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il VÌANdANTE

STORiA CRiMiNALE
dEL CRisTiANEsiMo

TOMO Il
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GREsso NEl SUO TER70 MillENNiO, UNA VOCF
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ziOSAME:NlE lA SlOiliA, fiNAlMENTE ANdl�
pEil il pubblico iTAliANO, pARlENdO dA UN
pUNIO di vi lA iNEdiro t pilOVOCAlOiliO.
L'opFilA di DEsdiNtR, dtl QuAlE <;>u�_sro
È il FCONdO di diECi voluMi, OffRF Al
lETIOilt, CRFdENTE O NON CREdENTE, Gli
ElEM�Nii pFR UNA CONOSCENZA, lONTANO
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MONdO: il ClliSTiANESiMO.
CoMpRFNd�nlo pnofoNdAMENTE pEil Al­
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CON UNA hdE lliNNOVAIA?

K. D 1 sdtNFR ì NAto A BAMbtnGA NEl 1924. HA


srudiAIO DiRi11o, TEoloGiA, FilosofiA, StoRiA 1
LI-Ili RAIURA, DAl 1961 IlA COMiNCiAlO Ad 0(­
cupARSi di CRitiCA Al CRiStiANI SiMO, pubbliCAN'
do lf C,AJIO CANIÒ ANCOIIA (1 d. itAliANA ERilfMMI ).
LAvORA AliA S1011iA cuiMiNAIJ dA oltRf }0 A Ni
l· iN G1 RMANiA Ì Alli SA l'ustiiA dd ]0 IOMO.

ISBN 88-8b48-071-7

21,00
il ViANdANTE

UNA collANA pER CHi AMA ANdARE ÌN CERCA


Karlheinz Deschner

Storia criminale
del Cristianesimo

tomo II: Il tardo antico


Dai cattolici «imperatori bambini»
fino all'eliminazione dei Vandali e Ostrogoti ariani
sotto Giustiniano I (527-565)

a cura di
Carlo Pauer Modesti
Traduzione dal tedesco di Valentina Daniele

© 200 1
Edizioni Ariele - M i l ano
www .edizioniariele . i t

Prima edizione: Aprile 200 1


R i s tampa: Dicembre 2003

Titolo originale
Karlheinz Deschner
Kriminalgesch ichte des Ch risten tums
Zweiter Band: Die Spatantike
Von den katholischen Kinderkaisern» bis zur Ausrottung
«

der arianischen Wandalen und Ostgoten unter Justinian l. ( 527-565)


Copyright© 1 9 8 8 by R o w o h l t Verlag Gmbh - R e i nbek bei Hamburg

Galli Thierry stampa s.r.l. - Milano

ISBN
8 8 - 86480-7 1 -7
Tre cose desidero vedere innanzi alla mia morte, ma dubito, ancora che io vi­
vessi molto, non ne vedere alcuna: uno v ivere di republica bene ordinato nella
città nostra, Italia liberata da tutti e ' barbari e liberato el mondo dal l a tirannide
di questi scelerati preti.
Francesco Guicciardini, Ricordi, B 1 4, p . 1 90, Milano, 1 984

. . . Pochi italiani conoscono quale centro di coordinamento e d i guida delle for­


ze più reazionarie è i l Vaticano, e quale fattore di corruzione esso costitui sce
nella nostra vita pubblica, con la sua morale gesuitica, con la continua pratica
del doppio gioco, con l ' insegnamento dell a cieca obbedienza ai governanti,
comunque delinquenti e i n qualsiasi modo arrivati al potere, purché prestino
l ' ossequio dovuto al S anto Padre ( p . 1 3 ) .
. . .Invece, approfondendo l ' argomento, oggi mi sono dovuto convincere che l a
soluzione di tutti i problemi - anche di q u e l l i c h e riteniamo più spiccatamente
economici e tecnici - della convivenza civile, è in funzione del modo i n cui si
riesce a ri solvere i l problema dell a l ibertà di coscienza, cioè del modo in cui
vengono regolati i rapporti fra lo S tato e la Chiesa. Solo una netta separazione
del potere civile dal potere ecclesiastico; solo i l di vieto rigoroso a tutti i preti
di intervenire , come preti, nella vita politica; solo la riduzione della religione
ad affare strettamente privato, può consentire alla democrazia di s v i lupparsi
nel senso da noi desiderato (p. 1 4) .
. . . La tragica esperienza che abbiamo vissuto sotto il regime, mille e mille volte
benedetto dal papa, dai cardinali e dai vescov i , ci conferma che il Vaticano è -
e non può non es sere - il naturale alleato di tutte le forze più reazionarie nel
nostro paese e di tutti i regimi tirannici che comunque riescono ad affermarsi
nel mondo, purché siano rispettosi delle cosiddette "libertà della Chiesa" (p. 1 5).
Ernesto Rossi, Il manganello e l'aspersorio, M i lano, 2000
Dedicato soprattutto al mio amico Alfred Schwarz e a tutti quelli il cui aiuto
disinteressato, oltre a quello assiduo dei miei genitori, con gratitudine ho sperimentato:

Wilhelm Adler Jiirgen Mack


Prof. Dr. Hans A lbert Vol ker M ack
Lore Albcert Dr. Jorg Mager
Klaus Antes Prof. Dr. H. M .
Else Arnold Nelly Moia
Josef Becker Fritz Moser
Karl Beerscht Regine Paulus
Dr. Wolfgang Beutin Arthur ung G i sele Reeg
Dr. Otto B ickel H i l degunde Rehle
Dr. Dieter B irnbacher M. Renard
Dr. Eleonore Kottje-Birnbacher German Riidel
Kurt B irr Dr. K. Riigheimer u. Frau Johanna
Dr. Otmar Einwag Heinz Ruppe! und Frau Renate
Dr. Karl Finke Martha S achse
Franz Fischer Hedwig und Wi lly S chaaf
KHire Fischer-Vo gel Friedrich Scheibe
Henry Gelhausen Else und Sepp Schmidt
Dr. Helmut HiiuBler Dr. Werner Schmitz
Prof. Dr. Dr. Norbert Hoerster Norbert S chneider
Prof. Dr. Walter Hofmann Alfred Schwarz
Dr. S tefan Kager und Frau Lena Dr. Gustav Seehuber
Hans Kal veram Dr. Michael Stahl-B aumei ster
Karl Kaminski und Frau Prof. Dr. Dr. Wolfgang S tegmiiller
Dr. Hedwig Katzenberger Almut und Walter S tumpf
Dr. Klaus Katzenberger Artur Uecker
Hilde und Lothar Kayser Dr. Bernd Umlauf
Prof. Dr. Christof Kel lmann Helmut Weiland
Dr. Hartmut Kliemt Klaus Wessely
Dr. Fritz Koble Richard Wild
Hans Koch Lothar Wil l i u s
Hans Kreil Dr. Elsbeth Wolffheim
lne und Ernst Kreuder Prof. Dr. Hans Wolffheim
Eduard Kusters Franz Zitzlsperger
Robert Miichler D r. Ludwig Zol litsch
Indice

- Prefazione a l i ' edizione italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . i x


- Bibliografi a i n lingua italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . xx

Storia criminale del Cristianesimo - tomo Il


- CAPITOLO 1.: Gli i mperatori-bambi ni cattolici . ............................. .... . . .. . . . .............................. l
La d i v i s ione de l l ' i mpero. Nascita di due stati catto l i c i coerc i t i v i , 2 - Arcad i o , Rufino, Eutropio, 4 -
La "calda estate" del 400. San Giovanni Crisostomo e i l massacro dei Goti d i Costantinopo l i , 6 -
l cacci atori di teste e la persecuzione di pagani ed "ere t i c i " , 7 - Onori o, S t i l icone, Alarico e i pri m i
saccheggi dei c r i s t i a n i germa n i c i , 9 - L' i nvasione d i Radagaiso, l ' assass i n i o d i S t i l icone e al tre
carnefi c i n e catto l i co-romane, 1 2 - La caduta di Roma (4 1 0 ) e l e giustificazioni di Agostino, 1 8 -
La battaglia di Onori o contro g l i "ere t i c i " , i pagani e g l i Ebre i , 22 - Teodosio I l . Il reali zzatore d i
tutti i precetti del C r i s t i a n e s i m o , 25 - A ntisemitismo aggressivo ne l l ' Oriente c r i s t i a n o , 26 - D e l i tto
su d e l i tto ne l l ' Occidente catto l i c o , 28 -Note , 3 0 .

- CAPITOLO II . : I l primato papale o la "petra scandali " : i l trionfo del l ' inganno e della
sete di potere ............................. ............................................ ....... . . . . . .. . . .......... ......... . . . . ......... 37
G e s ù n o n ha istituito i l papato né Pi etro è m a i stato vescovo d i Roma, 3 8 - I l soggiorno e l a morte d i
Pietro a R o m a n o n s o n o d i mostrab i l i , 3 9 - La favola d e l ritrovamento d e l l a tomba d i Pietro, 4 1 - L a
nascita d e l l e cariche ecclesiastiche, d e i seggi d e i metropo l i t i , d e i patriarc h i e d e l papato, 4 4 - I l
falso elenco d e i vescovi d i Roma, 46 -Nascono ambizioni al primato, 48 - L' i n tera chiesa antica non
era a conoscenza d i u n primato del vescovo d i Roma istituito da Gesù, 49 - Come i vescovi e i padri
della chiesa, anche g l i antichi conc i l i non riconoscevano alcun primato a Roma, 5 2 - L' affare Apiario,
5 5 - Lo scon tro s u l primato papale è durato fi no a l l ' età moderna, 5 7 -Note, 60.

- CAPITOLO III . : Pri me rivalità e tumulti attorno a l l ' episcopato di Roma ... .. .......... ............ 65
La l otta tra s . Ippolito e s . C a l l i s to, 66 - Corne l i o co ntro Novaz iano, 70 - I l "m aresc i a l l o d i Dio" e
"patrono del bestiame cornuto", 72 - R i b e l l i o n e , assass i n i o e complotto; i papi Marce l l i no, Marcello,
M i l z i ade, S i lvestro e altri, 7 3 - Di ogni tipo d i sparg i mento d i sangue e d i altri màrt i r i . Lo scisma
fel i c iano, 74 - Damaso, i l papa assass ino, combatte l ' anti papa Ursino e altri demòn i , 76 - Sotto
Damaso crescono l e pretese al pri mato, 8 2 - I n nocenzo I, "vertice de l l ' ufficio vescov ile" o solo
menzogna?, 84 - E u l a l i o co ntro B o n i fac io, " i l vertice apostolico", 87 -Note, 90.

- CAPITOLO Iv . : La lotta per le sedi vescov i l i d ' Oriente nel V secolo fi no al


concilio di Calcedonia . .
... .............. . . . .. . . . . .............. ...................................................... .......... 95
Monaci predatori e l ' i nversione d i rotta d i Teofi l o , 97 - I l padre del l a chiesa G i rolamo e compari
prestano a Teofi lo servizi da sicario con tro i l padre d e l l a chiesa Giovan n i , 1 00 - L' u m i ltà d i un
p r ì n c i pe de l l a chiesa, l 03 - I l padre della chiesa Epifanie, i l si nodo di Quercum e l ' assass i n i o nel
palazzo del patriarca, 1 04 - L' i ncendio d i Hagia Sophia e l a fi ne d i Giovanni e i "giovan n i a n i " , 1 06
- Il patriarca Cirillo affronta il patriarcaNes torio, l 08 - La scuola teologica alessandri na e antiochena,
I l O - L' i n i z i o della lotta per "la madre d i Dio", I I I - A nno 43 1 : i l conc i l i o d i Efeso o i l dogma della
corru zione, 1 1 8 - L' <<u n i one», una quasi incre d i b i l e trattativa d i fede e i l tiro mancino d i C i r i l l o al
monaco Vittore, 1 29 - San C i r i l l o persecu tore deg l i "eretici" e ideatore d e l l a prima "soluzione fi na­
le", 1 3 3 - Scenute pri ore del monastero d i Atripe (ca. 348-466 !), 1 3 8 - San Scenute combattente dei
pagan i : rapina, rov i n a e o m i c i d i o , 1 40 - La controvers i a eutichiana, 144 - I l s i nodo di Efeso del 449
o " s i nodo dei brigant i " , 1 4 8 - Il conc i l i o d i Calcedonia, ovvero : "urla di devozione", ! 54 - Il 28 °
canone, 16 1 -Note, 1 6 3 .
- CAPITOLO v.: Papa Leone I (440-46 1 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 7 3
Leone I rivendica il suo primato. La devozione dei l a i c i , 1 74 - Chi era questo Leone?, 1 7 6 - Leone
i l santo contro I l ario il santo, 1 7 7 - Il papa attribuisce al l ' i m peratore l ' i nfal l i b i l ità nella fede e a se
stesso i l dovere d i annunc iarla, 1 80 - Per questo: "diventare soldati d i Cristo . . . " , 1 8 1 - Col l aborazio­
ne a l l ' annientamento degli "eretici" i n nome "de l l ' e l evazione della d i g n i t à umana", 1 82 - Leone I
quale persecu tore dei pelag i a n i , m a n i c h e i , prisc i l l i a n i e quale predic atore del l ' amore per il nemico,
1 86 - Leone "Magno" maledice g l i Ebre i , 1 9 1 - I l "momento magico del l ' u manità", 1 9 3 - Note, 1 97 .

- CAPITOLO VI.: La guerra n e l l e chiese e p e r le chiese fino all ' i mperatore


Giustino (5 1 8 ) . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 l
L' Oriente in fi amme ovvero " . . . il diavolo, tu e Leone", 202 - Papa Leone aizza con tro i "diavo l i "
c r i s t i a n i d ' Oriente, 2 0 5 - Anche sotto l ' i mperatore L e o n e I , p a p a L e o n e chiede l a conti nuazione
d e l l e v i olenze contro " i c r i m i n a l i " e condanna ogni trattativa, 206 - B attag l i e d i fede tra cristiani,
209 -Papa I l aro, l ' i mperatore A n temi o e le cristiane stravaganze dei briganti reggenti, 2 1 1 - Papa
S i m p l i c i o cortegg i a sia l' usurpatore B a s i l isco sia l ' i m peratore Zenone, 2 1 3 - L' Henotikon, u n ten­
tativo d i u n i ficazione re l i g i o s a osteggiato da Roma, d i v i d e ancor più profondamente l ' i mpero e la
cristianità , 2 1 6 - Co m i n c i a lo scisma 'acac i a n o ' e con esso l ' alto trad i m e n to d e l l a chiesa, 2 1 8 -
Teodorico saccheggia l ' I t a l i a , ov vero "dov ' è Dio?", 222 - Col l aborazione con le forze d ' occupazio­
ne "eretiche", 225 - L' i m pe ratore Anastasio e papa Gelasio salgono s u l ring, 227 - La dottrina dei
due poteri , o lo stato come sgherro dei pap i , 230 - Papa Gelasi o combatte l a "pestilenza" di scismatici,
eretici e pagan i , 2 3 2 - U n papa pacifico regna per poco, 234 - Lo scisma Laurenziano: scontri d i
pi azza e massacri nelle chiese, 234 - Le fal s ificazioni " s i m m achiane", 2 3 7 - "Formazione d e g l i
schieramenti : i l r e g n o dei Goti e Roma contro B i sanzio", 2 3 9 - N o t e , 244.

- CAPITOLO vn.: Giustiniano I. (527-565): il teologo sul trono i mperiale ........................ 25 1


La rivolta sotto G i u s t i n o I. ( 5 1 8 - 5 2 7 ) , ovvero: da guardiano di porci a i mperatore catto l i c o , 2 5 2 - La
persecuzione dei monofisiti sotto Giustino I, 254 - Il l i bello di Ormisda, 256 - Roma passa da Ravenna
a B i sanzio, 2 5 8 - Le prime c rociate, ovvero: le molte storie sacre arabo-etiopiche, 260 - L' i mperato­
re G i ustiniano, s i g nore d e l l a chiesa, 262 - G i u s t i n i a n o e m u l a con ardore l a mansuetud i n e del Cristo
e ord i n a " l a guerra buona e le questioni spirituali . . . " , 263 - Pri v i legi dei vescovi e salassi dei l a i c i ,
265 - Teodora: amante d i s e r v i e d i patriarc h i ( ? ) , e s p o s a del l ' i mperatore, 268 - La r i v o l t a d i N i k a ,
2 7 1 - L' i m peratore G i u s t i n i a no perseguita i c r i s t i a n i d i s s i d e n t i , "affinché c a d a n o i n m i seria . . ." , 272
- "Una specie d i procedura i nq u i s i t i v a " per i pagan i , 275 - Per g l i Ebrei "un destino d i i n famia . . . ",
277 - Lo sterm i n i o dei samari tani ad opera d i G i u s t i n iano, 279 - I Van d a l i , ovvero "contro coloro
che suscitano la col lera d i Dio . .." , 2 8 2 - L' ariano Genserico persegu ita i catto l i c i , 2 8 5 - Unerico e il
c l ero ariano depredano, e s i l iano e massacrano, 289 - Il c lero c attol i c o vuole "una sorta d i croci ata"
contro i Vandal i , 293 - " . . . v i portiamo pace e l i bertà, 295 - I desideri papal i d e l l "'a m p l i amento del
reg no di Dio", ovvero: "erano tutti mendicanti", 298 - D e l l a "grande caccia ai Goti" e d i varie cose
a marg i n e , 300 - Chi profittò dell ' i n ferno: la chiesa romana, 309 - G u i tterie tra Oriente e Occidente,
ovvero : i l papa assas s ino Vi g i l i o ( 5 3 7 -5 5 5 ) , 3 1 4 - Note, 3 2 1 .

- Abbreviazioni ...................................................................................................................... 33 1
- B ibliografia secondaria . .
.......... .. .............. ........... . . . . ... . ... . ....... . ............. . ............................. 3 3 3
- Indice d e i n o m i . . . . . .
......... . ............... .... . . . .. ....... ................. . . . . ..... ....................... .... .............. . . 377
ix

PREFAZIONE ALL' EDIZIONE ITALIANA


di Carlo Pauer Modesti

Questo secondo volume della "Kriminalgeschichte des Christentums" giunge


ad un anno di distanza dal primo, un tempo che concede la possibilità di effettuare
almeno due diverse considerazioni . La prima relativa ali ' impatto sul pubblico italiano
di un' opera, visto il contesto culturale, decisamente "scomoda" : non c ' è altro luogo del
mondo dove la confusione-collusione tra stato (originariamente laico) e chiesa rag­
giunga le proporzioni di quella italiana. La seconda valutazione si rapporta a quanto si
è detto nella prefazione del primo volume. Lì il giubileo del millennio era appena co­
minciato, qui si è appena concluso; tra gli innumerevoli eventi più o meno spettacolari
che, nel corso dei mesi, lo hanno scandito, due impongono la discussione: il cosiddetto
"documento di perdono" e la vicenda del segreto di Fatima.

Nella postfazione della ristampa del libro di Ernesto Rossi Il manganello e


l 'aspersorio (Kaos, 2000), Mimmo Franzinelli ha descritto l ' inquietante scenario giu­
bilare richiamando le parole di un articolo del giornalista Sandro Viola, dedicato alla
beatificazione di papa Mastai, l ' autore del Sillaba, e ai deliri della stampa cattolica (e
non solo) che ne hanno celebrato il genio anticipatore, gabellando il papa marchigiano
come un precursore dei critici della modernità Adorno, Horkheimer e Benjamin.
Franzinelli così conclude : "In un simile contesto la Kaos edizioni nell' estate 2000 ha
ristampato con successo un altro classico libro di Rossi, Il Sillaba e dopo: la sola voce
critica, in Italia, verso una strategia ecclesiastica che invece è stata apertamente conte­
stata ali ' estero . . . " 1•
È vero, se dobbiamo considerare esclusivamente il caso Pio IX, ma va in ogni caso
rilevato che il 2000 giubilante ha visto una decisa ed efficace voce critica con la pub­
blicazione del primo volume, dei dieci previsti, dell ' opera di Deschner il quale, è dav­
vero il caso di dirlo, affronta alla radice il problema: seguendo dalle origini il tracciato
del suo ideale percorso storico, Pio IX, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II appaiono
più facilmente inquadrabili in una visione ampia della storia entro cui le superficiali
divergenze si ricompongono nel disegno universalista del cattolicesimo romano.
Il libro di Deschner, fatta esclusione delle recensioni di Beniamino Placido su La
Repubblica 2 e di Giovanni Filoramo sul Corriere della Sera\ ha scontato la tattica del
silenzio, figlia di una intellettualità pusillanime e infingarda ormai egemone. A giudi­
care però dalla necessità di una ristampa del primo volume (andato rapidamente esau­
rito), il lettore curioso e interessato ha dimostrato di apprezzare (probabilmente stucca-

1 Ernesto Rossi, Il manganello e l 'aspersorio, Mi lano 2000, p. 354.


La Repubblica del 1 2 11 1 12000.
3 Corriere della Sera del 3 1 10 1 10 l .
x Prefazione

to dalla protervia vaticana e dai suoi ben allineati corifei; ricordiamo, fra i tanti, l ' epi­
sodio della "storica" telefonata, in diretta tv, del papa al mellifluo B runo Vespa). Il
consenso o quantomeno l ' interessamento del pubblico italiano è un eccellente motivo
per affrontare con ottimismo la pubblicazione dei volumi successivi.

- l -

Nella prefazione al tomo primo (L 'età arcaica) e nel l ' i ntervi sta a Deschner 4 SI e
accennato all ' imminente pubblicazione di un testo lungamente elaborato dalla Com­
missione Teologica Internazionale, poi comparso con il titolo "Memoria e riconcilia­
zione: la Chiesa e le colpe del passato". Le anticipazioni e le critiche, a suo tempo
evidenziate, non hanno trovato smentita.
È comunque opportuno esaminare su quali basi poggia Ja purificazione della memo­
ria di cui si parla nella Bolla di indizione dell' anno santo 2000 (lncarnationis mysterium
del 29 novembre 1 998), alla luce della lettura del suddetto testo approvato dal cardina­
le J. Ratzinger.
lnnanzitutto, lasciando in sospeso momentaneamente il riprovevole concetto di
purificazione della memoria, ci troviamo davanti ad una procedura costruita sul l ' uni­
lateralità e sull ' autoreferenzialità dell' azione, com' è costume del potere autocratico
che alla maniera di un fossile vivente s ' incarna nel papa polacco oggi come mille anni
fa. Il perdono, infatti , non proviene dalle vittime, come eventualmente dovrebbe esse­
re. L' arrogante e sfacciata richiesta giunge invece dall' autorità che siede infallibilmen­
te e indiscutibilmente sul trono di Pietro 5, la quale assurge nella fattispecie al ruolo
d ' imputato, d' avvocato difensore, di pubblico ministero e di giudice allo stesso tempo,
in perfetto accordo con le teorie avanzate da Cari Schmitt 6 nell ' ambito del dibattito in
tema di teologia politica, allorquando il filosofo del diritto afferma che la natura intima
del cattolicesimo romano (ma in generale del cristianesimo) è giuridico-politica, chia­
rendo con lucidità il "funzionamento" della chiesa: si tratta di quella complexio
oppositorum che secondo Schmitt è la più alta reali zzazione di istituzione formale e
visibile. Altri preferiscono parlare più semplicemente di opportunismo spregiudicato
(cfr. infra lo stesso Deschner, pp. 1 1 2- 1 1 3 .).
Indipendentemente dalla complessità dell' analisi, è su questo carattere dominante
che il cattolicesimo ha potuto attraversare 20 secoli di storia del l ' occidente sopravvi­
vendo alle più i ncredibi l i contraddizioni, le quali perdono ovvi amente questa

4 K . Deschner, Storia criminale . . . , Mi lano 2000, p p . 9 - 2 0 .


5 Per u n a critica al fondamento d e l l a chiesa, c h e si vorrebbe voluta da G e s ù secondo M t. 1 6 : 1 8 , si veda
Vittorio Subilia, Tu sei Pietro, Torino, 1 97 8 .
6 C a r i Schmitt, Cattolicesimo romano e forma politica. M i l ano 1 986. M a anche, d e l l o stesso autore, Le
categorie del "politico ", Bologna 1 972, in particol are la prima parte : Teologia politica, quattro capitoli
sulla dottrina della sovranità.
Prefazione xi

connotazione se si accetta il punto di vista cattolico. Innumerevoli sono gli esempi


possibili . Se vogliamo analizzare il pontificato di Wojtyla, probabilmente un modello
esemplare di questa concezione del potere è facilmente rintracciabile nel comporta­
mento, solo apparentemente inconciliabile, e nel giudizio politico del papa polacco
relativo agli eventi che lo vedono protagonista nel primo lustro di governo: in America
latina inteso a stroncare inesorabilmente l' organizzazione del locale cattolicesimo in
ambito sociale (la cd. Teologia della liberazione), con un atteggiamento che lo porterà,
fra l' altro, a condannare duramente la partecipazione dei sacerdoti 7, nella veste di
ministri, al governo sandini sta di Daniel Ortega; in Polonia acceso sostenitore del sin­
dacato cattolico Solidarnosc 8, guidato dall' elettricista di Danzica Lech Walesa, fino a
spingere il suo paese sull' orlo del disastro (l' intervento sovietico), sventato dall' azione
militare interna del generale Jaruzeslki 9•
Si tratta di un comportamento soltanto in apparenza capriccioso: un sovrano che
gioca con i suoi sudditi, come se ne trovano nelle fiabe. In realtà è la dimostrazione di
come la sovranità nell' ambito del cattolicesimo (ma non solo) è il frutto di calcolo
politico, funzionale alla conservazione del potere, quel potere in nome del quale gli
orrori più intollerabili sono stati possibili . La stessa sovranità si fa creatrice di un dirit­
to che autorizza il papa a chiedere perdono alle sue vittime e a concederselo.
In questo quadro la definizione di purificazione della memoria acquista un signifi­
cato ben preciso e osceno: autoassoluzione. Attraverso un meccanismo proprio della

7 La rivol uzione nicaraguense contro il di ttatore Anastasio Somoza, dopo la vittoria del luglio 1 979,
aveva dato vita ad un governo per ricostruire i l paese i n cui trovarono posto, come esponenti autorevoli
della "Chiesa Popolare", padre Miguel D 'Escoto (Ministro degli esteri ) e padre Ernesto Cardenal ( M i ­
ni stro d e l l a cu ltura), i n seguito si aggiunse i l ges uita Fernando Cardenal (ministro del l 'istruzione) fra­
tello di Ernesto. Nel 1 984 i due sacerdoti furono sospesi a divinis e il gesuita cacc iato dal l 'ordine. Per
approfondire si vedano: T. Cabestrero, Rivoluzionari per il Vangelo: testimonianze di quindici cristiani
nel governo rivoluzionario del Nicaragua, Assisi 1 984; R. N. Lancaster, Thanks to God and the revolution:
popular religon and class consciousness in the new Nicaragua, New York 1 98 8 ; G. Girardi, Il popolo
prende la parola: il Nicaragua per la teologia della liberazione, Roma 1 990.
8 Dopo i l viaggio papale del giugno 1 979, in Polonia ini ziano i fermenti che vedranno nascere e crescere
i l sindacato cattolico voluto da Woj tyla e finanziato dal Vaticano (come si apprende, fra le tante font i .
d a l recente l i bro di F. Pazienza, li disubbediente, Milano 1 999, p . l 86). N e l l a vasta letteratura relativa a l
crac d e l B anco A mbrosiano, alla gestione d e l l o ! O R da parte di monsignor Marcinkus, a g l i omicidi d i
Si ndona e C a l v i e allo scandalo d e l l a P 2 , si rintraccia, tra i tanti, i l fi lo condutture d e l sostegno politico­
economico (più o meno alla luce del sole) della Santa Sede alle lotte sociali polacche. Per comprendere
lo scenario si possono consultare : F. Rizzi, Vaticano & [e] Ambrosiano, Napoli 1 98 8 ; L . Coen, L. Sisti,
Il caso Marcinkus : le vie del denaro sono infinite, M ilano 1 99 1 .
9 La vicenda polacca è terminata con un grave scacco per i l Vaticano: Walesa, dopo tentativi acrobatici di
tenere insieme le forze politiche i n nome della madonna e del papa, raccolse solo un mi sero l% alle
elezioni del l ' ottobre 2000 che lo videro sconfitto. S i confermò una coalizione guidata da ex-comunisti
convertiti alla social democrazia. I l tentativo anelato da Woj tyla di una "teocrazia" i n occidente, che
aveva modificato i banchi di scuola, coprendol i sul davanti, per non i ndurre "catti vi pensieri" negli
studenti, era penosamente fal l i to.
xii Prefazione

"teodicea", ossia la dottrina della giustificazione di Dio 10 per cui Dio non può avere
responsabilità del male, si giunge a giustificare la bimillenaria azione criminale dei
cristiani che, in quanto singoli soggetti storici, sono responsabili delle loro azioni al­
l' interno della Chiesa, la quale, invece, trascende (santa e immacolata) la storia. Leg­
giamo infatti nel testo che: quando si dice Chiesa "non si tratta né della sola istituzione
storica, né della sola comunione spirituale dei cuori illuminati dalla fede", si tratta
piuttosto di un mistero; essa è infatti il corpo di Cristo "misticamente prolungato nella
storia" entro cui agiscono i suoi figli, "la comunità dei battezzati", guidati dai Pastori 1 1 •
In tal modo si raggiunge lo scopo: sopravvivere alla propria storia indicando nei figli
l'eventuale colpa storica e in Dio/Chiesa l' amore e la giustizia universale che tutto
assolve e perdona. Si opera cioè una storicizzazione faziosa, o meglio di comodo, nel
senso che la Chiesa non è, come dovrebbe essere, un prodotto socioculturale che risen­
te dei tempi e dei luoghi come i suoi figli, ma è viceversa un oggetto metafisico aleggiante
e incombente sul mondo. Attraverso questa dialettica immanenza/trascendenza la Chiesa
si sottrae al giudizio, riservando a se stessa l' ultima parola poiché essa ha nell' autorità
papale la manifestazione visibile del potere, divino, che dovrebbe giudicarla. Di nuovo
il cerchio si chiude.
Nel testo del documento incontriamo una chiara esplicitazione di questa particolare
prassi storiografica. Sin dall ' introduzione leggiamo, con appello a Benedetto Croce,
che "è necessario coniugare correttamente il giudizio storico e quello teologico." Vie­
ne da domandarsi come sia possibile. È presto detto: "occorre . . . unire all' indagine sto­
rica la valutazione morale ispirata al Vangelo 12 " ; dopo aver indagato i fatti si dovrà
dunque, eventualmente tali fatti non concordassero con lo spirito del Vangelo, capire
"se i figli della Chiesa che hanno agito così avrebbero potuto rendersene conto a par­
tire dal contesto in cui operavano n". Prendiamo il caso in cui i figli della Chiesa sia­
no personaggi come Tommaso d ' Aquino, Pio IX e Pio XI. Nell' enciclica Quas
primas 1 4 Achille Ratti scrive:
"l santi Evangeli non soltanto narrano come Gesù abbia promulgato delle legg i , ma lo
presentano al tresì nel l'atto stesso d i legiferare ; e i l divino Maestro afferma, i n circostanze
e con diverse espression i , che chiunque osserverà i suoi comandamenti darà prova di amar-

10 S i tratta della relazione tra D i o (amore) e i l male/dolore ; la riflessione conduce al seguente problema:
Dio, i n quanto tale, può e vuole togliere il male, ma non lo fa. Perché? Inoltre : da dove viene i l male se
non da Dio? Ammettere che il male non sia emanazione divina rende Dio "i ncompleto", perc iò non­
Dio. A queste domande nessuno, ovviamente, ha saputo dare risposta. Il primo a dare ampia form ula­
zione, introducendo i l termine, è Lei bniz (Saggi di teodicea, 1 7 1 0), sarà pochi anni dopo Kant a mettere
la parola fi ne alla questione con l ' articolo Sul/ 'insuccesso di ogni saggio filosofico di teodicea ( 1 79 1 ),
argomento ripreso nel l ' opera La religione nei limiti della semplice ragione (prima ed. l 793).
11 Memoria e riconciliazione: la chiesa e le colpe del passato, Paol ine editoriale l ibri , Milano, 2000, p . 28.
12 Memoria e riconciliazione, c it . , p. l l .
n Memoria e riconciliazione, cit., p. l 2 .
14 Datata I l dicembre 1 92 5 , è fac il mente consultabile sul sito: www. vatican.va.
Prefazione xiii

lo e rimarrà nella sua carità (Joh. 1 5 , IO) . Lo stesso Gesù davanti ai Giudei, che l o accusa­
vano di aver violato i l sabato con l ' aver ridonato la sanità al paralitico, afferma che a Lui fu
dal Padre attribuita la potestà giudiziaria: "Il Padre non giudica alcuno, ma ha rimesso al
Figlio ogni giudizio" (Joh. 5 , 22). Nel che è compreso pure il diritto di premiare e punire gli
uomini anche durante la loro vita, perché ciò non può disgiungersi da una propria forma di
giudizio. Inoltre la potestà esecutiva si deve pari menti attribuire a Gesù Cristo, poiché è
necessario che tutti obbedi scano al suo comando, e nessuno può sfuggire ad esso e alle
sanzioni da lui stabilite".
Come fa notare Ernesto Rossi, il contenuto del documento è direttamente riconduci­
bile alle tesi sostenute nel Sillaba 1 5 di Pio IX, testo quest' ultimo già ben presente negli
articoli della rivista dei gesuiti "Civiltà cattolica", dove si afferma che "la Chiesa è
mansueta perché questo è il suo spirito e non già perché una società spirituale non
possa aver diritto di punire eziandio fino al sangue e alla morte 1 6 ". Ma le "sanzioni da
lui stabilite", di cui parla Pio Xl, che possono giungere "fino al sangue e alla morte",
come sostengono i gesuiti della "Civiltà cattolica", che effetto pratico possono avere?
Lo si potrebbe chiedere ai rivoluzionari Monti e Tognetti, ghigliottinati per ordine di
Pio IX a Roma il 22 ottobre 1 867. Nulla di cui scandalizzarsi: papa Mastai ha un illu­
stre predecessore, un dottore della Chiesa: San Tommaso d ' Aquino il quale, a proposi­
to di eretici, sosteneva che possono "essere non solo scomunicati, ma anche giusta­
mente messi a morte 1 7 " .
In coerenza con quanto da lui sostenuto in merito alle leggi promulgate da Gesù, Pio
XI non esitò a rintracciare in Benito Mussolini uno strumento della Provvidenza 1 8 , un
uomo che quelle leggi avrebbe fatto rispettare per restituire l ' Italia a Dio e Dio agli
italiani. Sicuramente centinaia di migliaia furono gli italiani "restituiti" a Dio !
A questo punto ci si domanda: questi "illustri" figli della Chiesa che hanno agito
così avrebbero potuto rendersene conto a partire dal contesto in cui operavano? E con
loro tutti gli altri il cui elenco costituisce di fatto la storia della Chiesa?
La risposta è nelle loro sacre scritture. Se queste sono veramente la verità rivelata,
esse valgono sempre, in ogni epoca e dovrebbero guidare l ' azione di chiunque le con­
sideri un prodotto di Dio. In quelle scritture, nelle pagine più conosciute, si legge "ama
il tuo prossimo come te stesso" (Mc: 1 2, 3 1 ; Rm: 1 3 , 9) e piuttosto che violare questo
precetto è meglio morire, come testimonia nei fatti lo stesso Gesù. Potevano ignorare
i suddetti figli della Chiesa tali parole?
15
I l Sillaba fu pubblicato i nsieme al l ' enciclica Quanta cura 1'8 dicembre 1 864. Costitu iva di fatto un
elenco degli "errori" della modernità, ossia una condanna di tutto i l pensiero fi losofico posi-scolastico
e dei suoi esiti sociali, culturali e politic i .
16
E . Rossi, l/ Sillaba e dopo, Milano 2000, p . 7 4 , n t . 2 .
17 Vedi nota precedente.
18
Per una trattazione del ruolo del Vaticano durante il fasc ismo rinviamo il lettore al testo di Ernesto
Rossi, l/ manganello e l 'aspersorio, M ilano, 2000. Nello stesso, a p.355 si trova una esauriente bibliografia
su Stato e Chiesa in epoca fascista
xiv Prefazione

Se invece si tratta di un testo che non ha natura divina, allora come può la Chiesa,
che da tali scritture si vorrebbe far derivare, trascendere i suoi figli e restare immacola­
ta, mentre essi si macchiano dei delitti più efferati ?
A chi ritiene quelle scritture un prodotto storico come tanti altri, l e argomentazioni
del perdono non possono che suscitare sdegno e orrore e per questo vanno rispedite al
mittente.
Per coloro che credono, resta solo la fede del "credo quia absurdum", ma con che
spirito essi possono restare nella Chiesa cattolica? Una Chiesa che si vuole governata
dal successore di Pietro, l' apostolo che rinnega Gesù nel giro di qualche ora. Ma non è
un caso che a governare sia il successore di Pietro, tra i dodici possibili , giacché la
storia della Chiesa non è forse anche storia di rinnegati ? Questo volume può agevolare
la ricerca della risposta.

- 2 -

Il 1 3 maggio 2000 a Fatima, il segretario di stato cardinale Angelo Sodano davanti a


decine di televisioni, dopo che l' attenta regia della macchina spettacolare del "popestar"
aveva, nei giorni precedenti, abilmente creato un clima d ' attesa parossistico, informa
la folla portoghese : "Il sommo pontefice mi ha incaricato di darvi un annuncio 19 ". Il
sommo pontefice è lì a fianco e si prepara a celebrare l' unico caso di "beatificazione in
vita" di un papa. Tutto è perfetto nella liturgia ' papolatrica' che caratterizza gli sviluppi
recenti della teologia cattolica: l' attentato del 1 3 maggio 1 98 1 (stessa data della prima
apparizione del 1 9 1 7) 20 ; il suo autore, il turco Alì Agcà, che in carcere farà esplicito
riferi mento a Fatima; l'interesse periodico dei media verso il contenuto del cosiddetto
terzo segreto; la celebrazione dell' apparizione in pieno giubileo del 2000; gli eventi
dell' 89 e, fast but not least, la pallottola incastonata nella corona della madonna, una
splendida reliquia, medievaleggiante e al tempo stesso sufficientemente moderna.
Tutto è perfetto? Nelle successive parole del relatore traspare l' adagio latino excusatio
non petita accusatio manifesta. Leggiamo, infatti, che il testo del terzo "segreto" non
descrive "in senso fotografico i dettagli degli avvenimenti futuri, ma [sintetizza e con­
densa] su un medesimo sfondo fatti che si distendono nel tempo in una successione e in
una durata non precisate. Di conseguenza la chiave di lettura del testo non può che
essere di carattere simbolico 2 1 " . Perché avvisare che quanto sarà rivelato è paragonabile

19 Il segreto svelato. Il messaggio di Fatima, a cura della Congregazione per la dottrina della fede, Bolo­
gna 2000, p.30.
20
Tra i molti siti che hanno per argomento Fati ma, di un certo interesse è: www.fatima.org/it/, dove le
posizioni degli animatori cattolici del sito sono in forte contrasto con il Vaticano. Essi sostengono che il
"terzo segreto" rivelato sia incompleto. Il sito ufficiale della santa sede in cui si trova tutta la documen­
tazione è : www.vatican .va
21
Il segreto svelato, c i t . , pp. 30- 3 1 .
Prefazione xv

alle profezie della sacra scrittura? I profeti e la Dei Genetrix hanno accesso alle stesse
informazioni? Di che conoscenza si tratta? Cosa sa la madonna (di Fatima) del futuro?
Ma si tratta davvero del futuro?
I problemi si dispiegano su almeno due piani differenti : l) quello del l ' illogicità del­
la serie di eventi e dello scandalo della "non-rivelazione" mariana; 2) quello del l ' i nter­
pretazione della Chiesa che, inevitabilmente ricalca perfettamente le procedure de­
scritte nel paragrafo precedente. Le domande che si pongono, in qualche caso, sono
possibili, per procedere nel discorso, solo accettando l ' immaginario religioso che ha
come protagonisti Gesù e sua madre nella forma "smerciata" ai fedeli dalla Chiesa
cattolica, da Efeso in poi 22 •
La topologia delle teotokofanie, come esito cultuale della teotokolatria introdotta
nel cattolicesimo lentamente, e affermatasi pienamente solo nel medioevo, ha come
luogo attuale di riferimento Fatima. Qui in coincidenza con fatti a tutti noti (primi fra
tutti il conflitto mondiale e il diffondersi del socialismo nel mondo), la "bella signora"
di Lourdes (immaginiamo senza tema di smentita che si tratti della stessa "persona")
appare a tre ragazzini rispettivamente di 7, 9 e IO anni attivi, com ' è normale all ' epoca,
nella pastorizia (le foto ufficiali ce li mostrano ripuliti e ben ordinati in abiti tradiziona­
li, ma dobbiamo immaginarli quotidianamente in tutt' altra lacera veste). Si tratta di
lavoro minorile in condizioni di degrado che nel Portogallo si protrarranno molto a
lungo, proprio grazie alla Chiesa. Infatti , tra le preoccupazioni di questa "mamma" non
c ' è, come sarebbe normale, quella di quei figlioli e dei milioni di bambini nelle loro
condizioni (ieri come oggi). La "signora" è, invece, sconvolta dal diffondersi dell' atei­
smo: "la visione di Fatima riguarda soprattutto la lotta dei sistemi atei contro la Chiesa
e i cristiani e descrive l ' immane sofferenza dei testimoni della fede . . È una intermina­ .

bile Via Crucis guidata dai papi del ventesimo secolo 23" . Per combattere questo "orro­
re" (la peste del socialismo) , la madonna chiede che (la) si preghi e che la Russia le sia
consacrata. In Portogallo la Chiesa tanto per cominciare, per garantire un coro gigante­
sco di preghiere, appoggerà, e sarà largamente ricambiata, un autorevole militante del
movimento cattolico: Antonio de Oliveira Salazar, il dittatore clerico-fascista 24 che

22 Sul cu lto di Maria, si veda in questo stesso volume i l capitolo I V, § 3 e ss. S i notino altres ì le analogie
antropologiche rintracc iabi li nella sovrapposizione cultuale di Artemide efesina con Maria - attraverso
i l Conc ilio tenutosi non casualmente ad Efeso - così come avviene per i l Sol invictus con i l Cri sto -
durante il regno di Costantino I (cfr. Deschner , Storia criminale, vol . I, p. 2 1 2 ss.; I d ., Il gallo cantò
ancora, Viterbo, 1 998, pp. 69- 74).
23 Il segreto svelato, ci t., p .3 1 .
24 Dopo alterne vicende politiche il Portogal lo precipita nella dittatura m i l i tare del generale Antonio Oscar
Fragoso Carmona, nel l 926, il quale nel 1 93 2 ( i l 5 1uglio) chiamerà Sal azar, già mini stro delle finanze,
alla presidenza del consiglio. Questi promulgherà la nuova costituzione il 1 8 marzo 1 93 3 , incentrata
sull' applicazione dei principi cattolici espressi nel l ' enciclica di Leone X I I I Rerum Nova rum ( 1 89 1 ) . La
di ttatura sal azari ana s ' i nasprirà ulteriormente dopo l ' attentato del 6 1uglio 1 93 7 .
xvi Prefazione

governerà fino al 1 966 2\ passando indenne il secondo conflitto mondiale in compa­


gnia del collega spagnolo, anche lui cattolicissimo e benedetto dal Vaticano, il carnefi­
ce delle libertà Francisco Franco. La massima preoccupazione della madre di Dio è
quindi la politica. Nulla essa dice a proposito del fatto che altri regimi, benedetti da Pio
XI, si sarebbero macchiati di nefandezze inimmaginabili; nulla dice l 'Apparizione del­
lo sterminio del popolo ebraico che di lì a poco si sarebbe consumato nei lager nazisti .
I "veggenti" vedono solo un mucchio di cadaveri e un monte con in cima una croce su
cui cammina un vescovo bianco seguito da altri prelati, dove il vescovo bianco "giunto
alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da
un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso
modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi sacerdoti, religiosi e religiose . . . 26". Qual­
che giorno prima della divulgazione del testo, davanti alla folla e alle telecamere di
mezzo mondo, i l segretario di stato cardinale Sodano aveva detto: "Anch' egli . . . cade a
terra come morto 27".
A parte la venatura "antisemita" di questa madonna, come sosterrà il teologo italia­
no Enzo B ianchi, e senza considerare come gli stessi ambienti cattolici più accorti
insorgano davanti a un tale spettacolo 28 , è evidente l ' imbarazzo della stessa curia ro­
mana che, forte della conoscenza delle sue "pecorelle", ben sa però come gabbarle:
"venne ucciso" diventa "come morto". Chi , infatti, leggerà il testo con attenzione? E se
lo farà, troverà l ' adeguata interpretazione. Quante volte abbiamo visto Santa Romana
Chiesa procedere così 29 ?
Il segreto, sul cui contenuto erano fiorite leggende apocalittiche, è altresì poca cosa.
La visione, come del resto si evinceva dalle sezioni già note, è ricalcata sulle rappre­
sentazioni dell' aldilà più infantili della pietà popolare, note anche allo storico delle

2� Alla morte di Salazar, avvenuta nel 1 970, i n continuità con il regime gli succederà Marcelo Caetano.
Nel tentativo di risolvere il confl i tto coloniale, Caetano erose definitivamente le casse del già poveris­
simo stato portoghese, dissanguando la popolazione che emigrava al ritmo di 200000 unità al l ' anno. Il
fascismo portoghese termi nerà il 25 aprile 1 974 con la cosiddetta Rivoluzione dei ga rofani. Fulcro della
rivoluzione fu l ' esercito (MFA) i n cui si affermò la componente di sini stra guidata dai generali Costa
Gome s , Vasco Concalves e dal colonnello Otelo de Carvalho (poi estromesso dal governo dallo stesso
Gomes, perché "estremista").
2• Il segreto svelato, cit., p . 2 1 . S i tratta del testo originale del terzo "segreto", redatto dalla veggente
superstite Lucia (fattasi monaca) i l 3 gennaio 1 944 . Per i due fratel l i più piccoli morti i n tenera età e
ovviamente in corso il processo di beatificazione.
27 Il segreto svelato, cit., p . 3 1 .
" Sul quotidiano francese Le Monde del 3 giugno 2000, i l domenicano padre Jean Cardonnel, i n un artico­
lo dal titolo inequivocabile: "Il falso terzo mi stero di Fatima", scriverà: "Santi ssimo Padre, o piuttosto
Servitore dei servi tori di Dio, i l suo terzo segreto di Fatima non è nemmeno i l segreto di Pulcinella. È un
falso, tanto falso quanto la famosa donazione di Costantino con cui si è voluto legitti mare i l più grotte­
sco controsenso anti - Verbo Ges ù : l ' i mpero cristiano" (AD/STA , nr.50, 3 luglio 2000) .
29 Nel l ' i ntroduzione d e l primo volume mi s o n o brevemente occupato di questa strategia comunicativa (cfr.
Desch ner, Storia criminale, vol . I, pp. l l s s . ) .
Prefazione xvii

religioni meno accorto e più devoto. Ma soprattutto non c'è nulla di "misterioso", nulla
di "sovrannaturale", nulla di nulla. Anzi, sia detto con ironia, per così dire "stando al
gioco", la Teotokos si è sbagliata: il vescovo non muore. Che sia colpa dei progressi
della chirurgia e della medicina (antibiotica)? Ovviamente la logica non aiuta. Quanto
sin qui detto non ha valore: la ragione e l ' intelligenza umana devono lasciare spazio
alla teologia, o meglio al cardinale Ratzinger, il funambolo del l ' interpretazione, il sal­
timbanco della dottrina della fede.
Leggiamo: "Nessun grande mistero viene svelato; il velo del futuro non viene squar­
ciato". Così nel Commento teologico al testo 30, dove dopo una dotta quanto evane­
scente disquisizione circa la natura delle rivelazioni (divise in pubbliche e private:
pubblica è l ' incarnazione di Dio in Gesù, private sono, ad esempio, le apparizioni, le
visioni), si apprende che Dio quello che doveva dire all' uomo "l ' ha detto tutto nel suo
Figlio . . . Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivela­
zioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio 3 1 " . Ma (c ' è sempre
un ma per i cattolici ! ) , le rivelazioni (private) posteriori al Nuovo Testamento ci sono
sempre state e "alcune . . . sono state riconosciute dal i ' autorità della Chiesa 3 2" (viene da
domandarsi con quali criteri, giacché spesso quelle non riconosciute sono costate la
vita del "visionario", o più recentemente il manicomio), perciò in cosa consistono? "La
rivelazione privata è un aiuto [per la] fede, e si manifesta come credibile proprio
perché . . . rimanda all ' unica rivelazione pubblica 33 " , cioè: pleonasmo tautologico, in­
fatti, è un aiuto "del quale non è obbligatorio fare uso 34" . Et voi là!
Perché allora questo gigantesco spettacolo? Appunto . . .
D a sempre il cattolicesimo si è servito della dimensione fantasmagorica e per diver­
si motivi, primo fra tutti quello del consolidamento del potere e, simultaneamente, il
coincidente afflusso di denaro che ne deriva; senza dimenticare il problema della
sussunzione della pietà popolare, cioè di quella produzione di senso (sacro) che si
configura come autopoiesi delle comunità cri stianizzate che nel corso dei secoli
rielaborano, al loro interno e secondo forme e modi obliquamente analoghi ma intrin­
secamente specifici, i contenuti introdotti dal i ' evangelizzazione originaria. "La
religiosità popolare" (fase della produzione), scrive infatti Ratzinger, "è la prima e
fondamentale forma di inculturazione della fede, che si deve continuamente lasciare
orientare e guidare dalle indicazioni della liturgia" (fase della sussunzione), "ma che a
sua volta feconda la fede a partire dal cuore 35" (fase della riproduzione, anche in forme
"spettacolari").

3 0 I l segreto svelato, cit., p . 3 3 .


31 Il segreto svelato, ci t., p . 3 4 . Ratzinger cita a sua volta il Catechismo della Chiesa Cattolica a l numero 65 .
32 Il segreto svelato, c i t ., p. 36.
33 Il segreto svelato, cit., p . 36 .
34 Il segreto svelato, c i t ., p. 3 7 .
35 I l segreto svelato, c i t., p . 3 8 .
xviii Prefazione

Fra gli innumerevoli esempi possibili, uno in particolare è opportuno ricordare: la


Sindone. Esposta l ' ultima volta nel 2000 a Torino con un "'ostensione giubilare", essa
è certamente la reliquia cristiana più discussa. La controversia non riguarda la sua
autenticità (è un falso smaccato 36 ) , ma piuttosto la sua natura di ur-icona cristologica,
recepita da molti cattolici come la "conferma" dei fatti narrati nei Vangeli (testi ridon­
danti amenità storiche; la Sindone sarebbe perciò la prova di ciò che non è storicamen­
te accertato). Non ci sono, anche in questo caso, pronunciamenti ufficiali ex cathedra
(l' esame al C 1 4 voluto dalla stessa Chiesa è anzi stato chiaro : XIII-XIV secolo), ma
naturalmente non c ' è nessuna condanna: la Sindone è un aiuto per la fede ! (e per l ' eco­
nomia del la Chiesa e del Piemonte ; non a caso sono ben grosse le fila dei "laici" silen­
ziosi, a Torino come a Loreto e a San Giovanni Rotondo, eccetera). Come sempre, non
ci si deve in ogni modo stupire, se per conservare il potere si è giunti a contraffare gli
stessi comandamenti divini:
" N o n ti fare n e s s u n a scultura, né immagine delle c o s e che splendono su n e l cielo , o sono
sulla terra, o nelle acque sotto terra. Non adorare tal i cose, né servir loro, perché io, il
Sign ore Iddio tuo, sono un Dio geloso, che punisco l'iniquità dei padri nei figli fi no alla
terza e quarta generazione di coloro che mi odiano" (Es 20,4; Deut 5 , 8 )
Nella nota a questo passo biblico leggiamo:
"Dovunque è il vero Dio, non se ne possono tollerare dei fal s i . È dunque inculcato il
monoteismo, ossia il culto al solo vero Dio, e detestata l'idolatri a, alla quale il popolo
ebreo era tanto esposto e inclinato, trovandosi da ogni parte circondato da nazioni idolatre .
Per questo proibisce loro di farsi delle statue e delle immagini. Oggi, che non vi è più tale
pericolo (! ) , sono permesse, perché costituiscono un valido aiuto al culto esterno. Errano
perciò i Protestanti che vorrebbero si osservasse ancora questa proibi zione. Le immagini
non sono oggetti di culto, ma aiuto per esso" [le sottoli neature e i corsivi sono miei ] , (Bib­
bia, CEI, ed. Paoline con Imprimatur del 24 giugno 1 95 8 , nota 3-4 a Es 20).
Nella Bibbia post-Vaticano II, questa nota scompare e non è sostituita da un' altra.
Sul precetto di Es 20, 4, si preferisce scegliere la via del silenzio (colpevole) 3 7 • Eviden­
temente la connotazione antisemita (i cattolici non sono così "ingenui" come gli ebrei,
tanto facilmente suggestionabili), non poteva essere più così palesemente esibita. Re­
sta d u n q u e " i l v a l i d o aiuto" e l ' e v i dente strav o l g i mento d e l l a R i v e l az i o n e
veterotestamentaria. Si direbbe c h e D i o è un optional per un buon/vero cattolico.
Per quel che riguarda i Protestanti (che persistono nel l 'errore), viene da chiedersi
quale misterioso significato debba avere, per il Vaticano, il termine ecumenismo e con
che coraggio certuni prevedano la riunificazione dei cristianesimi, anche non tenendo

36 S i vedano, tra le decine di li bri a riguardo (solitamente agiografici o pseudosc ientific i ) : W. C . McCrone,
Judgement Day for the Shroud of Tu rin , Chicago: M icroscope Publications , Division of McCrone
Research Institute, 1 997 ; V. Pesce Delfino, E l 'uomo creò la Sindone, B ari 2000 ( nuova edizione).
·" Cfr. ad es.: La Bibbia, a cura della CE!, Imprimatur 1 8/ 1 0/ 1 988, Casale Monferrato, 1 98 8 , p . l 4 1 .
Prefazione xix

conto del l ' ultima capriola teologica del cardinale Ratzinger: la Dominus Jesus 3 8•
Nell' abile strategia spettacolare vaticana, ormai lanciata verso il terzo millennio,
tesa a perpetuare il potere romano, s ' inserisce a pieno titolo l ' operazione Fatima, il cui
obiettivo finale è la blitzbeatifikation di Karol Wojtyla, in arte Giovanni Paolo Il. A
questo proposito, nelle argomentazioni finali, il cardinale Ratzinger, dopo aver teorizzato
un ' improbabile "struttura antropologica delle rivelazioni private" (ma probabilmente
teologia e antropologia devono essere sinonimi), scrive in merito all ' interpretazione
(l' unica possibile, la vera: la sua ! ) che la visione, "decifrabile solo a posteriori", mostra
il "futuro come in uno specchio" e "nello <specchio> di questa visione vediamo passa­
re i testimoni della fede di decenni". Ratzinger poi riprende un messaggio della veggente
superstite, la novantenne Lucia, inviato al papa il 1 2 maggio 1 982 nel quale la suora
scrive: "la terza parte del "segreto" si riferisce alle parole di nostra Signora: <Se no (la
Russia) spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla
Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il santo padre avrà molto da soffrire, varie nazioni
saranno distrutte>". In questo scenario il prefetto della Congregazione per la dottrina
della fede scrive quindi che "nella Via Crucis di un secolo la figura del papa ha un
ruolo speciale ... Non doveva il santo padre, quando dopo l ' attentato del 13 maggio
1 98 1 si fece portare il testo della terza parte del segreto, riconoscervi il suo proprio
destino?" 39 , destino che, smentendo se stessa, la madonna ha cambiato, "deviando" la
pallottola e salvando il papa che abbatterà il comunismo? Non è quindi , chi ha scomo­
dato la madre di Dio in persona per modificare il destino, un santo?
Se questo è quanto, resta da chiarire perché si è detto, in anteprima, "come morto".
Che il Segretario di stato cardinale Sodano e il prefetto della Congregazione per la
dottrina della fede cardinale Ratzinger sia siano dimenticati di mettersi d' accordo?

Molti argomenti al centro di queste riflessioni sul cattolicesimo del 2000, sono pa­
trimonio plurisecolare della cultura cristiana e, come nel precedente volume, anche in
questo secondo tomo della Storia criminale, trovano una trattazione fuori del coro che
contribuirà in ogni caso alla conoscenza approfondita delle complesse tematiche che lo
fondano e lo caratterizzano. Ancora una volta, nello spirito di Giordano Bruno, buona
lettura . . . !

. . . Roma, 1 7 febbraio 200 l . . .

38 I l documento, opera del cardinale Ratzinger, è datato 6 agosto 2000. Al punto 1 6 si legge : "Esiste quindi
un 'un ica Chiesa di Cristo, che sussiste nella Chiesa Cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai
Vescovi in comunione con lui" (corsivo mio)
39 Il segreto svelato, cit., pp. 41 ss.
xx

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Nota a l l ' edizione italiana

Anche questo I I tomo, come g i à i l I , ri porta le note a l l a fi ne d i ogni capitolo. I n tali note sono state
s c i o l te tutte le abbre v i azioni delle opere c i tate, tranne q u e l l e che si riferiscono ad opere collettive, le
quali sono raccolte n e l l a sezione "Abbre v i azion i " .
Questo tomo i n o l tre, c o m e g i à detto n e l l a "Nota a l l ' edizione i t a l i ana" d e l t o m o I , contiene anche l a
" B i b l iografi a secondaria" e l "'Indice dei n o m i " re l a t i v i ai pri m i due to m i .
CAPITOLO I.

GLI IMPERATORI-BAMBINI CATTOLICI

"Questi sovrani seguirono l ' esempio del grande Teodosio"


(Card . Hergenrother, storico della Chiesa) 1

"Anche g l i imperatori erano devoti cattolici". (Peter B rown) 2

"Il mondo crolla". ( S . Girolamo) 3


2 Gli imperatori-bambini cattolici

LA DIVISIONE DELL 'IMPERO - NASCITA DI DUE STATI CATTOLICI COERCITIVI

Nell ' anno in cui Agostino fu nominato vescovo (359), l ' imperatore Teodosio morì a
Milano. Alti esponenti del clero lo avevano spinto ad agire contro pagani, ebrei ed
"eretici", lo avevano istigato contro i nemici esterni dell ' i mpero; sant'Ambrogio e
sant' Agostino lo avevano magnificato. E già nel V secolo i circoli ecclesiastici aveva­
no soprannominato "il Grande" l ' uomo che era stato capace di versare sangue come
fosse acqua.
Dopo la sua morte l ' impero fu suddiviso tra i suoi due figli . L' impero romano d' Oc­
cidente finì già nel 476, quello d ' Oriente durò, come Impero Bizantino, fino al 1 45 3 .
D a u n punto d i vista ideale l ' unità durò p i ù a lungo. Alcune leggi vennero promulga­
te a nome di entrambi i regnanti , ed entrarono in vigore spesso in concorrenza, sia da
una parte che dal l ' altra. Tuttavia l ' estraneità si fece lentamente sempre più grande.
Politicamente ciascuna delle due parti conduceva u n ' esistenza indipendente, e la con­
correnza che si manifestò ben presto contribuì all ' indebolimento reciproco. Anche dal
punto di vista culturale le differenze si fecero, col tempo, sempre più marcate. In Occi­
dente i l greco si parlava appena, mentre in Oriente era il latino, lingua del l ' amministra­
zione, a segnare il passo. Sotto i figli di Teodosio iniziarono i contrasti nei quali i
Germani giocarono un ruolo importante. In Oriente, l ' avvicendamento al potere effet­
tivo era rapido; in Occidente, per oltre un decennio, gli affari di stato vennero gestiti da
Stilicone 4 , marito della nipote di Teodosio, Serena.
Dopo l a divisione, nessun singolo monarca riuscì più a riunire l ' impero sotto di sé.
A Costantinopoli il diciassettenne Arcadio (395-408) regnò sull' Oriente, che compren­
deva pur sempre un territorio immenso: i futuri stati di Romania, Serbia, Bulgaria,
Macedonia, Grecia, l ' Asia Minore con la penisola di Crimea, la Siria, la Palestina, la
Libia inferiore e la Pentapol i. A Milano, I ' undicenne Onorio (395-423) regnò sull' Oc­
cidente, più esteso e più ricco, ma politicamente non altrettanto ri levante.
Entrambi gli "imperatori bambini", protetti dalla Chiesa e noti per la loro devozio­
ne, portarono avanti la politica religiosa di loro padre . Mentre questi aveva solo com­
battuto "l ' eresia" (uno dei suoi obiettivi principal i) con oltre venti disposizioni, i suoi
figli e i loro successori sostennero il cattolicesimo con una quantità di altre leggi . Lo
promossero dal punto di vi sta religioso, giuridico, finanziario; aumentarono il suo pa­
trimonio; liberarono il clero da alcune incombenze, da alcune imposte e dal servizio
militare. In breve, l ' identificazione tra potere e ortodossia, iniziata già con Teodosio,
divenne "repertorio" corrente (Anton). 5
Inoltre, questo stato confessionale cattolico terrorizzava sempre più gli eterodossi,
anche se c ' erano ancora molti pagani in posizioni chiave; cinque, per quel che si sa,
sotto Arcadio, quattordici sotto Onorio - non un vero atto di tolleranza, tuttavia: in
realtà c' era ancora bisogno di quelle figure esperte che da tempo occupavano posizioni
La divisione dell 'impero 3

elevate. Le cose cambiarono già durante il V secolo, in particolare sotto Teodosio II. Al
principio la repressione non riguardò tanto i singoli dissidenti - vi erano ancora degli
ariani anche tra i quadri dirigenti (quattro sotto Arcadio e uno sotto Onori o, a quanto si
sa) - quanto l ' istituzione in sé. In genere si preferì perseguire una politica religiosa
decisamente filo-cristiana piuttosto che una politica personale pro-cristiana; in parole
povere, una politica di "tolérance pour !es personnes, intolérance pour !es idées"
(Chastagnol). Tuttavia, la "chiesa imperiale romana", nata nel corso del IV secolo, si
schierò ancor più decisamente dalla parte dello stato che la sosteneva. Essa pregava per
lo stato, dichiarava che il suo potere veniva da Dio, lo assicurava, per così dire, sul
piano metafisica: l ' antico patto tra trono e altare. 6
Certamente l ' odio per le cose mondane era assai diffuso nel primo cristianesimo, lo
stato era definito nell ' Antico Testamento come "la grande meretrice" e "l' orrore della
terra", e l ' imperatore dipinto come servo del diavolo. Nondimeno, fin dai tempi di
Paolo, esisteva un indirizzo filo-statale, di adattamento cosciente alla situazione, che si
diffondeva sempre di più. Ireneo scriveva: "Non il diavolo ha diviso i regni del mondo,
bensì Dio" ; Tertulliano asseriva: "I cristiani non sono nemici di nessuno, tantomeno
dell ' imperatore"; il vescovo Eusebio, storico della chiesa, dopo il riconoscimento del
cristianesimo da parte di Costantino, assicurava che "i capi delle singole chiese erano
oggetto di un' amorevole accoglienza presso tutti gli uffici, civili e militari"; il santo
Giovanni Crisostomo sapeva che Dio aveva decretato in primo luogo "una sola signo­
ria, quella del!' uomo sulla donna", ma poi anche "altri poteri", nella fattispecie "principi
e autorità", per cui Dio voleva "che una parte comandasse e l ' altra ubbidisse; che la
signoria fosse monarchica e non democratica", e che prìncipi e sudditi, ricchi e poveri
fossero trattati in maniera molto diversa, che una parte dovesse adattarsi, l ' altra no. In
breve, ci si precipitava a vele spiegate incontro ai potenti. E solo quando questi si
opponevano alla chiesa, si ricordava loro, allora come oggi: "devi ubbidire a Dio più
che agli uomini . . . " . "Dio", giova ripeterlo, era ed è la chiesa - non in teoria, natural­
mente, ma nella pratica. 7
In Oriente come in Occidente i centri del potere esibivano la stessa immagine: con­
tinui intrighi di corte, lotte per il potere, crisi di governo e omicidi . Gli "imperatori
bambini" cattolici - Arcadi o, Onorio, e poi anche Valentiniano III e Teodosio II - erano
degli inetti, nullità coronate incapaci di qualunque decisione, circondati da nugoli di
avidi cortigiani, alti dignitari, generali germanici e non da ultimo eunuchi. Incaricati di
provvedere al benessere personale delle loro maestà, i castrati le stavano costantemen­
te intorno, e non di rado il loro capo, il ciambellano, sebbene provenisse spesso dal
mercato degli schiavi, concorreva con i più alti funzionari imperiali e sovente dava
perfino la linea politica a sovrani insignificanti . Occasionalmente, tuttavia, anche certi
magister officiorum assumevano le funzioni di reggente ; ad ovest Olimpio, ad est Elio,
Nomus ed Eufemio: la "grande politica" era anche nella mani dei magistri militum, dei
4 Gli imperatori-bambini cattolici

generali del l ' i mpero, costantemente in lotta su tutti i fronti e talvolta anche fra loro. In
parte erano germani, divenuti progressivamente indispensabili nella difesa dei confini :
Stilicone in Occidente, Aspar in Oriente; in parte erano romani, come Ezio e B onifacio.
B onifacio cadde contro Ezio; Ezio, Aspar e Stilicone furono assassinati. Non bisogna
dimenticare alcune donne della casa imperiale (spesso accade, in tempi di "decaden­
za" : come se non decadessero tutti ! ) : in Oriente Pulcheria, Eudokia, Eudossia; in Occi­
dente Galla Placidia. 8
Dietro alle donne, tuttavia (ma non solo dietro, e non solo dietro di loro}, c' era un
clero intrigante del quale alti funzionari , preoccupati per la loro posizione, cercavano
volentieri il sostegno mediante nuovi decreti di "eresia". Inoltre i vescovi, già nel IV
secolo ma ancor più nel V, intervennero sempre più negli incarichi dei funzionari impe­
riali, arrogandosi le loro competenze; innanzi tutto vollero estendere l ' ambito della
giurisdizione ecclesiastica, l' audentia episcopalis, il iudicium episcopale, le funzioni
di "conciliazione" dei vescovi, senza però riuscire a soppiantare i tribunali di stato,
tanto più che di solito si preferiva evitare quelli vescovili e, cosa abbastanza eloquente,
se ne prediligevano altri . Nei paesi germanici l ' ufficio dell ' arbitrato ecclesiastico non
si diffuse affatto. Fondamental mente già dai tempi di Costantino I chiunque poteva
recarsi dal vescovo in una causa civile, anche se si potrebbe discutere sul fatto che la
procedura vescovile fosse equivalente a quella secolare. Tuttavia questo logorò ulte­
riormente la già trascurata amministrazione. Nacque uno stato cristiano coercitivo, che
in Occidente si disintegrò non tanto sotto i colpi dei "barbari" quanto sotto i propri ;
non tanto rafforzato dalla chiesa quanto da essa progressivamente minato, - anche se
essa non fu certo la sola causa del declino - distrutto e infine raccolto in eredità. 9

ARCADIO, RUFINO, EUTROPIO

Nel 3 84 Arcadio, reggente dell ' impero d ' Oriente e 'Augusto' già nel 3 8 3 , era ancora
un bambino, educato prima da sua madre, la fervente cattolica Aelia Flaccilla, e poi dal
diacono Arsenio di Roma. Sebbene non fosse un ignorante - aveva studiato presso un
pagano, Temistio, prefetto di Costantinopoli - il monarca dipendeva strettamente dai
suoi consiglieri e da sua moglie Aelia Eudossia (madre di santa Pulcheria e di Teodosio
Il), una decisa anti-germana, che spinse Arcadio anche contro i pagani e gli "eretici",
pilotando in genere la sua politica interna. Già il 7 agosto 395 il sedicenne imperatore
lamentava la negligenza delle istituzioni nella persecuzione del culto pagano. 10
Soprattutto, comunque, alla morte del padre il giovane principe finì nelle mani del
suo tutore, il gallo Flavio Rufino.
Il praefectus praetorio Orientis, del quale la maggior parte delle storie della chiesa
non fa cenno, avrebbe indotto Teodosio, sostenitore della sua carriera, a compiere il
A rcadio, Rufino, Eutropio 5

bagno di sangue di Salonicco, uno dei più orrendi massacri del l ' antichità, (v. l, 380 ss.)
vergognosamente trasfigurato nelle parole di Agostino. Rufino d ' Aquitania, fratello
della santa vergine Silvia, era un "fanatico cristiano" (Clauss). Egli interruppe i contat­
ti con i pagani S immaco e Libanio. Costruì la chiesa degli Apostoli a Calcedonia e
l ' arricchì con (presunte) reliquie di Pietro e Paolo da Roma. Accanto fondò un mona­
stero di monaci egiziani . Egli si distinse sia per le donazioni alla chiesa che per il forte
sostegno dell' "ortodossia" contro pagani ed "eretici". I vescovi lo coprivano di lusin­
ghe. Tra i suoi amici contava nientemeno che Ambrogio, santo e padre della chiesa, che
pure ammetteva apertamente quanto Rufino fosse odiato e temuto.
Prima di tutto egli fece trasferire per ragioni disciplinari il suo rivale a corte, il
comandante pagano ed ex console Promotus, in un contingente nel quale venne assas­
sinato, fatto che poi si ascrisse direttamente a Rufino. Nel 392 si occupò della caduta
del prae.fectus praetorio Taziano, un pagano di grande cultura, per prenderne il posto.
11 6 dicembre 393 fece decapitare il figlio di Taziano, Procolo, prefetto di Costantinopoli,
con tale fretta (e sotto gli occhi del padre) che la grazia dell ' imperatore non fece in
tempo ad arrivare. Derubò Taziano stesso del suo patrimonio e lo mandò in esilio in
mi seria. Fu opera sua anche l ' assassinio di Luciano nel 395, un giudice cristiano
sorprendentemente giusto, del quale Rufino incassò i beni. Dopo la lamentela di un
parente del l ' imperatore fece arrestare Luciano in piena notte ad Antiochia, sede del suo
ufficio, e senza la minima accusa lo fece flagellare a morte sull ' istante. Quello era il
modo in cui l ' amico dei preti si arricchiva, a spese di poveri e ricchi. Vendeva incarichi
ufficiali al miglior offerente, favoriva i delatori e le false accuse; si mostrava corruttibile
ai processi e accumulò ricchezze talmente smisurate che Simmaco, all' epoca il rappre­
sentante più significativo di una romanità cosciente delle tradizioni, parlò di "rapina su
scala mondiale". Oltre alla sua avidità, stigmatizzata principalmente dal poeta Claudiano,
apprendiamo dagli storici antichi che Rufino era arrogante, crudele, corrotto e vile.
Anche l ' origine della rivalità tra romani d ' Oriente e d' Occidente sarebbe da imputare
a lui. Infine cercò anche, attraverso la desiderata unione di sua figlia con Arcadio, di
accaparrarsi l ' intero regno. 1 1
Tuttavia, proprio mentre Rufino sperava di ottenere per sé la co-reggenza, perse la
testa. Infatti il suo peggior nemico, il vecchio eunuco e ministro Eutropio, intralciò
tutti i suoi piani. Il siriano, comprato al mercato degli schiavi e castrato in gioventù, era
di fatto il vero reggente del regno d' Oriente e manovrava l ' imperatore "come un quarto
di manzo" (Zosimo) . Forse in combutta con Stilicone, nel novembre 395 Eutropio,
sotto gli occhi delle truppe gote del sovrano, sul campo di parata di Costantinopoli,
fece ridurre Rufino ad una massa informe : il volto scarnificato, gli occhi cavati, il
corpo fatto a pezzi; per ultimo mandò la sua testa, confitta in cima ad una lancia, in giro
per la città. Alla fine Eutropio tenne per sé una gran parte del patrimonio che Rufino
aveva a sua volta rubato. Rilevò in pieno la sua eredità quasi da ogni punto di vista, con
6 Gli imperatori-bambini cattolici

mostruosa avidità, sete di potere, esili arbitrari, confische, ricatti e intrighi, pur senza
diventare crudele come lui. 1 2
Lentamente, però, Eutropio rovinò i rapporti con tutti, con i proprietari terrieri , con
la cattolicissima i mperatrice e con la chiesa, i cui privilegi aveva limitato a favore dello
stato. Aveva infatti ridotto il diritto di asilo e la giurisdizione dei vescovi. Nominato
patrizio nel 398 e console nel 399 (primo fra gli eunuchi), nello stesso anno Eutropio
cadde in disgrazia. Nientemeno che il santo Crisostomo, che doveva a Eutropio il seg­
gio di patriarca (infra p. 97), spiegò a colui che si era rifugiato nella cattedrale, in un' am­
bigua e pretesca ma celebre predica, che "aveva fatto torto" al clero. "Tu combatti con­
tro la chiesa e precipiti nell ' abisso"; il santo non volle però "ridicolizzare" o "dileggia­
re" l ' eunuco o "ridere della sua sventura". Dopo non molto Arcadio ingiuriò l ' uomo da
lui poco prima ricoperto di onori in un editto di condanna in cui lo definiva "marchio
d ' infamia del secolo" e "sporco mostro". Bandì Eutropio a Cipro, e nel 399, con la
falsa accusa di essersi "arrogato le insegne imperiali" lo fece liquidare a Calcedonia ( le
forme di esecuzione più diffuse erano la decapitazione e lo strangolamento). 1 3

LA "CALDA ESTATE " DEL 400.


SAN GIOVANNI CRISOSTOMO E IL MASSACRO DEI GoTI 1>1 COSTANTINOPOLI

Nel frattempo nel l ' esercito romano il generale Gainas , un goto ariano che si era fatto
rapidamente strada, si era messo a giocare d' attacco. Nel 394 era in guerra contro
Eugenio, nel 395 nella campagna militare di Stilicone contro Alarico, poi prese parte
all ' assassinio di Rufino e dal 396 al 399, per così dire sotto Eutropio, fu comes et
magister utriusque militiae. Un giorno a Gainas vennero consegnati i capi del partito
avverso ai germani, i suoi peggiori nemici : il console Aureliano, l ' agente consolare
Saturnio e lo scrivano segreto Giovanni. Il Goto tuttavia li toccò solo con la spada,
intendendo chiaramente che avrebbero meritato la morte, e li mandò in esilio. 1 4
Dopo una sfortunata operazione nel 399 contro un compatriota, il goto Tribigildo,
Gainas finì nel l ' ombra. Nel frattempo a Costantinopoli si era sviluppata, per reazione
ai saccheggi e agli incendi dei Goti (e ogni altro tipo di demagogia), una rigorosa linea
nazionale, uno spiccato sentimento antigermanico "propugnato in prima linea da fer­
venti cristiani" (Heinzberger) . Il popolo, aizzato dalle dicerie, odiava comunque i
Germani, "barbari" ed "eretici" ariani, che pretendevano addirittura una loro chiesa
nella capitale. Gainas, a questo proposito, aveva in corso un' aspra disputa con il pa­
triarca Crisostomo, che cercava con zelo di "convertire" i Goti e aveva assegnato ai
Goti cattolici un proprio luogo di culto, la chiesa di Paolo, diventando così il "fondato­
re di una chiesa nazionale 'tedesca' a Costantinopoli" (il cattolico B aur) .
Il vescovo tuttavia vietò assolutamente la messa secondo il rito ariano. Protestò
La "calda estate " de/ 400 - I cacciatori di teste 7

presso l ' imperatore per i tentativi di Gainas di promuovere una propria chiesa. Inveì
contro gli ariani e gli altri "eretici". Si lamentò presso il sovrano manovrato da Eudossia
(Augusta dal 400), la fanatica anti-germana, affinché questi non tollerasse e non get­
tasse perle ai porci. Era meglio perdere il trono che tradire la casa di Dio - si confron­
tino questi consigli con quelli simili del collega Ambrogio (v. I, 355 ss., 364 s . , 369 s.) !
L' intervento del vescovo incoraggiò i cittadini, con i quali c ' erano già conflitti in cor­
so. Essi si ribellarono nella "calda estate" del l ' anno 400, complice anche la xenofobia
e le differenze etniche. "Fu tuttavia decisivo il conflitto religioso; il bagno di sangue
esplose significativamente quando Gainas pretese la concessione di una chiesa per i
suoi Goti ariani" (Aland).
Il partito nazionale aveva armato i cittadini e insieme alla guarnigione romana e alle
guardie di palazzo assalì la minoranza gota. Gainas e una parte delle sue truppe si
salvarono nella notte del 12 luglio 400 assaltando una delle porte della città. Tuttavia
molti dei suoi soldati, insieme a donne e bambini, furono lo stesso massacrati o bruciati
nella "chiesa dei Goti" dove avevano cercato riparo : alla fine si contarono oltre 7000
morti . Tutto questo accadde "su iniziativa del vescovo Crisostomo" (Ludwig), ma for­
se più ancora del futuro vescovo Sinesio. Le sue esternazioni sono tipiche dell' anti­
germanesimo di Costantinopoli . La stima del santo Crisostomo ne risultò "rafforzata in
questa confusione" ; ma non perché, come afferma il cattolico Stockmeier, egli fosse
"al di sopra delle parti", ma perché stava dalla parte del vincitore. I cattolici, che evita­
vano lo scontro diretto, rimossero il tetto della chiesa e massacrarono i "barbari" fino
all ' ultimo uomo con lanci di massi e travi incendiate (34 anni prima questa procedura
era già stata sperimentata a Roma nello scontro fra due papi, vedi infra p. 7 8 ) . Dopo il
massacro si ringraziò il cielo e Crisostomo lodò ancora una volta colui che governa
tutto il destino umano. 1 5
Gainas, ormai nemico pubblico, fuggì attraverso la Tracia, per raggiungere i suoi
compatrioti al di là del basso Danubio. Tuttavia, dopo lo sterminio del suo esercito
durante l ' attraversamento dell ' Ellesponto, il 23 dicembre 400 fu ucciso dal capotribù
unno Uldin, comprato dal governo, che all ' inizio dell' anno successivo spedì la sua
testa a Costantinopoli, dove nel frattempo, nell ' inverno 40 1 /402, Aureliano era di nuo­
vo praefectus praetorio Orientis. 1 6

l CACCIATORI DI TESTE E LA PERSECUZIONE DI PAGANI ED " ERETICI"

La cristianità guardava volentieri lo spettacolo delle teste coronate dei nemici caduti ;
se ne dilettavano sia i regnanti che i sudditi . Era uso comune spedire le teste dei nemici
illustri attraverso l ' impero, infilate su aste come trofei. Mark Twain ha detto che "ucci­
dere [ . . . ] è la più grande ambizione del genere umano fin dall' inizio della sua storia, ma
8 Gli imperatori-bambini cattolici

solo la cultura cristiana ha raggiunto un trionfo di cui può essere fiera. Tra due, tre
secoli si riconoscerà che i migliori cacciatori di teste sono cristiani. . . " . 1 7
G i à Costantino, il primo sovrano cristiano, nel 3 1 2, dopo l a battaglia d i ponte Milvio
aveva portato in corteo la testa dell ' imperatore Massenzio fino in Africa, perché fosse
bersaglio di lanci di pietre e sterco (v. I, 1 99). Anche la testa del l ' usurpatore Giulio
Nepoziano, che probabilmente si ribellò su incarico di Costantinopoli, venne portata in
giro per Roma nel 350, dopo soli ventotto giorni di regno. Tre anni dopo si poté ammi­
rare la testa deli ' usurpatore Magnenzio (v. l, 27 1 ss.) in molte province del l ' i mpero.
Come simboli della vittoria cristiana servirono anche le teste di Procopio, un parente
del l ' imperatore Giuliano, nel 366 (v. I, 299), di Magno Massimo nel 3 8 8 e di Eugenio
nel 394 (v. I, 389). Tra la fine del IV e l ' inizio del V secolo vennero messe in mostra le
teste di Rufino, Costantino III, Jovinus, Sebastiano, e occasionalmente anche le teste di
parenti di persone non gradite. 1 8
I regni di Arcadio e Onorio, oltre che per la loro politica anti-gotica, furono caratte­
rizzati dalla persecuzione di pagani ed "eretici" con misure ancora più violente di quel­
le prese dal loro padre, che nel 388 ad Emona, allora appartenente all ' Italia, era stato
ancora ricevuto con tutti gli onori dai sacerdoti pagani. 19
Già nel primo anno di regno i nuovi signori minacciano i cristiani recidivi con un
inasprimento del l ' applicazione degli editti esistenti e puniscono con la morte i funzio­
nari trasgressori . Nel 396 tutti i privilegi e i profitti dei sacerdoti pagani vennero annul­
lati e le feste pagane proibite. È del 399 l ' ordine di demolire i templi di campagna, la
prima legge del genere. Il materiale demolito sparisce nella costruzione di strade, pon­
ti, acquedotti e mura. I luoghi cittadini di adorazione furono ceduti al pubblico. Le
opere d' arte erano protette, ma vescovi e monaci di rado le rispettavano. Tutti gli altari
dovevano essere distrutti e le statue ancora in piedi rimosse. Non solo il loro impiego
fu vietato nel culto, ma non si poteva neanche esporle alle terme : questo avvenne sotto
Arcadio nel 399, con Onorio nel 408 e infine nel 4 1 6, dopo che una legge per la defini­
tiva confisca di tutte le immagini di dèi era risultata inefficace come alcuni provvedi­
menti precedenti . 20
Le ordinanze, emesse in nome di entrambi gli imperatori, erano valide nelle due
metà dell ' impero; tuttavia la loro applicazione era meno rigida in Occidente e si limi­
tava principalmente a precedenti disposizioni. 2 1
Ovviamente ambedue i sovrani combatterono i cristiani eterodossi, sia rafforzando
vecchie leggi sia emettendone di nuove.
Ali ' inizio del V secolo essi minacciarono gli "eretici" con la confisca dei beni, l' espul­
sione o l ' esilio. Anche i bambini che si opponevano alla conversione perdevano averi e
sostanze. I cristiani non cattolici dovevano cedere le loro chiese ai "veri credenti". Non
potevano costruirne di nuove e neanche utilizzare case private per il culto, non poteva­
no indire riunioni e messe, né ufficialmente né in segreto, e nemmeno ordinare sacer-
Onorio, Stilicone, Alarico 9

doti. Agli "eretici" vennero tolti i diritti giuridici, venne loro proibito di dirsi cristiani,
di fare testamento o ereditare beni. Nel 398 fu istituita la pena di morte per "eresia",
all' inizio riservata solo ai manichei , i più perseguitati . Tutti questi tentativi di oppres­
sione e sterminio divennero però abituali per la "Grande Chiesa" . 22

0NORIO, STILICONE, ALARI CO E l PRIMI SACCHEGGI DEI CRISTIANI GERMANICI

Per l ' imperatore d' Occidente Onorio (395-423), che alla morte del padre aveva undici
anni, regnò dapprima il condottiero (magister militum) Flavio Stilicone, per metà van­
dalo, designato da Teodosio sul letto di morte.
Figlio di un ufficiale vandalo, che sotto Valente comandò un reggimento di cavalle­
ria, Stilicone era cattolico, ma la sua politica religiosa era soggetta a oscillazioni . Così
fece eliminare le decorazioni in oro dalle porte del tempio di Giove capitolino, bruciò
gli antichi libri sibillini, e su pressione di Agostino citò in giudizio gli "eretici", in
particolare i Donatisti, e rinnovò i privilegi ecclesiastici . D' altro canto Stilicone con­
sentì di nuovo di esibire la statua della Vittoria (v. I, 364 ss.) o, per ragioni di stato,
avvantaggiò singoli pagani, favorendoli per la prefettura cittadina di Roma. V ' erano
ancora credenti negli dèi ai quali venivano fatte concessioni per legarli alla casa impe­
riale cristiana, che aveva bisogno anche del Senato per controbilanciare l ' autorità di
Costantinopoli. L' ambizione dei pagani più ragguardevoli venne così abilmente soddi­
sfatta con l ' ufficio prestigi oso della prefettura di Roma, che li teneva allo stesso tempo
lontani dal potere decisionale. 23
Dal 384 Stilicone era sposato con la nipote di Teodosio, Serena, donna energica e
devota zelante, con una posizione di rilievo guadagnata alla corte di Onorio, di cui si
era occupata quando questi era bambino. Stilicone dette in sposa ali ' imperatore sua
figlia Maria e dopo la morte di questa nel 408 , fu la volta della figlia minore Termanzia,
il che rafforzò la sua influenza su un sovrano che per tutta la vita dipese dagli altri. 24
Al tempo di Stilicone si verificò l ' assalto dei Goti d' occidente in Italia (v. I, 352 ss.),
una stirpe germanica che soccombette molto presto al cristianesimo. I Goti divennero i
più importanti missionari tra i popoli germanici. Eppure la maggior parte dei "barbari",
che fin dalla metà del IV secolo affluirono nelle province del Danubio, soprattutto in
Pannonia e in Mesia (dove esistevano già delle sedi vescovili), di fatto non erano più
pagani, ma ariani. Secondo lo storico della chiesa Socrate, i Goti, impressionati dalla
sconfitta inflitta loro da Costantino (in altre parole costretti con la forza) avevano "subi­
to abbracciato il cristianesimo". Altre volte (nel 3 1 5 , 323 e 328) furono combattuti da
questo potente despota, finendo sempre battuti, in modo particolarmente grave nel 332
(v. I, 2 1 6 ss. ), quando le vittime, comprese le donne e i bambini, ammontarono a centomila.
Anche la ricerca più recente ammette che le vittorie in battaglia di Costantino e il lega-
IO Gli imperatori-bambini cattolici

me politico dei Goti all ' i mpero romano hanno dato un "impulso" al loro cristianesimo.
Da allora si dimostra sempre vero il detto di Teodoreto, il vescovo e padre della chiesa:
"I fatti storici insegnano che a noi la guerra porta molti più benefici della pace". 25
Dopo l ' annientamento di Valente presso Adrianopoli nel 378 (v. I, 3 5 8 s . ) i Goti,
rafforzati dalla presenza di Unni e Alani, avevano travolto l ' Impero Romano d ' Orien­
te . Ma poi Alarico I, il fondatore del regno goto occidentale, si era alleato con l ' impe­
ratore Teodosio e nel 394, nella battaglia del Frigido contro Eugenio (v. I, 3 8 8 ss.), il
numeroso contingente di Goti occidentali pagò il più alto prezzo di sangue con circa
l 0. 000 morti , il che fa sospettare che Teodosio li abbia sacrificati di proposito.
Subito dopo la morte di questi , Stilicone rispedì in Oriente quei pericolosi compagni
di lotta. Ma Arcadio rifiutò ulteriori pagamenti ai gruppi stanziati nella valle del Danu­
bio, ragion per cui essi, sotto Alari co, invasero l ' impero - "quasi tutti cristiani . . . perfino
cristiani convinti" (Aland) ; già dotati di un proprio ordine religioso completo di mona­
ci, grazie al vescovo Sigishari . Attraversarono i B alcani e la quasi indifesa Grecia fino
all ' estremità meridionale. Secondo Eunapio di S ardi (ca. 345-420), un inveterato
anticristiano, anche i monaci resero possibile l ' attacco di Alarico alle Termopili ren­
dendosi colpevoli di alto tradimento. Mai la Grecia subì devastazione più completa:
Macedonia, Tessaglia, Beozia, Attica. Tebe fu salvata dalle sue solide mura. Atene subì
uno spaventoso saccheggio (quella della protezione di Atena e Achille è una favoletta
tendenziosa). Il territorio restante, le sue ville, i templi e le opere d' arte furono orribil­
mente colpiti, e Corinto ridotta in cenere. La Beozia sarebbe rimasta infeconda per
decenni. I Goti cristiani devastarono totalmente le città, secondo le parole più volte
confermate di un testimone oculare, "mentre massacravano gli uomini, trascinavano
via le donne e i bambini, insieme a tutti i loro averi, come bottino di guerra" (Zosimo).
Le esagerazioni sono possibili, ma la catastrofe fu comunque spaventosa. La responsa­
bilità ricadde sui pagani e fu sfruttata in modo intelligente dalla missione ecclesiastica,
se anche san Girolamo poté vedere "l ' intera Grecia sotto il dominio dei barbari" e
scrivere che "l' anima rabbrividisce alla vista delle rovine del nostro tempo" . 26
L' imperatore Arcadio tuttavia nominò Alarico magister militum per Illyricum, e
Stilicone interruppe la lotta contro di lui. Per cinque anni il Goto rimase tranquillo. Poi
la "perfidia Graecorum", la Bisanzio che cospirava con i "barbari", eccitata dalla paura
dell ' i mpero d' Occidente e dalla gelosia di Rufina verso Stilicone, decise di difendersi
con un sistema che ancora oggi fa scuola: la deviazione di Alarico verso l ' impero ro­
mano d' Occidente. 27
Dai tempi dei Cimbri e dei Teutoni, sconfitti da Mario ad Aquae Sextiae e Vercelli
( 1 02- 1 0 1 a. C.) fino all ' ultimo uomo, questa fu la prima "calata di barbari" in Italia 28 •
Provenienti dai già abbastanza tartassati territori sul Danubio, i Goti occidentali si
inoltrarono in Italia nel novembre 40 1 , utilizzando il passo delle Alpi Giulie già noto
dai tempi di Teodosio, "il bosco dei peri" a nord-est di Trieste. Il momento era stato
Onorio, Stilicone, Alarico Il

scelto bene. Stili con e aveva ritirato tutte le forze militari disponibili dali ' Italia in Rezia,
in vista di un' invasione di Vandali, tutti i confini erano scoperti, la corte imperiale,
(Onori o preparava già la sua fuga in Occidente) su consiglio di Stilicone, aveva cercato
protezione a Milano, dove anche questi si affrettò con unità provenienti dalla Gallia e
dalla Britannia. I Goti, nel frattempo sconfitti dai Veneti, fallirono anche contro la
massiccia concentrazione di truppe davanti a Milano. Una battaglia sanguinosa presso
Pollenzo che durò fino a notte, iniziata da Stilicone il 6 aprile 402, giorno di Pasqua (i
suoi avversari ariani non volevano combattere contro di lui), restò senza esito. L' intero
bottino di guerra, compresa la famiglia di Alarico, finì nelle mani di Stilicone, e venne
concluso l ' armistizio. Tuttavia presso Verona, che i Goti invasero nello stesso anno o
nel seguente, soccombettero dopo un accerchiamento da parte del generalissimo del­
l ' i mpero. È vero che questi non fece sterminare le schiere già indebolite dalla fame,
dalla peste e dalla diserzione, ma, dopo un loro trascurabile tentativo di offensiva sulla
via del Brennero, li lasciò fuggire attraverso le Alpi Giulie. 29
Claudio Claudiano, l ' ultimo poeta romano significativo, cantò a suo tempo il mas­
sacro di Verona: "Quando il (soldato) romano, spossato, si allontana dalle linee, egli
(Stilicone) manda le truppe ausiliarie (barbare) a rimediare al danno. Con questo astuto
stratagemma indebolisce i selvaggi ariani del Danubio con la forza del loro stesso san­
gue, e volge la battaglia a nostro duplice vantaggio, poiché da entrambe le parti sono i
B arbari a cadere" (Et duplici lucro committens proelia vertit l In se barbariem nobis
utrimque cadentem). 30
L' avversione dei Romani per i "Barbari", il desiderio di mettere Germani contro
Germani, di batterli utilizzando le discordie interne, di cui già Tacito sognava, diventa
sempre più chiaro durante le invasioni barbariche, solitamente acuito dallo scontro
religioso, poiché i cattolici si identificano sempre di più con l ' ideale i mperiale romano.
Concetti come "Roma" e "romano" riflettono anche per loro l ' ordine mondiale voluto
da Dio. Accanto ai circoli aristocratici, i padri della chiesa come Ambrogio, Girolamo,
Agostino, Orosio, Prospero Tiro tracciano un profilo spesso spaventoso della brutalità
dei "barbari"; non di rado si può parlare di pura "propaganda terroristica" (Diesner) .3 1
Secondo Prudenzio (348-dopo il 405), il maggior poeta paleocattolico, il più ammic
rato e letto del medioevo, i romani si distinguono dai "barbari" come gli uomini dagli
animali ! Non gli dèi pagani, grida egli a Onori o, deve ringraziare per la sua vittoria: è
stata la fede cristiana a temprare le sue legioni. Prudenzio loda colui che vuole glorifi­
care la chiesa e vivere "solo per Cristo" (Altaner/Stuiber), ma è anche lieto che il cri­
stianesimo rafforzi patriottismo e militarismo (e di fatto lo fa ancora oggi ! ) . 3 2
Ad Oriente era il legato Sinesio (morto nel 4 1 3-4 1 4) ad agitare le acque in senso
antigermanico. Senza mezzi termini questo proprietario terriero, rappresentante della
vecchia nobiltà provinciale, incitava l ' imperatore ad agire di più, e riuscì più tardi, pur
non battezzato, in pieno rifiuto del cristianesimo e fortemente critico verso la sua
12 Gli imperatori-bambini cattolici

escatologia, a diventare vescovo di Tolemaide e metropolita della Pentapoli !


Nel 4 1 0 Sinesio si fece consacrare dal patriarca Teofilo di Alessandria (infra p. 96
ss) a condizione che anche da vescovo potesse mantenere le sue posizioni non cristiane
e il suo matrimonio - voleva espressamente "molti figli beneducati". Certo, Dio gli
aveva dato la legge, ma il patriarca gli aveva dato sua moglie. L' inventore di una nuova
arma nella lotta contro i "barbari" organizzò la guerra contro le stirpi del deserto, rivol­
se appelli infiammati alla lotta ed egli stesso non si tirò indietro. Furono soprattutto i
vescovi ad organizzare le spedizioni contro Germani e Persiani (un assalto di questi
ultimi ad una città della Tracia, per esempio, fu respinto dal vescovo locale con un
colpo di catapulta, da lui stesso sparata, mandato a segno contro il nemico. Straordinari
atti di eroismo furono anche attribuiti ad un vescovo di Tolosa, che assunse il comando
durante un assedio).
Ma Sinesio, il prete ateo, che probabilmente morì in battaglia contro le stirpi del
deserto, intervenne duramente anche contro le emergenti "eresie". Egli esortò a respin­
gere i cristiani rivali "come un arto malato, così che le parti sane non abbiano a rovinar­
si nel contatto. Perché la macchia si trasmette, e chi tocca un i mpuro ha una parte di
colpa . . . perciò la chiesa di Tolemaide dispone alle sue sorelle in tutta la terra quanto
segue" e qui arriva il primo esempio di bolla di scomunica verso i cristiani non graditi :
"Ogni luogo e terreno sacro dev ' essere loro precluso. Il diavolo non ha posto in paradi­
so. Se si insinua di nascosto, verrà scacciato. lo esorto dunque ogni cittadino e funzio­
nario a non condividere con lui il tetto e la tavola, e in particolare i sacerdoti non lo
accolgano da vivo e non lo accompagnino da morto . . . " . 3 3
Il diavolo, per i portatori della buona novel la, non è altri che l ' amore del prossimo e
del nemico: il Cristo di un ' altra fede !
Il principe della chiesa ateo, Sinesio, teneva prediche "sull ' irreprensibile correttez­
za dogmatica" ! E quanti altri come lui possono esservi stati ! Questo disturba forse la
chiesa? I conflitti iniziano sempre "laddove i teologi prendono troppo sul serio il loro
mestiere e vogliono rendere le caratteristiche della fede cristiana vincolanti per sé e la
loro chiesa" (cfr. Campenhausen). 34
Onorio dal canto suo si diresse verso Roma attraverso il ponte Milvio, con Stilicone
accanto a sé, con le gloriose insegne della vittoria nel nome di Cristo, come cantava
Prudenzio. Un Germano cristiano aveva combattuto contro altri germani cristiani, per
difendere ancora un volta l ' Italia dai Germani .

L'INVASIONE D I RADAGAISO, L'ASSASSINIO D I STJLICONE E ALTRE CARNEFICINE CATTOLICO-ROMANE

Alla fine del 405 una nuova alleanza germanica, ancora più potente, per la maggior
parte costituita da Goti pagani orientali , sotto la guida del re nomade Radagaiso di
L 'invasione di Radagaiso, l 'assassinio di Stilicone 13

Pannonia, si mise i n viaggio e raggiunse l ' Italia all ' inizio del 406: secondo Orosio
duecentomila, secondo Zosimo perfino quattrocentomila persone, il che è pura follia.
Comunque tutta l ' Italia fu presa dal panico. Il Goto occupò Firenze, ma di fronte a
Stilicone dovette ritirarsi sulle montagne intorno a Fiesole. Lì venne circondato da
Stilicone, uno stratega esperto di accerchiamenti "per intervento divino" (Orosio) e le
sue schiere furono ridotte alla fame; secondo Agostino, che ascrive questo alla "bene­
volenza di Dio", "oltre 1 00.000 uomini, senza che un solo Romano fosse ucciso o
anche solo ferito ! " Radagaiso venne catturato il 23 agosto 406 mentre tentava di stri­
sciare via attraverso le linee romane, e subito decapitato. I suoi capitolarono. La massa
dei prigionieri resi schiavi fu tale che i prezzi sul mercato crollarono. Pezzo per pezzo
vennero messi all ' asta. Dio aveva dato il suo aiuto, "caritatevole e meraviglioso", giu­
bilò Agostino.
Stilicone, il salvatore dell' Italia, si guadagnò una statua nel Foro con l ' iscrizione:
"A Sua Eccellenza (illustrissimo viro) Flavio Stilicone, due volte console ordinario,
Magister di entrambe le armi, Comandante della Guardia, capo delle scuderie e, attra­
verso le tappe di una brillante carriera militare, elevato fino al rango della parentela
reale, compagno dell ' immortale imperatore Teodosio in tutte le campagne di guerra e
in tutte le vittorie, a lui anche imparentato per matrimonio, suocero del nostro impera­
tore Onori o, il popolo di Roma ha deciso di dedicare, per la sua incomparabile popola­
rità e dedizione e a sua imperitura fama, una statua di metallo e bronzo da porsi sulla
tribuna degli oratori . . . "
Tuttavia alla fine del 406 Vandali, Alani e Suebi calarono in Gallia e la conquistaro­
no. Nello stesso momento si susseguivano una serie di usurpazioni.
Per primo, alla fine del 406, si sollevò l ' usurpatore Marco in B ritannia, e poco dopo,
nel 407, venne sconfitto. Quattro mesi dopo morì anche il suo successore Graziano.
Nello stesso anno si ribellarono le truppe britanniche sotto Flavio Claudio Costantino
III ( 407-4 1 1 ). Egli da soldato semplice era diventato imperatore; era cristiano, come
del resto tutti gli usurpatori fin dai tempi di Costantino I, come testimoniano le fonti
letterarie e le monete coniate. Costantino III organizzò una spedizione militare in Gal­
lia e infine inviò suo figlio Costanzo, che prima della nomina imperiale era un monaco,
in Spagna, dove sconfisse un contingente guidato da parenti di Onorio e fece giustizia­
re due comandanti, Didimo e Vereniano. Gli altri capi sconfitti fuggirono in Italia,
dove anche Costanzo si diresse dopo la nomina ad Augusto da parte di suo padre. A
questo punto però il magister militum di Costantino, Geronzio, minacciato di
destituzione, si ribellò, e nominò imperatore suo figlio Massimo, in opposizione a Co­
stante; sconfisse quest' ultimo e lo inseguì in Gallia, a Vienne, dove all ' inizio del 4 1 1 lo
fece decapitare, prima di essere egli stesso costretto al suicidio in Spagna. Costantino
III fu sconfitto dai capi militari di Onorio, si fece prete e si arrese ad Arles, sua città di
residenza, in cambio della garanzia di aver salva la vita; dopodiché l ' imperatore catto-
14 Gli imperatori-bambini cattolici

lico lo fece decapitare insieme al figlio minore Giuliano sul Mincio, nel l ' agosto 4 1 1 .
Anche Decimo Rustico e Agroezio, due alti funzionari di Costantino III e del l ' impera­
tore gallo Jovinus, vennero crudelmente assassinati con il loro seguito a Clermont. Nel
frattempo però - abbiamo precorso i tempi di alcuni anni - Alarico minacciava una
nuova invasione dell' Italia. Per Stilicone iniziarono le difficoltà. Invocò la resa, ma i
cattolici si opposero. Odiavano il discendente di un Vandalo e di una provinciale roma­
na, odiavano l ' uomo che, nonostante le lotte contro ! ' "eresia" aveva messo un freno
alle distruzioni dei templi e aveva fatto rimettere nell' aula del Senato la statua della
Vittoria, anche se non come oggetto di culto ma come ornamento. 35
Inoltre, I ' antigermanesimo di matrice orientale prendeva sempre più piede in Occi­
dente.
Il padre della chiesa Girolamo, in occasione del l ' assalto dei "barbari" all ' Italia, at­
taccò la politica di Stilicone. Egli vedeva nei Germani dei segni dell' Anticristo, se non
l ' Anticristo stesso. In una lettera alla giovane vedova Geruchia (oh, a quante giovani
vedove scriveva il santo, e con quali allusioni, talvolta ! ) , che egli cercava di dissuadere
da un nuovo matrimonio, interruppe il suo discorso e si soffermò sull ' attualità:
"E dunque cosa faccio io? Mentre la nave affonda, parlo del carico della nave. Colui
che impedisce la rovina viene tolto di mezzo, e ancora non riusciamo a capire che
l ' Anticri sto sta arri vando . . . Innumerevoli popoli selvaggi si sono riversati in tutta la
Gallia. L' intero territorio tra le Alpi e i Pirenei, tra l ' oceano e il Reno è stato devastato
da Quadi e Vandali, Sarmati e Alani, Gepidi e Eruli, Sassoni, Burgundi, Alamanni e, o
sventurato impero, dai nostri nemici Pannoni, poiché Assur viene con loro. Magonza,
una volta città rinomata, è stata da loro conquistata e distrutta, migliaia di persone sono
state massacrate in chiesa. Anche Worms è caduta dopo un lungo assedio. La città
fortificata di Reims, la lontana Amiens, Arras, la costa di Moriner, Tournay, Spira e
Strasburgo, ora tutto questo è possesso dei Germani. L' Aquitania, Novempopulonia, la
regione di Lione . . . ", Girolamo non pone limiti alla sua eloquenza. Arrivano le lacrime
e lo sopraffanno. "Chi potrebbe ritenere possibile tutto questo? Quale opera storica lo
narrerà in una li ngua degna? Che Roma, all ' interno dei suoi confini, combatte non per
aumentare la sua fama, ma per la sua stessa esistenza ! No, non combatte, ma compra
con l ' oro e con tutti i suoi averi la sua stessa vita ! Non possiamo ascrivere ai nostri
imperatori timorati di Dio la colpa della nostra miseria. Dobbiamo ringraziare la scel­
leratezza di un traditore mezzo barbaro che per mezzo nostro consegna le armi ai nostri
nemici". 36
No, secondo Girolamo la colpa non è dei pii sovrani cattolici, ma di Stilicone, che
l ' iscrizione alla base della statua nel Foro romano ha immortalato come partecipe di
tutte le battaglie e le vittorie dell ' imperatore (il nome di Stilicone venne naturalmente
cancellato) . Un traditore mezzo barbaro aveva dunque condotto i nemici contro l ' im­
pero con il denaro romano. Di parere simile erano anche i pagani romani, tutti opposi-
L 'invasione di Radagaiso, l 'assassinio di Stilicone 15

tori antigermani di Stilicone "nel l ' amministrazione civile e nella chiesa cattolica"
(Elbern). Lo si sospettava sempre di aspirare alla corona per suo figlio Eucherio, o alla
signoria in Oriente oppure in Occidente, dove a quanto si diceva Onorio gli avrebbe
ceduto. In seguito si pensò che Eucherio, probabilmente cristiano, progettasse una per­
secuzione di cristiani. Naturalmente anche a Stilicone si attribuirono le stesse mire e i
piani per usurpare il trono; si sparse la voce che avesse già fatto coniare le monete con
la propria effigie e che la sua consorte Serena avesse impedito a sua figlia, moglie
dell ' imperatore, di portare avanti una gravidanza, per sostenere le mire del marito. E
tuttavia potevano esserci pochi dubbi sulla sua fedeltà al sovrano (che a questo punto
ripudiò Termanzia, figlia di Stilicone) anche se egli, insieme ad Alarico che già lo
aveva preceduto in Epiro, si era rivolto contro l ' impero d' Oriente, col quale lo scontro
non si era mai concluso fin dai tempi di Rufino.
A istigare l ' imperatore contro di lui fu soprattutto il cattolico Olimpio, capo del
partito avverso a Stilicone in Italia. Quando Onorio, il 1 3 agosto 408, tenne una parata
militare a Ticino (Pavia), Olimpio, uno zelante cattolico "di stretta osservanza" (Clauss)
che molto doveva a Stilicone, fece uccidere gli amici di questi al seguito del sovrano: il
praefectus praetorio della Gallia, Limesio; il magister militum per la Gallia, Cariobaude;
il magister equitum Vincenzio; l ' ex praefectus praetorio per l ' Italia, Longiniano; il
comes domesticorum Salvio; il magister officiorum Nemorio, il cui posto fu preso da
Olimpio. Il quaestor sacri palatii fu ucciso mentre cingeva le ginocchia dell ' imperato­
re. In città i soldati uccisero tutti i funzionari che capitarono loro a tiro. 37
Dopo che i compagni di Stilicone furono eliminati, la sua fedele guardia del corpo
unna sorpresa nel sonno e assassinata, egli venne deposto e la notte del 2 1 agosto cercò
asilo in una chiesa ravennate. Ravenna, a causa della sua posizione protetta su una
lingua di terra tra l ' Adriatico e le lagune, a partire dal 400 era diventata la residenza
imperiale in luogo della più esposta Milano. Qui tradimento e assassinio erano all ' or­
dine del giorno. La mattina del 22 agosto 408 i soldati attirarono Stilicone fuori dalla
chiesa. Gli avevano giurato in presenza del vescovo che l ' imperatore, suo genero, non
li aveva incaricati di ucciderlo, bensì di vigilare su di lui. C ' era anche una lettera di sua
maestà cattolica che gli garantiva la sicurezza. Tuttavia, non appena Stilicone ebbe
lasciato la chiesa, una seconda lettera imperiale lo condannò a morte con l ' accusa di
alto tradimento: la sua testa cadde il giorno dopo.
Olimpio invece, dopo il bagno di sangue di Ticino, da lui architettato, salì di grado e
in agosto divenne magister officiorum (un titolo che gli storici moderni traducono con
'gran maresciallo di corte ' , 'ciambellano' , ' ministro degli interni ' , ' Minister of Foreign
Affairs ' , ' ministre de la poli ce générale' ). Si trattava di una carica che fin dalla secon­
da metà del IV secolo, tra le quattro alte cariche di corte, aveva raggiunto una posizio­
ne di spicco; al titolare venivano attribuite (prevalentemente) anche responsabilità po­
litico-ecclesiastiche e soprattutto dirigeva gli ' agentes in rebus ' , una organizzazione
16 Gli imperatori-bambini cattolici

malfamata e odiata, che inoltrava bolle e ordini imperiali, forniva servizi di spionaggio
e all ' occasione svolgeva incarichi ' speciali ' , come l ' eliminazione di personaggi di alto
rango.
Olimpio dunque divenne la figura guida. Aveva fatto torturare e picchiare a morte
gli amici di Stilicone, e aveva lasciato che altre persone a lui vicine fossero derubate
del loro patrimonio. Su sua iniziativa, con effetto dal l 4 novembre 408, i nemici della
chiesa cattolica ("catholicae sectae") vennero esclusi dagli onori di corte e venne loro
vietato il servizio a Palazzo. Non è chiaro se l ' esclusione riguardava, come probabile,
"solo" gli "eretici" o anche i pagani . A questa seguirono nuove misure punitive contro
i Donatisti il 24 novembre 408 e il 1 5 gennaio 409. Ulteriori leggi minacciarono i
cattolici caduti in disgrazia e rafforzarono il potere dei vescovi. Con Olimpio il partito
antigermanico prese il sopravvento. In tutto l ' impero d ' Occidente si dette la caccia ai
seguaci di Stilicone e a tutti i Germani. L' unico figlio avuto con Serena, Eucherio (che
nel 400 era ancora promesso sposo della sorella dell ' imperatore, Galla Placidia) riuscì
a fuggire, ma poi venne prelevato in una chiesa a nord di Roma e ucciso dagli eunuchi
di Onorio. E tuttavia, scrive Ferdinand Gregorovius, mentre essi esponevano la testa
sanguinante ai romani, "presagivano già il loro stesso destino" (l' allievo di Agostino,
Grosio, accusò ingiustamente il figlio di Stilicone di volere una restaurazione pagana).
Parimenti a Roma morì per ordine del Senato anche la vedova di Stilicone, Serena,
nipote dell ' imperatore Teodosio: fu strangolata. Anche il marito della sorella di Stilicone,
il comes Africae B atanario, fu assassinato e il suo incarico dato a Eracliano, che però
venne a sua volta ucciso (infra p. 22 s). Allo stesso tempo in diverse città le truppe
italiane massacravano numerose mogli e figli di soldati di ventura tedeschi, e infine lo
Stato confiscò tutti i beni di coloro i quali dovevano i loro incarichi a Stilicone. 3 8
L' estensione della condanna ai congiunti non era una pratica tanto ovvia presso i
monarchi cristiani, così volentieri celebrati come "miti". Tuttavia molto spesso i figli
dei condannati condivisero il destino dei loro padri . In diversi casi, come in quello
del l ' odiato Stilicone, caddero anche molti membri della famiglia, e non di rado ci si
vendicò in maniera orribile sui seguaci degli avversari .
Dopo il massacro di ponte Milvio, mentre un oratore celebrava con un discorso la
"benevola vittoria" di Costantino e la sua "mitezza", l ' intera casa dell ' imperatore
Massenzio venne massacrata e i suoi principali sostenitori passati a fil di spada. Andò
allo stesso modo dopo la sconfitta di Licinio, che per parte sua, con giubilo dei padri
della chiesa, aveva dato ordine di sterminare le famiglie i mperiali (v. I, 1 99, 204, 206).
Durante il massacro che seguì alla morte di Costantino, il cristianissimo Costanzo II, il
"vescovo dei vescovi", fece uccidere la maggior parte dei parenti maschi delle case
imperiali, due suoi zii, sei cugini e numerose persone scomode della corte {v. I, 269 s.).
Anche dopo il suicidio di Magnenzio, il primo unti-imperatore germanico, a Lione nel
353 caddero molte teste di nemici di Costanzo. Allo stesso modo due anni dopo, scon-
L ' invasione di Radagaiso, l 'assassinio di Stilicone 17

fitto i l franco Silvano, egli fece uccidere i suoi funzionari d a soldati corrotti . Nel 366,
durante l ' eliminazione dell ' usurpatore Procopio, consegnato dai suoi stessi ufficiali e
decapitato, e di Marcello, brutalmente fatto a pezzi, anche i loro parenti furono assas­
sinati (v. I, 299). Una decina d' anni dopo il seguito dell ' anti-imperatore Firmo fu mas­
sacrato in Africa in modo insolitamente crudele per mano del condottiero Teodosio,
padre del futuro imperatore. Quando il condottiero stesso, vittima di un intrigo di corte,
venne decapitato a Cartagine nel 376, molti dei suoi amici condivisero il suo destino.
Anche dopo il fallimento del principe berbero Gildo, fratello di Firmo, strangolato alla
fine di luglio 398, una parte dei suoi funzionari finì giustiziata o si uccise; il vescovo
donatista Ottato di Thamugadi, a lui vicino, morì in carcere (v. I, 296, 408) . 39
Le mogli dei condannati solitamente venivano risparmiate. Ci furono tuttavia delle
eccezioni. Così la sposa del magister peditum B arbazio, dopo la scoperta della sua
cospirazione, venne giustiziata con il marito nel 359 a Sirmium presso Belgrado. Di
norma le mogli e i parenti dei condannati finivano in miseria. Una legge emanata da
Arcadio nel 397 graziava i figli maschi dei colpevoli di alto tradimento; la loro eredità
veniva però confi scata ed erano esclusi dai posti pubblici; le figlie ricevevano un quar­
to del l ' eredità materna. 40
Comunque una cosa era la legge, un' altra la pratica. Proprio nella rovina di Stilicone
finirono uccisi non solo suo figlio e suo cognato ma anche sua moglie.
Alle spalle del debole Onorio c ' era la combriccola cattolica e romana della corte
ravennate, c ' erano cristiani dal pugno di ferro e in particolare, a capo della cospirazione
c ' era il magister officiorum asiatico Olimpio, dalle cui preghiere l ' imperatore Onori o si
aspettava molto. Olimpio, dapprima protetto poi avversario di Stilicone, aveva ottenuto
grazie a questi un alto incarico dall'imperatore, ma alla fine si era scagliato violente­
mente contro Stilicone e, dopo la sua morte, contro i suoi sostenitori . Sant' Agostino
certo stimava questo pio arrivista a tal punto da congratularsi con lui due volte, la prima
per la semplice diceria della sua nomina, la seconda per l ' annuncio ufficiale. La promo­
zione, scrive Agostino, era avvenuta "per merito" . Subito dopo esorta Olimpio a fare sul
serio con l ' applicazione delle leggi antipagane. È tempo di mostrare ai nemici della
chiesa il vero significato di quelle leggi ! La posizione di Agostino dimostra come i
cristiani si aspettassero da Olimpio l ' attuazione definitiva delle misure contro i pagani e
gli "eretici" che Stilicone, dietro pressione cristiana, aveva emanato il 22 febbraio e il
25 novembre 407, "una sorta di resa dei conti con gli avversari della fede cattolica, e sul
piano politico, con quelli dello stato cristiano" (Heinzberger). Da parte cattolica si cre­
deva che la vittoria sui "barbari" fosse la premessa all ' annientamento del paganesimo. 4 1
18 Gli imperatori-bambini cattolici

LA CADUTA DI ROMA (410) E LE GIUSTIFICAZIONI DI AGOSTINO

Indignati dai massacri cattolico-romani i soldati germanici, circa 30.000 uomini, tor­
narono da Alarico. Fuggirono dall' Italia per entrare nella sfera d ' influenza politica del
re goto, che nell' Epiro aveva atteso invano la forza militare di Stilicone. Anche i paga­
menti ai soldati dell ' impero d' Occidente non vennero effettuati. Così Alarico attraver­
sò la Pannonia e si spinse in Italia. Lungo la strada mandò dei messaggeri a Stilicone
con la richiesta di 4000 libbre d' oro per la sua marcia verso l ' Epiro; una somma consi­
derevole, che il senato solo a malincuore e dopo un intervento di Stilicone acconsentì a
pagare ma che poi, mutata la situazione politica, di fatto non pagò. Alarico, che nel
frattempo era arrivato in Italia attraverso le Alpi Giulie incustodite, si stabilì a Cremona,
mise a ferro e fuoco l ' intero territorio e giunse nel 408 alle porte di Roma, ponendovi
l ' assedio; conseguenze immediate furono peste e carestia. Contro la promessa di un
enorme tributo (circa 5000 libbre d ' oro, tra cui anche immagini sacre fuse, 30.000
libbre d ' argento, 4000 vesti di seta, 3000 manti color porpora, 3000 libbre di pepe), si
ritirò nella Tuscia, dopo che il suo esercito si era arricchito di 40.000 schiavi fuggiti
dalla città.
Tuttavia Olimpio cercò di venire incontro alle richieste di Alarico. Il magister
officiorum perse per questo il posto nel gennaio 409, lo riebbe dopo una vittoria sui
Goti presso Pisa, ma venne nuovamente e definitivamente licenziato da Onorio all ' ini­
zio dell' anno. Fuggì in Dalmazia, dove nel 4 1 1 /4 1 2 il magister militum Costanzo lo
catturò, gli fece tagliare le orecchie e lo fece flagellare a morte. Alarico, dopo il falli­
mento di nuovi negoziati , si rimise in marcia verso Roma nel 409. E stavolta si fabbri­
cò da solo un principe condiscendente. Egli impose ai Romani il loro stesso prefetto
quasi sessantenne, Prisco Attalo, come imperatore. Questi dovette farsi battezzare nel
campo di Alarico dal vescovo goto Sigesario. Il nuovo imperatore cristiano (409-4 1 0)
inviò un piccolo contingente di truppe in Africa per assicurare la fornitura di cereali e
si trasferì a Ravenna per costringere Onori o ad abdicare. A Ravenna si recò il praefectus
praetorio Giovi o, il principale negoziatore del principe e la figura più importante della
corte, e propose ad Attalo di far storpiare Onorio. Ma 4000 soldati di ritorno da
Costantinopoli lo salvarono, e Alarico detronizzò Attalo, poiché questi si rifiutava di
far saccheggiare l ' Africa dai Goti, temendone l ' insediamento. Il re cercò ancora, e
invano, un accordo con Onorio, dopodiché si recò per la terza volta a Roma. Allora, il
24 agosto 4 1 O, quando ormai la fame aveva spinto i cittadini al cannibalismo, la città
cadde. Attraverso la porta Salaria, per così dire aperta dall ' interno, i Goti occidentali
irruppero trionfalmente in città, mentre un flusso di profughi si dirigeva verso il sud
Italia, fino in Africa e in Palestina. 4 2
Roma, ancora una delle città più ricche al mondo, in tre giorni venne saccheggiata,
ma non rasa al suolo, e le sue matrone e fanciulle appena toccate. Insinua Gibbon che
La caduta di Roma (4 1 0) e le giustificazioni di Agostino 19

fu l a mancanza di gioventù, avvenenza e virtù a impedire gli stupri. Naturalmente si


verificarono fatti orribili. Così gli "ariani accaniti" o "idolatri" scassinarono i conventi,
per liberare con la violenza le suore dal "voto di castità" (Gregorovius). Voci di parte
cristiana affermarono perfino che una parte della città fosse stata bruciata fino alle
fondamenta. Ma niente, come sempre, poté scuotere un uomo della specie di Agostino.
Egli scrisse che "quello che è stato vissuto nella catastrofe romana, devastazione, mor­
te, fuoco e altre scelleratezze, è da attribuire alla guerra. Ma la novità accaduta, il fatto
inaspettato, che la brutalità dei barbari si sia espressa in maniera così lieve, che si siano
scelte grandi chiese come luoghi di raccolta e rifugi dove nessuno veniva ucciso e dai
quali non si veniva trascinati via . . . Questo è da ascrivere al nome di Cristo e a questa
era cristiana . . . no, uno e uno soltanto ha fatto indietreggiare la loro crudeltà e la loro
sete di sangue" vale a dire colui che "parlò attraverso i profeti : «punirò i loro peccati
con la verga e i loro misfatti con i tormenti . Ma non distoglierò da essi la mia grazia»".
È vero che, per ordine esplicito di Alarico, le chiese e le proprietà ecclesiastiche
rimasero intatte, così come era avvenuto per s. Pietro e s. Paolo nel 408 e 409, pur
restando queste fuori dalle mura. Tuttavia fino in età moderna, a Roma (dove non a
caso l ' ignoranza prosperava) si è creduto ad una distruzione della città e dei suoi mo­
numenti per mano dei Goti, laddove in effetti la vera decadenza e rovina è venuta più
da alcuni papi che dai "barbari". 43
Erano passati 800 anni dall' ultimo sacco di Roma, la città in cui, si credeva, Pietro e
Paolo riposavano insieme ad altri innumerevoli martiri . E ora accadeva in età cristiana !
I pagani videro le motivazioni di ciò nel disprezzo degli dèi. "Vedete" dissero, "Roma
è caduta in età cristiana" . "Finché abbiamo fatto sacrifici ai nostri dèi, Roma ha pro­
sperato . . . ". In aggiunta a questo, il governo, poco prima della caduta della città, aveva
decretato per legge il 14 novembre 408 l ' esclusiva validità della religione cristiana.
Presto l ' ostilità nacque di nuovo tra i pagani, come in passato, quando gridavano
"christianos ad leones" qualsiasi disgrazia capitasse. 44
Il mondo era scosso, attonito, tantopiù il mondo cattolico. Ambrogio, che aveva
intuito l ' imminenza della caduta già dopo Adrianopoli (v. I, 358 s.), era morto. Ora era
Girolamo, che nella lontana Betlemme commentava il profeta Ezechiele, a vedere la
fine che si avvicinava, la caduta nell' eterna notte, con davanti agli occhi la caduta di
Troia e Gerusalemme : il mondo va in pezzi, orbis terrarum ruit. 45
"Se Roma può cadere, cosa c ' è di sicuro?" Perché il cielo ha permesso questo?
Perché Cristo non ha protetto Roma? "Dov ' è Dio?" ( Ubi est deus tuus?) Agostino
aveva già ventilato la domanda fatale nel 41 O e 4 1 1 in molte prediche (la prima tenuta
già tre giorni dopo il ritiro dei Goti da Roma) ; dove la sua saggezza andava da "Quia
voluit Deus" fino a "Deo gratias". Dove afferma che l ' esistenza degli stati terreni è di
secondaria importanza; e oggi nemmeno la sopravvivenza del mondo preoccupa più i
teologi della bomba atomica: anche la teologia fa progressi ! Agostino non vide traccia
20 Gli imperatori-bambini cattolici

di catastrofe : solo Dio, il caro, giusto, severo padre, che "sferza chiunque riconosce
come figlio (Ebrei, 1 2, 6)". E sebbene il vescovo urlasse: "Massacri, fuochi, saccheggi,
assassinii e torture", pure consolava nel solito modo pretesco (v. I, 4 1 4 ss., 443 ss.): in
confronto ai tormenti dell ' inferno queste punizioni non erano poi tanto male ! Molti
erano stati salvati, e i morti erano nella pace eterna ! Allora bisognava rallegrarsi, rin­
graziare Dio perché in fondo non aveva distrutto completamente Roma: "manet civitas,
quae nos carnaliter genuit. Deo gratias ! " 46
I preti non conoscono vergogna né imbarazzo (v. l, 437 ss.).
Inoltre Agostino affronta la beffarda domanda dei pagani, "Dov ' è ora il tuo dio?", lo
scherno di quelli che una volta si erano sentiti chiedere dov ' erano i loro dèi , in non
meno di "22 libri sullo stato teocratico", nella sua "opus ingens", la sua opera maggio­
re che tuttavia perde sempre più di vista la sua motivazione tra le fantasie storico­
teologiche sulla civitas dei e la civitas terrena. 47
Con quale dispendio di retorica il santo difende Dio davanti alla caduta di Roma !
Non contava per "il filosofo dell ' orbis universus christianus" (Bernhart), che qui di­
venta "il primo storico universale e teologo dell' Occidente" (von Campenhausen) cosa
pensasse la gente delle devastazioni, quanti cristiani erano stati torturati, uccisi o scac­
ciati, quanti si erano suicidati e quanti erano morti di fame, quante donne erano state
violentate, quanto spesso la "barbarica voluttà si era scatenata". No, no. Addirittura lo
stupro aveva i suoi vantaggi ! Altrimenti come avrebbero potuto alcune vantarsi del la
loro purezza, se tale "vano orgoglio" non avesse mai visto la luce del giorno? È vero,
"la loro purezza è stata strappata con la forza, affinchè la sua felice conservazione non
mutasse la loro modestia" . Sì, così il filosofo dell' "orbis universus christianus", il
"gigante dello spirito", il "genio in tutti i campi . . ." (v. I, 402 ss.), che non si fa impres­
sionare da tutto questo, perché Dio stesso l ' ha voluto ! E che voleva ottenere Dio con
ciò? Tra miriadi di citazioni bibliche, Agostino riferisce che Dio non voleva distrugge­
re Roma, ma solo "mettere i suoi cittadini alla prova e purificarli attraverso il male",
risvegliare il loro pentimento e placare la sua ira, per poter di nuovo concedere ai
romani la sua grazia: superiori scopi educativi. Il genere umano aveva bisogno di una
punizione. "Non precipiteranno se loderanno il Signore, ma se ne sparleranno". "Su­
blime è la provvidenza del creatore del mondo, e ' imperscrutabili i suoi disegni e
inconoscibili le sue vie"'.
Tanto più facili da capire sono le vie del suo servo: i preti non conoscono vergogna
né imbarazzo.
Con Alarico, il vincitore di Roma, citato nell' opera di Agostino solo due volte (una
volta senza nome) , il saccheggio aveva dunque poco o nulla a che fare, bensì con le
giuste e benevoli disposizioni di Dio, il cui insegnamento è sempre il migliore, i cui
misteri si sveleranno nel Giorno del Giudizio, che ha mostrato la sua grazia anche nella
distruzione, addolcendo i più duri, poiché non voleva la distruzione di Roma, ma la
La caduta di Roma (4 1 0) e le giustificazioni di Agostino 21

loro conversione e l a loro nuova vita ! "Come una mano già alzata per colpire m a trat­
tenuta dalla compassione, poiché il colpevole è già in ginocchio, così è accaduto a
quella città . . . Dio ha concesso riguardo alla città di Roma, poiché una gran parte della
popolazione era stata portata via dal nemico prima dell' incendio. Portati via i profughi e
i morti . . . per mano di Dio anche la città è stata corretta, piuttosto che annientata." 48
Filosofo del l ' orbis universus christianus !
Anche il presbitero Orosio, che già si era prefisso di dimostrare quanto meglio an­
dassero le cose in età cristiana (l 434 ss.), come il suo maestro trovò la cosa molto
soddisfacente. In nessun modo colpevolizzava i cristiani. Orosio riuscì a paragonare la
calata di Alarico con quella, molto più lunga e terribile avvenuta in età pagana, dei
Galli guidati da Brenno, principe dei Senoni . Allora (387 a. C.), sei mesi di 'miseriae'
e il sanguinoso saccheggio della città, oggi quasi una ricreazione, o perlomeno un mi­
racolo: solo tre giorni di occupazione, quasi nessun morto, anche se le strade erano
piene di cadaveri , cumuli di rovine carbonizzate si innalzavano verso il cielo, case e
palazzi erano stati saccheggiati senza pietà e i profughi sparsi per il mondo testimonia­
vano la sua caduta. E tuttavia Alari co, come primo ordine, aveva concesso la protezio­
ne ai cristiani che avevano cercato riparo nelle chiese: u n ' u lteriore prova della qualità
dei 'tempora christiana' , l ' età della grazia. 49
Tuttavia il vescovo di Roma, Innocenzo I ( 40 1 -4 1 7) si comportò in maniera signifi­
cativa. Nel 408, al giungere delle prime minacce alla città, permise che nelle case pri­
vate si compissero sacrifici per placare l ' ira degli dèi, almeno secondo lo storico Zosimo.
Apparentemente accordò anche al prefetto cittadino Pompeiano il permesso per la con­
sultazione degli ' aruspici ' , la lettura dei visceri, cosa che Zosimo, certo non il più
attendibile e perspicace degli storici del tempo, lodò come una dimostrazione di pa­
triottismo, in quanto "poneva la salvezza della città al di sopra della propria fede".
Durante l' invasione il santo padre brillò per l ' assenza: anche altri pastori avevano
abbandonato le greggi in tempo. L' allievo di Agostino, Orosio, riporta che il santo
padre "si allontanò come Lot da Sodoma, si fermò a Ravenna per imperscrutabile con­
siglio divino e non vide la caduta del popolo peccatore". In effetti egli aveva già affida­
to al principe degli apostoli la protezione della sua basilica e risiedeva già dall' anno
precedente, in qualità di membro della commissione del senato, nella città circondata
dagli acquitrini e perciò quasi inespugnabile, per affari o per la propria sicurezza. In
ogni caso l ' incendio di Roma non lo disturbò. Magari avrebbe anche voluto, come dice
il gesuita Grisar, trattenersi "in mezzo ai colpiti", per "aiutarli e consolarli", ma in
effetti Innocenzo, nelle sue numerose lettere, ne parla una volta sola, sbrigativamente,
in un inciso. 50
Fu la più grande, la peggior catastrofe del tempo. Il papa tuttavia non batté ciglio.
Orosio cercò di scagionarlo, probabilmente in risposta alle parole cariche di disprezzo
dei profughi . Girolamo elogiò il predecessore Anastasio l. Solo per breve tempo, affer-
22 Gli imperatori-bambini cattolici

mò, Roma poté averlo, perché la 'caput mundi ' non sarebbe dovuta affondare nella
polvere con un tale pastore. Su Innocenzo I invece Girolamo mantiene un eloquente
silenzio. Lo storico del papato Caspar vede in questo una "dura critica" e afferma che
la caduta incombente dell ' impero romano lasciò Innocenzo "indifferente nell ' i ntimo".
Se ci si immerge nelle sue lettere come essenziale e quasi unico documento del suo
pontificato, ci si sente estraniati "da un mondo di troni che si spaccano e regni che si
dividono, e portati nel mondo di un patriarca il cui unico scopo è il mantenimento delle
ambizioni papali e del governo universale." 5 1
Praticamente nessun cronista dell' epoca h a difeso l ' intermezzo ravennate del papa.
Non sono nate leggende su di lui, come invece accadde più tardi per Leone I quando
affrontò Attila (infra p. 1 93 ss). E ci dovrà pur essere una ragione.
L' imperatore Onorio, durante il saccheggio, dev ' essere stato molto occupato con
l ' allevamento dei polli 52 • Dopo tre giorni i vincitori si ritirarono, con un bottino smisu­
rato e molti prigioneri , tra i quali il tesoro politico più prezioso, la sorella del monarca
Galla Placidia, figlia di Teodosio I, di soli ventun anni e già una delle donne più in­
fluenti di quei tempi.
I Goti si diressero in Campania, dove occuparono e saccheggiarono Nola e presero
prigioniero il vescovo, "volontariamente povero ma tanto più ricco in santità" (Agostino).
Avanzarono in Calabria, Sicilia e poi verso l ' Africa, il granaio del l ' Italia. Ma una tem­
pesta nello stretto di Messina ingoiò la loro flotta. Sulla via del ritorno Alarico morì
improvvisamente presso Cosenza sul Busento, dove fu sepolto. I predoni cristiani scor­
razzarono per l ' Italia ancora un anno sotto il comando del cognato di Alarico, Ataulfo
(4 1 0-4 1 5 ), spazzando via "come cavallette ciò che era rimasto" (Giordane). Poi si di­
ressero a Occidente. Nel 4 1 4 Ataulfo sposò a Narbonne Galla Placidia, una volta pro­
messa al figlio assassinato di Stilicone, e fondò il regno dei Goti occidentali del sud
della Francia e della Spagna, con capitale Tolosa, finché un anno dopo fu costretto alla
ritirata attraverso i Pirenei e assassinato a Barcellona. 52

LA BATTAGLIA DI 0NORIO CONTRO GLI " ERETICI" , l PAGANI E GLI EBREI

Pochi anni dopo l ' eliminazione di Stilicone, la cui famiglia e il seguito (ufficiali e
soldati) erano stati sterminati, Onorio fece assassinare brutalmente anche il suo succes­
sore Olimpio, che si era rifugiato in Dalmazia; allo stesso modo, ricordiamo, era stato
trattato presso il Mincio l ' usurpatore Costantino III, riconosciuto da Britannia e Gallia,
nonostante l ' imperatore gli avesse promesso protezione. Anche il figlio minore di
Costantino, Giuliano, venne liquidato, e in seguito il comes Africae Eracliano (con
molti del suo seguito), che aveva condotto l ' arresto e l ' esecuzione di Stilicone, ma che
nel 4 1 3 , nel suo anno di consolato, attaccò l ' Italia con una flotta immensa di 3700 navi;
La battaglia di Onori o contro gli "eretici ", i pagani e gli Ebrei 23

poi il magister militum Allobico a Ravenna, nel l ' agosto 4 1 O; stessa sorte (per mano del
goto Ataulfo) per I ' usurpatore gallo Sebastiano e per suo fratello Jovinus, che aveva
esteso il suo dominio alla Britannia prima di essere eliminato dal praefectus praetorio
Dardano all' inizio del 4 1 3 , a Narbonne, di sua propria mano. Entrambe le teste venne­
ro spedite a Costantinopoli, come già quella di Costantino III. Anche l ' antico avversa­
rio di questi, Massimo, venne freddato dopo essere stato portato in trionfo, nel 4 1 4, in
occasione dei Tricennali di Onori o. E Attalo, fuggito con i goti occidentali nella Gallia
meridionale e nuovamente nominato imperatore da Ataulfo nel 4 1 4, venne fatto pri­
gioniero sul mare, moderatamente storpiato e esiliato nelle isole Lipari . 53
Il giovane imperatore Onori o però era devoto e particolarmente sensibile ai suggeri­
menti clericali. Egli incarnava "entrambe le idee alle quali doveva la sua ascesa al
trono: la legittimità ereditaria e la dipendenza indissolubile dalla chiesa cristiana"
(Ranke). Egli ne aumentò i diritti e la protezione, dette infine ai prelati influenza prati­
camente illimitata nell' applicazione delle leggi. E proprio i suoi editti religiosi non
sono più, a differenza di quelli di Valentiniano I o di Graziano, tentativi di definizione
dell "'eresia" e della "vera fede", ma forti sostegni all ' ortodossia, un' identificazione
con i suoi scopi, "pure norme di applicazione per la sua imposizione" (Anton). Il mo­
narca rivendica ora non solo il diritto a punire i dissidenti, ma anche a modificare il
loro credo. 54
Già il 23 marzo 395 egli aveva confermato tutti i privilegi concessi al clero dai suoi
predecessori . Ai cosiddetti matematici egli ordinò di bruciare i loro libri davanti agli
occhi dei vescovi e di entrare nella chiesa cattolica. Chi resisteva doveva essere espul­
so, e gli irriducibili addirittura banditi . 55
Probabilmente già Olimpio aveva emesso un' ordinanza imperiale che definiva la
"fede cattolica" la sola consentita. L' editto del 1 2 febbraio 405 minacciava i Donatisti ;
quello del 22 febbraio i Priscillianisti e i Manichei , un editto proposto o comunque
influenzato da papa Innocenza l. L' editto identifica il comportamento "eretico" con
una "violazione pubblica" (crimen publicum) e il "bene comune" (salus communis)
con "il vantaggio della Chiesa cattolica" ; mutatis mutandis, il principio su cui si fonda­
va la persecuzione dei cristiani da parte dei sovrani pagani. Il 1 5 novembre 407 venne
disposta la distruzione di tutti gli altari pagani e delle immagini di culto, così come la
confisca dei templi non ancora sequestrati e di tutti i loro beni e profitti . Il 14 novembre
408, poco dopo l ' assassinio di Stilicone, tutti i non cattolici, tutti i "nemici della reli­
gione cattolica" (catholica secta), vennero esclusi dalla corte; particolarmente dure
furono le disposizioni contro i Donatisti . Nello stesso periodo una legge stornava tutte
le entrate dei templi a favore dei soldati "fedeli", naturalmente i locali, laddove il nuo­
vo governo antigermanico aveva lasciato senza nulla le famiglie dei soldati germanici.
In seguito venne la distruzione delle immagini sacre "ancora presenti" nei templi, "poi­
ché ciò, come sappiamo, è già stato disposto più volte da ordini imperiali". Poi dovet-
24 Gli imperatori-bambini cattolici

tero essere sospese le feste pagane, e i proprietari delle cappelle pagane dovettero di­
struggerle. Una lunga serie di disposizioni contro pagani ed "eretici" seguì il 24 e 27
novembre 408, il 1 5 gennaio 409, il l febbraio, l aprile e 26 giugno 409. 56
Un' ordinanza particolarmente gravosa fu quella imposta dal governo ravennate contro
"l' abietta superstizione" nell' anno 4 1 5 . Lo Stato espropriava tutti i terreni su cui sorge­
vano i templi. Tutte le entrate che prima andavano alla "maledetta superstizione" dove­
vano ora appartenere alla "nostra casa" . Furono anche abolite le cerimonie di origine
pagana, proibite certe associazioni nate forse per la difesa dei templi, e i loro capi
Chiliarchi e Centonari minacciati di morte. Infine, il 7 dicembre 4 1 5 , l ' interdizione dei
pagani dai pubblici uffici fu sancita per la prima volta in via legislativa. Non sono loro
più concessi posti nel l ' ammini strazione, nei tribunali e nell' esercito. Di fatto, su cin­
quanta quadri direttivi, solo tre erano pagani . Negli ultimi anni di regno di Onorio, dal
4 1 8 , non si trova più traccia di alti funzionari di confessione pagana. 57
Ufficialmente su pressione dei vescovi africani, nel 4 1 8 Onori o aveva chiesto, con
un rescritto insolitamente rigoroso, la persecuzione degli eretici Pelagio e Celestio e la
loro deportazione con tutto il loro seguito (v. I, 426 ss.). Nello stesso anno la chiesa
impose l ' esclusione degli ebrei, che l ' imperatore aveva bollato come pagani ed eretici,
da tutti gli onori e le cariche pubbliche. Vennero esclusi anche dall' esercito. Sull' isola
di Minorca si giunse anche al battesimo forzato degli ebrei. A centinaia furono conver­
titi con la violenza; proprio in Spagna ad altre migliaia toccò la stessa sorte. E quella
del 4 1 8 fu solo la prima iniziativa del genere. 58
Nel frattempo Onorio aveva nomi nato magister militum Costanzo (III), un ufficiale
di Nissa più volte console, e in cambio dei suoi servigi contro l ' usurpatore Costantino
III, contro i Goti occidentali nel 4 1 7 e i pagani e gli eretici, che combatteva senza farsi
pregare, gli aveva dato in sposa sua sorella Galla Placidia, contro il volere di lei.
Costanzo, un cristiano che spesso si occupava di affari ecclesiastici, aveva portato il
suo fedele amico Patroclo sul seggio vescovile di Arles nel 4 1 2 e Bonifacio I su quello
di Roma nel 4 1 8 ; egli aveva respinto al di là dei Pirenei il primo marito di Galla Placidia,
il cognato e successore di Alarico, Ataulfo, solo un anno dopo le nozze. In seguito il re
era stato assassinato a B arcellona e il suo successore, il re Wallia, aveva estradato Galla
Placidia a Ravenna nel 4 1 6. L' 8 febbraio 42 1 Onori o nominò Costanzo III co-reggente.
L' Oriente non lo riconobbe e Costanzo iniziò i preparativi di guerra; un ruolo impor­
tante giocava anche la prefettura de li' Illyricum, che politicamente apparteneva all ' Orien­
te e che ora doveva essere sottoposta all ' autorità di Costantinopoli anche dal punto di
vista ecclesiastico. Costanzo III tuttavia morì il 2 settembre 42 1 a Ravenna, dove anche
Onorio morì il 1 5 agosto 423 . Ora il figlio di Costanzo, Valentiniano III, a soli quattro
anni , divenne imperatore d ' Occidente. Fino al 437 (fino al matrimonio con Eudossia,
la figlia di Teodosio Il) regnò la sua devota madre Galla Placidia. Dal 42 1 era Augusta,
ma poi nel 423 era stata separata da Onori o ed era fuggita con i figli Onoria e Valentiniano
Teodosio Il. - Il realizzatore di tutti i precetti del Cristianesimo 25

a Costantinopoli, dove Teodosio Il dette nuovamente i titoli di Augusto a lei e a


Valentiniano. 59

TEODOSIO Il. - IL REALIZZATO RE DI TUTTI I PRECETTI DEL CRISTIANESIMO

Il figlio di Arcadio, Teodosio II (408-450), salì al trono all ' età di sette anni . All' inizio
perciò governò in sua vece il praefectus praetorio Antemio, un militare dalla forma­
zione antigermanica, che già aveva guidato Arcadio. Nel 4 1 4 gli subentrò la sorella
dell ' imperatore, altrettanto bigotta e avida di potere. 60
Santa Pulcheria, che fece voto solenne di castità per tutta la vita (ma che nel 450
gratificò il veterano Marciano di un "matrimonio bianco") era sobillata da monaci e
vescovi e acquisì un grande potere su Teodosio. Altrettanto determinante, anche se solo
per un periodo limitato, fu la sua graziosa sposa Eudokia (Athenais), figlia di un pro­
fessore di retorica pagano di Atene, che dopo il battesimo da parte del vescovo Attico
di Costantinopoli divenne una convinta proselita e concorrente di Pulcheria presso
l ' imperatore. Nel 44 1 lasciò la corte, forse costretta, e visse gli ultimi due decenni di
vita a Gerusalemme, costruendo chiese, scrivendo di cose religiose e attizzando la ri­
volta; perlomeno i tardi bizantini interpretarono tutto questo come la conseguenza di
un bando. Il pio reggente fece assassinare i consiglieri spirituali di lei, il sacerdote
Severo e il diacono Giovanni, da Saturnino, suo comes domestico rum per la Palestina;
dopodiché questi fu assassinato dalla pia Eudocia, forse di sua stessa mano. 6 1
Circondato da ambiziose sorelle e preti fanatici, Teodosio II osservò "esattamente
tutti i precetti del cristianesimo" come scrive lo storico della chiesa Socrate, e "superò
tutti in mitezza e umanità" . Celebrato per la sua fede, attaccò di conseguenza gli "ere­
tici", i pagani e gli ebrei, giungendo anche a sancirlo per legge nell' aprile 423 : "Sia
reso noto e divulgato ovunque il nostro decreto nel quale reprimiamo il pensiero e l ' im­
pudenza abominevole di pagani, ebrei e anche eretici". In tal modo la tendenza a soste­
nere il cattolicesimo con la forza e la violenza diventa sempre più chiara; ogni altra
pratica di pensiero diventa la 'malattia' di cui l ' imperatore, come un ' medico' , deve
impedire la diffusione. Suo primo dovere è quindi la cura della 'vera religio' , condizio­
ne del bene comune. Gli "eretici" erano per lui senza mezzi termini "una perfidia". 62
Per quanto riguarda i pagani, Teodosio affermò nel 423 che non ce n ' erano più. Un
pio desiderio: in realtà li aveva esclusi dalle alte cariche pubbliche e militari nel 4 1 5 , e
nel 4 1 6 da tutti gli uffici pubblici. Nel 423 colpì le vittime con il bando e la confisca dei
beni, nel 435 e 438 applicò la pena di morte per chi praticava culti pagani, alludendo
perfino ai flagelli e alla rovina dei raccolti provocata dal culto degli dèi . "Proibiamo
tutti i sacrifici di animali e l ' offerta riprovevole di vittime del criminale pensiero paga­
no e tutto ciò che già era vietato dalle ordinanze precedenti. Ordiniamo che tutti i loro
26 Gli imperatori-bambini cattolici

templi, santuari e luoghi consacrati, se pure ne è rimasto qualcuno illeso, siano distrutti
d' ufficio e purificati con la penitenza dall' apposizione del sacro simbolo della nostra
rel igione cristiana. Perciò sia noto a tutti : chiunque sia riconosciuto, di fronte al giudi­
ce competente e con prove adeguate, colpevole della violazione di questa legge verrà
punito con la morte" .
L' imperatore cattolico, che così brutalmente ordinava la distruzione dei templi e la
loro purificazione (esorcismo) con la croce, era dunque un "monarca di buon cuore,
dedito completamente alla vita famili are" (ThieB) . La verità è che il codice imperiale
da lui emanato nel 438 (dopo il quale i sovrani orientali non inviarono più i loro decreti
in Occidente, e viceversa), conteneva tra il 3 8 1 e il 435 non meno di 6 1 ordinanze
contro gli "eretici"; prima del 38 1 solo cinque. 63
Già nel 4 1 8 l ' allora dici assettenne principe aveva fatto bruciare tutti gli scritti
anticristiani. Nel tardo IV secolo e nel V quasi tutta la letteratura non cattolica venne
sistematicamente distrutta, e i possessori di trattati "eretici" minacciati di morte già dal
398. Sotto Teodosio, nel 4 1 8 , anche gli ultimi esemplari dei quindici libri di Porfirio
"Contro i cristiani" finirono tra le fiamme, dopo che già Costantino, durante il Concilio
di Nicea (325), aveva dato ordine di bruciare il lavoro di Porfirio (v. I, 1 86 ss.). b4

ANTISEMITISMO AGGRESSIVO NELL'ORIENTE CRISTIANO

Durante il regno di Teodosio II agli ebrei andò particolarmente male.


Già nel 408 la festa del Purim, una festa di gioia, era stata proibita, ed alcuni ebrei,
a quel che si dice, avevano bruciato un' imitazione della santa Croce. Nel 4 1 5 il patriar­
ca ebreo Gamaliele VI fu colpito da un provvedimento particolarmente brutale, dietro
il quale c ' era santa Pulcheria, la pia sorella del quattordicenne imperatore, allora reg­
gente. Gamaliele perse la prefettura onorifica e i diritti ad essa connessi. Non solo non
poteva più costruire sinagoghe, ma doveva - colmo dell' arroganza sfacciata ! - liberarsi
di quelle ' superflue ' . Non poteva comporre dissidi tra cristiani, e nemmeno tra cristiani
ed ebrei. Infine fu proibita la circoncisione ai non ebrei e il possesso di schiavi cristia­
ni. Non solo, gli schiavi cristiani di proprietà di ebrei dovevano appartenere alla chiesa.
Non guadagnavano in questo modo la libertà, ma in compenso la chiesa ne diventava il
successore legale. Negli anni seguenti , come già in passato (v. I, 376 s.), vennero anche
prese misure protettive nei confronti degli ebrei, incalzati in modo sempre più sfronta­
to. Eppure i fatti parlano da sé: "Le loro sinagoghe non devono essere bruciate ovun­
que [ ! l o alla cieca [ ! l o danneggiate senza motivo [ ! 1 . . ." Quanto poco fossero efficaci
le misure protettive imperiali lo prova il fatto che in trent' anni dovettero essere rinno­
vate dieci volte. Se una sinagoga veniva rimodellata in una chiesa, come a Sardi (Asia
Minore) o Gerasa (Valle orientale del Giordano), poteva essere mantenuta in cambio di
Antisemitismo agg ressivo nell 'Oriente cristiano 27

un terreno in sostituzione. Nel 423 la circoncisione dei cristiani fu punita con la confi­
sca dei beni e l ' esilio perpetuo. Al patriarca ebreo venne sottratta un ' importante impo­
sta così come il titolo onorifico, e dopo la sua morte (425) venne vietata la nomina di
un successore. L' 8 aprile 426 una legge di Teodosio promosse la conversione degli
ebrei al cristianesimo anche attraverso il diritto di successione ; ma i mpedì comunque
di diseredare un ebreo che si fosse fatto cristiano. Anche nel caso in cui figli o nipoti
(convertiti) avessero commesso un "grave crimine dimostrato" contro un parente pros­
simo, come genitori o nonni, "i genitori devono comunque lasciare loro una parte del­
l ' eredità dovuta" (un quarto della legittima) "poiché essi l ' hanno guadagnata sceglien­
do la religione eletta" ! Nel 429 l ' istituzione del patriarcato ebraico, da secoli garante
dell ' unità di un popolo sempre più perseguitato, venne definitivamente abolita. In se­
guito i capi ebraici in entrambi i sinedri della Palestina e in altre province dovettero
"restituire tutto quanto avevano ricevuto a titolo di imposta dopo l ' abolizione dei pa­
triarchi". Sempre più contadini ebrei in Palestina subirono rovina e repressione, sem­
pre più sinagoghe vennero distrutte, sempre più proprietari ebrei furono derubati, sem­
pre più omicidi di ebrei rimasero impuniti. E tutto questo viene giustificato con moti­
vazioni teologiche ! Anche Teodosio Il, seguendo l ' esempio di Onorio, equiparò gli
ebrei ai pagani e agli "eretici". 65
Quando nel 438 furono recuperate le reliquie dell' illustre antisemita e padre della
chiesa Giovanni Crisostomo, all ' imperatore parve che fosse arrivato il momento per
promulgare un' altra dura legge contro gli "ebrei accecati , i samaritani, i pagani e le
altre specie di mostri eretici". Concentrato sulla vera religione, la prima preoccupazio­
ne del suo regno, egli dispose nella costituzione del 3 1 gennaio 438, a seguito delle
leggi ancora più violentemente antisemite dell' Occidente, l ' esclusione degli ebrei da
tutte le cariche, dall' amministrazione civile e dall' ufficio del defensor civitatis, per
togliere loro qualsiasi possibilità di emettere giudizi su un cristiano. Proibì la costru­
zione di nuove sinagoghe e il loro ampliamento. "Chiunque eriga una sinagoga sappia
che ha lavorato a vantaggio della chiesa cattolica . . . e chi ha iniziato la costruzione di
una si nagoga, e non solo la riparazione di una esistente, dovrà pagare per la sua impu­
denza una ammenda di cinquanta libbre d' oro". Per l ' istigazione ali ' abbandono della
fede cristiana istituì la pena di morte. 66
Non si sbaglia chi vede dietro queste aggressive, spesso rovinose disposizioni dei
sovrani cristiani la stessa teologia e chiesa cristiana. Scrive Franz Ti nnefeld a proposi­
to della politica dello stato verso gli ebrei nei primi tre secoli dell' epoca bizantina,
quindi dal IV al VI sec. incluso, che "persino quegli imperatori che prendevano il cri­
stianesimo molto sul serio creavano all ' ebraismo grandi difficoltà. L' immagine ostile
dell ' ebreo come cocciuto avversario di Cristo è più forte dell' idea cristiana dell' amore
e della riconciliazione. I teologi cristiani hanno sviluppato questa immagine ostile,
fornendo così le basi teologiche alle aggressioni e alle prepotenze dei cristiani". 6 7
28 Gli imperatori-bambini cattolici

DELITTO SU DELITTO NELL'OCCIDENTE CATTOLICO

Dopo la morte di Onorio, Teodosio II sembrava aspirare alla signoria esclusiva su tutto
l ' impero. Perciò Galla Placidia e i suoi figli Onoria e Valentiniano non furono accolti
amichevol mente alla corte di Costantinopoli , durante la loro fuga all ' inizio del 423 .
Tuttavia quando in dicembre il primicerius notariorum Giovanni divenne imperatore
d ' Occidente a Roma, Galla Placidia e suo figlio ricevettero i titoli, già revocati , di
Augusta e nobilissimus, perlomeno per salvare la dinastia in Occidente. L' usurpatore
Giovanni, un cristiano cui venne attribuito un governo moderato, giusto e - cosa strana
per i tempi - anticlericale (egli ridusse i privilegi della chiesa e garantì la piena tolle­
ranza per tutte le confessioni), cadde vittima di un tradimento a Ravenna. Placidia gli
fece tagliare la mano destra, lo fece portare a dorso d' asino nel circo di Aquileia dove
venne torturato e nel maggio/giugno del 425 decapitato: "un barbarico inasprimento
della pena di morte, che fino ad allora veniva risparmiata agli usurpatori, e nella quale
si scorge già una gioia tutta medievale nell' esercizio della tortura" (Stein). 6 8
Dopo la repressione di Giovanni, il 23 ottobre 425 Flavio Placido Valentiniano III
divenne imperatore romano d' Occidente. Nei successivi dodici anni tuttavia regnò esclu­
sivamente sua madre Galla Placidia, con il consiglio di tre determinanti personalità
della corte, Felice, Bonifacio ed Ezio.
Flavio Costanzo Felice, dal 425 magister utriusque militiae, era stratega imperiale e
cristiano. Con la sua sposa, a causa di un voto, finanziò il mosaico dell' abside della
basilica lateranense, cosa che comunque non gli impedì di assassinare il diacono Tito;
a lui è anche attribuito l ' ordine dell' omicidio del vescovo di Arles, Patroclo (infra p.
1 77 s). A maggio del 430 egli stesso venne assassinato a Ravenna durante una rivolta
militare, pare in seguito ad un complotto contro Ezio. Al suo posto Galla Placidia mise
Bonifacio, comes Africae e amico di Agostino (v. I, 445 s . ) . Due anni dopo tra questi ed
Ezio si giunse ad una guerra civile. Bonifacio vinse la battaglia di Rimini, ma morì tre
mesi dopo per le conseguenze di una ferita, inflittagli probabilmente in duello da Ezio.
Flavio Ezio, per tre anni ostaggio dei Goti occidentali, poi degli Unni (come più
tardi suo figlio), in qualità di capo militare supremo (il più grande della prima metà del
secolo) costrinse infine i Germani "con violente battaglie sotto il giogo romano"
(Giordane). Dopo la vittoria sui Goti occidentali e i Franchi spazzò via, con l ' aiuto di
mercenari unni, il regno dei Burgundi sul Reno nel 436/37 e combatté nel 45 1 , con
l ' apporto fondamentale dei Goti occidentali, gli Unni di Attila a Troyes. Nella batta­
glia, con enormi perdite da entrambe le parti, combatterono anche Goti orientali a fian­
co di Attila e B urgundi e Franchi con Ezio. 69
Valentiniano e Galla Placidia iniziarono a temere il potere crescente del l ' esercito,
che determinava la politica estera. All ' imperatore venne suggerito che Ezio intendesse
detronizzarlo e prendere il suo posto. Lo stratega era al servizio della corte di Ravenna
Delitto su delitto nell ' Occidente cattolico 29

da decenni e aveva ormai sessant' anni; spesso aveva combattuto con il contributo degli
Unni. Tuttavia alla caduta del regno unno, l ' imperatore si fece audace. Il 2 1 settembre
454 egli, devoto cattolico al pari di sua madre, sferrò il primo colpo contro Ezio, duran­
te un' udienza sul Palatino a Roma; i pugnali degli eunuchi di corte fecero il resto.
Anche il prefetto del pretorio Boezio, suo amico, venne pugnalato, e i due corpi rima­
sero esposti nel Foro. Già il 1 6 marzo dell ' anno successivo Valentiniano III, ultimo
monarca legittimo d' Occidente, cadde vittima di un complotto di ufficiali del seguito
di Ezio, durante un' ispezione alle truppe della guardia. La dinastia teodosiana, finita in
Oriente nel 450 con la morte di Teodosio Il, si estinse così anche in Occidente. Il
probabile mandante dell' attentato, il patrizio Petronio Massimo, divenne subito dopo
imperatore e sposò Eudossia, la vedova del l ' imperatore; ma morì tre mesi dopo duran­
te la fuga dai Vandali, presumibilmente per mano di una guardia del corpo (infra p.
1 96). 70
Alla corte di Valentiniano III, a 29 funzionari cristiani si erano contrapposti ancora
tre pagani, Volusiano e Teodosio come prefetti imperiali d ' Italia e Litorio come co­
mandante dell' esercito. Tuttavia già all ' inizio di questo regno apparvero leggi con forti
sanzioni contro i credenti di altre confessioni. Contro i pagani, gli ebrei, i pelagiani e
celestiani, contro i manichei , perfino contro gli scismatici, che si er::mo sottratti all ' as­
sociazione con il "venerabilis papa", un termine utilizzato per la prima volta nel Codi­
ce Teodosiano, dove anche "l' aspetto del terrore . . . viene programmaticamente eletto a
ultima ratio della politica religiosa imperiale" (Anton). Questo avrebbe comportato
vaste conseguenze future, ma trovò un ' immediata corrispondenza in una lettera di papa
Leone I, il primo vescovo romano veramente determinato a collaborare strettamente
con l ' imperatore, che a partire dal 439 risiedette sempre più spesso a Roma e, come sua
madre, fu assai generoso con la chiesa. 7 1
Prima d i occuparci d i Leone I e dell' ininterrotta lotta d i potere dei prelati a Oriente
come a Occidente nello stesso periodo, è indispensabile dare un quadro retrospettivo
della Roma ecclesiastica, della sua nascita e dell ' istituzione disonesta del primato pa­
pale .
30 Gli imperatori-bambini cattolici

NOTE

1 Hergenrother, Kirchengeschichte, I 3 1 9 , 322.


2 B rown, A ugustinus, p . 1 94 .
' Cfr. nota 45 .
4 Pauly V pp. 1 32 , 372 sg. dtv Lex . Antike, Geschichte III 225 sg. Otto, Papyrusforschung 3 1 2 . Ostrogorsky,
Geschichte des byzantinischen Staates, 44 ss. Van der Meer, A lte Kirche /, 1 3 .
; Socrate, Historia ecclesiastica, 6,23. Sozomeno, Historia ecclesiastica, 9, 1 . Girolamo, Epistula ad Age r.
1 7 ; Epistulae 1 23 , 1 7 . Cfr. Cod. Theod. 1 6, 5, 25 s s . ; 1 6 ,5, 35 ss. ; 1 6, 6, 4; 1 6, 1 0, 1 3 ss. Diesner, Kirche
und Staat, p. 4 3 . Anton, Selbstverstiindnis, p. 54 ss.
• Von Haeh l i ng, Religionszugehorigkeit, p . 222 s s . , i n part. 526, 590 ss. Chastagnol, Handbuch der
Kirchengeschichte, I II I , 92.
7 Apocal isse, 1 7 , 1 ; 17, 5 . Heilmann, Texte, I I I , p. 3 1 4 ss., 326, 530, IV p. 1 02 . Deschner, Hahn, p. 499 ss.
con molti esempi.
" Socrate, Historia ecclesiastica, 6 , 8 ; 7 , 2 1 , 8 s. Sozomeno, Historia ecclesiastica, 9, l ss. Evagrio, Storia
della Chiesa, l, 20. Diacono Marco, Vita di Porfirio, 36 ss. Lexikon der alten Welt 304 8 . Lexikon der
Antike, Geschichte I, 84, 1 5 2, 1 80, I I I 225 s. Giildenpennig 56 s. Gregorovius I 90. Dunlap 1 6 1 ss.
Stroheker, SenatorischerAde/, 43 ss. Dannenbauer, Entstehung, I 29, 1 97 , 226, 232. Maier, Venvandlung,
1 1 9 ss. Chadwick, Die Kirche, 290. Clauss, Magister officiorum, l ss, 1 5 3 , 1 59 , 1 7 3 .
9 Cf. Didascalia. 2 , 4 7 s s . Crisostomo, D e sacerdotio, 3 , 1 7 . Agostino, Lettere, 3 3 , 5 . Talvolta contrario:
Ambrogio, Epistula 82; De Officiis Ministrorum, 2, 24. Thiir/Pieler, Gerichtsbarkeit, 465 ss; Steinwenter,
Audentia, 9 1 5 ss; Idem, Rechtsgang, I ss. Beli, Audentia, 1 39 ss. ; Busek 453 s s . ; Selb 1 62 ss; con molte
indicazioni bibliografiche. Dannenbauer, Entstehung, l, 243, 273 s, 393, 398. D iesner, Kirche und Staat,
9 s. Noeth lichs, Bischofsbild, 30 ss, 4 1 ss.
10 Socrate, 5 , I O; 6, 8 . Sozomeno, 1 2 , 1 2 . Temistio, Orationes, 1 6, 204 c . 2 1 3 a. Zosimo, 4, 57, 4. Eunapio
di S ardi, 62 s . Codex Theodosianus, 1 6,5 ,24 s.; 1 6 , 1 0, 1 3 . Zonaras, 1 3 , 1 9 . Baur, Johannes Il, 30 s.
Rauschen 4 3 3 . Lex i kon der alten Welt 242 . Pau ly I 497, I I 407 . dtv Lex i kon der Antike, Geschichte I
1 3 5 . Giildenpennig 3, 22. Stein, Von romischen, 345 . Daley 465 .
11 S i mmaco, Epistulae, 3 , 8 1 . Socrate, 6, 1 . Zosi mo, 4, 49 s s . ; 4, 5 1 s s . ; 4,57,4; 5 , 1 , 1 s s . ; 5 , 1 2 s s . ; 6, I O ;
6,5 1 . Sozomeno, 8, 1 . Codex Theodosianus, 5 , 1 8 ; 7 , 3 , l ; 8,6,2; 1 6 , 1 O, 1 2 e altro. Ambrogio, Epistulae,
5 2 . Eunapio di Sard i , fr. 62 s. Claudiano. Ruf l , 1 76 ss; 223 ss; Libanio, Orationes, l , 269 s. Girolamo,
Epistulae, 60, 1 6. Pierer XIV 438 s. Pau ly-Wi ssowa 7 . Hbbd. 1 93 1 , 2463 ss. 25 Hbbd 1 926, 1 6 1 4 s. 45
Hbbd. 1 957, 734. Demandt, Magister Militum, 7 1 5 . Pau ly III 750, IV 1 1 78, 1 465 . dtv Lex i kon der
Antike, Geschichte III 1 5 1 , ivi, Ph i l osophie IV, 242 . Giildenpennig 16 ss. 57 ss. 440 ss. Schultze,
Geschichte, I 336 s . Baur, Johannes Il, 40. Rauschen 439 ss. Seeck, Untergang, V 235. Stein, Vom
riimischen, 35 1 s . Cartell ieri I 6 . Schmidt, Die Ostgermanen, 302. Von Stauffenberg 91 ss. Ni scher­
Falkenhof, Stilicho, 5 8 s. Steinmann, Hyeronimus, 226. Bury, History, l 1 07 ss. Stroheker, Senatorischer
Ade!, 208 s . Maier, Venvandlung, 1 1 9 ss. Dannenbauer, Entstehung, l, 1 97 ss. Tinnefeld 68 s. Von Haehl ing,
Religionszugehorigkeit, 7 3 s., 587 s . Clauss, 1 87 ss. Held, 1 39 . Elbern 1 1 4 s.
1 2 Socrate, 6,5, 3. Girolamo, Epistulae, 60, 1 6 . Zosimo, 5 , 7 ; 5 , 8 , 1 s ; 5 ,9,2; 5, 1 2, l . Filostorgio, Storia della
chiesa, 1 1 , 3 . Codex Theodosianus, I l , 40, 1 7 . Pau ly-Wissowa 1 970, VI l , 1 250 s. Lexikon der alten
Welt 267 7 . Rauschen 49 1 s . Giildenpennig 47 s. Baur, Johannes 1/, 91 ss. Stroheker, Senatorischer Ade/,
208 s. Steinmann, 2 3 7 . El bern 1 2 8 s. V. anche nota precedente.
" Giovanni Cri stostomo, In Eutropium. Socrate , 6,6. Sozomeno, 8 , 7 , 5 . Zosimo, 5 , 1 7 . Filostorgio, 1 1 ,6 .
Codex Theodosianus, 9,40, 1 6 ; 9, 44, 1 ; I l , 40, 1 7 ; 1 6, 2 , 3 2 s . Eunapio di Sardi, frammento 7 5 , 6 . Pau ly II
470. Lexikon der alten Welt 930. dtv Lexikon der Antike, Geschichte II 27. B aur, Johannes Il, 99 ss.
El bern 1 29, 1 34 .20
14 Teodoreto di Ciro, Historia ecclesiastica, 5, 3 1 , l ss: 5, 32, l . Socrate, 6,5 ss. Zosimo, 4, 57, 3; 5 ,7,4, s.
Note 31

Joh. Ant., frammento 1 87 . Pau ly-Wi ssowa V I I 1 9 1 2, 486 s . vedi anche la nota seguente.
15 Filostorgio, I l , 4 ss. Eunapio, frammento 75 ss. Rufino 2, 54 ss. Crisostomo, Omelie, 8 ; De statuis, 2 , 3 ;
i n i l i . v i d i Dom i n , omelia, 4 , 4 , s . Socrate 6, 1 ; 6 , 6 ; 7, 1 0. Zosimo, 5 , 8 s s ; 5 , 1 3 ss; 5 , 1 7 ss. Sozomeno, op.
cit. , 8,4; 8,7. S i nesio di Cirene, De regno, 1 4 s. Codex Theodosianus 9,40, 1 7 ; 9,45 , 3. Joh. Ant. Fram­
mento 1 90. Pauly-Wissowa VII 1 9 1 2, 487. Pau ly II 407 . dtv Lexikon der Antike, Geschichte I I 27.
Schaferdiek, Germanenmission, 506. Rauschen 434 ss. Giildenpennig 86 s, 1 20 ss. Btihler, Die Germanen,
4 1 . Cartellieri I, 1 07 . Stein, Vom romischen, 287, 345 , 357 ss. B aur, Johannes Il, 69 s. 1 07 ss. Giesecke,
Die Ostgermanen, 82, 1 1 6 . Kornemann, Weltgeschichte, I I 369. N ischer-Falkenhof, Stilicho, 44 s, 84 ss.
92 ss. Von Stauffenberg 93 s . Altaner 24 1 . Ostrogorsky, Geschichte des byzantinischen Staates, 45, nota
2. Enssl in, Einbruch, l 07. Ludwig, Massenmord, 1 8 . B ury, History /, 1 29 ss. Dannenbaum, Entstehung,
I 2 1 4, 275 . Thompson, Visigoths, l 05 ss. Chadwick, Die Kirche, 292. Brooks, The Eastern, 459 s. Manitius,
Migrations, 263 . Langenfeld 1 48. Heinzberger 34. Ti nnefeld 1 79 s . vede qui la "pri ma rivolta popolare
non legata a questioni religiose". Handbuch der Kirchengeschichte I I/ l , 9 1 . Von Haehling, Religions­
zugehorigkeit, 269, 465 . Albert, Zur Chronologie, 504 ss. Stockmeier, Johannes Chrysostomus, 1 36.
Aland, Glaubenswechsel, 65 s.
16 Socrate, 6,6. Sozomeno, 8,4,20. Zosimo 5 ,22.2. Filostorgio, 1 2 ,8. V. anche nota precedente.
17 Mark Twain, Der geheimnisvolle Fremde, Ges. Werke V 704 s . citato da Ayck, Mark Twain, 348.
18 Elbern 20, 1 3 6. Con tutti i riferi menti delle fonti .
19 Panegyrici latini, 2,37,4 B . citato da Lippold/Kirsten 1 69 .
2° Code x theodosianus 1 6,7 ,6; 1 6, 1 0, 1 3 s. 1 6, 1 0, 1 5 s . 1 6. l O, 1 8 s . Fredou ille 8 8 5 . Funke 8 1 0. d tv Lexikon
der Antike, Geschichte I 1 3 5 . Giildenpennig 397 ss. Geffcken, Der Ausgang, 1 7 8 s . Knopfler 1 49.
Bihl meyer, Kirchengeschichte, 1 96. Diesner, Kirche und Staat, 9 ss. Ti nnefeld 276 s.20
21 Heinzberger 35 ss.
22 Codex Theodosianus XVI 1 , 3 ; 4 , 3 ; 5 , 3 ; 4. 7 . 8 . I l . 1 2 . 1 4. 1 5 . 2 1 . 26. 34 (pena di morte ) . 39. 40 45. 5 2 .
5 3 . 5 4 . 57. 5 8 . 65. 66. XVI 6 , 4 . 5 . 5 ; 1 6, 1 6,7 et. al. Kober, Deposition, 735 ss. Giildenpennig 3 9 5 s.
Vo igt, Staat und Kirche, 40 ss. Lorenz, Das vierte, 16. Anton, Selbstverstiindnis, 5 9 .
23 Codex Theodosianus 1 6,2,30; 1 6,2,36; 1 6,5,39; 1 6, 5 , 5 3 ; 1 6, 1 0, 1 5 . Agostino, Epistulae, 91, 2 s. Schul tze,
Geschichte, I 3 3 5 . Von Haehl ing, ReligionszugehiMgkeit, 461 s, 597 s.
24 Claudiano, De con s . S t i l . 3, 1 76 ss. Pau!. Diac. Hist. Rom. 1 3 , 7 . Zosimo 5 , 2 8 ; 5 , 3 8 . Rutiliano, De red.
Suo, 2,52. Aurelio Clemente Prudenzio, Contra Symmachus, 2,709 ss. Olimpiodoro, frammento 2. Orosio,
Historiae adversus paganos, 7 , 3 8 , 1 . Giordane, De origine actibusque Getarum, 30. Filostorgio 1 2,2.
Schaferdiek, Germanenmission, 491. Pau ly V 1 3 2 , 372 s . Lexikon der alten Welt 1 3 27 s. 2926. dtv
Lex ikon der Antike, Geschichte I I 1 2 1 , III 225 s . Rauschen 230, 300. Stein, Vom romischen 346 s .
Secondo Giesecke, D i e Ostgermanen, 1 67 , Stilicone era cattolico. Nischer-Falkenhof, Stilicho, 2 1 ss,
1 43 . Kornemann, Weltgeschichte, III 367. Vogt, Der Niedergang Roms, 359 s. Von Haehling, Religions­
zugehorigkeit, 466 ss.
25 Filostorgio, Historia ecclesiastica, 2 , 5 . Sozomeno, 2,6. Eusebio, Vita Costantini, 3 , 7 . Teodoreto, Historia
ecclesiastica, 5 ,4 1 . Socrate, Historia ecclesiastica, 1 , 1 8 . Kotting, Christentum I (espansione) 1 1 47.
Schaferd iek, Germanenmission, 491 ss. Cfr. anche 504 ss. Lippold/Kirsten 1 8 1 . Vogt, Die kaiserliche
Politik, 1 84 ss. Chadwick, Die Kirche, 292.
26 Rufino 2, 1 00 ss; 2, 1 24 ss; 2 , 1 7 1 ss. Orosio 7 ,35, 1 9 . Ammiano Marcel l i no, Res Gestae, 3 1 , 1 6. Socrate,
5 , 1 ; 6, 1 ; 7, 1 0. Sozomeno 7, 1 ss; 9,9 1 . Eunapio di Sard i , frammento 42. Vitae sophistarum, 412 ss.
Zosimo 4,24 ss; 5,4,2; 5 , 5 ,4 . Gi ordane, De origine actibusque Getarum, 1 40. Filostrato, Vita Apollonii,
1 2 , 2 . G i rolamo, Ep istulae, 60, 1 6 . O l i m p iodoro, frammento 26. Pau l y - Wissowa I 1 8 94, 1 2 86 s .
Schaferdiek, Germanenmission, 505 . Cfr. anche 5 1 2 . Rauschen 4 3 6 s s . Schultze, Geschichte, I 4 3 5 ss.
Seeck/Veith 45 1 ss. B tihler, Die Germanen, 4 1 , 4 1 2 . Schmidt, Bekehrung, 248 s . Nischer-Falkenhof,
Stilicho, 44 ss, 63 ss, in part. 68 ss. Ostrogorsky, Geschichte des byzantinischen Staates, 45. A . von
Mtil ler, Geschichte unter unseren FiijJen, 1 1 5 . Maier, Verwandlung, 1 28, 1 3 8 . Vogt, Der Niedergang
32 Gli imperatori-bambini cattolici

Roms, 365 . Enss l i n , Einbruch, 1 05 ss. Aland, Von Jesus, 2 1 9 . Idem, Glaubenwechsel, 60 s. Sasel, 1 26.
Tinnefeld 243 s. S tockmeier, Bemerkungen zur Christianisierung, 3 1 5 ss, afferma che la cristianizzazione
di Goti risale al III secolo e perciò "fi n dalle origini non può essere col legata con l ' arianesimo" ( 3 2 3 ) .
27 Pauly-Wissowa I 1 894, 1 287. C o n tutte le i ndicazioni d e l l e fonti.
28 Ibidem, 1 287. d tv Lexi kon der Antike, Geschichte II 1 90, III 248.
29 Claudiano, De bello Gothico, 84 s, 2 1 3 ss, 4 1 4 ss, 48 1 ss, 5 2 1 ss, 5 8 8 ss. G iordane, De origine actibusque
Getarum, 30. Orosio 7 , 3 7 . Pau ly-Wissowa I 1 894, 1 28 8 . dtv Lexikon der Antike, Geschichte, I 96 s, III
226. Lexikon der alten Welt 1 00 . RGA I 1 27 . Giildenpennig 1 3 3 ss. Seeck, Der Untergang, V 328 s.
B iihler, Die Germanen, 4 1 , 4 1 2 . Cartell ieri I 1 2 . Stein, Vom romischen, 378 s. Schmidt, Ostgermanen,
303. Schmidt, Bekehrung, 248 s . Capelle 224 s . Ni scher-Falkenhof, Stilicho, 1 00 ss. Enssl i n, Einbruch,
1 07 ss. Bury, History, I 1 60 ss. Wirth 242. Katzenbach, Kirche im Mittelalter. 29. Maier, Verwandlung,
1 2 8. Claude, Westgoten, 1 7 , 2 5 . Idem, Ade l, 2 1 ss. Fines 9. Heinzberger 61 s . Wenskus 322 s. Wolfram,
Gotisches Konigtum, l ss.
3° Claudiano, Paneg. De sext. Consul Honor. Aug., 2 1 8 ss. CIL VI 1 7 1 0. Tusculum-Lexikon 69. Lexi kon
der alte n Welt 638 ss. dtv Lexikon der Antike, Philosophie I 3 1 6 ss. Pau ly I 1 202 ss. N i scher-Falkenhof,
Stilicho, 1 1 5 ss.
" Tac ito, Germania, 3 3 . Orosio, Historiae adversus paganos, 7,43. Dies ner, Das Vandalenreich, 12 ss.
Chadw ick, Die Kirche, 292.
32 Aurel io Clemente Prudenzio, Contra Symmachus, cit. i n Grisar, Geschichte Roms, 29 s. Cfr. Contra
Symmachus, 2, 8 1 6. Pauly IV 1 202 s. Altaner/Stuiber 407 ss.
33 S i nesio di Cirene, Epistulae, 58; 1 05 . Pau l y I 497 s, V 45 3 . Lexikon der alten Welt 2464, 2960. Kraft,
Kirchenviiter Lexikon, 464 s. Vogt, Synesios, 23 ss. Chadwick, Die Kirche, 29 1 . Nei dettag l i : Tinnefeid
1 39 ss. Schneider, Geistegeschichte, 389. Al taner/S tuiber 282 s. Secondo Straub, Regeneratio, 248, "il
vescovo cristiano S i nesio" si rivolge all ' i mperatore Arcadio, anche se Arcadi o era già morto da due anni
(408) quando S i nesio diventò vescovo (4 1 0) .
34 Von Campenhausen, Griechische Kirchenviiter. 1 25 ss.
" Thompson, Zosimus, 1 63 ss. Elbern 3 2 ss, l 02 s, 1 3 2 ss, 1 4 1 s con le indicazioni delle fonti. Cfr. anche
nota 3 7 .
36 C i t . i n Steinmann, Hieronymus, 3 0 7 s . , c o n ind icazione della fonte.
37 Agostino, De civitate Dei, 5,23 ; Epistulae, 96, Sermones. I 05 , 1 O. Girolamo, Epistulae, 1 23, 1 6. Filostorgio
1 2,2. Orosio 7,37 s . ; 7 ,40,4. Zosimo 5,26; 5 , 2 8 , 2 ; 5 , 3 2 ; 5 , 34; 5 , 3 8 ; 6,2. Paoli no, Vita S. Ambrosii, 50.
Olimpiodoro, frammento 2 ; 1 2 = FGH 4,59. Pauly-Wissowa III 1 899, 2 1 44 . RGA I 1 23 . dtv Lex i kon
der Antike, Geschichte II 2 1 8 , III 226. Lexikon der alten Welt 2506, 2926. Schliferdiek, Germanenmission,
5 1 2 . Fines 1 90. Schultze, Geschichte, I 3 5 8 . Gri sar, Geschichte Roms, 30. Stein, Vom romischen, 3 8 1 ss.
Cartel l i eri 13 e altri riportano che i Goti calarono nel nord Italia in "nu mero inaudito" e ven nero "an­
nientati" presso Fiesole. Schmidt, Ostgermanen, 265 s, 303. Nischer-Falkenhof, Stilicho, 1 25 ss, 1 49 ss.
Mazzarino, 290 s. Thompson, Settlement, 65 ss. Maier, Augustinus, 48. Bury, History, I 1 67 ss. Vogt,
Der Niedergang Roms, 360. Ensslin, Einbruch, 1 08 . Langenfeld 1 49 . Clauss, Magister officiorum, 98
nota 1 1 8 . Elbern 1 29 s. Heinzberger 5 1 , 92 ss, 1 24 ss. V. anche nota successiva.
3' Girolamo, Epistulae, 1 23 , 1 6. Codex Theodosianus 5 , 1 6,3 1 ; 1 6, 5 ,42; 1 6, 1 0, 1 5 ss. Orosio, 7, 38; 40, 3 .
Eunapio, fr. 6 2 s . Filostrato 1 1 , 3 ; 1 2 , 1 ss. Zosimo 5 , 3 2 ss; 5 , 34,5 s s . 5 , 3 5 ; 5 , 3 7 , 4 ; 5 , 3 8 ; 5 ,44; 5 ,45 , 3 .
Olimpiodoro, fr. 6 . Pau ly-Wissowa I 1 894, 1 289; III 1 899, 1 23 ; VI 1 909, 282 f . d t v Lexikon d e r Antike,
Geschichte II 42, III 226. Fines I 89 s. Gregorovius I 56 s. Schultze, Geschichte, I 334 ss. Grisar, Geschichte
Roms, 59 s. Costanzi 48 1 ss. Griitzmacher, Hieronymus, III 1 94 s. Cartel l ieri 1 4. Stein, Vom romischen,
348, 3 8 2 s, 385 ss. Schmidt, Ostgermanen, 303 s. Capelle 2 3 3 . Nischer-Falkenhof, Stilicho, 1 9, 1 36 ss,
1 47 ss. Dannenbauer, Entstehung, I 200 s. Pavan, La politica gotica, 7 1 . Maier, Verwandlung, 1 22 . Vogt,
Der Niedergang Roms, 365 . Waas 38 ss. Straub, Regeneratio, 1 986 s. Demandt/B rummer 480 ss. Von
Haeh l ing, Religionszugehorigkeit, 467 , 602. Clauss, Magister officiorum, l ss, 23 ss, 6 1 , 98 nota 1 1 8,
Note 33

p p . 1 23 , 1 30, 1 74. Elbern p . 1 4 1 .39.


