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ASSOCIAZIONE OSPEDALIERA ITALIA CENTROMERIDIONALE OTORINOLARINGOIATRICA

Presidente NICOLA MANSI

PATOLOGIE NON ONCOLOGICHE DI INTERESSE ORL


a cura di

NICOLA MANSI ALFREDO PROCACCINI CARMELO ZAPPONE

QUADERNI MONOGRAFICI DI AGGIORNAMENTO

Quaderni Monografici di Aggiornamento A.O.I.C.O.

PATOLOGIE NON ONCOLOGICHE DI INTERESSE ORL


a cura di NICOLA MANSI U.O.C. ORL - A.O. Santobono Pausilipon Napoli ALFREDO PROCACCINI U.O.C. ORL - A.O. - Rieti CARMELO ZAPPONE U.O.C. ORL - A.O. degli Ospedali di Gubbio e Citt di Castello (PG) La riproduzione di questo volume o di parte di esso e la sua diffusione in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registrazioni od altro, sono proibite senza il permesso scritto dell A.O.I.C.O. (Associazione Ospedaliera Italia Centromeridionale Otorinolaringoiatrica)

PRESENTAZIONE
Laforisma di Oscar Wilde posso resistere a qualunque cosa tranne che ad una tentazione, mi tornato in mente quando si trattato di accettare la tentazione di pescare negli archivi della memoria, sessanta e pi anni di frammenti di storia, che hanno in qualche modo caratterizzato il percorso del nostro Gruppo. Ad opera soprattutto dei nostri maestri i proff. Bruzzi, DAvino e Lugli venne costituito nellultimo dopo guerra il Gruppo Otorinolaringoiatri Meridionali che con cadenza annuale nel mese di giugno, riuniva in citt capoluogo di provincia da Napoli a Palermo gli specialisti universitari, ospedalieri e libero-professionisti, per svolgere un programma scientifico di aggiornamento ed affrontare i vari problemi scientifici dellItalia Meridionale, che allepoca erano di gran lunga diversi da quelli del resto del Paese. Poi con la progressiva affermazione delle Associazioni Ospedaliere ed Universitarie (AOOI negli anni 60 ed AUORL negli anni 70) e linevitabile esaurirsi della leadership dei pi anziani, nellambito della Societ Italiana di ORL, i gruppi interregionali persero gran parte del loro significato ed esaurirono la loro funzione; rimasero in vita piccoli raggruppamenti strettamente regionali, non coordinati tra loro. Con il passare del tempo, tuttavia, cominci ad affermarsi, in modo sempre pi sentito, la necessit di ricompattare i cultori della specialit che operavano nelle varie strutture dellItalia non solo meridionale, ma anche centrale. Grazie allo spirito di intraprendenza di Enrico de Campora e Francesco Marzetti, nel 1993 venne riunito un gruppo di otorinolaringoiatri dellItalia Meridionale allo scopo di dibattere con un incontro annuale argomenti scientifici di attualit. Tali convegni ottennero un grande consenso e furono di alto profilo scientifico e culturale, tanto che lo stesso Enrico de Campora propose ad un gruppo di noi che, operavano negli Ospedali dellItalia Centro Meridionale, di dare vita ad una vera e propria associazione con finalit scientifiche e di aggiornamento. Seguirono alcuni incontri allargati allo scopo di stabilire norme statutarie e regolamento, finch si giunse alla costituzione del gruppo denominato Associazione Ospedaliera Italia Centromeridionale Otorinolaringoiatrica (A.O.I.C.O.), che ebbe il suo battesimo al Convegno del gennaio 2000 di S.Giovanni Rotondo organizzato e presieduto da Graziano Pretto. Di qui partita lattivit sociale del gruppo che ha ottenuto sempre maggiori affermazioni scientifiche e di partecipazione. Nel quadro di questa crescita culturale e partecipativa dellAssociazione, si inserisce la pubblicazione di questo volume che ha raccolto tutte le relazioni presentate negli ultimi tre Congressi dellAOICO che avevano come tema comune Le patologie non oncologiche di interesse ORL. Va quindi dato merito ai tre coautori Nicola Mansi, Alfredo Procaccini ed Elio Zappone, di aver reso possibile la realizzazione di un volume che, oltre ad avere un elevato contenuto scientifico ed unutile funzione divulgativa, costituisce un importante biglietto da visita per la nostra Associazione in ambito nazionale. Questa sintetica esposizione della storia della nostra Associazione basata essenzialmente sui ricordi personali e mi scuso per eventuali involontarie omissioni ed inesattezze; rievocare eventi ai quali si partecipato direttamente spesso causa di nostalgia per gli entusiasmi di un tempo e di rimpianto per i molti amici scomparsi, ma anche un dovere affinch le testimonianze del passato non vadano perdute. Carlo de Vita

INTRODUZIONE
Lidea di pubblicare un libro, che raccolga le relazioni presentate agli ultimi 3 Congressi dell Associazione Ospedaliera Italia Centromeridionale Otorinolaringoiatrica, vuole affiancare la riuscita iniziativa editoriale dellA.O.O.I., di cui la nostra Associazione naturale parte, con i Quaderni Monografici. In particolar modo si deve al collega Elio Zappone, eletto Presidente dellAOICO ad Avezzano nel 2002, il merito di aver proposto non solo un tema di relazione di estremo interesse, Le patologie non oncologiche di interesse ORL, ma anche di aver tracciato le linee di una trattazione separata dei vari argomenti nei loro aspetti classificativi, diagnostici e terapeutici. Questo tipo di impostazione ha il pregio non solo di affrontare molte delle pi comuni patologie di interesse ORL, ma anche quello di approfondire ciascuna patologia nei suoi diversi aspetti alla luce delle pi recenti acquisizioni in campo classificativo, diagnostico e terapeutico. Come a Gubbio Elio Zappone ha trattato le patologie non oncologiche di interesse ORL dal punto di vista classificativo, valutando non solo le proposte presenti in letteratura ma indicando, con motivazioni idonee, quelle pi rispondenti a criteri pratici, cos a Rieti, Alfredo Procaccini ha sviluppato le problematiche diagnostiche invitando i diversi Relatori a tracciare protocolli diagnostici comuni e condivisi che potessero facilmente orientare lo specialista ORL nella pratica quotidiana. A completamento delliter tracciato, al Congresso di Napoli nel 2005 verranno discusse le strategie terapeutiche delle patologie in oggetto. Non essendovi tuttavia una corrispondenza temporale tra la pubblicazione del libro e lo svolgimento del Congresso di Napoli, ho affidato agli Autori dei precedenti articoli il compito di completare la loro fatica aggiungendo, alle relazioni presentate a Gubbio e a Rieti, la parte riguardante la strategia terapeutica nelle patologie trattate. Per tale motivo mi dobbligo ringraziare tutti i Colleghi che hanno reso possibile, con le loro relazioni, la realizzazione di questo libro, contribuendo con lalto valore scientifico dei loro contributi, a dare prestigio a tutta lopera. Grazie ad un non facile lavoro di sintesi, si potuta completare la stesura di questo libro, pubblicato dallAOICO, in cui sono trattate in modo completo ed esaustivo, diverse patologie non oncologiche di interesse ORL, alcune di estrema frequenza quali le otiti medie o la tonsillite cronica, altre di estrema rarit e complessit quali la paralisi del facciale o il neurinoma dellacustico. La trattazione di diverse patologie non oncologiche della specialit, costituisce, a mio parere, un utile mezzo di aggiornamento per lOtorinolaringoiatra, che pu trovare nella consultazione del libro, utili risposte nella propria attivit professionale. Lopera stata divisa in quattro sezioni raggruppando le diverse patologie a secondo del distretto interessato. In particolare la prima sezione tratter delle patologie non oncologiche a carico del distretto otologico, la seconda delle patologie del naso e delle cavit paranasali, la terza delle patologie del distretto faringolaringeo, ed infine, una quarta sezione stata dedicata alle patologie non oncologiche del distretto cervicale. Mi auguro che questa pubblicazione della nostra Associazione possa essere estremamente utile per tutti i Colleghi Otorinolaringoiatri ed in particolare per i pi giovani, e auspico che possa costituire linizio di una nuova attivit editoriale dellAOICO che si ripeta anche per gli anni successivi raggiungendo il successo delle monografie dellA.O.O.I. a cui si ispirata. Concedetemi, in conclusione, lo spazio per un ringraziamento affettuoso al Consiglio Direttivo dell AOICO che, in occasione della mia elezione, mi ha dato questo oneroso ma estremamente stimolante incarico, ma soprattutto ai due Coautori, Elio Zappone e Alfredo Procaccini, in quanto senza il loro preciso e puntuale impegno scientifico dimostrato negli indimenticabili Congressi di Gubbio e di Rieti, non sarebbe stato possibile la pubblicazione di questo libro.

Nicola Mansi

AUTORI

Alicandri-Ciufelli C. (Teramo), Alunni N. (Citt di Castello e di Gubbio - PG), Amendola S. (Avezzano - AQ), Amico G. (Caltanisetta), Appetecchia M. (Roma), Bagatella F. (Castelfranco Veneto - Treviso), Bellocci M. (Teramo), Bellussi L. (Siena), Beltrame M. A. (Rovereto - TN), Berardi C. (Milano), Berbellini A. (Macerata), Berni Canani F. (Napoli), Bicciolo G. (Roma), Bonarrigo A. (Enna), Brianzoni E. (Macerata), Bruschini L. (Pisa), Bucci A. (Macerata), Calamita S. (Macerata), Califano L. (Benevento), Campanini A. (Forl), Caracciolo G. (Milano), Carissimi A. (Campobasso), Carluccio F. (Avezzano - AQ), Ceroni Compadretti G. (Imola), Cerquetti M.E. (Foligno), Cipri R. (Catania), Cuda D. (Piacenza), DAgnone N. (Macerata), Dallan I. (Pisa), Danesi G. (Desenzano del Garda - BS), De Benedetto M. (Lecce), de Campora E. (Roma), De Campora L. (Roma), de Maio V. (Napoli), Denaro A. (Comiso - RG), De Vito A. (Forl), Di Giuseppe N. (Teramo), Di Maria D. (Benevento), dOnofrio F. (Teramo), Fornaro V. (Brindisi), Frassineti S. (Forl), Frau G. N. (Rovereto - TN), Gabriele S. (Pisa), Giangregorio F. (Benevento), Grillai P. (Pisa), Grimaldi M. (Bologna), Lanzi S. (Citt di Castello e di Gubbio - PG), Lattanzi S. (Rieti), Laudadio P. (Bologna), Leandri L. (Citt di Castello e di Gubbio - PG), Leone C.A. (Napoli), Mansi N. (Napoli), Manzini M. (Campobasso), Marani M. (Forl), Mastrogiuseppe G. (Campobasso), Mazzoni A. (Bergamo), Ponzi S. (Milano), Portaleone S. (Milano), Principi P. (Fermo), Melara L. (Citt di Castello e di Gubbio - PG), Molina S. (Teramo), Mosca F. (Napoli), Murri A. (Piacenza), Narne S. (Padova), Norscini S. (Macerata), Notaro M.I. (Brindisi), Panciera D.T. (Desenzano del Garda - BS), Pareschi R. (Milano), Passali G.C. (Siena), Procaccini A. (Rieti), Radici M. (Roma), Raso F. (Catania), Ripa G. (Napoli), Romualdi P. (Teramo), Ronsivalle S. (Catania), Rosignoli M. (Foligno), Russo S. (Castelfranco Veneto - Treviso), Saetti R. (Padova), Sbaraglia G. P. (Teramo), Schiarea M. (Foligno), Silvestrini M. (Padova), Sorgentone E. (Teramo), Sterparelli A. (Citt di Castello e di Gubbio - PG), Tagliabue A. (Brindisi), Tasca I. (Imola), Terranova G. (Campobasso), Urbani L. (Rieti), Varricchio A.M. (Napoli), Vicini C. (Forl), Vigili M.G. (Roma), Vigliaroli L. (S.Giovanni Rotondo - FG), Villari G. (Benevento), Vitale S. (Lecce), Vitali P. (Macerata), Zappone C. (Citt di Castello e di Gubbio - PG).

STRATEGIA CHIRURGICA NELLE MALFORMAZIONI DELLORECCHIO MEDIO


C. Berardi*, S. Ponzi*, G. Caracciolo*, S. Portaleone*, P. Principi**
*U.O. di ORL Clinica Santa Rita di Milano **U.O. di ORL Ospedale Civile di Fermo

PREMESSE GENERALI SULLA MALATTIA I quadri malformativi coinvolgenti contemporaneamente lorecchio esterno, medio e interno sono eventi molto rari cui si riconosce lincidenza di un caso su 20000 nati; la sintomatologia che ne risulta e molto complessa e deve essere valutata in modo globale. Per contro linteressamento del solo orecchio medio e evento molto piu frequente spesso con scarsi sintomi divenenedo evidente solo durante un gesto chirurgico. Per quanto attiene alle malformazioni dei singoli elementi dellorecchio medio (martello, nervo facciale, muscoli intratimpanici, etc.) si rimanda alla nostra relazione A.O.I.C.O. 2003 in cui sono state elencate e raggruppate le varianti malformative. Lorecchio medio fungendo da trasmettitore dellonda sonora necessita per svolgere il suo ruolo della presenza e dellefficienza dellorecchio esterno e interno. Una sua malformazione isolata puo portare a un danno ipoacusico trasmissivo che dovra essere che dovra essere riparato con la finalita di ottenere almeno un orecchio con udito socialmente utile. CLASSIFICAZIONE DELLE MALFORMAZIONI Le malformazioni dellorecchio medio possono essere classificate secondo un criterio puramente chirurgico in tre tipi (Altmann 1955 e Cremers 1984): Tipo 1 losso timpanico e ipoplasico, la membrana timpanica e piccola, la cassa del timpano e ridotta o normale e la catena ossiculare e variamente malformata. Il condotto uditivo esterno (CUE) e piccolo ma presente e pervio seppur parzialmente. Tipo 2 la cassa del timpano e piccola e il suo contenuto malformato, la platgina e malformata, losso timpanico e assente o alterato, il martello e lincudine sono malformati e fusi. Il CUE e assente. Tipo 3 tutto lorecchio medio e ipoplasico o completamente assente e la catena ossiculare e assente. Il CUE e assente. STRATEGIA DIAGNOSTICA La presenza di una malformazione dellorecchio medio puo essere evidente fin dalla nascita quando questa e associata a una malformazione dellorecchio esterno mentre deve essere sospettata in caso di ipoacusia trasmissiva e ritenuta possibile in caso di chirurgia dellorecchio medio. Lapproccio diagnostico comporta lesecuzione di un esame audiometrico e impedenzometrico. Laudiometria tonale dimostrera la presenza di unipoacusia trasmissiva, laudiometria vocale la confermera con curve di intellegibilita coerenti, limpedenzometria potra evidenziare un timpanogramma normale o alterato per compliance ridotta o per picco elevato e bifido. La ricerca dei riflessi stapediali completera lesame. A questo proposito ricordiamo che non consideriamo lassenza del riflesso stapediale
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patognomonico di otosclerosi ma solo elemento di sospetto ritenendo la diagnosi di otosclerosi certa solo alla verifica chirurgica. Lo studio dei potenziali evocati e delle otoemissioni acustiche viene utilizzato soprattutto nelle prime fasi di vita e per confermare anche nel bambino la funzionalita dellorecchio interno. Di fronte a un amalformazione associata, liter diagnostico prevede sia lo studio delle rocche petrose con TC (tomografia computerizzata) ad alta definizione con finestre per losso in proiezione assiale e coronale, sia la RMN (risonanza magnetica nucleare) con programmi utili alla dimostrazione delle strutture dellorecchio interno, dei liquidi labirintici dei nervi etc. Lindagine TC oltre ad escludere un colesteatoma congenito e a documentare la morfologia dellorecchio interno risulta di fondamemtale importanza per: Lo studio della pneumatizzazione della mastoide La valutazione del piano meningeo e del condilo della mandibola La valutazione della cassa del timpano, mostrando la cateno ossiculare o i suoi singoli elementi, la presenza delle finestre, la situazione del canale del Falloppio e delle varie porzioni del nervo facciale. INDICAZIONE CHIRURGICA Le malformazioni dellorecchio medio, come ricordato, possono interessare diverse struttture comportando vari gradi di ipoacusia trasmissiva. Per questo motivo gli interventi devono essere commisurati a ogni singolo caso senza perdere di vista le esigenze funzionali del paziente. Purtroppo non tutte le malformazioni dellorecchio medio possono essere corrette chirurgicamente (Manach 1993) e il giudizio di inoperabilita che perlopiu viene definito dalla TC, puo a volte essere formulato solo intraoperatorialmente. Di particolare interesse nella decisione chirurgica e il ruolo del gap via aerea/via ossea che per valori superiori ai 30 dB giustifica, in assenza di segni malformativi, una timpanotomia esplorativa, mentre solo il superamento della soglia sociale rappresenta una corretta indicazione all intervento qualora vi sia sospetto fondato o certezza radiologica di malformazione. Nel I caso verosimilmente si trattera di otosclerosi e lintervento di stapedioplastica potra essere perfezionato, nel II invece si dovra tenere presente che le aspettativa di successo funzionale risultano molto meno elevate. Riferendoci alla classificazione di Altmann ricordata va evidenziato che un orecchio medio ipoplasico o completamente assente con catena assente (tipo 3) giustifica un approccio chirurgico solo di fronte a un forma bilaterale e con presenza di un orecchio interno funzionalmente valido. Nellintento di fornire una guida alla decisione chirurgica devono essere menzionati gli indirizzi (tab. 1) proposti da Jahrsdoerfer (1978 e 1990) insieme alla sua scala valorimetrica (tab. 2 e 3) in cui si prevede lintervento solo nei casi di punteggio superiore a 5 (Jahrsdoerfer e Hall 1986, Jahrsdoerfer e al.1989, 1992, 1993). Tab. 1 elementi favorevoli lindicazione chirurgica nelle patologie malformative dellorecchio: 1. ragionevole possibilita di raggiungimento di un udito socialmente utile 2. evidenza radiografica di un orecchio medio, della presenza della catena ossiculare o di una finestra
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3. mastoide ben pneumatizzata 4. presenza di infezioni 5. presenza di colesteatoma Tab. 2 la scala di Jahrsdoerfer per stabilire lindicazione alla chirurgia nei casi di atresia auris congenita (Jahrsdoerfer 1978) Parametro presenza della staffa

punteggio 2 1 1 1 1 1 1 1 1 10

pervieta della finestra ovale dimensioni dellorecchio medio nervo facciale complesso incudo-malleolare mastoide pneumatizzata articolazione incudo-stapediale finestra rotonda presenza di orecchio esterno

Punti totali accumulabili

Tab. 3 interpretazione dei punteggi della scala di Jahrsdoerfer per lindicazione alla chirurgia nei casi di atresia auris congenita (Jahrsdoerfer 1978). Punteggio 10 9 8 7 6 5 o meno Tipo di candidato Eccellente molto buono Buono Discreto sufficiente Inadatto

Un punteggio di 5 o meno esclude la chirurgia; la maggior parte dei pazienti sottoposti a intervento chirurgico totalizzano un punteggio di 7 o 8 (Jahrsdoerfer 1978) TECNICHE CHIRURGICHE Come evidenziato nelle premesse un evento malformativo dellorecchio medio puo coinvolgere solo la catena ossiculare, con quadri di minore gravita, oppure la globalita dellorecchio medio con sua totale assenza o marcata compromissione. Le varianti anatomiche descritte in letteratura devono essere ben presenti a ogni otochirurgo ed e importante affrontando casi di malformazioni che la varianti di situazione, dimensione, morfologia, decorso e rapporti vengano ricercate in fase preoperatoria con studi morfologici idonei e puntualmente verificate durante lintervento. Tutto questo configura un impegno tecnico e una preparazione professionale adeguati alla difficolta dei casi. A fronte delle numerose e note tecniche di ossiculoplastica, in grado di trattare le malformazioni minori o isolate dellorecchio medio, limpegno di scuole e chirurghi molto
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esperti e indirizzato alla soluzione di problemi ricostruttivi maggiori. E su queste che desideriamo fissare la nostra attenzione dandone un inquadramento e una breve descrizione. I problemi cardine sono rappresentati dalla presenza, riconoscibilita o assenza del CUE, dalla presenza o meno di reperi dellorecchio medio (martello, incudine,finestra ovale) e dallevidenza di strutture dellorecchio interno (canali semicircolari). Gli interventi eseguiti per ricostruire lorecchio medio (incudine e/o martello presenti alla TC), in assenza del CUE prevedono una incisione cutanea che deve cadere in corrispondenza del meato. Le vie utilizzate per realizzare il neoCUE si distinguono in posteriori e anteriori, definite via diretta e via antrale (fig. 1), evoluzione della precedente via transmastoidea. La via diretta partendo dallarea depressa e cribra presente allincrocio tra una linea verticale tangente al margine anteriore della mastoide e una orizzontale tangente al processo zigomatico, raggiunge linsieme martello-incudine aprendo il minor numero possibile di cellule mastoidee. La via antrale invece e leggermente posteriore. Tale via e da preferire solo nei casi in cui si decida di procedere a una timpanoplastica aperta con fenestrazione del canale semicircolare laterale; risulta piu pericolosa per il facciale,il CUE riepitelizza piu difficilmente e determina la distruzione di un ampia parte della mastoide con possibili complicanze infettive postoperatorie. Creato cosi un neoCUE bisogna procedere molto cautamente allesplorazione dellorecchio medio (fig. 2 ) Per questo e determinante riconoscere linsieme martello incudine, il buttock sign di Jahrsdoerfer, lasciando sopra di esso un sottile strato di osso. E di estrema importanza riconoscere inoltre il nervo facciale e la finestra ovale; la finestra rotonda infatti il piu delle volte e inesplorabile per la presenza della terza porzione del facciale davanti a essa. Il tempo ossiculare deve prevedere il rispetto o lutilizzo delle strutture esistenti. Le sinostosi devono essere libere di funzionare e bisogna prevenire la loro fissazione con delle ampie resezioni di ponti ossei o interponendo un lembo mucoso o un foglio di Silastic. I blocchi incudo-malleolari malformati devono essere asportati per poter esporre la finestra ovale. Se la fossa ovale e accessibile e con platina mobile e possibile eseguire una timpanoplastica di tipo II o III a seconda delle condizioni della staffa. Lintervento prosegue realizzando una miringoplastica. E raccomandabile creare un annulus osseo il piu ampio possibile senza aprire cellule mastoidee, la sua realizzazione piu mediale rispetto allelemento piu laterale del montaggio ossiculare previene la lateralizzazione del neotimpano. Il neoCUE verra ricoperto con un innesto cutaneo (split skin graft). Nei casi in cui la finestra ovale non risulta riconoscibile si puo praticare una fenestrazione del canale semicircolare laterale, tenendo pero presenti le problematiche connesse alla realizzazione di una TPL aperta e ricordando che la fenestrazione col tempo ha un degrado uditivo e la possibilta di labirintizzarsi. Da ultimo bisogna sottolineare che tutta la chirurgia delle malformazioni dellorecchio medio ha come carattere comune il rischio di ledere il nervo facciale, per questo e imperativa una sua monitorizzazione introperatoria.

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CLASSIFICAZIONE DELLE MALFORMAZIONI DELLORECCHIO INTERNO


G.N. Frau, M.A. Beltrame
U.O.C. di ORL - Ospedale Santa Maria del Carmine Rovereto (TN)

SOMMARIO La classificazione delle malformazioni dellorecchio interno stata a lungo legata a degli eponimi basati su descrizioni di particolari forme cliniche che hanno spesso generato confusione e mancata uniformit nel riportare i lavori scientifici correlati. La classificazione di Jackler, Luxford e House, basata su un criterio eziopatogenetico legato ad un arresto di sviluppo dellorecchio interno, rappresenta oggi uno strumento internazionalmente riconosciuto ed accettato che stabilisce una base per ulteriori aggiustamenti o integrazioni. Essa viene presentata con associate alcune varianti derivanti da altri lavori scientifici e dalla esperienza personale. INTRODUZIONE Le malformazioni dellorecchio interno sono unentit clinica presente in percentuale significativa nei pazienti affetti da ipoacusia neurosensoriale, 20% secondo Jensen se lindagine condotta con radiologia tradizionale (1) oltre il 28% nei pi recenti studi condotti con la Tomografia Computerizzata (2).Esse sono bilaterali nel 65% dei casi (3). Limportanza di una loro adeguata classificazione si manifestata con lintroduzione dellimpianto cocleare nella pratica clinica, e oggi si pu affermare che tutte le sordit profonde in cui presente un orecchio interno malformato possono essere impiantate laddove sia presente un nervo cocleovestibolare. Varianti di tecnica chirurgica possono essere necessarie nellimpianto delle malformazioni pi severe (4). La classificazione di Jackler, Luxford e House (3) ha messo ordine in una materia nella quale luso degli eponimi rendeva solo approssimativamente idea dellentit clinica con la quale si aveva a che fare. Essa si basa sulla teoria che la maggior parte delle malformazioni derivano da arresti di sviluppo che si verificano durante lembriogenesi. In tab.1 sono indicate le tappe dello sviluppo embrio-fetale dellorecchio interno. Le cause dellarresto di sviluppo possono essere infettive, tossiche o genetiche. In studi condotti in et pediatrica una familiarit stata evidenziata fino a percentuali del 12,8% ed unassociazione con malformazioni non otologiche in oltre il 40% dei casi (2). La classificazione di Jackler principalmente basata sullaspetto radiologico delle malformazioni (Fig.1 e Fig.2) che quello che permette di utilizzare praticamente la classificazione nella programmazione chirurgica degli impianti cocleari. La valutazione radiologica dellorecchio interno infatti una tappa fondamentale nella selezione dei pazienti candidati allimpianto. A tale proposito le malformazioni che interessano la coclea sono raggruppate in Tab.1. Classificazione di Jackler, Luxford e House: Malformazioni con coclea assente o malformata: 1. Aplasia labirintica completa (Sindrome di Michel) non si sviluppa lorecchio interno 2. Aplasia cocleare: coclea assente normali o malformati i vestiboli ed i canali semicircolari 11

3. Ipoplasia cocleare: piccolo abbozzo cocleare, normali o malformati i vestiboli ed i canali semicircolari 4. Partizione incompleta ( Deformit di Mondini): coclea piccola con setto interscale incompleto o assente, normali o malformati i vestiboli ed i canali semicircolari 5. Cavit comune: coclea e vestibolo formano una cavit comune senza architettura interna, anomali o malformati i canali semicircolari laterali Malformazioni con coclea normale: 1. Displasia del vestibolo e dei canali semicircolari laterali: vestibolo dilatato con canali semicircolari laterali corti e dilatati; i rimanenti canali semicircolari sono normali 2. Acquedotto vestibolare allargato: accompagnato da canali semicircolari normali, normale o dilatato il vestibolo Displasia limitata al labirinto membranoso 1. displasia completa del labirinto membranoso (Sindrome di Siebenmann-Bing) 2. displasia limitata a parte del labirinto membranoso Displasia cocleo-sacculare (Sindrome di Sheibe) Displasia del giro coclearie basale (Sindrome di Alexander) Malformazioni del labirinto membranoso ed osseo: Aplasia labirintica completa (Sindrome di Michel) Malformazioni labirintiche 1. Displasia dei canali semicircolari laterali 2. Aplasia dei canali semicircolari Malformazioni dei condotti uditivi interni (CUI) 1. CUI allargato 2. CUI stretto Di recente Sennaroglu (6) ha proposto un affinamento della classificazione di Jackler per quanto concerne la deformit di Mondini riconoscendo 2 tipi di partizione incompleta (IP): IP I tipo(malformazione cocleo-vestibolare cistica) nella quale la coclea manca dellintero modiolo e area cribiforme assumendo un aspetto cistico e che spesso si accompagna ad un vestibolo largo e di aspetto cistico. IP II tipo (Deformit di Mondini) nella quale la coclea presenta i tipici 1,5 giri (giro medio e apicale confluiscono in un aspetto cistico) che si accompagna ad un vestibolo dilatato e ad un acquedotto vestibolare slargato. Noi abbiamo inoltre descritto con il centro impianti cocleari di Caserta (7)la presenza di casi di sepimentazione dei CUI per estensione della cresta traversa (fig.8). Tale classificazione basata come la precedente su rilievi radiologici. Nel momento in cui si passa ad unanalisi istopatologica delle ossa temporali malformate, si osservano maggiori dettagli seppure si confermano sostanzialmente i due gruppi di partizione incompleta (8). Zheng infatti individua 4 gruppi di malformazioni: la cavit comune che presenta severa displasia cocleare senza un giro basale completo; 12

la displasia di Mondini 1,5 giri cocleari, un giro basale completo, setto interscalare incompleto o assente e osso completo alla base del modiolo; la displasia simil-Mondini tipo A 2 con giri cocleari di cui il basale completo e osso alla base modiolare ed infine la displasia simil-Mondini tipo B 1,5-2 giri cocleari e osso incompleto o assente alla base modiolare Nello stesso articolo si rileva in alcuni casi malformativi lassenza dei condotti uditivi interni. Sulla base di questi nuovi rilievi la Classificazione di Jackler, Luxford e House pu essere ridefinita in modo organico come in tab.3. Lordine in gradi evidenzia la gravit dellespressione clinico chirurgica della malformazione.

BIBLIOGRAFIA 1. Jensen J (1969) Malformations of the inner ear in deaf children, Acta Radiol, 286 (suppl): 1-97 2. Bamiou DE, Phelps P, Sirimanna T (2000) Temporal bone computed tomography findings in bilateral sensorineural hearing loss, Arch Dis Child, 82(3): 257-60 3. Jackler RK, Luxford WM & House WF (1987) Congenital malformations of the inner ear: A classification based on embryogenesis, Laryngoscope, 93 (suppl 40): 2-14 4. Beltrame MA, Bonfioli, Frau GN (2000) Cochlear implant in inner ear malformation: double posterior labyrinthotomy approach to common cavity in Kim CS, Chang SO, Lim D (eds) Updates in cochlear implantation, Adv Otorhinolarnyg, 57: 113-9 5. Frau GN, Luxford W.M., Lo W.W.M., Telishi F. e Berliner K.I (1994) High resolution computed tomography in evaluation of cochlear patency in implant candidates: a comparison with surgical findings. in: Journal of Laringology and Otology Vol.108: 743-748 6. Levent Sennaroglu; Isil Saatci (2002) A New Classification for Cochleovestibular Malformations The Laryngoscope; 112(12):2230-2241 7. Beltrame M.A., Marotta O. Di Meo C. and Frau G.N. (2001) Major inner ear malformations in cochlear implant candidates. XVII World Congress Ifos Cairo, Egypt 28 September - 03 October 8. Zheng Y, Schachern PA, Cureoglu S, Mutlu C, Dijalilian H, Paparella MM. (2002) The shortened cochlea: its classification and histopathologic features. Int J Pediatr Otorhinolaryngol Mar 15;63(1):29-39
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Fig. 1

Fig. 2 15

Fig. 3 TC assiale e coronale di una aplasia cocleovestibolare (Michel)

Fig. 6 TC assiale e coronale di una Partizione incompleta di I tipo

Fig. 4 TC assiale di una aplasia cocleare

Fig. 7 TC assiale e coronale di una Partizione incompleta di II tipo (Mondini)

Fig. 5 TC assiale e coronale di una Cavit comune ampiamente comunicante con il CUI

Fig. 7 TC assiale e coronale di un CUI stretto (Sn)

Fig. 8 TC assiale e coronale di un CUI sedimentato 16

MICROTIA E ATRESIA AURIS COME INDICATORI DI SVILUPPO DELLORECCHIO MEDIO


S. Amendola, F. Carluccio
Presidio Ospedaliero SS FILIPPO e NICOLA Avezzano (AQ)

La causa della microtia viene considerata di tipo eterogeneo, includendo aberrazioni genetiche, teratogeni e anomalie di tipo vascolare. Poswillo (8) ha dimostrato in un modello animale come la rottura dellarteria stapediale durante lo sviluppo possa portare ad una malformazione simile. Come meccanismo alternativo stato ipotizzato il deficit della migrazione dalla cresta neurale su cui sembra accertata linfluenza negativa della vitamina A (7). Altra ipotesi quella relativa ad un malposizionamento intrauterino del feto. Escludendo le anomalie di trascrizione genetica, i registri epidemiologici riportano una prevalenza della microtia che varia tra lo 0,76% e 2,35% per 10.000 nascite (1,2). La proporzione della microtia varia anche a seconda delle razze, potendosi distinguere una minore incidenza tra i bianchi rispetto ad Ispanici ed Asiatici. Nei casi unilaterali, il lato destro appare essere pi frequentemente interessato del lato sinistro, specialmente nei casi in cui la malformazione auricolare si manifesta come deformit isolata. Tra le malformazioni associate, la schisi labio-palatale ed i difetti cardiaci sono i pi comuni (30% dei casi interessati), seguiti dalla anoftalmia o microftalmia (14%), riduzioni del fegato o malformazioni renali (11%) ed oloprosencefalia (7%). Il rischio per una microtia aumenta dalla quarta gravidanza in poi, riscontrandosi dunque un contributo allaumento dellincidenza da parte materna. Il padiglione auricolare comincia a differenziarsi tra la terza e la sesta settimana e raggiunge il termine del suo sviluppo entro il quarto mese. Il meato esterno comincia a canalizzarsi durante la ventottesima settimana. La cavit dellorecchio medio comincia a svilupparsi durante la quarta settimana per terminare durante la trentesima settimana. Le cellule mastoidee si sviluppano dopo la nascita. Il martello e lincudine originano dal primo arco come degli abbozzi cartilaginei nel corso dellottava settimana per ossificarsi al termine dei quattro mesi di vita embrionale. La staffa, diversamente, origina e si ossifica dal secondo arco branchiale. La pi comune presentazione clinica della microtia quella di una deformit isolata (60%), ma ad una attenta indagine radiografica verranno spesso evidenziati difetti mandibolari (specialmente nel condilo), anomalie dellosso temporale e delle vertebre. La microtia pu essere accompagnata da anomalie del nervo facciale oltre che da ipoplasie mandibolari e da schisi labio-palatali.
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Malformazioni congenite del sistema di conduzione del suono nellinfanzia

La microtia viene considerata come uno dei possibili esiti delle disblastogenesi che possono interessare il primo arco branchiale (mandibolare) ed il secondo (ioideo): disturbi dellaccrescimento, determinatisi diversamente e precocemente tra le sei e le otto settimane di vita gestazionale, sono in grado di esprimersi clinicamente in un ampio spettro di alterazioni, fino a determinare le microsomie emifacciali, in cui rientrano anche la displasia oculoauricolovertebrale (sindrome di Goldenhar), la sindrome di Meier Gorlin, la sindrome di Treacher Collins, la sindrome CHARGE e la sindrome velocardiofacciale come varianti di una stessa condizione predisponente (1,2). Raramente presente unorecchio medio del tutto normale in un paziente affetto da microtia; cos come raramente si riscontra il coinvolgimento dellorecchio interno e questo perch la parte recettiva dellorecchio umano non segue la stessa differenziazione embriologica dellorecchio medio ed esterno. Una ipoacusia di tipo neurosensoriale, trasmissiva ovvero di tipo misto pu essere presente nellorecchio microtico. Il deficit uditivo predominante nella microtia/atresia auris di tipo trasmissivo (80-90%). Peraltro lipoacusia neurosensoriale pesa per il 10-15% e deve pertanto sempre essere indagata: la valutazione di questi pazienti, prima di ogni approccio chirurgico, deve prevedere un attento screening audiologico comprensivo di potenziali evocati uditivi. Nel caso di unatresia del canale uditivo esterno associata alla microtia lo stato dellorecchio medio e leventuale presenza di un colesteatoma devono essere considerati con attenzione. Lanomalia dellorecchio medio in questo caso pu variare da una semplice discontinuit della catena ossiculare (la staffa di solito normale) allassenza della cavit timpanica. Inoltre dovr essere valutato il decorso del nervo facciale che decorre diversamente a seconda della presenza di una microsomia emifacciale associata: se la microtia isolata il VII nc sar localizzato, nel tratto mastoideo, 3 mm pi anteriormente rispetto al normale, se invece ci troviamo di fronte ad una microtia che parte di una microsomia disostotica emifacciale, sar pi probabile trovare il facciale nel tratto mastoideo 2 mm pi lateralmente e 3 mm pi anteriormente rispetto al normale (9). Pertanto sar necessario avvalersi di una TC ad alta risoluzione per lo studio dellorecchio medio e di una RM per definire pi chiaramente il decorso del nervo facciale. CRITERI DI CLASSIFICAZIONE In passato sono state proposti numerosi sistemi di classificazione per la microtia. Nagata (6) ha proposto una diversificazione direttamente pertinente alla correzione
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chirurgica della deformit estetica con la definizione di una microtia di tipo lobulare, una di tipo concale ed una di tipo a piccola conca. Nella microtia di tipo lobulare presente unappendice residua in cui riconoscibile il lobulo. In quella di tipo concale sono presenti e distinguibili il lobulo, la conca, il meato esterno ed il trago. In quella a piccola conca presente il lobulo ed una piccola indentatura come abbozzo della conca. Il procedimento seguito da Jahrsdoerfer invece stato quello di riportare alla luce una antica e semplice diversificazione della microtia, proposta da Marx nel 1926, per dar luogo successivamente ad un processo di conoscenza alternativo e sistematico della malformazione micro-otica supportato da una coerente giustificazione embriologica (3). Lorecchio esterno si differenzia durante la vita fetale prima rispetto allorecchio medio. La presenza di una microtia indica un arresto dello sviluppo verificatosi nel corso del III mese di vita embrionale e ci potrebbe indicare anomalie anche dellorecchio medio. Laspetto esteriore dellorecchio esterno viene pertanto classificato in un grado I, che indica una lieve deformit in cui ogni parte sia chiaramente distinguibile (lobulo, elice ed antelice), ma la taglia sia pi piccola della norma. Nel grado II la taglia la met della norma ma la sua forma parzialmente abbozzata con una riflessione a coppa della met superiore. Il grado III definisce la malformazione pi severa di un padiglione ridotto alla forma di un lobulo di taglia inferiore alla norma formato da tessuto ancora non differenziato in senso cartilagineo: solitamente si associa atresia del canale. Lobiettivo proposto da Jahrsdoerfer (4,5), che evidentemente facciamo nostro, quello di offrire un sistema di classificazione delle anomalie dellorecchio medio variamente correlabili ai diversi gradi di microtia, contribuendo in maniera analitica alla selezione dei casi che pi degli altri possono giovarsi della correzione chirurgica funzionale. ATRESIA GRADING SYSTEM VARIABILI STAFFA PRESENTE FINESTRA OVALE APERTA NERVO FACCIALE CAVITA TIMPANICA PNEUMATIZZAZIONE MASTOIDE COMPLESSO INCUDINE/MARTELLO CONNESSIONE INCUDOSTAPEDIALE FINESTRA ROTONDA ORECCHIO ESTERNO Totale PUNTI 2 1 1 1 1 1 1 1 1 10

Ad ogni variabile assegnato 1 punto fatta eccezione per la staffa la cui presenza viene valutata 2 punti. Il massimo totalizzabile 10, che indica il miglior candidato possibile alla correzione chirurgica della malformazione del sistema di conduzione. Uno score di 5 o meno caratterizza una malformazione con minori chances di essere risolta chirurgicamente in maniera soddisfacente, come, peraltro, controindicazioni alla chirurgia
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devono essere considerati una ipoacusia neurosensoriale predominante, la completa assenza di pneumatizzazione della mastoide o lostruzione del condilo mandibolare nella cavit glenoidea. Questo sistema consente la comparazione della microtia/atresia con la malformazione dellorecchio medio e si propone pertanto di ricercare correlazioni statisticamente significative tra il grado della microtia e lo sviluppo dellorecchio medio. Questa riconsiderazione cognitiva della microtia come anomalia di sistema, prima ancora di dimostrarsi legittima e affidabile, facilita nei fatti, a nostro avviso, il corretto approccio terapeutico verso il paziente affetto da microtia, che dovr prevedere necessariamente una integrazione di competenze e di esperienze tra il chirurgo plastico e lotoiatra.

BIBLIOGRAFIA 1. Brent B. The acquired auricular deformity: a systematic approach to its analysis and reconstruction. Plast Reconstr Surg 1977;59:475-485 2. Brent B. The team approach to treating the microtia atresia patient. Otolaryngol Clin of North America 2000;33:1353-1365 3. Jahrsdoerfer RA and Hall JW. Congenital malformations of the ear. Am J Otol 1986; 7:267-270 4. Jahrsdoerfer RA, Yeakley JW, et al. Grading system for the selection of patients with congenital aural atresia. Am J Otol 1992;13:6-12 5. Jahrsdoerfer RA, Yeakley JW, et al. High-resolution CT scanning and auditory brainstem response in congenital aural atresia: patient selection and surgical correlation. Otolaryngol Head Neck Surg 1985; 93:292-298 6. Nagata S. A new method of total reconstruction of the auricle for microtia. Plast Reconstr Surg 1993;92-187 7. Phelps PO, Poswillo D. The ear deformities in mandibulo-facial dysostosis (Treacher Collins syndrome). Clin Otolaryngol 1981;6:15-28 8. Poswillo D. The pathogenesis of the first and second branchial arch syndrome. Oral Surg 1973;35:302-328 9. Takegoshi H, Kaga K et al. Facial canal anatomy in patients with Microtia. Evaluation of the temporal bones with thin section CT. Radiology 2002;225(3):852-8
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LOTITE MEDIA: CLASSIFICAZIONE, STRATEGIA DIAGNOSTICA E TERAPEUTICA


S. Vitale
ASL Le/1 - Ospedale V. Fazzi - U.O. ORL - Lecce

Una classificazione deve contenere, a nostro avviso, alcuni presupposti: 1. definizioni e terminologie universalmente condivisibili 2. coerenza con le attuali conoscenze fisio-patologiche 3. contemplare un sistema di gradazione, di stadiazione, di complicanze e sequele In definitiva un sistema classificativo deve essere: semplice, condivisibile e senza equivoci nella terminologia. Per quanto riguarda la classificazione dellotite media una prima classificazione possiamo farla risalire a Kramer (1849), cui segu Wilde (1853) che parl di otite cronica con e senza perforazioni. Successivamente Toynbee introdusse la terminologia di otite atticoantrale e tubotimpanite. Nel 1894 Politzer fece la distinzione fra otite con o senza otorrea. In realt, moltissimi sono gli autori ed anche molto illustri, che si sono cimentati in vari sistemi classificativi: Wullstein, Bellucci, Austin, Paparella, Senturia, etc. fino al sistema classificativo ICD che tutti utilizziamo per la compilazione delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO). Il sistema classificativo qui proposto quello di Bluestone-Lim et al. pubblicato su Ann OtoRhinolLaryngol; Suppl. 188-Marzo 2002. Fermo restando che ogni sistema classificativo ha punti di forza e punti di debolezza, nel suo complesso questo, pi di altri, ci consente di rispondere adeguatamente ai tre presupposti sopra indicati. Di seguito riportiamo la classificazione proposta Tabella 1. Classificazione dellotite media 1. Otite media 1.1 Otite media acuta 1.2 Otite media cronica 1.2.1 Con effusione 1.2.2 Senza effusione 1.2.3 Riacutizzazione acuta Disfunzione della tuba dEustachio Complicanze e sequele intratemporali (extracraniche) 3.1 Ipoacusia 3.1.1 Trasmissiva 3.1.2 Neurosensoriale 3.2 Perforazione della membrana timpanica 3.2.1 Perforazione acuta 3.2.1.1 senza otite media
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2. 3.

3.2.1.2 con otite media (otite media acuta con perforazione) 3.2.1.2.2 con otorrea 3.2.2 Perforazione cronica 3.2.2.1 senza otite media 3.2.2.2 con otite media 3.2.2.2.1 otite media acuta 3.2.2.2.1.1 senza otorrea 3.2.2.2.1.2 con otorrea 3.2.2.2.2 otite media cronica 3.2.2.2.2.1 senza otorrea 3.2.2.2.2.2 con otorrea La classificazione prosegue con la elencazione delle: mastoiditi, petrositi, paralisi facciali e labirintiti (acute e croniche); delle atelettasie dellorecchio medio; del colesteatoma acquisito; della timpanosclerosi, della otite adesiva ed infine della classificazione delle complicanze intracraniche (meningite, ascesso extradurale, etc.). Tutti questi argomenti esulano dalla specifica trattazione richiesta in questo capitolo. Ci che invece ci stato richiesto : riferire sulla classificazione, strategia diagnostica e terapeutica (terapia medica e tubi ventilazione) dellotite media. Per rispondere adeguatamente a questi aspetti ho centrato lattenzione sul caposaldo 1 della classificazione: lotite media. Un primo aspetto quello delle definizioni ed anzitutto della definizione di otite media. Cosa lotite media? E definibile come una infiammazione dellorecchio medio senza fare riferimento ad una specifica eziologia o patogenesi. Inoltre, come dicevamo allinizio, dobbiamo sempre fare dei riferimenti di stadiazione e gradazione dei processi e da questo punto di vista lotite media definibile come acuta quando si ha una rapida insorgenza di segni e sintomi riferibili ad una infezione dellorecchio (otalgia, ipoacusia, febbre, otorrea, etc.). Il quadro clinico deve per esaurirsi in un tempo ragionevolmente breve che pu essere identificato in tre settimane. La persistenza del processo infiammatorio per un periodo pi lungo ci consente di parlare prima di una forma di otite media subacuta e poi, quando superiamo i tre mesi di persistenza del processo, di otite media cronica. Anche il grado pu (e deve) essere stimato e quindi una otite media pu avere una evidenza di maggiore o minore gravit (lieve, moderata, grave) a seconda del grado con cui si manifestano i vari parametri: otoscopici, timpanometrici, uditivi, unilateralit/bilateralit; entit del dolore; sintomi generali associati, etc. In definitiva potremo avere quadri di otite media acuta, subacuta, cronica che si potranno presentare in forma lieve, moderata, grave. Tutto sommato concetto che esula dalla coesistenza di complicanze (perforazione della MT, mastoidite, petrosite, paralisi del 7, etc.) che pure renderebbero pi grave il grading dellotite. Come si pu desumere dalla lettura della classificazione (tab.1) vi sono alcuni concetti che vanno chiariti ed in particolare ci riferiamo a situazioni quali: a) lotite senza/con effusione endotimpanica e b) leffusione endotimpanica. solo il caso di specificare, brevemente, che diverso il concetto di otorrea che invece la fuoriuscita di secrezioni dallorecchio provenienti da vari distretti. Per quanto attiene lotite media acuta senza effusione questo un quadro riconducibile ad infiammazione della sola membrana timpanica (senza appunto effusione nella cassa timpanica) e per lo pi lo si pu rinvenire sia nelle fasi iniziali di un processo otitico che potr successivamente accompagnarsi con effusione endotimpanica, sia nelle fasi di risoluzione senza pi rilievo di effusione. Lotite media con effusione endotimpanica 22

prevede, invece, la presenza di effusione allinterno della cassa timpanica. Effusione la traduzione dalla terminologia anglosassone di effusion. Effusione un termine che ha origini nel XIII secolo, dal latino effusio-onis; il cui significato pi vicino ai nostri interessi : flusso, spargimento copioso, fuoriuscita da un condotto. Quindi, quando parliamo di otite media con effusione, ci riferiamo ad un quadro clinico che esordisce, per lo pi, con scarsi segni e sintomi di infezione dellorecchio medio ma che si caratterizza per la presenza generica allinterno della cassa timpanica di un liquido senza che il termine stesso indichi una eziologia, patogenesi, patologia o durata di un quadro. Tale liquido potr avere caratteristiche diverse: sieroso (limpido, simile allacqua), mucoide (denso, vischioso, simile al muco), purulento, misto. Tale circostanza potr avere una manifestazione acuta (rapida insorgenza e rapida risoluzione) piuttosto che manifestarsi in modo pi prolungato (subacuto) fino a divenire un quadro persistente per oltre 3-6 mesi (cronico). Pertanto devono scomparire i sinonimi ancora utilizzati di: otite media siero-mucosa; otite media mucosa; otite media sierosa; otite media non purulenta; otite media secretiva. Al loro posto v utilizzata la terminologia di otite media con effusione endotimpanica. E questa una terminologia che pu sembrare pi aspecifica, ma pensiamo ad alcuni aspetti, per certi versi irrisolvibili, quali ad esempio: come facciamo a distinguere se il liquido conseguente ad un trasudato piuttosto che ad un essudato? il liquido sterile o infetto? etc. Giungiamo cos al concetto della effusione endotimpanica. La questione da affrontare : possibile avere una effusione endotimpanica in assenza di un processo flogistico?. Certamente si. Pensiamo infatti alle problematiche legate al disbarismo e comunque a tutti quegli aspetti che condizionano un deficit ventilatorio dellorecchio medio e mastoide che poi rappresentano i presupposti per lo sviluppo di una atelettasia o al contrario della iperectasia della membrana timpanica. Il discorso ci porterebbe lontano e probabilmente anche lontano dallo specifico argomento che ci stato richiesto di trattare ma da cui non si pu, almeno parzialmente, prescindere e ci al fine di essere in grado di saper fare esatte diagnosi di quadri, specie cronicizzati, di otite con effusione endotimpanica. Quando rileviamo obiettivamente una effusione endotimpanica, il dubbio che dobbiamo risolvere : si tratta di otite cronica con effusione oppure effusione senza otite? La differenza sostanziale perch nel primo caso abbiamo a che fare con un processo di offesa al nostro organismo, mentre nel secondo caso potremmo trovarci di fronte ad un processo di difesa del nostro organismo nei confronti di una progressione di atelettasia-colesteatoma. Tutto questo ha un valore per stabilire quali devono essere i progetti diagnostici e terapeutici. Pensiamo, infatti, a quanto ampiamente noto: in caso di otite acuta con effusione endotimpanica, dopo tre mesi, anche con scarsissima terapia, fino al 90% dei quadri regredisce e magari non si presenta pi. Al contrario invece vi sono quadri che non regrediscono e che, anzi, vanno in progressione. Quali fattori intervengono?: - di ordine infettivo? - meccanico (ostruzioni acquisite)? - costituzionale (alterazioni anatomiche/fisiologiche)? Queste osservazioni spianano la strada al concetto della lomeostasi pressoria dellorecchio medio che mantenuta approssimativamente a livello di quella atmosferica (pochi mm H2O sopra o sotto) da vari meccanismi regolatori della pressione (buffers) che minimizzano o neutralizzano le fluttuazioni della pressione stessa aggiustando il quantitativo totale dellaria, il suo flusso, la sua diffusione. Due di questi meccanismi sono: a) la possibilit di distendersi della membrana timpanica b) la dimensione della parte areata della mastoide
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Detto in altri termini, gli spazi aerei dellorecchio medio e mastoide e la elasticit della membrana timpanica sono capaci di aggiustare i fisiologici cambiamenti di pressione che si verificano regolarmente nellorecchio medio. Il fallimento del mantenimento dellomeostasi pressoria causa, a sua volta, linnesco di processi patologici quali linstaurarsi di una crescente pressione negativa che si accompagner a situazioni diverse variabili nel tempo: effusione endotimpanica, atelettasia, tasca di retrazione, colesteatoma. Un importante fenomeno ex-vacuo accadr quando la pressione dellorecchio medio raggiunge 70 90 mmH2O. Ci secondo quanto ipotizzato da Sterling. Questa differenza di pressione (rispetto ai vasi sanguigni) determiner il passaggio di fluido (effusione) dai capillari sanguigni allinterno dellorecchio medio (oltre che un ispessimento edematoso della mucosa). Questo accumulo di trasudato riduce lo spazio dellorecchio medio e di conseguenza aumenter la pressione allinterno dellorecchio medio stesso. La effusione nellorecchio medio che si osserva nellotite media con effusione, un essudato infiammatorio che pu anche esso ridurre lo spazio gassoso ed incrementare la pressione nellorecchio medio e, quindi, anche leffusione v interpretata come un meccanismo di compenso. In definitiva il cambiamento massimo possibile di volume nellorecchio medio costante per una membrana timpanica normale. Pertanto lorecchio medio con mastoide piccola pi vulnerabile ai cambi di pressione e pu sviluppare sistemi di compenso come ulteriore retrazione della membrana timpanica e/o riduzione di volume dellorecchio medio ottenuto accumulando fluido (effusione). Certo che vi deve essere un impegno professionale continuo dello specialista ORL, al fine di distinguere una otite con effusione da una semplice effusione endotimpanica. Unaltra considerazione : quale il metodo pi idoneo per fare diagnosi? Studi condotti da Cinamon e Sad sembrano concludere che la forma della curva timpanometrica (timpanogramma tipo A, B, C) pu essere daiuto per identificare la presenza di effusione endotimpanica nellorecchio medio mentre la timpanometria un metodo meno accurato per misurare la pressione dellorecchio medio. I valori timpanometrici risulterebbero sovrastimati. La oto-microscopia v quindi sempre associata per verificare una pressione negativa (o positiva) dellorecchio medio valutando la posizione della membrana timpanica (pars tensa e pars flaccida) unitamente a segni e sintomi clinici. Un ultimo aspetto che ci stato chiesto di trattare la terapia medica e chirurgica (tubi di ventilazione). Riteniamo che questo sia un punto molto controverso e che risente di molte variabili fra cui anche il fatto che non sempre la diagnosi posta correttamente e non sempre il medico unico. Pensiamo ai bambini, nei quali lotite con effusione la patologia pi frequente dopo il raffreddore comune, che non vengono gestiti esclusivamente dal pediatra o dallorl. Per grandi linee riteniamo che: 1. spesso vi sia una forma di accanimento terapeutico non giustificato e pertanto bisogna trovare il giusto equilibrio terapeutico 2. personalizzare la terapia. Non esiste in assoluto la terapia dellotite con effusione; questo perch il paziente in questione pu avere patologie correlate, diverse da altri soggetti: vi lallergico; il dismorfico; lipoacusico neurosensoriale; il sindromico; et diverse; ambienti di vita diversi; etc. 3. una tipizzazione del liquido di effusione certamente aiuta nella scelta del progetto terapeutico. Diverso pertanto potr essere latteggiamento nei confronti di una effusione sierosa piuttosto che mucoide piuttosto che purulenta.
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4. Anche la durata del processo dovr porci di fronte a scelte terapeutiche diverse infatti, un processo acuto potr essere trattato in vari modi: dalla osservazione attiva, alla somministrazione di farmaci quali antibiotici, cortisonici, mucoregolatori, idratazione; un processo cronicizzato ci porr di fronte a scelte diverse e diviene molto pi importante, rispetto alle forme acute, la personalizzazione del trattamento. Detto in altri termini, nei casi cronicizzati, non dobbiamo avere un trattamento univoco. Ad esempio: dopo sei mesi di persistenza di effusione endotimpanica non giustificato fare sempre un drenaggio timpanico con applicazione di tubo di ventilazione, ma il caso clinico che abbiamo di fronte v personalizzato. 5. E anche importante la compliance poich spesso sono terapie continue o ricorrenti a frequenza circamensile. Questo problema aggancia anche la via di somministrazione dei farmaci e pensiamo alla et pediatrica 6. Infine riteniamo che sia il caso di avere un atteggiamento diverso fra adulti e bambini TERAPIA CHIRURGICA Negli USA, dopo la circoncisione, lapplicazione di untubo di ventilazione la procedura chirurgica pi frequente. Per quanto riguarda lindicazione, come abbiamo appena detto sopra, vi un concetto fondamentale che quello della personalizzazione. In unepoca in cui si procede per linee guida, ritengo sia importante, per questa entit nosologica, personalizzare il trattamento tenendo presenti tutti quei parametri che sono emersi nella trattazione dei paragrafi precedenti. Per quanto attiene la specifica tecnica chirurgica dellesecuzione della procedura di drenaggio transtimpanico con applicazione di un tubo di ventilazione, ritengo che sia ampiamente nota/diffusa e comunque facilmente fruibile sia da fonti cartacee che elettroniche

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LOTITE MEDIA CRONICA COLESTEATOMATOSA: CLASSIFICAZIONE, STRATEGIE DIAGNOSTICHE E TERAPEUTICHE


C. A. Leone, F. Mosca
U.O.C. di Otorinolaringoiatria, AO Monaldi - Napoli

DEFINIZIONE Il colesteatoma rappresenta senza dubbio la star disease in otologia ed per questo oggetto di continui studi. Lintroduzione di protocolli sperimentali e la notevole evoluzione della otomicrochirurgia hanno permesso un continuo sviluppo delle conoscenze e la revisione critica di alcune classiche nozioni altrimenti consolidate. In letteratura si riscontrano numerose definizioni del colesteatoma: presence of squamous epithelium in the tympanic cavity producing macroscopic amounts of keratin inadequately cleared1 , accumulation of desquamating keratinized epithelium within the midlle ear, epithelial cyst containing desquamated keratin1,2,3 questultima per la sua eleganza e definiamo il colesteatoma ,skin in the wrong place2,4. Preferiamo come pelle fuori posto. Le tante definizioni sono peraltro poco dissimili luna dallaltra, perch il significato nosologico del colesteatoma ben preciso: si tratta della presenza nellorecchio medio di un epitelio malpighiano cheratinizzante e desquamante. Lo strato epiteliale, sprovvisto di annessi, forma una matrice che desquama continuamente lamelle di cheratina che si accumulano in strati concentrici. Questi ultimi contengono cristalli di colesterolo, di qui il nome di colesteatoma che viene tuttora preferito a quello forse pi appropriato di cheratoma, suggerito da Schuknecht1 nel 1974. Laccumulo di cheratina forma uno pseudo-tumore che si sviluppa in senso centrifugo adattandosi alla morfologia dei vari spazi dellorecchio medio e che cresce a spese dellosso circostante. CLASSIFICAZIONE Una classificazione del colesteatoma pu essere compiuta secondo differenti criteri quali la patogenesi, lestensione topografica, la presenza di difetti associati ( erosioni ossiculari, fistole labirintiche,) e la presenza di complicanze (deficit faciali, infezioni meningee ecc.). La classificazione patogenetica tradizionale distingue il colestetoma in congenito, acquisito primario e acquisito secondario. Viene definito colesteatoma congenito una cisti epidermoide che si sviluppa con una membrana timpanica integra in un paziente con anamnesi negativa per otorrea, chirurgia dellorecchio o traumi. Il colesteatoma si dice, invece, acquisito quando deriva da eventi patologici quali otiti, insufficienza tubarica, traumi oppure interventi chirurgici. Viene definito primario quando appare come un diverticolo della pars flaccida, a membrana timpanica integra, che erode il muro della loggetta ed invade lepitimpano. Allanamnesi, in questo caso, sono rari od assenti gli episodi di otorrea. Il colesteatoma acquisito secondario caratterizzato, invece, da una perforazione posterosuperiore della MT con possibilit di estensione del processo allantro, mastoide, attico, cassa e con allanamnesi una lunga storia di otorrea. Pi moderna e certamente pi utile appare la classificazione patogenetica di Tos2,3 che si basa sulla primitiva localizzazione del colesteatoma e distingue: attic cholesteatoma, sinus cholesteatoma e tensa retraction cholesteatoma. Il primo deriva da una iniziale tasca di retrazione della pars flaccida che 26

progressivamente perde la capacit di autodetersione ed erode il muro della loggetta introflettendosi verso lepitimpano ed eventualmente verso lantro e/o la mastoide. In questa forma Tos ha rilevato una maggiore stabilit anatomica e migliori risultati funzionali dopo chirurgia. Sinus cholesteatoma viene definita la forma che prende origine da una retrazione posterosuperiore della pars tensa e che si sviluppa verso il seno timpanico. Lultima forma origina dalla retrazione della intera pars tensa della MT che aderisce alla mucosa del promontorio, al manico del martello, al processo lungo dellincudine ed alla sovrastruttura della staffa. Una interessante elaborazione della classificazione di Tos quella proposta da Saleh4 che valuta la sede primitiva del colesteatoma, lestensione, le condizioni della catena e le eventuali complicanze. In questo caso bisogna premettere una suddivisione dei distretti anatomici interessati in sette sedi e cio: attico, antro, cassa timpanica, mastoide, tuba, labirinto e fossa cranica media. Come noto si ha una diversa progressione anatomica del colesteatoma a seconda della sede di origine. La lesione sar, pertanto, caratterizzata da quattro elementi: 1. Sede di origine (vale la classificazione di Tos e cio attico, seno timpanico o tensa retraction) 2. Estensione che viene valutata in base al numero di distretti interessati. Cio se il processo limitato alla sede di origine sar S1 e cos via fino ad S7 quando sono coinvolte tutte le sedi considerate.La lettera S viene, quindi seguita da un numero che espressione dei distretti interessati. 3. Condizioni della catena ossiculare espresse con la lettera O: O0 catena intatta O1 incudine erosa O2 incudine e staffa erose O3 manico del martello, incudine e staffa erosi 4. Presenza di complicanze. Sono state individuate cinque principali complicanze: fistola del CSL, paralisi del facciale, anacusia, tromboflebite del seno laterale e ascesso cerebrale. C0 nessuna complicanza C1 una complicanza C2 due o pi complicanze. E stata descritta da Zini e Sanna 5 una classificazione chirugica che si basa sulla localizzazione ed estensione del colesteatoma che si osserva durante lintervento e che distingue: tipo A mesotimpanico, tipo B epitimpanico, tipo A-B epitimpanico e mesotimpanico e lepidermizzazione della cassa. Gli stessi autori hanno formulato anche una classificazione clinica, estremamente semplice e chiara in base alla quale ricosciamo closed ed open cholesteatoma Il primo, a membrana timpanica integra, include la forma congenita, acquisita primaria ed il colesteatoma residuo. Il secondo, caratterizzata da perforazione del timpano, pu essere secco oppure con otorrea ed include il colesteatoma acquisito secondario ed il ricorrente. Ricordiamo che la forma residua tipo iatrogeno. Il colesteatoma residuo si reperta nellorecchio medio nel corso di un reintervento, per esempio nel II tempo. Origina da residui di matrice lasciati nel primo tempo. Il colesteatoma ricorrente, invece, si forma a medio/lungo termine da tasche di retrazione della MT, tipicamente nella timpanoplastica chiusa. La classificazione anatomopatologica si basa sugli aspetti morfologici del colesteatoma e 27

prevede una forma cistica ed unaltra invasiva: il primo tipo caratterizzato da una matrice intatta, spessa, molto ben delimitata rispetto alle strutture anatomiche circostanti e di aspetto sacciforme. Il colesteatoma invasivo , invece, caratterizzato da una matrice spesso largamente deiescente, estremamente sottile, dalla cui massa principale si dipartono prolungamenti che contraggono rapporti con le strutture anatomiche circostanti. Lo sviluppo spesso irregolare e si osservano intensi fenomeni di infezione e macerazione resistenti alle terapie mediche. Tabella I: PRINCIPALI CLASSIFICAZIONI DEL COLESTEATOMA PATOGENETICA CLASSICA COLESTEATOMA CONGENITO COLESTEATOMA ACQUISITO PRIMARIO COLESTEATOMA ACQUISITO SECONDARIO CHIRURGICA TIPO A MESOTIMPANICO TIPO B EPITIMPANICO TIPO A B EPITIMPANICO E MESOTIMPANICO EPIDERMIZZAZIONE DELLA CASSA CLINICA CLOSED CHOLESTEATOMA (CONGENITO E RESIDUO) OPEN CHOLESTEATOMA ( SECONDARIO E RICORRENTE) ANATOMO PATOLOGICA COLESTEATOMA CISTICO COLESTEATOMA INFILTRANTE EPIDERMIZZAZIONE DELLA CASSA PATOGENETICA SEC.TOS ATTIC. CHOLESTEATOMA SINUS CHOLESTEATOMA TENSA RETRACTION CHOLESTEATOMA

STAGING SEC. SALEH VENGONO CONSIDERATI 1.SEDE PRIMITIVA 2. ESTENSIONE S1,2,3,4,5,6,7 3. CONDIZIONE DELLA CATENA O 01,2,3 4. COMPLICANZE EVENTUALI C 01,2,3

CONSIDERAZIONI CRITICHE: La classificazione di una patologia obbedisce ad alcune condizioni: 1) impostazione culturale delloperatore 2) descrizione e quantificazione del processo morboso 3) orientamento e/o collegamento a decisioni clinico-chirurgiche 4) miglioramento dei dati utili per il follow-up del paziente 5) semplificazione e schematizzazione per poter disporre di dati confrontabili con quelli di altre scuole In particolare per il colesteatoma esistono alcune differenze con altri tipi di classificazione in quanto le pi usate sono precisabili solo durante o dopo latto terapeutico. Nella nostra esperienza la classificazione pi semplice e confrontabile indubbiamente quella di Zini e Sanna. Questa proposta per insufficiente da sola al soddisfacimento del punto 4) dei criteri generali, pertanto da noi adottata solo in quanto supportata da una raccolta precisa su scheda elettronica appositamente realizzata di tutti i dati intraoperatori utili al follow up del paziente6.
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In mancanza di questa organizzazione riteniamo pi utile quella di Saleh in quanto contiene alcuni elementi descrittivi aggiuntivi che precisano meglio il reperto intraoperatorio. LA STRATEGIA DIAGNOSTICA Le indagini diagnostiche in questa patologia sono rappresentate da: A) micro-otoscopia, B) le indagini funzionali (lesame audiometrico), C) le metodiche per immagine. A) Il cardine diagnostico senzaltro la microotoscopia poich consente di precisare lo stato della membrana, di visualizzare il colesteatoma, ma soprattutto pu costituire un momento preparatorio allintervento. Infatti con aspiratori di opportuno calibro attraverso la perforazione si potr realizzare una accurata pulizia della cassa associata ad istillazione di soluzioni disinfettanti e/o antibiotiche e si potr eventualmente svuotare parzialmente il colesteatoma, o asportare piccoli polipi; queste manovre hanno lo scopo di rendere pi asciutto lorecchio medio, riducendo la carica batterica, contribuendo cos a ridurre il sanguinamento e quindi indirettamente ad accorciare i tempi dellatto chirurgico. In caso di otorrea importante sempre opportuna una terapia antibiotica preoperatoria, se possibile, guidata da antibiogramma. B) La otite cronica con colesteatoma una patologia dellorecchio medio e in quanto tale altera i meccanismi della conduzione acustica intervenendo a vari livelli: pu erodere la catena ossiculare, occupare lo spazio aereo dellorecchio medio, modificare la elasticit dei mezzi solidi dellorecchio medio, pu creare condizioni di blocco del gioco delle finestre, pu modificare la reazione mucosa e la clearence mucocliare. In ogni caso lesame audiometrico, cardine della diagnosi funzionale, rivela una ipoacusia trasmissiva. La severit di questultima in rapporto alla sede del colesteatoma e della perforazione timpanica cos come al livello di interessamento delle strutture dellorecchio medio. Tuttavia la nostra esperienza ci ha insegnato che in virt delleffetto columella il colesteatoma pu interporsi in una catena distrutta sostituendosi con la propria massa a compensare una trasmissione altrimenti molto pi deficitaria oppure pu espandersi in una zona dellorecchio medio (gli spazi mastoidei, lantro o parte dellattico) non essenziali alla trasmissione acustica. Quindi nella diagnosi il ruolo della gravit della ipoacusia trasmissiva e quindi del gap ossea-aerea non sempre espressione della gravit della malattia. Una variante importante nella diagnosi audiologica costituita dallinteressamento del labirinto testimoniato da una ipoacusia neurosensoriale sovrapposta alla perdita trasmissiva. A dispetto di un notevole numero di dati della letteratura a favore di un interessamento neurosensoriale della OMCC non ancora risultano chiari i livelli di significativit attribuibili a vari parametri quali la durata della malattia, la presenza di colesteatoma acquisito, lo stato della mucosa dellorecchio medio, la erosione ossiculare; Inoltre esiste disaccordo per quanto riguarda il meccanismo di azione del fenomeno. La idea pi comune propone che il danno si stabilisca in seguito alla penetrazione di sostanze flogistiche attraverso la finestra rotonda che danneggino le cellule ciliate. Tali sostanze sono mediatori della flogosi o enzimi litici prodotti dal neo-epitelio attivato o tossine di origine batterica. C) Le indagini neuroradiologiche costituiscono il terzo elemento diagnostico. Anche se taluni autori ne mettono in discussione la indispensabilit in tutti i casi, nostra convinzione che nel caso di patologia colesteatomatosa certa o anche sospetta sia sempre utile una 29

documentazione preoperatoria poich consente di incrementare la precisione diagnostica soprattutto per quanto riguarda la estensione in distretti non accessibili (cavit paratimpaniche), poich aiuta nella programmazione del tipo di tecnica chirurgica pi idonea. Abbandonata la stratigrafia, la metodica che costituisce il gold standard risulta la TAC ad alta risoluzione (meglio se spirale) effettuata in strato sottile ed in proiezioni assiale e coronale. I segni del colesteatoma sono di tipo diretto ed indiretto. Quelli diretti sono piuttosto aspecifici perch la densit di una massa colesteatomatosa risulta spesso non distinguibile da quella di un versamento endotimpanico. I segni indiretti sono rappresentati dalla azione erosiva sulle strutture ossee della cassa (gli ossicini) o delle cavit paratimpaniche (la festonatura delle cellule mastoidee, la protuberanza del canale semicircolare laterale, il muro della soggetta ecc) LA SCELTA TERAPEUTICA Il colesteatoma richiede una la scelta obbligata: la chirurgia. Esistono, per, delle particolari situazioni che possono consigliare di differire - anche per un lasso di tempo significativo - o addirittura di non ricorrere alla terapia chirurgica per il trattamento di tale affezione: 1) condizioni generali del paziente che comportino un rischio operatorio non accettabile 2) rifiuto del paziente a venire sottoposto ad un intervento chirurgico. Le terapie mediche, di tipo prevalentemente topico, che possibile utilizzare sono soluzioni antibiotiche o antisettiche, soluzioni cortisoniche (anche se in letteratura sono segnalati casi di incremento dimensionale del colesteatoma indotto sperimentalmente su cavia). In alcuni casi sono state anche impiegate sostenze citostatiche (il fluorouracile) con risulati variabili. Gli obiettivi della chirurgia del colesteatoma sono rappresentati da: 1) eradicazione completa della lesione 2) assicurare al paziente un orecchio senza problemi 3) preservare o migliorare la funzione uditiva preoperatoria. Le scelte relative ai trattamenti chirurgici possono essere schematizzate in : - Radicale mastoidea - timpanoplastica aperta - timpanoplastica chiusa - timpanoplastica aperta obliterativa. Allo scopo di ridurre le recidive, ogni tecnica (al di fuori della radicale) pu essere stadiata, ovvero pu essere pianificato un second look, con compiti ispettivi e/o ricostruttivi. Le controversie ancora insolute sono rappresentate da: a) valutazione della aggressivit della lesione che si ripercuote nel maggior numero di insuccessi b) scelta della tecnica chirurgica da utilizzare c) variabilit degli esiti funzionali. Gli insuccessi sono il colesteatoma residuo , quello ricorrente e la tasca di retrazione. Il colesteatoma residuo quello che si sviluppa da un isola di tessuto cheratinizzato lasciato dal chirurgo consapevolmente o meno durante la exeresi della lesione. Il colesteatoma ricorrente un vera recivida originata anche in sede diversa da quella primitiva, che si sviluppato ex-novo in seguito al persistere delle motivazioni etiopatogenetiche del colesteatoma originario. La tasca di retrazione consiste in una invaginazione del neotimpano con perdita dello strato fibroso
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e rappresenta lo stadio iniziale di un colesteatoma ricorrente in cui il momento etiopatogenetico principale rappresentato da una insufficienza funzionale della tuba di Eustachio. Lincidenza del colesteatoma residuo e ricorrente varia a seconda delle tecniche utilizzate. In particolare lincidenza di colesteatoma residuo di pertinenza sia della techiche chiuse che di quelle aperte mentre quello ricorrente una sequela esclusiva delle tecniche chiusa ed aperta con obliterazione. Il rate del colesteatoma residuo varia dal 50% (7 ) all11% (8 ) con una maggiore incidenza nelle tecniche chiuse. Il rate del colesteatoma ricorrente varia dallo 0% delle tecniche aperte di Palva (9) al 23 % delle tecniche chiuse di Glasscock (10). La principale scelta chirurgica riguarda la alterativa tra tecnica aperta e chiusa. Le timpanoplastiche aperte sono quegli interventi in cui si elimina la patologia mastoidea attraverso una demolizione della parete posteriore del condotto uditivo esterno, esteriorizzando cos lepitimpano e la mastoide che saranno aerati e drenati attraverso il meato uditivo esterno opportunamente ampliato. Si ricostruisce a scopo funzionale una cassa timpanica di dimensioni ridotte, drenata e aerata attraverso la tuba e si ripara o si ricostruisce lapparato timpano-ossiculare. Indicazioni: - et avanzata o condizioni generali sfavorevoli - fistola labirintica ampia - condizioni anatomiche sfavorevoli (dura e/o seno molto procidenti) - colesteatoma ricorrente (chirurgia di revisione) - unico orecchio udente - orecchio anacusico - erosione della parete postero-superiore del condotto - due o pi fattori di rischio di recidiva con mastoide sclerotica (vedi tabella I) Probabilit di colesteatoma residuo P. TENSA GRANDE MESOTIMPANO POST. SOTTILE COINVOL. ED EROSIONE Parametro clinico SEDE DELLA PERFORAZIONE TIMPANICA DIMENSIONI DEL COLESTEATOMA SEDE DEL COLESTEATOMA MATRICE CATENA OSSICULARE MUCOSA DELLORECCHIO MEDIO FUNZIONE TUBARICA CONDIZIONE CLINICA DELLORECCHIO PRESENTE PNEUMATIZZZATA FISTOLA CELLULARITA MASTOIDEA CONDOTTO UDITIVO ESTERNO tab I: fattori di rischio per recidivismo di colesteatoma (da Leone 2000)
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Probabilit di colesteatoma ricorrente P. FLACCIDA

EPITIMPANO

FLOGOSI POLIPOIDE ANORMALE OTORREA

PNEUMATIZZZATA EROSIONE

Si intende per tecnica chiusa una TPL che rimuova la patologia dallorecchio medio e dalle cavit paratimpaniche rispettando o ricostruendo la parete postero-superiore del condotto uditivo esterno ed il muro della loggetta con la creazione di un orecchio medio e un CUE di dimensioni normali rispettando cos i normali rapporti fra orecchio medio rivestito di mucosa ed orecchio esterno (rivestito di epidermide) con un neotimpano nella sua posizione naturale. Indicazioni: Le indicazioni per una TPL chiusa sono: patologie croniche (colesteatomatose e non) che necessitino di un trattamento delle cavit paratimpaniche con: - minima erosione epitimpanica - elevata pneumatizzazione mastoidea - assenza di significativi fattori di rischio di recidiva (macrocolesteatoma, matrice sottile ecc) STADIAZIONE DELLINTERVENTO Unaltra considerazione da fare nella scelta della tecnica chirurgica la stadiazione dellintervento. Questa rappresenta uno sdoppiamento dei tempi della timpanoplastica: - 1 tempo: eradicazione della patologia e ricostruzione di un orecchio medio; - 2 tempo: controllo della eradicazione della patologia e tempo funzionale. La scelta di una tecnica chiusa abitualmente impone una adeguata stadiazione allo scopo di ridurre lincidenza di colesteatomi residui, che varia con questa tecnica dal 10% al 43% . Oltre al controllo della patologia residua, la stadiazione offre anche un vantaggio ricostruttivo, in quanto consente di effettuare la ricostruzione ossiculare, quando la mucosa della cassa si normalizzata ed il neotimpano ben posizionato e stabile. La tecnica chiusa pu essere effettuata in un solo tempo se la mucosa normale, se presente un piccolo colesteatoma o una modesta erosione ossiculare. Al chirurgo che adotti una tecnica aperta sono invece prospettabili diversi comportamenti: 1) Adoperare il tempo unico sempre 2) prevedere un secondo tempo di routine con le stesse motivazioni delle tecniche chiuse. In particolare necessario programmare un secondo tempo quando: 1) esistano condizioni patologiche della mucosa, che ne consigliano la asportazione 2) esistano isole di tessuto colesteatomatoso lasciate in sede, consapevolmente, dal chirurgo. Riteniamo che una tecnica in un sol tempo sia preferibile quando: 1) sia scarsa la riserva cocleare 2) la mucosa dellorecchio medio sia normale 3) esistano condizioni che lasciano intravedere una modesta prognosi funzionale (timpanosclerosi ecc) 4) siano particolarmente limitate lestensione del colesteatoma e la eventuale erosione ossiculare, purch sia sempre verificata la normalit della mucosa 5) vi sia difficolt, da parte del paziente, a rispettare un adeguato follow-up.

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BIBLIOGRAFIA 1. Schuknecht H.F.: Pathology of the Ear. Cambridge, Mass., Harvard University Press. , 79 - 85, 1974 2. Tos M.: Incidence, etiology and pathogenesis of cholesteatoma in Children. Otol. Rhinol. Laryngol. 40: 110-117, 1988 3. Tos M. : Pathogenesis of sinus and tensa retraction cholesteatoma. In: Proceeding of the Fifth International Conference on Cholesteatoma and mastoid surgery , Alghero (Italia) 3-8,1996 4. Saleh H.A., Mills R.P.: Classification and staging of cholesteatoma. Clin. Otolaryngol. 24: 355 - 359,1999 5. Zini C., Classification of cholesteatoma. In: Procedings of the International Course on Microsurgery of cholesteatoma of the middle ear. Parma 1980. 6. Leone C.A, Mosca F., Porcaro C.: La terapia chirurgica: tecniche aperte e chiuse. In Il colesteatoma: attuali orientamenti diagnostici e terapeutici Relazione XXIV Congresso Nazionale AOOI 2000, 87-103, Positano 2000 7. Sheehy JL: Cholesteatoma surgery in children. Am.J. Otol. 1985; 6:170-172 8. Edelstein DR, Parisier SC, Ahuia GS: Cholesteatoma in the pediatric age group. Ann. Otol. Rhinol. Laryngol. 1988; 97: 23.29. 9. Palva A. Karma P, Karia J: Cholesteatoma in children. Arch. Otlaryngol.1977; 103: 7477. 10. Glasscock ME, Dickins JRE, Wiet R: Cholesteatoma in children. Laryngoscope 1981; 91: 1743-1753

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CLASSIFICAZIONE ANATOMO-CLINICA E INDICAZIONI TERAPEUTICHE DELLE PERFORAZIONI TIMPANICHE


G. Bicciolo, E. de Campora
U.O.C. di ORL, Ospedale Fatebenefratelli, Isola Tiberina, Roma

INTRODUZIONE La membrana timpanica (MT) una struttura anatomica di importanza fondamentale per la funzionalit dellorecchio medio: le caratteristiche di impedenza dellorecchio dipendono strettamente dalla normale fisiologia e dallintegrit di questa delicata struttura anatomica, che costituisce tra laltro lunica vera membrana che permane nel feto umano al termine dello sviluppo (Pulec). La MT viene frequentemente cointeressata nelle lesioni patologiche dellorecchio medio, tanto che stato affermato che la membrana timpanica lo specchio della cassa del timpano (Testut). Inoltre, le lesioni traumatiche della membrana, della pi varia etiologia, sono di comune osservazione e presentano unincidenza che varia dallo 0.4 al 2.3% di tutte le affezioni che colpiscono lorecchio (Strohm). Lo spessore totale della MT, in condizioni normali, di circa 0,1 mm.: in condizioni patologiche, ad esempio in corrispondenza di esiti di perforazioni, la membrana pi sottile; viceversa, ispessita negli esiti di otiti croniche e nella timpanosclerosi. In Letteratura si evincono dati non univoci riguardo alle caratteristiche anatomo-cliniche delle perforazioni timpaniche e in particolare sulla classificazione e sulle modalit di riparazione delle perforazioni stesse. La maggioranza degli Autori concorda invece sullosservazione che lumbus sia la sede di partenza del processo riparativo, e che questo proceda dal centro verso la periferia (anulus) seguendo grossolanamente la vascolarizzazione della membrana, dimostrando in tal guisa una sorta di controllo vascolare del processo di migrazione epiteliale (Kristensen). Nei casi di perforazioni di lunga data (ad es. provocate da tubo di ventilazione transtimpanico o da otiti croniche), soggette a fenomeni di cicatrizzazione perilesionale con contatto consolidato tra strato mucoso e strato epiteliale (giunzione muco-epiteliale), stato riscontrato che nel 48% dei casi il margine della perforazione costituito in egual misura dal contributo dei due strati, nel 32% dei casi prevale la crescita epiteliale e nel restante 20% lo strato mucoso a costituire i margini della lesione (Yamashita). CARATTERISTICHE DELLA PERFORAZIONE La frequenza della cicatrizzazione spontanea della membrana timpanica varia dal 43% al 91% secondo i dati della Letteratura; la notevole differenza riscontrabile dovuta essenzialmente a: - etiologia della perforazione (otite, trauma, miringotomia, etc.) - presenza di sovrapposizione infettiva - ampiezza della perforazione - sede della perforazione - durata della perforazione 34

La cicatrizzazione spontanea avviene pi frequentemente nei pazienti di et inferiore ai 30 anni, probabilmente per una pi favorevole condizione metabolica tissutale, in quanto in studi istologici non sono state dimostrate alterazioni morfologiche specifiche dovute allet. Le perforazioni post-traumatiche tendono generalmente a guarire pi facilmente delle perforazioni dovute a flogosi dellorecchio medio, a meno che non intervenga una superinfezione, che costituisce la complicanza pi frequente della rottura post-traumatica della membrana timpanica (10-27% dei casi). Il processo infettivo, infatti, ritarda la cicatrizzazzione in modo significativo, favorendo la carie ossiculare e linstaurarsi di manifestazioni infiammatorie croniche che, in caso di perforazioni postero-superiori, possono condurre allla formazione di un colesteatoma. Per quanto concerne lampiezza della lesione, va considerato che il processo di cicatrizzazione procede con un ritmo pari alla riparazione del 10% della superficie timpanica per mese. Le piccole perforazioni (fino a 2 mm) tendono alla guarigione spontanea nel 90% dei casi, mentre per quanto riguarda le lesioni pi grandi, i dati della Letteratura sono piuttosto discordanti, con incidenza di guarigioni che variano dal 22% al 55% per le perforazioni che interessano la met della superficie timpanica, e dallo 0% al 20% per le perforazioni subtotali. La durata nel tempo della perforazione influisce negativamente sulle possibilit di cicatrizzazione: lincidenza di guarigione spontanea pari al 38% nel primo mese dallevento lesivo, scende al 18% nel secondo mese fino al 10% nel terzo mese (Ben Soshan). La sede della perforazione sembra svolgere uninfluenza meno rilevante nei confronti della cicatrizzazione, anche se sembra che le lesioni che interessano il quadrante posterosuperiore possiedono una minore potenzialit di guarigione rispetto alle lesioni di altre sedi (Shambaugh). Nella presente trattazione vengono valutate le principali caratteristiche anatomo-cliniche delle perforazioni timpaniche, al fine di evidenziarne i principali aspetti morfologici, e di considerare criticamente le classificazioni proposte. CLASSIFICAZIONE ETIOLOGICA - perforazioni post-traumatiche - perforazioni in esiti di flogosi dellorecchio medio - perforazioni iatrogene (miringotomia, inserimento di drenaggio trans-timpanico) a) Perforazioni post-traumatiche Lincidenza di lesioni della MT per traumi di diversa origine varia, a seconda dei dati della Letteratura, dall1.4% all8.6% ogni 100000 persone per anno (Griffin, Kristensen). La rottura della membrana timpanica non si manifesta in tutti i casi di evento traumatico a carico delorecchio, ma ovviamente funzione della gravit e dellintensit del trauma: ad esempio la perforazione timpanica riscontrabile nel 36.5% dei feriti in seguito ad attentati terroristici, e sale al 63.2% nei casi osservati in seguito a violente esplosioni (Cooper). Dal punto di vista anatomo-patologico, il timpano si manifesta nella maggioranza dei casi retratto, la mucosa della cassa congesta ed edematosa: nelorecchio medio presente un essudato sieroso che diviene poi siero-ematico, quindi francamente emorragico, che precede la perforazione timpanica. A seconda dellentit del trauma, Toupet distingue 5 stadi anatomo-clinici: - stadio I: iperemia semplice del manico del martello - stadio II: timpano retratto, congesto, ipomobile alla prova di Valsalva
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- stadio III: essudato sieroso nella cassa del timpano, con presenza di bolle daria o liveli idroaerei - stadio IV: versamento ematico nella cassa, timpano congesto, bombato (emotimpano) - stadio V: perforazione della pars tensa La lesione della membrana timpanica pu in alcuni casi essere associata a disarticolazione o dislocazione della catena ossiculare. Caratteristiche anatomo-cliniche La perforazione post-traumatica della membrana timpanica unica nell84% dei casi; nel 10% dei casi di perforazione in seguito a barotrauma violento la lesione pu essere bilaterale, e multipla nel 4.5% dei casi. La perforazione interessa sempre la pars tensa e macroscopicamente possiamo considerare: - lacerazione lineare, pi frequente in sede marginale, parallela allanulus timpanico (10% dei casi) - perforazione sfrangiata, irregolare, con lembo di membrana infossato nella cassa del timpano - perforazione arrotondata od ovalare, a margini netti, localizzata pi frequentemente nei quadranti inferiori - perforazione subtotale della pars tensa, con risparmio dellanulus e della membrana di Shrapnell. Queste lesioni si verificano nel 60% dei casi di barotrauma violento. Per quanto concerne la localizzazione della perforazione, il 42% delle lesioni interessano i quadranti inferiori, il 30% occupano pressoch la totalit della pars tensa (Cudennec). Le dimensioni della perforazione sono estremamente variabili e dipendono strettamente dalla natura e dallentit dellevento traumatico: le grandi perforazioni che interessano oltre l80% della pars tensa sono in genere dovute a barotraumi violenti o ad esplosioni, le lesioni pi piccole, limitate al 30% della pars tensa, sono solitamente la conseguenza di un trauma diretto. Le lesioni associate della catena ossiculare, di notevole importanza sotto laspetto funzionale uditivo, sono presenti nel 8.6% dei casi. PERFORAZIONI NELLE FLOGOSI CRONICHE DELLORECCHIO MEDIO Nelle flogosi dellorecchio medio la genesi della perforazione della MT deriva da molteplici fattori etiologici, ma dal punto di vista istologico la lesione generalmente secondaria alla necrosi post-infiammatoria torpida dello strato intermedio connettivale che costituisce limpalcatura fibrosa della membrana. Le perforazioni della MT in corso di flogosi croniche dellorecchio interessano prevalentemente la pars tensa, e in genere non sono marginali. Le caratteristiche della perforazione si presentano piuttosto variabili, e possono essere distinte in diverse tipologie (Wayoff ): - perforazione ovalare antero-inferiore: a bordi netti, di tipo cicatriziale, o delimitata da un sottile margine rossastro; caratteristica della cosiddetta otorrea tubarica - perforazione juxta-ombelicale: generalmente situata nei quadranti inferiori, al di sotto dellumbus, di piccole dimensioni e di forma tondeggiante, con margini atrofici - perforazione reniforme paracentrale: di dimensioni variabili, in genere ampia; non una perforazione marginale, ma nel 5% dei casi lepitelio malpighiano pu oltrepassare il bordo della perforazione e penetrare nella cassa verso lipotimpano - perforazione sublegamentosa posteriore: interessa la porzione postero-superiore dellanulus e pu assumere le caratteristiche di una perforazione marginale
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- perforazione juxta-malleolare: la lesione della pars tensa in genere ampia e in questi casi limpianto di tessuto epiteliale nella cassa del timpano un evenienza piuttosto frequente, interessando circa il 15% dei casi. - perforazioni subtotali o totali: la perdita di sostanza della pars tensa pressoch completa, residua esclusivamente lanulus; tale lesione in genere lesito delle otiti necrosanti e predispone allo sviluppo di un colesteatoma secondario, a causa della facilit di penetrazione dellepidermide del CUE nella cassa del timpano. La porzione di MT non interessata dalla perforazione pu presentare piccole aree cicatriziali ialine o placche di timpanosclerosi; in molti casi i resti timpanici sono invece retratti, con la tendenza allorizzontalizzazione del manico del martello. CARATTERISTICHE ANATOMO-CLINICHE Nelle flogosi croniche dellorecchio medio la MT sede di una perforazione di dimensioni variabili; la membrana si presenta retratta, tanto che i margini della perforazione sono adesi sul processo lungo dellincudine o sul promontorio. La perforazione in alcuni casi subtotale, permane lanulus con il manico del martello completamente esposto, orizzontalizzato, con la sua estremit a contatto con il promontorio. In principio, la perforazione riguarda la pars tensa, i margini sono circondati da un orletto sul quale si stabilisce la giunzione tra strato epiteliale esterno e strato mucoso interno (de Campora). Raramente lo strato mucoso deborda verso il condotto; pi di frequente gli elementi epiteliali oltrepassano lorletto che limita la perforazione penetrando verso la cassa per circa 0.20.3 mm. In uno studio istologico condotto su perforazioni causate da otite media, Yamashita ha osservato che la giunzione tra strato epiteliale e strato mucoso era situata in corrispondenza dei margini della perforazione in 16 casi (47%): di questi, in 14 si trattava di una perforazione centrale, mentre in 2 di una lesione in corrispondenza dellanulus (perforazione marginale). In 11 casi (32.5%) la giunzione mucoepiteliale era situata medialmente al margine della perforazione, sul versante della cassa; in sette casi si trattava di perforazioni centrali, in 4 di lesioni marginali. Nei rimanenti 7 casi (20.5%) la giunzione era localizzata lateralmente al margine della perforazione, verso il CUE; in 3 orecchi si trattava di perforazioni centrali, in 4 di marginali. Viene generalmente riconosciuto che le perforazioni marginali pi facilmente possono portare allo sviluppo di tessuto epiteliale (colesteatoma) nella cassa rispetto alle perforazioni centrali, tuttavia alcuni Autori (Ruggles, Rice) riportano una significativa incidenza (dal 45% al 72%) di formazione di colesteatoma in pazienti con perforazioni centrali della MT. Linfezione cronica della mucosa della cassa del timpano, specie se associata ad otorrea mucopurulenta, in genere responsabile della mancata guarigione delle perforazioni timpaniche; in questambito giocano un ruolo sfavorevole alcune condizioni fisiopatologiche preesistenti quali le infezioni delle fosse nasali e del cavo rinofaringeo, le flogosi e le disfunzioni della tuba (Kristensen). ASPETTI PARTICOLARI: IL COLESTEATOMA Alcune caratteristiche istologiche peculiari sono osservabili nelle perforazioni della MT nel corso di otiti medie croniche colesteatomatose. Com noto, la teoria della migrazione epiteliale spiega lo sviluppo del colesteatoma attraverso tre meccanismi principali: 37

- lepidermizzazione per atelettasia della MT - la migrazione in profondit - limpianto epiteliale diretto (traumi della rocca, colesteatoma iatrogeno) La cronica retrazione ed atelettasia della membrana timpanica, dovuta a continua pressione negativa nellorecchio medio, pu rendersi sovente responsabile dello sviluppo di un colesteatoma (Chole, Sad). Dal punto di vista istologico, la pars flaccida in genere pi spessa della pars tensa; possiede infatti meno fibre collagene e pi elementi mastocitari, inoltre presenta una maggiore cheratinizzazione. La pars tensa contiene numerosi fasci di fibre collagene, in stretto contatto tra loro con una disposizione spaziale definita, la pars flaccida viceversa caratterizzata dalla presenza di fibre collagene a disposizione pi irregolare e con legami pi lassi tra loro: la presenza di fibre di elastina riscontrabile in ambedue le parti della MT. Le flogosi e le disfunzioni della tuba di Eustachio sono la causa pi frequente di disventilazione della cassa e possono contribuire alla modificazione dellarmatura di fibre collagene della MT e alla formazione di tasche di retrazione timpaniche, in particolare a carico della pars flaccida, che costituiscono una vera e propria situazione precolesteatomatosa. Le tasche di retrazione infatti tendono progressivamente ad aderire a livello di alcune regioni specifiche della cassa: lepitimpano, la regione incudo-stapediale, il promontorio, la regione posteriore. Levoluzione colesteatomatosa deriva essenzialmente dalla perdita della caratteristica di autodetersione dellepitelio della tasca e dallaccumulo di detriti epiteliali; la crescita del colesteatoma tanto pi rapida quanto pi grande il rapporto tra il volume della tasca e la superficie del suo colletto (Wayoff ). La presenza di una perforazione della MT costituisce altres una situazione predisponente allo sviluppo di un colestetatoma: la teoria della migrazione in profondit sostiene infatti che lepitelio malpighiano penetri nellorecchio medio per invasione diretta a partire dai margini di una perforazione timpanica; perch tale situazione possa verificarsi sono necessarie tuttavia alcune alterazioni istologiche. Studi istologici su colesteatomi indotti sperimentalmente (Wright) dimostrano infatti che la migrazione epiteliale allinterno della lamina propria richiede alterazioni della lamina basale, e la conseguente penetrazione epiteliale nel versante mediale della MT presuppone uninterruzione dello strato fibroso, che in condizioni normali costituisce una valida barriera alla migrazione interna dellepitelio. Tali condizioni si verificano appunto nei casi di perforazioni timpaniche inveterate nel corso di processi flogistici cronici dellorecchio medio, caratterizzati da aspetti necrosanti e degenerativi delle strutture istologiche della MT, ed in particolare dello strato fibroso: la normale struttura compatta di tale strato diviene alterata, a questo si aggiunge lazione degli enzimi proteolitici prodotti dai fibroblasti delladiacente tessuto connettivo (Wright). Le porzioni danneggiate dello strato fibroso sono di conseguenza circondate da elementi fagocitici gigantocellulari, che delimitano soluzioni di continuo che permettono la migrazione epiteliale verso il versante mediale della MT. Ruedi ha dimostrato che gli elementi cellulari della lamina basale dellepitelio possono migrare nel tessuto connettivo sottostante con aspetti di iperacantosi, formazione di coni epiteliali e di globi cornei: tale meccanismo stato definito da Schwarz invaginazione papillare. Palva ha descritto proiezioni papillari dellepidermide che si estendevano in profondit
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nello spessore della lamina propria della MT nel corso di otiti medie croniche. In un recente studio Sano ha dimostrato uniperplasia del tessuto connettivo nella lamina propria e la degenerazione dello strato fibroso della MT in pazienti affetti da otite cronica; tali alterazioni istologiche potrebbero predisporre allo sviluppo di un colesteatoma. PERFORAZIONI DA TUBI DI VENTILAZIONE TRANS-TIMPANICI Linserzione di un tubo di ventilazione spesso utilizzata nel trattamento delle otiti medie croniche essudative che non rispondono al trattamento medico (Takahashi); il drenaggio trans-timpanico indicato in particolare quando concomita una ipoacusia medio-grave. Le caratteristiche istologiche della perforazione della MT in corrispondenza dellinserzione del tubicino riguardano principalmente la comparsa di una reazione infiammatoria con formazione di tessuto di granulazione e la migrazione del tessuto epiteliale. La presenza di tessuto di granulazione di frequente osservazione nela sede dellinserzione, tuttavia non sempre si riscontrano cellule giganti da corpo estraneo (Takahashi): linvasione di cellule epiteliali sul versante mediale della MT sarebbe invece espressione del primo stadio del fenomeno di rigetto del tubicino di ventilazione. Lassenza di elementi gigantocellulari nel tessuto di granulazione dimostrerebbe che questultimo non rappresenta una reazione da corpo estraneo nei confronti del tubicino. Inoltre, la presenza di tessuto di granulazione attorno alla perforazione della MT sembra correlata al grado di infiammazione della mucosa dellorecchio medio, nel senso che pi severa la flogosi, maggiore la quantit di tessuto osservabile in corrispondenza del tubicino. Di notevole interesse losservazione della invasione epiteliale nel versante mediale della MT: Schucknecht riferisce la migrazione dellepitelio squamoso 2 mesi e 14 mesi dopo lintroduzione del tubicino di ventilazione, al contrario Palva non osserva tale aspetto in MT con tubicino in situ da 7 e 9 mesi rispettivamente. Secondo Takahashi, la migrazione di tessuto epiteliale dipende da molteplici fattori, che comprendono la durata del trattamento con tubicino di ventilazione e i fenomeni istologici che preludono al rigetto del drenaggio stesso. Yamashita ha osservato la localizzazione della giunzione muco-epiteliale su un numero limitato di pazienti con perforazioni timpaniche da tubo di ventilazione; lAutore riferisce che in un caso esisteva uno spazio tra tubicino e margini della perforazione; in questo paziente, la giunzione muco-epiteliale era situata nel versante dellorecchio medio. Viceversa, nei restanti 5 casi, i margini della perforazione erano in stretto contatto con linserto e la giunzione mucoepiteliale era osservabile ai margini esterni della perforazione; nello studio non viene riferita la durata del trattamento con tubicino di ventilazione e, dato il ristretto numero di osservazioni, non vengono tratte conclusioni definitive. ASPETTI RIPARATIVI La percentuale di guarigione spontanea, per quanto concerne le perforazioni traumatiche di diversa origine, raggiunge il 78.7% (Kristensen). La chiusura della perforazione si completa in un periodo massimo di 10 mesi, indicando che la velocit di guarigione circa pari a 1 mese per ogni 10% di superficie timpanica lesionata, pur non esistendo dati completamente sicuri. La guarigione significativamente peggiore nelle lesioni causate dal calore e dai barotraumi violenti, cos come dalle flogosi necrosanti dellorecchio medio: in questi pazienti i danni tissutali sono p gravi e tali da compromettere in maniera significativa i meccanismi di riparazione e da favorire levoluzione verso una perforazione cronica.
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In Letteratura non si riscontrano significative differenze istomorfologiche relative alla diversa etiologia delle perforazioni timpaniche (Chole, Yamashita); dal punto di vista macroscopico, si osserva maggiore incidenza delle perforazioni marginali nelle otiti colesteatomatose rispetto alle otiti croniche semplici (de Campora). E noto daltra parte che le perforazioni marginali pi frequentemente possono portare alla crescita di tessuto epiteliale nellorecchio medio, tuttavia va considerato che esistono in Letteratura alcune esperienze che dimostrano una significativa incidenza di colesteatoma anche in pazienti con perforazioni centrali ed otorrea persistente (Rice, Yamashita). Infine, alcune caratteristiche istologiche differenziali sono state evidenziate tra perforazioni acute e croniche, in particolare per quanto concerne gli aspetti di proliferazione epiteliale e lo sviluppo di tessuto di granulazione nel contesto delle strutture connettivali (de Campora). INDICAZIONI TERAPEUTICHE La presenza di una perforazione timpanica inveterata, sia essa di origine post-traumatica, sia di origine flogistico-infettiva, che non presenti tendenza alla guarigione, pone lindicazione allintervento chirurgico di miringoplastica. La miringoplastica (MPL) finalizzata alla riparazione di lesioni della membrana timpanica che interessino i tre strati della pars tensa (perforazione completa), o di alterazioni o perdita dello strato fibroso e invaginazione come nel caso di tasche di retrazione (Danesi). Le patologie dellorecchio medio che costituiscono indicazione alla miringoplastica possono essere cos riassunte: - perforazioni post-traumatiche cronicizzate - otite mucopurulenta cronica - tasche di retrazione evolutive Le perforazioni post-traumatiche possono essere distinte in semplici, nelle quali si verifica solo una perforazione della pars tensa, o complesse, nelle quali alla perforazione timpanica si associa una lesione della catena ossiculare o della cassa. In questultimo caso lintervento riguarder anche la riparazione degli ossicini (ossiculoplastica, timpanoplastica) ed esula dalla presente trattazione. Le perforazioni post-traumatiche vengono trattate sulla base di due parametri importanti: dimensioni e durata nel tempo della lesione. Le lacerazioni semplici della membrana devono essere trattate immediatamente con medicazioni antibiotiche e riposizionamento dei margini; in caso di perforazione pi ampia, essa deve essere tenuta sotto osservazione per un periodo variabile da 1 a 6 mesi: la tendenza alla guarigione spontanea si manifesta in circa l80% dei casi. In caso di stabilizzazione della perforazione od evoluziuone verso lotite mucopurulenta cronica indicato il ricorso allintervento. La MPL costituisce la terapia delezione dellotite mucopurulenta cronica (OMPC), le finalit dellintervento sono rappresentate principalmente da: - chiusura della perforazione e protezione dellorecchio medio da fonti di flogosi e infezione esterna - arresto dellevouzione della flogosi cronica dellorecchio - recupero parziale o totale della funzionalit uditiva Esiste una serie di fattori prognostici legati allintervento di MPL, tra questi ricordiamo let, il sesso , il tipo di perforazione, la sede, le dimensioni, i ltipo di materiale usato per linnesto, la tecnica chirurgica, lesperienza del chirurgo. Un altro fattore molto dibattuto la presenza di otorrea al momento dellintervento. Alcuni
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Autori (Danesi, Mazzoni) non ritengono determinante ai fini del risultato la presenza di secrezione mucopurulenta nellorecchio, tuttavia nella nostra esperienza preferiamo eseguire la MPL a distanza di almeno 30 giorni dallultimo episodio di otorrea. Amche la normale funzionalit tubarica a nostro avviso costituisce un fattore prognostico di notevole rilevanza, tuttavia non tutti gli Autori sono concordi nel considerare completamente attendibili e indicatori di successo chirurgico i test di funzionalit tubarica comunemente eseguibili in fase preoperatoria mediante indagine impedenzometrica. Controindicazioni alla MPL sono rappresentate da flogosi in atto delle alte vie respiratorie con otorrea acuta, flogosi specifiche dellorecchio medio, deficit immunologici importanti. In et pediatrica vi sono alcuni aspetti controversi concernenti le indicazioni e il timing migliore per eseguire lintervento. Argomenti a favore della posticipazione della MPL sono costituiti dalla maggiore tendenza alla guarigione spontanea, la progressiva risoluzione di una eventuale disfunzione o di una immaturit del sistema rino-faringo-tubarico, la minore frequenza di infezioni delle VADS in et successiva. Dallaltro lato vi la preoccupazione di intervenire con tempestivit per evitare levoluzione colesteatomatosa, linsorgenza di una otorrea cronica e la progressiva compromissione della funzione uditiva. In realt riteniamo che dopo gli 8 anni le possibilit di un successo terapeutico dopo MPL siano elevate, pur rimanendo una estrema variabilit di risultati, con una percentuale che oscilla dal 40% al 90%, che deriva da alcuni fattori che influenzano la guarigione: - maturit del sistema immunitario del bambino - funzionalit tubarica - etiologia della perforazione - ampiezza - sede - presenza di otorrea pre-operatoria Un problema a parte costituito dalle tasche di retrazione, secondarie allinstaurarsi di una disventilazione e di una pressione negativa nellorecchio medio. Levoluzione di una tasca di retrazione in genere correlata alla sede: le tasche anteriori o antero-inferiori tendono a rimanere stabili e non causano deficit uditivi significativi; le tasche posteriori o postero-superiori presentano un elevato rischio di evoluzione in colestetaoma (Sad). Le indicazioni alla MPL sono quindi rappresentate dalle tasche non autodetergenti, a contatto con la parete mediale della cassa (tasche di 3-4 grado) senza significative alterazioni degli ossicini. TECNICHE CHIRUGICHE Le tecniche di MPL sono molteplici e a tuttoggi dibattute, tuttavia lanalisi dei risultati evidenzia che ogni tecnica, se adeguata e correttamente eseguita, in grado di portare a risultati positivi. Sostanzialmente, i tempi chirurgici che caratterizzano la MPL sono le seguenti: via daccesso, incisioni intrameatali e lembi, tipo di innesto utilizzato e modalit di apposizione dellinnesto stesso. Lintervento pu essere eseguito indifferentemente in anestesia locale o generale, la scelta pu essere determinata dai tempi dellintervento (non superiore, in genere, ai 60 minuti), dalle abitudini delloperatore, dalle preferenze o dalle condizioni generali del paziente. In et pediatrica lintervento viene di norma eseguito in anestesia generale. La scelta della via daccesso condizionata dalle dimensioni del condotto uditivo esterno, dalla sede e dallampiezza della perforazione. La via daccesso deve sempre consentire il completo diominio e la perfetta visibilit della perforazione (De Benedetto).
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Laccesso endomeatale di semplice esecuzione, ma riservato alle perforazioni di dimensioni limitate, in sede posteriore o paracentrale, ben visibili attraverso lo speculo. Si esegue una incisione semicircolare a circa 8 mm. dallanulus fibroso, completata da due incisioni verticali lungo lasse del condotto per facilitare lo scollamento del lembo di cute fino allanulus. Laccesso endoaurale di Shambaugh, rispetto al precedente, ha il vantaggio di assicurare una migliore visualizzazione della membrana timpanica ed meno invasivo rispetto allaccesso retroauricolare. Lincisione prevede un allargamento dello spazio intercartilagineo tra trago anteriormente ed elice posteriormente; essa deve comprendere solo gli strati cutaneo, sottocutaneo, il legamento anteriore del padiglione e il muscolo auricolare anteriore. La fascia del muscolo temporale viene conservata. Attraverso lincisione si ottiene un adeguato accessop al condotto e alla membrana, e si procede allesecuzione dellincisione endomeatale e al confezionamento dei lembi timpanomeatali. La via retroauricolare consente laccesso pi ampio, consente il dominio di tutti i tipi di perforazione ed certamente la pi usata nella pratica chirurgica. Lincisione cutanea viene condotta lungo il solco retroauricolare, viene scollato il sottocutaneo, si incide il muscolo temporale e il periostio mastoideo e si accede al condotto. Questa via consente tra laltro di eseguire con facilit il prelievo di fascia del muscolo temporale, materiale che viene comunemente usato per la ricostruzione timpanica. Il passaggio nel condotto avviene attraverso una incisione paraticata in precedenza per via endoauricolare, oppure eseguendo una incisione in questa fase per via posteriore. Per quanto concerne il tipo di innesto, il pi diffuso e utilizzato la fascia del muscolo temporale, per le sue caratteristiche tissutali e biologiche, la sua maneggevolezza, la facilit di prelievo; ad esso va la preferenza nella nostra esperienza clinica. Anche il pericondrio del trago presenta caratteristiche biomorfologiche favorevoli, tuttavia il suo utilizzo riservato per ovvi motivi alla riparazione di perforazioni timpaniche di dimensioni limitate. Il ricorso ad omoinnesti ed eteroinnesti, proposti ed utilizzati nel passato anche con successo, non pi attuale per motivi di igiene sanitaria e di profilassi infettiva, mentre sono disponibili in commercio materiali di origine sintetica. Lintervento di MPL si distingue in due modalit chirrugiche principali che differiscono per la tecnica di posizionamento dellinnesto in rapporto allanulus fibroso. Quando linnesto posizionato esternamente allanulus si fa riferimento alla tecnica extrafibrosa, overlay, onlay; viceversa, quando linnesto posizionato al di sotto dellanulus si parla di tecnica sottofibrosa, underlay. La tecnica overlay prevede lapposizione dellinnesto previa accurata disepitelizzazione dei margini della perforazione e dei residui timpanici. La complicanze pi frequenti di tale tecnica sono la lateralizzazione dellinnesto e la possibile insorgenza di un colesteatoma iatrogeno dovuto alla persistenza di residui epiteliali. La tecnica underlay comporta linserimento dellinnesto al di sotto dellanulus e del manico del martello, previa disepitelizzazione dei margini ed ispezione della faccia interna della membrana timpanica, per eliminare eventuali residui timpanici introflessi. Nella nostra esperienza tale tecnica la pi utilizzata ed quella che ci consente buoni risultati a distanza. La complicanza pi frequente della tecnica la caduta o lintroflessione dellinnesto verso la parete mediale della cassa per inadeguata aderenza ai bordi della perforazione o
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deiscenza della porzione anteriore. Per ovviare a questo inconveniente, siano soliti utilizzare materiale riassorbibile (spugna di gelatina) posto nella cassa timpanica al fine di fornire un adeguato sostegno allinnesto, in particolare nellarea dellangolo anteriore. Una variante delle tecniche di apposizione dellinnesto quella definita a Sandwich, descritta per la prima volta da Farrior. La tecnica prevede lutilizzo di due frammenti di fascia del temporale, uno apposto con tecnbica underlay e laltro, sagomato, apposto al di sopra del manico del martello che in questo modo viene a trovarsi tra due foglietti di tessuto. Altri Autori (Pagnini) con il termine tecnica a Sandwich considerano una variante della tecnica overlay, che prevede lo scollamento dello strato epiteliale della membrana timpanica e lapposizione dellinnesto tra lo strato fibroso della membrana e i lembi epidermici scolpiti in precedenza.

