifica col del itto del l ' idolatria". Una creatura talmente crimi
nale non pu ò non cadere sotto la s ua scure anatemica. E d anche tutti coloro i q u ali a lui
"osano contrapporsi , noi li recidiamo, come membra infette, dal corpo intero di Cristo
- tale è la Chiesa cattolica - con la spada del l ' anatema . . . ". Per contro agl i altri che
amano Dio e che sono "ubbidienti al santo Pietro", Gregorio concede generosamente
"la rem issione di tutti i peccati. Dato in Roma . . . " . 63
Secondo la grande tradizione del la sua Chiesa fin dal principio, a partire dal Nuovo
Testamento (cfr. specialmente I 1 32 ss.), Gregorio dipinge sempre ed esclusivamente
in bianco e nero. Ammaestrando gli altri con toni di nobiltà "affinché Voi appoggiate
sempre la gi ustizia e giammai i partiti, in annonia col nostro modello ideale" ( ! ) , egli
non percorse mai la via del la gi ustizia, ma solo quella del partito - del suo proprio,
ovv iamente - che egli identifica in realtà con la gi usti zia medesima. Per converso, i
cristiani che gli sono avversi vengono "identificati con gli intrighi del demonio". Co
storo coltivano "il reato d ' idolatria", fanno comunel la col "maligno", il cui consiglio è
"come veleno". Chi ubbidisce, invece, sottomettendosi al pastore, costui am a Dio ed è
buono. Tutto il resto viene senz' altro maledetto, dichiarato eretico, demoni zzato. Tutti
gli avversari del papa lasc iano "la sposa di Cristo in balìa del diavolo", sono "compari
del dem onio", "precursori del l ' anticristo", "perché quanto più si avvicina il tempo
del l ' anticristo tanto più esso l otta per la vita e per la morte, per spegnere la rel ig ione
cristiana". Il "nem ico antico" anna le sue membra "per convertire tutto nel contrario".
Gregorio ama dipingere anche - pure questo secondo un antico modulo cristiano
uno scenario drammatico, dove c ' è sempre odore di persecuzione. (Persecuzione è
quasi sempre un concetto utile, vantaggioso per il c lero ! ). Certo, "la furia del la tirannica
persecuzione" deve sopportar) a lui e ne soffre la sua Chiesa. E così si danno alla fuga "i
pastori e i cani, i difensori del gregge e, senza che nessuno si opponga, lupi e briganti
s ' intrufolano tra le pecore di Cristo . . . ".
La persecuzione è buona cosa. Meglio ancora, ovviamente, la persec uzione contro 30 1
gli altri , il far fuori quanti la pensano diversamente, vessazione e soprusi verso quanti
credono di versamente, ma anche repressione degli oppositori al l ' interno delle proprie
fila. Gli anatemi di Gregorio fiammeggiavano come lampi sopra gli Stati e le sue sco
muniche si abbattevano sui discendenti fi no alla settima generazione ! Egli si riempiva
spesso la bocca di parole come verità e gi ustizia, ma in cuor suo non rigettava la men
zogna, anzi se ne serviva. "Gregorio mentiva e falsificava i documenti che citava"
(McCabe). Ed è significativo che la sua spregi udicata politica finanziaria e le accuse
fonnulate in tutti i ton i dai suoi avversari contro le sue corruzioni, la sua venal ità, la
sua sottrazione di patrimoni ecclesiali (soprattutto per scopi bel lici) siano state assai di
rado confutate dal partito gregoriano.
Certo, su di lui si di ssero molte bugie; ma, beni nteso, da parte di cristian i , di catto-
226 Enrico IV ( 1065- 1 1 06) e Gregorio Vl/ ( 1 073- 1 085)
lici. E non tutte le storie sulle sue nefandezze, su esecuzioni e torture quasi infondate,
sono vere. Ma neppure può essere falso, o solo vero a metà, i l fatto che uom ini incate
nati per suo ordine - come infonnano Guido di Ferrara, il decreto di Bressanone, le
"gesta romanae ecclesiae" - fossero gettati in l uoghi disseminati di chiodi, e che parec
chi dei suoi predecessori fossero avvelenati : Gregorio era,duro, spietato fino alla bruta
l ità. Una volta che un abate aveva fatto strappare occhi e l ingua a dei monac i disubbi
dienti, e per questo era stato punito, il santo Gregorio fu l ' unico a biasim are quella
punizione e promosse in seguito i l feroce abate a vescov o ! 64
Sì, fa proprio bene la persecuzione. Al papa, tuttavia, non bastavano ancora le tortu
re e la spada del l ' anatema. Come avviene ancora oggi , egli c redeva, nel caso dell ' anti
papa, di avere "in petto" un' altra spada per riconquistare la "santa chiesa di Ravenna",
che in passato "rifulgeva per la cura della religione", strappandola "alle grinfie dei
senzadio". In realtà, chi era contro di lui - anche come cristiano, cattolico, vescovo
era senz'altro uno scellerato senzadio; e in tale prospettiva, q uando tutto orbitava o
avrebbe dovuto orbitare intorno a lui come ad un Dio, perfino con una certa ragione.
Gregorio intendeva riscattare Ravenna dalla "servi le oppressione, anzi tiranni ca ser
vitù", riconducendola al la "pristina l i bertà". Perché, siccome Dio era con l u i , vicino a
302 l u i , in l u i , così era anche - guarda caso - la l ibertà. Anc h ' essa esisteva soltanto con l u i .
Come tutte le persone asservite, Gregorio parla volentieri di libertà, ovverosia della
"libertà del la Chiesa", del la "libertà cri stiana". E naturalmente progettava per l ' autun
no un ' altra campagna m i l itare contro Viberto di Ravenna: "noi ci porteremo con un
eserc ito, come speriamo dal Signore , in quella regione, confidando senza incertezze di
l iberarla col suo ai uto".
Fin troppo puntuale perché non vi si scorgesse un m i racolo, venne ad inserirsi in
codesta regia un avveni mento m i rabolante quale fu senza dubbio . . . a Salerno, il re
pentino ritrovamento del santo apostolo Matteo ( ! ), giustappunto per accrescere le spe
ranze del bel licoso vicario di Cristo. Gregorio credette infatti - come fantastica lui
stesso il 18 settembre di fronte ali ' arc ivescovo Alfano di Salerno - che ora tutti i santi ,
tutte le corti celesti unitamente al la genitrice di Dio, Maria, sarebbero stati "molto più
benevol i " verso i l genere umano (che sta per Gregorio in persona) . E i l m i racolo di
Salerno riuscì a far cadere un poco ne l i ' obl io anche la sua errata profezia contro re
Enrico entro i l primo agosto, anche se v i assoc iò subito una nuova predizione: la pros
sima fine del la "malvagità del nem ico", la sua "meritata distruzione". La quale, peral
tro, non si reali zzò affatto, né più né meno del la precedente.
Del resto Gregorio non aveva esitato in nessun momento a maledire e a delegittimare
il suo antagonista. E sebbene Viberto, ovvero Clemente III, l 'ex c ancel liere del regno
imparentato coi conti di Canossa, i mpressionasse in ugual m isura amic i e nemic i, seb
bene fosse riconosciuto colto e moralmente integro da avversari politici ed ecclesiasti
ci, Gregorio si lasciò andare ad eccessi di diffamazione. L' uomo che di regola giudica-
Destituzione di Gregorio, pr,?f"e zie 11011 esaudite 227
riuscì la sua strategia bel lica contro i l re Alfonso VI di Castigl ia. Questo monarca aveva
sì introdotto la liturgia romana e ripri stinato e resa sicura la grande strada dei pellegri
naggi per Santiago di Compostela (p. 369), ma tollerava la "simonia" e faceva trattare in
modo sconveniente i l legato papal ino. Perc i ò Gregorio minacciò non solo di ai zzargli
contro tutti i fedel i di san Pietro presenti in Spagna, ma anche di procedere duramente
(dura et a�pera moliri) contro il principe stesso, nem ico della cristianità. 66
Allo stesso modo il papa fece ci lecca col re Guglielmo d ' Inghilterra, che egl i desi
derava tanto coinvolgere nella lotta contro Enrico I V. N iente da fare: Gregorio aveva
un bel protestare e sforzarsi di afferm are senza tregua il suo speciale affetto, aveva un
bel l ' esigere ubbidienza evocando la sua trascorsa am icizia e ricordando i l suo aiuto
nel la conquista del l ' Inghilterra, senza smettere di esaltare Guglielmo quale "gemma
fu lgente tra i prìncipi " e di fargli le più lusinghiere promesse : "Non solo lo splendore
della vita eterna, ma anche quel lo di questo mondo sarà dato dal c ielo più copiosamente
a te e ai tuoi eredi , nel l a vittoria, con onore, potere, grandezza" . . . Pene d ' amor perdute,
tutta fatica sprecata ! I l re fu certo pronto alla consegna del cosiddetto "obolo di Pie
tro", non però al la prestazione del giuramento di vassal laggio, anche se poté aver con
quistato l ' Inghi lterra sotto gli stendardi di san Pietro.
Altrettanto infruttuoso fu il corteggiamento di Gregorio al re di Danim arca Harald
Hein, successore di Svend. Difatti Harald, contattato in precedenza dal papa in cerca di
ai uti m i l i tari , ora, di fronte a l l e insistenze d e l pontefice c h e lo esortava a passare dal-
305 l 'effimero al l ' eterno, s i era già ec l issato e tolto d ' i mbarazzo. 67
vendetta, nostro Signore ! Dio della vendetta, appari per noi ! "
Ciò nonostante Enrico I V perdette anche questa battaglia. Una parte del suo esercito
affondò nelle acque del l ' Elster, soprattutto per le arti offensive di Ottone di Northeim ,
mentre i l re salico (tutt ' altro che dotato come condottiero di battagl ie) era stato spi nto
al la fuga, lontano dal teatro del la strage. Eppure i vescov i , acquattati negli accampa
menti regal i , in seguito a false vociferazioni avevano già iniziato a cantare euforic i :
" S ignore Iddio, t i lodiamo ! ". D i lì a poco, però, gi unse l a salma d i un conte bavarese,
mentre si spandeva i l grido del "via, via, si salvi chi può ! ". Il campo cadde nel le mani
del vincitore sassone, con tutti i suoi tesori d ' oro, argento, monete, preziosi arredi sa
cri , paramenti, arm i e caval l i , e col bottino razziato a Erfurt.
La sconfitta fu tuttavia un vantaggi o per Enrico. Perché l ' anti-re Rodolfo di Rhein
felden non solo era stato ferito gravemente al bacino ma, nel l a mischia, aveva perso
altresì la mano destra: la mano con cui aveva un tempo giurato fedeltà ad Enrico. E 306
morì poco dopo. "Morì", così dichiarava l ' epi taffio sulla sua pietra sepolcrale nel duo-
mo di Merseburgo, "per la legge dei padri . . . da sacra v ittima del la guerra. La morte è
stata vita per l u i giacché è caduto per la Chiesa". Certo : la guerra santa, i l sangue
versato per la Chiesa e la morte come vita. Ogni valore, come di consueto, stravolto e
capovolto.
A cadere dunque non era stato l ' antagon i sta del papa - come il papa aveva profetato
- bensì il suo alleato . E la perdita del la mano destra, con cui egli aveva un tempo
giurato fedeltà ad Enrico, produsse un effetto profondo sulla mental ità dei popoli me
dioeval i. òH
La morte di Rodolfo fu in realtà il colpo peggiore per la pol itica del papato in Ger
mania. Perché Enrico, il suo partito, e generalmente il popolo, videro nel la fine del l ' anti
re un giudizio di Dio. E ciò che stimolava g li "enriciani" fu invece motivo di depressio
ne e scoramento per i "gregoriani ". Solo il 6 agosto del 1 08 1 un piccolo gruppo di
prìncipi svev i e sasson i , riuniti a Ochsenfurt sul Meno, elesse i l conte Ermanno di
Salm, della dinastia di Lussem burgo, a successore del l ' anti -re caduto. A coronarlo, a
fine anno, fu l 'arci vescovo S iegfried di Magonza, a Goslar, dove egl i pose la sua resi
denza.
Il nuovo anti-re, la cui elezione fu fortemente vol uta dal papa, era un personaggio
insignificante. Quale condizione per i l suo riconoscimento Gregorio pretese da lui as
soluta ubbidienza a tutti i suoi ordini. E, fin dal primo incontro, gli omaggi formali di
vassal laggio. Per contro il m onarca romano respinse un ' offerta di pace di Enrico,
reiterando la scomunica del re e del suo seguito. " L' essenziale gli parve di non lasc i are
languire la guerra c i v i le in Gennania" ( Haller). Tuttavia, malgrado alcuni successi sul
campo, i l Lussemburghese poté afferm arsi solo nella Sassonia orientale, essendo co
stretto a rifugiars i saltuari amente in Danimarca, per ri tirarsi poi definitivamente in
Lotaringia. 69
230 Enrico IV ( 1 065- 1 / 06) e Gregorio VII ( 1073- 1 085)
Intanto, nel la primavera del 1 08 1 , Enrico aveva attraversato le Alpi allo scopo di
cac c iare finalmente Gregorio da Roma, per i n sediarv i il proprio papa designato a
Bressanone e procacciare a se stesso la corona imperiale. Mentre avanzava senza osta-
307 coli superando Verona e Ravenna, il papa si prec ipitò al riarmo, fortificando borghi e
rinforzando le mura delle c i ttà, specialmente quelle di Roma. Tentò ancora una volta di
dissuadere Roberto il Guiscardo dal le sue imprese contro B i sanzio e di coinvolgerlo
invece nella guerra contro il re tedesco. Ma il re normanno non ci pensava affatto e il
20 maggio la sua flotta salpò da Otranto. Nel lo stesso periodo, alla v igilia della santis
sima festa di Pentecoste, Enrico IV fece la sua comparsa alle porte di Roma, avendo tra
le sue schiere non solo il papabile Viberto da collocare sul trono, ma altresì g l i arc ive
scovi di M i l ano, Amburgo-Brema, Reims, il cancel l i ere per l ' Italia vescovo Burcardo
di Losanna, i l vescovo Benzo di Alba, e molti altri prelati, soprattutto lombardi. 70
Ancora prima del suo arrivo, Enrico aveva tentato invano di guadagnare i Romani
alla propria causa. Ma costoro volevano il l oro papa e non Viberto di Ravenna; così il
re si trovò davanti a porte sbarrate e vide - così attesta uno storiografo di parte gregoriana
- ") ance invece di candelabri , m i lizie armate anziché cori di rel igiosi", e dovette ascol
tare "improperi invece che encom i , urla selvagge i n luogo di acc lamazioni". E sicco
me, col suo modesto eserc ito, non poteva espugnare Roma, trascorse le settimane suc
cessive devastando i d intorni e vendicandosi più di tutto, dopo il suo ritiro, su Mati lde,
l ' am ica del papa. In un processo istituito a Lucca, sotto la sua presidenza, l a contessa
fu dichiarata colpevole di alto tradimento, espropriata dei suoi feudi e dei suoi ben i ,
proscri tta, mentre le s u e terre, d a u n anno ormai lasciate c o n testamento a l papa, venne
ro aggi udicate ad altri proprietari . 7 1
Già agl i albori del nuovo anno, i l 1 082, re Enrico tornò alla carica davanti a Roma.
Ancora una volta aveva nel suo eserc ito una serie di alti prelati . E di nuovo, fattosi
precedere da un procl ama, aveva scongiurato tutti i cittadini romani, il clero e i l laicato,
appel landosi alla loro giusti zia e scrivendo che, se era giusto tenersi un prete, era anche
giusto ubbidire ad un re. Ma poiché il re insedi ato da Dio non ce la fece ad entrare nella
città del papa insediato da Dio, si m i se a saccheggiare nuovamente i dintorn i , accanen-
308 dosi ad oltranza su case, campi, frutteti e vigneti . E quando lu i, all ' inizio del la più m i te
stagi one, se ne dovette andare, i ncaricò il suo papa - l ' arci vescovo Viberto di Ravenna,
attestato su pi azzeforti e protetto da reparti real i - di proseguire col terrore nei dintorni
di Roma, con continui saccheggi , incendi, devastazioni , ma anche con mutilazioni ed
ucc i s ioni . 7 2
A Roma, frattanto, Gregorio VII si d ibatteva i n grandi angustie. La speranza riposta
in Roberto il Guiscardo si era rivelata i l l usoria. Intanto i l duca normanno seguitava ad
avanzare verso Costantinopoli e su Gregorio si era abbattuta la sorte peggiore, la fine
dei finanziamenti : la fiumana d' oro, infatti , andava esaurendosi dal l 'esterno. Qual i
somme non aveva già speso per i suoi sicari ! Così cercò apertamente di procacciarsi
La battaglia sull' Elster 23 1
altre risorse dando in pegno una quantità di beni ecclesiastici . Per l ' occasione, però, si
coali zzarono 1 7 cardinal i , di cui si sa i l nome, vescovi , arcipreti e un abate, e dichiara
rono al l ' inizio di maggio "che le sacrosante proprietà della Chiesa non potevano in
nessun modo essere impiegate per scopi bel lici temporal i", convalidando l ' asserto con
esempi tratti dalla B i bbia. Il che, certo, preoccupò Gregorio assai meno del la protesta
contro la sua agognata fonte di reddito. A questo punto, tuttav ia, venne in soccorso
l ' am ica del la sua vita. Per consiglio del vescovo Anselmo di Lucca, la contessa fece
fondere l ' i ntero tesoro della sua cappel la di Canossa, sicché il Santo Padre ricevette
presto nove l i bbre d ' oro e 700 l i bbre d ' argento per sostenere la sua guerra contro il re
e l ' antipapa. E sembra che anche Roberto il Gui scardo mandasse 3000 denari . 73
Anno dopo anno Enrico IV guerreggiò in Ital i a; attaccò spesso la c ittà di Roma che,
dai tempi di Totila, non aveva più vi sto assedi così prolungati, rischiando di andare in
malora. "Le città furono devastate, le chiese date alle fiamme; i l fanatismo degenerò
nel la furia delle guerre di rel igione" (Gregorovius). E mentre Clemente III, m uovendo
da Ti vo l i , devastava soprattutto la c ampagna romana, e da ogni parte tutti voltavano a
poco a poco le spal le a Gregori o - la Sabina, i l convento di Farfa, i l principe Giordano
di Capua e persino uno stretto confi dente del papa, l ' abate Desiderio di Montecassino,
i l più grande latifondo del l ' Ital ia meridionale - Gregorio scom unicava il principe e
l ' abate. Così finì per essere sempre più isolato. 309
All ' i nizio del 1 083 Enrico IV si preparò per la terza volta al l ' offensiva. Parecchi
assalti in principio fal l i rono e altrettanto fal lì , dal l ' altra parte, una sortita dei Roman i .
Il 3 giugno, però, i l re conquistò la c i ttà leonina e, dopo u n a strage oltremodo sangu i
nosa nei pressi di San Pietro e al suo interno, ri uscì a ridurla in suo potere, i l che suscitò
grande amm i razione. Tuttav ia i l papa, che guidava personalmente g l i scontri, seguitò a
governare altre zone urbane, qual i il Laterano e Castel Sant' Angelo. E mentre il re
tedesco si sottraeva alla pericolosa calura estiva di Roma, un 'epidem ia si portò via la
maggior parte del la guarnigi one lasc iata nel la capitale - forse uccisa anche dai veleni ,
come suppone una fonte.
In apparenza, la causa di Enrico non andava bene. In città, tuttav ia, dove progressi
vamente si diffondeva la fame, c i rcolava copioso anche i l denaro del re. L' i mperatore
greco Alessio I, sperando in un disimpegno di fronte ai Normanni, aveva inviato al re
sal ico donazioni, merc i e la colossale somma di 1 44000 denari , annunciandone una
ancora magg iore. La nobiltà romana vac i l l ò e molti cardinali - tredici per l ' esattezza
si dissociarono dal papa, che si trovò in difficoltà sem pre maggiori . Penosamente arri
vò al punto di farsi consegnare 40 ostaggi dai suoi stessi seguac i del ! ' aristocrazia ro
mana, senza tuttavia poter fermare la crescente apostasia. Perciò estorse anche dal cle
ro cogenti gi uramenti di fedeltà, sia da rel igiosi di basso rango sia dai vescovi cardina
l i , che fece metter sotto pressione da guardie armate. Nessuno doveva ritirarsi dalla sua
parte, nessuno doveva passare dal la parte di Enrico e di Viberto.
232 Enrico IV ( 1 065 -1106) e Gref?orio VII ( 1 073- 1 085)
Finalmente, il 2 1 marzo del 1 084, le porte de li ' urbe si aprirono al re che, dopo un
assedio di tre anni, disperava ormai di espugnare la capitale; era la porta g iusta, che
portava di rettamente al Laterano, il che al re stesso sembrò quasi un miracolo. "Perché
quando noi, ormai disperando di poter conq uistare Roma, stavamo per prendere la via
del ritorno in Germania, ecco che, con una delegazione di messaggeri , i Romani fecero
intendere che potevamo entrare in Roma, promettendo di volere i ubbidire in tutto e per
310 tutto, come poi hanno fatto. Ali ' i ngresso ci accolsero infatti con la più grande gioia e c i
aiutarono c o l massimo zelo, mantenendoci convenientemente, di modo che possiamo
dire con certezza che tutta Rom a è i n mano nostra, ad eccezione di quel castello in cui
si è barricato Ildebrando, cioè nella casa dei Crescenzi . "
In u n sinodo reale, Gregorio, non presentatos i benché invitato, potendo stare solo a
Castel Sant 'Angelo, venne deposto e scomunicato quale colpevole di alto tradimento;
e di lì a poco, i l 24 marzo domenica delle palme, Viberto fu intronizzato col nome di
Clemente III e finalmente i l 3 1 marzo Enrico IV ( i nsieme con la consorte Berta) venne
solennemente incoronato i mperatore. 74
Dopo poche settimane, tuttav ia, la situazione in Roma era cambiata radicalmente.
Roberto il Guiscardo, rientrato intanto dal i ' Oriente, diede ascolto ad una delle grida
d ' ai uto del papa, e lo fece tanto più volentieri i n quanto egl i stesso non poteva certo
augurarsi un ampliamento del potere tedesco in Ital ia. Con un possente eserc ito, stima
to in 30000 fanti e 6000 caval ieri , composto di Normanni, calabresi e musulmani, i l
duca accorse a marce forzate, con l ' obiettivo di sbloccare l ' assedio. L' abate di Monte
Cassino, con stile molto pretesco, trasm ise a Gregorio il l ieto messaggio avv isando nel
contempo l ' imperatore, che i l 2 1 maggi o abbandonò Roma insieme col suo papa. Solo
tre g iorni dopo v i giunsero i Normann i che, controllata l a città per tre giorn i , la occupa
rono il 28 maggio. E l iberarono Gregorio da Castel Sant ' Angelo, gettandosi poi ai suoi
piedi in Laterano.
Certo è che con la liberazione gi unse anche la catastrofe. E quale catastrofe ! Roma
fu difatti rapinata e saccheggiata peggio che i n passato dai Vandali ; per non parlare
nemmeno del sacco del 4 1 0 - comparativamente inoffensivo - effettuato dai Visigoti
con Alarico, allorquando il dottore del la chiesa Girolamo gridò al i ' apocalisse: "Il mon
do va in rovina" (Orbis terrarum ruit: II 1 8 ss.).
No, mai Roma era stata i n precedenza stuprata i n modo così barbarico. I l iberatori
cattolici di Gregorio angari arono i c i ttadini in maniera tanto brutale che costoro, tre
giorni dopo, g l i si rivoltarono contro, esasperati, talché m igl iaia di caval ieri chiamati
311 dentro le mura non poterono dom i nare la s ituazione, finché il duca fece dare alle fiam
me le case e due quartieri furono incendiati : il Campo di Marte forse fino al ponte di
Adriano, i l quartiere dal Laterano al Colosseo. Fu un ' unica bufera di sangue e di fuoco
e tutto, naturalmente, ad maiorem Dei f:loriam . Molte chiese, colonnati, palazzi erano
stati danneggiati o distrutti dag l i attacchi di Enrico. Questa volta, però, andò in malora
Fuga e .fine di Gregorio VII 233
una massa assai maggiore di monumenti insostituibili. Dal le chiese si rapinò l ' ultimo
oro rimasto. Ucc isioni e saccheggi , monache e fanciulle stuprate dappertutto; e le vitti
me, si racconta, per ordine dello stesso duca, venivano trasc inate nelle tende normanne
con le mani legate dietro la schiena.
Non è lecito dimenticare giammai - neanche un istante , per questo momento e in
perpetuo - che tutto ciò fa parte della storia del l a salvezza !
Migliaia di romani, in alto come in basso loco, molti ancora bambini, appesi alle
funi come bestiame, vennero venduti schiavi dai saraceni agli ordini del duca cattolico
. . . mentre Gregorio (ma si conoscono comportamenti analoghi dai papi del XX seco
lo ! ) non tentò m inimamente di salvarl i o di impedire q ualche cosa. 7 5
Al contrario. Papa e duca scatenarono insieme la caccia ad altri obietti vi. S ' impos
sessarono insieme di borghi e di c ittà nei dintorni di Roma, senza peraltro ri uscire ad
espugnare la forti ficata Tivol i , dove Clemente III si era ritirato. Nessuna impresa terro
ristica, nessuna infam ia messa in atto dagli assedianti portò al successo. E molto dopo
che il princ ipe dei Normanni l 'ebbe lasc iata, Roma giacque per lungo tempo nel le
paludi , nelle macerie, in una decadenza pressoché senza precedenti. Così un arci vesco
vo francese fa che la città diroccata, ridotta in m acerie, esprima il proprio lamento:
"Non so quasi più che cosa sono stata; io, Roma, non mi ricordo più dell a Roma tra
scorsa; a malapena le m ie rovine consentono che solo sopravviva la memoria di me". 312
Gregorio VI I , per colpa del quale grande parte del l ' urbe era stata trasformata in cumuli
di macerie, di strutta dal fuoco e spopolata, non poteva più restare a Roma; era verosi
mile che lo si sarebbe l i nciato per tutto quello sfacelo. Per mettersi al sicuro dal la
rabbia popolare, in giugno tagliò la corda insieme con Roberto il Guiscardo, dopo
essere stato l iberato da Normanni e musulman i : questi portarono via con sé , come
prigionieri e schiavi, un gran numero di pecorelle romane, oltre ad innumerevoli carri
carichi di bottino.
Gregorio si rifugiò a Salerno, la cui conqui sta da parte di Roberto non aveva mai
voluto riconoscere prima, e qui indisse anche un sinodo. Scagliò ancora un anatema
contro il re tedesco e il suo papa - lo "eresiarca Viberto" - e spedì un documento di
ugual tenore in Franc ia; era la sua "ultima grande esternazione" (Mayer di Kn onau).
Vi si leggeva: "lo grido, grido e ancora una volta grido e Vi annunc io che l a rel i g i one
cristiana e la vera fede, che il figl i o di Dio venendo dal c ielo ci insegnò tram ite i nostri
padri , capovolta in mondana e corrotta consuetudine, ahimè quale dolore ! , è ora degra
data a quasi nulla e, avendo mutato l ' antico col ore, non solo è decaduta a zimbe l l o del
diavolo, ma è anche caduta in balìa degli Ebrei e dei S aracen i".
234 Enrico IV (/065- 1/06) e Gregorio VI/ (1073-1085)
Ancora una volta risuona i l lamento sulla propria i mpotenza, l ' aspirazione al marti
rio per l a s u a causa, la voglia d i guerra e di vittoria : "Quali e quanti uomin i c i sono che
- per timore e amore per l ' onnipotente Iddio, i n cui noi viviamo - operano e vivono,
affannandosi o faticando fino alla morte, così come fanno i combattenti di q uesto mon
do per i l oro signori , o anche per i loro ami c i e i l oro sudditi?"
Vani furono i tentativi i ntrapresi da Gregorio per fare ritorno a Roma, dove si era
frattanto imposto il suo rivale Clemente III.
Il 25 maggio del l 085 morì Gregorio VII, del quale molti teologi e storici cristian i ,
soprattutto cattol ici, tessono l ' apoteosi, proclamandolo non di rado i l più grande di
313 tutti i papi. Per loro s i tratta di un "homo rel igiosus", un "devoto a Dio di non comune
grandezza" (Bernhart), la c ui "nob i le anima . . . si l ibrava sublime al di sopra del torbi
do fango terreno" (Grupp); "non uomo della poli tica, quanto piuttosto un pontefice
ricolmo fino al l ' ardore m i stico della responsabilità del suo ufficio di pastore d ' anime".
Insomma, un papa che "corrispose talmente a ciò di cui aveva bisogno i l mondo, che i
popol i furono pronti a farsi gu idare dai papi. Era fin troppo evidente, e stava sotto g l i
occhi di tutti , c h e i l papato era un' autentica autorità morale, usbergo d e l diritto e rifu
gio deg l i oppressi" (Neuss). 76
La grande guerra tra Enrico I V e Gregorio VII venne condotta con veemenza anche in
campo letterario, imperversando molto oltre la morte del papa. Al punto che, special
mente nel l ' XI secolo (ma anche nei pri m i decenni del secolo successivo) si compilaro
no almeno cinque volte più opere di storia che nel secolo precedente. E g l i autori di
siffatta letteratura l ibell i stica - non a caso un genere di tradizione cristiana più antico
che apprezzabile - erano quasi esclusivamente chierici appartenenti ad entramb i g l i
schieramenti, i quali insistevano tutti e due, indifferentemente, sulla B ibbia e s u l diritto
canonico.
A favore di Enrico IV polemi zzarono tra gli altri i l vescovo Guido di Osnabriick, lo
scolastico Venrico d i Treviri, d ivenuto forse nel 1 090 vescovo di Piacenza, i l g iuri sta
ravennate Pietro Crasso. Tra i seguac i gregoriani in Ital ia, di contro, scesero in campo
i l cardinale Deusdedit, i vescovi Anselmo II di Lucca e Bonizo di Sutri ; tra i gregoriani
d ' oltralpe il figlio di prete Bernoldo d i S . B lasien (o Costanza, morto nel 1 1 00) e i l
teologo Manegoldo di Lautenbach (morto dopo i l I l 0 3 ) .
Questo dottissimo preposto della fondazione dei canonici agostiniani d i Marbach,
in Al sazia, s ' impegnò fervidamente con due l i be l l i polemici a favore di Gregorio, i nve
endo con estrema violenza, con rabbia e veleni - specialmente nel suo trattato "Liber
314 ad Gebehardum", dedicato all ' arcivescovo di Sal isburgo - contro lo scolastico enriciano
MeR iio uccidere i fedeli al re che i pagani 235
Venrico. I l papista Manegoldo non solo autorizza, come usava finora, la guerra "giu
sta" per la causa del la patri a, ma anche quella a sostegno del Padre Santo. "Chi, non per
vendetta personale o brama di possesso, ma in quanto sostenitore di princìpi cattolici,
ucc ide un enriciano in campo aperto per la patria, per la gi usti zia o per la sede aposto
lica, o nell 'esercizio di legittime funzion i , non commette nulla di iniquo". Adesso i l
papato vale tanto quanto la patria, s e non d i p i ù , mentre il regno appare solo sotto
forma di "Enriciani", dei qual i il difensore del papa dice che sono "più abom inevoli dei
pagani dichiarati". Per questa ragione anche "chi uccide uno di loro per la difesa della
giustizia, è meno colpevole di chi uccide un pagano". 7 7
La polem ica pubbl icistica avversa a Gregorio VII culminò in Germania col "Liber
de unitate ecclesiae conservanda" (scoperto nel 1 5 1 9 da U lrich di Hutten), scritto nel
1 092/ 1 093 da un ignoto monaco di Hersfeld per giustificare l ' opera di Enrico IV. Dove,
per la verità, si tratta non tanto di Gregorio, che l ' autore non ri sparm ia di certo, quanto
piuttosto della guerra civile in Germania, nonché della protervia del mondo cristiano
nel voler dirimere la controversia con la spada. Vi si sostiene "essere bensì questione
del la fede e dei credenti nel la Chiesa di uccidere e perseguitare quel li che trattano con
lo scom unicato re Enrico, o dipendono da lui e non se ne staccano seguendo gli sforzi
del partito papale". Nondimeno l ' ignoto autore si appella al l ' evangelico sermone della
montagna, alla beatificazione dei costruttori di pace, attaccando i vescov i gregorian i , i
prelati di Magdeburgo, Halberstadt, Sali sburgo, che non sono pastori d ' anime, bensì
condottieri di eserciti , assassini del corpo e del l ' anima.
Come si vede, anche all ora era possibile un ' etica pacifista, come del resto in ogni
tempo - per esempio, anche in epoca neotestamentaria.
È increscioso (ma forse non è un caso) che una diatriba composta da Viberto nel
1 085, che interven iva direttamente nella mischia pubblicistica, sia ri levabile solo par
zialmente da testi di Anselmo di Lucca e di Guido di Ferrara. Secondo Viberto, che con
ciò rappresenta l ' opinione di molti , fu proprio Gregorio, pazzamente innamorato fin da
ragazzo del mestiere del l e arm i , ad esportare in Germania il furore bel lico, sobillando 315
i caval ieri contro i loro signori ; nessun cristiano aveva provocato prima tanto spargi
mento di sangue. Che costui voglia in tal m odo difendere e liberare la Chiesa di Roma,
i l rivale non l o ammette perché "cristiano è insegnare, non fomentare la guerra; cristia-
no è sopportare serenamente il torto, non farne vendetta. Nulla di tutto ciò fece Cristo,
nulla ne fecero i santi ". Basandosi su pensieri del la B i bbia e del la patri stica, Vi berto
sferza l ' interpretazione cruenta del messaggio evangelico tipica di Gregorio, difenden-
do il suo proprio ethos paci fisti co. E certo, nella sua repl ica, Anselmo di Lucca tira in
ballo giudizi patristici del tutto divers i , dal momento che - sulla base del le pie massime
cristiane - si può dimostrare praticamente tutto e i l contrario di tutto. Ad ogni modo,
Viberto spazza via l ' idea stessa di "guerra giusta", che dom inava incontrastata dai tem -
pi di Agostino (cfr. I 437 ss.). n
236 Enrico I V ( /065-1 / 06) e Gref{orio VII (1073-1085)
In Germania, l ' osti lità contro Enrico venne fomentata principalmente attraverso i l
monastero riformato di H i rsau, nel la Selva Nera, fondato dal conte d i Calw. I suoi
monaci si spinsero, come predicatori ambulanti , fino alla Carinzia e alla Sassonia, fa
cendo agitazione dappertutto, specialmente nelle sedi del l a nobi ltà, sotto l ' apparenza
di un i l luminismo religioso, facendo propaganda contro Enrico e il suo papa Clemente
III, che essi con l ibel l i insultavano come bugiardo, eretico, ladro, somigliante al diavo
lo o ad un idolo.
Tutti gli scrittori di quest'epoca così profondamente impregnata di fede cristiana
enriciani o gregoriani che fossero - concordavano, in ogni caso, sulle spaventose con
dizioni in cui versavano i l regno, la chiesa e la soc ietà. Le continue tensioni tra la
monarchia cattolica e i l papato romano scuotevano mezza Europa. Quasi ogni vescovato,
ogn i convento, era teatro di violenza e devastazione: chiese venivano distrutte, c lero e
credenti spaccati ; i vescov i si armavano e scendevano in guerra, mentre per ogni dove
si scatenavano operazioni bel l iche, spargimenti di sangue, spergiuri , tradimenti , e va
ste regioni restavano pressoché spopolate.
E tutto ciò, non vi si riflette m ai abbastanza, ma occorre ripeterlo: per la maggior
gloria di Dio! Ogni menzogna, ogni del itto era consentito proprio per questo fine. Qual
siasi avversario politico veniva marchiato, appena possibile in qualche modo, come un
316 nem ico del S ignore, e ogni oppositore teologico bollato come "eretico". 79
Per il resto, oltre a tutti i grandi crim ini c attolici, si verificavano continui, innumere
voli episodi e fattacci di microcrim inal ità. Per non !imitarc i a generiche, indimostrate
incrim inazioni sommarie, passiamo in rassegna alc une tipologie caratteristiche del
mondo del clero - perlopiù durante i secol i X e XI - che in sostanza, nel periodo da noi
esam inato, non sono poi molto diverse da come erano state in precedenza.
V ITA CLERIC ALE NEI DETTAGLI, OVVERO " VIVENDO COME LUPI FEROCI"
È molto significativo i l fatto che papa Leone IX, durante il sinodo romano del 1 049,
veda tutto i l mondo in pessime condizioni, mentre constata quanto v i prevalgono l ' i n
gi ustizia, l ' avidità, la prostituzione tra vescovi e sacerdoti , predominando menzogna e
ipocrisia. Infatti sembra proprio che "nel la seconda metà del secolo XI falsità e mendacio
siano aumentati al massimo grado" (Ellinger). E n e l 1 075 niente meno c h e Gregorio
VII scrive all ' abate di Cluny : "Ogni qual volta mi metto ad osservare, con l ' occhio
della mente, i paesi del! ' Occ idente, del settentrione o del meridione, stento a trovare
dei vescovi che abbiano affrontato il loro ufficio e vivano nel lo spirito del la legge, che
guidino i l popolo cristiano con l ' amore di Cristo e non con ambizioni terrene. Anche
tra tutti i sovrani temporal i non ne ravviso di quel li che antepongano l ' onore di Dio al
proprio, e privi legino i l diritto a scapito del proprio tornaconto. E quel l i tra i qual i io
Vira clericale nei derragli 237
donne, bambini, domestici e cani da caccia. Come può uno di quelli spiegare le regole,
uno che, quando gli si presenta un l ibro, risponde ' Io non so leggere '?". Sconsolato,
davanti al sinodo, Hervé ribadisce: "Noi siamo nom inati vescov i , ma non adempiamo
i doveri connessi alla nostra carica. Vediamo i fedel i che c i sono affidati abbandonare
Dio e commettere cattive azioni . Stiamo zitti e non porgiamo loro la mano per migl io
rarsi . . . "
Il vescovo Turpione di Limoges, vissuto alcuni decenni dopo, scriverà nel suo testa
mento: "Noi che avremmo dovuto condurre un'esistenza impeccabile ed esemplare,
abbiamo invece contribuito a guastare il popolo, vivendo a guisa di predatori , come
lupi rapaci". x 2
Secolo dopo secolo, fino all 'età contemporanea, i preti si accapigl iano tra loro
lottando non tanto per la beatitudine celeste quanto pi uttosto per quel la terrena, per i l
possesso delle terre, dei beni , di caste l l i e conventi . Con alterna fortuna, si guadagnava
e si perdeva. A Fiesole, verso la metà del X secolo, il vescovo Winizo aveva l iquidato
la sua diocesi nel modo più di lettevole, con lo scialo della dotazione ecclesiale. Persino
i chierici dell a chiesa cattedrale, non essendo più remunerativa la loro funzione, smise
ro di officiare le funzioni rel igiose ( i l che rivela, per inciso, la loro reale ragione d ' es
sere). HJ
Nella regione balcanica, negli anni venti di quello stesso secolo, la controversia per
i diritti metropolitani tra l ' arc ivescovo Giovanni di Spalato e il suo rivale Gregorio di
Nin assunse forme e dimensioni tal i che lo stesso re Tomislav di Croazia si rivol se a
Roma. Nel 973 divampò la contesa tra i vescovi Al berto di Bologna e Uberto di Parma.
I conflitti d ' interesse tra l 'espansionistico arcivescovato di Ravenna e i vescovi di Ferrara
si protrassero v istosamente fino all ' X I secolo. I vescovi di Amburgo e di Verden si
contesero a lungo lo Stift, ossia i l monastero di Ramelsloh, finché i l papa nel 1 0 1 0 lo
assegnò ad Amburgo, sebbene si trovasse nella diocesi di Verden. I vescovadi di Magonza
e di H i ldesheim si spaccarono a suo tempo per decenni , col ricorso alle arm i da entram-
319 be le parti, per aggiudicarsi il monastero di Gandersheim. H4
Ma i pastori d ' anime l itigavano spesso anche coi loro canonic i . Perché il potere e la
ricchezza dei corpi capitol ari li ecc itavano oltremodo. Razziavano i loro borghi e le
loro corti , gi rando e rigirando a piacere le loro prebende. Non di rado i religiosi invoca
vano l ' aiuto di laici o dei papi, coalizzandosi senza posa in complotti o coal izioni.
Nel 97 1 l ' arci vescovo Adalbero di Reims cacciò via i canonici e li sostituì con dei
monac i .
E senza tregua i canonici d e l duomo d i Bamberga com batterono contro i l vescovo
Erm anno I ( l 065- 1 075), che accusavano di "del itti capital i", di loschi affari pecuniari,
di corruzioni, di peculato e altri reati . Dal canto suo, i l vescovo assicurò nel 1 070 ad
Alessandro II, sotto giuramento, di essere gi unto alla carica senza simonìa. Il suo stes
so capitolo del duomo afferma d ' altronde il contrario, appellandosi quindi a Gregorio
Vita clericale nei dettagli 239
VII acc iocché finalmente "mandi all ' i nferno, con tutto i l suo denaro, questo l upo che
vergognosamente deruba e disperde le pecorelle di Dio, e questo mago Simone che,
nel la chiesa di Dio, ha ripristinato i suoi banchetti da cambiaval ute stracolmi d ' oro".
Gregorio VII lo destituì nel I 075 . �5
Nello stesso anno muore il rettore del l ' abbazia di Gengenbach nel la Ortenau , dipen
dente da Bamberga, l ' abate Ruotberto, v ittima di una morte tutt 'altro che naturale.
Aveva fatto di struggere un mulino instal lato contro la sua volontà dai ministeri al i e fu
di conseguenza soppresso dai mini sterial i , i nsieme con un cappellano di Bamberga.
Il vescovo Everaco di Liegi (959-97 1 ) e il vescovo Wiefrid di Verdun (959-984)
sono coinvolti in aspre querele con i notabili local i , con ari stocratic i e altri . Contro
Everaco insorgono nel 960 i cittadini di Lieg i , ora nom i nati per la prima volta, e nei
decenni successi v i i vescovi del la città ottengono fi no al l 040 tre contee, naturalmente
non senza il sostegno imperiale, a spese di parecchi ceti nobiliari . E i vescovi di Verdun
cont1 iggono a lungo col casato di Ardenne per i di ritti comitali di Verdun: lotte scatena-
te, come quasi ovunque, a motivo di fortificazioni e ampliamenti territoriali. Anche a
Cam brai, sotto Ottone III, i l vescovo ha i l suo gran da fare per aver la meglio su v assalii 320
e mini sterial i ; alla fine, scoppia una serie di cruenti scontri col suo stesso burgrav io.
Nel l 030 il patriarca di Grado fa destitu i re i l doge di Venezia Pietro Centranico, segre
gando lo in un convento. E il vescovo Arnolfo di Bergamo, nel 1 079, strappa al cavalie-
re Garzo una fortezza con l ' i nganno e con la forza, spogliandola e depredandone i
rel igiosi.
L' arci vescovo Al berane (Adalbero) di Treviri , che da l igio papista e accanito com
battente per la "libertà del la Chiesa" imporrà la scelta e l ' incoronazione di Corrado I I I
di Hohenstaufen, tracc iando anche le l i nee della s ua pol itica, si trasfigura - pe r i l suo
am ico e biografo Balderico - nel simbolo del bel l i coso principe del la chiesa, del l ' im
battibile "eroe spaventoso", c h e e g l i colloca accanto a Cesare, Augusto, Carlo "Magno".
Fatto sta che Alberane, per consolidare la sua egemonia nella regione occ identale del la
Mosella e dei i ' Eifel, conduce una guerra brutale contro il conte di Nam ur-Lussem bur
go, che egl i di volta in volta getta nel la polvere. "L' arci vescovo circondò due volte la
roccaforte di Rudolfsberg , distruggendola al secondo assedio: una rocca che era consi
derata inespugnabile in tutto e per tutto. E costruì un nuovo borgo, chiamato Merkurs
berg, per la preoccupazione che il conte di Namur potesse occupare questo monte che
si ergeva quasi nel cuore del la sua terra. Il borgo d i Manderscheid, una roccaforte
protetta in sommo grado dal la morfologia stessa del luogo, fu occupato da Adalbero,
che lo mantenne fino alla morte. L' arc ivescovo conqui stò inoltre i borghi di Gerland e
Zolver, conquistando o d istruggendo trenta fortificazioni del conte di Namur. S ' impos
sessò in più di Achternach, dove il conte soleva mantenere un reparto di pronto inter
vento bel l ico. Tra il primo e il secondo assedio del Rudolfsberg, l ' arc ivescovo e i l
conte s i scontrarono i n campo aperto". E sebbene i l prelato, oltremodo amante del lo
240 Enrico IV ( 1065-1/06) e Gregorio VII (1073-1085)
sfarzo e del lusso, fosse "esaurito dalle ingenti e molteplici spese belliche" - così se
guita la sua cronaca l o scolastico del duomo di Tre viri B alderico - "accumulò di nuovo
cospicue risorse riempiendo il suo palazzo e tutti i suoi borghi di vino e v ettovaglie di
ogni spec ie in grandi quantità . . . ". Ebbene, questo prete battagl iero fu legato papale,
321 primate di Gall i a e Germania nonché amico del santo Bernardo di Chiaravalle (p. 356
ss.), del santo Norberto di Xanten (p. 323 s.), e ricevette sulla sua tomba, naturalmente
"in lettere d ' oro", un entusiastico encomio che incominciava:
"Roma belga, qui riposa i l tuo ornamento, i l tuo onore imperituro, qui giace la tua
gloria, che non appassisce in eterno.
Egl i , luce del globo terracqueo . . . ", eccetera.
A siffatta luce, a canaglie di questo genere appartiene altresì il vescovo di Strasburgo
Ottone di Hohenstaufen. Egl i combatte duramente i l conte Ugo di Egisheim e ne inva
de i possedimenti proprio mentre q uesti opera contro i partigiani imperial i ne l i ' Alta
Alsazia. Assedia per un anno la quasi i naccessibile rocca di Dagsburg, ma nel l 086
viene sorpreso da Ugo, sbaragl i ato sul campo, spogliato delle sue insegne episcopal i e
messo al bando. Più tardi si riconcilierà invero col conte Ugo, banchetterà festosamen
te con lui in un podere vescovi le e, in segno del l a sua am icizia e di pacifica intesa,
dividerà con lui i l letto una notte: che sarà l ' ultima per Ugo, giacché verrà assassinato
dai complici del vescovo ( i l quale ottiene comunque la canonizzazione dell ' imperatri
ce Adelaide). H 6
La vita umana, per chierici e monac i , non aveva più valore d ' un fico secco, non più
che per gli altri cri stiani, fors ' anche di meno. S i dava i l caso che un sacerdote ammaz
zasse un altro sacerdote o anche i l proprio vescovo. Naturalmente, anche i laici non si
peritavano di sbudellare prelati e gente del clero, come se fossero dei pagani .
L' arc ivescovo Fulco d i Reims, che ingrandisce senza scrupoli la s u a diocesi, viene
assassinato nel l ' anno 900 col conte Balduino di Fiandra per causa di liti proprietarie.
Il vescovo Otberto di Strasburgo, imbrigliato in difficoltà coi suoi diocesan i , v iene
scacciato e assassinato nel 9 1 3 sulla Ratburg nei Vosgi. Nello stesso anno due conti
accecano i l vescovo Eginardo di Spira e ne causano la morte. L'arcivescovo A rnusto di
Narbonne viene mutilato dai partigiani del conte Sunjer di Ampurias, da lui scomuni
cato, e muore in breve tempo. Nel 928 i l vescovo Benno di Metz viene accecato e
mutilato dai suoi avversari . Alla fine del decimo secolo X, i l vescovo Dodilo di Bran
denburgo viene strangolato dai suoi stessi seguac i ; sotto Ottone III, viene assalito e
322 accecato anche l ' abate Manso di Montecassino, grande amante del lusso, che pare co
spirasse contro i l pri ncipe di Capua dove, in quegli anni fu ucciso l ' arcivescovo Aio. 8 7
Nel Nord Europa muore il fratel l o del metropolita Adalberto di Amburgo-Brema
( l 043 - 1 072) per mano di un rel igioso del la propria diocesi. Ma anche i l decano Li udger
del medesimo principe del l a Chiesa è un assassino e viene perciò destituito. E sotto i l
predecessore di Adalberto, l ' arc ivescovo Al e brando ( l 035- 1 043 ), u n chierico fa incen-
Vita clericale nei dettar;li 24 1
un plotone di concubine, mentre con sua moglie M inuta metteva al mondo un figlio
dopo l ' altro. Dopo la sua morte questi fig l i , preti pure loro, nel 1 060 a Firenze pratica
rono la l oro v ita sessuale i n S. Martino, la loro chiesa di famiglia. In realtà, anche nel
secolo XI i canonici fiorentini mantenevano mogli e bambin i , e perfino le monache
vivevano perlopiù i n grande l ibertà a casa loro o nei castelli delle loro famiglie. Si
narra che, in quel tempo, un vescovo di Piacenza avesse maggior competenza nel giu
dicare le bel lezze femminili che un candidato al sacerdozio.
Di tutto ciò c i si merav igl ierà forse meno ove si consideri che lo stesso Romualdo da
Camaldol i , figlio del conte Sergio e fondatore dei Camaldolesi (morto nel l 027), i l più
celebrato erem ita del suo tempo ed esaltato ancora ai gi orni nostri dal cattolico Franzen
come "ardente spirito rel igioso . . . di stampo cristiano antico", finisse in vecchiaia to
talmente succube della pederastia. Ciò nondimeno, divenne santo della Chiesa romana
cattolica romana. 9 0
324 Come in Italia, tutto ciò accadeva naturalmente anche in altri paesi. Su gli appetiti
carnali del! ' episcopato francese leva alti lamenti papa Giovanni XIX, proprio quel pon
tefice - sia detto per inciso - che estorse l a propria elezione col denaro, trasformandosi
da laico a papa dall a mattina alla sera. Solo a Rouen due arcivescov i s i lasc iarono
dietro parecchi figliol i . Ugo di Rouen (942-989), che si mantenne per quasi mezzo
secolo praticando uno sfrenato nepotismo e dilapidando beni chiesastic i , era sposato
non meno del suo successore arc i vescovo Roberto. Ed anche il successore di questi, i l
metropol ita Malgero, coinvolto furiosamente nel le faide e sommosse d e i baroni ribe l l i ,
fu assai dedito al sesso.
A Strasburgo, i l vescovo Werner di Achalm ( l 065 - 1 077) aveva comprato per m olto
denaro la moglie di un diocesano, facendone apertamente la propria conc ubina. Mal
grado tutti i solenni gi uramenti , seguitò a fornicare con lei, incoraggiando i suoi confra
tel l i , fino al lora celibi, a gustarne altrettanto. Un tratto generoso da parte sua. E anche
nelle regioni del nord, nel vescovato di Amburgo, prosperava ovviam ente la vita ses
suale del clero. "Divenne costume generali zzato che i sacerdoti convivessero con don
ne" (SchOffel).
Nel l 060, in un monastero del vescovato di Bamberga (forse a Kitzingen), una badessa
aveva dilapidato da un l ato l ' ingentissimo patrimonio chiesastico "in m aniera pecca
m inosa, tanto che l ' importo del danno stimato saliva almeno a 1 50 l ibbre". D ' altro
canto, evidentemente allo scopo di risparm iare, costei ridusse il numero delle monache
quasi del la metà, gettandole nella più nera indigenza al punto che - si dice in una fonte
antica - si dettero ad un "vergognoso commercio dei loro corpi" e la m aggior parte di
loro partorirono "perfino negli angoli del monastero", mentre altre si cercarono dei
" rifugi durante la gravidanza", lontano dai conventi. 9 1
Furono soprattutto i COf!Venti , i rel igiosi al loggiati a l loro interno, i cristiani devoti
per antonomasia! Anche se le condizioni descritte qui sotto non siano da i n tendere pars
Vita clericale nei dettagli 243
pro foto, anche se non ricorrano dovunque né si presentino ugual i dappertutto, si po-
trebbero tuttavia aggi ungere senza troppa fatica un' infinità di casi consim i l i . 325
In Ital ia, nei secoli X e XI, una sequela di monasteri è ormai totalmente in rovina o
completamente abbandonata dai monac i : S. Felicita, S. Maria, S. Pietro, S . Lorenzo, S.
Fel ice e Fortunato, S . Vito e Modesto, eccetera. Nel piccolo monastero di Maguzani,
sul lago di Garda, all oggia soltanto l ' abate con l a moglie e i l parentado.
Molti conventi maschili e femm i n i l i furono distrutti dai propri vescov i , come la
menta già il Concilio di Pav ia del l ' anno 850. Di sol ito, tuttavia, papi e vescovi com bat
tevano uniti contro i monasteri , al fine di espropri arl i . Così crebbe un forte odio dei
monac i (che neppure vivevano sempre in pace tra di loro) contro i predac i, bramosi
gerarchi del l ' alto clero. Ma anche tra gli abati scoppiavano sovente confl itti di proprie
tà, dato che un convento cercava spesso di ridurre il vicino sotto la propria sovranità.
Ragione questa per cui non pochi abati - ad esempio Manso di Montecassino, Odi lo di
Brema, Ottone di Farfa - vivevano attorniati da schiere di cavalieri. 92
Per l ' arco di due secoli si protrassero le lotte per il controllo della ricchissima Farfa,
fondata dai Carol ingi sui monti della Sabina, dacché nel decimo secolo due abati erano
stati ucc isi dai loro stessi monac i . Altri abati si presero delle donne, distribuendo i beni
conventual i tra i loro figli e le figlie.
L' abbazia, non molto distante da Roma, appartenente già pochi decenni dopo la sua
fondazione ai maggiori latifondisti della regione, dove saltuariamente tutti pare che
fossero sposati , è un esempio significativo della vita che si svolgeva in non pochi mo
nasteri di quel tempo : "un' immagine emblematica del l ' anarchia che tuttavia per certi
aspetti può essere considerato tipica" (Hartmann). Farfa, diventata proprietà dei re franchi
nel 775 e quindi monastero del regno, superando tutti gli altri conventi - eccetto
Nonantula in quel di Modena - in ricchezza e splendore, eccitò naturalmente le brame
dei papi, che cercarono di annettersela fin dal IX secolo; ogni qual volta fu possibile ne
presero infatti possesso.
Nel 936 muore l ' abate Roffredo, avvelenato dai suoi monaci Ildebrando e Campo, il
quale aveva preso lezioni di grammatica e medicina dal lo stesso Roffredo. Mediante 326
ingenti donazioni al re U go di Provenza e con aiuti armati offerti dalla marca di Fermo,
Campo riesce a tirare l ' intera abbazia dal la sua parte, di ventandone abate e al loggian
dovi al la grande, come un signore feudale, insieme con la moglie Li uza, sette figlie e
tre maschi , ai qual i fa princ ipesche donazioni di beni conventuali nella Sabina.
A Farfa, a dire il vero, le donne non erano solo per Ildebrando e Campo giacché, sul
loro esempio, anche i monaci sposavano le loro concubine. Ogni coppietta si ritagliava
per sé una fattoria e solo la domenica s ' incontravano nel monastero, per rubarvi tutto
quanto non apparteneva ali ' immobile, comprese le bol le dorate, i documenti, i fregi dei
paramenti. Alla fine, Campo fece fuori Ildebrando con la forza. Poco mancò che colà,
di notte, non strozzassero i monaci che Alberico, il princ ipe dei rom an i , aveva mandato
244 Enrico IV (/065-//06) e Gregorio VII ( 1073- 1 085)
a Farfa, allo scopo di rifonnarla. Solo quando lo stesso Alberico vi giunse con le trup
pe, nel 947, si riuscì a cacciare l ' abate. Il nuovo reggente da lui i nsediato, Dagoberto da
Cuma, venne avvelenato dopo cinque anni dai suoi monac i , probabilmente con la col
laborazione di Campo, datosi alla macchia. L' abate Adamo d i Lucca, insediato da
Alberico nel 95 3 , viene appoggiato dal papa Giovanni XII, arrestato per un deli tto
d ' immoral ità e rimesso a piede l ibero dietro pagamento di una forte somma. Il suo
successore Uberto, in carica dal 963 , vi al l oggia con donne e cani. I l successivo abate
Leone, investito dallo stesso Giovanni XIII, viene. pure s i lurato da l u i . Un nipote del
papa, suo luogotenente in questa provincia, assalta Farfa con le truppe e viene battuto;
garantisce salvacondotti ai suoi nemici, ma poi l i incarcera fino a quando l ' abbazia g l i
intesta formalmente i l castello Tribuco c o l territorio adiacente. 93
A Bobbio, sull ' Appennino emi l iano, il monastero di San Colombano possedeva beni
in tutta Italia, m a nel secolo X venne talmente taglieggiato e spopolato dai vescovi di
Piacenza, Pav ia e Tortona che all ' abate Gerberto non rimase "nel convento e nei suoi
dintorni null 'altro che i l bastone pastorale e la benedizione apostolica": i l che mostra
esattamente a che cosa questi vescovi davano valore più di tutto !
327 A Torino, i l vescovo Cuniberto cercò di far valere con la forza le sue pretese sul
convento di Chiusa; altrettanto fece i l vescovo Cono di Perugia, rivendicando i l mona
stero di S . Pietro. Nel 1 047 i l metropolita Guido di M i l ano si avventò inesorabile sui
possedimenti del convento torinese di S . Costanzo e del monastero Tol l a nella diocesi
di Piacenza. I l prelato Guido di Pavi a e i suoi canonici espugnarono Cielo d ' Oro. E
papa Vittore II ( 1 055- 1 057) tentò di sottomettersi l ' abbazia di Monte Cassino. 94
Indescrivibile la sfrenata baldoria che regnava nel X secolo nei conventi dei Vosgi.
A Moyenmoutier i monac i amavano certamente l e anni assai p i ù dell a chiesa e, dopo
aver dilapidato i loro introiti, vivevano di furti e rapine. Giorno e notte, a Senones, ci si
dava a bagord i , sbevazzate e sesso. A S. Ghislain i chierici bivaccavano nel convento
con donne e bambini, spi l l ando dai fedeli con "oggetti sacri" regali che poi scialacqua
vano. A Laubach, i monaci vessavano l ' abate Erluin, strappandogl i l a l i ngua e cavan
dog li gl i occhi .
Questo accadeva per la verità, p u r non essendo ovunque abitudi nario, anche i n altri
paesi . Non mancavano monaci che picchiavano a sangue i loro superiori , tagli ando
loro la l ingua, accecandol i , uccidendol i direttamente o facendo l i assassinare da banditi
assoldati appositamente. Capacissimi di abbattere i loro superiori davanti all ' altare.
Nel l ' XI secolo, a Firenze, nella B adia, a cagione dell a sua severità si somministrò
ali ' abate Mauri l i o veleno nelle bevande, ma costui sfuggì ali ' attentato. M onaci usava
no liquidare i loro abati ancora nei secoli del tardo Medioevo. Anche se il più del le
volte non ne usciva niente di meglio. Tant'è che una volta, con l ' avvento del terzo
abate, uno dichiarò : "Io prego che questo si mantenga a l ungo, altrimenti ce ne tocche
rà uno ancora peggiore".
Vita clericale nei dettagli 245
Anche la nobi ltà cristiana depredava, torturava, uccideva rel igiosi e c lerical i . In
Ital ia, marchesi e conti cattolici tagliavano ai monaci orecchie, naso, lingua o gli cava
vano gli occhi . Il castaldo Atenolfo fece avvolgere l ' abate Aligero di Monte Cassino
(949-985) in una pelle d ' orso e gli aizzò contro i cani . Un certo Adam o di Cremona
ucc ise il cardinale diacono Enrico, probabi lmente innocente. 95
Naturalmente i superiori dei conventi non restavano per nulla debitori specialmente
nei confronti dei loro subaltemi, il cui comportamento oltretutto costituiva perlopiù la
reazione al comportamento dei loro preposti. 328
L' abate Transmundo, educato a Monte Cassino "con onorevole costume", divenuto
abate di S. Maria a Trem iti, fece strappare gli occhi ad alcuni monaci e tagliare la
l i ngua ad uno. In realtà tale giurisdizione venne abusivamente aggravata dagli abati
fino al l ' accecamento e alla mutilazione dei "colpevoli"; cosa che perfino potenti tut
t' altro che del icati , come Carlo "Magno" e Ludovico il Pio, avevano a suo tempo v ie
tato alle gerarchie della Chiesa. Questi stessi gerarchi, però, avevano spesso molto
meno scrupoli. Un abate, che aveva angariato a morte un sottoposto, fu invero desti
tuito dal vescovo di Costanza, ma riottenne dal papa Alessandro I I ( l 06 1 - 1 073) la sua
"dignità" dopo una penitenza di sei mesi. 9 6
Con le punizioni corporal i , in realtà, si angariò il clero - non quello alto, ovviamen
te - dal i ' antichità fino al i ' età moderna; ma la pena del bastone fu in auge specialmente
nei conventi (l 33 s.). Colà erano sempre a portata di mano, pronti per l ' uso, fl agelli,
sferze, cinghie. I l del inquente, perlopiù disubbidiente, doveva stendersi su una panca,
in tempi antichi, ignudo; in seguito si di ventò più verecondi, aumentando tuttav ia il
numero dei colpi oltre il massimo consentito dal la legge mosaica (da 40 o 39 colpi a
72, 1 00, perfino 200 battute), il che era affidato alla "discrezione del l ' abate", al quale
eccezionalmente si consentiva di "procedere fino alla morte per flagellazione" (usque
ad necem caedantur virgis). Ad ogni colpo, il monaco o la suora doveva pronunciare
"mea culpa" e questo, per ragioni educative, al cospetto di tutta la popolazione del
convento. Dopodiché si gettava la vittima in carcere fino a quando pareva opportuno ai
superiori .
Già nei monasteri più antichi i monac i , legati dai superiori , marcivano immobilizza
ti da catene di ferro. Infatti la prigionia da scontare nei monasteri - per ucci sioni , con
dotta immorale, "eresia" - fu inflitta a partire dal IV secolo sia a monac i che a chierici,
ma successivamente anche ai laic i , per cui "le condizioni esecutive erano estremamen
te dure" (Schild). 97
Le carceri m onastiche erano veri e propri luoghi infernal i, anche se molti abati man
tenevano una dupl ice categoria di prigioni.
Per fare un esempio, Gugl ielmo di Hi rsau ( l 069- 1 09 1 ), nel suo convento (uno delle
più importanti tra le sedi riformistiche tedesche, saldamente radicate dal la parte dei 329
gregoriani) manteneva un carcere per i casi più leggeri , grande abbastanza per una
246 Enrico IV (/065- 1 106) e Gregorio Vli ( 1073-1085)
persona, pavimentato di giunchi che servivano da sedia, da tavolo e da letto. Per dete
nuti giudicati più gravi , la diocesi sottoposta al papa, dotata di " integra l ibertas coenobii",
metteva a disposizione un buco senza porte e senza finestre, cui si poteva accedere solo
da una scaletta: una tomba, letteralmente, per quelli che non l ' avrebbero più l asci ata
fino al la loro morte.
Anche Cluny - i l più celebre centro della coeva riform a monastica - conosceva,
accanto ad un genere di detenzione per così dire leggero, una segreta sotterranea senza
porte né finestre, raggiungibile unicamente da una scala dall ' alto: un l uogo fatto per
ché il condannato, una persona defunta per il mondo, "si ricordasse costantemente del
suo mi sero stato". Presso altri ordini monastici si aggiungevano, come speciale corre
do, macigni di bloccaggio, manette, catene e sim i l i .
Ancora oggi , molti ex conventi si adattano bene a l l a funzione di ergastoli. Per la
Germ ania si ricordino Ebrach, Unterm assfeld, Celle ed altri. Per l ' Italia, basta l ' esem
pio di Casale Monferrato (Piemonte) da cui, nel febbraio del 1 975, Renato Curcio, un
capo delle "B rigate Rosse", fu l iberato con un colpo di mano arm ato. Un carcere che
era stato appunto un convento. 9 g
Dopo il suo rientro dali ' Ital ia, nel l 085, Enrico I V riuscì ad assoggettare l a maggior
parte dei suoi oppositori tedeschi. Davanti a lui fuggirono in Danimarca l ' an ti-re Erman
no e l ' arc ivescovo Hartwig di Magdeburgo; ma poi , convinti "con insistenti suppliche"
(Fries) dal vescovo di Wtirzburg Adelbero, pure lui al bando, essi rientrarono arrivando
fino a Wtirzburg. Presso Pleichfeld, non lontano dal capoluogo, l ' I l agosto del 1 086
avvenne lo scontro, pubbl ici zzato addi rittura come battagl i a per la fede dai nemici di
Enrico, Sassoni e Svev i . L'arc ivescovo Hartwig benedisse i combattenti , prostrati al
330 suolo, con solenni preghiere, prima che essi scendessero in campo dietro una rossa
bandiera contrassegnata da una gigantesca croce. Enrico ebbe la peggio perdendo forse
2000 uomini, ma mantenne tuttavia la supremazia. Y Y
In Italia, i ntanto, Clemente III s ' era riti rato a Ravenna, lasciando Roma, devastata
dai seguaci di Ildebrando. Eppure il papa scom unicato, maledetto, riscosse ulteriori
riconosc imenti colà e in Germ ania, oltre che i n Inghi lterra, Ungheria, Croazia. A Roma,
il 24 maggio del l 086, appena un anno dopo la morte di Gregorio, i l suo seguito, sotto
l ' influsso del principe norm anno Giordano di Capua, elesse come nuovo pontefice il
ricco abate Desiderio di Monte Cassino - imparentato col casato ducale longobardo di
Benevento - che prese il nome di Vittore III ( 1 086- 1 087). (L' uomo, sebbene la cosa
non sia sicura, era stato espulso dal la Chiesa per oltre un anno da Gregorio). Certo è
che l ' intronizzazione nella basi lica di san Pietro fu resa possibile solo dalle truppe
A ntipapi, antivescovi e guerra 247
normanne, che d ' improvviso avevano occupato il quartiere che si estende da San Pie
tro al Tevere.
Già pochi giorni dopo, tuttavia, Vittore III abbandonò come un fuggitivo quella Roma
spaccata in due fazioni , continuamente inquieta e agitata da tumulti. In segu ito ai qual i ,
chiamato dai prefetti imperial i , ritornò Clemente III, pronto a stabil ire la s u a residenza
nel Vaticano. Tuttavia l ' anno successivo, nel 1 087, Vittore, col sostegno m i l i tare dei
Normanni , espugnò la città Leonina contigua a San Pietro. E mentre Clemente si trin
cerava in un' altra chiesa, nel Pantheon fortificato, Vittore III fu consacrato in San Pie-
tro i l 9 maggio. In quei tempi, come è noto, le chiese di Roma - specialmente la basili-
ca petrina - servivano da fortezze , per espugnare le qual i si combatteva non meno
accanitamente che per qualsiasi altra borgata. Ma era evidente che il suolo di Roma,
occupato in massima parte ancora dai Clementini, scottava troppo per Vittore. Il quale
scomparve di nuovo per una settimana, per fare presto la sua ricomparsa, accompagna-
to stavolta dal le truppe di Mati lde; perché la contessa, disposta a combattere ancor più
fanaticamente dopo la morte di Gregorio, conqui stò tutta l a riva destra del Tevere. A
questo punto la zona di San Pietro venne conquistata e perduta ora da un papa ora
dal l ' altro. Intorno al tempio s ' accendevano fuochi, si cantava messa all ' i nterno o sul 331
sagrato antistante, con più rispetto m agari durante la festa di Pietro e Paolo. Alla fine
Vittore III si trasferì per la terza volta a Monte Cassino, dove trascorse il più l ungo
periodo del suo pontificato; colà aveva in passato composto un trattato sui m i racoli di
san Benedetto e l à morì il 1 6 settembre 1 087. Quale fu la sua unica operazione di
pol itica estera? Una guerra. Una vi ttoriosa campagna bellica, nel l ' estate di quel l ' anno,
contro i Saraceni nel l ' Africa del Nord (Tunisia orientale), dove egl i aveva mandato gli
ital iani con l o stendardo di san Pietro e con totale rem issione dei peccati, e da dove
incassò poi buona parte del bottino. Ottocento anni dopo, nel 1 887, Vittore I I I verrà
beati ficato (Giorno del la sua festa il 1 6 settembre). 1 00
S uccessore di Vittore fu un aristocratico francese, Oddone di Chàti llon, ex monaco
e priore del l ' abbazia di C luny. Nom inato da Gregorio VII vescovo cardinale di Ostia,
venne eletto papa i l 1 2 marzo 1 088 da circa 40 prelati seguaci di Gregorio, assumendo
il nome di Urbano II ( l 088- 1 099). Il conclave si era tenuto a Terrac ina dove - novità
davvero straordinaria - il nuovo pontefice venne anche consacrato. Oddone, designato
da Gregorio sul proprio letto di morte quale possibile successore (tra l ' altro), aveva
intanto cospi rato subdolamente contro Vittore I I I , ma poi lo aveva favorito. Benché
fosse un gregoriano incal lito, sebbene dichiarasse ai suoi in Germania di voler pensare
e agire in tutto come Gregorio VII, era tuttavia radicalmente diverso dal suo maestro.
Mai volle sbattere la testa contro il muro, ma fu invece conformista, di sposto agl i acco
modamenti , diplomaticamente scaltrito, un indefesso e furbo tessitore di intrighi ; un
uomo che non mantenne mai reparti armati - come il santo Gregorio - preferendo far
combattere gli altri per l a sua causa . . . beatificato nel 1 8 8 1 .
248 Enrico IV (/065- 1 1 06) e Gregorio VII ( 1073-/085)
Per quasi tutto l ' anno 1 088 Urbano I I risiedette nel meridione del l ' Ital ia.
Solo nel tardo autunno, con l ' aiuto dei Norm anni, egli osò avvicinarsi a Roma. Ma
non poté attraversare i l Tevere. Mentre papa Clemente controllava la maggior parte
de li 'urbe, papa Urbano si stabilì, per la metà de l i ' anno successivo, su un isolotto del
fiume. Intanto, tra le obbligatorie ritual i maledizioni dei due papi, infuriarono senza
tregua battaglie sulle strade, per cui una volta l ' uno, una volta l ' altro, un' altra volta
tutti e due furono costretti ad abbandonare la c ittà. 1 0 1
In Germania, intanto, la guerra c i v i le suscitata d a Gregorio V I I procedeva svilup
pandosi con tutti i più diversi fenomeni concom itanti . S i passava dalla c upa miseria
332 che accompagnava le operazioni bel l iche fino allo spettacolo offerto da anti -re, anti
duchi , su su fino alle doppie occupazioni di non pochi vescovadi, fino agl i anti-vescovi
che si contendevano le diocesi di Paderborn , Halberstadt, Magdeburgo, Passav ia,
Salisburgo, Wlirzburg , Metz, Costanza.
Osserviamo più da vicino, per esempio, la diocesi di Augusta verso la fine del seco
lo Xl.
Dopo la morte del vescovo locale Embricone, a fine luglio del 1 077, vi si ebbe una
duplice elezione. I l c lero del duomo, il popolo e l a parte sedicente migl iore e maggiore
della ministerialità, vera c l asse dirigente, elessero il canonico del duomo e preposto
Wigolt. Per contro re Enrico designò il suo favorito e cappel lano S iegfried (Il), che i
cataloghi episcopali di Augusta indicano peraltro come legittimo, sebbene costui fosse
rimasto fino alla sua morte zelante partigiano di Enrico. Dal i ' altra parte, Wel f I V di
chiarò di sostenere Wigolt che, nel la Pasqua del 1 078, ottenne l ' investitura a Goslar
dal le mani del l ' arc ivescovo S iegfried, cacci ato da Magonza e dal l ' anti-re Rodolfo;
non solo, ma minacciò di espulsione dalla chiesa Siegfried, designato non canonicamente
da re Enrico ad assumere la sede di Augusta.
Divampò a questo punto un annoso conflitto per il control lo del vescovato: "teatro
di violenti scontri m i l itari" (Horn); "saccheggi , distruzioni , massacri" (Zoepfl ). Nel
1 080 Welf I V, alleato del vescovo Wigot, ridusse in cenere i sobborghi di Augusta,
come pure la chiesa di Pietro sul fiume Perlach. Nel l 08 1 il nuovo anti-re Ermanno di
Llitzel burg assediò per tre settimane la città, incendiò i sobborghi, devastò i v i l laggi
circostanti , senza tuttavia poter prendere la città, difesa evidentemente dallo stesso
vescovo S iegfried - e il vescovo Wigolt cercò rifugio in Baviera, nel la città di Flissen.
Di nuovo, nel I 083, finirono in cenere molti villaggi e chiese della Svevia, dove
infuriavano ucci sioni e rapine. Il vescovo Siegfried, espugnata la roccaforte guelfa di
Siebnach sulla Wertach, la diede alle fiamme, dove trovarono la morte molti difensori .
Ai pri m i del l 084, Welf e l ' arc ivescovo Wigolt investirono la città di Augusta, pratica
rono ogni sorta di atrocità ed infami e nelle co s iddette case di Dio; i ncendiarono tre
cappelle nella sede vescov ile, trattando al la stessa maniera la residenza vescovi le e
altri edifi c i . Nel frattempo i l pastore Wigolt sval igiò l a chiesa c attedrale. Rapinò
A ntipapi, antivescovi e guerra 249
paramenti e arredi sacri, profanando il tesoro lasc iato dal vescovo Embricone sotto 333
m inaccia di bando e lo distribuì ai suoi. Inoltre distribuì case canoniche e altri possedi
menti chiesastici tra i complici del l a s ua aggressione. Tuttavia in estate, c on la forza
del l ' eserc ito, re Enrico riconsegnò il vescovo Siegfried al giubilo dei suoi diocesani.
Nel l 085, a Magonza, Siegfried venne consacrato dal l ' antivescovo di Magonza
Wezilo; ma non venne riconosc iuto da Roma. Il 1 3 marzo del l 088, per contro, Urbano
II annunc iò al vescovo Wigolt la propria elezione a papa. Ragione suffic iente perché ad
Augusta si riaccendesse i l conflitto. In una l impida notte del 1 2 apri le l 088 gli al leati
del vescovo Wigolt invasero la città, rapinando, uccidendo, abbattendo le mura di cin
ta, strappando il vescovo Siegfried dal i ' altare e trasc inando lo nel la fortezza guelfa di
Ravensburg (donde usc irà solo dopo una dura carcerazione dietro pagamento di un' in
gente somma), mentre i l vescovo Wigolt, nel giorno stesso de l i ' espugnazione, con le
"mani ancora grondanti di sangue e di sopraffazione" (Liher de unitate ecclesiae
conservanda) consacrava l ' olio santo nel gi orno di giovedì santo . . .
A questo punto si verificarono, quasi a ripetizione, stranissimi "giudizi di Dio", una
serie di inquietanti decessi. In breve tempo diversi (anti)-vescovi morirono come mo
sche : Wigolt l ' I l maggio del l 088 e anche il suo successore Werinher, subito nomina
to dal partito guelfo, venne a mancare d ' improvviso mentre era in camm ino verso
Augusta. Anche il prossimo (anti -)vescovo, Eccheardo conte di Nel lenburg, abate di
Reichenau, appena messosi in viaggio si ammalò e dovette rientrare, spegnendosi il 24
novembre del 1 088 sulla Reichenau. E allorché nel 1 094 1 ' abate Eberardo di Kempten
fu in corsa come aspirante allo stesso seggi o vescov i le, volle Iddio che anch'egli si
spegnesse "d ' un tratto", talché tutti i candidati "morirono un dopo l ' altro di morte
repentina" ( Horn). E di lì a poco, nel l 096, il vescovo di Augusta, Siegfried, pur non
essendo autorizzato dal papa, ma nondimeno legalmente legittimato, andò a aggiun
gersi ai suoi trapassati rival i . 1 02
Nel lo stesso anno l ' Europa occ identale si metteva in marcia per la prima Crociata.
In Germania, intanto, Enrico IV era ri usc ito ad imporsi sempre più nettamente. Al
cuni dei suoi più accaniti avversari erano stati in qualche modo tolti di mezzo; soprat- 334
tutto in Sassonia, dove il nipote del l ' arc ivescovo di Colonia Annone (p. 1 62 ss.), il
vescovo Burcardo I I di Halberstadt - un o d e i principal i condottieri della resi stenza
sasso ne - era stato ucci so atrocemente nel l ' apri le del l 088 a Goslar durante una rivol-
ta, i cui motiv i restano tuttav ia incerti. E poiché anche l ' arc ivescovo Hartwig di
Magdeburgo, nel 1 086 ancora vi ttorioso sull ' imperatore (p. 246 s.), ora conc ludeva
pace con lu i , anche i Sassoni si mostravano conc i l ianti , inclini a far pace. Perc iò l ' anti-
re Ermanno di Salm non poté più resistere e si ritirò - forse ri nunziando alla dignità
regale - nel la Lorena, dove uscì di scena già alla fine di settembre del l 088.
In quest ' anno, per la verità, Enrico perdette anche un suo fedele fautore, cioè i l
vescovo Benno I I di Osnabri.ick : un perfetto tagliaborse, detto per inciso, che c o n le sue
250 Enrico IV (/065-1106) e Gregorio VII (1073-1085)
fam igerate truffe, le vistose falsificazioni di documenti reali (in lotta per le decime con
l ' abbazia Corvey e col monastero femminile di Herford, entrambi fino allora "titolari
indiscussi dal i ' era carol ingia": Vogtherr) fu capace di abbindolare anche un tribunale
di prìncipi riunito a Worms nel l 077 e il re stesso, in m odo tale da i ntascarsi l a decima
ecclesiale di tutti gli abitanti della sua diocesi. (Secondo i l Lexikon fur Theolo{?ie und
Kirche, il reverendo signore, alias furfante m atricolato, "combatté" unicamente "per
l ' arredamento della sua chiesa vescovi le"; di falsi, nemmeno un cenno. E neanche una
parola, naturalmente, sul fatto che gli piaceva tanto bastonare i suoi contadini). 1 m
Un ' ulteriore perdita, ancor più considerevole, colpì Enrico c o n la morte d e l vescovo
Burcardo di Losanna, suo fedelissimo sostenitore (sposato legalmente con una facoltosa
signora che per il vescovado costruiva perfino dei palazzi).
Il vescovo Burcardo, c ancel liere per l ' Italia da quasi un decennio e in più combat
tente duro e tenace, era caduto quale portatore della Santa Lanc ia in una battagl i a,
sferrata alla vigilia di Natale: un attacco a sorpresa di Ekberto II di B raunschweig, i l
princ ipale avversario tedesco di Enrico dopo la morte di Ottone di Northe i m. Davanti
alla potente rocca ekbertiana di Gleichen (a sudovest di Erfurt), i baldanzosi cattolici
335 attaccarono i loro correligionari e l i m acellarono fino al la tarda notte del 24 dicembre;
in quel l ' azione l ' esercito imperiale subì gravi perdite in morti (tra cui numerosi chieri
ci), feriti e prigionieri (tra cui l 'arc i vescovo Liemar). Lo stesso Enrico trovò l a salvez
za solo grazie ad una rapida fuga.
Due anni dopo, nel l 090, anche i l conte Ekberto fu costretto alla fuga, durante la
quale cadde, a quanto pare, per mano di sicari della badessa Adelaide di Quedlinburg,
sorella di Enrico IV, la quale si vendicava di un a rapina e di un ' uccisione di du e anni
prima. Questi erano i costumi, gli stil i di vita; così si usava tra i cristiani d ' alto bordo. 1 04
Sul sovrano tedesco si addensarono presto nuovi , fatal i colpi del destino, i c u i fil i erano
manifestamente orditi dal lo scaltro papa Urbano. Era stato lui, in realtà, a combinare
nel l 089 il matrimonio tra il 1 7enne Welf V, figlio del deposto re Welf I V, succube del
papa e affamato di territori, e la 44enne Matilde di Tusc ia, unificando dunque i comuni
nemici del l ' im peratore, sia in Germania sia in Italia.
Ma i l peggio doveva ancora venire.
Nella primavera del 1 090 Enrico aveva attraversato i l Brennero con l ' eserc ito e,
come in Germania, aveva operato sulle prime anche in Ital ia con successo, si potrebbe
dire, prendendo per fame città e fortezze dei suoi avversari , conquistando e bruc iando,
sostenuto soprattutto - al di qua come al di là del le Alpi - da religiosi autorevoli e
prestigiosi. Così Mati lde di Tuscia si v i de talmente indebolita e privata di basi impor-
L' imperatore Enrico IV nelle reti di papa Urbano Il 25 1
tanti da decidersi a trattare con l ' imperatore, ormai piuttosto sicuro della vittoria. Solo
l ' abate di Canossa, Giovanni, si dice che avesse impedito la capitolazione del la contes-
sa. Adducendo, come argomenti , "che una pace è in questo momento contraria ai voleri
del lo Spirito santo, in vi sa a Dio padre e al Figlio, e che, per contro, una grande vittoria
sarebbe stata elargita dal c ielo col proseguimento del la lotta". A Roma, intanto, il par- 336
tito imperiale conquistava Castel Sant ' Angelo e quindi la città intera. L' antipapa Cle
mente III v i fece di nuovo ritorno, mentre Urbano I I trovava rifugio, per alcuni anni , tra
i Normanni del meridione. Si ebbe quasi l ' impressione che questo papa avrebbe fatto
la stessa fine di Gregori o VII. 1 0"
Ma poi si voltò pagina e le trame papali com inc iarono a produrre i loro effetti.
Enrico venne sempre più compresso nelle regioni del i ' Italia settentrionale, ricacci ato
oltre la linea del l ' Adige; ed essendogl i sbarrati anche i passi alpini, non poteva contare
su nessun rincalzo né ricevere rinforzi. In più, aumentando tutt ' intorno la defezione, fu
preso dal la disperazione, talché pare fosse trattenuto dal suicidio solo da chi gli stava
più vicino.
