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Robbins e Cotran

Le basi patologiche
delle malattie
Patologia generale
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V. Kumar , MBBS, MD, FRCPath N. Fausto , MD
Alice Hogge and Arthur Baer Professor Professor and Chairman, Department of Pathology
Chairman, Department of Pathology University of Washington School of Medicine
Executive Vice Dean, Division of Biologic Sciences Seattle, Washington
and The Pritzker School of Medicine
The University of Chicago, Chicago, Illinois
J.C. Aster , MD, PhD

A.K. Abbas , MBBS


Professor of Pathology
Harvard Medical School
Professor and Chairman, Department of Pathology Brigham and Women’s Hospital
University of California, San Francisco Boston, Massachusetts
San Francisco, California

Robbins e Cotran

Le basi
patologiche
delle malattie
Patologia generale

8a edizione

Edizione italiana a cura di


Vincenzo Eusebi
Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia
Istologia e Citologia Patologica “Marcello Malpighi”

con la collaborazione di
Gavino Faa, Vito Franco
Eugenio Maiorano, Rodolfo Montironi
Lucio Palombini, Mauro Papotti
Anna Sapino, Giovanni Tallini
illustrazioni di
James A. Perkins, MS, MFA
Titolo originale dell’opera
ROBBINS AND COTRAN PATHOLOGIC BASIS OF DISEASE, 8/E - Unit 1
Copyright © 2010 by Saunders, an imprint of Elsevier Inc.
All rights reserved.

This translation is published by arrangement with Elsevier Inc.

ISBN 978-1-4160-3121-5

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(Alberto Maria Saibene, Manuela Bolis, Silvia Codo, Federica Torello, Silvia Vivan,
Daniele Russo, Maria Gloria Nobili, Serena Fortin, Grazia Pula, Giuseppe Gullo, Elisa Rubino)

Coordinamento della traduzione: Valeria Mei (Trans-Edit Group Srl, Milano)

Redazione: Trans-Edit Group Srl, Milano

© 2010 - Elsevier Srl - Tutti i diritti riservati


2006 – VII edizione – Elsevier Italia Srl
2006 – Ristampa (ottobre) - Elsevier Italia Srl
2007 – Ristampa - Elsevier Italia Srl

ISBN 978-88-214-3175-3

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del presente volume, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe 2, 20121 Milano,
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La medicina è una scienza in continua evoluzione. La ricerca e l’esperienza clinica ampliano costantemente le
nostre conoscenze, soprattutto in relazione alle modalità terapeutiche e alla farmacologia. Qualora il testo faccia
riferimento al dosaggio o alla posologia di farmaci, il lettore può essere certo che autori, curatori ed editore hanno
fatto il possibile per garantire che tali riferimenti siano conformi allo stato delle conoscenze al momento della pubbli-
cazione del libro. Tuttavia, si consiglia il lettore di leggere attentamente i foglietti illustrativi dei farmaci per verificare
personalmente se i dosaggi raccomandati o le controindicazioni specificate differiscano da quanto indicato nel
testo. Ciò è particolarmente importante nel caso di farmaci usati raramente o immessi di recente sul mercato.

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www.elsevier.it

Printed in China
Finito di stampare nel mese di luglio 2010, presso “China Translation & Printing Services” Ltd, Hong Kong
Presentazione
dell’edizione italiana

Sono trascorsi cinquant’anni da quando Stanley Robbins ha pubbli- poiché la consultazione di quest’opera risulterà utile per molti anni
cato la prima edizione di quest’opera straordinaria. Il libro ha acqui- a venire.
sito negli anni nuovi Editors, ed oggi l’ottava edizione vanta quattro Il mio Maestro Antonio Maria Mancini, che ha curato tutte le
Editors e ventiquattro Autori. Malgrado ciò, il libro sembra essere edizioni italiane fino alla VI e, dopo di lui, il sottoscritto abbiamo
stato scritto da un unico autore, non ha perso nulla in freschezza e sempre considerato un grande onore poter curare le traduzioni in
fornisce le più recenti e aggiornate informazioni utili e necessarie lingua italiana del “Robbins”, come viene chiamato dagli studenti.
alla comprensione dei singoli argomenti. Sono particolarmente Quest’opera è anche dimostrazione di impegno didattico da parte
sorprendenti la precisione del linguaggio e la sintesi delle nozioni di tutti gli amici e i colleghi che hanno collaborato alla revisione
nonostante il notevole incremento dei contenuti. della traduzione.
L’opera è interamente consultabile online in lingua inglese. Online Nel ringraziare tutti i collaboratori, è impossibile dimenticare
è possibile inoltre trovare casi clinici e il microscopio virtuale che l’efficienza e la professionalità di tutto lo staff della Casa Editrice
consente di “analizzare” campioni su vetrino con diversi gradi di Elsevier.
ingrandimento. Le oltre 1600 figure, anch’esse scaricabili per Power-
Point, e la bibliografia, che può essere integralmente consultata via
PubMed, rappresentano un ausilio didattico che non ha pari. Lo Vincenzo Eusebi, MD, FRCPath
studente di Medicina e Chirurgia (ma anche di Odontoiatria e Pro- Università degli Studi di Bologna
tesi dentaria e di Biotecnologia) trarrà giovamento dallo studio di Sezione di Anatomia, Istologia e Citologia Patologica
questo libro, giovamento che lo accompagnerà anche dopo la laurea, “Marcello Malpighi”

v
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Prefazione: celebrando
il cinquantenario
Nel presentare l’ottava edizione di Pathologic Basis of Disease ci compiuti nel campo della tecnologia di sequenziamento del DNA,
soffermiamo un attimo per tornare con la memoria a cinquant’anni e completata dai principi dell’analisi genome-wide, oggi divenuta
fa, quando veniva pubblicata la prima edizione di quest’opera, allora uno strumento fondamentale per lo studio di patologie umane
intitolata Pathology with Clinical Correlations (per chi non lo sapesse, complesse come il cancro e il diabete.
le prime tre edizioni furono pubblicate con questo titolo, per cui Il Capitolo 9 è stato interamente rivisto e riorganizzato alla luce
l’attuale “ottava edizione” è in realtà l’undicesima di quest’opera). della sempre crescente importanza assunta dai fattori ambientali
Nella prefazione della prima edizione, Stanley Robbins nella patogenesi umana.
scriveva: Il Capitolo 17 è stato completamente riscritto e propone nuove
nozioni sulla patogenesi della malattia infiammatoria intestinale
“Ma lo studio della morfologia è solo una parte della patologia. e dei tumori gastrointestinali.
La patologia fornisce un notevole contributo alla medicina clinica. Il Capitolo 22, che tratta le malattie dell’apparato genitale fem-
Il patologo è interessato non soltanto a riconoscere le alterazioni minile, include la discussione delle basi molecolari del cancro,
strutturali, ma anche a comprenderne il significato, ossia gli effetti dell’endometriosi e della preeclampsia.
che questi cambiamenti producono sulla funzione cellulare e L’intero volume, oltre a essere stato rivisto e riorganizzato, è stato
tissutale e, in ultima istanza, le conseguenze di tali modificazioni arricchito di numerose nuove immagini e schemi, e molte delle
sul paziente. Lungi dall’essere una disciplina avulsa dal paziente, vecchie “perle” sono state migliorate con l’ausilio della tecnologia
è un approccio fondamentale per una migliore comprensione digitale. Speriamo dunque che anche i veterani del “Robbins”
della malattia e costituisce dunque un elemento portante di una apprezzeranno le illustrazioni e le immagini, rinnovate per qualità
solida medicina clinica.” e chiarezza.
“Conoscere il come e il perché è importante quanto conoscere il
fenomeno.” Laddove necessario, abbiamo integrato la trattazione della pato-
genesi e della fisiopatologia con la descrizione delle nuove scoperte,
Nel linguaggio odierno, quanto affermato da Robbins nel 1957 è senza però mai dimenticare che lo “stato dell’arte” risulta di scarso
che la patologia consiste nello studio dei meccanismi di malattia e valore se non affina la comprensione dei meccanismi alla base delle
che la morfologia costituisce uno strumento (l’unico disponibile malattie. Come nel passato, non abbiamo trascurato di affrontare
all’epoca) per indagare la patogenesi delle varie affezioni e le corre- problemi “irrisolti”, guidati dalla convinzione che molti, nel leggere
lazioni cliniche. Nel corso degli ultimi cinquant’anni l’approccio non questo libro, potrebbero essere incoraggiati a intraprendere un
è cambiato e continua a essere il principio guida per l’attuale edizio- percorso di scoperta.
ne. La differenza fondamentale è che oggigiorno disponiamo di molti Nonostante i cambiamenti presentati sopra, gli obiettivi riman-
più strumenti di supporto alla morfologia, tra cui la biologia mole- gono gli stessi enunciati da Robbins e Cotran nelle precedenti
colare, la genetica e l’informatica, per menzionarne soltanto alcuni. edizioni:
Di fatto, potremmo affermare che questo volume presenta le basi
molecolari delle patologie umane con correlazioni cliniche. Questa Integrare nella discussione dei processi e dei disturbi patologici
edizione, come tutte le precedenti, è stata ampiamente rivista e al- le più recenti informazioni disponibili, sia morfologiche sia
cune parti sono state completamente riscritte. Tra le modifiche più molecolari.
significative rientrano le seguenti: Organizzare le informazioni in presentazioni logiche e uniformi,
favorendo la leggibilità, la comprensione e l’apprendimento.
Il Capitolo 1 è stato completamente riorganizzato così da com- Mantenere il volume entro una dimensione ragionevole pur
prendere l’intero spettro delle risposte cellulari alla lesione, fornendo allo stesso tempo un’adeguata trattazione delle lesioni,
dall’adattamento al danno subletale fino alla morte cellulare. dei processi e dei disturbi di particolare rilevanza. In quest’ottica,
Il Capitolo 3, incentrato sulla riparazione dei tessuti e sulla cica- l’opera è stata snellita di un’ottantina di pagine (forse con il di-
trizzazione delle ferite, è stato ampiamente rivisto e completato sappunto degli appassionati di sollevamento pesi).
con nuove ed entusiasmanti informazioni sulla biologia delle cel- Porre notevole enfasi sulla chiarezza della scrittura e sull’uso
lule staminali, sui meccanismi di trasmissione dei segnali dei fattori appropriato del linguaggio, nella consapevolezza che un testo che
di crescita e sui meccanismi che sono alla base della fibrosi. dovesse richiedere un eccessivo sforzo di comprensione sottrar-
Il Capitolo 5 include una sezione interamente aggiornata sulla rebbe inutilmente tempo ed energie allo studio, ostacolando il
diagnosi molecolare, in cui si rende conto dei rapidi progressi processo di apprendimento.
vii
viii Prefazione: celebrando il cinquantenario

Creare un’opera pensata anzitutto per essere un testo di studio separatamente nell’Interactive Case Study Companion, sviluppato
che accompagni lo studente lungo tutti gli anni di corso e durante da uno di noi (VK) in collaborazione con Herb Hagler, PhD, e Nancy
l’internato, ma che allo stesso tempo fornisca sufficienti dettagli Schneider, MD, PhD (University of Texas, Southwestern Medical
e approfondimenti per andare incontro agli interessi di lettori più School, Dallas). I casi sono stati scelti e organizzati con l’intento di
esigenti. perfezionare e consolidare l’apprendimento offrendo agli studenti
la possibilità di applicare le nozioni acquisite per risolvere casi clinici.
È stato ripetutamente riferito dai lettori che uno degli aspetti più Un microscopio virtuale consente di esaminare immagini selezionate
apprezzati di questo libro, che lo rende tanto valido, è la sua attualità. a diversi livelli di ingrandimento.
Ci siamo sforzati di mantenere tale caratteristica fornendo nuove L’ottava edizione è inoltre caratterizzata dall’ingresso di un nuovo
informazioni e riferimenti estrapolati dalla più recente letteratura, coautore, Jon Aster. Tutti e quattro abbiamo revisionato, analizzato
molti dei quali pubblicati nel 2008 e alcuni nella prima parte del 2009. criticamente e curato ciascun capitolo per garantire l’uniformità di
Riferimenti classici di più vecchia data sono stati tuttavia mantenuti stile e la scorrevolezza che sono sempre state le caratteristiche di-
per fornire la fonte originale ai lettori con maggiore esperienza. stintive di questo libro. Insieme, speriamo di essere riusciti a tra-
Giacché viviamo in un’era digitale, il testo sarà disponibile anche smettere al lettore le basi scientifiche per la pratica della medicina e
online per coloro che acquistano l’edizione cartacea. Questa modalità di avere acceso in lui il desiderio di apprendere più di ciò che possa
di accesso consentirà al lettore di effettuare ricerche in tutto il volu- essere racchiuso in qualsiasi testo.
me, con la possibilità di inserire segnalibri e annotazioni personali, VK
nonché di utilizzare PubMed per consultare i documenti di riferi- AKA
mento e approfittare di numerose altre interessanti funzionalità. NF
Online saranno inoltre disponibili casi di studio, fino a oggi raccolti JCA
Ringraziamenti

Gli autori sono grati a un gran numero di persone che hanno con- collaboratori e l’editore. Senza la sua dedizione a questo libro e la sua
tribuito sotto molti punti di vista al completamento di questo meticolosa attenzione per i dettagli, il nostro compito sarebbe stato
testo. molto più difficile. La grafica del volume è stata curata quasi intera-
In primo luogo, tutti e quattro esprimiamo la nostra gratitudine mente da James Perkins, Assistant Professor of Medical Illustration
agli autori che hanno partecipato al volume per l’impegno profuso. presso il Rochester Institute of Technology. La sua abilità nel conver-
Molti sono veterani di precedenti edizioni, altri sono nuovi di questa tire concetti complessi in immagini semplici ed esteticamente prege-
ottava edizione. Tutti sono riportati nel sommario. I loro nomi con- voli ha considerevolmente migliorato il libro.
feriscono autorità all’opera e per questo siamo loro grati. Molte persone associate al nostro Editore, Elsevier (sotto il mar-
Molti colleghi hanno migliorato il testo leggendo vari capitoli e chio W.B. Saunders), meritano un particolare ringraziamento. Spicca
fornendo utili revisioni critiche nella loro area di competenza. Questi tra queste Ellen Sklar, Production Editor, che ha supervisionato la
comprendono i Dottori Michelle LeBeau, Jerry Krishnan, Julian So- produzione del libro. La sua conoscenza delle esigenze degli autori e
lway, Elyssa Gordon, Ankit Desai, Sue Cohen, Megan McNerney, Peter delle complessità insite nella pubblicazione di un testo ha contribuito
Pytel e Tony Chang (University of Chicago); il Dr. Serdar Bulun a rendere la nostra vita meno complicata. William Schmitt, Publi-
(Northwestern University, Chicago); i Dottori Steven Deeks, Sanjay shing Director of Medical Textbooks, è sempre stato il nostro soste-
Kakar, Zoltan Laszik, Scott Oakes, Jay Debnath e Michael Nystrom nitore e ora anche un caro amico. I nostri ringraziamenti vanno
(University of California, San Francisco); il Dr. Lundy Braun (Brown inoltre al Managing Editor Rebecca Gruliow e al Design Manager
University) e il Dr. Peter Byers (University of Washington); i Dottori Ellen Zanolle di Elsevier. Indubbiamente vi sono molti altri “eroi” che
Frank Bunn, Jeffery Kutok, Helmut Rennke, Fred Wang, Max Loda e potrebbero essere stati involontariamente dimenticati; a loro diciamo
Mark Fleming (Harvard Medical School); il Dr. Richard Aster (Mil- “grazie” e ci scusiamo per non averli ringraziati singolarmente.
waukee Blood Center and Medical College of Wisconsin). Un ringra- Impegni di simile mole si ripercuotono inevitabilmente sulle
ziamento particolare è dovuto al Dr. Raminder Kumar per l’aggior- famiglie degli autori. Desideriamo pertanto ringraziare le nostre
namento delle informazioni cliniche e per la scrupolosa correzione consorti, Raminder Kumar, Ann Abbas, Ann DeLancey ed Erin
di numerosi capitoli. Molti colleghi hanno fornito preziose fotografie Malone per la loro pazienza, il loro amore e il loro sostegno in questa
dalle loro raccolte, per le quali sono individualmente citati nel testo. avventura e per la tolleranza mostrata rispetto alle nostre assenze.
Il nostro personale amministrativo merita sicuramente di essere Infine, Vinay Kumar, Abul Abbas e Nelson Fausto desiderano
menzionato per avere mantenuto l’ordine nelle caotiche vite degli esprimere il loro profondo apprezzamento per la decisione del Dr.
autori e averli prontamente pungolati, quando necessario, per rispet- Jon Aster di unirsi alla squadra. Da anni Jon dimostra di essere un
tare i molteplici impegni relativi al libro: Valerie Driscoll e Garcia collaboratore di eccellenza e oggi aggiunge lustro all’intero volume.
Wilson (University of Chicago); Ana Narvaez (University of Califor- Malgrado le differenze relative ai settori di competenza, alle opinioni
nia, San Francisco); Greg Lawrence, Joscelyn Rompogren, Stephanie e agli stili individuali, la comune visione condivisa con i compianti
Meleady-Brown e Jane Norris (University of Washington, Seattle); Dottori Stanley Robbins e Ramzi Cotran ha reso questa una colla-
Deborah Kutok e Muriel Goutas (Brigham and Women’s Hospital). borazione entusiasmante e gratificante.
Beverly Shackelford della University of Texas Southwestern Medical VK
School di Dallas, che ha aiutato uno di noi (VK) per 26 anni, merita AKA
uno speciale riconoscimento per avere coordinato la consegna di tutti NF
i manoscritti, averne corretti molti e avere mantenuto i legami con i JCA

ix
x Hanno collaborato all’edizione italiana

Hanno collaborato
all’edizione italiana
Andrea Ambrosini Spaltro Luca Morandi
Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e
Citologia Patologica “Marcello Malpighi” Citologia Patologica “Marcello Malpighi”
Ossa, articolazioni e tumori dei tessuti molli; Nervo periferico Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e
e muscolo scheletrico morte; Infiammazione acuta e cronica; Malattie genetiche

Vincenzo Eusebi Lucio Palombini


Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Scienze
Citologia Patologica “Marcello Malpighi” Biomorfologiche e Funzionali
Testa e collo Apparato genitale femminile
Gavino Faa Mauro Papotti
Università degli Studi di Cagliari, Istituto di Anatomia Patologica Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Scienze Cliniche
Fegato e tratto biliare e Biologiche
Il polmone; Il sistema endocrino
Vito Franco
Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Patologia Umana
Annalisa Pession
Malattie dei globuli rossi ed emorragiche Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e
Citologia Patologica “Marcello Malpighi”
Claudia Lattes
Istituto Addarii, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale; Malattie del
sistema immunitario; Patologie ambientali e nutrizionali
Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock;
Malattie neoplastiche; Malattie infettive
Moira Ragazzi
Eugenio Maiorano Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e
Università degli Studi di Bari “A. Moro”, Dipartimento di Anatomia Citologia Patologica “Marcello Malpighi”
Patologica La mammella; L’occhio
Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza; Il pancreas
Anna Sapino
Gianluca Marucci Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Scienze Biomediche
Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e e Oncologia Umana, III Unità Operativa di Anatomia Patologica
Citologia Patologica “Marcello Malpighi” Vasi sanguigni; Tratto gastrointestinale
La cute; Il sistema nervoso centrale
Giovanni Tallini
Rodolfo Montinori Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e
Università Politecnica delle Marche, Sezione di Anatomia Patologica, Citologia Patologica “Marcello Malpighi”
Dipartimento di Neuroscienze, Ancona Il cuore; Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza
Il rene; Vie urinarie inferiori e apparato genitale maschile e del timo

x
Collaboratori

Charles E. Alpers, MD Ralph H. Hruban, MD


Professor of Pathology, Adjunct Professor of Medicine, University Professor of Pathology and Oncology, The Sol Goldman Pancreatic
of Washington School of Medicine; Pathologist, University of Cancer Research Center, The Johns Hopkins University School of
Washington Medical Center, Seattle, WA Medicine, Baltimore, MD
Il rene Il pancreas

Douglas C. Anthony, MD, PhD Aliya N. Husain, MBBS


Professor and Chair, Department of Pathology and Anatomical Professor, Department of Pathology, Pritzker School of Medicine,
Sciences, University of Missouri, Columbia, MO The University of Chicago, Chicago, IL
Nervo periferico e muscolo scheletrico; Il sistema nervoso centrale Il polmone
James M. Crawford, MD, PhD Christine A. Iacobuzio-Donahue, MD, PhD
Senior Vice President for Laboratory Services; Chair, Department Associate Professor of Pathology and Oncology, The Sol Goldman
of Pathology and Laboratory Medicine, North Shore–Long Island Pancreatic Cancer Research Center, The Johns Hopkins University
Jewish Health System, Manhasset, NY School of Medicine, Baltimore, MD
Fegato e tratto biliare Il pancreas
Umberto De Girolami, MD Alexander J.F. Lazar, MD, PhD
Professor of Pathology, Harvard Medical School; Director of Assistant Professor, Department of Pathology and Dermatology,
Neuropathology, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA Sections of Dermatopathology and Soft Tissue Sarcoma Pathology,
Nervo periferico e muscolo scheletrico; Il sistema nervoso centrale Faculty of Sarcoma Research Center, University of Texas M.D.
Anderson Cancer Center, Houston, TX
Lora Hedrick Ellenson, MD
La cute
Weill Medical College of Cornell University, Professor of Pathology
and Laboratory Medicine; Attending Pathologist, New York
Presbyterian Hospital, New York, NY Susan C. Lester, MD, PhD
Assistant Professor of Pathology, Harvard Medical School; Chief,
Apparato genitale femminile Breast Pathology, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA
Jonathan I. Epstein, MD La mammella
Professor of Pathology, Urology, and Oncology; The Reinhard Pro-
fessor of Urologic Pathology, The Johns Hopkins University School Mark W. Lingen, DDS, PhD
of Medicine; Director of Surgical Pathology, The Johns Hopkins Associate Professor, Department of Pathology, Pritzker School of
Hospital, Baltimore, MD Medicine, The University of Chicago, Chicago, IL
Vie urinarie inferiori e apparato genitale maschile Testa e collo

Robert Folberg, MD Chen Liu, MD, PhD


Dean, Oakland University William Beaumont School of Medicine, Associate Professor of Pathology, Immunology and Laboratory
Rochester, MI; Chief Academic Officer, Beaumont Hospitals, Royal Medicine; Director, Gastrointestinal and Liver Pathology, The
Oak, MI University of Florida College of Medicine, Gainesville, FL
L’occhio Fegato e tratto biliare

Matthew P. Frosch, MD, PhD Anirban Maitra, MBBS


Associate Professor of Pathology, Harvard Medical School; Director, Associate Professor of Pathology and Oncology, The Johns Hopkins
C.S. Kubik Laboratory for Neuropathology, Massachusetts General University School of Medicine; Pathologist, The Johns Hopkins
Hospital, Boston, MA Hospital, Baltimore, MD
Nervo periferico e muscolo scheletrico; Il sistema nervoso centrale Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza; Il sistema endocrino
xi
xii Collaboratori

Alexander J. McAdam, MD, PhD Andrew E. Rosenberg, MD


Assistant Professor of Pathology, Harvard Medical School; Medical Professor, Department of Pathology, Harvard Medical School; Pa-
Director, Infectious Diseases Diagnostic Laboratory, Children’s thologist, Massachusetts General Hospital, Boston, MA
Hospital Boston, Boston, MA Ossa, articolazioni e tumori dei tessuti molli
Malattie infettive
Frederick J. Schoen, MD, PhD
Richard N. Mitchell, MD Professor of Pathology and Health Sciences and Technology,
Associate Professor, Department of Pathology, Harvard Medical Harvard Medical School; Director, Cardiac Pathology and Executive
School; Director, Human Pathology, Harvard-MIT Division of Vice Chairman, Department of Pathology, Brigham and Women’s
Health Sciences and Technology, Harvard Medical School; Staff Hospital, Boston, MA
Pathologist, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA Vasi sanguigni; Il cuore
Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock;
Arlene H. Sharpe, MD, PhD
Vasi sanguigni; Il cuore
Professor of Pathology, Harvard Medical School; Chief, Immunology
Research Division, Department of Pathology, Brigham and Women’s
George F. Murphy, MD Hospital, Boston, MA
Professor of Pathology, Harvard Medical School; Director
Malattie infettive
of Dermatopathology, Brigham and Women’s Hospital, Boston,
MA Thomas Stricker, MD, PhD
La cute Orthopedic Pathology Fellow, Department of Pathology, Pritzker
School of Medicine, The University of Chicago, Chicago, IL
Edyta C. Pirog, MD Malattie neoplastiche
Associate Professor of Clinical Pathology and Laboratory Medicine,
New York Presbyterian Hospital-Weil Medical College of Cornell Jerrold R. Turner, MD, PhD
University; Associate Attending Pathologist, New York Presbyterian Professor and Associate Chair, Department of Pathology, Pritzker
Hospital, New York, NY School of Medicine, The University of Chicago, Chicago, IL
Apparato genitale femminile Tratto gastrointestinale
Indice*

Volume 1 Patologia generale

1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte...................3

2 Infiammazione acuta e cronica.....................................................................................43

3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale.................................................79

4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock................................ 109


Richard N. Mitchell

5 Malattie genetiche........................................................................................................133

6 Malattie del sistema immunitario............................................................................... 181

7 Malattie neoplastiche...................................................................................................251
Thomas P. Stricker • Vinay Kumar

8 Malattie infettive...........................................................................................................323
Alexander J. Mcadam • Arlene H. Sharpe

9 Patologie ambientali e nutrizionali.............................................................................391

10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza....................................................................439


Anirban Maitra

Volume 2 Malattie degli organi e degli apparati

11 Vasi sanguigni...............................................................................................................477
Richard N. Mitchell • Frederick J. Schoen

12 Il cuore........................................................................................................................... 519
Frederick J. Schoen • Richard N. Mitchell

13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo...........................579

*Dove non altrimenti indicato, i capitoli sono stati redatti dagli Editors

xiii
xiv Indice

14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche..................................................................629

15 Il polmone.....................................................................................................................667
Aliya N. Husain

16 Testa e collo..................................................................................................................727
Mark W. Lingen

17 Tratto gastrointestinale................................................................................................751
Jerrold R. Turner

18 Fegato e tratto biliare...................................................................................................821


James M. Crawford • Chen Liu

19 Il pancreas.....................................................................................................................879
Ralph H. Hruban • Christine Iacobuzio-Donahue

20 Il rene.............................................................................................................................893
Charles E. Alpers

21 Vie urinarie inferiori e apparato genitale maschile....................................................957


Jonathan I. Epstein

22 Apparato genitale femminile.......................................................................................991


Lora Hedrick Ellenson • Edyta C. Pirog

23 La mammella.............................................................................................................. 1051
Susan C. Lester

24 Il sistema endocrino................................................................................................... 1083


Anirban Maitra

25 La cute......................................................................................................................... 1151
Alexander J.F. Lazar • George F. Murphy

26 Ossa, articolazioni e tumori dei tessuti molli........................................................... 1191


Andrew E. Rosenberg

27 Nervo periferico e muscolo scheletrico....................................................................1243


Douglas C. Anthony • Matthew P. Frosch • Umberto de Girolami

28 Il sistema nervoso centrale........................................................................................1265


Matthew P. Frosch • Douglas C. Anthony • Umberto de Girolami

29 L’occhio........................................................................................................................1331
Robert Folberg

Indice analitico........................................................................................................ mccclv


Con gratitudine e affetto a
Raminder Kumar
Ann Abbas
Ann DeLancey
Erin Malone
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1 CAPITOLO 1 

Unità I

Patologia
generale

1
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1
Risposte cellulari a stress e insulti
tossici: adattamento, danno e morte
Introduzione alla patologia Danno da ischemia-riperfusione
Risposte cellulari a stress e a stimoli dannosi Danno chimico (tossico)

Adattamenti della crescita e del differenziamento Apoptosi


cellulare Cause di apoptosi
Ipertrofia L’apoptosi in situazioni fisiologiche
Meccanismi di ipertrofia L’apoptosi in condizioni patologiche
Iperplasia Cambiamenti morfologici e biochimici nell’apoptosi
Iperplasia fisiologica Caratteristiche biochimiche dell’apoptosi
Iperplasia patologica Meccanismi di apoptosi
Meccanismi di iperplasia La via di apoptosi intrinseca (mitocondriale)
Atrofia La via di apoptosi estrinseca (innescata dai recettori
Meccanismi di atrofia di morte)
La fase effettrice dell’apoptosi
Metaplasia
Rimozione delle cellule morte
Meccanismi di metaplasia
Correlazioni clinico-patologiche: l’apoptosi
Danno e morte cellulare in condizioni fisiologiche e patologiche
Cause di danno cellulare Esempi di apoptosi
Patologie associate a disregolazione dell’apoptosi
Alterazioni morfologiche nel danno cellulare
Autofagia
Danno reversibile
Necrosi Accumuli intracellulari
Quadri di necrosi tissutale Lipidi
Steatosi (degenerazione grassa)
Meccanismi di danno cellulare
Colesterolo ed esteri del colesterolo
Deplezione di ATP
Proteine
Danno mitocondriale
Modificazioni ialine
Ingresso intracellulare di calcio e perdita
Glicogeno
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dell’omeostasi del calcio


Pigmenti
Accumulo di specie reattive e radicali liberi
Pigmenti esogeni
dell’ossigeno (stress ossidativo)
Pigmenti endogeni
Difetti della permeabilità di membrana
Danno del DNA e delle proteine Calcificazione patologica
Calcificazione distrofica
Correlazioni clinico-patologiche: esempi selezionati
Calcificazione metastatica
di danno cellulare e necrosi
Danno ischemico e ipossico Invecchiamento cellulare
Meccanismi di danno cellulare ischemico

3
4 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

Introduzione alla patologia (patogenesi), tuttavia, restano ancora in molti casi oscuri. I progressi
tecnologici rendono sempre più semplice mettere in correlazione
specifiche alterazioni molecolari con le manifestazioni patologiche,
Il termine “patologia” sta a significare studio (lógos) della malattia consentendo di utilizzare tali conoscenze per definire nuovi approcci
(páthos). Più precisamente, la patologia è la disciplina dedita allo terapeutici. Per questi motivi lo studio della patogenesi non è mai
studio delle modificazioni strutturali, biochimiche e funzionali che stato così stimolante dal punto di vista scientifico e tanto importante
determinano la malattia e che si verificano a livello cellulare, nei per la medicina.
tessuti e negli organi. Avvalendosi di tecniche molecolari, micro­ Alterazioni molecolari e morfologiche. I cambiamenti morfo-
biologiche, immunologiche e morfologiche, questa disciplina cerca logici riguardano le alterazioni strutturali a livello cellulare o tissutale
di spiegare le cause dei segni e dei sintomi manifestati dal paziente, che sono caratteristiche di una patologia o diagnostiche di un pro-
prefiggendosi di fornire una base razionale per la pratica clinica e cesso eziologico. La pratica della patologia diagnostica è dedicata alla
terapeutica. Essa getta dunque un ponte tra le scienze di base e la definizione della natura e della progressione della malattia attraverso
medicina clinica, fungendo da fondamento scientifico per qualsiasi lo studio dei cambiamenti morfologici nei tessuti e delle alterazioni
branca della medicina. biochimiche osservate nei pazienti. Negli ultimi anni, i limiti diagno-
Lo studio della patologia si divide tradizionalmente in patologia stici mostrati da indagini puramente morfologiche sono diventati
generale e patologia sistemica. La prima riguarda le reazioni che si sempre più evidenti e il campo della patologia diagnostica si è evoluto
verificano a livello cellulare o tissutale in risposta a uno stimolo per abbracciare tecniche di biologia molecolare e di immunoistochi-
anomalo o a difetti ereditari, cause principali di malattia. La seconda mica in grado di analizzare i vari stadi della malattia, un’evoluzione
studia le alterazioni che si producono in tessuti e organi specializzati che dimostra il proprio valore in particolare nello studio dei tumori:
determinando disturbi a carico di questi ultimi. Nel presente testo tumori della mammella identici dal punto di vista morfologico pos-
analizzeremo in prima battuta i principi della patologia generale, sono infatti avere un decorso, una risposta terapeutica e una prognosi
per poi trattare processi patologici specifici e discutere di come essi profondamente differenti. Le analisi molecolari condotte con tecniche
colpiscano particolari organi o sistemi. quali i microarray a DNA (Cap. 5) hanno permesso di rilevare diffe-
I quattro elementi di un processo patologico che determinano renze genetiche che consentono di predire il comportamento delle
l’essenza di una malattia sono le sue cause (eziologia), i meccanismi neoplasie e la loro risposta alle diverse terapie. Tali tecniche sono
di insorgenza (patogenesi), le alterazioni biochimiche e strutturali utilizzate con frequenza sempre maggiore per ampliare e persino
indotte nelle cellule e negli organi del corpo (alterazioni molecolari rimpiazzare le tradizionali analisi morfologiche.
e morfologiche) e le conseguenze funzionali di tali cambiamenti Alterazioni funzionali e manifestazioni cliniche. Le alterazioni
(manifestazioni cliniche). genetiche, biochimiche e strutturali che si verificano a livello cellu-
Eziologia o causa. L’idea che particolari sintomi o malattie ab- lare e tissutale determinano come risultato ultimo lo sviluppo di
biano “una certa causa” è molto antica. Per gli Arcadi (2500 a.C.), anomalie funzionali responsabili delle manifestazioni cliniche (sin-
se qualcuno si ammalava, era per propria colpa (per avere peccato) tomi e segni) della malattia e della sua progressione (decorso clinico
o a causa di agenti esterni come miasmi, freddo, spiriti maligni o ed esito).
volontà degli dei.1 Oggi si identificano due classi principali di fattori
eziologici: quelli di natura genetica (ad es. mutazioni ereditarie, Praticamente tutte le forme di malattia hanno inizio da alterazioni
varianti geniche e polimorfismi associati a varie patologie) e fattori molecolari o strutturali a livello cellulare, concetto proposto per la
eziologici acquisiti (infettivi, nutrizionali, chimici, fisici ecc.). Il prima volta nel XIX secolo da Rudolf Virchow, padre della patologia
concetto secondo il quale a una data malattia corrisponde un dato moderna. La nostra trattazione riguarderà in primis lo studio delle
agente eziologico è stato ottenuto studiando le infezioni e i disordini cause, dei meccanismi e degli eventi morfologici e biochimici cor-
genetici derivati da mutazioni a singolo gene. Tale concetto non può relati al danno cellulare che, insieme al danno della matrice extra-
essere applicato però alla maggior parte delle malattie. Infatti, l’ate- cellulare, conduce in ultima istanza alla lesione tissutale e al danno
rosclerosi e il cancro hanno origini multifattoriali e imputabili d’organo. Essi determinano il quadro morfologico e clinico della
all’azione di stimoli esterni in individui geneticamente suscettibili. patologia.
Il ruolo relativo della predisposizione genetica e dell’ambiente ester-
no varia a seconda della malattia.
Patogenesi. Il termine “patogenesi” si riferisce alla sequenza di Risposte cellulari a stress e a stimoli
eventi che si verificano in risposta all’agente eziologico a livello
cellulare o tissutale, dallo stimolo iniziale all’espressione ultima della
dannosi
malattia. Lo studio della patogenesi resta uno degli aspetti principali
della patologia. Anche quando la causa iniziale è nota (come nel caso La cellula normale presenta un range funzionale e strutturale
di infezioni o mutazioni) rimangono oscuri molti passaggi prima di ­alquanto limitato, determinato dallo stato metabolico, dal differen-
arrivare alla manifestazione clinica. Per comprendere appieno la ziamento della cellula e dalla sua specializzazione, nonché dalla
fibrosi cistica, ad esempio, non è sufficiente conoscere il gene mal disponibilità di substrati metabolici. Ciò detto, la cellula normale
funzionante e il relativo prodotto genico, ma occorre avere cogni- esibisce la capacità di soddisfare le richieste fisiologiche mantenendo
zione anche degli eventi biochimici e morfologici che portano alla uno stato di equilibrio detto omeostasi. Si definiscono adattamenti
formazione delle cisti e alla fibrosi nei polmoni, nel pancreas e negli le risposte funzionali e strutturali reversibili a stress fisiologici gravi
altri organi. Oltre a ciò, come vedremo nel corso della trattazione, e a determinati stimoli patologici durante i quali vengono raggiunti
la rivoluzione delle tecniche molecolari ha già permesso di identi- stati di equilibrio nuovi ma alterati che consentono alla cellula di
ficare i geni mutanti alla base di un gran numero di patologie e ha sopravvivere e di continuare a espletare le proprie funzioni (Fig. 1.1
consentito la mappatura dell’intero genoma umano. Le funzioni delle e Tab. 1.1). La risposta adattativa può tradursi in un aumento delle
proteine codificate e il modo in cui le mutazioni inducono la malattia dimensioni delle cellule (ipertrofia) e dell’attività funzionale, in un
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 5

alla morte cellulare. L’adattamento, il danno reversibile e la morte


cellulare possono essere stadi di un deterioramento progressivo in
seguito a vari tipi di stimoli nocivi. In risposta a un accresciuto carico
emodinamico, ad esempio, il muscolo cardiaco aumenta di volume
come forma di adattamento, ma può anche subire un danno. Se la
vascolarizzazione miocardica è compromessa o inadeguata, il mu-
scolo va inizialmente incontro a un danno reversibile, che si mani-
festa con determinate alterazioni citoplasmatiche (descritte oltre);
alla fine, però, la cellula subisce un danno irreversibile e muore
(Fig. 1.2).
La morte cellulare, conseguenza ultima del progressivo danno
cellulare, è uno degli eventi cruciali nell’evoluzione della malattia di
qualsiasi organo o tessuto. È il prodotto di cause diverse, quali ad
esempio l’ischemia (ridotto afflusso sanguigno), l’infezione e le
tossine, ma rappresenta anche un processo normale ed essenziale
nel contesto dell’embriogenesi, dello sviluppo degli organi e nel
mantenimento dell’omeostasi. Esistono due vie principali di morte
cellulare: la necrosi e l’apoptosi. La carenza di nutrienti innesca inol­
tre una risposta cellulare adattativa definita autofagia che può
­
culminare nella morte cellulare. Le vie di morte cellulare saranno
trattate nel dettaglio più avanti nel corso del capitolo.
Figura 1.1 Stadi della risposta cellulare allo stress e agli stimoli Stress di diverso tipo possono indurre in cellule e tessuti modifi-
dannosi. cazioni diverse rispetto agli adattamenti, al danno e alla morte cel-
lulare tipici (si veda Tab. 1.1). Disordini metabolici a livello cellulare
e danni cronici subletali possono associarsi ad accumuli intracellulari
incremento del numero di cellule (iperplasia), in una riduzione della di un certo numero di sostanze tra cui proteine, lipidi e carboidrati.
dimensione e dell’attività metabolica delle cellule (atrofia) o in un Il calcio si deposita spesso nelle aree di morte cellulare, dando luogo
cambiamento nel fenotipo cellulare (metaplasia). Quando lo stress a calcificazioni patologiche. Infine, il normale processo di invecchia-
viene eliminato, la cellula torna allo stato originario senza avere mento stesso si accompagna a modificazioni morfologiche e funzio-
subito conseguenze deleterie. nali caratteristiche a livello cellulare.
Se i limiti delle risposte adattative vengono superati, se le cellule In questo primo capitolo discuteremo anzitutto di come le cellule
vengono esposte ad agenti o stress nocivi, oppure se vengono private si adattino allo stress e, successivamente, tratteremo le cause, i mec-
dei nutrienti fondamentali o vengono compromesse da mutazioni canismi e le conseguenze delle diverse forme di lesione cellulare
a carico di elementi cellulari essenziali, si innesca una sequenza di acuta, compresi il danno reversibile e la morte cellulare, per conclu-
eventi definita danno cellulare (Fig. 1.1). Il danno cellulare è rever- dere con la descrizione di altri tre processi che interessano le cellule
sibile fino a un certo punto, ma se lo stimolo persiste o se è grave sin e i tessuti: gli accumuli intracellulari, le calcificazioni patologiche e
dall’inizio, la cellula va incontro a un danno irreversibile e, da ultimo, l’invecchiamento cellulare.

Tabella 1.1 Risposte cellulari al danno

Natura dello stimolo dannoso Risposta cellulare


ALTERATO STIMOLO FISIOLOGICO; STIMOLI LESIVI NON LETALI ADATTAMENTI CELLULARI
Aumentata richiesta, maggiore stimolazione (ad es. da parte di Iperplasia, ipertrofia
fattori di crescita e ormoni)
Riduzione dei nutrienti, ridotta stimolazione Atrofia
Irritazione cronica (stimolo chimico o fisico) Metaplasia
RIDOTTO APPORTO DI OSSIGENO; DANNO CHIMICO; INFEZIONE DANNO CELLULARE
MICROBICA
Acuto e transitorio Danno acuto reversibile
Rigonfiamento cellulare, degenerazione grassa
Progressivo e intenso (incluso danno del DNA) Danno irreversibile → morte cellulare
Necrosi
Apoptosi
ALTERAZIONI METABOLICHE, GENETICHE O ACQUISITE; DANNO ACCUMULI INTRACELLULARI; CALCIFICAZIONI
CRONICO
SOPRAVVIVENZA PROLUNGATA CON DANNO SUBLETALE INVECCHIAMENTO CELLULARE
CUMULATIVO
6 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

Figura 1.2 Relazioni tra cellule miocardiche normali, adattate, danneggiate in modo reversibile e morte. L’adattamento cellulare si esprime nella forma
di un’ipertrofia miocardica (in basso a sinistra) dovuta a un maggiore afflusso sanguigno e alla conseguente richiesta di un maggiore sforzo meccanico da
parte delle cellule del miocardio. Questo adattamento porta all’ispessimento della parete del ventricolo sinistro oltre i 2 cm (lo spessore normale è di
1-1,5 cm). Nel miocardio che ha subito un danno reversibile (raffigurato a destra) in genere le ripercussioni sono solo di tipo funzionale e non si osservano
alterazioni evidenti dal punto di vista macroscopico né microscopico. Nel campione con necrosi – una forma di morte cellulare – (in basso a destra) l’area
chiara nel ventricolo posterolaterale sinistro rappresenta un infarto acuto del miocardio causato da una riduzione del flusso ematico (ischemia). Tutte e tre
le sezioni trasversali del cuore sono state colorate con cloruro di trifeniltetrazolio, un substrato enzimatico che colora il miocardio vitale in magenta. La
mancata colorazione deriva dalla perdita di enzimi in seguito alla morte cellulare.

Adattamenti della crescita fondamentalmente, rispondono alle incrementate richieste metabo-


liche con l’ipertrofia. Lo stimolo più comune per l’ipertrofia muscolare
e del differenziamento cellulare è l’aumento del carico di lavoro. I muscoli gonfi dei culturisti impe-
gnati nel sollevamento pesi, ad esempio, derivano da un aumento
Si definiscono adattamenti le modificazioni reversibili osservate delle dimensioni delle singole fibre muscolari in risposta a un’au-
nella dimensione, nel numero, nel fenotipo, nell’attività metabolica mentata richiesta. Nel cuore, lo stimolo per l’ipertrofia è di solito il
o nelle funzioni delle cellule in risposta a cambiamenti ambientali. sovraccarico emodinamico cronico, che deriva dall’ipertensione o
Tali adattamenti possono assumere numerose forme diverse. da difetti valvolari (si veda Fig. 1.2). In entrambi i tipi di tessuto, le
cellule muscolari sintetizzano una maggiore quantità di proteine,
determinando l’aumento del numero di miofilamenti. Questo incre­
Ipertrofia
menta la forza che ogni singolo miocita è in grado di generare, ac-
Il termine “ipertrofia” indica un aumento del volume cellulare e, crescendo di conseguenza anche la potenza e la resistenza dell’intero
quindi, delle dimensioni dell’organo. L’organo ipertrofico non ha muscolo.
cellule nuove, ma solo cellule più grandi, in cui l’aumento di volume La massiva crescita fisiologica dell’utero in gravidanza è un buon
è dovuto alla sintesi di una maggiore quantità di componenti strut- esempio di incremento delle dimensioni di un organo ormone-­
turali cellulari. Le cellule in grado di dividersi possono rispondere indotto legato principalmente all’ipertrofia delle fibre muscolari
allo stress sia con l’iperplasia (descritta oltre) sia con l’ipertrofia, (Fig. 1.3). L’aumento delle dimensioni cellulari è infatti stimolato
mentre nelle cellule che non si dividono (ad es. le fibre miocardiche) dall’azione degli estrogeni sui recettori specifici della muscolatura
il maggiore volume tissutale è il risultato di una condizione di iper- liscia, che determinano, da ultimo, un incremento della sintesi di
trofia. In molti organi, l’ipertrofia e l’iperplasia coesistono e contri- proteine del muscolo liscio e l’aumento delle dimensioni cellulari.
buiscono entrambe all’aumento di volume. Sebbene la concezione tradizionale riguardo il muscolo cardiaco
L’ipertrofia può essere fisiologica o patologica ed è causata da e scheletrico affermi che questi tessuti sono incapaci di proliferare
un’aumentata richiesta funzionale o dalla stimolazione esercitata e che, pertanto, il loro aumento di dimensioni sia esclusivamente da
dagli ormoni o dai fattori di crescita. Le cellule muscolari striate imputare all’ipertrofia, si dispone attualmente di evidenze sempre
cardiache e scheletriche hanno una capacità di divisione limitata e, più numerose che documentano come anche questi tipi cellulari
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 7

Figura 1.3 Ipertrofia fisiologica dell’utero durante la gravidanza. A. Aspetto macroscopico di un utero normale (destra) e di un utero gravido (asportato
per emorragia postparto) (sinistra). B. Cellule muscolari lisce dell’utero di piccole dimensioni e di forma fusata provenienti da un utero normale confrontate
con (C) grandi cellule tondeggianti di un utero gravido con lo stesso ingrandimento.

abbiano la capacità non soltanto di assumere comportamenti iper- di sensori meccanici (innescati da un aumento del carico di lavoro),
trofici, ma anche di dividersi, sebbene in maniera limitata, e di ri- fattori di crescita (quali ad esempio il TGFb, l’IGF-1 e il fattore
popolare il tessuto a partire da elementi precursori (Cap. 3).2 di crescita fibroblastico) e agenti vasoattivi (come gli agonisti
a-adrenergici, l’endotelina-1 e l’angiotensina II). I sensori meccanici
stessi, di fatto, inducono la produzione di fattori di crescita e di agonisti
Meccanismi di ipertrofia
(Fig. 1.4)3–5 che agiscono in sinergia per accrescere la sintesi delle
L’ipertrofia è il risultato di un’incrementata produzione di proteine cel- proteine muscolari responsabili dell’ipertrofia. Le due principali vie
lulari. Molte delle nostre conoscenze sull’ipertrofia si basano sullo biochimiche implicate nell’ipertrofia muscolare sembrano essere la via
studio del cuore. L’ipertrofia può essere indotta dall’azione ­combinata del fosfoinositolo 3-chinasi/Akt (ritenuta la più importante

Figura 1.4 Meccanismi biochimici di ipertrofia del miocardio. Vengono illustrate le principali vie di segnale note e i relativi effetti sulle funzioni cellulari.
I sensori meccanici risultano essere i più importanti fattori scatenanti l’ipertrofia fisiologica, mentre gli agonisti e i fattori di crescita hanno un ruolo di
maggiore rilievo negli stati patologici. ANF, fattore natriuretico atriale; IGF-1, fattore di crescita simil-insulina 1.
8 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

nell’ipertrofia fisiologica, ad esempio coinvolta dall’esercizio fisico) e i stimolo esterno. L’iperplasia, che può essere fisiologica o patologica,
segnali a valle dei recettori associati alla proteina G ­­(il coinvolgimento richiede che la popolazione cellulare sia in grado di dividersi e di
di tali segnali, indotti da numerosi fattori di crescita e vari agenti va- accrescersi così numericamente.
soattivi, è considerato particolarmente rilevante nell’ipertrofia patolo-
gica). L’ipertrofia può essere inoltre associata a una modificazione
Iperplasia fisiologica
nell’espressione delle proteine contrattili dalla forma adulta a quella
fetale o neonatale. In presenza di ipertrofia muscolare, ad esempio, L’iperplasia fisiologica si distingue in: (1) iperplasia ormonale, quan-
l’isoforma a della catena pesante della miosina viene sostituita dalla do si verifica un aumento delle capacità funzionali di un tessuto in
forma b, caratterizzata da una contrazione più lenta e più economica risposta a una necessità e (2) iperplasia compensatoria, quando la
dal punto di vista energetico. Oltre a ciò, alcuni geni espressi unica- massa tissutale aumenta in seguito a un danno o a una parziale
mente durante lo sviluppo precoce vengono riespressi nelle cellule asportazione del tessuto o dell’organo. Un chiaro esempio di iper-
ipertrofiche, e il prodotto di questi geni partecipa attivamente alla ri- plasia ormonale è rappresentato dalla proliferazione dell’epitelio
sposta allo stress. Nel cuore dell’embrione, ad esempio, il gene per il ghiandolare della mammella femminile durante la pubertà e la
fattore natriuretico atriale (Atrial Natriuretic Factor, ANF) è espresso gravidanza, di norma accompagnata da un ingrossamento (ipertro-
sia nell’atrio sia nel ventricolo, ma la sua espressione viene inibita dopo fia) delle cellule epiteliali ghiandolari, mentre l’esempio più classico
la nascita per essere tuttavia reindotta in presenza di ipertrofia cardiaca. di iperplasia compensatoria è offerto dal mito di Prometeo, che di-
L’ANF, infatti, è un ormone peptidico che induce la secrezione di sali mostra come gli antichi Greci fossero a conoscenza delle capacità
da parte del rene e la riduzione della volemia e della pressione sangui- di rigenerazione del fegato: quale punizione per avere rubato il se-
gna, determinando di conseguenza una riduzione del sovraccarico greto del fuoco agli dei, Prometeo era stato incatenato a una roccia
emodinamico. e tutti i giorni il suo fegato veniva divorato da un avvoltoio, per poi
Qualunque sia l’esatto meccanismo e la precisa causa dell’iper- rigenerarsi di nuovo ogni notte.1 Nei soggetti che donano un lobo
trofia cardiaca, essa può raggiungere un limite oltre il quale epatico a scopo di trapianto, le cellule restanti proliferano per ripor-
­l’ingrossamento della massa muscolare non è più in grado di com- tare in breve tempo l’organo alla sua dimensione originaria. I modelli
pensare un aumento del carico. In questa fase, nelle fibre miocar- sperimentali di epatectomia parziale si sono dimostrati molto utili
diche si verificano vari cambiamenti regressivi, i più importanti per definire i meccanismi di stimolazione della rigenerazione epa-
dei quali sono la lisi e la perdita degli elementi contrattili miofi- tica7 (Cap. 3).
brillari. Nelle circostanze più drammatiche, la morte dei miociti
può avvenire per apoptosi o per necrosi.5,6 Il risultato ultimo di tali Iperplasia patologica
cambiamenti è l’insorgere di un’insufficienza cardiaca, una sequen-
za di eventi che illustra come l’adattamento allo stress può progredire La maggior parte delle forme di iperplasia patologica è causata dalla
verso un danno cellulare significativo nel caso in cui lo stimolo non presenza in eccesso di ormoni o fattori di crescita agenti sulle cellule
venga alleviato. bersaglio. L’iperplasia endometriale è un esempio di iperplasia
Sebbene l’ipertrofia sia di norma l’effetto di un aumento del vo- ­patologica ormone-indotta: dopo un ciclo mestruale, di norma, si
lume di cellule o tessuti, in alcuni casi si può assistere allo sviluppo osserva un rapido incremento dell’attività proliferativa a livello
di un processo ipertrofico selettivo a carico di un organello cellulare. epiteliale, stimolata dagli ormoni ipofisari e dagli estrogeni ovarici.
I soggetti trattati con i barbiturici, ad esempio, mostrano un’iper- Successivamente viene bloccata dall’aumento dei livelli di progeste-
trofia del reticolo endoplasmatico (RE) liscio negli epatociti, una rone, generalmente 10-14 giorni prima del termine del successivo
risposta adattativa atta ad accrescere il numero di enzimi (ossidasi ciclo mestruale. In alcuni casi, tuttavia, l’equilibrio tra estrogeni e
P-450 a funzione mista) disponibili per detossificare i farmaci. Nel progestinici risulta alterato e ciò porta a un aumento assoluto o
tempo questi pazienti rispondono meno alla terapia a causa di tale relativo degli estrogeni, con conseguente iperplasia delle ghiandole
comportamento. L’adattamento a una determinata sostanza, d’altro endometriali. Questa forma di iperplasia patologica è una causa
canto, può portare a una maggiore capacità di metabolizzare agenti frequente del sanguinamento anomalo di origine mestruale. L’iper-
farmacologici diversi. Il consumo di alcool, ad esempio, induce plasia benigna della prostata è un altro esempio comune di iperplasia
un’ipertrofia del RE liscio e può portare a una riduzione dei livelli patologica indotta da una risposta agli ormoni, in questo caso an-
di barbiturici disponibili anche se assunti in quantità identiche. drogeni. Nonostante queste forme di iperplasia siano anormali, data
Sebbene questa alterazione mediata dal citocromo P-450 sia spesso l’assenza di mutazioni nei geni che regolano la divisione cellulare il
interpretata come una “detossificazione”, tale processo rende più processo viene mantenuto sotto controllo e l’iperplasia regredisce al
dannosi molti composti. Inoltre, i sottoprodotti di questo metabo- cessare dello stimolo ormonale. Come vedremo nel Capitolo 7, nel
lismo ossidativo comprendono specie reattive dell’ossigeno che cancro i meccanismi di controllo della crescita vengono alterati o
possono lesionare la cellula. Le normali varianti genetiche (polimor- diventano inefficaci a causa di aberrazioni genetiche, determinando
fismi) influenzano l’attività del citocromo P-450 e, di conseguenza, una proliferazione incontrollata. L’iperplasia, pertanto, è diversa dal
la sensibilità di individui diversi cambia a seconda dei farmaci cancro, ma l’iperplasia patologica fornisce un terreno fertile per la
somministrati.7 possibile proliferazione di cellule tumorali. Le pazienti con iperplasia
endometriale, ad esempio, sono esposte a un rischio maggiore di
sviluppare il cancro dell’endometrio (Cap. 22).
Iperplasia
L’iperplasia rappresenta una risposta caratteristica a determinate
L’iperplasia consiste in un aumento del numero di cellule all’interno infezioni virali, come quelle da papillomavirus, responsabili della
di un organo o di un tessuto, generalmente risultante in un accresci- formazione di verruche cutanee e di varie lesioni delle mucose co-
mento della massa dell’organo o del tessuto in questione. Nonostante stituite da masse di epitelio iperplastico. In tali sedi, i fattori di cre-
l’iperplasia e l’ipertrofia siano due processi distinti, spesso si mani- scita sintetizzati dai geni virali o da cellule infette possono stimolare
festano in concomitanza e possono essere innescati dallo stesso la proliferazione cellulare (Cap. 7).
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 9

Meccanismi di iperplasia Perdita dell’innervazione (atrofia da mancata innervazione). Il


normale metabolismo e la normale funzionalità del muscolo
L’iperplasia è il risultato della proliferazione di cellule mature indotta
scheletrico dipendono dall’innervazione. Un danno alle strutture
da fattori di crescita e, in alcuni casi, dalla proliferazione di cellule
nervose conduce all’atrofizzazione delle fibre muscolari da esse
staminali adulte presenti nei tessuti. Dopo un’epatectomia parziale,
innervate (Cap. 27).
ad esempio, nel fegato si attiva la produzione di fattori di crescita
Riduzione dell’apporto ematico. Una riduzione dell’apporto ema-
che, legandosi ai recettori presenti sulle cellule sopravvissute, attivano
tico (ischemia) a un tessuto dovuta al lento sviluppo di una ma-
le vie di segnale responsabili della stimolazione della proliferazione
lattia arteriosa occlusiva porta all’atrofia del tessuto stesso. In età
cellulare. Tuttavia, se la capacità proliferativa delle cellule epatiche è
avanzata, il cervello può andare progressivamente incontro ad
compromessa, come accade in alcune forme di epatite generanti un
atrofia, principalmente perché l’aterosclerosi riduce l’afflusso
danno cellulare, gli epatociti possono anche rigenerarsi a partire dalle
ematico in quest’area (Fig. 1.5). Tale condizione prende il nome
cellule staminali intraepatiche.8 Il ruolo dei fattori di crescita e delle
di atrofia senile e colpisce anche il cuore.
cellule staminali nella replicazione cellulare e nell’iperplasia tissutale
Nutrizione inadeguata. In un contesto di grave malnutrizione
saranno discussi più approfonditamente nel Capitolo 3.
proteico-calorica (marasma), una volta consumate altre riserve
come i depositi di grasso, si assiste all’utilizzo della muscolatura
Atrofia scheletrica come fonte di energia. Ciò comporta una marcata
distruzione muscolare (cachessia; Cap. 9). La cachessia è una
Si definisce atrofia la riduzione del volume di un organo o di un tessuto condizione osservata anche nei pazienti con malattie infiamma-
per effetto di una diminuzione delle dimensioni e del numero di cellule. torie croniche e cancro. In quest’ultimo caso si ritiene che la
L’atrofia può essere fisiologica o patologica. L’atrofia fisiologica è perdita dell’appetito e la deplezione lipidica, responsabili da ul-
frequentemente osservata durante il normale sviluppo: alcune strut- timo dell’atrofia muscolare, siano imputabili a un’eccessiva pro-
ture embrionali, come la notocorda e il dotto tireoglosso, si atrofiz- duzione cronica di una citochina infiammatoria, il fattore di
zano nel corso dello sviluppo fetale e l’utero si riduce di dimensione necrosi tumorale (TNF).
subito dopo il parto. Perdita della stimolazione endocrina. Per numerosi tessuti sensibili
L’atrofia patologica può essere locale o generalizzata. Le cause più agli ormoni, come la mammella e gli organi riproduttivi, un
comuni di atrofia sono le seguenti: normale metabolismo e una normale funzionalità sono correlati
alla stimolazione endocrina. La perdita dello stimolo estrogenico
Riduzione del carico di lavoro (atrofia da disuso). Se un arto frat- dopo la menopausa porta a un’atrofia fisiologica dell’endometrio,
turato viene immobilizzato con un’ingessatura o se un paziente dell’epitelio vaginale e della mammella.
è costretto a letto, la muscolatura scheletrica diventa rapidamente Pressione. La compressione di un tessuto per un certo lasso di
atrofica. L’iniziale riduzione delle dimensioni cellulari subisce tempo può causare atrofia. L’espansione di un tumore benigno,
un’inversione non appena viene ripresa l’attività. Con il protrarsi ad esempio, può indurre l’atrofizzazione dei tessuti circostanti
del disuso, tuttavia, le fibre del muscolo scheletrico non solo si non coinvolti dal processo neoplastico. In questo caso, l’atrofia è
riducono di numero (a causa dell’apoptosi) ma anche di volume probabilmente dovuta alle modificazioni ischemiche determinate
e l’atrofia può associarsi a un aumentato riassorbimento osseo, dalla compromissione dell’irrorazione sanguigna dei tessuti per
con conseguente osteoporosi da disuso. effetto della pressione esercitata dalla massa in espansione.

Figura 1.5 Atrofia. A. Cervello normale di un giovane adulto. B. Atrofia cerebrale in un uomo di 82 anni affetto da aterosclerosi cerebrovascolare, malattia
responsabile della riduzione dell’afflusso ematico in tale regione. Si noti che la perdita di sostanza cerebrale determina l’assottigliamento delle circonvo-
luzioni e l’allargamento dei solchi. Le meningi sono state rimosse dall’emisfero destro di ciascun campione per renderne visibile la superficie.
10 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

Le modificazioni cellulari fondamentali che si associano all’atrofia


sono identiche in tutti i casi illustrati. La risposta iniziale consiste
in una riduzione delle dimensioni delle cellule e degli organelli tale
da ridurre le necessità metaboliche in misura sufficiente da permet-
tere la sopravvivenza della cellula. Nel muscolo atrofico, ad esempio,
le cellule contengono meno mitocondri e meno miofilamenti, oltre
a una ridotta quantità di RE. Viene raggiunto un nuovo equilibrio
adeguando la domanda metabolica cellulare ai minori livelli di
­apporto ematico, nutrizione e stimolazione trofica. Negli stadi precoci
del processo, le cellule atrofiche possono esibire una funzionalità ridotta
ma non sono morte. L’atrofia causata da una graduale riduzione
dell’afflusso sanguigno, tuttavia, può progredire sino a danneggiare
irreversibilmente le cellule e condurle alla morte, nella maggior
parte dei casi per apoptosi. La morte cellulare per apoptosi
­contribuisce inoltre all’atrofizzazione degli organi endocrini in se-
guito alla c­ essazione dello stimolo ormonale.

Meccanismi di atrofia
L’atrofia è il risultato di una ridotta sintesi proteica e di un’aumentata
degradazione delle proteine a livello cellulare. La sintesi proteica si
riduce in conseguenza di una diminuzione dell’attività metabolica.
La degradazione delle proteine cellulari, espletata principalmente
tramite la via dell’ubiquitina-proteasoma, è stimolata dal deficit
nutritivo e dal disuso, che possono attivare le ligasi dell’ubiquitina, Figura 1.6 Metaplasia da epitelio cilindrico a epitelio squamoso.
che catalizzano l’unione del piccolo peptide ubiquitina alle proteine A. Raffigurazione schematica. B. Metaplasia da epitelio cilindrico (sinistra)
cellulari destinandole così alla degradazione nei proteasomi.3,9,10 a epitelio squamoso (destra) in un bronco.
Questa via è inoltre ritenuta responsabile dell’accelerazione della
proteolisi osservata in una varietà di condizioni cataboliche, com-
presa la cachessia neoplastica. epitelio cilindrico secretorio con un epitelio squamoso stratificato,
In molte situazioni, l’atrofia si accompagna anche a un’accresciuta mentre un deficit di vitamina A (acido retinoico) provoca la meta-
autofagia, con conseguente aumento del numero di vacuoli autofagici. plasia squamosa dell’epitelio respiratorio (Cap. 9). In tutti questi casi,
L’autofagia (“autodigestione”) è il processo attraverso il quale le l’epitelio squamoso stratificato, più resistente, è in grado di soprav-
cellule private di nutrienti digeriscono le loro stesse componenti per vivere in circostanze in cui l’epitelio cilindrico, più specializzato e
potersi nutrire e sopravvivere. I vacuoli autofagici sono vacuoli in- fragile, rischierebbe di soccombere. Tuttavia, il passaggio alle cellule
tracellulari al cui interno è possibile trovare frammenti di compo- squamose metaplastiche non è indolore. Nell’apparato respiratorio,
nenti cellulari. Tali strutture finiscono per fondersi con i lisosomi e ad esempio, sebbene il rivestimento epiteliale acquisti una maggiore
il loro contenuto viene digerito dagli enzimi lisosomiali. All’interno resistenza, si assiste alla perdita di importanti meccanismi di prote-
dei vacuoli autofagici alcuni detriti cellulari possono resistere alla zione contro le infezioni, dalla secrezione di muco all’azione delle
digestione e persistere come corpi residui rivestiti da membrana, che cellule ciliate dell’epitelio cilindrico. La metaplasia epiteliale, pertan­
rimangono nel citoplasma alla stregua di sarcofagi. Un esempio di to, è un’arma a doppio taglio e, nella maggior parte dei casi, rappre-
corpi residui è rappresentato dai granuli di lipofuscina, descritti più senta un’alterazione indesiderata. In particolare, il persistere dello
avanti nel corso del capitolo, che in determinate quantità conferi- stimolo che predispone alla metaplasia può indurre la trasformazione
scono al tessuto una colorazione marrone (atrofia bruna). L’autofagia neoplastica nell’epitelio metaplastico. Non a caso una forma comune
si associa a vari tipi di danno cellulare, come verrà illustrato nel di cancro delle vie respiratorie consta di cellule epiteliali squamose
dettaglio nelle pagine successive. che originano da aree di metaplasia squamosa del normale epitelio
cilindrico.
Può inoltre verificarsi una metaplasia inversa dal tipo squamoso
Metaplasia
al cilindrico come nell’esofago di Barrett, in cui l’epitelio esofageo
La metaplasia è una modificazione reversibile in cui un tipo cellulare squamoso viene sostituito da cellule cilindriche di tipo intestinale
differenziato (epiteliale o mesenchimale) viene sostituito da un tipo sotto l’influenza di un reflusso acido gastrico. In queste aree possono
cellulare differente e può rappresentare una sostituzione adattativa insorgere neoplasie tipicamente rappresentate da adenocarcinomi
di cellule sensibili allo stress con un tipo cellulare più adatto a sop- ghiandolari (Cap. 17).
portare condizioni ambientali sfavorevoli. La metaplasia del connettivo consiste nella formazione di cartila-
La metaplasia epiteliale più comune è quella da epitelio cilindrico gine, osso o tessuto adiposo (tessuti mesenchimali) in tessuti che
a squamoso (Fig. 1.6) che si verifica nell’apparato respiratorio in normalmente non contengono questi elementi. La formazione di
risposta a stimoli irritativi cronici. Nei fumatori abituali, il normale tessuto osseo nel muscolo, ad esempio, detta miosite ossificante, può
epitelio cilindrico ciliato della trachea e dei bronchi viene spesso comparire occasionalmente dopo un’emorragia intramuscolare.
sostituito da un epitelio squamoso stratificato. La presenza di calcoli Questo tipo di metaplasia non è propriamente considerato una ri-
all’interno dei dotti escretori delle ghiandole salivari, del pancreas sposta adattativa e può essere il risultato di un danno cellulare o
o dei dotti biliari può inoltre portare alla sostituzione del normale tissutale.
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 11

Meccanismi di metaplasia in ­risposta allo stesso insulto, ad esempio un’ischemia, talvolta


in stadi diversi; l’apoptosi può progredire in necrosi e la morte
La metaplasia non deriva dal cambiamento fenotipico di un tipo
cellulare durante l’autofagia mostra molte delle caratteristiche
cellulare già differenziato, ma è piuttosto il risultato di una ripro-
biochimiche dell’apoptosi.
grammazione delle cellule staminali presenti nei tessuti normali o delle
cellule mesenchimali indifferenziate presenti nel tessuto connettivo.
Nelle pagine che seguono analizzeremo le cause, le caratteristi-
Nel cambiamento metaplastico, questi precursori cellulari si diffe-
che morfologiche e i meccanismi del danno cellulare nonché
renziano in una nuova direzione. Il differenziamento delle cellule
il punto di arrivo comune, la necrosi, con l’ausilio di esempi sele-
staminali in una particolare linea maturativa è prodotto da una serie
zionati. Concluderemo con la trattazione della specifica via di
di segnali generati da citochine, fattori di crescita e componenti della
morte cellulare definita apoptosi, per offrire infine una rapida
matrice extracellulare presenti nell’ambiente cellulare.11,12 Questi
descrizione del processo autofagico e della sua progressione in
stimoli esterni promuovono l’espressione dei geni che guidano le
morte cellulare.
cellule verso una particolare via di differenziamento. È noto che, nel
caso di deficit o di eccesso di vitamina A, l’acido retinoico regola la
trascrizione genica direttamente tramite i recettori nucleari dei re-
tinoidi (Cap. 9), che influenzano il differenziamento dei progenitori
Cause di danno cellulare
derivanti da cellule staminali tissutali. Restano da chiarire i mecca-
Le cause di danno cellulare variano da situazioni esterne di violenza
nismi attraverso i quali altri stimoli esterni possono indurre la me-
fisica macroscopica, come quelle prodotte da un incidente automo-
taplasia, ma è evidente che anche questi ultimi sono in grado di
bilistico, a cause interne più sottili, come una mutazione genetica
­alterare in una certa misura l’attività dei fattori di trascrizione che
responsabile della carenza di un enzima vitale e quindi del deterio-
regolano il differenziamento.
ramento delle normali funzioni metaboliche. La maggior parte
degli stimoli lesivi può essere raggruppata nelle seguenti ampie
categorie.
Danno e morte cellulare Carenza di ossigeno. L’ipossia è una carenza di ossigeno che,
riducendo la respirazione aerobica ossidativa, si prefigura come una
Come abbiamo detto all’inizio del capitolo, il danno cellulare si causa estremamente importante e comune di danno e morte cellu-
manifesta quando le cellule vengono sottoposte a uno stress talmente lare. Le cause di ipossia includono un ridotto afflusso sanguigno
severo da non essere più in grado di adattarsi oltre, oppure quando (definito ischemia), un’inadeguata ossigenazione sanguigna correlata
le cellule sono esposte ad agenti esterni che possono causare un a insufficienza cardiorespiratoria e una ridotta capacità di trasporto
danno ereditabile, o infine se tale danno è già presente nella cellula ematico dell’ossigeno, come nei casi di anemia o di avvelenamento
stessa. Il danno può progredire da uno stadio reversibile e culminare da monossido di carbonio (sostanza che produce una monossiemo-
nella morte cellulare (si veda Fig. 1.1). globina stabile capace di bloccare il trasporto di ossigeno) o nei
soggetti che hanno subito perdite ematiche gravi. A seconda della
Danno cellulare reversibile. Negli stadi precoci o nei danni di forma gravità dello stato ipossico, le cellule possono adattarsi, andare in-
lieve, le alterazioni funzionali e morfologiche sono reversibili se contro a un danno o morire. Se un’arteria si restringe, ad esempio,
lo stimolo dannoso viene rimosso. Le caratteristiche del danno il tessuto irrorato dal vaso in questione può, in un primo momento,
cellulare reversibile sono la riduzione della fosforilazione ossida- ridursi di dimensione (atrofia), mentre uno stato di ipossia più grave
tiva con conseguente deplezione delle riserve energetiche costi- o improvviso induce il danno e la morte cellulare.
tuite dall’adenosina trifosfato (ATP) e il rigonfiamento cellulare Agenti fisici. Gli agenti fisici in grado di causare danno cellulare
causato dalle variazioni nella concentrazione ionica e dall’ingresso comprendono i traumi meccanici, le temperature estreme (ustioni
di acqua, ma è possibile evidenziare alterazioni anche nei vari e basse temperature), le improvvise variazioni della pressione atmo-
organelli intracellulari, come i mitocondri e il citoscheletro. sferica, le radiazioni e lo shock elettrico (Cap. 9).
Morte cellulare. Con il perdurare del danno, la lesione diventa Agenti chimici e farmaci. L’elenco degli agenti chimici in grado
irreversibile: la cellula perde qualsiasi capacità di recupero e di produrre danno cellulare sfugge a ogni compilazione. Semplici
muore. Esistono due vie principali di morte cellulare, la necrosi e sostanze chimiche come il glucosio o il sale, a concentrazioni iper-
l’apoptosi, differenti per morfologia, meccanismi e ruoli in fisiologia toniche, possono indurre un danno cellulare in maniera diretta op-
e in patologia.13–15 Se il danno a carico delle membrane è grave, pure alterando l’equilibrio elettrolitico delle cellule. Persino l’ossigeno,
gli enzimi lisosomiali penetrano nel citoplasma e digeriscono la ad alte concentrazioni, è tossico. Piccole quantità di veleni, come ad
cellula; il contenuto cellulare fuoriesce e si innesca la necrosi. esempio l’arsenico, il cianuro e i sali di mercurio, possono distruggere
Quando il DNA o le proteine cellulari subiscono un danno la cui un congruo numero di cellule in un lasso di tempo variabile da pochi
gravità non permette il riparo, la cellula si uccide mediante apop- minuti a ore, causando la morte cellulare. Altre sostanze potenzial-
tosi, una forma di morte cellulare caratterizzata da dissolvimento mente nocive sono nostre compagne quotidiane: inquinanti ambien-
del nucleo, frammentazione della cellula senza perdita completa tali, insetticidi ed erbicidi; sostanze di rischio industriale o profes-
dell’integrità di membrana e rapida rimozione dei detriti cellulari. sionale, come il monossido di carbonio e l’asbesto; sostanze ricreative
Mentre la necrosi è sempre un processo patologico, l’apoptosi svolge come l’alcool; e la sempre crescente varietà di farmaci.
un ruolo in molte funzioni normali e non è necessariamente asso- Agenti infettivi. Questi vanno dai virus submicroscopici ai grandi
ciata al danno cellulare. In alcuni casi, poi, la morte cellulare è il vermi piatti (Cestodi). Nel mezzo stanno rickettsie, batteri, funghi e
risultato finale dell’autofagia. Sebbene sia più semplice compren- parassiti. Le modalità con cui questi agenti biologici possono indurre
dere queste differenti vie di morte cellulare considerandole come un danno cellulare sono svariate e saranno discusse nel Capitolo 8.
processi distinti, spesso esistono numerose connessioni tra di Reazioni immunologiche. Nonostante il sistema immunitario
esse. L’apoptosi e la necrosi possono essere entrambe osservate assolva la fondamentale funzione di difesa contro gli agenti
12 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

infettivi, le reazioni immunologiche possono, di fatto, indurre un


danno cellulare. Le reazioni nei confronti di antigeni endogeni
sono ­responsabili di svariate patologie autoimmuni (Cap. 6). Nei
Capitoli 2 e 6 verranno trattate le reazioni immunitarie contro
agenti esterni, microbi e sostanze ambientali che causano danni ai
tessuti e alle cellule.
Alterazioni genetiche. Come descritto nel Capitolo 5, le ano-
malie genetiche possono dare origine a un difetto grave come le
malformazioni congenite associate alla sindrome di Down, cau-
sata da un’anomalia cromosomica, o a difetti meno eclatanti
come la ridotta sopravvivenza dei globuli rossi causata dalla
sostituzione di un singolo amminoacido nell’emoglobina e os-
servata nell’anemia falciforme. Difetti genetici possono causare
un danno cellulare determinando la carenza di proteine funzio-
nali, come ad esempio difetti enzimatici in presenza di errori
congeniti del metabolismo o l’accumulo di DNA danneggiato o
di proteine ripiegate in modo anomalo, innescando in entrambi
i casi la morte cellulare quando il danno non può essere riparato.
Le variazioni del corredo genetico possono inoltre influenzare la
suscettibilità delle cellule al danno chimico o ad altri stimoli Figura 1.7 Sviluppo sequenziale dei cambiamenti biochimici e morfolo-
tossici ambientali. gici nel danno cellulare. Pur rimanendo vitali, le cellule possono perdere
Squilibri nutrizionali. Gli squilibri nutrizionali continuano rapidamente la loro funzionalità dopo l’insorgenza di un danno potenzial-
mente reversibile; il persistere dello stimolo lesivo può condurre in ultima
a essere tra le più comuni cause di danno cellulare. Il deficit pro- istanza al danno irreversibile e alla morte cellulare. Si noti che le alterazioni
teico-calorico provoca un numero impressionante di morti, so- biochimiche irreversibili possono causare morte cellulare, la quale, tipica-
prattutto tra le popolazioni povere. La carenza di specifiche vita- mente, precede alterazioni morfologiche apprezzabili con tecniche ultra-
mine è un problema riscontrato in tutti i Paesi (Cap. 9), ma esi- strutturali, al microscopio ottico o macroscopicamente.
stono anche problemi nutrizionali autoindotti come l’anoressia
nervosa (digiuno volontario). Paradossalmente, persino gli eccessi
nutrizionali sono diventati un’importante causa di danno cellu- chiaramente con il microscopio ottico, e che sono caratteristici di
lare. L’ipercolesterolemia predispone infatti all’aterosclerosi e morte cellulare, possono comparire solo dopo 4-12 ore da un evento
l’obesità è associata a una maggiore incidenza di varie malattie di ischemia totale.
importanti, come il diabete e il cancro. L’aterosclerosi è pratica- I cambiamenti morfologici sequenziali osservati nei casi di danno
mente endemica negli Stati Uniti e l’obesità è in progressivo au- cellulare in progressione verso la morte cellulare sono illustrati nella
mento. Oltre ai problemi di malnutrizione in eccesso o in difetto, Figura 1.8. Il danno reversibile è caratterizzato da un rigonfiamento
la composizione della dieta contribuisce in modo significativo a generalizzato della cellula e dei suoi organelli, dalla formazione di bolle
un cospicuo numero di patologie. a livello della membrana citoplasmatica, dal distacco dei ribosomi dal
RE e dalla condensazione della cromatina nucleare. Tali alterazioni
morfologiche si associano a una ridotta produzione di ATP, alla perdita
Alterazioni morfologiche dell’integrità della membrana cellulare, a difetti nella sintesi proteica,
nel danno cellulare a lesioni del citoscheletro e al danno del DNA. Entro certi limiti, la
cellula è in grado di porre rimedio a queste alterazioni e, se lo stimolo
dannoso si attenua, può tornare alla normalità. Una lesione persistente
Prima di passare alla discussione dei meccanismi biochimici del o eccessiva, tuttavia, fa sì che la cellula oltrepassi il nebuloso “punto di
danno cellulare, è utile descrivere i cambiamenti fondamentali che non ritorno” per andare incontro a un danno irreversibile e alla morte
si verificano nelle cellule danneggiate. Tutti gli stress e gli agenti cellulare. Gli stimoli dannosi capaci di indurre la morte cellulare per
dannosi esercitano i loro effetti in primo luogo a livello molecolare necrosi o apoptosi sono vari (Fig. 1.8 e Tab. 1.2). Il danno mitocondriale
o biochimico. Tra lo stress e le alterazioni morfologiche tipiche del grave accompagnato da deplezione di ATP e la rottura delle membrane
danno e della morte cellulare esiste un tempo di latenza, la cui durata plasmatiche e lisosomiali sono tipicamente associati a necrosi. Quest’ul-
può variare in funzione della sensibilità dei metodi utilizzati per tima è il principale esito di numerosi danni di frequente riscontro, tra
individuare tali cambiamenti (Fig. 1.7). Con tecniche istochimiche cui l’ischemia, l’esposizione a tossine, vari tipi di infezione e traumi.
o ultrastrutturali, queste modificazioni possono essere osservate L’apoptosi presenta caratteristiche uniche che saranno descritte nelle
nell’arco di minuti o ore dall’insorgere del danno, mentre occorre pagine successive.
un tempo molto più lungo (da ore a giorni) affinché gli stessi
­cambiamenti possano essere apprezzati alla microscopia ottica o Danno Reversibile
all’esame macroscopico. Come è lecito aspettarsi, le alterazioni
­morfologiche della necrosi hanno bisogno di un tempo maggiore Al microscopio ottico è possibile riconoscere due elementi distintivi
per manifestarsi rispetto a quelle caratteristiche del danno cellulare del danno cellulare reversibile: il rigonfiamento cellulare e la steatosi.
reversibile. Nell’ischemia del miocardio, ad esempio, il rigonfiamen- Il rigonfiamento cellulare si verifica quando le cellule perdono la
to cellulare è un’alterazione morfologica reversibile che può avere capacità di mantenere l’omeostasi ionica e osmotica ed è il risultato
luogo nel giro di pochi minuti, per progredire poi verso lo stato ir- della perdita di funzionalità delle pompe ioniche ATP-dipendenti
reversibile nell’arco di un’ora o due. Cambiamenti che si notano presenti sulla membrana citoplasmatica. La steatosi si manifesta nel
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 13

Figura 1.8 Rappresentazione schematica dei cambiamenti morfologici che si accompagnano al danno cellulare, culminanti nella necrosi
o nell’apoptosi.

danno ipossico e in varie forme di danno da agenti tossici o da­ coinvolte nel metabolismo lipidico e da esso dipendenti, come gli
alterazioni del metabolismo cellulare. È caratterizzata dalla comparsa epatociti e le cellule miocardiche. I meccanismi della steatosi
di vacuoli lipidici nel citoplasma e interessa in particolare le cellule ­verranno descritti più avanti nel capitolo.

Tabella 1.2 Caratteristiche della necrosi e dell’apoptosi


Caratteristica Necrosi Apoptosi
Volume cellulare Aumentato (rigonfiamento) Ridotto (contrazione)
Nucleo Picnosi → carioressi → cariolisi Frammentazione in frammenti di dimensioni
nucleosomiche
Membrana citoplasmatica Danneggiata Intatta; struttura alterata, soprattutto
nell’orientamento lipidico
Contenuto cellulare Digestione enzimatica; può essere perso Intatto; può essere secreto in corpi
dalla cellula apoptotici
Infiammazione delle aree adiacenti Frequente Assente
Ruolo fisiologico o patologico Sempre patologico (culmine del danno Spesso fisiologico, quale mezzo per
cellulare irreversibile) eliminare le cellule indesiderate; può
essere patologico in seguito ad alcuni tipi
di danno cellulare, soprattutto dopo un
danno a carico del DNA
14 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

­ ecrotiche non sono in grado di mantenere l’integrità della mem-


n
Morfologia Il rigonfiamento cellulare è la prima manifesta- brana e il loro contenuto viene spesso rilasciato all’esterno, processo
zione di quasi tutte le forme di danno cellulare (Fig. 1.9 B). Si che può scatenare una reazione infiammatoria nel tessuto circostan-
tratta di un cambiamento morfologico difficile da notare al te. Gli enzimi che digeriscono le cellule necrotiche derivano sia dai
microscopio ottico; può essere maggiormente evidente a lisosomi delle cellule stesse sia dai lisosomi dei leucociti richiamati
livello dell’organo intero. Quando interessa un cospicuo nel contesto della reazione infiammatoria. La digestione del conte-
numero di cellule, determina pallore e aumento del turgore nuto cellulare e la risposta dell’ospite sono processi il cui sviluppo
e del peso dell’organo stesso. All’esame microscopico, si richiede ore e pertanto potrebbero non apparire evidenti se, ad
possono notare piccoli vacuoli chiari all’interno del citopla- esempio, un infarto miocardico avesse determinato la morte im-
sma: questi rappresentano segmenti mozzi e distesi del RE. provvisa del soggetto. In tal caso, l’unico elemento indiziario po-
Un simile quadro di danno non è letale e viene talvolta de- trebbe essere un’occlusione coronarica. La prima evidenza istologica
nominato modificazione idropica o degenerazione vacuolare. di necrosi miocardica non compare prima di 4-12 ore; tuttavia, in
Il rigonfiamento cellulare è reversibile. Le cellule possono conseguenza della perdita di integrità della membrana citoplasma-
inoltre mostrare una più marcata colorazione eosinofila, la tica, il muscolo necrotico rilascia rapidamente proteine ed enzimi
cui intensità aumenta con il progredire della necrosi (descrit- miocardio-specifici che possono essere rilevati nel sangue già due
ta di seguito). ore dopo la necrosi delle cellule miocardiche.
Le modificazioni ultrastrutturali tipiche del danno cellulare
reversibile (Fig. 1.10 B) comprendono:
Morfologia Le cellule necrotiche mostrano un’accresciuta
1. alterazioni della membrana citoplasmatica, quali ad eosinofilia alla colorazione ematossilina eosina, attribuibile
esempio formazione di estroflessioni e accorciamento e in parte alla perdita di RNA citoplasmatico (che si lega
perdita dei microvilli; all’ematossilina, assumendo una colorazione blu) e in parte
2. alterazioni mitocondriali, quali ad esempio rigonfiamento alla presenza di proteine citoplasmatiche denaturate (che si
e comparsa di piccoli corpi densi amorfi; legano all’eosina, assumendo una colorazione rossa). La
3. dilatazione del RE, con distacco dei polisomi; possono cellula necrotica può avere un aspetto omogeneamente più
essere presenti figure mieliniche intracitoplasmatiche (si trasparente (vitreo) rispetto alle cellule normali, soprattutto
veda oltre); per la perdita delle particelle di glicogeno (Fig. 1.9 C). Dopo
4. alterazioni nucleari, con disaggregazione degli elementi che gli enzimi hanno digerito gli organelli citoplasmatici, il
fibrillari e granulari. citoplasma diventa vacuolato, assumendo un aspetto “tar-
mato”. Le cellule morte possono essere rimpiazzate da grosse
masse concentriche di fosfolipidi dette figure mieliniche,
derivanti dalle membrane cellulari danneggiate. Questi pre-
cipitati sono quindi fagocitati da altre cellule o vengono ul-
Necrosi teriormente degradati ad acidi grassi; la loro calcificazione
porta alla formazione di saponi di calcio, facendo sì che le
L’aspetto morfologico della necrosi è il risultato della denaturazione cellule morte divengano infine strutture calcificate. Alla mi-
delle proteine intracellulari e della digestione enzimatica della cellula croscopia elettronica, le cellule necrotiche risultano caratte-
danneggiata in maniera letale (le cellule che vengono immediata- rizzate da discontinuità della membrana citoplasmatica e
mente fissate risultano morte ma non necrotiche). Le cellule

Figura 1.9 Cambiamenti morfologici nel danno cellulare reversibile e nella necrosi. A. Tubuli renali normali con cellule epiteliali vitali. B. Danno ische-
mico precoce (reversibile) caratterizzato dalla comparsa di estroflessioni superficiali, aumento dell’eosinofilia citoplasmatica e ingrossamento cellulare
sporadico. C. Necrosi (danno irreversibile) di cellule epiteliali con perdita del nucleo, frammentazione della cellula e fuoriuscita del contenuto cellulare.
Le caratteristiche ultrastrutturali proprie di questi stadi del danno cellulare sono illustrate nella Figura 1.10. (Per gentile concessione del Dr Neal Pinckard
e del Dr M.A. Venkatachalam, University of Texas Health Sciences Center, San Antonio, TX)
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 15

Figura 1.10 Caratteristiche ultrastrutturali del danno cellulare reversibile e irrever-


sibile (necrosi) nel rene di un coniglio. A. Fotografia al microscopico elettronico di una
cellula epiteliale normale del tubulo renale prossimale. Si notino gli abbondanti microvilli
(mv) che rivestono la superficie del lume (L). B. Cellula epiteliale del tubulo prossimale
caratterizzata da danno cellulare precoce dovuto a riperfusione postischemica. I mi-
crovilli (mv) sono andati perduti e sono stati incorporati nel citoplasma apicale; si os-
serva inoltre la comparsa di estroflessioni (bleb) che sporgono nel lume (L). I mitocon-
dri, che durante l’ischemia si rigonfiano, con la riperfusione subiscono una rapida
condensazione e diventano elettrondensi. C. Cellula del tubulo prossimale con evidenza
di danno avanzato, probabilmente irreversibile. Si notino i mitocondri marcatamente
ingrossati e contenenti depositi elettrondensi; al loro interno sono probabilmente
presenti calcio precipitato e proteine. A un maggiore ingrandimento, sarebbe possibile
osservare una membrana citoplasmatica danneggiata e organelli ingrossati e fram-
mentati. (A. Per gentile concessione del Dr Brigitte Kaisslin, Institute of Anatomy,
Università di Zurigo, Svizzera. B e C. Per gentile concessione del Dr M.A. Venkatacha-
lam, University of Texas Health Sciences Center, San Antonio, TX)

Fig. 1.9 C). Si parla di cariolisi quando la cromatina perde la


propria basofilia, alterazione che probabilmente riflette una
perdita di DNA dovuta alla degradazione enzimatica operata
dalle endonucleasi.
Una seconda espressione (che si osserva anche nelle cellule
apoptotiche) è la picnosi, caratterizzata dalla contrazione del
nucleo e dall’aumento della basofilia nucleare. In questo
contesto, la cromatina si condensa in solide masse basofile
raggrinzite.
Nel terzo aspetto, noto come carioressi, il nucleo picnotico
va incontro a frammentazione e, con il passare del tempo
(un giorno o due), il ­nucleo della cellula necrotica scompare
del tutto.

Quadri di necrosi tissutale


Finora, la trattazione della necrosi è stata incentrata sui cambiamenti
che si verificano a livello della singola cellula. Quando cospicui
numeri di cellule muoiono, il tessuto o l’organo viene definito ne-
crotico: con l’espressione “infarto del miocardio”, dunque, si indica
la necrosi di una porzione del cuore determinata dalla morte di un
folto numero di cellule miocardiche. La necrosi tissutale può mani-
festarsi secondo quadri morfologicamente distinti che è importante
riconoscere in quanto forniscono indicazioni sulla causa sottostante.
Sebbene in una certa misura desueti, i termini che descrivono questi
quadri continuano a essere frequentemente ­utilizzati e le loro im-
plicazioni sono chiare sia agli anatomo-patologi sia ai clinici.

Morfologia La necrosi coagulativa è una forma di necrosi in


cui l’architettura del tessuto morto viene preservata per un
lasso di tempo minimo di alcuni giorni (Fig. 1.11). I tessuti
colpiti presentano un’architettura ben consolidata. Il danno
denatura presumibilmente non solo le proteine strutturali
degli organelli e dalla marcata dilatazione dei mitocondri con ma anche gli enzimi, bloccando la proteolisi delle cellule
comparsa di grandi corpi densi amorfi, figure mieliniche morte; di conseguenza, è possibile osservare il persistere di
intracitoplasmatiche, detriti amorfi e aggregati di materiale cellule anucleate eosinofile per giorni o settimane. Alla fine,
soffice che probabilmente rappresentano le proteine dena- le cellule necrotiche sono rimosse mediante fagocitosi dei
turate (si veda Fig. 1.10 C). detriti cellulari da parte dei leucociti dell’infiltrato infiamma-
Le modificazioni nucleari possono assumere tre aspetti tipici, torio e mediante digestione delle cellule morte da parte degli
tutti legati alla distruzione aspecifica del DNA (si veda enzimi lisosomiali di origine leucocitaria. L’ischemia causata
16 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

Figura 1.11 Necrosi coagulativa. A. Infarto cuneiforme del rene (giallo). B. Aspetto microscopico del margine dell’infarto, con epatociti normali (N)
e cellule necrotiche nella zona infartuata (I) caratterizzate da contorni cellulari preservati, perdita del nucleo e infiltrato infiammatorio (difficile da distinguere
con questo ingrandimento).

dall’ostruzione di un vaso può portare alla necrosi ­coagulativa ­ ella pratica clinica. Viene generalmente adoperato in
n
del tessuto vascolarizzato in tutti gli organi, fatta eccezione ­riferimento agli arti, di norma inferiori, che hanno perso
per il cervello. Un’area di necrosi coagulativa localizzata è l’apporto ematico e hanno sviluppato una necrosi (tipica-
definita infarto. mente coagulativa) con il coinvolgimento di molteplici piani
La necrosi colliquativa, diversamente dalla necrosi coagula- tissutali. Quando si sovrappone un’infezione batterica, la
tiva, è caratterizzata dalla digestione delle cellule morte e necrosi è prevalentemente colliquativa a causa della degra-
dalla conseguente trasformazione del tessuto in una massa dazione enzimatica operata dai batteri e dai leucociti so-
liquida viscosa. Viene osservata nei casi di infezioni focali praggiunti (da cui ha origine la cosiddetta gangrena
batteriche o, occasionalmente, in presenza di infezioni fun- umida).
gine giacché questi microrganismi stimolano l’accumulo di La necrosi caseosa è riscontrata con maggiore frequenza nei
leucociti e la liberazione di enzimi da tali cellule. Il materiale focolai di infezione tubercolare (Cap. 8). Il termine “caseosa”
necrotico mostra spesso un colore giallo crema per la pre- (“simile a formaggio”) è dovuto all’aspetto biancastro e
senza di leucociti morti e prende il nome di pus. Per ragioni friabile dell’area necrotica (Fig. 1.13). All’esame microscopico,
non ancora chiarite, la morte ipossica delle cellule del sistema l’area necrotica si presenta come un complesso di cellule
nervoso centrale si manifesta spesso come una necrosi lisate o frammentate e di detriti amorfi granulari con un
­colliquativa (Fig. 1.12). fronte infiammatorio nettamente delimitato; questo aspetto
La necrosi gangrenosa non rappresenta un quadro specifico è parte caratteristica del focolaio infiammatorio noto come
di morte cellulare; tuttavia, il termine è di comune impiego granuloma (Cap. 2).

Figura 1.12 Necrosi colliquativa. Infarto cerebrale con dissoluzione del Figura 1.13 Necrosi caseosa. Tubercolosi polmonare con estesa area di ne-
tessuto. crosi caseosa con detriti bianco-giallastri di consistenza simile al formaggio.
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 17

Figura 1.14 Steatonecrosi. Le aree caratterizzate da depositi bianchi di Figura 1.15 Necrosi fibrinoide in un’arteria. La parete dell’arteria mostra
aspetto gessoso rappresentano focolai di steatonecrosi con formazione di un’area circolare di necrosi, di colore rosa chiaro, con infiammazione (neu-
saponi di calcio (saponificazione) in corrispondenza delle zone di distruzione trofili con nuclei scuri).
lipidica nel mesentere.

La steatonecrosi (o necrosi grassa) è un termine consolidato


Meccanismi di danno cellulare
nel gergo medico ma che, in realtà, non denota alcun tipo
specifico di necrosi. Piuttosto, è utilizzato per indicare zone Descrivendo la patologia del danno cellulare e della necrosi abbiamo
focali di distruzione lipidica, tipicamente derivanti dal rilascio posto le basi per approfondirne i meccanismi e le vie biochimiche
di lipasi pancreatiche attivate nell’ambito dell’organo e della coinvolte. I meccanismi responsabili sono complessi, ma esistono
cavità peritoneale. Ciò si verifica, ad esempio, nella dramma- numerosi principi validi per la maggior parte dei tipi di danno
tica situazione di emergenza clinica nota come pancreatite cellulare:
acuta (Cap. 19), in cui gli enzimi pancreatici fuoriescono dalle
cellule acinose e liquefanno la membrana degli adipociti La risposta cellulare agli stimoli lesivi dipende dalla natura del
presenti nel peritoneo. Le lipasi rilasciate rompono gli esteri danno, dalla sua durata e dalla sua gravità. Piccole dosi di una
dei trigliceridi contenuti all’interno degli adipociti stessi. Gli tossina chimica o brevi periodi di ischemia possono produrre
acidi grassi così prodotti si combinano con il calcio per dare lesioni reversibili, mentre dosi massive della medesima tossina o
origine ad aree biancastre simili a gesso, macroscopicamente un’ischemia più prolungata possono causare sia la morte cellulare
visibili (saponificazione dei grassi), che consentiranno al chi- istantanea sia un lento danno irreversibile che porta nel tempo
rurgo e al patologo di identificare le lesioni (Fig. 1.14). All’esa- alla morte della cellula.
me istologico, la necrosi assume l’aspetto di focolai di adipo- Le conseguenze del danno cellulare dipendono dal tipo di cellula
citi necrotici dai contorni cellulari sfumati con depositi basofili danneggiata, dal suo stato e dalle sue capacità di adattamento. Lo
di calcio, circondati da una reazione infiammatoria. stato nutrizionale e ormonale della cellula e le sue necessità me-
La necrosi fibrinoide è una particolare forma di necrosi os- taboliche sono importanti nel determinare la risposta al danno.
servata in genere durante le reazioni immunitarie caratteriz- In quale misura, ad esempio, una cellula è vulnerabile alla perdita
zate dal coinvolgimento dei vasi sanguigni. Questo tipo di dell’apporto ematico e all’ipossia? In assenza di apporto sangui-
necrosi si verifica tipicamente quando complessi di antigeni gno, le cellule della muscolatura striata della gamba possono
e anticorpi vengono depositati nelle pareti arteriose. Alla essere messe a riposo e preservate, ma ciò non vale per la musco-
colorazione ematossilina eosina, questi depositi di “immu- latura striata del cuore. Inoltre, l’esposizione di due individui a
nocomplessi,” insieme alla fibrina fuoriuscita dai vasi, con- identiche concentrazioni di una tossina, come il tetracloruro di
feriscono al tessuto un aspetto amorfo rosa chiaro che gli carbonio, può non avere alcun effetto in un individuo e provocare
anatomo-patologi definiscono “fibrinoide” (ossia “simile alla morte cellulare nell’altro. Queste differenze sono ascrivibili a
fibrina”) (Fig. 1.15). Le sindromi vasculitiche immuno-mediate variazioni genetiche che influiscono sulla quantità e sull’attività
caratterizzate da questo tipo di processo necrotico sono degli enzimi epatici responsabili della conversione del tetraclo-
descritte nel Capitolo 6. ruro di carbonio (CCl4) in sottoprodotti tossici (Cap. 9). Con la
completa mappatura del genoma umano, l’identificazione dei
polimorfismi genetici responsabili della diversa risposta agli
agenti lesivi in individui differenti ha suscitato grande
Nei pazienti vivi, infine, la maggior parte delle cellule necrotiche interesse.
e del loro contenuto scompare per effetto della fagocitosi dei detriti Il danno cellulare è il risultato di vari meccanismi biochimici che
e della digestione enzimatica mediata dai leucociti. Tuttavia, se non agiscono su numerose componenti cellulari essenziali (Fig. 1.16) e
vengono prontamente distrutti e riassorbiti, le cellule necrotiche e i che saranno descritti singolarmente nelle pagine seguenti. Tra le
detriti cellulari tendono a legare sali di calcio e altri minerali e a componenti cellulari più frequentemente danneggiate da stimoli
calcificare. Questo fenomeno, detto calcificazione distrofica, sarà lesivi figurano i mitocondri, le membrane cellulari, il sistema di
successivamente trattato in questo capitolo. sintesi e di immagazzinamento delle proteine e il DNA nucleare.
18 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

Figura 1.16 I principali meccanismi di danno cellulare e i relativi effetti a livello biochimico e funzionale. Si veda il testo per maggiori dettagli.