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OTOSCLEROSI
L. Bruschini, I. Dallan, S. Gabriele, P. Grillai, P. Bruschini.
U.O. ORL II, Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana

PREMESSE GENERALI Il termine otosclerosi usato per indicare una malattia primitiva della capsula otica, che si caratterizza per lalternanza di fasi di riassorbimento e di neoformazione di osso. Losso maturo rimosso da osteoclasti e rimpiazzato da osteoblasti, con osso pi spesso, ricco di cellule e vasi. La lesione tipica il focolaio otosclerotico, un deposito di osso neoformato con assetto fibrillare e cellulare diverso dallosso maturo. La sede pi comune dei focolai otosclerotici situata nella capsula otica, tra la coclea ed il vestibolo, nella fissula ante fenestram, al polo anteriore della finestra ovale. Il termine otosclerosi, introdotto da Politzer nel 1894, indica lo stadio finale, inattivo, della malattia, nel quale losso sclerotico ed ispessito. Il termine di otospongiosi, usato per primo da Siebemann nel 1912, si riferisce invece allo stadio attivo, ed pi appropriato dal punto di vista istopatologico, perch indica la lesione attiva presente. Il termine otospongiosi stato largamente usato in passato in Europa, mentre in Nord America era impiegatootosclerosi; attualmente la letteratura internazionale di lingua inglese utilizza preferenzialmente questo ultimo termine (Menger 2003). Lotosclerosi la malattia dellorecchio pi studiata dal punto di vista clinico ed audiologico e ha indicazioni ad una chirurgia funzionale che ha segnato la storia della microchirurgia dellorecchio medio. Scopo di questa relazione di riportare, oltre ai dati classificativi principali della malattia, linee guida, in gran parte note e condivise, utili per la diagnosi e la terapia. Indicheremo in particolare: a) i dati epidemiologici principali, b) la classificazione delle lesioni otosclerotiche stapedo-ovalari, c) la classificazione audiometrica, d) la standardizzazione della metodologia danalisi dei risultati funzionali della stapedioplastica, e) la strategia diagnostica e f ) la strategia terapeutica. DATI EPIDEMIOLOGICI Laffezione tipica dellet giovanile, manifestandosi preferenzialmente tra i 15 ed i 45 anni di vita (Davenport 1933). Lincidenza nella popolazione pediatrica (<19 anni) stimata attorno ai 3,2 casi per 100000 abitanti/anno, quella nella popolazione adulta compresa tra 6,1 e 19,2 casi per 100000 abitati/anno (Levin 1988, Cajade Frias 2003). Le manifestazioni cliniche sembrano interessare in modo quasi esclusivo la popolazione di razza bianca. In effetti prevalenza e/o incidenza della sordit otosclerotica (otosclerosi clinica) nella razza caucasica sono sensibilmente superiori a quelle che si rilevano nelle razze africana e giapponese (Ohtani 2003). Ma nei rilievi autoptici di ossa temporali (otosclerosi istopatologica), prevalenza e/o incidenza risultano sostanzialmente sovrapponibili nelle razze (Levin 1988) (Tab.1). La diversa incidenza della otosclerosi clinica ed insieme, la sostanziale analogia della otosclerosi istopatologica nelle 3 razze spiegata con la diversa localizzazione ed attivit dei focolai otosclerotici, che appaiono interessare la finestra ovale (fissula ante fenestram ed articolazione stapedo-ovalare) nella gran parte (95,1%) dei 45

soggetti di razza caucasica ed in una percentuale molto minore (38,9%) nei soggetti di razza giapponese od africana (Schuknecht 1985, Ohtani 2003) Laffezione colpisce in prevalenza le donne e in pi della met dei pazienti presente una familiarit positiva. Anche in questo caso le valutazioni cliniche dimostrano una prevalenza doppia tra le donne, mentre le indagini istologiche smentiscono in genere questo rapporto non evidenziando differenze sostanziali tra i due sessi (Altman 1967, Ohtani 2003, Emmett 1993). Si ritiene che questa differenza clinico/istologica sia causata dagli ormoni femminili; a tal riguardo sono innumerevoli i dati che dimostrano linsorgenza/aggravamento della malattia collegate allincremento degli estrogeni (pubert, gravidanza, allattamento, menopausa). I rilievi epidemiologici suggeriscono che alla manifestazione clinica della malattia, contribuiscono in modo decisivo, fattori genetici e/o ormonali in grado di condizionare lattivit e levoluzione/crescita dei focolai otosclerotici. Tab. 1 Dati epidemiologici. Epidemiologia Razza Caucasica Asiatica Sesso Uomini Donne Et Bambini Adulti Incidenza clinica Prevalenza Clinica Prevalenza Anatomo-patologica

6,1-19,2/105/anno

2,4 1,1

2,5% 2,56%

9,1/105/anno 28,6/105/anno

3,1 10,8

6,5% 12,3%

3,2/105/anno 19/105/anno

CLASSIFICAZIONE DELLE LESIONI OTOSCLEROTICHE STAPEDO-OVALARI I focolai osteodistrofici della otosclerosi interessano tutta la capsula otica, ma le localizzazioni stapedo-ovalari hanno una rilevanza particolare, perch sono in genere pi precoci e perch comportano le ben note manifestazioni cliniche. Nell80-90% dei casi il focolaio otosclerotico iniziale si sviluppa al polo anteriore della fossa ovale, nella fissula ante fenestram, pi di rado al polo posteriore o ai due poli contemporaneamente. Sono interessati progressivamente i bordi della finestra, il legamento anulare, la platina e le crura, in una variet di combinazioni che va dal piccolo focolaio promontoriale anteriore, alla completa obliterazione della finestra delle lesioni avanzate. Lindicazione delle lesioni anatomopatologiche stapedo-ovalari parte principale della descrizione dellintervento di stapedioplastica. La loro classificazione consente a tutti gli operatori, di disporre di protocolli operatori omogenei, adeguati per il confronto e la verifica dei risultati della chirurgia. La prima classificazione proposta da Bellucci nel 1958 (Bellucci 1958), distingueva 4 classi di lesioni, in relazione alla tecnica chirurgica di mobilizzazione della staffa. Nelle prime tre classi, di otosclerosi iniziale, moderatamente avanzata ed avanzata, rilevate rispettivamente 46

nel 36%, nel 41% e nel 14% dei pazienti, lintervento di mobilizzazione poteva essere eseguito correttamente, mentre lultima classe comprendente le lesioni otosclerotiche pi avanzate (9%) (obliterativa) era sfavorevole per la mobilizzazione (Tab. 2). Tab. 2: classificazione delle lesioni otosclerotiche stapedo-ovalari di Bellucci (1958). Classe 1 2 3 4 Casi operati 36% 41% 14% 9%

Otosclerosi iniziale: focolaio otosclerotico non rilevabile, platina di colore blu normale, debole fissit anteriore Otosclerosi moderatamente avanzata: del legamento anulare e dei parte della platina, che appare opaca, fissit solida anteriore. Otosclerosi avanzata: del legamento anulare, di una parte della platina e di una crus, solida fissit della parte anteriore della staffa Otosclerosi obliterativa: estesa a tutta la platina, ai bordi della finestra ovale, alle crura, oppure facciale procidente e finestra chiusa sfavorevole per la mobilizzazione.

Alla evoluzione della chirurgia stapedioplastica, hanno fatto seguito nuove classificazioni, per lesigenza di correlare in modo pi dettagliato le lesioni otosclerotiche della finestra ovale alle nuove tecniche chirurgiche (stapedectomia e/o stapedotomia). La classificazione di M. Portmann (Portmann 2000) distingue le lesioni in 5 classi. Le prime tre corrispondono sostanzialmente alle classi indicate nella classificazione di Bellucci, anche la percentuale dei casi ritrovati per ogni classe allincirca la stessa, mentre la 4 e la 5 derivano da una suddivisione della 4 classe di Bellucci, suggerita dalle diverse indicazioni della tecnica di stapedioplastica, rispetto alla mobilizzazione. Nella 4 classe ancora indicato lintervento, mentre nella 5 classe (obliterativa) che comprendeva soltanto l 1% dei pazienti lintervento di stapedioplastica controindicato.(Tab.3). Tab. 3: classificazione delle lesioni otosclerotiche stapedo-ovalari di M. Portmann. Classe 1 2 3 4 5 Casi operati 20% 50% 20% 10% 1%

Anchilosi anteriore o completa del legamento anulare Focolaio otosclerotico dell1/4 anteriore della platina, legamento anulare parzialmente o totalmente interessato Focolaio otosclerotico di platina anteriore, legamento anulare parzialmente o completamente interessato Interessamento totale della platina e dei bordi della finestra ovale , ma con interlinea articolare ancora identificabile. Otosclerosi obliterativa con finestra totalmente chiusa o ristretta tra i focolai superiore ed inferiore, che controindica lintervento di stapedioplastica.

Nel 1974 Causse ha proposto una classificazione, che distingueva 10 tipi di lesioni otosclerotica (Causse 1974). Il 1 la fissit ligamentare parziale anteriore causa, secondo lAutore, delleffetto on-off, che non ha indicazioni operatorie. Il 2,3 e 4 corrispondono allincirca alla 1 e 2 classe della classificazione di M. Portmann ed il 5 ed il 6 alla 3
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classe. Il 7 ed il 9 rientrano sostanzialmente nella 4 classe della classificazione di M. Portmann, mentre l8 ed il 10 possono esseri assimilati alla 5 classe obliterativa. Anche le percentuali di pazienti nelle classi di lesione cos assimilate, corrispondono nelle due classificazioni (Tab. 4). Tab. 4: classificazione delle lesioni otosclerotiche stapedo-ovalari di Causse 1974. Classi 1 Casi operati Otosclerosi non documentabile, anchilosi parziale del legamento anulare anteriore, riflesso stapediale on-off , non ha indicazioni operatorie. 40% 1% 4% 20% 1% 15% 10% 5% 1% Focolaio otosclerotico anteriore, resto della platina normale, indicazione alla emiplatinectomia posteriore. Focolaio otosclerotico posteriore Focolaio otosclerotico bipolare, anteriore e posteriore con platina intercrurale normale Anchilosi del legamento anulare e platina totalmente opaca interessata dalla otosclerosi Anchilosi del legamento anulare, platina interessata ma con parte centrale sottile Otosclerosi della platina che spessa ed opaca ben delimitabile dai bordi della finestra ovale e legamento anulare intatto Lesione obliterativa della finestra ovale con platina spessa senza margini articolari identificabili Fossa ovale ristretta, bordi interessati per i 2/3 della circonferenza, platina spessa Fossa ovale ristretta bordi e platina coinvolti

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CLASSIFICAZIONE AUDIOMETRICA La classificazione di Shambaugh (e/o di Aubry nella letteratura francese) lunica classificazione di riferimento della audiometria della otosclerosi. Essa distingue, come noto, la sordit otosclerotica in 4 stadi diversi di gravit. (Tab. 5). Tale classificazione utile nella didattica e nella ricerca epidemiologica e clinica, per indicare la evoluzione della sordit, in relazione alla prevalente localizzazione e/o alla progressiva diffusione della malattia dalla finestra ovale allorecchio interno, non ha alcuna correlazione con la gravit e la evoluzione anatomopatologica delle lesioni otosclerotiche stapedoovalari. Secondo la nostra esperienza la classificazione di M. Portmann identifica, in modo sufficientemente corretto, le diverse lesioni otosclerotiche stapedo-ovalari ed ha le caratteristiche di semplicit necessarie per essere adoperata routinariamente nei protocolli operatori della stapedioplastica. Per questo labbiamo inclusa in un nostro protocollo informatizzato di archivio.
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Tab. 5: Stadi audiometrici della otosclerosi secondo Shambaugh Stadi audiometrici 1 VO normale o con tacca di Carhart a 2 kHZ. VA non superiore a 45-50 dB, con curva di soglia in salita dai toni gravi agli acuti. VO in discesa sui toni acuti (> 20-30 dB a 2 e 4 kHz). VA intorno ai 60 dB lineare od inclinata su tono acuti. VO in discesa si toni acuti con soglia dei 1-2 e 4 kHz a uguale od inferiore a 40dB. VA con caratteristiche analoghe, gap pi o meno grande. Soglia della VO totalmente al di sotto dei 40 dB. Gap pi o meno grande

STANDARDIZZAZIONE DELLA METODOLOGIA DI ANALISI DEI RISULTATI FUNZIONALI DELLA STAPEDIOPLASTICA La metodologia di analisi dei risultati funzionali della chirurgia stapediale si basa comunemente sul confronto delle medie in dB delle soglie dei toni puri per via ossea (VO) ed aerea (VA) preoperatorie e postoperatorie sulle frequenze da 0,5 a 4 kHz. Vengono in genere riportate le differenze tra le soglie, il gap residuo medio postoperatorio e/o i range di gap residuo postoperatori (0-10dB, 11-20, ecc), nei quali si colloca il risultato ottenuto. Un problema metodologico la variabilit delle frequenze considerate per la misura delle soglie, nelle diverse casistiche. Nelle maggior parte delle casistiche pubblicate negli ultimi 5 anni sono prese in esame gli 0,5-1 e 2 kHz, ma in alcune sono inclusi anche i 3 e/o i 4 kHz (Bulman 2000). Altre variabili metodologiche, come il follow up o la misura del gap residuo postoperatorio in base alla VO preoperatoria, rendono non confrontabili i risultati di molte casistiche. La standardizzazione di questa metodologia stata effettuata dal Committee on Hearing and Equilibrium dellAmerican Academy of Otolaryngology (AAO-HNS) nel 1995, indicando le linee guida per la valutazione dei risultati del trattamento delle sordit di trasmissione (AAO-HNS 1995). Vengono distinti 2 livelli di linee guida: il 1 livello si propone di standardizzare la metodologia di analisi dei dati elaborati dai chirurghi, per riportare i risultati della tecnica chirurgica, il 2 livello si propone di standardizzare la metodologia di analisi dei dati crudi,che consentono un trattamento statistico pi preciso e la metaanalisi. Il Comitato raccomanda di prendere in esame le frequenze di 0,5, 1, 2 e 3 kHz, sottolineando come linclusione dei 3 kHz rifletta limportanza delle alte frequenze nella comprensione della parola, che lo scopo principale dellintervento chirurgico. La misura della soglia deve essere dunque effettuata ad intervalli di ottava per la VA da 0,5 a 8 kHz, e per la VO da 0,5 a 4 kHz, aggiungendo la misura dei 3 kHz. La media delle soglie in dB delle 4 frequenze arrotondata al numero intero pi vicino. La misura del gap VA-VO si ottiene sottraendo dalla media della VA, la media della VO (Tab. 6)

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Tab. 6: Audiometria e metodologia di analisi dei risultati della stapedioplastica. Misura della soglia dei toni puri Per la VA da 0,5 a 8 kHz. Ad intervalli di ottava, compresi i 3 kHZ. Per la VO da 0,5 a 4 kHZ. Ad intervalli di ottava, compresi i 3 kHz. Per lanalisi dei risultati devono essere valutate le soglie della VO e VA a 0,5-1-2 e 3 kHZ. La soglia della VO e della VA preoperatoria e postoperatoria devono essere confrontate in ogni singolo esame (evitando il confronto della VA postoperatoria con la VO preoperatoria) La soprachiusura od il peggioramento della VO postoperatoria sono misurate a 1-2 e 4 kHZ. Differenza media tra VA e VO(media in dB delle 4 soglie 0,5-1-2-3 kHz. arrotondata al numero intero pi vicino) 0-10 dB, 11-20 dB, 21-30 dB, > 30dB Per la misura delle variazioni della VO postoperatoria (soprachiusura o peggioramento): > 6 settimane. Per la valutazione dei risultai: > 1 anno

Frequenze considerate Confronto delle soglie

Valutazione della VO postoperatoria Gap medio

Sezioni di gap medio Distanza di tempo dallintervento

Il Comitato raccomanda inoltre di misurare ogni volta la VO e la VA preoperatoria e postoperatoria, e di calcolare le medie su ogni singolo esame, escludendo la pratica di confrontare la VA postoperatoria con la VO preoperatoria. Lintervento di stapedioplastica pu determinare un miglioramento della VO dovuto al fenomeno di Carhart (c.d. soprachiusura), od anche un peggioramento per danno labirintico. La soprachiusura od il peggioramento si devono misurare facendo la differenza tra VO preoperatoria e postoperatoria alle frequenze di 1-2 e 4 kHz (media dei valori in dB alla tre frequenze). In questo modo la soprachiusura dar numeri positivi, mentre il peggioramento dar numeri negativi. Per riportare questi valori la soglia postoperatoria pu essere misurata dopo 6 settimane od oltre dallintervento. Tab. 7: Modalit di indicazione dei risultati (AAO-HNS 1995) Risultati riportati 1)Di ogni risultato riportato deve essere indicata la media, la deviazione standard ed il range di variazione 1 livello 1) DB di Gap VA-VO postoperatorio residuo 2) DB dichiusura del gap VA-VO. 3) DB di variazione della VO postoperatoria rispetto alla preoperatoria a 1-2-4-kHz. Soglie preoperatorie e postoperatorie per la VO ad intervalli di ottava da 0,5 a 4 kHz compresi i 3 kHz.Soglie preoperatorie e postoperatorie per la VA ad intervalli di ottava da 0,5 a 8 kHz. compresi i 3 kHz

2 livello

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Il numero di dB di chiusura del gap VA-VO determinato sottraendo dal gap VA-VO preoperatorio, il postoperatorio. Se il gap VA-VO viene riportato anche in sezioni, devono essere indicate le sezioni di 0-10 dB, 11-20 dB, 21-30 dB e > 30 dB. Per riportare i risultati secondo il 1 livello di queste linee guida devono essere indicate la media, la deviazione standard ed il range di: 1) Gap VA-VO postoperatorio 2) Numero di dB di chiusura del gap VA-VO 3) La variazione in dB della VO postoperatoria rispetto alla preoperatoria a 1, 2 e 4 kHz. Per i primi due risultati devono essere valutati audiogrammi eseguiti a distanza di 1 anno od oltre dallintervento, mentre per il terzo risultato pu essere valutato laudiometria eseguite dopo 6 o pi settimane dopo lintervento (Tab.7). Per riportare i risultati secondo il 2 livello delle linee guida devono essere indicate le soglie della VO e della VA preoperatorie e postoperatorie da 0,5 a 8 kHz compresi i 3 kHz per la VA e da 0,5 a 4 kHz compresi i 3 kHz per la VO. La valutazione dei risultati funzionali con metodiche di audiometria vocale, pur essendo importante nella ricerca clinica, per determinare il miglioramento della comprensione della voce e del linguaggio, non fa parte degli scopi di queste linee guida. STRATEGIA DIAGNOSTICA La diagnosi di otosclerosi incudo-stapediale si basa essenzialmente sullesecuzione di indagini audio-impedenzometriche in pazienti con elevato sospetto clinico. Lanamnesi riveste, come sempre, un ruolo fondamentale; tipicamente il paziente riferisce la presenza di ipoacusia progressivamente ingravescente, bilaterale (70%-80% dei casi) e spesso asimmetrica (Menger 2003). Lipoacusia presenta un peggioramento in concomitanza di condizioni ormonali particolari (gravidanza, allattamento, assunzione di contraccettivi orali). La valutazione obiettiva generalmente povera di informazioni dimostrando nella maggior parte dei pazienti una membrana timpanica normale. In alcuni soggetti si osserva la macchia o chiazza rosea di Schwartze (piccola area rossastra promontoriale visibile in trasparenza attraverso la membrana), espressione di un focolaio otosclerotico attivo. Da un punto di vista sintomatologico il 65% dei pazienti riferisce la presenza di acufeni, che talora possono addirittura anticipare la comparsa dellipoacusia (Gristwood 2003). Disturbi di tipo statocinetico sono riferiti da una percentuale di pazienti compresa tra il 10 ed il 30% (Hulk 1950). Tab. 8 Protocollo diagnostico nel paziente affetto da otosclerosi Esame Audiometria tonale liminare Audiometria vocale Audiometria vocale per via ossea Impedenzometria Ricerca del riflesso stapediale Valutazione vestibolare HR-TC delle rocche petrose Scintigrafia ossea con Tc99m-MDP Indicazioni-risultati Classificazione stadi audiometrici (Shambaugh-Aubry) Valutazione della riserva cocleare Controllo del risultato funzionale nellimmediato periodo postoperatorio Timpanogramma di tipo A a basso gradiente RS assente, RS on-off parziale o completo nelle forme iniziali Disequilibrio, VPP, segni di interessamento labirintico in una percentuale compresa tra il 6 ed il 30% Interventi di revisione, valutazione delle complicanze postoperatorie, diagnosi delle forme avanzate Misura della attivit dei focolai otosclerotici. Valutazione della efficacia della terapia medica
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Abbreviazioni: VPP-vertigine parossistica posizionale; HR-TC-TC ad alta risoluzione

Laudiometria tonale liminare rileva una sordit trasmissiva o mista di varia gravit a seconda dello stadio della malattia (Stadi audiometrici di Shambaugh). Laudiometria vocale un buon indice della entit della compromissione labirintica e della capacit di comprensione delle parole nei vari stadi. Laudiometria vocale per via ossea indicata per valutare lintegrit labirintica nellimmediato post-operatorio dopo stapedioplastica (Bernasconi 1995). Per la diagnosi di certezza indispensabile lesame timpanometrico che indica un tracciato di tipo A con basso gradiente e lesame del riflesso stapediale che indica lassenza del riflesso controlaterale (e ipsilaterale). La presenza delleffetto ON-OFF (piccola deflessione positiva della linea di registrazione del riflesso stapediale allinizio ed alla fine dello stimolo acustico) si rileva nel 3,6%-18% dei casi di otosclerosi iniziale (Bruschini 1980). La valutazione vestibolare classica trova scarso impiego diagnostico anche se in una percentuale di casi compresa tra il 6 ed il 30% in grado dimostrare un interessamento labirintico (ipo-areflessia). Da taluni stato osservato che il reperto di iperreflessia (espressione di uno stato irritativo delle strutture labirintiche) abbia un valore prognostico negativo per quanto riguarda loutcome funzionale dellintervento (Bernasconi 1995). Diverso discorso riguarda la valutazione post-operatoria; segni di interessamento cocleovestibolare sono presenti in una percentuale variabile compresa tra lo 0 ed il 5%, essendo pi frequenti nei pazienti operati di stapedectomia rispetto agli operati di stapedotomia (Balli 1998). La TC delle rocche petrose consente di identificare le aree di rarefazione e di addensamento tipiche dellosso otosclerotico, ma non ha sufficiente accuratezza per valutare lentit delle lesioni anatomo-patologiche stapedo-ovalari, utile ai fini chirurgici. La TC utile negli interventi di revisione, per valutare la posizione della vecchia protesi ed in alcuni casi di complicanze postoperatorie (protesi lunga, fistola perilinfatica, granuloma). In questi ultimi la diagnosi TC indispensabile per decidere il reintervento precoce (v. complicanze postoperatorie). Nelle forme cocleari pure e negli stadi di lesioni otosclerotiche avanzate (Far Advanced Otosclerosis), dove il danno percettivo predominante e la valutazione audioimpedenzometrica non permette una diagnosi di certezza, la TC in grado di indicare dettagli anatomici utili per la diagnosi, come la demineralizzazione pericocleare e le alterazioni densitometriche della capsula otica. (Valvassori, 1993). La risonanza magnetica ha un ruolo di minore importanza rispetto alla TC, ma pu essere indicata per valutare il labirinto membranoso (valutazione pre-impianto cocleare, detezione di eventuali malformazioni associate dellorecchio interno, iniziali ossificazioni cocleari, valutazione di unipoacusia neurosensoriale insorta dopo stapedectomia). La SPECT cranio-ossea con Tc-medronato consente, attraverso la valutazione dellindice di captazione (rapporto tra lattivit media della regione delle rocche petrose e lattivit media dellosso occipitale), di individuare i focolai otosclerotici e di quantificarne lattivit. stato inoltre evidenziato come i risultati della SPECT siano in accordo sia con gli studi istologici, che con laspetto evolutivo della malattia; la metodica stata inoltre utilizzata per monitorare lefficacia della terapia medica con floruro di Sodio. (Tab.8) STRATEGIA TERAPEUTICA La terapia medica dellotosclerosi si avvale principalmente di due farmaci: il Fluoruro di Sodio (NaF) ed i bifosfonati. Il primo stato utilizzato da numerosi autori con risultati spesso discordanti (Kerr 1989, Oberascher 1992). Si ritiene che il suo meccanismo di azione sia legato ad un effetto antiproteolitico, verosimilmente rivolto contro la tripsina (Causse 1993). stato dimostrato che dosi moderate di NaF (15-45 mg/die) possano favorire la trasformazione dei focolai attivi in focolai inattivi, stabilizzando il danno neurosensoriale.
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Tale osservazione stata dimostrata anche con studi radiologici (Shambaugh 1980). Causse ha consigliato un trattamento con 15-20 mg al giorno per 5 giorni alla settimana nei pazienti adulti con componente cocleare molto attiva; come terapia di mantenimento, finch la malattia non si stabilizza (condizione dimostrata dalla presenza di una via ossea stabile per 2-4 anni), la dose giornalier compresa tra i 15 ed i 20 mg. Nelle forme cocleari pure e nei pazienti candidati allintervento che presentano una componente cocleare progressiva il dosaggio giornaliero compreso tra 3 e 10 mg; anche in questo caso il trattamento prolungato per diversi anni. I pazienti operati che presentano un deterioramento cocleare progressivo sono trattati con 20 mg/die per almeno 2 anni. Nei bambini sono prescritti dosaggi minori (2mg/die) per non interferire con la crescita (Causse 1993). (Tab. 9) Il Fluoruro di Sodio un farmaco generalmente ben tollerato; la gastralgia rappresenta probabilmente leffetto collaterale pi frequente e di solito viene facilmente controllato con lassunzione contemporanea di carbonato di calcio. Altri effetti collaterali riportati, sia pure molto raramente, sono le reazioni allergiche e lesacerbazione di manifestazioni artritiche. La fluorosi rappresenta la complicanza pi temuta; lutilizzo di basse dosi di farmaco ed una stretta sorveglianza scheletrica (mediante lesecuzione di radiografie del bacino) permettono di ridurre al minimo linsorgenza di questa condizione. Causse ha suggerito anche lutilizzo dei bifosfonati (aciso alendronico, acido etidronico), in analogia alla terapia dellosteoporosi, nei pazienti che non possono assumere NaF. Il loro razionale duso legato alleffetto stabilizzante che queste molecole hanno sullattivit di ricambio osseo; sembra infatti che la loro assunzione sia in grado di favorire la formazione di osso stabile (Stutzmann 1985). Tuttavia alcuni autori riportano risultati non confortanti, mentre altri sconsigliano caldamente questo tipo di trattamento (Boumans 1991, Kennedy 1993). Tab. 9 Terapia medica con Fluoruro di Sodio: indicazioni e dosaggi Autore Causse, Shambaugh, Bretlau Dosaggio 20mg/die/5gg/sett 20 mg/die 15-20 mg/die 2mg/die 3-10 mg/die Indicazione Otosclerosi avanzata concomponente cocleare attiva e progressiva Pazienti operati con componente cocleare progressiva Dose di mantenimento Bambini Otosclerosi cocleare pura o terapia pre-operatoria in presenza di deterioramento cocleare progressivo

TERAPIA CHIRURGICA La chirurgia la terapia preferenziale dellotosclerosi clinica, perch risolve la sordit ed evita il progressivo deterioramento dellorecchio interno. Nellotosclerosi bilaterale lintervento eseguito nellorecchio pi sordo. Lintervento sul secondo orecchio indicato dopo almeno 1 anno dal primo intervento. Lintervento sempre indicato, in ogni stadio audiometrico della malattia, compresi quelli pi avanzati, con il duplice intento di arrestare la progressione della malattia e di facilitare lutilizzo delle protesi acustiche. Lintervento
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per altro, non presenta maggiori difficolt tecniche in questi stadi, poich non c relazione tra lo stadio audiometrico e la gravit della lesione otosclerotica stapedo-ovalare. In una sordit otosclerotica grave-profonda (stadio 4 di Shambaugh) si pu rilevare operatoriamente un focolaio otosclerotico stapedo-ovalare iniziale (classe 1 o 2 di Portmann) (Bernasconi 1995, Bruschini 1980, De Bruijn 2001). La chirurgia della otosclerosi unilaterale da sempre oggetto di discussione tra chi sostiene lopportunit di operare sempre e precocemente, per evitare il decadimento cocleare e chi preferisce attendere valutando nel tempo levoluzione della curva audiometrica. Nella decisione rilevante la presenza fastidiosa di acufeni, che aumentano la motivazione del paziente (Bernasconi, 1995). E altrettanto controversa lindicazione ad operare lunico orecchio udente, anche se levoluzione tecnologica ha allargato il numero dei chirurghi favorevoli. Un caso particolare la sordit totale, complicanza della chirurgia effettuata in un orecchio. Le indicazioni allintervento nellorecchio controlaterale debbono essere valutate in relazione allo stadio audiometrico ed alla progressione della malattia. Se la sordit nellunico orecchio udente grave-profonda lintervento indispensabile. Una opzione nei casi pi gravi la chirurgia di impianto cocleare. Con linnalzamento dellet media di sopravvivenza, si spostata in alto let massimale dellintervento, che si colloca oggi intorno agli 80 anni. Contribuisce a questa indicazione la relativa semplicit dellintervento e del postoperatorio (intervento di breve durata, in anestesia locale, postoperatorio generalmente privo di complicanze). Non stata evidenziata una maggior suscettibilit al trauma chirurgico dellorecchio interno dellanziano (Salvinelli 2003, Ayache 2003). Tab. 10 Terapia chirurgica: topics and highlights Topics Stadio audiometrico Lesione stapedo ovalare Sordit unilaterale, unico orecchio udente Stapedioplastica nellet infantile Et massimale Tecnica chirurgica Highlights Chirurgia indicata in ogni stadio ed in specie nei pi avanzati Chirurgia controindicata nelle lesioni obliterative Motivazione del paziente, progressione rapida della sordit, presenza di acufeni invalidanti Risultati funzionali sovrapponibili a quelli degli adulti Intorno a 80 anni Stapedotomia, stapedectomia nella frattura platinare accidentale

Leta minimale in cui intervenire non indicata con precisione. Lotosclerosi infantile si manifesta entro i 18-19 anni ed operata con le stesse indicazioni dellotosclerosi delladulto, con risultati funzionali sovrapponibili (Robinson 1983, De La Cruz 1999). Tutti i soggetti pediatrici debbono essere studiati preoperatoriamente con una TC alla scopo di evidenziare eventuali anomalie dellorecchio medio ed interno (comunicazioni tra spazio subaracnoideo e perilinfatico a livello del fondo del condotto uditivo interno) che possano favorire linsorgenza di complicanze intraoperatorie (gusher). Alla tecnica chirurgica di stapedectomia attuata per primo da Shea nel 1958 si affiancata per merito dello stesso Autore, la tecnica di stapedotomia (1962).
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La controversia tra i fautori delluna o dellaltra tecnica di stapedioplastica continuata fino agli inizi degli anni 80 (Mc Gee 1981, Fisch 1982). Attualmente c un largo consenso nel considerare la stapedotomia la tecnica preferenziale. In Inghilterra l81,3% dei chirurghi considera la stapedotomia la tecnica di prima scelta, mentre solo il 18,7% impiega la stapedectomia, come prima opzione chirurgica (Raut 2002). TECNICA CHIRURGICA: ESPERIENZA PERSONALE La chirurgia stapedioplastica (stapedectomia e stapedotomia) largamente codificata nelle sue varianti tecniche ed in relazione alle diverse microprotesi impiegate per la ricostruzione. Mi limiter pertanto ad indicare le nostre scelte tecniche principali, rimandando al filmato per i dettagli. Il regime di ricovero il ricovero ordinario della durata di 2-4 giorni, nel decorso postoperatorio normale. Escludiamo il regime di day surgery o di one day surgery insufficienti, a nostro parere, ad un adeguato controllo postoperatorio dellintervento. Lanestesia locale utilizzata di norma nei nostri interventi. Lanestesia generale impiegata solo se richiesta dal paziente. La via di accesso canalare attraverso lo speculo (speculi chirurgici 4-8 mm a seconda delle dimensioni del CUE) bloccato al portaspeculo, (portaspeculo a braccio telescopico) connesso al tavolo operatorio. Lo speculo bloccatoconsente di operare con le due mani. Accesso osseo con fresa tagliente (2mm) montata su manico curvo per ridurre lo spessore della cornice timpanica. Courette per completare la demolizione della cornice nell1/5 postero-superiore. La corda del timpano liberata dal suo attacco osseo e spostata in basso. La sua integrit mantenuta in quasi tutti i casi. Il tempo stapediale condotto con 3 modalit diverse a seconda della anatomia della fossa ovale, della posizione del nervo facciale e dellarea platinare a cui possibile accedere. 1) Se lo spazio tra crus posteriore e canale del nervo facciale sufficientemente ampio, laccesso allarea platinare agevole. In tal caso pratichiamo il foro platinare e posizioniamo la protesi, prima di asportare la sovrastruttura della staffa (tecnica di stapedotomia a Tempi invertiti). Tale procedura ha il vantaggio di consentire la creazione del foro platinare in condizioni di sicurezza, prima della sezione delle crura ed un pi sicuro posizionamento della protesi sulla lunga apofisi dellincudine, ancora fissata alla sovrastruttura della staffa. E la tecnica che preferiamo e che attuiamo nella maggior parte degli interventi. 2) Se lo spazio tra crus posteriore (e/o sovrastruttura della staffa) e canale del nervo facciale ridotto o inesistente, laccesso alla platina non possibile. E dunque necessario asportare la sovrastruttura della staffa, per accedere alla platina, praticare il foro platinare e posizionare la protesi (tecnica di stapedotomia a tempi classici) 3) Se lo spazio ridotto, ma la sezione della sola crus posteriore consente un accesso alla platina sufficientemente ampio, pratichiamo il foro platinare conservando lintegrit della crus anteriore. E una procedura intermedia tra le due precentemente indicate (vedi filmato). Sezione della crus posteriore: pu essere praticata, con microforbici o con microfresa tagliente (0,5 mm), o con uncino curvo, in un punto prossimale alla platina per ridurre il rischio di mobilizzazione. Sezione della crus anteriore ed asportazione della sovrastruttura: dopo la sezione della crus posteriore con un microuncino viene disarticolato il capitello della staffa dallosso lenticolare. Con il solito uncino si frattura la crus anteriore spingendo sul capitello medialmente (verso la tuba). La pressione in avanti (verso il promontorio) comporta maggiori rischi di mobilizzazione platinare.
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Foro platinare: praticato verso il bordo posteriore della FO, con microfresa a basso numero di giri, con punta diamantata di 0,5 mm. Protesi: Non misuriamo la lunghezza della protesi. Utilizziamo un pistone di teflon e titanio (diametro 0,4 mm.) con due lunghezze standard (5,50 mm e 5,75 mm). Con queste due protesi operiamo la quasi totalit dei pazienti. Solo in rari casi, per le lunghezze maggiori, utilizziamo un pistone dello stesso materiale e diametro, che pu essere tagliato alla lunghezza desiderata. Posizionamento della protesi: la micropinza autostatica facilita la manovra. Obliterazione della FO: Al termine della ricostruzione obliteriamo con cura la FO con una goccia di sangue coagulato e con 2-3 piccoli frammenti di gelfoam, per evitare il rischio della fistola perilinfatica. La frattura platinare: nel praticare il foro platinare, alcune platine sottili possono fratturarsi in 2 o pi frammenti. E una complicanza operatoria seria, poich la caduta di frammenti nel labirinto pu comportare vertigine e perdita neurosensoriale grave. Utilizzando microuncini retti e curvi asportiamo tutti i frammenti platinari. Si realizza cos una stapedectomia totale o subtotale. La ricostruzione effettuata con lembo di pericondrio del trago e tubetto di teflon di 3,5 mm (Tubo di Shea). (vedi filmato). Nei nostri interventi la stapedectomia totale o subtotale riservata esclusivamente alla soluzione di questa complicanza operatoria. La mobilizzazione platinare pu intervenire a) nella creazione del foro platinare con crura integre (tecnica dei tempi invertiti). In tal caso si realizza una involontaria mobilizzazione della staffa, con la quale si conclude lintervento. b) nella creazione del foro platinare dopo lasportazione della sovrastruttura della staffa (tecnica dei tempi classici). In tal caso, se la platina rimane ancorata al legamento anulare senza rischi di caduta nel labirinto, concludiamo lintervento obliterando la FO con gelfoam, rimandando ad un reintervento a distanza di un anno, leventuale stapedotomia. Se la platina poco ancorata, non c alternativa alla delicata manovra di perforazione del bordo promontoriale della FO ed alla estrazione della platina con microuncini attraverso tale accesso. c) la mobilizzazione pu intervenire nella sezione delle crura, con foro platinare e pistone gi posizionato. In tal caso evitiamo di completare la crurotomia lasciando la sovrastruttura della staffa distaccata e leggermente lussata dalla articolazione con lincudine. Se lesito funzionale a distanza di tempo insoddisfacente indicato il reintervento a distanza di 1 anno per leventuale crurotomia. Il decorso postoperatorio normale pu essere asintomatico o comprendere i sintomi della stimolazione labirintica causata dal microtrauma: A) Sintomi dello stimolo vagale come la nausea ed il vomito, possono iniziare anche durante lintervento e continuare per alcune ore. La conclusione entro le prime 12-24 ore da considerarsi normale. B) Analogamente la vertigine lieve (rotatoria oggettiva nei movimenti del capo e/o la instabilit nella deambulazione) relativamente frequente nei primi 2 giorni postoperatori (25-30% degli operati), per diminuire sensibilmente nei 3-5 giorni successivi (10%). Dopo un mese si riscontra soltanto nell1% degli operati, pur in presenza di un buon risultato uditivo. Invece una vertigine postoperatoria intensa e persistente indica un disturbo labirintico grave (fistola labirintica, labirintite, danno del labirinto membranoso), che pu associarsi ad una perdita acustica neurosensoriale e necessita di trattamento patogenetico (v. complicanze). C) Gli acufeni, se presenti, non sono indice di complicanza labirintica e tendono ad attenuarsi nel postoperatorio. Alcuni pazienti lamentano la sensazione di orecchio morto o di orecchio chiuso, oppure la sensazione sgradevole di eco o di amplificazione, allatto
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dellasportazione della medicazione esterna (3giornata dopo lintervento). In questi casi si pu rassicurare il paziente dicendo che ludito si assester definitivamente dopo un mese. Complicanze postoperatorie: La perdita neurosensoriale grave (labirintizzazione) accompagnata spesso da iperacusia, acufeni e vertigine, ha una incidenza di 0,2% anche nelle mani dei chirurghi pi esperti. In genere si verifica entro le prime 3 settimane dopo lintervento; dopo il primo mese il pericolo quasi nullo. Tra le cause principali si ricordano: A) il trauma chirurgico (danno al labirinto membranoso con rottura del sacculo, aspirazione dei liquidi labirintici), B) la protesi lunga (con conseguente danno dellutricolo o del sacculo), C) la fistola perilinfatica (protesi corta, foro platinare grande), D) il granuloma di riparazione e E) linfezione. In circa la met degli operati non comunque identificabile la causa della labirintizzazione (Mann 1996). La terapia di sostegno cocleare deve essere attuata precocemente, ai primi segni di labirintizzazione. Generalmente sono indicati antibiotici, vasodilatatori e cortisonici a dosi piene per infusione. Le indicazioni ad un reintervento in urgenza vengono poste solo se la TC ad alta risoluzione dellosso temporale consente di rilevare complicanze chirurgiche (protesi lunga, fistola perilinfatica, granuloma di riparazione) (Mann 1996). In assenza di tali riscontri TC indicata la sola terapia medica. La sindrome della fistola perilinfatica caratterizzata da sordit neurosensoriale, vertigini ed acufeni ad andamento fluttuante. La diagnosi si basa sul test della fistola e sullesecuzione di unla TC ad alta risoluzione dellosso temporale (Pickuth, 2000). Allatto si osserva la presenza di liquido sulla finestra ovale attorno alla protesi. La fistola perilinfatica chiusa con piccoli lembi di muscolo o vena. Il granuloma di riparazione la reazione flogistica dellorecchio medio ai materiali posti sulla finestra ovale. Si pu avere sia nella stapedotomia (incidenza 0,07%) che nella stapedectomia (incidenza 0,1%); pi frequente se si utilizza gelfoam o grasso. Determina ipoacusia mista, instabilit e senso di ovattamento. La membrana timpanica arrossata dopo 1-2 settimane dallintervento. Per la diagnosi necessaria la TC ad alta risoluzione (Pickuth, 2000). E indicato il reintervento per la rimozione del granuloma ed il posizionamento di una nuova protesi, che permette la stabilizzazione od il miglioramento della soglia uditiva nei 2/3 degli operati, mentre l1/3 va incontro ad una sordit profonda. Le infezioni dellorecchio medio e/o esterno sono pi facili nelleczema, ma del tutto eccezionali se il paziente viene preparato correttamente allintervento (buona pulizia del condotto uditivo e profilassi antibiotica). La vertigine ha cause diverse, alcune innocue, che si risolvono rapidamente e non compromettono il risultato uditivo, altre gravi che necessitano di terapia patogenetica e spesso comportano la perdita neurosensoriale grave. A) Labirintite asettica da contaminazione dei liquidi labirintici (sangue, polvere dosso, talco). E rilevabile il nistagmo spontaneo e/o latente battente verso lorecchio operato. I sintomi durano in genere 3-4 giorni e si risolvono spontaneamente. B) Labirintite asettica da cause meccaniche e/o traumatiche (retrazione della membrana timpanica, protesi lunga, trauma acustico nellimmediato post-operatorio). Si ha aumento della pressione dei liquidi labirintici ed una vertigine che pu durare 1-2 mesi. Lesito un deficit labirintico periferico permanente asintomatico per compenso vestibolare centrale, non necessariamente associato a peggioramento delludito. C) Diminuzione della pressione dei liquidi labirintici dovuta ad una fistola perilinfatica (protesi corta, foro platinare grande). Il quadro vestibolare caratterizzato allinizio dal segno della fistola. La comparsa di nistagmo spontaneo deficitario indica la complicanza del danno cocleo-vestibolare grave. D) La caduta di grossi
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frammenti di platina fluttuanti nel labirinto provoca un danno dellutricolo e/o del sacculo con conseguente labirintizzazione. Frammenti piccoli causano una vertigine parossistica benigna. E) La labirintite settica, legata ad una contaminazione batterica,;se non adeguatamente trattata evolve nella labirintizzazione. La disgeusia e lageusia per stiramento o sezione della corda tympani. La disgeusia, anche se transitoria, avvertita in modo pi fastidioso della stessa ageusia permanente.

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LA PARALISI DEL NERVO FACCIALE DA CAUSA NON NEOPLASTICA


P. Laudadio - M. Grimaldi
Dipartimento Chirurgico U.O.C. di ORL - Ospedale Maggiore - Bologna

INTRODUZIONE E PREMESSE GENERALI Numerose condizioni patologiche possono provocare lesioni acute o progressive del nervo facciale con sofferenze del nervo talora rapidamente evolutive verso un danno anatomofunzionale che pu diventare irreversibile. Queste patologie possono interessare primariamente il nervo facciale (N.VII) oppure coinvolgere il nervo secondariamente. Sotto laspetto clinico il sintomo pi eclatante, espressione spesso di una sofferenza acuta del nervo, rappresentato dalla paralisi facciale. La paralisi del N. VII di gran lunga la pi frequente di tutti i nervi cranici e periferici. Essa colpisce in modo acuto lespressione volontaria ed emotiva della faccia, i meccanismi della masticazione e della parola, il senso del gusto e i meccanismi protettivi dellocchio. Queste condizioni patologiche associate alla deformit cosmetica vengono vissute dal paziente con drammaticit e con delicati risvolti psicologici. La nostra trattazione riguarder la paralisi facciale di origine non neoplastica con lintento di fornire dei riferimenti classificativi e dei protocolli diagnostici e terapeutici. RIFERIMENTI ANATOMICI Il nervo facciale (N.VII) un nervo misto e contiene circa 10.000 fibre nervose, di cui 7.000 sono motorie e 3.000 sono sensoriali e sensitive. Esso si caratterizza per lunione di due nervi differenti: uno motorio (nervo facciale propriamente detto) e laltro sensitivo (nervo intermediario di Wrisberg). Il nervo facciale propriamente detto contiene (Fontane, 1996): neurofibre motrici destinate soprattutto ai muscoli cutanei della faccia e del collo, che controllano la mimica, e altre fibre per muscoli pi profondi (ventre posteriore del muscolo digastrico, muscolo stilo-ioideo, muscolo stapediale, muscolo elevatore del velo palatino, muscolo uvulare); neurofibre viscero-motrici destinate alle ghiandole lacrimali, nasali e palatine. Le fibre motorie hanno i loro corpi cellulari nel nucleo motorio facciale del ponte, si portano intorno al nucleo del nervo abducente ed emergono dal tronco encefalico a livello della parte postero-laterale del solco bulbo-protuberenziale (fossetta laterale del bulbo). Il nervo sensitivo il nervo intermediario di Wrisberg, fornito di un rigonfiamento rappresentato dal ganglio genicolato, che contiene (Fontane, 1996): neurofibre sensitive per il condotto uditivo esterno e a volte per la lingua; neurofibre sensoriali che trasmettono il senso del gusto dei due terzi anteriori della lingua; neurofibre viscero-motrici destinate alle ghiandole sottomandibolare e sottolinguale.
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Figura 1: Schema anatomico del N.VII con il suo decorso intracranico, endotemporale ed extracranico

Nel suo decorso anatomico il nervo viene suddiviso in 3 parti (Fig. 1) 1. porzione intracranica: presenta un primo tratto allinterno dello spazio subaracnoideo dellangolo ponto-cerebellare (APC), compreso tra tronco e meato acustico interno (lungo in media circa 16 mm); un secondo tratto, segmento meatale, contenuto allinterno del condotto uditivo interno (CUI), lungo circa 8-10 mm (May,2000); 2. porzione intratemporale: situata nella rocca petrosa allinterno del canale di Falloppio; questa porzione presenta un segmento labirintico (3-5mm), un segmento timpanico orizzontale (circa 11mm), un segmento mastoideo verticale (13 mm) (May,2000); 3. porzione extracranica: comprende il tratto nervoso dalluscita dal foro stilo-mastoideo alla porzione interna alla loggia parotidea che con le varie diramazioni si distribuisce ai vari muscoli superficiali della faccia, del cuoio capelluto e del collo. Il facciale endotemporale, contenuto per una lunghezza di circa 28 mm allinterno del canale di Falloppio, presenta il suo punto pi ristretto ( 0.7 mm di diametro) a livello del forame meatale al fondo del CUI. Mentre nel segmento labirintico il nervo occupa pi dell80 % della sezione del canale di Falloppio, nei tratti timpanico e mastoideo occupa meno del 75 % del canale osseo e quindi presenta una maggiore tolleranza nei confronti degli insulti traumatici, flogistici o neoplastici. Il tratto labirintico con larea perigenicolata rappresenta una zona critica facilmente interessata da patologie traumatiche, iatrogene e neoplastiche. CLASSIFICAZIONE DEL DANNO NERVOSO Seddon (1943) ha descritto 3 gradi di danno nervoso: neuroprassia, assonotmesi e neurotmesi. Successivamente Sunderland (1978) ha allargato questa classificazione,
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descrivendo 5 gradi di danno (Fig.2)

2: Classificazione dei gradi di lesione neurale secondo Seddon e Sunderland, con previsione del recupero funzionale in base alla classificazione di House-Brackmann (H-B) (1985). - I grado: compressione senza perdita delle strutture nervose (neuroaprassia). Recupero completo. - II grado: degenerazione assonale (assonotmesi). Attivit rigenerativa appropriata con recupero soddisfacente. - III grado: perdita dei tubuli endoneurali. Recupero incompleto con sincinesie. - IV grado: interruzione del perinervio. Recupero molto scarso. - V grado: interruzione sia del perinervio che dellepinervio (neurotmesi). Nessun recupero clinico. EZIOPATOGENESI I rapporti topografici che il nervo facciale contrae nel suo lungo decorso rende ragione della molteplicit delle lesioni alle quali pu essere soggetto. Elenchiamo in tabella le paralisi facciali non neoplastiche di pi frequente riscontro nella pratica clinica.
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Tabella 1: eziologia delle paralisi facciali non neoplastiche FORME TRAUMATICHE FORME IDIOPATICHE Fratture delle ossa temporali Traumi penetranti facciali e dellorecchio Paralisi idiopatica di Bell Sclerosi multipla Sindrome di Melkersson-Rosenthal Sarcoidosi Granulomatosi di Wegener Iperostosi (osteopetrosi, malattia di Paget) Sindrome di Guillain-Barre Herpes zoster oticus (sindrome di Ramsay Hunt) Malattia di Lyme Otite media acuta Otite cronica riacutizzata Otite cronica colesteatomatosa Otite esterna maligna Tbc Sifilide Neuriti ad origine virale Meningite Sindrome di Millard-Gubler Sindrome operculare Sindrome di Moebius Distrofia miotonica Chirurgia della fossa cranica posteriore Chirurgia dellosso temporale Chirurgia della parotide

FORME INFETTIVE E DA COLESTEATOMA

FORME NEUROLOGICHE FORME CONGENITE FORME IATROGENE

CLASSIFICAZIONI CLINICHE DEI DEFICIT DEL NERVO FACIALE La classificazione ideale dovrebbe essere economica, semplice da impiegare, completa nella valutazione delle funzioni facciali, con bassa variabilit inter-esaminatore e sensibile nel cogliere anche modeste variazioni del quadro clinico. Nel corso degli anni sono state proposte numerose classificazioni cliniche del deficit del nervo facciale ed nostra intenzione riportare solamente quelle che hanno mostrato una maggiore diffusione nella pratica clinica. Segnaliamo anche il possibile impiego di sistemi di grading oggettivi computerizzati, ancora non ben standardizzati, che potrebbero in futuro presentare interessanti utilizzi in relazione al progresso tecnologico.

Facial Nerve Grading System di House-Brackmann (1983, 1985) Facial Rianimation Surgery di May (1991 - risultati chirurgici dopo sezione completa del nervo) Toronto Facial Grading system (TFGS - 1996)
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Facial Nerve Grading System John W. House, Derald E. Brackmann 1985 I Normale Funzione facciale normale in tutte le aree Lieve debolezza, rilevabile ad unattenta ispezione; possono esserci sincinesie molto lievi. A riposo: tono e simmetria normali In movimento: - Fronte: funzione da moderata a buona - Occhio: chiusura completa con minimo sforzo - Bocca: lieve asimmetria Evidente, ma non deturpante asimmetria tra i due lati; Evidenti ma non gravi discinesie, contratture e/o spasmi emifacciali. A riposo: tono e simmetria normali In movimento:- Fronte: movimento da lievemente a moderatamente presente. - Occhio: chiusura completa con sforzo - Bocca: lieve paresi allo sforzo massimale Evidente debolezza e/o asimmetria deturpante A riposo: tono e simmetria normali In movimento:- Fronte: nessun movimento - Occhio: chiusura incompleta - Bocca: asimmetria allo sforzo massimale Movimento appena percettibile A riposo: asimmetria In movimento: - Fronte: nessun movimento - Occhio: chiusura incompleta - Bocca: movimenti lievi Nessun movimento

II

Disfunzione Lieve

III

Disfunzione Moderata

IV

Disfunzione Moderatamente Grave

Disfunzione Grave

VI

Paralisi Totale

La classificazione di H-B rimane il sistema pi diffuso soprattutto grazie alla semplicit di impiego e alla accurata descrizione analitica proposta. Essa presenta comunque i seguenti limiti: - classificazione sostanzialmente soggettiva e qualitativa, nonostante il tentativo di unaccurata descrizione analitica (globale, a riposo, in movimento) - non fornisce informazioni separate sullentit del danno e sullevoluzione del recupero funzionale a livello delle tre aree principali(fronte, occhio e bocca) - non fornisce sufficienti informazioni sui disturbi motori secondari (sincinesie, movimenti di massa, spasmi emifacciali) - pu comportare difficolt nella classificazione di quadri clinici con caratteristiche intermedie tra i gradi proposti - non risulta sufficientemente sensibile nel cogliere parziali recuperi funzionali durante trattamento fisiatrico e dopo terapia chirurgica riparativa in seguito a sezioni complete del nervo.
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Facial Rianimation Surgery (FRS) - May - 1991 I Superbo Qualche movimento mimico emozionale spontaneo. Movimenti individuali. Completa chiusura dellocchio e sorriso asimmetrico nello sforzo massimale Movimenti volontari Espressione spontanea assente Altrimenti come grado I Possono essere presenti movimenti di massa Completa chiusura dellocchio Sorriso asimmetrico nello sforzo massimale Incompleta chiusura dellocchio e/o movimento della bocca molto debole Solo simmetria - Tono intatto Paralisi flaccida - Atonia

II

Eccellente

III IV V VI

Buono Accettabile Scarso Fallimentare

Il FRS stato proposto da May per valutare i risultati della terapia chirurgica (graft nervosi, anastomosi XII-VII, tecniche di rianimazione chirurgica) dopo sezione completa del nervo, poich non giudicati adeguati gli altri sistemi, quali lH-B. May giudica utile limpiego di due sistemi di classificazione, uno per le lesioni incomplete (H-B) e uno per quelle complete. Siccome in tali casi si pu verificare un recupero della funzione facciale fino ad almeno 2 anni dalla procedura chirurgica, i risultati vanno valutati dopo tale periodo di tempo. TFGS - Toronto Facial Grading System - Ross BG, Fradet G, Nedzelski JM - 1996

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Tale sistema fornisce una valutazione quantitativa numerica ed risultato piuttosto sensibile nellevidenziare modeste variazioni funzionali nellevoluzione della paralisi e durante trattamento fisiatrico. Altri vantaggi sono la semplicit duso, la completezza, leconomicit (pu essere elaborato dai fisioterapisti durante le sedute) e la riproducibilit dei risultati con differenti esaminatori. Questo sistema si basa sulla valutazione della simmetria a riposo e nei movimenti volontari tra i due lati e delle sincinesie associate a specifiche espressioni volontarie. Vengono valutati diversi distretti della faccia, sia a riposo che durante cinque movimenti volontari standard che riflettono le funzioni motorie delle branche periferiche del N.VII. Ad ogni prova viene attribuito un punteggio nellambito di ogni sezione di valutazione (simmetria a riposo, simmetria nei movimenti volontari, sincinesie) da cui scaturisce un punteggio globale cumulativo. Lattribuzione dei punteggi congegnata in modo da ottenere il valore 100 per una funzione facciale completamente normale e il valore 0 per una paralisi totale. Secondo Kayhan e Coll. (2000) il TFGS rappresenta il sistema pi accurato e preciso per la valutazione funzionale facciale. In attesa di una migliore definizione e standardizzazione di sistemi oggettivi computerizzati consigliabile eseguire la stadiazione clinica della paralisi facciale con sistemi soggettivi ben codificati e collaudati, quali lH-B e il TFGS. Il FRS di May indicato nella valutazione delle sequele di lesioni complete del nervo sottoposte a riparazione chirurgica. Questi sistemi classificativi possono essere utilmente integrati da una documentazione oggettiva filmata o fotografica raccolta con criterio quantitativo mediante il sistema Health Cam 2 della Polaroid, come proposto da May (2000). PROTOCOLLO DIAGNOSTICO Accurata raccolta anamnestica. Valutazione clinica con riferimento alla classificazione di House-Brackmann (1985) e/o ad altre classificazioni per rendere il pi possibile oggettiva lispezione del paziente. Gli obiettivi della valutazione funzionale del nervo faciale sono: individuazione della sede di lesione, lo studio delle varie funzioni del nervo, la valutazione qualitativa e quantitativa del danno e le indicazioni terapeutiche e prognostiche. Test topodiagnostici (test di Schirmer, riflesso stapediale, test della salivazione, elettrogustometria): hanno lo scopo di identificare orientativamente il sito di lesione e di fornire informazioni prognostiche ma la loro affidabilit stata molto ridimensionata e sono stati ormai sostituiti dalle tecniche di immagine (TC e RMN) nella ricerca della sede di lesione e dai test elettrodiagnostici nella valutazione della prognosi Test elettrodiagnostici: sono rappresentati principalmente dalla elettroneuronografia (ENoG) e dalla elettromiografia (EMG) e hanno lobiettivo di formulare una corretta prognosi suggerendo indicazioni terapeutiche tempestive con lo scopo di modificare favorevolmente il decorso spontaneo del quadro clinico. Lelettrodiagnosi facciale consente di distinguere la paralisi da blocco funzionale (neuroaprassia) da quella dovuta a degenerazione delle fibre nervose (assonotmesi) o ad interruzione anatomica del nervo (neurotmesi) e inoltre di quantificare approssimativamente la percentuale di fibre degenerate (Fisch, 1984; Gantz, 1984). L ENoG, termine introdotto da Fisch ed Esslen (1972) e da Esslen (1977), definita anche elettromiografia evocata (EEMG) da May (1983), verosimilmente in modo pi appropriato in quanto tale definizione meglio esprime come la tecnica si basi in realt sulla registrazione di un potenziale dazione composto muscolare (PACM) dai muscoli facciali e non direttamente dal nervo. La metodica registra i PACM evocati da stimoli elettrici sopramassimali a livello del tronco del N.VII alluscita dal foro stilo-mastoideo. Lesame
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esplora la conducibilit del nervo nella sua porzione extracranica e studia la latenza, la morfologia e lampiezza del potenziale evocato. Questultimo parametro considerato il pi importante ai fini prognostici e dal confronto tra lampiezza del PACM evocato dal lato normale con quella del lato leso si potr determinare la percentuale di fibre nervose bloccate dalla neuroaprassia e quelle invece degenerate. Si assume che il lato normale funzioni al 100%, mentre lampiezza del PACM generato dalla parte lesa indica la percentuale di fibre nervose ancora eccitabili, non degenerate, ma funzionalmente bloccate. Il resto delle fibre non pi stimolabili vengono considerate degenerate (Fisch, 1984; Gantz, 1984). La differenza tra le ampiezze dei potenziali dei due lati rappresenta lentit della degenerazione nervosa e costituisce un importante elemento prognostico. In particolare, un intervento di decompressione nervosa sarebbe indicato quando, nel decorso clinico della paralisi, lENoG evidenzia una degenerazione superiore al 95% entro le prime due settimane (Fisch, 1984) (Fig.3 e 4)

Figura 3

Figura 4

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ENoG individua la percentuale di fibre nervose colpite da neuroaprassia funzionalemente bloccate ma non degenerate permette una stima della degenerazione nervosa nella porzione distale del nervo rispetto alla sede di lesione e indirettamente valuta il danno a livello della porzione prossimale per rilevare alterazioni elettrofisiologiche necessita che si completi la degenerazione walleriana nella porzione distale del nervo (48-72 ore dallonset della paralisi) offre unottima affidabilit prognostica nella fase acuta della paralisi idiopatica o traumatica, limitatamente alle prime 2 settimane LEMG valuta indirettamente lo stato del nervo registrando lattivit elettrica muscolare a riposo e dopo attivazione volontaria e prevede le seguenti fasi: studio dellattivit inserzionale indotta dallinserzione o dal movimento dellagoelettrodo, che risulta aumentata in caso di irritazione delle fibre nervose studio dellattivit spontanea: nel soggetto normale la registrazione di base a riposo non evidenzia potenziali spontanei mentre in caso di denervazione si pu registrare unattivit spontanea dai muscoli facciali sottoforma di potenziali di fibrillazione (Fig.5) dopo circa 20 giorni dallonset oppure sotto forma di potenziali positivi di Jasper (PSW) con morfologia monofasica.

Figura 5: potenziale di fibrillazione

studio dei potenziali di unit motoria (PUM) che nel soggetto normale presentano morfologia bifasica o trifasica, durata compresa tra 3 e 16 msec e ampiezza compresa tra 0.3 e 5.0 mV ,mentre nel muscolo denervato si osservano potenziali polifasici di durata aumentata ed ampiezza ridotta. studio dellattivit volontaria con valutazione dello stato di innervazione muscolare; in condizioni normali la contrazione massimale evoca tracciati di tipo interferenziali in cui i singoli PUM si sommano sovrapponendosi temporalmente e non risultano pi identificabili singolarmente (Fig.6); a seconda del grado di denervazione si possono evidenziare tracciati transizionali con attivit volontaria meno ricca, tracciati di tipo povero con scariche di una o pi unit motorie isolate e ben identificabili e tracciati con assenza di attivit volontaria senza alcun PUM riscontrabile EMG esclude la sezione completa del nervo gi nelle fasi iniziali della paralisi (primi 3-4 giorni) in caso di presenza di PUM volontari con predizione prognostica favorevole quantifica lattivit volontaria residua evidenzia dopo circa 20 giorni i potenziali di fibrillazione a riposo, espressione di denervazione evidenzia i potenziali polifasici di reinnervazione prima che si verifichi un recupero clinico (monitoraggio del recupero funzionale) (Fig.7) seleziona i casi da sottoporre a decompressione chirurgica tardiva o a procedure di rianimazione palpebrale

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Figura 6: Tracciato EMG di tipo interferenziale registrato in condizioni normali dopo contrazione volontaria massimale

Figura 7: Tracciato EMG con potenziali polifasici di reinnervazione

Altri test elettrodiagnostici utilizzabili nella valutazione funzionale del nervo faciale sono:lo studio del riflesso trigemino-faciale (Blink reflex) e la stimolazione magnetica trans-cranica. Studio radiologico del nervo facciale Attualmente la TC ad alta risoluzione (HRCT) e la risonanza magnetica(RM) consentono di evidenziare dettagliatamente il nervo facciale lungo tutto il suo decorso dal tronco dellencefalo fino alla parotide (May, OHara, 2000). La RM superiore alla TC nella valutazione del N.VII a livello del tronco, del segmento cisternale e intracanalicolare. Il segmento intrapetroso del nervo pu essere valutato in modo complementare con entrambe le tecniche mentre il segmento extratemporale parotideo meglio visualizzato con la RM; in particolare con sequenze volumetriche 3D possibile lidentificazione del tronco prossimale del facciale a livello del suo ingresso nella ghiandola parotide. Metodiche di imaging nella patologia del nervo facciale HRCT dellosso temporale con eventuale mdc e sezioni assiali e coronali di 1 mm di spessore e algoritmo di risoluzione per losso (indicata nei traumi temporali per lo studio delle fratture e delle strutture ossee e nelle otiti acute e croniche, colesteatomi in particolare, consente la visualizzazione del canale uditivo interno e dei vari segmenti ossei del canale facciale). RMN dellencefalo con gadolinio visualizza bene i vari segmenti del N.VII e lascia apprezzare eventuali aree di incremento patologico del segnale (enhancement) consente una differenza di contrasto tra liquor e strutture nervose e vascolari consente uno studio ottimale del decorso del N.VII utilizzando sequenze di acquisizione volumetrica (3D) T1 e turbo T2 con eventuali ricostruzioni su piani parasagittali (Sartoretti-Schefer, 1998; Trasimeni, 2000) ANGIO-RM arteriosa e venosa eventualmente con gadolinio definisce meglio i rapporti tra neoplasia e principali strutture vascolari arteriose e venose utilizzando un programma dedicato permette lo studio dei conflitti neuro-vascolari nellAPC (indicato nellemispasmo facciale)
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Tabella 2: scelta della metodica di imaging nella paralisi facciale Eziologia della paralisi facciale e metodica di imaging preferibile Paralisi di Bell e da cause infettive RMN con gadolinio Lesioni centrali neurologiche RMN con gadolinio ANGIO-RM Paralisi traumatiche HRCT osso temporale Paralisi da otiti acute e croniche HRCT osso temporale Paralisi neoplastiche RMN con gadolinio HRCT con mdc eventuale ANGIO RM

Diagnosi radiologica delle paralisi traumatiche circa il 60% delle fratture temporali non si evidenziano con la semplice TC del cranio lesame di scelta la HRCT dellosso temporale in proiezioni assiali e coronali dirette o con ricostruzioni coronali da immagini assiali lestensione della frattura, lintegrit della catena ossiculare e del canale di Falloppio sono accuratamente evidenziate con HRCT la HRCT superiore alla RM nellevidenziare fini dettagli delle strutture ossee con accurata determinazione della rima di frattura, della continuit ossiculare e del sito di lesione traumatica evidenza del 100% di correlazione tra le indicazioni della HRCT circa il sito di lesione traumatica e i riscontri intraoperatori durante decompressione chirurgica (Johnson, 1984) La RMN nei traumi temporali: la completa estensione della frattura sottostimata capacit superiore alla TC nellevidenziare i tessuti molli e nella valutazione delle complicanze intracraniche (ematomi subdurali ed epidurali, contusioni emorragiche cerebrali) limitata nella valutazione della catena ossiculare per la presenza di aria, fluidi e sangue nellorecchio medio limpiego di gadolinio per evidenziare lenhancement nel sito di lesione traumatica risulta limitato dalla presenza di sangue, liquor o altri fluidi che oscurano laumento di intensit del segnale

Esplorazione chirurgica del N.VII Pu rappresentare a volte una procedura eseguita con obiettivi diagnostici come in casi inizialmente diagnosticati come paralisi di Bell che non mostrano alcun recupero entro 6 mesi e in cui , nel sospetto di una eziologia tumorale, pu essere indicata una esplorazione chirurgica Test speciali di laboratorio - Puntura lombare (meningiti, encefaliti, Sindrome di Guillain-Barr, sclerosi multipla, carcinomatosi meningea) - Emocromo completo con valore dei G.B. (mononucleosi, leucemia) - VES (sarcoidosi, collagenosi) - Test sierologici (malattia di Lyme, sarcoidosi, AIDS, sifilide, TBC, mononucleosi, ecc.) - Esame del midollo osseo ( leucemia, linfoma) - ANA, FR, test immunologici (collagenosi, sindromi autoimmuni) - Biopsia del labbro (malattia di Melkersson-Rosenthal)
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FORME CLINICHE NON NEOPLASTICHE DI PRINCIPALE INTERESSE ORL Le forme cliniche che pi frequentemente richiedono un intervento diagnostico-terapeutico di pertinenza ORL sono principalmente le paralisi periferiche facciali ad eziologia traumatica e infettiva oltre alla paralisi idiopatica di Bell. PARALISI FACCIALI IDIOPATICHE E VIRALI Caratteristiche cliniche della paralisi di Bell (MAY, 2000) Incidenza 25 - 35 casi lanno per 100.000 abitanti Probabile eziologia virale herpetica (HSV-1) con meccanismi autoimmuni correlati e condizioni anatomiche sfavorevoli (tortuosit anatomica del nervo, delicato e precario apporto vascolare in particolare nel tratto labirintico) Possibilit di rilevare il DNA virale nel fluido endoneurale e nei muscoli auricolari posteriori in occasione di interventi con la metodica molecolare PCR (Polymerase Chain Reaction )( Murakami, 1996) Esordio acuto di solito unilaterale con prodromi virali (60%) Torpore o dolore allorecchio, alla faccia, al collo o alla lingua (50%) Prognosi favorevole nella maggior parte dei casi con recupero soddisfacente anche senza trattamento (86 % di casi con I-II grado di H-B) o comunque con recupero di qualche grado di funzione entro 6 mesi I pazienti con paralisi incompleta ottengono un recupero funzionale totale nel 94% dei casi Prognosi favorevole con recupero completo (I-II grado di H-B) quando il recupero funzionale inizia entro 2 settimane I pazienti con inizio della remissione della paralisi dopo 3 mesi sviluppano sequele nel 100% dei casi con recupero insoddisfacente Prognosi migliore nei giovani, bambini in particolare (nel 90% recupero completo), rispetto agli anziani Durante i primi 14 giorni, quanto prima lENoG cade sotto al 10% peggiore sar la prognosi. Prognosi sfavorevole se lENoG perso entro 5 giorni, prognosi favorevole se la risposta mantenuta oltre i 10 giorni e soprattutto oltre il 14 giorno (I-II grado di H-B) Tabella 3: Previsione teorica del recupero funzionale nella paralisi di Bell in casi non sottoposti ad ENoG nei primi 15 giorni (da May modificata) Tipologia paralisi e inizio recupero Paralisi incompleta Entro 2 - 3 settimane Entro 1 3 mesi Dopo 3 mesi Probabili valori ENoG nelle prime 2 settimane > 25% > 25% 10 24% 0 24% % di casi con recupero soddisfacente (I-II H-B) 99% 90% 65% < 30%

Caratteristiche cliniche dellHerpes Zoster Oticus (sindrome di Ramsay-Hunt) Ganglionite genicolata causata dal virus varicella-zoster (VZV) per recrudescenza virale con risposta immunologica e infiltrazione linfocitica diffusa del nervo Possibilit di rilevare con metodica molecolare PCR il DNA virale nelle lesioni auricolari e nelle cellule mononucleari periferiche (Terada, 1998) e in tamponi orofaringei (Furuta, 1997)
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Stessi segni clinici della paralisi di Bell con prodromi virali e dolore pi intenso e persistente Vescicole sul padiglione auricolare, faccia, collo o cavit orale (100%) Alta incidenza di coinvolgimento del nervo VIII con ipoacusia neurosensoriale e/o vertigini (40%) e possono essere interessati altri nervi cranici( V, IX, X ) o rami del plesso cervicale (C2, C3, C4 ) Prognosi peggiore rispetto alla paralisi di Bell con solo il 60% di pazienti che presentano un recupero funzionale soddisfacente ( I-II grado di H-B ) In caso di cattiva evoluzione clinica ed elettrodiagnostica pu essere presa in considerazione una decompressione chirurgica del nervo, mirata sulla regione del ganglio genicolato

PARALISI FACCIALI TRAUMATICHE Le lesioni traumatiche rappresentano la causa pi comune di paralisi facciale dopo la paralisi di Bell e sono dovute soprattutto a traumi accidentali esterni associati a frattura dellosso temporale e con minor frequenza a lesioni iatrogene in corso di procedure chirurgiche. Le fratture temporali configurano quadri clinici complessi che richiedono spesso un trattamento urgente di competenza ORL per cui faremo riferimento esclusivamente a tali entit cliniche. Le fratture temporali costituiscono il 20-40 % di tutte le fratture craniche, interessano prevalentemente pazienti maschi (2/3 dei casi) e al di sotto dei 30 anni (60% dei casi). Caratteristiche principali delle fratture temporali

Longitudinali (70-90%): traumi laterali, parietali o parieto-temporali danno dellorecchio medio costante lesione del N.VII nel 20% dei casi ipoacusia prevalentemente trasmissiva Trasversali (10-20%): trauma frontale o occipitale variet anteriore, media e posteriore interessamento del CUI, chiocciola e/o vestibolo lesione del N.VII nel 40% dei casi frequente la otoliquorrea, rare le lesioni ossiculari importante ipoacusia percettiva e sintomi vertiginosi Miste (fratture combinate longitudinali e trasversali nel 60% dei casi) Fratture temporali particolari: limitata alla punta della rocca con paralisi del nervo abducente isolata del labirinto complesse e comminute spesso causate da traumi balistici bilaterali Lesioni da frattura temporale Lesioni ossee Lesioni encefaliche associate Lesioni meningee (emorragie e brecce osteo-durali) Lesioni della catena ossiculare Lesioni del nervo facciale

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Clinica delle fratture temporali Otorragia, emotimpano Lacerazione della membrana timpanica Ipoacusia trasmissiva, percettiva, mista o cofosi in rapporto alla sede di lesione Sindrome vertiginosa Paralisi facciale periferica Otorinoliquorrea Meningite otogena post-traumatica

Modalit di esordio della paralisi facciale nei traumi temporali: - immediata = 40% - ritardata = 49% - casi non conosciuti = 11% ( Turner, 1944; Maiman, 1985; Galangarner, 1994; Glarner, 1994; Brodie, 1997)
Tabella 4: Lesioni del N. VII riscontrate allesplorazione chirurgica

Lesioni del N. VII riscontrate allesplorazione chirurgica Tipo di lesioni Ematoma o contusione intraneurale Trauma diretto o compressivo da spicule ossee Sezione del nervo Nessuna lesione (Fisch, 1974; Lambert, 1984; Coker, 1987) Terapia chirurgica delle fratture temporali: 1. trattamento delle urgenze neurochirurgiche 2. trattamento della paralisi facciale recente e di lunga durata 3. trattamento della ipoacusia post-traumatica 4. trattamento della otoliquorrea (brecce osteo-durali, ernie meningee) 5. trattamento delle fistole perilinfatiche (finestre ovale e rotonda, CSL) 6. trattamento di eventuali colesteatomi post-traumatici Indicazioni allintervento di decompressione del N. VII : paralisi facciale completa ad insorgenza immediata ENoG con pi del 95% di degenerazione nervosa nei primi 15 giorni EMG facciale con assenza di attivit volontaria gi nei primi giorni e presenza di potenziali di denervazione a riposo (potenziali di fibrillazione e PSW) dopo circa 20 giorni HRCT dellosso temporale positiva per lesioni del canale di Falloppio * considerare la funzione uditiva residua
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Fratture longitudinali 43% 30% 15% 12%

Fratture trasversali 0% 8% 92% 0%

Timing della terapia chirurgica nella paralisi facciale post-traumatica i migliori risultati si ottengono con la decompressione entro 30 giorni dallesordio possibili miglioramenti funzionali anche con decompressione entro 3-6 mesi dallesordio limite massimo di 6 mesi, e in casi con HRCT positiva anche fino a 12 mesi, per la esplorazione-decompressione del N. VII nei casi con paralisi completa persistente senza alcun segno di recupero (V-VI grado HB) in caso di paralisi completa, dopo 6-18 mesi dallesordio preferibile una anastomosi XII-VII oltre i 24 mesi dallesordio indicata una chirurgia di riabilitazione facciale

Algoritmo per il trattamento delle lesioni intratemporali del N.VII

PARALISI FACCIALI INFETTIVE E DA COLESTEATOMA Tratteremo le paralisi facciali dovute ad otite media acuta, colesteatoma ed otite esterna maligna in quanto rappresentano i quadri di maggiore incidenza clinica. Otite media acuta Agenti eziologici: streptococcus pneumonia, haemophilus influenza, moraxella catarrhalis, streptococcus di gruppo A, staphylococcus aureus. La virulenza dei microorganismi e le resistenze dellospite giocano un ruolo importante nella genesi della paralisi facciale. La paralisi causata dalla diretta estensione del processo infiammatorio al canale di Falloppio favorita dalla persistenza di deiscenze del canale osseo con osteite e infiammazione diretta del nervo o anche per compressione extraneurale ad opera di materiale residuo infiammatorio e secrezione purulenta. Nel 92% dei casi recupero soddisfacente della funzione facciale (I-II grado). Terapia: antibiotici, ampia miringotomia con drenaggio e coltura dellessudato, chirurgia
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della mastoide indicata in presenza di ascessi subperiostei o otorrea persistente (di solito la continuit ossiculare preservata e non necessita lapertura della guaina nervosa). Otite media cronica suppurativa con o senza colesteatoma In presenza di colesteatoma la causa della paralisi rappresentata dalla compressione extraneurale del nervo di solito nella regione del processo cocleariforme e del processo piramidale dove il tessuto colesteatomatoso pu rimanere intrappolato tra una prominenza ossea fissa e il nervo facciale compressibile. Il processo lesivo del nervo evolve in modo lentamente progressivo. Si raccomanda la terapia chirurgica eseguita il pi presto possibile (entro 24-48 ore) dallonset. Il recupero funzionale completo di solito la regola purch la terapia chirurgica venga eseguita tempestivamente (entro 48 ore o comunque entro 10 giorni se le risposte elettriche sono conservate). Utile lo studio TC per dimostrare la sede e lestensione del colesteatoma. Il trattamento di scelta lesplorazione chirurgica del nervo mediante mastoidectomia con possibile decompressione del segmento nervoso coinvolto. Otite esterna maligna necrotizzante Grave infezione dellosso timpanico e dei tessuti molli circostanti potenzialmente in grado di mettere a rischio la vita del paziente. Si manifesta di solito in soggetti immunodepressi, classicamente diabetici, emopatici o anziani, in cui una infezione necrotizzante, pi comunemente causata dallo Pseudomonas Aeruginosa , iniziata dal CUE raggiunge la base cranica coinvolgendo il N.VII a livello del foro stilo-mastoideo (paralisi facciale nel 43% dei casi) e in fase pi avanzata altri nervi cranici ( VI , IX , X , XI , XII). Liperglicemia cronica determina il danneggiamento della funzione fagocitica dei polimorfonucleati e della immunit cellulo-mediata e favorisce la cronicizzazione dellinfezione. Si manifesta come una forma refrattaria e progressiva di otite esterna diffusa con otalgia grave e persistente ed otorrea purulenta. Lo Pseudomonas aeruginosa spesso isolato dalla coltura. Allobiettivit presente tessuto di granulazione nel CUE e deiscenza della parete posteroinferiore a livello della giunzione osteocartilaginea del condotto. Diagnosi radiologica dellotite esterna maligna HRCT dellosso temporale e della base cranica: oltre ai segni di flogosi dellorecchio medio ed esterno, evidenzia erosioni ossee del CUE, di altre strutture temporali e della base cranica. RMN dellencefalo: pu confermare la presenza e lestensione di tessuto anormale intorno allosso temporale ed utile nella diagnosi differenziale con altre patologie. Scintigrafia ossea con tecnezio 99: sensibile per identificare aree di distruzione ossea e laumento di attivit osteogenica e quindi utile per confermare la diagnosi, ma pu risultare positiva anche dopo risoluzione clinica poich il radionuclide viene incorporato nel tessuto osseo. Scintigrafia ossea con gallio-67: lesame sensibile alle zone di flogosi, ma non specifico per lotite esterna maligna, risulta utile oltre che per la conferma diagnostica soprattutto per monitorare il decorso clinico della malattia poich il gallio non viene assorbito dagli osteoclasti.
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Terapia dellotite esterna maligna La terapia primaria rappresentata dalla antibioticoterapia sistemica pi efficace del trattamento chirurgico. Sulla base dei risultati degli esami colturali si impiegano chinolonici orali da soli o associati con cefalosporine di terza generazione; nei casi resistenti ai chinolonici si possono associare aminoglicosidici e cefalosporine oppure piperacillina (4-6 g ogni 4-6 ore); inoltre efficace limpiego solitario di imipenem-cilastina (0.5 g ogni 6 ore) oppure di meropenem (1 g ogni 8 ore). La terapia va continuata fino a quando tutti i segni di flogosi sono scomparsi e generalmente 6 settimane di cura sono adeguate. Nel caso di terapia adeguata e tempestiva si ottengono percentuali di guarigioni di circa il 90% e la maggior parte dei casi con paralisi facciale va incontro ad un soddisfacente recupero, comunque i pazienti andrebbero seguiti per almeno 1 anno dopo la sospensione degli antibiotici. La prognosi della paralisi facciale risulta sfavorevole (recupero non inferiore al IV grado) quando la terapia stata intrapresa dopo la comparsa della denervazione e della fibrosi assonale. La terapia chirurgica indicata per drenare gli ascessi e rimuovere granulazioni, tessuto necrotico, sequestri ossei o cartilaginei. Alcuni autori propongono, in casi avanzati e resistenti alle terapie, interventi radicali con resezione subtotale dellosso temporale con ampio margine di tessuto sano. La terapia con ossigeno iperbarico probabilmente facilita la funzione leucocitica aumentando il livello di ossigeno nei tessuti ischemici dellosso temporale. La terapia standard prevede 20-30 trattamenti e migliora i risultati terapeutici in particolare nelle forme ricorrenti, recalcitranti ed avanzate con osteomieliti. PARALISI FACCIALE BILATERALE La sindrome di Guillain-Barr la causa pi frequente di diplegia facciale e in tal caso si possono associare altri deficit neurologici ad andamento progressivo. Altre eziologie sono rappresentate dalla malattia di Lyme, dalla Sclerosi Multipla, dal diabete insulinodipendente (neuropatia diabetica) e dalle fratture temporali bilaterali. La diagnosi della diplegia si avvale oltre che dello studio EMG, della puntura lombare e della RM. TERAPIA DELLE PARALISI FACCIALI IN FASE ACUTA TERAPIA MEDICA Corticosteroidi Contrastano la risposta immunitaria cellulo-mediata al processo infiammatorio su base virale ed hanno un effetto antiedemigeno con riduzione della compressione nervosa . Il dosaggio proposto di 1 mg/Kg/die di prednisone per 7-10 giorni con progressiva riduzione del dosaggio (Adour, 1982, 1996). La terapia sembra consentire un miglior grado di recupero funzionale per riduzione dei fenomeni degenerativi nervosi e sembra favorire anche una riduzione del dolore. Antivirali Utilizzati sulla base dellipotesi eziologica virale della paralisi di Bell e da Herpes Zoster. Si impiegano farmaci antivirali come l aciclovir e.v. alla dose di 10 mg /Kg ogni 8 ore per 5-7 giorni (la terapia deve essere infusa in almeno 1 ora) o in alternativa per os 800 mg per 5 volte al d (4g/die). La posologia deve essere ridotta in pazienti con funzione renale compromessa. Farmaci antivirali di pi recente introduzione sono il famciclovir (500 mg per os per 3 volte al d per 7 giorni) e il valaciclovir (1000 mg per os per 3 volte al d per 7 giorni). Gli antivirali risultano pi efficaci se somministrati entro i primi 3-4 giorni dallesordio della
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paralisi e oltre il settimo giorno non sembrano offrire una prognosi migliore rispetto alla evoluzione spontanea senza trattamento. Lacrime artificiali ed eventuale protezione dellocchio con bendaggio. Vitamine del gruppo B: Lefficacia di tale terapia dubbia e comunque non comprovata, viene spesso attuata anche perch priva di effetti collaterali. Terapia antibiotica in caso di eziologia batterica . TERAPIA CHIRURGICA Approcci chirurgici Il tipo di approccio alla porzione intrapetrosa del N.VII condizionato dalla sede e dalla natura della lesione. Gli approcci chirurgici pi diffusi sono i seguenti: via transmastoidea classica: consente lesplorazione dei segmenti mastoideo e timpanico del nervo dal foro stilo-mastoideo fino al processo cocleariforme; via transmastoidea extralabirintica: descritta con lievi varianti da May (1979) e Zini (1985), rispetto alla precedente consente in pi lesplorazione del ganglio genicolato e di buona parte del tratto labirintico; tale approccio prevede la rimozione dellincudine per migliorare lesposizione chirurgica con conseguente ossiculoplastica e pu consentire sia il rerouting che un eventuale trapianto di segmento nervoso (grafting). via della fossa cranica media (FCM): permette lesplorazione dei segmenti labirintico e timpanico con larea perigenicolata e pu essere vantaggiosamente combinata con lapproccio transmastoideo per esporre completamente il decorso intrapetroso del nervo; via translabirintica: indicata nel caso di un orecchio cofotico, consente lesplorazione dellintero decorso del facciale intrapetroso e endocranico, dal tronco-encefalo al foro stilo-mastoideo. Approcci chirurgici nella decompressione del N.VII Via transmastoidea classica Via translabirintica ( in caso di cofosi ) Via transmastoidea + FCM Via transmastoidea extralabirintica ( May,1979; Zini , 1985 )

Nellambito dei vari approcci descritti, si possono associare procedimenti microchirurgici riparativi diretti sul nervo o trasposizioni di porzioni nervose. Procedimenti chirurgici riparativi delle lesioni del N.VII Apertura del canale di Falloppio Incisione longitudinale della guaina nervosa Sutura termino-terminale (anastomosi diretta facio-facciale ) Rerouting con eventuale anastomosi Anastomosi indiretta con interposizione di trapianto nervoso (graft) utilizzando segmento di nervo grande auricolare o di nervo surale

Tecniche riparative sul nervo facciale In caso di interruzione anatomica del N.VII lanastomosi diretta facio-facciale la procedura riparativa di scelta. La sede, la severit della lesione e la durata della paralisi possono richiedere metodi alternativi come il trapianto nervoso (grafting), la trasposizione del nervo (rerouting), la sostituzione nervosa con eteroanastomosi (anastomosi XII-VII) o le procedure di rianimazione facciale per il recupero dinamico della simmetria (trasposizione dei muscoli
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masticatori temporale o massetere). Le tecniche indicate nella riparazione nervosa in fase acuta comprendono le anastomosi termino-terminali dirette e le anastomosi indirette con interposizione di innesto nervoso (grafting). Entrambe queste procedure possono associarsi alla trasposizione di porzioni del nervo. Il rerouting prevede la trasposizione di parte del N.VII dal meato acustico interno o dal canale di falloppio in sede anatomica diversa con lesclusione di un segmento intermedio( ganglio genicolato, segmento labirintico, secondo ginocchio o porzione verticale). Questo accorgimento chirurgico consente di guadagnare tessuto disponibile per una eventuale anastomosi diretta o indiretta. La metodica richiede una adeguata decompressione del N.VII per circa 180 della sua circonferenza a livello del canale di Falloppio per ridurre il trauma durante la dislocazione. In riferimento al momento ottimale di esecuzione della riparazione (timing della riparazione), la condizione ideale sarebbe di eseguirla immediatamente dopo la lesione, sebbene procedure riparative eseguite entro 30 giorni possono avere risultati funzionali simili, compatibilmente con la possibilit di poter identificare accuratamente le terminazioni nervose. Il rerouting o il grafting dovrebbero essere eseguiti senza esitazione se lapposizione primaria delle terminazioni nervose avviene sotto tensione poich questa condizione rappresenta la causa pi probabile di insuccesso della neurorrafia. Il grafting di solito preferito al rerouting per minimizzare la devascolarizzazione del nervo eccetto che in caso di piccole lesioni dellarea perigenicolata, di riparazioni del facciale durante approccio translabirintico per exeresi di neurinomi dellacustico e in caso di voluminosi tumori della fossa infratemporale che richiedono la trasposizione del nervo per esporre adeguatamente il campo chirurgico. Anastomosi dirette Nella preparazione dellanastomosi, utilizzando il microscopio operatorio, bisogna evitare la tensione delle estremit nervose e in accordo con altri autori (Glasscock, 1988) preferiamo una sutura epineurale atraumatica senza tensione con monofilamento in nylon 9.0 10.0 in modo da ridurre al minimo il trauma nervoso. La sutura perineurale e soprattutto quella interfascicolare presentano spesso difficolt tecniche di esecuzione con maggiore effetto traumatico sul nervo e conseguente fibrosi reattiva. Le terminazioni nervose devono essere rifilate eventualmente sezionate ad angolo obliquo e accuratamente giustapposte previa regolarizzazione dei bordi epineurali. In caso di lesioni non in fase acuta potr essere necessaria la resezione di un eventuale neuroma a monte in tessuto sano. Il numero delle suture va ridotto al minimo (di solito 2-3 punti sono sufficienti) evitando di introflettere i bordi epineurali. Possibili accorgimenti tecnici sono rappresentati dalla copertura del segmento anastomotico con lembi venosi per favorire la rigenerazione nervosa, dallimpiego di splint di collagene o di avitene o tubuli fenestrati di collagene per coaptare meglio le terminazioni nervose qualora il posizionamento di una sutura risultasse estremamente difficoltosa come pu accadere nellAPC. Nel caso di sottili rami terminali, il cui calibro non consente una sutura, pu essere utile limpiego di una minima quantit di colla di fibrina. Successivamente gli assoni dovranno superare la fibrosi generata a livello della sutura e quindi potr iniziare la ricrescita delle fibre nervose a valle alla velocit di circa 1 mm al giorno. Anastomosi indirette con innesto nervoso Nella impossibilit di eseguire una anastomosi diretta priva di tensione necessario ricorrere ad una interposizione di trapianto nervoso di solito prelevato dal nervo grande auricolare o
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dal nervo surale. Nella preparazione della anastomosi indiretta valgono gli stessi principi esposti per le anastomosi dirette. Alcuni accorgimenti sono comunque consigliabili: 1) evitare manipolazioni traumatiche dellinnesto e lasportazione di troppo tessuto connettivo a contatto con il suo epinevrio; 2) invertire il senso dellinnesto in modo da evitare la dispersione assonica nei rami collaterali; 3) sistemare linnesto in un campo ben vascolarizzato e in caso di contatto con losso, come allinterno della rocca, pu essere utile posizionare un piccolo lembo venoso a sua protezione. Il nervo grande auricolare il pi comunemente usato per confezionare un grafting grazie al diametro appropriato e alla comodit di prelievo. Il nervo surale pu essere usato in caso di difetti nervosi superiori ai 10 cm di lunghezza. Le terminazioni nervose possono essere tagliate obliquamente per risolvere problemi dovuti a differenti dimensioni tra il N. VII e il graft. Anastomosi enteronervose: Anastomosi ipoglosso-facciale (XII-VII) Intervento indicato nella paralisi facciale irreversibile senza segni di recupero clinico ed elettrico dopo almeno 6 mesi dallesordio o pi tempestivamente quando si ha la certezza di una sezione nervosa con impossibilit di reperire le estremit del nervo e di eseguire un innesto. I migliori risultati si ottengono in soggetti giovani (<60 anni), operati entro 6-12 mesi dallesordio della paralisi e sottoposti ad un corretto programma di fisioterapia riabilitativa post-operatoria. Lintervento controindicato in caso di paralisi inveterata con conseguente atrofia muscolare (dopo 2-3 anni dallesordio) e in caso di coesistenza di una paralisi del nervo X per rischio di gravi disturbi della deglutizione. La tecnica prevede la resezione del N.XII a livello del triangolo di Pirogoff prima del suo ingresso nella muscolatura linguale, la sezione della branca discendente per mobilizzare meglio verso lalto il tronco prossimale dellipoglosso che viene liberato e anastomizzato senza tensione al tronco distale del nervo VII preventivamente sezionato a livello della regione parotidea. Soprattutto se eseguito precocemente, entro 6-8 mesi dallesordio della paralisi, questa tecnica consente buoni risultati nella statica con recupero del tono e della simmetria a riposo in un periodo di circa 6-12 mesi con possibilit di miglioramento ulteriore fino a 18 mesi circa. I limiti sono rappresentati dalla frequente incapacit di chiudere completamente locchio (IV grado) con sincinesie e movimenti di massa dellemivolto durante il sorriso e la masticazione con facies smorfiante. Inoltre va edotto il paziente circa leventualit di disturbi significativi dovuti alla paralisi ed amiotrofia dellemiligua presenti circa in un quarto dei pazienti. Terapia chirurgica riabilitativa dei muscoli facciali nella paralisi di lunga durata Terapia chirurgica riabilitativa palpebrale Oltre che nelle paralisi di lunga durata le metodiche proposte, ad eccezione della mioplastica del temporale, possono essere impiegate, se necessario, anche nei primi mesi di decorso di una paralisi.

Peso palpebrale. Si possono usare pesi doro di varie misure, selezionati a paziente seduto e fissati con strisce adesive sulla palpebra; quindi limpianto viene fissato sul tarso per via cutanea. Altra possibilit rappresentata dallimpiego di materiale autologo quale la cartilagine
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della conca. Tale metodica comporta a volte una ridotta protezione corneale in posizione orizzontale durante il sonno; inoltre a volte limpianto tende a esporsi anche a distanza di anni.

Tarsoraffia. Una tarsorrafia parziale con chiusura di 1/4 del bordo libero risulta spesso sufficiente a proteggere la cornea. Tale procedura comporta spesso disturbi estetici evidenti.

Rianimazione palpebrale con mioplastica del temporale. Sono state proposte varie tecniche; nel caso della mioplastica di Gillies a peduncolo inferiore, due strisce muscolari vengono introdotte allinterno della palpebra superiore e inferiore e fissate al canto interno. Locclusione palpebrale avviene per trazione esterna, lentamente, in occasione della chiusura stretta dei denti ma anche parzialmente durante la masticazione. Terapia chirurgica riabilitativa dei muscoli buccali Questo trattamento indicato nelle paralisi inveterate, senza segno di recupero clinico n elettromiografico dopo almeno 18-24 mesi dallesordio. Le tecniche pi utilizzate sono rappresentate dalle mioplastiche con trasposizione di parte dei muscoli temporale e massetere. Tali muscoli, innervati dal nervo trigemino, anatomicamente vicini alla regione buccale, hanno una simultaneit di azione con i muscoli della mimica. La mioplastica con trasposizione del muscolo massetere offre risutati meno soddisfacenti ed ormai risevata ai casi in cui non praticabile la mioplastica del temporale. Il trasferimento muscolare dinamico del temporale il pi utilizzato. Laponevrosi del muscolo viene usata per rianimare le palpebre e le labbra. Il muscolo mobilizzato deve essere di dimensioni adeguate e deve conservare la sua innervazione e vascolarizzazione, pena latrofia e lincapacit contrattile. Le tecniche proposte sono quelle tipo Gillies (1934) modificate, che provocano spesso una tumefazione antiestetica della regione zigomatica. Altra tecnica la mioplastica di allungamento del muscolo temporale (Labb, 1997), che prevede losteotomia dellarcata zigomatica e linserzione del tendine allargato del muscolo temporale al muscolo orbicolare della bocca in unarea compresa tra la commessura e lala del naso. Si deve ottenere una provvisoria ipercorrezione del deficit a livello della commessura e del solco naso-genieno. La rieducazione fisioterapica va iniziata gi dopo 20 giorni circa dallintervento; risulta utile anche il massaggio della guancia esterno e interno. Lelevazione della commessura buccale per sorridere e per muovere le labbra viene ottenuta stimolando i movimenti di chiusura, retroplusione e anteroversione della mandibola.

