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febbraio 2014
Rivista ufficiale dell’Associazione Wolfram Kurz (Tübingen)
Editoriale
a Approfondimenti
Uscire dalla storia.
L’antideterminismo frankliano e lo storicismo a-finalistico
Simone Budini 297
Dire la verità ai figli.
Insegnare ai giovani a orientarsi
Magda Maddalena Marconi 313
Pedofilia e clero cattolico/3.
Dibattito a partire da Papa Francesco e dal DSM-5
Aureliano Pacciolla 331
e Esperienze
Omeopatia e logoterapia frankliana.
La legge della similitudine
Giovanni De Giorgio 371
A proposito di comunicazione efficace.
Un’esperienza di vita vissuta
Giuseppina Tessitore 379
Tossicodipendenza e senso della vita.
Nuove storie di vita nella «Scuola Filosofica Viktor Frankl»
Arturo Luna Vargas 387
r Recensioni 397
Editoriale Come avrete potuto notare dalla copertina e dal colophon di questo numero,
all’interno di una ri-organizzazione delle diverse funzioni della Rivista, ho
assunto il ruolo di nuovo Direttore di «Ricerca di senso», andando a prose-
guire quell’impegno che, fin qui, ha mirabilmente assicurato il nostro caro
Presidente onorario Eugenio Fizzotti, cui va il nostro affettuoso saluto e
ringraziamento per quanto sempre ha fatto e continua a fare per divulgare
in Italia e nel mondo l’autentico pensiero di Viktor Frankl. Personalmente,
non ho difficoltà a dare il massimo affinché la Rivista continui e cresca nel
solco tracciato proprio dal precedente Direttore, nonché Fondatore della
nostra Rivista, ma rivolgo a tutti, soci ed estimatori, l’invito a vicinanza e
collaborazione, espressa anzitutto attraverso l’abbonamento, che per i soci
avrà un’ulteriore riduzione e farà parte della quota associativa annuale, e
poi anche attraverso contributi significativi e ogni forma di suggerimento
vorrete inviarmi.
Dopo questa dovuta premessa, va considerato che uno degli aspetti che
hanno maggiormente caratterizzato le diverse iniziative associative, tanto
nello scorso 2013 quanto nel primo semestre del 2014, è certamente rap-
presentato dalla nascita del «Gruppo Logo-Umoristi», che si è impegnato
nel e col direttivo di ALÆF in tutta una serie di iniziative orientate a porre
in particolare evidenza, all’interno del pensiero frankliano, il ruolo fonda-
mentale rivestito dalla dinamica dell’umorismo e dell’autoironia, aspetti
che affondano le proprie radici proprio nella basilare capacità umana
dell’autodistanziamento.
In tal senso si è assistito a un vero crescendo di riconoscimento e apprezza-
mento per le diverse proposte: dal convegno annuale tenutosi all’Università
Salesiana a Roma lo scorso 4 maggio 2013, al corso sull’autoironia (So-
ridere di me) iniziato nel mese di novembre e strutturato in sette seminari,
presso la stessa Università; eventi questi che saranno duplicati a Piacenza:
all’uscita del presente numero della Rivista si sarà già tenuto, il 25 novembre,
il Convegno presso l’Università Cattolica di Piacenza che ha raccolto ben
600 partecipazioni, aspetto che ha motivato la proposta anche per Piacenza
di un analogo corso sull’autoironia.
In relazione all’ampio investimento formativo e di riflessione che ALÆF
ha dedicato al tema dell’umorismo e dell’autoironia, il presente numero
di «Ricerca di senso» si presenta come un volume monografico, dedicato
appunto ai contenuti proposti al Convegno di maggio e in riferimento dei
quali i diversi relatori si sono impegnati ad arricchire e sistematizzare i loro
interventi, curando le fonti bibliografiche e l’apparato scientifico; quindi
i vari articoli saranno focalizzati, a partire da diverse angolature, sulla
capacità della persona di autodistanziarsi, oggettivarsi e arrivare finanche
a ridere di sé e di ciò che le accade.