Qualsiasi stimolo lesivo è in grado di innescare simultaneamente nelle cellule dei mammiferi è rappresentata dalla fosforilazione os-
più meccanismi interconnessi con effetti deleteri sulla cellula, sidativa dell’adenosina difosfato, una reazione che porta alla ridu-
ragione per cui è difficile ricondurre il danno cellulare che si ve- zione dell’ossigeno attraverso il sistema di trasporto mitocondriale
rifica in una determinata circostanza a un’unica alterazione bio- degli elettroni. La seconda via è quella glicolitica, che consente di
chimica o anche solo a un’alterazione biochimica dominante. generare ATP in assenza di ossigeno a partire dal glucosio prove-
niente dai liquidi corporei o dall’idrolisi del glicogeno. Le principali
Nella sezione seguente descriveremo i meccanismi biochimici cause della deplezione di ATP sono una riduzione dell’apporto di os­
che possono essere attivati da diversi stimoli lesivi, contribuendo al sigeno e nutrienti, il danno mitocondriale e l’azione di determinate
danno cellulare.16 Specifica attenzione sarà dedicata al danno rever- tossine (ad es. il cianuro). I tessuti con una maggiore capacità glico-
sibile e alla necrosi, mentre la descrizione di casi particolari di apop- litica (come il fegato) sono in grado di sopravvivere alla carenza di
tosi e di autofagia è rimandata ad altra sede. ossigeno e alla ridotta attività di fosforilazione ossidativa meglio di
altri tessuti dotati di una capacità glicolitica limitata (come il
cervello).
Deplezione Di Atp
I fosfati uniti da legami ad alta energia sotto forma di ATP sono
La deplezione di ATP e la riduzione della sintesi di ATP si associano coinvolti praticamente in tutti i processi di sintesi e di degradazione
frequentemente sia al danno ipossico sia a quello chimico (tossico) all’interno della cellula, compresi il trasporto di membrana, la sintesi
(Fig. 1.17). L’ATP viene prodotto attraverso due vie: la via principale proteica, la lipogenesi e le reazioni di deacilazione-riacilazione

Figura 1.17 Conseguenze funzionali e morfologiche della riduzione intracellulare di ATP nel danno cellulare. Le alterazioni morfologiche illustrate sono
indicative di danno cellulare reversibile. Il persistere della deplezione di ATP conduce alla morte cellulare, tipicamente per necrosi. RE, reticolo
endoplasmatico.
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 19

­ ecessarie per il turnover fosfolipidico. La deplezione di ATP al


n
5-10% dei livelli normali ha ampie ripercussioni su molti sistemi in-
tracellulari fondamentali:

L’attività della pompa di membrana del sodio ATP-dipendente


(ATPasi Na+, K+-oubaina-sensibile) si riduce. Un’avaria di questo
sistema di trasporto attivo causa la penetrazione e l’accumulo
intracellulare di sodio e la diffusione del potassio all’esterno della
cellula. L’afflusso netto di soluti si accompagna a un afflusso iso-
osmotico di acqua, con conseguente rigonfiamento cellulare e
dilatazione del RE.
Il metabolismo energetico cellulare è alterato. Se l’ossigenazione
cellulare subisce una riduzione, come si verifica nell’ischemia, la
fosforilazione ossidativa cessa determinando una minore dispo-
nibilità cellulare di ATP e un conseguente incremento dell’ade-
nosina monofosfato. Tali cambiamenti stimolano l’attività della
fosfofruttochinasi e delle fosforilasi producendo un aumento
della glicolisi anaerobia. Questa via consente di ripristinare le fonti
energetiche cellulari generando ATP attraverso il metabolismo
del glucosio derivato dal glicogeno, ma ne determina anche il suo
rapido esaurimento. La glicolisi anaerobia provoca l’accumulo di
acido lattico e di fosfati inorganici derivati dall’idrolisi degli esteri
del fosfato e queste reazioni abbassano il pH intracellulare, evento
che riduce l’attività di molti enzimi cellulari.
L’insufficienza della pompa dello ione calcio determina un in-
gresso di Ca2+, con effetti dannosi su numerose componenti
cellulari, come verrà descritto più avanti.
Una prolungata o crescente deplezione di ATP porta alla distru-
zione dell’apparato di sintesi proteica, che si manifesta con il di-
stacco dei ribosomi del RE rugoso e con la dissociazione dei po- Figura 1.18 Conseguenze della disfunzione mitocondriale, culminante
nella morte cellulare per necrosi o apoptosi.
lisomi, determinando una riduzione della sintesi proteica stessa.
Nelle cellule private di ossigeno o di glucosio, le proteine possono
subire alterazioni conformazionali e scatenare una reazione cel- il rigetto di trapianto). In alcuni modelli sperimentali di ischemia
lulare detta risposta da proteine non ripiegate, che può culminare la ciclosporina ha dimostrato di ridurre la lesione impedendo l’aper-
nel danno e nella morte cellulare. Questo processo verrà descritto tura del poro di transizione di permeabilità mitocondriale, un esem-
più avanti nel capitolo. pio interessante di terapia molecolare mirata per il danno cellulare
In ultima istanza, le membrane mitocondriali e lisosomiali subi- (sebbene il suo valore clinico non sia ancora stato confermato).
scono un danno irreversibile e la cellula va incontro a un processo Nello spazio tra la membrana esterna e quella interna, i mitocon-
di necrosi. dri sequestrano inoltre varie proteine in grado di attivare le vie
dell’apoptosi; tra queste figurano il citocromo c e alcune proteine
capaci di attivare indirettamente gli enzimi che inducono l’apop-
Danno Mitocondriale
tosi, detti caspasi. Un aumento della permeabilità della membrana
I mitocondri sono le strutture deputate a rifornire la cellula dell’ener- mitocondriale esterna determina la fuoriuscita di queste proteine
gia necessaria per sopravvivere sotto forma di ATP, ma hanno nel citosol e la morte per apoptosi (discussa più avanti).
anche un ruolo cruciale nel danno e nella morte cellulare.17 Possono
essere danneggiati dall’aumento del Ca2+ citosolico, dalle specie Ingresso Intracellulare Di Calcio
reattive dell’ossigeno (descritte più avanti) e dalla carenza di ossige- E Perdita Dell’omeostasi Del Calcio
no, il che significa che sono suscettibili praticamente a qualsiasi tipo
di stimolo nocivo, comprese ipossia e tossine. Inoltre, le mutazioni Il fatto che la deplezione del calcio protegga le cellule dal danno in-
dei geni mitocondriali sono causa di malattie ereditarie (Cap. 5). dotto da una varietà di stimoli nocivi suggerisce l’importanza del
Le principali conseguenze del danno mitocondriale sono due: ruolo svolto dagli ioni calcio nella mediazione del danno cellulare.19
In condizioni normali, il calcio libero nel citosol è mantenuto a con-
Il danno mitocondriale spesso determina la formazione di un canale centrazioni estremamente basse (~0,1 mmol) rispetto ai livelli extra-
a elevata conduttanza nella membrana mitocondriale, definito poro cellulari di 1,3 mmol, e la maggior parte del calcio intracellulare si
di transizione di permeabilità mitocondriale (Fig. 1.18).18 L’apertura trova sequestrato nei mitocondri e nel RE. L’ischemia e determinate
di questo canale causa la perdita del potenziale di membrana mi- tossine provocano un innalzamento delle concentrazioni di calcio
tocondriale, compromettendo la fosforilazione ossidativa e indu- nel citosol, in un primo momento in conseguenza della liberazione
cendo la progressiva deplezione di ATP, con la necrosi finale della di Ca2+ dalle riserve intracellulari e successivamente per effetto del
cellula. Una delle componenti strutturali del poro di transizione di maggiore afflusso attraverso la membrana citoplasmatica (Fig. 1.19).
permeabilità mitocondriale è la proteina ciclofillina D, bersaglio del La maggiore concentrazione intracellulare di ioni calcio determina
farmaco immunosoppressivo ciclosporina (utilizzato per prevenire l’insorgere del danno cellulare attraverso vari meccanismi.
20 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

liberata attraverso reazioni con le molecole adiacenti, quali sostanze


inorganiche e organiche – ­proteine, lipidi, carboidrati e acidi nucleici
– che in molti casi sono elementi costitutivi fondamentali della mem-
brana e del nucleo cellulare. I radicali liberi, inoltre, innescano reazioni
autocatalitiche per mezzo di molecole con le quali reagiscono e che a
loro volta vengono trasformate in radicali liberi, propagando la catena
del danno. Le specie reattive dell’ossigeno (ROS) sono un tipo di radicale
libero derivato dall’ossigeno con un ruolo chiaramente definito nel
danno cellulare. Le ROS sono un normale prodotto dei processi di
respirazione mitocondriale e di produzione energetica, ma vengono
degradate ed eliminate dai sistemi di difesa cellulari. In questo modo,
le cellule sono in grado di mantenere una condizione di equilibrio che
tollera la presenza transitoria e innocua di radicali liberi a basse con-
centrazioni. Quando la produzione di ROS aumenta o i sistemi di
pulitura (scavenging) non funzionano correttamente, si ha un eccesso
di radicali liberi responsabile della condizione definita stress ossidativo.
Lo stress ossidativo è stato chiamato in causa in un vasto numero di
processi patologici, compresi il danno cellulare, il cancro, l’invecchia-
mento e alcune malattie degenerative come il morbo di Alzheimer. Le
ROS sono inoltre prodotte in cospicue quantità dai leucociti, in parti-
colare da neutrofili e macrofagi, che le utilizzano per distruggere mi-
crobi, tessuto morto e altre sostanze indesiderate. Il danno causato da
questi composti reattivi, pertanto, si accompagna spesso a reazioni
infiammatorie, durante le quali i leucociti vengono reclutati e attivati
(Cap. 2).
Nei paragrafi seguenti descriveremo la generazione e la rimozione
delle ROS e osserveremo come queste contribuiscono al danno
cellulare. Le proprietà dei principali radicali liberi sono illustrate
nella Tabella 1.3.
Generazione di radicali liberi. La produzione intracellulare di
radicali liberi può essere innescata in diversi modi (Fig. 1.20), ossia
Figura 1.19 Ruolo dell’incremento citosolico di calcio nel danno tramite:
cellulare. RE, reticolo endoplasmatico.
Le reazioni di ossido-riduzione che si verificano nei normali pro-
cessi metabolici. Durante il normale processo respiratorio, la
L’accumulo di Ca2+ all’interno dei mitocondri induce l’apertura molecola di O2 viene ridotta mediante il trasferimento di quattro
del poro di transizione di permeabilità mitocondriale e, come elettroni alla molecola di idrogeno H2 per generare due molecole
precedentemente illustrato, compromette la produzione di di acqua. Tale conversione è catalizzata da enzimi ossidativi nel
ATP. RE, nel citosol, nei mitocondri, nei perossisomi e nei lisosomi.
Gli aumentati livelli di Ca2+ citosolico attivano una varietà di Nel corso di questo processo, si generano piccole quantità di
enzimi, con effetti potenzialmente deleteri sulla cellula. Questi intermedi parzialmente ridotti che hanno ricevuto vari elettroni

includono le fosfolipasi (responsabili del danno di membrana), dalla molecola di O2, tra cui l’anione superossido (O2• un elettro-
le proteasi (che distruggono sia le proteine di membrana sia quelle ne), il perossido di idrogeno (H2O2, due elettroni) e gli ioni idros-
del citoscheletro), le endonucleasi (responsabili della frammen- silici (•OH, tre elettroni).
tazione del DNA e della cromatina) e le ATPasi (che accelerano L’assorbimento di energia radiante (ad es. luce ultravioletta, raggi
la deplezione di ATP). X). Le radiazioni ionizzanti, ad esempio, possono idrolizzare
Attivando direttamente le caspasi e incrementando la permeabi- l’acqua in radicale idrossile (•OH) e idrogeno (H).
lità mitocondriale, i maggiori livelli di Ca2+ intracellulare indu- Rapidi incrementi della produzione di ROS che si verificano nei
cono inoltre l’apoptosi.20 leucociti attivati durante l’infiammazione, grazie a una reazione
altamente controllata a livello di un complesso multiproteico di
membrana che usa la NADPH ossidasi per le reazioni di ossido-
Accumulo Di Specie Reattive E Radicali
riduzione (Cap. 2). Inoltre, altre ossidasi intracellulari (come la
Liberi Dell’ossigeno (Stress Ossidativo) −
xantina ossidasi) generano O2•.
Il danno cellulare indotto dai radicali liberi, in particolare dalle specie Il metabolismo enzimatico di sostanze chimiche esogene o da far-
reattive dell’ossigeno, è un meccanismo di danno cellulare importante maci, che può generare radicali liberi diversi dalle ROS ma dotati
in molte condizioni patologiche tra cui, ad esempio, il danno chimico di effetti simili (CCl4 ad esempio può generare CCl3, come illu-
e da irradiazione, il danno da ischemia-riperfusione (indotto dal ripri- strato più avanti nel capitolo).
stino dell’afflusso ematico nel tessuto ischemico), l’invecchiamento I metalli di transizione come ferro e rame, che donano o accettano
cellulare e l’uccisione di microrganismi mediata dai fagociti.21 I radicali elettroni liberi durante le reazioni intracellulari e catalizzano la
liberi sono specie chimiche dotate di un singolo elettrone spaiato sull’or­ formazione di radicali liberi, come avviene nella reazione di
bitale esterno. L’energia creata da questa configurazione instabile viene Fenton (H2O2 + Fe2+ → Fe3+ + OH + OH−). Poiché gran parte del
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 21

Tabella 1.3 Proprietà dei principali radicali liberi implicati nel danno cellulare
-
Proprietà O2• H2O2 •
OH ONOO−
MECCANISMI Riduzione incompleta Generato dalla SOD Generato a partire da H2O Prodotto mediante −
DI PRODUZIONE di O2 durante la mediante conversione per idrolisi, ad es. l’interazione di O2• con
fosforilazione di O2− e da ossidasi nei mediante radiazioni; a l’NO generato per NO
ossidativa; mediante perossisomi partire da H2O2 sintasi in vari tipi
ossidasi fagocitica nei mediante reazione di − cellulari (cellule
leucociti Fenton; a partire da O2• endoteliali, leucociti,
neuroni ecc.)
MECCANISMI Conversione in H2O2 e O2 Conversione in H2O e O2 Conversione in H2O Conversione in HNO2
DI INATTIVAZIONE a opera di SOD mediante catalasi mediante glutatione mediante
(perossisomi), perossidasi perossiredossine
glutatione perossidasi (citosol, mitocondri)
(citosol, mitocondri)
EFFETTI PATOLOGICI Stimola la produzione di Può essere convertito È il radicale libero Danneggia lipidi,
enzimi degradativi nei in •OH e OCI−, che derivato dall’ossigeno proteine e DNA
leucociti e in altre distruggono microbi e più reattivo; principale
cellule; può cellule; può agire in siti ROS responsabile del
danneggiare distanti da quello danno lipidico, proteico
direttamente i lipidi, di produzione e del DNA
le proteine e il DNA;
agisce in prossimità del
sito di produzione

HNO2, nitrito; H2O2, perossido di idrogeno; NO, monossido di azoto; O2•, anione superossido; Ocl−, ipoclorito; •OH, radicale idrossile; ONOO−, perossinitrito;
ROS, specie reattive dell’ossigeno; SOD, superossido dismutasi.

ferro libero intracellulare è allo stato ferrico (Fe3+), esso dovrebbe Il monossido di azoto (NO), un importante mediatore chimico
essere ridotto allo stato ferroso (Fe2+) per partecipare alla reazione generato da cellule endoteliali, macrofagi, neuroni e altri tipi
di Fenton. Questa riduzione può essere esaltata da O •−
2 ; pertanto, cellulari (Cap. 2), che può agire come radicale libero ed essere

fonti di ferro e di O2• possono cooperare nel danno cellulare anche convertito nell’anione perossinitrito altamente reattivo
ossidativo. (ONOO−) così come in NO2 e NO3−.22


Figura 1.20 Ruolo delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) nel danno cellulare. O2 è convertito in anione superossido (O2•) da −
enzimi ossidanti (ossidasi)
presenti nel reticolo endoplasmatico (RE), nei mitocondri, nella membrana citoplasmatica, nei perossisomi e nel citosol. O2• è convertito in H2O2 per di-
smutazione e quindi in •OH dalla reazione di Fenton catalizzata da Cu2+/Fe2+. H2O2 viene anche prodotta direttamente dalle ossidasi presenti nei perossisomi
(non indicati nella figura). Il conseguente danno da radicali liberi a carico di lipidi (mediante perossidazione), proteine e DNA si ripercuote su numerose
componenti cellulari. I principali enzimi antiossidanti sono superossido dismutasi (SOD), glutatione perossidasi e catalasi.
22 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

Rimozione di radicali liberi. I radicali liberi sono intrinseca- zione di legami crociati (cross-linking) tra i filamenti di DNA e

mente instabili e, in genere, decadono spontaneamente. O2• , ad la generazione di addotti. Il danno ossidativo del DNA è implicato
esempio, è instabile e in presenza di acqua decade (dismuta) spon- nell’invecchiamento cellulare (trattato più avanti nel Capitolo) e
taneamente in O2 e H2O2. Le cellule, inoltre, hanno sviluppato diversi nella trasformazione neoplastica delle cellule (Cap. 7).
meccanismi enzimatici e non, per rimuovere i radicali liberi e
minimizzarne il danno (si veda Fig. 1.20). Tali meccanismi Si è sempre ritenuto che il danno e la morte cellulare indotti dai
comprendono: radicali liberi fossero il risultato di un processo necrotico e, in effetti,
la produzione di ROS è spesso un preludio alla necrosi. Tuttavia, è
Gli antiossidanti, che inattivano i radicali liberi (antiossidanti stato appurato che i radicali liberi sono anche in grado di innescare
scavenger) o ne bloccano sin dall’inizio la formazione. Sono il processo dell’apoptosi.24 Studi recenti hanno inoltre dimostrato
buoni esempi di antiossidanti le vitamine liposolubili E e A, così che le ROS svolgono un ruolo nel signaling tra diversi recettori
come l’acido ascorbico e il glutatione nel citosol. cellulari e intermedi biochimici.25 A tal−proposito, è stato ipotizzato
Il controllo dei livelli di ferro e rame, che come abbiamo visto che le principali azioni esercitate da O2• derivino dalla sua capacità
possono catalizzare la formazione di ROS. Le concentrazioni di di stimolare la sintesi di enzimi degradativi piuttosto che dalla ca-
questi metalli reattivi sono mantenute a livelli minimi grazie al pacità di causare un danno macromolecolare diretto. Non si esclude
legame degli ioni alle proteine di deposito e di trasporto (ad es. inoltre che queste molecole potenzialmente letali assolvano a im-
transferrina, ferritina, lattoferrina e ceruloplasmina), che con- portanti funzioni fisiologiche.26
sente dunque di limitare la formazione di ROS.
Diversi enzimi che agiscono come− sistemi di disinnesco dei radi- Difetti Della Permeabilità Di Membrana
cali liberi, inattivando H2O2 e O2•.21,23 Questi enzimi sono loca-
lizzati in prossimità delle sedi di produzione degli ossidanti e La perdita precoce della permeabilità selettiva di membrana, che porta
comprendono: in definitiva a un danno di membrana evidente, è una caratteristica
1. la catalasi, presente all’interno dei perossisomi, che converte H2O2 saliente di molti tipi di danno cellulare (fatta eccezione per l’apoptosi).
(2H2O2 → O2 2H2O); Il danno di membrana può compromettere le funzioni e l’integrità di
2. la superossido−dismutasi (SOD), che si ritrova in molti tipi cellulari tutte le membrane cellulari. Di seguito saranno discussi i meccanismi

e converte O2• in H2O2 (2O2• + 2H → H2O2 + O2). Questo gruppo e le conseguenze patologiche del danno di membrana.
comprende sia la manganese-SOD, localizzata nei mitocondri, Meccanismi del danno di membrana. Nelle cellule ischemiche,
sia la rame-zinco-SOD, localizzata nel citosol; le alterazioni di membrana possono essere il risultato della deple-
3. la glutatione perossidasi ha un effetto protettivo contro il dan- zione di ATP e dell’attivazione delle fosfolipasi mediata dal calcio
n o, catalizzando la degradazione dei radicali liberi (si veda oltre), ma la membrana citoplasmatica può essere danneg-
(H2O2 + 2GSH → GSSG [omodimeri di glutatione] + 2H2O, op- giata anche direttamente da varie tossine batteriche, proteine virali,
pure 2OH + 2GSH → GSSG + 2H2O). Il rapporto intracellulare componenti litiche del complemento e da una varietà di agenti
tra glutatione ossidato (GSSG) e glutatione ridotto (GSH) è un chimici e fisici. Diversi meccanismi biochimici contribuiscono al
riflesso dello stato ossidativo della cellula ed è un importante danno di membrana (Fig. 1.21):
indicatore della capacità cellulare di detossificare le ROS.
Specie reattive dell’ossigeno. I radicali liberi dell’ossigeno inducono
Effetti patologici dei radicali liberi. Le specie reattive dell’os- un danno a carico delle membrane cellulari attraverso il mecca-
sigeno e gli altri radicali liberi hanno molteplici effetti sulla cellula, nismo di perossidazione lipidica precedentemente illustrato.
anche se per il danno cellulare risultano particolarmente importanti
tre reazioni (si veda Fig. 1.20):

La perossidazione lipidica delle membrane. In presenza di O2, i


radicali liberi possono causare perossidazione dei lipidi della
membrana citoplasmatica e delle membrane degli organelli. Il
danno ossidativo inizia quando i doppi legami presenti negli acidi
grassi insaturi dei lipidi di membrana vengono attaccati dai ra-
dicali liberi derivati da O2 e, in particolare, da •OH. Le interazioni
tra lipidi e radicali liberi determinano la formazione di perossidi,
a loro volta instabili e reattivi, e inducono una reazione autoca-
talitica a catena (detta propagazione), che produce danni ingenti
a carico della membrana.
L’alterazione ossidativa delle proteine. I radicali liberi promuovono
l’ossidazione delle catene laterali amminoacidiche, la formazione
di legami crociati proteina-proteina (ad es. legami disolfuro) e
l’ossidazione della catena proteica. L’alterazione ossidativa delle
proteine può danneggiare i siti enzimatici attivi, modificare la
conformazione delle proteine strutturali e accentuare la degrada- Figura 1.21 Meccanismi del danno di membrana nel danno cellulare.
zione delle proteine non ripiegate o ripiegate in modo anomalo da La riduzione di O2 e l’aumento del Ca2+ citosolico sono tipicamente osser-
vati nell’ischemia, ma possono accompagnare altre forme di danno ­cellulare.
parte del proteasoma, portando l’intera cellula alla distruzione. Anche le specie reattive dell’ossigeno spesso generate durante la riperfu-
Il danno del DNA. I radicali liberi sono in grado di causare la sione dei tessuti ischemici causano danno di membrana (non illustrato in
rottura del filamento di DNA o della doppia elica stessa, la forma- figura).
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 23

Inibizione della sintesi fosfolipidica. La produzione di fosfolipidi Prima di concludere l’analisi dei meccanismi di danno cellulare, è
all’interno delle cellule può ridursi per effetto di una funzione utile guardare ai possibili eventi che si producono allorché il danno
mitocondriale alterata o di uno stato di ipossia, condizioni che, reversibile diventa irreversibile, progredendo verso la morte cellulare.
determinando una minore produzione di ATP, vanno a interferire L’importanza clinica della questione è evidente: riuscire a dare risposta
con le attività enzimatiche ATP-dipendenti. La riduzione della a questo interrogativo significa infatti aprire la strada all’elaborazione
sintesi fosfolipidica produce conseguenze su tutte le membrane di nuove strategie volte a evitare che il danno cellulare produca conse-
cellulari, compresa quella dei mitocondri stessi. guenze deleterie permanenti. Tuttavia i meccanismi molecolari che
Aumentata distruzione dei fosfolipidi. Il danno cellulare grave si collegano la maggior parte dei tipi di danno alla morte cellulare sfug-
associa a una maggiore degradazione dei fosfolipidi di membrana, gono per diversi motivi. Il “punto di non ritorno” al raggiungimento
probabilmente dovuta all’attivazione delle fosfolipasi endogene del quale il danno diventa irreversibile rimane fondamentalmente
a sua volta indotta dall’aumento dei livelli di Ca2+ citosolico e indefinito e mancano eventi morfologici o biochimici correlati di ir-
mitocondriale.19 La distruzione dei fosfolipidi porta all’accumulo reversibilità affidabili. Due fenomeni sono elementi caratteristici costanti
di prodotti di degradazione lipidica, tra cui acidi grassi liberi, acil di irreversibilità: l’incapacità di rendere reversibile la disfunzione mito-
carnitina e lisofosfolipidi, dotati di un effetto detergente sulle condriale (perdita della fosforilazione ossidativa e della produzione di
membrane. Questi, inoltre, si inseriscono all’interno del doppio ATP) anche dopo la risoluzione del danno iniziale e l’instaurarsi di
strato lipidico della membrana o prendono il posto dei fosfolipidi, alterazioni profonde nella funzionalità della membrana. Come detto in
causando potenziali modificazioni di permeabilità e alterazioni precedenza, il danno delle membrane lisosomiali causa la dissoluzione
elettrofisiologiche. enzimatica della cellula danneggiata, caratteristica della necrosi.
Alterazioni del citoscheletro. I filamenti citoscheletrici ancorano La fuoriuscita di proteine intracellulari attraverso la membrana
la membrana citoplasmatica all’interno della cellula. L’attivazione cellulare danneggiata e il loro ingresso in circolo rende possibile indi-
delle proteasi dovuta a un aumento di calcio citosolico può dan- viduare il danno cellulare e la necrosi a carico di tessuti specifici me-
neggiare le strutture citoscheletriche. In presenza di rigonfiamen- diante un campione di sangue. Il muscolo cardiaco, ad esempio, con-
to cellulare, questo danno provoca – soprattutto nelle cellule tiene una specifica isoforma dell’enzima creatin-chinasi e della proteina
miocardiche – il distacco della membrana cellulare dal citosche- contrattile troponina; il fegato (nello specifico l’epitelio del dotto bi-
letro, rendendola suscettibile allo stiramento e alla rottura. liare) contiene un’isoforma dell’enzima fosfatasi alcalina; gli epatociti
contengono le transaminasi. Il danno irreversibile e la morte cellulare
Conseguenze del danno di membrana. I principali siti a livello in questi tessuti si riflettono in un aumento delle concentrazioni pla-
dei quali si verifica il danno di membrana nel contesto del danno smatiche di tali proteine e la misurazione di questi biomarcatori è
cellulare sono le membrane mitocondriali, la membrana citoplasma- utilizzata nella clinica per valutare l’entità del danno nei tessuti.
tica e le membrane lisosomiali.

Danno della membrana mitocondriale. Come si è detto, il danno Correlazioni clinico-patologiche: esempi
delle membrane mitocondriali determina l’apertura del poro di
transizione di permeabilità mitocondriale – con conseguente
selezionati di danno cellulare e necrosi
riduzione della disponibilità di ATP – e la liberazione di proteine
in grado di innescare la morte per apoptosi. Dopo avere brevemente passato in rassegna le cause, la morfologia
Danno della membrana citoplasmatica. Il danno della membrana e i meccanismi del danno cellulare e della necrosi, ne descriveremo
citoplasmatica provoca la perdita dell’equilibrio osmotico e l’in- ora alcune forme clinicamente significative. Questi esempi illustre-
gresso di liquidi e ioni, nonché la fuoriuscita del contenuto cel- ranno molti dei meccanismi di danno cellulare descritti in prece-
lulare. Le cellule possono inoltre perdere metaboliti fondamentali denza e le sequenze di eventi che li riguardano.
per la ricostituzione dell’ATP, accentuando dunque la deplezione
delle riserve energetiche. Danno Ischemico E Ipossico
Il danno delle membrane lisosomiali determina la fuoriuscita degli
enzimi lisosomiali nel citoplasma e l’attivazione delle idrolasi Nella pratica clinica, rappresenta il tipo più comune di danno cellu-
acide nel pH intracellulare acido della cellula danneggiata (ad es. lare ed è stato ampiamente studiato sia nell’uomo, sia in modelli
ischemica). I lisosomi contengono RNasi, DNasi, proteasi, fosfa- animali sperimentali, sia in cellule in coltura. L’ipossia, intesa come
tasi, glucosidasi e catepsine, la cui attivazione porta alla digestione una ridotta disponibilità di ossigeno, può verificarsi in una varietà di
enzimatica delle proteine, dell’RNA, del DNA e del glicogeno e quadri clinici, precedentemente descritti. Nell’ischemia, per contro,
alla morte della cellula per necrosi. l’apporto di ossigeno e nutrienti risulta diminuito nella maggior parte
dei casi per via di un ridotto flusso ematico, conseguenza di un’ostru-
zione meccanica del sistema arterioso, ma può essere dovuto anche
Danno Del Dna E Delle Proteine
a un minore drenaggio venoso. Diversamente dall’ipossia, durante
Le cellule sono dotate di meccanismi di riparazione del DNA dan- la quale può perdurare la produzione di energia glicolitica per glicolisi
neggiato, ma se il danno è troppo grave per essere corretto (ad es. anaerobia, l’ischemia compromette la disponibilità dei substrati della
in conseguenza dell’esposizione del DNA a sostanze dannose, radia­ glicolisi. Nei tessuti ischemici, pertanto, non soltanto il metabolismo
zioni o stress ossidativo), la cellula avvia un programma suicida che aerobico è compromesso, ma anche la produzione anaerobica di
la condurrà alla morte per apoptosi. Una reazione simile è innescata energia si arresta dopo l’esaurimento dei substrati della glicolisi o nel
dalle proteine non correttamente ripiegate, risultato di mutazioni momento in cui la glicolisi viene inibita dall’accumulo di metaboliti
ereditarie o di fattori esterni quali ad esempio i radicali liberi. Questi che in condizioni normali sarebbero rimossi dal flusso sanguigno.
meccanismi di danno cellulare, tipicamente responsabili di indurre Per questa ragione l’ischemia tende a causare un danno cellulare e
l’apoptosi, saranno descritti più avanti nel capitolo. tissutale più rapido e grave rispetto all’ipossia in assenza di ischemia.
24 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

Meccanismi di danno cellulare ischemico Le cellule dei mammiferi hanno sviluppato risposte protettive allo
stress ipossico. Di queste, quella meglio definita è l’induzione di un
La sequenza di eventi che seguono l’ipossia o l’ischemia è il riflesso fattore di trascrizione chiamato fattore 1 inducibile dall’ipossia che
di molte delle alterazioni biochimiche che accompagnano il danno favorisce la formazione di nuovi vasi sanguigni, stimola le vie di
cellulare descritte sopra. Non appena la concentrazione di ossigeno sopravvivenza cellulare e promuove la glicolisi anaerobia.27 Il tempo
intracellulare si riduce, si ha una perdita della fosforilazione ossida- dirà se la comprensione di questi meccanismi basati sulla concen-
tiva e una riduzione della produzione di ATP. La deplezione di ATP trazione dell’ossigeno possa condurre a nuove strategie per prevenire
provoca un’avaria della pompa del sodio, con perdita di potassio, o trattare il danno cellulare ischemico e ipossico.
ingresso intracellulare di sodio e acqua e rigonfiamento cellulare. Si Malgrado i numerosi studi condotti su modelli sperimentali, non
verifica inoltre un afflusso di Ca2+ associato a numerosi effetti deleteri esistono ancora approcci terapeutici affidabili per ridurre le conse-
e si assiste a un progressivo abbassamento dei livelli di glicogeno e guenze dannose dell’ischemia in ambito clinico. La strategia forse
della sintesi proteica. Questa fase può dare luogo a gravi conseguenze più utile nei casi di danno ischemico (e traumatico) cerebrale e
funzionali. Il muscolo cardiaco, ad esempio, cessa di contrarsi entro midollare consiste nell’induzione temporanea di uno stato di ipo-
60 secondi dall’occlusione coronarica. Occorre tuttavia precisare che termia (volta a ridurre la temperatura interna a 33 °C). Questo
la perdita della contrattilità non indica morte cellulare. Se l’ipossia trattamento riduce le richieste metaboliche delle cellule sottoposte
continua, l’aggravamento della deplezione di ATP causa ulteriori a stress, limita il rigonfiamento cellulare, frena la formazione
danni. Il citoscheletro si disperde, determinando la scomparsa di radicali liberi e inibisce la risposta infiammatoria, misure che,
di caratteristiche ultrastrutturali come i microvilli e la formazione nel complesso, contribuiscono a ridurre il danno cellulare e
di piccole estroflessioni (bleb) sulla superficie cellulare tissutale.28
(si vedano Figg. 1.9 e 10). All’interno del citoplasma (nei vacuoli
autofagici) o nello spazio extracellulare compaiono le “figure mieli- Danno Da Ischemia-Riperfusione
niche”, derivate dalle membrane cellulari in degenerazione. Queste
probabilmente originano dallo smascheramento dei gruppi fosfati- Il ripristino del flusso ematico in un tessuto ischemico può favorire
dici, che promuovono la cattura e l’intercalarsi di molecole di acqua il recupero delle cellule se il danno da queste subito è reversibile. In
tra gli strati lamellari delle membrane. In questa fase, i mitocondri particolari circostanze, tuttavia, quando viene ripristinato il flusso
sono in genere rigonfi per l’incapacità di controllare il proprio sanguigno in cellule che erano andate incontro a ischemia ma non
volume, il RE rimane dilatato e l’intera cellula diventa particolar- a morte, paradossalmente il danno si esacerba e progredisce a un
mente voluminosa, con aumento del contenuto idrico e della ritmo accelerato. Di conseguenza, i tessuti riperfusi possono perdere
concentrazione di sodio e cloruri e riduzione del potassio. Se la un ulteriore numero di cellule oltre a quelle danneggiate irreversibil-
disponibilità di ossigeno viene ripristinata, tutte queste alterazioni mente dall’ischemia. Questo processo, definito danno da ischemia-
sono reversibili. riperfusione, è clinicamente importante, in quanto contribuisce al
Se l’ischemia persiste, al contrario, si arriva al danno irreversibile danno tissutale durante l’infarto miocardico e cerebrale e in seguito
e alla necrosi. Sotto il profilo morfologico, il danno irreversibile si all’istituzione di misure terapeutiche di ripristino del flusso ematico
associa a grave rigonfiamento mitocondriale, esteso danno della (Capp. 12 e 28).
membrana citoplasmatica (con comparsa delle figure mieliniche) e Ma come avviene il danno da riperfusione? L’ipotesi più probabile
rigonfiamento dei lisosomi (si veda Fig. 1.10 C). Nella matrice è che durante la riperfusione vengano messi in moto nuovi processi
mitocondriale si sviluppano grossi corpi densi, amorfi e di aspetto di danno, causando la morte di cellule che sarebbero altrimenti
flocculare. Nel miocardio, questi elementi indicano l’irreversibilità potute sopravvivere.29 Sono stati proposti molti meccanismi:
delle lesioni e possono essere osservati già 30-40 minuti dopo
l’ischemia. A questo punto si verifica un massivo ingresso di calcio Il nuovo danno può essere innescato nella fase di riossigenazione
nella cellula, in particolare se la zona ischemica viene riperfusa. La in conseguenza di un’aumentata generazione di specie reattive
morte avviene principalmente per necrosi, anche se l’apoptosi può dell’ossigeno e dell’azoto da parte delle cellule parenchimali ed
fornire un contributo; la via dell’apoptosi viene probabilmente at- endoteliali e dei leucociti dell’infiltrato infiammatorio.30,31 La
tivata dalla liberazione di molecole proapoptotiche dai mitocondri produzione di tali radicali liberi nel tessuto riperfuso può essere
danneggiati. Le componenti cellulari vengono progressivamente dovuta a un danno mitocondriale, che provoca un’incompleta
degradate e si verifica una diffusa fuoriuscita di enzimi nello spazio riduzione dell’ossigeno, oppure può dipendere dall’azione delle
extracellulare affiancata dall’ingresso di macromolecole extracellu- ossidasi nei leucociti, nelle cellule endoteliali e nelle cellule pa-
lari dallo spazio interstiziale all’interno delle cellule morte. La cellula renchimali. I meccanismi di difesa cellulare con antiossidanti
morta, infine, viene sostituita da grandi masse di fosfolipidi sotto possono essere compromessi dall’ischemia, condizione che favo-
forma di figure mieliniche, successivamente fagocitate dai leucociti rirebbe l’accumulo di radicali liberi. Altri mediatori di danno
o ulteriormente degradate ad acidi grassi. Questi ultimi vanno in- cellulare, come il calcio, possono a loro volta penetrare nelle
contro a un processo di calcificazione, con la formazione di saponi cellule riperfuse, danneggiando vari organelli, compresi i mito-
di calcio. condri, e intensificando la produzione di radicali liberi.
Come già detto, la perdita di enzimi intracellulari e di altre pro- Il danno ischemico si associa a infiammazione, risultato della
teine attraverso una membrana citoplasmatica particolarmente produzione di citochine e di una maggiore espressione delle
permeabile e il loro passaggio nella circolazione sanguigna forni- molecole di adesione da parte delle cellule parenchimali ed en-
scono importanti indicatori clinici di morte cellulare. Elevate con- doteliali, che reclutano i neutrofili circolanti nella sede di riper-
centrazioni sieriche di creatin-chinasi muscolare cardiaca MB fusione.32 L’infiammazione, a sua volta, causa un ulteriore danno
(Muscle-Brain) e di troponina, ad esempio, sono indicatori precoci tissutale (Cap. 2). Nel danno da riperfusione, l’importanza dell’af-
di infarto miocardico e possono essere evidenziate prima che l’in- flusso di neutrofili è stata dimostrata da studi sperimentali nei
farto diventi morfologicamente rilevabile (Cap. 12). quali sono state messe in atto strategie antinfiammatorie, ad
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 25

esempio l’impiego di anticorpi contro le citochine o le molecole Apoptosi


adesione, per ridurre l’estensione del danno.
L’attivazione del sistema del complemento, coinvolto nei meccanismi
di difesa dell’ospite e importante meccanismo di danno autoimmune L’apoptosi è una via di morte cellulare indotta da un programma
(Cap. 6), può contribuire al danno da ­ischemia-riperfusione.33 suicida strettamente regolato, in cui le cellule destinate a morire
Alcuni anticorpi IgM, per motivi ­sconosciuti, tendono a depositarsi attivano enzimi che degradano il DNA nucleare e le proteine nucleari
nei tessuti ischemici; quando il flusso sanguigno viene ripristinato, e citoplasmatiche della cellula stessa. Le cellule apoptotiche si scom-
le frazioni del complemento si legano a tali anticorpi, vengono at- pongono in frammenti definiti corpi apoptotici e contenenti por-
tivate e inducono un ulteriore danno cellulare e una più intensa zioni del citoplasma e del nucleo. La membrana plasmatica della
reazione infiammatoria.34 cellula e dei corpi apoptotici rimane intatta, ma la sua struttura ri-
sulta alterata a tal punto da renderli appetitosi bersagli per i fagociti.
La cellula morta e i relativi frammenti vengono rapidamente fago-
Danno Chimico (Tossico)
citati, prima che il contenuto si riversi all’esterno, evitando così che
Il danno chimico rimane un problema di frequente riscontro nella la morte cellulare per apoptosi provochi reazioni infiammatorie
medicina clinica e costituisce un limite importante alla terapia far- nell’ospite. Il processo, morfologicamente caratterizzato dalla pre-
macologica. Poiché molti farmaci sono metabolizzati a livello epa- senza di frammenti cellulari rivestiti da membrana, fu descritto nel
tico, il fegato è spesso bersaglio di tossicità farmacologica. La tossi- 1972 e designato appunto con il termine “apoptosi”, parola utilizzata
cità epatica, infatti, è probabilmente una delle ragioni più frequenti in greco per indicare la “caduta delle foglie”.37 Fu presto riconosciuto
per cui si decide di interrompere l’utilizzo di un dato farmaco o il che l’apoptosi rappresentava un meccanismo di morte cellulare
suo sviluppo.35 I meccanismi con cui sostanze chimiche, tossine e unico nel suo genere e distinto dalla necrosi, caratterizzata da perdita
determinati farmaci inducono un danno verranno descritti nel dell’integrità di membrana, digestione enzimatica delle cellule, fuo­
dettaglio all’interno del Capitolo 9, nella parte dedicata alla tratta- riuscita del contenuto cellulare e, spesso, da una reazione dell’ospite
zione della patologia ambientale. Qui, ci limiteremo piuttosto a di- (si vedano Fig. 1.8 e Tab. 1.2). Tuttavia, apoptosi e necrosi possono
scutere i principali meccanismi di danno indotto da sostanze chi- talvolta coesistere e l’apoptosi indotta da determinati stimoli pato-
miche con l’ausilio di esempi selezionati. logici può progredire in necrosi.
Le sostanze chimiche possono indurre danno cellulare attraverso
uno dei due meccanismi generali illustrati di seguito.36 Cause Di Apoptosi
Alcune sostanze chimiche danneggiano la cellula direttamente L’apoptosi si verifica normalmente durante lo sviluppo e per tutta
legandosi a componenti molecolari di importanza critica. Negli l’età adulta, con la funzione di garantire l’eliminazione delle cellule
avvelenamenti da cloruro di mercurio, ad esempio, il mercurio indesiderate, vecchie o potenzialmente dannose, ma può realizzarsi
si lega ai gruppi sulfidrilici della membrana cellulare, causando anche come evento patologico quando la cellula malata subisce un
l’aumento della permeabilità di membrana e l’inibizione del danno che supera le capacità di riparazione e, di conseguenza, deve
trasporto ionico. In questi casi, il danno maggiore è solitamente essere eliminata.
a carico delle cellule che utilizzano, assorbono, eliminano o con-
centrano le sostanze chimiche: nel caso di cloruro di mercurio, L’apoptosi in situazioni fisiologiche
le cellule del tratto gastrointestinale e del rene (Cap. 9). Il cianuro,
invece, avvelena la citocromo ossidasi mitocondriale, bloccando La morte per apoptosi è un normale fenomeno che serve a eliminare
così la fosforilazione ossidativa. Tra le sostanze che inducono le cellule non più necessarie e a mantenere in equilibrio varie popola-
danno cellulare esercitando un effetto citotossico ­diretto vi sono zioni cellulari nei tessuti. Essa assume un ruolo importante nelle
inoltre anche molti agenti chemioterapici antineoplastici e seguenti condizioni fisiologiche:
antibiotici.
Le sostanze chimiche tossiche, nella maggior parte dei casi, non La distruzione programmata delle cellule nel corso dell’embrioge-
sono biologicamente attive nella forma originaria e agiscono sulle nesi, tra cui l’impianto dell’oocita, l’organogenesi, l’involuzione
molecole bersaglio solo dopo essere state convertite a metaboliti di strutture durante lo sviluppo e la metamorfosi. L’espressione
tossici reattivi. Queste reazioni di conversione sono solitamente “morte cellulare programmata” è stata inizialmente coniata per
svolte dalle ossidasi P-450 a funzione mista nel RE liscio del fe- designare la morte di specifici tipi cellulari nel corso dello svilup-
gato e di altri organi. I metaboliti tossici inducono il danno di po di un organismo.38 “Apoptosi” è un termine generico utilizzato
membrana e il danno cellulare principalmente determinando la per indicare questo tipo di morte cellulare, indipendentemente
produzione di radicali liberi e la successiva perossidazione lipi- dal contesto, ma viene spesso usato come sinonimo di “morte
dica; al processo può inoltre contribuire la formazione di un le- cellulare programmata”.
game covalente con le proteine di membrana e i lipidi. Il CCl4, L’involuzione di tessuti ormone-dipendenti in seguito alla cessazione
ad esempio, un tempo ampiamente utilizzato nelle attività pro- dello stimolo ormonale, come nel caso della distruzione delle cellule
fessionali di lavaggio a secco, viene convertito dal citocromo endometriali durante il ciclo mestruale, dell’atresia dei follicoli
P-450 nel radicale libero altamente reattivo •CCl3, il quale deter- ovarici nella menopausa, della regressione della mammella dopo
mina la perossidazione lipidica e danni a carico di numerose lo svezzamento e dell’atrofia prostatica che segue la castrazione.
strutture cellulari. Anche il paracetamolo, un analgesico, viene La perdita di cellule nelle popolazioni cellulari proliferanti, ad esem-
convertito in un prodotto tossico durante i processi di detossifi- pio linfociti immaturi nel midollo spinale e nel timo che non rie-
cazione che hanno luogo nel fegato, determinando danno cellu- scono a esprimere recettori per l’antigene utili (Cap. 6), linfociti B
lare. Questi e altri esempi di danno cellulare sono descritti nel nei centri germinativi e cellule epiteliali nelle cripte intestinali, allo
Capitolo 9. scopo di mantenere un numero di cellule costante (omeostasi).
26 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

L’eliminazione di linfociti autoreattivi potenzialmente pericolosi,


sia prima sia dopo la maturazione, al fine di prevenire lo sviluppo Morfologia I seguenti aspetti morfologici, alcuni dei quali
di reazioni dirette contro i propri tessuti (Cap. 6). più evidenti al microscopio elettronico, caratterizzano le
La morte delle cellule dell’ospite che hanno esaurito la loro cellule che vanno incontro ad apoptosi (Fig. 1.22; si veda
utilità, come i neutrofili durante la risposta infiammatoria acuta anche Fig. 1.8).
e i linfociti al termine di una risposta immunitaria. In queste Riduzione del volume cellulare La cellula diventa più piccola,
situazioni, le cellule vanno incontro ad apoptosi poiché vengono il citoplasma si addensa (Fig. 1.22 A) e gli organelli, sebbene
private dei necessari segnali di sopravvivenza, come i fattori di relativamente normali, appaiono fittamente addensati (si
crescita. ricordi che in altre forme di danno cellulare una delle prime
manifestazioni è il rigonfiamento cellulare, non la riduzione
di volume).
L’apoptosi in condizioni patologiche
Condensazione della cromatina È questo l’aspetto più carat-
L’apoptosi determina l’eliminazione delle cellule che hanno subito un teristico dell’apoptosi. La cromatina si aggrega in periferia,
danno superiore alle capacità di riparazione senza indurre alcuna sotto la membrana nucleare, in masse dense di forma e di-
reazione nell’ospite e limitando di conseguenza il danno tissutale mensioni variabili (Fig. 1.22 B). Il nucleo stesso può rompersi
collaterale. in due o più frammenti.
La morte per apoptosi è responsabile della perdita cellulare in una Formazione di estroflessioni citoplasmatiche e di corpi apop-
varietà di condizioni patologiche: totici All’inizio, la cellula apoptotica mostra estese estrofles-
sioni sulla superficie cellulare, quindi si frammenta in corpi
Il danno del DNA. Le radiazioni, i farmaci citotossici antineopla- apoptotici rivestiti di membrana e composti da citoplasma e
stici e l’ipossia possono danneggiare il DNA sia direttamente sia organelli fittamente addensati, con o senza frammenti
tramite la produzione di radicali liberi. Se i meccanismi di ripa- ­nucleari (Fig. 1.22 C).
razione non riescono a contrastare il danno, la cellula innesca Fagocitosi delle cellule apoptotiche o dei corpi cellulari, di
meccanismi intrinseci che la conducono alla morte per apoptosi. solito per azione dei macrofagi I corpi apoptotici vengono
In queste situazioni, l’eliminazione della cellula è la migliore al- rapidamente ingeriti dai fagociti e degradati dagli enzimi
ternativa di fronte al rischio di acquisire mutazioni rischiose nel ­lisosomiali da essi prodotti.
DNA danneggiato che potrebbero determinare una trasforma-
zione maligna. Questi stimoli dannosi inducono apoptosi se il Si ritiene che nell’apoptosi le membrane citoplasmatiche
danno è lieve, mentre se il danno è di maggiore intensità portano rimangano intatte fino alle ultime fasi, quando diventano
la cellula alla morte per necrosi. permeabili ai soluti che normalmente vengono trattenuti
L’accumulo di proteine ripiegate in modo anomalo. Il ripiegamento all’interno. Questa descrizione classica dell’apoptosi è accu-
improprio delle proteine può derivare da mutazioni nei geni che rata in condizioni fisiologiche quali l’embriogenesi o nell’eli-
codificano per tali proteine oppure da fattori estrinseci, quali ad minazione delle cellule immunitarie, ma non è raro osservare
esempio il danno indotto dai radicali liberi. Un accumulo ecces- forme di morte cellulare con caratteristiche proprie sia della
sivo di proteine ripiegate in modo anomalo nel RE porta a una necrosi sia dell’apoptosi in conseguenza di vari stimoli dan-
condizione definita stress del RE, culminante nella morte cellulare nosi.39 In tali condizioni è la gravità piuttosto che la specificità
per apoptosi. È stato suggerito che l’apoptosi causata dall’accu- dello stimolo a determinare la via di morte cellulare, ma la
mulo di proteine ripiegate in modo anomalo sia alla base di un necrosi è quella più frequentemente riscontrata in condizioni
vasto numero di patologie degenerative del sistema nervoso di deplezione sostenuta di ATP e di danno grave di
centrale e di altri organi. membrana.
La morte cellulare in determinati processi infettivi, soprattutto se di All’esame istologico, nei tessuti colorati con ematossilina
natura virale. La perdita di cellule infette è dovuta fondamental- eosina la cellula apoptotica appare come una massa tonda
mente all’apoptosi indotta dal virus stesso (come nelle infezioni da od ovale, dal citoplasma intensamente eosinofilo con fram-
adenovirus o da HIV) o alla risposta immunitaria dell’ospite (come menti di cromatina nucleare densa (Fig. 1.22 A). Poiché la
nell’epatite virale). Un’importante risposta dell’ospite alla presenza riduzione del volume cellulare e la formazione di corpi apop-
virale è rappresentata dai linfociti T citotossici specifici per le pro- totici avvengono con rapidità e i frammenti sono velocemen-
teine virali, che inducono l’apoptosi delle cellule infette nel tentativo te fagocitati, nei tessuti può verificarsi un notevole grado di
di eliminare i serbatoi di infezione, un processo che, tuttavia, può apoptosi prima che essa diventi evidente nelle sezioni
accompagnarsi a un danno tissutale significativo. Lo stesso mec- ­istologiche. Inoltre, l’apoptosi, contrariamente alla necrosi,
canismo mediato dai linfociti T è inoltre responsabile della morte non causa infiammazione, cosa che ne rende più difficile
cellulare in presenza di tumori e del rigetto nei trapianti. l’individuazione all’esame istologico.
L’atrofia patologica negli organi parenchimatosi in seguito a ostru-
zione dei dotti. Questa situazione è stata osservata ad esempio nel
pancreas, nella parotide e nel rene. Caratteristiche biochimiche dell’apoptosi
Le cellule apoptotiche spesso presentano una caratteristica varietà
di alterazioni biochimiche che sono alla base delle modificazioni
Cambiamenti Morfologici E Biochimici
strutturali descritte in precedenza.
Nell’apoptosi
Attivazione delle caspasi. Una caratteristica specifica dell’apoptosi
Prima di discutere i meccanismi dell’apoptosi, descriveremo le ca- è l’attivazione di diverse componenti di una famiglia di cisteina-proteasi
ratteristiche morfologiche e biochimiche di questo processo. dette caspasi.40 Il termine “caspasi” fa riferimento a due proprietà di
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 27

Figura 1.22 Caratteristiche morfologiche dell’apoptosi. A. Apoptosi di una cellula epidermica durante una reazione immunitaria. La cellula presenta
dimensioni ridotte, un citoplasma intensamente eosinofilo e un nucleo condensato. B. Questa immagine al microscopio elettronico di cellule apoptotiche
in coltura mostra alcuni nuclei con semilune periferiche di cromatina addensata e altri uniformemente addensati o frammentati. C. Queste immagini di
cellule apoptotiche in coltura mostrano la formazione delle estroflessioni e dei corpi apoptotici (riquadro di sinistra, microscopio a contrasto di fase), la
frammentazione del nucleo evidenziata mediante colorazione del DNA (riquadro centrale) e l’attivazione delle caspasi 3 (riquadro di destra, colorazione
all’immunofluorescenza con un anticorpo specifico per la forma attiva della caspasi 3, in rosso). (B. Da Kerr JFR, Harmon BV: Definition and incidence of
apoptosis: a historical perspective. In Tomei LD, Cope FO (eds): Apoptosis: The Molecular Basis of Cell Death. Cold Spring Harbor, NY, Cold Spring Harbor
Laboratory Press, 1991, pp 5-29. C. Per gentile concessione del Dr. Zheng Dong, Medical College of Georgia, Augusta, GA)

questa famiglia di enzimi: la “c” sta per cisteina-proteasi (enzimi che


presentano la cisteina nel loro sito attivo), mentre “­aspasi” rimanda alla
loro peculiare capacità di tagliare i residui di acido aspartico a poste-
riori. La famiglia delle caspasi, che attualmente comprende oltre 10
membri, può essere funzionalmente divisa in due gruppi: le caspasi
iniziatrici e le caspasi effettrici, a seconda dell’ordine in cui vengono
attivate durante l’apoptosi. Le caspasi iniziatrici comprendono la caspasi
8 e la caspasi 9. Molte altre ­caspasi, tra cui la caspasi 3 e la caspasi 6,
agiscono come effettori. Al pari di molte proteasi, anche le caspasi
esistono sotto forma di proenzimi inattivi, o zimogeni, e la loro attiva-
zione è subordinata a clivaggio enzimatico. La presenza di caspasi cli-
vate attive rappresenta un marker di cellule in fase di apoptosi (Fig. 1.22
C). Il ruolo di tali enzimi sarà discusso più avanti in questa sezione.
DNA e degradazione proteica. Le cellule apoptotiche esibiscono
una caratteristica rottura del DNA in grossi frammenti di 50-300 kb.41
Conseguentemente si verifica il taglio del DNA da parte di endonu-
cleasi Ca2+- e Mg2+-dipendenti in frammenti di dimensioni multiple
di 180-200 coppie di basi, riflesso del clivaggio tra subunità nucle-
Figura 1.23 Elettroforesi su gel di agarosio di DNA estratto da colture
osomali. I frammenti possono essere visualizzati con l’elettroforesi cellulari. Colorazione con bromuro di etidio; fotografato a luce ultravio-
come “scale” (ladder) di DNA (Fig. 1.23). L’attività endonucleasica letta. Pozzetto A. Coltura di cellule vitali. Pozzetto B. Coltura di cellule
è anche la base per identificare la morte cellulare con tecniche cito- esposte al calore che mostrano un’estesa apoptosi; si noti l’aspetto a
chimiche che riconoscono le rotture a doppia elica del DNA.41 Un scala (ladder) dei frammenti di DNA, che rappresentano multipli di oligo-
pattern “strisciato” (smeared) di frammentazione del DNA è consi- nucleosomi. Pozzetto C. Coltura che mostra necrosi cellulare; si noti la
strisciata (smearing) diffusa del DNA. (Da Kerr JFR, Harmon BV: Definition
derato indicativo di necrosi; questo però può essere un tardivo fe- and incidence of apoptosis: a historical perspective. In Tomei LD, Cope
nomeno autolitico, mentre tipiche scale di DNA possono risultare FO: Apoptosis: The Molecular Basis of Cell Death. Cold Spring Harbor,
ben visibili anche in cellule necrotiche. NY, Cold Spring Harbor Laboratory Press, 1991, p 13)
28 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

Alterazioni della membrana e ricognizione fagocitaria La mem- lare. Lo studio di vermi mutanti ha permesso l’identificazione di
brana citoplasmatica delle cellule apoptotiche subisce variazioni che specifici geni (chiamati geni ced, dall’inglese “cell death”) che inne-
agevolano il riconoscimento delle cellule morte da parte dei fagociti. scano o inibiscono l’apoptosi e per i quali sono stati individuati geni
Uno di questi cambiamenti è la traslocazione di determinati fosfo- omologhi nei mammiferi.38
lipidi (in particolare la fosfatidilserina) dallo strato interno della Il processo di apoptosi può essere suddiviso in una fase di inizio,
membrana a quello esterno, dove vengono riconosciuti da vari re- durante la quale alcune caspasi si attivano cataliticamente, e in una
cettori presenti sui fagociti. Tali lipidi, inoltre, mostrano un’affinità fase effettrice, in cui altre caspasi innescano la degradazione di
di legame per una proteina chiamata annessina V; la colorazione con componenti cellulari fondamentali. La prima fase è mediata fonda-
annessina V, pertanto, è comunemente utilizzata per rilevare la mentalmente dai segnali di due vie distinte: la via intrinseca, o mito-
presenza di cellule apoptotiche, la cui eliminazione per fagocitosi condriale, e la via estrinseca, innescata dai recettori di morte
sarà descritta più avanti. (Fig. 1.24).42 Queste vie, sebbene in una certa misura intercomuni-
canti, sono indotte da stimoli distinti e implicano diversi gruppi di
proteine, ma entrambe convergono nell’attivazione delle caspasi, gli
Meccanismi Di Apoptosi
effettivi mediatori della morte cellulare.
Tutte le cellule possiedono meccanismi intrinseci atti a segnalare lo
stato di salute della cellula e l’apoptosi è il risultato di uno squilibrio La via di apoptosi intrinseca (mitocondriale)
in tali segnali. Poiché si ritiene che un innesco esasperato o carente
dell’apoptosi sia alla base di molte patologie, come le malattie dege- La via mitocondriale rappresenta il meccanismo principale di apop-
nerative e il cancro, la comprensione dei meccanismi che regolano tosi in tutte le cellule mammifere e svolge un ruolo ben definito in
questa forma di morte cellulare ha destato profondo interesse. Uno una varietà di processi fisiologici e patologici. Questa via di apoptosi
dei fatti più interessanti emersi è che i geni e le proteine che control- è il risultato di una maggiore permeabilità mitocondriale e del rila-
lano il processo e la sequenza di eventi risultano conservati in tutti scio di molecole proapoptotiche (induttori di morte) all’interno del
gli organismi multicellulari.38 Alcune delle maggiori conquiste, in- citoplasma (Fig. 1.25).42 I mitocondri sono organelli importanti in
fatti, sono scaturite da osservazioni condotte sul nematode Cae- quanto contengono proteine essenziali per la vita, come il citocromo
norhabditis elegans, il cui sviluppo procede secondo un programma c, ma alcune di esse, se immesse nel citoplasma (indizio di un cattivo
altamente riproducibile di crescita cellulare seguita da morte cellu- stato di salute della cellula), innescano il programma suicida di

Figura 1.24 Meccanismi di apoptosi. Le due vie di apoptosi differiscono per meccanismi di induzione e di regolazione, ma entrambe culminano
nell’attivazione delle caspasi “effettrici”. L’induzione dell’apoptosi attraverso la via mitocondriale implica l’intervento dei sensori e degli effettori della famiglia
BCL2, che inducono la fuoriuscita delle proteine mitocondriali. Sono inoltre raffigurate alcune proteine antiapoptotiche (“regolatrici”) che inibiscono
l’eccesso di permeabilità dei mitocondri e l’attivazione delle caspasi mediata dal citocromo c nella via mitocondriale. L’attivazione dei recettori di morte
conduce direttamente all’attivazione delle caspasi. I fattori di regolazione dell’attivazione delle caspasi mediata dai recettori di morte non sono illustrati.
RE, reticolo endoplasmatico; TNF, fattore di necrosi tumorale.
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 29

“proteine BH3-only.” I sensori, a loro volta, attivano due effettori


fondamentali (proapoptotici) – BAX e BAK – i quali vanno a costi-
tuire oligomeri che si inseriscono nella membrana mitocondriale
creando i canali attraverso i quali le proteine della membrana mito-
condriale interna fuoriescono nel citoplasma. Le proteine BH3-only
legano inoltre BCL2 e BCL-X, bloccandone le funzioni e determi-
nando allo stesso tempo una riduzione della sintesi di queste due
proteine. Il risultato finale dell’attivazione di BAX-BAK unita alla
perdita delle funzioni protettive dei membri antiapoptotici della
famiglia BCL è il rilascio nel citoplasma di diverse proteine mito-
condriali in grado di attivare la cascata delle caspasi (Fig. 1.25 B).
Una di queste proteine è il citocromo c, ben conosciuto per il suo
ruolo nella respirazione mitocondriale. Il citocromo c rilasciato nel
citosol lega una proteina chiamata Apaf-1 (fattore di attivazione delle
proteasi proapoptotiche 1, omologo nei mammiferi del Ced-4 del
C. elegans), che forma un esamero a raggiera definito apoptosoma.44
Questo complesso ha la capacità di legare la caspasi 9, che è l’inizia-
tore cruciale della via mitocondriale, e l’enzima cliva le adiacenti
molecole di caspasi 9, avviando così un processo di autoamplifica-
zione. Altre proteine mitocondriali dai nomi arcani come Smac/
DIABLO penetrano nel citoplasma, dove legano e neutralizzano
diverse proteine citoplasmatiche (dette IAP, dall’inglese inhibitors of
apoptosis) investite del ruolo di inibitori fisiologici dell’apoptosi.
Normalmente, la funzione delle IAP è quella di bloccare l’attivazione
delle caspasi, comprese quelle effettrici come la caspasi 3, e mante-
nere la cellula in vita.45,46 La loro neutralizzazione, pertanto, consente
l’innesco della cascata delle caspasi.
Esistono prove del fatto che la via intrinseca di apoptosi possa
essere innescata indipendentemente dal ruolo dei mitocondri. 47
L’apoptosi potrebbe essere iniziata da un’attivazione delle caspasi a
valle dei mitocondri e il conseguente aumento della permeabilità
mitocondriale e il rilascio di molecole proapoptotiche potrebbero
Figura 1.25 La via intrinseca (mitocondriale) dell’apoptosi. A. La vitalità
della cellula è mantenuta con l’induzione di proteine antiapoptotiche (ad es. servire unicamente ad amplificare il segnale di morte. Tuttavia, i
BCL2) attraverso segnali di sopravvivenza. Queste proteine preservano meccanismi di apoptosi mitocondrio-indipendenti restano scarsa-
l’integrità delle membrane dei mitocondri ed evitano la fuoriuscita delle mente definiti.
proteine mitocondriali. B. La perdita dei segnali di sopravvivenza, il danno
del DNA e altri insulti attivano sensori deputati ad antagonizzare le proteine
antiapoptotiche e ad attivare le proteine proapoptotiche BAX e BAK, che La via di apoptosi estrinseca (innescata dai recettori
determinano la formazione di canali nella membrana mitocondriale. La di morte)
conseguente fuoriuscita di citocromo c (e di altre proteine non raffigurate)
conduce all’attivazione delle caspasi e all’apoptosi. Questa via metabolica è innescata dal legame dei recettori di morte
presenti sulla membrana plasmatica di diversi tipi cellulari. 48–50
I recettori di morte sono membri della famiglia dei recettori del TNF
apoptosi. Il rilascio di queste proteine mitocondriali è controllato contenenti un dominio citoplasmatico implicato nelle interazioni
da un delicato equilibrio tra i membri pro- e antiapoptotici della proteina-proteina, detto dominio di morte in quanto indispensabile
famiglia BCL,43 gruppo di proteine che prende il nome da BCL2, per liberare segnali apoptotici (alcuni membri della famiglia dei re-
identificato come oncogene in un linfoma a cellule B e omologo della cettori del TNF non contengono domini citoplasmatici di morte:
proteina Ced-9 del C. elegans. La famiglia BCL annovera oltre 20 hanno la funzione di attivare le cascate infiammatorie [Cap. 2] e il
proteine diverse, per la maggior parte dotate di funzioni regolatrici loro ruolo nell’innesco dell’apoptosi è molto meno chiaro). Sono stati
dell’apoptosi. I fattori di crescita e altri segnali di sopravvivenza descritti numerosi recettori di morte, ma quelli meglio conosciuti
stimolano la produzione di proteine antiapoptotiche, tra cui le prin- sono il recettore per il TNF di tipo 1 (TNFR1) e una proteina correlata
cipali sono BCL2, BCL-X e MCL1. In condizioni normali, queste chiamata Fas (CD95). Il meccanismo di apoptosi indotto da questi
proteine risiedono nel citoplasma e nelle membrane mitocondriali, recettori di morte è chiaramente illustrato dal Fas, un recettore di
dove controllano la permeabilità mitocondriale e impediscono la morte espresso su molti tipi cellulari (Fig. 1.26), il cui ligando prende
dispersione di proteine mitocondriali suscettibili di innescare la il nome di Fas-ligando (FasL). Il FasL è espresso dai linfociti T in
morte cellulare (Fig. 1.25 A). Quando le cellule sono private dei grado di riconoscere gli antigeni self (e ha la funzione di eliminare i
segnali di sopravvivenza o subiscono un danno a carico del DNA linfociti autoreattivi) e da alcuni linfociti T citotossici (che uccidono
oppure, in caso di stress del RE da proteine ripiegate in modo ano- le cellule tumorali o infettate da virus). Quando il Fas lega il suo li-
malo, si assiste all’attivazione dei sensori del danno o dello stress. gando, tre o più molecole di Fas si aggregano e i loro domini di morte
Questi ultimi, anch’essi membri della famiglia BCL, comprendono citoplasmatici formano un sito di legame per una proteina adattatrice,
le proteine BIM, BID e BAD, contenenti un unico “dominio di omo- anch’essa dotata di un dominio di morte e chiamata FADD (dall’in-
logia BCL2” (il terzo dei quattro domini presenti in BCL2) e definite glese Fas-associated death domain). Il FADD, legato ai recettori di
30 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

sequenziale delle caspasi effettrici. Le caspasi effettrici, come le caspasi


3 e 6, agiscono su numerose componenti cellulari: una volta attivate,
ad esempio, clivano un inibitore della DNasi ­citoplasmatica, deter-
minando l’attivazione enzimatica di quest’ultima, che a sua volta in­
duce il caratteristico clivaggio del DNA in frammenti di taglia nucle-
osomale precedentemente descritto. Le caspasi determinano inoltre
la degradazione delle componenti strutturali della matrice nucleare,
promuovendo così la frammentazione del nucleo. Alcune fasi del
processo apoptotico non sono ancora state precisamente definite. Si
ignora, ad esempio, il meccanismo che conduce all’alterazione della
membrana plasmatica delle cellule apoptotiche o quello relativo alla
formazione delle estroflessioni di membrana e dei corpi apoptotici.

Rimozione delle cellule morte

La formazione di corpi apoptotici determina la disgregazione delle


cellule in frammenti edibili per i fagociti. Le cellule apoptotiche e i
loro frammenti subiscono inoltre diverse alterazioni a livello di
membrana che ne promuovono attivamente la fagocitosi, di modo
che possano essere eliminate prima dell’avvio di un processo necro-
tico secondario e della fuoriuscita del contenuto cellulare (che può
esitare in una reazione infiammatoria nociva). Nelle cellule sane, la
fosfatidilserina si trova sullo strato interno della membrana citopla-
smatica, ma nelle cellule apoptotiche questo fosfolipide “schizza”
fuori e finisce per essere espresso sullo strato esterno della membra-
na, dove può essere riconosciuto da diversi recettori dei macrofagi.
Durante la morte per apoptosi, le cellule secernono fattori solubili
Figura 1.26 La via estrinseca dell’apoptosi (innescata dai recettori di che attirano i fagociti.52 Alcuni corpi apoptotici esprimono la trom-
morte), illustrata dagli eventi che seguono il legame di Fas. FADD, Fas-
associated death domain; FasL, Fas-ligando. bospondina, una glicoproteina adesiva riconosciuta dai fagociti, e i
macrofagi stessi sono in grado di produrre proteine che legano le
cellule apoptotiche (ma non le cellule vive) destinando così le cellule
morte, a sua volta lega la forma inattiva della caspasi 8 (procaspasi 8; morte alla fagocitosi. I corpi apoptotici possono inoltre rivestirsi di
e, nell’uomo, la caspasi 10) ancora per mezzo di domini di morte. In anticorpi naturali e proteine del sistema del complemento, in parti-
tal modo vengono reclutate in uno spazio ravvicinato molte molecole colare C1q, che i fagociti sono in grado di riconoscere.53 Nel legame
di procaspasi 8, che vanno incontro a un clivaggio reciproco, passan- e nella fagocitosi di queste cellule, pertanto, risultano coinvolti nu-
do alla forma attiva. A questo punto l’enzima scatena un’attivazione merosi recettori presenti sui fagociti e vari ligandi indotti sulle cellule
a cascata di caspasi tramite il clivaggio e quindi l’attivazione di altre apoptotiche. Il processo di fagocitosi delle cellule apoptotiche è
procaspasi. Gli enzimi attivati mediano la fase effettrice dell’apoptosi talmente efficiente che le cellule morte scompaiono, spesso nel giro
(discussa più avanti). Questa via di apoptosi può essere bloccata da di minuti, senza lasciare la minima traccia e senza scatenare infiam-
una proteina chiamata FLIP, che pur legando la procaspasi 8 non è mazione, nemmeno in un contesto di apoptosi estesa.
in grado di clivarla e attivarla in quanto priva di dominio proteasico.51
Alcuni virus e le cellule normali producono FLIP e usano questo Correlazioni Clinico-Patologiche:
inibitore per proteggersi dall’apoptosi Fas-mediata. L’apoptosi In Condizioni Fisiologiche
Le vie di innesco dell’apoptosi intrinseca ed estrinseca, pur es- E Patologiche
sendo state qui descritte come processi distinti a causa del coinvol-
gimento di molecole fondamentalmente differenti, possono di fatto Esempi di apoptosi
sovrapporsi. Negli epatociti e in molti altri tipi cellulari, ad esempio,
la via Fas-mediata attiva una proteina BH3-only detta BID, che In molti casi, la morte cellulare è notoriamente causata dall’apoptosi
successivamente attiva la via mitocondriale. e gli esempi selezionati proposti di seguito illustrano il ruolo di
questa via di morte nella normale fisiologia e in patologia.54
Deprivazione dei fattori di crescita. Cellule ormono-sensibili
La fase effettrice dell’apoptosi private dello specifico fattore di crescita, i linfociti che non vengono
stimolati da antigeni e citochine e i neuroni privati del fattore di
Le due vie di innesco convergono in una cascata di attivazione delle crescita delle cellule nervose vanno tutti incontro a morte per apop-
caspasi, alla quale è affidata la mediazione della fase finale dell’apop- tosi. In tutti questi casi, l’apoptosi è innescata dalla via intrinseca
tosi. Come abbiamo visto, la via mitocondriale conduce all’attivazione (mitocondriale) e può essere imputata a una ridotta sintesi di BCL2
della caspasi iniziatrice 9 e la via dei recettori di morte all’attivazione e BCL-X e all’attivazione di BIM e di altri membri proapoptotici
delle caspasi iniziatrici 8 e 10. Con il clivaggio di una caspasi inizia- della famiglia BCL.
trice e la generazione della sua forma attiva, il programma di morte Danno del DNA. L’esposizione delle cellule all’irradiazione o ad
enzimatica viene messo in moto e procede con la rapida attivazione agenti chemioterapici induce l’apoptosi secondo un meccanismo che
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 31

è iniziato dal danno al DNA (stress genotossico) e che coinvolge il proteasoma. Tuttavia, se in conseguenza di mutazioni ereditarie o
gene oncosoppressore p53.55 Quando il DNA viene danneggiato, la di uno stress nel RE si verifica l’accumulo di proteine non ripiegate
proteina p53 si accumula nelle cellule e arresta il ciclo cellulare (nella o ripiegate in modo anomalo, queste innescano tutta una serie di
fase G1) così da lasciare ai meccanismi di riparazione il tempo risposte cellulari, riunite sotto il nome di risposta da proteine non
­necessario per intervenire (Cap. 7), ma se il danno è troppo grave ripiegate.56,57 Tale risposta attiva vie di segnale che intensificano la
per essere riparato con successo, la stessa p53 innesca il processo produzione di chaperonine, amplifica la degradazione delle proteine
apoptotico. L’assenza di p53 o una sua mutazione (condizioni che si anomale mediata dal proteasoma e rallenta la traduzione delle pro-
verificano in alcune forme di neoplasia) si traduce nell’impossibilità teine, riducendo così la quantità di proteine mal ripiegate all’interno
di indurre l’apoptosi, consentendo la sopravvivenza delle cellule con della cellula (Fig. 1.27). Tuttavia, se questa risposta citoprotettiva si
un DNA danneggiato. In tali cellule, il danno del DNA dà luogo ad dimostra incapace di risolvere il problema, la cellula attiva le caspasi
altre mutazioni o traslocazioni aventi quale esito la trasformazione e induce l’apoptosi,58–60 un processo definito stress del RE. L’accumulo
neoplastica (Cap. 7). In presenza di stress genotossico, la proteina intracellulare di proteine ripiegate in modo anomalo causato da
p53 assolve pertanto alla funzione cruciale di “interruttore vita/ mutazioni genetiche, invecchiamento o da fattori ambientali scono-
morte”. La modalità con cui p53 innesca il meccanismo effettore sciuti è attualmente riconosciuto come un carattere distintivo di
finale di morte, attraverso l’attivazione delle caspasi, è complesso, diverse patologie neurodegenerative, tra cui il morbo di Alzheimer,
ma sembra dipendere dalle sue funzioni di attivatore della trascri- la malattia di Huntington e il morbo di Parkinson (Cap. 28) nonché,
zione. Tra le proteine la cui produzione è stimolata da p53 si probabilmente, il diabete di tipo 2.61 Anche la deprivazione di glu-
­annoverano diversi membri proapoptotici della famiglia BCL, in cosio e ossigeno e stimoli stressanti come il calore possono causare
particolare BAX, BAK e alcune proteine BH3-only, di cui si è parlato un anomalo ripiegamento delle proteine e culminare nel danno e
nelle pagine precedenti. nella morte cellulare.
Ripiegamento anomalo delle proteine. Le chaperonine presenti Apoptosi indotta dalla famiglia dei recettori del TNF. Il ligan-
nel RE sovrintendono al corretto ripiegamento (folding) delle pro- do FasL presente sui linfociti T lega il recettore di superficie Fas sugli
teine neosintetizzate, determinando l’ubiquitinazione e la marcatura stessi linfociti o su quelli circostanti. Questa interazione svolge un
dei polipeptidi mal ripiegati affinché vengano degradati dal ruolo importante nell’eliminazione dei linfociti in grado di

Figura 1.27 Meccanismi di ripiegamento delle proteine e risposta da proteine non ripiegate. A. Le chaperonine, come ad esempio le proteine da shock
termico (Heat shock protein, Hsp), proteggono le proteine non ripiegate o parzialmente ripiegate dalla degradazione e le guidano negli organelli.
B. Le proteine ripiegate in modo anomalo innescano una risposta protettiva da proteine non ripiegate (Unfolded Protein Response, UPR). Se la risposta è
inadeguata per far fronte ai livelli di proteine ripiegate in modo anomalo viene indotta l’apoptosi.
32 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

riconoscere gli antigeni self. Mutazioni a carico di Fas o di FasL a causa di una riparazione impropria degli acidi nucleici, e tali
determinano l’insorgenza di patologie autoimmuni sia nel topo sia anomalie possono determinare lo sviluppo di neoplasie. L’impor-
nell’uomo (Cap. 6).62 La citochina TNF è un importante mediatore tanza dell’apoptosi nella prevenzione neoplastica è ulteriormente
della reazione infiammatoria (Cap. 2), ma è anche capace di indurre rimarcata dal fatto che la mutazione di p53 è l’anomalia genetica
apoptosi (il nome “tumor necrosis factor” è nato non perché la ci- più frequentemente riscontrata nei tumori umani (Cap. 7). In
tochina uccida le cellule tumorali in modo diretto, ma perché pro- altre situazioni, un difetto dell’apoptosi impedisce l’eliminazione
voca la trombosi dei vasi che irrorano il tumore, inducendone la di cellule potenzialmente pericolose, ad esempio i linfociti in
morte per ischemia). La morte mediata dal TNF è facilmente dimo- grado di reagire contro gli antigeni self, e delle cellule morte,
strata nelle colture cellulari, ma il suo significato fisiologico o pato- potenziali fonti di antigeni self. Un difetto dell’apoptosi risulta
logico in vivo non è ancora stato chiarito. Le principali funzioni dunque essere alla base delle malattie autoimmuni (Cap. 6).
fisiologiche del TNF sono infatti mediate non tanto dall’induzione Malattie associate a un aumento dell’apoptosi e a eccessiva morte
dell’apoptosi quanto piuttosto dall’attivazione del fattore di trascri- cellulare. Queste malattie, caratterizzate da perdita cellulare,
zione fondamentale NF-kB (fattore nucleare-kB), il quale promuove comprendono: (1) malattie neurodegenerative, che si manifestano
la sopravvivenza cellulare stimolando la sintesi dei membri antia- con la perdita di specifici gruppi di neuroni, in cui l’apoptosi è
poptotici della famiglia BCL2 e, come vedremo nel Capitolo 2, par- causata da mutazioni e da proteine ripiegate in modo anomalo
tecipa all’attivazione di varie risposte infiammatorie. Dal momento (Cap. 28); (2) danno ischemico, come nell’infarto miocardico
che il TNF è in grado sia di indurre la morte cellulare sia di promuo- (Cap. 12) e nell’ictus cerebrale (Cap. 28); (3) morte delle cellule
vere la sopravvivenza cellulare, cosa determina lo yin e lo yang della infettate dal virus, in molte infezioni virali (Cap. 8).
sua azione? La risposta non è chiara, ma probabilmente dipende da
quale proteina segnale si attacca al recettore del TNF dopo il legame
di quest’ultimo con la citochina. Autofagia
Apoptosi mediata da linfociti T citotossici. I linfociti T citotossici
(CTL) riconoscono antigeni estranei presentati sulla superficie di L’autofagia è il processo di digestione del contenuto cellulare da parte
cellule infette dell’ospite (Cap. 6). Ad attivazione avvenuta, i CTL della cellula stessa e rappresenta un meccanismo di sopravvivenza
secernono perforina, una molecola in grado di formare pori tran- in condizioni di carenza di nutrienti, quando la cellula è costretta
smembrana che consentono l’ingresso nella cellula bersaglio di granuli ad adottare comportamenti cannibaleschi e a riciclare le sostanze
di proteasi seriniche prodotte dai CTL e dette granzimi. I granzimi digerite. Nel corso di questo processo, organelli intracellulari e por-
hanno la capacità di tagliare le proteine a livello dei residui di acido zioni di citosol vengono dapprima sequestrati all’interno di vacuoli
aspartico, attivando così diverse caspasi cellulari.63 In questo modo, i autofagici, che successivamente si fondono con i lisosomi dando
CTL uccidono le cellule bersaglio inducendo direttamente la fase origine a un autofagolisosoma, e le componenti cellulari vengono
effettrice dell’apoptosi. Sulla loro superficie i CTL esprimono inoltre digerite dagli enzimi lisosomiali (Fig. 1.28).64,65 L’interesse per l’au-
FasL e distruggono le cellule bersaglio legando i recettori del Fas. tofagia è stato stimolato dalla scoperta che, negli organismi unicel-
lulari e nelle cellule dei mammiferi, tale processo è regolato da un
gruppo definito di “geni dell’autofagia” (Atg). I prodotti di numerosi
Patologie associate a disregolazione dell’apoptosi
di questi geni partecipano alla creazione dei vacuoli autofagici, ma
La disregolazione dell’apoptosi (apoptosi eccessiva o insufficiente) è resta da chiarire in quale modo ciò avvenga. È stato inoltre suggerito
stata postulata per spiegare alcuni aspetti di un’ampia varietà di che l’autofagia inneschi una morte cellulare diversa dalla necrosi e
patologie.56 dall’apoptosi,66 ma il meccanismo proprio di questo tipo di morte
cellulare deve ancora essere definito e non è noto se la morte cellulare
Malattie associate a un difetto dell’apoptosi e ad aumentata so- sia causata dall’autofagia o piuttosto dagli stimoli stressanti che in­
pravvivenza cellulare. Un tasso inadeguatamente basso di apop- nescano l’autofagia. Ciò malgrado, l’autofagia è stata chiamata in
tosi si traduce nella sopravvivenza di cellule anormali, con con- causa quale meccanismo di perdita cellulare in varie patologie, tra
seguenze varie. Se, ad esempio, le cellule che recano mutazioni a cui le malattie degenerative del sistema nervoso e del tessuto mu-
carico di p53 vanno incontro a un danno del DNA, queste non scolare: in molte di queste affezioni, le cellule danneggiate presen-
soltanto non muoiono ma possono anche accumulare mutazioni tano un elevato numero di vacuoli autofagici.67

Figura 1.28 Autofagia. Stress cellulari come, ad esempio, una carenza di nutrienti attivano i geni dell’autofagia che inducono la formazione di vacuoli
in cui gli organelli cellulari vengono sequestrati e quindi degradati dopo la fusione delle vescicole con i lisosomi. I materiali digeriti sono riciclati come
nutrienti cellulari.
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 33

Accumuli intracellulari
Nella cellula, una delle forme in cui si manifestano le alterazioni
metaboliche è l’accumulo intracellulare di quantità anomale di
diverse sostanze. Le sostanze accumulate possono essere suddivise
in due categorie: (1) costituenti cellulari normali, come acqua, li-
pidi, proteine e carboidrati, accumulati in eccesso e (2) sostanze
anomale esogene, come minerali o prodotti di agenti infettivi, o
endogene, come i prodotti di una sintesi o di un metabolismo
alterati.
Queste sostanze possono accumularsi nel citoplasma (spesso
all’interno dei fagolisosomi) o nel nucleo in modo transitorio o
permanente e risultare innocue o, al contrario, particolarmente
tossiche. In certi casi, può essere la cellula stessa a produrre tali
sostanze anomale, mentre in altri la cellula non fa che immagaz-
zinare i prodotti di processi patologici che si verificano altrove
nell’organismo.
Molti meccanismi determinano un anormale accumulo intracel-
lulare, ma la maggior parte degli accumuli può essere ricondotta a
quattro tipi di alterazione (Fig. 1.29).

1. Una sostanza endogena normale è prodotta a un ritmo normale


o aumentato, ma la velocità con cui viene metabolizzata è insuffi-
ciente a rimuoverla. Ne sono un esempio la degenerazione grassa
del fegato e le goccioline proteiche di riassorbimento nei tubuli
renali (si veda oltre).
2. Una sostanza anomala di tipo endogeno, tipicamente il prodotto
di un gene mutato, si accumula a causa di difetti nel ripiegamento,
nel trasporto delle proteine e a causa dell’incapacità di provvedere
a un’efficace degradazione delle proteine anomale. Ne è un esem-
pio l’accumulo di a1-antitripsina mutata nelle cellule epatiche
(Cap. 18) e di varie proteine mutate nelle patologie degenerative
del sistema nervoso centrale (Cap. 28).
3. Una sostanza endogena normale si accumula a causa di difetti,
generalmente di tipo ereditario, negli enzimi necessari per me-
tabolizzarla. Ne sono un esempio le patologie causate da difetti
genetici a carico degli enzimi coinvolti nel metabolismo di lipidi
e carboidrati, che comportano l’accumulo intracellulare di tali
sostanze, principalmente nei lisosomi. Queste malattie da accu-
mulo saranno illustrate nel Capitolo 5.
4. Una sostanza esogena anomala viene depositata e si accumula
perché la cellula non ha né l’apparato enzimatico per degradarla,
né la capacità di trasportarla in altre sedi. Accumuli di particelle
di carbone e di sostanze chimiche non metabolizzabili, come la
silice, sono esempi di questo tipo di alterazione.

In molti casi, se il sovraccarico può essere controllato o interrotto,


l’accumulo è reversibile. Nelle forme ereditarie, l’accumulo è pro-
gressivo e il sovraccarico può indurre danno cellulare, portando in
alcuni casi alla morte del tessuto e del paziente.

Lipidi
Nelle cellule possono accumularsi tutte le classi principali di lipidi: Figura 1.29 Meccanismi di accumulo intracellulare discussi nel testo.
trigliceridi, colesterolo ed esteri del colesterolo e fosfolipidi. I fosfo-
lipidi sono le componenti delle figure mieliniche delle cellule necro- Steatosi (degenerazione grassa)
tiche, mentre nelle malattie da accumulo lisosomiale (Cap. 5) si
assiste all’accumulo di complessi anomali di lipidi e carboidrati. In I termini “steatosi” e “degenerazione grassa” descrivono un accumulo
questa sede, tuttavia, ci concentreremo sugli accumuli di trigliceridi alterato di trigliceridi all’interno delle cellule parenchimali. La ste-
e di colesterolo. atosi è molto frequente nel fegato poiché quest’ultimo è il principale
34 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

organo coinvolto nel metabolismo lipidico, ma può anche comparire essere il risultato di un apporto eccessivo o di un difetto nel metabolismo
in cuore, muscoli e reni. Potenziali cause di steatosi sono le tossine, e nella secrezione dei lipidi (Fig. 1.30 A). Molti di questi difetti sono
la malnutrizione proteica, il diabete mellito, l’obesità e l’anossia. Nelle indotti dall’alcool, un’epatotossina che altera le funzioni mitocondriali
nazioni industrializzate, le cause più comuni di steatosi epatica grave e microsomiali, determinando una maggiore sintesi dei lipidi e una
(fegato grasso) sono l’abuso di alcool e la steatosi non alcolica, spesso minore degradazione degli stessi (Cap. 18). Il CCl4 e un insufficiente
associata a diabete e obesità (Cap. 18). apporto proteico causano la degenerazione grassa riducendo la sintesi
Diversi meccanismi portano all’accumulo di trigliceridi nel fegato. di apoproteine. L’ipossia inibisce l’ossidazione degli acidi grassi e il
Gli acidi grassi liberi provenienti dal tessuto adiposo o dagli alimenti digiuno ne aumenta la mobilizzazione dalle riserve periferiche.
vengono normalmente trasportati agli epatociti e, nel fegato, vengono La gravità della steatosi dipende dalle cause e dall’entità dell’ac-
esterificati a trigliceridi, convertiti in colesterolo o fosfolipidi, oppure cumulo: se lieve, può non avere alcun effetto sulla funzionalità cel-
ossidati a corpi chetonici. Alcuni acidi grassi sono anche sintetizzati lulare, ma una degenerazione grassa più grave può compromettere
a partire dall’acetato. Il rilascio dei trigliceridi dagli epatociti richiede le funzioni cellulari ed essere una spia di morte cellulare.
l’associazione con apoproteine per formare lipoproteine, le quali
possono successivamente essere trasportate per via ematica nei tessuti
(Cap. 4). Un eccessivo accumulo di trigliceridi a livello epatico può Morfologia La steatosi si osserva molto spesso nel fegato e
nel cuore. In tutti gli organi, la degenerazione grassa si pre-
senta sotto forma di vacuoli chiari all’interno delle cellule del
parenchima. Anche l’accumulo intracellulare di acqua o po-
lisaccaridi (ad es. glicogeno) può produrre vacuolizzazione.
Nell’identificazione dei lipidi è importante evitare i solventi
per i grassi comunemente impiegati nella preparazione delle
inclusioni in paraffina per la colorazione ematossilina eosina
e occorre approntare sezioni di tessuto congelato fresco o
fissato in soluzioni acquose con formalina. Le sezioni posso-
no essere poi colorate con Sudan IV o con olio rosso-O,
composti che conferiscono ai lipidi presenti un colore rosso-
arancio. Pur non essendo specifica, la reazione PAS (acido
periodico-Schiff), insieme alla digestione diastasica, è utiliz-
zata per identificare il glicogeno. Qualora non si riesca a di-
mostrare né la presenza di grassi né quella di polisaccaridi
all’interno di un vacuolo, si presume che questo contenga
acqua o liquidi a basso contenuto proteico.

Fegato Una lieve forma di steatosi non altera l’aspetto ma-


croscopico del fegato. Con un accumulo progressivo, però,
l’organo aumenta di dimensioni e cambia colore fino ad ar-
rivare, in condizioni estreme, a pesare da due a quattro volte
di più del normale e ad apparire giallastro, molle e untuoso.
La degenerazione grassa inizia con lo sviluppo di piccole
inclusioni circondate da membrana (liposomi) strettamente
addossate al RE. Al microscopio ottico, l’accumulo di grassi
è visibile inizialmente sotto forma di piccoli vacuoli intraci-
toplasmatici a disposizione perinucleare. Con l’incedere del
processo, i vacuoli confluiscono, creando strutture chiare che
spingono il nucleo dell’epatocita verso la periferia cellulare
(Fig. 1.30 B). Occasionalmente, cellule adiacenti si rompono
e i globuli lipidici in esse racchiusi si fondono dando vita alle
cosiddette cisti lipidiche.

Cuore Nel muscolo cardiaco i lipidi si ritrovano sotto forma


di piccole goccioline e si accompagnano a due quadri distinti.
Nel primo, una prolungata ipossia di grado moderato come
quella causata da una grave anemia, determina la formazione
di depositi intracellulari di grasso che creano evidenti bande
Figura 1.30 Steatosi epatica. A. Rappresentazione schematica dei
possibili meccanismi che portano all’accumulo dei trigliceridi nella steatosi macroscopiche di tessuto giallastro alternate a bande di
epatica. Eventuali difetti in uno qualsiasi dei sei passaggi che comprendono colore più scuro (rosso scuro) di miocardio integro (effetto
l’ingresso, il catabolismo o la secrezione, possono causare accumulo lipi- tigrato). L’altro quadro di degenerazione grassa è invece
dico. B. Dettaglio a forte ingrandimento della steatosi epatica. Nella maggior causato da un’ipossia più grave o da alcune forme di mio-
parte delle cellule il nucleo, ben conservato, viene schiacciato in una sottile
rima di citoplasma attorno al vacuolo lipidico. (B. Per gentile concessione
cardite (ad es. miocardite difterica) in cui i miociti appaiono
del Dr. James Crawford, Department of Pathology, Yale University School colpiti con maggiore uniformità.
of Medicine, Gainesville, FL)
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 35

Colesterolo ed esteri del colesterolo amorfo, fibrillare o cristallino. In alcuni disturbi, come in talune
forme di amiloidosi, le proteine anomale si depositano principal-
Il metabolismo cellulare del colesterolo (trattato in maniera più mente nello spazio extracellulare (Cap. 6).
approfondita nel Cap. 5) è finemente regolato in modo tale che la Eccessi intracellulari di proteine sufficienti a causare un accumulo
maggior parte delle cellule possano utilizzare la molecola per la morfologicamente visibile possono avere alla base diverse cause.
sintesi delle membrane cellulari evitando l’accumulo intracellulare
di colesterolo o dei relativi esteri. Gli accumuli si manifestano isto- Goccioline di riassorbimento nei tubuli renali prossimali si osser-
logicamente con vacuoli intracellulari, osservati in diverse vano nelle malattie renali associate a presenza di proteine nelle
manifestazioni patologiche. urine (proteinuria). Nel rene, piccole quantità di proteine filtrate
attraverso il glomerulo vengono normalmente riassorbite per
Aterosclerosi. Nelle placche aterosclerotiche, le cellule muscolari pinocitosi dal tubulo prossimale. Nelle patologie caratterizzate
lisce e i macrofagi all’interno della tonaca intima dell’aorta e delle da grave perdita di proteine attraverso il filtro glomerulare si
grandi arterie sono colmi di vacuoli lipidici, la maggior parte dei verifica un maggiore riassorbimento delle proteine all’interno di
quali costituiti da colesterolo ed esteri del colesterolo. Queste vescicole e le proteine appaiono nella cellula tubulare come goc-
cellule hanno un aspetto schiumoso (cellule schiumose) e la loro cioline ialine rosa intracitoplasmatiche (Fig. 1.32). Il processo è
aggregazione nell’intima provoca l’ateroma di colore giallastro reversibile: se la proteinuria diminuisce, le goccioline proteiche
caratteristico di questa grave patologia. La rottura di alcune di vengono infatti metabolizzate e scompaiono.
queste cellule ripiene di grassi porta a un rilascio di lipidi nell’am- Le proteine che si accumulano possono essere normali proteine
biente extracellulare. I meccanismi di accumulo del colesterolo secretorie prodotte in quantità eccessive, come avviene in alcune
nell’aterosclerosi saranno discussi dettagliatamente nel plasmacellule impegnate nella sintesi di immunoglobuline. In tal
Capitolo 11. Gli esteri del colesterolo extracellulari possono caso il RE si distende enormemente, dando origine ad ampie
­cristallizzare sotto forma di lunghi aghi, producendo tipiche inclusioni eosinofile omogenee dette corpi di Russell.
rotture nelle sezioni di tessuto. Difetti nel trasporto intracellulare e nella secrezione di proteine
Xantomi. L’accumulo intracellulare di colesterolo all’interno dei fondamentali. Nel deficit di a1-antitripsina, le mutazioni della
macrofagi è caratteristico anche delle sindromi congenite e ac- proteina rallentano significativamente il processo di ripiegamen-
quisite da iperlipidemia. Gruppi di cellule schiumose sono spesso to, producendo un accumulo di intermedi parzialmente ripiegati
presenti nel connettivo sottocutaneo e nei tendini, dove formano che, invece di essere secreti, si aggregano nel RE del fegato. La
masse voluminose conosciute con il nome di xantomi. conseguente riduzione dell’enzima circolante determina l’enfise­
Colesterolosi. Questo termine indica l’accumulo focale di macro- ma (Cap. 15). In molte di queste affezioni, la patologia è il risul-
fagi infarciti di colesterolo nella lamina propria della colecisti tato non soltanto della perdita delle funzionalità proteiche ma
(Fig. 1.31). Il meccanismo di accumulo è sconosciuto. anche dello stress a cui viene sottoposto il RE dalle proteine ri-
Malattia di Niemann-Pick, tipo C. Questa malattia da accumulo piegate in modo anomalo, con l’esito ultimo della morte cellulare
lisosomiale è causata da mutazioni a carico di un enzima impli- per apoptosi (precedentemente illustrata).
cato nella mobilizzazione del colesterolo e determina l’accumulo Accumulo di proteine citoscheletriche. Esistono diversi tipi di pro-
di tale sostanza in diversi organi (Cap. 5). teine citoscheletriche: microtubuli (con un diametro di ­20-25 nm),
sottili filamenti di actina (6-8 nm), spessi filamenti di miosina
(15 nm), filamenti intermedi (10 nm) ecc. I filamenti intermedi
Proteine
forniscono un’impalcatura intracellulare flessibile che organizza il
Gli accumuli intracellulari di proteine si presentano in genere come citoplasma e conferisce resistenza alla cellula stessa.68 I filamenti
goccioline eosinofile rotonde, vacuoli o aggregati all’interno del intermedi si suddividono in cinque classi: filamenti di cheratina
citoplasma. Alla microscopia elettronica, possono avere un aspetto (caratteristici delle cellule epiteliali), neurofilamenti (neuroni),

Figura 1.31 Colesterolosi. Macrofagi infarciti di colesterolo (cellule Figura 1.32 Riassorbimento di gocciole proteiche nell’epitelio tubulare
schiumose, freccia) in un focolaio di colesterolosi della cistifellea. (Per gentile renale. (Per gentile concessione del Dr. Helmut Rennke, Department of
concessione del Dr. Matthew Yeh, University of Washington, Seattle, WA) Pathology, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA)
36 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

filamenti di desmina (cellule muscolari), filamenti di vimentina Pigmenti


(cellule del tessuto connettivo) e filamenti gliali (astrociti). L’accu-
mulo di filamenti di cheratina e di neurofilamenti si associa ad I pigmenti sono sostanze colorate, alcune delle quali rappresentano
alcuni tipi di danno cellulare. La ialinosi alcolica si presenta con normali costituenti cellulari (ad es. la melanina) mentre altre
inclusioni citoplasmatiche eosinofile, costituite principalmente da sono componenti anomale e si accumulano all’interno della cellula
filamenti intermedi di cheratina, osservate all’interno degli ­epatociti solo in particolari circostanze. I pigmenti possono essere esogeni,
e indicative di epatopatia alcolica (Cap. 18). I grovigli neurofibrillari quando provengono dall’esterno del corpo, o endogeni, se sintetiz-
presenti nel cervello dei ­pazienti affetti da morbo di Alzheimer zati all’interno del corpo stesso.
contengono neurofilamenti e altre proteine (Cap. 28).
Aggregazione di proteine anomale. Le proteine anomale o ripiegate Pigmenti esogeni
in modo anomalo possono depositarsi nei tessuti e interferire
con le normali funzioni. I depositi possono essere intracellulari, Il più comune pigmento esogeno è il carbone (polvere di carbone),
extracellulari o di entrambi i tipi e gli aggregati possono essere la un inquinante ambientale ubiquitario nel contesto urbano. Una volta
causa diretta o indiretta di modificazioni patologiche. Alcune inalato, il carbone viene captato dai macrofagi alveolari e quindi
forme di amiloidosi (Cap. 6) rientrano in questa categoria di trasportato attraverso il circolo linfatico ai linfonodi regionali della
patologie, spesso chiamate proteinopatie o patologie dell’aggrega- regione tracheobronchiale. Gli accumuli di questo pigmento rendo-
zione proteica. no scuro il tessuto polmonare (antracosi) e i linfonodi interessati.
Nei minatori, gli aggregati della polvere di carbone possono indurre
una reazione fibroblastica o persino un enfisema e quindi provocare
Modificazioni Ialine
una grave malattia polmonare nota come pneumoconiosi del mina-
Il termine “ialino” spesso indica un’alterazione intra- o extracellulare tore (Cap. 15). Il tatuaggio è una forma localizzata di pigmentazione
che conferisce un aspetto omogeneamente vitreo e rosato alle sezioni esogena della cute. I pigmenti inoculati vengono fagocitati da ma-
istologiche colorate con ematossilina eosina. È quindi un termine crofagi cutanei, in cui rimarranno per il resto della vita (a volte con
ampiamente usato con accezione istologica descrittiva piuttosto che conseguenze imbarazzanti per il possessore del tatuaggio). I pig-
come marcatore specifico di danno cellulare. Il cambiamento mor- menti, in genere, non evocano alcuna risposta infiammatoria.
fologico è infatti prodotto da diverse alterazioni e non rappresenta
uno specifico quadro di accumulo. Gli accumuli intracellulari di
Pigmenti endogeni
proteine descritti in precedenza (gocciole di riassorbimento, corpi
di Russell, ialinosi alcolica) sono esempi di depositi intracellulari La lipofuscina è un pigmento insolubile, noto anche come lipocromo
ialini. o pigmento della vecchiaia. È composta da polimeri di lipidi e fo-
La ialinosi extracellulare è più difficile da analizzare. Il tessuto sfolipidi complessati con proteine, fatto che suggerisce una sua de-
fibroso delle vecchie cicatrici può apparire ialino, ma il meccanismo rivazione dalla perossidazione lipidica dei lipidi polinsaturi delle
biochimico alla base di questo cambiamento è oscuro. Nella malattia membrane subcellulari. La lipofuscina non è dannosa per la cellula
ipertensiva inveterata e nel diabete mellito, le pareti delle arteriole, o per le sue funzioni; al contrario, è un importante segno rilevatore
soprattutto renali, diventano ialine per il travaso di proteine plasma- del danno da radicali liberi e della perossidazione lipidica. Il termine
tiche e la deposizione di materiale a livello della membrana basale. deriva dal latino (fuscus = bruno) e rimanda al colore marrone del
lipide. Nelle sezioni di tessuto la lipofuscina appare come un pig-
mento citoplasmatico giallo-brunastro, finemente granulare e spesso
Glicogeno
perinucleare (Fig. 1.33). Si osserva nelle cellule che subiscono lenti
Il glicogeno è una riserva energetica prontamente disponibile, im- cambiamenti regressivi ed è particolarmente evidente nel fegato e
magazzinata nel citoplasma delle cellule sane. Un eccessivo deposito nel cuore dei pazienti anziani o di soggetti affetti da malnutrizione
intracellulare di glicogeno è riscontrato nei pazienti con anomalie grave o cachessia neoplastica.
del metabolismo del glucosio e del glicogeno. Qualunque sia il qua- La melanina (dal greco mélas = nero) è un pigmento endogeno,
dro clinico, le masse di glicogeno appaiono come vacuoli chiari nero-brunastro, non derivato dall’emoglobina, che si forma quando
all’interno del citoplasma. Il glicogeno si dissolve nei fissativi acquosi la tirosinasi catalizza nei melanociti l’ossidazione della tirosina a di-
e la migliore fissazione dei tessuti si ottiene con alcool assoluto. La idrossifenilalanina. La melanina è l’unico pigmento endogeno di colore
colorazione con carminio di Best o con la reazione PAS conferisce bruno-nerastro (per esigenze di brevità non ci dilunghiamo oltre,
al glicogeno un colore che può variare dal rosa al violetto; la dige- rimandando per una trattazione più approfondita al Capitolo 25).
stione con diastasi prima della colorazione di una sezione sequen- L’unica altra sostanza che potrebbe essere presa in considerazione
ziale funge da ulteriore controllo, in quanto idrolizza il glicogeno. in questa categoria è l’acido omogentisinico, un pigmento nero os­
Il diabete mellito è il principale esempio di metabolismo del servato nei pazienti con alcaptonuria, una rara patologia metabolica
glucosio alterato. In questa malattia, il glicogeno è presente nelle in presenza della quale il pigmento si deposita nella cute, nel tessuto
cellule epiteliali dei tubuli renali così come negli epatociti, nelle connettivo e nella cartilagine, conferendo una tipica pigmentazione
cellule b delle isole di Langerhans e nelle cellule muscolari nota come ocronosi (Cap. 5).
cardiache. L’emosiderina è un pigmento derivato dall’emoglobina, granulare
Gli accumuli intracellulari di glicogeno si evidenziano inoltre in o cristallino, di colore variabile dal giallo oro al marrone e rappre-
un gruppo di patologie genetiche correlate, definite nell’insieme senta una delle principali riserve di ferro (il metabolismo del ferro
malattie da accumulo di glicogeno o glicogenosi (Cap. 5), nelle quali e l’emosiderina saranno trattati dettagliatamente nei Capitoli 14 e
difetti enzimatici nella sintesi o nella degradazione del glicogeno 18). Il ferro è di norma trasportato da specifiche proteine, le tran-
comportano un accumulo massivo di tale sostanza, con conseguente sferrine, e a livello intracellulare si accumula in una forma coniugata
danno e morte cellulare. con apoferritina a formare micelle di ferritina, un costituente
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 37

Figura 1.33 Granuli di lipofuscina in una cellula muscolare cardiaca (A) al microscopio ottico (i depositi sono indicati dalle frecce) e (B) al microscopio
elettronico (si noti la localizzazione perinucleare intralisosomiale).

presente nella maggior parte dei tipi cellulari. Quando si verifica un emosiderosi. Le principali cause di emosiderosi includono: (1) un
eccesso localizzato o sistemico di ferro, la ferritina forma granuli di aumentato assorbimento di ferro con la dieta, (2) anemie emolitiche
emosiderina, facilmente osservabili al microscopio ottico (Fig. 1.34). caratterizzate dal rilascio di quantità di ferro anomale da parte degli
I pigmenti di emosiderina, pertanto, non sono altro che aggregati eritrociti e (3) trasfusioni ripetute, in quanto le emazie trasfuse non
di micelle di ferritina. In condizioni normali, è possibile osservare sono altro che un sovraccarico esogeno di ferro. Queste patologie
piccoli depositi di emosiderina nei fagociti mononucleati di midollo saranno discusse nel Capitolo 18.
osseo, milza e fegato, tutti coinvolti attivamente nella degradazione
dei globuli rossi.
Eccessi di ferro locali o sistemici provocano accumuli di emosi- Morfologia I pigmenti di ferro si presentano come detriti
derina nelle cellule. L’eccessiva concentrazione locale è secondaria granulari irregolari di colore dorato in sede intracitoplasma-
a un’emorragia tissutale e il miglior esempio di emosiderosi loca- tica (Fig. 1.34 A). Il ferro può essere evidenziato nei tessuti
lizzata è costituito dal livido. I globuli rossi giunti nel sito della utilizzando la colorazione istochimica con blu di Prussia, in
lesione in seguito a travaso vengono fagocitati dai macrofagi (pro- cui il ferrocianuro di potassio, incolore, viene convertito dal
cesso che dura alcuni giorni), i quali degradano l’emoglobina e ferro in ferrocianuro ferrico di colore blu-nero (Fig. 1.34 B).
recuperano il ferro. Dopo la rimozione della componente ferrosa, Se la causa sottostante è una distruzione localizzata dei glo-
il frammento di eme viene convertito dapprima in biliverdina (“bile buli rossi, l’emosiderina compare dapprima nei fagociti
verde”) e quindi in bilirubina (“bile rossa”). In parallelo, il ferro dell’area interessata.
rilasciato dall’eme viene incorporato nella ferritina e, da ultimo, Nell’emosiderosi sistemica, invece, compare in primo luogo
nell’emosiderina. nei fagociti mononucleati di fegato, midollo osseo, milza,
Queste conversioni spiegano le accentuate variazioni di colore linfonodi e nei macrofagi sparsi in altri organi come cute,
spesso osservate nell’area del livido in fase di guarigione, che tipica- pancreas e reni. Con un progressivo accumulo, le cellule
mente muta dal rosso-violetto al verde-violetto fino ad arrivare alla parenchimali di tutto l’organismo (principalmente del fegato,
colorazione giallo scuro che il livido assume prima di scomparire. del pancreas, del cuore e degli organi endocrini) diventano
In presenza di un sovraccarico sistemico di ferro, l’emosiderina pigmentate.
viene depositata in vari organi e tessuti, una condizione definita

Figura 1.34 Granuli di emosiderina negli epatociti. A. La colorazione ematossilina eosina evidenzia il pigmento finemente granulare di colore dorato
scuro. B. Colorazione con blu di Prussia, specifica per il ferro (granuli blu).
38 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

valvole cardiache danneggiate, peggiorandone ulteriormente il fun-


Nella maggior parte dei casi di emosiderosi sistemica, il zionamento (Fig. 1.35). Quale che sia la sede di deposito, i sali di
pigmento non danneggia le cellule parenchimali né calcio appaiono macroscopicamente come fini granuli bianchi o
compromette la funzionalità d’organo. Tuttavia, la forma più grappoli, spesso percepiti come depositi sabbiosi. A volte un linfo-
grave di accumulo del ferro, osservata in una malattia eredi- nodo tubercolare viene praticamente trasformato in pietra.
taria detta emocromatosi, si associa al danno di fegato, cuore
e pancreas, con conseguente sviluppo di fibrosi epatica, in-
sufficienza cardiaca e diabete mellito (Cap. 18). Morfologia Dal punto di vista istologico, i sali di calcio
La bilirubina, il principale pigmento normalmente presente ­s ottoposti all’usuale colorazione ematossilina eosina
nella bile, deriva dall’emoglobina ma non contiene ferro. hanno un aspetto basofilo granulare amorfo e, talvolta, for-
La sua normale formazione ed escrezione sono di vitale im- mano aggregati. Possono essere localizzati sia a livello intra-
portanza per la salute dell’organismo e un’eccessiva concen- cellulare sia a livello extracellulare o in entrambe le sedi. Col
trazione di bilirubina nelle cellule e nei tessuti è all’origine del passare del tempo, nel nucleo centrale della calcificazione si
frequente disturbo clinico noto come ittero. può formare un tessuto osseo eterotopico. In alcuni casi,
Il metabolismo della bilirubina e l’ittero saranno trattati nel singole cellule necrotiche possono fungere da sedi di nucle-
Capitolo 18. azione per i depositi minerali. La progressiva acquisizione di
strati esterni può dare origine a configurazioni lamellari chia-
mate corpi psammomatosi a causa della loro somiglianza
con i granelli di sabbia. Alcuni tipi di carcinomi papillari
Calcificazione patologica (ad es. quello della tiroide) tendono allo sviluppo di corpi
psammomatosi. Nell’asbestosi, i sali di calcio e ferro si
­accumulano lungo le sottili fibre di asbesto nel polmone,
La calcificazione patologica consiste in un’anormale deposizione di creando strane concrezioni dalle forme bizzarre, simili al
sali di calcio, insieme a minori quantità di ferro, magnesio e altri sali batacchio di una campana (Cap. 15).
minerali. Esistono due forme di calcificazione patologica: se la de-
posizione si verifica localmente nei tessuti morti assume il nome di
calcificazione distrofica e si manifesta anche se i livelli sierici di calcio
sono normali e in assenza di alterazioni del metabolismo del calcio. Patogenesi. Nella patogenesi della calcificazione distrofica, la via
Al contrario, se la deposizione dei sali di calcio ha luogo in tessuti finale più frequentemente osservata è la formazione di cristalli di
altrimenti normali viene definita calcificazione metastatica e nella fosfato di calcio sotto forma di un’apatite simile all’idrossiapatite
quasi totalità dei casi deriva da un’ipercalcemia dovuta a disturbi dell’osso. Si ritiene che il calcio venga concentrato in vescicole in-
del metabolismo del calcio. tracellulari rivestite da membrana per mezzo di un processo inne-
scato dal danno di membrana e articolato nelle seguenti fasi: (1) gli
ioni calcio si legano ai fosfolipidi presenti nella membrana delle
Calcificazione Distrofica
vescicole; (2) le fosfatasi associate alla membrana generano gruppi
La calcificazione distrofica si osserva nelle aree di necrosi coagula- fosfato che si legano al calcio e (3) il ciclo del legame fra calcio e
tiva, caseosa o colliquativa e nei focolai di necrosi enzimatica del fosfato si ripete, provocando la concentrazione locale e la produzione
grasso ed è quasi sempre presente nell’ateroma dell’aterosclerosi di depositi in prossimità della membrana; (4) da ultimo si verifica
avanzata. Si sviluppa comunemente durante l’invecchiamento o nelle un cambiamento strutturale nell’organizzazione dei gruppi calcio e
fosfato che porta alla generazione di un microcristallo che può
successivamente propagarsi e favorire un ulteriore deposito di
calcio.
Sebbene la calcificazione distrofica possa essere un semplice segno
rivelatore di un danno cellulare pregresso, spesso è una causa di
disfunzione d’organo. È questo il caso della patologia valvolare cal-
cifica e dell’aterosclerosi, come sarà chiarito nella successiva discus-
sione di tali patologie.