Mentre Enrico veniva così isolato insieme col suo papa, Urbano I I - alla fine del
1 093, dopo l ' annoso rifugio trascorso nel meridione d ' Italia - poté rientrare finalmente
in Roma. In novem bre ri mise piede nel la città insudiciata, violenta, in preda alle fazio
ni, spaccata, che nulla aveva più da offrire se non "scene di quotidiani scontri per le
strade, la tirannide di rozzi magnati e la m i seri a di una popolazione mendicante"
(Gregorovius). Solo con la corruzione Urbano II fu in condizioni di prendere possesso
del Laterano. In realtà nessuno dei cardinali e vescov i della sua cerchia aveva abba
stanza denaro, nessuno poteva o voleva sostenere pecuniariamente il pontefice in lacri
me, al quale un certo Ferruccio (incaricato da Clemente III della difesa del Laterano)
aveva offerto la resa a pagamento. Questo passo lo fece un abate straniero, Goffredo di
Vendome, che sacri ficò, piangendo a sua volta, tutto quanto aveva portato con sé dal
suo convento: oro, argento, monete, muli, caval l i , e così finanziò, nel l ' estate del 1 094,
l ' ingresso di Urbano nella residenza dei papi. 1 06
Intanto il figlio di Enrico, Corrado, incoronato nel 1 087 in Aquisgrana re di Germa-
nia, si era staccato dal padre e molte città l ' avevano seguito: una tram a posta in essere
dal clero, senza alcun dubbio. Il giovane pri ncipe, costantemente attorniato da religio-
si, irretito dai prelati, aveva trascorso la sua giovinezza per gran parte in Ital ia, lascian-
dosi persuadere al la ribellione contro i l proprio genitore. Trovò rifugio presso la con
tessa Mati lde, che lo ricevette riconoscente, al i enandolo ancora più dal padre, renden
dolo ancora di più recalcitrante e mediandone il rapporto con papa Urbano. Questi 337
assolse il traditore del padre e lo fece incoronare nel 1 093, nel duom o di Milano, re
d' Ital ia dal l ' arcivescovo Anselmo. Due anni più tardi, a Cremona, Corrado resse la
staffa al papa e gli prestò anche un giuramento di fedeltà, una garanzia di sicurezza; dal
canto suo Urbano volle assicurare l ' impero al giovane rampollo del la dinastia sal ica,
252 Enrico IV (/065 - 1 106) e Gregorio VII ( 1073-1085)
NOTE
Grupp I I I 349
"" Capi t . v. J . 7 8 9 c . 1 6 . Capi t. v. J . 802 c . l l . Dre s d n e r 1 47 . H a l l e r I I 2 5 0 . v. S c h u bert, Geschichte der
christlichen Kirche II 6 2 8
"' P a l l a d . h i s t . L a u s i a c . c . 3 2 . L M A I V 1 1 6 8 ( S c h i l d ) . K o be r, D i e kiirper/iche Zilchtigung 3 8 6 s s . 4 3 6
ss.
"' L M A V 3 5 s . G r u p p I I I 1 3 3 s . H e n t i g I I 1 7 3 . Fra n k furter R u n d s c h a u 2 0 . Febr. 1 9 7 5
"" L M A I V 1 94 8 . Meyer v. K n o n a u I V 1 24 s s . s p e c i a l m e n t e 1 26 s s . M e n z e l I 3 6 0 . We l l e r 1 5 6 . Fries
1 53
1
1" K ii h n e r 8 7 s . K e l l y 1 7 3 ss. L M A V I I I 1 66 5 s . M e y e r v. K n o n a u I V 1 7 7 s s . 1 8 1 ss. 269 s . Gregoro v i u s
1 1! 1 , 1 1 4 s s . H a l l e r I I 3 1 0 s s . 3 2 3 . K ii hner, Das lmperium 1 49 s . J o r d a n , !n l'estiturstreit 5 4 .
Z i m mermann, Heinrich I V. 1 2 8
' " ' K ii h ner 8 8 . K e l l y 1 7 5 s s . LT hK X l 43 1 s. L M A V I I I 1 2 8 2 . Meyer v. Knonau IV 1 9 1 s s . 2 6 5 s s .
G regorov i u s I I/ l , 1 1 7 s s . H a l l e r I I 3 1 3 s .
1m Meyer v . Knonau I I I 62 s s . 1 2 2 s . 3 2 8 , 42 1 , 5 0 9 , I V 203 s s . 4 0 0 s . Zoe p tl 1 02 s s . H o rn 2 5 7 s s .
1 " 3 N o rb. V i t a B e n n o n . 8 . LT h K I I 2 3 4 , 7 9 8 . LMA I 1 9 1 7 I I 943 s . I V 1 94 8 , 2 1 5 9 s . Taddey 1 7 5 s .
" ...di fronte a quest 'enfasi della cosiddetta guerra missionaria, giusta e santa,
che la ricerca odierna ama tanto accampare, si deve dire che ciò è
completamente falso, che i Crociati non hanno effettuato in Oriente
nessuna missione, ammazzando invece massicciamente i musulmani,
oppure accordandosi molto presto sul piano politico.
Nel medio Oriente nessun crociato svolse attività missionarie. La missione
evangelizzatrice fu piuttosto solo una conseguenza, un prodotto delle Crociate:
fu un tentativo di liquidazione spirituale dell ' Islamismo, dopo che la crociata militare
ebbe termine con la totale disfatta della Cristianità."
Peter Kawerau 2
" ...ogni qualvolta godono del patrimonio sacro, nella sinistra reggono lo scudo,
nella destra la spada, meditando di trucidare l ' avversario."
Anna Commena 3
"La crociata fu dunque la guerra del papa ... Il papa sondò e sollecitò la disponibilità,
pronto a predicare, propagandare, organizzare, privilegiare, finanziare.
Doveva prima indurre gli uomini a prendere realmente la croce,
a prestare il giuramento dei crociati. Questo giuramento ...
fu il più importante anello di congiunzione tra papa e crociati. Dava a lui,
in ultima analisi, sempre la possibilità di tenere in pugno le spedizioni crociate ...
Con siffatto giuramento - un atto spirituale che si era sviluppato dalla tradizione
del giuramento dei pellegrinaggi, il pellegrino - sia quello armato sia quello inerme - 339
260
veniva estrapolato dal mondo secolare e trasportato in uno status spirituale a termine.
In tal guisa, il crociato era sottoposto alla giurisdizione ecclesiastica,
in senso positivo come pure in senso negativo. Manifestamente,
il giuramento poneva in essere il tipo giuridico del crociato e della crociata
in modo così decisivo che i giuristi canonici avrebbero poi trattato
l 'intera disciplina crociata, in linea di principio e in modo consequenziale,
sotto la rubrica "de voto (crucis) ".
340 Rainer Christoph Schwinges 4
26 1
Le Crociate del Cri stianesimo, della religione di fatto più bel licista mai esi stita, durano
già da due m i l lenn i . Perché, nella sostanza, le guerre crociate - così chiamate dalle
croci , perlopi ù rosse di colore, distintive dei belligeranti - ebbero inizio già nel mondo
antico, all orché il clero saltò d ' improvv i so sul carro degli imperatori , dei guerrafondai
e dei condottieri di eserciti (l 2 1 6 ss., 258 ss., II 272 ss. , e passinl). Incom inciarono
quando il papato cambiò pel le, tramutandosi a poco a poco in una potenza imperiale
che, attraverso i secol i , generazione dopo generazione, inculcò nelle masse una diversa
percezione psicologica riguardo al l a condizione di belligeranza e di servizio militare,
trasformando i l predicatore della pace e del l ' amore verso i nemici - come se fosse la
cosa più ovvia del mondo - in Imperatore del cielo, nel Dio delle battagl ie, tanto che i
vescovi di Roma diventarono sempre di più i concorrenti dei re e degli imperatori , non
di rado i loro padroni .
Nel VII secolo, con le guerre arabo-bizantine - con cui si fanno talora iniziare le
"pre-crociate" -, l ' imperatore Eraclio (6 1 0-64 1 ) condusse una guerra crociata anche
contro i Persiani, i quali nel 6 1 4 avevano conquistato Gerusalemme, saccheggiandola a
lungo, uccidendo, catturando il patriarca Zacaria, dando fuoco al "santo sepolcro" e
rapinandone le "reliquie". Mentre Eraclio progettava già la sua fuga in Africa, il patriar-
ca Sergio lo persuase alla "guerra santa", consegnandogl i a tal fine il tesoro ecclesiasti-
co. Nel 622 l ' imperatore diede il via alla controffensiva, si riprese l 'Asia Minore e, negli
anni successivi, l ' Armenia e la Cil icia. Dopo una nuova offensiva da parte persiana,
Eraclio annientò nel 627, presso Ninive, l ' intera armata dei Sassanidi, depredò, con
l 'espugnazione dei palazzi reali in Dastgard, colossali tesori in oro, argento, tappeti , ed
entrò trionfalmente in Gerusalemme il 30 marzo del 630. La crociata di Eraclio - dice 34 1
espressamente l ' arcivescovo Guglielmo di Tiro nel XII secolo - era così terminata. 5
Tra le Crociate propriamente dette si annoverano in realtà - così vuole ormai la
tradizione - solo i "pellegrinaggi armati" del l ' Alto Medioevo, dalla Prima alla Sesta e
Settima croc iata di Ludovico il Santo, il quale cadde vittima di un ' epidemi a nel 1 270,
durante la sua seconda e ultima impresa. Vi si aggiungono tuttavia - paral lelamente ad
esse oppure più tardi - altre iniziative bel liche di questo genere : al le cosiddette croc ia
te popolari del XIII e XIV secolo, ad esempio, si associa la "spontanea" crociata dei
bambini, del 1 2 1 2. Si arri va, tra l ' altro, alle operazioni tardo medievali, dal carattere
segnatamente marittimo, in cui, con una coalizione di flotte, si muove guerra alla pirateria
dei Turchi mediante la "superi ore pirateria" dei Cristian i . Col tempo, a partire dal XII
secolo, seguono le spedizioni croc iate al di fuori del l ' Oriente. Si attaccavano, ormai,
non solo Mongoli e Russi, ma anche avversari politici del Papato, i Norm anni del
meridione d ' Ital ia, l ' i mperatore degli Hohenstaufen Federico II di S i c i l ia, i suoi suc
cessori , e i Ghibellini, sempre presenti in Italia. E si dava insieme la caccia, con spedi
zioni tanto sanguinose quanto necessarie alla salvezza delle anime, ad altri cristiani
definiti "eretici". 6
262 La prima Crociata (/096-1099)
In anni recenti i l mondo delle Croc iate è stato scrutato con crescente attenzione sul
piano scientifico; ma tutto questo lavoro si è "svolto al di fuori del la storia della Chie
sa", come deve riconoscere Hans Ktihner. I teologi cattol ici, i nfatti, preferiscono tacere
su ricerche del genere. Oppure trasfigurano la realtà dei massacri. Oppure ne addossa
no la colpa su altri . . . tutti procedimenti apologetici assai in voga.
La denom inazione di "crociata", speci fica per guerre di aggressione di "pellegrini"
armati, venne i n uso non prima del secolo XII e XIII. Di guerre "sante", tuttavia, la
Cristianità ne aveva fatte già prima, moti vandole e giustificandole con le curiose
argomentazioni del santo Agostino sul tema del la "giusta guerra". E già nel IX secolo,
sotto i papi Leone IV e Giovanni VIII, a tutti quanti cadono in battaglia per la Chiesa,
com battendo contro i Musulmani o contro i Normanni (essi pure cristiani), viene pro- 344
messo e assicurato i l compenso della v ita eterna (V 1 77 s., 265). Durante il secolo X, i l
clero fa analoghe promesse di salvezza nei territori della Franconia orientale in riguar-
do al genoc idio degli Slavi.
Il primo papa a lanciare appelli, i n vero caduti nel vuoto, per una spedizione crociata
in Oriente, fu Sergio IV ( l 009- I O 1 2), celebrato ancora oggi da un cattolico critico
264 La prima Crociata (1096-1099)
come "papa caritatevole e amante della pace". La l otta, scriveva il pastore, è rivolta "ai
nemici di Dio", trattandosi "non di un m isero regno terreno quanto piuttosto del l 'eter
no Iddio". Che tutti avevano i l dovere di difendere, se volevano guadagnarsi i l cielo (p.
68 ss.). 9
Ma che cosa portò alle Croci ate de l i ' alto medioevo, a quelle cattoliche esplosioni di
violenza che si sono defi nite sia come ultima invasione barbarica e fal lita aggressione
di gigantesca dimensione, sia come imponenti assalti militari del papato, q uindi de
scritti come la più romantica di tutte le avventure cristiane?
Esiste, per rispondere al q uesito, una serie di motivazioni chiare e l ampanti . N iente
sarebbe più errato di una spiegazione monocausale; quella, poniamo, secondo cui que
ste sanguinose operazioni non sarebbero state nulla di più e di diverso che guerre a
vantaggio della fede, m issioni fatte con la spada, una sorta di espiazioni, perlopiù mor
tal i , per amore di Dio e delle anime.
Richiamiamoci brevemente alla memoria la generale situazione pol itica e sociale.
Sul dec l inare del primo Medioevo i l papato si trovava coinvolto nelle sue prime,
ancora imprevedibili, strategiche lotte con l ' impero. In Europa queste ebbero subito
come contraccolpo un ' i ndescrivibile miseria. Ma non erano soltanto la c orona e la tiara
a lottare tra l oro; anche i papi al loro interno, e così pure i vescovi e g l i abati; ne l i ' ari
stocrazia laica imperversavano le faide, giacché si facevano con molta pi ù frequenza
guerre tra fratel l i e guerre civili che guerre contro i pagan i . In sintesi, l ' Occidente
som igl iava moltissimo ad un i mmenso campo di battaglia, su cui soprattutto i cristiani
si laceravano e si dissanguavano a vicenda. L' Europa i ntera rappresentava un unico
focolaio di crisi e di catastrofi : spargimenti di sangue, ribellioni contadine, epidem ie,
carestie . . . la fame, si tenga presente, era una realtà universale, pressoché costante.
Tutta l ' Europa rischiava (fatto fin q u i troppo poco considerato, sottolinea giustamente
345 Friedrich Heer) di "crollare su se stessa sotto i l peso e la proliferazione dei pi ù grav i
conflitti". Perfino nella piccola patria francese di Urbano II, fin dali 'epoca dei Merovingi,
la nobiltà cristiana - predatoria, sanguinaria, assetata di guerra, come la definiscono i
cronachisti - decimava se stessa e i suoi sudditi in faide interm inabil i . 1 0
E dunque la guerra, come avviene perlopiù in casi s i m i l i , costituiva l a "ultima ratio"
del l a politica. Ma ora è g iunto il momento in cui i cavalieri cristiani non devono pi ù
massacrarsi vicendevolmente; è i l momento di mettere invece la loro spada al serv izio
della Chiesa. Di guerre g iuste - ritiene Guiberto, i l futuro abate di Nogent ( morto nel
1 1 25 ) , rinchi uso in convento appena dodicenne - di guerre fatte per il bene comune,
contro i pagani , a protezione del l a Chiesa, ce ne sono state anche prima. Tuttav ia, dal
momento che queste pie final ità vanno scemando dappertutto, da quando la bramosia
di possesso dom ina i cuori, "Dio stesso ha istituito per i l nostro tempo le guerre sante,
affinché il ceto cavalleresco e i l popolo volubile, dopo aver versato i l l oro sangue da
entrambe le parti alla maniera pagana, avessero una nuova via per conquistarsi la sal-
Moventi della crociata 265
vezza. Costoro, dunque, non hanno bisogno di scegl iere l a vita monastica . . . bensì ,
mantenendo la consueta l ibertà e i l l oro tradizionale abbigliamento, possono ottenere
la grazia di Dio esercitando i rispettivi mestieri ".
In tal senso predicano anche altri contemporanei religiosi, arringando le masse. Ad
esempio, l ' abate Roberto di Saint-Remi di Reims, partecipante lui stesso alla c roc iata,
rampogna così i caval ieri : " Voi vi mordete e l itigate a vicenda, fate guerra e vi uccidete
con reciproc i ferimenti. Fate che cessi una volta l ' odio tra di voi, taccia i l l i tigio, ripo
sino le ann i . . . Correte piuttosto a liberare il santo sepolcro ! " Altrettanto pensa Balderico,
vescovo di Dol-de-B retagne (morto nel 1 1 30), che dà degli assassini ai nobil i , oppres
sori degli orfani e delle vedove, ingi uriandol i come profanatori sacri legh i, violatori del
diritto, gente che cerca la sua mercede per il sangue cristiano versato : "Se volete salva
re le vostre anime, al lora dovrete o smettere il mestiere del le arm i o farvi avanti ardita
mente, quali milites Christi, accorrendo al la difesa della Chiesa d ' Oriente". 1 1
L' alta nobil tà - re, duchi, conti - agogna naturalmente, per mezzo dei territori an
nessi in Oriente, ad un accrescimento del proprio potere, un ingrandimento del le pro-
prie proprietà e del le proprie entrate: "ere unde guot". Perciò si trattava, presumibilmente, 346
di molto più che della tom ba di Cristo. E, molto verosimi lmente, si sapeva che col papa
le cose non andavano diversamente. Anche i piccol i signori feudal i - i cavalieri - cer
cavano in Oriente terre e contadini serv i della gleba; tanto più che in patria, in conse
guenza del la successione ereditaria individuale, del la consegna del feudo al figlio pri
mogenito, ai secondi , terzi e quarti figli non sarebbe spettato nessun terreno, ed erano
spesso costretti a sbarcare il l unario come caval ieri predoni (un fol le pleonasmo, cer
to ! ). Il dissodamento e la bonifica di regioni boschive ancora l ibere comportava lavori
lunghi ed estenuanti; parte del ceto caval leresco era fortemente indebitata ed aveva
interesse a sfuggi re ai creditori . Molti , per potersi riannare, dovevano mercanteggiare
alla svelta sulla loro proprietà "del che profittò soprattutto la Chiesa, in quanto conven-
ti e vescovati offrivano prontamente i l denaro" (Oidenbourg).
Vi erano in più importanti motivi economici. A favore delle croc iate, ragioni di po
litica commerciale svolsero un ruolo da non sottovalutare. Già nel l 087 i Pisan i, soste
nuti dal la Chiesa e scortati dal vescovo di Modena (insieme con l ' arcangelo Gabriele e
san Pietro, comparsi appena in extrem is sul campo di battagl ia) espugnarono la città
islamica di Media, in Tuni sia. Vi ucci sero i "sacerdoti di Maometto" e saccheggiarono
la moschea; non poco dell ' oro, dei manni e della porpora ivi rapinati venne ad ornare
la cattedrale di Pisa, che si cominciò ad edificare appunto negli anni successivi.
II sacro e i l commercio andavano d ' amore e d ' accordo, come ai nostri giorni. In
quel tempo, si trattava soprattutto del l ' apertura di vecchie vie commercial i , bloccate
dalle dinastie musulmane di Selgiuchidi e Fatimidi, da parte soprattutto di Genova,
Pisa, Venezia. Le qual i cercavano di spezzare altresì il predom inio di commercianti
bizantini nel Mediterraneo orientale, provandosi ad istituire sulle sue coste succursali
266 La prima Crociata (1096-1099)
che servissero da base (cosa possibile soltanto con la forza), presagendo enorm i profit
ti. Perciò molte città italiane presero parte a queste guerre " sante", trasportando schiere
di crociati oltremare e fornendo aiuti e rinforzi in arm i ed approvvigionamenti . Tra
sporti di truppe e di materiali diventarono così devoti pellegrinaggi . Aspetti mil itari,
commerciali e religiosi erano intrecciati e interagivano inestricabilmente, come quasi
sempre nel la storia. 1 2
347 M a ora per l a prima volta, d a q uando l ' Occidente era stato cristianizzato, a combat-
tere non fu soltanto il mondo feudale; per la prima volta scendevano in guerra quasi
tutti i ceti del la popolazione, e affluivano in più masse di contadini che impugnavano le
arm i : un fatto di cui gli apol ogeti (quasi fino ai nostri giorni) esultano e si esaltano.
Eppure le ragioni di q uesta mobilitazione di genti povere e poverissime sono piuttosto
umil ianti . In realtà, nel secolo XI, con l ' accresci uto potere cristiano cattolico, l a grande
maggioranza dei lavoratori agricoli divenne schiava della gleba, oggetto di sfruttamen
to intensivo, dato che l a l oro terra era sempre più spremuta, sterile, oppure devastata da
scorrerie, da faide e cacce. La gente del contado cercava perciò scampo dai padroni sia
laici che ecclesiastici , migrando nelle città o verso l e regioni orientali ; a c iò si aggiun
geva che da gran tempo, in Europa, si moltipl icavano v ieppiù cattiv i raccolti, carestie,
epidemie su vasta scala. Solo tra il 970 e i l l 040 si contarono 48 anni di fame. Anche
nel 1 094 imperversò una carestia e scoppiarono disordini. E proprio i l periodo imme
diatamente precedente l ' inizio della prima Crociata fu segnato ininterrottamente, spe
c ialmente in Franci a (la cui popolazione, come quell a di alcuni stati limitrofi , era au
mentata fortemente, con sempre scarsi raccolti), dal la miseria del le m asse oberate dai
debiti , dal la disperazione dei diseredati e dei reietti. I quali furono disposti a seguire
tanto più faci lmente, cedendo alle lusinghe, i loro rel igiosi persuasori , ora che poteva
no andarsene anche contro la volontà dei loro padroni. 1 3
Tuttavia, mentre per i ceti superiori si tratta in prevalenza o esclusivamente di espan
sione, di aumento di potere, di principati, città portuali , di basi mercanti l i , di denaro (in
cui ovv iamente concorre l ' antica gioia di q uesti cristiani nel conquistare, sottomettere,
rapinare e uccidere), le masse sperano solamente di migliorare la loro situazione m ate
riale, comunque miserabile, e tuttav ia se proprio così dev ' essere (e così doveva essere)
vanno incontro alla catastrofe anche per vuote parole d ' ordine, per frasi di qualsiasi
provenienza, per così dire lietamente, con totale abbandono in più, con una prim itiva,
superstiziosa devozione. In realtà, i piccoli crociati del Medio Evo - i "mi l i tes Christi "
- non possono davvero aspettarsi terre, poderi , onori , dato che tutto ciò è riservato ai
l oro capi , ai loro seduttori . In compenso, certo, fiorisce per loro - e naturalmente anche
per gli altri - la "salvezza e l 'eterna felic ità", la "abbagliante corona del cielo", come
348 cantano nei loro inni in lode della croce. Nei quali inni , significativamente, i poveri
v i llani non parlano mai di croc iata, tanto meno di guerra, ma solo di "viaggio", di
"pellegrinaggio", di "viaggio a Gerusalemme", di processione nella "terra promessa di
Moventi del/cl crociata 267
Cristo", insomma di reale "traghetto nel regno dei ciel i " (Nelle future epoche e spedi
zioni, assai più evolute, le masse moriranno magari per i l "padre imperatore", oppure
per "Ftihrer, popol o e patria", dietro cui si celano ancora e sempre le Chiese).
Ma un movente principale per le Croci ate, almeno verso l 'esterno, fu il fanatismo
fideista, attizzato dai preti, fatto divampare dal l a l oro brama di potere. Le guerre cro
ciate vennero difatti iniziate quali guerre per la fede. Il disegno era quello di convertire
i musulmani al Cristianesimo e di dar vita in Oriente a nuovi vescovati, sotto i l dom i
n io del papato. In questo si manifesta, senza dubbio, anche l 'esempio luminoso del le
guerre per la fede in Spagna, che colà facevano ormai parte della vita quotidiana. Quando
l ' imperatore Alessio I di B isanzio sol lecitò Urbano II ad aiutarlo contro i Turchi che
conquistavano vaste regioni del l ' Asia Minore, Urbano allargò senz'altro l ' impresa per
una croci ata contro gli "infedeli", checché si potesse intendere con questo termine. I l
fatto è che a Roma - per certi aspetti ! - si pensava sempre in modo unionistico, colti
vando uno spirito "ecumenico"; dopo lo scisma della Chiesa d ' Oriente, manco a dirlo,
era aumentata di continuo l ' osti lità nei confronti di B isanzio. E, di fronte al la debolez
za del l ' Impero c ristiano d ' Oriente, si tentava di riguadagnarlo con spedizioni armate e
di soggiogarlo di nuovo al papato. 1 4
A Costantinopol i , per la verità, imperatore e c lero sospettarono fin da princ ipio che
le croc iate fossero destinate a distruggere solo l ' impero di B isanzio, per sottomettere a
Roma la Chiesa ortodossa; ragion per cui ri tenevano i "sedicenti cristiani" dell ' Occi
dente molto più pericolosi dei Musulmani . Il che, v isto nel l ' insieme della situazione,
non era affatto sbagliato. Nella realtà, tuttavia, il messaggio lanciato da Urbano II alle
fol le diceva esattamente l ' opposto : " . . . diventate cavalieri di Cristo e accorrete a difesa
del la Chiesa orientale, che disti lla sulle vostre labbra il latte del la parola di Dio".
Durante i l conc i l i o di Piacenza, nel marzo del l 095 , una delegazione del l ' imperato
re bizantino Alessio Commeno I aveva sollecitato aiuti m i l itari dali ' Occidente: si dice-
va per difendere i Cristiani, ma in realtà al fi ne di riconqui stare l ' Anatolia occupata dai 349
Selgiuchidi . Di fatto i l fondatore della dinastia dei Com meni - prima che il suo rappor-
to con i crociati latini si ribaltasse in osti lità - grazie alla prima Crociata riguadagnò
alcuni territori dell ' Asia Minore. Così facendo, il papa, mostrandosi tanto soccorrevo le,
pensava al la "ri annessione" della Chiesa d 'Oriente, separatasi da Roma nel l 054, met
tendo a sua volta in forte risalto, nel l ' assemblea chiesastica di Clermont-Ferrand, la
conc lamata persecuzione dei Cristiani in Oriente. "Si può dire che, da questo momen-
to, la croc iata divenne il pensiero dom inante del la politica estera papale, e tale restò
d ' al tronde almeno fino al tram onto del Medioevo" (Aziz S. Atiya). 1 5
268 La prima Crociata (1096-1099)
Nel grande Concilio di Clermont-Ferrand ( 1 8-28 novembre 1 095) - nelle fonti definito
di regola come "generale conc i l i um" - i l papa si affrettò, come riferisce Guglielmo di
Tiro, a recar soccorso "alla Chiesa prossima al naufragio . . . e a ripristinare l a pace che
era scomparsa dal mondo". Con una guerra, naturalmente; per la quale egl i inc itò per
fino i briganti a farsi soldati di Cristo.
Il Padre Santo tenne la sua famosa predica: "il discorso più gravido di conseguenze
della storia medievale" (Wi l l Durant), del q uale esistono quattro relazioni , il 27 no
vembre, il giorno prima del l a chiusura de l i ' assemblea, davanti a 1 80 partecipanti uffi
ciali al Conc il io, provenienti perlopiù dalla Francia, oltre che di fronte ad una enorme
folla (ragion per cui si tenne eccezionalmente l ' adunanza all ' aperto). La "c ittà santa",
vera "culla del la nostra salvezza" - così suonò il procl ama del "molto eloquente" pon
tefice - era caduta nel l a mani degli infedeli per i peccati dei suoi abitanti. " I l popolo
empio d ei Saraceni calpesta i l uoghi santi , che sono stati calcati dai piedi de l S ignore . . .
350 I cani sono penetrati nel santuario . . . l a c ittà di Dio è costretta a pagare i l tributo. Di
fronte a questo sacri legio quale anima non si scioglierà, quale cuore non si sentirà
struggere? Cari fratelli, chi può udire queste cose ad occhi asc i utti? Il tempio del Si
gnore . . . è ora diventato sede del diavolo . . . i luoghi venerabi l i sono trasformati in
stazzi di pecore e stalle. Al nobile popolo vengono strappati i figli . . . e q uando si
oppongono agl i ordini infami , vengono m acellati come bestiame, questi compagni dei
santi martiri. Per i profanatori del tempio è indifferente qualsiasi l uogo, qualunque
persona; costoro ammazzano i sacerdoti nel santuario". E Sua Santità, dopo aver sca
gliato ripetute grida di dolore, giunge alla fine alla pia conc lusione, alla provvidenza
foriera di pace. "Impugnate dunque le armi con la passione di Dio, cari frate l l i , c ingete
le vostre spade ai fianchi, fate i vostri preparativi, siate figli del l ' onnipotente ! In verità
è meglio morire i n battaglia . . . ", eccetera eccetera. In compenso c i saranno poi , ancora
in questa vita, remissione di debiti, ricco bottino; e nella vita futura, perdono dei pecca
ti e interminabile giubilo in paradiso.
Dopo siffatta omel i a - scrive Gugliemo di Tiro - "il marito si separò dal la moglie, la
donna lasc iò i l suo uomo, il padre si staccò dal figlio, il figlio dal padre", per potere, se
guendo il comandamento del signor pontefice, portare finalmente sui loro i ndumenti
"il simbolo benefico della croce salvifica e d ispensatrice di vita". 1 6
Già, davvero "vivente" t i fanno i predicatori d i morte ! I flagelli di D i o ! I massacratori
di massa operanti nel l a quiete de l i ' anima . . . sempre generosi nel prospettare del i zie
celesti , prodighi nel dispensare promesse che mai hanno avuto bisogno di mantenere.
Coi beni di questo mondo, intanto, le cose andavano alquanto diversamente. Certo è
che i caval ieri del la croce, e chiunque si decideva a partire, avevano magari la possibi-
"l cani sono entrati del santuario . . . " 269
lità di guadagnarsi - in quel remoto paese - anche certi beni di fortuna. Intanto, però,
durante i l loro grande "pellegrinaggio" - chiamato passagium generale (a differenza
dal pellegrinaggio indiv iduale, passagium parvum) - costoro dovevano fare atto di
espiazione per la l oro vita malvagia, per ucc isioni e rapine compiute. E lo facevano
ammazzando e saccheggiando di nuovo; solo che ora lo facevano appunto nel modo
corretto, con l ' approvazione papale, anzi , con l ' assicurazione del la vita eterna, qualora
ammazzando gli infedel i fossero caduti essi stessi . "Questo lo garantisco io a tutti quanti 351
si preparano al l ' impresa, i n forza del potere di Dio, del quale sono i l v icario", gridò
Urbano I l nel suo discorso. Analogamente ribadì il concetto anche nel suo appello per
la città di Tarragona, ai conti e ai cavalieri di Catalogna: "Chi cade in questa campagna
per amore verso Dio e dei suoi fratel l i non dubiti che troverà la rem issione dei suoi
peccati e la v ita eterna, secondo la mi sericordia di Dio".
Anche questa era tutt ' altro che una novità. Assicurazioni del genere si conoscevano
da lunghissimo tempo. Esistevano per esempio nel mondo islamico, che garantiva al
combattente per la fede, subito dopo la morte, l ' immediato ingresso in paradiso, ovve
ro in un allettante luogo di del izie descritto assai sensualmente. Così si dice infatti nel
Corano, che l iquida la vita terrena come un "ingannevole usufrutto" in questi term i n i :
"Considerate coloro c h e sono stati uccisi per la causa di D i o non come defunti ; piutto
sto, essi vivono presso il loro Signore, provvisti di tutto e pieni di gioia per quello che
Dio ha loro concesso nella sua grazia . . . ". Già alla vittima islamica per la fede viene
quindi garantita una celeste rem unerazione; col primo versamento di sangue, che ab
bandona il corpo del "marti re", costui vede perdonati i suoi peccati , è immune dal la
punizione del la tom ba e vede davanti a sé i l suo posto nel l ' aldilà. 1 7
La Chiesa ricoperse letteralmente i m i l iti crociati di favori e vantaggi, di quel l i che
ad essa costavano i nvero pochissimo, ma che per i destinatari costavano perlopiù un
prezzo assai caro. Tra i più importanti tra questi doni funesti troviamo l ' i ndulgenza dei
peccati , e preci samente una rem issione totale, "perfetta", come l ' aveva annunc iata già
Urbano I I a Clermont (''pro omni poeni tentia"); ma ne fanno parte anche esenzione dai
tributi , immunità dai tribunali ordinari , protezione da persecuzione a causa di debiti
anteriori alla crociata, scomunica autom atica per tutti quel l i che toccassero i l crociato
stesso o la sua proprietà, tra l ' altro. "Il soldato crociato veniva accolto, per così dire,
nella "fam i lia" del papa" (UI Imann). Ossia nel la fam iglia dei mori turi . Ave, Caesar . . .
Al l ' occasione i papi impartivano indulgenze crociate anche alle mog l i dei crociati,
ai predicatori della croce, perfino agl i ascoltatori delle prediche. Significati vo, d ' al
tronde, ch e l ' i ndulgenza (absolutio, condonatio, relexatio, remissio, venia) fosse un' in
venzione deli 'alto Medioevo, rappresentando "un ' autentica inedita creazione nella storia
dei dogmi", ed essendo interpretata come "una risposta creativa ad una costellazione di 352
nuovo genere" (Lexikon fur Theologie und Kirche). In realtà, le indulgenze erano state
concesse la prima volta nel secolo XI dai vescovi del sud del la Francia e del nord del la
270 La prima Crociata (1096-1099)
Spagna; le prime indulgenze totali dai papi Alessandro II ( 1 063) e da Urbano II ( 1 095),
i quali accordarono l ' indulgenza perfetta, con molta generosità, ai partecipanti alle
crociate. Ma chi, detto per inciso, agogna una defini zione precisa del l ' indulgenza, chi
non rifugge da illuminazioni teologiche e non paventa combinazioni e confusioni vera
mente demenzial i , se ci tiene a saperne di più (quanto più ampia la spiegazione, tanto
più si accende il cervello), non s i faccia mancare le rel ative enciclopedie. 1 8
Di tanto i n tanto anche gli esattori dei soldi per l e crociate ottenevano i ndulgenze.
Non più del gi usto, ma sicurissime. Perché le entrate della Chiesa aumentavano quanto
più sangue scorreva. Anzi, rivelandosi a poco a poco quasi incalcolabile il fiasco m i l i
tare d e i "pellegrini in armi " . . . ebbene, per i l papato le stragi che si protraevano i l
secolo successivo e l ' altro ancora si trasformarono i n u n successo finanziario colossa
le: grazie alle offerte volontarie, raccolte specialmente dai monac i ; grazie alle cosid
dette indulgenze dell a croce - uno dei titoli più lucrativ i nel l ' amministrazione finan
ziaria del la curia - e ai versamenti pecuniari che l i beravano dal i ' obbl igo di partecipare
attivamente alle crociate, garantendo tuttavia, a chi restava a casa, le stesse identiche
beatitudini elisie promesse al combattente. Successo anche più grande ebbe in certo
qual modo il rubi o, che affluiva mediante tasse obb l igatorie in tutto l ' Occidente, che
assai spesso fu dilapidato fraudolentemente per tutt ' al tri fini e che si continuò ad incas
sare anche quando furono term i nate le crociate vere e proprie.
Ma cosa non si era mai disposti a fare per la salvezza del l a propria anima! E la
Chiesa faceva l ' impossibile per appagare questo sogno di salvezza. Era tutto così sem
pl ice: si pagava (se si aveva i l denaro) e i l versamento dei quattrini - ovvero, come alla
fin fine sarà detto per burla, i l "vangelo dei quattrini" - ti assicurava i posti più bell i
"lassù", garantendoti l e più splendide grazie divine; i n tal modo s i potevano estendere
le fac i l i tazioni de li ' i ndulgenza anche a parenti e fam i l i ari defunti, continuando coi ver
samenti , s ' intende. Ma sì, si poteva avere qualsiasi cosa; si poteva astutamente sbaraz
zarsi del purgatorio, del l ' inferno, raggirando ovviamente il diavolo; tutto era letteral
mente in vendita: remissio peccatorum, vita aeterna, salus perpetua . . . tanto che l a
353 faccenda divenne " i l più lucrativo di tutti g l i affari commerciali", prospettandosi i n un
"diritto giuridico al regno dei cieli : fu questa la meta finale di tutti i croc iati , che in
effetti la Chiesa fece sperare a tutti" (Kawerau). 1 9
Al centro del l ' irresistibile istigazione di Urbano II si col loca l ' asserzione c h e l a
Chiesa cristiana fosse vittima di oppressioni e persecuzioni in Oriente. In realtà i Cri
stiani non avevano di che lamentarsi nei paesi orientali. Pagavano tasse molto m inori
che sotto i governatori di Bisanzio. Godevano di l ibertà di culto, non erano oggetto di
persecuzioni; e quando poi sopraggi unsero i crociati , i cristiani v issero sotto i Turch i
molto p i ù volentieri c h e sotto i Franchi. Eppoi , fino all ' epoca del l ' imperatore Alessio
l, mai si sognarono di chiedere aiuto all ' Occidente, come dal 1 095 affermavano d i
.
continuo i predicatori della crociata. È vero che n e l l 099 al-Hakim , i l fol l e cal i ffo
"l cani sono entrati del santuario . . . " 27 1
fatimide d ' Egitto - capace di perseguitare i suoi stessi correligionari , essendo del resto
figlio di una cristiana - fece distruggere la chiesa del sepolcro a Gerusalemme. Ma del
resto, benché il fatto passasse sotto silenzio, suo figlio Kal i f al-Tahir la fece ricostrui
re ! E ogni qualvolta bande di briganti importunavano gruppi di pel legrini occidental i ,
il c h e accadeva di rado, accadeva anche c h e proprio dei reparti islamici accorressero in
aiuto dei pellegrini vittime di agguati !
Anche per altri aspetti, comunque, i l papa non mostrava grande ri spetto per la veri
tà. Per fare un esempio, anticipò lo s logan nazista del "popolo senza spazio", qui rife
rito invero ai Frances i : "la terra che voi abitate, stretta da tutte le parti tra i mari e le
montagne, comprime la popolazione troppo numerosa". Certo, quel la popolazione era
aumentata ma, d ' altra parte, la Francia contava all ora appena 1 5 m i l ioni di abitanti .
Eppure il papa - lui stesso francese, e parlando francese (e non latino) alle masse
doveva conoscere bene la m iseria econom ica del popolo, l ' inquietudine dei ricchi a
causa di continui furti ed incendi, mentre esaltava la Palestina come una terra da dove
sgorgavano latte e m iele. Così , al l ' adescamento della ricompensa terrena si aggiunge
va a puntino l a mercede celeste, quella più preziosa ed insieme più a buon mercato. 20
Era dunque somm amente desiderabile per Urbano che l ' attenzione generale venisse
distolta dai propri stracci e dal la propria m iseria e che l ' incessante spargimento di 354
sangue tra i Cristiani venisse arginato, e possibilmente fermato del tutto, a favore di
uno ancora maggiore, certamente più lucrativo. Perciò rivolse anche ai cavalieri questo
appello: "Voi che rapinate vedove ed orfani , che opprimete gli innocenti , che riempite
e disonorate le chiese con tram busto di arm i e portate il cinto del la caval leria solo come
segno che siete abituati a proteggere non la Chiesa e i suoi servitori , come avete fatto
voto, bensì a devastare la stalla del salvatore, a sbranarv i tra di voi . . .
"
Chi fino ad al lora aveva condotto faide private contro i fedel i , doveva ora abbattere
gli infedeli, chi si era dedicato al brigantaggio, diventare soldato. Questo era l ' ordine
del papa. Pertanto Urbano II rilasciò una speciale disposizione a protezione del patri
monio del crociato, nonché un canone riguardante la spec iale "indulgenza per la cro
ciata"; e promulgò di nuovo la "Tregua Dei", ossia la sospensi one o l ' arm i stizio di Dio,
che, da mercoledì sera al l unedì mattina di ogni settimana, proibiva, sotto pena del
bando ecclesiastico, la violazione della pace fra i cristiani. Pace ai Cristiani, guerra agl i
altri ! Così, e solo così, la Chiesa militante intese sempre nella sostanza, a partire da
Costantino, il suo vangelo (" . . . e pace in terra agl i uomini di buona volontà": chi sia di
buona volontà, è essa a stabi lirlo: cfr. p. 225 ).
"Possano oggi quell i che in passato hanno condotto delle faide contro fratel l i e pa
renti , intraprendere finalmente la lotta contro gli infedeli, come si conviene ! " : fu l ' in
vocazione del papa che incitava a mettersi in marc i a quanto prima, non trascurando di
nominare Dio come "guida" : "non io, bensì i l S ignore prega ed incita . . . è Cristo colui
che comanda" (cfr p. 206). Era i l giorno del la festa del l ' Ascensione quel lo in cui tutto
272 La prima Crociata (/096-1099)
doveva cominciare . . . e infatti per molti sarebbe divenuta un ' impresa rischiosa.
L' obiettivo vero e proprio della guerra di Urbano era l a " liberazione" del l ' intera
Chiesa cristiana d 'Oriente. A tal fine egli recl utava truppe. Ma poi egl i addusse a pre
testo più la sua preoccupazione per l ' incolumità dei pellegrini - che fino ad allora non
potevano essere armati, un precetto che egl i abbandonò del tutto -, simulando ansi a e
affanno per i l "santo sepolcro", per Gerusalemme. 2 1
Gerusalemm e !
Menzionata g i à d a quasi quattromila anni , conquistata d a Davide e d a Nabucodonosor,
distrutta da Tito, la città era divenuta - sotto i l dominio dei c ristiani ( 330-638) - un
355 autentico polo magnetico di pel legrinaggi , dotata com ' era di un arsenale letteralmente
vertiginoso di reliquie, non ultime le "reliquie di Cristo"; dalla colonna della flagellazione
con numerose impronte del volto e del corpo di Gesù, alla corona di spine e al calice
del ! ' ultima cena, fino alle div ine impronte dei piedi lasciate sul Monte degli ulivi pri
ma del l ' ascensione al cielo . . . tutte cose integrali , assolutamente autentiche (III 279
ss., 289 ss.).
Purtroppo questi e m i l le altri sacri tesori erano caduti sotto i colpi della bufera ara
ba; nel 638 Gerusalemme cadde in mano del califfo Ornar, secondo successore e co
gnato di M aometto. Nondimeno, i l "comandante dei fedel i " diede vita ad un regime
moderato, lasciando che vi facessero ritorno anche gli Ebrei, banditi da Gerusalemme
durante l 'egemonia cristiana. E ancora all ' inizio dell ' X I secolo sia Ebrei che Cristiani
usufruivano del l o stato di c ittadini protetti (dimma}, che i l diritto islamico concede ai
seguac i di religioni monoteistiche, i qual i potevano anzi raggiungere alti gradi nel
l ' amministrazione e a corte. Soltanto a partire dal 1 008- 1 009, sotto il califfo al-Hakim,
si verificarono repressioni, confische di beni ecclesiastic i , giungendo ali ' esproprio e
alla parziale distruzione di parecchi templi e conventi cristian i , tra cui la chiesa del
Sepolcro; m isure che, a onor del vero, vennero presto nuovamente annullate.
Ma i l papa faceva ormai propaganda per la riconqu ista di Gerusalemme.
Gerusalemme, tuttavia, non era mai appartenuta alla cristianità del l ' Occidente ! E da
quando, i n quell ' i nvernale febbraio del 638, i l califfo Ornar era entrato nelle sue mura
su un cammello bianco, la c ittà era sacra anche all ' Islam , tanto che la sua moschea
sulla collina è uno dei grandi santuari islamici. Ciò nonostante, anche i successivi papi,
predicatori e cronisti parlano senza tregua di Terra S anta in quanto "retaggio tramanda
to" del S ignore, che si tratta pur sempre di riconquistare, o magari di difendere.
Il papa sosteneva, in più, che i pellegrini occidental i erano impediti dal frequentare
356 i l uoghi "santi". In realtà, questo non era mai accaduto per opera dello Stato i slamico.
Campa�na d' odio e propa�anda hellicista dei cristiani 273
Era infatti ovvio che i cristiani del ! ' Occidente potessero recarsi in pellegrinaggio a
Gerusalemme, perfino nel V I I secolo. Appena tre decenni dopo che gli Arabi ebbero
conquistato Gerusalemme, ne1 637, i l vescovo Arculfo di Perigueux si reca in Palestina
e soggiorna quasi due anni nel la città. In seguito Carlo "Magno" vi fa costruire ostelli
per pellegrini ; e i fedel i in pellegrinaggio dali ' Europa occidentale studiano nella bi
blioteca del tempio di Maria. Sempre a Gerusalemme era sorta una casa di cura per i
visitatori . E vi si poterono edificare monasteri cristiani e stanziare ingenti donazioni.
Nel l ' 869 i l patri arca di Gerusalemme, Teodosio, scrive al patriarca Ignazio di
Costantinopoli che i Saraceni sono molto equanimi e tolleranti, e non molestano i cri
stiani in nessun modo. Nel secolo X i l vescovo Corrado di Costanza fa tre viaggi a
Gerusalemme e sei volte vi si reca i l vescovo Giovanni di Parma. Dato che il fl usso di
pellegrini dal l ' Occidente non s ' interruppe m ai completamente, proprio durante l ' XI
secolo cominciarono veri pel legrinaggi di massa nel la Città Santa, sotto la direzione di
vescovi, abati, compresi prìncipi laici da Germania, Francia, Inghilterra. Ancora nel
1 064 si recarono nei paesi d'Oriente - e furono allora eventi di grande risonanza
l ' arc ivescovo Siegfrid I di Magonza, nonché i vescovi Gunther di Bamberga e Adelbero
di Wiirzburg, 22
Certo, i cristiani erano a Gerusalemme soltanto cittadini di seconda classe, degrada
ti soc ialmente e politicamente, essendo obbligati a versare speciali tributi. Non era loro
consentito di costruire nuove chiese, non potevano trattenere nessuno dal i ' apostasia né
portare costumi e acconc iature uguali a quel l i dei m usulmani . Godevano purtuttavia di
una (condizionata) libertà di culto. Sotto il regime islamico la Chiesa copta in Egitto
poté addirittura rigenerarsi ; grazie ali ' Islam i monofisiti vennero protetti dagli aborriti
Greco-ortodossi ; e i Giacobiti di S i ria, in questo periodo, pare disponessero di oltre
cento sedi vescov i l i , mentre i cristiani di S i ria avevano assunto da tempo alte cariche
onorifiche presso i prìncipi m usulmani. Il Nestori anesimo completò la sua fioritura e
inviò missioni fino in Egitto, India e Cina orientale. 2 3
Gli imperatori bizantini, per contro, avevano per secoli um iliato e perseguitato ac- 357
canitamente - in quanto "eretic i" - i dissidenti cristiani organi zzati nel le Chiese nesto
riana, giacobita e copta. Sotto g li Arabi, invece, quei cri stiani godevano di tol leranza
rel igiosa, al pari degli Ebrei. Eppoi ai musulman i , che per questo non dovevano certo
temere per la loro egemonia mondiale, essi erano tenuti a pagare meno tasse che ai
bizantini. Solo di rado tale pac ifica coesistenza veniva intaccata o messa in discussio-
ne; raramente vi furono molestie. Prosperavano invece scambi commerciali coi paesi
cristiani d ' oltremare e, con l ' andar del tempo, i l benessere si stabil izzò e crebbe a
Gerusalemme proprio grazie alle visite dei pellegrini dali ' Occidente. 24
Dal Corano, è vero, I ' Islam aveva imparato la "J ihad" intesa come "guerra santa",
senza tuttavia praticarla, almeno nei primi tempi. La sua espansione contro Bisanzio
spesso del resto effettuata con truppe ausiliare cristiane (monofisite) -, la sua avanzata
274 La prima Crociata (1096-1099)
senza precedenti in Europa. Carlo "Magno" (cfr. IV 465 ss.) è il primo croc iato, i Fran
cesi sono il popolo eletto che combatte le battaglie di Dio, i nemici sono gentaglia
vom i tata dall ' inferno, insomma "cani pagani". E così l a "Chanson de Roland", certa
mente sotto l ' infl usso de l l a prima croc i ata, è attraversata da un rabbioso impeto
antiislamico. " I cristiani hanno sempre ragione, i pagani (m usulmani) sempre torto" (1.
Short): popoli che adorano dèi falsi e bugiardi. Al contrario, il margravio bretone Rolando
bri l l a come "Achille cristiano"; Carlomagno vendica terribilmente la sua morte e viene
spinto ad ulteriori imprese liberatric i contro gli "infedeli".
Non ultimi scendono nel l ' arena i monaci per incitare alla guerra. "Anche se combat- 359
tono soltanto orfani , bambini, vedove e persegu itati, noi conseguiremo la vittoria sulle
truppe del diavolo". "Animo dunque, soldati di Cristo, orsù combattenti di san Pietro
e di sant' Antonio, non abbiate paura e confidate nel S ignore ! "
Pietro d i Amiens, detto anche " l ' Erem ita", u n piccolo e smunto anacoreta, vissuto
fino allora ritirato, scuro di carnagione, macilento, sporco e puzzolente (in quei tempi
sovente indizio di speciale pietà e odore di santità), che si nutre soltanto di "vino e
pesce", e diventa al la fine i l leggendario eroe del la prima Crociata, vede gi unto il suo
momento. Cavalca un mulo, esibisce una lettera - consegnatag l i da Cristo in persona,
recante scritto l ' ordine per la croc iata - e tiene veementi, fanatici discorsi propagandi
.
stici . . . e il popol o lo sommerge di doni, contendendosi piamente i pel i del suo asino
come se si trattasse di rel iquie. Perché, racconta Guiberto di Nogent, "in tutto quanto
faceva o diceva sembrava che ci fosse q ualcosa di divino". 26
Il proclama del papa, rimbal zato da molti altri predicatori del la crociata, trovò un 'eco
vasta e travolgente; meno che altrove - occorre ri levar) o - nel paese d ' origine del papa.
Proprio i suoi sudditi diretti non pensavano affatto a real i zzare con le arm i il grandioso
proposito sotto le "bandiere del Redentore". E non misero a disposizione neanche un
piccolo conti ngente. È da presumere che Ferdinand Gregorovius giudicasse con buona
ragione : " Senato e popolo avrebbero probabilmente riso sarcastici se papa Urbano li
avesse sollecitati a questo passo".
Quando Fulcherio di Chartres - i l lodatissimo croni sta clericale della prima Crocia
ta, relativamente neutrale e indipendente - percorse da cima a fondo l ' Ital ia coi "pelle
grini", non poté non riferire: "Giunti a Roma, molti che fi no allora avevano marciato
con noi , se ne ri tornarono codardamente a casa loro, senza aspettare oltre". Ma erano
davvero dei vigl iacchi, costoro? O piuttosto, lo spettacolo del cattol icesimo a Roma,
nel cuore della cristianità occidentale, la visione della chiesa di san Pietro in cui si
rapinava, si brandivano arm i e si lanc iavano pietre, non poteva essere motivo suffi
ciente per l ' abbandono, rappresentando per loro una ri velazione sui generis? 27
Sulle prime, comunque, i Tedeschi si mostrano scarsamente interessati , partecipan-
do appena all ' impresa. L' Impero stesso se ne astiene totalmente; era una conseguenza 360
della guerra tra imperatore e papa, fra Stato e clero, di una lotta - afferma Eccheardo di
276 La prima Crociata (1096-1099)
Com 'è noto, la "guerra dei contadini" ebbe inizio con la raccapricciante carneficina e
depredazione delle maggiori comunità ebraiche nelle città vescovi) i lungo il Reno, ma
anche di quelle intorno a Rouen e a Praga. Grazie a quei saccheggi, gran parte dei
miseri "pellegrini" si appropriarono dei mezzi necessari al lungo viaggio.
Chi tenga presente l ' implacabile antigiudaismo del Cristianesimo per tutto i l primo
millennio, la spiccata ostil i tà antiebraica di Paolo, del l 'evangelista Giovanni e di altri
ispirati autori nel Nuovo Testamento (l 1 1 4 ss.), tenendo presente il fanatico antigiu
daismo dei dottori della chiesa Efraim, Giovanni Crisostomo, Girolamo ( l 1 1 5 ss., 1 1 9
ss.), di Ambrogio (1 375 ss.) e di Agostino (1 435 ss.), e considerando infine che i primi 362
a bruciare le sinagoghe furono vescovi e santi c ristiani a cominciare dai primi secoli e
che in sintesi quel forsennato antisem itismo permeò in maniera consequenziale tutta la
Chiesa medievale del la Spagna e del la Franconia occidentale, ebbene, allora sembra
avere quasi del prodigioso il fatto che i l regno francane orientale ne fosse stato rispar
miato durante il primo m i llennio. 30
In queste regioni, difatti, g l i ebrei si erano insediati non molto dopo la diaspora. Nel
32 1 la loro presenza, in qualità di cittadini romani , è testimoniata esplicitamente a
Colonia. Lo stesso è lecito supporre per altri centri lungo il Reno, la Maas, i l Danubio.
Nel regno carolingio è attestato un costante insediamento, quasi una colonizzazione
del la Germania e del la Francia da parte degli ebrei. I carolingi favorirono la loro immi
grazione. Gli Ebrei portavano con sé un po' di c i viltà, divenendo, grazie al le loro rela
zioni internazional i , degli "uti l i strumenti" (Cec i l Roth). Sorsero così , in l uoghi lonta
ni e diversi, insediamenti ebraic i bene strutturati. Nei secoli X e Xl, quasi ogni c ittà
d ' una certa grandezza, sia in Franc ia che in Germania, possedeva una comunità ebrai
ca di antica origine.
Dapprincipio, la posizione degli Ebrei nella Germania del l ' alto medioevo fu senz'altro
sopportabi le. Erano considerati uom ini liberi , potevano acquistare terreni , e avevano
facoltà di portare arm i . Agl i ebre i , inoltre, - pri v i di diri tti in quanto stran ieri e
"mi scredenti " - molti prìncipi laic i e rel igiosi accordavano talvolta protezione, anche
278 La prima Crociata ( l 096 - 1 099)
non mancando certo chi ne facesse per conto proprio. Ma le teste pensanti del c lero
avevano i ntanto posto la base per siffatte azioni , creandone tutti i presupposti . E i ve- 364
scovi assecondarono i provvedimenti coattivi antigiudaici dei prìncipi nelle città; alle
povere vittime i prelati concedevano protezione solamente se e quando si lasciassero
battezzare, altrimenti li si poteva far fuori anche al loro cospetto.
È importante rendersi conto, in ogni caso, del fatto che l ' odio antiebraico non scatu
riva dal popolo cristiano, ma promanava pi uttosto dai suoi governanti , dagli autori del
Nuovo Testamento, da vescovi di grande nome, dalle classi privi legiate. Allorché, nel
la Spagna del primo Medioevo, si verificò un certo avvicinamento agl i Ebrei, papa
Adriano I stigmatizzò tutti quel l i che avessero anche solo una frequentazione con loro,
e così non fece che riesumare vecchi div ieti . E quando l ' arc ivescovo Federico di
Magonza, indeciso sul trattamento da riservare agl i Ebrei, chiese consiglio a Leone VII
(936-939), questo papa - gratificato ancora ai nostri giorni con la qualifica di "impec
cabile" - comandò di espellere tutti gli ebrei che non si lasc iavano battezzare, non
essendo lecito ai cristiani di avere qualcosa in comune con essi. 33
Da Magonza gli ebrei vennero cacc iati per la prima volta nel l O 1 2, per opera nien
temeno che del re Enrico II il Santo. Fu un' operazione che papa Benedetto VIII prese a
modello, facendo un passo avanti in questa direzione. Quando nel l 020, a Roma, si
verificò un pogrom di ebrei a causa di un terremoto, i l Santo Padre fece gi ustiziare u n
certo numero di giudei .
Venne i l momento in c u i devoti partecipanti a l l a crociata in Franc ia, dove papa Ur
bano aveva proclamato dapprima la croce, massacrarono cittadini ebrei in numero sem
pre maggiore. Per cominciare, orde cattol iche m isero a sacco la comunità ebraica di
Rouen : gli abitanti furono massacrati, le loro case date alle fiamme. Spesso anche g l i
ebrei battezzati scampavano a fatica d a tali rastrel lamenti . Nel la Francia occidentale il
clero aveva fatto già un lungo lavoro preparatorio di storia salvifica, da quando un
si nodo dopo l ' altro aveva emesso decreti esplic itamente antigi udaici : i l si nodo di Vannes
del 465 , il si nodo di Agde del 506, i sinodi I I , III, IV e V di Orléans, quel lo di Clermont
del 535 (canone 6), di Macon del 5 8 l (can. 1 4 ss. ) , di Parigi del 6 1 4 (can. 1 5 ), di Reim s
del 624 (can. I l ), e il sinodo di Chalons sur Sa6ne del 650 (can. 9). Così , nella Franconia
merovingia, già alla fine del V I secolo, si procedette a battesimi coatti , espulsioni di
massa, distruzione di si nagoghe e di case di ebrei. 34 365
Su un terreno siffatto poteva aver successo, al i ' alba del IX secolo, perfino un arc ive
scovo Agobardo che asseriva, in tutta serietà, esservi al lora a Lione addirittura una
persecuzione di cristiani da parte di ebrei, inviando al la corte di Ludovico i l Pio alme
no cinque scritti che l i attaccavano aspramente (e altri andarono forse perduti ). Ma
Agobardo, di concerto con l ' arcivescovo Bernardo di Vienne (venerato come un santo)
e col vescovo Faof di Chalons-sur-Sa6ne, indirizzò anche un proprio trattato ali ' impe
ratore, dove i pastori legittimano la propria ostil ità ai giudei - a pieno diritto - per
280 La prima Crociata ( 1 096 - 1 099)
mezzo dell ' Antico e Nuovo Testamento, appoggi andosi ai padri della chiesa Cipriano,
Attanasio, Ilario, Ambrogio, nonché ai sinodi franconi dei secoli V I e VII. Sempre,
secondo quegli autori, è la svergognatezza degl i Ebrei quella che m inacc ia l a pace
della Chiesa cristiana, essendo gli Ebrei peggiori perfino degl i "eretici". 35
Tuttavia, mentre l e cose andavano così nel la Franconia occidentale e molto peggio
nell a vicina Spagna, nel regno della Franconia orientale non s i erano verificate fino ad
allora analoghe esplosioni di antigiudaismo. Secolo dopo secolo, per oltre mezzo mil
lennio, nell ' Europa germanica dell ' alto Medioevo gl i Ebrei in quanto tali avevano go
duto di pace e tranquillità.
Ora, i nvece, la predicazione popolare, martellando i ncessantemente sul tema del
"popolo deicida degli Ebrei", portava ad eboll izione gli anim i sempliciotti dei creden
ti, tanto che molti crociati credettero di poter compiere pie gesta già m patria. Ragio
nando in guisa del tutto cristiana e logica - anzi cristologica! - si argomentava in
questo modo: "Ecco, vedete, noi partiamo in cerca del nostro Salvatore per vendicarne
la memoria sugli Ismael iti . . . ma qui tra noi v ivono intanto quegli Ebrei che lo uccisero
e lo croci fissero ! Avanti , facciamo prima vendetta su di loro, togliamoli di mezzo,
facc iamoli fuori , liberiamo la comunità dei popol i . . . "
Sì, perché la parola d ' ordine era" Uccidi un ebreo e salva la tua anim a ! " . Presto, e
sempre più spesso, si credette di poter salvare non soltanto la propria anima, ma pure la
propria pelle, di povera gente oberata dai debiti . Ammazzando un ebreo, cioè, c i si
liberava dal rimborso del capitale e degli interessi . Verso la metà del secolo, si condan-
366 nò persino Bernardo di Chiaravalle per v iolenza usata contro gli ebrei nel la sua predi
cazione per l a crociata, sottolineando però che costoro non dovevano arricchirsi a spe
se dei cristiani; il che puntava indubbiamente ali ' interesse che si doveva pagare a loro.
Successivamente la Chiesa liberò espl icitamente i crociati da ogni pagamento d ' i nte
ressi per il denaro prestato . . . ma tassando tanto più duramente gli ebrei. In tal modo s i
finanziavano i "pellegrini armati", i n misura cospicua, c o n denaro ebraico. 36
A Spira, nel maggio del l 096, il vescovo Giovanni protesse gli ebrei, essendo peral
tro m otivato più dal loro oro che dal suo buon cuore; e l i protesse solo dopo che ne
erano stati assassinati già undici. Il vescovo Albrando di Worms prom ise agl i ebrei che
l i avrebbe salvati solo "se avessero accettato i l battesimo": gli ebrei chiesero tempo per
riflettere i , preferendo la morte ad una vita da cristiani; e si batterono tra di loro, quasi
800 persone. Ma anche altrove fonti ebraiche e c ristiane, unanimemente, danno notizia
della morte "volontaria" scelta da intere comunità ebraiche. A Treviri , i l vescovo Egil
berto lasciò in vita solo quella parte di ebrei che si era lasciata battezzare. Ma la m ag
gioranza dei rinnegati - così ritenne Frutolfo, monaco (o priore) del monastero sul
Michelsberg di Bamberga - sarebbe poi rientrata nel la rel igione abiu rata, "come cani
nelle immondizie". 37
L' arcivescovo Rutardo II di Magonza ( 1 089- 1 1 09) promise di proteggere g l i ebrei
In Germania hanno inizio i massacri di Ehrei 28 1
del la sua città solo dopo che gli ebbero versato 300 piastre d ' argento; e l i piantò tutta
via in asso, e per giunta due volte, prima a Magonza e poi (un gruppo di 63 ebrei
scampati con l 'aiuto di armati agl i ordini del vescovo) anche a Rudesheim , dove i l
prelato soggiornava.
In questi massacri i magnati cristiani compivano gesta particolarmente gloriose.
Infatti non fu solo il metropolita di Magonza a farsi prima pagare e poi a uccidere lo
stesso gli ebrei; dopodiché, per sfuggire a punizioni da parte del re, fuggì in Turingia
fomentando colà agitazioni contro Enrico, il quale perm ise finalmente agl i ebrei il
ritorno alla loro fede. Anche il conte Emicone di Leiningen, rampol lo di un ' antica
fam iglia com itale legata al territorio di Worms ed imparentato con l ' arc ivescovo di 367
Magonza, incassò prima sette libbre d ' oro come prezzo del riscatto e diventò poi -
giacché la nobiltà fa obbligo - "il peggiore di tutti i nostri oppressori "; così Io definisce
una fonte ebraica, lamentando che "non risparm iava né vegliardi né giovan i , non aven-
do pietà né per bambini né lattanti né inferm i , che calpestava il popolo di Dio come
polvere, percuotendo i ragazzi con la spada e squarci ando le donne in gravidanza". In
compenso, il nobile conte era stato investito personalmente a devote imprese da un
annunciatore del croci fisso.
Come già a Worms, anche a Magonza si giunse ad un orribile suicidio collettivo di
ebrei. Perché in questa città - scrive Hans Wol l schl ager, autore di una storia delle
crociate forse tra le megl io concepite - "si scontrarono due mondi ideologici ugual
mente potenti"; nelle cronache ebraiche di quel l ' anno non c ' è che pianto e lutto, "un' inin
terrotta litania funebre, composta dei più cupi suoni del la disumanità e risonante ad un
tempo del folle urlo del fanatismo fidei stico . . . la croce di Cristo . . . magari sovrastata
dal Moloch del Dio delle sinagoghe . . . ": "E le donne c ingevano di forza i loro fianchi
squartando i l oro figl i e le figlie ed i nfine se stesse; molti uom ini si rifoci l l avano e
macellavano le loro donne, la loro prole e la servitù; la madre tenera e docile smembrava
il suo figlioletto prediletto; tutti insorgevano, uom ini e donne, scannandosi g l i uni con
gli altri . Le donne um i l i e pie si offrivano a vicenda il collo per il sacrificio a vantaggio
del l ' unità d el nome di Dio . . . un o ammazzava, l ' altro veniva ammazzato, finché san
gue si confondeva con sangue . . . tutti venivano uccisi e smembrati a causa del l ' unità
del grandioso e terribile nome divino".
In questo modo o in un altro, gli Ebrei perdettero la vita anche a Metz, Treviri ,
Colonia, Neuss, Altenahr, El ler, e ancora a Wevelinghoven, Kerpen, Xanten, Mehr,
Moers, Geldern, Dortm und, Ratisbona, Praga. Molti ebrei si davano la morte. Si getta
vano dal ponte, come tre ragazze a Colonia, nei flutti del Reno, avventandosi sulla
spada, nel fuoco, tagliandosi le vene dei polsi o strangolando i propri bambini , come a
Magonza, dove Mar Isac soffocò il figlio e la figlia a mezzanotte nel la sinagoga. 38 368
Nessuno sa quante persone caddero in quel tempo v ittime dei cattolici portatori di
salvezza. Ma ne potrebbe ben risultare un numero di cinque cifre, quando non senz' altro
282 La prima Crociata ( 1 096 - 1 099)
TERMINA LA "CROC IATA DEI CONTADINI", INCO M INCIA LA "CROCIATA DEI PRÌNCIPI"
Nella crociata dei contadini, dei poveri , del l a plebe, confluirono in realtà non soltanto
villani e borghesi sedotti, ma anche i seduttori : religiosi, come il prete Gottschalk (Gote
scalco), esponenti del l a piccola nobiltà come Walter Habenichts (Gautier Sansavoir) e
Lamberto i l Povero (le Pauvre), e persino non pochi signori feudali (il visconte Gugliemo
di Mel un, il conte svevo Hartmann di Kirchberg ed altri ), per gran parte tipacci incall i t i
e brutal i , come i l conte Emicone di Leiningen, i l succitato carnefice di M agonza c h e
diceva di avere perfino visioni religiose . . .
Interi v i l l aggi si svuotarono rapidamente. Migl iaia di persone, totalmente impoveri
te e cadute in miseria per colpa di regnanti rel igiosi e temporali , l asciarono le loro c ase
per combattere per Cristo. Disoccupati, vagabondi , affamati, sperarono di scam pare
dall a loro indigenza nutrendo la fiducia nel Signore e nei suoi eserciti, sognando terre
lontane in c u i si favoleggiava che scorressero latte e m iele. Come nugoli di cavallette
369 piombarono sulle regioni del l ' Oriente, acqu istando la più l usinghiera reputazione g i à
nella cristiani zzata Ungheria. Infatti , sebbene vi fossero accolti dovunque cordialmen
te dai loro confratel l i nella fede, seguendo le istruzioni del re, presto si diedero a stu
prare, a rapinare, dovunque ne avessero vog l ia . . . e ne avevano quasi sempre.
Guiberto di Nogent, l ' abate francese, ne riferisce i n q uesti termini : "Non contenti d i
essere stati accolti c o n benevolenza, q uesti forestieri , spinti da u n a fol l i a incomprensi
bile, si m isero presto a maltrattare g l i abitanti . . . incendiarono i pubblici depositi di
cereali, rapirono le fanciulle facendo l oro violenza, violando famiglie e m atrimoni . . .
ognuno viveva come poteva di saccheggi e di violenze e tutti si vantavano con inaudita
impertinenza che altrettanto avrebbero fatto coi Turchi . " 4 1
In realtà, solo una piccola parte di loro sarebbe arrivata così lontano.
Perché la metà di queste orde di pellegrini viene infatti triturata già in terra d ' U n
gheria, cadendo in parte in regolari battaglie coi cristiani locali , per esempio presso
Termina la "crociata dei contadini" 283
Neutra, intorno alla c ittà di confine Semlin, dove i "pel legrini" a fine giugno abbattero
no più di 4000 ungheresi; stando com unque a quanto ne scrive Alberto di Aquisgrana,
uno dei pochi cronisti tedesch i contemporanei della prima Crociata, un canonico che,
malgrado il suo entusiasmo, preferì restarsene in patri a. Le truppe croc iate saccheggia
rono Sem lin, depredando brutalmente anche Belgrado e dandola alle fiamme; m a ven
nero sconfitti presso Wieselburg così pesantemente che il Danubio e l a Leitha - si
racconta - ne furono colorate di rosso e i cadaveri gal leggi anti ne coprirono a l ungo le
acque.
I resti di quel l ' armata fortemente decimata giunsero i n agosto a B isanzio, in cui -
sotto la guida di Pietro di Amiens ("Kukupetros", piccolo Pietro, come lo chiam a Anna
Comnena) - i rruppero pur sempre ancora "come acque torrenziali" per darsi subito a
rapine ed incendi "con estrema spudoratezza" (Guiberto di Nogent), devastando v i l le
e palazzi, rubando perfino i l piombo dai tetti del le chiese per poi rivenderlo di nuovo ai
proprietari . Non stupi sce, quindi, che l ' aspetto dei pellegrini - come sembrò al la prin
cipessa di B i sanzio - "portasse l ' espressione di l ieta disposizione d ' animo e dello zelo
di percorrere la strada per i l cielo". L' i rritatissimo Alessio I Comneno, fondatore della 370
dinastia dei Comneni , fece traghettare alla svelta quelle masnade oltre il Bosforo alla
volta del l ' Asia minore. Dove subito la massa invase un villaggio greco, scambiando
per saraceni i locali contadini cristiani. 42
Ma i croc iati contadini, incoraggiati da vescovi e preti , finirono per attaccare davve
ro i Turchi, con l ' obiettivo di strappargli la città residenziale di Nicea. Devastarono i
sobborghi adiacenti alla cinta muraria, rubarono le greggi, massacrarono gli abitanti
cri stiani e arrostirono - secondo Anna Comnena - "persino dei bambini allo spiedo". Il
21 ottobre del l 096, tuttav ia, furono falciati presso Civetot dal la cavalleria selgiuchide;
anche donne, bambini, preti caddero vittime e furono risparm iate solo ragazzi e ragaz
ze di bel l ' aspetto. Di 30000 o 40000 ne sopravvissero solo due o trem ila. Per gran parte
finirono prigionieri in Oriente. Reparti croci ati sopraggiunti negli anni successivi rin
vennero ancora le ossa e i teschi degli uccisi . . . "e ne eressero delle mura come quelle
di una c ittà. E in l uogo del la malta riempirono gli interstizi con le ossa dei morti,
facendo di questa città in certo q ual modo la loro tomba". (Anna Comnena). Solo pochi
superstiti - come l 'erem ita Pietro di Amiens, certamente un favorito di Dio, il quale si
vide tuttavia sparire i fondi bellici - se ne andarono da Costantinopoli e se ne tornarono
in Europa, in attesa di combattenti speciali per il S ignore. In precedenza, però, è vero
simile che già 300000 persone vi avessero trovato la morte. 43
Nel frattempo, il vero e proprio esercito c rociato, composto in prevalenza da cava
lieri provenienti da Francia e Ital ia meridionale - i dati numerici (perlopiù fortemente
esagerati durante i l Medioevo) oscillano tra centom ila e seicentom ila uomini, a cui
vanno aggi unti innumerevoli donne e bambini - si era messo in marcia, suddiviso in
quattro grandi corpi di spedizione, avviandosi , ciascuno separatamente, in direzione
284 La prima Crociata ( / 096 - 1 099)
del l ' Ungheria, del la Dalmazia, della Puglia, avendo tutti come meta Costantinopo l i : i l
resto s i era imbarcato nei porti pugliesi d i B ari e d i B ri ndisi. Scrive Anna Comnena:
" Era l ' Occ idente intero . . . tutto quanto c 'era nelle nazioni barbare . . . tutto quanto
371 poteva migrare si metteva in m oto, con fam iglie intere in marcia verso l ' Asia . . . "
Nel suo procl am a per la croci ata, papa Urbano aveva nominato a capo supremo
della campagna e suo legato i l vescovo di Le Puy, Ademaro di Monteil che, si suppone,
aveva fatto in precedenza un pellegrinaggio in Terrasanta. Nel ripeterlo in arm i , il pre
lato morì durante l ' assedio di Antiochia, il che lo fece diventare una figura leggenda
ria. A comandante m i l i tare del l ' impresa U rbano aveva scelto invece il conte di Tolosa,
Raimondo I V di S . G i l les, l ' ultimo veterano ancora in vita della guerra franco-spagno
la contro i Mori , messa in moto da Gregorio VII. Il vecchio guerriero Raim ondo iniziò
i l "pellegrinaggio" accompagnato dalla moglie Elvira, che davanti a Tripoli g l i partorì
un secondo figlio, mentre g l i altri sforzi del l ' ambizioso conte stentavano a dare frutti .
Nel l ' ottobre del 1 096, dopo consultazioni col papa, Raimondo e il vescovo Ademaro
presero la via dell ' Oriente all a testa della più grande armata di crociati , in gran parte
oriundi della Provenza e della B orgogna. 44
In questa "crociata dei prìncipi" ebbe un ruolo eminente anche Goffredo V di
Buglione, conte della Bassa Lorena e nipote del vescovo di Parigi, al comando di con
tingenti lorenesi e tedeschi . Era l ' unico tra i comandanti della crociata ad avere stretti
rapporti con Enrico IV e forse non aveva progettato di stabilirsi durevolmente in Oriente.
Intanto, vendette o impegnò sicuramente le sue proprietà per equipaggiare le sue trup
pe; il castello di Buglione fu acquistato dal vescovo di Liegi. Durante i pogrom antiebraici
nelle province renane, Goffredo ricattò assai abilmente i suoi ebrei allo scopo di arma
re i suoi "pellegrini" anche col loro denaro, proponendosi di non lasciare in v ita nean
che un ebreo. Con lui scese i n campo anche suo fratel l o Baldovino, senz ' altro stil izzato
dall a Chiesa quale sublime combattente di Dio. Destinato in origine alla carriera di
parroco, B aldovino divenne nel 1 098 conte di Edessa - il primo Stato latino d ' Oriente
- e poco dopo anche primo re di Gerusalemme. Come tale, i l 25 dicembre del 1 1 00, si
fece incoronare nel la cosiddetta chiesa del l a natività di Betlemme. 45
Assai bramoso di successo fu un altro condottiero crociato, Boemondo I di Taranto,
futuro principe di Antiochia. I l battagl iero e ambizioso figl i o maggiore di Roberto i l
372 Guiscardo (avuto d a un matrimonio separato con Alberada) aveva avuto la peggio nel
la divisione del l 'eredità; imbattutosi una volta i n v iaggiatori francesi per l ' Oriente, e
rendendosi conto dell a sua magra eredità, decise di brandire la croce - "ispirato dallo
Spirito santo" -, sentendosi di per sé quasi c reato a combattere per la causa di Dio. In
realtà, Boemondo padroneggiava con sicurezza tutto quanto occorreva al la bisogna:
lotta, aggressione, tradimento, v iolazione dei patti. In più, odiava gli "eretici" al punto
che in una colonia di bogomi l i fece sopprimere tutti i "nemici di Dio", incurante del
fatto che i bogomi l i non contrastassero affatto Dio, quanto p iuttosto clero, l i turgia,
Termina la "crociata dei contadini" 285
sacramenti e consumo del la carne. Il princ ipe normanno si recò pellegrino anche alla
cosiddetta chiesa del Santo Sepolcro, nonché alle reliquie del santo Leonardo, il quale
gli apparve addirittura di persona. E preparò ripetutamente sedicenti crociate, che però
erano destinate solo al l ' imperatore cri stiano di B i sanzio, del quale egli non voleva
essere vassallo.
Anna Comnena, che ha descritto sommariamente altri capi crociati, c i ha lasc iato di
Boemondo un mi nuzioso ritratto letterario: l ' immagine di un uomo, a suo parere, in cui
si contrastavano coraggio e amore, entrambi ugualmente indirizzati alla guerra. "Ave
va un carattere duttile, sagace e ricco, i n tutte le occasioni, di sotterfugi. Le sue parole
erano ben ponderate e le sue ri sposte sempre ambigue, equivoche. Quest' uomo, supe
riore in tale grado, non superava soltanto m i o padre in fortuna, eloquenza e in altri doni
di natura".
Il primo principe ad intraprendere la via della salvezza fu il conte U go di Vermandois,
il figlio più giovane del re di Francia Enrico I ; al pari di molti aspiranti al la salvezza,
egl i si riprometteva di riportare dal l ' Oriente anche un po ' di concreti beni temporal i .
F u pure l ' unico condottiero di crociata a far visita a l papa in Roma, ricevendone i l
dorato gonfalone di Pietro . . . e perdendo nondimeno, g i à nella traversata d a Bari a
Durazzo, gran parte delle sue navi . 46
Neanche un re, comunque, prese parte a codesta "croc iata dei prìncipi". Perché i
monarchi europei di maggior prestigio - Enrico I V, Guglielmo il Rosso d ' Inghilterra,
Fil ippo I di Francia - erano colpiti da scom unica. Anche senza di loro, tuttavia, i l
"popolo armato d i Cri sto" avanzò quasi impeccabilmente su Costantinopoli , facendo 373
solo in qualche occasione delle scorrerie, ammazzando truppe imperial i o cavando gli
occhi a qualche slavo e mozzando sporadicamente piedi, mani e nasi.
Nel lungo assedi o al la fortificata c ittà di Nicea, strategicamente importante sul più
importante itinerario attraverso l ' Asia Minore, nota come "camm ino del pellegrino",
residenza del sultano Sol i mano, gli eroi cattolici decapitarono in serie i loro prigionie
ri e ri lanciarono le l oro teste dentro la città con una catapulta e, secondo una testimo
nianza clericale, spedirono m i l le teste, bravamente confezionate in sacchi, a Sua Mae
stà cristi ana, l ' imperatore Alessio I di B i sanzio. Regnavano ancora - riferisce un ano
nimo cronista di questa crociata - "grande agiatezza e bella vita nel l 'esercito di Cri
sto". Quando si combatteva, s i era palesemente sempre immersi nella fiumana rapinosa
e benedicente de li ' unica vera e buona religione, trovandosi per così dire costantemente
"circonfusi ovunque dal segno della croce". "Nessuno, penso, ha mai visto o vedrà
giammai una simile massa di caval ieri impeccabili". Bella forza ! , da un cronista cri
stiano contemporaneo ci si poteva mai aspettare un ' impressione diversa? Ma cosa deve
passare nel la testa di uno storico moderno capace di scrivere in tutta serietà che nel le
crociate "lo spi rito cavalleresco trovò la sua più bel la espressione"? 4 7
In gi ugno, dopo che Nicea si fu arresa, per la verità non ai cavalieri croc iati bensì ai
286 La prima Crociata ( 1 096 - 1 099)
loro combattenti bizantini (le loro navi operavano con successo nel lago Ascanio), i l
primo luglio del 1 097, presso Dorileo, avvenne l a prima battaglia campale c o n l 'eser
cito principale condotto dal sultano Kilidsch-Arslan. Le truppe occidentali fecero co
noscenza con la pioggia di frecce turc a (gli arcieri a cavallo erano infatti i m ig liori
combattenti m usulmani) che oscurava i raggi del sole con un effetto talmente straordi
nario che i cristiani si resero conto d ' un tratto - per dirla con Fulcherio di Chartres
"di essere tutti quanti peccatori e deli nquenti". "Tra i pellegrini si trovavano i l vescovo
di Puy, nostro signore, e quattro altri prelati, nonché molti sacerdoti, tutti in candidi
paramenti, i quali pregavano prostrati il Signore perché spezzasse lo strapotere dei
374 nemici . . . ". Ed in realtà la s ituazione si capovolse, "un grande miracolo di Dio", giac
ché i nem ici voltarono loro le spalle e i cristiani poterono penetrare vittoriosi nell ' opu
lento accampamento del sultano. "Colà una parte dei nostri caricò armi e bagag l i , e
perfino le tende del nemico, su schiere di cavall i e c ammelli . . . , mentre fino a notte g l i
altri abbatterono i Turchi, sbudellandol i a fil di spada".
Ebbene sì ! "Durante le Croc iate quell o spirito cavalleresco trovò la sua più bel l a
espressione" (Grupp). 48
Pugnando e morendo, in quel torrido luglio, " l 'eserc ito di Dio" avanzò oltre Dorileo,
attraversando l ' Anatol ia e l a S i ria, puntando "sulla casa del nostro Signore Gesù".
Così riferisce i l conte Stefano di B lois alla consorte Adele di Normandia, una figlia di
Guglielmo i l Conquistatore, n o n trascurando di comunicare "che in questo m omento
possiedo, quanto ad oro e ricchezze, due volte di più" di quanto gli avesse procacciato
la dama del suo c uore. Si espugnavano fortezze turche, uom ini e animali pativano l a
fame, crepando d i privazion i , eppure si continuava a vincere e , per usare le parole del
conte Stefano, si facevano conquiste "per i l S ignore".
Ce la dobbiamo immaginare per davvero questa fol lìa "per il S ignore": vediamo
allora questo serpentone interm inabile di pel l egrini, che con donne e bambini si tras c i
nano avanti, file chilometriche attraverso territori aridi e steril i , per deserti torrid i ,
montagne impervie, cavalieri , arc ieri , partorienti c h e lasci ano "giacere per terra" i frut
ti del l oro corpo (Alberto di Aquisgrana) - (Salvate l a vita che germog l ia ! ) -, fabbri
canti di ordigni, adolescenti e meretrici . . . tutto sotto neri nugoli fluttuanti di mosche,
cappe di caligine, coltri di foschia, di fetore, sudore, incenso, col sole che morde, c i b i
infetti, croc ifissi e tagl iole, creature i n preda alle febbri, agoni zzanti per sete e colp i d i
calore, per esaurimento, fame . . . e c h i è povero crepa prima. Si beve, come i croci ati
375 contadini accerchiati sulla rocca di Xerigordon, sangue e urina di caval lo e di asino. S i
m uore tra ritm i d i marcia e creature del i ranti, avvolti d a m uggiti d i bestiame, stupri,
La " via della Croce. " 287
salmi . Ventri di caval l i squarc iati , cavalieri agoni zzanti, processioni e massacri, ecco la
"via del la croce": si prega e si bestemmia, si predica e si pugnala, caval li alla carica,
tempesta di !ance, spade vorticanti , elmi sfondati , cervelli spappolati , occhi schizzati
dal le orbite, gonfaloni ecclesiali in testa alle colonne, icone, immagini di santi, reliquie
destinate non solo a proteggere ma a rendere le arm i più micidiali e, prima della batta
glia, sacerdoti reggenti in alto la croce e il calice del l ' eucarestia . . . in questo segno
OGNI CRIMINE. In tutto e sempre : mentre la massa appiedata del la fanteria affonda e
peri sce, parte negli scontri diretti, parte ridotta in schiavitù, parte semplicemente du
rante le marce - sulla "via del la croce", appunto - i reparti d'él ite salvano la propria
vita preziosa su veloci destrieri.