39 Cfr. oltre ai riferi menti indicati nel vol. l anche Elbern, 13 ss. 18 ss. 24 ss, 1 3 1 ss. I n part. 1 3 6 ss, con
ulteriori fonti.40.
40 Ibidem, 23, 1 36 ss.4 1 .
41 Codex Thoeodosianus, 1 6,5,30 s ; 1 6, 5 ,43 ; 1 6, 1 0, 1 9 . Zosimo 5 , 3 2 , 1 ; 5 , 3 6 , 3 . Agostino, Epistulae, 96; 97.
Glimpiodoro, fr. 2. Pauly IV 29 1 . Schultze, Geschichte, I , 363 s. Stein, Vom romischen, 389 ss. Heinzberger
1 22 ss.
42 Socrate 7 , 1 0. Zosimo 4,7, 1 ; 4,8, 1 ; 5 ,29; 5 ,3 1 ; 5,36 s s ; 5 ,44, 1 ; 5 ,47 ss; 6,6 ss; 6,8, 1 ; 6, 1 2, 1 s . Sozomeno
9,4; 9,8 s. 9,9, 1 . Grosio, 2 , 3 ,4 ; 7,42,7. Filostrato 1 2, 3 . Marcellino, Chronica, 4 1 0. G l impiodoro, fr. 3; 5 ,
1 3 ; 1 4 . Codex Theodosianus, 1 6,5 ,43 . Girolamo, Epistulae, 1 28 . Cfr. Agostino, D e civitate Dei, 1 ,7 ;
1 , 32 s. Procopio di Cesarea, D e bello vandalico, 1 ,2 , 2 8 ; 1 ,2,36. R G A I 1 27 s. Pau ly-Wissowa I 1 894,
1 290. Pau ly I I 1 446. dtv Lexi kon der Antike, Geschichte I 96 s . Fines I O. Gregorovius I 5 9 ss. Grisar,
Geschichte Roms, 60 ss. Stein, Vom romischen, 388 ss. Cartellieri 1 6 ss. Schmidt, Ostgermanen, 85 s.
G iesecke, Ostgermanen, 85 s. Capelle 2 3 5 . Nischer-Falkenhof, Stilicho, 1 39 s. B u ry, History, I 1 74 ss,
1 8 3 s . Dannenbauer, Entstehung, I 202 s. Vogt, Der Niedergang Roms, 367. Maier, Augustin, 550. Claude,
Westgoten, 1 8 . Manitius, Migrations, 273 s. Heinzberger 1 44 ss. Aland, Glaubenswechsel, 6 1 . Clauss,
Magister officiorum, 1 75 . Wolfram, Gotisches Konigtum, 8 s . Sasel 1 27 . Elbern 33, l 02.20
43 G iordane, De origine actibusque Getarum, 30: "Non tollerarono violazioni dei luoghi santi" . Girolamo,
Epistulae, 1 27, 12 s . 1 28,4; 1 28 , 5 , 1 ; 1 30,5 s . !dazio, Chronica, 43, Socrate 7, 1 0. Sozomeno, Historia
ecclesiastica, 9,9 s. Grosio 2, 1 9 , 1 3 s s ; 7,39, 1 ; 7,39, 1 5 . Agostino, De civitate Dei, 1 ,4 ; 1 ,7 ; 1 , 1 0 ss. Cfr.
anche Idem, De urbis excidio, 2,2,3 . Pau ly-Wissowa I 1 894, 1 290 s. RAC IV 66. LThK 2, A. 267 .
Gregorovius l 72. Caspar, Papsttum, l 298. Schmidt, Bekehrung, 258 ss. Dannenbauer, Entstehung, l
203. Montgomery I 1 3 7 (citazione Gibbon ) .
44 Agostino, Sermones, 82. I d e m , D e ev. Mt. ; Epistulae, 1 36. Codex Theodosianus 1 6, 5 ,42.
45 G i rolamo, Ezechielkommentar, praef. 3 praef. Ep istulae, 1 2 3 , 1 6 s ; 1 27 , 1 1 s s . ; 1 2 8 , 5; 1 3 0,5 ss.
Griitzmacher, Hieronymus, I I I 1 92 ss. Caspar, Papsttum, I 299. V. anche nota 46.
46 Agostino, Sermones. 8 1 ; l 05 ; 296; Epistulae, 1 36 ; 1 3 8 ; 1 27 . De urbis excidio, 2,3; De civitate Dei, 1 ,28
s. Codex Theodosianus 1 6, 5 ,42. Schultze, Geschichte, I 407 ss; Grisar, Geschichte Roms, 67 s ; Stein,
Vom romischen, 394 ss. Cartel l ieri 20. Caspar, i I 298 s . Jlintere 1 36. Mazzarino 70 ss. Fi scher, Volker­
wanderung, 52 ss, 92 ss. Arbesmann 305 ss. Saunders 2. Per l ' interpretazione della caduta di Roma nel
corso dei secoli v. Ibidem, I ss. Maier, Augustin, 48 ss, 5 5 ss, 69 ss. Dannenbauer, Entstehung, l, 224 ss.
Hagendahl 5 09 ss. Christ, Der Untergang, 6 ss. Straub, Regeneratio, 249 ss. Bown, Augustinus, 25 1 ss.
WeiBengruber 32 ss.
47 Agostino, De civitate Dei, I - I O; Apologia, 1 1 -20; La teologia della storia. Opus impeifectum contra
Julianum (PL 45, 1 049 s s . ) : De civitate Dei, 22, 30. Cfr. l praef. Retractationes, 2,69. V. anche De
civitate Dei, 1 ,28 s .
48 Agostino, D e civitate Dei, 1 , 1 0 s ; 1 , 1 6 s. 1 , 22; 1 ,27 ss: 3 , 2 9 ; 2 0 , 2 . Sermones. 8 1 ,9 . LTh K 2 . A. l 267 .
Schultze, Geschichte, I 408 ss. Fischer, Volkerwanderung, 67 ss. B ernhart 5 5 . Von Campenhausen ,
Tradition u n d Leben, 253 ss, 2 6 9 s. S traub, Regeneratio, 2 5 4 ss.
49 Livio, 5,38,3; Plutarco, Camillus, 28 s . Grosio, Historia ecclesiastica, 2, 1 9, 1 2ss; 7 , 34,4 ss; 7,39, 1 ss.
7 ,40, 1 . Grosio accusa soprattutto l ' i mperatore Valente, "che aveva l ' arianesimo dei Goti sulla coscien­
za". Pauly V 1 562 ss. Schmidt, Bekehrung, 3 1 6 s. Lippld, Rom, 68 ss. Helbling 17 s. Moreau, Kelten, 32
s. Von Campenhausen, Tradition und Leben, 254 s. Von Haehling, Religionszugehorigkeit, 473 s.
50 . I nnocenzo I , Epistulae, 3 6 . Grosio, Historia ecclesiastica, 7,39. Girolamo, Epistulae, 1 28 . Zosimo 5 ,4 1 .
Hergenriither, Kirchengeschichte, 546. Gregorov ius I 7 2 s . Grisar, Geschichte Roms, 6 1 . Stein, V om
romischen, 3 8 9 . Caspar, Papsttum, I 299 ss. Haller, Papsttum, 1 1 00 ss. Andresen, Die Kirchen del alten
Christenheit, 3 3 5 . Straub, Regeneratio, 254. U l l mann, Gelasius, l, 42.
51 Girolamo, Epistulae, 1 27 , 1 0. Caspar, Papsttum, l 299 ss.
34 Gli imperatori-bambini cattolici

52 Giordane, De origine actibusque Getarum, 3 1 . Orosio 7 ,40,2 ; 7,43 , 2 . Oli mpiodoro, fr. 3; 24. Agostino,
De civitate Dei, 1 , 1 0. Codex Theodosianus 1 1 ,28,7; 1 1 ,28, 1 2 . Ruti lio Namaziano 1 ,39 ss; Procopio, De
bello vandalico, 1 ,2 . Sozomeno 9,8,2. Paul y-Wissowa I 1 894, 1 29 1 . Lexikon der alten Welt 1 00, 370,
1 0 1 8 . dtv Lexikon der Antike, Geschichte I 1 55 . Fines I O. Gregorov ius I 90 s. Steeger XIII. Cartel l ieri
21 s. Schmidt, Ostgermanen, 304 ss. Capelle 248 s. Bury, History, I 1 84 1 94 ss. Dannenbauer, Entstehung,
I, 203 . Claude, Ade/, 29.
" Zosimo 5 , 3 5 ; 5,37, l ss; 5 ,45,2 SS; 6,7 S . Sozomeno 9,8; 9, 1 3 ss; 9, 1 2 , 5 ; 9, 1 5 , 3 . Olimpiodoro, fr. 8 s ; 1 3
s ; 1 6 ; 1 9 ; 2 3 . Gregorio d i Tours 2,9. Codex Theodosianus 1 5 , 1 4, 1 3 . Orosio, 7 ,42,6; 7,42,9. Filostrato
1 2 ,5 s . Pau ly I 1 289, I I 1 032, IV 29 1 . Schultze, Geschichte, I 363 ss. Stein, Vom romischen, 390 ss.
Elbern 34 s, 1 20, 1 3 2 ss, 1 36, 1 4 1 .
54 Codex Theodosianus 1 6,2,29 s s ; 1 6,6,3 s s ; 1 6, 5 ,4 1 ; 1 6, 5 ,43 s ; 1 6,5 ,46 ss. Pauly I I 1 2 1 3 . Boing LTh K 2 .
A . V 1 960, 47 8 . Ranke c i t a da Schultze, Geschichte, I 368 s, 3 8 8 . Anton, Selbstverstdndnis, 5 8 ss. Von
H aehling, Religionszugehorigkeit, 598.
55 Soldan-Heppe I 82
56 Codex Theodosianus, 1 6, 5 , 3 8 ; 1 6, 5 ,40; 1 6,5,42; 1 6, 5 ,44 s s ; 1 6 , 8 , 1 9 ; 1 6, 1 0, 1 5 s s ; 1 6, 1 0, 1 9 . Codex
Justinianus 1 ,5 ; 4, 1 0. Teodoreto 5 ,26; Ruti lio Namaziano 2,52 ss. RAC IV 66. Schultze, Geschichte, I
3 64 ss. Stein, Vom romischen, 3 8 3 , 3 8 8 . Caspar, Papsttum, I 298. Pharr 457 A. 8 5 . Anton, Selbst­
verstdndnis, 58 ss. Hei nzberger 1 97 ss.
57 Codex Theodosianus, 1 6, I O, 19 ss. Fredouille 8 8 3 . Schultze, Geschichte, I 368 s, 374 s . Von Haehling,
Religionszugehorigkeit, 598, 60 1 ss. Kaegi 60, 67.
5' Codex Theodosianus 1 6,5 ,44 ; 1 6, 5 ,46; 1 6, 8 , 1 6 ; 1 6,8,24. Stein, Vom romischen, 4 1 3 s. Caspar, Papsttum,
I 355 s . Cfr. anche B rowe, Judengesetzgebung, 1 1 9. Kiihner, Antisemitismus, 48. Anton, Selbstverstdndnis,
59, 6 1 .
w Socrate 7 , 24. Orosio 7,42. Filostorgio 1 2 , 1 3 . Prospero, Cronaca, 4 1 2 ss. Sozomeno 9, 1 6 . Zosimo 6, 1 2 , 3 .
O l i mpiodoro fr. 2 3 ; 3 1 ; 34; 39. Pau ly I 1 292, 1 544, IV 876. d t v Lexikon d e r Antike, Geschichte I 244, I I
42, 1 2 1 , III 283 . Lexikon d e r alten Welt 370, 6 5 9 , 1 0 1 8 , 3 1 76. Gregorovius I 90 s. Hartmann , Geschichte
/taliens, I 39 ss. Stein, Vom romischen, 4 1 5 s. Steeger X I I I . Von Haehling, ReligionszugeMrigkeit, 469.
"" Sozomeno 9, 1 ss. Pauly I 37 1 ; I V 1 242. Lex ikon der alten Welt 2482. d tv Lexikon der Antike, Geschichte
III 2 5 5 .
"' Evagrio 1 ,20; 2 , 1 . Prisc i l l iano, Fragmentum 8 = F H G 4,94. Zonaras, 1 2 ,24. Pau ly-Wissowa VI 1 909,
906 ss. Pau ly I I 405 . Lexikon der alten Welt 907 , 2482, 3048. dtv Lexi kon der Antike, Geschichte III
255. Stein, Vom romischen, 423 ss. Bury, History, I 2 1 2 ss. 220. Holum 79 ss., i n part. 92 ss. 1 1 2 ss.
Ostrogorsky, Geschichte des byzantinischen Staates, 46. Langenfeld 72.
62 Socrate 7,2 1 s; 7 ,43 , 3 . Sozomeno 9, 1 . Teodoreto 5 , 3 6 , 1 ss. Theofane, Chronica, A. M . 5 92 1 . Codex
Theodosianus 1 6, 8 , 26. Theodos. II Nov. III ( 3 1 gennaio 438). Anton, Selbstverstdndnis, 61 ss. con
molte fonti.
•-' Socrate 7,2 1 s . Zosimo 5 , 24. Filostrato 1 1 ,3 . Codex Theodosianus 1 6,2,46 s ; 1 6,5,6 ss; 1 6, 5 ,40; 1 6,5,57
s ; 1 6, 6,2 1 ss; 1 6, 1 0,25. RAC II 1 229. dtv Lexikon der Antike, Gesch ichte III 2 5 5 . Geffcke n , Ausgang,
1 7 8 ss. Stein, Vom romischen, 4 1 7 . Voigt, Staat und Kirche, 37 s. ThieB 368 ss. Ostrogorsky, Geschichte
des byzantinischen Staates, 46. Dannenbauer, Entstehung, I , 89, 1 67 . Hernegger 372 s . Doerries, Wort
un d Stunde, I 46 ss. Anton, Selbstverstdndnis, 6 1 nota I O l , 63.
04 Codex Theodos ianus 1 6,5,34; 1 6,5 ,66. Socrate l ,9. Sozomeno l ,2 1 . Firmico Materno, De errore profa­
noru m religionum, 1 3 ,4. Hal bfaB, Porfirio 24 s s ; I frammenti delle opere di Porfirio i n Harnack,
Porphyrius. Cfr. anche Hulen. Wilamowitz II 527. Poulsen 274 ss. Lietzmann, Geschichte, III 28 s.
Kraft, Konstantins religiOse Entwicklung, 230 ss. Dannenbauer, Emstehung, l, 80.
65 Codex Theodosianus 1 5 ,5,5 ; 1 6, 8 , 1 8 ; 1 6,8,2 1 s ; 1 6,8,25 ss; 1 6,9,4; 1 6,9,9. Theodos. I I Nov. III (3 1
gennaio 438). Stein, Vom romischen, 4 1 7 . B rowe, Judengesetzgebung, 1 1 5 , 1 1 8, 1 24 s. Eckert!Ehrl ich
2 5 . Avi-Yonah 2 1 9 ss. Ti nnefeld 298 ss. Anton, Selbstverstdndnis, 6 1 ss. Kiihner, Antisemitismus, 48 s .
Note 35

Stemberger/Prager 30 1 7 ss, 3272 ss. Langenfeld 70 ss, 90.


66 Nov. Theod. 3 , 1 ss. Codex Justinianus 1 ,9, 1 8 . Langenfeld 1 02 . Tinnefeld 300 s.
67 Ti nnefeld 303 s.
6' Procopio, D e bello Vandalico, 1 ,3 , 6 s s . Socrate 7 , 2 3 . Filostrato 1 2, 1 3 . Olimpiodoro, fr. 4 0 s . Chr. M i n .
l ,470. Pauly II 1 429, I V 876 s. S t e i n , Vom romischen, 4 2 6 ss. B u ry, History, I 2 0 9 s. Elbern 1 02 .
69 G iordane, D e origine actibusque Getarum, 34,38,4 l . Giuseppe Flavio, Jiidisce Altertiimer, Fr. 20 l . FHG
(ed. C . Miil ler) 4, 6 1 5 . Chr. Min. 1 ,47 1 ss; 2,2 1 s. Agosti no, Epistulae, 1 85 ; 1 89 ; 229 s . Gregorio di
Tours 2,7 s . Tiro Prospero, Cronaca, a. 426. Pauly-Wissowa I 1 894, 70 1 s. P!!-uly I 1 05 s ; I V 555 s. dtv
Lexikon der Antike, Geschichte I , 84. Lexikon der alten Welt 486. Hartmann, Geschichte Jtaliens, I 39
ss. Stein, Vom romischen, 473 ss. Schmidt, Ostgermanen, 3 06 s. G iesecke, Ostgermanen, 1 40. Enssl in,
Einbruch, 1 1 4 . Diesner, Untergang, 39 ss. Vogt, Niedergang Roms, 1 69 . Von H aehling, Religions­
zugehorigkeit, 476 s . Elbern 1 23 .
70 Gi useppe Flavio, Jiidisce Altertiimer, Fr. 200 s. Gregorio di Tours 2 , 7 s. !dazio (Auct. A n t . 1 1 ,24 s s . ) .
Procopio, De bello Vandalico, 1 ,4. Chron. M i n . l ,303 ; 483 ; 492; 2,27. Sidonio, Carm. 5 , 305 ; 7, 3 1 6 ss;
7, 359. Pau ly-Wissowa I I 894, 702 s. LThK 2. A . I V 495 s . Paul y I 1 05 s. V 1 095 s . dtv Lex ikon der
Antike, Geschichte I, 84. Lexikon der alten We !t I O I 8, 3 I 76. Hartman n , Geschichte Jtaliens, I 40 s .
Stein, Vom romischen, 5 0 5 ss, 5 I 7 ss. Enssl in, Zum Heermeisteramt, 47 1 ss. Schmidt, Ostgermanen,
308. Bury, History, I 298 ss. Oost 239.
71 Codex Theodosianus 1 6,5,62. Liber Pontificai is 46; 98 s. auly V 1 096. Anton, Selbstverstdndnis, 62 s,
66 ss. Von Haehling, Religionszugehlirigkeit, 606 ss.
CAPITOLO II.

IL PRIMATO PAPALE O LA "PETRA SCANDALI":


IL TRIONFO DELL'INGANNO E DELLA SETE DI POTERE

"Ma quando Cefa [Pietro] venne ad Antiochia, lo affrontai apertamente"


(Paolo, " l ' apostolo delle genti") 1

"Da noi non c ' è un vescovo dei vescovi" ( s . Cipriano) 2

"Siamo cristiani, non petri ani" ( s . Agostino) 3

"Per chi tiene a l l ' obiettività del giudizio, che è il primo comandamento della ricerca,
la leggenda di Pietro come fondatore e primo vescovo della chiesa di Roma
resta quello che è : una saga senza fondamento storico,
poesia senza verità" (Johannes Haller) 4

"La promessa a Pietro in Matteo 1 6, 1 7- 1 9 è u n ' aggiunta posteriore.


Questa aggiunta . . . non è nella sua forma attuale parola del 'Gesù terreno ' ,
m a una costruzione degli evangel isti". " I l testo neotestamentario,
sul quale si basa ancor oggi l a giustificazione del primato,
non fornisce alcun elemento per i l primato specifico del vescovo di Roma.
Questa argomentazione tradizionale non deve più essere sostenuta
né dal punto di vista esegetico né storico". (Josef B lank, teologo cattolico) 5

"Nonostante il tentativo de li ' u ltimo Concilio di integrare il papa nella Chiesa,


nel Vaticano II i l ruolo del papa è l o stesso che nel Vaticano l.
La ' Nota Praevia' , aggiunta alla costituzione ecclesiastica su direttiva
di una ' autorità superiore ' , ha defi n ito i pieni poteri del papa con u n a precisione
che dal punto di vista del l a formulazione si è estesa fino al Concilio Vaticano l.
Essa stabilisce che 'il papa come supremo pastore del l a chiesa
può esercitare i pieni poteri a sua discrezione (ad placitum),
come richiesto dal suo ufficio"' (Walter Kasper, teologo cattolico) 6

"S iamo perfettamente coscienti che il papa rappresenta il più grande ostacolo
sulla via del l ' ecumenismo" (Papa Paol o VI, 1 967) 7

"Noi siamo Pietro" (Papa Paolo VI, 1 969) 8


38 I l p rimato papale o l a "petra scandali "

GESÙ NON HA ISTITUITO IL PAPATO NÉ PIETRO È MAI STATO VESCOVO DI ROMA

La chiesa cattolica fonda l ' istituzione del papato e di se stessa sul passo di Matteo: "Tu
sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa . . . " (Matteo 1 6, 1 8).
Questa frase, la più discussa di tutta la Bibbia, è scritta a grandi lettere di mosaico
d ' oro nella volta della cupola michelangiolesca di San Pietro. Tuttavia manca in tre
vangeli su quattro; innanzitutto in quello di Marco, il più antico. Gesù non l ' ha mai
detta, questo è "sicuramente un risultato dell' esegesi biblica" (Brox). A sostegno di ciò
c ' è una serie di motivi convincenti, da me già riassunti altrove. 9
. La chiesa cattolica sostiene fermamente la propria "i stituzione divina". Deve farlo;
l ' ha sostenuta per duemila anni. Tuttavia non pochi dei suoi teologi ora capitolano.
Alcuni hanno sviluppato, in un tardivo adeguamento al protestantesimo conservatore,
un atteggiamento che permette loro di non perdere del tutto la faccia né dal punto di
vista ' scientifico' né davanti ai superiori . Essi definiscono la falsità della "parola fon­
dante della Chiesa" all ' incirca così : Matteo non l ' ha riferita storicamente, ma l ' ha com­
posta teologicamente. Oppure definiscono il passo della pietra come delega del 'risor­
to ' . Chi tergiversa di meno dice che la promessa a Pietro è semplicemente un' aggiunta
posteriore, una semplice costruzione degli evangelisti. 1 0
Forse Pietro ebbe davvero una sorta di primato, una certa funzione di guida; ma solo
temporaneamente, e in certi territori, e non più dopo il "concilio degli apostoli". Paolo,
che affrontò a viso aperto Pietro ad Antiochia e lo chiamò ipocrita, polemizza spesso,
apertamente e non, contro le ambizioni di comando di Pietro. Anche in altri passi delle
"sacre scritture" compaiono tendenze avverse a Pietro. E da nessuna parte, nel Nuovo
Testamento, viene detto che Pietro abbia mantenuto la sua posizione di vantaggio, an­
che solo come creazione del partito a lui favorevole. 1 1
E ancora, se pure la frase in origine fosse stata pronunciata da Gesù (cosa per molti
versi da escludere), la chiesa non potrebbe mai dimostrare come da Pietro si sia giunti
ai papi, né potrebbe insistere affermando che la frase non valeva solo per l ' apostolo,
ma anche per i suoi 'successori d ' ufficio' . Inoltre né la Bibbia né le fonti storiche
citano la nomina di un successore di Pietro.
Così alcuni cattolici trovano la "discussione esegetica" ora "estremamente differen­
ziata" e di fronte ai risultati si trovano "in un certo imbarazzo quando cercano di soste­
nere l ' attendibilità del fondamento biblico del papato dal punto di vista storico-critico"
(Stockmeier). Teologi un po' più coraggiosi concedono che "non si tratta" di una suc­
cessione di Pietro (de Vries) ; che non la si trova "affermata in nessun passo del Nuovo
Testamento" (Schnackenburg). È vero che Josef B lank trova la funzione fondante di
Pietro non solo eccezionale, unica, irripetibile e inconfondibile, ma vede nell' idea di
un fondamento in crescita costante una contraddizione interna, già in termini di imma­
gine. A questo riguardo neanche il papato può essere inteso come ' fondamento' di
Il soggiorno e la morte di Pietro a Roma non sono dimostrabili 39

Pietro. Questo cattolico ci rassicura poi ulteriormente : "Guardando a posteriori alla


storia della chiesa si può dire che nemmeno il papato ha potuto distruggerla". Infine il
teologo si chiede ancora come fu interpretata la frase dai primi cristiani . Venne asso­
ciata a Roma o al primato del vescovo di Roma in quanto successore di Pietro? "La
risposta è semplice: No ! " 1 2
La giustificazione si basa su altre parole rivolte da Gesù a Pietro : tutto ciò che le­
gherà sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierà sulla terra sarà sciolto
nei cieli, "Conferma i tuoi fratelli" e "Pasci i miei agnelli". In effetti ci sono altri paral­
leli evangelici a tutto questo, che mostrano che le cinque disposizioni di Gesù non sono
strettamente legate a Pietro. E ancora una volta: di un successore, del capo della comu­
nità di Roma come guida dell ' intera chiesa, non si parla in alcun testo paleocristiano. 13

IL SOGGIORNO E LA MORTE DI PIETRO A ROMA NON SONO DIMOSTRABILI

Pietro non è mai neanche stato vescovo di Roma: un' idea assurda, ma che sta alla base
di tutta la dottrina proclamata dai papi e dai loro teologi ; non è scritto da nessuna parte
che sia mai stato a Roma.
La comunità cristiana di Roma non venne fondata né da Pietro né da Paolo, 'i beati
apostoli fondatori ' (L' arcivescovo Doroteo di Salonicco, alla fine del VI secolo, parla
addirittura di un doppio vescovado ! ) , ma da ignoti cristiani. Tra questi e gli ebrei c' era­
no già scontri così seri che l ' imperatore Claudio, a metà del primo secolo, espulse sia
ebrei che cristiani, tra i quali non si faceva ancora alcuna distinzione: "Judaeos impulsore
Chresto assidue tumultuantes Roma expulit" (Svetonio). Paolo incontrò la coppia in
esilio, Aquila e Priscilla, nella sua seconda missione a Corinto. Secondo Tacito i cri­
stiani di Roma erano criminali originari della Giudea. 1 4
Un soggiorno romano di Pietro fino ad ora non è mai stato documentato, anche se
oggi, in tempi di ecumenismo, il reciproco avvicinamento delle chiese cristiane ha
portato molti studiosi protestanti a riconoscerlo; ma i riconoscimenti non sono prove.
Anche se le fantasiose leggende fanno subire a Pietro il martirio a Roma, non solo sulla
croce come il suo signore e maestro, ma per sua propria volontà a testa in giù. E anche
se un certo Gaio, quasi un secolo e mezzo dopo ! , credette di conoscere 'già' il luogo,
cioè presso il Vaticano, nei giardini di Nerone, cosa peraltro riportata per la prima volta
dal vescovo Eusebio nel IV secolo. Anche chi, come Daniel O ' Connor, cerca di dimo­
strare con grande perizia la permanenza di Pietro a Roma con uno studio intitolato in
maniera esplicita Peter in Rome: the Literary, Liturgica/ and Archaeological Evidence,
giunge alla modesta conclusione che tale soggiorno sia "more plausible than not". 1 5
In realtà non esiste una sola prova convincente. Anzitutto Paolo, che insieme a Pie­
tro avrebbe fondato la comunità cristiana di Roma, che da Roma scrisse le sue ultime
40 Il p rimato papale o la "pe tra scandali "

lettere, nelle quali però non accenna mai a Pietro, il suo avversario, non ne sa nulla. Né
se ne trova traccia negli Atti degli Apostoli e nei Vangeli sinottici. Anche l ' importante
prima lettera a Clemente, databile circa alla fine del I secolo, non conosce né la storia
del 'Tu-es-Petrus' né sa di altre designazioni di Pietro ad opera di Cristo, e nemmeno di
un ruolo decisivo avuto da questo apostolo. Comunica solo con parole vaghe la notizia
del suo martirio. In breve, l ' intero I secolo tace a questo proposito, e così fa anche
buona parte del II. 1 6
Il testimone attendibile più antico del soggiorno romano d i Pietro, Dioniso d i Corinto,
è anch ' esso sospetto. In primo luogo, la sua testimonianza risale al 1 70 circa. In secon­
do luogo, questo vescovo risiedette ben lontano da Roma. In terzo luogo perché egli
non solo afferma che Pietro e Paolo abbiano fondato insieme la chiesa di Roma, ma
anche quella di Corinto, il che contraddice la testimonianza di Paolo stesso. Come
potrebbe un tale garante della tradizione romana acquisire più credibilità? 1 7
Tuttavia qui chi dubita mente, costruisce "un monumento disonorevole alla sua in­
certezza e al suo fanatismo" (Grone). Ma di solito non è il contrario? Il fanatismo non
si trova più di frequente tra chi crede che tra gli scettici? E l ' incertezza? Non vivono
forse di questo le religioni, tanto più il cattolicesimo e il papato? Non si basano forse i
loro dogmi sull ' irrazionale e il soprannaturale, su assurdi logici ? Non evitano forse più
di tutto la critica limpida, il vero illuminismo? Non hanno forse introdotto la censura più
rigida, l ' indice, l ' imprimatur ecclesiastico, il giuramento anti modernista e i roghi ? 1 8
I cattolici hanno bisogno della visita d i Pietro a Roma, dell ' attività d i quest' uomo a
Roma, in modo che possa aprire come 'apostolo fondatore' l ' elenco dei vescovi di
Roma, la catena dei ' successori ' . Su questo si basa la tradizione ' apostolica' e in larga
parte il primato papale. Per questo affermano, in particolare in scritti popolari, che la
presenza di Pietro a Roma "è dimostrata fuori di dubbio dalla ricerca storica" (F. J.
Koch); "è un risultato inconfutabile" (Kosters SJ); "è un dato di fatto" (Franzen) ; ne
testimonia "l' intero mondo paleocristiano" (Schuck) ; "mai notizie dell' antichità sono
state più certe" (Kuhn). Il che non rende più credibile il quadro che Pietro avesse posto
"il suo seggio vescovile a Roma" (Specht/Bauer). 1 9
Nel 1 982 anche per il cattolico Pesch "è fuor di dubbio" che Pietro abbia subito il
martirio a Roma, sotto Nerone (eppure il vescovo dei martiri, Ignazio, non ne fa men­
zione ! ) . Perfino per tutta la "ricerca" attuale Pesch (che ama la retorica, se non vado
errato) rivendica questa inconfutabilità. Prove non ne offre, né lui né altri . Per lui è
"un ' idea affascinante, pensare che Pietro si sia messo in viaggio per Roma . . . ". 20
Un' altra idea affascinante per molti cattolici è quella di possedere la tomba di san
Pietro. Tuttavia, come stiamo in questo caso a prove?
La favola del ritrovamento della tomba di Pietro 41

L A FAVOLA DEL RITROVAMENTO DELLA TOMBA D I PIETRO

Secondo una vecchia tradizione la tomba del ' principe degli apostoli ' è situata in via
Appia; secondo una versione più recente si trova sotto la basilica di S . Pietro in Vatica­
no. 2 1
Dopo che, a quanto pare, già dalla metà del II secolo s i sia cercata questa tomba, tra
il 1 940 e il 1 949 vennero eseguiti nuovi scavi sotto la cupola di S. Pietro, condotti
dall' archeologo Enrico Josi, dall' architetto B runo Apolloni-Ghetti e dai gesuiti Anto­
nio Ferrua e Engelbert Kirschbaum. A dirigere l ' operazione c ' era il prelato Kaas, che
aveva lasciato il presente nelle mani di Hitler a Berlino e cercava con uguale successo
tracce del passato a Roma . . . 22
Il conflitto mondiale iniziò e finì. La sera della vigilia di Natale del 1 950 Pio XII
annunciò all' umanità (cattolica) in ansia, che "le ricerche che avevamo in animo fin
dai primi mesi del nostro pontificato" erano "quanto meno per ciò che riguarda la
tomba dell' apostolo, giunte nel corso dell' anno giubilare a una felice conclusione" . Il
risultato delle ricerche, "di ricerche molto accurate", fu definito dal papa "di grande
ricchezza e significato", e "alla fondamentale domanda se sia stata ritrovata la tomba
del santo Pietro, le ricerche e gli studi hanno risposto con un chiaro sì . La tomba del
principe degli apostoli è stata ritrovata". 23
Già l ' anno dopo però la "Herder-Korrespondenz Orbis Catholicus" scriveva, con la
coda tra le gambe: il luogo di sepoltura di Pietro era stato "senza dubbio ritrovato", ma
"la tomba dell' apostolo non vi è più stata rinvenuta", una frase che rimanda all' arte
dialettica della scuola cattolica. Non si voleva, in sintesi, contraddire apertamente il
papa.
Comunque, secondo la "Herder-Korrespondenz", era stata fornito "un sicuro indi­
zio" del fatto che la tomba di Pietro si trovasse "sotto il centro della basilica" . Come
"prova indiziaria" viene citata "nel luogo presunto . . . la quantità di resti umani che sono
stati accuratamente sollevati"; e poi ancora "tombe cristiane e pagane", queste ultime
"sovrapposte in molti strati". La tomba del!' apostolo, non più ritrovata, secondo il
rapporto della commissione sarebbe stata distrutta nel corso del tempo, i resti di Pietro
portati altrove per "sicurezza" durante la persecuzione, finché Costantino non costruì
una chiesa "nel luogo venerando". 24
Infine Herder annota anche l' esclusione del "pubblico in un prossimo futuro" dal
luogo venerando. Motivo: la strettezza del passaggio; il rischio di danneggiare i reperti
archeologici nelle immediate vicinanze ; e poi il vero motivo, sufficientemente rivela­
tore : "perché un occhio non allenato vedrebbe poco o nulla di memorabile". 25
Così è per tutti i segreti di questa religione : non rivelano niente di memorabile.
Attorno al 200 il presbitero Gaio credette di individuare la tomba di Pietro, "in
Vaticano", e quella di Paolo "sulla strada per Ostia". E fin dai tempi di Costantino I si
42 Il p rimato papale o la "petra scandali "

è venerata e cercata invano la tomba di Pietro in S . Pietro. Tuttavia la sua autenticità


storica non era e non è documentata; tutt ' al più vi è la convinzione dell' epoca di
Costantino di possedere la tomba di Pietro. Tale convinzione comunque non è più
dimostrabile della stessa convinzione che si ha oggi . 26
Invece sotto la basilica (nei pressi della quale si trova il Frigiano, santuario della dea
Cibele) vennero ritrovate una quantità di tombe pagane; non meno di 22 mausolei e
due cimiteri aperti secondo gli ultimi scavi. 27
Per quanto insignificante fosse il risultato della ricerca in Vaticano, la letteratura
attorno ad esso proliferò. Nel 1 964 già si contavano circa 400 pubblicazioni con diver­
si punti di vista, "dall ' entusiasmo più ingenuo alla secca negazione dei risultati degli
scavi". Il giudizio del gesuita Engelbert Kirschbaum, che liquida benevolmente tutte le
ricerche precedenti : quelle del suo confratello Grisar furono condotte "con mezzi in­
sufficienti"; e quelle del "degnissimo" archeologo slesiano Joseph Wilpert sono state
accolte dagli esperti come "uno spiacevole passo falso di uno studioso già molto anzia­
no". 2s
Il gesuita Kirschbaum dal canto suo mette insieme una "catena di prove" dell' auten­
ticità del ritrovamento. Poi però deve "ammettere che alcune di esse possono essere
interpretate diversamente"; "che ora non abbiamo che il luogo della sepoltura dell ' apo­
stolo, e non più le parti materiali di questa tomba" ; che in una tomba antica (che fortu­
na per lui ! ) "non possiamo vedere chi vi fosse sepolto". Anche sull' aspetto della famo­
sa tomba non può "dire nulla di preciso . . . dev ' essere stata una tomba povera . . . ". In­
somma, quali sono i fatti? Il gesuita lo dice: "una tomba fatta di un paio di mattoni. Se
si tolgono quelli, non ne resta più nulla". 29
Tutto fa pensare che qui non si tratti della tomba di Pietro sotto il cosiddetto Tropaion,
ma di un cenotafio, un monumento. Il rapporto degli scavi, invece, secondo Kirschbaum,
"indica il Tropaion come tomba dell' apostolo, in una fase successiva del suo sviluppo". 30
I risultati degli studiosi critici (Adriano Prandi, Armi n von Gerkan, Theodor Klauser,
A. M . Schneider e altri) costringono il gesuita ad ammettere almeno che il rapporto
(cattolico) sugli scavi non è "esente da errori" . Egli ammette ! ' "incompletezza della
descrizione" parla di "piccole e grandi contraddizioni", dice che errare humanun est "è
purtroppo ancora vero". Ma il fatto decisivo, così vuole "credere", non è stato "in alcun
modo . . . scosso" dalla critica. Anche Engelbert Kirschbaum si ritrova alla fine a consta­
tare : "È stata dunque trovata la tomba di Pietro? Noi rispondiamo : Il Tropaion della
metà del secondo secolo è stato trovato, ma la relativa tomba dell' apostolo non è stata
'trovata' nello stesso senso, bensì dimostrata; vale a dire che la sua esistenza è stata
constatata da una serie di indizi, sebbene le 'parti materiali' di questa tomba originaria
non siano più disponibili". Insomma: la tomba c ' era, ma adesso non c ' è più ! 3 1
"Sarebbe bello poter i mmaginare di pregare sulla salma del primo papa" scrive il
gesuita Kirschbaum e presume che i resti di Pietro siano stati spostati nel 25 8 . Ovvia-
La favola del ritrovamento della tomba di Pietro 43

mente senza l ' ombra di una prova. Egli può anche solo "credere . . . che sia stata sottratta
solamente la testa". Il resto poteva essere certo ritrovato nella tomba, che però a sua
volta non è stata trovata ! E dimostrabile sarebbe anche la presunta testa di Pietro (e di
Paolo) che si trovano in Laterano dalla fine dell ' XI secolo. Tuttavia nel luogo presunto
della sepoltura di Pietro furono trovati "un mucchietto di resti" appartenenti tutti "alla
stessa persona", come "dimostrato dall' esame clinico". Sì, è certo che "si tratta in ef­
fetti dei resti di un uomo anziano. E Pietro era anziano al momento della sua morte"
(Kirschbaum). Una "prova" così sbalorditiva che lo stesso Engelbert Kirschbaum non
osa "dire una parola definitiva su di essa". 3 2
Nel 1 965 Margherita Guarducci, docente di storia antica all ' Università di Roma,
affermò in un libro sensazionale di aver scoperto senza ombra di dubbio le reliquie di
san Pietro. Poiché di Pietro non c ' era nemmeno la tomba, il mondo scientifico reagì
poco alla nuova "scoperta" e poi "in maniera negativa e poco amichevole" (Dassmann).
Lo stesso Ernst Dassmann ha analizzato l ' insieme degli indizi dello scritto della
Guarducci, pubblicato dal Vaticano, e conclude le sue riflessioni tutt' altro che sgarbate
con la necessità espressa dal maestro dell' agiografia, H. Delehaye, secondo il quale
tutte le reliquie su cui esistano dei dubbi devono essere considerate false. "L' unica cosa
che può essere fuor di dubbio, tuttavia, sono i dubbi stessi che restano attaccati all ' ar­
gomentazione della Guarducci". 33
Quando Venerando Correnti, un antropologo accreditato, esaminò i resti del "vec­
chio robusto", le presunte ossa di Pietro, le identificò come appartenenti a tre indivi­
dui, tra i quali "quasi certamente" una donna di circa settant' anni. 34
Papa Paolo VI annunciò comunque il 26 giugno 1 968, durante l ' udienza generale:
"Le reliquie di san Pietro sono state identificate in un modo che possiamo ritenere
convincente." 35
In realtà qualsiasi identificazione di quel mucchio di resti, dopo quasi duemila anni,
sarebbe stata comunque impossibile. A ragione Erich Caspar ha sottolineato, con la
dovuta cautela, che "i dubbi a tale proposito non saranno mai risolti". A ragione Johannes
Haller ha ricordato in questo contesto lo scetticismo riguardante i crani di Schiller e
B ach, malgrado la distanza temporale sia più breve e le condizioni tanto migliori. A
ragione scrive Armi n von Gerkan che se anche si scoprisse la tomba di Pietro, anche se
ci fossero iscrizioni a comprovarlo (e non è questo il caso), "la sepoltura risalirebbe
comunque all ' epoca di Costantino, e sarebbe addirittura possibile che si trattasse di
una finzione. Non c ' è materiale archeologico, ma solo una tradizione che esisteva già
ai tempi di Costantino." 36
Quale sia veramente il punto delle dubbie storie sulla tomba di Pietro lo spiega il
cattolico Fuchs (al quale dobbiamo anche l ' eccitante annuncio: "Molti metri al di sotto
del l ' altare papale è stata trovata l ' iscrizione PETR . . . , e accanto ad essa dei resti, e
un' antica tomba . . ."): "Anzitutto questi scavi sono indicati per rafforzare nel popolo
44 Il p rimato papale o la "petra scandali "

l ' idea della tomba di Pietro". E in effetti il punto è questo. Il primato del papa non si
fonda sul fatto che Pietro è sepolto a Roma, ma questa è la base della devozione popo­
lare, dei pellegrini, della "terra santa", della generosità delle offerte. 37
Anche monsignor Rathgeber sottolinea che il luogo ("certamente" la tomba di Pie­
tro) è fin dai tempi della prima cristianità "meta privilegiata di pellegrinaggio". Il pre­
lato cita una pietra trovata sul posto, che non solo reca l ' incisione "Pietro, prega Gesù
Cristo per i santi cristiani i cui corpi sono sepolti accanto a te" ma anche un ritrattino,
che vale come effigie dell' apostolo: testa calva, barba, naso grosso e labbra carnose . . .
Ah, s e ci fossero ancora i miracoli, non s i sarebbero forse già d a tempo cavati fuori
dalle profondità sia Pietro che Paolo, come un tempo fece Ambrogio con i suoi martiri
(v. I, 370 s s . ) ? ! Ma non sono più quei tempi . . . "I miracoli devono essere guardati da
lontano", dice Lichtenberg, "se li si vuoi prendere per veri , così come le nuvole se le si
vuole credere solide" . 38
Ora, malgrado tutto Pietro può essere stato a Roma, forse può anche essere morto là;
ma comunque non come vescovo, e nemmeno come occupante di quello che dopo di
lui fu chiamato "santo soglio". "Questo" scrive Kurt Aland nel 1 98 1 , "non può assolu­
tamente essere". E Norbert Brox, che nel 1 983 afferma di sapere "con assoluta certez­
za" che Pietro è stato a Roma, ammette però che non si sa nulla sul suo ruolo nella
comunità romana. "Che ne fosse il vescovo è escluso . . .". L' autore della prima lettera di
Pietro ha immaginato "l' apostolo di Cristo" a "Babilonia" cioè Roma, ma non come
vescovo, bensì, secondo il teologo protestante Felix Christ, "come predicatore e so­
prattutto membro più anziano". Anche per il cattolico Blank, Pietro "con tutta probabi­
lità non fu il «primo vescovo di Roma»" (e naturalmente nemmeno "il fondatore della
comunità romana"). Perfino per Rudolf Pesch, sempre fedele alla linea, "al l ' i nizio" ( ! )
non c i fu a Roma alcun episcopato. Tanto Pietro che Paolo "non ebbero alcun successo­
re diretto nell ' episcopato di Roma" . Tuttavia alla fine dello studio di questo cattolico si
legge che, "nella successione apostolica degli apostoli", il primato papale è " il primato
cattolico, insito nell ' episcopato, di Pietro al servizio della fede dell' unica, santa chie­
sa". Esso è dunque un "factum theologicum", in parole povere: un inganno. Ovvero,
per dirla ancora con Pesch, "un ' idea stimolante da accettare per. . ." . 39
Ma prima di occuparci della nascita e dello sviluppo del pri mato di Roma, sorge
spontanea la domanda: come si è giunti ai preti, ai vescovi e ai papi ?

LA NASCITA DELLE CARICHE ECCLESIASTICHE, DEI SEGGI DEI METROPOLITI,


DEI PATRIARCHI E DEL PAPATO

Dopo tutto, come ci insegna l ' esegesi storico-critica della B ibbia, ciò che Gesù voleva
e si aspettava, nella piena tradizione apocalittica dei profeti ebrei, era la fine imminen-
La nascita delle cariche ecclesiastiche 45

te, l ' avvento del regno di Dio (e quanto s ' ingannasse è una delle certezze della ricerca) ;
di certo non voleva fondare chiese, ordinare sacerdoti, vescovi, patriarchi, papi. Non
senza scherno scriveva nel l 987 la storica della chiesa e teologa femminista Magdalene
Bussmann a Giovanni Paolo II: "Gesù non ha mai ordinato nessuno, nel senso che Lei
e i Suoi colleghi intendono, con l ' ufficio del sacerdozio, né uomini né donne. Tutte le
persone dotate di un carisma dato da Dio, dovrebbero impiegarlo per il bene comune.
Questa è anche l ' opinione comune di tutti i teologi e le teologhe, e a Roma si dovrebbe
poter presupporre una conoscenza basilare di un ' interpretazione seria della B ibbia". 40
Nelle prime comunità cri stiane a dare le indicazioni da seguire erano apostoli, pro­
feti e maestri. Riguardo a loro, i vescovi, i diaconi e i presbiteri hanno fatto un passo
indietro. All' inizio costoro erano solo dirigenti tecnici, con funzioni amministrative,
organizzative, economico-sociali. Poi il vescovo passò al comando: dapprima contro i
presbiteri, ai quali durante tutto il I secolo era pari in rango, e infine anche contro i
carismatici, gli apostoli, i profeti e i maestri . Dalla fine del II secolo riunì tutte le
cariche nella sua persona. 4 1
Ma come il vescovo divenne, da subordinato, pari in grado e poi superiore, così
anche tra i vescovi si stabilirirono differenze di rango. Di solito esse dipendevano dal­
l ' importanza del luogo di residenza. Un vescovo con sede nel capoluogo di provincia,
la metropoli, divenne di norma metropolita (laddove alcuni, nell' Illyricum, si chiama­
rono arcivescovi) e superiore agli altri vescovi della sua circoscrizione ecclesiastica, i
cui confini coincidevano con quelli dell' amministrazione civile; uno sviluppo che in
Oriente si concluse più o meno all ' inizio del III secolo, naturalmente non senza rivali­
tà. E al più tardi attorno al 400 ogni provincia aveva il suo metropolita. 42
Anche tra i metropoli ti c ' erano vescovi di maggior peso, come nell ' Italia settentrio­
nale il vescovo di Milano, che era residenza imperiale dai tempi di Diocleziano; moti­
vo primo per cui il vescovo di Mi lano comandava più province civili. E infine c ' erano
anche associazioni ecclesiastiche notevolmente superiori ai metropoliti, una sorta di
sovraepiscopato. Nel III secolo alcuni prelati acquisirono particolari privilegi, sempre
nell' ambito dell' adeguamento delle strutture organizzative ecclesiastiche alle unità am­
ministrative dell' impero: soprattutto il patriarca di Alessandria rispetto agli altri cento
vescovi egiziani. O come, più tardi, il patriarca di Antiochia (con un retroterra politica­
mente e culturalmente meno unitario) rispetto a una gran parte degli episcopati siriani.
Diritti analoghi vennero dal Concilio di Nicea (325 ) : al meno significativo dei patriar­
cati di Gerusalemme (con tre province palestinesi, ottenuto nel 45 1 dall ' opportunista
senza scrupoli e millantatore arcivescovo Giovenale), così come agli esarcati di Efeso,
Cesarea di Cappadocia ed Eraclea; infine, con il concilio di Costantinopoli (3 8 1 ), alla
capitale del l ' Oriente. Il titolo di patriarca, dapprima concesso a tutti i vescovi, divenne
dal V secolo attributo solo di cinque vescovi superiori, chiamati in Calcedonia "esarchi",
i capi religiosi di Alessandria, Antiochia, Costantinopoli, Gerusalemme e Roma.
46 Il p rimato papale o la "petra scandali "

Ora, proprio a Roma la carica di vescovo reggente fu istituita particolarmente tardi,


nella quarta o quinta generazione cristiana, molto più tardi che in Siria o in Asia Mino­
re. Ancora alla metà del II secolo, quando la comunità cristiana di Roma contava 30.000
membri e 1 55 chierici, nessuno là sapeva nulla di una successione di Pietro, né tantomeno
del suo soggiorno e martirio a Roma. 4 3

IL FALSO ELENCO DEI VESCOVI DI ROMA

Il più antico elenco dei vescovi di Roma è riportato dal padre della chiesa Ireneo,
vescovo di Lione, nel suo scritto "Adversus haereses", tra il 1 80 e il 1 85 . Esso non
compare nel! ' originale in greco, ma in una riedizione latina del III, IV o addirittura V
secolo. Il testo, manifestamente alterato, è difficile da analizzare. Brancolando nel buio
si giunge all ' elenco originario. Ireneo non forni sce molto altro che nomi. E da nessuna
parte si fa menzione di un primato di Pietro ! Questi , alla fine del II secolo, non compa­
re in nessun elenco dei vescovi di Roma. All ' improvviso, nel IV secolo, si afferma che
vi è rimasto 25 anni ! A suo tempo il vescovo Eusebio fornì l ' elenco dei vescovi di
Roma, un illeggibile falso ad opera di uno storico in malafede (v. tra l ' altro l, 1 7 8 ss.).
Eusebio ha anche "migliorato" l ' elenco dei vescovi di Alessandria, molto simile a quello
suo romano; quello di Antiochia, dove ha assegnato i nomi dei vescovi Cornelio, Ero e
Teofilo ciascuno ad una olimpiade. Gli stessi calcoli artificiosi vengono da lui applicati
all ' elenco di Gerusalemme, del quale, per sua stessa ammissione, "non possiede alcu­
na informazione scritta" circa gli anni dei mandati ; in seguito il vescovo Epifanio li
datò esattamente ricalcando li sugli imperatori. Attorno al 354 il "Catologus Liberianus",
un elenco di papi da Pietro a Liberio (352-366), con l ' aggiunta delle indicazioni dei
mesi e dei giorni completò e "perfezionò" la procedura di datazione. Il cattolico Gelmi
aggiunge a questo proposito che "tutte queste date non hanno valore storico". Su que­
sto anche tutti i cattolici sono concordi, eppure considerano l ' elenco dei nomi stessi di
gran valore: antico e quindi autentico !
Anche il "Liber Pontificalis", il registro ufficiale dei papi, il più antico elenco dei
vescovi di Roma, che contiene "materiale falsificato o totalmente leggendario" e "ag­
giunte di altre invenzioni" (Caspar) - insomma un documento così ingannevole da non
avere valore storico fino alla metà del VI secolo - non menziona Pietro, ma indica un
certo Lino come primo vescovo della città. In seguito Lino venne spostato in seconda
posizione e Pietro in prima. Infine si costruì un "incarico di Pietro" che "nelle antiche
relazioni" ovviamente appare "solo occasionalmente" ( Karrer) e poi si trasforma in
"papato". "Come un seme" scrive poeticamente il gesuita Hans Grotz, "Pietro cadde
nel terreno di Roma" . E quanti poi vi caddero e continuano a cadervi : lentamente si fu
in grado di contare tutti i "successori" di Pietro, con l ' i ndicazione degli anni di pontifi-
/l falso elenco dei vescovi di Roma 47

cato e la data di morte, in una apparente successione ininterrotta. Nel corso del tempo
l ' elenco dei vescovi di Roma è stato riscritto, migliorato, integrato, tant' è vero che una
tabella sin ottica degli anni di pontificato, redatta da cinque cronisti bizantini per i primi
28 vescovi di Roma, mostra corrispondenze coerenti solo in quattro punti . Sembra che
l ' ultimo redattore del testo, forse papa Gregorio I, abbia ampliato l ' elenco con dodici
santi, parallelamente ai dodici apostoli . In ogni caso gli episcopati dell' elenco romano,
per i primi due secoli, sono incerti come gli alessandrini o quelli di Antiochia, e "per i
primi decenni sono puro arbitrio" (Heussi). 44
Non sorprende allora che in apertura del registro ufficiale dei papi ci sia un falso
scambio epistolare tra san Girolamo e papa Damaso I (non è l ' unica falsa corrispon­
denza tra i due: lo pseudo Isidoro ne aggiunge un' altra) . 45
Il gesuita Grisar mette in evidenza che "l' elenco degli antichi vescovi di Roma, che
inizia con san Pietro, per ciò che riguarda la successione e i nomi è molto più affidabile
di molti [ ! ] altri cataloghi episcopali . Mentre qui poesia e falso non si sono intersecati ,
le liste di altre chiese furono il luogo privilegiato del l ' invenzione" . In realtà le cose
non stanno affatto diversamente per l ' elenco romano rispetto agli altri. 46
Inoltre tali elenchi, falsificati in tutto o in parte, esistevano da molto prima del cri­
stianesimo e dei suoi registri di vescovi ugualmente falsificati : il registro dei magistrati
delle città-stato greche, l ' elenco spartano dei re Agiadi e Euripontidi, le liste dei diadochi
dei capi delle scuole filosofiche greche, la rubrica degli olimpionici . Ma soprattutto
sono da confrontare le genealogie del Vecchio Testamento, che in quelle perfette suc­
cessioni di nomi garantivano la partecipazione alle promesse divine, in particolare gli
elenchi dei sommi sacerdoti dell' epoca successiva all ' esilio, intesi come liste dei go­
vernanti di Israele. Probabilmente è a questi princìpi della tradizione ebraica che risale
anche l ' aspirazione dell' Islam di assicurare la dottrina tramandata oralmente in forza
di una successione, di una serie di testimoni (isnad) che giunge fino al profeta. 47
In ogni caso i motivi storici (non quelli teologici ! ) della nascita del papato sono di
altra natura rispetto a quanto si vuoi fare credere. Essi non derivano dalla presunta
fondazione apostolica del soglio vescovile di Roma, bensì soprattutto dal profondo
significato politico, ideologico e culturale della metropoli, dalla sua particolare posi­
zione al centro de li' impero romano, dali' essere la "regina Roma", come la chiamavano
i poeti pagani, "caput orbis" : un fattore decisivo che le gerarchie romane significativa­
mente omettono.
A tale riguardo, non solo a Roma ma ovunque, il rango ecclesiastico di una città era
più o meno adeguato al suo vecchio status politico; le chiese locali traevano maggiori
o minori vantaggi anche da altre sedi governative. È il caso di Milano, oppure di Sirmio
nella vicina Pannonia, per breve tempo residenza imperiale e sede di un praefectus
praetorio. E quando, alla fine del IV secolo, la prefettura gallica arrivò ad Arles, anche
il vescovo locale avanzò la pretesa alla dignità di metropolita. 48
48 Il p rimato papale o la "petra scandali "

In particolare B isanzio si fece rapidamente avanti . Tra il 326 e il 330, dalla piccola
ma militarmente ed economicamente importante B yzantion, sotto Costantino I era nata
la "città di Costantino", la "seconda" o "nuova Roma". Fu costruita in concorrenza con
la vecchia capitale sul Tevere, ma anch' essa su sette colli e con grande sfarzo, e la
superò in grandezza e importanza mondiale per tutto il IV e V secolo, così che mille
anni dopo il dotto tardo-bizantino Manuele Chrysoloras la elogiava: "la madre è bella
e ben fatta, ma la figlia è per molti aspetti più bella". Costantinopoli assunse il ruolo di
guida politico, militare ed economica di tutto l ' impero. Il suo patriarca si affiancò len­
tamente a quelli di Alessandria e di Antiochia, divenne infine "vescovo imperiale" in
diretta concorrenza con i vescovi romani; da qui l ' idea che "il cristianesimo è comin­
ciato in Oriente", che "Cristo è nato in Oriente"; così il sinodo del concilio imperiale
del 3 8 1 finì per imporsi sull' Occidente. E dopo l ' invasione degli arabi nel VII secolo,
solo Costantinopoli rimase unico e significativo patriarcato d' Oriente. 49
Un ' ulteriore valida ragione per l ' istituzione del papato fu la posizione decisiva rag­
giunta dal vescovo di Roma, unico patriarca d ' Occidente in Italia (contro i tre, quattro
patriarchi che rivaleggiavano in Oriente), e dalla chiesa latina dopo il crollo dell ' i mpe­
ro romano. Una volta costituito il primato, il potere effettivo si fondò sempre più, sul
piano teologico, sulle presunte prove apostoliche, sullo sfacciato ricorso a Pietro, alla
'pietrologia' . 50

NASCONO AMBIZIONI AL PRIMATO

Queste ambizioni dei vescovi romani, fondate per lo più su Matteo 1 6, 1 8 , sono sempli­
cemente prive di fondamento. Per più di due secoli essi stessi non avevano mai preteso
di aver ricevuto un incarico da Gesù ! Mai avevano detto di essere i successori di Pie­
tro ! "Non è possibile trovare traccia, prima della metà del terzo secolo" sottolinea
Henry Chadwick, "del ruolo svolto nella storia della chiesa romana dalla promessa a
Pietro in Matteo 1 6, 1 8". A quell' epoca risale infatti la prima affermazione del primato
di un vescovo romano; un fatto che il gesuita De Vries concede con un certo cinismo:
"Dobbiamo ammettere che ce n ' è voluto prima che a Roma venisse riconosciuto il
valore della citazione della pietra riguardo al ruolo del vescovo di Roma. Ma alla fine
è stato riconosciuto . . . ". A Roma non si era mai sviluppata l ' idea di un particolare status
del vescovo locale come 'successore ' di Pietro ! Ogni sede vescovile, anche la più insi­
gnificante, non illustre né per tradizione né per rilevanza, era all ' i nizio "sedes aposto­
lica". E ogni vescovo aveva diritto, per la sua carica e il suo ruolo, anche all ' epiteto
"apostolicus" e al sostantivo "apostolatus". "La definizione di un semplice vescovo
come summus pontifex è rintracciabile per la prima volta in uno scritto papale" (il
cattolico Baus). I capi più antichi non si sentivano nemmeno 'papi ' . Non avevano "nes-
L ' intera chiesa antica non era a conoscenza di primati 49

sun altro titolo . . . che quello di semplici vescovi" (Bihlmeyer). Al contrario. Mentre in
Oriente patriarchi, vescovi, abati ricevevano l ' appellativo di papa (pappas, padre), a
Roma la definizione appare per la prima volta su una lapide dell' epoca di Liberi o (352-
366). Diventa comune anche in Occidente nel tardo V secolo, quando i vescovi, romani
e non, la usano riferita a se stessi, e comunque non regolarmente prima del tardo VIII
secolo. Dal secondo millennio in poi la parola 'papa' diventa un diritto esclusivo del
vescovo di Roma, anche se ancora nel XI e XII secolo alcuni vescovi non romani si
definiscono 'vicarius Petri ' . E il titolo ' Summus Pontifex ' vale addirittura per tutti i
vescovi finò all ' alto medioevo. 5 1
Di conseguenza il primato del 'papa' , è contestato da sempre. Prima di tutto dai
teologi cattolici, dai padri della chiesa, dai vescovi stessi.

L' INTERA CHIESA ANTICA NON ERA A CONOSCENZA


DI UN PRIMATO DEL VESCOVO DI ROMA ISTITUITO DA GESÙ

Il primo a richiamarsi a Matteo 1 6, 1 8 fu Stefano I (254- 257). Egli è in un certo senso il


primo papa, vista la sua concezione ecclesiastica non più collegiale-vescovile, ma ge­
rarchico-monarchica, anche se non esiste alcuna dichiarazione esplicita da parte sua.
Però ci fu un ' immediata reazione da parte del potente vescovo Firmiliano di Cesarea in
Cappadocia. Secondo il "Lexicon fiir Theologie und Kirche" , egli non riconosce "al­
cun primato di diritto del vescovo di Roma". Inoltre Firmiliano lamenta che ognuno si
vanta della propria posizione e crede "di essere il successore di Pietro" (successionem
Petri tenere contendi!) . Senza esitazione parla della "forte e ovvia stoltezza di Stefano"
e lo definisce senza mezzi termini uno "scismatico" che si separa dalla chiesa. Gli
rimprovera "audacia et insolentia", "caecitas", "stultitia". Infuriato, lo paragona a Giuda
e lo accusa di "gettare cattiva fama sui beati Pietro e Paolo". 5 2
"Con quanto zelo" schernisce Firmiliano in una lettera a Cipriano di Cartagine, "Ste­
fano ha seguito le salutari esortazioni dell' apostolo e conservato umiltà e mansuetudi­
ne ! Cosa c ' è di più umile e mansueto del separarsi da così tanti vescovi di tutto il
mondo ... sia dagli orientali (come vi sarà certo noto) che da voi in Occidente". E apo­
strofa direttamente il romano : "Ti sei escluso da solo . . . Se credi di aver escluso tu gli
altri , sei solo tu ad esserti isolato da tutti" . 5 3
E allora, durante la disputa sull'eresia del 255-56 (sulla questione se i cristiani .che
aderivano al cattolicesimo dovevano essere ribattezzati oppure no, secondo la dottrina
di Roma: questione sia disciplinare che dogmatica), addirittura Cipriano prese posizio­
ne sulla materia del primato. Il vescovo, martire e santo dei cattolici, in aperta
contrapposizione con l ' opinione dominante, non riconosceva alcun privilegio a Roma,
come afferma (citando Tertulliano contro Callisto, infra p. 68): "nessun vescovo dei
50 Il p rimato papale o la "pe tra scandali "

vescovi"; con lui concordavano anche i sinodi del nord Africa e quelli d' Oriente, in
tempi di conflitto aperto come anche in tempi di pace.
Per Cipriano il vescovo di Roma non è niente di più di qualsiasi altro vescovo. "Egli
non si sogni nemmeno di concedersi una giurisdizione su altre diocesi diverse dalla
sua, fosse pure per vicinanza. Nemmeno come primo tra pari può essere considerato il
successore di Pietro" (Wickert). Allo stesso modo nessun vescovo è sottoposto agli
altri, nessuno è privilegiato; nessuno può guidare gli altri né esserne guidato; in sintesi,
ciascuno risponde solo a Dio per la propria diocesi : per questo a Roma venne addirittu­
ra falsificato uno scritto di Cipriano ! Eppure nemmeno la falsificazione (in "De unitate
ecclesiae" c. 4) andava nella direzione del primato di Roma. Con Cipriano si schieraro­
no (dopo due precedenti sinodi a Cartagine e in Asia minore, già concordi con lui)
anche altri due vescovi, e durante il concilio del l settembre 256 a Cartagine ben 87 gli
avevano dato ragione con voto palese. Il "papa" tuttavia non ricevette la delegazione di
Cipriano, negò loro la "communio", l ' accoglienza e l ' ospitalità. Vietò energicamente
la ripetizione del battesimo, poiché "non si deve rinnovare ciò che non viene tramanda­
to" (nihil innovetur nisi quod traditum est) probabilmente il più antico principio del
-

papato, che probabilmente nessuno ha infranto più del papa stesso. Stefano I insultò
Cipriano chiamandolo "pseudocristo" e "falso apostolo", "subdolo cospiratore"
(pseudochristum et pseudoapostolum et dolosum operarium); da parte sua Cipriano
tacciò il "papa" di stoltezza e caparbietà, arroganza e blasfemia, e lo accusò di essere
"amico degli eretici e nemico dei cristiani" - due santi che conversano. 54
Nonostante gli aspri scontri di Cipriano con Stefano, quest' ultimo non lo scomuni­
cò, per quel che se ne sa: sarebbe stato "assolutamente plausibile" (Marschall). D ' altro
canto, a causa della scarsità delle fonti, è a tutt' oggi controverso se Stefano abbia effet­
tivamente scomunicato s. Cipriano; molti elementi farebbero supporre di sì . A favore
della tesi si esprimono protestanti di nome come Seeberg e Litzmann, e di recente la
tesi è stata appoggiata anche dal cattolico Handbuch der Kirchengeschichte. Agostino
in seguito diffuse la notizia della ritrattazione di Cipriano, in aperta contraddizione con
la realtà dei fatti (e con scarsa conferma da parte della storiografia). 55
Poiché però Cipriano è un simbolo del cattolicesimo occidentale, pietra miliare del
suo sviluppo, i cattolici contestano volentieri la polemica di Cipriano contro il primato.
E in effetti è stato proprio lui a coniare i concetti di "cathedra Petri" e "primatus Petri",
che hanno fatto storia fino ad oggi in modo così orribile; proprio lui ha citato ampia­
mente nei suoi scritti il passo di Matteo "Tu es Petrus", preparando in tal modo il
terreno alla dottrina petriana di Roma, se non addirittura guidando Roma nel cammino
verso il controllo della storia per mezzo della B ibbia, dei dogmi e della dottrina. 56
Cipriano invoca anche la "Ecclesia principalis . . . dalla quale deriva l ' unità ecclesia­
stica" . Un tempo questo passo è stato molto discusso, in quanto doveva rappresentare
la testimonianza più forte a favore del primato di Roma; Hugo Koch, storico cattolico
L ' intera chiesa antica non era a conoscenza di primati 51

della chiesa, perse la cattedra nel 1 9 1 2 per aver dimostrato i l contrario, e non in un solo
libro. Nel frattempo anche molti altri cattolici sono concordi nel ritenere che "ecclesia
principalis" non significa affatto il primato papale, che anche Cipriano non attribuisce
al vescovo di Roma alcuna particolare posizione gerarchica, nessun "potere direttivo
superiore" (Bihlmeyer), nessun "potere supremo" (Bernhart), che all ' epoca tale prima­
to non aveva alcun senso nemmeno nella chiesa cattolica. 57
Ci sono volumi interi a conferma del fatto che la chiesa antica ignorava totalmente
qualsiasi .primato del vescovo di Roma stabilito da Gesù. Che tale primato è in contrad­
dizione con gli insegnamenti di tutti i padri della chiesa, anche dei più illustri. Come
Cipriano infatti anche Origene, il maggiore (seppure giudicato eretico) teologo dei
primi tre secoli, interpreta il "primato" in senso collettivo. Insieme a Pietro si intende­
rebbero anche gli altri apostoli, e tutti i credenti ; "tutti sono Pietro e pietre, sulle quali
è costruita la chiesa di Cristo". 5 8
E come Cipriano e Origene nel III secolo, nel IV secolo anche Ambrogio, più in­
fluente dei papi del suo tempo, non riconosce loro alcun privilegio particolare. Ambrogio
non riferisce il passo delle porte degli inferi, per molti cattolici focus classicus del
primato, a Pietro in persona, bensì alla sua fede. Per Ambrogio Pietro non ha priorità,
non ha privilegi e tantomeno successori. Ambrogio, il cui seggio vescovile era in con­
correnza con quello di Roma, prese decisioni nel si nodo senza l ' intervento di Roma, a
volte perfino contro di essa. Con accenti palesemente antiromani il milanese riconosce
all ' apostolo Pietro un primato, quello "della professione di fede, non dell' onore (non
honoris), il primato della fede, non del rango (non ordinis)". Analogamente per il padre
della chiesa Attanasio non si parla mai di "diritti di Roma, anche se solo come tribunale
arbitrale ecclesiastico" (Hagel). Attanasio accorda il diritto alla convocazione di un
sinodo ecumenico solo all ' imperatore (cristiano). E per quanto riguarda s . Giovanni
Crisostomo, il suo biografo moderno, il benedettino Baur, non vi trova "mai ricono­
sciuto a chiare parole il primato giurisdizionale del papa". 59
Come le autorità ecclesiastiche citate finora, anche B asilio "il grande" non ammette
primati di Roma (in Oriente). Per Basilio, che mai invia i suoi scritti in Occidente al
vescovo Damaso (con un' unica eccezione), bensì sempre a tutti i vescovi d' Occidente,
oppure d' Italia e di Gallia, la gerarchia clericale è una comunità di uguali con pari
diritti ; Antiochia, che si vanta di essere la "cathedra Petri" è dal punto di vista ecclesia­
stico caput mundi e capo della chiesa non è altri che Cristo : la chiesa d' Oriente non ha
mai riconosciuto nessun capo visibile ! Per essa il vescovo di Roma non è altri che il
primo degli episcopati d' Occidente. Singoli appelli inviatigli da prelati orientali non
significano molto. E quando papa Damaso chiede agli orientali l ' accettazione incondi­
zionata di una formula di fede romana, B asilio respinge con decisione la richiesta (il
collega e amico di B asilio, il vescovo e dottore della chiesa Gregorio di Nazianzo,
parlò di "rozzo vento dell' Ovest" e chiamò l ' Occidente cristiano "gli stranieri"). 60
52 I l p rimato papale o l a "pe tra scandali "

Il dottore della chiesa Girolamo accettò spesso devotamente (in quanto romano) le
decisioni di Roma, tanto più che sperava egli stesso di diventare papa. Tuttavia riusci­
va anche a condividere l ' opinione generale del suo tempo e dare lo stesso valore agli
episcopati, per quanto diversi potessero essere per ricchezza e dimensione. Dovunque
si trovi un vescovo, scrive, a Roma come a Gubbio, a Costantinopoli come a Reggio,
Alessandria o Tanis, "ha lo stesso significato, lo stesso compito". 6 1
Perfino Agostino, fedelissimo a Roma e tuttavia ogni tanto costretto a barcamenarsi
penosamente tra il papa e i suoi fratelli africani, non sostiene il primato dottrinario e
giurisdizionale del papa. Senza attaccare direttamente la dottrina romana, per Agostino
il primato di Pietro, come per Cipriano, era solo una posizione personale; invece del
"solus Petrus" era la "universa ecclesia" a detenere il potere. Né Pietro, capo degli
apostoli, né la cattedra di Roma né l ' autorità romana occupa per lui una posizione più
elevata e ha potere normativa in fatto di dottrina, disciplina e costumi della cristianità,
bensì l ' autorità della chiesa intera, della quale Pietro, secondo Matteo 1 6, 1 7 s s . , è sim­
bolo. Al vescovo di Roma è anteposto il concilio plenario. Così anche il Vaticano I nel
1 870 dovette rimproverare al più illustre tra i dottori della chiesa le sue "opinioni erra­
te" (pravae sententiae) ! "Sumus christiani, non petriani" aveva chiarito Agostino (Enarr.
in psalm. 44, 23) e "mai in vita sua aveva interpretato [Matteo 1 6, 1 8] in senso romano"
(Caspar). E non a caso il suo allievo Orosio - assai letto ed esageratamente celebrato
nel medioevo - non attribuisce al vescovo di Roma alcuna posizione centrale, bensì nel
migliore dei casi un privilegio spirituale. 62
Tuttavia questa posizione dei più celebrati cattolici dell' antichità è tanto più degna
di nota in quanto gli scritti dei "santi padri", secondo il dottore della chiesa Cirillo (che
di certo da quella definizione non escludeva se stesso), "sono venuti alla luce grazie
all ' ispirazione dello Spirito Santo". 63

COME I VESCOVI E I PADRI DELLA CHIESA,


ANCHE GLI ANTICHI CONCILI NON RICONOSCEVANO ALCUN PRIMATO A ROMA

Sin dalla metà del II secolo la chiesa convocò dei sinodi (synodus o concilium), dappri­
ma concili locali, sinodi provinciali, secondo il modello delle autorità locali dello sta­
to; poi anche concili interprovinciali, concili plenari , come nella chiesa egiziana,
antiochiana, africana e italiana; e infine incontri della "Chiesa intera", concili generali
o ecumenici. Fino ad ora si contano 2 1 (spesso considerati tali a posteriori) di queste
riunioni "ecumeniche" della chiesa cattolica, per le quali non esiste una definizione
che sia rimasta costante nel tempo (le fonti utilizzano, come noi, le definizioni di sinodo
e concilio come sinonimi). 64
Per quanto importanti siano gli incontri ecumenici per i cattolici, anche i pri mi con-
Anche gli antichi concili non riconoscevano alcun primato a Roma 53

ciii "generali" non decretano in alcun modo il primato di Roma. E naturalmente le


decisioni prese in queste occasioni non sono state ratificate da alcun "papa", visto che
non esisteva ! Talvolta comunicavano le deliberazioni al vescovo di Roma, ma lo face­
vano anche con altri . Così il sinodo di Arles del 3 1 4, riunito in seduta con "lo Spirito
Santo e i suoi angeli", trasmise a Silvestro, vescovo di Roma, "ciò che abbiamo decre­
tato per decisione comune, così che tutti sappiano cosa ci sarà da osservare in futuro",
ma non perché il vescovo di Roma lo approvasse o lo confermasse ! O perché decidesse
lui ! A questo nessuno pensava. I conflitti venivano composti non dai papi, ma dai sinodi.
"Non è possibile risolvere i problemi in altro modo che attraverso i sinodi" scrive il
vescovo Eusebio di Cesarea. Di analogo avviso il vescovo Epifanio: "I concili danno
risposta certa (asphaleia) alle questioni che si sollevano volta per volta". 65
Tutte le grandi riunioni ecclesiastiche dell' antichità non furono nemmeno convoca­
te direttamente dal papa (i cui legati addirittura non parteciparono ad alcuni concili
"ecumenici" a Costantinopoli nel 3 8 1 e nel 553 ), ma dali ' imperatore. In questa materia
egli deteneva tutti i diritti, il papa nessuno. L' imperatore decideva la data, i partecipan­
ti e l ' oggetto della discussione. Apriva, presiedeva e ratificava le conferenze e dava
loro carattere di legge. Aveva anche il diritto di interromperle, rinviarle e spostarle.
Poteva farsi rappresentare da suoi alti funzionari e poteva punire i vescovi assenti .
Nessun concilio e nessun papa allora contestò questi diritti. Perfino un pontefice sicuro
di sé come Leone I pregò l ' imperatore Teodosio II di convocare un sinodo. Lo storico
della chiesa Socrate, generalmente considerato come uno dei più onesti dell' antichità,
verso la metà del V secolo poté constatare senza alcuna esagerazione : "Da quando gli
imperatori sono diventati cristiani, da loro dipendono gli affari della chiesa, e i grandi
concili si tengono secondo il loro arbitrio". Ovviamente anche i sovrani non riconosce­
vano alcun primato ai papi. Solo verso la fine del IV secolo Graziano concesse al
vescovo di Roma una sorta di primato giurisdizionale, ma valido solo nei confronti dei
vescovi occidentali . Damaso è arbitro supremo dal 387, ma solo dei metropoli ti, non
ancora dei suffraganei , responsabili dei tribunali locali. 66
Di certo proprio allora cominciò a delinearsi la svolta di una nuova dottrina, una
nuova concezione secondo cui il vescovo di Roma è la guida della chiesa intera, con
potere su tutti i cristiani. Questa tendenza, che ha il suo primo culmine in Leone I,
appare sviluppata già dai papi Damaso (sotto il cui pontificato, nel 382, un sinodo parla
per la prima volta di "primato della chiesa di Roma" e non più di "primato di Pietro",
come in precedenza) e Siricio, che esorta, istruisce, prega e minaccia: "decernimus",
"iudicamus" "pronuntiamus" - stabiliamo, giudichiamo, decretiamo. In breve tempo
tali espressioni si moltiplicarono nella terminologia della cancelleria papale, i cui de­
creti imitano il modello imperiale e non se ne differenziano in nulla. Tuttavia né Damaso
né Siricio avanzano pretese di autorità nei confronti di un concilio. Anastasio I (399-
40 l ) si considera ancora un semplice capo della chiesa occidentale. E per l ' Oriente il
54 Il p rimato papale o la "petra scandali "

papa è, ancora nel VI secolo, solo il patriarca d' Occidente. Anche allora non viene
attribuita alcuna missione particolare a Roma. "Tutti i tentativi di attribuire al pontifi­
cato di Gregorio Magno un ruolo guida nella missione cristiana non reggono se con­
frontati con le fonti" (il cattolico Baus). Per contro anche il seggio di Costantinopoli
viene definito sempre più spesso "apostolico". Là, a partire dal VII secolo, anche la
leggenda della fondazione da parte di Andrea, apostolo della città, viene interpretata in
senso antiromano: tanto più che, secondo Giovanni 1 ,40, sarebbe stato lui ad essere
designato da Gesù, prima di Pietro. Nel IX secolo il più grande patriarca di Costanti­
nopoli, Fazio, oppone alle ambizioni suprematiste di Roma e del suo primo "papa"
quelle più antiche e "prioritarie" dell' apostolo Andrea. "Egli salì sul seggio vescovile
di Bisanzio molti anni pri ma che il suo fratello divenisse vescovo dei Romani". 67
Comunque nel tardo IV sec. l ' atteggiarsi a sovrani della gerarchie romane, la loro
sconfinata ambizione di essere superiori a tutti gli altri vescovi entrò in contraddizione.
Ecco quanto riporta il sinodo di Roma del 378, sotto Damaso, riguardo al vescovo
Urbano: "Così il vescovo di Parma, sebbene deposto dal nostro tribunale, tiene ancora
sfacciatamente in pugno la sua chiesa, così Florenzio di Pozzuoli . . . si è insinuato nuo­
vamente nella sua città dopo sei anni, tiene occupata la chiesa e provoca disordini". 68
Ancora di più nelle sedi vescovili significative Roma veniva ignorata volentieri : a
Cartagine, Vienna, Narbonne o Marsiglia, dove per esempio Procolo, considerato da
Girolamo un santo e lodato per la sua dottrina, esercitava i diritti di metropolita confe­
ritigli da un si nodo torinese, incurante delle proteste di Roma. Anche dopo la destituzione
egli continuò a ordinare vescovi, richiamandosi espressamente al concilio di Torino
"con un' insolenza straordinaria", "con testardaggine e senza vergogna", come disse,
infuriato, papa Zosimo, definendo i "privilegi torinesi" di Procolo "ottenuti disonesta­
mente". Procolo tuttavia seguì le indicazioni di Roma tanto quanto fece il metropolita
Simplicio di Vienna, che Zosimo accusò ugualmente di "sfacciataggine", senza peral­
tro riuscire a comporre la controversia con i vescovi galli, sia l ' odiato Lazzaro di Ai x
sia i vescovi Tuenzio e Urso. Il romano aveva dunque autorità sulla chiesa italiana, ma
non certo su tutta la chiesa d' Occidente . Milano era in concorrenza con Roma. I sinodi
occidentali, ancora al l ' inizio del V secolo, consultavano per le decisioni importanti sia
Roma che Milano, come nel caso del concilio di Cartagine del 397 . Oppure, come nel
sinodo di Toledo del 400, si rinviava una decisione finché "l' attuale papa. . . il vescovo
di Milano e gli altri preti delle chiese" comunicassero la loro opinione. Dalla Gallia e
dall ' Illiria ci si rivolgeva più spesso a Milano che a Roma. Il comportamento di en­
trambe era comunque quello di una "coesistenza collegiale". Il soglio "apostolico"
godeva di maggior considerazione, ma il vescovo di Roma non aveva alcuna "posizio­
ne giuridica eccezionale". E i concili "stavano a fianco del papato, indipendenti e con
pari diritti" (Wojtowytsch). Essi erano "non solo le principali fonti del diritto ecclesiatico,
ma anche, accanto alla Bibbia, le fonti della fede" (H.-G. Beck). 69
L 'affare Apiario 55

L' opposizione a Roma fu particolarmente aspra in Africa, dove all ' inizio del V se­
colo si trovavano circa 470 episcopati.
Un intero sinodo nazionale contestò allora al pontefice massimo di Roma la possibi­
lità di decidere per il giusto e negò la superiorità del suo giudizio. I capi della chiesa
nordafricana respinsero seccamente qualsiasi pretesa di comando, negarono a Roma
qualsiasi autorità superiore nelle questioni di fede e di disciplina. I prelati erano certi di
saper riconoscere la vera dottrina. Proprio prima dell ' i nvasione dei Vandali, il reggi­
mento degli "eretici" ariani in Africa, esisteva qui una stretta cooperazione tra i catto­
lici e il vescovo di Roma, al quale i si nodi di Cartagine e di Milevo ( 4 1 6, 4 1 7) chiesero
di ratificare le loro decisioni . La calata dei Goti occidentali in Spagna portò ad un
legame ancora più stretto della chiesa spagnola a Roma. Tuttavia ancora il concilio di
Cartagine nel maggio del 4 1 8 minacciò di nuovo la scomunica per i ricorsi "oltrema­
re", rinnovando un antico principio giudiziario ecclesiastico. 70
Quanto poco fossero fedeli a Roma gli africani lo dimostra un caso la cui trattazione
forense si protrasse per più pontificati all ' inizio del V secolo.

L'AFFARE APIARIO

Il vescovo Urbano di Sicca, allievo di Agostino, aveva scomunicato il presbitero Apiario


a causa della sua scandalosa condotta di vita (''infamie inaudite") e Apiario, ignorando
il suo metropolita, si era appellato a Roma. L' episcopato africano aveva già vietato ai
prelati l ' appello a Roma nel 393, e nel maggio del 4 1 8 un si nodo generale a Cartagine
aveva proibito qualsiasi appello a un "tribunale al di là del mare" (ad transmarina).
Papa Zosimo tuttavia prese le parti del prete scacciato e ignorando i suoi superiori,
pretese giustificazioni dal vescovo. Non ottenendo reazione, inviò, come se si fosse
trattato della sua rappresentanza ad un concilio imperiale, una delegazione di tre perso­
ne, guidata dal vescovo Faustino di Potenza, che stando alle istruzioni si richiamava ai
canoni di Nicea, ma che in realtà si rifaceva a quelli di Serdica. Inoltre i regolamenti
testualmente addotti contraddicevano la procedura papale, poiché essi consentivano sì
a un presbitero o diacono esonerato dal suo incarico di ricorrere ad un altro vescovo,
ma non facevano parola di un diritto di Roma a intervenire in tale ricorso. 7 1
Gli africani reagirono con cautela. Lasciarono in carica Apiario, che chiedeva per­
dono per i suoi "errori", ma non a Sicca, bensì a Thabraca. Riguardo alle disposizioni
"niceane" del ricorso erano diffidenti . Vi si sarebbero piegati volentieri (alle disposi­
zioni, non al papa ! ), senonché non ne trovavano traccia nelle loro copie dei canoni di
Nicea e pertanto intendevano chiedere il parere delle chiese di Costantinopoli e Ales­
sandria. Il legato papale Faustino cercò ripetutamente di impedirglielo, ma invano. 7 2
Nel frattempo Zosimo era morto e B onifacio I era ora al timone. L' episcopato afri-
56 Il p rimato papale o la "petra scandali "

cano criticò il comportamento del suo predecessore e scrisse che se anche in Italia
fossero stati rispettati gli statuti sui ricorsi, "non saremmo stati costretti a sopportare
cose che non vogliamo nemmeno ricordare . Ma noi crediamo . . . che, finché vostra San­
tità presiede la chiesa di Roma, non dovremo più subire tale trattamento arrogante e
riceveremo il giusto rispetto, che ci sarà mantenuto anche senza minuziose discussio­
ni". I toni sono chiari. Nello stesso tempo il concilio del 4 1 9, presieduto da Aurelio di
Cartagine, al quale prese parte anche Agostino, rinnovò la disposizione del concilio
generale dell ' anno precedente, che proibiva a qualsiasi prelato il ricorso a istanze non
africane, papa compreso, pena la scomunica. Subito dopo arrivarono gli atti di Nicea
richiesti da Costantinopoli e Alessandria, che secondo le aspettative contraddicevano
Zosimo, e furono spedite a Roma, dove però anche in seguito il canone di ricorso di
Serdica venne applicato come niceano ! 73
Infine nel 424, sotto papa Celestino, la questione di Apiario si ripresentò . Recidivo,
venne deposto nuovamente, si appellò a Roma, dove fu accolto benevolmente dal nuo­
vo papa, che inviò ancora Faustino di Potenza. Questi dibatté per tre giorni, con ancora
minor successo e maggior arroganza, come lamentarono i padri del concilio nella loro
epistola "Optaremus" a Celestino. Il suo protetto tuttavia crollò sotto il peso delle pro­
ve schiaccianti , accettò il verdetto del sinodo e in questo modo completò il fiasco del
legato papale. "Per quanto concerne nostro fratello Faustino", scrissero i sinodali, "ci
consideriamo rassicurati da vostra Santità che fatto salvo l' amore fraterno, all ' Africa
verrà risparmiata d ' ora in poi la sua presenza." 74
Ma anche Celestino ricevette un rifiuto dall ' Africa, come finora non era mai succes­
so a un vescovo di Roma. "Che debbano essere inviate persone da parte Vostra" replicò
il concilio di Cartagine, "non è stato affatto (in nullo) stabilito da un si nodo dei padri ;
quanto Voi tempo fa avete inviato mediante Faustino . . . per così dire come parte del
concilio di Nicea, di questo non abbiamo trovato traccia negli attendibili codici che
sono riconosciuti come niceani". I vescovi non volevano nemmeno più vedere prelati
del papa inviati come esecutori, per non dover aprire le porte "alla fumosa boria del
mondo". 75
In maniera insolitamente rigorosa l' episcopato africano sbarrò la strada a qualsiasi
ingerenza papale nei propri giudizi. Negò a Roma il diritto di accettare ricorsi da prela­
ti africani e in linea di principio dichiarò che ciascun sinodo era responsabile della
legittimità delle proprie decisioni. "Nessuno crederà mai che nostro Signore possa dare
ad un singolo individuo preferito il giudizio e che possa negare lo stesso a un grande
numero di vescovi riuniti in concilio ! " 76
Il vescovo di Roma, pertanto, ancora ali ' inizio del V secolo non era considerato
come un' istanza decisiva nella chiesa occidentale, né in materia di fede, né in materia
disciplinare né tantomeno, come dimostra chiaramente la vicenda di Apiario, in ambito
giuridico. Piuttosto, i concili africani si ritenevano assolutamente autorizzati a decide-
Lo scontro sul primato papale è durato fino all 'età moderna 57

re da soli in tali ambiti . Non a caso lo storico del papato Eri c h Caspar è convinto che la
potente chiesa africana non sarebbe mai stata piegata dal seggio romano e dalla nuova
teoria papale del primato e dell' idea subordinazionista, se l ' i nvasione dei Vandali non
le avesse reciso il nervo vitale e l ' Islam, nel VII secolo, non le avesse fatto la pelle. Le
catastrofi degli altri furono sempre (fino ad oggi ! ) una fortuna per Roma. A ragione
Caspar definisce la sconfitta della potente chiesa africana "un incredibile regalo del
destino" per il papato, poiché questa débacle liberò i papi, nel momento decisivo, dei
loro rivali più seri , nella chiesa occidentale, nel l ' ascesa alla supremazia. "Come un
albero secolare colpito dal fulmine, il primato di Cartagine crollò d ' un colpo a terra,
liberando la strada a quello romano". 77

Lo SCONTRO SUL PRIMATO PAPALE È DURATO FINO ALL'ETÀ MODERNA

Anche nei primi secoli del medioevo i concili ecumenici non si sono piegati alle prete­
se esclusiviste di Roma. Le decisioni erano prese collegialmente, e il papa non era
nemmeno nominato durante i solenni annunci del canone. Non era lui l ' istanza gerar­
chica superiore per questioni disciplinari, né era competente per decisioni vincolanti in
materia di fede, bensì il concilio. Al termine del suo studio sui sinodi del primo secolo,
il teologo Wilhelm de Vries sintetizza: "Secondo questi concili è quanto meno normale
che le decisioni in materia di fede e di questioni disciplinari importanti siano prese
collegialmente. È difficile vedere come un primato di tipo assolutistico possa trovare
riscontro nella tradizione del primo secolo." 7 8
Ma anche nel II millennio questa priorità conquistata con disonestà e ambizione
venne ulteriormente combattuta. Naturalmente dalla chiesa greca e da altri "eretici",
Catari , Albigesi, Valdesi, fraticelli. All' inizio del XIV secolo da Marsilio da Padova e
Giovanni di Janduno, professore ali ' università di Parigi. Infine da John Wyclif, Hus, e
Lutero con tutti gli altri riformatori . Ma anche la resistenza dei cattolici continuò. In
diverse assemblee religiose si cercò di limitare o di porre fine alle mire di Roma a
vantaggio dei vescovi; per esempio a Pisa, a Costanza (dove il concilio, nel decreto
"Haec sancta synodus" si dichiarò superiore al papa il 6 aprile del 1 4 1 5), oppure a
B asilea (dove la superiorità del concilio sul papa fu elevata a dogma il 1 6 maggio
1 439). A quei tempi si contestò anche l ' idea del l ' infallibilità papale in materia di fede
e si rivendicò il diritto di deporre il papa in caso di abuso d' ufficio o di incapacità. In
questo quadro rientra la "Dichiarazione del clero gallicano" (declaratio cleri Gallicani)
del 1 682, il "Gallicanesimo", che si diffuse in Germania col nome di "febronianesimo"
(da Giustino Febronio, il cui vero nome era Johann Nikolaus von Hontheim, vescovo
ausiliario di Treviri , che comunque ritrattò nel 1 778). 79
L' idea che solo il consesso dei vescovi (episcopalismo) e non il solo vescovo di
58 I l p rimato papale o l a "petra scandali "

Roma (curialismo) rappresenti l ' unità della chiesa è sopravvissuta anche tra il clero
cattolico fin nel ! ' età moderna, di certo fino a quando Leone X non la dichiarò eresia
nel 1 5 1 6 - un papa, tra l ' altro, che era già cardinale a quattordici anni e che nominò
cardinali anche tre suoi cugini, tra cui l ' illegittimo Giulio (il futuro Clemente VII).
Non va dimenticato che sotto papa Leone, il "dio del sole", il numero di cariche eccle­
siastiche in vendita salì a oltre duemila ! Auri sacrafames. L' episcopalismo ebbe il suo
culmine nel XVII e XVIII secolo. Nel l ' Ottocento, il Vaticano I gli dette il colpo di
grazia con la definizione dell ' episcopato universale del papa e della sua infallibilità.
Nel XX secolo tuttavia, "poiché ovunque la chiesa predica la verità", come insegna
s. Ireneo, gli apologeti cattolici vorrebbero darci a intendere che già ai tempi "della
conversione di Costantino" , quindi all ' inizio del IV secolo, se non prima, come affer­
ma la citazione, "l ' esistenza del papato, cioè la posizione dominante del vescovo di
Roma, era da tempo un fatto assodato" (Meffert); che i vescovi di Roma, secondo le
parole ' autorizzate dal l ' alto' del canonico capitolare Joseph Schielle, "da sempre ha
esercitato il primato"; che, secondo l ' altrettanto benedetto dalla chiesa teologo nazista
Lortz, "Roma ha sempre avanzato pretese di primato sulle altre chiese" ; che il potere
dei papi (secondo le parole dotate di imprimatur di Alois Knopfler, un tempo consiglie­
re segreto di corte, consigl iere spirituale arcivescovile e storico della chiesa ali ' univer­
sità di Monaco) nel l ' antichità "non era solo stato riconosciuto in numerose espressioni
spontanee [ ! ] dalla chiesa intera, ma non di rado addirittura invocato . . . il vescovo di
Roma è stato sempre [ !] investito di un' autorità superiore, divina e come tale onorato" ;
che anche le testimonianze "dei santi padri", come affermano gli apologeti Thomas
Specht e Georg Lorenz Bauer, "insegnano che il vescovo di Roma o la chiesa di Roma
possiedono il primato". In breve, quasi tutta la teologia cattolico-romana, fino al XX
secolo (e in gran parte ancora oggi) afferma: "Il primato dei papi di Roma è stato
riconosciuto unanimemente dai padri della chiesa e dai concili di tutti i secoli" (F. J.
Koch/Siebengartner) . Una clamorosa bugia. Ho
Il fatto è, al contrario, che la "Nota Praevia" allegata alla costituzione ecclesiastica
del Vaticano II (su istruzione di u n ' "autorità superiore") attribuisce al papa un potere
sancito comunque in forma verbale dal Vaticano I, che gli permette "di esercitare i
pieni poteri a sua discrezione (ad placitum)". Così Paolo VI poté essere nel 1 967 pie­
namente cosciente del fatto che "il papa rappresenta il più grande ostacolo sulla via
del l ' ecumenismo", e due anni dopo affermare con orgoglio "Noi siamo Pietro". 8 1
Tuttavia già nell ' antichità l ' influenza di Roma sulla chiesa d' oriente era estrema­
mente limitata. I sinodi orientali non conoscevano affatto il concetto di papato - e come
potevano conoscerlo? Durante il grande concilio di Nicea del 325 (v. I, 3 1 5 ss.) il
"papa" non era presente, né aveva alcun peso. Dopo il si nodo di Tiro (335) non avanzò
particolari pretese per la sua cattedra. Al concilio di Serdica (342 o 343) il tentativo di
fare del papa l ' istanza di appello per le controversie religiose fallì . Al contrario ! I ve-
Lo scontro sul primato papale è durato fino ali ' età moderna 59

scovi orientali non solo si scagliarono contro il santo "Attanasio e gli altri criminali",
ma scomunicarono anche "Giulio della città di Roma" come "istigatore al male". Non
Giulio I (337-352), ma Attanasio (I cap. 8) era la personalità di spicco dell' ortodossia. 82
Se il papato non riuscì mai a soggiogare le chiese d' Oriente, tenne testa all' opposi­
zione occidentale più facilmente. Proprio perché i vescovi di Roma non ebbero per
lungo tempo posizioni di spicco come altri vescovi d' Occidente, per esempio Osio di
Cordova, Lucifero di Cagliari, Ilario di Poitiers, proprio perché si dedicavano molto
meno alla teologia che ali ' amministrazione, tolsero lentamente a tutte le altre grandi
sedi vescovili la loro antica autonomia, decisivamente supportati dai loro troni nell ' an­
tica capitale imperiale, facilitati dal suo significato, dalla sua ricchezza e dal suo splen­
dore : Milano (Ambrogio, non "il papa" fu ripetutamente citato in cima alla lista dei
"vescovi d' Italia"), Aquileia, Lione, Toledo, Braga, e quindi l ' Italia, la Gallia, la Spa­
gna, il Portogallo, e ancora la Scozia e l ' Irlanda rientrarono alle dipendenze della gerar­
chia romana. E con la débacle dell ' impero romano il loro potere sull' Occidente crebbe
ancora, fondato sempre più sulla teologia petriana. Infine la chiesa romana ereditò l ' im­
pero romano (d' Occidente), lo 'teocratizzò ' , ne prese in un certo senso il posto. 83
La crescita del potere di Roma, a spese dei metropoli ti e dei concili occidentali, che
erano da sempre le istanze ecclesiastiche più alte, non fu però conquistata senza com­
battere.
Lo dimostrano i due casi dei vescovi spagnoli Basilide e Marziale, riportati da
Cipriano, notevolmente più antichi ma che ricordano chiaramente quello di Apiario .
Sollevati dalla carica durante il procedimento, essi si appellarono a Roma (fu la prima
procedura di questo genere) e il vescovo Stefano dispose che fossero reintegrati. Le
due comunità spagnole si rifiutarono, si rivolsero al l ' Africa e un sinodo locale dette
loro ragione. Le incoraggiò anche espressamente a non mescolarsi con "preti criminali
e senza Dio" e di ignorare lo "sbaglio" del vescovo di Roma. 84
La lotta per il potere di Roma è bene illustrata anche dalla "Contesa della Pasqua" di
Vittore I ( 1 89- 1 98?), laddove il romano disse, provocando la reazione indignata di s.
Ireneo, che non poteva essere un cristiano cattolico chi festeggiava la Pasqua in un
giorno diverso da Roma. Gli ebrei festeggiavano la Pasqua nella domenica successiva
al quattordicesimo giorno di Nisan (vale a dire il primo plenilunio dopo l ' equinozio di
primavera), ma fino a poco tempo prima, come Ireneo ben sapeva, la Pasqua non era
stata affatto festeggiata tutti gli anni ! Molti vescovi allora, come riporta lo storico della
chiesa Eusebio, attaccarono violentemente il collega di Roma. Questa disputa chiari­
sce ulteriormente la "contesa sul battesimo" tra Stefano e gli africani a metà del III
secolo (supra pag. 49 s); e subito dopo la "contesa dei Dionisi", una disputa teologica
sulla trinità tra il vescovo di Roma Dioniso (259-268) e il suo celebre omonimo
alessandrino, che propugnava la teoria della subordinazione, laddove venne formulato
per la prima volta il concetto dell ' identità di Padre e Figlio (v. I, 309 ss.). 8 5
60 Il p rimato papale o la "petra scandali "

Il potere del pontefice di Roma in questo periodo, per tutto il II e III secolo, era
limitato. Non aveva potere decisionale o giuridico; né la prassi né la teoria del l ' epoca
aveva notizia di un papato nel senso inteso più tardi. La situazione non mutò fino agli
ultimi decenni del IV secolo. 8 6
Con il crescere del l ' importanza del seggio di Roma la lotta per averlo si fece sempre
più dura. Già durante la persecuzione dei cristiani (peraltro grossolanamente esagera­
ta) il soglio è particolarmente ambito, anche se i vescovi di Roma, per così dire, risie­
dono accanto ai loro persecutori imperiali ! Però le rivalità iniziano presto, le comunità
scismatiche diventano la regola, e le dispute talvolta sono di quel genere che strade e
chiese grondano sangue - e tutto per amore di Cristo . . .

NOTE

1 Lettera a i Galati 2 , I l .
Cfr. nota 54 ss.
' Cfr. nota 6220
4 Hal ler, Papsttum, l 20. Cfr. 86.
' B l ank, Petrus, 1 9 .
• Kasper, Dienst, 1 26.
7 Kal l i s 43.
' Ibidem. Cfr. anche papa Giovanni Paolo II ( 1 979) in "Ostkirchliche Studien" 29, 1 980, 1 8 3 .
9 Matteo, 1 6 : 1 7 ss. Deschner, Hahn, 2 1 3 ss. c o n al tri riferimenti bibl iografici. Schnitzer 37 s . G ri l l 2 1 ss.
B u ltmann, Die Frage, 1 65 . Schmidt, Kirche des Unchristentums, 258 ss. Bernhart, 15 afferma che i
motivi contrari a l l ' autenticità della frase sono "abbattuti da una valutazione obiettiva", il che non sta i n
p i e d i . Cfr. anche 7 ss. Un apologeta c o p i a dal l ' altro " l ' i ntera confutazione". Hal ler, Papsttum, I 1 5 .
Obri st, passim. Hahn, Petrusverheij3ung, 8 ss. Pesch, Simon-Petrus, 1 66. Seppelt/Schwaiger 1 3 . Fries,
Das Petrusamt, 1 9 . U l l m a n n , Gelasius l, 27, che ricorda Tertu l l iano, De pudicitia, 8 , 3 1 . Brox,
Kirchengeschichte, l 05 s.
1° Fries, Das Petrusamt, 1 9 . Pesch, Neutestamentliche Grundlagen, 3 1 . Idem, Simon-Petrus, 1 66. B lank,
Petrus, 19 ss.
11
De Vries, Petrusamt, 42. Ritter, Wer ist die Kirche ?, 42 ss. Christ, Petrusamt, 36 ss., i n part. 40 ss. con
molte fonti.
12 Stockmeier, Romische Kirche, 363. Sulle scappatoie cavil lose deg l i apologeti cattol ici, soprattutto delle
origini, cfr. Brunsmann 2 ss, 17 ss, i n part. 42 ss, 82 s s . Pesch, Neutestamentliche Grundlagen, 3 7 . De
Vries, Petrusamt, 4 5 . Schnackenburg, Die Stellung, 33. À hnlich 34. B lank, Petrus, 1 9, 2 1 ,25. Cfr. anche
l a sintesi p . 27 e le considerazioni fi nali 34 ss.
" B lank, Petrus, 29. Christ, Petrusamt, 36 ss, 44 ss.
14 Claudio Sveton io 1 5 ,4; 25, 3. Tac ito, Annali, 1 5 , 44. Atti degli apostoli 1 8 ,2. Wikenhauser, 2 8 5 . Caspar,
Papsttum, I 2 . Haller, Papsttum, I 15 ss, 345 ss. cfr. ThLZ 1 959, 4, 289. Franzen 26. Seppelt/Schwaiger
1 5 ; qui Ireneo. Schneider, Christliche Antike, 59.
Note 61

15 Eusebio d i Cesarea, Historia ecclesiastica, 2,25,5 ss. cfr. soprattutto Haller, Papsttum, I 1 9 s , i n part.
349 ss. Caspar, Papsttum, l, 73 s. Pesch, Das Petrusamt, 3 3 . De Vries, Petrusamt, 43.20
16 Lettera a Clemente, c. 5. Caspar, Papsttum I, l ff. Cullmann 1 23 .
17 Eusebio d i Cesarea, 2,25,8. Cfr. 4,23,9 s s . Lettera ai Cori nzi 3,6 ss; 4, 1 5 . Cfr. anche Atti degli aposto l i
1 8, l ss. Su altre presunte "testimonianze" cfr. Haller, Papsttum, I 346 ss.
18 Grone 5 s. Cfr. Deschner, Hahn, 1 26 s.
19 Koch, Katholische Apologetik, 1 33 . Kuhn 1 8 ss. Specht/Bauer 297 . Kosters 1 1 8. Rathgeber 387. Schuck
94. Franzen 27. Fuchs, Handbuch, 47.
20 Ignazio di Antiochia, Ad Romanos 4,3. Pesch, Neutestamentliche Grundlagen, 33. De Vries, Petrusamt,
45.
21 Klauser, Petrustradition, 69 ss.
22 Ibidem, 35 ss, i n part. 5 3 ss. "Herder-Korrespondenz", annata V I , 1 95 1 /52, 205 . Heussi, Petrustradition,
49.
23 "Herder-Korrespondenz", annata V, 1 950/5 1 , 1 84.
24 Ibidem, annata V I , 1 95 1 152, 205 .
25 Ibidem, 205 s .
26 Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, 2,25,6 s . Hal ler, Papsttum, l 19 s, 349 ss. Kirschbaum 60.
Gelmi 5 1 .
27 Kirschbaum 1 5,20.
28 Ibidem 48 ss, 223 ss.
29 Ibidem 91 s, 94.
30 Ibidem 1 1 5 .
31 Ibidem 96. 1 2 1 .
32 Ibidem 1 24 ss, 1 46, 204 s , 2 1 0, 2 1 5 .
33 Aggi unta a Dassmann, Petrus, 223 ss.
34 Ibidem 224.
35 "L' Osservatore Romano" 27/6/ 1 968. Cit. i n Dassmann, Petrus, 247.
36 Caspar, Papsttum, l, 74. Haller, Papsttum, I 1 9 s, 349 ss. Von Gerkan, in ThJ 1 94 1 , 90 ss. Cfr. i nvece
concessioni e scappatoie nel cattolico Gelmi, 5 1 s.
37 Fuchs, Handbuch, 48 s.
38 Lichtenberg, Vermischte Schriften. Rathgeber 388.
39 Cfr. Prima lettera a Pietro l , l ; 5, l ; 5 , 1 3 . Aland, Von Jesus, 6 1 ss, 85 s. Christ, Das Petrusamt, 42. B lank,
Petrus, 34. Pesch, Neutestamentliche Grundlagen, 35 ss. Brox, Kirchengeschichte, 1 06.
40 Bussmann 1 04.
41 Questo sviluppo è approfondito i n dettaglio nel capitolo 28 della m i a storia della Chiesa, Abermals
kriihte der Hahn, 223 ss. Con documentazione. Sulla "connessione" degl i uffici cfr. Lexi kon der alten
Welt 50 ff.
42 Conc. Nic. C. 4. Handbuch der Kirchegeschichte, I II ! , 242 s . Beck, Theologische Literatur, 67 s . Brox,
Kirchengeschichte, l O l ss.
43 Conc. Nic. C. 6. Conc. Constant. C . 3 . Leone I , Epistulae, 1 1 9,4. Gams, Series I 460, 433, 443, 440, 427.
dtv Lexikon der Antike, Religion I 1 80, I I 1 50 s. B ertholet 42 1 . Caspar, Papsttum, !, 243 . Bury, History,
I 64 s. Honigmann 209 ss. Heiler, Erscheinungsformen, 378. Ortiz de Urbina, Nicea, 244 s. B rox,
Kirchengeschichte, l O l ss. Stockmeier, Das Petrusamt, 70 ss. Dassmann, Zur Entstehung, 83 ss. Handbuch
der Kirchegeschichte 11/1 243 ss.
44 Ireneo da Lione, A dversus haereses, 3, 1 , 1 ; 3,2; 3,3, 1 ss. Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica,
2,25,5 ss; 4,5, l ss; 4,20; 5,6, l ss. Tertu lliano, De p raescriptione haereticorum, 32. Adversus Marcionem,
4,5. Optato di M i levo, 2,3. Catai. Liberianus Monumenta Germaniae H i storica, Auctores antiquissimi
IX 7 3 . Anastasio I , Epistulae, l. LThK 2. A. V I , l O 19 s . Pauly I I I , 622. Andresen/Denzler 448. Lexikon
62 Il p rimato papale o la "petra scandali "

der alten Wel t 2 1 3 s. Koep, Bischofsliste, 407 ss, in part . 4 1 1 con bibl iografia 4 1 5 . Karrer, Papst, 280.
Ancora ai nostri giorni i cattolici affermano che i l soggiorno di Pietro a Roma "è ammesso dalla ricerca,
anche da parte di studiosi non cattolici", Schuchert, Kirchengeschichte, 1 04. Una serie d i storici e teolo­
gi tuttav ia lo contestano energicamente, p. es. : Dannenbauer, Die romische Petruslegende, 239 ss. Heussi,
Die romische Petrustradition, passi m . Idem i n ThLZ 1 959, n . 5 , 359 ss. Idem, Einefranzosische Simme,
596 ss. Idem, Das Grab des Petrus, 82 s . Idem, «Papst» Anencletus /, 30 1 s . Idem, Galati, 2,67 ss. Idem,
Die Entstehung der romischen Petrustradition, 63 ss. Idem, Petrus und die beiden Jakobus, 1 47 ss.
Idem, 1st die sogennante romische Petrustradition bereits im Lukasevangelium und schon kurz nach
dem Jahre 70 bezeugt, 57 1 ss. Idem, Drei vermeintliche Beweise, 240 ss. Idem, War Petrus in Rom ?.
Idem, Petrus, wirklich romischer Martyrer?. Idem, Neues zur Petrusfrage. A . Bauer, Die Legende von
dem Martyrium des Petrus und Paulus in Rom, 270 ss. Haller I 14 ss, 345 ss. Robinson, Where and when
did Peter die, 255 ss, 1 945 in JBL. S maltz, Did Peter die in Jerusalem ?. Ibidem 1 952, 2 1 2 ss. Hyde,
Paganism, Excursus Il/. Was St. Peter in Rom e ?, 265 ss. Ulteriori contestatori del soggiorno romano di
Pietro a Roma sono citati da W. B auer in Hennecke, Neutestamentliche Apokryphen, 1 1 8 . Sulla tomba -

dell' apostolo e sull ' elenco dei vescovi di Roma: A . M . Schneider, ThLZ 1 95 1 , 745 . Idem, Das Petrusgrab
im Vatikan, ibidem 1 952, 32 1 ss. T. Kl auser, Die romische Petrustradition, 55 s. Schafer, Das Petrusgrab,
459 ss. Altendorf, Die romischen Apostelgriiber. 73 1 ss. Holz, Die neue Legende, "Duetsche Woche" n .
52, 1 957. Von Campenhausen, Lehrerweihen, 248 . Mirbt, Quellen z u r Geschichte des Papsttums, 6 ss,
52. Heiler, Altkirchliche Autonomie, 1 9 1 . Haller, Papsttum, I, IO ss, 443 ss. Heussi, Die romische
Petrustradition, 72. Idem, Kompendium, 85. Cfr. i l cattolico B ardenhewer, Geschichte, I , 565, oppure il
cattolico Franzen, secondo il quale la sepoltura di s. Pietro a Roma "è fuori di dubbio"; "anche se non è
ancora riuscita u n ' accurata identificazione della sua tomba e forse non si riuscirà a elimi nare le i ncertez­
ze . . ." 27. Cfr. sul tema anche Caspar, Papsttum, I,
2,8,8 47 s. Seppelt/Schwaiger 1 5 . Gontard 80. Hardy
81 ss. Telfer, Episcopal succession, l ss. Meissner 475 ss. V. anche il capitolo "Gli inizi della chiesa
italiana" in Roethe 3 ss. C u l l mann 1 23 . Aland, Von Jesus bis Justinian, 6 1 , 65, 85 s , 209. Maier,
Verwandlung, 246. Koch, Cathedra Petri, 83. Kupisch I 86. Grotz 35. Von Loewenich 65. Stockmeier,
Das Petrusamt, 67. De Vries, Das Petrusamt, 46 s. Gel mi 5 1 s.45. LTHK 2. A. VI l 0 1 7. Pau ly III 622.
Caspar, Papsttum, I 2, 256, nota l .
'" Gri sar, Geschichte Roms, 732.
47 Pl utarco, Numa, l. Genesi 5 : l ss; l l : I O. Con altri docu menti: Koep, Bischof�liste, 407 ss, alla quale mi
attengo. Cfr. Caspar, Papsttum, I , l 3, nota l .
'" Caspar, Papsttum, I, l 8 . Cfr. anche Benz, Beschreibung, ! 57 . Haller, Papsttum, I , 25. Handbuch der
Kirchegeschichte II/ l , 243 s. Brox, Kirchengeschichte, l O l ss, l 05 ss.
'" dtv Lexi kon der Antike, Religion I 1 80, II 1 48. Caspar, Papsttum, I , 1 1 8 s , 243. Hunger, Byzantinische
Geisteswelt, 1 3 , 20 ss. Heiler, Erscheinungsformen, 378. Haller, Papsttum, I, 53, 65 . De Vries, Petrusamt,
54. Brox, Kirchengeschichte, 1 03.
50 Von Loewe n i c h 64. H a l l e r, Papsttum, I , 2 5 . Handbuch d e r K i rchegesc h i c hte I l/ l , 248 s . Brox ,
Kirchengeschichte, 1 03 , ss.
" Zosimo, Epistulae, 9,2. Anche il cattolico Bernhart, Der Vatikan, 23, scrive : "I primi tre secoli dopo la
morte di S i mone Cefa non hanno conoscenza di un sovrano sulla Cathedra Petri". Heiler, Altkirchliche
Autonomie, 26 1 ss. Bertholet 4 l 2. Bihlmeyer, Kirchengeschichte, l 03. Chadwick, Die Kirche, 278. Aland,
Von Jesus, 1 27, 1 37 ss, 209. Baus i n Handbuch der Kirchengeschichte Il/ l , 297. Brox, Probleme, 8 l ss.
Idem, Kirchengeschichte, 1 07. De Vries, Petrusamt, 48. Andresen/Denzler 452. Gelmi 59.
" C i priano di Cartagine, Epistulae, 75. LThK l . A . I V 1 4, V 940 ss, 2. A . IV 1 44. Caspar, Papsttum, I, 8 1
s . von Campenhausen, Lateinische Kirchenviiter, 5 l . Woj towytsch 49 s.
5 3 Cipriano di Cartagine, Epistulae, 75, 24 s .
54 C ipriano, Epistulae, 33, l ; 55, 8 ; 59, 1 4; 67; 69 ss, i n part. 7 3 ; 74, l ss. Cfr. anche D e catholicae ecclesiae
unitate, 4 s. LThK ! . A . I V l 4; 2. A . IV 1 44. Koch, Cyprian, passi m . Idem, Cathedra Petri, 32 ss, l 54 ss,
Note 63

1 79 . Caspar, Primatus Petri, 253 ss, in part. 304 ss. Idem, Papsttum, I, 76 ss. Poschmann, Ecc/esia
principa/is, 45 , 65. Roethe 43 ss. Feine 56, nota 1 2. Quasten, Patrology, II, 1 28 s. Haendler, Kirchenviiter,
363. Gontard 94. Hal ler, Papsttum, l, 34 ss, 3 5 8 ss. Ludwig, Primatworte, 22. B u llat 1 7 ss. Seppelt/
Loffler 4 s. Fries, Handbuch, III 28 1 . Marschall 29 ss, 85 ss. Stockmeier, Das Petrusamt, 72. B aus, Von
der Urgemeinde, 403 ss. Woj towytsch 39 ss, 56 s, 386 ss. M irbt/A land, n. 1 59 ; 1 64 ; 1 92 ss. Secondo von
Loewenich già il vescovo Call isto affermò l ' autorità di Roma basandosi su Matteo 1 6 : 1 8 , cosa che
scatenò l ' i m mediata protesta di Tertul l iano. Geschichte der Kirche, 65. Kirchner, Der Ketzertaufstreit,
290 ss. Gelmi 5 3 . Haendler, Von Tertullian, 63 s, 69 ss. B rox, Kirchengeschichte, 1 07 , 1 4 1 s. B évenot
246 ss. De Vries, Das Petrusamt, 47 s. Wickert, Cyprian, 1 7 1 ss.
55 Ernst 324 ss. Bernhart 42. Marsc hall (v. nota precedente ) . Kirchner, Der Ketzertaufstreit, 296 ss, fa i
conti anche con la scomunica di Cipriano. "Qui vi era divisione". Da qui le fonti anche per Seeberg e
Lietzmann . Bau, Von der Urgemeinde, 405 ss, parla di "rottura" e "divisione". Simi lmente, anche Seppelt/
Loffler 5, dove si parla di "abbandono della comun ità ecclesi astica" . Cfr. Seppelt/Schwaiger 1 8 .
Woj towytsch 47 s.
56 Hergenrother, Kirchengeschichte, 303. Caspar, Papsttum, I, 72 ss. Kosters 1 2 1 .
57 Cipriano, Epistulae, 59, 1 4. Koch , Cyprian. Idem, Untersuchungen . Idem, Cathedra Petri. B ihl meyer,
Kirchengeschichte, 1 04, 1 07 s. Bernhart 41 s. von Loewenich 62, 74 s . Stockmeier, Das Petrusamt, 7 3 .
Haendler, Von Tertu/lian, 6 6 . Woj towytsch 44.
'" Origene, Commentari i in Mt. Cfr. anche Giustino, Dia/og mit dem Juden Tryphon, l 00,4; l 06,3 . M irbt/
Aland, Que/len, 1 25 .
59 Ambrog i o , De incarnationis dom inicae sacramento, 4 , 3 2 . Luca, 6 , 9 7 ( C S E L 3 2/4, 275 ) . Von
Campenhau sen, Ambrosius, 98 ss., in part. 1 07 ss, 1 25 ss. Baur, Johannes l, 289. Koch, Cathedra Petri,
32 ss, 1 54 ss. Hagel 73 s. Caspar, Papsttum, l, 245 . Kosters 1 22 . Galling, Die Religion, 308. Haller,
Papsttum, I 7, 34 ss, 458 s. Marschall 29 ss. Haendler, Von Tertu/lian, 1 22 . Aland, Von Jesus, 229.
"' Gregorio Nazianzeno, De vita sua, 1 63 7 , 1 802. Basilio di Cesarea, Epistulae, 239, 2 . dtv Lexikon der
Antike, Religion I 1 80, II 1 48. Beck, Theologische Literatur, 95. Haller, Papsttum, I 65, 68 ss, 1 02 .
Woj towytsch 1 30 ss, 1 50 ss, 1 94 ss, 2 1 9 , De Vries, Obsorge, 34. I d e m , Petrusamt, 5 1 .
61
Cfr. Haller, Papsttum, I 87.
62 A m brogi o , De incarnationis domin icae sacramento, 4 , 3 2 . Agostino, Epistulae, 3 6 , 9 ; 4 3 , 7 ; 5 3 , l .
Retractationes, l , l 0,2. Sermones. 76, l ; 270, 2 ; 295 . Epistulae ad cath. De sect. Don. 2 1 ,60. Enarrationes
in psa/mos, 44 c. 23. B aur, Johannes l, 289. Koch, Cathedra Petri, 1 7 1 . Von Campenhausen, Ambrosius,
98 ss. Caspar, Papsttum, I, 338 ss, 607 . Hagel 7 3 s . cfr. anche 76 s . Hei ler, Katholizismus, 288 s . Idem,
Urkirche, 5 5 s. Idem, A ltkirchliche Autonomie, 41 ss. Hofmann, Der Kirchebegrijf. 3 1 6 ss, 446 ss. Benz,
Augustins Lehre, 40. Lippold, Rom, 21 ss. Haller, Papsttum, l 86 s . Haendler, Kirchenviiter, 363 s. Idem,
Von Tertu/lian, 1 22. Ltitcke 1 40. M arschall 42 ss, 64 ss. Woj towytsch 226 ss, i n part. 242 ss. Aland, Von
Jesus, 229. Gotz 1 5 .
63 Cirillo d i Alessandria, Epistulae, 1 7 , 3 .
64 Andresen/Denzler 3 4 5 s . LThK l . A . VI 1 82 s s ; 2 . A . VI 525 ss. Cfr. Lumpe l ss. H andbuch der
Kirchengeschichte I l/ l , 250 ss.
65 Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, 1 0,5,2 1 ss. V. C . 1 ,5 1 . Epifanio di Salamina, Haereses, 74, 1 4 .
M ansi I I 469 s s . Roethe, passim . Lumpe l s s . Schwaiger, Piipstlicher Prima/, 2 3 . D e Vries, c i t . ibidem.
"" Socrate , Historia ecclesiastica, Proem . Lib. V; VI pr. 9 s. Beck, Theologische Literatur, 41 s. Franzen/
B aumer 52. Woj towytsch 2 s. (con u l teri ore fondamentale bibli ografia) 1 47 ss, 1 97 . Winkel mann,
Kirchengeschichtswerke, 1 7 3 s. Brox, Kirchengeschichte, 1 69 ss.
67 Seppelt, Der A ufstieg, 1 22 s, 1 27 ss. Hu nger, Byzantinische Geisteswelt, 1 82 , 1 86 s . Gontard 1 1 3 , 1 1 6.
Baus, Erwiigungen, 36. H andbuch der Kirchengeschichte I I/ l , 249. Woj towytsch 3 5 3 ss. Ullmann,
Gelasius l, 20 ff. B lank, Petrus, I l . B rox, Kirchengeschichte, l 04.
68 Ci t. da Caspar, Papsttum l, 208.
64 Il p rimato papa le o la "petra scandali "

69 Zosimo, Epistulae, 4 s; 7, I O s (JK 33 1 , 332 s, 340 s ) . Girolamo, Epistulae, 1 25 ,20. Caspar, Papsttum, l,
348 s . B e c k , Theo/ogische Literatur, 42. Haller, Papsttum, l, 82 ss. Woj towytsch 1 48, 1 9 1 ss, 266 ss, 367
s . Cfr. p e r contro Gottlieb, O s t u n d West, 25, c h e almeno d e l l a G a l l i a afferma "che n o n ha mai messo i n
dubbio l ' autorità d e l vescovo d i R o m a né nel I V né nel V secolo".
70 Hal ler, Papsttum, I , 98 ss. Schwaiger, Piipstliche Primat, 40 s . H an dbuch der Kirchengeschichte 111 1 ,
244, 246, 253. Woj towytsch 226 ss, i n part. 254 ss, 354 ss, 368 s.
71 Zosimo, Epistulae, l ; 1 5 . Canones i n causa Apiari i c . 28 (CC 259, l 09). B reviarium Hipponense c . 27
(CC 259,4 1 ) . LThK l . A . I 532; 2. A. I 689 s. Caspar, Papsttum, I , 358 ss. Seppe! t, Der Aufstieg, 1 48 s .
Seppelt/Schwaiger 35. Wermeli nger 1 5 1 s, 243 . Cfr questa nota e le prossime. Handbuch d e r Kirchen­
geschichte 111 1 , 269. Woj towytsch 254 ss'.
7 2 Tutti i riferi menti delle fonti in Caspar, Papsttum, I, 386 ss e Woj towytsch 254 ss.

" Ibidem v. anche Seppe! t, Der Aufstieg 1 49 s.


7 4 Tutti i riferi menti delle fonti i n Caspar, Papsttum I . 369 ss e Woj towytsch 258 ss. V. anche Haller,

Papsttum, I , 1 00, secondo il quale Apiario "nel frattempo era diventato vescovo". Cfr. anche Seppelt,
Der A ufstieg, 1 50 s.
75 Caspar ibidem, Woj towytsch ibidem.
76 Ibidem.
77 Caspar, Papsttum, I , 37 1 s . Woj towytsch 256 ss, in part. 26 1 , 302.
78 De Vries, Die Kollegialitiit, 87 ss.
79 Andresen/Denzler 1 1 3 s, 2 1 4 s, 232 s, 343 ss, Specht 275, 282, 304 s. Hiinen 22 ss. Janson 1 29 ss. B randi
77 ss. Woj towytsch 8 s, con le fonti più importanti .
"° Cfr. Papa Gelasio l, Decreti, PL 1 3 , 374. Ireneo di Lione, Adversus Haereses, 5,20. Kiihner, Lexikon,
1 72 ss. Andresen/Denzler 1 97 s, 2 1 4 s, 287 s. Koch, Katho/ische Apo/ogetik, 1 34. Meffert, Apologetische
Volksbibliothek, 303. Knoptler 205 . Specht 293. Lortz l 54. J. Schielle, Apologetik Goti und Christus.
Ausgabe fii r achtklassige Lehranstalten 7, A. 1 937, 1 2 ( Dottri na della chiesa).von Loewenich 76.
Woj towytsch 99 ss. c o n importanti fonti. Wickert, Episcopalismus, 773 s s .
"1 Cfr. nota 6; 7 ; 8.
82 S in o d o di Serdica (343 ), E n z . d . orient. c . 27 C S E L 65,66. La data d e l sinodi di Serdica, ritenuta fino a l
XVIII secolo il 347, è ancora controversa. I l ario, fr. 3, I ,ss. LThk l . A. I X 1 82 ss. Handbuch d e r Kirchen­
geschichte 111 1 , 3 8 ss.
83 RAC III 3 1 1 . Bertholet 4 1 2 s . Hei ler, Erscheinungsformen, 379. Hal ler, Papsttum, I 66, 74 s . Benz,
Beschreibung, 1 57. Ullmann, Gelasius /, 9.
" ' Cipriano, Epistulae 67. Woj towytsch 45 s .
"5 Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, 5, 23 ss; 7,2. V . C . 3 , 1 8 ss. S u l l a "disputa di Dionisio":
Atanasio, De sententia Dionysii, 1 8,2. K. Miil ler, Dionys von Alexandrien, 278 ss. Roethe 21 ss, 43 ss.
Seppelt/Loffler 3 . B i h l meyer, Kirchengeschichte, 1 1 9 s. Mirbt/A land n . 94, p . 36 ss, n , 1 82 p . 86. Huber
55 ss. Richardson 74 ss. Brox, Tendenzen, 29 1 ss. Haendler, Der Ketzertaufstreit, 1 84 ss. Marschal l, 85
ss. Kirchner, Der Ketzertaufstreit, 290 ss. Molto dettagliato di recente Woj towytsch 19 ss, 46 ss, 380 ss,
393 ss. Sulla questione della Pasqua: Chadwick, Die Kirche, 92 s. Haendler, Von Tertullian, 43. Stockmeier,
Das Schisma, 82 ss. Cfr. anche Dinsen, 33 ss. B ienert, Dionysius, 200 ss. Opitz, Dionys von Alexandrien,
4 1 ss. Schneemelcher, Aufsiitze, 344 s. Kiihner, lmperium, 34. Sulla differenza non solo d i calendario,
ma in assoluto tra cristianesimo orientale e occidentale cfr. anche Schneider, Die Unterschiede, 267 ss,
in part. 278 ss.
86 Woj towytsch 64 s, 1 34
CAPITOLO III.

PRIME RIVALITA E TUMULTI ATTORNO


ALL'EPISCOPATO DI ROMA

"Quando i l vescovo di lppona morì nel l ' i nvasione dei Vandali . . .


s u l seggio d i Pietro sedeva già l a magia dello splendore e del potere .
Le donazioni dei ricchi signori permettevano ai signori di Roma di rinnegare
la modestia del pescatore di Cafarnao. La serietà dei devoti s ' indignava
per i l loro lusso e le loro tavole imbandite. Non sono le passioni più nobi l i
a spaccare gli elettori i n partiti" (Joseph B ernhart, teologo cattolico) 1

"Con noncuranza spesso sorprendente i successori di Pietro


sul seggio di Roma si circondarono . . . dello sfarzo mondano . . .
Così s i è formata un ' i mmagine dell ' ufficio d i Pietro
che nella sua forma monarchica rimanda molto più all ' antico i mpero
che a l l ' i m magine biblica di Pietro" ( Peter Stockmeier, teologo cattolico) 2

"Da innumerevoli lettere di Girolamo si ricava una descrizione


dei costumi della Roma cristiana che sembra una satira . . . ;
e anche questo storiografo della chiesa, certo non ostile ai cri stiani,
ha biasi mato i l lusso e la superbia dei vescovi di Roma.
È i n occasione del la sanguinosa lotta tra Damaso e Ursino
per l ' episcopato di Roma che si legge i l famoso passo:
<<Se osservo lo splendore delle cose cittadine riconosco che quegli uomini
hanno dovuto combattersi l ' un l ' altro con tutta l a forza dei loro partiti
per ottenere quello che desideravano;
e una volta raggiunto i l loro scopo, potevano essere sicuri
di arricchirsi con i regali delle matrone,
di viaggiare i n carrozza, vestirsi con sfarzo
e tenere banchetti così sontuosi
da superare quelle dei prìncipi>>'' (Ferdinand Gregorovius) 3
66 Prime rivalità e tumulti attorno ali 'episcopato di Roma

Nel cattolicesimo ci sono antipapi: a tal punto l ' alto clero ha ambito al "santo seggio"
per tredici secoli, fino alla fine del medioevo. Il primo antipapa (la parola entrò in uso
nel XIV secolo, al posto delle più antiche 'pseudopapa, antichristus, schismaticus' )
comparve all ' inizio del III secolo; l ' ultimo, Felice V, nel X V (secondo alcuni Felice è
stato il trentanovesimo, poiché il numero degli antipapi oscilla tra 25 e 40. Nemmeno
gli esperti sanno chi era il papa legittimo e chi no.) 4
Gli antipapi sono prìncipi della chiesa che la chiesa stessa denigra; in realtà non
sempre. Felice V infatti, il ricco e vedovo duca Amedeo VIII di Savoia, dichiarato
antipapa dal concilio di B asilea del 1 439, alla fine ricevette anche il titolo di "Cardina­
le di Sabina", il rango più alto nel cosiddetto Santo Collegio dei Cardinali e, sebbene
tutt' altro che povero, (poiché chi più ha, più deve avere) ricevette anche un vitalizio.
Talvolta un antipapa è divenuto anche santo, e a volte anche papa. In tale chiesa nulla
(o quasi) è impossibile. 5

LA LOTTA TRA S. IPPOLITO E S. CALLISTO

Proprio il primo antipapa salì agli onori dell' altare. Divenne santo della chiesa romana
e greca (festeggiato dai romani il 1 3 agosto, come vescovo di Porto il 22 agosto, e dalla
chiesa greca il 30 gennaio). Ippolito, allievo di Ireneo, è l ' ultimo autore occidentale a
scrivere in greco, e la sua intensa attività letteraria nel III secolo appare singolare. Egli
fu il pri mo prelato dotto di Roma, innalzato per questo anche dalla parte più esigente
dei cri stiani, una minoranza scismatica. Egli stesso definì più volte il suo predecessore,
s. Zefirino, un cafone ignorante . 6
Anche Cal listo, il concorrente di Ippolito (2 1 7 -222) è santo (festa il 1 4 ottobre); nello
stesso tempo però è anche "un uomo esperto nel male e dotato per l ' inganno", un "ipo­
crita" che conquista tanto gli "eretici" quanto gli ortodossi con "astute espressioni" ma
che appartiene alla feccia della storia dell' 'eresia' . Proprio Callisto, ricordato dalle im­
mense catacombe sulla via Appia (dove non è sepolto, ma dove lavorò come diacono),
aderì, pri ma della sua condanna come eresia, al modalismo, dottrina ufficiale della chie­
sa di Roma. Essa non vedeva nelle tre persone divine tre individui, bensì solo dei modi,
manifestazioni di un Dio, pertanto visto come persona unica ( * v. infra alla nota 7).
Come minimo tre papi consecutivi sostennero questa "eresia": s. Vittore, s. Zefirino e s.
Callisto stesso, che contemporaneamente accusava s. Ippolito di eresia e di"diteismo". 7
Ippolito, le cui concezioni cattoliche furono in seguito assunte come ortodosse, ha
cercato di annientare moralmente il suo rivale in una biografia di Callisto beffarda­
mente intitolata "Il martirio di Callisto sotto il preafectus urbi Fusciano" .
Callisto, educato alla fede cristiana, schiavo proveniente dalla zona portuale, figlio
presumibilmente della schiava Callistrate e all' inizio, stando a Ippolito, anche bandito,
La lotta tra s. lppolito e s. Callisto 67

iniziò la sua carriera, per così dire, come banchiere. Per il ricco cristiano Carpoforo,
cortigiano imperiale, gestiva al mercato del pesce una banca abbondantemente foraggiata
dai cristiani di Roma. Tuttavia Calli sto (un antico predecessore de l i ' arcivescovo
Marcinkus, capo della banca vaticana) speculò con il denaro del suo signore, delle
numerose vedove e fratelli cristiani e fece bancarotta nel 1 87- 1 8 8 . Fuggì allora su una
nave verso Porto; inseguito da Carpoforo si gettò in mare, venne ripescato, riportato a
Roma e condannato a un lavoro di routine. Qui continuò i suoi imbrogli e presto entrò
in conflitto con gli ebrei probabilmente per una questione di crediti. Al sabato scoppiò
un tumulto in sinagoga. Gli ebrei picchiarono Callisto e lo trascinarono dal prefetto
cittadino, dove si dichiarò cristiano. Ma Carpoforo, accorso immediatamente, spiegò:
"Non credetegli ; non è un cristiano, è solo uno che deve restituire molto denaro preso
indebitamente, come posso dimostrare". Il prefetto Fusciano fece frustare Callisto e
dispose la sua deportazione nelle miniere della Sardegna, l ' isola della morte. Qui però
lo salvò un intervento del l ' amante cristiana dell ' imperatore Commodo, Marzia, e il
vescovo di Roma Vittore lo fece trasferire per circa dieci anni ad Anzio, uno dei luoghi
di villeggiatura preferiti della nobiltà romana, compresa la casa imperiale; in più gli
concesse una pensione mensile (in che ambigua luce appare qui la "bancarotta" del
banchiere) che copre Callisto di "tutti gli onori" (cardinale Hagenrother) e che venne
definita dalla letteratura più antica addirittura come esilio; egli godeva anche della
fiducia altrui come confessore. Presso il successore di Vittore, il vescovo Zefirino ( 1 99-
2 1 7 ) - "un uomo ignorante e privo di istruzione, che non conosceva i precetti della
Chiesa, sensibile ai doni e avido di denaro" (lppolito) - Callisto guadagnò un ' influenza
sempre maggiore grazie "alla sua costante presenza e ai suoi intrighi" e diventò consi­
gliere finanziario delle alte gerarchie e, dopo aver "mandato in rovina Vittore" ed
esautorato Ippolito, divenne egli stesso vescovo di Roma. "Era un imbroglione e un
intrigante", scrisse lppolito su s. Callisto. Egli aveva "il veleno nel cuore", "false opi­
nioni" ed era restio "a dire la verità". 8
Desta meraviglia il fatto che il clero, a partire da Callisto, faccia proprio il principio
romano dell' invulnerabilità dell' ufficio, che lascia la competenza anche al più indegno
dei fu nzionari ? ! Proprio Cal l i sto appoggia e real izza per primo in Occidente
l ' irrevocabilità del l ' ufficio vescovile anche in caso di "peccato mortale". E questo,
nonostante la celebrata lettera di Clemente, addirittura annoverata tra gli ' scritti sacri '
in Siria, definisca ' non destituibile' solo chi è moralmente senza macchia ! Nella lotta
contro i donatisti scismatici venne sviluppata, in piena contraddizione a tale predica, la
linea del lassismo fino alla conseguenza tipicamente cattolica, insuperabilmente cinica
e in grado di sopportare qualsiasi imbroglio, per cui la chiesa (obiettivamente) è sem­
pre santa, malgrado la corruzione (soggettiva) dei singoli preti (v. l, 236). 9
Il seguito del suo avversario, secondo lppolito, era cresciuto perché lui, s. Callisto,
permetteva per primo peccati che Cristo aveva condannato, peccati che "servono alla
68 Prime rivalità e tumulti attorno all 'episcopato di Roma

liberazione delle voglie". Callisto aveva anche "ordinato vescovi, diaconi e preti spo­
sati due o tre volte" . . . Aveva permesso a "donne di ceto elevato non sposate ma in cerca
di marito, che però non volevano perdere il loro rango con un matrimonio legale, di
scegliersi un compagno di letto, fosse egli uno schiavo o un uomo l ibero, e considerar­
lo il proprio marito. E così delle cosiddette cristiane hanno cominciato a usare mezzi
contraccettivi e a praticare aborti, poiché dato il loro rango elevato e il loro patrimonio
non volevano figli da uno schiavo o da un uomo comune. Vedete fino a che punto lo
scellerato è giunto nella sua empietà ! Insegna l ' adulterio e l ' assassinio. E questi scia­
gurati continuano a chiamarsi «chiesa cattolica» e molti continuano ad andar loro in­
contro, nella convinzione di agire nel giusto . . . Gli insegnamenti di quest' uomo si spar­
gono in tutto il mondo". 1 0
Conversazioni tra santi e vescovi romani !
Naturalmente qui ci sono due carrieristi in lotta fra loro. Naturalmente a guidare la
penna di lppolito sono stati l ' odio e l ' invidia, le specialità di molti preti . E tuttavia le
sue ingiurie coglievano nel segno. È evidente la discrepanza con l ' insegnamento di
Gesù : "chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei
nel suo cuore" . Ora "papa" Callisto dice che l ' adulterio è un peccato veniale. Concede
alle giovani donne, anche non sposate, un amante a loro scelta ! Piega senza ritegno la
morale cristiana, e la plebe cristiana gli si affolla intorno, grata. 1 1
Anche Tertulliano, uno dei più energici "eretici", uno dei massimi "protestanti" pri­
ma di Lutero, schiuma e deride, tuona contro Callisto, "chi sei tu, per rivoltare e rigira­
re . . . " attacca la disposizione del ' pontifex maximus' (come lo schernisce usando il
termine pagano), del 'vescovo di tutti i vescovi ' , in quanto "inaudita innovazione", il
cui posto più adatto sarebbe stato in un bordello. "Lì dovrebbe essere letto questo lasci­
to, dove probabilmente verrebbe accolto ! E invece no ! Lo si legge nelle chiese ! " . 1 2
Senza dubbio Callisto ha dimostrato una certa lungimiranza spirituale, h a riconosciu­
to le "relazioni effettive" (Seppelt/Loffler, cattolici) e "le necessità pratiche" (Aland,
protestante), ha avviato uno sviluppo futuro. Nel suo "edictum perpetuum", nel caso in
cui esso, ora contestato ovunque, venisse emanato, egli si richiama all "'autorità decisi­
va" degli apostoli : Mt. 1 6, 1 9. (A Mt. 5 , 1 7 di certo non si richiama, e nemmeno a l Mos.
38,24; 3 Mos. 20, l O; 5 Mos. 22,22; l Cor. 6,9; Eb. 1 3,4. Comunque dalla Bibbia ognuno
prende quello che vuole). Callisto naturalmente rese subito gradito il suo adattamento
alle esigenze quotidiane delle masse. Per contro il dotto e tradizionale Ippolito, autore di
una celebre Traditio Apostolica (che vietava l ' assassinio anche ai soldati e ai cacciatori :
v. l, 2 1 8, un vero rigorista, come i circoli clericali definivano i cristiani intransigenti),
rappresentava la dottrina tramandata, secondo la quale nessun prete né vescovo poteva
ammettere un allontanamento dalla fede, un assassinio o un atto osceno. Invece Callisto
definiva ora il meretricio come peccato veniale. Dopo l ' apostasia di massa provocata
dalla persecuzione dell ' imperatore Decio, quando, tanto più tra i nobili, molti tradirono
La lotta tra s. Jppolito e s. Callisto 69

la propria fede, ora la chiesa vogliosa di massa e potere perdonava anche l ' apostasia. E
nel 3 1 4, con la comparsa del primo prete-soldato (v. I, 2 1 6 ss ), anche l ' omicidio perse il
suo carattere del tutto squalificante. Fu il trionfo del nuovo. Callisto, si presume, subì il
martirio, citato per la prima volta nel 354. In seguito fu tramandata una falsa passio
Callisti, un vero romanzo di martiri, dove gli sgherri di Severo Alessandro gettano in
una fontana Callisto, rintracciato durante una messa. Oppure dove egli cade vittima
della folla inferocita, o salta dalla finestra dopo "lunga e tormentosa prigionia" (Wetzer/
Welte), e tuttavia predica, guarisce, battezza. Nel XII secolo i tedeschi realizzano maca­
bre rappresentazioni del suo martirio, e per due millenni la chiesa lo celebra come mar­
tire : oggi anche alcuni teologi ammettono la falsità dell' affermazione.
Lo scisma proseguì . Ippolito si contrappose anche a Urbano I (222-230) e a Ponziano
(230-235). Infine i "santi padri" litigarono a tal punto che l ' imperatore Massimino il
Trace spedì sia Ippolito che Ponziano in Sardegna nel 235, dove entrambi morirono -
per quanto non nelle miniere, le "cave di pietra" (Gelmi) dove i cattolici fanno morire
volentieri Ponziano, pur di avere un papa martire (di solito rari) in più. In realtà per gli
honestiores, tra i quali si annoveravano anche i vescovi, la legge permetteva solo la
deportazione (in insulam) ma non la condanna ai lavori forzati (ad metalla). Ponziano
deve aver rinunciato alla sua carica il 28 settembre 235 (la prima data certa della storia
dei vescovi ! ) . Dopo la loro morte vennero riportati entrambi i patria, seppelliti in luo­
ghi diversi e celebrati come martiri . Callisto, Ponziano e Ippolito sono i primi romani
menzionati dal calendario dei santi e dei martiri della comunità di Roma (depositio
martyrum) del 354.
Nessuno di loro fu martire. La festa di s . Ippolito tuttavia, che lo rese patrono dei
cavalli, viene celebrata dalla chiesa. cattolica il 1 3 agosto, fin dal tardo III secolo. Il
giorno era quello della festa della dea romana Diana, assimilata alla greca Artemide,
dea della caccia e protettrice degli animali selvatici. La leggenda di Ippolito si sviluppò
in fretta, e alla fine nessuno più ricordò la figura nella sua realtà storica. 1 3
Subito dopo la sua morte il latino divenne la lingua ufficiale della chiesa d ' Occiden­
te al posto del greco, che imperava anche a Roma e la rendeva, come lamentava
Giovenale, una graeca urbs. E forse questo è in relazione anche al fatto che il prolifico
autore, i cui lavori furono utilizzati anche da Ambrogio e Girolamo, cadde nell' oblio in
Occidente: già Girolamo e Eusebio non sapevano più quale fosse stato il suo episcopato.
Il successore di Ippolito, Damaso I (366-384), in una iscrizione a lui dedicata, tace il
titolo di vescovo e parla solo di presbitero, chiaramente per cancellare il ricordo del
primo scisma di Roma. Solo nel 1 55 1 venne trovata nelle catacombe, probabilmente
nella camera mortuaria di Ippolito, una statua di marmo senza testa e con il manto del
filosofo, seduta sul seggio vescovile, il cui lato esterno recava le sue insegne, anche se
incomplete. In questo modo il "grande sconosciuto" della storia ecclesiastica d' Occi­
dente ritornò dal i ' oblio. 1 4
70 Prime rivalità e tumulti attorno all 'episcopato di Roma

CORNELIO CONTRO NOVAZIANO

Ancora non era passata nemmeno una generazione che un nuovo scisma, ancora più
deciso, si profilò tra i vescovi di Roma Cornelio (25 1 -25 3) e Novaziano, laddove, al di
là della rivalità personale, la sempre più disinvolta pratica della penitenza giocò un
ruolo importante.
Mentre il generoso Cornelio - un santo, prodigo di aiuti soprattutto contro mal cadu­
co e crampi - recuperò i moltissimi cristiani che avevano defezionato dopo la persecu­
zione deciana, cosa che naturalmente gli garantì la vittoria, Novaziano rifiutò decisa­
mente questa soluzione. Contro la maggioranza dei romani e contro la chiesa africana
egli propose la scomunica a vita per i lapsi, poiché la Chiesa non poteva perdonare
"peccati mortali" come l ' assassinio, l ' adulterio e l ' apostasia - proprio i suoi primi inse­
gnamenti !
Novaziano era un retore dotato, severo, un eccezionale stilista con una predi lezione
per Virgilio e la Stoà. Ai tempi della persecuzione aveva guidato la comunità cristiana
di Roma dopo la morte del vescovo Fabiano (dal 236 al 255), il primo papa-martire, al
quale però non venne inflitta la condanna a morte, ma la prigione. Perciò né Cipriano
né l ' iscrizione sul suo sarcofago lo definiscono martire . La chiesa antica tuttavia ha
spacciato per martiri undici vescovi romani su diciassette! - " . . . per la documentazione
è mancato il tempo; ma nessuna tomba è stata scoperta, nessun nome è divenuto mitico,
e la ' schiera di testimoni ' suscita come sempre meraviglia" scrive Frits van der Meer.
Ma perché mai dovrebbe essere mancato il tempo per la documentazione? Pure lo si è
trovato per la massa di false cronache sui martiri. E lo stesso van der Meer non parla
forse fin dalla prima pagina del "lascito incommensurabile dei padri della chiesa" ?
Eppure non c ' è stato tempo per documentare la fine dei 'papi-martiri ' ?
Novaziano aveva delle legittime speranze sul seggio vescovile, e anche Cipriano di
Cartagine si aspettava che venisse scelto. Ma ben presto sul favorito circolarono le più
incredibili calunnie, soprattutto per mano di Cornelio stesso. Inferiore per intelletto e
personalità, egli schernì l ' avversario come "luminare", "dogmatico e protettore del
sapere della chiesa", lo accusò di "insaziabile avidità", di "perfidia da serpente veleno­
so", " scaltrezza e falsità, spergiuro e menzogna" . Lo chiamò "astuto e furbo", "malva­
gio criminale" e "bestia malefica e subdola" ; i paragoni con gli animali erano partico­
larmente graditi dai cristiani durante i litigi. (v. I, 1 4 1 ss). Il vescovo Cornelio riporta
che Novaziano era apparso "all ' improvviso come vescovo, come scagliato da un can­
none", mentre aveva attirato a Roma "tre vescovi, persone ingenue e rozze, con
macchinazioni fraudolente". Qui, spiega il santo Cornelio, li aveva "fatti circondare da
persone della sua marmaglia, preposte a questo compito, e li aveva costretti, quando
ormai erano ubriachi e vacillanti, alle quattro del pomeriggio, a concedergli l ' ufficio
vescovile con un' imposizione delle mani immaginaria e inventata. E ora sostiene que-
Cornelio contro Novaziano 71

sta carica, che non gli spetta affatto, con intrighi e astuzie" . 1 5
Cornelio continua a malignare : già prima del battesimo, probabilmente come
catecumeno, Novaziano sarebbe stato posseduto da spiriti maligni e trattato da esorcisti
cristiani; "Satana" avrebbe "albergato in lui per molto tempo". Tuttavia la "peggior
stoltezza" del suo avversario sarebbe stata quella di scongiurare il suo seguito di esser­
gli fedele, al momento della somministrazione dell ' eucaristia. Avrebbe stretto forte le
mani dei suoi dicendo : "Giurami, per il corpo e per il sangue del nostro signore Gesù
Cristo, che mai mi lascerai per seguire Cornelio ! " E invece di rispondere con l ' amen,
presumibilmente gli altri avrebbero detto "Mai tornerò da Cornelio" . 1 6
Il vescovo Cornelio, che Cipriano presenta come "il più autorevole testimone della
virtù e della fede" rimprovera al suo avversario anche "codardia e brama di vivere",
apostasia durante la persecuzione. Nel 258 Novaziano morì da martire, ma la chiesa lo
negò. In compenso fece "decapitare" Cornelio, il quale invece morì di morte naturale
nel 253 a Centocelle. "Gli atti" scrive il teologo cattolico Ehrhard, "che attestano il
martirio di papa Cornelio sono senza valore", vale a dire falsi; ancora oggi a malapena
contestati . 1 7
Cornelio scomunicò Novaziano e i suoi nel 25 1 in un sinodo di sessanta vescovi ;
dopo u n a penosa esitazione Cipriano d i Cartagine (che ebbe i n Fortunato un anti ve­
scovo nel maggio del 252, in un piccolo anti sinodo) si associò a Cornelio e non gli fu
in nulla inferiore nella sua campagna denigratoria.
Come Cornelio, Cipriano fustiga i "rinnegati", i "traditori" e la loro "stoltezza" , la
"follia", la "furia" e le loro "sovversioni". In particolare Novato, il presbitero, uno dei
suoi principali avversari, che combatté le aspirazioni vescovili di Cipriano e subito
dopo aveva sostenuto a Roma Novaziano, il "malvagio astuto", il "folle scismatico",
divenne uno dei principali obiettivi dei suoi attacchi. "È un uomo costantemente avido
di novità, rapido nella sua insaziabile ingordigia . . . sempre in agguato per tradire, un
adulatore che vuole solo imbrogliare . . . una fiaccola che divampa per alimentare la
fiamma della ribellione, un vento di tempesta che vuole far naufragare la nave della
fede, un nemico della quiete, un avversario del silenzio, un rivale della pace". Le tirate
di Cipriano evocano "gli orfani che ha derubato, le vedove che ha ingannato, e i denari
della chiesa che ha negato . . . ". "Anche suo padre è morto sulla pubblica via, e non l ' ha
fatto nemmeno seppellire. Ha colpito sua moglie con un calcio al basso ventre, provo­
cando il parto prematuro e la morte del bambino. E ora . . . ". 1 8
B asta così. Così parlano i cristiani dei cristiani, i preti dei preti.
La chiesa di Novaziano, data prematuramente per morta, durò invece per secoli, e fu
"nella sua realtà storica la confessione latente della cattiva coscienza della grande chie­
sa, che si vedeva costretta continuamente a dei compromessi nel proprio ambiente e lo
sapeva bene" (Andresen). I novaziani vennero in seguito considerati ortodossi e anche
nelle più controverse dispute sulla trinità concordarono pienamente con i cattolici. Anche
72 Prime rivalità e tumulti attorno all 'episcopato di Roma

Teodosio I li tollerò, e anche l ' imperatore Giuliano. Dalla Spagna e dalla Gallia, dove
anche il vescovo Marciano di Arles divenne novaziano, fino in Oriente ci furono presto
in ogni grande città due vescovi e due comunità in contrasto tra loro, anche se il loro
"ritorno" al cattolicesimo veniva assai facilitato. A Costantinopoli i novaziani possede­
vano tre chiese; Acesio era vescovo sotto Costantino. Nella stessa Roma lo scisma
novaziano durò, con il suo considerevole seguito e le sue molte chiese, fino al V secolo
inoltrato. In Oriente (Siria, Palestina, Asia minore ecc.), dove Novaziano trovò mag­
giore riscontro, la setta durò molto più a lungo; anche molti montanisti vi si unirono.
Infatti talvolta i novaziani si chiamarono addirittura montanistae e montenses. Essi
stessi, "la comunità di Dio", si chiamavano anche - "con superbia intellettuale", dice
Eusebio - "katharoi", i "puri", poiché la loro chiesa era "purificata" dai peccati morta­
li; un nome dal quale deriva la definizione storica di "Catari".
Nel IV e V secolo gli imperatori cristiani combatterono i novaziani a causa del l ' uni­
tà dell ' impero. Onorio e Teodosio II si scagliarono violentemente contro di loro. I papi
Innocenzo I e Celestino I depredarono le loro chiese, tanto che il loro vescovo Rusticula
dovette officiare la messa in abitazioni private (o forse avrei dovuto dire di Celestino,
poiché fu lui probabilmente ad introdurre l' introitus nella messa? Cfr. I, 26 ss). Anche
s. Cirillo di Alessandria prese le chiese dei novaziani e fece sparire nelle proprie tasche
il patrimonio personale del loro vescovo Teopempto (infra p. 1 34 ). Occasionalmente i
loro luoghi di culto venivano distrutti, come per esempio fece il vescovo Eleusio di
Cizico sull' Ellesponto. E degli scritti che il filosofo Novaziano pubblicò in latino, pri­
mo vescovo dotto di Roma, non resta praticamente nulla. Non è nemmeno un caso che
i novaziani riuscissero attraenti per i cristiani più istruiti . 1 9
Gli unici due dotti che la chiesa di Roma ebbe nel III secolo furono antipapi; il
primo, già lo dice Haller, fu combattuto per tutta la vita, il secondo scomunicato. 2 0

IL "MARESCIALLO DI Dio" E "PATRONO DEL BESTIAME CORNUTO"

Cornelio (spesso raffigurato con il corno per bere) non superò solo il suo concorrente ;
divenne anche popolare. Come "papa" legittimo, come vero santo (festa il 1 6 settem­
bre) e falso "martire" divenne uno dei cosiddetti quattro "marescialli di campo di Dio",
"avvocati celesti", che venivano invocati in caso di pestilenze; nella Renania cattolica
venerato anche come particolare santo ausiliatore, insieme agli altri quattordici santi
ausiliatori ( ' a causa della loro presenza unica e dell' aiuto quotidiano' : documento di
Colonia del l 479); anzitutto l ' eremita Antonio a Wesel, il vescovo Uberto nelle Ardenne,
il tribuno Quirino a Neus s , e Cornelio a Selikum, s. Severino (Colonia) anche a
Kornelimi.inster presso Aachen. Il ricco monastero benedettino, secolarizzato nel 1 802,
venne distrutto dagli abitanti di Aachen nel 1 3 1 0, ma dovette essere rimborsato. Con
Ribellione, assassin io e complotto 73

l ' Illuminismo si esaurì anche il culto dei "quattro marescialli", ma non dei quattro
santi. Ancora nel XX secolo, nel giorno di s. Cornelio, a migliaia si recano in pellegri­
naggio a Kornelimtinster, che possiede perfino, in un reliquiario d' argento, la testa del
"maresciallo" (nel tardo medioevo lì venne anche venerato, tra le altre cose, "il tova­
gliolo usato dal Salvatore a cena . . . e il sudario che fu messo sul santo volto di Nostro
Signore nella tomba" : il gesuita Beissel) . Inoltre Cornelio divenne il "patrono degli
animali con le corna", quindi anche di tutti i bovini, e invocato in casi di crampi, epiles­
sia, ecc . , casi in cui anche s . Valentino è competente. 2 1

RIBELLIONE, ASSASSINIO E COMPLOTTO;


l PAPI MARCELLINO, MARCELLO, MtLZIADE, StLVESTRO E ALTRI

La controversa questione della penitenza condusse nel IV secolo, anche sotto Marcello
I ed Eusebio, ad aspri conflitti. Durante la persecuzione di Diocleziano papa Marcellino
(296-304 ?), come molti altri cristiani, preferì la vita al martirio. Egli sacrificò agli dèi
e consegnò i 'testi sacri ' , anche se la testimonianza storica, pur sempre tramandata da
cristiani e donatisti, non è priva di dubbi . Tuttavia papa Nicola stesso la dette per certa.
In maniera abbastanza eloquente, perfino alcuni antichi cataloghi papali non menzio­
nano Marcellino, rendendo quindi una giustizia radicale ai caduti durante la persecu­
zione, la damnatio memoriae: un capitolo oscuro.
Superato il pogrom, i due partiti cristiani, uno all ' insegna del rigore e l ' altro più
permissivo, ciascuno col suo vescovo, si scontrarono duramente. Il governo intervenne
drasticamente due volte di seguito. I vescovi Marcello, Eusebio ed Eraclio, il capo
dell' opposizione clericale, furono condannati all ' esilio. Poi, apparentemente fino al
335, ci fu un doppio episcopato. L' antivescovo era Marco, uomo di particolare ' santi­
tà' . Perfino papa Damaso I condannò la veemenza dello scontro : "furor, odium, discor­
dia, lites, seditio, caedes, bellum, solvuntur foedera pacis". Così Marcello, uomo di
severo rigore, nell ' epitaffio che Damaso gli dedicò, fu ricordato anche come "nemico
giurato di ogni miseria", e nello stesso epitaffio si lamentò "l' odio furioso" tra i cristia­
ni, "discordia e litigio, ribellione e assassinio". 22
A sacrificare agli dèi dev ' essere stato Marcellino insieme a tre presbiteri e successo­
ri : i papi Marcello I (308-309?), giunto dopo quasi quattro anni nei quali il seggio
rimase vacante, il periodo più lungo della storia del papato; Milziade (3 1 1 -3 1 4 ?) e
Silvestro I (3 1 4-335). Comunque, come accade spesso, la tradizione è incerta, confusa,
spesso scientemente abbellita da falsificazioni ecclesiastiche. Può ben darsi che Marcello
I e Marcellino siano la stessa persona (che l ' imperatore Massenzio, in realtà tollerante
verso i cristiani, abbia ripetutamente destinato al servizio di scuderia e che, secondo la
leggenda sarebbe morto proprio in una scuderia, naturalmente martire). La chiesa in
74 Prime rivalità e tumulti attorno all 'episcopato di Roma

ogni caso li venera tutti e tre, anzi quattro, come santi ancora oggi. Tuttavia lo stesso
Liber Pontificalis, il libro ufficiale dei papi, indica Marcellino come traditor (diserto­
re) e riporta che egli ha offerto incenso, ma lo fa espiare con il martirio, cioè la
decapitazione per ordine di Diocleziano. Nel breve periodo di carica di Milziade av­
vennero le decisive battaglie di Ponte Milvio, l ' editto di tolleranza di Milano e la con­
danna dei donatisti.
Il vero contemporaneo di Costantino è Siivestro I, "grande come il tempo" nelle
parole dello storico del papato Grone. In realtà il ruolo del vescovo romano nelle deci­
sioni del l ' imperatore è stato più o meno nullo. Sebbene abbia 'regnato' 22 anni, di lui
si sa meno che di qualsiasi altro vescovo del IV secol o ! Molto più si saprà più tardi,
grazie alle invenzioni e alle falsificazioni alle quali i papi devono il loro intero stato. Di
s. Silvestro non restano scritti autentici. La tradizione è letteralmente opera di fantasia.
"Circondato da un' aura di leggenda" (Seppelt/Loffler) guarisce l ' imperatore dalla leb­
bra e libera Roma dal l ' alito venefico di un drago. E poiché presumibilmente fece sacri­
fici agli dèi, la leggenda cristiana accentua la sua fermezza. Tuttavia il governatore che
voleva costringerlo a rinunciare ai beni della chiesa cattolica soffocò con una lisca di
pesce. Certo, nella sfida contro dodici maestri ebrei Silvestro riportò in vita un toro
ucciso dall ' u ltimo maestro . "Il tuo dio uccide, il mio ridà la vita" (sull' altare maggiore
di Gregor Ehrhard a B laubeuren, 1 493-94, e anche in molte raffigurazioni successive,
il toro giace ai piedi di Silvestro ). 23

DI OGNI TIPO DI SPARGIMENTO DI SANGUE E DI ALTRI MÀRTIRI.