Calcificazione Metastatica
La calcificazione metastatica può verificarsi nei tessuti normali ogni
qual volta vi sia ipercalcemia, la quale accentua anche la calcificazione
distrofica. Le principali cause di ipercalcemia sono quattro: (1) aumen-
tata secrezione di ormone paratiroideo (PTH) con conseguente rias-
sorbimento osseo, come nell’iperparatiroidismo dovuto a tumore delle
paratiroidi, e secrezione ectopica di proteine simili al PTH da parte di
tumori maligni (Cap. 7); (2) distruzione di tessuto osseo secondaria a
Figura 1.35 Calcificazione distrofica della valvola aortica. Vista dall’alto tumori primitivi del midollo osseo (ad es. mieloma multiplo, leucemia)
di una valvola aortica chiusa in un cuore con stenosi aortica calcifica. Si ri-
scontra un marcato restringimento (stenosi). Le cuspidi semilunari appaiono
o a metastasi scheletriche diffuse (ad es. cancro della mammella), au-
ispessite e fibrotiche e dietro ogni cuspide si osservano masse irregolari di mentato turnover dell’osso (ad es. Malattia di Paget) o immobilizzazio­
intensa calcificazione distrofica. ne; (3) malattie correlate alla vitamina D, compresa l’intossicazione da
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 39

vitamina D, la sarcoidosi (in cui i macrofagi attivano un precursore questa sezione in quanto potrebbe rappresentare il progressivo ac-
della vitamina D) e l’ipercalcemia idiopatica dell’infanzia cumulo negli anni di danni subletali che possono condurre alla
(sindrome di Williams), caratterizzata da un’anomala sensibilità alla morte cellulare o alla riduzione della capacità della cellula di rispon-
vitamina D; (4) insufficienza renale, che provoca ritenzione di fosfato dere al danno.
e porta all’iperparatiroidismo secondario. L’invecchiamento cellulare è il risultato di un progressivo declino
Altre cause meno comuni comprendono l’intossicazione da allu- delle funzionalità e della vitalità cellulari dovuto ad anomalie gene-
minio, come osservato nei dializzati cronici, e la sindrome del latte- tiche e all’accumulo di danni cellulari e molecolari in conseguenza
alcali, dovuta a un’ingestione eccessiva di calcio e antiacidi assorbi- dell’esposizione a influenze esogene (Fig. 1.36). Studi in sistemi mo-
bili, come latte o carbonato di calcio. dello hanno definitivamente chiarito che l’invecchiamento è un
La calcificazione metastatica può verificarsi ovunque nell’organi­ processo controllato da un numero limitato di geni69 e che, anche
smo ma interessa soprattutto i tessuti interstiziali della mucosa ga- nell’uomo, alla base di sindromi simili all’invecchiamento precoce
strica, dei reni, dei polmoni, delle grandi arterie e delle vene polmo- vi sono anomalie genetiche.70 Tali dati suggeriscono che l’invecchia-
nari – tessuti che, sebbene alquanto differenti per sede, secernono mento sia associato ad alterazioni meccanicistiche definibili. I cam-
tutti acidi e hanno quindi un compartimento interno alcalino che li biamenti noti che contribuiscono all’invecchiamento cellulare in-
predispone alle calcificazioni metastatiche. In tali sedi, i sali di calcio cludono quanto illustrato di seguito.
assomigliano morfologicamente a quelli descritti nella calcificazione
distrofica e possono pertanto presentarsi come depositi amorfi non Riduzione della replicazione cellulare. L’idea che la maggior parte
cristallini o, in altri casi, come cristalli di idrossiapatite. delle cellule normali abbia una capacità limitata di replicazione
In genere i sali di calcio non provocano alterazioni funzionali, ma si fonda su un semplice modello sperimentale di invecchiamento.
talvolta è possibile osservare un interessamento polmonare massivo, I fibroblasti umani normali in coltura hanno un potenziale di
responsabile di importanti alterazioni radiologiche e deficit respi- divisione limitato.71 Dopo un numero fisso di divisioni, tutte le
ratori. Depositi massivi a livello renale (nefrocalcinosi) possono, nel cellule somatiche si arrestano in una condizione terminale di non
tempo, portare a un danno renale (Cap. 20). divisione, nota come senescenza cellulare. Le cellule del bambino
vanno incontro a un numero di cicli di replicazione maggiore
rispetto alle cellule di un anziano (Fig. 1.37). Per contro, le cellule
Invecchiamento cellulare di pazienti affetti dalla sindrome di Werner, una malattia rara
caratterizzata da sintomi di invecchiamento precoce, mostrano
Probabilmente Shakespeare è colui che ha meglio definito la vec- una replicazione del DNA alterata e una capacità di divisione
chiaia nella sua elegante descrizione delle sette età dell’uomo. L’in- marcatamente ridotta.
vecchiamento inizia con il concepimento, implica il differenziamen-   Ancora non è nota la ragione per cui l’invecchiamento sia
to e la maturazione dell’organismo e delle sue cellule, e a un punto associato a una progressiva senescenza cellulare.72 Nelle cellule
imprecisato della vita porta alla progressiva perdita delle capacità umane, un meccanismo plausibile consiste nel fatto che, a ogni
funzionali caratteristica della vecchiaia e, infine, alla morte. Con divisione cellulare, si ha un’incompleta replicazione delle estremità
l’età, si verificano alterazioni fisiologiche e strutturali in quasi tutti dei cromosomi (accorciamento dei telomeri), che da ultimo conduce
gli organi e i sistemi. L’invecchiamento nei singoli individui è con- all’arresto del ciclo cellulare. I telomeri sono brevi sequenze di
dizionato in larga parte da fattori genetici, dalla dieta, dalla condi- DNA ripetuto (TTAGGG nell’uomo) presenti a livello delle estre-
zione sociale e dalla comparsa di patologie correlate all’età, come mità lineari dei cromosomi, importanti per garantire la completa
l’aterosclerosi, il diabete e l’osteoartrosi, ma esistono solide evidenze replicazione delle estremità cromosomiche e per proteggerle dalla
circa il fatto che le alterazioni indotte nelle cellule dall’avanzare fusione e dalla degradazione.73 Nel momento in cui le cellule
dell’età siano una componente importante dell’invecchiamento somatiche si replicano, una piccola porzione dei telomeri non
dell’intero organismo. L’invecchiamento cellulare è discusso in viene duplicata (a causa delle modalità di svolgimento del pro-

Figura 1.36 Meccanismi di invecchiamento cellulare. Fattori genetici e insulti ambientali si associano nella produzione delle anomalie cellulari caratte-
ristiche dell’invecchiamento. Il meccanismo attraverso il quale una riduzione dell’apporto calorico migliora l’aspettativa di vita non è ancora stato spiegato.
IGF, fattore di crescita simil-insulina.
40 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

vata con l’aggiunta di nucleotidi mediata da un enzima chiamato


telomerasi. La telomerasi è uno speciale complesso ribonucleo-
proteico che usa il proprio RNA come stampo per aggiungere
nucleotidi alle estremità dei cromosomi (Fig. 1.38 A). L’attività
della telomerasi è repressa da proteine regolatrici, che forniscono
un meccanismo di controllo della lunghezza dei telomeri, impe-
dendone l’allungamento qualora non sia necessario. L’attività
telomerasica trova la sua massima espressione nelle cellule ger-
minali ed è presente a livelli più bassi nelle cellule staminali,
mentre di solito non è rilevata nella maggior parte delle cellule
somatiche (Fig. 1.38 B). A mano a mano che le cellule somatiche
si dividono, i loro telomeri diventano più corti ed escono dal ciclo
cellulare, compromettendo la capacità di generare nuove cellule
per sostituire quelle danneggiate. Sia l’accumulo di cellule sene-
scenti sia la deplezione dei pool di cellule staminali per senescen-
za contribuiscono all’invecchiamento. Per contro, nelle cellule
neoplastiche, che non invecchiano, le telomerasi vengono riatti-
vate e i telomeri rimangono stabili; ciò suggerisce che la preser-
Figura 1.37 Popolazioni a termine di fibroblasti umani primari di un vazione della lunghezza del telomero potrebbe essere un fattore
neonato, di una persona di 100 anni e di un paziente ventenne affetto da
sindrome di Werner. La capacità delle cellule di crescere a confluenza fino importante – se non fondamentale – nella formazione del tumore
a formare un monostrato diminuisce con l’aumentare dei livelli di duplica- (Cap. 7). Malgrado queste affascinanti osservazioni, tuttavia, la
zione delle popolazioni. (Da Dice JF: Cellular and molecular mechanisms relazione tra attività telomerasica e lunghezza dei telomeri rispet-
of aging. Physiol Rev 73:150, 1993) to all’invecchiamento e al cancro deve essere ancora dettagliata-
mente stabilita.74
cesso di replicazione) e i telomeri si accorciano progressivamente;
quando ciò avviene le estremità dei cromosomi cessano di essere La senescenza replicativa può inoltre essere indotta da una mag-
protette e vengono considerate come DNA mutato, il che dà inizio giore espressione dell’inibitore del ciclo cellulare p16INK4a e dal
alla risposta al danno del DNA e segnala l’arresto del ciclo danno del DNA (di cui oltre), ma resta da chiarire come questi fattori
cellulare. La lunghezza dei telomeri viene normalmente preser- contribuiscano al normale invecchiamento.75

Figura 1.38 Ruolo dei telomeri e delle telomerasi nella senescenza replicativa delle cellule. A. La telomerasi dirige una sintesi di DNA dipendente
dall’RNA stampo, in cui i nucleotidi vengono aggiunti a un filamento al termine del cromosoma. Il filamento tardivo viene riempito dalla DNA polimerasi.
B. Ipotesi telomero-telomerasi e capacità proliferativa delle cellule. La lunghezza del telomero è messa a grafico in rapporto al numero delle divisioni
cellulari. Le cellule germinali e le cellule staminali esibiscono entrambe un’attività telomerasica, ma solo le cellule germinali hanno sufficienti livelli di enzima
per stabilizzare completamente la lunghezza del telomero. Le normali cellule somatiche mancano di attività telomerasica e i telomeri si accorciano pro-
gressivamente a mano a mano che le cellule si dividono fino all’arresto della crescita o all’invecchiamento. L’attivazione delle telomerasi nelle cellule ne-
oplastiche contrasta il processo di accorciamento dei telomeri che limita la capacità proliferativa delle cellule somatiche normali. (A. Dati tratti da Alberts
BR, et al.: Molecular Biology of the Cell. New York, Garland Science, 2002. B. Modificata e ridisegnata per gentile concessione da Holt SE, et al.: Refining
the telomer-telomerase hypothesis of aging and cancer. Nature Biotech 14:836, 1996. Copyright 1996, Macmillan Magazines Limited)
CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 41

Accumulo del danno metabolico e genetico. L’aspettativa di vita prodotti accrescono la longevità. Questi includono proteine capaci
della cellula è determinata dall’equilibrio tra il danno risultante di potenziare l’attività metabolica, ridurre l’apoptosi, stimolare il
da eventi metabolici intracellulari e le risposte molecolari deputate ripiegamento delle proteine e inibire gli effetti dannosi dei radicali
a contrastarlo e a porvi rimedio. Un gruppo di prodotti poten- liberi dell’ossigeno.81 Le sirtuine accrescono inoltre la sensibilità
zialmente tossici del normale metabolismo è rappresentato dalle all’insulina e stimolano la metabolizzazione del glucosio, il che le
specie reattive dell’ossigeno. Come abbiamo visto nelle pagine rende un possibile bersaglio nel trattamento del diabete. Come
precedenti, questi sottoprodotti della fosforilazione ossidativa prevedibile, la notizia che il vino rosso conterrebbe una sostanza in
provocano modificazioni covalenti di proteine, lipidi e acidi grado di attivare le sirtuine e quindi di migliorare l’aspettativa di vita
nucleici, ma l’aumento del danno ossidativo può anche essere ha allietato gli amanti del buon vino. Altri studi hanno dimostrato
determinato dall’esposizione ambientale ripetuta ad agenti come che anche i fattori di crescita come il simil-insulina e le vie intracel-
le radiazioni ionizzanti, da una disfunzione mitocondriale o, con lulari innescate da tali ormoni influenzano l’aspettativa di vita.69 I
l’avanzare dell’età, dalla progressiva riduzione dei meccanismi di fattori di trascrizione attivati dal segnale dei recettori per l’insulina
difesa antiossidanti (ad es. vitamina E e glutatione perossidasi). sono in grado di indurre l’espressione di geni suscettibili di ridurre
L’entità del danno ossidativo, destinato ad aumentare con il tra- la longevità, e le mutazioni a carico dei recettori per l’insulina sono
scorrere degli anni, può essere una causa importante di associate a un’aspettativa di vita superiore. La rilevanza di tali infor­
senescenza,76 un’ipotesi che risulta corroborata dal fatto che (1) mazioni in rapporto all’invecchiamento dell’uomo rappresenta
la diversa longevità delle varie specie è inversamente correlata al un’area di ricerca attiva.

grado di produzione mitocondriale di anione O2• e (2) l’ipere- È evidente che le varie forme di disordine cellulare e di adatta-
spressione degli enzimi antiossidanti SOD e catalasi allunga la mento descritte in questo capitolo coprono un ampio spettro di
vita nelle forme transgeniche di Drosophila. I radicali liberi pos- ­situazioni: dall’adattamento in termini di dimensioni, crescita e
sono avere effetti deleteri sul DNA, generando rotture del fila- funzioni cellulari al danno cellulare acuto reversibile e irreversibile,
mento di acido nucleico e rendendo instabile il genoma, con ri- al tipo di morte cellulare controllata rappresentato dall’apoptosi, alle
percussioni su tutte le funzioni cellulari.77 alterazioni patologiche di alcuni organelli cellulari fino alle forme
  Il danno progressivo nelle cellule è controbilanciato da diverse meno minacciose di accumuli intracellulari, compresi i pigmenti. A
risposte protettive, di cui una delle più importanti consiste nel queste molteplici alterazioni si farà riferimento in tutto il testo per-
riconoscimento e nella riparazione del DNA danneggiato. Sebbene ché ogni forma di danno d’organo e, da ultimo, qualsiasi patologia
la maggior parte dei danni a carico del DNA sia corretta da enzimi clinica, deriva da un’alterazione nella struttura o nella funzione
di riparazione, alcune alterazioni persistono e si accumulano a cellulare.
mano a mano che la cellula invecchia e varie evidenze puntualiz-
zano l’importanza della riparazione del DNA nel processo di in- Bibliografia
vecchiamento. Nei pazienti affetti da sindrome di Werner che
1. Majno G: The Healing Hand: Man and Wound in the Ancient World. Cambridge,
mostrano un invecchiamento precoce, il prodotto del gene man- 1975, Harvard University Press, p 43.
cante è una DNA elicasi, proteina coinvolta nella duplicazione e 2. Anversa P, Nadal-Ginard B: Myocyte renewal and ventricular remodeling. Nature
riparazione del DNA e in altre funzioni che richiedono lo sroto- 415:240, 2002.
lamento dell’acido nucleico.78 Un difetto di questo enzima causa 3. Glass DJ: Signalling pathways that mediate skeletal muscle hypertrophy and
atrophy. Nat Cell Biol 5:87, 2003.
un rapido accumulo di alterazioni cromosomiche in grado di si- 4. Frey N, Olson EN: Cardiac hypertrophy: the good, the bad, and the ugly. Annu
mulare il danno che si produce durante l’invecchiamento cellulare. Rev Physiol 65:45, 2003.
L’instabilità genetica delle cellule somatiche è inoltre caratteristica 5. Heineke J, Molkentin JD: Regulation of cardiac hypertrophy by intracellular
anche di altre patologie in cui i pazienti mostrano alcune delle ­signalling pathways. Nat Rev Mol Cell Biol 7:589, 2006.
manifestazioni tipiche dell’invecchiamento a un ritmo più rapido, 6. Dorn GW: The fuzzy logic of physiological cardiac hypertrophy. Hypertension
49:962, 2007.
come nell’atassia-teleangectasia, in cui il gene mutato codifica per 7. Roots I, et al..: Genotype and phenotype relationship in drug metabolism. Ernst
una proteina coinvolta nella riparazione delle rotture della doppia Schering Res Found Workshop 59:81, 2007.
elica di DNA (Cap. 7). L’equilibrio tra l’accumularsi del danno 8. Tanimizu N, Miyajima A: Molecular mechanism of liver development and
metabolico e la risposta al danno può pertanto determinare la ­regeneration. Int Rev Cytol 259:1, 2007.
9. Kandarian SC, Jackman RW: Intracellular signaling during skeletal muscle
velocità con cui invecchiamo, uno scenario che implicherebbe la atrophy. Muscle Nerve 33:155, 2006.
possibilità di ritardare l’invecchiamento riducendo l’accumulo del 10. Sacheck JM, et al.: Rapid disuse and denervation atrophy involve transcriptional
danno oppure potenziando la risposta a quest’ultimo. changes similar to those of muscle wasting during systemic diseases. FASEB J
  Con l’invecchiamento cellulare, tuttavia, si assiste all’accumu- 21:140, 2007.
larsi non solo del danno a carico del DNA, ma anche di quello a 11. Tosh D, Slack JM: How cells change their phenotype, Nat Rev Mol Cell Biol 3:187,
2002.
carico degli organelli e ciò può essere in parte il risultato di un 12. Slack JM: Metaplasia and transdifferentiation: from pure biology to the clinic.
deterioramento della funzione del proteasoma, l’apparato prote- Nat Rev Mol Cell Biol 8:369, 2007.
olitico che serve a eliminare le proteine intracellulari anomale 13. Edinger AL, Thompson CB: Death by design: apoptosis, necrosis and autophagy.
o indesiderate.79 Curr Opin Cell Biol 16:663, 2004.
14. Kroemer G, et al.: Classification of cell death: recommendations of the Nomen-
clature Committee on Cell Death. Cell Death Differ 12(Suppl 2):1463, 2005.
Studi in modelli diversi, dai lieviti ai mammiferi, hanno mostrato 15. Golstein P, Kroemer G: Cell death by necrosis: towards a molecular definition.
che il metodo più efficace per allungare l’aspettativa di vita consiste Trends Biochem Sci 32:37, 2007.
nel ridurre l’apporto calorico. I meccanismi non sono ancora stati 16. Vanlangenakker N, et al.: Molecular mechanisms and pathophysiology of necrotic
definiti, ma l’effetto della riduzione dell’apporto calorico sulla lon- cell death. Curr Mol Med 8:207, 2008.
17. Newmeyer DD, Ferguson-Miller S: Mitochondria: releasing power for life and
gevità sembra essere mediato da una famiglia di proteine chiamate unleashing the machineries of death. Cell 112:481, 2003.
sirtuine,80 le quali esibiscono un’attività di istone deacetilasi e si ri- 18. Bernardi P, et al.: The mitochondrial permeability transition from in vitro artifact
tiene siano in grado di promuovere l’espressione di diversi geni i cui to disease target. FEBS J 273:2077, 2006.
42 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

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2
Infiammazione acuta
e cronica
Infiammazione Ossido di azoto (NO)
Citochine e chemochine
Cenni storici
Costituenti lisosomiali dei leucociti
Infiammazione acuta Neuropeptidi
Stimoli dell’infiammazione acuta Mediatori derivati dalle proteine plasmatiche
Reazione dei vasi sanguigni nell’infiammazione acuta Sistema del complemento
Alterazioni del flusso e del calibro vascolare Sistema della coagulazione e delle chinine
Aumento della permeabilità vascolare (fuoriuscita Esiti dell’infiammazione acuta
di liquidi e proteine dai vasi)
Risposte dei vasi linfatici Tipi morfologici dell’infiammazione acuta
Reazione dei leucociti nell’infiammazione Infiammazione sierosa
Reclutamento dei leucociti nei siti di lesione e infezione Infiammazione fibrinosa
Riconoscimento dei microbi e dei tessuti morti Infiammazione suppurativa o purulenta e ascesso
Rimozione degli agenti lesivi Ulcere
Altre risposte funzionali dei leucociti attivati
Rilascio di prodotti leucocitari e lesione tissutale mediata Riassunto dell’infiammazione acuta
dai leucociti Infiammazione cronica
Difetti della funzione leucocitaria Cause dell’infiammazione cronica
Estinzione della risposta infiammatoria acuta Caratteristiche morfologiche
Mediatori dell’infiammazione Ruolo dei macrofagi nell’infiammazione cronica
Mediatori di derivazione cellulare Altre cellule dell’infiammazione cronica
Amine vasoattive: istamina e serotonina Infiammazione granulomatosa
Metaboliti dell’acido arachidonico (AA): prostaglandine,
leucotrieni e lipossine Effetti sistemici dell’infiammazione
Fattore di attivazione delle piastrine (PAF) Conseguenze di un’infiammazione insufficiente
Specie reattive dell’ossigeno o eccessiva
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43
44 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Infiammazione lesivo, l’infiammazione innesca una serie di eventi volti a riparare il


tessuto danneggiato. La riparazione inizia durante l’infiammazione
La capacità di eliminare i tessuti danneggiati o necrotici e gli invasori ma si completa in genere dopo che lo stimolo nocivo è stato neutra-
esterni (come i microbi) è fondamentale per la sopravvivenza degli lizzato. Nel corso del processo di riparazione, il tessuto leso viene
organismi. La reazione dell’ospite volta a perseguire tale obiettivo sostituito mediante la rigenerazione delle cellule parenchimali native
risponde al nome di infiammazione. L’infiammazione è fondamen- oppure tramite il riempimento del difetto con tessuto fibroso (cica-
talmente una risposta protettiva, il cui scopo è liberare l’organismo trizzazione) o, più spesso, attraverso la combinazione di questi due
dalla causa iniziale della lesione cellulare (ad es. microbi e tossine) processi (Cap. 3).
e dai prodotti di tale lesione (ad es. cellule e tessuti necrotici). Senza L’infiammazione può essere dannosa in alcune circostanze. I mec-
l’infiammazione, le infezioni rimarrebbero ­incontrastate, le ferite canismi deputati a distruggere gli invasori esterni e i tessuti necrotici
non guarirebbero e i tessuti lesi presenterebbero persistenti piaghe hanno infatti la capacità intrinseca di danneggiare i tessuti normali.
purulente. Nella pratica clinica, l’importanza dell’infiammazione Se inappropriatamente diretta contro i tessuti dell’ospite o non ade-
risiede nel fatto che, in alcuni casi, questa può essere inopportuna- guatamente controllata, l’infiammazione può diventare fonte di
mente stimolata o scarsamente controllata e tramutarsi così in una danno e di malattia. Non a caso, la medicina clinica riserva notevole
causa di danno tissutale in molti quadri patologici. attenzione alle conseguenze lesive dell’infiammazione. Le reazioni
L’infiammazione è una reazione complessa che si verifica a livello infiammatorie sono alla base di patologie croniche di frequente ri-
dei tessuti e consiste fondamentalmente nella risposta vascolare e scontro, come l’artrite reumatoide, l’aterosclerosi e la fibrosi polmo-
leucocitaria. I principali difensori dell’organismo contro gli invasori nare, nonché di reazioni potenzialmente letali di ipersensibilità a
esterni sono le proteine plasmatiche e i leucociti (globuli bianchi) punture di insetto, farmaci e tossine. Per tale ragione le nostre far-
circolanti, a cui si aggiungono i fagociti tissutali derivati dalle cellule macie abbondano di farmaci antinfiammatori, che idealmente do-
circolanti. Il fatto che proteine e leucociti si trovino nel sangue vrebbero controllare gli effetti dannosi dell’infiammazione senza
si traduce nella possibilità per questi elementi di raggiungere qual- interferire con quelli benefici.
siasi sito in cui il loro intervento si renda necessario. Dato che ­invasori L’infiammazione può contribuire allo sviluppo di una varietà di
come i microbi e le cellule necrotiche sono tipicamente localizzati patologie che si ritiene non siano principalmente dovute a una risposta
nei tessuti, ossia in distretti extracircolatori, è evidente che le cellule immunitaria anomala. L’infiammazione cronica, ad esempio, può
e le proteine circolanti devono essere rapidamente reclutate in tali avere un ruolo nell’aterosclerosi, nel diabete di tipo 2, nelle malattie
siti extravascolari. La risposta infiammatoria coordina le reazioni degenerative come il morbo di Alzheimer e nel cancro. E proprio
vascolari, leucocitarie e delle proteine plasmatiche per assolvere a per le sue estese conseguenze dannose, l’infiammazione è stata de-
tale funzione. finita dalla stampa divulgativa – non senza una nota di melodram-
Le risposte vascolari e cellulari dell’infiammazione sono innescate maticità – l’“assassino silenzioso”.
da fattori chimici prodotti da vari tipi cellulari o derivati dalle proteine Questo capitolo descriverà la sequenza di eventi e i mediatori
plasmatiche e sono generate o attivate in risposta allo stimolo infiam- dell’infiammazione acuta e i suoi tipi morfologici, per proseguire
matorio. I microbi, le cellule necrotiche (indipendentemente dalla poi con l’analisi delle principali caratteristiche dell’infiammazione
causa di morte cellulare) e finanche l’ipossia possono attivare l’ela- cronica. L’infiammazione ha sempre destato l’interesse dell’uomo,
borazione di mediatori infiammatori e indurre così il processo flo- sin da tempi remoti, ragione per cui ci accosteremo allo studio di
gistico. Tali mediatori avviano e amplificano la risposta infiamma- questo affascinante processo innanzitutto fornendo alcuni cenni
toria determinandone le caratteristiche, la gravità e le manifestazioni storici.
clinico-patologiche.
L’infiammazione può essere acuta o cronica a seconda della natura
dello stimolo e del successo con cui la reazione iniziale elimina Cenni storici
quest’ultimo o il tessuto danneggiato. L’infiammazione acuta ha un
esordio rapido (di norma si sviluppa nell’arco di minuti) ed è di Sebbene un’antica descrizione delle caratteristiche cliniche dell’in-
breve durata (qualche ora o alcuni giorni); le sue principali carat- fiammazione sia stata rinvenuta su di un papiro egizio risalente al
teristiche sono la formazione di un essudato composto da liquido 3000 a.C. circa, fu Celso, scrittore romano del I secolo d.C., il primo
e proteine del plasma (edema) e la migrazione dei leucociti, soprat- a elencare i quattro segni cardinali dell’infiammazione: rubor (ar-
tutto neutrofili (detti anche leucociti polimorfonucleati). Quando rossamento), tumor (gonfiore), calor (calore) e dolor (dolore),1
l’infiammazione acuta riesce a eliminare lo stimolo nocivo la rea- segni tipicamente più evidenti nell’infiammazione acuta che in
zione si spegne, ma se l’obiettivo viene mancato può verificarsi una quella cronica. Un quinto segno clinico, ossia la perdita di funzione
cronicizzazione della risposta. L’infiammazione cronica, che può (functio laesa), fu aggiunto da Virchow nel XIX secolo. Nel 1793,
succedere all’infiammazione acuta o avere un esordio insidioso, ha il chirurgo scozzese John Hunter constatò quello che è oggi con-
una durata maggiore ed è associata alla presenza di linfociti e ma- siderato un fatto ovvio, vale a dire che l’infiammazione non è una
crofagi, alla proliferazione di vasi sanguigni, a fibrosi e alla distru- malattia bensì una risposta aspecifica dotata di un effetto salutare
zione dei tessuti. sull’ospite.2 Intorno al 1880, poi, il biologo russo Elie Metchnikoff
L’infiammazione cessa quando lo stimolo nocivo viene eliminato. scoprì il processo della fagocitosi osservando l’ingestione di spine
La reazione si risolve rapidamente: i mediatori vengono degradati e di rosa da parte di amebociti in larve di stella marina e l’ingloba-
dissipati, mentre i leucociti hanno breve vita nei tessuti. Vengono mento di batteri da parte dei leucociti di mammifero.3 I suoi studi
inoltre attivati meccanismi antinfiammatori che servono a control- lo portarono a concludere che lo scopo dell’infiammazione fosse
lare la risposta e a impedire che questa causi un danno eccessivo condurre i fagociti nella zona lesa per inglobare i batteri invasori.
all’ospite. Tale concetto fu elegantemente tramutato in oggetto di satira da
La risposta infiammatoria è strettamente intrecciata con il processo George Bernard Shaw nella sua commedia “Il dilemma del dotto-
di riparazione. Oltre a distruggere, dissolvere o confinare l’agente re”, in cui un medico propone la “stimolazione dei fagociti” quale
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 45

rimedio a ogni male. Grazie agli studi sulla risposta infiammatoria


a livello cutaneo, Sir Thomas Lewis giunse alla conclusione che
sostanze chimiche come l’istamina (prodotta a livello locale in rispo-
sta allo stimolo lesivo) mediano i cambiamenti vascolari osservati
durante il processo flogistico, un principio fondamentale che si trova
alla base di importanti scoperte relative ai mediatori chimici
dell’infiammazione e all’uso dei farmaci antinfiammatori nella
medicina clinica.

Infiammazione acuta
L’infiammazione acuta è una risposta rapidamente allestita dall’ospi-
te allo scopo di condurre i leucociti e le proteine plasmatiche – come
gli anticorpi – nella sede dell’infezione o della lesione tissutale.
L’infiammazione acuta presenta tre componenti principali: (1) al-
terazioni del calibro vascolare determinanti un incremento del flusso
ematico; (2) modificazioni strutturali nella microvascolarizzazione
che consentono alle proteine plasmatiche e ai leucociti di lasciare il
circolo; (3) fuoriuscita dei leucociti dal microcircolo, accumulo nella
sede di lesione e attivazione per l’eliminazione dell’agente lesivo
(Fig. 2.1).

Stimoli Dell’infiammazione Acuta


Le reazioni infiammatorie acute sono scatenate da diversi stimoli:

Le infezioni (batteriche, virali, micotiche e parassitiche) e le tos-


sine microbiche sono alcuni dei fattori più frequentemente coin-
volti e costituiscono le principali cause cliniche di infiammazione.
I mammiferi possiedono meccanismi di rilevazione della presen-
za di microbi. Tra i più importanti recettori per i prodotti micro-
bici figura la famiglia dei recettori Toll-simile (Toll-Like Receptor,
TLR), i quali devono il proprio nome alla proteina Toll della
Drosophila, e una varietà di recettori citoplasmatici capaci di ri-
conoscere batteri, virus e funghi (Cap. 6). Il legame di questi
recettori innesca vie di segnale stimolanti la produzione di mol-
teplici mediatori.
Figura 2.1 Principali manifestazioni locali dell’infiammazione acuta,
La necrosi tissutale di qualsiasi origine, compresa la necrosi con- confrontate con la situazione normale. (1) Vasodilatazione e aumento del
seguente a ischemia (come nel caso di un infarto del miocardio), flusso ematico (responsabili di eritema e calore), (2) fuoriuscita dai vasi e
a trauma e a danno fisico e chimico (ad es. danno termico, come deposito extravascolare di liquido e proteine del plasma (edema), (3) mi-
nelle ustioni o nel congelamento, irradiazione ed esposizione a grazione dei leucociti e loro accumulo nella sede della lesione.
sostanze chimiche ambientali), è anch’essa annoverata tra gli sti-
moli dell’infiammazione. Svariate molecole rilasciate dalle cellule
necrotiche esercitano notoriamente un ruolo proinfiammatorio: Le reazioni immunitarie (dette anche reazioni di ipersensibilità)
queste includono l’acido urico, un metabolita della purina; l’ade- sono reazioni in cui il sistema immunitario normalmente inve-
nosina trifosfato, molecola in cui viene normalmente immagaz- stito di funzioni protettive arreca un danno ai tessuti dell’ospite.
zinata l’energia; una proteina legante il DNA chiamata HMGB-1 Le risposte immunitarie dannose possono essere rivolte contro
il cui meccanismo di azione resta sconosciuto; e il DNA stesso gli antigeni self, determinando così malattie autoimmuni, o co-
quando, anziché rimanere sequestrato nel nucleo come avviene stituire una reazione eccessiva a sostanze ambientali o microbi.
in condizioni normali, fuoriesce nel citoplasma.4 Di per sé, anche In tali patologie, l’infiammazione è una delle principali cause di
l’ipossia, condizione spesso sottostante il danno cellulare, costitui­ danno tissutale (Cap. 6). Poiché lo stimolo alla risposta infiam-
sce uno stimolo per la risposta infiammatoria. Questa risposta è matoria (ossia i tessuti dell’ospite) non può essere eliminato, le
mediata in larga parte da una proteina chiamata HIF-1a (Hypo- reazioni autoimmuni tendono ad avere un carattere persistente
xia-Induced Factor-1a) e prodotta dalle cellule private di ossigeno, e a porre difficoltà di gestione terapeutica, sono associate a in-
la quale attiva la trascrizione di diversi geni coinvolti nell’infiam- fiammazione cronica e rappresentano cause importanti di mor-
mazione, tra cui il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF), bilità e mortalità. L’infiammazione è indotta dalle citochine
responsabile di aumentare la permeabilità vascolare.5 ­prodotte dai linfociti T e da altre cellule del sistema immunitario
I corpi estranei (schegge, sporcizia, fili di sutura) inducono tipi- (come descritto più avanti e nel Cap. 6) e il gruppo di patologie
camente l’infiammazione determinando un danno tissutale trau- correlate a questo tipo di reazione è spesso designato con il ter-
matico o veicolando un’infezione microbica. mine malattia infiammatoria immuno-mediata.
46 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Figura 2.2 Formazione di trasudati ed essudati. A. La normale pressione idrostatica (frecce blu) è di circa 32 mmHg al capo arterioso del letto capillare
e scende a 12 mmHg al capo venoso; la pressione colloidosmotica media dei tessuti è di circa 25 mmHg (frecce verdi), valore che equivale alla pressione
capillare media. Il flusso finale di liquidi attraverso il letto vascolare è pertanto quasi nullo. B. Il trasudato si forma quando i liquidi fuoriescono a causa di
una maggiore pressione idrostatica o di una ridotta pressione osmotica. C. L’essudato si forma in presenza di infiammazione a causa della maggiore per-
meabilità vascolare dovuta all’allargamento degli spazi intercellulari dell’endotelio.

Tutte le reazioni infiammatorie presentano gli stessi elementi di denota un eccesso di liquido nelle cavità tissutali o sierose, trasudato
base, sebbene stimoli differenti possano indurre reazioni con carat- o essudato. Il pus, un essudato purulento, è un essudato infiamma-
teristiche peculiari. Dapprima descriveremo dunque la sequenza di torio ricco di leucociti (per lo più neutrofili), detriti di cellule morte
eventi tipica dell’infiammazione acuta, per poi passare ai mediatori e, in molti casi, microbi.
chimici responsabili dell’infiammazione e analizzare l’aspetto mor- Le reazioni vascolari tipiche dell’infiammazione acuta consistono
fologico di tali reazioni. in variazioni a carico del flusso ematico e della permeabilità dei vasi.
La proliferazione di vasi sanguigni (angiogenesi) è evidente durante
Reazione Dei Vasi Sanguigni i processi di riparazione e nell’infiammazione cronica, trattati più
Nell’infiammazione Acuta approfonditamente nel Capitolo 3.

Nell’infiammazione, i vasi sanguigni vanno incontro a una serie di


Alterazioni del flusso e del calibro vascolare
alterazioni destinate a sollecitare la migrazione delle proteine pla-
smatiche e delle cellule circolanti verso i distretti extracircolatori e Le alterazioni del flusso e del calibro vascolare iniziano precocemen-
in direzione della sede di infezione o lesione. La fuoriuscita di liqui- te dopo una lesione e comprendono i seguenti processi:
do, proteine e cellule ematiche dal sistema vascolare nel tessuto in-
terstiziale o nelle cavità corporee è detta essudazione. Si definisce La vasodilatazione è una delle prime manifestazioni dell’infiam-
essudato un liquido extravascolare con un’elevata concentrazione mazione acuta; talora consegue a una costrizione transitoria delle
proteica, contenente detriti cellulari e dotato di un peso specifico arteriole della durata di pochi secondi. La vasodilatazione inte-
elevato. La sua presenza implica un aumento della normale permea­ ressa dapprima le arteriole e successivamente conduce all’apertura
bilità dei piccoli vasi sanguigni nell’area della lesione e, quindi, la di nuovi letti capillari nella regione. Il risultato è un aumento del
sussistenza di una reazione infiammatoria (Fig. 2.2). È detto flusso ematico, causa del calore e dell’arrossamento (eritema)
invece trasudato un liquido a basso contenuto proteico (prevalente- ­riscontrati in corrispondenza del sito dell’infiammazione. La
mente albumina), con una frazione minima o nulla di materiale vasodilatazione è indotta dall’azione di diversi mediatori – in
cellulare e un peso specifico ridotto; essenzialmente si tratta di un ­particolare istamina e ossido di azoto (NO) – sulla muscolatura
ultrafiltrato del plasma sanguigno derivante da uno squilibrio osmo- liscia dei vasi.
tico o idrostatico a livello della parete vascolare, in assenza di un La vasodilatazione è rapidamente seguita da un aumento della
aumento della permeabilità vascolare (Cap. 4). Il termine edema permeabilità vascolare del microcircolo, con la fuoriuscita nei
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 47

tessuti extravascolari di liquido ricco di proteine; questo processo


sarà descritto nel dettaglio più avanti.
La perdita di liquidi e il maggiore diametro vascolare danno luogo
al rallentamento del flusso, alla concentrazione dei globuli rossi
nei piccoli vasi e a un aumento della viscosità del sangue. Questi
cambiamenti portano alla dilatazione dei piccoli vasi gremiti
di eritrociti a lento deflusso, una condizione definita stasi che,
all’esame dei tessuti coinvolti, si presenta come una congestione
vascolare (responsabile dell’arrossamento locale).
Con lo sviluppo della stasi, i leucociti, soprattutto i neutrofili, si
accumulano lungo l’endotelio vascolare. Allo stesso tempo, le
cellule endoteliali vengono attivate dai mediatori prodotti nell’area
dell’infezione e del danno tissutale e intensificano l’espressione
delle molecole di adesione. I leucociti aderiscono quindi
­all’endotelio e migrano velocemente attraverso la parete del vaso
nel tessuto interstiziale, secondo una sequenza di eventi illustrata
nelle pagine successive.

Aumento della permeabilità vascolare (fuoriuscita


di liquidi e proteine dai vasi)
Una caratteristica dell’infiammazione acuta è l’aumento della per-
meabilità vascolare che porta alla fuoriuscita di un essudato ricco
di proteine nel tessuto extravascolare, causando l’edema. L’aumento
della permeabilità vascolare è riconducibile a diversi meccanismi
(Fig. 2.3):

La contrazione delle cellule endoteliali con il conseguente amplia-


mento degli spazi intercellulari dell’endotelio. Questa reazione,
indotta dall’istamina, dalla bradichinina, dai leucotrieni, dal
neuropeptide detto sostanza P e da molti altri mediatori chimici,
rappresenta il meccanismo più comune di fuoriuscita di liquidi
e proteine dai vasi.6,7 Giacché si verifica rapidamente dopo l’espo-
sizione al mediatore ed è di solito di breve durata (15-30 minuti),
tale processo è definito risposta immediata transitoria. In alcune
forme di danno lieve (ad es. in seguito a ustioni, esposizione a
raggi X o a radiazioni ultraviolette nonché a determinate tossine
batteriche), la fuoriuscita di liquidi e proteine dai vasi inizia a
distanza di 2-12 ore e ha una durata variabile da alcune ore a
giorni; questa fuoriuscita ritardata e prolungata di liquidi e pro-
teine può essere causata dalla contrazione delle cellule endoteliali
o da un danno endoteliale di lieve entità. Le ustioni solari a com-
parsa tardiva sono un buon esempio di reazione ritardata.
Il danno endoteliale, responsabile di indurre la necrosi delle cellule
endoteliali e il loro distacco.8 La lesione diretta dell’endotelio è riscon-
trata in vari tipi di danno, ad esempio nelle ustioni, ma può essere
altresì l’effetto di un attacco microbico alle cellule endoteliali.9 Anche
i neutrofili che nel corso dell’infiammazione aderiscono all’endotelio
Figura 2.3 Principali meccanismi determinanti l’aumento della permea­
possono danneggiare le cellule endoteliali e amplificare così la rea- bilità vascolare negli stati infiammatori, relative caratteristiche e cause
zione. Nella maggior parte dei casi, la fuoriuscita di liquidi e proteine sottostanti. NO, ossido di azoto; VEGF, fattore di crescita endoteliale
inizia immediatamente dopo la lesione e perdura per molte ore, fino vascolare.
a che i vasi danneggiati non vengono trombizzati o riparati.
Il maggiore trasporto di fluidi e proteine, detto transcitosi, attra-
verso la cellula endoteliale. Questo processo può coinvolgere i
cosiddetti organelli vescicolovacuolari, canali costituiti da vesci- Malgrado siano stati descritti come processi distinti, si ha ragione di
cole e vacuoli interconnessi e non rivestiti, molti dei quali sono credere che i meccanismi da cui dipende la maggiore permeabilità
localizzati in prossimità delle giunzioni intercellulari.10 Alcuni vascolare contribuiscano tutti, seppure in varia misura, a determinare
fattori, come il VEGF (Cap. 3), sembrano promuovere la fuoriu- la risposta alla maggior parte degli stimoli. A diversi stadi di una
scita di liquidi e proteine in parte incrementando il numero e lesione termica, ad esempio, la fuoriuscita di liquidi deriva dalla con-
probabilmente anche le dimensioni di tali canali. trazione endoteliale mediata chimicamente e dalla lesione epiteliale
48 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

diretta e leucocita-dipendente. La fuoriuscita di liquidi dal lume vasco- Reazione Dei Leucociti
lare indotta da tutti questi meccanismi può determinare la perdita di Nell’infiammazione
liquidi potenzialmente letale osservata nei pazienti con ustioni estese.
Come accennato in precedenza, una funzione chiave dell’infiamma-
zione consiste nel condurre i leucociti nel sito della lesione e attivarli
Risposte dei vasi linfatici
affinché eliminino gli agenti lesivi. I leucociti investiti del ruolo più
Sebbene la nostra trattazione sia incentrata fondamentalmente sulle importante nelle risposte infiammatorie tipiche sono quelli dotati
reazioni che si verificano a livello dei vasi sanguigni, anche i vasi di capacità di fagocitosi, ossia neutrofili e macrofagi. I leucociti
linfatici rivestono un ruolo nella risposta all’infiammazione. Il inglobano e uccidono i batteri e altri microrganismi ed eliminano
­sistema dei vasi linfatici e dei linfonodi, infatti, filtra e controlla i il tessuto necrotico e le sostanze estranee, oltre a sintetizzare fattori
fluidi extravascolari. In condizioni normali, i vasi linfatici drenano di crescita utili ai fini del processo di riparazione. Il grande
i ridotti volumi di fluido extravascolare che fuoriescono dai capillari; potere difensivo dei leucociti ha tuttavia un prezzo: in caso di atti-
negli stati infiammatori il flusso linfatico viene incrementato per vazione massiva, infatti, queste cellule possono indurre un danno
agevolare il drenaggio del liquido edematoso che si accumula a causa tissutale e prolungare l’infiammazione giacché i prodotti da esse
della maggiore permeabilità vascolare. Oltre ai liquidi, tuttavia, sintetizzati per distruggere i microbi e i tessuti necrotici possono
anche i leucociti, i detriti cellulari e persino i microbi possono farsi danneggiare anche i tessuti sani dell’ospite.
strada nella via linfatica, che durante le risposte infiammatorie, per I processi che prevedono un coinvolgimento leucocitario nel
far fronte al maggiore carico, si arricchisce di nuovi vasi, analoga- contesto dell’infiammazione sono il reclutamento dal distretto ema-
mente a quanto avviene per i vasi sanguigni (proliferazione).11,12 I tico nei tessuti extravascolari, il riconoscimento dei microbi e dei
vasi linfatici possono andare incontro a un’infiammazione seconda- tessuti necrotici e la rimozione dell’agente lesivo.
ria (linfangite), come pure i linfonodi (linfoadenite). I linfonodi in-
fiammati risultano spesso ingrossati per effetto dell’iperplasia dei Reclutamento dei leucociti nei siti di lesione
follicoli linfoidi e del maggiore numero di linfociti e di macrofagi. e infezione
Questo gruppo di alterazioni patologiche risponde al nome di lin-
foadenite reattiva o infiammatoria (Cap. 13). Nella clinica, la pre- La migrazione dei leucociti dal lume vascolare al tessuto interstiziale,
senza di strie arrossate in prossimità di una ferita cutanea è un segno detta travaso, può essere suddivisa nelle tappe seguenti13 (Fig. 2.4):
rivelatore di infezione. La striatura, che segue il decorso dei canali
linfatici, è diagnostica di linfangite e può essere associata alla tume- 1. Nel lume del vaso si assiste a marginazione, rotolamento e
fazione dolorosa dei linfonodi ascellari, indicante linfoadenite. adesione all’endotelio. In condizioni normali, quando si trova in

Figura 2.4 Processo multifasico della migrazione leucocitaria (la figura mostra quella dei neutrofili) attraverso i vasi sanguigni. In un primo momento i
leucociti cominciano a rotolare, successivamente vengono attivati e aderiscono all’endotelio, quindi migrano attraverso l’endotelio, perforano la membrana
basale e seguono il gradiente dei chemioattrattori emanati dalla sede della lesione. Varie molecole svolgono ruoli predominanti a seconda della fase del
processo: le selectine nel rotolamento, le chemochine (generalmente legate ed esposte dai proteoglicani) nell’attivazione dei neutrofili per aumentare
l’avidità delle integrine, le integrine nell’adesione stabile e il CD31 (PECAM-1) nella migrazione. I neutrofili esprimono bassi livelli di L-selectina e si legano
alle cellule endoteliali prevalentemente tramite le selectine P ed E. ICAM-1, molecola di adesione intercellulare 1; TNF, fattore di necrosi tumorale.
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 49

Tabella 2.1 Molecole di adesione endotelio-leucocitaria


Molecola endoteliale Molecola leucocitaria Ruolo principale

P-selectina Proteine modificate con sialil-Lewis X Rotolamento (neutrofili, monociti, linfociti T)

E-selectina Proteine modificate con sialil-Lewis X Rotolamento e adesione (neutrofili,


monociti, linfociti T)

GlyCam-1, CD34 L-selectina* Rotolamento (neutrofili, monociti)

ICAM-1 (famiglia delle immunoglobuline) Integrine CD11/CD18 (b2) (LFA-1, Mac-1) Adesione, arresto, trasmigrazione (neutrofili,
monociti, linfociti)

VCAM-1 (famiglia delle immunoglobuline) Integrina VLA-4 (b1) Adesione (eosinofili, monociti, linfociti)
*
La L-selectina è espressa debolmente sui neutrofili. Essa è coinvolta nel legame dei linfociti T circolanti alle venule endoteliali alte nei linfonodi e nei tessuti
linfoidi mucosali, e nel conseguente impianto (“homing”) dei linfociti in tali tessuti.

uno stato inattivo, l’endotelio vascolare non lega le cellule circolanti


e non ne impedisce il passaggio. Nell’infiammazione, in cui passa
a uno stato attivato, l’endotelio acquisisce invece la capacità di le-
gare i leucociti, preludio della loro fuoriuscita dai vasi sanguigni.
2. Migrazione attraverso l’endotelio e la parete vasale.
3. Migrazione nei tessuti in direzione di uno stimolo chemotattico.

Adesione dei leucociti all’endotelio. Nel sangue che scorre


normalmente nelle venule, gli eritrociti sono confinati in una colon-
na assiale centrale, il che determina la disposizione dei leucociti in
prossimità della parete del vaso. Il rallentamento del flusso ematico
che si verifica nella fase iniziale dell’infiammazione (stasi) comporta
l’alterazione delle condizioni emodinamiche (le tensioni della parete
del vaso si riducono) e un numero maggiore di globuli bianchi si
dispone perifericamente lungo la superficie endoteliale. Questo
processo di ridistribuzione dei leucociti è chiamato marginazione.
Successivamente, singoli leucociti prima e file di leucociti poi ade-
riscono in maniera temporanea all’endotelio, si distaccano e si legano
di nuovo, rotolando sulle pareti vasali. Infine, le cellule si fermano
nei punti in cui aderiscono in maniera salda (come ciottoli sui quali
un ruscello scorre senza spostarli).
L’adesione dei leucociti alle cellule endoteliali è mediata da mole-
cole di adesione complementari esposte sui due tipi cellulari la cui
espressione viene stimolata dalle proteine secretorie dette
citochine.13,14 Le citochine sono secrete dalle cellule presenti nei tessuti
in risposta a microbi o ad agenti lesivi di altro genere, garantendo il
reclutamento leucocitario nei tessuti in cui si manifestano tali stimoli.
Le interazioni iniziali responsabili del rotolamento sono mediate da
una famiglia di proteine dette selectine15,16 (Tab. 2.1). Esistono tre tipi
di selectine: uno espresso sulla membrana dei leucociti (L-selectina),
uno sull’endotelio (E-selectina) e uno sulle piastrine e sull’endotelio
(P-selectina). I ligandi per le selectine sono oligosaccaridi sialilati
legati a un’impalcatura di glicoproteine mucina-simili. L’espressione
delle selectine e dei relativi ligandi è regolata dalle citochine prodotte
in risposta all’infezione e al danno. Quando entrano in contatto con
microbi e tessuti morti, i macrofagi presenti nei tessuti, i mastociti e
le cellule endoteliali rispondono secernendo varie citochine, tra cui
il fattore di necrosi tumorale (TNF),17 l’interleuchina-1 (IL-1)18 e le Figura 2.5 Regolazione dell’espressione delle molecole di adesione
chemochine (citochine chemotattiche)19,20 (le citochine saranno endoteliale e leucocitaria. A. Ridistribuzione della P-selectina dai depositi
descritte dettagliatamente nelle pagine seguenti e nel Cap. 6). Il TNF intracellulari sulla membrana. B. Aumentata espressione di membrana delle
e l’IL-1 agiscono sulle cellule endoteliali delle venule postcapillari selectine e dei ligandi per le integrine in seguito all’attivazione dell’endotelio
mediata dalle citochine. C. Aumento dell’avidità di legame delle integrine
adiacenti all’infezione inducendo l’espressione coordinata di nume- indotto dalle chemochine. L’accumulo delle integrine contribuisce alla
rose molecole di adesione (Fig. 2.5). Entro 1-2 ore, le cellule endo- maggiore avidità di legame (non rappresentato nella figura). IL-1, interleu-
teliali iniziano a ­esprimere E-selectina e i ligandi per la L-selectina. china-1; TNF, fattore di necrosi tumorale.
50 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Altri mediatori come l’istamina, la trombina e il fattore di attivazione affetti dalla sindrome detta deficienza di adesione leucocitaria di tipo
delle piastrine (Platelet-Activating Factor, PAF), descritti più avanti, 1 presentano un difetto nella biosintesi della catena b2 comune alle
stimolano la ridistribuzione della P-selectina dai suoi normali depo- integrine LFA-1 e Mac-1. La deficienza di adesione leucocitaria di
siti intracellulari in granuli di cellule endoteliali (chiamati corpi di tipo 2 è invece causata dall’assenza di sialil-Lewis X, il ligando
Weibel-Palade) sulla superficie cellulare. All’apice dei microvilli, i ­contenente fucosio per le selectine E e P, dovuta a un difetto della
leucociti esprimono L-selectina nonché i ligandi per le selectine E e fucosil-transferasi, l’enzima che aggiunge residui di fucosio sull’im-
P, che si legano tutti alle molecole complementari esposte sulle cellule palcatura proteica.
endoteliali. Queste sono interazioni a bassa affinità con un tasso Chemiotassi dei leucociti. Dopo essere usciti dal circolo, i leu-
rapido di risoluzione, facilmente interrotte dal flusso del sangue. Di cociti migrano nei tessuti verso la sede della lesione attraverso un
conseguenza, i leucociti legati si legano, si staccano e si legano nuo- processo detto chemiotassi, definito come un movimento orientato
vamente, iniziando così a rotolare sulla superficie endoteliale. lungo un gradiente chimico. Sia le sostanze esogene sia quelle en-
Queste deboli interazioni di rotolamento rallentano i leucociti, dogene possono agire come fattori chemotattici. Gli agenti esogeni
consentendo così a tali cellule di legarsi in maniera più salda all’en- più comuni sono i prodotti batterici, compresi i peptidi dotati
dotelio. Tale adesione è mediata da una famiglia di proteine di dell’amminoacido N-formilmetionina in posizione terminale, e al-
superficie eterodimeriche associata ai leucociti rispondente al nome cuni lipidi. I fattori chemotattici endogeni (descritti oltre) compren-
di integrine21 (si veda Tab. 2.1). Il TNF e l’IL-1 inducono l’espres- dono diversi mediatori chimici: (1) le citochine, in particolare quelle
sione endoteliale dei ligandi per le integrine, in particolare la mo- appartenenti alla famiglia delle chemochine (ad es. IL-8), (2) i com-
lecola di adesione cellulare vascolare di tipo 1 (VCAM-1, il ligando ponenti del sistema del complemento, in particolare C5a e (3) i meta-
per l’integrina VLA-4) e la molecola di adesione intercellulare di boliti dell’acido arachidonico (AA), nello specifico il leucotriene B 4
tipo 1 (ICAM-1, il ligando per le integrine LFA-1 e Mac-1). I leu- (LTB4). Tutti questi agenti chemotattici si legano a specifici recettori
cociti di norma esprimono le integrine in uno stato a bassa affinità. transmembrana accoppiati a proteine G sulla superficie dei leuco-
Le chemochine nel frattempo prodotte nella sede della lesione citi.27 I segnali innescati da tali recettori determinano l’attivazione
entrano nel vaso sanguigno, si legano ai proteoglicani della cellula di secondi messaggeri che aumentano la concentrazione di calcio
endoteliale e si dispongono ad alte concentrazioni sulla superficie nel citosol e attivano guanosin-trifosfatasi della famiglia Rac/Rho/
endoteliale. Queste chemochine si legano ai leucociti in fase di cdc42, oltre a numerose chinasi. Questi segnali inducono la polime-
rotolamento, attivandoli. Una delle conseguenze dell’attivazione è rizzazione dell’actina, dando luogo a un aumento della quantità di
la conversione in uno stato ad alta affinità delle integrine VLA-4 e actina polimerizzata sul margine avanzante della cellula e al posi-
LFA-1 presenti sui leucociti.22 La combinazione dell’espressione dei zionamento dei filamenti di miosina posteriormente. Il leucocita si
ligandi per le integrine sull’endotelio indotta dalle citochine e dell’at- muove estendendo filopodi che trainano la parte posteriore della
tivazione delle integrine sui leucociti dà luogo a un legame saldo cellula nella direzione dell’estensione, come un’automobile a trazione
tra leucociti ed endotelio mediato dalle integrine nella sede dell’in- anteriore che viene trainata dalle ruote anteriori (Fig. 2.6). Il risultato
fiammazione. I leucociti smettono di rotolare, il loro citoscheletro finale è la migrazione dei leucociti verso lo stimolo infiammatorio
viene riorganizzato ed essi si dispongono sulla superficie in direzione del gradiente dei fattori chemotattici prodotti
endoteliale. localmente.
Migrazione dei leucociti attraverso l’endotelio. Il passo succes- La natura dell’infiltrato leucocitario varia in relazione alla pro-
sivo nel processo di reclutamento leucocitario è la migrazione dei gressione temporale della risposta infiammatoria e al tipo di stimolo.
leucociti attraverso l’endotelio, detta trasmigrazione o diapedesi. La Nella maggior parte delle forme di infiammazione acuta, l’infiltrato
trasmigrazione dei leucociti si verifica prevalentemente nelle venule infiammatorio è caratterizzato in modo predominante da neutrofili
postcapillari. Le chemochine agiscono sui leucociti aderenti alle per le prime 6-24 ore, successivamente sostituiti da monociti dopo
pareti vasali e li stimolano a migrare attraverso gli spazi intercellulari 24-48 ore (Fig. 2.7). La comparsa precoce dei neutrofili trova diverse
dell’endotelio in direzione del gradiente di concentrazione chimica, spiegazioni: tali cellule, infatti, sono più numerose nel sangue, ri-
ossia verso la sede di lesione o infezione dove ha luogo la produzione spondono più rapidamente alle chemochine e si fissano in maniera
di chemochine.23 Diverse molecole di adesione presenti nelle giun- più salda alle molecole di adesione indotte rapidamente sull’epitelio,
zioni intercellulari tra cellule endoteliali sono coinvolte nella migra- come le selectine P ed E. Dopo essere entrati nei tessuti, i neutrofili
zione dei leucociti, tra cui un membro della superfamiglia delle hanno però vita breve, giacché vanno incontro ad apoptosi e scom-
immunoglobuline detto PECAM-1 (Platelet Endothelial Cell Adhe- paiono dopo 24-48 ore. I monociti, per contro, non soltanto soprav-
sion Molecule 1) o CD3124 e varie molecole di adesione giunziona- vivono più a lungo ma sono anche in grado di proliferare nei tessuti,
le.25 Dopo avere attraversato l’endotelio, i leucociti perforano la andando così a costituire la popolazione dominante nel contesto di
membrana basale, probabilmente secernendo collagenasi, e pene- una risposta infiammatoria cronica. Vi sono tuttavia eccezioni a
trano nel tessuto extravascolare. Quindi migrano in direzione del questo schema di infiltrazione cellulare: in certe infezioni, ad esem-
gradiente chemotattico creato dalle chemochine e si accumulano pio quelle causate dai batteri del genere Pseudomonas, l’infiltrato
nel distretto extravascolare. Una volta raggiunto il tessuto connetti- cellulare è prevalentemente caratterizzato da neutrofili il cui reclu-
vo, i leucociti sono in grado di aderire alla matrice extracellulare tamento perdura per diversi giorni; nelle infezioni virali, i linfociti
tramite le integrine e il legame di CD44 alle proteine della matrice. possono essere le prime cellule ad accorrere; in alcune reazioni di
In tal modo, i leucociti vengono trattenuti nelle sedi in cui sono ipersensibilità, infine, gli eosinofili rappresentano il principale tipo
necessari. cellulare.
La dimostrazione più evidente dell’importanza delle molecole di La comprensione dei meccanismi molecolari del reclutamento e
adesione dei leucociti è l’esistenza di sindromi ereditarie caratteriz- della migrazione dei leucociti ha consentito di individuare un vasto
zate da una deficienza di tali molecole responsabile di ricorrenti numero di potenziali bersagli terapeutici per il controllo di un’in-
infezioni batteriche correlate a una compromissione dell’adesione fiammazione divenuta deleteria.14 Le sostanze in grado di bloccare
leucocitaria e a una risposta infiammatoria insufficiente.26 I soggetti il TNF, una delle principali citochine coinvolte nel reclutamento
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 51

compromettere la capacità dei pazienti sottoposti al trattamento di


difendersi dai microbi, prima funzione fisiologica della risposta
infiammatoria.

Riconoscimento dei microbi e dei tessuti morti


Una volta reclutati in un sito di infezione o di morte cellulare, i
leucociti (neutrofili e monociti) devono essere attivati affinché pos-
sano svolgere le loro funzioni. Le risposte leucocitarie implicano due
serie di eventi sequenziali: (1) il riconoscimento dell’agente lesivo,
il quale produce segnali che (2) attivano i leucociti inducendoli a
inglobare e distruggere tale agente e amplificano la reazione
infiammatoria.
I leucociti esprimono vari recettori capaci di riconoscere gli sti-
moli esterni e di produrre segnali di attivazione (Fig. 2.8).

Recettori per i prodotti microbici: i recettori Toll-simili (TLR) ri-


conoscono gli elementi costitutivi di diversi tipi di microbi. A
oggi, nei mammiferi sono stati individuati 10 TLR, ciascuno dei
quali sembra essere necessario per la risposta dell’organismo a
diverse categorie di patogeni infettivi.28 I differenti TLR svolgono
ruoli essenziali nelle risposte cellulari al lipopolisaccaride batte-
rico (LPS o endotossina), ad altri proteoglicani e lipidi batterici
nonché ai nucleotidi CpG non metilati, tutti presenti in elevate
quantità nei batteri, così come all’RNA a doppio filamento pro-
dotto da determinati virus. I TLR sono presenti sulla membrana
Figura 2.6 Micrografia a scansione elettronica di un leucocita in movi- cellulare e all’interno delle vescicole endosomiali dei leucociti (e
mento in coltura: è visibile il filopodio (in alto a sinistra) e la coda posteriore. di molti altri tipi cellulari), il che li rende capaci di rilevare i
(Per gentile concessione del Dr. Morris J Karnovsky, Harvard Medical prodotti derivanti da microbi extracellulari e da microbi inglo-
School, Boston, MA) bati. Il funzionamento di questi recettori dipende dall’associazio-
ne a chinasi, che stimolano la produzione di sostanze microbicide
e di citochine da parte dei leucociti. I peptidi batterici e l’RNA
leucocitario, sono alcuni degli agenti terapeutici più efficaci finora virale sono riconosciuti anche da varie altre proteine citoplasma-
sviluppati per la cura delle patologie infiammatorie croniche, e gli tiche presenti nei leucociti.29
antagonisti delle integrine leucocitarie (ad es. VLA-4), delle selectine Recettori accoppiati a proteine G espressi dai neutrofili, dai macro-
e delle chemochine sono presidi farmacologici approvati per il trat- fagi e da molti altri tipi di leucociti: riconoscono brevi peptidi
tamento delle patologie infiammatorie e negli studi clinici. Come batterici contenenti residui di N-formilmetionina. Poiché tutte le
immaginabile, questi antagonisti non soltanto hanno l’effetto desi- proteine batteriche e un numero esiguo di proteine di mammifero
derato di controllare l’infiammazione, ma sono anche in grado di (solo quelle sintetizzate all’interno dei mitocondri) iniziano con

Figura 2.7 Natura degli infiltrati leucocitari nelle reazioni infiammatorie. Le microfotografie sono rappresentative dell’infiltrato cellulare precoce (neu-
trofili) (A) e tardivo (cellule mononucleate) (B) osservati nel contesto di una reazione infiammatoria nel miocardio in seguito a necrosi ischemica (infarto).
Le cinetiche dell’edema e dell’infiltrato cellulare (C) sono approssimate.
52 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Figura 2.8 Recettori leucocitari e relative risposte. Stimoli differenti sono riconosciuti da diverse classi di recettori sulla membrana dei leucociti. I re-
cettori danno inizio a risposte che mediano le funzioni dei leucociti. Nella figura sono rappresentati solo alcuni recettori (si veda il testo per i dettagli).
IFN-g, interferone g; LPS, lipopolisaccaride.

una N-formilmetionina, questo recettore consente ai neutrofili di Recettori per le citochine: i leucociti esprimono recettori per
rilevare e indurre una risposta contro le proteine batteriche. Altri le citochine prodotte in risposta a un’invasione microbica. Una
recettori accoppiati a proteine G sono in grado di riconoscere le delle più importanti tra queste è l’interferone g (IFN-g), secreto
chemochine, i prodotti di degradazione del complemento dalle cellule natural killer entrate in contatto con i microbi e dai
come C5a e i mediatori lipidici, compresi il fattore di attivazione linfociti T attivati dall’antigene nella risposta immunitaria acquisita
delle piastrine, le prostaglandine e i leucotrieni, tutti sintetizzati (Cap. 6). L’IFN-g è la principale citochina attivante i macrofagi.
in risposta a un’infezione microbica e al danno cellulare. Il legame
dei ligandi – come i prodotti microbici e i mediatori – ai recettori
accoppiati alle proteine G induce la migrazione delle cellule dal Rimozione degli agenti lesivi
sangue attraverso l’endotelio e la produzione di sostanze microbi-
cide tramite l’attivazione della cascata ossidativa. Il riconoscimento dei microbi e delle cellule morte da parte dei re-
Recettori per le opsonine: i leucociti esprimono recettori per le cettori descritto nei paragrafi precedenti induce i leucociti a mettere
proteine di cui sono rivestiti i microbi. Il processo di rivestimento in atto varie risposte, complessivamente raggruppate sotto il termine
di una particella, ad esempio un microbo, per renderla bersaglio di attivazione leucocitaria (si veda Fig. 2.8). L’attivazione è il risultato
dell’inglobamento (fagocitosi) è detto opsonizzazione e i fattori dei cambiamenti indotti da diverse vie di segnale innescate nei
che lo realizzano sono detti opsonine. Questi fattori comprendono leucociti, determinanti un incremento del Ca2+ nel citosol e l’attiva-
anticorpi, frazioni del complemento e lectine. Uno dei sistemi zione di enzimi come la protein-chinasi C e la fosfolipasi A2. Le ri-
più efficienti per stimolare la fagocitosi delle particelle consiste sposte funzionali più importanti per la distruzione dei microbi e di
nel ricoprirle con anticorpi IgG specifici per tali particelle, i quali altri stimoli nocivi sono la fagocitosi e l’uccisione intracellulare,
verranno riconosciuti dal recettore ad alta affinità Fcg dei fagociti, mentre molte altre risposte supportano le funzioni di difesa proprie
detto FcgRI (Cap. 6). I componenti del sistema del complemento, dell’infiammazione e possono contribuire agli esiti nocivi di
soprattutto i frammenti della proteina del complemento C3, sono quest’ultima.
anch’essi potenti opsonine, in quanto tali frammenti si legano ai Fagocitosi. La fagocitosi si articola in tre fasi consecutive
microbi e i fagociti esprimono un recettore, detto recettore del (Fig. 2.9): (1) il riconoscimento e l’adesione alla particella da fagoci-
complemento di tipo 1 (CR1), che riconosce i prodotti della tare da parte del leucocita, (2) la sua ingestione, con conseguente
frammentazione di C3 (descritta più avanti nel testo). Anche le formazione di un vacuolo di fagocitosi e (3) l’uccisione e la degrada-
lectine plasmatiche, in particolare la lectina legante il mannano, zione del materiale ingerito.30
legano i batteri e li consegnano ai leucociti. Il legame delle par- I recettori per il mannosio, i recettori scavenger (spazzini) e i recet-
ticelle opsonizzate ai recettori leucocitari Fc o C3 promuove la tori per varie opsonine legano i microbi consentendone la fagocita-
fagocitosi delle particelle e attiva le cellule. zione. Il recettore macrofagico per il mannosio è una lectina che si
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 53

lega ai residui terminali di mannosio e fucosio presenti in glicopro-


teine e glicolipidi. Questi zuccheri fanno tipicamente parte di
­molecole ubicate sulle pareti cellulari dei microbi, mentre le glico-
proteine e i glicolipidi dei mammiferi presentano in posizione ter-
minale l’acido sialico o la N-acetilgalattosamina. Il recettore per il
mannosio riconosce pertanto i microbi e non le cellule dell’ospite. I
recettori scavenger sono stati definiti in origine come molecole che
legano e mediano l’endocitosi di particelle costituite da lipoproteine
a bassa densità ossidate o acetilate (LDL) che non possono più in-
teragire con i convenzionali recettori per le LDL. I recettori scaven-
ger macrofagici si legano a numerosi microbi oltre che a particelle
di LDL modificate. Anche le integrine macrofagiche, in particolare
la Mac-1 (CD11b/CD18), possono legare i microbi per la
fagocitosi.
L’efficienza della fagocitosi è notevolmente maggiore quando i
microbi sono opsonizzati da specifiche proteine (opsonine) per le
quali i fagociti esprimono recettori ad alta affinità. Come descritto
nei paragrafi precedenti, le principali opsonine sono rappresentate
dagli anticorpi IgG, dal frammento C3b derivante dal complemento
e da alcune lectine plasmatiche, in particolare la lectina legante il
mannano, tutte riconosciute da recettori leucocitari specifici.
Ingestione. Dopo essere stata legata dai recettori dei fagociti, la
particella viene avvolta da propaggini del citoplasma (pseudopodi)
e la membrana cellulare si invagina fino a dare origine a una vesci-
cola distaccata (fagosoma) nella quale è racchiusa la particella. Il
fagosoma si fonde quindi con un granulo lisosomiale, determinando
la liberazione del contenuto del granulo nel fagolisosoma (si veda
Fig. 2.9). Durante questo processo, il fagocita può inoltre rilasciare
il contenuto del granulo nello spazio extracellulare.
Il processo di fagocitosi è complesso e comporta l’integrazione di
numerosi segnali recettoriali per il rimodellamento della membrana
e le alterazioni citoscheletriche.30 La fagocitosi dipende dalla poli-
merizzazione di filamenti di actina; non sorprende pertanto il fatto
che i segnali innescanti la fagocitosi coincidano in gran parte con
quelli coinvolti nella chemiotassi (per contro, la pinocitosi di fase
fluida e l’endocitosi mediata da recettori di piccole particelle com-
portano l’internalizzazione in fossette e vescicole ricoperte di clatrina
e non dipendono dal citoscheletro di actina).
Uccisione e degradazione. L’ultimo passaggio nell’eliminazione
di agenti infettivi e di cellule necrotiche è la loro uccisione e degra-
dazione all’interno di neutrofili e macrofagi, che avviene in maniera
più efficiente dopo l’attivazione dei fagociti. L’uccisione dei microbi
è espletata in misura preponderante dalle specie reattive dell’ossigeno
(o ROS, definite anche intermedi reattivi dell’ossigeno) e dalle specie
reattive dell’azoto, derivate principalmente da NO (si veda
Fig. 2.9).31,32 La formazione di ROS è dovuta al rapido processo di
assemblaggio e attivazione di un’ossidasi multicomponente (NADPH
ossidasi, detta anche ossidasi fagocitica), che ossida NADPH (nico-
tinamide-adenin-dinucleotide fosfato ridotto) e, nel corso del pro-

Figura 2.9 Fagocitosi e distruzione intracellulare dei microbi. La fagoci- cesso, riduce l’ossigeno ad anione superossido (O2•). Questa rapida
tosi di una particella (ad es. un batterio) implica il legame ai recettori presenti reazione ossidativa, innescata nei neutrofili da segnali di attivazione
sulla membrana leucocitaria, l’ingestione e la fusione dei lisosomi con i e associata alla fagocitosi, è chiamata esplosione o cascata respiratoria
vacuoli di fagocitosi. Questo processo è seguito dalla distruzione delle
particelle ingerite all’interno dei fagolisosomi tramite l’azione di enzimi li- (in inglese respiratory burst). L’ossidasi fagocitica è un complesso
sosomiali e l’intervento di specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto. I pro- enzimatico costituito da almeno sette proteine.33 Nei neutrofili a

dotti microbicidi generati dal superossido (O2•) sono l’ipoclorito (HOCl•) e il riposo, differenti componenti dell’enzima sono localizzate a livello
radicale idrossile (•OH), mentre dall’ossido di azoto (NO) ha origine il pe- della membrana plasmatica e del citoplasma. In risposta a stimoli
rossinitrito (OONO•).
Durante la fagocitosi il contenuto dei granuli può essere liberato nello spazio
di attivazione, le componenti proteiche del citosol si spostano sulla
extracellulare (non illustrato). membrana del fagosoma, dove si assemblano per dare origine al
MPO, mieloperossidasi; iNOS, NO sintetasi inducibile. complesso enzimatico funzionante. Le ROS, pertanto, sono prodotte
all’interno del lisosoma, dove le sostanze ingerite vengono segregate,
il che consente di proteggere gli organuli ­cellulari dagli effetti
54 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica


dannosi delle stesse. O2• è successivamente convertito in perossido nei neutrofili e in altre cellule;37 il lisozima, che idrolizza il legame
di idrogeno (H2O2), principalmente per dismutazione spontanea. acido muramico-N-acetilglucosamina, presente nell’involucro gli-
Di per sé, H2O2 non è in grado di uccidere in maniera efficace i copeptidico di tutti i batteri; la lattoferrina, una proteina legante il
microbi, ma i granuli azzurrofili dei neutrofili contengono l’enzima ferro presente nei granuli specifici; la proteina basica maggiore, una
mieloperossidasi (MPO) che, in presenza di un alogenuro come Cl−, proteina cationica degli eosinofili dotata di attività battericida limi-
converte H2O2 in ipoclorito (OCl•, la sostanza attiva contenuta nella tata ma citotossica per molti parassiti; e la proteina battericida per-
comune candeggina domestica). Quest’ultimo è un potente agente meabilizzante, che lega le endotossine batteriche e si ritiene abbia
antibiotico che distrugge i microbi per alogenazione (processo nel un ruolo importante nella difesa contro alcuni batteri Gram-
quale l’alogenuro viene legato covalentemente a costituenti cellulari negativi.
batterici) o per ossidazione delle proteine e dei lipidi (perossidazione
lipidica). Il sistema H2O2-MPO-alogenuro è il meccanismo battericida Altre risposte funzionali dei leucociti attivati
più efficiente di cui dispongano i neutrofili. H2O2 viene inoltre con-
vertito a radicale idrossile ( • OH), un altro potente agente Oltre a eliminare i microbi e le cellule morte, i leucociti attivati svol-
distruttivo. gono anche molti altri ruoli nel contesto della difesa dell’ospite. In
Anche NO, prodotto a partire dall’arginina per azione dell’ossido particolare, tali cellule – specialmente i macrofagi – producono vari
di azoto sintetasi (NOS), partecipa all’uccisione microbica.34 NO fattori di crescita responsabili di stimolare la proliferazione delle

reagisce con il superossido (O2•) per generare il radicale libero al- cellule endoteliali e dei fibroblasti nonché la sintesi di collagene, ed
tamente reattivo perossinitrito (ONOO•). Questi radicali liberi enzimi coinvolti nel rimodellamento del tessuto connettivo. Questi
derivati dall’ossigeno e dall’azoto attaccano e danneggiano i lipidi, prodotti guidano il processo di riparazione che consegue al danno
le proteine e gli acidi nucleici dei microbi così come le macromo- tissutale (Cap. 3). Studi recenti avvalorano l’ipotesi che i macrofagi
lecole dell’ospite (Cap. 1). Le specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto possano essere attivati per svolgere diverse funzioni: si distinguono
espletano azioni sovrapponibili come dimostra il fatto che i topi così macrofagi “attivati in maniera classica” che rispondono ai pro-
knockout con un deficit di ossidasi fagocitica o di nitrossido sinte- dotti microbici e alle citochine sintetizzate dai linfociti T (come
tasi inducibile (iNOS) presentano solo una lieve suscettibilità alle l’IFN-g) ed esibiscono una maggiore attività microbicida, e macrofagi
infezioni, mentre gli esemplari carenti per entrambi gli enzimi “attivati in maniera alternativa” che rispondono a citochine quali IL-4
soccombono rapidamente a infezioni disseminate di batteri com- e IL-13 (prodotti tipicamente associati al sottogruppo di cellule T
mensali normalmente innocui. Il ruolo delle ROS e di NO quali definito TH2; si veda Cap. 6) e risultano principalmente coinvolti nella
mediatori dell’infiammazione sarà descritto più avanti nel riparazione dei tessuti e nella fibrosi (Fig. 2.10).38 Stimoli differenti
capitolo. attivano i leucociti inducendoli a secernere mediatori dell’infiamma-
L’uccisione microbica può inoltre essere mediata dall’azione di zione nonché inibitori della risposta infiammatoria, facendo sì che
altre sostanze contenute nei granuli leucocitari. I granuli dei neu- assolvano al contempo a funzioni di amplificazione e di controllo
trofili contengono numerosi enzimi, tra cui l’elastasi, che contribui­ della risposta. Un altro elemento di discriminazione tra i macrofagi
scono all’uccisione microbica. 35 Ulteriori sostanze microbicide ad attivazione classica e quelli ad attivazione alternativa può inoltre
presenti nei granuli sono le defensine, peptidi ricchi di arginina consistere nel fatto che i primi innescano l’infiammazione mentre i
tossici per i microbi;36 le catelicidine, proteine antimicrobiche ­reperite secondi intervengono per limitare le risposte infiammatorie.

Figura 2.10 Sottogruppi di macrofagi attivati. Diversi stimoli attivano i monociti/macrofagi inducendoli a differenziarsi in popolazioni funzionalmente
distinte. I macrofagi attivati in maniera classica sono indotti da prodotti microbici e citochine (in particolare IFN-g), hanno proprietà microbicide e sono
coinvolti nello sviluppo di un’infiammazione potenzialmente dannosa. I macrofagi attivati in maniera alternativa sono indotti da altre citochine nonché in
risposta alla presenza di elminti (non illustrata) e svolgono un ruolo importante nella riparazione tissutale e nella risoluzione dell’infiammazione (possono
inoltre avere un ruolo nella difesa contro i vermi parassiti, ma questo non viene mostrato nella figura).
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 55

Rilascio di prodotti leucocitari e lesione tissutale che non si prestano a essere facilmente ingeriti, come gli immuno-
mediata dai leucociti complessi depositati su superfici piatte fisse (ad es. la membrana basale
glomerulare), l’incapacità dei leucociti di accerchiare e fagocitare tali
I leucociti rappresentano una causa importante di danno per le sostanze (fagocitosi ostacolata) dà il via a una violenta attivazione e
cellule e i tessuti normali in svariate circostanze: determina il rilascio di grandi quantità di enzimi lisosomiali nell’am-
biente extracellulare. La fagocitosi di sostanze lesive per la membrana,
Nel contesto di una normale risposta di difesa contro un’infezione come i cristalli di urato, può danneggiare la membrana del fagoliso-
microbica, quando i tessuti adiacenti subiscono un “danno col- soma e causare così il rilascio del contenuto dei granuli lisosomiali.
laterale”. In presenza di determinate infezioni per le quali il trat-
tamento definitivo si rivela ostico, quali ad esempio la tubercolosi Difetti della funzione leucocitaria
e alcune patologie virali, una risposta prolungata da parte
dell’ospite contribuisce all’evoluzione patologica più di quanto Dal momento che i leucociti svolgono un ruolo centrale nella difesa
non faccia il microbo in sé. dell’ospite, eventuali difetti della funzione leucocitaria, sia ereditari
Quando la risposta infiammatoria è inopportunamente rivolta sia acquisiti, si traducono in una maggiore vulnerabilità alle infezioni
contro i tessuti dell’ospite, come in alcune malattie autoimmuni. (Tab. 2.3). Sono state identificate alterazioni pressoché in tutte le fasi
Quando l’ospite reagisce in maniera eccessiva contro sostanze della difesa leucocitaria, dall’adesione all’endotelio vascolare all’atti-
ambientali normalmente innocue, come nel caso di malattie al- vità microbicida, compresi:
lergiche quali ad esempio l’asma.
Difetti ereditari dell’adesione leucocitaria. Abbiamo precedente-
In tutte queste situazioni, i meccanismi attraverso i quali i leuco- mente menzionato i difetti genetici relativi alle integrine e ai li-
citi danneggiano i tessuti normali sono gli stessi implicati nella difesa gandi delle selectine quali cause delle sindromi di deficienza di
antimicrobica in quanto i meccanismi effettori dei leucociti, una adesione leucocitaria di tipo 1 e 2. I principali problemi clinici
volta che le cellule sono state attivate, non sono in grado di distin- correlati a entrambe le condizioni sono rappresentati dal verifi-
guere l’agente dannoso dall’ospite. Durante l’attivazione e la fagoci- carsi di infezioni batteriche ricorrenti.
tosi, i neutrofili e i macrofagi liberano prodotti microbicidi e di altra Difetti ereditari della funzione fagolisosomica. In questa categoria
natura non solo all’interno dei fagolisosomi ma anche nello spazio ricade la sindrome di Chédiak-Higashi, una condizione autosomica
extracellulare. I più importanti tra questi sono gli enzimi lisosomiali, recessiva caratterizzata da alterazioni nella fusione dei fagosomi
presenti nei granuli, e le specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto, so- e dei lisosomi all’interno dei fagociti (responsabili di una maggiore
stanze che, se rilasciate, sono in grado di danneggiare l’endotelio suscettibilità alle infezioni) e da anomalie a carico dei melanociti
vascolare e le cellule normali, amplificando così gli effetti dell’agente (albinismo), delle cellule del sistema nervoso (deficit neurologici)
lesivo iniziale. Di fatto, se non controllato o erroneamente diretto e delle piastrine (disturbi della coagulazione).41 Le principali ano-
contro i tessuti dell’ospite, lo stesso infiltrato leucocitario diventa un malie leucocitarie sono la neutropenia (riduzione del numero dei
agente lesivo,39 meccanismo confortato dall’evidenza che il danno neutrofili), una degranulazione alterata e un ritardato effetto mi-
tissutale associato ai leucociti è alla base di molte patologie umane crobicida. I leucociti contengono granuli giganti, facilmente os-
acute e croniche (Tab. 2.2). Questo aspetto risulterà evidente nella servabili negli strisci di sangue, che si ritiene derivino dalla fusione
trattazione delle specifiche patologie. aberrante dei fagolisosomi. Il gene associato a questa malattia
Il contenuto dei granuli lisosomiali viene rilasciato dai leucociti codifica per una grossa proteina citosolica chiamata LYST, appa-
nell’ambiente extracellulare tramite vari meccanismi.40 La secrezione rentemente coinvolta nella regolazione del traffico lisosomiale.
controllata del contenuto dei granuli è una normale risposta dei Difetti ereditari dell’attività microbicida. L’importanza dei mecca-
leucociti attivati. Quando i fagociti entrano in contatto con materiali nismi battericidi ossigeno-dipendenti è dimostrata dall’esistenza

Tabella 2.2 Esempi clinici di lesione indotta da leucociti*


Disturbi Cellule e molecole coinvolte nel danno

ACUTI
Sindrome da distress respiratorio acuto Neutrofili
Rigetto acuto di trapianto Linfociti; anticorpi e complemento
Asma Eosinofili; anticorpi IgE
Glomerulonefrite Neutrofili, monociti; anticorpi e complemento
Shock settico Citochine
Ascesso polmonare Neutrofili (e batteri)

CRONICI
Artrite Linfociti, macrofagi; anticorpi?
Asma Eosinofili; anticorpi IgE
Aterosclerosi Macrofagi; linfociti?
Rigetto cronico di trapianto Linfociti; citochine
Fibrosi polmonare Macrofagi; fibroblasti
*
Sono elencati esempi di patologie in cui la risposta dell’ospite assume un ruolo significativo nella lesione tissutale, con l’indicazione delle cellule e delle
molecole principalmente responsabili del danno. Queste malattie e la relativa patogenesi saranno discusse nel dettaglio nei capitoli dedicati alle patologie
specifiche.
56 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Tabella 2.3 Difetti delle funzioni leucocitarie


Malattia Difetto

GENETICA
Deficienza di adesione leucocitaria di tipo 1 Difetti di adesione leucocitaria dovuti a mutazioni nella catena b
delle integrine CD11/CD18
Deficienza di adesione leucocitaria di tipo 2 Difetti di adesione leucocitaria dovuti a mutazioni a carico della
fucosil-transferasi necessaria per la sintesi di oligosaccaride
sialilato (ligando per le selectine)
Malattia granulomatosa cronica Riduzione della cascata ossidativa
Legata al cromosoma X Ossidasi fagocitica (componente di membrana)
Autosomica recessiva Ossidasi fagocitica (componenti citoplasmatici)
Deficit di MPO Ridotta uccisione microbica a causa del malfunzionamento del
sistema MPO-H2O2
Sindrome di Chédiak-Higashi Riduzione delle funzioni leucocitarie dovuta a mutazioni a carico
della proteina coinvolta nel traffico di membrana lisosomiale

ACQUISITA
Soppressione del midollo emopoietico: tumori, radiazioni e Produzione di leucociti
chemioterapia
Diabete, neoplasie maligne, sepsi, dialisi cronica Adesione e chemiotassi
Leucemia, anemia, sepsi, diabete, malnutrizione Fagocitosi e attività microbicida

MPO, mieloperossidasi.
Modificata da Gallin JI: Disorders of phagocytic cells. In Gallin JI, et al (eds): Inflammation: Basic Principles and Clinical Correlates, 2nd ed. New York,
Raven Press, 1992, pp 860, 861.

di un gruppo di malattie congenite riunite sotto il nome di tamente nel Capitolo 6. I macrofagi riconoscono i prodotti microbici
­malattia granulomatosa cronica e caratterizzate da un’azione e secernono la maggior parte delle citochine investite di un ruolo
battericida inefficace, che rende i pazienti suscettibili a infezioni importante nell’infiammazione acuta. La funzione dei macrofagi
batteriche ricorrenti. La malattia granulomatosa cronica è il ri- nell’infiammazione sarà approfondita nelle pagine successive.
sultato di difetti ereditari a carico dei geni codificanti per varie
componenti dell’ossidasi fagocitica, il complesso enzimatico che
− Estinzione Della Risposta
genera O2•. Le varianti più comuni sono un difetto legato al cro- Infiammatoria Acuta
mosoma X in una delle componenti di membrana (gp91phox) e
difetti autosomici recessivi dei geni che codificano per due com- Come si può facilmente immaginare, un sistema di difesa dell’ospite
ponenti citoplasmatiche (p47phox e p67phox).42 Il nome di questa così potente, con una capacità intrinseca di causare danno tissutale,
patologia deriva dalla risposta infiammatoria cronica con marcato richiede uno stretto controllo per ridurre al minimo eventuali effetti
coinvolgimento macrofagico che interviene per controllare l’in- dannosi. In parte, l’infiammazione regredisce per il semplice fatto
fezione quando l’iniziale difesa neutrofila si dimostra inadeguata. che i mediatori dell’infiammazione sono prodotti rapidamente e solo
In molti casi, ciò determina l’accumulo di macrofagi attivati, che per il tempo in cui lo stimolo persiste, hanno una breve emivita e
circoscrivono i microbi formando aggregati detti granulomi (de- vengono degradati dopo il loro rilascio. Anche i neutrofili hanno
scritti nel dettaglio nelle pagine successive). un’emivita breve nei tessuti e muoiono per apoptosi alcune ore dopo
Deficit acquisiti. Sotto il profilo clinico, la causa più frequente di avere lasciato il circolo ematico. Inoltre, con il progredire dell’in-
difetti leucocitari è la soppressione del midollo emopoietico, che fiammazione, il processo innesca anche una serie di segnali di arresto
porta a una ridotta produzione di leucociti. Questo fenomeno è che servono a interrompere la reazione.43,44 Questi meccanismi attivi
generalmente osservato in pazienti sottoposti a terapie oncolo- includono: un cambiamento nel metabolismo dell’acido arachido-
giche (radioterapia e chemioterapia) e quando lo spazio midollare nico con lo spostamento della produzione di leucotrieni proinfiam-
è compromesso da neoplasie del midollo (ad es. leucemie) o da matori verso la produzione di lipossine antinfiammatorie (come
metastasi di un tumore primario localizzato in altra sede. vedremo più avanti); il rilascio di citochine antinfiammatorie, tra
cui il fattore di crescita trasformante b (TGFb) e l’IL-10, da parte
Malgrado l’enfasi attribuita al ruolo dei leucociti reclutati dal dei macrofagi e di altre cellule; la produzione di mediatori lipidici
circolo ematico nella risposta infiammatoria acuta, occorre precisare antinfiammatori chiamati resolvine e protectine, derivati dagli acidi
che anche le cellule residenti nei tessuti svolgono importanti funzioni grassi polinsaturi;45 e impulsi neurali (scarica colinergica) che ini-
nell’esordio della stessa. Fra queste, i due tipi cellulari più importanti biscono la produzione di TNF nei macrofagi.46
sono i mastociti e i macrofagi tissutali. Queste “sentinelle” sono
presenti nei tessuti per riconoscere rapidamente gli stimoli poten-
zialmente lesivi e dare origine alla reazione di difesa dell’ospite. I Mediatori dell’infiammazione
mastociti reagiscono a traumi fisici, a prodotti di degradazione del
complemento, a prodotti microbici e neuropeptidi rilasciando ista- Dopo avere descritto la sequenza di eventi tipica dell’infiammazione
mina, a leucotrieni, a enzimi e a varie citochine (compresi il TNF, acuta, possiamo passare ad analizzare i mediatori chimici responsa-
l’IL-1 e le chemochine), tutti fattori che contribuiscono all’infiam- bili di tali reazioni. Sono stati identificati molti mediatori, ma i mec-
mazione. Le funzioni dei mastociti saranno descritte più dettaglia- canismi con cui essi agiscono in maniera coordinata non sono ancora
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 57

Tabella 2.4 Azioni dei principali mediatori dell’infiammazione


Mediatore Fonti principali Azioni

DI DERIVAZIONE CELLULARE
Istamina Mastociti, basofili, piastrine Vasodilatazione, aumento della permeabilità
vascolare, attivazione endoteliale
Serotonina Piastrine Vasodilatazione, aumento della permeabilità
vascolare
Prostaglandine Mastociti, leucociti Vasodilatazione, dolore, febbre
Leucotrieni Mastociti, leucociti Aumento della permeabilità vascolare,
chemiotassi, adesione e attivazione dei
leucociti
Fattore attivante le piastrine Leucociti, mastociti Vasodilatazione, aumento della permeabilità
vascolare, adesione dei leucociti,
chemiotassi, degranulazione, cascata
ossidativa
Specie reattive dell’ossigeno Leucociti Uccisione dei microbi, danno tissutale
Ossido di azoto Endotelio, macrofagi Rilassamento della muscolatura liscia
vascolare, uccisione microbica
Citochine (TNF, IL-1) Macrofagi, cellule endoteliali, mastociti Attivazione endoteliale locale (espressione
di molecole di adesione), febbre/dolore/
anoressia/ipotensione, riduzione delle
resistenze vascolari (shock)
Chemochine Leucociti, macrofagi attivati Chemiotassi, attivazione leucocitaria

DERIVATO DALLE PROTEINE PLASMATICHE

Prodotti del complemento (C5a, C3a, C4a) Plasma (di origine epatica) Chemiotassi e attivazione leucocitaria,
vasodilatazione (stimolazione dei
mastociti)
Chinine Plasma (di origine epatica) Aumento della permeabilità vascolare,
contrazione della muscolatura liscia,
vasodilatazione, dolore
Proteasi attivate durante la coagulazione Plasma (di origine epatica) Attivazione endoteliale, reclutamento
leucocitario

IL-1, interleuchina-1; MAC, complesso di attacco alla membrana; TNF, fattore di necrosi tumorale.

stati del tutto compresi. Le fonti dei principali mediatori e i loro ruoli di microbi o di tessuti morti assicura che l’infiammazione venga
nella reazione infiammatoria sono riportati nella Tabella 2.4. La normalmente innescata solo quando e dove necessario.
trattazione sui mediatori dell’infiammazione si aprirà con l’analisi di Un mediatore può stimolare il rilascio di altri mediatori. La cito-
alcune delle proprietà comuni a tali fattori e con la descrizione dei china TNF, ad esempio, agisce sulle cellule endoteliali per stimo-
principi generali relativi alla loro produzione e azione. lare la produzione di un’altra citochina, IL-1, e di numerose
­chemochine. Gli inibitori secondari possono esercitare gli stessi
I mediatori sono prodotti dalle cellule o dalle proteine plasmatiche. ­effetti dei mediatori iniziali oppure avere un’attività diversa o
I mediatori di derivazione cellulare, normalmente sequestrati nei addirittura opposta. Tali cascate forniscono meccanismi atti ad
granuli intracellulari, possono essere secreti rapidamente per amplificare – o in alcuni casi a contrastare – l’azione di un
esocitosi dei granuli (ad es. l’istamina contenuta nei granuli dei ­mediatore iniziale.
mastociti) o essere sintetizzati de novo (ad es. prostaglandine e I mediatori hanno bersagli cellulari variabili. Essi possono agire
citochine) in risposta a uno stimolo. I principali tipi cellulari su uno o pochi tipi di cellule bersaglio, possono avere bersagli
responsabili della produzione dei mediatori dell’infiammazione differenti o, ancora, produrre effetti diversi a seconda del tipo
acuta sono le piastrine, i neutrofili, i monociti/macrofagi e i ma- cellulare che costituisce il loro bersaglio.
stociti, ma anche le cellule mesenchimali (endotelio, muscolo La maggior parte di questi mediatori, una volta attivati e rilasciati
liscio, fibroblasti) e la maggior parte delle cellule epiteliali posso- dalla cellula, ha vita breve. Essi si degradano rapidamente (me-
no essere indotte a sintetizzare alcuni di questi mediatori. I taboliti dell’acido arachidonico), vengono inattivati per via enzi-
­mediatori di derivazione plasmatica (ad es. le proteine del com- matica (la chininasi inattiva la bradichinina), sono eliminati in
plemento e le chinine) sono prodotti principalmente a livello altro modo (gli antiossidanti eliminano i metaboliti tossici dell’os-
epatico e viaggiano nel circolo in forma di precursori inattivi che sigeno) oppure vengono inibiti (le proteine regolatrici del com-
acquisiranno le loro proprietà biologiche solo dopo essere stati plemento frammentano e degradano i componenti attivati del
attivati, in genere tramite una serie di clivaggi proteolitici. complemento). Esistono quindi sistemi di controllo e di riequi-
I mediatori attivi sono prodotti in risposta a vari stimoli, quali ad librio atti a regolare le azioni dei mediatori.
esempio prodotti microbici, sostanze rilasciate dalle cellule ne-
crotiche e le proteine dei sistemi del complemento, delle chinine Tratteremo ora alcuni dei più importanti mediatori dell’infiam-
e della coagulazione, a loro volta attivati da microbi e tessuti dan- mazione acuta, partendo dai mediatori di derivazione cellulare per
neggiati. Il fatto che lo stimolo iniziatore consista nella ­presenza poi passare a quelli derivati dalle proteine plasmatiche.
58 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Mediatori Di Derivazione Cellulare di enzimi: le ciclossigenasi (dalle quali si ottengono prostaglandine


e trombossani) e le lipossigenasi (responsabili della produzione di
Amine vasoattive: istamina e serotonina leucotrieni e lipossine) (Fig. 2.11). Gli eicosanoidi si legano ai re-
cettori accoppiati a proteine G presenti su molti tipi cellulari e
Le due principali amine vasoattive, così definite in virtù degli possono mediare praticamente qualsiasi fase dell’infiammazione
­importanti effetti prodotti sui vasi sanguigni, sono l’istamina e la (Tab. 2.5).
serotonina. Immagazzinate sotto forma di molecole preformate
all’interno delle cellule, costituiscono i primi mediatori a essere ri- Le prostaglandine (PG), sintetizzate da mastociti, macrofagi,
lasciati durante l’infiammazione. La fonte più ricca di istamina è cellule endoteliali e vari altri tipi cellulari, sono coinvolte nelle
rappresentata dai mastociti normalmente presenti nel tessuto con- reazioni infiammatorie vascolari e sistemiche. La produzione di
nettivo adiacente ai vasi sanguigni, ma tale mediatore è rinvenuto questi mediatori richiede l’intervento di due ciclossigenasi, la
anche nei basofili e nelle piastrine circolanti. L’istamina contenuta COX-1 espressa costitutivamente e l’enzima inducibile COX-2.
nei granuli dei mastociti viene rilasciata per degranulazione delle Le prostaglandine sono suddivise in serie sulla base delle loro
cellule in risposta a vari stimoli, tra cui (1) lesioni fisiche come caratteristiche strutturali e vengono codificate con una lettera
traumi, freddo o calore; (2) il legame degli anticorpi ai mastociti, (PGD, PGE, PGF, PGG e PGH) e un numero deponente (ad es.
fenomeno alla base delle reazioni allergiche (Cap. 6); (3) frammenti 1 e 2) che indica il numero di doppi legami nel composto. Le più
del complemento detti anafilotossine (C3a e C5a); (4) proteine di importanti nell’infiammazione sono PGE2, PGD2, PGF2a, PGI2
derivazione leucocitaria; (5) neuropeptidi (ad es. sostanza P); (6) (prostaciclina) e TxA2 (trombossano), ciascuna delle quali deriva
citochine (IL-1, IL-8). dall’azione di un enzima specifico su un intermedio nella via
L’istamina causa la dilatazione delle arteriole e determina un biosintetica. Alcuni di questi enzimi hanno una distribuzione
aumento della permeabilità delle venule. È considerata il principale tissutale limitata. Le piastrine, ad esempio, contengono l’enzima
mediatore della fase di aumento immediato della permeabilità va- trombossano sintetasi e quindi il TxA2 è il principale prodotto
scolare, responsabile – come abbiamo precedentemente visto – della di queste cellule. Il TxA 2, un potente agente di aggregazione
formazione di aperture intercellulari nell’endotelio delle venule. I piastrinica e un vasocostrittore, è di per sé instabile e viene
suoi effetti vasoattivi sono mediati principalmente dal legame dei convertito rapidamente nella sua forma inattiva TxB2. L’endotelio
recettori H1 sulle cellule dell’endotelio microvascolare.47 vascolare non possiede trombossano sintetasi, ma contiene pro-
La serotonina (5-idrossitriptamina) è un mediatore vasoattivo staciclina sintetasi, che determina la formazione di prostaciclina
preformato con azioni simili a quelle dell’istamina. È presente nelle (PGI2) e del suo prodotto finale stabile PGF1a. La prostaciclina
piastrine e in alcune cellule neuroendocrine, ad esempio nel tratto è un vasodilatatore e un potente inibitore dell’aggregazione pia-
gastrointestinale, nonché nei mastociti di roditore (ma non dell’uo- strinica; inoltre potenzia notevolmente l’aumento della permea­
mo). Il rilascio di serotonina (e istamina) da parte delle piastrine è bilità vascolare e gli effetti chemotattici propri di altri mediatori.
stimolato dall’aggregazione piastrinica che si realizza dopo il contatto Uno squilibrio tra i livelli di trombossano e di prostaciclina è
con sostanze come il collagene, la trombina, l’adenosina difosfato e stato chiamato in causa quale evento precoce nella formazione
i complessi antigene-anticorpo. La reazione di rilascio delle piastrine, di trombi nei vasi coronarici e cerebrali (Cap. 4). La PGD2 è la
elemento chiave della coagulazione, dà quindi luogo anche a un principale prostaglandina prodotta dai mastociti; insieme alla
aumento della permeabilità vascolare, un esempio dei molteplici PGE2 (più ampiamente distribuita), causa la vasodilatazione e
nessi esistenti tra la coagulazione e l’infiammazione. l’aumento della permeabilità delle venule postcapillari, poten-
ziando così la formazione dell’edema. La PGF2a stimola la con-
trazione delle piccole arteriole e della muscolatura liscia dell’ute-
Metaboliti dell’acido arachidonico (AA):
ro e dei bronchi, e la PGD2 è un fattore chemotattico per i
prostaglandine, leucotrieni e lipossine
neutrofili.
Quando le cellule vengono attivate da vari stimoli, ad esempio da Oltre a produrre effetti locali, le prostaglandine sono coinvolte
prodotti microbici e da diversi mediatori dell’infiammazione, anche nella patogenesi del dolore e della febbre durante l’infiam-
l’acido arachidonico (AA) contenuto nella membrana viene rapi- mazione. La PGE2 è iperalgesica e rende la cute ipersensibile agli
damente convertito per via enzimatica allo scopo di produrre stimoli dolorosi, come ad esempio l’iniezione intradermica di
prostaglandine e leucotrieni. Questi mediatori lipidici biologica- concentrazioni subottimali di istamina e bradichinina; inoltre è
mente attivi fungono da segnali intracellulari o extracellulari che implicata nella febbre indotta dalle citochine in presenza di in-
influenzano una serie di processi biologici, compresa l’infiamma- fezioni (si veda oltre).
zione e l’emostasi.48-50 Gli enzimi lipossigenasi sono responsabili della produzione di
L’AA è un acido grasso polinsaturo a 20 atomi di carbonio (acido leucotrieni, sostanze sintetizzate principalmente dai leucociti e
5,8,11,14-eicosatetraenoico) derivante da fonti alimentari o dalla dotate di valore chemotattico per queste stesse cellule nonché di
conversione di un acido grasso essenziale, l’acido linoleico. L’AA effetti vascolari. Esistono tre diversi tipi di lipossigenasi; di queste,
non si trova in forma libera nelle cellule, ma è normalmente este- la 5-lipossigenasi è quella predominante nei neutrofili. La 5-li-
rificato nei fosfolipidi di membrana. Stimoli meccanici, chimici e possigenasi converte l’AA ad acido 5-idrossieicosatetraenoico, un
fisici o mediatori di altra natura (ad es. C5a) determinano il rilascio precursore dei leucotrieni chemotattico per i neutrofili. L’LTB4 è
dell’AA dai fosfolipidi di membrana attraverso l’azione di fosfolipasi un potente agente chemotattico capace di attivare i neutrofili
cellulari, in particolare della fosfolipasi A2. I segnali biochimici causando l’aggregazione e l’adesione delle cellule all’endotelio
coinvolti nell’attivazione della fosfolipasi A2 includono un aumento delle venule, la formazione di ROS e il rilascio di enzimi lisoso-
della concentrazione citoplasmatica di Ca2+ e l’attivazione di varie miali. I cisteinil-leucotrieni C4, D4 e E4 (LTC4, LTD4 e LTE4) cau-
chinasi in risposta a stimoli esterni.51 I mediatori derivati dall’AA, sano una marcata vasocostrizione, broncospasmo (importante
detti anche eicosanoidi, sono sintetizzati da due importanti classi nell’asma) e un incremento della permeabilità vascolare. Anche
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 59

Figura 2.11 Generazione di metaboliti dell’acido arachidonico e relativi ruoli nell’infiammazione. I bersagli molecolari dell’azione di alcuni farmaci antin-
fiammatori sono indicati da una X rossa. Non vengono illustrati gli agenti responsabili di sopprimere la produzione di leucotrieni mediante inibizione della
5-lipossigenasi (ad es. zileuton) o di bloccare i recettori dei leucotrieni (ad es. montelukast). COX, ciclossigenasi; HETE, acido idrossieicosatetraenoico;
HPETE, acido idroperossieicosatetraenoico.

in questo caso, come già osservato con l’istamina, la perdita di reclutamento leucocitario e delle componenti cellulari dell’infiam-
liquidi dal lume vascolare è limitata alle venule, ma i leucotrieni mazione, espletate inibendo la chemiotassi dei neutrofili ­e l’ade-
sono molto più potenti dell’istamina nell’aumentare la permea- sione all’endotelio. Esiste una correlazione inversa tra la
bilità vascolare e nel causare broncospasmo. ­produzione di lipossine e quella di leucotrieni, la quale suggerisce
Anche le lipossine sono generate a partire dall’AA attraverso la che le lipossine possano intervenire quali regolatori negativi
via della lipossigenasi ma, a differenza delle prostaglandine e dei endogeni dei leucotrieni e svolgere pertanto un ruolo nella riso-
leucotrieni, le lipossine agiscono come inibitori dell’infiammazio- luzione dell’infiammazione.
ne.45 Esse si distinguono inoltre per il fatto che la biosintesi trans­
cellulare di questi mediatori richiede il coinvolgimento di due Molti farmaci antinfiammatori inibiscono la sintesi di
popolazioni cellulari. I leucociti, in particolare i neutrofili, pro- eicosanoidi:
ducono intermedi della sintesi delle lipossine, successivamente
convertiti a lipossine dalle piastrine che interagiscono con i leu- Inibitori della ciclossigenasi. Rientrano in questa categoria
cociti. Le principali funzioni delle lipossine sono l’inibizione del l’acido acetilsalicilico e altri farmaci antinfiammatori non

Tabella 2.5 Principali effetti infiammatori dei metaboliti dell’acido arachidonico (eicosanoidi)
Azione Eicosanoide

Vasodilatazione PGI2 (prostaciclina), PGE1, PGE2, PGD2

Vasocostrizione Trombossano A2, leucotrieni C4, D4, E4

Aumento della permeabilità vascolare Leucotrieni C4, D4, E4

Chemiotassi, adesione leucocitaria Leucotriene B4, HETE

HETE, acido idrossieicosatetraenoico; PGI2 e simili, prostaglandina I2 e simili.


60 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

steroidei (FANS) come l’indometacina che, inibendo sia COX-1 Fattore di attivazione delle piastrine (PAF)
sia COX-2, inibiscono la sintesi delle prostaglandine; l’acido
­acetilsalicilico ottiene tale risultato acetilando in maniera ir- Il fattore di attivazione delle piastrine (PAF) è un altro mediatore di
reversibile e inattivando le ciclossigenasi. Gli inibitori selettivi derivazione fosfolipidica.54 Il nome deriva dalla sua natura di promo-
della COX-2 costituiscono una classe più recente di farmaci di tore dell’aggregazione piastrinica, proprietà per la quale fu caratteriz-
questo tipo. Grande interesse ha suscitato la possibilità di zato al momento della sua scoperta, sebbene negli anni successivi sia
impiegare quale bersaglio terapeutico la COX-2, enzima in- stata dimostrata la capacità di questo fattore di produrre anche vari
dotto da numerosi stimoli infiammatori e assente nella mag- effetti infiammatori. Vari tipi cellulari, tra cui le stesse piastrine, i
gior parte dei tessuti in normali condizioni di “riposo”. 52 La basofili, i mastociti, i neutrofili, i macrofagi e le cellule endoteliali,
COX-1, per contro, è anch’essa prodotta in risposta a stimoli sono in grado di produrre PAF sia nella forma destinata alla secrezione
infiammatori ma viene costitutivamente espressa nella maggior sia in quella legata alle cellule. Oltre a stimolare l’aggregazione piastri-
parte dei tessuti. Questa differenza ha portato ad avanzare nica, il PAF causa vasocostrizione e broncocostrizione e, a concentra-
l’ipotesi che la COX-1 sia responsabile della produzione delle zioni estremamente basse, induce la vasodilatazione e aumenta la
prostaglandine coinvolte nell’infiammazione e nel funziona- permeabilità delle venule con una potenza da 100 a 10.000 volte su-
mento omeostatico (ad es. il mantenimento del bilancio idro- periore a quella dell’istamina. Il PAF causa inoltre una maggiore ade-
elettrolitico nei reni, la citoprotezione nel tratto gastrointesti- sione dei leucociti all’endotelio (facilitando il legame mediato dalle
nale), mentre la COX-2 sarebbe responsabile della produzione integrine) e un incremento della chemiotassi, della degranulazione e
di prostaglandine coinvolte esclusivamente nelle reazioni in- della cascata ossidativa. Il PAF, pertanto, può evocare la maggior parte
fiammatorie. Se tale concetto è esatto, gli inibitori selettivi della delle reazioni vascolari e cellulari dell’infiammazione, oltre a poten-
COX-2 dovrebbero esercitare un’azione antinfiammatoria sen- ziare la sintesi di altri mediatori – soprattutto eicosanoidi – da parte
za determinare gli effetti tossici propri degli inibitori non se- dei leucociti e di altre cellule. Che il PAF abbia un ruolo in vivo è
lettivi, ­responsabili ad esempio della formazione di ulcere suggerito dalla capacità di determinati antagonisti sintetici dei recettori
gastriche. Queste distinzioni, tuttavia, non sono assolute: anche per il PAF di inibire l’infiammazione in alcuni modelli sperimentali.
la COX-2 sembra infatti avere un ruolo nel mantenimento della
normale omeostasi. Recentemente, i risultati prodotti da ampi
studi clinici hanno generato apprensione circa la capacità degli Specie reattive dell’ossigeno
inibitori selettivi della COX-2 di accrescere il rischio di episodi
cardiovascolari e cerebrovascolari, inducendo così il ritiro di I radicali liberi dell’ossigeno possono essere rilasciati nell’ambiente
molti di questi farmaci dal mercato statunitense e non solo. extracellulare dai leucociti in seguito all’esposizione a microbi, che-
Una possibile spiegazione per il maggiore rischio di trombosi mochine e immunocomplessi oppure in seguito a uno stimolo di
arteriosa può risiedere nel fatto che gli inibitori della COX-2 fagocitosi55 e, come abbiamo visto, la loro produzione dipende
compromettono la produzione endoteliale di prostaciclina, dall’attivazione del sistema della NADPH ossidasi. L’anione supe-

sostanza dotata di proprietà vasodilatatrici e di inibizione rossido (O2•), il perossido di idrogeno (H2O2) e il radicale idrossile
dell’aggregazione piastrinica, lasciando tuttavia intatta la pro- (•OH) sono− le principali specie reattive prodotte all’interno della
duzione piastrinica mediata da COX-1 di TxA 2, importante cellula, e O2• può combinarsi con NO per formare specie reattive
fattore di stimolazione dell’aggregazione piastrinica e della dell’azoto. Il rilascio extracellulare di questi potenti mediatori a bassi
vasocostrizione. Stando a questa ­ipotesi, dunque, l’inibizione livelli può aumentare l’espressione di chemochine (ad es. IL-8), ci-
selettiva della COX-2 altererebbe l’equilibrio a favore del trom- tochine e molecole di adesione dei leucociti all’endotelio, amplifi-
bossano promuovendo la trombosi vascolare, in particolare cando la risposta infiammatoria. Come precedentemente accennato,
nei soggetti che presentino anche altri fattori di rischio per la la funzione fisiologica di queste ROS nei leucociti è distruggere i
trombosi.50,53 microbi fagocitati, ma il rilascio di questi potenti mediatori può
Inibitori della lipossigenasi. La 5-lipossigenasi non è influenzata rivelarsi dannoso per l’ospite (Cap. 1). Le specie reattive dell’ossigeno
dai FANS, ragione per cui è stato necessario sviluppare una serie sono implicate nelle seguenti risposte infiammatorie:
di nuovi inibitori per questa via enzimatica. Gli agenti farmaco-
logici che inibiscono la produzione di leucotrieni (ad es. zileuton) Danno delle cellule endoteliali, con conseguente aumento della
o bloccano i recettori dei leucotrieni (ad es. montelukast) si sono permeabilità vascolare. I neutrofili che aderiscono all’endotelio,
dimostrati utili nel trattamento dell’asma. una volta attivati, non solo producono specie tossiche specifiche
Inibitori ad ampio spettro. Questi comprendono i corticosteroidi, ma stimolano anche la produzione di ROS nelle cellule
potenti agenti antinfiammatori che possono agire riducendo la endoteliali.
trascrizione dei geni codificanti per COX-2, per la fosfolipasi A2, Lesioni a carico di altri tipi cellulari (cellule parenchimali e globuli
per le citochine proinfiammatorie (come l’IL-1 e il TNF) e per la rossi).
iNOS. Inattivazione degli inibitori delle proteasi, come l’a1-antitripsina.
Un ulteriore approccio alla manipolazione delle risposte infiam- Ciò porta a un’attività proteasica non controbilanciata, con un
matorie consiste nel modificare l’assunzione e il contenuto di li- conseguente aumento della distruzione della matrice extracellu-
pidi nella dieta, in particolare aumentando il consumo di olio di lare. A livello polmonare, tale inibizione favorisce la distruzione
pesce. La motivazione proposta per spiegare l’efficacia di tale dei tessuti elastici osservata ad esempio nell’enfisema (Cap. 15).
approccio è che gli acidi grassi polinsaturi contenuti nell’olio di
pesce costituiscono un substrato scadente per la conversione a Nel siero, nei liquidi tissutali e nelle cellule dell’ospite sono pre-
metaboliti attivi da parte delle vie della ciclossigenasi e della li- senti meccanismi antiossidanti con funzioni protettive rispetto
possigenasi, ma al contempo forniscono un eccellente substrato all’azione di questi radicali liberi dell’ossigeno potenzialmente dan-
per la produzione dei prodotti lipidici antinfiammatori detti re- nosi. La categoria degli antiossidanti, descritta nel Capitolo 1, com-
solvine e protectine.45 prende: (1) l’enzima superossido dismutasi, presente o attivabile in
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 61

numerosi tipi cellulari; (2) l’enzima catalasi, che detossifica H2O2; e di altre cellule a opera di citochine (ad es. TNF e IFN-g) o di pro-
(3) la glutatione perossidasi, altro potente detossificatore di H2O2; (4) dotti microbici.
la proteina sierica contenente rame detta ceruloplasmina; (5) la NO svolge un duplice ruolo nell’infiammazione: da una parte ri-
frazione sierica priva di ferro transferrina. Il ruolo svolto dai radicali lassa la muscolatura liscia dei vasi e promuove la vasodilatazione,
liberi dell’ossigeno in una qualsiasi reazione infiammatoria dipende contribuendo così alla reazione vascolare, dall’altro funge da inibitore
pertanto dall’equilibrio tra la produzione e l’inattivazione di tali della componente cellulare della risposta infiammatoria.56,57 NO ri-
metaboliti a opera di cellule e tessuti. duce l’aggregazione e l’adesione piastrinica (Cap. 4) e inibisce diversi
aspetti dell’infiammazione indotta dai mastociti nonché il recluta-
mento dei leucociti. Per via di questi effetti inibitori, si ritiene che la
Ossido di azoto (NO) produzione di NO rappresenti un meccanismo endogeno di controllo
della risposta infiammatoria.
Quando fu scoperto, l’ossido di azoto (NO) venne descritto come Poiché NO e i suoi derivati sono microbicidi, questo fattore è con-
un fattore rilasciato dalle cellule endoteliali responsabile di causare siderato un mediatore della risposta dell’ospite alle infezioni (di cui si
vasodilatazione, caratteristica che gli valse la definizione di fattore di è discusso nei paragrafi precedenti). Livelli elevati di NO indotto da
rilassamento di derivazione endoteliale. NO è un gas solubile pro- iNOS sono prodotti dai leucociti, in particolare neutrofili e macro-
dotto non solo dalle cellule endoteliali ma anche dai macrofagi e da fagi, in risposta a un’invasione microbica.
alcuni neuroni del cervello. Agisce per via paracrina sulle cellule
bersaglio mediante l’induzione di guanosin-monofosfato ciclico, il
quale a sua volta dà inizio a una serie di eventi intracellulari gene- Citochine e chemochine
ranti una risposta, ad esempio il rilassamento della muscolatura liscia
dei vasi. Poiché l’emivita in vivo di NO è di pochi secondi, il gas Le citochine sono proteine prodotte da molti tipi cellulari (soprattutto
agisce solo sulle cellule che si trovano nelle strette vicinanze della linfociti e macrofagi attivati, ma anche cellule endoteliali, epiteliali
sede dove è stato prodotto. e del tessuto connettivo) responsabili di modulare la funzione di
NO viene sintetizzato a partire dalla l-arginina a opera dell’enzima altre cellule. Queste molecole, il cui coinvolgimento nelle risposte
ossido di azoto sintetasi (NOS). Esistono tre diversi tipi di NOS: immunitarie cellulari è più che consolidato, hanno anche effetti
endoteliale (eNOS), neuronale (nNOS) e inducibile (iNOS) (Fig. importanti nell’infiammazione tanto acuta quanto cronica. Le loro
2.12). Gli enzimi eNOS e nNOS sono costitutivamente espressi a proprietà e funzioni generali sono discusse nel Capitolo 6. Nei pa-
bassi livelli e possono essere attivati rapidamente da un incremento ragrafi che seguono andremo ad analizzare le proprietà delle cito-
della concentrazione citoplasmatica di Ca2+. L’enzima iNOS, per chine implicate nell’infiammazione acuta (Tab. 2.6).
contro, viene indotto in conseguenza dell’attivazione dei macrofagi Fattore di necrosi tumorale e interleuchina-1. Il TNF e l’IL-1
sono due delle principali citochine responsabili di mediare l’infiam-
mazione. Vengono prodotte principalmente dai macrofagi attivati e
la loro secrezione può essere stimolata da endotossine e altri prodotti
microbici, immunocomplessi, lesioni fisiche e vari stimoli infiam-
matori. Le principali azioni espletate dal TNF e dall’IL-1 nell’infiam-
mazione riguardano gli effetti prodotti su endotelio, leucociti e
­f ibroblasti e l’induzione delle reazioni sistemiche di fase acuta
(Fig. 2.13). Nell’endotelio questi due fattori inducono tutta una serie
di alterazioni designate con il termine di attivazione endoteliale.58 In
particolare, inducono l’espressione di molecole di adesione endote-
liale e la sintesi di mediatori chimici – tra cui altre citochine, che-
mochine, fattori di crescita, eicosanoidi e NO – oltre a stimolare la
produzione di enzimi associati al rimodellamento della matrice e a
incrementare la trombogenicità della superficie dell’endotelio.59 Il
TNF, infine, potenzia la risposta dei neutrofili a stimoli di altra na-
tura quali ad esempio l’endotossina batterica.
La produzione di IL-1 è controllata da un complesso cellulare
multiproteico, talvolta definito “inflammasoma”, che risponde agli
stimoli provenienti dai microbi e dalle cellule morte. Questo com-
plesso attiva proteasi facenti parte della famiglia delle caspasi, le
quali clivano il neosintetizzato precursore inattivo dell’IL-1 nella
citochina biologicamente attiva. Le mutazioni a carico dei geni
codificanti per i membri di questo complesso proteico sono la
causa delle sindromi autoinfiammatorie ereditarie, di cui la più nota
è rappresentata dalla febbre mediterranea.60 Le proteine mutanti
possono attivare costitutivamente le caspasi infiammatorie o in-
terferire con la controregolazione di tale processo enzimatico,
determinando quale risultato finale una produzione non regolata
di IL-1.61,62 I pazienti affetti presentano febbre e altre manifesta-
Figura 2.12 Effetti dell’ossido di azoto (NO) sui vasi sanguigni e sui
macrofagi. L’ossido di azoto è prodotto da due enzimi NO sintetasi (NOS) e zioni sistemiche di infiammazione in assenza di un evento scate-
provoca vasodilatazione; i radicali liberi di NO sono tossici per le cellule nante manifesto. Nel tempo, alcuni di questi pazienti sviluppano
microbiche e di mammifero. anche amiloidosi, una malattia che porta alla formazione di
62 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Tabella 2.6 Citochine coinvolte nell’infiammazione


Citochina Fonti principali Principali azioni nell’infiammazione

NELL’INFIAMMAZIONE ACUTA
TNF Macrofagi, mastociti, linfociti T Stimola l’espressione delle molecole di
adesione endoteliale e la secrezione di
altre citochine; effetti sistemici
IL-1 Macrofagi, cellule endoteliali, alcune cellule Simili a quelle del TNF; ruolo più importante
epiteliali nella febbre
IL-6 Macrofagi, altre cellule Effetti sistemici (risposta di fase acuta)
Chemochine Macrofagi, cellule endoteliali, linfociti T, Reclutamento dei leucociti nei siti di
mastociti, altri tipi cellulari infiammazione; migrazione delle cellule
nei tessuti normali

NELL’INFIAMMAZIONE CRONICA

IL-12 Cellule dendritiche, macrofagi Maggiore produzione di IFN-g


IFN-g Linfociti T, cellule NK Attivazione dei macrofagi (più efficace
eliminazione dei microbi e delle cellule
tumorali)
IL-17 Linfociti T Reclutamento di neutrofili e monociti

IFN-g, interferone g; IL-1, interleuchina-1; cellule NK, cellule natural killer; TNF, fattore di necrosi tumorale.
Sono elencate le principali citochine coinvolte nelle reazioni infiammatorie. Molte altre citochine possono svolgere un ruolo di secondo piano nell’infiamma-
zione. Si riscontra inoltre un notevole grado di sovrapposizione tra le citochine coinvolte nell’infiammazione acuta e quelle coinvolte nell’infiammazione
cronica. Nello specifico, tutte le citochine elencate nella colonna dell’infiammazione acuta possono contribuire anche a reazioni infiammatorie croniche.

d­ epositi extracellulari di ­sostanza amiloide, spesso in conseguenza capitolo). Il TNF partecipa inoltre alla regolazione dell’equilibrio
di un’infiammazione persistente (Cap. 6). Gli antagonisti dell’IL-1 energetico, promuovendo la mobilizzazione di lipidi e proteine e
si dimostrano efficaci nel trattamento di simili affezioni e costitui­ riducendo l’appetito. Una produzione sostenuta di TNF contribuisce
scono un eccellente esempio di terapia razionale a bersaglio pertanto alla cachessia, uno stato patologico caratterizzato da perdita
­molecolare. Lo stesso complesso dell’inflammasoma può essere di peso e anoressia che si accompagna ad alcune infezioni croniche
attivato dai cristalli di urato nella patologia definita gotta, in cui e a patologie neoplastiche (Cap. 9).
l’infiammazione sembra inoltre essere mediata almeno in parte da Chemochine. Le chemochine sono una famiglia di piccole
IL-1 (Cap. 26). ­proteine (8-10 kDa) che agiscono principalmente come fattori che-
IL-1 e TNF (come anche IL-6) inducono le risposte sistemiche di motattici di attrazione per specifici tipi di leucocita.63 Sono state
fase acuta associate a infezioni o lesioni (e descritte più avanti nel identificate circa 40 diverse chemochine e 20 differenti recettori per

Figura 2.13 Principali azioni locali e sistemiche del fattore di necrosi tumorale (TNF) e dell’interleuchina-1 (IL-1).
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 63

le chemochine. Queste proteine sono classificate in quattro gruppi, linfociti T, responsabile di promuovere il reclutamento dei neutrofili.68
in relazione alla disposizione dei residui conservati di cisteina (C) L’impiego di antagonisti per queste due citochine nelle malattie in-
nelle chemochine mature:64,65 fiammatorie è attualmente oggetto di studi clinici. Le citochine svol-
gono inoltre un ruolo centrale nell’infiammazione cronica, come
Le chemochine C-X-C (denominate anche a chemochine) hanno vedremo più avanti.
un residuo amminoacidico che separa i primi due residui con-
servati di cisteina e agiscono principalmente sui neutrofili. L’IL-8 Costituenti lisosomiali dei leucociti
è tipica di questo gruppo: viene secreta da macrofagi attivati,
cellule endoteliali e altri tipi cellulari e causa l’attivazione e la I neutrofili e i monociti contengono granuli lisosomiali che,
chemiotassi dei neutrofili, con una limitata attività su monociti quando vengono rilasciati, possono contribuire alla risposta
ed eosinofili. I suoi più importanti induttori sono prodotti mi- infiammatoria. I neutrofili hanno due tipi principali di granuli.
crobici e altre citochine, soprattutto IL-1 e TNF. I granuli specifici (o secondari), più piccoli, contengono lisozima,
Le chemochine C-C (denominate anche b chemochine) presen- collagenasi, ­gelatinasi, lattoferrina, attivatore del plasminogeno,
tano i primi due residui conservati di cisteina in posizione istaminasi e fosfatasi alcalina. I granuli azzurrofili (o principali),
­adiacente. Le chemochine C-C, che includono la proteina chemo- più grandi, contengono mieloperossidasi, fattori battericidi
tattica per i monociti (Monocyte Chemoattractant Protein-1, (lisozima e defensine), idrolasi acide e diverse proteasi neutre
MCP-1), la eotassina, la proteina infiammatoria dei macrofagi 1a (elastasi, catepsina G, collagenasi aspecifiche, proteinasi 3). 40
(Macrophage Inflammatory Protein-1a, MIP-1a) e RANTES Entrambi i tipi di granuli possono fondersi con i vacuoli di
(Regulated And Normal T-cell Expressed and Secreted), gene- fagocitosi contenenti il materiale inglobato oppure liberare il
ralmente attraggono monociti, eosinofili, basofili e linfociti ma loro contenuto nello spazio extracellulare.
non neutrofili. Benché la maggior parte delle chemochine di Nei granuli sono presenti vari enzimi investiti di funzioni diverse.
questa classe esibisca azioni sovrapponibili, l’eotassina recluta Le proteasi acide degradano i batteri e i detriti all’interno dei fagoliso-
selettivamente gli eosinofili. somi, in cui viene facilmente raggiunto un pH acido. Le proteasi neutre
Le chemochine C (denominate anche g chemochine) mancano di hanno la capacità di degradare varie componenti extracellulari, tra cui
due dei quattro residui conservati di cisteina (nello specifico il il collagene, la membrana basale, la fibrina, l’elastina e la cartilagine,
primo e il terzo). Le chemochine C (ad es. la linfotactina) sono dando luogo alla distruzione tissutale che accompagna i processi
relativamente specifiche per i linfociti. infiammatori. Le proteasi neutre, inoltre, possono scindere diretta-
Le chemochine CX3C contengono tre amminoacidi tra le due mente le proteine del complemento C3 e C5 – determinando il rilascio
cisteine. Il solo membro noto di questa classe è chiamato fractal- di anafilotossine – e liberare dal chininogeno un peptide chinina-si-
china. Questa chemochina esiste in due forme: una legata alla mile. È stato dimostrato che l’elastasi dei neutrofili degrada i fattori di
superficie cellulare, che può essere indotta nelle cellule endoteliali virulenza dei batteri e pertanto combatte le infezioni batteriche. Anche
da citochine infiammatorie e promuove una forte adesione di i monociti e i macrofagi contengono idrolisi acide, collagenasi, elastasi,
monociti e linfociti T, e una forma solubile, derivata dalla proteo­ fosfolipasi e l’attivatore del plasminogeno. Queste sostanze possono
lisi della proteina di membrana, dotata di un potente effetto essere particolarmente attive nelle reazioni infiammatorie croniche.
chemotattico di attrazione per le stesse cellule. Dati gli effetti distruttivi degli enzimi lisosomiali, l’infiltrato leuco-
citario iniziale – se non controllato – può amplificare l’infiammazione
Le chemochine mediano la loro attività legandosi ai recettori e il danno tissutale. Queste proteasi nocive, tuttavia, sono regolate
transmembrana accoppiati alle proteine G. Questi recettori (chia- da un sistema di inibitori delle proteasi presente nel siero e nei liquidi
mati CXCR o CCR, per i recettori della chemochina C-X-C o C-C) dei tessuti. Il più importante di questi è l’a1-antitripsina, il principale
in genere presentano specificità di legame sovrapponibili e i leuco- inibitore dell’elastasi dei neutrofili. Un deficit di tali inibitori può
citi esprimono di norma più di un tipo di recettore. Come vedremo indurre un’azione prolungata delle proteasi leucocitarie, come av-
nel Capitolo 6, alcuni recettori per le chemochine (CXCR-4 e viene nei pazienti con deficienza di a1-antitripsina (Cap. 15). Un
CCR-5) agiscono come corecettori per una glicoproteina dell’invo- altro inibitore delle proteasi presente nel siero e in varie secrezioni
lucro virale del virus dell’immunodeficienza umana 1 e sono per- è la a2-macroglobulina.
tanto coinvolti nel legame e nell’ingresso del virus all’interno delle
cellule. Neuropeptidi
Le chemochine hanno due funzioni principali: stimolano il recluta-
mento dei leucociti nell’infiammazione e controllano la normale mi- I neuropeptidi sono secreti dalle terminazioni nervose sensitive e da
grazione cellulare attraverso vari tessuti.20,65 Alcune chemochine sono vari leucociti e possono determinare l’avvio e la propagazione della
prodotte transitoriamente in risposta a stimoli infiammatori e pro- risposta infiammatoria. I piccoli peptidi, come la sostanza P e la
muovono il reclutamento dei leucociti nelle sedi di infiammazione. neurochinina A, appartengono a una famiglia di neuropeptidi ta-
Altre sono prodotte costitutivamente a livello tissutale e dirigono il chichininici prodotti nel sistema nervoso centrale e periferico.69
coordinamento dei differenti tipi cellulari nelle diverse regioni ana- Le fibre nervose contenenti la sostanza P si trovano prevalentemente
tomiche dei tessuti. In entrambe le situazioni, le chemochine possono nel polmone e nel tratto gastrointestinale. La sostanza P ha molte
essere presenti in elevate concentrazioni legate ai proteoglicani sulla funzioni biologiche, tra cui la trasmissione dei segnali dolorosi, la
superficie delle cellule endoteliali e nella matrice extracellulare. regolazione della pressione sanguigna, la stimolazione della secre-
Altre citochine nell’infiammazione acuta. Il già consistente zione endocrina e l’aumento della permeabilità vascolare. I neuroni
numero di citochine coinvolte nel processo infiammatorio è in con- sensitivi sono inoltre in grado di produrre altre molecole proinfiam-
tinuo aumento.66 Due citochine hanno recentemente destato notevole matorie, come il prodotto correlato al gene della calcitonina, che si
interesse: IL-6, prodotta da macrofagi e altre cellule, implicata nelle ritiene colleghino il rilevamento degli stimoli dolorosi allo sviluppo
reazioni locali e sistemiche,67 e IL-17, prodotta principalmente dai di risposte protettive da parte dell’ospite.70
64 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Figura 2.14 Attivazione e funzioni del sistema del complemento. L’attivazione del complemento attraverso vie diverse conduce alla scissione di C3. Le
funzioni del sistema del complemento sono mediate dai prodotti di degradazione di C3 e altre proteine del complemento e dal complesso di attacco alla
membrana (MAC).