A poco a poco si giunse in regioni popolate più da ortodossi , colonizzate, dopo il
1 020, da em igranti armeni . In Artah la cristianità indigena, appena saputo dell ' avvici
narsi del l 'esercito crociato, massacra la guarnigione turca, troncandogl i le teste e get
tandole dalle m ura. "Con gioia e pietà la popolazione sal utò quindi i pel legrini", infor
ma Alberto di Aquisgrana - "canonico et custode Aquensis ecclesiae" - restatosene
peraltro in patria, autore del la più volum inosa storia in prosa di questa crociata. Nono
stante tutto, registra l ' arcivescovo Guglielmo di Tiro, regna dappertutto "lusso ed uno
spreco senza precedenti ". 49
Nel principato di Edessa i c ristiani vollero come loro capo un pellegrino occidenta
le. Il conte Baldovino, fratello di Goffredo di Buglione, comparso sul teatro di guerra
di propria iniziativa con una sorta di comando speciale, non esitò ad entrare in gioco.
Viene nominato erede dal principe Thoros e subito si accorc ia il tempo d ' attesa facen
do uccidere, i n qualche m aniera, il reggente con mezzi che restano comunque non
dimostrabili. Fatto sta che Edessa, punto d ' incroci o d ' importanti vie di grande comu
nicazione, si trasformò i n contea, costituendo per decenni un eccel lente bastione a fa
vore dei crociati ; tanto più che Baldovino fece di tutto per ampliare il suo territorio,
sposando tra l ' altro anche una principessa armena e soffocando brutalmente un ' insur-
rezione cittadina. 50 376
Alla fine di ottobre del 1 097, l ' armata cristiana, forte di 300000 uomini - secondo
Alberto di Aqui sgrana, al quale si accredita grande talento affabulatorio - stava ancora
accam pata in vi sta della quasi inespugnabile Antiochia, sul i ' Oronte, davanti a quella
splendida "città di Dio", in cui i seguac i di Gesù per la prima volta furono chiamati
Cristiani (Atti I l ,26). Centro di prim ' ordine sia pol iticamente, sia m i l itarmente, sia
economicamente, più grande e l ussuoso di tutte l e città del l ' Occidente, difesa da 400
torri e abitata perlopi ù da cristian i , i pellegrini ne assaltarono la rocca per oltre sette
mesi, "sotto la guida di Cristo", riportandone enorm i perdite. Certo, perché le anime
dei molti nostri confratelli cristiani - manda a dire al lontano Occ idente i l conte Stefa
no di Chartres, ricolmo di fiducia in Dio - vennero allora "spedite a godere le gioie del
paradiso".
288 La prima Crociata ( 1 096 - 1 099)
Più dura la vita, al contrario, per i sopravvissuti. Seguì un inverno devastante ; gli
abiti cadevano come stracci ammuffiti dalla pelle della "piccola gente", molti moriva
no di fame, cavalli compresi. Solo la cacci a alle teste dei prigionieri risarc iv a un po ' g l i
"eroi del Signore" d e i loro insuccessi s u l campo. Il plenipotenziario apostolico, vesco
vo di Puy, - "il nobile ed umanissimo Ademaro di Monteil", come lo qual i fica benevol
mente ancora oggi un cattolico - faceva corrispondere una taglia di 12 denari per ogni
testa di turco che gli veniva portata, ordinando poi di all ineare i teschi su l u nghe stan
ghe i ssate di fronte alle m ura cittadine. Uno spettacolo concesso sovente ai c redenti
ortodossi, indubbiamente, eppure sempre edificante . . .
Solo grazie alla corruzione e al tradimento - spec ialità corrispondenti al c arattere di
Boemondo - gli "eroi di Cristo" riusci rono ad impadronirsi per un soffio, proprio al
l ' ultimo istante, del la cittadella di Antiochia i l 2 giugno del l 098, al grido di "Dio Io
vuole ! ". Con l ' appoggio dei loro correligionari i vi residenti, massacrarono tutti i turchi
che erano dentro le m ura; e non v ' era dubbio che fosse "operazione grata a Dio". "Tutti
i l uoghi erano talmente sovraccarichi di cadaveri che nessuno poteva sofferrnarv i s i a
causa del lezzo"; e tosto c i si buttò su mogli e figlie sopravvissute, abusando perfino di
molte cristiane indifese. E le più povere si offrivano spontaneamente pe r u n pezzo di
pane. "Dio lo vuole ! " 5 1
Già pochi giorni più tard i , tuttavia, gli assedianti divennero assediati : i l sopraggiun-
377 to esercito di l iberazione del sultano Kerboga di Mosul li circondò senza l asci are scam
po. Così i "pellegrini" potevano nuotare nel l ' oro depredato, ma non avevano di c he
mangiare. I cavalieri bevevano sangue di c avallo, i poveri si nutrivano di fogl i e e di
carogne, alcuni c uocevano pell i di cammello e di buoi per ammorbidirle e non m an c a
rono sporadici casi di cannibal ismo; in breve, si pativano tutte le calam ità possi b i l i
"per il nome di Cristo". Eroi prudenti e previdenti , come i l conte di B l o i s , tag l iarono
ingloriosamente la corda. Come lui, c i provò anche Pietro l ' Eremita, m a finì per essere
ripreso.
Nel momento più cupo, tuttav ia, un evento mirabolante tornò a riaccendere l a sete di
sangue di quegli stanchi guerrieri. Il prete provenzale Pietro Barthélemy, preceduto da
reputazione piuttosto ambigua, dopo lunghe ricerche condotte sotto l a visionaria assi
stenza del santo Andrea (gli era apparso quattro volte) e alla presenza di Raimondo di
Tolosa, riportò alla lu c e un a delle reliquie più preziose - la santa Lanci a - con c u i,
ammettendo c he il racconto sia vero, un legionario romano aveva trafitto i l fianco di
Gesù sulla croce. Secondo una fonte araba, la Santa Lancia si trovava proprio nel punto
dove era stata "sotterrata ed elim inata ogni traccia" . . . e lì vicino c 'era inoltre - m i raco
lo ulteriore, anzi ancora più grande - il reperto "originale" già a Costantinopol i , nel
tesoro della corona di B i sanzio! Dopo preghiere e digiuni protratti per tre g i o rn i , rin v i
goriti dal corpo e dal sangue del Signore, quelle schiere di assediati, guidate d a l prete
Raim ondo che brandiva la Santa Lancia, sostenuti da altri preti e monac i che suppl ica-
La " via della Croce . . . " 289
vano tutti i santi (che poi cavalcarono tutt ' insieme su cavalli bianchi), fecero una glo
riosa sortita i l 28 giugno del 1 098 in cui, presi da grande fervore di fede, spensero la
vita di circa 1 00000 musulmani , ivi compresi donne, bambini e lattanti , nei loro ac
campamenti : "trafiggendo direttamente gli uni e calpestando gli altri sotto gli zoccoli
dei loro cavalli . . . " (Alberto di Aquisgrana).
Ormai agl i occhi di questo fantasioso Pietro - divenuto palesemente una creatura
del raffinato Boemondo - le v isioni dei santi si affollano quasi come sciami d ' api . . . e
tutti i santi "pronunc iano le intenzioni m i l i tari e pol itiche di Boemondo" (Heer). Per la
verità qualcuno non fu disposto a bersi tutte le frottole sui frammenti del la Lancia,
ingoiando in più le panzane sul l ' aiuto del santo Andrea. La critiche si fecero più insi
stenti e alla fine, quando i l fortunato scopritore non poté più sottrarsi alla prova del
fuoco, morì per le ustioni riportate. 378
E morì anche l ' i ncaricato del papa. Il primo agosto, il vescovo Ademaro di Le Puy,
comandante supremo del la Crociata, soccombette ad un'epidem;a che dischiuse trop
po presto le porte del paradiso a decine di migl iaia di altri cristiani combattenti per la
salvezza delle l oro anime. In seguito a ciò, i prìncipi si contesero per parecchi mesi
l ' egemonia su Antiochia; se l ' aggiudicò, alla fin fine, i l succitato Boemondo di Taran
to, figlio di Roberto il Gui scardo. Col che ebbe term ine, per lui, la "via del S ignore".
Boem ondo si stabilì infatti nell a regione e si dedicò ali ' espansione del suo potere, i l
secondo Stato croci ato. A titolo di consolazione i l s u o rivale Raimondo di S . Gil les
ottenne la contea di Tripol i . Per parte sua Baldov ino aveva già avuto Edessa. Goffredo
di Buglione si aggiudicò parte del la S iria. Il papa, pregato dai prìncipi di recarsi in
persona ad Antiochia e di guidare la crociata, n o n n e sentiva evidentemente alcuna
voglia. Come tutti i grandi strateghi, preferiva osservare la faccenda da lontano; i l che,
oltretutto, garantisce anche un tranquillo sguardo d ' i nsieme.
Un altro mezzo anno era intanto trascorso e si era ripreso ad avanzare combattendo:
un camm ino disseminato di cadaveri dietro le spal le, grem ito di cadaveri di fronte a sé:
"la via del la croce". Si assaltavano numerosi piccoli borghi e vil laggi, mentre i preti
solitamente alle spalle dei combattenti - procedevano "nei loro sacri paramenti", sup
plicando i l Signore affinché gli piacesse di annichilire gli infedeli pagani. Dopo l 'espu
gnazione di Maarrat an-Numan, ad est di Antiochia, le m i l izie di Dio sterm inarono
difatti - secondo una fonte araba - più di centom ila persone. La città traboccava di
morti, cosa che d ' al tronde tornava a vantaggio dei crociati "in quanto i cadaveri ormai
maleodoranti dei nem ici potevano ancora sfamare il popolo cristiano" (Alberto di
Aquisgrana). Pur tuttavia scoppiarono nuove c arestie, calamità, epidemie, confl itti .
Boemondo e Raimondo si azzuffarono per i l possesso di Maarrat-an-Numan , B aldovino
e Tancredi si contesero Betlemme. Già c i si affannava per il più pingue bottino che ne
sarebbe venuto in futuro. E con fede, tra sconforti e massacri , si godeva alternativa-
mente i l corpo v ivente del Signore e il corpo esanime degl i "infedel i". 52 379
290 La prima Crociata ( 1 096 - 1 099)
Appena un decimo di quanti avevano l asci ato l ' Occidente allo scopo di espandere i l
regno d i D i o s i ritrovò, alla fine d i g iugno del l 099, davanti alle m ura di Gerusalemme.
Non deve stupire che i crociati, essendosi impresso il segno del l a salvezza perfino col
ferro ardente nella carne, cadessero i n estasi. Rapiti da del i rio mistico, parossistico
quanto fino allora erano stati preda del l a sete del sangue, levarono pregando le braccia
al cielo, prostrandosi travolti dal pianto, baciando i l suolo e intonando canti devoti . . .
Dal l ' alto del "Mons Gaudi i " - i l m onte del la gioia, come lo chiamavano - rimi ravano
con sguardo commosso ciò che i l S ignore aveva preparato per loro, fin da principio (sia
chiaro), i n v ista di una battaglia festosa, un giubilo senza precedenti : l a c i ttà di Dio, la
Città Santa, la città del S ignore, l a Gerusalemme terrena.
Molte del l e cose scritte al lora si leggono oggi come fossero satira. Certe cose, ad
esempio, tratte dal diario di viaggio (presto versificato, per g iunta) del c ronista Anoni
mo, un piccolo cavaliere al seguito di Boemondo. "A questo punto, i nostri nob i l i si
gnori meditarono sui mezzi per attaccare la città con l ' ai uto di macchine, al fin e di
penetrare i n essa e poter venerare l a tom ba del nostro Salvatore". Oppure : "Ma dopo
che i nostri ebbero invocato il nome di Cristo, s i avventarono cavalcando con tale
ardore sugli infedel i che ogni caval iere atterrò il suo nemico".
Dopo un assedio di cinque settimane sotto i l torrido sole di giugno, con frequenti
assalti per mezzo di arieti , scale e catapulte, l a città di Gerusalemme - secondo c erti
storic i mal forti ficata e mal difesa, secondo altri tenuta eroicamente da ben collaudati
guerrieri (e solo da poco strappata ai Turchi dai cal iffi egiziani) - venne assaltata il 1 5
luglio del l 099 da tutte le parti ed espugnata completamente i l giorno dopo. Certamen
te il precedente arrivo nel porto di Jaffa di galere genovesi e inglesi, cariche d i nuove
armi e nuovi pellegrini, aveva aiutato l ' operazione; né vanno dimenticati i digiuni e le
pregh iere, di nuovo precedenti l ' offensiva, come pure i sermoni in cui si dice che Pie
tro l ' Eremita avesse dato i l meglio di sé, nonché una solenne processione propiziatoria
- accompagnata dallo scherno dei musulmani - organizzata intorno ai bastioni dell a
380 città "per la gloria di Dio". Cadeva per l ' appunto l a "festa della missione deg l i aposto
li", per giunta un venerdì; e quando poi scoccò persino " l ' ora i n cui Nostro S i gnore
Gesù Cristo accettò di patire per noi la morte sulla croce", allora la missione c attolica
delle armi toccò comprensibilmente uno dei suoi vertic i tutt ' altro che rari . C i ò che
accadde i n quel momento non fu che un' ecatom be sistematica o - come scrive l ' arci
vescovo Guglielmo alquanto laconicamente - l a "fine del pellegrinaggio". 5 3
Papi come Gregorio I o Giovanni VIII avevano potuto preservare Roma da un ' oc c u
pazione saracena in cambio di tributi d a versare annualmente. Per Gerusalemme, i n v e
c e , l a furia omicida d e i cristiani non si abbassò a d un ricatto così meschino. Nel l ' eb
brezza d e l sangue barcollavano attraverso la città, abbattendo qualsiasi c o s a g l i s i pa-
. . . e la via del trionfò 29 1
ancora a metà del XIX secolo, il cattolico "Kirchen-Lexikon" di Wetzer/We lte, pubbli
cato con tanto di imprimatur, nel raffrontare "tra loro le singole croc iate alla ricerca
delle loro idee guida, struttura ed esecuzione ( ! )", riscontrava "la purezza del pio entu-
siasmo principalmente nella prima . . . ".
La purezza del pio entusiasmo . . . solo cento anni dopo, per la verità, i c attolici non
se ne riempirono più tanto la bocca. La storia del la Chiesa del teologo Neuss, volendo
soddisfare "l ' aspirazione di più larghi ambienti ad una comprensione approfondita", su
382 quel massacro tanto sanguinoso si l i mita ad enunc iare non più di tanto: " . . . la c i ttà fu
espugnata il 1 5 luglio". E tutto ciò che i l gesuita Hertling ha da offrire al riguardo è l a
frase : "Così fu raggiunto i l primo obiettivo delle crociate". 55
Molti storic i confessional i minimizzano oppure passano sotto silenzio, ancora nel
XX secolo, questa e altre atrocità del passato . . . complici, nel loro genere. Ancora nel la
seconda metà del Novecento lo storiografo cri stiano Denys Hay (professore di storia
medievale all ' Università di Edimburgo), sul genocidio perpetrato a Gerusalemme ad
opera dei cristiani scrive: "Come riferisce l ' anonimo cronista del la prima croc i ata, i
cristiani saldarono in quel modo il loro debito verso i l S ignore. In più. Essi gustarono,
sebbene solo per breve tempo, la mercede spirituale e materiale del pellegrinaggio e
della croc iata. Per seco l i e secoli ancora, al l ' idea del la Gerusalemme terrena e celeste
unite furono collegate aspi razioni che ri uscirono a far diventare i l concetto di ' c ri stia
nità' una realtà v ivente, almeno per qualche tempo". Ancora nel 1 998 Horst Fuhrmann,
pur amando definirsi "protestante, anche se privo di una particolare spinta confessio
nale", magnifica non soltanto i l "capolavoro di regia" di papa Urbano e la "euforia"
delle masse, ma aggiunge con mal celato rammarico: "Il successo del l a prima croci ata,
che portò i l 1 3 l uglio del l 099 alla conquista di Gerusalemme, non sarà mai più supe
rato nei secoli successivi. La storia ulteriore del la Terrasanta cristiana non sarà altro
che la cronaca deprimente del suo i narrestabile tramonto . . . " 56
Ma se l ' omicidio è un crimine, se l ' uccisione di massa è un del i tto ben m aggiore ,
allora l ' iniziatore della prima Crociata, papa Urbano I I , questo "uomo profondamente
rel i gioso" (Aifons Becker) è stato un assassino di massa - e tale rimane. Più di un
m i l ione di persone, in conseguenza del suo proc lama oltre che per i suoi costanti s forzi
per assicurare i "rifornimenti ", persero m iseramente la vita. Toccò dapprim a agl i Ebrei
di Rouen, Reims, Verdun, Metz, Magonza, Trevi ri , Spira, Worms, Colonia, Neuss,
Xanten, Praga tra le altre; seguirono gli Ungheresi cristian i, i Serbi c ristian i , i Grec i
cristiani, compresi i cristiani de l i ' Asia Minore; stessa sorte per massima parte dei c ro-
383 ciati stessi e, per finire, ai loro nemic i . E per questo - o per che cosa altrimenti ? ! - i l
criminale venne fatto beato nel 1 88 1 da papa Leone XIII (festa i l 29 luglio). I l che,
tuttavia, potrebbe non essere l ' ultimo "onore", l ' ultima "elevazione" del m ostro. I n
realtà è talmente congenito n e l sangue c h e un giorno potrebbe . . . anzi , dovrà essere
procl amato anche santo ! Come tutti i suoi pari. 57
Note 293
NOTE
S c h n ii re r II 3 2 5
Kawerau
Anna Comnena c i tato i n Grupp I I I 2 5 3
Schwinges, in: H E G I I 1 89
H E G II 1 8 0 . A t i y a 22 s s . M a i e r, Die Verwand/ung 249, 2 5 3 s . Heer, Kreu::iige 7 ss.
L M A V 1 5 1 0 s s . 1 5 1 3 ss.
HEG Il 1 8 0 ( S c h w i n ge s ) . Kosm i n s k i /S kask i n I 227. K awerau 1 3 1 . Erdmann 1 3 0. C fr. 6 5 s . H ee r,
Kreu:zii g e 24 s s . 40 s s . 1 0 3 . K ii h ner, Die Kreuzziig e , S t u d i o B e r n 2 1 . 1 0 . l . A t i y a 4 1 s .
Ke l l y 305 s . L M A V 1 5 1 8 . HEG I I 1 9 2 . K ii h ner, Di e Kreu::iige 1 4 . l O , 2 . Heer, Kreu:ziige 7 .
L M A V 1 5 0 8 . K ii h n e r, L exikon 7 6 . B ii n d i n g - N a uj o k s 8 5 . K ii hner, D i e Kreuzziige 1 4 . 1 0 , 2 . Schal l e r,
Zur Kreuz:ugsenzyklika 1 3 5 s s .
'" M e y e r v. K n o n a u I V 4 8 1 s s . Kosm i n s k i/Skas k i n I 2 2 6 . Pern o u d 4 3 . Olde nbourg 5 1 . Kawerau 1 3 1 .
Heer, Kreu:ziige 2 8 s s .
11
LMA I 1 3 64, I V 1 7 6 8 , V I I 9 1 8 s . Erdmann 3 1 O s s .
" M e n z e l I 3 6 4 . K o s m i n s k i /S k as k i n I 2 2 6 s s . Pirenne 3 2 s . O l d e n bo u rg 4 8 5 . Heer, Kreuz:iige 3 2 .
K ii h ner, D i e Kreu::iige 1 4 . 1 0, 1 0 . Eban 1 46 s . Montgomery 1 8 8
L' HEG Il 6 8 3 s. Meyer v. K n o n a u I V 48 1 s. Grupp I I I 2 8 0 s. Kosm i n s k i/ S k a s k i n l 2 2 6 s. O l d e n bo u rg
5 1 . A t i y a 1 6 . Heer, Kreuzziige 3 2 . M o n tgomery l 1 8 8 . C fr. anche Fried, Di e Form ierung 1 1 6 . Goetz,
Lehen im Mitre/a lter 26 s . G r u pe 28. A n c he i l commerc i o degli s c h i a v i "era del tutto u s uale in
Germ a n i a nel s e c o l o XI". P i t z 7 6 . S u l l a stori a della povertà: Geremek 47 s s . 64 s s . C fr. anche
G u rje w i ts c h 1 5 , 2 7 5 s s . Arnold 58. Wurm l 04 s.
" K o s m i n s k i/Skas k i n 227. Ostrogors k i 3 3 0 s . Heer, Kreuzzllge 64, 7 9 , 1 05 . Ve d i anche i re l a t i v i
capitol i d i e m i e i l i bri M i t G o t t und d e n Faschisten , Die Politik d e r Piipste i m 2 0 . Jahrhundert, e d
altri.
" LMA l 3 8 4 s. M e y e r v. K no n a u I V 44 1 s s . G rupp I I I 2 8 0 . O l d e n bo u rg 456 s . A t i y a 4 3 . K ii h ner, D i e
Kreu:ziige 1 4 . 1 0 , 7. Heer, Kreuzziige l 9 s .
16
Wi l h . v. Tyru s , H i s t . i n part. tra n s m . gest. C i tato d a Laute m a n n 3 6 6 s . C fr. anche F u le h . Carn . H i st.
H i e ro s o l y m . l , l s s . L M A II 2 1 5 9 s . Kawerau 1 3 1 s . D u rant 265. Z i m m e r l i ng 3 9 s .
17 Corano 3 , 1 6 3 s s . C fr. 2 , 1 49 . M a i e r, D i e Verwandlung 265 s . Noth 27 s . U l teriori paral l e l i : 1 3 9 s s .
A t i y a 1 5 , 1 8 . Heer, Mittelalter 2 1 5
" LT hK I 5 1 s s . L M A l 4 3 s s . Pau l u s I I 4 1 s s . U h l m a n n 4 8 7
,. Kosm i n s k i/Skas k i n l 2 2 7 . K a w e r a u 1 3 1 s . Mon tgomery l 1 8 8
294 La prima Crociata ( 1 096 - 1 099)
211
Meyer v. K nonau IV 4 8 1 s . Grupp I I I 280. A t i y a 1 6 ss. 3 5 . K ii hner, Geze iten 1 7 2 . s . I d e m , D i e
Kreuzziige 1 4 . I O. , 8
21
L M A II 2 1 60 . V I I I 1 2 8 3 . Menzel I 3 6 3 . Grupp I I I 2 8 0 . Erd m a n n 306 s s . A t i y a 1 8 s. H e e r, Kreuzziige
2 7 s . M o ntgomery I 1 8 8 . Eban 1 46 s .
22
L M A I V 1 7 9 2 . F r i e s 1 46 . A t i y a 3 7 s s . M a i e r, Die Verwandlung 249 . K ii h ner, Die Kreuzziige 1 4 . I O,
7 s.
'' v. S c h u bert, Geschichte d e r christlich en Kirc h e I 2 2 8 s s . H e e r, Mittelalter 2 3 3
" A t i y a 2 6 s s . K ii h ne r, D i e Kreuzziige 1 4. l O, 8
" Corano, su re 2 , 2 5 7 . Menzel I 3 6 2 . v. S c h u bert, Geschichte der christlichen Kirche I 2 2 7 . A t i y a 34
s. K ii hner, Die Kreuzziige 1 4 . I O, 7. Toy n bee 400
26
G u i b . N o v i g . Gesta 2,4. Eppe l s h e i m e r I 1 3 2 . K i nderm ann/Dietrich 1 29 v. W i l pe rt I 2 6 1 . d t v - Le x i k o n
1 5 , 2 1 8 s . L M A V I I 9 5 9 s s . ( 1 . S hort). Pernoud 2 6 , 3 8 . Erdmann 1 5 7 s s . 2 5 3 s s . K ii h ner, Gezeiten I
1 7 5 . I d e m , Die Kreuzziige 1 4 . I O , 9. Heer, Kreuzziige 34 s .
27 LMA IV 1 0 1 5 . LTh K I V 3 2 1 8 . Gregomo v i u s 1 1/ 1 , 1 2 7 , 1 2 9 . Pe rnoud 4 4 s .
lK
Fulch. Carn. H . H . 1 , 4 . Cfr. anche G u i b . N o v i g . Gesta 2 , 3 . L M A I I I 1 765 s . Meyer v . Knonau I V 4 8 5 .
Pierer 9 , 8 0 6 . Grupp I I I 2 8 0 . A t i y a 43 s . Heer, Kreuzziige 3 5 . C harpentier I l . Lautemann 368 s .
20
G u i b . N o v i g . G e s t a l ,4. L M A V 1 5 1 O . Gru p p 1 1 1 2 8 0 s . Pe rnoud 26 s s . A t i ya 5 1 s . H e e r, Kreuzziige
35. Jordan, lnv estiturstreit 58
11
·1 H E G l 1 03 7 . Czermak 1 6 s s . 26 s s . O l tre ai c e n n i fa tti nel v o l ume I , c fr a n c h e Deschner, A herm a /s
442 . s s . 4 5 2 s s . R i g uardo la v i ta d e g l i Ebrei tra i c r i s t i a n i si veda i n part i c o l are: Durant 45 s s . C fr.
anche 57 s s .
11
B rowe, D i e Juden hekiimpfung 2 2 6 . Eckert/Ehrl i c h 2 7 s s . Stern, Der preuss ische Staat un d di e Juden
I/ 1 , 62 s . Eban 1 4 1 s. K i s c h 1 3 s. C zermak 3 9 s s .
12 K i s c h 4 3 , 47 s s . S e i ferth 8 9 , l 0 5 . A . M u l l er I l . S t e r n , D e r preujJische Staat un d d i e .fuden !/ l 62 s .
R o t h 1 9 8 s . C fr. anche H e i d r i c h 1 96 s s .
·11 LT h K V I I I l 1 6 1 . K ii hner, Lexikon 6 9 . Parkes 2 2 2 . B r o w e , D i e .fuden hekiimpfung 206. I d e m , D i e
Judenmission 1 6 , 1 1 2 s. 242 s s . Roth 2 7 3 . Eban 1 42 s .
14 Adem. h i s t . 3 , 5 2 . Gregoro v i u s I l/ l , l O, 1 3 . Eckert/E h rl i c h 3 1 . Eban 1 47 . Falck 1 1 7 s . C fr. Deschner,
A hermals 4 5 2 s .
" LT h K I 1 4 3 s . B o s h o f, Erzhischof A g o hard 1 02 s s . 1 1 5 s s . Deschner, A h ermals 4 5 3
36 Eban 1 47 . H e e r, Kreuzziige 3 6 s . Schopen 4 9 . Wo l l s c h liiger 2 1 2 . C fr. anche Z ii l l ner, Geschichte der
Kreuzziige 5 6
17 L M A I V l 0 0 2 . Meyer v. Knonau I V 49 1 . S c h i ffmann 2 6 s s . Ecke rt/E h r l i c h 3 2 , 4 5 . S e i ferth l 04.
Wo l l sc h l iig e r 2 1 2 s . N e l l a c i ttà d i S p i ra già i l vescovo H u o z m a n n ( l 0 7 5 - 1 090), aveva concesso a g l i
e b re i , naturalmente a pagamento, u n a s e r i e d i pr i v i le g i , e a n c h e q u e s t i n e l l a sua q u a l i t à d i "amm i
n i s tratore d e l e gato del re " : H e i d r i c h 1 9 0 s s . , specie 1 9 7 s . 205
" Taddey 703. Meyer v. Knonau I V 49 5 , 498 s . 50 1 s s . S c h i ffmann 30 ss. B rowe, Die ludenhekiimpfung
3 6 5 s . E c k ert/Eh r l i c h 32. Wo l l s c h l iiger 2 1 2 ss. K u p i s c h II 7 1 . B o s h o f, Die Salier 2 6 0 . Z ii l l n e r,
G eschichte der Kreuzziige 55 s s . H e i d r i c h 205
w Meyer v. Knonau IV 493 s . Ludwig 2 2 . Falck 1 26 s . Kupisch I l 7 5 . Schnith, Kaiser Heinrich I V. 225.
11
4 LMA V 1 5 1 0
41 G u i b. N o v i g . Gesta 2 , 4 . Oldenbourg 5 9 . Pe rnoud 29 s . A t i y a 5 2 . Heer, Kreuzziige 3 5 . Z o l l ner,
Geschichte der Kreuzzuge 5 5 s.
42 LMA I 286 s . Meyer v. Knonau I V 509. S c h ii nemann 72
41 Pernoud 3 6 s . ( q u i s i c i ta A n n a Comnena). Heer, Kreuzziige 3 7 s . Zoll ner, Geschichte der Kreuzzuge
5 7 s.
44 L M A I 1 5 1 s . V I I 4 1 0 s . Pe rnoud 2 3 s . 42 s . Mayer, Zur B e u rte i l u ng 547 s s . Zol l ner, Geschichte
der Kreuzziige 52, 5 9
Note 295
45 L M A I 1 3 6 6 , I I 500, I V 1 5 9 8 s . Zo l l ner, G eschichre der Kreu:zuge 52. Dumant 6 1 . C fr. anche Lea
26
46 L M A I l 3 2 8 s s . 3 3 3 . Pernoud 5 3 s s . ZOi l ner. G eschichte d e r Kreuzziige 5 2 s . 5 9
47 F u l c h . Carn. l , 4 . A l b. Aquens. 2 , 2 8 . LMA I 1 5 1 s . V I 1 1 5 1 , 205 8 . Grupp I I I 2 8 1 . A t i y a 4 6 , 5 2 . s . Pernoud
23, 49 ss. 59 s s . Haller II 325, 3 3 8 . Jordan, lnvesrirursrreir 5 8 s . Heer, Kreuzzuge 33, 43 ss.
4' Fu l e h . Carn. 1 , 1 O s s . L M A V I 1 1 5 1 . Gru p p I I I 2 8 1 . Heer, Kreuzzuge 48 s . M o n t gomery I 1 9 4.
Gabrie l i 4 3 . Zo l l ne r, G eschichre der Kreuzzuge 60 s.
<�IJ Fu l e h . Carn. 1 , 1 1 s . A l b. A q u e ns . 3 , 1 s s . 3 , 2 8 . S t e p h . C a rn . , e p . ad A d e l a m . Haller I l 3 3 8 . A t i y a 54.
Heer, Kreuz:uge 38, 4 1 , 49, 84. O l d e n b o u rg 4 8 , 467 s . J o h a n sen 6 3 2 .
"' H a l l e r I I 3 3 8 . A t i y a 54. Wo l l sc h H iger 2 1 9 . Z o l l ner, Geschichre d e r Kreu::uge 64 s .
51 G u i l . Tyr. 4, 1 6 s s . A n o n . Gesta Fran e . 2 0 , 9 . S t e p h . Carn. e p . Ad Ade! . A l . Aq u e n s . 3 , 3 7 . L M A I 2 8 6
s . 7 1 6 s s . Menzel I 3 6 7 . A t i y a 5 4 . Heer, Kreuzzuge 5 0 . Pernoud l 07 s . K ii h ner, D i e Kreu:zuge
1 4. 1 0. , I l . O l d e n bo u rg 1 1 4. Gabri e l i 44
52 R a i m u n d . A g i i . , hist. Frane. 1 6 . Alb. A q u e n s . , Hist. H i ero s . 4 , 3 4 s s . 5 ,4. Anon. Gesta Frane. 3 3 .
Otto v . Fr. C h r o n . 7 , 4 . P i e re r 9 , 8 0 7 . M e n z e l I 3 6 6 s . H a l l e r I I 3 3 8 . A t i ya 5 4 . Pe rnoud 5 4 , 7 6 , 8 3 s s .
Heer. Kreuzziige 50 s s . M o n t go m e ry I 1 8 9 s . K ii hner, D i e Kreuzzilge 1 4 . l O, I l . O l de nb o u rg 4 6 8 .
Wo l l s c h l ager 2 1 9 s s . Gabri e l i 46 s s . Zo l l ner, G eschichre d e r Kreuzzuge 6 5 s s . 7 0 s s .
" A l b. A q u e n s . 6 , 2 8 . A n o n . GestaFra n c . 2 8 . H a l l e r I I 3 3 8 . A t i y a 54 s . Pernoud 99 s . 1 00 . C harpe nti er l 2
s . Heer, Kreuz:uge 4 2 , 5 3 s . Zii l l ner, Geschichre der Kreuzzuge 7 4 s s . .
54 A n o n . Gesta Fran e . 3 8 ,4 s s . G u i l , Tyr. 8 , 2 0 . A l b . A q u e n s . 6 , 2 3 . F u l c h . Carn. 1 , 20 s s . 2 7 , 1 2 s s . Otto
v. Fr. 7 ,4. Eban 1 48 . Oldenbourg 1 3 2 . Pernoud l 00 s . K ii h ne r, Di e Kreu::uge 1 4 . l O, 1 2 . Wol l schlager
223 s s .
55 A n o n . Gesta Fra n e . 3 9 , 1 . F u l c h . Carn. 1 , 2 1 . E k k e h . U r a u g . H i e r o s o l y m . 2 0 , 2 . We tze r/We l te V I
2 8 0 . N c u s s 5 , 1 45 . Hertl i n g 1 7 6 . B u o n a i u t i I I 1 90 s s . L u d w i g 2 2 . A t i y a 5 5 . Heer, Kreuz:uge 56 s .
I d e m , Millelalrer 2 1 9 . K ii h ne r, D i e Kreuzziige 1 4 . 1 0 . , 1 2 . Wo l l s c h l ager 2 2 4 s . Zol l ner, G eschichre
der Kreuzzilge 76 s.
56 Hay 343. Fuhrm a n n . Piipsre I l , 1 2 5 s.
57 Ke l l y 1 7 7 . H a l l e r II 3 3 9 . O l d e n bo u rg 465. J o rdan , lnv esrirursrreir 5 9 . Wo l l s c h l ager 2 2 5 . B e c k e r,
Papst U rban I l . Te i l I , 40. C fr. I I 307 s s .
'" P e r una parte n o n irrilevante i v o l u m i fi n q u i pubblicati d i q uesta " S toria criminale" i n verano la senten
za del grande francese. E ne l l ' anno del S i gnore 1 99 8 , me ntre portavo a term i ne questo V I volume, papa
Giovanni Pao l o I I elevava alla sedicente "gloria degli altari" u n altro criminale : il card i nale c roato
Alojzije Stepinac, u n fregio assai speciale d i q uesta onorevole società. Si veda al riguardo, nei dettag l i ,
l a m i a Po/irik der Piipsre i m 20. Jahrhunderr I I 2 1 O ss . . specie 2 3 8 ss. e 444 ss.
CAPITOLO VII
" ...e i cont1itti tra impero e papato proseguirono con immutata durezza
sotto l'energico Pasquale Il ( l 099- 1 1 1 8 ) "
Haral d Zimmermann 1
Neg l i anni precedenti alla prima Crociata, Enrico I V, isolato per anni nel Nord Italia (p.
250 ss.), riuscì tuttavia a consolidare i l suo potere in Germania verso la fine del secolo.
Wel f V, mentre svaniva sempre più la speranza sui possedimenti italiani di sua moglie
Mati l de, si era separato nel l 095 da lei; suo padre, i l conte di Baviera Wel f I V, si era
riconciliato con Enrico, per cui questi , al i ' inizio del l 097, poté rientrare in Germ ania.
Ed una riconci l iazione vi fu anche con gli antagonisti conti di Svevia.
Nel frattempo, però, l ' imperatore aveva perduto in pratica i l proprio figlio Corrado
- riconosciuto suo successore già all 'età di due anni , q uando l ' aveva accompagnato a
Canossa (p. 2 1 1 s.) - attratto nel l ' orbita del papa. Vero è che Corrado, trascorrendo
gran parte del la sua vita in Ital ia e perlopiù sotto le al i dei preti, ancora nel l 087 era
stato consacrato re ad Aquisgrana, ma poi era stato atti rato sul fronte papal i no tram i te
la contessa Matilde. Candidato da una coalizione itala-tedesca quale rivale del padre,
venne incoronato nel 1 093 a Mi lano re d ' Ital ia; e due anni più tardi fu adescato con l a
promessa del la corona imperiale d a Urbano I l , al quale egl i aveva prestato serv izio d i
strator e giuramento di garanzia, e venne vincolato ancor p i ù strettamente a l fronte
anti -imperiale mediante il matrimonio - concl uso esso pure con l ' intermediazione del
papa - con la figlia di Ruggero I di Sicilia. Corrado fu dunque destituito da una dieta
tenuta a Magonza nel maggio l 098 e al suo posto si elesse re il figlio m inore di Enrico,
i l tredicenne Enrico (V), che sarà coronato il 6 gennaio del l 099 in Aqu isgrana. II
giovane re dovette giurare di non eserc itare mai i l potere senza l ' approvazione paterna;
387 e venne poi ugualmente aizzato dal papato contro il padre.
Intanto l ' imperatore, abbattuto da uno dei più sfortunati colpi del destino di tutti i
tempi, che pure aveva superato con inaudito coraggio, usciva stremato dal le lotte; era
invecchiato e affaticato, e cercava pace. Il suo pel legrinaggio, annunciato alla dieta di
Magonza nel l 1 03 , non fu nemmeno intrapreso; ma l ' annunc iata pace doveva durare
quattro anni per tutto l ' impero, tanto che pesanti sanzioni minacciavano chi avesse
minacciato l a pace, comminando pene identiche tanto agl i uomini l i beri quanto ai non
l iberi ! Era un spinta in avanti in qualche modo rivoluzionaria, che appianava le diffe
renze di ceto. Così la giudica la Vita Heinrici: "Questo decreto di pace fruttò ai poveri
e ai benintenzionati un vantaggio tanto grande quanto nocque ai malvagi e ai potenti " .
E sebbene nuocesse a l i ' imperatore anche nei confronti della nobiltà, sebbene a una
parte del clero i l sovrano apparisse pur sempre come un maledetto "eretico", un secon
do Nerone o un Atti la, pur tuttavia nel regno si spense a poco a poco la res istenza
chiesastica contro di lui. Immutata restò solamente l ' osti lità del papato. 3
G li ultimi anni di Enrico IV 299
In Ital ia, intanto, il successore di Urbano, Pasquale II ( l 099- 1 1 1 8), fu costretto a debel
lare parecchi antipapi, nel la cui candidatura i l sovrano n o n aveva avuto alcun ruolo.
Per com inciare, Pasquale, intransigente fautore della riforma, dovette fare i conti
con Clemente I I I , i l quale sopravvisse a ben tre papi. Ma Pasquale, già poco dopo la
sua elezione al pontificato, riuscì a cacciarlo dal la sua ultima residenza di Albano con
l ' appoggio delle truppe e del l ' oro normanno. Ancora una volta, Clemente prese salda
dim ora a Civ ita Castellana, assaltando i viaggiatori diretti a Roma - come una specie di
grassatore da strada -, rapinando perfino un vescovo francese sulla via del ritorno, e
morì 1 ' 8 settembre del 1 1 00. Rimpianto tuttavia dai suoi amici come un santo, ecco
accadere presto sulla sua tomba prodigi non meno strabilianti che sul sepolcro di
Gregorio VII o di Leone IX. Per por fine quanto prima a tali eventi miracolosi , papa
Pasquale fece dissotterrare e bruciare le ossa del morto, dispergendone le ceneri nel 388
Tevere. Nel contempo, dichiarò nulle tutte le del iberazioni papali del defunto. 4
In breve tempo, però - di nuovo senza alcuna i ngerenza del l ' imperatore - vennero
alla ribalta nuovi antipapi. Fu dapprima il cardinale Teoderico vescovo di Albano, se
guito da Al berto, vescovo della Sabina. Tuttavia, ricorrendo alla corruzione e col soste
gno di truppe normanne, papa Pasquale fu in grado di catturarl i e di esil iarl i nel 1 1 0 1 .
Entrambi i fratel l i i n Cri sto scomparvero dal la scena, finendo nelle carceri di monaste
ri meridional i ; l ' antipapa Teoderico - dopo un pontificato di 1 05 giorni - finì oscura
mente nel convento del l a trinità di La Cava presso Salerno, dove morì nel I l 02;
l ' antipapa Alberto nel convento di S. Lorenzo presso Aversa. Di lui non si conosce
neppure il giorno della morte.
Nel novembre del 1 1 05 , un gruppo di nobili romani elevò l ' arciprete di S. Angelo,
Maginulfo, a nuovo antipapa col nome di S i lvestro IV ( 1 1 05 - 1 1 1 1 ). L' avevano eletto
anche vecchi seguaci di Gregorio VII e di Urbano Il, in quanto Pasquale - così asserivano
- fi n da abate aveva esercitato la simonìa, comprando letteralmente la sua carica.
S ilvestro s ' impossessò con la forza delle arm i del Laterano, poi subito espugnato dal le
soldatesche di Pasquale. In ampie zone del la c ittà avvennero spargimenti di sangue;
perfino nel Circo Massimo i partiti papal ini si scontrarono e più volte le truppe di
Pasquale furono sul punto di soccombere. Ma a S i lvestro venne meno i l denaro e i suoi
sostenitori si dispersero; i l quarto antipapa della serie fuggì in novem bre da Roma e,
al lorché Enrico lo lasciò cadere nel I l i l , gli si assoggettò, facendo ammenda in ma
niera tardiva ma i ncondizionata. 5
In tutto ciò Pasquale non doveva solo attaccare i baroni ribel l i , le loro torri e i
borghi a Roma e dintorni; dovette continuare con accanimento anche la lotta contro
Enrico IV. Nel sinodo al Laterano del marzo 1 1 02 egl i rinnovò infatti l ' anatema contro
di lui e i suoi sostenitori . In ciò egl i nom inò esplicitamente il reggente - cosa che il suo
300 La fine dell ' era sali ca e della lotta per le in vestiture
dal la gente, in una cappell a sconsacrata del duomo di Spira, giacché papa Pasquale
rifi utava inflessibilmente una tumulazione cristiana. Nel ! I I I , tuttavia, ne Il ' anniversa
rio della morte, Enrico V fece seppellire suo padre con ogni pompa ecclesiastica nel la
cripta del duomo, accanto ai suoi predecessori (Nel 1 900, al l ' apertura del la tomba, gli
scheletri del padre e del figlio si presentarono ben conservati , come pure le corone e il
globo imperiale i vi annesso, oltre ad alcuni resti di paramenti e calzari : si erano tum ulati
i Sali in completa "uniforme d ' ordinanza").
Per un m i l lennio, tuttavia, Enrico IV è stato diffamato dagli storiografi clericali.
Già Lamperto, i cui Annali Ranke non riuscì mai a "riporre senza una sindrome di
depressione" - verdetto alquanto mite dato che i l monaco di Hersfeld era in verità
"colmo di veleno e di menzogna" (Teuffel) -, ebbene già Lamperto non perdeva occa
sione per addebitare ad Enrico, con retoriche sparate, ogni genere di subdole malignità
e falsità, ma anche brama di vendetta, efferatezza e sete di sangue; d ' altro canto, i l
cronista rappresenta come u n puro angelo u n Annone di Colonia ( p . 1 62 ss.) solo per
far risaltare l ' imperatore, per contrasto, con toni ancora più abom inevoli. Ancora nel
tardo Ottocento il teologo cattolico Looshorn giudica che Enrico IV superò sicuramen
te tutti i criminali del suo grande impero nelle bassezze e nelle infam ie. E se è vera
l ' asserzione di Alberi Hauck che nessun sovrano tedesco fosse stato altrettanto odiato
dalla gran parte dei tedeschi quanto Enrico IV, ciò è soprattutto effetto del la lotta del
clero, protrattasi per decenn i , contro un sovrano che, fino alla sua morte, non ha mai
rinunziato a nessun diritto del l ' Impero nei confronti del la Chiesa. � 39 1
Enrico V aveva comprato la sua vittoria con l ' aiuto del la Chiesa, tram ite l ' infedeltà nei
confronti del padre. Perciò, nei primi tempi, si fece incontro al papa e al clero con
sentimenti di dedizione, di accondi scendenza, di umiltà. E subito, dopo la sua ascesa al
trono, provvide all 'allontanamento dei vescovi scismatic i , cioè a dire dei seguaci di
Viberto, dalla Sassonia al la Baviera, mentre l ' odio del c lero vincente si spi nse al punto
di espellere dal le chiese le salme dei vescovi antipapisti. Per quanto riguardava le inve
stiture, neanche Enrico V si lasc iò certo andare a concession i . I l papa, tuttav ia, insistet
te subito e con estrema decisione sul divieto delle investiture. 9
Ma Enrico V, che con la Chiesa aveva iniziato la sua lotta contro il padre, ora, da re,
portò avanti la lotta del padre contro la Chiesa. Al pari di l u i , anc h ' egli tenne duro sul
diritto d ' i nvestitura, legittimata dal l ' antico di ritto consuetudi nario, mai contestato pri
ma di allora dal la Chiesa. Papa Pasquale si vide pertanto disi l l uso nelle sue più rosee
speranze. Le trattative che condusse, o fece condurre, con gli ambasciatori di Enrico
restarono del tutto vane. E in tutti questi anni - spec ialmente nel I l 07 , I l 08, I l 09 - i l
302 La fin e dell ' e ra sali ca e della lotta per le in vestiture
Bonaparte, conoscendo probabilmente bene l ' atto di forza di Enrico V, nel l ' estate del
1 8 1 2, fece portare l ' i nfermo Pio VII in una delle sue residenze preferite presso Parigi, 393
dove il papa sottoscri sse, il 25 gennaio del 1 8 1 3 , il cosiddetto concordato di Fontaine
bleau, da questi peraltro ritrattato prontamente due mesi più tardi. 1 0
Enrico V i l Salico, mutatis mutandis, aveva provato a farlo funzionare fin d ' allora.
Uno spirito insurrezionale difficile da descrivere pervase tutta Roma; in preda a sma
nia di arraffare e di rapinare si percorse la ci ttà, saccheggiando dappertutto ogni cosa,
compresi gli oggetti d ' oro delle chiese, i paramenti, e versando ovunque sangue, stragi
di tedeschi tra il suono a distesa del le campane, tra le istigazioni del clero che incitava
alla resistenza. Con toni di supplica il cardinale di Tuscolo si appellò ai Romani perché
combattessero per la loro l ibertà, per la loro vita messa per l ' appunto a repentaglio, e
naturalmente . . . "per difendere la Chiesa". Il proclama era chiaro : "Il santo padre, i
cardinal i , i vostri fratel l i e i vostri figli languono nel le catene del nem ico perfido e
fellone; m igliaia di nobi l i cittadini giacciono insepolti sotto i portic i; la basilica degli
apostol i, i l venerando duomo del la cristianità è ricoperto di cadaveri e di sangue".
I tum ulti degenerarono in una battaglia per le strade che si protrasse per tutta la
notte. Anche l ' arcivescovo di Colonia Federico I, arrivando nel la Città Eterna in ritar
do, eppure "appena in tempo", intervenne "efficacemente" (Schieffer); (prima, cioè,
che il prelato che cambiava spesso fronte, e perciò sospeso per tre volte, tradisse Enri
co V proprio come aveva già tradito Enrico IV, che nel I l 00 aveva nom inato arc ivesco
vo il prete 25enne). Il re ferito venne di sarcionato da caval lo, mentre chi gli aveva
salvato la vita - il vi sconte Ottone di Milano - fu per questo squartato. Quindi, come
un cane bastonato, i l sovrano salico si ritirò, trascinandosi pur sempre a rimorchio i l
papa e sedici cardinal i . "Ignudi", afferma uno dei cardinal i , Helmold di Bosau, "con
corde intorno al col lo e mani legate alla schiena", con magistrati rom ani e parroci
anc h ' essi legati, e con "innumeri schiere di cittadini in catene": una fuga o forse un
corteo trionfale, chissà, una sorta di quietanza, anche per Canossa . . . come dice Goethe?
sì , il meglio della storia è l 'entusiasmo che essa suscita . . . 1 1
Dopo una detenzione di due mesi nei borghi lim itrofi , papa Pasquale si ammorbidì , 394
riconoscendo al re - col trattato al Ponte Mammolo de l i ' I l apri le 1 1 1 1 - il diritto
ali ' investitura, contrariamente al suo intimo convinc imento. Fece inoltre v oto, sotto
giuramento, di non creare più difficoltà ad Enrico a questo ri guardo, di non bandirlo
mai più, cosa che giurarono pure sedici cardinali in nome del papa, il quale due giorni
dopo incoronò Enrico imperatore nella basil ica di Pietro. Nel la cerimonia i l papa spez-
zò l ' ostia, la divise col m onarca e, mentre entram bi la inghiottivano, dichiarò : "In que-
sto modo sia separato dal regno di Dio chiunque tenti di violare questo patto". Ciò
nonostante, appena un anno dopo, dal sinodo del Laterano, nel marzo del 1 1 1 2, Pa
squale. violando la propri a parola e il giuramento, fece condannare quel contratto, il
"privi legio", dichiarandolo inval ido e n ul l o ; e i l 1 6 settembre, per mezzo di un sinodo
304 La fine dell ' era sali<· a e della lotta per le in vestiture
tenuto nella Francia meridionale, di c ui confermava i del iberati , tornò a lanciare l ' ana
tem a sul l ' imperatore . . . defi nendo nel contempo il sovrano scomunicato suo "figlio
amatissimo i n Cristo" , anzi affermando che l ' i ntesa con lui restava intatta.
Eppure molti c lericali sfidarono fanaticamente il reggente; in particolare i gregoriani
radical i , i quali vedevano i n lui i l precursore del l ' Anticri sto ed ora gli rinfacciavano
pure l a rivolta contro suo padre, che proprio loro avevano macchinato. Ora gli si sca
gliarono contro, chiamandolo l ' antesignano del diavolo, imprecarono in tutti i modi
contro la "misera Germania" e contro gli "empi Tedeschi", che l ' abate Sugero di Saint
Denis nel 1 1 24, i n occasione del la campagna di Enrico V contro i Francesi, oltraggiava
con l ' appellativo di "barbari" e persino di "sarraceni". 1 2
Anche in Germania autorevoli uom ini della Chiesa incom inciarono ad inc itare alla
disubbidienza nei confronti del l ' imperatore, ormai messo al bando da diversi sinodi.
La conduzione spirituale s ' i rradiava dal convento di S . Giorgio nella Selva Nera,
diretta dal l ' abate Teogero, sebbene anche le congregazioni di Hirsau avessero parte
nel la sobil lazione. Adalberto di Saarbrticken, ex cancell iere di Enrico e da l u i i nvestito
nel 1 1 1 1 quale arc ivescovo di Magonza per i meriti acquisiti al suo servizio, si rivoltò,
pervaso da ambizione irrefrenabile, contro di lui per molti anni , diventando anzi i l suo
39 5 avversario più accanito e, accanto al duca di Sassonia Lotario di Supplimburgo, l 'au
tentico condottiero del l ' opposizione tedesca: i l suo "capo e iniziatore", come il vesco
vo Ottone di Frisinga qual i fica i l "più scaltro e più facoltoso di tutti i coevi prìncipi
del l ' impero". Perché qui, come in altri conflitti, a dare la spinta decisiva non erano
tanto le Chiese quanto la pol itica territoriale, ossia la prevaricazione del prelato su
diversi borghi imperial i . Inoltre, Adalberto I di Magonza rafforzò l ' ostil i tà, scoppiata
nuovamente nel 1 1 1 2, dei c i rcoli nob i l iari di Sassonia e Turingia.
Altrettanto ri belle fu l a politica dell ' arcivescovo Federico I di Colonia. Schieratosi
dapprima con l ' imperatore, nel 1 1 1 4 - di nuovo per motivi di pol itica territoriale -
scatenò la vittoriosa insurrezione del Basso Reno, alla quale si associò la borghesi a di
Colonia e la gran parte del l ' alta nobiltà regionale (Ricordiamo, di passaggio, che lo
stesso princ ipe ecclesiastico arrestò anche l "'eretico" Tanchelmo, ucciso da un prete
nel 1 1 1 5 ) . In breve, la pol i tica territoriale, la promozione dei m inisteriali e delle città
ecc itarono sempre di più la resistenza dei grandi , di modo che ad Enrico V accadde ora
quanto era accaduto a suo padre: "metà del suo regno trascinata in una rivolta che si
fece attestare dal la Chiesa la sua legittimità " (Haller).
E dunque, quando l ' I l febbraio del 1 1 1 5 un esercito del l ' imperatore (numerica
mente inferiore) fu gravemente sconfitto a Welfesholz, presso Eisleben, da un eserc ito
sassone, rinforzato da contingenti renani sotto il comando di Lotario di Suppl imburgo,
fatto duca nel I l 06 dall o stesso Enrico V, quando i l suo comandante imperiale conte
Hoyer di Mansfeld fu ucciso e di fatto andarono perdute la Sassonia, tutto il Nord del la
Germ ania (soprattutto l ' accesso ai grandi beni della corona, ma anche l ' influenza su
Sulle orme del padre tradito 305
feudi imperiali e vescovati ) , allora scoccò per la Chiesa il momento di regolare i conti
con l ' imperatore. Quasi tutto l ' episcopato gli voltò infatti le spalle. Anche l ' am bascia-
tore imperiale, il vescovo Erlung di Wtirzburg, avendo già più volte cambiato fronte tra
Enrico IV, di cui era cance l l iere, ed Enrico V, passò a Colonia dalla parte dei vincitori
allorché l ' arcivescovo Adalberto, alleato del duca Lotario, inaugurò un ' assemblea di
principi senza i l sovrano. Due legati papali - uno dei qual i , i l cardinale Cuno di Preneste 396
(Palestrina), tedesco ed implacabile contestatore del la pol itica imperiale del le investi
ture, aveva pubbl icamente m aledetto Enrico già dal la Palestina fino alla Francia -
fomentarono in Germania agitazioni contro di lui e ne preannunciarono i l bando. E
papa Pasquale, che aveva fatto giurare da sedici cardinal i di non bandire giammai En
rico, nel sinodo annuale del marzo 1 1 1 6 conferm ò tutto quanto i suoi legati avevano
fatto "in suo nome" . . . e nondimeno, ancora dopo il sinodo, rinnegò i suoi legati di
fronte agl i ambasciatori imperial i ! 1 .1
Per il resto, la posizione di Pasquale si andava facendo a Roma sempre più precaria.
Il suo potere, difatti , questo papa l o doveva soprattutto al denaro di Pierleone, nipo
te di Baruch/Benedetto. I l casato di costui , convertitosi dal i ' ebraismo al cattol icesimo
verso la metà del secolo XI, era benemerito alla Chiesa. Da N icolò I I in poi aveva
sostenuto una serie di papi; più tardi, con lo stesso Pietro Pierleone, avrebbe prodotto
anche un papa, Anacleto II (p. 327 ss.), oltre a diversi cardinal i : esso era diventato
sempre più ricco ed aveva assunto anche rilevanza politica. I papi Vittorio III e U rbano
II trovarono protezione nelle fortezze di questa fam igl ia; Urbano era morto nel loro
palazzo. Quando era in viaggio, Pasquale affidava loro i l governo del l ' urbe. I loro
denari , il loro potere, le brillanti relazioni fecero presto dimenticare la loro origine
ebraica. In fondo i Pierleoni erano la progenie più prestigi osa, oltreché l a più osteggia
ta, soprattutto dai Frangipani i qual i , benché fossero di norma partigiani dei papi
riformistic i , si avvicinavano ogni tanto alla parte ghibellina, quindi imperiale, ma sem
pre in netto contrasto d ' interessi coi Pierleoni . 1 4
Nel l ' apri le del 1 1 1 6, in occasione del l ' elezione del prefetto, divampò in Roma una
guerra civile. I l papa aveva infatti un candidato diverso da quello proposto dagli impe
riali e dai romani . Perché questi, è vero, erano sì spesso infuriati contro l ' Impero, "ma
la l oro avversione al potere papale era inestinguibile" (Gregorovius): un punto, questo,
su cui Io storico tedesco insiste di frequente.
Nel periodo pasquale i roman i attaccarono la solenne processione papale. Si misero
a sacco diverse chiese, si diroccarono case e torri , si commisero eccessi d ' ogni specie. 397
Pasquale II dovette fuggire, dopo aver svenduto beni ecclesiastici, ma tornò presto a
riconqui stare la città. Sennonché scoppiò una nuova, più tumultuosa rivolta; i cittadini
si appellarono per aiuti al i ' imperatore che, nella Pasqua del 1 1 1 7 , entrò in Roma e fece
incoronare la sua consorte Matilde, figl i a di Enrico I d ' Inghi lterra, dall ' arc ivescovo
portoghese Maurizio di B raga, presente al lora a Roma e del tutto indifferente ai diversi
306 La fin e dell ' era sali ca e della lotta per le in vestiture
anatemi lanciati sulla testa de li ' i mperatore. Intanto papa Pasquale era nuovam ente fug
gito: cercò a Montecassino l a protezione dei Normanni di Benevento, da dove decretò
l ' espulsione dalla Chiesa de l i ' arcivescovo di B raga. Nel gennaio del 1 1 1 8, dopo la
partenza del l ' imperatore da Roma, rientrò nella città con un eserc ito; morì però in
quello stesso mese, mentre le sue macchine d ' assalto già m inacciavano san Pietro ed
egli , ormai agonizzante, incitava ad umiliare la "alterigia dei Tedeschi". 1 5
Dopo la morte di Pasquale, la notte del 2 1 gennaio venne proclamato papa col nome
di Gelasio II ( 1 1 1 8- 1 1 1 9) i l vecchio e fragile Giovanni Caetan i , già da decenni cancel
l iere del la Curia. Maltrattato subito dai Frangipani insieme ai suoi cardinal i , fu gettato
in catene in una torre, quindi liberato e finalmente scortato al Laterano, sul dorso di un
mulo bianco, tra il giubilo della fol la. Ma già nella prim avera, davanti ali ' i mperatore
che si avvicinava, con tutta la corte e i cardinali dovette fuggire in modo avventuroso,
alla maniera hollywoodiana, tra lampi , tuoni e scrosci di !ance tedesche, e si imbarcò
da Roma al la volta di Gaeta, la sua c i ttà natale.
L' 8 marzo del 1 1 1 8 Enrico fece proclamare papa - col nome di Gregorio VIII ( 1 1 1 8-
1 1 2 1 ) - l ' arc ivescovo di Braga, sul quale, insieme col suo protettore imperiale, già i l 9
apri le papa Gelasio II l anciava l ' anatema. Tuttavia molte provincie d ' Ital ia, Germania
e Inghilterra non riconobbero questo antipapa. Perc iò, dopo che Enrico ebbe l asciato
Roma i n maggio, Gelasio ritornò nel l ' urbe sostenuto dalle armi del duca di Gaeta. In
Roma, dove ormai risiedevano due papi fianco a fianco, maledicendosi a vicenda, in
giuriandosi con epiteti q ual i "idolo di argilla" e "bestia del l ' apocalisse", Gregorio V I I I
dom inava la parte maggiore della città, controllata dai Frangipani, compresa S a n Pie-
398 tro, la residenza degli antipapi, e il Castel Sant' Angelo. E quando i l 2 1 luglio, durante
solenni celebrazioni, Gelasio fu attaccato nuovamente dai Frangipani, proprio all ' ini
zio di uno scontro armato durato m olte ore potè svignarsela inosservato ed abbandona
re la Città Santa, da l u i vilipesa con gli epiteti di "Sodoma" e "Babi lonia", "città del
sangue . . . ". Trovò asilo nella Francia meridionale dove, giunto ormai ammalato a mor
te, morì il 29 gennaio del 1 1 1 9, in una cella del monastero di Cluny.
Una sorte assai più m i sera di quella di Gelasio II toccò per la verità al suo rivale
Gregorio VIII (Maurizio Bourdin), al quale si attribuì i l nomignolo di Burdino (asinello).
Perché i l successore di Gelasi o - l ' arci vescovo Guido di Vienne, un conte di B orgogna
che, consacrato a Vi enne, si scelse i l nome di Cal l isto II ( 1 1 1 9- 1 1 24) - lo costrinse
nell 'estate del 1 1 20, mettendo in c ampo truppe e denari , alla fuga da Roma. L'antipapa
Gregorio si trincerò nella sua testa di ponte di S utri; ma g l i abitanti della città, dopo che
fu espugnata dal santo padre Cal l i sto in persona col suo spadone nel i ' apri le del 1 1 2 1 ,
si convinsero a consegnare Gregorio VIII.
Dopo un trattamento bestiale infl i ttogli dai mercenari papali , Call isto lo fece infi l a
re in una pel le di caprone e, seduto ali ' i ndietro su di un cammello, lo costrinse ad aprire
il suo corteo trionfale - dopo una vittoria invero risicata - in Roma: così l 'ex arc ivesco-
Su lle orme del padre tradito 307
vo di Braga fu fatto marc iare per le strade come un animale, tra bastonate e sassate,
quindi fu incarcerato e trascinato di borgo in borgo fino a quando non morì in un mona
stero de li ' Italia meridionale, senza tuttavia aver rinunziato alla sua pretesa al trono
papale (a questo proposito si può veramente concordare con Johannes Haller quando
definisce questo sventurato antipapa "una figura più comica che tragica"? Il suo omoni
mo, il santo Maurizio, il leggendario capo della Legione Tebana, rimasto patrono del
regno anche sotto i Sal i i e che alla fine del III secolo si diceva avesse subito i l martirio
in Svi zzera con tutti i suoi 6600 legionari . . . anche se è probabile che tanti martiri
cristiani non siano mai esistiti in tutta l ' antichità cristiana - cfr. III 1 64 ss. ! -, ebbene,
quel santo Mauri zio non potrebbe definirsi a maggior ragione una caricatura?). 1 6
Ad ogni modo Callisto, un papa orgoglioso, autoritario, imparentato con molti prìncipi 399
europei, ricercò un accomodamento con l ' imperatore. Anche con Enrico, che come
arcivescovo aveva avversato tenacemente, egli aveva lontani legami parentali. Dopo
l ' assunzione al trono gli scrisse subito interpel lando lo come cugino. Ma poiché Enrico
non si piegava ai suoi voleri, e fallendo la conciliazione concordata a Mouzon per
l ' ottobre del 1 1 1 9, egl i lo anatemizzò ancora in quel mese nel la forma più solenne,
durante i l concilio di Reims. Subito rinnovò l 'alleanza coi gruppi anti -imperiali; e l' ar
civescovo Adalberto - i cui diocesani si ribellarono a Magonza, ma vennero ridotti alla
ragione da numerose esecuzioni - nella sua qualità di legato pontificio in Germania
atti zzò con zelo la guerra civi le, nella quale egli guidò personalmente un esercito.
La c ittà di Mtinster scacc iò i l suo presule e fu espugnata ed incendiata dai nem ici
del l ' imperatore. Tuttavia Enrico, in accordo coi prìncipi e a dispetto del l ' arcivescovo
Adalberto, ri uscì a concl udere un arm i stizio nel l ' autunno del 1 1 2 1 . E un anno dopo, il
23 settembre del 1 1 22, si gi unse a stipulare il famoso - così fu chiamato per la prima
volta da Leibniz - concordato di Worms : un compromesso, se così si vuoi dire, una
mezza sol uzione, m a in nessun caso (come pure si afferma) una soluzione di "pareg
gio" (Bosl). Fu in effetti la fine della lotta per le investiture, della lotta per la Reichskirche,
la Chiesa imperiale, ma non ancora la fi ne della lotta per il potere, che sarebbe divam
pata di nuovo tra impero e papato al la metà del XII secolo.
Il Concordato di Worms, redatto in due documenti con le rispetti ve obbligazioni -
del lo "Heinricianum" proposto dal i ' imperatore e del "Cal ixtinum" proposto dal papa
si basava principalmente sulla distinzione tra "Spiritual ia" e "Temporalia", c ioè sulla
separazione della sfera e del dom inio spirituale e temporale: concetti che nel le fonti
medieval i si intrecciavano e interagivano fac ilmente. Gli elementi spi ritual i riguarda
vano specialmente il diritto di reclutamento e di l icenziamento dei rel igiosi, accanto ad
altre disposi zioni gi urisdizional i ; quel l i "temporali" comprendevano beni e diritti di
carattere non direttamente chiesastico, sui qual i però competeva al c lero solo un di ritto
di usufrutto, a cui esso comprensibilmente non rinunziava volentieri . 400
Pertanto il concordato di Worms dec ideva per un nuovo ordinamento nel la distribu-
30H La fine dell ' era salica e della lotta per le in vestiture
zione e occupazione delle sedi episcopali . Ormai la scelta dei vescovi riguardava uni
camente i l clero; i n l inea di principio era diventata affar suo. Ma siccome i prelati non
perdevano la funzione temporale fino allora acquisita, e siccome restavano prìncipi del
regno, perfino con peso e rilevanza crescenti , è chiaro che la loro influenza, già di per
sé immensa, s ' accresceva ulteriormente.
Al contrario, l ' imperatore tedesco, perdendo i l diritto al l ' investitura con pastorale e
anello, i simboli del potere spirituale, poteva solo presenziare al l ' elezione dei vescovi
e degli abati dell ' Impero, gratificandoli di beni temporali dati in vassallaggio prima
del la loro consacrazione. Per la verità, ciò valeva per la Germania, ma non in Borgogna
e in Italia; il che era decisivo (per il papa), ma rappresentava certamente anche un
futuro pomo di discordia. Con questo, infatti, si abbandonava non soltanto il si stema
fino ad allora vigente delle chiese imperiali - l ' antico diritto consuetudinario statale -,
ma altresì l ' episcopato ital iano e l ' attribuzione del la sede epi scopale più importante,
quella di Roma. La quale era da q uesto momento sottratta all ' infl uenza del l ' imperato
re; e veniva così eliminata la sua egemonia sul papa, anche se restavano discrete possi
bil ità di coinvolgimento.
Tutto sommato, Cal l isto II aveva ordito assai abilmente l ' operazione (possedeva
infatti ogni sorta di esperienza nel trattare i documenti: quale arc ivescovo di Vienne si
era procacciato la primazia in Gal lia tram ite documenti falsificati ! ) . A Worms, dunque,
l ' imperatore rese ufficiale la sua rinuncia a favore degli apostoli Pietro e Paolo e della
Chiesa cattol ica, mentre i l papa faceva la sua concessione solo alla persona di Enrico.
La sua controdichiarazione recava infatti come incipit: "Io Cal listo, concedo a te, Enri
co . . . ". Non passò molto, in effetti, che gli ambienti c uriali misero in evidenza come le
concessioni valessero solo per Enrico, ma non per i suoi successori . La quasi cinquan
tennale guerra per le investiture, di cui si poté dire che devastò la Gennania (e l ' Italia)
non meno del l a futura Guerra dei Trent'anni , si concludeva pertanto con una vittoria
della Chiesa; e il papa non trascurò di far eternare i l suo trionfo per mezzo di monumentali
dipi nti nel la basil ica del Laterano. 1 7
Cal listo II morì il 1 3 o 1 4 dicem bre del 1 1 24. Non trascuriamo, ora, il modo in cui
egli "ebbe la meglio" - per dirla col " Lexikon fi.ir Theologie und Kirche" -, trionfando
401 sul suo antipapa Gregorio VIII. Non se ne dimentichi il modo, che tale encic lopedia
passa completamente sotto si lenzio, e i l fatto che egl i , da arcivescovo di Vienne, so
stenne la pretesa primaziale del la sua diocesi contro quella di Arles con documenti
totalmente falsificati. Da u ltimo, l 'enciclopedia c lericale tace sul fatto, che qui si vuole
specialmente richiamare alla memoria, cioè che Call isto, a pochi mesi dal l ' inizio del
suo pontificato ottenne - in un sinodo a Tolosa del l '8 luglio 1 1 1 9 la condanna dei
-
zare nel la pratica le teoriche aspi razioni riform i stiche della Chiesa, finendo tuttavia
bruc iato sul rogo a St. Gil les.
La sua vittoria, se torniamo indietro con un breve sguardo d ' insieme, il papato l ' aveva
comprata a prezzo di conflitti ed orrori protratti si per decenni, per mezzo di menzogne,
spergiuri e tradimenti .
Ingranditosi nel l ' XI secolo grazie al l ' appoggio del regno di Germania, i l papato
fece tosto di tutto per sottomettersi questo regno. In accordo coi prìncipi, Gregorio VII
m i se in scena l a guerra civile in Germania, spaccando i l regno d ' oltralpe. In Ital ia egli
operò contro l ' imperatore grazie alle truppe di Matilde, agli eserciti dei Normanni e ai
propri mercenari . A seguire, Urbano II, soprattutto col perverso matrimonio da l u i per
seguito del 1 7enne Welf V e della 44enne Mati lde di Tuscia, i l "matrimonio come patto
m i l i tare" (Aifons Becker), m i se insieme gli avversari italiani e tedesco-meridionali
del l ' imperatore. Il suo clero provocò infatti la ribellione di Corrado contro il suo stesso
padre Enrico IV. Con la prima Crociata, con più di un m i l ione di morti , il potere del
papato ne uscì ulteriormente rafforzato, materialmente e idealmente; in seguito, anche
Enrico V fu attirato nell ' orbita del papa e scagliato contro i l padre. Il figlio fu svinco-
lato dal giuramento di fedeltà, la guerra civile rinfocolata, prima con Enrico V contro
Enrico IV, poi anche contro lo stesso Enrico V. Tradimento, corruzione, sfruttamento,
odio di classe, ribell ione, sobillazione dei grandi e perfino dei fig l i contro l ' imperatore:
qualsiasi mezzo, in questa lotta, venne messo in pratica dal papato. I l quale poté tanto 402
più sicuramente ricorrere a questi mezzi e far valere la sua superiorità, in quanto aveva
ormai istupidito i popoli a dismisura, e li teneva in pugno per così dire religiosamente,
ovvero "metafisicamente", grazie soprattutto al la stolida leggenda di Pietro (IV 3 8 1
ss.). "L' immagine di Pietro quale portinaio e custode del paradi so, in senso letterale,
era antica nel le sue origini, ma crebbe in tutta la sua grandezza e si espanse enorme
mente non prima del l ' epoca della riforma ecc lesiastica, della lotta delle investiture e
del le croci ate" (Haller). I H 403
NOTE
1
Zi mmermann, H e i n r i c h I V. 1 2 8
2 G regoro v i u s I I/ l , 1 7 2
3
Tad dey 5 0 5 . LMA V 1 3 4 1 . Meyer v. Knonau IV 460 ss. 4 7 8 s. H a l l e r Il 348 s s . Jordan, lnvestiturstreit
60. B o s h o f, Di e Salier 259 ss. S c h n i t h , Kaiser Heinrich IV. 224 s . Goez, Der Thro n erhe 3 ss. I l ss.
4 K e l l y 1 7 7 s. G regoro v i u s I I/ l , 1 3 9 s. Hal ler Il 340 s. Jordan, lm·estiturstreit 60. Zi mmerman n ,
Papstahsetzungen 2 1 3 . B o s h o f, Di e Salier 2 6 0
5 LP 2 , 2 9 8 ; JW l , 7 7 3 s. K e l l y 1 7 8 s. LMA V I I 1 90 8 . G rcgoro v i u s I I / l . 1 3 9 s. H a l l e r I l 34 1 . Servat i u s ,
Pàschal i s I l . 4 2 s . 7 0 s s . 3 3 9 . B o s h o f, Die Salier 2 6 0
6 H a u c k I I I 8 8 2 ss. G regoro v i u s I I / l , 1 3 9 s s . H a l l e r Il 34 1 . Jord a n , lm·estiturstreit 60. Heer, Kreuz:ùge
310 La fin e dell ' era salic·a e della lotta per le investiture
"Il territorio vasto e spopolato era un invito ali 'immigrazione ... "
Albert Hauck 1
"Lotario non era assolutamente capace di lasciar riposare le armi ... "
"Il re doveva imparare a sentire che, con la cacciata di Anacleto,
adempiva un sacro dovere verso sua madre, la Chiesa, senza con questo
essere legittimato ad al tre pretese se non alla corona imperiale.
Il carattere di Lotario, e soprattutto quello dei religiosi che lo dominavano,
dava ad Innocenza la garanzia che avrebbe potuto umiliar! o impunemente
anche quando non poteva assolutamente fare a meno del suo aiuto."
Wilhelm Bernhardi 2
"La situazione venne complicata dalla politica aggressiva della Curia romana,
che mirava a sfruttare i conflitti tra Polonia e Russia allo scopo
di convertire i russi al cattolicesimo, considerando i Polacchi, nei secoli X II e XIII,
come base per l 'espansione cattolica verso le regioni orientali."
Kosminski, J.A./Skaskin, S.O. 3
"Anche nella nuova fase dell' espansione verso Est, iniziatasi al principio del XII secolo,
i poteri feudali tedeschi, danesi e polacchi, si servirono deli ' ideologia cristiana
e dell' organizzazione ecclesiastica al fine di sancire col loro appoggio le conquiste,
oltre a prepararle o a consolidarle."
Engel, E./Epperlein, S. 4 405
312 Lotario di Supplimhurgo - Guerra per ch iesa e papa
Ali ' età di trentanove anni , i l 23 maggio del 1 1 25 , Enrico V moriva, ucciso probabil
mente d a un morbo tumorale. No n avendo lasciato fig l i , si estingueva c on l u i la proge
nie reale e imperiale dei Sal i i in l i nea maschile. (Altre dinastie principesche del la Ger
m ania discendono dai Sal i i , in l i nea diretta gli Hohenstaufen e i B abemberg, indiretta
mente g l i Asburgo del l ' età moderna).
Enrico V aveva designato come suo erede privato, q uale destinatario del patrimonio
dell a dinastia sal ica, suo nipote, i l 35enne Hohenstaufen Federico I I (monoculus) di
Svevia, la cui madre Agnese era figlia di Enrico I V; tuttavia non lo designò come
successore al trono, sebbene lo desiderasse e avesse a tal fine forse "fatto tutto quanto
era possibile" (Stimmi ng). A Federico "il Monocolo", duca di Svevia dal l ' età di quin
dici anni, la successione spettava per privi legio di nascita, secondo la tradizione. Aven
dolo sempre avuto, durante il suo governo, dal la propria parte, Enrico V, prima del l a
s u a campagna in Ital ia del 1 1 1 6, lo aveva nom inato addirittura reggente del l ' Impero:
un' autori tà conferita a tempo determ inato, certamente, e non una "designatio de futu
ro". A l u i , i n ogni modo, Enrico aveva affidato i n custodia anche sua mog l i e Mati lde,
e a questa aveva consegnato le stesse insegne dell ' Impero. Ma intanto Adalberto di
Magonza, " l ' arc ivescovo del le i nsidie", aveva già sottratto loro tal i prerogative "me
diante promesse ipocrite" (Ottone di Fri singa). 5
Infatti Federico di Svevia, seguace e parente stretto di Enrico V, in q uanto futuro re,
sarebbe stato fatale per i difensori del predominio clericale, ma particolarmente sgradi
to all ' arcivescovo Adalberto, i c ui piani territorial i erano chiaramente in collisione con
la politica dinastica dell o Hohenstaufen. Così , già i l 24 agosto, lo scritto che invitava
407 ali 'assemblea elettorale di Magonza - in vetta alla quale brillavano i nomi dei metropol i ti
Adalberto di Magonza, suo autore per generale convinzione, e Federico di Colonia - fa
appello con "insuperabi le mancanza di tatto" (Petke) affinché si trovi un sovrano sotto
il quale Chiesa e Impero possano essere l i beri dalla servitù patita fino ad all ora.
Adalberto, nominato in passato c ancelliere ed arc ivescovo da Enrico V, e tuttavi a im
prigionato nel l ' autunno del 1 1 1 2 e detenuto per tre anni , trasferì i l su o odio profonda
mente radicato per l ' imperatore anche sui nipoti , e tanto più su Federico, facendo di
tutto, fi n dal i ' i nizio, per far fal l i re la sua successione al trono, o in altri term ini - come
si dice nello scritto d ' invito - per regolamentare le necessarie procedure "secondo l ' i spi
razione dello Spirito S anto". Ma, evidentemente, lo Spirito Santo s ' era da gran tempo
orientato a favore del duca di Sassonia Lotario di S upplimburgo, sul quale poi egl i , e
per suo conto l ' arcivescovo Adalberto "esercitò costantemente un influsso determ i
nante" (Gerl ich).
Certamente il duca sassone, i l cui padre conte Gebhard di Supplimburgo era caduto
poco dopo la nascita di Lotario nella battaglia di Homburg (p. 1 82) contro Enri c o I V,
si raccomandava al partito c lericale già in quanto nemico dei Sal i i . Per di p i ù , egli non
era uno dei Guelfi con la cui sti rpe Adalberto era in aspro confl itto. Per di più aveva
La nuova fase della colonizzazione all ' Est 313
onnai cinquant 'anni e non aveva discendenti maschi. Inoltre cospirava già col prelato
di Magonza per quanto riguardava le sollevazioni in Sassonia. Perfino il metropolita
bavarese, Corrado di Salisburgo, passò dal la parte di Lotario, anzi pare che ne fosse
diventato l ' amico personale. E quantunque non mancassero, in fatto di politica territo
ri ale, notevo l i discrepan ze con alcuni prelati - ad esempio coi som m i pastori di
Hildesheim e di Halberstadt - molti vescovi vedevano nel duca di Sassonia l ' uomo
che faceva al caso loro, "un valoroso condottiero in guerra, eccellente ne li ' uso delle
ann i" ( Vita Norberti). 6 408
L A NUOVA FASE DELLA COLONIZZAZIONE ALL ' E sT: " D oVE IL DIAVOLO AVEVA
LA SUA SEDE E DOVE ABITAVANO TUTTI GLI SPIR ITI I M MONDI • • • "
Agl i ambienti clericali tedeschi non poteva non piacere i l fatto che Lotario, "uno spau
racchio per i nem ici di Dio", in quattro crociate condotte ad est del l ' Elba - negl i anni
I l i O, 1 1 1 4, quando penetrò fino ai territori dei Rugi, nel 1 1 2 1 e, con m inor successo,
nel 1 1 25 - andava conquistando territori slavi e tracciava "incrollabi li l i nee offensive"
per l ' avvenire. Certo, perché queste operazioni servivano al i ' espansione del suo potere
ducale non meno che alla cristianizzazione di quelle regioni. "Era dai tempi del margravio
Gero" - e ciò l a dice lunga al riguardo (cfr. V 450 ss.) - "che non si verificava una
pressione altrettanto persistente de l i ' etnia gennanica sulle popolazioni orientali anco
ra pagane" (Bemhardi).
La nuova fase della colonizzazione verso Est, che restò virulenta anche nel tardo
Medioevo e che è stata paragonata con l ' aggressione nazista alla Russia e al Sudest
europeo, prese le mosse fin dali ' inizio del XII secolo. E qualunque fossero i motivi che
vi concorsero - smania di conquistatori , spirito d ' avventura, grandi spazi e sogni di
l ibertà - sta di fatto che sia i prìncipi tedesch i , sia i condottieri polacchi e danesi e
scandinavi , progettarono e sancirono questa politica di vasta rapina col sostegno del
Cristianesimo, della sua ideologia e del la sua organizzazione. Da cui ricevettero per di
più una legittimazi one e garanzia dal la metà del XII secolo, soprattutto per opera degli
ordini Gerosolimitani , dei Templari , dei Ci stercensi. Ma già ne li' Alto Medioevo - come
nel l ' età contemporanea sotto Hitler - l ' espansionismo verso l ' Est venne sempre ap
poggiato dai papi; nei secol i XII e XIII essi usarono i conflitti russo-polacchi, muoven
do dalla Polonia come base, per espandersi oltre verso Oriente e per annettere i russi al
cattolicesimo.
Dal l ' altra parte, attraverso i secoli, i popoli oriental i contrastavano non soltanto il
dom inio dei Tedeschi, bensì anche i l l oro D i o . Sempre, infatti , gli aggressori cristiani ,
fossero tedeschi o d ' altra etnia, accampavano motivi religiosi, quali l ' evangel i zzazione
dei pagani , la m issione, la diffusione del regno di Dio e sim i l i . Riferendosi appunto
314 Lotario di Supplimburgo - G u erra per chiesa e papa
all ' imperatore Lotario, il cronista Helmold di Bosau scrive: "I l suo obiettivo era di
409 sottomettere tutti i popo l i slavi alla santa fede". In fin dei conti quel le genti vivevano in
quelle terre - torna a precisare Helmold - "dove i l diavolo ha la sua residenza e dove
dimorano tutti gli spiriti immondi". Oppure, secondo un cronista della Livonia con le
parole tratte dall a "Vita" del primo vescovo sassone: "Un popolo non addomesticato,
del tutto dedito a riti pagani , v iene condotto passo dopo passo sotto il giogo del Signo
re"; perché si sa che la fede si espande e si moltiplica "con le battagl ie e coi sermoni"
(tam proeliando quam predicando). 7
Evidentemente quei pagani slavi non erano affatto inferiori ai Cristiani sul piano
morale. Quanto meno, anche il monaco di Bamberga Herbord (morto nel 1 1 68 ) apprez
za nel la sua " Vita di Ottone" le loro q ual ità etiche: "Tra i cristiani, dicevano inoltre, c i
sono ladri e briganti ai q ua l i per punizione vengono storpiati i piedi e cavati g l i occ h i;
non c ' è genere di del itto e di pena c h e i l c ri stiano n o n applichi contro i l cristiano. Che
una religione siffatta resti lontana da noi ! ". E il buon c ronista Herbord l i elogia ancora:
"È così grande la lealtà e l o spirito comunitario tra q u e i pagani c h e n on conoscono n é
furto né raggiro e neppure sbarrano casse o forzieri . . . I loro denari , preziosi e altri
valori li custodi scono in tinozze e botti semplicemente coperti, non temendo né furti né
imbrog l i , proprio perché non conoscono m al izie".
Anche chi sottol inea un "indiscutibile progresso c iv ili zzatore" della colonizzazione
ali ' Est, deve necessariamente ammettere che questa "ha generato nel contempo intol
leranza religiosa, contrasti nazionali inaspriti, l otta concorrenziale capitalistica, le
avvisaglie di una coscienza di classe borghese ed altre calam ità, cioè le cause di nuova
oppressione e di nuove necessità" (Sprandel). E anche chi c i vede "qua e l à motiv i
religiosi" che certo, comunque l i si voglia interpretare, non devono essere affatto oc
cultati, oppure chi ricorda vog l ie di avventura e smania di conquista, deve ammettere
che "di gran l unga vi giocò un ruolo soprattutto il desiderio del guadagno, la prospetti
v a di territori da conquistare a condizioni assai vantaggiose, speranze di l ibertà perso
nale e di indipendenza" (Thieme).