Lo SCISMA FELICIANO

A metà del IV secolo Roma fu scossa da una guerra civile per mano di Liberio (352-
366).
Abbiamo incontrato questo papa già sotto l ' imperatore Costanzo, quando egli prima
volle "soffrire per Dio" piuttosto che affermare cose in contraddizione col Vangelo, ma
poi in esilio rinnegò la sua fede e scomunicò ! ' "ortodosso" Attanasio (v. I, 3 3 5 ) . Di
questo sono testimoni i padri della chiesa Attanasio e Girolamo, anche se ancora nel
XX secolo il teologo fondamentalista Kosters, della scuola gesuitica di s. Giorgio (con
doppio imprimatur) afferma il falso dicendo che il papa non avrebbe "certamente sot­
toscritto alcuna formula eretica". Per contro il teologo cattolico Albert Ehrhard ha con­
fermato quasi contemporaneamente (ma senza imprimatur) il risultato della· sua ricer­
ca: "È fuori di dubbio che Liberio sottoscrisse la cosiddetta terza formula sirmiana.
Con questo non solo egli abbandonò Attanasio, ma anche il principio 'homousios' del
concilio di Nicea" . 24
Anche altri cattolici ammettono questo da tempo. Per lo storico del papato Seppelt
Di ogni tipo di spargimento di sangue e di altri martiri 75

non solo non c ' è dubbio che Liberio "abbia apposto la sua firma alla cosiddetta terza
formula sirmiana", ma che "ha sottoscritto e accettato volontariamente anche la prima
formula sirmiana (35 1 ), che ugualmente rigettava l' homousios". Così come è anche
"sicuro" per Seppelt che "Liberio abbandonò Attanasio" . 25
Quando il traditore della fede niceana tornò a Roma il 2 agosto 3 5 8 , regnava
l ' (anti)papa Felice II (355-358). Liberio deve aver promesso all ' imperatore di ricono­
scere questi come avente pari diritto e governare insieme la chiesa romana: una grave
umiliazione e una cosa impossibile dal punto di vista del diritto ecclesiastico. Tuttavia
solo a queste condizioni, per le quali si impegnò anche il sinodo di Sirmio (358), fu
concesso a Liberio di tornare. D ' altra parte Felice, insieme al diacono Damaso (futuro
papa) e all ' intero clero romano, al momento del bando di Liberio aveva giurato solen­
nemente che non avrebbe mai riconosciuto nessun altro come vescovo di Roma, fintanto
che era in vita. Solo pochi mesi più tardi Felice assumeva la carica papale (appoggiato
dal partito ariano, a quanto pare per ordine imperiale) e riammetteva gli ariani nella
chiesa, e tutto il clero di Roma lo seguì . Entrambi , sia il clero che i l nuovo papa, viola­
rono il giuramento. E anche Liberio non mantenne la promessa fatta al sovrano e si
scagliò contro Felice e il suo debole seguito. Il popolo rimase fedele all ' esiliato, lo
salutò al suo ritorno al grido di "Un dio, un imperatore, un vescovo ! " Lo scisma feliciano,
la lotta per il potere tra due vescovi romani, che avevano tradito entrambi le professioni
"ortodosse" di Nicea per il proprio vantaggio, portò a scontri sanguinosi e al cosiddetto
assassinio feliciano. Felice II, indicato come vescovo nel catalogo ufficiale dei vesco­
vi, fu scacciato nel 358 e fuggì nella sua proprietà presso Porto. Più tardi tentò di
tornare, conquistò la basilica Giulia al di là del Tevere, venne di nuovo cacciato e morì
a Porto il 22 novembre 365 , dimenticato per molto tempo. Invece papa Liberio, che
sotto l ' imperatore ariano Costanzo sottoscrisse una professione di fede semi-ariana,
sotto l ' imperatore cattolico Valentiniano I perseguitò nuovamente gli ariani . 26
Perciò la tradizione ufficiale romana si è di nuovo ricordata di Felice II, ammetten­
dolo nel novero dei legittimi papi e santi, mentre Liberio, già negli ultimi anni della sua
vita, al di fuori di Roma non ebbe alcun ruolo particolare ed era oltretutto moralmente
compromesso. Lo spergiuro Felice, invece, a quanto pare grazie a un bizzarro scambio
con un martire Felice venerato sulla via Portuense o con un altro omonimo della via
Aurelia, venne celebrato fin dal VI secolo come papa legittimo e santo martire il 29
luglio.
Il libro ufficiale dei papi, che di certo per almeno mezzo millennio è stato di scarsa
utilità storica, si fa garante del suo martirio. "Felice era un romano . . . regnò un anno, tre
mesi e tre giorni . Dichiarò Costanzo eretico, e per questo l ' imperatore lo fece decapita­
re . . . Morì nella città di Corona con molti sacerdoti e fedeli nel mesi di novembre . . . ". 27
Poiché Costanzo, che avrebbe fatto decapitare papa Felice, era già morto nel 36 1 ,
mentre Felice morì sotto i l cattolico Valentiniano I nel 365 , qualcuno tra i suoi succes-
76 Prime rivalità e tumulti attorno all 'episcopato di Roma

sori sembra essersi fatto un' idea sul martirio di questo (anti)papa. Il processo di forma­
zione del l ' opinione è durato oltre un millennio, perché Roma sa aspettare. Poi però
Gregorio XIII ( 1 572- 1 5 85), il "santo padre", che non solo celebrò l ' eccidio della notte
di S. B artolomeo con un Te deum, ma approvò il piano per l ' assassinio della regina
Elisabetta I d' Inghilterra (affermando che "chi compia questo nel degno proposito di
servire Dio, non solo non commette peccato ma merita un compenso"), questo sensibi­
le papa insomma, rivedendo il "libro dei martiri di Roma", decise di cancellare il nome
del suo predecessore Felice. 2 8
A questo punto accadde l ' incredibile nella chiesa dei ss. Cosma e Damiano, gemelli
e martiri, edificata da Felice IV nel VI secolo, sulle rovine di due templi pagani. Nel
303 avevano perso la testa insieme ad altri tre fratelli. Prima della decapitazione erano
stati gettati in mare in catene, e un angelo li aveva salvati ; un fuoco che avrebbe dovuto
arderli aveva bruciato gli spettatori ; una serie di frecce e pietre lanciate verso di loro
avevano invece colpito i tiratori . Per questo vennero presto acclamati in tutta la cristia­
nità come santi, patroni dei medici, dei farmacisti e delle facoltà di medicina. E sebbe­
ne nel XX secolo lo stesso J. P. Kirsch, protonotario apostolico e direttore dell ' Istituto
Archeologico Pontificio di Roma, affermi con l ' imprimatur: "Mancano reali notizie
storiche sulla vita e il martirio dei gemelli", il cattolico Hiimmeler, nello stesso periodo
e con lo stesso imprimatur afferma: "da allora", dal VI secolo, "il loro culto non si è
esaurito". Inoltre sono "gli unici santi della chiesa d' Oriente . . . ammessi nel canone
della santa messa" . Aggiunge Kirsch: "le loro presunte reliquie giunsero a Brema nel
965 , nel 1 649 a S. Michele a Monaco (in un prezioso scrigno). Festa: 27 settembre, in
Grecia il 27 ottobre". 2 9
Come in questo caso si confondono naturale e soprannaturale, leggenda, cioè menzo­
gna, e storia (che spesso vogliono dire la stessa cosa), così avviene anche per Felice Il.
Perché proprio nella chiesa romana dei miracolosi martiri Cosma e Damiano, il 28 lu­
glio 1 5 82 venne trovato, alla vigilia della festa dell' antipapa Felice Il, un sarcofago di
marmo con l ' i scrizione: "Qui giace la salma del santo papa e martire Felice, che ha
dannato l ' eretico Costanzo" . Da allora il nome di Felice tornò nel "libro dei martiri" . 30

DAMASO, IL PAPA ASSASSINO, COMBATTE L'ANTIPAPA URSINO E ALTRI DEMÒNI

Con il crescente potere del soglio di Roma, l ' aumento dell ' influenza, ricchezza e lusso
del suo occupante, i chierici divennero sempre più avidi nei riguardi di quella posizio­
ne, e anche la definizione di sedes apostolica si fece più comune, insieme ad un nuovo
corso autoritario verso le altre chiese. Già un sinodo romano del 378 parlò di vescovi
che minacciavano di morte altri vescovi , li perseguitavano e li depredavano dei loro
episcopati . Lo storico Ammiano Marcellino, un pagano particolarmente imparziale,
Damaso, il papa assassino, combatte l 'antipapa Ursino 77

osservatore benevolo del cristianesimo, che attorno al 380 si era trasferito dalla natia
Antiochia a Roma, riconduce la lotta per la cattedra romana alle aspirazioni di tipo
feudale dei papi. Attorno alla stessa epoca il coltissimo prefetto cittadino Pretextato,
anch' egli pagano (come, stando ad Agostino, la stragrande maggioranza deli' aristocra­
zia romana) liquidò il tentativo di conversione di Damaso con la frase: "Fatemi vesco­
vo di Roma e divento subito cristiano" . La tavola di questi prìncipi della chiesa doveva
relegare ne li' ombra perfino i banchetti dei re. "Il povero clero di campagna veniva una
volta tanto a Roma, per ubriacarsi non visto" (C. Schneider) . 3 1
Presso lo storico del papato V. Grone, che qui sorprendentemente distorce e abbelli­
sce la verità, la vicenda si legge in questo modo: "Al tempo in cui Damaso ottenne il
pontificato, esso era già oggetto di una considerazione così alta che, anche solo a causa
della posizione assunta nei confronti del l ' imperatore e dei funzionari dello stato, do­
vette allontanarsi dalla povertà degli apostoli i! limitarsi, per il bene di tutta la chiesa,
ad esercitarla solo in spirito. Divenne necessario che il maggior vescovo della chiesa si
occupasse di cose mondane e spendesse in abiti, arredamenti e banchetti per poter
rappresentare degnamente la chiesa di fronte al mondo con le sue preziose biblioteche,
i calici d' oro, i paramenti di porpora e gli altari maestosi. Come Pietro venne a Roma
con un bastone da pellegrino per conquistare i ricchi e i satolli, così il suo successore,
col cambiare dei tempi, dovette cambiare il bastone di legno con uno d' oro e rivestire
i piedi con sandali di porpora per proteggere i diseredati e i derelitti". 32
Proprio sotto Damaso I (366-3 84), chiamato già in gioventù servo dell' Altissimo e
"solleticatore di orecchie femminili" (matronarum auriscalpius) a causa della presa
che i suoi discorsi avevano sulle donne, si arrivò a conflitti più che mai violenti, a
intrighi e raggiri, e a manovre finanziarie così oscure che agli studiosi ricordano già i
papi del Rinascimento. Questo "rappresentante", all ' epoca già sessantenne, in un certo
senso straordinario ma difficile da capire, subì chiaramente il fascino del potere e re­
gnò più di ogni altro suo predecessore, diciotto anni. "Oltre ogni umana misura" scrive
Ammiano, Damaso e il suo avversario Ursino fremevano per "arraffare il seggio". Con
il terrore e la corruzione alla fine vinse Damaso, che all ' inizio aveva giurato fedeltà a
papa Liberi o che l' aveva fatto diacono, ma che poi si era schierato con l ' antipapa Feli­
ce e, al ritorno di Liberio, di nuovo con quest' ultimo. 33
Non erano ancora terminate le celebrazioni funebri per la morte di Liberio, il 24
settembre 366, che una parte della chiesa nominò il diacono Ursino suo successore,
facendolo consacrare subito nella basilica Giulia ( S . Maria in Trastevere) dal vescovo
di Tivoli. Intanto la maggior parte del clero si trovava ancora a S. Lorenzo in Lucina,
occupata con l' elezione di Damaso, che tra l ' altro abbandonò il partito di Liberi o per
guidare (e condurre alla vittoria) quello dello sconfitto antipapa Felice (già il suo terzo
cambio di fronte): questo segnò l ' inizio di mesi di tumulti nella ' santa' Roma, la "capi­
tale della devozione" (cfr. Sozomeno) . Si arrivò a vere e proprie battaglie nelle strade e
78 Prime rivalità e tumulti attorno all 'episcopato di Roma

nelle piazze, nelle basiliche scorse il sangue. Per Damaso l ' intera chiesa cattolica era
"la sola sposa di Cristo"; quella romana però era particolare, "anteposta alle altre chie­
se . . . dalla parola del nostro Signore e Salvatore nel Vangelo, che le ha concesso il
primato dicendo: 'Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa"'. Damaso
non dimenticò s. Paolo, che "ottenne la gloriosa corona di martire lo stesso giorno di
Pietro, sotto l ' imperatore Nerone", e quindi , attraverso questo doppio "venerando trion­
fo" la chiesa di Roma è "superiore a tutte le altre città del mondo intero. Il romano è
anche il primo soglio dell' apostolo Pietro, che non ha macchie né rughe . . . " . 34
Questo nel l ' anno 382. Ciò che seguì era già accaduto nel 366 durante il conclave,
dopo che Damaso "ebbe portato avanti la politica di riconciliazione iniziata da Liberi o"
(il cattolico Seppelt).
Innanzi tutto un' orda armata di bastoni, che Damaso si era conquistato col denaro,
si abbatté sui seguaci di Ursino, ancora riuniti in chiesa. I cattolici combatterono tre
giorni per la basilica Giulia, già contesa sotto Liberio (p. 75). Poi Damaso, che nel
frattempo era rimasto chiuso in Laterano con la sua guardia del corpo, fece portare via
dai soldati tutti i chierici del suo avversario e li espulse dalla chiesa. Una parte del
popolo riuscì comunque a strapparli ai militari e si trincerò con essi sul l ' Esquilino
nella B asilica Liberiana (S. Maria Maggiore). Il 26 ottobre 366 la squadra di picchiatori
papali dette l ' assalto; si trattava di un branco di becchini, gente del circo e carrettieri ,
assunti dal ricco pontefice come soldati privati . Essi sfondarono le porte, irruppero
all ' interno, appiccarono incendi e bombardarono gli assediati con le tegole. Infatti
Damaso, "prete ispirato e sensibile ali ' arte", "un' enorme personalità", "l iberò le forze
del primo cristianesimo, a lungo serbate per la lotta, e le impiegò per costruire"
(Htimmeler, con imprimatur). Almeno 1 37 tra uomini e donne, sinceri seguaci di Ursino,
pagarono la "costruzione" con la vita; secondo una fonte ursiniana perfino 1 60 perso­
ne, senza contare i feriti gravi ; dunque centinaia di vittime, feriti, bruciati . E tuttavia,
miracolo divino, non morì nessun compagno d' armi di Damaso, la cui "devozione
infantile" è celebrata anche dal vecchio Kirchen-Lexicon cattolico di Wetzer/Welte
(un' enciclopedia in dodici volumi, "redatta con la collaborazione dei migliori eruditi
cattolici di Germania", sulla cui prima pagina - alla faccia dell ' umiltà - il vescovo di
Friburgo nel 1 84 7 concedeva la "nostra approvazione" e "autorizzava la stampa" : "Noi,
Hermann von Vicari, per volere di Dio e per grazia del seggio apostolico arcivescovo
di Friburgo e metropolita della diocesi dell ' alto Reno, Gran Croce del l ' Ordine di
Zahringer-U:iwens, insignito dell' ordine principesco di Hohenzollern-Hechingen e della
croce d' onore di prima classe di Hohenzollern-Sigmaringen . . . " e così via, "diamo la
nostra approvazione a questo primo volume").
I l prefetto cittadino Vivenzio, "integer et prudens Pannonius", come dice Ammiano,
era senza dubbio un uomo in gamba, ma senza potere sufficiente. Così, nel rispetto
della non interferenza nelle questioni sacre, si godette dapprima lo spettacolo, poi si
Damaso, il papa assassino, combatte l 'antipapa Ursino 79

ritirò nel silenzio e nella quiete della sua villa di campagna; gli ursiniani cantarono
litanie funebri e la folla urlò, ricordando il ruolo determinante di Damaso negli omicidi
feliciani : "È già la quinta volta che Damaso fa la guerra, via gli assassini dal seggio di
Pietro ! " Circolarono anche diversi opuscoli . Un foglio di parte ursiniana lodava il po­
polo timorato di Dio, "che, per quanto colpito dalle persecuzioni, non arretra né di
fronte ali ' imperatore né ai funzionari, né alla fonte di tutti i crimini, l ' assassino Damaso".
Non bisogna dimenticare che questo papa fu anche all ' origine degli "editti di sangue"
dell ' imperatore Teodosio, con i quali si dava la caccia a quei cristiani infedeli a Damaso,
annientati con la violenza dallo Stato stesso. 3 5
Ovviamente il papa massacratore divenne santo, festeggiato l ' 1 1 dicembre. E tanto
per non dimenticarlo, la sala di rappresentanza del palazzo papale prese il suo nome.
Mi torna sempre in mente Claude Adrien Helvétius ( 1 7 1 5 - 1 77 1 ): "Quando si leggono
le leggende dei santi, si trovano i nomi di migliaia di criminali canonizzati", un' acco­
modante definizione del grande illuminista (e se mi è concesso esprimere una prefe­
renza personale, tra tutti i santi preferisco le vacche sacre, anche se mi piacciono ugual­
mente tutte le altre). 3 6
Damaso, che conquistò la navicella di Pietro con l ' aiuto del governo, doveva ora
p i lotare con il timone d el i ' apostolo, "che abbiamo ricevuto". Eppure confessò
ipocritamente di "non essere degno di questo onore", ma che si sarebbe sforzato "in
ogni modo, anche se non potessimo raggiungere la fama della sua beatitudine". Ben­
ché la battaglia principale era stata vinta, il suo episcopato fu oggetto di contesa per
tutta la durata del suo ufficio. Per anni regnò il caos, si moltiplicarono gli atti di violen­
za e le torture verso i chierici fedeli all' antipapa. Anche i luciferani si organizzarono;
inutilmente Damaso tentò di farli perseguire per via legale dal giudice B asso. C' erano
ancora novaziani, gruppi di marcioniti, montanisti e gnostici valentiniani. Il papa si
scagliò contro ariani e semiariani, contro i vescovi "eretici" Ursacio, Valente e Auxenzio
di Milano, che fece condannare insieme, contro l ' emergente "eresia" del patriarca
Macedonio (pneumatochia) e contro gli apollinaristi . Anche i donatisti erano da poco
rappresentati a Roma, dove diverse "chiese" si combattevano, ciascuna col suo vesco­
vo; e i donatisti, dali' inizio del IV secolo, erano già arrivati al sesto vescovo. Al presbitero
luciferano Macario, Damaso proibì la pratica ecclesiastica, e quando seppe che serviva
messa di notte in una casa privata lo fece arrestare dalla polizia (religiosa e statale
insieme: officiales) e trascinare con la forza davanti a un giudice laico. Poiché Macario
non si piegò nemmeno con le minacce venne spedito a Ostia, dove morì in conseguen­
za delle ferite (1 3 3 5 ) . Occorre anche ricordare che s. Damaso non concesse mai udien­
za ai vescovi spagnoli perseguitati Priscilliano, Instanzio e Salvi ano n eli' inverno 3 8 1 -
382, nonostante le loro suppliche ("Ti preghiamo umilmente di darci udienza. . ."); e
Priscilliano, insieme ai suoi più ricchi seguaci e alla ricca vedova Eucrozia, venne
torturato e decapitato a Treviri, occasione in cui l ' Inquisizione si estese in Spagna
80 Prime rivalità e tumulti attorno ali ' episcopato di Roma

(v. I, 373 ss). Le riunioni e le messe degli ursiniani vennero represse dalle squadre
damasi ane anche nei c i miteri ; Ursino e i suoi ven nero e s i l i ati dall ' im peratore
Valentiniano prima in Gallia, poi a Milano, anche se egli non smise mai di agire da
lontano sia contro Damaso che contro il suo successore. E quando l ' imperatore ne
autorizzò il ritorno nel 367, ci furono nuove battaglie, nelle quali Ursino venne sconfit­
to e infine rinchiuso a Colonia. Ma la lotta continuò fintantoché Damaso ebbe vita.
Ancora nel 368 la maggioranza del sinodo di Roma si rifiutò di scomunicare l ' antipapa
Ursino, nonostante le pressioni e le promesse di Damaso . "Non ci siamo riuniti per
condannare un uomo senza averlo ascoltato". 37
Il papa era sospetto sotto troppi punti di vista; troppo sospetto, e non solo sospetto.
Nel 37 1 Damaso fu accusato di adulterio.
In effetti il "solleticatore di orecchie femminili", il cui padre era stato a sua volta
prete (a S. Lorenzo), era in stretto contatto con donne ricche, ed era anche autore di
alcuni trattati (non conservati) sulla verginità; secondo l ' esperto Girolamo, era egli
stesso dottore vergine di una chiesa vergine; uno spirituale che raccomandava ai fedeli
di "mantenere casto il letto", di "generare figli per Dio", che predicava l ' astinenza,
perché "la santità è dei santi" e "il congiungimento carnale è sporcizia" cfr. Leone l,
infra p. 1 83), che il prete "impuro" sta allo stesso livello "delle bestie" e non merita il
nome di prete. Poteva un tale papa essere un adultero? Un uomo "ornato di ogni tipo di
virtù" che con il suo comportamento si è costruito "un monumento eterno" , come af­
ferma il vescovo Teodoreto? Un uomo del quale Grone dice, nel l ' ultimo capitolo a lui
dedicato: "Già i suoi contemporanei lo venerarono come santo e ancor oggi il popolo
italiano chiede la sua intercessione in caso di febbre"? >H
Eppure a Damaso non venne contestato solo l ' adulterio, bensì un ' intera serie di
gravi crimini, grazie alla testimonianza del l ' ebreo Isacco, dapprima convertito e poi
tornato alla sinagoga (e a quanto si dice mai l asciato in pace fino alla morte nel 3 8 1 ).
Tra i reati c ' era perfino l ' omicidio. "Alla fine il partito di Ursino si rialzò", ci si lamen­
tò in seguito, "con la spinta dell ' ebreo !sacco . . . si volle la testa del nostro santo fratello
Damaso" . E poiché venne incriminato malgrado l ' appoggio del l ' imperatore, le accuse
dovettero essere molto gravi. Valentiniano I fece eseguire le indagini al suo incaricato
speciale, il prefetto Massimino (che Ammiano paragona ad una belva da circo in liber­
tà; venne giustiziato nel 376); durante il processo i singoli testimoni furono anche tor­
turati di fronte allo stesso imperatore, e alla fine il procedimento fu interrotto. Questo
non avvenne in conseguenza dell ' intervento del prete antiochiano Evagrio, amico d ' in­
fanzia deli' imperatore, ma poiché il governo fin dal i ' inizio si era schierato con Damaso
e ora non poteva certo farlo cadere a causa di un' accusa del partito rivale. Così
Valentiniano definì Damaso virum mentis sanctissimae.
Tuttavia ormai la reputazione di questi era rovinata a tal punto che sette anni dopo,
durante un sinodo romano da lui stesso presieduto, si fece riabilitare e fece bollare le
Damaso, il papa assassino, combatte l 'antipapa Ursino 81

accuse contro di lui come diffamatorie. Proprio questo sinodo cercò di togliere i l ve­
scovo di Roma alla giurisdizione statale ! E addirittura aspirava alla partecipazione
dello stato nell' esecuzione delle sentenze ecclesiastiche ! Il sinodo interpretò il "brac­
cio secolare", che il santo padre estendeva ben lontano da sé, come organo esecutivo
del l ' Inquisizione. Chierici di tutta Italia che avessero ignorato una sentenza ecclesia­
stica sarebbero stati portati in seconda istanza e con l ' aiuto delle autorità statali, davan­
ti al vescovo di Roma. Per i restanti religiosi occidentali la seconda istanza spettava ai
metropoli ti, per i metropoli ti allo stesso vescovo di Roma o al giudice da lui incaricato.
"La Vostra devota Maestà" si leggeva nella petizione, alla quale aveva contribuito an­
che s. Ambrogio in maniera decisiva, "voglia disporre che ciascuno che sia stato con­
dannato per verdetto del vescovo di Roma e voglia illegalmente mantenere la propria
chiesa . . . sia convocato dai prefetti italiani o dal vicario imperiale di Roma oppure si
costituisca a giudici designati dal vescovo di Roma . . . Chi tuttavia venga escluso da
questa procedura, dovrà, se non teme il giudizio di Dio, almeno per coercizione stata­
le, essere indotto a non ripetere i suoi peccati". 39
L' arrogante avanzata di Damaso era stata un completo successo. L' ancor giovane
imperatore, ben indottrinato dal clero e in particolare da Ambrogio (v. I, 350 ss), recepì
le richieste del sinodo alla lettera e dette loro vigore di legge. Graziano, almeno su un
punto, fu più papista del papa. Egli dispose la partecipazione di funzionari imperiali
all ' esecuzione delle sentenze vescovili non solo per l ' Italia ma per l ' intero impero
romano d' Occidente. Certamente tutto questo rimase più sulla carta: il patriarca di
Roma non aveva ancora in Occidente una posizione paragonabile a quella dei patriar­
chi d' Oriente nei loro territori . 40
Perfino un dottore della chiesa, s. Basilio "il grande", criticò con decisione questo
papa. Lo definì cieco, arrogante, presuntuoso occupante di un "trono elevato", e lamen­
tò il fatto che "la sua arroganza aumentava negli incontri ufficiali". In Occidente, scrive
Basilio, "non conoscono la verità né vogliono conoscerla", e "si scontrano con chi vuoi
dire loro la verità, salvo poi ad approvare essi stessi l ' eresia". Al contrario, s. Girolamo,
sempre attento a dove tirava il vento (anch' egli notevole intrigante, bugiardo, falsificatore
di documenti e perciò predestinato a diventare il patrono delle facoltà cattoliche di
teologia: (v. l, ! 5 1 ss), corteggiò questo papa. Chi è legato al soglio di Pietro, scrive
Girolamo, sia un suo uomo. "Non seguendo altro signore che Cristo, mi associo a Tua
Santità, cioè alla cattedra di Pietro; su questa pietra so essere costruita la chiesa". 4 1
Lo zelo servile d i Girolamo incontrò il benevolo favore delle gerarchie d i Roma,
dove il dottore della chiesa si recò nel 382. Il suo ruolo fu subito i mportante, già sotto
Damaso; gli fece da segretario, consigliere segreto ; redasse, stando alle sue stesse pa­
role, "gli avvisi delle consultazioni sinodali d' Oriente e d' Occidente", apostrofò il papa
come "luce del mondo e sale della terra", lo adulò: "Ora in Occidente è sorto il sole
della giustizia" . Egli sostenne anche la lotta di Damaso contro i luciferani . E sebbene
82 Prime rivalità e tumulti atto rno all 'episcopato di Roma

Girolamo avesse prima elogiato s. Lucifero di Cagliari come "asilo del l ' ortodossia", a
Roma (dove nello stesso periodo venne massacrato il prete Macario) si schierò contro
il seguito del vescovo sardo e scagliò uno dei suoi famigerati libelli contro di lui, so­
prattutto per compiacere l ' anziano papa e perché sperava di prendere il suo posto (il
papa successivo fu invece s. Siricio, che infatti Girolamo continuò a stroncare per anni).
I seguaci di Lucifero, poco dopo il 380, dicevano di Damaso : "Assunta l ' autorità di un
re (accepta auctoritate regali), egli perseguita i preti cattolici e i laici, e li manda in
esilio". 4 2

SOTTO DAMASO CRESCONO LE PRETESE AL PRIMATO

Diverse iniziative di quest' uomo aprirono la strada all ' aumento del significato e del
rango del suo seggio, che avrebbe portato il vescovo di Roma a capo di tutti i prelati
d' Occidente.
Senza mezzi termini un contemporaneo parlò di "Arrogantia Damasi (ut princeps
episcopatus)". E oggi il cattolico Handbuch der Kirchengeschichte lo definisce "un
determinato propugnatore di una crescente aspirazione al primato della chiesa di Roma,
che con lui conobbe una formulazione prima sconosciuta". In parte egli giustificò il
primato richiamandosi a Matteo 1 6, 1 8 , al principio petriano che fa la "singolarità" di
Roma; però creò anche nuove formulazioni.
Le sue ambizioni di comando furono sostenute dall ' imperatore Graziano (v. I, 350
ss), un giovane docile: egli non solo rinunciò al titolo di Pontifex maximus, fino ad
al lora spettante al sovrano, a vantaggio dei vescovi di Roma, ma estese la loro giurisdi­
zione nel 378, per decreto imperiale, a tutto l ' Occidente, i cui confini erano appena
definibili. Damaso, che emanò i primi decreti, le prime disposizioni in tono i mperiale,
ribadì anche la fondazione ecclesiastica di Roma come "doppio apostolato" ad opera di
Pietro e Paolo; parlò come primo "papa" finora conosciuto dal "seggio apostolico";
disse di sé che, rispetto a tutti quelli a lui pari per carica, "era superiore per la preroga­
tiva della sede apostolica", nome che tuttora conserva l ' episcopato di Roma. Tutto
questo fondò e promosse il primato di Roma. "Damaso si fece privilegiare dallo Stato
e si comportò come un re" (Haendler) . 43
Fra parentesi: si produsse anche come poeta. Scrisse moltissimi scadenti epigramm i
(tituli), dei quali n e restano circa u n a cinquantina, come frammenti o in trascrizione
letteraria. Egli sopperì alla propria insufficienza poetica con stereotipi e locuzioni ri­
prese da Virgilio, e infine fece incidere i suoi epigrammi su marmo dal calligrafo Furio
Dioniso Filocalo; "mai" sottolinea Louis Duchesne, "versi peggiori furono ornati con
tanto sperpero" . Le misere esternazioni di Damaso, destinate non da ultimo alla pro­
pria gloria postuma, riguardarono soprattutto i "molti corpi di santi che egli rintracciò
Sotto Damaso crescono le pretese al primato 83

e trovò" e per l ' appunto, (così la Vita Damasi nel Liber Pontificalis) "glorificò con i
versi". 44
Per esempio: "Sotto il peso della montagna giaceva nascosta la tomba, Damaso la
portò alla luce". Oppure: "Damaso non tollerava che i sepolti secondo la legge comu­
ne, dopo aver trovato la pace, soffrissero altre pene. Così si prese il faticoso compito di
rimuovere la terra dalla cima del colle, esaminarne diligentemente le segrete viscere,
prosciugare l ' acqua dal terreno e giungere alla fonte, che ora dispensa i doni della
salvezza" . O ancora, per tornare sullo stesso tema, ecco un ultimo prodotto poetico
papale: "Sai, qui un tempo dimoravano i santi, di nome Pietro e Paolo. L' Oriente ci
inviò questi apostoli - questo lo ammettiamo volentieri - ma per il merito del loro
sangue - quantunque essi abbiano seguito Cristo nel l ' alto dei cieli e nel regno della
virtù - Roma li rivendica come suoi cittadini. Dunque possa Damaso annunciare la
vostra gloria, voi nuove stelle ! " 45
Scritto nelle stelle o meno, questo è il modo in cui l ' instancabile cacciatore di mar­
tiri si è procurato molti santi, passando da "papa assassino" a "papa poeta" (si confron­
tiniJ a questo proposito molti passi ancora discussi di Pio XII nel ventesimo secolo ! ) . 46
A Damaso risale anche la teoria delle tre sedi petrine di Alessandria, Antiochia e
Roma a fondamento del diritto patriarcale; laddove Roma figura al primo posto. Tutta­
via, secondo lo stesso papa Gregorio Magno, dottore della chiesa, i tre sogli "sono un
unico soglio, e di quell' unico (di san Pietro) per conto del quale ora, per diritto divino,
siedono tre vescovi". Pertanto i patriarchi di Antiochia e di Alessandria, in quanto suc­
cessori di Pietro hanno il diritto divino di reggere una parte della chiesa. A parte certi
dubbi dettagli storici, questa teoria è un' arma a doppio taglio.
Come giunse Roma a questo punto? Poiché non era ancora potente come desidera­
va, in questa maniera si poneva sullo stesso piano dell' influente chiesa d' Oriente, e
tuttavia rivendicava per sé l ' onore di essere la sede principale del capo degli apostoli.
Inoltre con questa teoria tentò di opporsi al suo più temibile rivale, il patriarca di
Costantinopoli, poiché egli, in quanto rappresentante di una sede non petriana, non
aveva diritto ad alcuna posizione di privilegio. Proprio in questo contesto la teoria si
riaffaccia periodicamente : con Damaso, e poi con Leone I, Gregorio I, Nicola I e Leo­
ne IX. Tuttavia la disputa teoretica sulla pretesa di Costantinopoli al patriarcato si con­
cluse, controvoglia, con il riconoscimento dello stesso. 47
La posizione di Damaso durante tutto il suo pontificato venne fortemente combattu­
ta nella stessa Roma. Nel resto d' Occidente non fu egli a guidare la Chiesa, bensì
Ambrogio (v. I, cap. 9). Il milanese influenzò (per non dire dominò) gli imperatori con
una strategia ' spirituale ' che ancora oggi fa scuola, e la sua sede vescovile era anche la
capitale dell'impero d' Occidente. Perfino il sensazionale trionfo sulla dea romana del­
la Vittoria nella sala del senato (l 363 ss) non è da attribuire a Damaso, ma al potente
Ambrogio, in questo come in altri casi .
84 Prime rivalità e tumulti attorno ali ' episcopato di Roma

Non si può ancora parlare di "politica papale". Il vescovo di Roma, nel IV secolo,
non comandava affatto su tutta l ' Italia, ma solo le chiese del centro-sud (una zona il cui
confine settentrionale va all ' incirca dal golfo di La Spezia alla foce del Po). "Oltre, non
ci sono tracce del potere del vescovo di Roma" (Haller) . Di certo la sua era la sede
apostolica più ammirata d' Occidente, ma egli era ancora soggetto alla giurisdizione
del vicarius urbis. E quando con una petizione si cercò di sottrarre il vescovo di Roma
al potere punitivo del prefetto, e di attribuirgli dunque una posizione giuridica superio­
re, Graziano stesso rifiutò. Come alternativa al giudizio imperiale si propose anche di
sottoporre il vescovo di Roma all' autorità (spirituale) di un consiglio. Per la prima
volta nella storia della chiesa si fa strada in un sinodo papale l ' affermazione, non giu­
stificata in alcun modo, che l ' imperatore Valentiniano I avesse disposto che gli uomini
di chiesa potessero essere giudicati solo da altri uomini di chiesa. Allora non si sapeva
ancora che questo sarebbe diventato il primo "soglio ingiudicabile". 48

I NNOCENZO l, "VERTICE DELL'UFFICIO VESCOVILE" O SOLO MENZOGNA ?

I papi che seguirono a Damaso e Siricio (384-399), che rimase sempre nell ' ombra del
suo amico personale Ambrogio, continuarono nella costruzione del pri mato di Roma e
della sua posizione di monopolio come apostolica sedes e cathedra Petri, insomma,
dell' idea di Roma come guida della chiesa intera; per questo si servirono della B i bbia,
laddove poteva essere utile, e del diritto romano.
E non dimentichiamo il linguaggio della burocrazia.
In particolare Siricio, che introdusse il concetto di "erede" di Pietro, fondamento
della futura ideologia papale, allo scopo di istituire un relazione quasi giuridica tra i
suoi simili e l ' apostolo, adattò i suoi decreti allo stile e alla terminologia di quelli
imperiali . Fino a quel momento, nella chiesa, solo i sinodi si erano rifatti a quel model­
lo. Siricio invece spacciò i suoi decreti come "antica legge ecclesiastica, mettendoli
sullo stesso piano dei canoni dei sinodi" (Wojtowitsch). Così l ' "erede" di Pietro si
propone volentieri come autorità e sottolinea spesso il suo ruolo di guida e la sua posi­
zione giuridica superiore - "Noi stabiliamo", scrisse infatti nel suo primo decreto al
vescovo spagnolo Imerio di Tarroco, subito dopo la consacrazione, "ciò a cui tutte le
chiese devono attenersi e ciò da cui devono astenersi . . . " - anche se teoria e pratica
erano ancora ben lontane. L' eredità, la successione di Pietro, non sono altro che una
costruzione, indimostrabile e priva di validità. 49
Innocenzo I (402-4 1 7 ; v. I, 425 s), del quale si disse che meritò il titolo di "primo
papa" più di chiunque altro tra i suoi predecessori , sviluppò le aspirazioni al primato
della chiesa di Roma con decisione, e gli effetti dei suoi atti giunsero fino al XII secolo.
Impresse il suo stile a tutto il millennio. In ciò ebbe qualche aiuto: il potente Ambrogio,
Innocenza /, " vertice del/ " ufficio vescovi/e " 85

il concorrente di Milano, era morto, e non era più Milano la capitale, bensì Ravenna,
con la fine del l ' impero d ' Occidente che si faceva sempre più prossima. Tuttavia la
parte più i mportante la fece l u i stesso, sentendosi " i l capo e la vetta più alta
dell' episcopato". Di fronte ai sinodi di Cartagine e Milevo del 4 1 6 sostenne (cosa che
non ebbe sempre il coraggio di affermare dinanzi a tutte le chiese) che senza la presa
d' atto del "soglio apostolico" gli stessi concilii non potevano decidere "neanche delle
questioni delle zone più lontane". Egli, il giurista, impose freddamente il nuovo diritto
come se fosse stato vecchio, nuove abitudini come se fossero sacre tradizioni, senza
fornire esempi né fondamenti . Il suo fu un calcolo astuto, poiché "solo spacciando per
antico ciò che in realtà era furbesca novità egli poteva sperare di controbattere le criti­
che dei suoi contemporanei" (Haller) . Egli si comportò risolutamente, laddove le cir­
costanze lo permettevano, un po' più in Spagna che non in Gallia, dove Roma aveva
ancora delle difficoltà. Egli pretese un controllo superiore sui sinodi e proclamò il
"soglio apostolico" suprema istanza di appello, al quale rinviare tutte le causae maiores
(cosa che naturalmente poteva interpretare come preferiva) . "I suoi epitaffi ne lodano
soprattutto le virtù di mansuetudine e modestia" (Grone). 50
Innocenza I per primo adoperò "la posizione giuridica del papa come successore di
Pietro in maniera sistematica" (Ullmann). Pietro e i suoi discepoli erano per lui i fondatori
di tutte le chiese d' Occidente, cosa di cui non si trova il minimo presupposto. "È un
evidente dato di fatto" constatò in uno scritto a Decenzio di Gubbio, "che in tutta l ' Ita­
lia, la Gallia, la Spagna, l ' Africa, la Sicilia e le isole che si trovano nel mezzo, nessuno
ha costruito chiese se non coloro i quali l ' apostolo Pietro o i suoi successori hanno
posto sui seggi vescovili. Si cerchi pure nei testi, se qualche altro apostolo in quelle
terre abbia insegnato la tradizione. Ma se non è scritto da nessuna parte, allora tutti
devono attenersi a ciò che la chiesa di Roma preserva, da cui tutti senza dubbio hanno
avuto origine". Visto che da nessuna parte c ' è scritto altrimenti, papa Innocenzo dedu­
ce che la missione è stata tramandata da Pietro e dai suoi discepoli, e pertanto tutto è
sottoposto al vescovo di Roma. Ben si comprende lo scherno di Haller quando afferma
che l' argumentum e silentio non è mai stato, con tanta astuzia, "adoperato per un' affer­
mazione storica che nella realtà non sta né in cielo né in terra". Erich Caspar sottolinea
che il dottore della chiesa Agostino, accanto al quale "la figura di Innocenzo I sembra
svanire", ha sostenuto "l' esatto contrario della tesi di Innocenza". Gli stessi storici
cattolici Seppelt e Schwaiger scrivono che l ' affermazione del papa - pesante, di vasta
portata, meglio ancora: falsa - "non concorda in alcun punto con la verità storica" ; "ma
in essa si rispecchiano le idee che a Roma presero sempre più piede" e alle quali,
aggiungiamo, dobbiamo il papato: sonore bugie ! Innocenzo fa discendere da quei pre­
supposti determinati diritti, meglio ancora privilegi, l ' osservanza del "referre ad sedem
apostolicam", il rispetto della consuetudo Romana come unica norma valida. Solo il
parere del vescovo di Roma rende definitiva qualsiasi decisione su questioni significa-
86 Prime rivalità e tumulti attorno all 'episcopato di Roma

ti ve. La presunta sede di Pietro diventa fans e caput "tutte le acque scorrono dal
-

seggio apostolico, cioè dalla fonte, e si riversano nella forma più pura in tutte le regioni
della terra". E conclude perciò che il referre ad sedem apostolicam deriva da un' antica
tradizione ! 5 1
Forse Papa Innocenzo l ' inganno ce l ' aveva nel sangue, visto che con ogni probabi­
lità era figlio del suo predecessore Anastasio I, a sua volta figlio di un prete.
Sia detto per inciso che a Roma si sono ripetuti per tutto il millennio casi di figli di
preti che sono diventati papi. Tra gli altri Bonifacio I, Felice III (probabilmente il non­
no di Gregorio I Magno), Agapeto I, i figli dei vescovi Teodoro I e Adriano II (la cui ex
moglie Stefania e la cui figlia furono assassinate da un figlio del vescovo Arsenio, più
volte padre). Anche Martino II e Bonifacio VI erano figli di preti (il secondo condusse
da presbitero una vita talmente scandalosa che papa Giovanni VIII dovette sospender­
lo; regnò due settimane e fu probabilmente avvelenato). Il santo papa Silverio (esiliato
dal suo successore Vigilio sul l ' isola di Ponza, dove morì) era addirittura figlio di
Ormisda. Giovanni XI (che fece imprigionare e uccidere sua madre e il suo fratellastro,
ma che secondo il cronista Flodoardo di Reims era "privo di violenza . . . si occupava
solo di cose divine"; "decisione ed energia non si contestano al suo pontificato", a detta
dei cattolici Seppelt e Schwaiger) era figlio di papa Sergio III (assassino di entrambi i
suoi predecessori . Ma ricostruì anche la basilica di S . Giovanni in Laterano distrutta da
un terremoto, tanto per fare del bene). E Damaso forse non aveva invitato i l c lero "a
generare figli per Dio" (supra p. 80)? 5 2
O forse avrei dovuto menzionare i regolamenti liturgici istituiti da Innocenzo, figlio
di papi? Il bacio di pace dopo l ' eucaristia? Leggere i nomi dei fedeli che hanno fatto
elargizioni subito dopo la relativa preghiera? Digiunare al sabato in segno di lutto per
il Salvatore? (v. I, 26 s). Lo storico del papato Grone riempie metà del suo capitolo su
Innocenzo con queste sciocchezze, a uso e consumo del lettore che così arriva a cono­
scere "il santo Innocenzo come uno dei papi più esperti in usi e leggi della chiesa e più
mossi da spirito apostolico". 5 3
Comunque Innocenzo sapeva bene cosa faceva. Sapeva bene come ostentare la su­
periorità romana ai potenti, ai monocrati, recitare il ruolo del signore inavvicinabile ma
indaffarato, che non perde mai d' occhio i fratelli, che non dimentica mai l ' astuzia di­
plomatica, come invece non di rado faranno i suoi successori . Il tono delle sue lettere,
ricche di citazioni bibliche, non tanto enfatiche quanto di una cortesia tagliente, spesso
sottilmente ironiche, discretamente umilianti, ha fatto scuola nel l ' epistolografia reli­
giosa. "Crediamo senza dubbio che tu questo lo sappia" scrive. Oppure : "Chi non lo
sa?" "Chi non l ' ha ancora ammesso?" Miramur era la sua parola preferita, la sua for­
mula stereotipa di rimprovero. "Ci meraviglia che un uomo intelligente chieda il nostro
consiglio su queste cose, che sono certe e note a tutti"; "Siamo rimasti a lungo meravi­
gliati dalla tua lettera" ; "ci meraviglia che i vescovi prestino così poca attenzione, tanto
Innocenza l, " vertice de/l " ufficio vescovile " 87

che si potrebbe credere che concedano favori o che non conoscano la legge". Caspar
commenta giustamente : "I veri virtuosi del potere lavorano di preferenza con questi
toni leggeri e taglienti piuttosto che con gli strali dell ' invettiva; in questo modo sanno
di ottenere che l ' interessato trasalisca per lo spavento, laddove metodi più rozzi lo
intestardiscono o lo incitano alla resistenza. Ci si può immaginare che l ' episcopato
suburbicario abbia tremato di fronte a tale signore spirituale". 54
Dunque Innocenzo I era decisamente versatile.
Nei confronti dei vescovi galli si comportò in maniera più mite. E in Oriente, perfi­
no questo prete scaltro ebbe poco da dire . Di certo voleva controllare la chiesa di
Costantinopoli. Di certo fu il primo papa a tenersi un incaricato d' affari in quella città,
un apokrisiar, come si chiamò poi lo stabile rappresentante del papa alla corte imperia­
le di Costantinopoli, il diplomatico più importante di Roma - che sotto Innocenzo sem­
bra essere stato il prete Bonifacio, futuro papa (infra p. 88 ss). Di certo Innocenzo,
dopo che Damaso ne ebbe gettato le basi (ammessa la veridicità della sua lettera), fu il
fondatore del vicariato papale di Salonicco, mentre, in conflitto con Costantinopoli e a
fianco del governo, pretese l ' autonomia del l ' Illiria orientale; nel 4 l 2 nominò il vesco­
vo Rufo "al posto nostro" (nostra vice) prefetto dell ' intero distretto dell' Illiria, quindi
delle chiese di Acaia, Tessaglia, Epiro vetus e nova, Creta, Dacia mediterranea e ripensis,
Mesia, Dardania e Prevali tana, e aumentò generosamente i privilegi dei metropoliti, per
poter "giudicare su tutto quanto accadeva in quelle regioni". Ma quando egli e Onorio
inviarono una delegazione a Costantinopoli in occasione della disputa su Giovanni
Crisostomo, vennero trattati male, l ' imperatore non li ricevette e li rimandò a casa senza
cerimonie (infra p. l 07). I patriarchi d ' Oriente non ci pensarono proprio a ubbidire
all "'arcivescovo" di Roma, come lo chiamò lo stesso Leone I al concilio di Calcedonia.
E l ' imperatore non si lasciò prendere la mano. L' Illiria ricadeva, sia dal punto di vista
ecclesiastico che politico, sotto Costantinopoli, e per questo gli imperatori cristiani e i
vescovi disputarono ancora a lungo, e l ' oggetto della contesa tra Roma e Bisanzio
rimase per molto tempo motivo di conflitti di competenza e rivalse di potere. 55

EULALIO CONTRO BONIFACIO, " IL VERTICE APOSTOLICO"

Dopo la morte di papa Zosimo (4 1 7-4 1 8 ; v. I, 425 ss) ci fu una lotta che durò dei mesi
attorno al soglio romano. Zosimo fu il primo a riferire ai vescovi la presunta afferma­
zione di Cristo sul legare e sciogliere, rivendicando per essi, in maniera ingannevole,
lo stesso potere e onore di Pietro. Sì, affermava Zosimo, egli aveva un' autorità così
grande che le sue sentenze non potevano essere discusse - "ut nullus de nostra possit
retractare sententia". Egli aggiunse a questa sfacciataggine la pretesa che i grandi , i
"padri" avrebbero riconosciuto tale autorità ! Nonostante il suo breve pontificato Zosimo
88 Prime rivalità e tumulti attorno all 'episcopato di Roma

ha consolidato l 'auctoritas sedis apostolicae, e provocato contraddizioni non meno


aspre, soprattutto nella chiesa africana. 56
Il giorno stesso della sepoltura di Zosimo, il 27 dicembre, l ' arcidiacono Eulalio
( 4 1 8-4 1 9) venne nominato vescovo di Roma nella basilica laterana. Secondo i suoi
avversari egli aveva occupato la chiesa già durante i funerali, sbarrato le porte e co­
stretto il "vescovo di Ostia, già mezzo morto" (Wetzer/Welte) alla nomina a capo spiri­
tuale di Roma. Il giorno seguente la maggioranza dei presbiteri , contraria al collegio
dei diaconi, e la maggioranza del popolo - qui i resoconti si contraddicono, come av­
viene spesso - elessero il già anziano presbitero Bonifacio I (4 1 8-422) a capo della
chiesa di Roma. Era figlio del prete Secundio e rappresentante di Innocenza I alla corte
di Costantinopoli (da allora questa figura è stata la miglior candidata al pontificato).
L' irresoluto Onori o era in imbarazzo. Un primo decreto imperiale del 3 gennaio 4 1 9
riconobbe l ' elezione d i Eulalio e ricusò Bonifacio. Un secondo decreto del 1 8 gennaio
convocò entrambi i candidati a Ravenna. Quando la situazione si inasprì, fallita anche
una decisione sinodale voluta da Onorio, a causa del disaccordo tra sacerdoti neutrali,
un terzo decreto imperiale del 25 gennaio bandì entrambi i candidati . Il 30 marzo ven­
ne nomi nato per le celebrazioni pasquali un vescovo esterno, Achilleo di Spoleto; una
umiliazione tale che rese necessaria tutta una nuova serie di decreti imperiali : al prefet­
to pagano Aurelio Anicio Simmaco (nipote del l ' omonimo celebre prefetto che invano
combatté per la statua della vittoria), al vescovo Achilleo, al senato, al popolo della
città. Tuttavia il partito dei diaconi non volle accettare lo smacco rappresentato dal la
nomina imperiale dello spoletino e far celebrare la pasqua a Roma da un vescovo fore­
stiero - che tra l ' altro finora, come testimonia sant' lreneo, non si celebrava nemmeno
tutti gli apni (supra p. 59) ! Ma forse i diaconi, all ' epoca in aperta rivalità con i presbi­
teri , videro in questa una buona occasione. Eulalio tornò a Roma il 1 8 marzo, per
celebrare la Pasqua in Laterano. Poco dopo giunse anche il vescovo Achilleo di Spoleto,
e allora si scatenarono arresti, interrogatori, nuove lotte nelle chiese.
A questo punto l ' imperatore Onorio passò a B onifacio, a favore del quale si schiera­
vano influenti personaggi di corte. La principessa Galla Placidia si pronunciò a favore
del suo protetto in molte lettere a preminenti cattolici, come Agostino, Paolino di Nola,
Aurelio di Cartagine. Ma ad essere decisivo fu l ' apporto del futuro i mperatore Flavio
Costanzo (supra p. 24), che volentieri si prestava a comporre i conflitti interni alla
chiesa. Onorio, che prima era schierato con Eulalio, ora lo fece perseguitare e dispose,
a causa delle ambitiones dei preti romani, il primo regolamento statale sulla nomina
del papa, praticamente privo di senso: in caso di doppia elezione a Roma nessuno dei
due candidati avrebbe vinto, ma la votazione si sarebbe dovuta ripetere. 57
Di fatto, i conflitti e le scissioni nel caso dell ' elezione del vescovo di Roma erano
diventati talmente abituali che Agostino iniziò uno scritto indirizzato a Celestino l,
successore di B onifacio, con le parole: "Abbiamo sentito che Dio, senza causare scis-
Eulalia contro Bonifacio 89

sioni tra la comunità, ti ha eletto al soglio di Pietro . . . " . 5 8


L' antipapa Eulalio divenne in seguito vescovo di Nepe. Bonifacio l, giurista come
Innocenzo l, si legò strettamente alle ambizioni papali del suo predecessore e le am­
pliò, sempre in direzione del l ' episcopato universale della chiesa di Roma, con excursus
biblici, esempi "storici", "documenti", eccetera. Non era la verità a fare da parametro
qui, bensì l ' idea petriana elevata all' ennesima potenza; in altri termini il passato venne
riletto e riscritto con occhi papali . 59
Per B onifacio, che prima della nomina era stato a lungo esperto d' Oriente, l ' Illiria
aveva un particolare significato. Delle sue nove lettere rimaste, tre sono incentrate
sulla giurisdizione del cosiddetto vicariato papale di Salonicco. Su iniziativa dei ve­
scovi locali, insoddisfatti di Roma, e del patriarca Attico, un editto dell ' imperatore
Teodosio II del 1 4 luglio 42 1 aveva riportato la giurisdizione alla chiesa di Costanti­
nopoli, "che gode delle prerogative dell ' antica Roma". Bonifacio protestò immediata­
mente, sostenuto dal l ' imperatore Onorio, con il quale si lamentò della "perfidia di al­
cuni vescovi di Illiria" ed ebbe perfi no successo. Con apposite citazioni bibliche ed
esempi "storici" insistette come il suo predecessore sul primato di Roma, sul monopo­
lio della cattedra di Pietro e della sua dottrina, la cui ascesa irrefrenabile inizia proprio
con lui, e pose nella luce migliore il pensiero monocratico del governo, il favor
apostolicus. L' origine e l ' autorità di governo della chiesa di Roma risalgono a s. Pietro,
e Roma è a capo di tutte le chiese del mondo . . . Chi non è d' accordo è escluso dal regno
dei cieli, poiché solo la gratia ianitoris di Pietro può aprirne le porte. La dottrina della
insindacabilità del giudizio petriano, già sostenuta da Zosimo fu arrogantemente raffor­
zata: "Nessuno osi levare la mano contro il vertice apostolico (apostolico culmini), il cui
giudizio a nessuno è concesso di attaccare". In parole povere, la chiesa si fonda su Pietro
e dal suo successore dipende "l' unità del tutto", e solo chi lo ascolta giunge a Dio. 6 0
Le difficoltà in Illiria non finirono qui. L' opposizione di quell ' episcopato non si
spense, e Bonifacio contrattaccò. Chiamò il suo vicario alla resistenza decisa, evocan­
dogli la figura di Pietro (che non fu sempre così coraggioso) come eroe: "Tu hai di
fronte l ' aposolo Pietro che combatte per il suo diritto . . . Quel pescatore non tollera che
un diritto del suo seggio vada perduto . . . Egli ti donerà appoggio per reprimere chi ha
trasgredito le regole e i nemici del diritto della chiesa" . "Cosa volete voi" scrisse egli in
un' altra occasione, con maggior durezza, appellandosi a Paolo, "Dovrei venire da voi
con il bastone o con amore e spirito mansueto? Entrambe le cose sono possibili, come
sapete, al santo Pietro, andare incontro ai miti con la mitezza e punire i superbi col
bastone. Da questo protegge il rispetto dovuto al capo". Ad ogni modo Bonifacio volle
vedere "recisi" alcuni elementi . Il romano si impose in illiria, assicurandosi prima di
tutto la sua appartenenza alla propria area d ' i nfluenza, condusse, proprio negli attacchi
contro l ' opposizione in Illiria, le aspirazioni di Roma al dominio su tutta la chiesa "a
vertici mai raggiunti fino a quel momento" (Wojtowytsch) . 6 1
90 Prime rivalità e tumulti attorno alt ' episcopato di Roma

Così il papato si trasformò, grazie alla crescente divisione politica interna del l ' Oc­
cidente - a seconda dei casi, a fianco dello stato o contro di esso - in una potenza
ultrapolitica, in uno dei più potenti e longevi parassiti della storia. "Il santo soglio", si
legge nell " 'Archivum Historiae Pontificiale" del l ' università pontificia, 1 97 8 , "venne
riconosciuto più o meno apertamente come custode qualificato del l ' ortodossia". 62
Ancora più furiosamente che per il "santo soglio" a Roma, tuttavia, si combatté per
i grandi episcopati d ' Oriente.

NOTE

1 Bernhart 5 8
2 Stockmeier, Das Petrusamt, 7 8 .
' Gregorovius I, l , 6 7 s .
4 Kiihner, Lexikon 1 3 8 . Fichtinger 1 25 , 1 36s. Seppelt/Schwaiger 2 5 8 .
5 Fichtinger 1 25 , 1 36 s .
6 Ippolito, Refutatio omnium haeresium, 9, 1 1 , 1 . LThk l. A. 6 9 ss. Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 279 s s .
Fichtinger 1 67 s . Altaner/Stuiber 1 64 ss. Caspar, Papsttum, I 23 s. Ehrhard, Urkirche, 2 3 2 s. Franzen 4 1 s.
7 lppolito, Refutatio omnium haeresium, 1 , 26; 5 , 6 ; 1 0,27, 3 s ; 9 , 1 1 , 1 ss. 9 , 3 ; 9, 1 2, 1 6 ss; 9, 1 2 , 2 1 ; LThk 2 .
A. II 883 s. Altaner/Stuiber 1 64 ss. Fichtinger 82. Harnack, Dogmengeschichte, 1 56 ss, i n part . 1 6 1 ss.
Idem SbPAW ph i l . Hist. Kl. 1 92 3 , 5 1 ss. Meffert, Apologetische Vo/ksbibliothek, 382. Caspar, Papsttum,
l, 22 ss, 36 s. Koschorke 56 ss.
* L' autore i ntende qui ricordare le complesse controversie relative alla natura di Cristo. La "Cristo l ogia"
si i nterrogava sul problema del Figlio i n re lazione al Padre, come causa d i un indebolimento del
monoteismo. Proprio per coerenza con la dottri na monoteista, tra le varie pos izioni, nei primi decenni
del III sec. si affermò la concezione del Padre e del Figlio come sempl ici "modi" di manifestarsi del­
l ' unico Dio ad opera di S abel lio, da cui sabell ianismo, ossia i l modal ismo di cui parla l ' autore . La l u nga
controversia cristologica si concluse con i l conc ilio di Calcedonia del 45 1 , almeno per l a chiesa occ iden­
tale . In Oriente i l dibattito si protrasse fi no alla fine del VII sec . , concl udendosi con i l di stacco defi n i tivo
dei Monofisiti dalla cristianità. [ N . d . C . ]
" Ippolito, Refutatio omnium haeresium, 9, 1 1 s . Tertu l l iano, D e pudicitia, l ss. Cassio Dione 72,4,6 s . V. C .
8 , 6 ; 1 1 ,9. RAC III 264, IV 85 1 . Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 2 7 9 s s , 3 8 9 . Hergenrother, Kirchengeschichte,
302. Grone 46 ss. Caspar, Papsttum, l, 25 ss, 37 ss. Daniel-Rops, Fruhmittelalter, 387 s, 453. Gontard 8 1
s, 8 5 . Haller, Papsttum, I 28 ss. Schneider, Geistesgeschichte, l , 56 1 . Idem, Christliche A ntike, 3 1 9 .
Chadwick, Die Kirche, 96 s. Aland, Von Jesus bis Justinian, 1 26 ss. Giil zow, Sklaverei, 1 46 ss, 1 5 7 ss,
1 68 ss. Kotting, Die Stellung des Konfessors, 1 5 . Mirbt/Aland, n . 1 3 8, p . 59 ss. Koschorke 56 ss. Haendler,
Von Tertullian, 44 ss. Woj towytsch 386, con ul teriore bibl iografia. Sulla letteraura di lppolito in von
Campenhausen 3 1 4, nota 5.
9 Altaner/Stuiber 45. Schneider, Christliche Antike, 32 1 , 572 s.
10
lppolito, Refutatio omnium haeresium, 9, 1 2 s. Rolffs, passim, in part. 19 ss, 36 ss, 1 03 ss. B i h l meyer,
Kirchengeschichte, 1 1 5 s. Gontard 82. Seyfarth, Ehen, 4 1 ss.
Note 91

11 Cfr. Schneider, Christliche Antike, 3 8 8 .


12 Tertulliano, De pudicitia, c . l . Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 1 24. Rolffs 3 6 ss, 54 ss. Caspar, Papsttum,
I 27 s . V. anche Meffert, Urchristentum, 380 ss, i n part. 394, dove l ' i niziativa apostata di Callisto viene
salutata come un importante risultato sociale. Seppelt/Loffler 3 . Bernhart 4 1 . Schneider, Christliche
Antike, 266, 3 1 9. Aland, Von Jesus, 1 29 s .
13 Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, 6, 4 1 , I l . Wetzer/Welte 259 s. Fichtinger 82. Gross LTh K l .
A. I l 704, 2 . A. I l 883 s . V. Kel ler, Lexikon, 304. Grant/Hazel 75 s, 1 1 8 . Lexikon der alten Welt, 1 306.
A ltaner/Stuiber 1 64 ss. Hergenrother 302. Meffert, Urchristentum, 7 3 s , 3 80, 399, 460. Seppelt!Loffler
3 s. Caspar, Papsttum, I 3 9 s, 44 ss. Ehrhard, Urkirche, 1 54 s . B i h lmeyer, Kirchengeschichte, 1 1 5 , 1 73 s.
Seppelt/Schwaiger 1 7 . Hal ler, Papsttum, l 29 s. 355 s. Baus, Von der Urgemeinde, 28 1 s, non trova
"prove certe" che lppol ito "sarebbe stato esiliato i n Sardegna insieme a papa Ponziano". Prove a soste­
gno del contrario, secondo lui, non ne esisterebbero. Reutterer, passim . Aland, Von Jesus, 1 30 s . Gel mi
54. Freudenberger 1 3 2 . Sulla pratica delle penitenze vedi nel dettaglio Deschner, Das Kreuz. 375 ss. Cfr.
anche Hahn, 325 ss.
14 Giovenale, Satire, 36 1 . A ltaner/S tuiber 1 64 s . Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 279. Caspar, Papsttum, I 22,
40. Haller, Papsttum, I 29 s . Gontard 8 3 . Aland, Von Jesus, 1 3 1 .
15 Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, 6,43 , 1 ss. dtv. Lexi kon der Antike, Religion I l 1 2 1 . Altaner/
Stuiber 1 70. Fichtinger 1 05 , 286. Roethe 1 8 ss, 37 ss. Kriiger, Rechtstellung, 223. Caspar, Papsttum, l
60 s, 66 ss. B ihl meyer, Kirchengeschichte, 1 8 1 s. van der Meer, A lte Kirche, 7 , 1 7 . Cfr. anche nota 1 7 .
Seppelt/Schwaiger 1 8 . Hal ler, Papsttum, 1 29 s, 3 5 5 s. Baus, Von der Urgemeinde, 43 1 . Haller, Papsttum,
l 3 3 s. Gontard 96. Schneider, Christliche Antike, 43 1 . Aland, Von Jesus, 1 42 ss. Brox, Kirchengeschichte,
1 43 . Haendler, Von Tertullian, 65 ss. Cfr. anche la nota precedente.
16 Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, 6,43,6 ss; 6,43 , 1 8 s . Cfr. anche la nota precedente.
17 Cipriano; Epistulae, 45 ; 49, 1 ; 49 , 3 ; 50; 55. Socrate, Historia ecclesiastica, 4,28. Wetzer/Welte VII 659
s. LThK 2 . A. III 58. Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 390. Ehrhard, Miirtyrer, 72. Haller, Papsttum, I , 32,
458. M irbt/Aland n . 1 48 ss.p. 65 ss. Freudenberger 1 40.
18 Cipriano, Epistulae, 5 1 , 1 s ; 5 2 , 1 s ; 52,4; 5 3 , 2 ; 5 3 ,4. Altaner 1 43 . Bihl meyer, Kirchengeschichte, 1 5 2 s.
Chadwick, Die Kirche, 1 34 . Wickert, Cyprian, 1 66.
19 Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, 6,43 ,2. Socrate 2 , 3 8 , 2 8 ; 5 , 1 0,27; 7 , 7 ; 7 , 1 1 . Sozomeno 4,2 1 ,
I ; 7 , 1 2, 1 0; 8, 1 , 1 3 . Conc. Nic. c . 8 . Wetzer/Welte V I I 662 s . dtv. Lexi kon der Antike, Religion I l 1 2 1 .
Al taner/Stuiber 1 70 s . Fichtinger 286. Hauck, Theologisches Fremdworterbuch, 1 1 3 . Kiihner, Lexikon,
28. Caspar, Papsttum, l 67 s nota 3. Knopfler 1 1 3 . Ehrhard , Urkirche, 2 3 3 , 266. Bihl meyer, Kirchen­
geschichte, 1 5 2, 1 8 1 s. Haller, Papsttum, l , 33 s. Andresen, Die Kirchen der alten Christenheit, 276 ss.
Aland, Von Jesu, 1 47 . B rox, Kirchengeschichte, 58, 1 27, 1 43 , 1 5 5 .
20 Haller, Papsttum, l, 40.
21 LThk l . A . III 48, V I 2 1 O, 972 s. cfr. 2 . A . III 5 7 s, V I 557, VII l 06. Fichti nger l 05 . Keller, Lexikon, 32 1 ,
367. Beissel I l 1 22 . Walterscheid I l 1 42 s.
22 Agostino, Contra litteras Petriliani Donatistae Cirtensis episcopi libri tres (PL 43, 245 ss) 2,92, 202.
De unico baptismo contra Petilianum, c . 1 6 ; 27; Pau ly III 99 1 s, 1 306. Kiihner, Lexikon, 2 1 . Su "papa
Nicola" cfr. Grone 64. Knopfler 1 1 3 s . Caspar, Papsttum, l, 97 ss. Ehrhard, Kirche der Miirtyrer, I O I .
Idem, Urkirche, 306. B i h l meyer, Kirchengeschichte, 1 5 3 , 245 . Seppelt!Loffler 6 ss. Seppelt/Schwaiger
20 s. Hal ler, Papsttum, l , 55, 92, 1 77 , 362 s. Kiihner, Imperium, 35. Heer, Ohne Papsttum, 34 s. cfr.
Gelmi 54 ss.
23 Wetzer/Welte VI 8 1 3 . Fichti nger 258 ss, 276 s, 34 7 s . Keller, Lexikon, 458. Altaner/S tuiber 353. Grone
65, 84 ss. Caspar, Papsttum, 1 98 ss, 1 09 ss, 1 22 ss. 1 30. Gontard 1 00. Seppelt/Loffler 8 .
24 Atanasio, Historia A riano rum ad monacos, 4 1 ; Apologia contra A rianos, 8 9 ; G i rolamo, D e viris
illustribus, 97; Sozomeno, Historia ecclesiastica, 4, 1 5 , 3 . Altaner/S tuiber 354. Caspar, Papsttum, l 1 66
ss, in part. 1 82 ss, 1 89 s. Kosters 226. Ehrhard, Die griechische und die lateinische Kirche, 1 69.
92 Prime rivalità e tumulti attorno ali ' episcopato di Roma

25 Seppelt, Der Aufstieg 86 ss., 99 ss.


26 Li ber Pontificalis 3 7 , 5 ( Duchesne, Liber Pontificalis I 207 ). Rufino, Historia ecclesiastica, I O, 2 3 .
S ozomeno 4, 1 1 ; 4, 1 5 . Socrate 2,37. Teodoreto, Historia ecclesiastica, 2, 1 5 ss. Collectio Avellana, l .
LThK I . A. I I I 992, 2 . A . I V 67 s . Fichtinger 1 24. Stein, Von romischen, 235 s . Knopfler 1 67 . Caspar,
Papsttum, I 1 87 ss. Ehrhard, Die griechische und die lateinische Kirche, 1 69. B i h l meyer, Kirchen­
geschichte, 239. Seppelt/Schwaiger 28. Seppelt/Loffler I l . Hal ler, Papsttum, l, 59 ss, 70, 248. Handbuch
der Kirchengeschichte I I/ l , 47, 257 s . Woj towytsch 1 24 s.
27 Wetzer/Welte IV 2 s. Paul y III 62 1 s, LThK l . A . III, 992, 2. A . I V 67 s. Fichti nger 1 24. Andresen/
Denzler 448 . Caspar, Papsttum, I 1 94 s . B i h l meyer, Kirchengeschichte, 239. Seppelt/Schwaiger 28.
H andbuch der Kirchengeschichte I I/ l , 47.
28 Wetzer/Welte IV, 3 . Kiihner, Lexikon, 2 1 0 s . Grone 94 s. Kiihner, Imperium, 298 s.
29 J . P. Kirsch LTh K l . A . V I 2 1 8 s, 2 . A . V I 566 s. Keller, Lexikon, 32 1 s . Hiimmeler 457 s .
30 Wetzer/Welte IV 3 .
31 Girolamo, Adversus Johannem Hierosolymitanum, 7 s . Ammiano 27,3 , 1 1 s s . Pau ly l 302 s . Gregorov ius
I I l O . Gontard 1 09 . Mirbt/Aland n . 295, p. 1 34. Agostino cit i n Hal ler, Papsttum, I 72. Hernegger 367.
Chadwick, Die Kirche, 1 85 . Schneider, Christliche Antike, 3 2 3 . Woj towytsch 1 3 8 ss. con bibliografia p .
430.
32 Grone 9 8 .
33 Ammiano Marcellino 27,3 , 1 1 ss. Avel lana 1 ,9 ( C S E L 3 5 ,4). Girolamo, D e viris illustribus, 1 0 3 . LTh K l .
A . I I I 1 3 3 , 2 . A I I I 1 36 s. Seeck, Untergang, V 7 1 . Caspar, Papsttum, I 1 96 s. Gontard 1 09 . Kohns 94 ss.
Kiihner, lmperium, 40 ss. Schneider, Ch ristliche Antike, 3 2 3 . Denzler, Das Papsttum, I 1 3 . Gelmi 5 8 .
" Col lectio Avel lana, 1 ,5 ss. Ammiano, 2 7 , 3 . Sozomeno, Historia ecclesiastica, 3 , 8 , 5 . LThK l . A. I I I 1 3 3 ,
2 . A I I I 1 36 s. Pauly I 1 3 7 3 . Fichtinger 1 08 . Grone 9 7 . Dobschiitz 2 9 s s . Caspar, Papsttum, I 1 96 s s , 247
s. Seppelt, Der Aufstieg, 1 09 . Schuck 1 59 . Kiihner, lmperium, 40 ss.
" Col lectio Avellana: 1 60 morti, 1 ,7 . V. anche Avei!. 1 ,9 , 1 , 1 2 . Ammiano 27,3, 1 1 ss: 1 3 7 mort i . Wetzer/
Welte III 1 4 . B u rckhardt, Die Zeit Constantins, 3 5 3 s. Seeck, Untergang, V 7 1 ss. Stein, V om romischen,
269. Caspar, Papsttum, I 1 97 s, 1 1 5 . Seppelt/Loffler 1 2 . Lietzmann , Geschichte, IV 4 1 s. Kohns 94 ss.
Haller, Papsttum, l , 60. Gontard l 08 s . Lorenz, Das Vierte, 3 3 s . Schneider, Christliche A ntike, 632.
36 LThK l . A . I I I 1 3 3 , 2 . A I I I 1 36 s . Fichtinger l 08.
37 Papa Damaso l , Epistulae, 7 (JK 234). Teodoreto, Historia ecclesiastica, 2,22; 5 , 1 0, 1 s . Sulpicio Seve­
ro, Chronicorum libri duo, 2,48. CSEL 1 , 1 O l . Li b. ad Damas. CSEL 1 8 ,34 ss. Col lectio Avellana Epistu la
2,85. CSEL 30,20. Atanasio, Ad afros episcopos, IO (PG 26, 1 045). Sozomeno, Historia ecclesiastica,
6,23. Libellus precum 2, 1 3 s (CSEL 3 5 ,4). LThK l . A . I I I I 34. Pau ly I 1 37 3 . Grone 97 s . Hergenrother
545 s . Rauschen 1 08. Stein, Vom romischen, 269. B runsmann 300. Caspar, Papsttum, I 20 1 s, 2 1 6.
Seppelt/Loffler 1 2 . Seppe! t, Der Aufstieg, I l O. Haller, Papsttum, l, 60,67. Gontard 1 09 s. Joannou 1 8 3
ss. Chadwick, Die Kirche, 1 84 s. Aland, Von Jesus, 2 1 4 . Handbuch der Kirchengeschichte I I/ l 259.
38 Teodoreto, Historia ecclesiastica, 2,22. Altaner/Stuiber 355. Grone 1 00. Gontard 1 09 . Denzler, Das
Papsttum, I 1 2 ss. Gelmi 5 8 . Sul rapporto del santo padre della chiesa Girolamo con la purezza cfr.
Deschner, Das Kreuz, 76 s .
39 Girolamo, Epistulae, 1 , 1 5 ; 22,22. Mansi I I I 626. C i t . da Hernegger 405 s . Altaner/Stuiber 3 5 5 . Caspar,
Papsttum, I 203 ss, 208 . Seppelt/Loffler 1 2. Gontard 1 09 . Hal ler, Papsttum, l, 7 3 . Seppe! t, Der Aufstieg,
1 1 0 ss. Mirbt/Aland n. 300 ss, p. 1 3 7 ss. Joannou 1 59 . Aland, Von Jesus, 2 1 5 s. Kiihner, Imperium, 4 1 .
Handbuch der Kirchengesc hichte II/ l , 2 5 8 . Gelmi 59. Woj towytsch 1 47 ss.
4° Collectio Avellana 13 (CSEL 3 5 . 1 . 5 7 s). Seppe! t, Der Aufstieg, 1 1 2 s.
41 Basilio di Cesarea, Epistulae, 2 1 5 ; 239; 242. Girolamo, Epistulae, 1 5 ,2; 1 6, 2 ; 3 5 . Caspar, Papsttum, I
220 ss, in part. 227. Haller, Papsttum, l, 62. V. anche nota successiva.
42 Girolamo, Epistulae, 1 5 , 1 s ; 1 23,9; 1 27 ,9. Dia!. Luc if. et orth. 20. Libellus precum. Avellana n . 2 . Grone
1 00. Griitzmacher, Hieronymus, I 20 l ss. Caspar, Papsttum, I 246 s, 257. Haller, Papsttum, l, 62, 7 1 .
93

Aland, Von Jesus, 2 1 0 s. Handbuch der Kirchengeschichte I I / l 68, 1 60. Chadwick, Die Kirche, 1 85 .
43 Mansi 3 , 624 D . LTh K l . A . I I I 1 34, 2 . A I I I 1 36 s . A ltaner/Stuiber 3 5 4 s . Dobschtitz 29 s s . Caspar,
Papsttum, I 2 1 0, 242. Heiler, A ltkirchliche Autonomie, 203 ss. Haller, Papsttum, I , 67, 7 1 , 374. Ktihner,
lmperium, 40 ss. Chadwick, Die Kirche, 1 8 8. Denz1er, Das Papsttum, I 1 2. U l l mann, Gelasius l, 22 s .
Haendler, Von Tertullian, 1 22 . Dulckeit/Schwarz 2 0 7 ss. Miche! 5 0 7 . Joannou 286 ss. Handbuch der
Kirchengeschichte 1 1/ 1 , 259 ss. Woj towytsch 430. Brox, Kirchengeschichte, 1 08 .
44 Pau ly I 1 3 7 3 . Altaner/Stuiber 3 5 5 . Secondo Grone 1 00, la mania poetica di Damaso "testi monia un
talento l i nguistico classico e una profonda vita i nteriore". Weyman 1 05 . Schiifer, Epigramme. Caspar,
Papsttum, I 46, 25 1 ss. Duchesne, Hist. An c. 2, 483. Citato da Haller, Papsttum, I , 7 1 . Cfr. 367. Handbuch
der Kirchengeschichte 1 1/ 1 ,263.
45 Citato i n Caspar, Papsttum, l , 25 1 s, con riferimenti delle fonti.
46 Schwaiger, Papste, 1 43 s . Deschner, Heilsgeschichte, I I 546 nota 1 4.
47 Dobschtitz 29 ss. Caspar, Papsttum, l, 247 ss. De Vries, Rom, 1 5 ss, cui mi riferisco qui.
48 Caspar, in ZKG 47, 1 928, 1 95 . Haller, Papsttum, !, 66 ss, 72 s. Kiihner, lmp e rium, 4 1 . Woj towytsch 1 49.
49 Papa S i ricio, Epistulae, l , J K 255. Caspar, Papsttum, l, 2 1 6 , 26 1 ss. Ullmann, Gelasius l, 27 s.
Woj towytsch 1 4 1 ss.
50 Papa lnnocenzo l, Epistulae, 2, 1 . J K 286; Epistulae, 27, l . J K 3 1 4 . Epistulae, 29 J K 3 2 1 . L' intera corri­
spondenza i n PL 2, 463 ss. Altaner/S tuiber 356. Grone 1 1 9. Seppelt/Schwaiger 3 3 . Haller, Papsttum, I,
80 ss. Ullmann, Gelasius l, 36 s . Woj towytsch 205 ss, 230, 300.
51 Papa Innocenza l, Epistulae, 25. Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 296. Altaner/Stuiber 356. Caspar, Papsttum,
I, 302 s. 34 1 , 343, 3 5 8 . B i h l meyer, Kirchengeschichte, 295 . Seppelt/Schwaiger 3 3 . Hal ler, Papsttum, I ,
80 ss. Handbuch d e r Kirchengeschichte I I/ l , 2 6 5 s. Schwaiger, Papstliche Primat, 4 0 s . Woj towytsch
207 ss. Ullmann, Gelasius l, 3 5 ss, 40 ss.
52 Fichti nger 22, 75, 1 24, 1 5 8, 1 98 , 346 s, 36 1 . Ktihner, Lexikon, 3 1 , 35, 60, 66 s . Seppelt/Schwaiger 5 3 s,
1 09 , 1 1 7 ss. Kiihner, lmperium, 5 2 , 1 03 . Denzler, Das Papsttum, 1 9 , 4 1 ss. Giovanni Xl, per Denzler, è
solo "probabi l mente" il figlio di papa Sergio I I I . Ibidem, cfr. anche Deschner, Das Kreuz, ! 5 3 ss.
53 Grone I 06 ss.
54 Innocenza l, Epistulae, 37; 38; 4 1 . Caspar, Papsttum, l, 304. Ull mann, Gelasius l, 37.
55 Innocenza l, Epistulae, 8 s ; 1 3 . Palladio, Dialogus de vita s. Johannis Chrysostomi, 4. Caspar, Papsttum,
I , 293 s, 304 ss, 3 1 5 ss, in part . 325. Seppelt/Schwaiger 33 s. Seppelt/Loffler 1 5 . Haller, Papsttum, I, 80
ss. Joannou 234 ss. Handbuch der Kirchengeschichte I I/ l , 266 s . Woj towytsch 209 ss.
56 J K 342. Hal ler, Papsttum, l , 88 s. U l l mann, Ge/asius l, 44 ss.
57 Papa Bonifacio l, Epistulae, 7 . Collectio Avellana epistula 14 ss, i n part. Avellana 1 5 , 1 8 , 1 9 , 2 1 ss.
Socrate, Historia ecclesiastica, 7 , 1 1 . LThK 2 . A. I I 5 8 7 , III 1 1 80, V 47 8 . Pau ly I 927. Wetzer/Welte II
84. Fichtinger 73 s. Grone 1 1 6. Gregorovius I , l , 85 s. Stein, Vom romischen, 4 1 4 . Caspar, Papsttum, I,
360 ss. Seppelt/Loffler 1 7 . Seppelt/Schwaiger 36 s . Hal ler, Papsttum, !, 1 0 1 . Gontard 1 20. Handbuch
der Kirchengeschichte II/ l , 270. Wermelinger 239 ss. von Haehling, ReligionszugehOrigkeit, 469.
58 Agostino, Epistulae, 209.
59 Cfr. i n part. Ullmann, Gelasius l, 5 2 s.
60 Papa Bonifacio I , Epistulae, 13 ss. Codex Theodosianus 1 6,2,45 . Col l . Thess. 35,25 ss, 44, 1 9 ss. Wetzer/
Welte II 85, III 750. Grone 1 1 6 ss. Caspar, Papsttum, I, 378 ss. Seppelt/Loffler 1 7 s. U l l mann, Gelasius
l, 48 ss. Schwaiger, Papstliche Prima t, 32. Handbuch der Kirchengeschichte I I/ l , 27 1 . Woj towytsch 270
ss, 279 ss, 30 l .
61 J K 363 s. Coll . Thess. 3 3 , 1 7 ss; 35 ,25 ss. J K 360. Woj towytsch 270 ss.
62 Kempf 28.
CAPITOLO IV.

LA LOTTA PER LE SEDI VESCOVILI D ' ORIENTE NEL V SECOLO


FINO AL CONCILIO DI CALCEDONIA

"Guerre e lotte i ntestine non hanno risparmiato la Chiesa romana . . .


M a non hanno mai raggiunto l a crudeltà e l ' i rruenza
che ad Oriente erano invece a l l ' ordine del giorno" . (Johannes Hal ler) 1

"La dottri na di Origene si trasformò in una guerra formale


tra le due principali città del l ' Oriente e i l oro vescovati :
Teofilo di Ales sandria e Giovanni di Costantinopo l i " . (Jean Steinmann) 2

"Per garantire e accrescere il potere del patriarca di Alessandria,


Teofi l o , Cirillo e Dioscoro,
sfruttando l ' accordo con i copti e i n parte con Roma,
consegnarono i l mondo ellenico al cristianesimo . . .
M a non fu che una vittoria d i Pirro .
La disfatta del cristianesimo greco in Egitto
era già in corso quando Teofi l o , costretto dai copti ,
fece torturare Ammonio, seguace di Origene.
"Eretico, maledici Origene".
Questa fu la condanna a morte dei Greci i n Egitto".
(Cari Schneider, teologo) 3
96 La lotta per le sedi vesco vi/i d ' Oriente

La città di Alessandria ebbe un ruolo di primo piano non soltanto nella politica delle
province orientali ma anche per il potere che il suo patriarcato esercitò in seno alla
chiesa orientale. Il suo patriarcato fu infatti, fin dali' inizio, il più potente di tutto l ' Oriente
e grazie alla vastità dei territori conservò fino al concilio di Costantinopoli (38 1 ) il
primato assoluto. Almeno de facto, con l ' occasionale appoggio di Roma, riuscì a man­
tenere il primato fino al "Sinodo dei briganti", cioè al Sinodo di Efeso (449). La supre­
mazia di Alessandria fu però minacciata dal i ' emergente Costantinopoli che, poco a
poco, conquistò il primato nella gerarchia dei patriarcati orientali. I patriarchi di Ales­
sandria che miravano ad avere in Oriente un proprio papato, volevano nella capitale
colleghi deboli e incapaci. Almeno a partire dal III secolo, i vescovi di particolare
rilevanza avevano il titolo di "arcivescovo" (archiepiskopos) o preferibilmente di "papa"
(papas), titolo che continuarono a mantenere (la denominazione "patriarca" divenne di
uso comune, soltanto a partire dal IV secolo). Fin dalla sua fondazione, Costantinopoli
nutrì "quasi ininterrottamente un sentimento di gelosia", da cui neanche i cattolici di
Costantinopoli furono esclusi, "nei confronti della sede alessandrina" (Wetzer/Welte).
Ma per portare alla rovina i rivali della capitale, gli alessandrini, in quest' epoca di
"lotte feroci per la creazione dei dogmi" (il cattolico Heer), si servirono delle contro­
versie teologiche. 4
Ciò preannuncia la lotta che i patriarchi Teofilo di Alessandria e Giovanni di
Costantinopoli avrebbero condotto per ottenere il potere.
L' episcopato di Alessandria, per oltre un secolo, si servì contro lo stato di tecniche
già collaudate brillantemente dal padre della chiesa sant' Attanasio: "corruzione, raggi­
ro dell ' opinione pubblica, guardie del corpo personali o bande armate di marinai e
monaci" (F. G . Maier) . I vescovi di Alessandri a avevano organizzato centinaia di
"portantini", truppe d ' assalto militari, con cui assalivano templi e sinagoghe, saccheg­
giavano e cacci avano gli ebrei, terrorizzando tutti quanti non gli andavano a genio,
autorità imperiali comprese. A poco a poco il patriarca di Costantinopoli, nuova capita­
le e "seconda Roma", acquistò sempre maggior prestigio e potere. Infine nel 3 8 1 , il II
Concilio ecumenico di Costantinopoli assegnò al patriarca di Costantinopoli il primato
onorario sugli altri episcopati orientali. Nonostante l ' energica protesta della chiesa ro­
mana, nel 45 1 , il IV Concilio ecumenico di Calcedonia equiparò il patriarca di
Costantinopoli al papa di Roma (Canone 28). La ricchezza del patriarcato non fece che
aumentare grazie a donazioni e lasciti ; i possedimenti, distribuiti per tutto il territorio,
comprendevano immobili e attività commerciali (beni demaniali, vigne e mulini). 5
I gerarchi alessandrini non si arresero così facilmente, ma, al contrario, condussero
la lotta con tutti i mezzi a loro disposizione. Già nel Concilio del 38 1 , il tentativo di
introdurre un alessandrino a Costantinopoli fallì . Dopo la morte del vescovo Nettario
(397), sostenuto dal l ' imperatore Teodosio ma combattuto dal papa Damaso, fallì anche
il tentativo di Teofilo di introdurre nella capitale il suo candidato, il vescovo alessandrino
Monaci predatori e l 'inversione di rotta di Teofilo 97

Isidoro (già incontrato in una sfortunata missione politica: I 378). Avrebbe dovuto te­
nere semplicemente il posto a Cirillo, nipote ancora troppo giovane del patriarca. Venti
anni dopo Teofilo (385-4 1 2) riuscì nell ' intento. All' ecclesiastico colto e senza scrupoli
riuscì , infatti, di deporre Giovanni Crisostomo, un faraone delle terre del Nilo che
aspirava a diventare una sorta di pri mate di tutto l ' Oriente, e con l ' aiuto della corte,
riuscì a mandare il patriarca di Costantinopoli prima nel deserto e poi a morte. 6
Poco meno di due decenni prima della nomina di Giovanni a Costantinopoli (398-
404), gli Ariani davano ancora filo da torcere (v. I, 362). Una volta in carica, Giovanni
si trovò di fronte soltanto Sisinnio, un vescovo archimandrita di secondaria importan­
za, seguace dei novaziani, gli unici che Teodosio tollerava a fianco dei cattolici. Sisinnio,
infatti, uomo arguto ed eloquente, era stimato persino dai "veri credenti" della corte e
non rappresentava alcuna minaccia per il patriarca. L' unica stranezza, almeno per il
rigoroso ascetismo dei novaziani, era la sua abitudine di recarsi quotidianamente alle
terme. Alla domanda perché facesse il bagno caldo due volte al giorno, Sisinnio repli­
cava in modo divertente : "Perché tre volte al giorno non mi fa bene". 7
Il padre della chiesa Giovanni Crisostomo (v. I, 1 20 ss.), nato ad Antiochia e figlio
di un alto ufficiale dell' esercito era, secondo il Meniinon, libro liturgico della chiesa
bizantina, un uomo vistosamente piccolo ed estremamente magro, con una grossa te­
sta, grosse orecchie, un grosso naso e una barba rada. Dopo essere stato per alcuni anni
monaco nel deserto, l ' ascesi gli provocò disturbi allo stomaco e nel 386 il vescovo
Melezio (v. I, 328 ss.) lo chiamò ad Antiochia come presbitero. Il fatale cambio della
carica di patriarca fu opera del vecchio Eutropio (supra p. 5 s.). Infatti, quando l ' i mpe­
ratore Arcadio, dopo la morte di Nettario (397) si trovò indeciso sulla scelta del suo
successore, l ' eunuco di corte nonché onnipotente ministro fece arrivare nella capitale
per direttissima Giovanni, il già famoso presbitero antisemita. Teofilo avrebbe preferi­
to evitarlo. Per farlo tacere bastò un accenno a del materiale che avrebbe potuto impli­
carlo in un processo penale. Nel febbraio del 398 fu proprio l ' alessandrino contestatore
a dover nominare Giovanni vescovo ! 8
Teofilo non si arrese così facilmente. Per promuovere la sua politica religiosa e
condurre la sua lotta contro il patriarcato di Costantinopoli, utilizzò l ' ormai internazio­
nale caccia all ' origenismo e la guerra tra i seguaci di Origene e gli Antropomorfiti che
coinvolgeva i monaci orientali .

MONACI PREDATORI E L'INVERSIONE D I ROTTA DI TEOFILO

Nel IV secolo tutto l ' Oriente, e in particolare l ' Egitto, meta tradizionale degli asceti ,
era popolato da decine di migliaia di monaci. Un corteo trionfale, che raccolse monaci
provenienti da una miriade di conventi ed eremi, percorse il Sinai, la Palestina, la Siria,
98 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

l ' Asia Minore e le province occidentali . In Oriente i monaci riuscivano ad esercitare


una notevole influenza sulla società, sulla popolazione e sul ceto dominante. Alcuni
eremi accoglievano visitatori giunti da molto lontano per "elevarsi". I "lottatori di Cri­
sto", ammirati per la loro eccentricità, le veglie notturne e le mortificazioni che si
infliggevano, erano superstiziosamente venerati quasi come esseri soprannaturali . 9
La principale fonte di sostentamento dei monaci erano le opere di beneficenza: essi
offrivano alloggio a stranieri, curavano i malati o si occupavano dei poveri, dei prigio­
nieri o degli schiavi; di tanto in tanto traevano guadagno anche da attività commerciali:
ad esempio copiando libri e creando biblioteche, senza essere per questo, come già
rpostrato da Harnack, propriamente edotti in campo teologico. D ' altro canto, nel 370,
l ' imperatore Valente dovette già emanare un decreto contro "gli amanti della pigrizia"
delle "comunità monastiche" (monazontes) e ordinare che venissero "stanati dal loro
nascondiglio e riportati nelle città d' origine per svolgervi i loro compiti". Ma se i mo­
naci, questi "perfetti cristiani", avevano una professione, "l' esercitavano stoltamente,
con pigrizia e con estrema ignoranza" (E. Stein). E nonostante il divieto posto dal l ' im­
peratore Teodosio I, i monaci continuavano a vagabondare ovunque, spingendosi so­
prattutto nelle città; soltanto nell ' area di Ekhnaton di Alessandria, esistevano più di
600 conventi di monaci e suore, "popolati come un alveare" (Severo di Usmi.inain).
Crisostomo, da vero credente, criticava il vagabondare per le città esattamente come
"l' eretico" Nestorio, che arrivò persino a scomunicare i monaci vagabondi. Ma d' altro
canto, non appena un vescovo era sicuro di poter contare sul loro aiuto, il suo potere
non conosceva più limiti. In tutte le epoche, persino nel XX secolo, i monaci sono
sempre stati sfruttati, o di buon grado si sono fatti sfruttare politicamente dal potere del
clero e dello stato (nello stato croato degli ustascia essi guidavano apertamente bande
sanguinarie e occupavano ruoli di comando nei campi di concentramento ; * v. infra
alla nota l 0). I monaci giocarono un ruolo decisivo nella sconfitta del paganesimo, nella
distruzione e nel saccheggio dei templi, così come a volte nelle lotte intestine della
chiesa. La loro esistenza meramente "spirituale degenerò in anarchia" (il domenicano
Camelot) . Scorrazzavano per le città creando disordini e immischiandosi nelle dispute
dogmatiche o nella politica interna della chiesa o rivoltandosi contro i propri abati . An­
cora più spesso attaccarono vescovi e alti prelati cattolici a Costantinopoli : Paolo,
Gregorio Nazianzeno, Giovanni Crisostomo, che commentava "se nelle città non ci fos­
sero i conventi, regnerebbe una tale pace (eunomia) che nessuno sarebbe più costretto a
rifugiarsi nel deserto". Una folla di monaci combatté anche per il malfamato abate
Scenute, santo della chiesa copta (infra p. 1 3 8 ss. ), per il padre della chiesa Cirillo o per
suo zio Teofilo. "Non a caso papi e patriarchi ricorrevano continuamente alla cerchia
monastica per esercitare, per mezzo delle masse popolari, un' efficace pressione sui go­
verni. La loro grandezza era dovuta ad una "incredibile primitività" accompagnata da
argomenti forniti dalla "violenza fisica" ; essi combattevano "tanto più spietatamente
Monaci predatori e l 'inversione di rotta di Teofilo 99

quanto più si credevano guidati dallo Spirito Santo" (il gesuita B acht) . 1 0
In Oriente anche per il vescovo alessandrino assistiamo a una fatale quanto indica­
tiva inversione di rotta. Per raggiungere i suoi scopi aveva bisogno dei teppisti religio­
si. Secondo Palladio, il deserto nitrico, una depressione del deserto libico, ha ospitato
più di 5000 monaci seguaci di Origene; il deserto scitico invece era popolato da
antropomorfiti che prendevano l ' antropomorfismo biblico un po' troppo alla lettera.
Teofilo, proprio per la fiducia che nutriva nei confronti del presbitero Isidoro, accanito
seguace di Origene, si schierò subito con i monaci del deserto nitrico. Egli chiamò a sé
i loro capi, i quattro "lunghi fratelli"; solo il più vecchio, Ammone, un fanatico asceta,
a forza di mutilazioni inflittesi con ferri roventi riuscì a sottrarsi al patriarca. Ma Dioscoro
nonostante mostrasse altrettanta avversione, venne nominato vescovo della piccola
Ermopoli ; Eutimio e Eusebio divennero invece rispettivamente prete e amministratore
delle ricchezze ecclesiastiche ad Alessandria finché l ' avidità del patriarca non li rispedì
nuovamente nel deserto.
Ancora nel l ' enciclica pasquale del 399, Teofilo attaccava aspramente gli antropo­
morfiti che si figuravano Dio con sembianze umane. Per reazione gli antropomorfiti
uscirono dal deserto scitico e si diressero a frotte verso Alessandria dove riuscirono a
seminare il panico e minacciarono di uccidere il patriarca se non avesse ritrattato. Teofilo,
la cui sete di potere e l ' amore per il fasto erano tali da farlo paragonare ad un faraone e
additarlo ingiuriosamente come "dittatore d' Egitto" o come "adoratore dell ' Oro", pur
essendo un avido lettore di Origene, cominciò a cambiare fronte seguendo la comune
tendenza. Teofilo dichiarò dunque di odiare Origene e di aver già riconosciuto la sua
dannazione. Divenne così un accanito sostenitore degli antropomorfi ti che adulò con le
parole: "È come se in voi vedessi il volto di Cristo". La sua epurazione in Egitto dei
sostenitori di Origene divenne una vera e propria propaganda anti-origenista in grande
stile e finì col trasformarsi in una formale crociata (Grtitzmacher) . Colui che nel 399
era ancora difensore di Ori gene, un anno più tardi in un Si nodo ad Alessandria emise la
scomunica per i quattro "lunghi fratelli", eccezion fatta per Dioscoro. Negli anni suc­
cessivi si servì inoltre di una serie di epistole pasquali per una violenta polemica, volta
a mettere in guardia dalle "bestemmie", dalla "follia" e dali' "errore criminale di Origene,
questa Idra di tutte le eresie" che metteva Cristo sullo stesso piano di Satana. Teofilo
asseriva che "Origene deri se Cristo e idolatrò Satana, scrivendo una quantità di libri
pieni di chiacchiere senza senso e mescolando il profumo degli insegnamenti celesti
con la propria puzza". Appositamente servì questo teologo in una pietanza così disgu­
stosa che i "veri credenti" non poterono che sentirsi male.
In una lettera pastorale ai vescovi, Teofilo scrisse che questi "pseudo monaci capaci
di ogni crimine" avessero attentato alla sua vita. "Per ottenere un bagno di sangue,
hanno corrotto la volgare marmaglia. Soltanto la volontà di Dio ci ha salvato dalla
catastrofe. Abbiamo dovuto tollerare tutto questo con santa pazienza . . . ". In realtà si
1 00 La lotta per le sedi vescovili d 'Oriente

recò lui stesso nel deserto nitrico, scortato da soldati, a caccia dei seguaci di Origene e
dei quattro "lunghi fratelli". Minacciò uno dei portavoce, i l vecchio Ammone, di stran­
golarlo con il proprio mantello e lo colpì al punto da fargli uscire il sangue dal naso.
Procedette anche contro il quasi ottantenne seguace di Origene Isidoro, il presbitero
che soltanto pochi anni prima avrebbe voluto eleggere patriarca della capitale, ma dopo
aver tentato invano di fargli testimoniare il falso (avrebbe dovuto sostenere che una
defunta aveva lasciato in eredità alla sorella del patriarca tutti suoi averi ) lo fece espel­
lere dalla chiesa. Inoltre lo diffamò gravemente accusandolo di sodomia per una rela­
zione avuta, diciotto anni prima, con un mozzo. Infine egli in persona, a capo di una
truppa d' assalto formata anche da schiavi neri etiopi ed in preda ai fumi del l ' alcool,
venne sorpreso in piena notte a saccheggiare un convento e dare fuoco alla biblioteca e
ai "misteri" in essa contenuti, e un ragazzo perse la vita nell ' incendio (il benedettino
B aur). L' atto d ' accusa dei monaci assaliti era costituito da settanta punti. Il Papa
Anastasio I (399-40 l ) nominò però Teofilo "vir sanctus et honorabilis" e, in una lettera
al patriarca Giovanni di Gerusalemme, dichiarò la sua innocenza teologica asserendo
che fino a poco tempo prima ignorava sia chi fosse Origene sia cosa avesse scritto. 1 1

IL PADRE DELLA CHIESA GIROLAMO E COMPARI PRESTANO A TEOFILO SERVIZI DA SICARIO


CONTRO IL PADRE DELLA CHIESA GIOVANNI

Nel 40 1 , centinaia di monaci fuggirono dall' Egitto; alcuni si rifugiarono a Costanti­


nopoli, altri in Palestina dove i seguaci di Origene erano ora apertamente perseguitati
anche dal padre della chiesa Girolamo. Il santo e patrono che artisti come Altdorfer,
Diirer e Leonardo da Vinci hanno reso immortale, aveva contribuito molto alla diffu­
sione di Origene nelle province latine traducendo con entusiasmo numerose sue opere
e sostenendo che molti lo veneravano come "il più grande padre della chiesa dopo gli
apostoli" (v. I, 1 54), come "genio immortale", scandalizzandosi del fatto che a Roma
Origene fosse aggredito "non per la novità delle sue tesi, né per eresia, come ora fanno
i cani rabbiosi, ma perché la sua erudizione ed eloquenza erano intollerabili". Infine
anche i padri della chiesa B asilio, Gregorio Nazianzeno, Atanasio e Ambrogio si schie­
rarono dalla parte di Origene. Quando il papa Anastasio, i vescovi Simpliciano di Mi­
lano e Cromazio di Aquileia e i sinodi di Gerusalemme, Alessandria e Cipro si schiera­
rono contro Origene facendo guadagnare terreno ai suoi nemici, anche Girolamo, come
molti altri prominenti prelati , cambiò partito. Senza vergogna rinnegò spudoratamente
il suo vecchio maestro e, come Teofilo, si tramutò repentinamente in un agguerrito
persecutore dei seguaci di Origene.
In un suo scritto Girolamo inveì però contro il vescovo di Gerusalemme Giovanni
che, nella "guerra dei monaci" non volendo abbandonare Origene, si era schierato con-
Il padre della chiesa Girolamo e compari IO!

tro d i lui. "Tu, Santo Padre, eminente Vescovo e applaudito oratore" scriveva Girolamo
"non degni neanche di uno sguardo i tuoi simili che, come te, sono stati comprati con il
sangue del tuo padrone . . . Disprezzi i laici, i diaconi e i preti e ti vanti di poter investire
in un' ora migliaia di clerici . . . I tuoi leccapiedi sostengono che tu sia più eloquente di
Demostene, più acuto di Crisippo, più saggio di Platone e, a quanto si dice, tu stesso ne
sei convinto". Il santo padre del la chiesa si scagliò contro il vescovo di Gerusalemme
in modo rabbioso, beffardo e offensivo accusandolo di aver schierato lo stato contro di
lui. "Un monaco che minaccia di mandare in esilio altri monaci e ottiene un decreto per
farlo; un monaco che si vanta di occupare la sede di uno degli apostoli". 1 2
Ciò dimostra quanto stretti siano i legami tra la politica, la teologia e la strategia
ecclesiastica. Se Teofilo cercò in un primo momento di mediare tra le diverse fazioni, il
suo cambio di schieramento fu repentino. Quando alla fine del 396 cercava ancora di
rappacificare le due fazioni combattenti, Girolamo gli inviò una risposta che rimase
valida in tutta la storia della Chiesa: "Anche noi desideriamo la pace, non solo la desi­
deriamo ma combattiamo per lei, combattiamo per la vera pace, la pace di Cristo".
Per secoli i discepoli del Signore hanno difeso la vera pace, la pace di Cristo da
scismatici, eretici, non credenti, dai nemici interni ed esterni da chiunque la pensasse
diversamente da loro. Sempre e ovunque, anche nel XX secolo, masse e generazioni
sono state annebbiate dal l ' ipocri sia arrogante di questa "vera pace". Ha imperversato
nella prima e nella seconda guerra mondiale e nella successiva guerra fredda, nella
ricostruzione della Germania occidentale; il Cardinale Frings, attivo nella CDU, du­
rante un convegno dei cattolici tedeschi tenuto a Bochum definì l ' obiezione di coscien­
za come un "sentimentalismo riprovevole", una "presunzione umanitaria". "Secondo il
Pontefice" asserì Frings "la guerra condotta contro l ' ingiustizia, non è solo un diritto
ma un dovere [ ! ] di tutti gli stati . . . La vera pace [ ! ] può fondarsi solo [ ! ] sull' ordinamen­
to divino. Quando questo ordinamento viene meno, i popoli devono ricorrere anche
alle armi per difenderlo e ricrearlo". 1 3
La vera pace esiste, dunque, soltanto dove esistono gli interessi del papato; e dov 'è
che il papato non ha interessi ! In ogni modo, con o senza armi, sempre di guerra si
tratta ! Questo e solo questo le canaglie come Girolamo, Agostino e molti altri hanno
compreso fino ad oggi sotto la "pace di Cristo", la "vera pace", ! ' "ordinamento divi­
no" ; cioè il loro tornaconto, il loro potere, la loro supremazia: nient 'altro !
Nel frattempo Teofilo aveva cambiato fronte e Girolamo che continuava a inveire
contro gli "eretici", riuscì a convincere il patriarca a "falciare i germogli malati". Il
santo osservò compiaciuto e trionfante la vittoriosa "mietitura" dell ' alessandrino, com­
plimentandosi per l ' accurato rastrellamento degli eretici, vipere disseminate nei più
reconditi nascondigli della Palestina. L' Egitto, la Siria e quasi tutta l ' Italia hanno scon­
fitto a tal punto il pericolo dell ' eresia da far esultare il mondo intero. 1 4
Teofilo inviando emissari e missive a singoli vescovi, agli alti prelati palestinesi e di
1 02 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

Cipro, nonché ad Anastasio a Roma, condusse una spietatissima caccia ai profughi.


Neanche Giovanni Crisostomo riuscì a proteggerli, così questi si diressero alla volta di
Costantinopol i . Giovanni Crisostomo diede ospitalità e appoggio ai profughi, il gover­
no convocò Teofilo davanti al concilio nella capitale dove Giovanni doveva emettere la
sentenza.
Ma Teofilo capì il gioco e riuscì a ritorcere le accuse.
Per quanto Giovanni fosse un abile demagogo, come alto vescovo di corte era del
tutto incapace. Crisostomo non aveva contro il solo rivale alessandrino, ma anche mol­
ti altri prelati cattolici. Soprattutto il siriano Severiano di Gabala, predicatore che con­
quistò la corte di Costantinopoli grazie alla sua straordinaria conoscenza della Bibbia,
che combatteva indifferentemente tutte le forme di "eresia", dalla fede n i cena
all ' ebraismo. Si opponeva a Crisostomo anche il vescovo Acacio di Berea (Aleppo), al
quale il poeta siriano B aleus dedicò cinque cantici. Più tardi il vescovo Antioco di Akko
in Fenicia, ed anche Macario Magnes (in Caria o in Lidia) si schierarono contro di lui. 1 5
Specialmente nei circoli ricchi e altamente civilizzati della capitale, Crisostomo di­
venne persona non grata. I ricchi mal tolleravano le sue prediche "comuniste" che
inveivano contro le toilette d' oro che, secondo lui, contavano per loro più dei mendi­
canti appostati davanti alle loro ville. Respinse addirittura inviti da parte di aristocrati­
ci. Il suo intransigente ascetismo, che tra l ' altro gli procurava continui dolori addominali,
non era conciliabile con la vita a corte. Rimproverava sia pubblicamente che privata­
mente le dame di corte, che si sforzavano di apparire più giovani, dicendo: "A quale
scopo, come le prostitute, vi coprite il volto con cipria e belletti . . . ?''. Alla fine si inimi­
cò anche l ' imperatrice Eudossia, che in quanto sostenitrice del clero e della Chiesa fu
inizialmente anche sua alleata. Crisostomo le diede della "Gezabele" per aver confi­
scato un terreno. Per Teofilo fu ragione sufficiente per accusare Crisostomo di lesa
maestà. Giovanni depose molti ecclesiastici dalle loro cariche: un diacono per adulte­
rio e un altro per assassinio. Non risparmiò neanche vescovi che avevano comprato le
cariche - il cui prezzo variava a seconda degli incassi annuali delle prebende - dal
metropolita di Efeso, Antonino, al quale la morte evitò la condanna. Simonia e avidità
al tempo già fiorivano nel clero.
Giovanni non era amato neanche dai suoi stessi prelati che indulgevano alla bella
vita; contrario soprattutto a rendere grazia ai seguaci della "gyné syneisaktos" [sposa­
sorella] , la pratica del legame con una votata a Dio, cioè una moglie spirituale. Il "ca­
sto" giacere insieme che, come quasi tutto il resto, la comunità giustificava biblicamente,
fu praticato per secoli sia in Oriente che in Occidente. Crisostomo che mal interpretò
questa testarda mortificazione, dedicò ai seguaci uno spietato doppio trattato asseren­
do "che sarebbe meglio che le vergini votate a Dio scomparissero". 1 6
Alla tìne anche alcuni gruppi di monaci si rivoltarono contro il patriarca. L' abate
siriano Isacco, istitutore di un convento a Costantinopoli, fondò, già al momento della
L 'umiltà di un principe della chiesa 1 03

nomina del patriarca, un partito di monaci che per anni non lo riconobbe, diffamandolo
aspramente. Lo stesso abate Isacco parteggiò con fervore per la causa di Teofilo e nel
processo contro Giovanni la sua accusa si rivelò di grande utilità. 1 7

L'UMILTÀ DI UN PRINCIPE DELLA CHIESA

Isacco e il suo seguito avevano biasimato arrogantemente il patriarca, con orgoglio, ma


senza sconfinare nell ' ingiustizia. Il santo, un prete fra i più importanti, era, come molti
suoi pari, tutt' altro che modesto. Non solo asseriva "Dio ci ha messo al mondo per
essere delle stelle .. che vagano come angeli tra gli uomini" ma professava anche "Uomo,
niente è più potente della Chiesa . . . La Chiesa ha più potere del cielo . . . il cielo esiste per
volontà della Chiesa e non la Chiesa per volontà celeste". Lui stesso definiva l ' impera­
tore "servo di Dio" ed equiparava la carica di vescovo a quella di principe, sostenendo
"il vescovo è più rispettabile del l ' imperatore stesso. Infatti, anche l ' imperatore è sotto­
posto alla legge dell ' autorità spirituale del vescovo". Ostentava che "il clero occupa
una posizione più altolocata del re . . . Il clero è un sovrano più potente del re stesso,
poiché questi è sottomesso al suo potere". Avrebbe potuto dichiarare anche: "I capi
dello Stato non godono dello stesso prestigio dei principi della Chiesa. Chi è il più
potente del reame? Chi è il più rispettato dalle dame di corte o in casa dei ricchi ?
Nessuno può raggiungere il s u o rango". 1 8
Il patriarca vuole naturalmente detenere in ogni caso anche una dignità spirituale e
vuole che sia sempre onorata e riconosciuta: un diritto, una dottrina che nessun tiranno
terreno può permettersi di rivendicare senza soccombere; una truffa delle più grossola­
ne, che copre ogni amoralità e bassezza e che soddisfa la maggioranza. La chiesa po­
trebbe anche produrre grandi farabutti, colossali sfruttamenti , rendere potenti incredibi­
li gangster, ma rimarrà sempre senza macchia, santa - semplicemente fantastico ! (cfr. I
276). Il principe della Chiesa non desidera essere corteggiato e adorato per puro egoi­
smo: "Vogliamo essere onorati non per noi stessi ma perché siamo la prova dell ' esisten­
za di Dio ! " . "Crisostomo (bocca d' oro)" il patrono dei predicatori, dichiara che per la
salvezza delle anime ha ammesso anche la menzogna, trovando esempi calzanti nel
Nuovo e nel Vecchio Testamento: " . . . considerate che qui non si tratta di noi ma del
regno celeste, non di questa o quella personalità, ma del vescovo ! Che nessuno dia
ascolto a me ma all' alta carica che ricopro. Fintanto che occuperemo questi seggi con
cariche vescovili avremo sia l ' onore che il potere, anche se ne fossimo indegni". Come
detto, si tratta di divine argomentazioni con cui ancora oggi raccolgono il consenso
delle masse. No, non sono loro a voler essere onorati, sono modesti, austeri e onesti,
sono solo uomini. In loro bisogna onorare soltanto Dio, che è superiore ad ogni cosa. 1 9
Giovanni ebbe dunque molti nemici e Teofilo, suo acuto avversario (non a caso ad
1 04 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

Alessandria era chiamato "Amphallax", volpe) mise in gioco tutte le carte che aveva,
vincendo la partita, asso dopo asso. Invece di difendersi, contrattaccò accusando Gio­
vanni, seguace di Origene, di eresia e conducendo una battaglia vecchio stile sul cam­
po dogmatico.

I L PADRE DELLA CHIESA EPIFANIO, IL SINODO DI QUERCUM


E L 'ASSASSINIO NEL PALAZZO DEL PATRIARCA

Nell ' inverno del 402 l ' alessandrino mise alle costole del patriarca di Costantinopoli un
"cacciatore di eretici", i l padre della chiesa Epifanio di Salamina (Costanzia) a Cipro.
(v. I, 1 47 s . ) . Teofilo si vantò con Epifanio del fatto che la Chiesa di Cristo "era riuscita,
con la spada dell ' evangelismo, a stanare e sterminare quei serpenti striscianti dei se­
guaci di Origene e a liberare i monaci nitrici dalla terribile epidemia" . Epifanio, il
malfamato ideatore della "cura contro tutti i veleni dell' eresia" si era unito presto alle
invettive contro Origene, il discusso teologo della vecchia Chiesa. Epifanio che trova­
va insopportabile la tendenza spiritualistica, l ' esegesi simbolica di Origene, aveva filo
da torcere dai seguaci di quest' ultimo, persino nella sua stessa parrocchia. Persino
molti cattolici riconoscevano al famoso vescovo una estremamente scarsa ma forte
spiritualità, un fervore focoso ma oscurantista, uno zelo non illuminato ; come se tutto
il cristianesimo non scaturisse dalla tardo-antica "failure of nerve" (Murray), mancan­
za di forza intellettuale e di nervi . . .
G i à nel 390 e 392 il "patriarca dell ' ortodossia" (Nicea I I , 7 8 7 ) s i era recato a
Gerusalemme proprio perché il vescovo locale simpatizzava con Origene. Epifanio
aveva combattuto Origene davanti alla comunità riunita e fatto giurare il vescovo Gio­
vanni di abbandonare "il padre di Ario, la radice di tutte le eresie". In seguito costrinse
Giovanni a condannare incondizionatamente "l' eretico". A questo scopo Teofilo spedì
a Gerusalemme come intermediario il vecchio e fedele Isidoro, convinto sostenitore di
Origene, al fine di sostenere il vescovo di Gerusalemme nella faida contro i monaci di
Betlemme, che invano aspettavano da lui una sua condanna. Ora però il patriarca
alessandrino chiamò a Costantinopoli il metropolita di Cipro, che prima aveva perse­
guitato come "agitatore eretico" e ora invece chiamava "santissimo". Epifanio che nel
frattempo si affrettava a raggiungere Cipro, organizzò contro Giovanni Crisostomo,
che continuava a dare asilo ai seguaci di Origene, una raccolta di firme. Usò ogni
mezzo per deporre il patriarca, ma alle minacce di quest ' u ltimo reagì con la fuga e
morì in mare, il 1 2 maggio 403 , durante il viaggio di ritorno. Contemporaneamente
Teofilo si mise in contatto con prelati destituiti dal suo oppositore e agì senza scrupoli,
con la calunnia, la corruzione e l ' inganno. Per sconfiggere il patriarca e ottenere l ' ap­
poggio del l ' imperatrice Eudossia, Teofilo inviò denaro a corte e servendosi del vesco-
Il padre della chiesa Epifanio, il sinodo di Quercum 1 05

vo Severiano di Gabala e dei suoi compari, fece giungere all ' imperatrice la voce che le
prediche di Giovanni erano piene di frecciate contro di lei . 20
Nell'estate del 403 , grazie all ' accanito lavoro dei suoi uomini, Teofilo stesso giunse
finalmente al Corno d ' Oro, ma prima della partenza dichiarò: "Vado a corte per depor­
re Giovanni". Arrivò con 29 vescovi egiziani, un seguito di monaci, molto denaro, una
quantità di regali preziosi per i cortigiani e alloggiò vicino alla città in un palazzo
del l ' imperatrice Eudossia. Questa, che ormai era dalla sua parte, morì l ' anno successi­
vo di parto. Per settimane Teofilo lavorò con l ' aiuto della maggior parte del clero e di
alcuni vescovi di Costantinopoli alla messa in scena di uno scandalo pubblico. L' impe­
ratore che invano coinvolse Giovanni Crisostomo in un processo contro Teofilo, nel
settembre indisse in Calcedonia (l' attuale Kadikoy ), sul versante asiatico del Bosforo,
di fronte alla capitale, un consiglio nel palazzo delle querce (Quercum), finito di co­
struire poco prima della caduta del prefetto Rufino (supra p. 4 s.) e divenuto possedi­
mento imperiale dopo l ' uccisione di quest' ultimo. Il testo dell ' accusa elencava 29 de­
litti commessi dal santo padre della chiesa: tra l ' altro veniva accusato di aver pestato o
fatto pestare a sangue monaci e di aver venduto oggetti e pietre preziose del tesoro
della chiesa. A questi, l ' abate l sacco aggiunse, in un sin odo, altri 1 7 punti che accusa­
vano il patriarca di aver frustato e incatenato il monaco Giovanni e di essersi appro­
priato di denaro altrui. 2 1
L' imputato non comparì ma in sua vece mandò tre vescovi che vennero picchiati a
sangue. A uno dei vescovi venne messa al collo una catena, destinata a trascinare Gio­
vanni qualora questi fosse stato presente. In effetti, dopo molte sessioni, egli venne
deposto dai "padri" e trascinato in piena notte su una nave, ma il giorno seguente venne
subito riabilitato. Eudossia abortì per punizione divina. L' umiliato fu riportato indietro
in trionfo. Sembra che si siano creati scompigli tra gli abitanti di Costantinopoli e di
Alessandria e ci siano stati spargimenti di sangue. Sembra addirittura che il popolo
abbia dato la caccia a Teofilo per gettarlo in mare. Questi fuggì con tutto il suo seguito
in Egitto, accompagnato anche dall' abate Isacco che probabilmente temeva il ritorno
del suo oppositore. La rimanente cerchia filo-teofiliana nella capitale continuò a mani­
festare contro Giovanni e Teofilo stesso lanciò un feroce pamphlet contro di lui. L' at­
tentato alla vita di Giovanni fallì : il suo servo Elpidio, corrotto probabilmente con 50
monete d' oro, prima di essere catturato riuscì a pugnalare nel palazzo del patriarca
quattro uomini ma non rivelò il nome dei suoi mandanti. I militari agirono contro Gio­
vanni con più decisione. L' imperatore si rifiutò di ricevere da lui la comunione. Segui­
rono altri complotti e omicidi . Il reggente, dapprima suo sostenitore, si fece convincere
dai prelati a lui contrari e da Eudossia, da cui era dipendente.
1 06 La lotta per le sedi vescovili d ' Oriente

L'INCENDIO DI HAGIA SOPHIA E LA FINE DI GIOVANNI E I "GIOVANNIANI"

In una notte del giugno 404, quando Giovanni venne caricato con la forza su una nave,
assistette a uno spettacolo di fuochi d' artificio tutto per lui : dal mare ammirò la "Chie­
sa della saggezza celeste", l' Hagia Sophia e il lussuoso palazzo del senato andare in
fiamme. I partiti si accusarono a vicenda, ma ancora oggi sono oscure le cause del l ' in­
cendio che, partito dal seggio vescovi le, ridusse la cattedrale in cenere. L' Hagia Sophia,
nel cui palazzo annesso risiedeva il patriarca, fu distrutta una seconda volta nel 532
dalla rivolta di Nika (infra p. 27 1 s.), e dopo ogni ricostruzione assumeva sempre più il
carattere di "centro mistico dell ' impero e della Chiesa" : "il cielo in terra, la residenza
preferita di Dio, colma di reliquie e opere d ' arte, era un santuario che offriva al clero
anche intrattenimento" (Beck). 22
Nell ' anno in cui Giovanni venne bandito, Teofilo fece circolare una nuova epistola
pasquale contro Origene con la quale "adulandoli, incantava tanto i candidi quanto i
superficiali con argomenti lusinghieri". Nell' epistola sosteneva: "Chiunque voglia ce­
lebrare la festa del santo padre dovrà disprezzare le ingannevoli teorie di Origene" e
concluse con le solite lamentazioni : "Preghiamo p er i nostri nemici, siamo caritatevoli
con coloro che ci perseguitano" . Due anni dopo, quando l ' esiliato Giovanni era ormai
vicino alla morte, l ' alessandrino gli dedicò un libello in cui il suo concorrente ormai
annientato figurava posseduto da spiriti maligni. Lo chiamò peste, senza Dio, Giuda,
Satana, folle tiranno che aveva venduto l ' anima al diavolo, nemico del!' umanità i cui
crimini superavano quelli dei banditi . I cristiani giudicarono questo pamphlet "mo­
struoso", "terribile per le ripetute bestemmie". 23
San Girolamo trovò tali spumeggianti ingiurie fantastiche - non a caso si vantò, in
un' epistola a Teofilo, di essere stato "nutrito dalla culla con latte cattolico". Aveva
potuto dunque dimostrare liberamente a "papa Teofilo" che "Origene è un eretico". A
Roma cercò di diffondere il prorompente odio del! ' alessandrino e, in una lettera di
accompagnamento a Teofilo, se ne attribuì il merito "Con ammirazione abbiamo potu­
to notare che il tuo scritto è utile a tutte le chiese . . . Accogli il tuo libro, che è anche il
mio, o meglio il nostro libro . . . ". 24
La prova che la teologia non era che una copertura della politica della chiesa e
Origene soltanto un pretesto per la lotta contro Giovanni Crisostomo, ci è data dal
comportamento di Teofilo. Infatti, eliminato il suo avversario, la velenosa antipatia che
per anni nutrì nei confronti di Origene si dissolse completamente. "Si vedeva spesso
sprofondato nella lettura di Origene" e se qualcuno si meravigliava, Teofilo si curava
di rispondere: "Le opere di Origene sono come un prato pieno di splendidi fiori, su cui
però crescono anche le erbacce; bisogna solo saper scegliere" . 2 5
Ali' esilio di Giovanni seguì la damnatio memoriae, la cancellazione del suo nome
dai dyptica, i libri ufficiali della Chiesa di Alessandria, Antiochia e Costantinopoli
L 'incendio di Hagia Sophia 1 07

(probabilmente un adattamento in ambito ecclesiastico dell ' uso amministrativo stata­


le). Tre anni di esilio, durante i quali percorse l ' i mpero in lungo e in largo, i disturbi
gastrici divenuti cronici, frequenti febbri, aggressioni di ogni genere, il 1 4 settembre
407 lo portarono, nonostante gli aiuti, le visite e il denaro a sufficienza, a morire a
Komana (Tokat), dove un tempo il famoso tempio della dea Ana"itis era affollato da
migliaia di preti e da ierodule. In uno degli scritti del l ' esilio indirizzati ad Olimpia,
santa della chiesa sia greca che latina, Crisostomo ammise di temere i vescovi, ad
eccezione di pochissimi, più di ogni altra cosa. 26
Non soltanto nella capitale, ma un po' ovunque, era anche iniziata una violenta cac­
cia ai seguaci di Giovanni : innumerevoli arresti, torture, esili e pene pecuniarie fino a
1 00 chili d' oro. Con la destituzione di Giovanni, nel l ' autunno del 403 , nelle chiese di
Costantinopoli i credenti massacrarono centinaia di monaci. Molti fuggirono in Italia,
"una tragedia, che appare tanto più oscura perché messa in scena da vescovi cattolici"
(il benedettino Haacke). 2 7
Il patriarca perseguitato (il vescovo di Cesarea in Cappadocia gli mise ad un certo
punto alle calcagna un'intera orda di monaci), in preda al bisogno e senza riconoscere
il primato di Roma spedì ai vescovi di Roma, Milano e Aquileia, la stessa lettera. Tre
giorni prima era giunto dal papa un "corriere espresso" inviato da Teofilo. Seguì un
secondo corriere recando uno scritto in propria discolpa, in cui l ' alessandrino asseriva:
"Crisostomo ha ucciso i servi dei santi", "È un rognoso (contaminatus), un appestato
senza Dio, un folle, un terribile tiranno che si vanta della sua stoltezza e che ha venduto
per lussuria (adulterandum) l ' anima al diavolo ! " .
Innocenza I (supra p. 8 4 s s . ) rispose a i due partiti con due lettere uguali che invita­
vano a preservare l ' integrità della comunità. Propose di indire un concilio ecumenico
patrocinato dall ' imperatore. La delegazione formata da rappresentanti imperiali e pa­
pali (il vescovo Emilio di Benevento, Venerio di Milano e Cromazio di Aquileia) fu
sabotata già prima di giungere ad Atene. A Costantinopoli fu fermata dal i ' imperatore
Arcadi o, arrestata e internata in alcuni castelli della costiera e dopo alcuni vani tentata­
tivi di corruzione, che secondo le direttive di Giovanni Crisostomo l ' avrebbe voluta
vedere parteggiare per il suo successore Attico, venne espulsa. Quattro mesi dopo, al
loro ritorno, i legati riferirono di aver assistito a una "criminale B abilonia". L' esule
aveva chiesto "urgentemente" soccorso al papa. Quando Giovanni scongiurò "questa
terribile tempesta nella Chiesa", il "caos", Innocenza I gli mandò finalmente una lette­
ra consolatoria in cui lo invitava ad avere pazienza e gli rammentava che il vantaggio
di una buona coscienza sta nel saper sottomettersi al volere di Dio. Il comportamento
di Innocenzo fu tale che, in conclusione, in una decisa lettera del papa ali ' imperatore
(con annesse le scuse del caso), si era indotti a pensare il contrario. 28
Trent' anni dopo, alla fine del gennaio 438, Teodosio II fece trasportare solennemen­
te le spoglie di Giovanni Crisostomo nella Chiesa apostolica di Costantinopoli; nel
1 08 La lotta per le sedi vescovi! i d ' Oriente

1 204, dopo l ' orribile conquista della città da parte della Chiesa cattolica, giunsero a
Roma nell a chiesa di S . Pietro dove tuttora riposano. 29
Come il destino non solo di Crisostomo ci mostra, la vita di un vescovo, a quei
tempi , era minacciata molto più dai cristiani che non dai pagani. A quel tempo, non
meno di quattro vescovi in una città frigia vennero assassinati uno dopo l ' altro dai
fedeli. Probabilmente l ' imperatore Teodosio costrinse il degradato ed espropriato Flavio
Ciro, popolare poeta e prefetto di Costantinopoli, che il popolo acclamava a gran voce,
ad assumere, nonostante lo ritenesse un pagano, la carica di vescovo della incriminabile
comunità frigia proprio in considerazione della fine fatta dai suoi quattro predecessori .
Ciro riuscì a conquistare con prediche estremamente brevi il cuore del suo gregge sel­
vaggio. La sua predica inaugurale fu di una sola frase. Nel 45 1 , quando il clima a corte
sembrò essersi calmato, Ciro abbandonò il suo incarico spirituale. 30
Il padre della chiesa Giovanni Crisostomo fu sconfitto e il patriarca di Alessandria
Teofilo risultò vincitore. A succedergli fu il nipote, il padre della chiesa Cirillo, che
resistette al tentativo di riabilitare san Crisostomo e rimase "a lungo convinto della sua
colpa" (Biblioteca dei Padri della Chiesa). Lo paragonò a Giuda e si rifiutò di inserirlo
nel dypticon alessandrino, nei registri contenenti i nomi dei santi scomparsi, che veniva­
no letti durante l ' eucarestia. Soltanto nel 428 cedette alle pressioni del nuovo vescovo di
Costantinopoli , Nestorio e il nome di Giovanni fu final mente inserito nel dypticon
alessandrino. Taccio di come Nestorio apostrofò il suo rivale Cirillo dicendogli : "contro
la tua volontà sei costretto ad onorare le ceneri di Giovanni". Anche Cirillo, per destitu­
ire il nuovo patriarca, si servì di metodi molto simili a quelli utilizzati dallo zio. 3 1

IL PATRIARCA CIRILLO AFFRONTA IL PATRIARCA N ESTORtO

Pochi giorni dopo la morte di Teofi lo, Cirillo di Alessandria ( 4 1 2-444) riuscì a sconfig­
gere il suo concorrente, l ' arcidiacono Timoteo e grazie a pesanti tumulti riuscì a con­
quistare la carica di patriarca. Il Santo che sembrava essere gu idato dal senso del dove­
re e dalla rettitudine della fede (cardinale Hergenrother) si rivelò invece come un nuo­
vo "faraone" che perseguì soltanto i suoi interessi e possedette una tale sete di potere
che non poteva essere paragonata neanche a quella di Demetrio o Attanasio. Il santo
padre della chiesa non soltanto ebbe il controllo sul commercio del grano egiziano, ma
per incrementare ulteriormente il suo patrimonio, si servì della brutalità di bande di
monaci. Praticò la simonia nel peggiore dei modi, vendendo la carica di diocesano al
miglior offerente. Perseguitò gli ebrei a tal punto da poter essere definito l ' ideatore
"dell ' olocausto" . Nel 428, a Costantinopoli, il suo stesso clero lo accusò di atti di vio­
lenza, ma per Cirillo non si trattava che di esistenze fallimentari nella massa dei re ietti
di Alessandria.
Il patriarca Cirillo affronta il patriarca Nestorio 1 09

L' imperatore assegnò a Nestorio, patriarca della capitale, gli accusatori, tra i quali il
monaco Vittore, che lo colpì particolarmente (infra p. 1 32 s . ) . Anche Cirillo riuscì a
prevenire l ' incombente processo seguendo le orme del suo predecessore; infatti assi­
stette alla campagna contro l ' eresia dello zio e prese personalmente parte al famigerato
sinodo "della Quercia" (403) contro Giovanni Crisostomo. Riuscì a manipolare le opi­
nioni di Nestorio a suo discapito. Asserì : "tutta la Chiesa ha avuto noie da lui e ha
sommerso il popolo con una nuova e inedita eresia" . In breve, utilizzando la tattica
ormai provata dai suoi predecessori , il maestro Attanasio e lo zio Teofilo, trasportò la
politica della chiesa e la lotta per il potere sul terreno religioso. Compito facile visto il
lungo dissidio tra la scuola alessandrina e la scuola di Antiochia da cui proveniva
Nestorio; seguace o forse persino allievo del vescovo Teodoro di Mopsuestia, fautore
dell ' estrema cristologia antiochena. 3 2
Nestorio, col quale ha inizio il promettente "periodo classico delle lotte cristologiche"
(il gesuita Grillmeier), cioè due secoli e mezzo di guerre, nacque nel 3 8 1 da genitori
persiani a Germanici a ( l ' odierna Marasch in Siria). La sua vita assomiglia in alcuni
tratti a quella del suo predecessore Giovanni. Nestorio divenne monaco nel convento
di Euprepio ad Antiochia perché "aveva una bella voce e sapeva parlare bene" (Socrate,
storico della Chiesa) , e secondo il vecchio lessico Wetzer/Weltes di teologia cattolica,
"non perché fosse particolarmente erudito". La sua trasformazione fu esemplare. Rara­
mente si trovava in compagnia, per lo più passava il suo tempo in casa chinato sui libri,
gli abiti che indossava, la sua magrezza e il suo pallore gli davano l ' aspetto di un uomo
puro. Fu proprio questo a renderlo in breve tempo famoso". 33
Come Crisostomo, anche Nestorio, battendo altri candidati , riuscì a conquistare la
sede vescovile di Costantinopoli il 10 aprile 428 . Immediatamente si scagliò contro
ebrei ed eretici, risparmiò però i pelagiani, cosa che lo mise in cattiva luce a Roma. In
tutto il patriarcato ci furono disordini e spargimenti di sangue. "Dammi, o Imperatore,
la terra purificata dagli eretici e io ti ricambierò con il cielo. Annienta con me gli eretici
e io annienterò con te i persiani ! " . Nella sua predica inaugurale si scagliò senza pietà
contro cristiani dissidenti , scismatici, eretici, novaziani, apollinaristi e contro ogni tipo
di setta. Cinque giorni dopo la sua nomina fece distruggere la chiesa in cui gli ariani
pregavano segretamente. Quando si levarono le fiamme anche le case adiacenti anda­
rono d i s trutte . Ri servò un trattamento a l trettanto cruento ai macedoniani o
pneumatomachi, confiscandone le sale di preghiera nella capitale del Peloponneso.
Harnack lo definì "un grande nemico del l ' eresia. Irruente ed incauto, ma non per que­
sto senza stile". L' imperatore rese ancora più incisivo il pogrom del suo patriarca con
una dura legge penale del 30 maggio 428. 34
Presto lo stesso Nestorio conquistò la nomea di "eretico".
Per giungere a questo agì Cirillo che nella capitale riconobbe in lui un concorrente
troppo influente e incisivo. Portando Nestorio alla rovina, Cirillo tentò di dare conti-
I lO La lotta per le sedi vesco vili d 'Oriente

nuità alla vecchia faida tra i due patriarchi, come lo zio aveva fatto nei confronti di
Giovanni Crisostomo.
Come spesso succede in questi casi, si trovò velocemente un motivo teologico che,
per la sua natura, non avrebbe dovuto smuovere la Chiesa occidentale e orientale, ma
che, di fatto, lo fece. Secondo Eric h Caspar, ad alimentare l ' odio di Cirillo fu unica­
mente "la sua instancabile volontà di annientamento, con la quale perseguitò e eliminò
il suo oppositore". Anche lo storico della Chiesa Reinold Seeberg sostenne che Cirillo
non addusse quasi nessun motivo teologico contro Nestorio, nonostante le sue simpatie
per la dottrina antiochena si prestassero allo scopo. La lotta fu di carattere personale e
riguardò principalmente la politica della Chiesa, rivolta contro Antiochia e ancora di
più contro Costantinopo l i . La presa di posizione del vescovo alessandrino era
paragonabile soltanto a quella di Roma; infatti, dal concilio di Nicea, Alessandria ave­
va mantenuto con la seppur lontana Roma, legami più o meno stretti. Antiochia e l' emer­
gente capitale erano città molto più vicine di quanto lo fossero Roma ed Alessandria, e
Costantinopoli in particolare doveva essere sottomessa a Cirillo che replicò contro
Nestorio la stessa tragedia che il suo predecessore e zio mise in scena contro Giovanni
Crisostomo. Seeberg sostenne: "Se Teofilo incolpò il suo avversario di "origenismo"
per aver dato asilo ai seguaci di Origene da lui perseguitati, Cirillo indicando come
eretica la stessa dottrina del suo avversario, tacciò di eresia non soltanto il vescovo di
Costantinopoli, ma mise sotto accusa anche Antiochia. Si trattò di un capolavoro: riu­
scì a colpire con la stessa ferocia le due rivali di Alessandria. Rientra nella tradizione
della politica della chiesa il fatto che Cirillo cercò e trovò appoggio a Roma. Questa
politica abbatté la teologia antiochena." 35

LA SCUOLA TEOLOGICA ALESSANDRINA E ANTIOCHENA

Nel IV secolo si dibatteva sulla complicata essenza di Dio, sul problema della natura
del "padre" e del "figlio" e sul loro rapporto; l ' arianesimo, che equiparava la natura del
"figlio" a quella del "padre" e riconosceva il "figlio" come piena divinità, venne dap­
prima combattuto, ma, il 28 febbraio 380 l ' imperatore Teodosio I lo legittimò (v. l, 309
ss.). Cirillo sostenne poeticamente che: "il figlio unigenito del padre nasce in modo
inspiegabile, cosicché i l figlio ci pervade del profumo di tutta la natura del padre . . . ".
Sant' Ambrogio commentò acutamente il passo della bibbia: "Sorgano dei luminari nel
firmamento del cielo per illuminare la terra" ( l Mosè. 1 , 1 4) : "Chi asserisce questo? È
Dio. A chi altro si rivolge se non al figlio?" Un ' ulteriore conferma per il dogma della
Chiesa ! 36
Ma nel V secolo, di generazione in generazione, tutti gli intrighi e la violenza con­
fluirono, sempre più stoltamente, sulla stessa questione cristologica, il grande mistero:
La scuola teologica alessandrina e antiochena Ili

la natura "umana" e la natura "divina" del Cristo in che modo si rapportano? Anche se
questo "parto della fantasia pretesca" fosse stato vero, quale umano ingegno poteva
comprendere un così incorporeo mistero? Gli esperti si trovarono nuovamente divisi. E
nuovamente anche tutta la popolazione del l ' impero d ' Oriente prese attivamente parte
alla discussione (v. l, 3 1 2).
La scuola teologica antiochena, indubbiamente vicina alla B ibbia, partendo dal Gesù
"storico" dei Vangeli, gli attribuiva due nature distinte : quella umana che aveva una
esistenza autonoma e che si univa a quella divina attraverso il figlio di Dio. La dottrina
teologica alessandrina si basava sul Logos, il principio in base al quale il Figlio di Dio
comprendendo in sé la natura "umana", la univa completamente con quella "divina".
Sebbene di "preciso" non esisteva e non poteva esistere quasi nulla, la vecchia chiesa
definiva questa "unione ipostatica", questa communicatio idiomatum con termini pre­
cisi : mixtio, commixtio, concursus, unio, connexio, copulatio, coito, ecc. Per i "reali­
sti" antiocheni, l ' unione delle due nature era soltanto un' antologia psicologica, mentre
per i "mistici" e "idealisti" alessandrini, si trattava di un' antologia metafisica. La dot­
trina antiochena contava tra i suoi sostenitori, seppure in una forma moderata, anche il
padre della chiesa Crisostomo, mentre quella alessandrina annoverava come suo fon­
datore il padre della chiesa Cirillo. Una frase di Attanasio ci mostra l ' esordio di que­
st' ultimo: "Non è l ' uomo che è divenuto Dio, ma è Dio che, per santificarci e renderei
divini, è divenuto uomo" . Al posto dello scisma ariano si ebbe quello monofisita che
scosse e danneggiò società e stati come neanche le invasioni barbariche riuscirono a
fare. 37

L' INIZIO DELLA LOTTA PER " LA MADRE DI DIO"

Nestorio, originario di Antiochia, era un seguace della scuola antiochena. Voleva


imporre a Costantinopoli, dove si discuteva animatamente sulla "Madre di Dio", con
tutti i mezzi il "giusto", ma in senso strettamente antiocheno. Alludendo alle teorie di
Apollinare e di Fotino, Nestorio utilizzava locuzioni che, forse involontariamente, evo­
cavano un certo dualismo nella persona di Cristo. Nes torio fu maestro de li' alessandrino
Cirillo, che alla fine del 428 si dichiarò, non menzionando mai nominalmente Nestorio,
contrario alla cristologia "eretica" . Cirillo, per far apparire più grande e aspra la diver­
genza dogmatica tra lui e Nestorio, mise al centro del dibattito la controversa questione
cristologica. Infatti, senza la minima riluttanza attribuì a Nestorio la dottrina che vedeva
in Cristo due persone distinte, dottrina che, secondo Johannes Haller: "Nestorio né
tantomeno i suoi seguaci avevano mai sostenuto. Con questo Cirillo si tradì, mostrando
che la foga 'per o contro' una dottrina era soltanto un pretesto per dare inizio ad una lotta
per il potere (ecclesiastico) che gli avrebbe permesso di annientare il suo rivale". JH
1 12 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

Persino il domenicano francese Pierre Thomas Camelot, patrologo, e storico della


Chiesa, nonché consigliere del Vaticano II, sembra dare ragione a Haller, sostenendo
con tanto di imprimatur ecclesiastico: "Il vescovo di Alessandria dovette, infatti, assi­
stere al progressivo affievolirsi del suo potere e al consolidarsi della "seconda Roma",
alla quale, nel 3 8 1 , il consiglio di Costantinopoli aveva assegnato il primato. Pertanto
è comprensibile che Alessandria tentò di intromettersi nella politica ecclesiastica della
capitale. Già in passato Pietro di Alessandria, per sconfiggere Gregorio Nazianzeno,
sostenne l ' usurpatore Massimo; ugualmente va ricordato il ruolo che Teofilo ricoprì
nell ' eliminazione di Giovanni Crisostomo ("S inodo della Quercia" 403)". 39
Camelot stesso critica aspramente Cirillo, sostenendo che il santo si guadagnò una
"pessima nomea" dalla tragedia di Nestorio e che bisogna riconoscere che "Nestorio e
i suoi seguaci avevano ragione nel criticare il comportamento di Cirillo" ; poiché non si
può negare che "talvolta gli è mancato proprio quel "senso della misura" che professa­
va, invece, il suo avversario . . . e la sua ingiustificata intromissione nella politica di
Costantinopoli si è spesso trasformata in intrighi e ingiurie". Se Camelot accusa Cirillo
di aver anelato al potere politico, perdendo però progressivamente prestigio nei con­
fronti del suo rivale, soltanto poche righe dopo sembra ritornare sui suoi passi: "Il
comportamento di Cirillo fu indotto soltanto dalla ricerca della verità e dallo zelo per la
fede. L' intento di sopraffare e distruggere il suo avversario, per far primeggiare Ales­
sandria su Costantinopoli, non emerge in nessuno scritto, come nulla legittima l ' accusa
di essere stato assetato di potere". "Tuttavia" prosegue il domenicano, "con Nestorio fu
certamente molto duro". Nelle trattative del 433, Cirillo seppe mostrarsi misurato e
benevolo, e per ottenere la pace rinunciò ad ogni formulazione che avrebbe potuto
creare controversie". 40
Il senso della misura e l ' apparente quanto sconcertante disponibilità non furono che
eclatanti prove del vero fine di Cirillo, quello di ottenere potere politico. Infatti, nel
43 3 , eliminato Nestorio, il vincitore si mostrò subito conciliante con l ' assurdo teatrino
cristologico (infra p. 1 29 ss.). Non aveva più niente da temere da Nestorio e l ' ipocrisia
dogmatica non lo aveva mai interessato. L' unione delle due nature del Signore fu un
tema che a dir tanto sfiorò gli interessi di un uomo come Cirillo, ma sicuramente non lo
toccò profondamente. Si trattava principalmente di un mezzo che giustificava il fine.
Nonostante Cirillo apostrofasse il tema dell ' unione con parole ricorrenti come "indefi­
nibile" e "inesprimibile", i suoi colleghi se ne occuparono per secoli.
Oggi non è più così semplice.
Nella terza pagina del l ' introduzione a Efeso e Ca/cedonia, Camelot sostiene auda­
cemente che un teologo cattolico soffre di torcicollo a furia di girare la testa da un lato
verso la ricerca, dall' altro verso l ' insegnamento, senza però mai perdere di vista l ' au­
torità ecclesiastica alla quale bisogna fare cenni di assenso. (v. I, 28 s . , 55 ss.). Infatti,
commenta Camelot, uno storico non può tralasciare le passioni e gli interessi che gui-
L ' inizio della lotta per " la madre di Dio " 1 13

dano gli uomini né gli spiacevoli "incidenti" a cui il pellegrinaggio della Chiesa con­
duce (La nostra storia è costellata di incidenti . Tra i così detti "incidenti" troviamo: la
sconfitta dei pagani, il rogo delle streghe, lo sfruttamento degli indiani, l ' istupidimento
e lo sfruttamento dei popoli, la notte di S. B artolomeo, la guerra dei trent' anni, la prima
e la seconda guerra mondiale, il fascismo, Auschwitz e il Vietnam) . Lo storico "deve
osservare gli eventi da una torre più alta affinché non venga ipnotizzato soltanto dalla
miseria nella storia, sopraffatto dagli eventi e reso prigioniero da un' ottica parziale e
limitata, per non dire prevenuta" . 4 1
Ciò che è al di sopra delle parti, è soltanto il corso degli eventi, ma la chiesa, dal l ' al­
to della sua torre, può permettersi di annebbiare, falsificare e capovolgere gli eventi,
sub specie aeternitatis, tanto da far sembrare la sua ottica imparziale. La chiesa "dal­
l ' alto della torre" ci mostra una versione della storia priva di "mi serie" e il suo potere è
così grande che sotto ai nostri occhi il bianco diventa nero e viceversa (vedi la 1 3 "
regola dell' ordine dei Gesuiti) ! Ci si pone sempre la stessa domanda: chi dà a queste
persone il coraggio per compiere queste mostruosità? Poiché a rispondere non sono
mai degli ignoranti, la risposta sarà una disgustosa mescolanza di spiritualità, traboc­
cante di opportunismo ma priva di onestà, il tutto irrorato da una spaventosa mancanza
di pudore .
"Anche grandi personaggi come Cirillo e Leone Magno devono essere contemplati
da una giusta prospettiva . . . " 42
Devono ! Ma . . . la "giusta prospettiva" è anche la più scomoda.
Ritenendo che nel "Signore" ci fosse l ' unione soltanto di due ipostasi (morale e
psicologica o esteriore), Nestorio divenne il baluardo della cristologia "eretica" ; egli,
infatti, negò l ' unione ipostatica o l ' unica Phisis, "l ' incarnazione della parola di Dio"
(Mia physis tou theou logou sesarkomene), come invece sosteneva Cirillo. Stranamen­
te il padre della chiesa Cirillo credeva che la formula "Mia physis" da lui spesso citata,
fosse di Attanasio, o meglio del l ' amico di Attanasio, il vescovo Apollinare di Laodicea,
acerrimo nemico dell ' arianesimo che, contestando la piena natura umana del Cristo e
riconoscendo soltanto un' unica natura, nonostante fosse amico di Attanasio, si guada­
gnò la nomina di "eretico". "Quest' uomo", scrive Adalbert Hamman, con tanto di
imprimatur ecclesiastico autorizzato da Cirillo, era animato "da un' ortodossia così di­
sumana da poter essere un inquisitore . . . eppure si fece trarre in inganno dalle mendaci
formule di Apollinare, e credendo che fossero di Atanasio, ebbe l ' i ndiscrezione di vo­
lerle imporre a Nestorio. Un oppositore di uguale intransigenza che aveva interpretato
letteralmente i dodici Anatematismi di Cirillo e sarebbe stato in grado di riservare an­
che alle mendaci formule di Apollinare, lo stesso trattamento che riservò alle asserzioni
di Nestorio". Di fatto, anche i monofisiti si sarebbero appellati all ' autorità di Cirillo.
Lo storico della Chiesa e teologo cattolico Ehrhard, sostiene che la teoria di Nestorio,
similmente a quella di Ario, era "adatta a soddisfare il "pensiero razionale"; con que-
1 14 La lotta per le sedi vescovili d 'Oriente

st' affermazione intendeva sbarazzarsi chiaramente delle obiezioni sollevate da ebrei e


pagani contro il concetto di divinità del Cristo".
Di conseguenza Nestorio fu contrario a santificare la vergine Maria. Non voleva in
nessun caso che fosse una "Madre dell ' Uomo", ma non desiderava neanche che fosse
chiamata direttamente "Madre di Dio" (Theotokos) , denominazione che, non a caso,
non compare in nessuno scritto della ricca produzione dei padri della chiesa orientali,
né tanto meno della scuola antiochena, da cui proveniva Giovanni Crisostomo. N es torio
che come primo provvedimento inserl il nome del suo predecessore Giovanni Crisostomo
nei libri della Chiesa, censurava come fabula pagana - e di fatto lo era - proprio l ' idea
di una divinità avvolta in un pannolino. Nestorio, infatti, preferiva servirsi del concetto
di "Madre di Cristo" ( Christotokos) e alla fine del 428 si scagliò contro il concetto di
"Theotokos", temendo che il concetto di "Madre di Dio" potesse essere mal interpreta­
to. Perché agli occhi dei molti Maria non apparisse una divinità. "Se Dio avesse una
madre", scrive Nestorio al vescovo romano Celestino I (422-432), "la vera fede non ne
risentirebbe?" Dio è antecedente a Maria, e nessuna donna può portare in grembo un
essere che le preesiste.
Questo tema sconcertò soltanto la sua comunità, soltanto coloro che "nella loro ce­
cità per la giusta interpretazione del l ' incarnazione di Dio, non capiscono che cosa di­
cono e perché lo dicono". "Se Dio avesse una madre", conclude Nestorio, "allora an­
che il pagano che parla delle madri degli dèi non merita alcun appunto. E Paolo è
dunque un bugiardo quando dice che Dio è "senza madre, senza padre e senza
genealogia". Mio caro amico, Maria non ha messo al mondo la divinità. . . ; l ' essere
creato non può essere madre di colui che è increato . . . ; la creatura non ha generato il
Creatore, ma l ' uomo che è lo strumento della divinità . . . ". Tanta logica irritò, però, le
pecorelle, quella "miserabile banda", come amava definirle il patriarca, contro la quale
mobilitò le guardie e che fece frustare e internare . Molti laici e monaci avevano comin­
ciato a venerare esageratamente Mari a come Theotokos, ignorando o considerando il
Nuovo Testamento, Paolo ed altri scritti , senza alcun particolare riguardo. Nel Nuovo
Testamento si parla chiaramente dei fratelli di Gesù come figli di Maria, come molto
più tardi avrebbe fatto Tertulliano. La matassa andava comunque sciolta ! Bisognava
avere un Dio integro ! Così anche sua madre doveva essere la madre di Dio, tanto più
che il paganesimo era pieno di madri di Dio - in Egitto, B abilonia, Persia o Grecia,
dove più o meno anche la madre di Alessandro Magno era "madre di Dio".
Cirillo che, come dimostrato, non era particolarmente interessato alle "controversie
dogmatiche", nella sua lotta contro Nestorio, non si lasciò sfuggire l ' occasione di far
passare le sue asserzioni come nuova "eresia" . Con maestria, riuscì a far apparire di
secondaria importanza le accuse personali contro Nestorio, e spostando la questione
sul campo dogmatico, riuscì a trasformare il concetto di "madre di Dio" nella parola
d' ordine della "vera fede". A Roma si accattivò le simpatie di Celestino 1 : "Santissimo
L 'inizio della lotta per " la madre di Dio " 1 15

e amatissimo Padre, . . . poiché Dio ci chiede per queste cose vigilanza". Da profondo
conoscitore della politica ecclesiastica, si mosse in modo cauto e ponderato, senza mai
mostrare il suo vero intento, e riuscì a montare una campagna diffamatoria contro
Nestorio. Intanto fece circolare tra i suoi agenti a Costantinopoli la voce che Nestorio
rifiutava la parola "madre di Dio" perché non credeva che Gesù fosse un Dio. 43
Due decenni prima di Celestino, un altro pontefice aveva mostrato interesse per il
concetto di "madre di Dio".
Alla fine del IV secolo, il vescovo Bonoso di Sardica confutò la tesi sulla verginità
di Maria spiegando che Maria aveva altri figli oltre a Gesù, tesi contenuta nello stesso
Vangelo, ma altamente eretica per la chiesa. Tuttavia il Sinodo di Capua (39 1 ) non
condannò B onoso, delegando però il compito ai vescovi delle zone confinanti. ma an­
che questi si rifiutarono di prendere una decisione. Fu interpellato il vescovo di Roma,
Siricio, che pur difendendo continuamente la verginità di Maria, non pronunciò alcuna
sentenza. Proprio Siricio che era solito dare ordini come fosse un imperatore, lasciò ai
"colleghi" il compito di farlo (supra p. 84). Questo riserbo è spiegabile dal fatto che,
nel IV secolo a Roma, il culto di Maria non era ancora diffuso. 44
La parola Theotokos non compare nella letteratura cristiana antica. Il Nuovo Testa­
mento parla soltanto della madre del Signore, del figlio di Dio ma non di Theotokos,
termine che non compare neanche in tutta la letteratura del II e del III secolo, quando
Maria non aveva alcun particolare ruolo (Il predicato Theotokos in Aristide, Apol. 2, 7 ,
compare solo nella traduzione armena. In lppolito si tratta d i un' aggiunta postuma, una
falsificazione). Il titolo di Theotokos è attestato per la prima volta nel primo ventennio
del IV secolo - ma secondo Camelot, il termine era "già largamente usato nel linguag­
gio parlato" anche se Camelot non è in grado di provarlo - nella professione di fede del
vescovo Alessandro di Alessandria. Il sinodo di Antiochia (324/325) sostenne, a quan­
to riporta Alessandro nel suo scritto: "il figlio di Dio, il Logos, è nato da Maria, dalla
madre di Dio (Theotokos) . . . ". Giovanni Crisostomo, alcuni decenni più tardi, nella sua
opera monumentale, non utilizzò neanche una volta la parola "Theotokos " e comunque
parlan di Maria molto raramente. 45
Nel V secolo, molti altri vescovi respingevano questo concetto. Persino Sisto III
(432-440) che dopo il 43 1 fece costruire sull' Esquilino, la sontuosa basilica di S . Ma­
ria Maggiore, la prima e per lungo tempo l ' unica chiesa romana consacrata al culto di
Maria, designava la madre di Gesù esclusivamente come "Vergine Maria". Venti ulte­
riori chiese romane consacrate a Maria furono chiamate semplicemente "Santa Maria".
Il culto di Maria, proprio in Occidente, si diffuse molto lentamente. 4fi
Il titolo "Theotokos " portava in se molti pericoli. Con esso Maria non assomigliava
forse a una divinità pagana e a una madre di dèi ? Una donna che generava un Dio non
doveva essere lei stessa una divinità? A credervi non erano soltanto semplici fedeli ma
anche i dotti cominciarono a subirne gli effetti . Di fatto sette mariane esistevano già:
1 16 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

un ramo dei montanisti chiamava Maria "dea", altri gruppi vedevano Maria e Cristo
come due divinità al fianco di Dio. A Nicea, sostiene il Patriarca alessandrino Eutichio
(t 944), si riunivano vescovi e patriarchi che credevano che "Cristo e sua madre erano
due divinità al pari di Dio; erano barbari ma erano chiamati mariani". 47
Stranamente nella loro controversia, sia N es torio che Cirillo si appellarono alla Fides
Nicaena, del "Santo e grande Concilio". Tra il 429 e il 430, mentre i vandali approda­
vano in Africa assediando Ippona e gli unni raggiungevano il Reno, si ebbero dei ricchi
scambi epistolari . Nestorio, già nel primo scritto, giustifica il suo rifiuto dell' appellati­
vo Theotokos sostenendo di non conoscere abbastanza bene la fede nicena. Cirillo in­
vece si appella proprio alla Fides Nicaena per accusare Nestorio di aver imprecato e
ingiuriato la chiesa diffondendo questa singolare dottrina eretica e che Dio gli avrebbe
per questo mostrato la sua ira. Nestorio risponde: "Le invettive che ci hai inviato nella
tua sorprendente lettera . . . dovrebbero essere sottoposte all ' attenzione di un medico . . . ".
Accusa inoltre Cirillo di "lettura superficiale" e gli giura che lo avrebbe allontanato
dalle "chiacchiere ingannevoli". È ancora pieno di ottimismo, o almeno fa finta di es­
serlo. "Infatti, gli affari della chiesa sono, di giorno in giorno sempre più propizi . . . " . 48
Cirillo non può negare che nella Fides Nicaena il concetto di "Theotokos" non com­
pare, ma avendo trovato delle testimonianze, seppure indirette, minaccia il suo avver­
sario, i cui scritti si erano nel frattempo molto diffusi, con le parole di Cristo : "Non
pensate che io sia venuto sulla terra per portare pace; non volevo portare la pace ma la
spada". E avendo Nestorio "frainteso" il concilio di Nicea, Cirillo gli dà un ultimatu m :
"Giura, prestando giuramento per iscritto, d i abbandonare le tue spregevoli ed empie
dottrine e di pensare e insegnare come noi tutti vescovi d ' Oriente e d ' Occidente, che
siamo i maestri e le guide del popolo". 49
Anche contro il patriarca di Costantinopoli, Cirillo utilizzò ogni mezzo che lo potes­
se mettere in ridicolo, sostenendo che si credeva "il più saggio" e che "soltanto lui ha
compreso il senso della parola di Dio, il mistero del Cristo". In oltre lo definì "gonfio
di presunzione e in forza della sua carica era nemico giurato di chiunque altro". Cirillo
collezionò, assieme alle "perle" dei padri della chiesa anche le prediche del suo oppo­
sitore i cui scritti, uno ad uno, venivano rivisti e spediti per "posta celere" ad Alessan­
dria. Il santo redasse cinque libri contro gli "insulti a Dio di Nestorio". Le amichevoli
lettere di Cirillo macchiarono definitivamente la reputazione di Nestorio. Cirillo, come
invasato, si muoveva in tutte le direzioni per cercare, ad Oriente come ad Occidente,
alleati potenti . Mandò orde di monaci all ' assalto. Sommerse la corte con le sue episto­
le, con tono cauto scrisse all ' imperatore Teodosio, all ' imperatrice Eudokia, alla princi­
pessa Arcadia e Marina, mentre con la sorella del l ' imperatrice, Pulcheria, conoscendo
il suo difficile rapporto con Nestorio, utilizzò invece un tono pungente. Si rivolse a
diversi vescovi, a Giovenale di Gerusalemme, a Acacio di Berea, che aveva quasi
centodieci anni, e nel l ' estate del 430 spedì a Celestino di Roma anche una raccolta
L 'inizio della lotta per "la madre di Dio " 1 17

completa di detti patristici, corredata da un commonitorium, un' esposizione particola­


reggiata della fallace dottrina eretica dell ' avversario. 50
Quando Nestorio prese contatto con Rol,Tla per discutere su problematiche teologi­
che e per combattere in accordo con i suoi colleghi "il diavolo, il nemico della pace",
vide tra i suoi stessi chierici, come scrisse al pontefice, "esplodere una malattia ereticale
che puzzava di Ari o e Apollinare". Presto capì però che il papa era "troppo ingenuo per
poter cogliere le finezze delle verità della dottrina" . Dal l ' altro canto Cirillo, che da
prima fu malvisto a Roma per gli attacchi inflitti ai colleghi orientali, seppe muoversi
con più abilità. Suo malgrado, si rivolse al papa scrivendogli: "Da Dio amatissimo
Padre Santissimo e . . . il costume ecclesiastico mi vieta di informare sua Altezza. Fino
ad ora ho mantenuto il silenzio . . . ma ora che il male ha raggiunto l ' apice, penso di
dover riferire tutto l ' accaduto . . . ". Cirillo propose una versione latina della sua disputa
con Nestorio, le cui dottrine furono talmente distorte che "neanche lui le avrebbe rico­
nosciute" (Aland) e mostrò nuovamente di avere ragione. Tutta la luce illuminò Cirillo
e Nestorio si prese solo l ' ombra. 5 1
Nel l ' estate del 430 Roma, che anelava al primato. rispose con piacere alla prima
missiva dell' alessandrino. Le questioni teologiche suscitavano meno interesse delle
questioni di potere, ma anche Roma imparò a servirsi della dottrina come mezzo per
raggiungere il potere. Così il diacono Leone, che in seguito sarebbe poi divenuto pon­
tefice, inoltrò, naturalmente per essere confutato, un parere sul suo amico Giovanni
Cassiano, all ' abate di San Vittore a Marsiglia, che aveva vissuto a Costantinopoli ai
tempi di Crisostomo, conosceva il greco e quindi il termine "Theotokos" (mater dei et
genetrix dei) che gli era noto dalla B ibbia ! Celestino I, in un Sinodo tenuto a Roma il
1 1 agosto 430, decise "senza alcun esame approfondito dei documenti" (Hamman, con
Imprimatur ecclesiastico), di schierarsi contro Nestorio. Il papa delegò a Cirillo (vice
nostra usus) di sconfiggere "con grande fermezza" la dottrina eretica di Nestorio, "il
veleno delle sue prediche", costringendo contemporaneamente Nestorio, nel giro di
dieci giorni, a ritrattare "apertamente e per iscritto le sue ingannevoli innovazioni". Lo
minacciò dicendogl i : "Stiamo preparando ferri roventi e coltelli atti ad amputare quel­
le parti che non meritano di essere guarite". Cirillo di contro sosteneva che il romano
aveva dato prova di essere "un difensore determinato della vera fede" mostrandosi "in
tutto e per tutto della nostra stessa opinione" ; lo lodò per aver "portato alla luce gli
inganni della dottrina fallace" e infine lo esortò a "tagliare la piaga. . . ", dicendogli " . . . bi­
sogna operare".
E Cirillo operò. Continuò a raccogliere materiale contro Nestorio, interpretò il con­
cetto di "verità" un po' liberamente e così chiunque, per quanto ortodosso, nominasse
Maria con l ' appellativo "madre di Dio", venne accusato di eresia. L' imperatore che
rinfacciò a Cirillo di essere "assetato di discordia" e di fomentare il "disordine", lo
ammonì dicendogl i : "Devi sapere che Chiesa e Stato sono tutt' uno . . . le cariche che
1 18 La lotta per le sedi vescovili d ' Oriente

ricopriamo sono guidate dalla divina provvidenza e dal nostro Redentore che non farà
che rafforzare quest ' unione . . . e in nessun caso tollereremo che Chiese e Stati siano
messi a soqquadro per colpa tua" . Teodosio fu dalla parte di colui che lo chiamò a
Costantinopoli. N es torio fu protetto dalla colta imperatrice Eudokia, figlia di un filoso­
fo ateniese. A Costantinopoli il patriarca aveva, nel frattempo, molti nemici, tra i quali
emergeva Pulcheria (399-453), l ' intrigante sorella maggiore dell ' imperatore. Pulcheria
in segreto non seguiva più le regole imposte dal voto di castità, e criticata per questo da
Nestorio, nel 439 fu spinta da Eudokia a lasciare la corte. Al patriarca si opposero
inoltre molte sette, che Nestorio combatté fino all ' ultimo sangue. Nella capitale molti
monaci, capeggiati dall' abate Dalmazio, si schierarono con Cirillo, contribuendo a dif­
fondere così menzogne su Nestorio e a disseminare disordini. Per esempio, dicevano
che Nestorio predicasse l ' esistenza di due figli di Dio, due Hypostdseis in Cristo e che
vedesse in Gesù nient' altro che un uomo. La vittima si affrettò dunque a indire, per la
Pentecoste del 43 1 , per mezzo di Teodosio, un sinodo imperiale a Efeso, la capitale
della provincia asiatica, ignorando che questo avrebbe segnato la sua fine. 5 2

ANNO 43 1 : IL CONCILIO DI EFESO O IL DOGMA DELLA CORRUZIONE

Nel 1 93 1 , quando Papa Pio XI celebrò i 1 500 anni del Concilio di Efeso, nella sua
Enciclica Lux veritatis, mentì sostenendo che il concilio ebbe luogo per volere papale
(lussu Romani Pontificis Caelestini [). Di fatto, i sinodi imperiali furono indetti, da
Nicea in poi, sempre da imperatori romani e mai da vescovi romani ! Neanche uno
degli otto concili ecumenici della Chiesa antica fu indetto dal Papa; fu, più o meno
direttamente, sempre l ' Imperatore a convocare, aprire, condurre e convalidare i concili
(supra p. 52 s.). Infatti, la chiesa cominciò a rivendicare il controllo dei concili soltanto
in seguito, quando ebbe i suoi tornaconti . Da tempo è stato dimostrato, in particolare
grazie a F.X. Funk, che a possedere il diritto d' appello era l ' imperatore. I reggenti se
n' arrogarono il diritto e la chiesa glielo concesse "senza troppe obiezioni" (H.-G. Beck).
Lo stesso vale per i sinodi minori, i sinodi patriarcali o le riunioni ecclesiastiche di
carattere regionale dove l ' imperatore aveva il potere di legittimare le decisioni, dando
loro forza di legge. I sovrani avevano anche il potere di scegliere il luogo e i parteci­
panti del concilio, di influire sulla scelta delle materie sia in campo religioso che disci­
plinare, anzi erano loro stessi a commissionare formule di fede da far approvare; fu
proprio niente di meno che il padre della chiesa e papa Leone I a riconoscere ali' impe­
ratore il dono dell ' infal libilità (infra p. 1 80 s . ) . 53
Anche il concilio di Efeso fu indetto da Teodosio Il, il 1 9 novembre 430 per la
Pentecoste del 43 1 (7 giugno) con lo scopo di accrescere stabilità e pace nella chiesa;
ma come quasi tutti i concili si ottenne esattamente l ' opposto. "Il bene del nostro Impe-
Anno 431 : il Concilio di Efeso 1 19

ro", scrisse l ' imperatore al quale Cirillo da subito mostrò astio imputandolo di super­
bia e di tramare dispute, "dipende dalla religione. Questi due beni sono in stretto rap­
porto. Si penetrano a vicenda, e ognuno di loro trae beneficio dallo sviluppo del l ' al­
tro . . . In primis aneliamo a considerare le esigenze della Chiesa così come le esige
Dio". 54
Anche lo scritto di convocazione del l ' imperatore ci mostra quali rapporti intercor­
ressero tra impero e chiesa; ognuno dipendeva dal l ' altro e ognuno sperava di profittare
dal i ' altro. Che la chiesa non si accontentasse, lo indica chiaramente la lettera de li' 8
maggio 43 1 del vescovo Celestino a Teodosio I I : "La fede vi deve essere più a cuore
de l i ' impero: sua Maestà deve essere più preoccupata per la pace delle Chiese che per la
sicurezza nel mondo. Che tutto ciò vi sia concesso, a patto che venga custodito per
primo ciò che è più caro a Dio". 55
Questo passo ci fa riflettere e ci fornisce uno spaccato del pensiero cattolico romano
di diverse epoche, ma che arriva fino ai nostri giorni: come per esempio insegna dram­
maticamente la politica degli influenti circoli clericali in materia di bomba atomica,
fino al papa Pio XII. Prima di tutto viene ciò che è più prezioso: la chiesa. Le questioni
della chiesa sono più importanti di quelle del l ' i mpero; la sua pace, cioè i suoi vantaggi,
sono più importanti "della sicurezza di tutto il mondo" ! Il gesuita Hugo Rahner com­
menta trionfalmente : "Anteponiamo la Chiesa allo Stato . . . " . 5 6
Ad Efeso furono invitati tutti i metropoliti orientali, ed alcuni occidentali ; anche il
Vescovo romano Celestino, che inviò dei legati ; fu convocato anche Agostino, poiché
a corte non era ancora giunta la notizia della sua morte, avvenuta quattro mesi prima.
Nes torio entrò per primo, seguito da dieci vescovi e una scorta di soldati "come se si
recasse in battaglia" (Hefele) ; "tra tutti i galli da combattimento presenti" i soldati
erano "i più pacifici" (Dallmayr). Poco prima del l ' inizio della sessione, il patriarca
insieme a sei o sette vescovi si rifiutò tuttavia di comparire davanti al sinodo. Tra i
presenti c ' erano: il vescovo di Efeso, Memnone, che con tutte le sue chiese stava dalla
parte di Cirillo; e lo era anche l ' episcopato de li' Asia minore che cercava di liberarsi
dalla supremazia di Costantinopoli. Anche Giovenale di Gerusalemme, ambizioso op­
portunista che anelava ad un' alta carica cittadina e alla sua indipendenza da Antiochia,
comparve accompagnato da quindici prelati palestinesi schierandosi con Cirillo. Que­
sti, che era giunto in nave, da Rodi aveva scritto una lettera in cui diceva: "La pietà e la
benevolenza di Cristo, nostro Redentore, ci ha fatto attraversare questo immenso mare
con venti dolci e miti . . . ". 57
Ignorando la disposizione imperiale, Cirillo comparve con una forte scorta, compo­
sta da uno squadrone di cinquanta suffragani egiziani, molti chierici così come da orde
di monaci combattenti, in parte analfabeti ma inflessibili credenti. Dai tempi di Attanasio
(v. I, cap. 8) lo strumento principale del potere politico dei vescovi erano le bande di
vagabondi sfaccendati, portantini, marinai e fanatici di ogni sorta pronti ad ogni tipo di
1 20 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

violenza. Terrorizzavano con fanatismo e ogni tipo di violenza istituzioni, corti ed av­
versari ecclesiastici . Ovunque lavoravano i monaci, coccolati e coartati dall' alto clero,
"con i mezzi più brutali per incitare le masse" (Stein). Anche il vescovo del luogo
Memnone, sollevò il popolo di Efeso contro Nestorio, al quale rimasero chiuse tutte le
chiese. Il solo Cirillo nel 430 aveva scritto non solo contro Nestorio i cinque libri
"Adversus Nestorii blasphemias", ma nello stesso anno aveva buttato fuori altri tre
scritti polemici "De reeta fide ", uno indirizzato ali ' imperatore Teodosio, e due indiriz­
zati "Ad reginas " cioè ali ' imperatrice Eudokia e alle sue tre sorelle, Arcadia, Marina
,

e Pulcheria. Ma oltre ai suoi abituali temi, aveva condannato nei dodici volumi dei suoi
Anatematismi anche "il nemico della Santa Vergine", e scambiato il ruolo dell ' accusa­
to con quello dell' accusatore. Trattò Nestorio come "eretico" - un passo contrario alla
legge, poiché secondo il diritto ecclesiastico imperiale soltanto un sinodo indetto dal­
l ' imperatore poteva decidere una controversia sulla fede. Inoltre, in numerosi scritti,
Nestorio aveva ammesso, seppure con una certa cautela, di ritenere legittimo chiamare
Maria "madre di Dio", ossia "Theotokos". Per esempio aveva scritto al vescovo roma­
no: "Per quanto mi riguarda, non sono contro coloro che vogliono utilizzare la parola
"Theotokos", a meno che non ci si voglia esporre e imitare la pazzia di Apollinare e di
Ario, significando con essa una mescolanza delle nature". 58
Il concilio non ebbe inizio, come concordato il 7 giugno, per il ritardo provocato dai
vescovi di Siria e Palestina e dal patriarca Giovanni di Antiochia che nel viaggio incon­
trò numerose difficoltà - alcuni dei suoi vescovi si ammalarono e molte bestie da soma
morirono. Ma nonostante (o proprio per il fatto che) il 21 giugno un' ambasciata annun­
ciasse l ' imminente arrivo di Giovanni, Cirillo decise di prendere in mano la situazione.
Faceva molto caldo, molti vescovi si ammalarono, alcuni morirono addirittura, e prima
che comparisse il "branco" fedele a Nestorio, il 22 giugno 43 1 , Cirillo diede inizio al
sinodo nella chiesa principale di Efeso, divenuta già da tempo una chiesa consacrata a
Maria. L' esplicito divieto imperiale e la dura protesta di 68 vescovi, provenienti da
diverse province - che si "precipitarono ad agire per Cristo il Signore e per i canoni
divini, osando schierarsi contro l ' audacia e la presunzione" - furono omessi dagli atti
conciliari greci. Anche il commissario Candidiano, messo dell ' imperatore, che temeva
"un concilio privato", protestò ripetutamente finché non fu messo alla porta "imperio­
se et violenter". Cirillo riuscì così a conquistare quella maggioranza che, seppure in
ritardo, passò ai posteri come "terzo concilio ecumenico di Efeso" .
Successivamente Ciril lo, il santo senza scrupoli riuscì ad ottenere tutto, sostenne
che due vescovi siriani giunti ad Efeso prima degli altri lo avevano pregato, in nome di
Giovanni, che in realtà era suo oppositore, di dare inizio al sinodo. Persino Camelot
sostiene che gli atti conciliari redatti da Cirillo presentavano "alcune difficoltà . . . Ma
prima di mettere in dubbio la sincerità di Cirillo, bisogna considerare che non si ricor­
dava più esattamente di tutto o che scambiava una cosa per un' altra" . . . Quante volte,
Anno 43 1 : il Concilio di Efeso 121

anche oggi, i politici non s i ricordano più bene delle cose? Quante volte coloro che
hanno collaborato con Hitler, Mussolini o Pavelic vengono scambiati per coloro che
hanno opposto resistenza? Niente di nuovo, dunque.
Secondo gli atti conciliari, Cirillo presiedette di fronte a 1 5 3 Vescovi e rappresentò
anche "Celestino, santo e venerando vescovo della chiesa dei romani". Non attese nem­
meno l ' arrivo dei legati papali, i vescovi Arcadio e Proietto e il presbitero Filippo. I
padri conciliari sprecarono molte auliche parole sull ' unione dell' umano e del divino in
Cristo e sul l ' incarnazione del "Logos". Cirillo presentò una raccolta di venti passi di
"parole blasfeme" scritte da Nestorio che suscitarono l ' effetto desiderato; il vescovo
Palladio di Amasia si offese a tal punto che, per lo sgomento, fu costretto a tapparsi le
orecchie ortodosse. Tutti, uno dopo l ' altro imprecarono, spesso rumorosamente, con­
tro Nestorio, il maledetto "eretico" che per Euoptio di Tolomea "meritava da Dio e
dali ' uomo ogni sorta di punizione" . Già nella prima sessione del concilio, Cirillo non
diede la parola al "senzadio . . . al predicatore delle empie dottrine, Nestorio", che sag­
giamente si era tenuto a distanza, lo scomunicò, lo depose e soprattutto si rivolse a lui
come : "A Nestorio, il nuovo Giuda". Negli atti sinodali è riportato, in tono formale,
che "molte lacrime vennero versate prima di giungere alla sua condanna: i Santissimi
presenti al Sinodo decisero, per l ' offesa recata a Gesù Cristo nostro Signore, di espel­
lere Nestorio dal consesso ecclesiastico e di deporlo dalla carica episcopale" . Oggi gli
storici della chiesa concordano che "Nestorio fu accusato ingiustamente di 'eresia"'
(Klauser). Ed anche che Cirillo procedette "senza riguardo e guadagnandosi una pessi­
ma reputazione" (Schwaiger) . Mentre i soldati dovevano proteggere Nestorio, Cirillo
festeggiava allegramente con fiaccole e incenso; una peiformance che richiese una
regia canagliesca ma coronata dal successo. 59
Da quel 22 giugno, Cirillo esultante riferiva al clero e al popolo di Alessandria:
"Evviva il Signore ! . .. Dopo una seduta durata tutto il giorno, siamo riusciti a punire il
miserabile Nestorio con la destituzione e ad allontanarlo dalla carica di vescovo. È
stato condannato e non ha avuto neanche il coraggio di presentarsi davanti ai Santissi­
mi padri del sinodo. Erano presenti più di 200 vescovi". Qui il santo ha sicuramente
esagerato. La sentenza conciliare porta la firma di 1 97 vescovi, ma secondo Camelot e
quanto riportato nel Manuale di storia della Chiesa, "soltanto 1 50 erano presenti". 60
Cirillo raccontò ai suoi anche che tutta la città di Efeso attese impaziente la sentenza
del "Santo Sinodo" e poi a una sola voce si congratulò col "Santo Sinodo" e lodò Dio
per aver "annientato il nemico della fede". Dopo aver lasciato la chiesa, una processio­
ne di fiaccole accompagnò i vescovi fino alle loro abitazioni. "In tutta la città c ' erano
illuminazioni e festeggiamenti ! Le donne ardirono di farci strada con gli incensi ! Il
Signore ha mostrato la sua onnipotenza a coloro che offendono il suo nome". 6 1
Emerge d a tutta la lettera che non fu sprecata u n a sola parola su li' Annunciazione di
maria, preteso tema portante del sinodo. Di fatto il tema non fu proprio trattato. Gli atti
1 22 La lotta per le sedi vescovi li d ' Oriente

conciliari non riportano nessuna esplicita definizione del concetto di "Thetokos" ! "Ad
Efeso tale definizione non venne proprio considerata", sostenne Camelot, storico del
concilio e consigliere del Vaticano II, "questa vicenda umana, ma al contempo divina,
condusse ad una definizione dogmatica che riguardava gli alti valori religiosi ma anche
la realtà della nostra salvezza" . Tutto questo mostra ancora una volta che l ' indole dei
teologi cattolici manda al diavolo la stessa logica e che la loro testa non serve ad altro
che a voltarsi dalla parte più conveniente. Il papa Pio XI disse che la maternità divina
di Maria, ad Efeso, ricevette una defi nizione solenne (solemniter decretum). Qualcuno,
forse lo spirito santo, lo deve aver illuminato ! La sua enciclica del 25 dicembre 1 93 1 ,
Lux veritatis, non contiene nessun riferimento a questa definizione; una vera beffa ! Pio
spiega invece che il dogma della maternità divina di Maria si deduce dalla dottrina
dell ' u nione ipostatica che al tempo non era ancora stata adeguatamente formulata. 62
Per Cirillo tutto questo, come molte altre cose, non ebbe comunque grande rilievo.
In una lettera, infatti, racconta soltanto dei festeggiamenti che ricevettero lui e il suo
seguito e dell ' annientamento "dell ' eretico". Al temuto rivale fu comunicato per lette­
ra: "Il Santo Sinodo riunitosi per volere di Dio e per ordine del santissimo e devotissi­
mo Imperatore, a Nestorio, il nuovo Giuda. Sappi che per aver esposto le tue fallaci
dottrine e per aver disubbidito ai canoni davanti al Santo Sin odo, dal 22 di questo mese
di giugno, sei deposto e non rivesti più alcuna carica ecclesiastica". 63
Il padre della chiesa Teodoreto, vescovo di Ciro, presente a questo concilio, riporta:
"L' Egiziano nuovamente si oppone a Dio combattendo Mosè e il suo seguito, ma la
maggioranza di Israele si schiera dalla parte del nemico, poiché soltanto pochi sono
così sani da poter tollerare l ' impegno della devozione . . . Quale commediografo ha rac­
contato una tale favola, quale poeta tragico hai mai scritto versi così lacrimevoli ?" 64
Nestorio racconta che Cirillo fu il concilio ecumenico in persona, "poiché qualun­
que cosa dicesse, tutti la ripetevano. Senza dubbio rappresentò la corte . . . H a radunato,
da vicino e lontano, tutti coloro che gli erano graditi trasformando il sinodo in un tribu­
nale . Ma chi era il giudice? Cirillo. Chi era l ' accusatore? Cirillo. Chi era il vescovo di
Roma? Cirillo. Cirillo era tutto". Il papa Celestino I, da parte sua, si attribuì tutti i
meriti, "grazie alla venerabile Trinità" e si vantò di essere stato lui a porgere il coltello
"per tagliare la piaga dal corpo della Chiesa" che "la terribile infezione fece opportuna­
mente apparire" (Ancora nel XX secolo, Palanque, storico della Chiesa c attolico attri­
buisce all "'eretico" Nestorio un pessimo carattere e a san Cirillo una "perfidia" 65 ) .
Il papa Celestino trasformò il sinodo di Efeso "in una grande schiera di santi" che
testimoniavano "la presenza dello Spirito Santo" . In realtà Cirillo si servì del romano,
così come del patriarca e del l ' imperatore, soltanto per vincere la sua battaglia contro
Costantinopoli . Infatti, i legati papali non ebbero alcuna voce in capitolo sulle decisio­
ni finali; essi rappresentavano soltanto una parte del l ' Occidente: l ' episcopato africano
e quello illirico mandarono, infatti, dei propri legati. Nel resoconto a Celestino i legati
Anno 431 : il Concilio di Efeso 1 23

romani, di cui non si attese neanche l ' arrivo, vennero menzionati soltanto brevemente
alla fine, conformemente alla loro breve apparizione e onorati soltanto da alcune ridon­
danti quanto insignificanti frasi come "Il santissimo e beatissimo Pietro, il primo e il
più grande degli apostoli, colonna della fede e fondamenta della Chiesa cattolica, al
quale nostro Signore Gesù Cristo, redentore di tutta l ' umanità ha donato le chiavi del
regno e il potere di legare e sciogliere . . . Lui che in tutti i tempi, fino ai nostri giorni
vive e impera sui suoi discendenti . . . ", e così via. 66
Celestino, che ali ' epoca era poco più che una carta nelle mani dell ' alessandrino,
trovò anche lui il modo di farsi apprezzare in Oriente, come mai prima. L' intervento
del suo legato, il prelato Filippo, fu comunque inserito negli atti conciliari e nel 1 870
servì ancora al Vaticano I come prova dell ' infallibilità papale ! Al papato, "la tragedia
della lotta del patriarca Nestorio contro Cirillo e il concilio di Efeso offrì l ' opportunità
di far emergere, ali' epoca dei decretali, sul grande palcoscenico della Chiesa orientale,
le nuove esigenze della Chiesa romana. Con pieno diritto si può parlare di una tragedia
perché le diverse concezioni del l ' incarnazione della scuola antiochena e alessandrina
non sarebbero dovute essere interpretate come eresie e non avrebbero dovuto spaccare
la Chiesa. Ciò che condusse alla catastrofe fu l ' odio che Cirillo covava per Nestorio e
i suoi seguaci e la volontà di annientarli . Le sue truppe d ' assalto, addestrarono flotte di
monaci ignoranti, scriteriati che proprio per questo si facevano facilmente prendere
dagli entusiasmi . . . ". Così giudica il teologo cattolico e storico della Chiesa Georg
Schwaiger uno dei più grandi santi del cattolicesimo. 67
Il concilio però non era ancora giunto ad alcuna conclusione e Cirillo non poté anco­
ra dichiararsi vittorioso.
Pochi giorni dopo comparvero, trattenuti dal maltempo o forse perché "caduti da
cavallo", i vescovi siriani, al tempo chiamati gli "orientali", sotto la guida del patriarca
Giovanni di Antiochia, un amico di Nestorio. Questi vescovi davanti ai quali i Santis­
simi non si chinavano, si riunirono il 26 giugno, non appena arrivati , con una parte di
coloro che il 2 1 giugno si erano opposti a Cirillo, e in presenza di Candidiano, commis­
sario imperiale nonché garante ufficiale del concilio, dichiararono che senza dubbio il
loro era il "concilio legale, non si può chiamare in altro modo" (Seeberg), anche se in
sostanza era un si nodo di appena cinquanta vescovi. Deposero Cirillo e Memnone,
vescovo di Efeso che fu accusato di aver fatto assalire Nestorio da orde di monaci, e
Nestorio fu costretto a richiedere l ' intervento dei militari (Gli atti relativi al decreto di
destituzione, nella versione greca sono menzionate 43 firme, mentre in quella latina
del Rusticus 5 3 ) . Il sinodo dichiarò che i restanti padri conciliari sarebbero stati scomu­
nicati, fintanto che non avessero ritrattato le frasi "eretiche" che "confutavano aperta­
mente le parole del vangelo e degli apostoli". La minoranza indirizzò all ' imperatore
una furibonda protesta contro il "barbarico consesso" degli avversari, trattenendo le
lettere di Cirillo a Teodosio. San Cirillo allora mandò in strada le sue orde di monaci e
1 24 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

si ebbe così una totale anarchia. Tra questi temerari monaci, si distinse particolarmente
Scenute di Atripe (infra p. 1 3 8 ss.), santo dei copti. Il concilio minoritario dovette
essere protetto dalla massa popolare che inveiva violentemente, sebbene anche N es torio
possedesse una "truppa d' assalto" che minacciava Cirillo. 6 8
Nel corso del mese di luglio il concilio maggioritario si riunì altre cinque volte,
dopo che il l O giunsero gli inviati romani, i vescovi Arcadio e Proietto, e il presbitero
Filippo, unico vero portavoce. In un discorso introduttivo Filippo riferì che il papa
Celestino, con una lettera a Cirillo aveva già preso una decisione riguardo alla questio­
ne. Quindi la delegazione insistette per leggere una seconda lettera papale in latino.
Quando poi fu letta in greco, i convocati manifestamente preparati da Cirillo urlarono:
"Una giusta sentenza ! A Celestino, nuovo Paolo ! A Cirillo, nuovo Paolo ! Celestino, il
custode della fede, Celestino, che è concorde col sinodo ! Celestino ringrazia l ' intero
sinodo ! Un solo Celestino, un solo Cirillo, una sola fede nel sinodo, una sola fede nel
mondo intero ! (''Un solo popolo, un solo impero, un solo Ftihrer ! " A tali parole quale
tedesco della mia generazione non dovrebbe pensare al motto nazista. . . ? ! ) .
Il sinodo maggioritario mise Roma e d Alessandria sullo stesso piano gerarchico. I l
legato papale Filippo per reazione, con u n tono disgustosamente sacrale, valutò subito
la questione da una prospettiva romana: "Ringraziamo il santissimo e veneratissimo
sinodo di essersi unito, dopo aver udito la lettera del nostro santissimo e veneratissimo
papa, con le vostre sante membra, le vostre sante voci e le vostre sante acclamazioni, al
santo Pontefice ; poiché le vostre Santità sanno molto bene che il capo ... di tutta la fede
e degli apostoli è il santo apostolo Pietro" (Così tanta venerazione non può essere che
una presa in giro ! ). Anche il giorno seguente Filippo espresse l ' intento di portare Roma
ad una posizione egemonica. Ma il vescovo Teodoro di Ancira (Cesarea), riuscì ad
aggirare con maestria la questione. Lo stesso Cirillo non aveva alcuna intenzione di
divenire mandatario del papa e alla fine, prima che si chiudesse il sinodo, si appellò sia
all ' autorità del vecchio ordine sinodale sia al consenso dei romani (e non il contrario),
senza così pestare i piedi a nessuno. Per raggiungere il proprio scopo, ognuno aveva
bisogno e si serviva dell ' altro. 69
Il giorno 1 1 luglio, la delegazione papale confermò la deposizione di Nestorio. 11 1 6
luglio, il concilio maggioritario dichiarò la destituzione di Cirillo e di Memnone, ad
opera degli "orientali" nulla e non canonica. Il 1 7 luglio dopo aver rifiutato per tre
volte di presentarsi in giudizio, il patriarca Giovanni di Antiochia e il suo seguito furo­
no deposti e un ordine li sospese da tutti gli incarichi ecclesiastici fino a che "la situa­
zione non fosse cambiata" . In nome di Cristo, i due concili si maledissero a vicenda e
ogni concilio inviò a corte, per ordine superiore, una delegazione; l ' imperatore appro­
vò le conclusioni di entrambe. Naufragò ogni tentativo di accordo. Per Cirillo si mosse
l ' abate Dalmazio, considerato santo, che presumibilmente da 48 anni non aveva mai
lasciato la sua cella. Cirillo allora si mise a capo delle orde di monaci e accompagnato
Anno 43 1 : il Concilio di Efeso 1 25

da un ' immensa folla, con tanto di canti sacri attese davanti al palazzo imperiale finché
il regnante non si decise a riceverlo. L' imperatore indeciso per natura, ora che doveva
prendere una decisione oscillò più che mai. All' inizio di agosto comparve il tesoriere
imperiale "comes sacrarum largitionum" Giovanni di Efeso, con uno scritto che depo­
neva Cirillo e Memnone, ma quando lui stesso arrivò al litigio con entrambe le fazioni,
"per prevenire disordini" arrestò e rinchiuse nel suo palazzo i tre attori principali del
concilio: Cirillo, Nestorio e il vescovo di Efeso Memnone.
In questa fase decisiva del concilio, Cirillo pensò bene di introdurre il tema della
"madre di Dio", riuscendo così ad "ottenere, per motivi che tuttora rimangono oscuri,
un radicale cambiamento dell' opinione della corte" (Biblioteca dei Padri della Chie­
sa). Cirillo che presto evase dalla prigione e giunse ad Alessandria alla fine di ottobre,
dove ricompensò le sue guardie del corpo con cariche ecclesiastiche, ma soprattutto
grazie ai suoi complici poté proseguire il concilio a modo suo, "à la Cirillo ". L' uomo,
che più di tutti parlò di "carismatici nella Chiesa" (il gesuita K. Rahner), che il papa
Celestino I chiamò "il mio santo fratello Cirillo", "bonus fidei catholicae defensor",
"probatissimus sacerdos", "vir apostolicus", che onorava Attanasio sinaita come "il
sigillo dei padri" e il cui nome continua a vivere nei libri della chiesa come salvatore
dell ' ortodossia, quest' uomo versò tutto l ' oro della chiesa alessandrina sulla corte. Si
affermò grazie ai suoi informatori e complici e il santo corruppe Dio e il mondo, e tutto
ciò che era corruttibile, tutto per difendere "la vera fede dalle minacce del l ' eresia" (il
gesuita Grillmeier). Il domenicano Camelot scrive con imprimatur ecclesiastico: "Le
ultime trattati ve teologiche sono . . tutte cose sui cui particolari non ci vogliamo
soffermare, poiché non toccano direttamente il concilio". 70
Su queste cose ci soffermeremo noi, tanto più che nessuno crede che l ' alessandrino
abbia sommerso la corte con le sue "donazioni" per motivi caritatevoli .
Cirillo, che il 2 8 luglio 1 8 82 fu chiamato, col più alto titolo della chiesa cattolica,
"Doctor ecclesiae", offrì generosamente al momento giusto, di persona o servendosi di
intermediari, tutto ciò che la chiesa alessandrina possedeva. Esaudì ogni desiderio sia
delle principesse sia delle camarille di corte, donò piume di struzzo, stoffe costose,
tappeti e mobili di avorio. Agli alti funzionari statali fece pervenire enormi somme, i
suoi noti "mezzi di persuasione", come Nestorio asserisce ironicamente : ironia che
sarebbe stata cancellata dalle sue "freccie d ' oro", denaro, molto denaro. Ci fu denaro
per la moglie del prefetto del pretori o, denaro per eunuchi influenti e cameriere di corte
che ricevettero fino a l 00 chili di oro, così che la ricca sede alessandrina si indebitò e
un prestito di 1 00000 pezzi d' oro (750 chili d ' oro), non fu sufficiente ai fabbisogni di
Cirillo. La conseguenza di queste corruzioni fu che Dioscoro, il successore di Cirillo,
quando prese la carica, trovò le casse vuote. In breve, il padre della chiesa Cirillo si
permise, senza recare alcun danno alla sua santità, anzi al contrario rafforzandola ulte­
riormente, "manovre di corruzione in grande stile" (Caspar) - ma, come scrive il gesu-
1 26 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

ita Grillmeier, "che non mancarono l ' obiettivo che si erano preposte". Una lettera di
Epifanio, arcidiacono e segretario di Cirillo, a Massimiano, nuovo patriarca di
Costantinopoli riporta tra gli atti ufficiali del concilio la lista completa dei "regali" .
Questa fonte, presumibilmente la più antica, è confermata dal padre della chiesa
Teodoreto, vescovo di Ciro. 7 1
Si trattò senza dubbio di un dogma molto dispendioso. Ma tutto sommato, ha ancora
validità. Il fine santifica i mezzi e, in questo caso specifico, anche il "mediatore del
successo". Molto spesso ci si è piegati davanti allo Spirito Santo e la teologia, o meglio
ciò che essa può fruttare, è sempre costata qualcosa. La fede cominciò molto presto ad
essere difesa col denaro, mezzo però che soltanto in seguito fu legittimato. Il gesuita
Bach t, accenna alle "grosse somme di denaro che i patriarchi di Alessandria elargivano
per la corruzione" . Alti prelati e grandi "eretici" si sono serviti della corruzione pagan­
do o incassando somme di denaro; anche imperatori cristiani, come il primo, Costantino,
che non sommerse con denaro e privilegi soltanto il clero (v. I, 200 s . , 208 ss.), ma, per
convertirli al cristianesimo, fece doni anche ai poveri . 72
Non fu un caso che il dogma della maternità di Maria si istituì proprio ad Efeso,
capitale della dea Madre pagana, la Cibele frigia, e della dea Artemide, in onore della
quale gli abitanti di Efeso da centinaia di anni praticavano il culto del pellegrinaggio. Il
culto di Artemide venerata a maggio come dea che esaudisce le preghiere, salvatrice ed
eterna vergine, si sovrappose a quello di Maria e mentre gli ultimi seguaci della dea
celavano nei templi la sua immagine "e con cura vi deponevano pezzi di colonne e
cervi, i cristiani distruggevano i templi e con zelo costrui vano chiese" (Miltner).73
Cirillo cui il mondo deve "la più conosciuta predica su Maria dell' antichità" (Altaner),
della cui autenticità però persino la chiesa cattolica dubita, aveva colpito nel segno con
la sua "freccia d ' oro" . Persino il devoto "Manuale della storia della Chiesa", redatto da
vescovi, non può non riportare "le ampie donazioni alle influenti personalità di rilievo
della capitale", per cui il patriarca "della chiesa alessandrina si riempì di debiti", ripor­
tando però in tono risentito il fatto che "in seguito Nestorio le definì amaramente come
corruzioni". Non è la prima volta che i cattolici spiegano vicende imbarazzanti con
pretesti altrettanto imbarazzanti. Il teologo Ehrhard, per esempio, non ritiene che le
enormi "bustarelle" di Cirillo possano essere spiegate con "un concetto moderno" ,
altrimenti bisognerebbe "giudicarlo con fermezza", e questo non deve accadere. E così
la corruzione viene fatta passare per una "nota usanza del tempo" che non permetteva
di "presentarsi davanti ad una personalità altolocata senza regali". Persino per Ehrhard
"se il santo si fosse rifiutato di servirsi di questa usanza e si fosse fidato solo della
bontà della sua intenzione, la sua reputazione ne avrebbe sicuramente guadagnato" .
Ma di questo proprio non era capace.
Il patriarca di Costantinopoli perse terreno a vista d' occhio. L' atmosfera a corte si
capovolse. L' imperatore Teodosio II, che per tutta la vita dipese dagli umori della cor-
Anno 43 1 : il Concilio di Efeso 1 27

te, fu intimidito sia dalle azioni terroristiche dei monaci di Cirillo che dalla lettera
papale del 43 1 , nella quale il pontefice Celestino definisce Cristo come imperi rector,
unico vero signore del l ' i mpero e pertanto il reggente come protettore del l ' ortodossia e
come difensore della vera fede. I romani, tuttavia, sottolinea Celestino, detengono chia­
ramente il primato delle questioni religiose rispetto a ogni altra questione mondana.
L' imperatore Teodosio fece, infatti, l ' errore di deporre Nestorio, quando questi aveva
presentato le dimissioni . Nestorio rinunciò alla carica vescovile e per non dare troppi
dispiaceri all ' imperatore, si accontentò di annunciare, in tutte le chiese editti che con­
futassero "le chiacchiere di Cirillo". Il 3 settembre 43 1 , N estorio tornò nel suo vecchio
convento ad Antiochia e il 25 ottobre venne eletto il suo successore, il presbitero
Massimiano, una nullità, da cui Cirillo non aveva niente da temere.
Idem il papa. Celestino accolse "l' ascesa" di Massimiano, onorandolo con una lette­
ra scritta in tono di superiorità e inviando una lettera pastorale a tutti i vescovi di
Costantinopoli, come se fossero sottoposti al suo comando. Il 1 5 marzo 432 si scagliò
nuovamente contro il detronizzato Nestorio. Lo paragonò a Giuda anche se quest' ulti­
mo se la cavò meglio. Flagellò la sua "irreligiosità" ma fu molto attento a non chiamare
la sua dottrina con il nome di "eresia" poiché "non tutte le irreligiosità sono eretiche" ;
una frase molto significativa. Ma mentre dava del "peccatore" a Nestorio, metteva se
stesso in bella mostra. "Io piantai il seme", scriveva il papa "infatti , fui proprio io a . . .
riconquistare l a pace nell ' intera Chiesa, grazie all' aiuto della santissima Trinità" . E
ancora: "Poiché questa piaga nel corpo della Chiesa fece apparire provvidenzialmente
la terribile infezione, fummo noi a porgere, insieme al coltello per amputare la parte
malata, anche le bende per la medicazione" .
Fintanto che il maledetto rivale, il "lupo famelico", "il drago che emerge dalle ac­
que", "l' uomo insidioso che aveva la lingua traboccante di veleno", rimase in disparte,
Cirillo si aggirava inquieto sventolando per ogni dove il suo trionfo. Nel 436 Nestorio
fu dapprima mandato in esilio a Petra (Sud-est della Palestina: Wadi Musa), ma poi lo
attese un delizioso luogo nel deserto egiziano, con l ' incantevole nome di "oasi", un
luogo fuori dal mondo, quasi senza acqua, adatto ad accogliere funzionari della corte
divenuti sgraditi o detenuti . Sorvegliato dai fedeli del santo, Nestorio solo e dimentica­
to da tutti, visse in condizioni disagevoli. ma fino alla morte fu persuaso di professare
l ' ortodossia. Ridotto quasi ad un vegetale, trascinato e più volte trasferito, dopo aver
fatto inutilmente domanda di grazia, Nestorio morì nel 45 1 in Egitto, nei pressi di
Panopolis. Ai posteri lasciò, Il libro di Eraclide, la sua dolorosa autobiografia (edita
nel 1 9 1 0), dove egli traccia paralleli tra il suo destino e quello del suo predecessore
Giovanni Crisotomo, e anche con quello di Attanasio e di Flaviano. 74
Nestorio era stato abbattuto dal gioco combinato di Alessandria, Roma e in ultimo
anche della corte. Il papa Celestino I aveva giurato a Teodosio di dargli una base per
rendere tanto più duratura la sua signoria. E dopo il concilio si rallegrò nel modo più
1 28 La lotta per le sedi vescovili d 'Oriente

entusiastico col monarca, chiamò il suo regno, usando le parole del profeta, un "regno
per tutta l ' eternità". Questo titolo glorioso gli rimarrà, "né il tempo né la vecchiaia lo
dissolveranno. Poiché eterno è ciò che per amore vien fatto per il Re eterno" . Il che
corrispondeva di certo e in tutto alle sue parole di un tempo: "Beata sia la dignità
imperiale che si mette al servizio delle cose divine" . Alla fine però ad essere beato non
è l ' impero ma il papato. E così deve essere. Di questo solo si tratta! Per tale scopo è
giustificata ogni sorta di durezza, crudeltà o bassezza. Walter Ullmann sottolinea, a
ragione, che fu proprio il papa a pregare l ' imperatore di allontanare il già maledetto
Nestorio anche dalla società, e lo fece con le parole di un vescovo. Per Johannes Haller
questo è un segno di "quanto fosse ancora temuto e odiato il deposto", e per sconfig­
gerlo venne persino riesumata la vecchia disputa pelagiana. 75
Il cronista del concilio, Camelot, ci presenta uno spaccato tipico della teologia cat­
tolica. Alla domanda quale dei due fosse il vero concilio di Efeso, rispose: molti storici
moderni vedono in questo sinodo "soltanto una vicenda molto triste", messa in scena
dal "faraone" alessandrino, "una tragedia aggrovigliata, deplorevole e degna soltanto
di compassione" (questa citazione creò qualche problema al famoso storico della chie­
sa cattolico, Louis Duchesne). "Anche al giorno d ' oggi molti uomini di scienza, persi­
no bravi, e con questo non tutti eretici, sono portati a giudicare così severamente il
comportamento di Cirillo e con lui anche il sinodo, da gettare discredito su tutta questa
vicenda" . Spesso si tende a pensare che lo stesso Camelot avesse preso le difese di
Nestorio e Giovanni, ritenendo che l ' indecenza e la contestabilità di Cirillo fossero
"fuori discussione". Però poi scrive : "È sufficiente la presenza dei legati romani per
assicurare al conci lio di Cirillo il carattere ecumenico che mancò al sinodo dei vescovi
orientali . Fu così il concilio di Cirillo a essere legittimato dal papa".
Come la storia ha mostrato molte altre volte, non appena gli interessi coincidevano
con quelli del papato, l ' ingiustizia poteva divenire giustizia. Tuttavia, secondo Camelot,
alcuni riterrebbero che il "sinodo dei briganti di Efeso" sia paragonabile al sinodo del
449 (infra p. 1 48 ss.). Horst Dallmayr nel libro I quattro grandi concili, pubblicato
dalla casa editrice cattolica Kosel, definì la riunione in cui i legati papali trovarono
"tutto canonico e conforme alle regole ecclesiastiche", un "fiasco", "il più spiacevole
Concilio della storia della Chiesa" . 76
Oggi ad Efeso esi stono soltanto un paio di monumenti cristiani, la vecchia chiesa
conciliare è una rovina e ad Izmir, di gran lunga la città più grande, vivono 450000
abitanti di cui soltanto 2000 cattolici. 77
L ' « unione» 1 29