5
Accanto a questo positivo dinamismo, va registrato anche un altro impor-
editoriale
tante risultato: l’accreditamento presso il Comitato Nazionale Counsellor
Professionisti (CNCP) della Scuola di Counselling Esistenziale Frankliano,
promossa da ALÆF, che va a dare ragione e forza a una delle principali
intuizioni del Fondatore dell’Analisi esistenziale: l’importanza per la salute
e il benessere individuale di un accompagnamento verso l’assunzione di un
chiaro orientamento esistenziale nella propria vita, aspetto che non neces-
sariamente si accompagna a vissuti manifestatamente psicopatologici e
che può trovare adeguata risposta e soluzione all’interno di una relazione
d’aiuto e di consulenza competente e deontologicamente corretta.
Tali iniziative, assieme ad altre che sono state promosse dai soci in varie
regioni d’Italia — come, ad esempio, a Treviso e a Jesi —, hanno lo scopo di
sempre maggiormente promulgare e testimoniare gli aspetti fondamen-
tali del modello frankliano, a partire dalla sua visione antropologica ed
esistenziale, aperta allo spirituale, una dimensione che sempre più si pone
all’attenzione di molti modelli di psicologia contemporanea, nella riscoperta
di un imprescindibile riferimento assiologico che permetta di sperimentarsi
come fondamentalmente orientati a un senso comprensivo, stabile e capace
di illuminare la scoperta di significati positivi nei diversi eventi della vita,
compresi quelli più drammatici e identificabili come «situazioni limite».
Riteniamo che proprio un coerente orientamento esistenziale, verso un sen-
so per cui valga la pena di impegnare la propria vita, caratterizzandosi come
capace di autodistanziamento e di autotrascendenza, possa rappresentare
una significativa risposta a quella questione morale da più parti sollevata,
quale il reale male che attraversa la nostra società, ferita da una politica
che sembra aver smarrito il senso del servizio ai cittadini, di un’economia
esplicita e sommersa che, assolutizzando l’interesse economico di pochi,
arriva a produrre disagi socio-economici sempre più avvilenti — basti
pensare al dilagare della disoccupazione giovanile e alla difficoltà di dare
soluzioni concrete al fenomeno dell’immigrazione di massa — e gravi danni
ambientali con evidenti implicazioni etico-morali — come, ad esempio,
l’inquinamento che «avvelena» l’intero ecosistema, fino agli eccessi cui si
assiste nella «terra dei fuochi» in Campania e non solo.
Da Frankl, che enfatizza una responsabilità intesa come una realtà emi-
nentemente personale con potenzialità di ampie conseguenze nel sociale,
raccogliamo l’invito a non farci sopraffare dall’avvilimento che, spesso,
causa risvolti e ricadute di indifferentismo e disimpegno che finiscono con
l’aggravare la condizione non solo sociale ma anche personale, individuando
ciascuno il proprio percorso di crescita umana, sociale e politica, nella sco-
perta di un senso verso cui impegnarsi e che possa essere condiviso da molti.
È questo l’augurio che rivolgiamo a ciascuno e, in particolare, ai nostri
lettori all’inizio di questo nuovo anno.