È significati vo uno scritto sobil l atorio che cade nel pieno di quest'epoca, databile al
1 1 08 , redatto dal l ' arc ivescovo Adelgoto e da cinque vescov i del la sua circoscrizione
410 (Alboino di Merseburgo, Walram di Naumburg, Herwig di Meissen, Hezilo di Havelberg
e Hartbert di Brandeburgo). In esso, i prelati del la Sassonia orientale si rivolgono ai
loro am ici, al c lero e alla nobiltà del i ' Occ idente, al i ' arcivescovo di Colonia, ai vescov i
di Halberstadt, Paderbom, Minden, Liegi, all ' abate di Corvey e ai laic i , incitandoli alla
guerra contro i Vendi dediti al l ' idolatria, i q ua li depredano i cristiani, torturano e deca
pitano cristiani, li spellano vivi, eccetera. "Contro di noi i pagani si sono sollevati con
una ferocia senza precedenti, portandoc i quasi alla disperazione; sono uom ini senza
pietà, che per giunta si compiacciono di esibire la loro malvagità, gente priva di qual
siasi principio morale. Insorgi dunque, sposa di Cristo, e fatti viva! La tua voce deve
La nuova fase della colonizzazione all ' Est 315
ri suonare nell e orecchie dei cristian i , d i modo che tutti accorrano alla guerra per la
gloria del Salvatore e rechino ai uto a quanti combattono per Cristo."
Guerra per i l Redentore, dunque: l ' obiettivo più sublime, sempre. Tuttavia guerra
per il Salvatore vuoi dire anche guerra contro il Diavolo. E il diavolo - q uesto è eviden
te - sono sempre gli altri , i non cristiani, i pagani . "l pagani sono i peggiori tra gli esseri
umani; ma la l oro terra è generosa di carni , miele, farina, uccell i e, se opportunamente
coltivata, nessun ' altra è paragonabile ad essa". Per questo i vescovi al zano le loro sup
pliche a Dio affinché "voglia infondere a Voi volontà e la forza per soggiogare q uesti
orrendi , disum ani pagani a noi confi nanti , e vi faccia star bene per tutto il resto". H
Con quale fanatismo i chierici sapessero aizzare alla guerra contro gli S lav i , contro
i "barbari" e g l i "assassini incendiari" ce lo mostra l 'esempio di un certo Gerlach du
rante la difesa della fortezza di Susel nel 1 1 47. In cambio della resa, gli assal itori slavi
avevano promesso ai Frisoni "v ita e salvezza", e costoro erano propensi ad accettare
l ' offerta. Ma ecco intromettersi il prete ululando: "Ma che uomini siete? Perdete il
coraggio e ci m andate tutti i n malora ! Vi scongiuro per i l Signore, creatore del mondo,
i l quale facilmente porta salvezza a tutti per mezzo d i pochi, di mettere alla prova
ancora per qualche tempo le vostre forze, resistendo ai nemici. Finché siamo protetti
dalla forza del S ignore, le arm i e i pugni ci ubbidiscono e affidiamo la nostra vita alla
speranza; senza arm i , invece, non ci resta che una morte vergognosa ! Le vostre spade, 4II
che i nemici pretendono d a v o i , ficcatele prima nel loro stesso m idollo e siate i vendi
catori del vostro sangue. Il nem ico dovrà gustare la vostra intrepidezza e rimpatriare
vittorioso, forse, ma non senza tributo di sangue ! "
Helmold d i Bosau, i l religioso storiografo del l o Holstein, tratteggia q uasi inebriato
il ritratto di questo bel licoso sacerdote, il modo in cui si lancia furibondo davanti alla
porta, come trafigge di proprio pugno "innumeri slavi", seguitando a pugnare e ad
uccidere quando già era ricoperto di ferite e aveva perduto un occhio, dimostrando "nel
corpo e nel lo spirito una forza addirittura sovrumana". E concl ude che "più grandiosa
mente non combatterono a suo tempo nemmeno i celebri figli di Zeruja e i Maccabei . . . ".
Certo: è sempre rimunerativo i l richiamo alla B i bbia, tanto più quando si tratta di san
gue da versare a dismisura. 9
Con la sottom issione degl i Slav i , Lotario di S uppl imburgo creava la premessa per
una ripresa dell a m issione ecclesiastica nelle regioni a destra del l ' Elba. Alcuni dei
primi ri sultati della sua pol itica espansionistica, del la prosecuzione del le aggressioni
più antiche da parte di invasori tedeschi, furono ad esempio la fortezza di Segeberg
nello Holstein; inoltre il monastero benedettino di Chemnitz, fondato da Lotario nel la
foresta reale degli Erzgebirge (Monti Metal liferi ) , che i n breve tempo dispose di un
vasto possedimento e, già dal 1 1 43 , dom inò sui traffic i commerciali a largo raggio. E,
da ultimo, il sostegno dato da Lotario alla missione cattolica del vescovo di Bam berga
Ottone in Pomerania. 1 0
316 Lotario di Supplimburgo - G uerra per chiesa e papa
bel la speranza. La palma del marti rio era quasi nel le nostre mani . . . " . Eppure indietreg
giò atterrito alla caduta di un noce sacro, i l cui proprietario m inacciava Ottone con
l ' ascia di guerra. Nondimeno Ottone fu capace di battezzare, piuttosto alla svelta, ben
22. 1 65 anime di pagani (ammesso che si fossero contate con tale esattezza).
La prima retata di anime al l ' attivo di Ottone fu concordata con la Polonia e col
papato; l a seconda col re Lotario (il quale gli procacciò più diplomi che a qualunque
altro vescovo) e col duca Vratislao I di Pomerania.
Vratislao, battezzato in gioventù pubblicamente durante la prigionia in Sassonia,
poi , prigioniero dei Polacchi, costretto all 'evangel izzazione del suo paese oltre che al
pagamento di tributi alla Polonia, concorse alla fondazione del vescovato di Pomerania,
protesse il prelato Ottone l ungo i confini ed inoltre, pur sposato con una cristiana, si
dice che abbia avuto 24 concubine. Ma non fu certo né alla sua né alla loro memoria
che, dopo il suo assassinio a Stolpe sulla Peene, fu eretta una chiesa e fondato un
convento benedettino. 1 2
I n Polonia, i l vescovo di Bamberga ci fu chiamato dal conte Boleslao I I I Krzywoutsy
(Boccastorta, morto il 1 1 3 8). Per brama di potere questo cristiano aveva scacciato il suo
fratellastro, facendogli poi cavare gli occhi, e aveva continuato la vecchia politica di
aggressione dei Piasti contro la Pomerania. Condusse una guerra missionaria fatta di
incursioni predatorie e distruttive, uccidendo anche dopo la resa - secondo il biografo di
Ottone, Herbord, monaco del monastero Michelsberg di Bamberga - 1 8000 abitanti
della Pomerania e deportandone altri 8000, donne e bambini compresi .
Nella spedizione del 1 1 2 1 / 1 1 22 , dopo che il princ ipe nel ! ' avanzata su Stettino ebbe
sottomesso Vrati slao, conte della città, agl i invasori seguirono subito, come al sol ito, i
missionari . Per la verità era fal l ito il tentativo di conversione del l ' erem ita spagnolo
Bernardo, subito dopo l ' arm istizio (a Wol l i n lo spedirono su una barca a "predicare ai 414
pesc i"). Alla fine, però, Boleslao fece intervenire i l prelato di Bamberga allo scopo di
perfezionare la propria pia opera, o quanto meno di aiutarlo un po ' . Di fatto, i Pomerani
"convertiti" non pagavano più il tributo, ma in compenso veneravano pubblicamente i
loro collaudati dèi slav i ; anzi gradivano così poco la fede cristiana che avevano messo
in croce un religioso immigrato. E non vol lero affatto servire l ' arc ivescovo Norberto di
Magdeburgo (tra l ' altro geloso dei successi di Ottone) alla cui diocesi in principio
furono assegnate le regioni oriental i (Polonia, Pomerania); e preferirono morire piutto-
sto che sopportare la sua crudeltà e la vita al suo servi zio.
Così , nel l ' apri le del 1 1 28 , d ' i ntesa col re Lotario e col duca Vratislao, i l vescovo
Ottone percorse una seconda volta la Pomerania per tornare a spargerv i la preziosa
semente della B uona Novella. Se il re, questa volta, gli abbia spianato alquanto la
strada con una guerra contro i Liutizi, non è dim ostrabile assolutamente; non mancano
tuttavia indizi per tale ipotesi . Di sicuro, però, il perspicace Ottone, di tanto in tanto
prodigo di regal i , cercò in tutti i modi di togl iere ai Pomerani la paura del Cristianesi-
318 Lotario di Supp limburgo - G u erra per chiesa e papa
m o, dando loro ad intendere che la nuova religione - cosa che essi paventavano più di
tutto - non l i costringeva a nessuna rinunzia materiale !
Accorrendo con le sue truppe, i l duca Vratislao diede un aiuto decisivo al missiona
rio, attuando anche tosto una scorreria assai fruttuosa nel territorio dei Liutizi, mentre
il vescovo Ottone, a Giitzkow, radeva al suolo senza scrupoli un "tempio idolatrico"
particolarmente ricco e leggiadramente arredato . . . , sordo alle grosse offerte pecuniarie
dei vecchi credenti che lo volevano salvare, fosse pure come chiesa. Eppure, ancora
all 'alba del XX secolo, il cattolico Looshom, storiografo del vescovato di B am berga,
giubila come estasiato : "Spettacolo esaltante per i cristiani allorquando le statue deg l i
idol i , di straordinarie dimensioni e abbell ite d a inaudita arte scultorea, c h e molte cop
pie di buoi riuscivano appena a trai nare, ora, con le mani e i piedi staccati , le occhiaie
415 scavate e i nasi scalpellati via, furono trasportate, sul pendio di un ponte, nel fuoco per
essere distrutte, mentre gli amici di quei simulacri assistevano alla scena levando alti
lamenti".
Ma tutto questo è parte i ntegrante del mestiere di "missionari tra i pagani".
Nel 1 1 1 4 i l vescovo del B randenburgo, Hartber, distrugge numerosi "simulac ri idola
trici", con l ' assistenza del convento giovanneo di Magdenburgo, come egli stesso van
ta (in latino barbarico). Nello Holstein, dove gli S lavi si mantenevano contrari ai ripe
tuti tentativi di "convers ione", i l santo Vicel l i no - futuro vescovo di Oldemburg -
cancel lò totalmente le tracce della vecchia fede, che venerava devotamente boschetti e
fonti ; e ciò evidentemente g l i fu possibile solo con l ' aiuto m i l i tare del principe cristia
no degl i Obodriti, Enrico, che in quel modo pensava di perfezionare soltanto "il serv i
z i o a l l a casa d e l Signore" (Helmold).
In passato, i l principe cristiano Enrico aveva fatto uccidere il principe pagano Kruto
e quindi , con l ' appoggio danese e tedesco, aveva ripreso i l regno degl i Abodriti, in
grandendolo molto e facendo della sua residenza, Alt-Lubecca (a nordest della c i ttà
odierna), il centro di un regno slavo cristiano. Ma nel 1 1 27, dopo l ' uccisione di Enrico,
tutto questo crollò rapidamente, anche perché i suoi fig l i e nipoti perirono uno dopo
l ' altro nello stesso modo, vittime di attentati . Ma nel 1 1 34 Vicellino s i guadagnò il
favore de li ' i mperatore Lotario; questi fece allora costru ire presso Segeberg, ad est del
la Trave, una fondazione canonica e la trasferì a Vicellino, insieme ad una fortezza.
Durante l a costruzione del la fortezza, uno slavo che osservava domandò del l e
"fortificazioni" che si stavano erigendo "qui nella quiete". Q u i si edifica un giogo per
tutta l a reg ione, fu la ri sposta di un principe slavo. M u ovendo da q uesta base s i
espugneranno "prima Plon, poi Oldemburg e Lubecca, si varcherà infine l a Trave e si
conquisterà Ratzenburg con tutta la Pomerania. Ma anche i l paese deg l i Obotriti non
sfuggirà alle loro mani ! ". E quando l ' altro indaga sulla causa di tale sventura, il princ i
pe dice: "Vedi q uel piccolo cranio calvo che sta a fianco del re? Quello ha portato su di
noi tutti questa sventura ! "
Il vescovo Ottone, l ' apostolo della Pomerania 319
La testa pelata era quel la del m i ssionario Vicellino, l ' apostolo degli S lavi . Regolar
mente, difatti, il potere politico si coniugava con l ' impresa missionaria del l a cristianiz-
zazione e viceversa. 1 3 416
Così i l vescovo Ottone ricevette a Giltzkow una legazione da Alberto l ' Orso (morto
nel 1 1 70), la quale aveva anche il compito di spiare con cura i territori degl i Slavi . In
realtà la cristianizzazione sembrava assai promettente agli occhi di Alberto che, a stret
to contatto con Lotario, con l ' arcivescovato di Magedburgo e coi Premonstratensi, svi
l uppava una pol itica territoriale progettata in modo estrem amente mirato a danno degli
Slavi. In effetti Alberto colonizzò e cristianizzò insieme la Nordmark e le zone ad est
del l ' Elba; e questo fece di lui il padrone assoluto del l ' intera regione dei Liutizi, dal la
Lausitz fino al basso corso del la Peene e del l ' Oder. Così si ripristinarono anche i
vescovati ottoniani di Havelberg e di Brandeburgo, e soprattutto si fondò la marca di
B randeburgo, una nuova sovranità territoriale in area slava. E nel 1 1 58 il precursore
del l ' espansione tedesca ad Est, i l primo margrav io del Brandeburgo, il padre di tre
figlie e di cinque figli, tra i qual i l ' arci vescovo S iegfried di B rema, trovò perfino il
tempo di intraprendere un pellegri naggio in Terrasanta insieme al la consorte Sofia di
Winzenburg. 1 4
Il santo Ottone, ricolmato dal i ' imperatore di elargizioni come nessun altro prelato,
aveva convertito i Pomerani non solo per "mercede di Dio". Infatti, prima di scendere
nel 1 1 36 in Ital ia per la sua grande campagna bell ica, Lotario garantì con documenti ad
Ottone i tri buti di quattro reg ioni slave quale riconoscimento e ringraziamento per ave
re sparso colà "il seme del cristianesimo"; con esse le regioni tributarie alle casse del
santo si estendevano fino alla Peene. Non bastava: anche tutte le chiese, che egl i aveva
fondato in quelle regioni , sarebbero dovute "appartenere senza contrasti a lui e al suo
vescovado" (si ne contradictione sihi et ecclesiae suae ohtineat).
Una luce inedita sul vescovo di Bam berga viene gettata anche da un' insurrezione
scoppiata nel la vicina Boem ia. Regnava colà il buon c ristiano duca Sobeslao I ( 1 1 25-
1 1 40), che nella battaglia presso Kulm aveva sofferto una terribile disfatta nel 1 1 26 ad
opera del re Lotario, dopo la quale, tuttav ia, regnò un grande ri spetto reciproco.
Ebbene, nel l ' estate del 1 1 30, fu scoperto un complotto ordito contro Sobeslao. Due
nobi li boem i , i fratel li Miroslaw e Strezim i r, furono messi in catene; Miroslaw confes- 417
sò di essere stato istigato a d uccidere il duca; prima d a un servo del nipote del duca
Bretislao, che lo zio teneva prigioniero già da anni , poi da un prete ed infine dal supre-
mo pastore di Praga, Megi nhard. Il vescovo, secondo l a confessione di Mirosl aw, gli
aveva fatto grandi promesse, assicurando che le avrebbe ribadite con un gi uramento
sulle rel iquie. Più tardi, Meginhard avrebbe contestato il fatto, ma non la sua intenzio-
ne di l iberare i l nipote del duca, visto che lo voleva come duca.
Quando la faccenda divenne di pubblico dominio, i l prelato - guarda caso - era
appena partito per un pel legrinaggio a Gerusalemme. Su tutti i rimasti, però, si abbatté
320 Lotario di Supplimhurgo - G uerra per chiesa e papa
inesorabile la vendetta del pio principe. Dopo aver compiuto a piedi scalzi una proces
sione di ringraziamento nel duomo di Praga, egli fece tagl iare tutti gli arti ai fratel l i
Miroslaw e Strezimir sulla piazza del mercato, cavare gli occhi e tagliare m an i e l i ngua
agl i uom ini da essi assoldati per l ' assassinio, spezzare loro i fianchi e stritolare sulla
ruota i mutilati. Perché "la preoccupazione del principe era tutta rivolta all ' ordine pub
bl ico" (Lexikon des Mittelalters) . A causa di tale ordine, parecchie altre persone so
spettate, la cui colpa non era accertata, vennero decapitate; e i l nipote del duca, al quale
non si poté addebitare nulla, venne accecato; fu un ' operazione, a quanto pare, di pura e
semplice profi l assi.
Il prete, comunque, salvò testa, arti ed occhi; g l i toccò solo l ' arresto. E quando
l ' anno dopo i l vescovo fece ritorno dalla Santa Terra, tutti quell i che avrebbero potuto
testimoniare contro di lui - guarda i l caso fortunato - erano ormai defunti . Ma il santo
Ottone, am ico di Meginhard, s i affrettò ad andare a Praga per fare una solenne dichia
razione gi urata a favore del confratello. Dopo di che anche altri vescovi ed abati, non
418 meno solennemente, dichiararono Meginhard assolto da qualsiasi i mputazione. 1 5
Lotario di Supplingenburgo (il cui cognome certi ricerc atori dei secoli XIX e XX han
no deformato in "Supplinburgo") era in realtà rampollo di u n ' antica e nobi l issima fa
migl ia, purtuttavia non particolarmente facoltosa né autorevole; e fu questo, probabil
mente, i l motivo per cui Enrico V l o elevò al ducato di S assonia. Ma poi egl i , insieme
con la moglie Richenza, con la quale v isse quasi 40 anni (un peri odo sorprendentemente
l ungo non solo per un principe del tempo), venne sommerso di tante cospicue eredità,
dai possedimenti di Enrico i l Grasso di Northeim, di sua nonna Gertrude, dell a suocera
Gertrude di B runswick: ciò ampliò di molto i l suo potere pi uttosto limitato, facendolo
diventare i l più potente in terra di S assonia, anche perché fin da principio si dedicò a
rafforzare la sua posizione.
L' aumento del potere spinse i l duca a disegni sempre più ambiziosi.
Intanto venne in confl itto coi signori del la Sassonia, ma soprattutto col cosiddetto
potere centrale; e arrivò a partec ipare nel 1 1 1 2 ad un complotto sassone contro l ' impe
ratore, perdendo così l ' ufficio ducale che aveva ricevuto da lui e perdendolo di nuovo,
dopo averlo riavuto, ancora nel l o stesso anno. Subito dopo, nel 1 1 1 4, a Magonza, du
rante le fastose nozze di Enrico V con Matilde, la figl i a primogenita appena dodicenne
di re Enrico I d ' I nghilterra, i l fiero duca di Sassonia si gettò ai piedi del l ' im peratore ,
scal zo e in abito penitenziale; e tuttavia, nell o stesso anno, si associò nuovamente ad
una lega di prìncipi del l ' opposi zione e arrivò a sconfiggere i l sovrano già l ' anno dopo
Si rinnova in Germania la f:Uerra civile 32 1
nel la battagl i a sul Wel fesholz (p. 304). Da quel momento, Lotario guidò l ' opposizione
tedesca insieme con gli arcivescovi Adalberto di Magonza e Federico di Colonia, in cui
egl i - sfidando le disposizioni del l ' imperatore - impose nel 1 1 23 con la forza del le
arm i la nom ina di Corrado di Wettin a margravi o di Meissen e di Alberto l ' Orso a
margrav io di Lausitz. 419
Nel l ' assemblea elettiva convocata a Magonza per i l 24 agosto 1 1 25 dal l ' arcivesco
vo Adalberto, i l primo a ritirarsi, a causa di un intrigo tanto ingenuo quanto efficace, fu
il candidato più favorito : Federico di Svevia, erede diretto del la di nastia salica. Indi
gnato per i trucchi e i maneggi del prelato di Magonza, che dirigeva la comm issione,
Federico abbandonò l ' assemblea, sicché il 30 agosto fu eletto re Lotario di Suppl im
burgo . . . con una libera scelta ! Il primo ad apri re la votazione fu chiaramente i l princ ipe
delle anime di Magonza. La prima trattativa, intavolata dopo l ' elezione, fu dedicata al
rapporto del nuovo re con la Chiesa, alla quale uno scrittore contemporaneo augura
finalmente "la l ibertà cui essa ha sempre aspi rato ! ". I primi a prestare giuramento di
fedeltà al re Lotario furono i 24 vescov i presenti. A porre la corona sul capo di Lotario,
il 1 3 settem bre, ad Aquisgrana, fu appunto l ' arc ivescovo Federico di Colonia. 1 6
Ora, mentre gl i studiosi di storia più antichi vedevano in Lotario un "re dei preti ",
quel l i moderni non concordano molto; eppure l ' interpretazione tradizionale non è così
erronea. Lotario di venne re grazie alla Chiesa e si mostrò infatti per quanto possibile ad
essa compiacente; pertanto, è ovvio che anc h ' essa lo sostenesse in tutti i modi. Ad essa,
non da ultimo, egl i deve una certa fama di "principe di pace", anche se sotto i l suo
regno faide e guerre non cessarono di molto.
A Magonza, Federico aveva fatto ancora buon v iso a cattivo gioco, rendendo omag
gio al vittorioso Lotario. Nondimeno, era evidente che la conciliazione da entrambe le
parti non era intesa con sincerità: ciascuno voleva più influenza, più proprietà . . . la
solita eterna rissa per i l potere. Per dirla con parole più belle: anche le loro preoccupa
zioni erano "tutte rivolte al l ' ordine pubblico . . . ". Le contrapposizioni erano troppo ra
dicali e la confl ittualità veniva istigata dal clero. Ed esplose difatti già nel 1 1 25, nel la
contesa per i l patrimonio dinastico salico e per il patrimonio imperiale ad esso legato:
due concetti che fino ad allora non si erano praticamente differenziati . In questo, l ' arc i
vescovo Adalberto giocò un ruolo attivo, di spinta, poiché nulla gli stava più a cuore
del la distruzione degli Hohenstaufen. "La sanguisuga non si stacca dalla pelle se prima
non si è gonfiata di sangue" - così i l vescovo Ottone di Frisinga cita Orazio, all udendo
al confratello di Magonza. In ciò Adalberto concordava pienamente col gi ovane re, del 420
quale il vescovo di Frisinga torna a dire : "Egli ha oppresso in ogni modo la progenie
del l ' imperatore Enrico". Ma i figli del la sorel la dell ' imperatore - Federico e Corrado -
non pensavano affatto di svendere i beni imperial i al nuovo sovrano; al contrario, si
annetterono altre terre, come ad esempio Norimberga. Così , alla reciproca bramosia di
averi , seguì una guerra decennale.
322 Lotario di Supp limburgo - G uerra per ch iesa e papa
Dopo che alla dieta di Strasburgo, alla fi ne del 1 1 25 , si m i se al bando l ' esponente
degli Hohenstaufen e si pose term i ne ad una prima spedizione m i l i tare del 1 1 26, c u i
partecipò tra l ' altro i l santo arci vescovo Norberto (con truppe mandate probabilmente
da Magdeburgo), nel l 'estate del 1 1 27 fal lì anche la conquista di Norimberga; il che
avvenne nonostante che lo sostenessero non solo numerose organizzazioni boeme, che
devastarono il territorio fino al Danubio saccheggiando perfino le chiese, ma altresì le
truppe inviate dal giovane duca di Baviera Enrico X il S uperbo. Il quale solo il 29
maggio - secondo le quasi usual i "nozze pubertarie" del l ' Alto Medioevo - aveva
impalmato la dodicenne figlia unica di Lotario, Gertrude (che due anni dopo avrebbe
dato alla l uce Enrico il Leone). Così il re acquistava un importante combattente contro
g l i Hohenstaufen; e lo sciagurato conflitto tra le due più potenti dinastie tedesche me
ridional i - Hohenstaufen e Guelfi - avrebbe lacerato a lungo l ' impero. 1 7
Ora, siccome non fu solo l ' assalto a Norimberga a far ritirare il re, ma anche un' in
vasione di suo genero nella Svevia, gli Hohenstaufen si sentirono incoraggi ati ad im
prese più ambiziose.
Il 1 8 dicembre del 1 1 27, a Rothenburg sulla Tauber, ari stocratici di Svevia e di
Franconia proclamarono come (anti )re Corrado, fratel l o di Federico, appena rientrato
da un pel legrinaggio nei l uoghi santi . Perché abbiano eletto l u i , e non Federico, resta
inespl icabi le. Ad ogni modo, i l 25 dicembre, i prelati riuniti a Wiirzburg al seguito di
Lotario - guidati dai metropoli ti Adalberto di Magonza, Corrado di Sal isburgo e Norberto
di Magdeburgo - decretarono la scomunica su quell '"invasore del regno", condannato
da quasi tutte le fonti . Suo fratello Federico, considerato istigatore del la rivolta, venne
421 ugualmente inc luso nella bando ecclesiastico.
Contro il solo potere politico e civile gli Hohenstaufen forse avrebbero potuto farce
la. Ma contro Stato e Chiesa insieme, dovevano per forza capitolare. E la maggioranza
del clero tedesco parteggiava univocamente per Lotario che, anche nei suoi primi anni
di governo, si qual ificava come uomo del la Chiesa "arrendevole fino al l ' estremo"
(Hal ler). E poiché l ' an ti-re - quale "re x naturali s", sovrano legittimato in v i rtù del suo
diritto ereditario - poteva rivendicare, in qualità di erede dell ' ultimo re Salico, anche
gli straordinari possedimenti di Mati lde di Tuscia (tanto più che, nel giugno del 1 1 2 8 a
Monza egli assunse anche la corona di Lombardia, senza tuttavi a poter acquistare p i ù
nient ' altro in Italia), anche papa Onori o scagliò nel l ' apri le d e l 1 1 28 l ' anatema contro
Corrado e il suo seguito, ragion per c ui tutti i preti spinsero e spensero simbolicamente
le loro fiaccole nel terreno. 1 8
Fatta eccezione per i l Nord, la guerra era divampata ovunque i n Germ ania. Anche i n
Alsazia non mancarono aspri scontri . L a sola città di Spira - chiam ata per l ' occasione
capitale degli Hohenstaufen - cambiò quattro volte padrone. In principio venne scac
c iato i l vescovo locale Siegfried, sostenitore di Lotario. M a dopo un assedio durato tre
mesi , il re riconquistò Spira nel novem bre del 1 1 28 con l ' aiuto di reparti boemi e con
Si rinnova in Germania la f?Uerra civile 323
l ' assistenza m i l i tare del! ' arc ivescovo di Magonza e di Brema, del vescovo Ottone di
Halberstadt e (probabilmente) del vescovo Bertoldo di Hi ldesheim. Nel 1 1 29 l a c ittà, a
dispetto dei patti pregressi, tornò nelle mani degl i Hohenstaufen che I ' occuparono nuo
vamente; infine cadde nuovamente, nel 1 1 30, dopo un accerchiamento di quasi sei
mes i , nelle mani del sovrano di Supplimburgo, che all ' occasione si dimostrò per diver
si aspetti tanto accorto quanto generoso. Nel frattempo, il 7 agosto del 1 1 29, in una
battaglia vicino a Liegi, pare siano caduti 824 uom ini, e molti altri persero la vita
durante la fuga.
Oltre alle battaglie di qualche ri l ievo, vi furono faide e atrocità di diversa natura.
Eccezionale scalpore suscitò l ' assassinio del conte Carlo I di Fiandra. Il figlio del re
di Danimarca e vassal lo francese del la corona, di sentimenti spiccatamente conserva-
tori e clerical i , intendeva sottomettere nuovamente la potente schiatta degli Erlembaldi, 422
che si era affrancata da una condizione serv ile. Per questo il prevosto di S. Donaziano
a B rtigge fece assassinare i l conte nel la stessa chiesa, la mattina del 2 marzo 1 1 27 , da
suo nipote e da altri congi urati , secondo un piano escogitato con estrema prudenza. Il
del itto, che precipitò le Fiandre in una grave crisi, comm uove stranamente anche per-
ché, in passato, nel 1 086, il padre di Carlo, re Knud IV il Santo, era stato ucc iso a
Odense, pure lui in una chiesa. Evento del resto non insol ito, anche se non proprio
quotidi ano; forse nello stesso giorno del lo stesso anno, vi fece seguito anche l ' assassi-
nio del conte Guglielmo di Borgogna. 1 9
Perfino in Sassonia, negli anni 1 1 29 e 1 1 30, scoppiarono di sordini, faide, attentati e
v iolenze.
Per anni a Magdeburgo si protrasse il confli tto tra i l rude arcivescovo Norberto di
Xanten ( 1 1 26- 1 1 34 ), figlio di un conte del la Bassa Renania e fondatore del ! ' ordine dei
Premostratensi, coi suoi canonici, dopo che i l prelato si era urtato in maniera spettacolare
con loro. Per contro, Norberto godette di buona considerazione tanto coi papi (già nel
1 1 26 Onorio II confermò l ' Ordine dei Premostratensi) quanto alla corte di re Lotario,
grazie al la cui approvazione diventò il metropolita di Magdeburgo (contro i l rivale
Corrado di Querfurt, cugino del l o stesso Lotario e da lui protetto in un primo tempo). E
fu senza dubbio un confidente autorevole del monarca, alla cui corte la sua presenza è
attestata non meno di undici volte. A presc indere dal la sua partecipazione alla spedi
zione a Roma.
All ' Est, tuttavia, c 'era motivo per impegnarsi contro questo ex uomo di mondo,
predicatore di peni tenze, esorcista di diavol i , cacciatore di pingui eredità. Fondando il
suo ordine, Norberto parve voler riprendere l '"ideale del la Chiesa prim itiva" (Lexikon
fur Theo/ogie und Kirche), ravv isando " i l suo ideale di vita nella vita apostolica, in
un ' esi stenza v issuta in consapevole povertà" (0. Engels); ma i suoi avversari invece lo
ritenevano un impostore e un imbroglione, tanto c h e l ' avrebbero impiccato c on som
mo piacere. E infatti contro quest ' uomo tanto impopolare quanto spietato - un princ ipe
324 Lotario di Supplimhurgo - Guerra per ch iesa e papa
423 ecclesiastico elevato ancora nel 1 982 da Giovanni Paolo II a patrono del Magdeburghese
(festa i l 6 giugno), tra i cui antagonisti vi fu anche Abelardo - furono fatti due tentativi
per ucciderlo, scaturi ti dal la sua cerchia più prossima, i l secondo dei qual i effettuato
per mano di un suo confratello.
Poiché non soltanto il clero di Magdeburgo, m a altresì la nobi ltà e i cittadini si
opponevano massicciamente al regime del loro prelato, Norberto dovette rifugiarsi nel
convento di Berge e presso gli agostiniani di Neuwerk. Eppure era uomo di devozione
largamente riconosciuta (Gesta Alheronis), e si diceva per di più un grande taumaturgo,
al quale riuscivano bene persino molte contestazi oni col Maligno, molti esorc i sm i ,
eseguiti anche tram ite abluzioni di esorci zzati ( Vita Norherti) o di massaggi di gengi ve
con sale consacrato (gli andò storta, invece, una resurrezione da morte . . . ma per la
miscredenza della fol l a ! ). Lui malediceva i suoi avversari e seguitava a governare come
al solito. Così , dopo rapine e uccisioni nella chiesa monastica di Nienburg, Norberto
fece di struggere la vicina Analenburg perché i suoi proprietari erano tra g l i oppressori
del monastero. I l santo stesso fondò molti conventi , come pure molte case di piacere,
dove le monache diffusero rapidamente il meretricio e la violenza: cose tutt' altro che
rare, certamente, in quelle caserme per asceti maschi e femm ine.
Con quale "ardente zelo" i l santo Norberto diffondesse la parola e il regno di Dio
risulta tra l ' altro anche dal la sua gagliarda lotta a favore del la "ortodossia". Per la
quale egl i attaccò, ad esempio, non solo l 'eresia di Tanchelmo di Anversa, ma incrimi
nò di "eresia" perfino i l teologo e abate Ruperto di Deutz, "precursore e maestro della
m istica teologia della preghiera" (Lexikon jur The o lof? ie und Kirche), un benedettino
gregoriano che, in qualità di beato e santo, viene in qualche l uogo venerato come dot
tore della Chiesa (festa del l ' ordine i l 4 marzo). 20
In Sassonia, ancora nel 1 1 30, venne ucciso a tradimento Enrico Raspe I, fratello del
conte Ludovico di Turingia e portabandiera del re, senza che si scoprissero gli autori
del del itto. In quel tempo fu l iquidato anche il conte fri sone Burcardo di Loccum, in
rapporti di am icizia con Lotario. Il del itto avvenne sul terreno di un sagrato, considera
to come un asilo. E il re in persona si vendicò per i "tum ulti" provocati dai cittadini di
Halle, facendo intervenire un contingente di truppe (giacché i semplici cittadini erano
424 trattati diversamente dal la nobiltà) incaricato di tag l iare ad alcuni gli arti, di cavare g l i
occhi a d altri , e di mutilare in qualche al tro modo altri ancora.
N eli 'estate del 1 1 32 Federico, designato "dux S uevie de Sthouf', attaccò i beni dei
Guelfi nella Svevia meridionale. E dopo che ebbe rapinato, devastato e distrutto col
fuoco, Enrico di Baviera lo ripagò della stessa m oneta saccheggiando, devastando e
distruggendo i territori degli Hohenstaufen: azioni condotte col ferro e col fuoco, ep
pure pri ve di spec iale ri levanza, salvo che il nobile carattere cristiano di quei signori
poteva in tal modo manifestarsi appieno, tanto nobilmente quanto cristianamente.
Ancora durante l ' i nverno del 1 1 32/ 1 1 33 , n eli ' attuazione dei suoi piani territoriali , i l
Lotte tra papi e antipapi 325
duca Enrico marciò contro il vescovo di Ratisbona, ma poté dar fuoco solo ai sobbor
ghi del la città. Ancora in febbraio mandò in rovina tutti gli averi del conte Ottone di
Wolfratshausen, nipote di un vescovo, riducendo in cenere anche i l suo borgo Ambras
sul fiume Inn. Sulle prime il pio Enrico risparm i ò soltanto Wolfratshausen, per non
recar di sonore al la "santa quaresima". Tuttavia si rifece ben presto : accerchiò il borgo,
lo depredò e lo diede al le fiamme. Come in Baviera, faide e vendette imperversarono
nel la Svevia e nel Nord della Germania. Nel 1 1 34, infine, Lotario debellò completa
mente il duca di Svevia.
In quel l ' anno l ' assalto finale contro gli Hohenstaufen si svolse da due direzion i :
l ' imperatore attaccò d a Nord, i l genero Enrico d a Est. L a città di Ulma, l a loro capitale
sveva in direzione della Baviera, venne da loro abbandonata, e finalmente il luogo fu
espugnato dai nemici, mentre tutto, ad eccezione delle chiese, venne distrutto col fuo
co. La maggior parte della Svevia fu devastata, i borghi ridotti a cumuli di macerie: mai
prima di allora - si disse - un re aveva punito una regione in modo altrettanto spietato.
Gli Hohenstaufen perdettero il loro seguito, che si affrettò a passare dal la parte del
l ' imperatore supplicando la grazia, fino a che Federico in persona, a Fulda, non si
consegnò nelle mani di Lotario.
E i l legato papale, cardinale Gerardo, che a suo tempo accompagnava costantemen
te i l sovrano, li berò subito Federico da un triplice anatema: quel lo del clero tedesco
(Wi.irzburg 1 1 27), quello di Onorio II (Roma, 1 1 28), e quello di Innocenza II ( Liegi
l 1 3 1 ). 2 1 425
Papa Cal l i sto II era morto nel dicembre 1 1 24 e i cardinal i avevano eletto il loro nuovo
signore, che prese il nome di Celestino Il. Si stava cantando appunto il Tedeum di
ringraziamento quando uno dei Frangi pane, a capo di un' orda di energumeni e in com
butta col cardinale cancell iere Haimerich - un uomo della curia politicamente dec isivo
durante due pontificati - disperse la pia assemblea facendo eleggere papa, col nome di
Onorio II ( 1 1 24- 1 1 30), i l cardinale Lamberto di Ostia, già capo abi lissimo dei negozia
ti per la stipula del concordato di Worm s. Per mezzo di colossali corruzioni, messe in
atto da Leone Frangi pane e dal cancel l iere Haimerich ( 1 1 23 - 1 1 4 1 ) che riuscì ad impor
re anche il papa successivo, costoro guadagnarono i capi del partito di Celestino, i
prefetti urbano Pietro e Pierleone. In conseguenza di ciò papa Celestino I I , volente o
no lente, dovette rassegnarsi. Benché eletto in form a canonica, anche se non consacrato
né intronizzato, Onorio II venne classificato tra gli antipapi.
Lotario presentò subito a Roma la propria elezione ed incoronazione: così voleva la
326 Lotario di Supplimhllr!:O - G u erra per chiesa e papa
consuetudine. Non è invece accertato se avesse pure richiesto conferma del la propria
elezione tram ite i plenipotenziari , ossia il legato cardinale Gerardo di S . Croce che
rientrava in Itali a e i due vescovi imperiali Burcardo di Cambrai ed Enrico di Verdun.
È comunque sicuro che Onorio la confermò, mentre non è tramandato alcun veto o
riserva da parte del re, la cui elevazione al trono aveva avuto l ' appoggio del papa.
Fatto sta che Onorio II, asceso al soglio pontificio in modo tanto controverso e
contestato, uti l i zzò i l periodo relativamente tranq u i l l o per la politica ecc lesiastica,
succeduto al concordato di Worms, non soltanto per sviluppare dottrine teologiche. Di
norma, ci sono altre cose che muovevano e m uovono molto di più i v icari di Cristo.
C ' era, ad esempio, lo Stato del l a Chiesa, a vantaggio del quale i prìncipi del l a pace
pontificia non hanno mai deposto l e arm i e per cui i l momento sembrò assai propizio.
Non erano infrequenti piccole e grandi scaramucce coi signori del Lazio, per esempio,
o con altri signori limitrofi. Così , tra i l 1 1 2 1 e i l 1 1 29, i Santi Padri guerreggiarono,
426 anno dopo anno, coi conti di Ceccano e i rispettivi alleati. Mezza Roma giaceva diroc
cata e le chiese, trasformate in fortezze, erano spesso zeppe di armamenti , spec ialmen
te l a cattedrale di san Pietro; e Onorio I I , i nsediatosi nel l a santa carica solo nel dicem
bre del 1 1 24, già nel marzo successivo brandì l 'ascia di guerra contro Goffredo, Landol fo
e Rainaldo di Ceccano. Incendiò diverse località e caste l l i , conq uistando nel 1 1 26 Se
gni e Vicolo, con faide che si protrassero anche negli anni 1 1 27 e 1 1 28 . 2 2
Inoltre si aprì per lui un vasto fronte anche n e l Sudital ia, dove cercò di fermare
l 'espansione di Ruggero II per poter governare lui stesso il paese.
Ruggero II era figlio di un fratello di Roberto il Gui scardo; suo padre, Ruggero I ,
aveva conquistato l a Sicilia (p. 1 68), che ora Ruggero I I puntava ad unificare in u n
unico regno con Calabria e Puglia. I l suo dominio nel Sud era incontrastato e d u n
vicino così potente, che per giunta faceva pol itica ecc lesiastica molto dispoticamente,
non era affatto gradito al papa. Egl i dunque, come già Gregorio VII, fece pressione per
uno smembramento del ! ' Ital ia meridionale. Qui , nel lugl io del 1 1 27, era morto a Salerno,
giovane e senza eredi, i l duca Guglielmo di Puglia, un nipote di Roberto i l Guiscardo.
Ruggero III, suo cugino, aveva già comprato da Guglielmo la Calabria ed ora voleva
per sé anche i l resto del ducato. Al papa, in quanto grande feudatario, egl i offriva m olto
denaro e due contee pugliesi. Ma Onorio II, m i rando alla spaccatura del territorio ,
infeudò Roberto di Capua elevandolo al titolo di principe, espulse Ruggero I I dall a
Chiesa anatem i zzandolo più volte e condusse, ancora nel l ' inverno 1 1 27/28 e nel l ' esta
te seguente, due campagne militari contro di lui. Nella seconda delle quali cavalcò
personalmente alla testa di 200 o 300 cavalieri. Altri al leati si aggregarono al l ' opera
zione. Oltretutto, a chiunque avesse trovato la morte nel l a guerra per il santo Pietro, i l
papa prometteva la remissione totale dei peccati ; a c h i fosse sopravvissuto soltanto l a
metà. E dunque, c h i avrebbe voluto sopravvi vere ancora?
La battaglia agognata dal papa non ebbe però l uogo. Il saggio Ruggero, in m inoran-
Lotte tra papi e antipapi 327
za con le sue truppe, non si fece vedere dai nemici, temporeggiò !asc iandoli friggere
per settimane nell a calura di luglio e agosto finché Roberto di Capua, non al i ' altezza 427
del le fatiche - come dichiarò lui stesso - se ne andò ed altri ne seguirono l ' esempio. Di
conseguenza anche il Santo Padre effettuò l ' ingl oriosa riti rata; anzi si mostrò conci
liante e, i l 23 agosto del 1 1 28, infeudò Ruggero I I davanti a Benevento, dove prima lo
aveva bandito, investendo lo del ducato di Puglia. Ciò autorizzava gi uridicamente Rug
gero a com battere anche chi fino ad allora era stato al leato col papa. E non appena
Onori o ebbe lasciato Benevento, il popolo si sollevò ed infierì sul rettore da lui insediato,
dopo averlo stanato da sotto i paramenti di un prete che diceva messa: la fol l a trascinò
per le strade il malcapitato ancora in vita e quindi lo lapidò a morte. 23
Onori o I I ne uscì affranto e sopravvi sse di poco alla sua disfatta. Ali ' inizio del ! ' an
no 1 1 30 si ammalò gravemente. Il cancell iere Haimerich, che guidava una minoranza
dei cardi nal i , trasportò il moribondo dal Laterano al convento di S. Gregorio, vic ino
alle fortificazioni dei Frangipane, suoi am ici. E nel la notte del 1 4 febbraio 1 1 30, appe
na fu spirato Onori o I I , il potente cancell iere, che naturalmente intendeva mantenere la
sua infl uente posizione, lo fece provvisoriamente tum ul are subito, e senza ombra di
solennità, nel cimitero del convento, per poter eleggere il prossimo Santo Padre alla
svelta, con un colpo di mano e in tutta segretezza. Nel la stessa notte venne quindi
proclamato nuovo papa il cardi nale diacono Gregorio Papareschi col nome di Innocenza
II ( l 1 30- 1 1 43 ). Si estrasse dal la fossa il defunto appena sepolto e si condussero en
trambi i Vicari di Dio - il morto e il vivo - in Laterano, dove Onorio scomparve in un
avello, mentre Innocenza indossava le insegne della sua "dignità".
Tre ore dopo la maggioranza del collegio cardi nal izio eleggeva il cardinale Pietro
Pierleone, riconosciuto anche dal la maggioranza della nobi ltà e dal popolo. Era questi
un uomo colto e ricco, moralmente i rreprensibile; pronipote del! 'ebreo Baruch-Bene
detto convertito al cattolicesimo (p. 1 4 1 s.) era stato educato a Parigi, quindi aveva
vissuto come monaco a Cl uny : scelse per sé il nome di Anacleto II ( 1 1 30- 1 1 3 8). Molto
stimato fi no ad allora nel la Chiesa; ma ora, proprio perché i suoi avversari si sapevano
nel torto, fu sommerso da rimproveri e critiche che gi ungevano fino al l ' accusa di rap- 428
porti incestuosi, per estendersi in tutte le direzioni. L'epiteto di "monello ebreo" (puer
Judaicus) fu quello usato nei suoi confronti dal santo Bernardo di Chiaraval le (sebbene
i Pierleone fossero da quasi un secolo i finanziatori dei papi riformistic i ) . In più, i l
celebre dottore della Chiesa lamentava lo scandalo che u n "rampol lo giudaico" (soholes
Judaica : MPL 1 82, 294 B) sedesse sul trono di Pietro e non rifuggiva neppure di men-
tire sostenendo che la maggioranza avesse eletto Innocenza. Ma fu soprattutto l ' accusa
di ebraismo a compromettere i l successo di Anacleto. Perfino il Lexikon fur Theologie
und Kirche conclude così il suo articolo su Anacleto: "Determ inante, per la vittoria di
Innocenza II, fu tra l ' altro l ' enfatizzazione del l ' origine ebraica del suo rivale".
Certo è che entrambe le elezioni furono tutt' altro che canoniche; ma anche il catto-
328 Lotario di Supp lim hurgo - Guerra per ch iesa e papa
lico Seppelt ammette che la m inoranza dei cardinali elesse Innocenza II "in maniera
precipitosa ed informale", mentre la maggioranza elesse Anac leto I I - fatto passare
ereticalmente ben presto come "antipapa" - secondo formalità "consone alla tradizio
ne"; ed anzi, secondo l ' Enciclopedia del Medioevo, egl i si trovava "senza dubbio nel
migl ior di ritto". 24
Ma il m igl ior diritto, in questo caso e più generalmente, conta assai poco; nella gran
parte dei casi quel lo che conta più di tutto è il maggior potere: fatto storico tanto banale
quanto fondamentale.
Come è spesso avvenuto, c ' erano di nuovo due Santi Padri ; e stavolta con qualcosa
di più. Con la doppia elezione, infatti - che comportò uno scisma di otto anni - non si
trattava più tanto di ambienti c lerical i rivali con concezioni riform istiche differenti e
con diversi programm i di politica ecclesiastica. Per quanto se ne conosce, si era piutto
sto diviso il collegio dei cardinali tra una m inoranza di cardinal i tendenzialmente gio
vani, "progressisti", perlopiù francesi e italiani del nord - che facevano capo ad Inno
cenza II e a cui si ri ferivano anche i più giovani gruppi riformatori dei canonici regola
ri , dei Premonstratensi e dei Cistercensi - ed una maggioranza di cardinali perlopi ù
anziani , romani e italiani del sud, di tradizione spiccatamente veterogregoriana, che
facevano capo ad Anac leto Il. O forse si trattava, più semplicemente, di contatti perso
nali più efficac i . Che, oltre a ciò, c i fossero in gioco anche schiatte aristocratiche con
correnti tra loro, è pure assodato, ma non fu in nessun modo determinante.
429 Come di consueto i preti fanatici cozzarono tosto gli uni contro gli altri . Innocenza
II perdette rapidamente terreno ali ' i nterno del la Città Santa, dove ora ci si armava con
grande slancio per la sacra causa. E dove si ti ravano fuori i denari anche dal i ' argentatura
dei tesori ecc lesial i . Già il 1 5 febbraio, il giorno successivo alla dupl ice elevazione al
soglio pontificio, i seguaci di Anac leto espugnavano la basil ica di san Pietro, il 1 6
quella del Laterano. I n breve Innocenza venne cacc iato anche dal convento Palladium
tra le torri fortificate dei Frangi pane; di notte fuggì a Trastevere, ma anche qui non poté
trattenersi molto.
Quantunque Innocenza I I fosse costretto a tenersi alla larga non solo da Roma, dove
non poté più rientrare per otto anni , ma perfino dal i ' Ital ia, alla fine uscì v incitore dal l a
lotta condotta soprattutto s u l piano pubblic istico e diplomatico. Di ciò fu debitore alle
assai migl iori relazioni internazional i che egli intratteneva, specialmente per mezzo di
Haimerich, col di lui intimo am ico Bernardo di Chiaraval le e con l ' arc ivescovo di
Magdeburgo Norberto di Xanten. A favore di Innocenza, i l santo Bernardo si procacciò
il sostegno dei sovrani L ui g i V I di Francia e di Enrico I d ' Inghilterra (dapprincipio
favorevole ad Anac leto), e finalmente anche di Milano. I l santo Norberto tirò poi dal la
sua parte Lotario III e l 'episcopato del l ' impero. Per contro, Anacleto fondava i l suo
potere quasi esclusivamente su Ruggero II, anche se incontrava consensi nella Franci a
del sud e soprattutto in Scozia.
Come lnnocenzo Il trattò col re Lotario 329
L' osti lità dei due papi che, come al solito, si scagliavano maledizioni vicendevoli,
portò ad annosi conflitti armati in Ital ia, nei quali fu coinvolta anche mezza Europa.
La parte di gran l unga preponderante di Roma, dove I nnocenza poté metter piede
solo per brevi periodi, prese le parti di papa Anac leto, che era stato eletto legalmente e
consacrato in san Pietro. Da princ ipio anche i vescovi britannici fu rono dal la sua parte,
ma in seguito, soggiogati da Bernardo di Chiaravalle e da re Enrico I, gli voltarono le
spal le. Analogamente andarono le cose in Germania. Dopo un ' oscillazione protrattasi
per mesi ed in seguito ad una vi olenta campagna di cal unnie contro Anac leto, per la
dec isiva influenza del l ' arc i vescovo Norberto di Magdeburgo, si finì col riconoscere
anche qui Innocenza II, nel l ' ottobre 1 1 30, alla Dieta imperiale e nel sinodo di Wi.irzburg, 430
sotto Lotario III. Ambedue i papi si erano sforzati di entrare nelle sue grazie: Anacleto
in modo piuttosto esi tante, Innocenza con zelo sempre crescente, giacché era di ventato
papa indubbiamente con maggior torto; e questa fu la ragione per cui - l ' I l maggio
1 1 30 - affermò che Anacleto attentava alla sua vita con pugnale, veleno e atti proditori .
I l principale al leato di Anacleto II restò comunque Ruggero II, conquistatore tenace
e sicuro di sé. Nel l a bolla del 27 settembre 1 1 30 il romano pontefice Anacleto dichiarò
Puglia, Calabria e Sicilia reame legittimamente ereditario. In netto contrasto col tratta
to di Benevento, il papa riconosceva a Ruggero anche il dom inio su Capua e su Napoli
e perfino un diritto di rec lutamento nella Benevento papal ina. L' unzione del re ebbe
luogo con grande pompa nel duomo di Palenno, già a natale, per opera di un arci vesco
vo del l ' isola e in presenza dei legati di Anac leto.
In certo qual modo la dignità di Ruggero derivava da Anacleto II e il potere di
questo papa, a sua volta, si reggeva e insieme cadeva con Ruggero II, uno dei più
significativi governanti del suo tempo. Contro l ' opposizione del papa e dei due imperi
Ruggero creava il nuovo regno sicil iano, fondato su un diritto comune e su una ben
organi zzata burocrazia. Egli si guadagnò la stima dei suoi popoli, che nel 1 1 54 furono
in lutto per la sua morte. E si guadagnò anche fama di mecenate, radunando alla sua
corte ingegni eccellenti, dotti, poeti e artisti della cultura sia latina sia araba. Nel 1 1 3 1 ,
inoltre, Ruggero II pose la prima pietra del la straordinaria cattedrale di Cefalù. 25
Papa Innocenza II aveva pregato, già il 1 8 febbraio del 1 1 30, il re Lotario di preparare
entro l ' anno corrente una spedizione su Roma: era il grande tema del suo pontificato.
Con questa spedizione s ' identi ficava naturalmente la guerra; guerra contro il suo anta
gonista Anacleto, guerra contro il suo sostenitore Ruggero di Sicil ia. Tuttav ia Lotario,
circuito da entram bi i papi, era indeciso. In un primo tempo, non fu per niente propenso 43 1
a parteggiare per Innocenza, mal sopportando perfino la vicinanza dei suoi legati . In
330 Lotario di Supplimburgo - G u erra per ch iesa e papa
compenso, per Innocenza batteva invece il cuore del santo Norberto, tanto che il prela
to di Magdeburgo e i legati pontifici riusc i rono tutt ' insieme a guadagnare i vescovi
tedeschi. E così il s inodo di Wtirzburg, convocato dal re in ottobre per decidere sulla
questione, riconobbe ufficialmente Innocenzo e condannò Anac leto. Lotario accettò i l
verdetto e Innocenza, fel ice della propria vittoria, sollecitò subito i l monarca tedesco
ad un incontro per mezzo di u n ' am basciata di vescovi .
L a quale ebbe luogo nel 1 1 3 1 , alla Dieta imperiale di Lieg i .
Prima, però, Innocenza s ' i ncontrò anche c o n L u i g i di Francia e successivamente
con Enrico d ' Inghi lterra, i l quale propendeva più per Anac leto, ma che tuttavia - per
non cantare fuori dal coro - si conform ò all a decisione degl i altri due sovrani . In mar
zo, gonfi o di orgogl i o e sicuro della vittoria, Innocenzo entrò in Liegi trionfalmente su
un destriero; e re Lotario, alla presenza di tre dozzine di vescov i , quasi tutti tedeschi e
di oltre c inquanta abati (tra cui anche Bernardo di Chiaraval le) e di molti autorevo l i
pol itici , prestò a l papa i l servizio di maresciallato e di palafreniere, ovvero i l lavoro d i
stall iere : condusse a l l a briglia i l caval lo d e l papa fino a l l a s u a res idenza e l o aiutò a
scendere. Tutto questo aveva un notevole significato simbolico, e anche di più, in quanto
la curia romana, dal i ' officium marscalci e dal i ' officium stratoris, ossia dal dovere del
vassallo di fronte al feudatario - prestato secondo l ' invenzione curiale per la prima
volta da re Pipino nel 754 nei confronti di papa Stefano I I ( I V 3 80) - ha derivato la
subaltern ità del l ' imperatore al papa.
Lotario ricolmò il papa di ricchi doni e festosi banchetti, e soprattutto si dichiarò
pronto all ' aiuto m i l i tare, alla riconquista di Roma a favore di papa Innocenza, impe
gnandosi ad eliminare i l suo concorrente Anacleto. Era questa, certo, l ' attesa più gran
de con cui Innocenzo era giunto a Liegi. Essendo pur sem pre assai accondiscendente
nei confronti della Chiesa, Lotario prom i se la sua assistenza "senza esitazione" (Otto
ne di Frisinga), facendo per giunta giurare subito i prìncipi sulla futura spedizione. Ma
432 quando egli stesso pretese dal papa una contropartita certamente non i rri levante, una
benevola compiacenza nel la questione delle investiture, ricevette il rifiuto netto di Inno
cenza che forse, data l ' angustia della sua attuale situazione, avrebbe reagito diversa
mente ad una dura pretesa del re. Ma Innocenza imparò presto come si doveva trattare
con Lotario, ossia con un uomo che doveva il suo potere al la Chiesa e che pertanto si
sentiva molto obbl igato. Zb
Così egl i strapazzò rudemente Lotario non solo riguardo al problema delle investi
ture. Innocenza disdegnò i rispettivi diritti del sovrano e consacrò Alberone - eletto
arcivescovo di Trev iri, un am ico di Bernardo di Chiaravalle e di Norberto di Xanten
ancora prima che il prelato ricevesse l ' i nvestitura dal re; cosa che irritò profondamente
il sovrano. Eppure fu proprio l a debolezza di Lotario di fronte al c lero e al papa quella
che doveva per forza provocare g l i attacchi e le pretese di quest' ultimo. "I l re doveva
imparare a sentire che egli , cacciando Anacleto, avrebbe compiuto un sacro dovere
Come Innocenza Il trattò col re Lotario 33 1
verso sua madre, la Chiesa, senza per questo essere autorizzato a qualsivoglia pretesa,
salvo quell a al la corona imperiale. Il carattere di Lotario, e soprattutto quel lo dei reli
giosi c h e lo dom inavano, davano a d Innocenza la garanzia di poterlo umi l i are impu
nemente, anche qualora egl i fosse totalmente dipendente dal suo aiuto" (Bemhardi). 27
Quasi senza l ' ingerenza dei rel igiosi, intanto, ebbero inizio neli ' autunno del 1 1 3 1
numerose insurrezioni contro Ruggero in Puglia, a Capua, Napoli , Benevento; contro
di esse Ruggero intervenne senza scrupoli e con successo, ma solo in un primo tempo.
I l 24 l uglio del 1 1 32, presso Nocera, venne gravemente sconfitto da un esercito di
ribelli al comando di suo cognato, i l conte Reinolfo di Alife. Alla fine perdette tutta la
terraferm a e si ritirò a Palermo. Così a papa Anac leto veniva a mancare qualsiasi soste
gno del re.
Intanto Innocenzo II aveva rinfocolato ulteriormente la guerra. Viaggiava in Francia
di città in città, suscitando proteste e molestie per il dispendioso stile di vita della sua
corte, maledicendo all ' occasione Anacleto e i l suo seguito; ed esibendo, nel l ' ottobre
del 1 1 3 1 , in un concilio a Reims, imponenti parate m i l itari . Nella primavera successiva
attraversò le Alpi e, appoggiato nuovamente dal santo Bernardo, guadagnò Genova e
Pisa alla guerra marittima contro la Sicilia, facendo di Genova un arci vescovado esteso
sulla Corsica e subordinando a Pisa i vescovati del la Sardegna; e finì col promettere a 433
Pisa per soprammercato 3000 l ibbre d ' argento che dovevano essere pagate dalle chiese
di Capua e di Napol i . 2 8
Già l ' anno dopo, Lotario mantenne la promessa fatta al la dieta imperiale di Liegi
nel 1 1 3 1 .
A metà agosto, lasciando Wiirzburg, iniziò la sua spedizione con un esercito relati
vamente piccolo. Ma già in Baviera, nei pressi di Augusta, le sue truppe vennero alle
arm i non solo coi cittadini che si ribellavano, ma altresì coi soldati del vescovo locale
Ermanno, nomi nato un tempo da Enrico IV, per non s i sa qual i timori o malintesi. Re
Lotario fece dunque distruggere i quartieri del duomo e del la borghesia. Si fecero stra
gi davanti al duomo e nel duomo e specialmente nei sobborghi, in gran parte dati alle
fiamme; chiese, conventi di frati e di m onache furono saccheggiati , donne e bambini
furono ucc isi. E dopo essersene andato, Lotari o vi fece ritorno un' altra volta, ordinan
do di abbattere anche tutte le fortificazioni di Augusta, che furono di strutte col fuoco.
Militavano nel suo esercito: il santo arc ivescovo Norberto di Magdeburgo, l ' arcivesco
vo Adalbero di B rema, i vescovi di Halberstadt, di Havelberg, Osnabriick, Paderbom,
oltre a numerosi abati. 29
N el i ' apri le de l i ' anno dopo, re e papa marciarono insieme su ·Roma e la espugnarono,
senza poter invero occupare la città leonina, il Castel Sant ' Angelo e San Pietro. Perché
il santuario si trovava nell a sfera d ' infl uenza dei Pierleone e del loro papa, e Lotario
non aveva né le truppe necessarie né il denaro sufficiente per impadronirsi di quei
rioni. La città leonina e l a bas i l ica petrina gli restarono quindi precl use. Così i l 4 giu-
332 Lotario di SupplimburRO - G uerra per ch iesa e papa
gno del 1 1 3 3 Lotario venne i ncoronato imperatore dal suo papa, Innocenzo I I - e sol
tanto nella basilica del Laterano, i ndubbiamente una mancanza -, dopo aver giurato
"sicurezza fisica e certezza di vita" al papa e ai suoi successori , e dopo aver gi urato in
più di garantirgli i "beni del santo Pietro" che possedeva già, nonché di procu rargliene
altri quanto prima possibile e quell i che ancora gli mancavano.
Da parte sua, Lotario tentò vanamente di ripristinare il diri tto d ' investitura con l ' anello
e i l pastorale. Ma come già a Liegi l ' aveva trattenuto con successo Bernardo di Chiara-
434 valle, così ora - almeno secondo la "Vita Sancti Norberti" - qu i fu soprattutto l ' inter
vento del santo Norberto, che non per nulla aveva marc iato con l 'eserc ito, ad impedir
gli q ualsiasi concessione sostanziale. Perciò il Santo Padre aveva insistito particolar
mente sulla partecipazione di Norberto al la spedizi one su Roma. E infatti "fu presto
evidente quanto indi spensabile ed utile fosse la sua presenza in questa impresa della
Chiesa" ( Vita Norberti).
Persino l ' unico punto in cui i l papa sembrò andare incontro all ' imperatore tedesco
giocò, in ultima analisi, a favore del papato stesso.
La questione concerneva le colossali proprietà di Mati1de, futuro oggetto del con
tendere tra papi e imperatori . Nel l ' anno 1 1 1 1 la contessa aveva dichiarato l ' imperatore
Enrico V erede dei suoi possedimenti estremamente estesi, originariamente destinati al
papato (p. 203 ). Adesso invece Innocenzo II, dopo aver elogiato il sovrano tedesco per
la sua posizione religiosa, per la sua difesa della Chiesa, ringraziandolo di tutti i suoi
sforzi e finanziamenti "a favore del santo Pietro", infeudò e rem unerò, per così dire, i
beni al lodial i di Mati lde "a condizi one che Tu corri sponda annualmente a Noi e ai
Nostri Successori cento l ibbre d ' argento e che, dopo la Tua morte, l ' insieme dei beni
rientri integralmente, senza detrazioni ed oneri , in possesso del l a santa romana Chie
sa" (et post tuum obitum proprietas ad ius et dominium sanctae Romanae ecclesiae
cum intef?ritate ahsque diminutione et molestia revertatur).
Con ciò lo scaltro pontefice aveva donato a sé e ai suoi successori tutto ciò che egl i ,
in apparenza, aveva procacciato ali ' impero tedesco (a cui apparteneva già d a l 1 1 1 1 );
un fatto che Lotario non solo autenticava con la sua accettazione, ma prometteva altre
sì un versamento di interessi annui di cento l ibbre d ' argento. Che davanti al i ' opinione
pubbl ica il sovrano coronato imperatore appari sse come vassal lo del papa, cioè come
suo subalterno, oppure no, sta di fatto che papa e curia la vedevano davvero in questo
modo. E quando per la prima volta I nnocenzo divenne anche padrone di Roma, quando
cioè l ' i mperatore e il suo rivale Anacleto furono morti , ecco che Innocenzo - "nobile
papa, di assai eletti sentimenti " (vescovo Ottone di Frisinga) - fece dipingere il proprio
435 trionfo su una parete del Laterano : lui troneggiante sopra un Lotario inchinato che
riceveva a mani gi unte la corona imperiale, con accanto la didascalia:
"Davanti alla porta i l re implora i diritti dei Romani e diventa quindi vassallo del
papa (post homo fit papae); da lui riceve infatti la corona".
Una tref?ua decennale , una grande f?Uerra 333
L' imperatore Federico I Barbarossa avrebbe preteso ben presto da papa Adriano I V
che quel dipi nto fosse cancel lato. E questo ottenne, in effetti . 30
Nel la sostanza, la spedizione di Lotario a Roma non aveva cambiato nulla. E dopo
la sua partenza dal la c ittà, dove non metterà mai più piede, la lotta tra i due papi non vi
ebbe tregua. Vi trovò la morte un Frangipane mentre Innocenzo I I , in quel l ' estate, si
diede alla fuga di notte via m are verso nord - a quanto pare per essere più vicino ai suoi
fratelli e per essere più fac ilmente raggiungibile a chi credeva nella sua guida - e dove,
secondo il m odel lo di molti suoi predecessori , non cessò di pretendere dal l ' imperatore
(riti ratosi senza aver marciato contro Ruggero) una nuova spedizione su Roma. La
quale, per Innocenzo, era necessaria e più che mai urgente; per essa infatti "lavoravano
incessantemente i suoi ambasc iatori " (Bernhardi).
Nel l ' estate del 1 1 3 3 Ruggero conqui stò in breve tempo quasi tutta l ' Ital ia meridio
nale. Dopo Siena, Innocenzo si era ritirato a Pisa. E poiché il sovrano di Sicilia era ora
coinvolto in un conflitto perfino con Costantinopoli , i Greci si trovarono uniti col papa
per sollecitare l ' imperatore Lotario ad un'ulteriore i nvasione. A tale scopo il santo
Bernardo intraprese un viaggio in Germania e il Santo Padre impose a vescovi ed abati
di partec ipare al la guerra al fi ne di rafforzare l ' esercito tedesco. ·1 1
U NA TREGliA DECENN ALE, UNA GRANDE GUERRA E LA MISERIA DELLE UMANE SORTI
Ottone di Frisinga descrive l 'epoca tra le due campagne ital iane di Lotario, tra il 1 1 3 3
e i l 1 1 36, con queste eloquenti proposizion i : "Da Roma l ' imperatore fece ritorno in
Germania. Poco dopo, verso la metà del la quaresima, egli tenne a Bamberga una Dieta 436
generale; qui si riconc iliò, grazie alla mediazione del l ' abate Bernardo di Chiaraval le,
con i due duchi Federico e Corrado; dopo aver così ristabil ita la pace ed aver ovunque
ripristinato l ' ordine in Francia e in Germania, annunciò una nuova campagna i n Ital ia".
S i riconferma l ' antica esperienza: ogniqualvolta i prìncipi cristiani di quei secoli si
preoccupavano per ristabilire ordine e pace su vasta scala, davano di solito inizio ad
una nuova guerra. In realtà - lasci ando per una volta da parte i l notorio istupidimento
del popolo, lo sfruttamento del le masse e l ' ipocri sia immanente al si stema - questi
regni cristiani, questi ricchi cristiani non vivevano d ' altro che di conquiste e di rapine:
il fondamento di tutto - dal lo strombazzamento culturale alle cantilene clericali -, il
fondamento dell 'esistenza, che si diceva stabil ita in questo modo da Dio. Una realtà
così evidente che possono confutarla soltanto gli ignoranti, i bugiardi, edulcoratori e
m i stificatori , naturalmente al soldo del l ' autorità. Altrimenti, io chiedo, di che cosa (e
per che cosa) altro si viveva al lora, nel la realtà?
Come per le spedizioni precedenti, c i si radunò a Wtirzburg. Questa volta, però,
Lotario disponeva di un contingente di gran lunga più forte. Se nel la sua prima discesa
334 Lotario di Supplimhurgo - Gu erra per ch iesa e papa
in Italia l ' intera sua annata fu stimata in circa 1 500 combattenti, in questa seconda si
legge c he s o l o i l duca Enrico di Baviera m ise i n campo 1 500 cavalieri . I l nobile princi
p e aveva esplicitamente perdonato i suoi nemici m a , per la verità, solo a l l o scopo d i
accattivarsel i per una nuova guerra contro altri nemic i ! (L' arcivescovo A lberone di
Treviri, per contro, pur disponendo di un " ricca sovrabbondanza di mezzi", pur veden
do crescere di giorno in giorno i l suo patrimonio, volle rispanniare e, invece dei l 00
cavalieri promessi, ne mandò in campo solo 67. E si guadagnò un ulteriore rispann i o
rapinando nella stessa spedizione delle rel iquie in Parma, per vim abstulit: Gesta
A lberonis ).
Senza tregua, dal suo asilo pisano, anno dopo anno, dal l ' autunno del 1 1 3 3 alla pri
mavera del 1 1 37 , papa Innocenzo aveva i ncal zato l ' i mperatore ad intraprendere u n ' al
tra campagna i n Ital ia, mettendo a tal fine in moto tutto quanto g l i era possibile, chia
mando alla guerra perfino il dottore della chiesa Bernardo da Chiaravalle . . . ed elogiando
437 i Pisani perché Innocenzo abitava tra loro, grazie alla divina provvidenza, e il S ignore
li aveva beneficiati di tanta grandezza. " Dov ' è mai la città che non invidi la vostra
fortuna?". Ebbene, l 'abate Bernardo, che pure a Pisa faceva esorcismi, guariva infe nn i
e mutava acqua in vino, in quella città non voleva nemmeno essere arcivescovo. E
rifiutò cortesemente.
La decennale tregua, unanimemente decisa a Bamberga nel marzo del 1 1 3 5 da mol
tissimi prìncipi civili ed ecc lesiastici (una pace che sarebbe durata un solo anno, m a
c h e fece u n a straordinaria impressione s u i contemporanei, abituati ad ininterrotti spar
gimenti di sangue) non servì indubbiamente a nul l ' altro che alla guerra. "In realtà, i l
motivo detenninante i n questa Dieta d i Bam berga era l ' abbattimento d i papa Anacleto,
agognato con impazienza da Innocenzo e dai suoi. I legati pontifici non si staccarono
un momento dai fianchi del! ' i mperatore per richiamargli alla memoria, costantemente,
i l suo dovere, quello di l iberare la Chiesa oppressa dal l a rabbia ebraica" - u n 'espres
sione usata dall o stesso Innocenzo. "Non fu per amor di pace che Bernardo di Chiaravalle
aveva i ntrapreso i l viaggio in Gennania: era con la guerra che egli voleva l ' annienta
mento di Anacl eto" (Bernhardi).
Il già attempato imperatore, ingannandosi grandemente nella val utazione del l a si
tuazione in entrambi i versanti delle Alpi, finì per dar seguito agl i incessanti appe l l i del
papa, dei suoi l egati e di altri poteri e, nel ! ' agosto del 1 1 36, mosse da Wiirzburg per
una spedizione tanto costosa q uanto disastrosa.
Il suo esercito, in cui trovava posto anche parte del ! ' alto c lero (tra gli altri gli arcive
scovi di Colonia, Treviri, Magdeburgo, ma anche il suo ex avversario Corrado d i
Hohenstaufen), era appena giunto i n Ital ia quando in Gennania tenninò la "decennale"
tregua, decisa al l ' unanimità a Bamberga. Soest riprese a combattere contro Arnsberg ,
i l duca Federico di Svevia contro i l vescovo Gebardo di Strasburgo; anche i l duca
Goffredo di Lowen e il conte di Namur s i scontrarono con tale v iolenza, a causa del-
Una tregua decennale , una grande guerra 335
l ' elezione del l ' abate di Gembloux , che la local ità andò distrutta dal le fi amme. 3 2
Oltretutto, l ' i mperatore stesso aveva lasci ato uom ini incaricati, in caso di necessità,
di intervenire con forza: nel nord-ovest il duca Walram della Bassa Lotaringia; ad est
Alberto Orso, margrav io di Bal lenstedt, che tra il 1 1 36 e il 1 1 3 8 sgom inò rapidamente 438
e ripetutamente gli Slavi pagani che si ribellavano in quel di Prignitz. Le scorrerie
vendicative e saccheggiatrici di Alberto devastarono in lungo e in largo la regione,
lasciando dietro di sé scie di abitazioni in fi amme, di villaggi ovunque divampanti .
Tutto ciò che si poteva rubare venne rubato : denaro, bestiame, vesti . Alla fine, le popo
lazioni slave, fortemente decimate, furono ammassate in zone coloniche, lungo la co-
sta baltica di Wagrien e sul l ' isola di Fehmarn. 33
In Italia, senza quel l ' arm i stizio decennale, le cose andarono in maniera senz' altro
più sanguinosa.
Già alle chiuse di Verona la caval leria travolse sotto i ferri dei cavalli i pri m i nemici.
Guastalla, sulla riva destra del Po, venne conquistata e rasa al suolo, Torino sottomessa
con la forza, Piacenza espugnata, diroccati tutti i borghi; le zone circostanti Pavia e
Cremona orrendamente devastate e il vescovo locale Oberto catturato in completa te
nuta da combattimento. Scrive il vescovo di Frisinga: "L' imperatore devastò la loro
terra e distrusse i loro villaggi e i loro borghi". Dappertutto incontrava resistenza e
dappertutto la spezzava via senza scrupol i .
Il monarca, p u r così amico del clero, non andava certo per i l sottile. Quando, nei
pressi di Bologna, nel la difesa di un borgo un prete ucc ise con le frecce tre imperiali,
Lotario fece fuori per rappresaglia trecento persone, facendole gettare nel v uoto o bru
ciandole sul rogo, e lasciando crepare il rel igioso sotto gli zoccoli dei caval l i . Tra una
strage e l ' al tra si celebravano com unque le feste del la cristianità: quella di tutti i santi
e quel la della nativ ità del S ignore. Ma da molti secoli, com ' è noto, le maestà cri stiane
si comportavano così .
In seguito i reparti si divisero. Trem ila caval ieri , al comando di Enrico di Baviera,
puntarono sulla Toscana, dove il papa gli si aggregò, mentre l ' imperatore, col grosso
del l ' eserc ito, avanzò l ungo la costa adriatica per portare finalmente contro il normanno
Ruggero la guerra che Innocenza agognava da anni .
In principio, presso Ancona, si combatté una battaglia guidata dal lo stesso Lotario,
in cui pare che perdessero la vita ol tre duem ila anconetani. Dopo la presa del la città,
che dovette mettere a disposizione d el i ' imperatore cento navi da carico per appoggiare
la sua avanzata dal mare, in apri le il sovrano celebrò a Fermo la Pasqua e, appena 439
quattro settimane dopo, espugnò la fortezza sul Monte Gargano che doveva proteggere
il celebrato luogo m i racoloso: il centro di pel legrinaggi con la chiesa nella grotta del
l ' arcangelo Michele. In quel sito già Ottone I I I , da pellegrino, aveva fatto a suo tempo
le sue devozioni (V 553 ; V I ) . Ora, anche l ' i mperatore Lotario si sprofondava umi lmen-
te in preghiera . . . prima di saccheggiarne la cappel la - non diversamente da come ave-
336 Lotario di Supplimhurgo - G u erra per ch iesa e papa
vano fatto in passato i Saraceni . Via, dunque, utensi l i d ' oro e d ' argento, pietre prezio
se, paramenti : era l a guerra, in fin dei conti. S i m ilmente, poco dopo, i l pio arante non
esiterà neppure a far accorciare ai suoi prigionieri il naso o altri organi. In altre parole
- per dirla col vescovo Ottone - "in Puglia e in Campani a il re compì gesta tanto ardite
che, tra i re franconi da Carlomagno fino al suo tempo, non si trova nessuno che l aggi ù
conseguisse successi di eguale grandezza". 34
Finalmente i grandi s ' incontrarono a Bari : Enrico i l S uperbo, il papa e l ' imperatore
festeggiarono fastosamente insieme la Pentecoste, dove non mancò perfino un m i raco
lo. Durante le funzioni religiose, scese dal cielo sopra la chiesa una corona d ' oro, con
sopra una colomba, recante al di sotto - verissimo ! - un fumante incensiere con davan
ti due candele accese. La "Cronaca del mondo" di Sassonia interpreta: "Ciò che signi
ficasse quel l ' evento, nessuno può saperlo, se non che papa e imperatore andavano di
nuovo d ' accordo".
Fu dunque certificata dal i ' alto dei ciel i , in modo assai originale, l ' unità dei due capi
cristiani, che nella regione erano chiamati ad esercitare il loro alto ufficio. A com incia
re dal papa che cacciò via subito Angelo, i l vescovo di B ari consacrato dal rivale Ana
c leto, e m i se al suo posto un prelato di nome Giovanni. Continuando con l ' imperatore,
che fece prima di tutto espugnare ed annientare "secondo tutte le regole del l ' arte" (Ot
tone di Frisinga) quasi tutta la guarnigione del Castello del l a città, per settim ane difeso
accanitamente e con gravi perdite dalle m i l izie di Ruggero; ma prima - sicuramente
sempre secondo le regole del l ' arte - fece storpiare molti e, per finire, fece appendere
alle forche disseminate lungo le mura più di 500 Saracen i, anc h ' essi difensori della
rocca. Questa specie di arte cristiana "suscitò una straord inaria impressione dappertut-
440 to" (Bemhardi).
Perfino Ruggero, certo non facilmente domabile, volle q uesta volta stipulare la pace.
Offrì al i ' imperatore una quantità di denaro (infinitam pecuniam : Annalista sassone;
auri et argento multo: Ottone di Frisinga); voleva anzi cedere ad uno dei suoi figli
anche il proprio regno del l ' Italia meridionale, nonché proporre altri due figli come
ostaggi. Ma l ' imperatore, spinto soprattutto dal papa, ri fi utò bruscamente ogni trattati
va; e fu una fatale errore di valutazione. 35
Così la guerra continuò. In una sortita delle m i l i zie di Ruggero, davanti a Melfi ,
furono ucc isi più di trecento uomini e poco dopo, nel la c ittà pugl iese, venne celebrata
solennemente la ricorrenza di Pietro e Paolo. Ma a poco a poco si fecero sentire g l i
effetti della parali zzante calura estiva e la lunghezza dell a campagna bell ica; vi si ag
giunsero fortunate manovre di corruzione di Ruggero, oltre che dissapori tra il duca di
Baviera e il papa, al quale si addebitavano sia la durata della spedizione, sia le m i re
ambiziose del l ' imperatore sulla S i c i l ia, che anche l ' arci vescovo Alberane di Trevi ri
doveva appoggiare. S i giunse così ad un ' insurrezione del l 'eserc ito, che voleva uccide
re senza tante storie papa, cardinal i e il presule di Treviri.
Una tref?tta decennale , una grande guerra 337
L' imperatore fu in grado di sedare il tumulto, ma non poté evitare tosto un contenzioso
sempre più l ungo ed aspro col papa sulla questione di Monte Cassino.
A capo del la celebre abbazia c ' era un seguace di Anac leto, l ' abate Rainaldo, il quale
venne anche nel l ' accampamento dei due grandi capi cristiani; e qui, per com inc iare, ci
si azzuffò aspramente per una settimana sul preliminare quesito: il monastero doveva
sottostare direttamente al la Chiesa romana o ali ' Impero, in q uanto abbazia imperiale e
pri ncipato immediato del l ' impero? Di fatto, i l papa intendeva rimuovere l ' abate sci
sinatico, mentre l ' imperatore lo voleva invece al s uo posto. Sulle prime, l ' abate reg
gente restò nel la carica. Successivamente, però, Lotario cedette alla pressione del papa,
e gli tolse il suo sostegno. Quasi sempre, infatti, egli aveva avuto la peggio nei contra
sti col papa. Ma quando Innocenza volle procedere alla nuova nomina, il re - certo
poco orgogl i oso del la propria l unga soggezione a Roma - stavolta premette per far
passare i l proprio candidato, i l lotaringio Wibald, rec isamente respinto da Innocenza.
Il che gli riuscì solo dopo aver m inacciato la rottura tra Chiesa e Impero.
Intanto, scoppiò una controversia ancora più rilevante. 441
Innocenza infatti credeva che l ' imperatore avesse fatto tutte le conquiste nel l ' Ital ia
del sud a vantaggio suo, del papa, in pratica a favore della Chiesa di Roma. Pertanto
voleva anche dec idere da solo sul conferimento del ducato di Pug lia. L' imperatore,
invece, era di tutt ' altro parere. In assoluta sintonia con la maggioranza dei suoi grandi
e con l ' esercito, Lotari o si vedeva come il continuatore della politica del meridione
d ' I talia avvi ata da Enrico il Santo, in accordo con Meles di Bari (p. 75 ss.). Alla fine si
accordarono e insediarono a duca di Puglia il normanno Rai nulfo Drengot, conte di
Alife e Caiazzo. Questi aveva combattuto per conquistare la Puglia a vantaggio di suo
cognato Ruggero II; ma poi, abbandonato dalla moglie rientrata dal la Sicil ia, era diven-
tato nem ico dichi arato di Ruggero e nel l ' apri le del 1 1 3 5 all eato del papa. Con
l ' infeudamento deciso in com une il problema era stato naturalmente risolto solo in ap
parenza; in realtà se n ' era creato uno nuovo, facendo del duca il servo di due padroni . 36
Ma le truppe imperial i , esposte anche ai rischi di epidem ie, si erano ormai stancate
di guerreggiare a favore del la Chiesa. Lo stesso Lotario, più di tutti, si sentiva stanco e
demotivato. Consapevole che i suoi giorni erano ormai contati, accelerò il suo rientro
in Germ ania. Sulla via del ritorno, passò nei pressi di Roma, dove Anacleto dovette
tremare per se medesimo; e tuttav ia trovò il modo di rendere l ' ultimo servizio ad
Innocenza, che lo accompagnava, strappando a papa Anacleto il convento di Farfa e
facendo altresì bruciare, dopo averla espugnata, una munita ed indom ita local ità, di cui
fece seviziare e sterm inare gli abitanti.
Sullo sfondo di questo scenario ebbe luogo i l suo comm iato dal Santo Padre. Da
questo momento l ' imperatore ormai disabi le, aprendosi il cammino tra crescenti resi
stenze, puntò dec isamente verso il Nord, organizzando qua e là piccole stragi e privan
do occasionalmente qualche "malfattore" del proprio naso.
338 Lorario d i Supplimburgo - Gu erra p e r chiesa e papa
Ormai si del ineava l ' inutil i tà del l e operazioni bel l iche che stavano devastando rovi
nosamente l ' Ital ia. Infatti Ruggero, trasferitosi dalla S i c i l i a al la terraferma, v i penetra
va in l ungo e in largo, tracciando a sua volta una scia di sangue, di struggendo città
442 nem iche, saccheggiando e perfino - come a Capua - non risparmi ando nemmeno le
chiese, violentando monache, invadendo anche la zona di Monte Cassino e m inaccian
do l ' abate imperiale Wibald (pur ansioso di avvicinarglisi) che l ' av rebbe fatto impicca
re se fosse caduto nel le sue mani; al che costui scomparve dall a sua abbazia segreta
mente, nottetempo, con quattordici marchi d ' argento alla volta del la Germania.
Intanto Lotario, sempre inquieto e ammalato, affrettava l a sua marcia verso nord e la
Sassonia. Alla fine di novembre, assistito dalla fedele Richenza, che l ' aveva accompa
gnato nel l a spedizione e sempre più spesso l ' aveva anche sostituito, l ' attempato sovra
no, già segnato dal la morte, attraversò il passo del B rennero. Gi unse in prossim ità del
confine con la Baviera e spirò la mattina del 4 dicem bre 1 1 37. Era già nel territorio di
suo genero Enrico, in un a sordida capanna d e l villaggio B reitenwang presso Reutte, in
Tirolo, "lasc iando dietro di sé un grave monito sulla m iserevolezza del le sorti umane",
osserva Ottone di Fri singa. Nella patria agognata giunse solo la sua salma e fu tumulata
443 il 3 1 dicembre a Konigslutter. 37
NOTE
Hauck I V 5 7 9
Bernhard i 3 4 6 , 4 2 5
Kosm i n s k i /Skas k i n I 4 1 3
Engel/Eppe r l e i n 34 1
Otto v. Fr. C h r o n . 7 , 1 6 . Gesta l , 1 6 . Helm. v. B o s a u 4 1 . L M A IV 959. Bernhardi 3 ss. 2 1 ss.