L'«UNIONE», UNA QUASI INCREDIBILE TRATTATIVA DI FEDE


E IL TIRO MANCINO DI CIRILLO AL MONACO VITTORE

Il vento girò, e quando in tutto l ' Oriente si manifestarono ondate di protesta, Cirillo
che aveva trionfato grazie all ' oro e all ' astuzia, per non perdere la sua posizione, ritrat­
tò quasi tutto ciò che teologicamente aveva tanto difeso a Efeso. Nel 432, nonostante il
papa Celestino I si fosse ripetutamente congratulato per il successo dei lavori conciliari,
i due sinodi erano, in realtà, incompatibili. Cirillo dopo aver tergiversato, già nel 433
capitolò dogmaticamente. Rinnegò una considerevole parte della sua terminologia sot­
toscrivendo la formula di unione, che probabilmente anche Nestorio avrebbe accettato
quasi del tutto. Cirillo, infatti, che in passato aveva rifiutato di riconoscere la differen­
za tra le qualità umane e divine del Cristo, le sostenne apertamente pronunciandosi con
una formula ambigua tipicamente di compromesso: Cristo come vero uomo e vero Dio
in una "unità indivisa" ; lo stesso vale per Maria, madre di Dio. "Questo l ' avrebbe
potuto sottoscrivere anche Nestorio" (Haller) . Anche per Horst Dallmayr cristiano di­
chiarato, "non esistono più molte persone che dubitano del fatto che Nestorio avrebbe
sottoscritto con tutto il cuore quest' unione simbolica. Non ebbe modo di farlo poiché
nessuno gli sottopose il documento". Erano le parole usate nello scritto di protesta
contro gli Anatematismi di Cirillo, un symbolum preso probabilmente dalla penna di
Teodoreto di Ciro che nel 43 1 gli antiocheni legati a Nestorio avevano esposto parola
per parola ad Efeso e inviato a corte ! Cirillo gridò a Giovanni : "Il cielo e la terra giubi­
lino !" Gli antiocheni ricambiarono la sottoscrizione di Cirillo alla formula di unione,
su cui Cirillo però continuò ad insistere, accettando la nomina di Massimiano come
nuovo patriarca di Costantinopoli e la scomunica, paragonata da Seeberg ad un "suici­
dio morale", del suo predecessore Nestorio.
Eppure professavano la stessa cosa ! Infatti, proprio ad Antiochia e a Tarso, nel viag­
gio di ritorno da Efeso, in due sinodi distinti, gli antiocheni avevano per pura indigna­
zione condannato Cirillo, loro principale nemico, come apollinarista, accusa ricorrente
anche in alcuni libelli di dissenso. Cirillo e il suo seguito vennero così estromessi dalla
chiesa. Il vescovo Alessandro di Ierapoli, spingeva per la revoca degli anatemi. Un
gruppo di opposizione, sotto la guida dei vescovi Elladio di Tarso e Euterio di Tiana,
spingevano il nuovo papa Sisto III a procedere contro l ' alessandrino. Intere province
abbandonarono Giovanni. L' imperatore Teodosio non sapeva che farsene delle discordie
tra il pretume. Ingaggiò Simeone lo Stilita, molto deriso in tutte le epoche (vedi Gibbon,
Tennyson, Haller), ma osannato invece dalla chiesa come santo. Operò, a quel che si
dice, tale quantità di straordinari miracoli che interi popoli lo venerarono come un
"idolo", e che anche i cattolici lo giudicarono al limite dell "'incredibile" (Wetzer/Welte).
Egli rimase prima sette anni, poi trent' anni su una grande colonna. Simeone, pur van­
tando tanta abbondanza di miracoli e visioni, ebbe contro persino i suoi stessi confratelli
1 30 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

del monastero di Teleda, evidentemente perché, agli occhi clero, era privo di autorità.
Anche quando il notaio e tribuno Aristolao, inviato speciale di Teodosio, venne manda­
to ad Antiochia per chiedere la condanna di Nestorio e dei suoi scritti, gli Orientali si
radunarono nuovamente in sinodo. Solo dopo che il patriarca Giovanni mandò a chia­
mare i l "braccio secolare" e i funzionari imperiali i ntervennero drasticamente,
l ' episcopato siriaco sottoscrisse la condanna di Nestorio. Tuttavia una piccola mino­
ranza, sotto la guida del metropolita nestoriano Alessandro di Ierapoli, non la sotto­
scrisse: fu così allontanata e, per disposizione del patriarca, mandata in esilio in Egitto.
Violenza e corruzione trionfarono nuovamente. Giovanni, colui che insieme ai suoi
prelati , nel 43 1 , depose Cirillo, scrisse: "Votammo a favore (dei vescovi ortodossi di
Efeso) per deporre Nestorio . . . !". 7 8
Le trattative, menzionate dall"'unione", tra il patriarca Cirillo e Giovanni avevano
dell ' incredibile, visto che c ' erano in gioco due papi: Celestino l, che nel frattempo era
morto, e il suo successore Sisto III, il quale con cinico compiacimento scrisse a Gio­
vanni : "Con la conclusione di questa vicenda hai appreso cosa voglia dire essere d ' ac­
cordo con noi" (e per commemorare il concilio, fece modificare la basilica di Santa
Maria Maggiore adornandola con mosaici sulla vita di M aria).
Molti vescovi, come Succenso di Diocesarea o Valeriano di Tarso, attaccarono Cirillo
aspramente. Persino una parte dei suoi seguaci, tra cui uno dei suoi primi adepti, A cacio
di Melitene, un accanito oppositore di Nestorio, furono talmente scandalizzati che Cirillo,
per non perderli, fu costretto a subire rimproveri, dare spiegazioni: in breve, a destreg­
giarsi senza ritegno. Anche Giovanni, unito a Nestorio da un vecchio legame di amici­
zia, si dimostrò un traditore . Mentre Alessandria, la maggiore potenza, e Cirillo trion­
favano, gli antiocheni si videro relegati sempre più dalla parte degli accusati. Poco
dopo Teodosio II e Valentiniano III fecero bruc iare tutti gli scritti di Nestorio. "Vedi,
caro fratello", così scrive papa Si sto al patriarca di Antiochia, elogiando "l ' imperatore
più virtuoso e quello più cristiano", "con quale attenzione essi si sono dedicati alla
questione della religione; senza sosta hanno meditato e se prima non avessero fatto
abbastanza per le cose celesti , non si sarebbero curati poi di quelle terrene. Si sono
impegnati negli affari di Colui che mai ha tradito il loro imperium. Essi sanno di offrire
assi stenza a Colui che ricompensa con ricchi interessi. Perciò ci conviene dare lode,
poiché vediamo l ' imperatore terreno legato al re celeste".
Trono e altare ! "Dammi, o Imperatore, la terra purificata dagli eretici e io ti ricam­
bierò con il cielo. Annienta con me gli eretici e io annienterò con te i persiani ! " Appena
salì al potere, con queste parole Nestorio aveva gridato la sua predica (supra p. 1 09).
Ora anch'egli era eretico e sconfitto. Con l ' esclusione del "caro Eraclide" (secondo la
trascrizione siriana), sono conservati di lui quasi soltanto frammenti, sebbene egli stes­
so non era affatto "nestoriano" e la formula che di lì a poco sarebbe stata proclamata a
Calcedonia come ortodossa (infra p. 1 54 ss) non era lontana dalle sue posizioni . Fino
L ' « unione» 131

all ' ultimo s i dichiarò ortodosso, ciò nonostante i suoi contemporanei già parlavano
della "tragedia nestori ana". Di fatto, fino ad oggi la sua eresia non è mai stata provata.
Rinomati studiosi hanno tentato di riabilitarlo. Lo storico della chiesa, Reinhold Seeberg
ritiene che la dottrina di Nestorio, esposta nel Liber Heraclidis, aspramente criticato da
Cirillo, espone con chiarezza la sua posizione: "Questa dottrina non ha nulla di 'ereti­
co' . . . Arriva alle stesse conclusioni cui sono giunti il papa Leone e i calcedoniani. La
differenza sta nel fatto che Nestorio, mentre promuoveva la sua dottrina, confutò meti­
colosamente i suoi oppositori e i calcedoniani, invece, hanno tralasciato accuse e
asserzioni piuttosto che dare fastidio. Non è troppo vedere nel suo libro il tentativo più
acuto e significativo di risolvere il problema cristologico che la chiesa antica ha pre­
sentato" . Quanto fosse "eretico", scrive il cattolico Franzen, "rimane ancora oggi oscu­
ro". Soprattutto perché, da questa parte, difficilmente verrebbe ammesso un grave sba­
glio o un crimine.
I nestoriani, ormai apertamente perseguitati, si rifugiarono a Sharen nel regno persia­
no. Là dove trovarono asilo, indebolirono il già debole cattolicesimo. Nel 485 i due capi
supremi delle due chiese, il nestoriano B arsumas di Nisibi e il cattolico B abueo di
Seleucia, l ' uno contro l ' altro, si scomunicarono a vicenda. B abueo venne giustiziato
nello stesso anno. I nestoriani che dal sinodo di Seleucia del 486 si erano ufficialmente
staccati dai cattolici, stavano prepotentemente prendendo piede, ma il loro forte dissen­
so con i monofisiti portò a nuove lotte. Anche i monofisiti, infatti, si espansero: nel VI
secolo raggiunsero Ceylone l ' Asia centrale turca; nel VII secolo, attarverso la via della
seta, giunsero in Cina, dove il cristianesimo fu tollerato per quasi due secoli . "Molti
traversarono", scrive Timoteo I (780-823), zelante promotore di missioni cattoliche: "i
mari per l ' India e la Cina portando con sé soltanto il sacco e il bastone". Nel XIV secolo
l ' invasione mongola causò un ' improvvisa e drastica inversione di rotta. Nel XVI secolo
molti nestoriani, insieme ai codiddetti Caldei e ai cristiani del Malabar, si unirono a
Roma. Nel XVII secolo, molti nestoriani divennero monofisiti, cioè Giacobiti . Nel XX
secolo, una piccola comunità nestoriana è sopravissuta in Iraq, Iran e Siria; più di l 00000
nestoriani vivono in Kurdistan, 5000 in India e 25000 negli Stati Uniti . Nestorio rimase,
tuttavia, un dannato "eretico", mentre il concilio di Calcedonia dichiarava Cirillo, un
secondo Attanasio, "ineccepibile difensore dell ' ortodossia e della fede". 79
In effetti, il santo fu senza dubbio molto astuto poiché non tutti gli alti prelati riusci­
rono a diventare santi o padri della chiesa, motivando la destituzione del proprio avver­
sario apparentemente per questioni dottrinarie e non politiche. Ma ora che il potere lo
aveva, la fede non gli sembrò più così importante. In seguito minacciò ancora Nestorio
con le parole del Signore: "Credi che sia venuto a portare pace sulla terra; non la pace
io porto, ma la spada" ; nel 433, dopo aver annientato Nestorio, rivelò a Giovanni di
Antiochia di essere memore della parola del Signore : "Vi do la mia pace, vi lascio la
mia pace". Si dice anche che pregasse dicendo: "Signore, nostro Dio, concedici la
1 32 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

pace, poiché con essa ci hai dato tutto". Sì, ma dopo che egli aveva già tutto ! 80
Quello che accadde prima non contava più nulla. Così pensava anche Giovanni, che
gli scrisse: "In questi tempi di pace non ci dobbiamo occupare dei motivi che hanno
portato alle divergenze di opinione" . Similmente replica Cirillo: "Il modo in cui si è
verificata la rottura non obborre spiegarlo. Trovo molto più opportuno pensare e dire
ciò che si adatta ai tempi di pace". Rapidamente adesso "si convinse . . . che la rottura tra
le chiese è assolutamente infondata e per questo non più opportuna". Rispetto alla fede
dunque tutto andava bene. Reso felice dal l ' "irreprensibile professione di fede" del­
l "'amatissimo fratello e collega Giovanni", con queste "sante parole" può soltanto "con­
statare che noi la pensiamo come voi . Poiché infatti esi ste 'un solo Signore, una sola
Fede, un solo battesimo' (Ef. 4,5)". Tutto ora sembrava andare liscio come l ' olio. Cirillo,
il grande guerriero della fede, il difensore del l ' ortodossia, non fece più riferi mento alle
formulazioni dottrinarie della scuola alessandrina, ma adottò la formula di fede della
più moderata cristologia antiochena. Improvvisamente mostrò "un alto grado di
pacificazione" (Il cattolico Ehrhard). E i brontoloni, i dissenzienti, gli "irragionevoli",
gli "eretici", gli "stolti" e coloro che credono alle "favole", tutti coloro che "sono av­
vezzi a capovolgere ciò che è giusto", a rigirare lo Spirito Santo, e tutti coloro che
"come vespe selvagge mi ronzano intorno e dicono brutte cose contro di me", costoro
devono "esser messi in ridicolo" e bisogna "tappare loro la bocca" ; . Pende "sul loro
capo un fuoco eterno". 8 1
L e trattative per la formul a d i unione mostrano che la fede, per il padre della chiesa
Cirillo, aveva uno scarso valore. Visto che la sua sete di potere non sembrava minac­
ciata, mostrò infatti scarso interesse per la controversia pelagiana. Invece il papa
Celesti no, che nella vicenda di Apiario (supra p. 55 ss) non fu in grado neanche di
opporsi ai vescovi cattolici africani, inseguì i pelagiani in Gallia, in B ritannia, fino in
Irlanda, a quel tempo il limite del mondo conosciuto, finché anch' egli non spirò "beato
nelle mani del Signore" (Grone). 82
Nelle trattative della formula di unione rientra anche, se così si vuole, il tiro manci­
no al monaco Vittore.
Vittore, presumibilmente abate, faceva parte della "marmaglia alessandrina" che
accusò Cirillo e la cui minacciosa accusa, una delle più pericolose, godette presso il
concilio di particolari attenzioni . Ad Efeso, la sua accusa venne annullata. Dopo il
trionfo di Cirillo, Vittore dovette lottare per la sopravvivenza. Cirillo continuava però
a temere l ' opinione e la sapienza del monaco che impressionava persino l ' imperatore
in persona. Così Vittore dovette dichiarare di non aver mai accusato Cirillo. Questa
incredibile menzogna venne aggravata dal giuramento che Vittore dovette fare per ri­
tornare al suo convento alessandrino. E Cirillo, il santo padre della chiesa, non solo
fece finta di rispettare il giuramento, ma utilizzò lo spergiuro di Vittore contro l ' impe­
ratore come carta in sua difesa. Infatti , Cirillo disse che non solo lui stesso ma anche
San Cirillo persecutore degli "eretici " 1 33

Vittore fu calunniato, poiché Vittore non lo aveva mai accusato. Così alla fine entrambi
risultarono senza macchia. 83
Con il concilio di Efeso, l ' alessandrino aveva ottenuto un immenso trionfo, non
tanto nella teologia, quanto nella politica della chiesa. "Il concilio" sottolinea Heinrich
Kraft, "ebbe significato per il fatto che portò chiaramente alla condanna di Nestorio; di
contro, servì poco o niente per chiarire le questioni del dogma cristologico". Fu soprat­
tutto una vittoria sul patriarca di Costantinopoli, della capitale, ma anche su quella
parte del governo che parteggiava per Nestorio. Il patriarcato di Alessandria, che da
Attanasio in poi non conobbe che l ' ascesa, raggiunse ora il culmine della sua potenza.
Cirillo divenne il capo della chiesa orientale, "innalzando il suo potere terreno sui
rappresentanti imperiali in Egitto" (Ostrogosky). 84

S AN C IRILLO PERSECUTORE DEGLI " ERETICI" E IDEATORE DELLA PRIMA "SOLUZIONE FINALE"

Il pretesto della lotta per la fede soddisfò, come spesso accadde nel cristianesimo, l ' or­
renda sete di potere di questo santo. L' opera di Cirillo, tuttavia, pur essendo andata in
parte distrutta, riempie dieci tomi della Patrologia greca; una produzione che, tra i
padri della chiesa, è paragonabile soltanto a quella di Agostino e Giovanni Crisostomo.
Cirillo vide "la Chiesa di Dio" costantemente minacciata da "eresie", da dottrine
immonde e sacrileghe di altri cristiani, da senza Dio, che però velocemente "precipita­
vano all ' inferno" o nel "cappio della morte" nel caso in cui non avessero fatto, e in ciò
Cirillo fu molto d' aiuto, "già in questa vita una brutta fine". Soltanto alla luce della sua
ossessiva sete di potere si comprende l ' enormità e la ferocia della sua infamia. Seguen­
do le orme dottrinarie del famigerato Attanasio, "nostro beato e notissimo Padre della
Chiesa", Cirillo continuò a perseguitare massicciamente i cristiani eterodossi, pratica
già comune nei primi secoli (v. I, cap. 3), superando però il maestro per la brutalità,
sicuramente non per la testardaggine, e quanto a mancanza di stile riuscì almeno a
raggiungerlo. Nel linguaggio e nelle immagini di Cirillo, non può essere un caso che
persino i cattolici vi trovano "poco o niente di attraente". Il suo stile viene definito
"fiacco e prolisso, ma anche ampolloso e sovraccarico" (Biblioteca dei Padri della
Chiesa), mentre cautamente si dice dei suoi scritti che "in letteratura non occupano una
posizione di primo piano" (Altaner/Stuiber) .
Chi non la pensa come lui, non può essere altro che un "eretico". Infatti, chi la pensa
diversamente è anche moralmente maligno e Cirillo gli attribuisce "stoltezza", "ecces­
so", "smisurata ignoranza", "insensatezza e depravazione" : lo accusa di "oltraggio",
"molestia", "follia" e di "giochi di prestigio e chiacchiere senza senso", "al massimo
grado di stupidità" . Queste persone sono "altamente sacrileghe", "calunniatrici e in­
gannatrici di diritto", "per così dire ebbre" e "annebbiate dai fumi del l ' alcool", minati
1 34 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

dai "fermenti della malvagità", "gravemente affetti da ignoranza di Dio", pieni di


"follia" e professano dottrine "di origine diabolica". "Essi distorcono la fede traman­
dataci, basandosi sull' invenzione del ritorno del drago che emerge dalle acque", cioè
di Nestorio. 85
Come certo s ' addice a un santo, spesso Cirillo difficilmente arriva in fondo con tali
invettive. E naturalmente chiede - in questo caso all ' imperatore: "Avanti dunque con le
ondate dirompenti di quegli uomini . . . ", "avanti con i pettegolezzi e le chiacchiere sen­
za senso, con parole abbellite da chimere e inganno ! " Infatti, come dicono le parole
dirette all ' imperatore della predica inaugurale di Nestorio: "Sconfiggi con me gli ere­
tici . . . ", anche Cirillo intese l ' annientamento degli eretici come un ovvio obbligo di chi
detiene il potere e nel 428 ottenne un editto contro tutti gli eretici. E minacciava con le
parole del Vecchio Testamento: "Se non si convertono, il Signore farà luccicare la sua
spada contro di loro". Il S ignore non era soltanto l ' imperatore, ma soprattutto Cirillo.
S ubito dopo le elezioni episcopali del 17 ottobre 4 1 2 Cirillo procedette con decisio­
ne contro gli "ortodossi" novaziani, fino a quel momento tollerati. La loro morale pu­
ritana non riuscì a impressionarlo. In aperto contrasto col governatore imperiale, Cirillo
fece chiudere con la forza le loro chiese, scacciando gli stessi novaziani. Andando
ulteriormente contro le leggi imperiali, si appropriò di tutti i loro beni, compreso il
patrimonio privato del vescovo novaziano Teopempto. Come riporta trionfante la "Bi­
blioteca dei Padri della Chiesa", Cirillo diede il colpo di grazia ad alcune sette, natural­
mente con la "penna", la sua principale arma vien detto qui. "Oh follia", gridava sem­
pre più spesso" ; "Oh ignoranza, senno sconsiderato !", "Oh sproloquio da suocera, in­
telletto assopito, in grado solo di blaterare . . . ". Gli eretici abbondano soltanto di "inven­
zioni irreligiose", "favole raccapriccianti" e di "pura stupidità". Essi sono "il culmine
della malvagità". "La loro gola è davvero una tomba spalancata . . . , le loro labbra celano
veleno di vipera" . "Rinsavite, voi ebbri". 86
Cirillo perseguitò anche i messalliani (dal sir. m�·allyiine = coloro che pregano, e per
questo chiamati in greco Euchiti) : asceti penitenti dai capelli lunghi, provenienti per lo
più dagli strati più infimi della società, che si astenevano dal lavoro e nella povertà più
assoluta si sacrificavano alla ricerca di Cristo. I messalliani interpretavano la "fratel­
lanza" come comunità mista di uomini e donne, interpretazione che ai cattolici dispiac­
que particolarmente. Già condannati in precedenza, Cirillo decretò la loro fine a Efeso,
dove la loro dottrina e le loro pratiche vennero nuovamente condannate . Naturalmente
molti altri parteciparono alla caccia. Il patriarca Attico di Costantinopoli ( 406-425),
elogiato da papa Leone I e venerato dalla chiesa greca come santo (Festa: 8 febbraio e
1 1 ottobre), aizzò i vescovi di Panfilia a scacciare i messalliani come fossero topi o
parassiti . Il patriarca Flaviano di Antiochia li fece cacciare prima da Edessa e poi da
tutta la Siria. Il vescovo Amfilochio di Ikonium li perseguitò nelle sue diocesi così
come il vescovo Letoio di Melitene, che diede fuoco ai loro conventi, chiamati dal
San Cirillo persecutore degli "eretici " 1 35

vescovo e padre della chiesa Teodoreto: "covi di briganti". Nel medioevo, i messalliani
riemersero, tuttavia, tra i bogomili. 87
Ogni qual volta Cirillo passò all' attacco, da un lato c ' era sempre un abisso di errori,
follia, stupidità e chimere - anche questo un fenomeno, durato per due millenni, tipico
della politica ecclesiastica. Dall' altro lato c ' era l ' ortodossia immacolata, lui stesso, le
cui "ragioni e giudiziose esposizioni sono irreprensibili", come attesta modestamente
di persona. Egli e i suoi seguaci appartengono sempre a coloro che hanno reso la loro
fede "salda come una roccia e che difendono la loro devozione fino alla fine . . . " e che
ridono della "inefficacia dei loro avversari" . " Dio è con noi . . . ". Lo "splendore della
verità" risplende sempre dalla loro parte, e dove tutto è colmo di "ignoranza e follia",
si predica "per così dire nel sonno e nel l ' ebbrezza" e non si conosce "né le parole né il
potere di Dio ! Smaltite per questo, come è giusto, la vostra ebbrezza . . " 88
.

"La prova più bella del suo nobile intelletto" - così glorifica Cirillo un' "edizione
speciale", ristampata con imprimatur ecclesiastico e sotto Hitler particolarmente ap­
prezzata - "è che anche in guerra ha tentato di salvare il comandamento dell ' amore
fraterno e nonostante la sua innata irruenza non perse mai il dominio di sé neanche di
fronte alla terribile malafede del suo avversario". Ma anche a uno storico contempora­
neo questo santo appare come "un intellettuale con uno spiccato senso della razionali­
tà", che nella sua lotta contro l ' eresia si è mostrato "moderato" (Jouassard) - almeno
nei suoi attacchi contro i pagani e gli ebrei ! 89
Il patriarca Cirillo, che nega a questi ultimi "ogni comprensione per il mistero" del
cristianesimo, parla della loro "ignoranza" e della loro "malattia", li chiama "spiritual­
mente accecati", "uccisori del Signore" e suoi "crocifissori", nei suoi scritti li tratta
"ancora peggio . . . dei pagani" (Jouassard). Ma Cirillo non li colpì soltanto letteraria­
mente, come altri padri della phiesa, (v. I, cap. 2), ma anche nei fatti . Già nel 4 1 4,
quest' uomo "tutto d ' un pezzo" (così il cattolico Daniel-Rops), "dalla straordinaria for­
za d' azione" si impadronì di tutte le sinagoghe d ' Egitto e le trasformò in chiese cristia­
ne. Al suo tempo anche in Palestina la repressione degli ebrei divenne sempre più
radicale, mentre monaci fanatici distruggevano le loro sinagoghe. Nella stessa Ales­
sandria, dove vivevano molti ebrei, Cirillo convocò i loro rappresentanti accusandoli
del fatto che da parte ebraica fossero stati commessi atti orribili, un massacro notturno
che secondo le fonti non può essere dato per certo, ma neanche del tutto smentito. In
ogni caso il santo, senza alcun diritto, fece assalire e distruggere le sinagoghe da un' enor­
me folla che, come in guerra, fece man bassa dei loro beni e scacciò più di l 00000 ebrei,
forse 200000, lasciando donne e bambini senza cibo e senza averi . L' espulsione fu tota­
le: lo sterminio della comunità ebraica alessandrina, la più numerosa della diaspora, che
esisteva da più di 700 anni, fu la prima "soluzione finale" della storia della chiesa. La
"Biblioteca dei Padri della Chiesa" ( 1 935) dice che "è possibile che il comportamento
di Cirillo non sia stato propriamente riguardoso o del tutto privo di violenza".
1 36 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

Quando il governatore imperiale Oreste manifestò il suo dissenso a Costantinopoli,


dal deserto giunse un' orda di monaci, seguaci del santo, "che puzzavano di sangue e di
bigottaggine già da lontano" (Bury). Essi ccusarono Oreste, battezzato a Costantinopoli,
di idolatria, dandogli del miscredente e di fatto procedettero contro di lui. Se i l popolo
non fosse accorso in suo aiuto probabilmente la pietra che lo colpì alla testa, invece di
ferirlo, l ' avrebbe ucciso. All' attentatore suppliziato e morente, Ammonio, che tra l ' al­
tro non tutti ritenevano cristiano, Cirillo riservò onori da martire, santificando il mona­
co in una predica. E il 3 febbraio portò la sua truppa d' assalto, ridotta da una disposi­
zione i mperiale del 5 ottobre da 500 a 4 1 6 unità, a 600 unità. 90
La tortura che portò il "martire" alla morte, preparò il terreno per l ' uccisione di
Ipazia.
Nel marzo del 4 1 5 , durante il tumulto di Alessandria, Cirillo acconsentì, o meglio
fomentò (Lacarrière) l ' esecuzione di Ipazia, al tempo filosofa pagana molto nota e
stimata. Figlia di Teone, matematico e filosofo, ultimo rettore a noi noto del Museion,
l ' accademia alessandrina, Ipazia fu maestra del padre della chiesa e vescovo Sinesio di
Cirene, che in una lettera la definisce "madre, sorella e maestra" e "filosofa amata da
Dio", e che era seguita anche da molti uditori cristiani. Cirillo covò rancore contro
Oreste, il praefectus augustalis, anche perché questi trovava gradita la compagnia del­
la fi losofa. Il patriarca diffuse notizie false su di lei e riuscì, con l ' aiuto di prediche che
la diffamavano come maga, ad aizzarle contro il popolo. Presa a tradimento dai monaci
fedeli a Cirillo e guidati dal chierico Pietro, Ipazia fu trascinata nella chiesa di Kaisarion,
dove fu spogliata e letteralmente fatta a pezzi con schegge di vetro; infine, la salma
dilaniata fu pubblicamente bruciata, "la prima caccia alle streghe della storia" (Thiei3)Y 1
Dunque una caccia ai pagani. Il patriarca Cirillo si guadagnò la nomina di "ideatore
spirituale del crimine" (Gtildenpenning). Persino il volume Riformatori della Chiesa,
con tanto di imprimatur ecclesiastico ( 1 970), scrive di costui, uno dei più grandi santi
cattolici: "Almeno per la morte della nobile pagana lpazia, egli è responsabile". Anche
uno dei più obiettivi storici cristiani, Socrate ritiene che i seguaci di Cirillo e la chiesa
alessandrina furono accusati del fatto. "Ci si può convincere che la nobile e colta donna
divenne realmente la vittima più eminente del vescovo fanatico" (Tinnefeld). In Egitto
il paganesimo manteneva più potere di quello che comunemente si crede; specialmente
tra gli intellettuali e la classe dirigente, c ' erano ancora numerosi pagani e anticristiani. 9 2
Cirillo che, alla stregua dello zio Teofilo, continuò la lotta contro i pagani, non poté
che condurla anche contro gli ebrei. Come fece prima di lui il famoso Giosia, che
"bruciò idolatri coi loro boschi sacri ed altari, sterminò ogni pratica di magia e divina­
zione, e distrusse infine ogni insidia diabolica", così anche gli ebrei dovettero essere
"sterminati". Cirillo non perse l ' occasione di aggiungere: "In questo modo egli ha messo
al sicuro il suo regno dalle vecchie credenze e dai sacrifici ; a tutt' oggi viene ammirato
da tutti coloro che sono in grado di apprezzare il timore di Dio". 93
San Cirillo persecutore degli "eretici " 1 37

Questo santo criminale sostiene che i filosofi greci hanno preso il meglio da Mosè,
quando lui stesso ne copiò interi passi, nelle sue sudate, e per lo più noiose e prolisse
pagine (trenta libri soltanto contro "il sacrilego Giuliano" e solo contro il suo testo
Contro i Galilei ne scrisse altri dieci). Cirillo, responsabile di molteplici menzogne,
della diffamazione di Nestorio, della più alta corruzione, colpevole di appropriazione
indebita in favore della chiesa e di se stesso, di aver esiliato e usato brutalità di tutti i
generi, di concorso in omicidio; questo diavolo, che riuscì sempre a dimostrare quanto
fosse pericoloso "inimicarsi Dio e umiliarlo abbandonando la retta via", da subito si
gloriò del nome di "difensore della verità", di "amante appassionato del rigore". L' idea­
tore della prima "soluzione finale" della Chiesa cristiana, alla quale sarebbero seguite
molte altre, divenne il "più nobile santo dell ' ortodossia bizantina" (v. Campenhausen),
ma anche uno dei più brillanti santi della chiesa cattolico-romana, "doctor ecclesiae",
padre della chiesa. Anche dopo lo sterminio hitleriano degli ebrei, per i cattolici rimase
"un uomo virtuoso, nella pienezza del termine" (Pinay ! ) . Eppure già nel XVI secolo il
cattolico L. S. Le Nain de Tillemont si beffò di lui con il cinismo molto apprezzato da
quelle parti : "Cirillo è un santo, ma dei suoi atti non si può dire altrettanto". O come il
cardinale Newman, che confrontava comicamente e apparentemente irritato "gli atti
esteriori" di Cirillo con la sua "santità interiore". 94
Uno studioso come Geffcken, nonostante aspiri all ' imparzialità e si sforzi di ricer­
care "i due aspetti del bene", per Cirillo prova soltanto ribrezzo: "fanatismo senza
vera, brillante passione, erudizione senza profondità, zelo senza una vera e propria
fede, grossolana litigiosità senza esercizio dialettico e infine nessuna sincerità nella
lotta . . .". Non soltanto Geffcken è di quest' opinione, ma anche la maggioranza degli
storici non cattolici. E ciò ha i suoi buoni o ancora meglio cattivi motivi . 95
Quando il grande santo morì, tutto l ' Egitto tirò un sospiro di sollievo. Il generale
sollievo lo testimonia una lettera, forse apocrifa, inviata al padre della chiesa Teodoreto:
"Finalmente, finalmente è morto quest' uomo terribile. Il suo congedo rallegra i so­
pravvissuti ma sicuramente affliggerà i morti." 96
Quali altre figure si aggirassero nei pressi del patriarca lo vedremo più estesamente
con altri esempi .
1 38 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

SCENUTE PRIORE DEL MONASTERO DI ATRIPE (CA. 348-466! )

Scenute (saitico figlio d i dio) ebbe a l concilio di Efeso, come accompagnatore di


=

Cirillo, "un ruolo eminente" (Lessico di teologia e storia della Chiesa). Prima di intra­
prendere la brillante carriera ecclesiastica, come di frequente accade, da ragazzo Scenute
allevò bestiame in Egitto. Presto entrò nel monastero Bianco dello zio Pgol, dove,
secondo il suo discepolo Visa, a furia di punizioni e digiuni, "la pelle gli si era incollata
alle ossa". Dal 383 divenne lui stesso priore del monastero Bianco di Atripe nella Tebaide,
un doppio monastero in cui vivevano 2200 monaci e 1 800 monache. Persino Johannes
Leipoldt, moderno biografo di Scenute che tanto spesso prende le sue difese, asserisce
che fu "più duro di un tiranno" e tormentò "pagani e peccatori" con instancabile e
"terribile violenza", un uomo "il cui pugno è svelto come la sua lingua . . . un vero eroe" .
Scenute il "grande abate", "profeta" e "apostolo" non si tirò indietro né dal macchinare
inganni alla luce del sole, né tantomeno dal commettere omicidi di propria mano. Sa­
peva molto meglio trattare i propri monaci come figli minori : una risata, un sorri so e
per decenni li bastonò selvaggiamente, occasionalmente uccidendone anche qualcuno.
Vi sa, nella sua biografia La vita di Scenute descrive ciò con una frase molto convincen­
te : " .. .la terra si sollevò e il sacrilego precipitò ancora vivo all ' inferno". 97
Nei gruppi teocratici i maltrattamenti erano abbastanza in voga. Si bastonava non
soltanto per rendere "migliore" e rafforzare la propria "autorità" ma, per così dire,
anche per purificare magicamente e allontanare il miasma nocivo. La punizione corpo­
rale era prevista già dal diritto sacerdotale ebraico, ma non bisognava superare i 40, e
in seguito i 39 colpi (il diritto egiziano prevedeva 1 00 colpi mentre il diritto greco,
secondo i casi, ammetteva sia 50 che 1 00 colpi). In epoca cristiana la punizione corpo­
rale mediante la "frusta", seppure mantenuta e praticata, era commisurata al ceto socia­
le ! Anche le penitenze ecclesiastiche prevedevano la flagellazione. Il 1 6° sinodo di
Toledo (693) emise un' ordinanza che prevedeva 1 00 frustate per coloro che, prove­
nienti dai ceti meno abbienti, avevano peccato di idolatria o di adulterio. Non soltanto
i laici meno abbienti , ma anche gli stessi monaci subirono, dal V fino al XIX secolo,
ogni sorta di punizioni corporal i ! In particolar modo nei monasteri , questa pratica fu in
auge per lungo tempo; ancora Jean Pau! scrive che "un novizio cattolico diventa mona­
co a furia di botte". 98
Scenute, alternando esaltazioni a profonde depressioni, aveva fissato per iscritto le
regole in ogni particolare, che trattava come fosse una questione di stato. Per Scenute
non si trattava tanto di far "rispettare le regole importanti per il monastero, quanto di
far valere i suoi diritti signorili". 99
Talvolta egl i riconobbe la barbarie della sua autorità; confessò che Dio non gli sug­
gerì mai di "condurre questa grande guerra", promettendo solennemente di lasciare i
peccatori al giudizio del cielo. Purtroppo questi slanci duravano poco. Scenute agì,
Scenute di A t ripe 1 39

presume Leipoldt, più duramente di quello che le regole monacali richiedessero. Ogni
infrazione doveva essere resa pubblica e le spacconate erano attese con impazienza ed
anzi erano incoraggiate . B astonava personalmente i fratelli che spesso si rotolavano a
terra dal dolore. Quando uno dei monaci morì per le torture inflittegli, Scenute cercò di
discolparsi in maniera sofisticata, anzi no, in maniera cristiana. Ma era ben consapevo­
le della sua "posizione e del suo carattere", (così il benedettino Engberding) - e il 7
abib l luglio divenne santo della chiesa copta. 100
=

La rozzezza di Scenute si manifestò anche nei confronti di coloro che per "diventare
puri", si mozzavano i genitali. La rigidità della clausura deve aver tuttavia impedito
rapporti sessuali o anche soltanto "atti impuri". Ai monaci era vietato persino parlare
insieme al buio e le monache non potevano vedere il proprio fratello, neanche sul letto
di morte ! Un guaritore asceta non poteva curare né una donna né il me_mbro di un
uomo. La lussuria crebbe, almeno nella fantasia, in modo così smisurato da comparire
nel libro dei peccati del monastero Bianco come ricorrente infrazione. Nonostante nel­
la chiesa regnasse un delirio di castità, coloro che senza scrupoli si tagliavano il pene
per "diventare puri", vennero banditi e il santo non ci mise molto a metterli alla porta.
"Mettili su un letto e portali in strada così come sono, bagnati nel sangue delle loro
ferite, .. .in modo da essere un (raccapricciante), esempio per tutti coloro che passano".
Ma del tutto impietoso non fu ; infatti, per salvare l ' anima di coloro che si erano muti­
lati, permise loro, senza per questo in alcun modo obbligarli, di non morire in prossimi­
tà del monastero Bianco: "se lo desideri per volontà di Dio, consegnali ai loro parenti
in modo che non muoiano vicino a noi . . . ". 1 0 1
L' abate si asteneva soltanto dal bastonare personalmente le monache, probabilmen­
te perché non voleva essere indotto in tentazione. Una sorta di inviato permanente, un
"anziano" assolveva presso le monache questo suo compito. La "madre" del monaste­
ro, la badessa, doveva presentare al "padre" tutte le infrazioni passibili di pena, sulle
quali lui decideva poi il numero delle frustate. Come in molti altri monasteri anche in
questi due è attestata la presenza di bambini, su cui però sappiamo soltanto che anche
per loro le pene corporali svolgevano "un ruolo di prim' ordine" ; "nel monastero B ian­
co i bambini godevano del diritto di essere abbondantemente picchiati". La loro condi­
zione miserabile nei monasteri cristiani, così come il destino che ancora oggi li attende
negli istituti cristiani, meriterebbe studi approfonditi ! 102
Una singolare epistola, tratta dal patrimonio letterario del monachesimo copto ci ri­
porta le modalità con cui Scenute faceva eseguire le punizioni corporali sulle monache:
"Theonoe, la figlia di Apa Hermef, di cui ci avete informato nel primo periodo, ha
commesso il gravissimo crimine di rubare : trenta bastonate.
La sorella di Apa Psyros, di cui ci avete informato nel primo periodo, ha portato via
di nascosto alcune cose : venti bastonate.
Sofia, la sorella del piccolo vecchio, di cui ci avete informato, ha replicato
1 40 La lotta per le sedi vescovili d ' Oriente

immotivatamente e contraddetto coloro che la istruiscono e (molti) altri e infine ha


dato al vecchio uno schiaffo sul viso o sulla testa: venti bastonate.
Genbiktor, sorella del piccolo Giovanni, di cui ci avete informato, non ha completa­
to i suoi esami: quindici bastonate.
Taese, la sorella del piccolo Pschai, di cui ci avete informato si è recata da Sansno
per amicizia e per voglie carnali: quindici bastonate.
Takiis, che si chiama Re becca, ha insegnato alla propria bocca a parlare con menzo­
gna e ambizione: venticinque frustate.
Sofia, la sorella di Zaccaria: dieci bastonate. Lo so io il perché.
Anche sua sorella A polla avrebbe meritato le bastonate. Ma per volere di Dio e per
la cura che le è dedicata, questa volta la perdoniamo, anche se per quell' atto illecito,
ma anche per le vesti che indossa con ambizione .. Sono certo che non le potrebbe
tollerare (le bastonate) perché è molto grassa . . .
Sofia, l a sorella d i Giuseppe: quindici bastonate . L o s o i o i l perché.
Sansno, la sorella di Apa Hello, dice: io insegno alle altre : quindici bastonate. A
volte corre verso la sua compagna piena di amicizia; a volte ha mentito con vanità del
passato, così da nuocere alla sua anima. Se l ' intero mondo non ha valore, figuriamoci
quanto possano valere un quadro, una scodella o un bicchierino per le quali ha mentito.
L' anziano le darà con le sue mani (cioè personalmente) tutto questo (le bastonate) sui
suoi piedi mentre la vecchia, Ta)Jon ed altre donne più anziane la terranno ferma. E
anche le vecchie . . . come abbiamo fatto anche noi all ' inizio, con un bastone le terranno
fermi i piedi finché lui non avrà finito di punirla. Quando verrà da noi, ci dovrà nomi­
nare coloro che, per qualche motivo, gli dovessero opporre resistenza e noi vi insegne­
remo come bisognerà comportarsi. Se volesse dargli più bastonate, bene; ciò che farà,
sarà giusto. Dovrà decidere lui se invece vorrà dargliene di meno. Se volesse espeller­
ne qualcuna, bene. Se invece il suo cuore sarà soddisfatto di alcune di voi e le vorrà
perdonare . . . bene. " 1 03
Di sovente la pena dell' espulsione era preceduta da carcere e torture (flagellazioni).
Il teologo Leipoldt giustifica queste ed altre mostruosità ! In sintesi dice : "Il successo è
evidente. Scenute ha salvato il suo monastero dai pericoli della crescita repentina e lo
ha tutelato così come ha potuto. Successivamente ci si era ormai abituati alla durezza
delle regole . . . " . 1 04

SAN S CENUTE COMBATTENTE DEI PAGANI: RAPINA, ROVINA E OMICIDIO

L' operato di Scenute non si limitò alle punizioni corporali, per quanto intenso e conti­
nuativo fosse. In Egitto, il suo terrore fu inti mamente connesso alla sconfi tta del
paganesimo. E questo accadeva proprio dove già Clemente di Alessandria trovava le
San Scenute combattente dei pagani 141

persone del loro culto "peggio delle scimmie" (v. I , 1 75 ss.), u n luogo i n cui, a partire
dalla fine del IV secolo la violenza è più accentuata che altrove. 1 05
Le campagne di sterminio furono quasi sempre condotte da abati o vescovi che
vedevano i magnifici templi pagani soltanto come focolai di infezione e come rocca­
forti di Satana. I più ripugnanti distruttori furono proprio i "porci dalle gonne nere",
che, come dicevano i greci, sembravano uomini ma vivevano come porci. Asceti, che
reprimendo ogni tipo di pulsione erano particolarmente inclini all ' aggressione e alla
distruzione, non disdegnando neanche di mandare in rovina l ' esistenza tragicomica di
ogni sorta di eccentrici che affollavano le loro fila. Già soltanto l ' origine dei più famosi
(santi) ha un valore esemplare: Scenute fu pastore, Macario contrabbandiere, Mosè
borseggiatore, Antonio un pessimo scolaro. I loro seguaci e compagni di fede avevano
scelto 'T anti-cultura" e guadagnarono la stima del mondo cristiano proprio perché
affrontarono "il diavolo come 'pugili professionisti "'(Brown). 1 06
Rivestiti di pelli attraversavano il paese, in orde esaltate, spesso saccheggiando templi,
bruciando e distruggendo opere d' arte grandiose che per loro non erano che immagini
pagane. Quando i funzionari statali cominciarono ad occuparsi meno della persecuzio­
ne dei pagani, furono i monaci a prenderne la direzione. Non mancavano mai di attac­
care un vecchio santuario, di ridurre in cenere sinagoghe e chiese eretiche o di trovare
il modo di impossessarsi di denaro. Frotte avide di bottino si appropriavano indebita­
mente di interi villaggi sospettati soltanto di miscredenza. L' imperatore Teodosio I osò
lamentare al vescovo Ambrogio che "gli stessi monaci commettono molti crimini",
bandendoli il 2 settembre 390 dalle città; ma già il 17 aprile 492 il bando venne revoca­
to. Forse si era rammentato di un passo sui monaci, scritto dal molto stimato Libanio, il
pagano illuminato, che si stupiva del fatto che i cristiani "possano mangiare come
elefanti e svuotare un considerevole numero di bicchieri" e che possano condurre una
vita che "abilmente celano sotto un finto pallore" (molti discorsi e più di 1 500 lettere
fanno di Libanio uno dei più documentati pensatori del passato). Nel 389 invia al suo
sovrano una lettera Pro Templis, in cui denuncia il fatto che un fiume in piena stava
giungendo per distruggere i templi causando al paese effetti disastrosi . "O Imperatore,
sebbene la tua legge sia ancora in vigore . . . assaltano i templi carichi di ceppi di legno o
armati di pietre o spade, o alcuni soltanto con le unghie e coi denti. E poi, come se
fossero beni abbandonati , demoliscono i tetti, abbattono i muri , distruggono le imma­
gini sacre e fracassano gli altari. Ai sacerdoti (pagani) non rimane che il silenzio o la
morte. Distrutto il primo tempio si affrettano a raggiungere il secondo e poi il terzo; e
a scherno della legge ammucchiano trofei su trofei.". 1 07
La distruzione dei templi necessitava di un permesso statale. In Siria nel 399 lo
sterminio viene legalmente autorizzato. Nello stesso anno in Occidente dove l ' aristo­
crazia romana ancora difendeva il vecchio culto, i templi erano ancora legalmente tute­
lati ; nel 407 però la costituzione promulgata sotto Stilicone confiscò tutti i templi pa-
1 42 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

gani nei pressi di Roma. In Oriente invece fu Teodosio II a decretare la definitiva chiu­
sura dei templi, l ' esorcismo e la distruzione del luogo. Tutto ciò doveva accadere senza
alzare alcun polverone (sine turba ac tumultu). Poiché le istituzioni, i funzionari, i sol­
dati spesso tolleravano il paganesimo più delle leggi emanate sotto pressione ecclesia­
stica; il clero si unì al popolo e senza alcuna autorizzazione si divertì a distruggere i
templi (antica "notte dei cristalli"). Come vuoi far credere il gesuita Grisar, si diressero
verso la "cristianizzazione" principalmente "grazie ai tumulti provocati dai pagani".
Soprattutto nelle province orientali, dove predominava il cristianesimo e la resistenza
pagana divenne soltanto, nel doppio senso del termine, "accademica" (Jones), già nella
seconda metà del IV secolo venivano distrutti sempre più templi e frequentemente mas­
se di fanatici si gettavano in modo sanguinario sui non cristiani. Si sa che sporadica­
mente ci furono tentativi di resistenza, ma non si sa nulla di preciso in proposito. J OR
Il terrore era, grazie a Scenute, già da tempo letterariamente annunciato.
Seguendo un modello già sperimentato, nei suoi scritti ricoprì di infamia e di vergo­
gna idoli e idolatri , gli adoratori di legno, pietre, "uccelli e coccodrilli, animali selvag­
gi e bestiame". Mise in ridicolo l ' accensione di luci e lo spargimento dell ' incenso,
rituali praticati tuttora dal cattolicesimo, ma con la differenza che i cattolici accendono
candele per un solo Dio (e per i santi) e non per gli "dèi" . Scenute si servì di una tattica
ancora oggi praticata nei circoli cattolici: davanti alle masse si esprimeva in modo rude
e grossolano per incitare ali ' odio e al fanati smo, mentre davanti a un pubblico più
altolocato esponeva invece con toni più colti e tentava, per quanto difficile gli risultas­
se, di avvincere i suoi avversari con Iafairness. "Così come Scenute non provava per i
pagani e i loro riti altro che scherno, esultava per la sanguinosa guerra di sterminio che
proprio in quegli anni la plebaglia conduceva contro l 'ultimo sacerdote ellenico. Elogiò
"regnanti e condottieri giusti" che abbattevano i templi e distruggevano le immagini
degli dèi pagani. Lo rallegrava che le statue fossero portate via e lo divertivano le
canzoni burlesche dei cristiani sui pagani e sui loro templi" (Leipoldt). 1 09
Al lora e in seguito Scenute, il "grande abate", nemico della scienza e degli elleni,
uno zelota cattolico, che elogiava a squarciagola tutti i potenti che distruggevano i
te mpii e le statue degli dèi - che dali' assassinio di Giuliano l ' Apostata in poi furono atti
"ali' ordine del giorno" (Funke) - devastò il paese. Alla testa di un esercito di asceti,
addestrati quasi militarmente, incitati e affamati quanto basta (carne, pesce, uova, for­
maggio, erano vietati ed era permesso un solo pasto al giorno a base di pane e acqua),
Scenute si introduceva nei templi, li saccheggiava e li demoliva, gettando le immagini
degli dèi nel N ilo. Tutto ciò che era pregiato o che prometteva guadagno, se lo portava
nel monastero. Poco prima di morire, presumibilmente all ' età di 1 1 8 anni, attaccò un
tempio nella Tebaide. Anche il teologo Leopoldt non potè fare a meno di definire
indiscutibilmente "profitto" di Scenute il fatto che "dopo il 450 nel l ' Egitto settentrio­
nale i vecchi dèi non furono più venerati". 1 1 0
San Scenute combattente dei pagani 1 43

Il santo più di una volta distrusse di propria mano templi della sua stessa patria.
"L' esempio di Cirillo, suo arcivescovo, lo autorizzò a raggiungere facilmente e como­
damente il successo", scrive Leipoldt a proposito dell' incendio appiccato da Scenute a
un santuario nei pressi di Atripe, o del tempio nel villaggio di Pneuit (Pleuit) . "I pagani
testimoni dei suoi atti non osarono opporre resistenza. Gli uni fuggirono come ' volpi
inseguite dai leoni ' . Gli altri si limitarono a implorarlo di ' avere rispetto per le nostre
città' , il che significa per i nostri templi ! Soltanto in pochi trovarono il coraggio di
minacciare Scenute : egli avrebbe potuto procedere legalmente solo se la ragione fosse
stata dalla sua parte. Di fatto, all' ultimo momento, anche le voci che si erano alzate tra
i perseguitati, per paura delle conseguenze, consigliarono la pace. Ma Scenute credette
di doverle ignorare. Egli si era prefisso il compito di completare l ' opera per il bene del
suo arei vescovo e dell ' autorità cristiana. Dai templi portò via ogni oggetto trasportabile,
lampade sacre, libri di magia, offerte, recipienti per il pane, oggetti di culto, i doni per
l ' ordinazione, persino le immagini sacre, tornando così al monastero con un ricco bot­
tino: forse non sensa motivo, più tardi, si rinfacciò a Scenute di essersi appropriato di
inestimabili tesori con la scusa di dover far fronte ai tempi di magra dei monaci. Questi
atti provocarono inevitabili e sgradevoli conseguenze. Quando un hegemon pagano si
recò ad Antinou, Scenute fu accusato dai sacerdoti del tempio saccheggiato. Ma essi si
sbagliarono credendo che i funzionari pagani sarebbero stati dalla loro parte : infatti
non consideravano che il popolo li esecrava e inoltre venerava Scenute. Ma il giorno
dell ' udienza Scenute non si presentò da solo ad Antinou : nella città affluì una tal massa
di cristiani, uomini e donne provenienti da ogni luogo del paese, da i mpedire quasi
l ' accesso ai sacerdoti pagani. Di ora in ora il loro numero crebbe e, poco prima che
iniziasse il dibattimento, la massa dei cristiani cominciò a gridare in coro: "Gesù ! Gesù !".
La furia del popolo sovrastò la voce del giudice, vanificando così il processo. Scenute
fu portato in trionfo nella cosiddetta "chiesa d ' acqua", dove tenne una violenta predica
contro i pagani". 1 1 1
Rapine, rovina, esaltazione popolare e salassi colpirono a morte soprattutto i ricchi
proprietari terrieri greci, la classe signorile che deteneva l' economia. 1 1 2
L' incendio del grande tempio di Panopolis liquidò così anche la ricca élite pagana.
L' abate per "ripulire" la zona e distruggere ogni oggetto diabolico legato al culto degli
dèi s ' introdusse anche nelle case degli altri notabili che non risparmiò di massacrare.
Una notte, ad Akhmin, Scenute si introdusse di nascosto nella casa di Gesio, che si
trovava fuori città, e distrusse, gettandoli nel fiume, i suoi "idoli". Gesio espose le sue
lamentele al governatore ma, come riporta la Vita di Scenute, "da quando Cristo gli
tolse i suoi beni, nessuno sentì più parlare di lui", una formula che evidentemente sta
ad indicare le azioni omicide del santo. Anche quando insieme ai suoi monaci, come
Scenute stesso ammise, fracassò ad Akhmin una statua pagana molto venerata, depre­
dò e incendiò la città, agli abitanti riservò lo stesso destino di Gesio, dicendo "dopo il
1 44 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

massacro le loro spoglie vennero gettate al vento e nessuno sentì più parlare di loro . . . " .
" U n carattere . . . duro, rude e irascibile m a anche irresistibile e avvincente" per il quale
aveva valore "soltanto la pratica" : "ubbidire a Dio ed eseguire il suo lavoro" (Lessico
di teologia e di storia della Chiesa). 1 1 3
Anche nella Patrologia di Altaner, un' opera altrettanto fondamentale per la teologia
cattolica, Scenute figura (con Imprimatur ecclesiastico del 1 978) come "il più energico
organizzatore del movimento monastico egiziano", "il più importante scrittore del cri­
stianesimo nazionale copto. Anche Ernst Stein acclama l ' abate il più straordinario in­
tellettuale del suo popolo, "l' eroe della letteratura copta", ma aggiunge anche che "la
sua attitudine rude che non lo faceva indietreggiare davanti a nulla, gli assassinii e gli
atti di violenza commessi di propria mano, il suo infimo livello intellettuale" ci forni­
scono "il parametro per poter misurare il grado di miseria della sua nazione". 1 1 4

LA CONTROVERSIA EUTICHIANA

Alcuni anni dopo la Formula di unione (433), questo enorme scandalo, Nestorio, or­
mai messo da parte, languiva nel deserto e i suoi avversari, l ' amico e traditore Giovan­
ni e san Cirillo non erano più in vita. L' opposizione perdurò, portando anche Alessan­
dria alla rovina. Nel V sec . la controversia monofisita lasciò il posto a quella ariana,
controversia che rese la frattura della chiesa e del cattolicesimo ancora più profonda.
Paradossalmente gli "eretici" monofisiti, i seguaci della "Mia-physis" non "professan­
do niente di diverso dalla cristologia cirillico-alessandrina", in sostanza si richiamava­
no a san Cirillo (così sostengono i gesuiti Grillmeier/Bacht) . In questo modo il padre
della chiesa venne a trovarsi nell ' immediata vici nanza della più popolare "eresia" del­
l ' Oriente ; se non, come ritengono alcuni studiosi, addirittura come suo eminente pro­
motore. 1 1 5
A Costantinopoli successero a Nestorio nel 43 1 la "nullità" Massimiano (supra p.
1 27), nel 434 l ' ambizioso Proclo che si candidò tre volte alla carica vescovi le e infine,
dopo la sua morte nel 446 gli successe l ' onesto ma debole Flaviano. Ad Antiochia nel
442, dopo la morte di Giovanni, seguendo la tradizione del nepotismo ecclesiastico, fu
nominato patriarca il nipote Do m no che si richiamava alla dottrina di Teodoreto, la cui
"ortodossia" era piuttosto vacillante, sebbene fosse il più eminente teologo della scuo­
la locale. Ad Alessandria, invece, dopo la morte di Cirillo, avvenuta il 27 giugno 444,
prese il potere Dioscoro che, seguendo una politica "ultra-cirillica", continuò la tradi­
zionale lotta di potere contro Costantinopoli: "dotato di un' ambizione senza ritegno
che rasentava la brutalità, era sorretto militarmente dal l ' imperatore e da orde di mona­
ci fanatici e combattivi" (Schwaiger) . I cattolici considerano quasi unani memente
Dioscoro come uno dei vescovi più sgradevoli di tutto il V secolo. Non a caso, infatti,
La controversia eutichiana 1 45

fu proprio Cirillo che gli accordò particolare fiducia nominandolo arcidiacono. En­
trambi erano fatti della stessa pasta. Del tutto conseguente fu infatti che Dioscoro,
subito dopo la morte di Cirillo, suo benefattore, confiscasse il suo patrimonio ed
estromettesse dal clero alcuni suoi parenti, incolpandolo di aver dissipato il tesoro ec­
clesiastico (supra p. 1 24 ss.). 1 1 6
Anche Dioscoro, come Cirillo, nella sua lotta contro Costantinopoli, attaccò sia il
patriarca della capitale che la teologia antiochena. Non avendo cercato un' alleanza con
Roma e credendo anzi di poter trionfare su di essa, Dioscoro si trovò al collo il cappio
che aveva predisposto per i suoi due avversari .
Due e m i nenti pers o n a l i tà di Costanti nopol i , l ' e u n u c o di c orte C r i s afi o e
l ' archimandrita Eutiche nella controversia si schierarono dalla parte del l ' alessandrino.
Crisafio, nel 44 1 , da quando riuscì a mandare in esilio l ' imperatrice Eudokia e al­
lontanare Pulcheria, sorella del l ' imperatore, fu di fatto colui che guidò la politica di
Teodosio Il. L' eminente eunuco era però acerrimo nemico di Flaviano, patriarca della
città. Cri safio, infatti, per riconoscenza al suo voto aveva ottenuto soltanto del pane
benedetto, dono inadeguato, visto che ripetutamente aveva dichiarato di essere affama­
to di oro . Il terzo era l ' archimandrita Eu ti che, abate di un grande monastero a
Costantinopoli, molto stimato in Oriente e padrino di battesimo dell' onnipotente eunuco.
L' illustre terzetto cercò di liquidare "l' Unione" del 433 e la allora vincente teologia
antiochena, eleggendo i "dodici Anatemati smi" di Cirillo ad asse portante della "vera
fede". In tutto questo, il patriarca Dioscoro di Alessandria avrebbe dovuto guadagnare
una posizione di vantaggio rispetto a Flaviano, patriarca di Costantinopoli. 1 1 7
La manovra fu iniziata dal vecchio abate Eutiche.
I cattolici lo ritraggono volentieri come un "idiota" teologico, dogmaticamente poco
preparato. Naturalmente sia gli uni che gli altri ne sapevano e ne sanno della questione
divina abbastanza poco; i primi sono più abili, furbi e senza scrupoli e le loro ragioni
non hanno niente a che fare con la logica o la rettitudine né tantomeno sono fondate su
conoscenze empiriche (in che modo poi ! ) ; ma in fondo nessuno dei due ha ragione. Di
"fondato" comunque non c ' è proprio nulla. Il tutto è sospeso in aria, una pura simula­
zione (un duello allo specchio) tra nomenclature, una "mera idea" ; per dirla con Kant,
"un mero brancolare, e ciò che peggio tra vuoti concetti". Che cosa c ' è di filosoficamente
più vergognoso della necessità di doverlo affermare? 1 1 8
La controversia eutichiana, che di lì a poco avrebbe scosso il mondo intero, per
Eutiche non fu altro che una messa in scena di un nuovo spettacolo teologico, respon­
sabile in prima istanza della rottura della tradizionale alleanza con Roma. 1 1 9
Eutiche, fattosi monaco da giovane, aveva la nomea di essere molto devoto pur
essendo sospettato di "eresia". Il papa Leone, che dapprima aveva lodato il suo fervo­
re, lo minacciò, se fosse "rimasto nel fango della sua stoltezza", di riservargli lo stesso
destino di coloro che lo avevano guidato verso "l' eresia". Eutiche, infatti, negava "la
1 46 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

consustanzialità delle due nature di Cristo", estremizzando a tal punto la dottrina della
scuola alessandrina che professava l ' unione della natura umana e divina, da giungere
ad una sorta di monofisismo che mescolava completamente le due nature. Questa va­
riante cristologica risaliva al vescovo Apollinare di Laodicea (morto dopo il 390) che
nella controversia sul l ' unione delle due nature del Signore metteva quella u mana in
secondo piano; teoria che al l ' epoca non condusse gli ortodossi alle barricate. Il teologo
Heinrich Kraft trova oggi confortante quanto "poco anche gli antichi ne capissero di
quelle cose per le quali si azzuffavano con tanta veemenza ! " . Una lunga serie di scritti
del vescovo "eretico" potrebbero, infatti, essere trascritti e diffusi nel l ' elenco dei padri
della chiesa "ortodossi". In realtà, ogni esperienza che si fonda sulla farsa di finzioni e
di idee strane, non è da prendere sul serio. In breve, il monofisismo nega la completez­
za della natura umana del Signore per salvaguardare l ' unitarietà della sua persona; gli
"eretici" moderati la negano dalla Resurrezione in poi, mentre i radicali la confutano
fin dall ' incarnazione, per poter dimostrare la differenza tra· la nostra natura u mana e
quella del Signore.
Nestorio fu probabilmente spinto a separare il divino e l ' umano in Cristo, a diversi­
ficare la personalità divina da quella umana; Eutiche invece professava che l ' u mano e
il divino sono un ' unità inseparabile e la natura umana si è dissolta in quella divina: cioè
"una natura dopo l ' unione", la formula della "Mia-physis" che Eutiche aveva preso
proprio da san Cirillo ! Tutta la dottrina di Eu ti che, sostiene Camelot, "si basa su un' in­
transigente fedeltà alle formulazioni di Cirillo, specialmente per la formula ' dell ' unica
natura"'. I monofisiti conferi vano al Cristo dopo l ' incarnazione una sola natura, quella
divina ( m ia kai mone physis). Eutiche confutò dunque la natura umana del Cristo e la
spiegava come una trasformazione divina, "una goccia di miele sciolta nel l ' acqua del
mare". Contro questa dottrina, insorsero nuovamente gli antiocheni, che nel 433 ave­
vano esibito durante "l' Unione" il loro voltafaccia. Il loro nuovo patriarca Domno,
nipote e successore di Giovanni, protestò presso l ' i mperatore per l ' eresia e le c alunnie
professate dal monaco Eutiche. 1 20
A questo punto intervenne il patriarca di Alessandria Dioscoro I ( 444-45 1 ) , succes­
sore di san Cirillo, che modestamente si faceva chiamare "Imperatore d' Egitto" e che
costrinse sì, i protetti del suo predecessore a restituire i beni accumulati da Cirillo, ma
tuttavia lui stesso non fece niente di diverso: fu a capo "di un governo del terrore,
discutibile anche da un punto di vista morale" (Ehrhard). Come Cirillo, a corte, ebbe
informatori e spie. E come Cirillo (e molti altri vescovi) per raggiungere i suoi obiettivi
politici impiegò proprio i monaci, strano a dirsi, proprio quella comunità cristiana che
era sorta per sfuggire ai giochi di potere ! Tutti gli originari "ideali" del cristianesimo,
furono presto ribaltati. Protetto dalle sue guardie del corpo, l ' arcivescovo D i oscoro,
venerato dai monofisiti come santo, regnò con la semplice violenza e in caso di biso­
gno supportato da sicari nella sua giurisdizione spirituale. Il suo stesso clero, tirannizzato
La controversia eutichiana 1 47

fino all ' inverosimile, alla fine lo accusò di voler regnare lui stesso sul paese, prenden­
do il posto dell ' imperatore Marciano. 1 2 1
Il patriarca, insieme a l suo collega antiocheno, si trovò ben presto coinvolto in una
sempre più violenta faida a carattere epistolare, che celava la tradizionale lotta per il
potere dei due patriarchi, tanto più che ora la sede vescovile di Costantinopoli era
occupata da un antiocheno, Flaviano. Lo storico della chiesa Teodoreto scrive per con­
to del patriarca antiocheno Domno, vescovo di Ciro, che "Dioscoro ci rimprovera della
carica vescovile di san Marco, pur sapendo che la grande città di Antiochia è il soglio
di san Pietro, il quale, oltre ad essere il primo e il maggiore degli apostoli, è stato anche
maestro di san Marco". 1 22
La protesta, che sollecitava la sua proclamazione a "santo" e che esortava "a battersi
coraggiosamente affinché i santi canoni non venissero calpestati", giunse fino all ' ar­
civescovo di Costantinopoli Flaviano. Ma Flaviano, uomo mite e piuttosto pauroso,
non si volle misurare con il potente monaco sovrintendente della sua parrocchia; non a
caso, infatti, la storiografia cristiana lo chiama con piacere "irenico", mentre i capi
della chiesa non meritano spesso tale appellativo. Eutiche se ne servì però "come un
servitore", così scrisse Nestorio, che dal l ' esilio osservava ancora con molta attenzione
il campo di battaglia. Anche Eusebio, vescovo di Dorileo (Frigia), intervenne contro
Eutiche, citandolo nel novembre del 448 dinanzi a un sinodo endemousa, cioè a carat­
tere locale; Eusebio era infatti una temuta testa calda che ovu nque sentiva odore di
"eresia" ; un uomo per il quale, come lamentava Flaviano, "nella sua foga di credente
persino il fuoco era troppo freddo" e che una volta accusò persino Nestorio. 1 23
Eutiche, ostacolato prima da un voto preso e poi dalla malattia, comparì accompa­
gnato da un branco di monaci, da militari e funzionari del prefetto delle guardie, sol­
tanto alla settima e ultima udienza del 22. Secondo il diritto ecclesiastico in vigore, il
mandato di comparizione doveva aver luogo per tre volte davanti a un tribunale sinodale.
L' uomo che asseriva di aver vissuto in una cella simile a una tomba, durante il processo
ostentò "un atteggiamento da eremita trasognato" che, per così dire per motivi profes­
sionali, "non poteva abbandonare la sua clausura", ma che "in realtà era implicato da
decenni nella politica ecclesiastica" : così caratterizza il gesuita B acht un comporta­
mento che mutatis mutandis è caratteristico di un numero infinito di padri della chiesa
di tutti i tempi. 1 24
Eutiche si appellò alla dottrina di sant' Attanasio e di san Cirillo e prese una posizio­
ne decisamente monofisita: sicuramente Cristo è un vero uomo, ma la sua carne non è
della stessa natura di quella dell ' uomo. Prima dell ' incarnazione Cristo aveva in sé
sicuramente due nature, ma non dopo. Al momento dell ' incarnazione le sue due nature
si sono innalzate fino a divenire una sola natura divina (monon physis) . Instancabil­
mente ripeté nel suo Confiteor: "Riconosco che nostro Signore prima del l ' Unione era
fatto di due nature, ma dopo l ' unione ne riconosco soltanto una" . Persino il papa Leone
1 48 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

I riconobbe di non trovare niente di "sbagliato" nella dottrina di Eutiche ! Sembrò dap­
prima schierarsi dalla parte di Eutiche, tanto più che il suo benevolo alleato era già in
lotta contro i nestoriani . Il patriarca Flaviano si fece allora coraggio e destituì Eutiche
come diffamatore di Cristo. Lo sollevò dalla carica ecclesiastica e da quella di abate, lo
bandì, e spedì gli atti del processo a Roma, firmati da trentadue vescovi e (successiva­
mente ! ) 23 archimandriti e abati. Mostrò davanti al papa Leone tutto "il peso del suo
lutto e delle lacrime" . Il papa dapprima non mostrò simpatia per Flaviano, anche per la
cronica diffidenza che i vescovi romani provavano per i loro colleghi di Costantinopoli;
Flaviano aveva, infatti, appositamente ritardato la spedizione degli atti per Roma. Nel
luglio del 449 anche papa Leone I condannò Eutiche e il suo "stolto e innaturale erro­
re". Avvertendo l ' odore di santificazione, apostrofò il quasi settantenne leader dei mo­
naci come "senex imperitus", "stultissimus", uomo talmente stupido da non conoscere
la scrittura né tantomeno l ' inizio del Credo ; lui, che fu acerrimo nemico dei nestoriani
in quanto sostenitore di Cirillo, tanto che Cirillo gli spedì un esemplare degli atti del
concilio di Efeso. 1 25
Il "lupo eretico" tuttavia non si arrese. Mandò lettere ovunque, ai vescovi di Ravenna,
Alessandria, Gerusalemme, Tessalonica, ai "difensori della religione". Soltanto l ' epi­
stola a papa Leone I è ancora conservata, in cui Eutiche espone il tutto con toni smus­
sati sostenendo che "persino io ero in pericolo di vita, se non fosse accorso immediata­
mente con l ' aiuto di Dio e invocato dalle preghiere di Vostra Santità (un intenzionale
malinteso) un aiuto militare, che non mi avesse sottratto dalla violenta ressa della ple­
baglia" ; e a questo allegò la sua professione di fede. Compose una sorta di florilegium
di citazioni di padri che condannavano il dualismo delle nature. Tentò di conquistare la
popolazione con affissioni , che però il patriarca Flaviano fece subito rimuovere. Eutiche
ebbe dalla sua l ' imperatore Teodosio II, di cui grazie all ' onnipotente eunuco Crisafio
era riusc ito a conquistare il favore. Con l ' imperatore e l ' arcivescovo alessandrino
Dioscoro riuscirono a indire il concilio imperiale ad Efeso, un'impresa che richiese un
enorme dispendio di energie. Il sovrano asserì nel suo discorso introduttivo del 30
marzo 449 che il concilio si prefiggeva il compito di rafforzare la vera fede. Inutilmen­
te Flaviano, pieno di cattivi presagi, ed ora legato a papa Leone I, a cui il 1 6 maggio
spedì l ' invito, cercò di ostacolare la pia assemblea. 1 26

IL SINODO DI EFESO DEL 449 O "SINODO DEI BRIGANTI"

Il si nodo imperiale convocato dali' imperatore il l agosto, con la partecipazione di 1 30


vescovi, si riunì soltanto 1 ' 8 agosto 449. Sede del concilio fu nuovamente la chiesa di
Maria, come nel 43 1 (supra p. 1 1 8 ss), luogo della vittoria di Cirillo. Per ordine i mpe­
riale presiedette l ' alessandrino Dioscoro, giunto con venti vescovi vassalli, pratic a già
Il sinodo di Efeso de/ 449 o "sinodo dei briganti " 1 49

lungamente sperimentata. Dioscoro, che aveva espresso simpatia e stima al pontefice,


dapprima intrattenne col papa Leone I rapporti amichevoli nella speranza di stringere il
legame tra Alessandria e Roma. Il 21 luglio 445 scrisse: "Essendo la grazia dello Spi­
rito con te e poiché nulla ti manca per essere perfetto, ci auguriamo che i tuoi primi
passi siano accompagnati da più convinzione". Ma quando la grazia dello Spirito andò
al diavolo, scherzosamente lo apostrofò come "nuovo faraone", appellativo che già
Cirillo aveva conquistato. L' unica natura di Cristo, la riabilitazione di Eutiche e la
vendetta per la sua espulsione avvenuta l ' anno precedente, la destituzione di Flaviano
e l ' estromissione di tutti i "nestoriani", era ormai cosa fatta. Due commissari imperiali,
Elpidio comes del santo concistoro e il tribuno Eulogio si presentarono al sinodo a
passo di marcia e, forti di un potente dispiegamento militare, sorvegliarono ogni cosa.
Teodoreto di Ciro, il più significativo e potente degli oppositori teologici, non ebbe il
permesso di comparire. I padri conciliari del sinodo "endemico" tenuto l ' autunno pre­
cedente, insieme ad altri vescovi (in tutto 42) non ebbero diritto di voto. Dioscoro
stesso comparve coi suoi monaci e le sue guardie del corpo travestite da infermieri
ma "pronte a ogni atto di violenza" (Caspar) . Per precauzione portò con sé anche
l ' archimandrita siriano B arsumas (Bar Sauma), noto antinestoriano, al quale uno scrit­
to dell ' imperatore autorizzò di assumere, in virtù del l ' ortodossia, la carica di rappre­
sentante degli abati orientali. Contro ogni regola B arsumas, amico di Eutiche ma che
non era neppure vescovo, ottenne il seggio e il diritto al voto. Entrambi furono accom­
pagnati da u n ' i mponente folla di monaci armati di bastoni - B arsumas da solo ne aveva
almeno un migliaio. Nelle diverse fasi del concilio l ' esercito dei monaci si dimostrò,
ad ogni modo, estremamente utile. 1 27
Senza dubbio molto meno utili furono i tre legati di Leone I, che non conoscendo il
greco dipendevano dalla traduzione del vescovo Florenzio di Sardi: il vescovo Giulio
di Pozzuoli, il diacono Baro, futuro papa, e il segretario Dulcizio; un quarto uomo, il
prelato Renato, il legato più autorevole, era morto durante il viaggio. Gli inviati di
Leone avevano portato con sé lettere destinate alle diverse autorità di Costantinopoli,
nonché all ' imperatore, che il papa cercò inutilmente di tenere lontano dal concilio. Tra
la posta di Leone c' era anche l ' Epistola dogmatica ad Flavianum, il così detto Tomus
Leonis, una spiegazione dogmatica che con parole dure riconfermava la distinzione
delle due nature nell ' i ncarnazione: "Unitarietà della persona" e "Dualità delle nature"
erano gli enunciati con cui il papa si scagliava contro il padre della chiesa Cirillo che
invece spesso parlava delle "due nature" antecedenti all ' incarnazione e del l ' "unica
natura" successiva ad essa, professando apertamente "l' unica natura del Logos incar­
nato" (mìa physis toy logoy sarkomene ), una dottrina giudicata "eretica" dal vescovo di
Roma Damaso nonché dal concilio di Costantinopoli del 38 1 . 1 28
Nestorio, che nell ' esilio lesse il Tomus di Leone, vide confermate le sue teorie. Il
Tomus, secondo una leggenda postuma, lasciato sulla tomba di san Pietro e miracolosa-
1 50 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

mente completato, nonostante condannasse l ' esistenza delle due nature in Cristo dopo
l ' incarnazione, al concilio non fu neppure menzionato. Dioscoro respinse da subito,
con l ' appoggio di Giovenale, l ' intervento dei legati papali . Si voleva vedere esiliato
chiunque parlasse delle "due nature di Cristo dopo l ' incarnazione" ; la dottrina di Nestorio
fu considerata peggio del diavolo e i conciliari erano tutti dalla parte di Dioscoro e di
Alessandria. Il padre conciliare gridò: "Cirillo è immortale ! Rimanga in vita Alessan­
dria la città degli ortodossi". "Oh tu, unico Dioscoro, tutto il mondo ha riconosciuto la
tua fede ! " . 1 29
Gli inviati di Leone non fecero decisamente una buona impressione. Dopo il loro
primo tentativo di intervento, accolto sicuramente non con benevolenza, non riusciro­
no più a prendere la parola. Giovenale in quella sede procedette come previsto, e quan­
do quattro quinti dei sinodali, 1 1 3 dei 1 40 partecipanti, certificarono l ' ortodossia della
dottrina di Eu ti che, il vescovo di Pozzuoli, Giulio, rimase senza parole. Inoltre, a causa
di una serie di equivoci, al momento del voto contro Flaviano anche i legati papali
votarono a favore ! Soltanto dopo la condanna di Flaviano, (e quella dello smanioso
Eusebio di Dorileo, un ex avvocato di Alessandria, emessa a forza di interruzioni sop­
pesate ad arte), Flaviano inoltrò una protesta contro la "legittimità" di Dioscoro ; anche
il legato Ilaro rischiò un rapido veto per aver lanciato al concilio un contradicitur;
questo fu il culmine della presenza della delegazione pontificia.
Il regno dello Spirito Santo prese un' insolita forma. Si levò un enorme chiasso e
confusione. Al cenno di Diocoro furono aperte le porte ai militari e irruppero i soldati
con le spade sguainate, le sue guardie del corpo, i cosiddetti parabalani, alessandrini,
monaci furiosi e una folla urlante. Le grida risuonarono per la grande chiesa di Maria:
"Sia bandito chiunque parli delle due nature di Cristo ! " , "Fuori Eusebio", "Bruciatelo,
portatelo finalmente al rogo ! Tagliatelo a pezzi ! " . A pezzi perché "divide la natura di
Cristo". Degno di nota fu il fatto che le "grida" e le "acclamazioni" dei padri conciliari,
come sostiene il francescano Goemans "quanto più furono unanimi e forti, tanto più
furono opera dello Spirito Santo". I vescovi si trovarono in un vicolo cieco, o meglio,
sotto gli scranni. L' abate B arsumas minacciò Flaviano, che voleva rifugiarsi sotto l ' al­
tare, gridando: "Picchiate Flaviano a morte ! " . L' arcivescovo di Costantinopoli, che in
seguito si sarebbe potuto appellare "alla sede del principe degli Apostoli" per mezzo di
una missiva segreta portata dal legato Ilaro scrisse: "La situazione impone che io faccia
appello alla vostra Santità (sanctitatem vestram)" e pregò che gli inviasse aiuti per "la
minaccia che la fede dei devoti padri stava subendo" . Per proteggersi, l ' arcivescovo di
Costantinopoli tentò dapprima di raggiungere l ' altare, ma probabilmente fu gettato a
terra dal vescovo Dioscoro e preso a calci. Nessuno dei sinodali, tantomeno i monaci,
presero le difese di Flaviano che morì pochi giorni dopo, per le ferite inflittegli, nel
viaggio che lo avrebbe dovuto portare in esilio a Ipaia in Lidia. Le circostanze e la data
della morte di Flaviano rimangono oscure. Persino i cattolici dubitano del suo ferimento,
Il sinodo di Efeso de/ 449 o "sinodo dei briganti " 151

ritenendo l a santa Pulcheria responsabile della morte d i Flaviano, come asserisce


Chadwick, visto che la sua morte le sarebbe tornata molto utile. Nel successivo conci­
lio di Calcedonia si disse che furono Dioscoro o B arsumas ad uccidere Flaviano. Forse
vittima di una santa, come sempre i padri conciliari proclamarono Flaviano santo e
martire, la cui festa fu fissata il 1 8 Febbraio. Nell' anno domini 1 984 Fritz van der Meer
scrive nella prefazione di Die alte Kirche: "I cristiani contemporanei trovano la chiesa
antica un paesaggio attraente perché vi vedono una chiesa indivisa seppur bilingue,
una chiesa unica, sicura di sé e intrepida, e pertanto persuasiva."
Intanto il legato papale, il diacono Ilaro, partì in fretta e furia lasciando ad Efeso
tutti i suoi bagagli, "omnibus suis"; arrivato a Roma, come ringraziamento del suo
miracoloso salvataggio, dedicò all ' apostolo Giovanni patrono di Efeso una cappella
che tutt' oggi si può ammirare nel Laterano: Liberatori suo beato Johanni evangelistae
Hilarius episcopus famulus Christi. 1 30
Anche Eusebio di Dorileo, destituito e tacciato di eresia, riuscì a fuggire e si rivolse
a Leone, "l' unico aiuto che oltre al Signore gli rimaneva" . 1 3 1
Il vescovo Teodoreto, anche lui estromesso ad Efeso, fece giungere a Roma tre let­
tere estremamente lusinghiere : un' epistola adulatoria allo stesso papa, una all ' arci­
diacono Ilaro, il successore di Leone, e una al presbitero Renato (supra p . 1 49) che nel
frattempo era morto, al quale chiedeva di "convincere il santissimo Arcivescovo (ro­
mano) di far uso del potere apostolico", lodandone "soprattutto" il santissimo seggio,
poiché esso "si mantenne (sempre) puro dalla puzza dell' eresia". 1 32
Il sinodo di Efeso fu il trionfo dei monofisiti e di Dioscoro che imperò sul concilio
con più fermezza di quanto Cirillo, suo predecessore, fece appena due decenni prima.
Dioscoro non ebbe più bisogno, come Cirillo, dell' appoggio del vescovo romano, defi­
nendone ancor più i limiti ora che, con l ' aiuto dell ' imperatore (che appoggiava le con­
clusioni del sin odo), divenne "di fatto signore della chiesa" (Aland). I 1 1 3 "padri"
presenti riconobbero Eutiche come ortodosso e lo riabilitarono, estromettendo Flaviano
e annullando l ' Unione del 433 . Papa Leone bandì però Dioscoro, pur non pronuncian­
do "alcun verdetto", e definì il concilio "una pazzia", "nonjudicium, sed latrocinium ; "

un "sinodo di briganti", un convegno che "perseguì, con la copertura della religione,


interessi privati (privatae causae)"; giudizio con cui concordò ogni singolo credente in
tutta la storia della chiesa. Furono destituiti non solo il patriarca di Costantinopoli e
l ' arcivescovo di Antiochia Domno II (442 - 449), ma anche Eusebio e il vescovo lbas
di Edessa, (riabilitato a Calcedoni a cento anni dopo, ma nuovamente destituito nel 5 5 3 ,
durante la "controversia dei tre capitoli"). In breve furono deposti e banditi tutti i pre­
lati antiocheni, compreso Teodoreto. I seggi delle più autorevoli chiese orientali furono
occupati dai sostenitori di Dioscoro, che anche Leone I, appoggiato soltanto da dieci
vescovi egiziani, scomunicò: un successo che Alessandria non riscosse mai. 1 33
Il papa inviò soltanto una missiva, del 1 3 ottobre 449, alla "indulgente maestà", al
! 52 La lotta per le sedi vescovili d ' Oriente

"cristiano e adorabile imperatore" Teodosio, prima di tutto sostenendo sfacciatamente


che tutto sarebbe andato diversamente se le sue direttive fossero state seguite. Se poi
non si fosse impedita la lettura della sua lettera al "santo sin odo", anche da lui definito
"sinodo di briganti", l ' esposizione della sua "fede genuina per la cui ispirazione rin­
graziamo il cielo e alla quale rimaniamo saldamente fedeli, avrebbe eliminato sia lo
stridore delle armi che l ' ignoranza teologica" - come se nella teologia ci fosse del l ' al­
tro ! - e "la gelosia clericale", che ancor oggi fiorisce, "non si sarebbe più potuta mani­
festare". Il papa rimproverò che "al momento del verdetto, non tutti i conciliari erano
presenti". Come già ad Efeso nel 43 1 (supra pag. 1 20 ss. ) ! "Ci è stato comunicato che
alcuni sono stati semplicemente non ammessi, altri invece introdotti illecitamente", e
probabilmente non si trattava neanche di vescovi, "i quali con mano fedele di schiavi
apposero arbitrariamente la loro blasfema firma, sapendo di essere spacciati se non si
fossero sottomessi al comando di Dioscoro". Come se nei concili cattolici le cose fos­
sero mai andate diversamente ! 1 34
Papa Leone insistette affinché "questo folle e falso verdetto, superiore ad ogni sacri­
legio, fosse annullato". Tali sono le connivenze degli stolti con i giochi del diavolo che
"prescrive loro un veleno quando questi avrebbero bisogno di una medicina". Papa
Leone ebbe un colpo al cuore e chiese all ' imperatore di indire un concilio "su terra
italiana", onde risolvere tutte le controversie e ristabilire l ' amore fraterno. Il romano
coraggiosamente voleva permettere l ' accesso a tutti i vescovi d ' Oriente per riportare
sulla retta via e guarire "con salutari medicine" coloro che avevano abbandonato la
vera fede. "Egli stesso peccò di testardaggine: se avesse avuto una prospettiva miglio­
re, l ' unità della Chiesa non si sarebbe dissolta". Indubbiamente doveva aver ingoiato il
veleno cattolico e allo stesso tempo si giocava la sua posizione. Entrambe le parti si
contendevano il primato, in quanto a corruzione e a sete di potere. 1 35
Per quanto il papa non approvasse gli esiti conciliari, pur valutandoli addirittura un
crimine e pur sentendosi mortalmente umiliato, non osò, né a titolo personale né indi­
cendo un sinodo, controbattere o tantomeno dichiarare nullo il verdetto di Efeso. Sa­
rebbe in ogni modo andato contro il diritto ecclesiastico imperiale e contro "il primato
giurisdizionale" del l ' intera chiesa. Quando in seguito spedì in Gallia una parte degli
atti del concilio di Calcedonia, l ' esemplare contenente le sententiae, non ebbe timore
di omettere i propri anatemi dal testo che enumerava le accuse del verdetto contro
Dioscoro: ma i vescovi occidentali non dovettero rendersi conto di questa enorme pos­
sibilità. 1 36
Certamente Leone non perse tempo per appellarsi all ' imperatore. Sempre più spes­
so scrisse: "Vi giuro", "non lasciatevi schiacciare dal peso di colpe altrui ! " , "Liberate
dai peccati la vostra devota coscienza" . Lo pregò "davanti alla Trinità . . . e ai santissimi
angeli di Cristo". Supplicò, insieme a tutti i suoi vescovi e alle sue diocesi, "la metà
dell ' impero". Si rivolse "in lacrime all ' indulgente maestà" . Lo apostrofò "il più cri-
Il si nodo di Efeso de/ 449 o "sinodo dei briganti " ! 53

stiano degli imperatori, venerato in ginocchio" . Scrisse anche a Flaviano, al clero, ai


monaci e ai cittadini di Costantinopoli, a vescovi in Oriente, in Italia e in Gallia. Esortò
tutti per la lotta del cattolicesimo. Si appoggiò in particolare a Pulcheria, la sorella
maggiore, bigotta e assetata di potere, del l ' imperatore, il quale invece era educato più
cristianamente di quanto non lo fosse lei stessa, tant'è vero che costei decise di abban­
donare il voto di castità convincendo anche l ' altra sorella a seguirla in questa decisio­
ne. Ma poiché "continuava a sostenere gli sforzi della Chiesa", il papa la pregò di
intervenire nella politica di Teodosio "in virtù della legazione assegnatale espressa­
mente dal beato Apostolo Pietro". Ma anche il diacono Ilaro così miracolosamente
scampato ad Efeso le allegò uno scritto. La (falsa) monaca era evidentemente conside­
rata a Roma la figura più autorevole della casa imperiale di Costantinopol i .
L o stesso reggente coprì le spalle a Dioscoro. Teodosio rimase insensibile anche
quando Leone "con parole piene di lacrime", come scrissero le dame di corte, e "così
pieno di tristezza che a mala pena riusciva ad esprimersi", cercò di far annullare il
verdetto del si nodo imperiale di Efeso scrivendo, in occasione della festa della Cathedra
Petri il 22 febbraio, quattro lettere indirizzate all ' imperatore Valentiniano III, a sua
madre Galla Placidia, alla moglie Licinia Eudossia, figlia di Teodosio II e alla sorella,
"mite maestà" della Roma d ' Oriente. Le epistole alla corte, e Leone in questo era stato
molto abile, traboccavano di devozione per il soglio romano, il più insigne di tutti; gli
imperiali furono più "papali" del papa stesso. Teodosio promise che non sarebbe inter­
ferito nelle vicende occidentali del "patriarca Leone", ma quanto al sinodo sostenne
che si trattava del "giudizio divino" e il suo verdetto non era altro che "la pura verità".
Flaviano "colpevole" di aver introdotto "dannose innovazioni", ricevette l ' adeguata
pena. "Da quando è stato allontanato, nella Chiesa regna pace e concordia . . . " Il succes­
sore del "beato Flaviano", Anatolio, , che non fu mai raggiunto dallo scritto consolatorio
di Leone, divenne una creatura di Dioscoro, il suo personale presbitero, apocrisiarius
(ambasciatore) di Alessandria a corte. Anatolio però, ad Antiochia, aveva posto alla più
alta carica religiosa il suo alleato Massimo. 1 3 7
Dioscoro, ora che poteva accingersi a dominare tutta la chiesa d' Oriente, cadde dal­
l ' alto del suo trionfo. Un semplice colpo di sfortuna portò ad un' inversione di rotta
nella politica ecclesiastica e imperiale.
Il 28 luglio 450, cadendo da cavallo durante una battuta di caccia, morì l ' imperatore
Teodosio II, testardo oppositore del papa e fino ali ' ultimo convinto monofisita. Teodosio
non aveva figli che potessero succedere al trono. Santa Pulcheria, sua devota sorel i a,
allontanata un tempo dalla scena politica da Crisafio, prese le redini dello stato e, come
primo atto del nuovo regime, non indugiò a far uccidere l ' onnipotente eunuco braccio
destro del patriarca alessandrino e a far prelevare Eutiche dal suo convento per inter­
narlo a Costantinopoli. Papa Leone vide così in questo "una considerevole crescita
della libertà dei cattolici in virtù della grazia divina" .
1 54 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

In pratica la situazione cambiò total mente solo quando, il 25 agosto, il generale


Marciano, sposo e coreggente (450-457 ) della cinquantunenne e ancora vergine santa
Pulcheria, da lui impalmata in agosto, fu reso l ' uomo più potente d ' Oriente dal
condottiero Aspar. L' uomo nuovo, "strettamente legato alla Chiesa" come Prospero
scrive, dichiarato oppositore dei monofisiti quasi più della volenterosa Pulcheria, pro­
pose più volte al papa un nuovo concilio "che servisse alla pace della religione cristia­
na e alla fede cattolica". Leone, con l ' i mperatore ora dalla sua parte, non aveva più
bisogno di un concilio. Dio lo aveva prescelto "per la difesa della fede", scrisse a
Marciano, implorandolo però in nome di Gesù Cri sto, di non mettere in discussione la
fede con un concilio. La salma di Flaviano venne dunque tumulata in pompa magna
nella cattedrale di Costantinopoli, l ' abate Eutiche venne scomunicato in un sinodo lo­
cale, il patriarca alessandrino Dioscoro, sino ad allora trionfante, venne accusato di
oltraggio alla santissima Tri nità, "eresia", profanazione di reliquie, furto, omicidio ecc . . .
Alessandria divenne nuovamente "teatro d i sanguinose lotte scaturite dali ' intolleran­
za" (Schultze). I vescovi subito voltarono come un sol uomo le spalle a Dioscoro, gli
addossarono tutte le colpe e sostennero di essere stati costretti con la forza. Anche
Anatol io (449-45 8), fatto da Dioscoro patriarca di Costantinopoli stavolta si umiliò,
sotto la pressione della venerabile "monaca", di fronte al pontefice, sacrificò il suo
mecenate Dioscoro e spedì a Roma una grande quantità di dichiarazioni di pentimento
del sinodo di Efeso, facendo però il doppio gioco. Il patriarca alessandrino Massimo,
raccogliendo prove per la condanna di Nestorio ed Eutiche, fece altrettanto. Persino
l ' arcidiacono personale di Dioscoro lo abbandonò e, come detto, divenne patriarca di
Alessandria. 1 3 x
Il patriarcato, che nella lotta per la chiesa orientale da tre generazioni passava di
trionfo in trionfo, aveva perso la sua posizione dominante; la sua sete di potere era la
causa del suo irrimediabile falli mento. Da questo momento in poi Costantinopoli , con
una diocesi formata da centinaia di prelati , fu capo incontrastato del l ' Oriente. Il pa­
triarca di Costantinopoli superò Alessandria ed Antiochia, ma anche il vescovo di Roma
che, dominando soltanto una parte dell' Italia e dell ' Il liria, aveva esteso la sua influen­
za in Oriente, anche se non tutto andò secondo i suoi desideri .

IL CONCILIO DI CALCEDONIA, OVVERO: "URLA DI DEVOZIONE"

Il 9 giugno 45 1 papa Leone chiese di nuovo all ' imperatore Marciano di posticipare
l ' apertura del concilio per i disordini causati dalla guerra. Marciano, nel frattempo,
aveva deciso altrimenti . Si giunse così al famoso IV concilio ecumenico, i cui effetti
perdurarono per secoli: un concilio non meno pilotato e, almeno a quanto si dice, al­
trettanto turbolento del precedente "sinodo di briganti".
Il concilio di Ca/cedonia 1 55

Come d ' uso era stato indetto dall ' imperatore, la cui lettera di convocazione a tutti i
metropoliti del 1 7 maggio 45 1 si apriva con la frase "le cose divine sono da anteporre
ad ogni altra questione". Il monarca, senza aver interpellato alcun vescovo o "papa",
cosa allora del tutto ovvia, aveva deciso data e luogo: prima Nicea, poi Calcedonia
(oggi : Kadikoy) sul Bosforo, di fronte a Costantinopoli. Del tutto ovvio fu l ' arrivo del
papa che non oppose alcuna obiezione, nonostante non avesse desiderato il sinodo, o
meglio, avesse espresso ripetutamente la sua disapprovazione, poiché in tempi di pace
avrebbe preferito tenere il concilio in Italia. Messo di fronte al fatto compiuto, il 26
giugno 45 1 , scrisse la sua epistola inaugurale alla congregazione dei vescovi: "Oppor­
tuna è la devota deliberazione della Signoria Vostra illustrissima che ci ha riuniti qui
per salvarci dalle insidie del diavolo e per la ricostituzione della pace della Chiesa sotto
la tutela del diritto e dell ' onore del beato apostolo Pietro, che con la sua lettera ci invita
a regalare al nostro presente un onorato sin odo. Ciò non lo permette né la mancanza di
tempo né una vecchia usanza; ma tra i fratelli . . . , inviati dalla sede apostolica, possa la
vostra fratellanza scegliermi come presidente del sinodo". 1 3 9
Giunsero dunque i legati di papa Leone: il vescovo Pascasino di Lilibeo (Marsala, in
Sicilia), suo rappresentante particolare, per il quale istituì la carica "vice apostolica";
Lucenzio di Ascoli, il prelato romano Bonifacio e lo scrivano e consigliere, esperto
nelle questioni orientali, Giuliano di Chio. L' epistola inaugurale del papa poté però
essere letta soltanto alla fine del concilio ! L' 8 ottobre 45 1 quando ci si riunì nella
basilica di Santa Eufemia, presiedevano al centro della navata non meno di diciotto
delegati imperiali, consoli, senatori e prefetti, e dall' alto del suo "palazzo divino",
l ' imperatore stesso intervenne diverse volte al concilio con autorità, e il 25 ottobre,
accompagnato dal l ' imperatrice lo presiedette lui stesso, approvando le conclusioni
conciliari in modo da renderle legittime. Pio XII, nella sua enciclica Sempiternus Rex
Christus del 1 95 1 , in occasione della 1 500esima ricorrenza dell' anno 45 1 , sostenne
che il concilio ecclesiastico si sarebbe riunito sotto la presidenza dei legati papali e che
tutti i padri conciliari avrebbero riconosciuto il primato di Roma. Questo è altrettanto
falso quanto l ' esternazione di Pio XI nella sua enciclica del 1 93 1 Lux veritatis, che
celebrò i 1 500 anni del Concilio di Efeso, (supra p. 1 1 8) ; per tacere delle falsificazioni
e testimonianze tendenziose nella circolare di papa Pacelli e di molte altre che rivendi­
cavano il primato della chiesa romana. 1 40
I teologi cattolici mentono dunque tutti , dal primo all ' ultimo, compreso il gesuita
Jakob Linden che con imprimatur ecclesiastico scrisse: "Generalmente tutti i concili
vennero presieduti dal papa o dai suoi legati". O ancora come scrissero, sempre con
imprimatur ecclesiastico, gli apologeti cattolici Koch e Siebengarten: "Non si è mai
tenuto una riunione ecclesiastica senza che il papa o i suoi ordinati la presiedessero" . Il
cattolico J . P. Kirsch (con imprimatur) : "Coloro che presiedevano al sinodo erano i
legati papali". Il cattolico Lessico di teologia e di storia della Chiesa riporta: "La pre-
! 56 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

sidenza fu tenuta da un legato papale". Non c ' è da meravigliarsi che già al tempo di
Calcedonia lo stesso legato Lucenzio sostenesse contro Dioscoro: "Ha osato indire un
si nodo senza l ' approvazione della Santa Sede, cosa mai accaduta perché mai permes­
sa". Così mentono al mondo i cattolici da due millenni (cfr. supra p. 57 ss.). 1 4 1
Papa Leone I, pur non avendolo ottenuto, rivendicò il diritto di aver presieduto il
concilio del 45 1 ! Chiese ali ' imperatore Marciano che Pascasino presiedesse il concilio
in sua vece, scrisse anche ai vescovi della remota Gallia che i suoi "fratelli presiedono
il sinodo orientale al mio posto". Questo fu loro concesso soltanto per un giorno ! Per­
sino il francescano olandese Monald Goemans sostiene che un lettore degli atti del
concilio "avrebbe potuto fraintendere l ' eminente ruolo dei commissari imperiali, rite­
nendo che il presidio del concilio fosse nelle loro mani", ma lui stesso in più punti
" " " "
asserisce che furono loro a "presidiare", a "presidiare" la 1 , 2 , 4 e s• ma anche 1 ' 8 e
" "
la 1 7 sessione. Alla 6 sessione del 25 ottobre, che solennemente convalidò la formula
di fede di Calcedonia, persino l ' imperatore e l ' imperatrice Pulcheria furono presenti .
Di fatto, i commissari imperiali ebbero il concilio nelle loro mani. Bisogna ringraziare
loro - e nessun altro - se il concilio fu salvato in ogni sua fase critica. 1 42
Sicuramente lo Spirito Santo si espresse attraverso le parole del legato imperiale,
ma come sempre fu dalla parte della chiesa romana. Se dovesse esprimersi diversa­
mente, sarebbe il diavolo a parlare (Ma perché lo Spirito S anto permetta che il diavolo
possa non solo parlare ma anche decidere a discapito della chiesa romana, oltretutto
col benestare di Roma, su concili ecumenici come quello di Costantinopoli del 3 8 1 e,
come vedremo tra breve, al concilio di Calcedonia, rimane un mistero dello Spirito
Santo).
Leone non voleva minimamente mettere in discussione il problema della fede. Di­
battiti e veri contrasti, tantopiù in ambito dogmatico, non sono mai piaciuti ai papi.
Nella lettera inaugurale il papa scrisse ai padri conciliari che non c ' era dubbio "su ciò
che desidero. Amatissimi fratelli sarà respinto ogni ardire di dibattere contro la fede
dataci da Dio, verrà fatta tacere la vanitosa miscredenza di chi sbaglia e sarà vietato
difendere ciò che non può essere difeso . . . ". Nel suo scritto del 20 luglio, promise ali ' im­
peratore Marciano che "nessun ricorso sarebbe riuscito a invalidare il processo ! " . 1 43
La presidenza del concilio non esaudì il desiderio del papa e tantomeno obbedì alle
sue disposizioni: nessuna discussione in merito di fede ! I commissari imperiali invece
"
insistettero esplicitamente affinché questo accadesse. Durante la 5 sessione del 22
ottobre, proprio quel credo che avrebbe dovuto essere formulato dal concilio, fu ricu­
sato con veemenza. I legati papali minacciarono di abbandonare il concilio e di indire
un concilio in Italia. L' imperatore mise i conciliari sotto pressione : o una nuova formu­
la di fede o il sinodo sarebbe stato spostato nel paese del papa. Si preferì optare per una
nuova formula di fede. I vescovi si rassegnarono ed elaborarono una nuova definizione
di fede che introdusse la dottrina di Leone. La nuova definizione non fu accettata, non
Il concilio di Ca/cedonia ! 57

perché si riconobbe il papa come autorità dottrinaria, ma perché si ritenne che il suo
Tomos coincidesse con la fede ortodossa. 1 44
Il concilio fu il trionfo del l ' ortodossia; con i suoi 600 vescovi fu uno dei più pompo­
si sinodi dell ' antichità. Il cardinale Hergenrother ritiene che vi fossero dai "520 ai 630
partecipanti". Gli atti conciliari che non riportano sempre le sessioni in ordine cronolo­
gico ma anzi le numerazioni risultano per lo più fuorvianti , contengono soltanto 452
firme. In realtà i padri presenti erano probabilmente "350 o al massimo 360" (il
a
francescano Goemans). Nella l sessione dell ' 8 ottobre fu accusato il patriarca Dioscoro,
a
nella 3 sessione del 1 3 ottobre fu deposto; la sua dottrina non fu tuttavia condannata !
Dioscoro che per precauzione non era più comparso, aveva da parte sua scomunicato il
papa. Il concilio lo privò della sede vescovile e di tutte le onorificenze spirituali, in
seguito; l ' imperatore lo avrebbe mandato in esilio, prima a Cizico, poi a Eraclea e
infine a Gangra in Paflagonia dove alcuni anni dopo morì. Un malfattore, per dirla in
breve: una tattica già usata contro Nestorio. Il concilio, per paura di rappresaglie, ap­
provò proprio quella formula che l ' imperatore Marciano, che presiedeva il concilio -
acclamato come "Nuovo Davide", "Nuovo Paolo", "Nuovo Costantino", "Prelato",
"Maestro della fede" -, il papa e il patriarca di Costantinopoli Anatolio auspicavano: la
dottrina duofisita, che divenne la base di tutte le teologie ortodosse, la greca, la cattoli­
ca e la protestante: un solo Cristo in due nature. 1 45
Come già al concilio di Nicea si era giunti alla professione di fede soltanto grazie
all ' intervento del l ' imperatore Costantino - non a caso Johannes Haller lo chiamò il
concilio di Costantino - così anche la formula elaborata a Calcedonia, "fu accettata
solo per intense azioni politiche: soltanto un minaccioso ultimatum del l ' imperatore
portò il sinodo ad approvare, come inequivocabile e definitiva, la formula che definiva
il rapporto tra la natura umana e divina del Cristo" (Kawerau). Persino Leone I rico­
nobbe all ' imperatore il merito di aver depennato dal sinodo la nuova "eresia": "grazie
al santissimo . . . zelo della vostra clemenza è stato eliminato il rovinoso errore . . . " . 1 46
Il sovrano rimase a lungo il simbolo del concilio e il metropolita nestoriano Elia di
Nisibi (975 - 1 049) non doveva avere torto quando nel suo libro Dimostrazione e verità
della fede scrisse che "l ' imperatore sosteneva che 'non bisogna né accettare le due
Persone della dottrina di Nestorio, né l ' unica Natura che professava Dioscoro e i suoi
seguaci, ma le due Nature in un' unica Persona' . Con la violenza l ' imperatore manten­
ne in vigore le sue parole, uccidendo con la spada chiunque osasse opporsi : 'i due mali
si equivalgono ! ' . . . La nostra gente . . . proclamava che la prospettiva dell ' imperatore era
riprovevole e rovinosa, e che non era veritiera; rimanendo legati alla vecchia fede orto­
dossa, per la quale niente andava cambiato, che non vi erano mai stati atti di violenza,
per la quale non erano ammesse mediazioni e donazioni, per la quale il denaro non era
mai stato sperperato . . . " 1 47
La maggioranza dei conciliari capì a malapena di che cosa si stesse trattando in
1 58 La lotta per le sedi vescovili d 'Oriente

ambito teologico. Un attestato clericale del sinodo di Antiochia (324/325) riportava


che la maggioranza dei vescovi non erano minimamente "competenti delle cose riguar­
danti la fede della chiesa", dato di fatto che ci mostra quale calibro intellettuale doves­
sero avere anche i partecipanti al concilio di Calcedonia ! Sembra che nel sinodo di
Efeso del 449, la maggioranza dei vescovi non sapesse neppure scrivere il proprio
nome, facendo apporre così la firma da altri. Anche al concilio di Calcedonia erano
presenti quaranta vescovi analfabeti . Persino il cattolico contemporaneo Haacke rileva
quanto basso fosse il livello "dell ' episcopato orientale" a quei tempi. Ma perché, il
livello del l ' episcopato occidentale era forse più alto? No, era notoriamente ancora più
basso ! 1 48
Probabilmente nessuno comprese la formula "delle due nature del Cristo". Una
differenziazione senza separazione, un' unione senza sovrapposizione ! Sicuramente un
grande mistero. Anche oggi sono pochi a comprenderlo e ciò si può evincere dalla
spiegazione del benedettino Haacke che paragona i monofisiti con i nazionalsocialisti :
"la sovrapposizione operata dai monofisiti era intesa come mescolanza, l ' interiorità
alterata in tal modo era invece intesa come un profondo essere interagente" ! Ma si
aveva bisogno di un Signore assolutamente divino ! E di uno assolutamente umano ! E
soprattutto di una sede vescovile ! 1 49
La lettura della Epistola dogmatica di Leone, chiamata in Oriente Tomos di Leone e
dalla storiografia copta, che segue una linea decisamente anti-alessandrina, "Tomos del
"
cattivo Leone", il l O ottobre, durante la 2 sessione, fu acclamata con entusiasmo: "Que­
sta è la fede del padre, dell' apostolo ! Tutti noi crediamo questo, gli ortodossi credono
questo ! Anatema a chi non crede questo ! Pietro ha parlato attraverso le parole di Leo­
ne ! Gli apostoli hanno insegnato così ! Leone ha insegnato con verità e devozione !
Cirillo ha insegnato così ! Ricordiamo Cirillo in eterno ! Cirillo e Leone hanno insegna­
to la stessa cosa ! Anatema a chi non crede questo ! " . Senza nemmeno riflettere fino alla
sessione successiva, che sarebbe stata tre giorni dopo, i nobili lottatori per la fede ac­
cettarono: "Nessuno di noi dubita, abbiamo già firmato", gridarono. Fu anche il trionfo
dell ' autorità papale, che per quattro secoli, fino ali ' 869/870, non ebbe più potere su
Costantinopoli e su nessun concilio "ecumenico". 1 50
La dogmatica cattolica e l ' apologetica non si fecero più sfuggire la formula "Pietro
ha parlato attraverso le parole di Leone ! " , tanto più che era stata pronunciata da vesco­
vi orientali. Tutte le volte che bisognava mettere sul tavolo "prove" storiche dell ' auto­
rità papale, la si serviva. Tuttavia, scrive il cattolico Schwaiger, teologo e storico della
chiesa, "uno studio attento degli atti conciliari ci mostra che tra i motivi del l ' approva­
zione del Tomos di Leone al concilio di Calcedonia, in nessun punto è menzionata
l ' incondizionata autorità dogmatica del papa. . . Una parte dei vescovi approvò eviden­
temente il Tomos Leonis soltanto per le pesanti pressioni del l ' imperatore". 1 5 1
L' "opera d' arte" leonina, oggi indubbiamente più adatta ad eliminare l ' insonnia che
Il concilio di Ca/cedonia ! 59

a dir poco i dubbi di fede, tanto per dare un' idea, segue questa linea: "La nascita dopo
la carne è la manifestazione della natura umana, ma una vergine che dà alla luce un
figlio è il segno della forza divina. L' essere bambino del piccolo si manifesta nella
bassezza della culla, la voce dell ' angelo invece annuncia la grandezza del Sommo . . .
Colui che l ' astuzia del diavolo induce i n tentazione è l o stesso che gli angeli adorano
come Dio. Patire la fame e la sete, stancarsi e dormire sono espressioni della natura
umana, ma nutrire 5000 bocche con soli cinque pani e offrire alla samaritana l ' acqua di
vita che toglie per sempre la sete a chi la beve, camminare sulle acque, calmare il
montare dei flutti sgridando la tempesta, sono indubbiamente espressioni della natura
divina. Così pure, tralasciando molte altre cose, non appartiene ad una stessa e unica
natura il piangere con amore disperato la morte di un amico, e questo stesso, che giac­
que quattro giorni nella tomba, risvegliare alla vita con un comando della sua voce;
oppure appeso alla croce, aver trasformato il giorno in notte e aver fatto tremare gli
elementi ; oppure essere trafitto dai chiodi e aprire le porte del paradiso al ladrone cre­
dente. Così pure non appartiene ad una stessa e unica natura dire: 'Io e il Padre siamo
uno' e 'Il Padre è più grande di me ' ." 1 5 2
Ben ruggito, Leone: lo si deve dire molto a fatica.
Non c'è da meravigliarsi che storici della chiesa con taglio critico, come Seeberg o
Harnack, abbiano giudicato pessimamente il Tomos leonino. Sorprendente è invece
che Erich Caspar lo giudicasse di "grande forza persuasiva" ; una "forza persusiva per
moltissime persone", questo è certo. Già, nel l ' intero mondo che cosa non sarebbe per­
suasivo per moltissime persone ! 1 53
Forse il tentativo papale, questa esaltazione spirituale penosamente stupida, permet­
te di spiegare qualcosa di inspiegabile, di afferrare qualcosa di inafferrabile, il cui mi­
glior commento è il consiglio che san Girolamo diede al prete Nepoziano contro le ma­
lelingue e gli oratori : "Lasciamo agli ignoranti il compito di circondarsi di parole vuote
e di attirare a sé, con la prontezza di parola, la meraviglia del volgo inesperto. Non è
rara l ' arroganza di voler spiegare ciò che non si comprende; e alla fine, se si è riusciti
a darla a bere ad alcuni, ci si crede degli illuminati . Non c ' è niente di più facile che
ingannare con un profluvio di parole il popolo incolto e un' adunanza di gente sempli­
ce; poiché quanto meno dotta è la comprensione, tanto più cresce la meraviglia". 1 54
Spiritualmente la maggior parte della splendida compagine conciliare - anche se
solo uno su dieci degli onorati ssimi signori non avesse saputo leggere né scrivere - era
certamente "una modesta adunanza" . In compenso però le loro malel ingue funzionava­
no spe<>so e volentieri . Infatti, non sempre i problemi dogmatici erano all ' ordine del
giorno e quando venivano sviscerati si poteva tacere per diverse ragioni . Vennero trat­
tati anche scandali e diverbi, come quello che coinvolse i vescovi Bassanio e Stefano di
Efeso. Ebbero luogo veri e propri tumulti e i padri guidati dallo Spirito Santo offrirono
un tale spettacolo che anche il cattolico Georg Schwaiger definì il IV concilio ecumenico
1 60 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

per molti aspetti paragonabile al "sinodo dei briganti" di Efeso ! Reinold Seeberg che
sostenne di aver avuto "una tutt' altro che piacevole impressione", asserì inoltre che il
sinodo di Calcedonia "non fu meno tempestoso del «sinodo dei briganti»"; Caspar
scrisse quasi letteralmente la stessa cosa. Dagli atti sinodali emerge chiaramente che i
conciliari affondarono nelle loro gazzarre e se lo stato non li avesse costretti ad accet­
tare il suo notorio procedimento processuale, si sarebbero arenati . 1 55
I commissari imperiali biasimarono le grida da "popolino" dei vescovi. I vescovi si
difesero asserendo: "Gridiamo per la devozione e per amore dell ' ortodossia" .
E mentre Dioscoro, la cui situazione fu, fin dal l ' inizio, così disperata da poter essere
paragonata a quella di Nestorio nel 43 1 ad Efeso, rimase comunque fedele a se stesso e
alla causa per la quale si era battuto, tutti i vescovi che soltanto due anni prima lo
avevano idolatrato, lo abbandonarono come un sol uomo. Già la sera della l sessione a

fu decisa, a lume di candela, la sua destituzione e senza scrupoli fu sacrificato. Mentre



era deposto in absentia il 1 3 ottobre, durante la 3 sessione, gli si gridò contro "Fuori
Dioscoro, assassino !", "eretico", seguace di Ori gene, diffamatore della santissima Tri­
nità, lussurioso, profanatore di reliquie, ladro, piromane, assassino, traditore di sua
maestà, ecc . . . 1 56
Quando comparve B arsumas, dichiarato nestoriano, si sollevò la stessa tempesta di
indignazione : "Fuori l ' assassino ! " Il vescovo di Cizico gridò "È lui che ha ucciso il
beato Flaviano. Era lì e gridava: colpitelo a morte ! " Altri vescovi gridarono: "B arsumas
ha mandato in rovina tutta la Siria." B arsumas non sembrò però impressionarsi. Ma
quando apparve lo storico della chiesa Teodoreto di Ciro, fedele amico di Nestorio e
acerrimo nemico di Cirillo, "innegabilmente una delle più grandi figure del tempo"
(Camelot), "una sorta di Agostino orientale" (Duchesne), padri provenienti dal l ' Egitto,
Palestina e Illiria riempirono la chiesa di grida assordanti : "Buttate fuori il giudeo,
l ' avversario di Dio, non chiamatelo vescovo". "È un eretico ! È un nestoriano ! Buttate
fuori l' eretico ! " Ma anche "l' Agostino orientale", il vescovo Teodoreto, il nemico di
Cirillo e l ' amico di Nestorio, alla fine lo tradì . Dapprima dichiarò : "Davanti a voi tutti vi
assicuro che non l ' ho fatto per ottenere una diocesi . . .". Ma anche per Teodoreto si trat­
tava proprio di questo. E quando lo si minacciò di processarlo di nuovo e di destituirlo,
dichiarò : "sia bandito Nestorio e sia bandito chiunque asserisca che la Santa Vergine
non sia Theotokos; e chiunque scinda in due l ' unico figlio . . . Detto questo, vi saluto ! " . 1 57
Detto questo, vi saluto !
Soltanto tredici vescovi egiziani che comparvero con Dioscoro si dissociarono. Essi
dichiararono Eutiche non colpevole e si rifiutarono testardamente di accettare la dottri­
na di Leone; "saremo uccisi, se lo facciamo saremo uccisi". Non furono d' aiuto né le
pressioni né le minacce; avrebbero voluto la proroga, almeno fino alla elezione del
nuovo patriarca, volevano rimanere con la fede dei loro padri ed avrebbero preferito
morire all ' istante piuttosto che essere lapidati al loro ritorno in Egitto. Grande fu il
Il 28° canone 161

pathos, i funzionari imperiali concessero infine l a proroga sino all ' assegnazione della
sede vescovi le alessandrina, nonostante le lamentele dei vescovi . La formula delle "due
nature" portò, in Egitto e Palestina, a violenti eccessi. 1 5 8

IL 28° CANONE

Ventisette canoni non rappresentavano per Roma alcun problema, (eccezion fatta per i
canoni 9 e 1 7 che potenziavano i diritti del patriarca di Costantinopoli); ma nella ses­
sione del 29 ottobre, il "28° canone" portò al "grande" papa Leone, vincitore dogmati­
co, e al papato una terribile batosta politica e di diritto ecclesiastico. Questo canone fu
la "causa del prossimo scisma . . . fino ai giorni nostri" (Dollger). 1 59
Il conclave vescovile si vendicò evidentemente del dogma imposto per mano del­
l' imperatore da Roma e decretò la supremazia del patriarca di Costantinopoli per l' Orien­
te. Con riferimento al 3 ° canone del concilio di Costantinopoli (38 1 ), che assegnava al
vescovo locale "il primato onorario" pur sempre "dopo il vescovo di Roma", il conci­
lio di Calcedonia riconobbe al patriarca di Costantinopoli, la nuova Roma, "gli stessi
diritti" del patriarca della vecchia Roma, come anche il diritto di ordinazione nelle
diocesi dell' Asia, del Ponto e della Tracia, e questo secondo una "consuetudinem quae
ex longo iam tempore permansit ". Ciò significa che al vescovo di Costantinopoli era
permesso di ordinare i metropoliti in queste diocesi. Così egli ottenne non solo un
primato onorario, ma anche la giurisdizione su un grande territorio in Oriente. Si certi­
ficò, si, il primato alla vecchia Roma, ma si assegnarono alla nuova Roma gli stessi
diritti. I legati papali probabilmente non preparati dal papa a risolvere questioni di
diritto costituzionale, avevano intenzionalmente evitato di essere presenti alla sessione
decisiva. Decisione poco saggia visto che nella sessione successiva protestarono con
veemenza. Dopo che i commissari invitarono a presentare i canoni su cui si precipita­
rono entrambi i partiti, Pascasino citò il 6° canone di Nicea nella sua versione falsifica­
ta da Roma. Questo canone porta il titolo De primatu ecclesiae Romanae in un testo
latino del 445 , tuttora conservato, e sentenzia in una frase "la Chiesa romana ha sempre
avuto il primato". Questa fu però un' interpolazione che, nella versione di Costantinopoli
dello stesso canone, manca. Il legato Lucenzio, vescovo di Ercolano, dubitava che le
firme fossero state apposte liberamente e sosteneva che i padri erano stati raggirati e
costretti con la forza a sottoscrivere. Ma più voci, se non proprio un coro, gli risposero:
"nessuno è stato costretto ! " . Singolarmente gli arcivescovi testimoniarono di aver sot­
toscritto liberamente e che non avevano obiezioni da fare alle decisioni. Gli ammini­
stratori con delega imperiale registrarono negli atti tutto correttamente, fecero votare e
dichiararono approvato il canone nonostante i voti contrari della delegazione romana.
"Quello che è stato esposto è stato approvato da tutto il sinodo".
1 62 La lotta per le sedi vesco vi/i d 'Oriente

Leone I era naturalmente d' accordo con tutte le decisioni prese dal concilio, ma
soltanto ed esclusivamente per quanto concerneva la fede, "in sola fidei causa". Il
romano non voleva però che ciò che era valido per la "vecchia Roma" fosse valido
anche per la "nuova Roma", la nuova città i mperiale. Come scrisse all ' imperatore,
mostrando la sua dolorosa sorpresa che veniva a minare nuovamente la pace ecclesia­
stica appena creata, le cose divine hanno diversi princìpi rispetto a quelle temporali,
"alia ratio est rerum saecularium, alia divinarum". In effetti, ciò corrispondeva al
principio definito nel sinodo di Antiochia (328-329) che lo status civile di un luogo
definisce anche il suo rango ecclesiastico. Di fronte all ' imperatore papa Leone si trat­
tenne, ma con altri , come la santa Pulcheria, Anatolio, Giuliano di Chio fece il diavolo
a quattro. Come riportarono i sinodali alla conclusione del concilio, "l' arcivescovo di
Roma", traboccante di sete di potere condannò con ira il desiderio di supremazia di
Costantinopoli, come: "sfrenata bramosia", "smisurato abuso di competenze", "pre­
sunzione sfacciata", "sfacciataggini mai udite"; un tentativo, come acutamente scrisse
al patriarca di Costantinopoli Anatolio, di " . . . distruggere i più sacri canoni. Hai saputo
sfruttare il momento più opportuno, avendo perso Alessandria il privilegio di essere la
seconda Chiesa d ' Oriente e Antiochia la terza. Avendo sottomesso questi luoghi alla
tua giurisdizione puoi ora derubare tutti i metropoliti della loro dignità" . 1 60
Con l ' appoggio imperiale il papato "alessandrino" aveva sconfitto Roma. Leone ora
evidentemente temeva un "papato" di Costantinopoli, capitale imperiale ; tantopiù che
ora in Occidente la capitale imperiale era Ravenna e non più Roma. Per questo motivo
Leone celebrò il concilio di Nicea come "privi legio divino" e irato denigrò il concilio
(ecumenico) di Costantinopoli del 38 1 accusando il patriarca di Costantinopoli Anatolio
di "bassa sete di potere"; il suo presentare quello scritto, "redatto sessanta anni prima
da un vescovo qualunque", un documento che nessuno dei suoi predecessori aveva
presentato all' attenzione del seggio apostolico, non lo aiutava affatto. "A questo scrit­
to, sin da principio nullo ed ora vieppiù privo di valore, vuoi tu ora costruire un soste­
gno inutile e tardivo per ottenere dai fratelli del sinodo di Calcedonia la sua approva­
zione . . . ". Mentre la chiesa greca si attenne generalmente al 28° canone, papa Leone, in
una lettera all ' imperatrice Pulcheria, dichiarò non valida la sua approvazione da parte
dei vescovi e la cassò "con assoluta determinazione, forte dell' autorità conferitagli
dall' apostolo Pietro" (in irritum mittimus et per auctoritatem beati Petri Apostoli, ge­
161
nerali prorsus definitione cassamus).
Persino il gesuita Alois Grillmeier ammette apertamente che il 28° canone fu molto
più oggetto d' attenzione per il papa che "la decisione dogmatica del sinodo". Ricono­
sce inoltre che Leone "si interessò poco o niente dei fatti relativi alla posizione della
chiesa in Oriente". 1 62
Questo papa si mostrò però esteriormente molto premuroso e disinteressato. "Rico­
nosco che l ' amore della comunità fraterna mi coinvolge a tal punto", scrisse al suo
Note 1 63

rivale a Costantinopoli, "che non mi permette di esaudire alcuna richiesta che possa
nuocere . . . ". Non soltanto in questo caso Leone I celò la sua colossale ambizione dietro
l ' amore fraterno per il prossimo. Quando in Gallia, per esempio, combatté sant' Ilario -
ancora una volta due santi che si combattono (infra p. 1 77 ss.) - egli inviò uno scritto
all' episcopato gallico: "Non vogliamo mantenere il diritto di procedere alle ordinazio­
ni, come falsamente sostiene Ilario, per lusingarvi, ma per tutelarle, per mezzo della
nostra sollecitudine, poiché un' innovazione in tal senso non vi darebbe la libertà, ma
offrirebbe ai presuntuosi l ' occasione di vanificare i vostri privilegi". 1 63
Ma chi era questo papa che accusava di presunzione, a volte a ragione, altri vescovi,
persino santi, quando lui stesso, sicuramente non a ragione, si servì di un linguaggio
così presuntuoso come nessun altro gerarca romano osò prima di lui? Ma chi era costui
che sembrava voler tutelare i privilegi degli altri vescovi appropriandosene ed inoltre
rivestendoli di tutto questo altruismo?

NOTE

1 Haller, Papsttum, I 1 62.


Steinmann, Hieronymus, 275 .
' Schneider, Christliche A ntike, 348.
4 Wetzer/Welte III 1 7 1 . Beck, Theologische Literatur, 93 s . Heer, Ohne Papsttum, 3 5 .
5 Socrate, Historia ecclesiastica, 7,7,4; 7, 1 1 ,4; 7, 1 3,9. d t v Lexikon der Antike, Religion I I 45 . Beck,
Theologische Literatur, 65 ss. Dannenbauer, Entstehung, I 242, 276, 393. Maier, Venvandlung, 1 54 s .
6 Kraft, Kirchenviiter Lekikon 489. B aur, Johannes Il, IO ss. S e e c k , Untergang, V 1 62. Stein, Vom
romischen, 370 s. Steinmann, Hieronymus, 238 s. Dannenbauer, Entstehung, I 276 s .
7 Socrate, Historia ecclesiastica, 5, l O s ; 6,2 1 . Sozomeno, Historia ecclesiastica, 7, 1 2; 8, l . LThK l . A . IX
60 1 , 2. A. IX 798. Baur, Johannes Il, 44 s s .
• Socrate, 6, 1 ; 6,7; Pal l adio, Dialogus d e vita S . Johannis Chrysostomi, 5 . Sozomeno, 8,2. Teodoreto,
Historia ecclesiastica, 5,27. Giildenpennig 84 ss. B aur, Johannes l, 1 67, II 1 2 ss, 1 77 ss. Caspar, Papsttum,
I 3 1 3 s. von Campenhau sen, Griechische Kirchenviiter. 1 43 s. B u ry, History, I 1 3 1 . Dannenbauer,
Entstehung, I 404. Chadw i c k , Die Kirche, 2 1 6 ss. A l a n d , Von Jesus, 249. Stockme ier, Joh annes
Chrysostomus, 1 25 ss, 1 30 ss.
9 Bou sset, Monchtum, l ss. Schmitz, Die Welt, 1 89 ss. Cramer l 03 ss. Beck, Theologische Literatur. 20 l .
Ti nnefeld 349 ss. van der Meer, A lte Kirche, 1 8 . Su l l ' ascesi monastica nel l ' antichità cfr. Deschner, Das
Kreuz, 80 ss.
1° Codex Theodosianus 1 2, 1 ,63; Codex Justinianus I O, 32, 26. Sozomeno 8,9,4 s . Stein, Vom romischen,
450. Ueding 672. B acht, Die Rolle, II 292 s, 307 ss. Su Harnack ibidem 3 1 0 s . cfr. anche nota preceden­
te. Beck, Theo/ogische Literatur, 64. Camelot, Ephesus, 1 80. Ti nnefeld 343 ss. Sul ruolo dei monaci
nello stato croato degli ustascia cfr. Deschner, Mit Gott, 223 ss, in part. 240 ss, 244 ss. Più recente e
dettagliato: Idem, Heilsgeschichte, II 2 1 0 ss, in part 233 s s . Vedi anche Idem, Die beleidigte Kirche.
1 64 La lotta per le sedi vescovi/i d 'Oriente

* L' autore fa riferimento al governo filonazista del croato Ante Pavelic durante i l secondo conflitto
mondiale ( 1 94 1 -45). In questo contesto operava monsignor Aloise Stepinac, arcivescovo d i Zagabria,
recentemente beatificato da Giovanni Paolo Il. Per conoscere meglio i fatti si veda M . A . Rive l l i , L 'Arci­
vescovo del genocidio, M i l ano 1 997. [ N . d . C . ]
11 Pal ladio, Dialogus de vita S. Johannis Chrysostomi, 6 s . Isidoro di Pelusio, Epistulae, 1 , 1 52. Teofilo di
Antiochia, Epistulae, 92. Socrate 6,7. Sozomeno, Historia ecclesiastica,8, 1 1 . Girolamo, Epistulae, 90;
96; 98; 1 00. Cfr. Anastasio I , Adversus Simplicium in Girolamo, Epistulae, 95. Wetzer/Welte VII 844 ss,
I I 1 77 ss. Kober, Deposition, 347. Gtildenpennig 1 45 ss. B aur, Johannes Il, 1 66 ss. Griitzmac her,
Hieronymus, III 49 ss. Stein, Vom romischen, 450. Knopfler 1 7 1 s. Stratmann III 1 62 ss. Haller, Papsttum,
I 1 03 s . von Campenhausen, Griechische Kirchenviiter, 1 45 ss. Beck, Theologische Literatur, 20 l s.
Steinmann, Hieronymus, 239, 262 s . Chadwick, Die Kirche, 2 1 5 s. Handbuch der Kirchengeschichte
III I 1 3 1 s . Ti nnefeld 346.
12 Steinmann, Hieronymus, 242 ss. con fonti ( i n Steinmann, nota 14 e 1 7b). cfr. anche nota precedente.
' -' "Neue Zeitung" 24 luglio 1 950. Cit. in Winter, Die Sowjetunion, 263. Leggermente diversa l a versione
riportata i n Spotts 2 1 3 . Deschner, Heilsgeschichte, I I 372 ss. cfr. anche "Kirchenzeitung ftir das Erzbistum
KO!n" del 1 8/21 1 95 1 .
14 Girolamo, Epistulae, 83 s ; 86 ss. Ad. Theophil. Ep. 94; 99. Liber interpretationis Hebraica rum nominum,
praef. De viris illustribus, 54. Fichti nger 1 1 6. Griitzmacher, Hieronymus, I I I 51 ss, 56 s. Baur, Johannes
Il, 1 76 s. Knopfler 1 72. Chadwick, Die Kirche, 2 1 5 s. Handbuch der Kirchengeschichte 111 1 1 28 ss.
" Al taner/S tuiber 322 s, 33 1 s.
16 Giovanni Crisostomo, Homiliae su Matteo, 6 1 ,3; Giovanni 47,5 ; 69,4; Lettera ai Tessalonicesi 1 1 ,3 s.
Socrate, Historia ecclesiastica, 6,4. Sozomeno, 8,3, 8,6; 8,9. Teodoreto, Historia ecclesiastica, 5 , 2 8 , 2 ;
5 , 2 9 . Pal ladio, Dialogus d e vita S . Johannis Chrysostomi, 8; 1 3 . Pseudo-C ipriano, D e singularitate
clericorum: A lph. Anton . , 5. Giildenpennig 1 39 ss. Sickenberger, Syneisaktentum, 44. Baur, Johannes l,
1 4 1 , II 53 ss, 1 34 ss, 1 42 ss, 1 6 1 ss. Mehnert 1 2, 17 s, 35 s. Caspar, Papsttum, I 3 1 3 s . Chadwick, Die
Kirche, 2 1 8 ss. Ti nnefeld 344 s . Deschner, Das Kreuz, 1 82. Stockmeier, Johannes Chrysostomus, 1 35 ss.
17 Sozomeno 8,9,4 s . Tinnefeld 344 s .
" Giovanni Crisostomo, Homiliae, 3,2; 7,2 Ad pop. An t. H o rn . 4,4 s . i n : V i d i dominum h o rn . 3 A t t i aposto­
li, ci tato in Gtildenpennig 85 s . B aur, Johannes Il, 37 s . cfr. anche Heilmann, Texte, I I I 39, I V 1 60 s s .
19 G iovanni Crisostomo, D e sacerdotio, 1 , 8 s : Homiliae, 22 i n Genesi . Ulteriori commenti a l l a lettera a i
Colossesi 3,5. Heil mann, Texte, IV 1 60 ss.
20 Girol amo, Epistulae, 5 1 , 1 ss; 82. Socrate 6,7; 6, 1 0. Sozomeno 8, 1 2; 8 , 1 4 ss; 8, 1 7, 1 . Palladio, Dialogus
de vita S. Johannis Chrysostomi, 6; 8 ; 1 6. Epifani o, Haereses, 64. LThK l . A . I I I 728 ss, 2. A . III 944 ss.
Altaner in RAC V 91 O. Giildenpennig 14 7. Stein, V om romischen, 37 1 s . B aur, Johannes Il, 1 85 ss, 1 94
ss, 280. Knopfler 1 72. von Campenhau sen, Griechische Kirchenviiter, 1 47 . B u ry, History, I 1 50 s .
Stratmann III 1 62 ss. Stei nmann, Hieronymus, 239, 263, 275 . Hamman, Hieronymus, 237. Chadwick,
Di e Kirche, 2 1 4 s , 220. Altaner/Stuiber 3 1 5 s s . Handbuch der Kirchengeschichte 111 1 , 1 29 s. Stoc k m eier,
Johannes Chrysostomus, 1 36 s. Gilbert M u rray cit. da van der Meer, A lte Kirche, I 7.
" Palladio, Dialogus d e vita S . Johannis Chrysostomi, 8. Socrate, Historia ecclesiastica, 6, 1 4 ss. Sozomeno
8, 1 4 ss. Gtildenpennig 1 50 ss. Baur, Johannes Il, 1 97 ss. Kirsch 54 1 . Chadwick, Die Kirche, 220. Tin n e feld
346 s . Woj towytsch 2 1 6 s .
22 Schneider, Sophienkirche, 77 ss. Beck, Theologische Literatur, ! 5 6 s. V. anche nota successiva. Stein m an n ,
Hieronymus, 276. Stockmeier, Johannes Chrysostomus, 1 38. Schneider, Olympias, i n : M a n n s 2 2 7 s .
23 Girolamo, Epistulae, 82, l s. Heilmann, Texte, III 355. Griitzmacher, Hieronymus, I I I 88 ss. Stei n m a n n ,
Hieronymus, 279 c o n riferi menti a l l e fonti. Cfr. anche Caspar, Papsttum, l 320, i n part. Nota 3.
24 Steinmann, ibidem. Cfr. anche Griitzmacher, ibidem.
" Steinmann, ibidem 280.
2" Pal ladio, Dialogus de vita S. Johannis Chrysostomi, c . 8 ss. Giovanni Crisostomo, Homiliae ante exilium;
Note 1 65

cum iret in exil. Socrate, Historia ecclesiastica, 6, 1 6 ss. Zosimo 5,23 s. Teodoreto, Historia ecclesiasti­
ca, 5,34,4 ss. Sozomeno 8, 1 5 ; 8, 1 8 ss. Giildenpennig 1 55 ss. Stein, Vom romischen, 372 ss. B aur, Johannes
II, 200 ss, 226 ss, 233 ss, 244 s, 258 ss. Caspar, Papsttum, I 320 s. Haacke, Rom, 37 ss. S tratmann I I I 1 62
ss. von Campenhausen , Griechische Kirchenvdter, 1 48 ss. B u ry, History, I 1 5 1 ss. Hal ler, Papsttum, I
1 04. Langenfeld 1 49. Gardner 492 ss. Tinnefeld 1 80, 345. Chadwick, Die Kirche, 220 ss. Stockmeier,
Johannes Chrysostomus, 1 36 ss. Woj towytsch 2 1 7 s. Holum 72 ss.
21 Palladio, Dialogus de vita S. Johannis Ch rysostomi, 9 s s ; 20. Sozomeno 8 ,24. Zos i m o 5,23,4 s .
Giildenpennig 1 63 ss. B aur, Johannes II, 262 ss, 344 ss. Haacke, Rom, 37 s s .
28 Pal ladio, Dialogus de vita S. Johannis Chrysostomi, c . 2 ; 4. Girolamo, Epistulae, 1 30, 1 6. I nnocenza l,
Epistulae, 1 2. Sozomeno, Historia ecclesiastica, 8,26, l ss. Baur, Johannes /, 333 ss, I I 254 ss, 277 ss.
Caspar, Papsttum, I 3 1 8 s. Dempf, Geistesgeschichte, 1 1 6. Haller, Papsttum, I l 04 s . Denzler, Das
Papsttum, 1 9 s. Handbuch der Kirchengeschichte 111 1 , 266 s. Woj towytsch 2 1 9 ss. Stockmeier, Johannes
Chrysostomus, 1 38.
29 Dempf, Geistesgeschichte, 1 1 4.
30 Giovanni Malalas, Cronografia, 1 5, 24. Zonaras, 1 3 ,22. Pauly 111 420. B aur, Johannes II, 8 s . Chadwick,
Die Kirche, 1 99 s. Elbern 1 30, 1 35 .
31 Cirillo di Alessandria, Epistulae, 75 s. Marcel l i no Comes, Chronik, 428. RAC I I I 500. B aur, Johannes
II, 379. B KV 1 935, I l . Chadwick, Die Kirche, 222.
32 Cirillo di Alessandria, Epistulae, l O ; 1 7. Hergenrother, Kirchengeschichte, 45 1 . Giildenpennig 224. Stein,
Vom romischen, 4 1 8. Schwartz, Cyril/, 3 s, 7. Ehrhard, Die griechische und die lateinische Kirche, 62 ss.
Caspar, Papsttum, I 463 . B KV 1 935, 86 s. Kirsch 549. De Vries, "Nestorianismus" l ss. Gross, Theodor,
l ss. Bihl meyerffiichle 278 s. von Campenhausen, Griechische Kirchenvdter, 1 5 3 s, 1 56. Kawerau, Alte
Kirche, 1 70 s. Dall mayr 1 48. Haller, Papsttum, I 1 06. Hamman, Kyrillos, 26 1 . Young 1 07 . Chadwick,
Die Kirche, 226 ss. Ritter, Charisma, 1 90. Aland, Von Jesus, 257 ss. Woj towytsch 283. Raddatz 1 67 ss.
·13 Socrate 7,29 ss. Wetzer/Welte VII 5 2 1 . LTh K l . A . VII 885 s . Grillmeier, Vorbereitung, 1 59. Dal lmayr
1 39. Camelot, Ephesus, 29 s. Al taner/Stuiber 336. Podskalsky, Nestorius, 2 1 5 .
34 Socrate 7 ,29; 7 ,3 1 . Marcellino Comes, Chronik, 428; 429. LThK 2. A. VII 885 s. Klauser, Gottesgebdrerin,
l 082 s. Hergenrother, Kirchengeschichte, 848. Giildenpennig 287 s. Seeck, Ulltergang, VI 1 99 s, 435 s .
Harnack, Lehrbuch der Dogmengeschichte, 4. A . I I 1 920, 355, c i t. i n Camelot, Ephesus, 30. Stein, Vom
romischen, 450. Kirsch 35 s. Podskalsky, Nestorius, 2 1 5 s.
35 Caspar, Papsttum, I 390. Seeberg, Dogmengeschichte, 220 s.
36 Heilmann, Texte, I 1 30, I I 88.
37 Attanasio, Orationes l adversus Arianos, c . 39; adversus Apoll. l , l O ; l , 1 2 . Hergenrother 4 1 0 s s , 447 s s .
Ehrhard , Urkirche, 220 ss, 230 s s . I d e m , D i e g riechische u n d lateinische Kirche, 56 s s . Hu nger,
Byzantinische Geisteswelt, 99 s. Maier, Die Verwandlung, 1 5 2 s. Brox, Kirchengeschichte, 1 87 ss.
38 Seeberg, Dogmengeschichte, 2 1 4 ss. Hal ler, Papsttum, l I l O.
39 Camelot, Ephesus, 39. Cfr. il consenso i n Bihl meyerffiichle 278 s, secondo cui i l comportamento di
Cirillo verso N es torio determinò "anche, dal 3 8 1 , la rivalità del patriarca di Alessandria nei confronti di
quello di Costantinopoli per i l primo posto i n Oriente".
4° Camelot, Ephesus, 40 s.
41 Ibidem I l
42 Ibidem.
43 Socrate, Historia ecclesiastica, 7 ,29; 7 ,32. ACO l , l , l , l O ss; I 2, 1 3 , 1 7 ss; I 4,5,22. Nestorio, ad. Caelest.
Ep. l ,2;3, l . RAC I I I 500. Kl auser, Gottesgebiirerin, l 082 ss, l 09 1 s. Altaner 293 s. Altaner/S tuiber 3 1 3
ss, 323. Hergenrother 449 s . Schwartz, Cyrill, 4 ss. Caspar, Papsttum, I 400. Loofs, Nestoriana, 22 ss, 35
ss, 43 ss, 237 ss, 252 ss. B K V 1 93 5 , 1 3 . Ehrhard, Die griechische und die lateinische Kirche, 62 ss. cfr.
anche Deschner, Hahn, 360 ss., 364 ss. von Campenhausen, Griechische Kirchenviiter, 1 58 s. Haller,
Papsttum, I l 08. Dannenbauer, Entstehung, I 279 s. B u ry, History, I, 35 1 s. Seeberg, Dogmengeschichte,
1 66 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

2 1 4, nota l e 22 1 ss. Dall mayr 1 3 8 s, 1 47 . Hamman, Kyrillos, 262 s. Camelot, Ephesus, ! 5 s, 32 ss, 43
ss. Ki.ihner, Gezeiten der Kirche, 1 1 37 s. Chadwick, Die Kirche, 228. Aland, Von Jesus, 258 ss. Gri l l meier,
Von der apostolischen Zeit, 642 ss, in part. 646 . Idem, Rezeption, 1 2 1 s. Tinnefeld 3 2 3 . Woj towytsch 284
s, 288.
44 Papa Siricio, Epistulae, 9 (interamente di Ambrogio). LThk 2 . A . I I 602 s. Gontard 1 1 6. H andbuch der
Kirchengeschichte I I/ l , 265 .
45 Luca, l :43 . Klauser, Gottesgebiirerin, 1 07 1 ss, 1 09 1 ss. Camelot, Ephesus, ! 5 s. Delius 97 s. Abramowski,
Die Synode, 356 ss.
46 Klauser, Gottesgebiirerin, l 09 1 ss. Vedi n che Idem, Rom, 1 20 ss.
47 Klau ser, Gottesgebiirerin, l 080.
48 ACO l l , l ,25 ss. Camelot, Ephesus, 225 s s . S ieben 2 1 2 s .
49 Ibidem.
5° Caspar, Papsttum, l 40 1 s . Camelot, Ephesus, 46 s . con riferi menti delle fonti. Cfr. Dall mayr 1 49 s s .
51 ACO l , 2, 1 2,20 ss; I 1 , 5 , 1 0 ss. Jouassard, Cyrill, 5 1 0. Aland, Von Jesus, 264. V . anche nota seguente.
52 Socrate 7,29. Cirillo di Alessandria, Epistulae, I l . JK 372 ss. ACO I 2,5 ss. Papa Celestino I , Epistulae,
I l ss. Collectio Casinensis 2, 8 1 . Altaner 243 . BKV 1 93 5 , 1 4 . Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 3 8 5 . dtv,
Lexikon der Antike, Philosophie 236. Klauser, Gottesgebiirerin, l 083 s. Loofs, Nestoriana, 1 83 , 297.
Stein, Vom romischen, 450 ss. Caspar, Papsttum, I 389, 393 ss. Seeck, Untergang, IV 297 ss, 437 s. von
Campenhausen, Griechische Kirchenviiter, ! 5 8 s . Camelot, Ephesus, 3 8 s, 45 ss. Haller, Papsttum, I I l i
s . M i rbt/Aland, Quellen n. 42 7, p . 2 1 1 . Chadwick, Die Kirche, 229. Ki.ihner, Gezeiten der Kirche, I 1 3 8 .
Ti nnefeld 345 . Woj towytsch 2 8 3 ss. Podskalsky, Nestorius, 2 1 6 s . Dallmayr 1 54 s s . Hamman, Kyrillos,
26 1 . Scipioni 1 66 ss. Schwaiger, Piipstlicher Primat.
53 AAS XXIII 1 93 1 , 483 ss. Liébaert I X 7 5 3 . Beck, Theologische Literature, 4 1 . Camelot, Konzil, 5 9 ss.
Idem, Ephesus, 50 s, 2 1 2 s. Schneemelcher, A ufsiitze, 3 7 3 . Brox, Kirchengeschichte, 1 69 ss.
54 ACO l , l , l , 1 1 4 ss. Caspar, Papsttum, I 40 l ss. Seeberg, Dogmengeschichte, I I 236 s. Camelot, Ephesus,
50 s.
55 Papa Celestino l , Epistulae, 1 9 ,2 (ACO I 2,25)
56 Rahner, Kirche und Staat, 2 1 5 .
57 Cirillo di Alessandria, Epistulae, 20. Hefele II 1 65 , cit. da Dallmayr 1 6 1 . Caspar, Papsttum, l 403 .
Bihl meyerffi.ichle 279. Camelot, Ephesus, 53 s, 5 7 . Dallmayr 1 6 1 , 1 68 .
' " Altaner/Stuiber 2 8 6 . Stein, Vom romischen, 4 5 0 s s . Caspar, Papsttum, I 402 ss. Camelot, Ephesus, 7 6 s .
B i h l meyerffi.ichle I 279. I l cattolico Kirsch parla del "seguito armato" di Nestorio. Del l ' arri vo di C i r i l l o
invece sottolinea i "circa 50 vescovi egiziani" c h e lo accompagnavano e il s u o i nvito a g l i alessandr i n i
" a l l a preghiera interiore", 5 5 2 .
59 C i r i l l o di Alessandria, Epistulae, 1 7 . A C O l , l ,2,3, ss. ( G l i a t t i dei concili lati n i ; ACO I 3,52 ss). J K 3 7 8 ,
Col i . Veron. 9 . Enchiridion Symbolorum col i . Denzi nger-Umberg 1 947, 1 1 3 s s . Papa Celest i n o I ,
Epistulae, ! 6 s s . Klauser, Gottesgebiirerin, 1 084 s s . Liébaert 7 5 3 s s . Altaner 244 ss, 293 . Altaner/Stuiber
284. Kraft, Kirchenviiter Lexicon, ! 5 8 . Stei n , Vom romischen, 452 ss. Schwartz, Cyrill, 12 ss, 2 8 , 4 9 .
Caspar, Papsttum, I 390,403 ss. B K V 1 93 5 , 1 5 . v o n Campenhausen, Griechische Kirchenviiter, 1 60 .
Winowska 6 2 . Ehrhard, D i e griechische u n d die lateinische Kirche, 65 ss. Haller, Papsttum, I 1 1 2 .
Camelot, Ephesus, 53 ss. Seeberg, Dogmengeschichte, II 237 s, in part . Nota 2. Ki.ihner, Gezeiten de r
Kirche, I 1 3 8 . Diesner, Der Untergang, 1 29 . Ktitting, Der abendliindischen Teilnehmer, 4 s. Schwai ger,
Piipstlicher Primat, 3 3 ss. Hamman, Kyrillos, 26 1 . Andresen, Die Kirchen der alten Christenheit, 3 8 7
s s . Gardner 5 0 0 s . Grillmeier, Vorbereitung, ! 60 ss. Handbuch d e r Kirchengeschichte l U I , 1 09 s . A l a n d ,
Von Jesus, 2 6 5 s . H o l u m 1 62 ss. Woj towytsch 2 8 9 ss.
60 Ciri llo di Alessandria, Epistulae, 24. Camelot, Ephesus, 57 ss. H andbuch der Kirchengeschichte I I/ l ,
1 09 .
61 Cirillo di Alessandria, Epistulae, 24.
Note 1 67

62
AAS 23, 1 93 1 , I O ss. 5 1 1 s . Camelot, Ephesus, 76 ss, 8 3 . Ehrhard, Die griechische und die /ateinische
Kirche, I 69.
63 ACO I 1 , 1 ,54. Camelot, Ephesus, 76 s.
"' Teodoreto di Ciro, Epistulae, 1 62 .
" Liber Heraclidis c . 1 95 . Caspar, Papsttum, I 408, 4 1 5 . Camelot, Ephesus, 5 5 . Palanque 3 2 . Schwaiger,
Piipstlicher Primat, 34 s . Woj towytsch 292 ss.
'"' Caspar, Papsttum, I 41 O s . Haller, Papsttum, I 1 1 3 ss. cfr. anche nota seguente.
67 Haller, Papsttum, I 1 1 3 . Schwaiger, Piipstlicher Primat, 3 3 ss.
•• ACO I l , 5 , 1 3 ss; 1 ,5 , 1 1 9 ss. Socrate, Historia ecclesiastica, 7, 34. Nestorio, Liber Heraclidis, 372.
LThK l . A. I X 243. Stein, Vom romischen, 435 s . Schwartz, Cyrill, 12 s . Ehrhard, Die griechische und
die lateinische Kirche, 67. Camelot, Ephesus, 62. Haller, Papsttum, I 1 1 2 s . Seeberg, Dogmengeschichte,
II 237. Kiihner, Gezeiten der Kirche, I 1 39 . Maier, Verwandlung, ! 56. Andresen, Die Kirchen der a/ten
Christenheit, 387 ss. Chadwick, Die Kirche, 23 1 s. Schwaiger, Piipstlicher Primat, 3 6 s. Gri l l meier, Von
der apostolischen Zeit, 642 ss. Aland, Von Jesus, 266. Dempf, Geistesgeschichte, 1 3 3 s. Holum 1 65 ss.
Handbuch der Kirchengeschichte 1 11 1 , 1 1 0 . Woj towytsch 29 1 .
•• Gli atti concil iari di questa seconda riunione ACO I l ,3,53 ss. Caspar, Papsttum, I 408 ss. Hal ler, Papsttum,
I 1 1 2 ss. Camelot, Ephesus, 53 ss. Schwaiger, Plipstlicher Primat 34 ss. Woj towytsch 292.
"' Vita s . Dalmati i . Altaner 243 . Altaner/S tuiber 284. Hergenrother 457 s. Caspar, Papsttum, I 408 s., 4 1 0
ss. Kirsch 554 s . B K V 1 93 5 , 1 2, 1 5 ss. Ehrhard, Die griechische und die lateinische Kirche, 6 7 s . Seeberg,
Dogmengeschichte, I I 2 3 8 . Camelot, Ephesus, 65 ss. Dempf, Geistesgeschichte, 1 3 3 s . Aland, Von Jesus,
266 ss. K. Rahner ci t. in Ritter, Charisma, 1 98 . Schwaiger, Piipstlicher Primat, 34. Gri l lmeier, Einleitung,
in Grillmeier/Bacht I 245 . Handbuch der Kirchengeschichte 1 11 1 , I l i .
71 ACO I 4,222 ss. Seeck, Untergang, VI 230 s, 444. Stein, Vom romischen, 454 s. Kidd I I I 259. Caspar,
Papsttum, I 4 1 2 s . Schwartz, Cyrill, 1 2 ss. BKV 1 93 5 , 1 7 . Ehrhard. Die griechische und die lateinische
Kirche, 7 1 , che sposta l ' atto d i donazione nel 433 e lo min i mizza come parte del l a "vittoria" di allora.
von Campenhausen, Griechische Kirchenviiter, 1 60 s . A l foldi, Romisches Kaiserreich, 239. Haller,
Papsttum, I 1 1 2 ss. Dannenbauer, Entstehung, I 280, 3 9 3 . Kiih ner, Gezeiten der Kirche, I 1 3 9 s. Maier,
Verwandlung, 1 5 6. Bury, History, I 3 5 3 s. Camelot, Ephesus, 66. Aland, Von Jesus, 266 ss. Chadwick,
Die Kirche, 232. Grill meier, Einleitung, i n Grillmeier/B acht I 245 . Woj towytsch 287.
72 Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, 5 , 1 8 , 1 2 ; 5,28, l O . S t e i n , Vom rom ischen, 4 5 7 . B auer,
Rechtgliiubigkeit, ! 56 s. B acht, Die Rolle, 203 .
73 Klauser, Gottesgebiirerin, 1 087 s, 1 095 ss. Schneider, Geistesgeschichte, I 239, II 1 1 6 . Dall mayr 1 3 1 ss.
M iltner ci t. i n R . Oster 24 ss. (cit. 29, nota 44) . Cfr. anche Deschner, Hahn, 365 ss.
74 Una versione interpolata del Liber Heraclidis si trovava i n un manoscritto siriano, che andò distrutto
durante la prima guerra mondiale i n Kurdistan. Il "libro di Eracl ide d i Damasco" fu pubbl icato da P.
Bedjan nel 1 9 1 O a Parigi; ed. francese di F. Nau; ed. inglese di G . R . Driver/L. Hodgson 1 92 5 . Cirillo di
Alessandria, Poiché Cristo è llllO, ACO I , 1 , 3 ; I 1 ,7,7 1 . Nestorio, Liber Heraclidis, 388. S ocrate 7,37, 1 9 .
Altaner 245 , 293 s . Altaner/S tuiber 286. Stein, Vom romischen, 450 s , 455 s s . Seeck, Untergang, V I 436.
Schwartz, Cyril/, 1 6 1 ss. Caspar, Papsttum, I 389, 4 1 3 s s . Ehrhard, Die griechische und die lateinische
Kirche, 68, 7 1 . von Campenhausen, Griechische Kirchenviiter, 1 62 . Hal ler, Papsttum, I 1 1 4 s. Jedin 26.
Seeberg, Dogmengeschichte, II 2 3 8 . Anastos 1 1 7 ss. Abramowski 259. Franzen 84. Kiihner, Gezeiten
der Kirche, I 1 39 s . Dall mayr 1 76 s . Camelot, Ephesus, 67. Gardner 502 s . Chadwick, Die Kirche, 232 s.
An ton, Se/bstverstiindnis, 70 s . Handbuch der Kirchengeschichte I l/ l , I l i . Podskalsky, Nestorius, 2 1 6,
22 1 s .
75 Papa Celestino I , Epistulae, 22,3 (M a n s i V 2 6 7 E); Epistulae, 23, l s ( M a n s i V 2 7 0 A B ) . Haller, Papsttum,
I 1 1 5 . U l lmann, Ge/asius l, 57 s i n riferimento a JK 386 (ACO I 2,89).
76 dtv Lexikon IV 2 1 9 . Caspar, Papsttum, I 4 1 0. B ihl meyer/Tiichle I 28 1 . Camelot, Ephesus, 68 ss, 8 1 .
Duchesne c it . ibidem Dallmayr 1 3 1 , 1 62 .
1 68 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

77 LThK l . A. I I I 7 1 1 s, 2. A. I I I 920 s. Dallmayr 1 86.


'" PG 77, 1 69 ss. ACO I l ,4,5 s s ; I 4, 1 8 ; I 4, 1 45 ss. Papa Celestino l, Epistulae, 22 ss. Wetzer/Wel te X ! 5 1
s . Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 3 8 5 . Altaner/S tuiber 284. Kirsch 5 5 6 ss. Ehrhard, Die griechische und
die lateinische Kirche, 69 ss. Seeberg, Dogmengeschichte, I I 238 ss. Haller, Papsttum. I 1 1 5 . Beck,
Theologische Literatur, 284. Camelot, Ephesus, 244 ss. Bihl meyer/Tiichle I 280. Dallmayr 1 8 1 . Handbuch
der Kirchengeschichte I II ! , 1 1 3 ss. Liébaert 754. Cfr. anche la nota seguente.
79 ACO I 1 , 1 ,7 ss; 1 5 ; I 1 ,4,25 s . Cirillo di Alessandria, Epistulae, 38. S i sto I I I , Epistulae, 6. Celestino I,
Epistulae, 4, l . Giovanni di Antiochia, epistulae ad Procl. Jouassard, Cyri l l 5 1 0. Kraft, Kirchenviiter
Lexikon, 289, 3 8 5 . LThK l . A. II 824 ss. dtv Lex ikon der Antike, Philosophie 236. Altaner 243 . Kiihner,
Lexikon 29. Wickham 558 s . Hergenriither 454. Lea I 620. Stein, Vom romischen, 456. M i ngana 9. Heft
297 ss. Harris I l O ss. Kirsch 670 s. Caspar, Papsttum, I 4 1 5 ss. Ehrhard, Die g riechische und die lateinische
Kirche, 72. von Campenhau sen, Griechische Kirchenviiter, 1 6 1 s. Dawson 1 39 . Gri l l meier/Bacht 5 .
Gross, Theodor l . S ieben 24 1 . Kawerau, Die nestorianische Patriarchate, 1 1 9 s s . Seeberg, Dogmen­
geschichte, II 2 1 7 ss, 239 ss. Abramowski 259. Danennbauer, Entstehung, I 280, 400. Oates 38. Franzen
84. C . D . G . Miiller, Stellung und Bedeutung, 227 ss. in pari. 233 ss. Camelot, Ephesus, 87 ss. Anastos,
Nestorius, 1 1 7 ss. B ihl meyer/Tiichle 28 1 . Dall mayr 1 82 . Kiihner, Gezeiten der Kirche, 1. 1 40. Chadwick,
Die Kirche, 232 ss. Aland, Von Jesus, 268, 284. Frend, Mission, 3 2 ss, i n part. 47 ss. Ti n nefeld 3 2 3 .
B e c k , Theologische Literatur, 2 8 4 . Woj towytsch 2 9 8 s.
80 ACO I 1 ,4,5EC I 5 ss. PG 77, 1 7 3 ss.
'1 Ibidem l l ,4, 7 ss. PG 77, 1 69 ss. Ehrhard, Die griechische un d di e lateinische Kirche, 7 1 .
" Grone 1 23 . Cfr. Abramowski 265 fa riferi mento a Devreesse riguardo alla d isputa pelagiana. Haller,
Papstgeschichte, l 1 07 . Seppelt/Liiffler 1 9. Seppelt/Schwaiger 37 s .
83 Schwartz, Cyri ll I l , 20 ss, 50 s.
" Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 1 5 7 . Ostrogorsky, Die Geschichte des byzantinisches Staates, 48 s . il cat­
tolico Camelot, Ephesus, 40, non riesce a vedere nel l ' ambizione di Cirillo nemmeno la minima intenzio­
ne "di imporre la superiorità di Alessandria su Costantinopoli".
85 Cirillo di Alessandria, Epistulae, 39. A ll 'imperatore, sulla vera fede, 5 s, 19 ss, 1 5 . Adversus nolentes
confiteri sanctam virginem esse deiparam (PG 76, 255 s s . ) l s; 6 s; IO ss; 1 8 ; 29 s. Poiché Cristo è uno
( B KV 1 93 5 , 1 1 4 ss, 1 42, 1 46, 1 86). Epistula 17 ( M igne 77, 1 05 ss. 3 Lettera a Nestorio). BKV 1 93 5 ,
Einleitung, 1 8 . Al taner/Stuiber 284.
86 Cirillo di Alessandria, A ll 'imperatore, sulla vera fede, 9 ; 1 2 ; 23. Poiché Cristo è uno, BKV 1 93 5 ,
1 3 3 , 1 5 6, 1 63 . Socrate, Historia ecclesiastica, 7 , 7 ; 7 , 2 9 . Codex Theodos ianus 1 6 ,5 ,65 . S a l m o 7, 1 3 .
Jouassard, Cyrill, 499 s , 508 s . Pau ly 4 1 1 . dtv Lexikon der Antike, Religion I I 1 2 1 . Kraft, Kirchenviiter
Lexikon, 1 54 s. Stein, Vom rdmischen, 4 1 3 , 4 1 8 . B K V 1 93 5 , Einleitung, 1 7 . Caspar, Papsttum, I 389.
ThieDF 294. von Campenhausen, Griechische Kirchenviiter, 1 5 6. Kawerau, A lte Kirche, 1 7 1 .
87 Epifanio , Haereses, 80, l ss. Teodoreto, Historia ecclesiastica, 4, 1 1 . LThK l . A . I 780 s , V I I 1 1 4 . Kraft,
Kirchenviiter Lexikon, 70. Hergenriither 396 s. Ti nnefeld 3 1 8 ss.
" Cirillo di Alessandria, Poiché Cristo è uno. Adversus nolentes confiteri sanctam virginem esse deiparam
(PG 76, 255 ss. ) l ; 6; I O s .
89 Jouassard, Cyrill, 5 0 3 , 5 0 8 . Hii mmeler 9 3 . Ho davanti u n ' edizione speciale d e l 42esimo - 1 4 1 esimo
migliaio. "L' imprimatur ecclesiastico è stato dato dal vicariato generale del l ' epi scopato di Colonia".
C fr. anche la prefazione: "in epoca di rivolgi menti" le "figure religiose del nostro tempo e del nostro
popolo . . . sono tenute i n particol are considerazione".
91' Cirillo di Alessandria, Contro gli a vversari del concetto di "madre di Dio ", I O; 1 5 ; 1 7 . Socrate 7, 1 3 s.
Codex Theodosianus 1 6,2,42 s . Jouassard, Cyrill, 506 s . Paul y I I I 4 1 1 . Giildenpennig 225 ss. Stein, Vom
romischen, 4 1 8 ss. Schneider, Das Friihchristentum, 1 5 . Idem, Geistesgeschichte, I 5 8 8 s. B KV 1 93 5 ,
1 79, 1 99 . Leipoldt, Antisemitismus, 1 6 . ThieDF 294 s. Daniei-Rops, Friihmittelalter, 1 85 . B u ry, History,
I 2 1 8 . Schopen, Judentum, 1 960, 1 1 3 . Kiih ner, Antisemitismus, 3 7 . Miil ler, Geschichte der Juden, 9 .
Note 1 69

Bell, Anti-semitism, 1 7 s. Rist, Hypatia, 223. 26 1 . Tinnefe1d 285 s, 3 1 0 s, 347.


91 Socrate, Historia ecclesiastica, 7 , 1 4. Filostorgio 8,9. S i nesio, Epistulae, IO; 1 5 ; 1 6 ; 33; 8 1 ; 1 24 ; 1 3 3 ;
1 36 s ; 1 54 ; 1 59 . Giildenpennig 2 2 8 s s . Seeck, Untergang, V I 76 s s . Stein, Vom romischen, 4 1 9 s . ThieDF
295 s. Schneider, Geistesgeschichte, I 6 1 3 . Idem, Die Christen, 322 s. von Campenhausen, Griechische
Kirchenviiter, 1 5 6. B u ry, History, l, 2 1 7 ss. Lacarrière 1 5 1 . Perfino Rist, Hypatia, 2 1 4 ss cerca di discol­
pare Cirillo: "Non c ' è ragione di implicare Cirillo nell ' omicidio stesso ... " senza però convincere. Tinnefeld
285 s. Von Haehling, ReligionszugehOrigkeit, 209 s . Hammond/Scullard 534.
92 Jouassard, Cyrill, 504 ss. Altaner/Stuiber 226. Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 459. Giildenpennig 233.
Hamman, Kyrillos, 26 1 . Tinnefeld 286.
93 Cirillo di A lessandria, A ll 'imperatore, sulla vera fede, 2 . Jouassard, Cyrill, 505
94 C i r i l l o d i A l essandria, A ll ' imperatore, su lla vera fede, 2. Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 1 60. von
Campenhause n , Griechische Kirchenviiter, 1 5 3 ss. C a m e l o t , Ephesus, 40. Pinay 3 3 0 . K ii h n e r,
Antisemitismus, 3 7 . L.S. Le N ai n de Til lemont, Memoires pour servir à l 'Histoire Ecclésiastique, XIV,
1 709, 54 1 . Cit. in Camelot, ibidem. Newman cit. in Dallamayr 1 48 . Dei l ibri contro Giuliano di Cirillo
ne sono rimasti solo diec i .
95 Geffcken cit. in Ti nnefeld 2 8 9 . Camelot, Ephesus, 40.
96 Cit. in Hamman, Kyrillos, 262.
97 LThK l . A . I X 243, 2 . A. I X 390 s . 45 1 . A ltaner/Stuiber 268. Zt:ickler 27 1 s . Leipoldt, Schenute, l s, 39
ss, 47 ss, 62 ss, 92 ss. Stein, Vom romischen, 447 s . Dannenbauer, Entstehung, I 1 55 . Lacarrière 1 5 3 ss.
•• 5 . Mos. 25,2 s ; 1 6. S inodo di Toledo c . 2 s. RAC I X 479 s, 485 ss. Jean Pau! i n "Wuz", Werke I V 1 7 .
Kober, Ziichtigung, 49. Von Hentig, Die Strafe, 3 8 1 , 387
99 Leipoldt, Schenute, 48 s, 5 1 .
1 00 Engberding LThK l . A . IX 243, 2 . A . I X 390 s. Leipoldt, Schenute, 5 1 , 1 40 ss.
101 Leipoldt ibidem 63, 1 45 ss.
1 02 Ibidem, 1 1 3 , 1 3 8 s .
1 0·1 Ibidem, 1 42 s .
1 04 Ibidem ! 5 7 .
1 05 LThK l . A . I X 243 , 2 . A. I X 390 s . Lacarrière 1 48 s. von H aehling, Damascius, 82 ss cit. 9 5 .
1 06 Libanio, Orationes, 30,8 ss; 30,54. Seeck, Untergang, V 220. B rown, Welten, 1 25 , 1 28 s.
1 07 Ambrogio, Epistulae, 4 1 ,27. Codex Theodosianus 1 6,3 , 1 s. Libanio, Pro templis, c . 3 . Eunapio, Vita
Aedes. dtv Lexikon der Antike, Philosophie III 59 s. Schultze, Geschichte, I 267 ss. Stein, Vom romischen,
3 2 1 s. Geffcken, Ausgang, 1 1 4 . Seeck, Untergang, V 220. Dannenbauer, Entstehung, I 1 66 . Vogt,
Niedergang Roms, 275. Lacarrière 1 5 2 .
1 08 Socrate, 3 , 2 . Codex Theodosianus 1 6, 1 0, 1 5 s; 1 6, 1 0,25. Sozomeno 7 , 1 5 , 3 ss; 7,20, 3 . RAC II 1 229s, IV
64. Grisar, Geschichte Roms, 22. Stein, Vom romischen, 3 2 1 . Voigt, Staat und Kirche, 3 7 . Jones, Social
background, 32 s . Wytzes, Kampf l .
1 09 Leipoldt, Schenute, 48 s, 5 1 .
1 10 RAC IV 82. Funke, Gotterbild, 8 1 2 con rif. a Socrate, Historia ecclesiastica, 3 , 1 5 ecc. Leipoldt, Schenute,
1 82. Stein, Vom romischen, 447 . Geffcken, Ausgang, 1 95 s. Lacarrière ! 5 8 ss.
111 Leipoldt, Schenute, 1 7 8 ss.
1 12 Cfr. soprattutto nota 1 1 3 .
1 13 LThK l . A. IX 243 . Zt:ickler 27 1 s. Stein, Vom romischen, 448 . Lacarrière 1 5 9 ss. B rown, Welten, 1 3 3 .
1 14 LTh K l . A. IX 243 . Altaner/Stuiber 268 . Stein, Vom romischen, 448 .
1 15 Hauck, Theologisches Fremdworterbuch, 1 07 . Gri l l me i er/B acht I 4 . Anche secondo Ehrhard, Die
griechische und die lateinische Kirche, 7 3 s, il monofisismo "non è altro che u n ' estrema cristologia
alessandrina".
1 16 Ehrhard, Die griechische und die lateinische Kirche, 74 s. Camelot, Ephesus, 94 ss, qui soprattutto sulla
teologia di Teodoreto. Schwaiger, Piipstliche Primat, 41 s . H andbuch der Kirchengeschichte 111 1 , 1 1 6 s .
1 70 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

1 11 Teofil o di Antiochia, a. m. 5940. Steeger X X X . Seeberg, Dogmengeschichte, II 255. Camelot, Ephesus,


9 1 ,98 s. Aland, Von Jesus, 268 ss. Chadwick, Die Kirche, 234 s.
1 18 Cfr. Camelot in LTh K 2. A. I I I 1 2 1 3 s. Kant, Kritik, 3 , 1 6 s. Ho affrontato nel dettaglio il problema di Dio
i n Agnostiker 1 1 7 ss. Camelot, Ephesus, 98. B i h l meyerffiichle 284. Handbuch der Kirchengeschichte,
I I/ 1 , 1 1 7 .
1 19 Gri l l meier, Vorbereitung, l 1 96 .
1 20 Teodoreto, Epistulae, 79 ss. Leone I , Epistulae, 2 0 ; 28 s ; 3 5 ; 88,2. Kraft, Kirchenvdter Lexikon, 42 s s ,
380 s . d t v Lexikon d e r Antike, Religion I 240. Grisar, Geschichte Roms, 5 1 3 . Steeger, XXVIII s. Caspar,
Papsttum, I 464 s, 48 1 s . Ehrhard, Die griechische und die lateinische Kirche, 74. Rahner, Leo l, 3 3 3 .
Camelot, Ephesus, 89 s, 98 s. Hunger, Byzantische Geisteswe/t, 99 s. Palanque 3 2 s . Chadwick, Die
Kirche, 235 s.
12 1 Mansi V I 1 0 1 6 ss. LThK 2. A . III 409 s . Stei n, Vom romischen, 460. Ehrhard, Die griechische und die
/ateinische Kirche, 75. Haller, Papsttum, I 1 28 ss. Dannenbauer, Entstehung, I 242, 3 9 3 . Maier, Die
Verwand/ung, 1 54. B acht, Die Rolle, II 202, 243 .
1 22 Teodoreto, Epistulae, 86. Kraft, Kirchenvdter Lexikon, 2 1 5 s, 480s. Caspar, Papsttum, I 466. Bacht, Di e
Rol/e, II 203 ss. Camelot, Ephesus, 94 ss.
1 23 ACO II 1 , 1 , 1 3 1 . Teodoreto, Epistulae, 85 s. Liber Heraclidis (ed. Nau) 294. LThK l . A. V I I I 650. Kraft,
Kirchenvdter Lexikon, 207 s. Seeck, Untergang, VI 208, 249 s�. 45 1 ss. Stein, Vom romischen, 46 1 .
Caspar, Papsttum, I 466 s . Ehrhard, Die griechische und die /ateinische Kirche, 74. Camelot, Ephesus,
99 s . B acht, Die Rol/e, I I 206 ss. Dallmayr 1 98 s.
1 24 ACO I I l , l , 1 24 ss. Steeger XXIX. B acht, Die Rolle, I I 206 ss. Camelot, Ephesus, 99 s.
1 25 ACO II 1 , 1 , 1 23 s s . Leone I, Epistulae, 2 1 ss; 28 s; 34 s. Flaviano: Migne PG 54,723 ss. LThK 2. A. IV
1 6 1 . S teeger XXIX. Stein, Vom romischen, 460 ss. Caspar, Papsttum, I 467 ss. Klinkenberg, Papsttum,
53 ss. Bach t, Die Rolle, II 206 ss. Ci t . 208 . Hal ler, Papsttum, l 1 29 s . Seeberg, Dogmengeschichte, II 255
s. Grill meier, Vorbereitung, 1 95 ss. Camelot, Ephesus, 98 ss, i n part. l 00 s. Chadw ick, Die Kirche, 236.
Aland, Von Jesus, 27 1 .
1 26 ACO 1 1 1 , 1 , 39 s; II 1 , 1 , 1 75 ; II 1 , 2,45 ss; II 4, 1 43 s; II 5 , 1 1 7 . Leone l, Epistulae, 2 1 ; 24 ad Theodosium;
26; 29. Kraft, Kirchenvdter Lexikon, 2 1 5 s. Steeger XXX. Caspar, Papsttum, l 267 ss. Stein ibidem.
Kli nkenberg, Papsttum, 56 ss. Bacht, Die Rolle, II 22 1 ss. Camelot, Ephesus, 1 0 1 ss. Handbuch der
Kirchengeschichte I I/ l , 1 1 8 . Woj towytsch 3 1 8 ss.
1 27 ACO II 1 , 1 ,69 ss. Mansi eone. Coli. Vl 605 ss. Leone l, Epistulae, 9; 1 20,2. LThK l . A. 1 989. Kober,
Deposition, 347. Stein, Vom romischen, 463 . Caspar, Papsttum, 1 457 ss, 483 ss. Ehrhard, Die griechische
und die lateinische Kirche, 7 5 . Honigmann, Origina/ Lists, 20 ss, i n part. 34 ss. Bacht, Die Rol/e, I I 23 1 .
Camelot, Ephesus, 1 07 , 1 1 7 s, 1 20. Haller, Papsttum, l 1 3 2 . B i h l meyerffiichle 284. Handbuch der
Kirchengeschichte I I/ l , 1 1 8 .
128
Cirillo di Alessandria, Epistulae, 40; 46,2. Leone l, Epistulae, 28 (Tomus ad Flavianum). Ancora in Ep.
29 s s . Rifiuto di Leone a partec ipare : Ep. 3 1 . LThK l . A . VIII 650. Steeger XXXI s . Caspar, Papsttum,
1 483 ss. Altaner 270. Camelot, Ephesus, 1 08 , 1 1 8 s . Chadwick, Die Kirche, 236.
1 29 Seeberg , Dogmengeschichte, I I 256 c o n fonti. Cfr. anche n o t a 1 30.
1 30 M ansi VI 905 ss. ACO I I I , I , I I I ; I I I ,2, 1 1 6; I I l , l , 1 9 1 ; I I l , 7 8 ; I l , 5 , 1 1 8 . N es torio, Liber Herac/idis,
494 s. Tito Prospero, Chronica, 448 . Cfr. la lettera di Ilario del 1 3/ 1 0/449 a Pulcheria Ep. 46. Leone l ,
Epistu/ae, 4 6 . LThK l . A . I V 29, V I I I 6 5 0 s. A ltaner/Stuiber 3 4 7 s . Lecky I I 1 60 s. Grisar, Geschichte
Roms, 3 1 3 s . S teeger XXXI ss. Stein, Vom romischen, 464, dubita che Flaviano sia morto i n seguito alla
ferita. Caspar, Papsttum, I 487 s. Haller, Papsttum, I 1 32 s . Ehrhard, Die griechische und die lateinische
Kirche, 75. Dieh1 980. Sellers 70 ss. Camelot, Ephesus, 1 09 ss, 1 1 7 ss. Chadwick, The exil, 1 6 ss. ldem,
Die Kirche, 236 s . Stratmann I V 27 s. Goemans 285. Gri l l meier, I ntroduzione a Gri llmeier/B acht 249 .
Andresen, Die Kirchen der alten Christenheit, 389 s. Handbuch der Kirchengeschichte I I/ l , 1 1 9 s. Aland,
Von Jesus, 272, 278 s. van der Meer, Alte Kirche, 8.
Note 171

131 ACO II, 2, 1 ,79 ss.


1 32 Teodoreto, Epistulae, 1 1 3 ; 1 1 6; 1 1 8 .
1 33 Mansi Conc. Coli. V I 1 009, 1 045 . Leone I , Epistulae, 44, 1 ; 45 ; 95,2. Secondo Fuchs, Handbuch der
Kirchengeschichte, 9 1 , 1 3 5 vescovi sottoscrissero "la scomunica d e l i ' ortodosso Flaviano". LThK l . A.
V I I I 6 5 0 s . Ehrhard, Die griechische u n d die lateinische Kirche, 7 6 . Caspar, Papsttum, I 1 24. Seeberg,
Dogmengeschichte, I I 256 s. B acht, Die Rolle, I I 227 ss. Haller, Papsttum, I 1 3 3 . Chadwick, Die Kirche,
2 3 7 . Aland, Von Jesus, 272 s.
1 34 Leone I, Epistulae, 44 (PL 54,827)
1 35 Ibidem Rahner, Kirche und Staat, 2 1 9.
1 36 Mansi Conc. Col i . VI 1 04 5 . Leone I, Epistulae, 1 03 . Cfr. Caspar, Papsttum I 492 ss, 497 ss, 525 nota 4,
527.
1 37 Mansi Conc. Coli. V I I 495 . Valentiniano a Teodosio. : Leone I , Epistulae, 5 5 . Galla Placidia a Teodosio:
Leone I , Epistulae, 56. Eudochia a Teodosio: Leone I , Epistulae, 5 7 . Leone I , Epistulae, 30 s ; 43 s ; 54 ss;
62 ss. Socrate 7,22. Teodoreto, Historia ecclesiastica, 5 , 3 6, 3 . Grisar, Geschichte Roms, 3 1 4 s. S teeger
XXXIV ss. Stein, Vom romischen, 4 1 7 , 464 . Kirsch 564 ss. Caspar, Papsttum, I 492 ss, 499 ss. Rahner,
Kirchenfreiheit, 1 85 . Klinkenberg, Papst Leo, 1 7 s. Idem, Papsttum, 63 ss. Camelot, Ephesus, 1 26 ss.
B acht, Die Rolle, 23 1 ss. B ury, History, I 2 1 4. Goemans 252 s. Haller, Papsttum, I 1 3 2 . Schwaiger,
Piipstliche Primat, 42 s. Aland, Von Jesus, 273 ss. Woj towytsch 327 ss.
1 38 Tito Prospero, Epit. Chron. a. 450. Leone I , Epistulae, 7 3 ; 7 5 ; 7 8 ; 80; 89 s . Procopio, De bello vandalico,
l ,4. Evagrio 2, l . Marcellino Comes ad a. 450. LThK 2. A . I 497 . d tv Lexikon der Antike, Geschichte I
1 5 2. Schultze, Geschichte, I 3 7 8 . Steeger XXXVIII ss. Stein, Vom romischen, 464 ss. Caspar, Papsttum,
I 502 ss. Klinkenberg, Papsttum, 74 ss. Idem, Papst Leo, 84 ss. Dannenbauer, Entstehung, I 282 s. B u ry,
History, I 236. Dall mayr 1 9 1 s. Rahner, Kirche und Staat, 2 1 5 . Camelot, Ephesus, 1 29 ss. Haller, Papsttum,
I 1 36. Chadwick, Die Kirche, 2 3 7 . Aland, Von Jesus, 273 s. Woj towytsch 329 ss.
1 39 Leone I , Ep. 9 3 . Caspar, Papsttum, I 509 s. Goemans 257 ss. Dallmayr 1 93 ss. Schwaiger, Piipstliche
Primat, 44.
1 40 Mansi Conc. Coli. V I 580 s (riunione de11 ' 8 ottobre). Leone I , Epistulae, 80; 83; 88 ss; 94. Pio X I , Lux
veritatis del 25 dicembre 1 93 1 , AAS 2 3 , 1 93 1 , 493 ss. Pio X I I , Sempiternus Rex de l i ' 8 settembre 1 95 1 ,
AAS 43, 1 95 1 , 625 ss. Caspar, Papsttum, I 504 ss, 509 ss. Steeger X L s . Goemans 257 ss, 262 ss.
Dannenbauer, Entstehung, I 282 s . Dall mayr 1 96. Una breve panoramica sullo "stato della ricerca" e
ottanta accurate pagine di fonti in Gri l l meier, Rezeption, 1 6 ss, 22 ss. Ortiz de Urbina, Das Symbol, 397.
Camelot, Ephesus, 1 3 2 ss, 1 46 ss, 1 5 2 ss. Diversamente B. Kotting, Die A bendliindische Teilnehmer, 7
ss. B i h l meyer/Tiichle I 285. Schwaiger, Piipstliche Primat, 4 3 s. Schneemelcher, Aufsiitze, 365 ss. Aland,
Von Jesus, 274 s.
141 ACO II l , l ,65 (cit. i n De Vries, Die Kollegialitiit, 86) LTh K l . A. I I 822. Koch!S iebengartner, Katholische
Apologetik, 1 3 4 . Kirsch 567. Linden 47.
1 42 Leone I, Epistulae, 89, 93, 1 03 ad episc. Gal l i aru m . Caspar, Papsttum, I 509. Schonmetzer I I 950 ss, in
part. 95 1 . Kirsch 567 ss. Dall mayr 236 s . Su Goemans v. nota 1 40.
1 43 Leone I , Ep. 93 s.
1 44 ACO II, l , 2,93 ss. Cfr. Schonmetzer, tavola cronologica 95 1 . Con le indicazioni delle fonti. Woj towytsch
336 ss.
1 45 Mansi Conc. Coli. VI 929, 93 1 , 985. Leone I , Epistulae, 1 02,2. Hergenrother 47 1 s . Grisar, Geschichte
Roms, 3 1 5 s . Stein, Vom romischen, 462 s, 467 . Caspar, Papsttum, I 5 1 5 . Ewig, Konigsgedanken, l i.
Klinkenberg , Papsttum, I 84 s. Miche!, Kaisermacht, 5. Seeberg, Dogmengeschichte, II 263 . Schonmetzer
950 ss. Dannenbauer, Entstehung, I 284. Maier, Verwandlung, 1 5 7 . Goemans 26 1 s. Chadwick, Die
Kirche, 237 ss. Schwaiger, Piipstliche Primat, 45.
1 46 Leone I , Ep. l 04. ACO I I 4,55. Hofmann, Kampf der Piipste, 1 7 s. Kawerau, A lte Kirche, 1 72 .
1 47 LTh K l. A . I I I 6 2 5 s. De Vries, Syrisch -nestorianische Haltung, 606. Ortiz de Urbina, D a s Symbol, I
1 72 La lotta per le sedi vescovi/i d ' Oriente

39 1 .
1 48 H arnack, Mission, I 75. Von Boehn 33. Haacke, Rom, 63 s. Lietzmann, Geschichte, III 1 02 .
1 49 Ortiz de Urbina, D a s Symbo/, 4 1 0. Haacke.
1 50 M ansi Conc. Col i . V I 553 ss, 580 ss, 972 s. ACO I I l ,2,69 ss i n part. l ,2,8 1 . Leone I , Epistulae, 94.
Steeger XLI s . Caspar, Papsttum, I S I I ss. Camelot, Ephesus, 1 4 1 ss, 1 48 ss. Cramer/B acht I I 320.
Dannenbauer, Entstehung, I 283 s . K l i n kenberg, Papsttum, 85. Schultze, Papstakklamationen, 2 1 1 ss.
Chadwick, Die Kirche, 240. Schwaiger, Papstliche Primat, 44 ss. Woj towytsch 1 3 , 336 ss.
151 Schwaiger, Ptipstliche Primat, 46 s.20
1 52 Leone I , Epistulae, 28 (Tomus ad Flavianum)
1 53 Harnack, Lehrbuch, 379 ss. Seeberg, Dogmengeschichte, (2. A . ) 239 s . v. anche Caspar, Papsttum, I 478
ss.
1 54 Girolamo, Epistula ad Nepot. 52,8
1 55 Caspar, Papsttum, I 5 1 2. Schonmetzer 95 1 . Seeberg, Dogmengeschichte, 259. Dallmayr 1 97 . Schwaiger,
Papstliche P rimar, 46.20
1 56 Caspar, Papsttum, I 5 1 2 s, 5 1 4 s . Dallmayr 236 s. Seeberg, Dogmengeschichte, 259, con fonti, v. anche
nota seguente.
1 57 ACO II, l , l ,6 ss. de Vries, Syrisch -nestorianische Haltung, 603. B acht, Die Rol/e, 238 s . Seeberg ,
Dogmengeschichte, 259, nota 4, 260. 94 s, 1 3 8 , 1 47, 1 7 1 ss. Duchesne, Histoire ancienne, II 394. Ci t i n
Camelot 9 4 s.
1 58 M ansi Conc. Col i . VII 49 ss. ACO I I l ,2, I l O ss. Evagrio, Historia ecclesiastica, 2,5 ss. Caspar, Papsttum,
I 5 1 6. B acht, Die Rolle, 2 5 5 . Seeberg, Dogmengeschichte, 260. Camelot, Ephesus, 1 47 .
1 59 DOiger, Byzanz, 82 s .
1 60 ACO II, 1 , 3 , 8 8 ss; I I 1 ,3 ,99. Mansi Conc. Col i . VII 452. Leone I, Epistulae, I 04 ss, 1 1 5 ss. Stein, Von
romischen, 469 s. Steeger XLIII s. Schwartz, Der sechste nikanische Kanon, 6 1 1 ss. Caspar, Papsttum,
I 5 1 8 ss, 527 ss. Martin, The twenty-eighth Canon, 433 ss, in part. 45 1 ss. Hofmann, Kampf der Papste,
1 5 ss. Dallmayr 2 3 8 . Camelot, Ephesus, 1 82 ss. M irbt/Aiand n. 456, p. 2 1 6 s. Schwaiger, Papstliche
Primat, 29 s, 47 ss. Woj towytsch ! 56 ss, in part. 1 62 , 3 3 9 ss.
161 Leone I, Epistulae, 1 05 , 3; 1 06, 1 ss. Kallis 59. Woj towytsch 1 67 ss, 343 s.
1 62 G ri l l meier, Rezeption, 1 28 ss.
1 63 Leone I , Epistulae, l 0,9; l 06
CAPITOLO V.