Domenico Bellantoni
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a pprofondimenti
AUTOIRONIA:
MAI DIR(LE) MAI
Ridere di sé per sorridere alla vita
Diogene Laerzio racconta che il filosofo stoico Crisippo morì in seguito a una grossa
risata: un asino aveva mangiato i suoi fichi ed egli ordinò alla sua vecchia domestica
di far bere all’asino vino puro; scoppiò poi in una smodata risata e spirò. Secondo
quel burlone di Luciano, il poeta comico Filemone sarebbe morto proprio in questo
modo — ma che importa! Il filosofo Chilone, nel VI secolo, sarebbe deceduto di gioia
in seguito alla vittoria di suo figlio ai Giochi olimpici; stessa disavventura fatale toccò
a Sofocle, troppo felice per aver vinto il concorso di tragedia. Il pittore Zeusi, nel 398
a.C., venne stroncato dall’irresistibile comicità della sua ultima opera: una donna
anziana. (Minois, 2004, pp. 24-25)
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Paola Versari – Autoironia: mai dir(le) mai
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Paola Versari – Autoironia: mai dir(le) mai
Gli anacoreti, eremiti che sin dai primi secoli dopo Cristo
vivevano isolati nel deserto, hanno sviluppato a tal punto la
capacità autoironica che lo stesso padre Rousselot così dichiara:
«Non sarebbe tanto difficile dare una descrizione comica della
vita nel deserto» (cit. in Minois, 2004, p. 172). Di grande
interesse, pertanto, constatare quanto questi padri, attraverso
lo sviluppo di un atteggiamento autoironico, siano in grado
di raggiungere un sano distacco da se stessi:
L’anacoretismo è un terreno privilegiato per sviluppare il senso
dell’umorismo: l’uomo ha solo se stesso, un interlocutore mini-
mo, per cui non deve stare sempre a cercare la battuta a effetto,
brillante, non deve aspettarsi l’ammirazione degli altri; egli pratica
l’umorismo spoglio, puro, ridotto all’essenziale: siamo in presenza
di un’autoderisione isolata, rinchiusa in se stessa. L’umorismo
solitario è l’umorismo assoluto per via della condizione in cui si
trovavano gli anacoreti, distanti da se stessi, senza illusioni, senza
risorse, senza interferenze esterne. Nel confronto lucido con se stessi
si raggiunge il massimo dell’umorismo. L’imbroglio è inutile: non
c’è nessuno da ingannare. Mi prendo in giro in modo autentico
e vero: impietosamente e teneramente rivelo la mia miseria. Mi
accuso e mi scuso contemporaneamente, mi disprezzo e mi amo,
totalmente, ironicamente. Per un istante mi sdoppio in due esseri
contraddittori che si prendono gioco l’uno dell’altro e che, come
particelle di segno opposto, si annientano quando si uniscono per
divenire energia pura all’irriflessiva azione quotidiana. (Ibidem)
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Paola Versari – Autoironia: mai dir(le) mai
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a pprofondimenti
Umorismo e
adolescenza
Sono adolescente e non ci trovo niente da ridere!
L’uso dell’umorismo in terapia
Agevolare lo sviluppo di capacità umoristiche nel paziente è uno dei più superbi
risultati clinici delle analisi più efficaci.
(Poland, 1990)
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Alfredo Altomonte – Umorismo e adolescenza
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Alfredo Altomonte – Umorismo e adolescenza
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Alfredo Altomonte – Umorismo e adolescenza
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Alfredo Altomonte – Umorismo e adolescenza
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Alfredo Altomonte – Umorismo e adolescenza
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Alfredo Altomonte – Umorismo e adolescenza
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a pprofondimenti
Le grandi risate
dei piccoli
Crescere con umorismo
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Antonella Arioli – Le grandi risate dei piccoli
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Antonella Arioli – Le grandi risate dei piccoli
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Antonella Arioli – Le grandi risate dei piccoli
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a pprofondimenti
«Sarà anche
“paradossale”…
ma funziona!»
L’intenzione paradossa in Frankl:
tra autodistanziamento e umorismo1
1
Il contributo propone una rielaborazione di un nostro intervento tenuto al Convegno Annuale «Dal
“morir dal ridere” al “ridere per non morire”. L’umorismo come risorsa per l’esistenza», svoltosi a
Roma, il 4 maggio scorso, presso l’Università Pontificia Salesiana e promosso dall’IGLU/Il Gruppo
Logo-Umoristi dell’Associazione di Logoterapia e Analisi Esistenziale Frankliana.
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Ricerca di senso Vol. 12, n. 1, febbraio 2014
a 1. Dall’umorismo al paradosso
In passato, abbiamo già avuto modo di approcciare il tema
dell’umorismo in Frankl evidenziandolo come una risorsa
specificamente umana, capace di attivare potenzialità resilienti
e di fronteggiamento anche verso situazioni particolarmente
dolorose e drammatiche (Bellantoni, 2010).
In quell’occasione avevamo evidenziato come l’umorismo
fosse espressione diretta della capacità umana di autodistan-
ziamento, risorsa che è anche alla base della tecnica analitico-
esistenziale dell’intenzione paradossa.