Mediatori Derivati Dalle Proteine funzionalmente distinti, C3a e C3b. C3a viene rilasciato mentre C3b
Plasmatiche si lega covalentemente alla cellula o alla molecola che ha scatenato
l’attivazione del complemento. Ulteriori molecole di C3b si legano poi
Diversi fenomeni tipici della risposta infiammatoria sono mediati ai frammenti generati in precedenza per formare la C5 convertasi, che
da proteine plasmatiche appartenenti a tre sistemi interconnessi: il scinde C5 liberando C5a e lasciando C5b fissato alla superficie cellu-
sistema del complemento, delle chinine e della coagulazione. lare. C5b si lega ai componenti tardivi (C6-C9), portando da ultimo
alla formazione del complesso di attacco alla membrana (Membrane
Attack Complex, MAC), composto da più molecole di C9.
Sistema del complemento
Le funzioni biologiche del sistema del complemento sono suddi-
Il sistema del complemento consiste di oltre 20 proteine, tra cui le vise in tre categorie generali (si veda Fig. 2.14):
proteine da C1 a C9. Questo sistema è coinvolto sia nell’immunità
innata sia in quella acquisita nella difesa dell’ospite contro i microbi Infiammazione. C3a, C5a e, in minor misura, C4a sono i prodotti
patogeni. 71–73 Nel processo di attivazione vengono generati di clivaggio dei corrispondenti componenti del complemento che
diversi prodotti di clivaggio delle proteine del complemento respon- stimolano la liberazione di istamina da parte dei mastociti, au-
sabili di causare un aumento della permeabilità vascolare, chemio- mentando così la permeabilità vascolare e causando vasodilata-
tassi e opsonizzazione. L’attivazione e le funzioni di tale sistema sono zione. Essi sono detti anafilotossine poiché hanno effetti simili a
illustrate nella Figura 2.14. quelli dei mediatori dei mastociti coinvolti nella reazione chiamata
Le proteine del complemento sono presenti nel plasma in forma anafilassi (Cap. 6). C5a è inoltre un potente agente chemotattico
inattiva e molte di esse sono attivate in enzimi proteolitici che degra- per neutrofili, monociti, eosinofili e basofili. Nei neutrofili e nei
dano altre proteine del complemento, generando così una cascata monociti attiva la via lipossigenasica del metabolismo dell’AA,
enzimatica dotata di un notevole potenziale di amplificazione. La fase provocando l’ulteriore rilascio di mediatori dell’infiammazione.
critica nel processo di attivazione del complemento è rappresentata Fagocitosi. Quando si fissano alla parete cellulare del microbo,
dalla proteolisi del terzo (e più abbondante) componente, il C3. La C3b e il suo prodotto di degradazione iC3b (C3b inattivo) agi-
degradazione di C3 può avvenire attraverso tre vie: la via classica, scono come opsonine promuovendo la fagocitosi da parte dei
scatenata dal legame del componente C1 con anticorpi (IgM o IgG) neutrofili e dei macrofagi, che presentano recettori di superficie
combinati con l’antigene; la via alternativa, che può essere stimolata per i frammenti del complemento.
da molecole di superficie dei microbi (ad es. endotossina o LPS), Lisi cellulare. Il deposito del MAC sulla superficie cellulare rende
complessi polisaccaridici, veleno di cobra e altre sostanze, in assenza le cellule permeabili all’acqua e agli ioni, determinando la morte
di anticorpi; e la via della lectina, in cui la lectina plasmatica legante (lisi) di tali cellule.
il mannosio si lega ai carboidrati presenti sui microbi e attiva diretta-
mente C1. Indipendentemente dalla via implicata nelle prime fasi Tra i componenti del complemento, C3a e C5a rappresentano i più
dell’attivazione del complemento, si giunge sempre alla formazione importanti mediatori dell’infiammazione. Oltre che attraverso i mec-
di un enzima attivo detto C3 convertasi, che cliva C3 in due frammenti canismi già ricordati, C3 e C5 possono essere clivati da diversi enzimi
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 65

Figura 2.15 Correlazioni tra i quattro sistemi di mediatori plasmatici innescati dall’attivazione del fattore XII (fattore di Hageman). Si noti che la trombina
induce l’infiammazione legandosi a recettori attivati da proteasi (principalmente PAR-1) su piastrine, endotelio, cellule muscolari lisce e altre cellule. HMWK,
chininogeno ad alto peso molecolare.

proteolitici presenti nell’essudato infiammatorio. Questi ­comprendono Il fattore XII va quindi incontro a una modificazione conformazio-
la plasmina e gli enzimi lisosomiali rilasciati dai neutrofili (come pre- nale (trasformandosi nel fattore XIIa), con l’esposizione del sito at-
cedentemente illustrato). Le azioni chemotattiche del complemento e tivo di serina che può successivamente clivare i substrati proteici
l’attivazione del complemento a opera dei neutrofili possono pertanto e attivare vari sistemi di mediatori (si veda oltre). L’infiammazione
dare il via a un ciclo di reclutamento leucocitario che si autoalimenta. stimola la produzione di diversi fattori della coagulazione, rende
L’attivazione del complemento è strettamente controllata da proteine protrombogenica la superficie endoteliale e inibisce i meccanismi
regolatrici circolanti e associate alle cellule. Varie proteine regolatrici anticoagulatori, favorendo così la coagulazione. La trombina, un
inibiscono la produzione dei frammenti attivi del complemento o prodotto della coagulazione, promuove per contro l’infiammazione
rimuovono i frammenti che si depositano sulle cellule. Questi fattori legandosi ai recettori attivati dalla proteasi (Protease-Activated Re-
di regolazione, espressi sulle cellule normali dell’ospite e quindi in- ceptor, PAR), così chiamati per il fatto che interagiscono con una
vestiti della funzione di prevenire la lesione dei tessuti sani nei siti serie di serina-proteasi tripsina-simili oltre che con la trombina.75 I
di attivazione del complemento, possono essere sopraffatti nel caso PAR sono recettori a sette domini transmembrana accoppiati a
in cui grandi quantità di complemento vengano depositate sulle proteine G espressi da piastrine, cellule endoteliali, cellule della
cellule e sui tessuti dell’ospite come avviene nelle patologie autoim- muscolatura liscia e molti altri tipi cellulari. Il legame dei cosiddetti
muni, in cui i soggetti producono anticorpi fissanti il complemento recettori di tipo 1 (PAR-1) da parte delle proteasi, in particolare della
che attaccano antigeni self tissutali (Cap. 6). trombina, scatena molte risposte proinfiammatorie, tra cui la mo-
bilizzazione della selectina P, la produzione di chemochine e altre
citochine, l’espressione di molecole di adesione endoteliale per le
Sistema della coagulazione e delle chinine
integrine leucocitarie, l’induzione della ciclossigenasi-2 e la produ-
L’infiammazione e la coagulazione ematica si trovano spesso in una zione di prostaglandine, la produzione di PAF e di NO e, infine,
condizione di interconnessione in virtù della quale l’una favorisce alcune variazioni morfologiche dell’endotelio.75 Come abbiamo visto,
l’altra e viceversa.74 Il sistema della coagulazione si suddivide in due queste risposte promuovono il reclutamento dei leucociti e molte
vie convergenti, che culminano nell’attivazione della trombina e nella altre reazioni dell’infiammazione. Poiché la coagulazione e l’infiam-
formazione di fibrina (si veda Fig. 2.15 e Cap. 4). La via intrinseca mazione possono innescare un circolo vizioso di amplificazione,
della coagulazione è composta da una serie di proteine plasmatiche una potenziale strategia terapeutica per le malattie infiammatorie
che possono essere attivate dal fattore di Hageman (fattore XII), una sistemiche associate a infezioni batteriche gravi disseminate consiste
proteina sintetizzata dal fegato circolante in forma inattiva. Il fattore nell’interferire con la coagulazione. Tale principio è alla base del
XII è attivato dal contatto con superfici caricate negativamente, trattamento di queste patologie con proteina C attivata, dotata di
come avviene quando la permeabilità vascolare aumenta e le pro- proprietà anticoagulanti, dal quale può trarre beneficio un determi-
teine plasmatiche fuoriescono nello spazio extravascolare entrando nato gruppo di pazienti (Cap. 4).76
in contatto con il collagene, oppure quando entra in contatto con le Le chinine sono peptidi vasoattivi derivati da proteine plasmatiche
membrane basali esposte in conseguenza di un danno endoteliale. dette chininogeni per azione di proteasi specifiche chiamate callicreine.
66 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Anche il sistema della coagulazione e quello delle chinine sono in- volta dà l’avvio a una serie di sistemi a cascata (si veda Fig. 2.15),
timamente connessi. La forma attiva del fattore XII – il fattore XIIa amplificando la risposta.
– converte la precallicreina plasmatica in una forma attiva proteoli- Da questa trattazione delle proteasi plasmatiche attivate dal siste-
tica – l’enzima callicreina – che cliva un precursore glicoproteico ma del complemento, delle chinine e della coagulazione si possono
plasmatico – il chininogeno ad alto peso molecolare – per produrre trarre alcune conclusioni generali:
bradichinina (si veda Fig. 2.15).77 La bradichinina aumenta la per-
meabilità vascolare e causa la contrazione della muscolatura liscia, la La bradichinina, C3a e C5a (quali mediatori dell’aumento della
dilatazione dei vasi sanguigni e dolore quando iniettata nella cute, permeabilità vascolare), C5a (in qualità di mediatore della che-
con effetti dunque simili a quelli dell’istamina. L’azione della bradi- miotassi) e la trombina (dotata di effetti sulle cellule endoteliali
chinina è di breve durata in quanto il peptide viene rapidamente e su molti altri tipi cellulari) sono probabilmente i mediatori più
inattivato da un enzima detto chininasi. La chinina residua, infine, importanti in vivo.
viene inattivata durante il passaggio del plasma attraverso i polmoni C3a e C5a possono essere prodotti con varie modalità: (1) in
dall’enzima angiotensina convertasi. La callicreina è di per sé un conseguenza di reazioni immunitarie, con il coinvolgimento di
potente attivatore del fattore di Hageman, e ciò permette l’amplifica- anticorpi e complemento (via classica); (2) tramite l’attivazione
zione autocatalitica dello stimolo iniziale. È inoltre dotata di attività della via alternativa e della via della lectina da parte di microbi,
chemotattica e converte direttamente C5 nel prodotto chemioattrat- in assenza di anticorpi; (3) tramite agenti non direttamente col-
tore C5a. legati alla risposta immunitaria come la plasmina, la callicreina
Se, da un lato, il fattore XIIa induce la formazione di coaguli di e alcune serina-proteasi presenti nel tessuto normale.
fibrina, dall’altro è anche in grado di attivare il sistema fibrinolitico, Il fattore di Hageman attivato (fattore XIIa) dà inizio a quattro
un sistema a cascata che controbilancia la coagulazione degradando sistemi coinvolti nella risposta infiammatoria: (1) il sistema delle
la fibrina e solubilizzando così il coagulo. La callicreina, al pari chinine, che produce chinine vasoattive; (2) il sistema della coagu-
dell’attivatore del plasminogeno (rilasciato da endotelio, leucociti e lazione, che porta alla formazione di trombina, dotata di proprietà
altri tessuti), scinde il plasminogeno, una proteina plasmatica che si infiammatorie; (3) il sistema fibrinolitico, che produce plasmina e
lega al coagulo di fibrina in accrescimento, per generare plasmina, degrada la fibrina per generare fibrinopeptidi proinfiammatori;
una proteasi multifunzionale. Il sistema fibrinolitico contribuisce ai (4) il sistema del complemento, che produce anafilotossine e altri
fenomeni vascolari dell’infiammazione in diversi modi. Sebbene la mediatori. Alcuni dei prodotti di tali sistemi (in particolare la
funzione primaria della plasmina sia lisare i coaguli di fibrina, du- callicreina) possono attivare, tramite un meccanismo di feedback,
rante l’infiammazione essa cliva la proteina del complemento C3 per il fattore di Hageman, amplificando la reazione.
produrre frammenti di C3 e scinde la fibrina per generare prodotti
di scissione della fibrina, capaci di indurre permeabilità vascolare. Quando Lewis scoprì il ruolo dell’istamina nell’infiammazione, era
La plasmina può inoltre attivare il fattore di Hageman, che a sua opinione comune che un mediatore fosse sufficiente a spiegare il

Tabella 2.7 Ruolo dei mediatori nelle diverse reazioni infiammatorie


Ruolo nell’infiammazione Mediatori
Prostaglandine
Vasodilatazione
Ossido di azoto
Istamina

Aumento della permeabilità vascolare Istamina e serotonina


C3a e C5a (tramite la liberazione di amine vasoattive da parte dei
mastociti e di altre cellule)
Bradichinina
Leucotrieni C4, D4, E4
PAF
Sostanza P

Chemiotassi, reclutamento e attivazione dei leucociti TNF, IL-1


Chemochine
C3a, C5a
Leucotriene B4
(Prodotti batterici, ad es. peptidi contenenti N-formilmetionina)

Febbre IL-1, TNF


Prostaglandine

Dolore Prostaglandina
Bradichinina
Danno tissutale Enzimi lisosomiali dei leucociti
Specie reattive dell’ossigeno
Ossido di azoto

IL-1, interleuchina-1; PAF, fattore di attivazione delle piastrine; TNF, fattore di necrosi tumorale.
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 67

Figura 2.16 Esiti dell’infiammazione acuta: risoluzione, guarigione per fibrosi o infiammazione cronica. Sono elencate le componenti delle varie reazioni
e i relativi effetti funzionali.

processo. Oggi la lista è ben più lunga. Eppure abbiamo ragione di La guarigione mediante sostituzione con tessuto connettivo (fibro-
credere che, tra tutti questi, solo un numero esiguo di mediatori rivesta si). Ciò avviene in seguito a un danno tissutale di notevole entità,
un ruolo davvero fondamentale nelle reazioni dell’infiammazione quando la lesione infiammatoria colpisce tessuti che non sono in
acuta in vivo, di cui la Tabella 2.7 offre una sintetica presentazione. La grado di rigenerarsi o qualora vi sia un abbondante essudato ricco
ridondanza dei mediatori e delle loro azioni è intesa a garantire un’ef- di fibrina nei tessuti o nelle cavità sierose (pleura, peritoneo) che
ficace risposta protettiva che non possa essere facilmente turbata. non può essere adeguatamente eliminato. In tutte queste circo-
stanze, nell’area della lesione o dell’essudato si assiste allo sviluppo
di tessuto connettivo con conseguente formazione di una massa
Esiti dell’infiammazione acuta di tessuto fibroso, un processo detto anche organizzazione.
La progressione della risposta tissutale verso l’infiammazione
Sebbene, come immaginabile, numerose variabili – tra cui la natura cronica (descritta oltre). L’infiammazione cronica può seguire
e l’intensità della lesione, la sede e il tessuto interessati e la respon- un’infiammazione acuta ma è anche possibile che la risposta abbia
sività dell’ospite – possano modificare il processo di base dell’infiam- un carattere cronico sin dall’esordio. La transizione da infiamma-
mazione, tutte le reazioni infiammatorie acute possono avere tre zione acuta a cronica avviene quando la risposta infiammatoria
diversi esiti (Fig. 2.16): non può essere risolta a causa della persistenza dell’agente lesivo
o per qualche interferenza con il normale processo di guarigio-
Una completa risoluzione. Idealmente, tutte le reazioni infiam- ne.78 Un’infezione batterica del polmone, ad esempio, può iniziare
matorie, dopo avere neutralizzato ed eliminato gli stimoli lesivi, come un focolaio di infiammazione acuta (polmonite), ma l’im-
dovrebbero concludersi con il ripristino della sede dell’infiam- possibilità di giungere a una risoluzione può determinare ­un’estesa
mazione acuta al suo stato normale. Questo fenomeno è detto distruzione tissutale con formazione di una cavità in cui l’infiam-
risoluzione e rappresenta l’esito normale quando il danno è limi- mazione continua a persistere, portando infine allo sviluppo di
tato o di breve durata o quando la distruzione di tessuto è stata un ascesso polmonare cronico. Un altro esempio di infiamma-
di modesta entità e le cellule parenchimali danneggiate possono zione cronica con stimolo persistente è l’ulcera peptica del duo-
rigenerarsi. La risoluzione implica la rimozione dei detriti cellu- deno o dello stomaco. Le ulcere peptiche possono persistere per
lari e dei microbi a opera dei macrofagi e il riassorbimento del mesi o anni e, come ricordato più avanti, si manifestano con
liquido dell’edema nei vasi linfatici. reazioni infiammatorie tanto acute quanto croniche.
68 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Figura 2.17 Caratteristiche istopatologiche dell’infiammazione acuta. A. Nel polmone normale si osservano vasi sanguigni di piccolo diametro (prati-
camente invisibili) nelle pareti alveolari e l’assenza di cellule negli alveoli. B. La componente vascolare dell’infiammazione acuta si manifesta nella forma
di un congestionamento dei vasi sanguigni (con un elevato contenuto di eritrociti), dovuto alla stasi. C. La componente cellulare della risposta è rappre-
sentata dal folto numero di leucociti (neutrofili) riscontrato negli alveoli.

Tipi morfologici dell’infiammazione acuta Infiammazione Fibrinosa

In presenza di una maggiore permeabilità vascolare, molecole di


Gli elementi morfologici distintivi di qualsiasi reazione infiamma- grandi dimensioni come il fibrinogeno possono attraversare la bar-
toria acuta sono la dilatazione dei piccoli vasi sanguigni, il rallenta- riera vascolare, formando fibrina che viene depositata nello spazio
mento del flusso ematico e l’accumulo di leucociti e liquidi nel extracellulare. Un essudato fibrinoso si sviluppa quando le aperture
­tessuto extravascolare (Fig. 2.17). A questi aspetti generali, tuttavia, vascolari sono ampie o in presenza di uno stimolo procoagulante
si sommano spesso elementi morfologici peculiari, diversi a seconda locale (ad es. cellule cancerose). Un essudato fibrinoso è tipico
della gravità della reazione, della sua causa specifica e del particolare dell’infiammazione dei rivestimenti delle cavità corporee, come le
tessuto e sito coinvolto. Sapere riconoscere tali caratteristiche ma- meningi, il pericardio (Fig. 2.19 A) e la pleura. Istologicamente, la
croscopiche e microscopiche è importante poiché in molti casi fibrina si presenta come una fitta trama eosinofila di filamenti o,
forniscono indicazioni preziose sulla causa sottostante. talora, come un coagulo amorfo (Fig. 2.19 B). Gli essudati fibrinosi
possono essere rimossi mediante un processo di fibrinolisi e di
asportazione degli altri detriti da parte dei macrofagi. Nel tempo, se
Infiammazione Sierosa
non rimossa, la fibrina può stimolare l’accrescimento di fibroblasti
L’infiammazione sierosa è caratterizzata dalla fuoriuscita di un liquido e vasi sanguigni, determinando così la formazione di una cicatrice.
a scarso contenuto proteico che può derivare dal plasma o dalle se- La trasformazione dell’essudato fibrinoso in tessuto cicatriziale
crezioni delle cellule mesoteliali che rivestono la cavità peritoneale, (organizzazione) all’interno del sacco pericardico conduce a un
pleurica e pericardica. L’accumulo di liquidi in queste cavità è definito ispessimento fibroso opaco del pericardio e dell’epicardio nell’area
versamento. Le vesciche cutanee dovute a un’ustione o a un’infezione dell’essudazione e, in caso di fibrosi estesa, all’obliterazione dello
virale consistono in un abbondante accumulo di liquido sieroso, spazio pericardico.
all’interno o immediatamente al di sotto dell’epidermide (Fig. 2.18).
Infiammazione Suppurativa
O Purulenta E Ascesso
Questo tipo di infiammazione è caratterizzato dalla produzione di
grandi quantità di pus o essudato purulento, costituito da neutrofili,
necrosi colliquativa e liquido edematoso. Alcuni batteri (ad es. gli
stafilococchi) inducono questo tipo di suppurazione localizzata e
sono pertanto definiti batteri piogeni (che producono pus). Un esem-
pio comune di infiammazione suppurativa acuta è l’appendicite
acuta. Gli ascessi sono raccolte localizzate di tessuto infiammatorio
purulento causate dalla suppurazione all’interno di un tessuto, di un
organo o di uno spazio confinato e secondarie alla disseminazione
profonda di batteri piogeni all’interno di un tessuto (Fig. 2.20). Negli
ascessi è possibile distinguere una regione centrale che si presenta
come una massa necrotica di leucociti e cellule del tessuto. Attorno
a questo focolaio di necrosi si osserva in genere una zona ricca di
neutrofili vitali e, al di fuori di tale regione, una vasodilatazione con
proliferazione di cellule parenchimali e fibroblasti, indizio dell’in-
Figura 2.18 Infiammazione sierosa. Immagine a basso ingrandimento
di una sezione trasversale di una vescicola cutanea in cui si può osservare fiammazione cronica e del processo riparativo. Con il tempo, l’asces-
l’epidermide separata dal derma da una raccolta locale di essudato so può venire isolato dai tessuti circostanti ed essere infine sostituito
sieroso. da tessuto connettivo.
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 69

Figura 2.19 Pericardite fibrinosa. A. Depositi di fibrina sul pericardio. B. Una trama rosa di essudato fibrinoso (F) ricopre la superficie del pericardio (P).

Ulcere Riassunto dell’infiammazione acuta


Un’ulcera è una lesione locale, altrimenti detta escavazione, della Dopo avere così descritto le componenti, i mediatori e le manifesta-
superficie di un organo o tessuto prodotta dall’eliminazione (distacco) zioni patologiche delle risposte infiammatorie acute, è utile riassu-
di tessuto necrotico infiammato, determinante una soluzione di con- mere la sequenza di eventi che si verifica in una tipica risposta di
tinuo che non tende alla guarigione (Fig. 2.21). L’ulcerazione si veri- questo genere.79 Quando un ospite entra in contatto con un agente
fica solamente quando la necrosi tissutale e l’infiammazione che ne lesivo, ad esempio un microbo infettivo o una cellula morta, i fagociti
consegue sono localizzate in prossimità o sulla superficie del tessuto, che risiedono in tutti i tessuti tentano di eliminarlo. Allo stesso tempo,
e si riscontra con maggiore frequenza (1) nella mucosa della bocca, i fagociti e le altre cellule dell’ospite reagiscono alla presenza della
dello stomaco, dell’intestino e del tratto genitourinario e (2) nella sostanza estranea o anomala liberando citochine, messaggeri lipidici
cute e nel tessuto sottocutaneo degli arti inferiori nelle persone e ulteriori mediatori dell’infiammazione. Alcuni di questi mediatori
anziane con problemi circolatori predisponenti a necrosi ischemica agiscono sui piccoli vasi sanguigni in prossimità della lesione, pro-
estesa. muovendo la fuoriuscita di plasma e il reclutamento dei leucociti
Il migliore esempio di ulcerazione è l’ulcera peptica dello stomaco circolanti nella sede in cui è localizzato l’agente lesivo. I leucociti
o del duodeno, in cui coesistono infiammazione acuta e cronica. reclutati vengono attivati dall’agente lesivo e dai mediatori prodotti
Durante la fase acuta si osserva un’intensa infiltrazione di polimor- localmente e tentano di rimuovere l’agente dannoso fagocitandolo.
fonucleati con vasodilatazione ai margini della lesione. Con la Dopo l’eliminazione dell’agente lesivo e l’attivazione dei meccanismi
­cronicizzazione, ai margini e alla base dell’ulcera si sviluppa una antinfiammatori, il processo si spegne e l’ospite ritorna a un normale
proliferazione fibroblastica, con cicatrizzazione e accumulo di lin- stato di salute; se l’agente lesivo non può essere eliminato rapidamen-
fociti, macrofagi e plasmacellule. te, l’infiammazione da acuta può trasformarsi in cronica.

Figura 2.20 Infiammazione purulenta. A. Ascessi batterici multipli nel polmone di un paziente affetto da broncopolmonite. B. L’ascesso contiene neu-
trofili e detriti cellulari ed è circondato da vasi sanguigni congestionati.
70 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Figura 2.21 Morfologia dell’ulcera. A. Ulcera duodenale cronica. B. Immagine a basso ingrandimento del cratere di un’ulcera duodenale con essudato
infiammatorio acuto alla base.

Le manifestazioni cliniche e patologiche della risposta infiamma- danno tissutale osservato in alcune delle patologie umane più fre-
toria sono determinate da diverse reazioni. I fenomeni vascolari quenti e invalidanti, come l’artrite reumatoide, l’aterosclerosi, la
dell’infiammazione acuta sono caratterizzati dall’aumento del flusso tubercolosi e la fibrosi polmonare, ed è stato suggerito che possa
sanguigno nella zona lesa, che deriva principalmente dalla dilata- essere implicato nella progressione del cancro e in malattie un tempo
zione arteriolare e dall’apertura dei letti capillari, due meccanismi ritenute puramente degenerative, come il morbo di Alzheimer.
indotti da mediatori come l’istamina. L’aumento della permeabilità
vascolare dà luogo a un accumulo di liquido extravascolare ricco di Cause Dell’infiammazione Cronica
proteine, che costituisce l’essudato. Le proteine plasmatiche lasciano
i vasi, il più delle volte attraverso le giunzioni tra le cellule endoteliali Lo sviluppo di un’infiammazione cronica è osservato nei seguenti
delle venule, che risultano allargate. Il rossore (rubor), il calore contesti:
(calor) e il rigonfiamento (tumor) tipici dell’infiammazione acuta Infezioni persistenti sostenute da microrganismi difficili da elimi-
sono causati dall’aumento del flusso sanguigno e dall’edema. I leu- nare, quali ad esempio i micobatteri e determinati virus, funghi e
cociti circolanti, all’inizio prevalentemente neutrofili, aderiscono parassiti. Questi microrganismi evocano spesso una reazione im-
all’endotelio mediante molecole di adesione, lo attraversano e mi- munitaria definita ipersensibilità ritardata (Cap. 6). La reazione
grano nella sede della lesione guidati dagli agenti chemotattici. I infiammatoria talvolta assume un quadro caratteristico chiamato
leucociti attivati dall’agente lesivo e dai mediatori endogeni possono reazione granulomatosa (si veda oltre).
liberare metaboliti tossici e proteasi in sede extracellulare, causando Malattie infiammatorie immuno-mediate. L’infiammazione cro-
danno tissutale. Uno dei sintomi locali caratteristici durante la fase nica riveste un ruolo importante in un gruppo di patologie causate
di danno, dovuto in parte alla liberazione di prostaglandine, neuro- da un’attivazione eccessiva e inopportuna del sistema immunitario.
peptidi e citochine, è rappresentato dal dolore (dolor). In particolari condizioni possono infatti svilupparsi reazioni immu-
Nella pratica clinica, la causa sottostante determinerà la decisione nitarie contro i tessuti dell’individuo stesso, responsabili dell’insor-
terapeutica improntata a promuovere o ridurre l’infiammazione. genza di malattie autoimmuni (Cap. 6). In queste malattie, gli
Nelle infezioni, il trattamento mira ad aumentare la risposta dell’ospi- ­antigeni self evocano una reazione immunitaria che si automantiene,
te affinché l’infezione venga eliminata, il che spiega l’uso di impacchi dando luogo a una lesione cronica dei tessuti soggetti a infiamma-
caldi e gargarismi in caso di faringite (mal di gola). Nelle lesioni zione: ne sono un esempio l’artrite reumatoide e la sclerosi multipla.
traumatiche e nelle malattie infiammatorie croniche, per contro, In altri casi, l’infiammazione cronica è il risultato dell’allestimento
l’infiammazione non è di alcuna utilità e l’obiettivo consiste pertanto di risposte immunitarie non regolate dirette contro popolazioni
nel ridurla con il freddo (nei casi di trauma) e con l’assunzione di microbiche, condizione osservata nelle malattie infiammatorie in-
farmaci antinfiammatori. In determinate sedi, ad esempio la cornea, testinali. Le risposte immunitarie a sostanze ambientali sono invece
può essere indicato sopprimere persino l’infiammazione acuta, in causa di malattie allergiche come l’asma bronchiale (Cap. 6). Dal
modo da preservare la trasparenza corneale. momento che simili reazioni autoimmuni e allergiche sono inap-
propriatamente innescate contro antigeni normalmente innocui,
esse non hanno alcuna utilità e non fanno altro che causare malattia.
Infiammazione cronica Tali affezioni possono mostrare quadri morfologici misti di infiam-
mazione acuta e cronica, in quanto caratterizzate da riacutizzazioni
Si definisce infiammazione cronica un’infiammazione protratta (per infiammatorie ripetute, e negli stadi tardivi è possibile osservare una
settimane o mesi) in cui coesistono – variamente combinati – infiam- predominanza fibrotica.
mazione, danno tissutale e tentativi di riparazione. L’infiammazione Prolungata esposizione ad agenti potenzialmente tossici, esogeni o
cronica può seguire un’infiammazione acuta, come abbiamo visto, endogeni. Un esempio di agente esogeno è rappresentato dalle par-
o esordire in maniera insidiosa presentandosi come una risposta ticelle di silicio, materiale inorganico non degradabile che, se inalato
debole e persistente, spesso senza manifestazioni di una reazione per periodi prolungati, causa una malattia infiammatoria dei
acuta. Quest’ultimo tipo di infiammazione cronica è la causa del ­polmoni chiamata silicosi (Cap. 15). Si ritiene che l’aterosclerosi
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 71

(Cap. 11) sia un processo infiammatorio cronico della parete arte-


riosa indotto, almeno in parte, dalle componenti lipidiche plasma-
tiche tossiche di origine endogena.

Caratteristiche Morfologiche
A differenza dell’infiammazione acuta, che si manifesta principal-
mente con alterazioni vascolari, edema e infiltrato prevalentemente
neutrofilo, l’infiammazione cronica è caratterizzata da:

infiltrazione di cellule mononucleate, che comprendono macrofagi,


linfociti e plasmacellule (Fig. 2.22);
danno tissutale, indotto dalla persistenza dell’agente lesivo o dalle
cellule infiammatorie;
tentativi di riparazione tramite la sostituzione del tessuto danneg-
giato con tessuto connettivo, che si realizzano con la proliferazione
di piccoli vasi sanguigni (angiogenesi) e, soprattutto, con lo svi-
luppo di fibrosi.80

L’angiogenesi e la fibrosi, essendo anche elementi della guarigione


e della riparazione delle ferite, verranno trattate più estesamente nel
Capitolo 3.

Ruolo Dei Macrofagi Nell’infiammazione


Cronica
Il macrofago è il principale protagonista cellulare dell’infiammazione
cronica, per cui inizieremo la nostra trattazione con una breve de-
scrizione della sua biologia. I macrofagi sono una componente del
sistema dei fagociti mononucleati (Fig. 2.23). Il sistema dei fagociti
mononucleati (talvolta detto sistema reticoloendoteliale) è costituito
Figura 2.22 A. Infiammazione cronica polmonare in cui è possibile os-
servare i tre aspetti istologici caratteristici: (1) reclutamento delle cellule
da cellule originanti nel midollo osseo strettamente correlate tra
dell’infiammazione cronica (*), (2) distruzione del parenchima (gli alveoli loro, compresi monociti del sangue e macrofagi tissutali. Questi
normali sono sostituiti da spazi rivestiti da epitelio cubico, punte di freccia), ultimi sono diffusamente distribuiti nel tessuto connettivo o loca-
(3) sostituzione con tessuto connettivo (fibrosi, frecce). B. Nell’infiamma- lizzati in organi come il fegato (cellule di Kupffer), la milza e i lin-
zione acuta del polmone (broncopolmonite acuta), per contro, i neutrofili fonodi (istiociti dei seni) e polmoni (macrofagi alveolari), nonché
riempiono gli spazi alveolari e i vasi ematici sono congestionati.

Figura 2.23 Maturazione dei fagociti mononucleati. (Da Abbas AK et al: Cellular and Molecular Immunology, 5th ed. Philadelphia, WB Saunders, 2003)
72 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

nel sistema nervoso centrale (microglia). I fagociti mononucleati


derivano tutti da un precursore comune nel midollo osseo, che dà
origine ai monociti circolanti. Dal sangue, i monociti migrano in
vari tessuti e si differenziano in macrofagi. L’emivita dei monociti
circolanti è di circa un giorno, mentre quella dei macrofagi tissutali
è di diversi mesi o anni. Il passaggio da cellula staminale del midollo
osseo a macrofago tissutale è regolato da numerosi fattori di crescita
e di differenziamento, dalle citochine, dalle molecole di adesione e
dalle interazioni cellulari.
Come descritto nei paragrafi precedenti, durante l’infiammazione
acuta i monociti iniziano a migrare nel tessuto extravascolare piut-
tosto precocemente ed entro 48 ore possono diventare il tipo cellulare
prevalente. La fuoriuscita dei monociti dai vasi è regolata dagli stessi
fattori coinvolti nella migrazione dei neutrofili, ossia da molecole di
adesione e da mediatori chimici con proprietà chemotattiche e atti-
vatrici.81 Quando raggiungono il tessuto extravascolare, i monociti
si trasformano in cellule fagocitarie di maggiori dimensioni, i ma-
crofagi. I macrofagi possono essere attivati da vari stimoli, compresi
i prodotti microbici che si legano ai TLR e ad altri recettori cellulari,
le citochine (ad es. IFN-g) secrete dai linfociti T sensibilizzati e dalle
cellule natural killer, e altri mediatori chimici (Fig. 2.24).
I prodotti dei macrofagi attivati servono a eliminare gli agenti lesivi
come i microbi e a iniziare il processo riparativo; nell’infiammazione
cronica, inoltre, sono in larga misura responsabili del danno tissutale.
L’attivazione dei macrofagi determina un aumento dei livelli degli
enzimi lisosomiali e delle specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto,
oltre a indurre la produzione di citochine, fattori di crescita e altri
mediatori dell’infiammazione. Alcuni di questi prodotti sono tossici
per i microbi e per le cellule dell’ospite (ad es. le specie reattive
dell’ossigeno e dell’azoto) o per la matrice extracellulare (proteasi);
alcuni causano l’afflusso di altri tipi cellulari (ad es. citochine e fattori
chemotattici); altri ancora determinano la proliferazione di fibro-
blasti, il deposito di collagene e l’angiogenesi (ad es. i fattori di cre-
scita). Come illustrato nella Figura 2.10, popolazioni di macrofagi
diverse assolvono a funzioni distinte, in alcuni casi partecipando
all’uccisione microbica e all’infiammazione, in altri contribuendo Figura 2.24 Ruolo dei macrofagi attivati nell’infiammazione cronica. I
alla riparazione.38 Il loro impressionante arsenale di mediatori li macrofagi sono attivati da stimoli non immunitari come le endotossine o
rende potenti alleati delle difese dell’organismo contro gli invasori dalle citochine secrete dai linfociti T attivati (in particolare IFN-g). Sono in-
indesiderati, ma queste stesse armi possono anche indurre una dicati i prodotti dei macrofagi attivati responsabili del danno tissutale e della
fibrosi. AA, acido arachidonico; PDGF, fattore di crescita di derivazione
considerevole distruzione tissutale quando i macrofagi sono attivati piastrinica; FGF, fattore di crescita fibroblastico; TGFb, fattore di crescita
inopportunamente. E la distruzione tissutale che costituisce un segno trasformante b.
distintivo dell’infiammazione cronica è dovuta proprio all’azione di
questa popolazione cellulare. A sua volta, la distruzione tissutale in
atto può attivare la cascata infiammatoria, il che spiega come mai in T e B) stimolati dagli antigeni (linfociti attivati e cellule memoria)
certi casi possano coesistere caratteristiche tipiche dell’infiamma- utilizzano varie coppie di molecole di adesione (selectine, inte-
zione acuta e di quella cronica. grine e relativi ligandi) e chemochine per migrare nella sede
Nell’infiammazione di breve durata, se l’agente irritante viene dell’infiammazione. Le citochine dei macrofagi attivati, soprat-
eliminato, i macrofagi scompaiono (morendo o ritornando nei vasi tutto TNF, IL-1 e chemochine, promuovono il reclutamento dei
linfatici e nei linfonodi). Nell’infiammazione cronica, invece, l’accu- leucociti, ponendo le basi per la persistenza della risposta infiam-
mulo di macrofagi persiste in conseguenza dell’ininterrotto recluta- matoria. I linfociti e i macrofagi agiscono in stretta relazione,
mento delle cellule circolanti nonché per effetto della proliferazione guidando reazioni che rivestono un ruolo importante nell’infiam-
locale nella sede dell’infiammazione. mazione cronica (Fig. 2.25). I macrofagi presentano gli antigeni
ai linfociti T ed esprimono molecole di membrana (costimolatori)
e citochine (in particolare IL-12) che stimolano la risposta delle
Altre Cellule Dell’infiammazione
cellule T (Cap. 6). I linfociti T attivati producono citochine, al-
Cronica
cune delle quali reclutano i monociti circolanti; una in partico-
Gli altri tipi cellulari coinvolti nell’infiammazione cronica compren- lare, l’IFN-g, è un potente attivatore dei macrofagi. A causa di
dono linfociti, plasmacellule, eosinofili e mastociti: tali interazioni tra i linfociti T e i macrofagi, una volta che il si-
stema immunitario è stato coinvolto in una reazione infiamma-
I linfociti vengono mobilitati sia nelle reazioni immunitarie umo- toria questa tende ad assumere carattere di cronicità e severità,
rali sia in quelle cellulo-mediate. Linfociti di diverso tipo (cellule tant’è vero che l’infiammazione caratterizzata da una marcata
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 73

è l’eotassina. Gli eosinofili possiedono granuli contenenti la pro-


teina basica maggiore, una proteina altamente cationica tossica
per i parassiti ma capace anche di causare la lisi delle cellule
epiteliali di mammifero. Gli eosinofili, pertanto, possono essere
molto utili nel controllo delle infezioni parassitarie, ma contri-
buiscono al danno tissutale in reazioni immunitarie come le al-
lergie (Cap. 6).83
I mastociti sono ampiamente distribuiti nel tessuto connettivo
e partecipano sia all’infiammazione acuta sia a quella cronica.
I mastociti esprimono sulla loro superficie il recettore legante
la porzione Fc delle IgE (recettore FcεRI). Nelle reazioni di
ipersensibilità immediata, le IgE si legano ai suddetti recettori
dei mastociti, facendo sì che le cellule si degranulino e rilascino
mediatori come l’istamina e le prostaglandine (Cap. 6). Questo
tipo di risposta si verifica nelle reazioni allergiche nei confronti
di alimenti, veleno di insetti o farmaci, spesso con risultati ca-
tastrofici (ad es. shock anafilattico). I mastociti partecipano
inoltre alle reazioni infiammatorie croniche e, poiché secernono
Figura 2.25 Interazioni macrofago-linfocita nell’infiammazione cronica.
un vasto numero di citochine, sono in grado sia di promuovere
Le cellule T attivate producono citochine che reclutano i macrofagi (TNF, sia di limitare le reazioni infiammatorie a seconda della
IL-17, chemochine) e altri fattori che attivano i macrofagi (IFN-g). Diversi situazione.
sottogruppi di cellule T (TH1 e TH17) producono tipi di citochine differenti,
come descritto nel Cap. 6. I macrofagi attivati a loro volta stimolano le cellule I neutrofili, pur essendo le cellule caratteristiche dell’infiamma-
T presentando l’antigene e secernendo citochine (ad es. IL-12).
zione acuta, sono presenti in grandi quantità anche in molte forme
di infiammazione cronica che si protraggono per mesi, nel qual caso
attivazione immunitaria (ad es. risposte dei linfociti T e B) è sono indotti sia dalla persistenza dei microbi sia dai mediatori pro-
talvolta definita infiammazione immunitaria (Cap. 6). dotti da macrofagi e linfociti T attivati. Nell’infezione cronica dell’os-
so di origine batterica (osteomielite) un essudato ricco di neutrofili
Le plasmacellule originano dai linfociti B attivati e producono può persistere per diversi mesi. A livello polmonare, poi, i neutrofili
anticorpi diretti contro antigeni estranei persistenti o antigeni hanno un ruolo importante nel danno cronico indotto dal fumo o
dell’ospite nella sede dell’infiammazione ovvero contro compo- da altri stimoli irritanti (Cap. 15).
nenti tissutali alterate. In alcune reazioni infiammatorie croni- Oltre agli infiltrati cellulari, nelle reazioni infiammatorie cro-
che di particolare intensità, l’accumulo di linfociti, cellule niche si osserva spesso anche un’evidente proliferazione di vasi
­presentanti gli antigeni e plasmacellule può assumere le carat- sanguigni e linfatici, fenomeno stimolato da fattori di crescita
teristiche morfologiche proprie degli organi linfoidi, soprattutto come il VEGF, prodotto dai macrofagi e dalle cellule endoteliali
dei linfonodi, e contenere addirittura centri germinali ben (Cap. 3).
formati. Simili formazioni sono definite organi linfoidi terziari
e questo tipo di organogenesi linfoide è molto frequente nella Infiammazione Granulomatosa
sinoviale di pazienti affetti da artrite reumatoide da lunga
data.82 L’infiammazione granulomatosa è una forma caratteristica di infiam-
Gli eosinofili abbondano nelle reazioni immunitarie mediate dalle mazione cronica riscontrata in un numero limitato di condizioni
IgE e nelle infezioni da parassiti (Fig. 2.26). Una chemochina infettive e in alcune condizioni non infettive. Le reazioni immuni-
particolarmente importante per il reclutamento degli eosinofili tarie sono in genere implicate nello sviluppo dei granulomi, per cui
tale processo sarà descritto in maniera più approfondita nel
Capitolo 6. Fondamentalmente, tuttavia, un granuloma si può defi-
nire come un tentativo cellulare di contenere un agente lesivo difficile
da eliminare. Tale azione è spesso associata a una potente attivazione
dei linfociti T con conseguente attivazione dei macrofagi, i quali
possono danneggiare i tessuti normali. La tubercolosi è il prototipo
delle malattie granulomatose, che comprendono anche la sarcoidosi,
le malattie da graffio di gatto, il linfogranuloma inguinale, la lebbra,
la brucellosi, la sifilide, alcune infezioni micotiche, la berilliosi, le
reazioni a lipidi irritanti e alcune malattie autoimmuni (Tab. 2.8). Il
riconoscimento della natura granulomatosa dell’infiammazione in
un campione bioptico è importante alla luce del numero limitato di
condizioni patologiche che la causano e della significatività delle
diagnosi associate alle lesioni.
Un granuloma è un focolaio di infiammazione cronica costituito
da un aggregato microscopico di macrofagi morfologicamente
­trasformati in cellule epitelioidi, circondato da leucociti mononucleati,
Figura 2.26 Un focolaio di infiammazione con numerosi eosinofili. soprattutto linfociti e, occasionalmente, plasmacellule. Nelle abituali
74 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Tabella 2.8 Esempi di malattie caratterizzate da infiammazione granulomatosa


Malattia Causa Reazione tissutale

Tubercolosi Mycobacterium tuberculosis Granuloma caseoso (tubercolo): focolaio di


macrofagi attivati (cellule epitelioidi),
circondato da fibroblasti, linfociti, istiociti
e, occasionalmente, cellule giganti di tipo
Langhans; necrosi centrale con detriti
granulari amorfi; bacilli acido-resistenti

Lebbra Mycobacterium leprae Presenza di bacilli acido-resistenti nei


macrofagi; granulomi non caseosi

Sifilide Treponema pallidum Gomma: lesione di entità variabile, da


microscopica a visibile a occhio nudo, con
palizzate di istiociti; infiltrato di
plasmacellule; cellule necrotiche al centro,
senza perdita dei margini cellulari

Malattia da graffio di gatto Bacilli Gram-negativi Granuloma circolare o stellato contenente


detriti granulari centrali e neutrofili; cellule
giganti poco frequenti

Sarcoidosi Eziologia ignota Granulomi non caseosi con abbondante


presenza di macrofagi attivati

Malattia di Crohn (malattia infiammatoria Reazione immunitaria rivolta contro batteri Occasionali granulomi non caseosi nelle
intestinale) intestinali e antigeni self pareti dell’intestino con denso infiltrato
infiammatorio cronico

sezioni tissutali colorate con ematossilina ed eosina, le cellule epi- proteico estraneo, lo processano e ne presentano i peptidi ai linfociti
telioidi (le quali sono istiociti modificati e vengono dette ­epitelioidi T antigene-specifici, attivandoli (Cap. 6). I linfociti T che rispondono
perché si trovano a mutuo contatto tra di esse, simulando dunque all’antigene producono citochine come l’IL-2, che attiva altre cellule
un epitelio) presentano un citoplasma granulare rosa pallido con T, amplificando così la risposta, e l’IFN-g, importante nell’attivazione
margini cellulari indistinti che spesso appaiono confluenti. Il nucleo dei macrofagi e nella loro trasformazione in cellule epitelioidi
è meno denso di quello di un linfocita, ha forma ovale o allungata e e cellule giganti multinucleate.
può mostrare ripiegamenti della membrana nucleare. Una parete di Il prototipo del granuloma di tipo immunitario è quello causato
fibroblasti e tessuto connettivo circonda i granulomi più vecchi. dall’infezione da Mycobacterium tuberculosis. In questa patologia, il
Spesso le cellule epitelioidi si fondono per formare cellule giganti, granuloma – definito tubercolo – è spesso caratterizzato dalla presen-
localizzate in periferia o talvolta al centro dei granulomi. Queste za di necrosi caseosa centrale (si veda Fig. 2.27), condizione per
cellule giganti, le quali possono raggiungere un diametro di 40- contro rara in altre malattie granulomatose. Le caratteristiche mor-
50 mm, presentano un’ampia massa di citoplasma contenente 20 o fologiche dei vari granulomi possono essere abbastanza differenti
più nuclei di piccole dimensioni disposti perifericamente (cellule da consentire una diagnosi ragionevolmente accurata se eseguita da
giganti di tipo Langhans) o dispersi nel citoplasma in maniera di- un anatomo-patologo esperto (si veda Tab. 2.8); tuttavia, i casi atipici
sordinata (cellule giganti da corpo estraneo) (Fig. 2.27). Non si
conoscono differenze funzionali tra questi due tipi di cellule giganti,
ciononostante i patologi insistono nel distinguerli (probabilmente
perché offrono un utile spunto per le domande di esame).
Esistono due tipi di granulomi, diversi per patogenesi. I granulomi
da corpo estraneo sono causati da corpi estranei relativamente inerti.
Tipicamente, i granulomi da corpo estraneo si formano attorno a
materiali come talco (associato all’assunzione di droghe per via
endovenosa, Cap. 9), fili di sutura o altre fibre di dimensioni suffi-
cientemente grandi da impedire la fagocitosi, e non evocano alcuna
reazione specifica di tipo infiammatorio o immunitario. Cellule
epitelioidi e cellule giganti circondano la superficie del corpo estra-
neo, che può essere generalmente identificato al centro del granu-
loma, soprattutto mediante l’osservazione in luce polarizzata, che lo
fa apparire rifrangente.
I granulomi di tipo immunitario sono causati da vari agenti capaci
di indurre una risposta immunitaria cellulo-mediata (Cap. 6). Di
norma, questo tipo di risposta immunitaria produce granulomi Figura 2.27 Tipico granuloma tubercolare che mostra un’area di ne-
quando l’agente scatenante è scarsamente degradabile o permane in crosi centrale circondata da molteplici cellule giganti di tipo Langhans,
forma corpuscolata. In tal caso, i macrofagi inglobano l’antigene cellule epitelioidi e linfociti.
CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 75

sono tanto numerosi da rendere sempre necessaria l’identificazione causata da qualsiasi tipo di stimolo. Le proteine di fase acuta
dell’agente eziologico con colorazioni specifiche per i microrganismi producono effetti benefici durante l’infiammazione acuta ma,
(ad es. colorazioni acidofile per i bacilli tubercolari), con metodi di come vedremo in seguito (Cap. 6), una produzione protratta di
coltura (ad es. nella patologia tubercolare e micotica), con tecniche tali proteine (in particolare SAA) in stati di infiammazione cronica
molecolari (ad es. la PCR nella tubercolosi) e con prove sierologiche è causa di amiloidosi secondaria. Livelli sierici elevati di CRP sono
(ad es. nella sifilide). stati proposti quali indicatori di rischio per l’infarto del miocardio
in pazienti con patologie coronariche.86 Si ritiene che l’infiamma-
zione che coinvolge le placche aterosclerotiche nelle coronarie
Effetti sistemici dell’infiammazione predisponga alla trombosi e al conseguente infarto, e la CRP è
prodotta nel corso dell’infiammazione. Un altro peptide la cui
Chiunque abbia sofferto di un grave mal di gola o di un’infezione produzione risulta aumentata nella risposta di fase acuta è l’epci-
respiratoria ha sperimentato le manifestazioni sistemiche dell’in- dina, peptide regolatore del ferro.87 Concentrazioni plasmatiche
fiammazione acuta. Le alterazioni sistemiche associate all’infiam- cronicamente elevate di epcidina riducono la disponibilità di ferro
mazione acuta – definite nel complesso reazione di fase acuta o e sono responsabili dell’insorgenza dell’anemia associata all’in-
sindrome da risposta infiammatoria sistemica – sono reazioni alle fiammazione cronica (Cap. 14).
citochine prodotte in risposta a prodotti batterici come LPS e altri La leucocitosi è una caratteristica comune delle reazioni infiam-
stimoli infiammatori. La reazione di fase acuta consiste in numerose matorie, specie quelle generate da infezioni batteriche. La conta
modificazioni cliniche e anatomo-patologiche: leucocitaria progredisce in genere da 15.000 a 20.000 cellule/mL,
ma può talvolta raggiungere livelli eccezionalmente alti di 40.000-
La febbre, caratterizzata da un innalzamento della temperatura 100.000 cellule/mL. Questi innalzamenti estremi sono detti rea-
corporea, in genere di 1-4 °C, è una delle manifestazioni più evi- zioni leucemoidi per l’affinità alle conte leucocitarie riscontrate
denti della reazione di fase acuta, soprattutto quando l’infiamma- nella leucemia, ma è importante che le due condizioni vengano
zione è associata a un’infezione. La febbre è generata in risposta a distinte. La leucocitosi compare inizialmente a causa di un au-
sostanze dette pirogeni, che stimolano la sintesi delle prostaglan- mentato rilascio di cellule dal pool di riserva del midollo osseo
dine nelle cellule vascolari e perivascolari dell’ipotalamo. I prodotti (indotto da citochine, tra cui TNF e IL-1) ed è perciò associata
batterici come LPS (detti pirogeni esogeni) stimolano i leucociti a all’aumento del numero di neutrofili immaturi nel sangue (spo-
rilasciare citochine quali IL-1 e TNF (detti pirogeni endogeni) stamento a sinistra). Infezioni prolungate inducono anche la
determinanti la sovraespressione degli enzimi che convertono l’AA proliferazione dei precursori nel midollo osseo, causata dalla
e prostaglandine (ciclossigenasi).84 Nell’ipotalamo, le prostaglan- maggiore produzione di fattori stimolanti le colonie. La produ-
dine – soprattutto PGE2 – stimolano la produzione di neurotra- zione di leucociti del midollo osseo viene dunque incrementata
smettitori come l’adenosina monofosfato ciclico, che agisce per compensare la perdita di tali cellule nella reazione infiamma-
­regolando la temperatura basale a un livello più alto. I FANS, toria (si veda anche la trattazione della leucocitosi nel Cap. 13).
compreso l’acido acetilsalicilico, riducono la febbre inibendo la La maggior parte delle infezioni batteriche induce un aumento
sintesi di prostaglandine. È stato dimostrato che un’elevata tempe- della conta di neutrofili nel sangue, detta neutrofilia. Infezioni
ratura corporea aiuta gli anfibi a bloccare le infezioni microbiche virali come la mononucleosi infettiva, la parotite e la rosolia
e si ritiene che la febbre agisca nello stesso modo anche nei mam- provocano un aumento assoluto del numero di linfociti (linfoci-
miferi, benché il meccanismo sia sconosciuto. Un’ipotesi è che la tosi). Nell’asma bronchiale, nelle allergie e nelle infestazioni pa-
febbre possa indurre l’espressione di proteine da shock termico, le rassitarie si osserva invece un aumento assoluto del numero di
quali aumentano le risposte linfocitarie agli antigeni microbici. eosinofili, determinante una condizione di eosinofilia. Alcune
Le proteine di fase acuta sono proteine plasmatiche, sintetizzate infezioni (febbre tifoide e infezioni causate da determinati virus,
soprattutto nel fegato, le cui concentrazioni nel plasma possono rickettsie e taluni protozoi) sono infine associate a una riduzione
aumentare di diverse centinaia di volte nel corso della risposta agli del numero di globuli bianchi circolanti (leucopenia), riscontrata
stimoli infiammatori.85 Fra le più note figurano la proteina C-re- anche nelle infezioni che sopraffanno i pazienti debilitati da
attiva (C-Reactive Protein, CRP), il fibrinogeno e la proteina sieri- cancro disseminato, tubercolosi cronica o grave alcolismo.
ca A dell’amiloide (Serum Amyloid A, SAA). La sintesi di queste Altre manifestazioni della reazione di fase acuta comprendono
molecole da parte degli epatociti è sovraregolata dalle citochine, l’aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa; la
nello specifico da IL-6 (per CRP e fibrinogeno) e da IL-1 o TNF diminuzione della sudorazione, soprattutto a causa del ridirezio-
(per SAA). Molte proteine di fase acuta, come CRP e SAA, si le- namento del flusso ematico dal letto vascolare cutaneo a quello
gano alle pareti cellulari dei microbi e possono agire come opso- profondo, per ridurre al minimo la perdita di calore attraverso la
nine e fissare il complemento. Esse interagiscono inoltre con la cute; brividi (ricerca di calore), anoressia, sonnolenza e malessere,
cromatina, probabilmente contribuendo all’eliminazione dei nu- probabilmente causati dagli effetti delle citochine sulle cellule
clei delle cellule necrotiche. Durante la reazione di fase acuta, la cerebrali.
proteina SAA sostituisce l’apolipoproteina A, una componente Nelle infezioni batteriche gravi (sepsi), l’elevata concentrazione
delle lipoproteine ad alta densità. Questo evento può modificare di microrganismi e LPS nel sangue stimola la produzione di
la destinazione delle lipoproteine ad alta densità dalle cellule enormi quantità di determinate citochine, in particolare TNF e
epatiche ai macrofagi, che possono utilizzarle come fonte di lipidi IL-1.88,89 Di conseguenza, i livelli circolanti di queste citochine
energetici. Il fibrinogeno si lega ai globuli rossi causando la for- aumentano e il tipo di risposta dell’ospite varia. Alti livelli di ci-
mazione di accumuli di eritrociti (rouleaux) che sedimentano più tochine causano diverse manifestazioni cliniche come coagula-
rapidamente rispetto agli eritrociti isolati. Questo ­concetto è alla zione intravascolare disseminata, insufficienza cardiaca e disturbi
base della misurazione della velocità di eritrosedimentazione, usata del metabolismo, descritte con il termine di shock settico e di cui
come semplice esame della risposta infiammatoria sistemica si parlerà più approfonditamente nel Capitolo 4.
76 CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

Conseguenze di un’infiammazione 8. Lentsch AB, Ward PA: Regulation of inflammatory vascular damage. J Pathol
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insufficiente o eccessiva 9. Valbuena G, Walker DH: Endothelium as a target of infections. Annu Rev Pathol
Mech Dis 1:151, 2006.
10. Dvorak AM, Feng D: The vesiculo-vacuolar organelle (VVO). A new endothelial
Dopo avere descritto il processo dell’infiammazione e i suoi esiti, è cell permeability organelle. J Histochem Cytochem 49:419, 2001.
utile riassumere le conseguenze cliniche e anatomo-patologiche di 11. Oliver G, Alitalo K: The lymphatic vasculature: recent progress and paradigms.
Annu Rev Cell Dev Biol 21:457, 2005.
un difetto o di un eccesso di infiammazione. 12. Adams RH, Alitalo K: Molecular regulation of angiogenesis and lymphangioge-
nesis. Nat Rev Mol Cell Biol 8:464, 2007.
Un’infiammazione insufficiente genera tipicamente un aumento 13. Muller WA: Leukocyte-endothelial cell interactions in the inflammatory respon-
della suscettibilità alle infezioni giacché la risposta infiammatoria se. Lab Invest 82:521, 2002.
è una componente centrale dei meccanismi di difesa di prima 14. Luster AD et al.: Immune cell migration in inflammation: present and future
therapeutic targets. Nat Immunol 6:1182, 2005.
linea che gli immunologi definiscono immunità innata (Cap. 6). 15. McEver RP: Selectins: lectins that initiate cell adhesion under flow. Curr Opin
Inoltre può essere associata a ritardi nella riparazione delle ferite Cell Biol 14:581, 2002.
in quanto la risposta infiammatoria non soltanto è essenziale per 16. Sperandio M: Selectins and glycosyltransferases in leukocyte rolling in vivo.
eliminare i tessuti danneggiati e i loro detriti ma fornisce anche FEBS J 273:4377, 2006.
17. Hehlgans T, Pfeffer K: The intriguing biology of the tumour necrosis factor/tu-
lo stimolo necessario per avviare il processo di riparazione. mour necrosis factor receptor superfamily: players, rules and the games. Immu-
Un’infiammazione eccessiva è alla base di molti tipi di patologie nology 115:1, 2005.
umane. Le allergie – in cui gli individui presentano risposte im- 18. Dinarello CA: Interleukin-1b. Crit Care Med 33:S460, 2005.
munitarie non regolate nei confronti di antigeni comunemente 19. Johnston B, Butcher EC: Chemokines in rapid leukocyte adhesion triggering and
presenti nell’ambiente – e le malattie autoimmuni – in cui migration. Semin Immunol 14:83, 2002.
20. Sallusto F, Mackay CR: Chemoattractants and their receptors in homeostasis and
l’ospite sviluppa risposte immunitarie contro antigeni self nor- inflammation. Curr Opin Immunol 16:724, 2004.
malmente tollerati – sono patologie in cui la causa fondamentale 21. Hynes RO: Integrins: bidirectional, allosteric signaling machines. Cell 110:673,
della lesione tissutale è rappresentata dall’infiammazione (Cap. 2002.
6). Come menzionato all’inizio, inoltre, studi recenti indicano 22. Cook-Mills JM, Deem TL: Active participation of endothelial cells in inflamma-
tion. J Leukoc Biol 77:487, 2005.
che l’infiammazione ha un ruolo importante in un’ampia varietà 23. Petri B, Bixel MG: Molecular events during leukocyte diapedesis. FEBS J 273:4399,
di malattie umane che non sono in primo luogo disturbi del si- 2006.
stema immunitario. Queste comprendono l’aterosclerosi e la 24. Muller WA: Leukocyte-endothelial-cell interactions in leukocyte transmigration
cardiopatia ischemica e alcune malattie neurodegenerative come and the inflammatory response. Trends Immunol 24:327, 2003.
il morbo di ­Alzheimer. L’infiammazione protratta e la fibrosi 25. Weber C et al.: The role of junctional adhesion molecules in vascular inflamma-
tion. Nat Rev Immunol 7:467, 2007.
che l’accompagna sono anch’esse responsabili di gran parte delle 26. Bunting M et al.: Leukocyte adhesion deficiency syndromes: adhesion and te-
manifestazioni patologiche riscontrate in molte malattie infettive, thering defects involving beta 2 integrins and selectin ligands. Curr Opin He-
metaboliche e di altra natura. Le malattie specifiche verranno matol 9:30, 2002.
descritte nei capitoli successivi di questo libro. 27. Van Haastert PJ, Devreotes PN: Chemotaxis: signalling the way forward. Nat
Rev Mol Cell Biol 5:626, 2004.
28. Akira S et al.: Pathogen recognition and innate immunity. Cell 124:783, 2006.
Conclusa dunque l’analisi degli eventi molecolari e cellulari tipici 29. Meylan E et al.: Intracellular pattern recognition receptors in the host response.
dell’infiammazione acuta e cronica, nel Capitolo 3 proseguiremo la Nature 442:39, 2006.
trattazione descrivendo le misure messe in atto dall’organismo 30. Underhill DM, Ozinsky A: Phagocytosis of microbes: complexity in action. Annu
nell’intento di guarire il danno, ossia i processi di riparazione. La Rev Immunol 20:825, 2002.
31. Segal AW: How neutrophils kill microbes. Annu Rev Immunol 23:197, 2005.
riparazione prende avvio quasi immediatamente dopo l’inizio della 32. Fang FC: Antimicrobial reactive oxygen and nitrogen species: concepts and
reazione infiammatoria e implica vari processi tra cui la prolifera- controversies. Nat Rev Microbiol 2:820, 2004.
zione cellulare, l’angiogenesi e la sintesi e il deposito di collagene. 33. Babior BM: NADPH oxidase. Curr Opin Immunol 16:42, 2004.
Molti aspetti della riparazione sono stati menzionati nei paragrafi 34. Nathan C, Shiloh MU: Reactive oxygen and nitrogen intermediates in the rela-
tionship between mammalian hosts and microbial pathogens. Proc Natl Acad
precedenti, ma il processo è abbastanza complesso e importante da Sci U S A 97:8841, 2000.
meritare un intero capitolo. 35. Belaaouaj A: Neutrophil elastase-mediated killing of bacteria: lessons from
targeted mutagenesis. Microbes Infect 4:1259, 2002.
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CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica 77

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3
Rinnovamento, rigenerazione
e riparazione tissutale
Controllo della proliferazione e dell’omeostasi Matrice extracellulare e interazioni cellule-matrice
tissutale Collagene
Attività proliferativa dei tessuti Elastina, fibrillina e fibre elastiche
Cellule staminali Molecole di adesione
Staminali embrionali Glicosaminoglicani (GAG) e proteoglicani
Riprogrammazione delle cellule differenziate: cellule
staminali pluripotenti indotte Guarigione per riparazione, cicatrizzazione e fibrosi
Staminali adulte (somatiche) Angiogenesi
Ruolo delle cellule staminali nell’omeostasi tissutale Fattori di crescita e recettori implicati
Ciclo cellulare e controllo della proliferazione nell’angiogenesi
Proteine della matrice implicate nel controllo
Fattori di crescita dell’angiogenesi
Segnali proliferativi Guarigione delle ferite cutanee
Recettori e trasduzione del segnale
Fattori di trascrizione Fattori locali e sistemici che influiscono sulla
guarigione delle ferite
Meccanismi di rigenerazione di tessuti e organi Aspetti patologici della guarigione delle ferite
Rigenerazione epatica Fibrosi

Le lesioni cellulari e tissutali attivano una catena di eventi che circo- p­ otenziale proliferativo, come il midollo osseo e gli epiteli cutaneo
scrivono il danno e avviano i processi riparativi. Tali processi possono e gastroenterico, si rinnovano continuamente e possono rigenerare
essere genericamente distinti in: rigenerazione e riparazione (Fig. 3.1). dopo un danno, fintanto che le relative cellule staminali non vengano
La rigenerazione ripristina integralmente il tessuto leso o perso; la distrutte.3
riparazione, invece, lo ricostruisce solo parzialmente e spesso si Nella maggior parte dei casi, la riparazione è una combinazione di
associa ad alterazioni strutturali. La guarigione delle lesioni nei rigenerazione e cicatrizzazione con deposizione di collagene; e il
tessuti sani avviene sempre per rigenerazione o riparazione ed è contributo relativo dei due processi dipende dalla capacità rigene-
© 2010 elsevier srl. tutti i diritti riservati.

essenziale per la sopravvivenza dell’organismo.1 rativa del tessuto e dall’entità della lesione. Le ferite cutanee super-
Per rigenerazione si intende la crescita di cellule e tessuti per ripri- ficiali, ad esempio, guariscono per rigenerazione epiteliale; ma le
stinare le strutture lese, come nel caso della ricrescita delle estremità ferite gravi in cui la struttura della matrice extracellulare (ECM) è
amputate degli anfibi. Nei mammiferi, la rigenerazione postlesionale danneggiata, guariscono per cicatrizzazione (Fig. 3.2), come vedre-
di un intero organo o di un tessuto complesso è rara; il termine si mo più avanti. La flogosi cronica dovuta alla persistenza di stimoli
applica generalmente a processi come la rigenerazione epatica dopo dannosi esita nella cicatrizzazione, poiché attiva la produzione
epatectomia parziale o dopo necrosi, anche se in realtà si tratta ­locale di fattori di crescita e citochine che promuovono la prolifera-
di una crescita compensatoria piuttosto che di una rigenerazione zione dei fibroblasti e la sintesi di collagene. La deposizione di col-
vera e propria.2 Ciononostante, il termine rigenerazione è entrato lagene viene definita fibrosi. Le componenti dell’ECM hanno
nell’uso comune e sarà usato anche in questo testo. I tessuti a elevato un ­r uolo chiave nella guarigione delle ferite poiché formano

79
80 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

Figura 3.1 Guarigione in vari processi patologici. La guarigione da una patologia acuta può avvenire per rigenerazione, con il ripristino della normale
struttura tissutale, o per riparazione, con formazione di una cicatrice. La guarigione da una patologia cronica implica la formazione di cicatrici e la fibrosi
(si veda il testo). GI, gastroenterico.

­l’impalcatura lungo la quale le cellule migrano, mantengono la cor- aumento della proliferazione o da una riduzione della mortalità
retta polarizzazione cellulare necessaria alla ricostruzione delle cellulare.5 L’apoptosi è un processo fisiologico necessario per l’omeo­
strutture pluristratificate4 e contribuiscono alla formazione di nuovi stasi tissutale, ma può essere indotta anche da stimoli patologici
vasi (angiogenesi). Le cellule dell’ECM (fibroblasti, macrofagi e al- (Cap. 1). Le cellule differenziate incapaci di replicarsi sono dette
tre), inoltre, producono fattori di crescita, citochine e chemochine cellule terminali. L’impatto del differenziamento dipende dal tessuto
essenziali per la rigenerazione e la riparazione. La riparazione tis- in cui si verifica. Le cellule differenziate di alcuni tessuti non si
sutale consente la guarigione delle lesioni, ma può anche causare rinnovano mai, mentre in altri si verifica un ricambio continuo
disfunzioni, come ad esempio avviene nell’aterosclerosi (Cap. 11). di cellule che muoiono e vengono sostituite da nuovi elementi ge-
Per comprendere i processi rigenerativi e riparativi è necessario nerati dalle cellule staminali (descritte oltre).
conoscere i meccanismi di controllo della proliferazione, le vie di La proliferazione può essere stimolata da condizioni fisiologiche
trasduzione del segnale e le molteplici funzioni delle componenti e patologiche. La proliferazione dell’endometrio sotto lo stimolo
dell’ECM. degli estrogeni durante il ciclo mestruale e la replicazione dei tireo­
Introdurremo quindi brevemente il ciclo cellulare, il potenziale citi, indotta dall’ormone tireotropo che determina l’aumento di
proliferativo dei tessuti e il ruolo delle cellule staminali nell’omeostasi dimensioni della ghiandola in gravidanza, sono esempi di prolife-
tissutale. Seguirà una panoramica dei fattori di crescita e dei mecca- razione fisiologica. Gli stimoli fisiologici possono però divenire
nismi di trasduzione del segnale implicati nei processi riparativi. eccessivi e creare stati patologici, come nel caso dell’iperplasia pro-
Tratteremo infine la rigenerazione, con particolare riferimento alla statica nodulare causata dal diidrotestosterone (Cap. 21) e dei gozzi
rigenerazione epatica, ed esamineremo le proprietà dell’ECM e delle tiroidei nodulari, dovuti all’aumento dei livelli sierici dell’ormone
sue componenti. Questi argomenti sono essenziali per comprendere tireotropo (Cap. 24). La proliferazione è controllata principalmente
la guarigione delle ferite e la fibrosi. da segnali (solubili o contatto-dipendenti) presenti nel microam-
biente, che stimolano o inibiscono tale processo. Un eccesso di at-
tivatori o un deficit di inibitori si traducono in una crescita netta e,
Controllo della proliferazione nel caso del cancro, incontrollata.
e dell’omeostasi tissutale
Attività Proliferativa Dei Tessuti
Nei tessuti adulti le dimensioni delle popolazioni cellulari sono deter- I tessuti sono classificati in tre gruppi in base al loro potenziale prolife-
minate dai tassi di proliferazione, differenziamento e morte apoptotica rativo: tessuti proliferanti (labili), tessuti quiescenti (stabili) e tessuti non
(Fig. 3.3). Un aumento del numero di cellule può derivare da un proliferanti (permanenti). Questa classificazione storica va però rivista
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 81

Figura 3.3 Meccanismi omeostatici di regolazione delle popolazioni


cellulari. Il numero di cellule può variare a causa di un’aumentata o ridotta
produzione di cellule differenziate da parte del compartimento staminale,
per morte apoptotica o in seguito a variazioni nei tassi di proliferazione e
differenziamento. (Modificata da McCarthy NJ et al: Apoptosis in the de-
velopment of the immune system: growth factors, clonal selection and
bcl-2. Cancer Metastasis Rev 11:157, 1992)

nali adulte, dotate di un enorme potenziale proliferativo, la cui


progenie si differenzia in varie linee cellulari (come vedremo più
avanti).
I tessuti quiescenti (o stabili) hanno normalmente una bassa atti-
vità proliferativa; ma le cellule possono moltiplicarsi rapidamente
in risposta a vari stimoli e possono quindi ricostruire il tessuto
di origine. In questa categoria rientrano: le cellule parenchimali
del fegato, dei reni e del pancreas, le cellule mesenchimali (ad es.
fibroblasti e cellule muscolari lisce), le cellule dell’endotelio vasale,
i linfociti e i leucociti quiescenti. Il classico esempio che illustra
il potenziale rigenerativo delle cellule stabili è la rigenerazione
epatica dopo epatectomia parziale o dopo danno acuto da so-
stanze chimiche. Nei mammiferi adulti anche i fibroblasti, le
Figura 3.2 Ruolo della matrice extracellulare nei processi rigenerativi e cellule endoteliali, le cellule muscolari lisce, i condrociti e gli
riparativi. Per la rigenerazione epatica con ripristino della normale citoarchi- osteociti sono cellule quiescenti, che però proliferano in risposta
tettura è necessario che la matrice extracellulare sia intatta. Se la matrice alle lesioni. I fibroblasti, in particolare, si moltiplicano attivamen-
è danneggiata la lesione ripara con deposizione di tessuto fibroso e forma-
zione di una cicatrice. te nei processi di cicatrizzazione e fibrosi, discussi più avanti.
I tessuti non proliferanti (perenni) sono formati da cellule che sono
uscite dal ciclo cellulare e non sono in grado di dividersi nella
alla luce delle recenti acquisizioni nel campo delle cellule staminali e vita postnatale (ad es. neuroni e cellule muscolari scheletriche e
della riprogrammazione delle cellule differenziate. cardiache). Nel sistema nervoso centrale, i neuroni distrutti da
processi patologici vengono generalmente sostituiti dalla proli-
Nei tessuti proliferanti le cellule si moltiplicano per tutta la vita ferazione degli elementi di supporto: le cellule gliali. Dati recenti
per sostituire gli elementi che vengono continuamente persi. Sono mostrano, però, che anche nel cervello adulto esiste una forma
tessuti proliferanti: gli epiteli di rivestimento (ad es. gli squamosi di neurogenesi a partire dalle cellule staminali (si veda oltre).
stratificati della cute, del cavo orale, della vagina e della cervice Anche i miociti scheletrici maturi non si dividono, ma il musco-
uterina), le mucose di rivestimento dei dotti escretori delle ghian- lo scheletrico ha un potenziale rigenerativo grazie alle cellule
dole (ad es. ghiandole salivari, pancreas, vie biliari), l’epitelio ­s atelliti attaccate alle guaine endomisiali. I cardiomiociti,
colonnare gastroenterico e uterino, l’epitelio di transizione delle ­invece, ­hanno un potenziale rigenerativo molto limitato se non
vie urinarie, il midollo osseo e i tessuti emopoietici. Nella maggior ­inesistente e le gravi lesioni miocardiche, come l’infarto, riparano
parte di questi tessuti le cellule mature derivano da cellule stami- per cicatrizzazione.
82 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

Figura 3.4 Genesi e differenziamento delle cellule staminali. Lo zigote, formato dall’unione dello spermatozoo con l’oocita, si divide per formare la
blastocisti e la massa cellulare interna della blastocisti genera l’embrione. Le cellule del cumulo interno, dette staminali embrionali (ES), messe in coltura,
possono essere indotte a differenziarsi in tutte le linee cellulari dei tessuti embrionali. Nell’embrione, le cellule staminali pluripotenti si dividono, ma il
compartimento staminale si mantiene (si veda il testo). Con il differenziamento, le cellule pluripotenti danno origine a cellule con un potenziale differenziativo
ridotto che a loro volta generano cellule staminali “predestinate”, che possono differenziarsi solo in determinate linee cellulari.

Cellule Staminali
animali e nell’uomo, di cellule staminali nervose e dell’esistenza di
Gli studi sulle cellule staminali sono la nuova frontiera della ricerca neurogenesi in alcune aree del sistema nervoso centrale adulto.9 Le
biomedica e hanno dato origine a un nuovo campo di indagine detto staminali somatiche sono localizzate per la maggior parte in speciali
medicina rigenerativa. L’entusiasmo per le staminali deriva da sco- microambienti detti nicchie staminali (Fig. 3.5), formate da cellule
perte recenti, che hanno messo in discussione i dogmi consolidati mesenchimali, endoteliali e altre cellule.10,11 Si ritiene che le cellule
sul differenziamento, e dalla speranza che queste cellule possano della nicchia staminale generino e trasmettano segnali che regolano
essere usate in futuro per riparare tessuti umani, come il cuore, il l’automantenimento e il differenziamento delle cellule staminali. Studi
cervello, il fegato e i muscoli scheletrici.3,6,7 recenti, estremamente innovativi, hanno mostrato che le cellule
Le cellule staminali sono caratterizzate da due proprietà: la capacità differenziate dei roditori e dell’uomo possono essere riprogrammate
di autorinnovarsi e la capacità di generare linee cellulari differenziate per generare staminali pluripotenti, simili alle cellule ES, mediante la
(Fig. 3.4). Per essere in grado di dare origine alle cellule differenziate, trasfezione dei geni che codificano i fattori di trascrizione delle cellule
la popolazione di cellule staminali deve conservarsi tale per tutta la ES.12,13 Queste cellule riprogrammate sono state denominate stami-
vita dell’organismo. L’autorinnovamento si realizza con due nali pluripotenti indotte (cellule iPS). La possibilità di riprogrammare
meccanismi:8 (a) la divisione asimmetrica obbligata, in cui in ogni le cellule differenziate apre nuove prospettive per le staminali e le
ciclo mitotico della cellula staminale si generano due cellule diverse: loro applicazioni.
una staminale figlia che conserva la capacità di replicarsi e una Iniziamo la nostra trattazione delle cellule staminali con una breve
cellula figlia non staminale che si differenzia e (b) il differenziamento descrizione delle cellule ES e delle cellule iPS appena identificate.
stocastico, in cui la popolazione staminale si conserva grazie al bi- Seguirà una descrizione delle staminali adulte di alcuni particolari
lanciamento tra due tipi di divisioni cellulari simmetriche: divisioni tessuti e del loro ruolo nei processi rigenerativi e riparativi.
che generano due staminali figlie che si replicano e divisioni che
generano due cellule figlie non staminali che si differenziano. Nelle Staminali embrionali
prime fasi dello sviluppo embrionale, le cellule staminali, dette
staminali embrionali o cellule ES, sono pluripotenti, possono cioè La massa cellulare interna della blastocisti si forma nella prima fase
dare origine a tutti i tessuti dell’organismo (si veda Fig. 3.4). Le cellule dello sviluppo embrionale ed è costituita da cellule staminali pluripo-
staminali pluripotenti generano cellule staminali multipotenti, con tenti dette cellule ES.14 Le cellule isolate dalla blastocisti possono
un potenziale differenziativo ridotto, che a loro volta danno origine essere propagate in coltura come linee indifferenziate o indotte a
alle cellule differenziate dei tre foglietti embrionali. Il termine tran- differenziarsi in vari tipi cellulari, dai cardiomiociti agli epatociti
sdifferenziamento (discusso più avanti) indica un cambiamento del (si veda Fig. 3.4).15
programma differenziativo della cellula staminale (da una linea Lo studio delle cellule ES ha avuto un impatto enorme in campo
cellulare a un’altra). biomedico:
Nell’adulto cellule staminali con un potenziale differenziativo
limitato (dette staminali adulte o staminali somatiche) sono state Le cellule ES sono state utilizzate per studiare i segnali e le fasi
identificate in molti tessuti. Le staminali adulte più studiate sono del differenziamento tissutale durante lo sviluppo embrionale.
quelle della cute, dell’epitelio gastroenterico, della cornea e ­soprattutto Le cellule ES hanno consentito di ottenere i topi transgenici, uno
del tessuto emopoietico. Inattesa è stata la scoperta, in modelli strumento essenziale per la comprensione delle funzioni biologiche
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 83

Figura 3.5 Nicchie staminali nei vari tessuti. A. Le staminali cutanee si trovano nel bulbo del follicolo pilifero, nelle ghiandole sebacee e negli strati più
profondi dell’epidermide. B. Le staminali dell’intestino tenue si trovano in prossimità del fondo delle cripte, sopra le cellule di Paneth (ma possono trovarsi
anche sul fondo delle cripte 25). C. Le staminali epatiche (progenitori), dette cellule ovali, si trovano nei canali di Hering (freccia grande), strutture che col-
legano i canalicoli biliari (freccia sottile) agli epatociti (i dotti biliari e i canali di Hering sono stati colorati con una colorazione che evidenzia la citocheratina
7). D. Le staminali corneali si trovano nella regione del limbo, tra la congiuntiva e la cornea. (C. Per gentile concessione di Tania Roskams, MD, Università
di Leuven, Leuven, Belgio. D. Per gentile concessione di T-T Sun, MD, New York University, New York, NY)

di molti geni e per lo sviluppo di modelli umani di malattia. La L’efficacia di queste procedure nei modelli animali è ancora allo
prima tappa nella produzione dei topi transgenici knockout è studio ed è in corso un acceso dibattito sui problemi etici connessi
l’inattivazione o la delezione di un gene nelle cellule ES in coltura. all’uso di cellule ES derivate da blastocisti umane.
Queste cellule vengono poi iniettate nella blastocisti, che viene
impiantata nell’utero di una madre surrogata. Se il difetto gene- Riprogrammazione delle cellule differenziate:
tico non è letale, la blastocisti geneticamente modificata e im- cellule staminali pluripotenti indotte
piantata dà origine a un embrione vitale. Con una tecnica simile
vengono prodotti i topi transgenici knockin, nei quali un gene Le cellule differenziate dei tessuti adulti possono essere riprogrammate
endogeno è sostituito da una sequenza mutata di DNA.16 Si pos- e convertite in cellule pluripotenti trasferendo il loro nucleo in un
sono anche produrre topi transgenici con difetti genetici specifici oocita enucleato. Questi oociti impiantati in una madre surrogata
per un determinato tessuto o tipo cellulare o con difetti genetici generano embrioni clonati che si sviluppano in animali completi.
“condizionabili”, cioè attivabili o disattivabili nell’animale adulto. Questa procedura, detta clonazione riproduttiva, è stata sperimentata
I topi transgenici knockout si sono rivelati essenziali per la com- con successo nel 1997 con la clonazione della pecora Dolly17 e ha
prensione del ruolo in vivo di molti geni. Usando i topi transge- alimentato molte speranze sul possibile utilizzo del trasferimento
nici si sono ottenuti più di 500 modelli animali di malattie. nucleare negli oociti per la clonazione terapeutica finalizzata al trat-
In futuro le cellule ES potrebbero essere impiegate per riparare gli tamento delle patologie umane (Fig. 3.6). Con questa tecnica il
organi danneggiati. Cellule ES in grado di differenziarsi in cellule nucleo di un fibroblasto cutaneo del paziente viene introdotto in un
pancreatiche in grado di secernere insulina, cellule nervose, oocita umano enucleato, generando cellule ES che vengono messe
cardiomiociti ed epatociti sono state impiantate in modelli ani- in coltura e indotte a differenziarsi in vari tipi cellulari. In linea di
mali nei quali il diabete, difetti neurologici, infarto miocardico principio, queste cellule differenziate potrebbero essere ritrasferite
o insufficienza epatica erano stati indotti sperimentalmente. nel paziente per ricostituire gli organi malati.18 Tuttavia, oltre ai
84 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

Fibroblasti umani di adulti e neonati sono stati riprogrammati in


cellule pluripotenti mediante trasfezione con i geni di quattro fattori
di trascrizione delle cellule ES (Oct3/4, Sox2, c-myc e Kfl4 in un la-
boratorio; Oct3/4, Sox2, Nanog e Lin28 in un altro laboratorio).12,13
Le cellule riprogrammate, dette cellule iPS, possono generare cellule
endodermiche, mesodermiche ed ectodermiche. Queste cellule sono
state anche usate per indurre la guarigione in un modello murino
di anemia falciforme, a dimostrazione del fatto che mantengono la
loro funzionalità in vivo anche dopo la manipolazione genetica e il
trapianto.23 Recentemente, le cellule iPS pluripotenti sono state ge-
nerate anche a partire da altre cellule murine (epatociti, cellule ga-
striche e linfociti B maturi) trasfettate con i geni degli stessi quattro
fattori di trascrizione.24,25 Le cellule iPS potrebbero quindi diventare
una fonte alternativa per la terapia individualizzata con cellule sta-
minali, che consentirebbe di evitare il ricorso al trasferimento nucleare
negli oociti (si veda Fig. 3.6). C’è ancora molta strada da fare per re-
alizzare il sogno di usare le cellule iPS (dette anche cellule ES senza
embrione) nella medicina rigenerativa umana: vanno sviluppate
nuove metodiche di trasferimento genico e gli oncogeni c-myc e Kfl4
vanno sostituiti con altri geni non oncogeni.26 In ogni caso, dobbiamo
aspettarci nuove ed entusiasmanti scoperte dal lavoro sulle cellule
ES, sulle cellule iPS e sulla riprogrammazione cellulare.

Staminali adulte (somatiche)


Negli adulti, le cellule staminali sono presenti nei tessuti che si rinno-
vano continuamente, come il midollo osseo, la cute e la mucosa ga-
stroenterica. Le staminali sono presenti anche in organi come il
­fegato, il pancreas e il tessuto adiposo, dove sono però normalmente
quiescenti e non producono linee cellulari differenziate. Nella mag-
gior parte dei tessuti le cellule staminali si moltiplicano molto len-
tamente, ma alcuni dati indicano che probabilmente le staminali
dell’epitelio intestinale si replicano continuamente.27 Indipendente-
mente dall’attività proliferativa, le staminali somatiche generano
cellule che si dividono rapidamente dette progenitori di transito.
Queste cellule perdono la capacità di rigenerarsi indefinitamente (la
Figura 3.6 Clonazione terapeutica con staminali embrionali (ES) e sta- staminalità) per dare origine a cellule con un potenziale differenzia-
minali pluripotenti indotte (iPS). A sinistra, clonazione terapeutica con cellule
ES. Il nucleo diploide di una cellula adulta del paziente viene introdotto in tivo limitato, dette progenitori. Purtroppo, i termini cellula staminale
un oocita enucleato. L’oocita viene attivato e lo zigote si divide dando origine e progenitore continuano a essere usati come sinonimi, nonostante
a una blastocisti contente il DNA donatore. La blastocisti viene dissociata il fatto che le gerarchie cellulari siano chiare solo per le cellule sta-
per ottenere le cellule ES. A destra, clonazione terapeutica con cellule iPS. minali emopoietiche (HSC).
Le cellule del paziente sono messe in coltura e trasfettate con geni che
codificano fattori di trascrizione, per generare le cellule iPS. Sia le cellule
Il cambiamento del programma differenziativo da una linea cel-
ES sia le iPS possono differenziarsi in vari tipi cellulari. L’obiettivo della lulare all’altra è detto transdifferenziamento e la capacità di una
clonazione terapeutica è ripopolare gli organi danneggiati e correggere i cellula di transdifferenziarsi in diverse linee cellulari è detta plasticità
difetti genetici usando le cellule del paziente in modo da evitare il rigetto. di sviluppo. In vitro le HSC hanno mostrato la capacità di transdif-
(Modificata da Hochedlinger K, Jaenisch R: Nuclear transplantation, embr- ferenziarsi in altri tipi cellulari, come epatociti e neuroni. Alcuni
yonic stem cells and the potential for cell therapy. N Engl J Med 349:275-
286, 2003) studi hanno riportato che, iniettate nelle sedi appropriate, le HSC
possono transdifferenziarsi in neuroni, cellule muscolari scheletri-
che, cardiomiociti ed epatociti anche in vivo. Molti dati sul transdif-
problemi etici connessi all’utilizzo di queste tecniche, la clonazione ferenziamento in vivo, però, si sono rivelati poco riproducibili (la
terapeutica e riproduttiva sono ancora inefficienti e spesso inaccu- frequenza di cellule transdifferenziate era molto bassa rispetto alle
rate. Uno dei problemi principali è la mancata metilazione degli attese o addirittura nulla).28 E la supposta generazione di neuroni,
istoni nelle cellule ES riprogrammate, che causa un’espressione ge- miociti scheletrici ed epatociti da parte di HSC inoculate sembra
nica inappropriata. dovuta principalmente alla fusione delle cellule HSC o della loro
Fino a pochi anni fa i meccanismi che consentono alle cellule ES progenie con cellule differenziate o progenitori dei relativi tessuti.29,30
di rimanere pluripotenti erano sconosciuti. In una serie di esperi- In breve, non esistono prove certe che il transdifferenziamento delle
menti recenti, che sono una pietra miliare nella storia delle staminali, HSC contribuisca al rinnovamento tissutale nei normali processi
si è dimostrato che la pluripotenzialità delle cellule ES murine dipende omeostatici o nella guarigione delle lesioni.31 È possibile però che le
dall’espressione di quattro fattori di trascrizione – Oct3/4, Sox2, c-myc HSC migrino nei focolai infiammatori, nelle ferite e nei tessuti
e Klf4 – mentre la proteina homeobox Nanog (da Tir na n’Og, la terra malati, generando cellule immunitarie o rilasciando fattori di cre-
celtica dell’eterna giovinezza) impedisce il differenziamento.19–22 scita e citochine che stimolano la riparazione e la proliferazione
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 85

cellulare con effetto paracrino.32 Il ruolo del transdifferenziamento dell’epidermide e nelle ghiandole sebacee (si veda Fig. 3.5).41 Le
e della plasticità di sviluppo nella ricostruzione dei tessuti è tuttora staminali del bulbo pilifero possono rigenerare tutte le cellule fol-
oggetto di studio. licolari.42 Le staminali interfollicolari sono cellule isolate, disperse
nell’epidermide, che non risiedono in una nicchia. Si dividono ra­
ramente, ma generano progenitori di transito che danno origine a
Ruolo delle cellule staminali nell’omeostasi tissutale
cellule epidermiche differenziate.43 L’epidermide umana ha un
Per illustrare l’importanza delle staminali nell’omeostasi e nella ri- turnover elevato e si rinnova approssimativamente ogni 4 settima-
generazione tissutale descriveremo brevemente le cellule staminali ne. Le staminali follicolari umane e murine sono state caratterizzate:44
del midollo osseo, della cute, dell’intestino, del fegato, del cervello, queste cellule partecipano alla ricostruzione dell’epidermide nella
del muscolo e della cornea. riparazione delle ferite cutanee, ma non alla normale omeostasi.
Le cellule follicolari sono attivate dal sistema Wnt e inibite dal si-
Midollo osseo. Il midollo osseo contiene HSC e cellule stromali stema della proteina morfogenetica dell’osso (BMP).
(dette anche cellule stromali multipotenti, cellule staminali me- Epitelio intestinale. Ogni cripta dell’intestino tenue è una struttura
senchimali o MSC). monoclonale derivata da un’unica cellula staminale: il villo è un
Cellule staminali emopoietiche. Le HSC sono il capostipite di compartimento differenziato derivato da cellule di cripte diverse
tutti gli elementi particolati del sangue (Cap. 13), possono (si veda Fig. 3.5). Le staminali dell’intestino tenue rigenerano le
ricostituire il midollo osseo depleto da malattie o dall’irradia- cripte ogni 3-5 giorni.45 Come per le staminali cutanee, i sistemi
zione e sono molto usate nella terapia delle malattie ematolo- Wnt e BMP controllano la proliferazione e il differenziamento delle
giche.33 Possono essere isolate direttamente dal midollo osseo, staminali intestinali. Le staminali intestinali si trovano immedia-
dal sangue del cordone ombelicale e dal sangue periferico, tamente al di sopra delle cellule di Paneth nel tenue e alla base
dopo aver trattato il paziente con citochine come il fattore delle cripte nel colon.27,46
stimolante la crescita di colonie granulocito-macrofagiche che Muscolo scheletrico e cardiaco. I miociti scheletrici non si dividono
mobilizza le HSC.34 È stato stimato che il midollo osseo umano mai; la crescita e la rigenerazione postlesionale del muscolo sche-
produca circa 1,5 × 106 cellule ematiche al secondo, un tasso letrico sono dovute alla moltiplicazione delle cellule satelliti. Queste
proliferativo sorprendente! cellule, situate sotto la lamina basale dei miociti, formano un
Cellule midollari stromali. Le MSC sono multipotenti e potreb- compartimento staminale di riserva che può attivarsi in caso di
bero avere importanti applicazioni terapeutiche. Infatti, possono lesione generando miociti differenziati.47 La proliferazione delle
generare vari tipi di precursori (ad es. condrociti, osteoblasti, cellule satelliti è stimolata dal recettore Notch, attivato dai ligandi
adipociti, mioblasti e cellule endoteliali), in base al tessuto in Delta-simili (Dll) (il sistema di Notch è descritto più avanti tra i
cui migrano. Le MSC migrano nei tessuti danneggiati e gene- “Fattori di crecita e recettori implicati nell’angiogenesi”). L’esi-
rano cellule stromali o di altro tipo, ma non sembrano parte- stenza delle staminali cardiache è controversa. È stato proposto
cipare alla normale omeostasi tissutale.35,36 che nel cuore esistano cellule simili a progenitori, in grado di
Fegato. Le cellule staminali/progenitori epatiche sono state identi- attivarsi dopo una lesione ma non di sostituire le cellule danneg-
ficate nei dotti di Hering (si veda Fig. 3.5), al confine tra il sistema giate dall’invecchiamento fisiologico.48,49
duttale biliare e il parenchima epatico (Cap. 18). Le cellule resi- Cornea. La trasparenza della cornea dipende dall’integrità dell’epi­
denti in questa nicchia staminale danno origine a una popola- telio corneale esterno, mantenuta dalle cellule staminali limbi-
zione di precursori, detti cellule ovali: progenitori bipotenti che che (LSC). Queste cellule si trovano al confine tra l’epitelio
possono generare sia epatociti che cellule dei dotti biliari. 2,37 ­corneale e la congiuntiva50 (si veda Fig. 3.5). Le patologie eredi-
Contrariamente alle staminali dei tessuti proliferanti, le staminali tarie e acquisite che causano una riduzione delle LSC e opaciz-
epatiche fungono da compartimento secondario o di riserva che zazione corneale possono essere trattate con il trapianto di tessuto
si attiva solo quando la proliferazione degli epatociti è bloccata. limbico o di LSC. I dati ottenuti nei modelli animali suggeriscono
Le cellule ovali si attivano, infatti, dopo un’epatite fulminante, anche la possibilità di correggere la perdita di fotorecettori che si
nella ­tumorigenesi epatica e in alcuni casi di epatite cronica e di verifica nelle retinopatie degenerative con il trapianto di cellule
cirrosi epatica avanzata. staminali retiniche.51
Cervello. L’esistenza di neurogenesi adulta a partire da staminali
neuronali (NSC) è stata dimostrata nel cervello umano e murino,
invalidando lo storico dogma che nel cervello dei mammiferi adulti Ciclo cellulare e controllo
non si generino nuovi neuroni in condizioni normali. NSC (dette
anche precursori neurali) in grado di differenziarsi in neuroni,
della proliferazione
astrociti e oligodendrociti, sono state identificate in due aree cere-
brali del cervello adulto, la zona sottoventricolare (SVZ) e il giro La proliferazione è un processo strettamente controllato che coin-
dentato dell’ippocampo.38 Non si conosce però la funzione di que- volge un grande numero di molecole e vie di trasduzione correlate
sta neurogenesi adulta e non è chiaro se i neuroni generati nel tra loro. Per comprendere i meccanismi proliferativi della rigenera-
cervello umano adulto con questo processo si integrino nei circuiti zione e della riparazione, descriveremo brevemente il ciclo cellulare
neurali in condizioni fisiologiche o patologiche.39 Vi sono, tuttavia, e la sua regolazione. Per una descrizione dettagliata del ciclo cellulare
molte speranze che il trapianto di cellule staminali o l’induzione e delle sue anomalie si veda il Capitolo 7 riguardante il cancro. In
del differenziamento di cellule NSC endogene possano essere questo capitolo riassumeremo solo le caratteristiche salienti.
impiegati nella terapia dell’ictus, delle malattie neurodegenerative La proliferazione è stimolata da fattori di crescita o da segnali ge-
come il Parkinson e l’Alzheimer, e delle lesioni midollari.40 nerati dalle componenti dell’ECM attraverso le integrine. Per duplicare
Cute. Le staminali cutanee si trovano in tre diverse aree dell’epider­ il proprio DNA e generare le due cellule figlie, la cellula segue un
mide: nel bulbo del follicolo pilifero, nelle aree interfollicolari percorso a tappe strettamente controllato detto ciclo cellulare, che si
86 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

Figura 3.7 Ciclo cellulare. La figura mostra le fasi del ciclo cellulare (G0, G1, G2, S e M), il punto di restrizione della fase G0 e i checkpoint delle transizioni
di fase G1/S e G2/M. Le cellule dei tessuti labili come l’epidermide e il tratto gastroenterico “ciclano” continuamente; le cellule stabili come gli epatociti
sono quiescenti, ma possono rientrare nel ciclo cellulare; le cellule perenni come i neuroni e i cardiomiociti hanno perso la capacità di proliferare. (Modificata
da Pollard TD, Earnshaw WC: Cell Biology. Philadelphia, Saunders, 2002)

articola nelle fasi: G1 (presintetica), S (sintesi del DNA), G2 (premito- favoriscono la progressione del ciclo cellulare. Questi meccanismi
tica) e M (mitotica). Le cellule quiescenti fuori dal ciclo cellulare si sono illustrati in dettaglio nel Capitolo 7.
trovano in fase G0 (si veda Fig. 3.7). Ogni fase del ciclo cellulare si L’attività dei complessi cicline-CDK è strettamente controllata
attiva solo dopo che la fase precedente si è conclusa correttamente dagli inibitori delle CDK. Alcuni fattori di crescita bloccano la pro-
e se un gene essenziale è difettoso, il ciclo cellulare si arresta. Il ciclo duzione di tali inibitori. I principali meccanismi di controllo del
cellulare ha un ruolo chiave nell’omeostasi tissutale e nei processi ciclo cellulare sono sensibili soprattutto ai danni del DNA e dei
fisiologici di crescita tissutale, come la riparazione e la rigenerazione, cromosomi. Questi controlli di qualità sono detti checkpoint e
ed è pertanto caratterizzato da ridondanze e sistemi di controllo ­assicurano che le cellule con danni genetici e cromosomici non
multipli, soprattutto in corrispondenza della transizione tra le fasi G1 completino il ciclo replicativo.53 Il checkpoint G1/S controlla l’inte-
ed S. I sistemi di controllo comprendono attivatori, inibitori e i grità del DNA prima della replicazione, mentre il checkpoint G2/M
sensori dei punti di controllo (checkpoint), descritti più avanti.52 controlla l’integrità del DNA dopo la replicazione e verifica che la
Le cellule entrano in G1 dalla fase G0 (cellule quiescenti) o dopo cellula sia in condizioni di entrare in mitosi. Quando i sensori cel-
aver completato la mitosi (cellule in replicazione continua). Per lulari riscontrano un danno del DNA, l’attivazione dei checkpoint
entrare nel ciclo cellulare, le cellule quiescenti devono prima passare blocca il ciclo cellulare e attiva la riparazione del DNA. Se il danno
dalla fase G0 alla fase G1, questo rappresenta il primo livello decisio- del DNA è troppo esteso per essere riparato, le cellule vengono eli-
nale che funge da porta di ingresso nel ciclo cellulare. Questa tran- minate per apoptosi o entrano in uno stato quiescente detto sene-
sizione implica l’attivazione trascrizionale di un folto gruppo di geni, scenza, grazie soprattutto a meccanismi p53-dipendenti. I difetti dei
tra i quali vari proto-oncogeni e i geni necessari per la sintesi dei checkpoint che consentono a cellule con rotture dei filamenti di
ribosomi e la traduzione delle proteine. Le cellule che sono entrate DNA e anomalie cromosomiche di dividersi producono mutazio-
in G1 proseguono nel ciclo fino alla transizione da G1 a S, una tappa ni nelle cellule figlie che possono portare all’insorgenza di neoplasie
critica detta ‘punto di restrizione’: fase limitante per la replicazione (Cap. 7).54
cellulare (si veda Fig. 3.7). Le cellule normali che hanno oltrepassato
questo punto di restrizione sono irreversibilmente destinate alla Fattori Di Crescita
replicazione del DNA. La progressione del ciclo cellulare e soprattutto
la transizione G1/S, sono finemente regolate dalle cicline e dagli enzimi La proliferazione è controllata da polipeptidi detti fattori di crescita.
a esse associati, le chinasi ciclina-dipendenti (CDK). Le CDK acqui- I fattori di crescita possono avere un numero limitato o ampio di
siscono l’attività catalitica legandosi alle cicline e formando con esse bersagli cellulari e possono promuovere la sopravvivenza della cel-
dei complessi. L’attivazione delle CDK promuove la progressione del lula, il suo movimento, la contrattilità, il differenziamento e l’angio-
ciclo cellulare fosforilando le proteine essenziali per le varie fasi. Una genesi, effetti altrettanto importanti dello stimolo proliferativo. Tutti
di queste è la proteina del retinoblastoma (RB), che normalmente i fattori di crescita funzionano interagendo con specifici recettori
forma un complesso inattivo con il fattore trascrizionale E2F bloc- che trasmettono i segnali alle cellule bersaglio. Questi segnali atti-
cando la proliferazione. La fosforilazione della proteina RB permette vano la trascrizione di specifici geni che possono essere silenti nelle
il rilascio di E2F, che si attiva e induce la trascrizione di geni che cellule quiescenti, tra i quali i geni che controllano l’ingresso nel ciclo
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 87

Tabella 3.1 Fattori di crescita e citochine implicati nella guarigione delle ferite e nella rigenerazione
Fattori di crescita Simbolo Origine Funzioni

Fattore di crescita epidermico EGF Piastrine, macrofagi, saliva, Mitogenico per cheratinociti e fibroblasti; stimola
urine, latte materno, plasma la migrazione dei cheratinociti e la formazione
del tessuto di granulazione

Fattore di crescita TGFa Macrofagi, linfociti T, cheratinociti Simile all’EGF; stimola la replicazione degli
trasformante a e molti tessuti epatociti e della maggior parte delle cellule
epiteliali

EGF legante l’eparina HB-EGF Macrofagi, cellule mesenchimali Mitogenico per i cheratinociti

Fattore di crescita epatocitario/ HGF Cellule mesenchimali Mitogenico per gli epatociti e per le cellule
fattore di dispersione epiteliali ed endoteliali; aumenta la motilità
cellulare, mitogenico per i cheratinociti

Fattore di crescita endoteliale VEGF Molti tipi cellulari Aumenta la permeabilità vasale; mitogenico per le
vascolare (isoforme A, B, C, D) cellule endoteliali (si veda Tab. 3.3); angiogenesi

Fattore di crescita piastrine- PDGF Piastrine, macrofagi, cellule Chemotattico per PMN, macrofagi, fibroblasti e
derivato (isoforme A, B, C, D) endoteliali, cheratinociti, cellule muscolari lisce; attiva PMN, macrofagi e
cellule muscolari lisce fibroblasti; mitogenico per fibroblasti, cellule
endoteliali e cellule muscolari lisce; stimola la
produzione di MMP, fibronectina e HA; stimola
l’angiogenesi e la contrazione della ferita

Famiglia dei fattori di crescita FGF Macrofagi, mastociti, linfociti T, Chemotattico per i fibroblasti; mitogenico per
fibroblastici 1 (acido) e 2 cellule endoteliali, fibroblasti fibroblasti e cheratinociti; stimola la migrazione
(basico) dei cheratinociti, l’angiogenesi, la contrazione
delle ferite e la deposizione della matrice

Fattore di crescita trasformante b TGFb Piastrine, linfociti T, macrofagi, Chemotattico per PMN, macrofagi, linfociti,
(isoforme 1, 2, 3); della cellule endoteliali, fibroblasti e cellule muscolari lisce; stimola la
famiglia fanno parte anche i cheratinociti, cellule muscolari sintesi di TIMP, l’angiogenesi e la fibrogenesi;
BMP e l’attivina lisce, fibroblasti inibisce la produzione di MMP e la
proliferazione dei cheratinociti

Fattore di crescita dei KGF Fibroblasti Stimola la migrazione, la proliferazione e il


cheratinociti (detto anche differenziamento dei cheratinociti
FGF-7)

Fattore di necrosi tumorale TNF Macrofagi, mastociti, linfociti T Attiva i macrofagi; regola l’attività delle altre
citochine; molteplici funzioni

BMP, proteina morfogenetica dell’osso; HA, acido ialuronico; MMP, metalloproteasi della matrice; PMN, leucociti polimorfonucleati; TIMP, inibitore tissutale
delle MMP.
Modificato da Schwartz SI: Principles of Surgery. New York, McGraw-Hill, 1999.

cellulare e la sua progressione. La Tabella 3.1 elenca i più importanti l’HB-EGF (EGF che lega l’eparina) e l’anfiregulina. Mutazioni e am-
fattori di crescita implicati nella rigenerazione e nella riparazione plificazione dell’EGFR1 sono state riscontrate in varie neoplasie (pol-
dei tessuti, ma in questa sezione tratteremo solo i principali. Gli altri monari, mammarie, cervicali, della testa, glioblastomi e altri tumori)
sono descritti in altre sezioni. e questa scoperta ha portato allo sviluppo di nuove terapie antineo-
Fattore di crescita epidermico (EGF) e fattore di crescita tra- plastiche specifiche. Il recettore ERB B2 (detto anche HER-2 o HER2/
sformante a (TGFa). Questi due fattori appartengono alla famiglia Neu), il cui ligando non è stato identificato, è stato molto studiato
dell’EGF e riconoscono lo stesso recettore (EGFR).55 L’EGF è mito- perché è iperespresso in un sottotipo di neoplasie mammarie ed è
genico per varie cellule epiteliali, per gli epatociti e per i fibroblasti un importante bersaglio terapeutico.
ed è diffuso nelle secrezioni e nei fluidi interstiziali. Durante la Fattore di crescita epatocitario (HGF). L’HGF è stato origina-
guarigione delle ferite cutanee, l’EGF viene prodotto da cheratinociti, riamente isolato dalle piastrine e dal siero. Studi successivi hanno
macrofagi e altre cellule infiammatorie che migrano nella sede di dimostrato che è identico al fattore di crescita precedentemente
lesione. Il TGFa, originariamente estratto dalle cellule trasformate isolato dai fibroblasti e detto fattore di dispersione (scatter factor).56
con il virus del sarcoma, stimola la proliferazione delle cellule epi- È spesso definito HGF/SF, ma in questo capitolo lo chiameremo
teliali embrionali e adulte e la trasformazione neoplastica. Il TGFa semplicemente HGF.
è omologo all’EGF, si lega all’EGFR e ha effetti biologici molto simili L’HGF è mitogenico per gli epatociti e per la maggior parte delle
all’EGF. Il “recettore dell’EGF” è in realtà una famiglia di quattro cellule epiteliali (ad es. epitelio biliare, polmonare, renale, mammario
recettori di membrana ad attività tirosin-chinasica intrinseca. Il più e cutaneo). Agisce come morfogeno durante lo sviluppo embrionale,
noto EGFR, detto EGFR1, ERB B1, o semplicemente EGFR, risponde stimolando la diffusione e la migrazione cellulare e aumentando
all’EGF, al TGFa e ad altri ligandi della famiglia dell’EGF, come la sopravvivenza degli epatociti. È prodotto dai fibroblasti e dalla
88 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

­ aggior parte delle cellule mesenchimali, dalle cellule endoteliali e


m Emopoiesi: gli FGF stimolano il differenziamento di determinate
dalle cellule non parenchimali del fegato. È sintetizzato come poli- linee cellulari ematiche e lo sviluppo della componente stromale
peptide inattivo (pro-HGF) e viene attivato dalle serina-proteasi del midollo osseo.
rilasciate dai tessuti danneggiati. Il recettore dell’HGF, c-MET, è Sviluppo: gli FGF promuovono lo sviluppo del muscolo schele-
spesso iperespresso o mutato nei tumori umani, soprattutto nei trico e cardiaco, la maturazione del polmone e il differenziamento
carcinomi renali e nei carcinomi papillari tiroidei. L’HGF è neces- del fegato dalle cellule endodermiche.
sario alla sopravvivenza e allo sviluppo embrionale, come è dimo-
strato dai difetti dello sviluppo muscolare, renale, epatico e cerebrale Fattore di crescita trasformante b (TGFb) e fattori di crescita
e dalla letalità osservati nei topi transgenici knockout per c-met. Vari correlati. Il TGFb fa parte di una superfamiglia di circa 30 poli-
inibitori di HGF e c-MET sono in corso di valutazione nei trial peptidi che comprende tre isoforme di TGFb (TGFb1, TGFb2,
clinici per la terapia antitumorale. TGFb3) e fattori con molteplici funzioni, come le BMP, le attivine,
Fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF). Il PDGF è le inibine, e il fattore inibitorio del dotto del Muller.60 Il TGFb1 è il
una famiglia di proteine dimeriche strettamente correlate. Tre iso- più diffuso nei mammiferi e sarà definito semplicemente TGFb. È
forme di PDGF (AA, AB e BB) sono secrete in forma attiva. Il PDGF- una proteina omodimerica prodotta da vari tipi cellulari (piastrine,
CC e PDGF-DD, identificati più recentemente, vengono attivate in cellule endoteliali, linfociti e macrofagi). I TGFb nativi vengono
seguito a clivaggio proteolitico.57 Tutte le isoforme di PDGF si legano sintetizzati come precursori, che vengono secreti e poi scissi proteo­
a due recettori di membrana, detti PDGFR a e b, con diversa spe- liticamente rilasciando il fattore di crescita attivo e un secondo
cificità di ligando. Il PDGF è immagazzinato nei granuli A delle componente latente. Il TGFb attivo si lega a due recettori di mem-
piastrine e rilasciato con l’attivazione piastrinica, ma è prodotto brana (di tipo I e II) ad attività serina/treonin-chinasica e induce la
anche da altre cellule (ad es. macrofagi attivati, cellule endoteliali, fosforilazione di specifici fattori di trascrizione citoplasmatici detti
cellule muscolari lisce e molti tumori). Il PDGF induce la migrazione Smad (dei quali esistono varie isoforme: Smad 1, 2, 3, 5 e 8). Gli
e la proliferazione dei fibroblasti, delle cellule muscolari lisce e dei Smad fosforilati formano eterodimeri con Smad 4, traslocano nel
monociti, come dimostrato dai difetti di queste funzioni che si ve- nucleo e si associano con altre proteine che legano il DNA, attivando
rificano in topi transgenici knockout deficitari di entrambe le catene o inibendo la trascrizione genica. Il TGFb ha effetti molteplici e
A e B. I PDGF-B e C attivano le cellule stellate del fegato nelle fasi spesso contrastanti, che dipendono dal tessuto bersaglio e dal tipo
iniziali della cirrosi (Cap. 18) e inducono la contrazione delle di lesione. Gli agenti con effetti vari e molteplici sono detti pleiotro-
ferite. pici; per l’eterogeneità dei suoi effetti il TGFb è stato definito “ple-
Fattori di crescita endoteliali vascolari (VEGF). I VEGF sono iotropico per antonomasia”.
una famiglia di proteine omodimeriche che comprende il VEGF-A
(detto VEGF in questo testo), il VEGF-B, il VEGF-C, il VEGF-D e il Il TGFb è inibitore della crescita della maggior parte delle cellule
PIGF (fattore di crescita placentare).58 Il VEGF è un potente induttore epiteliali. Infatti stimola l’espressione degli inibitori appartenenti
dell’angiogenesi nelle prime fasi dello sviluppo embrionale (vasculo- alle famiglie Cip/Kip e INK4/ARF, bloccando così il ciclo cellulare
genesi) e nell’adulto (angiogenesi) (si veda Tab. 3.3). Questo fattore è (Cap. 7). Gli effetti del TGFb sulle cellule mesenchimali dipen-
responsabile dell’angiogenesi associata all’infiammazione cronica, alla dono dal microambiente tissutale, ma in caso di crescita tumorale
guarigione delle ferite e ai tumori (il suo ruolo è discusso più avanti tra può favorire l’invasività e la formazione di metastasi. Nei tumori
nel paragrafo “Angiogenesi”). Nei topi transgenici knockout, la perdita umani la perdita dei recettori per il TGFb è frequente e conferisce
di un solo allele del VEGF è letale in utero a causa di gravi difetti della un vantaggio proliferativo. L’espressione di TGFb può venire
vasculogenesi e dell’emopoiesi. I membri della famiglia del VEGF stimolata nel microambiente che circonda il tumore, generando
trasducono il segnale mediante tre recettori ad attività tirosin-china- interazioni epitelio-stromali che promuovono la crescita neopla-
sica: VEGFR-1, VEGFR-2 e VEGFR-3. Gli effetti vasculogenetici e stica e l’invasività.
angiogenetici del VEGF sono mediati principalmente dal VEGFR-2, Il TGFb è un potente agente fibrogenico, stimola la chemiotassi
espresso dalle cellule endoteliali e da molti altri tipi cellulari. Il ruolo dei fibroblasti e la produzione di collagene, fibronectina e prote-
del VEGFR-1 è meno chiaro, ma è implicato nell’infiammazione e oglicani. Il TGFb, inoltre, inibisce la degradazione del collagene,
potrebbe favorire la mobilizzazione delle staminali endoteliali. VEGF-C riducendo la sintesi delle proteasi della matrice e stimolando gli
e VEGF-D si legano al VEGFR-3 e stimolano l’endotelio linfatico in­ inibitori delle proteasi. Il TGFb promuove la fibrosi associata alle
ducendo la formazione di neovasi linfatici (linfangiogenesi). malattie infiammatorie croniche, soprattutto polmonari, renali
Fattori di crescita dei fibroblasti (FGF). Questa famiglia di ed epatiche. L’espressione del TGFb infine è alta nelle cicatrici
fattori di crescita comprende oltre 20 polipeptidi, tra i quali l’FGF ipertrofiche (trattate più avanti), nella sclerosi sistemica (Cap. 6)
acido (aFGF, o FGF-1) e l’FGF basico (bFGF, o FGF-2) sono i più e nella sindrome di Marfan (Cap. 5).
noti.59 Gli FGF trasducono il segnale attraverso quattro recettori ad Il TGFb ha un potente effetto antinfiammatorio, ma potenzia anche
attività tirosin-chinasica (FGFR 1-4). L’FGF-1 si lega a tutti i recet- alcune funzioni immunitarie. I topi knockout nei quali il gene del
tori; l’FGF-7 è detto fattore di crescita dei cheratinociti o KGF. Gli TGFb1 è stato inattivato selettivamente nei linfociti T presentano
FGF secreti si legano all’eparan-solfato nell’ECM, formando un deficit dei linfociti T regolatori che causano uno stato infiamma-
serbatoio di fattori inattivi. Gli FGF contribuiscono alla guarigione torio diffuso con iperplasia dei linfociti T e differenziamento dei
delle ferite, all’emopoiesi, all’angiogenesi, allo sviluppo embrionale linfociti T helper CD4+ in senso TH1 e TH2. Il TGFb, inoltre,
e ad altri processi, in virtù delle loro molteplici funzioni: stimola lo sviluppo dei linfociti T che producono interleuchina-17
(IL-17) (TH17), verosimilmente implicati nell’autoimmunità, e
Riparazione delle ferite: FGF-2 e KGF (FGF-7) contribuiscono stimola la produzione di IgA nella mucosa intestinale.
alla riepitelizzazione delle ferite cutanee.
Angiogenesi: FGF-2, in particolare, induce la formazione di neo- Citochine. Le citochine sono importanti mediatori dell’infiam-
vasi (trattato più avanti). mazione e dell’immunità (Cap. 6). Alcune citochine possono anche
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 89

essere considerate fattori di crescita per varie cellule. Le citochine Segnali autocrini: la cellula risponde a molecole segnale prodotte
sono trattate nei Capitoli 2 e 6. Il fattore di necrosi tumorale (TNF) dalla cellula stessa, creando un circuito autocrino. I segnali au-
e l’IL-1 contribuiscono alla guarigione delle ferite (si veda Tab. 3.1) tocrini sono importanti nella rigenerazione epatica e nella pro-
e il TNF e l’IL-6 contribuiscono all’attivazione della rigenerazione liferazione linfocitaria indotta dalla stimolazione antigenica. I
epatica (si veda oltre). tumori producono frequentemente un eccesso di fattori di cre-
scita e dei rispettivi recettori, stimolando così la loro stessa pro-
liferazione con modalità autocrina.
Segnali Proliferativi
Segnali paracrini: le cellule producono ligandi che agiscono sulle
In questa sezione tratteremo le vie di trasduzione mediate da recettori, cellule adiacenti dotate di recettori appropriati. Le cellule bersa-
attivate da fattori di crescita e citochine. I vari recettori e sistemi di glio sono molto vicine alla cellula che produce il ligando e sono
trasduzione attivano una cascata di eventi attraverso i quali l’attiva- generalmente di tipo diverso. La stimolazione paracrina è comu-
zione recettoriale si traduce nell’induzione di specifici geni. In questa ne nella riparazione delle lesioni connettivali, nelle quali fattori
sezione ci concentreremo sulle vie biochimiche di trasduzione del prodotti da un particolare tipo cellulare (ad es. macrofagi) sti-
segnale e sulla regolazione trascrizionale attivate dai fattori di molano la crescita delle cellule adiacenti (ad es. fibroblasti). La
crescita. stimolazione paracrina è necessaria per la proliferazione degli
In base al tipo di ligando e alla localizzazione del recettore (nella epatociti durante la rigenerazione epatica (si veda oltre) e per la
stessa cellula, in cellule adiacenti o in cellule distanti): si distinguono funzione del recettore Notch nello sviluppo embrionale, nella
tre modalità di trasduzione del segnale: autocrina, paracrina ed en- guarigione delle ferite e nel rinnovamento tissutale.
docrina (Fig. 3.8): Segnali endocrini: gli ormoni sintetizzati dai tessuti endocrini
vengono trasportati dal sistema circolatorio e agiscono su cellule
bersaglio distanti. Anche i fattori di crescita possono diffondersi
in circolo e agire a distanza, come nel caso dell’HGF. Le citochine
che inducono gli effetti sistemici dell’infiammazione descritti nel
Capitolo 2, agiscono con modalità endocrina.