S t i m m i n g 1 2 5 . Re u l i ng 1 44. S c h m i d t , Kbnigswahl und Thronjò /ge 34 s . 6 2 . N e u m e i s ter, Lorhar
Ili. 1 3 9 s . S c h n i t h , Kaiser Heinrich V. 246 f.
'' Otto v. Fr. Gesta l , 1 7 . Vita Norberti 2 1 . LMA l 99 s. (Gerl i c h ) . HEG II 3 2 2 . Bernhardi 6 s s . S c h m i d t ,
Kiinigswahl und Thronj(>lge 4a s s . N e u m e i s ter, Lothar Ili. 1 40 s . Petke, Lothar l'Oli Siipplingenhurg
1 5 5 . I d e m , Kanzle i , Kapelle 1 3 s s . specie 1 6 , d o v e si e v i d e n z i a la c u p i d i g i a di A d a l berto.
Helm. v. B o s a u 53; 69. Vita Norberti 2 1 . L M A I I 1 7 9 2 . B e rnhardi 1 8 s s . M e n z e l I 4 0 8 . H a l l e r I I I
6 8 . Dorr i e s , Fragen der Sch wertmission 2 2 s s . B ii nd i n g - N a uj o k s 1 1 5 s . K o s m i n s k i / S k as k i n I 4 1 3 .
Jordan, ln l'estiturstreit 7 1 , 9 5 . T h i e me 1 4 8 . Enge l/Eppe r l e i n 3 4 1 . Dobb 3 6 8 paragona l a c o l o n i zza
zione te d e s c a de l l ' E s t d u rante i seco l i XII e X I I I con l a g u e rra d i rap i n a d e i n a z i s t i ne l i ' E u ro p a
de l l ' E st e d e l S u d -e s t . N e u m e i stcr, L o t h a r 111. 1 4 1 . Pe t k e , Kanzle i , Kapelle 2 7 7 . R i g u ardo a l l a
pre s u n t a , s c o n fi n ata s u periorità d e l l ' agri c o l t u ra tedesca d e l M e d i oe v o n e i c o n fron t i d i q u e l l a d e i
s u o i v i c i n i o r i e n tal i s i v e d a Bentzien 9 1 s .
Herb. 2 , 2 6 ; 2 ,4 1 . C o d e x d i p lomai. S a x o n i ae re g . I , l N r. 4 0 . Secondo Lautemann 6 0 1 s . L M A I V
2 1 49 . B ii n d i ng - N auj o k s 8 7 s s . Demm 6 0 . T h i e m e 1 4 8 . B e u m a n n , Heide n m ission u n d Kre u z z u g s ·
gedanke 1 2 9 s s . Spran d e l , Flandrisch· liihekkischer Femha ndel 1 3 1 s . - S i tenga q u i presente a n
che l ' op i n i one di Adamo v. B r e m a , 2 , 6 9 , s e c o n d o c u i g l i S l a v i sarebbero stati c r i s t i a n i g i à d a t e m p o
Note 339
"Affrontare o dare la morte per Cristo non è mai un delitto, bensì una gloria.
Il combattente per Cristo può uccidere con tranquilla coscienza e morire in pace.
Se muore, egli lavora per sé medesimo; se uccide, lavora per Cristo.
Perciò egli porta la spada con buone ragioni. Egli è l ' incaricato di Dio
per la punizione del male e per l'edificazione del bene. Quando uccide un malfattore,
non è un assassino, bensì un uccisore del malvagio,
e in lui si deve vedere il vendicatore al servizio di Cristo,
il difensore del popolo cristiano."
Bernardo di Chiaravalle 2
Dopo la morte di Lotario, nulla fu più ovvio che diventasse re il guelfo sposato con l a
di lui figl i a ereditaria, Enrico X i l Superbo, duca di Baviera, duca di Sassonia, margravio
di Toscana, i l più grande latifondista nel nord come nel sud dell a Germ ania e d ' Italia:
un principe con complessi egemonici realmente esistenti da "mare a mare". E l ' impe
ratore Lotario, che ovviamente desiderava come successore i l marito della sua unica
figlia, gli aveva conferito prima della sua morte non solo il secondo ducato di sassonia,
ma anche le i nsegne imperial i .
Ma poiché Enrico i l Superbo ( u n epiteto appioppatogli dal clero) non era gradito
alla Chiesa - già durante l a campagna in Italia di Lotario egl i si era mostrato assai
determ inato e indipendente, inadatto ad essere condotto al guinzaglio, avendo di m i ra
più i diritti dell ' Impero che quell i di Roma -, papa Innocenza II osteggiò in tutti i modi
la sua elezione. Anche stavolta, come già nel 1 1 25 con l ' elezione di Lotario, un princi
p e ecc lesiastico prese in mano l e redini; questa volta, essendo vacante la sede di
Magonza, fu il turno del l ' arcivescovo Alberane di Treviri, del quale i l suo biografo
canonico ed intimo amico B alderico dice che "con grande energia si spese ed anzi
impose contro i l dissenso di quasi tutti i prìncipi del regno ( ! ) affinché venisse eletto re
Corrado". Oppure, come dice i l vescovo Ottone di Frisinga, che i l S ignore lo elev asse
"per la sua devozione" (respectu pietatis) . Quale Signore? Il s ignore Alberone. Questo
"colpo di stato di Coblenza" avvenne in totale violazione delle regole. E fu opera del
447 c lero. "Poiché noi conoscevamo la volontà del la Chiesa di Roma, approvammo anche
la divina di sposizione", dichiarò l o stesso Alberane, che per un calcolo territoriale
regionale fece passare i l re degli Hohenstaufen, concorrendo poi a determ inarne la
pol itica. "Per ordine del papa I nnocenza", scrive laconicamente l ' annalista di Lieg i .
Senza nemmeno attendere l ' originaria scadenza elettorale della Pentecoste d e l 1 1 3 8 ,
Alberane, sollecitato dal papa e d ' intesa con il legato cardinale Dietwin ( u n atti v i ssimo
politico ecclesiastico oriundo tedesco), fece eleggere a re di Germania, i l 7 marzo 1 1 3 8 ,
d a u n a piccola m inoranza composta perlopiù di vescovi, Corrado di Hohenstaufen, che
era stato l ' anti-re di Lotario di Supplimburgo. E già pochi giorni più tardi, dopo una
"marcia forzata" (Engels) su Aquisgrana, colà lo incoronò e consacrò il legato pontifi
c io, che accompagnerà Corrado anche durante la seconda Crociata.
Il nuovo re, allora 45enne, non m ancava invero di esperienza ma, paragonato col
guelfo Enrico, era certo meno i ndipendente: era un uomo devoto sul q uale dom inava la
Chiesa e attraverso i l quale, c he g l i piacesse o meno, essa regnava di fatto. Da uno dei
princ ipali cortigiani , ossia dal i ' abate R i baldo di Stavelot e Corvey - consigliere deter
m inante per tutte le questioni politiche, all ora anche notaio della cancelleria -, la Curia
di Roma veniva a conoscere tutte l e cose di q ualche importanza e passava a lui le
istruzioni per i l sovrano. Nel caso i n cui questi derogasse dal le direttive spirituali ,
Il "colpo di stato di Coh/enza " 343
l ' abate Vibaldo poteva subito avvertire Roma che bisognava inculcare meglio "nel
l ' uomo" la v i rtù della modestia e del l ' ubbidienza. Anno dopo anno, dunque, ritornava
no i legati papal i , predicando ubbidienza nei confronti del l oro signore e incassando . . .
i loro bravi interessi .
In seguito la nobiltà finì con l ' accettare l ' i llegale assunzione al trono di Corrado; ad
eccezione però, come ci si doveva aspettare, dei Guelfi . E la rivali tà tra questi e il
sovrano Hohenstaufen dà l ' impronta a quasi tutto i l suo periodo di governo. Semplice
mente, Corrado non poteva sopportare al suo fianco la posizione pressoché regale di
Enrico. Sebbene questi , dopo i l distacco dei suoi vescovi bavaresi , avesse rinunziato
alla corona consegnando le insegne del l ' impero a Corrado I I I , senza però rendergli 448
l ' omaggio, i prìncipi lanciarono sul suo capo il bando del l ' impero. Così Enrico perdette
entram bi i ducati . Suo fratel l o Wel f V I perdette il margrav iato di Toscana. La Sassonia
se la prese - con un abile colpo che spaccava la controparte - il margrav io Alberto di
Bal lenstedt l ' Orso, cugino di Enrico; e la Baviera andò al di lui fratellastro Leopoldo
IV, m argrav io d ' Austria. Già nel 1 1 3 8 il re aveva nom inato vescovo di Frisinga il suo
fratello uterino Ottone, abate del monastero c istercense di Morimond e celebre storia
grafo, come farà in seguito anche un altro fratellastro del duca di Baviera.
Per cominciare, Leopoldo IV assoggettò Ratisbona, la capitale, e quindi "con un
forte esercito" - scrive al riguardo i l fratello Ottone - invase tutta la regione; poi sbrigò
"per tre giorni gli affari di governo" (come se la sua spedizione non fosse stata un
affare di governo ! ), "assolvendo la funzione di severo giudice". Siffatti affari governa
tivi e severamente giurisdizional i , "l iti borghesi" (civilia iura), naturalmente si ripete
rono. Una volta gi unto a Ratisbona, in segu ito a discrepanze incontenibi l i , Leopoldo
non trovò di meglio che "dar fuoco ad alcuni rioni cittadini". Così poté cavarsela senza
danni , saccheggiare i dintorni e poi salassare anche i c ittadini di Ratisbona. Non molto
tempo dopo distrusse sulla Lech "le fortezze di alcuni suoi avversari e devastò la regio
ne circostante; quind i , con grave danno del la nostra chiesa, rimpatriò attraverso i nostri
territori" (Ottone di Frisinga).
Fino al la metà del XIII secolo la l otta aperta tra Hohenstaufen e Guelfi dom ina
interamente la scena del la storia tedesca, intl uenzandola in maniera fondamentale per
moltissimo tempo. 5
Nel nord e nel sud del la Germ ania tornava intanto ad infuri are la guerra civile.
Enrico i l S uperbo scacciò dal la Sassonia i l cugino Alberto l ' Orso. E poiché i prìncipi
local i risparmiavano saltuariamente gli Slav i per amore del le maggi ori entrate, gli
Holsten approfittarono delle faide dei grandi c ugini e, nel l ' inverno del 1 1 3 8/ 1 1 39 , or-
mai non trattenuti più da nessuno, i rruppero di propria iniziativa in territorio slavo.
Occuparono tra l ' altro i l borgo di PIO n " inopinatamente, con l ' aiuto di Dio", massacra
rono le popolazioni slave e devastarono estese regioni con rapine e incendi . . . "tutto il 449
territorio venne ridotto a una landa desolata" (Helmold di Bosau).
3 44 Il primo re Hohenstaufen , crociate a gogò
Intanto Enrico il Superbo si era precipitato in Baviera per elim inare Leopoldo, m a
morì al i ' improvviso n e l i ' ottobre d e l 1 1 39; non mancò c h i parlò di avvelenamento. Sic
come suo figlio, che sarebbe divenuto celebre col nome di Enrico i l Leone, aveva
allora appena dieci anni , furono la nonna del fanciullo - l ' imperatrice Richenza, vedo
va di Lotario - insieme a Welf VI, fratello di Enrico i l S uperbo, a portare avanti la l otta.
Nel l ' agosto del 1 1 40 Enrico sconfisse Leopoldo di Bamberga presso Val ley sulla Mang
fal l (Alta Baviera) "in un'accesa battaglia con gravi perdite da ambo le parti" (Ottone
di Frisinga), dopo la quale il re invase il patrimonio dinastico dei Guelfi in Svevia.
Solo dopo una guerra di due anni , dopo la morte di Richenza e di Leopoldo I V, si
raggiunse un accordo. Nel maggio del 1 1 42 , grazie alle dimissioni di Alberto l ' Orso,
che rimase margrav io del la Marca settentrionale (Nordmark), Enrico i l Leone ottenne
la Sassonia, mentre un po ' più tardi re Enrico I I - fratel lastro di re Enrico II d ' Austria,
detto Jasomi rgott (''che dio m i aiuti ! ", un nom ignolo che allude la sua bigotteria) -,
ricevette la Baviera; ed ottenne anche, per così dire già in anticipo, la vedova di Enrico
il Superbo, Gertrude, figlia de l i ' imperatore, come se così i l nuovo duca fosse diventato
l 'erede della Baviera. Ma con la morte di Gertrude in stato di puerperio, nel 1 1 43 , non
si adempiva certamente l 'eliminazione dei Guelfi in Baviera, tanto auspicata da Corrado.
E Wel f VI, negando la rinunzia di suo nipote alla Baviera, seguitò a com battere ugual
mente nel sud del la Germ ania, appoggiato tra gli altri dal vescovo di Ratisbona. 6
merci con Sicilia e Puglia o che in qualche m odo appoggiavano il "tiranno". E quan
tunque, già in apri le, fosse morto tragicamente i l suo più importante e più val ido
alleato - il duca Rainolfo di Pugl ia - che quasi da solo resisteva agli attacchi di Ruggero,
il Santo Padre credette di sistem are la faccenda anche senza di l u i . Innocenzo raccolse
le truppe, assunse i l comando suprem o e in giugno, scortato da un lungo stuolo di
prelati , cardinali in testa, affrontò re Ruggero, le cui trattati ve di pace, subito offerte,
vennero respinte. Tuttav ia, dopo le gravi perdite subite dal suo eserc ito, papa Innocenzo
venne fatto prigioniero il 22 luglio 1 1 39 presso San Germ ano. Vero è che si rifi utò di
ricevere l ' avversario vittorioso, da lui anatemi zzato, ma non passò molto che dovette
abbassare la cresta e darsi per vinto.
Nel trattato di pace siglato il 25 luglio 1 1 39 a Migniano (presso Caserta) Innocenzo
riconobbe al "nobi l issimo e famoso sovrano", oltre che ai suoi eredi, il reame di Sicilia,
i l ducato di Pugl ia, Calabria, nonché i l principato di Capua. In più, dopo lotte annose,
dovette riconoscere al re la legittimità di regioni che da gran tempo erano considerate
proprietà papal i ; dovette inoltre accettare gli accordi presi tra Anacleto e Ruggero e
benedire solennemente il suo regno i tal i co meridionale, legittimando pienamente la grande
potenza siculo-normanna. Eppure Innocenzo aveva annullato tutti gli atti di Anacleto.
Fu proprio il riconoscimento del regno di Sicilia da parte di Anacleto - iron ia della 45 1
storia - ciò che il rivale ora soccombente a Ruggero fu costretto ad approvare. Col che
si rivelò del tutto inutile l ' intera gloriosa campagna bel lica del l ' imperatore Lotario.
Ma re Ruggero, al quali alcuni attribui vano una bestiale crudeltà e altri un am or di
pace maggiore di tutti gli altri prìncipi (cosa che per la verità non significa granché),
allungò presto e a più largo raggio l ' osti lità verso la Curia romana. E anche nel Nord
d ' Ital ia, negli anni 1 1 43 e 1 1 44, i confl itti divamparono in lungo e in largo. Venezia e
Ravenna si affrontarono a tutto campo, per terra e per mare. Col ferro e col fuoco
Verona e Vicenza si scagliarono su Treviso e ne devastarono i borghi, i v i l laggi e le
campagne. La guerra accanita tra Pisa e Lucca incendiò tutta quanta la Toscana. I Fio
rentini diedero alle fiamme i sobborghi di S iena, assaltarono anche Lucca, saccheggia
rono e incendiarono nei dintorni castelli, città e intere regioni. Ecco quanto ne scrive il
vescovo Ottone : "In queste battaglie non solo perdettero la vita moltissimi Pi sani e
Lucchesi, trovando un termine alle loro sofferenze con la morte, ma furono anche in
numerevoli prigionieri di entrambi i fronti , emaciati dai lunghissimi digiuni e dal la
sporcizia regnante nelle carceri , come io stesso ho visto coi miei occhi, ad offrire a chi
passava per quei l uoghi un m i serevole quadro del le umane sventure". H
Troppo spesso, infatti , presi dal turbinio di vistosi avvenimenti , si è portati a dimen
ticare gli inenarrab i l i tormenti di quegli innumerevol i individui reietti ed abbandonati
che, in tanti l uoghi ignoti o remoti , dietro le sbarre o sotto terra, si putrefanno come
verm i , non di rado anno dopo anno, anzi senza aver mai potuto rivedere la l ibertà o
anche solo la l uce del giorno . . .
346 Il primo re Hohenstaufen , crociate a f?Of?Ò
Anche a Roma, dove papa Innocenza fece ritorno da Benevento nell ' autunno del
1 1 39 , scoppiò presto un ' insurrezione e una guerra contro la piccola Tivol i . Già da tem
po - testimonia Ottone di Frisinga - i l Santo Padre aveva scomunicato gli abitanti di
Tivoli, peraltro oppressi in tutti i modi e messi sempre più alle strette. Ma q uando i
Romani , dopo un penoso avvio del le osti l ità, ebbero la meglio, i Tivolesi non vollero
arrendersi a loro, ma solo al papa; tutte le intese per la pace, una dopo l ' altra, furono
452 prese a suo vantaggio. I Romani tuttavia pretesero la distruzione di Tivoli e l ' espulsio
ne di quella recalcitrante popolazione, che vi veva in continue vendette anche con di
versi vicini, i n particolare con l ' abate di Subiaco, i l cui eremo aveva ottenuto giuri
sdizione sulla città già nel X secolo.
Ora, però, i Romani vollero farla da padroni, e non solo a Tivoli. Insorsero nel l ' esta
te del 1 1 43 e - avendo per modello le guerre comunal i in Lombardia e in Toscana e vo
lendo emulare gli attacchi del comuni del Nord contro i prelati - assalirono il Campi
dog l io; stufi e nauseati di farsi governare e seviziare dal papa, ripristinarono i l "sacro
senato dell ' urbe", da gran tempo soppresso, e proseguirono la guerra contro Tivoli.
Intanto il papa, ora con toni supplichevoli ora i ntim idatori , ora adescandolo con l ' oro,
cercava di placare il popolo furibondo e di mantenere il suo potere su Roma; più che
altro, gli giovò tuttav ia togl iere i l di sturbo da questo mondo i l 24 settembre del 1 1 43. 9
Ma i tum ulti continuarono anche sotto i papi succeduti a Innocenza II.
Per soli cinque mesi pontificò Celestino II ( 1 1 43- 1 1 44 ), un discepolo di Abelardo e
a suo tem po celebrato come intel lettuale, il quale non ebbe ragione dei di sordini popo
lari più di quanto vi ri uscisse Luc io II ( 1 1 44- 1 1 45). Roma continuò a ribellarsi ; il con
siglio comunale si oppose al papa che si era alleato con la nobiltà, mentre la c ittadinan
za sfruttata chiamava un patrizio al la guida del la neonata repubbl ica: Giordano Pierleoni,
fratello del l ' antipapa Anacleto. Roma ambiva ormai ad un autogoverno, agognando
tutti i di ritti di sovranità sia per la città sia per la regione. Voleva essere indipendente
dal controllo del l a Curia, l i bera da q ualsiasi potere civile del papa, !asc iandogl i sol tan
to la decima o una pensione di stato.
Il destituito (e inorridito) Lucio II non si li m itò a chiamare in aiuto Corrado III che,
avendo già per sé abbastanza guai in politica interna, preferiva certamente un capo
della Chiesa debole ad uno potente, ma cercò di accordarsi - contro la volontà dei suoi
cardinali - perfino con re Ruggero, col quale era stato i n rapporti di am icizia. A l ungo
si credette, e così si asserisce talvolta ancora oggi, che Lucio II fosse rimasto ferito a
morte a metà febbraio del 1 1 45 , nell ' assalto al Campidoglio, sede del senato cittadino.
453 La cronaca del l o storiografo Goffredo di Viterbo, notaio imperiale e cappel lano di cor
te di Corrado I I I , riguardante la morte di Lucio a causa del la sassaiola degli assediati , è
tuttavia priva di valenza storica. Goffredo scriveva spesso di fretta, non senza errori ,
eppure divenne un modello per la cronachistica futura.
Ma quando, in mezzo a continui i tumulti e in tutta segretezza, fu eletto papa Euge-
"Le .f!orenti regioni si spopolan o " 347
Un mese appena dopo la caduta di Gerusalemme, i nuov i signori cristiani sgom inarono
un potente eserc ito egiziano condotto dal visir fatimita AI-Afdal . Lo colpirono di sor
presa, la mattina del 1 2 agosto 1 099, negli accampamenti di Ascalon, e lo annientaro
no, mentre in Gerusalemme Pietro di Amiens organi zzava una solenne processione "in
onore di Dio", oltre che cantare messe, dire preghiere e raccogliere elemosine, tutto
quanto "nel nome del S ignore Gesù"; si sapeva bene, a conti fatti , che cosa si voleva
difendere ! Oltretutto, i l patri arca aveva fatto sapere al i ' intera armata che "avrebbe sco
municato chi unque pensasse di fare bottino prima che la battaglia fosse finita; ma una
volta che ciò fosse avvenuto, avrebbero potuto darsi di nuovo alla gioia ed imposses
sarsi di tutto ciò che il S ignore aveva loro predestinato . . . Così tutto fu ben ordinato e
nel nome del Signor Gesù Cristo poterono riprendere la lotta".
Tutto preordinato: e il Signore fu in effetti dalla loro parte. Dice l ' anonimo cronista:
"l nem ici di Dio erano accecati perché la potenza divina li terrorizzava". I "caval ieri di
Cristo" cacc iarono dagli alberi gli "infedeli" con le frecce, scuotendol i giù con aste e
lance, bruciandoli vivi tra alberi e arbusti , ributtandol i a mare, oppure staccando le
34ll Il primo re Hohenstat�{en , crociate a gogò
teste a quelli già approdati sulla costa "come al mercato si decapitano gli animali".
Così fu possibile annunciare al Santo Padre la vittoria su centomi l a caval ieri e quaran
tam ila fanti . . . "Dio sia ringraziato ! " 1 1
A Gerusalemme, intanto, dove s i cominciava a creare un Regno Latino, Goffredo di
Buglione, duca del la Bassa Lorena, uno dei condottieri della prima Crociata, era stato
promosso protettore del Santo Sepolcro (Advocatus Sancti Sepulchri).
Il comando del l ' egemonia croci ata mantenne un breve ma duro governo, facendo
455 grandi concessioni alla chiesa di Gerusalemme. Già per questa ragione, e per distogl ie
re l ' attenzione dal la caotica s ituazione interna, Goffredo venne presto idealizzato,
circonfuso da leggende, anzi - a partire dal XIV secolo - trasfigurato a "modello ideale
del la cavalleria europea" ( Despy ); un uomo, per usare le parole di Hans Wol l schHiger,
"con doti di spirito invero deboli, ma di forte braccio e di inesauribile devozione". Così
è bene caratterizzato non solo il duca, e non solo una piccola parte del la classe cavalle
resca europea, ma probabi lmente l a sua stragrande maggioranza.
Patriarca di Gerusalemme era di ventato Arnolfo di Chocques, sui cui scandal i ses
suali la soldatesca ricamava le sue canzonette. Rapinò bramosamente religiosi sia si
riani che grec i e li fece torturare così tanto che finì per ottenere la cosiddetta Santa
Croce. Fu i l c lero francane, di massima, a depredare il c lero locale delle sue proprietà
e degli averi . Naturalmente si ucc idevano i contadini musulmani o l i si scacc iava. "Così
le fiorenti regioni si spopolano" ( Heer).
A vivaci zzare di più la scena del l a conquista fece la sua comparsa, con un eserc ito
crociato di paesani, i l signore Daimberto di Pisa, un prete elevato da Urbano I I ad arc i
vescovo, metropolita di Corsica e legato d i Sardegna, prelato impudentemente smanio
so di soldi e di potere che, a sentire le male l ingue, aveva fatto già sparire i l tesoro del l a
chiesa d i Castigl ia. Alla fine d e l l 099 costui fece destituire Arnolfo, inval idandone
l 'elezione, e s i assise direttamente sul trono del patriarca. E subito fu in lotta coi poten
ti laic i che, a suo giudizio, si erano impossessati il legalmente del la città avendo di m i ra
"la rov ina del la Chiesa e l ' oppressione della cristianità". In tal modo, fin dai primi anni
della presa di Gerusalemme, s ' i nstaurava una lotta continua fra i poteri del lo Stato e
quell i del la Chiesa. Goffredo dovette cedere sempre più parti del suo potere, principal
mente a Gerusalemme e Jaffa. Ma i l patriarca Daim berto sem brava concepire per sé
una sorta di cesaropapismo, una grande teocrazia, al cui vertice voleva stare lui stes
so . . . cosa che egl i poteva aver appreso e mutuato solo dai Santi Padri . Si fece ricono
scere come signore feudale, fece di Goffredo e di Boemondo i suoi v assal i i e concesse
loro proprio quelle terre che essi stessi avevano rapinato.
Quando i l "glorioso duca Goffredo", poco dopo il 1 8 luglio 1 1 00, muore a Gerusa-
456 lemme (di tifo o per le ferite di un colpo di frecc ia) e, come gli spettava, v iene tosto
sepolto "accanto alla tomba del Signore", ecco che i cavalieri - tra molti segni e m i ra
coli "in cielo e sulla Terra" (Ottone di Fri singa) - elevano suo fratello Baldovino, conte
"Le fiorenti regioni si spopolano " 349
annate, concorrendo alla conquista di questi luoghi; ciò faci l itava l ' arrivo dei riforni
menti e dei rinforzi , facendo preferire ai crociati g l i itinerari via mare. A tal fine la
Chiesa non s i stancava di incoraggiare tutti quanti in patria, dove papa Urbano I I aveva
scomunicato i reduci rientrati troppo precocemente dalla prima Crociata e i l successo
re Pasquale II li fece scomunicare fi nché non fossero di nuovo partiti per la Terra Pro
messa, con l ' obiettivo di sostenere la Chiesa d 'Oriente "nostra madre, per procurarle di
nuovo, con l ' unione delle forze, quanto le spettava, come concede il S ignore".
I l Signore lo concesse . . . almeno in via provvisoria.
Ancora nel I l 00 gli occupanti cristiani avevano espugnato e saccheggiato Sarug,
catturando le donne e uccidendo grande parte dei rimanenti abitanti . Anche nella con
quista di Cesarea, nello stesso anno, essi massacrarono g l i abitanti. Nel 1 1 02 cacciaro
no la popolazione di Arsuf. Durante la presa di Tortosa(Tartus, nella provincia di Tripol i ,
uccisero "chi unque c o l à fosse musulmano". Spesso non si osservarono i trattati , come
nella resa di Gubail ( I l 02), quando i cristiani non solo confiscarono tutto, ma con tor
ture e ricatti estorsero anche denari. Nel 1 1 04 fu presa la città di Akkon. Ma nello
458 stesso anno, il 7 maggio, si patì un a tremenda sconfitta - c h e sfatò i l m ito diffuso
dell ' i nvincibil ità dei Crociati - presso Harran, dove Baldovino (tentando di ingannare
i musulmani e ingannato a sua volta da l oro) cadde prigioniero.
Solo dopo un assedio quinquennale, nel Libano, venne espugnata Tripoli, i l 1 2 lu
glio del 1 1 09; la popolazione sottoposta ad atroci sevizie, le proprietà confiscate, don
ne e bambini trascinati i n schiavitù, "inestimabi le bottino" razziato e l ' immensa bibl io
teca data alle fiamme. Nel lo stesso periodo Tancredi scacciò i l l uogotenente bizantino
di Tarso, devastò la provincia di Sai zar ed impose un tributo alla città. 11 4 dicembre del
I I I O si arrese S idone, dopo che Baldovino ebbe garantito la salvezza deg l i abitanti e
dei loro averi . Ma poi - scrive il cronista arabo lbn-al-Qalanisi (morto nel 1 1 60), i l
primo storico arabo che tratta delle croc iate scrivendone con meticolosità e perlopiù
con oggetti vità - "li precipitò nella miseria estorcendo loro ogni cosa; da quelli che
sapeva che avevano trattenuto qualcosa ricattò anche il poco che gli restava".
Nel I I I O accadde anche una delle maggiori catastrofi della storia delle Croc iate :
l 'ecatombe perpetrata in Armenia. I crociati avevano deciso di evacuare la popolazione
civile di quel la regione per proteggerl a dalle incursioni dei Turchi. Lo fecero però
quando un grande eserc ito turco - sotto la guida del l ' atabeg di Mosul, Scharaf ad
Daulah Maudud - si accampava già nei paraggi. E mentre i Franchi stessi erano già
sul l ' altra sponda del l ' Eufrate, gli Anneni vennero assaliti sulla sponda opposta dai
Turchi e macellati a dec ine di migl iaia: solo donne e bambini furono di massima ri spar
m iati . Allora, in un solo giorno, la reg ione di Edessa venne spopolata e poi non venne
più ripopolata.
Beirut, ripetutamente assal ita dai croc iati fi n dal l 099, poté essere conquistata solo
nel 1 1 1 0 da re Baldov ino, con l ' aiuto dei Genovesi , dopo una dura battaglia. La c ittà
G li ordini cavallereschi: il nuovo "splendore di Cristo in terra " 35 1
venne messa a sacco, tutti i patrimoni confi scati , la massa della popolazione trasc inata
in schiavitù .
Intanto l ' impudente regime di Baldovino, basato s o l o su poche centi naia di cavalie- 459
ri , era prossimo al l ' annientamento; tuttav ia le sue celebratissime imprese predatorie si
giovarono, non solo militarmente, del le orde croc iate che non cessavano di arrivare. I l
regno di Gerusalem me seppe capital izzare anche direttamente i l bisogno religioso, per
esempio quello del pel legrinagg io. Sta di fatto che i l governo scorticava ogni pel legri -
no imponendo i più diversi tributi e tasse, trattenendo un terzo di tutte le spese del
viaggio; in più, anche parte del le offerte lasciate dai pellegrini a favore di chiese e
conventi finiva nel le casse del monarca.
Ciò che in apparenza era stato avviato per amore del la rel igione, rivelava ora sem
pre più in modo evidente la sua effettiva brutta faccia: una caricatura politica ed econo
m ica. La realtà del fenomeno si rispecchia - detto solo per inciso - nel matrimonio di
re Baldov ino, il quale era destinato ad una carriera di chierico. Da princ ipio, il fratel l o
di Goffredo aveva sposato l ' armena Arda, figlia d e l principe armeno Thatul. Poi, aven
do bisogno di denaro, la ripudiò per sposare Adelaide, la contessa di Sicilia rimasta
vedova: una signora già attempata, ma una delle donne più ricche d ' Europa. Dopo
quattro anni, avendo speso tutto quanto g li aveva portato in dote, cacciò via anche
lei . . . col placet del patriarca Arnolfo che gli aveva suggerito quel matrimonio e lo
aveva pure benedetto.
Fattosi sempre più temerario e più potente, Baldovino sferrò la sua ultima guerra
contro l ' Egitto, che invase raggiungendo le rive del Nilo; ma durante la ritirata morì il
2 apri le del 1 1 1 8 , dopo di c h e fu sepolto a Gerusalemme, nel la chiesa detta d e l Santo
Sepolcro, coi massimi onori : meri tati , per l ' appunto. 1 5
Una tipica creazione di quest 'epoca, che forse non sarebbe nata senza i pel legrinaggi
armati, sono i rel igiosi Ordini caval leresch i, venuti si a formare dopo la prima Croc iata
e successivamente entrati nella storia nel corso del XII secolo: i Templari , i Gerosol i- 460
mitani, l ' ordine Teutonico, l ' ordine di San Giacomo, l ' ordine dei Portaspada e molti
altri . I loro membri - dopo Bernardo da Chiaravalle chiamati spesso monaci - in real tà
non sono nemmeno ibridi ermafroditi o, per dirla con più finezza, semireligiosi; sono
assai più soldati che monac i , e rappresentano molto meno la casta religiosa che quella
militare; e sicuramente non ne sono gli esponenti migliori . . . ammesso che ve ne siano.
Lo stesso san Bernardo, nel suo trattato "De laude novae m i l itiae", in cui magnifica
i l prodigioso e rapido fiorire di quelle cerchie caval leresche, ha visto la loro "soc iale
efficacia straordinariamente benefica" nel fatto che - come Hans Prutz riferisce nel
352 Il primo re Hohenstaufen , crociate a gogò
suo l i bro "Ordini rel igiosi caval lereschi" - i paesi europei del ! ' Occidente "si l iberano
così da una massa di elementi moralmente dubbi e pericolosi, lasciando che moltissimi
briganti, profanatori di santuari ed assassini, spergi uri ed adulteri, se ne vadano in
Oriente, dove sono bene accolti come soccorritori contro g l i infedeli".
Nulla, in verità, starebbe a dimostrare "più palesemente la forza dell ' impulso rel i
gioso del X I I secolo" secondo i l cattolico Neuss, dal momento c h e i l movente iniziale
di questi Ordini caval lereschi è "il cri stiano amore del prossimo"; e anche i l gesuita
Hertling ascrive a loro gloria le "molte opere di bene fatte nel la loro epoca" (e quando,
altrimenti ?). A l oro detta, "gli Ordini hanno destato nel popolo cristiano il senso per la
diffusione della fede e per l ' attiv ità caritatevole organizzata". In realtà, però, questi
cavalieri rel igiosi - e precisamente i più noti, qual i Templari e Gerosolimitani - sono di
regola i più spietati massacratori che, nel! 'Oriente latinizzato, mettevano in campo
oltre la metà di tutti i combattenti cristiani, rappresentando per così dire i loro reparti
d ' él ite, le truppe scelte. Giammai fu loro consentito di contare i nemici, mai di ritirars i :
la loro m issione era di sterminare senza tregua gli "infedeli". I l loro dogma era l a
guerra totale per Cristo, del c h e faceva parte anche u n capil l are si stema di spionaggio.
In breve, questi ordini costituivano "una specie di eserc ito stabile degli Stati crociati
e dei regni iberici . . . dotati di possenti fortezze come basi d ' appoggio, giacché subiva
no nei com battimenti perdite spesso fatal i per tutti i loro schieramenti" (H iestand). Ciò
si avvicina al la realtà molto più del ridicolo c icalecc io apologetico; e anzi non escl ude
461 affatto che gli Ordini caval leresch i - a motivo del loro originario concetto - fossero
probabilmente una sorta di reazione pietistico-puritana alle troppo mondane bande di
pellegrini ; a som igl ianza di quelle cristiane comunità monastiche della tarda antichità
che rappresentarono autentiche reazioni al processo di mondanizzazione del Cristiane
simo.
Di norma, gli Ordini cavallereschi adottano le regole basilari del la povertà, della
castità, del l ' ubbidienza - i voti veri e propri del monachesimo -, ma altresì le regole
della lotta incessante contro i nem ici della c roce, contro gli "infedeli". E per quanto
penosamente le loro immagini fossero e siano trasfigurate, in loro si affastellano lette
ralmente arroganza, invidia, intrigh i e tradimento; vi dom inano incessanti le mene e le
beghe più odiose e vi culm ina uno spirito egoistico di corpo addi rittura sconfinato;
nessun carattere di quei gruppi collima, né corrisponde sia pure lontanamente, all ' im
magine c h e s e ne è generalmente tracc iata.
In realtà, essi lottano tutti quanti a favore dei l oro propri interessi (finanziari ), per i
loro possedimenti in rapidissima crescita, per i loro imman i privilegi, ben più che per il
vantaggio del la Chiesa. Per questa ragione, infatti , già nel XII secolo furono sospettati ,
criticati , anzi osteggiati dal l ' epi scopato. Nondimeno, due ordini pervennero addi rittu
ra ad una propria autonom ia statuale: l ' Ordine Teuton ico, attivo sul Baltico a partire
dal XIII secolo, e i Caval ieri di San Giovanni di Gerusalemme operanti a Rodi dal XIV
G li ordini cavallereschi: il nuovo "splendore di Cristo in terra " 353
delle più ricche imprese bancarie d ' Europa, pur essendo pesantemente indebitata, già
nel la seconda metà del XII secolo, a causa del l e spese per armamenti , costruzione di
piazzeforti e spedizioni m i litari . 1 7
I Templari (Frafl·es militiae Templi o, come pure si chiamavano molto più leggia
dramente, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis) erano stati creati nel
463 1 1 20 dal caval iere francese Ugo di Payens allo scopo di proteggere i pellegrini e di
presidiare la "Terra Santa" (dal 1 1 47 indossarono bianchi mante lli con una grande cro
ce rossa) e furono sostenuti dal re Baldovino II. La residenza del loro Gran Maestro si
trovava accanto al Tempio di Salomone; da qui la loro denom inazione. Dopo i l 1 1 87
trasferirono il loro quartiere generale ad Akkon/Acri , da ultimo a Cipro, dove rimasero
fino alla loro totale eliminazione, decisa del re di Franc ia e dal papato.
I Templari facevano voto di povertà, castità, ubbidienza e gi uravano di "combattere
con animo puro". Fondevano pertanto insieme i capisaldi del l ' antica, veneranda tradi
zione cristiana : preghiera e guerra. Erano sottoposti a q uotidiani esercizi rel igiosi; ma
in momenti eccezional i - che erano piuttosto la regola - non dovevano prenderl i trop
po sul serio. Perché la crociata stessa apriva l oro, come più generalmente alla cavalle
ria occ identale, una "peculiare via di sal vezza"; di più, la crociata rappresenta per que
sti cavalieri "il mezzo più importante per gi ungere all ' ascesi e al la santificazione (e
pertanto al i ' integrazione della loro esi stenza nella società cristiana)" (Demurger). Così,
per volontà ed insistenza del santo Bernardo, vennero confermati ufficialmente nel
1 1 28 e sottoposti nel 1 1 39 alla diretta autorità papale.
Come i Gerosolimitani , anche "i poveri Caval ieri di Cristo e del Tempio di Salomo
ne" divennero assai rapidamente ed enormemente ricchi attraverso diritti special i , do
nazioni e rapine. Le loro fi liali nel l ' Europa occ identale si applicarono a far profi tti in
moltepl ici forme, puntando più di tutto sui grandi latifondi in via di espansione, specia
lizzandosi in transazioni finanziarie, nello sfruttamento dei mulini non meno che nei
profitti del le fiere commercial i . Erano gli esperti pecuni ari per pellegrini facoltos i , per
chierici e aristocratic i. Regolavano il traffico dei pagamenti di privati e amministrava
no il tesoro dei prìncipi, segnatamente quel l i dei re di Franc ia e d ' Inghilterra. In Terra
santa, tuttav ia, nessun signore cristiano, nemmeno il re , poteva fare affidamento su di
loro. Perché già nel XII secolo essi perseguivano i loro privati interessi , altamente
egoistici , a scapito di tutti gli Stati crociati. I H
Speciale protettore dei Templari , anzi loro vero e proprio capo e ideologo divenne i l
santo Bernardo di Chiaravalle. Era l ui , la "canaglia spirituale" (Schiller) , quello che
464 sapeva ciò di cui c ' era davvero bisogno: l ' unica cosa necessaria . . . la guerra, la croc iata
per i l Signore. È a tal fi ne che egl i tempra ed indirizza i Tempi ari . Vieta loro di frequen
tare gli spettacol i , gli proibisce caccia, svaghi, giochi e a maggior ragione le donne.
Ama vederli soprattutto coperti di polvere, incolti, trasandati, sudici e, come scrive lui
stesso, "mai pettinati, di rado l avati". In compenso prescrive loro l ' impiego di cavall i
Gli ordini cavallereschi: il nuovo "splendore di Cristo in ferra " 355
forti e veloc i , dato che loro dovere primario era la lotta contro gli "infedeli". Da auten
tico santo cristiano, da vero dottore del la Chiesa, Bernardo prega di cacciare in pace i
nem ic i ! "Andate in letizia, andate in pace; e con animo intrepido date la caccia ai
nem ici del l a croce di Cristo . . . ". Prendendo spunto da Luca 3 , 1 4 - dove Gesù insegna
ai soldati "Non fate estorsioni né opprimete alcuno . . . " - , egl i, Bernardo, ne arguisce
che al cristiano non è affatto interdetto "di colpire con l a spada". Tanto meno, natural
mente, dal momento che non gli può accadere nulla, anche se muore, anzi, men che
meno in questo caso. Infatti , ove già siano beati quel l i che muoiono nel Signore, tanto
di più lo saranno coloro "che muoiono per l ui". In effetti , dei 22 Grandi Maestri del
l ' Ordine templario, p i ù della metà cadono in battaglia. De l c he Bernardo esulta in que
sti term i n i : "Rallegrati dunque, forte com battente per l a fede . . . Avanti sempre al l ' at
tacco, o cavalieri . . . "
E proprio così fecero i Templari , esaltati da Bernardo quali nuovo "splendore di
Cristo sulla terra". Essi attaccarono perfino i Gerosolimitani . Quasi sempre, fino alla
fine dei Templ ari , i due ordini furono tra loro nemici, si combatterono per la riscossio
ne delle tasse, per i l commercio dei privilegi ; si scontrarono anche in campo aperto,
con assedi , con scontri frontal i , nei quali si allearono anche con prìncipi musulmani.
Conflitti e tensioni v i furono anche col clero ordinario. I Templari si lamentavano
delle misure oppressive dei vescov i , dei l itigi che sorgevano intorno alle sepolture e ai
costi dei funerali, degli ostacol i frapposti ai raccoglitori di elemosine, del le violazioni
del loro diritto di asilo, delle inique tassazioni, del la gi urisdi zione contraria alla legge. 1 9
Eppure i cavalieri di Cri sto - un ' esclusiva casta m i l i tare aristocratica - controllava-
no i territori da essi occupati mediante una catena di c ittadelle fortificate, in parte sca-
vate nella roccia massiccia, le cui rovine si possono visitare ancora oggi: il krak di
Monreale, i l krak des Chevaliers (saltuariamente i l principale quartiere generale dei 465
Gerosol imitani), il krak ad est del Mar Morto nel deserto di Moab, e molti altri. Erano
tra loro collegati a vista (nel 1 1 83 , nel ! ' assedio di Kerak da parte del Saladino, la guar
nigione del castel lo comunicò con segnali di fuoco per 80 chilometri , oltre il Mar Mor-
to, con la torre di Davide in Gerusalemme) e occasionalmente anche mediante piccioni
viaggiatori . Da questi castel li i cavalieri guidavano azioni d' attacco e difesa e, non da
ultimo, rapi navano grandi carovane di commercianti e pellegrini musulmani diretti al
Cairo, Damasco, Mecca, Hom s, Hama, Tripol i , Tortosa; ma ev itavano il più possibile,
ove fossero numericamente inferiori , la battaglia in campo aperto. 20
La sera di Natale del 1 1 44 l ' atabeg di Mosul, Imadaddin Zangi - uno dei più impor
tanti condottieri turchi del suo tempo - assalì di sorpresa ed espugnò Ed essa, per secoli
importante nodo stradale strateg ico nel l ' alta Mesopotam ia, annientando così i l più an
tico Stato croc iato, base di partenza di incessanti scorribande cristiane. Tuttavia, men
tre la conqui sta di Edessa fece di Imadaddin Zangi il glorioso propugnatore ideale
dell ' Islam , procurandogl i il titolo onorifico di "sovrano con l ' ai uto di Dio", la caduta
356 Il primo re Hohenstaufen , crociate a gof(Ò
della fortezza significò per i croc iati la prima grande perdita territoriale: un brutto col
po per i Cristiani, spec ialmente i n Occidente, "un atroce, lacrimevole del i tto" (Ottone
di Fri singa).
Eppure, come rapito in estasi al momento del la conqu ista di Gerusalemme, i l cele
bre vescovo aveva annunciato che colà i nemici erano stati "macellati in quantità tal i
che nel l ' atrio del tempio di Salom one i l sangue delle v ittime arrivava fino alle ginoc
chia dei cavall i " ! E trovava "assai bello" poter vedere l a "città santa calpestata dai
piedi dei pagani finalmente in possesso dei nostri compagni di fede". Certo, che bello
quello spettacolo . . . e come raccapricciante, questo !
Dopo l ' assassinio di Zangi , avvenuto il 1 4 settembre del 1 1 46 per mano di uno
schiavo in condizione di "inusuale ubriachezza", suo figlio Nuraddin Zangi annientò
fi no al l ' ultimo uomo un esercito cristiano che tentava di attaccare Edessa. Il vincitore
fece al lora uccidere tutti i Franch i della città, compreso l ' arc ivescovo Ugo coi suoi
466 chierici; significativamente, tuttavia, risparm iò i cri stiani siriani, armeni, giacobiti e
perfino i grec i . Ma dopo un fal l ito tentativo di rivolta, Nuraddin si vendicò l iquidando
una parte dei cristiani local i , facendone bandire un' altra parte e riducendo in schiavitù
donne e bambini. Così Edessa, una del le comunità cristiane più antiche, venne quasi
interamente spopolata e "non si è fino ad oggi più ripresa da quel colpo" (Ferl uga).
"Dio ha stabil ito il giorno - cantavano i Cristiani i n una canzone nata durante la
seconda Crociata - in cui tu sarai ad Edessa. Là riceveranno le rem issione quei pecca
tori che com battono con coraggi o e servono il S ignore . . . " 2 1
Non mancavano l e ragioni, naturalmente , che facevano sembrare auspicabile una
nuova crociata. In questo periodo, il vescovo Ottone di Fri singa vede infuriare "dovun
que nel mondo tempeste di guerra", constatando come "tutto l ' impero sia i n ebol l i zio
ne". Ad esempio, una guerra i n Baviera tra i l duca Enrico e il vescovo di Ratisbona;
nel la Gal lia belga imperversa una faida tra il conte Enrico di Namur e l ' arc ivescovo
Alberane di Treviri . Anche in Svevia non s ' interrompe lo spargimento di sangue. In
Polonia, tre fratel l i si azzannano col quarto, Ladi slao Il. D ' un tratto, però, avviene un
cambiamento così brusco "che tutte queste tempeste guerresche si tacquero; in poco
tempo tutto i l mondo si acquietò ed innumerevoli persone, in Francia e in Germ an i a,
presero la croce dichiarandosi pronte alla lotta contro i nem ici del la croce". 22
Il mondo intero si placò nel momento in cui stava per avv iarsi una nuova grande
crociata . . .
ne. A tutti i partecipanti egli garantiva di nuovo totale rem issione dei peccati, dilazione
per tutti gli obblighi di pagamento, cessazione di vincoli ipotecari e protezione dei loro 467
averi , rivolgendosi peraltro unicamente ai Francesi . Richiamava inoltre alla memoria
re Luigi , nobile e glorioso sovrano, i prìncipi e tutti i fedel i di Dio in Francia, con una
lettera indirizzata con insistenza a "papa Urbano di beata memoria", i l quale aveva già
"fatto risuonare le trombe del cielo" per l iberare il glorioso sepolcro del Salvatore,
nonché Gerusalemme e molte altre città, "dal l ' ignom inia dei pagani" (a paganorum
spurcitia) . Ed effettivamente il re prese "con sommo entusiasmo dalla mano del detto
abate (Bernardo) la croce, facendo voto del la crociata, insieme . . . con molti altri conti,
baroni e nobili del suo regno" (Ottone di Fri singa). 2 ·1
Dietro questo papa piuttosto debole stava però il suo maestro Bernardo di Chiaravalle,
il quale una volta giunse a scrivere ad Eugenio, in guisa sfacc iatamente vanagloriosa,
che "corre voce che il papa non siete voi, bensì io" (A iunt non vos esse papam , sed me);
quel Bernardo che già in un manuale per i caval ieri aveva confinato in Terrasanta tutti
i del inquenti possibili, compresi profanatori sacri leghi e senzadio, dichiarando che la
loro partenza era un sollievo per l ' Occidente, il loro arrivo una festa per l ' Oriente.
Così , con la sua smagl iante eloq uenza, il santo spi ngeva il re francese Luigi V I I e
l ' imperatore tedesco Corrado III alla guerra: un disastro per l ' Europa.
Ma chi era questo - già più volte nom inato - Bernardo di Chiaravalle?
Figl io di un vassal lo del duca di Borgogna, nato nel l 090, Bernardo faceva parte
del l ' alta nobiltà. La morte repentina del la madre nel I l 07 lo indusse, nel 1 1 1 2 o 1 1 1 3 ,
ad entrare nel monastero di Citeaux. Nel 1 1 1 5 , ricevendo la consacrazione sacerdotale,
fondò nel la Champagne il convento di Clairvaux/Chiaravalle, di cui divenne abate. E
tosto Bernardo attrasse tanti nov izi che, quasi ogni anno, si costruirono due nuovi con
venti . Nel l ' anno del la sua morte ( 1 1 53 ) l ' Ordine contava 350 monasteri , nel 1 200 già
530, e nel 1 500 addirittura 700 conventi maschili e 900 femm ini l i . Così , in questo
migliore fra tutti i mondi, l ' elemento religioso - anti tesi dello spirituale - prolifera in
misura diabol ica.
Ad ogni m odo questa celebrità, una di quel le "grandi soverchianti personalità . . . a
cui non si può resi stere", questo "genio religioso del suo secolo" che - dice lo storico 461!
ecclesiastico Franzen - "fu in prima istanza . . . costantemente monaco, santo e misti-
co", lo si poteva incontrare in tutti i l uogh i , molto più spesso che nei conventi da lui
fondati , dal momento che lui, chiamato da tutte le parti, s ' intrufolava pure in tutte le
parti, viaggiando in lungo e in largo per l ' Europa. Così accompagnò Innocenza I I attra
verso la Francia, i Paesi Bassi, l ' Ital ia, dandogli m an forte, fino alla vittori a contro i l
rivale Anacleto I I , in Francia, Inghilterra e Germania, anche ricorrendo a menzogne e
calunnie. Guadagnò al "suo" papa perfino Milano. In Sicilia intrecciò contatti con
Ruggero Il. Attaccò, a causa della parentela troppo stretta, il matrimonio del re Luigi
VII con Eleonora di Aqu itania, che nel 1 1 52 venne infatti disciolto. Si schiera risoluta-
358 Il primo re Hohenstaufen , crociate a gogò
mente contro i Romani osti li al papa, chiamando " l ' imperatore Corrado a vendetta"
(Wetzer/Welte). Combatte aspramente Arnaldo da Bresc ia che, inseguito dalla scom u
nica ed incarcerato in vari luoghi , viene giustiziato presso Roma nel giugno del 1 1 5 5 .
Bernardo ottiene dal papa, tram ite i l concilio di Sens, anche la condanna di Abelardo,
del quale teme e detesta la "concorrenza" intellettuale, denunziando il teologo inglese
per tutto l ' Occ idente e diffamandolo come ipocrita, bugiardo, come antesignano del
l' Anticristo; ottiene inoltre la proibi zione dei suoi scritti e la scom unica di tutti i segua
ci e fautori della sua "ereticale" dottrina; ottiene dal conc i l i o di Reims la condanna di
Gilberto di Poi tiers, facendo opera di sobillazione in Aqu itania e in Linguadoca contro
i Catari . In suo favore, Ottone di Frisinga testimonia un ' innata mitezza, ma anche . . .
fanatismo "da fervente zelo per la fede cristiana".
Alessandro I I I , i l papa che ordinò la persecuzione degl i "eretici", in primo luogo dei
Catari e deg l i Albigesi , ("il primo grande gi urista ( ! ) sul trono ponti ficio": Kelly) pro
clamò nel 1 1 74 questo Bernardo santo; e in un breve de l i ' anno 1 830 Pio VIII, flagellando
la malcerta morale del la gioventù, innalzò al rango di dottore della Chiesa l ' instancabi
le predicatore del la guerra, i l più zelante e più catastrofico propagandista del l a secon
da Crociata, riconoscendogl i così i l più alto onore che la Cattolicità possa conferire. 24
Conformemente alla sua m issione, Bernardo - glorificato come doctor mellifluus
469 per la sua eloquenza suasiva e dolce appunto come il m iele - lavorò in Franc ia con tale
strepitoso successo al reclutamento per il grande spargimento di sangue da fargl i dire
come in estatico rapimento: "Città e castelli si svuotano tanto che sette femmine sten
tano a trovare un solo maschio". (Un' espressione, detto per inciso, del la sua sadica
m isoginia, che preferisce m i l le volte vedere uom ini morti sul campo di battaglia anzi
ché vivi tra braccia femmini l i . ) Bernardo scrive: "È più difficile vivere con una donna
che richiamare in vita un morto". Bernardo è nem ico dei sensi al punto da insegnare
che l ' uomo, a causa dell a sua insana libidine, si abbassa al livello dei maiali . All ' oppo
sto, ecco la guerra divina, celestiale, che lo eleva al di sopra di tutto ! È quel la guerra
che fa di nuovo vi brare Bernardo di entusiasmo : "ecco, mentre sono ancora in v i ta i
loro uomini, le femm ine restano vedove".
Di propria ini ziativa, i l maestro della m i stica om icida prosegue i l suo giro propa
gandistico in Germania, battendo la grancassa pubbl icitaria, promettendo lauti com
pensi in terra come in c ielo, qualche cosa dove nulla può andar male, dove i conti
tornano sempre. Per anni e anni , con infame retorica, la politica europea è dettata da un
monaco "per i l quale l ' ardore vale più del sapere"; è l ' opera di un mistico dell ' om i c i
d i o che "non per stanchezza, bensì per eccesso di energia, di infervoramento, vorrebbe
ri vestire tutto il mondo con la sacra fiamma di cui sente meravigl iosamente permeata
la propria vita" (J. Bernhart).
Così parla il suo fervore : "Ascoltate, frate l l i , è questo il momento giusto, ora è il
giorno della salvezza, della pienezza del la grazia. La terra è infatti agitata e sconvolta
La Crociata dei re 359
perché i l Dio del cielo sta perdendo la sua terra". " Che cosa fate voi, uom ini coraggio
si? Che fate, serv itori della croce? Volete forse lasc iare i l santuario in balìa dei cani,
abbandonare l e perle ai porc i ? Quanti peccatori hanno colà confessato i loro peccati in
lacrime, quanti hanno ottenuto i l perdono dopo che la spada dei padri ha buttato fuori
la sporc izia dei pagani?". "Tu ardito caval iere, tu uomo di guerra, adesso tocca a te una
faida senza ri sch i , dove la vittoria ti reca gloria e la morte un guadagno. Se sei un bravo
commerciante, un uomo d ' affari in questo mondo, ebbene, io ti predìco un grande
mercato : bada a non fartelo scappare ! " 25
Ma la magni l oquenza, da sola, non poteva bastare. S i voleva anche veder concretate
i subl imi sermoni, mediante la veggenza profetica di Bernardo; e così , come se fosse
"un oracolo divino", s i giunse ad interrogare "il profeta e apostolo" (Ottone di Frisinga); 470
e ancora di più, tram ite le sue gesta prodigiose "attraverso segni taumaturgici così
grandi . . . che a lui afflu i rono masse popolari da tutto il mondo" (Helmold di Bosau). A
Francoforte sul Meno, Bernardo guarì dei malati davanti agl i occhi del re e dei massimi
dignitari . E gli riuscì perfino di far ricredere lo scettico conte Adolfo II sulla propria
energia m i racolistica; e così , sotto lo sguardo fisso di costu i , ri sanò un ragazzo cieco e
sciancato al punto che, in un batter d ' occhio, colui tornò a vedere e a camminare . . . 26
Stregati già "dalla fama che lo precedeva", anche in Gennania masse di peccatori ,
dai più raffinati ai più rozzi, si deci sero a prendere la croce: duchi , vescovi , tra i quali i l
nostro storiografo, nonché, come egl i scrive "moltissimi appartenenti alla classe dei
conti, nobil i ed aristocratici . E stranamente si radunarono, non ultim i, tali e tanti brigan
ti, girovaghi e sbandati che ogni persona sensata . . . ne fu sconvolta profondamente".
Sicuramente anche il fanatico Bernardo si considerava una persona ragionevole.
Certo, di ragione si riempiva la bocca, sempre e dovunque. Allorché la croc iata, da l u i
propagandata con tutti g l i argomenti possibili e più seducenti, finì in u n a totale disfat
ta, egli si appel l ò naturalmente, manco a dirlo, a Corrado II I , ricorrendo a null ' altro che
ad un "plausibile argomento logico"; e pretese sovranità "nel Signore per sopportare
pazientemente le tribolazioni che l ' onnipotente Dio ha imposto a te e al tuo eserc ito,
riponendo ogni tua speranza i n Col ui che mette alla prova chi unque egl i voglia . . . " 27
LA CROCIATA DEI RE
A questa seconda croc iata presero parte, per la prima volta, dei monarchi regnanti .
Più di tutti, re Lui gi V I I di Francia ( 1 1 37- 1 1 80), dopo m inuziosi negoziati con la
Curia romana e sotto l ' influenza di Bernardo che predicava la croce in modi manical i ,
aveva radunato intorno a s é i prelati, issando l a croce nella primavera del 1 1 46 a V ézelay,
nel la Borgogna francese, insieme a molti signori feudatari . Ancora nel lo stesso anno,
durante le feste natal izie a Spira, Bernardo riuscì a persuadere anche il re Hohenstaufen 47 1
360 Il primo re Hohenstaufen , crociate a gogò
Corrado III, a l ungo recalcitrante, oltre ad una serie di altri grandi . Stava per scoppiare
un furore collettivo, una psicosi di massa. Né ai nostri giorni - afferma Helmold di
Bosau - né dal principio dei tempi si sarebbe mai messo insieme una tale moltitudine
armata: "un eserc ito, dico io, sconfinato, oltre ogni misura ! ". Ma è naturale che i croni
sti cristiani am assero form ulare iperboliche valutazioni.
Anche questa crociata, a cui i l re tedesco e quel l o francese apportarono ciascuno -
nella prim avera del 1 1 47 - circa 70000 uom ini, prese le mosse con numerose stragi di
ebrei sul Reno, dove i l monaco c istercense Radulfo, un confratello del l ' abate v isto
"con altissimo favore" dal popolo, da tempo stri l l ava e sobillava contro di loro. È vero
che il santo Bernardo proibiva di uccidere g l i ebrei, però esigeva che fossero cacciati
appellandosi alla Bibbia, al salmo 59, l à dove . Dio parlando dei nemici ingiungeva
"Non uccideteli ! ", aggiungendo tuttavia "Disperdi l i con la tua potenza". No no, i l grande
dottore della Chiesa non voleva vederl i uccisi, gli ebrei, ma solo scacciati e perenne
mente angariati . "Per noi costoro sono una testimonianza vivente, giacché mettono
davanti ai nostri occhi continuamente la passione del Signore". Da parte sua Ottone di
Frisinga constatava "una carneficina bestiale", tanto che re Corrado dovette creare un
asilo per ebrei a Norimberga.
Dal l ' imperatore di Bi sanzio Manuele I Comneno i crociati avevano chiesto salva
condotto e libero mercato per la durata del transito attraverso il suo regno. "Quel sovra
no ne fu invero molto spaventato", riferisce il parroco di Bosau. Ma i fratel l i cristiani
lo rassicurarono, asserendo di avere intrapreso quel volontario "pellegrinaggio" al solo
scopo di "ampliare i l regno del la pace divina". E difatti , in vista del l ' ampliamento di
codesta pace divina, i cavalieri c rociati presero a rubare, saccheggiare, devastare e
uccidere già nei territori de li 'Oriente cristianizzato.
L' imperatore di Bisanzio fece quindi sabotare gli approvvigionamenti dei correli
gionari smaniosi di saccheggi , rivelando i loro metodi e i loro itinerari ai Turchi , i
Rum-Selgiuchidi, oppure sopprimendo gli invasori anche con le sue truppe mediante
imboscate nel le gole montane e in altri luoghi adatti . Fece inoltre circolare denaro falso
472 a danno degli Occ idental i . In breve, dichiara lo storiografo bizantino Niceta Coniate,
"non vi è malanno che l ' imperatore non abbia escogitato contro di loro o che avesse
fatto compiere da altri , affinchè i fatti restassero lezioni indimenticabili e motivi di
perenne terrore anche per i discendenti dei croc iati , che li trattenessero da ogni aggres
sione contro l ' impero bizantino". Presso Filippopoli divamparono cruente battaglie fra
cristiani tedeschi e bi zantin i . Anzi , presso Adrianopol i , i l duca Federico III di Svevia
il futuro imperatore Barbarossa -, per vendicare l 'uccisione di un nobile della retro
guardia, fece bruc iare un intero convento e passare a fi l di spada tutti i suoi occupan
ti . . . " una Li dice [ N.d.T. v i llaggio boemo raso al suolo nel giugno 1 942 dai nazisti che
ne massacrarono tutta la popolazione maschile] medioevale secondo la peggiore tradi
zione tedesca" (WollschUiger).
La crociata dei re 36 1
Ma si verificarono anche continui scontri tra g l i stessi croci ati , per esempio con i
francesi. "I tedeschi erano insopportabi l i anche per noi", scrive i l monaco Odo di Deui l ,
segretario e cappel l ano del re di Franc i a durante la crociata. 2 8
A fine settem bre l 'eserc ito tedesco - i n cui si manifestavano violente animosità
nazional i tra polacchi e boem i , presenti in forze al seguito dei loro sovrani Boleslao I V
e Vladislao - attraversò lo stretto del Bosforo e quindi si divise in due rami dopo aver
raggiunto faticosamente Nicea. La massa del la fanteria e del le salmerie marciò lungo
la costa sotto la guida del fratel lastro del re, il vescovo Ottone di Frisinga, e fu finita in
massima parte dal le sc i m itarre turche nelle gole montane di Kadmos. Il condottiero
Ottone fuggì e raggi unse una nave, ricomparendo a Gerusalemme nel la Pasqua del
1 1 48.
Intanto i l re, col grosso del la cavalleria, scelse i l percorso attraverso l ' interno del
paese, via Konya, verso la Siria. Ma al la fine di ottobre i Selgiuchidi del sultano Masud
ibn K i l idsch Arslan di Rum annientarono quasi totalmente l ' armata di Corrado III già
presso Dorylaion. Fu un brulicare di moribondi e di morti ; molti furono così i ndeboliti
dal la fame e dalla sete "che offrirono i l collo spontaneamente ai nem ici che l i incalza
vano". Il re, ferito da due frecce e colpito da un collasso nervoso, si riavrà più tardi
come ospite del l ' imperatore greco di Costantinopol i . 473
Il contingente francese, guidato da re Luigi , g iunto i ntanto in Asia Mi nore e "ancora
aggravato da una quantità di donne" (Menzel), subì nel gennaio del 1 1 48 una sorte
analoga, anche se diffi c i lmente più dura, ad opera del sultano a nord di Konya (presso
l ' odierna Akschir). Il cronista Odo d i Deu i l , che attraversando le montagne le aveva
trovate "ancora imbevute del sangue dei Tedesch i", vede ora i prec ipizi attorno a que
ste "orrende montagne colmarsi sempre di più con le m acerie del nostro eserc ito"; e
tutto questo ad opera di un "popol o m i scredente". Eppure egl i è i n grado "come mona
co . . . di invocare i l Signore o di incoragg iare gli altri alla lotta . . . ". Pur "sc iogl iendosi
in lacrime", ai figli della Franc ia che vanno a morire "prima ancora di maturare come
uom ini", lui è pur sempre capace di promettere la "corona del martirio".
I malinconic i resti di questi eserciti, "rinfrescati" da numerosi rinforzi di pellegrini
giunti da ol tremare, fanno ancora in tempo a compiere al la svelta le loro devozioni sul
Santo Sepolcro. Poi , per sciogliere il loro voto e d ' i ntesa col patriarca Fulcherio, con
gli arcivescovi di Cesarea e di Nazareth nonché coi Grandi Maestri dei Templari e dei
Gerosolim itan i , intraprendono nuove insensate battagl ie ai confini del regno di Geru
salemme.
Nel luglio del 1 1 48, al comando delle loro maestà Corrado, Luigi e del giovane
Baldov ino I I I di Gerusalemme (la c ui madre Mel i senda funge ancora da reggente a
favore del figlio), le annate croc i ate iniziano l ' accerchiamento della vicina Damasco, e
prec isamente del l ' unico Stato musulmano i l cui emiro - in quanto nem ico di Nur ed
Din - cerca pace e am icizia coi Cri stiani ! Le forze armate franconi sono le più possenti
362 Il primo re HohenstO I!fen , crociate a gogò
che mai abbiano combattuto in Terrasanta. Ma il tutto finisce in una disfatta. I Damasceni
danno presto la caccia agli assedianti "ammucchiando le l oro teste per averne in cam
bio il prem io in pal io . . . un grande numero delle loro teste", come certifica il testimone
oc ulare, l ' arabo Ibn al-Qalanisi. Il quale aggiunge che vi furono "innumerevoli salme
di caduti, anche molti dei loro bel l issimi cavall i , i cui cadaveri puzzavano tanto che g l i
474 uccel l i quasi cadevano stecchiti dal l ' aria".
Poiché si annunciavano, o anche arri vavano, sempre nuove truppe islamiche di rin
forzo, poiché tra i Cristiani imperversavano ormai gelosie e sospetti, accuse reciproche
e truffe, poiché per giunta il re di Gerusalemme, il patriarca Fulcherio e i Templari
erano stati corrotti probabilmente con l ' oro (200000 denari che oltretutto pare non
fossero nemmeno autentici), gli Occ identali, dopo perdite e lacerazioni intestine sem
pre più pesanti, dec isero di abbandonare l ' impresa, I l re Corrado giurò solennemente
che non avrebbe dato "mai più, per l ' avvenire, un qualsiasi aiuto, né in prima persona
né tram ite qualcuno dei suoi". E il musulmano Ibn al-Qalanisi esultò: "Ognuno si ral
legrò del la grazia donata d a Dio, rendendo grazie infinite al Sublime". 29
Con questa Crociata, l ' Occ idente perdette il suo prestigio agl i occhi del! 'Oriente e
rimase spaccato in due fronti. I Tedeschi si allearono coi Greci allo scopo di annientare
il regno di Sicil ia, mentre i Francesi si allearono con questo regno. Inoltre, tanto i
Francesi quanto i Tedeschi incom inciarono a di sprezzare g l i abitanti latini di Palestina,
ormai naturalizzati. S i dichiarava senza i nfingimenti che i Musulmani erano meglio di
loro. E ancora a lungo si maledissero, specialmente in Francia e in Germania, gli iniziatori
del la grande impresa fal lita - papa Eugenio e il santo Bernardo -, quest ' u ltimo il vero
colpevole del la catastrofe; il quale ora diede la responsabilità a tutte le persone pos
sibi l i e naturalmente anche ai "peccati" dei croc iati , ma in particolare a B i sanzio e
al papa, e non esitò a dichiarare che la critica nei suoi confronti era critica riv olta
senz'altro a Dio.
Ed ecco Bernardo - lui che sapeva bene che la prima Croc iata era stata iniziata q uale
"opera di Dio" e che quindi anche una nuova crociata poteva cominciare come opera
divina - spingere a tutta forza per una nuova crociata; ma questa volta, ad una crociata
contro la Bisanzio cristiana. E già vent' anni dopo la sua morte, il 1 8 gennaio del 1 1 74,
viene canoni zzato da papa Alessandro III. 311
Meritatamente. Con somma benemerenza.
Perché sul la coscienza, a conti fatti , Bernardo non aveva soltanto la seconda Croci a-
475 ta.
"Battesimo o morte " : la crociata contro i Vendi 363
La m issione ann ata contro i "Pagan i del Nord", ovvero i Sorabi di Lusazia abitanti tra
l ' Elba e l ' Oder, va ricondotta in gran parte al i ' iniziativa di Bernardo da Chiaravalle. Fu
lui ad incitare a Francoforte, il 1 9 marzo del 1 1 47 , re e prì ncipi alla più sto l ida impresa
bel l ica del XII secolo. Così la giudica Albert Hauck; ma certo il teologo esagera. In
quel secolo, infatti , parecchie altre iniziative statali ed imprese ecclesiali concorsero e
rivaleggiarono, per la loro fol l ia, nel preparare la crociata contro i Vendi. Ma lo zelo di
Bernardo dipendeva dal l a sua escatologia, dal la sua mania del la fine dei tempi, con la
credenza che era giunto i l tempo in cui Dio avrebbe sgom inato i l regime del diavolo,
posto term i ne al la guerra dei credenti contro gli infedel i e cancellato la presenza dei
non cristiani nel regno dei Cristiani.
Assai utile ed opportuna gi unse a Bernardo, a tale scopo, la scarsa voglia dei Sassoni
di marc iare in Oriente. Giacché gli abitanti del la Sassonia i pagani l i avevano sempre
sotto gli occhi e davanti ai loro ben i : erano gli abom inevoli idolatri , la cui conversione
era agevolmente associabi le - anzi per i Sassoni probabilmente la cosa più importante
- con la loro fame di territori , con le voglie espansioni stiche al di là dei confini. Conse
guente quanto mai, dunque, i l fatto che questi Sassoni prendessero quasi plebi sci
tari amente "la croce" per dare addosso agl i Slav i .
L' entusiasm o fu travolgente, tanto più c h e anche numerosi monaci (e forse persino
vescovi e parroci ) diedero fiato alle trombe e dai quali i l grande Bernardo aveva prete
so che predicassero a favore del la crociata; tanto più che egl i garantiva anche la rem is
sione dei peccati, come nella lotta per i l Santo Sepolcro; e tanto più, non da ultimo, che
l ' alternativa era oltremodo chiara ed uni voca: battesimo o morte, "distruzione o con
versione" (ad delendas penitus aut certe convertendas nationes i !las). Naturalmente i l
Santo Padre non trascurò d i ribadire l e istanze d i Bernardo in una bol la de l i ' I l aprile
1 1 47, marginalmente modificata.
I caval ieri del Signore, tra i quali il legato pontificio, gli arci vescovi di Brema e
Magdeburgo e altri chieric i d ' alto rango, formarono due raggruppamenti di truppe,
stimate insieme in più di l 00000 uom i n i . Ad essi si aggiunse una flotta danese che si 476
diceva forte di equipaggi altrettanto numerosi. L' armata del nord operava sotto il co
mando del metropol ita di Brema e di Enrico il Leone; ma ebbe la peggio già davanti
alla fortezza di Dobin (sul l ' istmo tra il lago di Schwerin e Déipe), base del pri ncipe
pagano degli Abodriti N iklot ( 1 1 3 1 - 1 1 60), il quale aveva preceduto gli aggressori an-
che con una spaventosa scorreria a Wagrien (Niklot sarà ucc iso solo nel 1 1 60 durante
un nuovo attacco di Enrico il Leone contro gli Abodriti).
L' insuccesso davanti a Dobin scoraggiò ben presto i guerrieri crociati; anzi l i rese
dubbiosi e li fece riflettere sul fatto che volevano cancellare un popolo a loro sottomes
so e che fruttava uti li tributi. Essi pensarono: "Non è nostra la terra che devastiamo,
364 Il primo re Hohenstaufen , crociate a �:ogò
non è nostro il popolo che combattiamo? Perché dunque ci comportiamo come i nostri
nemici e annientiamo le nostre stesse entrate?" (Helmold). Così conclusero subito la
pace e non s i fecero più vedere. 3 1
L' armata del sud, i nvece, avanzò da Magdeburgo nel territorio dei Liutizi, applican
do dovunque la tecnica del la "terra bruciata" e trasformando c ittà, villaggi e campi in
mucchi di cenere e rovine. Condottieri di questa i rruzione missionaria furono Alberto
l ' Orso - spinto solo dalla brama di potere e dal desiderio, che durava da un quarto di
secolo, di soggiogare gli S l avi - e i l vescovo Anselmo di Havelberg, promosso al rango
di legato pontificio. Anche questo prelato, discepolo del santo Norberto e pol i tico al
servizio di tre re tedeschi , perseguiva naturalmente, con questa croci ata contro i Vendi,
propositi territoriali nel la "terra di missione" degli S l av i occidental i . E anche i vescovi
di Halberstadt, Magdeburgo, Merseburgo, Mtinster e Brandenburgo, che lo scortavano
nel! ' impresa, non erano certo guidati da ambizioni pastoral i . Benché, q uando l ' armata
del sud com binò poco come quella del nord, queste speranze non si real izzassero, tut
tavia la Chiesa, malgrado gli insuccessi del momento, "trasse profitti incalcolab ili dal
la successiva colonizzazione del la regione. Ogni nuovo v i l l aggio, ogni manso rurale
477 ben organizzato accrebbero le sue entrate e rafforzarono l a sua potenza econom ica. Ai
regnanti laici, a loro volta, il pretesto del l 'evangelizzazione apparve come u n ' opportu
na giustificazione" (Ahlheim ). 32
Merita comunque una menzione questo fatto: nel Kirchen -Lexikon in I l volumi dei
teologi cattolici Wetzer/Welte, del 1 854, non esiste nemmeno i l lemma "Crociata dei
Vendi". Informazione negativa, del pari , nel ! ' enciclopedia cattolica in l O volumi Lexikon
fur Theo/ogie und Kirche, edizione 1 93 8 . Solo sotto la voce "Wenden/Vendi" v i com
pare, ri ferendosi a questa crociata, la frase che ebbe " u n esito pietoso". S o l o i l c attolico
"Manuale di storia ecclesiastica", non meno voluminoso, del 1 985, non ha p i ù potuto
ignorare del tutto quella guerra fatale e le ha dedicato una mezza pagina, lamentando
tanto il suo "i nsuccesso" quanto la "scarsa chiarezza negli obiettiv i e nella strategia".
In ultima anal isi, "gli Slav i , che si voleva sottomettere, si rivelarono almeno in parte
buoni cristiani . . . " 3 3
In Spagna, il regno cristiano fondato dai Visigoti era crol lato sotto la travolgente avan
zata del! ' Islam (7 1 1 -7 1 4 ). Benché intrapresa con forze molto ridotte, l 'offensiva islamica
si svolse con sconcertante rapidità, mentre la resi stenza fu perlopiù debole: "In effetti ,
la popolazione rurale gravemente oppressa e gli ebrei perseguitati . . . non avevano
niente da difendere" (H.-R. Si nger) . Tutto i l meridione del la penisola iberica e gran
parte delle regioni oriental i vennero rapidamente islam izzate.
Ha inizio la "reconquista " SfJGRnola 365
Gli Arabi penetrarono addirittura fino ad ol trepassare i Pirenei. Per quarant ' anni oc
cuparono i Settimani, la popolosa fascia costiera comprendente Narbonne e Carcas
sonne nel meridione della Francia (Gal lia Narbonensis). Solo Pipino III, dopo le incon
cludenti scorrerie e le vane incursioni operate tra il 735 e i l 739 da Carlo Martello, riuscì
ad accorpare durevolmente al regno di Francia la regione governata dai Musulmani.
Per le verità neanche la Spagna fu dominata in egual m isura dai conquistatori islamici. 478
Nel nord-ovest montagnoso, infatti, nel le Asturie e in Gal izia, rade zone peri feriche
restarono in mano cristiana, senza alcun ai uto di Carlo "il Grande". Anzi la sua celebre
offensiva puntò dapprima su una c ittà cri stiana e alla fine furono i Baschi cristiani ad
avventars i su di lui ( I V 466 ss. Cfr. anche V 1 8 ss.).
Il recupero della penisola iberica - quella "reconquista" che contrassegna in manie
ra determ inante la storia del la Spagna nel Medioevo - si i rradiò infatti a partire dal le
piccole zone periferiche del Nord, molto lontane dai centri del potere islamico: da
Catalogna, Aragona, Navarra, Castiglia, e in particolare dal regno del le Asturie (chia
mato anche Le6n). A tutti questi piccoli regni si contrapponeva, separato in parte da
una terra di nessuno, il possente cal iffato di Cordova, uno stato totalmente indipenden
te da Bagdad, retto da em iri , non di rado scosso da insurrezioni, i cui reggenti erano
protetti nel IX secolo da una guardia di palazzo di 2000 fanti e 3000 caval ieri . Era, ciò
nondimeno, uno Stato "con ammini strazione centrali zzata, una sana econom ia ed
un ' apertura culturale quali l ' Occ idente cristiano non aveva mai conosci uto in nessun
luogo e in nessuna epoca" (Lacarra/Engels).
La capitale sede del governo era popolata da mezzo m i l i one di persone, grande
quindi ali ' incirca quanto Costantinopoli o Bagdad; ma le sue vantate 3000 moschee e i
900 impianti termali sembrano essere u n 'esagerazione. Nei secol i IX e X, il circonda
rio amministrativo di Cordova comprendeva 1 059 1ocal ità (qarya), 924 fortezze (hwj)
e 1 48 borghi (hisn ). Quale principale piazza di smistamento, vi si esportavano soprat
tutto tessuti e arm i , ma era più importante per la sua c ultura assai elevata. Vi erano
molti rinomati poeti e studiosi, già al l ' epoca del cal i ffo Abdarrahmàn III (9 1 2-96 1 ),
che per mezzo secolo governò e fuse politicamente Cordova; e quel "principe dei cre
denti" e "protettore dell a rel igione di Dio" appi anò persino le guerre civili dei cristiani
. . . a proprio vantaggio, ovviamente.
Al-Hakam II (96 1 -976), sotto i l quale Cordova divenne i l centro culturale indiscus
so del l ' i ntero mondo islamico, pare che possedesse una biblioteca di 400000 volumi e
che avesse occupato, per il suo ampl iamento, agenti dal la Spagna fino al Cairo, B agdad 479
e Damasco. Dopo la morte di al-Hakam , l ' effettivo capo di stato al-Mansur condusse
più di cinquanta campagne contro i regni cristiani del la Spagna. Ma il culmine della
fioritura culturale quel califfato l o raggiunse n el i ' Alto Medioevo, ali ' epoca del l a sua
decadenza. E il 29 gi ugno del 1 236 Cordova cadde nelle mani dei Cristiani. 3 �
L' inizio del la loro resi stenza, nella prima metà del l ' VIII secolo, fu agevol ata gran-
366 Il primo re Hohenstaufen , crociate a gogò
demente dal le tremende lotte intestine degl i invasori : si trattava di antichi confl i tti
tribali e razziali che covavano da sempre tra Arabi e Berberi, tra S i riani e Medinesi.
Un ruolo essenziale nell a riconquista cristiana della Spagna l 'ebbero le Asturie.
Il re Alfonso I (739-757), i l creatore vero e proprio di q uesto regno, proseguì la lotta
di suo suocero Pelayo, principe delle Asturie e primo combattente cri stiano della resi
stenza contro la Spagna musulmana. In ciò egl i trasse profitto tra l ' altro da u n a rivolta
dei Berberi contro gli Arabi (74 1 ) per parecchie campagne, in cui egli - segnando un
vero e proprio prel udio del la reconquista - rase al suolo i principali castell i e città della
Gal izia, del la valle del Duero e del l a val le superiore del l ' Ebro. E dopo alcuni grandi
signori delle Asturie piuttosto inclini alla pace, il re Alfonso II il Casto (79 1 -842) ripre
se daccapo l ' aspra politica antiislamica di Alfonso l . Egl i intrattenne stretti rapporti coi
Carolingi, rifiutò i tributi al l 'em i ro di Cordova e respinse anno dopo anno, tra il 792 e
1 ' 805 , diversi attacchi arabi sferrati simultaneamente contro i suoi confini. Grazie alla
480 sua opera, le Asturie divennero uno Stato indipendente. 35
Come con i Franch i , intense furono le relazioni della Spagna con la Chiesa. Ad Alfonso
II, connessi appunto alle sue guerre contro I ' Islam , risalgono i primordi del celeberrimo
santuario di Santiago di Compostela.
Sotto i l re Alfonso Il, l ' apostolo Giacomo i l Vecchio diventa infatti il patrono dei
Cristian i , e v i ene costrui ta l a pri m a chiesa dedicata a san Giacom o : Santiago di
Compostela. Non c ' è dubbio che tutto quanto riguarda i l primo apostolo Giacomo i l
Vecchio, compagno di Gesù, e la c ittà di Compostela, si fonda su ingannevoli fals i . La
presunta attiv ità predicatoria di Giacomo i n Spagna, nonché la presunta traslazione
della sua sedicente salma all 'estremo Ovest del paese, tutte queste menzogne certo
assai lucrati ve, spuntarono la prima volta in testi latini del V I I secolo; i l riferimento più
concreto alla odierna Compostela si trova solo a partire dal IX secolo. Se si considera
che cosa hanno prodotto tutte queste gloriose affabulazioni leggendarie intorno al san
to Giacomo, incl usa la "scoperta" del la tomba del l ' apostolo, ebbene tutto questo
veramente - è gi à un colossale m i racolo di per sé, semplicemente portentoso e fiabesco;
inizia con la costruzione di diverse cattedrali e fortificazioni e col trasferimento di una
sede vescovi le e arriva alla pomposa fioritura del mastodontico apparato cultuale per il
pellegrinaggio che si estese per tutta l ' Europa, abbracc iando talvolta anche l ' Oriente,
molto simile a quel l i di Gerusalemme e di Roma (correva voce che i l primo pellegrino
a Compostela fosse stato Carlo "Magno" ! ) ; per giungere fino al lontano grido di batta
glia "per san Giacomo! " di Fernando Cortez, uno dei grandi sanguinari della storia che,
nel la "diffusione del la fede cattol ica" in Messico con le sue cattoliche bande della
Fasi pitì offensive e / ' interesse di Roma 367
morte immancabilmente - come l u i stesso dichiara - "col grido di battaglia «a noi san
Giacomo ! » piomba fulm ineo sulle sue vittime inerm i ". "Al grido di «a noi San Giaco
mo» ci lanciammo sulla vasta radura e abbattemmo tutto quanto si parava di fronte alle
nostre l ance"; quel Cortez che atterra, schianta, impicca, annega, brucia una volta "500
nem ici", un' altra volta "800 Tem i xtiani", poi "3000 cittadini", quindi "6000 uomini,
donne e bambini", e ancora " 1 2000 Tem ixtiani"e ancora altri "40000", facendoli cal- 48 1
pestare dai caval l i , straziare dai cani , polverizzare dal le bocche dei cannoni . . . "A noi
san Giacom o ! ". Per non parlare del colossale fi ume di denaro che per un m i l lennio
scaturisce ininterrotto da q uesta m ontagna di menzogne e di cadaveri . "Al l ' origine un
sepolcro, all a fine il potere finanziario", è i l titolo che Friederike Hassauer dà al suo
"Studio su li ' intreccio di affari , preghiera e pol itica" riguardante appunto il celebre centro
di pel legrinaggio spagnolo.