In questa sede, intendiamo appunto occuparci dell’uso degli
interventi paradossali in ambito clinico e di promozione del
benessere esistenziale.
2
«Nella mitologia greca classica, il brigante Procuste, significativamente “lo stirato-
re”, aggrediva i viandanti e li costringeva in una sorta di letto scavato nella roccia,
stirandoli con l’incudine se troppo corti o amputandoli quando sporgevano dal
letto: ovviamente le vittime alla fine morivano tra atroci torture» (Megglé, 1998,
p. 122; cfr. anche Bellantoni, 2011, p. 194).
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Domenico Bellantoni – «Sarà anche “paradossale”… ma funziona!»
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La traduzione dall’originale inglese è nostra.
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Domenico Bellantoni – «Sarà anche “paradossale”… ma funziona!»
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Domenico Bellantoni – «Sarà anche “paradossale”… ma funziona!»
2. Il paradosso in azione
a
Come abbiamo evidenziato in precedenza, l’utilizzo delle
strategie paradossali richiede, come e più di ogni altra tecnica,
che il setting relazionale in terapia sia caratterizzato da un posi-
tivo clima umano, da una forte alleanza terapeutica e da quella
che Carkhuff definisce un’adeguata base interscambiabile, cioè
una fase in cui la comprensione dei significati proposti dal
cliente sia adeguata, tanto da poter dire che l’helper è «entrato»
in maniera funzionale nel quadro di riferimento dell’helpee
(Carkhuff, 1990, p. 116).
In tal senso, i brevi stralci che proporremo in seguito
potranno apparire assurdi, in qualche caso irritanti, se non
si cerca di tener presente che vanno collocati all’interno di
«quella» relazione terapeutica e di «quel particolare» momento,
di «quella particolare» seduta: non esistono tecniche che pos-
sano essere applicate in maniera avulsa dal setting terapeutico
e senza considerare l’insostituibile mediazione del terapeuta
(Frankl, 2009, p. 18).
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Domenico Bellantoni – «Sarà anche “paradossale”… ma funziona!»
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Domenico Bellantoni – «Sarà anche “paradossale”… ma funziona!»
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Riguardo allo schema in base al quale si sviluppano le condotte umane, comprese
quelle patologiche, rimandiamo a Bellantoni (2011, pp. 88-107).
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Domenico Bellantoni – «Sarà anche “paradossale”… ma funziona!»
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Domenico Bellantoni – «Sarà anche “paradossale”… ma funziona!»
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3. Conclusione
Senza alcuna intenzione di esaustività circa il tema dell’in-
tenzione paradossa e, più in generale, delle strategie paradossali
in psicoterapia, per il cui approfondimento rimandiamo ai testi
indicati in bibliografia, abbiamo voluto evidenziare il ruolo
di tale approccio tanto nella visione di Viktor E. Frankl, che
è stato tra i primi a teorizzarlo e utilizzarlo, come abbiamo
avuto modo di evidenziare, quanto nel più ampio panorama
della psicoterapia.
In tal senso, ci siamo limitati, a partire da un nostro in-
tervento al Convegno indicato in apertura, a offrire alcuni
spunti teorico-pratici sull’applicabilità di tali strategie, capaci
di mostrare alcune attenzioni, modalità e scopi nell’esercizio
clinico del «paradosso».
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Domenico Bellantoni – «Sarà anche “paradossale”… ma funziona!»
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a pprofondimenti
Adottare l’umorismo
La capacità di ridere come risorsa
nel percorso adottivo
Questa frase, sia per il contenuto che per l’autore — padre adottivo, disegna-
tore di fumetti e autore di un divertente libro che racconta l’ingresso in famiglia
delle sue due figlie nate in Colombia (Ortolani, 2011) — può rappresentare
uno speciale condensato del presente articolo, nel quale si intrecciano alcuni
temi: la Logoterapia, intesa come ricerca di senso e significato; l’Umorismo,
inteso come modo diverso di vedere la realtà; la Resilienza, come capacità di
resistere e riassestarsi nelle situazioni critiche e dolorose; l’Adozione, come
percorso speciale per formare una famiglia.