PAPA LEONE I
(440-461)

" . . . una personal ! tà autoritaria" . (Daniel-Rops) 1

" . . . fino a Leone I non sedette sul soglio di Pietro un vescovo


d ' importanza e grandezza storica". (Ferdinand Gregorovius) 2

"Egli ruggì e i cuori v i l i degli animali cominciarono a tremare".


(Dal l ' i scrizione tombale di Leone I posta nel 6 8 8 da Papa Sergio l ) 3

"Parafrasando i l suo nome è stato ricordato fino ai giorni nostri


come i l leone della stirpe giudaica, u n complimento che non meritava.
Piuttosto si s arebbe potuto paragonare ad una volpe". (Johannes Haller) 4

"Leone è il primo Papa paleocristiano ad avere


u n ' idea chiara e precisa del papato . . .
Partiva dal fatto che i l vescovo romano è i l successore del l ' apostolo Pietro.
D a ciò Leone trasse l a conclusione di possedere lo stesso potere
che Cristo conferì a l l ' apostolo".
( I l teologo cattolico Albert Ehrhard) 5

"Questa dottrin a dell a supremazia . . . Leone Magno


l ' ha trasmessa i n modo così eccellente
che è rimasta l a spina dorsale del papato fino ai giorni nostri " .
(Walter U l l mann) 6
1 74 Papa Leone I

Non si sa nulla della nascita, dei genitori e degli studi di Leone l. "The best that can be
suggested cannot be more than a guess" (Jalland). Gli autori cattolici più antichi gli
attribuiscono volentieri origini aristocratiche - nei casi incerti si preferiscono origini
"eretiche" piuttosto che "umili". Probabilmente Leone nacque verso la fine del IV se­
colo e la maggioranza dei manoscritti del "Liber Pontificalis" lo fa toscano. Volterra
soprattutto sostiene di essere la sua città natale. Nel 1 543, chiunque in quella città non
avesse festeggiato il giorno dedicato a Leone era ancora punito con una multa di 48
solidi ! 7
Tiro Prospero d' Aquitania, curiale sotto Leone, indica Roma come sua patria, e così
la definisce lo stesso Leone, cosa che del resto può avere anche altre interpretazioni.
Sicuro è soltanto che Leone già sotto i suoi predecessori, Celestino I e Sisto III, era
diacono del "soglio apostolico" e aveva una grande influenza. Lo stesso Cirillo di Ales­
sandria si disturbava per lui . E la reggente dell' Occidente, Galla Placidia, lo mandò in
Gallia nell' estate del 440 per acquietare le ostilità tra il condottiero Ezio e il governa­
tore Albino. Durante questa missione Leone l ' arcidiacono fu eletto papa e dopo il suo
ritorno, il 29 settembre 440, consacrato. 8

LEONE l RIVENDICA IL SUO PRIMATO - LA DEVOZIONE DEI LAICI

Questo papa divenne rilevante dal punto di vista storico per lo sviluppo che diede al
primato di Roma. Senza gran riguardo per la tradizione - ad eccezione degli ultimi
predecessori - e quindi con la più grande naturalezza, sistematicità e conseguenza,
rafforzò e ampliò i poteri papali .
Per fondarli e propagarli si servì soprattutto della dottrina di Pietro, che era g i à stata
divulgata in tutto l ' Occidente, inclusa l ' Africa. Leone però ne approfittò particolar­
mente spesso e la elevò coi pieni poteri papali (plenitudo potestas) alla "petrinologia",
non senza unirla ad elementi dell ' ideologia pagana di Roma e del l ' impero e ad un
"ceri moniale di corte" adeguato. Leone parla di Pietro ininterrottamente. A lui dedica
di continuo la sua attenzione. Poi paragona i vescovi di Roma a Pietro. Li fa "partecipi"
dell' onore di Pietro, poi suoi "eredi". Anche il concetto di "rappresentante" di Pietro
nasce in questo periodo. E per mezzo del concetto di "rappresentante" e di- "erede",
Leone si identifica con Pietro anche giuridicamente e reclama tutti i suoi presunti pieni
poteri . Con ogni tipo di arte esegetica paragona lo stesso Pietro, "la tromba degli apo­
stoli", a Gesù, lo rende partecipe del potere di Dio e di conseguenza ne fa partecipe il
papa. Tutto è in "immutabile partecipazione". Poiché per bocca del papa parla Pietro,
chi ascolta il papa ascolta Pietro, ascolta Cristo, ascolta Dio ! "Se noi dunque caliamo
nelle vostre sante orecchie le nostre esortazioni, allora credete che a parlare è Quello
stesso di cui noi siamo vicari (cuius vice fungimur)", dice.
Leone I rivendica il suo p rimato 1 75

Se per Cipriano Pietro aveva un primato soltanto inter pares, adesso Leone innalza
Pietro su tutti. Di continuo pone l ' accento sulla supremazia di Pietro, sul diritto dei
papi di essere guida, su Roma come seggio di tutti i seggi - la sede apostolica, la testa
della chiesa, piegando così la tradizione, accrescendo e avanzando pretese anche del
tutto nuove; a tale scopo si serve perfino di Valentiniano e delle dame della casa impe­
riale, cui fa scrivere lettere dirette a Costantinopoli (supra p. 1 5 3 s), che vanno oltre
tutto ciò che fino ad allora era stato stabilito rispetto al primato di Roma. Solo il vesco­
vo di Roma e nessun altro è "rappresentante di Pietro", u n ' espressione creata proprio
da Leone (anche se forse già usata dal legato Filippo in Efeso) ; Pietro, "al cui posto Noi
governiamo" - il primo pluralis majestatis della storia dei papi. Così il vescovo roma­
no è "non solo vescovo di questa sede, ma anche il primo di tutti i vescovi". Tutti gli
devono obbedienza, anche tutte le chiese maggiori, tutti i patriarchi. Egli è chiamato
"alla direzione di tutta la chiesa", "a principe di tutta la chiesa", "di tutte le chiese di
tutto il globo terrestre" . Soltanto "un anticristo o il diavolo" lo negherebbe. E chiunque
contesti il suo potere (principatum), non può comunque "sminuire in nessun modo, la
sua dignità, ma si getta da solo nell ' inferno, gonfiato dallo spirito della superbia". Chi
qui sia gonfia è chiaro - sebbene Leone sottolinei ancora la sua bassezza, indegnità,
impotenza, in breve l ' "indignus haeres". È lui, infatti che usa tutte le fonti del diritto
romano, è lui che, attraverso i concetti della compartecipazione e dell' eredità, crea uno
stretto nesso legale tra il papa e Pietro, un' indivisibile unità di teologia e diritto, B ibbia
e giurisprudenza. Previdente, formula la celebre e famigerata frase - motivi ce n ' erano
da tempo e poi sempre di più -, che "la dignità" di Pietro non veniva meno "anche negli
eredi indegni" (etiam inindigno haerede). In questo modo però, commenta il cattolico
Ktihner, "alla fine tutto poteva essere giustificato, persino il delitto". 9
Papa Leone non si stancò mai di mettere al centro l ' (onni)potenza dei papi e quindi
la propria. Scrive e predica continuamente al riguardo. "Sulla terra soltanto Pietro fu
prescelto per essere il capo di tutti gli apostoli, di tutti i popoli eletti, di tutti i padri
della chiesa". "Da tutto il mondo si cerca rifugio accanto al seggio di san Pietro" . Questi
viene lodato da Leone come "roccia" e "fondamento", "custode del regno dei cieli",
"arbitro dell ' indulgenza e della remissione dei peccati". Ammette certo che tutti i ve­
scovi hanno "pari dignità", ma in nessun caso sono "dello stesso rango". Simile era già
stata la situazione tra Pietro e gli apostoli - "e sebbene tutti fossero stati prescelti allo
stesso modo, tuttavia soltanto ad uno venne concesso di essere superiore agli altri .". Sì,
Leone non si accontenta di sostenere che il giudizio di Pietro "è valido anche nei cieli",
ma che il papa, nel l ' e sercizio del suo ufficio, gode "dell ' ossequio costante proprio
del l ' onnipotente ed eterno primo sacerdote", che è a lui "simile ed uguale al Padre". 1 0
La presunzione non potrebbe essere più grande. Infatti, fin dalla sua prima predica
come papa, il 29 settembre 440, la più antica predica di un papa catalogata, aveva non
proprio umilmente festeggiato con il salmo : "Egli mi ha benedetto, poiché egli ha fatto
1 76 Papa Leone l

a me un grande miracolo . . . ". Oppure subito esultante per questo, aggiunge che Dio lo
ha reso "ricco d' onore", lo ha innalzato "allo scalino più alto" . 1 1
Alle pecorelle però predicava l ' umiltà sempre ! "Tutta la vittoria del Liberatore, che
sconfisse Satana e il mondo, aveva il suo principio e fine nell' umiltà" (Leone scongiu­
ra spesso e pittorescamente diavolo e inferno, molto più raramente, come al solito, il
cielo ; l ' inferno offre ben più coloriti spunti). Sì, Leone sostiene: "Tutto l ' insegnamen­
to della dottrina della chiesa, miei carissimi, non consiste in parole ridondanti e in ca­
villose diatribe, nemmeno nell' aspirazione alla gloria e all ' onore" - questo valeva solo
per i suoi pari -, "ma nella vera e volontaria umiltà" - che valeva per i sudditi , i subor­
dinati, coloro da sfruttare. Solo a titolo informativo va ricordato che il vescovo di Roma
era già nel V secolo il più grande proprietario terriero di tutto l ' impero romano. 12

CHI ERA QUESTO LEONE?

Lasciò dietro di sé una gran quantità di scritti, come nessun papa prima, 90 tra sermoni,
prediche solenni, quaresimali e della passione (non sono rimaste prediche dei suoi
immediati predecessori o successori). Inoltre quasi il doppio di lettere, di cui 1 1 4 ri­
guardano la politica verso l ' Oriente. Tuttavia dalle prediche, dai "Miei amatissimi",
non si intuisce così facilmente il suo carattere. Va detto che le prediche di Leone erano
molto corte, alcune ( 1 , 6, 7, 8, 1 3 , 80) cortissime, come se avesse preso esempio da
Flavio Ciro (infra p. l 08). E le sue 1 73 lettere (tra le quali 20 sono false e 30 sono a lui
indirizzate) sono oltretutto sicuramente prodotto della cancelleria, soprattutto di Pro­
spero di Aquitania, un' autore del sud della Gallia pieno di zelo per la teologia, amico di
Agostino e feroce nemico dei pelagiani. È proprio di Prospero, "quasi sicuramente" , il
contenuto teologico di quegli "scritti che resero famoso il nome di Leone in Oriente e
in Occidente", come scrive Johannes Haller, mettendo in evidenza poco prima: "per lo
meno la forma, che era così importante in questo periodo di decadenza, il pathos altiso­
nante, che con tante grosse parole dice così poco, l ' inflessione ritmica, che con la sua
melodia incanta gli ascoltatori e nasconde la povertà e la debolezza del pensiero, pos­
sono essere tanto del servo quanto del signore". D
In ogni caso Leone, che appariva sempre così sicuro di sé, amava il cerimoniale di
corte "apostolico", diffondeva pomposamente il primato di Roma e definiva il "soglio
di Pietro" "un oggetto di trepidazione" (materia trepidationis), un tipico "signore", un
sovrano spirituale che uno dei suoi più insignì successori, Nicola I , paragona, in una
lettera all ' imperatore Michele, al "leone della stirpe di Giuda" (Ap. 5,5), che "apriva la
bocca e tutta la terra e lo stesso imperatore tremavano" . Per quanto fosse esagerato e
calcolato, per non dire ipocrita, e abbellisse la sua brama di potere e i suoi continui
richiami all ' obbedienza con detti biblici, Leone era in realtà una natura tutt' altro che
Chi era questo Leone? 1 77

evangelica. Si definiva niente di meno che "l' allievo di un maestro umile e paziente",
"che dice: «prendete il mio fardello e imparate da me; poiché io sono mite e umile di
cuore . . . il mio fardello non pesa e il mio carico è leggero»". In una lettera del l O ottobre
443 ai vescovi di Campania, Piceno e Tuscia, sfoga la sua collera per la consacrazione
di schiavi, "ovunque" (passim), a presbiteri, proibendo definitivamente la nomina di
coloro che "non sono di natali raccomandabili". Eppure un tempo il cristianesimo si
era diffuso proprio tra queste persone ! Adesso il papa proibisce l ' elevazione di un
"misero schiavo" (servilis vilitas) a sacerdote, visto che chi non può dare prove di se
stesso al suo signore, non può farlo nemmeno davanti a Dio. Leone I, maestro della
chiesa, "Magno", fa della dignità della nascita la premessa per la carriera spirituale.
Maledice l 'ordinazione degli schiavi come un' offesa alla santità dell' ufficio sacerdota­
le e i diritti dei signori ! In questo modo la chiesa si adattava alla società schiavista
tardo romana e se ne faceva rappresentante come quasi nessun altro. Lo stato cristiano
ne prese volentieri atto. Soltanto alcuni anni dopo - e il contesto è comprensibile -
Valentiniano III dispose il divieto d' ordinazione per schiavi, coloni e membri delle
corporazioni coatte ! 1 4
Anche nei confronti degli altri vescovi Leone I è altezzoso. Comanda. Deve coman­
dare. Perché uno è superiore a tutti . Così comunica loro che lui è più grande, li supera,
che lui occupa "una posizione più alta per volere del Signore". Comanda anche prelati
fino a quel momento indipendenti da Roma, come il metropolita di Aquileia, anzi, lo
minaccia. Comanda anche i vescovi di Spagna. I vescovi della Gallia non si rivolgono
più a lui con "fratello nostro" ma con "vostra eminenza apostolica" (apostolatus vester).
Lo si apostrofa anche con "corona vestra" . Inoltre adesso viene usato il plurale nel
titolo. 1 5
Per tutta risposta, Leone si muove contro i suoi colleghi, come per esempio in Gal­
lia, dove i vescovi di Arles e Vienne litigano per il titolo di metropolita. Proprio su
questa storia vorremmo aprire una parentesi.

LEONE IL SANTO CONTRO ILARIO IL SANTO

All' inizio del V secolo Ero salì sul seggio vescovile di Arles, la "Roma gallica" (gallula
Roma), a quel tempo una delle città più importanti dell' occidente. Ero, un allievo di
san Martino di Tours, aveva ottenuto con la forza e la violenza la dignità vescovile,
almeno secondo quanto riferisce Zosimo, e aveva mantenuto il suo seggio solo con
l ' aiuto dell ' usurpatore Costantino III che dal 409 al 4 1 1 fece di Arles la sua residenza.
È del tutto plausibile che Ero, come scrive lo storico Sozomeno, nascose l ' usurpatore
nella sua chiesa e addirittura lo consacrò sacerdote, senza però riuscire ad impedire la
sua esecuzione (supra p. 1 3 s . ) . Poco dopo Ero si ritrovò, con il duramente provato
1 78 Papa Leone I

vescovo Lazzaro di Aix, in esilio in Palestina, dove diedero la caccia al monaco Pelagio,
che attaccarono anche formalmente con un gran numero di scritti (v. I, 42 5 ) . 16
Un successore di Ero, l ' influente Patroclo di Arles (4 1 2-426), poi assassinato, an­
ch ' egli "un personnage assez suspect" (Duchesne), aveva poi imposto come papa
Zosimo, protetto dal governo del suo amico Flavio Costanzo (supra p. 24) che lo aveva
portato sul seggio episcopale. E immediatamente Zosimo (v. I, 426 ss.) ricoprì il vesco­
vo Patroclo di "una serie di privilegi vistosi" (il cattolico Baus), fondò per Patroclo con
il suo primo decreto del 22 marzo 4 1 7 - quattro giorni dopo la salita al trono ! - "un
vasto regno metropolita", gli affidò, da quel momento in poi, la sovrintendenza "su
tutta la chiesa gallica" (il cattolico Langgartner) - probabilmente una specie di ringra­
ziamento per l ' aiuto ricevuto. 17
Il vescovo Patroclo incoraggiò questi avvenimenti anche "con argomenti storico­
cristiani", trovando per il suo seggio una motivazione addirittura in san Pietro. Per
ironia della storia, Roma stessa, ossia papa Innocenza I, diffuse la menzogna che tutte
le chiese del mondo erano state fondate da san Pietro o dai suoi discepoli (supra p. 84
s). Questo serviva a sostenere il primato di Roma, ma apriva un conflitto tra i papi e gli
altri preti assetati di potere. Così il vescovo Patroclo di Arles inventò un discepolo di
Pietro, san Trofimo di Arles, mai esistito, lo fece missionario della Gallia e fondatore
della chiesa di Arles: così elesse se stesso a metropolita, con il patrocinio di papa Zosimo.
I vescovi di Marsiglia, Narbonna e Vienne protestarono immediatamente e rifiutarono
di obbedire a Roma, nonostante i mandati di comparizione e i decisi avverti menti . Una
decina d' anni dopo ciò fu causa di una profonda scissione tra papa Leone I e un succes­
sore di Patroclo, sant' Ilario di Arles, a cui Leone tolse i già limitati diritti dei suoi
predecessori . 1 8
L' arcivescovo Ilario di Arles (429-449), un vero santo della chiesa cattolica (festivi­
tà 5 maggio), proveniva da antichi e potenti ambienti politici . Inizialmente monaco del
monastero di clausura di Lerinum (Lérins), aveva ottenuto, grazie ad un parente, il
vescovo Onorato suo predecessore, gli onori episcopali - e non importa quanto vi si
fosse opposto, se si deve credere al suo biografo. Questi riferisce che sant' Ilario viag­
giava sempre scalzo, anche d ' inverno, e portava sempre lo stesso misero abito e sotto
di esso un penoso cilicio ; che riscattò prigionieri , fondò monasteri e costruì chiese;
che predicava per tre ore i ntere nei giorni di digiuno e piangeva lacrime amare se a uno
dei suoi avveniva qualche disgrazia. D ' altro lato però sant' Ilario marciava - come san
Leone - con violenza dirompente sulle città i cui vescovi erano morti, per poter mettere
qualcuno dei suoi come successore. Quando il vescovo Proietto s ' ammalò gravemente,
il santo si presentò e consacrò un nuovo capo, Importuno. "Per lui la morte del fratello
non avvenne abbastanza rapidamente" disse sprezzante il papa. Inaspettatamente Pro­
ietto guarì e gli abitanti della città si lamentarono di Ilario: "Se ne era già andato prima
ancora che ci accorgessimo che era arrivato". Il metropolita aveva anche la scomunica
Leone il santo contro Ilario il santo 1 79

facile. Proprio una cosa del genere fece scatenare san Leone contro sant' Ilario, che
cercava "la fama più nella scurrile velocità che non nell' atteggiamento misurato del
sacerdote". Un santo si opponeva qui ad un altro, cosa non molto rara: capita addirittu­
ra tra due dottori della chiesa (v. l, 1 5 5 ss.). E come negli ambienti lontani dalla santità,
anche in quelli santi il superiore attacca l ' inferiore. 1 9
Il romano temeva il collega intraprendente e dotato nel parlare, il patriarcato di
Arles che si stava formando, la chiesa indipendente della Gallia, addirittura anche l ' ari­
stocrazia gallica, che era della stessa stirpe di Ilario e stava alle sue spalle contro la
nobiltà italiana. Così Leone passò all ' attacco frontale approfittando dello scontro di
Ilario con Proietto e con il vescovo Celidonio, che Ilario aveva deposto perché accusa­
to di aver sposato una vedova. "Desidera sottomettervi al suo potere (subdere)", scrisse
Leone ai vescovi della provincia di Vienne, "e non può sopportare di essere sottoposto
di san Pietro (subiectum)", "e con parole arroganti ferisce l ' orgoglio di san Pietro . . . ".
San Leone rinfaccia a sant' Ilario "un' ambizione piena di presunzione". Sostiene che
"è in balia dei suoi istinti", che lui "crede di non essere sottomesso ad alcuna legge, di
non essere limitato da nessuna regola dell ' ordinamento divino", che commette "il non
lecito" e non osserva "ciò che dovrebbe . . . ". Quando Ilario nel 445 cercò di chiarire la
cosa con Leone, passando d ' inverno le Alpi a piedi - "senza timore entrò a Roma,
senza sella né cavallo né mantello" (Vita Hilarii) -, Leone lo mise egualmente sotto
sorveglianza e lo portò davanti a un concilio. Ilario però scagliò imprecazioni rabbiose
durante l ' assemblea, "che nessun laico riesce a dire e nessun vescovo deve sentire"
(quae nullus laicorum dicere, nullus sacerdotum posset audire) e poi se ne andò. L' ar­
civescovo bramoso di potere, il cui ascetismo era molto ammirato in Gallia e che era
amato dalla maggioranza dei suoi colleghi e non era stato limitato affatto nelle sue
ambizioni, cadeva adesso vittima di Leone, ancora più bramoso di potere. Soltanto il
potere sulla sua diocesi, che poi alla fine perse, il romano lasciò a colui che si era
sottratto "con una fuga oltraggiosa" e "pretendeva il potere in modo vergognoso".
Leone comunque non aveva deposto il popolare Ilario (come sostenne una tarda e
falsa tradizione di Vienne). Per rafforzare i provvedimenti trasse dalla sua parte- come
del resto era sua abitudine - il potere temporale. L' imperatore Valentiniano III, infor­
mato "dal fedele resoconto dell' onorato vescovo romano Leone" dell "'abominabilis
tumultus" nella chiesa gallica, ordinò 1' 8 luglio 445 obbedienza "per sempre", pena
una multa di dieci libbre d ' oro, ai suoi ordini e all ' autorità del seggio apostolico, e
ordinò ai governatori provinciali di portare di fronte al tribunale del vescovo di Roma
i vescovi ribelli - "in difesa di tutti i diritti che i nostri antenati conferirono alla chiesa
di Roma". 20
Leone I ha dato molta importanza al dovere di proteggere il reggente, che spesso
tratta come il "custos fidei", dichiarando ciò un elemento essenziale del potere impe­
riale. Il monarca riceve il potere da Dio non soltanto per governare il mondo, "bensì
1 80 Papa Leone I

soprattutto (maxime) per proteggere la chiesa"- per i papi questo sarà sempre il com­
pito di gran lunga più importante del potere temporale ! E a questo è sempre unito, se
possibile, l ' annientamento o l ' oppressione di coloro che hanno un altro credo. 2 1
Leone era ora signore dei vescovi della Gallia, anche s e soltanto nel sud del paese
dove, mediante Ezio, comandava anche l ' imperatore; ma la catastrofe arrivò anche lì .
Ilario si ammalò gravemente nella marcia di ritorno attraverso le Alpi e morì nel
449. Si dice che tutta Arles si mise a lutto, voleva toccare il santo corpo, tanto che il
cadavere rischiò di essere fatto a pezzettini . E Leone commemorò le "sanctae memoriae"
del morto.

IL PAPA A1TRIBUJSCE ALL'IMPERATORE L'INFALLffiiLITÀ NELLA FEDE


E A SE STESSO IL DOVERE DI ANNUNCIARLA

Perfino nei confronti di figure più alte il papa era in grado di comportarsi in modo da
trame vantaggi . Nel febbraio 450 l ' imperatore Valentiniano III si recò a Roma. Era un
uomo debole che faceva molti doni alla chiesa e che era molto i nfluenzato dalla dottri­
na su Pietro di Leone. Durante questa visita Leone lo apostrofò con quella tipica pseudo
umiltà clericale che in realtà era stracolma di presunzione e brama di potere: "Guarda­
te, a un uomo povero e semplice come Pietro è stata affidata da Cristo la guida della
prima e più grande città del mondo. Gli scettri dei re si sono abbassati di fronte al legno
della croce; la porpora della corte è sottomessa al sangue di Cristo e dei martiri . L' im­
peratore ... viene e brama l ' intercessione del pescatore".
L' imperium spirituale del papa si affianca ed eguaglia quello (temporale) dell ' impe­
ratore, ma "il germe della superiorità è già presente" (Klinkenberg). 22
Quando conveniva, perfino il grande Leone poteva abbassare la cresta, specie se i
potenti combattevano pagani ed eretici - attività da lui pretesa e che amava definire
"labor" (fatica, lavoro). Definiva così anche il proprio operato. Sì, se era opportuno
inneggiava agli imperatori - che proprio in quel periodo si fregiavano del titolo di
"pontifex" (fino ad ora cosa passata quasi inosservata) - come "pastori della fede", "figli
della chiesa", "annunciatori di Cristo". Allora riconosceva loro anche nell' ambito eccle­
siastico diritti incredibili, autorità nel campo della religione, "santità sacerdotale". Ne­
gli scritti di Leone si trovano più di 15 volte lodi alle doti regali e sacerdotali (vescovili)
del sovrano. 23
Papa Leone I scrive all ' imperatore Leone I : "Io so che voi siete completamente
istruito dallo Spirito di Dio che abita in voi". Attesta al potente che "il nostro insegna­
mento concorda con la fede che Dio ti ha i nspirato", così gli concede un ' ispirazione i n
grado d i formulare una dottrina. Gli attribuisce addirittura il diritto d i invalidare deci­
sioni conciliari rispetto ai dogmi. In diversi scritti aumenta tutte queste concessioni
Il papa attribuisce all 'imperatore l ' infallibilità nella fede 181

fino all' ultima: l ' infallibilità. Leone I , detto Magno (unico papa insieme a Gregorio I ,
detto anch' egli "grande", onorato c o n il raro titolo di dottore della chiesa), si abbassa a
tal punto per assicurare ripetutamente e per iscritto all ' imperatore che egli non ha biso­
gno di un insegnamento umano, è illuminato dallo Spirito Santo e non si può assoluta­
mente sbagliare nella fede. Addirittura enfatico, il papa Leone assicura che l ' imperato­
re Leone "pieno della pura luce della verità non tentenna in nessun ambito della fede",
"ma con giudizio santo e completo distingue il bene dal male" ; "che voi siete comple­
tamente istruito dallo Spirito di Dio che è dentro di voi e nessun errore può ingannare
la vostra fede" ; "la tua clemenza non ha bisogno di alcun insegnamento umano e ha
attinto l ' insegnamento più puro dall ' abbondanza dello Spirito Santo". Sì, riconosce
che è suo "dovere", del papa, " palesare cosa tu sai e annunciare cosa tu credi" (patefacere
quod intelligis, et praedicare quod credis)- e tutto ciò nonostante il papa non sia asso­
lutamente convinto d eli' infallibilità dell ' imperatore ! 24
(È interessante il fatto che non pochi vescovi, per esempio quello della secunda
Siria, e ancora di più quello della prima Armenia, applicarono perfino la promessa di
Pietro in Matteo 1 6, 1 8, a Leone, ma non al papa bensì ali ' imperatore Leone : Tu sei
Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarran­
no contro di essa. Certo, per loro era Cristo il "capo" naturale della santa chiesa catto­
lica - la cui "forza e fondamento però", scrivevano i vescovi, siete voi, cioè l ' imperato­
re, "imitando l ' immobile roccia di Cristo, su cui il Creatore di tutte le cose ha costruito
la sua chiesa"). 2 5

PER QUESTO: "DIVENTARE SOLDATI DI CRISTO •••"

D ' altro canto Leone sostiene in più passi che in realtà a governare sono Cristo e Dio, e
l ' imperatore di meno. L' imperatore ha il suo potere dal l ' Altissimo - "regnat per Dei
gratiam". Egli affidò a Giuliano di Chio il compito di dare al monarca "i suggerimenti
giusti" (opportunas suggestiones) al momento giusto. Leone era a conoscenza, per la
sua "molteplice esperienza", della fede del glorioso Augusto e sapeva che lui "è con­
vinto di servire al meglio la sua signoria soprattutto quando mette al primo posto l ' in­
tegrità della chiesa". Chiama molto spesso l ' imperatore "custos fidei", visto che l ' im­
peratore ha ricevuto il suo potere soprattutto per proteggere la chiesa, come Leone I
dichiara espressamente. E suggerisce che l ' interesse della chiesa è l ' interesse dello
stato. "Si risolve per il bene della chiesa e del vostro regno, se in tutto il mondo si
conserva un solo Dio, una sola fede, un solo mistero della salvezza degli uomini e un
solo credo". E non basta: questo rappresentante di Cristo alletta già con l ' idea di come
la religione dell' amore sia vantaggiosa per la guerra, la buona novella per l ' efficienza
dell' esercito. "Quando lo spirito di Dio rafforza l ' unità dei prìncipi cristiani", cioè gli
1 82 Papa Leone l

i mperatori Marciano e Valentiniano, "allora tutto il mondo vede come la fede cresce in
due modi diversi : perché per mezzo del progresso nella fede e nell ' amore [ ! ] il potere
delle armi [ ! ] diventa insuperabile, così che Dio grazie all ' unione della nostra fede si
dispone pietoso e contemporaneamente annienta l ' errore della falsa dottrina e l ' ostilità
dei barbari". 26
Un discorso chiaro ! Amore ed armi ! Unità, forza, annientamento dei nemici - di
certo da tempo un programma e una prassi del cristianesimo (v. I , cap. 5), tanto più che
a Roma, dove probabilmente intorno al V secolo il cristiano Aponio annuncia diligente
non soltanto la posizione egemonica della città eterna nella chiesa, ma anche una teolo­
gia imperiale cristiana. I capi del popolo sono quindi i re romani, "quelli naturalmente
che hanno riconosciuto la verità e servono Cristo umilmente [ ! ] . Da loro sgorgano le
leggi timorate, la pace degna di lode e la dignitosa sottomissione [ ! ] verso il culto della
Santa Chiesa come dal fiume del Carmelo . . .". Ma affinché tutto questo, la timorosa
legislazione, la pace degna di lode, la sottomissione, scorra liscio come l ' olio, i sovrani
devono "prestare servizio di guerra sotto Cristo, il re dei re . . . " . 2 7
Esattamente così la intese Leone, che propagò un Dio per tutto il mondo, un regno,
un imperatore - (un Dio, un regno, una guida . . . !) - e una sola chiesa naturalmente, cosa
che lui fece passare come "ordine sacro", come "pax christiana", che "soltanto" due
nemici possono danneggiare: gli "eretici" e i "barbari". "Anche per questo l ' imperato­
re deve combattere contro entrambi" (Grillmeier SJ). Per questo è obbligato alla
"reparatio pacis", e con questa perifrasi essi vogliono nascondere : guerra fino a che
non hanno quello che vogliono (cfr. supra p. 1 0 1 s., infra p. 258 s.), senza considera­
zione per le perdite. Così e non diversamente vorrebbero anche oggi. Diciassette secoli
di storia della chiesa lo insegnano, con più sangue e menzogne di qualsiasi altro . . . 28

COLLABORAZIONE ALL'ANNIENTAMENTO DEGLI "ERETICI"


IN NOME "DELL'ELEVAZIONE DELLA DIGNITÀ UMANA"

Per gli "eretici" questo papa non conosce pietà. Di continuo sobilla contro le "false
dottrine dei canaglieschi eretici", le loro "frecce appuntite" , "menzogne velenose",
"asserzioni di fede senza Dio", "mostruosità". Tutti loro, insegna Leone, sono sedotti
"dalla malignità del diavolo", "corrotti dalla malvagità del diavolo", ricettivi "a tutti i
vizi possibili", inclini "ai peccati più gravi". A volte appaiono umili, lusinghieri, "sono
lupi affamati vestiti da pecora", che ricoprono soltanto "la loro natura feroce con il
nome di Cristo". Il diavolo li guida e questi animali, tutto "il branco di questi animali
feroci", procedono mansueti, scaltri, in modo amichevole e alla fine attaccano "per
uccidere". 2 9
In fin dei conti è la descrizione del suo modo d' agire, un classico autoritratto.
Collaborazione all 'annientamento degli "eretici " 1 83

Come profilassi pastoral-teologica papa Leone consiglia sempre e comunque - le


due cose sono ben strette tra loro - il digiuno, la mortificazione della carne, il disprezzo
del mondo, specie del piacere, cosa che valse per tutta la "morale" fino al 20 secolo. Il
"piacere" conduce, secondo Leone, "nei luoghi della morte". In realtà è proprio il con­
trario. Proprio la repressione del desiderio porta ali ' aggressione, la morte del desiderio
al desiderio di morte. A tal proposito - nota Nietzsche - come riesce bene al cristianesi­
mo capovolgere tutto ! Per questa ragione il cristiano secondo Leone "Magno" deve
"combattere continuamente contro la sua carne", "sottrarre ai desideri della carne ogni
possibile fonte di nutrimento", deve "sopprimere i suoi impulsi, cancellare i suoi vizi",
insomma "evitare ogni desiderio terreno". Per Leone "ogni amore terreno è escluso".
Insegna letteralmente: "dovete disdegnare ogni cosa terrena per poter entrare nel regno
dei Cieli". 30
Tutto questo è chiaro come il sole per Leone I, il papa, il santo, il dottore della
chiesa. Chi la pensa diversamente vive "nel fango". Infatti per chi altrimenti, chiede,
"combattono le voglie della carne se non per il diavolo . . . " . 3 1
Leone "Magno" insegna proprio che "al di fuori della chiesa cattolica non c ' è niente
di puro e santo" ! E scomoda a tal scopo addirittura Paolo (Rom. 1 4,23 ). Per questa
ragione il papa proibisce "qualsiasi contatto" con i non cattolici ! Invita a disprezzarli
così come a disprezzare i loro maestri . Ordina di sfuggirli "come veleno mortale ! Abor­
riteli, schivateli e evitate di parlare con loro". "Nessuna comunione con coloro che
sono nemici della fede cattolica e solo di nome sono cristiani ! " . Tutti loro devono
"ritornare nella loro buia tana" ! 3 2
Fin dal principio le discussioni e le dispute religiose non hanno per lui, certo per
ogni papa ma soprattutto per uno come lui, alcun valore ; i non cattolici sono qualcosa
di molto simile al diavolo, "lupi e !adroni". Tutto questo era deciso e se c ' era ancora
qualcosa da decidere, lo decideva lui. Spiegò senza alcuno scrupolo ai padri del conci­
lio di Calcedonia che non potevano avere dubbi su ciò che lui desiderava, "su quello
che non si deve credere . . . ". Dopo il concilio esercitò pressioni sull ' imperatore per non
permettere più alcuna trattativa. Sarebbe stata ingratitudine nei confronti di Dio. "Ciò
che è stato deciso in ogni dettaglio (pie et piene) non può essere discusso di nuovo,
altrimenti daremmo l ' impressione, come sperano i dannati, di dubitare noi stessi . . . ".
"Questioni dubbiose" non dovevano più essere prese in esame secondo Leone, ma alla
fine Leone doveva esporre le decisioni "con altissima autorità". "Se infatti le convin­
zioni umane si possono sempre discutere liberamente (disceptare), non mancherà mai
chi si opporrà alla verità e oserà credere alla loquacità dell ' intelligenza terrena". Inve­
ce "alla vera fede è sufficiente conoscere chi insegna" (scire quis doceat) . 33
Però verso chi dava insegnamenti diversi dai suoi, Leone si avvaleva dello stato,
come già da tempo facevano i papi e come fece lui ancora più intensamente. In modo
del tutto simile a Nestorio (supra p. 1 09) anche papa Leone si appellò ai monarchi
1 84 Papa Leone l

d' Oriente: "Se difenderete il sicuro patrimonio della chiesa contro ogni errata dottrina,
allora la forte mano di Cristo difenderà il vostro impero". I n Occidente la forte mano di
Cri s to aveva a che fare con una "bigotta" e "un i mperatore debole di mente"
(Gregorovius): con l ' assai fedele Augusta Galla Placidia che per molto tempo portò
avanti gli affari di stato per il suo non meno devoto figlio Valentiniano III, e che co­
munque fino alla sua morte, il 27 novembre 450, prese parte a tutte le decisioni politi­
che importanti (san B arbaziano fu per molto tempo suo consigliere; era un sacerdote
che fece molti "miracoli" prima a Roma e poi a Ravenna). 34
S icuramente anche il governo aveva i nteresse ad incoraggi are la tendenza
centralizzatrice della chiesa di Roma, anche perché il regno traballante sperava di ave­
re il suo profitto nelle province occupate o minacciate dalle popolazioni germaniche.
Tali considerazioni hanno reso possibile il successo di Leone in Occidente. La politica
dello stato nei confronti della chiesa durante il IV e V secolo si proponeva da un lato
l ' unità e la pacificazione di quest' ultima, dall' altro però si opponeva alla concentrazio­
ne del potere in un unico soglio episcopale . Quindi è vero che lo stato alleato di Roma
vinse Alessandria al concilio di Caledonia, tuttavia il tentativo di tenere in scacco Roma
usando il patriarca di Costantinopoli, fallì . Lo stato era debole e il papa usò questa
debolezza per i suoi fini, rimanendo comunque sempre al proprio posto e senza ribel­
larsi mai . 3 5
Leone I manteneva ottime relazioni con i prìncipi . l.Jna grossa parte della sua corri­
spondenza - 1 44 lettere - è indirizzata alla casa imperiale. Il cattolico Camelot esalta
"una collaborazione piena di fiducia e armonica". Il gesuita Hugo Rahner parla della
"devozione imperiale di Leone" . E già nelle sue primissime epistole il papa incita vee­
mente contro gli "eretici": nient' altro che un branco isolato, fazioso e ribelle, pieno di
storture, depravazione, falsità ed empietà, pieno di malvagità e follia; la loro dottrina è
un unico terribile delirio: error, pravus error, totius erroris pravitas, pestiferus error,
haereticus error. 36
L' iniziativa in questa cooperazione antieretica, della guerra dei "figli della l uce"
contro i "figli delle tenebre", partì palesemente dal papa. Scriveva lettere di lode e
ringraziamento alle loro maestà per la punizione dei suoi avversari . Sapeva infatti be­
nissimo che senza il sostegno del potere statale ]' "eresia", soprattutto in Oriente, avrebbe
preso il sopravvento. Esortava di continuo e direttamente Valentiniano III, M arciano,
Leone I, l ' imperatrice Pulcheria - un' appassionata sostenitrice dell' idea papale - alla
lotta contro l ' "eretico", a "pro fide agere". Si augurava l ' allontanamento degli eterodossi
dagli uffici e dalle cariche, si augurava soprattutto il loro esilio, ma giustificava per
loro, appassionatamente, anche la pena di morte, pretendeva di rendere loro impossibi­
le "di continuare a vivere con tale confessione". La pestilenza dell ' eresia è una "malat­
tia" per il papa, che "deve essere estirpata dal corpo della chiesa" (haereses a corpore
ecclesiae resecantur). L' imperatore, che deve perseguitare gli "eretici" sia usando "la
Collaborazione ali 'annientamento degli "eretici " 1 85

lingua come una spada" che "con la spada sguainata", ha in Leone il ruolo di "Vicarius
Christi vel Dei", di "lungo braccio di Dio". Il teologo cattolico Stockmeier commenta
così nel 1 959 questa manifesta sete di sangue: "Lo stato viene invocato a collaborare
con tutti i suoi mezzi e possibilità al compimento dello stato ideale [ ! ]". "Sotto la mano
protettrice dell ' imperatore la religione si impone con la pienezza dei suoi valori [ ! ] e
beni e trova lì rifugio. Grata guarda a lui . . .'' 37
Leone scrisse al suo agente, il vescovo Giuliano di Chio (nella B itinia Pontica), il
primo apokrisiar alla corte imperiale di Costantinopoli, che se la gente "si è smarrita
fino al la follia, tanto che preferisce continuare a smaniare piuttosto che essere guarita,
allora è il potere imperiale che deve intervenire per sopprimere energicamente, come
nemici dello stato, coloro che disturbano la pace della chiesa, lo stato che si vanta di
essere giustamente l ' autorità dei cristiani"; "allora per lo meno temeranno il potere
della punizione", come scrive successivamente al suo nunzio. 3 8
L' Il ottobre 457 dichiara al patriarca Anatolio di Costantinopoli, delle cui ambizio­
ni diffida ed è geloso e che alla fine denuncia ali ' imperatore, la sua "fortissima riprova­
zione per il fatto che alcuni dei tuoi chierici si sentono attratti dalla malvagità dell' av­
versario . . . Tua cura sia fare attenzione a questo, scovarli (investigandis) e punirli con la
giusta severità (severitate congrua) ; coloro i quali non traggono nessun beneficio dalla
punizione, devono essere allontanati senza alcun riguardo". 3 9
Visto che secondo lui Anatolio non era abbastanza duro, nel 457 scrisse all ' impera­
tore Leone che se suo fratello Anatolio nella persecuzione dei chierici "eretici" "si
dimostra indolente per troppa bontà e clemenza, allora compiacetevi voi per amore
della vostra fede di offrire alla chiesa anche il rimedio che tali esseri vengano allonta­
nati non soltanto dal l ' ordine dei chierici, ma dalla città stessa" . "Che il male infiammi
il senso episcopale e apostolico della tua devozione e così farti arrivare alla giusta
punizione". 40
Il papa scrisse a Gennadio, l ' esarca del l ' Africa, che questi doveva rivolgersi con la
stessa forza contro i nemici esterni e contro i nemici interni della chiesa, "combattere
le battaglie della chiesa per il popolo cristiano come soldato del Signore". È noto infat­
ti che agli "eretici" si lascia la libertà "di ribellarsi i mpetuosi contro la fede cattolica
per far colare il veleno del l ' eresia nelle membra del corpo di Cristo" . Aveva già ringra­
ziato l ' imperatore Marciano che "per decreto divino attraverso di lui l ' eresia era stata
annientata" (destructa est) . 4 1
Per questa ragione, senza dubbio, papa Pelagio lodava Leone come "vita dedicata
alla cura della fede". Così come l ' imperatore Valentiniano elogiò pubblicamente il 1 7
luglio 445 "l' umanità del dolce Leone". E sempre per questo u n moderno panegirista,
il gesuita Hugo Rahner, di continuo decanta la "moderatio" di Leone - "questa parola
davvero romana e cristiana, dal significato così completo e intraducibile, che Leone ha
tanto amato . . Moderatio è il senso più fino per la giustizia da elargire, per la giusta
.
1 86 Papa Leone l

misura, per il giusto mezzo tra gli estremi, l ' intelligente, spesso diplomatica valutazio­
ne del di volta in volta possibile, che infallibile rimane ferma sullo scopo, nonostante
tutta l ' eleganza dell' arrendevolezza . . . ". In poche parole, e così sostiene anche il teolo­
go Fuchs nella seconda metà del XX secolo, con Leone si tratta "de li' elevazione della
dignità umana" - così anche Giovanni Paolo Il (cfr. il mio opuscolo "Un Papa va sul
luogo del delitto"). 42
In realtà fin da quando era diacono, Leone fu implacabile nella guerra agli "eretici".

LEONE l QUALE PERSECUTORE DEI PELAGIANI, MANICHE!, PRISCILLIANI


E QUALE PREDICATORE DELL'AMORE PER IL NEMICO

Leone partecipa attivamente alla rovina di Giuliano di Eclano (v. I, 428 ss.), il grande
avversario di Agostino. Secondo un resoconto di Prospero, Leone, quando ancora era
diacono, sosteneva che Sisto III impedì nel 439 la restituzione del soglio episcopale al
perseguitato Giuliano. Di fatto Leone lo ha maledetto più volte (Sollecitò anche l ' im­
peratore Marciano ad allontanare ancora di più il già esiliato Eutiche). 43
La prima campagna di Leone come papa fu nel 442 contro i Pelagiani (v. l, 422 ss.)
a Venezia. Il vescovo Settimo di Altino aveva denunciato che nel distretto dell' arcive­
scovo di Aquileia alcuni chierici di Pelagio e Celestio erano stati ammessi, senza pos­
sibil ità di revoca, nella chiesa. Leone lodò il vescovo suffraganeo, ma biasimò dura­
mente il metropolita, perché per la fiacchezza dei pastori , "lupi vestiti da pecora" si
introducono nel gregge del Signore, e lo minacciò, se avesse continuato ad essere tanto
indolente, di colpirlo con la dura collera apostolica, incitò alla dannazione dell "'errore",
"dell' arrogante falsa dottrina", "della grave malattia" (pestilentiam) e ali "'estirpazione
di questa eresia". 44
Fin dal 443 il papa diede la caccia ai manichei quasi come un inquisitore.
Allora scrisse che trovava in "tutte le eresie una certa parte di verità", ma nel dogma
dei manichei "neanche una minima traccia" che lo potesse rendere tollerabile. Tutto
era sbagliato in loro. Mani stesso era un "i mbroglione degli infelici", un servo di
"un' oscena superstizione", la sua dottrina "addirittura una roccaforte" del diavolo, il
quale qui comanda "senza limitazioni non soltanto su una specie di abiezione", "bensì
su tutte le follie e scelleratezze pensabili. Tutte le depravazioni dei pagani, tutta l ' osti­
nazione degli istinti carnali degli ebrei, tutto ciò che è proibito nell' arte segreta della
magia, tutti i sacrilegi e le bestemmie di ogni eresia, tutto questo è convogliato in
questa setta come in una fogna, insieme a tutto il possibile sudiciume". Leone assicura:
"niente in loro è sano, niente è puro, niente è vero", "tutto è avvolto nell' oscurità e tutto
è fallace" . Sostiene che "il numero dei loro delitti" è "più grande della quantità di
parole a disposizione per dirli". 45
Leone I quale persecutore 1 87

Esagerazioni, generalizzazioni e assolutizzazioni che parlano da sé.


I l manicheismo (v. I , 1 49 ss.), che sulla base di un monismo trascendentale ha una
visione rigorosamente dualistica del mondo fenomenico, era un caso di sincretismo
universale, una religione mondiale con elementi buddisti, iraniani, babilonesi, del tar­
do ebraismo e cristiani, che si espandeva dalla Spagna alla Cina. Di solito rifiutata
duramente per la sua pretesa di esclusività, fu religione di stato soltanto nel regno
uiguro (antico turco) nella Mongolia dal 763 all ' 8 1 4. Gli imperatori cristiani hanno
perseguitato accanitamente questo culto, già combattuto con leggi da Diocleziano, come
la più pericolosa di tutte le "eresie". Il cattolico Teodosio l, che comunque spargeva
sangue come fosse acqua, minacciava con la pena di morte chi apparteneva al
manicheismo dopo che molti padri della chiesa avevano scritto contro di esso e conti­
nuavano a farlo, con un successo particolare Efrem (v. I , 1 49 s.) e Agostino (v. I , 404),
lui stesso manicheo per quasi dieci anni . 46
Dopo la conquista di Cartagine da parte dei Vandali ( 439), molti maniche i fuggirono
in Italia, soprattutto a Roma, con la massa dei profughi africani. Spesso e appassiona­
tamente Leone li attaccava, li insultava definendoli "un cancro divorante", un "letama­
io" e grazie alla sua "sollecitudine" (il gesuita Grisar) li fece scovare, arrestare e proba­
bilmente torturare. Aveva rinchiuso anche il vescovo manicheo (a nobis tentus) e lo
aveva portato a confessare la colpa. Fece ascoltare minuziosamente da un tribunale di
senatori, vescovi, sacerdoti che lui stesso presiedeva, un numero di electi e di electae
(di "eletti" che non uccidevano nessun essere vivente, non danneggiavano le piante e
non avevano rapporti sessuali, mentre gli auditori, gli "ascoltatori" potevano sposarsi).
Il papa scoprì le loro "scelleratezze", la "libidine" rituale su una giovane ragazza per
liberare le particelle di luce divine nel semen humanum . San Leone così come
sant ' Agostino (''non sacramentum, sed exsacramentum", mettevano il dito "sulla lus­
suria manichea in quanto tale" (il gesuita Grillmeier). Leone fece consegnare e brucia­
re pubblicamente gli scritti dei maledetti . Coloro che ancora potevano essere "recuperati"
dovevano "abiurare", ricevevano una punizione dalla chiesa e venivano sottratti alle
"fauci dell' empietà" . Gli altri , però, che nessun "rimedio" poteva più salvare, Leone li
fece giudicare "secondo le ordinanze dell ' imperatore cristiano" da giudici "terreni"
alla proscrizione a vita ( ! ) (per publicos iudices perpetuo sunt exsilio relegati) . Durante
gli interrogatori aveva acquisito informazioni anche su manichei sconosciuti, aveva
costretto le sue vittime a fare dichiarazioni sui loro maestri, vescovi e sacerdoti in altre
province e città e oltre a ciò il 30 gennaio 444 aveva ordinato a tutti i prelati d ' Italia di
scovare i manichei scampati e di arrestarli ; portando gli atti processuali romani come
istruzioni, stimolo ed emulazione, egli propagò fino in Oriente la sua caccia ali ' "eretico"
con dei mandati di cattura. 47
E non solo: aizzò anche i laici a denunciare, fiutare, fare la spia, favorì un modo di
agire che poi doveva fiorire con tanto di benedizione nella chiesa medioevale, ali ' an-
1 88 Papa Leone l

nientamento di coloro che avevano un' altra fede, alla caccia alle "streghe". "Dispiegate
così il santo fervore che la preoccupazione per la religione pretende da voi ! " , incitava;
comandò "la difesa di tutti i credenti" ; ordinò "che voi denunciate i manichei, che si
nascondono per ogni dove, al vostro sacerdote"; pretese di "scoprire il nascondiglio
dei senza Dio e di domare in loro colui che servono, vale a dire il diavolo. Se, carissimi,
tutta la terra e la chiesa devono impugnare le armi della fede contro tali uomini, allora
proprio voi vi dovete distinguere per abilità in quest' opera . . . ". 48
Questo stesso Leone però, che agiva quasi come un inquisitore medioevale, poteva
perseverare nei suoi vuoti discorsi cristiani, pretendere indulgenza, tranquillità d ' ani­
mo, amore del prossimo, allontanamento dell ' impulso al litigio, rinuncia alla vendetta.
Poteva continuare a predicare ipocritamente: "Poiché ognuno trasgredisce, possa ognuno
anche perdonare ! Non concediamo malvolentieri agli altri quello che a noi piace tan­
to !". "Mettete da parte l ' inimicizia tra gli uomini con tranquillità d' animo, «non ripa­
gando nessuno del male con il male», «e perdonatevi l ' un l ' altro come Cristo ci ha
perdonato ! »". "Ogni vendetta deve essere interrotta . . . ". "Fine a tutte le minacce ! " . "La
severità terribile si trasforma in clemenza e l ' iracondia in dolcezza d ' animo ! Tutti pos­
sano perdonarsi vicendevolmente le proprie mancanze ! " . "Infatti noi preghiamo: «Ri­
metti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori !»". Il papa sottolinea
chiaramente : "Con questo non si intendono soltanto coloro che ci sono vicini per ami­
cizia o parentela, bensì proprio tutti gli uomini, ai quali la nostra natura ci unisce, siano
essi nemici o alleati, liberi o schiavi". 49
Purché non siano "eretici" ! Purché non manichei ! Non pelagiani ! Non priscilliani !
Non ebrei ! Non d ' altra fede ! Purché non tutti infedeli - " . . . tutti gli uomini" ! Parole,
parole, parole ! Tutta l ' ipocri sia di questa chiesa, la sua "lieta novella" detta mostrando
i denti, il suo divorante "amore per il nemico", origine di ecatombi, le sue ripugnanti
chiacchiere sulla pace, tutto questo è qui palpabile, una nauseante doppiezza, falsità,
che attraversa e stigmatizza la sua storia, deride e mette alla berlina se stessa, si com­
porta nel modo più assurdo, dall' antichità fino ad oggi . Il vangelo del boia!
O detto in altre parole : Leone Magno.
Il papa ritorna particolarmente spesso e quasi sempre molto eccitato sul tema dei
manichei . Caratterizza questi uomini sempre con le stesse diffamazion i : come stru­
menti di satana, bugiardi, parassiti, falsificatori delle Scritture, come "semplicion i . . .
che si rivolgono per cieca ignoranza o bassi desideri a cose che non sono sante, bensì
esecrabili". 50
Seppure frenato da un "generale senso del pudore" ad "avvicinarsi ancora di più" a
queste "cose", pure parla volentieri delle "loro scostumate azioni", con cui loro "si
dilettano, che macchiano tanto il corpo quanto l ' anima, che non conoscono né la purez­
za della fede né la castità", che "appaiono oscene". E ammonisce - e offende allo stesso
tempo - "soprattutto" le donne a fare la conoscenza di tali persone, a intrattenersi con
Leone l quale persecutore 1 89

loro, "affinché voi non cadiate nella trappola del diavolo, mentre il vostro orecchio
privo di malizia si rallegra con le loro storie favolose ! Perché satana sa che ha sedotto
il primo uomo per bocca di una donna [ ! ] e ha allontanato tutti gli esseri umani dalla
beatitudine del paradiso grazie alla credulità della donna [ ! ] , così lui perseguita anche
adesso, con astuzia ancora più attenta, il vostro sesso . . ." . 5 1
Nel metterle in guardia, diffama le donne secondo una vecchia tradizione, coltivata
dai più grandi cristiani dell' antichità: Paolo, Giovanni Crisostomo, Girolamo, Agostino.
Che le donne sono "in primo luogo" destinate a soddisfare la libidine degli uomini,
come insegna san Crisostomo, lo poteva osservare lo stesso papa tra i manichei. I quali
rendevano noto di fronte al suo tribunale "un delitto abietto, di cui ci si deve vergognare
anche solo a menzionarlo". Lui però ne fa menzione, infatti lui stesso aveva "condotto
l ' inchiesta con tanta pena, che né per coloro i quali non vogliono del tutto credere alla
cosa, né per gli abituali critici può esserci il minimo dubbio. Erano presenti tutte le
persone con la cui collaborazione venne compiuto il terribile delitto: una ragazza, ov­
viamente del l ' età di al massimo dieci anni, e due donne che l ' avevano cresciuta e
prescelta per tale atto vergognoso. Era presente pure il giovane ancora imberbe che
aveva disonorato la ragazza e il suo vescovo che aveva ordinato un misfatto così nefan­
do. Tutte queste persone dissero con le stesse parole le stesse cose. Vennero alla luce
atrocità che a stento potevamo ascoltare. Non vogliamo ferire casti ascoltatori con
dichiarazioni dirette, ce lo risparmiano gli atti probatori , da cui risulta chiaramente che
nessun tipo di disciplina, di onorabilità, nessuna traccia di pudore c ' è in questa setta, la
cui legge è la menzogna, la cui religione è il diavolo, la cui vittima è l ' infamia". 5 2
Alla fine papa Leone ottenne il 1 9 giugno 445 dal l ' i mperatore Valentiniano un prov­
vedimento più duro per il manteni mento dell"'ordine pubblico", che confermava le
punizioni precedenti, ordinava di trattare i manichei come i profanatori di un luogo
sacro, toglieva loro in tutto il regno i diritti e gli onori civili e definiva il manicheismo
un "publicum crimen", riprorevole "toto orbi". Chiunque offrisse loro rifugio si rende­
va colpevole dello stesso crimine. I complici perdono tra le altre cose la libertà contrat­
tuale, il diritto di successione attivo e passivo. "I delitti dei manichei, scoperti recente­
mente, non concedono alcuna distrazione", si dice nell ' introduzione dell ' ordinanza.
"Quali enormi, infinite e incredibili cose spudorate non sono state scoperte nel tribuna­
le di papa Leone di fronte al nobile senato per confessione diretta . . . Non possiamo fare
a meno di prendere coscienza di questo, visto che non si addice a noi essere negligenti
di fronte a una così inaudita offesa della divinità". Questo ordine imperiale per la per­
secuzione dei manichei, che mostra ancora una volta la stretta connessione di stato e
chiesa, diritto e religione, res romana e ecclesia romana, era stato redatto nella copisteria
papale, il papa stesso aveva avuto un "ruolo determinante", come scrive il gesuita Hugo
Rahner, dopo che poco prima ha celebrato "il fine e umano giusto mezzo tra l'essere al
mondo e il fuggirlo" di Leone, e poco dopo "l' amore così spesso glorificato di Leone",
1 90 Papa Leone l

"l' umanità di Leone come un' opera secolare". In realtà la legge da lui promossa contro
i manichei era "di una durezza draconiana" (il cattolico Ehrhard), fece perseguitare i
manichei fin dentro il loro "ultimo nascondiglio" (il cattolico Stratmann). 5 3
Lo stesso Leone, però, che poteva spingere lo stato a una brutale persecuzione, po­
teva anche richiedere da esso nobile indulgenza e perdono. "La severa signoria nei
confronti dei nostri subalterni deve essere mitigata e ogni vendetta annullata ! Possano
rallegrarsi i colpevoli che hanno visto questi giorni in cui sotto un potere pio e timoro­
so di Dio anche le condanne più dure sono state condonate ! Possa finire ogni odio . . . " .
Il Leone che incita l o stato a giustiziare g l i "eretici", a mandarli in esilio, a metterli i n
prigione, a d ucciderli, poteva anche pregare in senso cristiano evangelico: "Ogni ven­
detta deve essere sospesa e ogni offesa dimenticata ! . .. Se qualcuno è tanto pieno di
desiderio di vendetta contro un altro, tanto da gettarlo i n carcere o in catene, possa poi
dargli velocemente la libertà, non solo quando è senza colpa, ma anche quando sembra
aver meritato la punizione ! " . Leone poteva incitare : "Nessuno deve trovare in noi u n
oppressore . . . ". L o stesso Leone sapeva che Gesù proibiva "di difenderlo c o n la mano
armata contro i senza Dio" . 54
Parole, parole, parole !
Il rinvio dei manichei per mano del papa alla giurisdizione dello stato corri spondeva
certo alle norme giuridiche, alle leggi anti"eretico" imperiali, ma era nuova la stretta
collaborazione tra il giudice spirituale e quello temporale. E se si può definire la
decapitazione di Priscill iano e dei suoi il primo sanguinoso processo "eretico", non è
giusto, da un punto di vista meramente giuridico, dire che gli attacchi di Leone ai
manichei sono il primo processo da "Inquisizione". 55
Il biografo inglese di Leone, Trevor Jalland, trova il comportamento del papa non
soltanto chiarificatore per il suo carattere, ma definisce la sua caccia ai manichei anche
"the first known example of a partnership between Church and State in carrying out a
policy of religious persecution" . Fino a quel momento solo lo stato ha perseguitato gli
eterodossi, adesso per la prima volta anche la chiesa, nella persona del papa, si fa
carico di questo compito; sicuramente bisogna ricordare la comune persecuzione di
priscilliani, donatisti, ariani , pagani ed ebrei già nel IV secolo, anche se fino a quel
momento nessun papa si era impegnato in modo tanto inquisitorio. 56
Pochi anni dopo aver cacciato via da Roma i manichei, Leone combatteva contro i l
priscillianesimo in Spagna. Il vescovo del luogo, Turi bio di Astorga (Asturia Augusta)
aveva appurato intorno al 445 , durante un viaggio di visita, la sua persistenza e l ' aveva
resa nota nei sedici capitoli del suo "Eresie". 57
Il vescovo spagnolo aveva offerto una relazione abbastanza veritiera; ad ogni modo
informa il papa assai più obiettivamente di quanto non lasci pensare la replica di que­
st' ultimo. Poiché Leone "inquadrò le informazioni concrete nel suo schema e ne fece
una caricatura del priscillianesimo: i priscilliani vengono messi dalla stessa parte dei
Leone "Magno " maledice gli Ebrei 191

manichei" (Haendler) . 5 8
In realtà il romano va anche in questo caso per le spicciole. Quello che non è papale,
è del diavolo. Impreca nuovamente contro "questa empia eresia", "la setta ripugnante",
"la furia senza Dio" per mezzo della quale un' altra volta "ogni costume va in rovina,
ogni legame viene sciolto, tutto i l diritto divino e umano viene annientato". Un tempo,
nel 3 8 5 , la prima esecuzione di cristiani a Treviri (v. I, 373 ss.) ad opera di altri cristiani
aveva destato scandalo, l ' eco sulla condanna a morte era addirittura "tra i vescovi più
significativi . . . decisamente negativa" (il cattolico Baus). Il tanto umano e moderato
Leone però, l ' ipocrita sostenitore della misericordia, del superamento di ogni vendetta,
minaccia e odio, il predicatore così dotato del perdono, della lieta novella che riguarda
"tutti" gli uomini, dell ' amore per il prossimo e per il nemico, l ' uomo che insegna che
Gesù non voleva vedersi difeso da una mano armata, quest' uomo è felice del l ' infamia
di Treviri, giustifica appassionatamente la liquidazione di Priscilliano, il suo compa­
gno. "I nostri padri, nei tempi in cui scoppiò questa eresia senza Dio, hanno fatto giu­
stamente (merito) tutto il possibile per estirpare questa pazzia senza Dio da tutta la
chiesa; anche i prìncipi terreni aborrivano questa follia scellerata a tal punto che colpi­
rono il creatore di questa e i suoi molti [ ! ] discepoli (plerisque) con la spada della legge
pubblica". Leone "Magno" era capace di porre l ' accento sull ' opportunità di una tale
strage di "eretici" quasi cinicamente: "Questa severità fu per lungo tempo utile alla
clemenza della chiesa, che seppure soddisfatta dal giudizio episcopale, evita condanne
di sangue, tuttavia viene protetta dalle leggi severe dei prìncipi cristiani, poiché alcuni
ricorrono spesso al rimedio spirituale, altri temono le punizioni corporali" . Leone or­
ganizza una riunione della chiesa in Galizia contro i priscilliani, senza averli sconfitti
del tutto. Ancora un secolo dopo, nel 565, il sinodo di Praga (capitale della Svevia nel
VNI secolo), su esempio de li' offensiva leonina, scaglia non meno di diciassette anate­
mi contro i priscilliani, che in Spagna continuano ad essere numerosi, e incita i vescovi
ad una più attiva lotta all " 'eresia". 59

LEONE "MAGNO" MALEDICE GLI EBREI

Le invettive antiebraiche di questo papa sono documentate o soltanto nominate molto


più raramente degli attacchi agli "eretici". Eppure anche Leone I appartiene alla lunga
schiera di padri della chiesa che va da Giustino, Ireneo, Cipriano, fino a Attanasio,
Eusebio, Efrem, Crisostomo, Girolamo, Ilario, Ambrogio, Agostino (v. I, cap. 2; e oltre
I, 375 ss., 435 ss.).
Anche per il così nobile, mite e moderato Leone (supra p. 1 85 ) gli ebrei sono soltan­
to stupidi, abbagliati, ottenebrati, i loro sacerdoti "lontani da Dio", i loro scribi "stupi­
di"; la loro saggezza è così "dissennata", la loro erudizione così "stolta". "Non com-
1 92 Papa Leone l

prendono con il loro raziocinio quanto hanno appreso dalle parole della Sacra Scrittu­
ra. Per i loro stupidi rabbini la verità è uno scandalo, per i loro scribi abbagliati la luce
diventa tenebra". Si ritorna di continuo al modello bianco e nero tanto amato da questa
chiesa, motti dalla pesantezza pubblicitaria, campagne di maledizione del più semplice
stile settario. Di continuo ritornano "le tenebre del l ' ignoranza", "la luce della fede", "i
figli delle tenebre" lottano ininterrottamente contro la "vera luce", "l ' ingiustizia .. ; con­
tro la giustizia", "la menzogna contro la verità", "l ' accecamento" contro "la saggezza"
- eternamente sempre lo stesso schema disgustoso. 60
Questo papa rinfaccia agli ebrei la morte di Gesù.
In infinite prediche flagella i loro "capi incoscienti e sacerdoti senza scrupoli", "tutti
i sacerdoti erano presi dal pensiero di come dovevano compiere il delitto contro Gesù".
Tutti hanno, "pieni della violenza del l ' odio patricida, soltanto un fine davanti a sé",
tutti sono "eguali per crudeltà" . E alla fine Pilato sacrifica "al popolo senza Dio il
sangue del Giusto . . . " . 6 1
Seguendo la tendenza che era già propria dei Vangeli , Leone dà la colpa agli ebrei e
discolpa il romano Pilato, "anche se prestò il suo braccio al popolo rabbioso . . . ". Poiché
"le mani degli ebrei al servizio di Satana" colpirono "sulla croce la sua carne concepita
senza macchia", "la loro empietà" fu "più dura di tutte le pietre e rocce". Al contrario,
"i soldati di Roma dimostrarono di essere propensi a credere al figlio di Dio . . . " . "Su di
voi, su di voi ebrei falsi e bugiardi e sui vostri capipopolo senza Dio ricade tutto il peso
di questo misfatto", "tutta la responsabilità" . "L' ingiustizia di cui si sporcarono Pilato
con l ' ordine di esecuzione e i soldati col compimento dell' ordine, vi fa agli occhi degli
uomini ancora più odiosi". 62
"Quella mattina il sole, per voi ebrei, non è sorto, ma tramontato. Ai vostri occhi
non si mostrò la luce normale, ma un abbaglio terribile fece calare le tenebre nel vostro
cuore empio. Quella mattina distrusse il vostro tempio e i vostri altari, vi privò della
legge e dei profeti , abolì la vostra stirpe reale e sacerdotale e trasformò le vostre feste
in un lutto eterno; perché il vostro piano era fatale e crudele: sacrificare alla morte «il
creatore della vita» e il «re dei re», voi «tori e torelli grassi e numerosi, voi bestie
ruggenti e cani rabbiosi»". 6 3
Più di una volta Leone I paragona gli ebrei ad animali selvaggi, tori, buoi ; scongiura
"la rabbia ostinata e cieca dei grassi tori , il comportamento selvaggio dei torelli
indomabili", li ingiuria come "animali selvaggi ruggenti", assetati "del sangue del Buon
Pastore". 64
Papa Leone "Magno" non si stanca mai di diffamare gli ebrei. Li insulta di continuo
come i "persecutori furiosi", gli "assassini", i "sacrileghi", i "senza Dio", gli "ebrei
scellerati", gli "ebrei empi e miscredenti", gli "ebrei carnefici", gli "ebrei cri minali",
gli "anziani assetati di sangue", il "popolo sobillatore e cieco", "accecato e implacabi­
le", "dissoluto, che pendeva dalle labbra dei sommi sacerdoti" (proprio come il popolo
Leone "Magno " maledice gli Ebrei 1 93

cattolico, per secoli ! , da quelle dei suoi papi). Di continuo Leone parla "della loro
azione scellerata", del loro "sacrilegio", del loro "delitto terribile", della "rabbia scate­
nata degli ebrei", della "ostinazione e crudeltà degli empi". Sono sempre gli "scribi
stolti", i "sacerdoti dimentichi di Dio", i "servi e mercenari" di Satana, sono "abietti",
"pieni d' ipocrisia", "insulti", "oltraggi", "discorsi abietti senza senso". "Gli ebrei fu­
riosi" sempre fanno "di Gesù quello che vollero", scagliano contro "il re dei re" i "col­
pi mortali dei loro discorsi e le frecce avvelenate delle loro parole". "Sempre e conti­
nuamente" fa urlare loro: "Crocifiggetelo, crocifiggetelo ! " . "Da questo dovete ricono­
scere che siete abietti". "A ragione vi maledicono entrambi i Testamenti". "Per l ' eterni­
tà" questi delitti degli ebrei costituiscono per papa Leone "oggetto di ripugnanza". 65
Tali orge di odio dovevano avvelenare il popolo cristiano ; dovevano portare ad una
lotta giuridica sempre più dura nei confronti degli ebrei, all ' espropriazione e i ncendio
delle loro sinagoghe già nel l ' antichità (v. l, 376 ss.), ai pogrom incessanti del medioe­
vo e della modernità. Infatti solo nel 1 988 il cattolico Kramer-Badoni scrive riferendo­
si a papa Leone 1: "Le leggi di stato più dure e discriminanti sono state emanate sotto il
suo pontificato, e ovviamente non cadute dal cielo. Gli imperatori romani non si erano
mai immischiati nelle questioni religiose se i membri di una religione non creavano
problemi politici. Il nuovo ruolo, intollerante, venne loro i mposto dalla chiesa". 6 6
Tutte le guerre di Leone e della chiesa contro gli ebrei, quali "assassini di Dio" sono
tanto più grottesche se si considera che gli ebrei compirono il volere di Dio. Dio voleva
essere ucciso da loro ! Voleva a tal punto salvare il mondo ! Aveva previsto tutta la
procedura dall' eternità - per lo meno da quando nel suo "piano di salvezza" tutto andò
diversamente dal previsto (vedi : "Adamo ed Eva", la maledizione del "peccato origi­
nale", "il diluvio universale" e altro). Gli ebrei quindi non fanno altro che compiere
quanto previsto. Erano, e Leone stesso lo sa, eletti da Dio per "promuovere l ' opera di
redenzione", proprio la loro "ingiusta crudeltà" portò alla "redenzione". Così per "il
grande" papa sono sì oggetto di "ribrezzo eppure anche di gioia" . Di gioia ovviamente
non se ne nota affatto in lui, così come in tutti gli altri "famosi" padri della chiesa,
ringhiosi anti giudei. Davvero un peccato per ogni parola sul controsenso di una teolo­
gia che fa odiare e perseguitare gli ebrei (spesso, troppo spesso) fino alla morte - e deve
a loro ogni cosa ! 67

IL "MOMENTO MAGICO DELL'UMANITÀ"

Leone I ebbe il momento di gloria più famoso nel 452, quando gli Unni guidati da
Attila, dopo la difficile battaglia sui campi catalani a Poitiers, uno dei più grandi mas­
sacri della storia europea, entrò nell ' Italia settentrionale passando per i passi incustodi­
ti delle Alpi Giulie, e devastarono, saccheggiarono e travolsero Aquileia, Milano e
1 94 Papa Leone l

Pavia. Il loro re, Attila, era senza dubbio, accanto a Genserico, con cui era sempre in
contatto e cooperava, il signore più notevole del tempo. Eppure già allora gli Unni
erano visti - come nella Germania nazista i russi - come una specie umana inferiore.
Piccoli e dalla testa grossa, così li descrivono i cronisti latini, con occhi mongolici e la
pelle scura, coperti da pelli di animale, impazzano, come il diavolo, senza la sella sui
loro cavalli selvaggi e provocano terrore e morte ... "Voglia Iddio tener lontane certe
bestie dal mondo romano ! " pregava san Girolamo. Nel 452 andarono incontro all ' ag­
gressore alcuni messi imperiali : il console del 450 Gennadio Avieno, l ' ex prefetto
Trigezio e il vescovo Leone e sul Mincio, vicino a Mantova, tra il lago di Garda e il Po
implorarono il suo ritiro, al che Attila, il "flagello di Dio" rinunciò a marciare oltre.
Ne sono state dette di tutti i colori . E non a caso quasi non si fa parola degl i altri due
messi, ma tanto più si racconta di Leone, che in realtà menzionò, e del tutto casualmen­
te, questa storia soltanto una volta. Lo si è festeggiato - molto più leggenda cri stiana
che storia - quale liberatore dell' Italia dalle orde barbariche; si racconta addirittura che
mentre il papa parlava ad Attila sono apparsi gli apostoli Paolo e Pietro per proteggere
Leone. Raffaello diede forma al "momento magico dell ' umanità" (Ktihner) in un fa­
moso affresco nella stanza vaticana di Eliodoro. Algardi abbellì con la stessa scena
(sotto Innocenza X) l ' altare tombale di Leone . Ma quando in seguito i l padre di
Cassiodoro (uomo politico di prima importanza sotto Teodorico il Grande, poi mona­
co) e Carpilio, il figlio di Ezio, ottennero in missioni simili l ' allontanamento degli
Unni, non gli si prestò così tanta attenzione. E di certo a Mantova non fu la famosa e
istruita lingua di Leone a fermare Attila. Per un uomo della sua specie, a cui difficil­
mente un vescovo romano incuteva più paura di un senatore romano, contarono di più:
la mancanza di alimenti per i suoi soldati, i cavalli, diverse epidemie nel l ' esercito,
inquietudini alle sue spalle, un attacco non del tutto sostenibile, la difficoltà d i avanza­
re con la cavalleria sul terreno montagnoso del l ' Italia centrale, la mi � accia di un attac­
co dell ' impero romano d' Oriente alla Pannonia, il regno degli Unni, e forse anche il
ricordo della morte improvvisa di Alarico dopo la presa di Roma. 6 8
Nei secoli successivi i prìncipi cattolici non si sono preoccupati affatto dei desideri
papali - e proprio in quel caso doveva un Leone, rispettato da un Attila, essere la ragio­
ne di tale decisione così ricca di conseguenze? Doveva, così sostiene Prospero Tiro, "la
presenza del più alto dei prìncipi della chiesa [ ! ]" aver fatto a tal punto felice i l re degli
Unni "che ri nunciò a continuare la sua guerra, promise di mantenere la pace e si ritirò
nella sua terra"? 69
Nell' ambiente cattolico si festeggia tuttora Leone come salvatore d ' Europa, il V
secolo come "una svolta per l ' Occidente e la chiesa". Poiché "Papa Leone I stava nel
fragoroso mare delle grandi migrazioni come una roccia. Lo si potrebbe c h iamare un
«papa del l ' azione cattolica»" . E ad "APPROFONDIMENTO" della sua scoperta i l teo­
logo cattolico Josef Fuchs riporta una "TAVOLA DIPINTA 19 Papa Leone I Magno

Il "momento magico dell 'umanità " 1 95

difese gli uomini nel loro ambito naturale: l. salvando l ' Occidente dall' annientamento
degli Unni . . ." E proprio di fronte, nella pagina successiva, Fuchs riporta la "TAVOLA
DIPINTA 1 9 b La Chiesa difende la nostra dignità umana mettendoci in guardia contro
il comunismo . . . ". Così le cose in questo "Commento per i catechisti", in cui "il riferi­
mento al corpo mistico di Cristo splende ovunque" (0. Berger), acquistano una visione
contemporanea. 70
Attila ritornò in Pannonia e morì all ' improvviso l ' anno dopo, nel 453 , nel letto di
nozze, probabilmente di una germanica, forse la bella principessa burgunda Ildico, in
stato di ubriachezza, stremato dalla notte d' amore - una delle più famose notti di nozze
della storia e letteratura mondiale. Per gli Unni, così Hermann Schreiber nella sua
biografia di Attila, "una vera morte unna, una morte da re". Che se pure erano guerrieri
senza paura, possedevano "abbastanza la saggezza e l ' arte dell' amore per considerare
fortunato colui che moriva nel mezzo del godimento". A ragione Schreiber ammira il
fatto che gli Unni non cercarono in alcun modo di incolpare la giovane donna. "Cento
anni dopo si sarebbe tanto a lungo torturato una Ildico fino a che questa non avesse
confessato di essere una strega, che aveva causato la morte di Attila con un maleficio
amoroso". 7 1
L' amore dei due era però nel l ' ambiente vicino al re così noto che nessuno ebbe il
sospetto di un omicidio; mentre nella tradizione bizantina, in quella occidentale, nelle
cronache dei monaci, nelle poesie eroiche cristiane e nelle saghe l ' accusa di omicidio
trovò terreno fertile. 72
Nel pio Occidente sono in voga soltanto, e non a caso, immagini deformate e sba­
gliate degli Unni.
È vero che hanno abbattuto popoli interi in battaglie sanguinose, ma poi non hanno
schiavizzato senza pietà i nuovi sottomessi, come invece spesso i cristiani (tanto che i
contadini a volte preferirono i turchi ai loro padroni cristiani). Le nuove stirpi fagocitate
dal regno unno ottenevano piena parità, addirittura venivano favorite, in alcuni casi,
dal signore a discapito delle stirpi orientali . "Questo è sicuramente un fenomeno ecce­
zionale in tutta la storia umana" scrive Michael de Ferdinandy, "eppure facilmente
spiegabile. Per i nomadi vittoriosi il nemico vinto si trasformava immediatamente in
amico, se non si era dimostrato traditore e senza onore ... Il capo di un popolo vinto o
arresosi spontaneamente viene chiamato nel consiglio del Gran Khan. E questo non
avviene «pro forma». Il re ostrogoto Walamer diventa l ' amico più fidato di Attila, il re
dei Gepidi Ardarico viene addirittura designato come suo successore . . . I popoli germanici
sono rimasti fedeli alla memoria dei loro grandi vincitori . . . " - di un uomo che oltretutto
ha combattuto anche con la "spada di Dio", sicuramente quella degli Unni. 73
Leone I, tre anni dopo, non poté (più) tanto impressionare i Vandali.
Allora Petronio Massimo aveva fatto rovesciare pubblicamente il 16 marzo 455
l ' imperatore Valentiniano III, profanatore del suo matrimonio, e costretto al matrimo-
1 96 Papa Leone I

nio la sua vedova Eudossia. Eudossia però chiamò il re dei Vandali Genserico, la cui
flotta apparve alla foce del Tevere. Panico a Roma ! Allora Leone andò incontro ai
Vandali . Ma non ci fu alcun "momento magico". Gli invasori saccheggiarono la città ­
senza uccidere e incendiare - per quattordici giorni, a regola d ' arte. Il papa stesso do­
vette cedere di sua mano i più preziosi vasi sacri . L' imperatore Massimo insieme al
figlio morirono durante la fuga (concessa loro da Genserico ), Massimo probabilmente
ucciso da una guardia del corpo. Padre e figlio vennero fatti a pezzi dal popolo e gettati
nel Tevere . I Vandali portarono con sé migliaia di prigionieri, tra i quali l ' imperatrice
Eudossia e le sue figlie Eudocia e Placidia e opere d ' arte uniche, di cui non poche
andarono perse per sempre nel naufragio durante il viaggio di ritorno. 74
I romani sembrano non essere stati molto impressionati né da Leone né dal suo
cristianesimo. Gridò l ' alto predicatore indignato: "Assai pericoloso è quando gli uomi­
ni sono ingrati nei confronti di Dio, quando non si vogliono più ricordare dei suoi
benefici, quando non mostrano contrizione né per la loro punizione né per la loro libe­
razione . . . Io mi vergogno a dirlo (pudet di cere), ma non posso tacere: gli idoli pagani
vengono onorati più degli apostoli. Si assi ste più diligentemente a commedie ignobili
che alle messe nelle chiese dei santi martiri". 7 5
Lo stesso Leone I ne aveva individuato il motivo: "La virtù di san Pietro non va
perduta nemmeno se i suoi eredi sono indegni" (Petri dignitas etiam in indigno haerede
non deficit). Uno dei più vecchi, astuti e goffi, eppur comprensibilmente sempre più
necessario nei secoli, trucchetti del cattolicesimo. E ovviamente Leone si sentiva tut­
t' altro che indegno - visto che poteva dichiarare che la chiesa si spaventa "ella stessa di
una punizione di sangue" per cui affida questa punizione ai prìncipi cristiani "per cui il
timore della pena di morte porta le persone alla salvezza spirituale". E la chiesa conta
questo vecchio inquisitore tra i suoi papi più grandi . Divenne santo e - nel 1 754 per
mano di Benedetto XIV - dottore della chiesa, e poi ebbe l ' appellativo di "Magno" !
"Umiltà e mitezza e amore nei confronti di tutti gli uomini furono i tratti fondamental i
del Santo Pastore e per questo lo onorarono e amarono imperatori e prìncipi, nobil i e
semplici, pagani e la gente più rozza" (Donin). 76
Note 1 97

NOTE

1 Daniei-Rops, Frumittelalter, 1 3 1 .
2 Gregorovius I 1 68.
3 Rahner, Leo, 234.
4 Haller, Papsttum, l 1 86. Cit in Rahner, Leo 324 s.
5 Ehrhard, Die griechisce und die lateinische Kirche, 334.
6 Ullmann, Gelasius l, 67
7 Wetzer/Welte VI 445 . Altaner/Stuiber 357. Steeger VIII, XII Jalland 3 3 ss.
8 Leone l, Epistulae, 3 1 ,4; 1 1 9,4. Sermones, l . Tiro Prosperoro, Epit. Chronica (PL 6 1 , 535 ss.), a. 440.
Wetzer/Welte VI 445 . Steeger VIII ss. Caspar, Papsttum, I, 423 s. Jalland 33 ss. Klinkenberg, Papst Leo,
1 34. Daniei-Rops, Fruhmittelalter, 1 30. Haller, Papsttum, I 1 1 7 s.
9 Leone I, Sermones, 2 ss. Epistulae, I O, l ; 1 4, 1 1 ; 55 ss; 65,2. Caspar, Papsttum, I 427 ss. Jalland 33 ss.
Klinkenberg, Papst Leo, l 06, 17 s. Idem, Papsttum, 43 ss, ma sopravvaluta a p. 1 1 2 il valore di Leone.
Gontard 1 3 1 . Ullmann, Leo l, 25 ss. Idem, Gelasius l, 6 1 , 67 ss, 77 ss. Mirbt/Aland, Quel/en n. 44 1 , p.
206 ss. Haller, Papsttum, I 1 1 9 s. Vogt, Der Niedergang Roms, 488 s. Kilhner, lmperium, 48 s. Stemberger/
Prager 2985 ss. Wojtowytsch 304 ss, 349 s.
10
Leone l, Sermones, 4,2 ss; 3 , 1 ss; 5 , 1 ss. Epistula ad episc. Anast. , 1 4, 1 s.
1
1 Leone l, Sermones, l s. Haendler, Abendliindische Kirche, 68.
12 Leone I, Sermones. 37,2 s.
13 Gennadio di Marsiglia, De viris illustribus, c. 84. Altaner 3 1 1 . Altaner/Stuiber 357. Steeger LXI ss,
LXIV ss. Caspar, Papsttum, I 462. Silva-Tarouca 386 ss, 547 ss. Haller, Papsttum, I 1 1 8 . Ullmann,
Ge/asius l, 61 s.
14 Leone l, Epistulae, 4. Sermones, 5,4. JE 2796 (MG Epp. VI 473 ). Grisar, Geschichte Roms, 309. Rahner,
Leo, 327. Diesner, Kirche und Staat, I l . Haller, Papsttum, I 1 1 8 s. Langenfeld 23. Stemberger!Prager
VIII 2987 s.
15 Leone I, Epistulae, 1 , 1 ss; 6, 1 ; 1 5 ; 65, 1 . Haller, Papsttum, I 1 20 s. Wojtowytsch 3 1 0 ss. Stemberger/
Prager 2987.
16 Zosimo, Epistulae, 2 ss. Sozomenos, Historia ecclesiastica, 9, 1 5, 1 . Tiro Prospero, Chronica a. 4 1 2.
MGA ant. 9,465 s. Agostino, Epistulae, 1 75, 1 . dtv Lexikon der Antike, Geschichte II 2 1 8. Caspar,
Papsttum, I 288. Langglirtner 24, 33 ss. Wermelinger 68 s.
17 Tiro Prospero, Chronica, 4 1 2. Pauly I 1 292, Wojtowytsch 555. Haller, Papsttum, I 84 ss. Langgartner 26
ss, 61 ss, 1 88 . Duchesne, Histoire, 228. Secondo Langglirtner 33. Cfr. anche von Haehling, Religions­
zugehorigkeit, 469. Baus in Handbuch der Kirchengeschichte Il/ l 269.
18 Zosimo, Epistulae, 4 ss. Pauly IV 555 s. Caspar, Papsttum, I 288. Haller, Papsttum, I 85. Handbuch der
Kirchengeschichte Il/ l 269 s. 34 ss, in part. 44 ss.
19 Leone I, Epistu/ae, l O. JK 407. Rever. Vita Hilari i c. l ss. LThK l . A. V 24,2. A. V 3 3 5 . Pauly II 1 1 46.
Jalland 1 1 6 ss. Caspar, Papsttum, I 439 ss. Haendler, Abendliindische Kirche, 73 s. Cfr. anche nota
seguente.
20
JK 407. Vita H ilarii 16 ss; 21 ss. Gennadio di Marsiglia, De viris illustribus, c. 70 Leone I, Epistulae, l O
s; 40; 66. LThK 2. A. V 335 s. Stein, Von romischen, 488 s. cfr. 4 1 0 ss. Steeger XII s. Caspar, Papsttum,
I 440 ss. Ehrhard, Die griechisce und die lateinische Kirche, 336. Jalland 1 1 4 ss, 1 24 ss. Klinkenberg,
Papsttum, 47. Haller, Papsttum, I 1 23 ss. Langglirtner 61 ss, 67 ss. 74 ss. Vogt, Der Niedergang Roms,
489. Prinz, Stadtherrschaft, 1 5 s. Heinzelmann, Bischofsherrschaft, 78 ss. Chadwick, Die Kirche, 284 s.
Wojtowytsch 3 1 5 ss.
21 JK 470 (ACO II 4, 1 02) JK 509 (ACO II 4,88). Ullmann, Gelasius l, 66, 78 ss.
22 Grisar, Geschichte Roms, 3 1 5 . Schnilrer, Kirche, I 93. Klinkenberg, Papsttum, 47 s.
23 Ullmann, Ge/asius l, 84 ss. cfr. anche nota seguente.
I 98 Papa Leone l

24 Leone l, Epistulae, I 04 s, I 56, I 62,3 ; I 65 , 1 . Caspar, Papsttum, l 553 s. 560 s. Ehrhard, Die griechische
und die /ateinische Kirche, 334 ss. Voigt, Staat und Kirche, 77 ss. Stockmeier, Leo l, 76 ss, I 30 ss, I 38
ss. Miche!, Kaisermacht, 5. Ullmann, Gelasius l, 84 ss.
" Cit. in Grillmeier, Rezeption, 232.
26 Leone I, Epistulae, 45,2; 69,2; 82, I ; 90,2; I 40. ss.
27 Aponio, Explanatio in canticum canticorum, PL supplem. I. 1 985, 799 ss. Altaner/Stuiber 457. Grillmeier,
Rezeption, I 62 s.
2 8 Grillmeier, ibidem ! 59 s, 1 64 ss.
29 Leone I, Sermones, 9, 1 ; 1 6, 3 ; 28,4; 28,6; 30,3, 30,5 ; 36,2; 72,4; 82,2; 9 1 ,2.
30 Ibidem, 40,2; 44,2; 72,3; 72,5; 87, 1 ; 90, 1 ; 90,4
31 Ibidem, 74,5 ; 95,8.
32 Ibidem, 30,5; 69,5 ; 77,6; 79,2; 96, I ; 96,3.
33 Ibidem 96, 1 ; E p. 9 3 ; 1 20,4; 1 62, I s; I 64.
34 Leone I, Epistulae, 44. Sozomeno 9, I 6,2. Chronica min. I , I 03 ; I ,489. LThK l . A. I 96 I s, IV 265 s, X
48 1 . Pauiy IV 876 s. Stockmeier, Leone l, 68 con rif. a Epistula 90; 1 25 . Camelot, Ephesus, 2 1 2.
Gregorovius I, 90.
15 Stein, Von romischen, 487 s. Caspar, Papsttum, I 555. Seeberg, Dogmengeschichte, II 262 s. Haller,
Papsttum, I 1 22 s.
"' Leone I, Epistulae, 3 s; 6 ss; 1 2, 1 8, 24; 28. Sermones. 1 6,3 s; 28,6; 34,4; 75,4; 77 ,6; 82,2; 9 1 ,3 ; 96, I ss.
Caspar, Papsttum, I 43 1 ss. Rahner, Leo l , 327. Stockmeier, Leo l, 6, I l , 37. Camelot, Ephesus, 2 1 1 .
37 Leone I , Ep. I 5 ; 60; I I 3 ; I I 8 s . Voigt, Staat u nd Kirche 336. Ehrhard, Di e griechische un d di e Jateinische
Kirche 3 36. Stratmann IV 18 s, 23. Stockmeier, Leo I 43 ss, 75, 79 ss, 93 ss; I l i ss. Ullmann, Gelasius
I, 80 s. Grillmeier, Rezeption I 68 ss.
'" Leone I, Epistulae, 5 s; I 3 s; I 17. Stockmeier, Leo l, 9 s. Ullmann, Gelasius l, I 04 ss. Wojtowytsch 3 1 3
ss.
" Leone I, Epistulae, 1 55 .
4 0 Ibidem 1 56.
4 1 Ibidem I ,74; 1 04. Leo l, 242. Stratmann IV 9 1 . Su Leone e l ' Africa v. Jalland I 05 ss.
42 Pelagio, Epistulae, 3,82,30 ss. Valentiniano III PL 54,638. A. Rahner, Leo l, 325. Cfr. 337, dove tesse le
lodi del "bel mezzo di questa moderazione". Fuchs, Handbuch, 90. Cfr. "Un Papa sul luogo del delitto"
in Deschner, Opus Diaboli, 207 ss.
43 Tiro Prospero, Epit. Chronica a. 439. Leone l, Epistulae, I 34,2.
44 Leone I, Epistulae, l, I. JK 398 Ep. 2. JK 399. Steeger XIV s. Caspar, Papsttum, I 43 1 . Jalland 98 ss, 1 72
ss. Wojtowytsch 3 1 1 .
45 Leone I , Sermones, 1 6,4; 24,5 ; 76,6. Cfr. anche note 48 e 50.
46 Codex Theodosianus 1 6,5. Codex Justinianus 1 ,5. Agostino, De moribus ecclesia catholicae et de moribus
Manichaeorum libri duo, PL 32, 1 309 ss. Contra epistolam manich. PL 42, I 73 ss. Per tutti gli altri
scritti an ti manichei di Agostino v, Altaner/Stuiber 427. d tv. Lexikon der Antike, Religion II 76 ss.
Andresen/Denzler 383. Dettagliato Jalland 56 ss. Caspar, Papsttum, I 432.
47 Leone l , Epistulae, 7, 1 ; 1 5 , 1 6. Sermones, 1 6,3 s; 22,6; 24,5; 34,4; 42,4. Tiro Prospero, Chronica ad a.
443 (MG auct. Ant. 9.479) dtv. Lexikon der Antike, Philosophie IV 43 s. Grisar, Geschichte Roms, 309
s. Steeger XVII ss. Caspar, Papsttum, I 432 ss. Jalland 43 ss. Stratmann IV 1 9. Kawerau, Alte Kirche, 5 I .
Brown, The Diffusion, 92 ss. Prinz, Stadtherrschaft, 1 5 s . Gregorovius I , l , 90. Ullmann, Gelasius l, 62
s. Grillmeier, Rezeption, 204.
48 Leone I, Sermones, 9,4; 1 6,6; 34,5.
49 Ibidem 1 2,2; 39,5; 42,6; 43,4; 49,; 50,3.
50 Ibidem22,6; 24,4 ss; 34,4 s; 76,6 ss.
5 1 Ibidem l 6,5; 24,4; 24,6. Cfr. anche nota 50.
Note 1 99

52 Ibidem 1 6,4. Sulla diffamazione della donna da parte dei padri della chiesa cfr. il capitolo omonimo in
Deschner, Das Kreuz, 205 ss.
53 JK 405 . PL 54,622 B (Decret. Valent. III) Leone I, Epistulae, 7, 1 . Nel dettaglio: Epistula 8. Steeger
XVIII. Caspar, Papsttum, I 435. Ehrhard, Die griechische und die lateinische Kirche, 336. Stratmann IV
1 9 . Rahner, Leo l, 334 s. Haller, Papsttum, I 1 22. Ullmann, Gelasius l, 63.
54 Leone I, Sermones, 39,5; 45,5; 52,4; 86,2.
55 Cfr. Caspar, Papsttum, I 433 ss.
56 Jalland 49.
57 Leone I, Epistulae, 1 5 . Cfr. Idac. Chron. c. 1 6; 1 30 (MG auct. ant. 1 1 , 1 5,24). Lo scritto del vescovo
Toribio non è conservato. Steeger XXV s. Jalland 1 52 ss.
58 Haendler, Abendliindische Kirche, 72 s.
5 9 Leone I, Epistulae, 15; 1 1 8 . Grisar, Geschichte Roms, 31 O. Lea I 24 1 . Steeger XXV ss. Caspar, Papsttum,
I 433 s, 436 s. Voigt, Staat und Kirche, 76 s. Stratmann IV 23. Von Schubert, Geschichte, I 1 8 1 s. Jalland
! 52 ss. Baus in Handbuch der Kirchegeschichte Il! l , 1 40 ss.
60 Leone I, Sermones, 32, 3 ; 35,2; 54,6; 59, 1 ; 6 1 ,5 ; 68,2; 69,4.
61 Ibidem 58, l s; 59, l s; 69,4
62 Ibidem 59,2 s; 68,3; 72,2
63 Ibidem 54,6
64 Ibidem 60,2
65 Ibidem 29, 3 ; 32,2 s; 35,2; 54,6; 56,2; 58,4; 59,6; 60,2 s; 6 1 , 1 s; 6 1 ,5 ; 62,5; 65, 3 ; 67,2; 68,2; 69,2 s; 70, 1
s; 76,4; 82,4
66 Kramer-Badoni 27.
67 Leone I, Sermones, 35,2; 60,3 ; 62,5; cfr. Deschner, Agnostiker, 1 1 5 ss. in part. 1 46 ss.
68 Leone I, Epistulae, 1 1 3 , 1 ; Tiro Prospero, Epit. Chronica a. 452. Flavio Magno Aurelio Cassiodoro,
Variae, 1 ,4. Giordane, De origine actibusque Getarum, 42. Paolo Diacono 1 4, 1 2. Kiihner, Lexikon, 30.
Gregorovius I l , 92 ss. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 40. Steeger LV ss. Grisar, Geschichte Roms,
3 1 9 s. Gessel 266. Stein, Vom romischen, 499. Caspar, Papsttum, I 556. Steinmann, Hieronymus, 236 s
(Nota I l in Der Krieg der Monche). Schreiber 275 ss, in part. 289. Haller, Entstehung, 286. Mirbt/Aland
2 1 5 . Altheim, Hunnen, IV 332 s.
69 Cfr. Schreiber 274 ss.
7° Fuche, Handbuch, 90 ss. O. Berger in Christlich-padagogischer Blatte r. secondo la bandella della Kiisel
Verlag.
71 Schreiber 300 s.
72 Ibidem 30 l ss.
73 De Ferdinandy 1 87, 1 90, 1 97.
74 MG Gesta Pont. l, 1 04. Procopio, De bello vandalico, l ,4 s. Tiro Prospero, Epit. Chronica a 455 Pauly
III 1 1 1 3 s. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 4 1 . Stein, Vom romischen, 540 ss. Caspar, Papsttum, I 556.
B ,hler, Die Germanen, 4 1 3 . Nota 94. Schmidt, Wandalen, 78 ss. Dannenbauer, Entstehung, I 22 1 s.
Bury, History, I 325. Diesner, Der Untergang, 6 1 .
75 Leone I , Sermones. 84, l .
76 Ibidem 3,3 s . Kiihner, Lexikon, 30. Doni n I I 437. Haller, Papsttum, l 1 23 . Gessel 267.
CAP ITOLO VI.

LA GUERRA NELLE CHIESE E PER LE CHIESE


FINO ALL'IMPERATORE GIUSTINO ( 5 1 8)

"Il monofisismo divenne religione nazionale


del l ' Egitto cristiano e dell ' Abissinia e dominò nel sesto secolo
anche nella Siria occidentale e in Armenia;
i l nestorianesimo, con i suoi dubbi sulla madre di Dio,
conquistò l a Mesopotamia e l a S iria orientale.
Ebbe anche u n ' i mportante conseguenza politica:
metà del l ' Egitto e del Vicino Oriente salutò gli Arabi nel settimo secolo
come liberatori dal giogo religioso, politico e finanziario
del l a capitale bizantina" . (K. Bosl) 1

" . . . la più dura condanna del forzato riconosci mento di Calcedoni a


c o m e c h i e s a orientale s t a n e l l a storia d e i duecento a n n i succes s i v i ,
t r a il 45 1 e il 650 circa, da Calcedonia fino al l ' irrompere del l ' Islam:
ad aprire questo periodo c i furono terribili rivolte popolari e di monaci
in Egitto, Palestina e parte della S iria contro i Calcedoniani,
e alla fine di questi duecento anni
troviamo le rigide chiese nazionali monofisite
d ' Armenia, Siria, Egitto e Abissinia,
piene d ' odio contro la chiesa imperiale di B i sanzio" (P. Kawerau ) 2
202 La gue rra nelle chiese e per le chiese

L'ORIENTE IN FIAMME OVVERO "• • •IL DIAVOLO, TU E LEONE"

Il grande concilio, spesso paragonato al "sinodo dei briganti" (supra p. 1 59 s . ) , che


Harnack chiama "sin odo dei briganti e dei traditori, per distinguerlo dal si nodo dei
briganti", non placò gli animi, al contrario: li mise in subbuglio. Fu l ' inizio di una
nuova serie di sciagure, furori e spinte verso una scissione che dura ancora oggi, in cui
ciascuna delle due parti si considera l ' unica "ortodossa".
Quello di Calcedonia fu un concilio imperiale, e le sue conclusioni ebbero valore di
legge. E poiché le espressioni appioppate alla nuova dottrina: essere, natura e sostanza
(usia, physis, hypostasis) erano state usate in maniera diversa dai pensatori greci fino
a quel momento, si aprirono per gli speculatori teologici nuove irresistibili possibilità
di combattersi e darsi reciprocamente dell' eretico; tanto più che l ' ambiguo concetto
di persona (gr. prosopon), ripreso dai latini e dall' Occidente fino alla morte di papa
Gregorio I (604), fu particolarmente oggetto di discordia. '
Qui naturalmente non ci si riferisce allo sviluppo post-Calcedonia nel suo aspetto di
"forza d ' i spirazione per una spiritualità cristologica" (Grillmaier) . Santo cielo, no. A
noi interessano le conseguenze politiche, le infinite querelles rel igiose, l ' affermazione
del l ' "ortodossia" e dell "'eresia", i continui scontri, l ' odio, il sangue, le rivolte, gli in­
terventi militari in Palestina ed Egitto, gli arresti, le eliminazioni, i decennali conflitti
tra imperatori e papi fino ali ' unificazione tra papa Ormisda e l ' imperatore Giustino l,
quasi settant' anni dopo, cosa che naturalmente non portò alcuna pace, bensì persecu­
zioni ancora più dure. 4
Si attribuì alla conferenza ecclesiastica di avere tendenze nestoriane . I membri del
sinodo vennero perfino definiti tali, oppure "difisiti" (quelli delle due nature). Tuttavia
proprio il seguito del santo vescovo Cirillo, la cui cristologia a Calcedonia fu ignorata,
vide in quella di Leone l, con la sua accentuata distinzione delle due nature, un ritorno
al puro nestorianesimo e dunque una vera e propria "eresia" ! (In effetti anche il finora
proscritto Nestorio, aveva preparato la formula cristologica di Calcedonia, e aveva
salutato le formulazioni leonine come proprie - mentre il papa aveva maledetto ancora
una volta l' esule nel deserto ! Ora però lo stesso gesuita Wilhelm de Vries riconosce nei
sinodi della chiesa persiana dei nestoriani del V e VI secolo [tranne quello di Seleucia:
486] "una cristologia corretta" .) 5
La resistenza contro Calcedonia non partì dunque dai nestoriani. Venne dai monofisiti
dell' Egitto, dove i successori dei patriarchi scismatici risiedono tutt' oggi, e della Siria,
la roccaforte del monofisismo, dove anche i monaci erano monofisiti. Essa venne dai
monofisiti d' Arabia e d' Abissinia, dove dopo il 45 1 fuggirono numerosi cristiani siria­
ni. Venne dalla Persia e dall' Armenia e portò alla separazione di interi popoli d' Oriente
dal cattolicesimo. Nel VI secolo una quantità di sette cristiane dominava la costa sud­
orientale del Mediterraneo: severiani, giulianisti, fantasiasti, teodosiani, gaianiti,
L ' Oriente in fiamme 203

ftartolatri, actisteti, temistiani, triziani, tetraditi, niobiti . Tutto questo favorì nel VII
secolo l ' espansione dell' Islam, che occupò la Palestina, la S iria, l ' Egitto, e fece nasce­
re una serie di chiese nazionali, parte delle quali tuttora esistenti . 6
Ancora per tutto il medioevo i vescovi , i teologi e gli storici monofisiti hanno attac­
cato ! ' "eresia del concilio ipocrita", lo ' sporco credo del concilio eretico' , come scrisse
all ' inizio del IX secolo il vescovo di Takrit AbL.Ra' ita, per i l quale "l' ignorante Mar­
ciano" è semplicemente "un secondo Geroboamo". Poco più tardi il copto Severo,
vescovo di UsmThain, afferma nel suo "Libro dei Concili" che Dioscoro avrebbe rice­
vuto dall ' imperatrice a Calcedonia "un energico ceffone" - Pulcheria è descritta come
"energica" anche nel Lexicon fiir Theologie und Kirche, che la definisce "erede dello
spirito di suo nonno Teodosio l", il che sarebbe stato l ' avvio di "ulteriori maltrattamen­
ti a Dioscoro". Secondo lo storico giacobita B arhebraeus ( 1 225- 1 286), lo scrittore più
famoso del suo paese, la santa intratteneva rapporti sessuali col marito, nonostante il
voto di castità; secondo Nestorio anche col fratello Teodosio (infatti Pulcheria non era
considerata una santa nell ' antichità, quando la sua impetuosità era per certi versi un
po' troppo evidente. La sua venerazione, scrive il lessico sopraccitato, "si riscontra per
la prima volta nel medioevo"). Ancora Ignazio NTh (Noe), patriarca dei Giacobiti al­
l ' inizio del XVI secolo, parla di Calcedonia come di "quel dannato concilio", "male­
detto dalla bocca del Signore", e fa dire da Dioscoro all ' imperatore Marciano, "l' ami­
co del diavolo" : "In questo concilio sono sufficienti tre capi: il diavolo, tu e Leone". 7
Pulcheria, Marciano e Leone: bastò davvero per infiammare l ' Oriente i ntero dopo
quello che per Roma fu un concilio altamente soddisfacente.
Ad Alessandria, il cui arcivescovo Dioscoro era stato esiliato nel novembre del 45 1
in Paflagonia, il popolo cristiano infuriato alla notizia della conclusione del concilio,
bruciò viva la guarnigione i mperiale nella chiesa, l ' ex tempio di Serapide, dove si era
rifugiata. Marciano si appellò ai cittadini di Alessandria perché si "unissero alla santa
chiesa cattolica degli ortodossi". "Con questo salverete le vostre anime e compirete il
volere di Dio". Ma presto egli non permise più alcuna propaganda contraria al concilio
e inflisse agli "eretici", nella dura costituzione "Licet iam sacratissima", una lunga
serie di punizioni. Solo dopo furiose battaglie nelle strade, omicidi e pestaggi, l ' alleato
rinnegato di Dioscoro, l ' arcidiacono Proterio, poté essere investito da quattro vescovi
ugualmente rinnegati nel novembre 45 1 , e prendere possesso dell' episcopato e mante­
nerlo con il riconoscimento papale e una decisa difesa militare. Il popolo e i monaci,
nonché molti preti, restarono dalla parte di Dioscoro, mentre Proterio, il "vero discepo­
lo dell' apostolo" (Leone l) aveva il suo principale appoggio nell ' imperatore Marciano.
Poco dopo la morte di questi nel gennaio 457 scoppiò ad Alessandria, come vedremo,
una rivolta ancora più violenta, alla quale parteciparono molti monaci. 8
In Oriente furono i monaci a fomentare la resistenza contro Calcedoni a. Altri gruppi
di monaci invece lavorarono instancabilmente a suo favore. In ogni caso, su entrambi i
204 La guerra nelle chiese e per le ch iese

fronti, "i monaci erano in prima linea" (Bacht, gesuita).


In Palestina, ancora prima della fine del concilio, scoppiò una sanguinosa rivolta di
monaci. I capi della rivolta, Romano e Marciano, insieme all ' antivescovo Teodosio
(45 1 -45 3), devoto fanatico e seguace di Dioscoro, che già si diceva avesse scatenato
tumulti a Calcedonia, occuparono Gerusalemme per circa venti mesi con diecimila
fanatici asceti . L' ambizioso Giovenale, patriarca della città dal 422 al 45 8 , accusato a
ragione dai monaci di aver infranto i suoi "voti e promesse" e di aver tradito la teologia
di Cirillo, perse il suo posto. Nel 43 1 egli, per sostenere le proprie aspirazioni ed esten­
dere la sua diocesi, aveva presentato a Efeso dei documenti falsi e favorito Cirillo. Nel
449 passò dalla parte opposta, fu assieme a Dioscoro tra i capi del "sinodo dei briganti"
e il primo tra 1 1 3 vescovi a impegnarsi per la riabilitazione di Eu ti che, che trovava "del
tutto ortodosso" . A Calcedonia si precipitò a cambi are di nuovo fronte. Rinnegò
Dioscoro, suo precedente alleato, si pronunciò a favore del bando e della riabil itazione
di Flaviano. A questo punto - devo precisare che in Oriente viene venerato come santo
(il 2 luglio)? - scappò gambe in spalla dall ' imperatore a Costantinopoli.
A Gerusalemme gli succedette Teodosio, sostenuto dal popolo e dai monaci. Questi
incendiarono case e aggiunsero orrore a orrore. Il vescovo di Scitopoli, Severiano,
venne ucciso insieme al suo seguito al ritorno dal concilio, e non fu il solo vescovo che
ucci sero. Molti episcopati caddero nelle mani dei monofisiti, che presto dominarono
sull ' intera Palestina, ma che di lì a poco sarebbero stati di nuovo scacciati, non senza
l ' uso di truppe e di un vero massacro. L' insurrezione venne co-finanziata dali ' impera­
trice Eudokia, vedova di Teodosio Il, che risiedeva a Gerusalemme dal 443 . Con la
corte divisa, ella si oppose agli attacchi di Pulcheria, l ' odiata cognata, e di Marciano
contro Eutiche. Grazie a Eudokia, alla sua influenza e ai suoi intrighi, quasi ogni con­
vento nei dintorni della "città santa" voltò le spalle a Giovenale . Il papa da Roma si
mosse contro "la masnada dei fal si monaci", al soldo del l ' anticristo, come scrisse a
Giuliano di Chio nel novembre 452, senza dimenticare di biasimare anche il fuggiasco
Giovenale. Ancora due anni prima Leone non aveva voluto sentir pronunciare durante
la messa nemmeno il nome di Giovenale (accanto a quelli di Dioscoro ed Eustazio di
Berito). In effetti questo grande mistificatore e voltagabbana era un missionario tal­
mente zelante che già nel 425 aveva nominato il capo di una tribù beduina "primo
vescovo delle tende" e più tardi raggiunse anche "l' onore degli altari" : meritatamente !
Nel gennaio 454 Leone dovette ringraziare il S ignore per aver riportato Giovenale al
suo posto con la forza ! Il 4 settembre dello stesso anno istigò il patriarca a sferrare
attacchi più energici ! Leone pretese anche l ' eliminazione degli eutichiani. Essi, come
il seguito di Dioscoro, dovevano essere portati dove non potevano nuocere e potevano
essere perseguiti legalmente . 9
L' i mperatore Marciano, il docile aiutante di Pulcheria e del papa, che gli certificò
anche l ' unione di "potere regio e devozione sacerdotale", aveva preso misure contro
Papa Leone aizza contro i "diavoli " cristiani d ' Oriente 205

tutti gli oppositori della sua definizione già a Calcedonia: privati cittadini, militari e
sacerdoti furono allontanati dalla capitale. Solo tra febbraio e luglio 452 emanò quattro
decreti di conferma e di inasprimento delle conclusioni del concilio, scagliandosi , so­
prattutto nel quarto decreto del 1 8 luglio 452, contro gli eutichiani. Proibì loro le riu­
nioni , la predicazione, la nomina di preti e vescovi e la costruzione di conventi ; proibì
la costituzione di confraternite. Tolse loro il diritto di fare testamento e di ereditare, li
bandì da Costantinopoli; invece i preti e i monaci dei conventi eutichiani furono bandi­
ti dall ' intero regno. Chi li accoglieva era minacciato di confische e deportazione, chi
ascoltava le loro prediche doveva pagare dieci libbre d' oro di multa. I monaci vennero
tormentati con leggi che li definivano "eretici" e manichei. I loro scritti contro Calcedonia
vennero bruciati e i loro possessori e diffusori deportati. E presto conquistò la "vera"
fede con l ' aiuto dell' esercito. 10
L' imperatore del concilio perseguitò anche i pagani con uguale brutalità. Nel 45 1
minacciò gli atti di culto pagani con confisca ed esecuzione capitale, e la minaccia
valeva per officianti e fedeli. La sanzione per i governatori che non applicavano la
legge, che ammontava a 20 libbre d ' oro nel 407 , fu innalzata da Marciano a 50 libbre
d' oro, sia per il governatore che per il suo ufficio. 1 1

PAPA LEONE AIZZA CONTRO I "DIAVOLI" CRISTIANI D' ORIENTE

Dietro tutti gli attacchi antieretici c ' era comunque Leone I. Egli cercò ripetutamente di
impedire qualsiasi discussione sulle conclusioni del concilio, di tenere in scacco gli
"eretici" e mantenere i monaci ribelli in uno stretto isolamento.
Trionfante comunicò ai vescovi galli che nessuno, dopo Calcedonia, poteva più di­
fendere ) ' "eresia" col pretesto dell' incertezza, "perché il sinodo, appena riunito appo­
sitamente, di quasi 600 nostri confratelli ha proibito di condurre qualsiasi discussione
contro la fede istituita da Dio . . . Il santo sinodo ha ora separato queste mostruose diabo­
liche bugie dalla chiesa di Dio . . . maledicendone la vergogna". 1 2
A Costantinopoli Giuliano, un italiano cresciuto a Roma, vescovo d i Chio e quindi
esperto di cose greche, fungeva da rappresentante di Leone contro gli "eretici" (contra
temporis nostri haereticos). Dopo il decreto ufficiale di nomina dell' 1 1 marzo 453 il
papa aveva per così dire la sua testa di ponte a corte, i suoi fedeli informatori . Come ha
sempre sostenuto, Leone doveva combattere gli "eretici" e i monaci oppositori, facen­
doli perseguire dall ' imperatore e dalla giustizia secolare. Giuliano doveva, secondo i
suoi ordini, "come mio rappresentante (vice mea functus) preoccuparsi in particolar
modo che l ' eresia nestoriana ed eutichiana non si risvegli in nessun luogo; visto che
nel vescovo di Costantinopoli non c ' è forza cattolica". Il vicario di Leone doveva sor­
vegliare il patriarca della capitale come anche la vedova dell ' imperatore Eudokia, che
206 La guerra nelle chiese e per le chiese

sosteneva la rivolta dei monaci in Palestina e a Gerusalemme, e i disordini dei monaci


in Egitto. Infine il vescovo Giuliano doveva anche indirizzare ("consigliare") nella
direzione voluta da Roma la bigotta coppia i mperiale, che viveva in castità; Leone ne
lodava continuamente l ' operato ecclesiastico e ancora più spesso ne sollecitava l ' opera
di protezione nei confronti della chiesa di Roma. Leone stesso suggerì al monarca di
"degnarsi di ascoltare i consigli di Giuliano come fossero i miei". 1 3
Questo capo apparentemente moderato e umano n o n esitò mai a rendere la vita il più
possibile dura ai suoi avversari , a tappar loro la bocca per sempre; in questo trovò
nell ' imperatore Marciano, ex generale, fedele alleato della monaca Pulcheria, uno stru­
mento ideale. Il 1 5 aprile 454 gli scrisse: "Poiché accettate volentieri i miei consigli
per la quiete della fede cattolica, Vi informo, come segnalato dal mio confratello Giu­
liano, che il miscredente Eu ti che si trova meritatamente al bando, ma tuttavia dal luogo
della sua condanna spande ancora il veleno della sua blasfemia ricolma di dubbio e
ancora più impudentemente vomita ciò per cui il mondo intero l ' ha condannato e abor­
rito, per poter ingannare gli innocenti . Ritengo quindi molto saggio che Vostra Grazia
comandi di trasferirlo in un luogo più lontano e nascosto". 1 4
Nel marzo 453 Leone espresse tutta la sua soddisfazione per le misure imperiali al
vescovo Giuliano di Chio e alla santa imperatrice Pulcheria. Fu particolarmente con­
tento quando il reggente, per mezzo del comes Doroteo, fece ristabilire l "'ordine" con
le armi. Gli archimandriti Romano e Timoteo furono imprigionati ad Antiochia, il
detronizzato patriarca Teodosio fu trascinato in un convento a Costantinopoli . Papa
Leone lodò lo sporco lavoro in uno scritto alle loro maestà come opera della loro fede
e "frutto della devozione imperiale" (vestrae fidei opus, vestrae pietatis fructus). La
malattia doveva essere curata e le sommosse riportate alla calma. "Mi compiaccio dun­
que . . . che il Vostro regno, poiché è Cristo a guidarlo, sia quieto, e poiché Cristo lo
protegge, è forte". Leone non smise mai di pregare per Marciano, come gli scrisse due
anni prima della sua morte, "perché la chiesa e la res publica romana, attraverso la
Vostra buona salute, vengono molto favorite da Dio". 1 5

ANCHE SOTTO L'IMP ERATORE LEONE l, PAPA LEONE CHIEDE LA CONTINUAZIONE


DELLE VIOLENZE CONTRO "I CRIMINALI" E CONDANNA OGNI TRATTATIVA

Pulcheria, di cui il papa lodava così volentieri "la cura gradita al Signore di un cuore
santo", non senza aggiungere che "doveva tenersi in esercizio", morì nel luglio 45 3 ;
Marciano invece il 2 6 gennaio 457. Le preghiere d i Leone per l a lunga vita delle loro
maestà rimasero inascoltate.
L' incarico imperiale venne proposto, a quanto sembra, al potente magister militum
Flavio Ardabur Aspar, un "eretico" ariano, figlio di una donna gota e di un nobile
Anche sotto l 'imperatore Leone l, papa Leone chiede violenza 207

alano. Ma Aspar, generale romano dal 424 al 47 1 ma non seguace del l ' ortodossia,
rifiutò (o venne rifiutato). Così il 7 febbraio uno dei suoi ufficiali, secondo alcuni con
il suo aiuto, ottenne la porpora: Leone I (457-474), della cui infondata sfiducia Aspar,
che pure aveva servito sotto tre imperatori , cadde vittima. Infatti Leone, fervente catto­
lico (aveva a cuore la santificazione delle feste, venerava il santo stilita Daniele e si è
guadagnato l ' appellativo "Magno" da parte della chiesa) fece assassinare nel 4 7 1 Aspar
e suo figlio Patrizio, che Leone stesso aveva nominato Cesare. In questo giocò un ruolo
importante anche il cattolicesimo bigotto del monarca nei confronti della sua vittima
ariana e poco entusiasta di Calcedonia. 1 6
Quando, dopo la morte dell ' imperatore Marciano (457), l ' opposizione monofisita si
fece più forte, papa Leone insisté sempre di più sul potere vincolante dei decreti di
Calcedonia; represse "qualsiasi nuova trattazione . . . di ciò che è stato deciso per ispira­
zione divina" o, come scrisse un' altra volta, "ciò che una tale autorità ha stabilito attra­
verso lo Spirito Santo". Così Leone non solo rifiutò un invito a Costantinopoli, ma
istruì i suoi legati a non lasciarsi coinvolgere in alcuna discussione dopo la consegna
del suo scritto dottrinario del l 7 agosto 458 (una sorta di aggiunta allo scritto a Flaviano,
detto perciò in seguito Tomo Il). 1 7
Il romano si scagliò instancabilmente contro ! ' "errore eretico" in Oriente, in parti­
colare a Costantinopoli, Antiochia, e in Egitto. Ovunque volle imporre, come scrisse al
vescovo Giuliano, ciò che a Calcedonia "sotto la guida dello Spirito Santo è stato di­
sposto per il bene del mondo intero" . Per questo "bene" egli si rivolse a vescovi, pre­
sbiteri, diaconi, inviò legati a corte, come per esempio i vescovi Domiziano e Geminiano
il 1 7 agosto 45 8, scrisse ripetutamente al nuovo imperatore Leone, delle cui virtù "lo
stato romano e la religione cristiana possono gioire". Ma come sempre, quando la chie­
sa aspira energicamente al proprio "bene", ne consegue solo il male per gli altri . Papa
Leone spinse l ' imperiale .filius ecclesiae a intraprendere urgenti azioni per il ristabili­
mento della "christiana libertas", il che, quando possibile, significa: togliere la libertà
a tutti gli altri . Scongiurò l ' imperatore perché "memore della fede comune . . . sventasse
gli intrighi eretici", lo aizzò ripetutamente a opporsi alle "mani assassine dei senza
dio", alla "grande malizia", alla "malvagità degli eretici", spingendolo a punire "i cri­
minali". Sostenne l ' epurazione del clero, pretese che il principe "trionfasse sui nemici
della chiesa; poiché per quanto sia grande la gloria per voi nel l ' annientare [ ! ] le armi
dei popoli nemici, quanto sarà grande allora la vostra fama, quando libererete la chiesa
alessandrina dai suoi tiranni ! " Qui si vede chiaramente cosa preme ai papi: annienta­
mento dei nemici esterni dell ' impero e degli avversari interni. "Riconosci, venerabile
imperatore . . . quando devi aiuto alla tua madre chiesa, che si gloria di te come suo figlio
in modo particolare" . Leone "Magno" voleva l ' uso delle armi e della violenza, ma
nessun concilio, nessun dibattito religioso. Aborriva le dispute in generale, e soprattut­
to in ambito di fede. Anche nei confronti dell ' imperatore sottolineò ripetutamente che
208 La guerra nelle chiese e per le chiese

ogni possibilità di una trattativa doveva essere esclusa, e affermò: "Non cerchiamo
vendetta, ma non possiamo associarci con i servi del diavolo". 1 8
Come sempre, arriva un abbellimento sull' intolleranza più radicale. L' ultima frase
di Leone ricorda fatalmente quella già citata e commentata di s. Girolamo : "Anche noi
desideriamo la pace, e non solo la desideriamo, la promuoviamo: ma la pace di Cristo,
la vera pace" (supra p. IO l ). Stessa posizione, stessa ipocrisia.
Gli scritti di Leone indirizzati in Oriente sono vere e proprie lettere sobillatrici con­
fezionate con espressioni pie. Esse girano continuamente intorno allo stesso tema, spin­
gono alla prevaricazione, ali ' eliminazione, ali ' annientamento dell' avversario, che vie­
ne continuamente insultato come malvagio, senza Dio, satanico, criminale, in una paro­
la demonizzato. Solo "l ' anticristo e il diavolo", suggerisce il papa all ' imperatore Leo­
ne I il l dicembre 457, oserebbero assaltare la "fortezza inviolabile". Solo quelli che
"nella malvagità dei loro cuori non si lasciano convertire", che "sotto l ' apparenza della
devozione spargono le loro menzogne e affermano che sono il risultato della ricerca
della verità". Furia scatenata e odio cieco hanno portato ad "azioni che solo con orrore
e cautela possono essere nominate - ma il signore Iddio ha dato a vostra maestà tanta
illuminazione sui suoi misteri . Perciò non dovete mai dimenticare: il potere imperiale
non Vi è stato dato solo per il governo del mondo, ma soprattutto [ ! ] per la protezione
della chiesa (sed maxime ad ecclesia praesidium) . . . Dunque: sarebbe una cosa grande
per Voi se oltre alla corona imperiale riceveste dalla mano del Signore anche la corona
della fede, se poteste celebrare un trionfo anche sui nemici della chiesa ! " 1 9
Sono sempre cristiani e preti quelli di cui il papa chiede la rovina, cristiani e preti
che egli sospetta e aborre, che accusa di menzogna e odio, di furia cieca, che chiama
"anticristo" e "demonio" - uno dei migliori esempi di linguaggio che imperversava fin
dall' inizio nei "migliori" circoli cristiani (v. I, cap. 3).
Molti apologeti, che deprezzano il lavoro di studiosi critici come Erich Caspar, e più
ancora quelli di Eduard Schwartz, Johannes Haller e molti altri come "gravati da una
visione esclusivamente politica", fanno un gran fatica dal canto loro a non interpretare
l ' argomento pri ncipale del papa come politico, bensì, come dice Fritz Hoffmann, come
"puramente religioso" ; ed essi stessi devono "sottolineare" come la "battaglia di
Calcedonia" sia stata per oltre mezzo secolo il "centro di tutte le preoccupazioni dei
papi" e si sia svolta "sul piano politico". 2"
Ma quello che si svolge sul piano politico, puramente e solo politico, è la lotta per il
potere: il potere ali' interno della stessa chiesa, tra chiese concorrenti e nei confronti di
tutti gli altri . La storia lo dimostra ! L' aspetto religioso finisce presto a margine, è solo
un mezzo per raggiungere lo scopo. Il fatto che molti cristiani in buona fede, ben inten­
zionati ma non ben informati la vedano, sentano e vivano diversamente non cambia la
realtà dei fatti. Anche questi cristiani, anche le "forze religiose" appartengono a questa
realtà, la rendono possibile in quanto sua base, sua premessa. Perché tutto quello che
Battaglie di fede tra cristiani 209

resta "privato" e di cui ci si serve in modo cinico e senza scrupoli (con la giustificazio­
ne, l ' autoinganno del "mi fa compassione il popolo"), quello fa la storia, la storia del
mondo: la storia criminale.

BATTAGLIE DI F EDE TRA CRISTIANI

La disputa cristologica, lo scontro tra calcedoniani e monofisiti infiammò in modo a


malapena immaginabile l ' i mpero romano d' Oriente, a partire dalla metà del V secolo e
per tutto il VI secolo. Non c ' era fine alle diffamazioni, deposizioni, esili, agli intrighi,
agli omicidi e ai pestaggi . Una parte della cristianità cercava di eliminare la formula di
Calcedonia, l ' altra cercava di imporla. Sebbene divisi, i monofisiti erano compatti nel­
la resistenza contro il "maledetto" sinodo, Calcedonia e Roma. Le violenze invocate da
parte dell' ortodossia, spesso concesse dal governo, le persecuzioni e i martiri serviro­
no solo a rafforzare l ' odio confessionale e la resistenza. E i compromessi cercati da
alcuni imperatori, le loro occasionali concessioni, tutto fallì a causa della renitenza del
cattolicesimo. Natural mente si trattava anche di ben altro che delle chiacchiere
cristologiche sul dogma del la doppia natura: si trattava dell ' influenza, del potere e del
denaro, e non da ultimo del nazionalismo della Siria e dell' Egitto. Infatti dietro ogni
illusione teologica c ' è sempre una lotta "nazionale" per l ' esistenza dell' Oriente. Oltre
a questo bisogna sottolineare la contrapposizione sociale tra i nativi, semiti siriani,
fellah della valle del Nilo e copti, e la più esigua, più o meno colta classe dei greci,
ricchi proprietari terrieri che si riconoscevano nella chiesa imperiale, spalleggiati da
funzionari statali, polizia, ufficiali e clero. Da questa classe dirigente straniera che li
sfruttava senza alcuno scrupolo, i nativi cercavano protezione presso gli ammirati mo­
naci , che naturalmente li manovravano a modo loro. 2 1
Sullo sfondo, la messinscena della fede.
In particolare ad Alessandria, il centro de li' opposizione, si sollevarono gli avversari
di Calcedoni a. E se papa Leone I aveva parlato nel 454 de li' oscurità "che nidifica in
Egitto", ecco che l ' oscurità si faceva più fitta. 22
Al patriarca alessandrino Dioscoro l, deposto a Calcedonia come seguace di Eutiche,
era succeduto il cattolico Proterio (45 1 -457), fedele al concilio (che però fece subire a
Leone una sconfitta nella disputa per il computo della Pasqua, che Roma incassò con
rabbia) . Subito dopo la morte di Marciano, il 26 gennaio 457, a Proterio venne opposto
il monaco monofisita Timoteo (457-460), detto A iluros (''donnola"), fedele a Dioscoro,
nominato ufficialmente da due vescovi il 1 6 marzo. Già da anni egli doveva aver aizza­
to i monaci di Alessandria contro Proterio, apparendo di notte in veste di angelo nelle
celle degli anacoreti e intimando loro di nominare vescovo Timoteo (cioè lui stesso) e
di liberarsi di Proterio. Se questa storia è vera, essa mostra cosa ci si può aspettare da
210 La guerra nelle chiese e per le chiese

questi monaci; se falsa, mostra che al mondo ci si può aspettare comunque qualsiasi
cosa. Timoteo Ailuros venne arrestato dai governatori i mperiali, e lo scacciato Proterio
riportato dai soldati ad Alessandria, dove però il 28 marzo 45 8 fu assassinato da un
gruppo di cristiani furenti durante la messa nella chiesa di Quirino, il giovedì o venerdì
santo. Il suo corpo venne scempiato, fatto a pezzi e bruciato (la chiesa romana lo fe­
steggia come santo il 28 febbraio).
Successivamente l ' arcivescovo Timoteo Ailuros (Leone I lo chiama "scellerato
parricida", e comunque il beneficiario del l ' omicidio fu lui) "ripulì" l ' episcopato egi­
ziano dagli avversari . Tutti i vescovi che si opposero vennero uccisi. Scagliò il bando
contro il papa e contro i patriarchi di Costantinopoli e Antiochia durante un sin odo ad
Alessandria: apparentemente fu una vendetta per la caduta di Dioscoro, l ' ascesa di
Costantinopoli e per il silenzio sulla cristologia cirillica a Calcedonia. Nel 460, però,
l ' imperatore Leone fece allontanare l ' alessandrino, sempre su forte pressione del papa,
che inondava l ' Oriente di posta e spingeva il reggente ad essere non solo signore del
mondo ma anche protettore della chiesa. Timoteo Ailuros venne esiliato, dapprima in
Paflagonia e poi in Crimea. Il soglio alessandrino andò a Timoteo Salofakiolo: un "nuovo
Davide per mansuetudine e pazienza" (vedi Davide: v. I, 8 1 ss.). 23
Leone inviò nell' agosto 460 lettere di auguri e di diffida in Egitto, l ' ultima posta
rimasta. Si congratulò calorosamente con il nuovo vescovo, lodò l ' imperatore per la
punizione del predecessore, lo "scellerato parricida", e morì nell' autunno dell ' anno
seguente, il l O novembre. 24
Leone I, la prima figura eminente di papa della storia, dotato sia come pragmatico
che come dottrinario, ricorda nel suo comportamento, come già sottolineato puntual­
mente da Haller, non tanto un leone quanto una volpe. Sapeva essere devoto all ' impe­
ratore Leone in modo così spudorato da sembrare di ritenerlo il portabandiera del
cesaropapismo (supra p. 1 80 s . ) ; e sapeva, al momento opportuno, voltare le spalle
all ' imperatore per rivolgersi a più alti sovrani. Sempre diplomatico, sapeva avanzare e
ritirarsi, inchinarsi e innalzarsi come nessun altro. Più di tutto però gli riusciva di tor­
mentare il clero stesso. Sapeva rimproverare veri santi ed elevare "miseri" schiavi al
rango di sacerdoti. Pretendeva dalle pecorelle umiltà e mitezza e rivendicava per sé
nella chiesa il potere decisionale sopra tutti, il rango e l ' onore più elevati - sempre però
con il vantaggio della modestia. Ma soprattutto egli sapeva, e questo era poco cattoli­
co, perseguitare e far perseguitare senza alcuno scrupolo, facendo incarcerare, bandire
e annientare fisicamente, laddove predicava l ' amore per il prossimo e per il nemico, il
perdono assoluto e la rinuncia a qualsiasi vendetta. Tirò ripetutamente gli imperatori
dalla propria parte senza mai veramente essere dalla loro, senza preoccuparsi troppo
del declinante i mpero d ' Occidente, la cui debolezza utilizzò per i propri scopi e del cui
ultimo potere si servì contro l ' Oriente, anche se negli ultimi anni con sempre minor
successo. Le decisioni di Leone hanno influenzato per secoli il diritto ecclesiastico. E
Papa llaro, l 'imperatore A ntemio 21 1

la sua autorità era tale che le sue lettere diventarono l ' oggetto preferito dei mentitori
cristiani. 2 5

PAPA ILARO, L'IMP ERATORE ANTEMIO E LE CRISTIANE STRAVAGANZE DEI BRIGANTI REGGENTI

A Leone succedette il 1 9 novembre il sardo Ilaro ( 46 1 -468) - "non per merito, ma per
grazia divina" - quel diacono della chiesa romana che era scappato precipitosamente
dal "sinodo dei briganti" e che aveva costruito una cappella a Roma in segno di grati­
tudine per la sua salvezza (supra p. 1 5 1 ).
La sua esperienza orientale l ' aveva segnato profondamente. Scrisse quasi esclusiva­
mente a corrispondenti occidentali, in particolare vescovi spagnoli e galli. Per contro
non esiste, nei suoi sette anni di pontificato, nemmeno una singola lettera sul problema
cristologico di Calcedonia, e a parte un piccolo frammento, nessuna lettera indirizzata
in Oriente ! I burrascosi rapporti con la Gallia del Sud, le razzie germaniche in quelle
regioni, l ' usurpazione del seggio vescovile di Narbona da parte di Ermes, la sua parzia­
le delegittimazione, l ' annosa rivalità tra Arles e Vienne, certi movimenti in Spagna,
tutto ciò non è sufficiente a spiegare questo fatto. Il papa ebbe comunque il tempo di
perseguitare i "macedoni" a Roma (favoriti dall ' imperatore Antemio), di indulgere ad
una prepotente passione per l ' edilizia, decorando ulteriormente il Laterano e, dopo il
saccheggio dei Vandali, anche altre "case di Dio" : s. Pietro, s. Paolo, s. Lorenzo. La
chiesa romana era già la più ricca del mondo cristiano, molto più ricca della stessa
chiesa di Costantinopoli e di Alessandria. Mentre la città si impoveriva e decadeva
sempre più, le basiliche prosperavano in un lusso favoloso: fonti battesimali adorni di
cervi d' argento, confessionali con archi d' oro, croci incastonate di pietre preziose, al­
tari scintillanti di gioielli . . . Ma in tutta la corrispondenza del papa: "Non un solo pro­
blema religioso . . . " (Ullmann). 26
In politica estera Leone I, l ' imperatore bigotto intraprese, molte generazioni prima
di Giustiniano, il tentativo di annientare il regno ariano dei Vandali, la cui religione era
oggetto dell' odio dei cattolici romani quanto la stirpe germanica.
Poiché dal 465 non c ' era più un imperatore d' Occidente, Leone nominò Cesare il
genero di Marciano, Antemio, nel 467 . Antemio, già vincitore sugli Ostrogoti e gli
Unni, calò in Italia con un esercito, venne nominato Augusto e minacciò Genserico di
muovergli guerra anche dal l ' impero romano d' Oriente in caso di ulteriori aggressioni a
Roma. Quando Genserico rispose dichiarando guerra, l ' impero d' Oriente armò un eser­
cito per l ' incredibile somma di 64.000 libbre d' oro e 70.000 d ' argento, che compromi­
se le finanze bizantine per i secoli successivi. Ma l ' eretico regno germanico doveva
sparire dall' Africa. In ogni caso la guerra di Leone contro i Vandali, nella quale suo
cognato Basilisco, fratello dell ' imperatrice Verina, comandò nel 468 circa 1 1 00 navi e
212 La guerra nelle chiese e per le chiese

l 00.000 uomini, numero sicuramente esagerato, fu un fiasco totale; malgrado avesse la


vittoria in tasca, all ' ultimo momento i cristiani soccombettero all ' astuzia del vecchio
Genserico, che incassò ancora una volta il bottino delle razzie compiute in Oriente. 27
L' imperatore Antemio (467-472) era neutrale dal punto di vista religioso, se non ad­
dirittura, in segreto, avverso ai cristiani. Elesse prefetto cittadino un vecchio filosofo
pagano e si attirò l ' ostilità di papa Ilaro. La sua tolleranza verso pagani ed "eretici"
suscitò diffidenza e alla fine egli cadde vittima di Ricimero, l ' onnipotente faccendiere
imperiale dell ' Occidente (infra p. 22 1 ) che si sentì minacciato nella sua posizione. Que­
sti elevò al rango di Augusto il senatore Flavio Anicio Oli brio (marito di Placidia, figlia
di Valentiniano III) nel 472 e conquistò Roma dopo cinque mesi di guerra civile. Un
gran numero di Germani di fede ariana scorrazzò l' I l luglio nella città piegata dalla
fame e dalla pestilenza, uccidendo e depredando. Secondo un antico resoconto, sebbene
le fonti non siano concordi, solo l ' area vaticana, già piena di conventi e chiese compresa
s. Pietro, venne risparmiata; Antemio invece fu fatto a pezzi durante una battaglia nella
chiesa di s. Crisogono. Ma già il mese successivo, a metà di agosto, morì Ricimero
stesso (venne seppellito nella chiesa di s. Agata in Suburra, da lui costruita o rinnovata).
Poche settimane dopo, anche lui vittima della peste, lo seguì Oli brio. 2K
Poiché all ' inizio del 474 morì anche l ' imperatore Leone a Costantinopoli, non fu
possibile un' altra ingerenza in Occidente, dove nel frattempo si era riacceso il conflitto
con Genserico. In Oriente nel frattempo lo scontro religioso scuoteva l ' impero in modo
tale che entrambi i reggenti successivi vennero più o meno incontro ai monofisiti, tra
siparietti politici degni della ribalta.
Leone I aveva designato nel 473 suo nipote, il figlio di Zenone, come co-reggente e
suo successore. Dopo la morte di Leone ( 1 8 gennaio 474), Zenone (vero nome Tarasis
Kodissa, 474-475 e 476-49 1 ) uno dei più odiati capi dei briganti isaurici, si fece inco­
ronare co-reggente e primo imperatore dal patriarca. Suo figlio minore, Leone II, non
sopravvisse all ' anno. Allora la vedova dell ' imperatore Verina cercò di far ottenere la
porpora al suo amante, e simulò allora per Zenone una rivolta di palazzo. Nel gennaio
475 l ' imperatore se la filò a gambe in spalla, mentre la popolazione cristiana del la
capitale trucidava gli isaurici. Per diciotto mesi il trono non andò all ' amante di Verina,
ma contro ogni previsione al fratello di lei, B asilisco (475-476), il querulo sconfitto
della guerra contro i Vandali, forse di origine germanica. Egli inviò contro Zenone uno
dei suoi parenti, un altro capo banda isaurico, Illos, cristiano ortodosso che si fece
corrompere con grandi promesse. Ma invece di eliminare Zenone, Illos si schierò di
nuovo dalla sua parte e cominciò a lavorare per il suo ritorno a fianco del patriarca
Acacio. Alla fine di agosto 476 Zenone riconqui stò il potere, non con la guerra (era già
sul punto di fuggire davanti al comandante dell' esercito di Basilisco, il già citato amante
dell ' imperatrice, un galante ben noto in città) ma con doni e promesse. Mantenne il
potere a dispetto del l ' odio del popolo e dei senatori, dell' incessante guerra civile, men-
Papa Simplicio corteggia l 'usurpatore Basilisco 213

tre fece assassinare l ' usurpatore Basilisco insieme alla moglie e a l figlio e tormentò i
suoi conterranei peggio di prima. 29
I disordini politici non fect<ro che complicare quelli religiosi.
Proprio l ' imperatore Basilisco, che morì di fame con la sua famiglia in una cisterna
dell' Asia Minore, aveva cercato, dopo la rivolta contro Zenone, di sostenere il proprio
potere con una rigida politica monofisita. Sotto l ' influenza del patriarca Timoteo Ailuros,
rientrato dopo sedici anni di esilio, revocò semplicemente le risoluzioni di Calcedonia
e il Tomus di Leone, e vi impose il bando, poiché esse portavano solo sommosse e
discordia. Tutti coloro che non sottoscrivevano il nuovo decreto, il cosiddetto Enkyklion
(giunto in due diverse redazioni) venivano minacciati dell ' accusa di eresia secondo la
legge di Costantino e Teodosio II, e più di cinquecento vescovi sottoscrissero all ' istan­
te la professione di fede "eretica" ! Oltretutto si trattava del primo "decreto di fede"
emanato da un imperatore senza un si nodo. E la maggior parte di quei vescovi, poco
prima, s otto Leone, aveva riconosciuto i princìpi di Calcedonia, cioè l ' opposto . . . Jo
I teologi non conoscono imbarazzo, né vergogna.
Timoteo Ailuros trionfò e ritornò in auge, accolto entusiasticamente ad Alessandria
dopo il lungo esilio. Ad Antiochia, nuovo teatro di disordini dopo Alessandria e
Gerusalemme, divenne vescovo Pietro Fullo, un monaco monofisita, anch ' egli per la
seconda volta. Già una volta egli aveva scacciato il patriarca cattolico Martirio (459-
47 1 ), ma era stato poi deposto e arrestato dall ' imperatore Leone nel 47 1 , deportato in
Egitto e infine relegato nel convento super-ortodosso di Akoimeten, presso Costanti­
nopoli. Tuttavia a Pietro Fullo riuscì (dal 485 al 488), di tornare sull ' ambito seggio di
Antiochia, allora roccaforte dell' ortodossia, e a morirvi in veste di patriarca - non pri­
ma comunque di aver definitivamente battuto il suo sostituto, Giovanni di Apamea,
che lui stesso aveva nominato vescovo, poi il successore di questi , il calcedoniano
Stefano II (477-479), ucciso in una sommossa; Stefano III morì dopo pochi anni e il
suo succe ssore, Calandio, venne scacciato. J l
"La chiesa antica è tornata d i moda" si rallegra oggi Frits van der Meer, "perché s i è
di nuovo consapevoli del fatto che l ' acqua, vicino alla fonte, sgorga più forte". )2

PAPA SIMPLICIO CORTEGGIA SIA L'USURPATORE BASILISCO SIA L'IMPERATORE ZENONE

Nel frattempo a Roma a Ilaro era succeduto Simplicio (468-483). E il nuovo papa, che
mise di nuovo al centro del suo ufficio la politica verso l ' Oriente, lusingò l ' usurpatore
non meno del legittimo regnante: in parole povere si comportò come innumerevoli altri
papi nella stessa situazione.
"Già quando guardo alla venerazione con la quale mi sottometto agli imperatori
cristiani" così cominciava un sedizioso omaggio da lui scritto il l O gennaio 476, "sento
214 La guerra nelle chiese e per le chiese

il desiderio di esprimere questo sentimento in un infinito scambio epistolare con Voi".


Simplicio parla della sua "venerazione affettuosa e sottomessa a Vostra Maestà", del
suo impegno "a salutare debitamente Voi , glorioso e grazioso figlio e imperatore".
Subito dopo flagella "i crimini del l ' eresia" i n Oriente, i n particolare "l ' assassino
Timoteo", che ha "riacceso il fuoco della passata furia", "chiamato a raccolta una
masnada di uomini corrotti" (sempre cristiani ! ), "si è nuovamente impadronito della
chiesa di Alessandria, che già aveva macchiato col sangue di un vescovo, e sentiamo
ora che ha anche scacciato l ' attuale legittimo vescovo . . .
I l mio spirito, graziosa Maestà, rabbrividisce a l pensiero d i ciò che questo 'gladiatore'
ha fatto. Ma più di tutto, lo dico apertamente, mi ha indignato il fatto che tutto ciò sia
accaduto per così dire sotto gli occhi di Vostra Maestà. Chi non conosce o chi mette in
dubbio" (e qui accarezza di nuovo la barba dell' usurpatore) "la devozione di Vostra
Maestà e il Vostro impegno per il diritto della vera fede? Pure il volere divino ha stabi­
lito che voi per il bene dello stato siate diventato grande grazie agli esempi di virtù di
entrambi gli imperatori Marciano e Leone, che siate stato guidato da loro alla comu­
nione con la verità cattolica, così che nessuno dubiti che Voi siate loro successore nella
fede e nella carica imperiale". E dopo aver esposto ovviamente a Basilisco che "tra le
tante questioni di cui il sovrano deve preoccuparsi , innanzi tutto vengono quelle che
proteggono la sua signoria", che dunque "l ' adempimento del dovere verso i cieli è da
anteporre a tutte le altre cose", "senza il quale nulla può avere stabilità", si appella a lui
"con la voce del beato apostolo Pietro, come ministro del mio soglio: non lasciate che
i nemici dell' antica fede agiscano impuniti se volete che i vostri stessi nemici vi restino
sottomessi . . . Non tollerate che la fede, l ' unica nostra speranza del bene . . . venga ferita
in qualsiasi modo, se volete che Dio sia benevolo con Voi e il Vostro stato". 33
Il sovrano dunque doveva ancora una volta proteggere la vera fede cattolica ed al­
lontanare Ailuros, che non solo era un assassino, ma era addirittura peggiore di Caino,
un "Antichristus" e "divini culminis usurpator", mentre l ' usurpatore imperiale poteva
ben essere salutato dal papa come "christianissimus princeps" . In realtà l ' Enkyklion,
che rese il monofisismo confessione imperiale, e richiamò subito la resistenza decisiva
del patriarca di Costantinopoli, Acacio (472-489) che cospirava con Zenone, venne
formalmente revocato con un anti-Enkyklion. Il patriarca era un eminente politico, sem­
pre più al centro degli attacchi di Roma; fu il primo vescovo della capitale che si attri­
buì il titolo di "patriarca ecumenico" (universalis patriarcha), ignorò il referre ad sedem
apostolicam e aveva senz' altro in mente ben più che la difesa della vera fede : la real iz­
zazione delle sue ambizioni di patriarca, i diritti del suo trono, l ' applicazione del cano­
ne 28. Per questo pregò addirittura lo stilita Daniele, venerato dalle masse, di scendere
dalla sua colonna nei pressi di Costantinopoli e lo mandò, insieme ad una folla immen­
sa, dall' elusivo Basilisco: una raffinata dimostrazione, tanto riuscita per il patriarca
quanto penosa per l ' imperatore. "Il nemico della santa chiesa è stato costretto in ginoc-
Papa Simplicio corteggia l 'usurpatore Basilisco 215

chio", gioì l a Vita St. Danieli Stylitae. Più probabilmente B asilisco aveva ragione di
temere Zenone, militarmente superiore, che in Isauria si preparava al contrattacco. Così
Basilisco revocò dopo pochi mesi (in una forma controversa) il "decreto di fede" e
riconobbe, in un nuovo editto, il suo esatto contrario: "che la fede apostolica e ortodos­
sa . . . resta valida e immutata e che regni per sempre in tutte le chiese cattoliche e
apostoliche . . . ". Tuttavia anche l ' usurpatore venne cacciato dal trono alla fine di agosto
476, malgrado lo scarso amore del popolo per Zenone. Sembrò più una punizione divi­
na che un successo del redivivo imperatore, presso il quale si recarono folle di preti a
prestare omaggio. "Che mutamento per mano dell' Altissimo" gioì a questo punto an­
che papa Simplicio, e pretese ancora una volta la rimozione e l ' esilio dei suoi avversari
orientali, di Paolo di Efeso, di Pietro Fullo, di Timoteo Ailuros e di molti altri ; pretese
un "esilio senza ritorno" per i "tiranni della chiesa". Il papa si adattò immediatamente
alla nuova situazione. Fece come se (vecchio trucco pretesco, in uso fino ai tempi
successivi al nazi smo) non avesse mai avuto contatti con Basilisco (prima "glorioso e
grazioso figlio e imperatore" e "christianissimus princeps", poi "tiranno" ; per il suc­
cessore Felice III "il tiranno eretico"). Come se non avesse mai ambito al suo favore
come a quello di Zenone adesso, come se non avesse mai evocato a suoi modelli Mar­
ciano e Leone come adesso faceva per Zenone ! L' epistola papale "gronda di untuosa
sottomissione, di lusinga devota e di entusiastiche lodi per l ' imperatore" (Ullmann) .
Zenone aveva reso immensamente felice il romano con una professione di fede or­
todossa, e dispose anche, su sua pressione, la messa al bando di Timoteo Ailuros e il
suo arresto, che fu impedito dalla sua morte (per autoavvelenamento) avvenuta il 3 1
luglio 477 . Il suo arcidiacono monofisita e successore Pietro III Mongos riuscì a man­
tenere il soglio patriarcale solo 36 giorni. Poi un ' opposizione di monaci lo riconquistò
con la forza al cattolico Salofakiolo, con conseguenti scontri sanguinosi in città. Pietro
Mongos venne condannato alla deportazione, ma sfuggì e si nascose. Alessandria ebbe
allora due patriarchi : uno che tutti vedevano e a cui nessuno badava; e un altro a cui
tutti badavano ma nessuno vedeva.
A Zenone, che aveva ripreso a Costantinopoli il suo potere con l ' aiuto dell ' ortodos­
sia e di Acacio, interessava comprensibilmente più la sua città che Roma o il suo servi­
le vescovo, e decretò senza mezzi termini : "La chiesa di Costantinopoli è madre della
devozione nostra e di tutti i cristiani ortodossi, e al santo soglio della nostra città spet­
tano per sempre tutti i privilegi e gli onori del diritto alla nomina dei vescovi, e il
primato su tutti gli altri riconosciuti al momento della nostra nomina". Allo stesso
tempo Zenone cercò di mediare tra i due partiti rivali, emanando nel 482 una dichiara­
zione formale di fede, in forma di lettera indirizzata ai cristiani di Alessandria, Egitto,
Libia e Pentapoli. 34
216 La guerra nelle chiese e per le chiese

L' HENOTIKON - UN TENTATIVO DI UNIF ICAZIONE RELIGIOSA OSTEGGIATO DA ROMA,


DIVIDE ANCOR P IÙ PRO F ONDAMENTE L'IMPERO E LA CRISTIANITÀ

L' Henotikon (formula di "riunificazione" : definizione di origine volgare che il distinto


papato anche in seguito si rifiutò di pronunciare) rappresentò il capolavoro del patriar­
ca Acacia e del suo amico Pietro Mongos : una tipica espressione del pensiero della
chiesa imperiale, il tentati v o di un' equiparazione tra cattolici e monofisiti che invece li
divise ancora più radicalmente. L' Henotikon voleva riconciliare, nell ' interesse del­
l' unità dell ' impero la cui premessa era considerata l' unità della fede, monofisiti e difisiti,
ma soprattutto intendeva pacificare l ' Egitto e la Siria e rafforzare lo stato, cosa tanto
più necessaria in quanto sull ' imperatore premevano sia gli Ostrogoti che generali ri­
belli come Illos.
L' Henotikon formalmente non era eretico. Si basava essenzialmente sulle risoluzio­
ni dei concili di Nicea (325) e Costantinopoli ( 3 8 1 ) . Conservava l ' unicità della natura
di Gesù e la sua equiparazione con il "padre", così come l ' espressione "madre di Dio",
la cristologia cirillica dei "dodici anatematismi", la condanna degli "'eretici" Eutiche e
Nestorio (Zenone fece completamente distruggere la scuola nestoriana di Edessa nel
489). Per contro il documento prendeva una posizione opposta su questioni controver­
se. Evitava complicazioni dogmatiche, certe formulazioni di Calcedonia, le cui regole
ignorava, in particolar modo i precari e pericolosi concetti di "persona" e "natura" .
Con l ' i nosservanza dei punti cruciali (una o due nature : di Cristo si dice solo che è
"uno e non due") l ' imperatore Zenone, devoto cristiano, voleva conquistare i monofisiti
alla chiesa imperiale, voleva ricomporre il clero su una linea mediana e assicurare così
all ' impero un culto unitario e la pace religiosa. "A chi pensa o dice sempre qualcosa di
diverso, allora come oggi, a Calcedonia come in qualunque altro sinodo, noi diciamo:
Anatema ! " Ugualmente deciso, se non più risoluto, un secolo prima un altro imperato­
re, Teodosio I, aveva imposto la fede ortodossa, il 28 febbraio 380 (v. I, 362 s . ) . 35
Ma anche il tentativo pacifico, così come le repressioni sanguinose, non portò ad
alcuna unità. L' Henotikon non tranquillizzò né gli ortodossi né i monofisiti . l singoli
vescovi si regolarono come meglio ritennero, come scrisse Evagrio di Antiochia (tra
parentesi, tra tutti gli storici della chiesa dell' antichità, quello che aveva la più alta
carica dello stato). Gli avversari cristiani non "si incontrarono più. Ci furono molte
divisioni da allora, in Oriente e in Occidente, in Africa. . . la cosa diventò ancora più
assurda, visto che nemmeno i vescovi orientali tennero più riunioni". Infatti in Oriente,
dove l ' Henotikon era stato sottoscritto dai patriarchi monofisiti di Alessandria (Pietro
Mongos, il "balbuziente", il seguace più importante di Timoteo), di Antiochia (Pietro
Fullo), più Martirio di Gerusalemme e altri prelati, esistevano quattro gruppi cristiani
rival i : uno per Calcedonia senza l ' Henotikon ; uno per Calcedonia e per l ' Henotikon ;
uno contro Calcedonia e per l ' Henotikon, e infine uno contro Calcedonia e contro
L 'Henotikon - un tentativo di unificazione religiosa 217

l ' Henotikon. C ' erano sempre nuove divisioni; severiani, giulianisti, agnoeti, damianisti,
cononiti, niobiti, eccetera, che diffondevano dottrine più o meno contrarie sulla natura
di Cristo e sulla risurrezione del corpo. I monofisiti non accettarono mai tutti l' Henotikon,
come l ' ala estremista degli Akefaloi. 36
Comunque l ' editto di Zenone, come da intenzione originaria, sarebbe riuscito a pla­
care la guerra ecclesiastica in Oriente, se questa non fosse stata fomentata dall ' esterno
dal vescovo di Roma. L' Henotikon, una pura professione di fede imperiale, lo aveva
completamente scavalcato, nemmeno interpellato. Proprio il suo più acerrimo rivale,
Acacio di Costantinopoli, che fin dal l ' inizio aveva cercato una conciliazione tra
calcedoniani e monofisiti su una linea intermedia, aveva appoggiato e diretto gli sforzi
di intermediazione del governo. Inoltre il papato rifiutò per principio qualsiasi tipo di
soluzione di compromesso in questioni dogmatiche e tenne fede alla propria posizione.
Infine, si attenne tanto più rigidamente alle risoluzioni di Calcedonia in quanto la chie­
sa romana aveva avuto voce in capitolo nella loro formulazione, per la prima volta in
un sinodo imperiale. "Tutte le decisioni precedenti erano state raggiunte senza il suo
contributo, solo da vescovi e teologi della chiesa orientale" (Dannenbauer) . 37
E così papa Simplicio, a differenza del suo predecessore Ilaro, riprese la tradizione
di Leone I con molto meno talento. Nessuna mediazione, se a farne le spese erano le
sue ambizioni universalistiche.
Imperterrito, egli chiamò l ' Oriente alla guerra contro l ' eresia, e giudicò male sia
Acacio, eminente politico a lui molto superiore, che l ' imperatore, dal canto suo preso a
malapena sul serio dai due prelati e il più delle volte ignorato educatamente. Il papa
minacciò ripetutamente Acacio di convertire in esilio permanente il bando degli "ereti­
ci", di escluderli dal la comunità degli uomini con una disposizione i mperiale, di
emarginarli come appestati e non concedere loro alcuna soddisfazione, anche al lati­
tante Pietro Mongos, "compagno e principe degli eretici", che doveva essere stanato
dal suo nascondiglio e spedito in una terra lontana. Qualsiasi accendersi dell' eresia
doveva essere impedito. Non poteva esserci pace. Il patriarca doveva incessantemente
fare pressione sul monarca perché proteggesse il cattolicesimo con la forza. 38
L' opposizione imperiale all ' eresia sembrava troppo debole a Simplicio. Non gli pia­
ceva nemmeno che il patriarca di corte di Zenone ordinasse i l patriarca di Antiochia,
indipendente da Costantinopoli, vedendo in ciò un' intollerabile ascesa del potere di
Acacio. E quando ad Alessandria morì il da poco nominato Timoteo Salofakiolo (feb­
braio 428), i cattolici scelsero il monaco Giovanni Talaia, ma l ' imperatore e Acacio
misero sul trono, al posto dello spergiuro traditore, il vecchio amico di Timoteo Ailuros,
il vescovo scismatico Pietro Mongos, bandito dalla chiesa cattolica come "socius
haereticorum", come scrisse papa Simplicio ad Acacio, il diffusore dell' eresia militante,
come scrisse all ' imperatore (nessuno dei due rispose: "nullum responsum", constatò
meravigliato il successore Felice). Allora lo scontro con Roma esplose apertamente. 39
218 La guerra nelle chiese e per le chiese

C OMINCIA LO SCISMA ' ACACIANO', E CON ESSO L'ALTO TRADIMENTO DELLA CHIESA

I vescovi orientali e quelli occidentali, in particolare i romani, erano concordi su un


unico punto: l ' interesse nel potere politico e nel potere personale. L' Handbuch der
Kirchengeschichte constata molto giustamente che il groviglio inestricabile della chie­
sa d' Oriente "non poteva essere risolto con le formule, perché non era nato dalle for­
mule; era una questione di personalità, da risolvere con le personalità" (Beck). Ciò
significa però: con gli interessi di potere personale che sempre più si intrecciavano con
quelli della "grande" politica e rendevano lo scontro più duro. 40
L' i mperatore Zenone, quando ancora seguiva una politica religiosa ortodossa, ave­
va deposto Pietro Mongos, ma non aveva disposto il suo bando, malgrado i tentativi
del papa. Ora che si trattava di mediare e di conquistare i sudditi monofisiti, Pietro
poteva tornargli utile, e lo reintegrò alla morte di Salofakiolo nel febbraio 428 . Infatti
l ' Henotikon, una formula moderata con la quale l ' imperatore cercò di comporre il dis­
sidio religioso e riportare la chiesa orientale sotto la propria guida, era stata proprio
elaborata (482-490) da Pietro Mongos, mente risoluta ed energica, insieme al patriarca
Acacio. 4 1
Il candidato del papa invece era stato Giovanni I Talaia. Questi aveva dovuto giurare
al l ' imperatore, davanti al patriarca e ai senatori, di non diventare mai vescovo, a causa
del suo legame con l ' isaurico Illos. Dopo la morte di Timoteo Salofakiolo, Giovanni
Talaia si era fatto immediatamente ordinare ad Alessandria come successore, rompen­
do il giuramento. Zenone, indignato, lo destituì, e mise al suo posto Pietro Mongos. E
mentre i monaci di Talaia marchiavano il nuovo patriarca, che era monofisita ma favo­
revole all ' Henotikon, come "eretico", Talaia si rivolse al generale Illos, da tempo assai
influente a corte, proprio mentre questi preparava piani di rivolta contro l ' imperatore.
Il militare si era già alleato contro Zenone con il patriarca cattolico Calandio ad
Antiochia, e cercò anche di contattare Odoacre, governatore germanico in Italia, col
quale papa Simplicio aveva già in corso delle trattative. Talaia fuggì allora ad Antiochia,
dove si trovava Illos, al quale egli come amministratore della chiesa alessandrina "fa­
ceva ricchi regali" (il gesuita Bacht). Da Illos proseguì poi nel 483 dal papa, al quale,
su consiglio di Illos e del patriarca di Antiochia, si era appellato. Poco prima del suo
arrivo papa Simplicio morì in seguito ad una lunga malattia ( l O marzo 483), ma i l suo
successore Felice, eletto sotto evidente pressione di Odoacre, attaccò energicamente
l ' imperatore nello stesso momento in cui, in Asia, Illos si ribellava appoggiato dal
patriarca di Antiochia, a sua volta alleato di Giovanni Talaia e del papa ! 42
Papa Felice III (483-492; si chiamò terzo, anche se Felice II era stato un antipapa),
proveniva dall' alta aristocrazia romana. Fu il primo papa ad iniziare il pontificato dopo
il crollo del l ' i mpero romano d' Occidente, subito pronto a collaborare col nuovo signo­
re germanico. Sposato prima della carriera ecclesiastica, s. Felice aveva una quantità di
Comincia lo scisma 'acaciano ' 219

figli, ed era a sua volta figlio d i u n prete e probabilmente bisnonno d i papa Gregorio I
(''Magno"). 43
Dopo l ' intervento di Giovanni Talaia il nuovo capo della chiesa romana protestò. Il
suo agire era decisamente più energico di quello del suo servile predecessore. Inesper­
to in faccende curiali, aveva una cancelleria efficiente, al cui vertice stava Gelasio,
futuro papa. Ancora nel 483 Felice inviò una legazione a B isanzio composta dai vesco­
. vi Vitale di Trento e Miseno di Cuma e presentò a Zenone, pur senza attaccare diretta­
mente l ' Henotikon, il concilio di Calcedonia come la "giusta via di mezzo", mentre
Zenone la vedeva chiaramente nell' Henotikon stesso. Invano Felice invitòAcacio, in
un altro scritto - una raffinata mistura di orgoglio, malcelata mordacità e citazioni bibliche
ad hoc - a "giustificarsi davanti a s. Pietro" e al suo sinodo a Roma. Acacio, che man­
teneva ed espandeva energicamente il suo potere, non ci pensava proprio. Egli era,
secondo il diritto ecclesiastico i mperiale, di rango uguale al romano, ma si sentiva in
quanto "papa" d' Oriente, notevolmente superiore . In effetti i vescovi romani , nono­
stante le polemiche sempre più furiose, le questioni di principio e le pretese, restavano
dal punto di vista giuridico, fattuale, in un certo senso perfino spirituale, abbastanza
i mpotenti , quasi una quantité negligeable, in ogni caso, rispetto ai signori di
Costantinopoli. Perciò A cacio fece imprigionare e corrompere i vescovi Vitale e Miseno
al loro arrivo ad Abido ; essi cedettero vergognosamente e parteciparono addirittura ad
una messa officiata dal patriarca. Il papa allora fece deporre, scomunicare e maledire
irrevocabilmente Acacio, "che arrestando i miei ha arrestato me", da un si nodo romano
il 28 luglio 484, e con lui ogni vescovo, prete o monaco che con lui avesse mercati: il
primo grande scisma tra Oriente e Occidente. "Dio", spiegò Felice nella sua sentenza
solenne, "ha scacciato [ Acacio] con una sentenza celeste dalla carica di vescovo". "Sappi
che sei escluso dalla carica di vescovo così come dalla comunità dei cattolici e dal
novero dei credenti, giudicato dal tribunale dello Spirito Santo e dalla nostra autorità
apostolica, e mai sarai liberato dall' anatema".
Il giudizio del sinodo romano, sottoscritto dal papa e da 77 vescovi, venne portato a
Costanti nopoli dal defensor Tuto (secondo una versione dubbia, alcuni monaci del­
l' opposizione del convento di Akoimeten avrebbero appuntato al pallio di Acacio la
bolla della scomunica durante la messa domenicale, finendo in parte uccisi, in parte
arrestati). Tuttavia anche il defensor ecclesiae Tuto cedette alle pressioni e si fece cor­
rompere, e quindi fu licenziato dal papa come i legati Vitale e Miseno. Durante una
messa solenne avevano preso la comunione con Acacio e avevano riconosciuto il pa­
triarca monofisita di Alessandria Pietro Mongos. Undici anni dopo papa Gelasio I
riammise Miseno, per non rischiare che il pentito morisse di vecchiaia o malattia senza
aver fatto pace con la chiesa. L' altro legato Vitale probabilmente era già morto. . . 44
S . Felice III, preoccupato per la salute dell ' anima imperiale e invocando in chiusura
"il seggio del giudice divino", in un tono fino ad allora inedito, duro e tagliente, da
220 La guerra nelle chiese e per le chiese

attribuirsi al capo della cancelleria Gelasi o, scrisse ali ' imperatore perché nelle questio­
ni divine subordinasse la propria volontà ai vescovi di Cristo, perché apprendesse da
loro, e non viceversa, perché seguisse la chiesa e non pretendesse di guidarla; poiché
Dio voleva che " Vostra Maestà chini la testa di fronte a questa chiesa, in devota abne­
gazione" - insomma, le aspirazioni papali al potere che si ripeteranno in tutti i concili.
Né il sovrano, per il quale la lealtà della S iria e dell' Egitto era molto più importante
della caduta di Roma, né il patriarca Acacio, che cancellò tranquillamente il nome del
papa (che dal canto suo lo chiamava "serpe", "immondizia", "appestato") cosa che
significava la sua esclusione dalla chiesa, non si preoccuparono nemmeno un po' del­
l' opinione di Felice, che perciò lamentava nel si nodo romano del 5 ottobre 485 "le
nostre perle sono state gettate ai porci e ai cani . . . Satana è stato sopraffatto, eppure
agisce ancora". Il papa ora aveva destituito e scomunicato tutti e tre i patriarchi, appel­
landosi ad una consuetudine da tempo praticata in Italia. Uno scisma di 35 anni (484-
5 1 9) tra Roma e Costantinopoli ne fu la conseguenza. 45
Bisogna leggere questo passaggio incredibilmente altezzoso nel suo contesto per
avere la misura di ciò che il clero romano si permetteva di fare nei confronti di un
imperatore, quando questi non faceva ciò che loro volevano. "Questo è sicuro" scrive­
va Felice (Gelasio): "altamente sano anche per la Vostra giurisdizione, se vi sforzate di
sottomettere, nelle questioni divine, la Vostra volontà imperiale a quella dei vescovi di
Cristo, come esige la legge di Dio, e non di ergervi al di sopra di essa. Voi non dovete
insegnare i sacri misteri, ma imparare da chi li custodisce. Dovete seguire la ferma
volontà della chiesa, e non prescriverle norme puramente umane. A Voi non è permesso
dominare sulle sacre istituzioni del la chiesa, poiché Dio ha voluto che Vostra Maestà
chinasse la testa di fronte a questa chiesa, in devota abnegazione" . 4"
Roma non ha mai contestato l ' ortodossia dell' Henotikon.
Nell' epistola papale manca significativamente anche qualsiasi riferimento alla que­
stione monofisifmo-difisismo. Anche qui si trattava di potere, di prestigio, non di fede.
Senza questa competizione "tra i due papi della vecchia e della nuova Roma, probabil­
mente non si sarebbe mai verificato lo scisma di 35 anni tra le chiese orientale e occi­
dentale che iniziò con Felice III" (Haller) . Si trattava delle ambizioni al primato di
Costantinopoli. Roma aveva voluto lo scontro, e l ' aveva guidato fino al punto di rottu­
ra, contrapponendosi all ' imperatore e al patriarca come mai prima. Poté permettersi
tanto coraggio solo con la protezione di due "eretici" germanici, prima Odoacre, poi
Teodorico. Tutti i tentativi di conciliazione da parte imperiale furono rigettati da Roma,
che addirittura si alleò con le truppe ribelli ! 47
Tutto questo accadde per mano di quell' Illos che sotto l ' usurpatore Basilisco cercò
di annientare il detronizzato Zenone, ma che poi contribuì a rimetterlo sul trono (supra
p. 2 1 2) . Illos, isaurico come Zenone e da lui nominato generale, diventò consigliere
della rediviva maestà imperiale, ma dopo tre attentati alla sua vita (nel 4 77, 4 78 e 48 1 :
Comincia lo scisma 'acaciano ' 22 1

nell' ultimo perse un orecchio, ma riuscì a scampare) non era più molto soddisfatto,
anche se Zenone aveva sempre respinto ogni coinvolgimento e ogni volta si era ralle­
grato per lo scampato pericolo. Da tempo non rischiavano in campo aperto, e si compor­
tavano come "capibanda sulle montagne della loro terra" (Schwartz). Per Illos il posto
accanto a Zenone cominciò a scottare. Si fece assegnare un comando in Siria e, attraver­
so l ' ex imperatrice Verina, fece nominare nel 484 il generale Leonzio anti-imperatore. 4R
Illos era anche alleato con l ' opposizione filo-calcedonica. Innanzi tutto l ' an ti vescovo
Giovanni Talaia ad Alessandria, che l ' imperatore Zenone aveva dichiarato colpevole
di spergiuro e alto tradimento. Talaia aveva stretto rapporti con Illos e più tardi anche
con l ' altro cospiratore, l ' esarca d' Egitto, e infine era fuggito a Roma, come Attanasio
prima di lui, per cospirare col papa contro l ' imperatore e ispirare la rottura con
Costantinopoli . Poco dopo anche il cattolico Calandio, vescovo di Antiochia (dove
risiedeva l ' anti-imperatore Leonzio) si alleò con Illos, ma dopo la sconfitta di Leonzio,
il cui regno durò solo due mesi, venne condannato e bandito per alto tradimento. Illos
aveva anche tentato, probabi l mente i n vano, di coinvolgere nella cospirazione
I ' usurpatore germanico Odoacre; ma venne sconfitto, insieme a Leonzio, consegnato a
Zenone e impiccato nel 488. Subito dopo anche Odoacre si dichiarò indipendente dal­
l ' imperatore e si alleò con i Vandali in Africa. 49
Ora il papato iniziò una lenta serie di storici voltafaccia opportunisti. E mentre le
sue vittime venivano eliminate, esso diventava sempre più grande e più forte. Dappri­
ma si alleò con i Goti contro l ' impero d' Oriente, poi annientò insieme all ' Oriente i
Goti e i Vandali. Poi di nuovo con i Longobardi contro l ' i mpero d' Oriente. E infine,
ottenuta la "libertà", combatté, a fianco dei Franchi, i Longobardi, suoi liberatori . In
questo volume potremo seguire solo i primi due atti di questa spudorata commedia.
In Occidente, dove la situazione estremamente caotica era di grande utilità ai papi,
dopo Valentiniano III si succedettero una serie di imperatori fantoccio, in tutto nove in
venti anni. Probabilmente sei di questi furono assassinati, tra i quali, dopo solo quattro
anni di regno, Maggioriano nel 46 1 e Antemio l ' l l luglio 472 a Roma (supra p. 2 1 1 s.).
La scure del boia e il veleno impazzavano. Le redini le teneva Ricimero, capo militare
e "creatore di imperatori", più potente ancora di Stilicone e dello stesso Ezio, che pre­
parò la dominazione germanica in Italia, ma in quanto figlio ariano di un principe
svevo e di una figlia dell ' imperatore visigoto Wallia, non poteva ancora aspirare al
trono. Dopo che l ' ultima figura sbiadita, l ' imperatore bambino Romolo Augusto (un
ragazzo di quattordici anni) venne detronizzato nel 476 da Odoacre (il cui padre Edeco
aveva avuto una posizione preminente nel! ' esercito di Attila) e indennizzato con un
vitalizio, Odoacre regnò sull ' intero paese come primo sovrano germanico d ' Italia (476-
493 ) ; non è chiaro fino a che punto l ' impero d' Oriente lo riconobbe. Oreste, padre del
piccolo imperatore, dapprima segretario di Attila, e suo fratello Paolo, furono entrambi
uccisi da Odoacre il 28 agosto e 4 settembre. Giulio Nepote, l ' imperatore fuggito nel
222 La guerra nelle chiese e per le chiese

475 , protestò ancora per quattro anni dalla Dalmazia, finché nel 480 venne ucciso nella
sua dimora di Salona. L' impero romano d' Occidente era finito, crollato, per dirla con
le parole di Edward Gibbon nel monumentale lavoro Decline and Fall of Roman Empi­
re, per "il trionfo della religione e della barbarie". 50

TEODORICO SACCHEGGIA L' ITALIA, OVVERO "DOV' È DIO?"