L' ipocrisia istituzionale intessuta intorno alla "tom ba di Giacomo" a Santiago di
Compostela, che dal l ' inizio del IX secolo si è smerciata con crescente sfoggio fraudo
lento e successo i l l usionistico, conferì tuttavia la necessaria forza di penetrazione alle
arm i dei monarchi asturi ani. 3 6
Nella seconda metà del I X secolo, disordini di politica interna nelle regioni i beriche
tenute dai Musulmani, nonché sollevazioni di Berberi e di Muladi (neoconvertiti
musulmani) favorite dai Cristiani, resero possibile un ' ulteriore fase espansiva.
Sotto i re asturiani Ordofio I (850-866) e suo figlio Alfonso III (866-9 1 0), detto " i l
Grande", si ri uscì a d estendere i confini oltre le vaste zone incolte fino a l l a l inea del
Duero, inglobando le città di Zam ora e Duenas e quasi raddoppi ando l 'estensione del
regno. Con ciò gli Spagnoli del Nord erano avanzati dalle zone montane verso gli
altipian i , dove si insediarono saldamente; anche la capitale e la corte avanzarono, per
così dire, sotto Ordofio II (9 1 4.924) - da quando i re del le Asturie recano il titolo di
"imperatore" - da Oviedo verso i l Sud, nel la regione di Le6n: furono il "nuovo ripopola
mento" (repohlaci6n ) e la nuova "colonizzazione" (presura) ad opera di cavalieri, mo
nasteri , chiese, e anche di contadini organi zzati in cooperative, i cui piccoli poderi
tuttavia, già nel X secolo, saranno presto ingoiati dai grandi del la nobiltà e del clero. 482
Lo stesso re Alfonso, finita questa operazione, nel 9 1 O venne detronizzato e bandito dai
suoi figl i cristiani; morirà in quell o stesso anno. -17
I I figlio di Ordofio I I , Ram i ro I I (93 1 -950) assediò Majerit (Madrid), batté le truppe
del cal iffo in diverse celebrate battaglie e organizzò la "repoblaciòn" del la valle del
Tormes. 38
Nel la "colonizzazione" e nell a "bonifica agraria" ebbero comprensibilmente un ruolo
368 Il p rimo re Hohensta ufen, crociate a f{og ò
turati; mogli e figlie stuprate davanti agli occhi dei mariti e dei padri; tutte le case, con
le loro ricchezze e gli abitanti, cancellate dai cavalieri cristiani.
Nel 1065 il cardinale romano Ugo Candido intraprese il viaggio in Spagna. Anate
mizzato insieme a Onorio I I, di cui era seguace, era successivamente passato dalla
parte di Alessandro, del quale ora operava come legato. E il re d'Aragona, Sancho I
Ramirez ( 1064-1094 ), palesemente influenzato da lui, in occasione di un viaggio a
Roma nel l 068, fece atto di ubbidienza a Dio e a San Pietro: il che era destinato a
consolidare, come effetto non secondario, l'egemonia di Sancho contro l'opposizione
della sua nobiltà. Nel 1071 il re introdusse la liturgia romana e nel 1088/1089 subordi
nò completamente il suo regno al papa. 42
Poco dopo anche Gregorio V II stese le sue avide grinfie sulla Spagna, non rifuggen
do di fronte alla menzogna secondo la quale il Paese aveva appartenuto da sempre alla
Chiesa di Roma (p. 195 s.). E ancora più incalzante- giacché i tempi della devozione
si sviluppavano sempre più bellicosi, più sanguinosi, più clericali- Urbano I I, il primo
papa delle Crociate, così apostrofava, alla fine del!'XI secolo, alcuni aristocratici della
Catalogna: "Per la città e la Chiesa di Tarragona vi preghiamo vivamente e vi coman
diamo, per la remissione dei vostri peccati, di imporre in tutti i modi il suo ristabili
mento ... Chi, per amore di Dio e dei suoi fratelli, cade in questa campagna, non dubiti
che troverà l'indulgenza per i suoi peccati e godrà la vita eterna per la misericordia di
Dio. Così se qualcuno di voi ha già deciso di partire per l'Asia, farebbe meglio ad
attivare qui il suo devoto impulso. Infatti non è un grande merito liberare i Cristiani dai
Saraceni in un luogo e abbandonarli in un altro in balìa della tirannide e del!'oppressio
ne saracena."
Il devoto impulso, all'epoca del beato Urbano, spinse all'azione anche un certo
Rodrigo (Ruy) Diaz de Vivar, celebrato con l'appellativo El Cid (il Signore), l'eroe
nazionale spagnolo ( l 043-1099).
486 Il guerriero, cavaliere e Grande della Castiglia, venne subito glorificato, special-
mente nel "Poema de Mio Cid", un capolavoro epico in 3730 versi assonanti, circa la
metà dell'epica spagnola. In Francia, Comeille l'avrebbe eternato nella tragedia in
cinque atti "Le Cid"; e altrettanto, in Germania, farà l'omonimo ciclo di romanze di
Johann Gottfried Herder. Chiamato dagli Spagnoli "el Campeador" (il guerriero), è
certo che il celebratissimo eroe combatté in diverse campagne anche a vantaggio dei
Mori; molte delle sue belliche gesta, anzi, le compì in loro favore, per esempio a
sostegno del "taife" di Saragozza contro il conte di Barcellona o contro il re di Aragona
e Navarra, da lui sconfitti nel l 084. 43
Dopo il l 090 il Cid aspirò ad una propria egemonia nel Levante. E siccome Alfonso
V I, nel l 085 poté invero prendere Toledo, ma non Valencia nel l 092, da quel momento
il Cid combatté solo per questo; e in ciò- allora quasi un presupposto necessario per
costringere alla resa una città fortificata- egli fece spietatamente saccheggiare e di-
Fasi pitì (>ffensive e l'interesse di Roma 37 1
struggere ogni cosa su vaste zone, fece bruciare villaggi e organizzò massacri in due
sobborghi di Valencia, in cui aveva fissato la sua residenza.
Intanto, nella città circondata, che sotto il quarantennale governo di Abdal-aziz, un
nipote di ai-Mansur, aveva vissuto una fioritura commerciale, infuriava sempre più
spaventosa la fame. Si mangiavano cani, gatti e animali disgustosi. "Si cercava di che
cibarsi nel fango dell'antica condotta romana di scarico, si pagava un dinaro d'oro per
un minuscolo topo e per i cereali quasi 70 volte del prezzo rincarato già ali'inizio
dell'assedio. I più poveri tra la popolazione mangiavano perfino la carne dei cadaveri,
giacché solo di quelli non c'era penuria a Valencia. Di giorno in giorno si gonfiavano le
fosse intorno alla moschea. Chi osava la fuga dalla miseria della città, veniva catturato
dagli assedianti e venduto per una libbra di carne, un pane o una pinta. Sui mercati
degli schiavi non si poteva ricavare di più per quelle larve umane. Quelli meno spossati
contrattavano per poter raggiungere l'Europa, un traffico che musulmani industriosi
(fratelli nella fede!) organizzavano nella regione. Su altri prigionieri incombevano sor-
ti peggiori della schiavitù; gli si tagliava la lingua, li si accecava, o venivano gettati in
pasto ai cani. Molti abitanti, tormentati dalla fame insopportabile, si lanciavano giù 487
dalle mura di cinta. In un solo giorno, il Cid dovette far bruciare 17 di quei cadaveri."
(Ahlheim).
Per la verità il Cid , entrando nel giugno del l 094, dopo un assedio di quasi due anni,
nell'ormai spopolata Valencia, non bruciò soltanto cadaveri, ma per esempio anche Ibn
Gahhaf, il magistrato supremo della città. Inoltre trasformò la moschea principale in
cattedrale cristiana, nominando il francese e cluniacense Girolamo di Périgord vesco
vo della città, dove il prelato esercitò il suo ufficio fino al Il 02. Precisamente fino
all'anno in cui il re Alfonso, davanti agli Almoravidi che penetravano (per la quarta
volta!) nella Spagna, non ebbe altra scelta che ritirare le sue truppe da Valencia, non
prima di averla distrutta col fuoco (e tra i profughi c'era la vedova del Cid). 44
Anche dall'estremo Nordest della Spagna i re di Aragona, i conti di Barcellona e di
Urgel portarono la guerra nelle terre degli "infedeli", nel reame di Lérida. Sotto Sancho
I di Aragona, il monarca supinamente ligio a Roma, si devastò tutto quanto si toccava
ed in più - secondo fonti arabe - vennero massacrate 40000 persone e un numero
incalcolabile fu fatto prigioniero. Ancora: dopo un assedio durato due anni il re Pietro
I di Aragona (l 094-1104) s'impadronì nel l 096 della città di Huescas, consegnando la
moschea principale al vescovo Pietro di Jaca perché ne facesse un tempio cristiano;
alla festosa cerimonia conferirono la solennità desiderata molti prelati ed un legato
papale.
Ma le aggressioni proseguirono anche nelle terre d'oltremare.
Nel 1 114/ 1 115 Raimondo Berengario III, margravio di Barcellona, conte della Pro
venza e del Gévaudan oltre che templare, riuscì a conquistare temporaneamente l'isola
di Mallorca e la sua capitale. La pia operazione, promossa massicciamente a distanza
372 Il p rimo re Hohenstaufen , crociate a gogò
da papa Pasquale I I e appoggiata da parecchi grandi prelati con la loro personale parte
cipazione, fu visibilmente approvata e benedetta con tutti i crismi. Il fatto certo- e non
si mancò di menarne vanto- è che 50000 saraceni pagarono con la vita. I sopravvissuti
furono trascinati a schiere in schiavitù. E il conte Raimondo, il prode guerriero della
fede, divenne vassallo del papa, sia pure in forma velata, corrispondendogli interessi
48!1 annuali. 45
Al re degli Hohenstaufen Corrado I I I, invece, negli ultimi anni della sua vita, come
del resto già durante molti anni prima, quasi tutto era andato storto. La crociata contro
i Vendi fu giudicata già dai contemporanei in modi molto contrastanti. La seconda
Crociata si rivelò un disastro completo. Aveva richiesto un'enormità di vittime umane
e, malgrado ciò, era fallita nei suoi obiettivi di potere. La prima coalizione di Corrado
con l'imperatore Manuele I Comneno (che aveva sposato ne111461a cognata di Corrado,
Berta di Sulzbach), rivolta contro Ruggero di Sicilia, venne nuovamente ribadita, sulla
via del ritorno del re della crociata, attraverso le nozze del duca Enrico Jasomirgott con
la nipote dell'imperatore Teodora Comnena. Queste coalizioni non diedero tuttavia i
frutti sperati, nel senso che alle nozze non seguirono le guerre a motivo delle quali esse
erano state combinate ... in buona intesa con Dio, va da sé. "Fortuna e salvezza in
Cristo! Amen", aveva scritto Corrado al sovrano di Bisanzio, auspicando "eterna unio
ne di durevole amicizia".
Quando il re Hohenstaufen, oramai malato, giunse nel 1149 in Germania, constatò
'
che anche qui le cose non volgevano al meglio. Non solo papa Eugenio I I I aveva ap
profittato deli'assenza di Corrado per intervenire energicamente nella politica interna
tedesca, ma per giunta Welf V I, nel 1148, aveva ordito un'alleanza contro Corrado con
Ruggero I I di Sicilia. Appena ritornato dalla crociata, Welf si sollevò ancora una volta
contro lo Hohenstaufen; ma venne sconfitto nel 1150, presso Flochberg, dal tredicenne
Enrico, che era stato nominato viceré prima della crociata. E se pure fu possibile, gra
zie alla mediazione del duca di Svevia Federico I I I (Barbarossa), stipulare la pace con
Welf, il conflitto con Enrico il Leone, il duca di Sassonia che non voleva rinunziare alla
Baviera, continuò ancora a lungo. Oltre a ciò, Corrado fu bersagliato da brutte calamità
private. Già nel 1 147 gli era mancata la seconda moglie Gertrude di Sulzbach, a lui
particolarmente e palesemente devota; nel 1150 morì anche suo figlio Enrico. E l'altro
figlioletto Enrico, ancora minorenne, di sei o sette anni appena- lo ammetteva il re
stesso- non aveva prospettiva alcuna di accedere al trono.
Nel febbraio del 1152 Corrado I I I inaugurò un'altra dieta a Bamberga; e là morì, il
4!19 15 febbraio, in maniera così repentina ed inattesa- ma d'altronde ancora una volta "nel
momento giusto"-, che si diffuse la diceria, tramandata dal vescovo Ottone, secondo
cui il re Ruggero di Sicilia l'aveva fatto avvelenare. Tre giorni dopo, la salma di Corrado
490 venne tumulata accanto al sepolcro di Enrico il Santo. 46
Note 373
NOTE
Cardini 39
Bernh. di C l airv. c i tato in Ronner 3 1 8
K u p i sch 79
S c h i l ler, c i tato i n Wol l s c h l ager 226
H e l m . d i Bosau 54. Otto ' v. Fr. Chro n . 7 , 2 3 s s . Gesta A l be r. 1 5 LTh K l 3 2 8 s . L M A l 283, III l 039,
I V 2074, V 1 3 39 s . 1 89 9 , V I 1 5 8 1 . HEG I I 3 3 3 s . Menzel I 39 1 s . Hausmann 1 67 s s . H a l ler, Das
a ltdeutsche Kaisertum 1 1 5 ss. 1 26 , 1 3 0 s . Idem, I I I 47 s . 98 s . J ordan , ln l'esrirurstreit l 01 s.
H o fl i nger, Konig Konrad 111 . 266 s. Neumei ster, Konrad 111. 1 5 0 ss. Enge l s , Die Staufer 3 1 ss. 38
H e l m . di Bosau 56. Anna!. Saxo 1 1 39 . LMA I V 2074, V 1 8 99, V I I I 2 1 46. HEG II 333 f. H a l ler, Das
a lrdeursche Kaisertum 1 1 7 s. Jordan, lnvestiturstreir 1 02 s . I I I . H o fl i nger, Konig Konrad Ili. 266 s.
Neumeister, Konrad Ili. 1 5 3 . Enge l s , Die Sraufer 3 8 s.
LP 2 , 3 8 3 ; 3 , 1 3 8 . J W 1 ,9 1 9 . K e l l y 1 8 5 ss. LMA V I I I 1 666
Otto v. Fr. Chron. 7 ,2 3 s. 7 ,29. Ke l l y 1 8 5 . LMA V I I 42 1 . HEG II 570 s. Gregoro v i u s I I / l , 1 8 8 s s .
Hailer, D a s a ltdeutsch e Kaisertum 1 20. Idem, I I I 49 s . Jordan , ln l'estiturstreit l 00
Ottone di Fri singa Chron. 7 , 2 3 ; 7 , 2 7 . Kel l y 1 8 5 . LMA V I I I 2 7 2 . G regorov i u s 1 1/ 1 , 1 9 1 s. Haller,
Das a/rdeursche Ka isertum 1 20. Idem, I I I 5 1 ss. Jordan, lnvesrirurstreir l 05. Schall er, Herrschajis
zeichen 8 1 s .
111
LP 2 , 3 8 5 s. JW 2 , 1 s s . Ottone di Fri si nga Chro n . 7 , 3 1 ; 7 , 3 4 . Giovanni di Sal sburgo . H i s t . pontif.
2 7 . Romualdo S S 1 9 ,424. Gottfr. v. Vi t. S S 22,26 1 . K e l l y 1 8 7 s s . LThK I I 1 246 s . L M A III
4, 1 569, I V 7 8 s . 1 607 s . V 2 1 62 . Gregoro v i u s I I/ l , 206 ss. H a l l e r III 5 1 s s . 56
11
A non. Gesta Frane. 3 9 , 1 5 s s . A l b. Aquens. 6,47. Pe rnoud I I I s . Heer, Kreuz:uge 80 s . Wo l l sc h l i.iger
227 s . Zoll ner, Geschichte der Kreuzzuge 7 7 . - Una spedizione crociata part i ta dalla Norvegia fi no
al bac i n o del Medi terraneo avvenne dal I l 08 al I I I I al comando del re S i gurd (detto J6rsalafari ,
"il v i aggi atore a Gerusalemme " ) . Costui avrebbe tentato anche la cristiani zzazione d e l l a Svezia
sud-orientale medi ante u n a crociata. Alla fi ne d i venne i n fermo di mente e " v i olento", qualità che,
a ben guardare , aveva dimostrato anche i n precedenza. Si veda per l ' appunto LMA V I I 1 8 96 s . e
HEG II 8 89
" Al b. Aquens. 7 ,46. Otto v. Fr. Chron. 7 , 7 LMA I 1 3 66, I I I 433 s. IV 1 599 s. ( Despy). Menzel I 3 7 1 .
Prawer 490 s s . Atiya 57 s . Heer, Kreuzzuge 80 s s . Oldenbourg 1 5 2 s s . Wol lschli.iger 2 2 8 . Zol l ner,
Geschichte der Kreuzzuge 76 ss.
u Atiya 56 s . G ahri e l i 6 1
14
Fui e h . Carn. 3 , 3 7 . Pernoud 1 2 5
" Pasch. I l . ep. ad archiepisc. et episc. et abbates Gall iae 1 099. LMA I 1 366, 1 823, IV 1 942, V I I I 1 0 1 6.
H K G I I I/ l , 5 1 5 . Piere r 9, 807. Menzel I 374. Pernoud 1 1 4 s. 1 36 s. Oldenbourg 207 s. 2 2 1 s s . Heer,
Kreu::uge 8 3 s . Gabri e l i 52 s s . 64 s s . Atiya 56 s. 62. Kiihner, Di e Kreuzzuge 1 2 . Zo l l ner, G eschichre
der Kreu::iige �!3 ss. Thorau 1 3 3
16
LThK V 3 9 8 2 s s . L M A V 6 1 3 s s . 9 8 2 ss. V I I 8 7 8 ( H iestand ) , VIII 534 s s . Menzel I 375. Prutz 2 7 .
Neuss 1 5 2 . Hert l i n g 1 6 1 . Atiya 6 1 . Heer, Mirrelalrer 2 1 7 . Idem, Kreuz:uge 9 5 . Oldenbo u rg 2 5 2 ,
477. Benni nghoven 4 ss. I l
17
Pe t. v. Dusb. I , l . Fuchs/Raab I 395 s . LThK V 3 9 8 3 . L M A V 6 1 3 s . V I I 8 7 8 , V I I I 5 3 6 s . H K G I I I/
l , 530. Pierer 1 2 , 3 3 5 . Pru tz I l s. Atiya 60 s . Heer, Kreuzziige 9 5 , 99. Schumacher 384. Champentier
13 s s . Oldenbourg 254. B rad ford 20 ss.
" Fuchs/R aab I l 7 7 9 s . L M A V 1 68 , VIII 534 ss. (Demurger). H K G I I I/ l , 529 s . A t i ya 60. Heer,
Kreuzziig e 95 s. M ontgomery I 1 9 0. Charpentier 3 5
1"
Atiya 6 1 . Heer, Kreu::iig e 93 s . 96 s s . Charpentier 30. B e n n i nghoven 4 s. Zimmerl i n g 42 s .
'" L M A I I I 1 5 65 s. A t i ya 59 s . Montgomery I 1 90 s s .
374 Il primo re Hohenstaufen, crociate a gogò
21 Otto v. Fr. Chro n . 7,4; 7,30. Gesta 1 , 3 7 L M A III 1 565 ss. ( Ferluga), V 3 8 3 , V I 1 3 1 7 . M ontgomery
I 1 89 . Lammers 5 5 1 nota 1 00
�- Otto v. Fr. Gesta l , 3 1
2·1 S u l l a prei storia d e l l a Croc iata: O t t o v. Fr. Gesta l , 3 5 ss. inoltre l , 3 7 - s . Chron. 7 , 3 2 s . V i t a Bern h . 3 ,4.
LMA V 1 5 1 1 . Pierer 9 , 807. Haller I I I 60
" Otto v. Fr. Gesta l ,49 ss. We tzer/ We l te I 8 3 9 s . LThK I l 022, II 268 ss. LMA I l 005 s . l 9 92 ss. V
2 1 8 3 , V I I 1 764. K e l l y 1 94, 324. Heer, Kreuzziig e 89 s. Franzen 1 9 1 . D i c kerhoff 4 7 1 s .
" Otto v. Fr. Gesta l ,44. Bernh. v . C l . ep. 2 3 9 ; 247 ; 3 6 3 ; sermo i n coena D o m . 3 . Wetzer/We l te I 840.
Pierer 9 , 807. Menze l . I 3 9 7 . Haller, Das altdeutsche Kaisertum 1 2 1 s. Idem, I I I 60 s . Bernhart 1 36 .
Heer, Kreuzziige 8 5 s s . 9 1 ,9 3 . Kii hner, Gezeiten I 1 8 6. Lautemann 37 1
26
H e l m . v. Bosau 5 9 . Otto v. Fr. Gesta 1 , 36
" Otto v. Fr. Gesta l ,43 ; l ,67
" Helm. v. Bosau 59 s . Otto v. Fr. Gesta l ,39 s s . l ,44. N i ket. Choniat . , h i s t . I ,5. L M A V 2 I 8 3 s . VI
l 3 5 9 . HEG I I 705 . Menzel I 397, 399. Atiya 64. Heer, Kreuz::.iig e I 00. Pernoud l 5 8 s . Wol l s c h l iiger
237. Zapperi l 1 9 s . Zoll ner, Geschichte der Kreuzzt�ge 89 s . 92 s s . Neumei s te r, Konrad /Il. 1 5 6 .
Hotl i nger, Konig Konrad /Il . 268
20
Gerh. Reichersp. De i n vest. Antichr. I ,69. Helm. v. Bosau 60. Odo Diogi l . 6. Pierer 9 , 807. Menzel
I 400. Hal ler, D a s altdeutsche Kàisertum I 23 s s . Idem, I I I 6 8 s . Heer, Kreuzziige l 00 ss. K ii h ner,
Ge::.eiten I 1 8 9 . M ontgomery I 1 92 . Wo l l schliiger 239 s s . Gabri e l i 98 s s . Hotli nger, Konig Konra d
111. 268 s .
.w We tzer/Wel te I 84 1 s. Hal ler, Das altdeutsche Kaisertum 1 26 . Idem, I I I 70. Heer, Kreuzziige 1 03 .
K ii h ner, Gezeiten I 1 8 9 . Bradford 3 3
" Otto v . Fr. Gesta 1 ,4 3 . H e l m. v . Bòsau 6 2 s s . specie 65. Bernh. v . C l ai rv. e p . 4 5 7 . L M A V I I 1 6 3 ,
V I I I 2 1 8 3 . HEG I I 1 03 , 336. Hauck I V 628 s s . Ahlheim 34 1 . Cl aude I I 5 9 . Bii nding- Naujoks 98,
I 02. Enge l/Epperle i n 326. Stoob 2 2 3 nota 4. C fr. anche Pri nz, D i e Grenzen des R eiches I 7 2
·12
LThK I 7 I 2 . L M A I 3 1 6 s . 678 s . Hauck IV 630. Ahlheim 3 4 I s .
.n We tzer/We l te r XI 863. LThK X 8 I 9 s. H K G I I I/2 , 49
" L M A I 59 1 s. ( H . - R . S i nger) I I I 2 3 0 s. VI I 406 s. V I I I 769 s. HEG I I 00 I s s . ( Lacarra-Enge l s )
l 008 , I O I 3 s s . I I 208 s . 922 s s . Balles teros/B eretta 59 s .
" L M A I 3 9 3 s . V I 1 86 3 . H E G I 1 003, 1 008 s . 1 0 1 5 s . H K G I I I/ l , 1 5 2 s .
·'" L M A I 3 9 3 s . V I I 1 3 70 s s . H K G I I I/ 1 , 1 5 3 . HEG I 1 00 8 . Hassauer. Cfr. a n c h e Denecke 2 1 3 , 2 1 5 ,
Hassauer/Brii h l , Deschner, Opus D iai>oli 207 ss. , specie 220 ss.
31 LMA I 394 s . V I 8 8 4 s., V I 1 5 99, V I I 5 2 8 . HEG I I 008 . H K G I I I/ l , I 5 3 s . 248 . Balleste ros/Beretta
68 s .
" LMA V I I 4 2 7 s . B a l l e s teros/Beretta 69. Vo nes 4 I s s .
"' L M A II 9 5 7 s s . , i n parti col are 9 7 1 , 979 s . V i n c e 4 ss. Balles teros/B eretta 70s. Montgomery I l 82
40 L M A IV 362 s. V l HXS, VI 8 9 5 , V I I 1 3 56 s. HEG II 1 9 3 , 9 3 2 . H K G I I I/ l 2 5 0. Erdmann 269
41 LMA I 398 s . V I 8 8 5 , Vi 8 9 5 , V I I I 843. HKG I I I/ l , 25 1 . A h l h e i m 3 54 .
42 HEG I I 2 l O. Erdmann 267 s s . Haller I I 257 s s . J o r d a n , lnvestiturstreit 2 5 . K iih ner, Di e Kreuzziige
4 s. Fri e d , Der piipstlich e Schutz fiir Laienfiirsten 63 ss. Vones 75 ss.
4·1 Der Neue B rockhaus I 464. K i nd lers Li teraturl e x i kon I 2603 s s . LMA I I 2 0 7 8 ss . HEG I I 9 2 7 , 9 3 0
s . Erdmann 2 6 9 s . Ahlheim 3 5 3 . C fr. Becker, Papst Urhan Il, Te i l 2 , 3 3 3 s s .
44 L M A I 399, 449 s . I I 2079, V I I I I 3 8 0 s . H E G I I 9 2 8 s . A h l h e i m 3 5 5 s .
41 L M A V 1 5 3 , V I I 407. Cfr. anche L M A I I I 695 e H E G I I 94 1 . A h l h e i m 3 5 5 s . e l a b i b l i o grafi a i vi
ri portata.
4(1 Otto v. Fr. Gesta l ,26; l , 7 1 . Neun1e i s te r, Konrad I I I 1 5 7 s. H O fl i nger, K6n ig Konrad III 268 ss.
Card i n i 7 2 .
CAPITOLO X
Federico I nacque nel 1120, o forse nel I I 22, figlio del duca Federico II di Svevia (il
"Monocolo", cfr. p. 312 s.). Sua madre Giuditta discendeva dal casato dei Guelfi/Welfen
di Baviera. Suo zio materno era Enrico il Superbo; suo zio paterno re Corrado I I I.
Suli'infanzia e adolescenza di Federico non si sa quasi nulla; incerte sono anche
molte notizie sul suo aspetto fisico. Tutte le fonti menzionano tuttavia le sue bellissime
mani ed il suo affascinante sorriso ... un modo di sorridere, di cui il medievista italiano
Franco Cardini osserva che non si sapeva se fosse benevolo, divertito oppure ironico, e
tuttavia emanava un dinamismo ed una risolutezza addirittura rabbiosa, "un sentimen
to di forza e, nel contempo, qualcosa che agisce come un messaggio sconvolgente,
insondabile. I suoi occhi esprimono lo sguardo profondo di chi scruta gli arcana imperii,
i reconditi enigmi del potere; e di ciò sembrano aver conservato forse un sovrano di
sprezzo, forse una severa superiorità, forse un'occulta stanchezza portata- e sopporta
ta- con regale dedizione."
Un volto affabile, costantemente disposto al sorriso, ci è attestato anche dal cronista
contemporaneo Acerbo Morena da Lodi, entusiasta ammiratore di Federico. Commen
ta Cardini: "Tuttavia, anche in questa serena espressione, anzi proprio in essa, c'era
qualcosa di animalesco, di spaventoso: i denti insolitamente bianchi, che scintillano
nel sorridere, persino quando egli è in preda ali'indignazione ... ". E anche Ottone di
493 Frisinga, zio di Federico, ha menzionato quei denti- bianchi come neve . . .
Il 5 marzo del l I 52 Federico I fu eletto quasi unanimemente al trono d i Germania, e
il 9 marzo fu incoronato in Aquisgrana. A dire il vero, l 'arcivescovo di Magonza, Enri
co, che aveva svolto funzione di reggente imperiale durante il viaggio a Gerusalemme
di Corrado I I I, si era molto prodigato a favore del figlio minorenne di Corrado, Federi
co; e tuttavia avrebbe continuato volentieri ad amministrare il regno. Fu invece proprio
lui, già intimo confidente del suo predecessore a Magonza Adalberto I (p. 3 I 2 s.), ad
essere destituito nel giugno del 1153, morendo poco dopo tale esautorazione, il 2 set
tembre.
Re Federico, soprannominato in seguito dagli Italiani " Barbarossa" a causa della
sua barba bionda rossiccia, aveva circa 27 anni quando salì al trono. Era di media
statura, maestro nel guidare reparti e nell'usare le armi, appassionato di guerre e di
pericoli, uso a mangiare in sella nelle marce forzate, equanime come giudice, brutale e
talvolta crudele come nemico, spesso un artista nei rapporti umani, diplomatico, conci
liante, inflessibile anche in situazioni d'inferiorità, impassibile nelle sventure, eloquente,
perspicace, furbo. Comprendeva il francese, l'italiano e il latino, ma non parlava mai le
lingue straniere in presenza di stranieri. Malgrado le persone di talento che lo attor
niavano, era lui a dare incontestabilmente il tono, decidendo da solo su tutte le cose
essenziali; e in Germania non c'era nessuno che gli potesse tener testa.
Gioie di un re 377
GIOIE DI UN R E
Federico seguì, d a principio, l a politica del meridione d'Italia del suo predecessore. Si
coalizzò ancora con Bisanzio per conquistare il regno dei Nonnanni. Questo presuppo
neva buoni rapporti col papato e la continuazione della relazione con la Chiesa, estre
mamente amichevole quasi fino all'ultimo, di Corrado I I I. Nei vescovi tedeschi Fede
rico aveva e vedeva importanti sostenitori; anzi, parecchi di loro diventarono i princi-
pali puntelli del suo Stato. Egli infonnò della sua elezione anche papa Eugenio I I I, il 495
378 La m ite fig u ra del Barbarossa
quale gli impartì, benché non gliel'avesse chiesta affatto, la sua approvazione . . beni-
.
495 gno favore sedis apostolicae. Corona ed episcopato, spada e anatema dovevano conti
nuare a cooperare, e più di tutto dovevano farlo, naturalmente, re e papa, in conformità
con la tramandata dottrina dei due poteri che insieme reggono le sorti del mondo.
Così s'immaginava, comunque, Federico I Barbarossa. Nell'accordo di Costanza
del 23 marzo 1153, siglato tra il re e i legati del papa, più sette cardinali (!), Federico
s'impegnava a sottomettere Roma, a garantire lo Stato della chiesa, assicurando i "di
ritti" papali. Garantiva di non concludere pace né con la Sicilia né coi Romani senza
previo accordo col papa, e di non fare alcuna concessione territoriale al "re dei Greci",
ossia il "basileus" di Bisanzio, il quale cercava di rimettere piede in Italia.
In cambio, per la verità, Federico pretese corpose contropartite. Il papa dovette pro
mettergli l'incoronazione ad imperatore e, a richiesta, la scomunica dei suoi avversari.
Oltre a ciò, al papa non fu consentito di tollerare stabili insediamenti di Greci sul suolo
italiano, anzi doveva respingere tali tentativi di propria iniziativa. Per desiderio di Fe
derico il papa acconsentì allo scioglimento del matrimonio senza figli del re con la sua
prima moglie Adela di Vohburg, per acclarato adulterio; e fece inoltre destituire il suo
avversario, l'arcivescovo di Magonza, che aveva voluto impedire la sua elezione; de
pose anche altri vescovi non grati a Federico, consacrandone di nuovi di suo gradimen
to. A poco a poco, Federico cercò di sostituire l'episcopato del suo predecessore- quel
Corrado definito "re dei preti" - con prelati sicuramente più ligi alla corona. Così
divenne suo cancelliere Arnoldo di Seelenhofen, metropolita di Magonza (che verrà
assassinato nel 1160). 7
Dopo essersi rappacificato nella dieta di Goslar nel giugno 1154 coi Guelfi, con
Enrico il Leone e suo zio Welf, e dopo averli largamente risarciti, Federico intraprese
nell'ottobre del 1154 la sua prima campagna in Italia, cui sarebbero seguite ancora
496 cinque spedizioni a sud delle Alpi. Dei suoi 38 anni di regno, Barbarossa ne avrebbe
trascorsi 16 nella penisola italica. In autunno egli marciò da Lechfeld, nei pressi di
Augusta, con un esercito piuttosto ridotto- 1800 cavalieri, che corrisponde ad appena
5000 uomini-, attraverso il Tirolo e il Brennero, con l'obiettivo di sottomettere Roma,
conformemente al trattato siglato col papa; e anche di muover guerra alla Sicilia, al che
lo incitavano pressanti anche i baroni ribelli di Puglia.
Certe difficoltà, per dirla eufemisticamente, vi furono sulle prime con le città del
settentrione d'Italia. Esse erano coinvolte in una brutale gara per l'egemonia ( Pisa
contro Genova, Venezia contro Ancona, Padova contro Verona), ed in parte si erano
presentate, con diverse rappresentanze, al "re dei Romani" già durante le ultime diete
imperiali di Ulma e di Wiirzburg, e con particolare forza a Costanza. Si trattava ormai
di città commerciali e industriali che, grazie al loro forte sviluppo economico - nella
prima metà del X I I secolo- avevano emarginato i loro padroni ecclesiastici e, in quan
to piccole repubbliche civiche (con consolati propri a Genova, Bologna, Verona, Par-
Gioie di 1112 re 379
ma) avevano sempre più usurpato i diritti regali, le cosiddette regalìe: prima fra tutte la
potente Milano, che già dal 1097 disponeva di proprie rappresentanze consolari. Tutto
il potere, tutto il denaro dei vescovi e dei conti di nomina reale, tutti i cosiddetti poteri
di sovranità - dal crollo di Enrico IV verso la fine dell'ultimo secolo- tutto ciò era
confluito in misura crescente, e senza risarcimenti, nelle mani delle comunità cittadine.
Tuttavia solo una parte di esse si sottomise; tra queste Pavia, l'antica capitale dei
Longobardi. Molti altri centri fortificati, in Lombardia, Toscana e Romagna, dovettero
essere assoggettati dal re con la forza.
Ma il grande avversario di Barbarossa diventò Milano.
Così, nel dicembre del 1154, a Landriano, il sovrano tedesco fece legare dei prigio
nieri milanesi alle code dei cavalli e trascinare nel fango; fece anche depredare i mer
canti che rifornivano del necessario l'esercito, e lasciò saccheggiare ed incenerire il
popoloso centro di Rosate. Stessa sorte toccò, nel santo Natale, a Galliate; furono di
strutti ponti e castelli costruiti sulle rocce, i borghi milanesi bruciati fino alle fonda
menta: questa devastazione suscitò nel re la "più soddisfatta reazione" (Ottone di 497
Frisinga). Dopo che le truppe ebbero esaurito le ricche riserve di viveri di Chieri (ad est
di Torino), il grande svevo lasciò che le fiamme distruggessero anche questa città. Il
primo febbraio del 1155 la città di Asti, il cui vescovo Anselmo aveva presentato al
l'imperatore pesanti accuse contro la "arroganza degli abitanti", venne espugnata, sman
tellata e subito data alle fiamme. Sicuro motivo, anche stavolta, per ulteriori manifesta
zioni di gioia per la Sua Maestà dai candidi denti . . . Proprio allora, infatti, anche lo zio
vescovo Ottone scrisse, nelle sue "Gesta di Federico", che ormai "le condizioni si sono
volte al meglio e che al tempo del pianto sta subentrando il tempo della gioia, al tempo
della guerra quello della pace". E anche ai nostri giorni, attraverso la scienza storica,
non viene forse ribadito il "misurato carattere del Barbarossa" (Appelt) e messa in
risalto, nonostante l'occasionale durezza e crudeltà, la sua mitezza, la sua "maze" che
si irradia su tutto? H
Il 14 febbraio del 1 155 fu la volta di Tortona; era alleata con Milano e nemica di
Pavia, per cui venne stretta d'assedio per due mesi dali'esercito del re.
I Tortonesi si rifugiarono nello stretto borgo dove, visto il destino delle città già
bruciate, vollero resistere disperatamente, patendo in questo "celebre assedio" (Ottone
di Frisinga) ogni possibile avversità. La calamità peggiore fu forse la mancanza d'ac
qua potabile, dato che il nobile Barbarossa aveva fatto inquinare le fonti prima con
"marcescenti e fetidi cadaveri di uomini e animali" e poi, visto che neppure questo
frenava la bramosia degli assetati, aveva reso ogni liquido imbevibile usando fiamme
di zolfo e pece.
I preti e i monaci assediati con gli abitanti osarono perfino fare, il giorno del venerdì
santo, attraversando le porte aperte, una specie di processione supplicatoria con tanto
di croci, turiboli e simili cianfrusaglie. Fu questo il momento in cui il cuore del re fu
380 La m ite j!g ura d e l Barbarossa
perdere le v i s ite dei pellegrini, ebbero paura per i loro affari coi forestieri . Non conse
gnarono la città, ma espulsero comunque Arnaldo da B resc ia: propri o quel lo che i l
papa voleva e cercava. A papa Adriano, poche altre persone potevano essere più esecrabil i
d e l l i bero spirito di Arnaldo, così schietto, genuino e appassionato, che c o n tanta elo
quenza flagel lava le istituzioni ecc lesiali e spec ialmente quelle curial i , e che metteva
alla gogna l ' arroganza, l a smania di potere, l ' ipocrisia, l ' i nesauribile depravazione pro
pria del collegio cardinalizio, bol l andolo come un ricettacolo di bancari e di commer
cianti girovaghi , una spelonca di briganti che tra il popolo dei cristiani fanno gli affari
dei fari sei e degl i scribi. " Perfino i l papa non è ciò che afferm a di essere, uomo seguace
deg l i apostoli e pastore di anime; lui è invece un uomo sanguinario che col suo ufficio
santifica ucc isioni e incend i , un boia delle chiese, uno che mette angosc ia e paura negl i
innocenti ; altro costui n o n fa in q uesto mondo s e n o n curarsi del la propria carne, riem
piendo le proprie casse e sv uotando le tasche altrui . . . ".
Grazie al Barbarossa, che aveva catturato Arnaldo, i l papa lo ebbe nelle sue mani; e
il prefetto di Roma, Pietro I di Vico, lo fece segretamente impiccare a Monterotondo. I l
riformatore rel igioso morì con grande seren ità: la s u a salma fu bruci ata e le sue ceneri
disperse nel Tevere. (Nel XX secolo un futuro papa, Paolo VI, avrebbe frequentato da
studente un l i ceo intitolato "Arnaldo da B resc ia").
V ' era tuttav ia un secondo avversario, per papa Adriano ancor più tem i b i l e : re
Gug lielmo I di S i c i l i a. Nella prim avera del 1155, questi s i fennò a Salerno e, dopo aver 500
incendiato Ceprano, espugnato Benevento ed essere stato bandito dal papa, ora chiede-
va insistentemente aiuto al Barbarossa. 111
L' 8 giugno del 1155 Adriano, che ancora poteva ri siedere soltanto nei sobborghi di
Roma, nel pal azzo del Vaticano, inc ontrò presso S utri - località già famosa per analo
ghi i ncontri- i l regale "defensor Ecclesiae". Ma già i l primo abboccamento dei mass i
m i capi del l ' Occidente non si svolse sotto una buona stella. Perché di fatto l 'ex studen
tel l o i nglese B reakspear si aspettava che il re gli rendesse i l servizio di marescalco (p.
330): re Federico, c ioè, avrebbe dov uto condurre alle briglie per un breve tratto il de
stri ero del papa e reggere l a staffa al papa nello smontare; doveva insomma, per un
paio di m i nuti, fungere da suo stal l iere.
A questa pretesa fece seguito una bufera di sdegno, una calorosa trattati va di due
giorni sui servizi di brig l i a e di staffa, sugli oneri più o meno simbolici che i ncom beva
no ai capi della cristian i tà, non esc l udendo la presentazione di "antichi documenti". In
realtà, i l serv izio di staffiere era già stato prestato dali ' imperatore Costantino nei con
fronti di papa S i l vestro . . . soltanto sulla base, s ' intende, del fal so Constitutum Constan
tini! Senza contare che in quel falso, medi ante una successiva interpolazione, si erano
fatte passare ben altre falsificazioni! E finalmente, allorché si dichiarò esplici tamente
abbastanza incredibile decenni dopo il "Dictatus Papae" (p. 191) e dopo il fam igerato
affresco vaticano a documento de lla sottom issione di Lotario I I I (p. 332)- che la des i-
382 La m ire fig u ra d e l Barbarossa
derata cerimonia aveva un significato soltanto rel igioso e nessuna implicazione feuda
le, nessun carattere di vassallaggio, solo allora l ' im peratore accondiscese; e fu i nsce
nato un secondo i ncontro, come se i l primo non avesse mai avuto l uogo. Come per
caso, i due cavalcarono l ' uno i ncontro all ' altro; alla fine, l ' imperatore tributò al papa
l ' omaggio - un ' u sanza di origine bizantina detta "officium stratoris", in pratica l a fun
zione del lo stal l iere: condusse i l suo destriero lontano un tiro di sasso, tenendolo per l a
briglia mentre smontava p e r l a staffa, e Sua Santità fu così appagata.
Secondo i documenti , prima del 1155, q uesto "officium stratoris" era stato effettua
to solo quattro volte, e successivamente con maggior frequenza. L' ultimo im peratore
romano-tedesco fu Carlo V a Bologna nel 1530, che prestò nei confronti di Clemente
501 V I I q uesto cerimoniale piuttosto ridicolo, e tuttav i a così significativo e così appagante
per papi così um i l i . - Proprio a parti re dal pontificato di Adriano IV divenne d ' uso
corrente anche i l modesto titolo di "v icario di Cristo" per desi gnare i Santi Padri . 11
Dopo la memorabile scena di S utri , u n ' am basceri a di c i ttadini e rivoluzionari roma
n i , una delegazione del Senato e della munic ipalità della giov ane Repubblica, offrì a
Federico la corona imperiale, per così dire dal la m ano del popolo con ogni pompa e
profluvio di discors i : tutto in cambio del riconosc imento dei pri v i legi c ivici e contro i l
pagamento di 5000 l i bbre d ' oro.
Ma il re svevo, grande sostenitore del feudal ismo, la respi nse bruscamente. In un
di scorso dallo sti le q uasi forbito, probabil mente redatto dal l a sua cancel leria, mai co
m unque possibile e immaginabile col rozzo latino appreso nel monastero di Lorc h ,
Federico si richiamava a l l a tradizione, alla politica del l a nobi ltà e della forza. E affer
mava: "Non è un caso che a noi è stato attribuito l ' impero, non per il conferimento fatto
da qualcuno, bensì grazie ai nostri grandi , divini sovrani Carlo e Ottone". Furono dun
que quei "due Grandi " - scrive Federico - a conq ui starl o col loro coraggio; essi "strap
parono Roma e l ' Ital ia tutta a Greci e Longobardi". Detto i n altri term i n i : rapinando ad
altri . Rubando da precedenti predoni, naturalmente . Come costoro da quel l i più anti
chi. Dal che ri sulta alla fine i l diri tto. Diri tto pubbl ico, costituzi onale. Così Federi co (o
per lui lo zio Ottone, i l vescovo) apostrofa Roma: "Io sono i l tuo legittimo proprietari o.
C i provi, chi ne è capace, a strappare la c l ava dal pugno di Ercole . . . I l braccio dei
Franchi e dei Tedeschi è ben ! ungi dal l ' essere rattrappito."
Un paio di v igorose frasi imperiali o pri ncipesche rendono qui evidente i l pratico,
praticissimo (nel duplice senso del term i ne) fondamento del la stori a: i l diri tto del più
forte ! E come vergognosamente la scienza storica l o abbe l l i sca, sempre . Perché non
v'è dubbio che i l potere m i l itare, vale a dire la v iolenza, l a guerra, fosse non solo, c ome
si è scritto, un fondamentale i nteresse del l a ideologia imperiale deg l i Hohenstaufen,
m a altresì d e l i ' i ntero Medioevo - certo tanto cristian o ! -, e anzi i l princ ipio dom i n an te
del l a storia in generale. Il crimine della guerra, preparato di volta in volta dai p i ù o
meno mascherati del itti della pace, ecco la spirale criminale di c i ò che chiam i am o
Barharossa diventa imperatore 383
stori a, storia politica. Nell ' essenziale, i n ogni caso, tanto nel l ' impulso iniziale quanto 502
nelle fi nal i tà. G l i esempi più ec latanti ? Ogni impero mondiale in sé.
Poiché si tem eva che Roma sbarrasse le porte al re, il papa g l i consigliò di far occu
pare da truppe scelte, in segreto, S an Pietro e la zona Leonina, dove era asserragl i ato
Adriano; il che avvenne al l ' alba del 1 8 giugno 1 1 5 5 . Quindi , prima di fare il suo in
gresso nel l a bas i l ica, Federico g i urò solennemente i n una piccola chiesa - Santa Maria
in Turri - di restare sempre un fedele difensore della Chiesa d i Roma . . . Dodici anni
dopo le sue truppe avrebbero appiccato il fuoco a Santa Maria i n Turri . Ma i n san
Pietro, al lora, il pontefice celebrò la l i turgia incoronando Federico "con la benigna
m i seri cordia di Dio" (Ottone Morena) ; però è significativo che Adriano modificasse i l
ri tuale in modo che "fosse evidente l a condizione subalterna del l ' imperatore n e i con
fronti del papa" (Kelly) . . . e dunque, in buona sostanza, il medesimo gi ochetto fatto col
"servizio di stall iere" del Barbarossa. C'è una serie di dettag l i , a dimostrarlo. Adriano,
per esem pio, procedette ali ' unzione del sovrano Hohenstaufen non dal i ' altare magg io
re, bensì da un altare laterale; ed impiegò non il crisma, ma soltanto l ' olio dei catecumeni;
in più, venne omesso del tutto i l rituale de l i ' introni zzazione, particol armente rilevante
per l ' i ncoronazione. In breve, la cerimonia rese manifesta in ogni sua fase " l a dipen
denza de li ' imperatore dal papa"; e ciò arri vò al punto che l ' imperatore fu trasform ato
in un puro e sempl ice "ammini stratore" (Cardini) del pontefice.
Ma i Roman i , indi gnati per l a cooperazione papale-imperiale, infuriati per l ' i ncoro
nazione avvenuta senza la loro approvazione, nel lo stesso pomeriggio i n cui imperato-
re e papa sedevano ins ieme a banc hettare, effettuarono un fu lmineo attacco dai ponti
sul Tevere alla città Leonina, con l ' obiettivo di catturare il papa. In realtà, come di
consueto, essi odiavano i papi anche di più degli imperatori ; e tanto più detestavano il
britannico Adriano, il quale l i trattava sempre altezzosamente e duramente, senza com
prendere nemmeno la l oro l i ngua. Così c i racconta i l vescovo Ottone: "A l ungo si
pugnò da entrambe le part i , con sorti alterne . Alla fi ne, però, i Romani non poterono
più respingere g l i assalti travolgenti dei nostri e dovettero ritirars i . Allora si poté con
statare con quanta tenac i a e ardimento le nostre truppe uccidessero i Romani dopo 503
averl i abbattuti , come se volessero dire: Ecco qua, Roma, prenditi ora il ferro tedesco
anziché l ' oro arabico ! È questo il denaro che il tuo imperatore ti paga per la tua corona!
Così i Franchi comprano la corona imperiale . . . La battag l i a si protrasse dal la mattina
fi n quasi a tarda notte. Vi caddero, o fi nirono annegati nel Tevere, quasi m i lle persone;
circa duecento vennero tratti prigionieri , incalcolabile fu il numero dei feriti . . . " 12
Il vescovo Ottone, entusiasta di quella carneficina, parla di una "grandiosa vittoria";
afferma anzi che, mentre da parte nem ica perdeva la vita un migl iaio di uom i n i , dal la
propria "come per m i racolo, solo uno venne ucc iso ed uno fatto prigioniero". M i racoli
del l ' immag inazione di un vescov o ! Ol tre che di uno storiografo fino ad oggi al tamente
magnificato da tutte le parti. Tuttav ia noi possediamo una dichi arazione sul bilancio di
384 La m ite fif? u ra d e l Barbarossa
quella battagl i a anche da parte del cron ista laico Ottone Morena di Lod i . Il quale fu
m ag i strato della sua c i ttà e nel 1143 console; lasc iò u n ' opera sulle gesta del l ' imperato
re Federico I i n Ital ia, una fonte "di grandissimo valore", soprattutto a cag ione della
"coscienziosità e conoscenza perfetta dei dettagl i " (Prelog) da parte del l ' autore; "pe
netrante per l a straordinaria preci sione nei particolari " e per d i più espressione "di una
meticolosa sollecitudine per l ' estrema precisione nel rendere situazioni e avvenimen
ti" (Schmale). E per l a verità, mentre i l vescovo Ottone mente di brutto quando dice
che dei Tedeschi "ne fu ucc iso m i racol osamente solo uno e solo uno catturato", i l c ro
ni sta laico Ottone Morena riferisce seccamente, ma in modo fin troppo i l luminante :
"da entrambe le parti molti furono ucc i s i sul campo di battagl i a e molti feriti . . " (multis
.
Stava ormai per incom i nc i are la guerra contro la S icilia. La congiuntura era favorevo
le. Era morto il potente Ruggero II e suo figl i o Guglielmo I, col quale papa Adriano si
era subito scontrato, era ancora giovane e malaticc io, e in Pug l i a era scoppiata una
ri volta fomentata dal Santo Padre con la più tradi zionale arte apostolica. Già, perché
dal i ' inizio de i l ' anno, dopo lo sbarco sulle coste orientali d ' Ital ia, avanzavano v i ttori o
se le truppe greche. M a i prìncipi tedeschi non afferravano il senso di q uella guerra e
rifi utarono di seguire l ' imperatore ; talché ancora nella tarda estate le forze i mperi a l i ,
i ndebol i te d a l c l ima, d a l l e malattie, dag l i scontri c o n borghi e c i ttà, si apprestarono a
rientrare in Germania senza affrontare la guerra contro lo Stato dei Normanni, così
tenacemente perseguita dal papa. E questo ebbe vaste ripercussioni politiche. 14
Sulle prime, tuttav ia, si marc i ò in tutta tranq u i l l ità, e senza programm are alcunché
di offensivo, lungo la Via Flam i n ia, l ' antica strada consolare, e i n un g iorno di fine
luglio ci s i accampò - affranti dalle fatiche e dal la calura estiva - ai piedi del la bel l a,
ricca e ben fortificata c i ttà di Spoleto.
La città aveva pagato al re svevo, sempre avido e b i sognoso di denaro - le guerre
costano ! - i l "fodro" richiesto, un specie di "tassa sug l i ospi t i " per i l foraggio di 800
l ibbre d ' oro. Pare tuttav ia, stando almeno alle fonti tedesche, che avesse pagato con
" . . . e riprese in pace il suo cammino " 385
denari "fal si" o che avesse occultato i n parte la somma. G l i Spoletan i , per gi unta, trat
tennero in ostaggio un inviato, un vassal lo toscano di Federico e suo compagno fi n dai
giorni del l a croc iata, pur essendo di spost i , volenti o nolent i , a trattare su tutto e senza
indugio. Orbene, che essi avessero aperto le porte al potente per dispon ibil ità al risarci
mento o per pura cortesia, per spirito di ospital ità, oppure che intendessero tentare una
sortita - che pure doveva danneggi arl i gravemente senza la protezione del le loro mura
- sta di fatto che i genti l uom ini imperiali penetrarono immediatamente nel forziere che
si schi udeva l oro davanti . Forse lo fecero per non subire tropp i danni dal la spedizione
ormai troppo prol ungata, o per riprendersi ancora qualcosa per la marcia del ritorno, 505
per rimettere insomma un po ' in sesto la loro pos izione, in conform ità con il loro ceto.
In ogni caso, il cappel l ano di corte nonché storiografo federiciano Goffredo d i Viterbo
ne prende atto : "Chi, tra i caval ieri de li ' i mperatore, era entrato a Spoleto povero, lasci ò
la città sovraccarico di tesori ". N o n senza aver prima fracassato e rov inato ogni cosa,
secondo la migliore consuetudine teutonica; in altri term i n i , gran parte del l a popola
zi one c i perse l a v ita e anche i l duomo del l a città crol l ò tra le fi amme. 1 5
In pace, racconta Ottone Morena, "l ' imperatore riprese il suo cammino" lasc i andosi
alle spalle - ci sia lecito prec isare - città depredate, ridotte spesso a cumuli di macerie,
e cumuli di macerie che nemmeno fumavano più. S u q uel cammino, però, i Verones i ,
corrotti dal denaro d e i Mi lanes i , n o n lasc iarono proseg uire i n pace l ' eserc ito s u l l a via
del rimpatrio. Con estremo disappunto del sovrano svevo, essi ostacolarono la marcia
del ri torno e, dopo duri scontri da entrambe le parti, molti abitanti fuggirono da Verona.
"L' imperatore l i inseguì accanitamente, ne catturò un migl iaio, facendo tag l i are a 200
ci ttadini veronesi naso e labbra; fece inol tre impiccare ol tre 200 veronesi agl i al beri
della zona, ordinando di concentrare i restanti prigionieri in un campo e di metterl i i n
catene. "
A d ogni modo u n certo bilanc io fu raggi unto : alla fine, a l posto d i u n regno normanno
mai conq ui stato, vennero impiccate e mutilate alcune centinaia di persone.
Tuttav ia ciò che il sov rano tedesco aveva solo promesso, sembrò che quello greco lo
mantenesse. Le sue i ntenzioni "neog i ustiniane" (cfr. I I 300 ss. ) assunsero forma e so
stanza i nconfondibi l i . Il suo eserc ito, m uovendo da Ancona, si aprì combattendo la
strada verso i l Sud fi no a Bari e B rindi s i ; molti vennero c orrotti anche con l ' oro e, tutto
sommato, la resi stenza fu scarsa, l ' aggregazione grande. Tanto che anche il papa in
persona si affrettò a contribuire alla campagna vittori osa con un considerevole contin
gente armato. 1 6
Im provvisamente, però, l a situazione cambiò radical mente. 506
386 La mite fiR ura del Barbarossa
I l re di S i c i l i a Guglielmo I ( 1 1 54- 1 1 66), già dato per morto i n seguito a grave malattia,
nella primavera del 1 1 5 6 i rruppe i n Calabria con un forte c ontingente di truppe - com
posto in massima parte da m usulmani - e sgom inò non solo l ' eserc ito greco bi zantino,
ma m i se altresì sotto pressione lo S tato ecclesiastico. E allora, nella prospettiva d i un
collasso generale, i l papa Adriano I V - "in piena l i bertà", come egli non m anca di
ri badire - passò a bandiere spiegate dal l a parte di chi era stato fi no ad allora i l suo
avversario. I l che, nel l ' Ital i a meridionale, significò l a fine d i molte speranze. Le c i ttà
di Guglielmo e parte del l a sua nobi l tà si ribe l l arono: una rivolta che i l re soffocò c on la
solita durezza. Molti baroni furono incarcerati, mutilati, ucc i s i . E B ari venne ridotta a
"un cumulo di macerie" (Ugo Falcando). Non è un caso che Guglielmo ricevette i l
poco l usinghiero epiteto " i l Malo".
Con questo "Malo" scese ora a patti i l papa. I l quale pagò un prezzo alti ssi mo, come
mostra i l trattato di Benevento (giugno 1 1 56). Dovette infatti sciogl iere Guglielmo
dali ' anatem a ecclesiastico e legittim are definitivamente i l suo regno normanno-s i c i l i a
no; e con ciò il papa disconosceva ogni diritto sia al l ' imperatore tedesco sia a quello
bizantino. Dal canto suo Gug l ielmo I otteneva l a lungamente attesa (ed eredi taria) in
vesti tura, con l ' i nfeudamento di S i c i l ia, Puglia e Capua, pagando però i nteress i solo
per le prov incie della terraferma. Per la S ic i l ia, inoltre, otteneva straordinari pri v i legi
polit ico-ecc lesiastici (di ritti di legazione, i nfl usso decisivo sul l ' occupazi one dei v e sco
vati ed altro), giacché i l papa fece ampie concessioni e siglò definitivamente la pace
col grande regno di S ic i l ia, il cui oro apri va ora anche a lui le porte di Roma. A n z i , due
anni dopo, nel 1 1 5 8 , Adriano I V fu mediatore di una pace trentennale anche tra il regno
di S i c i l i a (fino al lora duramente avversato) e i l regno bi zantino di Grec ia, c i oè tra
Guglielmo I e Manuele I Comneno. Il terzo, i n q uesta lega, era naturalmente l u i stesso,
Adri ano. Ora, q uesta triplice al leanza, vol uta dal papa, era rivolta contro nes s u n a ltro
se non il suo ex al leato, l ' imperatore tedesco appunto, col quale Roma entra adesso i n
507 lunghi e decennali confl itti . Dopo pochi anni di rapporti amichev oli, i d u e m ass i m i
rappresentanti c ri stiani i n Occidente - imperatore e papa - si combattono c o m e l a pe
ste, scontrandosi per l ' egemonia sul l ' Ital ia, obiettivo tanto del l a bram a egem onica de
gli Hohenstaufen quanto del l ' i mperial ismo pontificio. 1 7
L a notizia del patto di Benevento, che i l papa h a conc l uso con la S i c i l i a, h a i rritato
fortemente l ' im peratore. I l quale vi vedeva una pura e sempl ice svendita del l ' accordo
tedesco-papale di Costanza, di cui quel patto non violava invero la lettera, bensì lo
spi rito; e ciò corrispondeva palesemente al volere di una parte determ inante del collegio
cardi nal izio. Federico accusò i l papa di fedifraga fellonia e bol lò i cardinali che lo soste
nevano come ribelli e traditori . Perché, almeno indirettamente, i l concordato di Benevento
si poneva "nel l a più crassa contraddizione" (Hampe) col trattato d i Costanza.
Patto col nemico 387
no alla casa del S ignore". Ciò nondimeno, e in maniera sorprendente, i prelati presero
unanime partito a favore del l ' imperatore. E siccome q uesti stava già preparando un
potente eserc ito, il papa ebbe un ripensamento; per i l trami te di altri due prelati , pre
sentati si ad Augusta nel gi ugno del 1 1 5 8 , con una epistola piena di pretesti affabi lmen-
509 te ipocriti , fece appari re tutta l a faccenda come frutto di un banale malinteso. 1 9
COME TUTTO È PER I L BENE COMU N E E S ' INSERISCE PR ESTO E B EN E NELL ' INSI EME
Nel giugno del 1 1 5 8 B arbarossa com parve per la seconda volta in Ital ia con l ' eserc ito
certamente più potente che mai avesse superato le Alpi, con l ' obietti vo di ridurre al
l ' ubbidienza soprattutto M i l ano. E certo, dietro a questo disegno, c ' era molto di più: la
sua aspirazione per l a cosiddetta egemonia mondiale (dominium mundi). Ma M i lano
aveva nel frattempo allestito arm amenti colossali e costosissim i , si diceva per 50000
m arc hi d ' argento: uno stanziamento astronom ico. Aveva costru ito torri , mura, macch i
n e d a guerra d e l maestro Guitelmo, un "genio" leggendario del l a tecnica. E aveva i n
cendiato e distrutto l ocal ità e castel l i , in particolare proprietà d e i Pavesi, sottraendo
loro, nel la sola valle di Lugano, una ventina di fortezze.
Già dopo c he l ' i mperatore, fi ancheggi ato tra gli altri dal re di B oem ia, ebbe com in
c iato coi sol i ti i ncend i , abbattimento di roccheforti, devastazioni di v i l l aggi , seq uestro
di bottini, denari e ostaggi nel vescovato di B rescia, emise leggi di pace estrem amente
.
dettagliate per il suo esercito. Perché - com e il proclama di Federico all ' eserc ito rende
ev idente - si ha bi sogno del l a pace ogni qual volta si affrontano altri con l a guerra: con
una guerra "gi usta", s i capisce. E qui si tratta per l ' appunto di una "gi usta guerra", vale
a d i re susseguente ad un " legittima causa bel l i ca". In realtà, i M i l anesi sono natural
mente "ribe l l i ad u n ' egemonia leg i ttima". E naturalmente l ' Impero tedesco non com
batte "per impulso be l l i c ista o per sad ica crudeltà, m a per amore della pace, affinché
l ' arroganza del malvagi sia ridotta i n vincol i , perché i buoni possano m ietere l a debita
ri compensa per la l oro ubbidienza . . . ".
"Noi non commettiamo torti o ingiustizie, bensì l i preveniamo . . . E voi, tutti voi che
volete guadagnarv i la più alta g loria bel lica e ricevere , a tempo debito, il prem io per i
meriti e le fatiche, siate ubbidienti a vantaggio del l o S tato ed adempite con tutte le
forze ciò che v i v iene com andato per i l bene comune. Grazie al m i sericordioso aiuto di
Dio, la città nem ica non dovrà trovarci impigriti, non degeneri nel mantenimento d i ciò
che i nostri i l l ustri predecessori Carl o e Ottone seppero conqui stare per arricchire i
5 1 0 tito l i di gl oria del l ' Impero, essendo stati i primi a reali zzarl o tra q uanti abi tavano al di
là delle Alpi . . . contri buendo ali ' espansione dei confini del ! ' Impero". 2 0
Lo s i vede bene : tutto si svolge qui in piena bontà e g i ustizia, semplicemente gran
de , anzi grandioso, tutto a vantaggio del l o S tato, vale a d i re per il bene generale. Non
Come tuffo è per il bene com une 389
c ' è om bra di problema. Basta solo obbedire. La sola frase retorica riguardante " l ' am
pliamento d e i confini del l ' impero" potrebbe susci tare preoccupazione. E siccome i
M i lanesi non sono di sposti a ravveders i , l ' imperatore g l i si fa sotto. Ad aizzare contro
di loro, nessun altro dei suoi consigl ieri aveva contribu ito tanto q uanto un rel igioso - i l
monaco premostratense Anselmo di Havel berg, arci vescovo di Ravenna - che sarà tra
i primi a morire davanti alle m ura di M i l ano. Così come prima "circa 200" soldati
erano morti a causa di un ponte crollato sulle acque turbi nose del ! ' Adda, mentre quel l i
che l ' avevano già attraversato "ammazzavamo molti deg l i abitanti d e l contado" (Otto
ne Morena). Si vede bene: ogni fatto i nteragisce qui - come i n tutte le guerre - in modo
rapido e sensato. E, s ' intende , anche l ' i mperatore - i cui caval ieri sol tanto un cronista
m i lanese stima essere "almeno 1 5000" - è attivo nel modo più effic iente; e, del pari ,
tutti i prìncipi del ! ' imperatore, coi relativi arm igeri , ed inoltre forti contingenti lombard i ,
soprattutto da Pav ia e Crem ona, ma anche armati da Pisa, Lucca, Siena e Firenze . . .
tutti costoro ai utano i l regnante a regnare, usando l a tattica del l a terra bruc i ata, facendo
tabula rasa intorno a M i l ano, abbattendo sem i nati , vigneti e alberi da frutta, i ncend ian
do case, m u l i n i , v i l l aggi e castel l i , devastando totalmente "quasi tutta la reg ione, fi n
ché i M i l anesi ebbero solo pochi luoghi che non fossero totalmente devastati o distrut
ti " (Ottone Morena), e quindi costretti ad arrenders i senza condizioni. 2 1
L' 8 settembre, dietro u n enorme m ucchio d i croc i penitenzial i , sfi larono davanti al
vincitore l ' arc ivescovo, il clero, i consoli e altri ottimati del la città, scalzi e vestiti di un
saio, con le spade sguai nate appese intorno al collo. E nel la successiva dieta di Roncaglia,
i M i l anesi restitu i rono tutti i diritti "regal i " nel le mani di Federico " conferendog l i uti l i
e profi tti che ne derivavano". Inol tre avrebbero dovuto erigere nel la loro c i ttà un
"palati um " per l ' im peratore , simbolo roccioso del la sua egemonia, con l ' obbl igo di 5 1 1
corri sponderg l i anche l ' i ngente risarci mento di 9000 marchi d ' argento. E naturalmente
dovettero tutti quanti - l ' arc i vescovo Oberto, i conso l i , i prelati lom bard i e i prìncipi
presenti - prestare i l g i uramento di fedeltà al monarca, promettendo solennemente "tutti
unanimemente, eppure ciascuno per sé . . . di mantenere per il futuro pace vera e costan-
te tra di l oro e incrollabile contro tutti . " (Ottone Morena).
Ma già l ' anno dopo, neanche sette mesi più tard i , spezzarono quel giuramento. In
genna io, q uando Rei naldo di Dassel gi unse a Milano in qual ità di plenipotenziario
del l ' imperatore, dovette barricarsi nel municipio e abbandonare furtivamente l a città
quel la stessa notte, giurando che le sarebbe costata la rov ina. 2 2
Nella prim avera del 1 1 59 l ' i mperatore lanc iò su M i l ano e su Crem a, assoc iata an
eh 'essa ali ' i nsurrezione, i l bando de l i ' Impero. A suo dire, la "empia ci ttà" avev a com
messo i l "delitto di alto tradimento", un c rimine di lesa maestà da parte di un "popol o
criminale", di "una generazione inetta"; perciò eg l i poteva perseguitarla e dipi ngerla i n
bianco e nero, a l l a maniera dei preti .
Intanto papa Adri ano non era stato i nattivo. Aveva medi ato e reso possibile l 'al lean-
390 La m ite fig ura del Barbarossa
za tra S i c i l i a e B i sanzio contro Federico, si era i ngerito nei confl itti lombardi e aveva
sobi l l ato M i l ano e altre città del nord contro il monarca, come dimostrarono certe lette
re i ntercettate. Di massima i pap i , per fomentare l a confl i ttual ità durante il centenario
governo deg l i Hohenstaufen ( 1 1 5 2- 1 254 ), appoggi arono le c i ttà ribe l l i nelle q ual i ope
rava un apposito partito papale. Si addivenne così a rec iproche accuse, ostil i tà, q uerele,
ad attacchi fiscali da parte imperiale su territori papal i , ad u l teriori intrighi del papa, i l
quale peraltro respinse l a proposta d i Federico di istituire u n tribunale arbi trale impar
ziale, non partitico, composto di sei cardi nal i e di sei prìncipi. Papa Adriano si era
ingolfato già troppo a fondo nel la sua pol itica anti imperi ale, aveva ripetutamente co
spi rato coi Normanni e, nel l ' agosto del 1 1 5 9, aveva perfino impegnato Mi lano, B re
scia e Piacenza con un trattato segreto (progettato da gran tempo) che obbl igava q ueste
5 1 2 c i ttà a non concl udere l a pace con l ' i mperatore senza l a sua approvazione; e intanto
m inacc iava di scomunicare entro q uaranta gi orni il suo "am ato figlio in Cristo" - c osì
in u n ' epistola eg li apostrofa Federico, a cui invia "un saluto e apostol.ica benedizione"
- qualora non s i mostrasse conc i l i ante. M a prima di arrivare alla guerra Adriano IV
moriva i l primo settembre del 1 1 5 9 , dopo breve malattia, ad Anagni . 2 3
Nel frattempo, però, l ' imperatore aveva riconosc i uto "che l ' alterigia dei M i l anesi
poteva essere spezzata solo con pugno duro e i nesorabile" (Rahewin). Armò dunque
l ' esercitò, radunò prì ncipi laic i ed ecc lesiastici, reparti armati e aus i l i ari , restaurò c a
stel l i e forti ficazion i , fortificò la N uova-Lodi ( lontana da M i l ano solo una ventina d i
migl ia), predi sponendo tutto perfi no "durante l a quaresima con sommo zelo". E pro
prio nelle sante giornate pasqual i i M i lanesi assaltarono la rocca di Trezzo, che già era
stata in loro possesso: dopo una battag l i a di tre gi orni sgom inarono una parte dei d i fen
sori (più di tutti i loro stessi conci ttadini), saccheggi arono completamente la città e l a
ridussero in cenere. 24
L' ASSEDIO DI C R E M A , O V VERO " LA M ITEZZA DEL SUO A SPETTO ••• "
Dal canto suo, Barbarossa devastò per quaranta giorni di seguito " i l terri torio nem ic o" ,
secondo tutte le regole de l l ' arte. Smantellò borghi, torri , fortificazion i , rinfocolò q ua e
là piccoli scontri , inchiodando altresì "al la croce, come meritava" (Rahewin ) - q u i n d i
in guisa perfettamente c ristiana - un losco indiv iduo c h e avev a attentato al la sua v i ta.
Poi , nel nord del la prov incia di Cremona, iniziò in luglio l ' assedio di Crema, una testa
di ponte m i l anese, per l a cui d istruzi one Crem ona g l i aveva promesso 1 5000 m arch i
d ' argento . . . g i à di per s é un sicuro stimolo per l ' insaziabile fame di denaro d i c h i
aveva capito quali inesausti capitali potevano essere sprem uti da codeste c i ttà 1om b arde
con relativamente scarse fatiche.
513 Allora eg l i adescò anche i Mi lanes i , che avevano cercato tutti rifugio in città, i n u n a
L' assedio di Crema 39 1
trappola dove poi i nem ici incastrati - come riferisce il canonico Rahewin - "quel l i che
non potevano né com battere né fuggire , vennero abbattuti senza pietà. Alla fi ne, per
quel che si poteva vedere, tutto era ricoperto di arm i e di corpi morti (cadaverihus), o
di feriti moribondi". L' i mperatore stesso ne inform a "per conforto" i l vescovo Al berto
di Fri si nga, dicendo che il S ignore aveva "fatto grandi cose per noi; ha compi uto cose
di cui siamo fel i c i e per cui rendiamo a Dio i l più profondo ringraziamento. Dio ha
infatti posto nel le nostre mani molti M i l anesi , cosicché noi il 1 5 luglio, gi orno in cui si
suole festeggi are la separazione degli Aposto l i , abbiamo deportato 600 dei p i ù valorosi
del la città come prigionieri in catene, mentre circa 1 50 furono uccisi sui campi e per le
strade. Il numero degli annegati e dei feriti fu però senza m i sura e senza numero. Così
rientramm o vincitori a N uova-Lodi". 2 5
Ma non m ancarono molte altre occasioni per solenni zzare la fiducia in Dio durante
l ' assedio di Crema.
Durante una sortita dei Cremaschi lo scontro degenerò i n tale rabbia, i l sangue scor
se così copioso che i ruscel l i della zona vennero "arrossati e gonfiati dal sangue dei
morti e dei feri ti". Ciò malgrado si mantenne i l buon umore da entrambe le part i , con
cedendo di nuovo rec iproche c ri stianissime panoram iche: "q uando que l l i che erano
fuori tag l i avano le teste ai morti e con esse giocavano come con del le pal le, passando
sele dal la m ano destra alla sinistra, vantandosene atrocemente e facendoc i sopra dei
sarcasm i ; mentre q uel l i dentro la città, dal canto loro, ritennero disonorevole se avesse
ro osato di meno, per cui spezzettarono senza pietà sulle m ura, membro per membro, i
prigionieri del nostro esercito, offrendo così uno scellerato spettacolo" (Rahew i n ) . 26
S iccome anche la "paziente m i tezza" del l ' imperatore non ricondusse i Cremaschi
"sulla retta v ia", e siccome per gi unta l a lunga durata del l ' assedio di una c i ttà così
piccola metteva palesemente a repentagl i o l a reputazione sparsa da Federico c i rca la
propri a invincibil ità, i l sovrano comandò di "fare vendetta" impiccando i prigionieri
alle forche davanti alle loro m ura. Al che codesta "popolazione riottosa" rispose ap- 5 1 4
pendendo a l l a croce, o truc idandol i , anche i propri prigion ieri : tutti tedeschi e ital i ani
catturati dal l ' esercito di Federico. Fu q uesta la rag ione per cui i l Barbarossa, vedendo
così v i l i pesa tutta l a sua "um ani tà" e la sua "mitezza", e infuriato perché q uesti asse
diati "si mettevano sullo stesso piano dei vincitori ", ordinò di appendere alla forca
alcune dozzine di ostagg i . A ltrettanto avvenne a spese di altri ricchi prigionieri di guer-
ra, tra i qual i il nipote del vescovo di Milano, senza curarsi i nvero di tutte le loro
cospicue promesse pecun iarie. Ma q uesto non fece che spronare g l i assediati ad u n ' ul
teri ore e più forte resi stenza, cosicché Barbarossa credette naturalmente "di dover con
trappors i agl i i rriduc ibi l i , ordi nando di legare i loro ostaggi alle macchi ne e di esporl i
ai colpi delle l oro artiglierie . . . di c u i in città ce n ' erano nove" . A siffatti ordigni per
assedio g l i Imperiali inc atenarono perfino dei ragazzi n i . E poiché dal i ' al tra parte erano
schierati non deg l i uom i n i , bensì dei barbari , delle bestie, "si poté vedere e udire come
392 La mite figu ra del Barbarossa
da una parte i fanc i u l l i , legati a q uegl i attrezzi , supp l icavano i l oro genitori ri nfaccian
do loro con parole o gesti la loro crudeltà e disumanità, mentre dal i ' altra parte g l i
infelici padri s i disperavano per i loro fig l i sventurati , definendo se stessi come g l i
esseri p i ù degni di pietà, senza tuttav i a cessare di impiegare le l oro arm i . " 2 7
La "Narratio de Longobardie obpressione et subiectione", il racconto di un ignoto
cittadino m i l anese relativo al l ' oppressione e soggezione del l a Lombardia tra il 1 1 54 e
i l 1 1 77 , adduce una l unga serie di nomi di persone uccise tanto crudamente, e commen
ta: "Costoro vennero m artirizzati i n un modo i n cui - come leggiamo - mai nessuno
prima morì".
Ma nemmeno confl i tti di questo genere riescono a soffocare tutte le m aestose emo
zion i . Tanto che dal la città si levò u n ' autentica voce cattolica: "Oh voi beati, ai q ual i è
concesso di m orire così bene ( ! ) , anziché v i vere malamente ! Non abbiate paura di
m orire . . . Perché la morte porta l i bertà alle anime, e massimamente fel i c i sono q u e l l i
c h e sono morti p e r l a patria e c o n c i ò hanno già conquistato l ' im mortal ità. Quanti
5 1 5 nostri progenitori" - ah com ' è vero ! - "sono m orti i n q uesta situazione e in analoghe
condizioni, gli uni martoriati e suppl iziati col fuoco o con flagel l i , gli altri , mezzo
di vorati da bestie feroc i , vennero tenuti in v ita per i l loro secondo pasto . . . ". 2�
Sì, è sempre bene, sem pre bene morire cristianamente.
A conti fatti , però, prevalse nei Cremaschi la volontà di v ivere. Sotto i colpi del la
fame, della sete, delle epidem ie e di svariate calam ità, si arresero a fine gennaio del
1 1 60. Circa 2.000 persone furono fatte uscire dall a città sotto i l peso di ciò che potevano
reggere sulle spalle. Proprio in quest' operazione, Barbarossa, - "l ' imperatore affabi le",
.i l "monarca più benevolo", come v iene definito così volentieri e così solertemente
mostrò quanto "mite e m isericordioso" egl i fosse; fu evidente "che i l più cri stiano degl i
imperatori , u n a volta messo d a parte ogni senso di rabbia e di odio ostile, aiutò i Cremaschi
ad uscire da un pertugio attraverso cui passavano e, con le sue stesse mani, insieme con
altri soldati , guidò al l ' esterno uno dei loro inferm i. Una tale azione di bontà e d ' imperia
le clemenza deve essere un esempio straordinario per tutti gli uomini". Esempio straor
dinario anche per il fatto che, a questo punto, i vincitori m isero a sacco Crema e poi la
i ncendi arono senza p ietà - "e distrussero inoltre alcune chiese del la fortezza" (Ottone
Morena). "Portata a term ine la distruzione, i l divino imperatore, tra il giubilo de li ' i ntero
eserc i to, si diresse a Pavia per la gioi osa festa del trionfo". E anche i Pavesi poterono
apprezzare "la sua maestà e la mitezza del suo aspetto . . . " (Rahewin). 29
Ad o n or del vero, non è lo stesso copione g i à v i sto con l ' i mperatore Enrico il S anto?
"Il suo volto sereno annunciava la bontà del suo cuore . . . ". Sì, questi grandi dissanguatori
cristian i , non hanno tutti i rradiato serenità e m i tezza e reso felice il mondo?
Nel frattempo papa Adriano I V era morto. E come già spesse volte , anche la sua
morte fece scattare una tumultuosa doppia elezione, cui fece seguito uno sc isma durato
5 1 6 1 8 anni ( c o n parecchi antipapi).
Divampa la lotta tra Barbarossa e A lessandro Il/ 393
I l col legio cardinal izio era composto da una forte fazione adrianea, guidata dal ni pote
del papa, Bodo, e da una parte m i noritaria, di tendenza imperi ale. Le due parti si ri uni
rono i n san Pietro per l ' elezione. E già i l 7 settembre 1 1 5 9 i l partito di Adriano acclamò
papa, col nome di Alessandro III, i l canc e l l iere cardinale Orlando B andine l l i , un
celebratissimo gi urista bolognese. I l quale fece appena in tempo ad avvolgersi nel
mante l l o ro sso, quand ' ecco il cardinale Ottav i ano - del fi loimperiale casato dei
Monticel l i , probab i l mente i m parentato con l ' al ta nob i ltà europea, forse c on g l i
Hohenstaufen stessi - nel mezzo di u n a rissa strappargli di dosso i l manto "con folle
temerarietà" (scriverà poco dopo Alessandro I I I ) "strattonandolo di suo pugno dalle
nostre spal le, come un i ndemoniato", mentre sulle proprie spalle si avvolgeva un al tro
manto; a rovescio, però, per la fretta e l ' eccitazione. Accadde così , "per divina delibe
razione, come noi crediamo, che la parte del mantello che avrebbe dov uto copri re il
davanti , coprì i nvece la schiena, tra l e risa dei molti astanti; egli cercò i nvero di capo
vol gere la situazi one ma, fuori di sé dal l a rabbia, non poté trovare i l cappuccio del
manto e si attorcigliò le nappe intorno al collo . . . ". Non passò molto tem po, però, che il
ridicolo del l a scena si smorzò e si tram utò nel tintinnio del le spade dei "mercenari
armati" (così li chiamò Alessandro) che invasero la basil ica, oltre che nel solenne Tedeum
intonato in fretta e furia.
Il cardinale Ottav iano dei Monticel l i , il virtuoso del m antello, si appoggiava ad una
m inoranza o - per dirl a con Ottone Morena - alla "parte più sana dei cardinali" (saniori
parte cardinalium ) e contava inol tre sulla massa dei Romani e sul legato imperiale
Ottone di Wittelsbach. Ma Orlando, che i n princ ipio i ntendeva rinunziare, si barricò
nel borgo vicino a San Pietro, i l "castello del l a Chiesa", e v i restò rinch i uso per nove
giorni ad opera di senatori corrotti. Alla fi ne, al pari del suo antagoni sta, scomparve
dal la città, dove le fazioni seguac i dei due contendenti si batterono sangu inosamente . I l
1 8 settembre, in Ci sterna, n e l s u d del l o stato de l l a Chiesa, n o n l ontano dal confi ne c o n 5 1 7
lo stato d e i Normann i , Orlando venne el etto papa, e due giorni dopo a Ninfa (a s u d est
di Vel letri ) consacrato col nome di Alessandro III ( 1 1 59 - 1 1 8 1 ) . Per ol tre due decenni
egl i si sarebbe trovato al centro di c onfl itti che scossero i l mondo. Svil uppò una politi-
ca fi l onorm anna e fu nem ico personale del l ' i mperatore Federico, che dal canto suo
fece eleggere papa - i l 4 ottobre, nel l ' abbazia imperiale di Farfa - i l cardi nale Ottaviano
col nome di Vittore IV. Nella numerazi one degl i omonim i , il predecessore Vi ttore IV,
del l ' anno 1 1 3 8 (p. 344 s . ) , venne sempl icemente ignorato. 30
Sostenuto dal re di S i c i l i a e dal le sue fi nanze, Alessandro incom inciò subito a cerca
re consensi per se stesso dal la Spagna ali ' Ingh i l terra, s v i l l aneggiando i suoi avversari
tutti quanti cattolicissimi - e bol landoli come "fal si frate l l i " , "diavol i " che adoravano
il suo concorrente Vittore IV "come un idolo", tanto più che costui "si attegg ia come se
394 La m ite fig u ra del Barbarossa
fosse un dio" mentre altro non era che uno "scismatico", un "apostata", una "peste
letale", una "prefigurazione dei venturi tempi del l ' Anticristo". Non andò molto che
anche l a propaganda del suo antagonista invase il mondo cristi ano; e mentre i due papi
si accusavano reciprocamente di mendacio, entrambi dicevano sicuramente l a pura e
semplice verità . . 3 1
.