TERAPIA FISICO-RIABILITATIVA Lefficacia di tale trattamento ormai riconosciuta e associa anche risvolti positivi sotto laspetto psicologico. Risulta utile nel trattamento e nella prevenzione delle sincinesie e dello spasmo post-paralitico. Varie sono le metodiche impiegate (rilassamento muscolare, stimolazione sensoriale, biofeedback con EMG di superficie, esercizi volontari con feedback allo specchio, mantenimento passivo dei movimenti con laiuto delle dita, ecc.), ma comunque dovrebbe essere evitata lelettrostimolazione e luso della gomma da masticare per il rischio di insorgenza di ipertonia. I pazienti necessitano di un trattamento precoce della durata, a seconda dei casi clinici, da 1 mese fino a 1 o 2 anni. Gli esiti della terapia vanno monitorati con periodici esami EMG e anche con sistemi di classificazione clinica del deficit facciale.
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LA VERTIGINE POSIZIONALE PAROSSISTICA


F. dOnofrio, M. Bellocci, S. Molina, E. Sorgentone, N. Di Giuseppe, G.P. Sbaraglia.
U.O.A. di Otorinolaringoiatria - Ospedale di Giulianova - A.S.L. Teramo.

DEFINIZIONE La Vertigine Posizionale Parossistica (V.P.P.) la labirintopatia di pi frequente riscontro clinico, caratterizzata da crisi vertiginose oggettive intense, di breve durata, causate da specifici movimenti della testa; ad essa, quale segno obiettivo, si accompagna un nistagmo (ny) patognomonico con caratteri specifici a seconda del canale semicircolare coinvolto (forme tipiche). Il ny pu anche presentarsi in forma atipica, obbligando ad una diagnosi differenziale con altre vestibolopatie periferiche e centrali. Lincidenza nella popolazione italiana stata calcolata in circa 72 casi su 100000 abitanti allanno, sebbene questo dato appaia sottostimato. pi frequente nellet matura (5-7 decade) e nel sesso femminile, almeno per le forme idiopatiche; lincidenza invece paritaria nei due sessi nelle forme post-traumatiche. I pazienti riferiscono di soffrire di attacchi di vertigine intensa di breve durata precipitata da specifici movimenti del capo (soprattutto alzandosi, coricandosi o girandosi nel letto), inoltre lamentano disequilibrio soggettivo sub-continuo e nausea; spesso si associa unintensa reazione ansiosa con atteggiamenti evitativi e posture obbligate su base fobica. La vertigine posizionale acuta associata al ny posizionale definisce la fase attiva della malattia, alla quale pu seguire o alternarsi una fase inattiva in cui il paziente lamenta vago disequilibrio e/o brevissime sensazioni vertiginose ai movimenti della testa, senza che siano osservabili crisi di vertigine posizionale col relativo ny. Levoluzione della V.P.P. solitamente benigna, con tendenza alla progressiva attenuazione dei sintomi in un periodo variabile da pochi giorni ad alcune settimane, raramente pu persistere a lungo o recidivare (dal 4,8 al 34,4%). EZIOPATOGENESI. La V.P.P. pu associarsi o conseguire ad un danno labirintico di qualsiasi natura (forme secondarie), o insorgere senza altre labirintopatie evidenti o pregresse (forme primitive). Leziologia della V.P.P. rimane ignota nella maggior parte dei casi (V.P.P. idiopatiche 50-70); una chiara relazione causale stata messa in evidenza con i traumi cranici e i traumi distorsivi del rachide cervicale (7-17%), con la chirurgia del distretto cranio-facciale (soprattutto otochirurgia e chirurgia dei seni paranasali), con la neuronite vestibolare (15%, S. di LindsayHemenway, nei soli casi con V.E.M.P.s conservati), con ipoacusia improvvisa, ed in pazienti costretti ad un prolungato allettamento. Recenti studi attribuiscono allosteoporosi unimportanza causale nella V.P.P. delle donne anziane; la correlazione con la malattia di Menire molto stretta ma riportata in letteratura in termini estremamente variabili (0,531%). Una frequente ricorrenza di V.P.P. stata notata in alcuni studi nei pazienti affetti da malattia di Menire ed in condizioni di iperviscosit ematica (es. macroglobulinemia). La patogenesi delle forme tipiche attribuibile alla presenza di densit, solitamente 83

costituite da ammassi otolitici (labirintopatia litiasica), nellendolinfa dei canali semicircolari. Nella gran parte dei casi di V.P.P., costituiti dalle forme tipiche, sono questi ammassi di otoliti che, aggregandosi nel lume del labirinto membranoso e muovendosi sotto lazione della forza di gravit, causano correnti di endolinfa capaci di stimolare il recettore ampollare e provocare la crisi vertiginosa (canalolitiasi). Evidenze intraoperatorie di particelle libere di muoversi nellendolinfa, riscontrate nel 30% dei pazienti affetti da V.P.P. durante interventi di occlusione del canale semicircolare posteriore, hanno confermato questa ipotesi. In un certo numero di casi , soprattutto nelle forme atipiche, avrebbe un ruolo patogenetico ladesione diretta degli otoliti alla cupola ampollare (cupulolitiasi). Il ny della V.P.P. tipica presenta le seguenti caratteristiche generali: posizionale: si evoca dopo il raggiungimento di specifiche posizioni della testa; parossistico: ha un iniziale rapido incremento dintensit e frequenza e dopo una fase di plateau presenta un decremento lento; nelle fasi post acute il ny pu diventare stazionario; ha durata variabile, ma raramente superiore al minuto; pi prolungato nelle forme relative al canale semicircolare laterale (C.S.L.) rispetto a quelle dei canali verticali; ha latenza (tempo intercorrente tra la fine della manovra scatenante e la comparsa del ny) variabile da 1 a 30 secondi; faticabile; dato non sempre verificabile per le spiacevoli conseguenze sul paziente; ha direzione e verso caratteristici per ciascun canale semicircolare coinvolto; associato a sensazione vertiginosa, almeno nelle fasi acute. Cardine della diagnosi di V.P.P. del canale semicircolare posteriore (C.S.P.) la manovra di Dix-Hallpike. Ponendo il paziente con la testa ruotata di 45 a destra o a sinistra, lo si porta velocemente dalla posizione seduta alla posizione supina con testa retroflessa; si evoca dopo breve latenza (1-5 secondi) il tipico ny parossistico prevalentemente rotatorio (orario nel posizionamento a sinistra, antiorario in quello a destra), transitorio (circa 30 secondi), associato a sensazione vertiginosa, che inverte al ritorno in posizione seduta. Permanendo in posizione di Dix-Hallpike a volte possibile osservare dopo la fase di ny parossistico un prolungato ny secondario stazionario, di direzione e verso contrari a quello della fase parossistica precedente e non associato a sensazione vertiginosa (ny secondario). La V.P.P. del C.S.L. svelata ponendo il paziente in posizione supina e ruotando la testa verso destra e sinistra; si evoca cos un intenso ny orizzontale puro con andamento parossistico, preceduto da brevissima latenza, di durata prolungata, associato a sensazione vertiginosa. Nella maggioranza dei casi (circa il 70 %) esso diretto verso terra (geotropo) ed pi intenso quando la testa rivolta verso il lato leso; nei restanti casi il ny sar invece diretto verso lalto (apogeotropo) e pi intenso con testa girata sul lato del labirinto sano. Permanendo in posizione scatenante, soprattutto nelle forme geotrope, spesso possibile osservare un ny secondario, stazionario, con verso opposto a quello della fase parossistica, non associato a vertigine. Nelle forme tipiche non necessario eseguire ulteriori test diagnostici, essendo i reperti nistagmici patognomonici della V.P.P. da canalolitiasi. La V.P.P. del canale semicircolare superiore, anche detto anteriore (C.S.A.), una condizione molto rara, su cui non c ancora uniformit di opinioni; essa svelata dalla manovra di Dix-Hallpike eseguita sul lato del labirinto sano. Si provoca qui un ny parossistico
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prevalentemente rotatorio, con caratteristiche inverse a quelle attese per il C.S.P. del lato esplorato (forma inibitoria) oppure con la stessa direzione attesa per questultimo, ma intensit maggiore al ritorno in posizione seduta (forma eccitatoria). Secondo Semont la V.P.P. del C.S.A. causerebbe anche un ny rotatorio stazionario persistente in posizione seduta che cesserebbe nel passaggio in posizione supina. STRATEGIA DIAGNOSTICA La diagnosi di V.P.P. esclusivamente clinica. Il nostro approccio diagnostico nei pazienti vertiginosi qui di seguito riportato. Prima di tutto verifichiamo lobiettivit ORL ed in particolare lotoscopia (con eventuali prove acumetriche) e la mobilit facciale, linguale, faringea nonch il riflesso fotico; raccogliamo unanamnesi orientata a svelare concomitanti sintomi associati (soprattutto di tipo neurologico) ed a conoscere le patologie di base del paziente. Il riscontro di segni o sintomi evocativi di patologie extralabirintiche orienter verso approfondimenti diagnostici la cui trattazione non riguarda questo articolo. Ad ogni paziente che lamenti sintomi vertiginosi (anche non posizionali) eseguiamo immediatamente in sede di visita ambulatoriale le manovre diagnostiche per la V.P.P.; il riscontro di un ny parossistico tipico, secondo i criteri esposti in precedenza, ci consente di fare diagnosi di certezza e di procedere alla terapia relativa (di cui ci occuperemo in seguito). Tabella 1: Classificazione delle Vertigini Posizionali Parossistiche. Forme Tipiche Del Canale Semicircolare Posteriore Forme Atipiche Per anomalie del nistagmo (latenza, durata, direzione, andamento temporale, faticabilit)

Del Canale Semicircolare Laterale Forma Geotropa Forma Apogeotropa Del Canale Semicircolare Anteriore Forma Inibitoria Forma Eccitatoria Forme Multicanalari e Bilaterali Simultanee Sequenziali Metacrone

Per anomalie del decorso clinico forme recidivanti e persistenti

Le forme multicanalari sincrone (mono e bilaterali) presentano le caratteristiche tipiche di ogni singolo canale semicircolare coinvolto. Nel caso in cui lanamnesi orienti verso una V.P.P., ma lesame vestibolare risulti negativo, invitiamo comunque il paziente a programmare un esame audio-vestibolare di controllo a distanza (per svelare condizioni patologiche non immediatamente evidenti e/o evolutive e valutare il labirinto anteriore). Nel caso in cui sintomi significativi tornassero a manifestarsi acutamente invitiamo i pazienti a sottoporsi immediatamente a visita ORL (con accesso tramite
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pronto soccorso o richiesta di visita ORL urgente). Ben nota la capricciosit di questa malattia che in fase inattiva completamente silente allesame clinico, salvo tornare improvvisamente alla fase di attivit anche poche ore dopo la visita; tipicamente al mattino successivo! Il riscontro di un ny posizionale parossistico atipico ci obbliga ad eseguire un esame vestibolare spontaneo completo; in mancanza di altri segni di coinvolgimento centrale (sebbene il ny posizionale atipico possa essere anche lunico segno di una patologia del S.N.C.!) siamo soliti procedere con la terapia riabilitativa pi opportuna per quel caso. Ogni paziente trattato per V.P.P. invitato ad una visita ORL di controllo a breve distanza (3-5 giorni) per verificare levoluzione del quadro clinico e procedere con leventuale terapia riabilitativa del caso. La mancata risoluzione completa dopo tre sedute di riabilitazione, o la persistenza di segni di vestibolopatia, impone di riconsiderare la diagnosi di V.P.P. mediante esami strumentali di approfondimento. A questo scopo eseguiamo in prima battuta un esame audiometrico tonale ed un esame impedenzometrico con studio del riflesso stapediale (test di Metz e Reflex Decay Test), segue un bilancio vestibolare calorico ed infine un esame ABR. Eventuali esami complementari utili alla definizione del caso (ECG, EEG, esami ematochimici, Rx rachide cervicale ecc.) possono svelare quadri di patologia metabolica o cardiocircolatoria o di altro genere che giustifichino sofferenze secondarie del sistema vestibolare periferico o centrale. ovvio che in tutti i casi meritevoli verr eseguita una valutazione neuroradiologica, preferibilmente RMN encefalo con gadolinio, e, laddove questa non fosse disponibile, una TC encefalo con m.d.c.. Questo studio si esegue pi compiutamente mediante un day hospital. Particolare attenzione merita lesecuzione delle manovre diagnostiche, da effettuare con precisione sul piano del canale semicircolare da studiare, e la valutazione del ny sia nello sguardo primario che in quello eccentrico; in questo modo si evidenziano meglio la direzione ed il verso delle sue componenti rotatorie e verticali, permettendo di correlare con maggior sicurezza il movimento oculare al canale semicircolare coinvolto. Le manovre diagnostiche ed i quadri nistagmici caratteristici delle forme tipiche di V.P.P. vengono qui di seguito riepilogati in quadri schematici; sono portati ad esempio le forme di V.P.P. da canalolitiasi del labirinto destro; quelle del labirinto sinistro hanno caratteristiche speculari a quelle qui illustrate.
Tabella 2 V.P.P. Tipica del Canale Semicircolare Posteriore destro.

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Tabella 3 V.P.P. Tipica del Canale Semicircolare Laterale destro in forma Geotropa.

Tabella 4 V.P.P. Tipica del Canale Semicircolare Laterale destro in forma Apogeotropa.

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Tabella 5 V.P.P. Tipica del Canale Semicircolare Anteriore destro.

STRATEGIA TERAPEUTICA. La diagnosi di V.P.P. in forma tipica permette di eseguire una terapia riabilitativa specifica basata sullesecuzione di manovre mirate per ogni canale semicircolare coinvolto, tese a spostare lintero ammasso otolitico verso lutricolo. Queste tecniche hanno notevole efficacia: superiore al 90% in 3 sedute di trattamento per il C.S.P. e per le forme geotrope del C.S.L., superiore all80% per le forme apogeotrope del C.S.L.. In caso di V.P.P. atipiche, o quando le manovre specifiche non risultino efficaci, possibile effettuare una riabilitazione aspecifica con lo scopo di disgregare e dislocare progressivamente gli otoliti endocanalari, nonch di ottenere una progressiva scomparsa della vertigine per fenomeni di habituation. La pronta efficacia delle manovre terapeutiche specifiche eseguite conferma la diagnosi, laddove la loro ripetuta inefficacia deve portare ad una sua riconsiderazione. Non infrequente che, sia spontaneamente che dopo manovre terapeutiche, si osservi una variazione del quadro nistagmico, a testimonianza dello spostamento degli otoliti da un
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canale semicircolare ad un altro (pi frequentemente dal laterale al posteriore). Questo evento, lungi dallessere una complicanza, conferma anzi la diagnosi di V.P.P. da canalolitiasi posta in precedenza; similmente la possibile trasformazione di una forma di V.P.P. atipica in una tipica chiarisce i dubbi diagnostici che doverosamente accompagnano sempre tale condizione. A parte va considerata la terapia sintomatica (antiemetici, vestibolo-soppressori, ansiolitici) e quella orientata al controllo di eventuali condizioni concomitanti (dislipidemia, ipertensione arteriosa ecc.) che possono avere un ruolo causale della labirintopatia litiasica. Al riguardo ci limitiamo a suggerire limpiego generoso di ansiolitici ed antiemetici in previsione di una seduta di riabilitazione (sopratutto la prima) perch il fattore critico della terapia riabilitativa la collaborazione del paziente. Spesso associamo un blando antivertiginoso (ad es. betaistina 16 mg x2/die x os) per alleviare il disequilibrio soggettivo che a volte i pazienti lamentano. La frequente associazione di predominanti sintomi su base ansiosa o di cospicue reazioni neurovegetative, oltre alla condizione di non autosufficienza, o lassociazione di gravi patologie di base, costituisce la principale ragione di un ricovero ospedaliero per la terapia della V.P.P., altrimenti efficacemente gestibile in ambulatorio. La contrazione della muscolatura cervicale che si associa e/o segue un episodio di V.P.P. frequente causa di cefalea e cervicalgia nonch di persistente sintomatologia (vertigine soggettiva sub-continua non posizionale acuita dai movimenti del capo) anche dopo la risoluzione della patologia labirintica; necessario trattare opportunamente questa condizione, spesso sottovalutata, che pu durare anche molto a lungo. Del tutto eccezionale il ricorso alla terapia chirurgica per forme intrattabili di V.P.P. del C.S.P.: la vecchia tecnica di sezione del nervo ampollare posteriore (neurectomia singolare, Gacek 1974) ha lasciato posto alla pi sicura e semplice occlusione del C.S.P. (Parnes e McClure 1990). Questa tecnica gravata dal rischio di ipoacusia neurosensoriale nel 2% dei casi e risolve il sintomo vertigine nel 100 % dei casi, dopo breve periodo di compenso. Recentemente sono comparse segnalazioni di casi di V.P.P. del C.S.L. trattati con occlusione di questo. La scelta della manovra riabilitativa da eseguire dettata dalla compliance del paziente; nella V.P.P. del C.S.P. preferiamo in prima battuta eseguire una manovra liberatoria secondo Semont semplificata salvo quando, per patologia del rachide o impaccio motorio, utilizziamo le manovre di riposizionamento dei canaliti (secondo Parnes, oppure Herdman, o altre). Fig. 1 Manovra di Semont semplificata per il C.S.P. destro

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Fig. 2 Manovra di Parnes per il C.S.P. destro.

Nel caso in cui una manovra riabilitativa correttamente eseguita alla prima seduta di trattamento non sia seguita da un netto miglioramento clinico verificabile al controllo (effettuato entro 35 giorni), preferiamo allora impegare una diversa tecnica riabilitativa, piuttosto che ripetere la stessa procedura gi rivelatasi inefficace. Consigliamo ai pazienti di evitare di piegare la testa verso il basso e di dormire con il busto leggermente sollevato nei giorni successivi al trattamento. Nelle V.P.P. da canalolitiasi del C.S.L. il dato pi importante da acquisire, spesso con una certa difficolt, la definizione sicura del lato del labirinto patologico. Particolare attenzione raccomandata in fase diagnostica alla valutazione del ny che spesso compare in posizione supina e a cogliere le sottili differenze dintensit del ny parossistico evocato sul fianco destro e sinistro. Nella canalolitiasi del C.S.L. procediamo allinizio con una manovra a barbecue (secondo Lempert o Baloh) e successivamente, durante la stessa seduta se il paziente lo permette, ad una manovra di Gufoni. A domicilio raccomandiamo il decubito prolungato sul fianco sano (secondo Vannucchi). Al controllo successivo (entro 35 giorni) leventuale persistenza della sintomatologia impone una rivalutazione della diagnosi intesa soprattutto a localizzare con certezza il lato del labirinto patologico. Fig. 3 Manovra a barbecue per C.S.L. sinistro.

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Fig. 4 Manovra di Gufoni per il C.S.L. sinistro.

Se dopo tre sedute di trattamento riabilitativo non otteniamo la risoluzione del quadro clinico, sottoponiamo il paziente ad un approfondimento diagnostico mediante una valutazione strumentale (vedi sopra); contestualmente consigliamo a questo punto la tecnica di Brandt-Daroff. Fig. 5 Tecnica di Brandt-Daroff.

La V.P.P. del C.S.A. costituisce una condizione di difficile trattamento; nella nostra esperienza i pochi casi identificati si sono dimostrati poco responsivi alle manovre terapeutiche specifiche. Premesso che per questi casi non esistono tecniche riabilitative specifiche ben codificate, viene suggerito limpiego di manovre riabilitative tradizionali variamente modificate (ad esempio la manovra liberatoria di Semont inversa), oppure lesecuzione delle tecniche indicate nel trattamento delle canalolitiasi del semicircolare posteriore del lato leso.
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Fig. 6 Manovra di Semont inversa per il C.S.A. destro.

In alcuni dei nostri casi il quadro nistagmico si trasformato spontaneamente in canalolitiasi del semicircolare posteriore dopo tempo variabile dallesordio (17 giorni) altri si sono risolti spontaneamente o con gli esercizi di Brandt e Daroff; ci sentiamo di suggerire questultima tecnica come quella di scelta in questi casi, che, comunque, seguiamo sempre molto strettamente: in mancanza di pronta guarigione, richiediamo senza indugio un esame neuroradiologico. Siamo soliti seguire in regime di ricovero (ordinario o in day hospital) i casi di V.P.P. atipica con intensa sintomatologia o con segni vestibolari persistenti. Durante il periodo di ricovero necessario al trattamento e/o allo studio strumentale (secondo quanto indicato in precedenza), possiamo a volte cogliere leventuale conversione in forma tipica, cosa questa che risolve le perplessit della diagnosi. La terapia riabilitativa che impieghiamo quella specifica per il C.S. che ci appare coinvolto in quel caso, spesso associamo a questa gli esercizi di Brandt-Daroff; i nostri risultati sono incostanti. Frequentemente i sintomi scompaiono abbastanza celermente, mentre possibile osservare ancora per molto tempo il ny parossistico posizionale atipico di intensit sempre minore. Fondamentale in questi casi fare un bilancio complessivo del paziente (sia vestibolare che generale) per associare a quella riabilitativa uneventuale terapia medica di patologie concomitanti. Le forme recidivanti di V.P.P. costituiscono un vero rebus diagnostico e terapeutico. Abbiamo osservato spesso la recidiva di V.P.P. in pazienti con anamnesi di trauma cranico, non infrequente la comparsa di ripetuti episodi di V.P.P. in soggetti menirici (indipendentemente dalle crisi idropiche). In ogni caso di V.P.P. recidivante senza una condizione nota di labirintopatia cronica indichiamo un esame neuroradiologico oltre ad una attenta valutazione generale (internistica, neurologica ecc.). Le diagnosi che emergono sono a volte del tutto inattese; nella nostra esperienza abbiamo riscontrato ad esempio, in una forma di V.P.P. atipica ricorrente, un caso di conflitto neurovascolare sul nervo vestibolare, non infrequenti le patologie autoimmunitarie (da ricercare sempre in questi casi una macroglobulinemia); da tener presente inoltre la correlazione pi volte segnalata da Vicini e Coll. di V.P.P. recidivante ed atrofia del verme cerebellare. Riteniamo che in molti casi di V.P.P. recidivante abbia un ruolo causale significativo una relativa immobilit del paziente durante il riposo notturno; non infrequente verificare, infatti, che il paziente che recidiva ha spesso un decubito obbligato, antalgico o per altra patologia, a volte dovuto ad un comportamento evitativo della stessa vertigine posizionale (su base ansioso-fobica) che diventa cos causa della sua stessa recidiva.
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Tabella 6 Terapia riabilitativa della V.P.P..

CONCLUSIONI Raccomandiamo di eseguire sempre una valutazione di screening per la V.P.P. al momento della prima visita di ogni paziente vertiginoso, senza rimandarlo ad un successivo esame vestibolare; questo permette di avere una diagnosi pi certa, di ridurre le liste di attesa per gli esami audio-vestibolari, di abbattere i costi sanitari (riducendo sia la spesa farmaceutica che quella per esami diagnostici inutili) e sopratutto riduce le conseguenze psicologiche negative che il prolungarsi di una patologia vertiginosa causa in alcuni pazienti. La V.P.P. una patologia ad altissima prevalenza, solitamente facile da curare; richiede, per, una diagnosi attenta ed un controllo stretto quando si presenta in forma atipica per la possibile genesi centrale dei sintomi.
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SORDITA INFANTILE PROFONDA: CLASSIFICAZIONE E DIAGNOSI


D. Cuda, A. Murri
U. O. di Otorinolaringoiatria - Ospedale Guglielmo da Saliceto - Piacenza.

INTRODUZIONE Il danno uditivo il pi comune danno sensoriale nelluomo e comporta significative implicazioni psicologiche e sociali. Laddove insorga in un bambino e non sia adeguatamente trattato esso condiziona lacquisizione del linguaggio e di conseguenza altre aree dello sviluppo come lapprendimento (Powers, 1996) e lo stato mentale (Laurenzi e Monteiro,1997) compromettendo altres le opportunit lavorative nella vita adulta (Gregory, Bishop e Sheldon , 1995). Lesperienza clinica dimostra tuttavia come un adeguato supporto sia in grado di ridurre limpatto negativo dei defici uditivi. La classificazione dei deficit uditivi pi utilizzata nel nostro paese quella del BIAP (Bureau Internationale dAudio-Phonologie) che considera la media della soglia audiometrica alle frequenze 500-1000-2000 Hz e definisce lipoacusia : - di lieve entit (soglia media 21-40 dB HL) - di media entit (soglia media 41-70 dB HL) - grave (soglia media 71-90 dB HL) - profonda (soglia media > 90 dB HL) Da un punto di vista qualitativo lipoacusia pu essere: - neurosensoriale (conseguente ad un danno alle strutture della coclea o delle vie retrococleari) - trasmissiva (causata da un danno dellorecchio medio o esterno) - mista In base al periodo di insorgenza la sordit viene classificata in congenita o acquisita (postnatale). La sordit congenita pu essere presente alla nascita oppure insorgere in un tempo immediatamente successivo al parto e risulta obbiettivabile con test appropriati. La sordit acquisita: postnatale o ad insorgenza tardiva, o di tipo progressivo, sulla base della storia clinica non presente od obbiettivabile alla nascita. In relazione allo sviluppo del linguaggio, infine, la sordit pu essere definita: - preverbale: congenita od acquisita, prima che si completi lapprendimento del linguaggio (non vi accordo su cosa debba intendersi per periodo preverbale intendendo alcuni autori i primi due anni di vita, altri il primo anno, altri ancora il primo semestre). - periverbale: ad insorgenza nella fase di apprendimento precoce del linguaggio (1-3 anni di vita) - postverbale: ad insorgenza tardiva, dopo lacquisizione delle prime abilit linguistiche Appare evidente che le ipoacusie di maggiore interesse in campo pediatrico, proprio in considerazione delle gravi ripercussioni sullo sviluppo del linguaggio, sono quelle pre e periverbali di entit profonda, che risultano essere quasi esclusivamente di tipo neurosensoriale. In termini generali ci si riferisce a questo tipo di deficit uditivo quando si parla di sordit infantile. 96

EPIDEMIOLOGIA Storicamente, la prevalenza della sordit grave e profonda bilaterale nei paesi occidentali stata stimata in 1 bambino circa ogni 1000 nati (Fraser, 1976) sebbene in letteratura tale tasso sia variabile da 0.5/1000 a 1.5/1000 nati (Newton, 1985; Davis e Wood, 1992; Fortnum e Davis, 1997; Carney e Moeller ,1998; Northern e Davis, 1991). I dati epidemiologici pi significativi derivano da uno studio prospettico condotto sullintera popolazione infantile della contea di Trent nel Regno Unito (Fortnum et al., 1997) dove sono stati studiati tutti i bambini di et compresa tra 1 e 6 anni dal 1 gennaio 1985 al 31 dicembre 1993. Il tasso di prevalenza per tutti i deficit uditivi superiori a 40 dB HL era pari a 133 per 100000 nati vivi. Il 16% di tali deficit era acquisito, o congenito ad esordio tardivo o progressivo. Escludendo tali pazienti il tasso delle sole forme congenite era pari 111 ogni 100000 nati vivi; il tasso delle forme congenite con soglia superiore a 95 dBHL era di 24 su 100000 nati vivi. La prevalenza del danno uditivo del Regno Unito stata comparata con quella della Danimarca (Davis e Fortnum, 1994): la prevalenza di tutte le forme di sordit (congenite e acquisite) permanenti neurosensoriali e miste superiori a 40 dBHL nella coorte 1982-1988 in Danimarca era di 145 ogni 100000 nati vivi; la prevalenza delle sole forme congenite neurosensoriali e miste era di 134 su 100000 nati vivi. Per i paesi in via di sviluppo non vi sono dati accurati sebbene si stimi un tasso di prevalenza da 2 a 20 volte superiore a quello dei paesi occidentali in virt della maggiore occorrenza di fattori di rischio infettivo-flogistici ( Fortnum e Davis, 1997). FATTORI DI RISCHIO I fattori di rischio associati a sordit includono: storia familiare di danno uditivo permanente, durata del ricovero in reparti di cure intensive neonatali (NICU), sindrome da distress respiratorio, asfissia neonatale, iperbilirubinemia, anomalie cranio-facciali e retinopatia del prematuro (Mencher, 2000). Borg (1997) ritiene che il tempo di permanenza nelle NICU ed in ventilazione assistita sia il miglior fattore predittivo di danno uditivo di origine perinatale specie in caso di un nato pretermine. Lesigenza di individuare precocemente i neonati a rischio di ipoacusia ha condotto alla stesura dei cos detti registri di rischio per ipoacusia infantile, come quello del Joint Commitee on Infant Hearing (JCIH,2000). Lultima stesura del JCIH del 2000 classifica i fattori di rischio audiologico in due categorie: 1. fattori di rischio agenti dalla nascita sino ai 28 giorni di vita - tutti i neonati che soggiornano nella NICU per pi di 24 ore - tutti i neonati con segni di sindromi associate allipoacusia - tutti i neonati con storia familiare di ipoacusia neurosensoriale - tutti i neonati con anomalie cranio-facciali comprese quelle del padiglione auricolare e del condotto uditivo esterno - tutti i neonati esposti in gravidanza ad infezioni del complesso TORCH 2. fattori di rischio agenti dai 29 giorni ai 2 anni di vita (per individuare le forme neurosensoriali progressive e le ipoacusie trasmissive) - storia familiare di ritardo del linguaggio - segni o sintomi riconducibili a sindromi che comprendono lipoacusia (trasmissiva o neurosensoriale) - infezioni postnatali possibile causa di ipoacusia, compresa la meningite batterica - infezioni intrauterine da citomegalovirus, herpes, rosolia, sifilide, toxoplasmosi - iperbilirubinemia neonatale, ipertensione polmonare persistente
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sindromi associate ad ipoacusia progressiva (s. di Usher, neurofibromatosi) disordini neurodegenerativi (s. di Hunter, atassia di Friederich, s. di Charcot-Marie-Tooth) traumi cranici otite media persistente

EZIOLOGIA Negli ultimi 30 anni si verificato nei paesi di elevato livello sociosanitario un profondo mutamento epidemiologico nel campo della sordit infantile legato da una parte alla prevenzione primaria che ha consentito di controllare alcuni fattori eziologici e dallaltra allemergenza di nuove aree di rischio. Ad esempio, negli Stati Uniti i programmi di vaccinazione obbligatoria hanno notevolmente ridotto la frequenza di sordit da rosolia e da meningite batterica. Ed ancora lintroduzione nelle NICU delle lampade per fototerapia nonch la trasfusione in utero hanno contribuito a ridimensionare il problema delliperbilirubinemia responsabile di paralisi cerebrale e del 7-10% delle sordit congenite. Daltra parte listituzione delle NICU ha comportato un incremento della sopravvivenza dei neonati prematuri, asfittici e di basso peso alla nascita, maggiormente suscettibili al danno uditivo da farmaci ototossici e con maggior rischio di contrarre meningite batterica durante il ricovero. Le classificazioni eziologiche della sordit infantile risultano ancora insoddisfacenti per via dellelevato numero di casi idiopatici e per la definizione eziologica talora solo presunta. Lo schema classificativo maggiormente utilizzato in letteratura quello suggerito da Davidson, Hyde e Alberti (1989) che individua la sordit da: - causa genetica - causa acquisita prenatale (citomegalovirus, rosolia, farmaci ototossici e teratogeni, preeclampsia) - causa acquisita perinatale (prematurit, ipossia, distress fetale, ittero neonatale) - causa acquisita postnatale (infettive, tossiche, traumatiche) - anomalie craniofacciali - altre - sconosciute SORDIT GENETICA Nella met del 1800 William Wilde identific alberi genealogici con trasmissione della malattia come tara ereditaria; e fece distinzione tra questi e quelli in cui una troppo stretta consanguineit tra genitori doveva essere vista come fattore predominante. Quindi una decade prima che Mendel pubblicasse le famose leggi genetiche, Wilde aveva di fatto descritto la sordit autosomica recessiva e dominante. Nel 30% dei casi la sordit genetica si associa ad altri segni clinici venendosi cos a configurare una forma sindromica. In questi casi la natura dellipoacusia oltremodo variabile potendosi osservare forme trasmissive o neurosensoriale, bilaterali o monolaterali, simmetriche od asimmetriche, stabili o progressive. Al momento sono note circa 400 forme di sordit sindromica. Tuttavia nella maggior parte dei casi (70%) la sordit genetica non si associa ad altri sintomi e viene pertanto definita come non sindromica. La sordit non sindromica quasi esclusivamente neurosensoriale ed in base al tipo di trasmissione ereditarie viene classificata in: - autosomica recessiva (77% dei casi) - autosomica dominante (22% dei casi) - legata al sesso o X-linked (1% dei casi) 98

Una percentuale di sordit genetiche stimata intorno all1% (10-20% in alcune particolari popolazioni) espressione di trasmissione mediante materiale non cromosomico (cosiddetta ereditariet mitocondriale). I geni associati con sordit sono indicati con la sigla DFNB (autosomico recessivo), DFNA (autosomico dominante), DFN (X-linked). In termini clinici le forme non sindromiche recessive determinano sordit profonda prelinguale, mentre quelle dominanti possono avere fenotipi variabili. Pi del 90% dei bambini sordi con forme recessive nasce da genitori normoacusici. Le alterazioni anatomopatologiche osservate nelle sordit genetiche sono classificabili in cinque gruppi principali: - tipo Mondini, con appiattimento della coclea e sviluppo del solo giro basale - tipo Michel, rara, con totale mancanza di sviluppo dellorecchio interno - tipo Scheibe, anomalia di sviluppo del dotto cocleare e del sacculo, con organo del Corti scarsamente differenziato, questa la forma pi frequente di anomalia nelle sordit di origine genetica - tipo Siebenmann-Bing, rara, con aplasia del labirinto membranoso vestibolare - tipo Alexander, anchessa rara, con aplasia del dotto cocleare. Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli progressi nellidentificazione e relativa clonazione dei loci genetici associati a sordit. In particolare, sono stati mappati circa 77 loci di sordit non sindromica: 40 autosomici dominanti, 30 autosomici recessivi e 7 Xlinked. In alcuni casi, mutazioni diverse dello stesso locus genico possono causare forme di sordit sindromica e non sindromica (ACMG statement, 2002). Ad esempio MYO7A mutato nella sindrome di Usher 1B, ma anche nella forma non sindromica recessiva DFNB1 e dominante DFNA11; oppure il gene PDS mutato responsabile della sindrome di Pendred, ma anche della forma recessiva di sordit non sindromica DFNB4. Particolare importanza sta assumendo negli ultimi anni lo studio delle mutazioni nel gene della connessina 26 (GJB2), responsabile del 50% delle ipoacusie recessive non sindromiche dellinfanzia, ma anche di forme autosomiche dominanti. Il gene coinvolto nella adeguata strutturazione delle gap junction intercellulari che esercitano un ruolo chiave nel metabolismo del potassio. Nella coclea le gap junctions si osservano sia fra cellule epiteliali (interdentali, ciliate) che connettivali (ligamento spirale, stria vascolare, scala vestibolare) (Chang et al, 2003). Pi di 80 varianti del gene GJB2 sono state associate con forme recesive di sordit non sindromica, tre di queste sono responsabili di sordit in alcuni gruppi etnici. La pi frequente mutazione nella razza europea e mediterranea 35delG, una delezione di una delle sei guanosine. In molte regioni dellEuropa meridionale e degli USA la frequenza di portatori sani 1.5%-2.5%, pari a quella della mutazione F508 CFTR associato alla fibrosi cistica. Al contrario tra i giapponesi la frequenza dei portatori sani molto bassa (0%).Altre mutazioni sono la 167delT, 235delC, GJB6-D1351830, questultima, frequente nella polazione spagnola, comprende anche lespressione della connessina 30. Alcuni geni mitocondriali sono stati associati a sordit: mutazioni del DNA mitocondriale possono essere causa di molti disordini, che sono ereditati solo dalla madre. Nella maggior parte dei casi si tratta forme sindromiche in cui la sordit solo una manifestazione sebbene siano state descritte anche forme isolate di sordit. Due sono i geni coinvolti: il primo la mutazione 1555 A>G nel 12 S rRNA, il secondo tRNASer(UCN). La prima mutazione, indentificata originariamente in pazienti con sordit da amminoglicosidi, stata osservata anche in sordi non esposti al farmaco.
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Gorlin, Toriello e Cohen (1995) hanno descritto 427 sindromi in cui la sordit di abituale od occasionale riscontro. La maggior parte di queste sono molto rare. Verranno qui rammentate solo quelle di pi frequente riscontro. Sindrome oto-brachio-renale: autosomica dominante (8q21.1), il gene EYA1 lomologo nelluomo di gene absent eyes della Drosophyla, codifica un fattore di trascrizione che controlla lespressione di altri geni. Il risultato delle mutazioni nelluomo estremamente variabile, e include anche la sindrome brachio-otica. Rappresenta circa il 2% delle ipoacusie profonde infantili, caratterizzata da fistole preauricolari unilaterali o bilaterali(70-80%), fistole branchiali uni o bilaterali poco profonde a capocchia di spillo, anomalie dellorecchio esterno (microtia, a coppa, lop-ear, condotti uditivi esterni ristretti), medio e della catena ossiculare e interno, anomalie renali di vario tipo e gravit. Lipoacusia trasmissiva, neurosensoriale o pi spesso mista (75%) insorge nellinfanzia o nella vita adulta ed raramente progressiva. Sindrome di Treacher-Collins o disostosi mandibolo-facciale : autosomica dominante (5q31.3-q33.3), il gene TCOF1 codifica una proteina treacle coinvolta nel traffico nucleolare. E una delle sordit sindromiche meglio definite e incide per il 2% nellambito delle ipoacusie genetiche. caratterizzata da ipoplasia mandibolare, ipoplasia degli zigomi, con rime palpebrali down-slanting, coloboma delle palpebre inferiori, assenza delle ciglia medialmente ai colobomi, malformazioni dei padiglioni auricolari, del condotto uditivo esterno e delle strutture dellorecchio medio , appendici preauricolari. Lipoacusia di tipo trasmissivo, bilaterale nel 55% dei casi con curva audiometrica piatta o in discesa sulle alte frequenze. Sindrome di Usher: autosomica recessiva (tipo I: 11q13.5, 11p13, 13q32; tipoII: 1q41), ha una incidenza varia da 3/1000 in Danimarca, a 3/10000 in altri paesi. Differenti geni possono causare la sindrome di Usher che comprende differenti variabili cliniche classificate come tipo 1, tipo 2, tipo 3 ed atipica sebbene la stessa sindrome di tipo 1 sia geneticamente eterogenea. La malattia caratterizzata da retinite pigmentosa con esordio del difetto visivo, cecit notturna e progressiva riduzione del campo visivo in et infantile nel tipo1, post-puberale nel tipo 2 e variabile nel tipo 3. Lipoacusia di tipo neurosensoriale e congenita in tutti i casi ma risulta severa nel tipo 1, moderatasevera alle alte frequenze nel tipo 2 e variabile nel tipo 3. Nel tipo 1 si associa areflessia vestibolare, con ritardo dello sviluppo motorio ed atassia dopo let infantile. Sindrome di Pendred: autosomica recessiva (8q24), rappresenta il 2-10% delle ipoacusie congenite. Il gene PDS codifica una proteina, la pendrina, coinvolta nel trasporto degli ioni cloro e iodio. Il danno uditivo riflette limportanza che il trasporto ionico ha per una normale funzione cocleare. caratterizzata da gozzo, che si manifesta prima delladolescenza, test al perclorato positivo, ipoacusia neurosensoriale congenita simmetrica, severa pi accentuata sulle alte frequenze, frequenti disturbi dellequilibrio. Sindrome di Jervell e Lange-Nielsen o sindrome del q-t lungo: autosomica recessiva, rappresenta lo 0.1-1% delle ipoacusie genetiche. uno dei molti esempi di danno uditivo conseguente a difetti nel trasporto ionico; causata da mutazioni del gene KCNQ1. Letreozigote pu presentare prolungamento moderato dellintervallo QT, ma senza ipoacusia. La forma recessiva presenta prolungamento dellintervallo Q-T dellelettrocardiogramma, ricorrenti attacchi sincopali che iniziano nellinfanzia e occasionalmente esitano in morte iprovvisa, anomalie dellosso temporale tipo Scheibe e ipoacusia congenita neurosensoriale . Sindrome di Waardenburg: autosomica dominante (3q14.1, 2q35-q37, 8q11), con questo
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termine si indica una variet eterogenea di sindromi uditivo-pigmentarie, originate da una disfunzione dei melanociti, localizzati anche nella stria vascolare, la cui assenza responsabile di sordit. Il tipo 1 con distopia canthorum, causato dalla mutazione in PAX3, che codifica un fattore di trascrizione espresso nella cresta neurale da cui originano i melanociti. Il tipo 2 un disturbo specifico dei melanociti, che in alcuni casi dovuto a mutazione del gene MITF che codifica un fattore di trascrizione, in altri casi sono responsabili geni ancora non conosciuti. Il Tipo3 associa ai sintomi del tipo 1 ipoplasia muscolare degli arti, contratture delle articolazioni ed dovuta a mutazione del gene PAX3. Il Tipo 4 o sindrome di Waardenburg-Shah colpisce tutti i tessuti derivati dalla cresta neurale e comprende degenerazione cocleo-sacculare, atrofia dellorgano del Corti, della stria vascolare, dei neuroni cocleari, del vestibolo e del nervo vestibolare. In ogni caso di sindrome di Waardenburg lipoacusia di tipo congenito neurosensoriale, di entit variabile e pu essere asimmetrica. SORDITA DA CAUSE INFETTIVE Unampia gamma di agenti infettivi stata associata al danno uditivo sia per effetto diretto sullorgano del Corti che indiretto sulle vie acustiche. I programmi di vaccinazione obbligatoria nei paesi occidentali hanno ridotto in modo drastico lincidenza di malattie causate da molti agenti patogeni. Le cause infettive di sordit possono essere divise in pre-natali o congenite e post-natali o acquisite: Infezioni congenite: virus della rosolia cytomegalovirus herpes varicella-zoster herpes virus tipo 1 e 2 HIV toxoplasma gondii treponema pallidum Infezioni acquisite peri- e post-natali: meningite batterica: streptococco pneumoniae 18-30% neisseria meningitids 10% haemophilus influenza 6% borrelia burgdorferi 2% mycobacterium turbercolosis rara otite media cronica: rara infezioni fungine: rara infezioni parassitarie:treponema pallidum, leishmania donovani rare infezioni virali: virus del morbillo (1/1000) virus della parotite (1/10000) virus varicella zoster HIV Il danno uditivo da causa infettiva congenita pu essere parte di una sindrome severa, quale ad esempio la sindrome da rosolia congenita o pi frequentemente la prima e unica manifestazione di infezione intrauterina. Tra le forme acquisite batteriche la pi citata causa di sordit in letteratura la meningite batterica (Ruben, 1990); le comuni infezioni virali dellinfanzia, specialmente morbillo e parotite, sono probabilmenmte causa di danno uditivo acuto o progressivo, non riconosciuto (Cotter, Singletone, Corman, 1994). Quando la madre contrae il virus della rosolia durante la gravidanza, di cruciale importanza
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il periodo in cui questo avviene; infatti, la frequenza di trasmissione dellinfezione al feto va dal 100% nel primo mese al 80% nel terzo mese, nel secondo e terzo trimestre il rischio per il feto rispettivamente del 70% e del 30%. Questa riduzione probabilmente dovuta alla maturazione della placenta dopo il primo trimestre, che limita il passaggio del virus, o ad una maggiore resistenza delle cellule fetali differenziate (Cooper et al., 1995). La CRS caratterizzata da cataratta, difetti cardiaci e ipoacusia, ed tipica di infezione materna nel primo trimestre. La sordit , infatti, la pi comune manifestazione di infezione congenita di rosolia, con frequenza tra 65% e 80%. Pu essere evidente gi alla nascita, o essere progressiva, o ancora manifestarsi tardivamente durante linfanzia e la vita adulta. Nellinfezione da virus della rosolia, il danno uditivo sembra essere dovuto ad un effetto teratogeno di interferenza con il normale sviluppo dellorgano. Le malformazioni dellorecchio interno sono caratterizzate da assenza di cellule ciliate e cellule di supporto, soprattutto nel giro apicale della coclea; la membrana sacculare pu essere ipertrofica e aderente a una macula degenerata, o collassata, la stria vascolare in parte o del tutto assente; la rosolia colpisce anche le cellule epiteliali del labirinto (Lindsay e Hemenway, 1954a ). Il citomegalovirus (CMV) oggi riconosciuto come la pi frequente causa di infezione congenita nelluomo e colpisce circa l1% di tutti i neonati; di questi il 10% sono sintomatici alla nascita, il 5% presenta i sintomi caratteristici della malattia da inclusi citomegalici. Il CMV determina una distruzione diretta dei tessuti ed causa di prematurit, ritardo di crescita intrauterina, petecchie, epatosplenomegalia, porpora, microcefalia. Molto comuni sono le sequele che colpiscono il sistema nervoso: sordit, ritardo mentale, paralisi cerebrale, cecit, e altri difetti visivi. La sordit il pi comune danno neurologico associato a infezione da CMV, e pu essere di gravit media o profonda. Si stimato infatti che circa il 60% dei nati con sintomi di CMV svilupperanno sordit (Bopanna et al., 1992). Le caratteristiche inclusioni nucleari di CMV sono state descritte nelle cellule epiteliali della coclea, del sacculo, dellutricolo, dei canali semicircolari, a dimostrare la suscettibilit di tutte le strutture dellorecchio. Vi accordo nel ritenere che linfezione dellorecchio interno da CMV determini sordit immediata per effetto citolitico virale, sordit ad esordio tardivo o progressiva per risposta immunologica dellorgano allinfezione. La sordit una rara ma severa complicanza di parotite in 5 su 10000 casi. Nell80% dei pazienti la sordit improvvisa e unilaterale, nellambito di infezione acuta in associazione con meningite asettica e spesso accompagnata da tinnitus, atassia e vomito. La perdita uditiva profonda e permanente, sulle alte frequenze, e pu rimanere a lungo misconosciuta. Il danno confinato al dotto cocleare e consiste in degenerazione della stria vascolare, dellorgano di Corti, della membrana tettoria, pi grave a livello del giro basale della coclea. Una sordit permanente descritta in 1 caso su 1000 di morbillo, con esordio improvviso e bilaterale, in contemporanea con il rush cutaneo. Le strutture della coclea sono degenerate soprattutto a livello del giro basale, con una sottile rimanente stria vascolare e organo del Corti assente; permane una minima parte di fibre nervose e gangliari. Ci suggerisce che linfezione virale dellorecchio interno si diffonda attraverso la stria vascolare, iniziando dal giro basale; il rilascio del virus e delle cellule infiammatorie nellendolinfa determina una secondaria distruzione della cellule nervose (Lindsay e Hemingway , 1954 b). Pi di 50 differenti batteri possono causare meningite: nei prematuri e neonati pi frequenti sono le infezioni da Escherichia coli, Streptococco gruppo B, mentre Haemophilus influentiae, Streptococcous pneumoniae, Neisseria meningitidis colpiscono la prima infanzia. In circa il 10% dei casi di meningite batterica la sequela la sordit profonda (18102

30% nelle forme da pneumococco). Studi clinici e modelli animali hanno dimostrato come la durata dellinfezione prima dellinizio del trattamento antibiotico sia di estrema importanza per lo sviluppo della complicanza uditiva (Winter et al. , 1997). La sordit di tipo neurosensoriale, bilaterale, profonda e permanente, coinvolgendo sia le basse che le alte frequenze. Lesatto meccanismo con cui si sviluppa la sordit post-meningitica non ancora del tutto chiaro. Si ritiene che essa sia dovuta a diffusione dellinfezione meningea attraverso lo spazio subaracnoideo lungo lottavo nervo cranico e lacquedotto cocleare per raggiungere il labirinto con danno permanente e severo dellorecchio interno. Studi istopatologici su casi di meningite letale hanno dimostrato liniziale coinvolgimento dello spazio perilinfatico e successivamente dello spazio endolinfatico. La patologia cocleare si instaura, di seguito, per la formazione di essudato sierofibrinoso, infiltrazione di cellule infiammatorie, e formazione di cellule di granulazione. Si possono avere vari gradi di danno, da semplice alterazione delle stereociglia delle cellule ciliate, a perdita completa dellorgano del Corti, a ossificazione per reazione endostale, che pi frequentemente coinvolge il giro basale della coclea. Sono stati anche descritti effetti tossici, eventi vascolari da vasculite che interessa larteria e la vena cocleare con formazioni tromboemboliche settiche. Anche se raramente, la meningite batterica pu danneggiare direttamente il nervo acustico e le vie uditive centrali. (Wellmann et al., 2003) La neuropatia uditiva Nellambito delle sordit infantili merita un cenno la Neuropatia Uditiva, che descrive un pattern di perdite uditive caratterizzate da preservazione delle cellule ciliate esterne, con normali emissioni otoacustiche evocate e assenza di risposta ABR. La base di questo disordine sembra derivare da una combinazione di problemi tra la terminazione assonale delle cellule ciliate interne e i dendriti del ganglio spirale, o a livello del nervo acustico . pi fattori eziologici sono stati citati come causa di neuropatia uditiva: genetici, tossici, e metabolici, iperbilirubinemia, disordini mitocondriali, anossia, disordini immunitari; ma si stima che in pi della met dei casi sia idiopatica. I sintomi tipici includono(Wang et al., 2003): - innalzamento della soglia uditiva - emissioni otoacustiche evocate presenti - assenza di riflesso acustico - assenza o notevole anormalit del tracciato ABR ad elevate intensit di stimolazione - scarsa capacit di riconoscimento delle parole - assente masking level differences (MLD) DIAGNOSI Il fine ultimo di tutti coloro che sono coinvolti nella gestione di un bambino sordo che questultimo cresca integrato nella societ, diventi un adulto capace, con buone prospettive di lavoro nella vita adulta, e soprattutto sia felice (Arnold , 1982). Da qui la necessit di una precoce identificazione del difetto uditivo e del suo trattamento prima che si completi lo sviluppo del linguaggio. Fondamentale risulta lo screening alla nascita per individuare i piccoli con sospetto deficit uditivo sino a giungere ad una corretta diagnosi finale che consenta linstaurarsi di un corretto programma riabilitativo entro il primo anno, meglio entro il primo semestre, di vita. La diagnosi definitiva il frutto di un percorso a volte laborioso che prevede lintegrazione di alcune procedure organizzate in batterie diagnostiche differenti per et (impedenzometria, emissioni otoacustiche, ABR, audiometria comportamentale). Il risultato degli esami strumentali devessere congruo con losservazione informale del bambino e
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con i resoconti dei genitori. Segue una breve rassegna dei principali utilizzati nello screening e nella diagnosi audiologica della sordit infantile. Emissioni otoacustiche evocate (EOAE) Nel 1978 Kemp registr la presenza di energia acustica emessa dallorecchio in risposta ad un suono; lemissione origina nella coclea normale per effetto di fisiologici processi biomeccanici. Da qui limportante ruolo nei programmi di screening delle EOAE ed in particolare quelle evocate da stimoli transitori come i clicks (TEOAE). Le TEOAE infatti possono essere registrate solo in presenza di normale funzione cocleare; esse hanno frequenza compresa tra 0,5 e 4 KHz, sono presenti nel 98-100% dei soggetti normoacusici e presentano elevata stabilit morfologica e ripetibilit. Al contrario in caso di perdita uditiva superiore a 30 dB HL esse non sono registrabili. Le emissioni otoacustiche da prodotti di distorsione (DPOAE) riflettono le propriet di un processo non lineare associato alle cellule ciliate esterne. La correlazione tra soglia audiometrica e ampiezza delle DPOAE molto bassa tuttavia in caso di normalit esse consentono di escludere la presenza dellipoacusia. Potenziali evocati uditivi del tronco-encefalo (ABR) In audiologia i potenziali evocati uditivi troncoencefalici (ABR) rappresentano una metodica di fondamentale importanza per la diagnosi di ipoacusia infantile. LABR registra lattivit elettrica che si instaura 10-12ms dopo la somministazione di uno stimolo discreto (in genere un click). La cosiddetta onda V nei neonati compare circa 8 msec dopo lo stimolo, e devessere ben identificabile e riproducibile al minimo livello di intensit efficace per ottenere una stima della soglia elettrofisiologica. La soglia psico-acustica circa 10-15 dB inferiore a quella elettrofisiologica. Poich i clicks attivano prevalentemente i giri basali della coclea, la soglia ABR correlata con le frequenze 2000-4000 Hz. Elettrococleografia Lelettrococleografia occupa un ruolo minore ma di grande specificit in audiologia pediatrica specie in caso di sospetta neuropatia uditiva. Le tre maggiori componenti dellesame sono il potenziale microfonico cocleare (CM), il potenziale di sommazione (SP) ed il potenziale di azione (AP); i primi due riflettono lattivit bioelettrica cocleare, ed il AP lequivalente della I onda nellABR. Audiometria comportamentale Con questo termine ci si riferisce a tecniche di audiometria che possono essere eseguite in bambini di et superiore ai sei mesi, in cui si osservano cambiamenti di attivit in risposta ad una stimolo sonoro. Di solito un suono di elevata intensit e banda larga produce una risposta comportamentale in bambini piccoli, ci significa che il rilievo non frequenza-specifico e predittivo di soglia, risultando quindi inadeguato come tecnica di screening neonatale. Ma con linstaurarsi di una collaborazione continuativa in bambini al di sopra dei 6 mesi diventa una metodica cardine per una precisa stima della soglia uditiva. La Behavioral Observation Audiometry basata sullosservazione di reazioni allo stimolo sonoro nel lattante e nel neonato sino a 5 mesi. Essa considerata dal JCIHS 2000 una metodica superata. La VRA (Visual Renforcement Audiometry) si basa sulla capacit dei bimbi dai 6 mesi di et in su di girare la testa verso una sorgente sonora. Poich la somministrazione del solo stimolo sonoro non cattura in modo costante lattenzione del piccolo, al tono puro
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o warble tone si associa un rinforzo visivo, quale ad esempio segnali luminosi, giochi , stimoli in movimento. La prima fase dellesame consiste nello sviluppare il condizionamento uditivo del bambino a risposte consecutive ad una intensit di presunta comoda udibilit. Successivamente inizia lesame vero e proprio in cui se la prima risposta positiva, si riduce lintensit dello stimolo di 10dB. Diversi fattori possono influenzare lesame: let del bambino, il grado di condizionamento, situazioni di stress, calibrazione del campo libero, ed esperienza del personale tecnico. Laudiometria-gioco condizionata (Play Audiometry) ampiamente utilizzata in audiologia pediatrica dopo i tre anni di et; come nella VRA allo stimolo sonoro si associa un rinforzo positivo, che deve essere adeguato allet, allo sviluppo psicomotorio, alle capacit attentive del piccolo. Anche in questo caso per una buona riuscita dellesame di fondamentale importanza il condizionamento del bambino e lesperienza del personale tecnico. Con tale tecnica si pu ottenere un esame audiometrico completo con soglia per via aerea e via ossea bilaterale.

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IL NEURINOMA DELLACUSTICO: CLASSIFICAZIONE, STRATEGIA DIAGNOSTICA E TERAPEUTICA


C. Zappone, A. Mazzoni*, N. Alunni, L. Melara, A. Sterparelli, L. Leandri, S. Lanzi
U.O.C. di ORL Ospedale di Citt di Castello (PG) *U.O.C di ORL Ospedali Riuniti di Bergamo

INTRODUZIONE Il Neurinoma dellAcustico (NA) un tumore benigno che origina dalle cellule di Schwann nel tratto di nervo vestibolare che attraversa il condotto uditivo interno e si accresce gradualmente nel condotto uditivo. Successivamente si espande nella cisterna dellangolo ponto-cerebellare e pu arrivare sino alla dimensione di 1.5 cm di diametro prima di venire a contatto con il tronco. La crescita ulteriore verso il tronco pu determinarne una dislocazione con compressione delle vie liquorali sino a causare un idrocefalo (Figg. 1, 2, 3, 4,).

Una classificazione pre-operatoria dei NA si pu basare su sintomi e segni che questi determinano a carico del nervo acustico, nervo facciale, altri nervi, o sul tronco dellencefalo o delle vie liquorali. Tale criterio classificativo per si presta male per valutare alcuni risultati postoperatori. In esso rientrano le classificazioni che suddividono i NA in base al deficit uditivo, alla funzione vestibolare, alleventuale deficit pre-operatorio del nervo facciale o alla presenza di sintomi neurologici. Un altro criterio di classificazione si basa sul rapporto tra NA e strutture del condotto uditivo interno o del tronco encefalico cos come evidenziato in base alla TC e/o alla RMN. Questi criteri meglio si prestano per valutare le problematiche che possono insorgere durante lintervento, ma presentano parametri non sempre standardizzabili, quindi non riproducibili. La stragrande maggioranza delle proposte classificative si basa su criteri dimensionali e quindi sul diametro del NA anche perch in base alle dimensioni si possono prevedere le alterazioni che il NA determina sul nervo facciale o su strutture neurologicamente importanti.

Una proposta classificativa che si basi sulla valutazione delle dimensioni dovr essere preceduta da una premessa che riguardi i criteri di valutazione delle dimensioni. MISURAZIONE DELLE DIMENSIONI DEL NA La diagnostica per immagine che meglio permette di definire le dimensioni del NA la RMN con gadolinio; in secondo luogo si considera la TC con mezzo di contrasto che per pu dare dubbi di interpretazione in alcuni punti di confine. La misurazione pi utilizzate sono quelle che considerano: 107

diametro massimo diametro secondo lasse diametro massimo in APC media tra due diametri Le proposte per stabilire i criteri di valutazione delle dimensioni sono molte (3,4,5) Un criterio non univoco, ma che stato recentemente (2001) proposto per definire la dimensione del NA quello del diametro massimo extracanalare, escludendo la porzione del condotto uditivo che viene indicata a parte. DISCUSSIONE I criteri dimensionali permettono di suddividere i NA in: piccoli, medi, grandi o giganti. Vi una molteplicit di proposte (oltre 50 negli ultimi anni) che impedisce, di fatto, una aggregazione dei dati. A titolo esemplificativo si considerano : 6 proposte classificative europee 6 proposte classificative americane 6 proposte classificative asiatiche Classificazioni in Europa small medium m large 40 giant Diametro extracanalare in mm Classificazioni in USA small medium m large giant Diametro extracanalare in mm 108 1 0-15 1525 2540 >40 2 0-10 1025 2535 >35 3 5-15 1529 3040 4160 4 0-20 2140 >40 5 1-9 1024 2539 >40 6 3-14 1524 2534 3570 1 0-15 1625 2640 >41 2 0-10 1025 2530 >40 3 1-10 1120 215 6 0-19 112 2020- 1340 29 25 >40 30- 2639 35 >35 >40 4 0-20

>31

Classificazioni in Asia small medium m large giant Diametro extracanalare in mm Da ci emerge che i termini di piccolo, medio, grande o gigante, che facciano riferimento a proposte classificative differenti, non permettono di creare gruppi omogenei in grado di confrontarne i risultati. In occasione del Consensus Meeting on System for Reporting Results in Acoustic Neuroma, svoltosi a Tokio nel novembre del 2001, stata avanzata una proposta classificativa da M. Tos, S Hashimoto e J. Kanzaki che ha raccolto il consenso di quasi tutti i partecipanti e che prevede (basandosi sul diametro maggiore extra-meatale): A B C D E F Grado 1 Grado 2 Grado 3 Grado 4 Grado 5 intrameatale piccoli medi moderatamente grandi grandi giganti 1-10 mm 11-20 mm 21-30 mm 31-40 mm >40 mm intrameatal e extrameatal e extrameatal e extrameatal e extrameatal e extrameatal e 1 5-15 1525 2550 >50 2 1-15 1630 3140 >41 3 0-10 1130 3140 >41 4 0-10 1130 3150 >51 5 6 0-10 0-10 10- 1120 25 20- 2530 40 >30 >41

Ben 40 otoneurochirurghi, neurochirurghi e neuroradiologi provenienti da tutto il mondo e giunti al Consensus Meeting sui criteri per classificare i risultati di trattamento, svoltosi nel Novembre 2001 alla Keio University di Tokio, sono giunti allaccordo di riportare le dimensioni del Neurinoma vestibolare secondo la precedente classificazione, avendo concordando i seguenti dettami: 1) Necessit di uniformare le classificazioni che riportano le dimensioni del NA. 2) Una classificazione deve essere utilizzata da tutti gli specialisti nella diagnosi e nel trattamento del NA (Audiologi, ORL, Neurochirurghi, Neuroradiologi, Neurologi). 3) Il sistema classificativo deve essere basato solamente sulla dimensione. 4) Deve essere applicato preoperatoriamente, (basato su TC o RMN). 5) Deve essere facile da apprendere e deve utilizzare una misurazione in millimetri. 109

6) Deve essere distinto tra porzione intracanalare o intra-meatale e porzione extrameatale. 7) Se la porzione intra-meatale limitata, senza estensione oltre il poro, deve essere utilizzato il termine intrameatale. 8) La dimensione della porzione extra-meatale deve essere riportata partendo da 0 mm. E stato inoltre concordato che: Bisognerebbe specificare se il fondo del condotto occupato. La dimensione della porzione intra-meatale pu essere indicata separatamente, ma non aggiunta al diametro extra-meatale. Si pu inoltre specificare se il NA di tipo cistico o no.

RISULTATI Con tale classificazione abbiamo riclassificato 840 Neurinomi dellAcustico sottoposti ad intervento di exeresi presso lU.O. di ORL degli Ospedali Riuniti di Bergamo negli anni 19772002
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I risultati emersi sono: 1) Non vi una sostanziale variazione dei gruppi nel tempo, anche se al trattamento chirurgico negli ultimi anni si aggiunta la radioterapia stereotassica (che tratta prevalentemente NA di piccole dimensioni). Sono aumentati numericamente i centri di otoneurochirurgia che trattano prevalentemente i NA di dimensioni minori, cos come sono aumentati i casi in cui il NA viene tenuto in osservazione prima di optare per un trattamento (questi sono i NA senza complicazioni e quindi verosimilmente di minori dimensioni). 2) Nel trattamento chirurgico si osserva una riduzione nel tempo della via translabirintica dal 79% al 60% con aumento percentuale (dal 21% al 40%) delle vie che si prefiggono la conservazione delludito (FCM + Retrosigmoidea); In questi casi la conservazione delludito avviene nel 50% dei casi (o meno a seconda dei criteri classificativi dei risultati uditivi). CONCLUSIONI Lutilizzo della proposta classificazione dei NA di Tos e Kanzaki, che gi ha ricevuto lavallo di numerosi chirurghi e radiologi, determiner la creazione di gruppi omogenei che permetter di confrontare i risultati nella chirurgia soprattutto in relazione a: 1) conservazione della funzione del nervo facciale (strettamente correlata alla dimensione del NA) 2) conservazione delludito 3) incidenza delle complicazioni
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In tal modo potremo realmente confrontare i nostri dati, ma soprattutto potremo valutare con maggiore obiettivit i risultati ottenuti con le diverse terapie e giungere a stabilire il trattamento migliore (anche non chirurgico), per ogni stadio di malattia.

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

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PROTOCOLLO DIAGNOSTICO

STORIA Il primo neurinoma dellacustico (NA) stato osservato, come riscontro autoptico, da Eduard Sandifort, professore di Anatomia presso lUniversit di Leyden nel 17771. Lapproccio translabirintico con sacrificio del nervo faciale stato descritto da Panse nel 19042 ed adottato successivamente in modo sporadico da ORL tedeschi per la ridotta radicalit e per le complicanze postoperatorie. Nel 1961 W. House descrive la rimozione del NA con tecnica microchirurgica ed approccio della Fossa Cranica Media3. Nel 1964, sempre W. House descrive la rimozione del NA con tecnica microchirurgica ed approccio translabirintico e lesperienza di 54 casi4. Attualmente la via TL descritta da House rappresenta la principale tecnica chirurgica per la rimozione totale dei NA con udito compromesso. Epidemiologia Lincidenza del NA di 1 caso ogni 100.000 abitanti ogni anno, utilizzando le tecniche diagnostiche tradizionali (audiometria, ABR, TC, RMN)5. Pi studi effettuati su migliaia di rocche petrose di cadavere, ha evidenziato un riscontro maggiore di NA, fino ad un caso su 1.000 rocche, cio anche 100 volte superiore. Laffinamento delle tecniche diagnostiche ed un pi diffuso utilizzo delle stesse, lascia prevedere che nel tempo lincidenza di NA possa apparentemente aumentare e si riduca il numero dei grossi neurinomi6. Storia naturale, fattore di crescita Il fattore di crescita del NA variabile; nella maggior parte degli studi per NA unilaterali non sottoposti ad intervento e diametro inferiore a 20 mm., il fattore di crescita di circa 1.5 mm per anno788 Classificazione del NA su criteri dimensionali Il diametro del NA espresso in mm. e misurato secondo lasse maggiore in APC (escludendo la porzione intrameatale) rappresenta la proposta classificativa pi utilizzata. Al Consensus Meeting sul NA svolto alla Keio University di Tokyo nel novembre 2001, si convenuto su una proposta classificativa che divide i NA in :

Intrameatali Piccoli Medi Medio-grandi Grandi Giganti

estensione contenuta entro il poro acustico da 0 a 10 mm. in APC 11 a 20 21 a 30 31 a 40 oltre 40

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Sintomatologia Il NA origina dalle cellule di Schwann nel tratto di nervo vestibolare che attraversa il condotto uditivo interno. La crescita nel meato acustico interno provoca una lenta ma progressiva compressione del nervo vestibolare e delle strutture nervose contigue quali il nervo cocleare ed il nervo facciale. La crescita del NA nellAngolo Ponto-Cerebellare APC pu determinare una dislocazione in avanti del nervo facciale ed assenza di sintomi neurologici sino alla dimensione di 15 mm. poich si accresce sostituendosi al liquor contenuto nella cisterna dellAPC. I NA con diametro superiore ai 20 mm. possono comprimere il tronco, il nervo trigemino, il cervelletto, inoltre una dislocazione con compressione delle vie liquorali pu causare idrocefalo. In base alla sintomatologia si distinguono due fasi:

Otologica se i sintomi sono correlati alla compressione del nervo acustico (acufeni, ipoacusia neurosensoriale) o del nervo vestibolare (instabilit, vertigine)

Neurologica se compaiono i deficit del nervo facciale, del n. trigemino, atassia o altri disturbi cerebellari, deficit dei nervi cranici misti (IX-X-XI) o infine i sintomi di ipertensione endocranica (cefalea, vomito, disturbi visivi). La variabilit della sintomatologia dipende dalle dimensioni del NA, dalla velocit di crescita del tumore, dalla plasticit delle strutture nervose vicine (tronco e cervelletto) che possono giustificare masse voluminose con scarsit di sintomi.

Diagnostica audiologica Non si riconoscono pattern audiometrici tipici in un NA. Lipoacusia neurosensoriale monolaterale, prevalente alle frequenze acute pu essere un sintomo iniziale. Una anacusia sviluppatasi progressivamente pu essere sintomo di NA di maggiori dimensioni. Un acufene isolato pu essere lunico sintomo di piccoli neurinomi; se associato ad ipoacusia si pu riscontrare in una grande percentuale di neurinomi. Una instabilit isolata o una crisi vertiginosa in assenza di altri sintomi possono riscontrarsi in piccoli neurinomi; se associati ad ipoacusia si possono riscontrare in una grande percentuale di neurinomi. In letteratura sono stati descritti casi di NA riscontrati in occasione di esami RMN che non presentavano n ipoacusia o acufene, n vertigini o instabilit che rappresentano per eventi STRATEGIA TERAPEUTICA Introduzione La strategia terapeutica dei Neurinomi dellAcustico, NA, rappresenta laspetto pi controverso tra le opzioni delle varie specialit coinvolte: Neurochirurgia, ORL, Radioterapia. Il fattore pi innovativo che condiziona le opzioni terapeutiche rappresentato dalla crescita del NA che classicamente di circa 2 mm /anno tra i NA sintomatici. Recentemente alcuni studi sui fattori di crescita del NA dopo la diagnosi (sintomatici e non) ha evidenziato che tra questi lincremento : 28 % _ 2 mm /anno 15% < 2 mm/anno 57% nessun incremento
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Questo fattore condiziona pesantemente le opzioni terapeutiche e rappresenter lunico elemento realmente innovativo delle opzioni terapeutiche attuali e future. Attualmente le opzioni sono: Osservazione clinica (trattamento conservativo) Radioterapia Terapia chirurgica OSSERVAZIONE CLINICA Lattesa e losservazione mediante Risonanza Magnetica con gadolinio, da eseguire ogni anno, si basa sul dato che la crescita dei NA sintomatici di circa 2 mm. per anno. La crescita pu essere inferiore o assente per NA asintomatici. I fattori da considerare in caso di osservazione clinica sono: et assenza di sintomi udito controlaterale Et Per le persone anziane (70 anni se in buone condizioni generali, 65 anni se in scadenti condizioni) con NA di dimensioni inferiori ad 15 mm in APC, quindi senza compressione del tronco, senza crescita e senza sintomatologia evidente, preferibile un atteggiamento conservativo. Assenza di sintomi Accade che alcuni NA vengano diagnosticati occasionalmente nel corso di accertamenti per altre patologie; la crescita di questi neurinomi non ancora ben conosciuto, ma potrebbe essere assente o quasi. Se le dimensioni del NA sono inferiori ad 15 mm in APC pu essere tenuto un atteggiamento conservativo con RMN con gadolinio ogni anno indipendentemente dallet ed es. audiometrico con ABR. Udito controlaterale Per pz con NA nellunico orecchio udente o nellorecchio migliore il trattamento chirurgico determinerebbe la perdita delludito; anche se il NA di dimensioni inferiori a 20 mm in APC, una via chirurgica conservativa (nelle mani migliori) non potrebbe assicurare pi di un 50% di conservazione delludito. In questi casi le opzioni saranno:

Terapia chirurgica conservativa : NA inferiore ad 15 mm in APC Fattori prognostici per la conservazione delludito favorevoli Radioterapia stereotassica solo se: Dimensioni del NA inferiori a 30 mm in APC Udito a rischio (a breve o medio termine) Osservazione:

negli altri casi (con RMN ed es. cocleo-vestibolare ogni anno)

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RADIOTERAPIA STEREOTASSICA E una terapia basata sul principio che una alta dose di radiazione concentrata su una piccola area pu arrestare la crescita anche di tumori radio-resistenti come i neurinomi. La RT stereotassica non fa scomparire la massa e solo in pochi casi determina una riduzione di volume; larresto di crescita pu essere limitato nel tempo e quindi i risultati sono condizionati dal periodo di follow-up. Se la sorgente radiante rappresentata dal cobalto radioattivo si user il termine: Gamma Knife (adottato per trattamento del NA nel 1971 da Lars Leksell 9). Se la sorgente radiante un acceleratore lineare si user il termine: LINAC (ideato nel 1984 e messo a punto nel 1985 da F. Colombo10 La metodica della Radioterapia stereotassica consiste nel focalizzare multipli raggi di radiazioni esterne in un target intracranico stereotatticamente definito. Nel Gamma Knife le sorgenti di cobalto sono disposte su una guida a semicerchio i cui raggi sono focalizzati in un singolo punto. Nel LINAC la sorgente ruota intorno al pz producendo un arco focalizzato sul target11. I risultati della letteratura sono relativi al GK, poich i lavori sul LINAC sono limitati. I vantaggi di questa metodica sono rappresentati da una migliore accettazione da parte del pz perch non invasiva, non richiede anestesia, il trattamento richiede un giorno di ricovero e presenta minore morbidit rispetto alla chirurgia. Gli svantaggi sono rappresentati dalla valutazione dei risultati a lungo termine poich si tratta di una metodica recente. Presenta effetti dannosi sui nervi V VII VIII e sulle strutture viciniori; inoltre la rimozione chirurgica di un NA irradiato pi complessa e rischiosa di un NA non irradiato. Risultati con il LINAC 12,13,14

le neuropatie con dose standard di 12,5 Gy sono: Neuropatia del facciale 12 % (dopo il 1995) 29% Neuropatia del trigemino 10 % 29% regressione del tumore 58 % stabilizzazione del NA 34 %

(prima del 1994)

92 % controllo del NA (f.-up 3 anni) 87 % (f-up 5 anni) aumento del volume 8% 13 % conservazione attuariale delludito 70 %

I risultati sulle neuropatie (trigemino, facciale, udito) saranno peggiori se la dose utilizzata maggiore (le dosi utilizzate nei vari centri hanno un range da 12 a 45 Gy con tendenza al decremento).
1515 Risultati con Gamma Knife15

le neuropatie con dose di 18 20 Gy sono: Neuropatia del facciale 17 % Neuropatia del trigemino 19 % Idrocefalo 3% Comparsa di sintomi che hanno richiesto il trattamento chirurgico controllo del NA (regressione e stabilizzazione) conservazione delludito 70 % (ultime serie)

2%

84 -94 % (follow-up 1-17 anni)


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Complessivamente si pu affermare che da quando stata utilizzata la RMN con gadolinio per la pianificazione dei trattamenti, gli stessi autori hanno ottenuto risultati migliori; cos come lutilizzo di dosi tra i 12 e 18 Gy. La RT stereotassica con LINAC sembra ridurre le complicanze neurologiche. Alla Radioterapia stereotassica rispondono meglio i NA pi piccoli. Il controllo tumorale (decremento o stabilizzazione del volume) si attesta nei centri migliori intorno al 90% ma decrementa se losservazione si prolunga nel tempo e comunque va confrontato con il fattore di crescita del NA previsto. Le neuropatie si riducono con la riduzione delle dosi, ma non si conosce ancora di quanto si riduce la percentuale di controllo tumorale. Vi una discreta variabilit di dosi utilizzate nei vari centri e di risultati ottenuti. I risultati della radioterapia dovrebbero includere anche i dati dellulteriore trattamento adottato per i tumori che non rispondono ai raggi. Non si conoscono questi dati. Si sa per che se un tumore resistente alla RT la prognosi chirurgica sul facciale cattiva. Quindi questo incremento della neuropatia del n. facciale dovr essere aggiunto al tasso assegnato alla radioterapia. TERAPIA CHIRURGICA Lo scopo primario della chirurgia del NA lasportazione totale del tumore conservando, ove possibile, lintegrit anatomica e funzionale dei nervi cranici. Il trattamento chirurgico dei NA comporta nel post-operatorio un deficit della funzione vestibolare e quindi una instabilit che verr progressivamente compensata. La dimensioni del tumore e la funzione uditiva sono i fattori principali che condizionano lapproccio chirurgico. Le vie chirurgiche pi frequentemente utilizzate per il trattamento dei neurinomi dellacustico sono:

Via translabirintica TL Via retrosigmoidea RS Via Fossa cranica Media

FCM

Via Translabirintica Indicazioni La via translabirintica non permette la conservazione delludito e sar utilizzata, in considerazione della sua bassa morbidit: in tutti i casi di anacusia in tutti i casi di discriminazione verbale inferiore al 30% nei casi in cui le dimensioni del NA superano i 20 mm in APC et avanzata e con condizioni generali non brillanti sono indicazioni relative Note di tecnica chirurgica Si tratta di un approccio che permette di esporre il CUI e gli spazi dellAPC mediante fresatura dellosso della rocca petrosa e quindi senza necessit di dislocazione-compressione di strutture nervose (cervelletto o lobo temporale). 1. Si inizia con incisione retroauricolare a C a circa 6 cm dal solco retroauricolare 2. Si crea un lembo cutaneo e si incide il piano fibromuscolare secondo una T coricata 3. Si esegue una ampia mastoidectomia fino a scheletrizzare il seno sigmoide e la dura della FCM e occipitale retrosigmoidea. 4. Identificazione del nervo facciale nella porzione mastoidea
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5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13.

Labirintectomia sino a evidenziare la macula dellutricolo e della dura del CUI Proseguire con la fresatura dellosso sopra e sotto il CUI Apertura della dura tra seno petroso superiore seno sigmoide e anello del CUI Riduzione intracapsulare del neurinoma Dislocazione dei vasi dellAPC Identificazione del nervo facciale nel CUI e al tronco cerebrale Rimozione del T. residuo facendo attenzione a non ledere il n. facciale Obliterazione della cavit con grasso addominale Chiusura per strati (piano fibro-muscolare, sottocute, cute)

Risultati (media dei lavori recentemente pubblicati): Rimozione totale del NA 99% Mortalit <1 % Rinoliquorrea post-operatoria 0-6% Meningiti 1-3% Deficit del facciale vedi tabella Via Retrosigmoidea17,18,19 Indicazioni La via retro sigmoidea permette la preservazione del nervo cocleare e del blocco labirintico e quindi la probabilit di conservare ludito nel 50% dei casi con dimensioni inferiori a 20 mm in APC. Trova indicazioni quindi nei NA con buon udito preoperatorio: PTA (500-1k-2k Hz) 30 dB e SDA _70 % Fattori prognostici riguardo la probabilit di conservazione delludito sono: Linteressamento del fondo del condotto Significative alterazioni del tracciato ABR Lesperienza del chirurgo Note di tecnica chirurgica 1. incisione retroauricolare a C a circa 7 cm dal solco retroauricolare 2. creazione di un lembo cutaneo e fibromuscolare 3. creazione di un tassello osseo rettangolare o trapezoidale posteriormente al seno sigmoide ed inferiormente al seno trasverso 4. Apertura della dura con lembi triangolari 5. Retrazione spontanea del cervelletto 6. Rimozione del NA nellAPC 7. Fresatura del CUI 8. Rimozione del NA dal CUI 9. Chiusura dura, fissaggio tassello osseo, sutura per piani Risultati (media dei lavori recentemente pubblicati): Rimozione totale del NA 90-99% Mortalit 1-2 % Rinoliquorrea post-operatoria 2-6 % Meningiti 1-3 % Deficit del facciale sovrapponibili alla via TL Conservazione delludito 50 % Cefalea 30 %
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VIA FOSSA CRANICA MEDIA FCM Indicazioni La via Fossa Cranica Media permette la preservazione del nervo cocleare e del blocco labirintico e quindi la probabilit di conservare ludito nel 50% dei casi con NA intracanalare. Trova indicazioni quindi nei NA con PTA (500-1k-2k Hz) 30 dB e con SDA _70 %, cio buon udito preoperatorio. I fattori prognostici sono gli stessi della via RS. Note di tecnica chirurgica 1. Incisione cutanea preauricolo-temporale 2. Incisione e scollamento del m. temporale 3. Creazione di un tassello osseo in sede temporale 4. Retrazione del lobo temporale protetto dalla dura 5. Fresatura ed esposizione della faccia superiore del CUI tra coclea e labirinto 6. Rimozione del NA 7. Fissaggio tassello osseo, sutura per piani Risultati (media dei lavori recentemente pubblicati): Rimozione totale del NA 99% Mortalit 1% Rinoliquorrea post-operatoria 1% Meningiti 1% Deficit del facciale sovrapponibili alla via TL Conservazione delludito 50 % La probabilit di lesioni del lobo temporale da retrazione limita lutilizzo di questo approccio negli anziani con pi di 65 anni. SCELTA DELLAPPROCCIO CHIRURGICO Per NA sintomatici con anacusia Per NA con udito peggiore di 30dB PTA e 70% SDA Per NA con diametro superiore a 20 mm in APC Per NA con diametro inferiore a 20 mm in APC e udito conservato Per NA intracanalari e udito conservato via TL via TL via TL via RS via FCM

CONCLUSIONI20,21,22,23,24 E difficile trarre delle conclusioni che siano completamente condivisibili dai vari specialisti. I risultati di ogni trattamento andrebbero confrontati con levoluzione spontanea del NA, cio con il fattore di crescita che sar variabile in base ai criteri di selezione. Lapproccio chirurgico da preferire nei NA con rapido accrescimento, nei pz che non accettano di convivere con il NA o con disturbi neurologici presenti. Per NA con diametro di 20 mm o pi in APC da preferire lapproccio chirurgico. Nei pz giovani da preferire il trattamento chirurgico; nei pz con pi di 65 anni si preferisca la radioterapia stereotassica o losservazione clinica. Nei pz asintomatici e con riscontro occasionale del NA si preferisca un periodo di osservazione prima di scegliere la terapia. Lutilizzo di uguali classificazioni delle dimensioni del NA, di uguali classificazioni delludito pre e post-operatorio, di uguali classificazioni del deficit del n. facciale e uguali periodi di follow-up rappresenter la vera novit per poter selezionare con criteri razionali e condivisi le opzioni terapeutiche dei NA.
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ATRESIA COANALE
Mansi N., Berni Canani F., de Maio V., Ripa G., Varricchio A. M.
U.O.C. di ORL - A.O.R.N. Santobono Pausilipon - Napoli

Lostruzione respiratoria nasale in epoca neonatale e nella prima infanzia rappresenta, per la gravit clinica e per le alterazioni fisiopatologiche ad essa correlate, una condizione unica e peculiare di questet. E ben documentato che sino alle prime 2-4 settimane di vita la quasi totalit dei bambini presenta una respirazione esclusivamente nasale. Una ostruzione nasale bilaterale alla nascita, come nellatresia coanale, produce quindi una grave difficolt respiratoria con apnea respiratoria e crisi di cianosi intermittenti, difficolt allalimentazione e in alcuni casi una grave compromissione generale. Una ostruzione nasale monolaterale congenita pu presentarsi con tali caratteristiche cliniche o pi spesso levidenza clinica rappresentata dalla difficolt nellalimentazione e da sporadiche crisi di cianosi. Lesclusiva respirazione nasale nel primo mese di vita dovuta fondamentalmente a vari fattori fra cui ricordiamo: la posizione alta nel collo della laringe e degli altri visceri cervicali con una stretta contiguit della base lingua e dellepiglottide con il palato molle; la posizione prevalentemente supina nei primi mesi di vita; la necessit di utilizzare la via respiratoria nasale durante la suzione ed il sonno; La capacit di adattamento in epoca neonatale molto variabile, per cui alcuni soggetti si adattano in pochi giorni alla respirazione esclusivamente orale mentre altri necessitano di un periodo pi lungo. In generale, lostruzione respiratoria nasale persistente nei primi giorni di vita produce un ripetuto stato di ipossia con gravi crisi di apnea durante il sonno, che conduce inevitabilmente ad una ipoventilazione alveolare con conseguente ipertensione polmonare, la quale, persistendo nel tempo, pu portare allo sviluppo di un cuore polmonare. Diverse sono le patologie che possono determinare unostruzione respiratoria nasale nel bambino, ed anche se sono di riscontro piuttosto raro, costituiscono spesso un problema diagnostico-terapeutico di non facile soluzione. Accanto allagenesia nasale, per altro rarissima, alle neoformazioni congenite delle fosse nasali (meningoencefaloceli, cisti dermoidi, gliomi e teratomi) ed ai dismorfismi cranio-facciali, la causa pi frequente di ostruzione respiratoria nasale, nel primo anno di vita, senzaltro dovuta allimperforazione della parete coanale. Si tratta di una anomalia malformativa non comune (1 caso su 7-8000 nati vivi) con prevalenza per il sesso femminile (2:1) e con unincidenza di forme monolaterali doppia rispetto a quelle bilaterali;, stata descritta per la prima volta nel 1775 da Roederer di Gottingen ma riportata, in sede autoptica, da Otto nel 1829. Risale invece al 1851, grazie ad Emmert, il primo intervento chirurgico di perforazione coanale con approccio transnasale in un bambino di 7 anni. Spesso l atresia coanale si associa a malformazioni di altri organi ed apparati nel 40-60% dei pazienti e, tra queste, la Associazione di CHARGE (C:coloboma; H: heart disease; A:
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atresia choanae; R: retarded growth of development; G: genital hypoplasia; E: ear anomalies), descritta per la prima volta da Pagon nel 1981, rappresenta il quadro sindromico pi frequente (50%), mentre di riscontro pi raro sono le disostosi mandibolofacciali , specie la S. di Treacher Collins, in cui latresia coanale si associa nel 10-15% di soggetti. Recentemente sono state descritte in pazienti affetti da sindrome feto alcolica alterazioni nasali come stenosi nasale o del rinofaringe ed atresia coanale. CLASSIFICAZIONE Da tutti gli AA. che hanno studiato latresia coanale sempre stata presa in considerazione la sola natura dellostruzione, senza far riferimento ad altri parametri anatomopatologici. Pertanto troviamo in letteratura, numerose pubblicazioni in cui si classificano le atresie coanali esclusivamente in base alla natura ossea o membranosa dellostruzione, o talvolta, si limitano a segnalare solo la mono o la bilateralit della malformazione. Gi Fraser, nel 1910, pubblic sul British Medical Journal, una revisione dei dati della letteratura ed in particolare esamin 115 casi di atresia riportati da vari autori e concluse che molti di questi casi erano descritti in maniera insufficiente trovando generiche classificazioni in mono e bilaterali, in forme parziali e complete, in forme ossee e membranose o dove addirittura non ne era descritta la natura. In verit, lo stesso Fraser non propose una classificazione pi completa, dividendo le atresie coanali in forme ossee e membranose, dove le prime incidevano nel 90% dei casi. Pur essendo dellopinione che ancora non esiste in letteratura unesaustiva classificazione delle atresie coanali, abbiamo proposto, in questa sede, la classificazione di Brown O.E. e coll., in quanto la pi recente pubblicata in letteratura ed inoltre, fa riferimento ad un ampio numero di lavori descritti negli anni precedenti. In questo lavoro gli AA, pur giustificando limpostazione classificativa di Fraser, in quanto non poteva disporre di indagini moderne quali la T.C. o lesame rinofibroscopico con ottiche flessibili o rigide che sicuramente aiutano a meglio definire la malformazione coanale, non ne condividono le conclusioni, in quanto ritengono non reale la percentuale del 90% di forme ossee e del 10 % di forme membranose descritte nello studio di Fraser. Brown e coll., partendo da una nuova revisione critica della letteratura e dalla loro esperienza personale, hanno proposto una nuova classificazione anatomica della atresia coanale la quale dovesse prevedere anche implicazioni di gestione clinica. Sono state valutate dai suddetti AA. tutte le pubblicazioni degli ultimi 12 anni riguardanti la patologia in oggetto e sono state considerate sia le referenze bibliografiche che i dati clinico strumentali, ove presenti. Delle 68 pubblicazioni ritrovate, soltanto 21 sono state ritenute suscettibili di valutazione, poich venivano descritti i dati anatomo-strumentali della malformazione nonch i parametri istopatologici. Le immagini T.C. ed i reperti istopatologici illustrati sono stati suddivisi, in base alla natura della atresia, in forme ossee pure, miste osteomembranose, membranose pure e senza anomalie ossee. Per tale suddivisione gli AA hanno utilizzato i criteri per le anomalie ossee proposte da Brown (1986 e 1987) e da Harner (1981). Alla conclusione del loro lavoro, questi AA. affermavano che tutti i pazienti con AC presentavano anomalie ossee; in particolare, lalterazione anatomica finale era rappresentata da una ristrettezza della cavit nasale per una posizione pi mediale del processo pterigoideo e da un ispessimento della parete posteriore del vomere, congiunto con o senza una membrana centrale, alla parete laterale della fossa nasale stessa. Dal confronto delle immagini T.C. con i reperti endoscopici e chirurgici, gli AA hanno concluso che le atresie vanno classificate in forme : ossee pure (29% dei casi)
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miste osteomembranose (71% dei casi) In nessun caso hanno riscontrato forme di atresia membranosa pura. Questa classificazione ha sicuramente notevoli ripercussioni sullapproccio clinico e chirurgico della malformazione e non pu prescindere da una precisa conoscenza dei fattori anatomici, ed in particolare, la ampiezza delle cavit nasali, lo spessore del vomere, il grado di fusione degli elementi ossei e la presenza di altre deformit cranio-facciali, consente di stabilire con sufficiente attendibilit il programma terapeutico.

ANATOMIA La coana un canale ovalare, a pareti irregolari, a maggior asse verticale, in cui possiamo distinguere una sezione nasale ed una sezione faringea. Essa risulta cos costituita da 4 pareti: la parete superiore formata dallala del vomere medialmente e dalla lamina mediale dellapofisi pterigoidea lateralmente; la parete inferiore limitata dalla lamina orizzontale dellosso palatino; la parete laterale formata dallunione della lamina mediale dellapofisi pterigoidea e dalle due lamine dellosso palatino in basso; la parete mediale costituita interamente dalla parte posteriore del vomere. Mentre nelladulto lo spazio coanale presenta un asse verticale doppio rispetto a quello orizzontale, nel neonato i due diametri quasi si eguagliano; in particolare nel neonato le coane hanno una lunghezza media di 7 mm, una larghezza media di 6,5 mm ed unaltezza media di 7,0 mm. Nella atresia coanale tali parametri anatomici sono completamente sovvertiti con il risultato finale di determinare una ristrettezza dei 2/3 posteriori della fossa nasale che assume in questa sede una forma conica. Molto spesso a tale alterazione corrisponde anche una ristrettezza della restante parte della fossa nasale con un generico restringimento anche della porzione anteriore. (foto 1) EZIOLOGIA Leziologia dellatresia coanale congenita sconosciuta. Sono state proposte varie ipotesi eziologiche, quali un isolato disordine genetico, aberrazioni cromosomiche, fattori teratogenetici ovvero unereditariet, ma nessuna di queste ipotesi ha ricevuto attendibile dimostrazione di veridicit. Varie sono state inoltre le teorie patogenetiche proposte per spiegare lerrore di sviluppo embrionale cui far risalire la responsabilit dellimperforazione coanale: persistenza della membrana buccofaringea; mancato riassorbimento della membrana bucco-nasale di Hochstetter aderenze causate da abnorme persistenza di tessuto mesodermico nella regione coanale; crescita patologica in direzione mediale dei processi verticale ed orizzontale dellosso palatino; alterata migrazione del flusso cellulare mesodermico; Attualmente lipotesi di un mancato riassorbimento della membrana bucco-nasale di Hochstetter, proposta da Mevio e Tenti nel 1995 , sembra essere quella pi accreditata. STRATEGIA DIAGNOSTICA Come descritto da decenni la diagnosi di atresia coanale viene confermata dalla impossibilit a far passare un piccolo sondino di aspirazione attraverso il naso nel rinofaringe, od ancora osservando lassenza di appannamento di uno specchietto laringeo posto dinanzi al vestibolo nasale. Tali procedure, anche se conservano un loro valore pratico, consentono solo di confermare una ostruzione nasale senza indicarne assolutamente le cause. Certamente pi utile lesame endoscopico con ottica rigida o flessibile da 2,7 e 4 mm a 0
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e 30, esame che deve essere effettuato dopo accurata aspirazione delle secrezioni nasali dense ed uso di blandi decongestionanti topici della mucosa nasale. (foto 2) Le metodiche strumentali praticate in passato, come la radiografia con mezzo di contrasto endonasale e la politomografia, sono state oramai superate dalluso routinario della tomografia computerizzata, tecnica non invasiva e di rapida esecuzione. Essa permette di definire lentit dellostuzione, di distinguere una atresia mista da una ossea, di evidenziare la presenza di una deviazione del setto, di anomalie cranio facciali associate in particolare del rinofaringe, di erniazioni meningee o meningoencefaliche dalla volta nasale, fornendo cos al chirurgo il maggior numero di informazioni preoperatorie. (foto 3-4) Un ulteriore progresso diagnostico stato ottenuto con lintroduzione della T.C. spirale che, soprattutto a livello del massiccio facciale, oltre a ridurre i tempi di esecuzione dellesame, consente ricostruzioni di superficie tridimensionali di strutture anatomiche prescelte, isolate dalle strutture circostanti. Maggiori informazioni nella tecnica di visualizzazione tridimensionale possono essere ottenute dalla possibilit di visualizzare queste strutture dal di dentro e di navigare al loro interno. Questa metodica cosiddetta Endoscopia virtuale stata utilizzata a livello di diversi apparati e pu trovare anche utile applicazione nel distretto rino-faringo-sinusale. La nostra esperienza al riguardo ancora limitata; tuttavia, se da un lato riteniamo la T.C. sicuramente sufficiente per una corretta diagnosi e per una adeguata programmazione terapeutica della atresia coanale, dallaltro consideriamo la endoscopia virtuale estremamente utile in quei casi di atresia incompleta o di stenosi serrata di difficile valutazione con la T.C. o con lendoscopia a causa della ristrettezza dei distretti che vanno ad essere esaminati spesso in pazienti di pochi giorni di vita. In tutte le indagini strumentali estremamente utile la completa aspirazione delle secrezioni nasali e spesso luso di blandi decongestionanti topici, come consigliato da Keans e Wichstead nel 1988. STRATEGIA CHIRURGICA Sono state proposte numerose tecniche chirurgiche di riparazione dellatresia coanale ed esistono ancora oggi opinioni contrastanti riguardo la via di approccio tranpalatale e transnasale. Nel corso degli anni sono state proposte diverse casistiche operatorie con risultati spesso poco interpretabili. Come descritto da Pirsig, nella sua revisione di pi di trecento articoli, il confronto fra i risultati delle varie tecniche spesso arduo poich i criteri di giudizio adottati dai vari autori sono diversi, in molte serie non viene specificata let dei pazienti, la mono o bilateralit della patologia e la durata del follow up, tanto che lo stesso Autore parlava di Guerra religiosa . In letteratura sono state riportate varie tecniche di approccio chirurgico allatresia coanale che prevedono essenzialmente 4 vie di aggressione: un approccio transmascellare o transantrale, da tempo ritenuto poco idoneo e pertanto abbandonato; un approccio transpalatale ; una via di aggressione transnasale con diverse varianti (Perforazione transnasale classica, Fresatura in microscopia del piano atresico, Approccio endoscopico con strumentazione da chirurgia dei seni paranasali. una via translabiale e/o trans-settale. Pirsig identifica come tecnica chirurgica ideale quella procedura in grado di ripristinare la perviet respiratoria nasale senza danneggiare alcuna struttura preziosa nello sviluppo del massiccio facciale, che sia tecnicamente sicura, richieda un breve tempo chirurgico e necessiti di un periodo di ospedalizzazione e convalescenza il pi breve possibile. Al riguardo si rimanda al lavoro di Vickery C.L. e Gross C.W.( Otolaryngologic Clinics of
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North America vol.30, n 3, 457-465, june 1997), riportato sulla nostra relazione al XVI Congresso Nazionale SIOP (Otorinolaringologia Ped vol. XI n 3-4, lug.-dic 2000) in cui viene fatta una revisione completa di tutte le casistiche della letteratura inglese. VIA TRANSPALATALE (Transpalatal repair) Utilizzata per la prima volta da Brunk nel 1909 in una donna di 20 anni con atresia coanale monolaterale, stata successivamente adottata da diversi Autori sia nellambito della patologia malformativa congenita delle coane che in altre patologie del massiccio facciale, del clivus e del rachide cervicale. Fu tuttavia Owens nel 1965 a definirne la tecnica che consiste essenzialmente in una incisione a ferro di cavallo della mucosa palatale lungo il margine posteriore dellarco alveolare a creare un lembo che viene ribaltato posteriormente risparmiando i vasi palatini maggiori. Si procede quindi a fresatura del bordo posteriore delle ossa palatine con parte del vomere creando cos una neocoana attraverso la quale vengono posti gli stents. I vantaggi di questa tecnica sono rappresentati da una migliore esposizione della regione coanale ed un minimo rischio di complicanze intraoperatorie con controllo visivo di ogni manovra. Tale tecnica presenta tuttavia dei limiti rappresentati dalla lunghezza dellintervento, dalla maggiore aggressivit operatoria, da una convalescenza prolungata, dal rischio di complicanze postoperatorie (fistole palatali, retrazioni cicatriziali del velopendulo) e, soprattutto dalla possibile interferenza con lo sviluppo delle strutture facciali in accrescimento. Tabella III. Dati della letteratura sullapproccio transpalatale Autori Osguthorpe Richardson Flake/Ferguson Owens n pazienti 1 5 30 25 Percentuale successo 60% 90% 92%

PERFORAZIONE TRANSNASALE CLASSICA (Transanasal puncture) E stata descritta per la prima volta da Emmert nel 1853 il quale consigliava lutilizzo di un trocantere curvo per perforare il piano atresico. Tale tecnica stata successivamente adottata da numerosi autori utilizzando strumentazioni differenti come curettes mastoidee, sonde uretrali, trocar, dilatatori di Fearon, laser a CO2, a diodi o YAG laser. La difficolt maggiore nellutilizzo del laser CO2 rappresentata dalle ridotte dimensioni della cavit nasale, dalla presenza di edema del turbinato inferiore e da uneventuale deviazione del setto che impediscono di mantenere costante la mira del laser sul piano atresico. Importante in questa tecnica proteggere la base cranica nelle manovre di perforazione Nella tabella IV riportiamo i dati presenti in letteratura riguardo a tale tecnica. Tab. IV : Dati della letteratura sullapproccio transnasale classico Autori Carpenter, Neel Stahl, Jurkiwicz Feuerstein et al Flake, Ferguson Fearon, Dickson Winther Saetti et al
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n pazienti 8 27 8 10 22 4 31

Risultati 4 recidive 9 reinterventi 1 reintervento 3 revisioni per via TP non descritti 1 revisione 8 recidive

FRESATURA DEL PIANO ATRESICO IN MICROSCOPIA (Microscopic drill-out techniques) Tale tecnica rappresenta una evoluzione della tecnica classica di Emmert; prevede lutilizzo del microscopio e di strumenti da otochirurgia come un ototrapano e frese diamantate di differente diametro. Tale tecnica permette la graduale creazione della neocoana sotto visione diretta delloperatore consentendendo una pi ampia fresatura posteriore del vomere, della porzione laterale dellosso pterigoideo, risparmiando spesso dei lembi mucoperiostali pericoanali i quali correttamente riposizionati nel tragitto coanale contribuiscono a prevenire eventuali restenosi. Anche tale tecnica microscopica trova nelle ridotte dimensioni nasali e nel maggiore tempo operatorio un limite spesso evidente. Nella tabella V sono riportate le esperienza di vari autori con questa tecnica chirurgica. Tab. V : Dati della letteratura sulla tecnica di fresatura in microscopia Autori Brown et al. Richardson, Osguthorpe Coniglio et al. Prescott Conticello et al n pazienti 7 16 7 (S. Charge) 14 13 Risultati 2 revisioni 6 restenosi mon. 1 restenosi bil. 7 restenosi 3 revisioni 2 revisioni

PERFORAZIONE CON STRUMENTAZIONE ENDOSCOPICA (Endoscopic techniques) Ladozione delle tecniche di chirurgia endoscopica dei seni paranasali nelle chirurgia dellatresia coanale ha portato molti autori a preferire tale tecnica rispetto a quelle tradizionale sino ad ora riportate. Tale procedura grazie a fibre di 2,5 e 4 mm con ottica a 0 e 30 permette una diretta e pi ampia visualizzazione della cavit nasale. Lo sviluppo di nuovo strumentario chirurgico sempre pi sofisticato consente al chirurgo una sempre pi precisa resezione del piano atresico risparmiando i lembi mucoperiostali pericoanali e le strutture circostanti. Le esperienze a tuttoggi riportate in letteratura sono molto incoraggianti, lintroduzione della strumentazione endoscopica sino ad ora utilizzata nella chirurgia della poliposi nasale e dei seni paranasali, nella correzione dellatresia coanale ha riportato un grande interesse in tale campo chirurgico. Permangono sino ad ora comunque i limiti delle dimensioni delle fossa nasali in et neonatale e di tempo chirugico precedentemente descritti. Tab. VI : Dati della letteratura sulla tecnica endoscopica. Autori Stankiewicz Josephson GD n Pazienti 4 4 Risultati 1 recidiva 1 reintervento

VIA SUBLABIALE E TRANSSETTALE (Subablial transseptal repair) La via transsettale stata proposta da numerosi Autori per il vantaggio di una buona esposizione del distretto, per la possibilit di correggere eventuali difetti del setto e per un minimo sanguinamento, soprattutto nei soggetti con sfavorevoli condizioni anatomiche delle fosse nasali o con malformazioni cranio-facciali. Nel 1987, Krespi et al. ha proposto la stessa tecnica ma con una via di aggressione sublabiale. Attraverso unincisione orizzontale della mucosa sublabiale si identifica lapertura piriforme e la spina nasale anteriore; con strumentario endoscopico ed otochirurgico, si provvede
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allo scollamento subpericondrale e subperiosteo della mucosa del setto e del pavimento della fossa nasale fino alla mucosa della placca atresica che viene scollata. A tal punto viene fresata la porzione posteriore ossea del setto e la placca atresica in modo da creare unampia neocoana. Non esistono casistiche in letteratura su questa tecnica chirurgica ma diversi Autori che la propongono, ne limitano luso ai soli soggetti con et superiore agli 8 anni. CONSIDERAZIONI PERSONALI La scelta della metodica chirurgica nellatresia coanale sucuramente condizionata dalla situazione anatomica locale, dalla bilateralit o monolateralit dellostruzione, ma soprattutto dallesperienza che ciascun operatore ha maturato negli anni. Le stesse esperienze riportate in letteratura, sono poco confrontabili per lesiguit dei casi e per la disomogeneit delle casistiche; inoltre, questo tipo di chirurgia che prevede sofisticati artifizi tecnici in un campo operatorio estremamente ristretto, molto condizionato dalla manualit delloperatore. Per tali motivi, almeno per il momento, risulta difficile trarre delle conclusioni definitive o indicare linee guida precise e costanti nel tempo. Ad esempio, nella Relazione Ufficiale al LXXV Congresso Nazionale della SIO, tenutosi a Venezia nel 1988, Procaccini, riflettendo quelli che erano gli orientamenti chirurgici del momento, propendeva per la via transpalatale che assicurava, secondo anche le casistiche presentate in letteratura, una maggiore percentuale di successi. In seguito, soprattutto per i notevoli progressi fatti in chirurgia endoscopica nasale e per il maggior numero di casistiche presenti in letteratura, la preferenza degli autori si rivolta verso tecniche che utilizzano la via transnasale, riservando la via transpalatale alle atresie monolaterali, nei soggetti pi grandi di et o nei casi di reiterate recidive. Anche la nostra esperienza rivolta verso lutilizzo sempre maggiore di tecniche chirurgiche per via transnasale, perch la via transpalatale sicuramente interferisce sullo sviluppo del mascellare superiore soprattutto se praticata nei primi anni di vita ( comunque costante il riscontro nei soggetti operati con questa tecnica, di un morso crociato), presenta sicuramente una maggiore aggressivit operatoria e determina un decorso postoperatorio ed una convalescenza certamente pi disagevole per il piccolo paziente. Pertanto, alla luce dei dati della letteratura e dei risultati ottenuti nella nostra esperienza, ci sembra di poter affermare che nei soggetti con atresia coanale bilaterale bisogna intervenire il pi presto possibile ed utilizzare una via di aggressione transnasale (foto 5). In et maggiore, nelle forme monolaterali e nelle recidive, ogni chirurgo potr utilizzare la tecnica a lui pi congeniale o sperimentare metodiche innovative, soprattutto, perch in questo campo, vi sono notevoli margini di miglioramento dei risultati. Nellatresie bilaterali lintervento deve essere praticato il pi presto possibile non appena le condizioni generali e respiratorie in particolare, lo consentono; lintervento va comunque praticato non oltre il primo mese di vita in quanto il neonato, anche se nella maggioranza dei casi riesce ad adattarsi dopo qualche giorno alla respirazione orale, pu andare incontro a complicanze cardiopolmonari spesso gravi e soprattutto riesce ad alimentarsi con grande difficolt; ci determina uno scarso accrescimento ponderale con ulteriore peggioramento delle condizioni generali. Tale considerazione risulta ancora pi importante se ci troviamo di fronte a pazienti con altre malformazioni, specie lAssociazione di Charge, che abbiamo visto costituire oltre il 50% dei soggetti con atresia coanale, e pertanto, procrastinare i tempi dellintervento chirurgico pu essere fatale per questi piccoli pazienti, come nei due casi della nostra casistica deceduti per complicanze cardiopolmonari.
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In questi soggetti la via transnasale d sicuramente degli ottimi risultati funzionali e facilita sicuramente il decorso postoperatorio abbreviando i tempi di ricovero in ospedale. La via transpalatale sar invece riservata alle sole atresie monolaterali e alle recidive reiterate e, comunque, in soggetti di et superiore ai 6 anni. La via transnasale endoscopica con la creazione di lembi mucoperiostei , a nostro parere con i mezzi oggi disponibili, praticamente improponibile nel primo mese di vita per la estrema ristrettezza del campo operatorio. Particolare attenzione deve essere posta, quando si utilizza la via transnasale, alla protezione del rinofaringe per evitare le gravissime complicazioni a carico delle strutture della base del cranio e della parete posteriore del rinofaringe. Anche nella nostra tecnica, in cui non utilizziamo la protezione del rinofaringe con un tampone per non creare ulteriori ostacoli in un campo operatorio estremamente ristretto e con un paziente in precario equilibrio anestesiologico (frequenti estubazioni durante le manovre chirurgiche), poniamo estrema attenzione nel momento della perforazione della membrana coanale. Inoltre, particolare attenzione deve essere posta nellassottigliamento della parete laterale della neocoana per evitare una lesione dei vasi palatini che decorrono allinterno di essa con tragitto verticale. Per ridurre lincidenza di recidive, necessario, con qualsiasi via di aggressione utilizzata, comprendere la resezione della parete posteriore del vomere per ottenere uno spazio respiratorio ampio. Circa la creazione di lembi mucoperiostei per prevenire le recidive, non vi sono prove che ne documentano lefficacia: sono riportate, in letteratura, recidive con luso dei lembi e successi senza averli utilizzati. Per tale motivo ci sembra di dover condividere quanto affermato da Devgan che le incisioni crociate e la creazione di lembi appaiono buone sulla carta ma quasi impossibile metterle in pratica sul tavolo operatorio; inoltre, il loro destino e la loro vitalit tanto aleatoria da far dubitare seriamente sulla loro utilit. Tale considerazione , a nostro parere, superata quando si utilizzano i lembi mucoperiostei nelle tecniche microendoscopiche in quanto la preparazione pi agevole sotto ingrandimento e viene praticata con uno strumentario microchirurgico senzaltro pi fine e preciso; ci valido se si interviene su soggetti pi grandi di et e quindi con una fossa nasale pi ampia che permette una pi agevole manualit chirurgica. Circa lutilizzazione degli stent e soprattutto sul tempo che devono essere lasciati in sede, il parere dei vari autori differisce notevolmente. Noi utilizziamo gli stent sempre ma con una durata diversa a secondo dei casi. Nelle atresie bilaterali operate nel primo mese di vita lasciamo lo stent per non meno di 3 mesi per due motivi principali: innanzitutto per far consolidare il calibro della neocoana, ed inoltre per permettere al neonato di superare con una buona respirazione nasale i primi 4 mesi di vita che, come abbiamo precedentemente detto, sono estremamente pericolosi per le possibili complicanze cardiopolmonari e fondamentali per un normale sviluppo fisico del bambino stesso. Alcuni autori sconsigliano luso degli stent per un periodo prolungato per la comparsa di diverse complicanze rappresentate dal favorire le infezioni locali, dal rappresentare uno stimolo in senso granulomatoso, dal causare lesioni da decubito e deformit dellala del naso. Tali complicanze possono essere facilmente evitate con un attento nursing postoperatorio che deve prevedere una costante pulizia dei sondini nasali e
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delle fosse nasali stesse, anche con luso di sostanze decongestionanti ed antimicrobiche topiche, nonch una attenta sorveglianza delle condizioni della mucosa del setto nasale e soprattutto della cute della columella e delle ali del naso. Sicuramente luso degli stent per un periodo prolungato determina una deformit delle ali del naso che, tuttavia, nella nostra esperienza, si risolve completamente, dopo rimozione degli stent, nel primo anno di vita. Certamente diverso lutilizzo degli stent nei soggetti pi grandi che vengono operati con la via transpalatale ed ancor pi con le tecniche endoscopiche. Infatti in questi casi, in cui si preparano con estrema precisione i lembi mucoperiostei con i bordi della neocoana non cruentati, possibile lasciare gli stent per un periodo minore e comunque inferiore ai 15 giorni. Dai dati della letteratura ci sembra che il laser possa aprire utili prospettive nella chirurgia della coana. Utilizzato in tale campo per la prima volta da Healy et al. nel 1978, offre il vantaggio di indurre una minor cicatrizzazione per i modesti danni termici delle strutture viciniori e per lassenza di sanguinamento, ma presenta il limite di una insufficiente vaporizzazione dellosso e della cartilagine. Inoltre, il laser CO2, per la necessit di veicolare il raggio tramite il microscopio , di difficile utilizzazione pratica; anche il laser Nd-YAG scarsamente utilizzato per i diffusi danni da carbonizzazione dei tessuti circostanti e per la necessit di un sistema di raffreddamento coassiale a gas con rischio potenziale di embolismo gassoso. Migliori prospettive sembra offrire il laser a diodi che oltre a poter essere veicolato da fibre ottiche flessibili collegabili allendoscopio, ha il vantaggio di non richiedere un sistema di raffreddamento a gas ed offrire una buona penetrazione dei tessuti molli.Non avendo una esperienza diretta sulluso del laser in questa chirurgia e quindi, basandoci su quanto riportato dai vari autori in letteratura, riteniamo che lutilizzo del laser pu essere estremamente utile soprattutto nella correzione delle recidive in soggetti operati per via transanasale nel primo mese di vita; infatti la stenosi coanale che si viene a creare composta esclusivamente da tessuto fibroso facilmente aggredibile dal raggio laser con tutti i vantaggi che tale strumento offre. Infine vogliamo sottolineare che nella gestione di questi piccoli pazienti di fondamentale importanza il nursing, dapprima in ambito ospedaliero e successivamente in ambito familiare. Lassistenza del personale dei reparti di patologia e rianimazione neonatale, cui di solito afferiscono i pazienti dopo la nascita, non solo si deve limitare ad assicurare una soddisfacente ventilazione polmonare, che rimane la prima e pi drammatica emergenza da risolvere (pu essere utile lutilizzo di una guedel nelle iniziali fasi di adattamento respiratorio ed una alimentazione per gavage), ma deve prevedere, nella fase postoperatoria, una continua aspirazione delle secrezioni nasali che frequentemente ostruiscono il lume degli stent, una attenta valutazione dei parametri cardiorespiratori, una estrema attenzione durante lalimentazione, ma anche e soprattutto nei primi giorni, una continua valutazione delle condizioni della columella e delle ali del naso, che per compressione da parte degli stent, possono andare incontro a fenomeni di necrosi con conseguenze estetiche molto gravi (foto 6)

CONCLUSIONI Sicuramente la classificazione delle atresie coanali lontana da una sua definizione completa e condivisibile; quelle proposte fin ad oggi sono troppo generiche e fanno riferimento a parametri generici e mal definiti. A nostro parere la proposta di una
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classificazione per gradi della atresia si rende assolutamente necessaria. Tale classificazione per gradi, tenendo conto di tutti i parametri della malformazione (anatomici, radiografici, istopatologici etc.), sicuramente potr costituire un valido supporto, condiviso da tutti, per una corretta gestione di questa patologia che, anche se rara, si presenta estremamente insidiosa e pericolosa per i piccoli pazienti. Anche il dibattito sulla terapia chirurgica delle atresie coanali non pu ritenersi concluso; si cominciano, tuttavia, ad accettare dei punti fermi sui quali pu essere costruita una condotta terapeutica standardizzata ed utilizzabile in tutti i casi. Lavvento della chirurgia endoscopica nasale e il perfezionamento delle tecniche transnasali, ha sicuramente aperto le porte verso tecniche chirurgiche che danno risultati non solo soddisfacenti dal punto di vista dei risultati, ma soprattutto pi sicure e meno aggressive per i piccoli pazienti. Riteniamo pertanto, in conclusione, che su queste metodiche bisogna continuare a lavorare con sempre maggiore impegno e con metodiche condivise da tutti.