La convinzione che il percorso dell’adozione di un bambino possa essere
aiutato e sostenuto anche dall’umorismo è nata dall’osservazione di esperienze
di vita vissuta, direttamente o indirettamente, nelle quali era possibile cogliere
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Ricerca di senso Vol. 12, n. 1, febbraio 2014
1
Nel presente articolo si parlerà di adozione internazionale tuttavia — a esclusione
di alcune fasi specifiche di questo percorso (decreto, ricerca ente, viaggio all’este-
ro, ecc.) —, ogni considerazione può essere intesa valida anche per l’adozione
nazionale.
64
Valentina Gagliardi – Adottare l’umorismo
2
Il termine resilienza è stato mutuato dalla fisica per indicare la capacità di riu-
scire, di vivere e svilupparsi positivamente, in maniera socialmente accettabile,
nonostante lo stress o un evento traumatico che generalmente comportano il
grave rischio di un esito negativo.
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Valentina Gagliardi – Adottare l’umorismo
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Valentina Gagliardi – Adottare l’umorismo
Fig. 1 L’autoironia nel percorso di adozione (immagine tratta da Ortolani, 2011, p. 145).
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Fig. 2 L’ironia verso gli «altri» nel percorso di adozione (immagine tratta da www.adopted-
thecomic.com).
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Valentina Gagliardi – Adottare l’umorismo
di, piuttosto ridere con. Ridere sugli eventi non deve portarci
a ridere delle emozioni che quegli eventi provocano in chi è a
coinvolto, soprattutto quando si tratta di un bambino.
E così, chiarite anche le accortezze da avere nel suo uso,
possiamo dire… adottiamo l’umorismo!
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Ricerca di senso Vol. 12, n. 1, febbraio 2014
1
Parte dell’Introduzione, del paragrafo Il costrutto di Lutto Traumatico o Disturbo Correlato a Lutto
Complesso Persistente e le parti relative al costrutto di crescita post-traumatica e ai modelli teorici del
lutto sono ripresi e in parte adattati da De Luca (2010, pp. 294-322). Una versione di questo scritto
è in corso di pubblicazione in Argentina: De Luca M.L. (2013), Del Duelo traumatico al crescimiento
pos traumatico desde la perspectiva de Viktor Frankl. Análisis Existencial y la Logoterapia en la situación
del final de la vida, Editorial San Pablo, Argentina (in stampa).
2
Per un’ampia discussione su questo tema si veda Bellantoni (2011a; 2011b).
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Ricerca di senso Vol. 12, n. 1, febbraio 2014
1. Introduzione
Le tematiche cliniche relative alla morte e al lutto, pur rive-
stendo un posto centrale nella psicoterapia e nella consulenza
psicologica, hanno spesso subito una sorta di negazione o
evitamento, peraltro congruenti con il generale atteggiamento
tanatofobico della cultura occidentale contemporanea. Dob-
biamo a Philippe Ariès (1978; 1980) una penetrante analisi
del fenomeno della progressiva negazione e rifiuto della morte
in Occidente, soprattutto a partire dalle trasformazioni sociali
indotte dall’industrializzazione e dall’urbanizzazione massiccia.
La trasformazione dell’atteggiamento nei confronti della
morte e del lutto è legata, secondo diversi autori, alla minore
importanza attribuita nel corso del ventesimo secolo, partico-
larmente nelle società industrializzate, alla vita dopo la morte e
in generale alla prospettiva religiosa che vede l’uomo immerso
in un ciclo vitale dove la morte e la vita dopo di essa acquisisco-
no senso. Per l’Occidente industrializzato il focus quasi assoluto
è sul benessere individuale e la concezione positivista-empirista
dell’uomo e della realtà ha avuto come logica conseguenza
una visione della morte come «fallimento medico» o come
incidente, piuttosto che come parte inevitabile della condi-
zione umana (Silverman, 2006). Questo è il fenomeno che
Ariès (1980) descrive come «la morte capovolta», cioè espulsa
repentinamente e brutalmente dalla scena sociale e relegata
in luoghi separati, nei quali il moribondo e la sua famiglia ne
vengono espropriati, e che trova la sua logica conclusione nel
tentativo di abolire il lutto. Un pioniere di questa analisi è
stato il sociologo Geoffrey Gorer, che nel 1955 pubblicò il suo
celebre studio La pornografia della morte,3 nel quale evidenzia-
va due fenomeni: da una parte la morte, e specificamente la
morte come processo naturale, e il lutto sono oggi oggetto di
3
Tale studio venne ampliato in Gorer (1965).