U n conc i l i o scarsamente frequentato, tenuto a Pavia, l a capitale ital iana del l ' impe
ratore, l ' I l febbraio del 1 1 60, riconobbe ufficialmente Vittore IV quale papa legittimo,
anatemi zzando solennemente, i l giorno dopo, Alessandro I I I , l a c u i ostil i tà al l ' impero
venne ol tretutto comprovata ampiamente da lettere indiri zzate a M i l ano. Alessandro fu
invitato, ma si guardò bene dal i ' intervenire; l ' assemblea del clero, presieduta da Reinaldo
di Colonia, era frequentata da molti vescovi del l ' Impero : erano una c i nq uantina, m a i l
loro numero, per avvalorare maggi ormente i del iberati , venne quasi triplicato c o n ogni
sorta di manipolazion i . Dal canto suo Alessandro mise ancora una volta al bando il
rivale Vi ttore, scomunicò i l monarca sciogl iendo tutti i suoi sudditi dal giuramento e
dai doveri relativ i , cosa di cui peral tro nessuno si preocc upò più di tanto. A maggior
rag ione, dunque, i seguaci di Alessandro diffamarono il conc ilio . . . "nient' altro che
favole, di cui neanche una sola parola può essere stata vera, per la cui divulgazione
però Alessandro m ise in gioco se stesso" (Hal ler).
Come tutti gli autentici eredi di Gregorio VII, anche Alessandro III fu nem ico giura
to di un Im pero autonom o, autarchico, ossia di un Sacrum Imperium , di un potentato
518 sacro, che egl i cercò di desacralizzare , di profanare, di dem onizzare con tutti i mezzi .
Dal i ' altra parte la propaganda degli Hohenstaufen presenta il regno come potere salvi fico
e spaccia l ' imperatore come tutore della cristianità, rappresentante del l ' imperatore ce
leste, facendo passare le sue guerre come guerre giuste e sante (iustissima bella), e la
sua politica come ispirata dal lo Spirito santo . Una Dieta imperiale v iene apposta fi ssa
ta nel giorno di Pentecoste, un ' altra Dieta viene procl am ata come "Curia Christi", ov
vero Assemblea di Cristo; un edi tto è indirizzato ai "credenti di Dio e del l ' Impero",
ogn i ribelle al l ' Impera t ore dichiarato insieme ribel le a Dio: "nem ico pubblico d i Dio e
del l ' Impero". 3 2
Oramai la l otta tra Alessandro III e l ' imperatore tedesco di vampav a in tutta la sua
veemenza. Per Federico Barbarossa e per il suo papa Vittore si schierarono, oltre alla
Germ ania (con l ' unica eccezione di Sali sburgo) e al l ' Ital i a fi loimperi ale, soltanto l a
Danim arca, la B oem ia e la Polonia. A l fianco di Alessandro - c h e , q u a l e antagoni sta
del B arbarossa perde quasi interamente lo stato della Chiesa, tanto che nel l a primavera
del 1 1 62 si trasferisce i n Francia - si schierano i nvece le Chiese di Ingh i lterra e di
Franc ia (che dovettero garantire i l suo mantenimento, estorto anche con punizioni ) , ed
inol tre Ungheri a, Castiglia, Norvegia, Irlanda, Venezia, i princ ipati oriental i e, non
ultime, le città d i M i l ano, Piacenza e B rescia. 3 3
"Ricordati della tua dolcezza , o Signore ! " 395
Per tutto l ' anno 1 1 60 Barbarossa aveva combattuto M i l ano con crescente furore, con
carneficine insol itamente atroc i , i naudite anche per quel tempo, mutilando e uccidendo
prigionieri , e finendo nel 1 1 6 1 per sostituire le sue truppe, i n maggioranza italiane, con
m i l i zie tedesche. Molti duchi, prelati e altri potenti furono di sposti ad offrire rincal zi; i l
solo arcivescovo Reinaldo di Colon ia contribuì con 500 caval ieri , ciascuno dei quali
portava naturalmente i suoi scudieri al seguito.
Il vescovo Enrico III di Wlirzburg ( 1 1 59- 1 1 65 ) finanziò le sue truppe che combatte
vano alle porte di M i lano attingendo add irittura al tesoro del suo duomo (in cambio del 5 1 9
pignoramento di tutte le s u e entrate ), i ndebi tandosi anche c o l monastero di Ebrach e
con gli ebre i . Per le cose "spi ritual i", il suo vescovado, al l ' impegnatissimo uomo pol i-
tico imperiale, nei due ultimi anni del la sua vita, restò comunque ancora un po' di tem -
po per far fabbricare tre falsificazioni di doc umenti reali sotto i nomi di Enri co i l Santo,
Corrado I I ed Enrico I I I , destinati ad attri buire la dignità di duca della Franconia orien-
tale al vescovo di Wlirzburg ! Tuttav ia i sogni "ducali " del vescovo successore Araldo
furono ! ungi dal l ' avverarsi ; perché il Barbarossa, com ' era evidente, prese atto con chia
rezza del l a canag l i ata c lericale e non ne tenne alcun conto. 3 4
Per i l resto, i l "cristianissimo im peratore" portò avanti la guerra contro M i l ano. Vi
applicò senza tregua la tattica della terra bruc iata: i ncendiò, depredò, combattè. Allorché
fu catturato il nobile Adamo de Palatino, l ' i mperatore lo fece "immedi atamente impic
care sotto g l i occhi del popolo m i l anese". Perfi no ai poveri raccoglitori di legname
vennero tag l iate le mani. Stessa sorte toccò ai mercanti che volevano portare i n città le
loro mercanzie. E q uando Federico, nella festa del santo Prospero e del la santa vergine
Severa, espugnò la rocca di Corno ( Vecchio) con più di cento uom i n i , fece "tag l iare
una mano" (Ottone e Acerbo Morena) a tutti gli abitanti, molti li gettò in carcere e
diede fuoco alla rocca fi no a raderla al suolo. 35
I Milanesi si difesero nel l i m ite delle loro possi b i l i tà, naturalmente anche col soste
gno di tutto i l clero che, prima del l ' i ncontro a Carcano, per bocca del l ' arc i vescovo
Oberto, del l ' arc iprete M i l l o e del diacono Galdino, comanda "di scendere in campo
fiduciosi nel nome del l ' Onn ipotente Iddio e del santo Am brog io, nella consapevolezza
che Dio è con loro . . . "
.
devasta una località dopo l ' altra: Verano, B riosco, Legnano, Nerv iano, Pogl i ano,
Morimondo. Di strugge ed i ncenerisce senza sosta, devasta soprattutto i campi, i cerea
l i , le colture d i l i no e i frutteti nei dintorni d i M i l ano - "anche di stanti da l O a 1 5 m i g l i a
d a l l a città" (Ottone e Acerbo Morena). E n o n cessa d i mutilare ed ucc idere; "e ordinò
che cavassero g l i occhi a sei dei suoi prigionieri . . . a S uzo de M i zano tag l i ò il naso e g l i
lasc iò u n occhio perché potesse guidare gli altri a Milano. Intanto a quell i c h e d a Piacenza
o da altre parti portavano a M i l ano merc i al mercato, veniva tag l i ata la m ano destra; in
un solo giorno ne vennero amputati 25". Senza dire deg l i animal i , dei quali s i menzio
na appena l a m iserevole sorte. I n una sola operazione, per esempio, vanno "perduti"
200 caval l i (ducentis equis ibi amissis " 3 6 . . .
Nella primavera del 1 1 62 M i l ano era allo stremo , affamata, vicina alla resa; in tutta
fretta, comunque, il c lero m i l anese - perlomeno g l i arc ipreti , l ' arcivescovo O berto,
I ' arciprete M i l l o , l ' arcidiacono Galdino e alcuni altri - avevano preso il l argo raggiun
gendo a Genova papa Alessandro. Ai pri m i di marzo i consiglieri com unal i d i M i l ano e
300 caval ieri si prostrarono, le spade i ntorno al collo, assieme a 36 portabandiera, a
baciare i piedi di Federico. Era una domenica e, "come si conveniva" - scrive il notaio
imperiale B u rcardo al l ' abate di S iegburg - si cantò il salmo "Ricordati della tua dol
cezza, o S ignore ! ".
Consigl ieri , caval ieri e magistrati fu rono trattenuti com e ostagg i . Così la più grande
e ricca città del nord I tal i a fu rasa al suolo con tutte le m ura e le torri . . . solo le chiese
fu rono rispann iate (e la metà c i rca delle abitazion i ) . Il campanile del duomo s ve ttava
ancora sulle m acerie, a quanto si dice più bel lo di qualunque al tro del la reg ione. Ma i l
B arbarossa Io fece subito "abbattere in modo c h e croll ò s u l l a cattedrale e distrus s e gran
parte della chiesa". Secondo l ' Anonimo M i l anese, i c ittadini di Cremona, L od i , Pav ia,
Novara, Como e al tri lom bardi avevano dato al l ' imperatore "grandi, anzi i ngenti quan-
521 tità di denaro", eppure per tre volte i n quel l ' anno i nem i c i vennero a distruggere l a c i ttà
e a spianare le fosse . . . " 37
L' autorità comunale fu sciolta, la popolazione trapi antata nei v i l l aggi indife s i dei
di ntorn i , sotto la sorveg l ianza di un podestà imperi ale. E forse ora ebbe i n i z i o il peggio
per i deportati , che s i ridussero sempre d i più sotto ogni nuovo podestà. Poiché la
situazi one - anche se i l nostro ignoto cron ista m i l anese, pur da testim o n i o oc u l are,
l ' avesse esagerata di brutto (cosa del resto poco probabile) - era davvero m ostruosa.
Ma oggi di sol ito si constata la "esatta, real istica m aniera del narrare , attenta e ri spetto
sa dei particol ari , che è peculiare agl i autori i tal i an i di quest ' epoca" (Schmale).
Il primo capo dei profughi, i l vescovo Enrico di Lieg i , i nsediò un certo P i etro de
Cumino, i l quale escogitò " innumeri fonne di oppress ione". Una volta, i n base a d una
di spos izione imperiale, prelevò a forza dai contadini e dai c i ttadini due parti del terzo
de l l ' i nteresse, un terzo dei castagni, delle noci e del fieno, un quarto del l a produzione
di frutti. M a estorse anche, per suo pri vato i nteresse, "quantità enonn i d i denaro", ap-
"Ricordati della tua dolcezza , o Signore ! " 397
propriandosi anche di m iele e di vino a suo arbitrio. In più, i buoi dei m i l anesi fuono
sottoposti a corvè, trasportando p ietre e sabbia dal le cave per l a costruzione del l a reg
gia a Monza, del palazzo del Vigentino, del castello di Landriano.
A causa del l a sua durezza, Pietro fu sostituito dal chierico Federico, che fu tuttav ia
"ancora più esoso e accanito". Assic ura infatti i l c roni sta "che tutto ciò che Pietro
aveva lasc iato ai debitori del quarto e del terzo interesse, l u i lo pretese per i ntero". A l
s u o posto g l i succedettero b e n c inque di rigenti , alla cui testa era l ' abate di S an Pietro i n
C i e l d ' oro. E mentre i sig nori , nel l ' i nsolitamente rigido e nevoso inverno 1 1 64/65, che
rov inò le sementi "oltre ogni m isura", al loggiav ano nel "palatium" del l ' imperatore
"con caval l i e molti domestici", essi incassarono la metà del l a dec ima di tutte le terre ,
l ' intera dec ima delle pecore, 500 maial i , "pol l i e uova senza numero", 1 000 carrettate
di legna e fieno, "trasporti i l l i m i tati " e, soprattutto, fi um i di denaro. "Chi per povertà
non poteva pagare il tributo, doveva pagare il doppio più tardi, altrimenti i suoi averi
venivano sequestrati ". 1 8 522
Ma il "clemente imperatore", il "sovrano più benevolo di tutti" - come lo definisce
anche il contemporaneo Acerbo Morena, figlio d i Ottone Morena - godeva del proprio
potere punitivo che incuteva terrore al mondo, dichiarando i n un manifesto che "Dio
stesso ha condannato la superbia del l a città", datava i suoi documenti a partire "dal la
distruzione del la c ittà" e celebrava con gran pompa nel la vic ina Pav ia la festa del la
ri surrezione del S ignore. Assi stette "nella massima letizia" alla l iturgia e partec ipò al
banchetto nel l a curia del vescovo locale; e anche tra i molti prìncipi della Ch iesa e
ari stocratici banchettanti regnò - così riferi sce l ' i nvitato Acerbo Morena - "la più grande
gioia e il più puro compiacimento per la felic ità che Dio aveva appunto donato al l ' im
peratore".
Nel l ' ebbrezza del l a v i ttori a, questi donò ai suoi prelati le innumerevoli rel iquie del
la città distrutta. Reinaldo di Dassel , i l metropol ita di Colonia c h e aveva av uto parte
determ inante nella distruzione e nel saccheggio di M i l ano, ricevette quelle più prezio
se - le presunte spoglie dei tre santi Re magi - che fece " traslare" a Colonia, dove sono
ancor oggi l ' orgoglio dei tesori del duomo. E anche i l busto che ritrae la figura del
brigante campeggi a ancora nel pennacchio della facciata posteriore. 1 9
Dopo la caduta di M i lano si arresero anche i Bresc i an i e i Piacenti n i ; Bologna, Imola
e Faenza si sottom i sero; fortificazion i , torri , ci nte m urarie vennero abbattute , rocche e
fortezze di strutte, i ngenti somme di denaro consegnate . In breve: dovunque, in quel
l ' estate , l ' imperatore appari sse, si trovò tutta la Lombardia prostrata ai suoi pied i . Eg l i
progettava ora di marc iare alla volta della S i c i l ia; m a un confl itto incombente tra i suoi
al leati - le potenze marittime di Pisa e di Genova - che neppure lui ri uscì a dirimere
con tutte le arm i del l a diplomazia, lo i ndusse a rinunziare al suo disegno.
Barbarossa s ' affrettò a raggiungere la Borgogna, al lo scopo di ass icurarsi l ' appog
gio di Luigi V I I e del l a Francia, ma anche questo progetto fal l ì . Papa Alessandro I I I fu
398 La m ite figura del Barbarossa
oltrem odo grato a re Luigi di aver res istito alle lusi nghe del l ' imperatore, ma cercò
nondimeno, mediante una propria ambasceria, contatti anche con questi , facendog l i
offri re - tram ite l ' arc ivescovo di Salisburgo l i g i o a Roma - i l s u o perdono; i ntanto,
però, cercava di acc rescere i nem ici del B arbarossa. Lo scopo di Alessandro era di
inglobare nel l ' al leanza franco-inglese-sic i l i ana contro Federico anche il basileus (im-
5 2 3 peratore) d i B i sanzio. Ma i l d isegno non ebbe successo. Erano i sol i ti i ntrigh i di curia,
di cui era stato maestro i l pontefice più grande e virtuoso: Giovanni VIII ( V cap.4,
spec ial mente p. 257 s . ! ). 4 0
I l metropolita di S al i sburgo, poc ' anzi c itato, Eberardo I ( 1 1 4 7 - 1 1 64 ), era i l capo del
partito papista nel sud del l a Germania, nonché dichi arato avversario del Barbarossa.
Aveva calcolato assai bene la sua carriera. Dapprima convinse i suoi frate l l i a trasfor
m are la loro rocca di Biburg, nel l a B assa Baviera, in un monastero benedettino, e poi
ne divenne i l primo abate nel 1 1 33 . In seguito, mentre si adoperava per la canonizzazione
di Enrico, i suoi contatti col re e col papa gli resero possibile l ' ascesa a capo della
chiesa sal isburghese. Eberardo svi l uppò cospirazioni con B i sanzio, Francia, Ungheria,
opponendosi a tutti gli ordini di compari zione dell ' imperatore. Com unque, delle sue
personali am bizioni circa la propri a santificazione non se ne fece nulla, nonostante che
già negli ultimi anni del l a sua vita fosse circonfuso da odore d i santità. 4 1
Nel l ' autunno del 1 1 63 Federico - per la sua terza campagna in Ital i a - fu di nuovo nel
S ud della pen isola, per debell are definitivamente Roma e l a S i c i lia. Solo che, nel frat
tem po, incontrava sempre maggiori difficoltà già nel Nord del l ' Ital ia. Verones i , Pado
van i , Vicentini e abitanti di altre c i ttà si ribe l larono. I Veneziani , fino all ora legati da
vincoli d ' am i c i zi a coi Tedesch i , cominc iarono a temere la nuova pol itica commerciale
e fi nanziaria di Federico, e divennero osti l i al l ' Impero . Coi denari del l ' imperatore
d ' Oriente M anuele I Comneno essi spinsero alla rivolta, nel febbraio del 1 1 64, le città
l i m itrofe scontente e sfruttate dai padroni tedesc h i , coal i zzandosi con Vicenza e Pado
va, e poco dopo anc he con Verona, fino all ora tradizionalmente fedele ali ' im pero, nella
Lega Veronese. A l l a corte papalina, che ripetutamente aveva mandato a Venezia dei
cardi nal i , s i esultò oltrem odo del successo.
Dieci giorni prima della progettata spedizione di S i c i l ia, il 20 apri le 1 1 64, morì a
524 Lucca l ' antipapa Vittore I V.
I l cancel l iere Rainaldo di Dassel , senza nemmeno aspettare la dec is ione d e l suo
sovrano signore, elesse a nuovo antipapa il nob i l issimo cardi nale Guido da Crem a, col
nome di Pasq uale III ( 1 1 64- 1 1 68 ) . Questi ri siedette dapprima nel ! ' Ital i a centrale; ven
ne presto riconosciuto da Federico , m a trovò meno seguaci del suo predecessore nel la
Terza e quarta campagna d' Italia del Barharossa 399
stessa Germania, dove Corrado di Wittel sbach voltò le spal le al B arbarossa che, solo
poc hi anni prima, lo aveva scelto come arcivescovo di Magonza. Ora invece passò
dal la parte di Alessandro III e d ivenne cardi nale, mentre l ' i mperatore nom inò al suo
posto i l cancell iere de l i ' impero, Cristiano di Buch, capo del la ch iesa d i Magonza ( 1 1 65 -
1 1 8 3 ) : un eccellente organizzatore, diplomatico e condottiero m i l i tare, c h e g l i era de
voto in modo incondizionato. 42
Ancora una volta il monarca deg l i Hohenstaufen fu costretto a rinunziare alla cam
pagna di S i c i l ia. E anz i , nel l ' estate del 1 1 64, non riuscì neppure a reprimere l a som
mossa nel Nord Ital i a e dovette tomarsene in autunno in Germania per raccog l i ere
nuove truppe, mentre i suoi amm i n i stratori estorcevano ai Lombardi sette volte tanto,
molto più di quanto spettasse di di ritto ali ' Impero. Secondo l ' Anonimo lombardo ( i l
continuatore del "Libellus" di Acerbo Morena, caduto v ittima di un'epidem ia nel 1 1 67),
l ' oppressione dev ' essere stata enorme, al culm ine del lo sfruttamento. Nel 1 1 66 , ad
onor del vero, B arbarossa si degnò di ascol tare, nel la sua corte a Lod i , le l agnanze
deg l i Ital i an i , mostrando dapprincipio - secondo la tattica del perfetto pol itico - "gran
de compassione per q uesta causa; alla fi ne, però, non ne tenne grande conto, anzi nes
suno, e di conseguenza non fece nulla".
L' anno successivo, papa Alessandro si recò via mare a Messina, dove soggiornò per
quasi tre mesi come ospite del re Guglielmo I il Malo; con navi da guerra s i c i l i ane
approdò quindi ad Ostia, per arri vare il 23 novembre a Roma. In effetti, vi giunse solo
dopo che i l suo v icario romano, i l cardi nale Giovanni , aveva manipolato a dovere i
Roman i , indignati dal l a politica fi scale e dalle di struzioni operate dai Tedesch i , e so
prattutto dopo averl i corrotti con abbastanza denaro.
Nel frattempo, il cancel l iere imperiale, arc ivescovo Cri stiano, aveva conquistato
q uasi tutto lo S tato del l a Chiesa, senza riusc ire tuttav ia a prendere Roma; rag ion per
cui ne devastò almeno i dintorn i , alla cacc ia dei migl iori patrimon i . Da Pisa venne
cacc iato l ' arc i vescovo Vi l l ano, e i l canon ico del duomo, Beni ncasa, venne nom i nato 5 2 5
dal l ' antipapa Pasq uale I I I a nuovo presule: "un cane che si nutre di immondizie", a
detta di papa Alessandro. Ma v i olenti scontri divamparono anche nel l ' arcivescovado
di Salisburgo, dove il massimo capo clericale Corrado Il - dotato da Barbarossa, nel
1 1 6 1 , de l i ' abbazia imperiale di Niedernburg a Passav ia, era passato dal la parte di Ales
sandro. 4 3
Alla dieta di Wtirzburg, nel la pentecoste del 1 1 65 , l ' imperatore fece giurare a tutti i
partec ipant i , sotto la m i nacc i a di perdere tutti i feudi e le cariche, di non riconoscere
mai Alessandro come papa e, per converso, di osservare obbedi enza sem pre a Pasq uale
e al suo successore. Si presume che perfino due ambasc iatori del re d ' Inghilterra - fatto
controverso g i à all ora - si assoc iassero al giuramento. Non gi urò invece il primate di
Germania, l ' arc i vescovo Corrado di Magonza. Il quale s i ec l i ssò inosservato da Wtirz
burg e corse in Francia da Alessandro, che continuava a fare assegnamento sui Norm anni,
400 La mite fig u ra del Barbarossa
mentre cospirava ancora più i ntensamente con l ' imperatore di B i sanzio Manuele l. 44
Così Federico, nel novembre del 1 1 66, attraversò per la q uarta volta le Alpi con
l ' obiettivo di assoggettare una volta per tutte la S i c i l ia, m a anche l a città del S anto
padre Alessandro. Il suo ragguardevole esercito era composto i n massima parte da
truppe fomite da principati ecclesiasti c i . Almeno undici vescovi m arc i avano alla testa
delle loro truppe , e in più tre abat i . Nelle l oro fi la, inoltre, si trovavano per la prima
volta anche i cosiddetti B rabanti n i , schiere d i mercenari oriundi del B rabante : guerrieri
di professione, presto assai tem uti per la loro brutal ità, guidati da Guglielmo di Cambrai,
un ex chierico.
Anche l ' i mperatore ebbe modo di coprire le i ngenti spese. Gli piacque molto i ncas
sare ostaggi , 60 ostaggi , l 00 ostagg i , 200 ostaggi; ma più d i tutto, e senza sosta, dena
ro, i ngenti somme di denaro, ora 500 l ibbre imperial i , ora 6000 l ibbre l ucchesi , e dena
ro che affluiva da Bologna, Imola, Faenza, Forlì e Forl impopol i , denaro da Ancona. E
natural mente, secondo collaudati metodi di governo, si effettuavano saccheggi a tutto
spiano. Infatti , q uanto più estese erano ruberie e razzie, tanto maggi ore era la paura.
Quanta più la paura, tanto più il denaro e la sottom issione. Quanto più il denaro e la
sottom iss ione, tanto maggiore i l potere. Di conseguenza, S ua M aestà sem inò devasta
zioni tra caste l l i e v i l l aggi intorno a B resc ia, Bergamo, Bologna. E q uanto non si ri u-
526 sci va a fare in propri o, l asciava fare agl i alleati, per esem pio ai tem uti Paves i .
N e l l a prim avera del 1 1 67 , le m i l izie tedesche av anzarono verso i l s u d del la penisola
i n due di stinte colonne. Con la pri ma, lungo le coste adriatiche, l ' imperatore, spezzan
do senza scrupol i ogni resi stenza con la forza, marciò al l a volta del Regno di S i c i l ia,
alla cui testa - dopo la morte di Guglielmo I , i l 7 maggio del 1 1 66 - si trovò ora
l ' appena undicenne Gug lielmo Il. Il secondo esercito, avanzando lungo le coste del
m ar Tirreno, verso l a città del santo padre Alessandro, era guidata significativamente
da due arci vescov i : Rei naldo di Dassel (Colonia) e Cristiano di Buch (Magonza). I l
quale, tra l ' altro, non solo era un principe ecclesiastico particol armente vogl ioso d i
guerra, ma altresì affamato di sesso, per cui si manteneva un harem di belle ragazze . 45
Avendo i Romani aggredito la piccola Tuscolo, loro vicina nem ica mortale, Rei naldo
si lanc iò con una spec ie di avanguardia i n c ittà per difenderla, dopo di che fu accer
chiata. E quando l ' arc ivescovo Cristiano di B uch corse per l i berarla dal l ' assedio con
un conti ngente del grande eserc ito dislocato ad Ancona, allora il 29 maggi o 1 1 67 , lune
dì di pentecoste, nelle ore meridiane fu il momento in cui egl i , stremato già prima
de l i ' attacco nella calura, fu gravemente sgom inato, e quasi disfatto, dal l ' eserc ito ro
mano, armato in vero solo scarsamente, ma numericamente di molto superi ore ( l ' Ano
nimo di Lodi parla di oltre 30.000 uom i n i ) . Ma l ' arc ivescovo Reinaldo, che da Tuscolo
aveva seguito l ' andamento del l a battag lia, s i prec ipitò di persona, sventolando i l gon
falone con la sua caval leria sfav i l l ante di scure bipenni giù dalle alture, e prese alle
spal le le truppe papaline al grido di battagl i a - forse alquanto disadatto per q uesto
San Pietro in fiamme . Barbarossa all' apice della sua f?loria 40 1
momento - "San Pietro aiuta ! " e col corale "Cri sto che sei risorto"; le m i l izie già i n
fuga d e l pastore di Magonza ripresero coraggio, p e r c u i , c o n la più dura fatica, dopo
ore e ore di assal ti, il fiasco pressoché imminente si capovolse i n totale trionfo : la
vi ttoria "più splendida che il Medioevo conosca", nel giudizio di Hauck.
Un cardinale d i Alessandro s i ramm arica di tale disfatta, come di una seconda Can-
ne, ma l ' arci vescovo Reinaldo annunc i a ai suoi diocesani di Colonia, i n preda al i 'emo
zione, i 9000 caduti per Sua Santità e attri buisce - con u m i ltà pari alla devozione - i l 527
"successo inimmaginabile non alle nostre forze e ai nostri meriti , ma unicamente alla
bontà e alla benevolenza di Dio". E ancora: "Gli sventurati romani vennero macel lati
come bestiame su tutte le strade e i campi che vanno da Tuscolo a Roma; i l numero
degli ammazzati è stato stimato a novem i la. Quando i caval ieri rientrarono sfiniti dal
bagno di sangue, presero ancora prigionieri un tal numero di rom ani che i l signor arc i
vescovo d i Magonza, io stesso e i l cancell iere Filippo n e contammo più di cinquem ila . . . "
- Secondo l ' Anonimo di Lod i , vennero ucc isi più di 2000 romani e fatti prigionieri più
di 3000, tra caval ieri e fanti del popolo. "Tutti questi l i condussero incatenati a Viterbo
e li gettarono tutti q uanti in carcere . " 46
SAN P IETRO IN FIAMME, B A R B A ROSSA ALL ' APICE DELLA Sl!A GLORIA
E " tJN A M I R ACOLOSA LETAL E PESTILENZA "
era avvolte dalle fi amme, si continuò a macellare come sul campo di battagl ia. Dapper
tutto giacevano corpi di ammazzati e di feriti, e perfino g l i altari , che custodivano la
presunta tomba del l ' apostolo, erano schi zzati di sangue. Eppure, appena ripulita ogni
suppel lettile, nella cattedrale risuonò un Tedeum di giubilo e di ri ngrazi amento, quale si
addice ai devoti cattolici, anche quando hanno massacrato (solo) altri devoti cattol ici. 4 7
Dal l a cattedrale di San Pietro Federico diede inizio a trattative pre l i m i nari , propo
nendo al clero e al senato l ' abdicazione di entrambi i papi ed una nuova elezione da
parte di entrambi gli schieramenti. I Romani e i cardinali furono d ' accordo nel lasci ar
cadere papa Alessandro. Il quale, travestito da pel legri no, fuggì su una barc a l ungo i l
Tevere fino a l mare , appena in tempo, prima che nav i d a guerra pisane bloccassero l a
c i ttà anche dal la foce del fi ume. Federico era deluso, m a aveva pur sempre Roma con
dentro i l suo papa - Pasq uale I I I - che già i l 30 luglio, solo un giorno dopo la battagl i a
per i l duomo, s ' insediò n e l Laterano e i l primo agosto incoronò i n S an Pietro " i l signor
imperatore Federico e l ' eccellentissima imperatrice Beatrice", progeni trice di tutti g l i
Hohenstaufen futuri , "con corone del ! ' oro p i ù puro, adorne di molte pietre preziose"
(Anon imo di Lodi ) .
Il Barbarossa era al i ' apice del la s u a gloria.
L' Italia del Nord e del centro erano di nuovo in catene, i Romani stessi erano sotto
messi (v ' erano anche 400 ostaggi nelle sue man i ) e sul trono di Pietro s i era assiso con
tutti i crismi i l suo papa. C i ònondimeno, solo poc hi giorni dopo, i l monarca di Hohen
staufen prec ipitò dal l ' apogeo del suo potere. U n ' epidem i a scoppiata nel l ' accampa
mento alle porte d i Roma, la vecchia calam ità della febbre del l e pal udi , certamente la
malaria - immedi atamente spacciata come "giudizio di Dio", quale punizione " infl itta
solo dal la spada di Dio" a causa de l l a persec uzi one di Alessandro - venne a frustrare e
ad azzerare tutti i successi e tutte le speranze , tutto quanto i l Barbarossa si era conq u i -
529 stato lottando p e r ann i . U n a "merav i g l iosa m i cidiale pesti lenza", la definisce l ' Anoni
mo di Lodi, s i abbatté e diffuse "per divino m i racolo" (divino miraculo) "in modo
stupefacente" (mirahiliter). Oltre a m igl iaia d i rom ani , perirono come m osche anche i
soldati del l ' im peratore , i combattenti più impavidi; non di rado, pers ino in atto di cam
m i nare e di cavalcare, cadevano al suolo e non si potevano seppe l l i re durante l a giorna
ta, e tra costoro vi furono molti duc h i , conti e baroni, alcune migliai a di cavalieri , i
vescovi di Rati sbona, Spira, Verden, Liegi e Praga. 48
La perdita più i rreparabile per i l regnante fu senza dubbio quella di Rainaldo di
Colonia, strappato alla v i ta a metà agosto. Dalla sua nom ina a cancel liere del l ' im pero
ne l l a primavera del 1 1 56 , il tarchiato, bi ondo prel ato del l a B assa S assoni a aveva serv i
t o i nstancabilmente i l s u o sovrano, da diplomatico abi l e ed eloquente, da organ i zzatore
efficiente. In realtà, Rainaldo fu un guerriero eccellente, spesso temerario, che una
volta, con dieci cavalieri, catturò trecento Ravennati , ed era altrettanto u n geniale pol i
tico della forza, al tempo stesso colto, con interess i letterari , celebrato come mecenate
San Pietro in flamme , Barbarossa all ' apice della sua gloria 403
e protettore del l ' Archipoeta, il più insi gne esponente del l a medievale poesi a dei c h ieri
ci vaganti . Un uomo caparbio, superbo, spesso geloso, ma anche pieno di slanci e di
spregi udicato impegno per gli interessi del "Reich".
Durante i suoi otto anni d i carica come arc ivescovo di Colonia (dal la primavera del
1 1 59), d ' al tronde, Rainaldo soggi ornò poco più di un anno nel terri torio del l a propria
diocesi ! In compenso, fu il più duro avversario del l a Curia romana contro la quale egli
- quale arcicancel l i ere de l i ' Ital ia, che l asc i ò dissanguare spietatamente dai suoi amm i
nistratori - ordì presto cospirazioni i n combutta c o l comune stesso di Roma. I l capo
del la Chiesa renana era infatti senza pietà contro i nem ici de l i ' Impero, essendo - come
una volta fu detto - più imperiale del l ' im peratore stesso, e fautore del la guerra totale.
Tant'è vero che, se in precedenti campagne si erano di sol i to rov inati , calpestat i , bru
ciati i raccolti de l i ' annata, ora, sotto i l suo comando diretto, si di strussero totalmente
uliveti e vigneti, rendendo impossibile per anni e anni q ualsiasi raccolto e colpendo il
nem ico nelle basi stesse del la sua esistenza. In certe occasioni, g l i eccessi di q uesto
furore sanguinario furono assoluti , letteralmente i l l imitati , come per esempi o nel l ' as-
sal to del la piccola Crem a (p. 390 s s . ) . 4 9 530
In più, la m al attia colpì l ' imperatore stesso. Oram ai era impossibile la discesa del
l ' eserc ito i n S i c i l ia, la spedizione contro Alessandro, e impossibile la restaurazione del
potere imperiale. Il 6 agosto, appena tre giorni dopo lo scoppi o del l ' epidemia, i l
Barbarossa fece levare l e tende. Lasc iò alle sue spal l e molti malati, che poi i Romani
"consegnarono al l ' orco" (Anonimo di Lod i ) . Anc ora durante la marcia del rimpatrio
mori rono, a q uanto si dice, più di 2000 caval ieri . In questa congiuntura, venne strappa
to al la vita anche il croni sta Acerbo Morena. Con grande fatica l ' imperatore riuscì a
condurre le m acerie del l a sua arm ata verso il Nord , dove i Lom bardi tornavano di
nuovo a ribel larsi con impeto, sbarrando i passi al pini. Inutilmente Barbarossa m i se al
bando e cercò di contrastare i rivoltos i . " Egli devastò ed incendiò città e paesi , facendo
anche molto bottino", impiccando pure un ostaggio - già, a quale scopo si facevano
ostaggi ! -, come Zii io de Prando da B rescia. Sempre più città e paes i , tuttav ia, si univa
no ali ' insurrezione "facendo pace tra di loro, e tutti diventavano come un sol corpo"
(Anonimo di Lod i ) . Al vol gere del l ' anno 1 1 67 , la Lega l ombarda, organi zzata molto
com pattamente, abbracciava 1 6 c i ttà, tra cui si contavano le più grandi : M i l ano, Vero
na, Vicenza, Ferrara, Bresc ia, Bologna, Venezia. Cresceva la pressione per emarginare
la tirannia central istica degli Hohenstaufen, puntando al rinnovamento de li ' autonom ia
dei comuni.
Anche i l re di S i c i l i a, oltre che l ' abile e diplomaticamente raffi nato Alessandro I I I ,
appogg iavano la Lega, denom inata "Societas Lombardiae". Quanto più essa si raffor
zava, tanto più Federico veniva lasc iato in di sparte e incassava batoste. Soltanto l ' Ital ia
centrale e l a Toscana sembravano essergli sufficientemente affezionate. La situazione
era così c ritica che, i n un procl am a per l a Germania, il sovrano scrisse eroicamente:
404 La mite figura del Barbarossa
"Preferiamo morire di una morte con onore davanti al nemico anziché tol lerare che
l ' Impero venga sfasciato durante i nostri giorni".
Ali ' ultimo momento, i l conte d i Savoia, Umberto I I I , g l i consentì i l passaggi o attra
verso il suo territorio, tra u m i liazioni e a repentagl i o del l a propria vita; Federico riuscì
a fuggire vestito da servo, mentre uno dei suoi camerieri reci tava il ruol o di imperatore.
S uperò così il Moncenisio, il passo montano dei re , e nel m arzo del 1 1 68 giunse a Basi
lea e quindi i n Germania; non molto lontano, i n definitiva, da dove aveva cominciato.
53 1 La causa più profonda del lo sfacelo del potere imperiale fu il papato, fu quel papa
Alessandro III che tirava i nstancabile le fi la, appoggi ava i ribe l l i , cospirava con S i c i l i a
e c o n B isanzio, e dietro i l quale stava quasi tutta la Chiesa occ identale esterna al mon
do tedesco . . . "fu infatti l a Chiesa a trionfare sul! ' imperatore, costringendolo a fuggire
dali ' Ital ia." ( H al ler). 5 1 1
Più a l ungo che mai, durante i l suo regno, Barbarossa restò ora i n Germania; più di sei
ann i , fino al l ' autunno del 1 1 74. Fu un periodo pri vo di avvenimenti grandios i , ma
pieno di si stem atico consol idamento del suo potere, di costante moni toraggio deg l i
avversari lom bardi, romani e sicil i an i . In Germania, i l fiasco patito i n Ital i a non aveva
scosso la sua posizione e il suo prestigio più di quanto non v i ri uscisse la continua
agitazione anti imperiale dei c i stercensi. Qui Federico poté accrescere u l teriormente il
potere imperiale e assicurare al tresì la dinastia deg l i Hohenstaufen, facendo nom i n are
unanimemente da tutti i prìnc ipi, già nel l ' estate del 1 1 69 , i l suo secondogeni to Enrico
- che non aveva ancora compi uto quattro anni - al la carica di re di Roma e facendolo
poi coronare ad Aqui sgrana. E quantunque costringesse vescovi ed abati a !asc iarg l i
proprietà ecclesiastiche come feudi , la Chiesa imperiale fu ancora abbastanza compat
ta dietro di l u i , spec ialmente perché il clero, costretto a ricevere la consacrazione da
scismati c i , era a maggior ragione legato alla sua persona. Così raccolse forze sempre
m aggi ori e non mostrò la m inima intenzione di rinunziare ali ' Ital ia.
Per l ' anti papa Pasq uale III, al contrario, l ' Italia settentrionale era perduta. A l l o stes
so modo in cui si erano c ombattuti i seguac i di Alessandro, come si erano cacciati tutti
i suoi parenti dal la l oro terra di Tusc ia, da S iena e da Vol terra, rapi nandone i ben i , c o sì
si scacc iarono dappertutto, dopo l ' autunno del 1 1 67 , vescovi e abati seguac i di Pasqua
le, sostituendol i con i fedel i di Alessandro. 5 1
Attiva e coronata da successi fu anche l a Lega dei Lombard i , oramai totalmente
532 sotto la guida - sia pure alquanto disc ussa - di M i lano, risorta dalle sue maceri e . A
conti fatti , la grande alleanza comprendeva ben 35 città. Ormai ne faceva parte tutta
l ' Ital ia del Nord. La Lega occupava le fortezze, le di struggeva i n parte e ne cacc iava le
La lef?a dei Lombardi e la pace di Venezia 405
guarnigioni e g l i am min istratori imperial i . E non lontano dal la confl uenza del fi ume
Tanaro col Po venne fondato nel 1 1 68 , su terri torio imperiale, un nuovo centro, si tuato
in eccel lente posizione strategica, e se ne fece una fortezza. Così almeno vuole la tradi
zione . . . perché, se s i anali zzano le fonti, l a città c ' era già; aderì nel 1 1 68 all ' unione
lombarda dei com uni e prese il nome di A lessandria in onore del papa, al quale offrì
giuramento di fedeltà nel 1 1 70. Proprio in quest' anno, infatti , nel la sua bol la "Non est
dubium", Alessandro III ebbe a dichiarare : "Per ispirazi one divina voi avete concl uso
una lega di pace e di concordia a sostegno della Chiesa di Dio e a difesa del l a vostra
pace e del l a vostra l i bertà contro Federico, il cosiddetto imperatore . "
Allorc hé i l 20 settem bre d e l 1 1 68 morì l ' antipapa Pasq uale I I I , barricato da ultimo
nel la fortezza vic ina a San Pietro, ecco che Call isto III ( 1 1 68 - 1 1 7 8 ) , fino al lora abate
Giovanni di Struma (un monastero presso Arezzo) , subito eletto dai suoi cardinal i , non
ebbe più u n ruolo degno di nota. Nel l ' am bito del l a g rande lotta tra Alessandro e
Barbarossa, Call isto fu il terzo antipapa fedele ali ' imperatore. La sua residenza, total
mente dipendente da Federico, fu a Viterbo, e i l suo seguito fu c i rcoscritto unicamente
a Roma, a parti dello Stato ecclesiastico, della Toscana e del l a Renania. In realtà, l ' im
peratore lo appoggiava s o l o fi nanziariamente, usandolo però sol tanto c o m e mezzo di
ricatto contro i l sempre più potente e più rispettato Alessandro. A l l a fi ne l asc iò cadere
Cal l i sto nel l a pace di Venezia del 1 1 77 . 5 2
Al fi anco del Barbarossa, dopo la morte di Rainaldo, era di ventato i l più importante
statista del l ' impero l ' arc i vescovo Cristiano di Magonza. Instancabile al pari del suo
sovrano, abile, pol iglotta, i l prelato, avvolto in rosso manto sulla corazza scinti l l ante,
con un corrusco elmo dorato, apparve alla fine del 1 1 7 1 come un dio del la guerra sulla
scena d ' Ital ia, dove si presentò da vero si gnore nei terri tori sia rom an i sia imperiali . E
sebbene egl i , amante della pompa e gaudente, - secondo una diceria diffusa - spendes-
se per le sue donne, il suo seguito, per caval l i e asi n i , più denaro che l ' imperatore per la 533
sua corte, sebbene avesse spaccato d i proprio pugno i l cranio a dozzine di nem i c i ,
tuttav ia uno deg l i antipapi potè apostrofarlo come " i l cristianissimo Cristiano".
L' arci vescovo riu scì a rendere Venezia insofferente, fi no ad alienarla dal la lega lom
barda, e anzi fu con l ' ai uto di nav i d a guerra veneziane c h e si mosse contro Ancona. La
Lega Lom barda, incrinata da dissidi i ntern i , da interessi contrastanti, si disi ntegrò a
poco a poco, mentre veniva a m anc are la risorsa fi nanziaria da Costantinopo l i , in pre
cedenza mediata da Venezia. Ora anche Firenze, pur mantenendo una posizione di
neutralità, inclinava di più verso l ' i mperatore. Del resto, fintanto che la città com batte
va a fi anc o del papa, questi non si preoccupava granché del l a sua spiccata inclinazione
"eretica"; e non c ' era, comunque, nessun tipo di censura clericale. Ma quando Firenze
divenne fi loimperiale, ecco abbattersi di nuovo, i l 1 5 apri l e del 1 1 7 3 , l ' anatema papale.
In più, venne bandito dal la Chiesa chiunque prendesse l a sua via in q uella direzione,
chi unque concedesse consiglio e aiuto a "scism atic i ed eretic i " - così erano ormai
406 La mite figura del Barbarossa
chiamati i fi loimperiali -, i quali ordi vano contro la Chiesa "i loro maledetti piani con
diabolica astuzia".
Per contro, Alessandro favorì subito quelle c i ttà che fino allora avevano parteggiato
per l ' i mperatore, ma che ora si l asci av ano mettere in gioco contro di l u i ; per esempio i
Lucches i , i Genovesi , di ventati d ' un tratto nuovamente i suoi "amati figli", i suoi "più
fedeli e devoti". Così , oltretutto, i l S anto Padre favoriva anche l a Lega Lombarda, che
metteva i n pratica l a propria autonom ia comunale: una l i bertà borghese che egli e il
papato - notoriamente non solo allora e non solo nel Medioevo - osteggiavano nel l a
propria città episcopale. Per d u e ann i , d a l 1 1 70 al 1 1 72 , Alessandro I I I ri s iedette c o l
s u o eserc i to a Tuscolo, i l n ido sulla roccia, senza poter rientrare a Roma. 5 3
N el i ' autunno d e l 1 1 74 1 ' imperatore, m uovendo d a Basilea, attraversò i l M oncenisio;
i Lom bardi avevano infatti blocc ato i valichi alpini di più diretta comunicazione. M a
forse i l Barbarossa scelse anche consciamente l a via del l a sua umil iazione sulla q uale,
nel 1 1 68, travestito, era stato costretto alla fuga. Era la sua quinta cam pagna d ' Ital ia:
una spedizione di vendetta. N el i ' eserc ito, al l a testa dei loro caval ieri , i vescovi di
Bamberga, Augusta, Ratisbona, Verden, Halberstadt e Naumburg. Da tempo l i aveva-
534 no preceduti i n combattimento i metropol i ti d i Magonza e di Colonia. Col sostegno dei
suoi pastori d ' anime, Barbarossa rase dapprim a al suolo S usa (una botta d i mera rap
presagl ia), conqui stando poi rapidamente la Lombardia occidentale, mentre l ' arc i ve
scovo Cristiano operava già ne lla parte orientale. Ma certo, la fortezza federale di Ales
sandria, costruita in onore di Alessandro I I I e chiamata col suo nome, una c ittadella
offensiva contro i l governo deg l i Hohenstaufen, protetta solo da bastioni e fossati inve
ce che da mura e perc i ò irrisa come "città di paglia", non si riuscì a farla cadere nean
che dopo un assedio di sei mesi , a di spetto d i reiterati assalti e stratagemm i .
S i avviarono comunque trattative di pace con l ' avversari o che al la fi ne - boicottate
da am bienti clericali - naufragarono. Sobi l l ate dai l oro vescov i , le ci ttà i tal i ane del
Nord, assoggettate ali ' i mperatore nei pre l i m i nari di pace di Montebello il 1 7 apri le del
1 1 75 , seguitarono a com battere ancora in autunno. Intanto, avendo l icenziato la m ag
gior parte delle sue truppe, i l Barbarossa venne a trovars i i n una si tuazione assai preca
ria. Così egl i , nel gennaio del 1 1 75 , pregò con insi stenza a Chiavenna, vicino a Com o ,
dove forse si prostrò ai s u o i piedi, Enrico i l Leone - c h e p u r g l i doveva molto - per
averne un ai uto m i l itare. In cambio del q uale, per l a verità, Enrico pretendeva l a c i ttà di
Goslar con le sue ricche m i niere d ' argento, i mportante per la politica del territorio ;
c o s a c h e l ' imperatore gli negò e portò alla mai più ricomposta rottura tra i d u e c u g i n i .
Nel magg io d e l 1 1 76 l ' arci vescovo Fil ippo I di Colonia condusse segretamente un
esercito di rincalzo attraverso i l poco praticato passo di Lucomagno. I l prel ato aveva
reclutato cavalieri soprattutto dal l a Renania, dal la Westfalia e dai Paesi B ass i , subis
sando d i debiti per l 'ennesima v o l ta l a s u a d ioces i . L' arci vescovo Wichm ann di
Magdeburgo v i si aggregò con truppe imperiali dal Nordest. A Como, B arbarossa i n
La lega dei Lomhardi e la pace di Vene::ia 407
persona ricevette quei potenti ecclesiastici col loro seguito. Ma ancor pri ma che q uesto
contingente potesse ri unirsi col grosso del l ' esercito presso Pav ia, i M i l anesi , l a m attina
del 29 magg io, attaccando d ' improvv i so gli imperi al i dai fi anch i con forze superiori
nei pressi di Legnano, li sbaragl i arono totalmente. L' imperatore , sbal zato da caval lo
nel mezzo del l a m i schia, mentre un reparto scelto l ombardo - detto lo "squadrone del la
morte" - catturava il suo vessi l l i fero, fu dato per disperso per parecchi giorni e lo si
credette non più i n v ita. Quando riuscì a ragg i ungere Pav ia, l ' imperatrice lo ricevette
già in gramaglie. 535
Ferdinand Gregorov ius celebra la giornata di Legnano come "battaglia immortale",
come uno dei "più puri trionfi della storia", definendola "la Maratona delle repubb l i
c h e lom barde", che i n q u e l momento l i berarono " s e stesse e i l s u o l o d e i padri ". Nel
l ' esaltazione arriva a dire : " Dopo secoli così bui, la fiori tura impetuosa del l a l i bertà
borghese è il fenomeno più bel l o del Medioevo". Temp i bui . . . vero, fi n troppo. Che
cosa fu del m ondo, tuttav ia, quando quei tempi governarono la borghesia e la sua l i ber
tà? Ci fu meno m i seria? Meno guerre? O addirittura guerre meno spaventose? Un fatto
è innegabile: che anc he in q ueste guerre la cl asse pretesca fu fatalmente impl icata. 54
Intanto, a metà marzo, l 'arcivescovo Cristiano sbaragliava totalmente, presso Carsol i
nella v a l l e d e l i ' Ani o, un eserci to d e l r e Guglielmo I I di S i c i l i a c h e avanzava verso i l
Nord; nondimeno, l ' i mperatore stesso - dopo la dura batosta i nfl i ttagli d a i Lom bardi a
Legnano, la sua prima sconfitta in campo aperto - si vedeva non più in grado di v i nce
re. Perché, anche se non era stato un fi asco m i l i tare, era pur sempre un' enorme perdita
di prestigio politico. Di conseguenza Federico, flessibile fino ali ' opportunismo, si mo
strò incline alle trattative. E questa volta si rivolse al papa, col quale in passato i collo
qui erano naufragati tutte le volte, avendone ricevuto offerte troppo del udenti .
Questa volta, però, il monarc a cedette su molti punti. Violò infatti i gi uramenti di
Wi.irzburg (p. 399) e dimenticò le promesse di inconc i l iabil ità fatte undici anni prima
contro Alessandro. Rinunziò al la prefettura sulla città di Roma, ai possedimenti di
Mati lde a favore del papato e alle regalie e proprietà del la Chiesa romana. Fu la ritirata
incondizionata dal la "terra beati Petri ". In più, Federico lasciò cadere il proprio antipapa,
mentre Alessandro III lasciò unicamente in carica i prelati che avevano parteggi ato per
l ' imperatore durante lo scisma, ritirando quindi il suo anatema. In ogni modo, l ' abile
monarca svevo ri uscì ancora a spaccare completamente l ' al l eanza tra papa e Lega,
riguadagnando l a metà del le c i ttà lombarde, diffidenti l ' una del l ' altra, che fino allora
erano compattate da un unico elemento : la comune osti l i tà verso di l u i .
Dopo i preliminari di Anagni n e l novem bre d e l 1 1 76 , si concluse n e l l u g l i o d e l 1 1 77
la pace di Venezia tra imperatore, papa, le città, Guglielmo di Sicilia e B i sanzio. La 536
pace contrassegna la svolta del la pol itica ital iana degli Hohenstaufen, nel l a q uale, di
fronte al l ' originaria pace prelimi nare, si trovavano già cons iderevoli attenuazioni a
favore de l i ' imperatore. Alessandro, che dal m aggio del 1 1 77 ri siedeva a Venezia, ve n-
408 La m ite Jlf? u ra del Barbarossa
ne riconosc iuto quale papa legittimo - in patente violazi one di tutti i sacri g iuramenti
di Wiirzburg -, sacrificando così l ' antipapa Cal l isto. Lasc i ò cadere anche l a Repubbl i
ca rom ana, d a l u i prima tollerata; di conseguenza, i Romani invitarono i l papa a rien
trare, i l oro am basci atori si prostrarono davanti a lui ed egli , nel suo i ngresso i n Roma
i l 1 2 marzo, si fece bac iare i piedi da quel l i che in passato l ' avevano espulso e detesta
to. Le proprietà ecc lesiastiche sottratte dovettero essere restituite; nei casi dubbi fu
necessario u n verdetto giudiziario , ma i ntanto i territori d i Mati lde dovevano restare
per altri quindici anni in mano all ' imperatore.
Gugl ielmo II venne accettato come re di S ic i l ia, col regno dei Normanni fu concorda
to un arm istizio di qu indici ann i , mentre coi Lombard i , che poterono governarsi da sé
in cambio di alte tasse annuali da versare ali ' imperatore -, la pace definitiva, i mportante
per Federico, venne prorogata di sei ann i , e fu concluso soltanto un arm istizio; il che l i
i rritò assai , tanto che i l Cronista Milanese commentò affermando c h e i l papa aveva
violato la fedeltà verso i suoi alleati . Eppure, ribadisce in una lettera, papa Alessandro si
sarebbe lasc i ato mutilare piuttosto che sottoscrivere una pace senza i M i l anesi. "Tutta
via egl i piantò in asso i Lombardi, reinsediando vescovi già deposti e destituendone
alcuni che gli stesso aveva nom inato" (Narratio de Longobardie obpressione). 55
Certo è che l ' imperatore non accondi scese al papa per pura volontà di pace. In real
tà, dopo l o scisma di dic iotto ann i , le chiese erano disorgani zzate : ubbidienza e fede
erano scosse, e nel Sud del l a Franci a, nella pianura padana e in Toscana fiorivano l e
"eresie". Non fi orivano, p e r contro, le finanze. Il pontefice era costretto a fare collette,
rac imolando quote di IO l i bbre dai conventi di Firenze. "A Roma perfino le offerte dei
credenti , le offerte dei pellegrini sulla tom ba del principe deg l i aposto l i , erano state
537 date in pegno da Alessandro agl i usurai . "
A l l a fine, i l papa sciolse l ' im peratore "cristianissimo" d a l bando, riconoscendo l u i
come imperatore, s u o figlio Enrico come re d i Roma, e approvando anche i provvedi
menti ecclesiastici adottati da Federico i n Germania. L' investitura di pre l at i d i senti
menti imperi al i , avvenuta durante lo scisma, doveva mantenere l a sua validità, i n m odo
che la pos izione di Federico in Germania rimase pienamente inalterata, m e ntre la sua
rigorosa pol i tica di rec upero in Ital ia c rol l ò definitivam ente; a sud delle A l p i , insom
ma, Federico ne uscì i ndubbiamente disfatto . Dinanzi alla bas i l ica d i san M arco l ' i m
peratore fu costretto a baci are i piedi a l papa assiso sul trono, ricevendone d i conse
guenza i l bacio del l a pace. I due antagonisti versarono lacrime di commozione e ascol
tarono risuonare di nuovo intorno a loro un solenne Tedeum : uno scenari o che a torto
venne paragonato a quello di Canossa. 56
Vinto in guerra, Federico uscì addi ri ttura vincitore dalla conc lusione del l a pace, s u
parecchi punti, potendo dec idere i n m isura determ inante s u i futuri eq u i l ibri . I n I tal ia,
l ' ideale imperiale tedesco venne ulteriorm ente consolidato e , oltre a c i ò , ne u scì raffor
zata pure la concezione persegu ita da Federico fin dal l a sua ascesa al trono dei due
Il terzo Concilio Latera no ( 1 1 79) 409
poteri coesistenti in modo pari teti co; talché il papa, di fronte al quale aveva capitolato,
era di nuovo dipendente da l u i . Alessandro aveva lasc iato cadere i suoi confederati , ed
ora g l i restava soltanto l ' imperatore , il quale fomentava la diffidenza tra i Lombard i e
i l papa. Federico fece condurre q uest ' ultimo a Rom a dali ' arc i vescovo Cristiano e dal le
sue truppe; e costrinse anche l ' antipapa Cal l i sto I I I , seppure recalcitrante, a sottomet
ters i fino ad agosto, defraudando tuttav i a ulteri ormente Alessandro del patrimonio ec
clesiastico. 57
Alessandro III si immischiò massicc iam ente anche neg l i affari i nterni di altri reg n i .
S ' i ntrom ise, a d esempio, nel la polem ica tra i l r e Enrico I I d ' Inghilterra ( 1 1 54- 1 1 89 )
e Thomas Becket c h e , come cancel l iere e confidente di Enrico, eseguì la pol itica d e l 538
suo sovrano anche quando essa entrò in rotta di col l i sione con la Chiesa. Come arc i ve
scovo di Canterbury, tuttav ia, Beckett combatté i l re a fianco del papa, cosa che egli
pagò con l a v i ta; quattro caval ieri del re lo ucc i sero nel la cattedrale, i l 29 dicembre del
1 1 70. Alessandro, che in un primo momento - per paura di una convergenza di Enrico
con l ' antipapa Vi ttore - aveva reagito in maniera sconcertante, anzi subdola, dich iarò
santo, già tre anni dopo, il metropol i ta assassi nato. E perseguì con l ' i nterdetto l ' i nge
renza del re di Scozia, Guglielmo I ( 1 1 65 - 1 2 1 4 ), nella questi one de l i ' investitura eccle
siastica. Uomo del suo c uore fu , per contro, Alfonso I del Portogallo, ( 1 1 39- 1 1 8 5 ) ,
noto c o n l ' appellativo di "Conq ui statore", v i nc i tore d e i Mori , fondatore d el i ' ordine
caval leresco di Av iz; a lui Alessandro confermò i l diri tto sulla corona del Portogallo,
naturalmente i n cambio di un giuramento di vassallaggio e di un tributo annuo. 5 H
Alcune delle sue più importanti di spos izioni Alessandro III le assunse nel terzo
Conc i l io Laterano, svoltosi da gennaio a m arzo 1 1 79, frequentato da oltre 400 vescovi
e abati di molti paesi europe i . Per i l q uale è bene sapere che Alessandro v iene per
questo considerato come "il primo grande giureconsulto sul trono papale" (Kel l y ) , es
sendo molte del l e sue dec isioni entrate nel di ritto canon ico.
S u proposta papale, i l conc i l i o decretò l ' applicazione del la forza contro gli opposi
tori dichi arati "eretici", avvalendos i d e l "braccio secol are". Questa di spos izione è r i
volta i n particolar modo a com battere Catari e Albigesi e si fonda sulla parificazione
del l ' eresia col "crimen lesae maiestatis", ossia col del i tto di lesa maestà. Venne proibi
ta l ' esportazione di materiale bel lico e di arm i nei paesi musulman i . I l canone 24 de
cretava: tutti col oro che hanno proc urato ag li infedel i ferro, arm i e legna, o hanno
svolto servizi su nav i corsare saracene, saranno scomunicati , privati dei loro beni e
ridotti in servitù da quel l i che ri usc i ranno a catturarl i .
410 La mite .fig ura del Barbarossa
Innocenza I I I avrebbe ripreso questa legge pochi decenni dopo, nel 1 2 1 5 , e Gregorio
I X l ' assumerà i nfatti nei suoi Decretal i . Anche un antico decreto antigi udaico, che
proibiva ai c ristiani il servizio presso gli ebrei, v iene riconfermato dal Conc i l io , e vie-
539 ne ora esteso anche ai Saraceni (c. 26). I n più, l ' assem blea annuncia una crociata con
tro tutti i nem ici del l a Chiesa: è questo i l primo tentativo di procedere con una c rociata
anche contro i cristiani , per cui ogni combattente otteneva un ' i ndulgenza di due anni
ed ogni caduto l ' assicurazione di eterna beatitudine.
Acqui stò grande significato anche il fatto che i l terzo Conc i l io Laterano riconosces
se ai papi la pienezza del potere (plenitudo potestatis), cioè il predom inio su qualsiasi
potere mondano e terreno. Qui c u l m i na l a megalom ania ierocratica che - i n una l inea
di continuità - porta da Gregorio VII ad Alessandro III ad I nnocenza I I I , il più potente
papa della storia.
Fondamentale, e valida ancora nel X X secolo, divenne la deliberazione che ogni
futura, legalmente valida elezi one papale richiedesse una m aggioranza di due terzi dei
cardinal i . Clero e popol o restavano così definiti vamente esclusi . . . i n c rassa contraddi
zione con le tradizioni più antiche. 5 9
Solo con l ' ai uto del le arm i tedesche, d ' al tronde, papa Alessandro era rientrato nella
sua sede vescov ile. E, subito dopo i l conci l i o Laterano, dovette cedere di nuovo alla
m unic ipal ità repubbl icana e poté trattenersi nei di ntorn i di Roma solo grazie alle trup
pe del l ' arci vescovo Cristiano. Quando questi , nel settembre del 1 1 79 , cadde prigionie
ro per un anno, g l i avversari di Alessandro elessero immediatamente i l cardinale Lando
di Sezze - un anno dopo la sottom issione di Cal l isto - a nuovo (e quarto) antipapa c o l
n o m e di Innocenza I I I ( 1 1 79- 1 1 80). I l quale, tuttav ia, restò in carica s o l o pochi m e s i i n
u n castello tra Palom bara e Roma, i n u n piccolo forte che apparteneva a d un frate l l o
del l ' antipapa Vittore IV. Senza tanti scrupo l i , e versando una somm a ingente, Alessan
dro com prò dal proprietari o ogni cosa: i l suo rivale col suo piccolo seguito insieme col
castello, facendo poi scom pari re i l fratel lo i n Cristo, prigioni ero a v ita, nel monastero
La Cava.
Alessandro I I I , per i l quale - nonostante il suo crescente potere - Roma restò sem
pre un terreno scottante , morì i l 30 agosto 1 1 8 1 nel borgo d i C i v ita Caste l l ana, presso
Viterbo. S i era sempre vantato di non aver mai fatto guerra in prima persona . . . s i cura
mente, perché aveva fatto sì che gli al tri si dissanguassero per l u i . Eppure, con tutti i
540 suoi i ntrighi, titubanze e osc i l lazion i , con tutti i suoi al leati vecch i e nuov i , non ri u scì ,
nemmeno con lotte decennali, ad avere la meglio su l l ' imperatore. Il q uale, è vero, non
aveva conqui stato i l meridi one d ' I talia e sui Lom bardi aveva m antenuto n u l l a più c h e
l ' egemonia suprema; p e r i l resto, tuttavia, aveva consol idato i l suo regime i n Italia e
restava pur sempre, indiscutibi lmente, il primo sovrano del l ' Occidente.
Tra le sassate e le maledizioni di coloro che, fi no a poco prima, gli avevano bac i ato
ancora i piedi , la salma di Alessandro venne tum u l ata nel la sua c i ttà vescovi l e . L' i nc o -
Il terzo Concilio Latera no ( 1 1 79) 41 1
ronazione del suo successore , i l vescovo l ucchese Uberto di Ostia, chiamato ora Lucio
I I I ( 1 1 8 1 - 1 1 85 ) , fu impossibile i n Roma. Dove i l nuovo papa, di massima, riuscì a
risiedere solo durante un inverno ( 1 1 8 1 - 1 1 82 ) . Altrimenti tenne la sua residenza per
grande parte in quel di Vel letri , ad Anagn i ; e dopo appena due anni si trovò in guerra
aperta con la c ittà. I Romani devastarono le località del la Campagna, nel la m i sura i n
cui erano ancora fedel i al papa, dev astarono la regi one i ntorno a Tuscol o e m i sero a
fuoco i l Lazio, essendo il loro odio verso i preti così grande che una volta cavarono g l i
occ hi a d un gruppo di essi , mettendo l i su degli as i n i , appendendovi m i tre di pergamena
con nom i di cardinal i , e spedendo così al papa il pietoso corteo guidato da uno di loro
salvato dal l ' accecamento. 6 0
Luc i o I I I , diplomatico assai esperto e già attempato, da vescovo di Ostia già seguace
e sostenitore di Federico, di fronte ai di sordini ital ian i , alle "eresie" che spuntavano da
tutte le parti, incalzato dalle pressioni sui c ristiani da parte del Sal adino in Terrasanta,
dovette a m aggior ragione ora, da papa, cercare l ' appoggio del l ' imperatore. Scacciato
da Roma i nsieme a tutta la curia, incontrò i l monarca degl i Hohenstaufen nel l ' ottobre
del 1 1 84 - nel sua sesta ed ultima campagna d ' Ital ia - a Verona, dopo averlo colà
aspettato quasi tre mesi. Ali ' incontro presenziarono anche i l Patriarca di Gerusalemme
da tempo accerchiata, accanto ai Grandi Maestri deg l i ordini Templari e dei Geroso
l i m i tani. Per l ' occasione, tutti cercarono di stimolare adeguatamente il regnante per
mezzo di sensaz ional i , impressi onanti rapport i . Nondimeno, anche se l ' i m peratore an
nunc i ò una croc iata e i due "luminaria" del mondo occidentale pretesero un i naspri
mento della lotta contro gli "eretici" (i di ssenzienti ri voltosi dovevano essere scomuni
cati, quindi consegnati al "braccio secolare", i l che passò nel Decretale "Ad abolendam"
del 4 novem bre, definito per l ' occasi one la Carta del l ' Inquisione), non si raggi unse 541
tuttav ia nessuna intesa con la Curia.
I desideri di Federico, riguardanti la successione al trono di Enrico di Svevia e i beni
di Mati lde, incontrarono scarso favore. E la sua pol itica per l ' Ital ia, fondamentalmente
nuova, la riconc il iazione coi Normanni, il legame matrimoniale tra Sicilia e Hohenstaufen
del suo 1 9enne figlio, re Enrico V I , con la trentenne Costanza d ' Altav i l la, figl i a di re
Ruggero I I , - lo sposal izio dei quali sarebbe stato celebrato nel la Milano ormai simpa
tizzante per l ' impero e da Federi co ricolmata di favori propri o perché "spelonca di ere
tici" (fovea haereticorum) -, tutto ciò i rritò forse meno la maggi oranza del collegio
cardinal izio, anche se era stato lo stesso papa Luc io ad avviare e a sostenere q uesti
mutamenti. L' opposizione s ' i mpose e le trattative avviate a Verona naufragarono 6 1
Il c l im a tra Curia e corte imperiale peggi orò assai rapidamente quando, dopo la
morte di Lucio III i l 25 novembre del 1 1 85 a Verona, l ' arci vescovo m i l anese Uberto
Crivel l i , i cui parenti l ' imperatore aveva duramente coinvolti nel la di struzione di M i la
no, succedette ali ' unanimità col nome di Urbano III ( 1 1 85 - 1 1 87 ) . Il q uale fi nse di vo
lere pace e riconc i l iazione, facendo proseg uire le trattative con Federico e ri badendo
412 La mite figu ra del Barbarossa
perfino con g i uramento di non riconoscere il suo avversario di Trev i ri . Nel contempo,
però, sobil lava i vescovi tedeschi contro il monarca, i n particol are contro i l suo diri tto
ad i ncassare le entrate di vesc ovi e di monasteri dimessi, nonché l ' eredità di pre l ati
morti senza testamento. Addi rittura, nella polemica vescovile d i Treviri, a di spetto del
suo gi uramento e dei d i ritti del l ' Impero, egl i consac rò personalmente il nem ico del
l ' i mperatore nel l ' estate del 1 1 86 ad arc ivescovo, augurandosi ol tretutto anche una ri
presa del la l otta dei Lom bardi contro Federico. Solo che i rapporti precedenti s i erano
capovolti : ora Cremona era diventata l ' avversario e M i l ano l ' alleato.
Quando nel 1 1 86 Cremona si sollevò contro l ' imperatore, papa Urbano promosse
agitazioni in tutta Ital ia contro i l sovrano, proibendo a vescov i e comuni, sotto m inacce
di punizion i , di partec ipare alla l otta contro Cremona che l ' imperatore iniziò i n m aggio
542 e che concl use vittoriosamente in appena tre settimane, sostenuto da altri alleati lombardi.
Quind i , nello S tato del l a Chiesa, suo fig l i o Enrico sottom ise borghi e c i ttà; e quando
Urbano, confinato a Verona, cercò di sobi l l are l ' epi scopato tedesco contro il sovrano,
la schiacciante maggi oranza si negò di nuovo, entrando compatta - durante l a dieta
imperiale nel novembre 1 1 86 - nel la nuova reggia in Gelnhausen al le spalle del monar
ca H ohenstaufen.
Solo l ' arc i vescovo di Colonia Fi l i ppo di Heinsberg , i l più potente principe ecclesia
stico del l ' impero, già fedele servi tore del l ' imperatore, v i si oppose. Dopo i l grande
ampliamento del suo terri torio col ducato di Westfalia, il prelato portò avanti sempre
più i ntensamente i suoi progetti, venendo a collidere con g l i i nteressi sia econom i c i sia
strateg ici di re Enrico. I l papa si era nascosto spec ialmente dietro i l vescovo allo scopo
di fomentare l ' oppos izi one in Germ ania; il prel ato di Colonia aveva intrapreso relazio
ni proditorie anche con la Franc ia, con l ' Ingh ilterra e con Enrico i l Leone . A l l orché
l ' i mperatore g l i intentò un processo per alto tradimento, nel marzo del 1 1 8 8 , l ' arc ive
scovo lo supplicò della grazia nel g iorno del l a "dieta di Gesù Cristo". Già prima, però,
papa Urbano, deluso dal l ' attegg iamento del clero tedesco, aveva preso almeno este
riorm ente la via del ritorno; ma forse aveva atteso i n gran segreto una nuova pos s i b i l ità
di lotta (giacché lo si riteneva capace , almeno nei circoli inform ati , di decisioni estre
me). In tale congi untura, però, papa Urbano morì a Ferrara i l 20 ottobre del 1 1 8 8 .
Quando i l successore Gregorio V I I I i ncom inciò i l s u o pontificato, c h e sarebbe dura
to solo due mesi (2 1 . 1 O - 1 7 . 1 2 . 1 1 87 ) , gi unse in Europa l ' i nfausta notizia del l a caduta
di Gerusalemme, avvenuta i l 2 ottobre del 1 1 87, che emozi onò straordinari amente g l i
anim i, colmandoli di sensi di colpa, di rimorso e d i vendetta. Ma l a perdita del l a c i ttà e
la disfatta precedente del l ' armata cri stiana - la più grande concentrazione di c roc i ati
mai messa i n campo nella battag l i a d i Hattin (vicino a Tiberiade in Gali lea) avvenuta il
3 e 4 luglio 1 1 87 - portò alla riconqu ista m usulmana d i Gerusalemme e alla fine del
primo regno crociato i n Medio Oriente. E segnò insieme l ' inizio del la più grande fra
62
543 tutte le crociate.
Note 413
NOTE
Acerb. Mor. 1 1 62
N i ceta Coniate c i tato in Card i n i 2 5 6
Card i n i 9 2 s .
Lod . Anon. 1 1 67 . Narr. de Longob. o bpress . 1 1 59 ss. Otto Mor. 1 1 5 5 , 1 1 60 s .
Otto v . Fr. Gesta l , l s s . L M A I V 93 1 , 9 5 9 , 2 0 8 3 , V 7 9 8 , V I 1 5 8 1 s . V I I 40 1 s . Hampe 1 40 s s .
Haller, D a s altdeutsche Kaisertum 1 3 2 s . Meyer-Gebel 2 1 7 ss. Appe l t 1 79 . U . Schmidt, Kiinigswahl
und Thronfolge 1 34 s s . Cfr. anche l a nota precedente.
Otto v. Fr. Gesta, Pro l . Cfr. Friedrichs I . Brief an Otto, in: Schmale, B ischof Otto von Freising und
Rahewin 2, 82. Taddey 909
K e l l y 1 9 0 . LMA IV 9 3 1 . Hampe 1 4 7 ss. H a l l e r, Das a l tdeutsc h e Kaisertum 1 3 6 . J o rd a n ,
ln vestiturstreit 1 1 4 s . Card i n i 68 s . 7 6 , 9 4 s . Appe l t 1 8 0 s .
Otto v . Fr. Gesta Pro l . 2 , 1 2 ss. 2 , 1 7 s s . Narr. de L o n go b. obpress. 1 1 5 5 . Otto M or. 1 1 54. L M A V I I I
8 8 3 . Hall er, D a s a ltdeutsche Kaisertum 1 3 6 s s . I d e m , I I I 90 ss. Jordan, lnvestiturstreit 1 1 7 s s .
K o c h 2 8 1 . Appelt 1 77 , 1 8 0. M il l ler- Merte n s , Reich un d Hauptorte der Salier 1 48 annovera b e n 1 9
campagne i n Italia i n t raprese dag l i Ottoni e dai Sal i i . - R i g uardo a l l a crescita e d a l l ' espans ione
delle ci ttà i taliane: S prande l , Ve1jassung 1 02 ss. S u l l ' origine e sulle condizioni delle c i t tà a nord
delle A l p i , ihidem I l O ss.
Otto v. Fr. Gesta 2 , 2 1 ss. Otto Mor. l l 54 s . Narr. de Longob. obpress . l 1 5 5 . Schmale, B ischof Otto
l ' O l i Freising un d Rahewin 336, nota 67 Card i n i l 00 s . Cfr. anche l a nota precedente.
'" Otto v. Fr. Gesta 2,30 ss. Otto Mor. I I 55 . Gerh. Reichersp. De investig. Antichr. l ,40. Kelly 1 90 ss.
LMA IV 1 823. Gregorovius Il/l 220 ss. Hampe 1 52 s. Haller, Das altdeutsche Kaisertum 1 40 s. Idem,
III 90 ss. Jordan, lm·estiturstreit 1 1 8 . Heer, Kreuzziige 89 s . Wol l schliiger 226. Cardini l 03 ss.
11
Helm. v. Bosau 8 1 . K e l l y 1 9 1 s. Gregoro v i u s I l/ l , 223 s s . Holtzmann, Der Kaiser a/s Marscha/1 1
ss . . 6 s s . 20 s s . 36 s s . 44 ss. Hampe 1 5 3 s. Koch 2 8 2 . Card i n i l 05 s. Appelt 1 8 2
" Otto v. Fr. Gesta 2 , 3 5 . Otto M o r. l l 5 5 . K e l l y 1 9 1 s. Card i n i 207 s s . 2 1 O ss. Secondo Metz 362, le
" n u merose imprese be l l iche della nobiltà face vano parte i n tegrante della ' essenza stessa del l ' ari
stocraz i a " '.
'-' Otto v. Fr. Gesta 2 , 3 3 ss. 2 , 3 6 s. Otto Mor. 1 1 5 5 . Gregoro v i u s I l/ l 2 2 7 s s . Hampe 1 5 1 . Haller I I I 9 5
s . Jordan, lnvestiturstreit 1 1 8 s . S c h m a l e , ltalische Quellen I l . Ttipfer 1 74 . K o c h 2 8 1 s . A p p e l t 1 8 2
14 Otto v. Fr. Gesta 2,39 s. Hal ler, Das a ltdeutsche Kaisertum 1 4 1 s . , Idem I I I 96. Jordan, ln vestiturstreit
1 1 9 . Ttipfe r 1 74 . Koch 2 8 2
" S e g u o i n l arga m i s ura Card i n i 1 1 4 s s .
16
O t t o v. Fr. G e s t a 2 , 5 1 . G u i l . Tyr. l 8 , 7 s s . O t t o Mor. 1 1 5 5 . Haller I I I 9 7 . Card i n i 1 1 9
17
LMA I X 1 3 2 . ( q u i si c i ta Ugo Falcandu s ) . Seid lmeyer 1 32 . Hampe 1 54 s . Hal ler, Das altdeutsche
Kaisertum 1 44 s . Idem, III 9 7 s . Jordan, lnvestiturstreit 1 1 9 s . Heer, Kreuzziige 1 03 . G rebe 2 7 .
Card i n i 1 1 8 s . K o c h 2 8 2 s . Appe l t 1 8 2
" Rahewi n 3 , 1 0 ss. 3,26. LMA IV 1 4, V I I 4 1 8 s. Hauck IV 2 2 3 ss. Hampe 1 54 s. 1 5 7 s. Hall er, Das
altdeutsche Kaisertum 1 46 s . Idem, I I I 1 00 ss. Jordan, lnvestiturstreit 1 26 . Grebe 27. Ttipfe r 1 75 s.
Card i n i 1 2 2 ss. Koch 284. Appe l t 1 8 2
10 Rahewi n, Gesta 3 , 1 2 s . 3 , 1 9 s . 3 , 2 6 s . Hampe 1 5 0. Hal ler, D a s a ltdeutsche Kaisertum 1 47 s s . Idem,
I I I 1 04 s s . Jordan, lnvestiturstreit 1 26 . Card i n i 1 26 s . Appe l t 1 84
211
Rahew i n , Gesta 3 , 3 0 ss. Otto Mor. 1 1 5 8 . Narr. de Longob. obpr 1 1 5 5 s s . Card i n i 1 22 s . I 2 9 ss. 1 40
21 Rahew i n , Gesta 3 ,2 1 ; 3 , 2 9 ; 3 , 34 s s . Otto M o r 1 1 5 8 . Narrai. de l o n g . obpr. Card i n i 1 3 1
-- Otto M or. 1 1 5 8 N arr. de Long. obpr. 1 1 59 . Hal ler, Das altdeutsche Kaisertum 1 49 ss. Card i n i 1 3 1
s . 1 34 , 1 44
1·' Rahe w i n , Gesta 4, 1 8 ss. 4 , 2 5 . Narr.de Long. obpr. 1 1 59 . K e l l y 1 92 . Hauck IV 226. Hal ler, Das
414 La mite fig u ra del Barbarossa
s s . Jordan, lnvestiturstreit 1 34 s .
., LThK I I I 426. L M A I I I 1 52 1
4' H i s t . d u c u m Ve ne!. SS 1 4, 78. JW 2 ,426 s s . Acerbus Mor. 1 1 63 s. Lod. Anon. ('?) 1 1 64 s. 1 1 67 .
K e l l y 1 9 5 s . LT h K I I 1 1 3 3 . L M A I I 1 9 1 O, V l 1 3 5 2 , V I 1 7 5 3 , V I I I 1 5 68 s . Gregoro v i u s I l/ l , 240.
Dav idsohn I 489 s . Hampe 1 7 3 s . Hall er, Das a ltdeutsche Kaisertum 1 63 ss. 1 67 . Idem, III 1 3 3 s.
Jordan , ln restiturstreit 1 3 7 , 1 43 . Schmale, ltalische Quellen 207 nota 74. Appelt 1 88 s.
4·1 Acerbus Mor. 1 1 64. Lodes. Ano n . ( '? ) 1 1 67 . Ann. Ceccan . S S 1 9 , 2 8 5 . Boso, LP 2 ,4 1 2 s . LT hK VB
284. Gregoro v i u s I l/ l , 24 1 . Davidsohn I 499 . Hampe 1 7 5 . Halle r, Das altdeutsche Kaisertum 1 68.
Idem, I I I 1 3 4, 1 46. Jord a n , Im·estiturstreit 1 3 7 . Schmale, /ta/ische Quel/en 8 s s .
" Hampe 1 74 s . Hall er, D a s a ltdeutsche Kaisertum 1 67 . Idem, I I I 1 43 s . Jordan, Im·estiturstreit 1 3 8
s. Appelt 1 88
" Lod . Anon. ( ? ) 1 1 66 s. Narr. De Long. obpr. 1 1 67 . LMA I I 5 3 5 s. G regoro v i u s I l/ l , 242 s. Hampe
1 76 s. Haller, Das altdeutsche Kaisertum 1 69 s . Idem, I I I 1 89 . Card i n i 1 94
4" Lod . Anon. ( ? ) 1 1 67 . Gregoro v i u s I l/ l , 243 s. Hauck IV 208. Haller, Das altdeutsche Kaisertum
1 70 ss. Idem, I I I 1 48. Lautemann 424. Card i n i 1 94
47 Lod . A n o n . ( ? ) 1 1 67 . L M A IV 960. G regoro v i u s I l / l , 244 s s . Hampe 1 7 7 . Hal ler, Das a ltdeutsche
Kaisertum 1 7 2 . Ide m , III 1 48. Card i n i 1 96 s . S u Roma in qualità d i fort i fi cazione (''Romana arx")
c fr. R. Schieffer, Mauern , Kirchen und Tiirme 1 29 s s .
" Lod . Anon. ( '? ) 1 1 67 . Gregorov i u s I l/ l , 247. Hampe 1 47 , 1 7 7 . Hal ler, D a s a/tdeutsche Kaisertum
1 7 2 s . , Idem, I I I 1 4 8 . Card i n i 1 9 7 s. Appe l t 1 89 . Quanto alle epidemie nel Medioevo, più general
mente, s i veda K e i l l 09 ss. Ed inol tre anche D i rl meier 1 50 s s .
4 <J Lod . Ano n . ( ? ) 1 1 67 . v. Wi l pert l 7 3 . Menzel I 4 1 1 . H a u c k IV 226. Hampe 1 5 5 s s . G rebe 25 s s .
50 Narr. de L o n g . obpr. 1 1 67 . L o d . A n o n . (? ) 1 1 67 s . LMA V 2 1 00. G regoro v i u s 1 1/ 1 , 2 4 7 s . Hampe
l n s s . Hal ler, Das altdeutsche Kaisertum 1 74 , 1 7 7 . Idem, III 1 49 . Jordan, Im·estiturstreit 1 40 s.
Card i n i 1 98 s s . Appe l t 1 89 s.
" Menzel I 4 1 3 . Hauck I V 274. Dav idsohn l 489 s . Hampe 1 8 1 s . Hall er, Das altdeutsche Kaisertum
1 77 s . Jordan, f11 1·estiturstreit 1 42 ss. Card i n i 20 l s . Appe l t 1 90.
" LP 2 ,420 s . Kel l y 1 96 s . LMA I 353. Gregoro v i u s I l/ l , 240, 253. Haller, Das a /tdeutsche Ka isertum
1 79 . Card i n i 204 s s .
53 LMA I V 556. Menzel I 4 1 6 . G regoro v i u s I l / l 2 4 8 ss. Davidsohn l 5 1 9 s. 5 3 8 . Hal ler, D a s altdeutsche
Kaisertum 1 8 1 , 1 98 s. Idem, III 1 7 3 K och 290
" Narr. de Long. obpr. 1 1 74 s . LMA I I 1 809 , V 1 806. Menzel I 4 1 6 ss. Gregoro v i u s I I / l 249 s.
Hampe 1 82 ss. Hal ler, Das a/tde utsche Ka isertum 1 8 1 ss. Idem, I I I 1 74 s. Jordan, lnrestiturstreit
1 48 . Koch 290. Appelt 1 90 s.
" LMA I 567 s. V I I I 14 7 1 . Hampe 1 86. Hal ler, Das altdeutsche Kaisertum 1 89 s . Idem I I I 1 76 s s .
Jordan, /111·estiturstreit 1 48 s . K o c h 2 9 0 . Engel s , D i e Staujér 92 s . Card i n i 2 1 6 s s .
"' Bo so LP 2,43 3 . MG C o n s t . l , 2 4 9 s . l ,259 s s . l , 349 ss. R o m u a l d S S 1 9 ,443 ss. Narr. de Long.
obpr. 1 1 7 7 . L M A l 568, VIII 14 7 1 . Menzel I 4 1 8 s s . Gregoro v i u s I l/ l , 2 5 1 s . Hampe 1 87 s s . Hal ler,
Das a ltdeutsche Ka isertum 1 8 9 s s . Idem, I I I 1 76 ss. Jordan, lm•estiturstreit 1 48 s s . Card i n i 2 1 6 s s .
22 1 s . Koch 290 s . A p p e l t 1 9 1 s . Enge l s , Die Staufer 9 3 , 9 7 . S u l l a p a c e d i Ve nezia nei partico lari :
Rom. Salern. Cfr. anche il re l at i v o estratto in F. - J . Schmale, Qu ellen :. d. Italien:iig e n .
" L M A I I 1 3 9 8 . Gregoro v i u s I I/ l 2 5 3 . Hampe 1 8 8 ss. Haller, D a s altdeutsche Kaisertum 1 9 1 s . Idem,
III 1 79 s s . Appe lt 1 9 1 s.
" K e l l y 193 s . LMA I 404, I V 2050 s . VIII 702 s .