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Foto 1. - A) Parete laterale della fossa nasale destra - B) Quadro endoscopico normale

Foto 2. - Quadro endoscopico di atresia coanale destra

Foto 3. - Atresia coanale destra - T.C. spirale in proiezione coronale 133

Foto 4. - Atresia coanale destra - T.C. in proiezione assiale

Foto 5. - Intervento di perforazione transnasale classica (caso personale) 134

C) Stent a cravatta

D) Fissaggio esterno dello stent

Foto 6. - Complicanza postoperatoria : necrosi della columella

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CLASSIFICAZIONE DEI SITI OSTRUTTIVI NASALI NELLA RONCOPATIA


I.Tasca, G. Ceroni Compadretti
U.O. di Otorinolaringoiatria - Ausl-Imola

PREMESSE GENERALI Le perturbazioni della permeabilit delle vie aeree nasali possono avere, con meccanismi differenti, un ruolo importante nella fisiopatologia dei disordini respiratori nel sonno(1), agendo sulla collassabilit del complesso velo-faringeo e sulla regolazione centrale del respiro. Nel sonno si verifica una fisiologica riduzione del tono della muscolatura faringea: in particolare si riduce il tono dei muscoli dilatatori della faringe e quello del muscolo genioglosso che ha un effetto protrusivo. In queste condizioni, la flaccidit dei tessuti e le forze gravitazionali si combinano per ridurre il calibro delloro e ipofaringe. In presenza di ostruzione nasale, avviene, durante linspirazione, un aumento della pressione negativa endoluminale che tende a collassare le pareti del segmento faringeo della via aerea superiore, privo di supporto rigido. Inoltre, lostruzione del naso induce a privilegiare, durante il sonno, la respirazione boccale(2). Lo switching dalla respirazione nasale alla respirazione orale, incrementando lo sforzo inspiratorio, aumenta la tendenza al collasso della porzione non rigida della via aerea. La respirazione orale determina condizioni di instabilit del lume faringeo: il velo si trova spostato dal flusso inspiratorio in posizione postero-superiore e pu entrare in vibrazione contro la parete posteriore del faringe. Ma, soprattutto, lapertura della bocca rila-scia la porzione anteriore della lingua, producendo un movimento in senso postero-superio-re del muscolo genioglosso, risultante in una riduzione del diametro antero--posteriore del lume orofaringeo. Da alcuni autori, stato ipotizzato lintervento di alcuni riflessi nasali, quali il riflesso nasodiaframmatico e il riflesso naso-polmonare. La frammentazione del sonno e laumento delle apnee prevalentemente centrali dopo ostruzione artificiale del naso, sia uni che bilaterale(3) e lo sviluppo di apnee in soggetti normali in seguito ad ostruzione uni- e bilaterale(4) sono spiegate con la presenza del riflesso naso-polmonare. Prove sperimentali indicano anche lesistenza del riflesso naso-diaframmatico, e cio che il flusso aereo nasale stimolerebbe dei recettori nasali che specificamente aumenterebbero lattivit del diaframma: infatti lanestesia topica nasale si associa ad un aumento, sta-tisticamente ma non clinicamente significativo, delle apnee e ipopnee ostruttive durante il sonno(5). Questi risultati suggeriscono che recettori nasali sensibili al flusso possono svolgere un ruolo nel mantenere la ritmicit respiratoria durante il sonno e che, in presenza di patolo-gia nasale, queste influenze possono divenire clinicamente significative e predisporre allo sviluppo della roncopatia. Relativamente alla chirurgia nasale, alcuni studi(6-11) riportano una relazione fra miglioramenti della ventilazione nasale e riduzione dei disordini respiratori nel sonno con alcuni casi di guarigione dopo chirurgia nasale esclusiva. Altri autori(12-16) riferiscono, invece, che non esistono criteri attendibili di predizione di success-o della chirurgia nasale, poich la stenosi nasale influisce solo in maniera parziale alla determinazione dellOSA. In questo senso, il
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ruolo della chirurgia nasale va inquadrato nellambito di un progetto terapeutico multisito. Non vi , quindi, dubbio che qualora esistano sintomi, segni e rilievi obiettivi di dispermeabilit nasale va attuato il rimodellamento chirurgico del volume delle camere nasali. La normalizzazione delle resistenze nasali, infatti, riducendo il gradiente pressorio transfaringeo, non solo attenua la collassabilit del segmento palatofaringeo, ma permette anche un migliore rendimento della CPAP(17), nei casi in cui questa venga applicata, e potenzia il risultato di altre procedure chirurgiche(18). La diagnostica del paziente roncopatico si avvale di molteplici strumenti di indagine tra i quali lesame fibroendoscopico con la manovra di Muller, lo studio cefalometrico e polisonnografico. La manovra di Muller dimostra in modo apprezzabile la prevalente sede di ostruzione dei segmenti collassabili a livello delloro-ipofaringe(19). Tuttavia, ai fini di una corretta classificazione roncochirurgica, necessario individuare quelle condizioni di patologia in cui il collasso si pu manifestare anche nel distretto nasale, comunemente considerato porzione non collassabile delle prime vie aeree. E infatti, sono causa di collasso della parete laterale esterna e conseguente stenosi dellarea valvolare: la disfunzione della componente muscolare nasale, a seguito, per esempio, di una paralisi del nervo facciale; una perdita del supporto scheletrico dopo chirurgia demolitiva; ma anche una progressiva lassit dei tessuti dovuta al fisiologico processo di invecchiamento. Per tale motivo abbiamo messo a punto il Test di Collassabilit Valvolare (TCV) per lindividuazione di questa condizione (20). Dopo decongestione nasale, con lottica posizionata allinterno del vestibolo nasale sul lato da esaminare e comprimendo dallesterno con un dito la fossa nasale controlaterale, viene chiesto al paziente di respirare dal naso con la bocca chiusa. Durante una normale inspirazione si assiste ad un fisiologico restringimento dellarea valvolare per aspirazione dei tessuti della parete laterale. In questa evenienza, attribuiamo un grado di ostruzione 1+ a quei casi di minimo movimento della parete laterale ed un grado 2+, se osserviamo una riduzione dellarea valvolare del 50%. Il test viene considerato positivo in presenza di una ostruzione severa o totale, pari al 75% (grado 3+) o 100 % (grado 4+). La metodica risulta di facile esecuzione, avviene durante la prima fase dellesame fibroendoscopico, consente di indagare in maniera dinamica le cavit nasali e di rilevare eventuali cause di ostruzione dellarea valvolare per collasso della parete laterale esterna. Lo studio endoscopico morfo-funzionale delle cavit nasali viene fatto seguire, di routine, dagli esami strumentali di rinomanometria e rinometria acustica, allo scopo di confermare e quantificare il dato obiettivo (fig.1).

Fig. 1 Gli esami vengono sempre condotti in condizioni di base e dopo decongestione. Nei casi in cui vi sia il riscontro endoscopico di stenosi valvolare e le resistenze nasali rinomanometriche cos come il valore di MCA rilevato dalla rinometria acustica, non si normalizzano dopo
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decongestione, viene associata unulteriore prova con dilatatore (figg.2-3).

Fig. 2 Fig. 3 La rinomanometria e la rinometria acustica producono, quindi, una oggettivazione del dato obiettivo ed apportano un utile contributo nella scelta della strategia chirurgica(21). CLASSIFICAZIONE ADOTTATA Il presupposto fondamentale per il successo di un trattamento roncochirurgico sta nella precisa individuazione dei siti ostruttivi e quindi in un corretto inquadramento diagnostico. Per tale motivo, abbiamo elaborato una scheda di valutazione del paziente roncopatico che consenta, raccogliendo il maggior numero di informazioni, di studiare approfonditamente tutte le possibili sedi patologiche. A tale scopo, stata adottata la classificazione NOH(22), in quanto, a nostro parere, raccoglie, in modo rapido e diretto, informazioni utili per la localizzazione dei siti ostruttivi e fornisce, inoltre, valide indicazioni di strategia chirurgica. Abbiamo, tuttavia, introdotto alcune modifiche relative alla classificazione dellN (fig.4).

Fig. 4 Infatti, alla quantificazione dellostruzione nasale si ritenuto opportuno associare un pattern di valutazione che localizzi in modo preciso la sottosede nasale di stenosi. Sono stati, quindi, individuati sei volumi endonasali che corrispondono alle aree di Cottle e che costituiscono i patterns di ostruzione allinterno delle cavit nasali (figg.5-6).

Fig. 5
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Fig. 6

Al punteggio relativo allentit dellostruzione (da 1+ a 4+), viene affiancato uno o pi numeri romani, espressione delle aree nasali sede di ostruzione. La metodica risulta di facile esecuzione, avviene durante la prima fase dellesame fibroendoscopico, consente di verificare lentit dellostruzione e di localizzarne precisamente la sede endonasale. Oltre ad una valutazione statica della morfologia delle cavit nasali, fondamentale eseguire anche un esame dinamico finalizzato allindividuazione delle stenosi da collasso dellarea valvolare in prossimit del triangolo vuoto e del margine caudale della cartilagine triangolare. Ladozione sistematica del Test di Collassabilit Valvolare ci ha consentito di perfezionare e completare il processo diagnostico che riassunto nel seguente schema classificativi: Entit di ostruzione Sede di ostruzione Area: I II (TCV) III IV V VI 1+ (25%) 2+ (50%) 3+ (75%) 4+ (100%)

Seguono alcuni quadri clinici (figg.8-9-10-11):

Fig. 8

Fig. 9

Fig. 10

Fig. 11

In conclusione, riteniamo che la diagnostica nasale debba rivestire un ruolo non trascurabile nella valutazione del paziente roncopatico, in cui frequente il riscontro di una condizione di stenosi respiratoria nasale. Per tale motivo, abbiamo elaborato un protocollo di studio della funzione nasale finalizzato ad una precisa localizzazione dei siti ostruttivi endonasali, nellottica di una corretta classificazione della patologia e di un trattamento quanto pi possibile personalizzato.
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DEVIAZIONE DEL SETTO NASALE


M.Manzini, G.Mastrogiuseppe, A.Carissimi, G.Terranova
Unit Operativa Complessa di Otorinolaringoiatria Ospedale Civile A.Cardarelli di Campobasso

CLASSIFICAZIONE Le deviazioni del setto nasale sono estremamente comuni ma non sempre cos severe da compromettere la funzione nasale. Sono pi frequenti nelle razze caucasiche. Molte delle deviazioni del setto nasale sono dovute ad un trauma diretto e, in questi casi, sono spesso associate a danni a carico di altre parti del naso (frattura delle ossa nasali). In molti pazienti con deviazioni settali, anche severe, non vi tuttavia una storia di traumi nasali. Gray 3 (1972) spiega questi casi con la teoria del modellamento che il naso riceve durante la vita intrauterina ed il passaggio nel canale del parto. Jeppesen e Windfeld 4 (1972) trovarono 29 casi di dislocazione in 907 nati (3.19%). A questo proposito c da rilevare che le dislocazioni settali sono pi frequenti nelle primipare e nei parti lunghi. ANATOMIA PATOLOGICA Le deviazioni del setto nasale possono essere classificate nei seguenti tipi: SPERONI DEVIAZIONI DISLOCAZIONI SPERONI Sono angolazioni pi o meno acute che possono prodursi inferiormente in corrispondenza della giunzione tra cartilagine quadrangolare e vomere o, superiormente, tra quadrangolare e lamina perpendicolare delletmoide. Questo tipo di deformit di solito il risultato di compressioni che agiscono in direzione verticale. Speroni post-traumatici possono interessare anche esclusivamente la cartilagine quadrangolare come esito di fratture. DEVIAZIONI Distinguiamo essenzialmente due tipi di deviazioni del setto nasale: a C a S Tali deformit a forma di C o di S possono svilupparsi secondo un piano orizzontale (assiale) o verticale (coronale). E essenzialmente in questi due tipi fondamentali di deviazioni del setto nasale e dalle loro varie combinazioni che si riconoscono la maggior parte delle forme di comune riscontro clinico. Le deviazioni sono quasi sempre formate da una parte ossea (vomere-etmoide) e da una parte cartilaginea (cartilagine quadrangolare).
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DISLOCAZIONI Le dislocazioni riguardano quasi esclusivamente il margine caudale della quadrangolare che dislocato rispetto alla cresta mascellare ed alla spina nasale ed procedente nella narice omolaterale alla dislocazione e che invariabilmente ristretta rispetto alla controlaterale. Sono il tipico esempio di malposizionamenti legati a forze esercitate alla nascita o ad eventi traumatici durante il successivo sviluppo. Le deviazioni settali sono molto spesso associate ad anormalit anatomiche delle aree adiacenti e cio a carico della parete laterale, del mascellare in toto o di tutta la piramide nasale. PARETE LATERALE NASALE A carico della parete laterale nasale frequentissimo il riscontro di una ipertrofia compensatoria dei turbinati e/o una bulla etmoidale ipertrofica, quadri che per lo pi si riscontrano nel lato concavo della deviazione. Va anche ricordato come la pressione esercitata dalla deviazione settale sui nervi della parete nasale laterale possa produrre dolore. Questo concetto venne dapprima elaborato da Sluder (1927) e la condizione risultante venne chiamata da Shalon (1963) sindrome del nervo etmoidale anteriore. MASCELLARE Le forze di compressione che sono responsabili della deviazione del setto sono spesso asimmetriche e possono dare appiattimento della guancia, elevazione del palato e, quindi, del pavimento nasale e anomalie ortodontiche in generale. PIRAMIDE NASALE Deviazioni settali anteriori sono spesso associate a deviazioni della piramide nasale. Un naso torto ha sicuramente un setto nasale deviato ed in un naso deviato il fattore determinate e dominante la posizione del setto. Beekhuis (1973) ha succintamente riassunto questo principio con il detto dove va il setto, va il naso. Ed proprio su questo concetto che si basa lintervento di settorinoplastica in un solo tempo. STRATEGIA DIAGNOSTICA La diagnosi pre-operatoria delle patologie rino-settali prevede una parte di semeiotica clinica ed una parte di tipo strumentale. La semeiotica valuta innanzitutto le cavit nasali, in particolare le deviazioni del setto e la patologia dei turbinati. Particolare attenzione va posta alla regione valvolare (prova di Cottle), allangolo settale inferiore, (eventuale dislocazione del margine caudale del setto) ed alla non infrequente presenza di creste vomeriane (con contatti turbino-settali). Per quanto riguarda la piramide, oltre agli aspetti pi ovvi come la presenza di un gibbo o una deviazione destro o sinistro-convessa, va valutata la lunghezza della columella, a volte incrementata, la proiezione del terzo inferiore della piramide, lampiezza del piede delle crura mediali, la consistenza delle cartilagini alari ed il tipo di pelle, in quanto un rivestimento cutaneo sottile evidenzia molto di pi eventuali imperfezioni di correzione delle cartilagini alari. La parte di diagnostica strumentale pu prevedere esami per immagini (TC), endoscopia (valutazione globale delle fosse nasali), rinomanometria (AAR, PAR, NAR), rinometria acustica, rinostereometria, PEF (peak expiration flow).
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Tendiamo a dare maggiore importanza agli esami per immagini TC ed allendoscopia, che non eseguiamo tuttavia di routine, piuttosto che agli esami funzionali sulla cui attendibilit esistono in letteratura pareri controversi e che comunque riserviamo alle indicazioni chirurgiche in casi selezionati. He who masters the tip, master rhinoplasty (S. Fomon). Questa frase estremamente esplicativa di quanto sia importante la corretta diagnosi e la precisa valutazione del terzo inferiore della piramide nasale tutte le volte che ci si appresta a fare un intervento correttivo rino-settale. La valutazione diagnostica del terzo inferiore della piramide nasale, nelle sue componenti fondamentali che sono le alari ed il margine caudale del setto inteso come angolo settale inferiore, la chiave di volta per comprendere la dinamica delle forze in gioco nel supporto della punta e quindi la possibilit di ottenere una corretta proiezione della stessa in relazione allaspetto estetico (refinement), alla rotazione ed ad un armonico rapporto con il dorso. Il terzo inferiore della piramide a nostro avviso una vera entit anatomo-funzionale a se stante nellambito della chirurgia nasale. La precisa valutazione della sua dinamica, nellambito di un intervento correttivo rino-settale, parte da una attenta diagnosi preoperatoria ed la chiave di volta della corretta esecuzione dellintervento stesso tanto che nostra opinione che il naso vada costruito sul setto e sulla punta. I tre principali aspetti da considerare nel programmare la correzione del terzo inferiore della piramide sono la forma, la rotazione e la proiezione. Di questi, la proiezione sicuramente la pi difficile da controllare. La proiezione determinata dai meccanismi di supporto (tab.1, figg. 1-2)del terzo inferiore della piramide. Tali meccanismi sono suddivisi in maggiori e minori o, in modo pi semplificato, in strutturali e non strutturali. MAGGIORI 1. Margine inf. del setto e legamento crus mediali-margine caudale 2. Unione alari-triangolari 3. Spessore, larghezza e consistenza delle alari MINORI 1. Tessuto molle interdomale 2. Spina nasale 3. Cartilagini sesamoidi 4. Dorso cartilagineo 5. Unione cute-alari 6. Setto membranoso

Tab.1. Meccanismi maggiori e minori di supporto della punta.

Fig.1. Meccanismi maggiori: 1) robustezza della alare 2) Margine inferiore del setto e suo legamento con le crus mediali 3) Unione alari-triangolari
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Fig.2. Meccanismi minori: 1) tessuto molle interdomale 2) dorso cartilagineo 3) cartilagini sesamoidi 4) legamento alari-cute 5) spina nasale 6) setto membranoso La difficolt di compendiare i tre aspetti, forma, rotazione e proiezione, sempre stato uno dei problemi cardine di questa chirurgia, tanto che lo stesso Joseph, gi nel 1944, utilizzava un proiettometro (fig.3) ed impiegava le suture per mantenere la proiezione e migliorare la morfologia dei suoi nasi.

Fig.3. Il proiettometro di Berson In questo senso utile, dal punto di vista diagnostico, tenere in considerazione il concetto di tripode (fig.4), introdotto da Anderson nel 1969, che ci aiuta a capire limportanza del mantenimento del supporto del terzo inferiore della piramide a fronte del fatto che le tecniche chirurgiche che non prevedano supporti (suture-batten) portano viceversa ad una perdita di proiezione. Una perdita di proiezione della punta pu portare nel tempo ad un appiattimento della stessa ed ad una parziale ricomparsa del gibbo mentre pu essere utile nei casi in cui si voglia effettivamente ottenere una riduzione di proiezione.

Fig.4. Il tripode di Anderson e la dinamica della punta in rapporto ad alcune procedure chirurgiche.
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Il tripode costituito da due braccia lunghe rappresentate dalle crura laterali delle alari e dal braccio corto centrale rappresentato dal complesso margine caudale del setto-crura mediali. E facilmente intuibile come al variare delle singole componenti del tripode si vada a determinare una variazione a carico della rotazione e, soprattutto, della proiezione. Nellottica del mantenimento di una buona proiezione del terzo inferiore della piramide importante anche una diagnosi intra-operatoria che consente di valutare la consistenza delle cartilagini alari (fig.5) ed il loro rapporto con la cute. Se le alari sono fragili sono infatti sconsigliate le tecniche interruttive a favore del mantenimento dellarco cartilagineo. Se le alari sono robuste, ma la cute sottile, le tecniche interruttive sono anche in questo caso pericolose in quanto possono diventare visibili a distanza sotto la cute i margini di sezione cartilaginea o le pinzettature cutanee nei punti dove la mancanza di continuit dellarco cartilagineo pu dare adito alla retrazione cicatriziale della cute. Viceversa, se le alari sono robuste e la cute spessa, le tecniche interruttive mantengono tutta la loro validit.

Fig.5. Alare debole e robusta e rapporto con la proiezione. Diagnosi delle principali deformit del terzo inferiore della piramide nasale. A) TENSION NOSE Una delle principali alterazioni del terzo inferiore della piramide legata a quellaspetto che va sotto il nome di tension nose. E questa una condizione anatomica in cui la proiezione delle cartilagini della punta e della parte dorsale del setto sono talmente pronunciate che queste strutture possono essere chiaramente delineate attraverso la cute. Il tension nose rappresenta, di fatto, una sfida chirurgica in quanto tutti i principali meccanismi di supporto della punta sono alterati e, proprio per questo, richiede un inquadramento diagnostico rigoroso. La perfetta conoscenza infatti delle condizioni anatomiche che determinano questa deformit essenziale per ottenere una corretta correzione chirurgica. Le anormalit anatomiche fondamentali coinvolgono il setto e le cartilagini alari. La pi importante di queste un eccessivo sviluppo verticale del setto, particolarmente significativo nella porzione inferiore. Tutto questo si manifesta con una eccessiva proiezione. In questo caso le crura mediali sono trascinate verso lalto causando a volte limpressione di un labbro superiore corto. Le crura laterali sono a loro volta stirate verso il basso e il loro apparente aumento di lunghezza spesso dovuto allappiattimento della loro curvatura. Il dorso eccessivamente alto per un eccessivo sviluppo verticale del setto (fig.6).
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Fig.6. Il tension nose. 1) normali rapporti setto-alari 2) Naso in tensione con avanzamento delle crus mediali per ipersviluppo della porzione inferiore del setto, la lunghezza delle crura laterali aumentata per cui vi un aumento di proiezione Inoltre spesso langolo settale situato inferiormente al di sotto del livello delle crura mediali (Fig.7).

Fig.7. Tension nose: il piede delle crus mediali situato molto pi in alto ed i dome sono ruotati anteriormente. Anche in questo caso il concetto del tripode ci di aiuto per comprendere la dinamica delle forze in gioco (Fig.8).

Fig. 8. A. Il concetto di tripode B. Tension nose Lo scopo della chirurgia in questo tipo di alterazione quello di ridurre la proiezione e di ottenere una rotazione postero-superiore della punta. Per ridurre quindi la proiezione, gli archi alari devono essere abbassati. Questo si pu ottenere in diversi modi. Lo schema seguente espone le tecniche proposte da due famosi autori (Fig.9).

Fig.9. Tecniche di Safian e Lipsett Lo scopo di queste tecniche di trasformare larco cartilagineo in un triangolo. Il problema il fatto che, utilizzando queste tecniche, post-operatoriamente, nel caso di una cute sottile, i margini di sezione cartilaginei possono diventare evidenti.
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Di seguito vi mostriamo pertanto alcuni diagrammi di tecniche riduttive dellarco cartilagineo che consentono una riduzione della proiezione senza ricorrere allinterruzione dello stesso, per eliminare la possibilit di esiti macroscopicamente visibili (figg.9-10).

Fig.9. Complete strip (le linee tratteggiate indicano le possibili variabili resezioni)

Fig.10. Rim strip Queste ultime tecniche trovano sicuramente spazio in questo tipo di problema nei casi non estremi. Il tension nose peraltro una di quelle alterazioni della piramide nasale che dimostrano quanto sia importante un approccio funzionale al problema e come sia indispensabile eseguire come primo tempo chirurgico la settoplastica. Inoltre, in considerazione del fatto che nei nasi patologici il setto ha praticamente sempre tensioni patologiche, nellintervento correttivo rino-settale il primo tempo chirurgico sempre la settoplastica, perch le osteotomie riducono lampiezza delle cavit nasali e quindi, quella che alla diagnosi pre-operatoria magari una deviazione del setto insignificante, pu diventare patologica e funzionalmente significativa nel post-operatorio. La settoplastica, peraltro, eseguita secondo la tecnica nota come swinging door e di seguito schematizzata, porta via pochi minuti e pone le basi per lintervento ricostruttivo (fig.11).

Fig.11. Le principali fasi della settoplastica: 1) unico tunnel sinistro 2) condrotomia inferiore 3) condrotomia anteriore 4) condrotomia posteriore 5) rimodellamento setto osseo con p.di Veil 6) sutura a materassaio.
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Questa tecnica di settoplastica ovviamente altrettanto indispensabile in tutti i nasi torti in cui le tensioni sono la regola e su cui non ci soffermiamo data la semplicit della diagnosi. B) BULBOUS E BOXY TIP Per una precisa diagnosi ed una conseguente adeguata strategia correttiva delle pi comuni alterazioni della punta del naso va rivisitata lanatomia delle alari (figg.12-13).

Fig.12. Cartilagine alare vista dal basso con le sue principali componenti (crus mediale, intermedia e laterale) e cinque segmenti: 1) crus laterale 2) crus intermedia, segmento domale 3) crus intermedia, segmento lobulare 4) crus mediale, segmento columellare 5) crus mediale, segmento del piede

Fig.13. Cartilagine alare, vista dal basso con 1) angolo domale e 2) angolo di divergenza domale Nella definizione della punta il ruolo centrale svolto dai due angoli: langolo del dome (arco domale) e langolo di divergenza domale. In condizioni normali langolo di divergenza non superiore a 30 gradi e larco domale non maggiore di 4 millimetri. In caso di punta bulbosa (bulbous)langolo di divergenza domale rimane compreso entro i 30 gradi, mentre larco domale risulta maggiore di 4 millimetri. In caso di punta quadrata (boxy) langolo di divergenza superiore ai 30 gradi e larco domale maggiore di 4 millimetri (figg.14-15). Fig.14. Rapporto alari-morfologia della punta

Fig.15. Lanatomia normale e patologica: langolo della definizione del dome e quello di divergenza domale nelle punte bulbose e quadrate
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Il tension nose e le punte larghe (bulbous e boxy) rappresentano la stragrande maggioranza dei nasi con cui confrontarsi nellambito di un intervento correttivo rino-settale. In questi tipi di deformit del terzo inferiore della piramide nasale il mantenimento o la costruzione di un corretto supporto indispensabile allottenimento di un buon risultato estetico e funzionale. Questi tipi di deformit delle cartilagini alari prevedono infatti lesposizione delle stesse mediante una tecnica di lussazione (delivery) che di per s riduce la proiezione e tende a dare un ulteriore allargamento della punta. E ovvio che a questo punto ci si trova davanti ad un bivio: o una correzione mediante una tecnica interruttiva di cui abbiamo visto i rischi soprattutto nel caso di cartilagini forti e cute sottile, oppure si deve optare per le tecniche di mantenimento dellarco cartilagineo e di rimodellamento mediante suture. Utilizzando quindi le tecniche interruttive come quella di Goldman (fig.16) abbiamo un forte pilastro inferiore in grado di garantirci la proiezione, cosa su cui viceversa non possiamo contare nel caso optiamo per una tecnica non interruttiva che, come abbiamo visto, va ad interferire con alcuni dei meccanismi di sostegno della punta. In questo caso possiamo per contare sulla semplice inserzione di un innesto intercolumellare (batten) che ci garantisce il mantenimento della proiezione senza fra laltro esporci ai rischi di un innesto sottocutaneo il cui destino molto pi imprevedibile in quanto il contatto con la cute espone questultima ad esiti a distanza.

Fig.16. La tecnica di Goldman (1957) Negli ultimi decenni la chirurgia della punta nasale andata, per le ragioni appena esposte, sempre pi verso la conservazione o ricostruzione dellarco cartilagineo. E in questottica che vanno intese le suture che permettono di migliorare il contorno della punta e, insieme agli innesti columellari, preservare quel pilastro centrale indispensabile per il mantenimento di una ottimale proiezione, punto nodale di tutta la chirurgia estetica e funzionale del naso (figg.17-18-19).

Fig.17. Sutura interdomale (diminuisce la distanza interdomale e restringe la punta)


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Fig.18. Sutura transdomale (restringe i domi e diminuisce la distanza interdomale)

Fig.19. Lateral crural steal (aumenta la proiezione e la rotazione oltre che restringere la punta) A queste tecniche di sutura si pu associare, come detto, lapplicazione di uno strut o batten cartilagineo intercolumellare che garantisce il sostegno e permette, in ogni caso, il perfetto controllo della proiezione (fig.20).

Fig.20. Strut columellare Precise preoperative diagnosis of a patient nasal tip deformity is critical to obtaining successful result in rhinoplasty Rod J.Rohrich STRATEGIE CHIRURGICHE E ben noto laforisma di Fomon che il chirurgo che possiede la chirurgia della punta, possiede tutta la chirurgia della piramide nasale. Il terzo inferiore della piramide nasale viene infatti da noi sempre considerato unentit anatomo-funzionale a se stante, a sottolineare il ruolo cruciale dal punto di vista estetico e funzionale. In termini pratici il terzo inferiore della piramide determina la proiezione della punta, la forma e la simmetria delle narici, langolo naso-labiale ed il rapporto lobulocolumellare e columella-margine narinale laterale. Cercando di semplificare, elaborare una strategia diagnostica, per quanto riguarda la punta nasale, significa prendere in considerazione tre aspetti fondamentali:
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1. il rimodellamento della forma, cosa che quasi sempre significa un restringimento dello spazio interdomale ed una riduzione del margine cefalico della crus laterale; 2. larotazione, cosa che quasi sempre significa un incremento pi o meno marcato ed una ridefinizione dellangolo naso-labiale; 3. il mantenimento o lincremento della proiezione (fanno eccezione ovviamente i pinocchio noses in cui la proiezione deve diminuire). Il chirurgo esperto sa prevedere il comportamento a distanza del naso, ben sapendo che la maggior parte delle tecniche di esposizione e rimodellamento delle alari determinano, se non accompagnate da provvedimenti di ripristino del sostegno (suture ed innesti columellari), una perdita della proiezione stessa. Dei tre aspetti sopra elencati quello pi importante resta a nostro avviso la proiezione della punta da tenere sempre in grande considerazione quando ci si appresta ad eseguire un intervento correttivo rino-settale che, ci si auspica, non vada incontro a modificazioni negative nel corso del tempo. Quindi strategia diagnostica pre-operatoria significa valutare accuratamente i meccanismi di sostegno della punta, primo fra tutti la conservazione del margine caudale del setto, secondariamente la robustezza e la forma delle cartilagini alari e da ultimo, ma sicuramente non meno importante, lo spessore ed il tipo di cute. Le tecniche chirurgiche aggressive e soprattutto quelle interruttive dellarco cartilagineo alare, (tecniche messe a punto negli anni 60 e 70 ed improntate alla finalit estetica di costruire una punta stretta e ben definita), determinando un sacrificio dellintegrit strutturale cartilaginea, compromettono facilmente, nel corso degli anni, il supporto e la proiezione della punta oltre che incrementare il rischio di deformit secondarie. Nella stragrande maggioranza delle rinoplastiche primarie pertanto indicato mantenere un segmento caudale intatto (complete strip) delle cartilagini alari. Molti pi problemi e complicazioni sorgono infatti da uneccessiva correzione delle anormalit della punta che non da una correzione conservativa. Il concetto di un systematic graduated anatomic approach di E.Tardy viene assolutamente condiviso. Questo implica lapplicazione delle tecniche pi conservative, dal risultato pi prevedibile. Stesso dicasi per le incisioni e gli approcci. Solo quando le alterazioni anatomiche diventano pi severe si ricorre ad approcci ed a tecniche progressivamente pi aggressive. Le tecniche di rimodellamento della punta possono infatti essere classificate come conservative (complete strip) oppure interruttive dellarco cartilagineo delle alari. Per raggiungere la definizione ottimale della punta in base allanatomia che si incontra ed al grado di esposizione richiesta per ottenere un risultato soddisfacente, il systematic graduated anatomic approach alla punta si pu classificare come segue: 1. Approccio non delivery a) transcartilagineo b) retrogrado (eversion) 2. Delivery a) bipedicle chondrocutaneous flap approach 3. Approccio con tecnica aperta. Chi usa questultimo approccio, cio la tecnica aperta, anche per deformit anatomiche minori, lo fa a nostro avviso in modo indiscriminato, mentre chi rifiuta questo approccio perde lopportunit di avere nel proprio armamentario chirurgico uno strumento utile. Partendo dal presupposto che il primo obiettivo della chirurgia nasale deve essere funzionale e che il setto lanima del naso e che, come dice Beekuis, il naso va dove va il setto, il primo tempo dellintervento per noi nella quasi totalit dei casi la settoplastica. 151

LA SETTOPLASTICA 1j Tempo: Incisione Lincisione che utilizziamo una emitrasfissa sinistra che viene eseguita parallelamente al margine caudale della quadrangolare un paio di millimetri posteriormente al margine stesso (fig. 1). Lincisione deve essere assolutamente rettilinea ed interessare mucosa e pericondrio. Questa lincisione pi semplice per i destrimani.

Figura 1. Incisione emitrasfissa a sinistra 2j Tempo: Esposizione Si espone la cartilagine quadrangolare e parzialmente la cornice ossea posteriore su di un solo lato, solitamente il sinistro (tunnel inferiore sinistro) (fig.2). In questo modo si preserva intatta laderenza tra muco-pericondrio e cartilagine sul lato destro, fatto che peraltro non preclude la possibilit di rimodellare la quadrangolare che mantiene, in questo modo, un ottimo apporto vascolare ed una stabilit di rapporti che insieme favoriscono la guarigione e salvaguardano dalla creazione di perforazioni.

Figura 2. Realizzazione del tunnel inferiore sinistro. 3j Tempo: Mobilizzazione (concetto della swinging door). A) Liberazione del margine caudale e disinserzione del margine inferiore della quadrangolare dalla cresta mascellare, quasi sempre in tensione in quanto, nella stragrande maggioranza dei casi, ci si trova di fronte a quello che gli americani chiamano tension nose rappresentato da uno sviluppo cartilagineo in eccesso allinterno di una camicia mucopericondrale ristretta. La disinserzione del margine inferiore e caudale della quadrangolare avviene in corrispondenza del cosiddetto punto G che si trova tra la spina nasale e langolo tra margine inferiore e anteriore della quadrangolare (fig.3).

Figura 3. Il cosiddetto punto G


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B) Esposizione del margine anteriore della quadrangolare e suo rimodellamento mediante condrotomia anteriore a double break (fig.4).

Figura 4. Condrotomia anteriore (a double break) C) Condrotomia inferiore (si rimuove una striscia di qualche millimetro del margine inferiore della quadrangolare previa disinserzione dalla cresta mascellare) (fig.5)

Figura 5. inferiore

Condrotomia

D) Condrotomia posteriore: si distacca la giunzione osteocartilaginea posteriore (fig.6).

Figura 6. posteriore

Condrotomia

E) Confezionamento dei tunnels posteriori ossei: una volta confezionata la condrotomia posteriore si prosegue con i due tunnel subperiostei (fig.7).

Figura 7. Tunnels posteriori ossei (visione dallalto) Una volta confezionati i due tunnels ossei posteriori possibile rimuovere facilmente le creste ossee vomeriane e le deviazioni della lamina perpendicolare delletmoide senza la necessit di ricostruirle. Nel caso in cui vi sia unestrema deviazione a sinistra della quadrangolare o vi
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sia una frattura verticale che impediscano il confezionamento del tunnel inferiore sinistro, si seziona la cartilagine verticalmente e si esegue lo scollamento a destra (figg.8 e 15). In ogni caso la quadrangolare manterr sempre unarea estesa in cui il mucopericondrio rimane adeso alla cartilagine salvaguardandone lintegrit e minimizzando il rischio di perforazioni.

Figura 8. Tunnel superiore destro Una volta bypassata leccessiva angolatura o la frattura, si confeziona come al solito il doppio tunnel osseo posteriore. Successivamente, in caso di necessit, qualora cio sia indispensabile un rimodellamento o una resezione della cresta mascellare, si confezionano dei ridottissimi tunnels inferiori agendo dallalto e allestendo possibilmente il tunnel dalla parte concava della cresta mascellare (fig.9). A questo punto possibile rimuovere parzialmente o interamente la cresta mascellare con una comune sgorbia.

Figura 9. Tunnels inferiori di minima 4j Tempo: Allineamento Trattamento della parte ossea posteriore (rimozione delle creste ossee vomeriane e delle deviazioni della lamina perpendicolare delletmoide senza necessit di ricostruirle) (figg.10-11-12).

Figura 10. Resezione cresta ossea

Figura 11. Rimozione cresta con sgorbia


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Figura 12. Rimozione creste vomeriane con p. di Veil Cos facendo il muco-periostio della parte ossea del setto viene scollato su ambo i lati dello stesso rendendo estremamente semplici le manovre di rimozione delle eventuali irregolarit del vomere e delletmoide. Questa parte di setto pu infatti essere rimossa senza causare nessun problema di stabilit. Una volta eseguita la condrotomia inferiore della quadrangolare, si ottiene una perfetta esposizione della cresta mascellare che viene sempre scollata da sopra riducendo al minimo la formazione di tunnel sul pavimento delle fosse nasali. A questo punto molto semplice, se necessario, rimuovere la cresta mascellare stessa completamente o in parte, oppure lussarla sulla linea mediana, procedura usuale nei bambini. Una volta eseguite queste manovre, avremo raggiunto il concetto, a cui si fatto gi cenno, della porta da saloon (swinging door), in quanto la cartilagine sar fissata solo superiormente ed il setto avr perso tutte le sue tensioni. Un eventuale ulteriore rimodellamento della quadrangolare, nellottica di un perfetto allineamento della stessa, viene eseguito secondo la tecnica dei pilastri di Goldman (figg.13-14) che possono essere scolpiti sia in senso orizzontale che verticale.

Figura 13. Rimodellamento cartilagineo orizzontale

Figura 14. I pilastri di Goldman (rimodellamento verticale).

Figura 15. Tunnel controlaterale in caso di frattura


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5jTempo: Fissazione Si procede ad una sutura a materassaio trasfissa che parte da dietro e viene in avanti (fig.16). Per fare questo si annoda la parte terminale del filo di sutura in modo da ancorarlo alla porzione posteriore del setto, grossomodo in corrispondenza della pregressa condrotomia posteriore. Si procede quindi dallindietro in avanti e dal basso in alto creando una sorta di rete a maglie pi o meno strette che fissa la cartilagine nella sua nuova posizione. Il filo viene quindi annodato al di sopra della spina nasale. I vantaggi di questa sutura sono rappresentati dalla possibilit di suturare tutte le eventuali lacerazioni della mucosa, di evitare la formazione di spazi morti e quindi di ematomi, di favorire la guarigione del setto, di ridurre eventuali ridondanze della mucosa e, di conseguenza, soprattutto se lintervento viene eseguito in anestesia locale, quindi in assenza di sanguinamento, di evitare il tamponamento delle cavit nasali.

Figura 16. Sutura a materassaio LA SETTOPLASTICA NEL BAMBINO Eseguiamo di regola la settoplastica nei bambini ad iniziare dallet di 4-5 anni in quanto questo il periodo in cui la quadrangolare ha praticamente ultimato il suo sviluppo, a fronte di unulteriore crescita pressoch esclusiva del setto osseo. La tecnica descritta, particolarmente conservativa, consente di portare a termine gli interventi di settoplastica nei bambini ove lallineamento ed il riposizionamento della quadrangolare sono importantissimi per il successivo corretto sviluppo del naso e del massiccio facciale. Ovviamente le indicazioni, oltre che per traumi ed ematomi, sono limitate alle deformit settali importanti e clinicamente significative sulla funzione respiratoria e sullo sviluppo del massiccio facciale. Di fatto non vi un limite inferiore det per eseguire un corretto riposizionamento della cartilagine quadrangolare in qualsiasi modo dislocata o severamente deviata. Dal punto di vista tecnico, quindi, sottolineiamo limportanza di rimozioni di minima della cartilagine quadrangolare, il cui sviluppo peraltro precoce (vedi grafico dellaccrescimento, fig.17), scolliamo il mucopericondrio su di un solo lato e per lo pi non eseguiamo rimozioni ossee in quanto queste strutture settali proseguono il loro accrescimento sino oltre let dello sviluppo. Per riassumere, quindi, non vi unet minima per la chirurgia del setto nei bambini, tuttavia quanto pi giovane il bambino tanto pi conservativa dovr essere questa chirurgia. Sullaltro piatto della bilancia vi comunque la certezza che un bambino che non respira con il naso svilupper sicuramente importanti alterazioni del naso stesso e del massiccio facciale. Le indicazioni assolute, pertanto, per la chirurgia nasale sono: 1) deviazioni che causano un importante difficolt respiratoria nasale 2) deviazioni che causano alterazioni della struttura nasale (naso torto) 3) traumi nasali acuti 4) ematomi del setto 5) ascessi del setto.
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Figura 17. Laccrescimento del setto. LINTERVENTO CORRETTIVO RINO-SETTALE I tempi in successione dellintervento correttivo rino-settale sono i seguenti: 1. Scollamento della volta A. Incisione intercartilaginea sinistra a congiungersi con lemitrasfissa B. Incisione intercartilaginea destra che si arresta a met columella (fig.18). Un retrattore dellala espone il margine caudale della cartilagine triangolare e lincisione della cute si esegue 1-2 millimetri al di sopra e parallela a questo margine. Con una forbice a punta (tipo Joseph) si separano le fibre del legamento tra alare e triangolare, alcune fibre del muscolo laterale del naso e si espone il retourning della triangolare, punto di repere sicuro per proseguire lo scollamento verso lalto (fig.19). La forbice a punta segue quindi la cartilagine triangolare verso lalto e con movimenti di apertura procede allo scollamento del rivestimento cutaneo (fig.20). Lo scollamento in genere leggermente pi ampio della porzione di gibbo osteo-cartilagineo da rimuovere e viene completato mediante uno scollatore la cui finalit quella di raggiungere il piano sottoperiostale e di scollare efficacemente il muscolo procero che potrebbe rendere difficoltosa la rimozione del gibbo.

Figura 18. Incisione intercartilaginea

Figura 19. Evidenziazione del margine cefalico della crus laterale e del retourning della triangolare.
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Figura 20. Scollamento della volta.

2. Gibbotomia Vi sembrer strano, ma a questo punto non troppo, iniziare a parlare della gibbotomia dalla punta. Per sottolineare gi da ora limportanza della proiezione del terzo inferiore della piramide cominceremo appunto a parlare della gibbotomia ricordando una frase di Sheen The extent of tip projection determine the amount of dorsal resection. E daltronde with poorly projecting tips dorsal resection is often excessive. La gibbotomia si esegue solitamente in due tempi, iniziando anteriormente dal gibbo cartilagineo che viene rimosso mediante la forbice di Fomon (fig.22) creando cos una sorta di scalino in corrispondenza del gibbo osseo contro cui si impegna losteotomo per eseguire la gibbotomia ossea (fig.23). Non usiamo praticamente mai la raspa, ma rimuoviamo con piccoli osteotomi eventuali irregolarit ossee. Usiamo pertanto sempre uno scalpello non protetto di 14 mm. anche in caso di gibbi piccoli, ben sapendo che molti chirurghi in questi casi usano la raspa.

Figura 22. Gibbotomia cartilaginea.

Figura 23. Gibbotomia ossea


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Nella esecuzione della gibbotomia va preservata o ricostruita la linea ideale del dorso nasale. Langolo naso-frontale determina le caratteristiche del dorso del naso ed in condizioni ideali compreso tra 128 e 140 gradi. La posizione dellangolo naso-frontale ha influenza sulla proiezione e la lunghezza del naso nella visione laterale. Quando langolo in una posizione troppo alta o eccessivamente ottuso, il naso sembra troppo lungo e la proiezione risulta ridotta. Viceversa un angolo troppo basso o acuto fa apparire il naso troppo corto ed eccessivamente proiettato. Ne deriva quindi il fatto che, quando langolo naso-frontale non esiste, va creato con la gibbotomia che andr portata pi in alto; viceversa, quando langolo naso-frontale troppo accentuato, va sollevato con un dorsal graft (fig.24).

Figura 24. Creazione di un angolo naso-frontale 4. Osteotomie Va innanzitutto precisato che non in tutti i casi di rinoplastica sono necessarie le osteotomie o comunque non entrambe le osteotomie basali e/o mediali (paramediali). E viceversa importante capire quante e quali osteotomie sono indicate ed eseguirle correttamente. Nella stragrande maggioranza dei casi le osteotomie vengono eseguite per correggere l open roof deformity che consegue alla rimozione del gibbo. Oltre che per questo motivo le osteotomie vengono eseguite per stringere una volta osteo-cartilaginea larga e raddrizzare un naso torto. Le osteotomie cui facciamo riferimento sono: la laterale, la mediale e la doppia osteotomia basale. Non eseguiamo di solito losteotomia traversa che comunque ricordiamo per motivi di completezza. I casi in cui pu essere conveniente non eseguire le osteotomie anche dopo la rimozione del gibbo sono i casi di ossa nasali sottili o particolarmente brevi ed in pazienti anziani. In questi casi la chiusura dell open roof si esegue usando un dorsal graft o uno spreader graft. Le osteotomie possono essere eseguite sia per via interna che mediante un approccio esterno. La osteotomia che noi eseguiamo di regola la basale che ha la sua indicazione principale nel chiudere lopen roof e nel correggere il naso torto. Eseguiamo di solito losteotomia basale in tre modi differenti a secondo delle necessit: low to high, low to low e double level osteotomies (fig.25). Tutte queste osteotomie possono essere completate con le osteotomie mediali, trasverse o con greenstick fracture nel segmento osseo superiore.

Figura 25. Le varie osteotomie basali


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Si procede in pratica con losteotomia lungo la branca montante del mascellare verticalizzando progressivamente losteotomo che risale sino ad un punto di mezzo tra il nasion ed il canto interno, senza mai superare verso lalto questo punto (figg.29-30). Senza muovere lo scalpello, ma usandolo come leva, completiamo la frattura della parete laterale nasale con un movimento di pressione dello stesso verso linterno. Se non riteniamo sufficiente la frattura cos ottenuta, completiamo la stessa con una greenstick fracture del segmento osseo superiore. E questa la frattura che usiamo pi di frequente per chiudere lopen roof. Questa in pratica la frattura del tipo low to high, che la pi usata. Nel caso di nasi particolarmente larghi eseguiamo viceversa una frattura low to low che va necessariamente completata con una frattura paramediana in modo tale da produrre una completa mobilizzazione delle pareti laterali del naso che permette di riposizionarle stringendo maggiormente la volta. Le fratture del tipo double level vanno ovviamente associate anchesse ad una paramediana e si rivolgono pressoch esclusivamente ai nasi torti ed in particolare alla parete convessa del naso torto che quella che richiede un riposizionamento mediale pi accentuato. Nella pratica, eseguiamo lostetomia basale identificando mediante lo speculum lapertura piriforme, incidendo la cute al di sopra di questa immediatamente al disotto della testa del turbinato inferiore e quindi impegniamo lo scalpello protetto di 4 mm. in senso orizzontale. Procediamo quindi per circa un centimetro lateralmente in modo tale da conservare uno sperone osseo (cosiddetto Webster triangle) in corrispondenza della regione valvolare (fig.26). Questo ci salvaguarda da eventuali collassi di questa importante area.

Figura 26. Il triangolo di Webster Poi si prosegue con un movimento di rotazione progressiva dello scalpello che da orizzontale diventa verticale fino a raggiungere il punto di mezzo tra nasion e canto interno tenendo ben presente che losteotomia basale non deve risalire oltre la linea intercantale. A questo punto, con un movimento di leva sullo scalpello verso linterno, si completa la frattura del segmento osseo supero-mediale. Il chirurgo deve stare ovviamente basso con losteotomia, risalendo lungo la branca montante del mascellare per evitare la formazione dello step (scalino) che si evidenzia nel caso di una osteotomia basale alta. Non eseguiamo tunnel sottocutanei in corrispondenza del percorso dellosteotomia proprio per evitare danni a carico dei tessuti molli e in particolare del periostio la cui integrit importante nel processo di guarigione della frattura. In pratica il chirurgo controlla la progressione dello scalpello palpandone la piccola protezione al di sotto della cute mentre laiuto utilizza il martello secondo la modalit della doppia percussione (tap-tap). In casi di ossa nasali sottili e di cute anchessa sottile eseguiamo losteotomia basale con un osteotomo di 3 mm. non protetto. La low to low viene eseguita con le stesse modalit pur avendo unindicazione diversa. In questo caso infatti necessario il completamento mediante una frattura paramediana che va eseguita sempre prima della basale perch in questo modo si agisce su una struttura ancora completamente rigida. Losteotomia paramediana va eseguita con una direzione leggermente verso lesterno in modo tale da raggiungere la linea di frattura basale. Cos facendo
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non eseguiamo mai una frattura traversa. In certi nasi torti pu essere sufficiente una sola frattura basale, per cui non necessario eseguirne sempre due. Losteotomia mediale viene definita come la separazione delle ossa nasali dal setto osseo.

Figura 27. Le osteotomie mediali. Nella nostra esperienza la maggior parte delle rinoplastiche non richiedono di regola lesecuzione di questo tipo di osteotomia. Vengono eseguite di solito dopo la rimozione di un gibbo particolarmente ampio e sempre prima della osteotomia basale eseguita di solito secondo la tecnica low to low. Unaltra evenienza in cui losteotomia mediale particolarmente utile nel caso di ossa nasali particolarmente spesse in cui una greenstick fracture non ci garantisce una corretta medializzazione delle pareti laterali ossee della volta. In pratica losteotomia mediale importante per controllare la linea di frattura della parte superiore della volta, particolarmente in pazienti con ossa nasali spesse e volte nasali particolarmente ampie. Losteotomia mediale si pu dividere in obliqua e paramediana (fig.27). La osteotomia basale doppia si rivolge soprattutto alle pareti laterali asimmetriche. Il caso pi tipico la maggior convessit di una parete laterale rispetto alla controlaterale, evenienza tipica dei nasi torti. La superiore delle due osteotomie viene solitamente condotta nel solco naso-genieno e viene eseguita per prima. E importante eseguire per prima la superiore per garantirsi un osso sottostante stabile da tagliare successivamente. In questo modo vengono controllate anche le pareti nasali ossee particolarmente convesse.

Figura 29. Osteotomia basale.

Figura 30. Movimento dellosteotomo.


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LA PUNTA Il terzo distale della piramide nasale ritenuto, come detto, unentit anatomo-funzionale a se stante a sottolinearne il ruolo cruciale estetico e funzionale. E da tutti riconosciuto che vi sono diverse vie per raggiungere lo stesso risultato chirurgico nella chirurgia della punta. Quello che di solito non si aggiunge che vi sono anche differenze sostanziali nel prezzo da pagare. Il chirurgo saggio tiene presente questi aspetti. (Richard Webster). Non esiste infatti una tecnica universale per correggere la grande variet di alterazioni esistenti a carico della punta. Il chirurgo nasale deve possedere diverse tecniche e diversi approcci chirurgici da applicare nel modo pi appropriato alle diverse alterazioni anatomiche che si incontrano. E logico pertanto avere un approccio sistematico ma graduato in termini di aggressivit chirurgica alla punta. Lo sforzo degli ultimi anni stato pertanto quello di mettere a punto tecniche chirurgiche non aggressive e, se possibile, non interruttive che riescano a coniugare una forma piacevole della punta al mantenimento di una corretta proiezione, determinando cos risultati prevedibili, stabili nel tempo e sicuri. In questo senso le suture riposizionano le cartilagini alari in modo tale da mantenere la loro integrit strutturale, fatto che, nella stragrande maggioranza dei casi, mette al riparo anche da evidenti alterazioni tardive e quindi dalla necessit di ricorrere ad una chirurgia secondaria. Lo stesso dicasi per le tecniche di indebolimento di un arco alare convesso mediante lesecuzione di incisioni incrociate (cross hatching) e di incomplete dome incisions che comunque conservano la continuit cartilaginea. Le incisioni, nellintervento correttivo rino-settale, sono un tempo esclusivamente di esposizione e non determinano necessariamente il tipo di procedura chirurgica che verr eseguita. Dove possibile, sono da scegliere le incisioni meno invasive, dal momento che determinano processi di guarigione pi controllabili rispetto alle incisioni e dissezioni pi estese. Lesempio pi tipico il preservare dove possibile gli importanti meccanismi di supporto della punta. Distinguiamo: 1. Incisione intercartilaginea. Viene solitamente eseguita in corrispondenza del retourning della triangolare e si unisce spesso alla incisione emitrasfissa con il duplice scopo di esporre la volta nasale e di consentire una chirurgia retrograda sulla punta o, in associazione con lincisione marginale, la lussazione della alare stessa (delivery). 2. Incisione marginale. Molti chirurghi la preferiscono alla rim incision. Viene condotta . La rim incision nella cute del vestibolo lungo il margine caudale delle cartilagini alari. viceversa corre lungo il margine alare non esattamente parallela al margine caudale delle alari stesse. Viene usata pi raramente per lalto grado di retrazioni e possibili reazioni cicatriziali. 3. Incisione intracartilaginea. Viene solitamente eseguita assieme allintercartilaginea e viene usata per eseguire diversi differenti tipi di procedure chirurgiche sulla punta. Con lincisione intracartilaginea si seziona contemporaneamente la cute del vestibolo e la crus laterale della cartilagine alare. Solo raramente viene usata in alternativa allintercartilaginea per consentire laccesso alla volta nasale. Le incisioni settali sono rappresentate dalla trasfissa e dalla emitrasfissa e vengono entrambe eseguite parallelamente al margine caudale della cartilagine quadrangolare. Lemitrasfissa, eseguita su di un lato solo, lascia ovviamente intatto il setto membranoso
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dellaltro alto. Dal momento che il legamento delle crura mediali con il margine caudale del setto rappresenta, come abbiamo visto, una dei meccanismi maggiori di supporto della punta, queste incisioni di fatto determinano un decremento della proiezione stessa. In questo senso unincisione trasfissa interrompe bilateralmente il legamento di supporto tra le crura mediali ed il margine caudale del setto. Per questi ovvi motivi lincisione emitrasfissa, salvaguardando buona parte del legamento, preserva maggiormente il supporto della punta. A questo punto, vanno esaminate le pi comuni deformit che interessano il terzo distale della piramide nasale. Per quanto attiene alle principali alterazioni del terzo inferiore della piramide nasale (tension nose, bulbous tip, boxy tip) si rimanda al capitolo strategie diagnostiche delle rinosettoplastiche argomento della precedente comunicazione al Convegno AOICO di Rieti. Passiamo ora ad esaminare le quattro tecniche fondamentali di chirurgia della punta: 1. retrograda 2. transcartilaginea 3. lussazione o delivery 4. esterna o open La tecnica retrograda e la transcartilaginea, di differente esecuzione ma concettualmente molto simili, non interrompono completamente i legamenti delle cartilagini alari con le strutture circostanti, ma non risolvono i problemi pi complessi di chirurgia della punta (punta eccessivamente larga, punta bifida, punta quadrata (box), punta asimmetrica, punta eccessivamente lunga (pinocchio nose)) per cui si rivolgono fondamentalmente a correzioni di minima. Viceversa la lussazione (delivery) e la open sono in grado di risolvere qualsiasi tipo di problema delle cartilagini alari. Pertanto, in caso di ricerca di una migliore definizione di punta, la tecnica proposta la retrograda (fig.31), che viene eseguita di regola attraverso lincisione intercartilaginea e che pu ovviamente prevedere rimozioni pi o meno importanti sempre tuttavia a spese della crus laterale. I vantaggi stanno nella rapidit di esecuzione (non , infatti, indispensabile rimuovere completamente il rivestimento cutaneo dalla cartilagine alare) e nella bassissima incidenza di alterazioni cicatriziali secondarie. Lattenzione deve essere posta nel non interrompere accidentalmente larco cartilagineo e nel non estendere la rimozione troppo lateralmente per non indebolire lala nasale in corrispondenza del triangolo molle di Converse e creare quindi una stenosi valvolare secondaria (fig.32).

Figura 31. Tecnica di esposizione della crus laterale per via retrograda
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Figura 32. Le resezioni eseguibili sul margine cefalico della crus laterale con tecnica retrograda In caso di punte bifide, box, bulbous, punte eccessivamente larghe, ove possibile, proponiamo una tecnica non interruttiva che prevede un approccio di tipo delivery, la rimozione del margine cefalico della alare spinto pi o meno medialmente a rimuovere anche parte del dome a seconda che si voglia ottenere un maggiore o minor restringimento della punta stessa, un indebolimento della crus laterale attraverso incisioni incrociate (cross hatching) e la sutura delle crus mediali nella loro porzione superiore immediatamente al di sotto del dome. Questa tecnica proposta da Denecke e Meyer nel 1964 ancora del tutto efficace, attuale, sicura, semplice da realizzare e foriera di buoni e prevedibili risultati estetici (fig.33).

Figura 33. Tecnica di Denecke-Meyer Come terza proposta tecnica segnaliamo la tecnica di Ponti cosiddetta butterfly che partendo dal metodo interruttivo di Goldman prevede la rielaborazione della struttura cartilaginea del dome mantenendo integra la sottostante continuit cutanea. Questa tecnica, utilizzabile per altro anche in tutte le alterazioni del paragrafo precedente, particolarmente indicata qualora si voglia modificare la lunghezza della punta sia in senso riduttivo (pinocchio nose) che nel senso di aumentarne la proiezione (fig.34-35).

Figura 34. Tecnica di Goldmann


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Figura 35. Tecnica di Ponti (butterfly)

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IL FIBROANGIOMA NASO-FARINGEO GIOVANILE: STRATEGIE DIAGNOSTICHE E FOLLOW-UP POST-OPERATORIO


Dr. G. Danesi, Dr. D.T. Panciera
U.O. ORL e Otoneurochirurgia, Ospedale di Desenzano del Garda (BS)

Il fibroangioma naso-faringeo giovanile un tumore istologicamente benigno, non capsulato, altamente vascolarizzato che origina molto spesso nella regione del forame sfeno-palatino. Si caratterizza per una crescita lenta, per una attivit erosiva locale nei confronti delle limitanti ossee e per una diffusione sottomucosa. Questo tumore interessa quasi esclusivamente il sesso maschile e sebbene si possa manifestare a qualsiasi et pi frequente tra i 14 e i 25 anni. Lapporto vascolare origina di solito dal sistema della carotide esterna omolaterale ma anche dal sistema della carotide interna. La clinica spesso di scarso aiuto nelle fasi di esordio della malattia perch caratterizzata da epistassi, ostruzione nasale unilaterale e dolore facciale sordo, gravativo. La presenza di imponenti epistassi recidivanti in giovani maschi deve sempre porre in diagnosi differenziale anche un fibroangioma naso-faringeo. Lobiettivo principale delle indagini pre-operatorie di fare diagnosi corretta, di stadiare la malattia, di stabilire lapporto vascolare del tumore in modo da selezionare lapproccio chirurgico ottimale e ridurre al minimo il rischio di sanguinamento massivo intraoperatorio. Il management preoperatorio rappresentato dallendoscopia nasale, dalla TC e dallangiografia digitale carotidea. Lendoscopia nasale con fibre ottiche consente facilmente di individuare la lesione nel rinofaringe apprezzandone la sua estensione nel distretto naso-faringeo. Nel sospetto di fibroangioma nasofaringeo assolutamente controindicata la biopsia della lesione sotto guida endoscopica per il rischio di imponente sanguinamento. La TAC fornisce importanti informazioni sulle reali dimensioni della massa e sui rapporti di questultima con le strutture vascolari e nervose circostanti. La TAC in proiezione coronale evidenzia quasi sempre una erosione del margine posteriore del forame sfeno-palatino e dellosso retrostante, formato dal processo sfenoidale dellosso palatino e dalla lamina mediale del processo pterigoideo. La struttura ossea posteriore al forame sfeno-palatino da molti considerata la sede di origine del fibroangioma nasofaringeo giovanile. Il tumore pu crescere in direzione mediale con invasione della cavit nasale e in quella laterale con espansione verso il corpo e la grande ala dello sfenoide, verso la fossa infratemporale attraverso la fessura pterigo-mascellare e verso lapice orbitario attraverso la fessura orbitaria inferiore Gli aspetti radiologici della TAC che consentono di porre diagnosi certa di fibroangioma nasofaringeo giovanile sono quindi: 1) presenza di una massa unilaterale nella fossa nasale e nella fossa pterigo-palatina (sono tuttavia descritti fibroangiomi con localizzazione nella fossa pterigo-palatina ed estensione laterale senza interessamento della cavit nasale) 2) erosione dellosso retrostante il forame sfeno-palatino a livello di radice del processo pterigoideo mediale
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Linteressamento marginale o massivo dello sfenoide e della base del processo pterigoideo, valutabile radiologicamente, rappresenta un importante fattore prognostico per le recidive post-operatorie. La maggior parte delle recidive infatti sono descritte nei casi in cui il tumore erode profondamente le strutture sopra menzionate. Anche la RMN abbastanza caratteristica in quanto il fibroangioma presenta un tipicosegno di vuoto (signal voids) in T2 che tanto maggiore quanto maggiore lapporto vascolare del tumore. Dopo lintroduzione del gadolinio inoltre vi un enhancement importante. La RMN trova ottimo impiego insieme allangiografia digitale per la ricerca di eventuali recidive, mentre meno indicato in fase di stadiazione preoperatoria. TC e RMN sono importanti rispettivamente per lo studio delle limitanti ossee e dei tessuti molli, ma dal punto di vista del timing chirurgico possiamo dire che solo la TC veramente indispensabile. Langiografia digitale carotidea viene eseguita qualche giorno prima dellintervento chirurgico ed un esame fondamentale per identificare lapporto vascolare del tumore. Langiografia consente inoltre nello stesso momento di eseguire una embolizzazione dei rami arteriosi principali afferenti alla massa. Lembolizzazione (con particelle di alcool polivinilico di 140 mm) di particolare importanza nei soggetti molto giovani che, diversamente dagli adulti, mal tollerano gli abbondanti sanguinamenti intra-operatori tipici di questa chirurgia. Secondo alcuni autori lembolizzazione preoperatoria, utile dal punto di vista chirurgico, per una delle cause pi importanti delle recidive postoperatorie, specie nei tumori estesi con infiltrazione ossea profonda. Con questa metodica infatti il tumore si restringe ma diventa anche pi difficile da aggredire nelle infiltrazioni ossee profonde dello sfenoide con conseguente alto rischio di non radicalit chirurgica e di recidiva precoce. Qualora, in base al riscontro radiologico, vi sia un elevato rischio intra-operatorio di lesione dellarteria carotide interna per le eccessive dimensioni della massa, viene eseguito preoperatoriamente un ballon test con Xenon-TAC per studiare la validit del circolo collaterale della carotide interna controlaterale in modo da capire se il paziente possa tollerare la chiusura di una delle due carotidi interne (in caso di necessit). Per evitare trasfusioni il paziente pu depositare pre-operatoriamente alcune sacche del proprio sangue e durante lintervento si pu effettuare lemodiluizione e il recupero del sangue; post-operatoriamente inoltre possibile utilizzare eritropoietina. Il trattamento del fibroangioma naso-faringeo chirurgico e la scelta della tecnica dipende dalle dimensioni della massa e dallabilit del chirurgo. Lapproccio pi utilizzato attualmente il mid-face degloving con tecnica microscopica. Il follow-up prevede controlli endoscopici trimestrali per il primo anno e una angiografia digitale a 6 mesi dallintervento. Questo esame infatti, ancor pi della TAC e della RMN, consente di evidenziare anche piccole persistenze di malattia grazie alla identificazione della componente vascolare del tumore.

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ANGIOFIBROMA DELLA RINOFARINGE


F. Bagatella, R. Pareschi*, S. Russo, A. Mazzoni**
U.O. ORL Ospedale di Castelfranco Veneto (Treviso) *U.O. ORL Ospedale di Legnano (Milano) **U.O. ORL Ospedale di Bergamo

INTRODUZIONE Langiofibroma considerato un tumore, istologicamente benigno, caratterizzata dalla presenza di una componente vascolare ed una stromale. La prima costituita da una rete arterocapillare e da lacune vasali rivestite da endotelio fenestrato privo di cellule muscolari, che conferiscono alla malattia la tendenza a sanguinare con possibili gravi emorragie. Lo stroma composto soprattutto da fibroblasti, con occasionali cellule muscolari lisce o elementi di transizione tra i due istotipi (miofibroblasti), immersi in una matrice connettivale (fibre collagene ed elastiche). La composizione del tessuto fibroso variabile. Levoluzione clinica tuttavia potenzialmente maligna per la tendenza ad espandersi e a sanguinare. La regressione spontanea dopo i 20 anni osservata da alcuni autori non stata convalidata da altri, trattandosi, probabilmente, del prevalere dello sviluppo della componente fibromatosa dellangiofibroma con arresto del sanguinamento oppure di un vero processo necrotico indotto da un difetto vascolare. DIAGNOSI La diagnosi di angiofibroma relativamente facile. Si basa essenzialmente sulla storia, sullesame clinico e sullo studio radiologico. La sintomatologia clinica si manifesta, di solito, in un adolescente nellet della pubert, con lostruzione nasale mono o bilaterale con epistassi, rinorrea mucopurulenta, ipoacusia per disfunzione della tuba di eustachio, rinolalia chiusa e, pi raramente, con difetti del visus e oftalmoplegia. Il tumore si presenta come una massa rossastra, liscia, lobulata, turgida e pulsante, che occupa il settore posteriore della fossa nasale o della rinofaringe. I grandi tumori possono determinare anche depressione del palato molle, tumefazioni facciali, protrusione bulbare. Lo studio radiologico tradizionale e tomografico, dopo lavvento della tomografia computerizzata, ha perso di utilit diagnostica, mentre la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica costituiscono i cardini della diagnostica per immagini. La TC con mezzo di contrasto lesame ideale per mostrare lestensione del tumore, i rapporti con le strutture osee, linteressamento sinusale, i cambiamenti oseei patologici come la distruzione ossea e liperostosi. Tipica lerosione e la sporgenza anteriore della parete posteriore del seno mascellare e lo spostamento posteriore del processo pterigoideo (segno di Holman-Miller) e lerosione del processo pterigoideo e del clivus. Mentre la TC provvede alla miglior visualizzazione dellosso, la RM permette di definire le differenze tra i tessuti molli, di differenziare lestensione intrasinusale del tumore dalle alterazioni secondarie a ostruzione o flogosi come edema mucoso e versamento, di precisare i rapporti tumorali con i principali vasi sanguigni. I limiti delle propaggini specie endocraniche trovano nella RM delle informazioni pi precise e dirimenti. Langiografia digitale, a seconda dei casi, un ausilio o una conferma della diagnosi. Essa fornisce informazioni sul grado di irrorazione e sulle principali arterie nutritive del tumore 169

e sulleventuale coinvolgimento dellarteria carotide interna. Limmagine angiografica ha un aspetto caratteristico di reticolo nella fase arteriosa e di densa macchia persistente nella fase venosa. E utile nei grandi tumori con estensione endocranica per pianificare lintervento, quando si associa lembolizzazione 24-48 prima dellintervento e nel postoperatorio per evidenziare residui tumorali. Lembolizzazione, contrastata per i possibili rischi, diventata comunque un notevole ausilio chirurgico in termini di sanguinamento. Il rischio dellembolizzazone, paventato da molti autori, esiste anche in mani capaci ed esperte. Nei nostri casi abbiamo osservato unamaurosi. Eccezionalmente per la diagnosi necessaria la conferma istologica con la biopsia. Biopsia che comunque prudente fare in ambiente chirurgico per il rischio di emorragie. STADIAZIONE Diverse sono state le stadiazioni dellangiofibroma descrite in letteratura. Session nel 1981 ha proposto una classificazione basata sulle caratteristiche radiologiche (tomografia computerizzata). Andrews , modificando la suddivisione in stadi gi descritta da Fisch nel 1983, ha classificato la malattia in base alle modalit di accrescimento della lesione. Chandler ha descritto una classificazione in relazione alla valutazione clinica e strumentale (tomografia computerizzata). Lo stadio I limitato ai tumori che sono confinati alla rinofaringe. Lo stadio II raggruppa i tumori che coinvolgono le strutture etmoido-mascellare, pterigomascellare ed infrasfenotemporale, si differenziano poi lestensione endocranica extradurale (stadio III) da quella intradurale (stadio IV). Radkowski nel 1996 ha pubblicato una revisione della classificazione dellangiofibroma, modificando la proposta di Sessions e suddividendo tre stadi in ulteriori sottostadi (A,B,C). La classificazione di Bagatella del 1995, in relazione alla progressiva estensione del tumore ed alle possibilit terapeutiche chirurgiche. Differisce da quella di Fisch per il coinvolgimento della fossa infrasfenotemporale allo stadio II piuttosto che allo stadio III. Pertanto lo stadio I comprende i tumori limitati alla rinofaringe, alla fossa nasale, alletmoide, allo sfenoide ed al mascellare omolaterali, senza erosione ossea. Lo stadio II, oltre lestensione precedente, prevede il coinvolgimento di una o pi delle seguenti strutture: fossa nasale, rinofaringe e seni paranasali controlaterali, spazio parafaringeo, fossa pterigomascellare e infrasfenotemporale mono o bilaterale. Il coinvolgimento della fossa zigomatica, o temporale, dellorbita o lestensione intracranica extradurale caratterizzano lo stadio III. Il tumore pu infine invadere la fossa cranica con interessamento intradurale (stadio IV). FISCH, 1983 STADIO I STADIO II TUMORE LIMITATO ALLA RINOFARINGE E ALLA FOSSA NASALE SENZA DISTRUZIONE OSSEA TUMORE INVADE LA FOSSA PTERIGOMASCELLARE, IL SENO MASCELLARE, SENO ETMOIDALE E QUELLO SFENOIDALE CON DISTRUZIONE OSSEA TUMORE INVADE LA FOSSA INFRATEMPORALE, L ORBITA E LA REGIONE PARASELLARE PERMANENDO LATERALE AL SENO CAVERNOSO TUMORE CON INVASIONE MASSIVA DEL SENO CAVERNOSO, REGIONE DEL CHIASMA OTTICO O FOSSA PITUITARIA

STADIO III

STADIO IV
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CHANDLER, 1984 STADIO I STADIO II STADIO III TUMORE LIMITATO ALLA RINOFARINGE TUMORE ESTESO ALLA FOSSA NASALE E/O AL SENO SFENOIDALE TUMORE ESTESO AD UNO O PIU DELLE SEGUENTI STRUTTURE: SENO MASCELLARE, SENO ETMOIDALE, FOSSA PTERIGOMASCELLARE E INFRATEMPORALE, ORBITA E/O GUANCIA TUMORE CON INVASIONE INTRACRANICA

STADIO IV

ANDREWS, 1989 STADIO I TUMORE LIMITATO ALLA RINOFARINGE E ALLA FOSSA NASALE. ASSENZA DI EROSIONE OSSEA O EROSIONE LIMITATA AL FORAME SFENOPALATINO TUMORE ESTESO ALLA FOSSA PTERIGOPALATINA O AL SENO MASCELLARE, ETMOIDE, SENO SFENOIDALE, CON EROSIONE OSSEA TUMORE ESTESO ALLA FOSSA INFRATEMPORALE O ALLA REGIONE ORBITARIA SENZA (a) O CON (b) INVASIONE INTRACRANICA EXTRADURALE (PARASELLARE) TUMORE CON INVASIONE INTRACRANICA INTRADURALE SENZA (a) O CON (b) INFILTRAZIONE DEL SENO CAVERNOSO, DELLA FOSSA IPOFISARIA O DEL CHIASMA OTTICO

STADIO II

STADIO III

STADIO IV

BAGATELLA, 1995 STADIO I TUMORE LIMITATO ALLA RINOFARINGE, ALLA FOSSA NASALE, ALLETMOIDE, ALLO SFENOIDE ED AL MASCELLARE OMOLATERALI, SENZA EROSIONE OSSEA TUMORE ESTESO AD UNA O PIU DELLE SEGUENTI STRUTTURE: FOSSA NASALE, RINOFARINGE E SENI PARANASALI CONTROLATERALI, SPAZIO PARAFARINGEO, FOSSA PTERIGOMASCELLARE E INFRATEMPORALE MONO O BILATERALMENTE TUMORE ESTESO AD UNA O PIU DELLE SEGUENTI STRUTTURE: FOSSA ZIGOMATICA, TEMPORALE, ORBITA, O ESTENSIONE INTRACRANICA EXTRADUIRALE TUMORE CON INVASIONE INTRACRANICA INTRADURALE
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STADIO II

STADIO III

STADIO IV

RADKOWSKI, 1996 STADIO IA STADIO IB STADIO IIA STADIO IIB STADIO IIC STADIO IIIA STADIO IIIB TUMORE LIMITATO ALLA FOSSA NASALE E/O ALLA VOLTA DELLA RINOFARINGE TUMORE ESTESO AD UNO O PIU SENI PARANASALI TUMORE CON MINIMA INVASIONE DELLA FOSSA PTERIGOMASCELLARE TUMORE CON PIENA OCCUPAZIONE DELLA FOSSA PTERIGOMASCELLARE TUMORE CON ESTENSIONE ALLA FOSSA INFRATEMPORALE O POSTERIORE AL PROCESSO PTERIGOIDEO EROSIONE DELLA BASE DEL CRANIO; ESTENSIONE INTRACRANIALE MINIMA ESTESA INVASIONE INTRACRANICA CON O SENZA ESTENSIONE AL SENO CAVERNOSO

TRATTAMENTO La chirurgia dellangiofibroma parte della storia della chirurgia della rinofaringe, che inizia nel 19 secolo e offre fin dallinizio del 20 secolo numerose e discusse soluzioni operatorie che aumenteranno in seguito, dimostrando, con labbondanza delle proposte, la mancanza di una soluzione ottimale. Sostanziali progressi nella chirurgia si sono avuti solo negli ultimi decenni per una serie di circostanze da un lato le conquiste nel campo diagnostico con lo sviluppo della TC e RM e delle tecniche angiografiche che hanno consentito di identificare la sede dimpianto, lestensione, i vasi :nutritivi del tumore e di neutralizzarli con lembolizzazione riducendo drasticamente il sanguinamento; dallaltro limpiego di nuovi strumenti chirurgici come il microscopio, e lendoscopio, le frese che hanno permesso di passare da una rapida e grossolana chirurgia di trazione ad una raffinata chirurgia di dissezione migliorando ulteriormente la conoscenza delle caratteristiche evolutive del tumore. Questi progressi compiuti dalla tecnologia medica hanno consentito di rendere la chirurgia dellangiofibroma sempre meno traumatica, pericolosa e deturpante e di modularla in funzione dello stadio della lesione. Tant che oggi, in attesa che lembolizzazione e/o il trattamento medico risolvano il problema, lasportazione chirurgica rappresenta il trattamento di elezione. Sebbene lefficacia della radioterapia sia documentata da molti lavori, essa rimane unalternativa alla chirurgia nei pochissimi casi a rischio, inoperabili, per le numerose sequele che essa pu indurre col passare del tempo in questi giovani pazienti come: le modificazioni della mucosa rinofaringea e dellorecchio medio, limpulso allo sviluppo di tumori maligni, larresto dello sviluppo dello scheletro facciale, i possibili danni dello scheletro facciale, i possibili danni cerebrali, ipofisari, oculari e psichici. A nostro avviso tre sono gli approcci elettivi a seconda dellestensione: Lapproccio transnasale con tecnica microchirurgica microscopica o endoscopica. Lapproccio transfacciale in rinotomia laterale con lembo naso mascellare o con midfacial degloving. Lapproccio laterale infratemporale Il chirurgo pu scegliere la via meno traumatica transnasale assicurandosi di poter passare alla via transfacciale in caso di difficolt exeretiche, oppure scegliere fin dallinizio la via 172

transfacciale. Eccezionalmente necessaria la via laterale come primo approccio o come approccio complementare ad un incompleto tempo transfacciale. TECNICHE OPERATORIE Approccio Transnasale Microchirurgico Lintervento viene eseguito in anestesia generale con intubazione orotracheale e ipotensione controllata associando uninfiltrazione territoriale con anestetico locale e vaso costrittore. Il paziente viene posto in posizione supina con il tronco leggermente sollevato e la testa appena ruotata dal lato delloperatore. Se necessario si mobilizza il setto nasale attraverso unincisione emitrasfissa per poter ampliare le fosse. Lapproccio transnasale viene condotto con tecnica microchirurgica microscopica o endoscopica. I tempi chirurgici preparatori includono la rimozione parziale o totale del cornetto medio, parziale del cornetto inferiore e lo svuotamento delletmoide. Gli altri tempi chirurgici dipendono dallestensione della lesione e ricalcano quelli descritti nellapproccio transfacciale.

Approccio Transfacciale in rinotomia laterale con lembo naso mascellare di Bagatella Dapprima si esegue losteotomia media attraverso unincisione emitrasfissa secondo i tempi della settorinoplastica. Prosegue poi con i tempi esterni. Lincisione cutanea inizia dallestremit interna del sopracciglio, decorre a Z a mezza via fra il dorso del naso il canto interno dellocchio, fino al bordo caudale dellosso nasale, si fa poi verticale sino allala nasale, poi curva intorno alla narice fino allapertura piriforme. Incisa e divaricata la cute, si pratica lemostasi dei vasi frontali e angolari del naso e poi si scollano lateralmente i tessuti molli fino ad evidenziare la sutura naso maxillo frontale, il bordo orbitario e il nervo infraorbitario. Dal bordo orbitario si passa a scollare, per via sottoperiostea, la parete mediale e inferiore dellorbita. Il sacco, unitamente al legamento palpebrale interno viene spostato allesterno e il dotto fibroso lacrimo nasale viene possibilmente isolato e preservato. Quindi si eseguono con una microsega a punta con lame di 3 cm tre osteotomie per lallestimento del lembo naso mascellare: la prima osteotomia orizzontale segue la sutura naso maxillo frontale come losteotomia trasversa nelle rinoplastiche; la seconda viene condotta lungo la sutura maxillo lacrimale fino al pavimento dellorbita, poi prosegue sulle pareti mediale e anteriore del mascellare senza ledere il dotto lacrimo nasale e il nervo infraorbitario rispettivamente raggiungendo il pavimento della fossa nasale e del seno mascellare; la terza sezione, orizzontale, corre a livello della base del pilastro osseo dellapertura piriforme sino a raggiungere le osteotomie verticali. A questo punto le ossa nasale e mascellare sono liberate completamente dalle loro giunzioni e rimangono aderenti solo alla cute e alla mucosa che conservano un largo peduncolo mediale. Esse vengono sollevate verso lalto e medialmente cos da esporre il seno mascellare e la fossa nasale. Il dotto lacrimo nasale viene lateralizzato. Approccio transfacciale con midfacial degloving La tecnica iniziata da Converse fu sviluppata da Casson. Essa consente di esporre il 3 medio dello scheletro facciale attraverso incisioni rinoplastiche e sublabiali evitando incisioni esterne poco gradite da i pazienti. Sinizia con una incisione trasfissa intersetto columellare al davanti del margine libero del setto, dallalto in basso fino alla spina nasale. Lincisione prosegue dallinterno allesterno, in basso bilateralmente sul pavimento del vestibolo nasale ed in alto a livello
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intercartilagineo e lungo il margine dellapertura piriforme fino a raggiungere la precedente incisione. La seconda incisione sublabiale viene condotta a livello del solco labio gengivale superiore dal 3 molare di un lato al controlaterale. Attraverso la prima incisione si separano le cartilagini alari dalle triangolari, il setto dalla columella e la cute nasale dalle cartilagini triangolari e dalle ossa proprie. Dallincisione sublabiale, per via sottoperiostea, si scollano i tessuti molli dal mascellare raggiungendo lo scollamento nasale e il margine inferiore dellorbita rispettando i peduncoli infraorbitari. Lo scollamento pu proseguire sul processo frontale del mascellare e sul pavimento dellorbita per isolare il sacco e il dotto lacrimale. E ora possibile sollevare il labbro, i tessuti molli delle guance, la punta e la cute del naso per esporre il 3 medio dello scheletro facciale e le fosse nasali. In alternativa pu anche essere sollevata lintera piramide nasale previe osteotomie laterali, trasverse e sezione del setto. A questo punto con una piccola sega oscillante si eseguono le osteotomie lungo i margini della parete anteriore del seno mascellare omolaterale alla lesione, partendo dallapertura piriforme rispettando sia il dotto lacrimale che il peduncolo infraorbitario. La parete viene quindi temporaneamente rimossa aprendo il seno mascellare. Da questo momento lintervento prosegue con tecnica microchirurgica. Viene rimossa la parete mediale del mascellare col cornetto inferiore e viene coagulata larteria palatina maggiore quando viene interrotta. Anche la porzione interna della parete posteriore del seno viene asportata per evidenziare la radice tumorale e il peduncolo vascolare principale. Questo, se possibile, viene coagulato, legato o chiuso con clips. La chiusura del peduncolo principale un momento importante dellintervento in grado di ridurre notevolmente il sanguinamento anche in presenza di peduncoli secondari, quando non si sia proceduto allembolizzazione. Le successive demolizioni ossee devono variare in rapporto allestensione del tumore per assicurare la sua completa esposizione prima che venga aggredito. Viene sacrificata lestremit posteriore del setto nelle estensioni tumorali verso la rinofaringe e la fossa nasale controlaterale e vengono aperte le cellule etmoidali nelle estensioni sfeno etmoidali. E preferibile isolare dapprima la componente endocavitaria (rinofaringe, fossa nasale, etmoide, sfenoide) per poterla spostare durante lisolamento della componente laterale o asportare previa sezione col laser o con lelettrobisturi. Lisolamento della componente endocavitaria, per le sue labili aderenze con la mucosa, risulta agevole. Le aderenze con la mucosa del setto, della rinofaringe e dei turbinati vengono facilmente liberate con laspiratore scollatore o recise col bisturi in tessuto sano avendo cura di coagulare o tamponare i piccoli vasi che via via si incontrano. Anche lestrazione dellestensione sfenoidale, una volta ampliato lorifizio dentrata, risulta facile in quanto il tumore non aderisce alle pareti ossee. Pi pericolosa pu invece risultare lexeresi di estensioni tumorali che superino la parete laterale ossea del seno sfenoidale e si addentrino verso il nervo ottico e verso il seno cavernoso in direzione della carotide interna e dei nervi oculomotori generalmente per il tumore entra in contatto con la dura del seno e del nervo senza aderire alla componente neuro-vascolare. Qualora vi sia un coinvolgimento neurovascolare e un apporto vascolare secondario al tumore la via potrebbe risultare inadeguata per una minuziosa dissezione chirurgica. Una manovra incauta qui pu produrre una grave lesione arteriosa non controllabile o un irreparabile danno nervoso. Pertanto nessuna manovra dovr essere fatta fuori dal controllo visivo. Si passa quindi ad isolare la base dimpianto del tumore e la componente laterale.
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La base dimpianto del tumore viene liberata iniziando dalla superficie sottoperiostea della lamina verticale del palatino, previo sacrificio della coda del turbinato medio, passando poi sulla lamina interna della pterigoide, sulla cartilagine tubarica e sulla volta della rinofaringe. Le aderenze, a questo livello, sono talmente resistenti da richiedere spesso luso del bisturi per reciderle. Di solito non possibile distinguere il tessuto sano da quello patologico perch non esiste alcun piano di clivaggio tra tumore e fibroperiostio, fibropericondrio e tessuto adenoideo, pertanto, preferibile restare sul piano osseo e cartilagineo, dov possibile, e sul tessuto adenoideo apparentemente indenne. Anche qui si far attenzione a coagulare o tamponare, a mano a mano che sincontrano, i rami secondari, provenienti anche dall osso. Qualora il tumore occupi gli spazi retromascellare e infrasfenotemporale oltrepassando il forame sfenopalatino o la parete latero faringea che sta posteriormente al processo pterigoideo bisogna demolire adeguatamente la parete postero-laterale del seno mascellare e il processo pterigoideo. Il tumore entra spesso nellosso spongioso del processo pterigoideo (100% per Lund) e del clivus ed pertanto indispensabile rimuovere tutto losso circostante prima di estrarlo. Una manovra a strappo potrebbe lacerare il tumore lasciando delle propaggini che, se provviste di una autonoma vascolarizzazione, darebbero sicure riprese tumorali. Anche allinterno dei muscoli e del grasso retromascellare e infrasfenotemporale i limiti tumorali sono difficilmente identificabili perci prudente isolare il tumore in tessuto sano. Lestensione del tumore verso la fossa cranica media attraverso un orifizio o una erosione della grande ala dello sfenoide a questo punto sotto controllo e pu essere rimossa mediante trazione e scollamento. E opportuno comunque ampliare lorifizio dentrata per facilitare lestrazione della propaggine endocranica sempre pi grande del previsto per la sua forma a clessidra, evitando manovre alla cieca. Qualsiasi anche minuscola lesione della dura deve essere riparata. Per far questo bisogna scollare la dura dai bordi della breccia ossea. Nellinterstizio cos preparato fra dura e osso si introduce per alcuni millimetri un lembo di fascia o di dura liofilizzata e si fissa con la colla di fibrina. Se possibile nellinterstizio si introduce una lamella di osso che funga da supporto. Se invece non possibile scollare la dura il lembo dovr essere applicato allesterno, previa asportazione della mucosa e incollato. E preferibile mettere un drenaggio liquorale continuo mediante catetere lombare per alcuni giorni. Anche le estensioni orbitarie possono essere raggiunte e asportate da questa via se sono extraperiostee. Nelle eccezionali estensioni temporo zigmatiche, orbitarie intraperiostee, intracraniche intradurali, opportuno ampliare laccesso con lincisione al labbro superiore e al solco vestibolare oppure utilizzare o associare altre vie (tipo infratemporale, e orbito zigomatica). Come si vede laggressione ha progressivamente esposto la fossa nasale, lantro la rinofaringe, lo sfenoide, gli spazi retromascellare e infrasfenoidale, la base della fossa cranica media con una progressione di tempi commisurata alle dimensioni e alla estensione del tumore. Man mano che si neutralizzano i peduncoli vascolari della base dimpianto del tumore il sanguinamento si riduce progressivamente e il tumore diventa praticamente esangue tant che pu essere sezionato e asportato a pezzi. Completata lexeresi si controlla il letto operatorio, si asportano i punti sospetti per il controllo istologico intraoperatorio, quindi si regolarizzano con la fresa le asperit ossee e si pratica lemostasi. I tempi finali vengono condotti ancora con tecnica macroscopica.
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Nellapproccio con rinotomia laterale il lembo naso mascellare viene ricomposto, viene praticata losteosintesi con fili o con miniplacche e viti. Poi si attacca il legamento palpebrale interno alla cresta lacrimale anteriore o al periosteo. Questo dettaglio importante in quanto evita antiestetiche deformazioni dellangolo interno dellocchio. Infine si procede alla sintesi in due strati dei piani muscoloperiosteo e cutaneo con unione dei muscoli perialari in modo da riformare il solco naso labiale ed evitare una deformazione dellala nasale. Nellapproccio midface degloving si riposiziona la parete anteriore ossea del mascellare fissandola con fili, si ricompongono i tessuti molli del naso e della faccia e si sutura la mucosa nasale e buccale avvicinando i bordi delle incisioni nella posizione naturale per evitare asimmetrie. Un soffice tamponamento completa lintervento.
Via infratemporale tipo C secondo Fisch Si tratta di un approccio cranio-cervicale laterale mirato allesposizione del clivus, del seno sfenoidale, delle fosse pterigo-mascellare , infratemporale e della rinofaringe. L incisione retroauricolotemporale inizia appena dietro il capillizio e continua inferiormente a 3-4 cm dal solco retroauricolare fino alla punta della mastoide. Il condotto uditivo esterno viene sezionato e suturato. Una volta identificata e dissecata dal parenchima ghiandolare la branca fronto- orbitaria del nervo facciale essa viene dislocata verso il basso , protetta da un lembo di fascia temporale, in modo da consentire la rimozione temporanea dellarco zigomatico e la dislocazione verso il basso del muscolo temporale. Si esegue una antromastoidectomia radicale. La membrana timpanica e la catena ossiculare vengono rimosse in continuit con la cute del condotto uditivo esterno osseo. Il nervo facciale viene scheletrizzato dal ganglio genicolato al forame stilomastoideo lasciandolo allinterno del canale di Falloppio preservandone la vascolarizzazione. Losso che riveste la dura del pavimento della fossa cranica media viene rimosso fino ad esporre i forami spinoso ed ovale. La dissezione sottoperiostea dell articolazione temporo-mandibolare e della fossa infratemporale, la rimozione del menisco articolare e la dislocazione anteroinferiore del condilo della mandibola mediante il posizionamento del retrattore della fossa infratemporale consente di esporre la fossa glenoide, la fossa infratemporale e la base del processo pterigoideo. L arteria meningea media ed il ramo mandibolare del nevo trigemino (V3), provenienti dai rispettivi forami ( spinoso ed ovale), attraversano la fossa infratemporale. Una volta sezionate queste strutture alluscita dalla base cranica possibile identificare la tuba cartilaginea situata medialmente al processo pterigoideo. A questo punto necessario ottenere il controllo prossimale e distale (dal forame carotico fino al forame lacero anteriore) della carotide intra-petrosa. La fresatura della fossa glenoide in corrispondenza della base della parete anteriore del condotto uditivo esterno osseo fino allitsmo tubarico consente lesposizione del tratto verticale e del ginocchio della carotide intrapetrosa. Il tratto orizzontale dellarteria viene evidenziato sino alla giunzione carotico-cavernosa dopo lasportazione della tuba cartilaginea e la scheletrizzazione del canale carotico. La fresatura della pterigoide (base e lamine) consentir di esporre il settore infero-laterale del seno sfenoidale e la fibromucosa della parete postero-laterale del rinofaringe, incisa la quale sar possibile rimuovere sia la propaggine rinofaringea del tumore che quella sfenoidale in continuit con la sua base dimpianto. Eventuali propaggini intracraniche extradurali parasellari potranno essere aggredite mediante ulteriore retrazione della dura della fossa cranica media e dissezione del tumore

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dalla parete infero-laterale del seno cavernoso. Tale manovra richiede spesso la sezione della branca mascellare del nervo trigemino (V2). La cavit chirurgica viene obliterata utilizzando il muscolo temporale precedentemente trasposto. DISCUSSIONE Langiofibroma della rinofaringe una neoplasia rara ancora poco conosciuta per quanto riguarda le sue origine e alcuni suoi aspetti tipici quali la predilezione per il sesso maschile, let di insorgenza e la specificit della sede di origine. E considerata una lesione istologicamente benigna che ha per una crescita aggressiva e la tendenza a sanguinare ripetutamente. Si espande nelle cavit rinosinusali, invade gli spazi parafaringei e retromascellari, a volte (10-20%) entra nella fossa cranica media ed eccezionalmente nellorbita dissociando i tessuti molli ed erodendo le strutture ossee. Quando si considerano le possibilit terapeutiche dellangiofibroma bisogna tener conto delle sue peculiari caratteristiche: della tendenza ad espandersi e a sanguinare della possibilit di recidivare negli stadi pi avanzati delleccezionalit dellinvoluzione spontanea La presenza nella nostra casistica di pazienti di 25, 34, 37 anni indica che il tumore pu evolvere anche in et adulta. Queste considerazioni hanno portato negli anni ad una sostanziale uniformit nei protocolli di trattamento che si basano sulla chirurgia con intenti radicali preceduta solitamente da angioembolizzazione. La radioterapia rimane una alternativa alla chirurgia nei pochissimi casi a rischio inoperabili o che non desiderano essere operati. Laffinamento delle tecniche chirurgiche indirizzato al raggiungimento della minor morbidit possibile e ad evitare sequele estetiche in questi giovani pazienti che una volta risolto il problema dellangiofibroma riprendono una vita normale. Per questo motivo sono stati progressivamente abbandonati gli approcci anteroinferiori quali le vie trans-palatale, trans-ioidea, trans mandibolare etc... Anche le vie anteriori hanno subito nel corso degli ultimi 20 anni un progressivo affinamento. In particolare , per quanto riguarda le vie transfacciali vengono progressivamente ridotte le indicazioni agli smontaggi maggiori dello scheletro del viso quando questi prevedano la sezione del palato duro e lutilizzo di lembi ossei liberi naso-mascellari, soggetti a frequenti fenomeni di riassorbimento con successive gravi sequele morfo-funzionali. In questottica il lembo peduncolato naso-mascellare secondo Bagatella rappresenta il compromesso ottimale tra esposizione chirurgica e minima morbidit. Anche per quanto riguarda le tecniche di midfacial degloving vengono progressivamente ridotte le indicazioni alle osteotomie di ampliamento (es. Le Fort I) optando per lallestimento di un piccolo sportello osseo naso-mascellare omolaterale che consente comunque un accesso adeguato alle strutture retromascellari (rinofaringe, fossa pterigo-palatina ed infratemporale) con un danno estetico-funzionale pressoch nullo. La progressiva evoluzione delle vie anteriori verso approcci sempre meno invasivi stata resa possibile dallottimizzazione delle tecniche microchirurgiche che consentono la rimozione del tumore senza inutili asportazioni di tessuto osseo sano. La via infratemporale presenta oggi , a nostro avviso, una indicazione limitata a quei tumori a crescita prevalentemente in senso laterale (fossa infratemporale, area parasellare) non aggredibili con pari sicurezza per via anteriore. In questi casi infatti pu essere molto importante il controllo sia prossimale che distale della carotide intrapetrosa ed eventualmente
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intracavernosa. Bisogna tuttavia ricordare che la via infratemporale C comporta di principio il sacrificio dellorecchio medio e lanestesia del territorio di V2e V3, e d luogo a frequenti alterazioni algico-disfunzionali dellarticolazione temporo-mandibolare. Le estensioni intracraniche sono di solito extradurali. Nelle pi recenti esperienze stata messa in discussione la possibilit di una reale invasione intradurale di questi tumori che possono tuttalpi rendersi difficilmente dissociabili dalla dura in alcune aree e mimare in tal modo il superamento della stessa. E stata da questi stessi autori messa in discussione, trovando riscontro anche nella nostra esperienza clinica, la possibilit che questo tipo di tumori invadano realmente il seno cavernoso, che viene invece per lo pi compresso e dislocato in senso supero-mediale. Nella maggioranza di queste situazioni possibile reperire un clivaggio tra dura della parete infero-laterale del seno cavernoso e carotide intrapetrosa sia per via anteriore che laterale. In conclusione langiofibroma giovanile della rinofaringe riconosce oggi come terapia elettiva lexeresi microchirurgica con intento radicale previa angioembolizazzione. Attualmente , tra le vie anteriori, lapproccio in midfacial degloving dovrebbe essere considerato lapproccio elettivo sia in termini di esposizione chirurgica e risultati estetico-funzionali trovando indicazione anche nei casi ad estensione intracranica e para-cavernosa extradurale laddove non sussistano particolari indicazioni ad un approccio laterale per via infratemporale.