Il successore legittimo fu l ' impero romano d' Oriente. Il conflitto latente tra la parte
occidentale e quella orientale dell ' impero si era inasprito con l ' andare del tempo, gra­
zie anche alla vecchia tecnica papale di mettere i sovrani l ' uno contro l ' altro fin dalla
morte di Valentiniano III. L' impero d ' Oriente si schierò anche contro i Germani sia in
politica estera che interna. Come riuscì Zenone a mantenere il suo trono, continuamen­
te minacciato, "con la schermaglia diplomatica più arbitraria di tutti i tempi" (Rubin),
il tutto mentre riusciva anche a deviare verso l ' Italia gli Ostrogoti che minacciavano
l ' impero? 5 1
G l i Ostrogoti, sottomessi nel 3 7 5 dagli Unni (v. I , 352 s s . ) erano arrivati all ' inizio
del V secolo nel bacino ungherese del Danubio, e - dopo la morte di Attila e il rapido
declino del suo enorme, apparentemente invincibile impero - erano passati sotto la
sovranità romana. Ora si stabilirono in Pannonia, nella regione del lago Balaton . Qui, a
metà del V secolo, nacque Teodorico, figlio del re Tiudimero della casa degli Amalari
e forse battezzato subito come ariano. Tuttavia le fonti tacciono quasi completamente
sulle sue origini e sulla sua giovinezza, così come sui primi anni di regno. A sette anni
Teodorico giunse come ostaggio a Costantinopoli, dove rimase per undici anni, certa­
mente nella cerchia più vicina ali ' imperatore Leone. Lì imparò il greco e il latino, a
conoscere e a valutare i rapporti militari e politici e sposò una principessa imperiale.
I l più pericoloso rivale ostrogoto di Teodorico era Teodorico Strabone. Per anni
Zenone mise l ' uno contro l ' altro i due capi, lontanamente parenti tra loro, che però
spesso si coalizzarono contro l ' imperatore stesso. In occasione del putsch di Basilisco
nel 475 Teodorico prese le parti di Zenone, mentre Teodorico Strabone, più anziano, si
schierò con l ' usurpatore, perse nel 476 tutti gli onori, per essere in seguito pienamente
reintegrato. Nel 48 1 morì per le conseguenze di una ferita che si era inavvertitamente
inflitto. Entrambi i fratelli di Strabone, che ora presero il comando insieme al figlio di
lui Rekitach, furono assassinati poco dopo. Nel 484 Teodorico, col consenso di Zenone,
uccise di sua mano un cugino, a Costantinopoli. 52
Poiché, nonostante le alte onorificenze concessegli (patrizio nel 476, amico dell ' im­
peratore, console nel 484), si creavano sempre nuovi attriti tra lui e il sovrano - anche
per le devastanti scorrerie di Teodorico i n Trac ia motivate dal fatto che la terra
desertificata sul Danubio non nutriva più la sua gente -, Zenone lo inviò con un esercito
Teodorico saccheggia l 'Italia, ovvero "do v 'è Dio ? " 223

contro Odoacre, "il despota" (Procopio). 53


Odoacre era un cristiano ariano. Eletto re il 23 agosto 476, pur senza corona e manto
di porpora, egli governò l ' Italia per tredici anni, dalle Alpi all ' Etna; Genserico gli ave­
va ceduto la Sicilia nel 4 77, in cambio di un tributo. Quando più tardi si profilò la
minaccia di una calata di Odoacre anche sul l ' impero d ' Oriente, dove Teodorico
i mpazzava attraverso la Tracia, Illos si ribellò. Vistosi quindi in pericolo, l ' imperatore
ricorse al vecchio collaudato sistema di mettere Germani contro Germani, aizzando i
Rugieri a invadere l ' Italia. Odoacre li precedette e tra il 487 e il 488 distrusse il loro
paese ( l ' attuale bassa Austria sulla riva sinistra del Danubio) in due campagne, ucci­
dendo la maggior parte della popolazione: una guerra non solo tra due stirpi germaniche,
ma anche tra cristiani, visto che anche i Rugieri erano ariani. Zenone però si riconciliò
con Teodorico, sconfisse Illos nel 488, lo fece decapitare e spedì nello stesso anno il re
degli Ostrogoti contro Odoacre, che vedeva come usurpatore e tiranno, e solo a malin­
cuore aveva tollerato come reggente. Zenone, "maestro nell' utilizzo dei rapporti poli­
tici", come afferma Procopio, fece sperare a Teodorico "di avere per sé e per i suoi
Goti, dopo la sconfitta di Odoacre, tutto l ' Occidente; per lui, che apparteneva al senato
romano, sarebbe stato tanto più degno sconfiggere un tiranno e governare su Roma e
sul! ' Italia, invece di impegolarsi in una pericolosa guerra contro l ' imperatore. Teodorico
fu ben felice della proposta e si diresse verso l ' Italia, portando con sé l ' intero popolo
dei Goti". 54
Questo succedeva nell' autunno del 488.
Teodorico arrivò dalla Mesia, con i suoi guerrieri , le loro mogli e i loro figli, ma
certamente non con tutti i Goti, che rimasero per la maggior parte nei Balcani . Tra loro
vi erano anche gruppi di altre stirpi, in tutto forse 1 00.000, forse 200.000 uomini, ma
con tutta probabilità molto meno, e sicuramente meno degli abitanti di Roma dell' epo­
ca. "Un mondo intero" scrisse un contemporaneo, il vescovo Ennodio di Pavia, "si
avvicinò ; per case avevano dei carri , arraffavano tutto quello che potevano". Anche
questi Goti, occorre ricordare, erano cristiani. Lungo la strada sconfissero in Romania
i loro lontani parenti rivali , i Gepidi, cristiani anche loro. Li annientarono quasi com­
pletamente dopo che, in una situazione particolarmente critica, Teodorico stesso si era
posto al comando e, secondo una fonte del!' epoca, si era infuriato "come un torrente in
piena, come un leone nella mandria" . Seguì una durissima guerra di quattro anni, che
devastò in maniera spaventosa l ' Italia settentrionale, in particolare la Liguria, con de­
fezioni e tradimenti da entrambe le parti.
Teodorico si scagliò contro Odoacre con un enorme esercito, rafforzato da altri
Germani, nell ' estate e autunno del 489 sull ' Isonzo e presso Verona, dove il corso
del!' Adige venne sbarrato dalle montagne di cadaveri . Dopo, Milano gli aprì le porte,
probabilmente sotto l ' influenza del vescovo locale Laurenzio, che fin dall ' inizio della
guerra aveva parteggiato per il più forte Teodorico (e sotto di lui divenne il prelato più
224 La guerra nelle chiese e per le chiese

potente d ' Italia. Anche il vescovo di Ticino-Pavia, Epifania, andò a trovare Teodorico
a Milano). L' I l agosto 490 si tenne una battaglia feroce sull ' Adda, in cui Teodorico,
sostenuto anche dal re dei Visigoti Alarico II, nonostante le perdite riuscì per la terza
volta vittorioso. Come in precedenza, Odoacre si rifugiò a Ravenna, suo ultimo baluar­
do. I Goti lo assediarono per due anni e mezzo nella città resa quasi i mpenetrabile da
lagune, paludi e terrapieni. Fu uno dei più lunghi assedi del tempo. Gli assedianti non
potevano irrompere, gli assediati non potevano tentare sortite. Tuttavia l ' aggressore
riuscì , nell' estate 492, a bloccare Ravenna anche dal mare, quando venne in possesso
di navi ad Arimino. Il 25 febbraio 493 l ' arcivescovo Giovanni di Ravenna mediò un
accordo in base al quale i due sovrani dovevano dividersi il dominio del l ' Italia. Il 26
febbraio si aprirono a Teodorico le porte di Classe. 11 5 marzo l ' arcivescovo Giovanni
lo accompagnò in processione con croci, canti e pennacchi di fumo fino a Ravenna.
Pochi giorni dopo, tuttavia, Teodorico invitò Odoacre a palazzo imperiale a Laureto e
di propria mano, visto che i sicari incaricati si tirarono indietro, uccise il proprio
correligionario, sessantenne e indifeso. "Dov ' è Dio?" disse Odoacre quando il primo
colpo di spada lo raggiunse alla clavicola. E Teodorico, quando col secondo colpo
tagliò Odoacre a metà: "Questo mostro non ha nemmeno un osso in corpo". Subito
dopo distrusse la famiglia di Odoacre : il fratello lo uccise lui stesso, con l ' arco, in una
chiesa. Il figlio Thela venne bandito e poi impiccato, la moglie Sunigilda condannata a
morire di fame. Inoltre, su ordine di Teodorico, le truppe di Odoacre presenti in ogni
parte del paese vennero assassinate con le loro famiglie. 55
Teodorico il Grande !
Ora, sotto il patrocinio del l ' imperatore d' Oriente, egli era l ' unico sovrano d ' Italia.
E questo sanguinario vincitore, allievo modello della scuola di guerra cristiana, autore
di un massacro che ricordava vividamente il bagno di sangue successivo alla morte di
Costantino (v. I , 269 ss.), che come sovrano amava le frasi retoriche come "la nostra
devota pietà", " la nostra provvidenza", si sentiva anche re per grazia divina. Come
anche Costanzo II, "il primo traditore del concetto di grazia divina" (Seeck), che nono­
stante il massacro compiuto sui parenti, si sentiva un sovrano mandato da Dio e si
dichiarava "vescovo dei vescovi": "Sempre ci gloriamo nella fede . . . ", così anche
Teodorico, il re germanico per grazia divina, diceva ora: "Al nostro potere, con l ' inter­
vento di Dio, tutto quel che vogliamo si sottomette". Oppure: "Noi regniamo con l' aiu­
to di Dio" . Fece costruire ovunque chiese ariane; anche a Ravenna, accanto alla sua
residenza, sorse una chiesa dedicata a s. Michele ; restaurò la basilica di Ercole; e fu
allora (e in assoluto) "predatore e assassino", e "in grande stile" (de Ferdinandy). 5 6
I Goti dell' epoca non erano cittadini romani, ma federati . I soldati invece potevano
essere solo goti. Ai romani restava i nterdetto i l servizio militare, con l ' eccezione, ap­
parentemente, di alcune stirpi guerresche ai confini. Ma come i cattolici romani , anche
i Goti ariani non tennero lontano il loro cristianesimo dalla guerra, al contrario. Le
Collaborazione con le forze d 'occupazione eretiche 225

prescrizioni religiose vanno prese sul serio, e Teodorico stesso si preparò a un duello
con la preghiera e la penitenza. Nel suo ordine di mobilitazione per la campagna di
Gallia c'è scritto: "Ai Goti bisogna annunciare una guerra, più che parlargliene, perché
una stirpe guerriera deve dimostrare la sua gioia" (Anche Gundobad, il pio re dei
B urgundi , i cui prìncipi erano assai devoti al vescovo di Roma, aveva gioito del con­
flitto sanguinoso tra i cristiani Germani, e durante una scorreria in Liguria aveva preso
molti prigionieri) . 57
Subito dopo la vittoria di Teodorico una grossa parte dell ' Italia centrale e meridio­
nale, innanzitutto Roma, che già aveva chiuso le porte allo sconfitto Odoacre, ma an­
che la Sicilia, si schierarono con il re, il cui regno ostrogoto si estendeva dall ' Ungheria
alla Gallia del sud fino alle ex province romane a nord delle Alpi; esso però durò sola­
mente sessant' anni e venne distrutto definitivamente nella battaglia del Vesuvio (infra
p. 308). Al territorio strettamente goto appartenevano il Sannio, il Piceno, il nord della
Tuscia, l ' Emilia, Venezia e soprattutto la terra a nord del Po. I Goti si stabilirono anche
in maniera sparsa in Istria, Savia, Pannonia. In politica estera Teodorico si conquistò
una posizione di predominio stringendo alleanze con tutte le nazioni germaniche. Spo­
sò la sorella del merovingio Clodoveo, dette le sue figlie ai re dei Visi goti e dei Vanda­
li, sua nipote al re dei Turingi . 5 8

COLLABORAZIONE CON LE F ORZE D'OCCUPAZIONE "ERETICHE"

Quando Teodorico calò in Italia, esisteva uno scisma tra Oriente e Occidente fin dai
tempi dell' Henotikon. Questo andava bene al Goto, cui naturalmente importava molto
più della propria influenza a Roma che non di quella dell ' imperatore d ' Oriente. In
effetti anche a Costantinopoli si spostò il problema della trattativa con Teodorico sul
piano religioso. Sicuramente il Goto fu indotto ad una politica di amicizia con i catto­
lici più da calcolo politico che da fondamentale tolleranza. Tuttavia i sovrani goti, sia i
visigoti che in particolare gli ostrogoti, erano davvero tolleranti, senza smanie di
converzione. I romani non furono costretti a convertirsi. Essi stessi hanno lodato la
generosità gotica, che non dipendeva dalla fede ariana bensì dall' eredità germanica:
non fa male a nessuno andare da un altare pagano a una chiesa e mostrare ad entrambi
la propria devozione. Il clero ariano, che fino al vescovo non praticava il celibato e non
contemplava il monachesimo, non cercò mai né di fare pressione sul proprio governo
né di evangelizzare i vicini romani . Perfi no il re non si può accusare di aver mutato un
cattolico in ariano o di aver perseguitato un solo vescovo. Sua madre Ereleva diventò
cattolica e si fece battezzare col nome di Eusebia. Papa Gelasio ebbe contatti con lei,
ma non volle che i suoi vescovi andassero a corte senza il suo beneplacito. A Roma,
Teodorico si recò per la prima volta nel 500 e fu ricevuto dal popolo, dal senato e dal
226 La guerra nelle ch iese e per le chiese

papa; andò (trecento anni prima di Carlo Magno) per prima cosa nella basilica di s.
Pietro alla (presunta) tomba dell' apostolo, a pregare "con grande raccoglimento e come
un cattolico" e a regalare due candelabri d' argento massiccio del peso di settanta lib­
bre. Anche nei confronti degli ebrei fu tollerante, come anche Odoacre. "Per il bene
della civi ltà" disse, "neanche coloro che errano ancora nella fede vanno privati dei
benefici della giustizia". O ancora: "Noi non possiamo imporre una fede, perché nes­
suno è costretto a credere contro la sua volontà". Più volte egli difese gli ebrei contro il
clero di Roma, dove nel 52 1 la sinagoga, trecento anni più antica di s. Pietro e del
Laterano, venne incenerita dai cattolici ; apparentemente una vendetta per la condanna
di alcuni cristiani che avevano ucciso i loro padroni ebrei. I romani avevano già distrut­
to la sinagoga diverse volte, l ' ultima sotto Teodosio; anche a Ravenna dei cristiani
incendiarono una sinagoga. Ed erano cattolici anche quelli che trafugarono e profana­
rono la salma di Teodorico. Tuttavia per i pagani praticanti il Goto, in osservanza delle
leggi di Marciano e Valentiniano, mantenne la pena di morte. 59
Come re d' Italia Teodorico esercitò anche la sovranità sulla chiesa, non solo in ter­
mini di controllo superiore, ma anche di giurisdizione civile e criminale. Anche i papi,
che molto ricavarono dal suo regno e poterono espandere la loro influenza, lo riconob­
bero come sovrano legittimo. Per lo meno si videro nella necessità "di portare la ma­
schera dell ' amicizia nei confronti dell ' onnipotente re ariano, ma questo forse non fece
che aumentare il loro odio" (Davidsohn). I cattolici ital iani non si rassegnarono mai al
fatto che i Goti erano "eretici".
Eppure i papi, che pure avevano combattuto l ' arianesimo fino all' ultimo, ora che si
trovavano ad esserne governati , non insorsero mai contro di esso. Anche Gelasio, il più
significativo papa del secolo dopo Leone l, non ci pensò proprio a predicare contro le
forze d ' occupazione "eretiche". Quasi ovunque in Italia esercitavano vescovi ariani e
cattolici. Come a Ravenna, anche a Roma sorsero chiese ariane, e non ci fu guerra
religiosa che le toccò . . . mentre era possibile incendiare le sinagoghe ! Infatti gli ebrei
non governavano ! Non si dipendeva da loro ! Quindi, vescovi cattolici particolarmente
in vista come Epifanio di Pavia e Laurenzio di Milano collaborarono intensamente con
il re goto, e Gelasio stesso intrattenne devoti rapporti epistolari con il "potentissimo"
Teodorico. Egli poté, in una causa (di natura finanziaria) con il conte goto Teja (uomo
di cui il papa scrisse "è senza dubbio di un' altra comunità") minacciare quest' ultimo
attraverso "il re, mio figlio": "poiché egli, nella sua saggezza, non vuole opporsi alle
questioni religiose, è bene che chiunque viva sotto il suo regno segua l' esempio del
potente re, e non susciti il dubbio di andare contro la sua volontà" . Gelasio, che in tutte
le furiose polemiche contro la chiesa d ' Oriente e contro Acacio risparmiò sempre l' im­
peratore, affermò addirittura che "anche" il suo predecessore Felice III "non aveva mai
fatto il nome dell ' imperatore". E Gelasio si vantava di "che devoto fervore la mansueta
maestà mostrasse in privato". 60
L 'imperatore Anastasio e papa Gelasio salgono sul ring 227

In Oriente nel frattempo era morto Acacio, nel novembre 489, e il suo posto era stato
preso da Fravita, che però morì dopo solo quattro mesi; nell ' aprile del 49 1 era morto
anche Zenone. Papa Felice, che morì nel febbraio del 492, l ' aveva corteggiato fredda­
mente, senza cedere, e alla fine l ' aveva liquidato come vittima del suo irriducibile
patriarca. La vedova dell ' imperatore, Arianna, si unì ad un anziano funzionario di cor­
te, che aveva fatto carriera sotto Zenone e che già tre anni prima, alla morte di Pietro
Fullo, aspirava al seggio di patriarca di Antiochia, ma che ora diventò imperatore:
Anastasio I (49 1 -5 1 8) . 6 1

L'IMP ERATORE ANASTASIO E PAPA GELASIO SALGONO SUL RING

Anastasio, impegnato al riconoscimento di Calcedonia al momento della sua elezione


per mano del patriarca di Costantinopoli, Eufemio (490-496), difese subito l' Henotikon
di Zenone. Egli favorì con devozione, cosa che perfino papa Gelasio I ammise, il col­
tissimo e fortunato futuro patriarca monofisita Severo (5 1 2-5 1 8) di Antiochia, un "uomo
geniale" (Bacht, gesuita), che fu alla corte imperiale dal 508 al 5 1 1 . L' imperatore si
spostò lentamente dalla parte dei monofisiti . Già prima dell' ascesa al trono aveva pre­
dicato talvolta in quel senso, ed era stato seriamente in lizza per la successione di
Pietro Fullo. La presa di posizione del sovrano a favore dei monofisiti indignò i catto­
lici, in particolare il Asia minore e nei Balcani, tanto più che Anastasio era un legisla­
tore fiscale molto rigoroso. Le sue iniziative vennero giudicate i n maniera controversa,
molto positivamente da Procopio e dal dotto Giovanni Lido. Comunque il monarca fu
in grado, attraverso una radicale riforma del sistema fiscale e una amministrazione
parsimoniosa e relativamente umana, di sanare le finanze dello stato e rafforzare la
moneta. Fu anche l ' unico i mperatore ad abolire l ' imposta cittadi n a in oro, il
chrysargyron, che pesava in particolare sulle classi inferiori . Inoltre alla sua morte non
lasciò debiti, ma un lascito al fisco di 3 . 000 libbre d ' oro. Ergo, dal punto di vista catto­
lico: "Sete di denaro ed eresia macchiarono il suo regno e il suo nome" (Wetzer/Welte) .
L' imperatore Anastasio non fece costruire palazzi lussuosi, come molti papi, bensì strut­
ture portuali e acquedotti, e istituì una grossa riserva per periodi di carestia. E infine,
sotto di lui non avvennero "terribili persecuzioni come quelle che Giustino e Giustiniano
inscenarono dopo l ' abolizione dell ' Henotikon . . e quando gli parve necessario allonta­
.

nare dei vescovi, pretese fermamente che non venisse versata una goccia di sangue"
(Schwartz) . Perciò, anche nelle parole di un avversario teologico, egli era "Anastasio,
l ' imperatore buono, amico dei monaci e protettore dei poveri e degli sventurati". 62
In realtà non protesse proprio tutti .
Innanzitutto "epurò" la corte dai compatrioti isaurici del suo predecessore, la cui
famiglia prese il largo. L' Isauria stessa venne sottomessa dopo una guerra di anni, tutti
228 La guerra nelle chiese e per le chiese

gli avversari i mprigionati e uccisi e intere masse di popolo deportate in Tracia. Altro
tratto distintivo di questo regno fu la guerra di difesa contro i Persiani, il nemico seco­
lare, e contro i B ulgari , popolo costituito da ciò che restava degli Unni più altre stirpi
asiatiche, e che per secoli sarebbero stati i nuovi nemici storici ; laddove comunque
questo imperatore, in flagrante contraddizione con i suoi successori cattolici, "evitò le
guerre di aggressione" (Rubin). 63
E poi, Anastasio fece causa comune con i monofisiti .
Il patriarca di corte Eufemio (490-496), siriano e rigorosamente calcedoniano, diffi­
dò del futuro imperatore fin dali' inizio: conosceva le sue prediche laiche. Perciò si fece
giurare solennemente, prima de li' incoronazione di Anastasio, che questi "avrebbe con­
servato la fede intatta e non avrebbe introdotto modifiche nella santa chiesa di Dio".
L"'omologia" scritta fu riposta dal patriarca negli archivi ecclesiastici. Egli parteggiò,
in apparenza, più per Roma (dove Felice III e Gelasio però non gli vennero molto
incontro) che per il suo sovrano spergiuro. Al vescovo di corte riuscì di sfuggire a
diversi attentati, e anche di prendere contatto con i ribelli isaurici che Anastasio com­
batteva. Nel 496 fece destituire e scomunicare Eufemio per alto tradimento al si nodo di
Costantinopoli ; questi fu bandito ad Euchai"ta e il suo successore, Macedonio (496-
5 1 1 ) giurò fedeltà all' Henotikon. In questo modo il monarca scatenò naturalmente la
resistenza dei cattolici e corse spesso il rischio di perdere il trono. Alla base di questo
c ' erano motivazioni non solo religiose, ma anche di politica economica, che spesso si
sovrappongono. 64
A Roma, papa Felice III era morto alla fine di febbraio 492. Già il primo marzo fu
nominato il suo successore, Gelasio I (492-496). Come cancelliere della curia egli ave­
va redatto le lettere di Felice e aveva una notevole influenza. E malgrado avesse regna­
to solo pochi anni, le sue lettere portavano il suo marchio bellicoso, impetuoso, pieno
di acume dialettico e di intransigenza. Spesso ironico e sarcastico, nelle lettere tende
alla prolissità, al fiume di parole, a periodi contorti, a stilemi retorici; tuttavia produsse
un' elegante mistura di diritto romano e citazioni bibliche, senza dimenticare la minac­
cia del giudizio divino. A farla breve, questo pontefice era predestinato al .suo posto,
dal punto di vista giuridico e diplomatico; non solo fu un personaggio politicamente
molto rilevante, ma fu anche il primo teologo veramente colto tra i vescovi romani dai
tempi di Novaziano (supra p. 70 ss.). Il ' Romanus natus ' , come definiva se stesso
nonostante fosse originario del Nord Africa, non temeva né la cavillosità né la sempli­
ce bugia, come quando affermò che Roma aveva indetto il Concilio di Calcedonia per
amor di verità (supra p 1 54 s . ) ; oppure, quando asserì che dai tempi di Cristo nessun
imperatore cristiano aveva preteso il titolo di un alto prelato. Dalla gerarchia dei pa­
triarchi egli avviò anche una causa per contestare a Costantinopoli tutti i privilegi or­
mai accettati da impero e chiesa. Inoltre prese le parti del più forte Teodorico nei con­
fronti di Odoacre e si avvantaggiò della propria posizione tra l ' imperatore, bloccato
L 'imperatore Anastasio e papa Gelasi o salgono sul ring 229

dalle questioni interne e dalle invasioni di Germani e Unni, e il re che stava alle sue
spalle, allo scopo di portare le proprie ambizioni di potere a delle vette mai più rag­
giunte se non dopo trecento anni. 65
Naturalmente tutti i papi sapevano cosa dovevano ai credenti e alla B ibbia. E così
neanche Gelasio mancò di affermare che anche lui era assolutamente indegno del suo
ufficio, che era "l' ultimo di tutti gli uomini". D ' altra parte su di lui era addossata "la
cura" di tutta la cristianità. E questa cura, secondo Gelasio, riguardava tutto ciò che
concerneva i credenti, la loro vita privata come quella pubblica in tutto il mondo. 66
Gelasi o cita spesso il versetto di Matteo 1 6, 1 8 . Insiste sulla "petrinità" del soglio
romano, perché esso legittima e rafforza tutti gli altri . Durante il sinodo del marzo 495 ,
che riammise il legato Miseno (supra p. 2 1 9 s.) lasciò che i convenuti (45 vescovi, 5 8
presbiteri, qualche diacono e rappresentanti della nobiltà) lo festeggiassero, sempre
con modestia, indegno com' era. Non meno di undici volte lo acclamarono i presenti :
"In te vediamo il vicario di Cristo", "In te vediamo l ' apostolo Pietro" ; era la prima
volta che si vedeva in un papa il vicario di Cristo e lo si dichiarava apertamente. 67
Gelasio, "l ' ultimo di tutti gli uomini" non poteva fare a meno di strombazzare il suo
primato, il suo rango e il suo potere in Oriente e per così dire in tutto il mondo. Perché
se è vero che l ' altissimo e primo è solo Dio,summus et verus imperator, altrettanto vero
è che Roma decide cosa è divino, "il primo seggio del santissimo Pietro", il "soglio
angelico". Egli è custode e estensore della verità della fede. Solo ciò che lui riconosce
ha validità. Egli legittima i si nodi in forza della sua autorità esclusiva. Gelasio fu il
primo papa ad aggiungere agl i statuti sinodali i propri decreti e quelli del suo predeces­
sore, vale a dire ascrive ad essi lo stesso significato dei canoni sinodali, cosa che l ' Oriente
non ha mai accettato. Allo stesso modo Gelasio si sentiva al di sopra di tutti, e affermò
che questa sede poteva rovesciare qualsiasi risoluzione conciliare. Tali affermazioni
storicamente non stavano né in cielo né in terra; ma rispondevano alla terribile tenden­
za, e se si vuole, all ' immanente logica del concetto, nato ben prima di Gelasio ma che
attraverso di lui ritorna in tutti gli scritti curiali del V secolo, del gubernare, della
gubernatio, della tipica ambizione papale al potere (con termine più gentile: della natu­
ra papale), che si spinge talmente in là che Gelasio non solo una volta ritiene la nega­
zione di queste ambizioni un' offesa a Dio. L' uomo ricorse ad ogni mezzo per afferma­
re il primato di Roma (e quindi anche il suo) . "Non possiamo tacere quello che tutta la
chiesa sulla terra sa, che il seggio di Pietro ha il diritto di sciogliere ciò che la decisione
di qualsiasi vescovo ha unito, e che ha il diritto di giudicare ogni chiesa, mentre nessu­
no può ergersi a suo giudice. l decreti hanno stabilito che a questo seggio ci si possa
appellare da tutto il mondo, ma che non è permesso alcun appello da esso (ad un' altra
istanza)": un passaggio entrato in molte antologie di diritto ecclesiastico. 68
230 La guerra nelle chiese e per le chiese

LA DOTIRINA DEI DUE P OTERI, O LO STATO COME SGHERRO DEI PAPI

Sebbene Gelasio, da papa, abbia scritto una sola volta all ' imperatore, le sue ambiziose
e spericolate offensive epistolari vertevano spesso su di lui, che l' Henotikon aveva
coinvolto direttamente in uno scisma. Il romano non poteva nemmeno contestare che
l ' imperatore fosse superiore in carica al resto dell ' umanità, quindi era per lui, che qui
coltivava ambizioni ambrosiane (v. I, 349 ss., 377), semplicemente "un figlio". Come
tale dunque non poteva giudicare gli uomini della chiesa. Poiché non era il loro capo,
ma semplicemente, a costo della salvezza della sua anima, egli aveva il diritto e il
dovere di fare gli interessi della chiesa, doveva perseguitare e punire tutto ciò che
provocasse tumulti nello stato e nella chiesa, che macchinava scismi o "eresie". Laddove
la chiesa aveva poco o punto potere, interveniva lo stato, il suo ufficio governativo ! In
breve, l ' imperatore doveva eseguire gli ordini di quel seggio, eletto da Dio a capo di
tutti i vescovi. L' imperatore è il servo di Dio, il minister Dei. 69
Non può sfuggire che l ' enorme crescita del potere dei cattolici li rendeva non solo
dei combattenti, ma anche dei concorrenti e avversari dello stato, non appena questo
cercava di limitare le loro sempre crescenti e più sfacciate ambizioni (ancora, nel ven­
tesimo secolo, dette "diritti divini" ! ) , che non arretravano di fronte a nessuna menzo­
gna; ancora adesso si dice che occorre ubbidire a Dio più che agli uomini, vale a dire
più al clero che a chiunque altro.
"Come l ' anima sul corpo, come il cielo sulla terra, così il potere spirituale supera
quello mondano" diceva già il dottore della chiesa Crisostomo. "Il regno dell' impera­
tore si estende sulla terra e sulle cose terrene, il nostro regno invece sulle anime e sulla
loro cura. Quanto l ' anima è elevata su tutte le cose terrene, tanto il nostro regno deve
esserlo su quello dell ' imperatore" (supra p. 1 03 s). Già Ambrogio, nel confronto con
Teodosio, aveva posto il concetto di "religione" al di sopra di quello di "ordine" statale
(v. l, 375 ss.). Già allora poté affermare il "valore assai minore" del "lustro regale" in
confronto alla "dignità vescovile", utilizzando il paragone non proprio modesto del
piombo e dell' oro. 70
Tali frasi edificanti vengono sempre alla mente dei prìncipi della chiesa in situazioni
di conflitto.
Negli anni passati i patriarchi Calandio di Antiochia e Giovanni Talaia di Alessan­
dria erano stati entrambi destituiti dall' autorità imperiale, l' uno per alto tradimento e
l ' altro per spergiuro. Ora papa Gelasio I rivendicava il privilegium fori. L' imperatore
non aveva il diritto di giudicare il clero, poiché l ' allievo non poteva ergersi al di sopra
del maestro. Le leggi divine e quelle umane, secondo Gelasio, prescrivevano "che sui
vescovi giudicasse un concilio di vescovi" e solo quando essi "sbagliavano per errori
mondani". 7 1
A quali leggi umane si riferiva il papa? L a costituzione d i Costanzo del 355 (v. I ,
La dottrina dei due poteri 23 1

273) ? Essa non si i mpose e dovette essere revocata subito dopo. Per contro, Valentiniano
III, il l 5 aprile 452, aveva sottoposto anche i vescovi alla giustizia statale in caso di cri­
mini ! Papa Gelasi o con la sua rivendicazione di una giurisdizione straordinaria, la "subor­
dinazione" della giustizia penale statale a quella clericale, aveva formulato un nuovo
postulato e sferrato un violento attacco al diritto pubblico per indurre l ' imperatore a
modificare, a beneficio della chiesa, uno dei princìpi fondamentali del diritto antico. 72
Ma non è finita. Questo papa - che ignorava la realtà come un sonnambulo che nega
l ' evidenza dei fatti , che rovesciava la storia a testa in giù - non definisce l ' imperatore il
vertice della chiesa, ma il suo figlio, il "difensore" , "protettore" dei cattolici, "fidei
custos et defensor orthodoxae". Come già il suo predecessore Felice III, Gelasio non
solo affermò (495 ) : "Tutta la chiesa sulla terra sa che il seggio di Pietro ha il diritto di
sciogliere ciò che la decisione di qualsiasi vescovo ha unito", ma formula anche una
tesi incredibile: l ' imperatore deve sottostare ai vescovi nelle "cose divine", imparare
da loro, non insegnare, e ubbidire, non comandare. Deve chinare la testa per volontà di
Dio. Letteralmente : "Due sono le cose, sommo imperatore, che in primo luogo gover­
nano questo mondo: la santa autorità dei vescovi (auctoritas sacrata pontificum) e la
potestà del re (regalis potestas) . Di entrambe è gravato il fardello dei preti, perché essi
devono render conto davanti alla legge di Dio anche dei re degli uomini. Tu sai, grazio­
so figliolo, che tu, malgrado sia al vertice dell' umanità per dignità, tuttavia devi china­
re devotamente la testa davanti ai padri nelle questioni divine, e aspettare da loro lo
strumento della tua salvezza". 73
L' affermazione fatta qui per la prima volta, la "dottrina dei due poteri", elevata a
fondamento del diritto ecclesiastico e di importanza cruciale per la storia del mondo, è
stata probabilmente la frase più citata per almeno un millennio, al pari delle fantasie dei
suoi predecessori. Per Gelasio non si trattava affatto della dottrina di due poteri paritari,
tutt' altro; visto che non si risparmiava minacce del tipo: "meglio che ascoltiate quello di
cui vi accuso in questa vita, come di fronte al giudizio di Dio ! . . . Con che faccia, in
futuro, i mplorerete per la grazia eterna Colui che quaggiù avete perseguitato?" 7 4
Questa, come altre inaudite manifestazioni di arroganza da parte di Gelasio - all ' in­
circa: il successore di Pietro è primo nella chiesa di fronte a tutti, che giudica illimita­
tamente in essa e nessuno al mondo deve osare contraddire la sua parola e nessuno lo
può confutare - era la teoria, ben lontana dalla realtà e possibile solo sotto la protezione
della signoria ostrogota, stranamente "eretica" . L' Handbuch der Kirchengeschichte
presenta invece il papa come un combattente della resistenza contro Odoacre. Eppure
anche per il manuale cattolico diventa "ora . . . sempre più chiaro che per Roma il nodo
controverso della questione non è Calcedonia, ma il primato di Costantinopoli". Laddove
naturalmente, riguardo al campione della supremazia papale non si parla di "sete di
potere", bensì del "senso della grande responsabilità davanti al giudizio divino" (F.
Hofmann), col quale Gelasio amava molto minacciare, e non solo lui . . 75 .
232 La guerra nelle chiese e per le chiese

PAPA GELASIO COMBATTE LA " PESTILENZA " DI SCISMATICI, ERETICI E PAGANI

Solo per amore di Dio, non per altro, si svolge la guerra senza quartiere contro gli
scismatici e gli "eretici", riflessa nelle circa sessanta lettere e decreti di questo papa,
più sei trattati teologici, quattro dei quali contro i monofisiti.
I "greci" scismatici (espressione ripetuta spesso, a sottolineare la distanza) sono
continuamente rimproverati da Gelasio per la loro testardaggine, traviamento, e nem­
meno i morti, lui lo sa, "abbandonano l ' errore". Non attacca direttamente I 'Henotikon
(non lo nomina nemmeno) ma solo le sue conseguenze politiche. La questione non è la
dottrina, ma la persona, il seggio, il potere. Gelasio ricopre questi "greci" di accuse,
rimproveri, scherno e derisione. Si meraviglia - le sue lettere cominciano spesso con
"Miramur", o "Val de mirati sumus" cosa che è sempre foriera di pericoli. Costantinopoli,
la capitale del l ' impero, "non è annoverata tra i grandi seggi", non ha la sede del
metropolita, il seggio di patriarca (di fatto primo in tutto l ' Oriente ed equiparato a
Roma dal canone 28 di Calcedonia), non ha rango tra le sedi episcopali, il patriarca non
ha l ' autorità pontificia di rivedere i giudizi "del soglio apostolico", che solo delibera
sulla verità, che A cacio e i suoi disprezzano in maniera imperdonabile . . . Insomma: tutti
gli scritti papali avevano lo stesso obiettivo: "mettere i vescovi orientali dalla parte del
torto" (Ullmann). 76
Fin dall' inizio Gelasio provocò il patriarca di Costantinopoli, Eufemio, che disertò
l' elezione di Gelasio ma si congratulò con lui (pochi anni dopo venne accusato di alto
tradimento, destituito e deportato). Naturalmente Gelasio non ci pensava proprio, come
chiarisce il suo responsum, a fare rapporto a un subordinato dal "primo seggio" della
cristianità. Arrogante fino all' estremo, accusò Eufemio di arroganza, lo accusò di esse­
re venuto meno agli obblighi, di essere debole, lo sfinì con la destrezza dialettica, col
sarcasmo mordace, con la superbia: "Vi vedete caduto dalla comunità cattolica e apo­
stolica in quel la eretica e dannata. Questo lo sapete e non lo negate . . . e ci invitate a
condiscendere con voi (conscendere) dall' alto al basso . . . "Per concludere poi con la
minaccia: "Verremo, fratello Eufemio, senza dubbio verremo di fronte al temibile e
spaventoso tribunale di Cristo". In effetti le minacce fatte attraverso il più recente dei
tribunali, "il tribunale del l ' eterno giudice e re" sono molto frequenti in Gelasio. 77
Spesso si rivolse anche contro Acacio, il "crimine" del patriarca, la "pestilenza di
Eutiche", "l ' infezione eutichiana dell ' Oriente", nient' altro che "incallita malvagità",
"decrepite malvagie sto !tezze", "miserevole istigazione" , "ciance" ; laddove "eutichia­
nesimo" è un termine involuto che indica l' eresia, "tutti i complici, seguaci e simpatiz­
zanti di una malvagità già condannata". Naturalmente anche in Occidente prese di mira
tutti i deviazionisti. Ancora nel 493 , all ' epoca delle sanguinose battaglie sull ' Isonzo,
sull' Adda, presso Verona e Ravenna, e l ' Italia settentrionale era scossa da quattro anni
di guerra (infra p.223 s . ) , il papa scrisse ai vescovi italiani di Piceno: la distruzione
Papa Gelasi o combatte la "pestilenza " 233

della vostra terra per mano dei "barbari" lo feriva meno della loro tolleranza nei con­
fronti dei diabolici "eretici" ! Allo stesso modo si volse contro i nuovi fermenti pelagiani
in Dalmazia, che per lui era solo una palude fetida. Definì il vescovo Seneca, che
scomunicò, "una rana che sguazza incosciente nella palude pelagiana", "cadavere in­
degno e mosca morta". Scacciò i manichei da Roma e fece bruciare i loro libri davanti
ali ' entrata della basilica di s. Maria Maggiore. Un gesto, secondo le parole di Hartmann
Grisar (gesuita), "molto simile a quelli di Leone Magno" . 7 8
Dalle obiezioni altrui Gelasio, nella migliore tradizione romana, non si faceva mini­
mamente irritare, restava "sordo" e le trattava in modo "totalmente sprezzante" (Caspar),
e una volta le liquidò come miscuglio di eresie che non conoscevano "alcuna differen­
za tra vero e falso". Era talmente pieno di sé che non esitava ad attribuirsi affermazioni
di Cristo e di paragonarsi a lui ! 79 (Anche Pio IX, l ' assertore dell ' infallibilità papale nel
XIX secolo, cosa ritenuta sciocca e folle perfino dagli studiosi cattolici, vescovi e di­
plomatici, si attribuì la frase di Cristo : "Io sono la via, la verità e la vita . . . " e nel 1 870,
rivolgendosi ad uno storpio, "Alzati e cammina !"). 80
Papa Gelasi o eliminò anche l ' ultima festa pagana ancora esistente e tollerata, quella
dei Lupercali: una sorta di carnevale, ma più piccante, disinvolto e scandaloso, consen­
tito solo alle donne. Era una delle feste che resisteva dai tempi di Roma antica, la festa
più vecchia della città, dedicata al dio Lupercus, protettore dei lupi . Istituita, pare, per
scongiurare la sterilità femminile, aveva una forza catartica e scaramantica. Apparen­
temente se ne interessò "un petite groupe de chrétiens dissidents" (Pomarès). In realtà
nemmeno i cristiani volevano rinunciarci. Ma Gelasio ingiunse alle sue pecorelle di
non sedere alla stessa tavola col Signore e col diavolo, di non bere allo stesso calice,
predicò contro la magia pagana, contro gli usi miscredenti e proibì il divertimento. La
chiesa sostituì i Lupercali con la festa della purificazione di Maria (Candelora), spo­
standola dal 14 al 2 febbraio, data in cui si festeggia ancora oggi. 8 1
Papa Gelasio, che dichiarò che nella condanna di Ario erano inclusi tutti gli ariani e
quelli che diffondevano quella peste, non volle però colpire i Goti, che detenevano di
fatto il potere (punto troppo importante per non ricordarlo ancora una volta) come i
"greci"; eppure questi ultimi erano cattolici scismatici, mentre i goti erano "eretici" e
"barbari ! " Avevano il loro clero, i loro templi. Il papa doveva confrontarsi continua­
mente con loro. Anche a Roma c ' erano un vescovo ariano e chiese ariane proprio ac­
canto alla residenza papale ! Eppure Gelasio non fece nulla contro i Goti, né come
cancelliere né come papa. Mentre si scagliava contro gli ultimi "eretici", i pagani, gli
scismatici orientali con tutta la forza e l ' infamia possibili, bellicoso e agguerrito come
pochi, lasciò i Goti in pace. Egli fu capace di rivolgersi al re eretico non solo con
l ' appellativo di più alto funzionario imperiale, "magnificentia vestra", bensì, cosa che
aveva ben poco a che fare col cerimoniale, riconoscergli anche lo status di devoto
cristiano. Apparentemente Gelasio, furioso contro tutti quelli di altre fedi, riusciva a
234 La guerra nelle ch iese e per le chiese

dominarsi solo con chi lo dominava; perché la sua confessione in Occidente era una
minoranza; perché gli ariani germanici governavano su quasi tutto l ' Occidente, non
solo in Italia ma anche tutto intorno: a Nord i Burgundi, in Spagna e nella Francia del
sud i Visigoti, in Africa i Vandali. Allora il tonante, per non dire smargiasso Gelasio
diventava sommesso. Anche per lui valeva i l fondamento classico del cattolicesimo:
contro la tolleranza quando si è i n maggioranza; altrimenti, a suo favore. 82

UN PAPA PACIFICO REGNA PER POCO

Papa Anastasio II (496-498), sotto il cui pontificato avvenne l ' epocale conversione di
Clodoveo, re dei Merovingi, sembrò più o meno impegnato, nelle sue stesse parole, "a
portare la pace ai popoli". Già nella sua prima lettera ali ' imperatore Anastasio I scrive :
"il cuore della vostra devota maestà è il sacro altare del benessere pubblico". Scrive
che a lui, l ' imperatore, "Dio ha dato il compito di governare come suo rappresentante
sulla terra [ ! ] " . All ' apparenza questo papa voleva trattare con l ' imperatore per mettere
fine allo scisma. In realtà si spinse così in là nei suoi tentati vi di mediazione con l ' Oriente
che una parte del suo clero si allontanò da lui e costituì un partito contrario, che lo
sospettò anche di "eresia". Anche il redattore del Liber pontificalis, che nacque allora,
lo accusa: "Egli voleva riabilitare Acacio e non poteva permetterselo. Perciò lo colpì la
punizione divina". Questo giudizio, ripreso dal Decretum Gratiani e da Dante nella
Commedia, determinò la pessima i mmagine del papa nella storia. Nel 1 982, invece,
l ' Handbuch der Kirchengeschichte, uscito con l ' i mprimatur della chiesa, gli attribui­
sce "una politica ragionevole" . Già il l 9 novembre 498 lo colse una morte improvvisa.
Non poté nemmeno, com' era consuetudine, assicurarsi la scelta del successore. Ora,
toccò a Roma di avere uno scisma locale. Ancora una volta si combatterono due papi,
laddove la guerra civile ha sempre ostacolato la politica orientale pontificia. Ora a
Roma la questione era solo il potere sul "seggio apostolico": una lotta sanguinosa,
accompagnata da un monte di fondamentali falsità. 8 3

Lo SCISMA LAURENZIANO - SCONTRI DI PIAZZA E MASSACRI NELLE CHIESE

Il 22 novembre 498 divenne papa l ' arcipresbitero Laurenzio. La sua elezione era stata
ottenuta, con la corruzione dell' oro di Costantinopoli, dal presidente del senato Festo,
di parte i mperiale ; qui ndi Laurenzio, per gratitudine, promise di sottoscrivere
l' Henotikon. Lo stesso giorno venne eletto papa, sempre in S . Pietro, il diacono Simmaco.
E anche Simmaco, sardo, pagano di nascita e battezzato a Roma, e dal carattere molto
più discutibile del suo avversario, aveva corrotto, seppure con la più modesta somma
Lo scisma Laurenziano 235

di 400 pezzi d ' oro, incassata presumibilmente da Teodorico. Il vescovo milanese


Laurenzio (supra p . 223) li aveva anticipati e il vescovo Ennodio di Pavia, un letterato
assai stimato sia in Occidente che in Oriente, cantore in versi (brutti) di Venere, ma
anche della paleocristianità e delle gesta di Pietro e Paolo, se ne era reso garante; inva­
no in seguito egli si sforzò presso la corte papale di riaverli indietro. 84
Compravendita di seggi vescovili, caccia ai voti per mezzo della corruzione, rinun­
cia ai tesori della chiesa e delle terre, tutto questo alla fine del V secolo non era più una
novità, al contrario. Già allora, visto che i grandi seggi vescovili erano abitualmente
appannaggio dei figli dei nobili, gli episcopati non erano assegnati per merito, ma per
denaro. I compratori pagavano con le proprietà dei figli, che magari ancora non posse­
devano, ma che già avevano promesso ai venditori ; per questo nel 532 il re Atalarico
protestò energicamente presso papa Giovanni II (il primo papa a cambiarsi nome, visto
che si chiamava Mercurio} contro la simonìa. 8 5
La doppia elezione del 498 divise tutta Roma in due. Allo scisma tra Oriente e Occi­
dente si unì quello romano, lo scisma laurenziano. Ne conseguirono scontri di piazza e
massacri nelle chiese. Poi il mondo assistette a un bizzarro spettacolo: entrambi i papi
rimisero la decisione allo Spirito Santo, che stavolta parlò addirittura per bocca di un
"eretico", il re dei Goti. Laurenzio era l' esponente della frazione fedele all ' imperatore
e all ' Henotikon, mentre Simmaco era contrario. Teodorico esaminò il problema dello
Spirito Santo a Ravenna e decise a favore di Simmaco, visto che questi aveva conqui­
stato la maggioranza col suo oro. 86
Papa Simmaco ( 498-5 1 4) non ebbe vita facile neanche dopo la vittoria. Nel 499 fece
trasferire il suo avversario Laurenzio, con minacce e promesse, nell' episcopato di
Nocera. Ma i due partiti sopravvissero e con essi il conflitto, con le pubblicazioni e con
le armi.
L' opposizione, la maggioranza del senato che voleva quasi ad ogni costo la conci­
liazione con Costantinopoli, sotto la guida di Festo, presentò al re nel 50 1 un lungo
elenco dei peccati di S immaco, che andavano dall ' i ngordigia (lo si paragonò a Esaù)
allo sperpero dei beni della chiesa, fino alla lussuria con alcune mulierculae, la più nota
delle quali era la fornaia romana Conditaria, dal buffo soprannome. Teodorico sospese
Simmaco e lo trasferì a Rimini. Ma quando anche lì, un giorno in cui S immaco passeg­
giava ignaro in spiaggia, comparvero le note mulierculae, il vescovo sfuggì alle loro
grinfie, e con un solo accompagnatore se ne tornò gambe in spalla a Roma. 87
Privato di molte chiese e del palazzo del Laterano, si stabilì fuori città, in s. Pietro,
e costruì episcopìe, abitazioni per il vescovo, dalle quali lentamente si sviluppò il Vati­
cano, luogo già malfamato nel l ' antichità ("infami bus Vati cani locis", Tacito) . Ma
Teodorico, che nel frattempo aveva insediato il vescovo di Altino, Pietro, come visitator
per la chiesa di Roma, fece discutere il suo caso, d' accordo con Simmaco, ad un conci­
lio italiano a Roma. Tuttavia i l tentativo degli accusatori di provare le accuse contro
236 La guerra nelle chiese e per le chiese

S immaco attraverso i suoi schiavi venne ostacolato. Il santo sinodo non permetteva
agli schiavi di parlare. I tumulti crebbero, gli scontri aumentarono di intensità. Infine la
maggior parte dei membri del si nodo si dichiarò incompetente e scrisse al re: "questio­
ne di vostra giurisdizione curarsi , a un cenno di Dio, del ripristino della chiesa, della
pace a Roma e nella provincia. Perciò preghiamo la Vostra devota maestà di venire in
aiuto alla nostra debolezza e impotenza, poiché la semplicità dei preti non è avvezza
all ' astuzia terrena e non possiamo tollerare oltre il pericolo per la nostra vita a Roma.
Permetteteci, con un vostro agognato precetto, di tornare alle nostre chiese".
Un documento penoso. L"'eretico" doveva correre in aiuto dei veri credenti . Teodorico
si rifiutò. Una parte dei padri se ne andò, e anche Simmaco non volle più trattare.
All ' inizio di settembre lasciò il suo rifugio a s. Pietro e si trasferì, con i suoi prelati e un
seguito di popolo, nel luogo della riunione. I suoi nemici, temendo a buon diritto un
colpo di mano, gli si scagliarono contro. Di nuovo fu la volta di scontri di piazza, feriti,
morti , tra loro anche molti prelati, per esempio l ' alleato di Simmaco Gordiano, padre
del futuro papa Agapeto. E poiché Simmaco stesso venne quasi lapidato (nelle sue
parole, "massacrato col suo clero"), si rifiutò di comparire ancora davanti al concilio.
Teodorico, infuriato perché a suo dire ovunque regnava la pace tranne che a Roma,
permise ora al sinodo, seppure a malincuore, di trattare il caso senza indagini. Ma i
sinodali, ridotti da 1 1 5 a 76, misero fine alla farsa "per pio riguardo". Nella quarta
seduta, il cosiddetto sinodo delle Palme il 23 ottobre 50 1 , decisero di rimettere il giudi­
zio a Dio e di non poter giudicare papa Simmaco a causa della sua immunità. Lo rein­
tegrarono nel suo ufficio e lasciarono in fretta e furia la città "santa", mentre il clero
locale restava ancora per la maggioranza dalla parte di Laurenzio. ••
Così lo scisma continuò. La colpa del papa era diventata troppo manifesta - indiret­
tamente anche per colpa sua in un sinodo del novembre 502. Non da ultimo, tuttavia, a
causa di una difesa scritta di Ennodio di Pavia, che nei suoi versi era tanto affezionato
a Venere e agli antichi dèi, preoccupato per la garanzia dei suoi 400 pezzi d' oro. Ma per
l ' innocenza del papa (che egli, vero poeta, chiamava sovrano del regno dei cieli) nem­
meno lui volle coinvolgersi. Egli gli ricordò la dignità della sua posizione e lo mise in
guardia dal rischio di insudiciarla per mezzo dei suoi occupanti ( ! ) e ammonì chiunque
a non recarsi alla sua porta. Fomentata soprattutto da Festo e dai senatori , la guerra
civile esplose ora in tutta la sua furia; perfino l ' antipapa Laurenzio, privato da Simmaco
della dignità vescovile, tornò con il benestare di Teodorico e prese il controllo di Roma
e di tutte le basiliche titolari della città, oltre due dozzine. Per quasi quattro anni egli
risiedette i n Laterano con pieni poteri, mentre Simmaco era confinato in s. Pietro, dove,
come già accennato, iniziò a gettare le fondamenta del palazzo vaticano. Per anni re­
gnò l ' anarchia, si combatté in nome di S immaco e Laurenzio. Alternativamente en­
trambi i partiti chiesero la protezione del re ariano. Il diritto d' asilo delle chiese e dei
conventi venne ignorato, e giorno e notte ci furono saccheggi e uccisioni, sacerdoti
Le falsificazioni 'simmachiane ' 237

picchiati a morte, monache violentate. Per anni infuriò il sanguinoso scisma tra i catto­
lici romani, finché Teodorico, per motivi politici , non prese le parti del papa più debole
e Laurenzio, al quale nemmeno i suoi peggiori nemici potevano ascrivere alcun crimi­
ne, liberò il campo nel 506 e venne espressamente maledetto dal suo seguito di prelati,
che passò dalla parte di Simmaco; stessa sorte toccò a Pietro di Altino, il visitator del
50 1 , già bandito da S immaco. Laurenzio, l ' antipapa filo-greco, fu vittima di un cam­
biamento in senso anti-bizantino del re e di parte del senato, che per ordine di Teodorico
cominciò a prendere rigidamente posizione con i Goti contro l ' Oriente. Mentre Simmaco,
in segno di gratitudine per la vittoria, abbelliva le chiese (in particolare s. Pietro) e ne
faceva edificare altre, l ' antipapa concluse la sua vita in rigorosa ascesi, nella proprietà
di campagna dell' alleato Festo. Lo scisma terminò solo con la morte di Simmaco. 89

LE FALSIFICAZIONI "SIMMACHIANE "

Poiché l ' affermazione sottoscritta dai 76 vescovi durante il processo a Simmaco, se­
condo la quale il papa non poteva essere giudicato da alcun essere umano, non aveva,
per ammissione del sinodo stesso, alcuna giustificazione storica, un accolito del papa
nel 50 l ne produsse una spudorata falsificazione. Il punto della questione era: ricon­
durre l ' indipendenza del vescovo di Roma da qualsiasi giudizio terreno e spirituale a
falsi precedenti storici. 90
Il partito fedele al papa produsse lettere, ordinanze, atti conciliari e altri resoconti
storici. Vennero fabbricati precedenti in una lingua incredibilmente primitiva, in un
latino molto più consono ai "barbari" che ai romani, come dimostra l ' analisi linguisti­
ca e sintattica, che sostenessero Simmaco contro il rivale Laurenzio: i presunti atti
processuali di papi precedenti, le Gesta Liberii papae, le Gesta de Xysti purgatione et
Polychronii Jerosolymitani episcopi accusatione, gli atti di un sinodo di S inuessa
(Sinuessanae synodi gesta de Marcellino), apparentemente del 303 . Tutti questi pro­
cessi vennero creati a bella posta ad uso dello scandalo simmachiano, con dettagli
precisi sui luoghi; e tutti andavano nella direzione voluta da Simmaco, cioè "nessuno
ha mai giudicato il papa, perché il primo seggio non viene giudicato da nessuno".
Oppure: "Non è permesso emanare un giudizio sul papa". Oppure : "Nessuno può accu­
sare il proprio vescovo, perché il giudice non può essere giudicato" . E in un decreto
papale inventato di sana pianta della Constitutio Silvestri si dice: "A nessuno è permes­
so giudicare il primo seggio, dal quale tutti vogliono avere una giusta sentenza. Non
dall ' imperatore né dal clero, né dal re e né dal popolo verrà giudicato il giudice supre­
mo". 9 1
Un corrispettivo preciso fino alla minuzia del processo d i Simmaco, ma natural­
mente con nessun aggancio alla realtà, sono le Gesta purgationis Xysti . Qui il papa
238 La guerra nelle chiese e per le chiese

viene accusato da nobili romani, come S immaco da Festo e da altri aristocratici roma­
ni. Come a Simmaco, anche a questo papa viene contestata la lussuria, in questo caso
con una suora. E come nel caso di Simmaco, anche qui uno schiavo doveva comparire
come testimone. Ma un ex console (nel ruolo di Fausto, alleato di Simmaco ed ex
console) , invalida il processo: "Non è permesso emanare un giudizio sul papa". 92
Queste grosse falsificazioni, che "sono a carico del partito di Simmaco e di Simmaco
stesso" (von Schubert), hanno secondo il gesuita Grisar "carattere del tutto privato",
ma non sono significative storicamente. All ' apparenza private, giocarono però un ruo­
lo importante nel diritto ecclesiastico. Fi nirono, rielaborate, nel Liber pontificalis, e
trovarono larga diffusione attraverso di esso. La falsa formula "Prima sedes a nemine
iudicatur" divenne (ironia cinica della storia) la formula del primato giurisdizionale
del papa ! Vi si fece riferimento ne11' 800 nel processo a Leone III. Anche Gregorio VII
citò letteralmente il falso nel l 076. 93
Da notare anche la polemica pubblicistica in questo conflitto.
Proprio mentre a Simmaco venivano mosse accuse gravissime, mentre egli chiara­
mente non poteva giustificarsi, proprio mentre era .ovvio che aveva scialacquato i beni
della chiesa e i suoi avversari , in un opuscolo, si facevano beffe "dei vescovi grigi e
malandati" e delle loro "orde di donnette", proprio allora si affermò per la prima volta
che il vescovo di Roma non poteva essere giudicato da nessuno ! Come uomo doveva
espiare in cielo, sulla terra però era intoccabile, sollevato da ogni punizione giuridica.
E quando apparve uno scritto "Contro il sinodo dell ' assoluzione insensata", il diacono
Ennodio, alleato di Simmaco, rivendicò per i vescovi romani addirittura u n ' innocenza
e una santità ereditate da Pietro. Secondo la teoria di Ennodio, Pietro aveva lasciato "ai
suoi successori un eterno tesoro di meriti come eredità del l ' i nnocenza. Ciò che gli
viene rimesso per le sue buone azioni appartiene a coloro che sono rischiarati dalla
stessa condotta luminosa. Chi dubiterebbe che colui che detiene una tale onore sia un
santo? Se a lui mancassero i meriti delle sue proprie azioni, basterebbero quelli del suo
predecessore (Pietro) . . . " Quindi, se a un papa mancano i meriti (leggi : se fa qualcosa di
male), i meriti di Pietro sono sufficienti a salvarlo? ! Nel l 075 papa Gregorio VII portò
all ' estremo quest' idea nel suo famigerato scritto Dictatus papae affermando che un
papa eletto legittimamente diventava per forza santo in virtù dei meriti di Pietro ! Ciò
che sta dietro le speculazioni di Ennodio, futuro vescovo di Pavia, è colto dal collega e
alleato vescovo Avito di Vienne con una frase : "Sentiamo tutti vacillare la nostra posi­
zione, quando quella del superiore è attaccata dalle accuse" . 94
Il Liber pontificalis, che nel medioevo possedeva una notevole aura, deve la sua
nascita alla lotta tra laurenziani e simmachiani, e alle falsificazioni di questi ultimi .
Entrambe le parti cominciarono infatti, anche se da punti di vista contrari, a racco­
gliere le biografie dei papi e continuarono fino agli anni 530 e 5 5 5 . Come nelle
falsificazioni simmachiane, anche nella "rinomata storia dei papi" (Seppelt) la forma
Formazione degli schieramenti: il regno dei Goti e Roma contro Bisanzio 239

letteraria è singolarmente primitiva; paragonata ai parametri del tempo, segnata "dal­


l ' ignoranza degli elementi grammaticali e sin tattici del l ' i struzione scolastica" (Caspar).
Infatti questi chierici romani erano "colmi di gioia della fede nella chiesa" ma "semplici
nello spirito" (Hartmann). Comunque hanno lavorato pro domo senza riflettere, citando
tutti i "papi" a cominciare da Pietro (per i tempi più antichi, una lista di pura invenzione
- supra p. 46 ss.). E anche nei primi tre secoli hanno spensieratamente trasformato i
papi in martiri con la formula stereotipa "hoc martyrio coronatur" ; di fatto, quasi tutti
falsi (supra p. 70). Ma non solo i primi pontificati, e quasi tutti i martiri , sono frutto di
inganno: come redattore del libro dei papi venne indicato anche papa Damaso (per il
periodo precedente al suo pontificato), cosa che venne creduta per tutto il medioevo. E
anche l ' introduzione, vale a dire il carteggio tra Damaso e Girolamo (una lettera cia­
scuno) è del tutto falsa (supra p. 47 s . ) : il rinomato libro dei papi inizia con sonore
bugie - come pure i l presunto primato dei papi stessi si basa su un inganno. 95

"FORMAZIONE DEGLI SCHIERAMENTI: IL REGNO DEI GoTI E ROMA CONTRO BISANZIO"

Nel frattempo Teodorico non aveva intenzione di limitarsi all ' Italia e alla Dalmazia.
Aveva sistematicamente spinto per la formazione di una federazione di stati germanici
e raccolto tutte le forze antibizantine. Egli inviò le sue truppe di confine al di là del­
l ' Adriatico e nel 504 invase Sirmio. L' anno seguente la tensione della situazione portò
a un conflitto tra le truppe di Teodorico e del l ' imperatore. Il Goto si era alleato col
vicino capo dei Gepidi, Mundo. E quando questi fu minacciato con un esercito forte di
diecimila federati bulgari dal magister militum del l ' Illiria, Sabiniano, dal territorio
appena conquistato della Pannonia partì subito un contingente goto di 2000 uomini a
piedi e 5000 a cavallo, in aiuto dei Gepidi. L' esercito imperiale venne quasi completa­
mente distrutto nella valle della Morava; tra i bulgari , coloro che non morirono di
spada annegarono nel fiume. La terra conquistata venne annessa al regno di Teodorico
come Pannonia Sirmiense. 96
L' Occidente si contrapponeva in modo sempre più scoperto all ' imperatore, minac­
ciato a est dal pericolo persiano, e che attribuiva al papa una grossa parte di colpa.
Simmaco, a causa del conflitto a Roma, per tutto un decennio si era occupato a malape­
na di teologia e dello scisma. Nel 506 poté permettersi di imporsi definitivamente e
rispose a una lettera dell ' imperatore, sempre più vicino ai monofisiti, con ancor mag­
giore presunzione e arroganza. Dimenticando ogni cerimonia, apostrofò l ' anziano mo­
narca sempre solo come "imperator", gli rimproverò la fede in un Cristo a metà, osten­
tando che la sua "carica è certamente uguale, per non dire superiore", lo minacciò in
lungo e in largo con il giudizio divino e concluse con durezza e presunzione : "il com­
pagno del maligno non può che perseguitare colui che dal maligno non è toccato". 97
240 La guerra nelle chiese e per le chiese

I fronti tra impero d' Oriente e d ' Occidente si inasprirono ancora di più quando il
papa si conquistò il partito di Teodorico; il senato romano collaborava di nuovo con il
clero romano, cosa che indignava Costantinopoli. L' imperatore, tacciato dal papa di
manicheismo, parlò in una dura lettera a Simmaco della cospirazione del senato e della
chiesa romana contro l ' impero. Protetto dal re goto, i l papa reagì con temerarietà. Af­
fermò non solo che "l ' imperatore voleva associarlo agli eretici", ma Io insultò anche
dandogli del "patrono dei manichei", aggiungendo la spudorata bugia che in Oriente
tutte le eresie erano permesse, mentre solo i cattolici erano perseguitati. "Tu credi"
scrisse papa Simmaco ad Anastasio "perché sei l ' imperatore, di non dover temere il
giudizio di Dio? Credi di essere escluso dall' autorità del capo degli apostoli ? . . . Con­
fronta dunque la carica di imperatore con quella del capo della chiesa. L' uno tratta solo
le questioni terrene, l ' altro ha la cura delle cose divine". 9 8
La risoluta resistenza di Anastasio contro i cattolici determinò l ' opposizione dei
circoli fedeli a Calcedonia, che lo incalzarono sempre di più. II nuovo patriarca di corte
Macedonio II ( 496-5 I I) dovette sottoscrivere I' Henotikon, ma si barcamenò tra i due
fronti a tal punto che gli ortodossi lo sospettarono di "eresia". Alla fine egli prese
posizione contro i monofisiti, offese l ' imperatore e cercò forse di tramare una rivolta.
La pazienza di Anastasio era finita. Come già aveva fatto col predecessore Eufemio,
destituì Macedonio e lo mandò in esilio il 7 agosto 5 I I. Il nuovo capo della chiesa di
Costantinopoli, Timoteo (5 1 1 -5 1 8) era fedele ali ' imperatore. E poiché ad Alessandria
sedeva il patriarca Giovanni III Nikiote (505-5 1 6) e ad Antiochia c ' era il monaco Se­
vero (5 I2-5 I 8 e 538), assai favorito da Anastasio, ora i tre più importanti patriarcati
dell' Oriente erano governati da monofisiti.
Vescovi e monaci cattolici ora istigavano sempre più alla ribellione contro l ' i mpera­
tore eretico, in particolare in Asia minore e nei Balcani. Il papa, dopo la destituzione di
Macedonio, rievocò gli imperatori pagani della persecuzione contro i cristiani. Pretese
la sollevazione in Oriente, la fedeltà e la disposizione al martirio. Parlò di "servire
nell' esercito celeste" e scrisse: "Ora è il tempo che la fede chiami i suoi sostenitori alla
sua difesa, alla fiamma della grazia" .
Già in precedenza c ' era stato motivo di malcontento sotto Anastasio, dove però
"non si può rintracciare una causa politica" (Tinnefeld). Già per il primo anno di regno
de li ' imperatore, Marcellino Comes riporta: "guerra civile tra i bizantini; gran parte
della città e del circo inceneriti". Nel 50 1 al centro della disputa c ' era la festa pagana di
Brytai (o Bryta). Nel 5 IO la folla inferocita di Costantinopoli gettò fuori dalla chiesa di
s. Sofia i monaci del monofisita Severo durante la messa, e l ' imperatore, che di questo
chiese conto al patriarca Macedonio, pensò addirittura alla fuga. Nel 5 1 2, sempre a
causa della sua politica monofisita, si arrivò ad una vera e propria sollevazione, aizzata
dai monaci, e il monarca, con intelligenza e coraggio, affrontò disarmato la folla. Ven­
ne invocato un nuovo imperatore, molti monofisiti furono uccisi, vennero incendiate le
Formazione degli schieramenti: il regno dei Goti e Roma contro Bisanzio 24 1

case di alti funzionari, finché la rivolta non fu soffocata tra arresti ed esecuzioni. Allo
stesso tempo ad Antiochia, arrivavano ad ondate successive i monaci monofisiti della
regione circostante, perfino dalla Siria, e molti di essi morirono. Anche la rivolta del
5 1 4, che coincide con la vittoria dell ' u surpatore Vitaliano, ha motivazioni religiose, e
perfino il benedettino Rhaban Haacke afferma che in questi moti e rivolte contro l ' im­
peratore Anastasio il popolo di Costantinopoli era "sotto la guida esperta dei monaci e
dell ' alto clero". 99
I cattolici avevano in pugno anche la famiglia dell ' imperatore. L' imperatrice Arianna
disapprovava profondamente la sua politica religiosa. Il nipote Pompeo teneva una
corrispondenza con il papa ed era un fervente cattolico. Lo stesso vale per sua moglie
Anastasia e l ' amica di lei, Giuliana Anicia, una principessa imperiale d ' Occidente,
discendente di Teodosio I, il cui marito Areobindo fu acclamato imperatore durante i
moti cattolici di Costantinopoli nel 5 1 2. Allora Anastasio non fu ucciso per un pelo. 100
Nel 5 1 3 il militare Vitaliano si ribellò e condusse l ' impero sull ' orlo della catastrofe.
Il Goto della Scitia, l ' attuale Dobrugia, che comandava il reggimento dei federati, cer­
cò di approfittare dei dissidi religiosi e fece del l ' ortodossia conforme al concilio di
Calcedonia la sua parola d' ordine. Fece da portavoce all ' opposizione clericale, invocò
la reintegrazione dei vescovi scacciati e un concilio con il papa. Era il suo uomo di
fiducia e strinse contatti anche con il re ostrogoto e divenne, col suo comportamento e
il suo esempio di attacco combinato per mare e terra contro l ' impero, le sue estorsioni
e il suo addestramento militare, "il grande maestro di Unni e Slavi" (Rubin). 1 0 1
Nel 5 1 3 Vitaliano aveva eliminato due ufficiali che lo intralciavano e aveva condot­
to il suo reggimento, rafforzato da predoni bulgari e contadini scontenti, a Costantinopoli,
sembra per la dottrina delle due nature, e aveva preteso la rinuncia alla politica religio­
sa imperiale. Anastasio era sotto pressione. Fece promesse che non mantenne, quando
Vitaliano dopo otto giorni si ritirò, inseguito dal nipote dell ' imperatore, Ipazio. Il gros­
so esercito di quest' ultimo però subì una grave sconfitta presso Odessa (Varna sul Mar
Nero), con circa 60.000 morti. Scoppiarono tumulti tra i cattolici in città. Nel 5 1 4
Vitaliano riapparve alle porte di Costantinopoli, dopo aver catturato il nipote dell' im­
peratore e averlo rinchiuso in un porcile (secondo un resoconto dubbio), stavolta anche
con una grande flotta nel Bosforo. Avanzò nuove pretese : innanzitutto si fece nominare
magister militum, poi pretese l ' abbandono della politica religiosa imperiale, la reinte­
grazione dei vescovi scacciati e trattative con la chiesa di Roma. Aveva anche estorto
all ' imperatore la promessa di convocare un concilio per il l luglio 5 1 5 ad Eraclea,
presieduto dal papa e con l ' obiettivo di riunificare la chiesa. "Roma", vale a dire il
papa in carica Ormisda (5 1 4-523) "contava sulla mediazione [ ! ] di Vitaliano", scrive il
benedettino Haacke. Per il rilascio del nipote dell ' imperatore, Ipazio, Vitaliano incassò
da Anastasio un riscatto i naudito, 5000 libbre d' oro (lpazio, che simpatizzava con i
cattolici, in segno di ringraziamento per la sua salvezza, si recò in pellegrinaggio al
242 La guerra nelle chiese e per le chiese

Santo Sepolcro, dove fece ricche donazioni alla chiese e ai conventi della città). Le
singolari trattative naufragarono però davanti alle pretese del romano, che voleva una
totale umiliazione dei patriarchi orientali . Perciò il "mediatore" papale sferrò un terzo
attacco, proprio mentre "si scambiavano legazioni e le trattative proseguivano . . . "
(Haacke). Vitaliano, che rese noti all ' imperatore i suoi contatti con Ormisda, per ren­
derlo forse più malleabile, nel 5 1 5 (quando avrebbe dovuto aver luogo il concilio; in
estate quaranta vescovi delle province balcaniche si staccarono dai loro metropoli ti e si
unirono al papa) attaccò Costantinopoli per mare e terra; il papa, con questa bizzarra
"mediazione" contava sulla sconfitta totale del vecchio imperatore, e con lui sperava
anche re Teodorico. Vitaliano però venne gravemente battuto dal civile Marino ( soste­
nuto dal futuro imperatore Giustino, al comando di un veliero veloce) con una nuova
tecnica di combattimento (una sorta di "fuoco greco") e la vittoria del capo dei monofisiti,
il patriarca Severo di Antiochia, fu celebrata con entusiasmo. 102
Solo una ritirata veloce salvò Vitaliano. Anastasio non pensò mai più a condurre
"trattative" con Roma. Inoltre, bandì nell' estate del 5 1 6 anche il patriarca ortodosso di
Gerusalemme, Elia ( 494-5 1 6) che si era rifiutato di associarsi a Severo, per i mporre il
monofisismo anche a Gerusalemme. Il successore Giovanni III (5 1 6-524) sotto la spin­
ta massiccia dei monaci cattolici, rifiutò ugualmente l ' associazione con Severo e finì
in una prigione statale di Cesarea. Anche dopo il rilascio Giovanni non fece l ' attesa
dichiarazione di devozione e emanò davanti a una folla di 1 0.000 monaci fanatici una
bolla contro Severo e la sua dottrina: gesto tanto più significativo in quanto era presen­
te il nipote del l ' imperatore Ipazio, in pellegrinaggio. Il governatore della Palestina,
Anastasio, fuggì . I cattolici cercarono così di reprimere il monofisismo e superare i
suoi confini, anche da Occidente. 1 03
Quando papa Ormisda, nell' aprile 5 1 7 , inviò una legazione in Oriente, nella quale
era anche il vescovo Ennodio di Pavia, le dette, oltre alle lettere ufficiali, anche dician­
nove scritti di contestazione clandestini, materiale di propaganda da far diffondere dai
monaci. Ormisda non aspirava a nulla di meno del dominio su tutta la chiesa. Fece
giurare ai vescovi dei Balcani "di seguire il seggio apostolico e di proclamare tutte le
sue ordinanze". In maniera evidente, il "vicario di Cristo", coperto dal re goto Teodorico
e in attesa di un nuovo attacco da parte di Vitaliano, già pronto, mirava alla caduta della
chiesa. Incitò i prelati orientali fedeli a Roma ad "andare alla guerra senza paura",
appellandosi anche apertamente alla popolazione cittadina. Nelle parole del gesuita
Hugo Rahner: "Papa Ormisda entrò nella storia come vincitore ed eroe della pace". Il
vecchio Anastasio non si fece pregare, rimise i legati papali su una nave e ordinò al
capitano di non fare scali e li rimandò a casa. Comunicò al papa, l' 1 1 luglio 5 1 7, la
rottura delle trattative, senza durezza. "Quando certa gente" scrisse, "che deriva la sua
autorità dagli apostoli stessi, nella sua disubbidienza non ha voluto eseguire i l pio inse­
gnamento di Cristo, che è morto per la salvezza di tutti, allora non sappiamo proprio
Formazione degli sch ieramenti: il regno dei Goti e Roma contro Bisanzio 243

come potrebbe venirci incontro un insegnamento del Signore misericordioso e del grande
Iddio . . . Di essere insultati e maltrattati possiamo sopportarlo, ma di farci comandare
no" (iniurari enim anullari sustinere possumus, iuberi non possumus). 1 04
L' imperatore Anastasio evitò ogni parola altezzosa, come commenta Caspar, "ma
egli fu mosso dal puro e forte sentimento di un uomo devoto, alla fine della propria
vita, un sovrano che da vent' anni combatteva per l ' unità religiosa ed ecclesiastica del­
l ' Oriente all ' interno e contro l ' intransigenza papale in Occidente, che con la sua prete­
sa su Acacio condannò la chiesa imperiale alla perpetua divisione interna". 1 05
Nello stesso anno (5 1 7 ) accadde in Oriente un massacro, certo non indesiderato dal
papa.
La tragedia avvenne durante un pellegrinaggio di monaci cattolici da Simeone lo
Stilita, che si tramutò in una manifestazione di massa a nord est di Beroea. Quando
questi monaci, lei cui file si ingrossavano sempre più, attraversarono l ' episcopato di
Apamea, vennero assaliti a circa 20 chilometri dalla città. 350 furono uccisi sul posto,
altri nella chiesa in cui si erano rifugiati . Responsabili della tragedia, secondo i mona­
ci, furono il vescovo Pietro di Apamea e il patriarca Severo di Antiochia. I monaci
protestarono presso l ' imperatore e il papa. Il loro appello, scrive il gesuita Heinrich
Bacht, "dev' essere arrivato a Roma alla fine del 5 1 7 . Ormisda, che afferrò subito que­
sta buona [ ! ] occasione per entrare in contatto con l ' Oriente, mandò la sua risposta il l O
febbraio 5 1 8 . La lettera è piena di lode e incoraggiamento . . . ". 1 06
Anastasio morì quasi novantenne, durante una terribile notte di tempesta tra l ' 8 e il
9 luglio 5 1 8 , "colpito dal fulmine divino", come affermò trionfante il Liber pontificalis,
in base alle voci che circolavano a Roma. Anastasio lasciava un enorme tesoro statale,
ma né figli né successori . Già il 9 luglio salì al trono il comandante di una guarnigione
di corte, il comes excubitorum Giustino. 1 07
244 La guerra nelle chiese e per le chiese

NOTE

1
Bosl 4 1 .
2
Kawerau, Alte Kirche, 1 75 .
3 Harnack, Lehrbuch, II 3 7 3 . Bury, History, I 402. Aland, Von Jesus bis Justinian, 286. Handbuch der
Kirchengeschichte II/2, 8.
4
Haller, Papsttum, I 1 47 s. Dannenbauer, Entstehung, I 284 ss. Grillmeier, Rezeption, I O.
' Dannenbauer, Entstehung, I 285. De Vries, Die syrisch-nestorianische Haltung, 6 1 O ss. Handbuch der
Kirchengeschichte II/2, 5 . Podskalsky, Nestorius, 223 .
6
dtv Lexikon der Antike, Religion II 99 s. H unger, Byzantinische Geistesgeschichte, l 00. Dallmayr 245 s.
7
LThK l . A. VIII 563 s, 2.A. VIII 900 s. Grillmeier/Bacht, Einleitung, I 42 1 ss, II 9 s. Graf, Chalkedon, I
760 ss.
" Evagrio, Historia ecclesiastica, 2,5 ss. Breviarium causae Nestorianorum et Eutychianorum 15 s. Teodoro
Lettore l ,8. Zaccaria Retore, Historia ecclesiastica, 4, I O. Leone I, Epistu/ae, 1 26 s; 1 29 s. Simplicio,
Epistulae ad Zenonem. Collectio Avellana 56. LThk I .A. VIII 509,2. A. VIII 8 1 5 s. Kirsch 570 s.
Klinkenberg, Papsttum, 97. Dannenbauer, Entstehung, I 284 s. Rubin 38. Seppelt, Der Aufstieg, 205 s.
B ach t, Die Rolle, II 255 ss. Hofmann, Der Kampf der Piipste, II 22 ss, 37 ss. Camelot, Ephesus, 20 l .
Haacke, Politik, II 1 09 s . Maier, Verwandlung, 1 59. Chadwick, Die Kirche, 240. Grillmeier, Rezeption,
1 20 ss. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 4.
• Leone I, Epistulae, 80, 3 ; 1 09 ad Julianum; 1 1 6 ss; 1 26 ad Marcianum; 1 36; 1 39. Girolamo, Vita Hilarii,
25 . Zaccaria Retore, Historia ecclesiastica, 3,3. ACO II l ,3, 1 25 ; l ,3, 1 3 1 s. Evagrio, Historia ecclesia­
stica, 2,5 . Sozomeno, Historia ecclesiastica, 5, 1 5 , 1 5. LThK l . A. V 734, IX 504. Stein, Vom romischen,
52 1 s. Kirsch 570. Hofmann, Der Kampf der Piipste, 1 8 ss. Caspar, Papsttum, I 505, 53 1 , 535 s.
Dannenbauer, Entstehung, I 284. Seppe! t, Der Aufstieg, 204 s. II, 8 . Cfr anche Bach t, Die Rol/e, II 258,
29 1 s . Honigmann, Juvenal, 200 ss. Camelot, Ephesus, 1 70 s, 200 s. Rubin 36. Maier, Verwandlung,
1 60. Tinnefeld 3 24. Handbuch der Kirchengeschichte II/ l , 1 94, 247 s, 372, Il/2, 5. Grillmeier, Rezeption,
1 1 3 ss. Perrone 90.
10 ACO II, l ,3, 1 1 9 ss. Leone I, Epistulae, 1 1 5 , l . Caspar, Papsttum, I 53 1 s. Grillmeier/Bacht, Einleitung,
I 42 1 ss, II 9 s. Camelot, Ephesus, 1 53 . Tinnefeld 325. Grillmeier, Rezeption, 1 25 ss.
11
Codex Justinianus l , I l ,7; Codex Theodosianus 1 6, 1 0, 1 9.
12
Leone I, Epistulae, 1 02, ACO II, 4,53 s
13 Leone I, Epistulae, l 09; I l i ; 1 1 3 ; 1 1 7 s; 1 25 . Seppe l t, Der Aufstieg, 203 s
14
Leone I, Epistulae, 1 34 ad Marcianum.
'' ACO II 1 ,3 , 1 1 9 ss. Zaccaria Retore, Historia ecclesiastica, 3,5. Leone I, Epistulae, 1 1 6 ad Pulcheriam;
Ep. 1 1 7 ad Julianum; Ep. 1 26, 1 34, 1 42 ad Marcianum. Caspar, Papsttum, I 5 3 1 ss. Hofmann, Der
Kampf der Piipste, 1 8 ss. Bach t, Die Rolle, II 24 7 ss. Grillmeier, Rezeption, 1 68 ss. Perrone 89 ss.
16
Leone I, Epistulae, 84. Giordane, De origine actibusque Getarum, 45. Procopio, De bello vandalico,
1 ,5,7; 1 ,6,3. Zaccaria Retore, Historia ecclesiastica, 4,7. Zonaras 1 3,25,33. dtv Lexikon der A ntike,
Geschichte I 1 52, II 244 s. Pauly III 56 1 s. Stein, Vom romischen, 523 ss, 529 ss. Caspar, Papsttum, I
547. Dannenbauer, Entstehung, I 286. Grillmeier, Rezeption, 1 3 1 s. von Haehling, ReligionszugehOrigkeit,
275 s. Demandt RE Suppl. XII 779, ci t. in von Haehling, Ibidem.
17
Leone I, Epistulae, 1 46, ACO II 4,97. Epistulae, 1 62, ACO II 4, 1 06 s. Epistulae, 1 64, ACO II, 4, 1 1 0 s.
Seppelt, Der Aufstieg, 207 .
'" Leone I, Epistulae, 1 1 5 ; 1 44 ad Julianum. 145. ad Leon imp. 1 46 ad Anatol . ! 55 ad Anatol. ! 56 ad Leon
imp. ! 57 ad Anatol. 1 62 ad Leon imp. 1 64 s. ad Leon imp. 1 69 s. Caspar, Papsttum, I 554. Hofmann,
Kampf der Piipste, II 24 ss. Seppe! t, Der Aufstieg, 206 ss. Haller, Papsttum, I 1 48 s. Stockmeier, Leo /,
l 08 ss. Grillmeier, Rezeption, 1 32 ss.
19 Leone I, Epistulae, 1 56, PL 54, 1 1 27 ss.
Note 245

20 Hofmann, Kampf der Piipste, II 14 s.


21
Caspar, Papsttum, I 5 3 1 ss. Dannenbauer, Entstehung, I 285 s, 324 s. Dawson 1 39. Mango 1 07 . Nersenian
76. Maier, Verwandlung, 1 69 s. Chadwick, Die Kirche, 240 ss.
22
Leone I, Epistulae, 1 26.
23 Wetzer/Welte V 1 87.Schwartz, Schisma, 1 73 . 542 ss, 548 ss, 554. Haller, Papsttum, I 1 62. Seppelt, Der
Aufstieg, 205 ss. Haendler, Abendliindische Kirche, 75. Handbuch der Kirchengeschichte I l/2 4 ss.
Grillmeier, Rezeption, 1 3 1 ss. Tinnefeld 326.
2< Leone I, Epistulae, 1 7 1 ss.
25 Cfr. cap. V passim e i passaggi relativi del cap. IV. Vedi anche Caspar, Papsttum, I 555 ss. Haller,
Papsttum, I ! 50 s.
26
Liber Pontificalis Vita Hilarii (ed. Duchesne 242 s; ed. Mommsen 1 07 s). JK 552; 664, I l . Gregorovius
I , ! , I l O s . Caspar, Papsttum, I 483 ss, I I l O ss. Hofmann, Kampf der Piipste, II 35. Fuhrmann,
Propagandschrift, I ss. Ullmann, Gelasius l, l 09 ss.
2 7 Procopio, De bello vandalico, 1 ,6. Marcellino Comes, Chronica, a. 468. Candido, frammento 2 (FHG
IV 1 37 ; HGM I 445 ) Pauly III 56 1 s. dtv Lexikon der Antike, Geschichte I 1 1 4. Stein, Vom romischen,
530 ss, 573 ss. Cartellieri I 38 s. Karayannopoulos, Finanzwesen, 3. Dannenbauer, Entstehung, I 294 s.
Haacke, Politik, II 1 1 2. Le fonti riportano in maniera diversa le somme per le flotte sotto Basilisco. Una
riporta per esempio anche 47000 libbre d ' oro, un' altra 1 7000 libbre d ' argento. Cfr. anche cap. VII, nota
96.
28
Pauly I 355, 37 1 . Con indicazioni delle fonti. dtv Lexikon der Antike, Geschichte I 1 1 4, III 1 23 .
Gregorovius I, l 1 1 2 s s . Haller, Papsttum, I 1 53 . Dannenbauer, Entstehung, I 29 1 ss. cfr. anche nota 50.
29 Anonimo Valesiano 41 ss. Marcellino Comes, Chronica, ad a. 476. Giovanni Malalas, 1 6, 385. Zaccaria
Retore, Myth. Chron., 5,9. dtv Lexikon der Antike, Geschichte III 307. Pauly III 5 6 1 s. Schwartz, Schisma,
1 8 1 ss, 1 89 s, 2 1 6. Hofmann, Kampf der Piipste, II 35 ss. Bury, History, I 389 ss. Stein, Vom romischen,
536 ss. Dannenbauer, Entstehung, I 287 s. Haller, Papsttum, I 1 62 s. Mayer, Verwandlung, 1 2 1 . Harrison
27 s. Clauss 1 6 1 ss. Ullmann, Gelasius l, 1 1 7 ss.
3° Caspar, Papsttum, II 14 ss. Haller, Papsttum, I 1 62 s. Camelot, Ephesus, 202 s. Dannenbauer, Entstehung,
I 3 1 4. Frend, The Rise, 1 69 ss.
30 Teodoro Lettore, Historia ecclesiastica, 1 ,20 ss. Evagrio, Historia ecclesiastica, 1 , 1 3. Kraft, Kirchenviiter
Lexikon, 4 1 9. Schwartz, Schisma, 1 9 1 ss. Kirsch 634 s. Caspar, Papsttum, II 1 5 , 20. Hofmann, Kampf
der Piipste, II 36. Bacht, Die Rolle, 260 s. Camelot, Ephesus, 20 l ss. Tinnefeld 236. Handbuch der
Kirchengeschichte II/2, 7.
32 Van der Meer, Alte Kirche, I 8 .
3 3 Collectio Avellana 5 6 , CSEL 35, 1 24 s s .
3 4 Breviarium causae Nestorianorum e t Euthychianorum 1 6 s. Zaccaria Retore, Historia ecclesiastica, 5, l ;
5,5. JK 586 (Avei!. N . 69). JK 592. Teodoro Lettore, Historia ecclesiastica, 1 ,32 s. Codex Justinianus
1 ,2, 1 6. Simplicio, Epistulae, 3 ad Zenonem. Collectio Avellana 56; 60. Evagrio, Historia ecclesiastica,
3,4 ss. Cassiodoro, Divin. et s. instit. litt. I l JK 573. Collectio Avellana 56. LThK 2. A. III ! 55 s. Kraft,
Kirchenviiter Lexikon, 420. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 1 37 s. Stein, Vom romischen, 537 s. Kirsch
63 1 s, 634. Caspar, Papsttum, I 552 s, II 15 ss, 17 s, 28, 4 1 (qui la data di morte di Acacio viene fissata
il 28 novembre 488. Ma le pubblicazioni relative alle date di carica dei patriarchi riportano date diverse).
Schwartz, Schisma, 1 89 ss. Haacke, Rom, 67 s. Idem, Politik, II 1 1 2 ss. Bury, History, I 39 1 , 403 s.
Hofmann, Kampf der Piipste, II 35 ss. Seppe! t, Der Aufstieg, 2 1 3 ss. Bacht, Die Rolle, 262 s, 264 ss.
Ktitting, Das Wirken, 1 87 ss. Haller, Papsttum, I 1 62 s. Rahner, Kirche und Staat, 222 s. Camelot,
Ephesus, 202 ss. Frend, The Rise, 1 69 ss. Tinnefeld 327. Perrone 1 1 6 s, 1 33, 1 36 s. Ullmann, Gelasius l,
1 1 6 ss, in part. 1 23 . Grillmeier, Rezeption, 267 ss, 274 ss, 287.
35 Evagrio, Historia ecclesiastica, 3 , 1 4; lat. In Breviarium causae Nestorianorum et Euthychianorum 1 7 ;
sir. In Zaccaria Retore, Historia ecclesiastica, 5 , 8 . Qui anche per la prima volta il nome Henotikon.
246 La guerra nelle chiese e per le chiese

Hauck, Theologisches Worterbuch, 66. Pauly V 1 498. dtv Lexikon VIII 267. dtv Lexikon der Antike,
Geschichte III 307. Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 420. Hergenrtither I 462. Hartmann, Geschichte ltaliens,
I 1 38 s. Schwartz, Codex Vaticanus 52 ss. Nuova edizione della traduzione latina sulle basi di materiali
manoscritti di nuovo ritrovamento, 54 ss. Bardenhewer, Geschichte, IV 82. Kirsch 634 s. Caspar, Papsttum,
II 22. Haacke, Rom, 68 ss. Haller, Papsttum, I 1 6 1 ss. Idem, Politik, II 1 20 ss. Bacht, Die Ro/le, II 266.
Dannenbauer, Entstehung, I 3 1 4. Bury, History, I 402 ss. Camelot, Ephesus, 203 s. Chadwick, Die Kirche,
240 s. Tinnefeld 327. Frend, The Rise, 1 74 ss. Gray 28 ss. Ullmann, Gelasius l, 1 38, I SO ss. Grillmeier,
Rezeption, 285 ss.
36 Evagrio, Historia ecclesiastica, 3,30. Pierer XI 400. Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 2 1 8. Bardenhewer III,
238. Kirsch 635. Bury, History, I 403 . Chadwick, Die Kirche, 24 1 . Winkelmann, Kirchengeschichtswerk,
1 78 ss. Grillmeier, Rezeption, 290 ss.
37 Caspar, Papsttum, II 22 s, 35. Dannenbauer, Entstehung, I 3 1 5 . Ullmann, Ge/asius l, 450 ss.
38 Simplicio, Epistulae ad Acacium, JK 577; 580. Collectio Avellana 63; 68; 95 . Caspar, Papsttum, II 1 4 ss,
36 s. Hofmann, Kampf der Piipste, II 38 ss. Ullmann, Gelasius l, 1 23 s.
39 Evagrio, Historia ecclesiastica, 3 , 1 O. Simplicio, Epistulae, ad Zenonem, ad Acacium, Collectio Avellana
66 ss. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 1 37. Caspar, Papsttum, II 20 ss. Schwartz, Schisma, 1 95 ss.
Bury, History, I 403 s. Haacke, Politik, II 1 1 8 ss. Handbuch der Kirchengeschichte, Il/2, 6 ss. Ullmann,
Gelasius l, 1 28 s.
40 Beck, Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 7 s.
41 Zaccaria Retore, Historia ecclesiastica, 5,5. Breviarium causae Nestorianorum et Euthychianorum 16 s.
Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 420. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 1 38. Kirsch 634. Camelot, Ephesus,
204. Seppelt, Der Aufstieg, 2 1 4 ss. Bacht, Die Ro/le, II 264 ss. Bury, History, I 403 s. Perrone 1 33 ,
1 36 s s .
42 Evagrio, Historia ecclesiastica, 3, 1 5 . Hartmann, Geschichte ltaliens, I 1 37 s. Kirsch 6 3 5 s. Schwartz,
Schisma, 1 95 ss. con le indicazioni delle fonti. Bacht, Die Rolle, II 264 ss. Bury, History, 1 4 1 0. Camelot,
Ephesus, 204. Handbuch der Kirchengeschichte Il/2, 8 s. Grillmeier, Rezeption, 292. Ullmann, Ge/asius
l, 1 30 s, 1 35 .
43 Gregorio l, Dialogi de vita e t miraculis patrum ltalicorum, 4, 1 7 . Caspar, Papsttum, Il 25 s s . Ullmann,
Ge/asius l, 1 35 con fonti . Cfr. anche nota seguente.
44 JK 59 1 ss; 599 s; 603. Gelasio I, Gesta de absol. Miseni, Collectio Avellana 1 03 . Cfr. anche Collectio
Avellana 70. Evagrio, Historia ecclesiastica, 3, 1 8 ss. Felice III, Epistulae, l ss. Breviarium causae
Nestorianorum et Euthychianorum c. 1 7 . LThK 2. A. I 234 s; IV 68. Kiihner, Lexikon, 3 1 . Hartmann,
Geschichte ltaliens, I 1 39. Kirsch 635. Caspar, Papsttum, II 1 6; 26 ss, 36, in part. nota 3 , 747. Hofmann,
Kampf der Piipste, II 43 ss, 58 s. Bacht, Die Rolle, II 269 s s . Haller, Papsttum, I 1 66. Camelot, Ephesus,
205 . Tinnefeld 327 s. Wes 1 0 1 s. Ullmann, Gelasius l, 1 26, 1 33 ss, 1 4 1 ss.
45 Collectio Avellana 70. JK 60 1 . Felice III, Epistulae 8 ad Zenonem, 32 ss, 37 ss. Ziegler, Gelasius l, 427
s. Rahner, Kirchenfreiheit, 2 1 1 ss. Hofmann, Kampf der Piipste, II 47 ss. Camelot, Ephesus, 2 1 4.
Chadwick, Die Kirche, 24 1 . Ullmann, Ge/asius l, 1 45 ss, 153 ss. Anton, Selbstverstiindnis, 79 ss.
46 JK 60 l ci t. in Rahner, Kirche un d Staat, 253.
47 Caspar, Papsttum, II 33 ss. Haller, Papsttum, I 1 67 s. Dannenbauer, Entstehung, I 3 1 6, 404. Ullmann,
Ge/asius l, 1 45 ss, in part. 1 49.
48 Ev agri o, Historia ecclesiatica, 3,27. Giosuè lo stilita, 1 2 ss. Pauly II 1 366. Schwartz, Schisma, 1 93 , 20 1 .
Caspar, Papsttum, I I 23. Rubin 40 s . Clauss, Magister Officiorum, 42, 1 62 s.
49 Joh. Ant. Frammento 2 1 4,2. Breviarium causae Nestorianorum et Euthychianorum c. 17. Hartmann,
Geschichte ltaliens, I 1 3 8. Schwartz,'Schisma, 1 95 ss. Caspar, Papsttum, II 21 ss, 30 ss. Haller, Papsttum,
l 1 64 ss.
5° Collectio Avellana 95, 6 1 ; 1 00, 1 3 . Apollinare Sidonio, Carmen, . 2,35 1 ss. Joh. Ant. Frammento 203 ;
207; 209; 2 1 4 a. Marcellellino Comes, Chronica, a. 46 1 . Giordane, De origine actibusque Getarum, 45 .
Note 247

Evagrio, Historia ecclesiatica, 2, 1 6. Anonimo Valesiano 7 ,36. Pauly IV 63; 338. d tv Lexikon der Antike,
Geschichte I 1 1 4, II 273, III 9, 2 1 , 1 23 . Hartmann, Geschichte ltaliens, I 42 ss, 5 1 ss. Stein, Vom romischen,
549 ss, 562 ss, 5 8 1 ss. Schmidt, Ostgermanen, 308 ss, 3 1 7 ss. Ensslin, Zu de n Grundlagen, 3 8 1 ss. Bury,
History, I 323 ss, 4 1 O. Dannenbauer, Entstehung, I 29 1 ss, 402. Maier, Verwandlung, 1 22 ss, 1 37, 1 40 ss.
Stroheker, Germanentum, 88 ss, in part. 90. Bullough, ltalien, ! 58, 1 67 . Meyer, Regierungsantritt, 5 ss.
Bund 1 75 . Ullmann, Gelasius /, l 08. Uno dei pochi imperatori d' Occidente del V secolo che non è stato
né deposto né assassinato fu Olibrio, morto nel 472. Cfr. Clover 1 95 .
51 Caspar, Papsttum, I 560. Haller, Papsttum, I 1 68 s. Rubin 39.
52 Giovanni di Antiochia, Frammento, 2 1 0 s, 2 1 4. Maleo fr. I l . Pauly V 685 ss. dtv Lexikon XIII 274. dtv
Lexikon der Antike, Geschichte III 252 s. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 63 ss. Stein, Vom romischen,
527. Nel dettaglio: Schmidt, Ostgermanen, 278 ss. Idem, Die Bekehrung, 3 1 6 ss, 323. Giesecke,
Ostgermanen, 1 1 7 s. Bury, History, I 4 1 3 ss, 42 1 . Ensslin, Theoderich, 12 ss, 16 ss, 42 ss, 58 ss. Idem,
Einbruch 1 1 9 ss. Capelle 352 ss. Bullough, /talien, 1 67 . von Miiller, Geschichte unter unseren FiijJen,
1 1 5 ss. Kawerau, Mittelalterliche Kirche, 28. RothenhOfer, Sklaverei, 95. Maier, Verwandlung, 1 38 s,
203 .
53 Procopio, De bello gotico, 1 , 1 ss. Pauly V 685 con altre fonti . Dannenbauer, Entstehung, I 300 s.
54 Procopio, De bello gotico, 1 , 1 ss. Marcellino a. 476,2. Anonimo Valesiano 1 1 ,49. Giordane, De origine
actibusque Getarum, 57,290 ss. Pauly II 1 366. d tv Lexikon der Antike, Geschichte III 2 1 , 1 5 1 s. Wetzer/
Welte VII 703 ss. Gregorovius I, l , 1 1 5 s, 1 1 9 ss. Schwartz, Schisma, 2 1 5 . Schmidt, Ostgermanen, 335
s. Dannenbauer, Entstehung I 298 ss. Rubin 4 1 .
55 Anonimo Valesiano 49. (MG auct. ant. 9 , 3 1 6). Anonimo Valesiano 53. Joh. Ant. Fr. 2 1 4. Marcellino
Comes (MG auct. ant. 1 1 ,93). Cassiodoro, Variae, 1 , 1 ,2. Giordane, De origine actibusque Getarum, 57.
Procopio, De bello gotico, 1 , 1 ss. Magno Felice Ennodio, Panegyricus auf Konig Theodorich, 6,23 ss,
8,36 ss. Agnello, Liber pontificalis ecclesiae Ravennatis, (MG Script. Rer. Lang. 303 ). Hartmann,
Geschichte ltaliens, I 72 ss, 1 87. Grisar, Geschichte Roms, 449. Cartellieri I 43 s. Schmidt, Bekehrung,
3 1 8 ss. Schmidt, Ostgermanen, 287 ss, 297 ss. Giesecke, Ostgermanen, 1 1 9. Capelle 339 ss. Ensslin,
Theoderich, 70 ss. Idem, Einbruch, 1 1 9, 1 23 s. 1 69. Bury, History, I 422 ss. Vogt, Der Niedergang Roms,
493 s. Jones, The Constitutional Position, 1 26 ss. Beck, Burgunderreich, 45 1 . Dannenbauer, Entstehung,
I 300 ss. Maier, Verwandlung, 1 33 , 1 38 s. Bullough, ltalien, 1 67 s. Nehlsen 1 23 s. de Ferdinandy, Kaiser,
20. Dumoulin 439 s. Haendler, Abendliindische Kirche, 24. Bund 1 75 .
56 Agnello, Liber pontificalis ecclesiae Ravennatis, (MG SS rer. Longob. e t . italic. Saec. VI-IX) 1 878, 334
s, 356 s. Pfeilschifter 50 s. Schmidt, Ostgermanen, 336. Ensslin, Theoderich, 1 62 s, 373 con altre fonti.
de Ferdinandy, Kaiser, 20.
57 Cassiodoro, Variae, 1 ,24, 1 . Salviano di Marsiglia, De gubematione dei, 7 ,l O. Ennodio 80. Vita Ephiphanii,
1 3 8 s. Schmidt, Bekehrung, 279. Ensslin, Theoderich, 1 93 ss. Haller, Papsttum, I 1 5 5 . Beck,
Burgunderreich, 447 .
58 Cassiodoro, Variae, 1 ,3 . Caspar, Papsttum, II 53 s. Haller, Entstehung, 289. Schmidt, Ostgermanen,
296. Von M,ller, Geschichte unter unseren FiijJen, 1 1 6. Rothenhofer, Sklaverei, 96. Maier, Verwandlung,
20 1 .
59 JK 683 ; 735; Cassiodoro, Variae, 2,27,2; 4,43,2. Anonimo Valesiano 1 2,58 s . Gregorovius I, l , 1 33 ss,
1 46 ss. Pfeilschifter 48 ss. Schmidt, Bekehrung, 297, 325 ss. Schmidt, Ostgermanen, 278, 334, 388.
Ensslin, Theoderich, 99 ss. von Schubert, Geschichte, I 28 s. Vogt, Staat und Kirche, 1 1 4 ss, 1 70 ss, 1 87 .
Vogt, Der Niedergang Roms, 496. Seiferth 7 4 s. B o s l 4 8 . Maier, Verwandlung, 203 s. 224.
60 JK 622; 632; 650. Davidsohn I 45. Caspar, Papsttum, II 44 ss, in part. 7 1 ss. Schmidt, Ostgermanen, 378
s. Bullough, ltalien, 1 70 s. Ullmann, Gelasius l, 2 1 8 ss. Haendler, Abendliindische Kirche, 90.
61 Teofilo di Antiochia, Chronica, 1 33 . Evagrio, Historia ecclesiastica, 3,23. JK 6 1 2 s. dtv Lexikon der
Antike, Geschichte I l I O. Handbuch der Kirchengeschichte IU2, I l . Ullmann, Gelasius /, 1 56 ss.
62 Evagrio, Historia ecclesiastica, 3,32 ss. Giovanni di Nikiu, Chronica, 89. Wetzer/Welte I 226. Pauly l
248 La guerra nelle chiese e per le chiese

333, III 80 l s. Schwartz, Schisma, 2 1 6 ss. L'opera di Grillmeier/Bacht data il periodo di carica di Eufemio
a p. 5 1 : 490/95, a p. 944: 490/496. Si verificano spesso tali differenze. Haacke, Politik, II 1 26 ss. Bach t,
Die Rolle, II 278 s. Bury, History, I 430 ss, 436 ss, 446. Rubin 44 ss. Haller, Papsttum, I 1 70. Maier,
Verwandlung, 1 2 1 s, 1 60 s. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, I l . Brown, Welten, 1 89.
63 Giovanni di Antiochia, Fr 2 1 1 ,4. dtv Lexikon der Antike, Geschichte l I l O s. Schwartz, Schisma, 2 1 6 s.
Caspar, Papsttum, II 44. Bury, History, I 429 ss. Dannenbauer, Entstehung, l 3 1 2 ss. Rubin 46. Haller,
Papsttum, I 1 69.
"' Evagrio, Historia ecclesiastica, 3,32. Teodoro Lettore, Hi'storia ecclesiastica, 2,6; 2,9. Giovanni di Nikiu,
Chronica, 89. Caspar, Papsttum, II 43 ss. Bacht, Die Rol/e, II 275 ss. Haller, Papsttum, I 1 69 s. Haacke,
Politik, 1 24 ss. Rubin 45 s. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, I l s. Grillmeier, Rezeption, 299 ss.
6' JK 632. Anonimo Valesiano, Chronica Theod. l l ,54 ss. LThK 2. A. IV 630. Altaner/Stuiber 462 s.
Hartmann, Geschichte ltaliens, I 1 39. Grisar, Geschichte Roms, 456. Caspar, Papsttum, II 44 ss. Hofmann,
Kampf der Piipste, II 5 1 ss. Ullmann, Machtstellung, 36. Idem, Gelasius l, 1 62 ss. Haller, Papsttum, l
1 70 ss. Sulla tattica di Gelasi o per discolpare l ' imperatore Zenone a carico del suo consigliere Acacio
cfr. JK 6 1 1 ,37; 622,2. Dvornik, Byzanz, 64 ss. Wes 67 ss. Capizzi, Anastasio, I I O ss. Grillmeier, Rezeption,
33 1 .
"" JK 625 . Ullmann, Gelasius l, 2 1 1 s.
67 JK 669; 70 1 . Ullmann, Gelasius l, 234 ss, 249 ss.
6' JK 622 ; 664; 70 l . Caspar, Papsttum, II 49 s, 61 s, 77 ss. Ullmann, Gelasius l, 1 76 ss. de Vries, Petrusamt,
52 s.
69 JK 622; 70 l. Gottlieb, Ost un d West 22 s. Ullmann, Gelasius I, 1 89 ss, 1 98 ss 24 7 s.
70 Ambrogio, De dignitate Sacerdotii, 2. Caspar, Papsttum, II 70 ss. Voigt, Staat und Kirche, 94, senza le
relative chiusure.
71 Gelasio I, Epistulae l , 26. Caspar, Papsttum, I 206, II 23, 60 ss. Ullmann, Machtstellung, 41 s. Idem,
Gelasius l, 1 84 ss.
72 Caspar, Papsttum, I 1 36, II 63 s. Ullmann, Gelasius l, 1 86 ss, 2 1 2 ss.
73 JK 595 ; 632 c. 2 ; 664 c. 5 . Gelasio I, Epistulae, 12 ad Anast. !m p. Cfr. anche Felice III, Ep. 8,5. Kiihner,
Lexikon, 3 1 . Schniirer, Kirche I 1 39. Grisar, Geschichte Roms, 456. Caspar, Papsttum, II 6 1 ss. Rahner,
Kirchenfreiheit, 2 1 5 ss. Idem, Kirche und Staat, 254 ss, 262 ss. Cfr. Dvornik, Pope Gelasius, I I I s.
Ullmann, Machtstellung, 22 ss. Idem, Gelasius l, 1 78 ss, 1 89 ss. Mirbt/Al an d, Quellen, n. 462 s. p. 222
s. Voigt, Staat und Kirche, 98 ss. An ton, Fiirstenspiege/, 1 30. Volz 9. Schieffer, Der Papst, 304. Duchrow
328. Tiidt 38. Grillmeier, Rezeption, 344 ss.
74 Caspar, Papsttum, II 52, 73 ss. Cfr. Haendler, Abendliindische Kirche, 90 s. V. anche nota seguente.
" Caspar, Papsttum, II 61 ss, 73. Hofmann, Kampf der Piipste, II 52 ss, 65. Haller, Papsttum, I 1 7 1 ss.
Handbuch der Kirchengeschichte 1112, 1 2, 1 96. Haendler, Abendliindische Kirche, 9 1 .
76 JK 622 s ; 664. Caspar, Papsttum, I I 46 ss, 60 s . Ullmann, Ge/asius l, 1 72 ss, 1 7 8 ss.
77 JK 620; 664; 669. Gelasi o, Brev. Hist. Eutych. (Avellana 440 ss). Caspar, Papsttum, II 44 ss, 56. Ullmann,
Gelasius l, 1 64 ss, 245 s. Cfr. nota 78.
" JK 625 (Ave! l. 98) Gelasi o I, Epistulae, 3 ; I l ; 18 ad episc . Dardan. Ep. 15 ad epp. Orient. de Acacio. Ep.
ad Faustum mag. Altaner 4 1 3 s. Altaner/Stuiber 462. Pfeilschifter 52. Hartmann, Geschichte ltaliens, I
1 75 . Grisar, Geschichte Roms, 455 s. von Schubert, Geschichte, I 83. Caspar, Papsttum, II 76 s. Ensslin,
Theoderich, l 04 ss. Dannenbauer, Entstehung, I 357. Ullmann, Gelasius l, 245 ss, 255. Grillmeier,
Rezeption, 333 ss. cfr. anche nota 77.
79 JK 6 1 2; 622; 665 . Caspar, Papsttum, II 50, 57.
'" Le fonti su Pio IX in Deschner, Heilsgeschichte, I 24, 542.
'1 Plutarco, Quaestiones romanae, 68. JK 627. LThK 2. A. VII 65 s, in part. 67. dtv Lexikon der Antike,
Religion II 69. Kiihner, Lexikon, 3 1 s. Gregorovius I 1 23 s. Michels, Kirsopp, 35. Ullmann, Gelasius l,
252 ss. G. Pomarès, Gèlase ler, 1 960, 1 44 cit. in Ullmann, ibidem.
Note 249

82 Gelasi o I , Epistulae, 26. Cassiodoro, Variae, l ,26. Ritter, A rianismus, 692 ss. Pfeilschifter 48. Ensslin,
Theoderich, 78 ss, in part. 1 04 s. Gottlieb, Ost und West, 23. Nelson 1 45 ss. Hofmann, Kampf der
Piipste, II 5 1 nota 1 28. Ullmann, Ge/asius /, 2 1 8 ss. Pengo 43 ss. Cfr. anche Deschner, Aphorismen, 84.
"' Anastasio II, Epistula I ad Anastas. Imp. Liber Pontificalis (Duchesne) 1 ,258. Thiel I 6 1 6. LThK 2.A. I
493 . Caspar, Papsttum, II 82 ss, 1 30 ss. Seppelt/Schwaiger 48. Haller, Papsttum, I 1 73 s. Handbuch der
Kirchengeschichte I I/2, 1 2 ss.
8 4 Ennodio, Epistulae, 77; 283; 300 (MG Auct. ant. VII 83, 223, 229). Anonimo Valesiano, 1 2,65. dtv
Lexikon der Antike, Philosophie 40 s. Gregorovius I 1 24 s. Hartmann, Geschichte Italiens, I 1 40 ss, 1 87
ss. Grisar, Geschichte Rom, 460 s. Schwartz, Schisma, 230 ss. Caspar, Papsttum, II 82 ss, 87 ss. Haller,
Papsttum, I ! 53 s, s, 1 78. Hofmann, Kampf der Piipste, II 66 ss.
85 Kiihner, Lexikon, 34. Dresdner 37 con rif. a Clycerii imp. edict. c. ordin. Simon. e Cassiodoro, Variae,
9, 1 5 . Meier-Welcker 63 s. Haller, Papsttum, I 1 62, 1 78 .
8 6 Gregorovius I 252. Hartmann, Geschichte Italiens, I 1 43 . Grisar, Geschichte Roms, 460 ss. Giesecke,
Ostgermanen, 1 20. Seppelt/Schwaiger 49. Haller, Papsttum, I 1 74 s. Hofmann, Kampf der Piipste, IJ 70.
Grillmeier, Rezeption, 349 ss.
87 MG Auct. ant. XII 402. Anonimo Valesiano 65. Ennodio, Libellum adversus eos, qui contra synodum

scrihere praesumpserunt, 29. Fragm. Laurentian. (ed. Duchesne) 44 s. Vita Symmachi (ed. Duchesne)
260. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 1 44 s. Schwartz, Schisma, 232. 88 ss. Ensslin, Theoderich, 1 1 7 ss.
Giesecke, Ostgermanen, 1 20. Gontard 1 37 . Haller, Papsttum, I 1 75 .
" Tacito, Historiae, 2,93 . Teodorico, Praecepta Regis I I I Acta l ,4 1 9. JK 7 5 5 . Acta Synod. a. 50 1 (ed.
Mommsen) in: MG Auct. ant. XII 4 1 6 ss, in part. 426. Gregorovius I l , 1 48 s. Erbes 1 33 . Hartmann,
Geschichte Italiens, I 1 45 ss. Grisar, Geschichte Roms, 47 1 ss. Schwartz, Schisma, 232 s. Caspar, Papsttum,
II 9 1 ss, 1 29. Giesecke, Ostgermanen, 1 20 s. von Schubert, Geschichte, I 52 s. Ensslin, Theoderich, 1 1 9
ss. Haller, Papsttum, I 1 75 s. Gontard 1 37 . Wes 1 0 1 . Haendler, Abendliindische Kirche, 92.
89 Ennodio, Libellum adversus eos, qui contra synodum scribere praesumpserunt , passim. Liber Pontifìcalis.
Vita Symmachi (ed. Duchesne) 260 s. Fragm. Laurentian. 45 s. Gregorovius I 1 , 1 25 ss, 1 48 ss. Hartmann,
Geschichte ltaliens, I 1 48 ss, 1 89. Grisar, Geschichte Roms, 474 ss. Schwartz, Schisma, 233 ss. Caspar,
Papsttum, II I l i ss, 1 1 4, 1 1 7. Giesecke, Ostgermanen, 1 20 s. von Schubert, Geschichte, I 5 3 . Enssl in,
Theoderich, 1 27 s. Seppelt/Schwaiger 49 s. Gontard 1 38. Haller, Papsttum, I ! 59 s, 1 76 ss.
9 0 P. Coustant, Epist. Roman. Pont. I 1 72 1 , Appen. 38 ss (contiene le falsificazioni simmachiane). Speyer,
Fiilschung literarische, 264. Idem, Die literarische Fiilschung, 1 98. Haendler, Abendliindische Kirche,
92 s.
9 1 LThK 2. A. IX 1 2 1 8 s. Hartmann, Geschichte Italiens, I 200 ss. Schniirer, Kirche, I 3 1 9. Caspar, Papsttum,
II 1 07 ss. Ensslin, Theoderich, 1 27. Speyer, Die literarische Fiilschung, 298.
92 Caspar, Papsttum, II 1 08. Ensslin, Theoderich, 1 27 .
9 3 L iber Pontifìcalis (ed. Duchesne) II 7. Berthold. A n n . a d a. l 0 7 6 ( M G SS V 282) LThK 2. A. IX 1 2 1 8 s.
Grisar, Geschichte Roms, 7 1 8 . Von Schubert, Geschichte, I 5 3 . Caspar, Papsttum, II I l O nota 3 . Speyer,
Die literarische Fiilschung, 298.
94 Avito di Vienne, Epistulae, 34. Grisar, Geschichte Roms, 474 ss. Caspar, Papsttum, II I 04. Gontard 1 37.
Seppelt/Schwaiger 49. Haendler, Abendliindische Kirche, 92 s.
9 5 Seppe! t LThK l. A. VI 55 1 . Andresen/Denzler 448 s. Hartmann, Geschichte Italiens, I 20 l s. Grisar,
Geschichte Roms, 727 ss. Von Schubert, Geschichte, I 54. Caspar, Papsttum, Il 3 1 5 ss. Kriiger,
Rechtsstellung, 223. Brackmann, Gesammelte Aufsiitze, 383 ss.
90 Marcellino Comes, Chronica, a. 505. Ennodio, Panegyricus auf Konig Theoderich. Giordane, De origi­
ne actibusque Getarum, 48. Hartmann, Geschichte Italiens, I ! 5 1 ss. Caspar, Papsttum, II 1 1 5 ss. anche
p. 1 22 l ' intestazione di questa sezione. Ensslin, Theoderich, 1 32 ss.
97 Simmaco, Apol. adv. Anast. imp. Von Schubert, Geschichte, I 55. Rahner, Kirchenfreiheit, 22 1 ss. Hofmann,
Kampf der Piipste, II 70 ss.
250 La guerra nelle ch iese e per le chiese

98 JK 76 1 . Hartmann, Geschichte ltaliens, I ! 50 s. Caspar, Papsttum, II 1 1 8 ss.


99 Evagrio, Historia ecclesiastica, 3,32; 3,44. Teodoro Lettore, Historia ecclesiastica, 2,28. Zaccaria Re­
tore, Historia ecclesiastica, 7,8. Collectio Avellana 1 04. Kirsch 639 s. Haacke, Politik, II 1 30 ss. Hofmann,
Kampf der Papste, II 73. s. Grillmeier/Bacht II 279. Tinnefeld 1 86 ss. Cit. nota 569. 296.
1 00 Evagrio, Historia ecclesiastica, 4, 1 0 . Marcellino Comes, Chronica, ad 5 1 2 (MG Auct. ant. I l , 97 s).

Vittorio di Tonnona, (MG Auct. ant. I l , 1 95). Collectio Avellana 1 63 s, 1 74, 1 79, 1 98. Haacke, Politik,
II 1 30 ss. Bacht, Di e Rolle, II 283 . Dannenbauer, Entstehung, I 3 1 7 s. Bury, History, I 436 ss. Rubin 5 3 .
Maier, Verwandlung, 1 60 s.
1 0 1 Caspar, Papsttum, II 1 30. Dannenbauer, Entstehung, I 3 1 7 s. Rubin 50 ss, 69.
1 02 Teofilo di Antiochia l , 1 65 ,24. Chron. Pasch. 1 ,6 1 1 , 1 9. Malalas, 4 1 0,9. Collectio Avellana 1 1 6,7, 20.

Marcellino (Auct. Ant. I l ,97 s). Anastasio imperatore, Epistulae ad Hormisda, Collectio Avellana 1 09.
Ormisda, Epistulae, 9 ad Caesar. Arei. J.W. 777: Thiel I 758 ss. dtv Lexikon der Antike, Geschichte III
295 . Hartmann, Geschichte Italiens, I 21 O ss. Schwartz, Schisma, 249 ss. Ensslin, Theoderich, 304 s,
309 ss. Vasiliev 1 09. Hofmann, Kampf der Papste, II 73 ss. Haacke, Politik, II 1 34 ss. Dannenbauer,
Entstehung, I 3 1 7 s. Bury, History, I 447 ss. Bach!, Die Rolle, II 286. Rubin 50 ss, 69. Haller, Papsttum,
I 1 8 1 . Brooks, The eastern, 485 s. Capizzi, Papa Ormisda, 23 ss, 34 ss. Grillmeier, Rezeption, 35 1 ss.
1 03 Haacke, Politik, II 1 36 s. Bach t, Die Rolle, II 285 ss. Grillmeier, Rezeption, 297.
1 04 Liber Pontificalis (ed. Duchesne) l 00. JK 792 (Col lectio Avellana 1 30). Cfr. anche JK 793 ss (Avellana

1 3 1 ss). Hartmann, Geschichte ltaliens, I 2 1 3 s. Schwartz, Schisma, 253 ss. Caspar, Papsttum, II 1 44 ss.
Haller, Papsttum, I 1 8 1 ss. Rahner, Kirche und Staat, 28 1 . Wes 1 03 s. Capizzi, Papa Ormisda, 40 ss.
1 05 Caspar, Papsttum, II 1 47 .

""' Collectio Avellana 1 39 s . Bacht, Die Ro/le, II 2 8 8 s.


1 07 Evagrio, Historia ecclesiastica, 4, l ss. Caspar, Papsttum, II 1 48 s. Kornemann, Weltgeschichte, II 407.

Vasiliev 68 ss. Secondo il gesuita Grisar, Geschichte Roms, 478, Giustino riconobbe la necessità e "l' ur­
gente desiderio del popolo di unità della chiesa e non volle resistervi". Secondo Haacke, Politik, II 1 38,
Anastasio morì tra il 9 e il l O luglio. Cfr. soprattutto le interessanti e plausibili speculazioni sulla succes­
sione in Rubin 53 ss.
CAPITOLO VII.

GIUSTINIANO I. (527-565)
IL TEOLOGO SUL TRONO IMPERIALE

"Scopo esclusivo è creare u n regno e una chiesa al di fuori dei quali


non vi è alcuna salvezza e alcuna speranza sulla terra;
e un imperatore, la cui maggiore preoccupazione è appunto la salvaguardia
di questa chiesa. Nel perseguire questo obiettivo Giustiniano non mostra debolezze,
ma anzi lo attua con rigorosa scrupolosità,
perseguendo tutto ciò che gli appare falso, fino all ' ultimo nascondiglio . . . "
(Manuale di storia della chiesa) 1

"Sempre è stata, e lo è tuttora, nostra ardente intenzione di mantenere inviolata


la fede vera e senza macchia, e sicura la stabilità della S anta Chiesa di Dio
cattolica e apostolica, e questa la consideriamo la massima preoccupazione
del nostro regno". "E, mossi da questo desiderio, abbiamo intrapreso
guerre cosi grandi contro la Libia e l ' Occidente, per l ' instaurazione
della ' vera fede' in Dio e per la libertà dei sudditi"
(Giustiniano I imperatore) 2

"Gli uni li uccideva senza motivo, gli altri, mentre combattevano per sottrarsi
alle sue grinfie, li rendeva con la povertà più miserabili dei morti ;
tanto che imploravano una morte pietosa che ponesse fine alla loro situazione.
Ad alcuni prese, assieme alle proprietà, anche la vita. Poiché per lui non c ' era nulla
che potesse rompere l ' unità del l ' impero romano, perseguì la conquista della Libia
e dell' Italia per nessun altro motivo che poter rovinare, come aveva fatto
con i suoi sudditi, anche gli uomini di quelle contrade"
(Lo storico bizantino contemporaneo Procopio) 3

"Le macerie fumanti dell' Italia, lo sterminio di due popoli germanici,


l ' impoverimento e la pesante decimazione degli antichi abitanti del l ' impero romano
d' Occidente fecero aprire gli occhi ad ognuno sui motivi nascosti
della politica religiosa dei romani d' Oriente . . . Il clero cattolico porta su di sé
una buona parte di responsabilità nello scoppio in quest' epoca delle guerre
di annientamento . . . L' influsso della chiesa si faceva sentire
fino all' ultimo villaggio" (Berthold Rubin) 4

" . . . E con ciò iniziò la prima età dorata di Costantinopoli"


(Cyril Mango) 5
252 Giustiniano I

LA RIVOLTA SOTTO GIUSTINO l. (518-527), OVVERO:


DA GUARDIANO DI PORCI A IMPERATORE CATTOLICO

Con l ' imperatore Giustino ebbe luogo, letteralmente nottetempo, un turbolento cam­
bio di fronte, una nuova era di politica religiosa in cui è Roma e l ' ortodossia a vincere.
Nato nel 450 a Tauresio/Bederiana (presso Naisso, o presso l ' attuale Skopje), figlio
di contadini illirici e guardiano di porci, ascese alla carica di generale, mentre la sorella
B igleniza trafficava ancora a Tauresio come onesta contadina. Giustino, che aveva
combattuto nella guerra contro gli Isauri, in quella contro i persiani e in quella civile di
Vitaliano, era un analfabeta testardo e scontroso, che sapeva a malapena leggere e
ancor meno scrivere, neppure il suo nome; ma certo era un contadino furbo, riservato e
intraprendente, di stretta osservanza cattolica. "Non aveva nessun tipo di qualifica per
governare una provincia, figuriamoci un impero" (Bury). Certamente, "suppone" il
gesuita Grillmeier, già prima della sua sollevazione contro il sovrano era un sostenitore
del concilio di Calcedonia.
Arrivato nel intanto a 67 anni, era fin da allora sotto l ' influenza decisiva del n ipote
e futuro successore Giustiniano, a quel tempo 36enne; come anche del clero cattolico,
particolarmente degli ordini monastici. Giustino e Giustiniano avevano da lungo tem­
po preparato il cambio al vertice; già prima della sollevazione avevano stabilito rap­
porti con il combattente della fede Vitaliano e con il papa. I due nipoti dell' imperatore
morto, legittimi pretendenti al trono, il comandante dell' esercito Ipazio e Pompeo (que­
st' ultimo cattolico particolarmente zelante) erano stati praticamente già liquidati, bol­
lati a fuoco già da Procopio ed Evagrio. Come sempre succede, la numerosa discen­
denza dell ' imperatore venne defraudata del potere. Già nella notte della morte di
Anastasio, Giustino, che il giorno dopo avrebbe finto di opporsi - che disgustosa pan­
tomima ! - a prendere su di sé il fardello della corona, si mise a corrompere tutto q uanto
era corruttibile per assicurarsi un seguito. In tal modo sperperò tutto il denaro che
aveva messo da parte per sostenere la candidatura al trono del tesoriere A manzi o, di cui
era zio ! Così, si poté sostenere che la sua sollevazione del giorno seguente - una vera
"tempesta imperiale" dopo il temporale notturno - il 9 luglio 5 1 8 , fosse un tributo da
pagare a Dio onnipotente, e quindi lo si poté salutare con le parole : "Imperatore, tu sei
degno della Trinità, del regno, della città", e festeggiarlo con una pomposa cerimonia
in Hagia Sophia la domenica successiva, il 15 luglio. 6
Non dimeno il cambio di regime non ebbe corso senza tumulti e sangue, b e n con­
certati e diffusi con lungimiranza, se anche al lora l ' intero castello di intrighi ed allean­
ze trasversali fu a malapena riconoscibile. Si ebbero confusi disordini e gazzarre nella
stessa chiesa di Hagia Sophia. S i presentarono molti aspiranti al trono, che vennero
istantaneamente risucchiati nei sanguinosi tumulti come stelle cadenti . E q uando il
senato prezzolato nominò Giustino, venne assalito da gruppo di oppositori . A uno di
La rivolta sotto Giustino l 253

questi Giustino in persona ruppe le labbra con un pugno, dopo di che il suo seguito
sfoderò le spade contro gli insorti, ne uccise alcuni e altri ne cacciò . 7
Ad ogni modo l ' analfabeta cattolico riuscì nel suo intento, anche se con l ' aiuto oc­
culto del superiore nipote, e in un solo giorno ottenne elezione, conferma e incorona­
zione. Nonostante il suo giuramento all ' incoronazione di non perseguitare i suoi con­
correnti o precedenti avversari, Giustino ripulì rapidamente la corte dagli elementi in­
desiderati, da tutti quelli, cioè, che avevano appoggiato "l ' imperatore eretico". Quasi
subito dopo la funzione ufficiale in Hagia Sophia - solo dieci giorni dopo la presa del
potere - l ' opposizione venne liquidata, in particolare gli eunuchi e i cubicolari : i
cubiculari Misael e Ardabur vennero esiliati, Andrea Lausiaco venne decapitato, come
naturalmente anche il gran tesoriere Amanzio, il cui denaro versato per la corruzione
Giustino aveva disonestamente tenuto per sé. Il candidato al trono Teocrito, (nipote e
uomo di paglia di Amanzio), che, in quanto eunuco, non poteva diventare egli stesso
imperatore, venne lapidato e il suo corpo gettato in mare. Le vittime simpatizzavano
apertamente con i monofisiti, e da questi vennero celebrati come martiri . Ancor prima
della loro liquidazione, tuttavia, si era "cantato il Benedictus e il Sanctus", con cui il
rito calcedonico "festeggiò il suo debutto nella liturgia costantinopolitana" (Grillmeier
SJ) . Appena un giorno dopo l ' eliminazione della concorrenza vennero accolti nella
preghiera eucaristica i nomi di papa Leone I e dei patriarchi cattolici Eufemio e
Macedonio. Già il 7 settembre il nipote dell ' imperatore, Giustiniano, poteva così rife­
rire a Roma: "con l ' aiuto di Dio, la maggior parte delle questioni di fede sono già state
accomodate . . . " . 8
Giustino I, già il l agosto, aveva notificato al patriarca del l ' impero e anche a papa
Ormisda, di cui proclamava la "santità", che attraverso la sua rivolta - "prova della
grazia divina" - "noi siamo stati eletti e confermati, contro la nostra volontà e riluttanti
al potere, prima di tutto dalla grazia dell ' i ndivisibile Trinità, poi da quella degli emi­
nenti dignitari del nostro palazzo imperiale e dell' onorevole senato, e quindi dalla scel­
ta del fedelissimo esercito. Noi ora vi preghiamo di implorare con le vostre sante pre­
ghiere la potenza di Dio, affinché rafforzi gli inizi della nostra signoria. A noi conviene
sperarlo, e a voi di impetrarne il compimento" . Il pontefice, nella sua risposta augurale,
sostenne che l' elezione era stata voluta da Dio, confidando in una prossima riunificazione
delle chiese. 9
La presa del potere di Giustino era stata appoggiata dal l ' esercito, in cui ogni buon
soldato riteneva un obbligo la professione di fede calcedoniana; dal cattolicesimo, per
cui era nota la simpatia di Giustino; e dalla massa del popolo, cui non da ultimo il
neoimperatore impose le sue origini di guardiano di porci, così come la sua "ortodos­
sia" (la capitale era infatti in maggioranza cattolica). Il clero lo indicava come l ' i mpe­
ratore cristianissimo amato da Dio. Anche il nipote Giustiniano riconobbe nel 520 che
Giustino fondò il suo potere "sulla santa religione" . 10
254 Giustiniano I

Dunque era allora la formula di fede calcedoniana a valere. Poiché Giustiniano,


personalità autorevole del nuovo regime, soprattutto per quanto riguarda la politica
ecclesiastica, "comprese che solo un chiaro ' sì ' a Calcedonia avrebbe offerto prospet­
tive concrete al benessere dell ' impero" (Bach t SJ). Detto altrimenti : la chiesa cattolica,
finché rimaneva nascosto il suo ruolo chiave, avrebbe badato eternamente alla discor­
dia; e "benessere" significava ora in qualche modo, come la storia ci indica e sempre ci
indicherà, la possibilità di opprimere le altre religioni. Era di questo parere anche papa
Ormisda, il quale così scrisse all ' imperatore : "Vedete come la follia dell' antico nemico
infuri ancor oggi. Mentre la questione è decisa da tempo per mezzo di una sentenza
definitiva, la pace subisce un ritardo . . . ". Ma il papa voleva "ritornare all ' amore" , vole­
va pace, quella pace di cui anche l ' imperatore si vantava con la sua pseudopacifistica
parola biblica: lode a Dio nell' alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volon­
tà ! Ma la buona volontà appartiene solo a coloro che vogliono ciò che vuole Roma.
Con poche ma indovinate parole così riassume la situazione Berthold Rubin, nella sua
brillante monografia su Giustiniano: "Pace per i compagni di fede, guerra e terrore per
chi la pensava diversamente". 1 1

L A PERSECUZIONE DEI MONOFISITI SOTTO GIUSTINO l .

Giustino e Giustiniano, come testimonia u n a lettera pontificia, cospiravano con Roma


già prima del putsch ; avevano ottenuto il potere con l ' aiuto dei cattolici, ed ora doveva­
no anche mostrare riconoscenza - tanto più che papa Ormisda desiderava u n ' unica
cosa: la dannazione postuma di Acacio e dei suoi successori Eufemio e Macedonia, i
quali "certamente avevano fatto del loro meglio" (secondo la definizione del Manuale
di storia della chiesa), così come dei loro protettori, gli imperatori Zenone e Anastasio;
non da ultimo, anche, voleva una professione di fede per la chiesa romana contro le
loro deliberazioni, attraverso la sottoscrizione del Formulario spedito loro dal pontefi­
ce. Giustino e Giustiniano liqu idarono all ' istante la politica religiosa d i stampo
monofisita di Anastasio, inaugurando un corso opposto; già all ' inizio del suo regno,
nel 5 1 9 o nel 5 20, Giustino con un editto impose a tutti i soldati regolari l ' accettazione
del credo calcedoniano, sotto la minaccia di pene severe ; e, dal momento che decise
anche di imporlo in tutto l ' i mpero, cominciò la lunga persecuzione (particolarmente in
Siria e in Palestina) degli "eretici" - ariani, monofisiti ed altri dissidenti, anche per
motivi di ordine finanziario (così i nuovi signori elevarono immediatamente i loro pa­
renti a importanti cariche civili e militari). Il clero, i laici , perfino i bambini andarono
così incontro a pesanti punizioni. 12
I prelati cattolici, gli alti ufficiali, i funzionari precedentemente espulsi vennero su­
bito richiamati ; 54 vescovi dell' opposizione vennero mandati in esilio a stretto giro di
La persecuzione dei monofisiti sotto Giustino l. 255

posta, e Filosseno, metropolita di Mabbug (Hierapoli) ben presto morì in Tracia. Il


patriarca di Costantinopoli Giovanni II (5 1 8-520), nominato ancora sotto Anastasio ed
a lui devoto, appena una settimana dopo l ' ascesa al trono di Giustino, dovette procede­
re il 1 5 luglio - un sabato - ad una pubblica abiura in Hagia Sophia della sua fede e
dell' Henotikon, riconoscendo allo stesso tempo Calcedoni a e condannando il capo
monofisita Severo di Antiochia (il quale più tardi - il 29 settembre 5 1 8 - fuggì in Egit­
to) sotto la pressione di una rumoreggiante folla di fanatici sobillata allo scopo, e di
monaci "veri credenti" (tra cui i superortodossi achimeti) . Il patriarca diede così anche
il proprio appoggio, anche se non certo con animo lieto: più difficile di tutto gli riuscì
la condanna del suo predecessore e la cancellazione del suo nome dal dypticon, cosa su
cui il papa si era particolarmente incaponito. Subito si istituì una festa in onore di
Calcedonia, provvedimento durevole nel calendario costantinopolitano. Subito dopo
l ' eliminazione del cubicularium, Giustino emanò un provvedimento, basato sulla
reiterata richiesta di un sinodo da parte dei patriarchi di corte, secondo cui andava
perseguita ogni "eresia", in particolare quella monofisita, e sollecitate misure adeguate
da parte dei governatori delle province. "La conseguenza fu un disordinato terrore, cui
andarono incontro soprattutto i monofisiti. Solo nelle regioni dove i dissidenti erano la
maggioranza non si riuscì ad applicare alla lettera le disposizioni dell' editto, Dovun­
que gli ortodossi si ritenessero più forti, un' ondata di persecuzioni si abbatté sui
monofisiti. I suoi seguaci più intransigenti, in particolare i monaci, se ne partirono
senza esitare per il deserto, per fondare una serie di insediamenti che non fossero
raggiungibili dal potere imperiale" (Rubin). Vitaliano, uomo di fiducia oltreché figlio
del papa, pretese però una mutilazione corporale del loro leader Severo, mentre la
"gerarchia severiana" venne oppressa e perseguitata senza posa: senza che la chiesa
monofisita, ormai spinta nell ' illegalità e trasformata in eretica, fosse però annientata:
si volevano veder distrutte anche le ossa degli "eretici" morti. 1 3
Ma non tutti si sottomisero.
In Egitto, cuore dell' opposizione per i successivi 50 anni, non si riuscì a spezzare la
resistenza monofisita, nonostante tutte le destituzioni di vescovi e le persecuzioni, ed
anche in Siria le opposizioni mostrarono i denti . Laggiù infuriava la rivolta, e i prelati
cattolici appena nominati dovevano prendere possesso della loro sede spesso con l' aiu­
to dei soldati .
La vittima più illustre del pogrom antimonofisita di Giustino fu il patriarca Severo
di Antiochia, che instancabilmente aveva organizzato la resistenza armata, e divenne
santo dei giacobiti, cioè dei copti, festeggiato 1 ' 8 febbraio; il più tenace persecutore di
monofisiti fu invece il successore di Severo, Paolo II detto l ' Ebreo (5 1 9-52 1 ), in prece­
denza oste a Costantinopoli. Quasi 40 vescovi seguaci di Severo persero la loro sede ; il
patriarca Paolo cacciò i monaci dai loro chiostri , gli stiliti dalle colonne, stanandoli
sulle montagne, nelle campagne come bestie selvatiche, esponendoli alla neve ed al
256 Giustiniano I

gelo, privandoli del cibo e del letto; mandandoli in esilio, torturandoli , ammazzandoli.
Chierici e laici, uomini, donne e perfino bambini caddero in balia del suo furore. A
causa dei suoi delitti, alla fine Giustino dovette allontanarlo. 1 4
Il clero monastico di Edessa, che si era rifiutato di aderire al credo di Calcedonia, fu
cacciato via dal nuovo vescovo Asclepio nel pieno del l ' i nverno, durante i l natale, con
le armi in pugno e sebbene molti di loro fossero vecchi e malati ; solo dopo un esilio di
sei anni essi poterono ritornare. Anche numerosi altri "eretici" vennero mandati in
esilio, torturati e assassinati da Asclepio, finché egli stesso non venne cacciato dalla
popolazione nell ' inverno 524/525 . 1 5

IL LIBELLO DI 0RMISDA

Papa Ormisda, padre del futuro papa Silverio, voleva però ancora di più, ne pretendeva
la totale sottomissione: cosa che Roma desidera sempre, se ce n ' è la possibilità. E
certamente le ambizioni del pontefice andavano al di là del l ' eliminazione delle direttive
ecclesiastiche di uno Zenone o di un Anastasio - in generale, al di là dello specifico
ambito religioso, poiché si trattava in fondo di una questione di soldi, di prestigio, di
potere. In tal modo, il soglio romano aspirava alla "espansione dell ' influsso pontificio
sugli affari interni dell ' impero Orientale in generale, alla sua politica ed agli altri aspetti
dei suo complicato macchinario di governo" (Vasil ' ev). 1 6
Ormisda spedì le sue pretese con molte lettere e una legazione nel gennaio 5 1 9 : u n
presbitero e due diaconi, tra cui il futuro papa Felice. Il 2 5 marzo l ' intero Senato l a
ricevette a l O miglia d a Costantinopoli - in testa a tutti Giustiniano e il vecchio combat­
tente Vitaliano, già da molto tempo richiamato a corte: entrambi chiamarono Ormisda
il loro "diletto figlio". La missione venne accolta tra lampade ardenti e canti di lode, e
all ' imperatore fu consegnata una lettera del papa, il quale generosamente spargeva
incenso sulla testa coronata del macellaio di professione. In essa egli veniva lodato
come predestinato da Dio, portatore nato di pace; non l ' impero era un ornamento per
lui, al contrario, egli lo era per l ' i mpero; lungamente le nazioni avevano bramato un
Giustino; già prima il suo "dolce profumo" si era diffuso a Roma, tanto che là era così
considerato: "Ti conobbi già prima di formarti nel grembo materno . . ." . 1 7
Davvero papa Ormisda aveva visto giusto. Come già Anatolio sotto l a pressione d i
Marciano e Pulcheria aveva dovuto sottoscrivere la lettera dottrinaria d i Leone (supra
p. 1 54), allo stesso modo ora Giovanni II di Costantinopoli si piegò alla croce roman a :
s u ordine d i Giustino aderì a l libellus proposto d a Ormisda. Acacio venne pubblica­
mente esecrato, e i nomi di Zenone e di Anastasio vennero cancellati dal dypticon
ecclesiastico; inoltre patriarca e imperatore, in uno scritto senza precedenti, si dissero
d' accordo con la lettera pontificia che esigeva il dominio su tutta la chiesa: e circa 2500
Il libello di Ormisda 257

vescovi l ' approvarono ! Si trattò di una sottomissione totale, di una delle rare grandi
vittorie di Roma, ma tuttavia, come i decenni successivi indicheranno, di una vittoria
di Pirro. Molti vedono infatti nel regno di Giustiniano, l ' imperatore cattolico, "una
delle più umilianti sconfitte dell' impero" (il gesuita Rahner) . Eppure provvisoriamente
trionfò Ormisda: "Gloria in excelsis Deo . . . ". 1 8
L' unificazione di Costantinopoli e di Roma, che porterà alla realizzazione di un
grande impero romano-cattolico, insieme alla distruzione di ben due popolazioni
germaniche, avrebbe però anche scavato un solco con l ' Oriente più profondo di prima.
Ancora durante il soggiorno della legazione pontificia a Costantinopoli, che si pro­
trasse fino al 9 luglio 520, si manifestò nel modo più netto quanto a lungo sarebbe
durata questa contrapposizione, quanti vescovi si mantenessero fedeli alt ' Henotikon,
quanto difficilmente si sarebbero mandati al diavolo i propri predecessori o, a posterio­
ri, perfino lo stesso Acacio.
La cosa prese corpo con le sottoscrizioni al cosiddetto libellus, la regula fidei
Ormisdae (che prendeva le mosse dal primato di Roma), riconoscimento del concilio
di Calcedonia e "di tutte le lettere" di papa Leone I . Il metropolita di Tessalonica Doroteo
inviò perciò nel 5 1 9 due vescovi a Costantinopoli con il denaro necessario per la corru­
zione, e così pure il legato pontificio Giovanni, "che non soltanto gli uomini, ma perfi­
no gli angeli avrebbe potuto ingannare". E quando lo stesso vescovo Giovanni venne a
Tessalonica per far sottoscrivere il libellus del suo signore al metropolita Doroteo,
l ' arcivescovo neanche ci pensò, fece qualche obiezione e alla fine fece assalire Gio­
vanni da cristiani istigati da lui. Due servi del prelato vennero colpiti a morte, come
anche il suo padrone di casa, e lo stesso legato fu gravemente ferito. Solo la milizia lo
protesse dal martirio totale. Quando Ormisda citò Doroteo a Roma, a scopo di "amma­
estramento nella fede cattolica", questi non ubbidì affatto, ma scrisse a Sua Santità:
"ciò necessita di un lungo discorso, perché il nostro Signore e Dio Gesù Cristo possa
chiarirvi tutto e farlo bastevolmente . . . ". Egli presentò a Roma il fatto che aveva protet­
to i suoi legati in pericolo di vita. E il papa, che non aveva potuto imporre all ' impera­
tore la deposizione dell ' arcivescovo, si mostrò timidamente conciliante, replicando
infine che chi non conosceva la sua innocenza, doveva pensare che "si era allontanato
dalla retta via cristiana." 1 9
In verità Ormisda, come ogni buon papa fino al XX secolo, non aveva davvero
niente contro una piccola persecuzione. Si sa: rinfranca, scuote i dormienti, li raccoglie
intorno alla croce. "Fratelli miei, la persecuzione non è per la chiesa una novità", scris­
se Ormisda proprio all ' i nizio dello scontro con la politica ecclesiastica della dinastia di
Giustiniano. "Davvero: proprio quando si è presi dalla disperazione, ci si deve rinfran­
care - ci si arricchirà di quelle perdite che si accumulano. Gli uomini di fede lo sanno
per esperienza: con la morte del corpo si guadagna la vita dell ' anima. Nulla trapassa,
l ' eternità si riceve in cambio. La persecuzione dimostra . . . come Nostro Signore sia
258 Giustiniano l

stato il primo a salire sulla croce" . 20


Anche ai vertici del cattolicesimo il ricambio al potere non avveniva senza versare
sangue.
Poco dopo l ' inizio del regno, Giustino, Giustiniano e Vitaliano si erano prestati san­
to giuramento reciproco nella chiesa di s. Eufemia di Calcedonia, già sede del concilio,
e vi avevano officiato la comunione. L' uomo di fiducia del pontefice, Vitaliano, "il
nostro ben noto fratello" - come lo definiva Giustiniano in una lettera ad Ormisda - che
caldeggiò a lungo l ' alleanza con Roma, era come difensore della fede ben più noto
dello stesso Giustiniano, e per questo motivo da lui temuto. Acquisì perciò un notevole
influsso, salendo sino alle più alte dignità: divenne rapidamente magister militum
praesentalis, e nel 520 console. Nel luglio dello stesso anno Giustiniano (la cui politica
si era ormai interamente concentrata sulla questione della successione), lo fece uccide­
re, insieme ad alcuni ufficiali, durante dei festeggiamenti di palazzo, forse non per
mano di soldati, ma grazie a dei monofisiti radicali. 2 1
L a fine del s u o "diletto figlio" da parte dell' altro "diletto figlio" non avrà molto
turbato Sua Santità, che naturalmente non sollevò obiezioni . Al contrario, Ormisda
indusse l ' imperatore, nella questione della riconciliazione, a "non mostrarsi ancora più
negligente, a causa della resistenza di qualcuno verso i suoi propositi, e a non tralascia­
re la realizzazione dell ' impresa" . In nessun caso avrebbe dovuto "cedere alla volontà
dei sudditi, andando contro alla salvezza" . Lo stesso Giustino si lamentò, il 9 settembre
del 520, del rigore papale ricordandogli che Anastasio, uno dei suoi predecessori , era
stato molto più tollerante. 22

ROMA PASSA DA RAVENNA A BISANZIO

Il putsch di Giustino portò lentamente, per le condizioni politiche e religiose, ad un


peggioramento dei rapporti tra B isanzio e Ravenna. La tendenza antigotica occulta, già
attiva ai tempi del sovrano, ma da lui senz ' altro riconosciuta, gli dava alla fine notevol­
mente fastidio, e portò, tra i suoi sfortunati successori, alla riconquista dell' Italia per
opera di Giustiniano.
Tutto questo era già nella natura delle cose ed era stato già chiaramente programma­
to; così anche i Goti si fecero sedurre. In tal modo, non solo Giustino adottò Eutarico,
figlio di Teodorico e suo successore al trono, ma insieme a lui ricoprì anche la carica
consolare del 5 1 9 . Tuttavia, tutti gli uomini-chiave del nuovo regime - Vitaliano,
Giustino, Giustiniano - avevano complottato con il papa già prima della sollevazione,
proclamando anche in modo palese un' alleanza. Ma "dalla pace ecclesiastica di Giustino
una via diritta conduce alla guerra gotica di Giustiniano" (Rubin). Poiché naturalmente
"pace ecclesiastica" non significava alcuna vera pace, ma solo una pace tra coloro che
Roma passa da Ra venna a Bisanzio 259

sono di buona volontà (supra p. l O l s.) ! Allo scopo c' era un' alleanza tra Roma e B isanzio
che ora rimescolava i fronti . 2 3
Giustino, cattolico rigoroso, aveva presto rinunciato all ' Henotikon e con ciò rimos­
so il principale ostacolo tra i cattolici d' Italia e l ' imperatore. Il papato, e con lui il
senato di Roma, fino a quel momento accondiscendenti , volenti o nolenti, nei confronti
del tollerante "re eretico" dei Goti e sempre approfittando di lui, si rivolsero ora in
maniera decisa a Bisanzio; mentre Teodorico, molto più tardi, cominciò a controllare
più da vicino i cattolici. Prima si era costituito un fronte unico tra regno gotico e Roma
contro B isanzio, ora si formò invece una ben più pericolosa alleanza di B isanzio e
Roma contro i Goti . I contemporanei vedevano ancora, all ' inizio del VI secolo, nel­
l ' impero assolutistico cristiano di B isanzio il centro del mondo; per questo Giustino in
seguito si contrappose ai "barbari", facendo concessioni ai Goti d' Oriente, di religione
ariana, escludendoli dalle generali persecuzioni antiereticali. Ma ora revocò questa
concessione e prese a perseguitare anche quelli che fino ad allora aveva tollerato . A
cavallo del biennio 524/525 prese ad agire contro i Goti dissidenti: le chiese ariane
vennero chiuse, confiscate, trasformate in cattoliche, i loro grandi possedimenti seque­
strati e dati ai cattolici, gli ariani sollevati dagli incarichi pubblici, esclusi dali' esercito,
convertiti a forza. Si arrivò a conversioni di massa, e Teodorico intervenne. 24
Ma purtroppo per questo si servì del papa.
Ormisda non viveva più: era morto il 6 agosto del 523, ed era stato sepolto in s .
Pietro - la s u a iscrizione funebre l ' aveva posta s u o figlio, il futuro papa Silverio. Certo
anche al suo immediato successore Giovanni I (523-526), di cui la storia sa poco, e
molto di più le leggende, venne a malapena la vog l i a di i mpetrare tolleranza a
Costantinopoli per quei dannati "eretici", come lo stesso Teodorico faceva con loro
contro i cattolici in Italia; l ' atmosfera tra Roma e Ravenna si era già sensibilmente
raffreddata dal 5 I 9. Pur essendo un uomo malato, papa Giovanni si mise dunque in
viaggio alla volta di Costantinopoli, dove rimase dal novembre del 525 sino alla Pa­
squa del 526. Venne trionfalmente accolto e festeggiato, dal momento che dietro a tutto
stava naturalmente il desiderio dell' unità religiosa ed imperiale. Teodorico aveva però
commesso un errore diplomatico, valutando in maniera sbagliata il papa e il papato.
Certo le cose non si sarebbero sviluppate diversamente ; l ' imperatore si prosternò di
fronte al sommo sacerdote, "come se fosse lo stesso S . Pietro" ; il resoconto di parte
romana racconta infatti di come il potente aveva "adorato [adoravit] il papa Giovanni":
ciò produsse anche il miracolo di rendere la vista a un cieco; un grande successo di
fronte al re dei "barbari" e degli "eretici". Il suo successo come papa fu al contrario
enorme: il biografo pontificio gli fa "ottenere ogni cosa" dall ' imperatore. Giustino
perciò liberò le chiese sequestrate, ma rifiutò il ritorno ali ' arianesimo dei convertiti a
forza, certo in accordo con Giovanni. E quando costui, malato e indebolito dal viaggio,
fece ritorno a Ravenna, dove poco dopo morì, il 1 8 maggio del 526, allora la leggenda
260 Giustiniano l

cattolica trasfigurò la sua ingloriosa fine alla corte del re eretico con il martirio, causa­
to da una terribile carcerazione : al suo letto di morte senatori e popolo si contendevano
le reliquie e ali ' inumazione avvenne un nuovo miracolo, così che sulla lapide della sua
tomba, posta nel pronao della basilica di Pietro, figurò come "vescovo del Signore",
"vittima sacrificale di Cristo", e il Li ber Pontificalis lo definì "martire" - mentre il re
eretico, secondo i biografi pontifici, "s ' accese di furore, e volle passare a fil di spada
tutta l ' Italia" : dav vero un ritratto parlante ! (Successivamente le leggende cristiane
demonizzarono Teodorico, mentre alla fine del secolo papa Gregorio I ancora ricorda­
va i miracoli che in vita Giovanni I aveva fatto; e il vescovo Gregorio di Tours, che
fabbricò un intero libro di miracoli , ci ricorda infine che il ferocissimo persecutore dei
cattolici Teodorico aveva gettato in prigione il papa incatenato, dicendogli : "ti toglierò
per sempre il vizio di brontolare contro la nostra setta" ; il pontefice rese così la sua
anima "al Santo Dio", "tra molti tormenti"). 2 5
Questa è la storiografia cristian a !
Nel successivo 5 2 7 Giustino emanò u n a legge contro g l i eretici, che in pratica priva­
va di esi stenza civile tutti i non cattolici. Per cui, "a coloro che non adorano Dio nel
modo corretto, devono essere tolti anche i beni terreni"; "eretico" era allora ognuno
che non appartenesse alla chiesa cattolica. Tra gli altri erano citati espressamente an­
che manichei, samaritani , ebrei ed "elleni", cioè pagani . 26

LE PRIME CROCIATE, OVVERO: LE MOLTE STORIE SACRE ARABO-ETIOPICHE

Proprio una sorta di crociata condusse Giustino in Sudarabia; si trattava però più di un
fatto commerciale che di una missione, e dunque - potremmo dire con Nietzsche -
un' azione di pirateria, nient' altro . . .
Nell' Arabia meridionale un' offensiva dei cristiani d ' Abissinia ebbe come conse­
guenza una persecuzione di cristiani con distruzione di chiese da parte di re Yisuf
(DhL. Nuwas), un fanatico proselito dell' ebraismo. Il suo avversario 'Ella 'Asbeha,
signore degli abissini e cristiano di fede monofisita, chiamato il "re cristiano", aveva
attaccato Yisuf nel 522, venendo però sconfitto in due battaglie. Yisuf "ripulì" allora
barbaricamente la sua terra da missionari cristiani, commercianti, spie, facendo anche
massacrare - bruciandone molti vivi nella chiesa principale di Zhafar 300 soldati
-

volontari del l ' armata cristiana d ' i nvasione, nonostante i santi giuramenti su Adonai,
sulla Torah, sulla Legge. Il Negus ' Ella 'Asbeha, da parte sua, sistemò gli agenti abissini
di Yisuf. Questi cercò allora aiuto presso l ' imperatore persiano; mentre 'Ella 'Asbeha,
il quale stava prima di tutto allestendo una flotta, si rivolse all ' imperatore Giustino,
che lo convinse ad attaccare per terra e per mare "questi ebrei ributtanti e senza rite­
gno". In realtà dietro a questa contrapposizione vi erano palesi interessi commerciali -
Le prime crociate 26 1

del resto, anche l ' insediamento cristiano in Abissinia aveva avuto origine da una colo­
nia di tipo commerciale. L' imperatore severamente cattolico e implacabile persecutore
di monofisiti invitò perciò il patriarca di Alessandria, Timoteo, un monofisita, alla cui
giurisdizione la chiesa etiopica era sottoposta, per una soluzione amichevole della sua
missione diplomatica presso il Negus monofisita. Egli trovò il patriarca ben disposto,
come del resto lo stesso Negus, il quale accolse i desideri di conciliazione del principe
della chiesa i nsieme a un considerevole numero di navi imperiali adibite al trasporto di
truppe. 27
Il Negus 'Ella 'Asbeha, nel successivo inverno 5 24/525, spedì in direzione del­
l' Arabia meridionale un esercito di circa 1 5000 cavalieri della fede che, dopo una mar­
cia di 22 giorni attraverso un deserto privo d' acqua, perirono tra l ' indifferenza genera­
le. Il grosso dell' esercito, dopo la celebrazione del l ' ufficio domenicale (poco dopo
Pentecoste), marciò attraverso il deserto, dove incontrò il santo stilita Pantaleone, che
da 45 anni viveva in cima a una torre su una vetta montana vegliando e pregando
(evidentemente per essere più vicino a Dio) ; questi profetizzò la vittoria e benedisse di
nuovo il Negus. All' annuncio della flotta d ' invasione i n Arabia - le 60 navi di gran
lunga migliori le avevano fomite i mercanti bizantini, persiani e abissini - le truppe
d' assalto ricevettero la comunione e dei monaci le aiutarono ai remi durante lo sbarco;
e poiché agli etiopi apparve ora non solo l ' arcangelo Gabriele, ma anche lo stilita
Pantaleone, Yisuf venne battuto, tanto più che i suoi lo avevano tradito. Egli, con i
comandanti che gli erano rimasti fedeli, cadde contro le spade cristiane. Quindi il Negus
'Ella ' Asbeha si impadronì della sua famiglia e del suo tesoro nella capitale di Yisuf,
Zhatar, dove ri mase sette mesi. Subito spuntarono così tante chiese e con tanta spieta­
tezza saccheggiò e dissanguò la popolazione, che tutti si tatuarono una croçe sul corpo
per sfuggire al terrore instaurato dal Negus. L' Arabia del sud perse così la sua autono­
mia e divenne un protettorato cristiano, e 'Ella ' Asbeha è ancor oggi un santo per la
chiesa, stando quasi "al vertice dell ' interesse del mondo cristiano occidentale per l ' espe­
rienza del sacro nell ' area arabo-etiopica" (Rubin) . 2 8
L' ebraismo, come avviene spesso, anche in Abissina funse probabilmente da pre­
cursore del cristianesimo, di cui non si poteva sopportare in alcun modo l' affermazio­
ne; intorno al VII secolo i fanatici cristiani costrinsero così alla fuga gli ebrei. 29
Per il successivo tentativo di espansione in Oriente, l ' imperatore Giustino speri ­
mentò un metodo divenuto in seguito classico, valido ancora come regola fondamenta­
le dell' arte di governo cristiana durante il colonialismo: dapprima procedette in manie­
ra missionaria, attraverso spiritualità e acqua battesimale, poi diplomaticamente ; solo
alla fine, quasi nell ' ultimo anno del suo regno, inviò delle truppe. In questa maniera
Bisanzio creò nel Caucaso, con i suoi importanti passi montani, una durevole e signifi­
cativa zona cuscinetto, addentrandosi fino all ' odierna Georgia, a cui la legavano inte­
ressi non solo strategici, ma soprattutto commerciali . 30
262 Giustiniano l

I Georgiani stavano sotto il dominio persiano, ma erano cristiani sin dal IV secolo, e
avevano frequenti contrasti coi rappresentati della mazdaica religione del fuoco. Alla
fine quei cristiani riottosi, guidati dal loro clero, chiamarono in aiuto l ' imperatore
Giustino, in modo sicuramente concertato. Questi inviò un esercito unno al comando
del magister militum Pietro, che avrebbe dovuto combattere "con tutte le forze", ma
non ottenne nulla e nel 526 venne richiamato in patria. Fu in questa campagna sui
confini orientali che presto si trovarono ad operare i giovani generali Sittas e Belisario,
spalleggiati dai saraceni del principe arabo Tafar. I guerrieri cristiani si impossessaro­
no in principio di un gran numero di schiavi e di bottino, ma poi, grazie anzitutto ad un
raffinato sistema di trappole, caddero in un trabocchetto dei "cavalieri spagnoli" dei
persiani, andando incontro a due secche sconfitte, a Thannuris e sul Melabas. 3 1
Nel frattempo, in seguito a una ferita di freccia al piede riapertasi, l ' imperatore
Giustino morì all ' età di 75 o 77 anni, il l agosto 527, e gli successe il nipote Giustiniano,
a cui il vecchio e malato signore non aveva voluto dare di sua mano il timone dello
stato, tenendolo lontano dal potere; ma che sicuramente era sempre rimasto lo spiritus
rector della politica di Giustino. 3 2

L'IMPERATORE GIUSTINIANO, SIGNORE DELLA CHIESA

Giustiniano I (527-565), figlio, come lo zio Giustino, di contadini macedoni (ma eccel­
lentemente istruito) aveva, all ' inizio del suo regno, 45 anni. Era un picnico di altezza
media, dalla faccia tonda, precocemente calvo; probabilmente un tipo dinamico, un
uomo pieno di contraddizioni e misteri , allora come oggi un semidio o satana in perso­
na a seconda dei punti di vista. In lui la vigilanza spirituale ed una sollecitudine quasi
unica si univano alla malafede e all ' invidia. Era coscienzioso ed energico, ma anche
cavilloso e ipocrita, un intrigante senza scrupol i. Mangiava poco, e talvolta digiunava
per un giorno intero. Voleva occuparsi lui di tutto ; era un amante dei dettagli, un
armeggiatore accanito sino alla pedanteria. Dormiva poco, "l ' imperatore insonne", a
quanto si dice anche solo un'ora; era "il più vigile degli imperatori", che per tutta la
notte aveva da discutere con i vescovi e altri santi uomini. "Di notte siede a colloquio
senza sorveglianza", sostiene Procopio - la cui Storia segreta è il più famoso modello
di storiografia bizantina - "volendo cavillosamente sondare, con l ' aiuto di canuti chie­
rici, i mi steri del cristianesimo". Raramente lasciava il palazzo; per così dire reggeva le
sorti del mondo dal suo scrittoio. Con l ' aiuto dei suoi generali Narsete e Belisario
riuscì a riconquistare e a rendere cattolico l ' Occidente : infatti , tre quarti del suoi quasi
quarant' anni di regno furono anni di guerre. Per questo si sentiva il vicario di Dio sulla
terra, e dunque naturalmente anche capo della chiesa (come ogni imperatore dalla pri­
ma età bizantina sino alla fine), mentre il patriarca era solo un vescovo di corte, dunque
Giustiniano emula con ardore la mansuetudine del Cristo 263

un suo sottoposto; e così ogni patriarca ed ogni papa. La sua firma era "divina", le sue
proprietà di per sé "sante" (e il pontefice ben presto s ' impadronì di questa "santità"),
tutti gli edifici del palazzo reale erano stati benedetti (si pensi a Costantino I , il Salva­
tore, il Redentore, che si era autonominato "nostra divinità" (v. I, 2 1 2 ss.).
Giustiniano, come era politicamente sempre molto attivo, lo era anche teologica­
mente, tanto che si potrebbe sostenere che avesse sbagliato professione. Per alcuni era
un esperto, per altri una specie di sfortunato amante della teologia, un dilettante. Seb­
bene si sia mantenuto cattolico secondo la dottrina romana sin quasi alla morte - non
senza opportunistici slalom -, si sentiva in realtà un legislatore della chiesa, suo signo­
re e maestro. Era lui a fissare i termini dei sinodi, tenendo per sé il diritto di convoca­
zione di un concilio ecumenico, equiparando a leggi dello stato i canoni sinodali. Deci­
deva autonomamente circa le questioni dottrinarie, emanando decreti al riguardo. Le
sedi vescovili erano di sua proprietà, come del resto gli spettava (cosa che in generale
in Oriente non destò per lungo tempo sorpresa) ; non era solo tuttavia legislatore per
quanto riguardava gli affari ecclesiastici (non solo cioè decretava "come vescovi ed
altri prelati dovessero essere ammessi alla consacrazione", "cosa dovesse guidare la
vita monastica" ecc .), ma era anche un autore di teologia, avendo composto diversi
canti ecclesiastici - tanto più che, con il progredire degli anni, si dedicava sempre più
insistentemente alla teologia. Edificò Hagia Sophia, sborsando, a quanto si dice, 320000
solidi (la divisa monetaria bizantina) in oro. Durante il suo regno spuntarono in tutte le
province chiese e monasteri : era in effetti un costruttore appassionato quasi quanto
Costantino l. Giustiniano, che aspirava ad una sistematica ricostruzione dell ' impero,
non è soltanto il sovrano dell' ecumene cattolica, ma venne riconosciuto tale anche
dal l ' episcopato romano e dalla città di Roma. Da Pelagio I in poi (556-56 1 ), l ' Occi­
dente dovrà chiedere, per la consacrazione pontificia, conferma dell' elezione all ' impe­
ratore. 3 3

GIUSTINIANO EMULA CON ARDORE LA MANSUETUDINE DEL CRISTO


E ORDINA " LA GUERRA BUONA E LE QUESTIONI SPIRITUALI •••"

Nel l ' i mpero giustinianeo, che andava dal golfo Persico sino alla Spagna, politica e
fede restavano indivise; accanto alla sua capacità organizzativa e alla conduzione della
guerra la politica religiosa aveva un posto particolare ed estensibile per questo impera­
tore, che si considerava guidato da Dio (per non dire ispirato); l ' idea bizantina di impe­
ro non conosceva in effetti alcuna divisione dei poteri tra stato e chiesa! L' imperatore è
il capo supremo anche della chiesa, restando vi non ali ' interno, ma piuttosto al di sopra;
regola le questioni ecclesiastiche, cultuali e teologiche, come la lotta contro "eretici" e
pagani, e qualunque altro particolare affare di stato o militare. "Ogni cerimonia che si
264 Giustiniano l

svolge in Hagia Sophia, a cui partecipa l ' imperatore, reca l ' impronta di una dimensio­
ne politica - esattamente come gli atti di stato a palazzo si differenziano assai poco da
tali cerimonie; la sovrapposizione delle sfere mondana e spirituale caratterizza lo stato
bizantino" (Rubin). Il sovrano è responsabile dinanzi a Cristo della retta osservanza
della fede, della chiesa, del regno di Dio sulla terra: egli era "esattamente l' incarnazio­
ne di questo regno, mediatore tra Cristo e l 'umanità", "vicario di Cristo" (Dolger). 34
In apertura al Codex Justinianus vi sono le leggi riguardanti la chiesa; tredici titoli
trattano della fede, della chiesa, dei vescovi . Già il primo articolo contiene una formale
professione di fede, mentre il successivo recita: "poiché ci siamo sottomessi senz' altro
al Redentore e Signore del mondo Gesù Cristo, nostro vero Dio, ci sforziamo di emu­
lare, per quanto è possibile all ' animo umano, la sua mansuetudine e mitezza" (dalla
bocca di un Giustiniano, uno dei più grandi autocrati di tutti i tempi, ma anche uno dei
più ipocriti, ciò suona particolarmente curioso). Con i successivi 34 articoli si affronta
il diritto ecclesiastico. 3 5
Già all ' inizio del suo regno si dice in una legge del l marzo 5 2 8 : "rivolgiamo tutte le
nostre cure alla Santissima Chiesa, per onorare la santa, indivisi bile e paritetica Trinità,
nella certezza di salvare, attraverso di essa, la Nostra persona e lo Stato stesso" . Nello
stesso periodo così si rivolge ai patriarchi : "rivolgiamo tutte le Nostre attenzioni alla
Santa Chiesa, tramite la quale fiduciosamente difendiamo il nostro regno e la vita pub­
blica in forza del la Grazia di Dio, amante dell' umanità e Nostra fortezza". 36
Nella premessa alla VI costituzione del 1 6 marzo 535 il monarca scrive ringrazian­
do l ' alta bontà del cielo per i due doni divini elargiti agli uomini: l ' ufficio episcopale e
il potere imperiale. Il primo è al servizio delle questioni spirituali, il secondo dirige le
cose del mondo, "entrambi si originano dalla stessa unica fonte, e sono ornamento
dell ' esistenza umana. Per questo all ' imperatore nulla sta a cuore come la reverenza
dinanzi alla carica episcopale, dal momento che, all ' inverso, i vescovi sono impegnati
a pregare costantemente per l ' imperatore". 37
È il vecchio adagio: Trono e Altare, che qui si confondono, sono una cosa sola, per
cui il sovrano può porre al vertice dei suoi interessi con piena convinzione le questioni
di fede. Così assicura un suo editto indirizzato alla popolazione di Costantinopoli del 4
apri le 544 : "consideriamo come il primo e più alto bene la retta professione della vera
fede cristiana, perché ci indichi dovunque la Sua potenza, e raduni tutti i santissimi
sacerdoti della terra attorno alla stessa convinzione, in accordo alla vera fede ed
estirpando tutte le opinioni eretiche". 3 8
Giustiniano dotò di forza di legge anche i quattro concili "ecumenici" (costituzione
1 3 1 , l ). Certo l ' influsso cristiano si mostra spesso anche al di fuori della legislazione
ecclesiastica, quando ad esempio egli improvvisamente sostiene, in mezzo ai decreti
più "profani", perfino in un' ordinanza contro la diffusione del gioco dei dadi, "la guer­
ra buona e le questioni spiritual i . . . " ; o ancora, in un di vieto dell' omosessualità, riman-
Privilegi dei vesco vi e salassi dei laici 265

da non a passi relativi della sua legislazione, ma ali ' Antico Testamento, condannando
i molti "corruttori di uomini" (come scrive Zonaras) al taglio dei genitali ! 3 9

PRIVILEGI DEI VESCOVI E SALASSI DEI LAICI

Come signore della chiesa imperiale Giustiniano rafforzò ulteriormente la propria in­
fluenza sui vescovi in maniera notevole.
Le loro immunità e i loro diritti si erano sensibilmente ingranditi, avendo ottenuto
quasi per intero il privilegium fori: l ' imperatore li aveva infatti esentati dal giuramento
testimoniale, come dall' obbligo di comparizione dinanzi alla corte civile o militare
senza la sua particolare autorizzazione - mentre, d ' altra parte, aveva esteso la sua com­
petenza giuridica sul clero, dai casi di diritto ecclesiastico a quelli civili. L' accresci­
mento del potere dei vescovi si estendeva oramai all ' amministrazione nel suo com­
plesso: fungevano da autorità di controllo del sovrano, particolarmente per ciò che
riguardava il settore finanziario, per la riscossione delle tasse, per gli approvvigiona­
menti e i trasporti, ed esercitavano il loro potere di controllo anche sulle prigioni. Co­
operavano alla scelta delle autorità locali per la loro residenza; avevano essi stessi
funzioni di arbitrato giudiziario nei confronti dei governatori , in caso di una loro vera
o presunta infrazione o per una disputa in cui fossero personalmente coinvolti, dal
momento che dovevano riferire all ' imperatore della condotta del governatore. In bre­
ve, il vescovo era diventato l ' effettiva autorità suprema della città, disponendo di più
potere di un rappresentante secolare .
L' imperatore garantiva anche per le prerogative diocesane, che erano state pensate
dall' autore del testamento solo per scopi genericamente religiosi; concesse inoltre alla
chiesa un diritto più ampio sui legati testamentari, che sarebbero dovuti entro breve
tempo tornare a profitto del l ' erede e potevano dunque essere allo stesso tempo incame­
rati, cadendo in prescrizione solo dopo 1 00 anni, mentre le donazioni alla chiesa resta­
vano esenti dalle tasse di successione. Del tutto liberi da oneri fiscali erano anche i più
di mille esercizi commerciali della "Grande Chiesa" di Costantinopoli ; mentre al con­
trario nessun bene ecclesiastico poteva essere utilizzato a fini secolari , eccetto che per
il riscatto di prigionieri . 40
Naturalmente il clero svolgeva, a favore di quel sovrano che li favoriva così ingen­
temente, anche un' intensa propaganda, rendendosi in tal modo corresponsabile di ogni
grande delitto di stato; sosteneva, direttamente o indirettamente, le feroci guerre del­
l ' imperatore, come anche lo spietato sfruttamento dei sudditi, non da ultimo anche di
quelli ricchi .
Inoltre non bisogna dimenticare anche la progressiva perdita di potere del popolo
all ' interno della stessa chiesa; il popolo infatti, almeno in tempi precostantiniani - ma
266 Giustiniano l

ancora successivamente - partecipava alla scelta del vescovo, mentre ora ciò veniva
limitato alle élites cittadine: solo il clero e il notabilato locale potevano scegliere il
vescovo. Quindi il governo centrale i n pratica partecipava fattivamente all ' occupazio­
ne delle sedi più importanti, nel caso in cui i candidati non fossero ben accetti, soprat­
tutto a Costantinopoli . Anche per l ' elezione papale la conferma imperiale era diventata
obbligatoria. Le regalìe ali ' atto della nomina erano ingenti, per i patriarchi non meno
di 20 solidi in oro; e certo quelle illegali dovevano essere ancor più alte. 4 1
Giustiniano, che dove poteva incoraggiava i vescovi, frequentemente e con i ndul­
genza, contro ministri , generali, impiegati corrotti, ed era spesso affabile specie con i
più in vista, dissanguava senza posa le masse, opprimendo il popolo senza pietà con un
i ncremento inesorabile della pressione fiscale; non senza, a quanto pare, una particola­
re partecipazione dell ' imperatrice, con la quale dilapidò innumerevoli ricchezze .
I cronisti bizantini sono tutti d' accordo. Perlomeno l ' avidità e la cupidigia di denaro
della casa imperiale e cristianissima sono il cavallo di battaglia della letteratura di
opposizione.
Nella sua scandalistica "Storia segreta", apparsa solo postuma, Procopio, il più ar­
rabbiato rappresentante di tale letteratura così scrive: "Giustiniano mirava agli altrui
patrimoni e a spargere il sangue con inesausta avidità. Dopo essersi impossessato dei
beni delle famiglie più ricche, si sceglieve altri uomini allo scopo di renderli parimenti
infelici". Procopio ricorda i classici metodi da gangster dell ' imperatore, raccontando
come Giustiniano giocasse con mercanti e battellieri, senza tralasciare neppure "cosa
facesse l ' imperatore con le monetine. Prima si pagava al cambiavalute 2 l 0 foles per
uno statere d' oro, ora però Giustiniano ordinò che per il futuro esso sarebbe valso solo
l 80 foles, quadagnando in tal modo la sesta parte di ogni pezzo d ' oro". 42
Anche lo storico ecclesiastico bizantino Evagrio Scolastico - un avvocato di Antiochia
- che scrisse una storia della chiesa in sei libri per gli anni dal 43 1 al 594 (la fonte
principale di tutti i dissidi cristologici), da un punto di vista dunque rigorosamente
cattolico, ci fa sapere che "Giustiniano era preda di una inestinguibile sete di denaro ed
era così bramoso delle proprietà altrui, che avrebbe venduto tutto il suo regno agli
impiegati, ai riscossori di imposte e a tutti quelli che volevano porre lacci agli uomini.
Molte, davvero innumerevoli ricche persone vennero da lui depredate di tutte l e loro
proprietà con meschini pretesti . . . Non sciupava il denaro, cosicché poté erigere ovun­
que molte e sontuose sante chiese, ed altre pie case per l ' assistenza dei fanciulli e delle
fanciulle, degli anziani e delle anziane, come di quelli che erano tormentati dalle ma­
lattie più diverse" . 43
Evagrio sottoli nea anche in maniera drastica un brutto aspetto del suo carattere, cui
poco prima aveva accennato, con la quale "egli superava la mentalità di un anim ale
selvatico" : la condiscendenza criminale con cui trattava i suoi favoriti, nel caso speci­
fico la fazione azzurra - cattolica - del circo, avversaria di quella verde, monofisita;
Provilegi dei vescovi e salassi dei laici 267

entrambe erano organizzazioni sportive, ma anche - cosa che a lungo è restata


misconosciuta - politiche, fungendo da rappresentanti degli i nteressi del popolo; "in
tutte le grandi città dell ' impero gli azzurri e i verdi svolsero un ruolo molto importan­
te" (Ostrogorsky, p. 57). Secondo il rigido cattolico Evagrio, l ' imperatore tanto soste­
neva la fazione azzurra, che "costoro in pieno giorno e nel cuore della città assassina­
vano i loro avversari, non soltanto senza essere puniti, ma venendo anche ricompensa­
ti ; a causa di ciò molti uomini incontrarono la morte. Era loro anche permesso penetra­
re liberamente nelle case per saccheggiarne le ricchezze i vi custodite, e costringere gli
abitanti a riscattare la loro vita in denaro ; e quando un funzionario tentava di fermarli ,
l o faceva a rischio della s u a stessa vita. Allorché un comes orientis fece meritatamente
impiccare alcuni di questi rivoltosi, venne lui stesso impiccato e quindi trascinato per
le vie centrali della città. Quando il governatore della Cilicia condusse alla loro giusta
pena due di questi assassini, di nome Paolo e Faustino, che avevano tentato di assalirlo
e ucciderlo, egli venne crocifisso, e in tal modo punito per i l suo comportamento ragio­
nevole e giusto. Da quella regione se ne erano fuggiti quanti appartenevano ali ' altra
fazione e, poiché nessuno aveva voluto accoglierli e come assassini in fuga si aggira­
vano senza meta, i ribelli si appostavano e li assalivano, depredandoli e uccidendoli, e
dappertutto minacciavano morte imprecisata, saccheggio e altri delitti . Talvolta acca­
deva anche il contrario, ed allora veni vano consegnati alla giustizia proprio quelli che
avevano seminato il terrore nelle città allo scopo di devastarle, come solo i barbari
fanno. Per un resoconto più dettagliato però le parole sono troppo deboli e il tempo
troppo scarso; questo dunque basti, e si taccia del restante". 4 3 a

Ed anche lo storico Giovanni Zonaras, attivo nel XII secolo, che prestò dapprima
servizio come comandante della guardia del l ' imperatore e soprintendente della sua
cancelleria, per poi ritirarsi in un monastero sull ' isola di proprietà statale di Hagia
Glykeria (Niandro), così riferisce di Giustiniano: "questo imperatore era assai ben di­
sposto, ma aveva anche orecchie bene aperte alle calunnie; veloce e inflessibile nella
vendetta, spendeva volentieri il denaro, ma in maniera dissipata, dedicandosi spietata­
mente ad accumularlo. In parte utilizzava il denaro per nuovi edifici, in parte lo riser­
vava ai suoi desideri , in parte lo destinava alle guerre e alla lotta contro tutti coloro che
si opponevano ai suoi disegni". 44
Lo stesso Giustiniano però la vedeva in maniera (apparentemente) del tutto diversa;
così scriveva, lodandosi appena un poco: "Ogni giorno e ogni notte NOI vogliamo
trascorrerli senza sonno, preoccupandoci di dare ai nostri sudditi ciò che porta utilità e
piace a Dio. NOI prendiamo questa necessità non senza utilità, prestando quotidiano
servizio a quei disegni attraverso i quali i NOSTRI sudditi possano ricavare benessere
liberi da timori , mentre ci prendiamo su di NOI tutte le loro preoccupazioni". 45
Certamente, a parte un paio, più o meno, di ingenui panegirici (come quelli del
poeta Paolo Silenziario, di Giovanni Lido - dai toni in generale appena critici per la sua
268 Giustiniano l

politica interna -, o del presunto maestro di Giustiniano, Agapeto, diacono in Hagia


Sophia), la storiografia descrive sempre l ' imperatore come un tiranno sfruttatore senza
ritegno. E né la somiglianza dei difetti a lui i mputati, né "l ' insufficiente motivazione
nel caso eccezionale", come scrive Berthold Rubin, cambiano il fatto che "essi erano in
larga parte giustificati . E ciò va detto nonostante tutti gli errori oggettivi da lui compiu­
ti, nonostante tutti i voltafaccia di natura sociale, politica o confessionale" . 46
M i n istro delle finanze di Giustiniano era il prefetto del pretorio Giovanni di
Cappadocia. Proveniente dagli strati più umili, aveva l ' ingrato compito di spremere, in
nome del suo signore, tutto lo spremibile; avrebbe torturato ferocemente e depredato
tutte le province, con l ' aiuto di balivi al suo servizio. Estremamente odiato, era tenuto
in così alto favore dall ' imperatore (che aveva sempre più bisogno di denaro), e con lui
la politica finanziaria assunse un ruolo così importante, che subito dopo il suo ingresso
al governo le tasse raddoppiarono, per poi successivamente triplicare. Giovanni era
inesauribile nel trovare sempre nuovi metodi di salasso, e ostentava orge e bevute per
la popolazione, pratica in città a tutti nota, apparendo inoltre in pubblico accompagna­
to dal suo harem al completo. Parimenti tentò inuti lmente di limitare anche il potere dei
grandi lati fondisti. Per questo studiosi significativi come Ostrogorsky o Johannes Haller
parlano del suo positivo lavoro nell' amministrazione pubblica, definendolo grande mi­
nistro e maggior nemico di Teodora, moglie di Giustiniano, a causa della quale Gio­
vanni perse nel 543 il suo incarico, e sul cui nome lo stesso monarca era solito giurare,
sino al termine della vita di lei , nelle occasioni solenni . 47

TEODORA - AMANTE DI SERVI E DI PATRIARCHI (?), E SPOSA DELL ' IMPERATORE

Ella aveva un' influenza smisurata sull ' imperatore. "Non facevano mai niente l ' uno
senza l ' altra", annota Procopio due anni dopo la sua morte (che senz' altro fu più quella
del l ' imperatore che di Teodora). Teodora, una donnina graziosa, sempre elegante, ma­
gra, pallida, con grandi occhi neri , vivi e penetranti , piena di temperamento, non senza
spirito e dotata di grande forza di volontà, molto più energica del marito, sedette per
ventun anni accanto a lui sul trono, e non soltanto: era una sorta di vicei mperatore, una
coreggente che regnò di tanto in tanto forse meglio dello stesso Giustiniano; come
scrisse orgogliosamente al ministro del re di Persia, "l ' imperatore non decide mai nulla
senza consultarmi". 48
Teodora era figlia di un guardiano d' orsi all ' ippodromo; secondo Procopio, già da
ragazzina spingeva distinti visitatori del circo alla lussuria contronatura con i ragazzi,
per poi assumere la direzione di "osceni servizi pagani" in una casa chiusa, conceden­
dosi in un'unica orgia per più di quaranta volte. Molto altro Procopio ha dovuto passa­
re sotto silenzio, come egli stesso ammette nella sua "Storia segreta" (Histori a arcana),
Teodora - sposa dell 'imperatore 269

"per timore delle spie, della vendetta dei potenti, della terribile condanna capitale", ma
non disdegnando i toni cupi . Appare pieno di incolmabile odio verso Giustiniano e
Teodora, la quale viene da lui (e "dalla maggior parte di noi") considerata un vero
incubo notturno, una figura infernale incarnatasi, diavolo in veste umana, come la de­
scrive in numerosi atroci aneddoti ; e tutto questo pur sempre proviene da un patriota
dichiarato, che si pone di fronte all ' impero in maniera fondamentalmente leale. E con
quale retorica violenta, con che vocabolario nuovo, quale tempesta di insospettabili e
non di rado incredibili ingiurie e di scatenate fantasie ha ricoperto la politica della
cristianissima coppia imperiale, tanto che la sua critica raramente coglie il nocciolo
della questione ! Riferisce anche di due figli, e dell ' aborto abituale di una Teodora che
così manteneva viva la sua lussuria e la sua castità. "corrotta", "indegna", "libidinosa"
- così la descrive anche uno storico moderno - "una specie di incrocio metropolitano
tra una prostituta d ' infimo rango, un pagliaccio in vesti femminili e una cabarettista"
(Rubin). Ancor oggi, i suoi enigmatici occhi scuri ci fissano dai mosaici di Ravenna. 49
Un' attività di attrice, che si esplicava - occasionalmente anche nel teatro "Dalle
puttane" - in pantomime comiche e quadri viventi, e che Teodora interruppe per scap­
pare col governatore della provincia africana Hekebolos, il quale però ben presto la
piantò - senza danno per lei . Dopo essere stata probabilmente trascinata nel fango an­
cora una volta, infatti, l ' imperatrice cambiò profondamente, frequentando dapprima
solo alti e altissimi papaveri : probabilmente il patriarca monofisita Timoteo III di Ales­
sandri a, il suo "padre spirituale", di cui lei per tutta la vita serbò un grato ricordo; e
forse anche il patriarca Severo di Antiochia, che lei accettò grazie a Timoteo. Quindi
Giustiniano se ne innamorò, e onorò col matrimonio questa gracile ma tenace tigre
tutta istinto, leggendole ogni desiderio negli occhi e ponendole il mondo ai suoi piedi.
Raramente in quella regione si erano visti due esseri umani che sembravano fatti l ' uno
per l ' altra e che fossero dotati di così tanto potere: "la sostanza dello stato divenne
combustibile per il fuoco del loro amore" (Procopio). 50
Con Giustiniano Teodora condivise anche la passione per la teologia e la politica
religiosa; ma, a differenza del marito, apparentemente un fanatico sostenitore di
Calcedonia, si legò ai monofisiti, già prima della salita al trono (forse a motivo di
Timoteo, suo antico amore e padre spirituale) ; ciò le fruttò molto incenso da parte dei
teologi monofisiti, che perciò mentirono circa le sue origini, facendola venire al mon­
do come figlia di un prete monofisita e celebrando alla sua morte la sua gloria in tutte
le chiese. È possibile che lei credesse veramente a ciò che rappresentava - come anche
i suoi contemporanei mormoravano dappertutto. Fin dalle origini il Cristianesimo, se­
condo le più rigide esigenze dei preti, separava i vicini, i figli dai propri genitori, il
marito dalla moglie. Forse anche Giustiniano e Teodora, come già ritenne l ' imperatore
Anastasio e i suoi seguaci, recitarono dinanzi al mondo soltanto una commedia, gio­
candogli cinicamente un tiro con le loro dichiarazioni, perfidamente in accordo sul-
270 Giustiniano l

l ' unica o duplice natura del Signore, quindi appoggiandosi sull' una o sull' altra comu­
nità cristiana, per legarle entrambe alla casata imperiale. 5 1
Per questo Teodora fondò monasteri da cui tirare fuori missionari monofisiti. Con­
cesse anche rifugio nel suo palazzo a molti di questi prelati, come ognuno, anche suo
marito, sapeva. Tra questi il patriarca Antimo - che Giustiniano nel 5 3 5 , durante una
fase monofisita della sua politica, elevò al soglio di Costantinopoli e che l ' anno dopo,
con un occhio al papa e presumibilmente ai suoi piani militari in Italia, di nuovo scac­
ciò -, fu fatto uscire solo solo dodici anni dopo la morte di lei. 52
Così , l ' etera ben nota a tutti in città divenne, da imperatrice, improvvisamente pia e
casta; fu generosa con chiese e monasteri, nel propugnare leggi matrimoniali, nel rego­
lamentare la vita notturna, cercando di trasferire le prostitute di Costantinopoli - più di
500 tra donne e fanciulle - in una "casa di penitenza", per le quali lei stessa pagava una
retta di 5 solidi d ' oro a persona (la maggior parte di esse, altrimenti, per disperazione si
sarebbe gettata in mare). Come sempre, anche in Teodora l ' unione di ascesi e frustra­
zione si tramutarono in in umanità: mentre nella sua vita di prima volentieri fornicava,
ora con altrettanto piacere tormentava: ogni giorno andava nella stanza delle torture
per osservarle con voluttà. "Se tu non obbedirai ai miei ordini - recitava il suo detto
preferito - giuro su Colui che è eterno che ti farò levare la pelle dalla schiena" . 53
Senza dubbio Teodora - il cui dispotismo, amore e soprattutto odio oltrepassarono
ogni misura; i cui nemici quasi maniacal mente mandò in esilio, gettò in carcere, con­
dannò a morte e ad ogni vergogna, ammazzando senza ritegno le stesse favorite del­
l ' imperatore, intentando clamorosi processi di stato contro presunti omosessuali delle
classi superiori ; senza dubbio, si diceva, essa era infinitamente più dotata di tempera­
mento del suo coronato marito, il quale, se si deve prestar fede a Procopio, non mostrò
mai né odio né sdegno: "ma, al contrario, con espressione mite e con i bruni occhi
timidamente calati ordinò la morte per migliaia d ' uomini innocenti, la distruzione di
città e la confisca di tutti i beni per le casse dello stato; con un tal carattere lo si sarebbe
potuto scambiare per un agnello". Era sempre lui lo stesso uomo, la cui misericordia
dappertutto si elogiava, il cui epiteto era divinus e le cui leggi e palazzo erano detti
sacer e sanctus, che veniva apostrofato come principe misericordioso (piissimus), che
anche di sé poteva scrivere : "l ' imperatore, che fonda la sua autorità sulla Santa Reli­
gione, regna in forza della grazia di Nostro Signore, accordatagli nella caducità del
saeculum", avendo "ottenuto lo scettro per tramite della bontà del potere eterno" . 54
Tale calma mansueta sarebbe però difficilmente pensabile per Teodora, alla quale si
attaglia meglio u n certo impulso ferino; e certo è stata entrambe le cose, prima di mo­
rire di cancro nel 548 a 52 anni: maniaca del lusso e avida di denaro e potere, bramosa
di sangue e di menzogne, senza scrupoli come lo stesso Giustiniano. I terreni donati a
lei dall ' imperatore che lei si preoccupava di visitare accompagnata da quattrocento
dignitari , si trovavano quasi tutti in Asia Minore e in Egitto. Dissipò insensate somme
La rivolta di Nika 27 1

in un batter d' occhio, spingendo lo spettacolo ai suoi vertici, proprio lei che era venuta
su dal niente; non c ' era nessun settore, l ' amministrazione, la diplomazia, la chiesa, in
cui non intervenisse con i suoi intrighi . Mise i suoi favoriti in posizioni chiave, facendo
e disfando patriarchi, ministri e generali . 55
Prescrisse anche la proskynesis (prostemazione) tipica degli schiavi , sorvegliando
come un cerbero la corretta applicazione di un protocollo che costringeva anche le più
alte cariche di corte ad estenuanti anticamere. Colpì con il carcere e con l ' esilio chi era
da lei malvisto, mediante tribunali speciali che potessero raffreddare il suo desiderio di
vendetta, aumentando a dismisura i l suo potere già enorme. Procopio riferisce di un
senatore vicino a Belisario incatenato ad una mangiatoia in un carcere sotterraneo: "gli
mancava soltanto il raglio, per apparire del tutto un asino"; e del generale B uzes (la cui
immagine è ancor oggi conservata in molteplici raffigurazioni), che fu tenuto per più di
due anni in un carcere buio del suo palazzo: "l' uomo incaricato di portargli il cibo ogni
giorno divenne come bestia tra le bestie, muto tra i muti". Le continue confische di
beni avvenivano non di rado ad esclusivo profitto di Teodora, per i cui interessi era
adibito un apposito raggruppamento di informatori e impiegati segreti, che alla morte
dell ' imperatrice sembra fosse l ' imperatore stesso ad assumere, addirittura usandoli con
la medesima perfidia. 56
Come donna, niente le era più estraneo che lo studio degli atti, o la cura erudita del
dettaglio o di altre piccolezze; ma si preoccupava, diversamente da Giustiniano, di
curare il suo aspetto corporeo (naturalmente riservandogli il tempo necessario). Ella,
come racconta Procopio, non poteva curare mai bastevolmente il suo corpo, su cui
davvero ci sarebbero da dire le cose più cattive; ogni giorno faceva un bagno incredi­
bilmente lungo, e poi faceva colazione, servendosi, come per ogni altro pasto, di ogni
possibile cibo e bevanda; quindi si preoccupava nuovamente del riposo, dormendo
ancora molto a lungo. "Sebbene l ' imperatrice si abbandonasse ad ogni genere di ecces­
so, nondimeno credeva di poter attendere agli affari del suo regno nelle poche ore del
giorno che le restavano". 57

LA RIVOLTA DI NIKA

Il ruolo più decisivo Teodora lo giocò nel gennaio 5 32, all ' epoca della sanguinosa
rivolta di Nika (nika vittoria: era il motto dei ribelli).
=

Alla sollevazione portò l ' insoddisfazione del popolo - l ' ultima lotta per la sua liber­
tà. Allo scopo si riunirono le due fazioni del circo, i Verdi (Prasinoi) e gli Azzurri
(Venetoi), i primi monofisiti, gli altri ortodossi (supra p. 266 s.), che invocavano un
nuovo imperatore, Ipazio, nipote dell ' imperatore Anastasio, anche se contro la sua vo­
lontà. I Verdi presero l ' iniziativa, d ' accordo con gli Azzurri : vennero liberati i prigio-
272 Giustiniano l

nieri e i carcerati ; numerosi palazzi - dapprima la prefettura di stato, quindi il senato -


chiese e opere d ' arte, così come la parte della città abitata dall' aristocrazia, vennero
dati alle fiamme; giorno e notte Costantinopoli sembrava un deserto fumante. Il fuoco
minacciò la stessa reggia imperiale, mentre Hagia Sophia venne saccheggiata. La si­
tuazione sembrava senza uscita, e Giustiniano, barricato nella sua residenza, era già
deciso a rinunciare a trono e impero per fuggire via nave attraverso il Bosforo; solo
Teodora lo trattenne, pronunciando le famose parole: "io resto per il bene della mia
persona; amo l ' antica massima, che la porpora sia un buon drappo funebre".
Furono Belisario, con tre reggimenti di veterani costituiti apposta, e il comandante
delle guardie del corpo Narsete, favorito di Teodora, a riportare "l' ordine" dopo cinque
giorni di anarchia: "più di trentamila uomini - secondo Procopio - o quasi trentacinquemila
secondo Giovanni Malalas, un cronista grecizzante di Antiochia (probabilmente da iden­
tificarsi con il futuro patriarca di Costantinopoli Giovanni Scolastico), vennero impri­
gionati nel circo, dove per ore furono indiscriminatamente passati a fil di spada come un
gregge di pecore. Giovanni Lido, pio testimone oculare e sostenitore dell ' imperatore
(supra p. 267) parla soddisfatto di cinquantamila morti ; il retore Zaccaria, vescovo di
Mitilene (prima monofisita, poi aderente al credo calcedoniano) addirittura di ottantamila.
Il massacro, ancora più mostruoso del macello nel circo di Tessalonica ad opera di
Teodosio, trasfigurato da Agostino (v. I, 3 80 ss.), forse è stato un misfatto più di Teodora
che di Giustiniano. In ogni modo non disturbò il cristianesimo di entrambi l ' aver affo­
gato la rivolta in un mare di sangue. Le teste rotolarono dall' alto e dal basso. Cadde
anche quella di Ipazio, che Giustiniano voleva graziare, così come quella di suo fratello
Pompeo. Diciotto patrizi furono esiliati, le loro proprietà interamente confiscate, e con
esse si eressero dalle macerie cattedrali ancora più belle. Anche Teodora - l ' assassina di
massa - ascese alla coreggenza ufficiale, come si conviene; il suo nome apparve così sui
documenti ufficiali, sulle porte delle caserme, e anche sulle tavolette votive delle chie­
se ! Ancor oggi la chiesa orientale la ricorda con onore e riconoscenza. 58
Solo "l ' onore dell' altare" manca ancora - ingiustamente.