Recettori e trasduzione del segnale


Il legame di un ligando al suo recettore attiva una catena di eventi che
trasmettono i segnali extracellulari all’interno della cellula (trasdu-
zione del segnale) modificando l’espressione genica. Una singola mo-
lecola recettoriale attivata può trasdurre alcuni segnali, ma per la
trasduzione completa del segnale è necessaria l’aggregazione di due
o più recettori indotta dal ligando. I recettori sono generalmente
espressi sulla membrana delle cellule bersaglio, ma possono anche
essere citoplasmatici o nucleari.
Per una migliore comprensione della proliferazione fisiologica e
patologica (neoplastica) (Cap. 7), introdurremo i principali tipi di
recettori e i loro sistemi di trasduzione del segnale (Fig. 3.9).

Recettori ad attività tirosin-chinasica intrinseca. I ligandi dei re-


cettori ad attività tirosin-chinasica intrinseca sono la maggior
parte dei fattori di crescita, come l’EGF, il TGFa, l’HGF, il PDGF,
il VEGF, il FGF, il ligando di c-KIT e l’insulina. Questi recettori
sono formati da un dominio extracellulare che lega il ligando, da
una regione transmembrana e da una porzione citoplasmatica
dotata di attività tirosin-chinasica intrinseca.61 L’interazione con
il ligando induce la dimerizzazione del recettore, la fosforila­
zione delle tirosine e l’attivazione della tirosin-chinasi recettoriale
(si veda Fig. 3.10). La chinasi attivata fosforila attivandole varie
molecole effettrici poste a valle (che mediano gli effetti dell’attiva­
zione recettoriale). L’attivazione delle molecole effettrici può es­
sere diretta o mediata da proteine adattatrici. Una tipica proteina
adattatrice è GRB-2, che lega il fattore di scambio guanosin-
trifosfato/­guanosin-difosfato (GTP-GDP), detto SOS. SOS agisce
sulla proteina RAS, che lega il GTP ­(proteina G), ­catalizzando
la ­formazione di RAS-GTP, che a sua volta scatena la cascata delle
chinasi attivate dai mitogeni (chinasi MAP) (Fig. 3.10). Le chinasi
MAP attivate inducono la sintesi e la fosforilazione di fattori di
Figura 3.8 Trasduzione del segnale con modalità autocrina, paracrina
ed endocrina (si veda il testo). (Modificato da Lodish H et al: Molecular Cell trascri­zione ­come FOS e JUN. I fattori di trascrizione attivati dalle
Biology, 3rd ed. New York, WH Freeman, 1995, p. 855. © 1995 by Scientific varie cascate di segnali inducono a loro volta la produzione di
American Books. Per gentile concessione di WH Freeman and Company) fattori di crescita e dei loro recettori e la sintesi di proteine
90 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

Figura 3.9 I principali recettori di membrana e i relativi sistemi di trasduzione del segnale (si veda il testo). In figura sono mostrati: i recettori ad attività
tirosin-chinasica intrinseca, i recettori a sette domini transmembrana associati a proteine G (GPCR) e i recettori privi di attività tirosin-chinasica intrinseca
cAMP, adenosin-monofosfato ciclico; IP3, inositolo trifosfato; JAK, chinasi Janus; chinasi MAP, protein-chinasi attivate da mitogeni; PI3 chinasi, chinasi
dell’inositolo trifosfato; PKB, protein-chinasi B, detta anche Akt; PLC-g, fosfolipasi C gamma; STAT, trasduttori del segnale e attivatori della trascrizione.

che ­controllano l’ingresso nel ciclo cellulare. Altre molecole ef- Recettori accoppiati a proteine G (GPCR). Questi recettori trasdu-
fettrici attivate dai recettori ad attività tirosin-chinasica intrinseca cono il segnale attraverso proteine trimeriche che legano il GTP
sono: la fosfolipasi Cg (PLCg) e la chinasi dell’inositolo trifosfato (proteine G). Sono formati da sette domini transmembrana ad
(PI3K) (si veda Fig. 3.9). La PLCg scinde i fosfolipidi inositolici a-elica (si veda Fig. 3.9) e sono la famiglia più numerosa di re-
di membrana in due prodotti, l’inisitolo 1,4,5-trifosfato (IP3), che cettori di membrana, insieme ai geni dei GPCR non olfattivi
aumenta le concentrazioni citosoliche di calcio, un’altra impor- costituiscono circa l’1% del genoma umano. I ligandi di questi
tante molecola effettrice, e il diacilglicerolo, che attiva la protein- recettori sono vari: chemochine, vasopressina, serotonina, ista-
chinasi C (PKC), una serina-treonin-chinasi che a sua volta attiva mina, adrenalina e noradrenalina, calcitonina, glucagone, para-
vari fattori di trascrizione. La PI3K fosforila un fosfolipide di tormone, corticotropina e rodopsina. Anche moltissimi farmaci
membrana, generando prodotti che attivano la chinasi Akt (detta di uso comune agiscono sui GPCR.63 L’interazione con il ligando
anche protein-chinasi B), che inibisce l’apoptosi, promuovendo induce una modificazione conformazionale nel recettore che lo
la sopravvivenza e la proliferazione cellulare. Alterazioni dell’at- attiva, consentendogli di interagire con varie e molteplici proteine
tività tirosin-chinasica e mutazioni recettoriali sono presenti in G. L’attivazione delle proteine G avviene attraverso lo scambio
molti tumori e sono importanti bersagli per la terapia (Cap. 7). del GDP, legato alla proteina inattiva, con il GTP, che attiva la
Recettori privi di attività tirosin-chinasica intrinseca che trasducono proteina. Fra le molte vie collaterali di questa via di trasduzione
il segnale reclutando altre chinasi. I ligandi di questi recettori sono del segnale vi sono quelle che impiegano come secondi messaggeri
varie citochine (IL-2, IL-3 e altre interleuchine), gli interferoni-a, il calcio e l’AMP ciclico (adenosin-monofosfato ciclico 3’,5’ o cAMP).
b e g, l’eritropoietina, il fattore stimolante la crescita di colonie L’attivazione dei GPCR (e dei recettori ad attività tirosin-chinasica)
granulocitiche, l’ormone somatotropo e la prolattina. Questi re- genera inositolo trifosfato (IP3) che induce il rilascio di calcio
cettori trasmettono i segnali extracellulari al nucleo attivando le dal reticolo endoplasmatico. I segnali del calcio, generalmente ad
proteine JAK (chinasi Janus) (si veda Fig. 3.9). Le JAK si legano andamento oscillatorio, agiscono su vari bersagli: le proteine
ai recettori e attivano i fattori di trascrizione citoplasmatici STAT citoscheletriche, le pompe ioniche del cloro e del potassio, gli
(trasduttori del segnale e attivatori trascrizionali), che traslocano enzimi come la calpaina e le proteine che legano il calcio come
nel nucleo inducendo la trascrizione di specifici geni.62 I recettori la calmodulina. Il cAMP attiva una serie più ristretta di bersa-
delle citochine impiegano anche altre vie di trasduzione, come la gli che comprendono la protein-chinasi A e i canali ionici rego-
cascata delle chinasi MAP sopramenzionata. lati dal cAMP, importanti nella via visiva e olfattiva. I difetti
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 91

Figura 3.10 Trasduzione del segnale nei recettori tirosin-chinasici. Il legame di un fattore di crescita (ligando) induce la dimerizzazione del recettore e
l’autofosforilazione delle tirosine. L’attacco di proteine adattatrici (o di collegamento) (ad es. GRB2 e SOS) accoppia il recettore alla proteina RAS inattiva.
La conversione ciclica di RAS nelle sue forme attiva e inattiva è regolata da GAP. La forma attiva di RAS interagisce con RAF (detto anche chinasi della
chinasi della chinasi MAP ovvero chinasi della chinasi MEK) attivandolo. RAF attivato fosforila MEK (detto anche chinasi della chinasi MAP), una componente
della via di trasduzione del segnale delle chinasi MAP, che a sua volta fosforila ERK (chinasi MAP). La chinasi MAP attivata fosforila altre proteine citopla-
smatiche e fattori di trascrizione nucleari, producendo le risposte cellulari. Il recettore tirosin-chinasico fosforilato può legare anche altre componenti, come
la chinasi dell’inositolo trifosfato (chinasi IP3), che attiva altre vie di trasduzione del segnale.

c­ ongeniti dei GPCR causano la retinite pigmentosa, il deficit di a vari geni. La regione di transattivazione, invece, stimola la trascri-
corticotropina e l’iperparatiroidismo. zione delle sequenze geniche adiacenti.
Recettori degli ormoni steroidei. Sono recettori nucleari che, dopo I fattori di crescita inducono la sintesi o l’attivazione dei fattori di
aver legato il ligando, funzionano come fattori di trascrizione. I trascrizione. Gli eventi cellulari che richiedono risposte rapide non
loro ligandi diffondono attraverso le membrane cellulari e si inducono la sintesi dei fattori di trascrizione ma causano modifica-
­legano al recettore inattivo, attivandolo. Il recettore si lega a spe- zioni post-traduzionali che li attivano: (a) l’eterodimerizzazione,
cifiche sequenze dei geni bersaglio, dette elementi di risposta ormo- come la dimerizzazione dei prodotti dei proto-oncogeni c-FOS e
nale (HRE), e ad altri fattori di trascrizione. Oltre agli ormoni c-JUN, attivata dalle chinasi MAP, che dà origine al fattore di tra-
steroidei, altri ligandi di questi recettori sono gli ormoni tiroidei, scrizione detto proteina attivatrice-1 (AP-1), (b) la fosforilazione,
la vitamina D e i retinoidi. Di questa famiglia fanno parte anche come nel caso dei fattori STAT del sistema JAK/STAT, (c) la rimo-
i recettori attivati di proliferazione perossisomiale (PPAR),64 recet- zione di componenti inibitorie, che consente la traslocazione
tori nucleari implicati in un’ampia gamma di risposte che vanno ­nucleare, come nel caso di NF-kB e (d) il rilascio dalle membrane
dall’adipogenesi (Cap. 24), all’infiammazione e all’aterosclerosi. ­mediante clivaggio proteolitico, come nel caso dei recettori Notch
(si veda Fig. 3.16).
Fattori di trascrizione
Molte vie di trasduzione recettoriale utilizzate dai fattori di crescita Meccanismi di rigenerazione
modulano la trascrizione genica attraverso i fattori di trascrizione.
I fattori di trascrizione che regolano la proliferazione comprendono
di tessuti e organi
i prodotti di molti geni che promuovono la crescita come c-MYC e
c-JUN e di geni che inibiscono il ciclo cellulare, come p53. I fattori Gli anfibi urodeli come il tritone possono rigenerare la coda, gli arti,
di trascrizione hanno una struttura modulare, formata da regioni il cristallino, la retina, le fauci e gran parte del cuore, ma nei mam-
che legano il DNA e regioni che regolano la trascrizione. Il dominio miferi la capacità di rigenerare interi tessuti e organi si è persa.1 Si
che lega il DNA consente al fattore di trascrizione di riconoscere ritiene che l’assenza di una vera e propria rigenerazione nei mam-
corte sequenze di DNA, specifiche di un determinato gene o comuni miferi sia dovuta alla mancata formazione del blastema (fonte di
92 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

cellule per la rigenerazione) e alla rapida risposta fibroproliferativa adulto non si possono generare nuovi nefroni, perciò l’iperplasia
indotta dalle ferite. Il sistema Wnt/b-catenina è una via di segnala- ­compensatoria del rene controlaterale dopo nefrectomia unilaterale
zione altamente conservata, implicata nella rigenerazione delle pla- è dovuta a ipertrofia dei nefroni residui e l’iperplasia parziale del
narie, nella rigenerazione della pinna e del cuore del pesce farfalla e tubulo prossimale. Il pancreas, sia esocrino che endocrino, ha un
nella formazione del blastema e nella rigenerazione ordinata degli limitato potenziale rigenerativo e la rigenerazione delle cellule beta
arti nelle salamandre. Nei mammiferi, il sistema Wnt/b-catenina pancreatiche è dovuta alla loro proliferazione, al transdifferenzia-
controlla le funzioni delle cellule staminali dell’epitelio intestinale, mento delle cellule duttali e al differenziamento di cellule staminali
del midollo osseo e del muscolo, è implicato nella rigenerazione putative che esprimono i fattori di trascrizione Oct4 e Sox2.67 Re-
epatica dopo epatectomia parziale e stimola la proliferazione delle centemente, le cellule pancreatiche esocrine sono state riprogram-
cellule ovali dopo un danno epatico.27,65,66 mate e convertite in cellule b a secrezione insulinica.
Abbiamo scelto come esempio la rigenerazione epatica perché è
stata molto studiata e presenta importanti caratteristiche biologiche Rigenerazione Epatica
e cliniche. La rigenerazione epatica non è una rigenerazione vera
e propria, perché l’ablazione tissutale non induce la ricrescita del Il fegato umano ha una notevole capacità rigenerativa, come dimo-
­fegato, ma stimola un’iperplasia compensatoria della porzione resi- strato dall’iperplasia compensatoria indotta dall’epatectomia parziale,
dua dell’organo (si veda oltre). Altri organi come rene, pancreas, in caso di neoplasie o di trapianto da donatore vivente (Fig. 3.11).
surrene, tiroide e polmoni di animali molto giovani, possono andare Nell’immaginario popolare la rigenerazione epatica è rappresentata
incontro a iperplasia compensatoria dopo resezione parziale (ad dal fegato di Prometeo, divorato ogni giorno da un’aquila inviata
es. nefrectomia), ma in misura minore rispetto al fegato. Nel rene da Zeus che ricresce miracolosamente ogni giorno (Zeus era in

Figura 3.11 Rigenerazione epatica dopo epatectomia parziale. A. Lobi del fegato di ratto (M, lobo mediano; RL e LL, lobi laterali destro e sinistro;
C, lobo caudato). L’epatectomia parziale rimuove due terzi del fegato (lobi mediano e laterale sinistro). Dopo 3 settimane il lobo laterale e il lobo caudato
aumentano di volume fino a raggiungere una massa equivalente a quella del fegato originale, senza che si abbia però la ricrescita dei lobi mediano e laterale
sinistro. B. Ingresso e progressione degli epatociti nel ciclo cellulare (descrizione dettagliata nel testo). C. Rigenerazione del fegato umano nel trapianto
da donatore vivente. Tomografia computerizzata (TC) del fegato del donatore dopo trapianto da donatore vivente. Il pannello superiore mostra una scansione
del fegato del donatore prima dell’intervento, evidenziando il lobo destro, che verrà usato per il trapianto. Il pannello inferiore mostra una scansione del
fegato 1 settimana dopo l’epatectomia parziale. Da notare il notevole aumento di volume del lobo sinistro (evidenziato nel pannello), in assenza di ricrescita
del lobo destro. (A. Da Goss RJ: Regeneration versus repair. In Cohen IK et al [eds]: Wound healing. Biochemical e Clinical Aspects. Philadelphia, WB
Saunders, 1992, pp 20-39. C. Per gentile concessione di: R. Troisi, MD, Ghent University, Ghent, Belgio; Riprodotto in parte da: Fausto N: Liver regeneration.
In: Arias, et al: The Liver: Biology e Pathobiology, 4th ed. Philadelphia, Lippincott Williams & Wilkins, 2001)
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 93

c­ ollera con Prometeo che gli aveva sottratto il segreto del fuoco, ma Matrice extracellulare e interazioni
sapeva che il fegato di Prometeo sarebbe ricresciuto?). La realtà,
meno drammatica, è comunque impressionante. Nell’uomo la rese- cellule-matrice
zione di circa il 60% del fegato nei donatori viventi induce il rad-
doppiamento del fegato residuo in circa un mese. Dopo epatectomia La rigenerazione e la riparazione sono regolate, oltre che da fattori
parziale il fegato residuo forma un “mini-fegato” intatto che si espan- solubili anche dalle interazioni intercellulari e dalle interazioni delle
de rapidamente fino a raggiungere la massa del fegato originale cellule con le componenti della matrice extracellulare (ECM). L’ECM
(si veda Fig. 3.11). Il ripristino della massa originale del fegato, però, controlla la crescita, la proliferazione, la motilità e il differenziamen-
non è dovuto alla ricrescita dei lobi asportati, ma alla crescita dei lobi to delle cellule che si trovano al suo interno. Il rimodellamento della
residui dopo l’intervento, detta crescita compensatoria o iperplasia matrice è continuo (per degradazione e sintesi) ed è parte integrante
compensatoria. Nell’uomo e nel topo, la rigenerazione epatica dopo della morfogenesi, della rigenerazione, della guarigione delle ferite,
epatectomia parziale ripristina la massa funzionale, ma non rico- della fibrosi cronica, dell’invasività e della metastatizzazione dei
struisce la struttura originale.69 tumori. L’ECM sequestra l’acqua che conferisce il turgore ai tessuti
Nella rigenerazione epatica dopo epatectomia parziale, quasi tutti molli e i minerali che rendono rigido l’osso, ma è molto di più di un
gli epatociti proliferano. Gli epatociti sono cellule quiescenti e hanno semplice collante che tiene unite le cellule e preserva l’integrità
bisogno di diverse ore per entrare nel ciclo cellulare, completare la strutturale dei tessuti. Le sue funzioni comprendono:
fase G1 e raggiungere la fase S della replicazione del DNA. L’onda
proliferativa epatocitaria è sincronizzata ed è seguita dalla replica- Fornire il supporto meccanico per l’ancoraggio e la migrazione
zione sincrona delle cellule non parenchimali (cellule di Kupffer, cellulare e il mantenimento della polarità cellulare.
cellule endoteliali e cellule stellate). Controllare la proliferazione. Le sue componenti controllano la
Vi sono prove consistenti che la proliferazione epatocitaria nel proliferazione attraverso i recettori della famiglia delle integrine.
fegato in rigenerazione sia indotta dall’azione combinata di citochine Mantenere il differenziamento cellulare. La composizione dell’ECM
e fattori di crescita polipeptidici. Con l’eccezione dello stimolo au- influisce sul grado di differenziamento cellulare del tessuto, un
tocrino del TGFa, la replicazione epatocitaria è strettamente di- processo mediato in gran parte dalle integrine.
pendente dalla stimolazione paracrina dei fattori di crescita e delle Fungere da impalcatura per la rigenerazione. La membrana basale
citochine, come HGF e IL-6, prodotti dalle cellule epatiche non e l’impalcatura stromale sono indispensabili per il mantenimento
parenchimali. Due sono le tappe limitanti della proliferazione della normale architettura tissutale e l’integrità di queste strutture
epatocitaria: la transizione G0/G1, che consente l’ingresso degli è essenziale per la rigenerazione ordinata dei tessuti. Dopo una
epatociti quiescenti nel ciclo cellulare, e la transizione G1/S, che lesione, infatti, le cellule labili e stabili possono rigenerarsi, ma la
consente agli epatociti di superare l’ultimo punto di restrizione normale struttura tissutale può essere ricostruita solo se l’ECM
della fase G1. L’espressione genica nel fegato in rigenerazione pro- è intatta poiché la distruzione della matrice induce la deposizione
cede a tappe e inizia con l’induzione dei geni precoci-immediati, di collagene e la formazione di cicatrici (si veda Fig. 3.2).
una risposta transitoria che corrisponde alla transizione G 0/G1. Creare i microambienti tissutali. La membrana basale è un confine
Oltre 70 geni si attivano in questa risposta, tra i quali: i proto-on- tra l’epitelio e il connettivo sottostante ed è parte integrante
cogeni c-FOS e ­c-JUN, i cui prodotti dimerizzano formando il dell’apparato di filtrazione del glomerulo renale.
fattore di trascrizione AP-1; c-MYC, che codifica un fattore di Accumulare e presentare alle cellule bersaglio molecole regolatorie.
trascrizione che attiva vari geni; e altri fattori di trascrizione, come Fattori di crescita come l’FGF e l’HGF vengono immagazzinati
NF-kB, STAT-3 e C/EBP.70 La risposta genica precoce-immediata nell’ECM di alcuni tessuti e possono venire così liberati rapida-
pone le basi per l’attivazione sequenziale di altri geni, con l’ingresso mente in seguito a lesioni locali o durante la rigenerazione.
degli epatociti nella fase G 1. La transizione G 1-S avviene come
descritto precedentemente (si veda Fig. 3.7). L’ECM è formata da tre tipi di macromolecole: le proteine strut-
Gli epatociti quiescenti diventano competenti a proliferare dopo turali fibrose, come i collageni e le elastine, che conferiscono resi-
una fase di innesco, mediata principalmente da TNF e IL-6 e dal stenza ed elasticità ai tessuti; le glicoproteine di adesione che uniscono
sistema del complemento. I segnali di innesco attivano i sistemi di gli elementi della matrice tra loro e alle cellule; e i proteoglicani e
trasduzione necessari alla proliferazione. Stimolati da HGF, TGFa l’acido iarulonico che conferiscono resistenza meccanica e hanno un
e HB-EGF, gli epatociti attivati entrano nel ciclo cellulare e replicano effetto lubrificante. Queste molecole vengono assemblate a formare
il loro DNA (si veda Fig. 3.11). La noradrenalina, la serotonina, due tipi di ECM: la matrice interstiziale e le membrane basali. La
l’insulina, gli ormoni tiroidei e l’ormone somatotropo sono adiuvanti matrice interstiziale si trova negli spazi tra le cellule epiteliali, endo-
nella rigenerazione epatica poiché favoriscono l’ingresso degli epa- teliali, muscolari lisce e nel connettivo ed è costituita principalmente
tociti nel ciclo cellulare. da collagene fibrillare e non fibrillare, elastina, fibronectina, proteo­
Durante la rigenerazione epatica, ogni epatocita si replica una o glicani e acido ialuronico. Le membrane basali sono strettamente
due volte al massimo per poi tornare allo stato quiescente in una associate alle membrane cellulari e sono formate da collagene non
catena di eventi strettamente regolata, ma i meccanismi che bloccano fibrillare (principalmente di tipo IV), laminina, eparan-solfato e
la proliferazione non sono noti. Fattori antiproliferativi, come il proteoglicani.71
TGFb e le attivine, potrebbero essere implicati nell’arresto prolife- Passiamo ora a descrivere le componenti principali dell’ECM.
rativoTGF, ma il loro meccanismo d’azione non è chiaro. Le staminali
e i progenitori intraepatici non intervengono nell’iperplasia compen- Collagene
satoria dopo epatectomia parziale, e non ci sono prove della genera-
zione di epatociti da precursori midollari;28,37 mentre le cellule Il collagene è la proteina più abbondante nel regno animale e forma
­endoteliali e altre cellule non parenchimali del fegato in rigenera- l’impalcatura extracellulare di tutti gli organismi multicellulari. Senza
zione potrebbero derivare da precursori midollari. collagene, l’uomo sarebbe un ammasso di cellule somiglianti al
94 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

Tabella 3.2 Collageni: distribuzione tissutale e difetti genetici ereditari


Tipo di collagene Distribuzione tissutale Difetti genetici

COLLAGENI FIBRILLARI

I Ubiquitario nei tessuti duri e molli Osteogenesi imperfetta; sindrome di Ehlers-Danlos –


artroclasie di tipo I
II Cartilagine, dischi intervertebrali, corpo vitreo Acondrogenesi di tipo II, sindrome displasica
spondiloepifisaria
III Visceri cavi, tessuti molli Sindrome vascolare di Ehlers-Danlos
V Tessuti molli, vasi Sindrome classica di Ehlers-Danlos
IX Cartilagine, corpo vitreo Sindrome di Stickler

COLLAGENI DELLE MEMBRANE BASALI


IV Membrane basali Sindrome di Alport

ALTRI COLLAGENI

VI Ubiquitario nelle microfibrille Miopatia di Betlemme


VII Fibrille di ancoraggio delle giunzioni dermo- Epidermolisi bollosa distrofica
epidermiche
IX Cartilagine, dischi intervertebrali Displasie epifisarie multiple
XVII Collagene transmembrana delle cellule epidermiche Epidermolisi bollosa atrofica benigna generalizzata
XV e XVIII Collageni che formano endostatina, cellule endoteliali Sindrome di Knobloch (collagene di tipo XVIII)

Per gentile concessione del Dr. Peter H. Byers, Department of Pathology, University of Washington, Seattle, WA.

“Blob” (la creatura gelatinosa venuta dallo spazio del film degli di molte sindromi ereditarie, come le varie forme della sindrome di
­anni ’50), connesse tra loro da pochi neuroni. Sono stati identificati Ehlers-Danlos e l’osteogenesi imperfetta73 (Capp. 5 e 26).
27 diversi tipi di collagene, codificati da 41 geni distribuiti su almeno
14 cromosomi72 (Tab. 3.2). Ogni molecola di collagene è formata da Elastina, Fibrillina E Fibre Elastiche
tre catene disposte a elica a formare un trimero (tropocollagene). Il
polipeptide è caratterizzato da una sequenza amminoacidica ripe- L’elasticità è necessaria per un corretto funzionamento dei tessuti
titiva nella quale in terza posizione è sempre presente una glicina costituenti i vasi sanguigni, la cute, l’utero e i polmoni. Le proteine
­(Gly-X-Y, X e Y possono essere qualsiasi amminoacido tranne ci- della famiglia del collagene conferiscono resistenza alla tensione,
steina e triptofano) e contiene gli amminoacidi specializzati 4-idros- ma la capacità di questi tessuti di espandersi, recuperando poi la
siprolina e idrossilisina. Le proline in posizione Y sono tipicamente forma originaria (elasticità), dipende dalle fibre elastiche che pos-
idrossilate a idrossiproline e servono a stabilizzare la tripla elica. I sono allungarsi per poi tornare alle dimensioni originali quando la
collageni ­fibrillari (di tipo I, II, III e V e XI) sono costituiti da lunghe tensione viene rilasciata. Dal punto di vista strutturale, le fibre ela-
sequenze ininterrotte a tripla elica costituite da oltre 1.000 residui e stiche sono formate da un nucleo centrale di elastina, circondato da
formano le strutture fibrillari extracellulari. I collageni di tipo IV sono una rete periferica di microfibrille. Le pareti dei grandi vasi come
costituiti anch’essi da lunghe sequenze a tripla elica, che sono però l’aorta, l’utero, la cute e i legamenti sono ricchi di elastina. La rete
discontinue e formano foglietti anziché fibrille; insieme alla laminina microfibrillare periferica che circonda il nucleo centrale è formata
sono la componente principale delle membrane basali. Un altro tipo principalmente da fibrillina, una glicoproteina secretoria di 350 kDa
di collagene costituito da lunghe sequenze di tripla elica discontinua che si lega ad altre molecole di fibrillina e ad altre componenti
(il tipo VII) forma le fibrille che ancorano alcuni epiteli alle strut- dell’ECM. Durante l’assemblaggio delle fibre elastiche, le microfi-
ture mesenchimali, come l’epidermide al derma. Altri tipi di colla- brille servono in parte da impalcatura sulla quale si deposita l’elasti­
gene sono proteine transmembrana che ancorano fra loro ­epidermide na. Le microfibrille inoltre regolano la disponibilità di TGFb attivo
e derma. nell’ECM. I difetti ereditari della fibrillina sono responsabili della
Gli RNA messaggeri del collagene fibrillare sono tradotti in catene formazione di fibre elastiche anomale nella sindrome di Marfan,
pre-pro-a che vengono assemblate in trimeri tipo-specifici. L’idros- caratterizzata da patologie cardiovascolari (dissezione aortica) e
silazione delle proline e delle lisine e la glicosilazione delle lisine scheletriche74 (Cap. 5).
hanno luogo durante la traduzione. Per ogni tipo di collagene tre
catene specifiche vengono assemblate a formare una tripla elica Molecole Di Adesione
(protocollagene) (Fig. 3.12). Il protocollagene viene quindi secreto e
le proteasi rimuovono dei frammenti terminali per formare l’unità La maggior parte delle molecole di adesione, dette CAM (molecole di
di base delle fibrille. L’assemblaggio delle fibrille si associa all’ossida- adesione cellulare), possono essere classificate in quattro grandi fami-
zione dei residui di lisina e idrossilisina a opera dell’enzima glie: le immunoglobuline CAM, le caderine, le integrine e le selettine.
­extracellulare lisil ossidasi: Si formano così i legami crociati tra mo- Queste proteine sono recettori di membrana, ma possono anche
lecole adiacenti che stabilizzano la fibrilla e sono i principali deter- essere immagazzinate nel citoplasma.75 Come recettori, le CAM si
minanti della resistenza alla tensione del collagene. La vitamina C è legano a molecole simili o diverse presenti sulla membrana di altre
necessaria all’idrossilazione del procollagene e questo spiega la ritardata cellule con cui vengono in contatto, stabilendo interazioni tra cellule
guarigione delle ferite che si osserva nello scorbuto (Cap. 9). I difetti dello stesso tipo (interazioni omotipiche) e tra cellule diverse (inte-
genetici della sintesi del collagene (si veda Tab. 3.2) sono ­responsabili razioni eterotipiche). Le selettine sono state trattate nel Capitolo 2
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 95

Figura 3.12 Componenti della matrice extracellulare (ECM): collageni, proteoglicani e glicoproteine adesive. Le cellule epiteliali e mesenchimali (ad es.
fibroblasti) interagiscono con l’ECM attraverso le integrine. Le membrane basali e la matrice interstiziale (ECM) sono diverse per architettura e composi-
zione, ma hanno in comune alcune componenti. Per semplicità molte componenti dell’ECM (ad es. elastina, fibrillina, acido ialuronico e sindecano) sono
state omesse.

nell’ambito delle interazioni tra i leucociti e l’endotelio vasale. In Il nome caderina significa “proteina di adesione ­calcio-­dipendente”.
questo capitolo tratteremo solo alcuni aspetti di altre molecole di Questa famiglia comprende oltre 90 proteine che mediano le inte-
adesione. Le integrine si legano a proteine dell’ECM (fibronectina, razioni omotipiche che collegano le membrane di cellule adiacenti.
laminina e osteopontina) e collegano le cellule all’ECM e alle CAM Le caderine generano due tipi di giunzioni: (1) la zonula aderen-
di altre cellule, stabilendo così contatti intercellulari e con la matrice. te, piccole giunzioni puntiformi localizzate al polo apicale delle
La fibronectina è una grossa proteina che lega molte molecole, come cellule epiteliali e (2) i desmosomi, giunzioni resistenti ed estese
il collagene, la fibrina, i proteoglicani e i recettori di membrana. È delle cellule epiteliali e muscolari. Nella riepitelizzazione delle fe-
formata da due catene glicoproteiche unite da ponti disolfuro. rite cutanee, la migrazione dei cheratinociti dipende dalla forma-
­L’mRNA della fibronectina dà origine a due forme di splicing alter- zione di desmosomi. Le caderine si legano al citoscheletro attraverso
nativo, per la forma tissutale e plasmatica. La fibronectina plasmatica due classi di catenine. La b-catenina unisce le caderine alla
lega la fibrina, stabilizzando i coaguli che chiudono le ferite, e funge ­a-­catenina, che, a sua volta, lega l’actina, completando il collega-
da substrato per la deposizione di ECM e la formazione della matrice mento con il citoscheletro. Le interazioni intercellulari mediate da
provvisoria durante la guarigione delle ferite (si veda oltre). La la- caderine e catenine sono essenziali per la regolazione della motilità
minina è la componente principale delle membrane basali e contiene cellulare, della proliferazione e del differenziamento; inoltre, inibi-
domini che legano l’ECM e domini che legano i recettori di mem- scono la proliferazione quando le cellule normali in coltura vengono
brana. Nelle membrane basali, i polimeri di laminina e collagene di a contatto tra loro (“inibizione da contatto”). Un deficit funzionale
tipo IV formano reti ben salde. La laminina, inoltre, ancora le cellule di ­E-caderina è implicato in alcuni tumori mammari e gastrici. La
al connettivo sottostante. b-catenina libera fa parte, indipendentemente dalle caderine, del
Le caderine e le integrine, legandosi all’actina e ai filamenti inter- sistema di segnalazione di Wnt, che regola l’omeostasi delle cellule
medi, uniscono la membrana plasmatica al citoscheletro. Questo staminali e la rigenerazione. Le mutazioni e l’espressione
­legame, soprattutto nel caso delle integrine, trasmette la forza mec- ­aberrante del sistema Wnt/b-catenina sono implicati nella patoge-
canica e attiva la trasduzione del segnale in risposta alle trazioni nesi delle neoplasie, soprattutto gastroenteriche ed epatiche
meccaniche. L’attivazione delle integrine induce l’aggregazione dei (Cap. 7).
recettori di membrana e la formazione delle placche di adesione Oltre alle grandi famiglie di molecole di adesione citate, accen-
focale. Le proteine citoscheletriche che colocalizzano con le integrine neremo ad alcune molecole di adesione secretorie che hanno un
nelle placche di adesione focale sono la talina, la vinculina e la pa- ruolo potenziale in alcuni processi patologici: (1) SPARC (proteina
xillina. I complessi integrine-citoscheletro fungono da recettori at- acida secreta, ricca di cisteina), detta anche osteonectina, partecipa
tivati e attivano vari sistemi di trasduzione del segnale, quali le al rimodellamento tissutale postlesionale e inibisce l’angiogenesi;
chinasi MAP, il sistema della PKC e della PI3K, sistemi attivati anche (2) le trombospondiline, una famiglia di grandi proteine con effetti
dai fattori di crescita. Oltre alla sovrapposizione funzionale, le inte- pleiotropici, alcune delle quali, simili alle SPARC, inibiscono l’an-
grine e i fattori di crescita interagiscono anche tra loro (“cross-talk”) giogenesi; (3) l’osteopontina (OPN), una glicoproteina che regola la
trasmettendo alla cellula i segnali ambientali che regolano la prolife- calcificazione e la migrazione leucocitaria ed è implicata nell’infiam-
razione, l’apoptosi e il differenziamento (Fig. 3.13). mazione, nel rimodellamento vascolare e nella fibrosi di ­vari ­organi76,77
96 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

Figura 3.13 Interazioni e trasduzione del segnale delle componenti dell’ECM e dei fattori di crescita. In corrispondenza delle placche di adesione focale
(strutture proteiche formate da vinculina, a-actina e talina), le integrine legano le componenti dell’ECM e interagiscono con il citoscheletro. L’interazione
genera secondi messaggeri intracellulari o invia segnali direttamente al nucleo. I recettori di membrana dei fattori di crescita attivano vie di trasduzione,
che si sovrappongono a quelle attivate dalle integrine. I segnali generati dell’ECM e dai fattori di crescita vengono integrati dalla cellula per produrre risposte
differenziate: proliferazione, movimento e differenziamento.

(si veda oltre); e (4) la famiglia delle tenascine, grandi proteine mul- crescita e chemochine, modulano l’infiammazione, l’immunità, la
timeriche che regolano la morfogenesi e l’adesione cellulare. proliferazione e il differenziamento cellulare.
Esistono quattro famiglie di GAG distinte dal punto di vista strut-
turale: l’eparan-solfato, il condroitin/dermatan-solfato, il cheratan-
Glicosaminoglicani (Gag)
solfato e l’acido ialuronico (HA). Le prime tre sono sintetizzate e
E Proteoglicani
assemblate nell’apparato del Golgi e nel reticolo endoplasmatico
I GAG sono la terza componente dell’ECM, dopo le proteine strut- rugoso come proteoglicani. L’HA, invece, è prodotto nella membrana
turali fibrose e le molecole di adesione. Sono formati da lunghe plasmatica da enzimi detti acido ialuronico-sintasi e non è coniugato
catene ripetitive di specifici disaccaridi. Ad eccezione dell’acido ia- a una catena proteica.
luronico (si veda oltre), i GAG sono uniti a un nucleo proteico, L’HA è un polisaccaride della famiglia GAG presente nell’ECM di
formando i proteoglicani.78 I proteoglicani sono molto diversi fra molti tessuti ed è abbondante nelle valvole cardiache, nella cute e
loro. Nella maggior parte dei tessuti l’ECM può contenere vari e nello scheletro, nel liquido sinoviale nel corpo vitreo dell’occhio e
diversi nuclei proteici, ciascuno coniugato con GAG diversi. Inizial- nel cordone ombelicale.79 È una molecola di notevoli dimensioni,
mente i proteoglicani erano detti sostanza fondamentale o mucopo- formata una lunga catena di migliaia di unità ripetitive di un disac-
lisaccaridi e si riteneva che il loro ruolo fosse principalmente caride semplice (acido glucuronico e N-acetilglucosamina), che si
­strutturale, ma è ormai chiaro che, oltre a regolare la struttura e la estendono da un’estremità all’altra. Lega grandi quantità d’acqua,
permeabilità del connettivo, hanno molte altre funzioni (Fig. 3.14). formando un gel vischioso idratato, che conferisce al connettivo la
Alcuni proteoglicani sono proteine integrali di membrana che, resistenza alla compressione meccanica. L’HA lubrifica e conferisce
mediante l’interazione con altre proteine e l’attivazione di fattori di resistenza meccanica ai tessuti connettivali e in particolare alla
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 97

Figura 3.14 Proteoglicani, glicosaminoglicani (GAG) e acido ialuronico. A. Regolazione dell’attività di FGF-2 da parte dell’ECM e dei proteoglicani cellulari.
L’eparan-solfato lega l’FGF-2 (FGF basico) secreto all’interno dell’ECM. Il sindecano è un proteoglicano di membrana costituito da: un nucleo proteico
transmembrana, catene laterali extracellulari di GAG che legano l’FGF-2 e una coda citoplasmatica che lega il citoscheletro di actina. La catena laterale del
sindecano lega l’FGF-2 rilasciato dall’ECM danneggiata, consentendo all’FGF-2 di interagire con i recettori di membrana. B. Sintesi dell’acido ialuronico sul
versante citoplasmatico della membrana cellulare. La molecola si estende verso lo spazio extracellulare, mentre è ancora unita alla sintasi dell’acido ialu-
ronico. C. Le catene di acido ialuronico nello spazio extracellulare sono unite alla membrana plasmatica attraverso il recettore CD44. Vari proteoglicani
possono unirsi alle catene di acido ialuronico dell’ECM. (B e C. Modificato da Toole KR: Hyaluronan: from extracellular glue to pericellular cue. Nat Rev
Cancer 4:528, 2004)

cartilagine articolare. La sua concentrazione aumenta nelle malattie rigenerazione, che ricostruisce la struttura del tessuto, la riparazio-
infiammatorie come l’artrite reumatoide, la sclerodermite, la psoriasi ne è una risposta fibroproliferativa che “rattoppa” il tessuto anziché
e l’osteoartrite. Alcuni enzimi, detti ialuronidasi, degradano l’HA in ricostruirlo. Il termine cicatrice è usato soprattutto per la guarigione
molecole a basso peso molecolare (LMW HA) con funzioni diverse delle ferite cutanee, ma può indicare la sostituzione, da parte ­delle fi-
rispetto alla molecola originale. Il LMW HA prodotto dalle cellule bre collagene, delle cellule parenchimali di qualsiasi tessuto, come
endoteliali si lega al recettore CD44 dei leucociti e promuove il nell’infarto miocardico. Gli aspetti caratteristici della riparazione
­reclutamento dei leucociti nei focolai infiammatori. I LMW HA, per cicatrice sono:
inoltre, stimolano la produzione di citochine e chemochine infiam-
matorie da parte dei leucociti reclutati in sede di lesione. La chemio- Infiammazione
tassi leucocitaria e la produzione di molecole proinfiammatorie da Angiogenesi
parte dei LMW HA sono processi strettamente regolati; questi effetti Migrazione e proliferazione di fibroblasti
sono benefici a breve termine, ma se diventano persistenti causano Cicatrizzazione
infiammazione cronica. Rimodellamento connettivale

Descriveremo questi aspetti nel contesto della guarigione delle


Guarigione per riparazione, ferite cutanee, come prototipo di processo riparativo. Indipendente-
cicatrizzazione e fibrosi mente dalla sede, la reazione flogistica scatenata dalle ferite limita il
danno, rimuove le componenti tissutali danneggiate e stimola la de-
posizione dell’ECM nel tessuto leso, inducendo anche l’angiogenesi.
Nei processi patologici gravi o cronici che interessano sia le cellule Se però lo stimolo patologico persiste, l’infiammazione si cronicizza
parenchimali che lo stroma, la guarigione non può avvenire per causando un accumulo eccessivo di tessuto connettivale, detto fibrosi.
rigenerazione, ma avviene per riparazione ed è caratterizzata dalla La maggior parte dei processi riparativi sono una combinazione di
deposizione di collagene e di altre componenti della matrice che si riparazione e rigenerazione e il contributo relativo delle due compo-
conclude con la formazione di una cicatrice. Contrariamente alla nenti dipende: (1) dalla capacità proliferativa delle cellule ­parenchimali;
98 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

(2) dall’integrità della matrice extracellulare e (3) dalla risoluzione o Angiogenesi da vasi preesistenti. È caratterizzata dalla vasodi-
dalla cronicizzazione della lesione e dell’infiammazione. latazione e dall’aumento di permeabilità dei vasi esistenti, dalla
Prima di descrivere la guarigione delle ferite, ci soffermeremo degradazione della matrice e dalla migrazione delle cellule endote-
sull’angiogenesi, una riposta importante anche in processi diversi liali e comprende varie fasi:
dalla guarigione delle ferite.
Vasodilatazione in risposta all’ossido nitrico e aumento della
permeabilità dei vasi preesistenti indotta dal VEGF
Angiogenesi
Degradazione proteolitica della membrana basale del vaso di
L’angiogenesi è parte integrante di vari processi fisiologici (ad es. origine a opera delle metalloproteasi della matrice (MMP), e delle
guarigione delle ferite, rigenerazione, rivascolarizzazione dei tessuti giunzioni intercellulari delle cellule endoteliali a opera dell’atti-
ischemici e mestruazione) e patologici (ad es. lo sviluppo di tumori vatore del plasminogeno
e metastasi, la retinopatia diabetica e l’infiammazione cronica). Per Migrazione delle cellule endoteliali verso lo stimolo angiogenetico
questo la comprensione dei meccanismi molecolari e lo sviluppo di Proliferazione delle cellule endoteliali, contigue al fronte delle
agenti pro- o antiangiogenetici suscita un grande interesse nella cellule migranti
comunità scientifica. Maturazione delle cellule endoteliali, che cessano di proliferare e
Intorno al 4000 a.C., i medici egiziani ritenevano che vi fossero formano neotubi capillari
“vasi in ogni regione corporea, che sono strutture cave, con un Reclutamento di cellule periendoteliali (periciti e cellule muscolari
ostio che si apre per assorbire i farmaci ed eliminare i prodotti di lisce vasali) per formare il vaso maturo.
scarto”.80 Fortunatamente le nostre conoscenze sui vasi hanno fatto
molti progressi da allora81,82 e ora sappiamo che i vasi si formano Angiogenesi da precursori endoteliali (EPC). I tessuti posso-
per vasculogenesi durante lo sviluppo embrionale, a partire da no reclutare precursori midollari angiogenetici (Fig. 3.15). Il mec-
precursori endoteliali (angioblasti) o precursori bifunzionali canismo con cui i precursori midollari riconoscono e raggiungono
­emopoietici/endoteliali detti emangioblasti che danno origine alla il tessuto bersaglio (detto anche homing) non è chiaro. Questi
rete ­vascolare primitiva. La generazione di nuovi vasi nell’organi- precursori esprimono sia marcatori delle cellule staminali emopo-
smo adulto, detta angiogenesi o neovascolarizzazione, avviene, ietiche che VEGFR-2 e caderina endoteliale (caderina-VE). I pre-
invece, per ­ramificazione ed estensione dei vasi preesistenti adia- cursori endoteliali contribuiscono alla riendotelizzazione delle
centi ­oppure per ­reclutamento di progenitori endoteliali (EPC) dal protesi vascolari (ad es. stent) e alla neovascolarizzazione degli
midollo osseo (Fig. 3.15).81 ­organi ­i schemici, delle ferite cutanee e dei tumori. Il numero

Figura 3.15 Angiogenesi per mobilizzazione di precursori endoteliali midollari (EPC) e per “gemmazione” dai vasi preesistenti (crescita capillare).
A. Nell’angiogenesi dai vasi preesistenti, le cellule dell’endotelio vasale migrano e proliferano formando “gemme” capillari. Indipendentemente dalla genesi,
la maturazione dei vasi (stabilizzazione) implica il reclutamento di periciti e di cellule muscolari lisce per formare lo strato periendoteliale. Gli EPC vengono
mobilizzati dal midollo osseo e migrano verso un’area lesionata o un focolaio neoplastico. Qui gli EPC si differenziano formando una rete matura che si
unisce ai vasi preesistenti. (Modificato da Conway EM et al: Molecular mechanisms of blood vessel growth. Cardiovasc Res 49:507, 2001)
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 99

di EPC circolanti aumenta enormemente nei pazienti con sono stati identificati cinque ligandi del recettore Notch (Jagged 1
­patologie ischemiche, a indicare che queste cellule possono in- e 2 e i ligandi Delta-simili 1, 3 e 4) e quattro recettori Notch trans­
fluenzare la funzione dei vasi e determinare il rischio di malattie membrana (1-4). I recettori contengono domini ripetitivi EGF-
cardiovascolari. simili, localizzati nella regione extracellulare che interagisce con
il ligando (Fig. 3.16). Il ligando Delta-simile 4 (Dll4) è specifico
per le cellule endoteliali ed è espresso nelle arterie e nei capillari
Fattori di crescita e recettori implicati
ma non nelle vene; la sua importanza è dimostrata dalla letalità
nell’angiogenesi
embrionale dei topi transgenici knockout privi di un solo allele
Molti fattori contribuiscono all’angiogenesi, ma nei tessuti adulti il Dll4. Durante l’angiogenesi, le cellule più avanzate del fronte di
VEGF è il più importante, sia per l’angiogenesi fisiologica (ad es. migrazione, dette cellule apicali o “della punta”, migrano e proli-
proliferazione endometriale) sia per l’angiogenesi che avviene nella ferano, mentre le cellule “del tronco” restano unite al vaso di ori-
guarigione delle ferite, nell’infiammazione cronica, nella retinopatia gine. Il VEGF induce l’espressione del ligando Dll4 nelle cellule
diabetica e nei tumori.81,82 “della punta”, mentre Notch1 e Notch4 sono espressi nelle cellule
Il VEGF58 è secreto da varie cellule mesenchimali e stromali. Tra “del tronco” (si veda Fig. 3.16 C). L’interazione tra il ligando Dll4
i recettori del VEGF, il VEGFR-2, dotato di attività tirosin-chinasica e i recettori Notch di cellule adiacenti della punta e del tronco del
intrinseca, è il più importante per l’angiogenesi. Il VEGFR-2 (KDR vaso in formazione induce il clivaggio proteolitico del recettore
nell’uomo e flk-1 nel topo) è espresso dalle cellule endoteliali e dai Notch, in due fasi sequenziali, rilasciando il dominio intracellulare
loro precursori, ma anche da altri tipi cellulari e da molti tumori e di Notch che trasloca nel nucleo per attivare i geni che attenuano
lega le isoforme circolanti di VEGF, VEGF121 e VEGF165. Il VEGF la sensibilità al VEGF. Il blocco del ligando Dll4 stimola la proli-
induce la migrazione dei precursori midollari nelle sedi di angioge- ferazione endoteliale e la gemmazione di capillari; il blocco del
nesi e ne stimola la proliferazione e il differenziamento. Nell’angio- VEGF ha l’effetto opposto, e inoltre riduce la sopravvivenza delle
genesi da vasi preesistenti, il VEGF promuove la sopravvivenza, la cellule endoteliali (Fig. 3.17).
proliferazione e la motilità delle cellule endoteliali, stimolando la Indipendentemente dal processo angiogenetico, i neovasi sono fragili
“gemmazione” di nuovi capillari. Le componenti principali del si- e devono “stabilizzarsi”. La stabilizzazione avviene grazie al recluta-
stema VEGF/VEGFR e le loro azioni sono elencate nella Tabella 3.3. mento dei periciti e delle cellule muscolari lisce (cellule periendo-
Anche FGF-2 stimola la proliferazione, il differenziamento e la teliali) e alla deposizione delle proteine dell’ECM. Le angiopoietine
migrazione delle cellule endoteliali. 1 e 2 (Ang1 e Ang2), il PDGF e il TGFb contribuiscono alla stabiliz-
Data la complessità degli effetti del VEGF e dei meccanismi che zazione. Ang1 interagisce con il recettore Tie2, un recettore di mem-
ne regolano l’espressione, come fanno le cellule endoteliali a gene­ brana delle cellule endoteliali, per reclutare le cellule periendoteliali.
rare una rete vascolare perfetta durante l’angiogenesi? Un mecca- Il PDGF contribuisce al reclutamento delle cellule muscolari lisce
nismo di controllo della vasculogenesi identificato di recente è il mentre il TGFb stabilizza i vasi neoformati stimolando la produzio-
sistema Notch, che promuove la corretta ramificazione dei neovasi ne di proteine della matrice extracellulare.58 L’interazione Ang1-Tie2
e limita l’angiogenesi in eccesso riducendo la sensibilità endoteliale induce la maturazione dei vasi da semplici tubi endoteliali a strutture
al VEGF.83–85 I ligandi e i recettori del sistema Notch sono molecole più complesse e mantiene l’endotelio quiescente. Ang2, al contra-
di membrana altamente conservate tra le specie. Nei mammiferi rio, interagendo a sua volta con Tie2, ha l’effetto opposto e rende

Tabella 3.3 Fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF)

Proteine Membri della famiglia: VEGF (VEGF-A), VEGF-B, VEGF-C, VEGF-D


Glicoproteine dimeriche con isoforme multiple
Le mutazioni di regioni specifiche del VEGF causano deficit nella vasculogenesi e nell’angiogenesi.

Produzione Espresso a bassi livelli in molti tessuti adulti e ad alti livelli in pochi tessuti selezionati (podociti del
glomerulo renale e cardiomiociti)

Induttori Ipossia
TGFb
PDGF
TGFa

Recettori VEGFR-1
VEGFR-2
VEGFR-3 (endotelio dei vasi linfatici)
Le mutazioni di regioni specifiche dei recettori aboliscono la vasculogenesi

Funzioni Induce l’angiogenesi


Aumenta la permeabilità vasale
Stimola la migrazione delle cellule endoteliali
Mitogenico per le cellule endoteliali
VEGF-C induce selettivamente l’iperplasia dei vasi linfatici
Induce l’espressione endoteliale dell’attivatore del plasminogeno, dell’inibitore-1 dell’attivatore del
plasminogeno e della collagenasi

PDGF, fattore di crescita piastrine-derivato; TGFb, -a, fattore di crescita trasformante beta, alfa.
100 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

Figura 3.16 Il recettore Notch nell’angiogenesi. A. Il recettore Notch si lega al ligando (in figura è mostrato il ligando Delta-simile, Dll) espresso da una
cellula adiacente, quindi subisce due clivaggi proteolitici (il primo da parte della proteasi ADAM, il secondo da parte della secretasi-d), rilasciando un fram-
mento C-terminale detto dominio intracellulare di Notch (Notch-ICD). B. Attivazione di Notch nelle cellule endoteliali durante l’angiogenesi indotta dal legame
del ligando Dll4 di una cellula endoteliale dell’apice a un recettore Notch di una cellula endoteliale del “tronco”. Notch-ICD migra nel nucleo attivando la
trascrizione dei geni bersaglio. C. Angiogenesi dai vasi preesistenti: cellula endoteliale migrante dell’apice e cellule del tronco unite alle cellule endoteliali
del vaso principale. (A. Modificato da Weinberg RA: The Biology of Cancer. New York, Garland Science, 2007, Fig. 5.22. B. Modificato da Kerbel RS: Tumor
angiogenesis. N Engl J Med 358:2039, 2008)

l­’endotelio più labile, aumentandone la sensibilità ai fattori di crescita Proteine della matrice implicate nel controllo
come il VEGF e, in assenza di VEGF, agli inibitori dell’angiogenesi. dell’angiogenesi
Una prova eloquente dell’importanza di queste molecole è l’esistenza
di una malattia ereditaria causata da mutazioni di Tie2 che causa Due aspetti essenziali dell’angiogenesi sono la motilità e la migra-
malformazioni venose. I fattori che stimolano l’espressione di VEGF, zione direzionale delle cellule endoteliali, necessarie per la forma-
come certe citochine e fattori di crescita (ad es. TGFb, PDGF, TGFa) zione dei neovasi. Questi processi sono controllati da varie classi di
e soprattutto l’ipossia, influiscono sull’angiogenesi fisiologica e pa- proteine: (1) le integrine, specialmente aVb3, essenziale per la for-
tologica. La trascrizione del VEGF è regolata dal fattore di trascrizione mazione e il mantenimento dei neovasi, (2) le proteine matricellulari
HIF, indotto dall’ipossia. trombospondina 1, SPARC e tenascina C, che destabilizzano le in-
terazioni tra le cellule e la matrice promuovendo così l’angiogenesi
e (3) le proteasi, come gli attivatori del plasminogeno e le MMP, che
contribuiscono al rimodellamento dei tessuti durante l’invasione
endoteliale. Queste proteasi, inoltre, scindono le proteine della ma-
trice, rilasciando fattori di crescita legati alla matrice come il VEGF
e l’FGF-2, che stimolano l’angiogenesi. Le proteasi possono anche
rilasciare inibitori come l’endostatina, un piccolo frammento del
collagene che inibisce la proliferazione endoteliale e l’angiogenesi.
L’ipossia induce nelle cellule endoteliali l’espressione dell’integrina
aVb3, che ha effetti molteplici sull’angiogenesi: interagisce con la
Figura 3.17 Interazioni tra Notch e VEGF nell’angiogenesi. Il VEGF
metalloproteasi MMP-2 (che tratteremo più avanti), lega il VEGFR-2
stimola la formazione del complesso ligando Delta-simile 4 (Dll4)/Notch, regolandone l’attività e infine media l’adesione alle componenti
che inibisce la via di segnalazione mediata da VEGFR. Il blocco di Dll4 in- dell’ECM, quali la fibronectina, la trombospondina e l’osteopontina
duce un aumento della “gemmazione” dei capillari e della proliferazione OPN. 72 Dopo aver introdotto le interazioni delle componenti
delle cellule endoteliali (EC), rispetto alla normale angiogenesi, con la dell’ECM, le interazioni cellule-matrice e i meccanismi di angioge-
creazione di vasi disorganizzati e con un lume ristretto. Il blocco del VEGF
riduce la “gemmazione” dei capillari e la proliferazione e sopravvivenza nesi, possiamo finalmente passare alla guarigione per riparazione e
delle EC. (Per gentile concessione di Minhong Yan, Genentech, San Fran- per cicatrizzazione, soffermandoci in particolare sulla guarigione
cisco, CA) delle ferite cutanee.
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 101

rossi intrappolati, fibrina, fibronectina e fattori del complemento. Il


coagulo arresta il sanguinamento (emostasi) e costituisce un’impalca-
tura per la migrazione delle cellule, attratte da fattori di crescita, ci-
tochine e chemochine rilasciate localmente.89 Il rilascio di VEGF
aumenta la permeabilità capillare inducendo l’edema, mentre la
superficie esterna del coagulo si disidrata, formando un’escara che
copre la ferita. Nelle ferite con significativa perdita di tessuto, il
coagulo fibrinoso è più esteso e l’essudato e i detriti necrotici sono
più abbondanti. Entro 24 ore, i neutrofili appaiono ai margini dell’in-
cisione e migrando lungo l’impalcatura del coagulo fibrinoso colo-
nizzano la ferita. Queste cellule rilasciano enzimi proteolitici che
degradano i detriti e gli eventuali batteri che hanno colonizzato la
ferita, sterilizzandola.
Formazione del tessuto di granulazione. Nelle prime 24-72 ore
del processo riparativo, i fibroblasti e le cellule endoteliali iniziano
a proliferare formando un tessuto specializzato detto tessuto di gra-
nulazione, che è indice di riparazione tissutale. Il termine deriva dal
Figura 3.18 Fasi della guarigione delle ferite cutanee: infiammazione, tipico aspetto granulare e rosato della superficie delle ferite. La ca-
proliferazione e maturazione (si veda il testo per una spiegazione dettaglia- ratteristica istologica distintiva del tessuto di granulazione è la pre-
ta). (Modificato da Broughton G et al: The basic science of wound healing. senza di neovasi (angiogenesi) e la proliferazione fibroblastica
Plast Reconstr Surg 117:12S-34S, 2006) (Fig. 3.21). I neovasi sono molto permeabili e consentono il passag-
gio di proteine e fluidi plasmatici nello spazio extravasale. Pertanto,
Guarigione Delle Ferite Cutanee il tessuto di granulazione neoformato risulta spesso edematoso. Il
tessuto di granulazione invade progressivamente l’area dell’incisione;
Nella guarigione delle ferite cutanee si distinguono tre fasi: infiam- la quantità di tessuto di granulazione dipende dall’estensione della
mazione, proliferazione e maturazione86 (Fig. 3.18). In realtà la di- lacuna tissutale creata dalla ferita e dall’intensità della risposta in-
stinzione è arbitraria, perché le fasi si sovrappongono, ma è utile per fiammatoria ed è quindi molto più abbondante nella guarigione per
comprendere il processo di guarigione. La lesione iniziale induce seconda intenzione. Dopo 5-7 giorni, il tessuto di granulazione ha
l’adesione e l’aggregazione delle piastrine che formano un trombo colmato la ferita e la neovascolarizzazione è massima. I meccanismi
alla superficie della ferita (emostasi), l’attivazione piastrinica causa di angiogenesi nel processo riparativo sono stati trattati all’inizio di
la flogosi. Nella fase proliferativa si forma il tessuto di granulazione, questo capitolo.
le cellule connettivali proliferano e migrano nella sede di lesione e Proliferazione cellulare e deposizione di collagene. Entro ­48-96
si ha la riepitelizzazione superficiale della ferita. La fase di matura- ore i neutrofili sono sostituiti dai macrofagi. I macrofagi hanno un
zione è caratterizzata da deposizione di ECM, rimodellamento tis- ruolo chiave nei processi riparativi, poiché rimuovono i detriti extra-
sutale e contrazione della ferita. cellulari, la fibrina e il materiale estraneo presente nella ferita e
L’esempio più semplice di guarigione di una ferita è la rimargina­ promuovono l’angiogenesi e la deposizione di ECM (Fig. 3.22).
zione di un’incisione chirurgica pulita e non infetta i cui lembi siano La migrazione di fibroblasti nella ferita è guidata dalle chemochine,
mantenuti giustapposti da una sutura chirurgica (Fig. 3.19). In TNF, PDGF, TGFb e FGF. La loro successiva proliferazione è stimolata
questo caso la guarigione avviene per prima intenzione (o unione da vari fattori di crescita, tra i quali PDGF, EGF, TGFb, FGF e le
primaria).86–88 L’incisione chirurgica causa la morte di un numero citochine IL-1 e TNF (si veda Tab. 3.4), prodotte principalmente dai
limitato di cellule epiteliali e connettivali e crea una soluzione di macrofagi stessi, ma anche da altre cellule infiammatorie e dalle
continuità nella membrana basale dell’epitelio. La riepitelizzazione piastrine. Le fibre collagene che appaiono inizialmente ai margini
che rimargina la ferita produce una cicatrice relativamente sottile. La dell’incisione sono orientate verticalmente e non congiungono i
riparazione è più complessa, invece, nelle ferite in cui viene persa bordi della ferita. In 24-48 ore, gruppi di cellule epiteliali (inizialmente
una notevole porzione di tessuto sulla superficie cutanea, causando con bassa attività proliferativa) si spostano dai bordi della ferita lungo
una lacuna. La guarigione di queste ferite si associa a flogosi più in- i margini tagliati del derma, depositando le componenti della mem-
tensa, alla formazione di un cospicuo tessuto di granulazione (descritto brana basale mentre procedono. Queste cellule si fondono al centro
più avanti) e ad abbondante deposizione di collagene, con formazione della ferita, sotto l’escara superficiale, producendo uno strato epite-
di una cicatrice voluminosa, che poi nella maggior parte dei casi, si liale continuo, ma sottile che chiude la ferita. La riepitelizzazione
retrae. In questo caso si ha la cosiddetta guarigione per seconda in- completa della superficie della ferita è molto più lenta nella guari-
tenzione (o per unione secondaria) (si vedano Figg. 3.19 e 3.20). gione per seconda intenzione perché l’intervallo da colmare è molto
Nonostante le differenze, il meccanismo di base della guarigione per più esteso. La successiva proliferazione delle cellule epiteliali aumen-
prima e per seconda intenzione è lo stesso; pertanto verranno de- ta lo spessore dello strato epidermico. I macrofagi stimolano i fibro-
scritte insieme, specificando le differenze. blasti a produrre FGF-7 (fattore di crescita dei cheratinociti) e IL-6
Alla guarigione delle ferite cutanee contribuiscono un gran nume- che aumentano la migrazione e la proliferazione dei cheratinociti.
ro di fattori di crescita e citochine,89 elencati nella Tabella 3.4 insieme Altri mediatori della riepitelizzazione sono l’HGF e l’HB-EGF.89
alle fasi riparative alle quali prendono parte. Passeremo ora a discutere Anche l’attivazione del recettore CXCR 3 delle chemochine stimola
la catena di eventi che caratterizza la guarigione delle ferite. la riepitelizzazione cutanea.
Formazione del coagulo (emostasi). Le ferite attivano rapida- Con la riepitelizzazione, le fibrille collagene diventano più abbon-
mente la coagulazione che porta alla formazione di un coagulo alla danti e iniziano a disporsi a ponte sopra l’incisione. Inizialmente si
superficie della ferita (Cap. 4). Il coagulo contiene, oltre ai globuli forma una matrice provvisoria contenente fibrina, fibronectina pla-
102 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

Figura 3.19 Guarigione delle ferite e cicatrizzazione. A. Guarigione di una ferita con scarsa perdita di tessuto: notare la scarsità del tessuto di granula-
zione e la formazione di una sottile cicatrice che va incontro a una retrazione minima. B. Guarigione di una ferita estesa: notare l’abbondanza del tessuto
di granulazione e del tessuto cicatriziale e la retrazione della ferita.

smatica e collagene di tipo III, sostituita poi da una matrice formata distrutti lungo la linea di incisione non vengono ripristinati. Nel
principalmente da collagene di tipo I. Il TGFb è il principale agente ratto tuttavia, nella guarigione di ferite estese si è osservato lo svi-
fibrogenetico (si veda Tab. 3.4). È prodotto dalla maggior parte delle luppo di nuovi follicoli sotto la stimolazione di Wnt,90 un dato che
cellule del tessuto di granulazione e induce la migrazione e la proli- fa sperare che, con le opportune terapie, anche nell’uomo si possa
ferazione fibroblastica, stimola la sintesi di collagene e fibronectina ottenere la ricrescita degli annessi cutanei. Alla fine del primo mese
e riduce la degradazione dell’ECM a opera delle metalloproteasi. Lo la cicatrice è formata da tessuto connettivo privo di infiltrato infiam-
spessore fisiologico e la cheratinizzazione superficiale ­dell’epidermide matorio, rivestito da epidermide intatta.
sono finalmente ripristinate e la normale architettura è ricostruita. Contrazione della ferita. La contrazione della ferita si verifica
Cicatrizzazione. Nella seconda settimana l’infiltrato leucocitario, generalmente nelle ferite cutanee estese. La contrazione favorisce la
l’edema e i neovasi scompaiono quasi del tutto. La ferita si schiarisce, rimarginazione riducendo l’area complessiva della ferita e l’intervallo
per accumulo di collagene e regressione dei neovasi. Alla fine il tra i margini dermici ed è pertanto un aspetto importante della
tessuto di granulazione si trasforma in una cicatrice chiara, avasco- guarigione per seconda intenzione. Nelle prime fasi della contrazio-
lare, formata da fibroblasti affusolati, collagene denso, frammenti di ne della ferita, ai margini si forma una rete di miofibroblasti che
tessuto elastico e altre componenti dell’ECM. Gli annessi cutanei esprimono le proteine del muscolo liscio, a-actina e vimentina.
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 103

Figura 3.20 Guarigione di ulcere cutanee. A. Ulcera da decubito, comune nei pazienti diabetici. L’esame istologico mostra: in B, ulcera cutanea con
ampio spazio tra i margini della lesione; in C, sottile strato di riepitelizzazione epidermica ed estesa formazione di tessuto di granulazione nel derma e in
D, la riepitelizzazione epidermica e retrazione della ferita. (Per gentile concessione di Z Argenyi, M.D., University of Washington, Seattle, WA)

Queste cellule sono strutturalmente simili a cellule muscolari lisce, Rimodellamento connettivale. La sostituzione del tessuto di
sono contrattili e sintetizzano attivamente componenti della matrice granulazione con una cicatrice comporta una modificazione nella
(si veda la descrizione delle cicatrici ipertrofiche più avanti), come composizione dell’ECM. Il rimodellamento della trama connettivale,
il collagene di tipo I, la tenascina-C, la SPARC e l’extra dominio della un aspetto importante dei processi riparativi, avviene per sintesi e
fibronectina.91 I miofibroblasti derivano dai fibroblasti tissutali, in degradazione dell’ECM. Alcuni fattori di crescita che stimolano la
seguito alla stimolazione con PDGF, TGFb e FGF-2 rilasciati dai sintesi di collagene e delle altre molecole connettivali controllano
macrofagi presenti nella ferita, ma possono anche derivare da pre- anche la sintesi e l’attivazione delle metalloproteasi, gli enzimi che
cursori midollari detti fibrociti, o da cellule epiteliali, in seguito a degradano queste componenti dell’ECM.
transizione epitelio-mesenchimale. Il collagene e le altre proteine connettivali sono degradate dalle
metalloproteasi della matrice (MMP), una famiglia di oltre 20 enzimi
dotati di un comune dominio zinco-proteasico di 180-residui
Tabella 3.4 Fattori di crescita e citochine implicati nelle
varie fasi della guarigione delle ferite
(e ­distinte dalle altre proteasi che degradano il connettivo, come
l’elastasi dei neutrofili, la catepsina G, le chinine, la plasmina e altre,
Chemiotassi dei monociti Chemochine, TNF, PDGF, che sono però serina-proteasi e non metalloproteasi). Le MMP com-
FGF, TGFb prendono collagenasi interstiziali (MMP-1, -2 e -3), che degradano
il collagene fibrillare di tipo I, II e III; le gelatinasi (MMP-2 e -9), che
Migrazione/proliferazione dei PDGF, EGF, FGF, TGFb, TNF, IL-1 degradano il collagene amorfo e la fibronectina; le stromalisine
fibroblasti
(MMP-3, -10 e -11), che degradano varie componenti dell’ECM,
Proliferazione dei cheratinociti HB-EGF, FGF-7, HGF compresi i proteoglicani, la laminina, la fibronectina e i collageni
amorfi; e le metalloproteasi della matrice legate alle membrane
Angiogenesi VEGF, angiopoietine, FGF (MBMM) (descritte oltre). Le MMP sono prodotte da fibroblasti,
Sintesi del collagene TGFb, PDGF macrofagi, neutrofili, cellule sinoviali e da alcune cellule epiteliali.
La loro secrezione è stimolata da fattori di crescita (PDGF, FGF),
Secrezione di collagenasi PDGF, FGF, TNF; il TGFb la citochine (IL-1, TNF) e dalla fagocitosi dei macrofagi ed è inibita
inibisce dal TGFb e dagli steroidi. Le collagenasi scindono il collagene in
HB-EGF, EGF legante l’eparina; IL-1, interleuchina-1; TNF, fattore di necrosi condizioni fisiologiche. Le collagenasi sono sintetizzate come pre-
tumorale; le altre abbreviazioni sono riportate nella Tabella 3.1. cursori latenti (procollagenasi), attivati da sostanze chimiche come
104 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

Figura 3.21 A. Tessuto di granulazione: numerosi vasi, edema e sporadiche cellule infiammatorie nell’ECM. Colorazione tricromica: il collagene è co-
lorato in blu, in questa fase le fibre collagene mature sono molto scarse. B. Colorazione tricromica di una cicatrice matura che mostra un collagene denso,
relativamente povero di vasi.

i radicali liberi prodotti dall’esplosione ossidativa dei leucociti e dalle L’accumulo netto di collagene dipende però non solo da un’aumentata
proteasi (plasmina). Le collagenasi attivate vengono rapidamente sintesi, ma anche da una ridotta degradazione. Quanto tempo è ne-
inibite dagli inibitori tissutali delle metalloproteasi (TIMP), una fa- cessario perché la ferita riparata recuperi la sua resistenza massima?
miglia di inibitori specifici prodotti dalla maggior parte delle cellule Quando si rimuovono le suture chirurgiche, solitamente dopo una
mesenchimali per impedire l’attivazione incontrollata di queste pro- settimana, la resistenza della ferita è all’incirca il 10% di quella della
teasi (Fig. 3.19). Le collagenasi sono essenziali per la rimozione dei cute sana. L’aumento della resistenza della ferita è rapido nelle 4 set­
detriti cellulari nei tessuti danneggiati e per il rimodellamento con- timane successive, rallenta al terzo mese dopo l’incisione e raggiunge
nettivale necessario alla riparazione delle lesioni. infine un plateau recuperando circa il 70-80% della resistenza origi-
Le proteasi ADAM (disintegrine con dominio metalloproteasico) nale della cute sana. Una ferita guarita può avere una resistenza ri-
sono una numerosa e importante famiglia di enzimi correlati alle dotta per tutta la vita. Il recupero della resistenza alla tensione deriva,
MMP. La maggior parte delle ADAM sono ancorate alle membrane nei primi 2 mesi di guarigione, dall’aumentata sintesi del collagene
da un’unica regione transmembrana. ADAM-17 (detta anche TACE, che prevale sulla sua degradazione e dalla successiva modificazione
ovvero enzima di conversione del TNF) scinde i precursori di mem- strutturale delle fibre collagene dopo che la sintesi è terminata (for-
brana del TNF e del TGFa, rilasciando le molecole attive. I topi mazione di legami crociati, aumento di dimensione delle fibre).
transgenici con deficit di ADAM-17 muoiono in utero o subito dopo
la nascita per ipoplasia polmonare. Le proteasi ADAM sono impli- Fattori Locali E Sistemici Che Influiscono
cate nella patogenesi dell’asma bronchiale (Cap. 15) e nella micro- Sulla Guarigione Delle Ferite
angiopatia trombotica (Cap. 13).
Ripristino della resistenza alla tensione. Il tessuto connettivo La guarigione delle ferite può essere compromessa da fattori locali e
delle cicatrici è formato principalmente da collagene fibrillare, che sistemici dell’ospite.
conferisce resistenza al tessuto durante la guarigione delle ferite. I fattori sistemici sono:

Lo stato nutrizionale influisce notevolmente sulla guarigione delle


ferite. Ad esempio, le carenze proteiche e soprattutto la carenza
di vitamina C, inibiscono la sintesi di collagene, rallentando la
guarigione delle ferite.
Lo stato metabolico influisce sulla guarigione delle ferite. Nel
diabete mellito, ad esempio, ritarda la guarigione a causa della
microangiopatia caratteristica di questa patologia (Cap. 24).
Lo stato del circolo influisce sulla guarigione delle ferite. La ridotta
perfusione causata dall’aterosclerosi o da patologie venose (ad es.
vene varicose) che rallentano il drenaggio venoso, compromette
la guarigione.
Gli ormoni come i glucocorticoidi hanno ben noti effetti antin-
fiammatori agendo su varie componenti dell’infiammazione e
inibiscono anche la sintesi del collagene.
Figura 3.22 Ruolo dei macrofagi nella guarigione delle ferite. I ma- I fattori locali sono:
crofagi contribuiscono alla detersione della ferita, hanno attività batteri-
cida, stimolano la chemiotassi e l’attivazione delle cellule infiammatorie
e dei fibroblasti, inducono l’angiogenesi e stimolano il rimodellamento e L’infezione è la causa principale della ritardata guarigione delle
la sintesi della matrice. ROS, radicali liberi dell’ossigeno. ferite perché cronicizza il danno tissutale e l’infiammazione.
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 105

I fattori meccanici, come la mobilizzazione precoce, possono ri- prodotto dai miofibroblasti che persistono nella lesione, a causa
tardare la riparazione comprimendo i vasi e separando i lembi della produzione autocrina di TGFb e allo sviluppo di placche di
della ferita. adesione focale.92
I corpi estranei, come suture superflue, frammenti di acciaio, vetro L’ipertofia del tessuto di granulazione è un altro aspetto patologico
o osso, ostacolano la guarigione. della guarigione delle ferite e consiste nella formazione di tessuto
Dimensioni, localizzazione e tipo di ferita. Le ferite che interessano di granulazione in eccesso che deborda sul piano cutaneo circo-
aree molto vascolarizzate, come il volto, guariscono più veloce- stante impedendo la riepitelizzazione (un fenomeno detto, con
mente rispetto a quelle che interessano regioni poco vascolariz- fervore letterario, “carne esuberante”). Il tessuto di granulazione
zate, come il piede. Come abbiamo già detto, le piccole ferite da in eccesso va rimosso mediante cauterizzazione o escissione
taglio guariscono più velocemente e con cicatrici più piccole ri- chirurgica per consentire il ripristino della continuità epiteliale.
spetto a estese ferite escissionali o alle ferite non da taglio. Infine (e fortunatamente di rado), le ferite traumatiche e da taglio
possono indurre l’iperplasia dei fibroblasti e degli altri elementi
connettivali, che recidiva dopo escissione chirurgica. Queste
Aspetti Patologici Della GUARIGIONE
neoformazioni, dette desmoidi o fibromatosi aggressive, sono al
Delle Ferite
limite tra l’iperplasia benigna, caratteristica della riparazione, e
La guarigione delle ferite può essere complicata da anomalie che il cancro (benché a basso grado di malignità), ma il confine è
sono essenzialmente di tre tipi: (1) cicatrizzazione insufficiente, spesso sottile (Cap. 7).
(2) cicatrizzazione iperplastica e (3) retrazione. La retrazione delle ferite è parte integrante del normale processo
di cicatrizzazione; portata all’eccesso, però, deforma la ferita e i
L’inadeguata formazione del tessuto di granulazione e la cicatriz- tessuti circostanti. Le retrazioni si sviluppano soprattutto nelle
zazione insufficiente causano due tipi di complicanze: la deiscenza regioni palmari e plantari e sulla superficie anteriore del torace;
della ferita e l’ulcerazione (ferite che non guariscono spontanea- sono generalmente una complicanza delle ustioni gravi e possono
mente). La deiscenza o rottura della ferita si verifica soprattutto compromettere i movimenti articolari (Fig. 3.24).
nelle ferite chirurgiche addominali ed è causata dall’aumento della
pressione addominale (in seguito a vomito, tosse o ileo, fattori Fibrosi
di stress meccanico per le ferite addominali). Le ferite possono
­u lcerarsi se la perfusione è insufficiente; un esempio tipico La deposizione di collagene è parte integrante della guarigione delle
­sono le ulcere agli arti inferiori dei soggetti con arteriopatia ferite; la fibrosi, però, denota l’accumulo eccessivo di collagene e di
­periferica aterosclerotica (Cap. 11). Le ulcere si possono formare altre componenti dell’ECM. Come già detto, i termini cicatrizzazione
­anche in aree prive di sensibilità (ulcere neuropatiche) e si e fibrosi sono usati spesso come sinonimi, ma la fibrosi indica gene-
­osservano a volte nei pazienti con neuropatia diabetica periferica ralmente l’accumulo di collagene associato a malattie croniche. Il
(Capp. 24 e 27). meccanismo eziopatogenetico della fibrosi nelle malattie infiamma-
L’eccessiva produzione di componenti della matrice connettivale dà torie croniche è simile alla cicatrizzazione delle ferite cutanee di-
origine a cicatrici ipertrofiche e cheloidi. L’accumulo di collagene scussa in questo capitolo. Con la differenza, però, che mentre lo
in eccesso produce cicatrici rilevate dette cicatrici ipertrofiche; stimolo che attiva la catena ordinata di eventi della cicatrizzazione
mentre il tessuto cicatriziale che supera i limiti della ferita e non delle ferite cutanee è di breve durata, nelle malattie croniche gli
regredisce, è detto cheloide (Fig. 3.23). La formazione dei cheloidi stimoli flogistici (infezioni, reazioni autoimmuni, traumi e altre
sembra dovuta a predisposizione individuale e, per motivi sco- patologie) sono persistenti e causano perciò un danno d’organo che
nosciuti, è più frequente negli afroamericani. Le cicatrici ipertro- spesso porta a una definitiva compromissione funzionale.
fiche si sviluppano solitamente in seguito a ustioni o traumi che La persistenza del processo patologico, infatti, causa infiamma-
abbiano interessato gli strati profondi del derma. Il collagene è zione cronica, che si accompagna alla proliferazione e all’attivazione

Figura 3.23 Cheloide. A. Deposizione cutanea di collagene in eccesso che dà luogo alla formazione di una cicatrice rilevata detta cheloide. B. Da notare
l’accumulo di uno spesso strato di connettivo nel derma. (A. Da Murphy GF, Herzberg AJ: Atlas di Dermatopathology. Philadelphia, WB Saunders, 1996,
p 219. B. Per gentile concessione di Z Argenyi, MD, University of Washington, Seattle, WA)
106 CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

p­ articolare IFN-g e TNF, mentre quelle che attivano i macrofagi per


la via alternativa sono principalmente IL-4 e IL-13, prodotte dai
linfociti TH2 e da altre cellule come i mastociti e gli eosinofili. I
macrofagi attivati per la via alternativa producono TGFb e altri
fattori di crescita che stimolano la riparazione tissutale.
Il TGFb è un importante agente fibrogenetico ed è sempre coinvolto
nelle malattie infiammatorie croniche (si veda Tab. 3.4), indipen-
dentemente dall’eziopatogenesi. È prodotto dalla maggior parte delle
cellule del tessuto di granulazione e stimola la migrazione e la pro-
liferazione dei fibroblasti e la sintesi di collagene e fibronectina
mentre inibisce la degradazione dell’ECM inibendo le metallopro-
teasi. I livelli ­tissutali di TGFb non dipendono tanto dalla trascri-
zione genica, quanto dall’attivazione post-transcrizionale del TGFb
latente, dalla velocità di secrezione della molecola attiva e da fattori
dell’ECM che ne aumentano o riducono l’attività.
Il meccanismo di attivazione del TGFb nella fibrosi non è chiaro,
ma la morte cellulare, per necrosi o apoptosi, e la produzione di
radicali liberi dell’ossigeno sembrano attivarlo in tutti i tessuti. Le
cellule bersaglio del TGFb, che vengono stimolate a produrre col-
lagene, variano nei diversi tessuti; nella maggior parte dei casi, come
Figura 3.24 Retrazione delle ferite. Grave retrazione di una cicatrice da nella fibrosi renale e polmonare, la sorgente principale di collagene
ustione. (Da Aarabi S et al: Hypertrophic wound healing following burns e sono i miofibroblasti (già descritti), ma nella cirrosi epatica sono
trauma: new approaches to treatment. PLOS Med 4:e234, 2007) le cellule stellate.
Dati recenti indicano che l’osteopontina (OPN) è importante nella
guarigione delle ferite e nella fibrosi.77 L’OPN è espressa a livelli
dei macrofagi e dei linfociti e alla produzione di una pletora di fattori elevati nella fibrosi cardiaca, polmonare, epatica, renale e di altri
di crescita e citochine infiammatorie fibrogenetici (già menzionati tessuti. Nei modelli animali, il blocco dell’espressione di OPN du-
ed elencati nella Fig. 3.25). rante la guarigione delle ferite riduce la formazione di tessuto di
La risposta dell’ospite agli stimoli patogeni ha lo scopo primario granulazione e la cicatrizzazione.94 Il meccanismo fibrogenetico
di eliminarli e, in un secondo tempo, riparare il danno. Come si è dell’OPN non è noto, ma dati recenti suggeriscono che questo fattore
visto nel Capitolo 2 (Fig. 2.10), la fase iniziale della risposta dell’ospi- sia un mediatore del differenziamento dei miofibroblasti indotto
te agli agenti esogeni e alle lesioni tissutali genera i “macrofagi atti- dal TGFb.
vati per la via classica”, dotati di attività fagocitaria in grado di Contrariamente ai soggetti adulti, le ferite cutanee fetali riparano
­degradare microbi e tessuti morti. A questa fase segue l’accumulo senza cicatrice.95,96 Vari meccanismi sono stati proposti per spiegare
dei “macrofagi attivati per la via alternativa”, che inibiscono l’attività questo fenomeno: la secrezione di una forma non fibrogenetica di
microbicida e stimolano il rimodellamento tissutale promuovendo TGFb, l’assenza di osteopontina e l’assenza di risposte TH2, ma non
l’angiogenesi e la cicatrizzazione.93 Le citochine che attivano i disponiamo ancora di dati definitivi. Dati i gravi danni d’organo
­macrofagi per la via classica sono prodotte dai linfociti TH1, in prodotti dalla fibrosi, lo sviluppo di agenti antifibrotici da impiegare

Figura 3.25 Sviluppo della fibrosi nell’infiammazione cronica. L’infiammazione cronica attiva i macrofagi e i linfociti, inducendo la produzione di fattori
di crescita e citochine che stimolano la sintesi del collagene. La deposizione di collagene è aumentata ulteriormente dalla ridotta attività delle
metalloproteasi.
CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 107

Figura 3.26 Riparazione, rigenerazione e fibrosi dopo danno e infiammazione.

nella pratica clinica è oggetto di molti studi. I fattori attualmente 11. Xie T, Li L: Stem cells and their niche: an inseparable relationship. Development
utilizzati in studi clinici e preclinici sono: gli inibitori del TGFb 134:2001, 2007.
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recettoriale), gli inibitori dell’angiogenesi, gli antagonisti dei recettori 13. Yu J et al.: Induced pluripotent stem cell lines derived from human somatic cells.
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blocca l’IL-13. 14. Wu DC et al.: Embryonic stem cell transplantation: potential applicability in cell
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da farmaci e da radiazioni), la pancreatite cronica, la glomerulonefrite 16. Manis JP: Knock out, knock in, knock down—genetically manipulated mice and
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Si conclude qui la trattazione, iniziata nel Capitolo 1, delle lesioni cations and potentials. Applications of reproductive cloning. Anim Reprod Sci
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e della guarigione dei tessuti per rigenerazione e per riparazione. La 18. Han Z et al.: Therapeutic cloning: status and prospects. Curr Opin Mol Ther
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4
Alterazioni emodinamiche, malattia
tromboembolica e shock
Richard N. Mitchell

Edema Embolia
Iperemia e congestione Embolia polmonare
Tromboembolia sistemica
Emorragia
Embolia grassosa e midollare
Emostasi e trombosi Embolia gassosa
Emostasi normale Embolia da liquido amniotico
Endotelio
Piastrine Infarto
Cascata della coagulazione Shock
Trombosi Patogenesi dello shock settico
Coagulazione intravascolare disseminata Stadi dello shock
(CID)

Le malattie cardiovascolari nel loro complesso rappresentano la nonché sulle differenti forme di embolia. Le patologie relative ai
principale causa di morbilità e mortalità nella società occidentale. vasi sanguigni e al cuore saranno trattate rispettivamente nei
Si stima che, nell’anno 2005, 81 milioni di cittadini statunitensi Capitoli 11 e 12.
abbiano sofferto di una o più forme di malattia cardiovascolare,
alle quali è stata ricondotta una percentuale di decessi compresa
Edema
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tra il 35 e il 45%. Tali patologie riguardano principalmente il


cuore, i vasi sanguigni e il sangue, composto da acqua, sali, pro-
teine, elementi deputati al controllo della coagulazione (fattori Circa il 60% del peso corporeo è rappresentato dall’acqua, contenuta
della coagulazione e piastrine) ed elementi figurati (globuli rossi per i due terzi nell’ambiente intracellulare e per il rimanente terzo
e globuli bianchi). Per maggiore semplicità le patologie che inte- nello spazio extracellulare, principalmente come liquido interstiziale
ressano ciascun componente del sistema cardiovascolare verranno (o “terzo spazio”); solo il 5% circa dell’acqua totale si trova nel pla-
discusse singolarmente anche se i disturbi che colpiscono uno di sma. Lo spostamento di acqua e soluti a basso peso molecolare
questi componenti coinvolgono spesso anche gli altri. In questa (come i sali) tra lo spazio intravascolare e quello interstiziale è con-
sede ci concentreremo sulle alterazioni emodinamiche (edema, trollato dagli opposti effetti della pressione idrostatica vascolare e
congestione e shock) e sull’emostasi (emorragia e trombosi), della pressione colloidosmotica plasmatica. Normalmente la fuoriu-

109
110 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

scita nell’interstizio di liquido proveniente dalla porzione arteriolare Tabella 4.1 Cause fisiopatologiche di edema
del microcircolo è pressoché bilanciata dal suo rientro alla termina-
aumento della pressione idrostatica
zione venulare e il piccolo residuo di liquido che potrebbe rimanere
Ostacolato ritorno venoso
nello spazio interstiziale viene drenato dai linfatici per poi rientrare Insufficienza cardiaca congestizia
nel circolo ematico attraverso il dotto toracico. L’aumento della pres­ Pericardite costrittiva
sione capillare e la diminuzione della pressione colloidosmotica pos- Ascite (cirrosi epatica)
sono avere come conseguenza un aumento del liquido interstiziale Ostruzione venosa o compressione
(Fig. 4.1). Se il passaggio dell’acqua nei tessuti o nelle cavità corporee   Trombosi
  Pressione esterna (ad es. presenza di una massa)
è superiore al drenaggio linfatico, si verifica un accumulo di liquido.   Inattività degli arti inferiori per prolungato allettamento
Un aumento anomalo di liquido interstiziale all’interno dei tessuti Dilatazione arteriolare
è chiamato edema, mentre l’accumulo di liquido nelle diverse cavità Calore
corporee è denominato in vari modi a seconda della sua localizza- Deregolazione neuroumorale
zione: si parlerà dunque di idrotorace, idropericardio e idroperitoneo riduzione della pressione colloidosmotica plasmatica
(più comunemente chiamato ascite). L’anasarca è un edema grave (ipoproteinemia)
e generalizzato, con un rigonfiamento diffuso del tessuto Glomerulopatie con perdita di proteine (sindrome nefrosica)
Cirrosi epatica (ascite)
sottocutaneo. Malnutrizione
Nella Tabella 4.1 sono elencate le cause fisiopatologiche dell’ede- Gastroenteropatie con perdita di proteine
ma. L’edema provocato dall’aumento della pressione idrostatica o
ostruzione linfatica
dalla riduzione delle proteine plasmatiche è di norma un fluido Infiammatoria
povero di proteine detto trasudato, che si forma in caso di insuffi- Neoplastica
cienza cardiaca, renale ed epatica, nonché in alcune forme di mal- Postchirurgica
nutrizione, come descritto di seguito e illustrato nella Figura. 4.2. Postirradiazione
L’edema infiammatorio, invece, è un essudato ricco di proteine, do­ Ritenzione di sodio
vuto all’aumento della permeabilità vascolare. L’edema causato da Eccessiva assunzione di sale con insufficienza renale
infiammazione è discusso nel Capitolo 2; le cause non infiammatorie Aumentato riassorbimento tubulare del sodio
di edema (Fig. 4.2) sono descritte di seguito. Ipoperfusione renale
Aumentata secrezione di renina-angiotensina-aldosterone
Aumento della pressione idrostatica. L’aumento della pressione
idrostatica in un particolare distretto corporeo può derivare da un infiammazione

ostacolo locale al ritorno venoso: la trombosi venosa profonda in un Infiammazione acuta


Infiammazione cronica
arto inferiore può pertanto provocare un edema localizzato nella Angiogenesi
gamba interessata. L’aumento generalizzato della pressione venosa e
il conseguente edema sistemico, invece, si verificano in genere nei Modificata da Leaf A, Cotran RS: Renal Pathophysiology, 3rd ed. New York,
Oxford University Press, 1985, p 146.
casi di insufficienza cardiaca congestizia (Cap. 12), in cui la compro-

missione della funzione ventricolare destra provoca stasi ematica


nel lato venoso del circolo.
Riduzione della pressione colloidosmotica plasmatica. La ri-
duzione della pressione colloidosmotica plasmatica è dovuta a una
sintesi insufficiente di albumina, la principale proteina plasmatica,
o alla sua fuoriuscita dal circolo. Un’importante causa di perdita di
albumina è la sindrome nefrosica (Cap. 20), caratterizzata da un
aumento della permeabilità dei capillari glomerulari e da edema
generalizzato. La riduzione della sintesi dell’albumina si verifica
anche nel contesto di gravi malattie epatiche (ad es. cirrosi, Cap. 18),
o di malnutrizione proteica (Cap. 9). In ogni caso, la diminuzione
della pressione colloidosmotica plasmatica porta a un netto sposta-
mento di liquidi nel tessuto interstiziale con conseguente contrazio-
ne del volume plasmatico. Alla riduzione del volume intravascolare
fa seguito un’ipoperfusione renale, che porta all’aumento della pro­
duzione di renina, angiotensina e aldosterone, ma la conseguente
ritenzione di sali e acqua non è sufficiente a correggere il deficit
di volume plasmatico, a causa del persistere del deficit primitivo di
proteine sieriche.
Figura 4.1 Fattori che influenzano il transito dei liquidi attraverso le pareti
capillari. Le forze idrostatiche e osmotiche capillari sono normalmente bi-
Ritenzione di sodio e acqua. Anche la ritenzione di sali e acqua
lanciate in modo tale che alla fine non vi siano perdite o aumenti di liquido può essere una causa primaria di edema. Una maggiore ritenzione
attraverso il letto capillare, ma l’aumento della pressione idrostatica o la di sali, necessariamente associata ad un aumento di acqua, causa sia
riduzione della pressione osmotica del plasma possono portare a un accu- l’aumento della pressione idrostatica (per espansione della quota
mulo di liquido extravascolare. I linfatici presenti nei tessuti rimuovono gran liquida intravascolare) sia la riduzione della pressione colloidosmo-
parte dell’eccesso di volume, riportando il liquido in circolo attraverso il
dotto toracico. Tuttavia, quando l’aumento della quantità di liquido supera tica vascolare (dovuta alla diluizione). La ritenzione di sali si associa
la capacità di drenaggio dei vasi linfatici si assiste alla formazione di edema a una compromissione della funzione renale, come si osserva nelle
tissutale. patologie primitive del rene e nelle malattie che provocano ipoper-
CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock 111

Morfologia L’edema è più facilmente riconoscibile macro-


scopicamente; all’esame microscopico l’edema si manifesta
in genere solo con un lieve rigonfiamento cellulare e con la
chiarificazione e la separazione degli elementi della matrice
cellulare. L’edema può interessare qualsiasi organo o tessuto
del corpo, ma si riscontra più comunemente nei tessuti sot-
tocutanei, nei polmoni e nel cervello. L’edema sottocutaneo
può essere diffuso o più evidente nelle sedi dove la pressione
idrostatica è più alta. Nella maggior parte dei casi la distri-
buzione dell’edema è influenzata dalla forza di gravità: edema
dipendente (ad es. le gambe nella stazione eretta, il sacro
nella posizione supina). La pressione digitale sul tessuto
sottocutaneo fortemente edematoso determina lo sposta-
mento del liquido interstiziale e lascia una depressione, il
cosiddetto edema foveolare.
L’edema conseguente a disfunzione renale può interessare
qualsiasi parte del corpo. Inizialmente si manifesta nei tessuti
Figura 4.2 Sequenza di eventi che porta all’edema sistemico secondario con una matrice connettiva lassa, ad esempio le palpebre;
a insufficienza cardiaca primitiva, insufficienza renale primitiva o ridotta l’edema periorbitale è dunque un segno caratteristico nelle
pressione osmotica del plasma (come nella malnutrizione, nella diminuita patologie renali gravi. Nell’edema polmonare, i polmoni
sintesi epatica o nella perdita di proteine per sindrome nefrosica).
­spesso raddoppiano o triplicano il proprio peso normale e la
­superficie di taglio mostra un liquido schiumoso e rosato
fusione renale. Una delle principali cause di ipoperfusione renale è formato da una miscela di aria, liquido edematoso e strava-
l’insufficienza cardiaca congestizia, che (analogamente all’ipopro- so di globuli rossi. L’edema cerebrale può essere localizzato
teinemia) provoca l’attivazione del sistema renina-angiotensina- o generalizzato a seconda della natura e dell’entità del processo
aldosterone. Negli stadi iniziali dell’insufficienza cardiaca congesti- patologico e del tipo di lesione. In caso di edema generalizzato,
zia, questa risposta tende a produrre un beneficio, poiché la riten- il cervello è macroscopicamente rigonfio, con solchi ristretti;
zione di sodio e acqua, insieme ad altri fattori come l’aumento del le circonvoluzioni risultano appiattite e mostrano segni di
tono vascolare e dei livelli di ormone antidiuretico (ADH), miglio- schiacciamento contro il cranio che è inestensibile (Cap. 28).
rano la gittata cardiaca e ripristinano la normale perfusione renale.1,2
Con il peggioramento dell’insufficienza cardiaca e la riduzione della
gittata cardiaca, tuttavia, la ritenzione di liquidi aumenta solo la Conseguenze cliniche. Gli effetti dell’edema possono essere
pressione venosa, che – come già ­menzionato – è una delle principali quasi nulli o essere tanto gravi da risultare fatali. L’importanza
cause di edema in questa patologia. Il mancato ripristino della gittata dell’edema deriva soprattutto dal fatto che esso rappresenta un se-
cardiaca o la mancata riduzione della ritenzione renale di acqua e gnale di malattia cardiaca o renale; quando è significativo, tuttavia,
sodio (ad es. con la restrizione dell’apporto di sale o l’assunzione di può compromettere la cicatrizzazione delle ferite o la guarigione
diuretici o antagonisti dell’aldosterone) determina l’instaurarsi di dalle infezioni. L’edema polmonare rappresenta un problema clinico
un circolo vizioso di ritenzione idrica e un peggioramento dell’ede- frequente, riscontrato più spesso nel contesto di un’insufficienza
ma. La riduzione dell’apporto di sale e l’assunzione di diuretici e di ventricolare sinistra, ma può anche verificarsi in quadri di insuffi-
antagonisti dell’aldosterone sono utili rimedi anche nel trattamento cienza renale, sindrome da distress respiratorio acuto (Cap. 15) e
dell’edema generalizzato secondario ad altre cause. La ritenzione infiammazione o infezione polmonare. Non solo la raccolta di liqui-
idrica e una modesta vasocostrizione sono dovute al rilascio di ADH do nei setti alveolari intorno ai capillari impedisce la diffusione
dall’ipofisi posteriore, cosa che si verifica se viene ridotto il volume dell’ossigeno, ma il liquido dell’ede­ma, negli spazi alveolari, crea
plasmatico o vi è un incremento dell’osmolarità plasmatica.2 L’in- anche un ambiente favorevole alle infezioni batteriche. L’edema
nalzamento dei livelli di ADH, che si osserva nel corso di alcuni cerebrale può avere conseguenze letali; nei casi gravi, la sostanza
tumori maligni e di determinate patologie polmonari e ipofisarie, cerebrale può protrudere (ernia) attraverso il forame magno, oppure
può portare a iponatriemia ed edema cerebrale (ma stranamente può verificarsi la compromissione del sistema vascolare del tronco
non provoca edema periferico). encefalico; in entrambi i casi con danni ai centri midollari e possibile
Ostruzione linfatica. La diminuzione del drenaggio linfatico esito fatale (Cap. 28).
provoca linfedema, generalmente localizzato, e può essere causata
da infiammazione cronica con fibrosi, tumori maligni invasivi, de-
grado fisico, danni da radiazioni e da alcuni agenti infettivi. Un Iperemia e congestione
esempio importante è offerto dalla filariosi, nella quale l’ostruzione
linfatica, dovuta alla fibrosi massiva dei vasi linfatici e dei linfonodi L’iperemia e la congestione derivano entrambe da un incremento lo-
nella regione inguinale, può provocare un edema dei genitali esterni cale del volume di sangue. L’iperemia è un processo attivo nel ­quale la
e degli arti inferiori tanto accentuato da essere definito elefantiasi. dilatazione arteriolare (ad es. nel muscolo scheletrico durante l’eser-
Nelle pazienti affette da cancro della mammella, inoltre, un grave cizio fisico o nei siti di infiammazione) provoca un incremento del
edema degli arti superiori può complicare l’asportazione chirurgica flusso ematico. Il tessuto appare arrossato (eritema) a causa della
e/o l’irradiazione della mammella e dei linfonodi ascellari congestione dei vasi, per accumulo di sangue ossigenato. La conge-
associati. stione è un processo passivo derivante dal ridotto deflusso di sangue
112 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

da un tessuto. Può essere sistemica, come nell’insufficienza cardiaca, Emorragia


oppure locale, ad esempio nel caso di un’ostruzione venosa isolata.
I tessuti congestionati assumono un colore blu-rossastro (cianosi)
dovuto alla stasi dei globuli rossi e all’accumulo di emoglobina Con il termine “emorragia” si intende la fuoriuscita di sangue nello
deossigenata. spazio extravascolare. Come descritto in precedenza, in caso di
In conseguenza dell’aumento di volume e pressione, la congestio- congestione cronica si può verificare un sanguinamento dei capillari.
ne porta generalmente all’edema. Nella congestione di lunga durata, Una maggiore tendenza all’emorragia (di norma con lesioni di scarsa
detta congestione passiva cronica, la stasi di sangue scarsamente entità) è presente in una grande varietà di disordini clinici, raggrup-
ossigenato provoca ipossia cronica, con possibile esito in danno pati sotto il nome di diatesi emorragiche. La rottura di un’arteria o
ischemico tissutale e formazione di cicatrici. La rottura di capillari di una vena di grosso calibro provoca una grave emorragia ed è quasi
nella sede di ­congestione cronica può anche causare piccole zone di sempre dovuta a lesioni vascolari quali traumi, aterosclerosi o ero-
emorragia; il successivo catabolismo dei globuli rossi fuoriusciti dai sione infiammatoria o neoplastica della parete vasale.
vasi può determinare la comparsa di accumuli di macrofagi carichi L’emorragia tissutale può presentarsi in modi diversi, ciascuno
di emosiderina. con specifiche conseguenze cliniche:

L’emorragia può essere esterna o contenuta all’interno di un


Morfologia Le superfici di taglio dei tessuti congestionati tessuto. Eventuali accumuli, detti ematomi, possono essere rela-
sono spesso chiare a causa della presenza di elevati livelli di tivamente insignificanti o tanto estesi da risultare fatali.
sangue scarsamente ossigenato. Microscopicamente, la Piccole emorragie di 1-2 mm della pelle, delle mucose o delle
congestione polmonare acuta è caratterizzata da capillari superfici sierose, definite petecchie (Fig. 4.4 A), sono tipicamente
alveolari ripieni di sangue, spesso con edema dei setti alve- associate ad aumento locale della pressione intravascolare, basso
olari ed emorragia focale intra-alveolare. Nella congestione numero di piastrine (trombocitopenia) o funzione piastrinica
polmonare cronica, i setti sono ispessiti e fibrotici e gli spazi deficitaria (come nell’uremia).
alveolari contengono numerosi macrofagi carichi di emosi- Emorragie leggermente più ampie (3 mm) prendono il nome
derina denominati cellule da insufficienza cardiaca. Nella di porpora. La porpora si associa a molte delle malattie responsa-
congestione epatica acuta, la vena centrale e i sinusoidi sono bili della formazione di petecchie, ma può essere anche la conse-
dilatati; gli epatociti centrolobulari possono essere chiara- guenza di un trauma, di un’infiammazione vascolare (vasculite)
mente ischemici, mentre gli epatociti periportali, meglio o di un’aumentata fragilità vascolare (ad es. nell’amiloidosi).
ossigenati per la loro vicinanza alle arteriole epatiche, pos- Ematomi sottocutanei di maggiori dimensioni (da 1 a 2 cm; i
sono sviluppare solo una degenerazione grassa. Nella con- comuni lividi) sono detti ecchimosi. In queste lesioni, gli eritrociti
gestione epatica cronica passiva, le regioni centrolobulari sono degradati e fagocitati dai macrofagi. L’emoglobina (di colore
sono macroscopicamente rosso-marroni e lievemente rosso-bluastro) vieneconvertita a opera di enzimi prima in bili-
­depresse (a causa della morte cellulare) e risaltano rispetto rubina (colore blu-verde) e infine in emosiderina (colore marro-
alle zone circostanti di fegato non congesto marrone chiaro ne-dorato); tutto ciò spiega i caratteristici cambiamenti di colore
(fegato a noce moscata) (Fig. 4.3 A). A livello microscopico, dell’ematoma.
si evidenziano emorragia centrolobulare, presenza di macro- Grandi accumuli di sangue in una delle cavità dell’organismo
fagi carichi di emosiderina e degenerazione degli epatociti sono chiamati, a seconda della loro localizzazione, emotorace,
(Fig. 4.3 B). L’area centrolobulare, trovandosi al margine emopericardio, emoperitoneo, oppure emartrosi (quando interes-
distale della vascolarizzazione epatica, tende alla necrosi sano le articolazioni). I pazienti con un’importante emorragia
qualora l’apporto sanguigno risulti compromesso. possono sviluppare un ittero a causa del massiccio catabolismo
di globuli rossi ed emoglobina.