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LA POLIPOSI NASALE: CLASSIFICAZIONE, DIAGNOSI E STRATEGIA TERAPEUTICA


Dott. R. Cipri; Dott. S. Ronsivalle; Dott. F. Raso
U.O.C. di ORL - A.O.R.N. Osp.li Garibaldi-S.Luigi-Ascoli Tomaselli CATANIA

Sebbene la Poliposi nasale sia da decenni al centro di numerosi studi che non ne hanno ancora del tutto chiarito letiopatogenesi, possiamo per affermare che essa non una malattia di per se stessa, ma piuttosto lespressione di una alterazione della mucosa sottostante. Infatti, i polipi nasali sembrano essere una reazione infiammatoria non specifica della mucosa nasale e principalmente di quella del meato medio e delletmoide, la cui terapia, sia medica che chirurgica rimane sintomatica. La sintomatologia della poliposi caratterizzata d: ostruzione nasale, rinorrea, iposmia, cefalea e sinusiti ricorrenti; in alcuni pazienti si accompagna ad asma intrinseco ed intolleranza ai salicilati. Lapproccio alla patologia rinosinusale drasticamente cambiato con lavvento della endoscopia nasale e delle nuove tecniche di diagnostica per immagini che hanno permesso una accurata valutazione del distretto. Con lausilio di queste moderne metodiche dunque possibile una obiettivit pi accurata riguardo lestensione della patologia e quindi, come dimostrato da alcuni autori (4), una maggiore uniformit di dati. Partendo dal principio che una classificazione debba, per quanto possibile, avere una semplicit di applicazione ed una uniformit di valutazione obiettiva, al fine di confrontare le diverse scelte terapeutiche, si presa in considerazione quella proposta da Kastenbauer e coll. Tale classificazione prende in considerazione, come punto di repere anatomico e funzionale il turbinato medio ed suddivisa in quattro stadi: STADIO 0: mucosa normale del meato medio STADIO 1: alterazioni aspecifiche della mucosa del meato medio( edema etc.) che si hanno anche nelle sinusiti croniche STADIO 2: presenza di neoformazioni polipoidi a carico del meato medio STADIO 3: le neoformazioni polipoidi si accrescono superando la linea verticale passante per il turbinato medio; lorigine dei polipi ancora a livello etmoidale e coinvolge tutto il turbinato medio STADIO 4: ostruzione della fossa nasale con polipi a partenza dalla mucosa del setto o del turbinato inferiore (fig. 1).
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fig.1 Disegno schematico della classificazione a stadi della poliposi nasale. (da Rasp et al. modificata)

fig. 2 (da Rasp et al. modificata) Da B. Benjamin et al., 1995 stadio 1: alterazioni aspecifiche della mucosa del meato medio (edema etc.) che si hanno anche nelle sinusiti croniche

fig. 3 (da Rasp et al. modificata) - Da B. Benjamin et al., 1995 stadio 2: presenza di neoformazioni polipoidi a carico del meato medio

fig. 4 (da Rasp et al. modificata) - Da B. Benjamin et al., 1995 stadio 3: le neoformazioni polipoidi si accrescono superando la linea verticale passante per il turbinato medio, lorigine dei polipi ancora a livello etmoidale e coinvolge tutto il turbinato medio
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fig. 5 (da Rasp et al. modificata) - Da B. Benjamin et al., 1995 stadio 4: ostruzione della fossa nasale con polipi a partenza dalla mucosa del setto o del turbinato inferiore. I pazienti con poliposi nasale costituiscono quindi, un gruppo eterogeneo con manifestazione clinica (i polipi) in comune. Lobiettivit radiologica derivante da uno studio TC (TC spirale) se da un lato permette di basarsi su dati oggettivi direttamente correlati allo stadio ed alla evoluzione della patologia, dallaltro ci costringe ad estendere l indicazione per esame TC anche in quei casi ampiamente valutabili con il solo esame endoscopico. Quindi si cercato di mettere a punto un sistema di classificazione che, prescindendo dalla eterogeneit delle patologie di base, consentisse di classificare in maniera semplice la poliposi nasale basandosi essenzialmente sul riscontro endoscopico, non escludendo per il ricorso all indagine TC come secondo step di un percorso diagnostico obbligatorio in quei pazienti che devono giungere al tavolo operatorio e/o che hanno un importante corteo sintomatologico. Questo sistema suddivide la classica poliposi in tre stadi, dal 2 al 4, e si inserito lo stadio1 che spesso associato con le sinusiti croniche. Lo stadio 1 non specifico della poliposi, ma la poliposi nasale potrebbe a volte svilupparsi da/o rientrare in questo stadio. I tre stadi successivi sono stati divisi in base al coinvolgimento del turbinato medio. DIAGNOSI Grazie allintroduzione delle tecniche di endoscopia si raggiunta una notevole accuratezza diagnostica nella valutazione del distretto rinosinusale. Lo strumentario comprende: una fontana luminosa, una serie di ottiche endoscopiche di 4mm e di 2.7mm di diametro e con angolo di visione a 0 e 30 gradi. Lendoscopia diagnostica consta sostanzialmente di tre tempi: 1j tempo Si introduce lendoscopio(2,7mm di diametro a 30)parallelamente al pavimento nasale e si valuta: la perviet e la morfologia dellarea valvolare; lo sbocco del dotto nasolacrimale; il meato inferiore, il corpo del turbinato inferiore, la coda del turbinato inferiore e la coana; la parete posteriore e la volta del rinofaringe, la fossetta di Rosenmuller, lostio tubarico. 2j tempo retratto lendoscopio fino alla valvola nasale anteriore ed inclinandolo di 45verso lalto si osservano: lager nasi e la sua pneumatizzazione; la fessura olfattoria passando medialmente e superiormente al turbinato medio; la testa e la porzione sagittale del turbinato medio; cambiando inclinazione e procedendo tra turbinato inferiore e turbinato medio si osserva larea delle fontanelle e leventuale presenza di osti accessori; la porzione media e posteriore del setto nasale; il recesso sfeno-etmoidale( zona chiave per la ventilazione ed il drenaggio del compartimento sinusale posteriore ); il turbinato superiore col suo meato e lostio fisiologico del seno sfenoidale.
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3j tempo Medializzando delicatamente il turbinato medio si introduce lendoscopio nel meato medio e si osservano: la morfologia del processo uncinato, lostio naturale del mascellare, la bulla etmoidale, lo iato semilunare, il recesso retrobullare e talvolta superiormente lostio del frontale e la terza porzione del turbinato medio. Si pu pertanto affermare che la quasi totalit delle patologie a carico delle fosse nasali possono essere ben evidenziate da un accurato esame endoscopico; nelle fasi iniziali della poliposi nasale, quando i polipi non hanno ancora superato i limiti del meato medio solo la visione endoscopica pu aiutare nella diagnosi. Altro esame principe nella diagnostica del distretto rinosinusale nei pazienti affetti da flogosi cronica e/o recidivante la T.C. spirale. Essa per la sua considerevole panoramicit ritenuta propedeutica allesame endoscopico anche nei casi di agevole esplorazione. La T.C. ci permette di valutare: le sottili lamelle ossee che costituiscono la complessa impalcatura scheletrica di questo distretto, lesatta estensione della poliposi nasale ed il coinvolgimento o meno dei seni paranasali, quei dettagli cio, che influiscono negativamente sul fisiologico drenaggio mucociliare e che giustificano o meno il ricorso ad una chirurgia endoscopica miniinvasiva (FESS). Lendoscopia a tuttoggi lindagine di primo livello a cui far seguire lindagine T.C. nei casi di insuccesso della terapia medica, o nello studio preoperatorio dei pazienti al fine di mettere a punto una corretta strategia chirurgica. TERAPIA Come gi sottolineato non esiste un protocollo terapeutico, sia medico che chirurgico, risolutivo della poliposi nasale; tuttavia la messa a punto delle tecniche di chirurgia endoscopica rinosinusale associate a trattamento corticosteroideo topico e/o sistemico, ci consentono di ottenere dei lunghi periodi di remissione sintomatologica associata ad una buona compliance respiratoria del paziente. Il trattamento chirurgico mira alla rimozione completa delle masse polipoidi nel rispetto delle strutture anatomiche tipiche: infatti si rispettano il turbinato medio, il turbinato superiore, si favorisce il drenaggio dei seni liberando il complesso osteomeatale e quando necessario ampliando gli ostii fisiologici. E necessario rispettare la mucosa per evitare di esporre la struttura ossea; al fine di evitare linsorgenza di processi osteitici, di riniti atrofiche crostose e processi cicatriziali esuberanti. Un adeguato e corretto follow-up del paziente permette di ridurre al minimo i casi di recidiva.

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FISTOLE RINOLIQUORALI
A. Tagliabue , V. Fornaro , M.I. Notaro
U.O.C. di Otorinolaringoiatria - Ospedale A. Perrino - ASL BR / 01 - Brindisi

Le fistole rinoliquorali sono soluzioni di continuo di tutti i tessuti che dividono lo spazio liquorale dal naso(e basicranio) coinvolgendo quindi laracnoide, la dura madre, losso e la mucosa nasale. A livello del basicranio anteriore la dura strettamente adesa allosso per cui il rischio di fistola liquorale per lesioni anche minime della parete ossea pi elevato rispetto ad altre aree. La comunicazione tra spazio endocranico e fossa nasale predispone allinsorgenza di meningiti ricorrenti, ascessi cerebrali, pneumoencefalo. La classificazione delle fistole liquorali eziologica: possono essere traumatiche (30% circa), non traumatiche o spontanee: 47% tra congenite perch associate a malformazioni craniofacciali ed acquisite soprattutto in deiscenze ossee del basicranio magari in donne affette da obesit ed in menopausa; iatrogene :23% tra le quali distinguiamo le programmate nel caso di interventi di exeresi di neoplasie del massiccio facciale o del basicranio ed accidentali soprattutto per interventi chirurgici di chirurgia endoscopica dei seni paranasali. STRATEGIA DIAGNOSTICA: Le modalit di presentazione di una fistola possono variare, si pu avere una rinoliquorrea persistene o una rinoliquorrea intermittente oppure la presenza di una fistola viene rilevata da episodi di meningite in assenza di rinoliquorrea. La diagnostica prevede tecniche quali: Test alla fluoresceina eseguita mediante somministrazione di fluorescina sodica al 5% per via intratecale mantenendo il paziente per qualche ora in posizione di antitrendelemburg per poi visualizzare endoscopicamente con tecnica che prevede luso di ottiche con filtro a luce blu le fosse nasali ripetutamente nellarco di 24-48 ore nel caso di sopspetta fistola rinoliquorale laddove lindagine di laboratorio con la tau-protein risultasse negativa; quindi tecniche di Imaging quali:TC ad alta risoluzione; RMN - encefalo; Cisterno-TC. Le indagini di laboratorio della presunta rinoliquorrea comprendono: Test della glucossidasi; Test della B2 transferrina (Tau - protein, Beta - Tres questultima non ancora ben collaudata); test che prevedono luso di isotopi radioattivi. STRATEGIA TERAPEUTICA: La riparazione chirurgica delle fistole liquorali si pu attuare mediante due approcci principali: transcranico ed extracranico. Lapproccio extracranico pu essere eseguito mediante approccio esterno (con etmodectomia esterna), approccio transcranico (transnasale) con tecnica endoscopica o microscopica. La tecnica chirurgica endoscopica prevede la somministrazione intratecale mediante puntura lombare di 1,5 ml di fluoresceina sodica al 5 % unora prima dellintervento coadiuvata dallutilizzo del filtro a luce blu con ottiche rigide per la giusta localizzazione della fistola rinoliquorale. Lintervento si esegue in anestesia generale, in ipotensione controllata. Dopo individuazione
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della fistola rinoliquorale, previa infiltrazione con anestetico e vasocostrittore per modulare il sanguinamento, si procede ad eseguire la riparazione della soluzione di continuo eseguendo i vari tempi chirurgici a seconda della localizzazione della fistola (etmoidotomia antero-posteriore, sfenoidotomia,, apertura del recesso frontale), individuando dunque il tramite fistoloso. Esponendo il difetto osseo si possono eseguire cauterizzazioni della struttura meningea mediante pinza bipolare ottenendo un ritiro iniziale di questultima, poi con tecnica underlay od overlay si pu riparare la breccia ossea con prelievo di osso turbinale pi raramente settale da posizionare con laiuto di colla di fibrina ricoperta poi da mucosa turbinale o settale. Quindi si pu utilizzare grasso addominale a riempire la breccia chirurgica. Si tampona con spugne di materiale riassorbibile, poi silastic a sostenere la sovra-struttura ed 1 merocel nel meato inferiore. Decorso post-operatorio: terapia antibiotica ed antistaminica, paziente mantenuto a riposo forzato (a letto) fino allo stamponamento che avviene in 4 - 5 giornata, tamponamento riassorbibile mantenuto in sede per circa 3-4 settimane, dimissione ospedaliera dopo 5 / 7 giorni circa dallintervento (salve complicanze). Inoltre indicazione ad evitare sorzi fisici per circa 3 mesi, controlli endoscopici settimanali per il 1j mese per eventuali sovrainfezioni, per graduale rimozione del tamponamento riassorbibile, per verificare il corretto posizionamento dei lembi di chiusura. Quindi nel follow-up controlli a 3 mesi, 6 mesi, 1 anno, 2 anni etc.

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I MUCOCELI DEI SENI PARANASALI


M. Rosignoli, M. Schiarea, M. E. Cerquetti
U.O. di Otorinolaringoiatria - Presidio Ospedaliero di Foligno - ASL 3 Regione Umbria

INQUADRAMENTO ANATOMO-CLINICO Il mucocele dei seni paranasali una lesione benigna, relativamente rara, costituita da una parete epiteliale in grado di realizzare una vera e propria neoformazione cistica con un contenuto mucoide di solito sterile, caratterizzata da una crescita espansiva in rapporto ad un processo dinamico di riassorbimento, erosione e rimodellamento osseo (Lund e Milroy 1991). Non va pertanto confuso con le cisti mucoidi e le pseudocisti (Makeieff et al, 1998) contenute allinterno delle cavit sinusali, che presentano una parete molto sottile e non provocano lisi delle strutture ossee cui sono in contatto, n tantomeno con la semplice raccolta di secrezione mucoide nelle cavit sinusali. La eziologia del mucocele tradizionalmente differenziata in primitiva e secondaria. Per le forme primitive responsabile sarebbe la degenerazione cistica dellepitelio ghiandolare, in seguito alla ostruzione di uno o pi dotti delle ghiandole mucose presenti nella sottomucosa; un mucocele cos originato non dovrebbe tuttavia avere una crescita espansiva con distruzione ossea (Natvig e Larsen 1978). Ben pi verosimile la ipotesi etiologica delle forme secondarie, originate dalla ostruzione degli osti sinusali, con ritenzione della secrezione mucosa allinterno della cavit sinusale. Responsabili della ostruzione possono essere anomalie anatomiche degli osti, flogosi naso-sinusali, polipi (mucocele polipoide, Fuse et al. 1997), traumi, pregressi interventi chirurgici, e pi raramente neoplasie come gli osteomi (Lund 1987). Nelle forme post-chirurgiche, spesso in causa nella genesi dei mucoceli mascellari dopo intervento di Caldwell-Luc, il meccanismo patogenetico quello della formazione di bande cicatriziali fibrotiche che ostruiscono il normale drenaggio sinusale (Som 1992). Qualunque sia la causa iniziale della malattia, si attua una azione osteolitica da parte della matrice del mucocele, con produzione di fattori di riassorbimento osseo. La pressione positiva esercitata dalla crescita espansiva del mucocele pu portare al riassorbimento osseo, sia direttamente stimolando gli osteoclasti e la sintesi di prostaglandine quali la PGE2 (teoria della compressione), sia indirettamente in seguito a fenomeni flogistici, con antigeni batterici che causano il rilascio di citochine quali la interleuchina-1 da parte dei fibroblasti (Lund et al, 1993), o con cellule mononucleari adiacenti il periostio, a loro volta produttrici di altre citochine ad azione litica (teoria dinamica) (Kass et al 1999, Lund e Mirloy, 1991). Istologicamente la mucosa che riveste la cavit del mucocele presenta un epitelio pseudostratificato con poche cellule ciliate e con aree di metaplasia squamosa (fig. 1-2); la sottomucosa contiene spesso tessuto fibroso e un infiltrato di linfociti, plasmacellule, granulociti eosinofili e neutrofili, tipici delle flogosi croniche (Natvig e Larsen 1978). Il contenuto liquido ricco di mucina, e talvolta contiene colesterina, grassi e cellule epiteliali. Talvolta la raccolta mucoide separata in due cavit del mucocele, luna contenente un
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secreto denso e scuro e laltra un fluido di aspetto simile al liquido cefalo-rachidiano (Lund 1998). La sintomatologia clinica dipende dallo sviluppo del mucocele allinterno od allesterno delle pareti sinusali, e dalla presenza o meno di complicanze. Per lungo tempo possono essere assenti segni clinici, durante la fase endosinusale, o essere presenti solo vaghi sintomi quali tensione locale, ipoestesia del territorio di innervazione dei rami sovra e sottorbitario del trigemino, ostruzione nasale. Successivamente la crescita espansiva del mucocele si pu manifestare con tumefazioni visibili o palpabili del viso, soprattutto nella regione periorbitaria, in rapporto alla presenza di mucoceli frontali o etmoido-frontali, in assoluto quelli pi frequenti, circa 70-90% del totale (Lund 1998): compare un gonfiore nella zona orbito-naso-frontale, talvolta cos accentuato da provocare spostamento allinfuori ed in basso del bulbo oculare, sino a provocare esoftalmo e diplopia. La cute della regione di aspetto normale, il dolore assente, mentre pu essere presente tensione nella regione orbitaria, con alcuni disturbi della motilit oculare. I mucoceli mascellari, rari ma in costante aumento, possono manifestarsi con tumefazioni della regione mascellare, ostruzione nasale, problemi alle arcate dentarie, e talvolta con diplopia da compromissione del retto inferiore, quando ad essere interessato il pavimento orbitario. I mucoceli sferoidali, rarissimi, possono causare cefalea al vertice, e sintomi di ordine neuroendocrino o visivo, in relazione alla estensione al pavimento sellare o allapice orbitario. La complicanza pi frequente dei mucoceli linfezione, con la formazione di un piocele, che comporta la comparsa di sintomi algici e, in particolare nella regione etmoido-frontale e sfenoidale, una possibile compromissione della acuit visiva, in seguito a flogosi del nervo ottico. I germi pi frequentemente isolati sono quelli responsabili delle flogosi croniche naso-sinusali, come lo Stafilococco aureo, lo Streptococco penumoniae e lHaemophilus influentiae (Lund 1998). Altre possibili complicanze sono la osteomielite e la fistolizzazione cutanea. CLASSIFICAZIONE E DIAGNOSI La classificazione dei mucoceli basata sui dati anatomo-radiologici (Lloyd et al 2000), con i quali definire la sede e la probabile natura, in modo da effettuare la diagnosi sulla quale programmare la terapia chirurgica. Le immagini radiologiche tradizionali forniscono elementi incompleti specie per quanto riguarda i seni etmoidali e sfenoidali, e pertanto la metodica di scelta la Tomografia Computerizzata (TC) (Som et al 1980), eventualmente completata dalla Risonanza Magnetica (RM) (Lloyd et al 2000). La TC in proiezione assiale e coronale il miglior modo di documentare la lisi ossea, i margini regolari e la assenza di infiltrazione dei tessuti circostanti, e il tipo di sostanza omogenea e di uniforme densit contenuta nelle cavit del mucocele; il mezzo di contrasto raramente necessario. I segnali caratteristici del mucocele alla RM in T1 e in T2 dipendono dalla presenza di prodotti di origine ematica e dal grado di idratazione del contenuto: la RM non permette di definire in dettaglio le condizioni della parete sinusale, ma molto utile specialmente nei mucoceli fronto-etmoidali e sfenoidali, quando esiste un dubbio sulla natura flogistica o neoformativa, e in questo senso indicato il mezzo di contrasto come il gadolinio (Lanzieri et al 1991). Le indagini radiologiche appena ricordate permettono di classificare i mucoceli dei seni paranasali in: A) Mucoceli ad interessamento monosinusale: 1) frontali, 2) etmoidali, 3) sfenoidali, 4) mascellari; B) Mucoceli ad interessamento plurisinusale: 1) fronto-etmoidali, 2) etmoidosfenoidali, 3) pansinusali. A) Mucoceli ad interessamento monosinusale 188

1) Frontali: il reperto tipico del mucocele frontale, alla TC, quello di una dilatazione della cavit sinusale, con perdita del normale contorno, depressione od erosione del bordo orbitario, estensione ai tessuti molli, e opacamento omogeneo (fig 3). Talvolta vene messa in evidenza una estensione endocranica a causa della usura della parete interna del seno frontale. 2) Etmoidali: la maggioranza localizzata nelletmoide anteriore, essendo rari quelli posteriori il pi spesso associati ai mucoceli sfenoidali; limmagine TC mostra una espansione delle cellule etmoidali, opacate per il materiale isodenso in esse contenuto. 3) Sfenoidali: il reperto radiologico alla TC di solito quello di una dilatazione a margini regolari della cavit sinusale, con innalzamento o addirittura distruzione del tetto del seno, erosione della parete mediale, coinvolgimento del canale ottico; la RM mostra una lesione iperdensa, a contenuto fluido, ed utilissima per la diagnosi differenziale con le neoplasie (fig 4). 4) Mascellari: alla TC si evidenzia una massa nella regione mascellare, di densit omogenea, con parete convessa, ben separata dai tessuti molli circostanti (fig 5). B) Mucoceli ad interessamento plurisinusale 1) Fronto-etmoidali: possono raggiungere una notevole estensione verso la regione orbitaria, che la TC pu documentare nei dettagli (fig 6); la RM, oltre a precisare il coinvolgimento dei tessuti molli orbitari, permette anche di definire le caratteristiche del contenuto, mucoide o purulento (fig 7). 2) Etmoido-sfenoidali: linteressamento congiunto dei due distretti sinusali profondi ben documentato sia dalla TC che dalla RM, la quale in grado anche di definire lintegrit delle delicate strutture vicine. 3) Pansinusali: molto rari, coinvolgono pi cavit sinusali anche bilateralmente, e pongono delicati problemi diagnostici, oltrech terapeutici, in relazione alla loro notevole estensione. TERAPIA In rapporto alla crescita espansiva che sovverte progressivamente lanatomia della regione in cui localizzato causando alterazioni estetico-funzionali, e alla possibilit che si possano verificare le complicanze sopra ricordate, la cui gravit dipendente anche dalla sede, dallo stadio di sviluppo e dalle modalit di espansione, ogni mucocele diagnosticato deve essere sottoposto a trattamento adeguato. La terapia chirurgica lunica possibile. Essa finalizzata di solito alla completa rimozione della matrice mediante accurata toilette delle cavit sinusali in modo da prevenire possibili recidive; in casi selezionati invece sufficiente la marsupializzazione della sacca mucocelica, con il ripristino di un adeguato drenaggio sinusale. Oltre a queste tecniche conservative finalizzate alla aerazione e al drenaggio sinusale, possono essere utilizzate tecniche radicali, con le quali il seno malato, dopo la indispensabile toilette, viene escluso funzionalmente obliterando la cavit con materiale autologo come grasso o muscolo (Pia et al 1999). Lapproccio alle strutture paranasali interessate pu avvenire per via esterna, endoscopica o combinata. La prima via quella storicamente impiegata soprattutto nella terapia chirurgica dei mucoceli frontali e etmoido-frontali. La seconda viene sempre pi frequentemente utilizzata negli ultimi 20 anni per il trattamento dei mucoceli di qualunque sede che possano giovarsi di una marsupializzazione e toilette in relazione alla estensione e alla procidenza nella cavit nasale, che rappresenta la via di approccio alla patologia
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sinusale. La via combinata spesso necessaria per trattare radicalmente quei mucoceli che non sono interamente aggredibili per via endoscopica, ed in tal caso lapproccio esterno pu essere pi limitato rispetto a quello necessario per la sola via esterna. Si ricorda infine che in rarissimi casi di mucoceli molto estesi e complicati potrebbe rendersi necessario un intervento per via esterna-transcranica attraverso la fossa cranica anteriore (Stienberg et al 1986). La via esterna (open surgery) di approccio ai mucoceli frontali e frontoetmoidali procedura gi proposta negli anni 20 da Howart (incisione di Lynch-Howart, Lund 1998) e in seguito codificata come intervento di Ogston-Luc (Corradini et al 1996). La incisione cutanea viene condotta sulla cute della regione sopracciliare, nella porzione mediale, successivamente estesa fino al periostio in modo da poter sollevare i tessuti molli e da esporre la parte anteriore e laterale dellosso frontoetmoidale (fig 8). A questo punto si pu aprire la parete ossea mediante fresa, per creare una apertura il pi possibile limitata che permetta esplorare e trattare adeguatamente la cavit mucocelica. Poich la demolizione ossea pu comportare una cicatrice retraente, quando prevedibile che si debba creare una ampia via di approccio preferibile costruire un lembo osteoplastico di parete anteriore, attaccato superiormente ad un cardine del periostio lasciato aderente al lembo stesso. Questo tempo chirurgico tuttavia di non facile esecuzione, per le difficolt ad esempio di sezionare con osteotomo i bordi del lembo senza danneggiarlo o di fratturare la parte che rimane ancorata alla regione frontale, manovra questa che facilitata da una osteotomia parziale. A causa di una scarsa retrazione laterale della cute frontale lincisione sopracciliare pu non rivelarsi sufficiente e pertanto pu rendersi necessaria la incisione coronale, cutanea bitemporale sec Cairns-Unterberger, la quale consente una ottima esposizione della regione frontale ed essendo condotta dietro il margine anteriore della linea di attaccatura dei capelli non lascia cicatrici visibili. Inoltre ha il vantaggio di poter esplorare le regioni orbitarie ed anche cerebrali, specie nel caso di mucoceli complicati. Lo scollamento del lembo di cute e galea frontale deve essere esteso sufficientemente in basso s da esporre adeguatamente losso sul quale scolpire il lembo osteoplastico a partire allalto e quindi a cerniera inferiore. Una volta esposta la cavit creata dal mucocele i successivi tempi chirurgici sono condizionati dallatteggiamento, o conservativo, finalizzato alla aerazione del seno e al drenaggio sinusale mediante la creazione di un neo canale naso-frontale di dimensioni adeguate, o radicale, per il quale levento conclusivo la esclusione funzionale del seno frontale, con asportazione completa della mucosa sinusale e successiva obliterazione della cavit con materiale autologo, come grasso o muscolo, oppure con osso nella zona del canale naso-frontale. La tecnica obliterativa secondo alcuni (Kennedy 1994, Pia et al. 1999) sempre indicata in presenza di fistole liquorali o di infezioni endocraniche, nonch di osteomieliti. Latteggiamento conservativo giustificato dalle capacit di rigenerazione della mucosa sinusale, in grado di tornare alle caratteristiche anatomo-fisiologiche proprie dellepitelio respiratorio (Schaefer e Close 1997). E indispensabile garantire la funzione di aerazione e drenaggio del canale naso-frontale ampliato e tenuto pervio con uno stent lasciato per un tempo adeguato; utile a questo scopo un tutore di silicone sottile, il quale, mantenuto in situ per almeno 6 settimane, possa garantire la creazione di un neocanale senza provocare danni ischemici alla mucosa circostante, possibile causa di restenosi.(Pia et al 1999). Il trattamento obliterativo ha la finalit di escludere funzionalmente la cavit sinusale al termine della toilette chirurgica riempiendola con materiale autologo. Come detto indicata
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nelle forme complicate, o con fistola liquorale qualora la riparazione di questa con dura liofilizzata fissata con colla di fibrina non garantisca una perfetta tenuta. Tuttavia questa tecnica espone a maggiore morbilit postoperatoria, con infezioni o cefalea, e recidive che arrivano sino al 30% (Amble et al 1996) probabilmente perch la obliterazione rende meno evidenti i segni clinico-radiologici indicativi di ripetizione di malattia. Nei mucoceli mascellari, complicati o particolarmente estesi, pu trovare indicazione lopen surgery con il classico intervento di Caldwell-Luc, la cui via di approccio avviene con la apertura della parete anteriore del seno mascellare, proseguita dalla toilette sinusale con completa rimozione della parete mucocelica, e terminata dalla creazione di una ampia finestra naso-antrale a livello della parete intersinusonasale. Questultimo tempo deve essere condotto in modo accurato dal momento che la causa pi importante di mucoceli mascellari rappresentata proprio da pregressi interventi di Caldwell-Luc, effettuati per altra patologia, nei quali si sia successivamente formato tessuto cicatriziale nella regione della finestra intersinusonasale, ad ostruire il drenaggio sinusale (Busaba e Salman, 1999). La chirurgia endoscopica (Stammberger 1991) trova indicazione nel trattamento dei mucoceli di qualunque sede, per alcuni, etmoidali e sfenoidali, rappresentando lunica via logica di approccio, per gli altri, fronto etmoidali e mascellari, una via sicuramente dotata di minore invasivit rispetto alla via esterna, e comunque condizionata dalla possibilit di effettuare una toilette radicale o una adeguata marsupializzazione della cavit sinusale interessata per via interna. Come gi detto, in caso di difficolt tecniche non superabili sar necessario effettuare un approccio esterno combinato, possibilit della quale ogni paziente che si accinge ad affrontare una tecnica endonasale deve essere adeguatamente informato. I mucoceli etmoidali, situati nella conca bullosa o nelletmoide posteriore sono facilmente accessibili per via endoscopica, cos come quelli sfenoidali che possono essere aggrediti nel recesso sfeno-etmoidale, sede dellostio naturale (Cerqua et al 1996). Lampia marsupializzazione delle cavit interessate sufficiente, mentre non affatto necessario asportare la parete mucocelica, per evitare complicanze che possono essere anche rilevanti, soprattutto nello sfenoide dove le strutture nobili adiacenti la parete laterale usurata dal processo di erosione ossea, come il nervo ottico e la carotide interna, possono essere ricoperte soltanto dalla parete epiteliale (Lund 1998). I mucoceli etmoido-frontali che si espandono inferiormente e medialmente nella fossa nasale possono essere aperti direttamente previa identificazione dei reperi anatomici della regione. Poich losso espanso dal mucocele particolarmente sottile o deiscente larea pu essere facilmente identificata palpando con uno scollatore o con la cannula di aspirazione. Lapertura del mucocele d luogo a secrezione abbondante, fluida, torbida, che merita sempre una cultura microbiologica, specie se un colorito particolarmente scuro, un aspetto corpuscolato, o un odore acre facciano sospettare flogosi micotiche, da anaerobi o da germi rari. La parete mucocelica aperta deve essere adeguatamente ampliata con microforbici e pinze in modo da creare la maggiore marsupializzazione possibile (Lund 1998). Leventuale erosione della parete orbitaria superiore o di quella posteriore possono essere apprezzati alla palpazione; nel secondo caso il mantenimento della parete del mucocele sulla dura madre impedir che si possa creare un fistola liquorale. Se la componente endonasale del mucocele non identificabile con la visione endoscopica, si effettuer la dissezione di routine, cominciando con la uncinectomia, proseguendo con lapertura della bulla e la identificazione della base cranica anteriore. La comparsa della parete mucocelica nella parte superolaterale, nella regione del recesso frontale, anche qui confermata da una leggera palpazione con curette da recesso frontale o con aspiratore;
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la sua apertura da effettuare con cura ancora maggiore per non aprire larteria etmoidale o penetrare nella cavit orbitaria. La decompressione del mucocele fronto-etmoidale provoca di solito uno spostamento del bulbo oculare con possibile modificazione della diplopia, e successivo riposizionamento che pu avvenire in modo definitivo dopo alcune settimane dallintervento in rapporto al rimodellamento del tetto dellorbita. In caso di erosione ossea diffusa, in particolare a livello della lamina papiracea, va raccomandato al paziente di non soffiare il naso per 2-3 settimane dopo lintervento, per evitare la possibilit di enfisema periorbitario. (Lund, 1998). Il trattamento endoscopico dei mucoceli mascellari viene condotto seguendo la tecnica standard. Dopo aver palpato la parete laterale del naso a livello del processo uncinato per confermare la depressibilit ossea, la zona viene incisa con bisturi falciforme, dando esito a secrezione mucoide o mucopurulenta. Praticata una ampia antrostomia e una etmoidectomia il contenuto del mucocele viene evacuato con aspiratore curvo, manovra facilitata da lavaggi sinusali; la asportazione completa della parete mucocelica non necessaria, mentre la resezione del turbinato medio potrebbe rendersi utile per prevenire aderenze cicatriziali tra questa struttura e la parete laterale. E naturalmente necessario un accurato follow-up per controllare la creazione di una valida antrostomia con cui aerare e poter esplorare la cavit mascellare (Makeieff et al 1998, Busaba e Salman 1999). Quando le lesioni sono particolarmente diffuse pu essere indicata la via combinata endoscopica-esterna, per i mucoceli frontali o fronto-etmoidali nei quali il solo approccio endoscopico non sufficiente ad esplorare e trattare la zona interessata. Questo evento si pu verificare per condizioni anatomiche o per la posizione laterale del mucocele, e nelle recidive nelle quali gli esiti cicatriziali post-chirurgici abbiano fortemente compromesso laccesso al seno frontale (Lund 1998). Lincisione cutanea pu essere anche limitata al quadrante supero-mediale dellorbita avendo cura di non lesionare il nervo sopratrocleare. Pu essere rimossa una modesta quantit di osso della parete anteriore, ma bisogna mantenere il supporto laterale al recesso frontale; lesplorazione con endoscopio introdotto per via interna od esterna permetter di verificare la perviet del recesso nel quale si applicher un tubo di Silastic. Se non stato possibile effettuare una adeguata marsupializzazione necessario procedere a drenaggio mediano, rimuovendo il setto frontale intersinusale il pavimento mediano dei seni frontali e la parte superiore del planum etmoidale (Lund 1998). La chiusura della incisione esterna deve essere condotta accuratamente suturando il periostio della zona della troclea, cos da evitare diplopia postoperatoria da ipofunzione del muscolo obliquo superiore. SINTESI I mucoceli dei seni paranasali sono formazioni cistiche a contenuto mucoide, rivestite da una parete epiteliale, originate in tutte le cavit paranasali, ma prevalentemente localizzate nella regione frontale od etmoido-frontale. La continua produzione di muco, associata alla azione litica della matrice del mucocele che provoca ischemia da compressione del periostio interno, causa di processi catabolici nellosso circostante, con progressivo riassorbimento, erosione e rimodellamento delle pareti ossee che delimitano le cavit sinusali, e quindi con una crescita espansiva particolarmente accentuata in sede periorbitaria. Linfezione secondaria, con formazione di piocele, pu portare ad una ulteriore rapida espansione con incremento significativo del rischio di complicanze. La clinica, nelle forme non complicate da flogosi, si manifesta con sintomi quali tumefazione visibile o palpabile, esoftalmo, diplopia, algie in sede orbitaria, ostruzione nasale. I mucoceli dei seni paranasali possono essere classificati in base alla loro localizzazione
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avvalendosi della diagnostica radiologica (tomografia computerizzata e risonanza magnetica), seguita dalla verifica operatoria. Si possono differenziare in A) Mucoceli ad interessamento monosinusale: 1) frontali, 2) etmoidali, 3) sfenoidali, 4) mascellari; B) Mucoceli ad interessamento plurisinusale: 1) fronto-etmoidali, 2) etmoido-sfenoidali, 3) pansinusali. La terapia esclusivamente chirurgica. Il principio quello o di rimuovere completamente la matrice, effettuando una accurata toilette delle cavit sinusali, oppure di marsupializzare la sacca mucocelica, in entrambi i casi ripristinando un adeguato drenaggio e laerazione del seno (tecnica conservativa). In alcuni casi il seno malato, dopo la toilette, viene escluso obliterando la cavit con materiale autologo (tecnica radicale). Lapproccio ai seni paranasali malati pu essere condotto per via esterna, endoscopica o combinata. La scelta delluna o dellaltra via condizionata da numerose variabili, in rapporto alla sede del mucocele, alla estensione, al numero dei seni interessati, alla presenza o meno di complicanze. In linea di principio sempre preferibile la chirurgia endoscopica per i numerosi vantaggi che offre, ma solo se con essa possibile ottenere una completa eradicazione della malattia, riservando la via esterna, o quella combinata, ai casi pi complessi, alle recidive, oppure dove sono presenti complicanze importanti.

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IMMAGINI E DIDASCALIE

Fig. 1) Esame istologico di parete di mucocele etmoidofrontale (caso Fig. 6-7); si evidenza frammento di osso compatto ricoperto da tessuto connettivo rivestito da epitelio.
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Fig. 2) A maggiore ingrandimento si nota che il tessuto connettivo ingloba trabecole ossee, sede di flogosi cronica aspecifica ed rivestito da epitelio mucosecernente.

Fig 3) Mucocele frontale: la TC mostra opacamento della cavit sinusale frontale destra con erosione del bordo orbitario superiore.

Fig 4) Mucocele sfenoidale: alla RM il seno sfenoidale appare dilatato ed occupato da contenuto fluido.

Fig 5) Mucocele mascellare: la TC mostra come la regione del seno mascellare destro sia occupata da neoformazione cistica, opaca, a bordi regolari, arrotondati, che ha usurato le pareti anteriore e posteriore, ma non infiltrato i tessuti molli.
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Fig 6) Mucocele fronto-etmoidale invasivo: alla TC coronale si evidenzia diffuso opacamento della regione fronto-etmoidale sinistra e frontale destra, con scomparsa del bordo orbitario superiore sinistro e grossolano sovvertimento del contenuto orbitario.

Fig 7) Stesso caso: la RM precisa le caratteristiche del contenuto, fluido, a differente segnale nei due lati, la regolarit delle pareti con assenza di infiltrazione, e limportante lesione oculare sinistra per complicanza flogistica.

Fig. 8) Via esterna sopracciliare sinistra di approccio al mucocele fronto-etmoidale relativo alle fig. 6/7. Si evidenzia la parete anteriore del seno frontale sinistro e si intravede la fuoriuscita di secrezione mucoide densa da una lisi della parete ossea.

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LA RINOPATIA VASOMOTORIA
Luisa Bellussi, Valerio Damiani, Giulio Cesare Passali
Dipartimento di Scienze Ortopedico-Riabilitative, Radiologiche ed Otorinolaringoiatriche Universit degli Studi di Siena

INTRODUZIONE Sotto la definizione generale di rinopatia vasomotoria, coesistono in entit cliniche che, seppure differenti dal punto di vista etiopatogenetico, si manifestano con il medesimo quadro sintomatologico caratterizzato, in proporzioni differenti nei diversi pazienti, da ostruzione nasale, rinorrea, prurito nasale e starnutazione, cui si possono accompagnare lacrimazione, iposmia, autofonia, ovattamento auricolare ed altri sintomi correlabili ad una inadeguata respirazione nasale. Il substrato fisiopatologico comune a queste numerose entit nosologiche rappresentato da una abnorme reattivit (o iper-reativit) dellorgano nasale, in ragione della quale nei soggetti predisposti, a seguito della inalazione di sostanze irritanti di varia natura si ha una iper-attivazione, dei riflessi protettivi (lo starnuto, la secrezione mucosa e la congestione nasale), atti ad allontanare gli elementi potenzialmente nocivi; proprio dalla deregolazione del sistema dei riflessi protettivi nasali che si generano i fenomeni vascolari e tissutali in grado di giustificare il manifestarsi della sintomatologia tipica della rinopatia vasomotoria (Bellussi, 1992). Specificamente, lostruzione nasale, che potr essere unilaterale o bilaterale, saltuaria o perenne, improvvisa o progressiva, e variare in relazione a differenti posizioni del corpo o a variazioni delle condizioni ambientali, rappresenta sicuramente il sintoma pi caratteristico di queste patologie e certamente il pi invalidante, costringendo il paziente ad una respirazione prevalentemente orale, con le ben note conseguenze sullomeostasi distrettuale e globale dellindividuo. La starnutazione, nasce anchessa come riflesso protettivo nasale al fine dellallontanamento degli agenti potenzialmente dannosi; nel paziente rinitico pu per raggiungere gradi di intensit e durata tali da interferire con le capacit di concentrazione e lavorative dello stesso Anche la rinorrea, causata alliperattivit delle ghiandole sieromucose e in parte allaumentata permeabilit vasale, rappresenta anchessa un meccanismo difensivo nasale, in termini di allontanamento dei fattori causali e di ostacolo allingresso di altre particelle estranee. Tuttavia, la rinorrea anteriore, pu portare (uso continuo del fazzoletto) ad una significativa irritazione del vestibolo nasale, delle narici e del labbro superiore, mentre la rinorrea posteriore determina vellichio faringeo e tosse e rappresenta, per la discesa in faringe e laringe delle secrezioni, un importante elemento di propagazione della patologia alle basse vie aeree.
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Spesso secondaria allostruzione nasale la riduzione della sensibilit olfattiva, (iposmia fino allanosmia); meno frequentemente si pu avere la percezione di odori sgradevoli (cacosmia soggettiva e oggettiva). Analizzando la sintomatologia tipica della rinopatia vasomotoria non si possono, infine, non citare le alterazioni della funzione di risonanza nasale: la rinolalia chiusa anteriore caratterizzata dallaccentuazione della fisiologica risonanza nasale a causa della stenosi a carico della porzione anteriore delle cavit nasali; la rinolalia chiusa posteriore determinata dallostruzione rinofaringea o della porzione posteriore delle fosse nasali e consiste nella scomparsa della risonanza nasale (Passli et al., 1988). Non dobbiamo poi dimenticare che lalterazione cronica delle funzioni nasali si ripercuote sullintero sistema di strutture anatomicamente connesse al naso e da esso funzionalmente dipendenti (lunit rino-faringo-tubarica) (Passli, 1985). In considerazione dellintima connessione anatomofunzionale che intercorre tra cavit nasali e seni paranasali risulta elevata la frequenza di complicanze rinosinusitiche per compromissione della perviet dellostio sinusale con conseguente disventilazione dei seni e deficitaria funzione di drenaggio e difesa (Lanza et al., 1997). La rinosinusite quindi sicuramente una delle pi frequenti complicanze di una patologia allergica nasale, che in considerazione delle sue temibili complicanze, necessit di un pronto ed efficace inquadramento diagnostico-terapeutico. Tanto in et infantile che nelladulto processi flogistici persistenti a livello nasale possono causare reazioni infiammatorie tubariche e di conseguenza dellorecchio medio, capaci di provocare ipersecrezione mucosa e versamento endotimpanico. La tendenza alla persistenza ed alla cronicizzazione del processo identificano il quadro clinico della rino-otite. Lanalogia semantica con la definizione di rino-sinusite alquanto evidente: il ruolo chiave rivestito dal complesso ostiomeatale dellambito della patogenesi delle rino-sinusiti, svolto, per quanto concerne i processi rino-otitici, dalla tuba di Eustachio, ma i meccanismi fisiopatologici sono sovrapponibili. Infine, la sindrome rinobronchiale pu essere definita come lentit nosologica che si realizza quando unaffezione delle prime vie aeree riesce a compromettere la funzionalit e lo stato immunitario dellalbero tracheo br onchiale (Passali et al, 2001). CLASSIFICAZIONE Come gi sottolineato nellintroduzione, a fronte di un ristretto numero di sintomi e segni nasali, sono invece numerose e diverse le patologie che possono interessare o coinvolgere questo distretto. Questa eterogeneit nosologica necessita quindi di un rigoroso approccio classificativi (Tab. 1). A nostro giudizio, una prima fondamentale distinzione deve essere fatta tra le riniti, processi infettivi, acuti o cronici, di natura virale o batterica, e le rinopatie vasomotorie. Nellambito delle rinopatie vasomotorie poi assolutamente necessaria una iniziale distinzione tra forme specifiche (la cosiddetta rinite allergica) e forme aspecifiche. La rinopatia vasomotoria specifica presuppone lesistenza di uno stato atopico geneticamente determinato e lesposizione ripetuta allallergene causale, ovvero una condizione patologica sistemica (atopia) che trova nel naso il proprio organo di shock e che si sviluppa patogeneticamente attraverso lalterazione della funzionalit vasale determinata dalla liberazione di mediatori biochimici in risposta ad un antigene specifico (Passli, 1992). Responsabile dello scatenamento della reazione vasomotoria lallergene, sostanza eterologa di natura proteica o glicoproteica che per interagire con la mucosa nasale deve
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essere presentato dallaria inalata. La rinopatia vasomotoria specifica stata da sempre distinta in perenne o stagionale viene, in base alla durata della sintomatologia e alle modalit di esposizione agli allergeni (EAACI, 2001). La rinopatia vasomotoria specifica perenne principalmente causata dall esposizione ad acari della polvere o forfore animali, mentre la forma stagionale pi frequentemente associata ad allergeni pollinici quali graminacee, parietaria, ambrosia, olivo, cipresso ecc. Un recente documento della WHO inititolato Allergic Rhinitis and its impact on Asthma (ARIA) (ARIA, 2001), ha parzialmente modificato questa classificazione; specificamente, nel documento si raccomanda di sostituire i vecchi termini di stagionale e perenne con i termini intermittente (< di 4 giorni a settimana o < di 4 settimane) e persistente (> di 4 giorni a settimana o > di 4 settimane). La categoria della rinopatia vasomotoria aspecifica (RVA) include, invece, tutte le forme di iper-reattivit nasale, nelle quali non possibile identificare una reazione allergica IgE mediata alla base dello scatenamento del processo infiammatorio e delle conseguenti alterazioni vasomotorie (Sartoris et al.,1996), (Perfumo, 1992). Questa ampia categoria di patologie pu essere a sua volta sottoposta ad una serie di sotto-classificazioni sulla base di specifici dati clinici e di laboratorio (Tab. 1). Potremo quindi identificare la rinopatia vasomotoria aspecifica senza eosinofili, caratterizzata da una negativit per atopia (sia familiare che personale), da una negativit dei test allergologici cutanei (PRICK test) per i pi comuni aereoallergeni, da una insorgenza nell et adulta (20-60 anni), e da un quadro obiettivo non patognomonico. Tipicamente, in questa forma, lostruzione nasale che si accentua nelle prime ore del giorno e alla sera, la rinorrea acquosa e le starnutazioni sono correlate a stimoli psicogeni (ansia, stress, depressione), fisici (luce, radiazioni, variazioni di temperatura e umidit), chimici (inquinanti ambientali e professionali), alimentari e voluttuari (fumo, alcool, droga), ovvero farmacologici. In alcuni soggetti, a fronte di una negativit ai test allergologici cutanei e di una assenza di familiarit per atopia, possibile evidenziare una spiccata eosinofilia sierica e nasale, idenficando cos il quadro della cosiddetta rinopatia vasomotoria aspecifica senza eosinofili (o NARES). Particolari quadri clinici associati sono la Sindrome di Samter, talora associata ad orticaria e angioedema, e la Sindrome di Churg-Strauss, con angioite granulomatosa. E talora, di possibile riscontro, in soggetti affetti da rinopatia vasomotoria aspecifica, un significativo aumento dei livelli locali nasali di mastociti o neutrofili (rinopatia vasomotoria aspecifica mastocitaria o neutrofila, rispettivamente), fenomeni riconducibili ad una irritazione della mucosa nasale da cause diverse (infezioni virali, fumo, alcool) o ad una probabile sovrainfezione batterica su di un substrato locale di iperreattivit nasale. Infine, come ulteriore approfondimento classificativo ed eziopatogenetico, riteniamo opportuno ricordare che la rinopatia vasomotoria aspecifica senza eosinofili, pu essere a sua volta sottoclassificata come: RVA senza eosinofili - istaminica, forma nella quale possibile evidenziare una abnorme risposta allistamina, un elevato tasso di istaminemia ed una buona risposta ai farmaci anti-istaminici; RVA senza eosinofili - angiospastica (o simpatico-tonica o adrenergica), frequentemente associata a sindromi simpatico-toniche quali lacrocianosi e la sindrome di Raynaud. Si ritiene che il meccanismo patogenetico di questa forma sia la esaltata attivit adrenergica che, attraverso una anossia cellulare da vasospasmo,
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in grado di indurre la degranulazione mastocitaria con conseguente liberazione di mediatori chimici. Tale meccanismo patogenetico confermato dalla iper-reattivit ai test aspecifici e dalla risposta a farmaci vasoprotettori alfa-bloccanti, alcaloidi della belladonna ed ergotamina. RVA senza eosinofili - vasomotoria colinergica. Che si manifesta a seguito di stimolazioni vagali quali sforzo fisico, calore, ecc. con liberazione di acetilcolina. RVA senza eosinofili - medicamentosa. Forma di RVA causata da un uso prolungato sia di farmaci sistemici (vasodilatatori, antiepilettici, neurolettici, contraccettivi orali) che ad uso topico, (principalmente vasocostrittori adrenergici); possibile ottenere una regressione della sintomatologia dopo la sospensione del trattamento; RVA senza eosinofili - ormonale. Tipicamente si manifesta in donne nel periodo premestruale o in gravidanza (a partire dal quinto mese) per regredire al momento del parto; pu partecipare al quadro clinico di sindromi ipotiroidee e ipotalmiche (S. di Kalmann). Il meccanismo patogenetico da ricercarsi in un elevato tasso ematico di progesterone in presenza di predominanza dei beta-adrenocettori. RVA senza eosinofili - a bascule (o del decubito)., cos definita in quanto nel decubito laterale, in seguito alla stimolazione di barocettori presenti nella regione ascellare omolaterale, lincremento del ritorno venoso al naso si rende responsabile di sintomatologia ostrutiva respiratoria eventualmente accentuata da concomitanti alterazioni anatomiche quali deviazioni settali o ipertrofia dei turbinati; RVA senza eosinofili - senile, tipicamente caratterizzata da rinorrea acquosa scatenata da sbalzi di temperatura in uno stato di iperattivit colinergica; RVA senza eosinofili - occupazionale, forma secondaria allesposizione in ambito professionale a sostanze irritanti quali nichel, cromo, legno, cuoio, basi e acidi forti.

APPROCCIO DIAGNOSTICO ALLA RINOPATIA VASOMOTORIA Presso il nostro centro di rinologia, confortati da un esperienza ventennale e quantizzabile in circa mille visite specialistiche lanno, usiamo applicare un protocollo di approccio al paziente rinopatico basato su tre livelli di approfondimento diagnostico. In una prima fase (I livello) senzaltro importante la raccolta di una accurata anamnesi al fine di definire le caratteristiche sintomatologiche della patologia in esame e la presenza di fattori predisponenti o familiarit. La valutazione della storia clinica deve focalizzarsi sul tipo di crisi nasale, sulle modalit di comparsa (in seguito allesposizione a particolari sostanze, con stagionalit, ecc), su eventuali sintomi o patologie associate, sullambiente domestico (animali, piante, tendaggi) e lavorativo, sulla storia familiare (eventuale familiarit positiva per riniti allergiche o asma), su allergie gi manifeste verso farmaci o alimenti. Tali informazioni andranno integrate con una completa valutazione obiettiva del distretto rinosinusale, effettuata, quando possibile con lausilio di metodiche endoscopiche. Lindagine endoscopica permette infatti di evidenziare il grado di coinvolgimento rinofaringeo e di analizzare i recessi endonasali interessati da stati patologici (processo uncinato e bulla etmoidale, recesso sfenoidale, fessura olfattoria, ascella del turbinato medio e sbocco degli ostii, code dei turbinati inferiori e medi): in particolare lendoscopia nasale con ottica flessibile offre una efficace visualizzazione di tutte le alterazioni delle cavit quali deflessioni settali posteriori, dismorfismi delle zone ostio meatali, iniziale degenerazione polipoide della mucosa ostiale, base di impianto di eventuali neoformazioni, ipertrofia del tessuto linfatico rinofaringeo e peritubarico), fornendo altres lopportunit di guidare visivamente lesecuzione di biopsie.
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Il naturale complemento dellesame obiettivo ORL lo studio della funzionalit respiratoria nasale (Passali et al, 2000). La rinomanometria anteriore attiva fornisce importanti dati quantitativi circa le pressioni, flussi e resistenze vigenti allinterno delle cavit nasali. In condizioni di respirazione tranquilla, la dinamica ventilatoria nasale risponde alla legge di Poiseuille per i fluidi secondo lequazione: R = P / V dove P (Pressione) viene espresso in Pascal e V (Volume e Flusso) in cc3/sec. In ragione della complessit e variabilit delle strutture osteo-cartilaginee e mucose, le caratteristiche del flusso nasale non sono costanti. Allo scopo di ottenere una valutazione uniforme della resistenza stato stabilito di registrare il flusso alla pressione di 150 Pascal. A 150 Pascal il rapporto tra flusso e pressione pu essere considerato lineare, pertanto il valore della resistenza ricavabile dal rapporto tra queste due variabili. La corretta esecuzione dellesame rinomanometrico richiede un ambiente climatizzato (2125 gradi centigradi, 40-60% di umidit relativa), mentre fondamentale, specie nel test retest, il rispetto della fascia oraria, e un periodo di adattamento di almeno trenta minuti a paziente seduto. Con riferimento ad una pressione di 150 Pascal, si considerano nella norma valori inferiori a 0.50 Pa/cc3/sec., per le resistenze unilaterali, e inferiori a 0.25 Pa/cc3/ sec. per quella totale in et adulta (Clement, 1984). La rinometria acustica, introdotta nella pratica rinologica nel 1989 da Hildberg, consente una valutazione obiettiva della morfologia delle cavit nasali, in base a parametri geometrici, permettendo di quantizzare, tramite la valutazione dei diametri e dei volumi nasali, il grado di perviet del distretto rinosinusale. In termini metodologici si invia nella fossa in esame un idoneo stimolo acustico e sulla base delle onde riflesse si risale a specifici aspetti della conformazione anatomica. Tale metodica rappresenta un valido strumento nella valutazione delle condizioni precedenti e successive al trattamento che integra i dati rinomanometrici sia basali che nei test di decongestione e provocazione nasale (Passali et al., 1996). La funzione di trasporto mucociliare, meccanismo fondamentale nella difesa delle vie aeree contro inalanti potenzialmente patogeni, pu essere facilmente studiata determinando il cosiddetto tempo di Trasporto MucoCiliare (tTMC), ossia valutando il tempo impiegato da un tracciante inerte (noi preferiamo usare una mistura di carbone vegetale e saccarina al 3 %), collocato sulla testa del turbinato inferiore, per raggiungere il faringe. Con tale miscela, seguendo le suddette indicazioni stato rilevato nelladulto un tempo medio di trasporto pari a 12,5 minuti per la polvere di carbone e a 17 minuti per la saccarina; nel bambino viene generalmente preso in considerazione il tempo relativo al carbone, che di circa 10 minuti, essendo il dato soggettivo della sensazione gustativa dolce non sempre attendibile (Passli, 1984). Le alterazioni della composizione del muco e le anomalie ciliari che si instaurano in corso di rinopatia vasomotoria influenzano negativamente la clearance mucociliare, che risulta particolarmente ostacolata nelle rinopatie vasomotorie specifiche perenni e nelle fasi di riacutizzazione delle forme stagionali. La maggior parte degli effetti tossici sullepitelio ciliato in questa condizione patologica sono ascrivibili alla liberazione di mediatori della flogosi da parte degli eosinofili e alle alterazioni in senso metaplasico della mucosa nasale proprie delle rinopatie di lunga data. Questo primo livello di approfondimento diagnostico deve, a nostro parere, essere completato dallanalisi delle sensibilizzazione allergica del paziente tramite test allergologici cutanei (PRICK test o intradermoreazione). Questi test sono semplici da usare,
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economici e, fondamentalmente, consentono una identificazione in vivo degli allergeni sensibilizzanti; tra i due noi preferiamo usare come metodica di scelta i PRICK test per il pi basso rischio di reazioni indesiderate rispetto alla seconda (Naclerio, 1991). Il prick test consiste nellapplicare una goccia dellestratto allergenico sulla cute, generalmente sulla superficie volare dellavambraccio, e nel pungere poi attraverso la goccia gli strati superficiali della cute con una lancetta sterile dotata di punta da un millimetro; necessario fare riferimento ad un controllo negativo (con il liquido di soluzione dellestratto) e uno positivo (con istamina). Si possono eseguire i prick test in serie su ciascun braccio, assicurando una distanza di circa tre cm tra un allergene e laltro onde evitare leffetto di riflesso assonico oltre che confusioni nella interpretazione dei risultati. Tramite lapplicazione di questa serie di procedure diagnostiche di primo livello, supportate da unattenta valutazione anamnestica e clinica, siamo in grado di identificare circa il 70 % dei pazienti affetti da rinite allergica che giungono alla nostra osservazione. Il II livello di approfondimento diagnostico rappresentato da alcuni esami di laboratorio quali il dosaggio delle IgE seriche totali (PRIST) o specifiche (RAST), la conta degli eosinofili ed il test di degranulazione mastocitaria. Questi esami, sebbene dotati di una potenza diagnostica specifica superiore ai test del livello precedente e quindi sicuramente utili per un corretto inquadramento dei pazienti dubbi, trovano le loro principali limitazioni nellalto costo e nei lunghi tempi per lottenimento della risposta. Ci nonostante, un corretto utilizzo di questo gruppo di test ci consente di svelare, in media, un ulteriore 17 % dei pazienti con allergia nasale che afferiscono presso il nostro centro. Infine, il III livello diagnostico rappresentato dal test di provocazione nasale specifico (TPNs). Questa indagine trova il suo razionale nei meccanismi fisiopatologici che inducono la genesi della patologia allergica nasale. Infatti, i segni e sintomi della rinite allergica sono dovuti alla localizzazione esclusiva di mastociti ed altre cellule infiammatorie, precedentemente sensibilizzati, a livello dellorgano di shock: il naso. Per lesecuzione del TPN la scelta dellallergene viene guidata dai dati anamnestici: ad esempio se la sintomatologia prevalente nella stagione primaverile, si testa la sensibilit alle Graminacee, mentre per una sintomatologia perenne o con riacutizzazioni in primavera e in autunno si studia la risposta alla stimolazione allergenica rispettivamente con Dermatophagoides e con la Parietaria. Seguendo una modalit desecuzione dellesame da noi da tempo standardizzata (Bellussi et al., 2002), il TPN si esegue insufflando, nella fossa nasale del paziente risultata pi pervia ad una rinomanometria eseguita in condizioni basali, lallergene responsabile della sensibilizzazione a dosi crescenti (2,5 U.A., 5 U.A., 10 U.A. e 20 U.A., 40 U.A., 60 U.A., 80 U.A.), ripetendo ad ogni incremento la rinomanometria e fermandoci al dosaggio che determina un aumento del 100% delle resistenze nasali. Contestualmente si rileva, tramite uno score sintomatologico, la gravit dei sintomi starnutazione, prurito, lacrimazione (0 sintomo assente, 1 lieve, 2 moderato, 3 intenso). Usiamo considerare come valore soglia della reattivit nasale uno score sintomatologico _ 3, accompagnato o meno dal raddoppio delle resistenze rinomanometriche. Ovviamente il TPN trova indicazione in casi selezionati: specificamente, noi lo utilizziamo in pazienti con sintomatologia suggestiva di allergia nasale ma con test di I e II livello negativi o dubbi (ed in questo modo riusciamo a potenziare la nostra capacit diagnostica di un ulteriore 13 %) ovvero in soggetti con evidente sensibilizzazione ad uno o pi allergeni, nei confronti dei quali si vuole identificare la dose-soglia di reattivit al fine di impostare una
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corretta terapia iposensibilizzante specifica; riteniamo infine valido il suo utilizzo anche nel follow up del trattamento (sia sintomatico che eziologico) della rinite allergica. Qualora tutte le prove allergologiche abbiano dato esito negativo, ragionevole orientarsi verso una diagnosi di iperreattivit nasale aspecifica; in tale contesto, lutilizzo di un test di provocazione nasale aspecifico acquista un forte razionale. Specificamente, il test di provocazione nasale aspecifico deve essere in grado di rilevare modificazioni della fisiologia rinosinusale sufficientemente stabili nel tempo e quindi non casuali, deve essere in grado di scatenare i sintomi caratteristici della iper-reattivit nasale ed i risultati devono essere ripetibili, deve consentire la documentazione di incrementi significativi delle resistenze nasali o degli altri tra i parametri studiati, coerenti con i segni clinici, deve essere sufficientemente selettivo in modo da differenziare con sicurezza le risposte dei soggetti malati dai casi di controllo. Gi a partire dallultimo trentennio del secolo scorso sono stati effettuati numerosi tentativi al fine di identificare la tipologia di stimolo in grado di elicitare una iperreattivit nasale aspecifica. In tale contesto, linteresse degli studiosi si focalizzato principalmente sullutilizzo di stimo-lazioni di natura fisica, come lacqua fredda, il freddo (Ferrara et al, 1997) e lesercizio muscolare con esposizione ad aria fredda (Konno et al, 1985), ovvero di natura farmacologica, somministrando prostaglandina E1 (Jackson et al., 1970), istamina o metacolina (Gronborg et al., 1986). In realt, attualmente, nonostante gli sforzi profusi in tal senso, non disponiamo di un test realmente selettivo, riproduci-bile e specifico. Le metodiche di effettuazione del test di pi comune utilizzo sono il test di provocazione nasale con aria fredda, il test di provocazione nasale con metacolina, il test di provocazione nasale con istamina, il test di provocazione nasale con fentolamina, il test di provocazione nasale con capsaicina, il test di provocazione nasale con nebbia ultrasonica di acqua distillata. Probabilmente la metodica aspecifica pi idonea fra quelle che possiamo definire tradizionali il test allistamina, se non altro perch tra i pi studiati. Purtroppo essa non in grado di fornire le risposte auspicate e anche per il futuro non si intravedono particolari sviluppi in questo senso. Pi giovane e forse per questo con maggiori speranze appare il test alla nebbia ultrasonica diacqua distillata, sul quale solo con il tempo e accumulando ulteriori esperienze potr essere espresso un giudizio documentato. Nellattesa, ad integrazione dei tests appena menzionati, resta innegabile il ruolo della diagnosi per esclu-sione e dei criteri ex adjuvantibus (Passali et al., 2004). APPROCCIO TERAPEUTICO ALLA RINOPATIA VASOMOTORIA Lapproccio terapeutico ideale alla rinopativa vasomotoria, come per tutte le patologie, sarebbe ovviamente quello di intervenire sulle cause che la determinano; tuttavia nel caso della rinopatia vasomotoria una terapia etiologica in senso stretto complicata e talora impossibile. In tale contesto, leliminazione dellallergene sicuramente una scelta ipoteticamente ottimale in quanto consentirebbe leliminazione delle cause senza fare ricorso a farmaci. Purtroppo, questo un obiettivo raggiungibile soltanto (e non molto frequentemente) nei pazienti affetti da rinopatia vasomotoria specifica perenne, il cui allergene causale principalmente lacaro della polvere. Nel caso della pollinosi, la bonifica dellambiente praticamente irrealizzabile (International Rhinitis Management Working Group, 1994).
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Inoltre, per quanto concerne le forme vasomotorie aspecifiche, la rimozione dei fattori causali non , alla luce delle nostre conoscenze attuali conoscenze eziopatogenetiche e fisiopatologiche di queste forme, proponibile neanche da un punto di vista teorico Il trattamento medico della rinopativa vasomotoria si deve, quindi basare, fondamentalmente, sulla somministrazione di terapia farmacologica sintomatica o eziologica (forme vasomotorie specifiche). I farmaci sintomatici si prefiggono essenzialmente lobiettivo di dominare le manifestazioni cliniche della patologia nasale. Classicamente si distinguono: farmaci che prevengono la crisi allergica o vasomotoria (cromoni, furosemide ed alcuni antistaminici quali oxatomide, ketotifene, cetirizina) e farmaci sintomatici puri che intervengono quando la cascata flogistica si gi scatenata, agendo quali antagonisti recettoriali, ovvero funzionali, dei mediatori della reazione infiammatoria/allergica: (antistaminici, antiallergici, vasocostrittori, anticolinergici, corticosteroidi, antileucotrieni) (Corren, 2000). Tra i farmaci sopra-elencati, quelli che godono attualmente di maggiori consensi da parte della comunit scientifica, anche perch pi efficaci nella prevenzione dello sviluppo di complicanze, sono sicuramente gli antistaminici (specialmente le molecole di terza generazione) ed i corticosteroidi topici. Il meccanismo di azione dei primi implicito nel loro nome: essi agiscono attraverso un meccanismo di antagonismo recettoriale competitivo annullando gli effetti dellistamina. Tuttavia, nel corso della reazione allergica si liberano anche altri mediatori (leucotrieni, citochine, PAF, prostaglandine), che contribuiscono in maniera decisiva a promuovere e mantenere il processo infiammatorio. Tale abbondanza di mediatori giustifica la distinzione tra antistaminici classici, ad azione esclusiva sui recettori H1 dellistamina, e antiallergici che, oltre a presentare una specifica attivit antistaminica, presentano unazione antinfiammatoria peculiare che sembra essere indipendente da quella bloccante i recettori H1 (Horwarth, 1999). I farmaci antiallergici intervengono, difatti, anche sugli altri mediatori liberati nellinfiammazione fra i quali prostaglandine, PAF, leucotrieni e citochine, che presentano attivit chemiotattica e/o attivante le cellule dellinfiammazione (neutrofili, linfociti, macrofagi, piastrine ed eosinofili). Gli effetti collaterali pi noti degli antistaminici sono la sedazione, laumento dellappetito accompagnati pi raramente da vertigini, acufeni, incoordinazione, affaticamento, deficit di accomodazione per interazione con i recettori H1 del S.N.C. (Yanai et al., 1995) Altri effetti collaterali sono legati allazione sullapparato gastrointestinale (nausea, vomito, epigastralgie, costipazione o diarrea) e allazione anticolinergica (secchezza delle prime vie areo-digestive, pollachiuria, disuria, palpitazioni e ipotensione). Eccezionalmente possono comparire interferenze sulla crasi ematica, quali agranulocitosi, leucopenia, trombocitopenia e anemia emolitica ed eventi avversi a livello cardiaco, che nel caso della terfenadina e dellastemizolo si sono dimostrati cos importanti da determinarne il ritiro dal commercio. Gli effetti collaterali sono tuttavia pressoch assenti utilizzando gli antistaminici di III generazione. I corticosteroidi rappresentato sicuramente i farmaci sintomatici pi potenti e completi da impiegare nel trattamento delle rinopatie. Tuttavia, a fronte delle indubbie propriet terapeutiche devono essere tenuti presenti i loro effetti collaterali, che ne impongono un uso limitato ed oculato, soprattutto per quanto
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concerne i corticosteroidi sistemici. Lazione dei corticosteroidi si esplica fondamentalmente attraverso un duplice meccanismo: attivit antiinfiammatoria ed effetto inibitorio sulla risposta immunitaria. Specificamente essi sono in grado di determinare una molteplicit di effetti, quali: inibizione del rilascio degli enzimi lisosomiali, inibizione della proliferazione e della migrazione delle cellule infiammatorie, inibizione della sintesi dei mediatori derivati dalla cascata dellacido arachidonico (prostaglandine, trombossani, leucotrieni), ldiminuzione della permeabilit capillare e cellulare, inibizione parziale o totale di alcuni mediatori chimici cellulari tra cui le interleuchine. Inoltre i cortisonici sono in grado di inibire o ridurre la produzione di IgE, bloccando alle origini la reazione allergica (Paurvels, 1986). Pur certi dellefficacia degli steroidi sistemici, nostra convinzione che il loro impiego debba limitarsi a quei casi di importanti manifestazioni allergiche/vasomotorie che non coinvolgano soltanto il naso, ma in maniera rilevante anche il tratto respiratorio inferiore e riservato ai pazienti nei quali la sintomatologia si scateni improvvisamente e cos violentemente da richiedere una terapia di urgenza. Limpiego in presenza dei soli sintomi nasali va riservato a quei casi sporadici in cui tutti gli altri farmaci abbiano fallito e sussista la possibilit, attraverso la somministrazione per un breve periodo, di interrompere eventuali processi viziosi che possano automantenere la reazione infiammatoria. Lintroduzione nel 1974 del beclometasone dipropionato ha rappresentato, dopo lavvento degli antiistaminici, il progresso pi significativo nel trattamento della rinopatia vasomotoria specifica e aspecifica. I corticosteroidi per via topica, pur possedendo un range di attivit anti-infiammatoria sovrapponibile a quello dei loro omologhi somministrati per via sistemica, presentano effetti collaterali sistemici praticamente nulli: a livello locale, a seguito di somministrazione prolungata, possono, in rari casi, comparire secchezza nasale, epistassi, mal di gola, candidosi nasali o faringee e ulcerazioni della mucosa nasale (Brannan, 1986; Melzer, 1997). In caso di lesioni della mucosa ipotizzabile che il danno possa essere dovuto non tanto allazione diretta del farmaco, quanto ad unazione aspecifica indiretta del beccuccio dello spray o ai propellenti gassosi presenti negli aerosol predosati. Onde evitare tale inconveniente, consigliabile raccomandare al paziente di indirizzare lo spruzzo e quindi il nozzle non medialmente verso il setto, ma lateralmente verso la testa dei turbinati medio e inferiore. Infine, lunico trattamento eziologico, limitatamente, come gia detto, alla rinopatia vasomotoria specifica, attualmente disponibile la immunoterapia iposensibilizzante specifica. I primi tentativi di trattamento immunologico dei disturbi allergici risalgono al 1900 quando Curtis rilev un certo miglioramento della sintomatologia nasale a seguito delliniezione di estratti acquosi di pollini. Nel 1902, Dumbar applic il principio dellimmunizzazione passiva instillando negli occhi, nel naso e nella bocca dei pazienti una combinazione di tossina-antitossina da lui definita pollatin. Fu cos avviata la sperimentazione sullimmunoterapia specifica locale. Nel 1911 Noon e Freeman tornarono al trattamento immunologico mediante iniezione sottocutanea dellallergene ritenuto responsabile della sintomatologia in soggetti affetti da pollinosi (Noon, 1911). In linea generale, il principio su cui si basa la immunoterapia iposensibilizzante specifica
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consiste nella somministrazione nel soggetto iperreattivo di dosi progressivamente crescenti di un estratto allergenico allo scopo di indurre variazioni immunologiche atte a controllare la sintomatologia scatenata dall allergene stesso. In altre parole, lobiettivo della terapia iposensibilizzante specifica quindi, quello, di innalzare la soglia di tolleranza del paziente al fine di controllare le manifestazioni cliniche della rinopatia vasomotoria specifica. La somministrazione dellallergene sottocute ha rappresentato negli anni la via di somministrazione pi frequentemente adottata per la terapia iposensibilizzante specifica. Gli ovvi svantaggi di questa modalit sono la necessit di somministrazione periodica da parte del medico in centri attrezzati per il trattamento di eventuali emergenze da reazioni secondarie di tipo sistemico, la frequenza di reazioni indesiderate locali nel punto di inoculazione dellallergene, (reazioni di tipo eritemato-edematoso e talora reazioni granulomatose) (DAmato, 1996). Accanto alla somministrazione per via sottocutanea, sono state proposte, ormai da pi di un decennio, le formulazioni per spray nasale o per assorbimento oromucosale. Tali vie di somministrazione sono a tuttoggi da preferirsi in ragione di una sostanziale assenza di effetti collaterali e di una compliance ottimale da parte dei pazienti (EAACI Working Group on Immunotherapy, 1998). Una scarsa risposta terapeutica alla ITS pu dipendere per da diversi fattori quali una diagnosi eziologica non corretta, una qualit scadente dellestratto utilizzato e la comparsa di nuove sensibilizzazioni. A tale proposito va ricordato che non tutti gli Autori concordano nel ritenere utile limmunoterapia nelle polisensibilizzazioni (Bousquet, 1991). A nostro avviso importante tentare di ridurre almeno la sensibilizzazione clinicamente pi evidente, influendo positivamente sulla immunoflogosi e quindi sulla reattivit generale della mucosa nasale. Infine, la esposizione, in corso di immunoterapia iposensibilizzante specifica, ad agenti irritanti aspecifici pu scatenare una contemporanea risposta vasomotoria aspecifica in grado di maschera i benefici effetti della immunoterapia sulla sensibilizzazione allergica. Sebbene in linea teorica lITS per via nasale possa essere considerata scevra dal rischio di effetti collaterali sistemici, questa eventualit pu essere provocata dalla mancata adesione del paziente alle indicazioni e avvertenze. Occorre pertanto selezionare accuratamene i candidati a tale modalit di trattamento e istruirli sul fatto che la manegevolezza dellassunzione topica non esime dallattenersi scrupolsamente alle corrette modalit di uso n autorizza a trascurare il ricorso ai controlli specialistici programmati. Le classi farmacologiche trattate sinora trovano un razionale dimpiego in quanto capaci di agire su uno o pi momenti della reazione infiammatoria/vasomotoria/allergica. Accanto ai farmaci sintomatici o allimmunoterapia specifica locale e sistemica, appare spesso utile instaurare la cosiddetta terapia del terreno. Tale approccio, che rimane pur sempre complementare, si pone come obiettivo la bonifica del terreno in caso di sovrainfezioni batteriche, la detersione delle cavit nasali con conseguente miglioramento dellassorbimento dei farmaci e allontanamento meccanico degli allergeni oltre che unazione trofica e rigenerante sulle mucose. In presenza di sovrainfezione batterica manifesta o supposta per la presenza di una tipica sintomatologia che aggravi il quadro tipico di una rinopatia vasomotoria, appare lecito e doveroso limpiego dellantibiotico. Per quanto concerne la scelta della molecola pi appropriata, ricordando limportanza patogenetica dellInfernal Trio (Streptococcus Pneumoniae, Haemophilus Influenzae,
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Moraxella Catarrhalis) nelle infezioni rinosinusali, e considerando la realt epidemiologica Italiana sulle resistenze batteriche, riteniamo di poter proporre la scelta tra amoxicillina protetta, cefalosporine di seconda e/o terza generazione, chinolonici e ketolidi, con laggiunta di un macrolide, se si suppone la presenza di un germe intracellulare (Passali, 2003). Infine, lirrigazione delle cavit nasali con soluzione fisiologica, grazie ai dimostrati effetti di lubrificazione, umidificazione e rimozione degli inalanti atmosferici dalle cavit nasali, ha progressivamente ottenuto, negli ultimi anni, sempre maggiori consensi per il trattamento delle patologie flogistiche rinosinusali. Considerando che la soluzione fisiologica economica e non presenta sicuramente effetti avversi, il lavaggio delle cavit nasali pu ragionevolmente essere incluso, ovviamente associato alla corretta terapia antibiotica ed anti-infiammatoria, nellapproccio terapeutico di prima linea a questo tipo di patologie. Il sapiente utilizzo di tutte le classi farmacologiche sovradescritte, attenendosi ai suggerimenti delle linee guida internazionali, senza per rinunciare alla personalizzazione della terapia medica sul singolo paziente, consente di ottenere, in molti casi una risposta clinica sicuramente soddisfacente; tuttavia, in alcuni pazienti il cronico insulto flogistico mucosale risulta in una dilatazione persistente dei seni venosi dei turbinati inferiori con fibrosi diffusa (Passali et al., 2001). In tali casi, un approccio chirurgico diviene mandatario. La prima procedura chirurgica per la riduzione dei turbinati ipertrofici venne proposta da Hartmann nel lontano 1890; da allora molte altre metodiche sono state proposte nel corso degli anni (Hol et al., 2000). Tra di esse, quelle che attualmente godono di maggiori consensi sono: la turbinectomia (Ophir et al., 1992), la laser chirurgia (Bergler et al., 2001), lelettrocauterizzazione (Talaat et al., 1987), la crioterapia (Moore et al., 1980), la resezione sottomucosa (House, 1951) e la resezione sottomucosa col lateralizzazione del turbinato inferiore (OFlynn et al., 1990; Galletti et al., 1991). Nessuna di queste procedure quella ideale; ognuna di esse associata a note complicanze a breve e lungo termine. La mancanza di consenso in questo ambito, fa si che la scelta della procedura si basa fondamentalmente sulle attitudini personali e sullesperienza dei singoli operatori. Al fine di contribuire criticamente allanalisi dellefficacia di queste differenti tecniche chirurgiche, abbiamo recentemente condotto uno studio per valutare lefficacia a lungo termine delle sei procedure sopramenzionate (Passali et al., 2003). Specificamente abbiamo selezionato 382 pazienti (201 uomini, 181 donne) con sintomatologia suggestiva per ostruzione nasale da ipertrofia dei turbinati inferiori. Ogni paziente stato sottoposto, al momento dellarruolamento, a visita ORL completa, PRICK test, Rinomanometria anteriore attiva, rinometria acustica, studio del tempo di trasporto mucociliare e dosaggio delle immunoglobuline secretorie. Inoltre abbiamo chiesto una valutazione soggettiva, tramite score sintomatologico (scala 1-6) della sintomatologia specifica (ostruzione nasale diurna e notturna, secrezione nasale diurna e notturna, senzazione di pienezza auricolare). Tutti i pazienti sono stati trattati chirurgicamente presso la Clinica ORL delluniverist degli studi di Siena. Specificamente abbiamo effettuato, randomizzando i pazienti in 6 gruppi, un numero bilanciato delle seguenti procedure: turbinectomia, laser chirurgia, elettrocauterizzazione, crioterapia, resezione sottomucosa e resezione sottomucosa col lateralizzazione del
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turbinato inferiore. I pazienti sono stati annualmente sottoposti allo stesso set di esami effettuati durante la visita di arruolamento. Lanalisi statistica stata condotta tramite test T di student. Il trattamento chirurgico dellipertrofia dei turbinati inferiori sempre stato basato sullassunto che un aumento del volume nasale possa condurre and un miglioramento della funzionalit respiratoria ed ad una risoluzione dei sintomi. Questa affermazione non , a nostro giudizio, completamente veritiera: un approccio chirurgico troppo aggressivo potr senzaltro migliorare le problematiche ventilatorie, ma rischia di interferire pesantemente con i meccanismi fisiologici nasali. La nostra recente analisi ha, infatti, dimostrato che la turbinectomia ha ottenuto ottimi risultati sullostruzione nasale, ma risultata associata ad una pi alta percentuale di croste, sanguinamenti e dolori post-operatori rispetto alle altre 5 metodiche. Inoltre, alcuni Autori hanno recentemente evidenziato che un notevole aumento postooperatorio dei volumi nasali pu determinare una significativa riduzione del grado di umidificazione della mucosa nasale (Salam et al., 1993). Inoltre, abbiamo potuto evidenziare che, nel nostro campione, un brusco aumento della ventilazione nasale si accompagnava ad una riduzione dellefficienza del trasporto mucociliare e ad una ridotta produzione di IgA secretorie. Daltro canto, abbiamo anche evidenziato che la chirurgia laser, elettrocauterizzazione e la crioterapia, tecniche potenzialmente mini-invasive, determinano importanti danni a livello della mucosa nasale con un forte impatto negativo sulla fisiologia rinosinusale. Al contrario, utilizzando la resezione sottomucosa del tessuto cavernoso dei turbinati inferiori, abbiamo ottenuto una valido e duraturo ristabilimento della perviet nasale con scarse complicanze post-operatorie; inoltre solo questa metodica risultata essere in grado riportare i valori di trasporto mucociliare e di produzione delle IgA secretorie nei limiti della norma. Infine, lo step aggiuntivo rappresentato dalla lateralizzazione dei turbinati ha consentito la stabilizzazione dei risultati nel lungo termine. In conclusione, considerando che, come discusso precedentemente, la qualit della vita dei pazienti affetti da ostruzione nasale cronica sembra essere fortemente dipendente pi dal ripristino della fisiologia nasale che dal semplice incremento chirurgico dei volumi respiratori, riteniamo di poter raccomandare la resezione sottomucosa associata a lateralizzazione dei turbinati come tecnica chirurgica di scelta per il trattamento chirurgico di questa tipologia di patologie.

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LE TONSILLITI
G.Amico- G.Cimino
U.O.ORL Azienda Ospedaliera Regionale S.Elia di Caltanissetta

La cavit orale svolge un importante ruolo difensivo dallaggressione di molteplici agenti potenzialmente lesivi per lorganismo. Laccesso di tali antigeni viene ostacolato da sistemi distinguibili in aspecifici e specifici. I primi sono rappresentati dalle stesse caratteristiche anatomiche e morfo -strutturali della cavit orale, che con il suo epitelio di rivestimento pavimentoso, pluristratificato, non cheratinizzato forma una vera e propria barriera fisica allingresso di tali antigeni. La saliva stessa con le sue caratteristiche componenti biochimiche ad azione battericida (lisozima, lattoferrina, lattoperossidasi) e la flora batterica saprofita del cavo orale capace di costituire un ecosistema in grado di competere con gli altri agenti patogeni, fungono un ulteriore mezzo aspecifico di difesa. L anello linfatico del Waldayer costituito dalle tonsille palatine, dalla tonsilla faringea e dalle tonsille linguali, svolge la sua funzione specifica di difesa del cavo orale dagli agenti patogeni esterni: si tratta di una vera e propria unit funzionale ricca di tessuto linfatico, ed in particolare lo stroma tonsillare pu essere lnquadrato tra gli organi a struttura linforeticolare annessi alle mucose ed in esso si riconoscono sia zone ricche di linfociti B che zone ricche di linfociti T. La tonsilla palatina, per la sua conformazione criptica della faccia mediale che deriva dallinsieme delle anfrattuosit che formano i sepimenti che si staccano dalla capsula tonsillare, rappresenta un esempio di adeguamento morfologico funzionale che consente la concentrazione in un piccolo volume, di una notevole superficie epiteliale di contatto tra ambiente interno e mondo esterno. Tale specifica funzione di difesa e la sua peculiare localizzazione che, nellanimale da laboratorio (ratto, topo), trova la sua localizzazione nel nasofaringe ha recentemente fatto nascere il concetto di NAL T (Nose Associated Lynphoid Tissue), che insieme al BAL T (Bronchus Associated Lynphoid Tissue) ed al GAL T (Gastrointestinal Lynphoid Tissue) forma quellorganizzazione anatomo - funzionale di difesa svolta dalle mucose del nostro organismo che prende il nome di MAL T (Mucosa Associated Lynphoid Tissue). EPIDEMIOLOGIA Le flogosi acute e croniche delle tonsille palatine rappresentano una realt di frequente riscontro, specialmente in et pediatrica, basti pensare che in Italia le infezioni respiratorie rappresentano oltre l80% delle osservazioni ambulatoriali nei bambini fino a 10 anni di et e di queste oltre il 50% sono faringo tonsilliti acute. Pur non essendo possibile delineare una fascia det limite, osservazione comune che generalmente negli adulti, tale percentuale di frequenza diminuisce notevolmente, ci verosimilmente legato ad una progressiva maturazione del sistema immunitario con il passare degli anni. Analizziamo quali sono i fattori concausali nel determinismo di tale patologia: Precoce scolarizzazione: le flogosi tonsillari acute e recidivanti sono molto pi spesso osservate nei bambini 211

che frequentano lasilo nido, rispetto a quelli della stessa fascia det, ancora non scolarizzati. Fattori climatici stagionali: i fattori perfrigeranti, legati al periodo invernale, favoriscono il manifestarsi di tale patologia. Fattori ambientali: il soggiorno in ambienti chiusi ed affollati, la scarsa umidificazione in ambienti riscaldati, linquinamento ambientale, legato al fumo passivo o a zone di residenza particolarmente industrializzate, sono ulteriori fattori di rischio. Fattori psico sociali: non da sottovalutare luso e labuso dellantibiotico terapia che facilita il fenomeno della farmaco resistenza, dovuto ad una errata indicazione terapeutica da parte dello stesso medico prescrittore, spesso correlata ad una eccessiva ansia e pressione da parte dei familiari del paziente. Eziopatogenesi e clinica

TONSILLITI ACUTE I processi infiammatori acuti della tonsilla palatina possono riconoscere diverse forme cliniche e dati obiettivi che variano spesso in relazione alleziopatogenesi: virale, batterica. Tali processi morbosi si possono verificare sia nel bambino che nelladulto, con in genere in questultimo un maggiore coinvolgimento delle strutture faringee circostanti (faringotonsillite). Tonsillite acuta di tipo eritematoso: la forma di tonsillite sicuramente di maggiore riscontro; nella maggior parte dei casi riconosce una eziologia di tipo virale (70%): adenovirus (70%); virus influenzali (10%); virus parainfluenzali (10%); Epstein -Barr virus (10%) in corso di mononucleosi infettiva, nei giovani adulti. Leziologia batterica delle tonsilliti eritematose percentualmente meno frequente (30%) e lagente responsabile principalmente rappresentato dallo streptococcco beta emolitico di gruppo A (95%); molto meno frequenti (5%) sono infezioni batteriche da Moraxella, stafilococco, pneumococco, haemophilus influentiae, ecc. Tonsillite acuta follicolare: di origine batterica, pu essere levoluzione di una angina eritematosa o esordire come tale: caratterizzata dalla fuoriuscita di essudato biancastro dagli orifici criptici. Tonsillite acuta lacunare: levoluzione clinica della precedente forma ed in questo caso la tonsilla palatina per buona parte ricoperta da essudato pultaceo. Angina monocitica: di origine virale, caratterizzata dalla formazione di pseudomembrane grigiastre che ricoprono in toto la tonsilla senza debordare da essa. Angina fuso spirillare od ulcero necrotica di Plaut Vincent: si riscontra in genere nei giovani adulti, monolateraie ed caratterizzata da necrosi del parenchima tonsillare con ulcere i cui bordi sono ricoperti da essudato sanioso. Angina vescicolare: lagente causale IHerpes virus e si manifesta con la comparsa di vescicole ripiene di essudato sieroso, nella tonsilla palatina ed in faringe. Angina difterica: di rara osservazione, caratteristica la presenza di essudato grigiastro adeso alle tonsille, che deborda nei pilastri palatini.
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Il quadro obiettivo associato alle manifestazioni cliniche locali e sistemiche e ad eventuali esami di laboratorio aiuta ad orientarci verso una forma virale o batterica, pur tenendo in mente che spesso una forma di tonsillite a presunta eziologia virale, pu essere complicata da una sovrainfezione batterica. Nelle forme batteriche la sintomatologia locale, generalmente rappresentata da faringodinia marcata, disfagia per i solidi e per i liquidi, scialorrea, otalgia riflessa, affiancata da una sintomatologia generale con febbre elevata, astenia, cefalea e da alterazioni dellemocromo con una leucocitosi neutrofila. Si evidenzia in genere una linfoadenopatia latero cervicale satellite. Nelle tonsilliti virali la sintomatologia locale e sistemica pu essere pi sfumata e si associa ad altri sintomi, quali rinocongiuntivite, stomatite e corizza. TONSILLITI CRONICHE Vengono oggi classificate in due entit cliniche: Iipetrofia adenotonsillare cronica (CATH: Chronic Adeno Tonsillar Hypertrophy) e la tonsillite cronica ricorrente (TR). Non sempre possibile fare una distinzione tra le due forme patologiche, esistendo infatti molte forme ipertrofiche correlate ad infezioni ricorrenti nel periodo autunno inverno. Lipertrofia adeno tonsillare cronica di per se non costituisce una indicazione allintervento chirurgico. Si ritrova tale indicazione nei pazienti in cui tale patologia determina un grado di ostruzione tale da comportare linsorgenza di una roncopatia, associata o meno alla Sindrome dellapnea ostruttiva nel sonno (OSAS). Si parla di tonsilliti croniche ricorrenti quando le fiogosi faringo tonsillari acute si ripresentano una o pi volte al mese nel periodo invernale. Pur non essendo lunico agente infettivo responsabile, il ruolo principale sia nelle fiogosi acute che in quelle croniche svolto dallo Streptococco beta emolitico di gruppo A, che per la sua possibile evoluzione in malattia metafocale deve essere prontamente riconosciuto e trattato. Complicanze delle tonsilliti acute e croniche: Malattia Reumatica: nota gi dal 1861 (Trousseaux) una delle complicanze pi temute delle tonsilliti acute e croniche ricorrenti e riconosce come gi detto il suo agente infettivo nello SBEGA. Insorge a distanza di 15-20 giorni da una flogosi acuta faringo tonsillare. La clinica caratterizzata da febbre, noduli sottocutanei, poliartrite, eritema marginato e da una possibile localizzazione cardiaca (pericardite, miocardite) con evoluzione verso una valvulopatia cronica. Utili nella diagnosi di malattia reumatica i criteri minori e maggiori indicati da Jones. Glomerulonefrite: anche in questo caso linfezione da SBEGA faringo tonsillare precede di due -tre settimane la manifestazione clinica di una glomerulonefrite acuta. Oliguria, proteinuria ed ematuria, associate ad edemi diffusi ed a possibile ipertensione arteriosa, sono le manifestazioni cliniche conseguenti al deposito dei complessi antigene anticorpo nelle pareti vascolari del glomeruro renale. Ascesso peritonsillare: si tratta di una raccolta ascessuale nello spazo compreso tra la capsula della tonsilla palatina e la loggia tonsillare stessa. la complicanza pi frequente di una tonsillite acuta e si manifesta raramente nel bambino e pi frequentemente nelladulto. Disfagia dolorosa, trisma, scialorrea e febbre settica sono le manifestazioni cliniche pi comuni. Possibile il coinvolgimento della carotide interna: emorragia spontanea dellascesso, paralisi associate di nervi cranici (IX -X -XI -XII), Sindrome di Claude Bernard Horner.
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Complicanze oftalmologiche: Iuveite unaltra possibile complicanza dellinfezione streptococcica. Essa si pu associare a cellulite orbitaria, cheratocongiuntivite secca e nevrite ottica. Complicanze neurologiche: a distanza di 6 mesi da una infezione tonsillare streptococcica si pu avere la comparsa della cos detta Corea minore di Syndenham o ballo di San Vito, una patologia che coinvolge il SNC con contrazioni muscolari involontarie, presenti anche durante il riposo notturno, che determinano una incoordinazione dei movimenti volontari. Tale patologia si risolve senza reliquati. Anche per la presenza di disordini ossessi vi compulsivi in pazienti pediatrici, negli ultimi anni stato chiamato in causa un meccanismo autoimmune correlato allo SBEGA. Tale dato suffragato dallesacerbazione della sintomatologia neurologica in occasione di riacutizzazioni di flogosi tonsillari croniche streptococciche. Fascite necrotizzante: evenienza di rara osservazione come conseguenza di una tonsillite acuta o cronica ricorrente una complicanza che richiede un immediato trattamento medico ed una eventuale toilette chirurgica. Streptococcal Toxic Sindrome: complicanza ancora pi rara della precedente, di origine streptococcica, con notevole compromissione dello stato generale e severa prognosi quoad vitam.

INDAGINI DI LABORATORIO Un ruolo importante nellinquadramento eziologico delle tonsilliti acute, ma in particolare modo delle croniche ricorrenti svolto dagli esami di laboratorio. Si gi detto quanto sia importante identificare una infezione da SBEGA, ai fini di un corretto piano terapeutico e per una eventuale indicazione chirurgica. Esami aspecifici: i parametri valutati non ci consentono di avere informazioni sul germe patogeno responsabile dellinfezione in corso, ma sono utili nellidentificare la presenza di un processo flogistico e nellorientare verso uneziologia batterica o virale. Esame emocromocitometrico VES PCR Fibrinogeno ematico Dosaggio delle immunoglobuline. Una leucocitosi neutrofila associata a VES ed a PCR elevata nella maggior parte dei casi indice di infezione batterica e non virale. La valutazione della risposta umorale e quindi dello stato immunologico del paziente deve essere effettuata in quei casi dubbi: ad esempio langina monocitica pu presentare caratteristiche ematochimiche di una flogosi batterica, in tal caso il dosaggio delle IgM specifiche per IEBV risolve il problema della diagnosi differenziale. Un ulteriore ausilio nella diagnosi dato dagli esami ematochimici specifici per infezione streptococcica: TAS Streptozyme APO SCAT test Questi esami permettono di valutare la presenza nellorganismo di anticorpi diretti verso antigeni cellulari ed extracellulari dello streptococco piogene.
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Il TAS certamente quello pi utilizzato, ma di per se non indica necessariamente uninfezione da SBEGA in fase attiva, rappresentando spesso una semplice memoria immunologia. TAMPONE FARINGO TONSILLARE Lisolamento colturale dello Streptococco piogene tramite tampone tonsillare presenta una elevata specificit, ma la sensibilit di tale test estremamente variabile in relazione a diversi fattori, in primo luogo una corretta esecuzione, senza contaminazione da parte delle altre regioni orali, non sempre effettuabile, specialmente nei pazienti non collaboranti. Altra variabile data dalla anatomia tonsillare, infatti i germi presenti sulla superficie tonsillare possono essere differenti da quelli del fondo criptico. Ancora eventuali errori di tecnica nella conservazione del campione o nella preparazione della coltura o lassunzione di antibiotici possono dare origine a falsi negativi. TEST RAPIDI Altro limite del tampone faringo tonsillare dato dal tempo necessario per ottenere una risposta. Per tale motivo sono stati proposti negli ultimi anni dei test di detenzione antigenica rapidi, con lo scopo di mettere in evidenza lo SBEGA in poche ore o minuti. Il loro meccanismo di azione si basa sullestrazione dei carboidrati presenti nella parete cellulare dello streptococco e sulla loro evidenziazione tramite sistemi in grado di esaltare Iavvenuta reazione antigene anticorpo. La percentuale di falsi negativi varia in relazione al tipo di kit utilizzato. I kit di prima generazione che si basavano su agglutinazione e co-agglutinazione primaria su lattice, sono attualmente in disuso. Pi attendibili oggi risultano i kit di seconda generazione; ricordiamo tra questi quelli che si basano su procedure di solid-phase liposome Immunoassay, nei quali gli anticorpi anti-streptococco sono legati a dei liposomi contenenti un colorante che si libera al contatto con Iantigene. Altri test che si basano su tecniche di Immunoassay ottico o che utilizzano probes di acidi nucleici sono stati messi a punto, con percentuali di attendibilit variabili secondo i vari Autori. In conclusione possiamo affermare che una corretta diagnosi eziologia delle tonsilliti deve tenere conto di pi fattori ed integrarli: una scrupolosa ed attenta anamnesi, un accurato esame obiettivo, la conoscenza dei meccanismi fisiopatologici e lutilizzo critico delle metodiche di laboratorio a noi messe a disposizione, rappresentano il punto di partenza per un corretto inquadramento eziopatogenetico e per lindicazione alla terapia medica e/ o chirurgica.