L'IMPERATORE GIUSTINIANO PERSEGUITA l CRISTIANI DISSIDENTI,


"AFFINCHÉ CADANO IN MISERIA ••• "

Protetto dal l ' episcopato, Giustiniano spinse per una totale unità di fede: un solo i mpe­
ro, un solo imperatore, una sola chiesa - e quindi lo sterminio dei non cattolic i . Procopio
racconta che "subito l ' impero romano si riempì di sentenze capitali , delitti di espulsio­
ne e continue persecuzioni". 59
Giustiniano i naugurò la tirannia - ancora condivisa con Giustino - con u n a brutale
persecuzione di eretici, che si diresse in un primo tempo contro le sette più piccole: "è
L 'imperatore Giustiniano perseguita i cristiani dissidenti 273

giusto - decretarono i due nel 527 - privare anche dei beni terreni coloro che non ono­
rano il vero Dio" . L' intolleranza di natura religiosa portò con sé quella di tipo civile: in
una legge particolarmente severa essi dichiararono che "gli eretici vanno privati di tutti
i beni terreni, affinché cadano in miseria", enumerando, per la messa in pratica dei loro
pii propositi, una lunga serie di limitazioni e pene. 60
Presto la lotta contro monofisiti, manichei, montanisti, ariani e donatisti divenne
sempre più estesa, trasformando l ' intolleranza religiosa "in pubblica virtù" (Diehl) . 6 1
Come g i à il s u o p i o predecessore e zio, Giustiniano proibì riunioni e celebrazioni d i
"eretici" così come nomine d i cariche spirituali, possesso di edifici ecclesiastici, spes­
so distrutti sotto il suo regno. I nterdisse loro anche ogni attività di insegnamento
dottrinario, escludendoli inoltre dai pubblici uffici e privandoli di ogni carica, come
dall' avvocatura; a partire dal 536, chi copiava i loro scritti veniva punito con il taglio
della mano. Ancora, gli "eretici" potevano lasciare i loro averi in eredità solo ai catto­
lici, e non potevano riceverne. Molte di queste sette non potevano stipulare atti giuridi­
camente validi, ma anche le altre mantenevano "appena diritti generici dinanzi alla
giustizia" (così il Manuale di storia della chiesa). In casi di condanna perdevano tutti i
diritti civili, i beni veni vano loro confiscati, in caso di recidività era prevista la pena di
morte, che peraltro veniva eseguita senza alcuna misericordia. Infine, l ' imperatore li
incriminava non solo per spergiuro o magia, ma anche per sacrilegio e bestemmia - con
cui del resto si puniva ) "'eresia" in generale, vale a dire con la morte. Tutto ciò corri­
spondeva a un "interno sviluppo", la "soluzione non spirituale di un problema religio­
so . . . , che fa sentire i suoi effetti fino ai giorni nostri" (Merkel). 62
Nella "Storia segreta" di Procopio (non pubblicata sotto Giustiniano) si legge, a
proposito di questi pogrom di eretici : "schiere di agenti si aggiravano dappertutto per
la regione, costringendo chiunque incontrassero alla rinuncia della fede ereditata. Poi­
ché questo sembrava ai contadini un sacrilegio, si decisero ad una coraggiosa resisten­
za agli sbirri ; molti eretici trovarono così la morte di spada, molti altri si dettero spon­
taneamente la morte - credendo nella loro semplicità di compiere con ciò un' opera
gradita a Dio - mentre la maggioranza del popolo fuggì dal paese. In Frigia i montanisti
si rinchiusero nelle loro chiese, le incendiarono e perirono con esse senza rimpianti .
L' impero era così pieno di morte e paura . . . ". 63
E la chiamano storia sacra !
Ancor più duramente di Giustino, dal 5 1 9 Giustiniano perseguitò la chiesa eretica
più grande, quella monofisita; polizia e soldataglia sequestrarono loro le case di pre­
ghiera, mentre dozzine di vescovi venivano mandati in esilio o cacciati da un nascondi­
glio all ' altro, innumerevoli monaci e monache allontanati ; brutalità di ogni tipo veni­
vano perpetrate, una sollevazione popolare in S iria duramente repressa dal patriarca
cattolico di Antiochia, Efraim (526-44), un ex generale che si era prefisso di costringe­
re tutti alla conversione - il "Manuale di storia della Chiesa", cattolico, lo definisce
274 Giustiniano I

"combattente ortodosso", il cattolico "Lessico di teologia ecclesiastica" lo elogia per la


sua "incredibile attività in occasione di un terremoto . . ." . Allo stesso modo era giunto
ad alte cariche in Egitto un abate ex seguace di Pacomio, che ordinò patriarca, e con­
temporaneamente lo portò a un' alta carica i mperiale, Paolo di Alessandria. Giustiniano
lo aveva elevato al principato ecclesiastico in virtù della sua perfezione nella gestione
del potere, ma lo allontanò nel 542 a causa del suo eccessivo gusto per l ' intrigo e
l ' inclinazione alla violenza - come nel caso di complicità nell' assassinio di un diacono
di cui venne accusato. In un sinodo della città imperiale nel maggio/giugno del 536,
per opera dei patriarchi Severo di Antiochia e Antimo di Costantinopoli, venne pro­
mulgato un bando di esilio per i seguaci di Severo di Costantinopoli, confermato da
Giustiniano; lo stesso Severo dovette fuggire in Egitto. Tutto questo avvenne, natural­
mente, con grande gioia di Roma, soprattutto per quanto riguardava i suoi interessi
politici fondamentali. 64
Sotto l ' influenza di Teodora, Giustiniano ha talvolta trovato anche possibilità di
intesa tramite le quali trasformare le persecuzioni in sforzi di mediazione; già nel 5 3 1
l ' imperatore, sotto la spinta di Teodora e certo anche in seguito a calcoli di natura
politico-statale, diede corso alla lotta contro i monofisiti . Dopo la rivolta di Nika as­
sunse, come formula di riconciliazione la cosiddetta formula "teopaschita" - gradita ai
monofisiti - attraverso la definizione "uno solo dalla triplice natura ha patito nella car­
ne", cosa che anche papa Giovanni II stabilì il 25 marzo 5 3 4 ! Nel 535 Teodora ottenne
per i monofisiti Teodosio e An timo le sedi patriarcali di Alessandria e di Costantinopoli.
Il fatto suscitò le proteste di papa Agapeto, che nella primavera dell ' anno successivo si
sarebbe recato a corte per ottenere le dimissioni di Antimo, l ' allontanamento dei suoi
seguaci dalla capitale e l ' inasprimento da parte di Giustiniano della lotta al monofisismo
- al momento ci sono solo tre vescovi fedeli a lui in tutto l ' impero. Certamente, secon­
do le fonti monofisite, i vescovi ortodossi avevano il compito di bruciare sul rogo e di
tormentare a morte i monofisiti, ma il problema resta comunque irrisolto, dal momento
che Giustiniano doveva essere imperatore di un' unica chiesa e legarsi sempre più stret­
tamente a Roma, se voleva conseguire la riconquista dell' Italia - cosa che il papa e i
cattolici italiani volevano sopra ogni altra cosa. Ma dopo che l ' Italia e il Nordafrica
furono riconquistati al cattolicesimo, e la politica e lo sforzo militare si erano volti
nuovamente ad Oriente, l ' imperatore Giustiniano, poco prima della sua morte, si con­
vertì ali ' aftartodocetismo, ala estrema del monofisismo ! 65
Lo scisma monofisita si diffuse i n certa misura considerevolmente, in particolare
grazie all ' opera del metropolita Giacobbe, morto nel 578 (dal quale i futuri monofisiti
della Siria occidentale verranno chiamati "giacobiti"). Questa dottrina si creò numero­
se roccaforti, divenendo chiesa nazionale in Siria ed Egitto, dove venne in effetti perse­
guitata attraverso i secoli: già sotto Giustino II (565-578) si ebbero pesanti persecuzio­
ni; in territorio greco i monofisiti vennero costretti ad aderire alla chiesa cattolica (come
L 'imperatore Giustiniano perseguita i cristiani dissidenti 275

nel l 072 ad Antiochia, dove il patriarca dei Melchiti, "ortodosso" e "imperiale", distrus­
se la chiesa monofisita giacobita, arrestando e facendo torturare i suoi esponenti . 66
Tra le eresie considerate da Giustiniano come particolarmente gravi, vi erano i
montanisti, gli ofiti (di estrazione gnostica, che ponevano il serpente in posizione rile­
vante), i borboriti, (che praticavano la comunanza delle donne, consumando ritualmen­
te il seme maschile, ottenuto attraverso pratiche onanistiche, così come il sangue me­
struale, che ritenevano contenessero germi di luce spirituale utili per la redenzione), e
tra gli altri naturalmente i manichei; come i borboriti, anch' essi cercavano di impedire
la riproduzione del genere umano, attraverso una pianificata politica di controllo delle
nascite. 67
Molti capi della chiesa - ad esempio papa Leone I, come è già stato detto (supra p.
1 86 ss.) - e molti imperatori cristiani, particolarmente Valentiniano I, Valente, Teodosio
I e Teodosio II, e anche lo stesso Giustiniano perseguitarono i manichei ; quest'ultimo
in maniera anche più feroce dei suoi predecessori . Successivamente egli intraprese
anche pubbliche discussioni con loro, allo scopo di confutarne le dottrine; ma i manichei
difendevano le loro opinioni "con diabolico accanimento", e molti per questo incontra­
rono la morte. Così, già nel 527 Giustiniano colpì i "maledetti" manichei con provve­
dimenti di espulsione e pene capitali in tutto l ' impero. Anche ogni manicheo converti­
to che manteneva contatti con i suoi ex correligionari, come pure chiunque si converti­
va alla loro fede, era destinato a pagare con la morte. 68
Ciononostante, l ' imperatore non riuscì a indebolire queste sette, tantomeno ad an­
nientarle; addirittura, non riuscì neanche a impedirne un' ulteriore diffusione. E, anco­
ra, in maniera grottesca, quasi incredibilmente lui stesso nel 540 nominò capo delle
finanze del suo regno (e poi, nel 543, prefetto del pretorio) il cambiavalute siriaco
Pietro B arsymes, protetto di Teodora; un uomo cioè che, a prestar fede a Procopio, era
ben noto per la sua posizione di rilievo tra i manichei e che, ciononostante, anche dopo
la morte di Teodora, ascese ulteriormente la scala delle cariche imperiali . 69

"UNA SPECIE DI PROCEDURA INQUISITIVA" PER l PAGANI

Tenacemente Giustiniano continuò la sua lotta contro il paganesimo, che già da due­
cento anni era considerato crimen publicum, ma non era ancora morto: sopravviveva
nelle zone scarsamente abitate e nei territori di confine, nei deserti della S iria e tra le
montagne del l ' Anatolia, nelle oasi libiche di Augila, sull ' isola nilotica di File; ma an­
che in cerchie di dotti nella migliore società di Costantinopoli.
In uno dei primi editti antipagani - senza data né indicazione dell' origine, ma attri­
buito a Giustiniano dagli studiosi più recenti - si prescrive di indagare sulle cerimonie
pagane e sulla precedente legislazione, molto rigida; si proibiscono inoltre donazioni e
276 Giustiniano l

lasciti testamentari a favore di pagani . Un decreto successivo, senza dubbio promulga­


to da Giustiniano, si scaglia in particolare contro i sacrifici e le feste "non sante";
appoggiandosi alla legislazione precedente, che aveva provato a privare di ogni legitti­
mità i culti pagani e le loro riunioni, Giustiniano vuole per così dire arrivare al cuore
del problema: costringe al battesimo ogni pagano e tutta la sua famiglia, pena la confi­
sca dei beni. Gli oppositori perdono ogni diritto civile, così come i propri beni mobili e
immobili. Ai dotti legati ancora alle vecchie credenze sarà proibito l ' insegnamento,
rifiutato ogni titolo statale e confi scati tutti i loro beni ; essi stessi dovranno andare in
esilio. Per la prima volta nella storia viene così "ordinata una specie di procedura
inquisitiva nei confronti dei pagani" (Geffcken). 70
Dopo che un' altra legge imperiale del 529 ha confermato l ' esclusione dai pubblici
uffici e dalle cariche, come anche da ogni attività di insegnamento, dei pagani e degli
altri non cattolici, Giustiniano inaugura, nella primavera di quello stesso anno, nume­
rosi processi contro impiegati pubblici renitenti in materia religiosa, insistendo in una
persecuzione spirituale e materiale fino a quel momento senza precedenti (in taluni
casi ancora peggiore al di là dei confini), che puntava alla totale eliminazione . Questo
era lo scopo della maggior parte della legislazione antipagana, che certo fu elaborata
con severità inusitata. "Noi non tollereremo di assistere tranquillamente a questo disor­
dine" - si disse nel 529, quando venne chiusa l ' Accademia di Atene (l' ultima grande
università pagana), tutte le sue proprietà confiscate, e l ' insegnamento della filosofia
proibito per sempre. I più importanti pensatori ateniesi, tra cui Damascio, capo del­
l' Accademia, emigrarono in Persia, a quanto pare tornando successivamente in patria,
in contrasto con l ' opinione dominante. Gli ultimi templi d ' Egitto vennero chiusi, op­
pure, come per il famoso tempio di Giove Ammone nel deserto libico, trasformati in
chiesa cristiana; tutti i pagani vennero dichiarati incapaci di compiere qualsivoglia atto
giuridicamente valido. Se ne ordinò il battesimo coatto, compresi i poppanti ; per mez­
zo di ciò il confessore e delegato dell ' imperatore, il futuro vescovo di Efeso Giovanni
di Amida - un monofisita siriaco - allargò il regno di Dio con 70-80000 nuovi cristiani,
96 nuove chiese e 12 monasteri nelle province dell ' Asia, della Caria, della Lidia e della
Frigia, come egli stesso esaltò - ma non senza una massiccia costrizione e corruzione :
l ' imperatore doveva probabilmente aver pagato un tanto a testa. Si condannò con la
pena di morte la celebrazione di sacrifici, la venerazione di immagini pagane, il ritorno
di cristiani al paganesimo, come anche ognuno che, pur essendo cristiano, non aveva
cristianizzato i propri immobili. 7 1
Poiché però nelle regioni sviluppate d' Oriente il paganesimo sopravviveva proprio
nei settori più istruiti, la persecuzione colpì a Costantinopoli molti appartenenti delle
classi più alte - filosofi , alti impiegati dello stato, senatori, medici, contro i quali si
procedette con destituzioni, confische di beni, torture e condanne capitali. Grammatici,
sofisti, avvocati, uomini di medicina: tutti vennero incarcerati, convertiti a forza, a
Per gli Ebrei " un destino di infamia . . . " 277

volte giustiziati. Statue di divinità e libri pagani vennero pubblicamente bruciati, come
nel giugno del 559 sul Kynegion, dopo aver trascinato per le vie della città le "immagi­
ni idolatriche" che erano state raccolte. Tutti coloro che non avevano ricevuto il batte­
simo, come già abbiamo visto, come anche tutti i cristiani che stavano fuori dalla chie­
sa cattolica, erano completamente privi di diritti, e vennero duramente perseguitati per
i più piccoli delitti religiosi. 7 2

PER GLI EBREI " UN DESTINO DI INFAMIA •••"

Intanto vescovi e sbirri imperiali imperversavano anche contro gli ebrei, la cui fede già
da tempo era stata dichiarata religio licita. Nel Codex Justinianus, la sua nuova versio­
ne del diritto romano, Giustiniano aveva eliminato l ' assunto fondamentale contenuto
nel codice teodosiano, secondo cui la religione degli ebrei era permessa. "duecento
anni bastarono ali ' autorità cristiana, per gettare l ' ebraismo n eli' illegalità" (Stemberger).
Il sovrano ora non distingueva più gli ebrei dai pagani e dagli "eretici", ma li poneva
sul loro stesso piano; cosa che sicuramente, in certe occasioni, già dai tempi Teodosio
II (supra p. 26 ss.), deve aver sinistramente risuonato in orecchie ebree. 73
Una circolare imperiale del 537 così si rivolge al prefetto Giovanni di Cappadocia:
"Vostra eminenza mi ha brevemente riferito del fatto che ebrei, samaritani, montanisti
o altre orribili persone si annidano tra uomini di corte che ancora oggi la nostra vera e
santa fede non ha illuminato, ma stanno nelle tenebre senza percepire nella loro anima
i veri Mi steri ; e poiché noi abbiamo in odio gli eretici, essi credono per questo motivo
di essere liberi da ogni obbligo di corte . . ." . L' imperatore, stupito del fatto che il suo
prefetto non ha subito "straziato" tutti quelli che la pensano in questo modo, ordina per
tutti l ' ulteriore permanenza a corte, così come l ' adempimento dei servizi e dei paga­
menti (munera), ma contemporaneamente negando loro ogni passato privilegio di cor­
te. Al contrario, essi non devono più "godere di alcun onore, ma soffrire un destino
adeguato all ' infamia in cui vogliono mantenere la loro anima". 74
Giustiniano oppresse gli ebrei sia da un punto di vista giuridico che sociale: essi non
potevano entrare in possesso di nessun oggetto ecclesiastico, né beni della chiesa né
terreni che erano previsti per l ' edificazione di edifici sacri, e in nessun modo di schiavi
cristiani (nel caso in cui l ' avessero fatto, avrebbero dovuto liberarli immediatamente e
pagare 30 solidi di multa; ogni attività che comportasse il possesso di schiavi era dun­
que con ciò impossibile agli ebrei). L' imperatore li dichiarò anche giuridicamente in­
capaci di testimoniare in un processo contro un cattolico; solo se questi fosse entrato
in conflitto con un non cattolico, essi avrebbero potuto servirgli da testimone. 75
Per quanto riguarda l ' Africa, dove gli ebrei erano perseguitati come i donatisti (cosa
che aveva causato ripetutamente l ' insorgere di grandi rivolte), l ' imperatore emanò una
278 Giustiniano I

legge antigiudaica particolarmente severa, ordinando che le sinagoghe non potevano


mantenere la loro funzione, ma dovevano essere trasformate in chiese - provvedimento
con il quale, per la prima volta, la protezione statale per quelle sinagoghe ancora tali
venne di fatto eliminata, e il loro utilizzo religioso in generale impedito. 76
La "cristianizzazione" delle sinagoghe era davvero assai in voga, come quella dei
templi pagani . Così, una sinagoga di Edessa divenne la chiesa di s. Stefano, quella
di Alessandria la chiesa di s. Giorgio, quella di Costantinopoli la chiesa di Maria (chie­
sa di Calcocrate), per opera di Teodosio II, quella di Dafni la chiesa di s. Leonzio.
Successivamente, fu il vescovo Vittorio a trasformare in chiese le sinagoghe di Paler­
mo; ma già prima lo aveva fatto Giovanni di Efeso, patriarca di Costantinopoli sotto
Giustiniano, con sette sinagoghe in Asia, Caria, Lidia e Frigia. Le sinagoghe, come i
templi pagani , vennero trasformate pubblicamente, spesso in maniera violenta, ancor
prima che i cristiani le utilizzassero. Avvenne anche che le sinagoghe fossero date alle
fiamme o rase al suolo e quindi al loro posto costruita una chiesa, come era avvenuto
ad Apamea. 77
L' autorità imperiale si immischiava anche nelle contrapposizioni di natura squisita­
mente teologica e nella pratica cultuale degli ebrei, come avvenne in un caso di conflit­
to interno alla sinagoga di Costantinopoli, dove estorse con la forza il permesso di
leggere la Torah, i primi cinque libri di Mosè, in traduzione greca o latina. Inoltre
emanò il suo lunghissimo ordinamento riguardante gli ebrei, il decreto 1 46 del 5 5 3 , in
cui forniva precise raccomandazioni per la lettura pubblica della B ibbia, ma imponeva
anche delle norme: gli ebrei dovevano sempre rintracciare nella Scrittura i presunti
riferimenti a Cristo ; . Per contro proibì la loro specifica esegesi, così come è delineata
nella Mischnah. L' imperatore li costrinse anche ali ' accettazione dei termini calendariali
pasquali . 7 H
La chiesa ha inasprito i decreti imperiali antigiudaici con numerosi sinodi, impeden­
do assolutamente agli ebrei l ' accesso a quei pubblici uffici in cui divenissero i superio­
ri di un cristiano. Anche laddove non si adottò il Corpus giuridico di Giustiniano, la
parte riguardante gli ebrei venne recepita in maniera mediata o immediata, e divenne
normativa sino all ' età moderna. "Fondamentalmente, quasi tutte le successive leggi
ecclesiastiche o statali riguardanti gli ebrei facevano riferimento ad esso, in conformità
ai rispettivi tempi e luoghi. Molti di questi decreti sono stati accettati anche dai nuovi
stati che si sono formati dalla migrazione dei popoli, e inaspriti da pontefici e concili"
(Browe). 79
Ma in maniera ancora più barbaramente feroce che contro gli ebrei, il tiranno catto­
lico si scagliò contro una minoranza particolarmente debole.
Lo sterminio dei samaritani ad opera di Giustiniano 279

Lo STERMINIO DEI SAMARITANI AD OPERA DI GIUSTINIANO

I samaritani, affini agli ebrei in senso etnico e religioso, erano non meno di questi
considerati negativamente e perseguitati già ai tempi della rivolta ebraica sotto il cri­
stiano Gallo (v. I, 282 s . ) . Una rivolta di questa setta era avvenuta anche sotto l ' impe­
ratore Zenone nel 484; la comunità elesse a suo re un certo Justasas, probabi lmente un
capobanda, che conquistò Cesarea e Neapolis (oggi Nablus, la biblica S ichem), dove
entrò in chiesa e mozzò le dita al celebrante, il vescovo Terebinto. La rivolta fu repres­
sa solo grazie all ' intervento militare, in cui Justasas venne ucciso, tutti i beni dei
samaritani confiscati ; vicino a Neapolis fu insediata una forte guarnigione e la sua
famosa sinagoga trasformata in convento. Ai samaritani si proibì l ' accesso al Garizim,
la loro montagna sacra, e se ne snaturò la sacralità con l ' edificazione sulla sua cima di
una chiesa dedicata a Maria (essi la riconquistarono sotto l ' imperatore Anastasio, per
poi di nuovo perderla in seguito a un contrattacco cristiano). 80
Questi continui contrasti non erano stati certo dimenticati , ma al confronto con la
rivolta del 529 passarono in secondo piano. Le cause più profonde di questa solleva­
zione sono da vedersi, secondo gli studi cristiani più antichi, "quasi senza eccezione"
nell' "odio anticristiano" (Kautzsch) radicato nella setta; ma, in realtà, come ha indica­
to l ' accurata ricerca di Sabine Winkler, fu "il contrario", cioè "il fanatismo cristiano"
dietro cui si celava "l ' odio intenso alimentato dalla chiesa". 8 1
Lo scoppio della rivolta era stato preceduto d a una lunga serie d i editti imperiali
repressivi, tra cui il De Haereticis et Manicheis et Samaritis, in cui simultaneamente
pagani, ebrei e samaritani venivano accusati di "eresia" e in cui Giustiniano elencava,
aggiungendone altre ex novo, tutte le disposizioni antiereticali dell' autorità cristiana
che lo aveva preceduto. I gruppi nominati perdevano ogni diritto di ambire a cariche e
dignità di alto livello; ogni diritto di citare in giudizio cristiani o perfino vescovi; ogni
diritto di escludere bambini cristiani nei loro testamenti, che altrimenti avrebbero perso
di validità; ogni diritto di tenere sinodi o assemblee ; di servire il battesimo sostituendosi
ai vescovi; ogni diritto di costruire monasteri , abbazie, asili, ogni diritto di amministra­
re, autonomamente o per mezzo di propri incaricati, i propri latifondi; ecc.
L' occasione specifica per la rivolta la fornì un decreto del 529, valevole per tutti i
samaritani (dunque per una minoranza particolarmente debole), attraverso cui si vole­
va stabilire un precedente esemplare. L' autorità cattolica stabilì dunque la distruzione
di tutte le sinagoghe dei samaritani (e la punizione di tutti coloro che tentassero di
ricostruirle), e dichiarò l ' incapacità giuridica di questa setta a qualsivoglia donazione o
alienazione di beni, pena la confisca, come anche l ' i mpossibilità a ereditare: solo i
cattolici l ' avevano. Vescovi e governatori avrebbero avuto il compito di sorvegliare
l ' applicazione di queste misure. 82
Numerosi storici considerano quest' ultimo editto (Cod. Just. , I, 5, 1 7) conseguenza
280 Giustiniano l

della rivolta. Ma secondo Procopio e Coricio, un sofista di Gaza del VI secolo, esso ne
fu in realtà la causa principale. Il motivo immediato allo scatenarsi del conflitto lo
fornì, sembra, "un costume presente nel territorio palestinese", riferito da Giovanni
Malalas, un' usanza della gioventù cristiana che al sabato colpiva con pietre le case e le
sinagoghe dei samaritani : "Il sabato vennero dei giovani cristiani dalle chiese dopo la
lettura del vangelo e si accinsero a cantare canti ingiuriosi nelle sinagoghe dei samaritani,
colpendo con pietre le loro case. Costoro infatti avevano l ' usanza in quel giorno di
rinchiudersi in casa e di isolarsi. E quella volta [cioè all ' inizio della rivolta già prima
nominata da Malalas; n.d.A.] non piacque loro di lasciar spazio ai cristiani. Non appe­
na, dopo il santo vangelo, la gioventù cristiana entrò nella sinagoga dei samaritani lan­
ciando sassi, questi si precipitarono fuori scagliandosi contro gli invasori e ne uccisero
molti con la spada. Molti giovani fuggirono allora in direzione dell ' altare di s. Basilio,
che si trovava là; ma uno dei samaritani li inseguì e li uccise dinanzi al santo altare". 83
La rivolta si diffuse in tutta la Samaria, dalla capitale Scitopoli, a oriente, sino a
Cesarea, sulla costa; ma il vero cuore della resi stenza fu l ' altopiano di Samaria, dove
gli oppressi avevano proclamato re uno di loro, probabilmente un colono, di nome
Giuliano. Le fonti cristiane (le cronache universali e le biografie monastiche) si riferi­
scono naturalmente solo ad un aspetto della questione, non riferendosi mai al decisivo
aspetto sociale del fatto, e tacciando Giuliano di essere un "brigante", un "capobanda",
o un "comandante di ladroni". Così dice il vescovo Giovanni di Nikiu (local ità su
un' isola del Nilo) nella sua cronaca in greco del VII secolo, parlando dell' aspetto na­
zionalistico-religioso della rivolta: "un capobanda samaritano raccolse intorno a sé
tutti i samaritani e scatenò una grande guerra . . . Trasse in inganno un gran numero di
uomini del suo popolo, assicurandoli in maniera truffaldina di essere inviato da Dio per
restaurare il regno dei samaritani, come aveva fatto Roboamo . . . , che aveva regnato
dopo Salomone il saggio, figlio di Davide, e che aveva traviato il popolo di Israele
conducendolo all ' idolatria . . . " . 84
La setta in rivolta incendiò molti luoghi nei dintorni di Scitopoli, distrusse città e
terreni del demanio, devastò le chiese di Nicopoli, diede alle fiamme Betlemme, uccise
Mammona, il vescovo d i Neapo l i s , e molti altri ecc l e s i asti c i . Attaccò q u i ndi
Gerusalemme, dove un grande contingente di truppe stanziava nel quartier generale
imperiale solo per sorvegliare il confine. L' imperatore allora rimosse il governatore
Basso, lo fece decapitare e fece marciare alla testa di truppe d' assalto pesantemente
armate Teodoro Simo, dux Palaestinae (a cui si associarono - questo dà la misura della
violenza della rivolta - unità arabe alleate di Roma al comando del filarco di Palestina) .
Teodoro costrinse i ribelli, male armati e non usi alla guerra campale, a ritirarsi nella
loro città, li accerchiò, catturò Giuliano e ne spedì la testa coronata a Costantinopoli ;
anche 20000 samaritani vennero decapitati, secondo Malalas ; l 00000 secondo Procopio;
mentre altri 50000, la maggior parte dei quali coloni, fuggirono in Persia, dove offriro-
Lo sterminio dei Samaritani ad opera di Giustiniano 28 1

no il loro aiuto nella guerra contro B isanzio, unitamente alla consegna della Palestina e
di tutti i tesori della "città santa" (ma sul destino di questi fuggitivi, sulla loro parteci­
pazione a campagne militari contro la Roma d' Oriente non si sa nulla di certo). Altri si
nascosero sul monte Garizim, oppure nel loro luogo di fuga da sempre, le grotte del
Traconitis (un altopiano lavico oggi chiamato el-Lega), dove il dux Ireneo di Antiochia,
col quale nel frattempo l ' imperatore aveva sostituito Teodoro (di cui era altrettanto
rimasto scontento), diede loro la caccia. 20000 donne e bambini dei samaritani venne­
ro invece venduti come schiavi in Persia e in India. 85
I samaritani, abbondantemente sterminati, da allora quasi scomparvero dalla storia.
Le cause della rivolta? Probabilmente l ' oppressione da parte della cristiana Bisanzio,
che perseguitava anche manichei , montanisti, ebrei, in certi periodi anche monofisiti e
altri, ma in maniera particolarmente dura proprio le minoranze estremamente piccole
come quella dei samaritani . Avi-Jonah ha pienamente ragione quando definisce il loro
comportamento nel VI secolo "il risultato della loro disperazione": "le masse di questo
popolo d' improvviso compresero che, dinanzi alla diffusione del cristianesimo dentro
e fuori la Palestina, non rimaneva più alcuna speranza di difendere la loro precedente
posizione". 86
Alla base della grande rivolta e della ancor più grande repressione sanguinosa, come
al solito, non c ' era la religione, né dell' uno né dell' altro, ma ragioni assai più concrete.
Non a caso la maggior parte dei rivoltosi venne reclutata negli strati più bassi dei
samaritani, tra i contadini, gli artigiani, i coloni, gli schiavi, che non avevano niente da
perdere, a parte la vita; e che elessero Giuliano dalle loro fila. Essi costituivano l ' ele­
mento attivo della popolazione, mentre gli strati più alti reagirono differentemente: le
classi superiori, numericamente più piccole, che erano in concorrenza con i grandi
proprietari terrieri cristiani e che dunque avevano molto da perdere da una rivolta,
significativamente si convertirono subito al cristianesimo, almeno di facciata, così che
i rivoltosi non ricevettero protezione neppure dai loro correligionari . Per i più poveri ,
in massima parte sfruttati, non si trattava innanzitutto né di religione né di rivoluzione,
né di un rivolgimento radicale; ma piuttosto solo di un mutamento delle condizioni di
sussistenza; cosa che per gli schiavisti cristiani, che naturalmente facevano di tutto pur
di assicurare il mantenimento dello status quo economico e ideologico, era natural­
mente inaccettabile. 87
Invece per un altro delitto del tutto diverso e più grosso - la conquista di Giustiniano
dell' Occidente - si trattò più di religione che di politica, ammesso che tale distinzione
sia possibile in un contesto di politica mondiale. La cosa certa è che di solito la politica
non ha mai molto a che fare con la religione, mentre la religione sempre con la politica.
Sotto Giustiniano, in ogni caso, entrambe si mantennero indivise; sin dal l ' inizio il suo
scopo esplicito fu quello di restaurare l ' unità politico-religiosa dell ' impero romano.
Per questo egli intraprese due grandi guerre - guerre d' aggressione contro due popoli
282 Giustiniano l

germanici e cristiani, che naturalmente erano "eretici", dal momento che anch' essi
"permanevano in una generale situazione di ignoranza e di animalesca rozzezza" (come
sostiene il cattolico SchrOdl). Così "il desiderio principale del suo cuore e di quello del
suo popolo fu quello di infrangere il potere dell' Arianesimo" (Hofler, un altro cattoli­
co). Questo "desiderio principale" lo portò al totale sterminio dei Vandali e degli
Ostrogoti, e alla loro integrale scomparsa dalla scena mondiale. 88

l V ANDALI, OVVERO "CONTRO COLORO CHE SUSCITANO LA COLLERA DI Dio ..."

I Vandali, una tribù germanica orientale già citata da Tacito e da Plinio il Vecchio,
abitavano originariamente lo Jutland del nord (oggi Vendsyssel) e il golfo di Osio (oggi
Hallingdal). Nei primi due secoli di diffusione del cristianesimo vivevano divisi in due
raggruppamenti tribali, gli Asdingi (i soli a giungere i n Africa) e i Silingi, che erano
stati sterminati precedentemente, e che vivevano accanto ai Goti e ai Burgundi tra il
Bug e l ' Elba, nella Polonia centrale, nella Germania nordorientale e in Slesia (l t. Silesia,
si. Sleza), chiamata così proprio dal ceppo vandalico dei Silingi . Erano già allora un
popolo di cavalieri , che si portarono dietro i cavalli nelle loro successive scorrerie per
mare . Intorno alla metà del III secolo si erano stanziati nella regione centrale attorno al
Meno, mentre gli Asdingi stavano sul corso superiore del Theil3. Per molte generazioni
vissero nelle steppe ungariche, finché nel 406 i Vandali Asdingi, sotto il comando di re
Godigisel, forse in fuga per l ' arrivo degli Unni di Pannonia, si spinsero oltre il Danu­
bio, sino all ' attuale Regensburg. Quindi discesero il Meno, dove ingaggiarono coi Fran­
chi, alleati dei romani, una furiosa battaglia nella quale caddero 20000 Vandali, tra cui
lo stesso re Godigisel . Solo l ' arrivo degli Alani guidati dal loro re Respendial li salvò
dalla totale distruzione. Nella notte di S. Silvestro del 406 i Vandali, "già cristianizzati
alla fede ariana" (Tiichle), insieme ai loro antichi alleati Alani, agli Suebi e ai Vandali
Silingi, che si erano uniti a loro, attraversarono a Magonza il Reno ghiacciato (che, a
causa del pericolo visigoto in Italia settentrionale, era sguarnito di truppe). Essi diede­
ro alle fiamme Magonza - cosa che i cronisti cristiani riportano a tinte fosche - dove
massacrarono anche molti abitanti che si erano rifugiati in una chiesa. Imperversarono
anche a Worms, Treviri, Reims, Amiens, Arras, Tournay, Narbona, distruggendo città e
villaggi - "lasciavano a malapena qualcosa per cibo ai cani", si lamenta a quel tempo i l
vescovo Orienzio d i Auch (Augusta) in Aquitania, "il corteo funebre d i u n mondo che
crolla". "In case e villaggi, sulla terra e nelle strade e in tutti i distretti, ovunque su tutte
le vie regnava la morte, il dolore, l ' annientamento, la catastrofe, il fuoco e il lutto. Tutta
la Gallia fumava come un enorme rogo". E il vescovo spagnolo Idazio vide arrivare le
quattro piaghe dell' Apocalisse: Guerra, Fame, Pestilenza e Bestie selvagge. 89
In effetti ogni sorta di orrore, che si accredita ai Vandali in questo sinistro cammi no
I Vandali 283

di morte e di fuoco, venne più tardi ripercorso, in particolare dai S araceni. Ma i Vanda­
li, quando devastarono Magonza e la Gallia e, a seguire la tradizione successiva, ucci­
sero i vescovi Desiderio di Langres e Antìdio di Besançon - è bene sottolinearlo ulte­
riormente - erano già cristiani, per lo meno gli Asdingi, probabilmente convertititisi già
in Ungheria. Utilizzavano Bibbia e liturgia dell ' apostolo visigoto, il vescovo Wulfila.
A quanto pare, già nella battaglia di Tolosa del 422, essi fecero della parola biblica il
grido di battaglia. In Spagna erano sicuramente cristiani - haeretici, come riferisce
Salviano; e naturalmente anche loro si rifacevano all ' origine divina del potere
monarchico. Come tutto il mondo cristiano, conoscevano anche loro il concetto di
regalità di Dio, espressione del più stretto contatto tra chiesa e stato. 90
Tre anni restarono i Vandali in Gallia. Quindi nella primavera del 409 scavalcarono
i mal difesi Pirenei insieme ad Alani e Suebi, sotto il comando di re Gunderico (407-
428), figlio di Godigisel, e calarono in Spagna (che perciò venne chiamata Andalusia),
dove per due decenni devastarono, saccheggiarono, massacrarono, ingaggiando dure
battaglie con Goti, Suebi e in parte romani, scatenando epidemie e carestie. In questi
scontri i Silingi vennero cancellati dalla faccia della terra per mano dei Visigoti al
comando di Vallia. 9 1
A Siviglia re Gunderico si attirò l ' odio particolare dei cattolici, confiscando i tesori
ecclesiastici di s. Vincenzo, e morì nel 428 di morte improvvisa - chiaramente in segui­
to alla collera divina. Fu allora il fratellastro Genserico (428-477) a prendere il potere,
figlio naturale di re Godigisel (che aveva visto morire sotto i propri occhi nella batta­
glia contro i Franchi ; secondo Procopio deve essere stato crocifisso).
Genserico, figlio di una schiava, certo tanto dotato e audace quanto privo di scrupoli
e scaltro, cresciuto negli ambienti diplomatici della Roma imperiale, fu uno dei "gran­
di" politici germanici del suo tempo. Nel maggio 429 - fatto quasi senza precedenti -
trasportò quasi 80000 Vandali, comprese donne, bambini, vecchi e schiavi lungo lo
stretto di mare tra Gibilterra e il Marocco, dove forse si era già creato delle teste di
ponte, avendo prima sconfitto gli Suebi che lo inseguivano assieme a un esercito impe­
riale, e tenendosi così aperta per ogni evenienza la via del ritorno. Conquistò in tal
modo, con soli 1 6000 guerrieri circa, sulla scia di atrocità precedenti probabilmente
non commesse da Germani, l ' Africa del nord - una terra che non era mai appartenuta a
se stessa, ma ai Cartaginesi, ai Romani, ai Vandali, ai B izantini, agli Arabi, ai Turchi, ai
Frances i ; una terra uscita indebolita dalle rivolte dei Mauritani, da conflitti a sfondo
religioso, politico, sociale; una terra però che approssimativamente contava da sette a
otto milioni di abitanti . In meno di un anno Genserico occupò più di l 000 chilometri di
coste, nonostante la resistenza delle truppe imperiali, della nobiltà, del clero cattolico.
Per far questo - così racconta il vescovo della tarda età vandalica Vittore di Vita - egli
raccoglieva le popolazioni limitrofe sparse qua e là e le lanciava contro le città, per
scavalcarne le difese umane o per appestare coi cadaveri di questa gente le zone circo-
284 Giustiniano l

stanti le fortezze - una tecnica che anche Genghiz Khan utilizzerà poi. Nella primavera
del 430 sconfisse presso Ippona il comandante imperiale Bonifacio e assediò la città
proprio mentre vi moriva Agostino (v. I , 445 ss.). 92
L' 1 1 febbraio 435 i Vandali conclusero la pace a Ippona, entrando come federati al
servizio dei romani ; ma dopo due anni vi furono già dissidi, probabilmente per motivi
religios i ; verosimilmente il clero cattolico si scagliò contro il culto ariano negando agli
"eretici" la concessione di chiese. Re Genserico mandò in esilio alcuni vescovi, tra cui
Possidio di Calama, biografo di Agostino (v. I , 448) . 93
Quasi nello stesso periodo iniziarono le scorrerie per mare degli invasori ; e quando,
il 19 ottobre 439, conquistarono Cartagine praticamente senza colpo ferire in seguito
ad un attacco improvviso, Genserico si impossessò di tutti i beni del clero avversario e
lo mandò in esilio, e approntò con le navi presenti nel porto una potente flotta che
dominerà per decenni il Mediterraneo. Anno dopo anno, all ' inizio di ogni primavera,
intraprendeva i suoi viaggi di razzia verso la Sicilia e la Spagna, più tardi anche verso
la Grecia; e volle abbellire religiosamente le sue razzie piratesche presentandosi come
re cristiano. Una volta a Cartagine, divenuta sua residenza, gli fu chiesto, tra le vele già
spiegate, dove quella volta si sarebbe diretto; egli rispose: "contro coloro che suscitano
la collera di Dio". Dice Procopio: "Si scagliava senza motivo contro tutti, così come
capitava" .
Già nel 440 i Vandali, su iniziativa del loro vescovo Massimo, devastarono e misero
a ferro e fuoco la Sicilia e vi fecero stragi di cattolici (secondo cronisti cattolici succes­
sivi, anche gli ariani di Sicilia avevano ammazzato molti cattolici). Anche la flotta
imperiale, inviatagli contro nel 44 1 , dovette essere ritirata per il sopraggiungere del
pericolo unno; l ' imperatore Valentiniano III e Bisanzio si rassegnarono nel 442 alla
pace. Genserico aveva così creato il primo stato germanico sovrano e indipendente su
territorio romano. Possedeva ricche e produttive regioni , come la Mauritania, la
Tingitana, la Zeugitana, la Byzacena e la Numidia proconsolare; possedeva anche la
Sardegna e la Corsica, le cui foreste faceva tagliare da lavoratori esiliati a forza in
quelle isole, per costruire le sue navi. Attorno al 445 si prese anche le Baleari, che
aveva già devastato nel 425 . Ora dominava il mare da Gibilterra a Costantinopoli, e
non riconosceva neanche più nominalmente l ' imperatore bizantino; dovette però in­
viare in Italia come pegno di pace suo figlio Unerico. 94
I pirati cristiani vandali, unica potenza marittima tra le tribù germaniche, depreda­
vano e devastavano anche le coste italiane; la stessa Roma, quando nel giugno 455
comparve alle foci del Tevere la velocissima flotta vandala, venne scientemente e si­
stematicamente devastata per 40 giorni - dagli antichi palazzi imperiali ai templi, dalle
preziose statue greche alle tegole in bronzo - in maniera assai più radicale che nel 4 1 0
dai Visigoti di Alarico, i quali avevano evitato bagni d i sangue, roghi e devastazioni
(supra p. 1 8 ss.). Ora invece migliaia di cittadini romani, in particolare i più in vista e
L 'ariano Genserico perseguita i cattolici 285

i più giovani, vennero trascinati via; e ben presto in Italia imperversò una carestia,
causata dal blocco degli approvvigionamenti cerealicoli, che portò alla deposizione
dell ' imperatore Avito. 95
Negli anni cinquanta del V secolo i Vandali conquistaro"no anche l ' ultimo lembo di
territorio romano nell' Africa del nord. Durante la campagna militare dell ' imperatore
Maggioriano, Genserico catturò, con un astuto colpo di mano, l ' intera flotta romana
d' Occidente - quasi trecento navi che avrebbero dovuto portare il potente esercito di
Cartagena sulla strada da Gibilterra all ' Africa. Poco prima che l ' imperatore raggiun­
gesse in maggio la sua flotta, essa già se ne era andata. Una guerra alleata degli imperi
d' Oriente e d ' Occidente, altamente pericolosa per Genserico, in contemporanea dal­
l ' Egitto, dall' Italia e da Costantinopoli, da dove il grosso della flotta veleggiò diretta­
mente sotto il comando di Basilisco, cognato dell ' imperatore Leone, naufragò. Dopo
di ciò una parte rilevante della flotta bizantina cadde nuovamente vittima di un intelli­
gente attacco del re vandalo nei pressi dell' attuale Capo Bon, nei dintorni di Cartagine.
L' imperatore Zenone riconobbe nel 476 a Genserico, i n cambio di ininfluenti conces­
sioni da parte sua, il pieno possesso del regno vandalo, (comprese le isole); nello stesso
anno cadde ufficialmente l ' impero romano d' Occidente, mentre quello d' Oriente sa­
rebbe sopravvissuto ancora per mille anni, fino al 1 45 3 . 96

L'ARIANO GENSERICO PERSEGUITA l CATTOLICI

Tra tutti gli stati germanici, quello vandalico era l ' unico intollerante in materia religio­
sa, avversario feroce dèl cattolicesimo, benché tale ostilità poteva anche non essere
fondata primariamente sulla religione. Ciò riguardava essenzialmente un punto, su cui
gli "unici veri giusti" erano sensibilissimi : le loro entrate, le loro ricchezze da aumen­
tare. Ad analoghe confische procedeva il clero cattolico nei confronti dell ' irriducibile
nemico dell ' imperatore. E come nessun altro principe germanico dell' epoca, Genserico
capì come sfruttare politicamente l ' ancor giovane cristianesimo dei Vandali, trasfor­
mando la sua lotta contro Roma anche in una lotta dell' arianesimo contro quel cattoli­
cesimo a cui tutti i sostenitori di fedi diverse davano la caccia. Ciò assicurò a Genserico
l ' appoggio di ariani e donatisti e di tutti quelli che erano indifferenti a Roma o che
rifiutavano il suo dominio. Esisteva dunque un sufficiente accordo antiromano, ed esi­
stevano abbastanza disertori e collaborazionisti in un impero che doveva la sua autorità
alla più incredibile inumanità. E dal momento che Genserico aveva gettato in miseria
quei grandi proprietari che aveva espropriato di tutti i loro averi a causa della loro fiera
ostilità, lasciando loro soltanto la scelta tra esilio e schiavitù (cosa che in questi termini
non avvenne in nessun altro stato germanico) ; e poiché egli aveva sistematicamente
distrutto il catasto distrettuale (fiscale) romano - in breve, aveva cercato di liquidare
286 Giustiniano I

l ' intero sistema precedente -, accorsero a lui numerosi schiavi e coloni. "Scacciati e
depredati sono i signori - si lamenta il vescovo Sidonio Apollinare, genero dell' impe­
ratore Avito -, il barbaro occupa l ' Africa, la sua furia ha cacciato via la nobiltà della
regione". 97
Vennero spogliate prima di tutto ricche chiese e monasteri , che fungevano da "roc­
caforti del dominio romano" (Diesner) ; dappertutto la popolazione civile cattolica non
oppose alcuna resistenza, o essendo indifferente o addirittura simpatizzando con gli
invasori, anche convertendosi alla confessione ariana, nonostante la brutale aggressio­
ne di Genserico in particolare a chierici, monaci e monache, che venivano violentate -
cosa in cui il fanatismo religioso, quella fede che vedeva "nell' arianesimo il portatore
di una missione divina" (Schmidt), non giocò peraltro alcun ruolo particolare. Natural­
mente i possedimenti confiscati da Genserico servivano per i suoi guerrieri, le "sortes
Vandalorum", anche se sempre coltivati dai coloni. 98
Entrambe le chiese si sottomisero al re vandalo. Ma per conseguire l ' unità religiosa
del suo regno, conferì all ' arianesimo la sovranità assoluta, trasformando la sua chiesa
in chiesa di stato; mentre perseguitò sistematicamente il cattolicesimo, che disponeva
di numerose e diverse sedi episcopal i. La chiesa cattolica, incarnazione della tradizio­
ne romana, divenne così guida e istigatrice dell' opposizione contro i conquistatori stra­
nieri "eretici", i quali natural mente ritenevano di essere loro i veri continuatori della
"tradizione apostolica", e i cattolici gli eretici. "Ariano" e "fedele alla corona" erano
per Genserico termini equivalenti , come "cattolico" e "nemico del regno" . Il clero cat­
tolico utilizzò naturalmente tutte i suoi legami con l ' esterno per cospirare contro la
potenza straniera; anche da un punto di vista letterario vescovi come Asclepio, Vittore
di Cartenna, Voconio di Castello ed altri, entrarono in polemica con l ' arianesimo. An­
che e anzi proprio nelle prediche il loro odio non si fermava, sebbene a ciò li obbligasse
un regio "paragrafo del pulpito" . Ogni occasione era buona per questa continua
contrapposizione dottrinaria, "che scuoteva sempre di nuovo il potere del regno, colla­
borando infine alla sua distruzione" (Giesecke). 99
Iniziò allora una nuova fase di tormenti e persecuzioni per i cattolici, la cui fonte
principale è l ' estremamente parziale "Historia persecutionis Africane provinciae", pub­
blicata nel 488/489 dal vescovo Vittore di Vita. Per questi motivi l ' astuto Genserico,
che si considerava il capo eletto della chiesa nazionale ariana, adoperò contro i cattoli­
ci i loro stessi decreti antiereticali che erano stati promulgati dai tempi di Teodosio I
fino a quelli degli imperatori cristiani; le persecuzioni vandaliche non si differenziaro­
no "in nulla dalle persecuzioni che Giustiniano aveva condotto contro i non cattolici"
(Dannenbauer). 1 00
Di tanto in tanto il re sequestrava l ' intero patrimonio mobile e immobile del clero
avversario, così come aveva fatto dopo la conquista di Cartagine; fece chiudere anche
molte delle loro chiese, trasferendole al clero vandalico o utilizzandole come caserme.
L 'ariano Genserico perseguita i cattolici 287

Quando i cattolici ne forzarono una per poter celebrare i riti pasquali, gli ariani, guidati
dal loro vescovo Andvito, mossero contro di loro. Racconta il vescovo Vittore di Vita:
"diedero mano alle armi e li spinsero dentro la casa del S ignore con le spade sguainate;
altri, saliti sul tetto, presero a lanciare frecce attraverso le finestre della chiesa. Proprio
nel momento in cui il popolo di Dio cantava e ascoltava il lettore che, stando sull ' alta­
re, aveva intonato l ' Alleluia, proprio in quel l ' i stante egli cadde colpito a morte da una
freccia alla gola e il libro gli cadde dalle mani. È certo poi che molti altri sono stati
uccisi con frecce e giavellotti ai piedi dell' altare ; e quelli che allora non morirono di
spada, vennero in seguito quasi tutti sottoposti a martirio su ordine del re, prima di tutti
quelli in età più avanzata. Altrove, invece, come a Tunuzuda, a Gal es, a Vicus Ammoniae
e in altre località, dovunque venissero somministrati i santi sacramenti al popolo di
Dio, essi entravano con furia tremenda nelle chiese, gettavano sul pavimento il Corpo
e il Sangue di Cristo contaminandoli con i loro sudici piedi !". 1 0 1
Insieme ad alcuni senatori e ad alti funzionari dello stato, il re esiliò nel corso degli
anni, imbarcandoli su navi poco adatte alla navigazione, anche ecclesiastici cattolici,
tra i quali l ' archimandrita di Cartagine Quodvultdeus (su suo spunto Agostino creò il
suo catalogo eretico con le 88 eresie contenute nel De Haeresibus) e il biografo di
Agostino Possidio di Calama; talvolta lasciò vacanti le loro sedi quando gli espulsi
morivano. Anche molte sedi episcopali nei centri di potere vandalico rimasero abban­
donate alla morte dei loro occupanti. Secondo Vittore di Vita il numero dei vescovi
delle province Zeugitana e Proconsolare si ridusse sotto Genserico da 1 64 a 3 ! Tutti gli
altri erano stati uccisi o cacciati ! 1 02
La sede cartaginese rimase vacante per quindici anni, dal 439 al 454. Quando, nel­
l' ottobre di quell' anno il vescovo Deogratias - un uomo intelligentemente non fanatico
- ne prese possesso, il rapporto con i cattolici non fu turbato. E quando questi ultimi,
all ' indomani della sua morte nel 457, si servirono delle difficoltà di Genserico in poli­
tica estera per cospirare apertamente contro di lui, furono mandati in esilio numerosi
colpevoli di alto tradimento, e la sede di Cartagine nuovamente occupata. In generale,
dunque, il sovrano perseguitò il clero cattolico più per ragioni di sicurezza dello stato
che per motivi di natura religiosa. 1 03
Cercò certamente di evitare i martiri i per non scatenare la passione religiosa dei suoi
avversari ; e tuttavia arrivò a farlo, sia per ostinazione confessionale che per motivi
politici . I vandali ariani videro fin dal principio nei cattolici romani dei nemici dello
stato - u n ' ottica che era davvero ben nota anche agli stessi cattolici . Il clero vandalo,
come quello cattolico, malvolentieri si lasciava sfuggire l ' occasione di soddisfare il
suo desiderio di vendetta. 1 04
A causa del permanente pericolo di tradimento, Genserico pretese la conversione
all ' arianesimo dei suoi dignitari di corte romani ; chi si opponeva andava incontro alla
confisca del patrimonio, quindi all ' esilio, alla tortura e infine all ' esecuzione capitale.
288 Giustiniano l

Esiliò dei cristiani tra i Mauritani : qui essi fecero opera di missione e furono ordinati
sacerdoti dal più vicino vescovo cattolico; allora il re li uccise facendoli trascinare da
cavalli selvaggi. Pampiniano, il vescovo di Vita, venne torturato a morte con lastre di
metallo roventi , mentre il vescovo Mansueto di Urusita fu bruciato vivo. Genserico
puniva con la morte anche l ' opposizione, o la trasgressione, alla proibizione di cele­
brare riti cattolici. 1 05
Di tutto ciò che i cronisti di parte cattolica hanno però sempre con ragione rimpro­
verato Genserico, almeno una cosa la considerarono positiva: il padre della chiesa
Salviano di Marsiglia apprezzò la lotta di Genserico contro la "lussuria" . Il Cristo san­
guinante era certamente, per come veniva considerato, affetto da pruderie nei confronti
della sessualità - una combinazione frequente, come tutti sanno. Il sovrano combattè
non solo la pederastia, ma anche i bordelli, spesso costringendo le prostitute al matri­
monio. "Il re dei Vandali, che se necessario non si ritrae mai spaventato dinanzi al
sangue, di fronte alla peste metropolitana della pubblica rilassatezza sessuale sente un
tale raccapriccio, e considera per il suo popolo tutto questo un tale orrore, da intrapren­
derne lo sradicamento col ferro e col fuoco, e sterminandolo manifestamente per tutto
il corso della sua vita. Un caso unico nel suo genere nella storia dell' Occidente, e una
vera pagina di gloria nella incerta ghirlanda del re dei Vandali". 1 06
La storia dello stato vandalico è stata tramandata quasi esclusivamente da ecclesia­
stici cattolici - anche le poche testimonianze di fonte laica sono da questi fortemente
influenzate - e sono così sviate dalla loro parzialità, in particolare quelle del vescovo
Possidio, amico di Agostino, e del vescovo Vittore di Vita, che dal 484 al 489, proba­
bilmente a Costantinopoli, scrisse la sua "Storia della persecuzione nelle province d' Afri­
ca" . I Vandali, al cui "vandalismo" nel l ' Africa del nord sotto Genserico ormai nessuno
più crede, sono i nvestiti dalle calunnie di questi cronisti ; essi avrebbero strappato i
lattanti dal petto delle loro madri, sfracellandoli al suolo; avrebbero dato in pasto alle
bestie feroci preti e possidenti . E questo in modo del tutto palese, poiché il loro "prin­
cipale delitto" era appunto "che essi sono diventati ariani" (Gautier). "L' intransigente
arianesimo dei Vandali sembra essere ali ' origine della loro colpa, altrettanto quanto i
loro attacchi militari e le loro aggressioni predatorie; colpevoli insomma di aver man­
tenuto ostinatamente fede alla loro cattiva fama per più di un secolo" (Finley). 1 07
Come molti autori cattolici abbiano spesso negato e distorto la verità, inventando
quasi a casaccio, lo può dimostrare un esempio.
Dopo che Genserico ebbe lasciato Roma - riferisce Paolo Diacono, un chierico di
una famiglia della nobiltà longobarda dell' VIII secolo -, il re distrusse tra l ' altro anche
Nola, da dove portò via a forza un mucchio di prigionieri . Ciò permise al vescovo di
Nola, il futuro s . Paolino (che conduceva insieme alla moglie "una vita strettamente
monastica, senza vincolo matrimoniale", come sostiene l' Altaner/Stuiber) di aggiun­
gere gloria imperitura al suo alloro poetico, in quel momento già un po' appassito: egli
Unerico e il clero ariano 289

infatti sacrificò il suo intero patrimonio per riscattare i prigionieri. Ma non bastava:
ogni persona benestante offrì denaro in cambio dei figli di vedove nullatenenti . Una
nobile manifestazione certamente, ma purtroppo, come spesso accade, del tutto inven­
tata. Paolino di N ola, lo si sa per certo, era morto nel 43 1 , cioè quasi un quarto di
secolo prima del sacco vandalico di Roma. Genserico quindi, neanche con tutta la
buona volontà, avrebbe potuto liberare nel 455 i prigionieri con i soldi del riscatto del
vescovo Paolino, a meno di un miracolo. In compenso l ' altro conquistatore di Roma,
Alarico, quando devastò la Campania nel 4 1 0, lo tenne a lungo prigioniero - dal mo­
mento che lui, anche stavolta con buoni motivi, non poteva presagire nulla del suo
merito ottenuto sotto Genserico. 108
Ma a tutte le distorsioni, a tutte le falsificazioni della storia ad opera della tradizione
cattolica è soggetto il comportamento senza dubbio feroce e in parte sanguinario di
Genserico contro il clero cattolico. Questo clero, a dire il vero, non fu soltanto uno
strenuo oppositore dell ' arianesimo: esso era anche diventato sempre di più un nemico
dello stato. Intanto però i massacri vandalici di cattolici in Africa si erano trasformati -
come molto spesso succede con l ' altrui disgrazia ! - in un grande vantaggio per il papato.
Il clero africano, i cui rapporti con Roma furono spesso tesi, talvolta quasi ostili (vedi la
questione del battesimo degli eretici, la lotta al pelagianesimo, l ' affaire-Apiario, il caso
del vescovo di Fussala), aveva infatti riconosciuto, sotto la spinta dei Vandali, il primato
del pontificato romano, sperando di ricevere il suo appoggio e aiuto. Eppure Agostino
aveva espresso significative riserve contro tale primato (supra p. 52). Ma durante le
persecuzioni "la chiesa africana si appoggiò totalmente a Roma" (Marschall). 109

UNERICO E IL CLERO ARIANO DEPREDANO, ESILIANO E MASSACRANO

Genserico morì in tarda età nel 477 . Suo figlio e successore fu Unerico (477-484), la
cui moglie Eudokia (la figlia di Valentiniano III che Genserico aveva portato via da
Roma), a quanto pare per opposizione alla fede ariana di suo marito, nel 472 era fuggi­
ta a Gerusalemme. Ciononostante Unerico si comportò con i cattolici in maniera passa­
bilmente tollerante ; più per la necessità di rafforzare il suo trono che per il timore di un
intervento diretto dell ' imperatore. All ' inizio il re perseguitò e bruciò con accanimento
- e per questo fu lodato perfino dai cattolici - solo i manichei e i suoi parenti, di cui
temeva le aspirazioni alla successione. Diversi ne mandò senza averi in esilio, come
suo fratello Teodorico e Godagis (la cui morte naturale lo salvò dall ' assassinio), figlio
dell ' altro suo fratello Gento. La assai istruita sposa di suo fratello Teodorico la fece
decapitare perché sospettava di lei; il figlio di lei lo soppresse per lo stesso motivo
(anche Genserico aveva a suo tempo fatto uccidere la vedova di Gunderico, suo prede­
cessore e fratellastro). Il patriarca Giocondo, in precedenza predicatore alla corte di
290 Giustiniano I

Teodorico e ora capo della chiesa vandala, venne pubblicamente bruciato su una piazza
di Cartagine. 1 1 0
Ai cattolici Unerico permise nuovamente di celebrare i loro riti. Ma nel 48 1 fece
occupare da Eugenio la sede vescovile di Cartagine e impose a tutta la parte orientale
del regno libertà di culto per l ' arianesimo: per questo i prelati cattolici rinunciarono in
maniera significativa alle loro concessioni. E quando Unerico si rese conto che da parte
di Bisanzio non c ' era alcuna minaccia di riconquista del Nordafrica, mutò la sua linea
politico-religiosa, non da ultimo sollecitato in questo dal clero vandalico. 1 1 1
Spinto da avidità, sete di sangue e zelo religioso cominciò allora una sistematica
persecuzione dei cattolici , prima di tutto del ceto ecclesiastico: confisca dell ' intero
patrimonio (il denaro così raccolto da questi pogrom era u n ' entrata più sostanziosa di
quella delle aziende di stato ! ) , esilio nel deserto, carcere, frustate, terribili torture, an­
che roghi; chiunque si rifiutasse di diventare ariano, sostiene Procopio, "veniva brucia­
to o messo a morte in altre maniere". Secondo s . Isidoro, arcivescovo di Siviglia ( m .
636), u n o d e i "più grandi maestri" d e l Medioevo e "di grande influenza sullo sviluppo
culturale" (Altaner/Stuiber), il malvagio Unerico "fece tagliare la lingua ai credenti, i
quali tuttavia, nonostante la lingua tagliata, poterono continuare a farsi capire molto
bene per il resto della loro vita". In particolare fu il patriarca Kyrila a fomentare il re.
Ininterrottamente - e forse a torto - gli metteva in testa che senza l ' eliminazione dei
cattolici il suo dominio non si sarebbe potuto mantenere a lungo e tranquillo. Unerico
mandò al rogo anche i cortigiani di fede cattolica, escludendo tutti i non ariani da qual­
siasi carica di stato. Accanto alla fissazione religiosa vi erano però anche motivi politici :
l a sobillazione della popolazione cattolica contro gli ordini del monarca, i contatti di
natura cospirativa del clero avverso con le regioni "al di là del mare". Per questi motivi
Unerico perseguitò anche lo stesso clero ariano, bruciandolo o gettandolo in pasto alle
bestie feroci: nel 483 mandò tra i Mauritani, nel deserto (il peggior luogo d ' esilio del
suo tempo), 4966 cattolici, dove essi a quanto pare morirono in miseria. 1 1 2
Ma l ' apice di questa campagna fu raggiunto nel suo ultimo anno di regno.
Il l febbraio del 484 il re convocò tutti i vescovi cattolici del suo regno, pur sempre
460, a un dialogo religioso nella capitale. Il loro portavoce, il vescovo Leto di Nepte, lo
aveva in precedenza maltrattato, esiliato, gettato in carcere e quindi bruciato sul rogo;
ma costui, come sostiene s. Isidoro, "nonostante i molteplici tormenti era stato c apace
di non macchiarsi del contagio dell' eresia ariana". Dal momento però che i prelati di
parte avversa non si fecero intimidire, gli ariani mandarono all ' aria il dibattito, dando­
ne la colpa ai cattolici. Per questo motivo Unerico il 7 febbraio fece chiudere tutte le
loro chiese, e il 24 proibì del tutto il cattolicesimo. L' intero patrimonio, con tutti gli
arredi, delle chiese cattoliche venne espropriato dagli ariani, le loro riunioni e i loro
culti proibiti ; tutti i cattolici che al l giugno non si fossero convertiti, sarebbero stati
privati dei diritti civili, i dignitari delle loro cariche e dichiarati "infami". Si arrivò così
Unerico e il clero a riano 29 1

a multe pecuniarie, confische patrimoniali, deportazioni, roghi di libri . Anche i respon­


sabili che applicavano svogliatamente tali disposizioni sarebbero andati incontro al
sequestro dei beni e alla morte. Unerico nominò schiere di aguzzini a cavallo (tortores),
con il compito di perseguitare nella maniera più feroce i cattolici non convertiti, anche
fino alla morte se necessario. Si conoscono quasi trenta modi diversi di tortura, con i
relativi strumenti. Molti cattolici, tra cui anche 88 vescovi, caddero così per la loro
fede. 1 1 3
Il clero ariano ebbe il compito di supervisionare la persecuzione e di mettere in
pratica le leggi , cosa che fece con molta brutalità, interpretando forse un po' troppo
arbitrariamente le prescrizioni regie. Per l ' opera di conversione vescovi e prelati arma­
ti percorrevano la regione, ritenendo che battezzare qualcuno a forza, magari imbava­
gliandolo, non era contrario ai sacramenti ; entravano nottetempo nelle case ed
evangelizzavano con le spade, ponendo così i cattolici di fronte alla scelta tra un nuo­
vo battesimo o la perdita di tutte le loro ricchezze, gli onori e la confisca dei beni, fino
alla deportazione e alla morte . Le donne di fede cattolica potevano perfino essere cro­
cifisse nude - anche se si voleva, con saggio calcolo, evitare il più possibile martirii,
come già in passato. 1 1 4
Come in altri stati cristiani, anche in quello vandalo la pena di morte era frequente,
particolarmente la decapitazione, aggravata da torture preventive, ed ancora l ' esecu­
zione sul rogo, per affogamento, calpestati da cavalli o divorati da bestie feroci . Le
torture predilette erano la frusta, l ' amputazione di naso, orecchie, mani, piedi, così
come l ' estirpazione della lingua e degli occhi. Proprio in occasione delle persecuzioni
anticattoliche si fece spesso ricorso alle torture, derivando le pene in larga parte dal
diritto romano. 1 1 5
Un grandioso cinismo, cui si è già accennato o, se si vuole, una sicura conseguenza:
durante la breve, ma certo durissima persecuzione nel regno vandalico, fu applicata
ancor più duramente la legislazione antiereticale romano-bizantina di epoca donatista
contro gli stessi cattolici. Poiché costoro tutto questo lo avevano anticipato già da mol­
to tempo. 1 1 6
I cattolici esagerano la misura dei loro martirii, come ogni volta che, i nvece di per­
seguitare, vengono violentemente perseguitati. Il vescovo Vittore di Vita evoca conti­
nuamente innumerevoli massacri , ma ne nomina effettivamente in totale solo dodici,
neanche tutti finiti con quella testimonianza di sangue che, tra tutte le testimonianze, è
quella che dimostra di meno ma che certamente alimenta il maggior fanatismo. Già la
relazione di Procopio mostra il venir meno delle leggende quando dice di Unerico che:
"a molti egli fece tagliare anche la lingua alla radice. Alcuni di costoro vivevano anco­
ra ai miei tempi a Costantinopoli, i quali tuttavia potevano raccontare con voce potente
il motivo per cui questo martirio non li avevano danneggiati . Ma due di loro avevano
perso in seguito la capacità di parlare, dopo essersi accomapagnati a prostitute". 1 1 7
292 Giustiniano I

Unerico morì precocemente di malattia nel dicembre 484. I cattolici esultarono,


come sempre quando muore uno dei loro avversari. E come sempre, anche stavolta
questa fine fu vista come una punizione divina. Secondo Vittore di Vita Unerico sareb­
be stato divorato dai vermi, secondo Vittore di Tonnena per la fuoriuscita dei suoi
visceri, come accadde ad Ario (v. I, 324). E Gregorio di Tours - che aborriva come
germano tutto ciò che non era franco - così esultava: "Unerico, afferrato da uno spirito
malvagio in espiazione di tutte le atrocità commesse, lui che per molto tempo aveva
bevuto il sangue dei Santi, si divorò con i suoi denti . . . ". 1 1 8
Storiografia cristian a !
Il radicalismo d i Unerico produsse perciò considerevoli successi, rafforzando però
la contrapposizione tra romani e vandali. Durante il regno di Guntamundo (484-496)
cessarono gradualmente i massacri e in parte furono aboliti i decreti di espulsione;
soltanto gruppetti di preti ariani continuarono di propria mano le persecuzioni, mentre
il saggio fratello di Guntamundo, Trasamundo, re dal 496 al 523, partecipò in maniera
pubblicamente forte alla lotta religiosa, e favorì nuovamente l ' arianesimo. Poiché i
cattolici, contravvenendo alle disposizioni regie, insediarono nuovi vescovi nelle loro
chiese, Trasamundo dispose nuovi bandi. Sotto di lui "ugualmente eccellente in bellez­
za, carattere e intelligenza", i Vandali avrebbero portato nei templi dei cattolici le loro
cavalcature e i loro animali da tiro - "essi commisero sacrilegi di ogni tipo, maltrattan­
do e bastonando gli uomini di chiesa, e servendosene per i più infamanti lavori da
schiavi" (Procopio). In generale, però, il cognato del re dei goti Teodorico si servì
meno della violenza che della clemenza calcolata, offrendo ai convertiti onori , cariche,
ricchi doni - graziava perfino i criminali se si convertivano. E agli esiliati in Sardegna
- prima 60, poi 1 20, poi ancora altri - le cose andarono passabilmente meglio: potevano
avere contatti col mondo esterno e ricevevano annualmente vesti e denaro da papa
Simmaco. 1 1 9
Poi andò al potere il nipote e successore Ilderico (523-5 30), il quale condusse una
politica di contrapposizione che segnò il tramonto del suo popolo.
Ilderico, nipote di Valentiniano III e figlio di Eudokia, la figlia dell' imperatore rapi­
ta dai Vandali a Roma nel 455, era per lo più cresciuto a Bisanzio, "legato da stretta
amicizia a Giustiniano" (Procopio). Diversamente da suo padre Unerico, era dunque
un forte amico di Roma e dell ' imperatore ; per questo il padre Trasamundo sul letto di
morte gli aveva fatto giurare che non avrebbe tollerato in alcun modo una riorga­
nizzazione del cattolicesimo. Così Ilderico - "per non infrangere la santità del giura­
mento" ! (s. Isidoro di Siviglia) - ancor prima della sua salita al trono, in stretto accordo
con l ' imperatore Giustino richiamò i vescovi cattolici che erano stati scacciati, ordi­
nando di rioccupare le sedi vacanti e restituendo le chiese sottratte. Sì, il debole figlio
maggiore di Unerico, al l ' epoca certamente già vecchio, si circondò di nobili romani e
fece di tutto per ottenere il favore della Roma d' Oriente e dei cattolici. 120
Il clero cattolico vuole " una sorta di crociata " 293

Ilderico fin dal primo giorno, per questa politica così fortemente filocattolica e
filobizantina, sacrificò il patto con Teodorico, accusando di tradimento la di lui sorella
Amalafrida, vedova di Trasamundo, che aveva energicamente sostenuto la salvaguar­
dia dell' alleanza con i Goti, e condannandola a morte insieme a tutto il suo seguito
( 1 000 dorifori - guardie del corpo - e 5000 valorosi cavalieri). L' ostilità che da allora
cominciò tra i due stati germanici portò entrambi al declino. Teodorico, che fu raggiun­
to dalla notizia del destino della sorella negli ultimi mesi del suo governo, preparò una
spedizione punitiva contro Ilderico; e poiché doveva fare i conti con le forze marittime
unite dei Vandali e dei Bizantini, costruì in breve tempo una sua flotta di l 000 veloci
navi, i Dromoni, che si sarebbero dovute raccogliere il l 3 giugno 526 a Ravenna; ma il
30 agosto il re morì . 1 2 1
Quando l ' anno dopo, il cugino d i Ilderico e comandante del suo esercito, Oamer,
subì una pesante disfatta ad opera dei Mauritani, il vecchio sovrano fu fatto prigioniero
senza neanche combattere, come pure Oamer che, accecato, alla fine morì. Gelimero,
un prozio di Genserico e primo successore al trono, divenne re il 1 5 giugno del 530.
Questo mutamento istituzionale fornì però un pretesto per la guerra ali ' imperatore
Giustiniano, che si atteggiava a protettore di Ilderico. E nella campagna di annienta­
mento, al tramonto dell ' arianesimo vandalo e del suo popolo, il cattolicesimo ha avuto
una parte notevole. 1 22

IL CLERO CATTOLICO VUOLE "UNA SORTA DI CROCIATA " CONTRO l V ANDALI

Non ci si può aspettare, da parte dei perseguitati cattolici, nessuna simpatia per il regno
del loro persecutore, neanche dinanzi al loro impegno di essere sottomessi all ' autorità,
poiché Geli mero era in definitiva un usurpatore. Proprio la chiesa cattolica si era curata
assai poco delle autorità, poiché queste non erano bendisposte nei suoi confronti e in
aggiunta erano anche deboli . Così i cattolici sotto Trasamundo propesero per il princi­
pe dei Mauritani Cabaone, e forse cospirarono con lui. Quantomeno questi impostò la
sua guerra contro Trasamundo sul sostegno dei sudditi cattolici del re vandalo e corteg­
giò il clero cattolico che aveva ricostruito le chiese cattoliche danneggiate da Trasamundo
- e vinse lo scontro : "la maggior parte" dei Vandali furono allora "uccisi dai nemici che
li inseguivano, alcuni fatti prigionieri, pochi tornarono a casa alla fine di questa cam­
pagna militare" (Procopio). 1 23
Non c ' è dubbio che il cattolicesimo romano voleva veder annientato l ' arianesimo
vandalo. Ancora nell' anno della rivolta a Bisanzio del 5 1 9, papa Ormisda chiese al
nuovo imperatore cosa pensava di fare a favore del cattolicesimo nel regno vandalico.
Ma perfino il buon cattolico Giustino eluse la domanda. 1 24
I desideri di crociata da parte del clero non entusiasmarono però né i ministri né i
294 Giustiniano l

militari, né tantomeno gli amministratori finanziari. Il ricordo di Genserico unito a


quello del destino di Basilisco (supra p. 2 1 1 - 1 2) e il terrore del mare erano ancora
troppo vivi. Inoltre le truppe erano reduci dalla campagna militare contro i persiani -
conclusa troppo di recente dall ' imperatore per poter intraprenderne una a tutta forza
contro i Vandal i . I consiglieri del re erano contrari, il denaro scarso (a causa del conflit­
to coi persiani), il morale delle truppe basso, la flotta dei Vandali ancora troppo temuta.
Tutti questi motivi , sufficientemente seri, sembra abbiano spinto Giustiniano a cam­
biare idea, sebbene egli volesse indubbiamente riconquistare il Nordafrica, che rivesti­
va ancora una grande importanza economica e politica; e soprattutto egli si era impe­
gnato in prima persona per motivi religiosi . 1 25
Ma allora si diede a brigare il clero cattolico, quello vivo e quello morto, e lo stesso
Dio. Poiché Questi - sosteneva un vescovo orientale dai più ritenuto un agente al servi­
zio del fratello africano - gli aveva ingiunto di rimproverare all ' imperatore i suoi ten­
tennamenti , e di mobilitare i più alti aiuti per la liberazione dei cattolici dal giogo
vandalico. "Dio stesso lo aiuterà a farlo signore dell ' Africa" (Procopio). Anche un
prelato morto, quel Leto di Nepte (supra p. 290) che era asceso "d ' improvviso vittorio­
so al cielo" (secondo s. Isidoro) grazie al suo martirio sotto Unerico, apparve in sogno
a Giustiniano spingendolo alla guerra. Inoltre, i preti dagli altari aizzavano la folla,
diffondendo con eloquenza la vera o presunta ferocia degli "eretici". 1 26
In breve, nessun dubbio che "la liberazione dei cattolici d ' Africa" fu per Giustiniano
uno dei motivi fondamentali per la guerra ( Kaegi), che l ' imperatore fece la guerra
"essenzialmente per motivi confessionali" (Kawerau), dunque "una sorta di crociata"
(Diehl), "una guerra santa contro gli ariani" (Woodward); "che fu il fattore religioso a
far decidere Giustiniano . . . dandogli l ' i mpulso decisivo per la guerra . . . , che terminò con
lo sterminio del popolo vandalo" (Schmidt) . "Il clero cattolico ha una gran parte di
responsabi lità nello scoppio di questa guerra di annientamento dell ' epoca . . . L' influsso
del la chiesa si senti fin nell 'ultimo villaggio" (Rubi n). 1 27
Quest' ansia bellica da parte del clero (cattolico) è così straordinaria o addirittura
incredibile? Non v ' è per essa un motivo plausibile? Non c ' è prima di tutto la causa che
continuamente incontreremo lungo i secoli, il motivo che una volta papa Agapeto ad­
dusse dinanzi all ' imperatore Giustiniano, quando scrisse: "Grazie infinite rendo a No­
stro Signore, che in Voi fa divampare un simile fervore per l ' accrescimento del popolo
cristiano: che sempre inizia là dove il Vostro imperium estende i suoi confini, per
accrescre subito anche l ' eterno Regno di Dio"? Proprio in quel giorno si pregò, nella
liturgia latina, per l ' annientamento dei nemici della fede e dell ' impero con un profon­
do sospiro: "Hostes romani nominis et inimicos catholicae religionis expugna" . 1 2 8
E Giustiniano in quel frangente si inchinò profondamente dinanzi a Roma: "Sempre
è stata Nostra i ntenzione preservare l ' unità con la Vostra sede apostolica e la posizione
della chiesa, poiChé in tutte le cose Noi siamo a Voi legati, affinché si accresca la
" . . . vi portiamo pace e libertà! " 295

maestà e la dignità del Vostro trono". Papa Giovanni II (532-5 35) poteva solo essere
entusiasta che il monarca nella sua fede ardente e, "ammaestrato dal diritto della chie­
sa, offre al trono di Roma la dovuta reverenza, sottomettendogli tutto e riconducendo
tutto all ' unità con esso". 1 29

" ••• VI PORTIAMO PACE E LIBERTÀ ! "

Nel giugno 5 3 3 l ' imperatore fece salpare una flotta di 500 navi da trasporto e 92 navi
da combattimento (i Dromoni), con un carico da 1 5000 a 20000 uomini, tra cui anche
Eruli ed Unni. Epifanio, patriarca di Costantinopoli, aveva invocato nel porto la prote­
zione del cielo per un' opera voluta da Dio, aveva benedetto le truppe, eseguendo "le
necessarie preghiere" (Procopio) prima della partenza. Comandante supremo era
Belisario, buon cattolico e buon soldato - "un cavaliere di Cristo, che viveva i precetti
del Redentore col sangue e non con la testa" (ThieB). Sa Dio se si possono uccidere
(come nella rivolta di Nika) 30000 o 50000 uomini, cristiani, cattolici come fossero
pupazzi - solo perché un uomo (dire "bestia" sarebbe sbagliato) mantenga la corona !
Molto amato per i suoi massacri, il più grande comandante del secolo era, come l ' im­
peratore, di schiatta contadina. E la solita storia: la moglie Antonina, persona coraggio­
sa ma certo di dubbia fama, amica dell ' i mpf ,·atrice, ingannò quel generale a lei fedele
fino alla soggezione, con Teodosio, figlio adottivo di lui, in ciò benevolmente autoriz­
zata dalla pia Teodora. A bordo, un altro capo di stato maggiore, l ' eunuco Salomone,
forte e capace ma non amato ; come anche lo storico Procopio, un esponente classico
della storiografia, che tra il 527 e il 540 seguì Belisario in qualità di segretario e uomo
di fiducia nelle sue campagne di Persia, d' Africa e di Italia. Non solo egli intuì nelle
azioni strategiche del capo la mano di Dio, ma le credette ispirate da Lui . 1 30
I Bizantini ebbero quantomeno l ' appoggio dei Goti - la loro vittima più recente.
L' assassininio della sorella di Teodorico, Amalafrida, e dei 6000 uomini della sua guar­
dia personale (supra p. 293) non era stato dimenticato, e Amalasunta, sorella e succes­
sore di Teodorico, la prima donna a governare un regno germanico, permise a Belisario
di fare pubblicamente scalo in Sicilia, per farne il punto di partenza della sua campagna
e pare ne abbia rafforzato anche le truppe. 1 3 1
La guerra, che già alla sua partenza da Costantinopoli era iniziata come guerra della
fede contro l ' eresia vandalica, non venne però fino alla fine condotta in questi termini.
In Sardegna e a Tripoli si arrivò perfino a delle rivolte, con le quali i cattolici volevano
scuotersi di dosso il giogo ariano. A Salecta - la prima città che Belisario conquistò,
due giorni dopo il suo sbarco (il 30 o il 3 1 agosto del 5 3 3 ) fu il vescovo della città ad
-

aprigli le porte . Con il clero cattolico per prima cosa il generale cercò di stabilire con­
tatti, anche se, in considerazione dei circa 1 000 ariani, per lo più federati , presenti nel
296 Giustiniano l

suo esercito, doveva abilmente dosare le parole; le chiese furono scrupolosamente ri­
sparmiate; e in un appello generale diffuso ovunque, Giustiniano sostenne che non i
Vandali in generale, ma soltanto il tiranno Gelimero era da combattere, naturalmente
"in nome di Dio". "Noi non facciamo guerra a voi, ma solo a Gelimero, terribile tiran­
no da cui vogliamo liberarvi ! Vi portiamo pace e libertà ! " . 1 3 2
Giustiniano ebbe più fortuna di quanto chiunque altro, all ' infuori di lui e dei suoi
vescovi, osasse sperare. Già durante il viaggio morirono 500 soldati a causa del pane
avariato (dovuto all ' ansia di risparmiare del prefetto Giovanni), senza che per questo il
prefetto venisse punito dall ' imperatore, il quale regnava in definitiva grazie ai suoi
profitti . E mentre la potente spedizione del 468 era miseramente naufragata, stavolta il
piccolo esercito di Belisario conquistò l ' Africa con una campagna lampo, una delle più
grandi operazioni militari da molto tempo. Nel settembre del 533 essi sbarcarono 200
chilometri a sud di Cartagine, a capo Vada. La temuta flotta vandala, al comando del
fratello di re Gelimero, Tzazon, era sulla via del ritorno con le migliori truppe usate
nella repressione della rivolta in Sardegna (dove il rivoltoso Godas, che si era sotto­
messo all ' imperatore, fu battuto e i mpiccato). Altre truppe vandale erano impegnate
nel sud, contro i Mauritani . Gelimero disponeva di un esercito numericamente assai
superiore, anche se molto meno esperto. Il 1 3 settembre, sebbene solo per un pelo non
riuscisse a circondare e annientare l ' avversario presso Decimona, a circa 14 chilometri
da Cartagine, egli tuttavia non seppe contrastare la sua esitazione e il suo dolore alla
vista del fratello ucciso. 1 33
I Vandali erano sicuri della vittoria e avevano già approntato un festino per Geli mero
nella rocca cartaginese. Questo il loro piano di battaglia: Ammatas, il fratello del re,
presso Decimona doveva incalzare frontalmente i bizantini, un contingente di 2000
uomini al comando di Gibamundo li doveva attaccare sul fianco sinistro, menre il re,
con il grosso delle truppe, doveva prenderli alle spalle. Belisario non intuì nulla, e solo
la sfortuna dei Vandali lo salvò dal la sconfitta. Ammatas arrivò infatti con sei ore d ' an­
ticipo, attaccò subito l ' avanguardia bizantina con una parte delle sue truppe, fu respin­
to e il resto della sua gente fu massacrata mentre scappava; quasi contemporaneamente
600 Unni dispersero i 2000 uomini di Gibamundo con un attacco improvviso, ucciden­
doli tutti ; lo stesso Gelimero, per la fretta e l ' ansia di ingaggiare battaglia, superò senza
vederlo il grosso dell' esercito di Belisario e si scontrò, contrariamente ai suoi piani,
soltanto con gli uomini di testa del contingente principale dei bizantini, che era assai
più lontano. Essi, alla vista del grosso numero di Vandali che li stavano attaccando,
fuggirono alla volta di Belisario che, senza scomporsi, li raccolse e subito li rivolse
contro Gelimero. 1 34
Procopio, che aveva passato la giornata molto vicino a Belisario, così scrisse su que­
sta battaglia decisiva, che in fondo comportava anche il declino degli Ostrogoti : "Qui
sono dinanzi ad un enigma. Mi è del tutto incomprensibile come Gelimero sia arrivato
•.• . . . vi portiamo pace e libertà! " 297

ad abbandonare di propria iniziativa la vittoria al nemico che già teneva in pugno . . .


Poiché s e Gelimero avesse subito intrapreso l ' inseguimento dell ' avversario battuto, al­
lora, a mio parere, nemmeno lo stesso Belisario sarebbe stato capace di resistere, e le
nostre cose sarebbero andate inevitabilmente perdute. Così potente appariva la supre­
mazia dei Vandali e il timore che essi incutevano ai romani . Se egli si fosse affrettato
alla volta di Cartagine, allora avrebbe potuto agevolmente abbattere Giovanni e i suoi
guerrieri . . . Ma non fece nessuna delle due cose. A piedi scese dalle alture e come giunse
nella piana e vide il cadavere di suo fratello, ruppe in alti lamenti e diede disposizioni
per la sua inumazione, lasciandosi sfuggire per sempre il momento che sarebbe stato
decisivo. Belisario, infatti, non dovette fare altro che fermare la fuga dei soldati con un
semplice "Alt !", ricostituire le file, serrare i ranghi e abbattersi su di loro come un fulmi­
ne; e quando udì da Giovanni della morte di Ammatas e dell ' inseguimento [dei Vanda­
li], e seppe dove si trovava il nemico e di quanti soldati disponeva - cioè quello che
voleva - si abbatté come una tempesta su Gelimero e sui Vandali. I barbari, tuttavia, che
erano già stati colti dal panico e non erano pronti ad alcun assalto, non attesero il nemico
che si stava gettando su di loro, ma scapparono via velocemente, a più non posso; una
rotta in cui persero molti uomini. La strage durò fino a notte inoltrata". 1 35
Belisario entrò a Cartagine il 1 5 settembre : "Mangiammo le vivande di Gelimero,
bevemmo il suo vino facendoci servire dai suoi servi - il pranzo era stato preparato per
lui il giorno prima. Un buon esempio di come il destino giochi con l ' uomo, e la sua
volontà al contrario non sia in grado di ottenere nulla ! " . 1 3 6
A quattro giorni di marcia da Cartagine, il re raccolse le sue truppe sconfitte, rice­
vendo un aiuto non trascurabile dai Mauritani e un rafforzamento ad opera delle mili­
zie di Tzazon, tornate in tutta fretta dalla Sardegna. Ma in nessun modo ebbe aiuti
militari dai Visigoti, che avevano saputo della sconfitta dei Vandali da un mercante
ancor prima che dal messo di Gelimero. A Tricamarum (una località non meglio
localizzabile circa 30 chilometri a occidente di Cartagine) fu sconfitto in una battaglia
disperata (dicembre 5 3 3 ) . Al terzo assalto dei B izantini cadde Tzazon, il fratello di
Gelimero, e i Vandali fuggirono dalla battaglia come leoni braccati ; fino a notte inol­
trata tutti i fuggitivi vennero trucidati . Alla fine "non c ' erano più Vandali da catturare
all ' infuori di quelli che imploravano protezione nei santuari". Tutto, scrive Procopio,
"era così stato riportato all ' ordine . . . ". Lo stesso Gelimero si salvò con pochi compagni
presso gli amici Mauritani, su inaccessibili montagne al confine più estremo con la
Numidia, dove, ormai accerchiato, si arrese pochi mesi dopo. I vincitori cattolici di
Tricamarum divennero così i padroni non solo degli immensi tesori depredati da tutto
il Mediterraneo, ma anche "dei corpi caldi e nobilmente belli" delle donne e delle
ragazze vandale, su cui infuriarono pieni di bramosia. 1 37
"Poiché i soldati romani - come riporta il cronista e testimone bizantino - erano
gente poverissima che d ' improvviso si trovava in possesso di incredibili tesori e di
298 Giustiniano l

donne meravigliosamente belle, non furono più padroni del loro senno e sembrarono i n
preda alle loro inesauribili voglie: pieni di questa i naspettata fortuna, barcollavano
come ubriachi, come se ognuno pensasse solo a portare al sicuro a Cartagine i suoi
tesori per la via più rapida. Ogni ordine militare era dissolto; da soli o a gruppi di due,
la cupidigia li spingeva sulla preda, e frugavano dappertutto, nelle forre e nelle buche e
in altri luoghi pericolosi. Non c ' era più alcuna paura del nemico e più nessun timore
dinanzi a Belisario: soltanto l ' avidità di bottino li muoveva; schiavi di essa, non si
preoccupavano più di nulla". 1 3 8

l DESIDERI PAPALI DELL "'AMPLIAMENTO DEL REGNO DI DIO" ,


OVVERO: "ERANO TUTTI MENDICANTI"

Dopo la vittoria, la maggior parte degli uomini vandali erano stati uccisi, le donne e i
bambini fatti schiavi, il loro re portato a Costantinopoli e trascinato in trionfo nell' ip­
podromo nell' estate del 5 34, dove egli, rivestito di porpora, venne gettato nella polvere
di fronte al trono imperiale. Concluse i suoi giorni come vassallo in un' estesa proprietà
nella terra dei Galati ; rifiutò la conversione al cattolicesimo, per la quale gli riservava­
no grandi onori . Quelli che erano stati fatti prigionieri con lui furono inseriti nell' eser­
cito romano e spediti al confine con la Persia: cinque reggimenti a cavallo, i cosiddetti
Vandali Justiniani, un reggimento dei quali però fuggì di nuovo in Africa dopo che,
all ' isola di Lesbo, l ' equipaggio li ebbe angariati durante il trasporto. Venne inviato in
Africa un grande contingente di truppe, occupando porti e città, costruendo dappertut­
to, anche nel retroterra, forti castelli. 1 39
La chiesa cattolica, che festeggiò Giustiniano come liberatore "dalla secolare pri­
gionia", rientrò i mmediatamente in possesso di tutto il suo patrimonio, riacqui stò il suo
rango nei confronti delle altre confessioni, diventando, nel giro di una notte, persecutrice
da perseguitata - dal momento che, naturalmente, il clero cattolico collaborò ora con i
nuovi padroni esattamente come quello ariano aveva fatto con i vecchi . Di nuovo ci si
rivolse aspramente contro pagani, donatisti, ebrei, di cui per principio si depredarono
le sinagoghe; ma prima di tutto la fine dello stato vandalo significò anche la fine della
fede dei Vandali. Per la verità Giustiniano stesso, già in procinto di intraprendere una
campagna contro gli Ostrogoti, propendeva per una politica religiosa misurata. Ma
l ' episcopato africano e papa Agapeto gli fecero cambiare idea. Con un decreto del l
agosto 535 egli entrava in possesso delle chiese degli ariani, proibiva il loro culto,
l ' insediamento di vescovi e di altri ecclesiastici e li escludeva da ogni incarico. Prese
provvedimenti anche contro gli altri non cattolici. 1 40
Il Manuale di storia della chiesa, cattolico, aggiunge : "dovunque furono prese rigide
misure che riguardavano, conformemente al decreto, ariani, donatisti , ebrei e pagani :
l desideri papali 299

essi dovevano chiudere i loro edifici di culto, ogni rito era loro interdetto, ogni assem­
bramento di fedeli proibito - a malapena potevano continuare a v ivere. Il papa si con­
gratulò con l ' imperatore per tanto zelo, volto all ' accrescimento del regno di Dio". 1 4 1
Non ancora colpito fino in fondo fu però l ' arianesimo in Africa dopo tutti quei mas­
sacri , tanto più che ottenne un incremento per merito delle truppe ariane dei Goti al
servizio di Belisario. Ma anch 'essi, ingannati nell' assegnazione delle terre, avendo
visto gli ariani vandali sopravvissuti fortemente oppressi, furono alla fine domati dopo
una lunga e dolorosa lotta, e mandati in esilio con le mogli dei soldati vandali che nel
frattempo avevano sposato. "Dei Vandali rimasti nella loro terra - scrive Procopio - ai
miei tempi non se ne trovava più traccia. Poiché erano pochi, o sono stati sopraffatti
dalle popolazioni barbare vicine, oppure si sono volontariamente mischiati con esse;
così il loro nome è scomparso". "In tal modo - aggiunge trionfante l ' arcivescovo di
S iviglia lsidoro - il regno vandalico è stato abbattuto col ferro e col fuoco nel 534, dopo
aver resistito, da Gunderico a Gelimero, per 1 1 3 anni". 1 42
Anche da un punto di vista militare e politico, tutto tornò in Africa fuorché la pace:
l ' amministrazione bizantina era in larga parte corrotta, e la riscossione dei tributi tale
da far rimpiangere l ' avidità dei Vandali : i coloni vennero infatti trattati peggio che dai
"barbari" ; le stesse loro truppe, di confessione ariana, furono svantaggiate, mentre le
altre pagate in ritardo - in breve, il malcontento si propagò in cerchie sempre più am­
pie. E, ad aggiungersi a sollevazioni e rivolte nell ' interno, vennero anche aggressioni
esterne. 1 4 3
Già nel 534 delle formazioni bizantine, al comando del capace ma brutale magister
militum Salomone, successore di Belisario, erano in lotta contro numerose tribù noma­
di. Per questo motivo tutte le unità imperiali di cavalleria perirono. Nel 535 Salomone
però riuscì a sconfiggere le tribù berbere, penetrate sino nella Tunisia centrale, ucci­
dendone sembra più di 50000. Ma già gli anni successivi portarono con sé nuovi attac­
chi di nomadi, oltre a ripetute insurrezioni militari . "Questa terra infelice - così termina
la "Guerra vandalica" di Procopio - non doveva avere pace duratura. Salomone cadde
in battaglia contro i Mauritan i ; suo nipote Sergio, nominato suo successore, si rese
odioso e insopportabile. Giustiniano mandò allora suo nipote Areobindo per riportare
l ' ordine. Questo principe non era però assolutamente un soldato: cadde vittima di una
congiura militare, al cui vertice stava un certo Gontari, che divenne un tiranno. Iniziò
allora un confuso conflitto, i n cui qualsiasi ufficiale credeva di poter diventare
dominatore d ' Africa; assassinii, devastazioni e saccheggi furono all ' ordine del giorno.
Alla fine Gontari cadde, con gli ultimi Vandali schierati al suo fianco, per mano
dell' armeno Artabane, che era stato nominato da Giustiniano al magisterium militare
per tutta l ' Africa. Il suo successore Giovanni estirpò le ultime radici della rivolta . . .
Dell' originaria popolazione d' Africa n e erano rimasti pochi ; dopo così grandi tribola­
zioni ci fu finalmente la pace, ma a che prezzo ! Erano tutti mendicanti". 1 44
300 Giustiniano l

DELLA "GRANDE CACCIA AI GOTI" E DI VARIE COSE A MARGINE

Il regno ariano dei Vandali aveva perseguitato i cattolici a lungo e a tratti ferocemente,
cosa che senza dubbio fu uno dei motivi del loro sterminio. Certamente gli Ostrogoti,
anch ' essi di confessione ariana, non conoscevano una simile ostinazione religiosa.
Teodorico certamente aveva preso Ravenna con metodi sanguinari e abbastanza infa­
mi, ma poi per motivi di politica estera ebbe sempre a cuore la pace. In piena autono­
mia riconobbe la supremazia della Roma d ' Oriente, mentre, da un punto di vista inter­
no, perseguì seriamente un' unificazione di romani e germani. Inoltre verso i cattolici
dimostrò la sua notevole tolleranza in occasione della sua unica visita a Roma nel 500,
riconoscendo i l papa al vertice del clero. Sotto il suo regno, manichei vennero
ripetutamente espulsi da Roma, pagani condannati a morte, mentre il papa poteva aver
liberamente contatti con i vescovi residenti al di fuori del l ' Italia: essi e la loro chiesa
erano stabili come mai lo erano stati da molte generazioni, "come sotto nessuno degli
imperatori ortodossi" (Pfeilschifter) . E tuttavia gli Ostrogoti furono sterminati ancor
più crudelmente, e il loro regno durò solo sessant ' anni, dal 493 al 5 5 3 , più della metà di
questo periodo sotto Teodorico. 1 45
Per tutto il tempo che egli rimase all ' apogeo del suo potere, curò rapporti armonici
con la Roma d ' Occidente e quella d ' Oriente, con l ' imperatore Anastasio, il papa, il
senato. Fornì continuamente appoggio a Roma, tra l ' altro mediante un pagamento an­
nuale di 200 libbre d' oro per il mantenimento delle sue mura; papa Simmaco perciò
riceveva denaro dalle casse private del re. Quando però, nel suo ultimo anno di regno,
Giustino si alleò col papa, iniziando la persecuzione degli ariani nelle marche orientali
dell ' i mpero, crebbe tra i cattolici d ' Italia un sentimento di ostilità verso i Goti (nella
tradizione ecclesiastica medievale Teodorico sopravvive semplicemente come un ti­
ranno e un demonio "eretico", gettato nelle cloache infernali da papa Gregorio I e da
Gregorio di Tours). 1 46
Il re, morto senza figl i, aveva scelto come successore il nipote Atalarico. Al posto
del bambino di otto anni tenne la reggenza sua madre, la figlia di Teodorico Amalasunta;
durante questo periodo ella mise a morte tre nobili Goti che la minacciavano di oppo­
sizione. Dopo la morte del giovane Atalarico (ottobre del 5 34), ella sposò suo cugino
Teodato, l ' ultimo maschio amalo e suo nemico giurato; e questi infatti mandò in esilio
la sua sposa, cugina e reggente (nonostante tutte le assicurazioni contrarie) già nella
primavera del 5 3 5 su una piccola isola del lago di Bolsena, e là la fece strangolare. 1 47
A quanto sembra Teodora aveva preso parte al sanguinario gioco, per gelosia e astu­
zia femminile - e Giustiniano usò l ' assassinio a pretesto per atteggiarsi con Teodato a
vendicatore, come aveva fatto con Gelimero. Senza indugiare un attimo: "estrasse la
spada ancora grondante del sangue dei Vandali e la rivolse contro i Goti per mano dei
suoi generali" (Giordane) - o, per usare le parole del gesuita Grisar: si arrivò a "impre-
Della "grande caccia ai Goti " 301

se tanto eroiche ... come raramente se ne sono viste nella storia militare". 1 48
Con 7000 uomini, 200 Unni a cavallo e 300 Mauritani - grazie ai quali rafforzò
considerevolmente il suo esercito - Belisario conquistò l ' Italia quasi con una guerra
lampo, sebbene gli intrighi della corte imperiale lo avessero non poco indebolito, non
meno di quanto non avesse fatto la stessa gelosia di Giustiniano. Già alla fine del 5 3 5
conquistò la Sicilia, d a poco occupata dai Goti, quasi senza combattere. Senza fatica
prese Catania, dove era sbarcato, quindi Siracusa e infine Palermo; anche nell ' invasio­
ne dell' Italia meridionale ebbe fortuna. Senza una seria resistenza si diresse a nord,
"avendo ottenuto i favori dell' alto clero per gli interessi bizantini" (Davidsohn). Le
città della Tuscia vennero consegnate agli imperiali senza aspettare ingiunzioni in tal
senso. Napoli fu strenuamente difesa, in particolare dagli ebrei che temevano il fanati­
smo dei cattolici . Essi però vennero colti di sorpresa dopo che 600 assedianti attraver­
sarono strisciando una conduttura d ' acqua vuota e entrarono in città. Si giunse a mas­
sacri tremendi, anche nelle chiese : i bizantini inseguivano i combattenti fin sotto la
croce, come riporta Procopio, "uccidendo crudelmente chiunque incontrassero sul loro
cammino, senza riguardo all ' età; . Entravano nelle case trascinando via bambini e don­
ne come schiavi; tutto venne devastato". Gli Unni uccisero molti di quelli che si erano
rifugiati nelle chiese (dopo la riconquista di Napoli da parte di Totila, non solo la popo­
lazione, ma perfino le truppe bizantine vennero risparmiate). 1 49
Durante la marcia di avvicinamento a Roma, il santo padre era Silverio (536-537),
figlio di papa Ormisda, che il 20 giugno 536 il re dei Goti Teodato aveva nominato
vescovo, sotto costrizione e in seguito a ingenti corruzioni. Silverio, cioè, era in com­
butta con gli "eretici" Goti . Egli, come una parte del suo clero, temeva costoro meno
del cesaropapismo dell ' imperatore cattolico; inoltre essi erano geograficamente più
vicini e avevano il potere in Italia. E in novembre, quando al posto deli' ambiguo Teodato,
e d' accordo con Giustiniano, si presentò il generale Vitige (che aveva ordinato di ucci­
dere Teodato, ripudiato la di lui moglie e, per legalizzare la sua reggenza, sposato
contro la sua volontà Matasunta, la trentenne giovane nipote di Teodorico), papa Silverio
- "un uomo santo e di carattere fermo", come dice il cattolico Daniel-Rops - giurò
fedeltà anche al nuovo re dei Goti . . . . e inviò subito navi a Belisario perché venisse a
Roma. Quindi nella notte del l O dicembre 536 il santo padre Silverio, che doveva
ringraziare i Goti del suo pontificato, contravvenendo al suo giuramento, aprì la porta
Asinaria (le impenetrabili porte meridionali della città accanto alla basilica Laterana) ,
a Belisario, che proveniva da Napoli . Nello stesso tempo il piccolo contingente di Goti
a presidio della città fuggì per la porta Flaminia a nord, e i romani salutarono giubilanti
i bizantini come i liberatori, gli sterminatori dell' eresia ariana, anche nella speranza di
una ricostituzione dell ' impero romano. 1 50
Quando però nella primavera del 537 Vitige, con 1 50000 uomini, a quanto riportano
i cronisti, pose l ' assedio a Roma, e a lui Belisario poteva contrapporre solo 5000 uomi-
302 Giustiniano l

ni, sembra che il santo papa dal carattere fermo, aspettandosi un nuovo cambio al ver­
tice, si sia d' improvviso ricordato che egli era alla fin fine il papa dei Goti . Quantomeno
gli venne la tentazione di tradire ora anche la Roma circondata da questi . "Poiché cir­
colava il sospetto - scrive Procopio - che S ilverio, il sommo pastore della città, potesse
ordire intrighi con i Goti, allora egli [Belisario] lo mandò subito in Ellade, nominando
immediatamente un altro vescovo di nome Vigilia". 1 5 1
Lo scolastico Marco e il pretoriano Giuliano avevano preparato false lettere, che
Silverio avrebbe inviato ai Goti ; e il suo successore, il diacono Vigilio, fomentò il
sospetto contro il predecessore. In realtà Vigilia, ambasciatore a Costantinopoli , vo­
lendo diventare papa al posto di Silverio, già una volta era stato designato a suo succes­
sore da Bonifacio II (530-532); designazione che Bonifacio tuttavia aveva dovuto riti­
rare di fronte alle proteste di un sinodo. Ma anche ora Vigilia era arrivato troppo tardi
a Roma da Bisanzio, e aveva trovata già occupata la carica che stavolta egli, secondo i
piani di Teodora, avrebbe dovuto ricoprire. 1 5 2
Con 700 solidi d ' oro l ' imperatrice aveva comprato il diacono, affinché questi come
papa favorisse i monofisiti . "Trono papale e denaro, queste erano le sue passioni" -
dice di lui un suo collega, il diacono di Cartagine Liberato, una buona fonte storiografica
(per una corretta valutazione dell' entità della corruzione : la costruzione di una grande
chiesa costava allora 200 solidi d' oro). Dopo che Vigilia ebbe promesso a Beli sario,
secondo gli ordini ricevuti, una parte della cifra pattuita, il generale convocò l ' I l mar­
zo papa Silverio nel suo palazzo imperiale sul Pincio: "Egli entrò da solo nel palazzo;
e da allora non lo si vide più", riferisce in modo drammatico Liberato, facendo suppor­
re che la rovina di Silverio si basasse sull ' accusa di alto tradimento a causa dei suoi
rapporti con i Goti ; cosa che anche altre fonti - il continuatore del Marcellino Comes e
lo stesso Procopio - testimoniano, tanto che "non c ' è da agitarsi per questo" (Hildebrand).
"Dimmi, papa Silverio (così si rivolse Belisario al pontefice il 2 1 marzo, disteso su un
triclinio del palazzo del Pincio, la moglie Antonina ai suoi piedi), cosa abbiamo fatto a
te e ai romani, che tu vuoi consegnarci nelle mani dei Goti ?". Belisario fece quindi
indossare la tonaca a Silverio, a cui aveva garantito la salvezza, e lo dichiarò deposto,
esiliandolo a Patara in Licia, e già il giorno dopo, il 22 marzo, Vigilia fu eletto papa e
consacrato la domenica successiva, il 29 marzo.
Quando Giustiniano tuttavia, contrastando il gioco della consorte, rispedì indietro
Silverio - cosa che il legato pontificio a Costantinopoli, il diacono Pelagio ugualmente
prezzolato da Teodora, aveva cercato inutilmente di impedire in favore di Vigilia -, il
suo successore papa Vigilia lo intercettò sulla via e lo condusse, per mezzo dei suoi
sbirri, verso un nuovo esilio sull ' isola di Ponza. Là fu sopraffatto già poche settimane
dopo, il 2 dicembre 537, dalle angherie dei suoi carcerieri, due defensores e due schiavi
di Vigilia, che lasciarono morire di fame il suo predecessore, "vittima dei tempi confu­
si" (così i cattolici Seppelt e Schwaiger). 1 53
Della "grande caccia ai Goti " 303

L' infelice e rassegnato s. Silverio, che ancora poco tempo prima della sua morte era
stato costretto a rinunciare al pontificato a favore del suo successore e assassino, fu
presto trasfigurato dalla leggenda: si andava in pellegrinaggio alla sua tomba, dove
naturalmente avvenivano miracoli; si richiedeva la sua intercessione, soprattutto in
quei casi di necessità da cui egli stesso non aveva saputo tirarsi fuori - eccetto la morte.
A Roma, dove tutto il clero lo aveva rapidamente abbandonato, eleggendo papa Vigili o
(anche se con la massiccia spinta di Belisario), si cominciò a riabilitare Silverio, consi­
derandolo un martire e criticando sempre più Vigilio, con la redazione di lagnanze
scritte che lo accusavano di essere corresponsabile della caduta di Silverio. 1 54
Ma papa Vigilio aveva il suo bel daffare con Giustiniano. E nella prima delle sue
lettere conservate, attestò in lui "un senso non solo imperiale, ma anche sacerdotale",
salutando lo entusiasticamente come "colui che aveva sottomesso innumerevoli popoli
più con la forza della fede che con quella del soldato" - e tutto ciò in un momento in cui
egli stava conducendo una tremenda guerra di sterminio, con ben pochi libri di pre­
ghiera al seguito. 1 55
Nel frattempo Vitige assediò Roma per un anno intero, fino al marzo 5 3 8 , con i suoi
Goti, con torri d' assedio, scale e arieti. Continuamente egli attaccava, e sempre le trup­
pe speciali di Belisario, i cavalieri Unni, i Mauritani gli provocavano pericolose perdi­
te. I dintorni della città, i castelli, le ville, gli edifici sfarzosi erano stati completamente
rasi al suolo. Dentro Roma le meravigliose creazioni dei greci e dei romani, i loro
insostituibili capolavori andavano in rovina: le loro pietre venivano usate per uccidere
gli assedianti Goti. Inoltre regnavano calura, fame ed epidemie : i senatori pagavano in
oro ripugnanti salsicce fatte con la carne di mulo. Un esercito da Costantinopoli giunse
a dare man forte agli assediati : 2000 cavalieri al comando del colonnello Giovanni,
"cane sanguinario" (così i cronisti dell' epoca), si abbatterono nel Piceno su donne e
bambini dei Goti, i cui uomini stavano davanti a Roma. Dopo quasi 70 assalti Vitige, in
seguito a ingenti perdite, tolse l ' assedio sotto l ' incalzare di Belisario, a lui superiore
sia tecnicamente che tatticamente, il quale entrò così in possesso di quasi tutto il terri­
torio sino alla valle del Po. 1 56
Nel l ' i nverno 5 3 8/539, allorché i bizantini scacciavano tutti i Goti dall'Emilia e Vitige
riparava le mura di Ravenna, nell' Italia del nord in particolare infuriò una pesante
carestia, cui soggiaquero diverse migliaia di persone. Procopio, testimone oculare, dà
notizia di come, solo nel Piceno, ci siano stati approssimativamente 50000 morti per
fame, ed ancora di più nelle regioni settentrionali. "Quale aspetto avessero gli uomini,
e in quale modo morissero, lo voglio raccontare in maniera più particolareggiata, dal
momento che io stesso l ' ho visto. Tutti divenivano pallidi ed emaciati, e la fame era
tanta che, come dice un antico detto, "divoravano la loro stessa carne" mentre la bile,
che per il dimagrimento aveva ora preso il dominio del loro corpo, dava loro un pallido
colore giallastro. E a misura del progresso del male, anche ogni umidità abbandonava
304 Giustiniano I

i loro corpi, cosicché la loro pelle, ormai del tutto disseccata, diventava simile a cuoio,
mentre essi davano l ' impressione di essere inchiodati sulle ginocchia. E il loro colorito
pallido diventava nerastro, tanto da rassomigliare a mozziconi di fiaccole ormai del
tutto bruciate. Il loro aspetto era raccapricciante, lo sguardo come quello dei folli che
osservano qualcosa di. terribile . . . Alcuni, nel delirio della fame si assalivano l ' un l ' al­
tro. Vi erano, in una masseria nelle colline sopra Ariminum, due donne che erano rima­
ste le uniche nei dintorni, avendo divorato diciassette uomini: poiché gli stranieri di
passaggio erano soliti passare la notte in quella casa, dove le due vivevano, e venivano
da esse uccisi nel sonno e le loro carni mangiate . . . Molti, spinti dalla fame, si gettavano
sull' erba e tentavano carponi di strapparla dal terreno; ma poiché erano troppo deboli,
avendo perso tutte le forze, stramazzavano sul l ' erba e rendevano in tal modo lo spirito.
E nessuno li seppelliva, poiché nessuno aveva più alcun interesse per le sepolture, e
nessun uccello volteggiava sui cadaveri, giacché molti di essi erano serviti da pranzo,
ché non vi era niente altro da mangi are. Poiché, come già detto, tutta la carne era stata
completamente divorata per la fame" . 1 57
Una terribile carestia imperversò in quel tempo anche a Milano.
Il vescovo della città - secondo Procopio la prima per grandezza, numero di abitanti
e benessere tra le città vicino a Roma - l ' arcivescovo Dazio, durante il terzo anno di
guerra si affrettò a Roma ad avvisare Belisario di una rivolta antigotica in Liguria (per
Bisanzio una possibilità di riconquistare quella regione) e lo esortò all' occupazione di
Milano, che riuscì nell' aprile 5 3 8 con la rottura di una tregua d' armi stipulata con
Vitige. Ma subito il nipote di questi, Uraias, strinse d ' assedio Milano con un forte
esercito, sorretto da l 0000 B urgundi mandati dal re dei franchi Teudeberto, con il com­
pito di fare il punto della situazione in sua vece. In breve tempo in città imperversò una
terribile carestia; gli abitanti mangiavano cani, topi, cadaveri umani. Alla fine di marzo
del 5 3 9 1 ' insediamento romano al comando di Mundila capitolò, ottenendo di poterse­
ne partire liberamente. Milano, tuttavia, come scrive Procopio, "i Goti la resero si mile
alla nuda terra: uccisero tutti gli uomini, dai giovani agli anziani (non meno di 300000),
le donne le resero schiave e le spedirono ai Burgundi in ricompensa della loro allean­
za". J. B. Bury ritiene il massacro di Milano uno dei più tremendi, nella lunga serie di
premeditate barbarie negli annali dell' umanità: "la carriera di Attila non contiene nes­
sun atto bellico così orribile". Anche tutte le chiese vennero distrutte, quelle cattoliche
dai Goti ariani, quelle ariane dai Burgundi cattolici; davvero una progressiva coopera­
zione ecumenica - così la chiama la storia sacra . . . L' élite della società, tra cui il prefetto
Reparato, fratello del papa, fu tagliata a pezzi e ridotta a cibo per cani. Lo stesso arci­
vescovo Dazio, il vero responsabile di questo inferno, venne puntualmente gettato nel­
la polvere. 1 5 8
I Burgundi, carichi di ingente bottino, se ne erano appena andati, quando lo stesso
Teudeberto cadde alla testa di un esercito in Liguria nella primavera del 539.
Della "grande caccia ai Goti " 305

Già all ' inizio del conflitto Giustiniano aveva chiamato i Franchi a quella che, come
scrive il cattolico Daniel-Rops ancora nel XX secolo, fu "la grande caccia ai Goti" . I
Merovingi Childeberto l, Clotario I e il loro nipote Teudeberto, avevano promesso il
loro appoggio all ' imperatore, accettando il suo denaro e prendendo anche 2000 libbre
d ' oro dai Goti - e la Provenza da entrambi : formalmente concessa da Giustiniano, in
pratica da Vitige. Anche a questi Teudeberto inviò nel 537 un esercito alemanno, e nel
538 uno burgundo, aiutandolo a riconqui stare quel territorio che dalla Liguria andava a
tutta l ' Italia a nord del Po. Ma quando i Goti gli sembrarono diventati troppo forti, li
attaccò alle spalle nella primavera del 539 con un esercito, a quanto si dice, di l 00000
Franchi della Gallia del sud, che avevano varcato le Alpi, messa a ferro e fuoco la
Liguria, l ' Emilia; e quindi, oltrepassato il Po, come scrive Procopio, "trucidarono bam­
bini e donne dei Goti (che prima presero con la violenza), gettando nel fiume i loro
cadaveri come primizie sacrificate alla guerra" . I guerrieri goti fuggirono a precipizio
in direzione di Ravenna, gettandosi sulle spade dei romani . Certo anche l ' esercito di
Teudeberto seminò fame e carestia a tal punto che egli stesso ne perse gran parte,
dovendo nuovamente abbandonare l ' Italia. 1 59
Nel maggio del 540 Ravenna, cerniera tra terra e mare, cadde grazie a un traditore,
che aveva, su ordine di Belisario, messo a fuoco il granaio della città, gettando così
Vitige nella disperazione. In compagnia di Matasunta e Amalaberga (vedova del prin­
cipe dei Turingi, che nel 535, con i figli e il tesoro della corona, si era unita ai Goti),
Vitige, il re senza corona, si recò a Costantinopoli, dove Giustiniano gli conferì i l ran­
go di patrizio. Molti altri Goti, come già era avvenuto con i Vandali superstiti, vennero
mandati allo sbaraglio sul fronte persiano. Poiché Uraias, nipote di Vitige e distruttore
di Milano, aveva rinunciato alla corona in favore di Ildibaldo, costui divenne re e fece
uccidere Uraias; ma morì lui stesso assassinato, ed anche il suo successore, il re dei
Rugi Erarico, finì con l ' essere accusato di alto tradimento da Giustiniano, venendo
sostituito dal comandante del distaccamento gotico di Treviso, Totila, che aveva posto
come condizione per la sua carica la morte di Erarico. 1 60
Ora la guerra cominciava ad andare per le lunghe, tanto più che la Roma d' Oriente
era anche impegnata sul fronte persiano.
Giustiniano e Bisanzio avevano infatti continuamente combattuto con i Sassanidi,
seguendo l ' antica tradizione romana e cristiana (v. I, 256 ss.), dal 530 al 532, e dal 539
al 562, e successivamente dal 572 al 59 1 e dal 604 al 628. Quando era possibile, i
cristiani di Persia fornivano il loro appoggio alla Roma d ' Oriente. Così venne presen­
tata, o almeno inscenata, una rivolta di palazzo contro il Gran Re Cosroe I (53 1 -579), il
quale, dopo aver liberato i contadini dalla loro condizione di schiavitù, aveva avuto un
dissidio con suo figlio maggiore Anoszad, che probabilmente era stato più attivo
nell' harem paterno che nell ' esercito. Quando Cosroe morì di una grave malattia e una
rivolta scoppiò, i cristiani di Persia si posero sotto la protezione del cattolico Mar Aba,
306 Giustin iano I

dietro il quale si celava Anoszad - poiché sua madre, una delle spose del padre, lo
aveva conquistato al cristianesimo. E dopo che il sud del paese si fu trasformato in un
temporaneo inferno a causa di castelli in fiamme e di innumerevoli supplizi e assassi­
nii, la rivolta fallì. 1 6 1
L a guerra c o n i Persiani però continuava, similmente a quella con i Goti, che pure
non l ' avevano mai voluta, ma che desideravano solo poter abitare in quella terra e
servire in tal modo l ' imperatore; e lo desideravano ancora, come essi mostrarono nei
continui tentativi amichevoli di ottenere un' unificazione, avvenuti anche durante i lun­
ghi massacri di guerra. Ciò corrispondeva anche a una precisa tradizione gotica, l ' ulti­
ma direttiva di Teodorico: onorare il re, amare i romani e cercare innanzi tutto la grazia
divina più vicina, quella dell ' imperatore. Ma tutti i tentativi dei Goti di pace e sotto­
missione a Giustiniano rimasero senza effetto; gli orrori diventarono anzi sempre più
grandi, sia quelli perpetrati dai bizantini cattolici che dai goti ariani. 1 62
Ancora una volta costoro ebbero il sopravvento, conquistando di nuovo, grazie alle
loro truppe a cavallo, quasi tutta l ' Italia, incluse la Sardegna, la Corsica, la Sicilia. Con
una guerra pluriennale Totila, che secondo Procopio era un uomo dall ' intelletto acuto e
dalla capacità d ' azione fuori dall' ordinario, passò da Pavia di fortezza in fortezza, di
città in città: Benevento cadde, Napoli cadde; la stessa Roma, da cui erano stati cacciati
tutti i sacerdoti di fede ariana, e dove nuovamente imperversava una terribile carestia,
cadde nelle sue mani per due volte, nel 546 e nel 550. Demolì le mura di tutti i luoghi
conqui stati , affinché nessun nemico ci si potesse più asserragliare, e gli abitanti fossero
per sempre liberi dai tormenti degli assedi. Dopo la caduta del la città nel 546 anche i
romani capirono che egli si sarebbe comportato con loro come un padre con i suoi figli ;
perfino i bizantini, dopo avergli truffato il denaro, accorsero d a l u i in numero maggiore
dei fittavoli che erano stati scacciati e degli schiavi quasi morti di fame. Ma egli si
imbattè nell' ostilità del latifondisti e della chiesa cattolica. Come precedentemente in
Africa contro i Vandali, questa fomentò una terribile propaganda contro i Goti, avvici­
nandosi così tanto ai latifondisti, da parere essa stessa il più grande tra loro. Così certa­
mente essa non si presentò come portavoce degli schiavi, come sempre vorrebbe dare a
intendere. Era in realtà sostenitrice degli interessi dei loro proprietari , li rappresentava!
Non sorprende affatto perciò che Papa Vigilio cercasse di ottenere la restituzione, per
mezzo del suo rappresentante e successore Pelagio, degli schiavi fuggiti nell' esercito
gotico. Totila assicurò Pelagio, al quale aveva fatto visita, del fatto che era molto ben
disposto, ma che non voleva parlare di tre cose: "dei siciliani, delle mura di Roma e
degli schiavi passati al nemico" . Rifiutò infatti fin da principio di intavolare trattative
sulla loro restituzione, avendoli già inquadrati nel suo esercito con la promessa che non
li avrebbe più restituiti ai loro precedenti padroni . "È difficile pensare, altrimenti , cosa
avesse potuto attrarre gli schiavi nel l ' esercito dei Goti se non l ' agognata libertà"
(Rothenhofer) . 1 63
Della "grande caccia ai Goti " 307

È chiaro che la chiesa cattolica d ' Italia, e particolarmente l ' alto clero durante la
guerra gotica - come il clero cattolico d' Africa durante la guerra vandalica - non potes­
se stare dalla parte degli "eretici" e dei "barbari" ; questo valeva anche per il papa
"gotico", quel Silverio figlio di Ormisda, per il cui "consiglio - così il cattolico Manua­
le di storia della chiesa - i romani avevano consegnato senza combattere la città al
generale bizantino Belisario"; così valeva senz' altro per il papa "bizantino" Vigilio, il
suo assassino, il quale trascorse a Costantinopoli gran parte del suo pontificato, essen­
do una creatura dell' imperatrice, alla quale doveva la sua carica; e per l ' imperatore
funse da mediatore con i Franchi, con cui Giustiniano aveva stretto u n ' alleanza
an ti gotica, per l ' accerchiamento e l ' annientamento del loro re Totila (che nel frattempo
aveva risparmiato proprio la chiesa cattolica di Roma e i suoi possedimenti). Il 22
maggio 545 papa Vigilio aveva ordinato al vescovo Ausanio di Arles di celebrare una
funzione per Giustiniano, Teodora e Belisario; il suo successore Aureliano lo obbligò il
23 agosto 546 "a mantenere indenne, con immutato ardore episcopale, l ' amicizia tra le
loro graziosissime maestà [Giustiniano I e Teodora] e il glorioso re dei goti Childeberto".
Questo intreccio di rapporti è però comprensibilmente poco noto; come commenta
Caspar, "si può gettare qui uno sguardo sul gioco diplomatico delle alleanze tra Bisanzio
e il nuovo potere franco, finalizzato a trarre in inganno Totila, l ' ultimo re dei Goti
coronato dal successo - rapporti in cui Belisario e il papa agirono da intermediari". 1 64
Nel 548 papa Vigilio giunse perfino "a un' importanza storica unica" (Giesecke).
Belisario, battuto in Italia da Totila, era tornato a Costantinopoli da un imperatore
ormai quasi senza speranza di vittoria. In quel frangente, scrive Procopio, "l ' arcivesco­
vo di Roma" giurò all ' imperatore, insieme ad altri nobili esuli romani, "di strappare
nuovamente ai Goti la patria". Con insistenza si rivolse al monarca per convincerlo a
proseguire la guerra. Dopo molte esitazioni Giustiniano nominò suo nipote Germano,
di cui sospettava per gelosia, nuovo comandante supremo e, dopo la sua morte improv­
visa, nel 532 l ' eunuco armeno Narsete che, con un forte esercito e l ' appoggio di truppe
german iche d' élite sbaragliò i Goti superstiti - cosa che gli riuscì meglio, essendo "sot­
to la particolare protezione della Vergine Madre di Dio'', la quale vegliava "sopra tutte
le sue azioni", servendogli addirittura "da consigliere strategico" (Evagrio). 1 65
Questa assistenza della casta e dolcissima santa madre di Dio allietò ancora molte
vittorie cristiane nel corso della storia; anche lo stesso imperatore Giustiniano mise al
servizio della Madonna le sue sanguinose vittorie sui Vandali e sui Goti avvenute sul
palcoscenico della storia; suo nipote Giustino II la elesse a sua protettrice nella guer­
ra contro i persiani; il "mostro" Clodoveo ricondusse a Maria il suo brutale trionfo;
Carlo Martello, Carlo Magno, i potenti re spagnoli vincitori di tante battaglie, il san­
guinario Cortez, che riempì il Nuovo Mondo di milioni di cadaveri e di milionaria
infelicità; Tilly, che ottenne le sue 32 vittorie "nel segno di Nostra Santa Signora di
Altèitting", fino a soccombere, mordendo la polvere, alla trentatreesima dinanzi al-
308 Giustiniano l

l ' "eretico" Gustavo Adolfo. Tutti costoro, ed innumerevoli altri, furono tanto animali
assetati di sangue quanto grandi adoratori della Madonna (che offesa per gli animali ! ) ,
come lo fu Belisario ( i l quale comunque non aveva ancora pregato con alcun rosario
come invece faceva, tra molti altri, il nobile cavaliere Principe Eugenio, che portava il
rosario accanto alla spada - perché essi erano affini ! E sempre, ogniqualvolta i soldati
lo vedevano assorto e a lungo strofinare il rosario, dicevano: "visto che il vecchio
prega così tanto, tra poco ci sarà una nuova battaglia"). 1 66
Il mondo cattolico si pose contro gli Ostrogoti dalla parte dell ' imperatore, come
aveva fatto con i Vandali; e, come allora questi lo aveva incitato alla guerra contro
l ' eresia in Africa settentrionale, così adesso lo spinse alla sua prosecuzione contro i
Goti . Totila, che sembrava aver intuito il suo destino, offrendo ripetutamente pace a
Bisanzio, venne presto attaccato da ogni parte; dapprima perdette la S icilia, per mano
del generale Artabano, nell ' inverno del 55 1 ; poi la flotta gotica fu annientata presso
Senigallia; ed ora apparve nel nord Narsete l ' eunuco, ugualmente abile come soldato e
come diplomatico, rivale di Belisario e protetto di Teodora, uomo freddo, astuto e dut­
tile, perfino pio; era colui che aveva ascritto tutte le sue vittorie alla forza della pre­
ghiera (così almeno si vantò il pretume) e che ora, ormai a più di 65 anni d' età, ma con
sufficienti massacri alle spalle, divenne "il vincitore e distruttore dell ' intero popolo dei
Goti", "proprietario di enormi ricchezze in oro, argento ed altre cose preziose" (Paolo
Diacono). Nel 5 5 2 distrusse l ' intero esercito gotico in una battaglia decisiva nei pressi
di Busta Gallorum o di Tagina, a nord di Spoleto, grazie anche a 5500 Longobardi e
3000 Eruli. Totila cadde durante la fuga, e i vincitori posero la sua testa sanguinante su
una picca. Nell' ottobre del 5 5 3 cadde ai piedi del Vesuvio, dopo una lunga e disperata
guerra durata sessanta giorni, anche l ' ultimo re goto Tej a, insieme al meglio del suo
esercito. Considerevoli truppe alemanne e franche al comando del conte alemanno
Bucelin, che aveva intenzione di sfruttare a suo vantaggio la disfatta gotica spartendosi
l ' Italia insieme al fratello Leutari, calaronp in Italia. Nel 554, in una terribile battaglia
svoltasi sul Volturno nei pressi di Capua, Narsete fu sconfitto. Il suo esrcito fu massa­
crato come bestiame al macello; i pochi sopravvissuti affogarono nei flutti del fiume.
"Grande fu per questo la gioia in Italia [tota Italia gaudens]", giubilò il papato. Un
esercito altrettanto forte al comando di Leutari , fratello di Bucelin, morì di un' epide­
mia mentre era già sulla via del ritorno, carico di bottino, nella regione di Venezia. Solo
cinque uomini, dei 70000 che erano, sembra abbiano fatto ritorno. Il castrato Narsete,
accolto con inni dal clero sui gradini di S. Pietro, si gettò sulla tomba dell' apostolo
pregando ed esortando la sua dissoluta soldataglia alla devozione e al proseguimento
della lotta. L' ultimo castello gotico sull ' Appennino resistette sino al 5 5 5 ; nel nord Bre­
scia e Verona furono conquistate (con l ' aiuto dei Merovingi) solo nel 562. A Ravenna
prese residenza u n luogotenente imperiale, l ' esarca. Così anche gli Ostrogoti scompar­
vero dal palcoscenico della storia. 1 67
Chi profittò dell 'inferno: la chiesa romana 309

Nella fase terminale del loro sterminio, nel 552, Giustiniano si servì di una contesa
per la successione scoppiata nel regno Visigoto per effettuare un'ulteriore invasione, al
comando dell ' inesperto Liberi o, un patrizio ormai ottantenne: in Spagna, dove i ricchi
e potenti vescovi cattolici sottostavano all"'eresia" ariana pur opponendovisi, il nobile
gotico Atanagildo si era sollevato contro re Agila; e come in Africa e in Italia, così
anche qui i cattolici acclamarono l ' aggressione del sovrano loro correligionario, con
cui iniziò tra B isanzio e i Visigoti una guerra durata più di 70 anni. Ma stavolta
Giustiniano non ottenne nessun sterminio totale: la sua debole forza di occupazione
riuscì solo a conquistare le Baleari e le più importanti città portuali e fortezze nel sud­
ovest della regione. 1 6 8

CHI PROFITTÒ DELL'INFERNO: LA CHIESA ROMANA

La ventennale guerra gotica aveva ridotto l ' Italia a una rovina fumante, a un deserto; le
aveva inferto, come dice forse il miglior conoscitore tedesco di quest' epoca, L. M.
Hartmann, ferite ancora più profonde di quelle della Germania durante la Guerra dei
Trent' anni . Le vittime vanno probabilmente conteggiate a milioni, mentre intere contrade
divennero disabitate, quasi tutte le città saccheggiate una o più volte, talvolta uccisa
l ' intera popolazione, donne e bambini trascinati via dai bizantini come schiavi, gli
uomini, considerati "eretici" da entrambe le parti, massacrati . Roma, la città di milioni
di abitanti, espugnata per cinque volte, per cinque volte devastata, distrutta dai soldati,
dalla carestia e dalla peste, ne aveva ora soltanto 40000. Le metropoli Napoli e Milano
erano disabitate.
Lo spopolamento si accompagnò anche a un enorme impoverimento, prima di tutto
a causa della devastazione delle campagne e dell' esteso massacro degli armenti . Le
condotte idriche si interruppero, le terme crol larono, insostituibili opere d' arte e di
cultura andarono in pezzi ; dappertutto cadaveri e macerie: epidemie e fame portarono
via centinaia di migliaia di persone. Solo nel Piceno, scrive Procopio da testimone
oculare, e solo nel 5 3 9 circa 50000 uomini morirono di fame e si erano così disseccati,
che perfino gli animali che mangiavano carogne li disdegnavano. 1 69
Certo si era adempiuta la "buona speranza" dell ' imperatore "che Iddio misericor­
dioso ci concederà di ottenere nuovamente ciò che gli antichi romani occupavano fino
ai confini di entrambi gli oceani, per poi successivamente perderlo per negligenza".
Giustiniano poteva così nel 534 fregiarsi del titolo di "vincitore dei Vandali, vincitore
dei Goti, ecc .". 1 70
Eccetera . . .
Perfino il gesuita Hartmann Grisar ammette che "ciò che i B izantini portarono al
posto dei reggimenti gotici, non fu la libertà, ma il suo contrario . . . concorsero al
310 Giustiniano l

soggiogamento della libera espressione della personalità, alla creazione di un sistema


di servitù", mentre solo "con i Goti la vera libertà ebbe dimora". 1 7 1
I veri vincitori furono (come dopo ogni guerra, e in verità anche in pace) solo i
ricchi. La cosiddetta sanctio pragmatica del 554 restaurò "l ' antico ordinamento" po­
nendo al comando della "metà occidentale dell ' impero" l ' esarca di Ravenna. Tutte le
misure di carattere sociale di Totila furono abolite, i diritti dei grandi proprietari terrieri
parzialmente ingranditi, favorendoli in ogni modo; le terre deserte spremute sino al­
l ' ultimo da alte tasse che vennero imposte con esasperata brutalità a un popolo che già
stentava in maniera miserevole. Tutti gli schiavi o i coloni fuggiti o allontanatisi dove­
vano tornare presso i loro padroni . 1 72
Ma il maggior profitto dalla catastrofe lo ottenne la chiesa, come di solito avviene
dopo le guerre, proprio e ancora nel XX secolo. (''Si è costretti a riconoscere - confessò
dopo la prima guerra mondiale in un congresso cattolico il cardinale di Liverpool Gasquet
- che l ' uomo che è uscito meglio dalla guerra è stato il papa !"). 1 73
L"'eresia" ariana venne sradicata dall' Italia e dall' Africa; anche l ' autonomo regno
d' Italia scomparve e nel caos immenso che ne seguì si espanse, come un enorme paras­
sita, una sorta di "stato della chiesa". I precedenti privilegi romani vennero restaurati,
accresciuti da Giustiniano potere e autorità dei vescovi romani ; anche nell' antico im­
pero la chiesa cattolica, in particolare gli ordini monastici, privilegiava sempre più
apertamente il suo corpus giuridico: e mentre gli "eretici" venivano perseguitati in
maniera sempre più aspra, il papa regnava su un patriarcato ormai profondamente inse­
rito in Oriente. Sì, egli divenne la suprema autorità municipale, esercitando un esteso
controllo sull ' ammini strazione e sulla schiera di funzionari imperiali; anche i vescovi ,
accanto a i notabili (primates) ebbero diritto di parola nella nomina dei governatori
delle province: in particolare i privilegi del clero orientale divennero titoli giuridica­
mente validi , per mezzo della Prammatica sanzione, ora anche per quello italiano. Tale
clero, uscito sorprendentemente organizzato dall ' inferno, poteva ora difendere i propri
interessi materiali meglio di qualsiasi cittadino privato. Il papa ottenne dal senato an­
che il controllo sulla coniazione, sulle misure e sui pes i ; e poiché i beni liquidi della
chiesa erano molti di più di quelli di qualsiasi laico (dal momento che non solo li aveva
custoditi, ma li aveva anche accresciuti impadronendosi dei beni della chiesa ariana),
essa divenne "una potenza economica di prima grandezza e l ' unica istituzione pubbli­
ca che era riuscita a migliorare, nel generale tracollo dell' Italia" (Caspar) ; la chiesa
divenne "quasi l ' unica potenza economica d ' Italia" (Hartmann), e "il papa l ' uomo più
ricco di quella terra" (Haller) . 1 74
Dunque la chiesa d' Occidente non solo approfittò dei cambiamenti di proprietà e
degli incrementi delle proprie ricchezze, cosa che stava particolarmente a cuore all ' im­
peratore; ma ora si riempirono anche i luoghi di culto, come avviene dopo ogni guerra,
e in quel tempo soprattutto i monasteri (come ancora dopo la Grande Guerra, quando il
Chi profittò dell ' inferno: la chiesa romana 311

clero tedesco fondò, dal 1 9 1 9 al 1 930, in media dodici, tredici nuovi monasteri al mese,
con una crescita complessiva degli aderenti di circa 2000 all ' anno ! ) . Poiché tutti vi si
recavano : i contadini in bancarotta, i coloni affamati, i funzionari cittadini strangolati
dalle tasse. "La chiesa - scrive Gregorovius - tra le macerie dei vecchi stati era rimasta
l ' unica in piedi, l ' unica dotata di vitalità, mentre tutto intorno a lei regnava il deserto".
La tendenza dell ' epoca, conferma anche Hartmann, "dappertutto andava nella stessa
direzione, verso un rafforzamento delle proprietà spirituali . . . L' atmosfera del tempo, il
crollo generale e la terribile infelicità che la ventennale guerra aveva arrecato, rendeva
propizia l ' affermazione della fede, delle aspettative circa l ' imminente fine del mondo,
che faceva sembrare inutili e caduchi tutti i beni materiali , i mponendo l ' introspezione,
con lo scopo di salvare l ' anima . . . Queste tendenze corrispondevano proprio allora al
rifiorire in Italia delle istituzioni conventuali . . . Dappertutto erano i coloni, per mezzo
delle imposte e degli interessi, a mantenere economicamente i monasteri . . . La maggior
parte dei proventi di questa ricchezza, prima come dopo, andò in tasca non a loro, ma ai
loro signori e padroni, i monasteri". 1 75
Un altro vincitore della guerra in particolare fu la chiesa ravennate, le cui entrate
regolari erano valutate già a quel tempo in 1 2000 solidi d' oro; le proprietà terriere, che
arrivavano fino alla Sicilia, vennero considerevolmente aumentate da donazioni e la­
sciti testamentari, mentre banchieri in possesso di grandi liquidità edificavano le cosid­
dette "case di Dio". Ma soprattutto il vescovo di Ravenna incamerò i beni mobili e
immobili della chiesa ariana, che erano naturalmente molto diffusi nei dintorni del l ' ex
capitale dei Goti . 1 76
In un editto riguardante il diritto privato, emesso durante il suo secondo anno di
regno ( 5 3 8/5 39), così scrive Giustiniano: "Tutto il nostro ardore va in direzione
dell ' instaurazione, del rafforzamento, del miglioramento e dell ' ingrandimento della
libertà nel nostro regno; spinti da questo desiderio abbiamo intrapreso guerre così grandi
contro la Libia e l ' Occidente, per confermare la "vera fede" in Dio e per la libertà dei
nostri sudditi". 1 77
L' imperatore, però, aveva condotto una guerra più che ventennale per ben altri mo­
tivi che "la libertà dei nostri sudditi", e non da ultimo certo per confermare la "vera
fede", sul cui altare ben saldo aveva macellato e sterminato due popoli . Dal momento
che questa recuperatio imperii, che aveva stupito così tanti contemporanei, e lo stesso
Giustiniano, consisteva pri ma di tutto nella riconquista alla causa cattolica del l ' Africa
del Nord e dell' Italia, con cui il despota divenne il "difensore della chiesa romana" :
"egli diede in primo luogo a Roma e al papato ciò che poteva loro dare" (Rubin). 1 78
Ai sudditi al contrario l ' imperatore non diede proprio nulla, in ogni caso nessun
bene concreto; poiché, chi a Roma aveva sempre dato tanto, lo prendeva dagli altri , che
quasi sempre opprimeva anche. Proprio questa lunga guerra, fatta come si diceva per la
libertà degli uomini di Nordafrica, Spagna e in particolare d' Italia, aveva divorato somme
312 Giustiniano l

enormi (accanto a quella contro i persiani, con la costruzione di 700 nuove fortezze e di
migliaia di nuove chiese) ; per poter finanziare gli eserciti d ' Oriente e d' Occidente, le
province orientali vennero devastate dalle tasse e il popolo, come sostiene Procopio,
spremuto sempre più senza riguardi, reso sempre più insoddisfatto, tanto più che l ' am­
ministrazione era corrotta quanto la giustizia, i generali dell' esercito spudorati, e i ri­
catti, le prevaricazioni e la violenza erano ali ' ordine del giorno. In questo enorme stato
sacrale di polizia tutti rubavano, dal militare al ministro: quelli che venivano chiamati
"i cacciatori di briganti" spesso infierivano più degli stessi delinquenti , mentre invece
ai latifondisti, generali e prìncipi della chiesa "ortodossa" le cose andavano splendida­
mente : solo nella capitale giustiniana, nell' ultimo decennio del suo regno, ci furono
una mezza dozzina di grandi rivolte popolari. E il despota cattolico, che opprimeva in
maniera particolarmente dura per mezzo delle sue leggi i coloni, le represse tutte nel
sangue. 1 79
Continuamente Procopio, il cronista dell' epoca, il modello della storiografia bizantina,
incolpa l ' imperatore degli assassinii e delle rapine ai danni dei suoi sudditi, così come
dello spreco insensato del denaro estorto. Le lamentele di Procopio culminano nel XVIII
capitolo della sua "Storia segreta" , che dovrebbe senz' altro cogliere l ' essenziale quan­
to ai numeri, malgrado alcune esagerazioni , oppure quando scrive che si potrebbe più
velocemente "contare la sabbia del mare che le vittime di questo imperatore . . . La Li­
bia, davvero molto estesa, la distrusse così a fondo che solo di rado a un viaggiatore
capita la sorpresa, durante un lungo cammino, di incontrare un uomo. E se in quella
contrada prima vi erano 80000 Vandali in armi, chi potrebbe ora calcolare il numero
delle loro donne, dei loro bambini e dei loro servi? Come si potrebbe valutare il nume­
ro di tutti i romani di Libia che un tempo vivevano nelle città, dedicandosi all ' agricol­
tura o alla pesca e alla navigazione, come io stesso ho potuto osservare in larga misura
coi miei occhi? Ancora numerosi erano allora i Mauritani, che furono tutti sterminati
con donne e bambini. E infine la terra ha sepolto molti soldati romani e chi li aveva
seguiti da B isanzio. Cosicché chi affermasse per l ' Africa cinque milioni di morti , si
avvicinerebbe poco alla verità. La causa di tutto ciò fu che Giustiniano non si curò allo
stesso modo di sottomettere i Vandali e di consolidare il proprio potere in quel paese.
Egli non si preoccupò della sicurezza dei bottini di guerra, vigilando sulla lealtà dei
sudditi . Invece ordinò ali ' istante, senza esitare, a Beli sario di tornare indietro, accusan­
dolo ingiustamente di tirannìa; e questo solo per agire da allora in poi a proprio arbitrio
e per depredare l ' intera Libia.
Egli inviò subito dei funzionari del l ' erario (censitores) per imporre nuove e ancora
più odiose tasse. Si impossessò dei beni migliori e impedì agli ariani di celebrare i loro
sacramenti . I soldati, quando venivano pagati, venivano pagati sempre in ritardo: per
questo scoppiavano le rivolte che portarono infine alla rovina. Era proprio nel suo stile,
non sapendo perseverare, mettere disordine e seminare il caos.
Chi profittò del/ 'inferno: la chiesa romana 313

L' Italia, tre volte più piccola della provincia d' Africa, s i spopolò ancor più di questa,
cosicché appare con più evidenza il numero di quanti vi morirono. Il motivo di quello
che accadde in Italia l ' ho già esposto sopra [nella storia della guerra] . Tutto ciò che
l ' imperatore aveva commesso in Libia, lo fece anche qui : vi mandò i cosiddetti logoteti
[inviati particolari del ministro delle finanze] , rivoluzionando e devastando subito tutto.
L' autorità gotica prima della guerra si estendeva dalle regioni galliche fino ai confini
con la Dacia, dove si trova la città di Sirmio. Di molte terre della Gallia e del Veneto si
impossessarono i Germani [cioè i Franchi ! ] , non appena l ' esercito romano arrivò in
Italia; Sirmio però e i suoi dintorni lo presero i Gepidi, anche se erano completamente
disabitati. Poiché gli uni li aveva strappati via la guerra, gli altri li aveva annientati la
fame e la malattia che la guerra porta con sé. L' Illiria e tutta la Tracia, ali ' incirca dal mar
Ionio fino ai sobborghi di Bisanzio, come anche la Grecia e la terra del Chersoneso, da
quando Giustiniano aveva preso il potere, quasi ogni anno erano travolti da Unni, Slavi
e Anti, che cagionavano terribili disastri agli abitanti . Credo che in quelle invasioni più
di 200000 romani che là risiedevano siano stati uccisi o resi schiavi, così che davvero
tutta la regione è simile a un deserto di Scizia. Tali furono le conseguenze della guerra
anche in Africa e in Europa. Durante tutto questo tempo imperversarono ininterrotta­
mente sui romani d' Oriente anche i Saraceni, dall' Egitto sino al confine persiano, mas­
sacrandoli, cosicché tutte le contrade si erano svuotate d' uomini e nessuno, io credo,
che chiedesse ragione del numero di persone scomparse in tal modo, sarà in grado di
scoprirla. I Persiani di Cosroe calarono per quattro volte in queste regioni romane. Essi
distrussero le città, uccidendo alcuni degli uomini che catturavano nelle città e nei terri­
tori conquistati, e portandone via altri ; così spogliarono dei loro abitanti le province da
loro funestate. Quando essi calarono nella Colchide (Lazika ! ) , tutti, Lazidi e romani,
vennero annientati . Ma anche i Persiani, i Saraceni, gli Unni o le tribù slave o gli altri
barbari, non avevano certo lasciato intatto il territorio romano. Lo sottoposero a invasio­
ni, a numerose devastazioni e molti scontri bellici: così anch ' essi contribuirono a man­
darlo in rovina. Non solo i romani, ma anche quasi tutti i barbari subirono le conseguen­
ze delle colpe criminali di Giustiniano. Anche Cosroe aveva un pessimo carattere: tutta­
via, come ho già detto nei miei precedenti libri [la storia della guerra] , fu Giustiniano a
fornirgli un pretesto per la guerra. Egli (Giustiniano) non pensava mai ad agire al mo­
mento giusto e faceva tutto in quello sbagliato. Negli accordi di pace trovava sempre,
con animo subdolo, motivi di guerra contro i vicini; al contrario in guerra si rilassava
senza motivo, gestiva tutto in maniera indolente a causa della sua avarizia, e invece di
preoccuparsi di ciò che lo circondava, esaminava le nuvole e studiava appassionatamen­
te la natura di Dio. Come un infame assassino egli non rinunciava alla guerra e d' altra
parte non sapeva sconfiggere i nemici, poiché, grazie alla sua miope condotta da piccolo
bottegaio, non intraprendeva mai quel che era necessario. Così , durante il suo regno,
l ' intero mondo fu riempito a sufficienza del sangue di quasi tutti i romani e barbari .
314 Giustiniano l

Riassumendo, a tutto questo avevano portato gli eventi bellici che imperversarono
ovunque nella terra dei romani. Ma se riconsidero i tumulti a Bisanzio e in ogni città,
essi causarono, a mio parere, non meno morti della guerra. La giustizia non esisteva
più, i delitti non veni vano più puniti, e quando l ' imperatore combatteva con ardore
contro una delle fazioni, anche l ' altra non se ne stava quieta. Se gli uni ripiegavano per
inferiorità numerica, gli altri passavano dalla baldanza alla disperazione e infine alla
follia. Ora si scagliavano gli uni contro gli altri a frotte, ora si combattevano in pochi o
addiri ttura si tendevano imboscate solitarie. Per trentadue anni non vi fu un solo istante
di pace: essi commettevano gli uni contro gli altri terribili delitti e venivano per lo più
uccisi dal l ' autorità che presiede al demo (il praefectus urbis). Ma la punizione colpiva
quasi soltanto i Verdi . Inoltre l ' impero romano perseguitò a morte i Samaritani e i
cosiddetti eretici. Ma questo è stato da me ora raccontato solo sommariamente, poiché
già in precedenza ne ho trattato". 1 80
Quando il tiranno morì, il popolo non era libero - e l ' impero economicamente arre­
trato, quasi in bancarotta.
Al contrario, l ' era di Giustiniano significò per il papato - già soltanto per la riconquista
del Nordafrica, l ' annientamento dei due potenti popoli ariani e la sconfitta del l ' indi­
pendente regno d' Italia - l' acquisizione massima di un vantaggio materiale e giuridico,
anche se ora gli stessi papi sono sottoposti ali ' influenza diretta del l ' imperatore, veden­
do sostanzialmente ridursi il loro effettivo potere e qualcuno dei successori di Pietro
venendo anche pericolosamente umiliato. Inoltre il sovrano sottomise i vescovi orien­
tal i al l ' autorità papale, assicurando che "in tutte le cose abbiamo preso a cuore il fatto
che si accresca il potere e l ' autorità del Vostro Trono" . Così commenta Caspar: "Mai
un imperatore aveva fino a quel momento parlato in maniera tanto rispettosa alla chie­
sa di Roma, e tuttavia mai si era comportato in modo tanto autonomo". I R I

GUITTERIE TRA ORIENTE E OCCIDENTE, OVVERO: I L PAPA ASSASSINO VIGILIO (537-555)

Il pontefice sotto cui era iniziata la guerra gotica fu Agapeto I (535-536 ). Per ordine dei
Goti il papa, che aveva lasciato capire di non potere sopportarne le spese, nel 536 si
mise in viaggio alla volta di Bisanzio, con il compito di fermare la guerra d' aggressio­
ne appena iniziata. Ma non ottenne nulla a favore dei Goti, probabilmente non avendo­
ne neanche la volontà - secondo Gregoriovius "sembra avere assunto il suo ruolo in
qualità di nemico dei Goti" . Così riporta il Liber pontifical i s : "Agapeto andò a
Costantinopoli, venendo accolto con sfarzo. Subito iniziò un dibattito in materia di
fede con il piissimo imperatore ed augusto Giustiniano . . . , e con l ' aiuto di Dio emerse
che il vescovo di Costantinopoli, Antimo, era in errore". La questione in ogni caso
interessava ai romani più della pace con i Goti ! Comunque al pontefice riuscì di far
Guitterie tra Oriente e Occidente 315

destituire i l patriarca d i osservanza monofisita A ntimo, protetto dal i ' imperatrice - cosa
di cui troviamo un resoconto falsato nel Liber pontificalis - e consacrare il 1 3 marzo
536 il nuovo patriarca ortodosso Menas : "la sua azione laggiù fu un' eccezionale vitto­
ria" (H. Rahner SJ). Ma dal punto di vista gotico, fu una visita politicamente del tutto
fallita ! 11 22 aprile 536 Agapeto morì a Costantinopoli di morte improvvisa e a tutt' og­
gi misteriosa. Il 1 7 settembre la salma venne mandata a Roma, chiusa in una bara di
piombo, e deposta in S. Pietro. Perfino Erich Caspar, il cui giudizio è quasi sempre
estremamente cauto, a ragione si chiede se nella morte improvvisa del pontefice tutto
sia avvenuto regolarmente, dal momento che "se Teodora voleva sbarazzarsi di un
uomo scomodo, conosceva i mezzi e i modi migliori per farlo del tutto senza clamore".
Le chances più grandi alla successione le aveva il responsabile degli scambi commer­
ciali alla corte dell ' imperatrice, quel Vigilio che già nel 5 3 2 aveva tentato di ascendere
al tanto agognato trono, e su cui l ' imperatrice aveva grandi interessi; ma neanche sta­
volta vi riuscì, venendo sopravanzato dal sottodiacono S ilverio (536-537), uno dei figli
di papa Ormisda. 1 82
L' imperatore, "conformemente alla sentenza del Santo Padre", proibì al destituito
Antimo di rimanere a Costantinopoli, nei suoi dintorni o in altre grandi città. Teodora
tenne però nascosto il defenestrato patriarca fino alla fine dei suoi giorni nei suoi ap­
partamenti privati a palazzo, riuscendo alla fine a imporre il suo candidato Vigilio,
dopo alcune difficoltà superate in maniera scandalosa (supra p. 302).
Vigilio (537-555), assassino del suo predecessore e forse perfino coinvolto nella
morte improvvisa di papa Agapeto, fu papa durante il grande sterminio dei Goti . Gra­
zie alla sua non comune astuzia rimase sul trono pontificio per diciotto anni, avendo a
che fare più con i desideri del sovrano che con questioni dottrinarie.
La sottomissione del clero all ' imperatore in Oriente risaliva ai tempi di Costantino,
il quale, primo sovrano cristiano, era il signore al contempo di Chiesa e Impero, che
dovevano - o avrebbero dovuto - coappartenergli. Con Costantino e i suoi successori, il
tradizionale legame amichevole del clero con lo stato portò, nel V secolo, ad uno spe­
cifico cesaropapismo, in cui i vescovi facevano quello che il dittatore ordinava. Con­
traddicendo a ogni norma dottrinaria, sottoscrissero a centinaia, come automi, i decreti
anche in materia di fede degli imperatori Basilisco, (476), Zenone (482), Giustiniano
(532).
Al clero d' Oriente così scrisse nel 552 il papa italiano: "ci sono vescovi greci in
possesso di chiese ricche e sfarzose, che non potrebbero tollerare neanche per due mesi
la sospensione dello loro prebende. Per evitare ciò, obbediscono sempre senza esitare
alla volontà del principe, a ciò che egli sempre esige da loro". Di quando in quando
anche il papa si rassegna all ' ubbidienza, come Giovanni Il, che condannò su pressione
imperiale gli Acemeti fedeli a Roma, o riconobbe la ' formula teopaschita' , di taglio
monofisita (supra p. 274) ; o come lo stesso papa Vigilio, che, per desiderio di
3 16 Giustiniano I

Giustiniano, con il cosiddetto "editto dei tre capitoli", prima condannò e poi smentì,
per poi di nuovo condannare le dottrine dei teologi ortodossi Teodoro di Mopsuestia (il
maestro di Nestorio attaccato da Cirillo di Alessandria), Teodoreto di Ciro e lba di
Edessa (entrambi avversari di Cirillo, poi riabilitati a Calcedonia). 1 83
Successivamente fece pubblica dichiarazione di fede, ma a danno delle precedenti
promesse; di contro alle sue assicurazioni, infatti, non favorì in alcun modo le aspira­
zioni monofisite di Teodora, tenendo piuttosto "fin dal primo istante un contegno in
generale dignitoso nei confronti della corte imperiale" (H. Rahner SJ) - se si prescinde
dal fatto che si era intascato anche il suo denaro, che erano pur sempre 700 solidi d' oro.
Ma si sottometterà in futuro all ' imperatore, durante la disputa dottrinale che sconvol­
gerà straordinariamente Oriente e Occidente, la cosiddetta "questione dei tre capitoli".
Il sovrano, infatti, senza abbandonare il credo calcedoniano, per battere i monofisiti in
maggioranza nelle regioni sudorientali dell ' impero, aveva condannato con un editto
(in verità un trattato, andato perduto, del 544) i tre teologi e vescovi del V secolo vicini
al Nestorianesimo, e cioè Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Ciro e lbas di Edessa
(quest' ultimo poco noto), che da lungo tempo erano morti, ormai in pace con la chiesa;
e tutto in totale autonomia, senza neanche consultare un sinodo. Tutti gli archimandriti
d' Oriente, dipendenti dal l ' imperatore, accettarono il giudizio, sia pure dopo alcune
resistenze ; mentre quelli occidentali, più lontani dall ' influenza imperiale, si rifiutaro­
no. L' episcopato africano, ad esempio, nella questione dei tre capitoli fu compatto con­
tro papa Vigilia, mentre quello italiano e quello gallico lo furono in gran parte. 1 x4
Per convincere i recalcitranti Giustiniano, pesantemente influenzato da Teodora,
costrinse il papa, il 22 novembre 545 , a lasciare per nave Costantinopoli, nel bel mezzo
di una funzione nella chiesa di S. Cecilia, mentre distribuiva la comunione ai fedeli
(munera erogantem) e proprio mentre Roma era assediata dai Goti . (Secondo il registro
papale l ' augusta imperatrice aveva mandato il suo segretario Antimo, accompagnato
da una forte scorta, con il seguente ordine: "Risparmialo solo nella basilica di S . Pietro:
ma se tu troverai Vigilia al Laterano, o nel palatium, o in qualsiasi altra chiesa, mettilo
subito su una nave e portalo da noi, altrimenti ti farò scuoiare vivo"). La devota comu­
nità romana aveva accolto l ' elezione di Vigilia, come scrive lo stesso registro, lancian­
dogli pietre, bastoni e pentole, e augurandogli l ' inferno : "Ti accompagni la fame e la
morte ! Hai portato il male ai romani, e male troverai dovunque andrai ! " . 1 85
Vigilia, che non avrebbe più visto quella città da vivo, si stabilì, naturalmente con il
permesso imperiale, nella solatìa Sicilia, a Catania, dove la chiesa aveva enormi posse­
dimenti. Nel frattempo, nel dicembre 546, Totila espugnò Roma distruggendo in gran
parte le mura, cacciando la popolazione, portandosi via come ostaggi i senatori per poi
successivamente impiccarli. Solo il 25 gennaio 547 Vigili o poté tornare a Costantinopoli,
accolto con tutti gli onori . Papa e imperatore si baciarono sulle guance tra le lacrime -
forse non solo per la gioia della triste notizia, appena giunta, della caduta di Roma.
Guitterie tra Oriente e Occidente 317