Figura 4.3 Fegato con congestione cronica passiva e necrosi emorragica. A. Le aree centrali sono rosse e lievemente depresse rispetto al circostante
parenchima vitale di colore bruno, quadro caratterizzato da un aspetto detto “a noce moscata” (per la rassomiglianza con la superficie di taglio di una noce
moscata). B. Necrosi centrolobulare con epatociti degenerati ed emorragia. (Per gentile concessione del Dr. James Crawford, Department of Pathology,
University of Florida, Gainesville, FL)
CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock 113

Figura 4.4 A. Emorragie petecchiali puntiformi della mucosa del colon in seguito a trombocitopenia. B. Emorragia cerebrale fatale.

La significatività clinica di un’emorragia dipende dal volume e La lesione endoteliale comporta l’esposizione di sostanze suben-
dalla velocità del sanguinamento. Una perdita rapida pari al 20% del doteliali altamente trombogeniche della matrice extracellulare
volume ematico o perdite lente di quantità di sangue persino mag- (ExtraCellular Matrix, ECM), che promuovono l’adesione e l’atti­
giori possono avere ripercussioni trascurabili negli adulti in buona vazione delle piastrine. Le piastrine attivate subiscono una drastica
salute; perdite di maggiore entità, tuttavia, possono provocare uno modificazione nella forma (da piccoli dischi arrotondati diven-
shock emorragico (ipovolemico) (di cui si parlerà più avanti). Altret- tano piastre appiattite con notevole aumento dell’area di
tanto importante è la sede dell’emorragia: un sanguinamento che ­superficie) e rilasciano granuli secretori. Entro pochi minuti i
sarebbe insignificante nel tessuto sottocutaneo, ad esempio, può prodotti secreti richiamano altre piastrine (aggregazione) per
avere esito fatale se localizzato nel cervello (Fig. 4.4 B). Dato che il formare un tappo emostatico; questo processo viene definito
cranio è inestensibile, l’emorragia intracranica può infatti determi- emostasi primaria (Fig. 4.5 B).
nare un aumento di pressione sufficiente a compromettere la vasco- Nella sede della lesione viene anche rilasciato un fattore tissutale,
larizzazione o a causare un’ernia del tronco encefalico (Cap. 28). il fattore III o tromboplastina, che è una glicoproteina procoagu-
Infine, perdite ematiche esterne croniche o ricorrenti (ad es. ulcere lante di membrana sintetizzata dalle cellule endoteliali che agisce,
peptiche o emorragie mestruali) possono provocare una perdita di insieme al fattore VII (si veda oltre), come principale attivatore
ferro e portare allo sviluppo di un’anemia da deficit di ferro. Quando in vivo della cascata della coagulazione, culminante nella
invece i globuli rossi sono imprigionati (come nelle emorragie nelle produzione di trombina. La trombina, dal canto suo, trasforma il
cavità o all’interno dei tessuti) il ferro può essere recuperato e riu- fibrinogeno circolante in fibrina insolubile, creando una rete di
tilizzato per la sintesi di emoglobina. fibrina e provocando un’ulteriore aggregazione e attivazione
delle piastrine. Questa sequenza, detta emostasi secondaria, ri-
chiede più tempo rispetto alla formazione del tappo piastrinico
Emostasi e trombosi iniziale (Fig. 4.5 C).
La fibrina polimerizzata e gli aggregati piastrinici formano
L’emostasi normale dipende da una serie di processi finemente re- un solido tappo permanente che impedisce ogni ulteriore
golati che mantengono fluido il sangue nei vasi normali e inducono ­emorragia. A questo punto entrano in azione meccanismi con-
la rapida formazione di un tappo emostatico nella sede di una lesione troregolatori (ad es. l’attivatore tissutale del plasminogeno) per
vascolare. L’equivalente patologico dell’emostasi è la trombosi, che circoscrivere il tappo emostatico alla sola sede della lesione
comporta la formazione di un coagulo (trombo) all’interno di vasi (Fig. 4.5 D).
sanguigni non lesionati. L’emostasi e la trombosi dipendono da tre
fattori: la parete vascolare (in particolare l’endotelio), le piastrine e la I successivi paragrafi prenderanno in esame i ruoli dell’endotelio,
cascata della coagulazione. Descriveremo per primo il normale delle piastrine e i dettagli della cascata della coagulazione.
processo dell’emostasi e la sua regolazione.
Endotelio
Emostasi Normale
Le cellule endoteliali svolgono un ruolo fondamentale nella rego-
La sequenza degli eventi che si innescano in presenza di una lesione lazione dell’emostasi, in quanto è proprio l’equilibrio tra l’attività
vascolare è illustrata nella Figura 4.5.3,4 an­titrombotica e protrombotica svolta dall’endotelio a determi-
nare la formazione, l’espansione o la dissoluzione del trombo.5-7
Dopo la lesione iniziale vi è un breve periodo di vasocostrizione Normalmente, le cellule endoteliali hanno proprietà antipiastri-
arteriolare, mediata da meccanismi riflessi neurogeni e sostenuta niche, anticoagulanti e fibrinolitiche; tuttavia, in seguito a una
dalla secrezione locale di fattori come l’endotelina (un potente lesione o se vengono attivate, possono avere funzioni procoagu-
vasocostrittore di derivazione endoteliale) (Fig. 4.5 A). L’effetto, lanti (Fig. 4.6). L’endotelio può essere attivato, oltre che dai trau-
tuttavia, è transitorio e l’emorragia riprenderebbe se non venissero mi, da agenti infettivi, fattori emodinamici, mediatori plasmatici
attivati le piastrine e i sistemi della coagulazione. e citochine.
114 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

Figura 4.5 Emostasi normale. A. Dopo il danno vascolare, fattori


neuroumorali locali inducono una vasocostrizione transitoria. B. Mediante i
recettori della glicoproteina Ib (GpIb), le piastrine si legano al fattore di von
Willebrand (vWF) sulla matrice extracellulare esposta (ECM) e vengono
attivate, subendo modificazioni morfologiche e rilasciando il contenuto
dei granuli. L’adenosina difosfato (ADP) e il trombossano A2 (TxA2) secreti
inducono un’ulteriore aggregazione piastrinica attraverso il legame dei
recettori GpIIb-IIIa piastrinici con il fibrinogeno per formare il tappo emosta-
tico primario. C. L’attivazione locale della cascata della coagulazione (che
coinvolge il fattore tissutale e i fosfolipidi piastrinici) porta alla polimerizza-
zione della fibrina, “cementando” le piastrine in un definitivo tappo
­emostatico secondario. D. I meccanismi di controregolazione mediati dall’at-
tivatore tissutale del plasminogeno (t-PA, un prodotto fibrinolitico) e dalla
trombomodulina limitano il processo emostatico alla sede della lesione.

Proprietà antitrombotiche
In circostanze normali, le cellule endoteliali prevengono la trombosi
producendo fattori che bloccano in vari modi l’adesione e l’aggre-
gazione piastrinica, inibiscono la coagulazione e lisano i coaguli
ematici.

Effetti antipiastrinici. L’endotelio intatto isola le piastrine (e i


fattori plasmatici della coagulazione) dalle sostanze fortemente
trombogeniche dell’ECM subendoteliale. Le piastrine non attivate
non aderiscono all’endotelio, e, anche se le piastrine vengono
attivate, la loro adesione all’endotelio circostante è inibita dalla
prostaciclina (PGI2) e dall’ossido di azoto prodotti dalle cellule
endoteliali. Entrambi i mediatori sono potenti vasodilatatori
e inibitori della aggregazione piastrinica; la loro sintesi da parte
dell’endotelio è stimolata da una serie di fattori prodotti durante
la coagulazione (ad es. trombina e citochine). Le cellule endote-
liali elaborano inoltre l’adenosina difosfatasi, che degrada l’ade-
nosina difosfato (ADP) inibendo così ulteriormente l’aggregazio­
ne piastrinica (si veda oltre).
Proprietà anticoagulanti.8 Sono mediate da molecole endoteliali
eparino-simili associate alla membrana, dalla trombomodulina
e dall’inibitore della via del fattore tissutale (Fig. 4.6). Le molecole
eparino-simili agiscono indirettamente: si tratta infatti di cofattori
che inibiscono l’attivazione della trombina e di molti altri fattori
della coagulazione per mezzo della proteina plasmatica antitrom-
bina III (si veda oltre). La trombomodulina si lega alla trombina,
convertendola da procoagulante ad anticoagulante grazie alla sua
capacità di attivare la proteina C, la quale a sua volta inibisce la
coagulazione inattivando i fattori Va e VIIIa.9 L’endotelio produce
inoltre la proteina S, un cofattore della proteina C, e l’inibitore
della via del fattore tissutale (Tissue Factor Pathway Inhibitor,
TFPI) una proteina di superficie che inibisce direttamente l’atti-
vità del fattore tissutale VIIa e del fattore Xa.10
Effetti fibrinolitici. Le cellule endoteliali sintetizzano l’attivatore
tissutale del plasminogeno (Tissue Plasminogen Activator, t-PA),
una proteasi che attiva il plasminogeno per formare la plasmina,
la quale a sua volta attiva la fibrina per degradare il trombo.9

Proprietà protrombotiche
L’endotelio normalmente limita la formazione di coaguli, ma traumi
o infiammazioni delle cellule endoteliali inducono uno stato pro-
trombotico che modifica l’attività delle piastrine, delle proteine della
coagulazione e del sistema fibrinolitico.

Effetti piastrinici. Una lesione endoteliale consente alle piastrine


di entrare in contatto con la sottostante matrice extracellulare; in
CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock 115

Figura 4.6 Proprietà pro- e anticoagulanti dell’endotelio. NO, ossido di azoto; PGI2, prostaciclina, t-PA, attivatore tissutale del plasminogeno; vWF, fattore
di von Willebrand. Il recettore della trombina è chiamato anche recettore attivato dalla proteasi (PAR).

seguito l’adesione avviene tramite l’interazione con il fattore di Effetti procoagulanti. Le cellule endoteliali sono indotte a sintetiz-
von Willebrand (vWF), prodotto delle cellule endoteliali normali, zare il fattore tissutale – principale attivatore della cascata della
che è un cofattore essenziale per il legame delle piastrine agli coagulazione estrinseca – dalle endotossine batteriche o dalle ci-
elementi della matrice (Fig. 4.7).11 tochine (ad es. fattore di necrosi tumorale [TNF] o ­interleuchina-1
[IL-1]).10,12 Inoltre, le cellule endoteliali attivate potenziano la fun-
zione catalitica dei fattori della coagulazione attivati IXa e Xa.
Effetti antifibrinolitici. Le cellule endoteliali secernono inibitori
dell’attivatore del plasminogeno (Plasminogen Activator Inhibi-
tor, PAI), che limitano la fibrinolisi e tendono a favorire la
trombosi.

Riassumendo, le cellule endoteliali intatte e non attivate inibiscono


l’adesione piastrinica e la coagulazione del sangue, ma una lesione
dell’endotelio o l’attivazione delle cellule endoteliali inducono un feno­
tipo procoagulante che promuove la formazione di coaguli.

Piastrine
Le piastrine sono frammenti di cellule di forma discoidale prive di
nucleo, riversate nel flusso ematico dai megacariociti del midollo
osseo. Esse hanno un ruolo centrale nella normale emostasi,13 sia
perché formano il tappo emostatico utilizzato per riparare in fase
iniziale i danni vascolari, sia perché creano una superficie che attira
e concentra i fattori della coagulazione attivati. La loro funzione
dipende da numerosi recettori glicoproteici, un citoscheletro con-
Figura 4.7 Adesione e aggregazione piastrinica. Il fattore di von Wille- trattile e due tipi di granuli citoplasmatici: (1) i granuli  che espri-
brand funge da ponte di adesione tra il collagene subendoteliale e il recet- mono sulla membrana la molecola di adesione P-selectina (Cap. 2)
tore piastrinico della glicoproteina Ib (GpIb). L’aggregazione avviene grazie
ai ponti di fibrinogeno legati ai recettori GpIIb-IIIa sulle piastrine. Deficit e contengono fibrinogeno, fibronectina, fattore V e VIII, fattore
congeniti a carico dei recettori o delle molecole di ponte determinano le piastrinico 4 (una chemochina che lega l’eparina), fattore di crescita
patologie indicate nelle caselle colorate. ADP, adenosina difosfato. piastrine-derivato (Platelet-Derived Growth Factor, PDGF) e fattore
116 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

di crescita trasformante-b (Transforming Growth Factor-b, TGFb); collagene (Fig. 4.8). Le piastrine possono aderire anche ad altre
(2) i granuli densi (o ), che contengono ADP e ATP, ioni calcio, componenti della ECM (ad es. la fibronectina), ma sono necessari
istamina, serotonina ed epinefrina. i forti legami vWF-GpIb per vincere la forza di rimozione del
In seguito a un danno vascolare, le piastrine vengono in con- torrente ematico. Queste interazioni hanno notevole importanza,
tatto con i costituenti dell’ECM, tra cui il collagene e la glicopro- infatti il deficit ereditario di vWF (malattia di von Willebrand,
teina di adesione vWF. A contatto con queste proteine, le piastrine Cap. 14) o del suo recettore (sindrome di Bernard-Soulier) pro-
subiscono tre tipi di reazione: (1) adesione e modificazione di for- voca alterazioni patologiche dell’emostasi.
ma, (2) secrezione (reazione di rilascio) e (3) aggregazione (si veda La secrezione (reazione di rilascio) del contenuto dei due tipi di
Fig. 4.5 B). granuli avviene subito dopo l’adesione. Il processo inizia con il
legame di diversi agonisti con i recettori di superficie delle pia-
L’adesione piastrinica alla ECM è mediata in gran parte dalle strine, per avviare la cascata di fosforilazione delle proteine in-
interazioni con il vWF, che agisce come ponte tra i recettori di tracellulari destinata a condurre alla degranulazione finale. Il
superficie delle piastrine (ad es. la glicoproteina Ib [GpIb]) e il rilascio del contenuto dei corpi densi è particolarmente impor-

Figura 4.8 Cascata della coagulazione. Il fattore IX può essere attivato dal fattore XIa o dal fattore VIIa; nei test di laboratorio, l’attivazione dipende
fondamentalmente dal fattore XIa della via intrinseca. I fattori nei riquadri rossi rappresentano molecole inattive, mentre i fattori attivati sono indicati con
una lettera minuscola “a” su sfondo verde. Si noti inoltre come la trombina (fattore IIa; riquadri azzurri) contribuisca alla coagulazione in diverse tappe del
processo. Le “X” in rosso indicano i punti in cui entra in azione l’inibitore della via del fattore tissutale (TFPI), che inibisce l’attivazione dei fattori X e IX
mediante il fattore VIIa. HMWK, chininogeno ad alto peso molecolare (High-Molecular-Weight Kininogen)
CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock 117

tante, poiché il calcio rappresenta un elemento necessario nella bile della ciclossigenasi) nei soggetti a rischio di trombosi coronarica
cascata della coagulazione e l’ADP è un potente attivatore dell’ag- è in gran parte dovuta alla sua capacità di bloccare la sintesi di TxA2.
gregazione piastrinica. L’ADP causa inoltre ulteriore rilascio di Sebbene l’acido acetilsalicilico inibisca anche la produzione di PGI2
ADP, amplificando il processo di aggregazione. Da ultimo, endoteliale, le cellule endoteliali sono in grado di risintetizzare la
l’attivazione piastrinica porta alla comparsa, sulla superficie delle ciclossigenasi attiva e superare così il meccanismo di blocco.
piastrine stesse, di fosfolipidi a carica negativa (in particolare Con modalità simili a quelle dellaPGI2, anche l’ossido di azoto pro-
fosfatidilserina), i quali forniscono un substrato per il legame del dotto dall’endotelio agisce come vasodilatatore e inibitore dell’ag-
calcio e per l’assemblaggio dei complessi contenenti i vari fattori gregazione piastrinica (si veda Fig. 4.6).
della coagulazione.14,15
L’aggregazione piastrinica segue all’adesione e alla secrezione. Un Cascata della coagulazione
importante stimolo (di derivazione piastrinica) per l’aggregazione
delle piastrine è costituito, oltre che dall’ADP, dal vasocostrittore La cascata della coagulazione rappresenta il terzo fattore del processo
trombossano A2 (TxA2, Cap. 2), che porta alla formazione del emostatico. La Figura 4.8 illustra schematicamente le vie della ca-
tappo emostatico primario. Questa aggregazione iniziale è rever- scata della coagulazione, di cui ci soffermeremo a esaminare soltanto
sibile, ma la contemporanea attivazione della cascata della coa- i principi generali.4,19
gulazione genera trombina che stabilizza il tappo piastrinico La cascata della coagulazione consiste essenzialmente di una serie
mediante due meccanismi. Dapprima la trombina si lega a un di conversioni enzimatiche a progressiva amplificazione, in cui a
recettore attivato dalla proteasi (PAR, si veda oltre) sulla mem- ogni passaggio si assiste alla scissione proteolitica di un proenzima
brana della piastrina che, insieme a ADP e TxA2, provoca un’ul- inattivo nella sua forma attiva, e termina con la produzione di trom-
teriore aggregazione piastrinica. Segue poi la contrazione delle bina. La trombina è il più importante fattore della coagulazione e
piastrine, un evento dipendente dal citoscheletro piastrinico che può intervenire in fasi diverse del processo (si vedano i riquadri
dà luogo ad un aggregato piastrinico irreversibile che costituisce azzurri nella Figura 4.8).20 Al termine della cascata proteolitica, la
il definitivo tappo emostatico secondario. Successivamente, la trombina trasforma la proteina plasmatica solubile chiamata fibri-
trombina converte il fibrinogeno in fibrina in prossimità del nogeno in monomeri di fibrina che polimerizzano in un gel insolu-
tappo piastrinico, cementando le piastrine nella sede della bile. Il gel di fibrina ingloba le piastrine e le altre cellule del tappo
lesione. emostatico secondario definitivo, mentre i polimeri di fibrina
Il fibrinogeno non scisso è un altro importante fattore nell’aggre- ­vengono interconnessi con legami covalenti e stabilizzati dal fattore
gazione piastrinica. L’attivazione piastrinica mediata dall’ADP XIIIa (anch’esso attivato dalla trombina).
innesca un cambiamento nella conformazione dei recettori GpI- Ogni reazione lungo il percorso è il risultato dell’unione di un
Ib-IIIa in modo che possano legarsi al fibrinogeno, una grossa complesso composto da un enzima (fattore di coagulazione attivato),
proteina che istituisce legami a ponte tra le piastrine promuoven- un substrato (forma proenzimatica del fattore della coagulazione) e
done l’aggregazione (si veda Fig. 4.7). Come si può intuire, un di- un cofattore (acceleratore di reazione). Questi composti sono assem-
fetto ereditario nella sintesi di GpIIb-IIIa dà luogo a disturbi della blati su una superficie fosfolipidica e tenuti insieme da ioni calcio (per
coagulazione (trombastenia di Glanzmann).16 La scoperta del inciso, la coagulazione del sangue è evitata dalla presenza di fattori
ruolo fondamentale svolto dai vari recettori e mediatori nell’ag- chelanti gli ioni calcio). I fattori della coagulazione devono essere
gregazione delle piastrine ha portato allo sviluppo di farmaci strettamente legati per assicurare che il coagulo rimanga localizzato
capaci di prevenire l’aggregazione piastrinica, ad esempio, inter- sulla superficie delle piastrine o delle cellule endoteliali attivate;4
ferendo con l’attività della trombina,17 bloccando il legame come illustrato dalla Figura 4.9, il processo può essere paragonato
dell’ADP (clopidogrel) o legando i recettori GpIIb-IIIa (antago- a un “danza” di composti, in cui i fattori della coagulazione passano
nisti sintetici o anticorpi monoclonali). 18 Anticorpi contro la da un partner a quello successivo. Si noti che il legame dei fattori
GpIb sono in fase di studio. della coagulazione II, XII, IX e X con il calcio dipende dall’aggiunta di
gruppi g-carbossilici ad alcuni residui di acido glutammico su queste
Nei tappi emostatici sono presenti anche globuli rossi e leucociti. proteine. Tale reazione impiega la vitamina K come cofattore e ha
I leucociti, che aderiscono alle piastrine attraverso la P-selectina e come antagonisti farmaci quali il warfarin, un anticoagulante di
all’endotelio mediante molecole di adesione (Cap. 2), contribuiscono largo impiego.
alla risposta infiammatoria che accompagna la trombosi. Anche la Tradizionalmente lo schema della coagulazione del sangue viene
trombina partecipa alla risposta infiammatoria, stimolando diretta- suddiviso in una via estrinseca e in una via intrinseca, che convergono
mente l’adesione di neutrofili e monociti e, durante la scissione del nell’attivazione del fattore X (si veda Fig. 4.8). La via estrinseca richie-
fibrinogeno, genera prodotti di degradazione della fibrina dotati di de, come indica la parola, l’aggiunta di uno stimolo esogeno (origina­
azione chemotattica. riamente fornito da estratti tissutali), mentre la via intrinseca necessita
Interazioni tra piastrine e cellule endoteliali. L’interazione tra soltanto dell’esposizione del fattore XII (fattore di Hageman) a super-
piastrine ed endotelio ha notevole importanza nella formazione dei fici trombogeniche (persino il vetro sarebbe sufficiente). Tale divisio-
coaguli. La PGI2 endotelio-derivata (prostaciclina) è un potente ne, tuttavia, è solo un artefatto degli studi in vitro: esistono infatti
vasodilatatore e inibisce l’aggregazione piastrinica, mentre la pro- numerose interconnessioni tra le due vie. Dal punto di vista fisiolo-
staglandina TxA2 derivata dalle piastrine è un vasocostrittore che gico, inoltre, la via estrinseca, attivata da un fattore tissutale noto anche
attiva l’aggregazione piastrinica (Cap. 2). Gli effetti mediati da PGI2 come tromboplastina o fattore III (una lipoproteina di membrana
e TxA2 sono perfettamente bilanciati per modulare in modo efficace espressa nella sede della lesione), è il percorso più importante per la
la funzione delle piastrine e delle pareti vascolari, che in condizioni coagulazione conseguente a danno vascolare (si veda Fig. 4.8).12
fisiologiche impediscono l’aggregazione piastrinica, ma in presenza I laboratori clinici valutano la funzione dei due percorsi della via
di una lesione endoteliale favoriscono la formazione del tappo emo- della coagulazione utilizzando due parametri standard: il tempo di
statico. L’utilità clinica dell’acido acetilsalicilico (inibitore irreversi­ protrombina (PT) e il tempo di tromboplastina parziale (PTT). Il
118 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

Figura 4.9 Rappresentazione schematica della conversione del fattore X in fattore Xa mediante la via estrinseca, con conseguente conversione del
fattore II (protrombina) in fattore IIa (trombina). Il complesso iniziale della reazione è formato da un enzima proteolitico (fattore VIIa), un substrato (fattore
X) e un acceleratore di reazione (fattore tissutale), assemblati sulla superficie fosfolipidica delle piastrine. Gli ioni calcio mantengono uniti i componenti
assemblati e sono essenziali per la reazione. Il fattore Xa attivato diventa la proteasi del complesso adiacente nella cascata della coagulazione, convertendo
il substrato protrombina (II) in trombina (IIa), con la cooperazione del fattore Va in funzione di acceleratore di reazione.

valore PT valuta la funzione delle proteine nella via estrinseca (fattori


VII, X, II, V e fibrinogeno). Il test è eseguito aggiungendo fattore
tissutale e fosfolipidi al plasma citrato (il citrato di sodio chela il
calcio e previene la coagulazione spontanea). La coagulazione viene
avviata mediante l’addizione di calcio esogeno e in seguito si procede
alla registrazione del tempo necessario per la formazione del coagulo
di fibrina. Il tempo di tromboplastina parziale (PTT) controlla invece
la funzione delle proteine nella via intrinseca (fattori XII, XI, IX,
VIII, X, V, II e fibrinogeno). In questo test, la coagulazione viene
innescata mediante l’aggiunta di particelle a carica negativa (ad es.
vetro smerigliato) che, come abbiamo detto, attivano il fattore XII
(di Hageman), i fosfolipidi e il calcio; si procede quindi alla regi-
strazione del tempo necessario per la formazione del coagulo di
fibrina.
Oltre a catalizzare le tappe finali della cascata della coagulazione,
la trombina esercita numerosi effetti proinfiammatori (Fig. 4.10),
per la maggior parte indotti tramite l’attivazione di una famiglia
di recettori attivati dalle proteasi (Protease-Activated Receptor,
PAR), appartenenti alla famiglia dei recettori accoppiati alle pro-
teine G (dotati di sette domini transmembrana)21,22 (si veda anche
Fig. 4.6). I PAR sono espressi su endotelio, monociti, cellule den- Figura 4.10 Ruolo della trombina nell’emostasi e nell’attivazione cellu-
lare. La trombina svolge un ruolo fondamentale nella generazione di polimeri
dritiche, linfociti T e anche da altri tipi di cellule. L’attivazione del di fibrina (attraverso la conversione del fibrinogeno in fibrina e l’attivazione
recettore è innescata dalla scissione della terminazione extracellu- del fattore XIII), oltre che nell’attivazione di numerosi altri fattori della coa-
lare del PAR; ciò porta alla formazione di un peptide che si lega al gulazione (si veda Fig. 4.8). Attraverso recettori attivati dalle proteasi (PAR,
recettore legato alla membrana e provoca a sua volta modificazioni si veda il testo), la trombina modula anche varie attività cellulari. Induce
direttamente l’aggregazione piastrinica e la produzione di TxA2 e attiva le
nella conformazione del complesso che innescano la trasmissione cellule endoteliali per l’espressione di molecole di adesione e vari mediatori
dei segnali. fibrinolitici (t-PA), vasoattivi (NO, PGI2) e citochinici (ad es. PDGF). Inoltre,
Una volta attivata, la cascata della coagulazione deve rimanere la trombina attiva direttamente i leucociti. ECM, matrice extracellulare; NO,
confinata nella sede del danno vascolare per evitare la coagulazione ossido di azoto; PDGF, fattore di crescita piastrine-derivato; PGI2, prostaci-
dell’intero letto vascolare. Tale obiettivo viene ottenuto limitando clina; TxA2, trombossano A2; t-PA, attivatore tissutale del plasminogeno.
Nella Figura 4.7 sono illustrate ulteriori attività anticoagulanti mediate dalla
i fattori attivanti sulla superficie dei fosfolipidi esposti e mediante il trombina, anche attraverso la trombomodulina. (Modificata per gentile
controllo da parte di tre gruppi di sostanze ad azione anticoagulante concessione di Shaun Coughlin, MD, PhD, Cardiovascular Research Insti-
endogena: tute, University of California at San Francisco)
CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock 119

Figura 4.11 Il sistema fibrinolitico, con rappresentazione dei vari attivatori e inibitori del plasminogeno (si veda il testo).

Le antitrombine (ad es. l’antitrombina III) che inibiscono l’attività Le cellule endoteliali inoltre modulano l’equilibrio coagulazione/
della trombina e di altre proteasi sieriche, tra cui i fattori IXa, Xa, anticoagulazione rilasciando l’inibitore dell’attivatore del plasmino-
XIa e XIIa. L’antitrombina III è attivata dal legame di molecole geno (PAI), il quale blocca la fibrinolisi inibendo il legame del t-PA
eparino-simili sulle cellule endoteliali; da qui l’utilità clinica di con la fibrina e conferisce un globale effetto procoagulante
somministrare eparina per curare la trombosi (si veda Fig. 4.6). (si veda Fig. 4.11). La produzione di PAI è stimolata dalla trombina
Le proteine C e S, due proteine vitamina K-dipendenti, che agi- e da alcune citochine, e probabilmente questo effetto ha importanza
scono congiuntamente per inattivare in modo proteolitico i fattori nel determinare la trombosi intravascolare che accompagna le gravi
Va e VIIIa. L’attivazione della proteina C da parte della trombo- infiammazioni.24
modulina è stata descritta in precedenza.
Il TFPI, che è una proteina prodotta dall’endotelio (e da altri tipi Trombosi
di cellule) e inattiva i complessi fattore tissutale-fattore VIIa
(si vedano Figg. 4.6 e 4.8).10 Dopo avere descritto i processi dell’emostasi normale, passeremo a
esaminare le tre principali alterazioni che predispongono alla forma-
L’attivazione della cascata della coagulazione attiva a sua volta la zione di un trombo (la cosiddetta Triade di Virchow): (1) lesione
cascata fibrinolitica, che limita le dimensioni del coagulo finale. endoteliale, (2) stasi o turbolenza del flusso ematico e (3) ipercoa-
La fibrinolisi si esplica in larga misura grazie all’attività enzimatica gulabilità del sangue (Fig. 4.12).
della plasmina, che scinde la fibrina e interferisce con la sua polime- Lesione endoteliale. La lesione endoteliale è di particolare im-
rizzazione (Fig. 4.11).23 I prodotti di scissione della fibrina (FSP o portanza quando la formazione del trombo avviene nel cuore o nel
prodotti di degradazione della fibrina) che ne derivano agiscono circolo arterioso, dove l’alta velocità del flusso potrebbe impedire la
anche come deboli anticoagulanti. Elevati livelli di FSP (in partico-
lare i D-dimeri derivati dalla fibrina) sono utili nella diagnosi dei
disturbi della coagulazione, come la coagulazione intravascolare
disseminata (CID), la trombosi venosa profonda o la tromboembolia
polmonare (descritta di seguito). La plasmina deriva dal catabolismo
enzimatico del plasminogeno, suo precursore circolante inattivo, sia
attraverso una via fattore XII-dipendente, sia mediante attivatori del
plasminogeno (Plasminogen Activator, PA; si veda Fig. 4.11). Il più
importante tipo di PA è il t-PA, sintetizzato soprattutto dalle cellule
endoteliali e più attivo quando legato alla fibrina. L’affinità per la
fibrina rende il t-PA un utile agente terapeutico, perché confina
l’attività fibrinolitica alle sedi di trombosi recente. Il PA simil-uro-
chinasi (u-PA) è un altro PA presente nel plasma e in vari tessuti,
capace di attivare la plasmina nella fase fluida. Infine, il plasmino-
geno può essere convertito in plasmina dall’enzima streptochinasi
prodotto dai batteri, attività che può avere significato clinico in al-
cune infezioni batteriche. Come avviene per tutti i potenti regolatori,
anche l’attività della plasmina è rigorosamente limitata. Per evitare Figura 4.12 Triade di Virchow nella trombosi. L’integrità endoteliale è il
fattore più importante. Il danno delle cellule endoteliali può alterare il flusso
che un eccesso di plasmina demolisca i trombi in altre parti del ematico locale e la coagulabilità del sangue. L’alterato flusso ematico (stasi
corpo, la plasmina libera è rapidamente inattivata dall’inibitore della o turbolenza), a sua volta, può provocare una lesione endoteliale. I fattori
a2-plasmina (si veda Fig. 4.11). possono favorire la trombosi in modo indipendente o interagendo tra loro.
120 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

coagulazione, rendendo impossibile l’adesione piastrinica e traspor- Ipercoagulabilità. L’ipercoagulabilità (detta anche trombofilia)
tando altrove i fattori della coagulazione attivati. La formazione del contribuisce meno frequentemente allo sviluppo di stati trombotici,
trombo all’interno delle cavità cardiache (ad es. in seguito a lesioni ma cionondimeno rappresenta un importante fattore nell’equilibrio
endocardiache per infarto del miocardio), sulle placche ulcerate nelle della coagulazione e, in alcuni casi, può essere il fattore ­predominante.
arterie aterosclerotiche, o nelle sedi di lesioni vascolari traumatiche È genericamente definita come un’alterazione delle vie della coagu-
o infiammatorie (vasculite) è pertanto dovuta in particolare a lesioni lazione che predispone alla trombosi e può essere divisa in forme
dell’endotelio vasale. La perdita della membrana superficiale dell’en- primarie (genetiche) e secondarie (acquisite) (Tab. 4.2).27-29 Tra le
dotelio porta pertanto all’esposizione dell’ECM subendoteliale, cause ereditarie di ipercoagulabilità, le più frequenti sono le mutazioni
all’adesione piastrinica, alla liberazione di fattore tissutale e alla puntiformi nei geni del fattore V e della protrombina.
­riduzione locale di PGI2 e attivatori del plasminogeno. Tuttavia, è
importante sottolineare che per favorire lo sviluppo della trombosi non Il 2-15% della popolazione di razza caucasica è portatore di una
è necessario che l’endotelio sia fisicamente danneggiato: qualsiasi al- mutazione a carico di un singolo nucleotide del fattore V
terazione nell’equilibrio dinamico delle attività pro- e antitrombotiche ­(chiamata mutazione di Leiden, dalla città olandese dove fu
dell’endotelio può avere effetto sugli eventi locali di coagulazione ­scoperta). Nei pazienti con trombosi venosa profonda ricorrente
(si veda Fig. 4.6). Cellule endoteliali alterate possono produrre mag- questa mutazione è presente con una frequenza considerevol-
giori quantità di fattori procoagulanti (ad es. molecole di adesione mente più alta, vicina al 60%. La mutazione provoca la sostitu-
piastrinica, fattore tissutale, PAI) o ridurre la sintesi di fattori anti- zione con una base di glutammina della normale arginina in
coagulanti (ad es. trombomodulina, PGI2, t-PA). Danni all’endotelio posizione 506, variazione che rende il fattore V resistente alla
possono essere indotti da numerosi fattori, ad esempio da iperten- scissione da parte della proteina C. Ne consegue la perdita di un
sione, turbolenza del flusso ematico, endotossine batteriche, danni importante meccanismo controregolatore (si veda Fig. 4.6). Negli
da radiazioni, anomalie metaboliche quali omocistinemia o iperco- eterozigoti il rischio relativo di trombosi venosa aumenta di
lesterolemia, e assorbimento di tossine prodotte dal fumo di cinque volte e negli omozigoti cresce fino a 50 volte.30
sigaretta. La sostituzione di un solo nucleotide (G20210A) nella regione 3’
Alterazioni del normale flusso ematico. La turbolenza contri- non tradotta del gene per la protrombina è un’altra mutazione
buisce alla trombosi arteriosa e cardiaca provocando danno abbastanza frequente nei soggetti affetti da ipercoagulabilità ­(1-2%
o ­disfunzione endoteliale, o causando la formazione di flussi in della popolazione) ed è associato a livelli di protrombina elevati e
controcorrente e di zone localizzate di stasi; la stasi rappresenta il a un rischio di trombosi venosa pressoché triplicato.28,31
fattore più importante nello sviluppo dei trombi venosi.25 Il flusso
sanguigno normale è laminare e questo significa che le piastrine
(e gli altri elementi figurati del sangue) scorrono centralmente nel Tabella 4.2 Stati di ipercoagulabilità
lume vascolare, separate dall’endotelio da uno strato di plasma che primaria (genetica)
scorre a minore velocità. Stasi e turbolenza pertanto: Comuni
Mutazione del fattore V (mutazione G1691A; fattore V di Leiden)
promuovono l’attivazione dell’endotelio, favorendo l’attività Mutazione della protrombina (variante G20210A)
procoagulante, l’adesione dei leucociti ecc., in parte mediante 5,10-metilenetetraidrofolato reduttasi (mutazione C677T in
cambiamenti indotti dal flusso nell’espressione dei geni delle omozigosi)
cellule endoteliali;21 Incremento dei livelli dei fattori VIII, IX, XI o del fibrinogeno
interrompono il flusso laminare portando le piastrine a contatto Rari
con l’endotelio;26 Deficit di antitrombina III
impediscono la rimozione e la diluizione dei fattori della Deficit di proteina C
coagulazione attivati da parte del flusso di sangue fresco e l’afflusso Deficit di proteina S
di fattori inibitori della coagulazione. Molto rari
Difetti nella fibrinolisi
Turbolenza e stasi contribuiscono alla trombosi in molti quadri Omocistinuria omozigote (carenza di cistatione b-sintetasi)
clinici. Le placche aterosclerotiche ulcerate non solo espongono secondaria (acquisita)
l’ECM subendoteliale, ma sono anche fonte di turbolenza. Le di- Alto rischio di trombosi
latazioni anomale dell’aorta o delle arterie, dette aneurismi, cau- Prolungato allettamento o immobilizzazione
sano stasi locale e rappresentano pertanto sedi preferenziali di Infarto miocardico
trombosi (Cap. 11). Gli infarti acuti del miocardio provocano la Fibrillazione atriale
formazione di aree di miocardio non contrattile e, in alcuni casi, Danni tissutali (interventi chirurgici, fratture, ustioni)
di aneurismi cardiaci: entrambi sono associati a stasi e ad anomalie Cancro
Protesi valvolari cardiache
di flusso che favoriscono la formazione di trombi murali cardiaci Coagulazione intravascolare disseminata
(Cap. 12). La stenosi reumatica della valvola mitralica determina Trombocitopenia indotta da eparina
la dilatazione dell’atrio sinistro. In condizioni di fibrillazione atria- Sindrome da anticorpi antifosfolipidi
le, un atrio ­dilatato rappresenta un sito di grave stasi ed è una sede Minore rischio di trombosi
preferenziale per lo sviluppo di un trombo (Cap. 12). L’iperviscosità Miocardiopatia
(osservata ad esempio nella policitemia vera, Cap. 13) aumenta la Sindrome nefrosica
resistenza al flusso ematico e provoca stasi nei piccoli vasi; i globuli Stati iperestrogenici (gravidanza e postpartum)
rossi deformati dell’anemia falciforme (Cap. 14) sono causa di Uso di contraccettivi orali
Anemia falciforme
occlusioni vascolari e la stasi che ne consegue predispone alla Fumo
trombosi.
CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock 121

Elevati livelli di omocisteina contribuiscono alla trombosi arte- non frazionata, che può indurre la comparsa di anticorpi in grado
riosa e venosa, nonché allo sviluppo di aterosclerosi (Cap. 11). di riconoscere i complessi di eparina e fattore piastrinico 4 sulla
Gli effetti protrombotici dell’omocisteina possono essere dovuti superficie delle piastrine (Cap. 14) nonché i complessi di molecole
ai legami solfo-esterici tra i metaboliti dell’omocisteina e una serie eparino-simili e proteine simili al fattore piastrinico 4 sulle cellule
di proteine, tra cui il fibrinogeno. 32 Livelli di omocisteina endoteliali.40-42 Il legame tra questi anticorpi e le piastrine ne provoca
marcatamente elevati possono derivare da un deficit congenito l’attivazione, l’aggregazione e il consumo (da cui il nome tromboci-
di cistatione b-sintetasi, ma molto più spesso la responsabili- topenia). L’effetto sulle piastrine e il danno endoteliale si sommano
tà di un’omocistinemia lieve nel 5-15% della popolazione cauca- determinando uno stato protrombotico, anche in corso di trattamento
sica e dell’Est asiatico è dovuta a una variante dell’enzima con eparina e nonostante la presenza di un numero di piastrine
5,10-­metilenetetraidrofolato reduttasi. La frequenza di questa ­ridotto. I recenti preparati con eparina a basso peso molecolare in-
possibile ­eziologia dell’ipercoagulabilità è simile a quella del ducono più raramente la formazione di anticorpi, ma non dimi­
fattore V di Leiden.27 La somministrazione di acido folico, piri- nuiscono il rischio di trombosi se gli anticorpi si sono già formati.41
dossina e/o vitamina B12 consente di ridurre le concentrazioni di Anche altri anticoagulanti come il fondaparinux (un pentasaccaride
omocisteina plasmatica (stimolandone il metabolismo), ma non inibitore del fattore X) causano in rari casi una sindrome simile
diminuisce il rischio di trombosi e ciò indica l’importanza che alla HIT.42
può avere un’omocistinemia anche modesta.33 Sindrome da anticorpi antifosfolipidi.43 Questa sindrome (pre-
Altri fattori ereditari di ipercoagulabilità primaria comprendono i cedentemente chiamata sindrome anticoagulante del lupus) ha una
deficit di anticoagulanti come l’antitrombina III, la proteina C e la presentazione clinica variabile, con trombosi ricorrenti, aborti ripe-
proteina S; gli individui affetti da tali patologie presentano trombosi tuti, formazione di coaguli sulle valvole cardiache e trombocitopenia.
venose e tromboembolie ricorrenti fin dall’adolescenza o comunque A seconda del vaso colpito, la presentazione clinica può variare
dalla giovinezza.27 Inoltre polimorfismi nei geni dei fattori della dall’embolia polmonare (secondaria a trombosi venosa di un arto
coagulazione possono determinare una maggiore sintesi di tali inferiore), all’ipertensione polmonare (da embolia polmonare sub-
fattori e comportare un elevato rischio di trombosi venosa.34 clinica ricorrente), all’ictus, all’infarto intestinale, all’ipertensione
renale. La perdita del feto è attribuibile all’inibizione anticorpo-
In studi di popolazione è stato rilevato che i più comuni genotipi mediata dell’attività del t-PA, necessaria per l’invasione trofoblastica
con tendenza alla trombosi (eterozigosi per il fattore V di Leiden ed dell’utero. La sindrome da anticorpi antifosfolipidi è anche causa di
eterozigosi per la protrombina) determinano solo un aumento mo- microangiopatia renale e provoca insufficienza renale associata a
derato del rischio di trombosi; nella maggior parte dei casi i portatori trombosi multiple dei capillari e delle arterie (Cap. 20). La definizio-
di questi genotipi, se non sono affetti da altre patologie, non presen- ne “sindrome da anticorpi antifosfolipidi” è per certi versi impropria,
tano complicanze trombotiche. Tuttavia, le mutazioni nel fattore V poiché si ritiene che i principali effetti patologici siano mediati dal
e nella protrombina sono abbastanza frequenti per cui può essere legame degli anticorpi con gli epitopi sulle proteine plasmatiche (ad
tutt’altro che rara l’associazione di entrambi i genotipi in omozigosi es. la trombina) che sono in qualche modo indotti o “smascherati”
o in eterozigosi e questa evenienza aumenta il rischio di trombosi.35 dai fosfolipidi. In vivo, gli anticorpi inducono uno stato di ipercoa-
Tali mutazioni, inoltre, nei soggetti che presentano altri fattori di gulabilità provocando un danno endoteliale, attivando direttamente
rischio acquisiti (ad es. gravidanza o prolungato allettamento) sono piastrine e complemento e interagendo con i domini catalitici di
associate a una frequenza significativamente maggiore di trombosi determinati fattori della coagulazione.43 In vitro invece, (in assenza
venosa. L’eterozigosi per il fattore V di Leiden (che di per sé ha un di piastrine e cellule endoteliali) gli anticorpi interferiscono con i
effetto modesto) può pertanto provocare una trombosi venosa pro- fosfolipidi inibendo la coagulazione. In presenza di questi anticorpi
fonda se abbinata a inattività forzata, come in caso di lunghi viaggi spesso i test sierologici per la sifilide risultano falsamente positivi,
in aereo. Di conseguenza, è opportuno che per i pazienti con meno perché l’antigene nel test diagnostico è fissato su cardiolipina. La
di 50 anni affetti da trombosi vengano prese in considerazione anche sindrome da anticorpi antifosfolipidi può assumere due diverse
eventuali cause ereditarie di ipercoagulabilità, indipendentemente forme: primaria e secondaria. I pazienti con una malattia autoim-
dalla presenza di fattori di rischio acquisiti.36,37 mune chiaramente definita come il lupus eritematoso sistemico (Cap.
Diversamente dalle malattie ereditarie, la patogenesi della diatesi 6) sono affetti da sindrome da antifosfolipidi secondaria (da cui la
trombotica acquisita è spesso multifattoriale (si veda Tab. 4.2). In al- definizione prima menzionata di “sindrome anticoagulante del lu-
cune situazioni (ad es. insufficienza cardiaca o trauma), fattori come pus”). Nella sindrome da antifosfolipidi primaria, invece, i pazienti
la stasi o la lesione vascolare possono essere di estrema importanza. presentano solo le manifestazioni di uno stato di ipercoagulabilità,
L’ipercoagulabilità dovuta all’uso di contraccettivi orali o alla condi- senza alcuna evidenza di altre malattie autoimmuni; a volte questa
zione iperestrogenica della gravidanza è probabilmente dovuta a un sindrome può verificarsi in associazione con alcuni farmaci o infe-
aumento della sintesi epatica dei fattori della coagulazione e a una zioni. Una forma di particolare aggressività (sindrome da antifosfo-
ridotta sintesi di anticoagulanti.38 Nei tumori disseminati la liberazione lipidi catastrofica) è caratterizzata da trombi diffusi nei piccoli vasi
nel torrente circolatorio di prodotti tumorali procoagulanti rappre- e da scompensi in diversi organi e provoca la morte nel 50% dei
senta un fattore predisponente alla trombosi.39 L’ipercoagulabilità pazienti.44 Gli anticorpi rendono più difficili anche gli interventi
dovuta all’età avanzata è probabilmente collegata alla minore sintesi chirurgici: circa il 90% dei pazienti con anticorpi antifosfolipidi
di PGI2 da parte dell’endotelio. I meccanismi attraverso i quali il fumo sottoposti a chirurgia cardiovascolare, ad esempio, va incontro a
e l’obesità favoriscono l’ipercoagulabilità restano invece sconosciuti. complicanze connesse a tali anticorpi.45 La terapia prevede l’uso di
Fra le cause acquisite di diatesi trombotica, due condizioni clini- anticoagulanti e l’immunosoppressione. Sebbene gli anticorpi anti-
che rivestono particolare importanza e vengono pertanto illustrate fosfolipidi siano chiaramente associati alla diatesi trombotica, questi
più estesamente. sono stati identificati anche in una percentuale di individui appa-
Sindrome da trombocitopenia indotta da eparina (HIT). ­Questa rentemente normali compresa tra il 5 e il 15%, quindi rappresentano
sindrome si sviluppa in seguito alla somministrazione di eparina la causa necessaria ma non sufficiente per la sindrome descritta.
122 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

Morfologia I trombi possono svilupparsi in qualsiasi punto trombi tendono a contenere un maggior numero di globuli
del sistema cardiovascolare (ad es. nelle camere cardiache, rossi sovrapposti (e relativamente poche piastrine) e sono
sulle valvole o in arterie, vene e capillari). A seconda della perciò definiti anche trombi rossi o da stasi. La flebotrom-
sede di origine e delle circostanze che portano al loro sviluppo, bosi interessa più frequentemente le vene degli arti inferiori
assumono dimensioni e forma variabili. I trombi arteriosi o (90% dei casi); tuttavia, i trombi venosi si possono svilup-
cardiaci solitamente iniziano in un punto di turbolenza o nella pare anche negli arti superiori, nel plesso periprostatico o
sede di una lesione endoteliale, mentre i trombi venosi si nelle vene ovariche e periuterine, nonché, in particolari
verificano tipicamente nelle sedi di stasi. I trombi aderiscono circostanze, nei seni durali, nella vena porta o nella vena
alla superficie vascolare sottostante: quelli arteriosi tendono epatica.
ad accrescersi in direzione retrograda dal punto di attacco, I coaguli postmortem possono essere talvolta confusi con i
mentre i trombi venosi si estendono in direzione del flusso trombi venosi antemortem. I coaguli postmortem, tuttavia,
sanguigno (in entrambi i casi, dunque, in direzione del cuore). sono gelatinosi con una zona rosso scura declive in cui i
La parte in accrescimento spesso non aderisce saldamente al globuli rossi sono stratificati per gravità e una porzione su-
vaso e tende a frammentarsi provocando un embolo. periore gialla, simile a grasso di pollo; generalmente non
I trombi presentano spesso striature evidenti a livello ma- sono adesi alla parete sottostante. I trombi rossi, invece, sono
croscopico e microscopico, chiamate strie di Zahn, dovute più consistenti e adesi alla parete del vaso; inoltre di norma
all’alternanza di strati chiari di piastrine e fibrina e strati più se sezionati contengono le strie di Zahn, visibili macrosco-
scuri contenenti un maggior numero di globuli rossi. Tali picamente e/o microscopicamente.
striature indicano la formazione di un trombo nel flusso I trombi sulle valvole cardiache sono chiamati vegetazioni.
ematico e la loro presenza consente pertanto di distinguere Batteri o miceti a diffusione ematica possono aderire a val-
la trombosi antemortem dai coaguli non striati che si verifi- vole già danneggiate (ad es. a causa di una cardiopatia reu-
cano postmortem (si veda oltre). matica) o causare direttamente una lesione valvolare; in
I trombi che si formano in una cavità cardiaca o nel lume entrambi i casi, il danno endoteliale e l’alterazione del flusso
aortico sono chiamati trombi murali. Contrazioni anomale ematico possono indurre la formazione di ampie masse
del miocardio (aritmie, cardiomiopatie dilatative o infarto del trombotiche (endocardite infettiva, Cap. 12). Vegetazioni
miocardio) o lesioni endomiocardiche (miocardite o trauma sterili possono inoltre svilupparsi su valvole non infette in
da catetere) favoriscono la formazione di trombi murali pazienti con stati di ipercoagulabilità (endocarditi tromboti-
­cardiaci (Fig. 4.13 A), mentre la presenza di placche atero- che non batteriche, Cap. 12).
sclerotiche ulcerate e la dilatazione degli aneurismi predi- Più raramente, nei pazienti con lupus eritematoso sistemico
spongono più facilmente ai trombi aortici (Fig. 4.13 B). può instaurarsi un’endocardite verrucosa non infettiva (detta
I trombi arteriosi sono spesso occlusivi e le sedi di insorgenza di Libman-Sacks, Cap. 6).
più frequenti sono, in ordine decrescente, le arterie coronarie,
le arterie cerebrali e le arterie femorali. Di norma i trombi
sono costituiti da una fragile rete di piastrine, fibrina, globuli
rossi e leucociti degenerati. Sebbene in genere insorgano Destino del trombo. Se il paziente sopravvive alla trombosi
sulla sede di rottura di una placca aterosclerotica, la causa iniziale, nei giorni e nelle settimane successivi i trombi vanno in-
di insorgenza può essere rappresentata da lesioni vascolari contro a quattro tipi di evoluzione:
di diverso tipo (ad es. vasculiti e traumi).
La trombosi venosa (flebotrombosi) è quasi sempre occlu- Propagazione. I trombi accumulano ancora piastrine e fibrina (il
siva e il trombo spesso assume una forma di stampo del processo è già stato descritto in precedenza).
lume. Poiché si formano nel lento circolo venoso, questi Embolizzazione. Il trombo si stacca e si sposta verso altri distretti
del circolo. Questo processo sarà descritto in seguito.

Figura 4.13 Trombi murali. A. Trombo negli apici ventricolari destro e sinistro, situato su una cicatrice fibrosa bianca. B. Trombo laminare in un aneurisma
dilatato dell’aorta addominale. Numerosi trombi murali friabili sono inoltre visibili su lesioni aterosclerotiche avanzate dell’aorta più prossimale (lato sinistro
dell’immagine).
CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock 123

Dissolvimento. Il dissolvimento è il risultato della fibrinolisi che può congestione locale, tumefazione, dolore e indolenzimento, ma
condurre a una rapida contrazione e perfino alla totale scomparsa ­raramente danno origine a emboli. Ciononostante, l’edema locale e
dei trombi di recente formazione. Nei trombi di vecchia data, invece, il ridotto drenaggio venoso predispongono la cute sovrastante a
l’esteso deposito di fibrina e la sua polimerizzazione provocano una infezioni secondarie a traumi anche modesti e al formarsi di ulcere
maggiore resistenza alla lisi. Questo spiega perché la somministra- varicose. La trombosi venosa profonda (TVP) nelle vene maggiori della
zione di agenti fibrinolitici come il t-PA (ad es. nel quadro di una gamba – al ginocchio o al di sopra del ginocchio (ad es. nella vena
trombosi coronarica acuta) è generalmente efficace solo se istituita poplitea, nella vena femorale o in quella iliaca) – è più pericolosa
nelle ore immediatamente seguenti l’episodio trombotico. poiché i trombi tendono più spesso a embolizzare nei polmoni
Organizzazione e ricanalizzazione. All’interno dei trombi più e provocare infarto polmonare (si veda oltre e Cap. 15). Anche se
vecchi le cellule endoteliali, le cellule muscolari lisce e i fibroblasti può provocare dolore locale ed edema, l’ostruzione venosa da
si organizzano (Fig. 4.14). Col tempo si formano capillari che TVP può essere rapidamente compensata da circoli collaterali, ra-
ristabiliscono la continuità del lume originale. gione per cui le TVP sono asintomatiche nel 50% circa dei pazienti
  Questi primi canali capillari non sono sufficienti a ristabilire un e vengono riconosciute solo dopo che si sono verificati emboli.
flusso ematico significativo nei vasi ostruiti, ma a lungo andare la La TVP agli arti inferiori è associata a stati di ipercoagulabilità,
ricanalizzazione può convertire il trombo in una massa più piccola come illustrato in precedenza (si veda Tab. 4.2). Tra i comuni fattori
di tessuto connettivo che viene integrata nella parete vascolare. predisponenti figurano l’allettamento e l’immobilizzazione (a causa
Col tempo, con il rimodellamento e la contrazione degli elementi della minore spinta verso l’alto dei muscoli della gamba con con-
mesenchimali, nella sede originale del trombo può non restare seguente riduzione del ritorno venoso) e l’insufficienza cardiaca
altro che una massa fibrosa. In alcuni casi, il centro del trombo va congestizia (anch’essa causa di riduzione del ritorno venoso). Trau-
incontro a digestione enzimatica, probabilmente per effetto del mi, interventi chirurgici e ustioni non soltanto determinano l’im-
rilascio di enzimi lisosomiali da parte di piastrine e leucociti in- mobilizzazione, ma sono anche associati a danni vascolari, rilascio
trappolati. Nel contesto di una batteriemia tali trombi possono di procoagulanti dai tessuti danneggiati, aumento della sintesi
infettarsi e dare origine a una massa infiammatoria che erode e epatica dei fattori della coagulazione e alterata produzione di t-PA.
indebolisce la parete vascolare, condizione che, se trascurata, può In gravidanza, sono numerosi i fattori che contribuiscono alla
condurre alla formazione di un aneurisma micotico (Cap. 11). diatesi trombotica: al rischio che il liquido amniotico venga im-
messo in circolo al momento del parto si aggiunge il fatto che
Conseguenze cliniche. Il trombo è un evento significativo in l’ultimo periodo della gravidanza e il periodo postpartum sono
quanto provoca l’ostruzione di arterie e vene e rappresenta una pos- associati a ipercoagulabilità sistemica. L’infiammazione associata
sibile fonte di embolia. Quale sia l’effetto predominante dipende dalla a neoplasie e la liberazione di fattori della coagulazione (fattore
sede della trombosi. I trombi venosi possono causare congestione tissutale, fattore VIII) e procoagulanti (ad es. la mucina) da parte
ed edema nei letti vascolari distali all’ostruzione, ma sono molto più delle cellule tumorali contribuiscono ad aumentare il rischio di
pericolosi se embolizzano nei polmoni, dove possono avere conse- tromboembolia nel cancro disseminato, condizione detta trombo-
guenze fatali (si veda oltre). Anche i trombi arteriosi hanno la capa- flebite migrante o sindrome di Trousseau.39,46 Indipendentemente
cità di embolizzare e provocare infarti a valle, ma le conseguenze dai quadri clinici specifici, infine, anche l’età avanzata aumenta il
cliniche più gravi si hanno in caso di occlusione trombotica in una rischio di TVP.
sede critica (ad es. un’arteria coronaria.). Trombosi arteriosa e cardiaca. L’aterosclerosi rappresenta una
Trombosi venosa (flebotrombosi). La maggior parte dei trombi delle principali cause di trombosi arteriosa, essendo correlata a un
venosi si forma nelle vene superficiali o profonde della gamba,25 e le flusso vascolare alterato e alla perdita d’integrità dell’endotelio (si
trombosi superficiali interessano in genere il sistema della safena, veda Fig. 4.13 B). L’infarto del miocardio può predisporre alla for-
soprattutto in presenza di varici. Questi trombi possono provocare mazione di trombi murali cardiaci provocando contrazioni discine-
tiche del miocardio e danni all’endocardio adiacente (si veda
Fig. 4.13 A), mentre una cardiopatia reumatica può generare trombi
murali atriali, come illustrato in precedenza. I trombi murali di cuore
e aorta, oltre a produrre ostruzioni nella sede della lesione, possono
anche liberare emboli praticamente in tutti i tessuti, ma i bersagli
più frequenti sono l’encefalo, i reni e la milza a causa della loro ampia
vascolarizzazione.

Coagulazione Intravascolare
Disseminata (Cid)
Una serie di alterazioni, dalle complicanze ostetriche al cancro
avanzato, possono essere complicate dalla CID, con comparsa im-
provvisa o subdola di trombi di fibrina in tutto il microcircolo.
Questi trombi non sono generalmente visibili a occhio nudo, ma
sono ben riconoscibili all’esame microscopico e possono provocare
una diffusa ­insufficienza circolatoria, in particolare a livello di en-
Figura 4.14 Visione a bassa risoluzione di un’arteria trombizzata, con cefalo, polmoni, cuore e reni. A complicare ulteriormente il quadro,
colorazione per tessuto elastico. Il lume originale è delimitato dalla lamina insieme al formarsi di trombi multipli, vi è un rapido e concomitante
elastica interna (frecce) ed è totalmente obliterato da un trombo ­organizzato,
costellato da numerosi vasi di ricanalizzazione rivestiti da endotelio consumo di piastrine e di proteine della coagulazione (da cui il si-
(spazi bianchi). nonimo coagulopatia da consumo). Nello stesso tempo si attivano i
124 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

meccanismi fibrinolitici, facendo sì che una patologia inizialmente


trombotica possa evolvere in una grave patologia emorragica. Biso-
gna sottolineare che la CID non è una malattia primitiva ma piuttosto
una possibile complicanza di qualsiasi condizione associata all’attiva­
zione diffusa della trombina.47 Per una trattazione più dettagliata
della CID e di altre diatesi emorragiche rimandiamo il lettore al
Capitolo 14.

Embolia
Un embolo è una massa libera intravascolare solida, liquida o gassosa
che viene trasportata dal sangue in una sede distante dal suo punto
di origine. Il termine “embolo” fu coniato nel 1848 da Rudolf Virchow
per descrivere qualunque cosasi depositi nei vasi sanguigni ostaco-
lando il flusso ematico. Quasi tutti gli emboli rappresentano una
Figura 4.15 Embolo derivato da una trombosi venosa profonda dell’arto
porzione dislocata di un trombo, da cui il termine di tromboembolia. inferiore e incuneato in un ramo dell’arteria polmonare.
Rare forme di emboli comprendono goccioline di grasso, bolle di
azoto, detriti aterosclerotici (emboli di colesterolo), frammenti tumo-
rali, frammenti di midollo osseo e persino di corpi estranei. Se non La maggior parte degli emboli polmonari (dal 60 all’80%) è clinica-
diversamente specificato, tuttavia, un’embolia deve essere conside- mente silente perché di piccole dimensioni. Con il tempo gli emboli
rata di origine trombotica. Inevitabilmente, l’embolo raggiunge vasi vanno incontro a organizzazione e vengono incorporati nella parete
trop­po piccoli per permetterne l’ulteriore passaggio, dando luogo a vascolare; può capitare che dopo che che l’embolo è stato incorporato
un’occlusione vascolare parziale o completa: la principale conse- nella parete vascolare, rimanga una delicata rete fibrosa a ponte.
guenza è la necrosi ischemica (infarto) del tessuto a valle. L’embolo Morte improvvisa, insufficienza cardiaca destra (cuore polmonare)
può localizzarsi in qualsiasi punto dell’albero vascolare, a seconda o collasso cardiocircolatorio si verificano quando il 60% o più del
della sede di origine; l’esito clinico dipenderà della sede di localiz- circolo polmonare è ostruito dall’embolo.
zazione dell’embolo: nel circolo polmonare o nella circolazione L’ostruzione embolica di un’arteria di medio calibro con conse-
sistemica. guente rottura vascolare può causare un’emorragia polmonare,
ma di solito non provoca infarto polmonare per la doppia irro-
razione sanguigna della zona, fornita dal circolo bronchiale che
Embolia Polmonare continua a irrorare l’area colpita. Questo tipo di embolo, nel
contesto di un’insufficienza cardiaca sinistra (con flusso arterioso
L’incidenza dell’embolia polmonare si è mantenuta piuttosto sta- bronchiale rallentato), può però causare un infarto.
bile dagli anni Settanta del secolo scorso a un valore di circa 2-4 L’ostruzione embolica di piccole diramazioni arteriolari terminali
pazienti ogni 1.000 ricoverati negli Stati Uniti, sebbene le percen- di solito provoca emorragia o infarto.
tuali possano variare in base all’età del paziente e alla patologia Emboli multipli, con il trascorrere del tempo, possono causare
(intervento chirurgico, gravidanza e tumore maligno contribui- ipertensione polmonare e insufficienza ventricolare destra.
scono ad aumentare il rischio).48 Malgrado la frequenza dell’em-
bolia polmonare fatale (confermata dall’esame autoptico) si sia
ridotta dal 6 al 2% negli ultimi 25 anni, tale condizione causa an- Tromboembolia Sistemica
cora circa 200.000 decessi all’anno negli Stati Uniti.49 Inoltre nel
95% dei casi, le embolie polmonari hanno origine da trombosi Il termine “tromboembolia sistemica” si riferisce alla presenza di
venose profonde della gamba (TVP), sebbene sia importante sot- emboli trasportati all’interno della circolazione arteriosa. Nella
tolineare che la TVP sia circa 2-3 volte più frequente dell’embolia maggior parte dei casi (80%) questi derivano da trombi murali in-
polmonare.48 tracardiaci, per i due terzi associati a infarti della parete ventricolare
I frammenti di trombi derivati da TVP vengono trasportati at- sinistra e per un quarto associati a fibrillazione e dilatazione atriale
traverso vasi progressivamente più grandi e in genere passano at- sinistra. I rimanenti possono avere in parte origine da aneurismi
traverso il cuore destro nella circolazione polmonare arteriosa. In dell’aorta, da trombi su placche aterosclerotiche ulcerate o da fram-
base alle sue dimensioni, l’embolo può ostruire l’arteria polmonare mentazione di una vegetazione valvolare, con una piccola quota di
principale, arrestarsi contro una biforcazione (embolo a sella) o emboli paradossi, mentre il restante 10-15% degli emboli sistemici
procedere nelle diramazioni arteriolari più piccole (Fig. 4.15). ha origine ignota. Contrariamente all’embolo venoso, che tende a
Spesso l’embolia polmonare è dovuta a emboli multipli, forse se- localizzarsi soprattutto in un letto vascolare (il polmone), l’embolo
quenziali, oppure a una pioggia di piccoli emboli derivati da un’uni- arterioso può raggiungere diverse sedi: quella di arresto dipenderà
ca grande massa; in genere, il paziente che ha avuto un episodio di dal volume del flusso ematico che irrora i tessuti a valle. Le principali
embolia polmonare è ad alto rischio di averne altri. A volte un em- sedi di embolia arteriolare sono gli arti inferiori (75%) e l’encefalo
bolo può introdursi attraverso una comunicazione interatriale o (10%) e, in minore misura, intestino, reni, milza e arti superiori. Le
interventricolare, immettendosi nella circolazione sistemica (em- conseguenze degli emboli sistemici in un tessuto dipendono dalla
bolia paradossa). Un’analisi più completa dell’embolia polmonare è sua vulnerabilità all’ischemia, dal calibro del vaso occluso e dall’esten­
esposta nel Capitolo 15; in questa sezione viene presentata solo una sione del circolo collaterale di compenso; in generale, l’embolia
semplice panoramica.49–51 ar­teriosa provoca un infarto del tessuto a valle del vaso ostruito.
CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock 125

Embolia Grassosa E Midollare Embolia Gassosa

Microscopici globuli di grasso – con o senza elementi di midollo Bolle di gas in circolo possono unirsi e formare masse schiumose
emopoietico associati – possono essere presenti nella circolazione che ostruiscono il flusso vascolare (causando danno ischemico
ematica e nel circolo polmonare in seguito a fratture delle ossa ­distale). Una bolla d’aria di volume estremamente ridotto intro-
lunghe (che possiedono midollo ricco di lipidi) o, più raramente, in dotta in un’arteria coronaria durante un intervento di bypass o
conseguenza di traumi dei tessuti molli e ustioni. Il grasso e le cellule nel circolo cerebrale nel corso di interventi di neurochirurgia in
associate rilasciati nel contesto di lesioni del midollo o del tessuto “posizione seduta”, ad esempio, può ostruire il flusso ematico con
adiposo possono entrare in circolo in seguito alla rottura di venule conseguenze gravissime. Generalmente, per avere un effetto cli-
o di sinusoidi midollari. Le embolie polmonari grassose e midollari nico sul circolo polmonare sono necessari più di 100 cc di aria,
rappresentano reperti incidentali estremamente comuni in seguito che può entrare accidentalmente in circolo durante procedure
a rianimazione cardiopolmonare e probabilmente non hanno con- ostetriche o ­l aparoscopiche, oppure in seguito a traumi della
seguenze cliniche. L’embolia grassosa, di fatto, si verifica nel 90% parete toracica.54
circa dei soggetti con gravi lesioni scheletriche (Fig. 4.16), ma meno Una particolare forma di embolia gassosa, chiamata malattia da
del 10% di questi pazienti mostra segni clinici. decompressione, si verifica quando un soggetto è esposto a un’im-
“Sindrome da embolia grassosa” è il termine usato per quella provvisa riduzione della pressione atmosferica.55 Sono a rischio i
minoranza di pazienti che presenta sintomi clinici. È caratterizzata sub, i palombari, i lavoratori nelle campane sottomarine e i soggetti
da insufficienza polmonare, segni neurologici, anemia e tromboci- in velivoli non pressurizzati in rapida ascesa. Quando l’aria viene
topenia e risulta fatale in circa il 5-15% dei casi.52,53 I sintomi iniziano respirata ad alta pressione (ad es. durante un’immersione profonda),
a distanza di 1-3 giorni dal trauma, con improvvisa comparsa di grandi quantità di gas (in particolare azoto) si sciolgono nel sangue
tachipnea, dispnea e tachicardia; irritabilità e agitazione possono e nei tessuti. Se il sub risale (depressurizza) troppo rapidamente,
evolvere fino al delirio o al coma. I pazienti possono presentare l’azoto si espande nei tessuti e torna in forma di bolle nel sangue
trombocitopenia, attribuibile all’adesione ai globuli di grasso delle circolante formando emboli gassosi.
piastrine, che quindi vengono sottratte alla circolazione; l’anemia La rapida formazione di bolle di gas nei muscoli scheletrici e nei
può essere la conseguenza di un processo di aggregazione eritroci- tessuti di sostegno dentro e intorno alle articolazioni è responsabile
taria e/o emolisi. Un’eruzione cutanea petecchiale diffusa (osservata di una condizione dolorosa chiamata the bends (cioè “le curve”, così
nel 20-50% dei casi) è correlata all’insorgenza rapida di tromboci- denominata perché i soggetti colpiti inarcano in modo caratteristico
topenia ed è utile per la formulazione della diagnosi. la schiena). Nei polmoni, le bolle di gas in circolo causano edema,
La patogenesi della sindrome da embolia grassosa probabilmente emorragie, enfisema o atelettasia focali, portando a una forma di
implica un meccanismo ostruttivo unito a un danno biochimico.52 I insufficienza respiratoria detta collare soffocante (chokes). Una forma
microemboli di grasso forse provocano l’occlusione del microcircolo più cronica di malattia da decompressione è chiamata malattia dei
polmonare ed encefalico, e il quadro è aggravato dall’aggregazione cassoni (così definita per i contenitori pressurizzati usati nella co-
piastrinica ed eritrocitaria locale e ulteriormente esacerbato dal rila- struzione della base dei ponti; i lavoratori che si immergevano in
scio di acidi grassi liberi da parte dei globuli di grasso, che provocano questi cassoni soffrivano sia della forma acuta sia della forma cronica
danni tossici locali a livello endoteliale, mentre l’attivazione piastri- della malattia da decompressione). Nella malattia dei cassoni, la
nica e il reclutamento di granulociti (con rilascio di radicali liberi, persistenza di bolle di gas nel ­sistema scheletrico provoca focolai
proteasi ed eicosanoidi) completano l’aggressione vascolare. Poiché multipli di necrosi ischemica; le sedi più frequentemente interessate
i lipidi sono sciolti dai solventi utilizzati nella routine d’inclusione sono le teste del femore, della tibia e dell’omero.
dei tessuti in paraffina, la dimostrazione microscopica di microglo- Il trattamento della malattia da decompressione acuta prevede
buli di grasso (in assenza di midollo osseo) ­richiede tecniche speciali, che il soggetto sia collocato in una camera di compressione, così da
come sezioni al congelatore e colorazioni speciali per i grassi. forzare le bolle di gas a tornare in soluzione. Una successiva decom-
pressione lenta teoricamente permette il graduale riassorbimento
dei gas e la loro esalazione, prevenendo la formazione di nuove bolle
ostruttive.

Embolia Da Liquido Amniotico

L’embolia da liquido amniotico è una complicanza grave del travaglio


e dell’immediato periodo postpartum. Sebbene l’incidenza sia di 1
solo caso ogni 40.000 parti circa, il tasso di mortalità dell’80% fa
dell’embolia da liquido amniotico la quinta causa di mortalità ma-
terna al mondo, responsabile di circa il 10% dei decessi dovuti a
parto negli Stati Uniti e di un deficit neurologico permanente
nell’85% delle sopravvissute.56 L’esordio è caratterizzato da un’im-
provvisa e grave dispnea, cianosi e shock, seguiti da sintomi neuro-
logici che possono variare dal mal di testa alle convulsioni, fino al
coma. Se la paziente sopravvive alla crisi iniziale, si sviluppa un
Figura 4.16 Embolo di midollo osseo nel circolo polmonare. Gli elementi
cellulari sul lato sinistro dell’embolo sono precursori emopoietici, mentre edema polmonare – accompagnato a CID (nella metà delle
i vacuoli vuoti rappresentano il grasso midollare. La zona rossa relativamen- ­pazienti) – in conseguenza del rilascio di sostanze trombogeniche
te uniforme a destra dell’embolo è un trombo in via di organizzazione. da parte del liquido amniotico.56
126 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

Morfologia Gli infarti sono classificati, in base al loro colore e


alla presenza o meno di infezione, rispettivamente in infarti rossi
(emorragici) o bianchi (anemici) e in infarti settici o asettici.

Gli infarti rossi (Fig. 4.18 A) si verificano (1) in caso di


occlusioni venose (ad es. nelle ovaie); (2) nei tessuti lassi
(ad es. il polmone), in cui il sangue può raccogliersi nella
zona infartuata; (3) nei tessuti con doppia circolazione (ad
es. polmone e intestino tenue), che permettono l’afflusso
di sangue alla zona necrotica da vasi paralleli non ostruiti;
(4) nei tessuti in precedenza congesti per un rallentato
drenaggio venoso; (5) quando si ristabilisce il flusso
nell’area di una precedente occlusione arteriosa con ne-
crosi (ad es. in seguito all’angioplastica di una lesione
trombotica).
Gli infarti bianchi (Fig. 4.18 B) si verificano con occlusione
Figura 4.17 Embolia da liquido amniotico. Due piccole arteriole polmo- arteriosa in organi solidi a circolazione arteriosa terminale
nari sono ostruite da lamine concentriche di cellule squamose fetali. Si ri- (come cuore, milza e rene), dove la compattezza del tes-
scontrano edema e congestione di livello marcato ma in altri punti del suto limita la quantità di sangue che può infiltrarsi nella
polmone erano evidenti anche piccoli trombi in fase di organizzazione, zona di necrosi ischemica dalla rete capillare contigua.
segno di coagulazione intravascolare disseminata. (Per gentile concessione
del Dr. Beth Schwartz, Baltimore, MD)
Gli infarti tendono ad avere una forma a cuneo, in cui l’apice
è rappresentato dal vaso occluso e la base dalla periferia
La causa è rappresentata dall’ingresso di liquido amniotico o di dell’organo (si veda Fig. 4.18); quando la base è una super-
tessuto fetale nel circolo materno in seguito ad una lacerazione delle ficie sierosa, viene spesso ricoperta da un essudato fibrinoso.
membrane placentari o alla rottura di una vena uterina. I reperti Gli infarti acuti sono mal definiti e lievemente emorragici. I
classici sono quindi la presenza nel microcircolo polmonare ma- margini con il tempo tendono a delimitarsi meglio, con un
terno di cellule squamose della cute del feto, lanugine fetale, grasso sottile bordo di iperemia dovuta all’infiammazione.
della vernice caseosa e mucina derivante dai tratti respiratorio o Gli infarti derivanti da un’occlusione arteriosa in organi senza
gastrointestinale del feto (Fig. 4.17). Si riscontra inoltre un marcato doppia vascolarizzazione diventano sempre più pallidi e
edema polmonare e alterazioni da danno alveolare diffuso (Cap. 15), nettamente definiti con il trascorrere del tempo (si veda
nonché la presenza di trombi di fibrina sistemici, indicativi di co- Fig. 4.18 B). Nel polmone, invece, gli infarti sono di regola
agulazione intravascolare disseminata. emorragici (si veda Fig. 4.18 A). Negli infarti emorragici i
globuli rossi fuoriusciti vengono fagocitati dai macrofagi, che
convertono il ferro eme in emosiderina; piccole quantità non
Infarto producono effetti macroscopicamente apprezzabili sul colore
del tessuto, ma emorragie estese possono diventare più
Si definisce infarto un’area di necrosi ischemica causata dal blocco consistenti e scure.
dell’apporto ematico arterioso o del drenaggio venoso. L’infarto dei
tessuti rappresenta una patologia estremamente importante e fre-
quente. Negli Stati Uniti circa il 40% dei decessi è causato da malattie
cardiovascolari, per la maggior parte attribuibili a infarto miocardico
o cerebrale. Anche l’infarto polmonare è una complicanza frequente
di numerose situazioni cliniche; l’infarto intestinale è spesso fatale
e la necrosi ischemica delle estremità (gangrena) rappresenta un
problema serio nei pazienti diabetici.
Quasi tutti gli infarti sono causati da eventi trombotici o occlusioni
emboliche arteriose. Talvolta, un infarto può essere dovuto ad altri
meccanismi, come vasospasmo locale, emorragia in una placca atero-
matosa o compressione estrinseca di un vaso (ad es. a causa di un
tumore). Cause più rare possono essere la torsione di un vaso (ad es.
nella torsione del testicolo o nel volvolo intestinale), la rottura trauma-
tica o la compromissione vascolare da edema (ad es. nella sindrome
compartimentale anteriore) o da intrappolamento in un sacco erniario.
Sebbene la trombosi venosa possa determinare l’infarto, la conseguen-
za più comune è la semplice congestione; in questo caso, si aprono
rapidamente canali collaterali, i quali permettono un certo deflusso
dalla zona e ciò, a sua volta, migliora l’afflusso arterioso. L’infarto se- Figura 4.18 Infarto rosso e infarto bianco. A. Infarto rosso polmonare
condario a trombosi venosa è pertanto più frequente negli organi dotati emorragico di forma grossolanamente triangolare. B. Infarto bianco della
di un singolo vaso venoso efferente (ad es. il testicolo e l’ovaio). milza nettamente demarcato.
CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock 127

Velocità di sviluppo dell’occlusione. Le occlusioni che si sviluppano


lentamente hanno minore probabilità di causare infarto, poiché
concedono tempo per lo sviluppo di vie di perfusione alternative.
Piccole anastomosi interarteriolari, ad esempio, normalmente con
flusso funzionale minimo, interconnettono le tre arterie coronarie
principali nel cuore. Se una delle coronarie viene occlusa lentamen-
te (per una placca aterosclerotica in espansione), il flusso all’interno
di questi circoli collaterali può aumentare quanto basta per impedire
l’infarto, persino se alla fine l’arteria coronaria è occlusa.
Vulnerabilità all’ipossia. I neuroni vanno incontro a un danno
irreversibile se privati dell’apporto di sangue per soli 3-4 minuti.
Anche le cellule miocardiche, benché più resistenti rispetto ai
neuroni, sono molto sensibili e muoiono dopo soli 20-30 minuti
di ischemia. I fibroblasti all’interno del miocardio, al contrario,
rimangono vitali anche dopo molte ore di ischemia (Cap. 12).
Figura 4.19 Pregresso infarto renale, sostituito da un’ampia cicatrice Contenuto in ossigeno del sangue. L’ostruzione parziale del flusso
fibrosa.
di un piccolo vaso, che non avrebbe alcun effetto su una persona
in normali condizioni, in un paziente anemico o cianotico può
portare a infarto tissutale.
La caratteristica istologica dominante dell’infarto è la necrosi
ischemica coagulativa (Cap. 1). È importante ricordare che
se l’occlusione vascolare è avvenuta poco prima del decesso Shock
del paziente (minuti o ore) è possibile che non ci siano mo-
dificazioni istologiche evidenti: sono infatti necessarie da 4 Lo shock è la condizione terminale comune a numerosi eventi clinici
a 12 ore prima che il tessuto mostri una manifesta necrosi. potenzialmente letali, come gravi emorragie, ustioni o traumi estesi,
Un’infiammazione acuta compare lungo i margini dell’infarto vasti infarti miocardici, embolia polmonare massiva e sepsi micro-
entro poche ore e in genere assume un aspetto ben definito bica. Lo shock è caratterizzato da ipotensione sistemica causata da
nell’arco di 1 o 2 giorni. Alla fine, la risposta infiammatoria una riduzione della gittata cardiaca o dell’effettivo volume di sangue
è seguita da una risposta riparativa che inizia dai margini circolante. Le conseguenze sono diminuita perfusione tissutale e
conservati (Cap. 2). Nei tessuti stabili o labili si può verificare ipossia cellulare. All’inizio, il danno cellulare è reversibile, ma la
una rigenerazione parenchimale in periferia, dove la sotto- persistenza della condizione di shock provoca danni tissutali
stante architettura stromale è stata risparmiata, tuttavia la ­irreversibili e spesso risulta fatale. Le cause di shock sono raggrup-
maggior parte degli infarti viene sostituita da tessuto pate in tre categorie principali (Tab. 4.3).
­cicatriziale (Fig. 4.19). Il cervello costituisce un’eccezione a
queste generalizzazioni, poiché un infarto nel sistema nervo- Lo shock cardiogeno è il risultato di una ridotta gittata cardiaca
so centrale provoca una necrosi colliquativa (Cap. 1). dovuta a insufficienza della pompa cardiaca. Questa insufficienza
L’infarto settico può svilupparsi in seguito all’embolizzazione può essere causata da danno miocardico intrinseco (infarto),
di vegetazioni su valvole cardiache infette o quando dei mi- aritmie ventricolari, compressione estrinseca (tamponamento
crorganismi invadono un’area di tessuto necrotico. In questi cardiaco, Cap. 12) o da ostacolo al deflusso (ad es. embolia
casi l’infarto si trasforma in un ascesso, con una maggiore polmonare).
risposta infiammatoria (Cap. 2). La sequenza finale di orga- Lo shock ipovolemico è dovuto a una ridotta gittata cardiaca in
nizzazione, tuttavia, segue le modalità già descritte. seguito a perdita di volume di sangue o plasma per un’estesa
emorragia o per perdita di liquidi in seguito a gravi ustioni.
Lo shock settico è causato da vasodilatazione e stasi ematica
Fattori che determinano lo sviluppo di un infarto. Gli effetti ­p eriferica nel corso di una risposta immunitaria sistemica a
di un’occlusione vascolare possono variare da un danno minimo fino ­un’infezione batterica o micotica. La sua complessa patogenesi
alla morte di un tessuto o anche del paziente. sarà discussa in dettaglio nel paragrafo successivo.
I maggiori fattori determinanti sono: (1) la natura dell’apporto
vascolare, (2) la velocità di sviluppo dell’occlusione, (3) la vulnerabilità Più raramente, lo shock può verificarsi nel contesto di un ­incidente
del tessuto colpito all’ipossia e (4) il contenuto in ossigeno del sangue. anestesiologico o a causa di una lesione spinale (shock neurogeno),
per effetto della perdita di tono vascolare e del sequestro di sangue
Natura dell’apporto vascolare. La disponibilità di vasi collaterali nei distretti periferici. Lo shock anafilattico, innescato da una rispo-
alternativi è il fattore più importante nel determinare se l’occlusione sta di ipersensibilità IgE-mediata, è associato a vasodilatazione
di un vaso sarà causa di lesioni. Come già menzionato, i polmoni ­sistemica e aumento della permeabilità vascolare (Cap. 6). In queste
hanno un duplice apporto di sangue arterioso, polmonare e bron- situazioni, la vasodilatazione estesa acuta provoca ipoperfusione e
chiale, che assicura una protezione dall’infarto indotto da trombo- ipossia dei tessuti.
embolia; allo stesso modo sono relativamente insensibili all’infarto
il fegato, con la sua doppia circolazione arteriosa e portale, la mano Patogenesi Dello Shock Settico
e l’avambraccio, dotati del doppio apporto arterioso radiale e ulnare.
La circolazione arteriosa di reni e milza, invece, è di tipo terminale Lo shock settico è associato a gravi alterazioni emodinamiche ed
e l’ostruzione di tali vasi è di solito all’origine di un infarto. emostatiche e pertanto merita di essere maggiormente approfondito
128 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

Tabella 4.3 Principali tipi di shock


Tipo di shock Esempio clinico Principali meccanismi

{
cardiogeno
Infarto miocardico
Rottura ventricolare Insufficienza della pompa cardiaca a causa
Aritmia di danno miocardico intrinseco, pressione
Tamponamento cardiaco estrinseca o ostruzione all’efflusso
Embolia polmonare
ipovolemico
Perdita di liquidi (ad es. emorragia, vomito, Volume insufficiente di sangue o plasma
diarrea, ustioni o trauma)

{
settico
Infezione microbica incontrollata (batterica Vasodilatazione periferica e stasi ematica;
e micotica) attivazione/danno endoteliale; danno
Superantigeni (ad es. sindrome da shock indotto dai leucociti, coagulazione
settico) intravascolare disseminata; attivazione
della cascata di citochine

in questa sede. Con un tasso di mortalità prossimo al 20%, lo shock (TLR, Cap. 2) riconoscono gli elementi microbici e danno il via
settico rappresenta la prima causa di morte nei reparti di terapia alle reazioni che portano alla sepsi. Anche i topi con un deficit
intensiva e viene ritenuto responsabile di oltre 200.000 decessi ogni genetico per i TLR, tuttavia, sono vittime di sepsi59,60 e si ritiene
anno negli Stati Uniti.57 La sua incidenza è in crescita, a causa del che, nell’uomo, la sepsi coinvolga anche altre vie, ad esempio i
miglioramento delle tecniche rianimatorie per pazienti ad alto ri- recettori associati alla proteina G che rilevano i peptidi batterici
schio e per il numero crescente di soggetti immunocompromessi (a e le proteine NOD1 e NOD2 (proteine dotate di un dominio per
causa di chemioterapia, immunosoppressione o infezione da HIV). il legame di oligomerizzazione dei nucleotidi).62 Quando vengono
Attualmente, lo shock settico è scatenato nella maggior parte dei attivate, le cellule infiammatorie producono TNF, IL-1, IFN-g,
casi da infezioni da batteri Gram-positivi, seguite da infezioni da IL-12 e IL-18, nonché altri mediatori dell’infiammazione come
batteri Gram-negativi e infezioni micotiche.57 Il vecchio termine di la proteina HMGB1 (High Mobility Group Box 1),62 ma vengono
“shock endotossico” non è quindi più appropriato. prodotti anche ossigeno nascente e mediatori lipidici come le
Nello shock settico, la vasodilatazione sistemica e il sequestro di prostaglandine e il fattore di attivazione piastrinica (PAF). Queste
sangue nei distretti periferici porta a ipoperfusione dei tessuti, seb- molecole attivano le cellule endoteliali (e altri tipi di cellule)
­
bene la gittata cardiaca possa nelle prime fasi risultare invariata o inducendo la produzione di molecole di adesione, sostanze
addirittura aumentare. Ciò si accompagna a danno e ad attivazione ­procoagulanti e, in un secondo tempo, ancora citochine.61 I com-
endoteliale diffusi, spesso responsabili di uno stato di ipercoagula- ponenti microbici attivano anche la cascata del complemento, sia
bilità che può manifestarsi sotto forma di CID. Inoltre, lo shock direttamente sia mediante l’attività proteolitica della plasmina
settico è associato ad alterazioni metaboliche che inibiscono diret- (Cap. 2), che stimola la produzione di anafilotossine (C3a, C5a),
tamente la funzione cellulare. L’effetto ultimo di queste anomalie è frammenti chemotattici (C5a) e opsonine (C3b) che contribui-
l’ipoperfusione che provoca disfunzione in molti organi, con livelli scono a provocare l’infiammazione. 63 Inoltre, componenti
altissimi di morbilità e mortalità associati a sepsi. ­microbici come l’endotossina possono attivare la coagulazione
La capacità di differenti microrganismi di provocare shock settico direttamente ­tramite il fattore XII e indirettamente alterando la
(talvolta anche quando l’infezione è localizzata in una zona del cor­ funzione endoteliale (come illustrato di seguito). Lo stato proco-
po)58 conferma l’ipotesi che il processo possa essere avviato da dif- agulante sistemico indotto dalla sepsi non solo porta alla trom-
ferenti tipi di microrganismi. Come illustrato nel Capitolo 2, macro- bosi, ma aumenta anche l’infiammazione a causa degli effetti
fagi, neutrofili e altre cellule del sistema immunitario innato espri- mediati dai recettori attivati dalle proteasi (PAR) presenti sulle
mono una serie di recettori in grado di rispondere a numerose so- cellule infiammatorie.
stanze derivate dai microrganismi. Una volta attivate, queste cellule Attivazione e lesione delle cellule endoteliali. L’attivazione delle
rilasciano mediatori dell’infiammazione e differenti fattori immu- cellule endoteliali da parte dei costituenti microbici o dei me-
nosoppressori che modificano la risposta dell’ospite. Inoltre, i costi- diatori dell’infiammazione prodotti dai leucociti ha tre princi-
tuenti microbici attivano anche elementi umorali dell’immunità pali conseguenze: (1) trombosi, (2) maggiore permeabilità
innata, in particolare le vie del complemento e della coagulazione. ­vascolare e (3) vasodilatazione. L’alterazione della coagulazione
Tali mediatori si combinano con le sostanze prodotte dai microrga- è sufficiente per produrre la temibile complicanza detta CID in
nismi sull’endotelio in un modo complesso e ancora non del tutto una percentuale di pazienti con shock settico che può raggiungere
chiaro, fino a provocare lo shock settico (Fig. 4.20).59-61 I principali il 50%.60 La sepsi altera l’espressione di molti fattori favorendo
fattori responsabili della fisiopatologia dello shock settico sono i la coagulazione. Le citochine proinfiammatorie provocano l’au-
seguenti: mento della produzione di fattore tissutale da parte delle cellule
endoteliali (e dei monociti) e determinano contemporaneamen-
Mediatori dell’infiammazione. Vari costituenti della parete te il rallentamento della fibrinolisi come conseguenza di una
­cellulare microbica si legano ai recettori presenti sui neutrofili, maggiore espressione di PAI-1 (si vedano Figg. 4.6 B e 4.8). La
sulle cellule infiammatorie mononucleate e sulle cellule endote- produzione di altri fattori endoteliali anticoagulanti, come l’ini-
liali, provocando l’attivazione cellulare. I recettori Toll-simile bitore della via del fattore tissutale, la trombomodulina e la
CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock 129

Figura 4.20 Principali meccanismi patogeni nello shock settico. I prodotti microbici attivano le cellule endoteliali e gli elementi cellulari e umorali del
sistema immunitario innato, avviando una sequenza di eventi che portano alla fine all’insufficienza di vari organi. Per ulteriori dettagli si veda il testo. CID,
coagulazione intravascolare disseminata; HMGB1, proteina High Mobility Group Box 1; NO, ossido di azoto; PAF, fattore di attivazione piastrinica; PAI-1,
inibitore dell’attivatore del plasminogeno 1; sTNFR, recettore solubile del TNF; TF, fattore tissutale; TFPI, inibitore della via del fattore tissutale.

proteina C (si vedano Figg. 4.6 e 4.8) viene diminuita.60,61,64 La alla gluconeogenesi. Al contempo, le citochine proinfiammatorie
tendenza alla coagulazione è ulteriormente aggravata dal ridotto inibiscono il rilascio di insulina favorendo la resistenza all’insu-
flusso ematico a livello dei piccoli vasi, che determina stasi e lina nel fegato e in altri tessuti, probabilmente impedendo
riduce lo smaltimento dei fattori della coagulazione attivati. l’espressione sulla superficie cellulare di GLUT-4,65 un traspor-
L’insieme di questi effetti favorisce il deposito di trombi ricchi tatore di glucosio. L’iperglicemia riduce la funzionalità dei
di fibrina nei piccoli vasi, spesso di tutto il corpo, e contribuisce ­neutrofili – sopprimendo la loro attività battericida – e causa un
così all’ipoperfusione dei tessuti. 60 Nella CID conclamata, il incremento di espressione di molecole di adesione sulle cellule
consumo dei fattori della coagulazione e delle piastrine è così endoteliali.65 Sebbene la sepsi sia inizialmente associata a un
ingente da renderli insufficienti, e si verificano contemporanee picco acuto di produzione di glucocorticoidi, questa fase è spesso
emorragie (Cap. 14). L’aumento della permeabilità vascolare seguita da insufficienza surrenalica e deficit funzionale di
porta all’essudazione di fluido nell’interstizio, ­provocando ede- ­glucocorticoidi. Ciò può essere dovuto alla depressione della
ma e aumento della pressione del liquido interstiziale, che può capacità di sintesi delle ghiandole surrenali sane o a una grave
ulteriormente ostacolare il flusso ematico nei tessuti, soprattutto ­necrosi surrenalica dovuta a CID (sindrome di Waterhouse-
in seguito alla rianimazione del paziente con fluidi per endove- Friderichsen, Cap. 24).
na. L’endotelio aumenta inoltre la sintetasi dell’ossido di azoto Immunosoppressione. Lo stato iperinfiammatorio avviato dalla
(NO) e quindi la produzione di questo composto. Tali alterazio- sepsi può attivare meccanismi immunosoppressivi controrego-
ni, insieme all’aumento dei mediatori dell’infiammazione vaso- latori, che possono coinvolgere il sistema immunitario sia innato
attivi (ad es. C3a, C5a e PAF), causano il rilassamento sistemico sia adattativo.59–61 I meccanismi che sembrano essere coinvolti
della muscolatura vascolare liscia, determinando ipotensione e nell’immunosoppressione comprendono la conversione di cito-
ridotta perfusione tissutale. chine proinfiammatorie (TH1) in antinfiammatorie (TH2) (Cap. 6),
Anomalie metaboliche. I pazienti con shock settico sviluppano la produzione di mediatori antinfiammatori (ad es. recettore
insulino-resistenza e iperglicemia. Le citochine come il TNF e solubile del TNF, antagonista del recettore IL-1 e IL-10), l’apoptosi
la IL-1, gli ormoni legati allo stress (come glucagone, ormone dei linfociti, gli effetti immunosoppressivi delle cellule apoptoti-
della crescita e glucocorticoidi) e le catecolamine contribuiscono che e l’induzione di anergia cellulare.59-61 Non è ancora chiaro se
130 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

i mediatori dell’immunosoppressione abbiano un effetto nocivo All’inizio della fase non progressiva dello shock, vari meccanismi
o protettivo nella sepsi.59 neuroumorali aiutano a mantenere stabili la gittata cardiaca e la
Disfunzione d’organo. L’ipotensione sistemica, l’edema interstiziale pressione arteriosa. Questi comprendono i riflessi barorecettoriali,
e la trombosi dei piccoli vasi riducono l’apporto di ossigeno e di il rilascio di catecolamine, l’attivazione del sistema renina-­
nutrimento ai tessuti, i quali, a causa delle alterazioni del meta- angiotensina, il rilascio di ADH e la stimolazione simpatica gene-
bolismo cellulare, non riescono a usare correttamente le sostanze ralizzata. Gli effetti visibili sono tachicardia, vasocostrizione periferica
nutritive che ricevono. Alti livelli di citochine e di mediatori se- e ritenzione renale di liquidi. La vasocostrizione cutanea, ad esempio,
condari possono diminuire la contrattilità miocardica e la gittata è responsabile della caratteristica cute pallida e fredda nello shock
cardiaca, mentre la maggiore permeabilità vascolare e il danno ­conclamato (sebbene lo shock settico possa inizialmente causare
endoteliale possono provocare la sindrome da distress respiratorio vasodilatazione cutanea e quindi accompagnarsi a una cute calda e
dell’adulto (Cap. 15). Infine, tutti questi fattori possono interagire arrossata). I vasi coronarici e cerebrali sono meno sensibili a questa
e determinare danni a più organi, in particolare a reni, fegato, risposta ­compensatoria del simpatico e pertanto il loro calibro, il
polmoni e cuore, con esiti fatali. flusso sanguigno e il rilascio di ossigeno restano entro valori relati-
vamente normali.
La gravità e l’esito dello shock settico dipendono probabilmente Se le cause scatenanti non sono rimosse, lo shock evolve imper-
dall’estensione e dalla virulenza dell’infezione, dalla condizione cettibilmente verso la fase progressiva, nella quale compare una dif-
immunitaria del paziente, dalla presenza di altre condizioni di fusa ipossia tissutale. Nel contesto di un persistente deficit di ossigeno,
comorbilità e dal livello di produzione dei mediatori. La quantità la respirazione aerobica intracellulare viene sostituita dalla glicolisi
di fattori interessati e la complessità delle interazioni che sono alla anaerobia con produzione di eccesso di acido lattico. La risultante
base della sepsi spiegano il motivo per cui la maggior parte dei acidosi lattica metabolica abbassa il pH tissutale e attenua le risposte
tentativi terapeutici con antagonisti di mediatori specifici ha vasomotorie; le arteriole si dilatano e il sangue inizia ad accumularsi
prodotto nel migliore dei casi esiti modesti e, in alcuni casi, nel microcircolo. L’accumulo periferico non solo peggiora la gittata
addirittura effetti nocivi.59 Il trattamento standard rimane la som- cardiaca, ma espone le cellule endoteliali al rischio di sviluppare un
ministrazione di antibiotici appropriati, la terapia insulinica inten- danno anossico con conseguente CID. L’ipossia tissutale diffusa
siva per l’iperglicemia, la rianimazione volemica per preservare colpisce gli organi vitali, che iniziano a dare segni di insufficienza.
le pressioni sistemiche e “dosi fisiologiche” di corticosteroidi per In assenza di intervento, il processo è destinato a entrare nello
correggere l’insufficienza surrenalica relativa.59 La somministra- stadio irreversibile. Il danno cellulare diffuso si riflette nella libera-
zione di proteina C attivata (per evitare la generazione di trombina zione di enzimi lisosomiali, evento che aggrava ulteriormente lo
e ridurre dunque la coagulazione e l’infiammazione) può essere stato di shock. La funzione contrattile del miocardio peggiora in
di aiuto in casi di grave sepsi, ma i benefici reali sono ancora parte a causa della sintesi di ossido di azoto. Se, a causa dell’ischemia
oggetto di controversie; anche nei migliori ospedali, lo shock intestinale, la flora batterica intestinale riesce a penetrare nel circolo,
settico rimane infatti un problema clinico estremamente difficile allo stato già critico si può sovrapporre uno shock batteriemico. A
da risolvere.58 questo punto il paziente va incontro a un’insufficienza renale com-
Un altro gruppo di proteine batteriche chiamate superantigeni pleta secondaria a necrosi tubulare acuta (Cap. 20) e, qualunque
può provocare una sindrome simile allo shock settico (ad es. la misura venga adottata, la spirale di eventi clinici culmina pressoché
sindrome da shock tossico). I superantigeni sono attivatori poli- inevitabilmente nella morte.
clonali dei linfociti T che inducono il rilascio di alti livelli di
citochine e provocano una serie di manifestazioni cliniche, che
vanno dal rash diffuso alla vasodilatazione e all’ipotensione, fino Morfologia Le alterazioni cellulari e tissutali indotte dallo
alla morte.66 shock cardiogeno o ipovolemico sono fondamentalmente
quelle osservate nelle lesioni ipossiche (Cap. 1) e possono
manifestarsi in qualsiasi tessuto, sebbene siano particolar-
Stadi Dello Shock
mente evidenti a livello di cervello, cuore, polmoni, reni,
Lo shock è un’alterazione progressiva che, se non curata, conduce ghiandole surrenali e tratto gastrointestinale. Le modificazio-
a esiti fatali. Il meccanismo preciso della morte da sepsi è tuttora ni del surrene in un quadro di shock sono le stesse osservate
incerto: a parte l’aumento dell’apoptosi linfocitaria ed enterocitaria, in qualsiasi forma di stress e sono caratterizzate dalla
la morte cellulare è minima e i pazienti raramente presentano ipo- ­deplezione di lipidi delle cellule corticali, dovuta non tanto a
tensione resistente alla terapia.61 Tuttavia, per quanto riguarda lo un esaurimento surrenalico quanto piuttosto alla conversione
shock ipovolemico e cardiogeno i meccanismi sono piuttosto chiari. delle cellule vacuolate relativamente inattive in cellule me-
Se il danno non è massivo e rapidamente letale (ad es. un’emorragia tabolicamente attive che utilizzano i lipidi immagazzinati per
massiva per rottura di un aneurisma aortico), lo shock tende a la sintesi degli steroidi. I reni vanno incontro a necrosi tubu-
­evolvere in tre fasi (più convenzionali che reali): lare acuta (Cap. 20). I polmoni sono raramente coinvolti nello
shock ipovolemico puro, grazie alla loro relativa resistenza
una iniziale fase non progressiva durante la quale vengono attivati al danno ipossico. Tuttavia, quando lo shock è causato da
i meccanismi riflessi compensatori, mantenendo la perfusione sepsi batterica o da trauma, possono verificarsi alterazioni
degli organi vitali; da danno alveolare diffuso (Cap. 15), il cosiddetto “polmo-
uno stadio progressivo caratterizzato da ipoperfusione tissutale e ne da shock”. Nello shock settico, lo sviluppo di CID porta
dall’inizio di scompensi metabolici e circolatori, come l’acidosi; al deposito diffuso di microtrombi ricchi di fibrina, in parti-
uno stadio irreversibile che si instaura dopo che l’organismo ha colare nel cervello, nel cuore, nei polmoni, nei reni, nelle
subito danni cellulari e tissutali talmente gravi che, anche correg- ghiandole surrenali e nel tratto gastrointestinale. Il consumo
gendo i deficit emodinamici, la sopravvivenza non è possibile.
CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock 131

17. Husmann M, Barton M: Therapeutical potential of direct thrombin inhibitors


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Fatta eccezione per la perdita ischemica neuronale e di 19. Mackman N, et al: Role of the extrinsic pathway of blood coagulation in hemo-
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20. Crawley J, et al: The central role of thrombin in hemostasis. J Thromb Haemost
possono normalizzarsi se il paziente sopravvive. Sfortunata- 5(Suppl 1):95, 2007.
mente, la maggior parte dei pazienti con alterazioni irrever- 21. Coughlin S: Protease-activated receptors in hemostasis. thrombosis and vascular
sibili da shock grave muore prima che i tessuti possano biology. J Thromb Haemost 3:1800, 2005.
recuperare. 22. Landis R: Protease activated receptors: clinical relevance to hemostasis and in-
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23. Cesarman-Maus G, Hajjar K: Molecular mechanisms of fibrinolysis. Br J Hae-
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Conseguenze cliniche. Le manifestazioni cliniche dello shock 24. Cale J, Lawrence D: Structure-function relationships of plasminogen activator
dipendono dal fattore lesivo scatenante. Nello shock ipovolemico inhibitor-1 and its potential as a therapeutic agent. Curr Drug Targets 8:971,
e cardiogeno il paziente presenta ipotensione, polso debole e rapido, 2007.
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tachipnea e cute fredda, umida e cianotica. Nello shock settico, Hematol 44:62, 2007.
invece, la cute inizialmente può essere calda e arrossata a causa 26. Nesbitt W, et al: The impact of blood rheology on the molecular and cellular
della vasodilatazione periferica. L’effettivo pericolo di vita dipende events underlying arterial thrombosis. J Mol Med 84:989, 2006.
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stato di shock peggiorano il problema, un’evoluzione a cui parte- 2007.
cipano anche gli squilibri elettrolitici e l’acidosi metabolica. Se 30. Rosendorff A, Dorfman D: Activated protein C resistance and factor V Leiden.
sopravvive alle complicanze iniziali, il paziente entra in una se- Arch Pathol Lab Med 131:866, 2007.
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conda fase dominata dall’insufficienza renale e contrassegnata da philia. Acta Haematol 115:192, 2006.
una progressiva riduzione della diuresi e da gravi squilibri 32. Jakubowski H: The molecular basis of homocysteine thiolactone-mediated
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La prognosi varia a seconda della causa dello shock e della sua 33. Gatt A, Makris M: Hyperhomocysteinemia and venous thrombosis. Semin
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e lo shock cardiogeno, associati a un esteso infarto del miocardio, 35. Emmerich J, et al: Combined effect of factor V Leiden and prothrombin 20210A
possono comportare tassi di mortalità nettamente superiori, anche on the risk of venous thromboembolism-pooled analysis of 8 case-control studies
con l’impiego delle migliori terapie attualmente disponibili. including 2310 cases and 3204 controls. Study Group for Pooled-Analysis in
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132 CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

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5
Malattie genetiche

Architettura della genetica umana Malattie citogenetiche che interessano


i cromosomi sessuali
Geni e malattie umane
Sindrome di Klinefelter
Mutazioni Sindrome di Turner
Malattie mendeliane Ermafroditismo e pseudoermafroditismo
Modalità di trasmissione delle malattie monogeniche Malattie monogeniche con ereditarietà atipica
Malattie autosomiche dominanti Malattie causate da espansioni di triplette ripetute
Malattie autosomiche recessive Sindrome dell’X fragile
Malattie legate all’X
Mutazioni dei geni mitocondriali, neuropatia ottica
Basi biochimiche e molecolari delle malattie ereditaria di Leber
monogeniche (mendeliane)
Imprinting genomico
Difetti enzimatici e loro conseguenze
Sindrome di Prader-Willi e sindrome di Angelman
Difetti dei sistemi recettoriali e di trasporto
Alterazioni della struttura, funzione o quantità Mosaicismo gonadico
delle proteine non enzimatiche Diagnosi molecolare delle malattie genetiche*
Reazioni avverse ai farmaci geneticamente determinate Indicazioni per l’analisi di alterazioni
Malattie associate a difetti delle proteine strutturali genetiche germinali
Sindrome di Marfan Indicazioni per l’analisi di alterazioni genetiche
Sindromi di Ehlers-Danlos acquisite
Malattie associate a difetti delle proteine recettoriali PCR e rilevazione di alterazioni della sequenza
Ipercolesterolemia familiare del DNA
Malattie associate a difetti enzimatici Rilevazione diretta delle alterazioni della sequenza
Malattie da accumulo lisosomiale del DNA tramite sequenziamento
Malattie da accumulo di glicogeno (glicogenosi) Rilevazione di mutazioni del DNA tramite metodi
Alcaptonuria (ocronosi) indiretti
Malattie associate a difetti nelle proteine Marcatori polimorfici e diagnosi molecolare
che regolano la crescita cellulare Polimorfismi e analisi genome-wide
Malattie multigeniche complesse Analisi molecolare delle alterazioni genomiche
Southern blot
© 2010 elsevier srl. tutti i diritti riservati.

Malattie cromosomiche Ibridazione fluorescente in situ (FISH)


Cariotipo normale Ibridazione genomica comparativa basata sugli array
Anomalie strutturali dei cromosomi (array CGH)
Malattie citogenetiche che interessano gli autosomi Alterazioni epigenetiche
Trisomia 21 (sindrome di Down) Analisi dell’RNA
Altre trisomie
Sindrome da delezione del cromosoma 22q11.2

*Un particolare ringraziamento va al Dr. A. John Iafrate (Massachusetts General Hospital, Boston, MA) per l’assistenza offerta nella revisione
della sezione sulla diagnostica molecolare.