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INQUADRAMENTO CLINICO-STRUMENTALE DEL PAZIENTE RONCOPATICO IN AMBITO ORL


M. De Benedetto
U.O.C. ORL - Ospedale V. Fazzi - Lecce

Obiettivo di questo capitolo quello di fornire allo specialista otorinolaringoiatra tutta una serie di informazioni di carattere clinico e diagnostico strumentale, in unottica interdisciplinare, per consentirgli di poter riconoscere, diagnosticare, e quindi trattare correttamente, una patologia molto pi diffusa di quanto non si creda, estremamente importante per i riflessi negativi che pu avere su vari sistemi, ma ancora oggi banalizzata perch associata quasi sempre al solo sintomo russamento. Con il termine Roncopatia cronica complicata intendiamo un quadro clinico sintomatologico per cui un paziente, di norma, si rivolge al medico di medicina generale o allo specialista otorinolaringoiatra perch russa, ma anche perch ha notato la comparsa di altri sintomi quali ipertensione arteriosa, alterazioni del ritmo cardiaco, sonnolenza diurna.1 Tra i vari specialisti, lotorinolaringoiatra quello che, in genere, per primo viene a contatto con questa patologia e, quindi, risulta evidente la necessit di mettere a punto un protocollo di indagine clinico-strumentale specialistico in grado di inquadrare in modo completo il paziente roncopatico per essere poi in grado di pervenire ad una adeguata e razionale soluzione terapeutica.2 Lutilit di una diagnosi precoce in questa patologia condiziona fortemente i risultati terapeutici, che saranno tanto migliori quanto meno grave il quadro clinico da trattare.3 Gli ultimi dieci anni sono stati fondamentali nellacquisizione di nuove conoscenze sulla fisiopatologia delle vie aeree superiori (VAS) e sulla messa a punto di nuove procedure diagnostiche proprio nellambito delle competenze otorinolaringoiatriche; ci ha contribuito a migliorare notevolmente la capacit di diagnosi e, conseguentemente, ad aumentare le possibili azioni terapeutiche. Certamente la Roncopatia cronica una patologia ancora troppo giovane perch possa essere considerata parte integrante del patrimonio culturale specialistico otorinolaringologico e questo spiega perch allinterno della specialit non riscontrabile, ancora oggi, una univocit di approccio che sia diffusa e condivisa. Gli obiettivi da perseguire nelliter diagnostico sono: mirata cognizione di notizie anamnestiche oggettivazione delle alterazioni anatomo-funzionali del distretto cranio-cervicofacciale individuazione e classificazione del pattern apnoico Poich un corretto e completo inquadramento clinico-strumentale del paziente roncopatico richiede lacquisizione di un elevato numero di informazioni, si rende utile la messa a punto di una cartella clinica dedicata, preferibilmente informatizzata, per una raccolta ordinata di tutti i dati utili alla diagnosi. In allegato, viene riportata la Cartella Clinica per la valutazione clinico-anamnestica, gi da tempo utilizzata preso la nostra Unit Operativa.
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Inquadrare correttamente un paziente roncopatico comporta eseguire: anamnesi orientata con raccolta di dati antropometrici esame obiettivo specialistico finalizzato endoscopia con ottica flessibile monitoraggio cardio-respiratorio notturno imaging ANAMNESI E opportuno che al paziente venga somministrato un questionario preordinato per avere risposte precise e chiare sulle caratteristiche del russamento, sulla sua durata, sul comportamento del partner, sulle abitudini voluttuarie (fumo, alcool), sulla presenza di eventuali risvegli improvvisi con dispnea, di irrequietezza motoria (a carico degli arti inferiori, in particolare) durante il sonno, di eventuale nicturia o enuresi e cefalea al risveglio. Sar poi utile richiedere informazioni circa la presenza di malattie cardiovascolari, broncopolmonari, dismetaboliche, psichiatriche, di esiti di traumi cranio-facciali.4 E inoltre importante avere informazioni circa eventuali farmaci assunti (psicofarmaci, antiipertensivi, vasoattivi, antiallergici, cardiologici). Un altro settore che merita di essere indagato quello che riguarda il lavoro, con domande circa leventuale riscontro di incidenti, ovvero levidenziazione di difficolt di attenzione, concentrazione, diminuzione di efficienza in genere durante il lavoro. Altri aspetti che meritano sempre di essere indagati sono la presenza o meno di incidenti avvenuti durante la guida e il sapere se al volante c una tendenza ad avere improvvisi colpi di sonno. Poich la comparsa di sonnolenza diurna il sintomo che pi di ogni altro espressione del grado di gravit della componente apnoica durante il sonno, di fondamentale importanza, nel corso della raccolta anamnestica, avere delle informazioni le pi precise possibili al riguardo. Sono veramente numerose le proposte che ci vengono dalla letteratura per misurare il livello di sonnolenza diurna; per esperienza personale, ormai da molti anni, e sulla base anche dellesperienza di molti autori, si ritiene che la somministrazione della Scala della Sonnolenza di Epworth (ESS) sia una modalit, semplice ma attendibile, per ottenere informazioni in questo ambito.5 E ormai unanimemente accettato che lobesit rappresenta il pi importante fattore di rischio nel determinare un aggravamento della Roncopatia cronica verso forme complicate, per cui laccurata raccolta di dati antropometrici in fase di inquadramento clinico di notevole importanza. Del paziente, pertanto, bisogna sempre conoscere peso e altezza per ricavare il Body Mass Index (BMI), dato dal rapporto kg/m2, e la circonferenza del collo e della vita.6 OGGETTIVAZIONE DELLE ALTERAZIONI ANATOMO-FUNZIONALI DEL DISTRETTO CRANIO-FACCIALE Lattenzione dello specialista deve essere rivolta innanzitutto allosservazione della conformazione del collo e della mandibola, quindi utile invitare il paziente, seduto di fronte, ad aprire la bocca tenendo la lingua allinterno dellarcata dentaria. Tale manovra, ideata da Mallampati e molto utilizzata dagli anestesisti per valutare le eventuali difficolt di intubazione, consente di valutare il grado di visibilit di tonsille, ugola, palato molle, in rapporto alle dimensioni della lingua. Come riportato in Tab. I, si passa dal grado 1, in cui possibile visualizzare completamente tonsille, pilastri e palato molle, al grado 2, in cui sono visibili ugola, pilastri e polo tonsillare superiore, al grado 3, in cui visibile solo parte del palato molle, al grado 4, in cui visibile solo il palato duro. Passando dal grado 1 al grado 4 aumenta progressivamente la possibilit di presenza di apnee ostruttive durante il sonno.
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Grado 1 (tonsille, pilastri e palato) molle chiaramente visibili)

Grado 2 (ugola, pilastri e polo superiore tonsillare visibili)

Grado 3 (solo parte del palato molle visibile, tonsille, pilastri e base dellugola non sono visibili)

Grado 4 (solo il palato duro visibile)

TAB. I Classificazione di Mallampati Altrettanto utile effettuare una stadiazione del volume tonsillare (vedi Tab. II), passando dal grado 0, esito di tonsillectomia, al grado 4, in cui le tonsille sono completamente ostruenti la via aero-digestiva.

Grado 1 (tonsille intraveliche, completamente dietro il pilastro tonsillare anteriore)

Grado 2 (tonsille visibili appena debordanti il pilastro anteriore)

Grado 3 (tonsille occupano per se lo spazio a disposizione)

Grado 4 (tonsille completamente ostruenti la via aerodigestiva - tonsille kissing)

Tab. II Stadiazione tonsillare


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In un recente lavoro, Friedman e coll.7 dimostrano come la presenza di un Mallampati 3 o 4 ed una ipertrofia tonsillare di grado 3 o 4 rappresentano da soli fattori predittivi di quadro apnoico grave con probabilit di successo chirurgico notevolmente ridotto. Procedendo nellesame obiettivo, particolare attenzione deve essere posta nella descrizione della conformazione del palato molle, che potr essere normale, abbassato, ipertrofico, palmato; dellugola, normale, allungata, ipertrofica; dei pilastri tonsillari, se normali o se ipertrofia dei pilastri anteriori o dei posteriori; della lingua, se normale, se macroglossia o se ipertrofia della sola base linguale. Completata la fase dellispezione, bisogna sempre procedere ad un accurato esame endoscopico mediante ottica flessibile per valutare laspetto delle mucose ed i possibili livelli di ostruzione, a livello nasale, oro- e ipo- faringeo. Lesame endoscopico deve essere completato con lesecuzione della Manovra di Mller.8,9,10,11 In rapporto allobiettivit nasale, si proceder o meno allesecuzione della Rinomanometria anteriore o della Rinomanometria acustica.12 Linquadramento clinico deve sempre prevedere il ricorso allimaging,13,14 potendo scegliere, in rapporto al contesto in cui si lavora, il ricorso alla cefalometria o alla RMN. Circa i vantaggi o svantaggi del ricorso alluna o allaltra tecnica, si rimanda al capitolo sullimaging nella diagnosi dei DRS. Dallinquadramento clinico fin qui eseguito si evidenziano sintomi e segni utili per il percorso diagnostico. I sintomi da ricercare sono: Russamento abituale e persistente Pause respiratorie nel sonno Risvegli con sensazione di soffocamento Sonnolenza diurna I segni da ricercare sono: BMI > 29 Circonferenza collo > 43 cm. nei maschi, > 41 cm. nelle donne Alterazioni anatomo-funzionali del distretto cranio-facciale Dismorfismi cranio-facciali Il riscontro di uno o pi sintomi e/o segni deve far pensare alla possibile presenza di apnee durante il sonno e, conseguentemente, si impone un approfondimento di questo aspetto. La pubblicazione, alcuni anni fa, a cura della Societ di Medicina del Sonno e della Societ di Pneumologia, delle linee guida sui livelli diagnostici e strumentali nei DRS (vedi capitolo ad hoc), ha offerto a tutti gli specialisti che si interesano di questa patologia lopportunit di far ricorso a varie opzioni di diagnostica strumentale. Nel rimandare alle linee guida15, in questa sede si ritiene necessario ribadire la necessit, anche in ambito specialistico otorinolaringoiatrico, di considerare la diagnosi strumentale delle apnee momento irrinunciabile delliter diagnostico, tenendo ben presente che, in mancanza di tale dato, qualsiasi decisione terapeutica risulta priva di fondamento e, quindi, non giustificabile sia sul piano clinico che su quello deontologico e medico-legale. In rapporto alla realt in cui lo specialista otorinolaringoiatra si trova ad operare, auspicabile ricorrere alla collaborazione dellesperto in medicina del sonno, allo specialista neurologo o allo specialista pneumologo per quanto attiene alla interpretazione dei tracciati poligrafici, espressione di uno studio polisonnografico completo, ovvero, come sempre pi frequentemente accade, di un monitoraggio cardio-respiratorio notturno; laddove questa collaborazione non sia possibile, o lo specialista otorinolaringoiatra rinuncia a trattare
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questa patologia indirizzando i pazienti presso centri adeguatamente attrezzati oppure, e questo auspicabile, accetta di percorrere un iter formativo che gli consenta di eseguire in maniera autonoma un monitoraggio cardio-respiratorio notturno (vedi capitolo sugli aspetti polisonnografici), essendo in grado di interpretare i dati poligrafici che consentono di porre con certezza diagnosi di apnee ostruttive. Nei casi in cui la diagnosi differenziale tra varie possibili alterazioni respiratorie nel sonno risulti difficile, bisogna esser pronti ad inviare il paziente ad un successivo studio poligrafico, eseguito questa volta in ambiente di medicina del sonno. Un altro aspetto da prendere in considerazione nel corso dellinquadramento clinico la necessit, pressoch costante, di dover ricorrere ad altri specialisti per poter giungere ad una corretta valutazione delle condizioni generali del paziente. A seconda dei casi, pertanto, si porr lindicazione al videat del Neurologo, del Pneumologo, del Cardiologo, dellAnestesista, del Pediatra, del Maxillo-facciale, nella consapevolezza che il raggiungimento di risultati terapeutici efficaci nella Roncopatia Cronica richiede lintervento di molteplici competenze specialistiche. Alla fine del percorso diagnostico clinico-strumentale, lo specialista otorinolaringoiatra avr a disposizione una notevole mole di dati che necessitano di essere correttamente implementati per poter giungere ad una proposta di programmazione terapeutica. Il ritenere, da parte dello specialista otorinolaringoiatra, di poter affrontare e risolvere autonomamente tutta la problematica presente nel paziente roncopatico, comporta il grave rischio di sottostimare o, ancora peggio, banalizzare un quadro clinico complesso, finendo per limitarsi al semplice riscontro di unalterazione anatomica delle alte vie.

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CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA DEI SITI CRITICI NEL PAZIENTE RONCOPATICO (STAGING, GRADING, PATTERN)
C. Vicini, A. De Vito, A. Campanini, M. Marani, S. Frassineti.
U.O. ORL e Chirurgia Cervico-Facciale, Servizio di Stomatologia e Chirurgia Orale, Ospedale Morgagni - Pierantoni, Forl

INTRODUZIONE Linquadramento diagnostico del paziente affetto da roncopatia conclamata (Sindrome delle Aumentate Resistenze delle Vie Aeree Superiori UARS, Sindrome delle Apnee Ostruttive nel Sonno OSAS) prevede la valutazione della o delle sedi in cui si verificano gli eventi ostruttivi durante il sonno. La esatta evidenziazione della sede di collasso alla base della scelta della terapia (medica o chirurgica) pi opportuna da proporre al paziente. A questo scopo, lalgoritmo diagnostico di primo livello del paziente roncopatico impiegato nella routine clinica prevede la realizzazione di uno studio cefalometrico secondo Riley e Powell su teleradiografia del distretto cranio-cervicale 1 e lo studio endoscopico delle Vie Aeree Superiori (VAS) con esecuzione della manovra di Mueller modificata a livello retropalatale e retrolinguale 2. A queste metodiche si aggiungono la ortopantomografia e lo studio TC del massiccio facciale nei pazienti roncopatici che devono essere sottoposti ad interventi di tipo maxillo-facciale 3. La analisi cefalometrica consente di valutare il rapporto tra mascella e mandibola (angoli SNA, SNB, ANB), la verticalizzazione del complesso linguale (MP-H), il grado di avvicinamento della base della lingua alla parete posteriore faringea (distanza PAS) e la lunghezza del complesso uvulo-palatale (distanza PNS-P). Questa metodica permette una buona valutazione delle strutture ossee e del distretto ipofaringeo. Presenta alcuni limiti: fornisce una immagine statica e bi-dimensionale, ha una alta incidenza di errori di posizionamento e di esposizione del paziente che non consente una indagine cefalometrica completa, non del tutto utile nella analisi del complesso uvulopalatale, offrendone solo una visione latero-laterale. La metodica endoscopica comunemente impiegata prevede la introduzione dellendoscopio attraverso una cavit nasale e il suo posizionamento a livello del rinofaringe, per osservare la area retropalatale, e caudalmente al palato molle per osservare la area ipofaringea. Lo scopo quello di rilevare movimenti di collasso delle pareti faringee chiedendo al paziente di inspirare a bocca e naso chiusi (manovra di Mueller modificata). Classificazione di Fujita Con questa metodica sono stati standardizzati tre pattern di collasso 4. TIPO I. La sede di collasso limitata alla sola area retro-palatale ed correlata con alterazioni anatomiche limitate al solo complesso uvulo-palatale e tonsille palatine TIPO II. La sede di collasso comprende la area retro-palatale e ipofaringea retro-basilinguale ed correlata con alterazioni anatomiche del complesso uvulo-palatale e della base lingua TIPO III. La sede di collasso limitata alla sola area retro-basi-linguale ed correlata ad alterazioni anatomiche limitate alla sola area ipofaringea, soprattutto retro-basilinguale
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Per tutte le sedi la gravit va da un minimo di + ad un massimo di ++++ in riferimento alla sezione minima alla manovra di Mueller. Leventuale impegno nasale espresso in questa classificazione da un + in caso di patologia nasale associata o in caso di naso normale, in maniera pertanto del tutto qualitativa. Nella nostra esperienza questa classificazione endoscopica risulta limitata dai seguenti elementi: non prevede una attenta analisi della anatomia delle cavit nasali non prevede pattern dinamici che analizzino il comportamento delle pareti faringee postero-laterali non sono mai state documentate con questa classificazione correlazioni morfofunzionali tra gravit del collasso anatomico e gravit del SDB. Classificazione di SHER Questa classificazione stata elaborata principalmente in ambito pediatrico per un giudizio morfo-funzionale sui patterns di chiusura del segmento faringeo. La applicazione in ambito roncologico non proponibile nella maggioranza dei casi e pertanto questo schema non si presta in maniera reale ad una minuta definizione delle problematiche dei pazienti russatori acneici. Classificazione N.O.H. Ispirandoci alla classificazione oncologica TNM, nel 1999 abbiamo introdotto la classificazione endoscopica Naso Orofaringe Ipofaringe (Nose Oropharynx Hypopharynx N.O.H.) che prevede: una suddivisione della osservazione endoscopica nei tre settori (Cavit nasali e Rinofaringe, Orofaringe, Ipofaringe) patterns dinamici alla manovra di Mueller modificata: Collasso delle pareti faringee in senso circolare (c), in senso trasversale (t), in senso antero-posteriore (a) una quantizzazione del grado di collasso: 0: cavit pervia 1: collasso <25% 2: collasso tra 25 e 50% 3: collasso tra 50 e 75% 4: collasso >75% (Fig 1a e 1b) Un primo livello di validazione di questa classificazione endoscopica stato ottenuto con la verifica del livello di concordanza della tecnica tra osservatori differenti. Sono stati valutati 26 pazienti OSAS da tre osservatori clinici che possedevano un buon livello di conoscenza della materia e che hanno valutato i pazienti in cieco. La analisi statistica dei dati ha rilevato una concordanza quasi perfetta (K 0.73-0.88, coefficiente K di Kendall)5. Un secondo livello di validazione della classificazione N.O.H. stato ottenuto richiamando per il controllo polisonnografico 164 paziienti, che erano stati sottoposti a diversi interventi roncochirurgici almeno 6 mesi prima del controllo. Tutti i 164 pazienti sono stati sottoposti a: 1) Polymesam (8 canali: poziostato, sensori toraco-addominali, flusso aereo, ossimetro, frequenza cardiaca, microfono, movimenti gambe) con calcolo dellRDI e della SaO2 pre e post-intervento. 2) Calcolo del BMI pre e post-intervento
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3) Cefalometria pre-intervento 4) Fibroendoscopia delle VAS con classificazione NOH pre e post-intervento Abbiamo valutato: 1. percentuale di successo chirurgico ottenuto: percentuale pazienti guariti (RDI<10), percentuale paziente con RDI post-operatorio <20 (prevenzione cardiovascolare) 2. percentuale di pazienti migliorati (RDI post-operatorio inferiore al 50% dei valori preintrvento). 3. correlazione tra NOH pre-intervento e RDI pre-intervento 4. correlazione tra NOH post-intervento e RDI post-intervento Abbiamo ottenuto come risultati che presso la U.O. ORL dellOspedale Morgagni - Pierantoni di Forl, dal mese di settembre 1996 al mese di ottobre 2003, sono stati sottoposti ad interventi roncochirurgici 711 pazienti, eseguendo 1573 procedure multisede. Su 711 pazienti sono stati sottoposti a controllo funzionale post-chirurgico a 6 mesi dallintervento 164 pazienti, registrando i seguenti risultati funzionali: 82 pazienti (50%) sono guariti, 23 pazienti (14%) hanno ottenuto una riduzione dellRDI post-operatorio inferiore a 20, valore che riduce significativamente la incidenza di eventi cardiovascolari nei pazienti con OSAS 6, 25 pazienti sono migliorati (15,2%), 21 pazienti (12,8%) non hanno variato il loro grado di severit pre.chirurgica e 13 pazienti (8%) sono peggiorati. (Fig 2) La correlazione tra NOH pre- e post-intervento e RDI pre- e post-intervento dei 164 casi studiati risulta relativamente debole, con coefficiente r =0.332 (p<0,001) per la correlazione NOH1-RDI1 e coefficiente r=0.335 (p<0,001) per la correlazione NOH2-RDI2 (Grafici n1 e 2). La decisione finale di eseguire un particolare intervento roncochirurgico pu essere presa solo dalla attenta analisi delle alterazioni anatomiche presenti nel distretto cervicale e del loro impatto sulla fenomenologia del collasso apnoico. LImaging e la endoscopia rappresentano un insostituibile strumento diagnostico senza il quale ogni opzione terapeutica rimane opinabile. La analisi cefalometrica una indagine radiologica di facile esecuzione, non espone il paziente a significative dosi di radiazioni e permette una analisi sufficientemente completa del distretto cranio-cervicale, ma si espone ad una alta incidenza di errori tecnici di posizionamento ed esposizione del paziente. Nella nostra casistica, nel 60% delle teleradiografie erano presenti errori tecnici (doppio contorno mandibolare, iper-estensione del capo, cattiva esposizione del complesso uvulo-palatale) che impedivano una completa analisi cefalometrica. Inoltre permette una analisi solo bidimensionale e statica dei distretti che possono essere sede di collasso. Lunico parametro che risulta significativo, come riportato in letteratura, la distanza tra osso ioide e piano mandibolare (distanza MP-H), che evidenzia, quando superiore a 15 mm, una verticalizzazione del complesso linguale ed un suo avvicinamento alla parete posteriore faringea. Non possibile quindi evidenziare la presenza di un pattern di collasso latero-laterale delle pareti faringee. La Fibroendoscopica delle VAS con esecuzione della manovra di Mueller modificata e una metodica a relativo basso costo, di facile esecuzione, non espone a radiazioni il paziente, ripetibile e la registrazione video-endoscopica permette il confronto tra pi operatori e la analisi dei pattern endoscopici pre e post intervento. La classificazione endoscopica del paziente roncopatico secondo la metodologia introdotta da Fujita, comunemente impiegata in clinica risulta limitata dai seguenti elementi:
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non prevede una attenta analisi della anatomia delle cavit nasali non prevede pattern dinamici che analizzino il comportamento delle pareti faringee postero-laterali non quantizza il grado di collasso che si realizza

non prevede correlazioni morfo-funzionali

Lintroduzione della classificazione N.O.H. consente a nostro avviso di perfezionare quanto possibile la diagnosi di sede e la dinamica di collasso apnoico in modo standardizzato. La analisi statistica di correlazione tra il grading endoscopico calcolato con il sistema NOH e il grado di severit dellOSAS espresso dallRDI risulta debole (coefficiente r =0.332 per la correlazione NOH1-RDI1 e coefficiente r=0.335 per la correlazione NOH2-RDI2, Grafici n1 e 2); tuttavia i nostri risultati funzionali a 6 mesi dimostrano che il grading endoscopico NOH riveste un ruolo significativo per ottenere la percentuale del 79% di successo chirurgico dei nostri pazienti rispetto a percentuali del 50-60% riportate in letteratura. Le variabili che influiscono sui risultati funzionali a medio-lungo termine della roncochirurgia sono molteplici (grado di severit dellOSAS, stabilit nel tempo del BMI del paziente etc.), ma la esperienza chirurgica delloperatore e la scelta del o degli interventi da eseguire risulta fondamentale. Il moderno approccio roncochirurgico prevede infatti che si eseguano diversi interventi per le molteplici alterazioni strutturali anatomiche presenti. Soprattutto a livello ipofaringeo, il poter quantificare e analizzare con il sistema NOH il pattern di collasso (antero-posteriore vs trasversale), permette di poter scegliere la tecnica pi opportuna (Avanzamento Genio-Glosso, Stabilizzazione Linguale, iodo-glosso-epiglottoplastica di Chabolle, RFVR linguale vs Sospensione Ioidea, Avanzamento Maxillo-Mandibolare etc.) e ottenere i risultati funzionali previsti. Per ottenere una popolazione sempre pi significativa da analizzare, le nostre prospettive di ricerca prevedono di completare la casistica anche con i pazienti operati in passato, dallintroduzione della classificazione N.O.H., oltre ai nuovi controlli che verranno effettuati. LEGENDA: FIGURA 1a: parametri di sede e grading della classificazione N.O.H. FIGURA 1b: patterns dinamici riscontrabili eseguendo la manovra di Mueller FIGURA 2: Risultati chirurgici con follow-up minimo di 6 mesi.

BIBLIOGRAFIA 1. Riley RW., Powell NB., Guilleminault C. Obstructive sleep apnea syndrome. A review of 306 consecutively treated surgical patients. Otolaryngol Head Neck Surg 1993;108:117-125 2. Sher AE, Thorpy MJ, Shprintzen RJ, Spielman AJ, Burack B, McGregor PA. Predictive value of mueller maneuver in selection of patients for uvulopalatopharyngoplasty. Laryngoscope 1985;95:1483-1487 3. Bhattacharyya N, Blake SP, Fried MP. Assessment of the airway in obstructive sleep apnea syndrome with 3-dimensional airway computed tomography. Otolaryngol Head Neck Surg. 2000 Oct;123(4):444-9 4. Fujita S. Pharyngeal surgery for obstructive sleep apnea and snoring. In Snoring and Obstructive Sleep Apnea 2edition, Fairbanks DN Fujita S eds. NY Raven press 1994:77-96. 5. Vicini C, Mira E. NOH Classification. A proposal. Atti del XLVII Raduno Gruppo Alta Italia di Otorinolaringoiatria. Riccione, 2001:155-163 6. Peker Y, Hedner Jan, Kraiczi H, Louth S. Respiratory Disturbance Index. An independent predictor of mortality in coronary artery disease. Am J Respir Crit Care Med. 2000;162:81-86 226

fig. 2

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REFLUSSO E PATOLOGIA LARINGEA


Bonarrigo A.*, Amico G.**, Denaro A.^
* U.O. di Orl - A.O. di Enna **U.O. di Orl - A.O. di Caltanisetta ^ U.O. di Orl - A.O. di Comiso (RG)

INTRODUZIONE E ormai riconosciuto che 2/3 dei pazienti ORL con disturbi laringei e della voce presenta malattia da reflusso gastro-esofageo (GER o GERD) che rappresenta la prima causa e/o il cofattore etiologico pi importante. Non tutti i Clinici Otorinolaringoiatri condividono questa posizione, ma ormai i sintomi e le metodiche diagnostiche sono talmente ben codificate e dimostrate che non vi possono pi essere dubbi in merito. NOSTRANT TT ( Pellicano R.), in una recente revisione della letteratura, presenta quattro ragioni di scetticit nei riguardi della GERD ORL: ... meccanismo fisiopatologico non ancora conosciuto avendo dati a favore e contro alterazioni sia pressorie che di funzionamento temporale dello sfintere esofageo superiore UES ... lo stesso reflusso, quando dimostrato in faringe, potrebbe non arrivare a generare danno a livello laringeo perch tamponato dalla saliva ... mancanza di un gold-standard diagnostico per la laringite da reflusso ... mancanza di trial terapeutici abbastanza vasti per documentare i benefici a livello laringeo del trattamento antireflusso. La posizione scettica di molti Specialisti ORL nei confronti della GERD ORL non ha portato allattenzione su vasta scala di tale patologia per cui essa stata sotto-diagnosticata e sotto-trattata: 1. I pazienti con GERD ORL usualmente negano sintomi di bruciore retrosternale e/o rigurgito: poco meno della met dei pazienti ORL con reflusso faringo-laringeo, documentato con il monitoraggio della PH-metria, si lamenta di bruciori retrosternali o rigurgiti, sintomi che clinicamente e tradizionalmente devono essere considerati presenti per porre diagnosi di GERD 2. La laringoscopia indiretta nella GERD faringo-laringea caratterizzata da edema delle strutture laringee. La maggior parte degli Otorinolaringoiatri pone come condizione sine qua non della GERD ORL l eritema della laringite posteriore (aritenoidi rosse e irregolari superficialmente, ipertrofiche, commissura posteriore granuleggiante): questo reperto non presente in tutti i pazienti con reflusso. Ledema e non leritema il principale reperto della GER laringo-faringea e si caratterizza nel fatto di essere diffuso e mascherare il sulcus vocalis ( diagnosi differenziale con ledema di Reinke dello spazio sotto-glottico) 3. I test diagnostici utilizzati tradizionalmente mancano sia di specificit che di sensibilit. La diagnosi di GERD sottostimata per molti falsi negativi dei test utilizzati: Esofago baritato Tac 228

Test di Bernstein ( acido perfusione) Esofagoscopia con biopsia Questi possono essere negativi in pazienti con GERD ORL in quanto i meccanismi della GERD GI ( gastroenterologica) e della GERD ORL sono differenti come possono essere diversi i sintomi rivelatori di patologia. Esofagite: presente sempre nella GERD GI, pu essere assente nella GERD ORL Modalit temporali: costante nella GERD GI, intermittente nella GERD ORL Esacerbazioni: nella GERD ORL dipendenti soprattutto dai cambiamenti dietetici e dallo stile di vita, nella GERD GI dai cambiamenti stagionali, farmaci. 4. i trials terapeutici tradizionali utilizzano la terapia antireflusso nei pazienti ORL con condizioni associate di GER GI, conclusione terapeutica insufficiente per diagnosi simili, per cui la GERD ORL rimane sempre un problema non risolto. Il trattamento tradizionale della GER, particolarmente in pazienti con esofagite, include la dieta, le modificazione dello stile di vita, luso di antiacidi e degli H2 antagonisti. Questo trattamento raggiunge lobiettivo nel 35% dei pazienti GERD ORL. Nella maggioranza dei casi il trattamento inadeguato e la durata del trial terapeutico insufficiente. I pazienti GERD ORL richiedono mesi di trattamento ottimale fino alla soppressione e risoluzione dei tre sintomi principali: disfagia intermittente afonia improvvisa- cronico schiarimento di gola e non solo della pirosi (quando sia presente).

SINTOMI ASSOCIATI ALLA GERD ORL disfonia cronica e/o intermittente fatica vocale afonia improvvisa cronico schiarimento della gola eccessivo muco rino-oro-ipofaringeo e/o gocciolamento retronasale tosse cronica ( secca: come tossetta e/o esplosiva sottoglottica) disfagia ( prevalente per i liquidi) senso di corpo estraneo ( sensazione di palla ruvida ipofaringea)

CONDIZIONI ASSOCIATE ALLA GERD ORL laringiti posteriori stenosi sottoglottica carcinoma della laringe complicanze da intubazione endo-tracheale ulcere da contatto e/o granulomi stenosi glottica posteriore unilaterale o bilaterale fissazione aritenoidea laringospasmo parossistico noduli cordali degenerazione polipoide laringomalacia pachidermia laringea leucoplachie ricorrenti

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Gli studi effettuati negli ultimi 10 anni (con le nuove possibilit diagnostiche e di trattamento) hanno permesso di chiarire i meccanismi della GERD in pazienti ORL rispetto alla tipica forma dei pazienti gastroenterologici con bruciore retrosternale ed esofagite. E completamente errato il vecchio paradigma di unificare GERD ORL con la GERD GI: I DUE TIPI DI PAZIENTI DEVONO ESSERE DIFFERENZIATI ED OGGI VI SONO LE METODICHE IDONEE PER FARLO. La differenziazione si pu effettuare: strumentale: PH metria delle 24 ore con sonda a doppio sensore terapeutica: trattamento con omeprazolo che permette lo stop di produzione degli acidi gastrici DISCUSSIONE Per valutare il problema in tutti i suoi aspetti e darne il razionale scientifico dobbiamo rispondere ai seguenti quesiti: 1. qual la differenza dei pazienti GERD GI e GERD ORL? 2. Qual la percentuale di esofagite nei pazienti GERD ORL? 3. Quali sono le significative differenze nei meccanismi GERD ORL e GERD GI? 4. Quali sono le pi comuni manifestazioni cliniche del reflusso esofago-laringeo? 5. Quali sono le metodiche diagnostiche? 6. Quali sono le pi appropriate indicazioni terapeutiche? 7. Considerazioni particolari : GERD ORL e pediatria = xerostomia e GERD ORL = chirurgia dei granulomi del processo vocale 1.- QUALE LA DIFFERENZA DEI PAZIENTI GERD ORL E GI ? La differenza basata fondamentalmente sulla rilevazione di due sintomi: raucedine e bruciore retrosternale. Lo studio di riferimento di OSSAKOW JA e AA: Raucedine: presente al 100% nei pazienti ORL presente allo 0% nei pazienti GI Bruciore retrosternale: presente al 6% nei pazienti ORL presente all 89 % nei pazienti GI KOUFMANN J.A. : presente nel 43% dei pazienti ORL TOOHILL R.J. e AA : presente nel 20% dei pazienti ORL 2.- QUALE LA PERCENTUALE DI ESOFAGITE NEI PAZIENTI GERD ORL? la maggioranza dei pazienti GERD ORL non presenta esofagite. WIENER e AA hanno valutato la funzionalit esofagea a livello dello sfintere esofageo inferiore (LES) in pazienti GERD ORL con raucedine ed hanno riscontrato i seguenti valori percentuali: 100% manometria esofagea normale 78 % Anormale PH metria 72% esofagoscopia normale 66% normale risposta alla perfusione acida di Bernstein secondo KOUFMANN J.A. : 18% esofagite documentata con esofagogramma con bario 3. - QUALI SONO I FONDAMENTALI MECCANISMI DELLA GERD ORL E DELLA GERD-GI ? La patogenesi della GERD multifattoriale ed da imputarsi ad unalterazione dei meccanismi di difesa associata ad unesaltata attivit di fattori aggressivi. I meccanismi di difesa sono:
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BARRIERA ANTIREFLUSSO: lo sfintere esofageo inferiore ( LES) il punto di passaggio fra esofago e stomaco di 3,1 + 0,73 cm. circa di lunghezza: in tale ridotto spazio si determina una rilevante variazione di PH ( da PH 6 a livello esofageo si passa a PH inferiore a 2 a livello gastrico) e di pressione ( pressione media di 13,2 + 4,7 mmHg: la continenza del LES si stabilisce secondo la legge di LAPLACE P=T/R cio pressione = tensione/raggio che in rapporto diretto con il tono della parete esofagea e inverso con il suo raggio, per cui essendo lesofago addominale e lo stomaco sottoposti ad un egual regime pressorio esterno la pressione di chiusura sar maggiore nellesofago distale che ha raggio minore Cardano,1976). Il LES ha quindi funzione di valvola bidirezionale: permette il transito del bolo dallesofago allo stomaco ed occasionalmente passaggio di contenuto gastrico nellesofago ( patologico: vomito, rigurgito alimentare, reflusso di succhi, eruttazione. Fisiologico: reflusso gastro-esofageo minimo periodico, eruttazione.) PERISTALSI: nellesofago si distinguono un corpo diviso in tre parti: cervicale, toracico, addominale e due sfinteri UES (sfintere esofageo superiore) e LES (sfintere esofageo inferiore). Il corpo esofageo in condizioni di riposo una cavit virtuale per lesistenza di un tono di base, durante la deglutizione la cavit si evidenzia per la comparsa dellattivit peristaltica esofagea (detta primaria, a cui si accompagna unattivit peristaltica detta secondaria non connessa alla deglutizione. Londa peristaltica primaria di natura riflessa e si origina dopo la spinta del contenuto orale verso il faringe e lapertura dello sfintere esofageo superiore: non sempre la stessa variando in rapporto al tipo di bolo (grandezza, solido, semisolido, liquido) ed alla posizione del corpo (supino o eretto), subisce dei rallentamenti fisiologici a livello aortico e epicardiale. Londa peristaltica secondaria (extradeglutitoria) insorge per stimolazione dei tensorecettori ed legata alla distensione esofagea da residui alimentari. Entrambe le onde primaria e secondaria si manifestano come segmentarie che si intervallano reciprocamente alla velocit di propagazione di 2-3 cm/sec. (esistono le contrazioni terziarie che si presentano nel tratto distale dellesofago: sono onde di tipo anulare e sono inefficienti per la progressione del bolo alimentare). Lattivit cinetica dellesofago ha come fondamento la correlazione fra peristalsi e tono il cui fine ultimo quello di controllare la progressione del bolo dalla bocca allo stomaco attraverso due zone di passaggio la faringo-esofagea e lesofago-gastrica che devono essere coordinate ( delicato equilibrio in continua attivit). Lalternanza funzionale di questi condiziona ben precisi quadri sia fisiopatologici che clinici. (G:GRUTTADAURIA) FATTORI DI RESISTENZA EPITELIALE: strato di muco, epitelio con giunzioni intercellulari,flusso ematico sottoepiteliale Linstillazione di acido a livello dello sfintere esofageo inferiore (LES) determina un pronto aumento del tono dello sfintere superiore (UES). Nei pazienti con GERD ORL non succede : cio la funzionalit dello sfintere superiore alterata e pu determinare quindi un reflusso esofago-laringeo. Come valutazione generale possiamo affermare: Pazienti con GERD GI mostrano una dismotilit esofagea ed una disfunzione dello sfintere esofageo inferiore (LES), reflusso in posizione supina prevalentemente notturna. Le cause dovute a una ridotta efficacia dei meccanismi di contenzione del LES possono essere: un aumento della pressione intragastrica, un disordine della motilit esofago-gastrica, un alterazione nel controllo dei meccanismi neuro-ormonali o unazione jatrogena farmacologica. Alcuni studi hanno focalizzato lattenzione su alterazioni dismorfiche per la presenza di un LES di dimensioni inferiori alla norma in quanto a lunghezza: nell80% dei pazienti con patologia la lunghezza uguale o 231

inferiore ad 1 cm. Il ruolo dellernia jatale ancora controverso: nessuno studio finora ha documentato la relazone fra ernia jatale e GERD. Pazienti con GERD ORL mostrano una buona funzione del corpo esofageo e del LES con un difetto dello sfintere esofageo superiore (UES). Il reflusso esofago-laringeo avviene prevalentemente in posizione eretta, diurna. Il difetto dello sfintere esofageo superiore posto in relazione sia con una ipofunzione sfinteriale vera e propria,sia con un disincronismo di funzione fra LES e UES.

DIFFERENZA FRA GERD GI E GERD ORL (tavole riassuntive derivate da : Koufman JA. Le manifestazioni otorinolaringologiche della malattia da reflusso gastro-esofageo. Laryngoscope 101: (supplement 53):1 78,1991)

SINTOMI PIROSI E RIGURGITO RAUCEDINE DISFAGIA SENSO DI CORPO ESTRANEO SCHIARIMENTO GOLA - TOSSE

GERD GI S

GERD ORL NO

NO

SI

RILEVAMENTI SEMEIOLOGICI ESOFAGITE (ENDOSCOPIA) LARINGITE (ENDOSCOPIA)

GERD GI SI NO

GERD ORL NO SI

INDICI DIAGNOSTICI (ANORMALI) BIOPSIA ESOFAGEA (FLOGOSI) ANOMALIE RX GRAFICHE DELLESOFAGO MONITORAGGIO PH ESOFAGEO ANOMALO MONITORAGGIO PH FARINGEO ANOMALO
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GERD GI SI SI SI NO

GERD ORL NO TALVOLTA SI SI

CRISI DI REFLUSSO SUPINO - NOTTURNO ERETTO - DIURNO

GERD GI SI TALVOLTA

GERD ORL TALVOLTA SI

RISPOSTA AL TRATTAMENTO DIETA MODIFICAZIONE STILE DI VITA SUCCESSO CON H2 ANTAGONISTI * SUCCESSO CON OMEPRAZOLO * * assunto in adeguato dosaggio e durata di terapia

GERD GI

GERD ORL

SI 85% 99%

TALVOLTA 65% 99%

4.- QUALI SONO LE PIU COMUNI MANIFESTAZIONI CLINICHE DEL REFLUSSO ESOFAGOLARINGEO? Le manifestazioni cliniche della GERD ORL distribuite in percentuale sono: 92 % raucedine 50% cronico raschiamento della gola 44% tosse cronica 33% senso di corpo estraneo ipofaringeo 27% disfagia 18% pirosi: di questi: - 27 % da 2 a 4 episodi settimanali - 13% 2 episodi settimanali -10% ripetuti episodi giornalieri Altri sintomi di tipo laringeo in cui la GERD pu essere fattore e/o cofattore etiopatogenetico sono: disfonia moderata ed intermittente laringospasmo fissazione di unaritenoide o di entrambe stenosi laringea carcinoma degenerazione polipoide cordale noduli cordali altri disturbi funzionali della voce Le manifestazioni cliniche della GERD ORL vengono divise secondo severit in tre gruppi fondamentali: a. GERD ORL MINORE (la pi comune)
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b. GERD ORL MAGGIORE c. GERD ORL RISCHIO DI VITA La suddivisione non arbitraria ed influenza il conseguente trattamento medico-chirurgico. Il rischio di vita determinato dallostruzione delle vie aeree superiori e/o dalla malignit delle lesioni. Lo scopo di stabilire la differenza di severit con i medesimi sintomi in base alla professione dei soggetti come professionisti o non professionisti della voce poich determinante nelle conseguenze economiche e psico-emozionali (es: attori, politici, cantanti) segnalato con due asterischi** Occasionalmente alcuni sintomi, anche se non gravi per la salute del paziente, diventano talmente severi da determinare incapacit relativa sociale del paziente ( sia da sola, sia perch associata ad altra patologia come per es. incontinenza vescicale etc..) segnalato con tre asterischi*** GERD ORL Minore DISFONIA** nelle professioni non vocali ULCERA-GRANULOMA** in professioni non vocali SENSO DI COSTRIZIONE DISFAGIA Maggiore DISFONIA**professionisti della voce ULCERA-GRANULOMA** nei professionisti della voce LEUCOPLACHIA PACHIDERMIA RISCHIO VITA STENOSI SOTTOGLOTTICA STENOSI LARINGEA POSTERIORE FISSAZIONE ARITENOIDEA CARCINOMA spesso associata ad uso di tabacco-fumo LARINGOSPASMO

CRONICO SCHIARIMENTO DELLA GOLA TOSSE CRONICA

DISPLASIA TOSSE CRONICA***

Si esamineranno pi dettagliatamente le seguenti patologie: GERD e disordini funzionali della voce GERD e laringospasmo parossistico GERD e degenerazione polipoide GERD e stenosi laringea GERD e carcinoma della laringe GERD E DISORDINI FUNZIONALI DELLA VOCE Il termine di disturbo funzionale della voce applicato ad unampia variet di sindromi da abuso - malmenage - surmenage vocale. Negli ultimi anni la definizione stata corretta in disfonia da tensione muscolare ( MTS: muscle tension dysphonias) messo in evidenza dallo studio fibroendoscopico per via nasale che mostra i patterns dei biomeccanismi laringei. Il pattern pi comunemente osservato quello della contrazione sopraglottica, quello meno usuale il modello della contrazione antero-posteriore (improvviso accorciamento della
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piega vocale). Il disturbo delle condizioni FVD (disturbo funzionale della voce) spesso associato con una secondaria conseguenziale complicanza: ematomi, noduli, ulcere, granulomi ed edemi di Reinke. Anamnesticamente una parte dei pazienti presenta una storia di reflusso gastro-esofageo e comunque una valutazione della Ph-manometria esofagea mette in evidenza una GERD. Il clinico non deve farsi trarre in inganno dallesiguit della semeiologia laringea e non deve ricercare solo leritema interaritenoideo, ma deve essere messo sullavviso da: Edema laringeo diffuso e/o localizzato anche se minimo e dalla presenza del solco o pseudosolco sottoglottico della piega vocale Presenza di muco endolaringeo che non risulti da infezione, ma da flogosi aspecifica e/o da scolo retronasale non infetto Rilevamento di flogosi croniche non infettive La valutazione dei casi con disfonia da tensione muscolare ( uso abnorme della voce) La valutazione dei casi di ulcerazione e granulazione: in queste patologie letiologia controversa secondo i vari AA, comunque la GERD deve sempre essere sospettata. In realt il formarsi dei granulomi e dellulcera determinato da pi fattori che agiscono contemporaneamente: ulcerazione acuta della mucosa, reflusso faringolaringeo,continuo raschiamento della voce e/o a duri attacchi glottici nella fonesi. Alcuni AA riferiscono risoluzione della patologia con trattamento medico specifico per GERD. GERD E LARINGO-SPASMO PAROSSISTICO Il laringospasmo non un evento comune: quando si manifesta lascia un tale trauma psichico nel paziente che egli rivive lesperienza in maniera emotiva e vivida il pi delle volte mimando levento stesso: un improvviso attacco di severo stridore laringeo inspiratorio. Il laringospasmo sopravviene senza prodromi ed in maniera parossistica sia durante il sonno decubito supino ( prevalentemente notturno) che durante il giorno in stazione eretta. In questultimo caso, dopo attenta anamnesi, si possono stabilire dei modelli predittivi della crisi: dopo assunzione di cibo, durante un esercizio fisico o durante relazioni sociali emotive. GERD E DEGENERAZIONE POLIPOIDE LARINGEA ED EDEMA DI REINKE La degenerazione polipoide il risultato di una irritazione laringea cronica per un periodo di alcuni anni: si manifesta prevalentemente nel sesso femminile, nei soggetti fumatori, nei pazienti ipotiroidei ed in quelli con GERD. Koufmann JA e Black PD hanno dimostrato nella loro casistica che il 41% dei pazienti operati per degenerazione polipoide della laringe continuava a presentare una disfonia dopo lintervento ( valutazione a 4 settimane dallatto chirurgico) : questo stato messo in relazione ad una coesistenza di GERD ORL e come tale trattata ha portato alla risoluzione della disfonia stessa. La maggior parte dei pazienti con degenerazione polipoide presenta unanormale PHmanometria: importante valutarla per poter effettuare una terapia corretta pre- e postoperatoria. Si assistito, in casi di GERD documentata, alla risoluzione della patologia con sola terapia combinata medico-foniatrica. GERD E STENOSI LARINGEA Escludendo le lesioni traumatiche la GERD ORL la prima causa delle stenosi laringee sottoglottiche e posteriori: si ha la positivit nel 92% dei pazienti.
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Le stenosi vengono classificate in mature ed immature: 1. Mature: quando il processo infiammatorio risolto e la stenosi determinata da tessuto fibrotico maturo ricoperto da epitelio normale 2. Immaturo: quando vi presenza di un massivo edema e tessuto di granulazione ed il processo infiammatorio in corso STENOSI ACUTA: Nella maggioranza dei casi, sia maturo che immaturo, si impone il ripristino della perviet respiratoria laringea di tipo chirurgico: la tracheotomia urgente e detersione delle lesioni accoppiata a trattamento antireflusso.In tutti i casi si impone una PH- manometria esofagea. SUBSTENOSI: nei casi di substenosi immatura corretta la sola terapia medica anti GERD. Vi sono ancora delle controversie nella conduzione clinica di tali pazienti. Lampliamento dei data-base di questa patologia conferma la necessit del trattamento della GERD ORL come fattore etiopatogenetico. GERD E CARCINOMA DELLA LARINGE Koufman JA ha presentato una sua casistica : su 31 casi di carcinoma laringeo 84% presentava un documentato reflusso 58% era fumatore La relazione fra GERD e la degenerazione maligna ancora da comprovare anche se i dati che si vanno raccogliendo sono suggestivi per una alta concomitanza delle due patologie. E da considerare che i fattori che predispongono alla GERD ed al CARCINOMA sono gli stessi: tabacco ed alcoolismo. Il cronico abuso nellassunzione di tabacco ed alcool ledono i meccanismi di protezione degli epiteli e dellantireflusso ( gli svuotamenti gastrici ritardati diminuiscono la pressione dello sfintere esofageo inferiore e alterano la motilit esofagea, diminuiscono la resistenza della mucosa ed incrementano la secrezione acida). La maggior parte delle lesioni precancerose (pachidermia, leucoplachie..),inoltre, vengono risolte con un appropriata terapia antireflusso. La maggior parte degli AA sono comunque ormai daccordo che indispensabile eseguire la Phmetria in tutti i pazienti a rischio di sviluppo di carcinoma laringeo. 5.- QUALI SONO LE METODICHE DIAGNOSTICHE? Quando un paziente presenta uno o pi dei seguenti sintomi: disfonia, senso di corpo estraneo esofageo (sensazione di globo ruvido ipofaringeo), disfagia, cronico raschiamento della gola, tosse cronica e sensazione di eccessivo muco nella gola, deve essere sottoposto: RINO-FIBRO-LARINGOSCOPIA: con valutazione fotografica e video-cinematografica PH MANOMETRIA delle 24 ore per il monitoraggio del PH e della funzione sfinteriale. Tale indagine deve essere eseguita con sondino a doppio sensore: uno per la zona del LES ed uno per la zona del UES. E importante tale metodica perch il reflusso gastro-esofageo diverso da quello faringo-laringeo e se non valutati contemporaneamente possono esservi un numero elevato di falsi negativi. Con la sonda doppia sono stati recuperati falsi negativi che secondo gli AA vanno dal 39% al 62%. Gli standard della Phmetria sono ormai codificati da anni: i parametri di valutazione sono: a) Percentuale del tempo in cui il PH meno di 4 Il limite superiore normale in posizione eretta circa 8,0% il limite superiore normale in posizione supina circa 2,5%
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ESOFAGOGRAMMA CON BARIO non un test sensibile per la diagnosi di GERD. Lo studio di 128 pazienti con GERD accertata ha messo in evidenza positivit in bassa percentuale: 18% esofagiti 14% beanza dello sfintere 3% stenosi peptica Qualora si effettui lo studio deve essere necessariamente effettuato nelle tre posizioni supina, eretta e trendelemburg. EVENTUALI BIOPSIE MULTIPLE sia laringee che esofagee e gastriche.

6.- QUALI SONO LE PIU APPROPRIATE INDICAZIONI TERAPEUTICHE? Sono codificati tre livelli di terapia antireflusso: LIVELLO I : dieta = modificazione dello stile di vita = antiacidi LIVELLO II : livello I pi H antagonisti ( cimetidina ranitidina famotidina) 2 LIVELLO III : omeprazolo terapia = chirurgia antireflusso (fundo-plicatio ) Il livello di terapia in relazione alla gravit e/o alla severit della patologia (vedere classificazione precedente). I livelli I e II sono per il trattamento del reflusso comune di tipo minore o maggiore: fallisce nel 35% dei casi trattati. Nei casi di fallimento dei primi due livelli e nei casi di patologia GERD ORL rischio-vita, oltre al trattamento di urgenza-emergenza, si inizia il trattamento del II livello. CONSIDERAZIONI GENERALI: H2 ANTAGONISTI : il problema della GERD ORL legata alla presenza di pepsina ( agente lesivo nel reflusso). Essa attivata da PH acido e a PH 4,5 permane attiva il 70% della pepsina: poich al nadir terapeutico il PH intragastrico intorno a 4 evidente che la pepsina rimane attivata e pu produrre il danno laringeo. INIBITORI DI POMPA PROTONICA: hanno rivoluzionato il trattamento antireflusso. Al contrario degli H2 antagonisti lPPI uninibitore della pompa H+. nelle cellule parietali lultimo gradino nella produzione dellacido lo scambio fra joni H+ e K+: questo livello richiede la partecipazione di un enzima che viene inibito dal PPI. Questa sostanza somministrata a dosi idonee determina la completa soppressione della secrezione acida: evidente la spettacolarit della resa del trattamento a paragone con gli H2antagonisti. Il reflusso faringo - laringeo determina disordini laringei sia che si presenti come cronico, che come intermittente, che come cronico-intermittente. Utilizzando la sperimentazione sui cani si dimostrato che anche lintermittente applicazione di acido e/o pepsina ( per tre volte, per una sola settimana) nella regione sottoglottica ha determinato delle alterazioni della mucosa pi gravi: erosioni che non volvevano a guarigione, anzi in alcuni casi con tendenza allulcerazione della cricoide e alla stenosi sottoglottica ( rari ma presenti). Comparata allesofago, la laringe maggiormente suscettibile ai danni della GERD: La laringe non ha meccanismi di clearing dagli acidi: la mucosa esofagea si protegge con la produzione di secrezione e con il passaggio della saliva La laringe ha una mucosa pi sottile Lesofago ha una struttura a tubo mioelastico con peristalsi Per quanto esposto si acclara come lutilizzo degli H2 antagonisti sia ottimale per la GER GI,
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mentre il PPI (inibendo a monte la secrezione acida) ottimale per la GERD ORL. E indispensabile, inoltre, considerare let e la professione dei pazienti per la valutazione dei trattamenti terapeutici a breve, medio e lungo termine ( anche di anni). Trattamento della gerd orl rischio-vita Idealmente tutti i pazienti affetti da carcinoma laringeo, stenosi laringea, laringospasmo parossistico dovrebbero essere sottoposto a Ph-manometria prima di ogni trattamento : in realt non possibile data la tragica emergenza di alcune patologie che portano alla tracheotomia durgenza per rendere pervie le prima vie respiratorie. Ci non di meno, appena possibile, necessario lo studio della Ph-metria esofagea per: Stabilire una diagnosi quanto pi possibile etiopatogenetica Determinare la severit di una GERD ORL se presente ( aumentare i data-base e stabilire una linea guida comportamentale) Personalizzare qualsiesi tipo di terapia Giustificare eventuali terapie non convenzionali una esofagogastroscopia, un esofagogramma con pasto opaco. Liniziale trattamento della GERD ORL in questi pazienti con PPI 20 mg (1 o 2 volte al giorno) con obbligo di modificare le abitudini di vita e di effettuare dieta : la dose di due volte al giorno si impone in pazienti con peso superiore alle 200 libbre = 90Kg ca). Se i pazienti dovessero presentare difficolt alla deglutizione utile impiegare un drip intravenoso di H2 antagonisti, neutralizzare il contenuto gastrico con antiacidi e passare allalimentazione enterale continua. In casi selezionati, in pazienti giovani ( sotto i 40 anni) deve essere considerata lopportunit di una fundo-plicatio di Nissen e sue varianti . Questa metodica chirurgica (oggi meno traumatica con lavvento della chirurgia laparoscopica) diventa scelta di elezione quando si documenti una bassa pressione del LES ( sotto i 6 mmHg) alla manometria: evento non frequente, ma non raro. Per la maggior parte dei pazienti, la scelta del trattamento con PPI per non meno di 6 mesi risolve la patologia e scongiura lintervento di fundo-plicatio. I pazienti con tracheotomia e GERD ORL devono continuare il trattamento con PPI fino a definitiva decannulazione e valori normali di PH-metria, se non si riesce a dominare la GER deve essere effettuata la fundo-plicatio. Nei pazienti con carcinoma laringeo e GERD, soprattutto se non fumatori, deve essere instaurata una terapia antireflusso perch si pu assistere ad una nuova ripresa delle lesioni carcinose sia sulla laringe residua (intervento parziale) sia nella giunzione ipofaringoesofagea (intervento totale). Il rischio paventato dello sviluppo di tumori gastrici per trattamento a lungo termine con PPI (verit nella sperimentazione in laboratorio su cavie), non si dimostrata vera per luomo perch trial terapeutici per lunghissimi tempi hanno dimostrato linnocuit del farmaco. La Food and Drug Administration americana ha introdotto lomeprazolo (PPI) in USA dal 1989 ed ha raccomandato il suo utilizzo a dosi di 20 mg/die per un periodo da 6 a 8 mesi. In conclusione i pazienti con GERD ORL rischio-vita : sopra i 60 anni devono essere trattati con PPI 20 mg/die in maniera continuata. Fra i 40 e i 60 anni il trattamento deve essere valutato caso per caso ( trattamento medico o chirurgico) 238

Sotto i 40 anni il trattamento deve essere la fundo-plicatio di Nissen o sue varianti se fallisce il trattamento con PPI.

Trattamento della gerd orl maggiore In questo caso vanno considerati tutti i livelli terapeutici escluso la fundo-plicatio. Nei primi 6 mesi il trattamento consiste nellassunzione di PPI ed un programma di ottimizzazione della dieta, del peso e delle abitudini di vita: Terapia farmacologica Sospensione del fumo di tabacco ( se il paziente fumatore) Diminuzione del peso (se il paziente sovrapeso) Evitare i pasti eccessivi e quelli notturni Eliminare i grassi dalla dieta Evitare i cibi conosciuti reflussogeni: caff, th, cioccolata, menta, alcoolici e tutte le bevande gasate Il cambiamento di stile di vita e il controllo della dieta con la diminuzione del peso corporeo il pi delle volte in grado di controllare il reflusso : alcuni pazienti riferiscono come la GERD sia scomparsa al raggiungimento del peso ideale. La fase della terapia antireflusso ha il raggiungimento di due obiettivi simultanei: larresto del processo infiammatorio laringeo e la ricostituzione delle difese antireflusso riequilibrando la produzione di acido gastrico. Terapia dattacco: Per sei mesi si impone il trattamento con omeprazolo. Terapia transizionale: quando il paziente ripristina il suo livello ottimale vocale e una buona compliance si sospende il PPI e si continua con gli H2 antagonisti al dosaggio di 300 mg/ die che vengono ridotti lentamente a 150 mg/die. La transizione farmacologica prevede un periodo di circa 30 giorni in cui i due farmaci vengono assunti simultaneamente. Terapia di mentenimento: 150mg H2 antagonisti,in questa fase si pu assistere ad un rebound della GERD per cui i pazienti devono essere avvertiti e devono essere controllati pi spesso. Se la terapia di mantenimento raggiunge lobiettivo, questa v mantenuta per circa 8 mesi dopo di che deve essere effettuato nuovamente un controllo globale della GERD. Se nonostante tutto il protocollo applicato in maniera corretta si dovesse registrare una continua disfunzione esofagea si impone il trattamento della fundo-plicatio. In alternativa a questultima posizione chirurgica, e per i pazienti anziani, si pu applicare il programma cos-detto a terapia pulsata (pulsed therapy). Questa consiste nellassumere alternativamente PPI ed H2 antagonisti, per un periodo anche di un anno e pi, associando la dieta ed il cambiamento dello stile di vita. La terapia pulsata deve essere personalizzata caso per caso: per es. nei professionisti della voce con laringite da reflusso il PPI deve essere utilizzato in particolari periodi secondo programmazione ( periodi di maggior lavoro, stagionali etc.). La terapia pulsata permette la rigenerazione delle cellule gastriche parietali durante il trattamento con gli H 2 antagonisti e di tranquillizzare intorno allipotetico danno carcinogenico degli PPI somministrati per tempi extra-lunghi come conseguenza dellatrofia delle cellule parietali stesse.

Trattamento della gerd orl minore o comune


Per i clinici otoiatri questo gruppo rappresenta la maggioranza dei pazienti con GERD ORL cio laringite da reflusso con tutte le sue manifestazioni sintomatologiche. Questi pazienti ( affetti da reflusso comune) presentano sintomi intermittenti di disfonia,
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cronico raschiamento della gola,senso di corpo estraneo faringeo e disfagia. Lindagine clinica della laringoscopia indiretta e della fibro-laringoscopia mostra edema laringeo e laringite posteriore. In questi casi importante per lOtoiatra essere poco aggressivo ed utilizzare linee guida gi comprovate. Koufmann JA propone che anche tutti i pazienti chirurgici (polipi noduli edemi cronici) siano trattati per un periodo dai tre ai sei mesi con PPI: spesso si pu scongiurare lintervento stesso, e se questo deve essere attuato il tempo di guarigione post-chirurgico accorciato e non si presentano le complicanze disfoniche. I pazienti che presentano solo sintomi e non alterazioni patologiche devono iniziare il trattamento con il livello I di terapia: circa il 50% dei pazienti risponde in maniera completa alla dieta, al cambiamento delle abitudini di vita e/o al trattamento con H2 antagonisti ( questi devono essere dosati in maniera personalizzata: si deve passare al PPI quando il reflusso non viene controllato dal dosaggio di 300mg/die di H2 antagonisti per un mese). E bene che il paziente venga informato che la sua malattia, la GERD, ha un carattere discontinuo ed intermittente, che il periodo di benessere pu durare anni, mesi o settimane e ci determina una richiesta di trattamento terapeutico a lungo termine (soprattutto per i professionisti della voce) e controlli sistematici in follow-up per valutare anche sintomi lievi e subclinici che possono poi esplodere in patologie maggiori. 7.- CONSIDERAZIONI PARTICOLARI: gerd/pediatria - xerostomia/gerd - chirurgia dei granulomi del processo vocale GERD E PEDIATRIA I pazienti pediatrici possono soffrire di reflusso faringo-laringeo. Disfonia, laringospasmo, laringomalacia e disordini polmonari, compresa lasma, sono stati messi in relazione con tale patologia. Recenti dati sperimentali mettono suggestivamente in relazione la morte infantile improvvisa (SIDS: sudden infant death syndrome) con la GERD. La diagnosi deve essere posta con lo studio della PH-manometria doppia esofagea. Nei bambini proibito utilizzare il PPI ( proibito sotto i 16 anni): in questi casi gli H2 antagonisti sono i farmaci di elezione: se questi falliscono obbligatoria la fundo-plicatio XEROSTOMIA E GERD La xerostomia comune nella pratica otoiatrica e bisogna considerarla come il maggiore fattore di rischio per lo sviluppo della GERD. Questo in relazione alleffetto clearing esofageo( sia di lavaggio che di tampone chimico) della saliva: normalmente dopo ogni scarica di reflusso esofageo si ha unincrezione di saliva ricca in bicarbonati che ristabilisce il normale PH esofageo. Anche nei soggetti normali esiste un fisiologico reflusso determinato da temporanei momenti di rilasciamento del LES (LESR/s) con caduta pressoria, della durata di 5 30 sec., a valori vicino allo zero ( valori pressori sotto i 10 mmHg danno ipotonia del LES) che permette il realizzarsi del fenomeno della cavit comune. Normalmente al LESR/s non segue reflusso, in quanto accompagna la normale sequenza peristaltica. Al transitorio reflusso gastro-esofago si oppone il potere di clearing esofageo, che la capacit dellesofago del soggetto sano a pulire completamente gli eventuali residui gastrici nel lume del tratto distale dellesofago e a neutralizzare gli idrogenioni liberi che ne permangono. I meccanismi del clearing non sono del tutto noti, ma si d molta importanza alla motilit peristaltica ( specie la terziaria o segmentaria), alla forza di gravit ( come risulta evidente dalle prove in orto e clino
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statismo) e alla salivazione (che si accompagna alla deglutizione nel soggetto sano). La deglutizione avviene in media 1 volta al minuto con una quantit di saliva di circa 0,5 ml/ min: la saliva per il suo PH di 6,7 concorre alla neutralizzazione degli idrogenioni liberi residui e a riportare il PH esofageo ai valori normali di 5,6. (nei pazienti con reflusso, il monitoraggio manometrico del LES e del PH ha evidenziato che il reflusso avviene con modalit analoghe del LESR/s del soggetto sano, allorquando i valori pressori del LES sono normali e da qui la distinzione clinica di reflussori e non reflussori a seconda della sintomatologia dei pazienti con reflusso gastro-esofageo, nonch di LES competente ed incompetente nel reflusso; nei pazienti con basso tono del LES, il reflusso avviene invece passivamente o per incremento della pressione endoaddominale.) Nei pazienti con xerostomia ogni episodio di reflusso ( fisiologico oppure no) associato con un prolungato periodo di esposizione esofagea agli acidi, nonostante la funzione cinetica dellesofago. ROSMAN et al. Hanno studiato 7 pazienti ORL con esiti di irradiazione della testa e del collo, tutti con una normale motilit esofagea: 6 dei 7 pazienti presentavano unanormale clearence agli acidi esofagei ed una anormale PH metria. La xerostomia sintomo nelle seguenti patologie: Trattamento radiante Sindrome di Sijoegren Sindrome secca Sclerodermia Patologie vascolari e del collageno Fibrosi cistica Jatrogena : anticolinergici, antiipertensivi, antistaminici CHIRURGIA DEI GRANULOMI DEL PROCESSO VOCALE La sola rimozione chirurgica di tali lesioni come atto terapeutico unico valido solo per le forme traumatiche. La maggioranza di queste lesioni tende alla recidivanza se non si risolve la GERD (terapia antireflusso con omeprazolo per un periodo di circa 6 mesi) e con igiene vocale. La rimozione chirurgica indicata: Qualora la granulazione causi ostruzione delle vie aeree superiori ( raro) Nellesigenza di un indagine istopatologica: qualora la neoformazione sia liscia, lucente, spesse volte bilobata, bianco-grigia a livello delle aritenoidi si pu pensare a una forma benigna; se la neoformazione diffusa, irregolare, cheratosica superficialmente con tendenza verso la parte anteriore del processo vocale da sospettare una forma maligna. Se il granuloma cos detto maturo evolve verso un polipo fibro-epiteliale Nelledema di Reinke, nei noduli cordali che superino delle c.v.v. e nelle cisti. Pochi pazienti con lesioni benigne delle corde vocali richiedono un trattamento demergenza: in tutti i casi pu essere fatto un attento studio su uneventuale GERD ORL ed iniziare un trattamento peri-operatorio adeguato (che talvolta rende inutile latto chirurgico) CONCLUSIONI La GERD ORL una causa non illusoria, onnipresente e nociva delle flogosi laringee e delle alterazioni neoplastiche. Frequentemente sotto-diagnosticata e sotto-trattata, la GERD il fattore etiologico nei 2/3 di pazienti con disordini della voce. La pi importante metodica diagnostica e di controllo sugli effetti del trattamento
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terapeutico la PH-manometria delle 24 ore ottenuta con doppia sonda per la valutazione del LES e UES e la rinofibrolaringoscopia videofilmata. E comunque indispensabile aumentare i data- base attualmente disponibili per ottimizzare il gold-standard per le linee guida terapeutiche.

PROTOCOLLO DI INDAGINE ANAMNESI 1j - 2j - 3j LIVELLO DIAGNOSTICO 1. ANAMNESI: VALUTAZIONE DEI SINTOMI LAMENTATI: BRUCIORI OROFARINGEI COULAGE RETRONASALE TUBARITI RECIDIVANTI DISFONIA INTERMITTENTE SENSO DI COLLARE PERSISTENTE DISFAGIA SCHIARIMENTO OROFARINGEO FATICA VOCALE AFONIA IMPROVVISA STANCHEZZA nel considerarsi ansiosi e nevrotici, non voler pi assumere ansiolitici Volonta di voler interrompere lunghe terapie costose per faringite indominabile Se presenti almeno tre dei sintomi su citati 2. VALUTAZIONE RICOVERO IN DH (tre livelli sequenziali diagnostici): Ij LIVELLO DIAGNOSTICO Rinofibrolaringoscopia videofilmata Es. audiometrico con timpanogramma e reflessometria Rx cranio in due proiezioni Indagini ematochimiche emocromo +fl; azotemia, glicemia, uricemia, VES, TAS, PCR, C3 C4 Brushing faringeo base lingua Tampone faringeo (rino-orofaringeo) IIj LIVELLO DIAGNOSTICO Esofagogastroscopia + ricerca Hb Biopsia gh. Salivari accessorie Test di Shirner IIIj LIVELLO DIAGNOSTICO Rx esofago con pasto opaco Ricerca: fattore reumatoide; anticorpi anti-ENA, ANA, ASMA, ANCA; IgG, IgM, IgA, IgE Profilo tiroideo; nella donna : + ormoni ipofisi-ovarici Ecpgrafia tiroide; nella donna ecografia ovaio utero Ph manometria esofagea
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VALUTAZIONE RINOFIBROLARINGOSCOPIA VIDEOFILMATA 1. FOSSE NASALI dx e sin: non flogosi 2. RINOFARINGE : coulage di secrezione vitrea filante, ipertrofia dei mm uvulari 3. OROFARINGE: micosi base lingua 4. IPOFARINGE:

EDEMA INTERARITENOIDEO ANALISI DELLO SFINTERE UES CON SONDA IN POSIZIONE ALTA (1/3 INFERIORE DEL RINOFARINGE) CON FONESI PROLUNGATA IN ATTACCO GRAVE DELLA VOCALE o (PONZAMENTO): a) NORMALE b) DISCINETICO c) INSUFFICIENTE MEDIO d) INSUFFICIENTE GRAVE

VALUTAZIONE ARITENOIDI: a) SIMMETRICHE b) ARITENOIDE FISSA E/O DISLOCATA c) AUMENTATA DI VOLUME d) FLOGISTICA

VALUTAZIONE GLOTTIDE: a) NORMOCONFORMATA b) IPOTONICA c) IPERTONICA d) FLOGOSI :


EDEMATOSA CONGESTIZIA GRANULOMATOSA POLIPOIDE DISCHERATOSICA

DEVE ESSERE VALUTATA IN FONESI CON PRONUNCIA DELLE VOCALI E I E DELLA NUMERAZIONE DA UNO A DIECI
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CLASSIFICAZIONE LARINGITI DA REFLUSSO ESOFAGO-LARINGEO

GRADO Ij:

discinesia UES ; edema interaritenoideo; flogosi aritenoidi; congestione cordale posteriore

GRADO IIj: discinesia UES ; edema interaritenoideo; aritenoide fissa e/o dislocata; ipotonia e /o ipertonia cordale; GRADO IIIj: insufficienza media UES ; aritenoidi aumentate di volume e /o flogistiche; congestione cordale senza o con secrezione filante vitrea GRADO IVj: insufficienza grave UES ; edema interaritenoideo in flogosi eritematosa e/o granulomatosa con estensione alle corde vocali GRADO Vj: grado IV con discheratosi e/o precancerosi

APPLICAZIONE DEL TEST PPI (TEST INIBIZIONE POMPA PROTONICA): SOMMINISTRAZIONE PER 7 GIORNI DI FARMACI PPI A DOSAGGIO DI 40 mg/die IN MONOFARMACO-TERAPIA E RIVALUTAZIONE ENDOSCOPICA DELLE LESIONI.

CLASSIFICAZIONE DELLESOFAGITE DA REFLUSSO sec. SAVARY 1. 2. 3. 4. eritema o erosioni limitate a una sola plica mucosa erosioni multiple ( interessano pi di una plica mucosa) erosioni confluenti lungo la circonferenza del lume a. - ulcera b. - fibrosi ( stenosi e/o brachiesofago) 5. GRADO 5j esofago di Barrett GRADO 1j GRADO 2j GRADO 3j GRADO 4j

CLASSIFICAZIONE DELL ESOFAGITE DA REFLUSSO sec. SAVERY-MILLER-MONNIER:


erosioni singole, su una sola plica erosioni multiple non circonferenziali, su pi pliche anche confluenti erosioni confluenti su tutta la circonferenza dellorgano lesioni croniche: ulcera cronica, stenosi o brachiesofago, isolate o associate a lesioni di grado Ij - IIj - IIIj GRADO Vj presenza di metaplasia colonnare isolata o associata con lesioni da grado Ij A IVj GRADO Ij GRADO IIj GRADO IIIj GRADO IVj

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TERAPIA ANTIREFLUSSO OBIETTIVI a. b. c. d. ALLEVIARE I SINTOMI ( migliore qualit di vita) GUARIRE LE LESIONI ( se presenti) PREVENZIONE DELLE COMPLICANZE PREVENZIONE DELLE RECIDIVE

MODALITA DI APPROCCIO TERAPEUTICO a. TERAPIA MEDICA b. TERAPIA ENDOSCOPICA LES, UES-LARINGE c. TERAPIA CHIRURGICA TERAPIA MEDICA Tenendo presente la patogenesi della sindrome, che multifattoriale, nella quale i due fattori predominanti sono rappresentati da: Aggressione chimica del contenuto gastrico Disturbo della funzione motoria La terapia medica si avvale di: 1. Norme igienico sanitarie: Evitare farmaci e/o alimenti con azione di danno diretto sulla mucosa Evitare farmaci e/o alimenti che possono interferire con la funzione motoria Modificazione del decubito notturno 2. Terapia farmacologica: Farmaci procinetici Farmaci che modificano il contenuto gastrico (inibitori della pompa protonica) Farmaci per debellare HELICOBACTER-PILORI (associazione amoxicillina-macrolidi-antimicotici) TERAPIA ENDOSCOPICA LES Ancora poco diffusa, limitata a pochi centri, con risultati a breve termine soddisfacenti, mancano dati certi sui risultati a lungo termine. Potrebbe diventare il trattamento del futuro. Si avvale delle seguenti metodiche: Iniettive, sottomucosa di Microsfere di polimetilacrilato Idrogel implant prothesis Plicatura mucosa ( Bard endocinch; NDO Plicator; Wilson-Cook sewing-system) Trattamento con bisturi a radio-frequenza TERAPIA ENDOSCOPICA UES-LARINGE Microlaringoscopia in sospensione : solo dopo sei mesi di terapia medica se non sospetto di lesione maligna Per le lesioni posteriori : jet ventilation Anestesia locale in alternativa Per le lesioni medio anteriori: anestesia con intubazione rino-tracheale
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TERAPIA CHIRURGICA Lavvento ed il rapido diffondersi della chirurgia VLS ( video-laparo-scopica) ha ridato vigore al trattamento chirurgico del reflusso gastro-esofageo: oggi la VLS rappresenta il Goldstandard del trattamento Le migliori conoscenze di fisiopatologia della motilit esofagea, legate al diffondersi delle metodiche di studio ( Ph e manometria), consentono la scelta dellintervento con risultati eccellenti sia a breve che a lungo termine: condizione indispensabile per tali risultati un accurato studio preparatorio e la giusta selezione dei pazienti. La correzione del reflusso viene effettuata dalla plicatura del fondo gastrico, che partendo dalliniziale metodica ideata da Nissen, oggi viene effettuata con accesso addominale o toracico; la plicatura pu essere totale (360) o parziale: la scelta dipende esclusivamente dalla capacit motoria dellesofago. Indicazioni: Mancata risposta alla terapia medica Farmacodipendenza protratta Scarsa qualit di vita del paziente in trattamento medico continuo e protratto Et del paziente ( i 50 anni rappresentano uno spartiacque tra la terapia medica e quella chirurgica, anche se questo non rappresenta un valore assoluto) Complicanze: Intraoperatorie: Lesioni spleniche ( con rischio di splenectomia) Perforazione dellesofago Mortalit intraoperatoria inferiore all1% ( in mani esperte) Post-operatorie: Persistenza o recidiva dei sintomi ( 8 10%) Disfagia persistente e/o distensione gassosa dello stomaco ( gasbloat) in percentuale variabile dal 2 al 25 % a seconda delle casistiche La disfagia post-operatoria in 2/3 dei soggetti operati di fundo-plicatio totale transitoria e rientra nella normalit; sintomi post-operatori persistenti sono per lo pi legati a disturbi della motilit esofagea o ad alterazione dello svuotamento gastrico e sono il pi delle volte conseguenza di unerrata indicazione allintervento chirurgico. TERAPIA ANTIREFLUSSO LIVELLO Ij MODIFICAZIONE DELLA DIETA 1. NON MANGIARE O BERE ALCOOLICI 3 ORE PRIMA DI DORMIRE 2. EVITARE LECCESSIVA INGESTIONE DI CIBO E DECOMBERE SUL LATO DESTRO DOPO IL PASTO 3. EVITARE I CIBI FRITTI ED AVERE DIETA POVERA DI GRASSI 4. ELIMINARE CAFFE, THE, CIOCCOLATA, MENTA, BEVANDE GASATE 5. ELIMINARE TUTTI I CIBI E LE BEVANDE CONTENENTI CAFFEINA 6. ELIMINARE LALCOOL NELLA SERATA 7. EVITARE TUTTI I CIBI FERMENTANTI
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B. MODIFICAZIONE DELLO STILE DI VITA 1. SOLLEVARE LA TESTIERA DEL LETTO DI 4 6 POLLICI (1 pollice = 25 mm) 2. EVITARE UN VESTIARIO TROPPO STRETTO E TESO O CINTURE STRETTE 3. SE SI USA TABACCO, SMETTERE! C. SOSTANZE LIQUIDE ANTIACIDI 1. 1 CUCCHIAIO DA TAVOLA 1 ORA DOPO CIASCUN PASTO E PRIMA DI CORICARSI LIVELLO IIj A. TUTTO QUELLO DEL LIVELLO I B. TRATTAMENTO FARMACOLOGICO INIZIALE 1. H2 ANTAGONISTI 150 MG 1 VOLTA DIE 2. AGENTI PROCINETICI ( es. cisapride) C. TRATTAMENTO FARMACOLOGICO 2 TEMPO - aumento di dosaggio in caso di fallimento punto B. 1. H2 ANTAGONISTI DA 150 A 300 MG 1 VOLTA DIE 2. ASSOCIAZIONE CON SUCRALFATI LIVELLO IIIj A. APPLICATO TUTTO IL LIVELLO I B. TRATTAMENTO MEDICO CON FARMACI INIBITORI DI POMPA PROTONICA (PPI) 1. DOSAGGIO SECONDO GRAVITA 20 MG UNA O DUE VOLTE AL DI (quando due dosi: 1a al mattino, la 2a alle ore 17 pomeridiane) 2. DURATA DEL TRATTAMENTO NON INFERIORE AI 6 (SEI) MESI 3. PAZIENTI OBESI NON DEVONO RICHIEDERE DOSI MAGGIORI (non peso dipendente) C. TRATTAMENTO ENDOSCOPICO D. TRATTAMENTO CHIRURGICO 1. FUNDO-PLICATIO SEC. NISSEN e sue varianti 2. VIDEO-LAPARO-SCOPIA

BIBLIOGRAFIA 1. GRUTTADAURIA G., Elementi di fisiopatologia chirurgica - USES Firenze 1986 2. PELLICANO R., Malattia da reflusso gastro-esofageo e patologie faringo laringee e otorinolaringee 2000; 50:13 - 26 3. KOUFMAN J.A., Reflux and voice disorders - center for voice disorders of wake Forers University - www.bgsm.edu/voice/reflux-voice.html 4. TITTOBELLO A., TESTONI P. A., Testo atlante di semeiotica strumentale dellapparato digerente - Patologia delle vie digestive superiori esofago - Menarini - Firenze 1983 247

STENOSI LARINGOTRACHEALI NEL BAMBINO


R. Saetti, M. Silvestrini, S. Narne
U.O.A. di Chirurgia Endoscopica delle Vie Aeree Azienda Ospedaliera Universit di Padova

PREMESSE GENERALI Le stenosi laringo-tracheali (SLT) in et pediatrica comprendono un insieme di patologie che determinano ostruzione di vario grado del lume respiratorio. A seconda della patogenesi e della storia clinica possiamo distinguere forme congenite e forme acquisite.

Le SLT congenite sono dovute ad alterazioni che avvengono nelle prime 8 settimane di gestazione a carico delle diverse fasi dello sviluppo embriogenetico. In particolare possono verificarsi: 1. durante la separazione tra lintestino primitivo e le vie aeree; 2. per alterato riassorbimento del tessuto che occupa il lume aereo della laringe primordiale; 3. nella formazione del setto laringo-tracheo-esofageo. Tali malformazioni, qualora determinino una significativa riduzione del lume aereo, si manifestano gi alla nascita o nei primi mesi di vita costituendo unemergenza in caso di grave compromissione respiratoria. Le SLT acquisite sono, dal punto di vista epidemiologico, prevalenti rispetto alle forme congenite. In oltre il 90% dei casi sono secondarie ad intubazione; nel rimanente 10% sono in causa i traumi laringo-tracheali esterni e gli esiti di tracheotomia o di inalazione di sostanze caustiche o ustionanti. 1,2

Nonostante negli ultimi 15 anni lo sviluppo e la diffusione delle tecniche di rianimazione e ventilazione assistita abbiano notevolmente ridotto la mortalit infantile, si assistito ad un aumento dei casi di SLT acquisita; lincidenza di tale patologia rimane tuttavia esigua essendo riportata in letteratura con una frequenza variabile tra lo 0,9% e l8,3% dei bambini sottoposti ad intubazione.3 Anche per questo motivo le esperienze riportate nella gestione delle SLT, sia di natura congenita che acquisita, sono spesso limitate e poco omogenee. Possiamo tuttavia distinguere schematicamente una fase diagnostica, che ha come momento fondamentale lendoscopia con strumenti rigidi o flessibili, ed una fase terapeutica basata su tecniche endoscopiche o chirurgiche a cielo aperto. Non va dimenticato che la chirurgia laringotracheale neonatale e pediatrica pone problematiche tecniche peculiari dovute alle caratteristiche anatomiche e strutturali delle vie aeree infantili tali da richiedere competenze ed abilit specifiche. In questa trattazione lapproccio diagnostico e la strategia terapeutica vengono discussi per ogni singola patologia ostruente il lume laringo-tracheale distinguendo forme congenite (Tab. 1) ed acquisite. STENOSI LARINGO-TRACHEALI CONGENITE Sono patologie congenite che si manifestano clinicamente con stridor e segni di ostruzione delle vie aeree: la laringomalacia, le stenosi laringee e tracheali congenite, le paralisi
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ricorrenziali bilaterali, le cisti sacculari, i diaframmi laringei, lemangioma sottoglottico, latresia laringo-tracheale.

La laringomalacia la causa pi frequente di stridor neonatale. E dovuta a difetto di maturazione delle cartilagini laringee e, pertanto, pu essere classificata in base alle cartilagini interessate. Lindagine video-endoscopica con strumento flessibile permette di confermare la diagnosi sospettata clinicamente, consentendo una valutazione funzionale della laringe da effettuarsi prima dellinduzione dellanestesia generale durante la quale dovranno essere escluse, con endoscopia rigida, eventuali anomalie delle vie aeree associate alla patologia laringea. Latteggiamento terapeutico in caso di laringomalacia di attesa, dal momento che, nella maggioranza dei pazienti, la sintomatologia si risolve spontaneamente con la maturazione e la strutturazione delle cartilagini interessate. Solo nei pazienti con distress respiratorio o gravi difficolt ad alimentarsi sar necessario intervenire chirurgicamente. In questi casi lapproccio preferibilmente endoscopico e prevede la riduzione delle cartilagini e della mucosa esuberante con chirurgia laser (nella nostra pratica clinica preferiamo utilizzare un laser a diodi di 980nm a contatto). Sono altres descritte tecniche di sospensione dellepiglottiche alla base lingua. Nelle stenosi sottoglottiche congenite, laccurato studio istopatologico e la precisa valutazione della sede di lesione risultano di fondamentale importanza nel definire un corretto programma terapeutico. Lindagine video-endoscopica viene eseguita con endoscopio rigido in anestesia generale. Le dilatazioni e la terapia laser sono raramente efficaci poich la stenosi nella maggioranza dei casi di natura cartilaginea, mentre assicurano buoni risultati gli interventi di decompressione laringo-tracheale anteriore (split della cartilagine cricoide e dei primi anelli tracheali) e di ricostruzione laringo-tracheale con graft anteriore. La diagnosi di paralisi ricorrenziale bilaterale congenita viene fatta mediante studio funzionale endoscopico della laringe con fibroscopio flessibile. In genere queste paralisi si risolvono spontaneamente entro 6-12 mesi con ripresa, almeno parziale, della motilit laringea. Solo in casi rari, complicati da grave distress respiratorio sar necessario intervenire in urgenza con tracheotomia. Le cisti sacculari si sviluppano per mancata perviet del sacculo del ventricolo durante lembriogenesi. Vengono diagnosticate mediante laringoscopia diretta e trattate in urgenza con marsupializzazione. Distinguiamo delle forme anteriori, con sviluppo prevalentemente endoluminale, che potranno essere trattate per via endoscopica mediante escissione laser e delle forme laterali che interessano le pliche ariepiglottiche e dovranno, preferibilmente, essere trattate per via cervicotomica in elezione. Nei diaframmi laringei lo studio endoscopico consente di stabilire la sede delle lesioni (sopraglottica, glottica o ipoglottica) e di classificarle in base allestensione ed ai sintomi accusati dal paziente (tipo I, II, III, IV sec. Cohen). Tale classificazione risulta utile per programmare lintervento terapeutico rappresentato dalla sola sezione laser
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nei casi di diaframma glottico membranoso e da trattamento combinato (sezione, dilatazione ed applicazione di stent) nei casi con maggiore estensione.

Anche lemangioma sottoglottico viene diagnosticato mediante valutazione videoendoscopica, preferibilmente in anestesia generale con telescopi rigidi che garantiscono una maggiore accuratezza diagnostica. Per quanto riguarda il trattamento, va considerato che lemangioma tende a risolversi spontaneamente, pertanto lobiettivo terapeutico in urgenza quello di assicurare la perviet della via aerea. La tecnica di elezione risulta essere la laser-vaporizzazione endoscopica; il laser a diodi, utilizzato a bassa potenza, appare particolarmente adatto a questo scopo in virt delle sue capacit emocoagulative. Al trattamento laser pu essere associata una terapia con corticosteroidi sia sistemica che per infiltrazione locale. Nei casi resistenti si dimostrato utile limpiego dell INF2a. Latresia laringo-tracheale un anomalia congenita estremamente rara ed incompatibile con la vita; anche la tracheotomia durgenza non consente una ventilazione efficace. Nella nostra esperienza una temporanea sopravvivenza si e ottenuta con intubazione e ventilazione trans-esofagea praticabile qualora vi sia comunicazione tra esofago e vie aeree inferiori. La tracheomalacia primaria dovuta a collasso degli anelli tracheali immaturi prevalentemente in fase espiratoria; la diagnosi viene pertanto confermata dalla broncoscopia dinamica. Raramente si rende necessario lintervento chirurgico poich, con la maturazione dei tessuti il lume tracheale assume una configurazione normale con risoluzione della sintomatologia. Nei casi secondari, la rimozione della compressione estrinseca (anelli vascolari, cisti broncogene) spesso permette un immediato miglioramento del quadro clinico. Gli interventi di tracheopessia, aortopessia o pessia allarteria anonima possono risultare efficaci in casi selezionati. Il metodo delezione per la diagnosi e la valutazione delle stenosi tracheali congenite risulta essere la broncoscopia. Si tratta di forme infrequenti dovute a malformazioni degli anelli cartilaginei. Una forma specifica quella caratterizzata da anelli tracheali completi privi di pars membranacea, spesso associata ad una sintomatologia ed un quadro clinico grave. Lintervento di tracheoplastica con patch in pericardio viene effettuato nei casi gravi con buoni risultati. Pur non essendo a rigore una patologia stenosante la schisi laringea pu essere causa di distress respiratorio e dovr, quindi, essere considerata nella diagnosi differenziale delle affezioni ostruttive delle vie aeree. Anche in questo caso la laringoscopia diretta e la broncoscopia permettono di confermare la diagnosi definendo lestensione del difetto e la presenza di anomalie associate (tracheomalacia, fistola tracheoesofagea). Le schisi che non si estendono oltre al piano glottico non necessitano di un trattamento chirurgico; invece necessario intervenire in presenza di aspirazione clinicamente significativa e di estensione della lesione oltre le corde vocali.

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Tabella 1 Patologia Laringomalacia Diagnosi flessibile Atteggiamento terapeutico Attesa Dilatazioni; laserterapia; chirurgia: split della cartilagine cricoide, ricostruzione laringotracheale con graft anteriore Attesa Tracheostomia per grave distress respiratorio Marsupializzazione in urgenza Escissione laser per via endoscopica in elezione Escissione per via cervicotomica (cisti interessanti la plica ariepiglottica) Resezione laser (sovraglottici - glottici membranosi, sottoglottici) Resezione laser+stent (glottici fibrotici) Ricostruzione laringo-tracheale con graft ant. (recidive) Ricostruzione laringo-tracheale con graft ant-post (diaframma + stenosi sottoglottiche) Intervento chirurgico se lesione supera il piano cordale o se si riscontra aspirazione clinicamente significativa Attesa, mantenendo la perviet delle vie aeree; terapia medica con corticosteroidi; iniezione di corticosteroidi; Intubazione dellesofago Risoluzione spontanea (forme primarie); rimozione della compressione (forme secondarie); tracheopessia, aortopessia Tracheoplastica con patch in pericardio nei casi gravi

Stenosi sottoglottiche rigida congenite Paralisi ricorrenziale bilaterale Cisti sacculari flessibile rigida

Diaframmi laringei

rigida

Schisi laringea

rigida

Emangioma congenito rigida sottoglottico Atresia laringotracheale Tracheomalacia rigida flessibile

Stenosi tracheali congenite

rigida

STENOSI LARINGO-TRACHEALI ACQUISITE Il sospetto di SLT acquisita si pone per bambini con disturbo respiratorio la cui storia clinica riporta precedenti intubazioni, traumi laringo-tracheali esterni o inalazione di sostanze caustiche. La stenosi laringea sottoglottica (SLS) la sequela pi frequente nei bambini sottoposti ad intubazione laringo-tracheale(4) essendo la patologia che pi frequentemente richiede la tracheotomia nei bambini al di sotto di 1 anno di et. La forma secondaria differisce da quella congenita per un esordio acuto successivo a rimozione del tubo di ventilazione. Si tratta generalmente di bambini o neonati ricoverati in reparto di terapia intensiva per distress respiratorio che non superano i tentativi di estubazione. Talora sono pazienti gi sottoposti ad una tracheostomia in urgenza per ostruzione delle vie aeree. Oltre ad informazioni dettagliate circa la gravidanza, il parto ed il periodo perinatale, il 251

corretto inquadramento diagnostico prevede di valutare se, quante volte e per quanto tempo il bambino stato intubato, se lintubazione stata difficile o traumatica, quanto a lungo ha tollerato lestubazione. Nello studio di questa patologia la videoendoscopia, condotta con endoscopi rigidi, costituisce lindagine cardine. Su tale procedura si basa la classificazione proposta da Cotton (successivamente rivista in collaborazione con Myer) per le SLS e da noi applicata anche alle stenosi tracheali acquisite. Questo sistema di stadiazione distingue 4 gruppi in base al grado di ostruzione del lume aereo: I gr.: ostruzione da 0 al 50% II gr.: ostruzione dal 51 al 70% III rg.: ostruzione dal 71 al 90% IV gr.: ostruzione completa Un metodo pratico per quantificare una stenosi consiste nel valutare il calibro del tubo endotracheale pi grande in grado di superare lostruzione. E utile ricordare che il diametro minimo del cono ipoglottico in un neonato a termine mediamente di 4 mm, perci, in condizioni normali, potr essere inserito senza difficolt un tubo endotracheale di 3 mm di diametro interno(5). Lo studio endoscopico permette di completare linquadramento della lesione valutandone lestensione cranio-caudale e la natura, sia essa flogistica, fibroticocicatriziale o cartilaginea, essendo anche questi fattori che condizionano la corretta pianificazione terapeutica. Lo studio della lesione dovr, inoltre, tener conto di possibili patologie associate; in particolare dovranno essere ricercati: segni indiretti di reflusso gastro-esofageo (laringite posteriore, ipertrofia degli aggregati linfatici, ecc) sinechie cicatriziali interaritenoidee alterazioni della motilit laringea collasso o malacia delle strutture tracheo-bronchiali. Proprio per la complessit e la molteplicit dei quadri patologici coinvolti la programmazione terapeutica delle SLT pediatriche dovr essere stabilita in ambito collegiale tenendo conto dellesperienza specifica dei vari specialisti coinvolti (ORL endoscopista, neonatologo, anestesista, chirurgo pediatra). Seppure la strategia terapeutica debba necessariamente essere adattata ad ogni singolo caso, possibile stabilire delle indicazioni di trattamento generali in relazione allo stadio della stenosi. Nelle stenosi di grado lieve e moderato (I-II), senza segni di distress respiratorio, latteggiamento di attesa: in assenza di aggravamento clinico, viene effettuato un controllo endoscopico ogni 3-6 mesi per monitorare lo sviluppo delle strutture laringo-tracheali. Il trattamento endoscopico riveste un ruolo fondamentale nelle stenosi sintomatiche di grado II-III che si manifestano in urgenza con ostruzione acuta del lume aereo, per flogosi o granulazione dei tessuti laringo-tracheali. In questi casi le dilatazioni meccaniche e la chirurgia laser permettono di ripristinare, almeno temporaneamente, la perviet aerea evitando di sottoporre il bambino a tracheostomia. Secondo alcuni autori, nelle lesioni flogistiche floride, le dilatazioni meccaniche oltre alleffetto immediato sulla respirazione sembrano inibire la successiva formazione di tessuto cicatriziale ipertrofico. Un risultato analogo offerto da sostanze antiblastiche quali la mitomocina C che, inibendo la proliferazione fibroblastica, sembra ridurre levoluzione cicatriziale stenosante. Diversi studi in merito sono tuttora in corso. La chirurgia laser, oltre che nelle lesioni acute, da considerarsi il trattamento di scelta nelle SLT stabilizzate diaframmatiche. In questi casi la tecnica prevede di eseguire delle sezioni radiali mantenendo del tessuto intatto tra un taglio e laltro in modo da ridurre il 252

rischio di stenosi recidiva. La chirurgia ricostruttiva va riservata ai casi di stenosi avanzata (grado III e IV), alle stenosi fibrotiche ed ai casi di insuccesso del trattamento endoscopico. E controindicata in 2 condizioni: 1. in caso di elevato rischio allanestesia generale; 2. qualora lintervento non assicuri di poter decannulare il paziente per patologie associate non trattabili (ad esempio grave inalazione cronica). La scelta della tecnica chirurgica dipende dalla sede e dalla estensione della stenosi: preferiamo eseguire una laringo tracheo plastica con graft cartilagineo anteriore nelle stenosi sottoglottiche di tipo cicatriziale. Un graft anteriore e posteriore sar invece necessario se alla lesione sottoglottica si associa una stenosi glottica posteriore. La resezione crico-tracheale con anastomosi termino-terminale lintervento di scelta nelle stenosi cricoidee estese alla trachea cervicale mentre le stenosi tracheali pure potranno essere trattate con resezione tracheale a manicotto e tracheoplastica termino-terminale. Nel caso di stenosi multiple o particolarmente complesse come pure nei casi di fallimento della chirurgia ricostruttiva possono essere impiegate con successo le protesi endoluminali alcune delle quali richiedono il confezionamento della tracheotomia (es. tubo a T di Montgomery).

BIBLIOGRAFIA 1. Holinger PH, Kutnick Sl, Schild JA, Holinger LD. Subglottic stenosis in infants and children. Ann Otol Rhinol Laryngol 1976;85-591 2. Cotton RT, Evans JN. Laryngotracheal reconstruction in children. Five-year follow up. Ann Otol Rhinol Laryngol 1981; 90-516 3. Cotton RT, Manoukian JJ. Glottic and subglottic stenosis. Otolaryngol Head and Neck Surg 1986;94:2159 4. Tucker GF, Ossoff RH, Newman AN, Holinger LD Laryngoscope 1979; 89:866 5. Willging JP, Cotton Rt. Subglottic stenosis in the pediatric patients. In: Myer Cm, Cotton RT, Shott SR, eds. The Pediatric airway: an interdisciplinary approach
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STENOSI LARINGOTRACHEALI NELLADULTO


G. Villari, D. Di Maria, F. Giangregorio, L. Califano
A.O. G. Rummo - Benevento Dipartimento di Scienze Chirurgiche, U.O.C. di Otorinolaringoiatria

PREMESSA Le stenosi laringotracheali rappresentano da sempre delle forme patologiche di difficile risoluzione chirurgica sia per la complessit degli interventi da eseguire, sia per i frequenti insuccessi che essi comportano. Con il passare degli anni si assistito ad uno switch dal punto di vista eziopatogenetico con una tendenza alla diminuzione di alcune cause quali quelle postinfettive (post difteriche) verso un incremento di cause dei nostri tempi, quali le stenosi post intubazione tracheale prolungata , da traumi laringo-tracheali, da ingestione di caustici, post tracheotomia, dopo radioterapia (fig. 1).

Figura 1. Le stenosi laringo tracheali sono estremamente variabili per:


Forma Localizzazione Estensione Cause etio-patogenetiche Gravit.

Ci, come gi accennato, rende difficile il loro trattamento ma prospetta anche un ventaglio di possibili opzioni classificative. Ogni classificazione basata sui parametri sopra descritti sicuramente valida ma non completa: da qui la necessit di utilizzarne una che comprenda tutte le caratteristiche. E possibile,quindi, classificare le stenosi laringo-tracheali in base alleziologia in: post-traumatiche post-infettive (emergenti - Riemergenti) post-operatorie da interventi chirurgici da interventi di laringectomia parziale o ricostruttiva da tracheotomia
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orifiziali soprastomali e/o stomali intermedie (cuffia) distali (apice della cannula) Le stenosi post traumatiche, come classificate da de Campora (i), possono essere suddivise secondo la tabella :

A proposito dei traumi secondari ad incidenti della strada, interessante un cenno sulla dinamica di tali danni. Come illustrato da Serafini1, l asse laringo-tracheale risulta ben protetto dalla mandibola e dal manubrio sternale e dalla flessione del capo come istintivo movimento di difesa, ma nel momento dellimpatto, la testa, per inerzia, portata allindietro e ,quindi, in estensione. Si determina cosi un trauma diretto contro il manubrio o il cruscotto dellautomobile (figura 2).

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Nella successiva figura sono, invece, elencate le sedi laringee che pi frequentemente vengono lesionate nei tentativi di suicidio con arma da taglio (figura 3).

La classificazione di Cotton1, utilizzata molto in ambito pediatrico, tiene conto della estensione e della gravit della stenosi e le suddivide come indicato nella figura 4:

LA NOSTRA CLASSIFICAZIONE La classificazione da noi proposta cerca di superare i limiti di quelle su elencate e nello specifico: Tiene conto dei fattori etiopatogenetici, morfologici e topografici Tende a dare indirizzi ai fini del trattamento chirurgico. Ci permette non solo di inquadrare in maniera pi completa tali forme patologiche ma di programmare il trattamento chirurgico ad hoc per quel quadro morboso. Per comodit di trattazione, abbiamo classificato le stenosi in: 1. sopra- glottiche 2. glottiche e/o ipoglottiche 3. tracheali 4. diffuse laringo-tracheali. 256

Le procedure operatorie da noi adottate sono differenti in relazione alla patogenesi ed alla localizzazione delle stenosi. Abbiamo, inoltre, utilizzato una iconografia molto schematica ma facilmente fruibile per rappresentare le quattro classi su descritte (figure 5 , 6, 7, 8).

figura 5

figura 6

figura 7

figura 8

Da questa classificazione emergono dei punti importanti su cui doveroso fare alcune considerazioni. Una delle cause pi frequenti delle stenosi glottiche la non corretta esecuzione della chirurgia in tale sede,e pi precisamente , quando si utilizzino tecniche endoscopiche e tecnologie come quella laser (Co2 o diodi). La nostra Scuola ha una lunga esperienza nella chirurgia con laser a CO2. La lesione della commessura anteriore, sia come errore chirurgico (es.: lesioni benigne) o quando purtroppo inevitabile (es.: discheratosi, carcinomi laringei) determina sinechie che possono, in seguito, essere vaporizzate con il laser come repentinamente si riformano a distanza di giorni o mesi: il trattamento ripetuto con la rimozione della fibrina ed uno stretto follow-up permettono di controllare il problema. La sinechia della commessura posteriore , invece, un evento infausto che complica di non poco la vita del chirurgo (nonch chiaramente quella del paziente!): a volte nessun trattamento riesce a risolvere la patologia. Le intubazioni prolungate sono unaltra frequente causa di tali patologie; il meccanismo etiopatogenetico secondario ad una ipoperfusione e secondaria necrosi della mucosa e sottomucosa tracheale dovute alla pressione della cuffia da qui la genesi di un tessuto di granulazione e , quindi, la stenosi(figura 9)2. E chiaro che al giorno doggi tali casi, quando possibile, non dovrebbero pi verificarsi.
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Figura 9 Un altro argomento che merita di essere approfondito quello delle stenosi posttracheotomia che pesano nella percentuale di casi di stenosi tracheali che noi trattiamo. Cause di queste stenosi sono: Una tracheotomia eseguita troppo in alto (regione cricoidea o subcricoidea) o troppo in basso Una incisione verticale senza creare uno sportello sulla faccia anteriore della trachea (vedi figura 7). Sono, inoltre, ormai diffuse le tecniche di tracheotomia percutanea che sono eseguite nei reparti di rianimazione, che se da una parte riducono i casi di stenosi laringo-tracheale postintubazione possono determinare un aumento delle stenosi tracheali direttamente secondarie alla tecnica stessa. Da un recente lavoro3, nel quale si sono eseguite tracheotomie percutanee su cadaveri, si visto che la tecnica danneggia notevolmente la mucosa interna e la cartilagine tracheale dando adito, quindi, a possibili fenomeni riparativi esuberanti nella sede della perforazione. Dallo studio su menzionato emerge che, nonostante la tecnica percutanea proposta da Hazard preveda la perforazione interanulare della trachea, spesso si assiste ad un danno degli anelli tracheali viciniori, sia per la caratteristica di elasticit dellorgano che per la calcificazione degli anelli nei pazienti anziani, che si fratturano quando soggetti alla pressione del perforatore. In un altro interessante studio4 sulle caratteristiche immunoistologiche di segmenti di laringe e trachea interessati da stenosi evidenzia la variazione del pattern tipico rispetto ai soggetti normali. In questi pazienti si verifica la perdita di collagene tipo I e di aggregano, un proteoglicano importante nel conferire alla cartilagine le caratteristiche di compressibilit. IL PROTOCOLLO DIAGNOSTICO Prima di affrontare tale aspetto facciamo un cenno al quadro sintomatologico ed ai segni caratteristici di queste patologie. Nelle forme a lenta insorgenza (ad esempio dopo estubazione, dopo svezzamento dalla cannula tracheale) si assiste ad una dispnea e disfonia ingravescenti. Tali sintomi sono acuti ed in alcuni casi tragici dopo ingestione di caustici. La disfonia isolata tipica delle sinechie cordali. Negli edemi o infiltrazioni sopraglottiche pu manifestarsi disfagia e otalgia riflessa. Ad esclusione delle patologie della regione sopraglottica e glottica, la diagnosi ed il corretto inquadramento delle stenosi tracheali e laringo-tracheali pu risultare difficile. In realt non siamo in possesso dellunica indagine gold standard per tali malattie. La laringoscopia con fibre ottiche permette la visione della porzione superiore della stenosi 258

e di valutare la motilit cordale ma non ci d alcuna informazione sulla estensione verticale della stenosi. Le indagini radiologiche (TC , RMN) consentono una corretta visualizzazione dellestensione verticale della stenosi ma non la valutazione della motilit degli organi esaminati. La microlaringoscopia diretta in sospensione fa visualizzare bene la regione interessata , permette di eseguire esami bioptici ma pu falsare la gravit della stenosi per la sua azione dilatante nel progredire lungo lasse laringo-tracheale. Da alcuni anni pi centri sperimentano ed utilizzano lendoscopia virtuale che in determinate patologie (es. patologia neoplastica del colon) molto utile e precisa nellidentificare lesioni stenosanti o espansive. Lutilit di tale tecnica diagnostica quella di superare virtualmente le sedi ostruite e non oltrepassabili con i classici endoscopi . Dalla Letteratura5 si evince che tale metodica utilissima nella rappresentazione statica delle lesioni, la fedelt di riproduzione delle stenosi in confronto con la visione endoscopica classica altissima (figura 10).

figura 10: esempio di ricostruzione in 3D di una stenosi tracheale. Purtroppo il limite anche di questa tecnica la impossibilit di visualizzare alterazioni dinamiche dellasse laringo-tracheale. Da tutto ci possiamo concludere che soltanto lintegrazione dei dati clinici, endoscopici, radiologici e microlaringoscopici consente un corretto inquadramento di tali entit nosologiche. LA STRATEGIA TERAPEUTICA Il trattamento chirurgico delle stenosi laringo-tracheali si avvale di metodiche endoscopiche, tradizionali a cielo aperto, dellutilizzo di protesi, ma spesso di terapie combinate. Un cenno merita la chirurgia ricostruttiva a cielo aperto. La chirurgia tracheale3 pu essere eseguita mediante ricostruzione diretta termino-terminale previa asportazione del segmento stenotico (figura 11) o con interposizione di tessuto autologo (figura 12).

figura 11: resezione del segmento stenotico e sutura termino-terminale.