Allora Vigilio coraggiosamente scomunicò tutti i sottoscrittori dell' editto dei tre capi­
toli - papa Gregorio Magno successivamente sostenne la scomunica dell ' imperatrice:
davvero incredibile ! E nell' anno seguente lo stesso Vigilio ratificò il verdetto dei tre
capitoli con il cosiddetto judicatum dell' 1 1 aprile 548, avendo bisogno anche delle
firme dei vescovi latini (di Milano e dell' Africa) che erano a Costantinopoli: una dimo­
strazione del sovrano primato pontificio in materia di dottrina! In Occidente, in parti­
colare in Africa, soffiò il vento del l ' indignazione. Ma anche i più immediati collabora­
tori del pontefice protestarono, a tal punto che il papa dovette destituire e scomunicare
alcuni dei diaconi che più gli erano vicini, tra cui il nipote Rustico (che si mischierà
agli Acemeti), prima che un sin odo di vescovi africani scomunicasse lui stesso, il papa.
Ma quando quasi tutto l ' Occidente protestò, e anche il clero di Roma gli si ribellò, e le
Gallie, l ' Italia del Nord, la Dalmazia e l ' Illiria lo abbandonarono - in Occidente, in
particolare nel Norditalia, lo scisma causato dali' affaire dei tre capitoli ebbe ripercus­
sioni fino ali fine del VII secolo - egli si decise, appoggiato soprattutto dal suo succes­
sore, il diacono Pelagio, nel frattempo tornato a Costantinopoli, e ritirò il suo giudizio.
Ora era Vigilio a protestare contro un successivo editto imperiale riguardante i tre capi­
toli del luglio 55 1 , minacciando di bando tutti coloro che lo avevano sottoscritto. Ma
dopo che l ' imperatore ebbe addomesticato l ' ostinato episcopato africano con l ' esilio e
la corruzione (il vescovo Vittore di Tunnuna, dopo essere stato condannato all ' esilio fu
rinchiuso per diversi anni in diversi monasteri di Costantinopoli, nei quali scrisse una
Cronaca universale), e che finalmente ebbe conquistato anche l ' Italia, il sempre tor­
mentato Vigili o sentì, non del tutto a torto, in pericolo il suo seggio e mutò nuovamente
opinione. Ora faceva tutto quello che desiderava l ' imperatore cristianissimo, che invero
non rifuggiva da nulla: promesse, scuse, spergiuri, interventi polizieschi. L' 8 dicembre
5 5 3 , in una lettera al patriarca di Costantinopoli Eutichio (552-565), il papa riconobbe
il suo "errore" e mosse accuse ai "tre capitoli" e a chi li sosteneva. Ma a Giustiniano
non bastò lo scritto privato del papa. Egli pretese un dettagliato giudizio pubblico sulla
vicenda, ed ottenne anche questo. Nel constitutum (Il) del 23 febbraio 554 Vigilio
condannò nuovamente i Tre Capitoli. Con questo atto egli si assicurò il ritorno; partì la
primavera seguente, ma morì per via, all ' inizio giugno del 5 5 5 , a Siracusa, in Sicilia. A
Roma fece ritorno solo il suo cadavere - primo papa dai tempi di Pietro a non essere
santificato. 1 Mb
Eppure anche Vigilio ha i suoi dolori, il suo "martyrium", tra le grinfie dell ' impera­
tore cattolico, della "sua devota maestà", come egli stesso scrive in un' enciclica del 5
febbraio 5 5 2 : "nel venticinquesimo anno di regno del sovrano Giustiniano, dell ' eterno
Augusto" noto a tutto il mondo, o meglio, al "popolo di Dio su tutta la terra (universo
populo Dei)". In questa enciclica sua santità si lamenta in modo prolisso delle "penose
fatiche", dei "tormenti (multa mala intolerabilia) a cui fummo incessantemente espo­
sti", e che divennero "sempre più intollerabili". Tutte le sue "proteste verbali e scritte,
318 Giustiniano l

continuamente formulate, non servirono a nulla; al contrario, la nostra sofferenza ogni


giorno si fece più grande" . A questo punto papa Vigilio raggiunge il vertice della sua
meschinità: "Due giorni prima delle festività natalizie abbiamo potuto personalmente
osservare e udire con le nostre proprie orecchie (auribus nostris) il chiasso fatto dalle
guardie quando occuparono tutte le porte del palazzo" - cioè l ' alloggio di fortuna dello
scrivente - " .. .le loro grida selvagge penetravano sin nella stanza da letto in cui riposa­
vamo; noi l ' abbiamo udito anche nella notte in cui fuggimmo . . . Non si può misurare
fino in fondo il gravissimo pericolo di cui noi, spinti dalla paura, non ci curammo:
fummo costretti a passare per la stretta fessura di un muro in costruzione, e restammo
nella notte buia e nera, come inchiodati da terribili dolori . Da ciò si può chiaramente
comprendere in quale distretta ci siamo trovati solo per amore della chiesa, e quale
prigionia ci ha costretto alla fuga in questo frangente di grave pericolo" . 1 87
E però il papa martire - che rimane pur sempre un papa assassino - che dovette, "a
causa del gravissimo pericolo", passare nella "stretta fessura" di un muro e quindi
restarsene nel buio pesto della notte, desidera espressamente che "neppure un solo
uomo di fede cristiana ignori" tale miseria. E alla fine di tutte le sue lamentele egli si
inchina, come sempre, davanti all ' imperatore : "Non c ' è nulla per me di più alto, né
vi ncolo d' amore o di sangue né tutti i beni della terra, della mia coscienza e della mia
buona reputazione presso la Vostra devota Maestà (piissimi principis)". 1 88
Il gesuita Hugo Rahner la definisce "la grande enciclica del 5 febbraio 552 rivolta al
mondo intero", mentre così sostiene di Vigilio: "nei dolori del suo pontificato è venuta
a cadere tutta la miseria della sua vita precedente . . . ". 1 89
Sotto il concetto di "miseria" si può riassumere molto della vita di Vigilio, dalla
grande predisposizione all ' intrigo al l ' avidità di denaro, alla corruttibilità, all ' apostasia,
all ' omicidio - omicidio di papa. E Vigilio può anche non essere affatto implicato nella
misteriosa morte di Agapeto, anche se probabil mente non è così ; ma per quanto riguar­
da la morte di Silverio, la cosa è molto più chiara. E come Vigilio, mentre era apocrisario
(ambasciatore), si affrettò a tornare da Costantinopoli a Roma proprio in mezzo a que­
sti due casi di morte, allo scopo di diventare papa e "Vicario di Cristo", ottemperando
alla volontà dell ' imperatrice Teodora così ben disposta verso di lui ; così adesso fu
l ' apocrisiario Pelagio, dopo la morte di Vigilio, a correre da Costantinopoli a Roma per
diventare lui papa e "Vicario di Cristo", stavolta per ordine del l ' imperatore Giustiniano,
ben disposto nei suoi riguardi. Sempre un papa moriva a Costantinopoli o tornando da
Costantinopoli - e il suo successore, che ugualmente tornava da Costantinopoli, mori­
va per via. Certo, Vigilio non aveva ottenuto la "Santa Sede" al primo tentativo e nem­
meno si era spento a Costantinopoli, come Agapeto, ma sulla strada per Siracusa. Ma
bastava cambiare il luogo del del itto, per non rendere troppo evidente la coincidenza
dei fatti ? I n ogni caso, Vigilio morì improvvisamente a Siracusa come Agapeto era
improvvisamente morto a Costantinopoli. E quando Pelagio arri vò a Roma per occu-
Guitterie tra Oriente e Occidente 319

pare i l "Santo Soglio", ovviamente con i l consenso i mperiale, gran parte del clero e
della nobiltà lo accusarono di complicità nella morte i mprovvisa di Vigilia - tanto che
dovette fare un giuramento ufficiale davanti a tutto il popolo, col Vangelo in mano e
sulla testa il Crocefisso - e con a lato Narsete, il l iberatore venuto da B i sanzio ! . 1 90
Successivamente Pelagio redasse uno scritto apologetico - no, non sul suo predeces­
sore morto, ma sulla questione dei Tre Capitoli, per la quale aveva mosso a papa Vigilia
i più aspri rimproveri , per aver "spinto i nemici del concilio di Calcedonia, per i nco­
stanza e venalità, a scandali infiniti e ad abusare dello zelo religioso di Sua Maestà
Imperiale". 1 9 1
A parte le leggi sull ' eresia - ciò che meno di tutto trasse originò dallo zelo religioso
di Sua Maestà Imperiale fu però assai duraturo: la codificazioni del diritto romano,
arrivata sino in età moderna. Codificazione che è contenuta nel Codex Justinianus
(529) e nell ' ancor più significativa raccolta giuridica del Digestum (533), fatta sotto la
direzione del quaestor sacri palatii Triboniano, fiduciario i mperiale e ministro delle
finanze. Come già ai tempi di Costantino (v. I, 228 ss.), anche ora naturalmente si
esaltò la nuova versione del diritto, più umano grazie all ' influsso del cristianesimo. Ma
se si mitigava la sorte degli schiavi, ciò avveniva soprattutto perché nel processo pro­
duttivo, tanto più in quello agricolo, non erano più gli schiavi a svolgere un ruolo
sostanziale, ma i coloni. Proprio contro costoro il diritto giustinianeo si mostrò total­
mente senza scrupoli . Inoltre: quanto è umano poi un diritto che semplicemente priva
di ogni garanzia giuridica tutti gli uomini che professano una fede diversa?
Lo zelo religioso di Sua Maestà Imperiale - come sempre nel caso di stati e chiese -
veniva pagato con sangue e mi seria: e dal momento che l ' ambizione giustinianea
all ' universalismo fu di poco inferiore a quella della dinastia di Costanti no, essa fu
pagata con così tanto sangue e miseria come da molto non si vedeva. A questo zelo
religioso dobbiamo l ' immenso e sempre crescente salassa dei sudditi, poiché la furia
edilizia del tiranno portò a dissipare immense somme in guerre secolari . A questo zelo
religioso dobbiamo la prosecuzione dei conflitti religios i : i tormenti dei monofisiti, la
persecuzione dei manichei, I ' oppressione degli ebrei, lo sterminio dei samaritani , la
lotta tenace contro il paganesimo, che Giustiniano perseguì in modo brutale più di
qualunque sovrano dai tempi di Teodosio I, annientando i n pratica quanto ancora di
esso restava. A questo zelo religioso dobbiamo la distruzione dei Vandali e dei Goti ,
nonché delle sue stesse truppe.
La lotta di Giustiniano per il cattolicesimo, condizionata probabilmente più dalle
strategie offensive in Occidente che da reali convinzioni interiori , portò anche alle
politiche secessioniste di Siria ed Egitto e alla formazione di due chiese nazionali "ere­
tiche", la siriaca-monofisita e la chiesa copta. E le grandi guerre di aggressione nel
Nordafrica e in Italia, la trionfale riconquista dell' Occidente, o meglio di una sua parte,
tutto questo fu ottenuto con gravi perdite territoriali a nord e ad est. Fu pagato anche
320 Giustiniano I

coi sempre più ingenti tributi all ' i mpero persiano, le cui armate mettevano a ferro e
fuoco l ' indifeso Oriente. Nel 540, proprio durante la "pace eterna", esse avevano di­
strutto sin dalle fondamenta Antiochia, uccisi o ridotti in schiavitù gli abitanti, e si
erano spinte sino al mare, ottenendo sempre più chiaramente la supremazia in tutta
l ' Asia Minore. Le potenti espansioni in Occidente lasciarono incustodito anche il con­
fine danubiano, che continuamente nuove orde di popoli stranieri oltrepassavano deva­
stando i B alcani. In particolare gli Slavi, sin dai primi anni del regno di Giustiniano,
invasero i territori dell ' i mpero fino ad Adria, al golfo di Corinto, al mar Egeo, per poi
nuovamente ritirarsi e occupare definitivamente i Balcani, mentre tutte le altre tempe­
ste "barbariche" passavano e finivano.
Ma gli stessi successi imperiali in Occidente ebbero in parte breve durata, e la sua
opera di ricostituzione dell ' impero rimase incompleta. Già a partire dal 568 i Longobardi
conquistarono molte zone d' Italia. La parte sudorientale della Spagna che era stata
sottomessa, andò in pochi decenni nuovamente perduta in favore dei Visigoti. E per
finire, l ' arrivo degli Arabi e deii ' Islam non lasciò quasi traccia dell' opera di Giustiniano,
dall' Egitto al Nordafrica, fino alla Spagna.
Note 321

NOTE

1 Handbuch der Kirchengeschichte IV2, 1 9.


2 Liber. Adv. Originem, Praefatio (PG 86, 1 , 945 ) . Mansi IX 488 e Nov. 78 c. 4, 1 .
3 Procopio, Historia Arcana, 6. Ci t. i n Rubin 2 1 0.
4 Rubin 73, 1 42.
5 Mango 84.
6 Evagrio, Historia ecclesiastica, 4,2. Procopio, Historia Arcana, 6, 1 s s . Ibidem, La guerra persiana,
1 ,8,3; 2, 1 5 , 7 . Marcellino Comes, Chronica, 5 1 9. (Chron. min. 2, 1 0 1 ). Pauly III 1 9,2 1 s. dtv. Lexikon der
Antike, Geschichte II 1 7 1 . Grisar, Geschichte Roms, 690. Diehl l . Caspar, Papsttum, II 1 48 s. ThieB 439
s. Vasiliev 43 ss, 66 ss, 85. Bacht, Die Rolle, II 1 93 ss. Bury, History, II 16 ss. Rubin 52 ss, 64 ss, 67 ss,
73, 1 25 . Jones, Roman Empire, I 267. Grillmeier, Rezeption, 359 s, 365.
7 Rubin 58, 68, con fonti.
' Collectio Avellana 1 4 1 , 1 47 . Caspar, Papsttum, II 1 48 ss. Vasiliev 1 03 ss. Rubin 56, 60, 89. Grillmeier,
Rezeption, 359 ss.
9 Collectio Avellana 1 4 1 . Caspar, Papsttum, II 1 49 s. Ensslin, Theoderich, 305 s.
10 Giustiniano, Epistulae, 72,3. Collectio Avellana 232. A. Ensslin, Gottkaiser. 9 1 . Vasiliev 76. Haacke,
Politik, II 1 48 . Rubin 57 ss, 1 25 . Tinnefeld 1 92.
11 JK 806 (Avei!. 1 49) Caspar, Papsttum, II 1 54. Bacht, Die Rolle, II 289. Rubin 37 s.
12 Procopio, Historia A rcana, I l , 1 6. Ormisda, Epistulae, 4 1 s. Collectio Avellana 1 4 1 . RAC IV 575. Kirsch
642 s. Vas i l iev 2 1 3 , 22 1 ss, 242 ss. Grillmeier, Rezeption, 3 6 5 . Rubin 68, 7 3 . Handbuch der
Kirchengeschichte IU2, 1 7 . Tinnefeld 86 s.
13 Breviarium causae Nestorianorum et Eutychianorum, 23. Diacono Rustico, Contra Acephalos Disputatio,
PL 67, 1 25 1 D. Procopio, Historia Arcana, 1 0,7. Malalas 4 1 0, 9. Teofilo 1 , 1 65 . Evagrio, Historia eccle­
siastica, 4,2. Altaner 4 1 6. Altaner/Stuiber 349 s. Kirsch 643. Caspar, Papsttum, II 1 48 ss. Vasiliev 35 ss,
226 ss. Haacke, Politik, II 1 52. Bury, History, II 20 s. Bacht, Die Rolle, II 289 ss. Haller, Papsttum, I
1 84. Rubi n 68 ss. Grillmeier, Rezeption, 360 ss.
" Evagrio, Historia ecclesiastica, 4,4. Collectio Avellana 2,4 1 . LThK ! .A. IX 508 s, 2. A. IX 702 ss.
Caspar, Papsttum, II 1 49. Ensslin, Theoderich, 308. Vasiliev 235 s. Haacke, Politik, II 1 48. Handbuch
der Kirchengeschichte III2 , 1 8. Brock 87 ss. Speigl 264 ss.
15 Vasiliev 236 s.
16 Ibidem, 2 1 1 . Cit. in Haacke, Politik, II 1 45 .
17 Collectio Avellana 1 49 ; 1 60 s s , in part. 1 67 ; 2 1 3 ; 223. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 2 1 5 s. Caspar,
Papsttum, II 1 53 ss. Ensslin, Theoderich, 294, 307. Vasiliev 1 68 ss. Haller, Papsttum, I 1 85 . Rubin 72.
Haacke, Politik, II 1 44. Grillmeier, Rezeption, 365 .
" Collectio Avellana 1 59, 1 67 . Cfr. anche Collectio Avellana 1 60 ss, 1 68 ss. Hartmann, Geschichte Italiens,
l 2 1 6. Caspar, Papsttum, II 1 57 . Haller, Papsttum, l 1 86. Rahner, Kirche und Staat, 28 1 s.
19 Collectio Avellana 1 86, 208 s, 225 ss. Caspar, Papsttum, II 1 65 ss. Ensslin, Theoderich, 308. Rubin 72.
Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 16 ss, 202. Grillmeier, Rezeption, 365 ss.
2° Collectio Avellana 1 40 (CSEL 35, 572).
21 Teofilo, Chronica, PG l 08,384 A. Zaccaria Retore, Historia ecclesiastica, 8,2. Caspar, Papsttum, II
1 49. Vasiliev l 08 ss, 1 2 1 . Haacke, Politik, II 143. Bach t, Die Rolle, II 239, 29 1 . Dannenbauer, Entstehung,
I 2 1 8 s. Rubin 69 s.
22 Giustiniano, Epistulae ad Hormisdam, Collectio Avellana 238. Caspar, Papsttum, II 1 79. Haacke, Politik,
II 1 46. Grillmeier, Rezeption, 366 s.
23 Rubin 73 s.
24 Caspar, Papsttum, II 1 84s. Schmidt, Bekehrung, 335 s. Giesecke, Ostgermanen, 1 27 . Vasiliev 3 1 8 ss, in
part. 323 ss. Rubin 73 s. Maier, Verwandlung, 1 70. Handbuch der Kirchengeschichte III2, 1 8 s.
322 Giustiniano I

25 Gregorio l, Dialogi de vita et miraculis patrum italicorum, 3,2. Anonimo Valesiano 2,3 1 . Schneege 23.
Grisar, Geschichte Roms, 48 1 ss. Caspar, Papsttum, II 1 8 1 ss, 1 89 ss, 1 93 s. Schmidt, Bekehrung, 335 s.
Vasi l iev 2 1 6 ss. Ensslin, Theoderich, 3 2 3 . Seppelt/Schwaiger S O s s . Haller, Papsttum, I 1 8 8 s .
Dannenbauer, Entstehung, I 320. Gontard 1 38 s s . Haacke, Politik, II 1 46 s.
, .• Codex Justinianus 1 ,5, 1 2. Haacke, Politik, II 1 49.
" RAC I 579 s. Vasiliev 29 1 ss. Dannenbauer, Entstehung, l 324 s. Rubin 302 ss.
'" RAC I 579 s. Vasiliev 296 ss. Rubin 3 1 2 ss.
'' Rubin 302.
30 Ibidem 75, 257 ss.
3 1 Ibidem. Vasiliev 269 ss.
" Procopio, Historia A rcana. 9,54. Rubin 76. Vasiliev 4 1 4. Handbuch der Kirchengeschichte Il/2, 1 5 .
" Prima citazione: Vita Pelagii, II (579-590), ed. Duchesne 309. Procopio, De aedificiis, passi m. Historia
arcana, 1 3,28 ss. Cit. 1 3 ,32. Codex Justinianus 1 ,3,44; 1 ,5 , 1 8. Nov. 6 (a. 535); Nov. 1 33 (a. 539). Cfr.
anche Nov. 1 37 (a. 565). Pauly IV 1 1 65 ss. Schultze, Geschichte, II 3 1 1 . Stein, Justinian, 376 ss. Caspar,
Papsttum, II 2 1 4 ss, 305, 325. Pirenne, Geburt, 59 s. Kornemann, Weltgeschichte, II 436, 446 ss. Hertling,
Geschichte, I l O s. D'lger, Kaiserurkunde, 239, 246. Dannenbauer, Entstehung, I 320 ss, II l ss. Maier,
Verwandlung, 1 7 1 ss, 1 8 1 , 236. Idem, Byzanz, 55, 63 ss. Haller, Papsttum, I 1 9 1 s. Rubi n 83 ss, 90 ss.
Mango, l 04. H unger, Byzantinische Geisteswelt, 89 s. Miche!, Kaiserwahl, 3 1 6. Bury, History, I 23 ss.
Ullmann, Machtstellung, 47 ss, 52 ss. Geanakoplos 1 67, 1 8 1 ss. Diehl, Justinian, 2 ss. Idem, Government,
43. Bosl l l 4. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 2 1 ss, in part. 23. Brown, Welten, 1 88 s, 1 93 .
3 4 Diilger, Byzanz. I O ss. Haacke, Politik, II 1 5 3 . Caspar, Papsttum, II 2 1 4 s. Rubin 1 4 1 . 23 s. Sull' idea
imperiale bizantina cfr. anche Alexander, The strength, 339 ss, in part. 348 ss. Sulla santità e divinità
dell ' imperatore cfr. anche Folz 7 s.
" Caspar, Papsttum, II 324. Rubin 1 29.
36 Codex Justinianus 3,4 1 s.
" Corpus Iuris Civilis ( 1 6/3/535), ed. Kroll 1 9 1 2, III 35 s.
'" Just. Nov. 1 32.
39 Codex Justinianus 3,43, 1 . Zonaras 1 4,7. RAC III 456 s. Rubin 1 28 s.
11
4 von Schubert, Geschichte, l 1 03 . Schn,rer, Kirche, I 322 s. Caspar, Papsttum, II 324 s. Voigt, Staat und
Kirche, 59 ss. Rubin 1 42. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 2 1 s.
4 1 Caspar, Papsttum, II 305, 325, 5 1 8 s. Rubin 1 4 1 . Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 22 s.
4' Rubin 94 s. Wein 84 ss.
4.1 Rubin 229.
41" Evagrio, Historia ecclesiatica, 4,30. LThK l . A. III 876 s. Kraft, Kirchenvdter Lexikon, 220 s. Altaner/
Stuiber 229. Kornemann, Weltgeschichte, II 4 1 4. Ostrogorsky, Geschichte des byzantinischen Staates,
55 s. Kosminski/Skaskin 59 ss. Rubin 1 1 5 , 229. Diehl , Government, 42.
44 Zonaras 1 4,6. LThK 2. A. X 1 402 s.
45 Nov. 8 praef. Rubin 93.
4 6 Pauly IV 567. Altaner/Stuiber 5 1 4. Rubin 1 68 ss, 233.
47 Ostrogorsky, Geschichte des byzantinischen Staates, 6 1 . Bury, History, II 36 ss. Haller, Papsttum, l 1 97.
Diehl, Government, 42. ThieB 526 ss.
48 Kornemann, Weltgeschichte, II 452. Schubart 1 1 8 . Cfr. anche 87 s. Bury, History, II 27 s. Rubin 98 ss.
Jones, Roman Empire, I 270.
49 Procopio, Historia Arcana, 9, 1 9 ; 1 2,28. Kornemann, Weltgeschichte, II 439, 446 s. ThieB 475 ss. Rubin
99 ss, 1 74, 1 97 ss. Bury, History, II 28 s, 42 1 ss. Diehl, Government, 25. Sulla posizione religiosa di
Procopio cfr. Evans, Christianity 81 ss.
50 ThieB 477, 482 ss. vede nel rapporto dei vescovi con Teodora solo "un lavoro di ricostruzione del l ' ani­
ma". Rubin 98 ss, 1 04 ss. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 24. Procopio cit. in Rubin.
Note 323

5 1 Evagrio, Historia ecclesiatica, 4, 1 0. Procopio, Historia arcana, 1 0, 1 4. Holmes II 668 ss. Schubart 50.
Kornemann, Weltgeschichte, II 45 1 . Bury, History, II 3 1 . Rubin 1 1 2, 1 1 6, 228 s. Jones, Roman Empire,
I 270. Handbuch der Kirchengeschichte IU2, 1 6.
52 Caspar, Papsttum, II 222 ss. ThieB 608 s. 678. Haller, Papsttum, I 1 93 s. Rubin 1 1 3 . Handbuch der
Kirchengeschichte II/2, 25 s, 49 s, 205 .
" Kornemann, Weltgeschichte, II 447. Herter 83; I l O. Rubin I l i . Hyde 74 s.
54 Procopio, Historia arcana, 1 3 , 1 s. Kornemann, Weltgeschichte, II 439. Rubin 99, 1 1 4 ss, 1 25 , 1 29 ss.
" Kornemann, Weltgeschichte, II 450. Rubin 1 1 4 ss. Diehl, Government, 25 ss. Brown, Welten, 1 93 .
56 Procopio, Historia arcana, 3 , 1 0; 4, 1 0 ; 4,25 . Kornemann, Weltgeschichte, II 450. Rubin 1 1 5 s s , 2 1 6 s ,
57 Procopio, Historia arcana, I O, l ! ; 1 5 , 1 ss.
'" Procopio, La guerra persiana, l ,24. Marcellino Comes, Chronica, (Chron. min. 2, 1 03). Malalas 473 ss.
Altaner 5 1 , 204. Altaner/Stuiber 288, 234. Kraft, Kirchenvdter Lexikon, 508. L' identificazione di Zaccaria
Retore con il vescovo di Mitilene non è del tutto certa. Capelle 4 1 8. ThieB 532 ss. Kornemann,
Weltgeschichte, II 4 1 6 s. Bury, History, II 39 s. Kosminski/Skaskin 60. Rubin I l i . Dannenbauer,
Entstehung, I 320 ss. Maier, Venvandlung, 1 72 s, 1 86 s. Bosl l l 4. Kupisch I 1 35, 1 38. Jones, Roman
Empire, I 27 1 s. Irmscher, Widerspiegelung, 3 0 1 ss. Diehl, Justinian, 8 s. Idem, Government, 25 s.
Tinnefeld 83 s. Sui gruppi degli "azzurri" e dei "verdi" vedi nel dettaglio Tinnefeld 1 8 1 . Sulla rivolta di
Nika ibidem 1 94 ss.
59 Procopio, Historia arcana, i l .
60 Corpus Iuris Civilis 1 ,5 ; 1 2,5. Browe, Judengesetzgebung, 1 39. Vasiliev 244 ss. Diehl, Government, 43
s. Roby 1 08 .
61 Diehl, Government, 43 s.
62 Codex Justinianus l ,5, 1 8 . Merkel, Gottesldsterung, 1 20 l . Dannenbauer, Entstehung, I 323 s. Nehlsen
95. Diehl, Government, 43 s. Roby 1 08 . Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 2 1 .
63 dtv Lexikon der Antike, Philosophie I V 3 2 s . C it . i n Dollinger 80 s.
64 Codex Justinianus Nov. 42. Breviarium causae Nestorianorum et Eutychianorum, 23. RAC IV 575.
LThK 2. A. III 7 1 5 . Dannenbauer, Entstehung, I 32 1 ss. Haacke II 1 62 s. Handbuch der Kirchengeschichte
II/2, 26 ss, 50. Grillmeier, Rezeption, 370 ss.
65 Dannenbauer, Entstehung, I 324 s. Rubin 1 1 3 . Maier, Venvandlung, 238. Tinnefeld 329 ss.
66 Pierer XI 40 1 . Maier, Venvandlung, 238. Tinnefeld 330 ss.
67 Ireneo di Lione, Adversus haereses, 1 ,29 s. Origene, Contra Celsum, 6,24 ss. Epifania di Salamina,
Haereses, 26; 38. Wetzer/Welte Il l 01 s. LThK ! .A. Il 472, VII 73 1 s, 2. A. VII 1 1 78. Tinnefeld 334,
337.
6011 Tinnefeld 333 ss. Con tutte le indicazioni delle fonti.
69 Procopio, Historia arcana, 22,25 . Tinnefeld 337.
7° Codex Justinianus, l, I l ,9 s. Cfr. anche l ,5, 1 8. Geffcken, Der Ausgang, 1 89, 243 . Cfr. anche 1 7 8 ss, 1 9 1
ss. Tinnefeld 278 s. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 20.
71 Codex Justinianus, l ,5, 1 8. Agathias 2,30. Funke, Gotterbild, 8 1 O. von Schubert, Geschichte, I 1 94 ss.
Dannenbauer, Entstehung, I 323. Voigt, Staat und Kirche, 5 1 s. Maier, Venvandlung, 1 9 1 s. Kawerau,
Alte Kirche, 1 05 . Handbuch der Kirchengeschichte Il/2, 19 s. Tinnefeld 279 ss.
72 Schultze, Geschichte, 11 29 1 s. Schniirer, Kirche, I 3 1 8. von Schubert, Geschichte, I 1 05 . Dannenbauer,
Emstehung, I 323. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 20 s. Tinnefeld 28 1 ss.
" Stemberger/Prager VIII 3274.
74 Giustiniano Nov. 45 . Tinnefeld 302.
75 Browe, Judengesetzgebung, 1 26 ss. Cfr. anche Seyberlich 73 ss.
76 Codex Justinianus, 37 ,8. Procopio, De aedi.ficiis, 6,2. Dannenbauer, Entstehung, I 324. Tinnefeld 302.
Diehl, Government, 44.
77 Christianisierung II (il monumento) RAC II 1 234. Con le indicazioni delle fonti.
324 Giustiniano l

7 8 Giustiniano Nov. 1 46. Tinnefeld 303 .


79 Sinodo di Clermont (535) c. 9; Sinodo di Macon (583) c. 1 3 . Sinodo di Toledo (589) c. 1 4. Browe,
Judengesetzgebung, 1 30, 1 39.
8 0 Procopio, De aedificiis, 5 , 7 . Malalas, Excerpta de insid. Winkler 549 s. Con ulteriori fonti. Tinnefeld
31 1.
8 1 Winkler 448 .
" Codex Justinianus, 1 ,5 , 1 2 ss; 1 ,5, 1 7 . Winkler 5 4 9 s.
"' Pauly l 1 1 59 s. Ci t. in Winkler 440. Cfr. ibidem 45 1 .
'4 Qui mi attengo principalmente a Sabine Winkler 440 ss, 455 ss. Con tutte le indicazioni delle fonti. Cfr.
anche Altaner/Stuiber 235. Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 3 1 0. Von Schubert, Geschichte, I 1 06. Poppe
l 04. Rubi n 280.
" Ibidem.
•• Avi-Yonah 243 . Ci t. in Winkler 449.
'7 Winkler 452 ss.
" SchrOdl in Wetzer/Welte X I 5 3 8 ; Htifler ibidem V 949.
'9 Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, 4, 1 4,9. Qui vengono nominati per la prima volta i Vandali (Vandilii).
Tacito, Germania, c. 2 ; 43. Orienzio, Commonitorium, 2, 1 79 ss. !dazio, Chronica, a. 41 O (Auct. an t.
I l , 17 s). Gregorio di Tours; Historiarum libri X (Historia Francorum), 2,9; 2,32; Girolamo, Epistulae,
1 23 , 1 5,2 ss. Salviano di Marsiglia, De gubernatione dei, 7 ,50. Zosimo, Historia, 5,27; 5,3 1 s, 6, 1 ss.
Sozomeno, Historia ecclesiatica, 9, 1 1 ss. Orosio, Historia advers. paganos libri VII, 7 , 3 8 ; 7 ,40 ss.
Procopio, De bello vandalico, l ,3, 1 . Apollinare Sidonio, Carmina, 5,399; 423. Junkuhn/Kuhn et. al .
RAGA I 1 23 . Pauly II 840. dtv Lexikon der Antike, Geschichte III 285 s. Taddey, Lexikon, 1 258 s.
Gautier, Geiserich, 95 ss. Schmidt, Bekehrung, 348 s. Schmidt, Wandalen, l ss, 15 ss, 1 64 s. Capelle 29
ss, 2 1 3 s. Thompson, Settlement, 65 ss. Tiichle I 25. Dannenbauer, Entstehung, I 200. Bury, History, I
1 85 ss. Diesner, Das Vandalenreich, l 7 ss. Maier, Verwandlung, 1 26 s. Vogt, Der Niedergang Roms, 365
s. von Miiller, Geschichte unter unseren FiijJen, l 1 7 . Kawerau, Mittelalterliche Kirche, 28 s. Bosl 3 5 .
Ltiwe, Deutschland, l 8 . Claude, Herrschaftsnachfolge, 333.
9' Schmidt, Bekehrung, 35 l s. Schmidt, Wandalen, 18 s, 1 63 , 1 84. Giesecke, Ostgermanen, 1 67 ss. Capelle
39 s. Kawerau, Mittelalterliche Kirche, 28 s.
9 1 Orosio, Historia advers. paganos libri VII, 7,40, 8 s; '/,43, 1 5 . !dazio, Chronica, 42; 60; 67 s. Sozomeno,
Historia ecclesiatica, 9, 1 2 ex. Apollinare Sidonio, Carmina, 2,362 s. Stein, Vom romischen, 398. Gautier
1 07 ss. Schmidt, Wandalen, 2 l ss. Ballestreros 35. Culican 1 9 1 . Bury, History, I l 91 s. Rothenhtifer,
Sk/averei, 43.
92 !dazio, Chronica, 89 s. Isidoro di Siviglia, Storia dei Vandali, 7 3 . Gregorio di Tours, Historiarum libri X
( Historia Francorum), 2,2. Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africanae provinciae Vand. , l , l ;
2, 1 4 . Giordane, De origine actibusque Getarum, 33, 1 68 ; 1 84. Procopio, De bello vandalico, 1 ,3 . De
bello gotico, 3 , 1 . Apollinare Sidonio, Carmina, 2,358 s; 5 ,57. Possidio di Calama, Vita s. Augustini, c.
28. Pauly I I 7 1 7 . dtv Lexikon der Antike, Geschichte I I 48 s. Delbriick, Kriegskunst, II 300, 3 1 2 s. Stein,
Vom romischen, 476 ss. Gautier 1 1 9 ss, 1 30 s, 1 49 ss, 1 86 ss. Schmidt, Wandalen, 27 ss, 96 ss. Schmidt,
Bekehrung, 350 ss. Giesecke, Ostgermanen, 1 70. Capelle 42 ss. Ltiwe, Deutsch/and, l 8 . Maier,
Verwandlung, 1 27 s. Dannenbauer, Entstehung, I 209 s. Diesner, Vandalenreich, 49 ss. Bury, History, I
244 ss. Claude, Herrschaftsnachfolge, 3 3 3 . B arker 409 s. Schmidt, The Sue ves, 305 s.
9' Schmidt, Wandalen, 64 ss.
94 !dazio, Chronicon, 1 1 5 ; 1 1 8 s. Marcellino Comes, Chronica, a. 439. Tiro Prospero, Chronica, 1 339;
1 347. Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africanae provinciae Vand. , 1 , 1 0; 1 , 1 2 ss. Procopio, De
bello Vandalico, l ,5, 1 8 ss. Apollinare Sidonio, Carmina, 2,348 ss. Pauly II 7 1 7 ss. Stein, Vom romischen,
483 s. Gautier 2 l 3 ss, 245 ss, 255 ss. Schmidt, Wandalen, 66 ss. Sulla flotta vandalica cfr. in part. l 66 s.
Schmidt, Bekehrung, 3 5 0 . Capelle 6 6 , 72 ss. Ensslin, Einbruch, l l 2 s. Diesner, Untergang, 55 s, 62.
Note 325

Liiwe, Deutschland, 1 8.
95 Procopio, De bello Vandalico, 1 ,5,4. !dazio, Chronicon, 1 62; 1 67. Tiro Prospero, Chronica, 1 375. Vitto­
rio di Tonnona l ,24. Chron. min. l ,304. Paolo Diacono, Historia Romana, 1 4, 1 6. Gautier 263 ss. Schmidt,
Wandalen, 78 ss. Capelle 78 ss. Bury, History, I 325. Diesner, Untergang, 6 1 . Schmidt, The Sueves, 308.
•• Procopio, De bello Vandalico, 1 ,6. Niceforo, Historia ecclesiastica, 1 5,27. !dazio, Chronicon, 200; 247.
Apollinare Sidonio, Carmina, 5,44 1 ss. dtv Lexikon der Antike, Geschichte II 48 s, 273 . Gautier 277 ss,
286 ss, 299 ss. Schmidt, Wandalen, 85 s, 89 s. Capelle 83 ss. Bury, History, I 320 ss. Diesner, Untergang,
66. Barker 426.
97 Possidio di Calama, Vita s. Augustini, c. 28. Vita Fulgent. l . Procopio, De bello Vandalico, . l ,5. Agostino,
Sermones, 344 s. Sal viano, De gubernatione dei, 7 ,46; 7 ,54; 7, 7 1 . Vittorio di Vita, Historia persecutionis
Africanae provinciae, 1 , 1 4 ; 3 ,7 1 . Leone I, Epistulae, 1 2,8. Altaner/Stuiber 498. Kraft, Kirchenviiter
Lexikon, 45 s. Stein, Vom romischen, 476 s. von Schubert, Geschichte, I 29 s. Voigt, Staat und Kirche,
1 87 ss. Gautier 1 96, 235 s. Schmidt, Bekehrung, 353. Giesecke, Ostgermanen, 1 70 s. Capelle 60 ss, 66
ss. Bury, History, I 247, 259. Helbling 24 s. Diesner, Untergang, 47. Idem, Kirche und Staat, 1 3 1 ss, 1 38
s. Idem, Das Vandalenreich, 3 1 ss, 46 ss. Vogt, Der Niedergang Roms, 437. Maier, Verwandlung, 1 99.
Dannenbauer, Entstehung, I 21 O ss. Kawerau, Mittelalterliche Kirche, 29. Rothenhiifer, Sklaverei, 46 s.
•• Schmidt, Wandalen, 6 1 . Schmidt, Bekehrung, 353. Diesner, Kirche und Staat, 1 4 1 . Handbuch der
Kirchengeschichte II/2, 1 8 1 s.
99 Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africanae provinciae, l , 1 4 ; l , 1 7 ss; l ,22; l ,35 ss; l ,43 ss; 2,39.
Tiro Prospero, Epit. Chronica, 1 327. Gennadio di Marsiglia, De viris illustribus, 74,78 s. Caspar, Papsttum,
II 2 s. Schmidt, Wandalen, 1 84 s. Schmidt, Bekehrung, 353 ss. Giesecke, Ostgermanen, 1 72. Capelle 68
ss. Vogt, Der Niedergang Roms, 443 .
100 Altaner/Stuiber 488 s. Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 504. Schmidt, Wandalen, 97, 353. Dannenbauer,
Entstehung, I 387. Cfr. anche 2 1 2 s.
101 Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africanae provinciae, l ,6; l ,9; l ,4 1 . Schmidt, Wandalen, 1 85 .
Giesecke, Ostgermanen, 1 74 s. Diesner, Vandalenreich, 5 9 . Handbuch der Kirchengeschichte Il/2, 1 82.
1 02 Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africanae provinciae, l ,28 s. Prospero, Epit. Chron. 1 327, 1 329.
Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 84. Caspar, Papsttum, I 372. Schmidt, Bekehrung, 355 s. Schmidt, Wandalen,
73 ss, 93 ss, 1 7 1 . Giesecke, Ostgermanen, 1 7 1 ss. Capelle 70 s. Bury, History, I 259. Diesner, Untergang,
50, 1 82. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 1 82.
1 0' Schmidt, Wandalen, 93 s, 1 86.
1 04 Ibidem, 94 s. Giesecke, Ostgermanen, 1 75 . Diesner, Untergang, 52 s.
105 Secondo Ludwig, Massenmord, 1 8, nel 439 centinaia di cattolici furono assassinati sotto Genserico,
soprattutto patrizi e religiosi. Schmidt, Bekehrung, 353 ss. Giesecke, Ostgermanen, 1 73 . Diesner,
Untergang, 50. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 1 82.
1 06 Sal viano, De gubernatione dei, 7,84 ss.
107 Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africanae provinciae, l , l ss. Possidio di Calama, Vita s. Augustini,
c. 28. Altaner/Stuiber 488 s. Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 504. Gautier 224 s. Giesecke, Ostgermanen,
1 69. Helbling 24 ss. Su Goti e Vandali alla luce della nuova letteratura cfr. ibidem 53 ss. Capelle 1 1 0.
Diesner, Kirche und Staat, 1 27 ss.ldem, Possidius, 350 ss. Finley 2 1 8 s.
1 08 Paolo Diacono, Historia Romana, 1 4, 1 7 s. Altaner/Stuiber 409. Tusculum Lexikon 1 94. Gautier 269.
1 09 Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africanae provinciae, 2,43 . Caspar, Papsttum, I 358 ss, 366 ss.
Chapman 205 s. Schmidt, Wandalen, 53 s, 1 87 . Heiler, Altkirchliche Autonomie, 49. Maschall 1 6 1 ss,
1 97 ss, 204 ss.
1 1 0 Vittorio di Vita,Historia persecutionis Africanae provinciae, 2, 1 s; 2, 1 3 ; 2, 1 5 . Pauly II 406, 1 249.
Menzel I 1 57. Schmidt, Wandalen, 96, 99 ss. Giesecke, Ostgermanen, 1 76 s. Capeli e 1 1 3 . Dannenbauer,
Entstehung, I 387. Claude, Herrschaftsnachfolge, 334 s. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 1 83 .
1 1 1 Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africanae provinciae, 2, l s s . Schmidt, Bekehrung, 3 5 7 . Handbuch
326 Giustiniano l

der Kirchengeschichte II/2, 1 83 .


112 Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africana e provinciae, 2 , 6 ss; 2,26 ss; 3 , l ss; 3 , 1 9 ; 3 , 2 7 ss.
Gregorio di Tours, Historia Francorum, 2,3. Procopio, De bello vandalico, 1 ,8. Isidoro di Siviglia,
Geschichte der Wandalen, 78. Wetzer/Welte XI 546. Altaner/Stuiber 494. Grisar, Geschichte Roms, 450.
Vogt, Der Niedergang Roms, 444. Von Schubert, Geschichte, I 30, Voigt, Staat und Kirche, 1 92 ss.
Schmidt, Wandalen, l O l s, 1 06 s, 1 8 1 s. Schmidt, Bekehrung, 352 ss. Giesecke, Ostgermanen, ! 77 s.
Capelle I l i . Maier, Verwandlung, 200. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 1 88.
1 1 3 Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africanae provinciae, 1 ,8 ; 2,7; 2,26 ss; 2,33 ss; 2,52 ss; 3,2;
3 , I O. Vittorio di Tonnona, Chronica, a. 479. Von Schubert, Geschichte, I 29 ss. Schmidt, Bekehrung, 358
ss. Schmidt, Wandalen, 1 02 ss. Capelle I I I s. Thompson, The Conversion, 27. Kawerau, Mittelalterliche
Kirche, 29. Poppe 1 06. Katzenbach, Kirche im Mittelalter, 30. Doerries, Wort und Stunde, II 93.
1 1 4 Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africanae provinciae, 3 ,48 ss. Voigt, Staat und Kirche, 1 92 ss.
Schmidt, Bekehrung, 358 ss. Schmidt, Wandalen, 1 04 ss, 1 86. Doerries, Wort und Stunde, II 95. Cfr.
anche nota 1 1 3 .
1 1 ' Numerose fonti in Schmidt, Wanda/en, 1 70 s.
1 1 6 Schmidt, Bekehrung, 259. Giesecke, Ostgermanen, 1 78 . Thompson, The Conversion, 27. Maier,
Verwand/ung, 200.
1 1 7 Vittorio di Vita, Historia persecutionis Africanae provinciae, 3 ,26; 5,6. Procopio, De bello vandalico,
1 ,8. Giesecke, Ostgermanen, 1 83 .
1 1 ' Gregorio di Tours, Historia Francorum, 2,3. Cfr. anche Isidoro, Geschichte der Wandalen, 79. Schmidt,

Wandalen, 1 08 . Fischer, Vo/kerwanderung, 2 1 1 .


1 1 9 Isidoro, Geschichte der Wandalen, 8 1 . Gregorio di Tours, Historia Francorum, 2,2. Vita Fulgenti i, 4 1 ;
44 ss. Procopio, De bello vandalico, l ,8. Vittorio d i Tonnona, Chronica, a . 497 . Schmidt, Bekehrung,
360 s. Schmidt, Wandalen, 1 08 ss. Giesecke, Ostgermanen, 1 88 s. Capelle 1 1 3 s. Maier, Verwandlung,
1 98. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 1 84 s.
1 2" Procopio, De bello vandalico, l ,9 s. Vita Fulgenti i, 55 ss. Vittorio di Tonnona, Chronica, a. 523. Isidoro,
Geschichte der Wandalen, 82. Pauly II 1 1 46 s. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 220. Schmidt, Bekehrung,
3 6 1 s. Schmidt, Wandalen, 1 1 7 s. Giesecke, Ostgermanen, ! 96 s. Ensslin, Einbruch, ! 30. Dannenbauer,
Entstehung, I 3 3 1 s. Handbuch der Kirchengeschichte II/2, 1 86 s. Bund 1 49.
1 2 1 Cassiodoro, Variae, 5 , 1 6 ss; 9, 1 . Procopio, De bello vandalico, l ,9,4. Cfr. l ,8. Hartmann, Geschichte
ltaliens, I 1 35 ; 22 1 . Schmidt, Wanda/en, 1 1 4, 1 1 8 s. Schmidt, Bekehrung, 356, 362. Giesecke,
Ostgermanen, ! 97. Capelle 1 1 5 . Vasiliev 330 ss. Bund ! 53 s.
m Procopio, De bello vandali co, l ,9; l, 17. Vittorio di Tonnona, Chronica, a. 53 1 . Malalas 1 8 . Schmidt.
Bekehrung, 362. Schmidt, Wandalen, 1 1 9 ss, 1 3 1 . Giesecke, Ostgermanen, 1 97. Schubart 98. Kaegi,
Arianism, 25. Claude, Herrschaftsnachfolge, 329 ss.
1 2 ·1
Procopio, De bello vandali co, l ,8. Giesecke, Ostgermanen, 1 95 .
1 24 Jaffè, Regesta, l ,8. Schmidt, Wandalen, 1 1 5 . Giesecke, Ostgermanen, 1 96.
1 25 Procopio, De bello vandalico, 1 , 10. Schmidt, Bekehrung, 362. Schmidt, Wandalen, 1 23 s. Capelle 1 2 1 .
1 26 Procopio, De bello vandalico, l , l O , 1 8 ss. Vittorio d i Tonnona, Chronica, a . 534. Isidoro, Geschichte der
Wandalen, 79; 83. Gautier 348. Schmidt, Wandalen, 1 24. Capelle 1 2 1 . Schubart 99. Rubin 1 42. Kaegi,
Arianism, 25 s.
1 21 Woodward 89. Schmidt, Bekehrung, 363. Kaegi, Arianism, 23. Diehl in Kaegi. Kawerau, Mittelalterliche
Kirche, 29. Rubin 142.
1 " Collectio Avellana 88 (CSEL 35, 335) Sacramentarium Leonianum. Vogelstein 68. Rahner, Kirche und
Staat, 284 s.
1 29 Collectio Avellana 84 (CSEL 35, 320; 35, 322)
1 30 Procopio, De bello vanda/ico, l , I O, l ss; l , I l , l ss; l , 1 2, l ss; 1 , 1 4,3; l , 1 8 s; 2,7,20. Pauly V 262. Delbriick,
Kriegskunst, II 300. Schmidt, Wandalen, 1 25 s. Capelle 1 23 . ThieB 629 ss, in pari. 632 s. Ostrogorsky,
Note 327

Geschichte des ostrmischen Staates, 60. Kawerau, Mittelalterliche Kirche, 29. Rubin 1 42. Kaegi ,
Arianism, 26 s. B o s l 1 1 5 . Maier, Verwandlung, 1 72, 1 78, 1 99. Diesner, Der Untergang, 6 7 . Kupisch l
1 33 . Jones, Roman Empire, 1 273. Teall 30 1 . Montgomery l 1 4 1 s.
1 1 1 Schmidt, Bekehrung, 363. Schmidt, Wandalen, 1 24 s. Giesecke, Ostgermanen, 1 29 ss. Bury, History, I l
1 29.
1 32 Procopio, De bello vandalico, 1 , 1 6,9 ss, 2, 14, 1 2. Schmidt, Bekehrung, 363. Giesecke, Ostgermanen,
1 98. Capelle 1 28 s, 543. ThieB 622. Diesner, Untergang, 67. Kaegi, A rianism, 28 ss.
"' Procopio, De bello vandalico, l, 12 ss; l , 1 9; 2,4, 3 ; 2,8; 2, I l ss; 3 ,24. dtv Lexikon der Antike, Geschichte
11 49. Gautier 347 ss. Schmidt, Wandalen, 1 27 ss. Giesecke, Ostgermanen, 1 98. Bury, History, 11 1 28 ss.
Capelle 1 29 ss. Dannenbauer, Entstehung, l 332 s. Kaegi, Arianism, 34 s. Diesner, Untergang, 67 ss.
Idem, Wandalenreich, 1 00. Bund ! 54 s. Montgomery l 1 42 s.
"4 Procopio, De bello vandalico, l, 1 8. Schmidt, Wandalen, 1 3 1 ss. B ury, History, Il 1 32 ss.
135 Procopio, De bello vandalico, l, 1 9,25 ss.
"6 Ibidem, l ,2 1 .
1 37 Ibidem 2,2 ss. Cartellieri l 57. Schmidt, Wandalen, 1 34 ss. nel dettaglio Capelle 1 39 ss. Ensslin, Einbruch,
1 3 1 . Bury, History, II 1 36 ss.
1 1 8 Procopio, De bello vandalico, 2,4.
"9 Procopio, De bello gotico, 3, l ,6; De bello vandalico, 2,9 ss. De bello persico, 2,2 1 ,4. Schmidt, Wandalen,
1 4 1 ss. Giesecke, Ostgermanen, 1 99 . Enssl in, Einbruch, 1 3 1 . Diesner, Untergang, 69 ss. Maier,
Verwandlung, 23 1 .
140 Giustiniano. Nov. 37. Schubart 1 02. Diesner, Untergang, 70 s. Schmidt, Wandalen, 145. Kaegi, Arianism,
39 ss.
141 Handbuch der Kirchengeschichte 11/2, 1 87.
142 Procopio, De bello vandalico, l ,22; 2, 1 4 s; 2, 1 9,3. Giesecke, Ostgermanen, 1 33, 1 98. Diesner, Untergang,
74 s. Kaegi, A rianism, 42 ss.
143 Procopio, De bello vandalico, 2,8,25 . Thiefl 626 s. Diesner, Untergang, 72 ss.
144 Diesner, Untergang, 74 s.
145 Biihler 43 s. Schmidt, Bekehrung, 326 s, 363 s, 338 s. Pfeilschifter, ibidem, cit. Vogt, Der Niedergang
Roms, 497 . Bullough, ltalien, 1 5 8 .
1 46 Gregorio l, Dia/ogi de vita et miraculis patrum italicorum, 4,3 1 . Gregorio di Tours, In gloria martyrum,
c. 39. Schneege 25 ss. Grisar, Geschichte Roms, 46 1 ss, 48 1 ss. Hartmann, Geschichte ltaliens, 1 1 23 s,
1 77, 222 ss. Capelle 40 1 ss, in part. 404 s. Jones, The Constitutional Position, 1 28 ss. Bury, History, II
! 52 ss.
1 4 7 Giordane, De origine actibusque Getarum, 58 s. Procopio, De bello gotico, l ,4. Historia arcana, 1 6. dtv
Lexikon der Antike, Geschichte l 1 06. Pauly V 682. La notizia che Teodato, come pena per l' assassinio,
abbia pagato ai re Franchi parenti di Amalasunta la somma di 50 000 solidi (Gregorio di Tours 3,3 1 ) è
totalmente non storica. Davidsohn 1 46 s. Hartmann, Geschichte ltaliens, l 240 ss, 248 ss. Cartellieri l 57
s. Giesecke, Ostgermanen, 1 3 1 s. Capelle 4 1 3 ss. Bury, History, Il ! 59 ss. Bullough, ltalien, 1 70. Jones.
Roman Empire, l 274 s. Bund 1 77 s.
148 Giordane, De origine actibusque Getarum, 59 s. Grisar, Geschichte Roms, 53 1 . Hartmann, Geschichte
ltaliens, l ! 5 1 s. Capelle 4 1 6. Rubi n 1 1 4.
149 Procopio, De bello gotico, 1 ,5 ss; 1 , 1 6 ; 3,8, 1 . Marcellino Comes, Chronica, a. 535 s. Davidsohn 1 49.
Hartmann, Geschichte /taliens, l 253 ss, 307 s. Capelle 420 ss. ThieB 642. Ensslin, Einbruch, 1 3 1 . Bury,
History, Il 1 69 ss, 1 75 ss. Dannenbauer, Entstehung, l 334.
1 5° Cassiodoro, Variae, l 0,32. Liber Pontificalis, Vita Silverii Ed. Duchesne 290 ss; ed. Mommsen 1 44 ss.
Procopio, De bello gotico, l, I l . Marcellino Comes, Chronica, a. 536. Evagrio, Historia ecclesiastica,
4, 1 9. Giordane, De origine actibusque Getarum, 60. dtv Lexikon der Antike, Geschichte 111 25 1 , 304.
Pauly V 682, 1 307 s. Gregorovius I l , 1 7 1 s. Hartmann, Geschichte ltaliens, l 254 s, 264 ss. Cartellieri
328 Giustiniano l

I 58. Grisar, Geschichte Roms, 502. Kraus, Miinzen, 1 36 s. Hildebrand, 2 1 3 ss, 244 ss. Caspar, Papsttum,
II 229 ss. Giesecke, Ostgennanen, 1 32. ThieB 642 s. Bury, History, II 1 77 ss. Daniel-Rops, Friihmittelalter,
225 . Werner, Bajuwaren, 240. Jones, Roman Empire, I 276. Handbuch der Kirchengeschichte IU2, 205 .
Bund 1 78 ss.
1 5 1 Hartmann, Geschichte /taliens, I 383. Hildebrand 246. Caspar, Papsttum, II 230 ss.
152 Hildebrand 244 ss. V. anche nota seguente.
153 Liber Pontificalis, Vita Silverii. Liberai. Brev. c. 22. (PL 68,963 ss, in part. 1 039 s). JK 909. Altaner/
Stuiber 49 1 . Hartmann, Geschichte ltaliens, I 383 s. Grisar, Geschichte Roms, 502 ss. Hildebrand 2 1 3
ss, 223 ss, 232 ss, 243 ss. Caspar, Papsttum, I I 23 1 ss. Poppe I l O s . Secondo Seppelt/Schwaiger, Silverio
"fu portato all ' isola di Ponza sotto la protezione [ ! ] degli incaricati di Vigilio", dove poche settimane
dopo, "a causa delle privazioni subite durante il trasporto [ ! ] in esilio, mori" (p. 54). Rahner, Kirche und
Staat, 288 s.
1 54 Hildebrand 24 7 ss.
155 JK 9 1 0 (Collectio Avellana 92; CSEL 35,348)
1 56 Procopio, De bello gotico, 1 , 1 7 ss. Marcellino Comes, Chronica, a. 537 s. Gregorovius I I , 1 72 ss, 1 83
ss. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 268 ss, 277 s, 354. Grisar, Geschichte Roms, 532 ss, 543 ss. Cartellieri
I 58 s. Capelle 425 ss. ThieB 643 . Werner, Bajuwaren, 24 1 . Teall 302. Bury, History, II 1 80 ss, 1 9 1 .
Bullough, ltalien, 1 70.
157 Procopio, De bello gotico, 2,20, 1 5 ss. Hartmann, Geschichte /taliens. I 278. Davidsohn I 49 s. Werner,
Bajuwaren, 24 1 .
'5' Procopio, De bello gotico, 1 , 1 2; 2 ,7 ; 2, 1 O ; 2,2 1 s ; 2,39. I l numero di 300000 è sicuramente molto esage­
rato. Hartmann, Geschichte lta/iens, I 280 ss. Cartellieri I 59. Capelle 440 ss. Bury, History, II 202 ss,
246. Werner, Bajuwaren, 24 1 . Poppe I l l s.
1 59 Marcellino Comes, Chronica, a. 539. Procopio, De bello gotico, 2,25. Gregorio di Tours, Historia
Francorum, 3,32. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 267, 283 ss. Capelle 420, 44 1 s. Daniel-Rops,
Friihmittelalter, 246. Werner, Bajuwaren, 24 1 . Holtzmann IO s.
'"" Procopio, De bello gotico, 2,29 s; 7,2. Pauly II 342, V 1 057. Gregorovius I l , 1 92. Hartmann, Geschichte
ltaliens, I 285 ss, 300 s. Cartellieri I 60. Kraus, Miinzen, 1 74. Giesecke, Ostgermanen, 1 34 s. Capelle
442 ss. ThieB 652. Ensslin, Einbruch, 1 3 1 . Bury, History, II 205 ss, 209 ss, 226 ss. Bullough, ltalien,
1 70. Bund 1 82 ss.
1 6 1 Erben, Kriegsgeschichte, 2. Rubin 35 1 s. Altheim/Stiehl 8 1 ss.
162 Procopio, De bello gotico, 3 , 2 1 , 23. Caspar, Papsttum, II 283, nota 5. Capelle 472, 476. Dannenbauer,
Entstehung, I 336.
163 Procopio, De bello gotico, 3 , 1 6 , 1 4 s . ; 3, 1 6,25. Rothenhtifer, Sklaverei, ! I O ss.
'"" Procopio, De bello gotico, 3,22,8 ss. JK 9 1 3 (MG Epp. III p. 60, n. 4 1 ). JK 9 1 8 (MG Epp. III p. 64, n.
44). Caspar, Papsttum, II 236 ss. Giesecke, Ostgermanen, 1 36 s. Handbuch der Kirchengeschichte IU2,
205 .
165 Evagrio, Historia ecclesiatica, 4,25 . Procopio, De bello gotico, 3,33 ss. Hartmann, Geschichte /taliens,
I 324 ss. Giesecke, Ostgermanen, 1 37 s. Capelle 457, 47 1 . Poppe 1 1 6 s.
1 66
Cfr. Deschner, Opus Diaboli, il capitolo "Morden mi t Maria" 23 1 ss. V. anche Idem, Heilsgeschichte, I
244.
167 Agathias, Historia, 1 ,6 ss; 2,2. Procopio, De bello gotico, 3 , 1 s; 3, 1 3 , 1 ; 3 ,22, 1 ss; 4,32 ss. Paolo Diaco­
no, Storia dei Longobardi, 2,2 ss. Giordane, De origine actibusque Getarum, 59 s. Gregorio di Tours,
Historia Francorum, 4,9. Cfr. 3,32. Liber Pontificalis (Duchesne) 1 ,305. Pauly V 902 s . dtv. Lexikon
der Antike, Geschichte III 267. Gregorovius I l , l , 1 92 ss, 223 s. Grisar, Geschichte Roms, 53 1 . Hartmann,
Geschichte ltaliens, I 302 ss, 328 ss, 339 ss. Schultze, Geschichte, II 1 23 . Cartellieri I 61 ss. Capelle 449
ss, 477 ss. ThieB 652 ss. Kornemann, Weltgeschichte, II 430 s, 437 s. Ti.ichle I 35 s. Dannenbauer,
Entstehung, I 336 ss. Bi.ittner, Alpenpolitik, 67 s. Haller, Papsttum, I 200 s. Ensslin, Einbruch, 1 32. Bury,
Note 329

History, II 229 ss, 244 ss. Maier, Verwandlung, 1 72, 23 1 s. Bullough, /talien, 1 70 s. Poppe 1 1 4 ss. Coler
II I l . Kosminski/Skaskin 63 s. Bosl 1 1 5 . RothenhOfer, Sklaverei, 1 1 0 s. Bachrach 435 ss. Keller,
Spiitantike, 1 2. Kupisch I 1 35 s. Finley 225. Montgomery I 1 43 . Sulle battaglie di Busta Gallorum o
Tagina e del Vesuvio: Delbriick II 367 ss, 380 ss.
1 68 Procopio, De bello vandalico, 2,5,6 s. Isidoro di S iviglia, Geschichte der Goten, Vandalen und Sueben,
42. Kornemann, Weltgeschichte, II 43 1 s. Dannenbauer, Entstehung, II 23 s. Maier, Verwandlung, 232,
245 . Stroheker, Germanentum, 209 ss, 239 s. Mango 1 03 .
1 69 Procopio, D e bello gotico, 1 , 1 4,5; 2,20, 1 5 s s . Gregorovius l l , 225 s. Hartmann, Geschichte ltaliens, l
353 s. Grisar, Geschichte Roms, 586 ss. Caspar, Papsttum, II 323. ThieB 643 , 667. Rubin 203 . Bosl 1 1 6.
Dollinger l 04. Seidlmayer 44.
17° Cit. in Jlintere 1 7 1 . Brown, Welten, ! 94.
171 Grisar, Geschichte Roms, 588 s.
1 7 2 Hartmann, Geschichte /taliens, I 356 ss. Caspar, Papsttum, II 667. Kornemann, Weltgeschichte, II 43 1 .
Dannenbauer, Entstehung, I 335 s, 340.
173 Per la prima guerra mondiale ho fornito documentazione dettagliata in Heilsgeschichte, !, 274 ss, "Der
Vatikan als Kriegsgewinnler". Per il secondo dopoguerra cfr. ibidem II 277 ss, 288 ss, 297 ss.
1 74 Sanct. pragm. c. 1 2. Gregorovius l l , 226. Hartmann, Geschichte ltaliens, l 367 ss, 374 ss. Grisar,
Geschichte Roms, 59 ! ss. Caspar, Papsttum, II 323 ss, 667. Kornemann, Weltgeschichte, II 432 s.
Seidlmayer 63. Lorenz, Das vierte, 93. Haller, Papsttum, I 2 1 6.
1 75 Gregorovius I 459 s. Hartmann, Geschichte /taliens, I 367 ss. cfr. Deschner, Heilsgeschichte, I 283.
1 76 Solidus: v. Pauly V 259 s. Hartmann, Geschichte ltaliens, I 399 ss.
177 Cit. in Rubin 1 65 .
17 8 Ibidem 73, 86 ss, 92. Ullmann, Die Machtstellung, 48.
1 79 Kornemann, Weltgeschichte, II 432. Dannenbauer, Entstehung, II 3 , l 327 ss. Maier, Byzanz, 73. Idem,
Verwandlung, 1 8 1 , 1 85 ss, 234 s. Rubi n 94, 1 1 5 , 203 . Kosminski/Skaskin 59, 62. Wein 84 ss. Montgomery
I 1 40 ss.
1 80 Cit. in Rubin 2 1 0 ss.
' " 1 Gregorovius I l , 228. Caspar, Papsttum, II 2 1 7 s. Haller, Papsttum, I 2 1 5 ss.
1 8 2 Li ber Pontificalis Vita Agape ti (PL 1 28, 55 1 ). Gregorovius l 1 68 s. Caspar, Papsttum, II 2 1 O ss., in part.
22 1 ss. Seppelt/LOffler 32. Rahner, Kirche und Staat, 287 s.
'"' MGH Epp. 3 ,439. Altaner/Stuiber 286, 3 1 9 ss, 339 ss, 347 s. Kraft, Kirchenviiter Lexikon, 294, 480 s,
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1 8 5 Liber Pontificalis (ed Duchesne) 297 (PL 1 28, 578) Caspar, Papsttum, II 245 s. Kornemann, Welt­
geschichte, II 434. Rahner, Kirche und Staat, 29 1 .
1 86 Primo Constitutum 1 4/5/553 (CSEL 35, 230 ss). Secondo Constitutum 23/2/554 (Mansi IX 457 ss). JK
922, 924, 927. MGH, Epp. III 438 ss. PL 69, 1 1 5 ss; 1 43 , 225 . Altaner/Stuiber 233 Kiihner, Lexikon, 36.
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Schwaiger 55 s. Haacke, Politik, II 1 66 ss. Rahner, Kirche und Staat, 293 ss. Handbuch der Kirchen­
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' "7 Mansi, Coli. Conc. IX 50 ss. PL 69, 53 C ss.
1 88 Ibidem.
1 89 Rahner, Kirche und Staat, 295 s.
190 Kiihner, Lexikon, 36 s. Gregorovius I , l ,229. Caspar, Papsttum, II 286 ss.
1 9 1 Pelagio, In defensione trium capitulorum, 5 .
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377

INDICE DEI NOMI

Abda, vescovo: I 265 Ahlheim, Klaus: I 1 87


Abgar IX. di Edessa: I 1 49 Akakios di ' Amid, vescovo: I 265
Abiam, re di Giuda: I 85, 86 Akiba, rabbi : I 1 03
Abieno, senatore: I 298 Aland, Kurt, teologo: I 1 92, 2 1 3, 2 1 6, 349, 4 1 8;
Ablabio, prefetto del pretorio: I 239, 269 II 7, I O, 44, 68, 1 1 7, 1 5 1
Abramo, patriarca, progenitore: I 90, 1 1 2, 1 20, 1 24, Alarico 1 . , re dei Goti : I 1 5 3 , 420, 422, 435;
2 1 5, 240, 3 1 5, 356, 363 II 6, 9 ss, 1 4, 15, 18 ss, 2 1 s, 24, 1 94, 284, 289
Abrogaste, generale, ministro di Valentiniano 1 1 .: I Alarico II., re: II 224
387, 389, 447 Alateus, re alamanno: I 358
Ab i Ra' ita, vescovo di Takrit: II 203 Albert, Sigrid: I 443
Acab, re: I 77 Albia Domenica: I 298
Acab, re d' Israele: I 87, 88, 89, 289 Albina, romana: I 422
Acacio: II 256 s Albino, governtore: II 1 74
Acacio di Berea, vescovo: II 1 02, 1 1 6 Albrecht Il., cardinale di Magonza: I l 70
Acacio di Melitene: II 1 30 Albrecht di Magdeburgo, arcivescovo: I 1 70
Acacio, patriarca di Costantinopoli (472-48 1 ) : Alcimo, sommo sacerdote: I 97
II 2 1 2, 2 1 4, 2 1 6-2 1 9, 226, 232, 234 Alcuino, abate: I 37
Acazia, re di Giuda: I 88, 89 Alessandra, cognata di Aristobulo I l . : I 99
Acazio, vescovo: I 3 3 8 Alessandro, figlio di Aristobulo Il.: I 99
Acesio, vescovo di Costantinopoli: II 72 Alessandro, vescovo di Alessandria: I 3 1 4, 3 1 5 ,
Achilleo di Spoleto, vescovo: II 88 s 3 1 6, 3 1 8; II 1 1 5
Achis di Gath, re: I 82 Alessandro, montanista: I 1 40
Acolio di Tessalonica, vescovo: I 359 Alessandro, proconsole: I 330
Adam, Alfred: I 404 Alessandro III., papa: I 37, 63
Adamo, progenitore: I 423, 424, 434 Alessandro Magno: I 89, 95, 98, 1 98, 242, 3 1 4
Adeodato, figlio di Agostino: I 40 1 Alessandro d i Ierapoli, vescovo: I I I29
Adriano, imperatore: I 72, 1 03 , 1 1 0, I I I , 233, 256, Alexandros Jannaios, re dei Maccabei: I 99
297 Alfii l di, A., storico: I 1 99
Adriano II., papa: II 86 Alfredo il Grande, re degli Anglosassoni: I 29
Aelia Flavia Flaccilla, moglie di Teodosio 1 . : I 379; Algardi, Alessandro: II 1 94
II 4 Alica, principe goto: I 205
Afrahat, s., padre della chiesa: I 26 1 , 262, 298 Alipio di Tagaste, vescovo: I 402, 405 , 422, 426,
Agapeto 1., papa: II 86, 236, 268, 274, 294, 298, 445
3 1 4 s, 3 1 8 s Alletto, usurpatore: I l 94
Agar, figura biblica di donna: I 9 1 Allobico, generale: II 23
Agila, re: I I 309 Altaner, Berthold, teologo: I ! 5 1 , 348, 434; II I l ,
Agostino, s., dottore della chiesa: I 57, 62, 65, 99, 1 33, 1 44, 2888, 290
1 00, 1 09, 1 1 8, 1 23 , 1 24, 1 25 , 1 40, 1 46, 1 5 1 , 1 52, Altdorfer, Al brecht: II l 00
1 55 , 1 56, 1 57, 1 7 1 , 1 73, 1 93 , 2 1 9, 220, 226, 227, Altendorf, H. D . : I 1 8 1
23 1 , 236, 289, 295 , 3 1 8, 324, 349, 353, 355, 364, Amalaberga: I I 305
365, 370, 400-448; II 2, 5 , 9, I l , 1 3, 1 6, 1 7 , 1 8- Amalafrida, sorella di Teodorico: II 293, 295
22, 37, 50, 52, 55 s, 65, 77, 85, 88, 1 0 1 , 1 1 9, Amalasunta, regina: II 295, 300
1 33, 1 76, 1 86, 1 87 s, 1 89, 1 9 1 , 272, 289 Amanzio, gran tesoriere: II 252 s
Agrippa, Marco Vipsanio, generale romano: I 1 1 0 Ambrogio, dottore della chiesa: I 82, 1 39, 1 52, ! 54,
Agroezio, funzionario sotto Constantino III.: II 1 4 1 57, 1 67, 1 69, 1 93 , 208, 222, 226, 227, 243, 348-
378 Indice dei nomi

390, 402, 427, 433, 437, 438; II 2, 4, 7, I l , 1 9, Apa Psyros, monaca: II 1 39


44, 5 1 , 59, 69, 8 1 , 83, 1 00, 1 1 0, 1 4 1 , 1 9 1 , 230 Apiario: II 55 ss, 59, 1 32
Ammatas: II 296, 297 Apolla, monaca: II 1 40
Ammiano Marcellino, storico romano: I 228, 270, Apollinare di Laodicea, vescovo (3 1 0-390): II 1 1 3,
27 1 , 280, 282, 293, 296, 297, 298, 336, 338, 353, 1 1 7, 1 20, 1 46
358; II 77, 78, 80 Apolloni-Ghetti, Bruno, architetto: II 4 1
Ammonio (Ammone), seguace di Origene: II 95, Apollonio d i Tiana, neopitagorico: I 430
99 s, 1 36 Aponio: II 1 82
Anania, figura biblica: I 1 37 Apringio: I 4 1 4
Anastasia, moglie di Anastasio: II 24 1 Apuleio d i Madaura, sofista: I 430
Anastasia, sorella di Costantino: I 228 Aquila: II 39
Anastasio 1., imperatore. (49 1 -5 1 8) : II 227-228, Arcadia, principessa: II 1 1 6, 1 20
234, 240-243, 252, 254-256, 258, 269, 279, 300 Arcadio, imperatore (395-408): I 269, 451, 472;
Anastasio 1., papa: I 1 5 3, 1 54, 4 1 3, 425 ; II 2 1 , 53, II 2 s, 4 ss, 7 - l O, 1 7, 25, 97, 107
86, 1 00, 1 02 Arcadio, vescovo: II 1 2 1 , 1 24
Anastasio 11., papa (496-498): II 234 ss Ardarico, re dei Gepidi, successore di Attila: II 1 95
Anatolio, patriarca di Costantinopoli : II 1 54, 1 54, Areobindo, generale (512), imperatore: II 24 1
1 57, 1 62 S , 1 85, 256 Areobindo, nipote di Giustiniano: II 299
Andragazio, magister equitum: I 378, 380 Argob: I 86
Andrea, apostolo: II 54 Arianna, imperatrice: II 227, 24 1
Andrea Lausiaco, tesoriere: II 253 Arie, figura biblica: I 86
Andresen, Cari : 1 220; II 7 1 Ari o, presbitero in Alessandria: I 38, 238, 3 1 O, 3 1 1 ,
Andronico, governatore provinciale: I 446 3 1 2. 3 1 4-3 1 6, 3 1 8, 32 1 , 323-325, 3 30, 366, 368;
Andvito, vescovo ariano: II 287 II I l 3 , I l 7, 1 20, 233
Anfilochio, vescovo di lkonium: I 385; II 1 34 Aristarco di Samotracia: I 3 1 4
Anicia, Giuliana: II 24 1 Aristarco, vescovo armeno: I 29 1
Anilino, proconsole: I 200, 220 1 Aristea, storico greco: I 92
Annibaliano, nipote di Costantino: I 26 1 Aristide, apologeta: I 1 69, 1 72, 1 75 , 1 76; II 1 1 5
An6szad, principe persiano: II 305 Aristippo, filosofo greco: I 1 74
Antemio, prefetto del pretori o: II 25 Aristobulo 1 . , re: I 99
Antemio, imperatore.: II 2 1 1 ss, 220, 22 1 Aristobulo 11., figlio di Alessandro Jannaios, re: I 99
Antimo, patriarca di Costantinopoli: II 270, 274, Aristofane di Bisanzio, grammatico: I 3 1 4
314 s Aristolao, tribuno e notaio: I I 1 30
Antìdio di Besançon, vescovo: II 283 Aristotele, filosofo greco: I 1 74
Antigono Mattatia. principe asmoneo: I 99 Armenio, prete: I 374
Antioco Ili., re dei Seleucidi: I 443 Armstrong, A. Hilary : I 1 76
Antioco IV. Epifane, re: I 95, 96, 97 Arnobio di Sicca, il vecchio: I 1 68, 1 70, 1 7 1 , 2 1 8
Antioco V. , re: I 96 Arnold, Gottfried, teologo protestante: I 29 1
Anton, H. H . : I 234; II 2, 23, 29 Aronne, fratello maggiore di Mosè, l. sommo sa-
Antonina, moglie di Belisario: II 295, 302 cerdote di Israele: I 9 1
Antonino, metropolita di Efeso: II 1 02 Arsace 11., re d' Armenia: I 265
Antonio, Marco, imperatore: I 225 Arsace Ili., re d ' Armenia: I 260, 264, 269, 275
Antonio, dottore della chiesa: I 324, 326; II 72, 1 4 1 Arschken, moglie di Tiridate: I 257
Antweiler, A . : I 1 46 Arsenio, vescovo: I 323; II 86
Anwander, A.: I 309 Arsenio, precettore de li' imperatore Arcadio: II 4
Apa Hello, fratello di Sansn6: II 1 40 Artabane, magister militum : II 299
Apa Hermef, madre di Theonoe: II 1 39 Artabano, generale: II 308
Indice dei nomi 379

Artaserse, re dei Persiani: I 90, 94 Avito di Vienne, vescovo: II 238


Artavasd: I 260 Avito, imperatore: II 285, 286
Artemio, governatore militare d' Egitto: I 339 Avi-Yonah, M.: II 28 1
Asa, figura biblica: I 85 Aydelotte, William 0.: I 46, 53
Ascaricus, re dei Franchi: I 1 95 Azaria, re di Giuda: I 86
Ascholio, vescovo: I 362
Asclepio, vescovo: II 256, 286 B aasa, re di Israele: I 77, 85, 86, 87
Asera: I 87 Babila, s.: I 282
Asklepas di Gaza, vescovo: I 330 Babueo di Seleucia: II 1 3 1
Asmon, progenitore dei Maccabei: I 97 Bacchide: I 97
Aspar, magister militum (424-47 1 ): II 4, 1 54, 206 s B ach, Joh. Seb. : I 3 8 ; II 43
Asrivo: I 374 Bacht, Heinrich: I 45, 430; II 99, 1 26, 1 44, 1 47,
Assalonne, 3° figlio di re Davide: I 8 1 204, 2 1 8, 227, 243 , 254
Asterio d i Cappadocia, scrittore ariano: I 3 1 0 Bahriim 1., gran re dei Parti: I 1 49, 256
Atalarico, re (532): I I 235, 300 Bahriim Il., gran re dei Parti: I 256
Atalia, regina di Giuda: I 89 Bahriim IV. , re dei Parti: I 265
Atanagildo, nobile goto: II 309 Bainton, R. H.: I 2 1 9
Atanarico, re visigoto: I 353, 354, 3 6 1 Bakunin, M . A., anarchico russo: I 43
Ataulfo, cognato d i Alarico: II 2 2 s, 24 Balmasa, centurione: I 24 1
Atenagora, apologeta: I 1 67, 1 68, 1 72, 1 73 , 1 80, Balthasar, Hans Urs von: I 28
2 1 8, 2 1 9 Baradai, Jakob, monaco e prete: I 329
Attalo, imperatore: I I 1 8, 23 Barbaziano, s.: I 433 ; II 1 84
Attanasio di Alessandria, dottore della chiesa (ca. Barbazio, magister peditum: II 1 7
295-373): I 1 09, 1 1 6, 1 1 8, 1 24, 1 47, 1 52, 1 68, Bardesane (Bar Daisan), teologo e filosofo: I 1 48,
1 76, 222, 226, 227, 27 1 , 274, 275, 28 1 , 293, 298, 1 49
308-340, 349, 374, 377, 437; II 5 1 , 59, 74, 96, Bar-Kochba (Simon ben Kosiba): I 1 03 , I I I , 220
1 00, 1 08 s, I I I , 1 1 3 , 1 1 9, 1 25 , 1 27, 1 3 1 , 1 33 , B arnaba, discepolo di Paolo: I 1 37
1 47, 1 9 1 Barse di Edessa, vescovo: I 298
Attanasio, auriga: I 299 Barsumas (o Bar Sauma), abate: II 1 49- 1 5 1 , 1 60 s
Attico, vescovo di Costantinopoli (406-425 ) : II 25, Barsumas di Nisibi: II 1 3 1
89, 1 07, 1 34 Barth, Karl , teologo: I 27, 1 67
Attila, re degli Unni: I 353; II 22, 28, 1 93 ss, 22 1 s, Bartolomeo, apostolo: I 266
304 Basilide di Alessandria, vescovo: I 1 48, 1 52; II 59
Aubin: I 3 6 1 Basilina, madre di Giuliano: I 283
Augusto, imperatore: I I l O, I I I , 2 1 4, 2 1 7, 222, 239, Basilio, dottore della chiesa: I 82, 1 09, 1 47, 1 52,
256, 40 1 1 60, 227, 28 1 , 298, 3 1 0, 324, 329, 357, 359; II
Aureliano, L. Domizio, imperatore romano: I 225, 5 1 , 8 1 , 1 00
435 Basilisco, imperatore romano d' Oriente: II 2 1 0 ss,
Aureliano, console attorno al 400: II 6, 7 220, 222, 285, 294, 3 1 5
Aureliano, vescovo di Arles: II 307 Bassanio, vescovo: I I 1 59
Aurelio, diacono: I 374 Bassiano, genero di Costantino 1 . : I 228
Aurelio di Cartagine: II 56, 88 Basso, governatore: II 280
Aurelio Vittore, prefetto di Roma: I 1 82 Basso, prefetto: I 232, 335
Ausanio, vescovo di Arles: II 307 Basso, giudice: II 79
Auxenzio, vescovo di Durostorum: I 356 Batanario, comes Africae: II 1 6
Auxenzio Mercurino, vescovo ariano di Milano: Bauer, Georg Lorenz: I I 40, 58
I 295, 369, 370; II 79 Bauer, Walter: I 1 4 1
3 80 Indice dei nomi

Baur, Chr. : I 1 2 1 , 292, 3 1 1 , 360; II 6, 5 1 , 1 00 Bucelin, conte alemanno: II 308


Baus, Karl, teologo: I 1 92, 2 1 6, 230, 407, 4 1 5, 436; Buchberger, vescovo: I 1 59, 1 98
II 48, 54, 1 78, 1 9 1 Buckle, H. Th. : I 40, 59
Bauto, ufficiale pagano franco: I 364 Bultmann, Rudolf, teologo: I 27, 1 4 1
Bayle, Pierre: I 42, 1 42 Burckhardt, Jacob: I 202
Beck, Edmund, teologo: I 1 20 Burke, Edmund: I 40
Beck, H.-G. : II 54, 1 06, 1 1 8, 2 1 8 Bury, J. B . : II 1 36, 252, 304
Beck, Martinus Adrianus: I 7 1 , 8 1 Bussmann, Magdalene: II 45
Belisario, generale: I I 262 s , 272, 295-299, 30 1 - Buterico, comandante miliare goto: I 38 1
305, 307, 308, 3 1 3 B uti, Lucrezia, monaca: I 1 70
Benedetto XIV., papa: I I 1 96 Btittner, Th. : I 4 1 0
Benoist-Méchin, J . : I 1 94, 288 Buzes, generale sotto Giustiniano: I I 27 1
Berger, 0.: II 1 95
Bernardo, dottore della chiesa: I 1 40 Cabaone, re dei Mauritani : II 293
Bernhart, Joseph: II 20, 5 1 , 65 Cadoux, C. 1.: I 2 1 9
Bertram, Adolf: I 64 Caino: I I 2 1 4
Beumann, H . : I 60 Calandio, patriarca d i Antiochia: I I 2 1 3 , 2 1 8, 22 1 ,
Bévenot, M . : I 97 230
B ickermann, Elias: I 96 Caligola, imperatore romano: I I l O
B igelmair: I 292, 296 Callimaco, poeta greco: I 3 1 4
Bigleniza, sorella di Giustino 1 . : II 252 Callisto 1., papa ( 2 1 7-222): I I 66-69
Bihlmeyer, K . : I 1 94, 2 1 6; II 49, 5 1 Callisto, vescovo: I 1 44
Bila, figura biblica: I 9 1 Callistrate, schiava: II 66
Blandina, s . : I 1 79 Calocero, cammelliere del l ' imperatore: I 23 1
Blank. Josef: II 37, 38, 44 Calvi, Roberto, banchiere: I 35
Bletterinni, abate di: I 308 Camelot, Pierre-Thomas: I 1 43 ; II 98, 1 1 2, 1 1 5 ,
Blum, G. G.: I 262, 264 1 20 s, 1 25 , 1 28, 1 46, 1 60, 1 84
Boezio (prefetto del pretori o): II 29 Campenhausen, Hans v. , teologo: I 1 80, 22 1 , 222,
Bonifacio, generale: I 4 1 4, 4 1 7, 4 1 8, 445 , 448 ; II 320, 324, 359, 368, 37 1 , 372; II 1 2, 20, 1 37
4, 28, 284 Candidiano, commissario: II 1 20, 1 23
Bonifacio, prelato romano: II 1 5 5 Candidiano, figlio del l ' imperatore Galerio: I 204
Bonifacio II. (530-532): I I 302 Canelli, Elias: I 25
Bonifacio l. (s.), vescovo, papa: II 24, 55, 86-90 Carausio, usurpatore: I 1 94
Bonifacio VI., papa: II 86 Cariobaude, magister militum : II 1 5
Bonifacio VIII., papa: I 30 Carlo Magno, imperatore (742-8 1 4): I 29, 3 3 , 63,
Bonoso, presbitero luciferano: I 390 64, 65, 69, 2 1 6, 43 1 ; II 226, 307
Bonoso di Sardica, vescovo: II 1 1 5 Carlo Martello: I 97; II 307
Bosl, K.: II 20 1 Carlyle, Thomas: I 38, 6 1
Braudel, Fernand: I 46 Carpii io, figlio d i Ezio: I I 1 94
Brenno, principe dei Senoni: II 2 1 Carpocrate (gnostico): I 1 43, 1 48
Britto di Treviri, vescovo: I 374 Carpoforo: II 67
Brock, Erich: I 7 1 , 74 Carr, Edward Hallet: I 60
Browe, P. : II 278 Cartellieri, A . : I 360
Brown, Peter: I 225, 382, 403 , 405, 420, 439; II l , Caspar, Erich: I 235, 239, 367, 402, 42 1 ; II 4I, 65,
141 70, 79, 85, 86 f, 1 26, 1 28, 1 59, 1 84, 208, 220,
Browning, Robert: I 29 1 , 292 233, 236, 237, 239, 243 , 292, 334, 344, 35I, 435,
Brox, Norbert: I 1 35 , 3 1 3 ; II 38, 44 440, 446, 447
Indice dei nomi 381

Caspari, W. : I 95, 500 1 70, 1 72, 1 75 , 1 76, 1 77 , 2 1 8; II 1 4 1


Cassio Dione, storico greco: I 1 03 Clemente VII., papa: I I 5 8
Cassiodoro, uomo politico sotto Teodorico: II 1 94 Clodoveo 1 . , re dei Franchi: I 29; II 225, 234, 307
Castritius, H . : I 20 1 , 203 Clotario 1., merovingio: II 305
Caterina, s . : I 1 70 Colombano il giovane, apostolo dei tedeschi: I 1 40
Catone: I 1 55 , 239 Commodo, M. Aurelio C. Antonino, imperatore
Ceciliano, vescovo: . I 200, 235, 236, 237 romano ( 1 80- 1 92): I 1 73 ; II 67
Cedreno, Georgi os: I 3 8 1 Conditaria: II 235
Celestino 1 . , papa (422-432): I 427; I I 56, 72, 88, Coricio, sofista del VI. sec . : II 280
1 1 4- 1 32, 1 74 Cornelio di Antiochia, vescovo: II 46
Celestio, pelagiano: I 42 1 , 422, 425, 426, 427, 429; Cornelio, s., papa (25 1 -253): II 70-72
II 24, 1 86 Correnti, Venerando: II 43
Celich, Cl.: I 3 1 Cortez, Hernando: II 307
Celidonio, vescovo: II 1 79 Cosma, s.: II 76
Celso: I 58, 1 35 , 1 83- 1 87 Costante l. (Flavio Giulio Constanzo), figlio di
Cerdo, gnostico siriaco: I 1 48 Costantino !.,imperatore romano: I 269-27 1 , 276,
Cerinto: I 1 38 278, 28 1 , 284, 330, 3 3 1 , 332, 335; II 1 3
Cesare, Gaio Giulio: I I l O, I I I , 2 1 4 Costantino I i l grande, imperatore romano: I 29,
Chadwick, Henry: I 2 1 3, 4 1 8; I I 48, ! 5 1 1 1 9, 1 26, 1 42, 1 48, 1 77 , 1 80, 1 82, 1 83 , 1 86, 1 87,
Chastagnol : II 3 1 92-243 , 257, 26 1 -266, 268, 269, 270, 273, 276,
Chateaubriand, F. R . : I 287, 29 1 285, 293, 295, 3 1 1 , 3 1 5-3 1 8, 3 1 9, 322, 323, 324,
Childeberto 1., merovingio: II 305, 307 325, 328, 329, 352, 354, 360, 383, 406, 4 1 4, 439;
Chladenius, storico: I 44 II 3 s, 8, 9, 1 6, 26, 4 1 , 43, 48, 58, 72, 74, 1 26,
Chosrau (Cosroe) 1 . , re persiano: II 305, 3 1 3 263, 3 1 9
Chosrau Il., re persiano: I 26 1 Costantino II., imperatore romano: I 1 27, 2 1 7, 235,
Chosroviducht, soella del re Tiridate: I 257 269, 270, 3 1 1 , 325, 330
Christ, Felix: II 44 Costantino III., usurpatore ( 407-4 1 1 ), Flavio Clau­
Chrysoloras, Manuele: II 48 dio Constantino: II 8, 1 3 , 22, 1 77
Cicerone, M. Tullio: I 30, 54, 1 80, 442 Costanza, Flavia Giulia, sorella di Costantino 1 . :
Cicognani, Amleto Giovanni, cardinale: I 336 I 203, 206, 228, 2 8 2 , 323
Cipriano, vescovo di Cartagine: I 1 1 7 , 1 40, 1 44, 1 45 , Costanzo 1., Cloro, imperatore romano (305-306) :
1 46, 200, 2 1 8, 2 1 9, 236, 409, 4 1 0, 420, 427; I I I 1 93 , 1 94
37, 49-52, 59, 70 s, 1 9 1 Costanzo Il., imperatore romano (337-36 1 ): I 1 50,
Cirillo d i Alessandria, dottore della chiesa: I 3 1 , 2 1 0, 239, 26 1 , 264, 269-276, 278, 279-28 1 , 282,
35, 7 1 , 86, 1 39, 1 46, 208, 289, 437; II 52, 72, 283, 284, 285, 3 1 0, 3 1 3, 320, 32 1 , 323, 325, 326,
95, 97, 98, 1 08- 1 5 1 , 1 58, 1 74, 202, 3 1 6 330, 33 1 , 332, 333, 335, 337, 338, 339, 353, 359,
Ciro I l . , re persiano: I 89 360, 364, 370, 383, 447; II 1 6, 1 8
Ciro, Flavio, vescovo di Frigia: II l 08, 1 76 Constanzo III., reggente (m. 42 1 ) : II 24
Claudiano, Claudio, poeta romano: II 5, I l Cranach, Lukas: I 1 70
Claudiano, vescovo donatista: I 406 Crasso, L. Licinio, funzionario romano: I 443
Claudio 1 . , Tib., Druso Nerone Germanico, impe­ Cratina: I 1 70
ratore romano (4 1 -54): I I I I ; II 39 Cresto, vescovo di Siracusa: I 235
Claudio Il. Gotico, M. Aurelio, imperatore romano Crisafio, eunuco di corte: II 1 45 , 219, 227
(268-270):I 1 93 , 352 Crisippo: II 1 02
Claudio di Torino, vescovo: I 437 Crisogono, s . : II 2 1 2
Clauss, M.: II 5 , 1 5 Crisostomo, Giovanni, s., dottore della chiesa: I 60,
Clemente d i Alessandria: I 1 25, 139, 1 4 1 , 1 43 , 1 52, 99, 1 09, 1 20- 1 23 , 1 24, 1 25, 1 32, 1 38, 1 39, 1 40,
382 Indice dei nomi

1 47, 1 48, 1 59, 208, 227, 289, 328, 329, 332, 377; Demetra, monaca romana: I 424
II 3, 6 ss, 27, 5 1 , 87, 96- 1 1 7 , 1 27 , 1 89, 1 9 1 , 230 Demetrio Poliorcete, monarca ellenistico: I 98
Crispo (Flavio Giulio), figlio di Costantino il gran­ Demetrio 1., vescovo di Alessandria: I 3 1 4; II 1 08
de: I 1 42, 1 80, 206, 207, 2 1 6, 222, 228 Demofilo, vescovo di Beroa: I 298, 336, 362
Cristo: I 26, 27, 29, 30, 37, 42, 96, 99, 1 00, 1 1 2, Demostene: II 1 0 1
1 1 3, 1 1 6, 1 20, 1 2 1 , 1 22, 1 23 , 1 24, 1 25, 1 33 , 1 35 , Dempf, A . : I 384
1 36, 1 39, 1 40, 1 4 1 , 1 43, 1 45, 1 46, 1 48, 1 56, 1 57, Denzler, G. : I 220
1 7 1 , 1 85, 1 92, 1 93 , 204, 2 1 4, 2 1 6, 2 1 7, 220, 225 , Deogratias, vescovo: II 287
229, 23 1 , 255, 259, 260, 263, 266, 277, 3 1 1 , 3 1 3, Deschner, K.: I 25
3 1 5 , 3 1 7, 32 1 , 322, 327, 349, 35 1 , 352, 360, 365, Desiderio, fratello di Magnenzio: I 272
366, 370, 376, 382, 402, 409, 4 1 4, 4 1 5, 4 1 8, 430, Desiderio di Langres, vescovo: II 283
436, 437, 442, 446, 447 ; II 1 2, 1 9, 48, 5 1 , 60, Deuteroisaia: I 90
67, 7 1 , 8 1 , 1 0 1 , I I I , 1 1 3 , 1 1 4, 1 1 6, 1 2 1 , 1 27, Dewick, E. C.: I 75, 1 72
1 29, 1 34, 1 46, 1 48, 1 49, 1 50, 1 74, 1 8 1 , 1 82, 1 84, Dh L Nuwas: II 260
206, 229, 233, 264, 287 Didero!, Denis: I 42, 309
Critone: I 1 85 Didimo, scrittore cristiano: I 1 54
Cromazio di Aquileia, vescovo: II 1 00, 1 07 Didimo, generale: II 1 3
Croce, Benedetto: I 5 3 Diehl, C . : I I 273
Cunak: I 26 1 Diesner, H.-J . : I 4 1 0, 4 1 7, 4 1 9, 446; II I l
Dihle, Al brecht: I 365
Dad!S6: I 263 Diocleziano, Aurelio Valerio, imperatore romano:
Dallmayr, Horst: II 1 1 9, 1 28 I 1 79, 1 8 1 , 1 94, 1 95, 20 1 , 204, 2 1 4, 220, 223,
Dalmazio, abate: II 1 1 8, 1 24 232, 234, 256, 290; II 45, 74, 1 87
Dalmazio, fratello di Costantino: I 269 Diodoro Siculo, storico greco: I 2 1 1
Damaso 1 . , papa (366-384): I 1 58, 335, 362, 364, Diogene, notaio: I 332
374; II 47, 5 1 , 53 s, 65, 69, 73, 75, 76-87, 96, Diogene, fi losofo greco: I 1 74
1 49, 239 Dioniso, comes imperiale: I 323
Damiani, Pier, dottore della chiesa: I 34 Dioniso (s.), papa (259-268): II 59
Damiano, s.: II 76 Dioniso di Corinto, vescovo: II 40
Daniele, s. (stilita): II 207, 2 1 4 Dioniso, vescovo di Milano: I 334, 349
Daniélou, Jean, cardinale: I 1 00 Dioscoro della piccola Ermopoli, vescovo: II 99
Daniel-Rops, H . : I 72, 98, 1 78, 403 ; II 1 35, 1 7 3 , Dioscoro l . (Di oscuro), patriarca di Alessandria: II
30 1 , 305 95, 1 25, 1 44- 1 6 1 , 203 ss
Dannenbauer, H: II 2 1 7, 286 Dirks, Walter: I 26
Dante: II 234 Dittrich, O.: I 3 24
Dardano, prefetto del pretorio: II 23 Dodds, E. R . : I 1 33
Dario, generale romano: I 4 1 4 Doerries, H . : I 2 1 0, 2 1 7, 229, 322
Dassmann, Ernst: I 370; I I 43 Dolger, F. J.: I 2 1 7 ; II 1 6 1 , 264
Davi d, profeta, progenitore: I 8 1 , 82, 83, 84, 89, Domiziano, Tito Flavio, imperatore romano: I 435
90, 99, 333, 363, 389, 436, 442; II 280 Domiziano, vescovo: II 207
Davidsohn, R.: l 388; II 226, 30 1 Domiziano, notaio: I 282
Dazio, arcivescovo: II 304 Domnio, amico di Girolamo: I ! 57
Decenzio di Gubbio: II 85 Domno I l . , vescovo e patriarca di Antiochia: II 1 44,
Decimo Rustico, funzionario sotto Costantino I I I . : 1 46 s, 1 5 1
II 14 Donato di Bagai (il grande), vescovo: I 236, 237,
Decio, imperatore romano: I 1 52, 1 80, 274, 435 27 1 , 406, 407, 409, 4 1 0
Delehaye, H.: II 43 Donin, L . : I 3 1 8 ; I I 1 96
Indice dei nomi 383

Dormitanzio: I 1 56 Epifania di Salamina, dottore della chiesa: I 1 47,


Doroteo, metropolita di Tessalonica: II 39, 257 1 53 , 320; II 46, 53, 1 04
Droysen, Joh. Gustav, storico: I 38, 44, 49 Epifania di Ticino-Pavia, vescovo: II 224, 226
Drusilla, sorella di Caligola: I I l O Epitteto di Civitavecchia, vescovo: I 335
Duchesne, Louis: I 324; II 82, 1 28, 1 60, 1 78 Eracliano, comes Africae (antiimperatore): I 42 1 ;
Dulcizio, funzionario: I 4 1 9; II 1 49 II 1 6, 22
Diirer, Albrecht: I 1 70; II 1 00 Eraclide, vescovo luciferano: I 335
Eraclio, vescovo: II 73
Ecateo, storico greco: I 92 Eraclido: I 20 l
Edeco, padre di Odoacre: II 22 1 Eraclito, filosofo greco: I 1 74
Efesio, vescovo dei Luciferani in Roma: I 335 Erari co, re dei Rugi: II 305
Efraim, patriarca di Antiochia (526-544 ) : II 273 Eratostene, geografo: I 3 1 4
Efrem, dottore della chiesa: I I 09, 1 1 9, 1 20, 1 4 7, Ereleva, madre d i Teodorico: I I 225
1 48, 1 49, 262, 265 , 285, 289, 377; II 1 87, 1 9 1 Erenas, vescovo: I 374
Ehrhard, Albert: I 1 42, 2 1 6, 2 1 9, 240, 3 1 3 ; I I 7 1 , Ermanarico, re degli Ostrogoti: I 354
74, 1 1 3, 1 26, 1 32, 1 46, 1 73 , 1 90 Ermia, scrittore ecclesiatico: I 1 74
Ehrhard, Gregor: II 74 Ermogene, generale: I 330
Einstein, Albert: I 52 Ermogene, prefetto per l ' Oriente: I 28 1
Eia, re, figlio del re Basa: I 87 Ero di Arles, vescovo: I 425, 426; II 1 77
Elbern, St.: II 1 5 Ero, segretario di Aureliano: I 435
Eleazar ben Simon, sacerdote: I I O l , l 03 Ero, vescovo: II 46
Elena, s . : I 1 93 , 209, 222, 228, 269 Erocus, re degli Alamanni: I 1 95
Elena di Adiabene, regina: I 93 Erode, re dei Giudei: I 99
Eleusio, vescovo: II 72 Erodiade, n ipote di Erode il grande, figlia di
Eli, sommo sacerdote: I 77 Aristobalo: I 369
Elia, profeta: I 87, 88, 1 1 6, 4 1 6 Esaù: I 77, 3 3 3 ; II 235
Elia, patriarca d i Gerusalemme (494-5 1 6): I I 242 Esdra, sacerdote ebreo: I 90, 9 1 , 92, 94, 363
Elia di Nisibi, metropolita (975 - 1 049): II 1 57 Esichio di Gerusalemme, monaco: I 1 25
Elio, magister officiorum: II 3 Esiodo, poeta greco: I 1 69
Eliodoro, vescovo di Altino (monaco): I 1 39 Estassa, moglie di Sapa 1 . : I 256
Elisabetta 1 . , regina d ' Inghilterra: II 76 Eucherio, figlio di Stilicone: II 1 5, 1 6
Eliseo, profeta: I 87, 88 Eucrozia, vedova (ca. 385): I 374, 375; I I 79
'Ella 'Asbeha, Negus, re degli Abissini: II 260 Eudocia, figlia de li' imperatrice Eudossia: II 1 96
Elladio di Tarso, vescovo: II 1 29 Eudokia (Athenais), moglie di Teodosio III.: II 4,
Elpidio, comes del santo Concistoro: II 1 05, 1 49 25, 1 1 6, 1 1 8, 1 20, 1 45 , 204, 205
El ton, Geoffrey: I 49 Eudokia, moglie di Unerico, figlia di Valentiniano
Emilio di Benevento, vescovo: I 428 ; II 1 07 III.: II 289, 292
Empedocle: I 1 74 Eudossia, Aelia, imperatrice, moglie di Arcadia:
Engberding, benedettino: II 1 39 II 4 s, 7, 1 02, 1 04 s
Ennio, Quinto, letterato romano: I 442 Eudossia, Licinia, moglie di Valentiniano III. e del­
Ennodio di Pavia, vescovo: II 223, 235, 236, 238, l ' imperatore Massimo: II 24, 29, 1 53 , 1 96
242 Eudoxius, patriarca di Costantinopoli: I 298
Enoch, s . : I 1 00 Eufemio, patriarca di Costantinopoli (490-496): II
Enrico Il. il santo, imperatore tedesco ( l O 1 4- 1 024 ): 227 ss, 232, 240, 356, 358
I 216 Eufemio, magister officiorum: II 3
Epifania, patriarca d i Costantinopoli: I I 295 Eufrate di Colonia, vescovo: I 3 3 1
Epifania, arcidiacono e segretario di Cirillo: II 1 26 Eugenio, Principe: I I 308
3 84 Indice dei nomi

Eugenio, presbitero: I 286 Faustino, assassino della Cilicia: II 267


Eugenio, vescovo di Cartagine: II 290 Faustino di Potenza, vescovo: II 53 s.
Eugenio, imperatore romano (392-394): I 350, 387, Fausto, console: II 238
388, 389, 447; II 6, 8, I O Fausto di Bisanzio: I 255, 257, 258, 260, 298
Eulalio, papa: I I 87-89 Fausto di M ileve, manicheo: I 404
Eulogio, tribuno: II 1 49 Federico II., il grande, imperatore di Prussia: I 1 79,
Eunapio di Sardi: I 35 1 ; II I O 239, 322
Euoptio d i Tolomea: I I 1 2 1 Felice, vescovo di Roma: I 337
Eusebia, madre d i Teodorico: I I 225 Felice, manicheo: I 404
Eusebio di Emesa, vescovo: I 326 Felice (Flavio Constanzio Felice), generale sotto
Eusebio di Nicomedia, vescovo: I 3 1 8, 330, 353 Galla Placidia: II 28
Eusebio, praepositus sacri cubiculi: I 335 Felice Il. (355-358), papa: II 75-76, 2 1 5 , 2 1 7, 2 1 8
Eusebio, vescovo di Dorileo: II 1 47, 1 50- 1 5 1 Felice III. (483-492), papa: I I 86, 2 1 8-2 1 9, 226,
Eusebio, prete i n Alessandria (4. sec.): II 99 228, 23 1
Eusebio, vescovo di Cesarea, storico ecclesiastico: Felice IV., papa: II 76, 256
I 1 1 7, 1 1 8, 1 38, 1 48, 1 69, 1 74, 1 78, 1 79, 1 8 1 , Felice V. , papa: II 66
1 83, 1 93, 1 94, 1 95, 1 96, 1 97, 1 98, 20 1 , 202, 204, Felice di Abthungi, vescovo: I 235
206, 209, 225, 238, 240, 242, 243 , 26 1 , 262, 269, Felice di Idicra, vescovo n umida: I 4 1 1
270, 272, 3 1 0, 3 1 5 , 3 1 6, 3 1 8, 438; II 3 , 39, 46, Felice di Treviri, vescovo: I 374
5 3 , 59, 69, 72, 73, 1 9 1 Felicissimo, sacerdote: I 374
Eusebio d i Samosata, vescovo: I 298 Ferdinandy, Michael de: II 1 95, 224
Eustazio di Antiochia, patriarca: I 1 93, 328, 33 1 ; Ferecide <<il genealogista>> : I 1 74
II 204 Ferrua, Antonio: II 4 1
Eutarico, figlio di Teodorico: II 258 Festo, presidente del senato: I I 234-237
Euterio di Tiana, vescovo: II 1 29 Feuerbach, Ludwig: I 43
Eutiche, abate, 4. sec . : II 1 45- 1 54, 1 86, 204, 209, Fielding, Henry : I 29 1
2 1 6, 333 Filagrio, governatore dell' Egitto: I 327
Eutichio, patriarca di Alessandria (m. 944 ): II 1 1 6 Filastro di Brescia, vescovo: I 1 35, 42 1
Eutichio, patriarca di Costantinopoli (552-565): Filippo, apostolo : I 389
II 3 1 7 Filippo di Efeso, prete (ca. 43 1 ): II 1 23 , 1 24, 1 75
Eu ti mio, prete i n Alessandria: I I 99 Filone di Alessandria, filosofo ellenistico: I 1 03
Eutropio, storico romano: I 1 96, 228 Filosseno, metropolita di Mabbug: II 255
Eutropio, legato romano: I 334 Filostorgio, storico della chiesa: I 272, 290, 31 O, 387
Euzoio di Antiochia, vescovo: I 274, 329 Filostrato Il., Flavio, sofista: I 430
Eva, progenitrice: I 369, 423, 434 Finley, M. 1.: II 88
Evagrio, sacerdote: II 80 Fiorentino, vescovo di Ostia: I 335
Evagrio di Antiochia: II 2 1 6 Firmico Materno, padre della chiesa: I 1 68, 1 76, 1 86,
Evagrio Scolastico, storico: I I 2 1 6, 252, 266, 267, 276, 277, 278, 375, 4 1 6
307 Firmiliano d i Cesarea, vescovo 3 . sec . : I I 4 9 s
Ezechiele, profeta: II 1 9 Firmo, usurpatore: I 295, 296, 406, 407 ; II 1 7
Ezio, generale: I 353; I I 4 , 2 8 s, 1 74, 1 80, 22 1 Fischer, J . : I 446
Flaviano, vescovo di Antiochia: I 329; II 1 27 , 1 34,
Fabiano, vescovo (236-255): II 70 1 44- 1 54, 204, 207
Fairweather, W. : I 73 Flaviano, Viri o Nicomaco, prefetto del pretori o per
Farnace, re di Ponto: I 444 l ' Italia: I 364
Faulhaber, Michael von: I 46, 7 1 Flavio Constanzo: II 1 78
Fausta, moglie di Costantino: I 200, 228 Flavio Vittore, figlio di Q. A. Massimo: I 380
Indice dei nomi 385

Fleckenstein, L I 64 Genghiz Khan: II 284


Flodoardo di Reims: II 86 Gennadio, esarca dell' Africa: II 1 85
Florenzio di Pozzuol i : II 54 Gennadio Avieno, console a. 450: II 1 94
Florenzio di Sardi, vescovo: II 1 49 Genserico, re dei Vandali: I 446; II 1 94, 1 95 , 2 1 0,
Ford, Henry: I 38 223, 283-289
Fortunato, manicheo: I 404 Gento, fratello di Unerico: II 289
Fortunaziano di Aquileia, vescovo: I 336 Gentz, G.: I 308, 3 1 3, 3 1 6, 327
Fozio, patriarca: II 54 Gerberto di Reims: I 227
Francesco di Sales, vescovo: I 27 Geremia, profeta: I 75, 85, 1 1 3
Franzen, A . : I 2 1 3, 228, 230; II 40, 1 3 1 Gerkan, Armin v. : II 42, 43
Fravita, patriarca d i Costantinopoli: II 227 Germano, generale: II 307
Friedlander, L.: I 277 Geroboamo, re d ' I sraele: I 77, 85, 86, 87, 89, 94,
Frings, Joseph, cardinale: II 1 0 1 289
Fritigerno, re ostrogoto: I 353, 354, 355, 358 Geronzio, magister militum: II 1 3
Fuchs, Joseph: II 43, 1 86, 1 94, 1 95 Geruchia, vedova: II 1 4
Fulberto di Chartres, vescovo: I 227 Gervasio, s . : I 37 1 , 390
Fulgenzio di Ruspa, vescovo: I 1 40 Gesio: II 1 43
Funk, F. X . : II 1 1 8 Gesù: I 1 0 1 , 1 1 4, 1 1 5, 1 25, 1 35, 1 37, 1 38, 1 49, 1 54,
Furio Dioniso Filocalo: II 82 1 70, 1 84, 1 85 , 226, 26 1 , 3 1 1 , 3 1 7, 355, 375, 430,
Fusciano, prefetto di Roma: II 66 440; II 37-39, 44, 48 s, 5 1 , 54, 68, 7 1 , 1 1 1 , 1 1 4
S , 1 1 8, 1 23, 1 43 , 1 90, 1 93 , 2 1 6

Gabinio, Auto, governatore romano: I 98 Gezabele d i Tiro, principessa fenicia: I 87, 88


Gainas, generale: II 6-7 Ghazali, al, fi losofo i slamico: I 58
Gaio, presbitero romano: II 39, 4 1 Giacobbe, figlio di !sacco: I 77, 9 1 , 333
Gaiba, imperatore romano: I 1 02 Giacobbe, metropolita: II 274
Galerio, imperatore romano: I 1 77, 1 8 1 , 1 82, 1 94, Giacomo, apostolo: I 1 1 9
20 1 , 202, 204, 2 1 6, 257 Giacomo, vescovo di Nisibi: I 265
Galla, sorella di Valentiniano 11.: I 379 Giamblico, neoplatonico: I 238
Galla Placidia: I 433; II 4, 1 6, 22, 24, 28, 88, 1 74, Giasone, sommo sacerdote: I 95
1 84 Gibamundo, comendante: II 296
Gallo, Flavio Claudio Constanzio, cesare: I 269, Gibbon, Edward: I 29 1 , 365 ; II 1 8, 1 29, 222
282, 283; II 279 Giesecke, H.-E.: I 355; II 286, 307
Gallo, Gaio Cestio: I 1 02 Gigon, 0.: I 1 35
Gamaliele VI., patriarca ebreo: II 26 Gildo, capo berbero, generale romano: I 407, 408,
Gasquet, Francis, cardinale: II 3 1 0 409; II 33
Gaudenzio, vescovo d i Timgad: I 4 1 9 Giocondo, patriarca: II 289
Gaudenzio di Brescia, vescovo: I 3 1 7 Gionata, sommo sacerdote e governatore militare
Gaudenzio di Durostorum, comes Africae: I 432 della Giudea: I 98, 99, I O I
Gautier, E. F. : II 288 Giordane, storico visigoto: I 358; I I 22, 28, 300
Geffcken, Johannes: I 1 74, 203, 3 86; II 1 27, 276 Giordano Bruno: I 42
Gelasio di Cesarea, vescovo: I 3 1 O, 3 1 1 Giorgio, patriarca di Cappadocia: I 279, 283, 337,
Gelasio di Cizico, storico ecclesiastico: I 3 1 0 338, 339
Gelasio I . , papa: I I 2 1 9-226, 227-234 Giosia, re di Giuda: II 1 36
Gelimero, usurpatore: II 293 s, 296-298, 299, 300 Giosuè, profeta: I 80, 8 1 , 356, 389
Gelmi, J . : II 46, 69 Giovanni Il., papa: II 235
Geminiano, vescovo: II 207 Giovanni XXII. , papa: I 37
Genbiktor, monaca: II 1 40 Giovanni, apostolo: I 1 1 5 , 1 38, 1 72, 389; II 54, 1 5 1
386 Indice dei nomi

Giovanni, eremita egiziano: I 379 1 39, 1 40, 1 47, 1 5 1 - 1 60, 2 1 2, 222, 229, 23 1 , 24 1 ,
Giovanni Battista: I 388, 436 3 1 3, 329, 336, 337, 375, 377, 403, 404, 405, 407,
Giovanni 422, 424, 425 ; II l , I l , 1 4, 1 9, 2 1 , 47, 52, 54,
- usurpatore: II 28 65, 69, 74, 80, 81 s, 1 00, 1 0 1 , 1 06, 1 59, 1 89,
- monaco: II l 05 1 9 1 , 1 94, 208, 239
- fratello di una monaca: II 1 40 Giuda Maccabeo: I 97, 98, 99, 260; II 1 08, 1 2 1 ,
- tesoriere imperiale: II 1 25 1 22, 1 27
Giovanni, colonnello: II 303 Giuliana, vedova, fondatrice di una basilica: I 372
Giovanni l. Talaia, patriarca di Alessandria: II 2 17, Giuliana Anicia: II 24 1
2 1 8, 22 1 , 230 Giuliano Apostata, imperatore romano: I 1 83 , 2 1 1 ,
Giovanni l . , papa (523-526): II 259, 260 226, 240, 243 , 265, 269, 279, 28 1 , 283-288, 289-
Giovanni Il., patriarca di Costantinopoli (5 1 8-520): 292, 293, 294, 297, 299, 3 1 9, 320, 327, 339, 378,
II 255, 256, 257 406; II 8, 72, 1 42
Giovanni Il., papa (532-535): II 235, 274, 295, 3 1 5 Giuliano di Eclano, vescovo (ca. 439): I 427, 428,
Giovanni III., patriarca d i Alessandria: I I 240 429; II 1 86
Giovanni III. (5 1 6-524 ), patriarca di Gerusalemme: Giuliano di Chio, vescovo : II 1 55 , 1 62, 1 8 1 , 1 85 ,
II 242 204, 205, 206, 207
Giovanni VIII papa: II 86
.. Giuliano, pretoriano: II 302
Giovanni Xl., papa: II 86 Giuliano, re di Samaria: II 280
Giovanni di Amida, vescovo di Efeso: II 276, 278 Giuliano, figlio di Costanino III. : II 1 4, 22
Giovanni di Antiochia, patriarca: II 1 20, 1 23, 1 24, Giuliano Valente, vescovo di Petovio: I 356, 359,
1 30 368
Giovanni di Apamea, vescovo: II 2 1 3 Giulio I., vescovo: I 327, 330, 33 1 ; II 59
Giovanni d i Gischalla: I 1 0 1 Giulio Costanzo, padre di Giuliano: I 269
Giovanni d i Janduno, professore a Parigi: I I 57 Giulio, magister militum per Orientem: I 358
Giovanni di Gerusalemme, vescovo: I 1 52, 1 53 , Giulio di Pozzuoli, legato di Leone I.: II 1 49 s
426; I I 1 00, 1 02 Giulio Nepote, imperatore: II 22 1
Giovanni di Cappadocia, praefectus praetorio: II Giulio Nepoziano, usurpatore: II 8
268, 277, 296, 297 Giuseppe, s . : I 1 38
Giovanni di Nikiu, vescovo: II 280 Giuseppe, fratello di Sofia: II 1 40
Giovanni di Ravenna, arcivescovo: II 224 Giuseppe Flavio, storico ebreo: I 94, 9 8 , 99, 1 0 1 ,
Giovanni di Scitopoli, vescovo: I 388 239
Giovanni Cassiano, abate: II 1 1 7 Giustina, moglie di Valentiniano I.: I 295 , 297, 368,
Giovanni Lido: II 227, 267, 272 369, 379
Giovanni Ma1alas : II 272, 280 Giustiniano l., imperatore (527-565 ) : I 1 53 , 2 1 0,
Giovanni Paolo II., papa: II 45, 1 86 232; II 2 1 0, 227, 25 1 -320
Giovanni Scolastico, patriarca di Costantinopoli: II Giustino, s.: I 9 1 , 1 1 2, 1 70, 1 73 , 2 1 8, 220; II 1 9 1
272 Giustino l., imperatore (5 1 8-527): II 20 1 , 202, 227,
Giovenale, poeta romano: I 1 1 0 242, 243, 252-262, 272, 273, 292, 3 00
Giovenale di Gerusalemme, arcivescovo: II 45, 1 1 9, Giustino Il., imperatore (565-578): II 274, 307
! 50 s, 204 G1ueck, archeologo: I 83
Gioviano, Flavio, imperatore romano (363-364 ): Gobineau, Joseph Arthur, conte di: I 40
I 265, 290, 292, 293, 299, 338, 339 Godagis, figlio di Gento: II 289
Gioviniano, monaco: I 1 57 Godigisel, re dei Vandali: II 282, 283
Giovi o, comes: I 432 Goemans, M . : II ! 50, ! 56 s
Giovi o, praefectus praetorio: II 1 8 Goethe, Joh. Wolfgang: I 27, 42, 43, 4 8 , 57, 6 1 ,
Girolamo, dottore della chiesa: I 1 1 6, 1 23, 1 25, 1 32, 1 1 4, 29 1 , 3 1 7
Indice dei nomi 387

Gontari, tiranno: Il 299 Gundlach, G.: I 69


Gordiano, prete e padre del papa Agapeto: Il 236 Gundobad, re burgundo: Il 225
Gtirlich, E. J . : I 403 Guntamundo (484-496): 11 292
Gottlieb, G.: I 276, 384 Gustavo Adolfo, re di Svezia: Il 308
Govinda, lama Anagarika, buddista: I 58
Grabmann, Martin: I 400, 403 Haacke, Rhaban: 11 1 07, 1 58, 24 1 , 24 1 , 242
Gracco, preftto di Roma: I 363 Haehling, Raban von: I 220, 330
Grant, Michael: I 1 49, 1 82, 23 1 Haend1er, Gert: I 3 77; Il 82, 1 9 1
Grato di Cartagine: I 406 Hagel, K . F. : I 274, 3 1 9; 11 5 1
Graziano, Flavio, imperatore romano: I 295, 350, Haller, Johannes, storico: I 65, 237, 3 1 7 ; Il 37, 43,
35 1 , 352, 355, 357, 360, 36 1 , 363, 364, 365, 367, 72, 84-85, 95, 1 1 2, 1 28, 1 29, 1 57, 1 73 , 1 76, 208,
368, 373, 378, 380, 383; II 23, 8 1 , 82, 84 2 1 0, 220, 268, 3 1 0
Graziano, usurpatore in Britannia (m. 407): Il 1 3 Halphen, Louis: I 48
Grégoire, storico: I 202, 2 1 3 Halporn, J. W. : I 432
Gregorio 1 . , papa (ca. 604): I 35, 37, 1 40; 11 47, 54, Hamman, Adalbert: Il 1 1 3 , 1 1 7
83, 86, 1 8 1 , 202, 2 1 9, 260, 300, 3 1 7 Hamp, Vincenz: I 88
Gregorio VII., papa: I 34, 3 1 9; I l 238 Haring, Bernhard, teologo: I 55
Gregorio IX., papa: I 64, 437 Harnack, Adolf von: I 1 1 8, 1 87, 23 1 , 309; II 98,
Gregorio XIII., papa: Il 76 1 09, 1 59, 202
Gregorio XVI., papa: I 258 Hartmann, L. M . : II 239, 309, 3 1 0, 3 1 1
Gregorio di Alessandria, vescovo: I 320, 332 Hay, Denys: I 268
Gregorio, vescovo di Elvira: I 334 Hebbel, Friedrich: I 43
Gregorio, martire e apostolo armeno: I 255, 257, Hefele, C. J.: II 1 1 9
258, 259, 266 Hegel, Georg Wilhelm Friedrich: I 39, 6 1 , 62
Gregorio di Nazianzo, dottore della chiesa: I 99, Heine, Heinrich: I 43, 1 09, 223
1 52, 1 5 3 , 1 59, 287, 289, 3 1 0, 3 1 2, 326, 327, 329, Heinzberger, F. : Il 6, 1 7
362, 385; 11 5 1 , 98, 1 00, 1 1 2 Hekebolos, governatore provinciale: I l 269
Gregorio di Nissa: I 1 1 8, 1 69, 329 Helvétius, Claude Adrien: I 42, 242, 309, 3 1 2, 422;
Gregorio di Tours, vescovo: Il 260, 292, 300 11 79
Gregorovius, Ferdinand: Il 1 6, 1 9, 65, 1 73 , 1 84, Hendrikx, E.: I 400, 424
3 1 1 , 314 Hernegger, Rudolf: I 2 1 3, 225
Grillmeier, Alois: I 3 1 2, 430; I l 1 09, 1 25 s , 1 44, Heussi, K.: Il 47
1 62, 1 82, 1 87, 202, 252, 253 Hildebrand, P. : Il 302
Grisar, Hartmann: 11 2 1 , 42, 47, 1 42, 1 87, 233, 238, Hirschmann, gesuita: I 65
300, 309 Hitler, Adolf: I 3 1 , 35, 42, 46, 63, 65, 1 1 4, 1 1 7,
Groag: I 1 96, 1 98 1 1 8, 1 22, 1 26, I SO, 377, 382, 44 1 , 443 ; II 4 1 ,
Groh, D . : I 63 1 2 1 , 1 35
Grone V. : 11 40, 74, 77, 80, 85, 86, 1 32 Hobbes, Th., filosofo: I 40
GroB, J . : I 1 1 7 Htifler: II 282
Grotz, Hans: Il 46 Hofmann, Fritz: II 208, 23 1
Grundmann, W. : I 99 Hoheisel, Karl : I 1 66, 277, 278, 4 1 6
Griinewald, Matthias: I 1 70 Holum, K . G . : I 379
Griitzmacher, Georg, teologo: I 1 52, 1 58 ; Il 99 Htinn, K.: I 1 82
Guarducci, Margherita: Il 43 Hontheim, Johann Nikolaus v. : Il 57
Guitton, J.: I 402 Hormizd Il., re sassanide: I 263
Giildenpenning, A.: Il 1 36 Hiimmeler, H . : I 1 22, 1 4 1 , I SO; II 76, 78
Gunderico, re dei Vandali : Il 283, 289, 299 Hus, Jan: Il 57
388 Indice dei nomi

Hyginus di Cordova, vescovo: I 373 luventino, ufficiale delle guardie: I 286, 288
lzates, figlio della regina Elena di Adiabene: I 93
Ibas di Edessa, vescovo: II 1 5 1 , 3 1 6
Ibsen, H . : I 29 1 Jabes, figura biblica: I 86
!dazio di Merida, vescovo: I 373, 374; II 282 Jahnn, Hans Henny: I 439
Ierocle di Alexandreia, neoplatonico: I 430 Jalland, Trevor: II 1 74, 1 90
Ignazio di Antiochia, vescovo: I 1 1 6, 1 32, 1 33 , 1 4 1 , Jauss, H. R.: I 49
1 42, 1 74, 328; I I 40 Jean Paul: I 6 1 ; II 1 38
Ilario di Arles, s., arcivescovo (479-449): II 1 63 , Jeu, re d ' Israele: I 88
1 78 ss, I 9 1 Jezabel, moglie del re Acab: I 369
Ilario, notaio: I 332 Jezdegerd 1., re sassanide (399-420): I 265
Ilario di Poitiers, vescovo: I 88, 1 23- 1 24, 1 50, 274, Jeznik di Kolb, scrittore ecclesiastico armeno: I 446
275, 309, 3 1 0, 3 1 7, 32 1 , 336, 337, 377; II 59 Joannou, P.-P. : I 326, 336
Ilaro, diacono, papa (46 1 -468): II 1 49- 1 5 1 , 1 53 , 2 1 1 Joas, re d' Israele: I 93
s, 2 1 7 Job, figura biblica: I 1 00
Ilderico, re dei Vandal i : I I 292 s Joiachin, re di Giuda: I 89
Ildibaldo, re dei Goti: II 305 Joiada, sommo sacerdote: I 89
Ildico, principessa burgunda (453): II 1 95 s Joly: I 439
Illos, generale: II 2 1 2-223 Jones, A. H. M.: II 1 42
Imerio di Tarroco, vescovo: II 84 Joram, re d' Israele: I 85, 88
Importuno, vescovo: II 1 78 Josaphat, re di Giuda: I 85
Innocenza di Dertona, vescovo: I 377 Josi, Enrico: II 4 1
Innocenza 1., papa: I 425, 426, 428; II 2 1 -23, 72, Jovinus, imperatore gallo: I I 8 , 1 4 , 23
84-89, 1 07, 1 78 Juda, figlio di Giacobbe: I 77
Innocenza III., papa: I 437 Jiilicher, Adolf: I 402
Innocenzo X., papa: I 1 36; II 1 94 Junker, D . : I 60
Instantio, vescovo: I 374; II 79 Justasas, re dei Samaritani : II 279
lpazia, filosofa platonica di Alessandria: I 3 1 4; II
1 36 Kaas, Ludwig, prelato: II 4 1
Ipazio, nipote di Anastasio: II 24 1 -242, 252, 27 1 s Kaegi, W. E.: I I 294
l ' phra H6rmiz, regina: I 264 Kant, Immanuel : I 40; II 1 45
lppolito, vescovo: I 1 1 7, 1 1 8, 1 35 , 1 40, 144, 1 45, Kaphan: I 1 47
2 1 8 ; II 66, 69, 1 1 5 Kartir, magio: I 256
!reano 1 . , Giovanni, sommo sacerdote ebreo: I 98, Kasper, Walter: II 37
99 Kautzsch, Emil: II 279
!reano Il., nipote di !reano 1.: I 99 Kawerau, P.: 1 49 1 ; II 1 57, 20 1 , 294
Ireneo, s., padre della chiesa greco: I 1 1 7 , 1 23 , 1 32, Kazantzakis, Nikos: I 29 1
1 38, 1 4 1 , 1 43, 1 46, 1 74; II 3, 46, 58, 59,66, 88, Kirsch, J. P.: II 76, 1 55
191 Kirschbaum, Engelbert: II 4 1 -43
!sacco, abate: I I 1 03 , 1 05 Klages, Ludwig: I 439
! sacco, figlio di Abramo: I 9 1 Klauser, Theodor: II 42, 1 2 1
!sacco, ebreo romano ( m . 38 1 ): I I 80 Klein, K . K.: I 268
Isaia, profeta: I 85, 1 69 Klein, Richard: I 274, 336
Isidoro di Alessandria: II 97, 99, 1 00, 1 04 Klinge, G.: I 255
Isidoro di Siviglia, dottore della chiesa (ca. 560- Klinkenberg, H. M.: II 1 80
636): I 1 1 8, 375; II 290 s, 292, 294, 299 Knel, nipote di Nerse: I 275
Ithacius di Faro, vescovo: I 373, 374 Kntipfler, Alois: II 58
Indice dei nomi 389

Koch, F. J.: II 40, 50, 58, 1 55 Lessing, Theodor: I 439


Koch, Hugo: II 50 Leto, vescovo di Nepte: II 290, 294
Kornemann, Ernst: I 2 1 2, 2 1 6, 229 Letoio di Melitene, vescovo: II 1 34
Koselleck, R.: I 49 Leutari, fratello di Bucelin: II 308
Ktisters, L.: II 40, 7 4 Libanio, retore: I 279, 286, 287, 288; II 5, 1 4 1
Kotting, Bernhard, teologo: I 56, 1 44, 432 Liberato, diacono: I I 302
Kraft, Heinrich: II 1 33 , 215 Liberi o, papa (352-366): I 275, 333, 334, 335, 336,
Kraft, K.: I 1 47, 2 1 7, 3 1 6, 324, 4 1 0 338, 350; II 46, 49, 74-78
Kramer-Badoni, R . : I I 1 93 Liberio, patrizio: II 309
Krikorian, Mesrob: I 258 Lichtenberg, Georg Christoph: I 25, 42, 43, 1 32,
Kuhn, K.: II 40 1 7 1 , 372, 440; II 44
Kiihner, Hans, storico: I 1 26, 158, 220, 308, 309, Liciniano, figlio di Licinio: I 228
324; II 1 75 , 1 94 Licinio, imperatore, cognato di Costantino I.: I 1 95 ,
Kiing, Hans: I 377 20 1 , 203, 204-208, 209, 2 1 0, 2 1 5, 220, 225, 228,
Kyrila, patriarca: II 290 234, 237, 239, 240, 26 1 , 28 l ; II 1 6
Lietzmann, H . : I 273, 324; I I 50
Labano, figura biblica: I 77 Lilje, Hanns: I 4 1 5
Lacarrière, J .: II 1 36 Limesio, prefetto del pretorio: I I 1 5
Langgartner, G . : II 1 78 Linden, Jacob: I I 1 55
Lapide, Pinchas: I 74 Lino, vescovo: II 46
Latroniano: I 374 Lippi, Fra Filippo: I 1 70
Lattanzio: I 1 23 , 1 68, 1 80, 1 8 1 , 1 93, 1 94, 1 99, 226, Lippl, Joseph: I 308, 320
20 1 , 204, 206, 2 1 8, 222, 438, 442 Lisia, reggente: I 97
Laub, Gabriel: I 1 1 2 Litorio, comandante sotto Valentiniano I I I . : II 29
Laurenzio, antipapa ( 498-506): II 234, 236 Uiffler, P. : II 68, 74
Laurenzio, vescovo di Milano: II 223, 226, 235 Longiniano, prefetto del pretorio: II 1 5
Lazzaro di Aix, vescovo della Gallia: I 425, 426; Loofs, Friedrich: I 45, 3 1 3, 424
II 54, 1 78 Lortz, J . : II 58
Lecler, K.: I 385 Lot(h), figura biblica: I l 00, 1 70; II 2 1
Leipoldt, Johannes: II 1 38 s, 1 40, 1 42, 1 43 Lotter, F. : I 36
Leonardo da Vinci : II 1 00 Lowe, H.: I 2 1 6
Leone I . , il grande, papa (440-46 1 ) : I 375, 429; Luca, apostolo: I 1 37, 286
II 22, 29, 53, 80, 83, 87, 1 1 3 , 1 1 7 , 1 1 8, 1 34, 1 47- Luca-Andrea: I 1 03
1 63 , 1 73- 1 96, 202-2 1 0, 2 1 7, 226, 233, 253, 256, Lucenzio di Ascoli, vescovo: II 1 55 s
257, 275 Lucenzio di Ercolano, vescovo: II 1 6 1
Leone I I I . , papa: II 238 Luciano: I I 5
Leone IX., papa: II 83 Luciano di Antiochia (martire): I 242, 328
Leone X., papa: I 96; II 58 Lucifero di Calaris (Cagliari), vescovo: I 274, 329,
Leone XIII., papa: I 28, 30, 1 1 6 333, 334, 335; II 59, 82
Leone I . , imperatore romano d' Oriente (457-474): Lucilla: I 235
II 1 80 s, 1 84, 206 ss, 2 1 1 , 2 1 2, 2 1 3 , 222, 285 Lucio, vescovo: I 326, 339
Leonida, padre di Origene: I 1 52 Ludwig, G.: II 7
Leonzio, vescovo: I 257, 33 1 Lupicino, sacerdote: I 1 5 8
Leonzio, generale e antiimperatore romano d'Orien­ Lutero, Martin : I 3 8 , 7 3 , 82, 8 7 , 1 58, 226, 3 1 7 ; II
te: II 22 1 57, 68
Leonzio, comandante: I 237 Lynch, William: I 35
Lesaar, H. H.: I 4 1 7
390 Indice dei nomi

Macario, luciferano: I 286, 323, 3 3 5; II 79, 82, 1 4 1 Marco di Casphalia, sacerdote: I 4 1 1


Macario d i Gerusalemme, vescovo: I 209 Marco Aurelio, imperatore romano: I 1 68, 1 73, 1 79,
Macario, commissario imperiale: I 27 1 , 4 1 3 435
Macedonio, magister officiorum: I 374 Marculus, vescovo donati sta: I 27 1 , 406
Macedonio, patriarca: II 79 Mari di Calcedonia, vescovo: I 286
Macedonio Il., patriarca ( 496-5 1 1 ): I 330; II 228, Maria, s : I 42, 1 38, 1 69, 1 86, 220; 11 1 1 1 , 1 1 5, 1 1 6,
240 s, 253, 254 1 1 7, 1 22, 1 26, 1 29, 307
Maggioriano, Giulio, imperatore romano d ' Occi­ Maria, figlia di Stilicone: II 9
dente (457-46 1 ): II 22 1 , 285 Marianne: I 99
Magnenzio, Flavio Magno, antiimperatore roma- Marina Severa, moglie di Valentiniano 1 . : I 295, 297
no: I 27 1 , 272, 28 1 , 332, 335; II 8, 1 6 Marina, principessa e sorella di Teodosio Il.: 11 1 1 6,
Magno Massimo (m. 388): I I 8 1 20
Maier, F. G . : I 50; II 96 Marino: II 242
Maiorino, lettore (m. 3 1 5 ): I 223, 236 Marino, avvocato: I 299
Mammona, vescovo di Neapolis: II 280 Mario, ammiraglio: II I O
Mango, Cyri l : II 25 1 Marrou, H . : I 403, 4 1 6
Mani, fondatore di religione: I 1 48, 1 49, 256; II Marschall, W. : I 2 1 9; I I 50, 289
1 86 ss Marsilio di Padova: II 57
Mannheim, Karl : I 44 Martin: I 296
Mansueto di Urusita, vescovo: II 288 Martiniana, generale: I 206
Maometto, profeta di Allah: I 37 Martino Il., papa: II 86
Mar Aba, cattolico: II 305 Martino di Tours, s., vescovo: I 226, 373, 374, 379;
Marcelliano, dux Valeriae sotto l ' imperatore Valen- II 1 77
tiniano: I 297 Martirio, patriarca (459-47 1 ): II 2 1 3
Marcellina, sorella di Ambrogio: I 350 Martirio, suddiacono: I 330
Marcellino, commissario: I 4 1 1 , 4 1 4, 420 Martirio di Gerusalemme: II 2 1 6
Marcellino Comes: II 240, 302 Maruta d i Maiphkerat, vescovo: I 265
Marcello, usurpatore: I 299; II 1 7 Marx, Karl : I 43
Marcello 1 . , papa (ca. 308-309): II 73 Marzia, amante di Commodo: II 67
Marcello di Ancyra, vescovo: I 1 96, 326, 327, 334 Marziale, vescovo: II 59
Marciano, imperatore bizantino (m. 457): II 25, 1 47, Mascezel, fratello di Gildo: I 408 s
1 54- 1 57, 1 82, 1 84, 1 85 s, 203 ss, 206 s, 2 1 4, 2 1 5 , Massenzio, vescovo di Milano: I 349
226, 256 Massenzio, M. Aurelio Valerio, imperatore roma­
Marciano, lettore: I 330 no (306-3 1 2) : I 1 83, 1 94, 1 95-200, 202, 203, 207,
Marciano, vescovo di Arles: II 72 208, 225 ; II 8, 1 6, 73
Marciano di Urga, suddiacono: I 4 1 1 Massimiano, M. Aurelio Valerio, imperatore roma­
Marciano, monaco: II 203, 204 no (285-305) : I 1 8 1 , 1 83, 200, 228, 274, 290
Marcinkus, arcivescovo: I 34, 3 5 ; II 67 Massimi ano, vescovo donati sta di Bagai : I 406, 407,
Marcione, teologo cristiano gnostico: I 1 34, 1 43, 41 1
1 44, 1 48, 1 49 Massimiano, patriarca di Costantinopoli (ca. 43 1 ):
Marco, evangelista: I 3 1 4; II 38 II 1 26, 1 27, 1 29, 1 44
Marco, s . : II 1 47 Massimiliano: I 220
Marco, vescovo: II 73 Massimino, vescovo ariano: I 1 70
Marco, usurpatore in Britannia: II 1 3 Massimino, prefetto: Il 80
Marco, gnostico: I 1 43 , 1 46 Massimino di Siniti, vescovo: I 4 1 0
Marco, scolastico: II 302 Massimino Daia, imperatore romano: I 1 95 , 20 1 -
Marco di Aretusa, vescovo: I 279, 286 204, 207, 290
Indice dei nomi 39 1

Massimino il Trace, imperatore romano: II 69 Miseno di Cuma, vescovo: II 2 1 9 ss, 229


Massimo, ufficiale delle guardie: I 286, 288 Mitridate, re: I 444
Massimo di Efeso, filosofo: I 299, 434 Modesto, Domizio, comes Orientis: I 28 1 , 298
Massimo, vescovo dei Vandali : II 284 Mommsen, Theodor: I 49, 5 1 , 7 1 , 1 02, 1 03
Massimo, Quinto Aurelio, usurpatore: I 374, 378, Mommsen, W.J. : I 40
379, 380, 388; II 1 1 2 Monobazos, figlio della regina Elena di Adiabene:
Massimo (Petronio Massimo), imperatore romano I 93
(455): II 1 3, 23, 29, 1 95 , 1 96 Montaigne, Miche! de: I 29 1
Massimo di Antiochia: II 1 53 s Montesquieu, filosofo francese: I 57, 29 1
Massimo di Torino, vescovo: I 3 1 7, 33 1 Montfort, Ugo di: I 58
Matasunta: II 30 l , 305 Montius, questore: I 282
Mattatia, maccabeo: I 97, 98 Moreau, J . : I 1 78
Matteo, apostolo: I l O l , 286; II 38, 50, 229 Mosè, profeta, progenitore: I 78, 9 1 , 98, 1 1 2, 1 44,
Meer, F. van der: I 402, 408, 42 1 , 43 1 ; II 70, 1 5 1 , 1 86, 1 99, 333, 363, 389, 436; II 1 22, 1 37, 1 4 1
213 Mosè d i Chorene, storico armeno: I 3 8 1
Meffert, F. : I I 58 Mundo, re dei Gepidi: II 239
Megalio di Calama, primate di Numidia: I 402 Murillo, Bravo, ministro dell' istruzione spagnolo:
Mehandel, Ernestine: I 1 70 I 37
Meinecke, Friedrich: I 52, 63 Murray: II 1 04
Meinhold, P. : I 1 4 1 , 232, 239 Mussolini, Benito: I 3 1 , 34, 46; II 1 2 1
Melania, patrizia romana: I 422
Melchisedech, s.: I 1 00 Nabucodonosor 1., re d i Babilonia: I 89, 90, 93
Melezio di Antiochia, vescovo: I 286, 298, 323, 329; Nadab, re israelita: I 86
II 97 N agi : I 296, 299
Melito, vescovo di Licopoli: I 3 1 9 Napoleone: I 38, 443
Melito d i Sardi: I 1 1 7 Narseh, principe persiano: I 26 1
Memnone, vescovo: II 1 1 9, 1 23, 1 24 Narsete, generale ed eunuco: II 262, 272, 307 s
Memore, vescovo di Eclano: I 428 Naumann, Michael : I 6 1
Menachem, re israelita: I 86 Navigio, fratello d i Agostino: I 40 l
Menas, patriarca di Costantinopoli: II 3 1 5 Nehemia, governatore di Giuda: I 9 1 , 92, 94
Menna, patriarca d i Costantinopoli: I ! 53 Nehlsen, H.: I 229
Mensurio, vescovo: I 235 Nemorio, magister officiorum: II 1 5
Mercurio (= papa Giovanni Il.): II 235 Nepoziano, prete: I 1 39; I I ! 59
Mercurio, s., presunto assassino di Giuliano l ' Apo- Nerone, imperatore: I 95, 1 02, 1 1 0, I l i , 1 55, 2 1 4,
stata: I 29 1 274, 435 , 44 1 ; II 39, 40
Merkel, H . : II 273 Nerse, patriarca: I 274, 275
Merogaisus, re dei Franchi: I 1 95 Nerse (293-303): I 256, 263
Meyer, R . : I 98 Nerse l . (364-372/73): I 260, 26 1 , 266
Michele I I I . , l ' ubriacone, imperatore bizantino Nestorio, arcivescovo di Costantinopoli: I 38, 429;
(842-867): II 1 76 II 98, 1 08 - 1 34, 1 37, 1 44, 1 46 s, 1 57, 1 60, 1 83 ,
Micol, figlia di Saul: I 8 1 202 s, 2 1 6, 3 1 6
Miltner: I I 1 26 Nettario, giurista, patriarca di Costantinopoli: I 363;
Milziade, papa (3 1 1 -3 1 4): I 200; II 73 s II 96 s
Minervina, concubina di Costantino 1 . : I 228 NeuB, W. : I 296, 297
Minucio Felice, Marco, scrittore romano: I 1 70 Newman, John Henry, cardinale: II 1 37
Miriam, figura biblica: I 9 1 Nicanore, comandante siriano: I 97
Misael, cubicularius: I I 253 Nicola 1 . , papa: II 73, 83, 1 76
392 Indice dei nomi

Niederhuber, Johannes, teologo: I 348, 350, 364, 59


383 Ostrogorsky, G . : I 358; II 1 33 , 267, 268
Nietzsche, Friedrich: I 25, 36, 43, 5 1 , 1 1 4, 24 1 , 400; Ottaviano (poi imperatore Augusto): I 2 1 4, 225
II 1 83 , 260 Ottone di Frisinga, vescovo: I 390
Noè, s . : I 1 00 Overbeck, Franz Camille: I 1 37
Noethlichs, Karl Leo, storico: I 385
Nomus, magister o.ffic iorum: II 3 Pacomio, s . : I 14 7
Noth, M . : I 73 Palanque, J.-R.: I 403, 404
Novatus: I 1 48 Palladio, monaco e vescovo di Elenopoli: I 332; II
Novaziano: II 7 1 , 228 99
NTh (Noè), Ignazio, giacobita: II 203 Palladio di Amasia, vescovo: II 1 2 1
Palladio, vescovo ariano: I 356, 367, 368
Oamer, comandante: II 293 Pammachio, genero di Paola, amica di Girolamo:
O'Connor, Daniel : II 39 I 1 57
Odoacre, governatore germanico in Italia, re: II 2 1 8, Pampiniano, vescovo di Vita: II 288
220-224, 228, 23 1 Pantaleone, stilita: II 26 1
Odoteo, comandante ostrogoto: I 36 1 Paola, madre di Eustochio, amica di Girolamo:
Oediger, F. W. : I 296, 297 I 1 53, 1 57
Og, re di Basan: I 78 Paolino di Antiochia, vescovo: I 329
Olaf Il., re norvegese: I 29 Paolino, biografo di Ambrogio: I 37 1 , 373
Oli brio, Flavio Anici o, imperatore romano d' Occi- Paolino di Nola, vescovo: I 402; II 88, 288
dente (472): II 2 1 2 Paolino di Treviri, vescovo: I 334
Oli m pia, figlia d i Ablabio: I 269 Paolo, apostolo: I 38, 1 1 4, 1 1 5 , 1 22, 1 23 , 1 32, 1 34,
Olimpia, s.: II 1 07 1 35, 1 36, 1 37, 1 39, 1 4 1 , 1 48, 1 58, 1 7 1 , 1 72, 1 86,
Oli m pio, magister o.ffic iorum: II 3, 1 5 ss, 1 8, 23 1 99, 220, 3 1 9, 328, 355, 388, 390, 4 1 6, 44 1 ; II
Omero: I 1 69 3 , 5, 1 9, 37, 39 ss, 4 1 , 43, 49, 78, 83, 89, 1 1 4,
Omri, re: I 87, 88, 98 1 83 , 1 89, 1 94
Onia III., sommo sacerdote: I 95 Paolo Diacono, chierico (8. sec.): II 288, 308
Onorato, vescovo: II 1 78 Paolo VI., papa: I 24, 25; II 37, 43, 58
Onoria, figlia di Galla Placidia: II 24, 28 Paolo, assassino della Cilici a: II 267
Onori o, Flavio, imperatore romano: I 387, 4 1 9, 420, Paolo I I . (5 1 9-52 1 ), patriarca di Costantinooli:
426, 433; II 2 s, 8-28, 72, 87-89 II 255
Optato di Milevo, vescovo: I 1 96, 236, 296, 320, Paolo Silenziario, poeta: II 267
410 Paolo di Alessandria: II 274
Optato d i Thamugadi, vescovo: I 408, 409; I I 33 Paolo di Costantinopoli, vescovo: I 275, 324, 329,
Oreste, segretario di Attila, padre di Romolo: II 22 1 330
Orienzio, vescovo di Auch: II 282 Paolo di Efeso: II 2 1 5
Origene: I 1 1 8, 1 25 , 1 37, 1 47, 1 52, 1 5 3 , 1 54, 1 55 , Paolo d i Samosata, vescovo: I 1 24, 1 25 , 329
1 68, 1 70, 1 78, 1 84, 2 1 7; I I 5 1 , 9 5 , 9 7 , 9 9 , 1 00, Paolo ( <<Tartareus», <<Catena»), ariano: I 280, 2 8 1
1 04- 1 06 Pap, r e armeno: I 26 1
Ormisda, papa (5 1 4-523): II 86, 24 1 -243, 254-259, Papa Bar 'Aggai, vescovo: I 256, 263
293, 3 1 5 Parmeniano, vescovo donati sta: I 406, 407
Orosio: I 1 8 1 , 387, 389, 408, 424, 434, 435, 446, Pascasino, vescovo di Li li beo: II 1 55 s, 1 6 1
447 ; II 1 1 , 1 3, 1 6, 2 1 , 5 2 Paschoud: I 364
Osea, profeta: I 75 Pasquale III., antipapa: I 63
O se a, re d' Israele: I 86 Patricius, re degli Ebrei: I 282
Osio di Cordova, vescovo: I 200, 2 1 2, 275, 3 1 6; II Patrizio, padre di Agostino: I 40 l
Indice dei nomi 393

Patrizio, Cesare sotto l ' imperatore Leone l.: II 207 Pistos, vescovo ariano: I 326
Patroclo di Arles, vescovo: II 24, 28, 1 78 s Pitagora: I 1 74
Paulsen, H . : I 1 36 Placidia, figlia del l ' imperatrice Eudossia: II 1 96,
Pavelic, Ante: II 1 2 1 212
Péguy, Charles, scrittore francescano: I 50 Platone: I 1 74, 1 85 ; I I 1 0 1
Peire Cardinal, trovatore: I 58 Plinio i l Vecchio: I I l O ; I I 282
Pekach, re: I 86 Plotino, filosofo: I 1 86, 3 1 4, 363, 43 1 , 448
Pekachia, re: I 86 Plutarco: I 1 76
Pelagia, moglie di Bonifacio: I 446 Poliakov, Léon: I 1 1 2
Pelagio, monaco: I 1 58, 42 1 , 422-430; II 24, 1 78, Poli bio, storico ellenistico: I 442
1 86 Policarpo di Smirne, s . : I 1 32, 1 38, 1 74, 242
Pelagio 1., papa: I 32; II 1 85, 263 , 302, 306, 3 1 7, Policrate di Efeso: I 1 1 7
318 s Pompeiana, prefetto: II 2 1
Pelagio di Laodicea, vescovo: I 298 Pompeiana Ruricus, prefetto del pretorio: I 1 98
Perler, 0.: I 1 4 1 Pompeo: I I l O; II 252, 272
Pesch, Rudolf: I I 40, 44 Pompeo, nipote di Anastasio: II 24 1
Peters, Al brecht, teologo: I 1 76 Ponziano (ca. 230-235 ) : II 69
Petiliano di Cirta, vescovo donatista: I 4 1 2, 4 1 4, Poppea Sabina: I I I I
419 Porfirio, filosofo: I 58, 1 1 4, 1 52, 1 83, 1 86, 1 87,
Petronio Massimo vedi Massimo 240, 430; II 26
Pfeilschifter, G.: II 300 Portner, R.: I 297
Pgol, abate del monastero Bianco: II 1 38 Possidio di Calama, vescovo: I 402, 4 1 1 , 433, 448 ;
Pharantzem, moglie del re Arsace III.: I 275 II 284, 2 8 7 , 2 8 8
Pietro Il., patriarca: I 339 Potamone di Eracleia, vescovo egiziano: I 1 79
Pietro III. Mongos, patriarca di Costantinopoli: II Potino, vescovo: I 1 79
2 1 5 , 2 1 6-2 1 7, 2 1 8 Poulsen, Frederik: I 1 87
Pietro d i Apamea, vescovo: I I 243 Prandi, Adriano: II 42
Pietro Barsymes: II 275 Prassitele, scultore: I 1 70
Pietro, apostolo: I 1 36, 1 37, 1 4 1 , 1 72, 1 86, 2 1 8, Praylos di Gerusalemme, vescovo: I 426
328, 427; II 5, 1 9 , 37-54, 58, 65, 77 s, 79, 82 ss, Prete, S . : I 2 1 6
50, 87, 89, 1 23, 1 24, 1 47, 1 49, 1 53 , 1 55, 1 58, Pretextato, Vettio Agorio, prefetto del pretorio:
1 74 S , 1 78 S, 1 8 1 , 1 94, 1 96, 229, 238, 3 1 7 I 364; II 77
Pietro, chierico: I I 1 36 Preuss, H. D.: I 88
Pietro, vescovo di Alessandria: I 3 1 9 Previté-Orton, C. W. : I 37 1
Pietro, vescovo d i Altino: I I 235, 237 Priarius, re degli Alamanni: I 357
Pietro Full o (Gnafeo ), vescovo: II 2 1 3, 2 1 5 , 2 1 6, Primiano, vescovo donatista di Cartagine: I 407,
324 409, 4 1 9
Pietro, magister militum sotto Giustino: II 262 Prisca, moglie d i Diocleziano: I 204
Piganiol, André, storico: I 292 Priscilla, moglie del fabbricante di tende Aquila:
Pilato, Ponzio: I 1 30; II 272 II 39
Pinay, M . : I 5 1 3 ; II 1 37 Priscilliano, vescovo di Avila: I 373, 374, 375; II
Piniano, plutocrate romano: I 422, 424 79, 1 90 ss
Pio Il., papa: I 43 1 Proclo, patriarca di Costantinopoli (ca. 430): II 1 44
Pio VII., papa: I 335 Procolo di Marsiglia, vescovo: II 54, 251
Pio IX., papa: I 1 5 1 ; II 233 Procolo, figlio di Taziano: II 5
Pio Xl., papa: II 1 1 8 , 1 22, 1 55 Procopio, storico: II 223, 227, 252 s, 262, 266, 268-
Pio XII., papa: I 35, 65, 333; II 4 1 , 83, 1 1 9, 1 5 5 273, 275, 280, 284, 290, 292-295, 296 s, 299 s,
394 Indice dei nomi

30 1 , 302, 303-305 , 306, 309, 3 1 2 Romolo Augusto, imperatore: II 22 1


Procopio, usurpatore: I 299; II 8 , 1 7 Rost, H . : I 26
Procula, figlia d i Eucrozia: I 375 RothenhOfer: II 306
Proietto, vescovo: II 1 2 1 , 1 24, 1 78 s Rowse, A. L . : I 49
Promotus, magister militum: I 36 1 ; II 5 Rubin, Berthold: I 292; II 222, 228, 24 1 , 25 1 , 254,
Prospero Tiro, autore gallico: I 387, 427 ; II I l , 1 74, 255, 258, 26 1 , 264, 268, 269, 294, 3 1 1
1 76, 1 86, 1 94 Rudloff,L.v. : I 309
Protasio, s . : I 37 1 , 390 Rufiniano, luciferano: I 335
Proterio, arcidiacono ( 45 1 -457): II 203, 209 Rufino, praefectus praetorio Orientis: II 4-6, 8, 1 5 ,
Prudenzio Clemente, Aurelio, poeta: I 402; II 24- 1 05
26 Rufino di Aquileia, scrittore ecclesiatico: I 1 52, 1 53,
Pschai, fratello di una monaca: II 1 40 1 54, 1 55 , 1 8 1 , 290, 3 1 0, 384
Pseudoisidoro: II 47 Rufo, vescovo: II 87
Pulcheria, imperatrice romana d' Oriente (399-453): Rumorido, comandante: I 364
II 4, 25, 26, 1 1 6, 1 1 8, 1 5 1 , 1 53 s, ! 56, 1 84, 204, Russell, Bertrand: I 49
204 s, 206 s, 256 Rustico, diacono: II 3 1 7
Rusticula, vescovo: I I 72
Quandira, regina persiana: I 256 Rutebeuf, poeta francese: I 58
Quintiliano, M. Fabio: I I l O
Quirino, tribuno: II 72 Sabiniano, magister militum dell ' Illiria: II 239
Quodvultdeus di Cartagine, vescovo: I 42 1 ; II 287 Sabta, vescovo persiano: I 263
Saffira, figura biblica: I 1 37
Rabano Mauro: I 37 Saffo, poetessa: I 1 74
Radagiso, re ostrogoto: I 353 Sahak, cattolico armeno: I 258, 266
Raffaello Sanzio: I 96, 1 99; II 1 94 Sallum, re d' Israele: I 86
Rahner, Hugo: II 1 1 9, 1 84, 1 85, 1 89, 242, 257, 3 1 5, Salomone, re: I 84, 85, 89, 93, 98; I I 280
3 1 6, 3 1 8 Salomone, magister militum: II 299
Rahner, Karl : I 28, 309, 444; I I 1 25 Salomone, eunuco: II 295
Ramos-Liss6n, Domingo: I 375 Salvi ano di Marsiglia, padre della chiesa: I 227; II
Ranke, Leopold v. , storico: I 49, 50; II 23 283, 288
Rathgeber, A. M., prelato: I 80; II 44 Salvi ano, vescovo spagnolo: II 79
Rauschen, G.: I 350, 366, 386 Salvio, comes domesticorum: II 1 5
Rebecca: I 77, 9 1 Salvio di Memebressa, vescovo: I 407
Rekitach, figlio d i Teodorico Strabone: I I 222 Samgar, figura biblica: I 73
Renan, Ernest: I 289 Samuele, profeta: I 8 1
Renato, prelato e legato di Leone 1.: II 1 49, 224 Sanesan, re persiano: I 259
Reparato, prefetto: II 304 Sansno, monaca: II 1 40
Respendial, re degli Alani : II 282 Saphrax, re alamanno: I 358
Restituto di Victoriana, sacerdote: I 4 76 Sapor, generale romano: I 383
Richter, W. : I 362 S apa 1 . , re persiano (243-27 3 ) : I 256
Ricimero, generale romano d ' Occidente: II 2 1 2, S apa Il., re persiano (309-379): I 226, 242, 26 1 ,
22 1 263 , 364, 3265 , 33 1
Ringgren, H . : I 80 S apa III., re persiano (383-38 8 ) : I 265
4
Roboamo, figlio di Salomone: I 84, 9 3 ; II 280 Sara, moglie di Abramo, figura biblica: I 9 1
Romaniano, benefattore di Agostino: I 40 1 Sargon Il., re assiro: I 98
Romano, capo di monaci: II 204, 206 Satira, fratello di Ambrogio: I 350
Romano, comes Africae: I 295 Saturnino, comes domesticorum: I I 25
Indice dei nomi 395

Saturnino di Arles, vescovo: I 1 50 Settimo di Altino, vescovo. : II 1 86


Saturnio, agente consolare: II 6 Setton, K. M . : I 338
Saul, re: I 8 1 , 82, 333 Seume, Joh. Gottfried: I 38
Scenute, abate, s . : II 98, 1 24, 1 38- 1 44 Severiano di Gabala, prelato: II l 02, l 05
Schielle, Joseph: II 58 Severiano di Scitopoli, vescovo: II 204
Schiller, Friedrich: I 27, 43, 29 1 , 406; II 43 Severiano, figlio del l ' imperatore Severo: I 204
Schmaus, Michael: I 403 Severo, patriarca di Antiochia (5 1 2-5 1 8 e 538): II
Schmidt, K.-0.: I 355 . 227, 240-243, 255, 269, 274
Schmidt, L.: II 286, 294 Severo, vescovo di UsmThain: II 98, 203
Schnackenburg, R . : II 38 Severo, Giulio, generale: I l 03
Schneemelcher, W. , teologo: I 3 1 6, 3 1 9 Severo, Lucio Settimo, imperatore: I 1 83, 435
Schneider, A . M . : I I 42 Severo, sacerdote e consigliere di Eudocia: II 25
Schneider, Cari , teologo: I 1 24, 1 59, 1 79; II 77, 95 Severo, Alessandro: II 69
Schneider K.-P. : I 357, 376 Shaftesbury, A . : I 29 1
Schopenhauer, Arthur: I 43, 59, I I I , 223 Shelley, Percy Bysshe: I 43, 1 92, 230, 440
Schottlaender, R.: I 438 Sidonio Apollinare: II 286
Schreiber, H . : II 1 95 Sieben, H . J.: I 3 1 7, 32 1
Schrodl: II 282 Siebengartner, M . : II 58, 1 55
Schubert, H . v. : I 226; II 238 Sigesario (Sigishari), vescovo goto: II I O, 1 8
Schuck, J . : II 40 Sion, re degli Amori ti: I 78
Schiihlein: I 263 Silvano, usurpatore: I 272, 28 1 , 3 3 5 ; II 33
Schultze, B.: I 240, 280, 43 1 , 433; II 1 54 Silverio, papa (536-537): II 86, 256, 259, 30 1 - 303,
Schwaiger, Georg: II 1 2 1 , 1 23 , 1 44, 1 58, 1 59, 302 307, 3 1 5, 3 1 8
Schwartz, Eduard: I 1 38, 1 98, 204, 229, 3 1 9, 324, Silvestro 1 . , papa (3 1 4-335): I 3 1 5 ; II 53, 73, 74
325; II 208, 22 1 , 227 Silvestro Il., papa (999- 1 003): I 227
Scipione Africano: I 225 Silvia, s . : II 5
Sebastiano, usurpatore: II 8, 23 Simei, figura biblica: I 83
Secondiano, vescovo di Singidunum: I 356, 367, Simeone, arcidiacono: I 263
368 Simeone Stilita: II 1 29, 243
Secondino, manicheo: I 404 Simmaco, Quinto Aurelio, console romano: I 364,
Secondo di Tolemaide, vescovo: I 3 1 8 365, 366, 40 1
Secondo, Saluzio, prefetto del pretorio: I 292, 293 Simmaco, Aurelio Anici o, prefetto romano: II 88
Secundio, prete e padre di Bonifacio 1.: II 88 Simmaco, papa (498-5 1 4): II 234-239, 240, 292,
Seeberg, Reinhold: II 50, I l O, 1 3 1 , 1 59, 1 60 300
Seeck, Otto, storico: I 1 96, 1 97, 2 1 6, 228, 230, 242, Simon Bar Sabbli'e, vescovo: I 264
273 ; II 224 Simon Mago: I 1 4 1 , 1 44, 1 48, 42 1
Seleuco IV., re, figlio di Antioco III . : I 96 Simone, sommo sacerdote: I 98, 99
Seneca, L. Anneo: I I l O, 436 Simpliciano di Milano, vescovo: II 1 00
Seneca, vescovo: II 233 Simplicio, metropolita di Vienna: II 54
Seppelt, F. X . : II 68, 86, 74, 75, 78, 85, 86, 238, Simplicio, papa (468-483): II 2 1 3-2 1 8
302 Simri, re d 'I sraele: I 87
Seraia, sacerdote: I 89 Sindona, Michele, banchiere: I 34, 35
Serena, nipote di Teodosio 1 1 . : II 2, 9, 1 5 , 1 6 Sinesio di Cirene, vescovo: I 430, 446; II 7, I l , 1 2,
Sergio 1 . , papa: I I 1 73 1 36
Sergio III., papa: II 86 Siracide, Gesù, scriba: I 92
Sergio, nipote del generale Salomone: II 299 S irarlin, regina, sorella di Sapa 1 . : I 256
Serubabel, condottiero ebreo: I 90 Siriano, comandante ariano: I 332
396 Indice dei nomi

Siricio, papa (383-399): I 1 57, 352, 374; II 53, 82, Svetonio: I 1 93 ; II 39


84, 1 1 5 Sybel, Heinrich v., storico: I 50
Sisak (Schodschenk !.), re egiziano: I 93
·
Sisinnio: I 256 Tacito, Cornelio, storico romano: I 79, I l O, 358; II
Sisinnio, vescovo novaziano: II 97 1 1 , 39, 235, 282
Si sto I I I . , Papst (432-440): I 427, 429; II 1 1 5 , 1 29, Taddeo, apostolo: I 266
1 30, 1 44, 1 86 Taese, monaca: II 1 40
Sisto IV. , papa ( 1 47 1 - 1 484): I 43 1 Tahiim, inquilina di un monastero: II 1 40
Sittas, generale romano orientale: II 262 Takll; (o Rebecca), monaca: II 1 40
Socrate, storico ecclesiatico: I 290, 3 1 O, 3 1 7, 330, Talassio, prefetto: I 282
387; II 9, 25,53, 1 09, 1 36 Taziano, apologeta cristiano: I 1 68, 1 7 3 , 1 74, 2 1 8
Socrate, filosofo: I 238 Taziano, praefectus praetorio: II 5
Soden, H . v. : I 1 34 Teja, conte goto: II 226
Sofia, monaca: II 1 39, 1 40 Teja, re dei Goti : II 308
Sozomeno, storico ecclesiatico: I 290, 3 1 O, 330, Temistio, filosofo: I 355
370; II 77, 1 77 Temistio, prefetto di Costantinopoli: II 4
Specht, Thomas: II 40, 58 Tennyson, Alfred: II 1 29
Spengler, Oswald: I 1 1 4 Teocrito, candidato al trono e nipote di Amanzio:
Stalin, Josef Wissarionowitsch: I 443 II 253
Stallknecht, B . : I 273, 294, 299 Teodato (534-536), re dei Goti: II 300-302
Stauffenberg, A., v.: I 3 6 1 Teodora, imperatrice, moglie di Costanzo Cloro:
Stefania, moglie di Adriano I l . : I I 8 6 I 1 93
Stefano 1 . , papa (254-257): I 409; I I 49, 50, 59 Teodora, moglie di Giustiniano: II 268-272, 274,
Stefano di Efeso, vescovo: II 1 59 275 , 295, 300, 302, 307, 308, 3 1 5, 3 1 6, 3 1 8
Stefano I l . , vescovo di Antiochia: II 2 1 3 Teodoreto, vescovo di Ciro: I 65, 82, 225, 229, 240,
Stefano I I I . , vescovo d i Antiochia: II 2 1 3 262, 265, 266, 272, 288, 290, 293, 298, 3 1 0, 323,
Stefano, apostolo, I martire cristiano: I 1 1 9, 1 35 329, 339, 340, 349, 35 1 , 3 6 1 , 38 1 , 385, 388, 389,
Stefano, vescovo ariano di Antiochia: I 33 1 390, 446; II 1 0, 80, 1 22, 1 26, 1 29, 1 35, 1 37, 1 44,
Stegmtil ler, Wolfgang: I 37 1 47, 1 49, 1 5 1 , 1 60, 3 1 6 s
Stein, Ernst: I 22 1 , 229, 284, 358, 37 1 ; II 28, 98, Teodorico il grande, re degli Ostrogoti : I 226, 3 5 3 ;
1 20, 1 44 II 1 94, 220, 222-225, 2 2 8 , 235, 237, 239 s, 242,
Steinmann, Jean: II 95 259, 260, 292 s, 300, 306
Sternberger, G . : II 277 Teodorico, fratello di U nerico: II 289
Stilicone, Flavio, generale: I 36 1 , 408 s; II 2, 4, 5, Teodorico Strabone, principe ostrogoto: II 222
9- 1 8, 22, 1 4 1 Teodoro 1., papa (642-649 ) : Il 86
Stockmeier, Peter: I 1 33 , 1 92, 206, 2 1 6; I I 7, 38, Teodoro di Ancira, vescovo: II 1 24
65 , 1 85 Teodoro di Mopsuestia ( 3 50-428): II 1 09, 3 1 6
Stolzenfels, Kiithe: I 1 70 Teodoro Simo, dux Palaestinae: II 280
Strasburger, H.: I 50 Teodoro, cospiratore: I 299
Stratmann, F. M.: I 3 1 3, 375, 378; II 1 90 Teodosio, patriarca di C ostantinopoli (453): 11 206
Straub, J . : I 225 Teodosio, patriarca di C ostantinopoli (535): II 274
Streicher, Julius: I 1 1 7 , 1 2 1 Teodosio, figlio adottivo di Belisario: II 295
Stuiber, Alfred: I 23 1 , 233 ; I I I l , 1 33 , 288, 290 Teodosio, magister militum, padre di Teodosio 1 . :
Succenso di Diocesarea, vescovo: II 1 30 I 295, 297; Il 1 7
Suhm, v. , ambasciatore sassone: I 322 Teodosio, antivescovo di Gerusalemme: I I 204 s
Sulpicio Severo, storico dei Galli: I 227, 373 Teodosio, prefetto sotto Valentiniano I I I . : II 29
Sunigilda, moglie di Odoacre: II 224 Teodosio 1., il Grande, Flavio, imperatore romano
Indice dei nomi 397

(379-395): I 280, 335, 348, 350, 352, 359-363, Timoteo 1 . , cattolico (780-823) : I I l 3 1
376, 378, 379-383, 384, 385, 386, 387, 388, 389, Tinnefeld. Franz: I 1 22, 24 1 : I I 27, 1 36, 240
390, 408, 447 ; II I, 2, 4, 9, I O, 1 3 , 1 6, 22, 72, Tiran, re armeno: I 264
79, 96-98, I I O, 1 30, 1 4 1 , 1 87, 203, 2 1 6, 226, Ti ridate III, re armeno: I 257, 26 1
230, 24 1 , 275, 286, 3 1 9 Tito, imperatore romano (79-8 1 ): I 1 02,
Teodosio I l . , imperatore romano (408-450): I 1 86, Tito, diacono romano: II 28
226; II 3 , 4, 24-28, 53, 72, 89, I I 6, I I 8, I 1 9, Tiudimero, re: II 222
1 23 , 1 26, 1 27, 1 30, 1 34, 1 42, 1 45, 1 48, 1 52, 1 53 , Tizia, moglie del vescovo Giuliano di Eclano: I 428
275, 278 Tolomeo: I 98
Teofane, s., monaco bizantino e cronista: I 240, 38 I Tolstoi, Leone: I 440
Teofilo, apologeta cristiano: I I 68 Tommaso d' Aquino, filosofo cristiano: I 37, 43 1 ,
Teofilo, governatore di Palestina: I 282 439
Teofilo, vescovo della Gothia: I 353 Totila, re dei Goti (54 1 -552): II 30 1 , 305-309, 3 1 7
Teofilo, vescovo di Antiochia: I 1 74, 1 75 Traiano, i mperatore romano (98- I 1 7) : I I 03, I I O,
Teofilo, indiano, vescovo ariano: I 274 s 235, 293
Teofilo di Alessandria, patriarca (385-4 1 2) : I 379; Trasamundo, re (496-5 I 3 ) : Il 292, 293
II 1 2, 46, 95- 1 00, 99, 1 1 0, 1 1 2, 1 36 Trasmondo, abate: I 33
Teognide di Nicea, vescovo: I 3 1 8 Treitschke, Heinrich v.: I 50, 6 1
Teona di Marmarica, vescovo: I 3 1 8, 327 Tribigildo, goto: I l 6
Teopempto, vescovo: II 72, 1 34 Triboniano, ministro della giustizia sotto Giusti-
Teoteknos, amministratore delle finanze cittadine: niano: II 3 1 9
I 202 Trigezio, prefetto: I I I 94
Terebinto, vescovo di Nablus: II 279 Trofimo di Arles, s . : Il I 78
Termanzia, figlia di Stilicone: II 9, 1 5 Tsunak, antipatriarca: I 275
Tertulla, nonna d i Vespasiano: I I 93 Tiichle, H . : Il 282
Tertulliano, scrittore ecclesiatico: I l I 6, I I 8, I 23, Tuenzio, vescovo: II 54
1 40, 1 44, 1 46, 1 52, 1 68, 1 70, 1 7 1 , 1 72, 1 75 , 2 1 8, Turi bio di Astorga, vescovo: Il 1 90
2 1 9, 409, 427 ; II 3, 49, 68, 1 1 4 Tuto (defensor): II 2 1 9 s
Teudeberto, re dei Franchi: II 304, 305 Twain, M . : I 43, Il 7
Thamar, figura biblica: I 77 Tzazon, fratello di Gelimero: II 296, 297
Theiner, A. u. J. A . : I 1 38
Thela, figlio di Odoacre: II 224 Uberto, vescovo: Il 72
Theonoe, monaca: II 1 39 Ugo di Montfort: I 58
ThieB, Frank: I 1 95, 268, 36 1 ; II 26, 1 36, 295 Uldin, capotribù unno: Il 7
Thomas, M . : I 405 , 4 1 2, 4 1 6 Ulfila, vedi Wulfila
Thraede, K . : I 364, 44 1 Ullmann, Walter: Il 85, 1 28, 1 73 , 2 1 0, 2 1 5 , 232
Tiberio, imperatore romano ( 1 4-37): I 239 Unerico, re, figlio di Genserico: Il 284, 289 s, 294
Ticonio, vescovo donatista: I 4 1 9 Uraias, nipote di Vitige: Il 304, 305
Tillemont, S. Le Nain de: I I 1 37 Urbano I, papa (222-230): Il 69
Tilly, Johann, generale: II 307 Urbano di Forma, vescovo: I 4 1 1
Timoteo, patriarca di Costantinopoli (5 1 1 -5 1 8) : II Urbano di Sicca, vescovo: II 55
240 Ursacio, vescovo: I 334, 336; Il 79
Timoteo Salofakiolo: II 2 1 0, 2 15, 2 1 7, 2 1 8 Ursacio, comandante: I 237
Timoteo I I I . , patriarca d i Alessandria: I I 269 Ursino, antipapa: II 65, 76-80
Timoteo, discepolo di Paolo: I I 37 Urso, vescovo gallo: Il 54
Timoteo, arcidiacono in Alessandria: II 1 08, 206 Ursula, s . : I I 70
Timoteo Ailuros, patriarca: II 209 s, 2 1 3 , 2 1 5 , 2 1 7 Ursus, amministratore: I 200
398 Indice dei nomi

Vithicabus, re alamanno: I 297


Vadomar, padre di Vithicabus: I 297 Vitige, re goto: II 30 l , 302, 303, 304, 305
Valente, vescovo di Milano: II 79 Vittore, presbitero: I 3 1 6
Valente di Mursa, vescovo: I 272, 334, 336 Vittore d i Garba, vescovo: I 407
Valente, Flavio, i mperatore romano (364- 3 7 8 ) : Vittore di Tonnena (Cartenna), vescovo: II 286, 292
I 265, 28 1 , 292-294, 297-300, 329, 339, 340, 354, Vittore Vitense, vescovo di Vita: II 283, 286, 287
355, 358, 360, 36 1 ; II 9 s, 98, 275 s, 29 1 , 292
Valentiniano 1 . , imperatore romano ( 3 64- 3 7 5 ) : Vittore, vescovo: II 278
I 28 1 , 292-294, 295 , 296, 297, 299, 3 5 0 , 35 1 , Vittore di Tunnuna, vescovo: II 292, 3 1 7
359, 360; II 23, 75, 80, 84, 275 Vittore, monaco: II 1 09, 1 29, 1 32, 1 33
Valentiniano I l . , imperatore romano (383-392): Vittore 1 . , papa ( 1 89- 1 98): II 59, 66 s
I 350, 352, 364, 369, 370, 379, 380, 387, 388 Vittorino: I 1 23
Valentiniano III., imperatore romano ( 425-455) : Vivenzio, prefetto: II 78
I 1 86, 427 ; II 3 , 24, 28 s, 1 30, 1 53 , 1 75, 1 77, Voconio di Castello, vescovo: II 286
1 79 ss, 1 89, 1 95 , 2 1 2, 22 1 , 226, 23 1 , 284 Voelkl, L.: I 24 1
Valentino, s.: II 73 Vogt, J., storico: I 206, 230, 232, 24 1
Valeria, moglie dell ' imperatore Galerio: I 1 82 Volk, L.: I 55, 64
Valeria, figlia di Diocleziano: I 204 Voltaire: I 4 1 , 42, 57, 60, 1 1 4, 1 32, 243, 29 1 , 3 1 2
Valeriano, imperatore romano (253-260): I 1 8 1 , Volusiano (sotto Valentiniano III.): II 29
1 83 , 435 Volz, P. : I 74
Valeriano di Tarso, vescovo: II 1 30 Vries, Wilhelm de: II 38, 48, 57, 202
Valerio, comes, maresciallo di corte: I 426
Vallia, generale dei Visigoti : II 283 Walamer, re ostrogoto: II 1 95
Vasiliev, A. A.: II 256 Wallace-Hadrill, D. S . : I 1 80
Vegezio, scrittore di arte militare: I 360 Wallia, re: II 24, 22 1
Venerio di Milano. vescovo: II 1 07 W alter, J. v. : I 239
Vereniano, generale: II 1 3 Wampach, Camill: I 64
Verina, moglie dell' imperatore Zenone: I I 2 1 0, 2 1 2, Weber, Max: I 38, 5 1 , 225
22 1 Weijenborg, Reinhold: I 296, 297
Vesalio, Andrea, medico: I 3 8 Weinel, H., teologo: I 1 1 5 , 309
Vespasiano, imperatore romano (69-79): I 1 02, I I I , Welte, B . : II 69, 78, 88, 96, 1 09, 1 29, 227
1 93 Wermelinger, 0.: I 422, 427
Vestina, matrona romana: I 372 Wetzer, H. J . : II 69, 78, 88, 96, 1 09, 1 29, 227
Vicari, Hermann v. : II 78 Weyman, C . : I 277
Vidal, Gore: I 29 1 White, Hayden : I 49
Vigilanzio, scrittore ecclesiastico: I 1 56, 1 57 Wickert, U . : II 50
Vigilio, papa (537-555): I ! 5 3 ; II 86, 302, 303, 306 Wilpert, Joseph: II 42
s, 3 1 5-3 1 9 Windelband, W.: I 467
Vincenzio, magister equitum : I I 1 5 Winkelmann, Friedhelm: I 308, 3 1 0
Vincenzo, presbitero: I 3 1 6, 3 3 5 Winkler, Sabine: I I 279
Vincenzo di Capua, vescovo: I 33 1 , 3 3 4 , 3 3 6 , 4 1 6 Wittgenstein, Ludwig: I 52
Vindaonio Magno, distruttore d i templi: I 293 Wlosok, A . : I 1 68
Viola, Guido, magistrato: I 34 Wojtowytsch, Myron, storico dei papa: I 3 1 6, 3 1 7;
Visa, discepolo di Scenute: II 1 3 8 II 54, 84, 89
Vitale di Trento, vescovo: II 2 1 9 ss Wolfram, H.: I 3 6 1
Vitaliano, usurpatore: II 24 1 -242, 252, 255, 256, Woodward, E . L . : II 294
258 Wrthanes di Armenia, patriarca: I 255, 259
Indice dei nomi 399

Wulfila, vescovo dei Goti : I 353, 355, 356, 369; II


283
Wtirthwein, E.: I 73
Wyclif, John: II 57
Wytzes, J . : I 1 69, 363

York von Wartenburg, Paul, conte: I 49


Yisuf, re sudarabico: II 260 s

Zaccaria, fratello di Sofia: II 1 40


Zaccaria, re d' israele: I 86
Zaccaria retore, vescovo di Miti lene: II 272
Zacharia ben Phalek: I l O l
Zaratustra (Zoroastres) profeta antico iran i co e fon-
datore di religione: I 256
Zefirino, s., vescovo ( 1 99-2 1 7): II 66 s
Zeller: I 1 4 1
Zeno d i Verona, vescovo: I 3 1 7
Zenobia, regina d i Pamira: I 225
Zenone, imperatore bizantino (474-49 1 ): II 2 1 2-
227, 254, 256, 279, 285, 3 1 5
Ziegler, J . : I 1 96
Ziegler, J. G.: I 1 78
Zilpa, moglie di Giacobbe: I 9 1
Zonaras, Giovanni, storico: I I 265 , 267
Zosimo, storico: I 228, 243, 387; II 5, I O, 2 1
Zosimo, papa (4 1 7-4 1 8) : I 425 , 426, 427, 429;
II 54, 55 s, 89, 1 77, 1 78
Zulli, Gabriele: I 37 1
Collana "lo scaffale di Mecenate" (una collana di preziose rarità)
Letteratura tamil
l. Purananuru - Quattrocento poesie di guerra (testo tamil a fronte) - pp. 400
Letteratura inglese
2. G. Herbert. Il Tempio (testo inglese a fronte) - pp. 320

Collana "Lapislazzuli" (opere rare in edizioni bil ingue)


Letteratura islandese
l. H. Pétursson : I Salmi della Passione - pp. 320
Letteratura nederlandese
2. G.A. Bredero: Il Grande Libro dei Canti - 2 tomi, pp. 928
Letteratura giapponese
3. Kokin Waka shfi : Raccolta di poesie giapponesi antiche e moderne - pp. 688
Letteratura svedese
4. E. Tegnér: La saga di Frithiof - pp.256

Collana "Letterature"
Letteratura araba l testi
• al-Tanuhi: Il Sollievo dopo la distretta - pp. 2 1 O
• al-Hamadhani : Le Maqiì.miì.t - t. I - pp. 1 28
• al-Hamadhani : Le Maqiì.miì.t - t. II - pp. 1 48
• Usiì.ma ibn Munqidh : Lezioni della vita. Un principe siriano e le Crociate - pp. 256
Letteratura francese l testi
• J-M. de Heredia: I Trofei [bilingue] - pp. 376
• Ch. Leconte de Lisle: Poemi barbari [bilingue] - pp. 504
Letteratura islandese l testi
• Laxdrela saga - pp. 220
Letteratura nederlandese l testi
• K. van de Woestijne: I Cavalli di Diomede [bilingue] - pp. 1 44
• J. van den Vondel : Lucifero [bilingue] - pp.220
Letteratura persiana l testi
• Poeti della Pleiade ghaznavide - pp. 472
• B idel : Il canzoniere del l ' alba - pp. 202
• Mahsati : La luna e le perle - pp. 1 3 2
Letteratura sanscrita l testi
• L ' elisir del furto secondo il dharma {bilingue l - pp. 1 44
Letteratura svedese l testi
• M.L. Koch: La lirica di E. J. Stagnelius {bilingue] - pp. 304
• E. Geijer: Poesie {bilingue] - pp. 1 20
Letteratura tamil l testi
• I Dieci Canti (Pattuppattu) - t. I - pp. 1 3 2
• I Dieci Canti (Pattuppattu) - t.II - pp. 1 84
Letteratura tamil l saggi
• K. Kailasapathy: Poesia eroica tamil - pp. 304
• K.V. Zvelebil: Il sorriso di Murugan - pp. 406
Letteratura tedesca l testi
• Ch. Reuter: Schelmuffsky [bilingue] - pp. 292
• Ch. Giinther: Poesie scelte [bilingue] - pp. 280
• W. Raabe: Stopfkuchen - pp. 2 1 4

Collana "il Viandante" (una collana per chi ama andare i n cerca)
l . Dr. M. Luther: Sermoni - pp. 352
2. Golbadan Begum: La storia di Humayun - pp. 1 1 2
3 . K. Deschner: Storia criminale del Cristianesimo -
Tomo I: L' età arcaica - pp. 480
4. M . Korth: Il giovane Capo - pp. 1 92
5 . K. Deschner: Storia criminale del Cristianesimo ­
Tomo II: Il tardo antico - pp. 432
6. K. Deschner: Storia criminale del Cristianesimo -
Tomo III: La chiesa antica - pp. 552
7 . A. Schlatter: L' epistola ai Romani - pp. 1 92
8. Ibn Warraq : Perché non sono musulmano - pp. 408
9. K. Deschner: Storia criminale del Cristianesimo ­
Tomo IV: L' alto Medioevo - pp. 434
l O. K. Deschner: Storia criminale del Cristianesimo -
Tomo V: IX e X secolo - pp. 448

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