5° K e l l y 1 9 2 s s . L M A V 1 74 1 s . Gregoro v i u s I l/ l , 2 5 4 . Grupp I I I 2 7 7 . Haller I I I 1 81 . Card i n i 225 s .
Kolmer, Ch ristus als heleidi!!,te Majestiit 9 s . Cfr. anche Patschovsky 3 1 7 s s . e ( benché tal v o l ta
penosamente apologetico) Trusen 435 s s . Lea 9 1 s .
'" JW 2,43 1 . Kelly 1 94. LMA V 4 3 4 . Gregoro v i u s I l/ l , 2 5 4 , 256. Hampe 1 90 s . Hal ler, D a s altdeutsche
416 La m ite .figura del Barbarossa
"Se Voi però mi ch iedete quale s i a il bene del l a pace, a l l ora vogl iamo
restitu i rv i l a Santa Croce, e vogl iamo donare l a l i bertà a tutti i prigionieri cristiani ,
che sono i n tutto i l nostro paese; e vogliamo con Voi man tenere l a pace
e concedere a Voi un sacerdote pre s s o l a tomba, e restituirvi t utte l e abbazie,
che a l tempo dei pagani furono Vostre, facendo l oro del bene,
e permettere che i pel l e g r i n i vengano i n tutte l e nostre terre ,
e vogl ia m o con Voi con servare la pace . "
S a l a d i n o a Federico B arbarossa ·' 545
418 La terza Crociata ( 1 1 8 9 - 1 1 92 )
L a cosiddetta terza Croc iata si svolse esattamente quattro decenni dopo la seconda. I n
Oriente, tuttav ia, finita l a seconda, le arm i non avevano mai riposato. Allo stesso modo,
in Occ idente , di rado avevano tac i uto i predicatori del l a c roc i ata; a cominci are dai papi
- con le loro bolle, dec reti , moniti - dai vescov i , dai legati spec i al i , dai propagandisti
autorizzat i , giù g i ù fino ai parroci e a cons i m i l i ag itatori e arruffapopo l i . Emergevano,
tra i numerosi demagoghi, il cardinale Enrico di Albano, il patriarca di Gerusalemme,
i Grandi Maestri dei due Ordini caval lereschi (o, come molti ritengono, deg l i ord i n i di
cavalieri predon i , che poi fa lo stesso). Già sul volgere del XII secolo, questa spec ie d i
cristiana predicazione bel licista appari va organi zzata i n tutta l ' Europa.
Già nel 1 1 50, subito dopo la catastrofe del la seconda Croci ata, Bernardo di Chiaraval le
ebbe la sacrosanta sfacciataggine di predicare a Chartres un ' ul teriore guerra croc i ata.
E lo stesso A lessandro III, seppure costretto a confrontarsi con quattro antipapi - Vittore
IV, Pasq uale I I I , Call i sto I I I e Innocenza I I I di beata memoria - trovò ancora tempo e
modo, malgrado o a causa del la lacerazione del l a Chiesa, di bandire nel 1 1 65 una nuo
va spedizione croc iata. E ritornò pure alla carica nel 1 1 69 . Anzi, Gregorio V I I I , pur
pontificando nel l ' autunno del 1 1 87 solo per due mesi, pers ino in così breve tempo
lanc iò fuoco e fiamme sul mondo medi ante due bolle i nc itanti alla croc iata, alimentan
do l ' impresa vol uta da Dio con l ' au s i l i o di ben sette enc icl iche.
Né potevano m ancare, in modo appropriato a fini di questo genere, prom esse e m i
raggi . Di rado, quindi, codeste bol l e foriere d i croc iate , fin dal l a metà del l ' XI secolo
(per l a Spagna dal 1 063), erano avare d i "ostentazioni di grazie". In due bolle, del 1 1 69
e del 1 1 8 1 , ai com battenti croc iati che guerreggi ano per due anni v iene concessa u n ' in-
547 dulgenza plenaria, mentre agl i altri , che combattono solo un anno, v iene condonata
solo la metà del l a penitenza. Una contabil ità conseguente. In realtà, già verso la fi ne
del XII secolo si poteva ottenere l ' i ndulgenza del l a croce non soltanto versando indi v i
dualm ente i l proprio sangue, ma versando anche q uattrini ! La faccenda s i andava
capitali zzando i n maniera sem pre più ingegnosa, sempre più spaventosa e lucrati va. 4
Le potenze d ' occupazione stab i l i te in Oriente effettuavano croc iate già di propri a i n i
ziativa.
Amalrico I , re di Gerusalemme ( 1 1 63 - 1 1 74), con l ' appoggio di Bisanzio, da dove
proven iva la sua seconda moglie, i ntraprese non meno di c i nque spedizioni contro
l ' Egi tto, neg l i anni 1 1 63 , 1 1 64, 1 1 67 , 1 1 68 e 1 1 69. A B i lbais, ad est del delta del N i l o ,
eg l i massac rò n e l 1 1 68 l ' i ntera popolazione. L e s u e offensive n o n produssero i n vero
ri sultati duraturi , ma fruttarono certi vantaggi temporanei ovvero " ricco botti no, alti
tributi e notevoli agevolazioni commercial i " (Zo l l ner); nel l a c i ttà del Cairo, per q u a l -
Feudali avanzi di galera nella "Santa Terra " 419
che tempo, perfino una guarnigione cristiana, e i n Alessandri a almeno una bandiera
cristiana sulla somm ità del faro. Quando re Amalrico, che aveva incitato l ' arc ivescovo
Gug lielmo di Tiro a scrivere la cronaca del suo regno, dopo i l massacro di B i lbais
comparve davanti a Fustat (già capitale araba d ' Egitto per ol tre trecento ann i ) , gli abi
tanti stessi appiccarono i l fuoco a l l a c i ttà c o n venti m i l a bari l i di petrolio e diec i m i l a
fi accole, i n m odo tale c h e le fiamme ne vennero alimentate p e r c i nquanta giorni. 5
Tra i personaggi che agirono nel m odo più smaccato e spregi udi cato sulla scena
rel i giosa del ! ' Asia M inore fu senza dubbio Rai naldo di Chatil lon, di venuto signore e
pri ncipe del l a Transgiordania dal 1 1 5 3 , grazie al m atrimonio con Costanza, signora
assol uta di Antiochia. " Uno dei Franchi più potenti e più sce l lerati ", lo definisce una
fonte m usulmana, aggi ungendo che si era rivelato "uno dei peggi ori nem ici dei Musul
man i " . Più l apidario, nei suoi riguardi, è Hans Wollschlager: "un predone cristiana-
mente battezzato". 548
I l feudale pendaglio da forca, col quale si coali zzano Templari e Gerosolimitani -
uno dei banditi cattolici emblematici del ! ' epoca, anzi di tutta l ' epopea crociata - avev a
il controllo di im portanti vie commerciali e del le vie di pel l egrinagg io deg l i "i nfedel i",
i n particolare dei traffic i tra Egi tto e S i ria. Devastando, bruc iando, amm azzando , ope
rava scorrerie anche durante g l i arm isti z i , assalendo navi di pel legri ni m usulmani, at
taccando trasporti diretti alla Mecca e grandi carovane, una del l e quali eg l i annientò
una volta fi no al l ' ultimo uomo. Seviziava e torturava viaggiatori inerm i , li gettava in
buie segrete gridando loro : "Dite al vostro Maometto che venga a tirarv i fuori ! "
Rainaldo d i Chati l lon condusse l e sue operazioni anche v i a mare. Nel 1 1 56 organiz
zò una razzia perfino contro l a Cipro cristiana, che apparteneva a B i sanzio. Per tre
setti mane vi sterm inò gli abitanti cristiani nel la m aniera più agghiacc iante e devastò
l ' isola in modo tale che - per dirla col cattolico Hans Ki.ihner - "non si riebbe m ai più
da quelle ferite". Anche nel Mar Rosso condusse una guerra aperta con l ' impiego di
galere veloc i . Persino la sua prigionia musulmana, durata sedici ann i , che scontò i n
Aleppo tra i l 1 1 60 e i l 1 1 76, n o n raffreddò i l s u o bollente sangue cristiano. Benché
inutil mente, si scagliò q u indi contro la Mecca, con l ' obiettivo di annientarla.
Nella Transgiordania, con le sue tradi zional i imboscate alle carovane commerc i al i ,
Rainaldo cooperò anche con bande di bedu ini. N e l 1 1 87 , un attacco a d una d i quelle
carovane - nella q uale pare si trovasse l a sorella del Saladino, per cui q uesti giurò di
decapi tare di sua mano i l cavaliere predone - ebbe come conseguenza addirittura la
rov ina del Regno di Gerusalemme; S al adino ammassò infatti un immenso eserc ito e
già nel lo stesso anno - i l 4 luglio del 1 1 87 - conseguì sul campo la sua più grande
vittoria, presso la località (sommersa) di Hattin, sul lago di Tiberi ade . La Siria conqui
stata dai Franchi crollò quindi definitivamente. 6
Nel corso del secolo X I I , molte local ità de lla "Terra S anta" vennero conq u i state,
perdute e riconqui stare più di dieci volte; i raccolti dati alle fiamme, gli animali razziati,
420 La terza Crociata ( 1 1 89-1 1 92 )
g l i abitanti massacrati. L a guerra v ' infu riò senza tregua; e i c ristiani ivi residenti , dopo
le crociate, v i tri bol arono natural mente assai più di prima, giacché ora venivano ridotti
549 i n schiavitù o ucc i s i solo perché cristian i .
A poco a poco, l a resi stenza musulmana s i fa sempre p i ù forte e organi zzata; e d è i n
q uesto processo c h e i m i l itari turc h i , distintisi come comandanti di piccol i reparti , so
vrastano di gran l unga i prìncipi arabi . Dopo che già Nur ad-Din, dal l a metà del X I I
secolo, respinge i nesorabi lmente gli invasori cristian i , dopo aver ripreso Antiochia nel
1 1 49 senza combattere , e Damasco nel 1 1 54, fa l a sua comparsa il nipote di uno dei
suoi capi su bai temi - AI-Malik al-Nasir Sal h ad-Din Yusuf, conosc i uto universalmente
col nome di Saladino - che prosegue v ittoriosamente l a "santa guerra" . Di lui scri ve il
biografo Baha ad-Din, funzi onario e confidente di Saladino, che traccia il ritratto certa
mente più esauriente dello straordi nario personaggi o : "La brama del l a guerra santa
conq uise a tal punto i l suo cuore e tutti i suoi sensi che egli non parlava d ' altro che di
q uesto, e di nul l ' altro si prese cura se non di arm amenti e soldati per l a guerra santa". 7
Il sultano Sal ah ad-Din ( 1 1 3 8- 1 1 93 ), fondatore del l a dinastia curda degl i Ayyubiti,
fu inizialmente un comandante di truppa del sultano zangida Nurad-din (Norandino) d i
Damasco, morto n e l 1 1 74, d e l q u a l e usurpò i l potere. Sembra dunque c h e Saladino
riuscì a liqu idare i l vecchio reg ime mediante i l solito terrore, ottenendo i l consol i da
mento del suo potere per mezzo di uccisioni e massacri ; cosa che egl i cercò di legitti
mare col fatto che lui - applicando del resto una ricetta governativa g i à di Nurad-di n ,
anzi già d e l padre di costui - fece s u o i l pensiero del l a "santa guerra" contro i croc iati ,
agendo come propugnatore del l ' I s lamismo. Seppure g l i stesse certamente p i ù a cuore
la gu ida di un grande impero su basi islamiche, più che I ' Islam in se stesso, S al adino
era tuttav ia un musulmano credente, un despota di grandi capac ità e, tutto sommato, d i
gran l unga superiore - p e r integrità m orale - a tutti quanti i prìncipi c roc i at i . Che poi i
cristiani lo demoni zzassero fi no al parossismo, bol landolo di epiteti come "cane di
Babilonia", "figl i o del l a perdi zione", "belva grondante di sangue" e sim i l i , si com
prende da sé.
S u l l e prime, a quanto pare, Saladino ricercò una certa coesistenza, sulla base d i uno
status qua, con g l i i nvasori . Ad ogni modo egl i stipulò, nel 1 1 80 e nel 1 1 85 , un arm i sti
zio con i Latini , che rispettò - aveva sempre mantenuto l a sua parola - anche coi nem i -
550 c i ; e ciò i n netto contrasto c o i capi cristian i . Così era stato subito, p e r esempio, c o n
Rainaldo di Chat i l lon, c h e n o n si curava di intese di alcun genere, violando senza scru
pol i i patti e che, ancora poco prima del l a sua decapitazione ord i nata da Salad in o, lo
sbeffeggiò rinfacciandog l i : "Questa è appunto usanza e costume tra i m onarc h i ; non ho
fatto che seguire un camm ino percorso da tutti " 8 • Così era nel l a realtà. Non è forse
vero che promesse e giuramenti ven ivano sempre violati dai potenti catto l ic i , s i a l a i c i
c h e religiosi, i quali agivano i n tutto e p e r tutto secondo i loro interess i , comportandosi
senza scrupol i di sorta?
" . . . come gazzelle li ahhattemnw " 42 1
In una controffensiva, Saladino, i l piccolo curdo c ieco da un occhio, ributta i caval ieri
di Cristo sempre più i ndietro. Nessun dubbio sul suo obietti vo: Gerusalemme. Già nel
1 1 70 aveva i ntrapreso un primo attacco al regno c ristiano. Colà, nel 1 1 85 , era morto
Baldov ino I V, un lebbroso ragazzo incoronato, il quale persino da moribondo difende
il suo reame i n un m odo che costringe al i ' amm i razi one anc he l ' avversario musul mano.
Sotto i l suo successore, tuttav ia, i l tanto attraente quanto incapace Guy de Lusi gnano,
e sotto la sua corrotta cam ari l l a di corte, i l regno di Gerusalemme collassa nel giro di
due ann i .
È a questo punto che Saladino v iene a l l a ribalta.
A fine gi ugno del 1 1 87 varca il Gi ordano . La sua flotta egiziana m i nacc ia i ri forni
menti cristian i . Con un' operazione fu l m i nea, i l 2 1uglio del 1 1 87 , Saladino s ' impadro
nisce di Tiberi ade . L' esercito cristiano si avvici na, agl i ordini di Guy de Lusingano,
che ha assunto il com ando supremo e privato perfino l e fortezze del l e loro guarnigioni.
Contro i l parere del duca di Tripol i , Raimondo III, che g i ustamente ravv i sa un tranel l o
di Sal adino, paventando p e r gi unta la mancanza d ' acqua ne lla stagione torrida, G u y
viene conv into a d un immediato attacco dal Grande maestro dei Templari, Gerardo d i
Ridfort, ol tre c h e d a Rainaldo di Chati llon. In seguito a c i ò si gi unse a d u n a delle p i ù
spaventose carneficine d e l Medioevo, nel le vicinanze d e i corni di Hattin, a d ovest d e l 55 1
lago di Genezareth , dove si crede che Gesù avesse esc lamato: "Amate i vostri nem ici,
fate del bene a q ue l l i che v i odiano . . . ".
I cristian i , forti di 20.000 arm ati, ai quali si contrapponevano supperg i ù altrettanti
saracen i , avevano portato con sé da Gerusalemme la "Santa Croce", custodita dai ve
scovi di Akkon (Acri) e di Lydda, ma erano strem ati dal l a m arcia di avvici namento
n el i ' arida regione montana e tormentati dal l a sete tra le dune desertiche. Nello scontro,
scatenato da Sal adi no sfruttando l ' implacabile cal ura, i cristiani puntarono subito ver
so Tiberi ade per raggi ungere i pozzi d ' acqua, "sim i l i a cani assetati, con le l i ngue pen
zolanti . . . ". Ma i l S u ltano, i cui arcieri , riforniti da settanta cammel l i carichi di frecce,
bersagl i avano senza tregua i c ristiani - "li abbattem mo come gazzelle . . . " - sbarrò loro
il cammino e rese inaccessibi l i le sorgenti . In più, i saraceni incendiarono g l i arbusti
secchi del suolo su cui com batteva l ' eserc ito croc iato, talché i l vento soffocò i cristiani
tra fumo e fiamme. Guy ebbe un bel reggere la croce più in alto. Innumerevoli furono
i cri stiani che si arresero con le bocche spal ancate. La m aggior parte venne trucidata,
gli altri fatti prigioni eri ; appena 200 scamparono al l ' ecatombe. Ne reca testimonianza
i l grande storico contemporaneo Ibn al-Atir: "Vi furono tanti morti e prigionieri , tra
quelle schiere , che chi vedeva la m assa dei caduti non credev a che ne avessero cattura
to solo uno, e chi vedeva i catturati non credeva che ne fosse stato ucciso anche uno
soltanto." I mercati di schiavi conobbero un ' i nflazione ed insieme un crollo dei prezzi
422 La terza Crociata ( 1 1 89 - 1 1 92 )
stata issata i n battag l i a solo una metà del l a croce. Per precauzi one, quella vera sarebbe
stata preventi vamente divisa i n due, allo scopo di conservare al mondo per tutti i casi
e i l caso si verificò - il tesoro del le grazie che ne emanava. Giacché anche le rel iquie
dim ezzate - ecco un antico, originari o dogma dottri nale e di fede - procurano effetti
integral i di grazia . . . Una rel igione c omoda, come si ri vela di continuo.
Per esem pio, anche con Guy de Lusignano, ultimo re d i Gerusalemme. Alla sua
parola d ' onore che avrebbe l asc iato il paese, i l Saladino gli aveva donato la l i bertà. Ma
Guy, tram ite l a confessione, si fece subito sc iogliere dal l a parola data, proseguendo la
lotta al Saladino. Sennonché questi conqui stò rapidamente una fortezza cristiana dopo
l ' altra, una c ittà portuale dopo l ' altra; caddero in sua mano Acri , Nazareth, Cesarea,
S idone , Ascalon, Jubai l , e il 2 1 settembre 1 1 87 fu alle porte di Gerusalemme, traboc
cante ora di profughi e dove si erano armati perfino i ragazzi. In totale, 60.000 combat
tenti : "eroi del l ' errore armati di Jance", l i chiama Imad ad-Din. Giorno dopo giorno, i
cristiani facevano delle sortite, attaccando e difendendosi in tutti i modi . "Da entrambe
le parti, ogni cuore ardeva nel fuoco dello struggimento", afferma il cronista arabo.
Perché ambedue le parti, come sottoli nea anche Ibn ai-Atir, senti vano la guerra "come
un affare di rel i g i one", esaltandosi in questo "inel uttabile dovere sacro". "Non c ' era
bisogno deg l i ordini dei superiori per incitare i soldat i , tutti difendevano la l oro posta
zione senza paura, tutti attaccavano senza nemmeno guardars i alle spal le". 1 1
Era propri o nel l a chiesa del la resurrezione che vo levano m ori re i difensori cristian i .
I q u a l i proc l amavano : "q u i devono cadere le nostre teste, q u i sciogliersi le nostre a n i -
me, qui dovrà scorrere i l nostro sangue e qui vogl iamo perdere la nostra v ita". Avevano
trasform ato la chiesa, come moltissime altre chiese, in una fortezza, collocando le cata
pulte sulle m ura. Ma d ' improvviso, il 2 ottobre, Gerusalemme capitola, significati va
mente proprio i l giorno "nel la cui notte aveva avuto luogo l ' ascesa al cielo del profeta". 554
Ciò che unicamente conta: nessuno perde la sua vita. Nessuno viene nemmeno feri
to, da nessuna parte si sacchegg ia. Non scorre più una goccia di sangue. S i rammenti
invece i l mostruoso massac ro nella presa di Gerusalemme nel l 099 !
Saladino, q uesta volta, concesse ag l i sconfi tti di comprarsi la l i bertà. A diverse m i
g l i a i a di cristiani privi di mezzi egl i fa avere i soldi d e l riscatto, anzi, gl iene f a dono.
Concede l a l i bertà a padri di famiglia catturati , perfi no una scorta sicura . . . "offrendo
loro a proprie spese protezi one e v i tto e com andando ai suoi funzi onari portuali di
im barcarl i a condizioni accettab i l i " (Oldenbourg). Molti altri li "acqui sta" suo fratel l o
e successore al-Adi i , rilasciandoli p o i c o l consenso d e l S aladino.
Malgrado ciò, moltissimi c ristiani non ri uscirono ad evi tare di essere ridotti i n schia
vitù. I cristiani ricc h i , infatti , non ai utarono i loro frate l l i poveri , preferendo negar loro
- come l 'alto c lero cattol ico - il denaro per il riscatto. Solo i Tempi ari e i Gerosol imitani
sborsarono i soldi per paura di una sommossa popolare; ma pagarono troppo poco. Di
conseguenza, Saladino lasc iò l i beri ancora 500 uom i n i ; suo fratel lo Mali k-ai-Adil si
424 La terza Crociata ( / / 89-1 1 92 )
fece assegnare m i l le poveri come bottino, )asci ando l i p o i i n l i bertà. E concesse l oro
ul teriori agevolazioni di pagamento.
Per contro, i l patriarca cattolico di Gerusalemme, Eraclio, dopo aver saccheggi ato
ancora - l u i , non i m usulmani - La Cupola del l a Rocc ia, la chiesa del l a risurrezione e
altre chiese, sovraccarico di tesori , di piastre d ' oro, traboccante di opere d ' oro e d ' ar
gento rubate al "santo sepolcro", ricurvo sotto " i l peso del l ' oro che portava con sé e
seguito da carichi di tappeti e di suppel letti l i d ' argento", se la svigna verso la l ibertà
passando davanti ag l i " infedeli" ind ignati . Già i n passato il patriarca Eracl i o aveva
dilapidato i doni dei pellegrini con donne di piacere. La sua amante ricoperta d i gioiel
l i , l a "patriarca", era nota a tutta la cittadinanza. Con tutte le sue ricchezze, adesso,
s ' i m barcò per l ' Europa . . . dove andò predicando, di l uogo i n l uogo, una nuova croc ia
ta. Profughi cattolici vengono rapi nati dai loro stessi baroni , altri vengono ricattati dai
com andanti del le navi italiane, fino a che il Saladino l i costri nge a trasportarl i gratuita-
12
555 mente.
Circa 1 5 .000 cristian i , in quanto insolventi, vennero deportati e tradotti i n schiavitù,
di spersi i n tutte le direzi on i : settem i l a uom i n i e ottom i l a tra donne e bambin i . "Quante
donne pur altolocate vennero disonorate, quante dame potenti um i l iate, quante ragazze
offerte in matrimonio, quante ari stoc ratiche svendute in regalo, quante ritrose costrette
a soggiacere, quante rec l use perdettero la loro verginità, q uante fanc i u l l e ben educ ate
fatte oggetto di scherno, q uante donne l i bere lasciate in proprietà, quelle desiderab i l i
usate fi no al l ' esaurimento . . . quante ragazze graziose messe a l l a prova, l e belle con
labbra rosse sprem ute, le more abbandonate, le indomab i l i domate, quelle soddisfatte
lasc iate a singhi ozzare ! " n
Dopo le sue v i ttorie sui cristian i , Saladino si rivelò molto tol lerante. I l nuovo impe
ratore cristiano d ' Oriente, I sacco I I Angelos (più tardi detroni zzato e accecato da suo
fratel l o Alessi o I I I ) , si fel i c i tò con lui per la conquista di Gerusalemme; chiese l a resti
tuzione dei l uoghi sacri alla Chiesa greco-bizantina e l ' ottenne . Saladino protesse il
cosiddetto Santo Sepolcro dagli incendiari , c onsentendo a tutti i cristiani disarm ati di
conti nuare i pel legrinaggi e permettendo libero accesso a quei luogh i . Non d i s trusse i l
tem pio del sepolcro, come volevano i suoi ufficial i , ma lasc iò che si tenessero cerimo
nie religiose, i n esso come i n altre c hiese, tornando ad insediare i l c lero greco-bizanti
no; e tol lerò al tresì la presenza di preti romano-cattolici e si mostrò al trettanto m agna
nimo nei confronti deg l i ebrei.
Tra la nob i l tà cristi ana e q ue l l a islamica - al l ' i nterno del regno dei Fran c h i a
Gerusalemme ( 1 099- 1 1 85 ) e del regno di Acri ( 1 1 89- 1 29 1 ) - si vennero stabilendo
rapporti e scambi di am icizia. Apprendiamo inoltre che i l sultano ai-Mal i k ai-Kam i l ,
come un samaritano m isericordioso, si prende cura del l ' eserc ito sbaragl i ato d e i Fran
chi. "Gli uom ini di cui abbi amo ucciso genitori, figl i , fig l ie, fratel l i e sore l l e , fra grandi
tormenti, di cui abbiamo rapinato l e proprietà e che abbiamo scacciato ignudi dalle
l papi danno il segnale dell' attacco 425
loro case" - scrive all ' inizio del X I I I secolo Oli vero Scolastico (che per anni aveva
predicato la croce i n Renania, che aveva costruito perfi no una macchina d ' assedio, e
che diventerà poi vescovo e cardinale) - "costoro, q uando noi eravamo prossimi a 556
morire di fame, ci hanno ristorato coi l oro c i b i , ci hanno trattato benevolmente con
molte buone azion i , mentre eravamo in loro totale balìa". Anzi, leggi amo che in parec
chie moschee di S. Giovanni d ' Ac ri vennero eretti altari c ristiani per le cerimonie rel i
gi ose d e i c ristian i .
Quasi unanimemente, ormai, i cron isti latini esaltano lo spirito caval leresco, l a ma
gnanim ità, l ' uman i tà di S aladino. Perfino i c ristiani indigeni si sentono l i berat i . Alla
controffensiva di S aladino, ciò nondimeno, la Chiesa occidentale non ha da contrap
porre n ient' altro che una nuova spedizione bel l ica, la cosiddetta terza Croc i ata ( 1 1 89-
1 1 92). E l ' i ni ziativa scaturì nuovamente dai "v icari " di Cristo, come nel frattempo
presero a nom i narsi i gerarchi rom ani. 1 4
Già Alessandro III e Luc io III avevano prom ulgato appel l i per la croc iata, per la verità
senza alcun successo, malgrado la promessa del Barbarossa di propagandarla i n Ger
mania, di concerto con la Chiesa. Anche il vescovo Guglielmo di Ti ro - uno dei più
noti storiografi de lle croci ate -, i l fam igerato patriarca di Gerusalemme e i Maestri dei
due massimi Ordini caval lereschi fecero un v iaggio di propaganda e di propi ziazione
attraverso l ' Europa, supp l icarono i potenti, si ingi nocchi arono al loro cospetto, com
movendo c i ascuno fi no alle lacri me. Ma non si lasci arono vincolare personalmente né
i l sovrano Hohenstaufen né i l re inglese Enrico I I , la cui assem blea gli consigliò con
insistenza di curarsi piuttosto del proprio paese. E poiché egl i rimase in patri a, anche
Filippo I I , re di Franc ia, preferì (per precauzione) restarsene a casa. Chi poteva m ai
sapere se, mentre uno prendeva la c roce, l ' altro gli avrebbe intanto scippato la terra e i l
potere?
Il successore di Luc io, Urbano III ( 1 1 85 - 1 1 87 ) , risiedendo a Verona per colpa dei
rom ani osti l i al papato, fu in realtà impl icato da un lato nel l a sua lotta contro Federico
su molti fronti . . . nel la lotta per l ' incoronazione di Enrico a co-im peratore, nella lotta 557
col patriarca di Aquileia, nella contesa per il vescovato di Treviri in cui egl i , il papa,
ruppe il proprio giuramento e, il 2 giugno del 1 1 86 , c onsacrò arci vescovo Folm ar,
respi nto dal l ' imperatore . . . per tacere di altri confl i tti e controversie, soprattutto di na-
tura fi nanziaria (i stanze di regali e e di spol iazioni ). Tuttav ia, nonostante la sua inflessi-
bile l inea di scontro - non esente da penosi ondeggi amenti - nei confronti di Federico,
ed inc urante di tutte le altre m i nori controversie con altre cristiane teste coronate, Ur
bano I I I coltivò anche lui desideri di croci ata. Tuttav ia morì poco dopo la conqui sta di
426 La terza Crociata ( 1 1 89-1 1 92 )
va per così dire occupato : era infatti q uesto i l "Congresso di Gesù Cristo".
All ' unanim ità i convenuti approvarono l ' i mpresa vol uta da Dio. Per amore di una
grande guerra si poneva fine - oh certo non per la prim a volta ! - a molte piccole fai de,
a locali osti l i tà; si dirimeva finalmente la contesa per i l vescovato di Treviri , si restitu
iva lo Stato del l a Chiesa occupato dal fi glio del l ' imperatore , anche se con l ' esplic ita
ri serva dei diritti d i proprietà imperiale. Ed ora, ovv i amente, i l papa prom ise l ' i ncoro
nazione imperiale di Enrico. Perché, per una nuova croc iata, Roma abbisognava so
prattutto di un ' intesa con gli Hohenstaufen, pur cercando alleati i n tutte le direzi oni .
È significativo che, a q uesto punto, Clemente I I I ottenesse, tra i suoi primi provve
dimenti governativi , l a pace tra Pisa e Genova, la cui cooperazione era i ndispensabile
per l a nuova iniziativa bel l ica. Ed anche i re d ' Inghilterra e di Francia - i l vecchio 559
Enrico Il ( 1 1 54- 1 1 89 ) e il giovane Fi l i ppo II ( 1 1 80- 1 223) -, in guerra tra loro, entram bi
tutt 'altro che debo l i e defic ienti , tanto energici quanto ipocriti, ora, i n conseguenza
degli sforzi papal i , conclusero un arm i stizio e presero la croce, cedendo alle pressioni
del papa. Naturalmente, ciascuno dei due sovran i aveva anche i suoi particolari i nteres-
si i n Oriente; i l primo più in S i ria, i l secondo nel regno di Gerusalem me. In tutte le
sed i , comunque, i l papa usò toni conc i l i anti, pur di reali zzare la propria guerra.
Per copri re le ingenti spese, il monarca i nglese Enrico - buttandosi al suolo in ac
cessi di col lera, mordendo i l tappeto, i dentificando quasi la sua rabbia con quella di
Dio, esc lamando "di sgrazia e col lera di Dio sono anc he la m i a di sgrazia, la mia col le
ra" - pretese da tutti i sudditi rimasti in patria una generale cessione patrimoniale, la
dec ima parte delle proprietà e del l e entrate : l ' assai discussa "dec ima del Sal adi no", la
prima tassa sulla c rociata, che anche Filippo I I im pose tosto a sua volta; ma solo la
Chiesa inglese l a patroc inò ferv idamente , giacché il re inglese la rese compartec ipe
del l ' affare. Nel l ' operazione vennero tartassati soprattutto i poveri , mentre i p i ù agiati
seppero bene come el udere l a tassa. (Come si assom igliano le epoche ! ) . Per altri aspetti
i l cl ero s i rifi utò, avendo ipoti zzato i n ciò i l tentativo di legittimare la "vergognosa
serv itù della Chiesa". La nobi ltà cattolica conservò per se stessa la gabel la imposta ai
suoi sudditi, dal m omento che la partec ipazione alla croci ata la esonerava da ogni pa
gamento. D ' ora in avanti era possibile, come già si è rilevato, riscattare col denaro i
voti fatti per la c rociata: una fonte di introiti sem pre più popol are, ed inoltre un prelu
dio del futuro traffico delle indul genze. 1 6
I l primo a m uoversi fu Barbarossa, dopo aver lavorato per un anno al ri armo e dopo
aver preparato accuratamente l ' im presa, anche sul piano politico. A ben guardare , si
cercò di prevenire in tutti i modi il ripetersi del le catastrofi precedenti . Era l ' I l maggio 560
428 La terza Crociata ( 1 / 89-1 1 92 )
mente, l ' arm ata che s i andava a poco a poco sfaldando - guidata ora dal gi ovane fig l i o
d e l Barbarossa, conte Federico di Svevia - proseguì la marc i a, custodendo al s u o cen
tro la salma del vecchio sovrano. Le sue vi scere vennero tumulate i n Antiochia, ma le
sue ossa, destinate a riposare i n Gerusalemme (peraltro mai raggi unta), andarono di
sperse. L' eserc i to, bersagl iato da epidem ie e l utti , som i g l i an te ormai ad un ammasso di
"cadaveri am bulanti", i ndebolito, demotivato, si sgretolò presto in m i sura crescente;
solo la centesima parte , supperg i ù , approdò nel l ' ottobre 1 1 90 ad Acri , dissol vendosi
colà insieme col fig l i o del Barbarossa. 1 8
L o sganci amento degl i Inglesi e dei Frances i , appena riconc i l i atisi, s i era nel frat
tempo prolungato, dato che iniziavano - quasi per addestrarsi al la "Guerra S anta" - a
farne i ntanto una profana tra di loro .
Il figlio di Enrico I I , Riccardo, d u c a di Aquitania e conte di Poitou, noto c o l nome di
"Cuor di Leone", che era stato i l primo a prendere la c roce subito dopo la presa di
Gerusalemme per opera del Saladino ( 1 1 87 ) , fu allora senza dubbio uno dei cristiani
più bel l icosi , coinvolto senza sosta i n confl i tti bell i c i , se non coi suoi vassal l i , certo col
re Ludov ico VII di Francia ( 1 1 37- 1 1 80), col suo stesso padre Enrico I I d ' Inghi lterra,
col quale non si sarebbe mai più riconc i l i ato fino al l a morte di l u i nel 1 1 89 , segui tando
a guerreggi are anche col suo fratel l o m aggi ore e con altri .
Di nuovo fu i l papa, preoccupato per la sua stessa guerra, ad insistere per una media
zi one. Il legato cardinale Giovanni di Anagni ri uscì ad ottenere un arm i stizio tra i due
re bel l i geranti , a causa del q uale pare che fosse stato corrotto dal i ' I nghilterra, tanto che
Fil ippo I I di Francia glielo rinfacciò senz ' ambagi : "Tu hai fi utato l ' odore delle sterl i - 562
ne". Il raffinato Fi l ippo, che a giudizio di tutti poté condurre la sua guerra grazie alla
succitata "dec i m a del Saladino", fece ven i re a sé con un i ntrigo Riccardo "Cuor di
Leone", fig l i o di Enrico I I ; e già nel l ' estate del 1 1 89, i nuovi croc iati esordienti se le
davano di santa ragione tra di loro, mentre i l vecchio e ormai infermo Enrico ebbe la
peggi o senza speranza, e tirò le cuoia due giorni dopo l a sua i ncondizionata capitola
zi one, in un c l i m a di generale disfatta. I Y
A q uesto punto, Filippo I I di Francia e i l gi ovane re Riccardo I Cuor di Leone ( 1 1 89-
1 1 99) pensarono di provvedere anche alle proprie anime. Ai pri m i di luglio del 1 1 90,
quando l ' eserc ito croci ato tedesco era ormai prossimo alla fine, le loro forze armate
partirono riunite da Vézelay; dopo di che Riccardo proseguì con la sua flotta da Marsi
glia, e Fil ippo da Genova, viaggiando su costosi navigl i genoves i . A l l orché Riccardo,
nel l ' agosto del 1 1 90, approdò ad Ostia e un cardi nale l o inv itò in nome del papa ad
onorare la capitale della cristianità, i l nobi le caval i ere dec l inò l ' i nvito con tanti ringra
ziamenti, dicendo che alla corte papale (col che non rivelava al cardinale nulla di ine
dito) non si poteva trovare altro che cupidigia e corruzione. Riccardo Cuor di Leone
riprese quindi il mare, sbarcò in Calabri a dove provv ide a depredare i contad i n i , ri
schiando peraltro di ) asc iarv i quasi la pelle. Sullo stretto di Messina, in settembre, i due
430 La terza Crociata ( 1 1 89 - 1 1 92 )
Dopo che, durante i l l ungo assedio, circa 30.000, secondo altre fonti più di 60.000
c ri stiani ebbero perso la v i ta negl i inn umerevol i attacchi e contrattacchi, ma anche per
fame, malattie, peste, e dopo che g l i accerchiati furono ridotti alla più estrema m i seria,
e le brecce nelle mura si erano moltipl icate e allargate fi no a non poter essere più
rabberc iate, finalmente l a guarnigione di Acri si arrese i l 22 lugl i o del 1 1 9 1 i n cambio
del l ' assic urazione di aver salva l a v i ta e del la consegna di tutti gli abi tanti coi loro
averi, per una somma di duecentom ila monete d ' oro, per il ri lascio di 2. 500 prigionieri
c ristiani nonché per l a restituzi one della Vera Croce, l a presunta "croce del l a croc i fis
sione".
I versamenti a favore dei cristiani dovevano aver l uogo entro il term ine di due mes i .
Se n o n c h e , già u n a settimana dopo, Riccardo C u o r di Leone s ' infuriò per le prestazio
ni interrotte. E, quantunque avesse già incassato denaro del sultano tutt 'altro che ricco,
in q uanto troppo generoso, e benché avesse ottenuto i cristiani prigion ieri , i l pomerig
gio del 20 agosto fece trucidare alc une m igl iaia di prigionieri , ol tre che donne e bambi
ni . . . "erano più di trem i l a persone in catene. G l i scherani si lanci arono su di loro come
un sol uomo, scannandoli a sangue freddo con spade e ! ance" (fonti latine parl ano
addi rittura di 4000, anzi 8000 persone massacrate). A quegli sventurati i caval ieri di
Cri sto strapparono le vi scere per cercarv i l ' oro trang ugiato ed i ncenerirono i cadaveri
per setacci are ulteriormente le ceneri . Tuttav ia, appena i m usulmani ebbero noti zia del
raccapricciante bagno di sangue, le loro truppe si avventarono sui cristian i , scontran
dosi con sem pre m aggi ore durezza fino a notte inol trata; "e da allora non risparm iaro
no più nessuno (dei franchi catturati), tranne personal ità note e uom ini nerboruti, ido
nei al lavoro forzato". 2 2
Difficil mente il re di Franc i a avrebbe potuto immaginarsi una concl usione ancora
più gloriosa del la devota im presa; e si m i se in viaggio per m are , nel l ' agosto del 1 1 9 1 ,
malcelando la sua osti lità verso Riccardo, alla volta del la Franc ia. Dove, appena sbar- 565
cato, approfittò subito del l ' assenza del rivale per invadere la Normand ia. Rimpatriaro-
no anche i l duca Leopoldo d ' A ustri a e molti altri prìncipi , offesi in un modo o nel l ' al-
tro dal bal danzoso Riccardo Cuor di Leone. Perché in questa croc iata, in realtà, i grandi
guerrieri cattolici avevano più volte sguai nato le spade gli uni contro gli altri : tedesch i
contro frances i , francesi contro ital iani e britanni c i , questi u l t i m i contro austriac i ; e
tutt ' i nsieme si erano azzuffati al l ' occasione, a viso aperto, coi caval ieri franchi colà
res identi da tem po, già fortemente pervasi da spirito orientale.
Riccardo condusse ora una guerra croc iata di sua personale ini ziativa, cacciò i Tur
chi da Jaffa, sconfisse il Saladino presso Arsuf in campo aperto, eppure non fu in grado
di prendere Gerusalemme, anzi non ri uscì neppure ad attaccarla. I Maomettan i reagiro-
432 La terza Crociata ( 1 / 89- 1 1 92 )
NOTE
Card i n i 245
Ci tato i n Wo l l sch Higcr 256. Cfr. anche Pcrnoud 205 s.
' C i tato da Wo l l schliiger 2 6 1 s .
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7
Heer, Kreuzzu�e l 07 s. K ii hner, Gezeiten l 1 90 s. Gabri e l i 1 43
' L M A V I I 1 2 8 0 , 1 3 1 7 . Atiya 7 1 s. Heer, Kreuzzll�e 1 08 . Montgomery l 1 93 . Wo l l sch liiger 2 6 3 .
Zoll ner, Geschichre der Kreuzzuge l O l
" LMA IV 1 9 5 7 . Atiya 7 1 . M o ntgomery I 1 9 3 s s . Heer, Di e Kreuzzuge l 0 8 . Perno od 1 82 , 202 s s .
Wo l l schli.iger 2 5 5 s . Gabri e l i 1 5 9 s s . 1 70 . 1 76 s . 1 79 s s . M o h r i n g 20 s s . Zol l ne r, Geschichre der
Kreuzzuge l 00 ss. l 05 s . B radford 3 7 s s .
"' L M A V I I 4 1 7 . M ontgomery l 1 9 6. Pern oud 205 . Gabri e l i 1 7 1 , 1 8 0 s s . 1 8 4 s s .
11
L M A V I I 1 2 80 s . Atiya 7 1 s . Heer, Kreu:ziige 1 08 . K ii h ner, Die Kreuzzu�e I I 2 1 . Ok tober 1 9 70, 2 .
Wo l l schli.iger 2 5 5 s . Pernoud 2 0 8 . Gabrie l i 1 8 4 s . 1 8 8 , 2 0 l s s .
12
M e n z e l l 4 2 7 . Atiya 7 2 . K ii hner, G e:eiten l 1 9 2 s . Heer, Kreu::uge 1 08 . Pernoud 1 8 3 , 2 1 0 s .
Note 433
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LThK = Lexikonfiir Theologie und Kirche l A u fl . tei l u ngen d e s Instituts fii r gesch ichtl iche Lan
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MG Const. = Leges. Constitutiones Sigeb. Gembl . = S i geberto d i Gembloux, Chrònik
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anonymi narrati o de Longobardi e ohpressione Vita Heinr. I V. = Vita Heinrici IV. imperatoris
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historia de duabus civitatibus = Chronik Volker i m Oestlichen M i tteleuropa, Marburg
Otto v. Fr. = Ottone d i Fri si nga, G esta Frederici 1 952 ss.
(l e I l ) ZSRG G M = Zeitschriji d e r Savignyst(fiung fiir
Otto Mor. = Ottone Morena, O ttonis Morenae Rechtsgesch i c h t e , Germ a n i s c he A b te i l u n g ,
eiusdemque cominuatorum libel/us de rebus We imar , 8 8 0 s s .
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Rechtsg esch ichte, Kano n i s t i schc Abte i l u n g ,
Pal lad. = Pal l ad i u s , Historia Lausiaca We imar 1 9 1 1 s s .
Peter v. Dusb. = Pietro d i Dusburg, Chronica terre
Prussie
PL = J . - P. M i g n e , Patrologiae cursus completus .
Series latina
I N D I C E DEI N O M I
L ' elenco che s e g u e comprende t u t t i i n o m i d i persona, ( a n c h e fi t t i z i , leggendari o fal s i ficat i ) , conte n u
ti ne l presente v o l u m e V I , nonché i nomi d e l le fi gure, p i ù o m e n o fi ttizie o m i tiche, provenienti da
letteratu re antiche o da altre trad i z i o n i .
Po iché tutte l e c i tazioni sono s tate a s s u n t e dalle fonti n e l l a l oro forma l etterale e origi naria, alcuni
nomi possono presen tarsi i n d i ffe renti grafie.
Per faci l i tare l a ricerca, i n a l c u n i casi uno stesso personaggio viene c i tato n e l l e sue v arianti . S i è
l argamente rinunciato a rimandi i ncrociati , onde risparmi are qualsiasi i n tral c i o al le ttore .
Nomi propri di persona, t i tol i , cariche, rapporti di parentela, datazion i , completano in modo prat i
co, non s i stematico, c i ascun l e m m a , affinché i l lettore non sia cos tretto a consu l tazi oni s uperflue. Di
norma, i personaggi second ari vengono caratterizzati meg l i o d i q u e l l i principal i .
L' e l enco è stato redatto d a l l a dottoressa B arbara Herberg d i Amburgo.
Adriano l, papa, nel 778 a capo della pri ma guer Alessandro I l , papa (vescovo A n s e l m o d i Lucca)
ra di aggressione papale: 3 5 , 4 1 , 5 2 , 365 ( 1 06 1 - 1 07 3 ) : 1 54 , 202, 2 1 5 , 223, 224, 2 2 5 ,
Adriano I V, papa ( N i kolaus B reakspear) ( 1 1 54- 2 2 6 , 2 2 7 , 2 4 5 , 247 , 2 5 7 , 2 5 8 , 2 6 6 , 300, 3 2 0 ,
1 1 59 ) : 436, 499, 500, 50 1 , 502, 503, 505 , 507, 329, 3 5 3 , 4 8 5
508, 5 1 2, 5 1 6 Alessandro I I I , papa (card inale Orlando Bandi
Aerssen , J . v a n : 68 ne l l i ) ( 1 1 5 9- 1 1 8 1 ) : 469 , 4 7 5 , 5 1 7 , 5 1 8 , 5 1 9 ,
Aethe l roth, vescovo d i Canterbury : 1 5 5 52 1 ' 5 2 3 , 5 2 5 , 526, 5 2 8 , 5 3 1 5 3 2 , 5 3 3 , 5 34,
'
Agazia, poeta e s torico g reco : 43 535, 536, 537, 5 3 8 , 539, 540, 54 1 , 5 5 7
A g i u s , vescovo di Orléans : 46 Alessandro V I , papa: 2 1 2
Agnese di S v e v i a , fi g l i a di Enrico IV, m adre d i Alessio I I I : 5 5 6
Federico I I ( Monoc o l o ) : [ 407 ] Alessio I C o m n e n o , i m peratore romano d ' Orien-
Agnese, vedova di Enrico I I I , i mperatri c e , reg te : 3 1 0, 349, 354, 370, 374
gente d u rante l a m i nore età d i Enrico IV: 1 7 1 , A l fano, arc i vescovo d i Salerno: 303
206, 2 1 7 , 2 1 8 , 2 3 8 , 2 6 8 , 2 7 8 , 279 A l fgero, abate: 1 9
Agobardo, arci vescovo: 3 6 3 , 366 A l fonso I " i l Conq u i s tatore " , re del Portogal l o
Agostino, santo, dottore della Chiesa: 34, 89, 2 5 3 , ( 1 1 39 - 1 1 8 5 ) : 5 3 9
3 1 6 , 344, 362, 363 A l fonso l , r e delle Asturie (739-75 7 ) : 4 8 0
A h l h e i m , K.: 4 7 8 , 4 8 8 A l fonso I I " i l Casto", r e de l l e A s t u r i e e Léo n
A i m one d i B o u rb o n , arc i v e s c o v o d i B o u rges (79 1 -842 ) : 480, 48 1
( l 030- 1 070): 1 8 3 A l fonso I I I " i l G rande " , re delle Asturie: 482
A i mone di Briançon, arc i vescovo di Tarantaise: A l fonso V I , re d i Léon e Cas t i g l i a ( l 072- 1 1 09 ) :
56 1 248 , 2 5 7 , 305, 484, 485,487 , 48 8
A i o , arc i vescovo ( morto ammazzato) : 3 2 3 AI-Hakam I I , cal i ffo d i Cordova (96 1 -976): 479,
Aj tony, pri ncipe, i n sorto s o t t o Stefano 1 : 1 50 480
A I - A fdal, v i s i r dei Fati m i d i : 455 al-Hakim, cal i ffo dei Fati m i d i (996- 1 02 1 ) , d i
A larico, re dei Vi s i goti : 3 1 1 strusse l a chiesa d e l sepol cro a Gerusalemme:
A l berga, moglie del vescovo I l debrando : 324 1 06 , 3 54, 356
A l berico, pri n c i pe dei Romani ( verso i l 950): 2 7 A l i gero, abate d i Monte Cass i n o (949-9 8 5 ) : 328
A Iberico I I I , c o n t e d i T u s c o l o : [ 1 8 7 ] a l - M a l i k al-Kam i l , s u l tano: 556
A l berico, console e d u c a d i Roma, frate l l o d i al-Mansur, reggente d i Cordova i s l a m i zzata: 480
Benedetto V I I I : l 09 ai -Tahir, cali ffo, ricostruì la chiesa del sepolcro
A l bero (Adalbe ro ) , arc i vescovo di Tre v i r i : 3 2 1 , di Geru salemme: 1 07 , 354
4 3 3 , 4 3 7 , 44 1 , 44 8 , 467 Althoff, Gerd : 7 5
A l berto, vescovo, antipapa al l ' epoca d i Pasq ua- Altmann, s a n t o , vescovo d i Passav i a : 29 1
le I I : 3 8 9 Amalrico I , re di Gerusalemme ( 1 1 63 - 1 1 7 3 ) : 548
A l berto, v e s c o v o d i B o l ogna: 3 1 9 Amato d i M onte Cassino ( n ato il 1 0 1 0) , storia-
A l berto, vescovo d i Fri s i nga: 5 1 4 grafo dei Norman n i , temporaneamente vesco
A l berto d i Aq u i sgrana, cronista de l l a Pri m a Cro- vo di Capacc io-Pae s t u m : 226, 227, 229
ciata: 370, 3 7 5 , 376, 3 7 7 , 3 7 8 , 3 7 9 , 4 5 7 Ambrogi o , santo, vescovo di M i lano, dottore del
A l berto de M orra, gi urista d i B o l o g n a : 543, 5 5 8 la Chiesa: 82, 257, 362, 366
A l brand, vescovo d i Worm s : 367 Anacleto II, anti papa (card i nale Pietro Pierleone)
A l berto " l ' Orso", marg rav i o d i Brandeburgo, ( 1 1 3 0 - 1 1 3 8 ) : 3 9 7 , 42 8 , 4 2 9 , 430, 43 1 , 4 3 2 ,
duca d i S a s s o n i a , m argrav i o d e l l a La u s i t z 433,435, 4 3 8 , 440,44 1 ,442 ,450,45 1 ,469
( morto i l 1 1 70) : 4 1 7 , 4 1 9 , 4 3 8 . 4 3 9 , 449 , 477 Anastasio I V, papa: 499
A l boino, vescovo di B ressanone: 1 8 Andrea, santo: 3 7 8
A l boino, vescovo d i Merseburgo: 4 1 0 Andrea I , r e d i U n gheria ( d a l 1 047 ) : 1 7 7
A l e bra n d o , arc i v e s c o v o d i A m b u rg o - B re m a Angelo, vescovo d i Bari : 440
( l 035- 1 043 ) : 3 2 3 A n g i l ramo, arc i vescovo di Metz: 44
458 Indice dei nomi
Anna Comneno: 1 3 3 9 ] , 370, 3 7 1 , 373 Arminio di Rei chenau, monaco e c roni sta: 23, 50,
A n n i bale: 2 1 5 6 1 , 82, 93, 1 3 7 , 1 40, 1 4 1 , 1 43 , 1 5 1 , 1 74, 1 7 5 ,
A n none I l , santo, arc i v escovo d i Colonia ( l 056- 1 76 , 1 93 , 1 97 , 1 9 8
1 07 5 ) , arcicance l l i ere della Chiesa d i Roma: Arminio di Sal m, antiré , il Liitze l burger (del ca
2 1 8 , 2 2 3 , 224, 2 3 6 , 240, 29 1 , 3 3 5 , 3 9 1 sato dei Lussemburghe s i ) , morto i l l 08 8 : 2 8 8 ,
Anonimo di Lod i , cronista: 5 2 5 , 5 2 7 , 5 2 9 , 5 3 0 , 3 0 7 , 330, 3 3 3 , 3 3 5
53 1 Arnaldo, vescovo d i Le M a n s : 1 8 3
Anonimo di M i l an o , cro n i sta: 520, 52 1 , 5 2 2 Arnaldo, vescovo di Ravenna, fratel l as tro d i En
A n s e l m o , v e s c o v o d i Asti : 4 9 8 rico I I " i l Santo": I l i
Anselmo, vescovo d i Havel berg , legato papal e , Arnaldo da B rescia ( g i u s t i z i ato i l 1 1 1 5 ) : 90, 469,
arc i vescovo d i R a v e n n a : 47 7 , 5 1 1 5 00
Anselmo, vescovo d i Lucca, partigiano d i Gre- Arnoldo di Seelenhofe n , arc i vescovo di Magon
gorio V I I : 2 1 5 , 309, 3 1 4, 3 1 5 , 3 1 6 za, cance l l i e re d i Federico l (assassi nato il
Anselmo, arc i v escovo d i M i lano: 3 3 8 1 1 60 ) : 496
A n s o v i n o , vescovo d i Cameri no: 45 Arnoldo, vassallo e accu satore c o n tro il c o n te
Antonio, santo: 360 Thietmar: 1 79
Appe l t , H.: 498 Arno l fo : 1 94
Arc h i poeta: 530 Arnolfo , vescovo di Bergam o : 3 2 1
Arc u l fo , vescovo d i Péri g u e u x : 357 Arnolfo , vescovo di H a l berstad t : 1 8 , 94, 1 1 6
Arda, moglie d i Baldovino l, fi g l i a del princ i pe Arnolfo I I , arc i vescovo di M i lano ( 99 8 - 1 0 1 8 ) : 8 1
armeno That u l : 460 Arnolfo , conte (caduto i l 9 9 5 ) : 6 3
Arderico, vescovo d i Verce l l i : 1 34 , 1 3 8 Arno l fo d i Chocques, patri arca l a t i n o d i Gerusa-
Ardui no, margra v i o di I vrea, re d ' Italia, capo del lemme ( deposto i l 1 09 9 ) : 3 8 2 , 456, 460
partito anti-ottoniano ( morto i l 1 0 1 5 ) : 7 7 , 78, Arnone, vescovo d i Wiirzburg ( 8 5 5 - 8 9 2 ) : 4 5 , 46
7 9 , 80, 8 1 , 8 2 , 83, 1 1 0 Arnusto, arc i vescovo di Narbo n n e : 3 2 2
Ariberto I l , arc i vescovo di M i l ano ( l O 1 8 - 1 045 ) , Aroldo, vescovo d i W iirzburg: 5 2 0
arrestato p e r alto trad i m e n t o da Corrado I I : Askerico, vescovo d i Pari g i ( 8 86 - 9 1 0) : 46
1 29 , 1 3 2 , 1 3 3 , 1 34, 1 37 , 1 3 8 , 1 42 , 1 43 Atanas i o , vescovo di Napo l i , s c h i e rato d a l l a par-
Ari bo, arc i v e s c o v o di Magonza ( l 02 1 - 1 0 3 1 ) : te degli Arab i : 5 2
1 26 , 1 30, 1 3 3 Atanasi o , santo, padre d e l l a C h i e s a : 3 6 6
Arm i n i o ( Hermann ) : vescovo di Augusta 434 Atenolfo, abate d i Monte Cassi n o : 1 1 5 , 1 1 7
Arm i n i o I , vescovo d i Bam berga ( 1 065- 1 0 7 5 ) , Atenolfo , castaldo, torturatore del l ' abate A l i gero
deposto i l l 075 : 2 8 9 , 3 2 0 d i Monte Cassino nel X s e c o l o : 3 2 8
Arm i n i o , v e s c o v o d i M e t z : 2 5 1 , 254, 2 7 6 , 2 8 1 Atiya, A z i z S . : 3 5 0 , 3 5 8 , 4 5 7
Arm i n i o , vescovo di Tou l , g i à a l l ievo d e l l a cano Attila, re degli Unni: 388
nica d i Liegi : 48, 1 3 3 Attone, vescovo d i Verce l l i , t e o l o g o e storico
Arm i n i o , arci vescovo di Colonia al tempo di Gio d e l l a c u l tura: 4 1
vanni X : 52 Attone, arc i vescovo d i M i l a n o , i n i s i g n i to d a i
A rm i n i o , arc i v e s c o v o d i C o l o n i a a l tempo d i Patare n i : 2 7 2
Corrado I I ed Enrico I I I : 1 30, 1 68 , [ 2 3 3 ] A t t o n e , arc i vescovo d i M a g o n z a , parte c i p a a l -
Arm i n i o , d u c a d i Svevia, sotto tutela d e l vesco l ' operazione contro i B a be n be rg : 7 2
v o Warmann d i Costanza: 1 2 8 Auer, L . : 49, 50
Arm i n i o I l , d u c a di S v e v i a e di A l sazia (997- A u g usto, i m pe ratore romano : 3 2 1
1 00 3 ) : 1 6 , 1 8 , 1 9 , 60 Av ito, ant i i m pe ratore d e l l a G al l i a : 4 3
Arm i n i o I I I , duca di S v e v i a ( morto il I O 1 2 ) : 60 Azecho, v e s c o v o d i Worm s : 1 3 0
Arm i n io, margra v i o della regione dei M i l ze n i , fi
g l i o del margrav i o Ekke hard di Meissen, ma Baha ad - D i n , fu nzionario, c o n fi d ente e biografo
rito della fig l i a d i Boleslao, Regl i n d i : 9 5 di Salad i n o : 550
Indice dei nomi 459
Dagoberto, abate di Farfa, da Cuma (avvelenato Eberardo, abate di Kempte n , cand idato al seggio
nel 9 5 2 ) : 327 vescovi le i n Augusta: 334
Dai mberto d i Pisa, arc i vescovo, metropol i ta di Eberardo, vescovo d i Naumburg : 2!l3
Corsica, legato per l a Sardegna, patriarca d i Eberardo l, arc i vescovo d i S a l i s b u rgo ( 1 1 47 -
Gerusalemme : 456 1 1 64 ) : 524
Damaso Il, papa ( v e s c o v o Poppone, conte d i Eberardo, arc i vescovo d i Tre v i r i : 1 70
Bressanone), d a l 1 7/7/ 1 04 8 a l 9/8/ 1 04 8 : 1 9 2 , Eberard o , c o n t e , c a n ce l l i ere d i E n r i c o I I " i l
1 93 Santo", vescovo d i Bam berga ( 1 007- 1 040),
Dattus, giusti ziato per alto trad i mento: 1 1 5 arc icance l l iere per l ' Ital i a ( l 0 1 3- 1 024): 2 7 , 70,
Dav ide, re : 1 64, 1 72 , 3 5 5 , 3 5 9 76, l I O
Dav idsohn, R . : 39 Eberardo, d u c a d i Bav iera, messo d a parte da
Deborah : 2 7 1 Ottone 1 : 6 1
Dedo, conte palatino di Sasso nia, assas s i n ato da Ebe rardo del Fri u l i , conte ( morto 864 o 866): 34
u n sacerdote d i Brema: 1 79 Eberardo d i N e l l e n burg, conte: 277
Deér, J . : 1 47 , 1 49 Ebolo, abate , ni pote del vescovo Gauzli n d i Parig i :
Demetrio, santo: 1 3 3 ] 3 5 9 46
Demetrio-Zwon i m i r d i D a l m a z i a : 2 5 7 Ebu l o di Roucy, conte : 249, 266
Dem u rger: 464 Eccheardo, m argrav i o d i M e i B e n : 1 74
Desiderato, vescovo d i Chalon-sur Saéìne : 43 Edoardo, re d ' I ngh i l te rra: 1 70
Desiderio, abate di Monte Cassino: 1 8 8 , 309, 3 3 1 Efrem , d ottore de l l a Chiesa: 362
Desiderio, vescovo di Cahors : 5 5 Eggeh ard , abate d i Reichenau: 29 1
Despy : 456 E g i l berto, vescovo di Fri s i n g a : I l O, 1 30, 1 62
Deusded i t , card i nale, parti giano d i Gregorio V I I : Egi nardo, vescovo di S p i ra (accecato nel 9 1 3 ) :
314 322
Dietrich (Teodorico), vescovo d i Metz (965-91!4), Egi l berto, vescovo d i Tre v i r i : 3 6 7
cos tru ttore d i Fort Epi nal : 4 7 , 4 !l , 56 Egino, accu satore con tro i l d u c a Ottone d i Nort-
Dietrich Il, vescovo d i Metz, fratel l o de l l a santa heim: 23!l
C u negonda: 6 5 , 66, 67 Ehrhardt, H.: 1 5 6
Dietri c h , vescovo d i M ii nster: 1 02 Eido, vescovo di M e i B e n : 1 00, I l O
Dietri c h , conte, capo de l l a Chiesa di Tre v i ri : 2 1 8 Eila, madre del margravio Enrico di Schwe i n furt:
Dietri ch I V, conte d i Olanda ( 1 039- 1 049): 1 69 62
Dietrich, margravi o della Marca orientale ( ucciso E i l berto, cance l l i ere, 20
nel 1 034): 1 46 Ek berto d i Braunschweig, conte: 222, 2 3 6
Dictri c h di Hamal and, conte: l O l Ekberto I I d i Braunschwe i g , conte: 3 3 5
Dietrich I l di Lussemburgo, vescovo di Metz, fra E c c heardo, a b a t e d e l m o n a s te ro d i N i e n b u rg
te l l o di Adalberone di Tre viri e della santa Cu presso Cal be s u l l a Saale: 9 1
negonda: 1 6 8 E c c heardo, m argrav i o d i M e i s s e n ( u c c i s o i l
Dietwin, vescovo di Liegi : 1 69 1 002 ) : 1 6 , 1 8 , !l 4
Dietw i n , card i nale legato: 448 Eccheardo d i Aura, monaco, storiografo , parte
D i o n i g i , santo, patrono d i St. De n i s , patrono c i pante alla Croc iata d i G u e l fo I di B a v ie ra
nazionale d i Francia: 1 94,359 ( l 1 0 1 - 1 1 02 ) : 3 6 1
Dod i l o , vescovo d i B randenburgo (s gozzato a l l a Eccheardo di N e l lenburg, conte, abate di Reiche
fi ne del X seco l o ) : 3 2 2 nau, (an ti-)vescovo d i Augusta (morto i l l 0 8 8 ) :
Do n i n , Ludwig: 4 3 , 69, 1 9 5 , 2 1 6, 4 1 3 3 34
Dresd ner, A . : 3 1 Il El eonora di A q u i tania, mogl ie di L u d o v i c o V I I
Druthmar, monaco di Lorsch e abate di Corvey: 24 (separata i l 1 1 5 2 ) : 469
Durando, vescovo di Liegi , g i à a l l i e v o canonico E l l i nger, G . : 3 1 7
d i L i e g i : 26, 48 E l v i ra, moglie del conte d i To losa Raimondo I V
Indice dei nomi 463
H i s , R . : 220
Haimerich, card i nale cance l l i e re ( 1 1 2 3 - 1 1 4 1 ) : H l awitschka, E.: 8 2 , 1 65
426, 428, 430 Hol tzman n : 8 2
Hal ler, Johanne s : 1 07 , 1 9 5 , 227, 307, 396, 399, H 6 m a n , B . : ! 52
403 , 422, 5 1 8 , 5 3 2 Horn, M . : 3 3 3 , 3 3 4
Hampe. K . : 5 0 8 Hoyer di Mansfe l d , conte e condottiero: 396
Harald H e i n , r e d i Danimarca : 305 H u tten, U l ri c h von: 3 1 5
Harald ( Aro ldo) Bellachioma, re di Norvegia: ! 56 H u zmann, vescovo di S p i ra : 274, 2 7 7 , 2 8 1
Hartbert, vescovo di Branden burgo: 4 1 1 , 4 1 6
Hartmann: 326 lbn al-Atir, storico arabo (m orto i l 1 2 3 3 ) : 4 5 7 ,
Hartmann d i K i rchberg, conte: 369 5 5 2 , 554, 562
Hartwig, vescovo d i S a l i s burgo: 1 8 lbn al -Qal a n i s i , pri mo storico arabo delle Cro-
Hartwig, arc i v escovo di Magdeburgo, 330, 3 3 5 c i ate ( morto i l 1 1 60 ) : 459, 474, 475
Hassauer, Friederi ke : 4 8 2 lbn-C haijan, cron ista arabo : 229
H a u c k , A l bert: 4 4 , 70, 7 1 , 7 2 , 1 1 3 , [ 1 23 ] , 2 1 5 , l b n Gahhaf, g i udice s u premo d i Valencia: 4 8 8
2 2 3 , 234, 250, 299, 39 1 , [405 ] , 476, 527 Ignazio, patriarca d i Costantinopo l i : 3 5 7
Hay, Deny s : 3 8 3 I l ario, padre d e l l a Chiesa: 366
Heer, Friedri c h : 342 , 345, 3 7 8 , 456 I l debrando, vescovo: 324
He imo, vescovo di Verd un, già a l l ievo della cano I l debrando, monaco a Farfa: 326, 3 2 7
nica d i Lieg i , condottie ro sotto Enrico I I " i l I l debrando, m o n a c o , s o t t o Gregorio V I attivo
Santo" 4 8 , 6 6 nella Curia, sotto Leone IX suddiacono e abate
Heine, Heinrich: 2 8 3 di St. Pau ! : 1 90, 1 9 1 , 1 9 3 , 205, 207, 208 , 209,
Heli sachar, abate di St. A u b i n ( 8 2 7 ) , condottiero: 2 1 0, 2 1 2 , 2 1 3 , 2 1 4, 2 1 5 , 2 1 6 , 2 1 7 , 222, 224,
53 226, [ 2 3 1 ] , [ 2 3 2 ] , 245 , 246, 248 , 249, 266, 3 1 1 '
Helmold di Bosau , parroco e c ronista (morto dopo 33 1
i l 1 1 7 7 ) : 39 1 , 394, 409, 4 1 0, 4 1 2 , 4 1 6 , 450, I m ad ad - D i n ( E m a d - e d d i n ) , s e g re t a r i o d i
47 1 , 472, 477 Saladino, c ronista: [ 5 45 ] , 5 5 2 , 5 5 3 , 554
Helvetius: 383 l madadd i n Zan g i , magistrato e a tabeg di Mos u l ,
Herbord, monaco, au tore d e l l a "Vita di Ottone" uno d e i p i ù importanti m i l i tari turchi d e l s u o
( m orto i l 1 1 68 ) : 4 1 0, 4 1 4 tempo (ucciso n e l 1 1 46 ) : 466
Herder, Johann Gottfried : 487 Immo, abate di Garze , Priim e Rei chenau : 23
Heriveo, arc ivescovo di Reims (900-922 ) , costrut- lncmaro, arc i vescovo di Reims ( 8 4 5 - 8 8 2 ) : 44
tore di borghi e fortezze : 45, 56 Ingo, vescovo di Vercel l i : 77
Herrman n , K . -J . : 1 1 3 I n n o c e n z a I I I , a n t i papa ( c a rd i n a l e Lando d i
He rtgar, vescovo di Liegi: 34 Sezze) 1 1 79- 1 1 8 0: 540, [ 5 4 7 ]
Hert l i n g , L . : 46 1 I n nocenza I l , papa (cardi nale d i a c o n o Gregorio
Hervé, arcivescovo di Reims (nel 909): 3 1 8 , 3 1 9 Papare s c h i ) 1 1 30- 1 1 43 : 425, 428, 429, 430,
Heus ler, Andreas: ! 5 6 43 1 , 432, 433, 435, 436, 437, 438, 439, 44 1 ,
Hezilo, vescovo di Have l be rg : 4 1 1 442, [ 447 ] , 448 , 45 1 , 452, 469
Hezilo, vescovo di H i ldesh e i m , sotto Enrico I I I I n nocenza I I I , papa ( morto i l 1 2 1 6) : 68, 343, 5 3 9 ,
mem bro d e l l a cappe l l a d i corte e n e l l 0 5 3 540
cance l l iere per l ' Italia: 2 3 6 , 2 3 7 , 240 I n nocenza I V, papa (morto il 1 2 54) : 343
Hiestand: 46 1 I nnocenza X I , papa: 343
H i l d i ward , v e s c o v o di H a l berstadt, c o m battè ! s a c c o I I A n g e l o s , i m p e ra t o re d e l l ' I m pe r o
ne l l ' Est e uropeo: 49 d ' Oriente: 5 5 6 , 5 6 1
H i l d i ward, vescovo di Ze itz: 9 1 !sacco Comneno, pri ncipe cristiano a C ipro: 563
H i l sc h , P. : 86
Hirsch, S iegfried: 1 7 , 4 5 , 4 8 , 64, l 00, I l O Jael : 2 7 1
Indice dei nomi 469
1 3 8 , 278, 396, 420, 432, 435 ,436, 439, 440 , gna m u s u l mana, s u ocero d i A fo n s o I de l l e
44 1 , 443 , [447] , 449, 450, 452, 4 5 7 , 466, 467, Asturie: 480
468 , 469 , 470, 472 , 47 3 , 490, [ 49 3 ] , 494, 495, Pietro, abate d i C l u ny, santo ( m orto nel 1 1 5 6 ) :
49 8 , 502, 503, 504 364
Ottone, vescovo d i Halberstad t : 422 Pietro Barthélemy, prete pro v e n za l e ali ' epoca
Ottone, vescovo d i Costanza: 2 8 1 della prima Crociata: 3 7 8
Ottone, vescovo di Ratisbona ( l 06 1 - 1 0 8 9 ) : 1 7 7 Pietro, vescovo d i Piacenza: 1 3 8
Ottone, frate l l o di Mieszko I I : 1 72 Pietro l, re di Aragona ( l 094- 1 1 04 ) : 2 2 8 , 4 8 8
Ottone l " i l Grande", imperatore : 1 6 , 20, 2 1 , 2 3 , Pietro I I I , r e di Aragona: 3 4 3
26, 4 8 , 6 1 , 9 3 , 1 05 , I l i , 1 64, 1 94, 495, 500, Pietro Orseolo, r e d i Ungheria, fi g l i o d e l l a sore l
502, 5 1 0 l a d i Stefano I e d e l profugo d o g e d i Venezia
Ottone I , santo, vescovo d i Bamberga, apostolo ( 1 03 8 - 1 04 1 , 1 044- 1 046) : 1 5 2 , 1 74, 1 7 5 , 1 76 ,
della Pomeran i a ( 1 1 02 - 1 1 3 9 ) : 4 1 2 , 4 1 3 , 4 1 4, 1 77
4 1 5 , 4 1 7, 4 1 8 Pietro di Amiens " l ' Ere m i ta" ( K u k u petro s ) : 360,
Ottone, duca d i Carinzia (morto nel l 004) : 1 6, 1 27 362, 370, 3 7 1 , 3 7 8 , 3 8 0 , 455
Ottone I I , i m peratore : 1 5 , 2 5 , 2 8 , 29, 4 7 , 6 3 , 7 3 , Pietro di Jaca, vescovo d i H uesca ( n e l 1 096): 4 8 8
1 05 , 1 1 6, 1 3 1 , 1 63 Petke, W. : 408
Ottone I I I , impe ratore : 1 6, 1 8 , 1 9 , 2 1 , 2 3 , 2 5 , 29, Pietro, vescovo d i Asti (992 - 1 005 ) : 79
4 8 , 49, 79, 80, 8 3 , 84, 8 5 , 86, 8 7 , 94, 1 1 6 , 1 3 1 , P i e t r o I I I , v e s c o v o di C o m o ( 9 8 3 - 1 0 0 2 ) ,
1 3 2 , 1 47 , 1 49 , 1 63 , 1 7 1 , 1 90, 3 20, 3 2 2 , 440 arcicance l l iere d ' I t a l i a sotto Ottone I I I , poi
Ottone Morena, cronista: 503, 504, 506, 5 1 1 , 5 1 2 , arc icance l l i ere d i Ard u i n o : 79
5 1 6 , 5 1 7 , 520, 5 2 1 , 5 2 3 Pietro III, vescovo d i Verce l l i , ucciso dai cristia
Ottone d i M i lano, v i ceconte: 394 n i dopo l a prigionia m u s u l mana: 7 7 , 7 8
Ottone d i Northei m , duca d i B av iera: 2 3 8 , 2 3 9 , Pietro Crasso, g i u rista d i Ravenna, parti g i an o d i
240, 2 8 8 , 306, 3 3 5 Enrico I V : [ 2 3 1 ] , 3 1 4
Ottone d i Hohenstaufen, vescovo di S trasburgo: Pietro Dam i an i , santo, card i nale e do ttore d e l l a
322 Chi esa nel secolo X l , antibel l i c i sta e av versa
Ottone l d i Wittelsbach, c o n t e palati no d i B a v i e rio de l l a simonia: 50, 1 62 , 1 93 , 1 9 5 , 1 9 8 , 2 1 6 ,
r a , i n v i ato i m perial e : 509, 5 1 7 222, 2 2 3 , [ 2 3 3 ] , 324
Ottone d i Wo l fratshausen, conte: 425 Pietro de Cumino: 522
Ottone di Wo rm s , duca d i Carinzia, nipote di Ot Pietro, arc i vescovo d i A m a l fi : 1 99
tone I ( 9 7 8 - 9 8 3 , 995- 1 004) : 5 7 , 80 Pietro , santo, aposto l o : 1 5 3 , 1 99 , 2 1 2 , 2 1 3 , 225 ,
O t t - Wi l he l m , duca d i B o rgogna, fi g l i o d e l re 226, 2 2 7 , 245, 247, 248 , 249, 2 5 2 , 2 5 3 , 2 5 5 ,
Adalberto d ' Italia ( morto nel 1 026): 1 40 2 5 6 , 2 5 7 , 260, 26 1 , 2 6 2 , 264, 265 , 266, 268 ,
269, 2 7 5 , 2 7 8 , 2 7 9 , 2 8 7 , 29 1 , 294, 2 9 5 , 296,
Pand o l fo, pri n c i pe di Capua, fratel l o di A te n o l fo 297, 2 9 8 , 304, 305, 3 3 1 , 332, 347 , 360, 40 1 ,
di Monte Cass i n o : 1 1 7 403 , 427, 434, 435
Panizza: 1 2 1 Pie tro "Os" ov vero " B ucca porc i " , vescovo di
Paol o Scolari : 5 5 8 A l bano: 1 06
Pasq uale I I I , anti papa ( card i nale G u i d o da Cre Pietro Pierleone, card i nale, pro n i pote d e l l ' e breo
ma) 1 1 64- 1 1 68 : 525, 526, 5 2 8 , 529, 5 3 2 , [547] convertito B aruch ( Benedetto ) : 428
Pasquale II, papa ( l 099 - 1 1 1 8 ) : 388, 3 8 9 , 390, Pietro, pre fetto urbano di Roma: 426
39 1 , 393, 394, 3 9 5 , 3 9 7 , � 9 8 , 4 5 7 , 4 5 8 , 488 P i etro d i B r u i s , bruciato come eretico nel X I I
Paol o V, papa : 263 secolo i n S t . G i l l e s : 402
Pao l o V I , papa: 500 Pietro l d i Vico, prefetto d i Roma: 500
Paolo, apostolo: 265, 279, 294, 299, 332, 362, 40 1 Pflugk -Harttung, J u l i u s : 1 07
Pelayo, pri ncipe de l l e Asturie e primo combat- Pibo, vescovo di To u l : 2 8 1
tente della resistenza cristiana contro l a Spa- Pietro Centranico, doge di Ve nezia (deposto i l
Indice dei nomi 473
334 S t i m m i n g , H . : [407 ]
Siegfried, vescovo d i S p i ra : 422 SHirmer, W. : 46
Siegfried, arc i vescovo di B rema, figlio d i A l berto Stre z i m i r, avversario del duca Sobéslao I: 4 1 8
" l ' Orso": 4 1 7 Struve, Tilman: 24, [ 1 2 3 ] . 1 3 7 , 1 65 , 2 8 4
S iegfried I , arc i vescovo d i M agonza: [ 2 3 3 ] . 2 3 6 , S ugero, abate d i Saint Dén i s : 266, 395
276, 28 1 ' 2 8 8 , 29 1 ' 3 07 , 3 5 7 S u nderh o l d , arc i vescovo d i Magonza ( c a d u to
S iegfried l , conte d i Lussemburgo (Liitze l b u rg ) : ne l l ' 89 1 ) : 46
64 S u njer di Ampurias, conte: 322
S iegfried I I , conte di Northe i m : 1 9 S u zo de M izano: [ 49 1 ] , 52 1
S i ge fredo, vescovo d i Piacenza, part i g i ano d i Sven Estri dsen, re di Dan i m arca : 26 1
E n r i c o II " i l S a n t o " : 8 1 Sven Gabel bart, sovrano danese eletto nel l O 1 3
S i gehard, abate d i Fulda: 45 re d i Dan imarca: 1 5 3
S i l veri us, papa, ( 5 3 6 - 5 3 7 ) : 1 1 9 Sven I I , re di Dan i m arca : 1 70, 256
S i l ves tro I V, anti papa ( arc i prete Mag i n u l fo di S . Swi dger d i Morslebe n , conte sassone: 1 90
Angelo) I l 0 5 - I I I I : 3 89
S i l vestro, papa: 5 0 1 Tag i n o , arc i vescovo di Magdeburgo, favorito d i
S i l ve s tro I I , papa ( G erberto d i A u r i l l ac ) 999- Enrico I I " i l Santo": 6 2 , 7 5 , 9 1 , 9 4 , 9 5 , 9 6 , 9 8
1 00 3 : 7 9 , 1 05 , 1 49 Tanchelmo (assassi nato nel 1 1 1 5 ) : 396, 424
S i l vestro I I I , papa (vescovo Giovanni di Sabina): Tan cred i : 3 79, 459
1 88, 1 9 1 Tancredi d i A l t av i l l a : 2 1 2 , 227
Simone, santo : 2 3 6 Tancredi d i Lecce, successore d i re G u g l i e l mo II
S i mone, m a g o : 320 d i S i c i l i a : 563
S i nger, H.-R.: 47 8 Tedaldo, arc i vescovo d i M i l ano, cappe l l ano del
S i n tberto, vescovo di Ratisbona: 44 re : 254, 2 7 2
Skas k i n , S. D . : [ 405 ] Te l le nbach, G . : 1 90 , 20 1 , 202
S l a v n i k di L i b i c e , p r i n c i p e , frat e l l o d e l santo Terde lvaco, re d i I rlanda: 256
Adalberto: 92 Te u ffe l , R.: 39 1
Sobebor, fi g l i o del principe Slavnik d i Li bice: 92 Tas s e l g a rd o , c o n t e d i Fe r m o , i m p i c c a t o d a
Sobeslao l , duca d i Boemia ( 1 1 25 - 1 1 40 ) : 4 1 7 Corrado I I : 1 36
Sofia d i Wi nzenburg, moglie d i A l berto " l ' Orso'': Teobaldo, abate di Monte Cass ino: 1 1 7
417 Teoderanda: 1 06
Sol imano, s u l tano: 374 Teoderico, vescovo di Albano, card i nale, antipapa
Spell man , card i nale statu n i tense, amico d i P i o al tempo d i Pasq uale I I ( morto nel 1 1 02 ) : 3 8 9
X I I : 344 Teoderico, vescovo d i M i nden: 46
Spiti gnew, fi g l i o d i Bret i s l ao I : 1 7 1 Te o d o ra C o m n e n a , m o g l i e d i E n r i c o
Sprande l , R . : 4 1 0 "Jasom i rgott": 489
Steh kam per, H . : 2 1 9 Teodoro, santo: [ 3 3 ] , 359
Ste i nbac h , F. : 222 Teodoro Call iope, governatore esarca bizan t i n o :
Ste i ndorff, E.: 1 94 , 200 393
Stefano I "il Santo", re d i U ngheria (997- 1 03 8 ) : Teodosio, patri arca d i Gerusale mme: 3 5 7
1 47 , 1 49 , 1 50, 1 5 1 , 1 5 2 , 1 74, 1 7 5 , 2 5 7 , 259 Teodosio I , imperatore roman o : [ 3 3 ]
Stefano Il, santo, papa: 1 1 5 , 2 7 5 , 432. Teogero, abate d i S t . Georgen : 3 9 5
Stefano, card i nale, confi dente d i I l debrando: 21 O Teo fane, m o g l i e d i Ottone I I , i m peratric e : 1 63
Stefano I X , papa ( Federico, fi g l i o u l t i mogenito That u l , pri n c i pe armeno: 460
d i Go ze l o d i Lotari ngia) l 057- 1 05 8 : 1 43 , 1 92 , Thiedrich, vescovo di Miinster, parte c i pante ad
206 , 207, 2 1 8 imprese be l l i cose sotto Enrico II " i l Santo":
Ste fano d i B l o i s , conte: 3 7 5 , 3 7 8 50
Stefano d i Chartres, conte: 3 7 7 Thieme, H.: 4 1 0
476 Indice dei nomi
Collana "Letterature"
Letteratura tamil • I Dieci Canti (Pattuppattu) - t. I & I I - p p . 1 3 2 & pp. 1 84
• K. K a il asapath y : Poes i a eroi c a tam i l - pp. 3 04
• K . V. Zvelebi l : Il sorriso di M u rugan - p p . 406
Letteratura araha • al -Tan u h i : Il S o l l ievo dopo l a d i s tretta - pp. 2 1 0
• a l - Hamadhan i : Le M aqamat - t. I & I I - pp. 1 28 & pp. 1 48
• Usama i . M u n q i d h : Le lezioni d e l l a v i t a .
U n princ i pe siriano e le Croc iate - pp. 2 5 6
Letteratura islandese • L a x d a: l a s a g a - pp. 2 2 0
Letteratura neder/andese • K . v. de Woestij n e : I Caval l i d i Di omede [hilingue] - pp. 1 44
• J. van den Vonde l : L u c i fero [hilingue] - p p . 220
Letteratura persiana • Poeti del l a P l e i ade ghaznavide - pp. 472
• B idel : I l canzoniere del l ' alba - p p . 202
• Mahsati : La l u na e l e perle - p p . 1 3 2
Letteratura .fi"ancese • J - M . de H e red i a : I Trofei [hilinguej - pp. 3 7 6
• C h . Leconte de L i s l e : Poe m i barbari [hilingue] - pp. 5 04
Letteratura tedesca • C h . R e u te r : Sche l m u ffs ky [hilingue] - pp. 292
• J. C h . G ti nther: Poesie scelte [hilingue] - pp. 2 8 0
• W . R a a b e : S topkuchen - pp. 2 1 4
• C . F. Meyer: Le sei novelle - pp. 3 60
Letteratura .n'edese • M . L . Koc h : La l i rica di E. J. Stagnel i u s [hi/inguej - pp. 304
• E . G . G e ijer: Poe s i e [hilingue] - pp. 1 2 8
Letteratura sanscrita • L' e l i s i r del fu rto secondo il dharma [hilingue] - pp. 1 40
"Fuori collana"
l . F. Sabah i : La pecora e i l tappeto - pp. 1 60
2. O l t re i c a m p i , dove la terra è rossa
Canti d ' am ore e d ' e s t a s i dei Baul del Bengal a - pp. 1 60
3 . Eros-Thanatos. Poe s i a greca m oderna - pp. 96
4. M. Modi : Questa la m i a v i ta . Conversaz i o n i con T h . Vo igt - pp. 1 96