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figura 12: 1.creazione di un lembo composto da mucosa buccale e da fascia radiale. 2. incisione ed apertura della stenosi. 3. chiusura del difetto ed apposizione di uno stent tracheale per mantenere il calibro. 4. risultato dopo la rimozione dello stent. Alcuni Autori 6 preferiscono direttamente la ricostruzione laringo-tracheale dopo lasportazione del tratto stenotico utilizzando innesti di cartilagine settale o, quando il difetto maggiore di 3 cm, di cartilagine costale (figura 13).

figura 13 Per il trattamento di queste patologie la nostra Scuola utilizza da molti anni il laser a CO2 in combinazione, quando indicato, con linserimento di stents (Montgomery, endoprotesi) con modalit come di seguito elencate. Gli edemi sopraglottici e glottici sono di solito vaporizzati con successo immediato e ottima compliance da parte del paziente. Le stenosi cicatriziali sopraglottiche e glotto-ipoglottiche e laringo-tracheali vengono dilatate sempre con lutilizzo del laser a CO2. Segue uno stretto follow-up per la rimozione della fibrina in microlaringoscopia diretta in sospensione. A volte nelle forme postraumatiche, nelle stenosi della regione commisurale posteriore sono necessari interventi di cordotomia , cortectomia e/o di aritenoidectomia. Spesso le forme laringee recidivanti (soprattutto quando interessata la commessura posteriore) e le stenosi tracheali e soprattutto le laringo-tracheali diffuse necessitano dellutilizzo di stents per mantenenere il calibro dellorgano. Esse sono mantenute in situ per circa 1 anno, sempre sotto periodico follow-up. Per il trattamento delle stenosi tracheali utilizziamo il tracheoscopio (laringoscopio modificato da Motta e Villari) che con la sua maggiore lunghezza permette di raggiungere la sede da trattare.
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La parola stents deriva da Charles B. Stent, un dentista inglese, che alla fine del XIX secolo introdusse un materiale per il calco dentario e per mantenere in sede gli innesti cutanei. Da allora in termine fu utilizzato anche per le altre branche mediche. Gli stents a disposizione dellotorinolaringoiatra sono molteplici, ma quelli che spesso utilizziamo sono quello di Montgomery e quelli endoluminali con applicatore per via endorale. Nel 1965 Montgomery descrisse per la prima volta la sua protesi in silicone77 Nella nostra esperienza la protesi deve essere accuratamente posizionata, facendo attenzione a non raggiungere in alto il piano cordale poich cos si impedirebbe la corretta chiusura del piano glottico con la successiva comparsa di patologie ab ingestis e la formazione di granulomi da decubito. Nel passato abbiamo avuto numerosi casi di ostruzione acuta del tubo a T dovuta allaccumulo delle dense secrezioni tracheali: in quei casi fu necessaria la rimozione rapida dello stent. Il problema stato risolto introducendo una cannula nella branca orizzontale del Montgomery onde permettere lallontanamento della stessa una pi accurata e periodica pulizia. Le protesi endoluminali hanno il vantaggio di non richiedere la tracheotomia e laccesso per via esterna. Di solito vengono introdotte con il tracheoscopio e mediante un applicatore che le tiene chiuse fino a quando non sono nella posizione desiderata. Una famosa e diffusa protesi e stata quella di Granturco (Z-stents) di materiale metallico. Oggi sono disponibili protesi simili di materiale biocompatibile. Abbiamo notato che lintroduzione della protesi richiede la manualit di un operatore esperto per far si che lo stent sia ben posizionato. Infatti, manovre ripetute per spostarlo possono dislocarlo e richiedere , quindi, la sua estrazione ed il riposizionamento. Controindicazioni sono reazioni locali e/o avverse alla protesi. In conclusione possiamo affermare quanto segue: Lefficacia della microchirurgia con laser a CO2 nelle stenosi laringo-tracheali varia a seconda della patogenesi: i risultati sono migliori nel trattamento delle stenosi posttraumatiche e post-chirurgiche, decisamente peggiori in quelle post-radioterapiche e da ingestione di caustici. Lefficacia di tale tecnica varia anche a seconda della sede della stenosi: i risultati sono in genere buoni a livello sopraglottico e glottico, incerti a livello ipoglottico e tracheale. Il coinvolgimento della commessura anteriore e di quella posteriore complica la riuscita del trattamento chirurgico per via endoscopica. Il laser a CO2 , quando necessario, deve essere utilizzato in associazione con lesecuzione di un intervento chirurgico per via tradizionale (tracheotomia, inserzione del tubo di Montgomery, endoprotesi per via endorale). Nei casi difficili (stenosi ipoglottiche, sinechia della commessura anteriore e posteriore, stenosi diffuse laringo-tracheali) il follow-up deve essere attento e di lunga durata (12 mesi o pi!).

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BIBLIOGRAFIA 1. I. Serafini Le stenosi laringo-tracheali post-traumatiche da Emergenze ed Urgenze in ORL, Quaderno monografico di Aggiornamento AOOI 2001. 2. http://www.tracheostomy.com/surgery/bronch/stenosis.htm 3. http://www.kuleuven.ac.be/cltr/en/trach_rep/index.htm 4. The Laryngoscope: Volume 113(1) January 2003 pp 16-20 Laryngotracheal Injury After Percutaneous Dilational Tracheostomy in Cadaver Specimens Hotchkiss, Karin S. MD; McCaffrey, Judith Czaja MD. 5. The Laryngoscope: Volume 112(6) June 2002 pp 1025-1030 Patterns of Cartilage Structural Protein Loss in Human Tracheal Stenosis Mankarious, Leila A. MD; Adams, Allison B. BA, MA; Pires, Valerie L. BS. 6. The Laryngoscope: Volume 110(1) January 2000 pp 23-29 Evaluation of Airway Obstruction Using Virtual Endoscopy Burke, Alan J. MD; Vining, David J. MD; McGuirt, William F. Jr. MD; Postma, Gregory MD; Browne, J. Dale MD. 7. The Laryngoscope: Volume 111(5) May 2001 pp 765-768 Single-Stage Adult Laryngotracheal Reconstruction Without Stenting Rhee, John S. MD; Toohill, Robert J. MD. 8. http://www.emedicine.com/ent/topic593.htm

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LE DISFONIE
L. Vigliaroli
U.O.C. di ORL - IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza S.Giovanni Rotondo (FG)

INQUADRAMENTO DELLE DISFONIE Il sistema nervoso programma, attiva e controlla la produzione vocale, generata da strutture anatomiche quali i polmoni, la laringe e le strutture sovraglottiche. Si definisce disfonia un alterazione qualitativa e/o quantitativa della voce, conseguente ad una modificazione funzionale e/o strutturale di uno o piu organi coinvolti nella sua produzione, oppure ad una inadeguatezza delle relazioni dinamiche fra le componenti dellapparato pneumofonatorio. (29) La sintomatologia e caratterizzata da: Sintomi Soggettivi Fisici (fonoastenia, parestesie faringolaringee) Sintomi Soggettivi Psicologici (sensazione di voce inadeguata e/o sgradevole) Sintomi Oggettivi Acustici (alterazioni di intensita, frequenza, timbro e tessitura) Sintomi Oggettivi Clinici (ispettivi, morfologici, endoscopici, dinamici) La classificazione di un disordine cosi complesso deve cercare di raggiungere un duplice obbiettivo, di essere semplice e condivisibile da tutti gli specialisti del settore. Quella che riteniamo possa rispondere, secondo la nostra esperienza, a tali requisiti, prevede 2 grandi famiglie, una costituita dalle disfonie organiche, laltra costituita dalle disfonie non organiche o disfunzionali. DISFONIE ORGANICHE Sono rappresentate da tutte le patologie che colpiscono le strutture anatomofunzionali deputate alla produzione della voce, attraverso la creazione di alterazioni morfologiche e neuromuscolari. (1) Una sottoclassificazione anatomo-funzionale, gia adottata da altri autori, permette di riconoscere la causa nelle seguenti affezioni: 1) D.O. DA ALTERAZIONI DEL MANTICE POLMONARE (Fig.1) Insufficienza respiratoria di tipo restrittivo (fibrosi, enfisema polmonare) Insufficienza respiratoria di tipo ostruttivo (asma bronchiale) Insufficienza respiratoria di tipo misto (BPCO) 2) D.O DA LARINGOPATIE (Fig.2) Laringiti acute (batteriche, virali, micotiche, allergiche) Laringiti croniche aspecifiche (reflusso GE) e specifiche (batteriche, autoimmuni). 3) D.O. DA ALTERAZIONI ANATOMICHE DELLA GLOTTIDE (Fig.3-4-5) (6) Alterazioni dellepitelio (leucoplasie, displasie, papillomi, carcinomi) Alterazioni della lamina propria (edemi di Reinke, polipi, kiss noduli, cisti, cicatrici cordali, lesioni reattive, lesioni vascolari, solchi) Alterazioni aritenoidee (ulcere da contatto, granulomi) Alterazioni commisurali anteriori (diaframmi, sinechie)
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4) POSTUMI DI CHIRURGIA ONCOLOGICA LARINGEA (Fig.6) Cordectomie, Laringectomie sovraglottiche, glottiche, totali. 5) D.O. DA DISTURBI DELLA MOTILITA Anchilosi, blocchi dellarticolazione cricoaritenoidea, lesioni via motoria. 6) D.O. DA DISTURBI NEUROLOGICI Disfonie spasmodica (varieta adduttoria e abduttoria), tremori essenziali, M. di Parkinson, Coree, Mioclono faringolaringeo, affezioni cerebellari. 7) D.O. DA PATOLOGIE MUSCOLARI Miastenie, distrofie, dermatomiositi, miofibromatosi, tumori muscolari, ematomi intracordali. 8) D.O. DA FARMACI Responsabili: Testosterone, corticosteroidi, antistaminici, atropinici, psicofarmaci, diuretici. 9) D.O DA ALTERAZIONI ORMONALI Distiroidismo, iperestrogenismo, dismenorrea, gravidanza, menopausa, andropausa, iperpituitarismo, ipogonadismo maschile, iperandrogenismo femminile, diabete. 10) D.O DA TESAURISMOSI Depositi di amiloide, lipidi, mucoplisaccaridi. 11) D.O. DA INAPPROPRIATA ALTEZZA TONALE Alterazioni da cambio di sesso 12) D.O. DA ALTERAZIONE DEL VOCAL TRACT (Fig.7) Ostruzioni nasoparanasali, insufficienze velo-faringee, riduzioni volumi cavita sovraglottiche. DISFONIE DISFUNZIONALI (29) Sono rappresentate da tutti i disordini vocali che riconoscono fondamentalmente lassenza di lesioni organiche e/o turbe motorie. Una sottoclassificazione etiologica permette di distinguerle in: DISFONIE FUNZIONALI PRIMARIE o DA SOVRACCARICO VOCALE DISFONIE FUNZIONALI SECONDARIE Letiopatogenesi riconosce atteggiamenti posturali patologici della muscolatura laringea (intrinseca ed estrinseca), lutilizzo scorretto del mantice polmonare, atteggiamenti pneumofonatori e posture non corretti. Le posture patologiche della muscolatura intrinseca laringea riconoscono fondamentalmente 6 classi: Ipercontrazione globale Ipercontrazione laterale Contrazione anterosuperiore sovraglottica Adduzione fonatoria incompleta Ipotono tiro-aritenoideo Iperadduzione glottica posteriore La contrattura della muscolatura laringea estrinseca influenza soprattutto la frequenza vocale. L alterazione e quantitativa quando la respirazione e inadeguata alla situazione fonatoria, qualitativa quando la respirazione avviene con inadeguato rifornimento e con regolazione del flusso espiratorio delegato alla laringe. Lincoordinazione pneumofonatoria, con varie modalita, crea alterazioni fra pause fonatorie e rifornimento di aria. Lincoordinazione fono-resonanziale altera il timbro della voce.
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La postura corporea poco corretta contribuisce a ridurre lescursione dei muscoli diaframmatici e perdita di forza dei muscoli espiratori. Il carico di voce superiore alla gestibilita ordinaria supportato da compensi fonatori e tecniche respiratorie inadeguate, esposizioni a fattori irritanti, creano una situazione di surmenage e malmenage, presupposto per linsorgenza di una disfonia primaria. Il conflitto psicoemozionale, associato ad alterazioni funzionale del mantice, e il presupposto per una disfonia secondaria, con i principali quadri di: Disfonia da conversione (situazione conflittuale o di stress) Disfonia della muta vocale (abbandono condizione infantile) Disfonia delle sindromi depressive (laringe ipocinetica). CLINICA DELLE DISFONIE Lapproccio medico specialistico ad una disfonia e rappresentato dallanamnesi, dallesame obbiettivo e semeiologico dei distretti adibiti alla fonazione. ANAMNESI Vanno accuratamente valutati: Le sensazioni soggettive concernenti la fonazione e la loro variazione. Le sensazione soggettive a livello dellorgano vocale e la loro variazione. Luso sociale e professionale della voce. Lambiente sociale e professionale dellutilizzo. Le abitudini di vita. Il carattere del paziente. ESAME OBBIETTIVO E SEMEIOLOGICO (27) Consiste fondamentalmente nelle seguenti tappe: Ispezione (aspetto fisico respiratorio) Palpazione (tipo di respirazione) Auscultazione (tipi di alterazioni della voce) Valutazione percettiva della voce Valutazione per immagini Analisi elettroacustica della voce. VALUTAZIONE PERCETTIVA (14)(16)(21)(29)(33) Rappresenta linsieme di procedure che fanno riferimento alle abilita del clinico indipendentemente da misurazioni strumentali. Lauscultazione delle alterazioni della voce permette di etichettare: Raucedine, Voce Soffiata, Diplofonia, Tremore (fluttuazione frequenziale di 0-3Hz), Flutter (9-15Hz), Iponasalita, Ipernasalita, Voce Strozzata. Il tempo massimo di fonazione, TMF, valuta labilita fonatoria. La valutazione dellAttacco Vocale riconosce piu quadri: Attacco duro, che avviene immediatamente chiudendo la glottide. Attacco soffiato, che avviene con chiusura dopo linizio espirativo Attacco statico, che avviene mentre inizia latto inspirativo I protocolli di valutazione percettiva piu utilizzati sono : A) Il Buffalo Voice Profile System (BVP) che prevede i seguenti profili: Profilo di screening vocale Profilo di comportamento di gruppo Profilo vocale Profilo di abuso vocale
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Profilo di ansia vocale Profilo sulla risonanza Profilo per le voci di ipoacusici Profilo di registrazione vocale Profilo di diagnosi vocale Profilo dei progressi del trattamento logopedico Il PROFILO VOCALE valuta i seguenti parametri: Timbro laringeo Altezza tonale Intensita Risonanza nasale Risonanza orale Muscolatura Abuso vocale Frequenza della parola Ansieta vocale Intellegggibilita della parola Valutazione complessiva della voce assegnando ad ogni paramentro punti da 1 a 5 B) La classificazione sec. Hammarberg che propone i seguenti parametri vocali: Voce afona Voce soffiata Voce iperfunzionale, tesa Voce ipofunzionale, lassa Vocal fry, voce gracchiante Voce rauca Voce con raucedine acuta Voce con rotture Voce diplofonica Registro vocale Altezza tonale Intensita C) La scala sec. Hirano (Societa Giapponese di Foniatria e Logopedia) che valuta: Grade (grado globale di alterazione della voce) Roughness (impressione psicoacustica della irregolarita vibratoria) Breathy (fuga daria attraverso la glottide) Asthenic (debolezza della voce) Strained (impressione psicoacustica degli stati iperfunzionali) Instability (giudizio sulla stabilita nel tempo) by Dejonckere con punteggio da 1 a 3 per esprimere il grado di devianza Il parametro R viene messo in rapporto soprattutto con la perturbazione della frequenza fondamentale glottica a breve termine. Il parametro B e in rapporto con la perturbazione dellampiezza dellonda sonora e quindi della vibrazione glottica. Il parametro G e comparabile al rapporto tra le componenti di rumore e le componenti armoniche. La valutazione percettiva della voce e da considerarsi lindagine fondamentale nella 266

valutazione clinico strumentale della voce e non puo essere sostituita completamente da misure di carattere strumentale. La scala GRBASI ha dimostrato una correlazione attendibile con alcuni parametri acustici, una bassa variabilita intra e inter soggettiva ed una discreta capacita di discriminare diverse tipologie di pazienti. La scala GRBASI e uno strumento valido ed affidabile, di semplice e rapida applicazione, utile nella comunicazione tra specialisti, secondo le linee guida della European Laryngological Society. I professionisti che fanno uso di questo sistema di valutazione si devono sottoporre ad uno specifico training, poiche lallenamento gioca un ruolo importante.(4) 3) VALUTAZIONE PER IMMAGINI (Fig.8-9-10) Le strutture da esaminare sono: Le corde vocali vere Le corde vocali false I processi vocali delle cartilagini aritenoidi I legamenti ariepiglottici I recessi piriformi La pagina laringea dellepiglottide Due sono i tipi di endoscopio: il rigido, con inclinazione di 70 o 90 gradi ed amplificazione dellimmagine, il flessibile, con angolazione di 0 gradi e riduzione dellimmagine. Il rigido viene introdotto per via orale, il flessibile per via nasale. Il laringoscopio flessibile e piu tollerato nei soggetti con spiccati riflessi faringei, nei bambini, nei pazienti defedati e in tutte quelle condizioni cliniche in cui esiste una riduzione o una impossibilita ad aprire la cavita orale. Gli endoscopi flessibili presentano una notevole duttilita e permettono di realizzare unimmagine sia panoramica che selettiva dellapparato laringeo e la loro struttura fisica consente di variare, secondo le necessita, il punto di osservazione. Il rigido consente una visione a tutto schermo sul monitor, dellimmagine laringea, ingrandita, con una migliore definizione dei piccoli particolari anatomici. LARINGOSTROBOSCOPIA (Fig.11) (9) Londa vibratoria e caratterizzata da 3 fasi : apertura del piano glottico, semichiusura del piano glottico, chiusura del piano glottico, che rappresentano, nel tempo di un solo ciclo vibratorio, lo spostamento dal basso verso lalto della mucosa che riveste il piano cordale (sec. la teoria muco-ondulatoria di Perello). Le corde vocali hanno 2 tipi di movimenti: quello traverso del corpo muscolare e quello verticale degli strati soprastanti, riferibile allonda mucosa. La stroboscopia consente di osservare entrambi i movimenti. Dal rapporto fra le varie fasi si individuano le modalit di vibrazione, normale, ipercinetica, ipocinetica. Vengono valutati quali parametri: Simmetria Periodicita (regolare,irregolare,inconsistente) Chiusura glottica (completa,incompleta,ovalare,a triangolo posteriore od anteriore, a clessidra,con precontatti, con solcature) Ampiezza Progressione dellonda mucosa (studio rigidita totali o localizzate)
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La videostroboscopia, eseguibile sia con endoscopio rigido che flessibile, consente di visualizzare fenomeni non visibili ad occhio nudo. Diagnosi differenziale tra lesioni che presentano morfologia simile (cisti vs nodulo) Corretta indicazione alla fonochirurgia (entita di uninsufficienza glottica) Sospetto di esistenza di lesioni evidenziabili alla stroboscopia (monocordite vs cisti) Indicazioni chirurgiche per trattamenti localizzati Valutazione monoplegie laringee (paralisi neurogena vs anchilosi crico-aritenoidea) Follow-up dopo interventi di fonochirurgia La valutazione dellesame VLS risulta sempre gravata da una variabilita intersoggettiva determinata dalla specifica esperienza dellesaminatore. VIDEOKIMOGRAFIA (1984 Gall) (Fig. 12-13) (30) Il principio dellesame e la possibilita di fotografare ad alta velocita (8000 scatti/sec.) una sottile porzione trasversale del piano glottico, indipendentemente dalle caratteristiche di emissione del segnale sonoro. La porzione del piano cordale corrispondente alla striscia selezionata viene ripresa durante tutti i movimenti compiuti in senso medio-laterale nel corso di vari cicli vocali. Il fermo immagine delle videate piu significative e la loro stampa consente il confronto diretto tra un paziente e laltro o tra quadri laringoscopici in momenti diversi della storia clinica. I limiti principali sono un costo aggiuntivo e un maggior ingombro della telecamera, la necessita di una maggior compliance da parte del paziente. La valutazione dei parametri della VCG e basata sulla percezione soggettiva della simmetria della vibrazione cordale, della presenza o meno di una insufficienza glottica in ogni fase del ciclo e dellampiezza della vibrazione di una corda rispetto alla controlaterale. Queste valutazioni, utilissime nel singolo caso, rendono difficili le comparazioni tra differenti soggetti, diverse condizioni patologiche e casistiche multicentriche. L ANALISI ACUSTICA DELLA VOCE prevede (22): Lesame spettrografico a finestra lunga e corta La determinazione della frequenza fondamentale e dellampiezza di emissione vocale, con il loro andamento nel tempo. Parametri studio delle perturbazioni del Periodo Fondamentale e dellAmpiezza Studio del bilancio energetico spettrale Studio della diplofonia Studio degli arresti momentanei dellemissione SPETTROGRAMMA (Fig.14) (18) Esame fondamentale nello studio delle disfonie, rappresenta graficamente le modificazioni nel tempo dellemissione glottica. La finestra lunga presenta una maggiore risoluzione frequenziale rispetto ad una finestra corta. Considerando la distribuzione spettrale, lintensita della componente aperiodica e le modificazioni delle armoniche Yanghilara ha proposto una classificazione : Tipo I Disfonia Lieve Tipo II Disfonia Moderata Tipo III Disfonia Grave Tipo IV Disfonia Molto Grave La diplofonia di 1j grado viene prodotta da una vibrazione glottica di ampiezza asimmetrica:
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dopo una vibrazione di una certa ampiezza ne segue una meno ampia. La diplofonia di 2j grado e caratterizzata da una vibrazione di ampiezza ridotta ogni 2 vibrazioni regolari. La voce bitonale presenta due frequenze fondamentali, con il secondo suono prodotto da unaltra sorgente sonora laringea,, rappresentata dalle false corde o dalle aritenoidi. La voce difonica viene invece filtrata dal tratto vocale sul suono glottico. Lo studio delle formanti, frequenze di risonanza del condotto vocale, consente la valutazione di come il soggetto utilizza le proprie cavita sovraglottiche. Nella valutazione spettrografica linterpretazione si basa su una impressione visiva che condiziona un giudizio soggettivo. DETERMINAZIONE DELLA FREQUENZA FONDAMENTALE (Fig.15) DETERMINAZIIONE DELLAMPIEZZA (attacco vocale e tenuta di emissione) PARAMETRI DI VOCALITA Ogni gruppo di lavoro, presentando modalita diverse per la registrazione, il rumore ambientale etc., determina con facilita variazioni non trascurabili della soglia di normalita e quindi dellinquadramento nosologico. FONETOGRAFIA (Fig.16) Con tale esame si misura lintensita minima e massima di emissione vocale alle diverse frequenze (entita del campo vocale del soggetto), attraverso un grafico a due linee, la curva dei piani e la curva dei forti. Pur se importante nella classificazione della voce cantata, e stata associata ad altri parametri acustici per la creazione di un indice caratterizzante la gravita della disfonia, Indice della Severit della Disfonia (Wilys e coll). ELETTROGLOTTOGRAFIA (Fig.17) Lesame studia e monitorizza le caratteristiche e la regolarita della vibrazione delle corde vocali senza interferire con lattivita fono-articolatoria, misurando limpedenza elettrica con 2 elettrodi posti sui due lati del collo. Il segnale elettroglottografico in passato sullo schermo di un oscilloscopio, oggi viene acquisito sotto forma numerica, digitalizzando direttamente luscita dellelettroglottografo. La parametrizzazione sec. Recluse individua 5 punti nella curva: I) Movimento iniziale di chiusura II) Movimento di chiusura completa sul piano orizzontale III) Movimento di chiusura completa sul piano verticale IV) Movimento di inizio dellapertura V) Movimento di apertura completa sul piano verticale Lelettroglottografia fornisce unesatta misurazione della frequenza fondamentale. Lapplicazione clinica risulta complessa poiche non riesce a dare sempre informazioni utili a scopo diagnostico, per le controversie relative allinterpretazione e alla quantificazione del tracciato. ELETTROMIOGRAFIA (10)(20) Le fibre di ununita motoria, sottoposte normalmente allo stimolo degli assoni, si contraggono autonomamente solo di caso di danno assonale, permettendo allEMG di registrare attivita elettrica, potendo evidenziare fenomeni tipo la Fascicolazione e la Fibrillazione, evidenze di una ritmicita intrinseca postdenervativa, che si modifica nel tempo.
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LEMG ha la sua piu corretta applicazione diagnostica nei disturbi della motilitia laringea, risultando, ad esempio, normale in un blocco articolarre crico-aritenoideo, e variamente alterato dopo una lesione neurale. RADIOLOGIA (Fig 18-19-20) La TAC si e evoluta verso la tecnica di tipo spirale che permette di ottenere acquisizioni volumetriche in tempi brevi. Lesame e meno dipendente dalla collaborazione del paziente, perche e ridotto il tempo di scansione e puo considerarsi ridotta anche la dose impiegata. Nella TAC convenzionale per ogni scansione si ha la ricostruzione di una sola immagine. Questa sequenza viene ripetuta tante volte fino a coprire tutta la regione da esaminare. Non si ha alcuna acquisizione di immagini per lo spessore di incremento, con possibilita di perdere valide informazioni diagnostiche su piccoli elementi. Con la TCs le scansioni, max 35, avvengono in un solo atto respiratorio (apnea inspiratoria o espiratoria) e quindi lorgano o gli organi da esaminare sono fissi in una data posizione. Si acquisiscono scansioni volumetriche in modo spirale contigue fra di loro, senza artefatti da movimento o da atti respiratori diversificati. I vantaggi sono: Assenza del tempo morto tra una scansione e laltra. Possibilita di acquisire dati volumetrici contigui Migliore qualita delle immagini laringee, in assenza di atti deglutitori. Possibilita di ottime ricostruzioni. CONCLUSIONI La moderna tecnologia orienta a dover riconsiderare alcuni protocolli di studio della laringe. Lapplicazione di una rigorosa metodica procedurale per la registrazione della voce, deve essere sempre rispettata per ottenere dati attendibili e confrontabili, per cui ogni laboratorio si deve dotare di una propria normativa per i valori di normalita dei parametri acustici da analizzare. I nuovi software cosiddetti low- cost dedicati al PC, eliminano lostacolo economico alla diffusione dellesame acustico. Questi nuovi dati parametrici devono essere confrontati ed integrati con quelli tradizionali per garantire una diagnosi affidabile. L analisi del prodotto vocale deve essere multidimensionale come multidimensionale e il meccanismo della sua produzione, e deve comprendere una valutazione percettiva, videostroboscopica, acustica, aerodinamica e soggettiva da parte del paziente. Una buona diagnosi nasce con l integrazione e linterpretazione di tutti questi dati da parte dello specialista. TERAPIA DELLE DISFONIE Questo capitolo, seppur meriterebbe una piu vasta trattazione, verra ridotto schematicamente alla etichettazione di quei comportamenti terapeutici orientativi che fanno capo alla classificazione clinico-diagnostica precedentemente illustrata. DISFONIE DA ALTERAZIONE DEL MANTICE POLMONARE E DEL VOCAL TRACT La terapia mira alla eliminazione dei sintomi trattando la patologia di base, riducendo o sottraendo nel contempo farmaci inutili, attraverso un lavoro di equipe che prevede piu specialisti, quali lotorinolaringoiatra, il foniatra, il logopedista, il pneumologo, lallergologo, il fisiatra. La terapia di queste forme sara quella della malattia di base medica o chirurgica, seguita dalla riabilitazione logopedica dei postumi, associata ancora a possibile terapia protesica e fonochirurgia. (7)
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DISFONIE DA LARINGOPATIE La terapia mira al trattamento delle forme acute con terapia medica specifica antinfettiva ed antiflogistica per il periodo piu idoneo. Nelle infezioni batteriche lHaemophilus influenzae e il microrganismo piu frequentemente isolato, mentre il quelle micotiche prevale la Candida Albicans. Nella laringopatia allergica, che si estrinseca fino ai quadri di edema della glottide, a parte i casi dovuti al deficit di C1 esterasi, la terapia e prevalentemente corticosteroidea. Le forme croniche,multifattoriali, spesso necessitano di piu tipi di terapia, alimentare, farmacologica, logopedica e chirurgica,e dellausilio di altri specialisti, come ad esempio il gastroenterologo per il reflusso gastroesofageo e del clinico reumatologo per le forme autoimmuni. Un quadro peculiare ad etiologia virale, e rappresentato dalla Papillomatosi laringea, che si deve avvalere di due canali terapeutici, quello chirurgico,rappresentato da fotovaporizzazione al laser CO2, per ridurre la patologia, e quello medico,con Interferone ed antivirali, per eradicare linfezione. (19) DISFONIE DA ALTERAZIONI ANATOMICHE DELLA GLOTTIDE I trattamenti fondamentali per le forme congenite sono di tipo logopedico e chirurgico e riguardano Sulcus, Vergeture, Cisti epidermide, Ponte Mucoso e Diaframma. (11) La fonochirurgia mira a regolarizzare le corde e a ripristinare la funzione vocale e andrebbe inserita nel protocollo terapeutico solo dopo che un idoneo trattamento logopedico abbia fornito il suo ausilio parziale o totale nel risolvere la componente disfunzionale della disfonia. La tecnica chirurgica, comune per le prime tre affezioni comporta lesplorazione delle corde vocali con idonea strumentazione, linfiltrazione vasocostrittrice nello spazio di Reinke, la cordotomia e successivamente, a seconda dei casi, lo scollamento della faccia profonda e superficiale della cisti dal legamento vocale e dalla mucosa con asportazione, oppure la liberazione delle aderenze presenti, ed il successivo riaccostamento dei margini della mucosa. Il Ponte Mucoso va invece inciso anteroposteriormente e successivamente scollato dal legamento vocale. Il Diaframma va sezionato adeguatamente ed allargato, onde evitare recidive.(6) Anche per le forme acquisite, che riguardano prevalentemente Noduli, Polipi, Edemi di Reinke, Cisti da ritenzione e Granulomi, il bilanciamento terapeutico si raggiunge fra terapia medica antiflogistica corticosteroidea, riabilitazione logopedica e terapia chirurgica, associate alleliminazione dei vari fattori di disturbo, quali ad es. il fumo. Le tecniche chirurgiche e relative varianti devono mirare ad essere tardive, dando precedenza a cure mediche e logopediche,e non aggressive, salvaguardando sempre legamento e muscolo vocale. (12) Tutti casi in cui permangano insufficienze glottiche o cicatrici cordali postume, la fonochirurgia puo ancora intervenire con iniezioni intracordali di collagene bovino o grasso autologo trattato. DISFONIE DA POSTUMI DI CHIRURGIA ONCOLOGICA LARINGEA Sono disfonie complesse, legate strettamente allentita della mutilazione chirurgica parziale o totale dellorgano vocale e la terapia segue la logica di ricostruire in maniera piu o meno artificiosa una attivita laringea sufficiente. Il passaggio e graduale dalle forme a prevalente indirizzo terapeutico foniatrico e logopedico, nei casi in cui la glottide e stata risparmiata completamente o parzialmente, allausilio di protesi tracheoesofagee laddove il paziente e stato sottoposto a tecniche demolitive totali.
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DISFONIE DA DISTURBI DELLA MOTILITA Le turbe dovute a processi infiammatori degenerativi delle articolazioni laringee, riconoscono possibilita terapeutiche di tipo prevalentemente medico. DISFONIE DA DISTURBI NEUROLOGICI E PATOLOGIE MUSCOLARI Le lesioni iatrogene del nervo ricorrente vanno in compenso nella maggior parte dei casi, cosi come le paresi laringee da causa nevritica, idiopatica e traumatica chiusa, presentando anche nei casi a tendenza cronicizzate, una prognosi finale favorevole in termini di riabilitazione. Le paresi laringee di tipo centrale, hanno quasi sempre una prognosi sfarovevole, essendo correlate o a quadri neurologici deficitari centrali e periferici complessi, o legate alla gravita delle affezioni primarie responsabili della sofferenza centrale. Alla possibilita di un recupero spontaneo della funzione vocale, che si aggira sulle 2 settimane, si puo affiancare in successione il trattamento fonologopedico e solo dal sesto mese in poi conviene pensare, in caso di insuccesso, ad un trattamento fonochirurgico. La terapia logopedica mira ad essere relativamente precoce, a migliorare respirazione e cordinazione fonorespiratoria, a sviluppare un compenso glottico. La terapia chirurgica si divide in precoce e tardiva. La prima trova indicazione nei casi di neurotmesi ricorrenziale e vagale, con le tecniche di ricostruzione nervosa e di neurotizzazione, e nei casi di compressione, nelle quali e indicato lintervento di decompressione del nervo. La seconda, ben codificata in clinica, trova indicazione successiva alla terapia logopedia, e mira allespansione mediale della corda paralizzata per facilitare la corretta adduzione, attraverso gli interventi di iniezione-inserimento intracordale di materiale autologo o eterologo e lintervento di tiroplastica di medializzazione cordale. DISFONIE DA FARMACI Anche in tale situazione la terapia e rappresentata dalla valutazione, caso per caso, di eta, sesso, peso corporeo, effetti del farmaco, uso individuale, dosaggio, associazione con altri trattamenti. DISFONIE DA ALTERAZIONI ORMONALI (8) Lorgano vocale puo subire in corso di patologie endocrinologiche modificazioni antomofunzionali importanti. Il trattamento della patologia endocrinologica e tappa obbligata. DISFONIE DA TESAURISMOSI Il quadro piu peculiare e rappresentato dallamiloidosi laringea, la cui terapia, dopo il fallimento di corticosteroidi e radioterpia, e rappresentata dallescissione, sia di masse piccole che ostruttive, con laserc CO2. DISFONIE DA INAPPROPRIATA ALTEZZA TONALE (3)(17) Compendiano sostanzialmente il transessualismo e riconoscono esclusivamente le procedure chirurgiche, che possono interessare la struttura laringea, direttamente le corde vocali, o essere combinate su entrambi i distretti, quali lapprossimazione cricotiroidea, lallungamento delle cartilagini tiroidee, lavanzamento ddella commissura anteriore, lincisione delle corde vocali,la vaporizzazione cordale al laser CO2, liniezione intracordale di cortisone, la creazione di una sinechia commisurale anteriore. DISFONIE PSICOGENE (23)(27) La terapia delle disfonie psicogene si avvale fondamentalmente del doppio ausilio
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terapeutico, logopedico e psicologico, ai fini di gestire contemporaneamente il sintomo ed il paziente, attraverso uno stretto lavoro di equipe. La terapia passa attraverso la presa in carico completa del paziente, della sua ansia, oltre che della sua qualita vocale. Il comportamento dei riabilitatori deve mirare a rassicurare il paziente sulla natura non grave del disturbo, orientandolo verso uninterpretazione funzionale psicologica. La rieducazione logopedica non segue un programma prestabilito, ma viene personalizzata a seconda dei pazienti, pur mantenendo un comune percorso attraverso il sintomo per rendere il paziente consapevole di quanto gli e accaduto e capace di impadronirsi dei meccanismi fisiologici della fonazione.

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TERAPIA RIABILITATIVA DELLA DISFAGIA ORO-FARINGEA


C. Alicandri-Ciufelli; P. Romualdi
U.O. di Otorinolaringoiatria - Ospedale Civile G.Mazzini di Teramo

Si definisce come disfagia la difficolt alla progressione del cibo dalla bocca allo stomaco provocata da cause neurologiche e meccaniche (disfagia alta- orofaringea) o esofagogastriche (disfagia bassa, di pertinenza internistica e chirurgica). Le principali cause di disfagia neurogena in et adulta sono la malattia cerebro-vascolare, la malattia del motoneurone, la sclerosi multipla, il M. di Parkinson; le disfagie meccaniche sono invece conseguenza di chirurgia delle vie aero-digestive superiori. La sintomatologia varia dalla difficolt nellelaborazione del bolo al rallentamento o allalterazione delle diverse fasi della deglutizione, alla perdita di peso; spesso sono associati penetrazione o inalazione, cio il passaggio di parte del bolo nel vestibolo laringeo o nelle vie respiratorie al di sotto delle corde vocali. Schematicamente possiamo distinguere i meccanismi compromessi in: alterazioni della formazione del bolo; alterazioni della motilit linguale; alterazione dellinnesco della fase faringea; alterazioni di tipo neuromuscolare che compromettono la fase faringea della deglutizione; disturbi esofago-gastrici (non trattati in questa sede). Quando sia accertata una situazione patologica, lobiettivo primario da perseguire il recupero di una deglutizione fisiologica o il pi possibile vicino alla normalit, che si realizza con piani di trattamento personalizzati che comprendono diverse aree di intervento: A) generale B) aspecifica C) specifica. A) AREA GENERALE La presa in carico del paziente con disfagia orofaringea neurogena o post-chirurgica deve prevedere un intervento riabilitativo a 360 sullindividuo, al fine di metterlo nella migliore condizione di effettuare il training deglutitorio, nucleo dellintero protocollo. Nel caso di disfagia neurogena acuta lintervento logopedico prevede, inizialmente, strategie per la stimolazione senso-percettiva, di attenzione e concentrazione,della consapevolezza del proprio corpo, della coordinazione generale e settoriale. Nel caso di disfagia meccanica la programmazione del trattamento presuppone la conoscenza tecnica dellintervento chirurgico a cui il paziente stato sottoposto, la conoscenza e la verifica delle possibilit rimediative, la scelta di soluzioni alternative o varianti, la consapevolezza dei limiti e dei loro problemi gestionali. Pertanto gi a partire da questo livello la riabilitazione verr personalizzata. I pazienti affetti da disfagia dovrebbero essere sottoposti a visita pneumologica per stabilire
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le condizioni respiratorie basali, la capacit di espettorazione e la validit dei riflessi di protezione della tosse. In particolare i pazienti sottoposti a chirurgia delle VADS, essendo in gran parte ex-fumatori e portatori di cannula tracheale e SNG presentano aumento delle secrezioni ed incoordinazione respiratoria a causa della cannula tracheale aperta. E indispensabile che il paziente abbia una buona abilit del cingolo cervicale e scapoloomerale necessarie allassunzione di posture compensatorie durante il trattamento riabilitativo: si effettuano esercizi per lallungamento dei muscoli pettorali ed intercostali ed esercizi per potenziare i muscoli deltoide, sovraspinoso, sottoscapolare e grande dorsale. Nel caso di disfagia post-chirurgica spesso necessario anche un intervento neuropsicologico a causa della menomazione fisica che il paziente subisce. B) AREA ASPECIFICA Questarea di trattamento comprende, nel caso di disfagia neurogena, proposte terapeutiche per migliorare la sensibilit e la funzionalit neuromuscolare degli organi implicati nelle prime fasi della deglutizione: tecniche di stimolazione tattile, vibratoria e termica per i deficit di sensibilit di labbra, guance, lingua e palato; esercizi attivi e passivi per migliorare i movimenti di stiramento e protrusione labiale, di chiusura della rima labiale; esercizi per aumentare i movimenti di lateralizzazione e rotazione mandibolare, per aumentare la velocit e la forza dei movimenti di protrusione e lateralizzazione lingualie per aumentare la chiusura velofaringea. Gli organi fonoarticolatori devono essere mobilizzati precocemente soprattutto in caso di disfagia meccanica ed in maniera ovviamente mirata in relazione alle strutture anatomiche coinvolte nellexeresi. Negli esiti di laringectomia parziale e subtotale necessario evitare lanchilosi delle strutture aritenoidee residue, sulle quali basato il ripristino della funzionalit della neolaringe. Gi dopo pochi giorni si effettueranno esercizi di coordinazione pneumo-fonica e di motilit del muscolo cricoaritenoideo posteriore; successivamente si aggiungeranno esercizi per il muscolo cricoaritenoideo laterale ed esercizi per potenziare la retropulsione e la motilit linguale. In caso di resezioni del cavo orale ed oro-faringeo agli esercizi di attivazione linguale si associano quelli di prassia per la muscolatura labiale , masticatoria e velofaringea. C) AREA SPECIFICA Le procedure terapeutiche si dividono in metodiche di compenso; tecniche di rieducazione; provvedimenti adattativi. METODICHE DI COMPENSO: Appartengono a queste metodiche tecniche particolari di deglutizione e le posture facilitanti, nonch alcune precauzioni comportamentali. MANOVRA DI DEGLUTIZIONE SOVRAGLOTTICA: consiste nella chiusura volontaria delle corde vocali tramite sospensione volontaria della respirazione prima e durante la deglutizione. E indicata nei casi di ridotta o ritardata chiusura delle corde vocali e nei casi di ritardo dellelicitazione del riflesso faringeo di deglutizione.
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MANOVRA DI DEGLUTIZIONE SUPER-SOVRAGLOTTICA: prevede la stessa esecuzione della manovra di deglutizione sovraglottica con lunica variante di indurre durante lapnea piena una chiusura sfinterica della glottide attraverso la contrazione dei muscoli addominali.E indicata nei casi in cui esista unincompleta chiusura delladitus laringeo. DEGLUTIZIONE FORZATA: consiste nel deglutire forzando e prolungando il momento in cui la lingua preme contro il palato durante la fase orale. E indicata nei casi in cui vi sia un ridotto movimento posteriore della base lingua. MANOVRA DI MENDELSOHN: consiste nel richiedere al paziente di deglutire normalmente e mantenere lelevazione laringea per pochi secondi, manualmente fino al completamento della deglutizione successiva, prolungando cos lapertura dello sfintere esofageo superiore.E indicata nei casi di ridotta peristalsi faringea e nei casi di ridotta elevazione laringea. Le posture facilitanti vanno provate e ricercate: in questa fase insostituibile lausilio della fibrolaringoscopia, che mediante una valutazione morfologica e funzionale della neolaringe, consente di prevedere quali posizioni proporre: CAPO FLESSO ANTERIORMENTE: e la posizione usata pi frequentemente per i pazienti sottoposti a chirurgia parziale della laringe; indicata nei casi di difficolt nella gestione del bolo, nei casi di ritardo dellelicitazione del riflesso faringeo della deglutizione, di ridotto arretramento della base lingua e ridotta elevazione laringea. CAPO FLESSO ANTERIORMENTE ED INCLINATO OMOLATERALMENTE AL LATO MALATO: utile nei pazienti sottoposti ad emifaringolaringectomia sopracricoidea, in cui conservata lintegrit di un seno piriforme. CAPO FLESSO ANTERIORMENTE ED INCLINATO OMOLATERALMENTE AL LATO SANO: utilizzata nei pazienti sottoposti a LOS allargata lateralmente ed in pazienti operati di CHP con conservazione di una aritenoide; nei casi di ipomotilit della lingua e nelle paresi /paralisi faringee unilaterali. CAPO RUOTATO VERSO IL LATO LESO: indicata nei casi di paresi/paralisi faringee unilaterali e nei casi di paralisi laringee monolaterali. CAPO IN ESTENSIONE: aumenta la velocit del transito orale.E indicata nei casi di insufficiente chiusura della rima labiale e ridotta efficacia propulsiva.Poich ad alto rischio di inalazione, tale postura va abbinata alla manovra di deglutizione sovraglottica. CAPO E TRONCO IN ESTENSIONE: indicata nelle ridotte peristalsi faringee, con elevato rischio di inalazione. CAPO RUOTATO A DESTRA O SINISTRA: indicata nelle disfunzioni dello sfintere esofageo superiore, riducendone il tono di riposo. DECUBITO LATERALE: indicato nei casi di compromissioni faringee bilaterali e nei casi di ridotta elevazione laringea.
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TECNICHE RIEDUCATIVE Servono al recupero totale o parziale delle funzioni motorie lese nella dinamica deglutitoria. Si effettuano esercizi per il miglioramento del deficit neuromuscolare o sensoriale individuato durante la valutazione del paziente disfagico e tecniche di stimolazione del riflesso faringeo di deglutizione. PROVVEDIMENTI ADATTATIVI Comprendono gli artifizi dietetici, ladozione di ausilii speciali per lalimentazione, ladeguato posizionamento del cibo nella cavit orale ed in generale tutto ci che contribuisce a ridurre al massimo latto deglutitorio e la sua preparazione. Le prime sedute del setting riabilitativo avranno lo scopo di condizionare il paziente, abituandolo allambiente dove solitamente assumer il pasto e cercando di autonomizzarlo alla sua preparazione. Il tavolo non deve essere eccessivamente alto e nelle sue immediate vicinanze vanno predisposti un aspiratore, tovaglioli di carta ed un cestino. Durante il training opportuno evitare situazioni distraesti come televisioni, radio, vocio di persone.E importante istruire il paziente su come comportarsi in caso di aspirazione. La pianificazione della dieta nel trattamento della disfagia richiede la valutazione contemporanea di diversi problemi: attraverso la scelta dei cibi bisogna limitare il rischio di inalazione; occorre bilanciare lapporto calorico ed idrico e tenere conto di eventuali esigenze dietetiche particolari ( iposodiche,ipolipidiche, ipo/iperproteiche ecc.); necessario conoscere le preferenze alimentari del paziente da rieducare e nei limiti del possibile assecondarlo per invogliarlo alla ripresa della deglutizione. I cibi solidi necessitano di un buon controllo della fase volontaria della deglutizione e quindi, almeno inizialmente, sono inadeguati per i pazienti sottoposti a chirurgia del cavo orale. Devono comunque essere morbidi, omogenei e coesi (es. gnocchi di patate molto conditi, polenta, uova sode, agnolotti pere, banane,fragole ecc.) per garantire la compatezza del bolo durante il transito faringo-esofageo. I cibi semisolidi sono utilizzati nei primi tentativi di alimentazione per os in pazienti con disfagia neurogena e nei pazienti sottoposti a chirurgia parziale della laringe, necessitando di una preparazione orale poco pi che modesta (es. passati e frullati densi, omogeneizzati di carne o pesce, formaggi cremosi,budini, creme ecc.). I cibi semiliquidi facilitano lassunzione orale e la deglutizione faringea e risultano indicati nei pazienti sottoposti a chirurgia del cavo orale; necessitano di una preparazione orale modesta (es.gelato, passato di verdure, omogeneizzarti di frutta, yogurt, ecc.). I cibi liquidi richiedono una valida funzione sfinterica labiale e laringea e solitamente vengono reintrodotti per ultimi; i liquidi senza scorie non necessitano di preparazione orale (es. acqua, tisane senza zucchero, the, camomilla); anche i liquidi con scorie non necessitano di preparazione orale per, se aspirati, creano maggior effetti infiammatori sullapparato broncopolmonare (es. succo di frutta, latte ecc.). Bisogna infine ricordare che il cibo proposto al paziente disfagico deve essere costituito di particelle della stessa consistenza e dimensione (evitare quindi soprattutto nelle prime fasi della riabilitazione i cibi a doppia consistenza es. pasta in brodo!); inoltre il bolo deve determinare il minore attrito possibile sulle pareti del canale alimentare e deve risultare compatto.E preferibile lutilizzo di alimenti freddi o caldi aumentando in tal modo il controllo propriocettivo del bolo. Laspetto dei cibi deve essere curato e le portate mantenute separate anche se lassunzione limitata.
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E previsto lutilizzo di artifici per ottenere le consistenze alimentari desiderate: addensanti: gelatine, fecola di patate e farine cereali; diluenti: brodo vegetale, latte di soia, latte vaccino; lubrificanti: burro, margarina, olio di oliva, maionese e besciamella. In casi selezionati opportuno ricorrere alla risoluzione chirurgica della disfagia: in presenza di cicatrizzazioni di plastiche del tratto orofaringeo dopo interventi chirurgici; (interventi di sbrigliamento cicatriziale); in caso di gravi compromissioni del tono muscolare dellipofaringe e dellesofago cervicale nei pazienti sottoposti a laringectomia totale (faringospasmo) che oltre a provocare disfagia, condiziona in maniera determinante lacquisizione della voce erigmofonica; (miotomia del costrittore faringeo, neurectomia del plesso faringeo, tecniche farmacochirurgiche che prevedono liniezione di tossina botulinica per via per cutanea o endoscopica); in caso di disfagia indotta da malattie neurologiche estremamente gravi che inducono inalazione costante e conseguenti ripetute polmoniti ab-ingestis; (interventi di tiro-ioido-pessia o di plastica di ribaltamento dellepiglottide).

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LA PAPILLOMATOSI LARINGEA
A. Procaccini, L. Urbani, S. Lattanzi
U.O.C. di ORL - Azienda USL Rieti Ospedale Generale Provinciale S. Camillo de Lellis di Rieti

INTRODUZIONE La Papillomatosi Laringea (PL) la pi comune neoplasia benigna della laringe, tanto che fu identificata come tale gi alla fine dellottocento da Sir Morell Mackenzie (medico delle famiglie reali inglese e tedesca, illustre laringologo e, tra laltro, fondatore nel 1887 della prestigiosa rivista scientifica The Journal of Laryngology and Otology), ma nonostante la moltitudine di ricerche di tutti questi anni non si dispone ancora di alcuna terapia risolutiva di questa malattia (19). Lincidenza della papillomatosi laringea stimata negli U.S.A. in 4,3 nuovi casi su 100.000 bambini ed 1,8 nuovi casi su 100.000 adulti per anno, con una prevalenza di circa 5,7 casi per 100.000 abitanti (10). Tale dato sostanzialmente analogo a quello rilevato in uno studio danese del 1991 (20), che registr unincidenza di 3,6 casi per 100.000 bambini per anno. La malattia pu comparire a qualunque et, dalla nascita, nelle forme dette congenite, allet adulta, con una distribuzione bimodale lungo let. Il primo acme di diffusione della malattia si ha ad unet inferiore ai cinque anni (principalmente tra i 2 ed i 4 anni), il secondo picco di diffusione si verifica tra i 20 ed i 30 anni. Nellet infantile sembra che non ci sia prevalenza di morbilit tra i due sessi, mentre nellet adulta il sesso pi colpito il maschile in un rapporto di tre a due rispetto a quello femminile. I problemi posti dalla PL sono la frequente recidiva della malattia dopo il trattamento (exeresi chirurgica dei papillomi, associata o meno a terapie mediche coadiuvanti), linteressamento talvolta di altri distretti delle vie respiratorie (trachea, bronchi, polmoni), tanto da meritare la denominazione di Papillomatosi Respiratoria Ricorrente (RRP: Recurrent Respiratory Papillomatosis), e, infine, la rara degenerazione maligna in carcinoma. ANATOMIA PATOLOGICA Questa affezione si presenta macroscopicamente sotto forma di lesioni di dimensioni variabili, rossastre o grigio-rossastre o biancastre, esofitiche, vegetanti, in alcuni casi villose, di consistenza molle, friabili, con base di impianto pi o meno ampia, spesso molteplice. Sede preferita di tale proliferazione sono le corde vocali vere, dalle quali si pu estendere alle false corde, allepiglottide, allarea subglottica e, in rari casi, alla trachea, ai bronchi, alloro- e rinofaringe. Va peraltro rilevato che, sebbene i papillomi possano localizzarsi ovunque nella via aerodigestiva, sembra esserci una predilezione per aree dove c una giunzione tra epitelio squamoso ed epitelio ciliato (17). Queste aree incudono il limen vestibuli (giunzione tra il vestibolo nasale e la fossa nasale vera e propria), la faccia rinofaringea del palato molle, la zona mediana della faccia laringea dellepiglottide, i margini superiore ed inferiore del ventricolo di Morgagni, la faccia inferiore delle corde vocali, la carena e gli adiacenti monconi bronchiali prossimali. Inoltre, i papillomi possono localizzarsi anche nella regione del tracheostoma e nella trachea toracica in pazienti tracheotomizzati, dove lesioni abrasive 280

dellepitelio ciliato guariscono con la formazione di epitelio squamoso metaplastico che viene a creare una giunzione squamo-ciliare. Da un punto di vista istologico la lesione costituita da unimpalcatura vascolo-connettivale digitiforme, rivestita da epitelio piatto pluristratificato che presenta nella maggioranza dei casi aspetti di paracheratosi, coilocitosi (alterazione cellulare a falce caratterizzata dalla presenza di un ampio alone perinucleare) ed acantosi con scarsa tendenza allevoluzione cornea. Dal grado di corneificazione epiteliale dipende il colorito dei papillomi stessi. EZIOLOGIA Attualmente accertato che la PL causata da membri della famiglia virale del papilloma umano, ma in passato varie eziologie sono state proposte e via via confutate ed abbandonate. Tra queste vanno ricordate: lirritazione meccanica (teoria di Virchow), verificata in animali; la teoria infettiva specifica tramite bacillo di Koch, fondata sulla constatazione di analogia tra la tubercolosi verrucosa della laringe e la papillomatosi; la teoria ormonale, basata sul fatto che la maggior parte dei papillomi tende a regredire con la pubert; la teoria genetica, legata allesistenza di un cariotipo anormale in seno alle cellule papillomatose. Tutte queste teorie sono state attualmente abbandonate. La PL causata da sottotipi del virus del papilloma umano (HPV: Human Papilloma Virus), che un membro della famiglia dei virus Papova (5). un virus dalla forma di un icosaedro, fornito di una duplice catena circolare di genoma DNA e circondato da capside proteico esterno. Sono stati identificati pi di 70 sottotipi diversi di HPV, anche se le varianti nella sequenza del DNA sono, per molti, soltanto di lieve entit. I sottotipi di HPV che sono stati specificamente associati con i papillomi laringei sono lHPV 11, lHPV 6 e, pi raramente, lHPV 16. stato difficile dimostrare leziologia virale nella PL. Una eziologia infettiva fu, in via sperimentale, confermata da Ullmann, che nel 1923 iniett dei papillomi omogeneizzati dalla laringe di un bambino nellavambraccio del medesimo; in tale zona comparvero, circa 90 giorni dopo, delle lesioni simili a verruche. Nel 1924 sempre Ullmann riusc a compiere un trapianto di verruca vaginale ed orale in un cane partendo da un triturato cellulare di papilloma umano. Negli anni Cinquanta fu sospettata la causa virale e nel 1973 furono identificate, al microscopio elettronico, delle inclusioni intranucleari dalla forma di un icosaedro. Nel 1980 venne confermata la presenza dellHPV-DNA in papillomi laringei mediante tecniche di ibridazione e lo stesso virus fu identificato anche nel condiloma acuminato; tale constatazione indic che la stessa infezione poteva essere la causa di entrambe le malattie. Nel 1982 Mounts identific il genoma dellHPV, tipi 6 ed 11, in papillomi laringei. La possibilit di una contaminazione diretta nei casi di papillomatosi neonatale in bambini la cui madre era portatrice di condiloma vaginale durante la gestazione e nel momento del parto fu ipotizzata per la prima volta nel 1956 in seguito ad una PL in un bambino di 18 mesi, alla cui madre era stato diagnosticato un condiloma acuminato nellultimo trimestre di gravidanza. Studi retrospettivi hanno confermato che nel 50% circa delle madri di bambini colpiti dallHPV stata messa in evidenza una pregressa o attiva infezione genitale da HPV (18). Successivi studi di verifica sulla possibilit di contaminazione diretta del virus dimostrarono che il 50% dei bambini nati da madri con HPV del collo dellutero durante la gravidanza presentavano HPV-DNA nella cavit nasofaringea, ma che, tuttavia, nessuno di loro sviluppava una PL; questo induce a pensare che, anche in caso di contaminazione
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diretta, la manifestazione della malattia sia multifattoriale. stata ipotizzata anche la possibilit di una diffusione nellutero dellHPV per contiguit o per via ematogena; tale ipotesi stata avvalorata dalla dimostrazione della presenza dellHPV-DNA nel sangue del cordone ombelicale di neonati partoriti da madri con infezioni asintomatiche da HPV e della presenza dellHPV in campioni di liquido amniotico prelevati da madri infette. SINTOMATOLOGIA Il sintomo di esordio la raucedine, la flebilit del pianto e, soprattutto, la disfonia, che molto spesso, specie nei bambini molto piccoli, viene sottovalutata, con notevoli ritardi nella diagnosi. In un bambino, ma anche nell adulto, una disfonia che duri per pi di tre settimane deve comportare uno studio della laringe. A volte nelladulto la patologia pu esordire con sensazione di globo faringeo. Con laumentare del volume delle formazioni papillomatose si possono presentare tosse cronica, mancata crescita, infezioni ricorrenti delle vie respiratorie, tachipnea, contrazioni toraciche e dispnea da ostruzione delle prime vie aeree, che pu diventare tanto grave da richiedere una tracheotomia. DIAGNOSI La diagnosi non pone solitamente particolari problemi e si basa sullanamnesi, lesame obiettivo generale, lendoscopia e, limitatamente ad alcuni casi, la diagnostica per immagini. Anamnesi: una disfonia od uno stridore persistenti o progressivi, talvolta con possibile sviluppo di distress respiratorio, caratterizzano il bambino con PL o RRP allesordio clinico. Sintomi associati come difficolt di alimentazione, sintomi allergici, abuso vocale ed il dato anamnestico di inalazione di corpi estranei possono aiutare nella diagnosi differenziale. Esame obiettivo generale: lobiettivit del paziente varia a seconda della sede e della dimensione del papilloma (o dei papillomi). Va rilevata la qualit della voce, la presenza di stridore, luso dei muscoli respiratori accessori, la saturazione in ossigeno a riposo ed il livello di distress respiratorio. La presenza di anomalie congenite, come ad esempio gli emangiomi cutanei, pu aiutare a distinguere la papillomatosi da altre patologie. Endoscopia: lispezione endoscopica della laringe conferma normalmente lipotesi diagnostica di PL. La laringoscopia indiretta di solito eseguibile solo nelladulto o in bambini pi grandi di et, mentre nei neonati o nei bambini pi piccoli necessario effettuare una fibrolaringoscopia con fibroscopio flessibile previa anestesia di superficie della mucosa nasale con lidocaina o sostanze similari. La diagnosi viene, comunque, sempre confermata in sala operatoria (o posta in questa sede nei casi in cui risulti difficile od impossibile eseguire la fibrolaringoscopia) mediante laringoscopia diretta in sospensione con microscopio (microlaringoscopia) in anestesia generale, durante la quale si possono effettuare prelievi bioptici mirati ed eventualmente eseguire il trattamento ablativo delle lesioni papillomatose. Diagnostica per immagini: il suo ruolo molto limitato. Una fluoroscopia delle vie aeree con bario pu essere utile per escludere altre ipotesi diagnostiche come corpi estranei, reflusso gastro-esofageo e laringomalacia. La TC o la RMN non vengono mai utilizzate per la diagnosi iniziale, ma possono essere utili per valutare leventuale estensione distale (bronco-polmonare) della patologia. DECORSO CLINICO Il decorso di questa patologia caratterizzato da frequenti recidive ed aggravamenti che comportano la necessit di ripetute e frequenti laringoscopie e broncoscopie per lablazione delle formazioni papillomatose a rapido sviluppo e per evitare cos lostruzione delle vie aeree.
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Di solito levoluzione spontanea favorevole sia che si tratti di forme in apparenza poco evolutive, in cui le recidive sono intervallate da lunghi periodi di benessere, sia che si tratti di forme aggressive, riscontrate in genere nei soggetti in cui linsorgenza della malattia pi precoce, in cui le recidive sono frequenti e floride (13). Qualunque sia la forma iniziale, in genere levoluzione verso la guarigione. Tale evoluzione venne attribuita in passato alleffetto positivo del cambiamento ormonale, verificandosi in genere la scomparsa dei papillomi intorno alla pubert. Recenti studi escludono tale possibilit, anzi stata dimostrata la presenza di HPV nella mucosa apparentemente normale del tratto aero-digestivo di soggetti che sono andati incontro a remissione della malattia. Comunque, anche se di solito levoluzione della malattia verso la guarigione spontanea, in alcuni casi in ogni momento possibile, senza cause riconosciute, levoluzione verso una prognosi sfavorevole con un interessamento della trachea, dei bronchi e dei polmoni (34). Si pensa che lHPV 11 abbia una maggiore propensione per una diffusione distale polmonare e che, inoltre, atti terapeutici, come la tracheotomia o i ripetuti interventi endolaringei di ablazione, possano favorire linseminazione distale dei papillomi. Linteressamento tracheo-bronco-polmonare si verifica, secondo i vari autori, in una percentuale che va dal 2 al 4%; radiologicamente si presenta sotto forma di opacit rotondeggianti, dense, omogenee, disseminate, che evolvono spontaneamente verso una colliquazione secondaria. A volte vengono scoperte in seguito ad esami radiologici routinari, e questo pone il problema della reale frequenza di tale interessamento. Queste localizzazioni diffuse, multifocali, sono di norma poco accessibili alla terapia e gravano pesantemente sulla prognosi della malattia papillomatosa. Altra causa di evoluzione prognostica sfavorevole la degenerazione maligna della papillomatosi laringea, evento raro ma estremamente grave. La maggior parte dei casi descritti riguardano pazienti adulti e sono stati associati ad altri fattori di rischio, come luso del tabacco, malattie di lunga durata e precedenti esposizioni a radiazioni per papillomatosi trattate con radioterapia. Sembra inoltre che la trasformazione maligna si verifichi con maggiore probabilit con lHPV 16, ma anche il 6 e l11 sono capaci di trasformare oncologicamente i caratteri di una coltura cellulare. Prima della degenerazione maligna, i papillomi mostrano livelli crescenti di atipia, un aumento dellindice nucleo-citoplasmatico, dellipercromatismo nucleare e della agglutinazione cromatinica. Negli adulti la degenerazione maligna di solito a carico della laringe, mentre nei bambini il tumore si sviluppa a carico dellalbero bronco-polmonare. Le ultime teorie circa il meccanismo della trasformazione maligna fanno riferimento alle oncoproteine E6 ed E7. I tipi 6 ed 11 dellHPV provocano unalterazione delle oncoproteine E6 ed E7, che sono coinvolte nellalterata regolazione della crescita cellulare, attraverso la loro capacit di rendere inattive le proteine p53 ed il retinoblastoma prodotto dal gene pRb, che sono dei tumor-suppressor. La inattivazione dei geni tumor-suppressor ha come conseguenza la perdita del controllo sulla proliferazione cellulare e contribuisce cos allo sviluppo del fenotipo oncogenetico; sta diventando sempre pi evidente che le proteine E6 ed E7 hanno la funzione di favorire la genesi dei tumori attraverso integrazioni dirette con le proteine che regolano il ciclo cellulare (28). TRATTAMENTO Nel trattamento della papillomatosi laringea bisogna distinguere due tipi di intervento: i trattamenti sintomatici, essenzialmente chirurgici, ed i trattamenti con finalit risolutiva, essenzialmente medici, in particolare per le forme con frequenti recidive.
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Nel trattamento chirurgico della papillomatosi laringea sono state impiegate varie tecniche: asportazione con pinza in laringoscopia indiretta, elettrocauterizzazione, criochirurgia, asportazione diretta in laringofissura, asportazione endoscopica in microlaringoscopia in sospensione. Attualmente la tecnica preferita dalla gran parte dei chirurghi la laserchirurgia endoscopica, per lalta precisione ed il controllo emostatico che tale tecnica consente (30). Sono preferiti i laser ad anidride carbonica perch hanno un basso coefficiente di estinzione e producono pochissimo danno termico ai tessuti circostanti. Lintervento viene effettuato in anestesia generale. Sono state proposte varie tecniche di anestesia per ottenere il massimo di sicurezza e la massima esposizione del campo operatorio: anestesia inalatoria con endoscopia in respirazione spontanea, soprattutto nei bambini; tecniche di ventilazione forzata con tubi sottili o attraverso laringoscopio (jet ventilation); la classica tecnica di intubazione orotracheale con rilassamento del paziente. In questultimo caso occorre porre molta attenzione date le difficolt che si possono incontrare allintubazione per la presenza di esuberanti formazioni papillomatose o per alterazioni anatomiche legate a precedenti interventi di asportazione dei papillomi (25). Si usano tubi sottili, non infiammabili, muniti di cuffia autogonfiabile. La presenza del tubo consente di evitare la inalazione del fumo di vaporizzazione dei frammenti necrotici e di possibile materiale ematico. Sono necessarie tutte le classiche attenzioni che si debbono avere con luso del laser (applicazione di garza bagnata a protezione dei tessuti posti al di sotto del campo di azione del raggio laser, copertura del volto del paziente o con garze bagnate, occhiali per il personale di sala operatoria). Lintervento viene condotto dal basso verso lalto, asportando i papillomi situati sulle corde vocali, partendo dalla commissura anteriore, e cercando di conservare a tale livello un paio di millimetri di mucosa indenne, almeno da un lato, per evitare la comparsa di sinechie postoperatorie. Si passa successivamente ad asportare i papillomi situati sul pavimento e sul fondo del ventricolo, nelladitus e nella regione posteriore della laringe. Opportune manovre di variazione del posizionamento del laringoscopio, e di compressione esterna da parte dellaiuto operatore, favoriscono una maggiore esposizione e visualizzazione delle regioni da aggredire. I papillomi pi piccoli possono essere vaporizzati con raggio laser diretto frontalmente alla lesione, quelli pi grandi possono essere asportati con raggio laser diretto tangenzialmente alla base di impianto, mentre la neoformazione viene stirata lateralmente dal tubo di aspirazione. I papillomi pi voluminosi possono essere asportati con pinza e la loro base di impianto vaporizzata con raggio laser diretto frontalmente. da ricordare la tecnica di fotosensibilizzazione con laser ad argon e derivati delle ematoporfirine, denominata terapia fotodinamica (1, 6). Derivati delle ematoporfirine vengono somministrati in perfusione due giorni prima del trattamento laser: tali sostanze hanno una particolare affinit per i tessuti iperplastico-neoplastici e si concentrano nelle loro cellule; la successiva loro attivazione da parte della luce laser con lunghezza donda appropriata porta alla distruzione delle cellule che le contengono. Tale tecnica viene praticata anche con il Dye Laser (neodimio Yag) e sembra che sia particolarmente efficace, con elevate percentuali di guarigione e buoni risultati funzionali (21). Purtroppo i derivati delle ematoporfirine oggi disponibili causano gravi reazioni cutanee da fotosensibilizzazione, anche a lunga distanza di tempo ed anche per la semplice esposizione alla luce del giorno, per cui la loro utilizzazione routinaria non consigliabile. Di recente, per, la terapia fotodinamica ha avuto un nuovo impulso dalla introduzione di un nuovo agente fotosensibilizzante, il Foscan, il cui principio attivo la temoporfina, che si concentra nei tessuti tumorali in seguito ad esposizione a luce di lunghezza donda di 652 nm dopo
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somministrazione endovenosa e che presenta rischi di fototossicit molto pi limitati (16). Una tecnica relativamente nuova usata nella rimozione dei papillomi costituita dalluso di bisturi a radiofrequenza (coblation), che sembra possa evitare i pur modesti danni termici e ledema conseguenti alluso del laser CO2 (8, 23). Lo stesso vantaggio possiede lablazione con microdebrider, che inoltre risulta pi rapida dellexeresi con laser e che perci sta diffondendosi sempre pi fino ad aver soppiantato il laser CO2 come metodica ablativa preferita nei bambini (29). Nonostante la radicalit del trattamento, comunque, la recidiva la norma. Questo comporta la necessit di reiterati interventi con la possibilit, a volte, di dover ricorrere ad una tracheotomia. Tale intervento , finch possibile, da evitare, per la riconosciuta possibilit di colonizzazione da parte dei papillomi della zona del tracheostoma e dellalbero tracheobronchiale. La possibilit di colonizzazione dellalbero tracheobronchiale stata ipotizzata anche come conseguenza delle ripetute intubazioni. La necessit di allungare il pi possibile gli intervalli di tempo fra lasportazione chirurgica dei papillomi e la possibilit di risoluzione medica completa hanno spinto molti ricercatori ad individuare terapie coadiuvanti o risolutive della malattia. Alcune metodiche usate in passato, ma che non sono riuscite a fornire benefici apprezzabili, comprendono lapplicazione degli ultrasuoni, la criochirurgia, alcuni antibiotici, gli steroidi, le linfochine, lirradiazione. Studi recenti hanno fornito la possibilit di individuare terapie coadiuvanti nel controllo della papillomatosi e delle sue recidive, anche se nessuna stata finora in grado di eradicare il genoma dellHPV dai tessuti interessati (4). Queste terapie di supporto comprendono linterferone alfa, laciclovir, lindolo-3-carbinolo, lacido retinoico, il metotressato, il cidofovir. Linterferone (IFN) alfa sicuramente la sostanza pi studiata e, bench non abbia una attivit antivirale diretta, provoca la sintesi di enzimi intracellulari che inibiscono la crescita virale, ha propriet antiproliferative su cellule tumorali coltivate in vitro ed unazione immunomodulante. E prodotto dal sistema reticoloendoteliale in risposta ad infezioni virali od a vari induttori biologici o sintetici. Esistono altri interferoni distinti in base al tipo di induzione, definiti beta e gamma, la cui attivit nella papillomatosi laringea stata poco studiata. Discordanti sono i dati sulla reale efficacia delllFN alfa a seconda dei vari autori: ad affermazioni di guarigione clinica della papillomatosi, dopo trattamento con IFN alfa per sei mesi, nel 30-50% dei casi e di una risoluzione parziale nel 20-40%, se ne contrappongono altre di solo rallentamento della crescita dei papillomi nei primi sei mesi di trattamento (11). La difficolt di comprendere la reale efficacia di tale sostanza nella cura della papillomatosi dipende da molte variabili cliniche, tra cui la dose e la durata del trattamento, il programma di studio, la scelta dei pazienti, la durata del controllo a distanza. comunque accertato che lIFN non in grado di eradicare il genoma dellHPV dalle cellule di mucose che, peraltro, possono anche avere un aspetto normale, ed ecco quindi la possibilit di recidive. Attualmente la terapia con interferone alfa raccomandata in quei pazienti in cui sono necessari, durante lanno, quattro o pi interventi chirurgici di ablazione dei papillomi; la durata minima del trattamento di sei mesi, ma dovrebbe essere proseguita se non compaiono evidenti miglioramenti del quadro clinico. Gli effetti collaterali pi comuni sono rappresentati da una sindrome di tipo influenzale con febbre, astenia, malessere, mialgie. Per limitare tali fastidi, fino a quando non si sia sviluppata una tolleranza al farmaco, si preferisce somministrare lo stesso durante la notte.
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Altra sostanza che sembra essere in grado di ridurre le recidive della papillomatosi laciclovir (14), sostanza nucleosidica analoga alla purina che inibisce la riproduzione del DNA del virus Herpes Simplex umano (HSV). Il meccanismo di azione di tale farmaco sconosciuto. stato per dimostrato che nel 40% dei bambini e nel 50% degli adulti affetti da PL vi una infezione associata da HSV. Si supposto allora che lHSV sia in grado di accrescere la capacit di riproduzione dellHPV e che di conseguenza la sua inibizione da parte dell aciclovir comporti, indirettamente, il rallentamento della crescita dellHPV. Lindolo-3-carbinolo (I-3-C) un derivato delle piante crocifere (cavolo, broccolo, cavoletto di Bruxelles) e si ritiene che la sua capacit di rallentare la crescita dei papillomi sia legata alla sua influenza sul metabolismo dellestradiolo. LI-3-C un potente induttore del citocromo p450, responsabile del metabolismo degli estrogeni, in quanto, alterando la localizzazione dellidrossilazione dellestradiolo, fa diminuire la produzione dellidrossiestrone-alfa 16 (che induce liperproliferazione delle cellule epiteliali) e fa aumentare la produzione dellidrossiestrone-2 (che ha effetto antiproliferativo nella terapia dei tumori della mammella). Lazione dellI-3-C sui papillomi della laringe stata studiata attraverso il confronto della crescita dellHPV 11, iniettato sotto la capsula renale di ratti, sottoposti a dieta controllata, rispetto alla stessa crescita in ratti sottoposti alla stessa dieta controllata arricchita con I-3C. I papillomi si svilupparono in tutti i ratti sottoposti a dieta controllata, ma solo nel 25% di quelli trattati con dieta arricchita con I-3-C. I risultati iniziali nella sperimentazione sulluomo, in forma di supporto dietetico, sono incoraggianti (9). Lacido retinoico, derivato della vitamina A, stato usato, come terapia coadiuvante, nel trattamento della papillomatosi (2). Questa sostanza gioca un ruolo importante nella differenziazione delle cellule epiteliali controllando la produzione di cheratina, inducendo il blocco della iperplasia epiteliale e inibendo i processi di differenziazione anomala dellepitelio. I risultati delle sperimentazioni sono molto contrastanti: qualche risultato incoraggiante stato ottenuto in associazione con linterferone alfa, ma frequenti sono gli effetti collaterali come la secchezza della pelle e la cheilite, che possono costringere alla sospensione del trattamento. Il metotressato un antiblastico che agisce attraverso linibizione della riduttasi diidrofolato e conseguentemente della sintesi del DNA. Tutte le cellule in attiva proliferazione, come quelle infettate dallHPV, sono pi sensibili allazione del farmaco rispetto alle cellule normali, quindi dovrebbero essere elettivamente distrutte. Anche in questo caso, per, scarse sono state le sperimentazioni ed estremamente contraddittori i risultati. Pi recentemente stato proposto un trattamento locale dei papillomi con cidofovir (22), farmaco antivirale (chimicamente un analogo nucleotidico della citidina) che agisce inibendo selettivamente la sintesi del DNA virale con un duplice meccanismo: inibizione della DNA polimerasi virale e competizione con il substrato naturale dellenzima. Infatti, studi sperimentali avevano dimostrato un effetto inibitore del cidofovir sulla crescita delle neoformazioni provocate dallHPV. Studi realizzati in Belgio hanno dimostrato che, in gravi forme di papillomatosi respiratoria, liniezione diretta del farmaco, in microlaringoscopia, sulle lesioni papillomatose ha portato a guarigione clinica 14 pazienti sui 17 trattati dopo circa 14 mesi di cura (31). Attualmente sono in corso studi multicentrici per testare la reale efficacia per uso topico intralesionale del cidofovir. Sembra, inoltre, che la somministrazione sistemica del cidofovir in casi di PL grave recidivante e con diffusione distale broncopolmonare si sia dimostrata efficace senza comportare effetti collaterali importanti (33), tenendo conto che tale farmaco possiede una non trascurabile tossicit sistemica (nefrotossicit in particolare). Anche la potenziale tossicit locale, peraltro, conseguente al citato uso topico
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intralesionale, specie se ripetuto, oggetto di recentissimi studi sperimentali (3) che tendono a valutare gli effetti istopatologici del cidofovir a diverse concentrazioni sulle cartilagini laringee e sui tessuti molli circostanti ed a stabilire, quindi, la concentrazione e la dose totale ottimali del farmaco per un uso efficace e al tempo stesso sicuro. E stata notata unassociazione tra reflusso gastro-esofageo (GERD) e PL ricorrente in et pediatrica: sembra che il reflusso possa quanto meno aggravare il decorso della papillomatosi rendendo pi frequenti le recidive o provocando esiti cicatriziali sfavorevoli a seguito della chirurgia ablativa, poich la terapia medica per il reflusso con gli inibitori di pompa protonica si dimostrata efficace nel diminuire significativamente la loro frequenza (7). Oltre alle terapie adiuvanti sopra illustrate, vengono usate, con risultati non controllati, altre sostanze farmacologiche naturali o di sintesi (16) fra cui ricordiamo in particolare: il betamannan, un beta-glicano che viene estratto da una pianta, lAloe Vera; lartemisinina, sostanza estratta da una pianta cinese (lArtemesia Annua) che viene usata nel trattamento della malaria ed avrebbe anche propriet antitumorali; il celecoxib, sostanza appartenente alla classe degli inibitori specifici della ciclossigenasi-2 (COX-2), isoenzima presente in corso di infiammazione. E in corso uno studio multicentrico negli U.S.A. volto a verificare lefficacia di questo farmaco nella RRP essendosi gi dimostrato efficace nel trattamento di altri tumori benigni (in particolare polipi intestinali: negli USA il celecoxib indicato nei pazienti con poliposi adenomatosa familiare). Anche se le terapie ricordate hanno talvolta ridotto in modo significativo la frequenza delle recidive dei papillomi, tuttavia non sono state capaci di eradicare il genoma dellHPV dalle cellule della mucosa delle vie respiratorie. Le terapie che alimentano le maggiori speranze per la guarigione dalla PL sono quelle immunitarie che si basano sui vaccini contro lHPV sia terapeutici che profilattici e che sono attualmente in fase di sperimentazione. E stata gi condotta con risultati incoraggianti su un campione di bambini affetti da RRP una sperimentazione clinica di fase 2 con un nuovo farmaco denominato HspE7, costituito da una proteina ricombinante derivante dalla fusione dellantigene E7 dellHPV-16 e della heat shock protein Hsp65 del Micobacterium BovisBCG, ed attualmente in corso la sperimentazione di fase 3 (12). Altri 2 vaccini terapeutici contro lHPV che utilizzano le proteine E6 ed E7 dellHPV-16 e dellHPV-18 sono in fase 2 di sperimentazione, mentre almeno 2 vaccini profilattici sono in fase 3 di sperimentazione ed uno di essi quadrivalente basandosi su antigeni dellHPV-6, 11, 16 e 18 (35). La maggiore applicabilit verrebbe da vaccini che posseggano sia propriet profilattiche che terapeutiche ed in questo senso stanno convergendo le ricerche biotecnologiche, che hanno prodotto dei candidati vaccini la cui sicurezza stata gi testata ma la cui immunogenicit ed efficacia deve ancora essere dimostrata. Va infine ricordata, in tema di vaccini, la somministrazione intralesionale, associata al trattamento ablativo con laser dei papillomi, di vaccino contro la parotite o, pi di recente, di vaccino trivalente contro la parotite, il morbillo e la rosolia, i cui effetti positivi sullinduzione della remissione nella RRP sono stati descritti ma non sono stati delucidati (24). CONCLUSIONI In conclusione, la papillomatosi laringea recidivante, causata dai sottotipi 6, 11 ed occasionalmente 16 dellHPV, sia nella forma giovanile che in quella delladulto rimane ancora oggi un problema aperto e di difficile risoluzione terapeutica. Resta ancora molto da capire sui meccanismi della trasmissione virale e sulle manifestazioni della malattia in neonati partoriti da madri con infezioni da HPV nel collo dellutero. Caratterizzata da un
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inesorabile sviluppo delle lesioni papillomatose, la patologia viene spesso misconosciuta dato che, trattandosi di bambini, confusa con altre malattie delle vie respiratorie. Anche se levoluzione della malattia verso la guarigione spontanea, lostruzione delle vie respiratorie da parte dei papillomi pu comportare situazioni temibili, talora con la necessit di effettuare la tracheotomia, e persino letali. Il cardine del trattamento della PL costituito dallexeresi chirurgica dei papillomi, attualmente in genere eseguita con laser CO2 o con microdebrider in microlaringoscopia, che rimane al momento la terapia di elezione. Ma, nonostante unampia radicalit chirurgica, i papillomi tendono a recidivare frequentemente, come gi ricordato. Ci ha portato a sperimentare le diverse terapie mediche coadiuvanti precedentemente illustrate. Fratutte quelle proposte per, anche se molte hanno dimostrato di ridurre la frequenza delle recidive, nessuna finora si mostrata in grado di debellare completamente la malattia. Tra queste la pi efficace sembra essere liniezione intralesionale di cidofovir associata al trattamento chirurgico (22). A latere della ricerca sui trattamenti medici coadiuvanti, tuttavia, la ricerca sulla fisiopatologia della PL pu portare importanti contributi anche in una prospettiva diagnostica di secondo livello, per cercare di identificare quei pazienti pi suscettibili alle recidive, sui quali dovr essere concentrata la massima attenzione nel follow-up posttrattamento e per i quali dovr porsi prioritariamente lindicazione per terapie mediche di supporto, nonch quei pazienti che possono presentare un rischio pi elevato di degenerazione maligna della patologia. In questa prospettiva, nei pazienti con papillomatosi laringea o respiratoria gi accertata e specie in occasione della prima recidiva, la strategia diagnostica dovrebbe prevedere i seguenti ulteriori accertamenti, attualmente gi eseguibili od ipotizzabili a breve scadenza a seguito di ulteriori conferme sperimentali: la ricerca e tipizzazione dellHPV, mediante analisi immunoistochimiche e ricerca del DNA virale con PCR (Polymerase Chain Reaction), tenendo conto che il sottotipo HPV 11 tende ad avere un atteggiamento pi aggressivo (27) mentre il sottotipo HPV 16 determina pi spesso la trasformazione maligna dei papillomi in carcinomi squamosi; la ricerca dellallele HLA DRB1*0301 su uno dei geni del complesso maggiore di istocompatibilit di classe II, dal momento che stata identificata una associazione genetica tra tale allele e la suscettibilit alle recidive nella papillomatosi respiratoria ricorrente (15); la misurazione dei livelli di TAP-1, una proteina che costituisce uno dei trasportatori associati al processamento degli antigeni e che sembra rivelare una sottoregolazione nei pazienti affetti da RRP in forma molto aggressiva e rapidamente progressiva (32). Questo dato, assieme al rilievo sperimentale di unaumento dellespressione di TAP1 indotto dallinterferone gamma, apre una promettente prospettiva diagnosticoterapeutica; la ricerca ed il dosaggio della survivina nei papillomi asportati chirurgicamente. Infatti la survivina, proteina inibitrice dellapoptosi, risulta assente nel tessuto laringeo sano ed abbondante invece nei papillomi, con una spiccata sovraespressione nel tessuto papillomatoso che va incontro a trasformazione maligna (26).

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NEOFORMAZIONI DELLE GHIANDOLE SALIVARI


M.G.Vigili
U.O.C. di Otorinolaringoiatria - Ospedale S. Carlo IDI - Roma

INTRODUZIONE Lesigenza di pervenire ad una diagnosi preoperatoria il pi possibile dettagliata particolarmente importante nella chirurgia della ghiandole salivari maggiori, sia per permettere una corretta programmazione terapeutica dei tempi di intervento, sia soprattutto per la necessit di attuare interventi conservativi in una regione di indiscussa importanza estetico funzionale. La presentazione clinica di una neoformazione delle ghiandole salivari si manifesta con la comparsa di un nodulo nella regione parotidea o sottomandibolare ed solitamente molto simile, indipendentemente dalla sua natura. Spesso il paziente riferisce di avere notato da tempo la comparsa di una piccola tumefazione, cui lui stesso ed il medico di famiglia non avevano dato importanza. Quello che spinge a rivolgersi allo specialista il fatto che ad un certo punto la neoformazione aumenta di volume e comincia a dare genericamente fastidio. Solitamente non vi dolore, n vi sono parestesie od ipoestesie della regione. La paralisi del nervo facciale rara come manifestazione iniziale di malattia e, quando presente, sempre indicativa di patologia maligna. Dal punto di vista obiettivo il nodulo parotideo pu avere caratteri diversi. La sede pi frequente langolo retromandibolare. Le dimensioni variano da circa 1 cm fino a lesioni anche di parecchi centimetri e la consistenza generalmente aumentata rispetto al normale parenchima. Pur non riscontrandosi spesso caratteri clinico obiettivi assolutamente dissimili tra patologia maligna e benigna, la neoformazione di natura benigna solitamente mobile sui piani profondi e superficiali, di consistenza teso-elastica alla palpazione, mentre nel caso di forme sospette per patologia maligna la consistenza generalmente dura e la fissit maggiore; vi possono essere pi facilmente adenopatie satelliti. Caratteristiche clinicoobiettive analoghe si riscontrano a livello delle ghiandole sottomandibolari. La diagnostica differenziale con la patologia infiammatoria facile, in quanto tale patologia nella parotide pi rara e si accompagna ad un aumento volumetrico generalizzato e meno definito dellintera ghiandola, oltre alla presenza dei segni clinico-laboratoristici della flogosi. La scialolitiasi, viceversa, appare molto pi frequente a livello sottomandibolare (80%) ed caratterizzata classicamente da tumefazione dolorosa della ghiandola che compare rapidamente dopo stimolo gustativo, accompagnata, almeno inizialmente, da sintomatologia dolorosa (colica salivare). CLASSIFICAZIONE La patologia non oncologica delle ghiandole salivari assai eterogenea e manca a tuttoggi un classificazione univoca e soddisfacente. Tra le varie classificazioni proposte per la patologia parotidea, ai fini pratici riteniamo utile ricorrere a quella utilizzata da Piemonte e Miani (12) lievemente modificata 291

Patolgia Cistica : cisti congenite:

cisti acquisite: Patologia degenerativa: Parotidosi

parotide policistica scialectasie congenite cisti dermoidi cisti branchiali cisti duttali cisti linfoepiteliali

Patologia litiasica Scialolitiasi parotidea Patologia disfunzionale Scialorrea Patologia Flogistica acuta: cronica: parotite batterica aspecifica: parotite cronica recidivante specifica: tbc lue actinomicosi di n.d.d.: sarcoidosi M.di Kusssmaul (scialodochite fibrinosa)

Patologia Immunitaria S. di Sjogren Patologia Traumatica Altre parotidopatie: Patologia Tumorale: pneumoparotite ipertrofia benigna Benigna Maligna

Lesame della tabella consente di sottolineare che solo alcune affezioni non neoplastiche della parotide sono suscettibili di terapia chirurgica e che, anche in questi casi, solo raramente lintervento chirurgico pu essere adottato come provvedimento elettivo in prima istanza. Lindicazione chirurgica e quindi la necessit di una diagnosi di natura, ma anche di una precisa definizione spaziale, viene posta sostanzialmente nei casi di cisti acquisite (cisti duttali e cisti linfoepiteliali) di ostruzione sintomatica del sistema di escrezione duttale (scialolitiasi, malattia di Kussmaul), nei casi di complicanze (ascessi e fistole) di malattie flogistiche non suscettibili di terapia medica (actinomicosi, tbc, m. di Sjogren), nei casi di neoformazioni di natura imprecisabile se non dopo un esame istologico su pezzo operatorio (tbc profonda, sarcoidosi) e nei casi di patologia traumatica acuta. Lincidenza dei tumori delle ghiandole salivari relativamente bassa, rappresentando globalmente circa il 3% dei tumori della testa e del collo (6, 11). I tre quarti sono benigni e tra essi ladenoma pleomorfo (A.P.) di gran lunga il pi frequente (81% dei tumori epiteliali benigni e tra il 50 ed il 70% dei tumori salivari). E pi raro a livello della ghiandola 292

sottomandibolare (10%) ed eccezionale a livello della ghiandola sottolinguale. Macroscopicamente LA.P. spesso si presenta come una formazione rotondeggiante, bozzoluta in superficie ed apparentemente capsulata. Limportanza di una diagnosi preoperatoria risiede nella necessit di programmare un intervento radicale (parotidectomia superficiale o totale e non enucleoresezione), sia per evitare il rischio di rottura capsulare con recidiva plurifocale di malattia a distanza di tempo (20), sia per la possibilit di una trasformazione maligna delladenoma pleomorfo valutata in Letteratura fra 3 e 12 % (7,20) Tra gli altri istotipi vanno ricordati l adenoma monomorfo (10-15% dei tumori parotidei), unifocale, a lenta crescita, di dimensioni ridotte; il cistoadenolinfoma o tumore di Whartin (14% dei tumori benigni e tra il 5 e 10 % di tutti i tumori) arrotondato, liscio, talora bilaterale, con frequenti pouss infiammatorie che evolvono verso lascessualizzazione e discussa possibilit di trasformazione maligna; ladenoma ossifilo od oncocitoma. (1% dei tumori benigni), pi frequente nellanziano; ladenoma basocellulare (2% dei tumori salivari), mobile, non dolente; e molto rari, ladenoma a cellule chiare, ladenoma tubulare o trabecolare e ladenoma e cellule sebacee. Rare nelladulto, ma relativamente frequenti nel bambino (50% dei tumori delle ghiandole salivari dellet pediatrica) sono a) tumori vascolari benigni: lemangioma, il linfangioma, lemolinfangioma; b) tumori dei nervi: il neurinoma del nervo facciale ed i neurofibromi; c) tumori connettivali: gli emangiopericitomi, i fibromi ed i condromi; d) il lipoma. I tumori maligni rappresentano dall8 al 18% dei tumori delle ghiandole salivari (16) e sono distinti in forme ad alto rischio e basso rischio per aggressivit locale, metastatizzazione linfonodale, tendenza a dare paralisi del nervo facciale. Appartengono al primo gruppo il carcinoma mucoepidermoide ad alto grado di malignit (5% dei tumori dei tumori delle ghiandole salivari, 44% dei tumori maligni) ; il carcinoma ex adenoma pleomorfo (17% dei tumori delle ghiandole salivari e 23% dei tumori maligni); lAdenocarcinoma (10% dei tumori maligni), il carcinoma epidermoidale (7%), pi frequente nellanziano e nella sottomandibolare, con la variante indifferenziata del carcinoma basaloide ed il carcinoma indifferenziato, caratterizzato da elevata tendenza a metastatizzare e da una prognosi infausta. In tutte queste forme ad alto rischio la programmazione chirurgica prevede una parotidectomia totale, conservativa, se il nervo facciale non infiltrato, e, nello stesso tempo, uno svuotamento latero cervicale radicale modificato completo (Livelli I-V). I tumori a basso rischio, nei quali generalmente sufficiente una parotidectomia totale senza svuotamento latero cervicale, sono costituiti da: Carcinoma a cellule Aciniche (1-2 % dei tumori salivari, il 12% dei tumori maligni), Carcinoma Adenoide Cistico o Cilindroma, (3-6% dei tumori salivari e 9% dei tumori maligni), frequente anche a livello della sottomandibolare. Tra le forme non epiteliali, i sarcomi, eccezionali a livello delle ghiandole salivari ed i linfomi, pi frequenti nei soggetti anziani. Vanno ricordate le metastasi intraparotidee dei carcinomi cervicofacciali (80%) il pi spesso cutanei, melanomi e tumori orofaringei, ed a volte di tumori extracervicofacciali viscerali quali polmone (25%), rene (45%), colon retto (15%), mammella (9%), prostata, stomaco ed utero (6%). STRATEGIA DIAGNOSTICA Di fronte ad una neoformazione nodulare delle ghiandole salivari, in assenza di elementi clinico obiettivi che indichino una patologia flogistica o litiasica, i quesiti essenziali cui liter diagnostico deve rispondere sono i seguenti: a) lappartenenza della lesione alla ghiandola (diagnosi differenziale con i linfonodi intra e periparotidei); b) la natura benigna o maligna della lesione;
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c) la sua posizione nellambito della ghiandola parotide (lobo profondo o superficiale); d) le sue dimensioni e rapporti con le strutture viciniori, in particolare il nervo facciale, lo spazio parafaringeo e la carotide; e) lesistenza nella ghiandola di eventuali altre neoformazioni con le stesse caratteristiche o con caratteristiche diverse; f ) la presenza nelle aree loco-regionali di drenaggio di linfonodi e le loro caratteristiche obiettive. Dopo lesame clinico-palpatorio della ghiandola, la metodica che in grado di fornirci una risposta attendibile alla maggior parte dei quesiti e lesame ecotomografico. La ghiandola parotide, per la sua posizione superficiale e per la struttura parenchimatosa, che ha caratteristiche di impedenza acustica differenti dalle formazioni circostanti, risulta ben indagabile allesame ecotomografico apparendo costituita da fini echi omogeneamente distribuiti (3,17). La metodica ecografica ha il vantaggio di essere un esame non invasivo, rapido, a costo relativamente basso, facilmente ripetibile. Bilaterale e comparativa, lecografia viene effettuata con una sonda ad alta risoluzione di 7.5 Mhz. Consente una valutazione morfologica accurata con differenziazione precisa fra masse solide e cistiche; in grado di precisare la natura intra od extraghiandolare della lesione nel 100% dei casi; misura con buona attendibilit le dimensioni di noduli da 5 mm fino a 3 cm di diametro ed i rapporti di vicinanza con le altre strutture anatomiche. Lindagine consente di visualizzare talora il dotto di Stenone,che assume laspetto di una stria a binario con pareti iperecogene e lume ipoecogeno, mentre pi difficoltoso il reperimento del nervo facciale cos come il dettaglio su neoformazioni del lobo profondo e del prolungamento faringeo della ghiandola, mascherati dall ombra acustica creata dal ramo mandibolare ascendente. (3, 17) Riguardo alla definizione di natura della lesione criteri suggestivi di benignit sono rappresentati da contenuto ecografico omogeneo, distribuzione uniforme degli echi al suo interno, con limitanti laterali e posteriori nette. (FIG 1) Laffidabilit della diagnosi ecografica nei tumori benigni raggiunge il 75.4%, mentre per i tumori maligni del 64.8% (3, 6). La metodica che in grado di fornire linformazione pi attendibile sulla diagnosi di natura delle lesioni nodulari delle ghiandole salivari la citologia agoaspirativa. La concordanza citoistologica supera infatti il 95% (8, 14,18, 21). L ausilio ecotomografico consente di visualizzare la punta dellago allinterno della massa sede dellindagine e pertanto il punto esatto dove effettuare il prelievo citoaspirativo. Questa combinazione delle due metodiche permette di ridurre il numero di esami inadeguati e risulta indispensabile nello studio di lesioni inferiori a 5 mm., non palpabili allesame clinico. Lagoaspirato viene eseguito con ago sottile(21-22 gauge), spesso con il butterfly usando una siringa da 20 cc montata su uno speciale manico supporto che ne permette la presa e luso con una sola mano. (FIG.2). Una volta introdotto lago nel nodulo da esaminare, mantenendo laspirazione, vengono eseguiti dei ripetuti movimenti di va e vieni dellago in diverse direzioni, in modo da ottenere un campionamento di cellule rappresentativo dellintera lesione. Estratto lago, si provvede a strisciare il materiale cos ottenuto su appositi vetrini, immergendo parte dei preparati in alcool 95% per le colorazioni ematossilina- eosina (E-E) e Papanicolau e parte lasciandoli essiccare allaria per le colorazioni May Grunwald Giemsa. (15,16) Lesame citologico aspirativo, dopo anni di resistenze ed ostruzioni basate sullerroneo timore di diffusione della ipotetica neoplasia lungo il tragitto dellago, si imposta come la metodica elettiva per ottenere una diagnosi di natura. La recente revisione della Letteratura consente di rilevare unaccuratezza fra 84 e 97%, una sensitivit fra 80 e 95% ed una specificit fra 86 e 100% (1,2,13,21,22). Nelle mani di citologi esperti in grado di porre diagnosi di istotipo nel 95.8% dei casi. (5, 8).
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Il ruolo della diagnostica per imaging, TC ed RM di supporto alla diagnosi e permette di avere un dettaglio di definizione spaziale sicuramente pi accurato rispetto allesame ecotomografico, avendo inoltre il pregio di consentire una valutazione diretta dellesame da parte del chirurgo che dovr eseguire lintervento. A fronte di una diagnosi di tumore benigno che viene spesso ottenuta con lesame ecotomografico e la citologia agoaspirativa, quando sono presenti segni clinici quali trisma, paresi del facciale, ipo-anestesia della cute facciale, sintomi ontologici, lecito dubitare della diagnosi di natura benigna e quindi unesame per imaging diviene indispensabile. Altres, quando si in presenza di una massa voluminosa (>3cm), ovvero si sospetti, sulla base dellesame clinico ed ecografico, un coinvolgimento del lobo profondo necessario prima di intervenire conoscere lestensione della lesione nello spazio parafaringeo ed i rapporti con le formazioni vascolari e nervose site negli spazi parafaringei, con la mandibola e gli spazi masticatori, losso temporale e la colonna cervicale. Pi dettagliata dellecografia limaging topografico nel documentare la presenza di tumori multipli nella stessa ghiandola o lesioni bilaterali (19). (FIG.3) La RM si fa preferire alla TC per la maggiore sensibilit (95%) nel riconoscere uneventuale diffusione perineurale, nelle recidive di adenoma pleomorfo, grazie alla possibilit di meglio discriminare la fibrosi dal tessuto patologico neoformato. Vanno sottolineati altri vantaggi, quali lassenza di esposizione alle radiazioni, la superiore risoluzione di contrasto, la multiplanarit, il minor rischio di allergia al mezzo di contrasto. Limiti della RM sono la presenza di pacemakers, impianti cocleari, cristallino artificiale di vecchia generazione, clips metalliche, oltre al costo maggiore, alla lunghezza dellesame ed al disagio per pazienti claustrofobici. (FIG.4 a,b) Caratteri indicativi di malignit alla TC/RM sono masse con margini superficiali indistinti, sfumati, e con estensione verso i tessuti sottocutanei adiacenti. Per Mc Guirt e coll.(10), TC/RM sono in grado di fornire una corretta diagnosi di natura nell 87% dei casi.. Le caratteristiche morfodinamiche delle lesioni alla RM con gadolinio permettono, nellambito delle forme benigne, una diagnosi di natura attendibile : una massa unilaterale che non presenta contrast enhencement, con alto segnale in T2 verosimilmente un tumore di Whartin; se presente uno spiccato enhancement post contrasto con alto segnale in T2 e senza invasione dei tessuti circostanti si tratta di adenoma pleomorfo (15) La PET scan efficace nellidentificare le lesioni maligne, ma insufficiente nella differenziazione di natura; il numero di falsi positivi ancora assai elevato e laccuratezza si attesta intorno al 69%. (10) La strategia diagnostica preoperatoria presentata ci consente di programmare i tempi dellintervento e la estensione della resezione. La ricerca della conferma diagnostica con esame istologico estemporaneo intraoperatorio risente molto spesso di difficolt organizzative e logistiche legate alle diverse realt ospedaliere e pertanto non pu essere proposta come routinaria. Nellesperienza personale la limitiamo ai casi in cui la diagnostica citologica non sia stata dirimente (inadeguati od inconclusivi) o nei casi in cui vi sia comunque una discordanza fra i dati della clinica, imaging e citologia. Programmare una totalizzazione parotidea a breve distanza da un intervento di chirurgia parziale conservativa, perch la diagnosi istologica risultata diversa dallatteso, espone il paziente ad un elevato rischio di deficit funzionale del nervo facciale rendendo pertanto necessario, in casi di dubbia diagnosi preoperatoria fare tutto il possibile per garantire lesecuzione dellesame estemporaneo al congelatore. STRATEGIA TERAPEUTICA Una volta posta con adeguato grado di affidabilit la diagnosi di natura e studiata estensione e rapporti della lesione con le strutture circostanti, la terapia della patologia neoformativa
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delle ghiandole salivari, parotide e sottomandibolare, esclusivamente chirurgica. Il trattamento chirurgico delle lesioni delle ghiandole salivari maggiori necessita di unadeguata preparazione anatomica da parte delloperatore, in quanto nella dissezione di questarea si viene a contatto con strutture nervose (nervo facciale con i suoi rami, in particolare il marginalis mandibulae, e nervo linguale) e vascolari di notevole importanza estetico e funzionale. E pertanto una chirurgia che necessita di adeguato training, e di esperienza non occasionale, oltre che della dotazione di alcuni presidi strumentali che vanno ritenuti fondamentali e senza i quali non opportuno, sia nellinteresse del paziente, sia per i risvolti medico legali, effettuare tali interventi (strumenti delicati, loop di ingrandimento o microscopio, neurostimolatore e/o neurorilevatore). I tipi di intervento che possono venir attuati nel trattamento della patologia nodulare delle ghiandole salivari sono i seguenti: Enucleazione Consiste nella semplice asportazione del nodulo identificando quale piano di clivaggio la capsula o pseudocapsula della neoplasia. Non prevede lidentificazione e lisolamento del tronco principale del nervo facciale. Lemostasi deve essere effettuata con pinza bipolare ed essere estremamente precisa ed accurata poich solitamente non si utilizza drenaggio in aspirazione. Le indicazioni sono estremamente limitate: neoformazioni sicuramente benigne e circoscritte quali cisti congenite (branchiali o linfoepiteliali) od acquisite, lipomi e talora schwannomi o piccoli (<1 cm) angiomi superficiali. E considerata una controindicazione il trattamento delladenoma pleomorfo per lelevato rischio di rottura capsulare e diffusione della malattia (4, 20) Enucleoresezione Varia rispetto alla enucleazione unicamente per lestensione pi ampia dellexeresi, che comprende uno strato di tessuto salivare sano intorno alla capsula del nodulo (ca 1 cm). Lincisione cutanea quella preauricolare a baionetta sec. Redon classica e lintervento prevede lisolamento delle branche del nervo facciale periferiche al tumore, al fine di garantirne la preservazione durante la dissezione. La tecnica di isolamento del nervo va scelta in rapporto alla sede del tumore, alle sue dimensioni ed alla dimestichezza che loperatore ha con ciascuna di esse. Quelle pi frequentemente usate, data le sede generalmente periferica della lesione, sono le tecniche di isolamento retrogrado, con ir reperimento del ramo marginalis mandibulae in caso di lesioni della parte antero-inferiore della ghiandola, del ramo buccale in caso di tumori della porzione anteriore masseterina della parotide. (4) Lindicazione appare concorde per tumori sicuramente benigni di piccolo volume della porzione periferica della ghiandola parotide (polo inferiore, preneurale), generalmente adenomi monomorfi, tumori di Whartin, oncocitomi, cisti linfoepiteliali, cisti branchiali. Riguardo alladenoma pleomorfo le indicazioni sono pi controverse e comunque non vanno estese a lesioni superiori a 2,5 cm di diametro (4, 9) Paritidectomia superficiale sovraneurale con conservazione del VII Prevede lasportazione di tutto il cosiddetto lobo superficiale sovraneurale. Dopo lincisione classica ad S italica ed il sollevamento del lembo cutaneo, viene ricercato il tronco principale del nervo facciale, allemergenza da forame stilomastoideo. Vanno trovati i punti di repere del ventre anteriore del muscolo di gastrico, del pointer cartilagineo del CUE, la sutura timpano mastoidea ed identificato il VII. Qualora il tumore fosse posizionato in corrispondenza del tronco principal, rendendone difficile il reperimento centrifugo, vengono utilizzate le tecniche di identificazione retrograda (ramo marginalis, ramo buccale, ramo temporale). (4,9) Il resto 296

dellintervento consiste nellisolare progressivamente le diramazioni del VII, clivando il lobo ghiandolare superficiale contenente la lesione dal piano neurale. Sovente la lobectomia superficiale lascia solo un minimo residuo di tessuto ghiandolare funzionante, in quanto il lobo profondo pu essere poco rappresentato e costituisce un intervento con assolute garanzie di radicalit per tutti i tumori parotidei senza documentata estensione al di sotto del piano del nervo facciale (lobo profondo o tumori cosiddetti a clessidra). E lintervento elettivo nella maggior parte dei casi di adenoma pleomorfo in quanto evita il rischio di ledere la capsula ed i possibili atteggiamenti plurifocali delladenoma, riducendone nella maggior parte delle casistiche il numero di recidive. (FIG.5) Parotidectomia totale con conservazione del nervo facciale Lintervento completa la parotidectomia superficiale con lasportazione del tessuto ghiandolare del lobo profondo sottoneurale, comprensivo della porzione situata nel canale stilo-mascellare (prolungamento faringeo). Il nervo facciale va integralmente isolato e preservato in tutte le sue branche. Lintervento indicato nella chirurgia dei tumori benigni del lobo profondo, o nei tumori a clessidra, oltre che nei tumori maligni senza evidente paralisi clinica del VII o senza segni di infiltrazione macroscopica dei rami del nervo. Anche nei casi rari di trattamento chirurgico per scialolitiasi parotidea, pi o meno gravata da complicanze a carico del tessuto ghiandolare, lintervento elettivo la parotidectomia totale conservativa. Lintervento gravato di una maggior incidenza di paresi facciali transitorie dovuta alla maggior manipolazione sui rami del VII nel tempo di exeresi del lobo profondo.(FIG.6) Non vi alcuna patologia benigna che preveda nella strategia terapeutica la parotidectomia con sacrificio parziale o totale del nervo facciale. Quando questa evenienza si verifica, escludendo i casi di errore iatrogeno, unicamente nel trattamento delle recidive di adenoma pleomorfo solitamente secondarie ad un trattamento insufficiente (enucleazione/ enucleoresezione) avvenuto anche parecchi anni prima, in cui la fibrosi e la crescita tumorale possono rendere problematica la conservazione di alcuni rami del nervo. Il trattamento della patologia nodulare (tumori benigni e maligni, scialolitiasi intraghiandolare, scialoadeniti croniche) delle ghiandole salivari sottomandibolari comporta in tutti i casi lintervento di scialectomia sottomandibolare completa, associato allo svuotamento dei linfatici della loggia solo nei casi di patologia maligna accertata. Nei tempi chirurgici della scialectomia va sempre ricercato, visualizzato e conservato il ramo marginalis mandibulae del nervo facciale, in modo da poterlo ribaltare in alto proteggendolo con i vasi facciali una volta sezionati e legati al di sotto del nervo stesso.