74
Maria Luisa De Luca – Dal Lutto Traumatico alla Crescita Post Traumatica nella prospettiva di Viktor Frankl
4
Per uno studio relativo alla medializzazione della morte tramite web, si veda Notte
(2000).
5
Ad esempio: «Journal of Loss and Trauma»; «Omega»; «Death Studies»; «Mortal-
ity»; «Journal of Traumatic Stress».
75
Ricerca di senso Vol. 12, n. 1, febbraio 2014
6
Definizione dei termini inglesi secondo DeSpelder e Strickland (2005, pp. 268-
269), si veda anche Pietrantoni e Prati (2009, pp. 107-108): Bereavement = Lutto,
nel senso di «perdita» (Loss); la situazione oggettiva di aver perso una persona
significativa e il relativo periodo di afflizione successiva; Grief = Dolore, soffer-
enza, afflizione, angoscia; lutto nel senso della reazione primariamente emotiva
alla perdita di una persona amata; Mourning = Lutto, dolore, cordoglio; lutto
nel senso di portare il lutto, essere a lutto, vestirsi a lutto, ecc.; viene usato nello
stesso senso di grief in ambito psicoanalitico anche per indicare il processo che la
persona che ha subito una perdita (bereaved) affronta per integrare l’evento nella
sua vita; indica anche l’espressione sociale del lutto secondo le pratiche culturali
e religiose.
76
Maria Luisa De Luca – Dal Lutto Traumatico alla Crescita Post Traumatica nella prospettiva di Viktor Frankl
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Ricerca di senso Vol. 12, n. 1, febbraio 2014
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Maria Luisa De Luca – Dal Lutto Traumatico alla Crescita Post Traumatica nella prospettiva di Viktor Frankl
9
Il DSM-5 ha in parte recepito le critiche rivolte alla collocazione del PTSD tra i
Disturbi d’Ansia e ha creato una sezione denominata Trauma- and Stressor-related
Disorders, all’interno della quale è ora inserito il PTSD.
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Maria Luisa De Luca – Dal Lutto Traumatico alla Crescita Post Traumatica nella prospettiva di Viktor Frankl
11
Come sottolinea Janoff-Bulman (2006) le persone con Lutto Complicato speri-
mentano che il loro mondo di significati, ciò che hanno sempre dato per scontato,
è stato distrutto e loro la vita sembra aver perso significato e direzione.
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Maria Luisa De Luca – Dal Lutto Traumatico alla Crescita Post Traumatica nella prospettiva di Viktor Frankl
Tabella 1
Criteri diagnostici per il Disturbo Correlato a
a lutto Complesso Persistente
Criteri
Definizione
Proposti
A. L’individuo ha sperimentato la morte di qualcuno con il
quale aveva una relazione intima.
B. Dal momento della morte, almeno uno dei seguenti sinto-
mi è stato sperimentato per la maggior parte dei giorni, a
un livello clinicamente significativo, perdurando per alme-
no 12 mesi dopo la morte nel caso di lutto di adulti e per 6
mesi nel caso di lutto infantile:
1. Desiderio intenso/nostalgia (yearning/longing) per la
persona defunta. Nei bambini piccoli il desiderio inten-
so può essere espresso nel gioco e nel comportamento,
incluso il comportamento di separazione-riunione con i
caregivers o altre figure di attaccamento.
2. Intensa pena (sorrow) e dolore emotivo in risposta alla
morte.
3. Preoccupazione per la persona defunta.
4. Preoccupazione per le circostanze della morte. Nei
bambini questa preoccupazione per la persona defun-
ta può essere espressa attraverso i temi del gioco e del
comportamento e può estendersi alla preoccupazione
per la possibili morte di altre persone vicine a loro.