133
134 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Architettura della genetica umana popolazione; in altri casi si osservano complessi riarrangiamenti del
materiale genomico, con alleli multipli nella popolazione umana.
Recenti valutazioni indicano che, nella sequenza genomica di due
La sequenza del genoma umano è a oggi completa e molto è stato individui differenti, le CNV siano responsabili della differenza di un
compreso circa l’“architettura genetica” dell’uomo,1 con scoperte in numero di paia di basi compreso tra 5 e 24 milioni.6 Circa il 50%
parte inaspettate. Ora sappiamo, ad esempio, che meno del 2% del delle CNV interessa sequenze codificanti per un gene; le CNV pos-
genoma umano codifica per le proteine, mentre più della metà è sono pertanto costituire la causa di un’ampia porzione della di­versità
costituita da blocchi di sequenze ripetute di nucleotidi la cui fun- fenotipica umana. Nelle regioni interessate da CNV si osserva una
zione rimane sconosciuta. Nessuno poteva però immaginare che significativa iper-rappresentazione di alcune famiglie di geni: queste
solo 20-25.000 geni del corredo umano – anziché i 100.000 ipotizzati includono geni coinvolti nel sistema immunitario e nel sistema
– codificassero per le proteine, una cifra grosso modo pari a quella nervoso. Si pensa che la diversità in termini di numero di copie in
del genoma di senape (che conta 26.000 geni). Bisogna tuttavia te- tali famiglie geniche sia andata incontro a una marcata selezione nel
nere conto del fatto che, con lo splicing alternativo, i 25.000 geni corso dell’evoluzione, poiché esse migliorerebbero l’adattamento
umani possono codificare per più di 100.000 proteine, per cui la umano ai mutevoli fattori ambientali. Attualmente, la conoscenza
specie umana non è poi così povera. Con il completamento del delle CNV non è tanto approfondita quanto quella degli SNP, per
Progetto Genoma Umano, un nuovo termine, “genomica”, è stato cui la loro influenza sulla suscettibilità alla malattia è quantificata in
aggiunto al dizionario scientifico. Mentre la genetica consiste nello maniera meno precisa, sebbene si ritenga sia sostanziale.
studio di uno o pochi geni e dei loro effetti fenotipici, la genomica Occorre sottolineare che, nonostante tutti questi progressi nella
è lo studio di tutti i geni presenti nel genoma e delle loro interazioni.2 comprensione delle variazioni umane, le alterazioni nella sequenza
L’analisi dei tumori tramite microarray a DNA (Cap. 7) rappresenta del DNA chiaramente non possono spiegare da sole la diversità dei
un eccellente esempio di genomica applicata all’odierna pratica fenotipi nelle popolazioni umane, né la genetica classica è in grado
clinica. di spiegare il fatto che gemelli monozigoti possano mostrare fenotipi
Un’altra scoperta sorprendente emersa dai recenti progressi nel differenti.7 La risposta deve risiedere nell’epigenetica, definita come
campo della genomica è che, in media, due individui qualunque lo studio dei cambiamenti ereditabili nell’espressione genica non
condividono più del 99,5% delle sequenze di DNA.3 Ciò che diffe- imputabili ad alterazioni nella sequenza del DNA. Le modificazioni
renzia un essere umano dall’altro è dunque codificato in meno dello epigenetiche sono coinvolte nell’espressione genica specifica per i
0,5% del nostro DNA. La predisposizione a una determinata pato- tessuti e nell’imprinting genomico. Le basi biochimiche dei cambia-
logia e la risposta ai fattori ambientali e ai farmaci deve essere rac- menti epigenetici e la loro individuazione sono trattate nella sezione
chiusa in queste variazioni. Pur essendo una percentuale minima “Diagnosi molecolare delle malattie genetiche”.
rispetto alla sequenza nucleotidica totale, tale 0,5% è rappresentato Come la genomica implica lo studio di tutte le sequenze di DNA,
da circa 15 milioni di paia di basi. Le due forme più comuni di va- la proteomica si occupa di saggiare tutte le proteine espresse in una
riazioni del DNA nel genoma umano sono i polimorfismi a singolo cellula o in un tessuto. L’analisi simultanea dei pattern di espressione
nucleotide (Single Nucleotide Polymorphism, SNP) e le variazioni di migliaia di geni e proteine ha richiesto lo sviluppo in parallelo di
nel numero di copie (Copy Number Variation, CNV). Gli SNP defi- tecniche informatiche capaci di gestire vaste collezioni di dati. Per
niscono variazioni localizzate a livello di un singolo nucleotide, rispondere a questa esigenza è nata una nuova entusiasmante disci-
pressoché sempre bialleliche (vale a dire che, in un dato locus all’in- plina, la bioinformatica.8
terno della popolazione, esistono solo due scelte possibili, ad esem- Vale la pena notare che fino a poco tempo fa la ricerca genica si
pio. A o T). Il notevole impegno profuso nella mappatura degli SNP è concentrata principalmente sull’individuazione di geni strutturali
del genoma umano ha portato a identificare più di 6 milioni di SNP i cui prodotti codificano per le proteine. Studi recenti indicano
nella popolazione umana, molti dei quali mostrano un’ampia varia- tuttavia che un gran numero di geni non codifica per proteine, ma
zione in termini di frequenza in popolazioni differenti. Gli SNP i loro prodotti ricoprono importanti funzioni di regolazione. All’in-
possono trovarsi ovunque nel genoma – all’interno degli esoni, degli terno di questa classe di geni, quelli scoperti più recentemente co-
introni o in regioni intergeniche – ma meno dell’1% è presente in dificano per piccole molecole di RNA, denominate microRNA
regioni codificanti. Queste variazioni della sequenza codificante (miRNA). I miRNA, diversamente da altri RNA, non codificano per
sono importanti, dal momento che potrebbero ovviamente alterare le proteine, ma inibiscono piuttosto l’espressione genica. Il silenzia-
il prodotto genico e predisporre a una differenza fenotipica o a una mento dell’espressione genica da parte dei miRNA è conservato in
patologia. Molto più comunemente, uno SNP è solo un marcatore tutte le specie viventi, dalle piante agli esseri umani, e perciò deve
che, trovandosi fisicamente vicino a un gene-malattia, viene coere- costituire un meccanismo fondamentale di regolazione genica. A
ditato insieme a quest’ultimo. Un altro modo per esprimere questo causa della loro profonda influenza sulla regolazione genica, i
concetto è il fatto che lo SNP e il locus genico sono in linkage dise- ­miRNA stanno assumendo un’importanza centrale nella compren-
quilibrium. Si nutre un certo ottimismo sulla possibilità che gruppi sione dei normali processi di sviluppo, come anche di condizioni
di SNP possano fungere da marcatori di rischio affidabili per malattie patologiche quali il cancro.9 Tale è l’importanza della scoperta del
multigeniche complesse, come il diabete di tipo 2 e l’ipertensione, e silenziamento genico da parte dei miRNA che Andrew Fire e Craig
che si possano sviluppare strategie (discusse più avanti) per la pre- Mello vennero premiati nel 2006 con il Premio Nobel per la medi-
venzione di malattie a partire dall’identificazione di tali varianti. cina e la fisiologia, a soli otto anni dalla pubblicazione del loro ini-
Le CNV sono una forma di variazione genetica recentemente ziale lavoro.
identificata, che consiste di differenti numeri di copie di sequenze I dati attuali indicano l’esistenza nella specie umana di
di DNA estese e contigue che vanno dalle 1.000 paia di basi fino a ­approssimativamente 1.000 geni codificanti per i miRNA, valore che
milioni di paia di basi.4,5 In alcuni casi questi loci, come gli SNP, sono ­corrisponde a circa il 5% del genoma umano. La trascrizione di geni
biallelici e semplicemente duplicati o deleti in un sottogruppo della miRNA produce trascritti primari miRNA, che sono processati
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 135

doppio frammento vengono incorporati in un complesso multipro-


teico chiamato complesso silenziatore indotto da RNA (RNA-­
Induced Silencing Complex, RISC). L’appaiamento di basi tra il
­filamento di miRNA e il suo RNA messaggero (mRNA) bersaglio
direziona il RISC affinché causi il clivaggio dell’mRNA o ne reprima
la sua traduzione. In questo modo, il gene di derivazione dell’mRNA
bersaglio è silenziato (a un livello post-trascrizionale). 10 Dal mo-
mento che i geni miRNA sono molto meno numerosi di quelli che
codificano per le proteine, ne consegue che un dato miRNA può
silenziare molti geni bersaglio. Rimane ancora da chiarire il mecca-
nismo preciso tramite cui viene determinata la specificità del ber-
saglio del miRNA.
Un’altra forma di RNA per silenziamento genico, chiamata RNA
a breve interferenza (siRNA), opera in maniera abbastanza simile
a quella del miRNA. A differenza di quanto accade per il miRNA,
tuttavia, i precursori dei siRNA sono introdotti nella cellula da
“investigatori”. Il loro processamento da parte del Dicer e il loro
funzionamento attraverso il RISC sono essenzialmente simili a
quelli descritti per il miRNA. I siRNA stanno diventando potenti
strumenti per lo studio della funzione genica e in futuro potrebbero
essere usati a fini terapeutici per silenziare geni specifici – come gli
oncogeni – i cui prodotti sono coinvolti nella trasformazione
neoplastica.

Geni e malattie umane

Le malattie genetiche sono di gran lunga più frequenti di quanto si


immagini. Si stima che la frequenza delle malattie genetiche nel
corso della vita sia di 670 casi su 1.000. Le malattie genetiche che si
riscontrano nella comune pratica clinica, ossia quelle caratterizzate
da difetti genetici meno gravi e tali da permettere uno sviluppo
embrionale completo e quindi la nascita, rappresentano solo la punta
dell’iceberg. Si calcola che il 50% degli aborti spontanei che avven-
gono durante i primi mesi di gravidanza siano associati a ­un’anomalia
cromosomica dimostrabile. Esistono inoltre numerose anomalie
minori individuabili e molte altre che non siamo ancora in grado di
identificare. Circa l’1% dei neonati possiede un’anomalia cromoso-
mica macroscopica e circa il 5% dei soggetti sotto i 25 anni sviluppa
una grave patologia con una notevole componente genetica. Quante
altre mutazioni rimangono sconosciute?
Prima di descrivere le aberrazioni specifiche che possono causare
malattie genetiche, è utile riassumere quale sia il contributo della
genetica alle malattie umane. In termini generali, le malattie gene-
tiche umane possono essere classificate in tre categorie:

Malattie correlate a mutazioni di singoli geni ad ampio effetto.


Figura 5.1 Produzione di microRNA e loro modalità di azione nella Queste mutazioni provocano la malattia o predispongono alla
­regolazione della funzionalità genica. Pri-miRNA, trascritto primario del malattia e tipicamente non sono presenti nella popolazione sana.
microRNA; pre-miRNA, precursore del microRNA; RISC, complesso silen-
ziatore indotto da RNA.
Tali mutazioni e le malattie a esse associate sono ad alta pene-
tranza, il che significa che la presenza della mutazione è associata
alla malattia in un grande numero di soggetti. Essendo causate
all’interno del nucleo per formare un’altra struttura, chiamata pre- da mutazioni di un singolo gene, queste malattie seguono di solito
miRNA (Fig. 5.1). Con l’aiuto di specifiche proteine di trasporto, il la classica modalità di trasmissione mendeliana e sono dunque
pre-miRNA è traslocato nel citoplasma. Un ulteriore “taglio” a opera definite anche malattie mendeliane. Alcune importanti eccezioni
di un enzima, convenientemente chiamato Dicer (“frammentatore”), a tale regola sono descritte più avanti.
genera miRNA maturi con una lunghezza di 21-30 nucleotidi (da   Lo studio di singoli geni e di mutazioni con ampi effetti è stato
qui il nome di “micro”). In questo stadio il miRNA è ancora a doppio estremamente istruttivo in medicina dal momento che gran
filamento. Successivamente, si srotola e singoli filamenti di questo parte di ciò che sappiamo su molte vie fisiologiche (come il
136 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

trasporto del colesterolo e la secrezione del cloro) è stato ­dedotto


dall’analisi di malattie dovute alla mutazione di un singolo gene.
Sebbene costituiscano una preziosa fonte di informazioni, que-
ste malattie sono generalmente rare a meno che siano preservate
in una popolazione da potenti forze selettive (come nel caso
dell’anemia falciforme in aree dove la malaria è endemica,
Cap. 14).
Malattie cromosomiche. Derivano da alterazioni nella struttura o
nel numero degli autosomi e dei cromosomi sessuali. Come le
malattie monogeniche, esse non sono di comune riscontro ma si
associano a un’alta penetranza.
Malattie multigeniche complesse. Queste malattie sono molto più Figura 5.2 Delezione di una singola base nel locus ABO (glicosiltran-
sferasi) che porta a una mutazione frameshift responsabile dell’allele O.
comuni delle due categorie precedenti e sono causate da intera- (Da Thompson MW et al.: Thompson and Thompson Genetics in Medicine,
zioni tra molteplici forme varianti di geni e fattori ambientali. 5th ed. Philadelphia, WB Saunders, 1991, p 134)
Tali variazioni geniche sono comuni all’interno della popolazione
e sono anche chiamate polimorfismi. Ciascuna variante genica
conferisce un lieve aumento nel rischio di malattia e nessun si parla di mutazioni frameshift (Figg. 5.2 e 5.3). In questa sezione
singolo gene di suscettibilità è necessario o sufficiente a produrre presenteremo in breve alcuni principi generali relativi agli effetti
la patologia. È solo quando diversi polimorfismi di questo tipo delle mutazioni geniche.
sono presenti in un individuo che si presenta la malattia: da qui
la definizione di malattie multigeniche o poligeniche. A differenza Mutazioni puntiformi nelle sequenze codificanti. Una mutazione
dei geni mutati con effetti significativi, ad alta penetranza e de- puntiforme può alterare il codice di lettura di una tripletta di basi
terminanti l’insorgenza di malattie mendeliane, ciascun polimor- e può quindi portare alla sostituzione di un amminoacido con un
fismo ha quindi un modesto effetto ed è a bassa penetranza. altro nel prodotto genico. Poiché alterano il significato della se-
Poiché le interazioni ambientali sono importanti nella patogenesi quenza di proteine codificate, queste mutazioni sono spesso chia-
di queste malattie, esse sono chiamate anche malattie multifatto- mate mutazioni missense. Se l’amminoacido sostituito causa solo
riali. In questa categoria rientrano alcune delle più comuni ma- piccole modificazioni funzionali della proteina si parla di muta-
lattie che colpiscono l’uomo, inclusi l’aterosclerosi, il diabete zione “conservativa”. Nel caso invece di una mutazione “non con-
mellito, l’ipertensione e le malattie autoimmuni. Persino tratti servativa” l’amminoacido normale viene sostituito da un altro
non patologici come l’altezza e il peso sono determinati da poli- marcatamente diverso. Un chiaro esempio di questo tipo di
morfismi in diversi geni. ­mutazione è quella che colpisce la catena b dell’emoglobina
  Dal momento che i tratti complessi non seguono una modalità nell’anemia falciforme (Cap. 14). Qui la tripletta nucleotidica CTC
di trasmissione mendeliana, è stato molto difficile identificare i (o GAG nell’mRNA), che codifica per l’acido glutammico, è sosti­
geni e i polimorfismi che contribuiscono a tali malattie. Tuttavia, tuita da CAC (o GUG nell’mRNA), che codifica per la valina.
i recenti progressi nella genomica e nella tecnologia di sequen- Questa singola sostituzione amminoacidica modifica le proprietà
ziamento “high throughput” hanno reso possibili studi di asso- fisico-chimiche dell’emoglobina causando l’anemia falciforme
ciazione sull’intero genoma (Genome-wide Association Study, (o drepanocitosi). Oltre a produrre una sostituzione amminoaci-
GWAS), un metodo sistematico di identificazione di polimorfismi dica, una mutazione puntiforme può trasformare un codone che
associati alla malattia che sta cominciando a svelare la base mo- codifica per un amminoacido in un codone di stop (mutazione
lecolare delle malattie complesse. Il principio dei GWAS sarà nonsense). Tornando all’esempio della catena b dell’emoglobina,
discusso più avanti nel capitolo. una mutazione puntiforme che colpisce il codone per la glutam-
mina (CAG) crea un codone di stop (UAG) se la U sostituisce la
La nostra trattazione prenderà le mosse dalla descrizione delle C (Fig. 5.4). Questo cambiamento conduce a una prematura in-
mutazioni che colpiscono singoli geni, poiché queste sono alla base terruzione nella traduzione genica della catena b dell’emoglobina
delle malattie mendeliane, per poi passare alle modalità di trasmis- e il breve peptide prodotto viene rapidamente degradato. La ri-
sione con esempi selezionati di malattie monogeniche. sultante mancanza delle catene b dell’emoglobina può causare una
grave forma di anemia chiamata b°-talassemia (Cap. 14).
Mutazioni in sequenze non codificanti. Si possono avere effetti
Mutazioni
dannosi anche quando le mutazioni non coinvolgono gli esoni.
Si definisce mutazione una modificazione permanente del DNA. Si ricorderà che la trascrizione del DNA è iniziata e regolata da
Le mutazioni che colpiscono le cellule della linea germinale sono sequenze promotrici e intensificatrici (enhancer). Le mutazioni
trasmesse alla progenie e possono dare luogo a malattie ereditarie. puntiformi o le delezioni che coinvolgono queste sequenze di
Le mutazioni che colpiscono le cellule somatiche evidentemente non regolazione possono interferire con il legame dei fattori di tra-
causano malattie ereditarie ma sono importanti nella genesi dei scrizione e portare a una marcata riduzione o alla totale assenza
tumori e di alcune malformazioni congenite. di trascrizione. Questo è ciò che succede in alcune forme di ane-
Le mutazioni possono riferirsi a delezioni parziali o complete di mia ereditaria. Inoltre, le mutazioni puntiformi negli introni
un gene o, più spesso, interessare una singola base. Una singola base possono portare a uno splicing difettoso delle sequenze introni-
nucleotidica, ad esempio, può essere sostituita da una base diversa, che. Questo, a sua volta, interferisce con il normale processamen-
dando luogo a una mutazione puntiforme. Meno comunemente, una to dei trascritti primari di mRNA con conseguente impossibilità
o due coppie di basi possono essere inserite o delete, portando ad di produrre trascritti maturi di mRNA. La traduzione non ha
alterazioni nel modulo di lettura del filamento di DNA: in tal caso pertanto luogo e la proteina non viene sintetizzata.
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 137

Figura 5.3 Inserzione di quattro basi nel gene per l’esosaminidasi A determinante una mutazione frameshift. Questa mutazione è la principale causa
della malattia di Tay-Sachs negli ebrei ashkenaziti. (Da Nussbaum RL et al: Thompson and Thompson Genetics in Medicine, 6th ed. Philadelphia, WB
­Saunders, 2001, p 212)

Delezioni e inserzioni. Piccole delezioni o inserzioni interessanti ­mutazioni che colpiscono gli introni o le giunzioni di splicing o en-
la sequenza codificante portano ad alterazioni nel modulo di trambi possono provocare un’anomala maturazione dell’mRNA. La
lettura del filamento di DNA. In questo caso si parla di mutazioni traduzione è compromessa se si crea un codone di stop (mutazione da
frameshift (si vedano Figg. 5.2 e 5.3). Se le coppie di basi interes- terminazione di catena) in un esone. Infine, alcune mutazioni punti-
sate sono tre o multipli di tre non si ha frameshift (Fig. 5.5); viene formi possono portare alla produzione di proteine anomale senza
invece sintetizzata una proteina anomala con un numero inferiore alterare nessuna delle fasi della sintesi proteica.
o superiore di amminoacidi. Da ultimo, è opportuno osservare che, sia pur raramente, le mu-
Mutazioni da triplette ripetute. Le mutazioni da triplette ripetute tazioni possono essere benefiche. Come verrà descritto più avanti
appartengono a una speciale categoria di alterazione genetica. nel Capitolo 6, il virus dell’immunodeficienza umana (HIV) utilizza
Queste mutazioni sono caratterizzate dall’amplificazione di una un recettore delle chemochine, CCR5, per entrare nelle cellule; una
sequenza di tre nucleotidi. Sebbene la specifica sequenza nucleo­ delezione nel gene CCR5 protegge quindi dall’infezione da HIV.
tidica amplificata differisca da patologia a patologia, in quasi tutte Fatte queste opportune premesse, passiamo quindi a esaminare
le sequenze coinvolte sono presenti guanina (G) e citosina (C). le tre principali categorie di malattie genetiche: (1) malattie correlate
Nella sindrome dell’X fragile, ad esempio, prototipo di questa a geni mutati ad ampio effetto, (2) malattie con ereditarietà multi-
categoria di patologie, si contano da 250 a 4.000 ripetizioni in fattoriale e (3) malattie cromosomiche. A queste tre categorie note
tandem della sequenza CGG nel gene detto del ritardo mentale va aggiunto poi un gruppo eterogeneo di malattie monogeniche con
familiare 1 (Familial Mental Retardation 1, FMR1). Nelle popo- modalità di trasmissione atipica. Questo gruppo comprende pato-
lazioni sane, il numero di tali ripetizioni (repeats) è basso e me- logie causate dall’amplificazione di triplette ripetute, quelle derivanti
diamente pari a 29. L’espansione delle triplette impedisce da mutazioni nel DNA mitocondriale (mtDNA) e quelle in cui la
la ­corretta espressione del gene FMR1 causando ritardo mentale. trasmissione è influenzata dall’imprinting genomico o dal mosaici-
Un altro aspetto che caratterizza le mutazioni da triplette ripetute smo gonadico. Le malattie di questo gruppo sono causate da muta-
è la loro dinamicità (il grado di amplificazione aumenta durante zioni in singoli geni, ma non seguono la modalità di trasmissione
la gametogenesi). Queste caratteristiche, descritte in seguito più mendeliana. Queste patologie verranno trattate più avanti in questo
dettagliatamente, influenzano il pattern di ereditarietà e le ma- capitolo.
nifestazioni fenotipiche delle malattie provocate da questo tipo Esula dall’intento di questo libro fornire una trattazione esaustiva
di mutazioni. sulla genetica umana. Tuttavia, è importante definire alcuni termini
comunemente usati quali ereditario, familiare e congenito. I disturbi
Riassumendo, le mutazioni possono interferire con la sintesi pro- ereditari, per definizione, derivano dai genitori di un individuo e
teica a vari livelli. Le delezioni geniche e le mutazioni puntiformi che sono trasmessi di generazione in generazione attraverso la linea
interessano il promotore possono sopprimere la trascrizione. Le germinale, quindi sono familiari. Il termine congenito implica sem-
plicemente “l’essere nati con”. Alcune malattie congenite non sono
genetiche, ad esempio la sifilide congenita, e non tutte le malattie
genetiche sono congenite: i pazienti con la malattia di Huntington,

Figura 5.4 Mutazione puntiforme che porta a una precoce interruzione


della catena peptidica. La sequenza parziale dell’mRNA della catena Figura 5.5 Delezione di tre basi nell’allele comune della fibrosi cistica
b dell’emoglobina mostra i codoni per gli amminoacidi da 38 a 40. Una mu- (CF) che dà luogo alla sintesi di una proteina priva dell’amminoacido 508
tazione puntiforme (C→U) nel codone 39 converte il codone per la glutam- (fenilalanina). Poiché la delezione è un multiplo di tre, questa non è una
mina (Gln) in un codone di arresto e, quindi, la sintesi proteica si arresta al mutazione frameshift. (Da Thompson MW et al.: Thompson and Thompson
38° amminoacido. Genetics in Medicine, 5th ed. Philadelphia, WB Saunders, 1991, p 135)
138 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

ad esempio, iniziano a manifestare la loro condizione patologica solo Malattie autosomiche dominanti
dopo i venti o trent’anni.
Le malattie autosomiche dominanti si manifestano in eterozigosi e
ciò significa che almeno uno dei genitori, in genere, è malato. Pos-
Malattie mendeliane sono essere colpiti sia i maschi sia le femmine ed entrambi possono
a loro volta trasmettere la patologia. Se un soggetto malato si unisce
Tutte le malattie mendeliane sono il risultato di mutazioni in singoli a uno sano, ciascun figlio avrà una probabilità su due di contrarre
geni ad ampio effetto. Non reputiamo necessario ripetere le leggi di la malattia. Oltre a queste caratteristiche essenziali, le malattie au-
Mendel in questa sede dato che qualunque studente le avrà sicura- tosomiche dominanti hanno le seguenti proprietà:
mente già studiate in passato. Ci limiteremo piuttosto a proporre
alcune considerazioni dotate di rilevanza clinica. Per tutte queste patologie, una parte dei pazienti non ha genitori
Si calcola che ogni individuo sia portatore di un numero di geni affetti e si ammala perché nuove mutazioni si sono verificate
anomali variabile da cinque a otto. Per la maggior parte, tali geni nell’oocita o nello spermatozoo da cui ha avuto origine. I fratelli
sono recessivi e perciò non hanno effetti fenotipici evidenti, e circa di questi individui non sono né affetti né esposti a un rischio
l’80-85% di queste mutazioni sono familiari; il resto rappresenta maggiore di sviluppare la malattia. La proporzione di soggetti
mutazioni acquisite de novo dall’individuo affetto. che sviluppa la malattia in conseguenza di una nuova mutazione
Alcune mutazioni autosomiche hanno un’espressione parziale è legata agli effetti che la malattia produce sulla capacità ripro-
nell’eterozigote e completa nell’omozigote. L’anemia falciforme è duttiva. Se una malattia riduce notevolmente la capacità ripro-
causata dalla sostituzione dell’emoglobina normale (HbA) con emo­ duttiva, è ragionevole attendersi che la maggior parte dei casi sia
globina S (HbS). Quando un individuo è omozigote per il gene il risultato di nuove mutazioni. Sembra che molte nuove muta-
mutato tutta l’emoglobina prodotta è alterata (di tipo HbS) e anche zioni si verifichino nelle cellule germinali di padri relativamente
con una normale saturazione di ossigeno la malattia si esprime com- anziani.
pletamente (forma a falce per tutti i globuli rossi e anemia emolitica). Le caratteristiche cliniche possono essere modificate da variazioni
Nell’eterozigote, solo una parte dell’emoglobina è HbS (la restante nella penetranza e nell’espressività. Alcuni individui ereditano il
parte è HbA), per cui i globuli rossi diventano falciformi e si ha gene mutato ma sono fenotipicamente normali, nel qual caso si
emolisi solo quando la tensione di ossigeno si abbassa. Si parla in parla di penetranza incompleta. La penetranza è espressa in
questo caso di tratto per l’anemia falciforme per distinguerlo dall’ane- termini matematici: 50% di penetranza indica che il 50% degli
mia falciforme vera e propria. individui portatori del gene mutato manifesta la malattia. Se
Sebbene l’espressione genica e i tratti mendeliani siano solitamen- invece una malattia si manifesta in tutti i soggetti portatori del
te descritti come dominanti o recessivi, in alcuni casi entrambi gli gene mutato ma con una gravità variabile da individuo a indivi-
alleli di una coppia di geni possono contribuire al fenotipo, una duo, si parla di espressività variabile. Ad esempio, le ­manifestazioni
condizione chiamata codominanza. Gli antigeni del complesso mag- cliniche della neurofibromatosi di tipo 1 vanno dalla presenza di
giore di istocompatibilità e dei gruppi sanguigni sono buoni esempi macchie brunastre sulla pelle a neoplasie cutanee multiple e
di ereditarietà codominante. deformità dello scheletro. I meccanismi alla base della penetranza
Un singolo gene mutato può dare origine a numerosi effetti, fe- incompleta e dell’espressività variabile non sono stati chiariti del
nomeno chiamato pleiotropismo; viceversa, mutazioni in diversi loci tutto ma molto probabilmente sono il risultato degli effetti di altri
genetici possono produrre lo stesso carattere (eterogeneità genetica). geni o fattori ambientali che modificano l’espressione fenotipica
L’anemia falciforme è un esempio di pleiotropismo. In questa ma- dell’allele mutato. Il fenotipo di un paziente con anemia falcifor-
lattia ereditaria, non solo la mutazione puntiforme del gene produce me (risultante dalla mutazione della catena b dell’emoglobina),
HbS, che predispone i globuli rossi a emolisi, ma gli stessi globuli ad esempio, è influenzato dal genotipo del locus della catena
rossi anomali tendono a ostruire i piccoli vasi sanguigni provocando, a poiché quest’ultimo influenza la quantità totale di emoglobina
ad esempio, fibrosi della milza, infarti d’organo e alterazioni della prodotta (Cap. 14). L’influenza dei fattori ambientali è esempli-
struttura ossea. I numerosi danni che si riscontrano in vari organi ficata dall’ipercolesterolemia familiare. L’espressione della ­malattia
sono tutti correlati al difetto primario nella sintesi di emoglobina. sotto forma di aterosclerosi è condizionata dall’apporto ­dietetico
Dall’altro lato, la sordità infantile completa, una patologia apparen- di lipidi.
temente omogenea dal punto di vista clinico, può essere causata da In molti casi, l’età di esordio della patologia è ritardata: i sintomi
molti tipi di mutazione autosomica recessiva. Riconoscere l’eteroge­ e i segni possono non comparire fino all’età adulta (come nella
neità genetica non solo è importante in caso di consulenza genetica malattia di Huntington).
ma è anche essenziale per comprendere la patogenesi di alcune
malattie comuni, come il diabete mellito. I meccanismi biochimici delle malattie autosomiche dominanti
si comprendono meglio se si considerano la natura della mutazione
e il tipo di proteina coinvolta. La maggior parte delle mutazioni porta
Modalità Di Trasmissione
alla produzione di una proteina inattiva o quantitativamente ridotta.
Delle Malattie Monogeniche
Gli effetti di tali mutazioni con perdita di funzione dipendono dalla
Le malattie monogeniche seguono tipicamente una delle tre possibili natura della proteina colpita. Se la mutazione interessa un enzima,
modalità di trasmissione: autosomica dominante, autosomica reces- gli eterozigoti sono solitamente normali. Poiché è possibile compen-
siva e legata al cromosoma X (X-linked). Le regole generali che sare una perdita di attività enzimatica fino al 50%, le mutazioni in
governano la trasmissione di malattie monogeniche sono ben note, geni che codificano per proteine enzimatiche non manifestano una
pertanto ci limiteremo a riassumerne le caratteristiche salienti.12 Le modalità di trasmissione di tipo autosomico dominante. Al contra-
malattie monogeniche con modalità di trasmissione atipiche saranno rio, due principali categorie di proteine non enzimatiche sono coin-
descritte più avanti. volte nei disturbi autosomici dominanti:
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 139

1. Proteine implicate nella regolazione di vie metaboliche complesse tabella 5.1 Malattie autosomiche dominanti
soggette a un controllo di tipo feedback. Ne sono un esempio i
recettori di membrana come il recettore per le lipoproteine a bassa Sistema Disturbo
densità (LDL): nell’ipercolesterolemia familiare, descritta in det-
Nervoso Malattia di Huntington
taglio successivamente, una perdita del 50% dei recettori per le Neurofibromatosi
LDL determina un conseguente aumento del colesterolo che, a Distrofia miotonica
sua volta, predispone i soggetti eterozigoti all’aterosclerosi. Sclerosi tuberosa
2. Proteine strutturali chiave, quali il collagene e gli elementi cito-
Urinario Malattia del rene policistico
scheletrici della membrana del globulo rosso (ad es. la spectrina).
I meccanismi biochimici attraverso cui una riduzione del 50% nei Gastrointestinale Poliposi familiare del colon
livelli di tali proteine provoca un fenotipo alterato non sono
ancora stati compresi appieno. In alcuni casi, specialmente quan- Emopoietico Sferocitosi ereditaria
Malattia di von Willebrand
do il gene codifica per una subunità di una proteina multimerica,
il prodotto dell’allele mutato può interferire con l’assemblaggio Scheletrico Sindrome di Marfan*
di un complesso multimerico funzionalmente normale. Il colla- Sindrome di Ehlers-Danlos (alcune varianti)*
gene, ad esempio, è un trimero nel quale le tre catene di collagene Osteogenesi imperfetta
sono disposte a formare una configurazione a elica. Ciascuna Acondroplasia
delle tre catene di collagene nell’elica deve essere normale per il Metabolico Ipercolesterolemia familiare*
corretto assemblaggio e la stabilità della molecola. Anche con Porfiria intermittente acuta
una sola catena mutata il trimero non può formarsi normalmen- *
Trattate in questo capitolo. Le altre malattie elencate sono discusse in
te, determinando così un marcato deficit di collagene. In questo specifici capitoli di questo libro.
caso, l’allele mutato è definito dominante negativo poiché com-
promette la funzione dell’allele normale. Questo effetto è dimo-
strato da alcune forme di osteogenesi imperfetta, caratterizzate ma i fratelli possono manifestare la malattia; (2) i fratelli hanno una
da un grave deficit di collagene e da gravi anomalie scheletriche probabilità su quattro di essere affetti (il rischio di manifestarsi è del
(Cap. 26). 25% per ogni nascita); (3) se il gene mutato ha bassa frequenza nella
popolazione vi è una forte probabilità che il soggetto affetto (pro-
Le mutazioni con aumento di funzione sono meno frequenti delle bando) sia il frutto di un’unione tra consanguinei. Le seguenti ca-
mutazioni con perdita di funzione. Come indica il nome, in questo ratteristiche sono generalmente riscontrate nella maggior parte delle
tipo di mutazione il prodotto proteico dell’allele mutato acquisisce malattie autosomiche recessive e le distinguono dalle malattie auto-
proprietà normalmente non associate alla proteina wild-type. somiche dominanti:
La ­trasmissione di patologie prodotte da mutazioni con aumento di
funzione è quasi sempre autosomica dominante, come illustrato La manifestazione della malattia tende a essere più uniforme
dalla malattia di Huntington (Cap. 28). In questa malattia, la muta- rispetto che nelle malattie autosomiche dominanti.
zione da triplette a carico del gene di Huntington (si veda oltre) causa La penetranza completa è frequente.
la formazione di una proteina anomala, chiamata huntingtina, tos- L’esordio avviene spesso in età precoce.
sica per i neuroni, facendo sì che anche gli eterozigoti sviluppino un Sebbene possano verificarsi nuove mutazioni associate alle ma-
deficit neurologico. lattie recessive, queste sono rilevate raramente a livello clinico.
Per riassumere, due tipi di mutazioni e due categorie di proteine Essendo l’individuo con la nuova mutazione un eterozigote asin-
sono coinvolti nella patogenesi delle malattie autosomiche domi- tomatico, potrebbero trascorrere numerose generazioni prima
nanti. Le più comuni mutazioni con perdita di funzione colpiscono che i suoi discendenti si uniscano ad altri eterozigoti e diano
le proteine regolatrici e le subunità delle proteine multimeriche, in origine a una progenie malata.
quest’ultimo caso esercitando un effetto dominante negativo. Molti dei geni mutati codificano per proteine enzimatiche. Negli
Le ­mutazioni con aumento di funzione, meno comuni, spesso attri- eterozigoti vengono sintetizzate uguali quantità di enzima nor-
buiscono a proteine normali proprietà tossiche, o più raramente ne male e alterato. Nella maggior parte dei casi, il naturale “margine
aumentano la normale attività (attivando ad esempio una mutazione di sicurezza” assicura che cellule con la metà del normale corredo
nel recettore della eritropoietina associato a un aumento patologico enzimatico funzionino normalmente.
della produzione di eritrociti).
La Tabella 5.1 elenca le più comuni malattie autosomiche domi- Le malattie autosomiche recessive includono quasi tutti gli errori
nanti, molte delle quali sono descritte in altri capitoli. Alcune delle congeniti del metabolismo. Le differenti conseguenze dei deficit
malattie non trattate altrove sono prese in considerazione più avanti enzimatici sono descritte più avanti e le più frequenti di queste
in questo capitolo allo scopo di illustrare importanti principi condizioni sono elencate nella Tabella 5.2. Sebbene la maggior parte
genetici. delle malattie autosomiche recessive sia illustrata in altri capitoli,
alcuni prototipi sono trattati nelle pagine successive.
Malattie autosomiche recessive
Malattie legate all’X
La trasmissione ereditaria di tipo autosomico recessivo rappresenta
la più grande categoria di malattie mendeliane. Poiché le malattie Tutte le malattie legate al sesso sono trasmesse dal cromosoma X
autosomiche recessive si manifestano solo quando entrambi gli alleli (legate all’X) e quasi tutte sono recessive. Numerosi geni sono codi-
di un dato locus genico sono mutati, esse sono caratterizzate dalle ficati dal “cromosoma Y specifico del sesso maschile” e la totalità di
seguenti peculiarità: (1) il carattere di solito non interessa i genitori, questi è correlata alla spermatogenesi.13 I maschi con mutazioni a
140 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Tabella 5.2 Malattie autosomiche recessive Tabella 5.3 Malattie recessive legate al cromosoma X
Sistema Disturbo Sistema Malattia

Metabolico Fibrosi cistica Muscoloscheletrico Distrofia muscolare di Duchenne


Fenilchetonuria
Galattosemia Ematico Emofilia A e B
Omocistinuria Malattia granulomatosa cronica
Malattie da accumulo lisosomiale* Deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi
Deficit di a1-antitripsina
Malattia di Wilson Immunitario Agammaglobulinemia
Emocromatosi Sindrome di Wiskott-Aldrich
Malattie da accumulo di glicogeno*
Metabolico Diabete insipido
Emopoietico Anemia falciforme Sindrome di Lesch-Nyhan
Talassemie
Nervoso Sindrome dell’X fragile*
Endocrino Iperplasia surrenale congenita *
Trattata in questo capitolo. Le altre malattie elencate sono discusse in
Scheletrico Sindrome di Ehlers-Danlos (alcune varianti)* specifici capitoli di questo libro.
Alcaptonuria*

Nervoso Atrofie muscolari neurogeniche globuli rossi anomali nelle femmine eterozigoti dipende dall’inat-
Atassia di Friedreich tivazione casuale di uno dei cromosomi X, la gravità della rea-
Atrofia muscolare spinale
zione emolitica è quasi sempre minore nelle donne eterozigoti
*
Trattate in questo capitolo. Molte altre sono discusse altrove nel testo. che negli uomini emizigoti. La maggior parte delle malattie legate
all’X elencate nella Tabella 5.3 è descritta in altri capitoli.

carico dei geni legati all’Y di solito non sono fertili, perciò non c’è Esiste solo un numero limitato di condizioni dominanti legate
trasmissione legata all’Y. Come vedremo più avanti, sul cromosoma all’X, causate da alleli dominanti associati alla malattia sul ­cromosoma
Y è stato mappato un piccolo numero addizionale di geni dotati di X. Queste malattie sono trasmesse da una femmina eterozigote alla
omologhi sul cromosoma X, ma non sono state descritte malattie metà dei figli e a metà delle figlie, e da un padre malato a tutte ­le figlie
risultanti da mutazioni in tali geni. ma a nessuno dei figli maschi se la madre è sana. Il ­rachitismo resi-
L’ereditarietà recessiva X-linked spiega un esiguo numero di stente alla vitamina D è un esempio di questo tipo di ereditarietà.
condizioni cliniche ben definite. Il cromosoma Y, per la maggior
parte, non è omologo all’X e pertanto i geni mutati sul cromosoma Basi Biochimiche E Molecolari Delle
X non hanno alleli corrispondenti sul cromosoma Y. Si dice pertanto Malattie Monogeniche (Mendeliane)
che il maschio è emizigote per i geni mutati legati all’X e, di conse-
guenza, queste malattie si esprimono nel maschio. Altri aspetti ca- Le malattie mendeliane sono il risultato di alterazioni riguardanti
ratterizzano queste malattie e vengono illustrati di seguito: singoli geni. L’alterazione genetica può portare alla formazione di
una proteina alterata o a una riduzione nella quantità del prodotto
Un maschio affetto non trasmette la malattia ai figli, ma tutte le genico sintetizzato. Praticamente qualsiasi proteina può essere coin-
figlie sono portatrici. I figli delle madri eterozigoti hanno, ovvia- volta nell’insorgenza di una malattia monogenica e per effetto di
mente, una probabilità su due di ricevere il gene mutato. molteplici meccanismi (Tab. 5.4). In un certo senso, la modalità di
La femmina eterozigote di solito non esprime la piena alterazione trasmissione della malattia è legata al tipo di proteina colpito dalla
fenotipica grazie alla presenza del corrispondente allele normale. mutazione, come si è detto in precedenza e come verrà ribadito
A causa dell’inattivazione casuale di uno dei due cromosomi X in seguito. Per gli scopi di questa trattazione, i meccanismi implica-
nella femmina, tuttavia, le femmine presentano una proporzione ti nelle malattie monogeniche possono essere raggruppati in
variabile di cellule in cui è attivo il cromosoma X mutato. Esiste ­quattro categorie: (1) difetti enzimatici e relative conseguenze;
dunque anche la possibilità, seppur rara, che l’allele normale sia (2) ­difetti dei sistemi recettoriali di membrana e dei sistemi di traspor-
inattivato nella maggior parte delle cellule, causando la piena to; (3) ­alterazioni relative alla struttura, funzione o quantità di pro-
espressione nella femmina di una malattia legata all’X in etero- teine non enzimatiche; (4) mutazioni responsabili di alterate reazioni
zigosi. Molto più comunemente, l’allele normale viene inattivato ai farmaci.
solo in alcune delle cellule e quindi la femmina eterozigote espri-
me parzialmente la malattia. Una condizione esemplificativa è il Difetti enzimatici e loro conseguenze
deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD). Questo deficit
enzimatico, trasmesso sul cromosoma X, che predispone all’emo- Le mutazioni possono avere come risultato la sintesi di un enzima
lisi dei globuli rossi in soggetti che assumono determinati tipi di alterato, con una ridotta attività, o di una quantità ridotta dell’enzi-
farmaci (Cap. 14) si esprime soprattutto nei maschi. Nella fem- ma normale. In entrambi i casi, la conseguenza è il blocco di una
mina, una parte dei globuli rossi può derivare da cellule del mi- via ­metabolica. La Figura 5.6 fornisce un esempio di reazione enzi-
dollo con inattivazione dell’allele normale. Questi globuli rossi matica in cui il substrato è convertito da enzimi intracellulari –­
hanno un rischio di subire emolisi pari a quello dei globuli rossi ­indicati come 1, 2 e 3 – in un prodotto finale attraverso i prodotti
del maschio emizigote. La femmina, quindi, non è soltanto por- intermedi 1 e 2. In questo modello, il prodotto finale esercita un
tatrice di questo carattere ma è anche suscettibile alle reazioni controllo a feedback sull’enzima 1. Esiste inoltre una via secondaria
emolitiche indotte dai farmaci. Tuttavia, poiché la percentuale di responsabile della produzione di piccole quantità di M1 e M2.
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 141

Tabella 5.4 Basi biochimiche e molecolari di alcune malattie mendeliane


Tipo di proteina/funzione Esempio Lesione molecolare Malattia

enzima Fenilalanina idrossilasi Mutazione del sito di splicing: quantità Fenilchetonuria


ridotta
Esosaminidasi Mutazione del sito di splicing o mutazione Malattia di Tay-Sachs
frameshift con codone di arresto:
quantità ridotta
Adenosina deaminasi Mutazioni puntiformi: proteina alterata Immunodeficienza
con attività ridotta combinata grave

inibitore enzimatico a1-antitripsina Mutazione missense: alterata secrezione Enfisema ed epatopatia


dal fegato al siero

recettore Recettore per la lipoproteina Delezioni, mutazioni puntiformi: riduzione Ipercolesterolemia familiare
a bassa densità della sintesi, del trasporto verso
la superficie cellulare o del legame
alla lipoproteina a bassa densità
Recettore per la vitamina D Mutazioni puntiformi: mancanza Rachitismo resistente alla
del normale sistema di segnale vitamina D

trasporto

Ossigeno Emoglobina Delezioni: quantità ridotta a-talassemia


Alterata espressione dell’mRNA: quantità b-talassemia
ridotta
Mutazioni puntiformi: struttura anormale Anemia falciforme
Ioni Regolatore della conduttanza di Delezioni e altre mutazioni: proteine non Fibrosi cistica
membrana nella fibrosi cistica funzionali o strutturalmente alterate

strutturale

Extracellulare Collagene Delezioni o mutazioni puntiformi causano Osteogenesi imperfetta;


una ridotta quantità di collagene sindromi di Ehlers-Danlos
normale o normali quantità di
collagene mutante
Fibrillina Mutazioni missense Sindrome di Marfan
Membrana cellulare Distrofina Delezione con ridotta sintesi Distrofia muscolare
di Duchenne/Becker
Spectrina, anchirina o proteina Eterogenea Sferocitosi ereditaria
4.1

emostasi Fattore VIII Delezioni, inserzioni, mutazioni nonsense Emofilia A


e altre: sintesi ridotta o alterata del
fattore VIII

regolazione della crescita Proteina Rb Delezioni Retinoblastoma ereditario


Neurofibromina Eterogenea Neurofibromatosi di tipo 1

Le conseguenze biochimiche di un difetto enzimatico in reazioni di


questo tipo possono avere tre esiti fondamentali:

1. Accumulo del substrato, che a seconda del punto di blocco può


essere associato all’accumulo di uno o di entrambi i prodotti
intermedi. Un’elevata concentrazione del prodotto intermedio 2,
inoltre, può stimolare la via secondaria e portare così a un eccesso
di M1 e M2. In tali circostanze, se il precursore, gli intermedi o
i prodotti delle vie secondarie alternative sono tossici a elevate
concentrazioni, possono prodursi danni tissutali. Nella galatto-
semia, ad esempio, il deficit di galattosio-1-fosfato uridiltransfe-
rasi (Cap. 10) porta all’accumulo di galattosio e a conseguente
danno tissutale. L’eccessivo accumulo di substrati complessi all’in­
terno dei lisosomi per effetto di un deficit degli enzimi degrada-
tivi è responsabile di un gruppo di malattie generalmente indicate
come malattie da accumulo lisosomiale.
Figura 5.6 Schema di una possibile via metabolica nella quale un sub- 2. Un difetto enzimatico può condurre a un blocco metabolico e a
strato viene convertito a prodotto finale tramite una serie di reazioni enzi- una quantità ridotta di prodotto finale che può essere necessario
matiche. M1 e M2 sono prodotti di una via secondaria. per la regolare funzionalità della cellula. Un deficit di melanina,
142 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

ad esempio, può derivare dalla mancanza di tirosinasi, enzima un deficit dell’enzima G6PD. In condizioni normali, il deficit di
necessario per la biosintesi di melanina a partire dal suo precur- G6PD non causa alcuna manifestazione patologica, ma in seguito
sore, la tirosina. Ne risulta una condizione clinica chiamata al- alla somministrazione del farmaco antimalarico primachina, ad
binismo. Se il prodotto finale è un inibitore a feedback degli esempio, può determinare una grave anemia emolitica (Cap. 14).
enzimi coinvolti nelle reazioni iniziali (nella Fig. 5.6 il prodotto Negli ultimi anni è stato identificato un numero crescente di poli-
finale inibisce l’enzima 1), il deficit di prodotto finale può deter- morfismi nei geni codificanti per enzimi che metabolizzano i far-
minare un’eccessiva produzione degli intermedi e dei loro cata- maci, per proteine di trasporto e per recettori. In alcuni casi, questi
boliti, alcuni dei quali possono avere effetti dannosi a elevate fattori genetici influenzano principalmente la sensibilità ai farmaci
concentrazioni. Un eccellente esempio di malattia basata su un e le reazioni avverse. Ci si attende che i progressi della farmacoge-
meccanismo di questo genere è la sindrome di Lesch-Nyhan netica porteranno a una terapia a misura di paziente, a una “medi-
(Cap. 26). cina personalizzata”.
3. L’incapacità di inattivare un substrato dannoso per i tessuti è ben A conclusione di questa panoramica sulle basi biochimiche delle
esemplificata dal deficit di a1-antitripsina. I soggetti con un malattie monogeniche, prenderemo ora in considerazione alcuni
deficit ereditario di a1-AT sierica non sono in grado di inattivare esempi raggruppati in funzione del difetto su cui si basano.
l’elastasi neutrofila nei loro polmoni. L’attività incontrollata di
questa proteasi provoca la distruzione dell’elastina nelle pareti Malattie Associate A Difetti
degli alveoli polmonari causando, in ultima istanza, enfisema Delle Proteine Strutturali
polmonare (Cap. 15).
Numerose malattie provocate da mutazioni in geni codificanti per
proteine strutturali sono elencate nella Tabella 5.4 e molte sono
Difetti dei sistemi recettoriali e di trasporto
trattate in altri capitoli. Solo la sindrome di Marfan e le sindromi di
Molti composti biologicamente attivi devono essere trasportati at- Ehlers-Danlos vengono qui trattate poiché colpiscono il tessuto
tivamente attraverso la membrana cellulare. Questo trasporto si connettivo e quindi coinvolgono diversi organi.
realizza in genere per endocitosi mediata da recettori oppure tramite
una proteina di trasporto. Un difetto genetico in un sistema di tra- Sindrome di Marfan
sporto mediato da recettore è rappresentato dall’ipercolesterolemia
familiare, in cui la ridotta sintesi o funzionalità dei recettori per la La sindrome di Marfan è una malattia dei tessuti connettivi che si
LDL determina un alterato trasporto di LDL nelle cellule e secon- manifesta principalmente con alterazioni a carico di scheletro, occhi
dariamente, in conseguenza di complessi meccanismi, un’eccessiva e sistema cardiovascolare.15 Si stima che la sua prevalenza sia di 1 su
sintesi di colesterolo. Nella fibrosi cistica, il sistema di trasporto per 5.000. All’incirca il 70-85% dei casi è familiare e trasmesso mediante
gli ioni cloro nelle ghiandole esocrine, nei dotti sudoripari, nei ereditarietà autosomica dominante. I rimanenti casi sono sporadici
polmoni e nel pancreas risulta alterato. Un trasporto anomalo di e derivano da nuove mutazioni.
cloro porta a gravi lesioni ai polmoni e al pancreas attraverso mec- Patogenesi. La sindrome di Marfan è il risultato di un difetto
canismi non completamente conosciuti (Cap. 10). ereditario in una glicoproteina extracellulare chiamata fibrillina-1.
Come si è accennato nel Capitolo 3, la fibrillina è il principale com-
ponente delle microfibrille che si trovano nella matrice extracellu-
Alterazioni della struttura, funzione o quantità
lare. Queste fibrille formano un’impalcatura su cui si colloca la
delle proteine non enzimatiche
tropoelastina per formare le fibre elastiche. Sebbene siano ampia-
Le anomalie genetiche aventi quale risultato alterazioni di proteine mente distribuite nell’organismo, le microfibrille sono particolar-
non enzimatiche producono spesso ampi effetti secondari, come mente abbondanti nell’aorta, nei legamenti e nelle zonule ciliari che
dimostrato dall’anemia falciforme. Le emoglobinopatie – tra cui sostengono il cristallino, tessuti prevalentemente colpiti nella sin-
l’anemia falciforme – sono tutte caratterizzate da anomalie nella drome di Marfan.
struttura della molecola globinica e costituiscono il migliore esempio La fibrillina si presenta in due forme omologhe, la fibrillina-1 e
di questa categoria. Contrariamente alle emoglobinopatie, le talas- la fibrillina-2, codificate da due geni separati, FBN1 e FBN2, loca-
semie derivano da mutazioni nei geni per la globina che influenzano lizzati rispettivamente sui cromosomi 15q21.1 e 5q23.31. Le muta-
la quantità di catene globiniche sintetizzate. Le talassemie sono as- zioni di FBN1 sono alla base della sindrome di Marfan, mentre le
sociate a una quantità ridotta di catene a- o b-globiniche struttu- mutazioni del gene correlato FBN2, meno frequenti, danno origine
ralmente normali (Cap. 14). Altri esempi di proteine strutturali che all’aracnodattilia contratturale congenita, una malattia autosomica
possono essere geneticamente alterate comprendono il collagene, dominante caratterizzata da anomalie scheletriche. Sono state iden-
la spectrina e la distrofina, che danno origine rispettivamente all’oste­ tificate più di 600 diverse mutazioni del gene FBN1 nei pazienti con
ogenesi imperfetta (Cap. 26), alla sferocitosi ereditaria (Cap. 14) e sindrome di Marfan. La maggior parte delle mutazioni descritte sono
alle distrofie muscolari (Cap. 27). missense e producono una fibrillina-1 alterata. Molte delle manife-
stazioni cliniche della sindrome di Marfan possono essere spiegate
dalle modificazioni delle proprietà meccaniche della matrice extra-
Reazioni avverse ai farmaci geneticamente
determinate cellulare causate dalla fibrillina alterata, mentre numerose altre
manifestazioni – ad esempio l’iperplasia ossea – non possono essere
Alcuni deficit enzimatici geneticamente determinati si manifestano attribuite a modificazioni dell’elasticità tissutale. Studi recenti indi-
solo dopo l’esposizione del soggetto colpito a determinati farmaci. cano che la perdita delle microfibrille possa causare un’attivazione
Questa particolare branca della genetica, chiamata farmacogenetica, eccessiva e anomala del fattore di crescita trasformante b (TGFb):
è di rilevante importanza clinica. Il classico esempio di lesione in- le microfibrille non alterate sequestrano il TGFb e controllano la
dotta da farmaco in soggetti geneticamente suscettibili è dovuto a biodisponibilità di questa citochina. Un eccessivo segnale di TGFb
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 143

provoca effetti deleteri sullo sviluppo della muscolatura vasale liscia rispetto a quelle aortiche. La perdita del sostegno fornito dal tessuto
e sull’integrità della matrice extracellulare. Questa ipotesi è suppor- connettivo nei lembi della valvola mitralica li rende cedevoli e on-
tata da due osservazioni. In primo luogo, in un piccolo gruppo di deggianti, creando la cosiddetta valvola molle (o “floppy valve”, Cap.
soggetti con manifestazioni cliniche della sindrome di Marfan 12). Le lesioni valvolari, insieme all’allungamento delle corde tendi­
(MFS2) non sono state osservate mutazioni nel gene FBN1 ma sono nee, danno spesso origine a riflusso mitralico. Simili modificazioni
state rilevate mutazioni nei geni che codificano per i recettori del possono interessare la tricuspide e, raramente, le valvole aortiche.
TGFb In secondo luogo, nei modelli murini per la sindrome di L’ecocardiografia accresce notevolmente la capacità di identificare le
Marfan indotti da mutazioni di Fbn1, la somministrazione di anti- anomalie cardiovascolari ed è perciò estremamente utile per la
corpi anti-TGFb previene le alterazioni a carico delle valvole aorti- diagnosi della sindrome di Marfan. La maggior parte dei decessi è
che e mitraliche.16 Studi clinici sull’uomo basati su una strategia causata dalla rottura di un aneurisma dissecante, seguita in ordine
analoga sembrano essere promettenti. di importanza dall’insufficienza cardiaca.
Sebbene le lesioni appena descritte caratterizzino la sindrome
di Marfan, bisogna sottolineare che vi è una grande variabilità
Morfologia Le anomalie scheletriche rappresentano la nell’espressione clinica di questa malattia genetica. Pazienti con
caratteristica peculiare della sindrome di Marfan. In genere, alterazioni cardiovascolari o della vista rilevanti possono presen-
il soggetto è insolitamente alto con estremità eccezional- tare poche anomalie scheletriche, mentre altri con singolari varia-
mente lunghe e dita dei piedi e delle mani lunghe e affuso- zioni nella costituzione corporea non mostrano alterazioni della
late. I legamenti delle articolazioni delle mani e dei piedi vista. Sebbene all’interno di una stessa famiglia si possa osservare
sono lassi, per cui è come se il paziente avesse un’articola- variabilità nell’espressione clinica, la variabilità interfamiliare è
zione doppia; il pollice può essere tipicamente iperesteso molto più comune e ampia. Per via di queste variazioni, la diagnosi
all’indietro fino al polso. Il capo è spesso dolicocefalo (testa clinica della sindrome di Marfan deve basarsi sul coinvolgimento
allungata) con bozze frontali in rilievo e creste sovraorbitali principale di due dei quattro sistemi (scheletrico, cardiovascolare,
prominenti. Possono comparire diverse deformità ­spinali, oculare e ­cutaneo) e sull’interessamento secondario di un altro
comprese cifosi, scoliosi e rotazione o scivolamento delle organo.
vertebre dorsali o lombari. Il torace è classicamente defor- Per spiegare l’estrema variabilità clinica si è ipotizzato che la sin­
mato e si può osservare sia il pectus excavatum (sterno drome di Marfan sia geneticamente eterogenea. Con un’unica ecce-
profondamente depresso) sia il torace carenato (a torace di zione, però, tutti gli studi finora condotti indicano le mutazioni nel
piccione). gene FBN1 – sul cromosoma 15q21.1 – quale causa di questa ma-
Le alterazioni oculari si presentano in varie forme. La più lattia.15 L’espressività variabile, dunque, si spiega meglio sulla base
caratteristica è la sublussazione o lussazione bilaterale (in di mutazioni alleliche all’interno dello stesso locus. La diagnosi di­
genere verso l’esterno e verso l’alto) del cristallino, nota retta attraverso il sequenziamento del DNA non è attualmente pos-
come ectopia lentis, un’alterazione talmente rara nei soggetti sibile, poiché il gene FBN1 è ampio e sono state identificate molte
non affetti da questa malattia genetica che il riscontro di mutazioni diverse; tuttavia, questa limitazione potrebbe essere su-
ectopia lentis bilaterale dovrebbe indurre a sospettare la perata nell’immediato futuro grazie allo sviluppo di nuove
sindrome di Marfan. tecnologie.
I danni cardiovascolari sono la caratteristica a cui è associato
il maggiore rischio di complicanze mortali. Le due lesioni più
Sindromi di Ehlers-Danlos
frequenti sono il prolasso della valvola mitralica e, di mag-
giore importanza, la dilatazione dell’aorta ascendente dovuta Le sindromi di Ehlers-Danlos (EDS) comprendono un gruppo clinica-
a medionecrosi cistica. Istologicamente, le modificazioni mente e geneticamente eterogeneo di malattie che derivano da
della tonaca media sono praticamente identiche a quelle ­alterazioni nella sintesi o nella struttura del collagene fibrillare. Altre
osservate nella medionecrosi cistica non correlata alla sin- malattie secondarie a mutazioni dotate di ripercussioni sulla sintesi
drome di Marfan (Cap. 12). La perdita del sostegno dovuto di collagene includono l’osteogenesi imperfetta (Cap. 26), la sindro-
alla tonaca media determina una progressiva dilatazione me di Alport (Cap. 20) e l’epidermolisi bollosa (Cap. 25).
della valvola aortica e del bulbo aortico, dando luogo a una La biosintesi del collagene è un processo articolato che può essere
grave insufficienza aortica. Un eccessivo segnale del TGF b compromesso da errori genetici a carico di uno qualunque dei mol-
nella tonaca avventizia, inoltre, contribuisce probabilmente teplici geni strutturali del collagene o degli enzimi necessari per le
alla dilatazione aortica. L’indebolimento della tonaca media modificazioni post-trascrizionali di tale proteina. Il meccanismo di
predispone alla lacerazione dell’intima, da cui può originare trasmissione delle EDS, dunque, comprende tutte e tre le modalità
un ematoma intramurale determinante lo scollamento degli di trasmissione mendeliana. Sulla base delle caratteristiche cliniche
strati della tonaca media e un aneurisma dissecante. Dopo e molecolari, sono state riconosciute sei varianti di EDS,17 elencate
avere dissecato gli strati dell’aorta per grossi tratti, talvolta nella Tabella 5.5. Esula dall’intento di questo libro trattare singolar-
risalendo fino a raggiungere la radice dell’aorta o verso il mente ogni variante, ma riteniamo opportuno riassumere le carat-
basso fino alle arterie iliache, l’emorragia spesso si fa strada teristiche cliniche rilevanti comuni alla maggior parte delle varianti,
attraverso la parete aortica. Questo evento rappresenta per poi mettere in relazione alcune delle sintomatologie cliniche con
la causa di morte nel 30-45% dei soggetti affetti da sindro­ le sottostanti alterazioni molecolari relative alla sintesi o alla strut-
me di Marfan. tura del collagene.
Come prevedibile, i tessuti ricchi di collagene, come la cute, i
legamenti e le articolazioni, sono spesso interessati nella maggior
Caratteristiche cliniche. Malgrado la loro maggiore frequenza, parte delle varianti di EDS. Poiché le fibre di collagene alterate sono
le lesioni della valvola mitralica sono clinicamente meno importanti prive di un’appropriata forza tensile, la cute è iperestensibile e le
144 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Tabella 5.5 Classificazione delle sindromi di Ehlers-Danlos


*
Tipo di EDS Caratteristiche cliniche Ereditarietà Alterazione genica

Classico (I/II) Ipermobilità articolare e della cute, cicatrici Autosomica dominante COL5A1, COL5A2
atrofiche, suscettibilità all’ecchimosi

Ipermobilità (III) Ipermobilità articolare, dolore, lussazioni Autosomica dominante Sconosciuta

Vascolare (IV) Cute sottile, rottura di arterie o dell’utero, Autosomica dominante COL3A1
ecchimosi, iperestensibilità delle piccole
articolazioni

Cifoscoliotico (VI) Ipotonia, lassità articolare, scoliosi congenita, Autosomica recessiva Lisil idrossilasi
fragilità oculare

Artrocalasia (VIIa, b) Grave ipermobilità articolare, (lievi) alterazioni Autosomica dominante COL1A1, COL1A2
della cute, scoliosi, ecchimosi

Dermatosparassi (VIIc) Grave fragilità cutanea, cutis laxa, ecchimosi Autosomica recessiva Procollagene N-peptidasi
*
Le EDS erano inizialmente classificate con numeri romani. Fra parentesi sono indicati i precedenti equivalenti numerici.

a­ rticolazioni sono estremamente mobili. Queste caratteristiche strutturale (piuttosto che una proteina enzimatica), è lecito atten-
­consentono bizzarre contorsioni, come piegare il pollice all’indietro dersi una modalità di trasmissione autosomica dominante. In
fino a toccare l’avambraccio e curvare il ginocchio in avanti per ­secondo luogo, dato che i vasi sanguigni e l’intestino sono notoria-
formare un angolo quasi retto. Si ritiene che la maggior parte dei mente ricchi di collagene di tipo III, un’anomalia di questo tipo di
contorsionisti abbia una forma di EDS. Una predisposizione alla collagene è compatibile con il verificarsi di gravi lesioni (ad es.
lussazione articolare, tuttavia, è uno dei prezzi da pagare per questa rottura spontanea) in questi organi.
destrezza. La pelle è straordinariamente estensibile, estremamente In due forme di EDS, tipo artrocalasia e tipo dermatosparassi, il
fragile e vulnerabile ai traumi. Piccoli traumi provocano ferite che si difetto principale risiede nella conversione del procollagene di tipo I a
cicatrizzano con difficoltà e l’intervento e la riparazione chirurgica collagene. Questo passaggio nella sintesi del collagene riguarda il
della lesione sono particolarmente difficili a causa della ridotta clivaggio dei peptidi non collagenici alle estremità N-terminale e
tensione elastica. Il difetto fondamentale del tessuto connettivo può C-terminale della molecola di procollagene. Il taglio è effettuato dalle
causare gravi complicanze interne, tra cui la rottura del colon e delle peptidasi specifiche per l’N-terminale e per il C-terminale. Il difetto
grosse arterie (EDS vascolare), fragilità oculare con rottura della nella conversione del procollagene a collagene nel tipo artrocalasico è
cornea e distacco della retina (EDS cifoscoliotica) ed ernia diafram- stato ricondotto a mutazioni che alterano uno dei due geni per il
matica (EDS classica). collagene di tipo I, COL1A1 e COL1A2. Di conseguenza si formano
Le basi biochimiche e molecolari di queste anomalie sono note catene pro-a1 (I) o pro-a2 (I) strutturalmente anomale resistenti al
in parecchie forme di EDS e verranno qui brevemente descritte taglio dei peptidi N-terminali. Nei pazienti con un singolo allele
poiché aiutano a comprendere la complicata eterogeneità clinica mutato, solo il 50% delle catene di collagene tipo I è anomalo, ma
delle EDS. Quella meglio caratterizzata è probabilmente il tipo cifo- dato che queste catene interferiscono con la formazione delle regolari
scoliotico, la più comune forma autosomica recessiva di EDS, derivante eliche di collagene, gli eterozigoti manifestano la malattia. Il tipo
da mutazioni nel gene che codifica per la lisil idrossilasi, un enzima dermatosparassico è invece causato da mutazioni nei geni per le
necessario per l’idrossilazione dei residui di lisina durante la sintesi N-peptidasi del procollagene, essenziali per la scissione dei collageni.
di collagene.18 I soggetti affetti presentano livelli notevolmente ridotti In questo caso, il deficit enzimatico è trasmesso secondo una mo-
di questo enzima. Poiché l’idrossilisina è essenziale per il cross- dalità autosomica recessiva.
linking delle fibre di collagene, un deficit di lisil idrossilasi ha come Il tipo classico di EDS, infine, merita un breve accenno, poiché
risultato la sintesi di collagene privo della normale stabilità l’analisi molecolare della variante suggerisce che nella sua patoge-
strutturale. nesi possano essere implicati geni diversi da quelli per il collagene.
L’EDS vascolare deriva da anomalie del collagene di tipo III.19 Nel 30-50% di questi casi sono state individuate mutazioni nei geni
Questa forma è geneticamente eterogenea poiché almeno tre tipi per il collagene di tipo V (COL5A1 e COL5A2).20 Sorprendente-
distinti di mutazione a carico del gene COL3A1 codificante per il mente, nonostante la presenza di un fenotipo clinico tipico per le
collagene di tipo III possono dare origine a questa variante. Alcune EDS, nei rimanenti casi non sono state rilevate altre anomalie nei
influenzano il tasso di sintesi delle catene pro-a1 (III), altre la se- geni per il collagene. Per riassumere, la caratteristica comune ai vari
crezione del procollagene di tipo III e altre ancora portano alla tipi di EDS è una qualche anomalia del collagene. Queste patologie,
sintesi di collagene di tipo III strutturalmente anomalo. Alcuni alleli tuttavia, sono estremamente eterogenee. A livello molecolare sono
mutati si comportano come dominanti negativi (si veda la trattazio- stati individuati numerosi difetti, dalle mutazioni a carico dei geni
ne al paragrafo “Malattie autosomiche dominanti”) e producono strutturali per il collagene a quelle che interessano gli enzimi respon-
quindi effetti fenotipici gravi. Questi studi molecolari forniscono sabili delle modificazioni post-trascrizionali dell’mRNA. Questa
una base scientifica alla modalità di trasmissione e alle caratteristiche ­eterogeneità molecolare fa in modo che le EDS si esprimano come
cliniche tipiche di questa variante. Anzitutto, dato che l’EDS di tipo una patologia clinicamente eterogenea con diversi modelli di trasmis-
vascolare è il risultato di mutazioni che interessano una proteina sione ereditaria.
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 145

Malattie Associate A Difetti


Delle Proteine Recettoriali

Ipercolesterolemia familiare

L’ipercolesterolemia familiare è una “malattia recettoriale” dovuta a


una mutazione nel gene che codifica per il recettore per le LDL, coin-
volto nel trasporto e nel metabolismo del colesterolo. In conseguenza
delle alterazioni recettoriali, si osserva una perdita del controllo a
feedback e un aumento dei livelli di colesterolo responsabili dell’in-
sorgenza di aterosclerosi precoce, con un rischio molto elevato di
infarto miocardico.21
L’ipercolesterolemia familiare è una delle malattie mendeliane
più frequenti. Alla nascita, gli eterozigoti con un gene mutato (circa
1 soggetto su 500) presentano un livello plasmatico di colesterolo
da due a tre volte maggiore rispetto alla norma, che favorisce lo
sviluppo di xantoma tendineo e aterosclerosi precoce in età adulta
(Cap. 11). Gli omozigoti, i quali hanno entrambi i geni mutati, sono
colpiti molto più gravemente e i loro livelli plasmatici di colesterolo
possono essere superiori nella misura di 5-6 volte. Questi soggetti
sviluppano xantomi cutanei e aterosclerosi coronarica, cerebrale e
vascolare periferica in età precoce. L’infarto miocardico può verifi-
carsi prima dei vent’anni. Studi su larga scala hanno rilevato che
l’ipercolesterolemia familiare è presente nel 3-6% dei soggetti so-
pravvissuti a infarto miocardico.
La comprensione di questo disturbo richiede una breve descri-
zione del normale processo di metabolismo e trasporto del
­colesterolo. Il 7% circa del colesterolo corporeo circola nel plasma,
Figura 5.7 Metabolismo della lipoproteina a bassa densità (LDL) e ruolo
soprattutto sotto forma di LDL. Com’è logico attendersi, il livello del fegato nella sua sintesi e clearance. La lipolisi delle lipoproteine a bas-
plasmatico di colesterolo è influenzato dalla sua sintesi e dal suo sissima densità (VLDL) da parte della lipasi lipoproteica nei capillari libera
catabolismo e il fegato gioca un ruolo cruciale in entrambi i processi trigliceridi, che vengono poi immagazzinati negli adipociti e utilizzati come
(Fig. 5.7). La prima fase in questa complessa sequenza di eventi è la fonte di energia nel muscolo scheletrico. Si veda il testo per la spiegazione
secrezione da parte del fegato di lipoproteine a bassissima densità delle abbreviazioni usate.
(VLDL) nel torrente circolatorio. Le VLDL sono ricche di trigliceridi,
ma contengono una minore quantità di esteri del colesterolo. Quan-
do raggiunge i capillari del tessuto adiposo o muscolare, la particella essere eliminato dal fegato attraverso un sistema di trasporto piut-
VLDL viene scissa dalla lipasi lipoproteica, processo che determina tosto sofisticato (Fig. 5.8). Il primo passaggio prevede il legame delle
l’estrazione della maggior parte dei trigliceridi. La molecola che ne LDL con i recettori di superficie, raggruppati in regioni specializzate
risulta, chiamata lipoproteina a densità intermedia (IDL), ha un ri- della membrana plasmatica dette fossette rivestite. Dopo il legame,
dotto contenuto di trigliceridi ed è arricchita di esteri del colesterolo, le fossette rivestite contenenti il complesso recettore-LDL sono in-
ma conserva due delle tre apoproteine (B-100 ed E) presenti nella globate per invaginazione per formare le vescicole rivestite, le quali
particella VLDL originaria (si veda Fig. 5.7). Dopo il rilascio da parte migrano all’interno della cellula per fondersi con i lisosomi. Qui le
dell’endotelio capillare, le particelle IDL hanno due possibili desti- LDL si dissociano dal recettore, il quale viene riportato verso la
nazioni. Il 50% circa delle IDL di nuova formazione è rapidamente superficie. Nei lisosomi, la molecola LDL viene degradata per via
captato dal fegato attraverso un trasporto mediato da recettore. Il enzimatica: la porzione apoproteica viene idrolizzata in amminoa-
recettore responsabile del legame delle IDL sulla membrana delle cidi, mentre gli esteri del colesterolo sono scissi per formare cole-
cellule epatiche riconosce sia l’apoproteina B-100 sia l’apoproteina sterolo libero. Quest’ultimo, a sua volta, attraversa la membrana
E, ciò nonostante è chiamato recettore per le LDL in quanto è coin- ­lisosomiale ed entra nel citoplasma, dove viene utilizzato per la
volto anche nella clearance epatica delle LDL, come vedremo più sintesi della membrana e come regolatore dell’omeostasi del coleste­
avanti. Nelle cellule epatiche, le IDL vengono riciclate per generare rolo. La fuoriuscita del colesterolo dai lisosomi necessita dell’azione
le VLDL. Le particelle IDL non captate dal fegato subiscono un ul- di due proteine, chiamate NPC1 e NPC2 (si veda il paragrafo
teriore rimaneggiamento metabolico che rimuove la maggior par- “Malattia di ­Niemann-Pick, tipo C”). Tre distinti processi sono
te dei trigliceridi rimanenti e l’apoproteina E, generando le LDL scatenati dal ­rilascio di colesterolo intracellulare:
ricche di colesterolo. Occorre sottolineare che le IDL rappresentano
la fonte diretta e primaria delle LDL plasmatiche. Sembra che esi- Il colesterolo sopprime la sintesi intracellulare di colesterolo
stano due meccanismi per la rimozione delle LDL dal plasma, uno inibendo l’attività dell’enzima 3-idrossi-3-metilglutaril coenzima
mediato da un recettore per le LDL e l’altro mediato da un recettore A (HMG CoA) reduttasi, l’enzima che condiziona la velocità nella
per le LDL ossidate (recettore “scavenger” o spazzino), descritto più via di sintesi.
avanti. Sebbene molti tipi di cellule, come fibroblasti, linfociti, cellule Il colesterolo attiva l’enzima acil-coenzima A: colesterolo acil-
muscolari lisce, epatociti e cellule surrenaliche, posseggano recettori transferasi, favorendo l’esterificazione e l’accumulo del colesterolo
per LDL ad alta affinità, il 70% circa delle LDL plasmatiche sembra in eccesso.
146 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Figura 5.8 Ciclo dei recettori per le LDL e regolazione del metabolismo del colesterolo.

Il colesterolo sopprime la sintesi dei recettori per le LDL, proteg- quantità di LDL captata attraverso la via del recettore scavenger è
gendo quindi le cellule da un eccessivo accumulo di colesterolo. minore rispetto a quella mediata da meccanismi dipendenti dal
recettore per le LDL. Nonostante l’ipercolesterolemia, tuttavia, si
Come detto in precedenza, l’ipercolesterolemia familiare deriva riscontra un forte aumento del traffico di colesterolo LDL mediato
da mutazioni nel gene che codifica per il recettore per le LDL. Gli dal recettore scavenger nelle cellule del sistema dei fagociti mono-
eterozigoti con ipercolesterolemia familiare possiedono solo il 50% nucleati e probabilmente nelle pareti vascolari (Cap. 11). Questo
del normale numero di recettori ad alta affinità per le LDL poiché aumento è responsabile della comparsa degli xantomi e contribuisce
hanno un solo gene normale. In conseguenza di questa alterazione alla patogenesi dell’aterosclerosi precoce.
nel trasporto, il catabolismo delle LDL mediato da recettore è alte- La genetica molecolare dell’ipercolesterolemia familiare è estre-
rato e il livello plasmatico delle LDL aumenta di circa due volte. Gli mamente complessa. Sono state identificate più di 900 mutazioni,
omozigoti non hanno praticamente alcun recettore normale per le comprendenti inserzioni, delezioni e mutazioni missense e nonsense
LDL e manifestano livelli molto più alti di LDL circolanti. Oltre a carico del gene per il recettore delle LDL, le quali possono essere
all’alterato smaltimento delle LDL, sia gli omozigoti sia gli eterozigoti suddivise in cinque gruppi (Fig. 5.9): le mutazioni di classe I sono
esibiscono un’aumentata sintesi di LDL. Anche il meccanismo di piuttosto rare e portano a una completa assenza di sintesi della
aumentata sintesi che contribuisce all’ipercolesterolemia deriva da proteina recettoriale (allele nullo). Le mutazioni di classe II so-
una carenza di recettori per LDL (si veda Fig. 5.7). Si ricordi che no piuttosto comuni e codificano per proteine recettoriali che, non
anche le IDL, che sono il precursore diretto delle LDL plasmatiche, potendo essere trasportate al complesso del Golgi, si accumulano
usano i recettori epatici per le LDL (recettori per l’apoproteina B-100 nel reticolo endoplasmatico. Le mutazioni di classe III riguardano il
ed E) per il loro trasporto nel fegato. Nell’ipercolesterolemia fami- dominio del recettore che lega le LDL: le proteine codificate rag-
liare, l’alterato trasporto di IDL nel fegato dirotta conseguentemente giungono la superficie cellulare ma non riescono a legare le LDL o
una quota maggiore di IDL plasmatiche nel pool di precursori per lo fanno con una scarsa affinità. Le mutazioni di classe IV codificano
le LDL plasmatiche. per proteine efficientemente sintetizzate e trasportate verso la su-
Il trasporto delle LDL attraverso i recettori scavenger sembra perficie cellulare le quali legano normalmente le LDL ma non rie-
verificarsi almeno in parte nelle cellule del sistema dei fagociti mo- scono a collocarsi nelle fossette rivestite; di conseguenza, le LDL
nonucleati. I monociti e i macrofagi hanno recettori per le LDL legate non vengono fagocitate. Le mutazioni di classe V codificano
chimicamente alterate (ad es. acetilate o ossidate). Normalmente, la per proteine che sono espresse sulla superficie cellulare, possono
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 147

del Golgi. All’interno del complesso del Golgi subiscono una serie di
modificazioni post-traduzionali, una delle quali merita particolare
attenzione. Questa consiste nell’attacco di gruppi mannosio-­6-fosfato
terminali ad alcune delle catene oligosaccaridiche laterali. I residui di
mannosio fosforilato possono essere considerati come un “marcatore”
riconosciuto da specifici recettori che si trovano sulla superficie interna
della membrana del Golgi. Gli enzimi lisosomiali si legano a questi
recettori e vengono così separati dalle numerose altre proteine secre-
torie all’interno del Golgi. Di conseguenza, le piccole vescicole di
trasporto contenenti gli enzimi legati al recettore si staccano dal Golgi
e proseguono fondendosi con i lisosomi. Gli enzimi vengono quindi
indirizzati verso le loro sedi intracellulari e le vescicole vengono ripor-
tate indietro al Golgi (Fig. 5.10). Come descritto oltre, errori geneti-
camente determinati in questo straordinario meccanismo di separa-
zione possono ­dare ­origine a una delle diverse forme di malattia da
accumulo lisosomiale.22
Le idrolasi acide lisosomiali catalizzano la degradazione di nume-
rose macromolecole complesse. Queste grosse molecole possono
derivare dal turnover metabolico degli organelli intracellulari
­(autofagia) o essere acquisite per fagocitosi dall’ambiente extracellu-
lare (eterofagia). In presenza di un deficit ereditario di un enzima

Figura 5.9 Classificazione delle mutazioni del recettore per le LDL ba-
sata sul funzionamento anomalo della proteina mutata. Queste mutazioni
interrompono la sintesi del recettore nel reticolo endoplasmatico, il traspor-
to al complesso del Golgi, il legame dei ligandi apoproteici, il raggruppa-
mento nelle fossette rivestite e il riciclo negli endosomi. Ogni classe è
eterogenea a livello del DNA. (Modificata per gentile concessione di Hobbs
HH et al.: The LDL receptor locus in familial hypercholesterolemia: muta-
tional analysis of a membrane protein. Annu Rev Genet 24:133–170, 1990.
© 1990 by Annual Reviews)

legare le LDL e possono essere internalizzate; tuttavia non si verifica


la dissociazione pH-dipendente tra recettore e LDL legate, per cui i
recettori restano intrappolati negli endosomi, dove vengono degra-
dati, senza riuscire dunque a riportarsi sulla superficie cellulare.
La scoperta del ruolo cruciale dei recettori per le LDL nell’omeo-
stasi del colesterolo ha portato alla progettazione di farmaci capaci
di abbassare il livello plasmatico di colesterolo aumentando il numero
di recettori per le LDL. Una strategia si basa sulla capacità di certi
farmaci (statine) di sopprimere la sintesi di colesterolo intracellulare
inibendo l’enzima HMG CoA reduttasi, il quale, a sua volta, permette
una maggiore sintesi di recettori per le LDL (si veda Fig. 5.8).

Malattie Associate A Difetti Enzimatici

Malattie da accumulo lisosomiale


I lisosomi sono elementi chiave del “sistema digestivo intracellulare”.
Essi contengono una serie di enzimi idrolitici dotati di due particolari
proprietà: in primo luogo operano nell’ambiente acido lisosomiale; in
secondo luogo costituiscono una speciale categoria di proteine secre-
torie che non sono destinate ai fluidi extracellulari bensì agli organelli
intracellulari. Quest’ultima caratteristica richiede un ­peculiare rima-
neggiamento all’interno dell’apparato del Golgi, che viene brevemente
descritto. In maniera simile a tutte le altre proteine secretorie, gli en-
zimi lisosomiali (o idrolasi acide, come sono talvolta chiamati) ven-
gono sintetizzati nel reticolo ­endoplasmatico e ­trasportati nell’apparato Figura 5.10 Sintesi e trasporto intracellulare degli enzimi lisosomiali.
148 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

ridotta perché le proteine mutate sono instabili e inclini al misfolding


proteico, e quindi destinate a essere degradate nel reticolo endopla-
smatico. In tali malattie, un inibitore esogeno concorrenziale dell’en-
zima può, paradossalmente, fissarsi all’enzima mutato e agire come
“modello di assemblaggio” che controlla il corretto assemblaggio
dell’enzima prevenendone dunque la degradazione. Questa terapia
con molecole chaperon è attualmente oggetto di studio.23
Le malattie da accumulo lisosomiale comprendono parecchie
condizioni specifiche e distinte (Tab. 5.6). Generalmente, la distri-
buzione del materiale accumulatosi – e quindi gli organi interessati
– è determinata da due fattori interconnessi: (1) il tessuto in cui si
trova la maggiore quantità di materiale da degradare e (2) la normale
sede in cui si realizza la maggior parte della degradazione. Il cervello,
ad esempio, è ricco di gangliosidi e quindi un’alterata idrolisi dei
­gangliosidi, riscontrata nelle gangliosidosi GM1 e GM2 , determina fon-
damentalmente l’accumulo nei neuroni e i conseguenti sintomi neu-
rologici. Le anomalie della degradazione dei mucopolisaccaridi
colpiscono in pratica qualsiasi organo, dato che tali composti sono
ampiamente distribuiti nell’organismo. Poiché le cellule del sistema
dei fagociti mononucleati sono particolarmente ricche di lisosomi
e sono coinvolte nella degradazione di una molteplicità di substrati,
gli organi ricchi di cellule fagocitarie, come la milza e il fegato, si
presentano spesso ingrossati in diverse forme di malattie da accu-
mulo lisosomiale. Il numero sempre crescente di malattie da accu-
mulo lisosomiale può essere organizzato in categorie logiche in
funzione della natura biochimica del metabolita accumulato, con la
Figura 5.11 Patogenesi delle malattie da accumulo lisosomiale. conseguente creazione di sottogruppi come le glicogenosi, le sfingo-
Nell’esempio illustrato, un substrato complesso viene normalmente de- lipidosi (lipidosi), le mucopolisaccaridosi (MPS) e le mucolipidosi
gradato in prodotti finali solubili da una serie di enzimi lisosomiali (A, B e (si veda Tab. 5.6). Degli altri gruppi, esamineremo solo le malattie
C). In presenza di un deficit o di una disfunzione di uno degli enzimi coinvolti più comuni.
(ad es. l’enzima B), il catabolismo è incompleto e gli intermedi insolubili si
accumulano nei lisosomi.
Malattia di Tay-Sachs (gangliosidosi GM2: deficit
della subunità a dell’esosaminidasi)
lisosomiale, il catabolismo del suo substrato resta incompleto, por-
tando all’accumulo del metabolita insolubile parzialmente degradato Le gangliosidosi GM2 raggruppano tre malattie da accumulo lisoso-
all’interno dei lisosomi. Questi organelli, pieni di macromolecole miale causate dall’incapacità di catabolizzare i gangliosidi GM2. La
parzialmente digerite, diventano talmente grandi e numerosi da in- degradazione dei gangliosidi GM2 richiede tre polipeptidi codificati
terferire con le normali funzioni cellulari, dando luogo alle cosiddette da tre geni distinti. Gli effetti fenotipici delle mutazioni che colpi-
malattie da accumulo lisosomiale (Fig. 5.11). Oltre che a causa di una scono questi geni sono piuttosto simili, in quanto derivano dall’ac-
“carenza enzimatica”, le malattie da accumulo lisosomiale possono cumulo di gangliosidi GM2,24 ma il deficit enzimatico che è alla base
insorgere anche per la mancanza di una qualsiasi proteina essenziale della malattia è differente per ciascuno di essi. La malattia di Tay-
per il normale funzionamento dei lisosomi, ad esempio per: Sachs, la forma più comune di gangliosidosi GM2, deriva da muta-
zioni a carico del locus della subunità a sul cromosoma 15 respon-
La mancanza di un attivatore o di una proteina di protezione sabili di un grave deficit di esosaminidasi A. Questa malattia è par-
dell’enzima. ticolarmente diffusa tra gli ebrei, in particolare tra quelli originari
La mancanza di una proteina attivatrice del substrato – in alcuni dell’Europa dell’Est (ashkenaziti), per i quali è stata descritta una
casi le proteine che reagiscono con il substrato per facilitarne frequenza di portatori di 1 a 30.
l’idrolisi possono essere assenti o alterate.
La carenza di una proteina di trasporto necessaria per l’uscita del
materiale digerito dai lisosomi. Morfologia La esosaminidasi A è praticamente assente in
tutti i tessuti esaminati, per cui il ganglioside GM2 si ­accumula
Esistono tre approcci generali al trattamento delle malattie da in molti tessuti (ad es. cuore, fegato, milza), ma il coinvolgi-
accumulo lisosomiale. Il più ovvio è costituito dalla terapia di sosti- mento dei neuroni del sistema nervoso centrale e autonomo
tuzione enzimatica, attualmente utilizzata per diverse malattie da e della retina domina il quadro clinico. All’esame istologico,
accumulo lisosomiale. Un altro approccio, la “terapia di riduzione i neuroni sono rigonfi di vacuoli citoplasmatici, ciascuno dei
del substrato”, si basa sul presupposto per cui, se è possibile ridurre quali costituisce un lisosoma notevolmente dilatato pieno di
il substrato che deve essere degradato dall’enzima lisosomiale, l’at- gangliosidi (Fig. 5.12 A). Le colorazioni per i grassi come l’olio
tività residua dell’enzima può essere sufficiente per catabolizzarlo e rosso O e il Sudan nero B risultano positive. Con il microsco-
prevenire l’accumulo. Una strategia più recente è imperniata sulla pio elettronico, possono essere visualizzati diversi tipi di
comprensione delle basi molecolari della carenza enzimatica. In inclusioni citoplasmatiche, le più rilevanti delle quali sono
molte malattie, tra cui la malattia di Gaucher, l’attività enzimatica è
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 149

Tabella 5.6 Malattie da accumulo lisosomiale


Malattia Deficit enzimatico Principali metaboliti in accumulo

glicogenosi

Tipo 2, malattia di Pompe a-1,4-glucosidasi (glucosidasi lisosomiale) Glicogeno

sfingolipidosi
Gangliosidosi GM1 Ganglioside GM1 b-galattosidasi Ganglioside GM1, oligosaccaridi
Tipo 1, infantile, generalizzato contenenti galattosio
Tipo 2, giovanile

Gangliosidosi GM2
Malattia di Tay-Sachs Esosaminidasi, subunità a Ganglioside GM2
Malattia di Sandhoff Esosaminidasi, subunità b Ganglioside GM2, globoside
Gangliosidosi GM2, variante AB Proteina di attivazione del ganglioside Ganglioside GM2

sulfatidosi

Leucodistrofia metacromatica Arilsulfatasi A Sulfatide


Deficit multiplo di solfatasi Arilsulfatasi A, B, C; solfatasi steroidea; iduronato Sulfatide, steroide solfato, eparan
solfatasi; eparan N-solfatasi solfato, dermatan solfato
Malattia di Krabbe Galattosilceramidasi Galattocerebroside
Malattia di Fabry a-galattosidasi A Triesosil ceramide
Malattia di Gaucher Glucocerebrosidasi Glucocerebroside
Malattia di Niemann-Pick: tipo A e B Sfingomielinasi Sfingomielina

mucopolisaccaridosi (mps)

MPS I H (Hurler) a-L-iduronidasi Dermatan solfato, eparan solfato


MPS II (Hunter) L-iduronosolfato solfatasi

mucolipidosi (ml)

Malattia a cellule I (ML II) e polidistrofia Deficit degli enzimi fosforilanti essenziali per la Mucopolisaccaride, glicolipide
pseudo-Hurler formazione del marker di riconoscimento per il
mannosio-6-fosfato; le idrolasi acide prive del marker
di riconoscimento non possono essere indirizzate ai
lisosomi ma sono secrete nell’ambiente extracellulare

altre malattie dei carboidrati complessi

Fucosidosi a-fucosidasi Sfingolipidi contenenti fucosio


e frammenti di glicoproteina
Mannosidosi a-mannosidasi Oligosaccaridi contenenti mannosio
Aspartilglicosaminuria Aspartilglicosamina amido idrolasi Aspartil-2-desossi-2-acetamido-
glicosilamina

altre malattie da accumulo lisosomiale

Malattia di Wolman Lipasi acida Esteri del colesterolo, trigliceridi


Deficit di fosfatasi acida Fosfatasi acida lisosomiale Esteri fosforici

strutture raggomitolate all’interno dei lisosomi costituite da resto della retina (Cap. 29). Questa manifestazione è tipica
strati concentrici di membrane (a bulbo di cipolla) (Fig. 5.12 della malattia di Tay-Sachs e di altre patologie da accumulo
B). Col tempo si osserva la progressiva distruzione dei neu- che colpiscono i neuroni.
roni, la proliferazione della microglia e un accumulo di lipidi
complessi nei fagociti all’interno della sostanza cerebrale.
Un processo simile avviene nel cervelletto così come nei Caratteristiche cliniche. I neonati affetti sembrano normali alla
neuroni dei gangli della base, del tronco encefalico, del mi- nascita ma cominciano a manifestare segni e sintomi attorno ai
dollo spinale e dei gangli della radice dorsale, nonché nei 6 mesi, quando inizia un inesorabile deterioramento mentale e
neuroni del sistema nervoso autonomo. Le cellule gangliari motorio che si manifesta in principio con una mancanza di coordi-
della retina sono analogamente ripiene di gangliosidi GM2, in nazione motoria e ottundimento mentale destinato a evolvere in
particolare ai margini della macula. Nella macula compare ­flaccidità muscolare, cecità e demenza progressiva. In quasi tutti i
quindi una chiazza rosso ciliegia, che rappresenta l’enfatiz- pazienti compare, talvolta già nelle prime fasi della malattia, la
zazione del normale colore della coroide maculare in contra- ­peculiare – ma non patognomonica – chiazza rosso ciliegia nella
sto con il pallore prodotto dalle cellule gangliari rigonfie nel macula del fondo oculare. Nell’arco di 1 o 2 anni si raggiunge un
completo stato vegetativo, seguito dalla morte entro i 2-3 anni. Sono
150 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Figura 5.12 Cellule gangliari nella malattia di Tay-Sachs. A. Al microscopio ottico, un grosso neurone mostra un’evidente vacuolizzazione lipidica. B.
Una parte di un neurone al microscopio elettronico evidenzia lisosomi voluminosi con strutture a spirale. Parte del nucleo è visibile in alto. (A. Per gentile
concessione del Dr. Arthur Weinberg, Department of Pathology, University of Texas Southwestern Medical Center, Dallas, TX; B. Micrografia elettronica
per gentile concessione del Dr. Joe Rutledge, University of Texas Southwestern Medical Center, Dallas, TX)

state descritte più di 100 mutazioni nel gene che codifica per la su-
bunità a, la maggior parte delle quali coinvolge il ripiegamento dei lisosomi, in particolare nelle cellule del sistema dei fago-
proteico. Queste proteine dalla struttura anomala scatenano la co- citi mononucleati. Le cellule colpite si ingrossano, talvolta
siddetta risposta “da proteine non ripiegate” (Cap. 1), che causa fino a raggiungere i 90 mm di diametro, in conseguenza del
apoptosi. Tali reperti hanno suggerito la possibilità di una “terapia riempimento dei lisosomi con sfingomielina e colesterolo e
con chaperon” per la malattia di Tay-Sachs. si assiste alla formazione di innumerevoli piccoli vacuoli di
La diagnosi prenatale e l’identificazione dei portatori sono pos- dimensioni piuttosto omogenee che conferiscono al citopla-
sibili tramite analisi enzimatiche e basate sul DNA. Le caratteristiche sma un aspetto schiumoso (Fig. 5.13). Nelle sezioni congelate
cliniche delle altre due forme di gangliosidosi GM2 – la malattia di di tessuto fresco, i vacuoli si colorano per i grassi. La micro-
Sandhoff, causata da un difetto della subunità b, e il deficit dell’atti­ scopia elettronica conferma il fatto che i vacuoli siano
vatore GM2 – sono analoghe a quella della malattia di Tay-Sachs. ­costituiti da lisosomi secondari rigonfi. In molti casi, questi
contengono corpi membranosi citoplasmatici somiglianti a
figure mieliniche lamellari concentriche, talvolta chiamate
Malattia di Niemann-Pick, tipo A e B
“corpi zebrati”.
I tipi A e B della malattia di Niemann-Pick consistono in due malattie Le cellule schiumose fagocitiche cariche di lipidi sono am-
correlate, caratterizzate dall’accumulo lisosomiale di sfingomielina piamente distribuite nella milza, nel fegato, nei linfonodi, nel
dovuto a un deficit ereditario di sfingomielinasi.25 Il tipo A è una midollo osseo, nelle tonsille, nel tratto gastrointestinale e nei
forma infantile grave con un notevole coinvolgimento neurologico, polmoni. Il coinvolgimento della milza produce in genere un
evidenti accumuli viscerali di sfingomielina e un progressivo deterio-
ramento con morte prematura entro i primi 3 anni di vita. I pazienti
affetti dal tipo B presentano invece organomegalia ma in genere non
mostrano un coinvolgimento del sistema nervoso centrale e di nor-
ma sopravvivono sino all’età adulta. Al pari della malattia di Tay-
Sachs, le sindromi di Niemann-Pick di tipo A e B sono frequenti
negli ebrei ashkenaziti. Il gene della sfingomielinasi acida è localiz-
zato sul cromosoma 11p15.4 ed è uno dei geni che viene preferen-
zialmente espresso dal cromosoma materno quale risultato del
­silenziamento epigenetico del gene paterno (descritto in seguito).
Nel gene della sfingomielinasi acida sono state identificate più di 100
mutazioni e sembra che esista una correlazione tra il tipo di muta-
zione, la gravità del deficit enzimatico e il fenotipo.

Morfologia Nella classica variante infantile di tipo A, una


mutazione missense provoca un deficit pressoché totale di
sfingomielinasi. La sfingomielina è una componente ubiqui-
taria delle membrane cellulari (comprese quelle degli
Figura 5.13 Malattia di Niemann-Pick nel fegato. Gli epatociti e le cellule
­organelli), e pertanto il deficit enzimatico ne blocca la degra- di Kupffer hanno un aspetto schiumoso e vacuolizzato dovuto al deposito
dazione, determinandone l’accumulo progressivo all’interno di lipidi. (Per gentile concessione del Dr. Arthur Weinberg, Department of
Pathology, University of Texas Southwestern Medical Center, Dallas, TX)
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 151

derivanti principalmente dalle membrane cellulari di leucociti ed


enorme ingrossamento, facendo sì che l’organo raggiunga eritrociti invecchiati. Attualmente è noto che le alterazioni patologi-
talvolta un peso 10 volte maggiore del normale, mentre l’epa- che nella malattia di Gaucher sono causate non solo dal gravare del
tomegalia non è di solito così spiccata. I linfonodi, di solito, materiale di accumulo, ma anche dall’attivazione dei macrofagi e dalla
si presentano da lievemente a notevolmente ingrossati in conseguente secrezione di citochine come IL-1, IL-6 e il fattore di
tutto l’organismo. necrosi tumorale (TNF). Sono stati distinti tre sottotipi clinici della
Il coinvolgimento del cervello e dell’occhio merita particolare malattia di Gaucher: il più comune (99% dei casi) è chiamato tipo I
considerazione. Nel cervello, le circonvoluzioni si restringono o forma cronica non neuropatica. In questo sottotipo l’accumulo di
e i solchi si allargano. L’interessamento neuronale è vasto e glucocerebrosidi è circoscritto ai fagociti ­mononucleati di tutto l’orga-
colpisce tutti gli elementi del sistema nervoso. La vacuolizza- nismo ma non interessa il cervello. Il coinvolgimento di milza e scheletro
zione e il rigonfiamento dei neuroni costituiscono l’alterazione domina questo tipo di malattia, riscontrato soprattutto negli ebrei di
istologica prevalente, che nel tempo porta alla morte cellulare origine europea. I soggetti affetti da questa malattia mostrano livel-
e alla perdita di sostanza cerebrale. Una chiazza retinica rosso li ridotti ma rilevabili di attività glucocerebrosidasica. L’aspettativa di
ciliegia simile a quella osservata nella malattia di Tay-Sachs è vita diminuisce, ma non in maniera marcata. La malattia di tipo II,
presente nel 33-50% circa degli individui affetti. o malattia di Gaucher neuropatica acuta, è la forma acuta cerebrale
infantile. A differenza della forma di tipo I, questa non ha predilezio-
ne per gli ebrei. Nei tessuti dei pazienti affetti non esiste praticamente
Le manifestazioni cliniche della malattia di tipo A possono essere attività glucocerebrosidasica rilevabile. Anche in questa forma di
presenti alla nascita ma quasi invariabilmente diventano evidenti malattia di Gaucher si osserva epatosplenomegalia, ma il quadro
intorno ai 6 mesi d’età. Tipicamente i neonati presentano un addome clinico è dominato dal progressivo interessamento del sistema ner-
voluminoso a causa dell’epatosplenomegalia. Dopo la comparsa dei voso centrale che porta alla morte in età precoce. Tra i tipi I e II esiste
sintomi, si riscontra un progressivo deficit di accrescimento, vomito, poi una terza variante, la forma di tipo III. I pazienti affetti presentano
febbre e linfoadenopatia generalizzata, nonché un progressivo peg- il coinvolgimento sistemico caratteristico del tipo I ma mostrano
gioramento della funzionalità psicomotoria. La morte sopraggiunge un’alterazione progressiva del sistema nervoso centrale che solita-
in genere entro il 1° o 2° anno di vita. mente esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta.
La diagnosi viene effettuata tramite test biochimico per l’attività
della sfingomielinasi in campioni bioptici di fegato o midollo osseo.
I soggetti affetti dai tipi A e B, così come i portatori, possono essere Morfologia I glucocerebrosidi si accumulano in enormi
individuati attraverso l’analisi del DNA. quantità all’interno dei fagociti dell’intero organismo in tutte
le forme di malattia di Gaucher. I macrofagi rigonfi, noti come
cellule di Gaucher, si trovano nella milza, nel fegato, nel
Malattia di Niemann-Pick, tipo C (NPC)
midollo osseo, nei linfonodi, nelle tonsille, nel timo e nelle
La malattia di Niemann-Pick di tipo C (NPC), sebbene precedente- placche di Peyer. Simili cellule si possono riscontrare sia nei
mente considerata una patologia correlata ai tipi A e B, presenta setti alveolari sia negli spazi aerei dei polmoni. A differenza
peculiarità alquanto evidenti a livello biochimico e molecolare e si di quanto osservato in altre malattie da accumulo lipidico, le
manifesta con una maggiore frequenza rispetto ai tipi A e B. cellule di Gaucher appaiono raramente vacuolizzate e pre-
­L’insorgenza della malattia può essere la conseguenza di mutazioni sentano piuttosto un citoplasma fibrillare il cui aspetto richia-
in due geni correlati, NPC1 e NPC2, il primo dei quali (NPC1) è re- ma quello di una carta velina raggrinzita (Fig. 5.14). Le cellule
sponsabile del 95% dei casi. Diversamente dalla maggior parte delle di Gaucher sono spesso grandi, talvolta con un diametro di
altre malattie da accumulo lisosomiale, la NPC è dovuta a un deficit 100 mm, e hanno uno o più nuclei scuri, in posizione perife-
primario nel trasporto lipidico, a causa del quale le cellule colpite rica. La colorazione con l’acido periodico di Schiff è di solito
accumulano colesterolo e gangliosidi quali GM1 e GM2. Sia NPC1 sia fortemente positiva. Al microscopio elettronico, il citoplasma
NPC2 sono coinvolti nel trasporto del colesterolo libero dai ­lisosomi fibrillare risulta costituito da lisosomi allungati e rigonfi di
al citoplasma.26 La NPC è clinicamente eterogenea: si può presentare doppi strati lipidici accumulati.
con idrope fetale e morte alla nascita, come un’epatite neonatale o Nella malattia di tipo I, la milza è ingrossata (in alcuni casi
come una forma cronica caratterizzata da deterioramento neurolo- può raggiungere i 10 kg). La linfoadenopatia varia da lieve a
gico progressivo. La forma più comune si manifesta nell’infanzia ed moderata e interessa tutto il corpo. L’accumulo di cellule di
è caratterizzata da atassia, paralisi sovranucleare dello sguardo verti- Gaucher nel midollo osseo si verifica nel 70-100% dei pazienti
cale, distonia, disartria e regressione psicomotoria. affetti da malattia di Gaucher di tipo I e produce aree di ero-
sione ossea talvolta di piccole dimensioni o sufficientemente
grandi da provocare fratture patologiche. La distruzione
Malattia di Gaucher
dell’osso è una conseguenza della secrezione di citochine da
La malattia di Gaucher indica un insieme di alterazioni autosomiche parte di macrofagi attivati. Nei pazienti con interessamento
recessive derivanti da mutazioni a carico del gene che codifica per la cerebrale, è possibile osservare cellule di Gaucher negli spazi
glucocerebrosidasi27 ed è la più comune tra le malattie da accumulo di Virchow-Robin, mentre le arteriole sono circondate da cel-
lisosomiale. Il gene coinvolto codifica per la glucocerebrosidasi, un lule avventizie rigonfie. Nei neuroni non si evidenziano lipidi,
enzima che normalmente scinde il residuo glucosidico dalla cerami- ma tali cellule appaiono raggrinzite e vanno progressivamen-
de. In conseguenza del deficit enzimatico, il ­glucocerebroside si ac- te incontro a distruzione. Si sospetta che i lipidi che si accu-
cumula principalmente nei fagociti, ma alcuni sottotipi ­evidenziano mulano nelle cellule fagocitarie attorno ai vasi sanguigni
un accumulo anche nel sistema nervoso centrale. I ­glucocerebrosidi secernano citochine che danneggiano i neuroni circostanti.
vengono prodotti in maniera continua dal ­catabolismo dei glicolipidi
152 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

La terapia sostitutiva con enzimi ricombinanti è il caposaldo del


trattamento della malattia di Gaucher: oltre a essere efficace, questo
approccio terapeutico offre ai pazienti affetti dalla forma di tipo I
un’aspettativa di vita normale. D’altro canto, però, tale terapia è
estremamente costosa. Poiché l’alterazione principale risiede nei
fagociti mononucleati derivanti dalle cellule staminali del midollo,
si è inoltre tentato il trapianto di midollo osseo. Gli sforzi mirano
anche alla correzione del difetto enzimatico mediante trasferimento
del gene normale per la glucocerebrosidasi nelle cellule midollari
del paziente. La terapia di riduzione del substrato con inibitori della
glucosilceramide sintetasi è in corso di valutazione.

Mucopolisaccaridosi
Le mucopolisaccaridosi (MPS) sono un gruppo di sindromi stret-
tamente correlate derivanti da deficit geneticamente determinati
degli enzimi lisosomiali implicati nella degradazione dei mucopo-
lisaccaridi (glicosaminoglicani). Sotto il profilo chimico, i mucopo-
lisaccaridi sono carboidrati complessi a catena lunga legati alle
proteine per formare i proteoglicani, presenti in cospicue quantità
nella sostanza fondamentale del tessuto connettivo. I glicosamino-
glicani che si accumulano nelle MPS sono il dermatan solfato, l’epa-
ran solfato, il cheratan solfato e il condroitin solfato. Gli enzimi
implicati nella degradazione di queste molecole scindono gli zuc-
cheri terminali dalle catene polisaccaridiche attaccate a un polipep-
tide o a una proteina centrale. In assenza di enzimi, queste catene si
accumulano all’interno dei lisosomi in vari tessuti e organi del
corpo.
Sono state descritte parecchie varianti cliniche di MPS, classificate
numericamente come MPS da I a VII, ciascuna derivante dal deficit
di uno specifico enzima. A eccezione di una, tutte le MPS sono
ereditate come tratti autosomici recessivi; l’eccezione, correlata alla
sindrome di Hunter, è un tratto recessivo legato all’X. All’interno di
un dato gruppo (ad es. MPS I, caratterizzato da una carenza di
a-l-iduronidasi) esistono sottogruppi che derivano dalla mutazione
Figura 5.14 Malattia di Gaucher nel midollo osseo. Le cellule di Gaucher di alleli differenti nello stesso locus genico. La gravità del deficit
(A. Colorazione ematossilina eosina; B. Colorazione di Wright) sono macro- enzimatico e il quadro clinico, quindi, sono spesso differenti perfino
fagi rigonfi tipicamente caratterizzati da un citoplasma il cui aspetto richiama
quello di una carta velina spiegazzata (B) a causa dell’accumulo di glucoce-
all’interno dei sottogruppi.
rebroside. (Per gentile concessione del Dr. John Anastasi, Department of Le MPS, in genere, sono malattie progressive caratterizzate da
Pathology, University of Chicago, Chicago, IL) tratti facciali grossolani, opacizzazione della cornea, rigidità articolare
e ritardo mentale, spesso associate a un’aumentata escrezione urina-
ria dei mucopolisaccaridi accumulatisi.

Caratteristiche cliniche. Il decorso clinico della malattia di


Gaucher dipende dal sottotipo clinico. Nel tipo I, i segni e i sintomi Morfologia I mucopolisaccaridi si accumulano soprattutto
compaiono per la prima volta in età adulta e sono legati alla spleno- nei fagociti mononucleati, nelle cellule endoteliali, nelle fibre
megalia o al coinvolgimento osseo. In genere si osservano pancito- muscolari lisce dell’intima e nei fibroblasti dell’intero orga-
penia o trombocitopenia secondaria all’ipersplenismo. Se vi è stata nismo. Le sedi comuni di interessamento sono la milza, il
vasta espansione dello spazio midollare si hanno fratture patologiche fegato, il midollo osseo, i linfonodi, i vasi sanguigni e il
e indolenzimento osseo. La malattia, sebbene sia progressiva cuore.
nell’adulto, è compatibile con una lunga sopravvivenza. Nei tipi II All’esame microscopico, le cellule colpite si presentano ri-
e III dominano la disfunzione del sistema nervoso centrale, le con- gonfie e con un’evidente chiarificazione del citoplasma, da
vulsioni e il progressivo deterioramento mentale, benché anche cui la definizione di “cellule balloniformi”. Al microscopio
organi come fegato, milza e linfonodi siano colpiti. elettronico, all’interno del citoplasma chiaro si possono di-
La diagnosi degli omozigoti può essere effettuata mediante misura stinguere numerosi piccoli vacuoli. Questi sono lisosomi
dell’attività glucocerebrosidasica nei leucociti del sangue periferico rigonfi contenenti un materiale finemente granulare positivo
o negli estratti di fibroblasti cutanei in coltura. In teoria, gli eterozi- all’acido periodico di Schiff che può essere identificato dal
goti possono essere individuati attraverso il rilevamento delle mu- punto di vista biochimico come mucopolisaccaride. Altera-
tazioni. Tuttavia, poiché la malattia di Gaucher può essere provocata zioni lisosomiali simili si osservano a livello neuronale nel-
da più di 150 mutazioni, non è praticabile l’utilizzo di un singolo le sindromi caratterizzate da interessamento del sistema
test genetico.
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 153

crescere.31 Criteri fisiopatologici prevedono invece la suddivisione


­ ervoso centrale. Alcuni dei lisosomi nei neuroni, tuttavia,
n delle glicogenosi in tre sottogruppi principali (Tab. 5.7).
sono anche sostituiti da corpi zebrati lamellari simili a quelli
osservati nella malattia di Niemann-Pick. L’epatosplenome- Forme epatiche. Il fegato riveste un ruolo fondamentale nel me-
galia, le deformità scheletriche, le lesioni valvolari, i depositi tabolismo del glicogeno. Esso contiene infatti gli enzimi che
subendoteliali nelle arterie, in particolare nelle arterie coro- sintetizzano glicogeno per l’accumulo e che alla fine lo frazionano
nariche, e le lesioni cerebrali sono elementi ricorrenti riscon- in glucosio libero, successivamente rilasciato nel sangue.
trati in tutte le MPS. In molte delle sindromi a lungo decorso, Un ­deficit ereditario degli enzimi epatici coinvolti nel metaboli-
le lesioni subendoteliali delle coronarie portano a ischemia smo del glicogeno porta quindi non solo all’accumulo di glico-
del miocardio. L’infarto del miocardio e l’insufficienza car- geno nel fegato, ma anche a una riduzione del livello ematico di
diaca sono quindi importanti cause di morte. glucosio (ipoglicemia) (Fig. 5.16). Il deficit dell’enzima glucosio-
6-fosfatasi (malattia di von Gierke, o glicogenosi di tipo I) è un
chiaro esempio di malattia da accumulo di glicogeno di forma
Caratteristiche cliniche. Delle sette varianti note, ci sofferme- epato-ipoglicemica (Tab. 5.7). Altri casi sono l’assenza di fosfo-
remo solo su due sindromi ben caratterizzate. La sindrome di Hurler, rilasi epatica e dell’enzima deramificante, entrambi coinvolti nella
detta anche MPS I-H, deriva da un deficit di a-l-iduronidasi28 ed è degradazione del glicogeno (si veda Fig. 5.15). In tutte queste
una delle forme più gravi di MPS. I bambini affetti sembrano nor- patologie, il glicogeno si accumula in molti organi, ma l’ingros-
mali alla nascita ma sviluppano epatosplenomegalia tra i 6 e i samento epatico e l’ipoglicemia dominano il quadro clinico.32
24 ­mesi. La loro crescita è ritardata e, come in altre forme di MPS, Forme miopatiche. Nei muscoli scheletrici, diversamente da quan-
sviluppano tratti facciali grossolani e deformità scheletriche. La to accade a livello epatico, il glicogeno viene utilizzato soprattutto
morte avviene tra i 6 e i 10 anni ed è spesso dovuta a complicanze come fonte di energia durante l’esercizio fisico. L’ATP è generato
cardiovascolari. La sindrome di Hunter, chiamata anche MPS II, per glicolisi, processo che porta in ultima istanza alla formazione
differisce dalla sindrome di Hurler per la modalità di trasmissione di acido lattico (si veda Fig. 5.16). Se gli enzimi che alimentano
ereditaria (legata all’X), per l’assenza di opacità della cornea e per il la via glicolitica sono deficitari, si ha un accumulo di glicogeno
decorso clinico più blando.29 nei muscoli associato a debolezza muscolare dovuta alla ridotta
produzione di energia. Esempi pertinenti includono, tra gli altri,
i deficit della fosforilasi muscolare (malattia di McArdle o glico-
Malattie da accumulo di glicogeno (glicogenosi)
genosi di tipo V) e della fosfofruttochinasi muscolare (malattia
Le malattie da accumulo di glicogeno derivano da un deficit ereditario da accumulo di glicogeno di tipo VII). Tipicamente, i soggetti
di uno degli enzimi coinvolti nella sintesi o nella degradazione affetti da forme miopatiche presentano crampi muscolari e un
­sequenziale del glicogeno. A seconda della distribuzione – tissutale mancato innalzamento dei livelli di lattato nel sangue dopo l’eser-
o d’organo – dello specifico enzima in condizioni normali, l’accumulo cizio fisico a causa del blocco della glicolisi.33
di glicogeno in queste patologie può essere limitato a pochi tessuti, può Le malattie da accumulo di glicogeno associate a (1) deficit di
essere più esteso senza tuttavia colpire la totalità dei tessuti oppure a-glucosidasi (maltasi acida) e a (2) mancanza dell’enzima rami-
può essere distribuito in tutto l’organismo.30 ficante non rientrano nelle forme epatiche o miopatiche appena
Il significato del deficit enzimatico specifico può essere meglio descritte. Esse causano accumulo di glicogeno in molti organi e
compreso considerando il normale metabolismo del glicogeno morte precoce. La maltasi acida è un enzima lisosomiale e per-
(Fig. 5.15). Il glicogeno costituisce una forma di stoccaggio del tanto il suo deficit determina il deposito lisosomiale di glicogeno
glucosio. La sintesi di glicogeno inizia con la conversione del gluco- (glicogenosi di tipo II o malattia di Pompe) in tutti gli organi, ma
sio a glucosio-6-fosfato da parte di un’esochinasi (glucochinasi). Una la cardiomegalia è la manifestazione più rilevante34 (Fig. 5.17).
fosfoglucomutasi trasforma quindi il glucosio-6-fosfato in glucosio-
1-fosfato che, a sua volta, è convertito a uridin difosfoglucosio. Viene Alcaptonuria (ocronosi)
quindi assemblato un polimero altamente ramificato di grosse di-
mensioni (con un peso molecolare che può raggiungere i 100 milioni L’alcaptonuria, la prima malattia congenita del metabolismo a essere
di dalton), contenente fino a 10.000 molecole di glucosio tenute stata scoperta nell’uomo, è una malattia autosomica recessiva carat-
insieme da legami a-1,4-glucosidici. La catena di glicogeno e le terizzata da una mancanza di ossidasi omogentisica – un enzima che
ramificazioni sono costantemente allungate tramite l’aggiunta di converte l’acido omogentisico in acido metilacetoacetico durante il
molecole di glucosio mediata dalla glicogeno sintetasi. Durante la processo di degradazione della tirosina35 – e quindi responsabi-
degradazione, diverse fosforilasi nel fegato e nei muscoli separano le dell’accumulo di acido omogentisico nell’organismo. Una gran
il glucosio-1-fosfato dal glicogeno fino a che in ciascuna ramifica- parte di tale sostanza viene escreta e conferisce un colore nero alle
zione rimangono circa quattro residui di glucosio e lasciando un urine lasciate a contatto con l’aria, a causa dell’ossidazione.
oligosaccaride ramificato chiamato destrina limite che può essere
ulteriormente degradato solo dall’enzima deramificante. Oltre che
attraverso queste vie principali, il glicogeno viene anche degradato Morfologia L’acido omogentisico accumulatosi si lega se­
nei lisosomi dalla maltasi acida. Se i lisosomi sono deficitari per lettivamente al collagene nei tessuti connettivi, nei tendini e
questo enzima, il glicogeno in essi contenuto non è accessibile alla nella cartilagine, conferendo a questi tessuti una pigmenta-
degradazione da parte degli enzimi citoplasmatici quali le zione brunastra (ocronosi), evidente soprattutto a livello di
fosforilasi. orecchie, naso e guance. Le conseguenze più gravi dell’ocro-
A seconda dei deficit enzimatici specifici e dei conseguenti quadri nosi, tuttavia, derivano dal deposito del pigmento nelle car-
clinici, le glicogenosi sono tradizionalmente distinte in una dozzina tilagini delle giunzioni articolari. L’accumulo di pigmento
circa di sindromi indicate con numeri romani, e la lista continua a
154 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Figura 5.15 Vie del metabolismo del glicogeno. Gli asterischi indicano i deficit enzimatici associati alle malattie da accumulo di glicogeno. I numeri
romani indicano il tipo di malattia da accumulo di glicogeno associata al deficit di un dato enzima. I tipi V e VI derivano da deficit delle fosforilasi muscolari
ed epatiche rispettivamente. (Modificata da Hers H et al.: Glycogen storage diseases. In Scriver CR et al [eds]: The Metabolic Basis of Inherited Disease,
6th ed. New York, McGraw-Hill, 1989, p 425)

non diventa clinicamente evidente fino ai trent’anni. Pur non essen-


provoca la perdita della normale elasticità della cartilagine, do letale, l’alcaptonuria può essere seriamente invalidante. L’invali­
che diviene fragile e friabile. L’erosione da logoramento di dità può essere grave come quella che si riscontra nelle forme severe
questa cartilagine patologica porta all’esposizione dell’osso di artrosi (Cap. 26) degli anziani, ma nell’alcaptonuria l’artropatia
subcondrale e, spesso, sottili frammenti di cartilagine ven- si verifica a un’età molto più precoce.
gono spinti nell’osso sottostante, aggravando il danno. La
colonna vertebrale, in particolare il disco intervertebrale,
Malattie Associate A Difetti
rappresenta la prima struttura anatomica colpita, ma la pa-
Nelle Proteine Che Regolano
tologia può successivamente estendersi a ginocchia, spalle
La Crescita Cellulare
e fianchi. Le piccole articolazioni di mani e piedi sono in
genere risparmiate. La crescita e il differenziamento normali delle cellule sono regolate
da due classi di geni: i proto-oncogeni e i geni oncosoppressori, i cui
prodotti promuovono o reprimono la crescita cellulare (Cap. 7).
Caratteristiche cliniche. Il difetto metabolico è presente alla È ormai assodato che le mutazioni a carico di queste due classi di
nascita, ma l’artropatia degenerativa si sviluppa lentamente e di solito geni svolgono un ruolo importante nella patogenesi dei tumori. Nella
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 155

Tabella 5.7 Principali tipi di glicogenosi


Categoria
clinicopatologica Tipo specifico Deficit enzimatico Alterazioni morfologiche Caratteristiche cliniche

Tipo epatico Epatorenale, malattia Glucosio-6-fosfatasi Epatomegalia – accumuli Nei pazienti non trattati: mancanza
di von Gierke (tipo I) intracitoplasmatici di di sviluppo, ritardo nella crescita,
glicogeno e di piccole epatomegalia e aumento di volume
quantità di lipidi; glicogeno dei reni
intranucleare Ipoglicemia dovuta a carenza
Aumento di volume dei di mobilizzazione del glucosio,
reni – accumuli che spesso porta a convulsioni.
intracitoplasmatici di Iperlipidemia e iperuricemia derivanti
glicogeno nelle cellule da alterazioni del metabolismo del
dell’epitelio tubulare glucosio; molti pazienti sviluppano
corticale gotta e xantomi cutanei
Tendenza emorragica dovuta
a disfunzione piastrinica
Con il trattamento: la maggior parte
dei pazienti sopravvive e sviluppa
complicanze tardive (ad es.
adenomi epatici)

Tipo miopatico Sindrome di McArdle Fosforilasi muscolare Solo a carico della Crampi dolorosi associati a esercizio
(tipo V) muscolatura scheletrica – fisico intenso; la mioglobinuria si
accumuli di glicogeno presenta nel 50% dei casi; esordio
predominanti in in età adulta (20 anni); l’esercizio
localizzazione muscolare non fa aumentare i
subsarcolemmica livelli di lattato nel circolo venoso;
la creatinchinasi sierica è sempre
aumentata; compatibile con una
normale aspettativa di vita

Altro tipo Glicogenosi Glucosidasi Epatomegalia lieve – Cardiomegalia massiva, ipotonia


generalizzata lisosomiale rigonfiamento dei lisosomi muscolare e insufficienza
– malattia di Pompe (maltasi acida) con glicogeno, con la cardiorespiratoria entro 2 anni; una
(tipo II) creazione di un profilo forma meno severa dell’adulto con
citoplasmatico reticolato esclusivo coinvolgimento
Cardiomegalia – glicogeno scheletrico, che si presenta con
nel sarcoplasma nonché miopatia cronica
legato alla membrana
Muscolatura scheletrica –
alterazioni simili a quelle
cardiache

vasta maggioranza dei casi, le mutazioni che provocano il cancro Mentre le malattie complesse derivano dall’ereditarietà collettiva
colpiscono le cellule somatiche e quindi non sono trasmesse alla di molti polimorfismi, i diversi polimorfismi si differenziano per
linea germinale. Nel 5% circa di tutte le neoplasie, tuttavia, le mu- importanza. Dei 20-30 geni implicati nel diabete di tipo 1, ad
tazioni trasmesse attraverso la linea germinale contribuiscono allo esempio, i più importanti sono solo 6-7 e pochi alleli HLA con-
sviluppo del cancro. La maggior parte delle neoplasie familiari è tribuiscono a determinare oltre il 50% del rischio di sviluppare
ereditata con modalità autosomica dominante, ma sono stati anche la patologia (Cap. 24).
descritti alcuni casi di malattia recessiva (argomento discusso nel Alcuni polimorfismi sono comuni a più malattie dello stesso tipo,
Cap. 7). Le forme specifiche di tumore familiare sono descritte nei mentre altri sono specifici per una data patologia, come esempli-
capitoli di pertinenza. ficato chiaramente dalle malattie infiammatorie immuno-mediate
(Cap. 6).