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NODULO PAROTIDEO

ECOGRAFIA AGOASPIRATO

NEOFORMAZIONE BENIGNA

(TC RMN)

ENUCLEAZIONE ENUCLEORESEZIONE PAROTIDECTOMIA SUPERFICIALE SOVRANEURALE CONSERVATIVA

BENIGNA

NEOFORMAZIONE DUBBIA/MALIGNA

TC RMN

MALIGNA LOBO PROFONDO PAROTIDECTOMIA TOTALE


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LEGENDA FIGURE Fig.1 : Ecografia: lesione benigna (adenoma pleomorfo) a contenuto ecografico omogeneo. Con limitanti laterali e posteriori nette e ed accelerazione degli echi posteriormente. Fig. 2 : Agoaspirato: quando la lesione palpabile si pu eseguire anche senza guida ecografica. Si usa un ago sottile (23G), tipo butterfly, ed in aspirazione si eseguono manovre di va e vieni inclinando lago per ottenere un campionamento cellulare rappresentativo dellintera lesione Fig. 3 : TAC in proiezione assiale. La neoplasia (adenoma pleomorfo) occupa il lobo superfiale della parotide destra arrivando a contatto con la cute. Fig 4 a,b : RM in proiezione assiale(a) e coronale (b) . La neoplasia (oncocitoma) con basso segnale in T1, occupa il polo posteriore della ghiandola parotide sinistra, interessando parzialmente anche il lobo profondo (b). Fig. 5: Parotidectomia superficiale sovraneurale. Il lobo superficiale dalla parotide clivato sul piano del nevo facciale viene esportato con la lesione contenuta allinterno del parenchima. E evidente il nervo con tutti i suoi rami perfettamente integri Fig. 6: Campo operatorio dopo parotidectomia totale con conservazione completa del nervo facciale che presenta divisione tipo biforcazione. La neoplasia (carcinoma a cellule aciniche) aveva divaricato i due rami principali del VII, senza infiltrarli.

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Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

Fig. 6
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PATOLOGIA NODULARE DEGENERATIVA TIROIDEA: CLASSIFICAZIONE


N. DAgnone , S. Norscini, S. Calamita, P. Vitali, E. Brianzoni*, A. Berbellini*, A. Tagliabue** , V. Fornaro**, M.I. Notaro**
U.O.C. di ORL - Ospedale di Macerata, *U.O.C. di Medicina Nucleare - Ospedale di Macerata **U.O.C. di ORL - Ospedale A.Perrino - Brindisi

INTRODUZIONE Per gozzo tiroideo si intende ogni aumento di volume della tiroide ma convenzionalmente possiamo fare riferimento al gozzo quando le dimensioni della tiroide superano i 20 c.c. di volume mediante indagine ecografica o comunque con ciascun lobo tiroideo con dimensioni maggiori rispetto a quelle della falange terminale del pollice della persona esaminata. Risulta altrettanto intuitivo che nellambito della normalit esistono diversit volumetriche della tiroide legate alla zona geografica in cui il soggetto vive. Nelle zone di montagna, dove esiste una carenza di apporto iodico, fin dai primi anni di vita, la tiroide pu avere un incremento dimensionale rispetto a chi vive in prossimit del mare. Indubbiamente una classificazione della patologia non neoplastica della tiroide non semplice, in quanto essa deve tener conto di molti criteri: primo fra tutti quello dimensionale, ma non si pu non considerare la funzionalit della tiroide, i processi flogistici, il criterio epidemiologico. Nel corso degli anni sono state proposte numerose classificazioni della patologia nodulare tiroidea. La classificazione tuttora pi comunemente usata quella morfologica e semeiologica di Perez che, malgrado sia stata modificata da altri Autori, divide il gozzo in 4 stadi: Grade 0: not palpable Grade I: palpable; visibile only with the head raised Grade II: easily visible with head in normal position Grade III: visible Alcuni autori aggiungono le seguenti voci a detta classificazione: Grade 0 a: not palpable or, if palpable, not lager than normal Grade 0 b: distinctly palpable but usually not visible with head raised Sembra opportuno esprimere alcune critiche a tale classificazione: non tiene conto n della presenza di processi flogistici tiroidei, n della funzionalit (iper/ ipo/eu). Ma daltronde risulta difficile avere una classificazione che possa comprendere tutti i vari aspetti della patologia tiroidea benigna senza raggiungere livelli di complessit che la rendono successivamente inapplicabile dal punto di vista pratico-clinico. Ma utilizzando la classificazione di Perez, ancora possibile affidarsi a dei criteri cos soggettivi ? La visibilit o meno di un nodulo ha tante varianti che possono cambiare da un soggetto allaltro. Ad esempio un nodulo tiroideo delle stesse dimensioni potr essere classificato diversamente in un soggetto magro o in un soggetto con collo grosso. Lecografia divenuta ormai un esame di base nella patologia tiroidea, ma essa sicuramente un fine strumento di dettagli anatomici: ed allora perch non usare lindividuazione ecografica dei noduli come criterio classificativo della patologia tiroidea ?
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La classificazione di Perez non fa riferimento alla consistenza del nodulo, che nessuna classificazione, n esame clinico strumentale potr definire. In questo caso il criterio semeiologico palpatorio appare ben pi importante di qualsiasi altro, sia esso morfologico che funzionale. Inoltre tale classificazione non distingue tra noduli di un lobo o di entrambe ; ma una classificazione deve avere delle caratteristiche tali da poter essere usata poi nella pratica clinica: ed a tale proposito con un gozzo di grado II, ad esempio, come si potr decidere per una lobectomia o tiroidectomia totale, senza avere nozioni sullo stato del lobo controlaterale? Accanto alla classificazione sopra descritta ne esistono altre che modificano quella di Perez, come ad esempio quella della Latin American Thyroid Society che associa a criteri ispettivi quelli della palpazione tiroidea. Pilar Perez Yuste e Fernando Vargas Torcal fanno una classificazione clinica della patologia gozzigena nellinfanzia e nelladolescenza nel seguente modo: Gozzo Diffuso 1. Gozzo Doloroso Tiroidite acuta Tiroidite subacuta Tiroidite linfocitica cronica 2. Gozzo non Doloroso a) Gozzo non doloroso con ipotiroidismo Gozzo dismorfogenetico Gozzo iatrogeno Gozzo endemico Tiroidite di Hashimoto b) Gozzo non doloroso con eutiroidismo Gozzo semplice c) Gozzo non doloroso con ipertiroidismo Gozzo con iperincrezione di TSH Malattia di Graves Basedow Gozzo Nodulare Sindrome da neoplasia endocrina multipla Nodulo caldo Cancro tiroideo L American Thyroid Association (ATA) ha proposto una classificazione basata sulla presenza di gozzi con le loro caratteristiche (diffusi o nodulari), sulla funzione tiroidea (tossica o non tossica) e sulla zona di origine (endemica o sporadica) e comunque lATA si impegnata a rivedere periodicamente la classificazione. Negli ultimi 20 anni solo Robbins e coll. hanno tentato nuove classificazioni introducendo i concetti di danno ambientale e reversibilit della patologia tiroidea. Classificazione biomolecolare: basata sugli effetti metabolici degli ormoni tiroidei (primari o recettoriali). Classificazione funzionale tiroidea: la funzione tiroidea pu essere alterata sia in maniera permanente che transitoria o addirittura bimodale. E importante il concetto di evoluzione della patologia tiroidea. Esistono infatti malattie bimodali che iniziano in forma di ipertiroidismo per poi trasformarsi in ipotiroidismo. Anche l autoimmunit pu
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rappresentare un fattore di bimodalit. Su queste basi sono state proposte delle classificazioni non pi dei gozzi ma delle malattie tiroidee alquanto complesse che suddividono la patologia tiroidea in: Malattie tiroidee bimodali Malattie tiroidee transitorie Malattie tiroidee monomodali Tali classificazioni anche se molto interessanti dal punto di vista nosologico ed endocrinologico, non sono di grande aiuto dal punto di vista chirurgico, perch non sono utili per standardizzare la necessit della tiroidectomia parziale, totale o quasi totale che sia. Si ritiene pertanto necessaria una collaborazione tra lendocrinologo, il morfologo per immagini, il chirurgo tiroideo e lanatomo-patologo per poter fare una classificazione che possa essere utilizzata in maniera proficua a livello clinico. Al fine di utilizzare una classificazione che possa rispondere soprattutto alle esigenze pratico-cliniche del chirurgo che affronta la patologia tiroidea benigna, abbiamo cercato di riclassificare gli interventi di chirurgia tiroidea da noi eseguiti negli ultimi 3 anni secondo criteri che noi abbiamo adottato arbitrariamente. Adoperando quindi la classificazione di Perez, definiamo con gli stadi 0-1-2-3 il volume tiroideo, aggiungendo per le lettere m-d se i noduli interessano un solo lobo, listmo, o diffuso a tutta la tiroide ed infine A-B-C se le dimensioni dei noduli sono compresi tra 0 ed 1 cm, tra 1 e 3 cm, o superiori a 3 cm (vedi Figg. 2 e 3). Il protocollo diagnostico da noi usato quello illustrato in Fig. 1. Nel periodo intercorrente tra il 1 Gennaio 2000 ed il 30 Novembre 2002 sono stati sottoposti, presso lU.O. di Orl dellOspedale di Macerata, ad intervento chirurgico per gozzo tiroideo 96 pazienti, di cui 27 di sesso maschile e 69 di sesso femminile. Da questa casistica sono stati eliminati 14 pazienti che sono stati operati per carcinoma o che, operati per gozzo tiroideo, risultavano positivi per carcinoma allesame istologico. Sono statai eseguiti interventi chirurgici suddivisi nel seguente modo: Tiroidectomie totali = 70 Emitiroidectomie o emitx + istmectomie = 14 Tiroidectomie near total = 12 Classificando gli interventi chirurgici eseguiti negli ultimi 3 anni emergono i seguenti dati: Classificazione 1mB 1dB 2mC 2dB 2dC 3dB 3mC 3dC
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Intervento Emitiroidectomia Tx near total Emitiroidectomia Tiroidectomia totale Tiroidectomia totale Tiroidectomia totale Emitiroidectomia Tiroidectomia totale = 50 Tx near total = 8

Numero 7 4 2 7 5 8 5 58

In nessun caso sono state rilevate lesioni ricorrenziali, n temporanee n definitive. Tra i pazienti sottoposti a tiroidectomia totale in 6 casi stato rilevato un ipoparatiroidismo iatrogeno temporaneo che si risolto nei 30 giorni successivi allintervento. In 1 caso stato riscontrato un ipoparatiroidismo definitivo. In 2 casi si avuta una emorragia avvenuta nelle prime 12 ore post-chirurgiche e che ha richiesto una emosatasi in sala operatoria. Nello stesso periodo preso in esame dallU.O. di Orl dellOspedale di Macerata, sono stati sottoposti ad intervento chirurgico per gozzo tiroideo presso lU.O. di ORL dellOspedale A.Perrino di Brindisi 108 pazienti,di cui 20 di sesso maschile e 88 di sesso femminile. Anche in questa casistica sono stati eliminati 16 pazienti positivi per neoplasia tiroidea. Sono stati eseguiti interventi chirurgici suddivisi nel seguente modo: Tiroidectomie totali = 72 Emitiroidectomie o emitx + istmectomie = 36 Classificando dunque gli interventi risultano i seguenti dati: Classificazione 1mB 2mC 2dB 2dC 3dB 3mC 3dC Intervento Emitiroidectomia Emitiroidectomia Tiroidectomia totale Tiroidectomia totale Tiroidectomia totale Emitiroidectomia Tiroidectomia totale Numero 8 12 4 12 6 16 50

In 1 solo caso stata rilevata una lesione ricorrenziale temporanea poi risoltasi. Tra i pazienti sottoposti a Tiroidectomia totale in 4 casi stato rilevato un ipoparatiroidismo iatrogeno temporaneo risoltosi nei giorni successivi, mentre non stato riscontrato nessun ipoparatiroidismo iatrogeno definitivo. In 3 casi c stata un emorragia post-operatoria nelle prime 12 ore con emostasi in sala operatoria. Da ci si evince che: Non abbiamo sottoposto ad intervento chirurgico nessun caso classificabile come 0 (assenza di gozzo) Nei casi monolaterali, indipendentemente dalla grandezza del nodulo e del volume tiroideo, lintervento prescelto stato quello di emitiroidectomia eventualmente associato ad istmectomia. Negli altri casi (gozzo diffuso) lintervento di elezione stato sempre per lU.O. di ORL di Brindisi la tiroidectomia totale, invece per lU.O. di ORL di Macerata nella maggior parte dei casi tranne che in 4, dove stato eseguito un intervento di tiroidectomia near total. CONCLUSIONI Nellambito della patologia tiroidea, caratterizzata da aspetti degenerativi e disfunzionali nello stesso tempo, sempre difficile avere una classificazione esaustiva e completa. Gli aspetti polimorfi della malattia tiroidea sono difficili da ricondurre ad 305

un evento classificativo che per definizione rischierebbe di essere riduttivo trascurando aspetti importanti e fondamentali del quadro patologico. Il criterio morfologico-volumetrico ha applicazioni maggiori quando vi la necessit di un approccio chirurgico per le problematiche tecniche che ne conseguono: maggior rischio ricorrenziale e paratiroideo.Laspetto funzionale a sua volta, ci impegna in un trattamento farmacologico che ha una duplice finalit a volte soppressiva per sedare lattivit ghiandolare, ed a volte sostitutiva per ricondurla ad un range di normalit. Il tutto ovviamente risente di un feed-back ipofisario altrettanto importante e ne testimonianza il blocco recettoriale per il TSH che si riscontra nel Morbo di GravesBasedow. Gli elementi sopra menzionati ci rendono ragione di come gli aspetti classificativi, morfologici e funzionali si debbano affiancare ed integrare fra di loro, con la finalit di raggiungere un tempo diagnostico e curativo sempre pi puntuale e preciso.

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IL NODULO TIROIDEO: LA STRATEGIA DIAGNOSTICA


M. Appetecchia
S.S.D. di Endocrinologia - Istituti Fisioterapici Ospitalieri - Istituto Regina Elena

I noduli della tiroide rappresentano unentit clinica estremamente comune, la cui prevalenza varia secondo il metodo diagnostico utilizzato. Il termine nodulo ed adenoma sono spesso usati come sinonimi in letteratura. Tale uso improprio in quanto il termine adenoma si riferisce alla crescita benigna di tessuto tiroideo specifico, con una struttura cellulare ghiandolare, mentre nodulo un termine pi generico che comprende cisti, carcinomi, lobuli di tessuto normale ed altre lesioni focali della tiroide. I noduli tiroidei sono frequenti particolarmente nei paesi con carenza iodica, responsabile di endemia gozzigena. La semplice valutazione obiettiva suggerisce una prevalenza compresa tra l1% ed il 7%; in due storici studi prospettici (Framingham e Whickham) essa risultata compresa tra il 3.2% ed il 4.2%. Tuttavia la frequenza dei noduli tiroidei non palpabili, riscontrabili solo ecograficamente superiore al 50% in donne in et superiore a 60 anni. Nelle casistiche autoptiche lincidenza dei noduli tiroidei del 50%. Nelle casistiche cliniche, il 5-6 % dei noduli tiroidei risulta essere un cancro. In Italia, paese a lieve/moderata carenza iodica, la mancata selezione dei noduli tiroidei porterebbe a fare operare centinaia di migliaia di pazienti, con conseguenze socio-sanitarie facilmente immaginabili. Per quanto fin qui detto necessario effettuare una rigorosa selezione pre-chirurgica dei pazienti da trattare chirurgicamente. I noduli della tiroide non sono espressione di una singola malattia, ma piuttosto la manifestazione di un ampio spettro di malattie tra loro differenti. I noduli non neoplastici sono il risultato delliperplasia ghiandolare, che avviene spontaneamente o dopo intervento di tiroidectomia parziale; raramente lemiagenesia della tiroide si presenta come iperplasia del lobo presente; la tiroidite cronica autoimmune di Hashimoto pu presentare pseudonoduli, che sono lespressione macroscopica dellinfiltrazione linfocitaria, la quale pu organizzarsi fino a costituire follicoli germinativi. Nella tiroidite subacuta larchitettura ghiandolare pu essere grossolanamente sovvertita dal processo infiammatorio che tende a dare vita a granulomi. I noduli benigni generalmente hanno unarchitettura uniforme ed ordinata, con poche mitosi e senza invasione linfatica e/o vascolare. Sono caratteristicamente circondati da una capsula fibrosa o da una sottile zona di tessuto tiroideo circostante compresso; possono essere distinti in non funzionanti o funzionanti (autonomi) in base alla loro capacit di captare il radioiodio in misura minore o maggiore rispetto al restante parenchima ghiandolare. I noduli freddi sono pi frequenti (circa 80% dei noduli tiroidei). Possono essere solidi, cistici o misti (vale a dire con aree liquide allinterno di noduli prevalentemente solidi). Le cisti rappresentano dal 7 al 20% dei noduli solitari della tiroide. La maggior parte dei noduli solidi freddi costituita da parenchima macro e microfollicolare, dotato di scarsa attivit iodocaptante. Il nodulo freddo non quindi sinonimo di neoplasia maligna, anche se lincidenza di carcinoma in questa lesione raggiunge in alcune casistiche circa il 25%. Alcuni noduli che appaiono freddi allesame
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scintigrafico hanno perso lattivit di trasporto dello ioduro: il NIS (Symporter Na/I) meno espresso nei noduli freddi rispetto al parenchima normale ma non sono state evidenziate anomalie genetiche. I noduli benigni autonomi caldi rappresentano fino al 20% dei noduli tiroidei e sono pi frequenti nelle aree a carenza iodica, in rarissimi casi sono maligni; possono essere adenomi tiroidei tipici o aree di parenchima ghiandolare autonomo. La base patogenetica dei noduli autonomi risiede, nella maggior parte dei casi, in mutazioni attivanti del recettore del TSH, che rendono questi noduli in grado di manifestare tutte le funzioni dipendenti dal TSH anche in sua assenza. Circa il 10% dei noduli tiroidei sono sufficientemente funzionanti da determinare un ipertiroidismo clinico o subclinico; in circa il 10% borderline. Sebbene i noduli tiroidei possono rimanere per anni stabili, alcuni evolvono progressivamente verso lipertiroidsmo, particolarmente quelli il cui diametro supera i 3 cm. Lo scopo di identificare un percorso diagnostico , come gi detto, quello di selezionare i noduli tiroidei da inviare al chirurgo e di differenziare fra le lesioni benigne non operate gli adenomi, le cisti ed i noduli associati ad altre patologie tiroidee in modo da programmare il trattamento pi appropriato. ANAMNESI I noduli maligni sono pi frequenti in soggetti maschi in et superiore ai 60 anni, nei bambini e negli adolescenti. Il nodulo che cresce di diametro, specie in corso di terapia con levotiroxina, da considerare sospetto. Un nodulo tiroideo freddo nel contesto di un morbo di Basedow presenta un pi alto rischio di cancro. La storia di una precedente irradiazione esterna nella regione della testa e del collo durante linfanzia predispone allo sviluppo del carcinoma papillare della tiroide. In questi casi perci la presenza di noduli tiroidei deve sempre essere considerata sospetta. Il riscontro di un caso di carcinoma midollare deve far pensare alla presenza di una neoplasia analoga in altri membri della stessa famiglia. ESAME OBIETTIVO Gli argomenti clinici di sospetto di cancro alla palpazione sono rappresentati dalla presenza di adenopatia del collo, dalla durezza e dalla irregolarit del nodulo, dalla fissit ai tessuti vicini. Leventuale disfonia pu essere dovuta ad una paralisi di una corda vocale. Tuttavia, nessuno di questi segni patognomonico di malignit. La valutazione obiettiva segnala inoltre la presenza di ipo- o iper-tiroidismo che possono in quel momento controindicare lintervento chirurgico. ESAMI DI LABORATORIO La funzione tiroidea deve essere valutata in tutti i pazienti con nodulo della tiroide. Il dosaggio del TSH e degli ormoni tiroidei non consente di differenziare il nodulo benigno da quello maligno, ma permette di valutare la funzionalit della tiroide. Possiamo identificare diversi atteggiamenti funzionali: ipertiroidismo franco o subclinico, se la concentrazione di TSH inferiore o ai limiti bassi rispetto al range di riferimento (TSH <0.2MUI/ml) e richiede come passo successivo lesecuzione della scintigrafia tiroidea perch suggerisce levenienza di un nodulo caldo, ipotiroidismo franco o subclinico, in presenza di una concentrazione di TSH > 3.5 MUI/ml, frequente in caso di tiroidite di Hashimoto. La positivit degli anticorpi anti-tiroide (anticorpi anti-tireoglobulina, anti-tireoperossidasi e anti-TSH recettore) indica la possibilit di una tireopatia autoimmune (tiroidite cronica,
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ipertiroidismo). Il carcinoma papillifero della tiroide spesso associato a infiltrati linfocitari focali o diffusi con titoli variabili di anticorpi. Esistono controversie in letteratura sul dosaggio routinario della Calcitonina (Ct) ai fini di identificare un carcinoma midollare per lelevata possibilit dei falsi positivi (>59%) e la bassa incidenza della neoplasia. Tuttavia autorevoli fonti consigliano il dosaggio routinario della Ct, perch in grado di consentire una diagnosi pre-operatoria con unaccuratezza superiore allesame citologico. Il dosaggio della Tireoglobulina (Tg) plasmatica le cui concentrazioni sono spesso elevate in presenza di uno o pi noduli, anche benigni, non sembra a tuttoggi rappresentare un marker affidabile di diagnosi precoce pre-operatoria di natura del nodulo (benigno o maligno). Lutilit del dosaggio della Tg risulta invece fondamentale nel follow-up del carcinoma differenziato della tiroide. ECOGRAFIA TIROIDEA Rappresenta la tecnica dimmagine pi ampiamente utilizzata per la diagnostica dei noduli della tiroide ed sempre pi considerata come un completamento dellesame obiettivo, con il risultato di avere determinato una vera e propria epidemia di incidentalomi tiroidei. Permette di definire molti pi dettagli morfologici della scintigrafia e della TC. I parametri ecografici che suggeriscono, senza comunque alcuna certezza, una malignit sono: laspetto solido e ipoecogeno, lassenza di alone perinodulare di sicurezza e la presenza di microcalcificazioni. Le dimensioni del nodulo non sono invece da considerare un fattore di rischio per malignit. Un recente studio prospettico ha dimostrato che con luso dellecografia e dello studio color doppler la prevalenza del cancro risultata simile nei noduli inferiori o superiori a 10 mm: una estensione extracapsulare risultata presente nel 35.5% dei casi ed un coinvolgimento linfonodale nel 19.4% dei casi senza differenze tra i tumori di taglia inferiore o superiore ai 10 mm. Il riscontro di microcalficazioni pu aumentare la possibilit di essere in presenza di un nodulo maligno fino al 29%. Tuttavia poich la colloide pu apparire allecografia simile a tessuto con microcalcificazioni la maggior parte dei noduli con microcalcificazioni risultano, in realt, benigni. Non stato ancora raggiunto un completo accordo sul rischio di cancro nei noduli cistici. Molti autori riportano bassissime percentuali di rischio (0 3%) mentre secondo altri il rischio solo di poco pi basso rispetto a quello ottenibile nei noduli solidi. Ne consegue che lo studio citologico sempre indicato. Il cancro raro nei noduli cistici che si riducono dopo la citoaspirazione. I noduli di maggiori dimensioni che contengono sangue o si riformano dopo ripetute citoaspirazioni presentano invece un rischio aumentato. In una revisione di pazienti studiati con lecografia per un nodulo tiroideo palpabile lesame ha documentato un nodulo tiroideo supplementare nel 20-48% dei casi. Il 34% dei medici dellAmerican Thyroid Association e l80% di quelli dellEuropean Thyroid Association consigliano di usare routinariamente lecografia per valutare pazienti con noduli della tiroide. E controverso se il riscontro incidentale di noduli tiroidei di diametro inferiore ai 15 mm in assenza di fattori di rischio per cancro della tiroide (es. irradiazione della testa e del collo nellinfanzia) richieda ulteriori controlli. Questi noduli possono essere riscontrati durante lesecuzione di un eco-color-doppler dei vasi epiaortici, durante una valutazione per iperparatiroidismo, durante TC o RMN regione cervicale. Sembra tuttavia un prudente atteggiamento quello di approfondire lo studio dei pazienti che presentano dei fattori di rischio o delle caratteristiche ecografiche di sospetto (assenza di alone perinodulare, microcalcificazioni, ipoecogenit, pattern vascolare tipo III). Il recente impiego in ecografia dellanalisi flussimetrica della tiroide ha permesso di identificare tre livelli (patterns) di vascolarizzazione dei noduli tiroidei. I: assenza di
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vascolarizzazione; II: vascolarizzazione perinodulare; III: vascolarizzazione periintranodulare. Questultima considerata indice di sospetto di malignit. Le attuali tecniche di ecografia tridimensionale ed ecografia con mezzo di contrasto sono ancora di troppo recente introduzione per poter essere considerate vantaggiose, dal punto di vista diagnostico, sulle tecniche standard oggi in uso. LA SCINTIGRAFIA TIROIDEA Gli studi di costo-benefico hanno recentemente riportato lattenzione sul ruolo della scintigrafia nella valutazione dei pazienti con nodulo della tiroide. Approssimativamente l80%-85% dei noduli della tiroide risultano freddi alla scintigrafia ed il 14-22% di questi risulter, poi, essere un carcinoma. Il 5% dei noduli risulta invece caldo, con meno dell1% di rischio di cancro. I rimanenti sono i cosiddetti noduli indeterminati. La sensibilit di questa metodica circa del 90% ma la sua specificit ed il suo valore predittivo positivo sono molto bassi (<10%). La Scintigrafia non fornisce alcuna indicazione sulla natura del nodulo. Essa utilizza i radioisotopi dello iodio (123I o 131I) o il 99mTc. Le normali cellule follicolari captano entrambi i traccianti, ma solo lo iodio viene organificato ed immagazzinato. La maggior parte dei noduli benigni e tutti i noduli maligni concentrano entrambi i traccianti meno avidamente rispetto al tessuto tiroideo circostante. Il 3-8% dei noduli tiroidei concentra il 99mTc e non lo iodio, quindi tali noduli possono risultare caldi o pi frequentemente indeterminati alla scintigrafia con 99mTc e freddi alla scintigrafia con 131I. Ne consegue che i noduli cosiddetti indeterminati alla scintigrafia con 99mTc devono essere assimilati a noduli freddi o essere sottoposti ad ulteriore scintigrafia con 123I o 131I . ESAME CITOLOGICO PER AGOASPIRATO. Lagoaspirato con agosottile la metodica pi comune di prelievo di tessuto per esame citologico nella diagnostica dei noduli tiroidei. Rappresenta il gold standard in questo tipo di patologia, in quanto il suo utilizzo consente una maggiore accuratezza diagnostica nel selezionare i noduli sospetti da inviare allintervento. Si tratta di una procedura semplice e sicura, con la quale si ottengono prelievi di tessuto da sottoporre ad esame citologico, usando aghi di diametro compreso tra 23 e 27 gauche (comunemente 25 gauche). In mani esperte si ottengono prelievi adeguati nel 90-97% dei casi. Un prelievo adeguato costituito da almeno 5 o 6 gruppi di cellule follicolari dove ogni gruppo contenga almeno 10 cellule. Ottenere prelievi adeguati pi difficoltoso nei noduli in degenerazione cistica. Laccuratezza diagnostica pu essere migliorata dalla guida ecografia, oggi estensivamente utilizzata. Il riscontro di cellule ossifile (cellule di Hurthle) frequente anche nel gozzo, nelle tiroiditi e negli adenomi in degenerazione, da considerare sospetto solo nellambito di una proliferazione microfollicolare mentre il trattamento di un paziente con riscontro di cellule di Hurthle nellambito di una proliferazione macrofollicolare controverso. Alcuni suggeriscono lasportazione del nodulo, mentre altri, sottolineandone levoluzione naturale come patologia benigna, suggeriscono un atteggiamento conservativo. Anche la diagnosi citologica di proliferazione follicolare non consente di distinguere la natura maligna o benigna del nodulo, a causa della mancanza dei parametri di riferimento (invasivit e superamento della capsula invasione dei vasi), ottenibili solo sul campione di tessuto. Pertanto, in questi casi, consigliata la verifica istologica che sola potr confermare o meno la diagnosi di malignit. Lesame citologico pu quindi identificare 4 categorie Non diagnostico: pu dipendere dalla quantit non adeguata del materiale prelevato, dalle dimensioni ridotte del nodulo (< 1 cm), dalla presenza di fibrosi e calcificazioni
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ed in presenza di lesioni cistiche. Benigno: gozzo, adenoma macrofollicolare o adenoma colloide, tiroidite cronica autoimmune. Sospetto o indeterminato: cosiddetto per lincapacit di distinguere inequivocabilmente una lesione benigna da una maligna (la causa pi comune consiste nellimpossibilit citologica di distinguere un adenoma follicolare o a cellule di Hurthle dal corrispondente carcinoma). Maligno: carcinoma papillifero e follicolare, midollare, carcinoma scarsamente differenziato ed anaplastico, linfoma e metastasi da neoplasie non tiroidee. Recentemente stato introdotto luso di marcatori cellulari rilevabili mediante limmunocitochimica che ci constentono di distinguere gli adenomi dai carcinomi (p.e. galactina 3), la cui affidabilit tuttavia ancora oggetto di verifica. Lesame citologico ha una specificit del 90-100% ed una sensiblit dell80%, tuttavia anche con questa metodica possibile avere risultati non confermati dalla verifica istologica. I risultati cosiddetti falsi negativi (pazienti con citologia benigna e riscontro istologico di lesioni maligne) rappresentano circa lo 0-5% di tutti i casi di agoaspirato. I cosiddetti falsi positivi (pazienti con citologia maligna o sospetta che poi alla fine risultano istologicamente benigni) rappresentano circa il 5% di tutti gli esami e sono generalmente dovuti ad iperplasia focale in un adenoma macrofollicolare e ad atipie citologiche in un adenoma in degenerazione cistica. In conclusione, lesame citologico per agoaspirato ecoguidato ha unaccuratezza diagnostica superiore al 95%. LA RADIOGRAFIA La radiografia del collo e del torace, come anche lesame TC e al RMN possono essere utili in presenza di noduli di grandi dimensioni o di gozzi multinodulari voluminosi per una definizione pi accurata della regione mediastinica, per la ricerca di deviazioni o restringimenti tracheali o compressione delle strutture del collo e del mediastino. POSITRON EMISSION TOMOGRAF (PET) Questa nuova tecnica si basa sulluso del tracciante non radioattivi, indicatori di attivit cellulare. Essa utilizzata nel monitoraggio dei pazienti affetti da neoplasie maligne, per identificare eventuali sedi di persistenza e/o ripresa di malattia, non altrimenti identificabile con le tecniche tradizionali. In molti pazienti sono stati riscontrati casualmente noduli tiroidei nel corso di PET effettuata per altre ragioni. Data la specificit della metodica, la valutazione di questi noduli deve essere particolarmente attenta.

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TERAPIA DELLA PATOLOGIA TIROIDEA NON NEOPLASTICA


N.DAgnone, S.Norscini, A.Bucci, E.Brianzoni*
U.O. di ORL - Ospedale Macerata *U.O.C. di Medicina Nucleare - Ospedale di Macerata

INTRODUZIONE Il trattamento della patologia non neoplastica tiroidea si avvalso negli ultimi anni degli indubbi progressi delle conoscenze fisiopatologiche sulla funzionalit tiroidea che insieme alle nuove indagini diagnostico-strumentali ne hanno permesso un miglior inquadramento diagnostico e pertanto le indicazioni e le varie procedure terapeutiche hanno subito un incessante processo di ridefinizione. Possiamo per le varie patologie benigne tiroidee approntare diversi tipi di trattamento: Medico Radiometabolico Chirurgico TERAPIA MEDICA La terapia medica del gozzo nodulare eutiroideo indicata quando vengano accuratamente escluse le indicazioni chirurgiche, quali segni di compressione su organi e strutture anatomiche vicine, la certezza od il semplice sospetto di una possibile degenerazione neoplastica. La terapia su basa sulla somministrazione di L-Tiroxina a dosi soppressive. La terapia soppressiva con ormone triioiodiotironina non accettata poich comporta ripetute somministrazioni e pu lasciare scoperti periodi di non soppressione nellarco della giornata. Lassociazione dei due farmaci ipotizzata da diversi autori al momento non risulta essere ancora scientificamente dimostrata. La terapia soppressiva si basa sul principio di dare una dose sufficiente di ormone tale da inibire la produzione del TSH , senza dare tireotossicosi. Il dosaggio del farmaco si basa su un calcolo della dose in rapporto al peso corporeo: da 2,2 a 3 microgrammi per Kg di peso. La terapia va effettuata in ununica somministrazione al mattino a digiuno almeno 1 ora prima di colazione. Si preferisce iniziare con dosi submassimali , inferiori di un 50% circa rispetto al valore teorico, aggiustando la posologia entro 40giorni. La dose va aggiustata dopo 4 mesi controllando il TSH con dosaggi ultrasensibile di ultima generazione e delle frazioni libere degli ormoni tiroidei. Vanno esclusi da questo tipo di trattamento le forme nodulari con autonomia funzionale che possono andare incontro a tireotossicosi medicamentosa, pazienti con affezioni cardiovascolari, tubercolosi in atto, in genere i pazienti anziani e le donne in menopausa in cui tale terapia pu aggravare una eventuale osteoporosi. In caso di gozzi nodulari eutiroidei con segni di compressione e con controindicazioni alla terapia chirurgica si pu valutare lopportunit di una riduzione delle dimensioni con la terapia radiometabolica.
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TERAPIA RADIOMETABOLICA La terapia con radioiodio I 131 sotto forma di ioduro degli ipertiroidismi risale agli anni 40, da allora al mondo sono stati trattati oltre un milione di persone per cui al momento questo tipo di terapia considerato sicuro ed efficace. Il principio basato sulleffetto terapeutico della radiazioni, in primo luogo quelle beta che determinano necrosi cellulare, con conseguente reazione infiammatoria, distruzione dei follicoli e quindi fibrosi.Nel caso che la dose calcolata superi il valore di 600 MBq e/o che non sia possibile garantire la protezione dei familiari e della popolazione dalla radiazioni obbligatorio per legge il ricovero in ambiente protetto per poter effettuare tale terapia. TERAPIA CHIRURGICA La condotta terapeutica chirurgica deve tendere a: evitare recidive, completa valutazione istologica pi facile gestione farmacologica, Oggi si ritiene che la chirurgia tiroidea debba essere anche , nella patologia benigna della tiroide ,il pi possibile radicale e pertanto viene dai pi accettato il concetto che siano da proscrivere interventi di enucleoresezione o lobectomia parziale. Lintervento minimo comunemente accettato quello di emitiroidectomia.( o lobectomia extracapsulare) Esso consente di asportare monolateralmente tutto il tessuto tiroideo e di escludere ab initio la necessit di dover ritornare chirurgicamente sulla regione con rischio operatorio di complicanze assai pi elevato. In casi di noduli di grosse dimensioni pu essere utile associare lasportazione dellistmo tiroideo e, se presente della piramide di Lalouette. Nel caso in cui esista un gozzo tiroideo interessante entrambi i lobi tiroidei, o nel caso in cui ad un nodulo cospicuo di un lobo , si associno dei noduli multipli del lobo controlaterale si dovr proporre lintervento di tiroidectomia totale. Le indicazioni assolute alla terapia chirurgica sono rappresentate da: Citologia sospetta o dubbia ( soprattutto se il nodulo unico o se si tratta di soggetti giovani) deviazione o compressione tracheale, gozzo cervico-mediastinico Le indicazioni relative alla terapia chirurgica sono: Disturbi soggettivi di compressione disturbi soggettivi disfagici citologia inadeguata inestetismi del gozzo La tipologia di interventi chirurgici effettuati per patologia benigna tiroidea costituita da: TIROIDECTOMIA TOTALE EXTRA CAPSULARE: Asportazione totale extracapsulare della tiroide compresa leventuale piramide di Lalouette, previa individuazione del nervo ricorrente, isolamento e salvaguardia dellintegrit anatomica e della vascolarizzazione delle paratiroidi, rispettando la branca esterna del nervo laringeo superiore. LOBECTOMIA ED EVENTUALE ISTMECTOMIA TOTALE EXTRACAPSULARE: Asportazione totale extracapsulare del lobo tiroideo e dellistmo tiroideo compresa leventuale piramide di Lalouette, previa individuazione del nervo ricorrente, isolamento e salvaguardia dellintegrit anatomica e della vascolarizzazione delle paratiroidi, rispettando la branca
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esterna del nervo laringeo superiore. Si dovr ovviamente prevedere un esame istologico estemporaneo dei noduli presenti nel lobo tiroideo. TIROIDECTOMIA SUBTOTALE: Loboistmectomia totale extracapsulare del lobo principalmente interessato e resezione subtotale del lobo controlaterale. TRATTAMENTO Noduli tiroidei si possono frequentemente formare anche in una ghiandola normale con un parenchima omogeneo. Essi possono essere rappresentati da follicoli fusi tra loro o ingranditi e ripieni di colloide, ovvero possono a volte essere delle cisti emorragiche o adenomi tiroidei. Generalmente la patologia nodulare tiroidea diffusa a tutta la ghiandola; dal punto di vista funzionale presente solitamente un eutiroidismo, ma pu essere presente anche un ipertiroidismo ovvero un ipotiroidismo. Un gozzo eutiroideo di modeste dimensioni che non dia luogo a fenomeni compressivi e che sia sicuramente benigno non necessita di nessun trattamento specifico ma solo di unattenta sorveglianza.Tuttavia la terapia medica non da riservare solamente ai gozzi che presentano unalterazione della funzione tiroidea ma anche a quelli eutioridei per impedirne lulteriore accrescimento. in questo caso viene utilizzata terapia sostitutiva solitamente con L-Tiroxina. Naturalmente lipotiroidismo rappresenta unindicazione assoluta alla terapia sostitutiva; mentre per lipertiroidismo bisogna valutare attentamente se la patologia diffusa a tutta la ghiandola (morbo di Basedow) ovvero ci troviamo di fronte ad un nodulo iperfunzionante (adenoma di Plummer). Lindicazione al trattamento chirurgico deve scaturire da una valutazione multifattoriale quale il numero e volume dei noduli, let ed il sesso del paziente, la funzionalit ormonale e scintigrafica, lesistenza di fenomeni compressivi tracheali e mediastinici, la citologia e la valutazione estetica. GOZZO PLURINODUARE DIFFUSO IPO O EUTIROIDEO Nel caso in cui si opti per la terapia chirurgica, ,tenendo conto che la patologia diffusa a tutta la ghiandola e che nel suo contesto si potrebbe celare un nodulo maligno o che in seguito un nodulo non asportato potrebbe degenerare in senso neoplastico o autonomizzarsi , lintervento di elezione sicuramente costituito dalla Tiroidectomia totale extracapsulare. Si pu praticare di necessit la Tiroidectomia subtotale solo nel caso in cui , certi di avere accidentalmente leso, durante la prima lobectomia, monolateralmente il ricorrente o di non aver rispettato lintegrit anatomica o la vascolarizzazione di almeno una paratiroide. Nessuna altra indicazione a tale intervento sussiste in quanto, in caso di recidiva, il reintervento sul doppio residuo tiroideo particolarmente indaginoso e foriero di gravi complicanze. GOZZO PLURINODUARE MONOLATERALE IPO O EUTIROIDEO Da un punto di vista anatomo-patologico la degenerazione nodulare un processo che coinvolge tutta la ghiandola tiroidea e quando si presenta in modo localizzato o uninodulare perch di solito esso in uno stadio precoce. Comunque siccome, non prevedibile il lasso di tempo in cui essa interesser laltro lobo, e se leventuale terapia medica sostitutiva potr inibire la progressione della degenerazione nodulare a tutta la ghiandola corretto nel caso si abbia un gozzo monolaterale effettuare un intervento di Loboistmectomia totale extracapsulare , perch una tiroidectomia totale sarebbe un intervento sproporzionato ed esporrebbe a rischi di complicazioni inutili; e comunque leventuale reintervento per recidiva sul lobo residuo avverrebbe in un terreno dove non esistono particolari problemi cicatriziali in quanto nessun atto chirurgico stato performato nel corso della loboistmectomia
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primaria. Interventi tipo enucleoresezioni e lobectomie parziali sono da proscrivere perch la presenza di un residuo tiroideo eccessivo espone ad una elevata possibilit di recidiva. GOZZO PLURINODUARE DIFFUSO O MONOLATERALE IPERFUNZIONANTE A differenza del gozzo plurinodulare eutiroideo od ipotiroideo il trattamento chirurgico oltre alle indicazioni generiche soprariportate, ha quella costituita dalla necessit di debellare la patologia ipertiroidea altrimenti refrattaria alla terapia medica inibitoria o radiometabolica Da ricordare che la terapia medica preparatoria allintervento chirurgico che va eseguito in eutiroidismo. Naturalmente allorquando gli adenomi iperfunzionanti siano di piccole dimensioni possibile effettuare un trattamento esclusivamente farmacologico od eventualmente radioterapico . Un discorso a parte costituito dallalcoolizzazione percutanea di un nodulo isolato iperfunzionante tiroideo. Si attua attraverso linoculazione intranodulare di etanolo sterile al 95% che determina una necrosi coagulativa ,una trombosi dei vasi intra e perinodulari, successivamente una necrosi nodulare con probabile calcificazione dello stesso. Prima del trattamento bisogna essere assolutamente certi (agoaspirato) della benignit della lesione e bisogna effettuare una preparazione farmacologia con beta-bloccanti e antitiroidei per sventare uneventuale crisi tireotossica. Tra le complicanze di scarsa rilevanza si segnala lesistenza di unalgia nella sede dellinezione irradiantesi alla regione preauricolare ed occipitale omolaterale, una soffusione emorragica perilesionale ed una febbricola reattiva . Ma Il vero rischio rappresentato dalla disfonia per paralisi ricorrenziale dovuta ad effetto neurolitico diretto dellalcool stravasato oppure ad una compressione indiretta del nervo da parte di un ematoma perilesionale, Altre rare complicanze sono la trombosi della vena giugulare interna e lascessualizzazione della lesione. Secondo alcuni autori nel 6% dei casi sono state riscontrate recidive. Il principale vantaggio rispetto alle terapie farmacologiche e radiometaboliche rappresentato dal fatto che tale procedura non determina mai un conseguente ipotiroidismo. Rispetto alle tecniche chirurgiche indicato nei soggetti anziani o con controindicazioni allintervento In ogni caso il trattamento chirurgico di lobo-istmectomia se la lesione monolaterale o di tiroidectomia totale se sussiste una adenomatosi diffusa oppure un adenoma solitario in un gozzo policistico rappresenta a nostro parere il trattamento di scelta specialmente se ci troviamo difronte ad un paziente in giovane et, con una sintomatologia compressiva, che rifiuti la terapia radiometabolica ovvero se ci troviamo di fronte ad una donna che ha intenzione nel breve periodo di programmare una gravidanza. Ipertiroidismo da gozzo multinodulare tossico Si utilizza lo Iodio131 sotto forma di ioduro Dose al bersaglio 150-300 Gy Indicazioni: Terapia di elezione nellanziano Gozzo senza indicazioni chirurgiche Rifiuto allintervento Controindicazioni allintervento Controindicazioni: Associazione di noduli con sospetto di malignit Gravidanza Allattamento
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Et inferiore a 18 anni (relativa dopo opportuna valutazione del rapporto rischi benefici) Tireotossicosi senza ipertiroidismo Gozzo di notevoli dimensioni Ipertiroidismo da adenoma tossico Si utilizza lo Iodio 131 sotto forma di ioduro Dose al bersaglio 150-300 Gy Indicazioni: terapia di elezione nellanziano Controindicazioni: Gravidanza Allattamento Nodulo con sospetto di malignit Et inferiore a 18 anni (relativa dopo opportuna valutazione del rapporto rischi benefici) Tireotossicosi senza ipertiroidismo Nodul1 di notevoli dimensioni MORBO DI BASEDOW Negli ipertiroidismi la terapia medica trova in Europa unindicazione di prima scelta nel morbo di Basedow, mentre viene utilizzata nel gozzo nodulare tossico e nelladenoma tossico in preparazione allintervento chirurgico. Antitiroidei: derivati della tiourea Quelli utlizzati sono il metimazolo ed il propiltiouracile Lefficacia uguale, il metimazolo pu essere somministrato una volta al giorno, il propitioruacile richiede almeno 4somministrazioni die, ma preferito in gravidanza. Posologia di attacco: metimazolo: 30mg (bambini 0,5mg/kg/die) Propiltiouracile 50mg ogni 6 ore (bambini 5mg/kg/die). Ridurre la posologia dopo 6-8 settimane nel caso del metimazolo e 6-12 settimane nel caso del propiltiouracile dopo aver dosato le frazioni libere. Se persiste lipertiroidismo dopo 1 anno di terapia passare a terapie alternative o radioiodioterapia o chirurgica. Ipertiroidismo da morbo di Basedow: Si utilizza lo Iodio131 sotto forma di ioduro dose al bersaglio 80-120 Gy, se presente esoftalmo 150-200 Gy Indicazioni: recidiva dopo trattamento farmacologico allergia ai tireostatici controindicazioni o rifiuto allintervento esoftalmopatia pregressa tiroidectomia trattamento di prima scelta negli USA Elevati valori di TRAb Controindicazioni: Associazione di noduli con sospetto di malignit Gravidanza Allattamento 316

Et inferiore a 18 anni (relativa dopo opportuna valutazione del rapporto rischi benefici) Tireotossicosi senza ipertiroidismo Gozzo di notevoli dimensioni TIROIDITE DI HASHIMOTO Le attuali vedute implicano il trattamento in caso di ipertiroidismo con beta bloccanti e/o derivati della tiourea e in caso di ipotiroidismi con L-tiroxina Nelleventualit di eutiroidismo si mantiene un atteggiamneto di osservazione. Nel caso in cui lagoaspirato non riesca a distinguere con sicurezza linfiltrazione linfoplasmatica autoimmune da un linfoma; in casi selezionati proponibile lintervento chirurgico TIROIDITI NON AUTOIMMUNI TIROIDITE SUBACUTA DI DE QUERVAIN E una rara forma di flogosi tiroidea ad eziologia incerta anche se sembra la causa virale la pi probabile; la diagnosi differenziale con le forme batteriche difficile, la terapia prevede luso di steroidi e betabloccanti, non di farmaci antitiroidei perch lipertiroidismo eventuale causato da un momentaneo aumento della dismissione di ormone tiroideo e non da uniperproduzione, la diagnosi si effettua con lagoaspirato e non necessita di trattamento chirurgico. TIROIDITE DI RIEDEL Si tratta di una tiroidite cronica sclerosante con coinvolgimento dei tessuti molli extratiroidei e la tiroide assume una consistenza lignea con fenomeni compressivi rilevanti con lagoaspirato o in estemporanea impossibile distinguere levoluzione fibrosante del Riedel da un carcinoma anaplastico.E pertanto indicata la tiroidectomia totale anche se dal punto di vista pratico essa risulta molto indaginosa e con un incremento delle eventuali complicanze. ALTRE TIROIDITI La localizzazione tiroidea dellAids un evento raro ma possibile e naturalmente trattabile in prima istanza con terapia medica specifica e solo se la lesione inveterata linfiltrazione linfo-plasmacellulare importante si deve attuare una tiroidectomia totale. Analogo discorso va fatto per la tiroidite purulenta acuta e le tiroiditi da nocardia, candida albicans, tubercolare, coccidioimicosi in ogni caso dopo un primo trattamento medico se gli esiti lo richiedessero opportuno un trattamento chirurgico di tiroidectomia totale. Nelle forme ascessualizzate trova indicazione il drenaggio chiurgico dellascesso. GOZZO RECIDIVO Il gozzo pu recidivare dopo intervento chirurgico per diversi motivi, in parte gi precedentemente approfonditi e discussi. In questa sede potremmo sinteticamente affermare che nel determinare la recidiva molteplici fattori vengono chiamati in causa: fattori intrinseci alla patologia di base, fattori correlati al paziente ed allambiente, tecnica chirurgica di prima istanza non adeguata assenza della profilassi post-operatoria con Ltiroxina. La recidiva viene definita clinica se la si pu palpare, rimane subclinica se evidenziabile solo ecograficamente; naturalmente la sua frequenza dipender anche dallaccuratezza diagnostica tanto che nelle varie statistiche si va dal 2% al 30%. La sintomatologia con cui si presentano varia e dipende dalla localizzazione del gozzo, da segnalare la possibilit che la ripresa della malattia tiroidea possa accompagnarsi ad una neoplasia e pertanto
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sempre opportuno associare alle altre indagini diagnostiche un agoaspirato. Le indicazioni al reintervento sono oltre alla possibile neoplasia anche, segni di compressione meccanica (soprattutto mediastinica), ipertiroidismo e danno estetico. Reintervenire su tessuto cicatriziale sempre pi indaginoso e complesso e ci si espone con pi facilit alle complicazioni. E quasi sempre possibile riutilizzare il precedente accesso resecando la precedente cicatrice, anche se questa tende ad avvicinarsi al torace, per accedere al gozzo recidivo consigliabile un accesso laterale tentando di cadere in un tessuto che non sia stato maneggiato durante il precedente intervento Naturalmente lasportazione dovr essere extracapsulare, con attenzione a riconoscere e preservare le paratiroidi, identificare i suoi rapporti con la tiroidea inferiore il ricorrente . GOZZO RETROSTERNALE E propriamente definito gozzo retrosternale quello situato contemporaneamente in sede cervicale ed endotoracica che presenta una vascolarizzazione comune tra la porzione cervicale e quella mediastinica; daltro canto nei gozzi mediastinici ectopici puri si ha una vascolarizzazione originantesi direttamente dai vasi endotoracici come laorta, lanonima o la mammaria interna. Si definisce gozzo plongeant quando una ipertrofia tiroidea in sede cervicale si approfond per 2-3 cm al disotto del giugulo in paziente supino e con collo iperesteso.. Un gozzo viene denominato cervico-mediastinico allorquando pi del 50% della tiroide alloggiata in sede endotoracica. La frequenza del gozzo retrosternale tra il 2 e 25% di tutti i gozzi a seconda degli autori a nostro parere il valore medio del 7-8% quello pi rispondente alla realt oggettiva. Tale patologia rappresenta daltro canto il 20% tra tutte le possibili masse mediastiniche. A seconda di come embriologicamente il gozzo si sia formato e attraverso quali fasce di minoris resistentiae sia passato dal collo al mediastino: classifichiamo il gozzo dal rapporto che intercorre con i tronchi sovraaortici in Prevascolari e Retrovascolari, tenendo presente che questi ultimi rappresentano una rarit. Dal punto di vista anatomico ci ritroviamo frequentemente di fronte ad un gozzo colloidocistico ma nel 3-7% dei casi a seconda delle statistiche abbiamo neoplasie maligne, ancora pi raramente si assiste ad una basedowificazione oppure allesistenza di un adenoma di Plummer. Quindi lipertiroidismo piuttosto raro ma pur sempre pi frequente dellipotiroidismo. Nel 15-20% dei casi esso risulta asintomatico mentre nell80% dei casi possibile rilevare una massa palpabile cervicale. Nei casi sintomatici il primo sintomo solitamente tra il 50-70% dei casi una dispnea insorgente dapprima sotto sforzo poi anche a riposo, altre volte esordisce con una tosse nel 15%, una disfagia 20% o una disfonia 10-20%, se non trattato tali sintomi tendono ad aggravarsi fino a configurare una vera sindrome compressiva mediastinica con laggiunta della Sindrome di compressione dellortosimpatico di Claude-Bernard-Horner e con ledema a mantellina per compressione della vena cava superiore. Il trattamento chirurgico anche se la neoformazione asintomatica per le motivazioni precedentemente esposte. Tale patologia diventa una grave urgenza allorquando delle emorragie intraparenchimali possono far precipitare la situazione e le chance di sopravvivenza si riducono anche operando durgenza. Naturalmente si effettuer la tiroidectomia totale perch gli interventi parziali espongono al rischio di recidive che sono oltremodo gravate dalla probabilit di determinare lesioni
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ricorrenziali nel reintervento. Anche aldil dei gozzi plongeant nel 90% dei casi possibile lasportazione totale della tiroide per via cervicotomica. La sternotomia complementare (split sternale o la sternotomia longitudinale totale) necessaria nei gozzi voluminosi, in presenza aderenze mediastiniche di tipo infiammatorio o neoplastico, nei reinterventi per recidiva, in urgenza per insufficienza respiratoria ed in caso di emorragie intraoperatorie non dominabili per via cervicotomica. Eccezionalmente si esegue una toracotomia demblee e sono candidati a tale trattamento soprattutto i gozzi retrovascolari di destra, gli interventi per gozzi mediastinici ectopici puri o i reinterventi in cui la recidiva su residuo tiroideo in sede endotoracica. GOZZO ECTOPICO Abbiamo gi accennato al gozzo ectopico mediastinico, ora bisogna ricordare tutte le altre sedi di ectopia tiroidea che naturalmente possono diventare sede di gozzo o subire anche una degenerazione maligna, basedowificarsi o essere sede di adenomi iperfunzionanti. Naturalmente il trattamento solitamente radicale chirurgico. La sede pi frequente di ectopia tiroidea (talvolta in soprannumero rispetto ad una tiroide normalmente in sede) lungo il tragitto embriologico del dotto tireoglosso dal forame cieco della lingua alla regione sottoiodea, rarissimamente anche latero-cervicale; il trattamento chirurgico di ablazione totale quello di prima scelta e per il chirurgo Orl non presenta alcuna particolare difficolt tecnica. Diverso il discorso di quelle rare ectopie tiroidee situate in sede endolaringea, endotracheale o endobronchiale, nonch quelle timiche, periaortiche, intrapericardici e perfino intracardiache. Naturalmente attraverso unattenta valutazione diagnostica: laboratoristica, endoscopica e per immagini, avvalendosi delle consulenze dei colleghi (cardio-chirurghi, chirurghi toracici e della medicina nucleare) sar possibile in ogni caso stabilire quale sia il miglior trattamento: medico (farmacologico o radiometabolico), chirurgico ovvero endoscopico da riservare a queste rarissime entit nosografiche. GOZZO MEDIASTINICO DIMENTICATO La definizione di gozzo dimenticato la dobbiamo Massard e collaboratori che nel 1962 cos definirono le masse mediastiniche di natura tiroidea che si evidenziavano dopo tiroidectomia subtotale bilaterale per gozzo plongeant. Lassenza di continuit tra il residuo cervicale e la massa mediastinica lo differenzia da un semplice gozzo recidivo. La frequenza di tale patologia variabile a seconda delle casistiche (2-16%) ed anche in dipendenza della tecnica chirurgica che si utilizza quando si affronta un gozzo plongeant, infatti una tioridectomia totale in prima istanza permette la soluzione alla base di tale problematica. A volte per la particolare conformazione definita a grappolo della tiroide determina pu indurre anche il chirurgo coscienzioso a dimenticare nel mediastino una porzione di gozzo. Naturalmente Il gozzo mediastinico dimenticato dar ben presto segno di s con la classica sintomatologia mediastinica ed oggi siamo avvantaggiati dalla RMN e TAC per fare una corretta diagnosi. In questo caso il trattamento chirurgico in rari casi la via daccesso pu essere cervicale ma, molto spesso, la sternotomia e la toracotomia sono necessarie per poter essere radicali in tale patologia. COMPLICANZE COMPLICANZE AL TRATTAMENTO MEDICO agranulocitosi specie nei primi 3 mesi panemocitopenia (controllare periodicamente la crasi ematica rash cutanei con prurito (si utilizzano gli antiistaminici)
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gozzo (da incremento del TSH) necrosi epatica altri effetti segnalati: febbre,artralgie, diarrea, tumefazione ghiandole salivari, colostasi, alterazioni del gusto, variazione del colore dei capelli con aplasie della cute (pi raro con il metimazolo), psicosi, sindrome nefrosiche, ipoglicemia. COMPLICANZE AL TRATTAMENTO RADIOMETABOLICO Ipertiroidismo transitorio dopo terapia (controllabile con betabloccanti) Scialoadenite (controllabile con stimoli alla salivazione) Crisi tireotossica (rara) Ipotiroidismo (effetto tardivo) Peggioramento dellesoftalmo (protezione cortisonica) Non sono segnalate incidenze aumentate di cancro o leucemia, infertilit o malformazioni fetali Rarissimi: ipoparatiroidismo e lesioni del ricorrente COMPLICANZE AL TRATTAMENTO CHIRURGICO Sono molteplici e verranno esaminate dettagliatamente. CRISI TIREOTOSSICA ACUTA E rara, ma rappresenta ancora una complicanza molto temibile della chirurgia del morbo di Basedow e dellipertiroidismo in genere. Si definisce come una accentuazione, potenzialmente letale, della entit della tireotossicosi caratterizzata da febbre, tachicardia accentuata e aggravamento di tutte le manifestazioni metaboliche. La febbre rappresenta lelemento caratteristico di questa affezione, per cui, in un paziente ipertiroideo con elevazione della temperatura sopra i 38C bisogna sospettare una crisi tireotossica. E importante che il paziente giunga allintervento nelle migliori condizioni metaboliche possibili con il raggiungimento delleutiroidismo. Gli schemi di preparazione prevedono dosi piene di antitiroidei e di ioduro in modo da ridurre i tassi di T3 e T4 circolante e le riserve di iodotironine, oltre alla vascolarizzazione della ghiandola. La preparazione preoperatoria con tali farmaci richiede in media sei settimane riducibili a quattro con luso di -bloccanti. Terapia: metimazolo 20mg/8h o propiltiouracile 150mg/6h per os o per sondino nasogastrico (preferibile il propiltiouracile perch blocca la conversione periferica da T4 a T3) ioduri 1-2gr/24h in perfusione ev oppure acido iopanoico 500mg/12h propanololo 1-2mg ev lenta Terapia di supporto : cortisonica: idrocortisone 100 mg ev ripetutto ogni 8 ore per 300mg/die idratazione: 5% destrosio, elettroliti, multivitamine ipertermia: freddo, acetaminofene In caso di scompenso cardiaco: digossina copertura antibiotica eventuale plasmaferesi/ dialisi peritoneale IPOTIROIDISMO E una delle maggiori complicanze tardive. Si manifesta generalmente entro il primo anno, anche se la sua incidenza maggiore negli anni successivi. Molti possono essere i fattori che rientrano nella genesi dellipotiroidismo postoperatorio. Uno dei diversi fattori determinanti lo status tiroideo dato dalla quantit di tessuto rimasto in situ dopo 320

lintervento chirurgico per ipertiroidismo. INFEZIONI DELLA FERITA OPERATORIA Le infezioni raramente costituiscono un problema, mentre pi frequenti sono modici rialzi febbrili accompagnati da modesto edema e arrossamento della ferita. Questi fatti flogistici possono rendere non ideale il decorso postoperatorio, determinando problemi di natura estetica della ferita e prolungamento della degenza. LESIONI DEL LARINGEO SUPERIORE Generalmente tale complicanza sottostimata rispetto alla paralisi dovuta a lesione nella chirurgia tiroidea del nervo laringeo inferiore.Anatomicamente il nervo laringeo superiore si divide in due branche esterna ed interna. Rarissima la lesione della branca interna sensitiva, che essendo piuttosto voluminosa e staccandosi in sede alta (tra il grande corno dellosso ioide e il corno superiore della cartilagine tiroidea), nettamente al di fuori del campo operatorio con rischio minimo di lesione; laddove avvenisse comunque le complicanze non sarebbero di poco conto, in quanto si determinerebbe una paerestesia ed anestesia della base lingua, ipofaringe e laringe con gravi probemi alla deglutizione. La branca esterna motrice innerva il muscolo crico-tiroideo, essa, dopo essersi staccata dalla branca interna, decorre in stretto contatto con larteria tiroidea superiore per poi dirigersi medialmente per andare a terminare nel muscolo cricotiroideo. La lesione pu avvenire allorquando il chirurgo chiude i vasi del polo superiore, pertanto consigliabile che tale legatura non avvenga alla cieca, si effettui in stretta vicinanza al parenchima tiroideo ed i vasi vengano prima riconosciuti, isolati e poi legati singolarmente; altro momento di rischio costituito dalla separazione della tiroide dalla trachea nella sua porzione alta, momento in cui necessario essere minuziosi e coagulare i vasi il pi vicino possibile al parenchima tiroideo. Clinicamente la mancata tensione del muscolo cricotiroideo determina unalterazione del timbro vocale con una riduzione delle performance vocali del paziente. Si pu avere la cosiddetta voce soffiata ed un grande affaticabilit, naturalmente tale lesione molto invalidante per coloro che usano la voce per motivi professionali. Lendoscopia laringea permette levidenza di una mancata tensione di una corda vocale con la sua lieve abduzione, con lesame stroboscopio la diagnosi si precisa divenendo evidenti gli asincronismi della propagazione dellonda vocale. La terapia solamente foniatrica e logopedica per facilitare il compenso spontaneo che si ha quando il deficit risulti essere monolaterale; da notare che tale compenso facilitato allorquando si ha cura di mantenere intatti i muscoli nastriformi pretiroidei. Nei casi di bilateralit o di sovrapposta paralisi ricorrenziale omolaterale il quadro si complica e la disfonia diventa realmente grave, a quel punto interventi endoscopici con infiltrazione e medializzazione cordale debbono essere tentati. LESIONI DEL LARINGEO INFERIORE E insieme allipoparatiroidismo la complicanza pi frequente della chirurgia tiroidea. Nelle varie casistiche esiste una grande variabilit dincidenza essendo dipendente tra laltro anche dallesperienza del chirurgo. Comunque nelle casistiche pi numerose una paralisi definitiva presente nell1% dei casi, pi frequenti sono le paralisi transitorie con possibilit di regressione tra 6 mesi ed 1 anno. Raramente la paralisi pu essere bilaterale. Le cause che determinano una sua paralisi possono essere la sezione accidentale, ledema perineurale da ripetute manipolazioni, il suo stiramento per eccessiva trazione ghiandolare, linsulto termico dovuta ad unerrata elettrocausticazione; meno frequentemente la reazione ischemizzante di un ematoma, lazione tramatica di un drenaggio aspirativi. Da ultimo da segnalare che una cicatrizzazione dei piani profondi pu determinare una paralisi tardiva 321

del nervo. La prevenzione rappresentata soprattutto dalla corretta metodica chirurgica della tiroidectomia che prevede il riconoscimento precoce del nervo e nel performare lintervento nel modo pi esangue possibile ; a ci si aggiunga la conoscenza delle varianti anatomiche del decorso del nervo che addirittura a destra in rarissimi casi pu non ricorrere. Luso intraoperatorio del neurostimolatore con il monitoraggio della muscolatura laringea anche se opportuno piuttosto raro per gli alti costi La situazione clinica varia a seconda se la paralisi sia monolaterale o bilaterale. Nel primo caso essa caratterizzata da disfonia, mentre nel secondo caso pu essere una drammatica evenienza post-operatoria con dispnea acuta che rende necessaria una tracheotomia durgenza. Pi raro il caso in cui la diplegia permette un buono spazio respiratorio ed allora sar pi importante leventuale disfonia. La diagnosi si fa attraverso la laringoscopia, oggi con fibre ottiche, che permette una precisa valutazione sia della motilit laringea con la possibile associazione di una paralisi del laringeo superiore, che del residuo spazio respiratorio. Sembra superfluo ricordare che una laringoscopia devessere effettuata prima dellintervento chirurgico e che in ogni caso devono essere programmati controlli laringoscopici a distanza onde documentare la corretta attivit laringea e non farsi sfuggire paralisi tardive. Se si esclude la necessit di una tracheotomia durgenza di solito il trattamento logopedico e si controlla nel tempo il paziente per valutare la possibile regressione della paralisi ricorrenziale. Solitamente nelle paralisi monolaterali anche se lemilaringe interessato permane immobile si ha un buon compenso dellemilaringe controlaterale con discreti risultati fonatori. Nelle forme bilaterali in cui prevale linsufficienza respiratoria per ladduzione delle crode vocali, trovano indicazione diversi interventi e, nella nostra esperienza, la aritenoidectomia con cordotomia posteriore al laser ; se invece la paralisi in abduzione e la disfonia marcata (ci pu accadere anche nelle forme monolaterali che non compensano) sono necessari interventi in microlaringoscopia per liniezione sottocordale di sostanze biocompatibili o grasso autologo che permettono il restringimento della rima glottica. In altri casi si effettuano interventi di reinnervazione in microchirurgia per ripristinare la corretta motilit laringea sia con suture termino-terminali del nervo che con innesti di tronchi nervosi, in altri casi si sutura parte del muscolo omoioideo sul crico-aritenoideo per sfruttare i rami terminali dellansa dellipoglosso. IPOPARATIROIDISMO POST-CHIRURGICO Le ghiandole paratiroidi sono poste a stretto contatto con la faccia posteriore dei lobi laterali della tiroide. La posizione di tali ghiandole non costante; sono in genere quattro, due superiori e due inferiori. Lipoparatiroidismo pu essere dovuto a molti fattori tra i quali spiccano per la loro frequenza, lasportazione accidentale di una o pi paratiroidi, e la compromissione dellapporto ematico alle paratiroidi lasciate in situ durante lintervento. Lipoparatiroidismo temporaneo definito come una transitoria richiesta di calcio per il trattamento della ipocalcemia sintomatica postoperatoria Per ipocalcemia sintomatica transitoria si intende un livello di calcio sierico al di sotto di 9 mg/dl con una sintomatologia che recede entro 180 giorni con trattamento sostitutivo. Il periodo di tempo che intercorre tra lintervento e lesordio della sintomatologia pu variare da un giorno ad una settimana. I primi disturbi a comparire sono le parestesie. Nel 70% dei casi si osserva linsorgere delle crisi tetaniche con crampi agli arti e spasmi. Lo spasmo carpale una flessione involontaria di gomito, polso e articolazioni metacarpo-falangee
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a cui si associa lestensione delle interfalangee e ladduzione del pollice (la cosiddetta mano da ostetrico). E dimostrabile la presenza di una ipocalcemia latente mediante la manovra di Chvostek (irritabilit del nervo faciale a stimoli meccanici) e con la manovra di Trousseau (spasmo carpale dato dallarresto della vascolarizzazione del braccio). EMORRAGIE POST-OPERATORIE La chirurgia tiroidea stata sempre considerata a rischio emorragico soprattutto quando si ha a che fare con gozzi iperfunzionati o il morbo di Basedow per la ricca rete vascolare di piccoli vasi sia venosi che arteriosi che si crea in tali patologie; naturalmente un trattamento medico prechirurgico e leffettuazione di tiroidectomie totali in vece delle subtotali ha ridotto di gran lunga tale rischio che tuttora sussiste ed importante. Dal punto di vista clinico distinguiamo le emorragie in: Precoci: Avvengono nellimmediato post-operatorio, sono solitamente determinate da rialzi pressori nel risveglio che fanno solitamente sanguinare arteriole del polo inferiore tiroideo che durante lintervento dopo emostasi si retraggono nella loggia timica. Il trattamento chirurgico deve essere immediato, si deve riaprire la ferita e fare immediatamente unaccurata emostasi. Ritardate: Si definiscono tali quando si presentano entro 6 ore dallntervento chirurgico, il comportamento clinico sar condizionata dallentit del sanguinamento; noi, anche in questo caso, riteniamo opportuno reintervenire anche per sanguinamenti di non eccessiva entit, per evitare di dover fronteggiare situazioni di drammatica urgenza Tardive: Hanno luogo dopo dodici ore dallintervento, sono poco frequenti, solitamente danno luogo ad ematomi anche sottodermici che possono causare se non evacuati tempestivamente in estetismi cicatriziali. Da quanto detto risulta importane nella chirurgia tiroidea prevenire la possibilit di emorragia usando unappropriata tecnica chirurgica, facendo attenzione durante la dissecazione dei tessuti, riconoscendo e legando separatamente i tronchi venosi ed arteriosi pi importanti, in special modo quelli del polo inferiore ed in ultimo posizionare con attenzione i drenaggi aspirativi nella loggia tiroidea al disotto dei muscoli pretiroidei. PERFORAZIONI DELLA TRACHEA E DELLESOFAGO E una complicanza poco frequente. Si pu verificare accidentalmente o in presenza di neoplasia tiroidea che infiltra la trachea o pi raramente lesofago. La si riconosce per il passaggio di aria o rispettivamente di saliva attraverso i tubi di drenaggio. Pu determinare un grave stato settico. Se la perforazione minima pu guarire spontaneamente o richiedere una sutura chirurgica PNEUMOTORACE Rara complicanza che pu verificarsi durante tiroidectomia per gozzo immerso. Se immediatamente riconosciuta pu essere riparata nel corso dellintervento previa massima espansione polmonare. Se si manifesta successivamente necessario posizionare un drenaggio toracico sottovuoto ed eventualmente rimuovere i drenaggi delle logge tiroidee che potrebbero rifornire il pneumotorace. LESIONI DEL DOTTO TORACICO Si tratta di complicanza rarissima nella chirurgia non neoplastica tiroidea essendo invece pi frequente quando si tratti di svuotamenti latero-cervicali a sinistra. La sintomatologia legata alla sede della lesione, potendosi avere un chiloma sovraclaveare se il vulnus alto ovvero una linforrea intramediastinica se la lesione molto bassa. La terapia subito
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aggressiva e chirurgica e prevede se la lesione alta dopo il drenaggio, se possibile, si tentalabboccamento del dotto alla vena giugulare o succlavia, altrimenti come per le linforee intramendiastiniche si effettua la legatura del dotto; laddove possibile si pu usufruire delle metodiche della radiologia interventistica che prevedono lembolizazione del dotto toracico. INESTETISMI CICATRIZIALI Non bisogna mai sottovalutare limportanza dellesito cicatriziale di una ferita chirurgica, in special modo nella chirurgia tiroidea, perch linestetismo ben visibile e la maggioranza dei pazienti operati di sesso femminile. Per valutare correttamente lesito cicatriziale bisogna attendere circa sei mesi, tempo necessario affinch i processi riparativi si siano definitivamente consolidati. Le cicatrici cutanee hanno solitamente caratteristiche diverse a seconda del distretto interessato nel nostro caso, trovandoci sul collo, tendono tipicamente alla retrazione. Da ci la necessit di effettuare le incisioni lungo le linee di elasticit e tensione della cute (le cosiddette linee di Langer) che sul collo coincidono con lincisione di Cocker. Durante lintervento necessario non stirare troppo i margini della breccia chirurgica onde evitare necrosi ischemiche e conseguente guarigione per seconda intenzione, pi opportuna unincisione ampia che dia un ottimo accesso al campo operatorio ed una guarigione per prima intenzione con preciso accollamento dei lembi cutanei che divaricare con forza la ferita.. Nelle suture corretto usare materiale riassorbibile con poca reazione infiammatoria come i monofilamenti di Vicril. La sutura cutanea sia intradermica, che con agrphes o a punti staccati da rimuovere il pi precocemente possibile, come parimenti bisogna comportasi con i tubi di drenaggio, infatti appena si sicuri di aver scongiurato il pericolo di ematomi, bisogna toglierli il pi presto possibile e suturare meticolosamente il forame di uscita. E opportuna unattenta medicazione della ferita. Molti sono i fattori che ostacolano la cicatrizzazione tra questi la flogosi, le perdite di sostanza gli ematomi le emorragie e le granulazioni sono molto importanti a livello locale. A livello locoregionale sono da tener presenti turbe della vascolarizzazione, della innervazione e gli esiti distrettuali di trattamenti radioterapici. Per quanto riguarda le cause sistemiche che si frappongono ad una corretta cicatrizzazione sono da segnalare le ipovitaminosi o ipoproteinemia da malnutrizione, la microangiopatia diabetica e let del paziente. Una volta che si instaurata una cicatrizzazione non perfetta si passer al trattamento che solo in ultima analisi dovr essere quello della terapia plastica chirurgica; bisogner eliminare innanzitutto i fattori predisponenti locali e sistemici, si prover sottoporre il paziente ad un ciclo di massaggi, si passer eventualmente alla terapia cortisonica. Lulteriore step la crioterapia la laserterapia o la dermatoabrasione; solo allorquando non si avranno esiti soddisfacenti necessario eseguire la chirurgia plastica della cicatrice con lo scopo di modificarne le linee di tensione. PROBLEMATICHE DA MALPOSIZIONAMENTO DEL PAZIENTE E LESIONI AL PLESSO BRACHIALE E una rara complicanza dovuta al mal posizionamento del paziente sul letto operatorio; molto spesso infatti il chirurgo per ottenere unadeguata esposizione del gozzo tiroideo, soprattutto se plongeant, pu provocare degli stiramenti a carico dei muscoli cervicali e nucali che sono causa di cefalee muscolotensive che complicano non poco il decorso postoperatorio delle tiroidectomie. Analogamente si pu avere uniperestensione forzata del rachide cervicale con la classica sindrome del colpo di frusta con la possibile insorgenza nel post-operatorio di cerviacalgia, nausea, cefalea, nevralgia occipitale e disturbi visivi. In
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ogni caso il corretto posizionamento del paziente, lattenzione a non effettuare dei bruschi movimenti cervicali durante lintervento tenendo presente che il paziente decurarizzato sono sufficienti ad impedire linsorgenza di tale evenienza. Un discorso a se stante meritano le lesioni del plesso brachiale determinate dallo stiramento laterale dellarto superiore, anche in questo caso labolizione del tono muscolare determinato dalla decurarizzazione il primum movens della complicanza. A seconda della gravit della lesione nervosa, si pu avere nel caso di: neurofrassi o axonotmesi la completa restituito ad integrum della successiva paresi del presso brachiale, tenendo comunque presente che occorre instaurare un ciclo di fisioterapia con una prognosi di sei settimane; neurotmesi con distruzione assonica completa la paralisi permanente e si dovr intervenire con innesti di tronchi nervosi dal nervo pettorale medio, toracodorsale, toracico lungo o sottoscapolare. Bisogna tener presente che tali complicanze sono favorite da fattori predisponesti congeniti od acquisiti che favoriscono la genesi dellischemia neuronale, come ad esempio il diabete mellito, la presenza di turbe della coagulazione e anemia grave. CONCLUSIONI Il trattamento chirurgico del nodulo freddo unico si basa sulla lobectomia, eventualmente associata ad istmectomia, che evita di trascurare eventuali foci cellulari adiacenti alla lesione nodulare. Questo tipo di intervento offre il vantaggio , quando necessario, di poter essere associato alla lobectomia controlaterale, senza ulteriore indaginosa esplorazione della loggia gi trattata chirurgicamente. Nel caso di un nodulo tiroideo scintigraficamente caldo o tiepido, lindicazione ancora rivolta verso la lobectomia che evita il rischio del quadro clinico dellipotiroidismo tardivo post-exeresi o alla terapia radiometabolica . Per la terapia della malattia di Plummer, lalcoolizzazione del nodulo presenta ancora alcune limitazioni. In presenza di patologia plurinodulare tossica e non tossica, invece, lintervento chirurgico pi appropriato rappresentato dalla tiroidectomia totale. Attualmente, lindirizzo chirurgico delle tireopatie tende allesecuzione di resezioni ampie (tiroidectomie totali e subtotali) che, per la loro maggiore radicalizzazione, prevengono le recidive locali e soprattutto gli interventi eseguiti in due tempi, gravati da un maggior numero di complicanze postoperatorie.

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LE TUMEFAZIONI CERVICALI NON ONCOLOGICHE: INQUADRAMENTO GENERALE


L. de Campora, M. Radici
U.O. di Otorinolaringoiatria Ospedale generale di zona S. Giovanni Calibita Isola Tiberina - Roma

Il collo, per la sua collocazione topografica, rappresenta una zona di passaggio per molte strutture, primariamente vascolari e linfatiche, che dallestremo cefalico si dirigono verso il torace ed il resto del corpo umano. Questa variet di strutture pu dar luogo, sia in seguito allazione di agenti esterni che per cause sistemiche, a quadri sintomatologici molto diversi tra loro. Le tumefazioni latero-cervicali sono per lo pi espressione diretta dellazione di noxae patogene; tuttavia tali tumefazioni possono essere grossolanamente distinte, a seconda della loro eziopatogenesi, come secondarie a patologie infiammatorie od in alternativa come espressione di una patologia malformativa su base disembriogenetica (cisti e fistole anteriore e laterali del collo). Cosi come per la patologia neoplastica anche per quella non neoplastica possibile sospettare la causa della tumefazione a seconda del livello linfonodale in cui localizzata la tumefazione. Risulta quindi determinante una corretta anamnesi, un minuzioso esame clinico del paziente oltre ad una idonea conoscenza degli esami emato-chimici e radiologici da richiedere. Ricordiamo come solamente la patologia infettiva, possa essere responsabile di pi del 70% delle tumefazioni latero-cervicali, per le quali sono necessarie differenti esami diagnostici e diverse modalit di terapia. Un corretto inquadramento clinico quindi la base per impostare sia una terapia mirata farmacologia sia chirurgica, la quale necessariamente non pu prescindere da una accurata strategia diagnostica. CISTI MEDIANE E LATERALI DEL COLLO Rientrano nella cosiddetta patologia disembriogenetica delle logge cervicale, vengono distinte in base alla localizzazione anatomica (regione mediana e laterale) e rappresentano migrazioni incomplete o residui branchiali dello sviluppo embrionale. La diagnosi spesso agevolata dallet della comparsa, anamnesticamente viene riferita una neoformazione che sporadicamente manifesta flogosi intermittenti, mentre dal punto di vista radiologico possibile sospettare la natura disembriogenetica di tale patologia per il rapporto che talora dette neoformazioni contraggono con le strutture circostanti, come nel caso dellosso ioide per quello che concerne le cisti anteriori del collo. Tali neoformazioni possono apparire talvolta multiloculate, ma sempre solitarie, le dimensioni possono variare in base allet ed al numero di episodi flogistici cui sono andate incontro. La terapia esclusivamente chirurgica ed occorre asportare, nel caso delle cisti mediane, il terzo medio dellosso ioide. TUMEFAZIONI DI ORIGINE INFETTIVA DEL COLLO Le tumefazioni latero-cervicali di origine infettiva, sono talvolta siti di infezione primaria, pi spesso espressioni di ascessi o processi infetivi delle prime vie aereo-digestive. Sono entit cliniche difficili da diagnosticare clinicamente.
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Linfezione degli spazi parafaringei, o gli ascessi oro-faringei possono assumere talvolta aspetti drammatici, in quanto la raccolta purulenta pu causare lostruzione delle prime vie aeree o propagarsi per contiguit al mediastino o alle logge latero-cervicali. Risultano particolarmente predisposti i soggetti diabetici ad infezioni di questo tipo; la diffusione avviene per dissezione degli spazi fasciali o per estensione diretta da altri spazi comunicanti allinterno del collo. La propagazione per via linfatica o la trombosi settica delle vene del distretto cervicale superiore, od orofaringea, pu talvolta precedere linfezione degli spazi laterali del collo. Le manifestazioni cliniche sono tipiche da disagio infettivo: febbre, leucocitosi, ed algie cranio-cervicali con sporadica associazione di disfagia od odinofagia. Le indagini radiologiche, rappresentate essenzialmente dalla TC, permettono di localizzare la sede di infezione, oltre ad offrire connotati tali per cui risultano essenziali per lindividuazione del corretto percorso terapeutico. Il tipo di trattamento pi idoneo rappresentato dal mantenimento della perviet delle vie aeree e dal drenaggio chirurgico; occasionalmente, per quanto la perviet stessa delle vie aeree possa non risultare minacciata a breve termine, tuttavia si rende necessario lintervento, al fine di evitare pericolosi drenaggi spontanei allinterno delle vie aeree, con conseguenze potenzialmente drammatiche come la polmonite secondaria ad aspirazione, la mediastinite e lostruzione acuta delle vie aeree. La conseguenza pi comune la trombosi settica della vena giugulare, cui pu seguire in casi limitati, lembolia polmonare settica, la trombosi del seno laterale, la trombosi del seno cavernosi e lascesso cerebrale. La rottura della carotide una eccezionale complicanza dellinfezione degli spazi parafaringei laterali, e viene in genere annunciata da deficit dei nervi cranici multipli. E inoltre possibile la propagazione dellinfezione lungo la guaina della carotide verso il basso, con la manifestazione di segni tipici da mediastinite, cui associata una mortalit del 50%. Altri segni e sintomi sono rappresentati da rigidit cervicale, con eventuale dispnea e stridore. Gli agenti eziologici pi comuni delle infezioni delle regioni profonde del collo sono: Streptococcus pyogenes, peptostreptococcus, Prevotella, Porphyramonas e Fusobacterium; molte infezioni sono sostenute da flora mista, la maggioranza dei batteri sensibile ad unassociazione di penicillina G e metronidazolo o allampicillina-sulbactam.

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LE NEOFORMAZIONI DELLO SPAZIO PARAFARINGEO


M. Radici, L. de Campora.
U.O.C. di ORL - Ospedale Generale S.Giovanni Calibita Fatebenefratelli Isola Tiberina - Roma

INTRODUZIONE E CENNI DI ANATOMIA Lo spazio parafaringeo possiede la forma di una piramide con la base posta in corrispondenza della base del cranio ed il vertice a livello del gran corno dellosso joide. La sua faccia mediale costituita dal muscolo costrittore superiore della faringe e dalla loggia tonsillare; quella laterale, dallavanti allindietro, dal muscolo pterigoideo interno, dalla faccia interna della branca montante della mandibola, dal lobo parotideo profondo e dal ventre posteriore del muscolo di gastrico. La parete posteriore , infine, rappresentata dal rachide cervicale e dai muscoli pre-vertebrali. Lo spazio parafaringeo diviso da piani fasciali in tre distretti. Tale suddivisione avviene ad opera del setto stilo-faringeo e dei due setti sagittali (setti di Sharpy) talch lo spazio parafaringeo risulta distinto in: loggia retrofaringo-esofagea loggia pre-stiloidea loggia retro-stiloidea. a) loggia retro-faringo-esofagea Essa compresa tra la fascia pre-vertebrale ed il muscolo costrittore della faringe. Sui lati, come detto, esso delimitato dai setti sagittali di Sharpy. La loggia retro-faringo-esofagea contiene alcune arteriose provenienti dallarteria faringea ascendente ed alcune formazioni linfoghiandolari (linfonodi di Gillette) posti simmetricamente ai lati della linea mediana. b) loggia pre-stiloidea Tale spazio anatomico in rapporto, medialmente, con la fascia perifaringea e con la faringe, senza interposizione di strutture degne di nota. Lateralmente in relazione con il lobo profondo della parotide, attraverso il tunnel stilo-mandibolare e con la mandibola per il tramite delle seguenti strutture: muscoli pterigoidei (linterno si addossa alla branca della mandibola; lesterno al collo del condilo); arteria mascellare interna (che dal collo del condilo, passando al di sotto del legamento sfeno-mandibolare, circoscrive il margine inferiore del muscolo pterigoideo esterno, o lo attraversa, per portarsi sulla superficie esterna del muscolo stesso); nervo agricolo-temporale (che si dirige alla loggia parotidea dopo aver circondato, dal dietro in avanti, il collo del condilo mandibolare); nervo alveolare inferiore (che penetra nel canale mandibolare); nervo linguale (che si dirige alla regione sotto-joidea, dopo aver ricevuto la chorda timpani); il ganglio otico (posto in alto, medialmente ai nervi alveolare inferiore e linguale).
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Sulla parete laterale di questo spazio sono inoltre presenti i muscoli peristafilino esterno ed interno diretti al velo del palato. Nella sua parte inferiore possibile evidenziare larteria facciale ed il suo ramo collaterale, larteria palatina ascendente. La loggia contiene un tessuto adiposo molle, di colorito giallastro, che possiede mere funzioni di riempimento ed ammortizzamento. c) loggia retro-stiloidea Essa delimitata anteriormente dal legamento stilo-faringeo e postero-medialmente dai setti sagittali di Sharpy. La struttura pi importante in essa contenuta il fascio nervovascolare del collo. Subito al di dietro della carotide ma accollato alla fascia pre-vertebrale si trova il tronco del simpatico cervicale. Decorrono nella loggia il nervo accessorio spinale (XI), il nervo vago (X), il nervo glossofaringeo (IX) ed il nervo ipoglosso (XII). ANATOMIA PATOLOGICA Da quanto fin qui descritto emerge evidente la molteplicit delle componenti anatomiche degli spazi parafaringei, ciascuna delle quali, come noto, pu essere sede di un processo neoplastico. Nella maggior parte dei casi trattasi di tumori benigni che ripetono la strutture tipica dei tessuto dorigine. Essi sono caratterizzati da un lento accrescimento, dalla presenza di una capsula limitante e non possiedono atteggiamenti infiltranti nei confronti delle strutture anatomiche circostanti. Lesordio clinico di tali neoplasie non condizionato dalle caratteristiche istopatologiche essendo del tutto specifico e a carattere squisitamente meccanico (tumefazione, compressione, dislocazione). Per ciascuna sottosede sono possibili neoplasie peculiari in relazione al tipo di strutture anatomiche in esse contenute Tra i tumori della loggia retro-faringo-esofagea sono rilevanti i lipomi (e i pi rari liposarcomi) ed i neurinomi. Da segnalare le tumefazioni neoplastiche ad origine dai linfonodi (adenoflemmoni - linfomi - metastasi). Peculiari della sede i tumori ad origine dal rachide cervicale (cordomi, calcificazioni del legamento longitudinale anteriore, osteofitosi). Rare le segnalazioni di ascessi ossifluenti TBC (ascessi freddi di Pott). A carico della loggia retro stiloidea, la quasi totalit delle tumefazioni rappresentata da tumori neurogenici benigni (neurinomi, neurofibromi, schwannomi maligni, ganglioneuromi, simpaticoblastomi, paragangliomi). Vanno inoltre senalate le neoplasie vascolari che dallasse giugulo-carotideo, trovano nella loggia retro-stiloidea, naturale evoluzione (chemodectomi, angiomi). A carico dello spazio pre-stiloideo, viceversa, per i naturali rapporti anatomici descritti in precedenza, le neoplasie pi rappresentate sono quelle ad origine salivare, dal lobo parotideo profondo (adenoma pleomorfo, in particolare). Rappresentati, anche se in misura minore, i tumori neurogenici e quelli lipogenici. INTERPRETAZIONE DEI SINTOMI CLINICI IN CHIAVE DIAGNOSTICA La natura prevalentemente benigna delle neoformazioni dello spazio para-faringeo, comportando una lentissima crescita ed una progressiva dislocazione degli organi circostanti, rende ragione della scarsit e della aspecificit della sintomatologia di queste 330

neoplasie, definite da Bocca silenti. La povert iniziale del corteo sintomatologico fa si che la diagnosi di una neoformazione parafaringea sia, in genere, tardiva e venga posta in fase di avanzato sviluppo del processo tumorale, quando cio le dimensioni stesse della neoformazione costituiscono ostacolo meccanico al fisiologico funzionamento del distretto orofaringeo e/o producano deformazioni spiccate della morfologia regionale. a) tumori retro-faringei Le neoformazioni primitive del distretto retro-faringeo, quasi sempre di natura benigna, si caratterizzano, come gi detto, per un accrescimento molto lento e graduale; i determina un decorso clinico per lungo tempo silente o paucisintomatico, che diviene manifesto solo quando il loro volume abbia raggiunto dimensioni considerevoli. Talvolta la diagnosi frutto di reperto occasionale di una visita specialistica richiesta per altri motivi. Tra i sintomi soggettivi possono trovar luogo modeste ma progressive turbe della respirazione nasale e della deglutizione. Nelle fasi pi progredite dello sviluppo pu manifestarsi rinolalia chiusa posteriore, ostruzione tubarica con autofonia ed ipoacusia di tipo trasmissivo. Dal punto di vista obiettivo, lispezione endoscopica del rinofaringe e del mesofaringe conducono immediatamente alla supposizione diagnostica (procidenza della parete posteriore della faringe estesa pi o meno significativamente verso lipofarnge). La palpazione digitale fornir diverse indicazioni a seconda della natura della massa (molle nei lipomi, fluttuante nelle masse asessuali, duro-elastica nei tumori neurogenici). La motilit, conservata in tutte le masse di natura benigna abolita nei tumori maligni ed in quelli a partenza dal rachide cervicale (cordomi, ossificazioni, ecc.). b) tumori retro-stiloidei E noto che laccrescimento di qualsiasi neoformazione procede sempre attraverso le vie di minor resistenza ed in tal senso le possibilit di accrescimento dei tumori di tale distretto possono essere o verso la superficie cutanea , a livello del solco retro-angolo-mandibolare, o verso la parete faringea. Peraltro, mentre la evoluzione verso la cute ostacolata da uno spesso strato muscolo-aponeurotico (mm. digastrico, stilo.joideo, SCM) e dalla parotide, levoluzione verso la parete laterale della faringe trova solo ostacolo relativo in un esile strato muscolare e nella fascia peri-faringea. E evidente, pertanto, che i tumori di tale distretto diano i primi segni della loro presenza proprio a carico della parete faringea. I sintomi soggettivi sono tuttavia molto scarsi e tardivi consistendo in impaccio alla deglutizione, in senso di corpo estraneo faringeo e in turbe della risonanza vocale (voce batracica). Tra i segni obiettivi trova importanza la dislocazione in senso antero-mediale della tonsilla palatina e dei pilastri tonsillari, associata ad una tumefazione di tutta la parete laterale della faringe retro-tonsillare. Il palato molle dislocato anteriormente e la sua motilit variamente compromessa. Lesteriorizzazione della neoformazione si rende possibile solo nel caso in cui il tumore si estenda in basso oltre un piano orizzontale passante per losso joide (lacuna muscolare tra il margine anteriore del muscolo SCM e muscoli pre-tiroidei). In tale sede la tumefazione pu raggiungere dimensioni tali da determinare la scomparsa dellangolo retro-mandibolare. Sebbene i tumori di tale sede anatomica siano nella maggior parte dei casi di tipo neurogeno, la loro pressoch costante benignit rende i sintomi neurologici assolutamente rari (le fibre nervose vengono dislocate ma rispettate).
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c) tumori pre-stiloidei I tumori dello spazio pre-stiloideo originano nella quasi totalit dei casi dalla parotide e, vista la conformazione anatomica di tale distretto, tendono in accordo alla legge della minor resistenza ad accrescersi in direzione mediale, verso il lume faringeo. I sintomi soggettivi sono da ricondurre ad un impaccio meccanico orofaringeo associato ad una modica disfagia e, solo tardivamente a difficolt respiratorie. Le modificazioni delle cavit di risonanza faringea causate dal tumore possono determinare alterazioni della voce. La massa pu inoltre essere responsabile di stanosi tubarica e di versamento endotimpabnico con autofonia ed ipoacusia trasmissiva omolaterale. Nelle fasi molto tradive possono comparire sintomi disfunzionali a carico del nervo facciale e della branca inferiore del nervo trigemino. Lobiettivit consente di mettere in evidenza la deformazione omolaterale della volta palatina e dalla medializzazione della tonsilla palatina che appare caratteristicamente ruotata allindietro. Il pilastro palatino anteriore appare, anche esso caratteristicamente, spiegato e stirato. Nel caso in cui il tumore assuma evoluzione a clessidra attraverso il canale stilomandibolare, si pu associare, alla tumefazione endofaringea, una tumefazione della loggia parotidea pi o meno rilevante. LA DIAGNOSI ENDOSCOPICA, CITOLOGICA E PER IMMAGINI La scarsit dei segni e dei sintomi dei tumori parafaringei, rendono le metodiche diagnostiche strumentali e di imaging di insostituibile valore. Lendoscopia a fibre ottiche consente di dettagliare levoluzione endocavitaria delle masse definendone lestensione cranio-caudale e di supporne, con notevole approssimazione lorigine anatomica. In particolare, la fibro-rinoscopia permette di esaminare accuratamente il cavo rinofaringeo e di stabilire il grado della estensione craniale del tumore. Lecografia risulta utile solo nel caso in cui la massa possieda una estensione laterale verso le logge cervicali o verso la parotide. In tal caso infatti possibile scannerizzare la componente sottocutanea del tumore potendone stabilire la consistenza, la fase solido/ liquido e, se del caso, sotto guida ultrasonografica, sottoporla a puntura diretta per eseme citologico. Il gold standard della diagnosi delle masse ad evoluzione para-faringea rappresentato dalla associazione TC/RM. La diagnostica per immagini consente infatti una notevole approssimazone diagnostica oltre alla precisa definizione della estensione del tumore ai fini del pi corretto approccio terapeutico. Lassociazione TC/RM esclude ulteriori tempi diagnostici per immagini (scialo-TC) rendendone superflui altri che per anni sono stati parte integrante dellapproccio clinico a tali affezioni (faringografia, Rx standard). Nel caso di masse con alto enhancement post-contrastografico pu essere utili il completamento con una esame agiografico (angio-RM Angiografia selettiva) al fine di chiarire leventuale presenza di un tumore vascolare (chemodectoma angioma). Nel caso in cui la massa non possieda un alto pattern vascolare, risulta mandatario laccertamento citologico mediante FNA. La puntura con ago sottile della massa pu essere agevolmente effettuata per via esterna (nel caso di tumefazioni superficializzate nel compartimento sottocutaneo latero-cervicale) o per via trans-orofaringea. La minima campionatura cellulare esclude il rischio di
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inseminazioni iatrogene nella pur rara ipotesi di neoplasia maligna. Lattendibilit della diagnosi citologica (al confronto con il dato istologico definitivo) alta attestandosi intorno all80%. Sintetizzando potremmo pertanto dire che la diagnosi dei tumori parafaringei si affida allimaging (TC/RM) e alla citologia in oltre il 90% dei casi. Approfondimenti angio-RM o agiografici sono riservati ai residui dubbi di neoformazione vascolare.

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INDICE
Presentazione Introduzione Elenco Autori pag. 3 4 5

PATOLOGIA OTOLOGICA
Strategia chirurgica delle malformazioni dellorecchio medio
C. Berardi, S. Ponzi, G. Caracciolo, S. Pantaleone, P. Principi 6 11 17 21

Classificazione delle malformazioni dellorecchio interno


G. N. Frau, M. A. Beltrame

Microtia e atresia auris come indicatori di sviluppo dellorecchio medio


S. Amendola, F. Carluccio

Lotite media: classificazione, strategia diagnostica e terapeutica


S. Vitale

Lotite media cronica colesteatomatosa: classificazione, strategie diagnostiche e terapeutiche


C. A. Leone, F. Mosca 26

Classificazione anatomo-clinica ed indicazioni terapeutiche delle perforazioni timpaniche


G. Bicciolo, E. de Campora 34 45 60 83 96 107

Otosclerosi
L. Bruschini, I. Dallan, S. Gabriele, P. Grillai, P. Bruschini

La paralisi del nervo facciale da causa non neoplastica


P. Laudadio, M. Grimaldi

La vertigine posizionale parossistica


F. DOnofrio, M. Bellocci, S. Molina, E. Sorgendone, N. Di Giuseppe, G.P. Sbaraglia

Sordit infantile profonda: classificazione e diagnosi


D. Cuda, A. Murri

Neurinoma dellacustico: classificazione, strategia diagnostica e terapeutica


C. Zappone, N. Alunni, L. Melara, A. Sterparelli, L. Leandri, S. Lanzi

PATOLOGIA RINOLOGICA
Atresia coanale
N. Mansi, F. Berni Canani, V. de Maio, G. Ripa, A. M. Varricchio 122 136 141

Classificazione dei siti ostruttivi nasali nella roncopatia


I. Tasca, G. Ceroni Compadretti

Deviazione del setto nasale


M. Manzini, G. Mastrogiuseppe, A. Carissimi, G. Terranova

Il fibroangioma naso-faringeo giovanile: strategie diagnostiche e follow-up postoperatorio


G. Danesi, D. T. Panciera 166 169

Angiofibroma del rinofaringe


F. Bagattella, R. Pareschi, S. Russo, A. Mazzoni

La poliposi nasale: classificazione, diagnosi e strategia terapeutica


R. Cipri, S. Ronsivalle, F. Raso 181 185 187 197

Fistole rinoliquorali
A. Tagliabue, V. Fornaro, M. I. Notaro

I mucoceli dei seni paranasali


M. Rosignoli, M. Schiarea, M. E. Cerquetti

La Rinopatia vasomotoria
L. Bellussi, V. Damiani, G. C. Passali

PATOLOGIA FARINGO-LARINGEA
Le tonsilliti
G. Amico, G. Cimino 211 217

Inquadramento clinico-strumentale del paziente roncopatico in ambito ORL


M. de Benedetto

Classificazione morfologica dei siti critici nel paziente roncopatico (staging, grading, pattern)
C. Vicini, A. De Vito, A. Campanini, M. Marani, S. Frassinetti 223 228 248 254 263 275 280

Reflusso e patologia laringea


A. Bonarrigo, G. Amico, A. Denaro

Stenosi laringotracheali nel bambino


R. Saetti, M. Silvestrini, S. Narne

Stenosi laringotracheali nelladulto


G. Villari, D. Di Maria, F. Giangregorio, L. Califano

Le disfonie
L. Vigliaroli

Terapia riabilitativa della disfagia orofaringea


C. Alicandri-Ciufelli, P. Romualdi

La papillomatosi laringea
A. Procaccini, L. Urbani, S. Lattanzi

PATOLOGIA DEL COLLO


Neoformazioni delle ghiandole salivari
M. G. Vigili 291

Patologia nodulare degenerativa tiroidea: classificazione


N. DAgnone, S. Norscini, S. Calamita, P. Vitali, E. Brianzoni*, A. Berbellini*, A. Tagliabue, V. Fornaro, M. I. Notaro 302 307 312 327 329

Il nodulo tiroideo: strategia diagnostica


M. Appetecchia

Terapia della patologia tiroidea non neoplastica


N. DAgnone, S. Norscini, A. Bucci, E. Brianzoni*

Le tumefazioni cervicali non oncologiche: inquadramento generale


L. de Campora, M. Radici

Le neoformazioni dello spazio parafaringeo


M. Radici, L. de Campora

finito di stampare nel mese di Gennaio 2005 dalla Le.g.m.a. srl Napoli

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