C. Dal momento della morte, almeno sei dei seguenti sintomi
sono stati sperimentati per la maggior parte dei giorni, a
un livello clinicamente significativo, perdurando per alme-
no 12 mesi dopo la morte nel caso di lutto di adulti e per 6
mesi nel caso di lutto infantile:
Angoscia reattiva alla morte:
1. Marcata difficoltà ad accettare la morte (Nota: nei
bambini ciò dipende dalla capacità del bambino di
comprendere il significato e la permanenza della mor-
te).
2. Sentirsi increduli o emotivamente intontiti riguardo
alla perdita. Difficoltà a rievocare ricordi positivi della
persona defunta.
3. Difficoltà a lasciarsi andare a ricordi positivi del defun-
to.
4. Amarezza o rabbia in relazione alla perdita.
5. Valutazione di sé disadattiva in relazione alla persona
defunta o alla morte (ad es.: autobiasimo).
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Ricerca di senso Vol. 12, n. 1, febbraio 2014
a Criteri
Proposti
Definizione
84
Maria Luisa De Luca – Dal Lutto Traumatico alla Crescita Post Traumatica nella prospettiva di Viktor Frankl
13
Vedi la figura con la quale Frankl illustra questo concetto nel volume Dio
nell’incoscio (1990, p. 31).
85
Ricerca di senso Vol. 12, n. 1, febbraio 2014
14
Anche in questo caso Frankl utilizza una figura (1990, p. 91) per illustrare questa
relazione.
15
Questo concetto è elegantemente rappresentato da Frankl (1990, p. 133) tramite
una figura nella quale si intersecano un piano orizzontale e uno verticale; sul piano
orizzontale i punti nei quali le curve (poste sul piano verticale) lo attraversano
appaiono come punti slegati (privi di senso). Solo considerando la dimensione
verticale nella sua interezza i punti apparentemente slegati appaiono come curve
(depositarie di «senso»).
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Nell’originale inglese: Distress.
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usata dai diversi autori (Posttraumatica, Postraumatica), tranne che nelle citazioni
letterali, dove viene conservata la forma scelta dall’autore citato.
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(2010).
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del legame in altre culture e nella cultura occidentale stessa in epoche diverse,
incluse le forme proposte dalla tradizione cattolica (Ariès, 1980; Klass, Silverman
e Nickman, 1996).
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5. Conclusione
Il costrutto di Lutto Traumatico riveste un grande valore
clinico, in quanto permette di differenziare traiettorie di ela-
borazione del lutto sane e adattive da traiettorie patologiche
potenzialmente in grado di danneggiare gravemente la salute
mentale e fisica di chi le sperimenta. Sarà probabilmente utile
disporre di una specifica categoria diagnostica nel DSM-5 e
nell’IDC-11, quale quella che è stata denominata Disturbo
Correlato a Lutto Complesso Persistente, al fine di differenziare
il quadro clinico di un lutto cronico da un Disturbo Depres-
sivo Maggiore o da un Disturbo da Stress Post Traumatico.
Disporre di questo costrutto aiuterà i clinici a identificare con
maggiore chiarezza e in modo più tempestivo le traiettorie ad
alto rischio. La Logoterapia fornisce una cornice teorica che
permette di comprendere la profondità del disorientamento
che può cogliere le persone che per la prima volta, davanti alla
perdita, affrontano una domanda di senso, orientando il clinico
verso una lettura non meccanicistica del quadro sintomatico.
La conoscenza del concetto di Crescita Post Traumatica è
utile a dare nuove prospettive alle mete che è possibile raggiun-
gere lavorando con persone che soffrono per una perdita signi-
ficativa: i modelli contemporanei del lutto, il «Modello Duale»
e il modello del «Legame che continua», offrono indicazioni
importanti sui processi e le modalità che caratterizzano il lutto
normale e possono essere utilizzati per favorire esiti adattivi e
il processo di crescita personale, soprattutto se integrati con i
concetti e i processi terapeutici che Frankl ha profeticamente
descritto nell’intero arco della sua vita di psichiatra e uomo
terapeutico.
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