Malattie multigeniche complesse Numerose caratteristiche fenotipiche normali come il colore dei
capelli, il colore degli occhi, il colore della pelle, l’altezza e l’intelli-
Come esposto precedentemente, le malattie multigeniche complesse genza sono regolate da un’ereditarietà di tipo multifattoriale. Questi
sono causate da interazioni tra varianti geniche e fattori ambientali. caratteri mostrano una variabilità di tipo continuo nella popolazione
Una variante genica che ha almeno due alleli e che si verifica in al- con la caratteristica curva di distribuzione a campana. Le influenze
meno l’1% della popolazione è definita polimorfismo. Secondo ambientali, tuttavia, modificano in modo significativo l’espressio-
l’ipotesi della malattia comune/variante comune, le malattie multi- ne fenotipica dei caratteri multifattoriali. Il diabete mellito di tipo
geniche complesse si verificano quando vengono ereditati molti 2, ad esempio, possiede molte delle caratteristiche di una malattia
polimorfismi, ciascuno con un effetto modesto e a bassa penetran- multifattoriale. È clinicamente accertato che i soggetti spesso mani-
za.36 Due elementi aggiuntivi sono però emersi da studi sulle malattie festano per la prima volta questa malattia dopo un aumento di peso,
complesse comuni come il diabete di tipo 1: e ciò significa che l’obesità così come altri fattori ambientali ­promuove
156 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

L’attribuzione di questa modalità di trasmissione a una malattia


richiede cautela. Numerosi fattori devono essere presi in considera-
zione, in primo luogo la distribuzione familiare e l’esclusione delle
modalità di trasmissione mendeliana e cromosomica. La presenza
di livelli di gravità variabili nelle manifestazioni patologiche è un
possibile indizio di malattia multigenica complessa ma, come pun-
tualizzato in precedenza, anche l’espressività variabile e la penetranza
incompleta di singoli geni mutati possono spiegare questo fenomeno.
Per tutte queste ragioni, distinguere l’ereditarietà mendeliana dall’ere­
ditarietà multifattoriale è talvolta difficile.

Malattie cromosomiche
Cariotipo Normale
Come è ben noto, le cellule somatiche umane contengono 46 cro-
mosomi, i quali comprendono 22 coppie omologhe di autosomi e
due cromosomi sessuali – XX nella femmina e XY nel maschio.
Lo studio dei cromosomi – cariotipizzazione – è lo strumento fon-
damentale del citogenetista. La procedura usuale per esaminare i
cromosomi consiste nell’arrestare la divisione cellulare in metafase
con inibitori del fuso mitotico (ad es. N-deacetil-N-metilcolchicina
[colcemide]) e quindi nel colorare i cromosomi. In una piastra
metafasica, i singoli cromosomi hanno la forma di due cromatidi
collegati a livello del centromero. Un cariotipo è ottenuto ordinando
ciascuna coppia di autosomi a seconda della lunghezza, con i cro-
mosomi sessuali in ultima posizione.
Figura 5.16 A. Metabolismo normale del glicogeno nel fegato e nel Sono stati sviluppati numerosi metodi di colorazione che con-
muscolo scheletrico. B. Effetti di un deficit ereditario degli enzimi epatici sentono l’identificazione di ciascun singolo cromosoma sulla base di
coinvolti nel metabolismo del glicogeno. C. Conseguenze di un deficit
genetico degli enzimi che metabolizzano il glicogeno nei muscoli una distribuzione caratteristica e riproducibile di bande chiare e
scheletrici. scure. Quello più comunemente usato prevede una colorazione
Giemsa ed è perciò chiamato bandeggio G. Un normale cariotipo
maschile con bandeggio G è illustrato nella Figura 5.18. Un bandeg-
il manifestarsi del carattere genetico per il diabete. Le influenze gio G standard consente di individuare approssimativamente da
nutrizionali possono perfino determinare stature differenti nei ge- 400 a 800 bande per ogni aploide. La risoluzione ottenuta con le
melli monozigoti, mentre un bambino che non riceve stimoli cul- tecniche di bandeggio può essere decisamente migliorata ­analizzando
turali non riesce a raggiungere una piena capacità intellettiva. cellule in profase. I singoli cromosomi appaiono notevolmente

Figura 5.17 Malattia di Pompe (malattia da accumulo di glicogeno di tipo II). A. Miocardio normale con abbondante citoplasma eosinofilo. B. Le fibre
miocardiche di un paziente con malattia di Pompe (stesso ingrandimento) sono piene di glicogeno, che si presenta sotto forma di spazi chiari. (Per gentile
concessione del Dr. Trace Worrell, Department of Pathology, University of Texas Southwestern Medical Center, Dallas, TX)
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 157

Figura 5.18 Cariotipo con bandeggio G di un maschio normale (46,XY) (per gentile concessione del Dr. Stuart Schwartz, Department of Pathology,
University of Chicago, Chicago, IL). Viene inoltre mostrato il modello a bande del cromosoma con X, con nomenclatura di braccia, regioni, bande e
sottobande.

a­ llungati e si possono riconoscere fino a 1.500 bande per cariotipo. normale di cromosomi si esprime come 46,XX per la femmina
L’uso di queste tecniche di bandeggio permette di identificare con e 46,XY per il maschio. Ogni multiplo esatto del numero aploide è
sicurezza ogni cromosoma nonché di individuare i precisi punti di detto euploide. Se tuttavia si verifica un errore in meiosi o mitosi e
rottura e altre piccole alterazioni, descritte oltre. una cellula eredita un corredo cromosomico che non è un multiplo
Prima di concludere questa trattazione sul cariotipo normale, è esatto di 23, si parla di aneuploidia. Le cause comuni di aneuploidia
d’obbligo un accenno alla terminologia citogenetica comunemente sono la non disgiunzione e il ritardo anafasico. Se la non disgiunzione
impiegata. I cariotipi sono abitualmente descritti utilizzando un si verifica durante la gametogenesi, i gameti formati avranno o un
sistema stenografico di annotazioni, nell’ordine seguente: prima si cromosoma extra (n+1) o un cromosoma in meno (n-1). La fecon-
indica il numero totale dei cromosomi, seguito dall’indicazione dei dazione di tali gameti da parte di gameti normali dà luogo a due tipi
cromosomi sessuali e, infine, dalla descrizione delle anomalie in di zigoti, trisomici (2n+1) o monosomici (2n-1). Nel ritardo anafa-
ordine numerico crescente. Un maschio con trisomia 21, ad esempio, sico, un cromosoma omologo in meiosi oppure un cromatide in
è indicato con la notazione 47,XY,+21. Alcune delle annotazioni che mitosi è in ritardo e rimane fuori dal nucleo cellulare. Il risultato è
indicano alterazioni strutturali dei cromosomi sono descritte suc- una cellula normale e una cellula con monosomia. Come vedremo
cessivamente nei paragrafi dedicati alle singole anomalie. Dobbiamo in seguito, la monosomia o la trisomia a carico dei cromosomi
ricordare che il braccio corto di un cromosoma è chiamato p (da sessuali – o aberrazioni ancora più strane – sono compatibili con la
petit, piccolo) e il braccio lungo è chiamato q (la lettera successiva vita e sono di solito associate a gradi variabili di anomalie fenotipi-
dell’alfabeto). In un cariotipo con bandeggio, ciascun braccio del che. La monosomia che interessa un autosoma generalmente comporta
cromosoma è suddiviso in due o più regioni delimitate da bande una perdita eccessiva di informazione genetica per permettere la na-
evidenti. Le regioni sono numerate (ad es. 1, 2, 3) dal centromero scita o persino l’embriogenesi, ma alcune trisomie autosomiche con-
verso l’esterno e ogni regione è ulteriormente suddivisa in bande e sentono la sopravvivenza. Con l’eccezione della trisomia 21, tutte
sottobande, anch’esse ordinate numericamente (Fig. 5.18). L’anno- portano a bambini gravemente menomati che quasi invariabilmente
tazione Xp21.2 si riferisce quindi a un segmento cromosomico lo- muoiono in età precoce.
calizzato sul braccio corto del cromosoma X, nella regione 2, banda Occasionalmente, errori mitotici nelle prime fasi di sviluppo danno
1 e sottobanda 2. origine a due o più popolazioni di cellule con corredi cromosomici
differenti, una condizione nota come mosaicismo. Il mosaicismo può
derivare da errori mitotici durante la divisione dell’oocita fecondato
Anomalie Strutturali Dei Cromosomi
o durante la divisione di cellule somatiche. Il mosaicismo dei cro-
Le aberrazioni che stanno alla base delle malattie citogenetiche mosomi sessuali è relativamente comune. Nella prima divisione
possono presentarsi sotto forma di un numero alterato di cromosomi dell’oocita fecondato, un errore può portare una delle cellule figlie a
o di alterazioni nella struttura di uno o più cromosomi. Il numero ricevere tre cromosomi sessuali, mentre l’altra ne riceve solo uno,
158 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

determinando ad esempio un mosaico 45,X/47,XXX. Tutte le cellule interstiziali avvengono quando ci sono due rotture entro un braccio
che derivano da ciascuno di questi precursori hanno pertanto un cromosomico, seguite da perdita del materiale cromosomico tra le
corredo 47,XXX o un corredo 45,X. Una simile paziente è una va- rotture e dalla fusione delle estremità spezzate. Esiste un metodo di
riante a mosaico della sindrome di Turner, con un’estensione notazione anche per indicare in quale regione (o regioni) e in quali
dell’espressione fenotipica che dipende dal numero e dalla distribu- bande si sono verificate le rotture: 46,XY,del(16)(p11.2p13.1), ad
zione delle cellule 45,X. esempio, definisce i punti di rottura nel braccio corto del cromosoma
Il mosaicismo degli autosomi è molto meno comune di quello 16 in 16p11.2 e 16p13. 1 con perdita di materiale tra le rotture. Le
che coinvolge i cromosomi sessuali. Un errore in una divisione delezioni terminali derivano da una singola rottura in un braccio
mitotica precoce degli autosomi porta di solito a un mosaico non cromosomico che produce un frammento senza centromero, il quale
vitale a causa di monosomia autosomica. In alcuni casi una linea viene perso alla successiva divisione cellulare, e un cromosoma re-
cellulare non vitale va persa durante l’embriogenesi, dando origine cante una delezione. L’estremità del cromosoma viene protetta me­
a un mosaico vitale (ad es. 46,XY/47,XY,+21). Un soggetto di questo diante acquisizione di sequenze telomeriche.
tipo è un mosaico della trisomia 21 con espressione variabile della Il cromosoma ad anello rappresenta una forma particolare di
sindrome di Down, a seconda della percentuale di cellule che por- delezione. Si produce quando avviene una rottura su entrambe le
tano la trisomia. estremità di un cromosoma, con fusione delle estremità danneggiate
Una seconda categoria di aberrazioni cromosomiche è caratte- (si veda Fig. 5.19). L’eventuale perdita di materiale genetico impor-
rizzata da alterazioni nella struttura dei cromosomi. Per essere visi- tante si traduce in alterazioni fenotipiche. Questa anomalia viene
bile con le consuete tecniche di bandeggio, queste alterazioni devono indicata come 46,XY,r(14). I cromosomi ad anello non si compor-
coinvolgere una quantità piuttosto cospicua di DNA (circa 2-4 mi- tano normalmente in meiosi o mitosi e in genere sono causa di gravi
lioni di paia di basi), contenente molti geni. La risoluzione è molto alterazioni.
più elevata con l’ibridazione fluorescente in situ (FISH), che consente L’inversione si riferisce a un riarrangiamento dovuto a due rotture
di individuare piccole variazioni nell’ordine di chilobasi. Le altera- all’interno di un singolo cromosoma con reincorporazione del seg-
zioni strutturali dei cromosomi in genere derivano da rotture mento centrale invertito (si veda Fig. 5.19). L’inversione che interessa
­cromosomiche seguite da perdita o riarrangiamento di materiale un solo braccio del cromosoma è definita paracentrica. Se le rotture
genetico e si verificano spontaneamente con una bassa frequenza sono sui lati opposti del centromero, l’inversione si definisce invece
che aumenta in seguito a esposizione a mutageni ambientali, come pericentrica. Le inversioni in genere sono perfettamente compatibili
sostanze chimiche e radiazioni ionizzanti. Nei paragrafi che seguono con uno sviluppo normale.
descriveremo brevemente le più comuni forme di alterazione della La formazione di un isocromosoma si verifica quando un braccio
struttura cromosomica e le annotazioni utilizzate per indicarle. di un cromosoma viene perso e il braccio rimanente viene dupli-
Delezione vuol dire perdita di una porzione cromosomica cato, dando luogo a un cromosoma costituito solamente da due
(Fig. 5.19). La maggior parte delle delezioni è di tipo interstiziale, braccia corte o da due braccia lunghe (si veda Fig. 5.19). Un iso-
ma in rari casi si possono verificare delezioni terminali. Le delezioni cromosoma possiede quindi la stessa informazione genetica in

Figura 5.19 Tipologie di riarrangiamenti cromosomici.


CAPITOLO 5 Malattie genetiche 159

entrambe le braccia. L’isocromosoma più comune presente nei nati


vivi interessa il braccio lungo del cromosoma X ed è indicato come
i(X)(q10). L’isocromosoma Xq è associato a monosomia per i geni
del braccio corto della X e a trisomia per i geni del braccio lungo
della X.
In una traslocazione, un segmento di un cromosoma viene
­t rasferito a un altro (si veda Fig. 5.19). In una forma chiamata
traslocazione bilanciata reciproca si producono rotture singole in
ciascuno dei due cromosomi, con scambio di materiale. Una tra-
slocazione bilanciata reciproca tra il braccio lungo del cromosoma
2 e il braccio corto del cromosoma 5 si indica come 46,XX,t(2;5)
(q31;p14). Questo soggetto ha 46 cromosomi con morfologia alte-
rata di uno dei cromosomi 2 e di uno dei cromosomi 5. Poiché non
c’è stata perdita di materiale genetico, è probabile che il soggetto sia
fenotipicamente normale. Un portatore di traslocazione bilanciata,
tuttavia, è a maggior rischio di produrre gameti alterati. Nel caso
citato sopra, ad esempio, si potrebbe formare un gamete contenente
un cromosoma 2 normale e un cromosoma 5 traslocato. Un gamete
con questa struttura sarebbe sbilanciato poiché non conterrebbe il
normale corredo di materiale genetico. La successiva fecondazione Figura 5.20 L’analisi FISH di un nucleo in interfase, tramite l’utilizzo di
da parte di un gamete normale porterebbe alla formazione di uno sonde locus-specifiche per il cromosoma 13 (verde) e per il cromosoma 21
zigote anormale (sbilanciato) che può essere causa di aborto spon- (rosso), mostra tre segnali rossi indicanti una trisomia 21. (Per gentile
concessione del Dr. Stuart Schwartz, Department of Pathology, University
taneo o di nascita di un bambino malformato. L’altro importante of Chicago, Chicago, IL)
tipo di traslocazione è chiamato traslocazione robertsoniana
(o ­fusione centrica) e consiste nella traslocazione tra due cromo-
somi acrocentrici. Tipicamente le rotture avvengono vicino al cen- un numero normale di cromosomi, ma il materiale ­extracromosomico
tromero di ciascuno dei due cromosomi. Il trasferimento dei è presente sotto forma di traslocazione. Come ricordato in prece-
­segmenti porta quindi alla formazione di un cromosoma molto denza, la causa più frequente di trisomia e quindi della ­sindrome di
grande e di uno estremamente piccolo. Spesso quello più piccolo Down è la non disgiunzione meiotica. I genitori di questi bambini
viene perso (si veda Fig. 5.19) ma poiché porta solo geni altamente hanno un cariotipo normale e sono normali sotto tutti i punti di
ripetuti (ad es. i geni per l’RNA ribosomiale), tale perdita è com- vista.
patibile con un fenotipo normale. La traslocazione robertsoniana L’età della madre ha una forte influenza sull’incidenza della triso-
tra due cromosomi si riscontra in 1 individuo su 1.000 apparente- mia 21. Quest’ultima si manifesta, infatti, in 1 su 1.550 nati vivi
mente normali. Anche questa forma di traslocazione può portare quando la donna ha meno di 20 anni e in 1 su 25 nati vivi quando
alla comparsa di progenie anormale, come descritto nel paragrafo la madre è ultraquarantacinquenne. La correlazione con l’età della
sulla sindrome di Down. madre suggerisce che nella maggior parte dei casi la non disgiun-
Molte altre aberrazioni cromosomiche di tipo numerico e strut- zione meiotica del cromosoma 21 avvenga nella cellula uovo. Studi
turale sono descritte in testi specializzati e continua a crescere il in cui i polimorfismi del DNA sono stati usati per definire l’origine
numero di cariotipi anomali identificati in diverse malattie. Come parentale del cromosoma 21 hanno rivelato che nel 95% dei casi con
sottolineato in precedenza, le malattie cromosomiche clinicamen- trisomia 21 il cromosoma soprannumerario è di origine materna.
te individuate rappresentano solo la “punta dell’iceberg”. Si valuta Sebbene siano state avanzate molte ipotesi, la causa dell’aumentata
che il 7,5% circa di tutti i concepimenti abbia un’anomalia cromo- suscettibilità della cellula uovo alla non disgiunzione rimane
somica, nella maggior parte dei casi non compatibile con la soprav- sconosciuta.
vivenza o con la nascita. Persino nei bambini nati vivi, la frequenza Nel 4% circa dei casi di sindrome di Down, il materiale extracro-
si aggira attorno allo 0,5-1,0%. Esula dall’intento di questo libro mosomico deriva dalla presenza di una traslocazione robertsoniana
discutere la maggior parte delle malattie cromosomiche clinica- del braccio lungo del cromosoma 21 su un altro cromosoma acro-
mente riconoscibili e ci limiteremo pertanto ad analizzare quelle centrico (ad es. 22 o 14). Poiché la cellula uovo fecondata possiede
più comuni. già due autosomi 21 normali, il materiale traslocato fornisce la stessa
dose genica triplicata della trisomia 21. Casi del genere sono fre-
quentemente (ma non sempre) familiari e il cromosoma traslocato
Malattie Citogenetiche
viene ereditato da uno dei genitori (abitualmente la madre) che è
Che Interessano Gli Autosomi
portatore di una traslocazione robertsoniana, ad esempio una madre
con cariotipo 45,XX,der(14;21)(q10;q10).
Trisomia 21 (sindrome di Down)
Circa l’1% dei soggetti affetti da sindrome di Down è un mosaico
La sindrome di Down è la più comune tra le malattie cromosomiche che in genere presenta una combinazione di cellule con 46 e 47
ed è una delle cause principali di ritardo mentale. Negli Stati Uniti cromosomi. Questo mosaicismo deriva da una non disgiunzione
l’incidenza nei neonati è di circa 1 su 700. Dei soggetti affetti, circa mitotica del cromosoma 21 durante uno stadio precoce dell’embrio-
il 95% presenta una trisomia 21 – e ha quindi un numero di cromo- genesi. I sintomi in questi casi sono variabili e più lievi, a seconda
somi pari a 47. In tali casi, la FISH con sonde specifiche per il cro- della proporzione di cellule alterate. Chiaramente, nei casi di sindro-
mosoma 21 consente di rilevare la copia extra del cromosoma 21 me di Down da traslocazione o mosaicismo l’età della madre non ha
(Fig. 5.20). La maggior parte dei soggetti appartenenti all’altro 5% ha importanza.
160 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Figura 5.21 Caratteristiche cliniche e cariotipi di alcune trisomie autosomiche.


CAPITOLO 5 Malattie genetiche 161

Le caratteristiche cliniche diagnostiche di questa condizione, quali Altre trisomie


il profilo facciale piatto, le fessure palpebrali oblique e l’epicanto
(Fig. 5.21), sono di solito ben evidenti, fin dalla nascita.37 La sindro- Molteplici altre trisomie legate ai cromosomi 8, 9, 13, 18 e 22 sono
me di Down è una delle cause principali di grave ritardo mentale: state descritte. Tuttavia, solo la trisomia 18 (sindrome di Edwards)
circa l’80% di coloro che ne sono affetti ha un QI compreso tra 25 e e la trisomia 13 (sindrome di Patau) sono abbastanza frequenti da
50. Ironicamente, questi bambini gravemente svantaggiati possono meritare di essere brevemente menzionate in questa sede. Come
avere un carattere gentile e timido e possono essere educati più fa- si osserva nella Figura 5.21, queste due trisomie condividono nu-
cilmente rispetto ai loro fratelli normali più fortunati. Occorre sot- merosi aspetti clinici e cariotipici con la trisomia 21. La maggior
tolineare che alcuni mosaicismi con sindrome di Down mostrano parte dei casi deriva dunque da una non disgiunzione meiotica e
alterazioni fenotipiche lievi e spesso hanno persino un’intelligenza porta una copia completa in più del cromosoma 18 o 13. Come nella
normale o quasi normale. Oltre alle alterazioni fenotipiche e al ri- sindrome di Down, si nota inoltre un’associazione con l’aumento
tardo mentale già menzionati, esistono alcune altre manifestazioni dell’età materna, ma rispetto alla trisomia 21 le malformazioni sono
cliniche degne di nota. molto più gravi ed estese. Di conseguenza, solo raramente questi
neonati sopravvivono oltre il primo anno di vita: la maggior parte
Il 40% circa dei soggetti presenta cardiopatie congenite, nella muore entro alcune settimane o mesi.
maggior parte dei casi alterazioni del cuscinetto endocardico,
comprendenti ostium primum, difetto del setto atriale, malfor-
mazioni delle valvole atrioventricolari e alterazioni del setto Sindrome da delezione del cromosoma 22q11.2
ventricolare. I problemi cardiaci sono responsabili della maggio-
ranza dei decessi in età neonatale e nella prima infanzia. Si pos- La sindrome da delezione del cromosoma 22q11.2 comprende una
sono inoltre verificare numerose altre malformazioni congenite, serie di malattie che derivano da una piccola delezione della banda
comprese l’atresia esofagea e un piccolo intestino. q11.2 sul braccio lungo del cromosoma 22.41 La sindrome è piuttosto
I bambini con trisomia 21 hanno un rischio da 10 a 20 volte comune e si manifesta in 1 nato su 4.000, ma spesso passa inosser-
maggiore di sviluppare leucemia acuta, sia linfoblastica sia mie- vata a causa delle manifestazioni cliniche variabili. Queste compren-
loide. I pazienti con leucemia mieloide acuta presentano nella dono cardiopatie congenite, anomalie del palato, dismorfismo fac-
maggior parte dei casi la forma megacarioblastica acuta.38 ciale, ritardo dello sviluppo e gradi variabili di immunodeficienza
Praticamente tutti i pazienti con trisomia 21 che raggiungono i delle cellule T e ipocalcemia. In passato si pensava che queste ma-
40 anni sviluppano le alterazioni neuropatologiche tipiche della nifestazioni cliniche rappresentassero due malattie differenti: la
malattia di Alzheimer, una malattia neurodegenerativa. sindrome di DiGeorge e la sindrome velocardiofacciale. I pazienti con
I soggetti con sindrome di Down hanno risposte immunita- sindrome di DiGeorge mostrano ipoplasia timica con conseguente
rie anomale che li predispongono a gravi infezioni, in particolare immunodeficienza delle cellule T (Cap. 6), ipoplasia paratiroidea
dei polmoni, e ad autoimmunità tiroidea. Sebbene siano state determinante ipocalcemia, numerose malformazioni cardiache che
osservate numerose anomalie, relative soprattutto alla funzio- interessano il tratto di efflusso e anomalie facciali lievi. Le caratteri-
nalità delle cellule T, la base dei disordini immunologici non è stiche cliniche della cosiddetta sindrome velocardiofacciale com-
chiara. prendono dismorfismo facciale (naso prominente, retrognazia),
palatoschisi, anomalie cardiovascolari e difficoltà di apprendimento.
Nonostante tutti questi problemi, la migliore assistenza medica Meno frequentemente, questi soggetti presentano anche immuno-
ha aumentato la longevità dei pazienti con trisomia 21. Attualmente deficienza. Fino a poco tempo fa la sovrapposizione delle caratteri-
l’età media del decesso è 47 anni (25 anni nel 1983). stiche cliniche di queste due condizioni (ad es. malformazioni car-
Sebbene il cariotipo e gli aspetti clinici della trisomia 21 siano diache e dismorfismo facciale) non fu compresa; solo la scoperta
conosciuti da decenni, le conoscenze circa la base molecolare della che queste due sindromi, a quanto pare non correlate, erano asso-
sindrome di Down sono scarse. Il cromosoma 21 contiene appros- ciate a un’anomalia citogenetica simile, ha portato a considerare le
simativamente 430 geni. Curiosamente, esistono numerosi gruppi manifestazioni cliniche sovrapposte. Studi recenti indicano che, oltre
di geni che ci si aspetta partecipino allo stesso processo biologico: ad avere una predisposizione per numerose malformazioni struttu-
ad esempio ci sono 16 geni coinvolti nel metabolismo energetico rali, i soggetti affetti dalla sindrome da delezione 22q11.2 sono
mitocondriale, altri che probabilmente influenzano lo sviluppo del esposti anche a un rischio particolarmente elevato di sviluppare
sistema nervoso centrale e un gruppo coinvolto nel metabolismo malattie psicotiche, come la schizofrenia e i disturbi bipolari.42 Si
dell’acido folico. Non è noto in quale modo ciascuno di questi stima infatti che il 25% circa degli adulti con questa sindrome svi-
gruppi sia legato alla sindrome di Down. L’ipotesi della dose genica luppi schizofrenia. Viceversa, delezioni della regione possono essere
presume che le caratteristiche fenotipiche della trisomia 21 siano riscontrate nel 2-3% dei soggetti con schizofrenia a esordio infantile.
correlate alla sovraespressione di geni. In realtà, solo il 37% circa Il disturbo da deficit d’attenzione e iperattività è registrato inoltre
dei geni sul cromosoma 21 sono sovraespressi nella misura del nel 3­ 0-35% dei bambini affetti.
150%, mentre i rimanenti hanno gradi variabili di variazioni di La diagnosi di questa malattia può essere sospettata su base cli-
espressione. nica, ma può essere confermata solo tramite dimostrazione della
Un ulteriore elemento di complessità nella definizione dei geni delezione con la FISH (Fig. 5.22). Utilizzando questa metodica, il
specifici coinvolti nella patogenesi della sindrome di Down è legato 90% circa dei soggetti precedentemente diagnosticati come affetti
alla presenza sul cromosoma 21 di diversi geni miRNA che pos- da sindrome di DiGeorge e l’80% di quelli con sindrome velocar-
sono interrompere la traduzione dei geni che mappano altrove nel diofacciale presenta una delezione 22q11.2.
genoma.39 Nonostante la disponibilità della mappatura genica del Anche il 30% dei soggetti con alterazioni cardiache conotroncali
cromosoma 21, pertanto, la comprensione della base molecolare ma senza altre caratteristiche tipiche di questa sindrome mostrano
della sindrome di Down avanza lentamente.40 delezioni della stessa regione cromosomica.
162 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Nel 1961, Lyon44 descrisse l’inattivazione del cromosoma X


secondo quella che ora è comunemente nota come l’“ipotesi di
Lyon”. Questa postula che (1) solo uno dei cromosomi X è genetica-
mente attivo, (2) l’altro cromosoma X, sia esso di origine materna o
paterna, va incontro a eteropicnosi e viene inattivato, (3) l’inattiva-
zione del cromosoma X materno o paterno avviene secondo un
pattern casuale in tutte le cellule della blastocisti pressappoco al
16° giorno di vita embrionale e (4) l’inattivazione dello stesso cro-
mosoma X permane in tutte le cellule derivate da ciascuna cellula
precursore. Per la maggior parte, dunque, le femmine normali sono
in realtà mosaici e hanno due popolazioni di cellule, una con l’X
materno inattivato e l’altra con inattivazione del cromosoma X
paterno. Ciò spiega perché le femmine abbiano una dose di geni
attivi legati all’X pari a quella dei maschi. L’X inattivo può essere
osservato nel nucleo in interfase come una piccola massa di colo-
razione scura in contatto con la membrana nucleare nota come
corpo di Barr, o cromatina X. La base molecolare dell’inattivazione
Figura 5.22 FISH su cromosomi in metafase e su una cellula in interfase del cromosoma X coinvolge un unico gene chiamato XIST, il cui
ottenuti da un paziente con sindrome di DiGeorge: è evidente la delezione prodotto è un RNA non codificante che viene mantenuto nel nu-
della sonda TUPLE1 (nome ufficiale HIRA) localizzata sul cromosoma cleo, dove “riveste” il cromosoma X promuovendone la trascrizione
22q11.2. La sonda TUPLE1 è di colore rosso, mentre la sonda di controllo, e iniziando un processo di silenziamento genico mediante modi-
localizzata a livello 22q, è di colore verde. La piastra metafasica mostra un
cromosoma 22 con un segnale verde (sonda di controllo) e un segnale
ficazione della cromatina e metilazione del DNA. L’allele XIST è
rosso (dalla sonda TUPLE1). L’altro cromosoma 22 mostra esclusivamente spento nel cromosoma X attivo.45
un’ibridazione con la sonda di controllo (verde), ma nessun segnale rosso Sebbene inizialmente si pensasse che tutti i geni presenti sul
poiché su questo cromosoma si è verificata una delezione. La cellula in cromosoma X inattivo fossero “repressi”, studi molecolari più recenti
interfase mostra due aree di ibridazione con la sonda di controllo (verde) hanno rivelato che molti geni sfuggono all’inattivazione; tra questi,
ma anche una sola area di ibridazione con la sonda di TUPLE1 (rosso),
evidenziando una delezione del cromosoma 22q11.2. (Per gentile conces- il 21% dei geni su Xp e un numero minore (3%) di geni su Xq.
sione del Dr. Stuart Schwartz, Department of Pathology, University of ­Almeno alcuni dei geni espressi da entrambi i cromosomi X sono
Chicago, Chicago, IL) importanti per una crescita e uno sviluppo normali,46 nozione sup-
portata dal fatto che pazienti con monosomia del cromosoma X
(sindrome di Turner: 45,X) hanno gravi anomalie somatiche e go-
nadiche. Se fosse sufficiente una singola dose dei geni legati all’X,
Le basi molecolari di questa sindrome non sono del tutto note. non ci si aspetterebbero effetti dannosi in tali casi. Inoltre, sebbene
La regione deleta è ampia (circa 1,5 megabasi) e include molti geni. un cromosoma X sia inattivato in tutte le cellule durante l’embrio-
L’eterogeneità clinica, con predominanza dell’immunodeficienza in genesi, questo viene selettivamente riattivato negli ovogoni prima
alcuni casi (sindrome di DiGeorge) e predominanza del dismorfismo della prima divisione meiotica. Sembra quindi che entrambi i cro-
e delle malformazioni cardiache in altri, probabilmente riflette la mosomi X siano necessari per la normale oogenesi.
grandezza e la posizione variabile del segmento deleto di questa Riguardo al cromosoma Y, sappiamo bene che esso è necessario
regione genetica. Sono stati mappati circa 30 geni candidati nella e sufficiente per lo sviluppo maschile. Indipendentemente dal numero
regione deleta. Tra questi TBX1, un fattore di trascrizione T-box, è dei cromosomi X, la presenza di un solo Y determina il sesso maschile,
quello più strettamente associato alle caratteristiche fenotipiche di e il gene responsabile dello sviluppo dei testicoli (SRY, nella regione
questa sindrome.41 Tale gene è espresso nel mesenchima faringeo e del cromosoma Y che determina il sesso) è stato localizzato sulla
nella tasca endodermica dalla quale derivano le strutture facciali, il porzione distale del braccio corto. Per un periodo di tempo piuttosto
timo e la paratiroide. Tra i bersagli di TBX1 figura PAX9, un gene lungo, questo è stato considerato l’unico gene importante sul cro-
che controlla lo sviluppo di palato, paratiroide e timo. Chiaramente mosoma Y, ma recenti studi hanno messo in luce l’esistenza di un
rimangono ancora da identificare altri geni che contribuiscono ai cospicuo numero di famiglie geniche nella cosiddetta “regione Y
disturbi comportamentali e psichiatrici. maschio-specifica”, o regione MSY,47 e si pensa che tutti questi geni
siano testicolo-specifici e coinvolti nella spermatogenesi. In tale
contesto, rivediamo alcune caratteristiche comuni a tutte le malattie
Malattie Citogenetiche
con alterazioni dei cromosomi sessuali.
Che Interessano I Cromosomi Sessuali
Le malattie genetiche associate ad alterazioni dei cromosomi sessuali In generale, esse causano lievi problemi cronici in relazione allo
sono molto più comuni di quelle correlate alle aberrazioni autoso- sviluppo sessuale e alla fertilità.
miche. Inoltre, gli sbilanciamenti (eccesso o perdita) dei cromosomi Sono spesso di difficile diagnosi alla nascita e molte si riconosco-
sessuali sono molto meglio tollerati rispetto a sbilanciamenti ana- no per la prima volta alla pubertà.
loghi degli autosomi. In gran parte, questa tolleranza dipende da Solitamente, quanto più alto è il numero dei cromosomi X, sia
due elementi specifici dei cromosomi sessuali: (1) la lyonizzazione nei maschi sia nelle femmine, tanto maggiore è la probabilità di
o l’inattivazione di tutti i cromosomi X tranne uno e (2) la modesta ritardo mentale.
quantità di materiale genetico portato dal cromosoma Y.43 Una
sintetica analisi di queste caratteristiche sarà di ausilio per compren- I più importanti disturbi derivanti dalle aberrazioni dei cromo-
dere le malattie legate ai cromosomi sessuali. somi sessuali sono descritti brevemente di seguito.
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 163

Sindrome di Klinefelter ripetizioni di triplette CAG altamente polimorfiche. La risposta


funzionale agli androgeni è dettata in parte dal numero di ripetizioni
La sindrome di Klinefelter è meglio definita come ipogonadismo ma- di CAG, per cui in presenza di ripetizioni CAG più brevi l’effetto
schile e si verifica quando ci sono due o più cromosomi X e uno o più degli androgeni risulta più pronunciato. Nei soggetti con la sindrome
cromosomi Y.48 Rappresenta una delle più frequenti forme di malattia di Klinefelter, il cromosoma X – che porta il recettore degli andro-
genetica a carico dei cromosomi sessuali, nonché una delle più fre- geni con il numero più breve di ripetizioni CAG – è preferenzial-
quenti cause di ipogonadismo nel maschio. Ha un’incidenza di circa mente inattivato. Tale inattivazione non casuale dell’X lascia attivo
1 su 660 maschi nati vivi49 e raramente può essere diagnosticata prima l’allele con il numero di ripetizioni CAG più lungo, il che spiega
della pubertà, in particolare perché le alterazioni testicolari non si l’ipogonadismo.
sviluppano fino a quel momento. La maggior parte dei soggetti pre-
senta una caratteristica costituzione fisica con un aumento della di-
stanza tra la pianta del piede e l’osso pubico, il che dà l’aspetto di un Sindrome di Turner
corpo allungato. Altre caratteristiche tipiche comprendono la costi-
tuzione fisica eunucoide con gambe innaturalmente lunghe, piccoli La sindrome di Turner deriva dalla monosomia parziale o completa
testicoli atrofici spesso associati a un pene piccolo, e la mancanza dei del cromosoma X ed è caratterizzata primariamente da ipogonadismo
caratteri secondari maschili come voce profonda, barba e la distri- in soggetti fenotipicamente femminili.51 È la più comune anomalia
buzione maschile dei peli pubici. Può essere inoltre presente gineco- legata al cromosoma sessuale nelle femmine, e colpisce 1 ­femmina
mastia. Il QI medio è alquanto più basso della norma, ma il ritardo su 2.000 nate vive.
mentale è raro. Nei pazienti con sindrome di Klinefelter si rileva una Le consuete tecniche citogenetiche consentono di osservare tre
maggiore incidenza di diabete di tipo 2 e di sindrome metabolica e, tipi di anomalie cariotipiche nei soggetti con sindrome di Turner.
curiosamente, il prolasso della valvola mitralica è ­riscontrato in circa Circa il 57% non possiede un intero cromosoma X, il che determina
il 50% dei soggetti adulti. È evidente che le ­caratteristiche cliniche di un cariotipo 45,X. Del rimanente 43%, approssimativamente un
questa condizione sono variabili e il solo ­elemento costante è l’ipo- terzo (circa il 14%) presenta anomalie strutturali dei cromosomi X,
gonadismo. I livelli plasmatici di gonadotropina, in particolare di e due terzi (circa il 29%) sono mosaici. L’effetto complessivo delle
ormone follicolo-stimolante, sono ­notevolmente alti, mentre i livelli anomalie strutturali è l’induzione di una monosomia parziale del
di testosterone sono ridotti in misura variabile. I livelli plasmatici cromosoma X. In ordine di frequenza, le anomalie strutturali del
medi di estradiolo sono elevati per via di un meccanismo ancora cromosoma X comprendono: (1) un isocromosoma del braccio
sconosciuto. Il rapporto tra ­estrogeni e ­testosterone determina, nei lungo, 46,X,i(X)(q10), determinante la perdita del braccio corto;
singoli casi, il grado di femminilizzazione. (2) la delezione di porzioni di entrambe le braccia – lunghe e corte
La sindrome di Klinefelter rappresenta un’importante causa ge- – con conseguente formazione di un cromosoma ad anello, 46,X,r(X);
netica di spermatogenesi ridotta e di infertilità maschile.50 In alcuni e (3) delezione di porzioni del braccio lungo o corto, 46X,del(Xq) o
pazienti i tubuli seminiferi sono totalmente atrofici e sostituiti da 46X,del(Xp). I soggetti con mosaicismo presentano una popolazione
residui ialini di collagene; in altri, tubuli apparentemente normali cellulare 45,X insieme a uno o più tipi cellulari con cariotipo normale
sono frammisti a tubuli atrofici. In alcuni soggetti, tutti i tubuli sono o anomalo. Tra i cariotipi riscontrabili nelle femmine Turner a mo-
primitivi e appaiono embrionali, ossia composti da cordoni di cellule saico figurano i seguenti: (1) 45,X/46,XX, (2) 45,X/46,XY,
che non hanno costituito un lumen né hanno raggiunto una sper- (3) 45,X/47,XXX o (4) 45,X/46,X,i(X)(q10). Studi suggeriscono che
matogenesi matura. Le cellule di Leydig appaiono prominenti, a la prevalenza di mosaicismo nella sindrome di Turner può essere
causa dell’atrofia e della struttura compatta dei tubuli nonché delle molto maggiore del 30% rilevato dagli esami citogenetici conven-
elevate concentrazioni di gonadotropina. zionali. Con l’impiego di tecniche più sensibili – come la FISH (trat­
I pazienti affetti dalla sindrome di Klinefelter hanno un rischio tata in seguito) e la reazione a catena della polimerasi (PCR) – e
maggiore di sviluppare tumore al seno (20 volte più frequente che l’analisi di più di un tipo cellulare (ad es. sangue periferico e fibro-
nei maschi normali), tumori delle cellule germinali extragonadiche blasti), la prevalenza della sindrome di Turner a mosaico sale al 75%.
e malattie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico. Poiché il 99% dei concepimenti con cariotipo 45,X non è vitale, molti
Il profilo tipico della sindrome di Klinefelter è associato al cario- esperti ritengono che non esistano in realtà soggetti con sindrome
tipo 47,XXY (90% dei casi). Questo assetto deriva dalla non disgiun- di Turner non a mosaico. Malgrado tale questione rimanga contro-
zione durante le divisioni meiotiche in uno dei genitori. Le non versa, è importante riconoscere l’eterogeneità cariotipica associata
disgiunzioni materna e paterna durante la prima divisione meiotica alla sindrome di Turner poiché essa è responsabile delle significative
sono implicate all’incirca nella stessa misura. Non c’è differenza fe- variazioni del fenotipo. Nei pazienti che sono realmente 45,X o in
notipica tra coloro che ricevono il cromosoma X extra dal padre e cui la percentuale di cellule 45,X è alta, le alterazioni ­fenotipiche
coloro che lo ereditano dalla madre. L’età della madre è maggiore sono più gravi rispetto a coloro che hanno un mosaicismo facilmente
nei casi associati a errori nell’oogenesi. Oltre a questo cariotipo determinabile. Questi ultimi possono avere un aspetto pressoché
classico, nel 15% circa dei soggetti con sindrome di Klinefelter sono normale e manifestare solo amenorrea primaria. In modo analogo,
stati riscontrati numerosi mosaici, la maggior parte dei quali di tipo i soggetti con una popolazione di cellule contenente un cromosoma
46,XY/47,XXY. Altri pattern sono 47,XXY/48,XXXY e variazioni sul Y (ad es. cariotipo 45,X/46,XY) possono essere a rischio di svilup-
tema. Come accade nelle femmine normali, tutti i cromosomi X pare una neoplasia gonadica (gonadoblastoma).
eccetto uno sono inattivati nella sindrome di Klinefelter. Perché I soggetti più gravemente colpiti in genere manifestano durante
dunque i pazienti con questa sindrome presentano ipogonadismo e l’infanzia edema del dorso della mano e del piede (a causa della stasi
le caratteristiche a esso associate? La spiegazione risiede nel modello linfatica) e talvolta rigonfiamento della parte posteriore del collo.
di inattivazione dell’X. Il gene che codifica per il recettore degli Quest’ultimo è dovuto alla notevole dilatazione dei vasi linfatici, che
androgeni, attraverso cui il testosterone media i propri effetti, mappa produce un cosiddetto igroma cistico (Cap. 10). Quando questi
sul cromosoma X. Il gene del recettore per gli androgeni contiene bambini si sviluppano, i rigonfiamenti scompaiono ma spesso
164 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Figura 5.23 Caratteristiche cliniche e cariotipi della sindrome di Turner.

r­ esiduano uno pterigio bilaterale e persistente lassità della pelle nella Come indicato in precedenza, entrambi i cromosomi X sono attivi
parte posteriore del collo. Comune è anche il disturbo cardiaco durante l’oogenesi e sono essenziali per il normale sviluppo delle
congenito, che colpisce dal 25 al 50% dei pazienti. Le anomalie car- ovaie. Durante lo sviluppo fetale normale le ovaie contengono
diovascolari della parte sinistra, in particolare la coartazione pre- 7 ­milioni di oociti. Gli oociti scompaiono gradualmente: al menarca
duttale dell’aorta e della valvola aortica bicuspide, sono evidenziate il loro numero è sceso a soli 400.000 e quando inizia la menopausa
molto frequentemente e proprio le anomalie cardiovascolari rappre- ne rimangono meno di 10.000. Nella sindrome di Turner, le ovaie
sentano la causa più importante di aumento della mortalità nei fetali si sviluppano normalmente nella fase precoce dell’embrioge-
bambini con sindrome di Turner.52 nesi, ma l’assenza del secondo cromosoma X porta a una perdita
Le principali caratteristiche cliniche nell’adolescente e nell’adul- accelerata degli oociti, che si completa entro i 2 anni d’età. In un
to sono illustrate nella Figura 5.23. Alla pubertà si osserva un man- certo senso, perciò, si può dire che la menopausa avviene prima del
cato sviluppo dei normali caratteri sessuali secondari. I genitali ­restano menarca, e le ovaie sono ridotte a strisce fibrose atrofiche, prive di
infantili, lo sviluppo del seno è inadeguato e la peluria scarsa. Lo sta- ovuli e follicoli (ovaie a striscia). Poiché i pazienti con la sindrome
to mentale di questi soggetti è di solito normale, ma sono stati ri- di Turner presentano anche altre anomalie (non gonadiche), ne
portati lievi difetti nell’elaborazione delle informazioni non verbali, consegue che alcuni geni necessari per la normale crescita e il nor-
visivo-spaziali. Nello stabilire la diagnosi nell’adulto riveste partico­ male sviluppo dei tessuti somatici devono risiedere anche sul cro-
lare importanza la bassa statura (raramente vengono superati i mosoma X. Tra i geni coinvolti nel fenotipo di Turner vi è il gene
150 cm di altezza) e l’amenorrea. La sindrome di Turner è la principale homeobox della bassa statura (SHOX) a livello Xp22.33. Questo è
causa singola di amenorrea primaria ed è responsabile di circa un uno dei tanti geni che rimangono attivi in entrambi i cromosomi X
terzo dei casi. Per ragioni non del tutto chiare, il 50% circa dei sog- e ha un omologo attivo sul braccio corto del cromosoma Y. Sia i
getti sviluppa autoanticorpi contro la tiroide e la metà di questi può maschi sia le femmine normali sono pertanto dotati di due copie di
sviluppare ipotiroidismo clinicamente evidente. Ugualmente miste- questo gene. L’aploinsufficienza di SHOX dà origine alla bassa sta-
riosa è la presenza di intolleranza al glucosio, obesità e insulino- tura: le delezioni del gene SHOX sono infatti riscontrate nel 2-5% dei
resistenza in una minoranza di soggetti. Quest’ultima è importante bambini di bassa statura altrimenti normali. In linea con il suo ruolo
perché la terapia con l’ormone della crescita, comunemente sommi­ di regolatore fondamentale della crescita, il gene SHOX è espresso
nistrato a tali pazienti, peggiora l’insulino-resistenza. durante la vita fetale nelle cartilagini di coniugazione di diverse ossa
La patogenesi molecolare della sindrome di Turner non è del tutto lunghe, come il radio, l’ulna, la tibia e il perone, nonché nel primo
conosciuta, ma gli studi hanno iniziato a chiarire alcuni aspetti.53 e nel secondo arco faringeo, e se la mancanza di SHOX è sempre
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 165

associata alla bassa statura, la presenza di copie in eccesso di questo gonadi sono esclusivamente testicoli, ma i dotti genitali o i genitali
gene risulta viceversa associata all’alta statura. Malgrado possa giu­ esterni sono differenziati in maniera incompleta in senso maschile.
stificare il deficit di crescita nella sindrome di Turner, però, l’aploin- I genitali esterni sono ambigui o completamente femminili. Lo
sufficienza di SHOX non è in grado di spiegare altre importanti pseudoermafroditismo maschile è estremamente eterogeneo, con
caratteristiche cliniche come le malformazioni cardiache e le ano- una molteplicità di cause. Comune a tutti è l’alterata virilizzazione
malie endocrine. È dunque chiaro che debbano essere coinvolti dell’embrione maschile, che di solito deriva da deficit geneticamente
anche molti altri geni localizzati sul cromosoma X. determinati nella sintesi degli androgeni o nella loro attività, o in
entrambi. La forma più comune, chiamata sindrome da completa
insensibilità agli androgeni (femminilizzazione testicolare), deriva da
Ermafroditismo e pseudoermafroditismo
mutazioni nel gene che codifica per il recettore degli androgeni.56
Il problema dell’ambiguità sessuale è estremamente complesso ed è Questo gene è localizzato a livello Xq12, per cui questa malattia è
possibile riportare in questa sede solo alcune limitate osservazioni, ereditata come un carattere recessivo legato all’X.
rimandando per maggiori dettagli alla letteratura specializzata.54
Non sorprenderà gli studenti di medicina il fatto che il sesso di un
individuo possa essere definito a vari livelli. Il sesso genetico è deter- Malattie monogeniche con ereditarietà
minato dalla presenza o dall’assenza di un cromosoma Y e non
importa quanti siano i cromosomi X presenti: un singolo cromoso-
atipica
ma Y determina lo sviluppo dei testicoli e il genere genetico maschi-
le. Le gonadi inizialmente indifferenziate degli embrioni sia maschili È diventato sempre più evidente che la trasmissione di alcune ma-
sia femminili hanno una tendenza intrinseca a femminilizzarsi, a lattie monogeniche non segue i classici principi mendeliani. Questo
meno che non siano influenzate da fattori mascolinizzanti dipen- gruppo di malattie può essere suddiviso in quattro categorie:
denti dal cromosoma Y. Il sesso gonadico si basa dunque sulle carat-
teristiche istologiche delle gonadi. Il sesso duttale dipende dalla Malattie causate da espansioni di triplette ripetute
presenza dei derivati dei dotti di Müller o di Wolff. Il sesso fenotipico, Malattie causate da mutazioni nei geni mitocondriali
o genitale, si basa sull’aspetto dei genitali esterni. L’ambiguità sessuale Malattie associate a imprinting genomico
è presente ogni qualvolta vi sia disaccordo tra questi differenti livelli Malattie associate a mosaicismo gonadico.
nella determinazione del sesso.
Il termine ermafrodita vero implica la presenza di entrambi i tessuti Le caratteristiche cliniche e molecolari di alcune malattie mono-
ovarico e testicolare. Lo pseudoermafroditismo, per contro, rappresenta geniche che esemplificano i modelli di ereditarietà atipica (non
una situazione di discordanza tra sesso fenotipico e gonadico (una classica) sono descritte di seguito.
femmina pseudoermafrodita ha le ovaie ma è dotata di genitali
esterni maschili; un maschio pseudoermafrodita ha i testicoli ma Malattie Causate Da Espansioni
genitali tipici della femmina). Di Triplette Ripetute
L’ermafroditismo vero, che implica la presenza sia di tessuto ova-
rico sia di tessuto testicolare, è una malattia estremamente rara. In La scoperta nel 1991 dell’espansione di sequenze trinucleotidiche
alcuni casi, vi è un testicolo da un lato e un ovaio dall’altro, mentre quale causa della sindrome dell’X fragile è rimasta una pietra miliare
in altri casi si può osservare una combinazione di tessuto ovarico e nella genetica umana. Da allora, almeno 40 malattie umane (Tab. 5.8)
testicolare, nota come ovotestis. Il cariotipo è 46,XX nel 50% dei sono state ricondotte alla ripetizione di nucleotidi instabili,57 e il
soggetti; dei rimanenti, la maggior parte sono mosaici con un cari- numero continua ad aumentare. Alcuni principi generali validi per
otipo 46,XX/46,XY. Solo di rado vi è un corredo cromosomico queste malattie sono i seguenti:
46,XY. La presenza dei testicoli implica che i soggetti con cariotipo
46,XX potrebbero possedere materiale cromosomico Y, e in parti- Le mutazioni causali sono associate all’espansione di una sequen-
colare il gene SRY che impone la differenziazione testicolare. Effet- za di trinucleotidi che di solito posseggono i nucleotidi G e C. In
tivamente, l’analisi molecolare ha evidenziato espressione del gene tutti i casi il DNA è instabile e l’espansione delle triplette oltre una
SRY nell’ovotestis degli ermafroditi veri 46,XX, indicando un chi- determinata soglia altera la funzione del gene in vari modi, come
merismo criptico localizzato alle gonadi o probabilmente una tra- illustrato più avanti.
slocazione tra il cromosoma Y e un autosoma.55 La propensione all’espansione dipende fortemente dal sesso del
Lo pseudoermafroditismo femminile è molto meno complesso. Il genitore che la trasmette. Nella sindrome dell’X fragile, le espan-
sesso genetico in tutti i casi è XX e lo sviluppo delle gonadi (ovaie) sioni avvengono durante l’oogenesi, mentre nella malattia di
e dei genitali interni è normale. Solo gli organi genitali esterni sono Huntington si verificano durante la spermatogenesi.
ambigui o virilizzati. La base dello pseudoermafroditismo femminile Da un punto di vista pratico, le mutazioni possono essere suddi-
è l’eccessiva e inopportuna esposizione agli steroidi androgeni du- vise in due gruppi. Nel primo gruppo, in cui rientrano la s­ indrome
rante la prima fase di gestazione. Tali steroidi derivano principal- dell’X fragile e la distrofia miotonica, le espansioni delle ripeti-
mente dalle surrenali fetali affette da iperplasia surrenale congenita, zioni avvengono nelle regioni non codificanti, mentre in altre
che è trasmessa come carattere autosomico recessivo. In questi pa- condizioni, come la malattia di Huntington, le espansioni si ve-
zienti sono presenti difetti di biosintesi nella via del cortisolo, che rificano in regioni codificanti (Fig. 5.24).
porta secondariamente a un’eccessiva sintesi di steroidi androgeni
da parte della corteccia surrenale fetale (Cap. 24). I meccanismi patogenetici alla base delle malattie causate da
Lo pseudoermafroditismo maschile rappresenta il più complesso mutazioni che coinvolgono le regioni codificanti sembrano essere
di tutti i disturbi del differenziamento sessuale. I soggetti caratteriz- diversi da quelli in cui le espansioni colpiscono regioni non
zati da tale condizione possiedono un cromosoma Y e quindi le loro ­codificanti.58 I primi interessano di solito le ripetizioni della tripletta
166 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Tabella 5.8 Principali malattie da triplette ripetute

N° di ripetizioni
Malattia Gene Locus Proteina Ripetizione Normale Malattia

espansioni relative a regioni non codificanti

Sindrome dell’X fragile FMRI Xq27.3 Proteina FMR1 (FMRP) CGG 6-53 60-200 (pre);
(FRAXA) 230 (full)
Atassia di Friedreich FXN 9q21.1 Fratassina GAA 7-34 34-80 (pre);
100 (full)
Distrofia miotonica DMPK 19q13.3 Protein-chinasi della distrofia CTG 5-37 34-80 (pre);
miotonica (DMPK) 100 (full)

espansioni relative a regioni codificanti

Atrofia muscolare AR Xq12 Recettore degli androgeni (AR) CAG 9-36 38-62
spinobulbare (malattia
di Kennedy)
Malattia di Huntington HTT 4p16.3 Huntingtina CAG 6-35 36-121
Atrofia dentato-rubro-pallido- ATNL 12p13.31 Atrofina-1 CAG 6-35 49-88
luisiana (sindrome di Haw
River)
Atassia spinocerebellare ATXN1 6p23 Atassina-1 CAG 6-44 39-82
di tipo 1
Atassia spinocerebellare ATXN2 12q24.1 Atassina-2 CAG 15-31 36-63
di tipo 2
Atassia spinocerebellare ATXN3 14q21 Atassina-3 CAG 12-40 55-84
di tipo 3 (malattia
di Machado-Joseph)
Atassia spinocerebellare CACNA2A 19p13.3 Subunità del canale del calcio CAG 4-18 21-33
di tipo 6 voltaggio-dipendente a1A
Atassia spinocerebellare ATXN7 3p14.1 Atassina-7 CAG 4-35 37-306
di tipo 7

CAG che codificano per tratti di poliglutammina nelle proteine espansioni interessano regioni non codificanti, per contro, le muta-
­corrispondenti. Tali “malattie da poliglutammina” sono caratteriz- zioni che ne conseguono sono mutazioni con perdita di funzione,
zate da progressiva neurodegenerazione, che di solito colpisce poiché la sintesi proteica (ad es. quella della proteina del ritardo
­persone di mezza età. Le espansioni di poliglutammina portano mentale familiare, FMRP) è inibita. Di solito, tali disturbi colpiscono
all’acquisizione di una funzione tossica, per cui la proteina anomala molti sistemi. Molte patologie da amplificazione di ripetizioni non
interferisce con la funzione della proteina normale.59 Il meccanismo codificanti, infine, sono caratterizzate da un gruppo di espansioni
preciso attraverso cui le proteine con poliglutammina espansa pro- di entità intermedia, o premutazioni, che estendono l’espansione a
vocano la malattia non è stato ancora totalmente compreso, ma sono livello delle cellule germinali, costituendo così mutazioni
comunque emersi alcuni elementi generali. Nella maggior parte dei complete.
casi le proteine sono strutturalmente alterate e tendono ad aggre-
garsi; gli aggregati possono sopprimere la trascrizione di altri geni, Sindrome dell’X fragile
causare disfunzione mitocondriale o scatenare la risposta da stress
da proteine non ripiegate e l’apoptosi (Cap. 1). Una peculiare carat- La sindrome dell’X fragile è il prototipo delle malattie in cui la muta-
teristica morfologica di queste patologie è l’accumulo di proteine zione è caratterizzata da una lunga sequenza di ripetizione di tre
mutate aggregate in ampie inclusioni intranucleari. Quando le nucleotidi. Sebbene la specifica sequenza nucleotidica che subisce

Figura 5.24 Sedi di espansione e sequenze coinvolte nelle principali malattie provocate da mutazioni di ripetizioni nucleotidiche. UTR, regione non
tradotta.
*Sebbene non sia una malattia da triplette ripetute in senso stretto, l’epilessia mioclonica progressiva è causata – come altre patologie di questo gruppo –
da un’espansione ereditaria del DNA. Il segmento espanso si trova nella regione genica del promotore.
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 167

inducibile del cromosoma X e da una rara mutazione all’interno del


gene per il ritardo mentale familiare 1 (FMR1). L’alterazione citoge­
netica è visibile come una discontinuità di colorazione oppure come
un restringimento nel braccio lungo del cromosoma X quando le
cellule sono coltivate in un mezzo privo di folato. Tale punto, in cui
sembra che il cromosoma sia “rotto”, è definito sito fragile (Fig. 5.25).
Occorre notare che nel genoma umano sono stati identificati più di
100 “siti fragili”. Molti, come quello osservato nella sindrome dell’X
fragile, sono sensibili all’assenza di folato nel mezzo, mentre altri
richiedono differenti condizioni di coltura. Il significato della mag-
Figura 5.25 X fragile, osservabile come una discontinuità di colorazione. gior parte dei siti fragili resta sconosciuto, dal momento che molti
(Per gentile concessione del Dr. Patricia Howard-Peebles, University of sono presenti in individui normali.
Texas Southwestern Medical Center, Dallas, TX) Nella sindrome dell’X fragile, i maschi affetti sono mentalmente
ritardati, con un QI tra 20 e 60, ed esprimono un fenotipo fisico
caratteristico che comprende un viso lungo con mandibola grossa,
l’amplificazione differisca nelle circa 20 malattie facenti parte di grandi orecchie a sventola e grossi testicoli (macro-orchidismo).
questo gruppo, nella maggior parte dei casi le sequenze colpite Le ­articolazioni iperestensibili, un palato arcuato e il prolasso della
condividono i nucleotidi guanina (G) e citosina (C). Nella trattazione valvola mitralica riportati in alcuni soggetti simulano una patologia
che segue considereremo le caratteristiche cliniche e la modalità di del tessuto connettivo. Queste e altre anomalie fisiche descritte in
trasmissione della sindrome dell’X fragile, per poi passare ad ana- tale condizione, tuttavia, non sono sempre presenti e, talora, sono
lizzare la lesione molecolare che ne costituisce la causa. Le rimanenti piuttosto lievi. La caratteristica più distintiva è il macro-orchidismo,
malattie appartenenti a questo gruppo sono descritte più avanti, in osservato in almeno il 90% dei maschi in età postpuberale.
questo e in altri capitoli. Come per tutte le malattie legate all’X, la sindrome dell’X fragile
Con una frequenza di 1 su 1.550 per i maschi e di 1 su 8.000 per colpisce i maschi. L’analisi di diversi alberi genealogici, tuttavia,
le femmine, la sindrome dell’X fragile è la seconda causa genetica più evidenzia alcune modalità di trasmissione che non sono tipiche di
comune di ritardo mentale dopo la sindrome di Down. Si tratta di altre malattie recessive legate all’X (Fig. 5.26), in parte descritte
un disturbo legato all’X caratterizzato da un’alterazione ­citogenetica sotto:61

Figura 5.26 Albero genealogico di una sindrome dell’X fragile. Si noti che nella prima generazione tutti i figli sono normali e tutte le figlie sono portatrici.
Durante l’oogenesi nella femmina portatrice, la premutazione si espande sino a mutazione completa; ne consegue che, nella generazione successiva, tutti
i maschi che ereditano il cromosoma X con mutazione completa saranno affetti. Tuttavia, solo il 50% delle femmine che ereditano la mutazione completa
sarà affetto, e solo in maniera lieve. (Per gentile concessione del Dr. Nancy Schneider, Department of Pathology, University of Texas Southwestern Medical
Center, Dallas, TX)
168 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Portatori maschi. Il 20% circa dei maschi che le analisi molecolari presentano un’inattivazione sfavorevole (ossia una più alta percen-
e dell’albero genealogico indicano essere portatori di una muta- tuale di cellule in cui è attivo il cromosoma X che porta la mutazio-
zione X fragile è clinicamente e citogeneticamente normale. ne). Recenti studi indicano che, dopotutto, le premutazioni non sono
I portatori maschi, poiché trasmettono il carattere attraverso tutte così benigne. Circa il 30% delle femmine portatrici della premutazione
le loro figlie (fenotipicamente normali) ai nipoti affetti, sono ha un’insufficienza ovarica precoce (prima dei 40 anni) e circa un
definiti maschi normali portatori. terzo dei maschi portatori della premutazione manifesta una sindrome
Femmine affette. Le femmine portatrici sono affette (ossia men- neurodegenerativa progressiva che esordisce nella 6a decade di vita.
talmente ritardate) nel 30-50% dei casi, una percentuale molto Questa sindrome, indicata come tremore/atassia associata all’X, è
più alta di quella di altre malattie recessive legate all’X. caratterizzata da tremore intenzionale e atassia cerebellare e può
Rischio di effetti fenotipici. Il rischio dipende dalla collocazione degenerare verso il parkinsonismo. È tuttavia chiaro che le anomalie
dell’individuo nell’albero genealogico. I fratelli dei maschi por- nei portatori di premutazioni sono più lievi e si manifestano più
tatori, ad esempio, sono esposti a un rischio del 9% di essere tardi nel corso della vita.
mentalmente ritardati, mentre i nipoti dei maschi portatori han- La base molecolare del ritardo mentale e delle altre alterazioni
no un rischio del 40%. somatiche è correlata a una perdita di funzione della proteina del
Anticipazione. Questo termine indica il fatto che le caratteristiche ritardo mentale familiare (FMRP). Come indicato in precedenza, il
cliniche della sindrome dell’X fragile peggiorano a ogni genera- gene normale FMR1 contiene fino a 46 ripetizioni della tripletta CGG
zione successiva, come se la mutazione diventasse sempre più nella sua regione 5’ non tradotta. Quando le ripetizioni della tripletta
dannosa quando viene trasmessa da un maschio ai suoi nipoti e CGG nel gene FMR1 superano le 230 unità circa, il DNA dell’intera
pronipoti. regione 5’ del gene viene metilato in modo anomalo. La metilazione
si estende anche a monte nella regione promotrice del gene, deter-
Per anni queste insolite caratteristiche hanno costituito un pro- minando la soppressione della trascrizione di FMR1. Si pensa che
blema per i genetisti, ma gli studi molecolari hanno finalmente l’assenza di FMRP che ne consegue causi le alterazioni fenotipiche.
iniziato a fare luce sulla complessità della sindrome dell’X fragile.62,63 FMRP è una proteina citoplasmatica espressa in diversi tessuti,
La prima scoperta è arrivata quando gli studi di associazione hanno più abbondante nel cervello e nei testicoli, i due organi maggior-
localizzato la mutazione responsabile di questa malattia su Xq27.3, mente colpiti in questa malattia. La funzione di FMRP nel cervello
all’interno della regione citogeneticamente anomala. In questa re- comincia ora a essere compresa.64 FMRP è una proteina legante
gione si trova il gene FMR1, caratterizzato da numerose ripetizioni l’RNA associata ai polisomi. A differenza di quanto osservato in altre
in tandem della sequenza nucleotidica CGG nella sua regione 5’ non cellule, nei neuroni la sintesi delle proteine avviene sia nel citoplasma
tradotta. Nella popolazione normale, il numero di ripetizioni CGG perinucleare sia nelle spine dendritiche. Stando alle conoscenze
è ridotto e varia da 6 a 55 (media 29). La presenza dei sintomi clinici attuali, FMRP viene prima trasportata dal citoplasma al nucleo, dove
e di un sito fragile citogeneticamente individuabile è correlata all’am- si assembla in un complesso contenente specifici trascritti di mRNA.
plificazione delle triplette CGG. I maschi portatori normali e le Il complesso assemblato è poi esportato nel citoplasma. Da qui, il
femmine portatrici presentano quindi da 55 a 200 ripetizioni CGG. complesso FMRP-mRNA è trasportato ai dendriti vicini alla sinapsi
Espansioni di queste dimensioni sono chiamate premutazioni. I (Fig. 5.27). Non tutte le specie di mRNA sono trasportate da FMRP
soggetti affetti, per contro, hanno un’espansione estremamente ampia
della regione ripetuta (da 200 a 4.000 ripetizioni, o mutazione com-
pleta). Si pensa che le mutazioni complete nascano dall’ulteriore
amplificazione delle ripetizioni CGG osservate nelle premutazioni.
Il modo in cui questo processo si verifica è abbastanza peculiare. I
maschi portatori trasmettono le ripetizioni alla progenie con piccoli
cambiamenti nel numero di ripetizioni. Quando la premutazione è
trasmessa da una femmina portatrice, tuttavia, vi è un’alta probabilità
che si verifichi una notevole amplificazione delle ripetizioni CGG,
portando a ritardo mentale nella maggior parte della progenie ma-
schile e nel 50% di quella femminile. Pare dunque che durante il
processo di oogenesi – ma non durante quello di spermatogenesi –
le premutazioni possano essere trasformate in mutazioni mediante
amplificazione della sequenza di triplette ripetute. Questo spiega
l’inusuale modalità di trasmissione, ossia il fatto che la probabilità
di ritardo mentale sia molto più alta nei nipoti che nei fratelli dei
maschi portatori, giacché i nipoti corrono il rischio di ereditare una
premutazione dal nonno che viene amplificata a “mutazione com-
pleta” negli oociti della madre. In confronto, i fratelli dei maschi
portatori, essendo “più in alto” nell’albero genealogico, hanno meno
probabilità di avere una mutazione completa. Queste caratteristiche
molecolari hanno anche fornito una spiegazione soddisfacente
dell’anticipazione, un fenomeno osservato dai genetisti clinici ma
non ritenuto vero dai genetisti molecolari finché non sono state
Figura 5.27 Meccanismo d’azione della proteina del ritardo mentale
identificate le mutazioni da triplette ripetute. La ragione per cui solo familiare (FMRP) nei neuroni. (Adattata da Hin P, Warren ST: New insights
il 50% delle femmine con mutazione completa sia clinicamente af- into fragile-X syndrome: from molecules to neurobehavior. Trends Biochem
fetta non è chiara. Presumibilmente, quelle clinicamente affette Sci 28:152, 2003)
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 169

ai dendriti: ciò avviene solo per quelle che codificano per proteine ma non tutte queste molecole. I tessuti e, di fatto, l’intero indivi-
che regolano la funzione sinaptica. A livello delle giunzioni sinap- duo possono quindi presentare sia mtDNA wild-type sia mtDNA
tiche, FMRP sopprime la sintesi proteica dell’mRNA legato, stimolata mutato, una condizione chiamata eteroplasmia. È evidente che ci
dal gruppo I dei recettori metabotropi del glutammato (mGlu-R). debba essere almeno una minima quantità di mtDNA mutato in
Nella sindrome dell’X fragile una riduzione di FMRP ha come con- una cellula o tessuto prima che la disfunzione ossidativa dia
seguenza un’aumentata traduzione degli mRNA legati a livello delle origine alla malattia, il cosiddetto “effetto soglia”. Non sorprende
giunzioni sinaptiche. Tale disequilibrio a sua volta causa alterazioni che la soglia sia raggiunta molto più facilmente nei tessuti meta-
permanenti nell’attività sinaptica e, da ultimo, ritardo mentale. bolicamente attivi elencati in precedenza.67
Sebbene la dimostrazione di un cariotipo alterato abbia portato Durante la divisione cellulare, i mitocondri e il DNA in essi conte-
all’identificazione della sindrome dell’X fragile, l’individuazione nuto sono distribuiti a caso alle cellule figlie. Quando una cellula
mediante PCR delle triplette ripetute rappresenta oggi il metodo contenente mtDNA normale e mutato si divide, quindi, la
elettivo di diagnosi. L’analisi con Southern blot consente di distin- ­percentuale di mtDNA normale e mutato nelle cellule figlie è estre-
guere tra premutazioni e mutazioni in fase di diagnosi sia prenatale mamente variabile. Ne consegue che anche l’espressione delle pato­
sia postnatale. Questa tecnica – descritta nel dettaglio più avanti – si logie derivanti dalle mutazioni del mtDNA è piuttosto variabile.
dimostra dunque valida non solo per stabilire la diagnosi, ma anche
per orientare la consulenza genetica. Le malattie associate all’ereditarietà mitocondriale sono rare e,
come ricordato in precedenza, molte di queste interessano il sistema
neuromuscolare. La neuropatia ottica ereditaria di Leber è un pro-
Mutazioni Dei Geni Mitocondriali,
totipo di questo tipo di malattia. Si tratta di una malattia neurode-
Neuropatia Ottica Ereditaria Di Leber
generativa che si manifesta con una progressiva perdita bilaterale
La grande maggioranza dei geni è localizzata sui cromosomi nel della visione centrale. L’alterazione visiva è osservata per la prima
nucleo delle cellule ed è ereditata secondo le classiche modalità volta tra i 15 e i 35 anni e conduce, nel tempo, alla cecità. In alcune
mendeliane. Numerosi geni mitocondriali mostrano tuttavia un famiglie sono state anche evidenziate alterazioni della conduzione
meccanismo di trasmissione differente. Una caratteristica unica del cardiaca e manifestazioni neurologiche secondarie.68
DNA mitocondriale (mtDNA) è l’ereditarietà materna. Questa pecu-
liarità esiste perché le cellule uovo contengono numerosi mitocondri Imprinting Genomico
all’interno del loro abbondante citoplasma, mentre gli spermatozoi
ne contengono pochi o nessuno. Il corredo di mtDNA dello zigote Tutti ereditiamo due copie di ciascun gene autosomico, portate dai
proviene dunque quasi esclusivamente dall’oocita. Pertanto, la madre cromosomi omologhi materno e paterno. In passato si è sostenuto
trasmette il mtDNA a tutta la progenie, maschile e femminile; sono che non vi fosse alcuna differenza funzionale tra gli alleli derivati
però soltanto le figlie – e non i figli – a trasmettere ulteriormente il dalla madre o dal padre. Studi condotti negli ultimi vent’anni hanno
DNA alla progenie (Fig. 5.28). L’ereditarietà mitocondriale presenta provato definitivamente che, almeno per quanto riguarda alcuni
inoltre molte altre caratteristiche,65,66 di seguito esposte: geni, esistono importanti differenze funzionali tra l’allele paterno e
l’allele materno. Queste differenze derivano da un processo epige-
Il mtDNA umano contiene 37 geni, 22 dei quali sono trascritti netico (illustrato di seguito) chiamato imprinting. Nella maggior
in RNA di trasporto e 2 in RNA ribosomiale. I 13 geni rimanenti parte dei casi, l’imprinting inattiva selettivamente l’allele materno o
codificano per subunità degli enzimi della catena respiratoria. paterno. L’imprinting materno, quindi, indica il silenziamento tra-
Poiché il mtDNA codifica per enzimi coinvolti nella fosforilazione scrizionale dell’allele materno, mentre imprinting paterno significa
ossidativa, le mutazioni che colpiscono questi geni esercitano i che viene inattivato l’allele paterno. L’imprinting avviene nell’uovo
loro effetti patologici primariamente sugli organi più dipendenti o nello sperma, prima della fecondazione, ed è poi trasmesso stabil-
dalla fosforilazione ossidativa, come il sistema nervoso centrale, mente a tutte le cellule somatiche attraverso la mitosi.69 Come in
i muscoli scheletrici, il muscolo cardiaco, il fegato e i reni. altri esempi di regolazione epigenetica, l’imprinting è associato a
Ogni mitocondrio contiene migliaia di copie di mtDNA e, tipi- profili differenziali di metilazione del DNA a livello dei nucleotidi
camente, le mutazioni dannose del mtDNA interessano alcune CG. Altri meccanismi comprendono la deacetilazione e la metilazione

Figura 5.28 Albero genealogico della neuropatia ottica ereditaria di Leber, patologia causata da una mutazione nel DNA mitocondriale. Si noti che tutta
la progenie di un maschio affetto (quadrati scuri) è normale, ma tutti i figli della femmina affetta, indipendentemente dal sesso, manifestano la patologia
(cerchi scuri).
170 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Figura 5.29 Rappresentazione schematica delle alterazioni nelle sindromi di Prader-Willi e di Angelman.

dell’istone H4. Indipendentemente dal meccanismo, si ritiene che La base molecolare di queste due sindromi risiede nell’imprin-
la marcatura dei cromosomi materni e paterni si verifichi durante ting genomico (Fig. 5.29). Sappiamo che un gene o un set di ge-
la gametogenesi e sembra perciò che dal momento del concepimento ni sul cromosoma materno 15q12 è sottoposto a imprinting (e
alcuni cromosomi ricordino da dove provengono (dal padre o dalla quindi silenziato), per cui il solo allele o i soli alleli attivi si trovano
madre). Il numero esatto di geni che subisce l’imprinting non è noto, sul cromosoma paterno. Quando questi vengono persi in seguito
ma si stima che sia compreso tra 200 e 600. Sebbene i geni che hanno a una delezione, il soggetto sviluppa la sindrome di Prader-Willi.
subito l’imprinting possano essere isolati, più frequentemente si Viceversa, un diverso gene che mappa anch’esso sulla stessa regione
trovano in gruppi regolati da elementi comuni che agiscono in po- del cromosoma 15 è sottoposto a imprinting sul cromosoma pa-
sizione cis chiamati regioni di controllo dell’imprinting. Come spes- terno. Solo l’allele di questo gene derivante dalla madre è normal-
so accade in medicina, l’imprinting genomico può essere meglio mente attivo e la delezione di tale gene materno sul cromosoma
compreso considerando due rare malattie genetiche: la sindrome di 15 dà origine alla sindrome di Angelman. Studi molecolari su
Prader-Willi e la sindrome di Angelman. pazienti citogeneticamente normali che presentano la sindrome di
Prader-Willi (ossia su pazienti senza la delezione) hanno rivelato
che questi soggetti hanno due copie materne del cromosoma 15.
Sindrome di Prader-Willi e sindrome di Angelman
L’ereditarietà di entrambi i cromosomi di una coppia da un solo
La sindrome di Prader-Willi è caratterizzata da ritardo mentale, bassa genitore è chiamata disomia uniparentale. Il risultato finale è lo
statura, ipotonia, grave iperfagia, obesità, mani e piedi piccoli e stesso: il soggetto non riceve un set di geni funzionali dai cromo-
ipogonadismo.70 Nel 65-70% dei casi può essere identificata una somi 15 paterni (non imprinted). Anche la sindrome di Angelman,
delezione interstiziale della banda q12 nel braccio lungo del cromo- come atteso, può derivare da disomia monoparentale del cromo-
soma 15, del(15)(q11.2q13). Nella maggior parte dei casi i punti di soma 15 paterno.
rottura sono gli stessi e causano una delezione di 5 Mb. In tutti i casi, La base genetica di questi due disturbi da imprinting è attual-
sorprendentemente, la delezione interessa il cromosoma 15 di deriva- mente in fase di definizione. Nella sindrome di Angelman il gene
zione paterna. A differenza di quanto avviene nella sindrome di colpito è una ligasi dell’ubiquitina coinvolta nella catalizzazione del
Prader-Willi, i pazienti con la sindrome di Angelman, fenotipica- trasferimento dell’ubiquitina attivata ai substrati proteici bersaglio.
mente distinta, nascono con una delezione della stessa regione cro- Il gene, chiamato UBE3A, mappa all’interno della regione 15q12, è
mosomica di derivazione materna. Anche i soggetti affetti dalla sottoposto a imprinting sul cromosoma paterno ed è espresso
sindrome di Angelman sono mentalmente ritardati, ma in più pre- dall’allele materno soprattutto in specifiche regioni dell’encefalo.72
sentano andatura atassica, epilessia e crisi di riso immotivato. L’imprinting è tessuto-specifico in quanto UBE3A è espresso da
A ­causa della loro ilarità e dell’atassia, sono stati definiti “burattini entrambi gli alleli nella maggior parte dei tessuti. Nel 10% circa dei
felici”.71 Il confronto di queste due sindromi dimostra chiaramente casi, la sindrome di Angelman si manifesta non a causa dell’imprin-
gli effetti che l’origine parentale produce sulla funzione genica. ting, ma a causa di una mutazione puntiforme nell’allele materno,
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 171

il che ­istituisce quindi una forte relazione tra il gene UBE3A e la a livello del DNA e proporre test diagnostici per un numero crescente
sindrome di ­Angelman. A differenza della sindrome di Angelman, di malattie genetiche. Inoltre, gli strumenti di genetica molecolare
nessun gene singolo è stato implicato nella sindrome di Prader- sono diventati estremamente importanti per l’indagine e la scoperta
Willi. Si ritiene piuttosto che sia coinvolta una serie di geni localiz- delle basi genetiche delle patologie complesse di più frequente riscon-
zati nell’intervallo 15q11.­2-q13 (che sono sottoposti a imprinting tro, come il diabete mellito, l’aterosclerosi e il cancro. La diagnosi
sul cromosoma materno ed espressi dal cromosoma paterno), tra i molecolare delle malattie ereditarie a livello dell’acido nucleico pre-
quali figura un gene codificante per una piccola riboproteina nu- senta chiari vantaggi rispetto ad altre tecniche alternative:
cleare N, che controlla lo splicing dei geni ed è altamente espressa
nell’encefalo e nel cuore. Si pensa che la perdita di funzionalità della Le analisi molecolari sono altamente sensibili. L’utilizzo della
piccola riboproteina nucleare N contribuisca alla sindrome di PCR, ad esempio, consente di amplificare il DNA o l’RNA nella
­Prader-Willi. La diagnosi molecolare (si veda oltre) di queste sin- misura di molti milioni di volte, al punto che è possibile utilizzare
dromi si basa sulla verifica dello stato di metilazione dei geni mar- anche solo una o 100 cellule per l’analisi. Una quantità di DNA
catori e sulla FISH. sufficiente per l’amplificazione tramite PCR può essere inoltre
L’importanza dell’imprinting non è limitata ai rari disturbi cro- ottenuta da 0,1 ml di sangue o da cellule prelevate dalla mucosa
mosomici. Effetti di origine parentale sono stati identificati in una della bocca.
varietà di malattie ereditarie, come la malattia di Huntington e la Le analisi basate sul DNA non dipendono da un prodotto genico
distrofia miotonica, nonché nella cancerogenesi. che potrebbe essere presente soltanto in certe cellule specializza-
te (ad es. cervello), né dall’espressione di un gene che potrebbe
avvenire in età avanzata. Poiché il gene difettoso responsabile del-
Mosaicismo Gonadico
le malattie genetiche ereditarie è presente nelle cellule germinali,
È stato detto in precedenza che in ogni malattia autosomica domi- ciascuna cellula postzigotica sarà portatrice della mutazione.
nante alcuni soggetti non hanno genitori affetti. In tali soggetti,
l’alterazione è il risultato di una nuova mutazione nell’oocita o nello Indicazioni Per L’analisi Di Alterazioni
spermatozoo da cui essi derivano, e pertanto i loro fratelli non sono Genetiche Germinali
né affetti né esposti a un rischio maggiore di sviluppare la malattia.
Questo tuttavia non avviene sempre. In alcune malattie autosomiche Poiché molte tecniche sono attualmente disponibili per l’analisi di
dominanti, di cui l’osteogenesi imperfetta costituisce un esempio, malattie genetiche, per usare in maniera oculata questi metodi è
genitori fenotipicamente normali hanno più di un figlio affetto. importante definire quali siano i soggetti che necessitano di test
Questo chiaramente infrange le leggi dell’ereditarietà mendeliana. genetici.
Gli studi indicano che il mosaicismo gonadico possa essere respon- Le analisi per le alterazioni ereditarie della linea germinale si
sabile di questi insoliti alberi genealogici.73 Il mosaicismo gonadico possono dividere, in generale, in analisi prenatali e postnatali. Tali
deriva da una mutazione che si verifica nella fase postzigotica du- test possono comprendere la citogenetica convenzionale, l’ibrida-
rante il primo stadio di sviluppo (embrionale). Se la mutazione zione fluorescente in situ (FISH), altre analisi di diagnostica mole-
colpisce soltanto le cellule destinate a formare le gonadi, i gameti colare o una combinazione di queste tecniche.
portano la mutazione ma le cellule somatiche del soggetto sono L’analisi genetica prenatale dovrebbe essere proposta a tutti i
completamente normali, nel qual caso si dice che l’individuo in soggetti a rischio di progenie citogeneticamente anomala. Può essere
questione presenta mosaicismo della linea germinale o gonadico. Un eseguita su cellule ottenute per amniocentesi, su campioni di villi
genitore fenotipicamente normale con mosaicismo della linea ger- coriali o su sangue di cordone ombelicale. Alcune importanti indi-
minale può trasmettere la mutazione causa della malattia alla pro- cazioni sono quelle elencate di seguito:74
genie attraverso il gamete mutato e poiché le cellule progenitrici dei
gameti portano la mutazione, esiste una probabilità concreta che più Età avanzata della madre (35 anni), a causa del maggiore rischio
di un figlio sia affetto. Ovviamente la probabilità di un evento di di trisomie
questo tipo dipende dalla percentuale di cellule germinali che por- Un genitore portatore di una traslocazione reciproca bilanciata,
tano la mutazione. traslocazione robertsoniana o inversione (in questi casi i gameti
possono essere sbilanciati e, quindi, la progenie sarebbe a rischio
di patologie cromosomiche)
Diagnosi molecolare delle malattie Un genitore che ha già un figlio con un’anomalia cromosomica
genetiche Un feto con anomalie evidenziate all’ecografia
Un genitore portatore di una malattia genetica legata all’X (per
determinare il sesso del feto)
Le applicazioni mediche della tecnologia del DNA ricombinante sono Livelli anormali di AFP, b HCG ed estriolo determinati dal co-
diventate di attualità. Con il completamento del Progetto ­Genoma siddetto triple-test.
Umano, l’analisi del DNA è divenuta un potente strumento per la
diagnosi delle malattie umane, sia genetiche sia acquisite. Le tecniche L’analisi genetica postnatale viene di solito effettuata sui linfociti
di diagnostica molecolare hanno trovato applicazione praticamente di sangue periferico. Le indicazioni sono le seguenti:
in tutti i campi della medicina. Fino a quando i modelli di diagnostica
molecolare non sono stati facilmente disponibili, l’analisi delle pato- Anomalie congenite multiple
logie monogeniche (mendeliane) dipendeva dall’identificazione di Inspiegabile ritardo mentale o ritardo nello sviluppo da causa
prodotti genici mutati (ad esempio mutazioni dell’emoglobina o ignota
metaboliti patologici) o dei loro effetti clinici, come il ritardo mentale Sospetta aneuploidia (ad es. caratteristiche della sindrome di
(ad es. nella fenilchetonuria). Oggi è ­possibile identificare le mutazioni Down)
172 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Sospetto sbilanciamento di un autosoma (ad es. sindrome di Rilevazione diretta delle alterazioni della sequenza
Prader-Willi) del DNA tramite sequenziamento
Sospetta anomalia dei cromosomi sessuali (ad es. sindrome di
Turner) Il DNA può essere sequenziato per ottenere una lettura della se-
Sospetta sindrome dell’X fragile quenza dei nucleotidi, e le mutazioni possono essere identificate
Infertilità (per escludere un’anomalia dei cromosomi sessuali) confrontando tale sequenza con una normale (wild-type). La di-
Aborti spontanei multipli (per escludere che i genitori siano sponibilità del sequenziatore di Sanger con nucleotidi modificati
portatori di traslocazione bilanciata; entrambi i partner devono e dell’elettroforesi capillare automatizzata permette di sequenziare
essere esaminati). di routine migliaia di basi di DNA genomico in alcune ore. 75 Sono
stati quindi identificati geni mutati in centinaia di malattie men-
deliane, per la maggior parte delle quali è possibile porre una
Indicazioni Per L’analisi Di Alterazioni
diagnosi definitiva tramite sequenziamento diretto. Alcune pato-
Genetiche Acquisite
logie, per lo più a trasmissione recessiva, sono associate a un nu-
In questa era della “target therapy” sta divenendo sempre più im- mero limitato di mutazioni ricorrenti (ad es. la fibrosi cistica);
portante identificare le specifiche caratteristiche genetico-molecolari molte altre, specialmente quelle a trasmissione dominante, possono
delle malattie acquisite (ad es. cancro e malattie infettive) che in avere mutazioni nelle regioni codificanti del gene. Ostacoli all’uti-
precedenza venivano diagnosticate e trattate sulla base di dati clini- lizzo esclusivo del sequenziamento genico per la diagnosi di tali
copatologici non molecolari. Gli strumenti tecnici sono gli stessi patologie includono sia la difficoltà sia gli alti costi dell’analisi di
usati per le patologie mendeliane germinali, e le attuali indicazioni grossi geni. Il gene associato alla distrofia muscolare di Duchenne,
includono: ad esempio, possiede 79 esoni e il gene FBN1 mutato nella sindro-
me di Marfan ne possiede 65; il sequenziamento di questi geni
Diagnosi e trattamento del cancro (si veda anche Cap. 7) nella loro totalità può rivelarsi economicamente proibitivo con le
Rilevamento di mutazioni acquisite tumore-specifiche e di alte- attuali metodiche. Tra le altre difficoltà, non è infrequente eviden-
razioni citogenetiche che costituiscono i marcatori di tumori ziare alterazioni di sequenza dal significato sconosciuto che non è
specifici (ad es. BCR-ABL1 nella leucemia mieloide cronica possibile classificare con certezza come patogenetiche in assenza
[LMC]). di dati funzionali.
Determinazione di cloni cellulari quali indicatori di una condi- Questo quadro cambia tuttavia a una velocità incredibile. La
zione neoplastica (ossia non reattiva). tecnologia in rapida evoluzione renderà possibile applicare il se-
Identificazione di specifiche alterazioni genetiche che possono quenziamento della linea germinale su larga scala e porterà in un
indirizzare le scelte terapeutiche (ad es. HER2/Neu [nome uffi- futuro non distante al sequenziamento routinario dell’intero geno-
ciale ERBB2] nel tumore della mammella o mutazioni EGFR nel ma del singolo individuo. La tecnologia high-throughput usa i chip
tumore del polmone). (microarray) per sequenziare i geni o porzioni di geni.76 Brevi se-
Determinazione dell’efficacia terapeutica (ad es. riscontro di un quenze di DNA (oligonucleotidi) complementari alla sequenza
residuo minimo di malattia di BCR-ABL1 tramite PCR nella wild-type e alle mutazioni note sono affiancate le une alle altre sul
LMC). chip, e il campione di DNA che deve essere analizzato è ibridato
Riscontro di forme Gleevec resistenti nella leucemia mieloide sull’array (Fig. 5.30). Prima dell’ibridazione il campione è marcato
cronica e nei tumori stromali gastrointestinali. con coloranti fluorescenti. L’ibridazione (e di conseguenza il se-
gnale fluorescente emesso) sarà più forte per il nucleotide che è
Diagnosi e trattamento delle malattie infettive (si veda anche complementare alla sequenza wild-type se non vi sono mutazioni,
Cap. 8) mentre la presenza di una mutazione determinerà l’ibridazione
Evidenza di materiale genetico microrganismo-specifico per una dell’oligonucleotide mutato complementare. Algoritmi compute-
diagnosi definitiva (ad es. HIV, micobatteri, virus del papilloma rizzati possono poi rapidamente decodificare la sequenza di DNA
umano, virus erpetici nel sistema nervoso centrale). per centinaia di migliaia di paia di basi a partire dal pattern dell’ibri-
Identificazione di alterazioni genetiche specifiche nel genoma di dazione fluorescente sul chip e identificare quindi potenziali mu-
batteri associati a farmacoresistenza. tazioni. L’avanzamento tecnologico più entusiasmante è forse il
Determinazione dell’efficacia terapeutica (ad es. misurazione della sequenziamento denominato “next-generation”, in cui la PCR è
carica virale nelle infezioni da virus HIV o HCV). effettuata in un’emulsione a olio che rende possibile oltre un milione
di singole reazioni PCR in una sola volta.77 Anche se attualmente
la tecnica è molto costosa, per ogni singola corsa possono essere
Pcr E Rilevazione Di Alterazioni
sequenziati oltre un miliardo di nucleotidi (un terzo del genoma
Della Sequenza Del Dna
umano). Le sfide bioinformatiche relative alla gestione e all’inter-
L’analisi tramite PCR, basata su un’amplificazione esponenziale del pretazione di un così imponente numero di dati sono attualmente
DNA, ha rivoluzionato la biologia molecolare e oggi è ampiamente impressionanti e grande attenzione si concentra su tali analisi.
utilizzata nella diagnosi molecolare delle patologie umane. Il DNA
viene enormemente amplificato mediante DNA-polimerasi e con-
dizioni di temperatura appropriate, producendo così milioni di Rilevazione di mutazioni del DNA tramite
copie della sequenza di DNA compresa tra i due primer. La suc- metodi indiretti
cessiva identificazione di una sequenza anomala può essere effet-
tuata utilizzando un numero di analisi in continuo aumento. L’ana- Esistono molte tecniche molecolari capaci di rilevare mutazioni del
lisi diretta dei prodotti di PCR è attualmente il metodo più DNA senza un sequenziamento diretto, il cui sviluppo è trainato dai
semplice. costi inferiori e dalla più elevata processività (throughput).
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 173

Figura 5.30 Sequenziamento del DNA basato su microarray. A. Una scansione digitalizzata a bassa risoluzione di un “chip genetico” non supera le
dimensioni di una piccola moneta ma è in grado di sequenziare migliaia di paia di basi di DNA. Microarray di tipo high-throughput sono stati usati per se-
quenziare interi organismi (come i virus), organelli (come i mitocondri) e interi cromosomi umani. B. Un’immagine ad alta risoluzione del chip illustra il
modello di ibridazione corrispondente alla sequenza di un filamento di DNA. Di norma è possibile utilizzare un algoritmo computerizzato che, nell’arco di
pochi minuti, converte i singoli modelli di ibridazione del chip in dati di sequenziamento (con le tecnologie di sequenziamento “tradizionali” occorrerebbero
da giorni a settimane per eseguire tale analisi). Nell’immagine, la sequenza in alto rappresenta la sequenza di riferimento (wild-type), mentre quella in
basso corrisponde alla sequenza del campione analizzato. Come si può vedere, l’algoritmo computerizzato ha identificato una mutazione C→G nel campione
testato. (Adattato da Maitra A et al.: The Human MitoChip: a high-throughput sequencing microarray for the mitochondrial mutation detection. Genome
Res 14:812, 2004)

Un approccio semplice si avvale della digestione del DNA tramite r­ ipetizione di trinucleotidi al terminale 5’ del gene FMR1 sono
enzimi noti come enzimi di restrizione che riconoscono e suc- utilizzati per amplificare le sequenze centrali. Poiché esistono
cessivamente tagliano il DNA a livello di sequenze specifiche. Se grosse differenze nel numero di ripetizioni, la dimensione dei
è noto che una specifica mutazione coinvolge un sito di restrizio- prodotti di PCR ottenuti dal DNA di soggetti normali o di quelli
ne, allora il DNA amplificato potrà essere digerito. Poiché la con premutazione è alquanto diversa. Queste differenze di di-
mutazione riguarda un sito di restrizione, l’allele mutato e l’allele mensione sono rivelate per migrazione differenziale su gel dei
normale daranno origine a prodotti di PCR di diverse dimensio- prodotti del DNA amplificato. A questo punto la mutazione com-
ni, che appariranno come bande differenti all’elettroforesi su gel pleta non può essere identificata mediante PCR perché il segmen-
di agarosio. Non occorre dire che questo approccio è considere- to di DNA interessato è troppo grande per la PCR convenzionale:
volmente meno esaustivo del sequenziamento diretto, ma rimane occorre dunque eseguire un’analisi del DNA genomico mediante
utile nella diagnosi molecolare quando la mutazione causale si Southern blot (si veda il paragrafo “Southern blot”)
verifica sempre a livello di una posizione nucleotidica invariata.
Un altro approccio per l’identificazione di mutazioni in una
specifica posizione nucleotidica (ad es. una mutazione nel codone
12 nell’oncogene KRAS che converte la glicina [GGT] in acido
aspartico [GAT]) consisterebbe nell’aggiungere alla mix PCR
nucleotidi C e T marcati in fluorescenza, nucleotidi che sono
complementari rispettivamente alla sequenza wild-type (G) o
mutata (A). Poiché questi due nucleotidi sono marcati con fluo-
rofori differenti, la fluorescenza emessa dal risultante prodotto
di PCR può essere dell’uno o dell’altro colore, a seconda che una
“C” o una “T” venga incorporata nel processo di estensione del
primer (Fig. 5.31). Il vantaggio di questa strategia di “estensione
allele-specifica” consiste nel fatto che permette di rilevare la pre-
senza di DNA mutato anche in miscele eterogenee di cellule
normali e anomale (ad es. nei campioni ottenuti da pazienti con
una neoplasia sospetta).
Sono disponibili numerose tecniche basate sulla PCR che utiliz-
zano indicatori fluorescenti per rilevare la presenza o l’assenza
di mutazioni in “tempo reale” (ossia durante la fase esponenziale
di amplificazione del DNA). Questo ha notevolmente ridotto il
tempo necessario per rilevare la mutazione eliminando le fasi di
restrizione-digestione e di elettroforesi utilizzate nei saggi di PCR
convenzionale.
Anche le mutazioni che alterano la lunghezza del DNA (ad es.
delezioni o espansioni) possono essere individuate con l’analisi Figura 5.31 PCR allele-specifica per l’evidenziazione di mutazioni in un
mediante PCR. Come abbiamo visto in precedenza, numerose campione eterogeneo contenente un mix di DNA normale e mutato. I
malattie, tra cui la sindrome dell’X fragile, sono associate alla nucleotidi complementari ai nucleotidi mutati e wild-type, nella posizione
nota della base, sono marcati con fluorofori differenti, cosicché l’incorpo-
ripetizione di trinucleotidi. La Figura 5.32 mostra come può es- razione nel prodotto di PCR risultante determini un segnale fluorescente
sere usata l’analisi mediante PCR per identificare questa muta- di intensità variabile a seconda del rapporto tra il DNA mutato e il DNA
zione. Due primer fiancheggianti la regione interessata dalla wild-type.
174 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

possono essere usati per localizzare le regioni cromosomiche di in-


teresse sulla base della loro associazione (linkage) a uno o più geni
putativi di malattia. L’analisi di linkage consiste nella definizione di
questi loci marcatori nei membri di una famiglia che mostrano la
malattia o un tratto di interesse sulla base del presupposto che i loci
marcatori molto vicini all’allele patologico vengono trasmessi lungo
l’albero genealogico (linkage disequilibrium). Con il tempo diventa
possibile definire un “aplotipo di malattia” basato su un panel di loci
marcatori che cosegregano tutti con l’allele putativo di malattia.
L’analisi di linkage, pertanto, facilita la localizzazione e il clonaggio
dell’allele responsabile della malattia. I loci marcatori usati negli studi
di associazione sono variazioni che si presentano spontaneamente
nelle sequenze di DNA note come polimorfismi. Due tipi di polimor-
fismi genetici si dimostrano maggiormente utili per le analisi di
linkage: gli SNP (che includono anche piccoli polimorfismi a inser-
zione-delezione) e i polimorfismi a lunghezza ripetuta definiti mini-
satelliti e microsatelliti. Entrambi sono descritti di seguito.
Gli SNP si presentano approssimativamente con una frequenza
di 1 nucleotide in ogni filamento di circa 1.000 paia di basi e si
trovano sparsi in tutto il genoma (ad es. negli esoni e negli introni
e nelle sequenze di regolazione). Gli SNP servono sia come punto
di riferimento all’interno del genoma sia come marcatore genetico
Figura 5.32 Applicazione diagnostica dell’analisi con PCR e Southern la cui trasmissione può essere tracciata dal genitore al figlio. Grazie
blot nella sindrome dell’X fragile. Grazie alla PCR, le diverse dimensioni alla loro prevalenza nel genoma e alla loro relativa stabilità, gli SNP
delle ripetizioni della tripletta CGG in condizioni di normalità e di premuta- possono essere usati nell’analisi di linkage per identificare aplotipi
zione danno origine a prodotti con dimensioni e mobilità differenti. Nel caso
di una mutazione completa, la regione tra i primer è troppo ampia per es-
associati alla malattia.
sere amplificata mediante PCR convenzionale. Nell’analisi mediante Il DNA umano contiene brevi sequenze ripetute di DNA che
­Southern blot il DNA viene tagliato da enzimi fiancheggianti la regione delle danno origine ai cosiddetti polimorfismi a lunghezza ripetuta. Que-
ripetizioni CGG e viene quindi ibridato con una sonda di DNA complemen- sti polimorfismi sono spesso suddivisi in base alla loro lunghezza in
tare che si lega alla porzione genica interessata. Nei maschi normali si microsatelliti e minisatelliti. I microsatelliti sono generalmente più
osserva una sola piccola banda, nei maschi con premutazione una banda
con un peso molecolare maggiore e nei soggetti con mutazione completa piccoli di 1 chilobase e sono caratterizzati da ripetizioni della di-
una banda molto grande (di solito diffusa). mensione di 2-6 paia di basi. I minisatelliti, in confronto, sono più
grandi (1-3 chilobasi) e il motivo ripetuto consiste di solito di 15-70
Marcatori Polimorfici E Diagnosi paia di basi. È importante osservare che il numero di ripetizioni, sia
Molecolare nei microsatelliti sia nei minisatelliti, è estremamente variabile in
una data popolazione e pertanto queste sequenze di DNA possono
L’individuazione di mutazioni attraverso i metodi sopra illustrati è essere utilizzate molto efficacemente per stabilire l’identità genetica
possibile solo se il gene responsabile di una data malattia genetica è nelle analisi di linkage. I microsatelliti e i più piccoli minisatelliti
conosciuto e la sua sequenza è nota. In alcune patologie dotate di una possono essere facilmente distinti utilizzando primer di PCR che si
base genetica tali approcci non sono praticabili, sia perché il gene trovano adiacenti alla regione ripetuta (Fig. 5.33 A). Si noti che
causale non è stato identificato sia perché la malattia è multifattoriale nell’esempio proposto nella Figura 5.33 tre alleli differenti danno
e non è coinvolto esclusivamente un singolo gene. In questi casi, origine a prodotti di PCR di lunghezze diverse (da qui il nome
marcatori alternativi nel genoma, noti anche come loci marcatori, “polimorfismi di lunghezza”).

Figura 5.33 Polimorfismi del DNA dati da un numero variabile di ripetizioni CA. I tre alleli producono prodotti di PCR di dimensioni diverse, rivelando
così la loro provenienza da specifici cromosomi. Nell’esempio illustrato, l’allele C è legato a una mutazione responsabile della malattia autosomica domi-
nante del rene policistico (PKD). Una sua applicazione per rilevare la progenie che porta il gene-malattia (simboli rossi) è illustrata con un ipotetico albero
genealogico in cui i maschi corrispondono ai quadrati e le femmine sono rappresentate dai cerchi.
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 175

L’analisi di linkage può essere utile nella diagnosi prenatale o p­ atologia esaminata. Una variazione in un gene il cui prodotto
presintomatica di patologie quali la malattia di Huntington e il rene regola il tono della muscolatura liscia vasale (come l’angiotensina),
policistico a trasmissione autosomica dominante, sebbene il gene ad esempio, ha una forte probabilità di influenzare il rischio di
associato alla malattia sia noto in entrambe le condizioni. In gene- ipertensione. Come si può immaginare, tuttavia, nessuna cono-
rale, quando il gene associato alla patologia è noto, la scelta di scenza pregressa avrebbe fatto sospettare che alcuni geni candidati
elezione rimane l’individuazione della mutazione responsabile fossero associati a particolari malattie: simili sorprese sono uno
tramite sequenziamento diretto. L’analisi di linkage, tuttavia, può dei vantaggi della natura sistematica e senza rumore di fondo dei
essere utile se la malattia origina da svariate mutazioni differenti in GWAS.
un dato gene (ad es. fibrillina-1, si veda il paragrafo “Sindrome di Due importanti avanzamenti tecnologici hanno aperto la nuova
Marfan”) e se il sequenziamento del gene è non praticabile o risulta strada dei GWAS: dapprima il completamento del cosiddetto pro-
negativo ma sussiste un forte sospetto clinico. La Figura 5.33 B il- getto “HapMap” che ha fornito modelli di linkage disequilibrium
lustra come i polimorfismi dei microsatelliti possano essere utiliz- più completi per i principali gruppi etnici, sulla base della mappa-
zati per tracciare l’ereditarietà della malattia autosomica dominante tura genome-wide di polimorfismi a singolo nucleotide (SNP).
del rene policistico. In questo caso l’allele C, che fornisce un pro- L’intero genoma umano può essere ora suddiviso in blocchi noti
dotto di PCR più grande rispetto all’allele A o B, porta il gene cor- come “aplotipi” contenenti un numero variabile di SNP adiacenti
relato alla malattia. Tutti i soggetti che portano l’allele C sono quindi sullo stesso cromosoma che si trovano in linkage disequilibrium
affetti. e che vengono pertanto ereditati insieme in un unico raggruppa-
Le analisi per identificare i polimorfismi genetici sono anche mento. Di conseguenza, piuttosto che analizzare ogni singolo SNP
importanti in molte altre aree della medicina, ad esempio per la nel genoma umano, è possibile ottenere informazioni analoghe su
determinazione della parentela e dell’identità nel trapianto, nella un tratto di DNA comune cercando semplicemente gli aplotipi che
genetica del cancro, per il test di paternità e nella medicina forense. tendono a cosegregare, usando uno o più SNP che “etichettano” o
Grazie alla loro diffusione nell’intero genoma umano ed essendo identificano uno specifico aplotipo. Il secondo avanzamento tec-
altamente polimorfi, i microsatelliti costituiscono lo strumento nologico riguarda la possibilità di genotipizzare simultaneamente
ideale per distinguere due individui e per seguire la trasmissione del in una sola volta un numero variabile da centinaia di migliaia a un
marcatore da genitore a figlio. Le analisi PCR con panel di microsa- milione di SNP, con un buon rapporto costo/efficacia, usando la
telliti sono state ampiamente validate e sono oggi usate di routine tecnologia dei chip di SNP ad alta densità. La Figura 5.34 mostra
per determinare la paternità e nelle indagini criminali. La tecnologia come le informazioni fornite da “HapMap” – consultabili pubbli-
del DNA costituisce uno strumento di importanza critica nelle camente – siano utilizzate per fabbricare i chip di SNP capaci di
identificazioni forensi poiché la PCR può essere effettuata anche con individuare gli aplotipi genome-wide in modo imparziale. Il DNA
campioni biologici altamente degradati. Le stesse analisi sono state di una coorte di individui con un tratto definito di patologia
utilizzate per l’individuazione e la quantificazione del chimerismo (ad ­­es. ipertensione) è dunque analizzato utilizzando i chip di SNP
nei trapianti di midollo osseo allogenico. per l’individuazione di aplotipi iperrappresentati rispetto agli in-
dividui che non portano tale tratto (ossia nei controlli). Tale analisi
è seguita dall’approccio precedentemente descritto del “gene can-
Polimorfismi e analisi genome-wide
didato” per la localizzazione del gene causale (e in alcuni casi, dei
L’analisi di linkage che utilizza il DNA dei familiari affetti da una polimorfismi funzionali all’interno di quel gene) associato al tratto
patologia, come descritto in precedenza, è stata utilizzata per indi- analizzato.
viduare geni con effetti rilevanti e con un’alta penetranza, ossia quei I GWAS non solo hanno permesso di fare luce su alcune delle
geni che determinano malattie mendeliane. Analisi di questo tipo patologie umane più frequenti come il diabete, l’ipertensione, le
per patologie complesse (multifattoriali) si sono rivelate tuttavia coronaropatie, la schizofrenia, altri disturbi mentali e l’asma, ma
inefficaci poiché gli studi di linkage tradizionali non possiedono una hanno portato anche all’identificazione di loci genetici che mo-
potenza statistica sufficiente per evidenziare varianti geniche con dulano tratti quantitativi comuni nell’uomo, come l’altezza, la
effetti modesti e bassa penetranza, caratteristiche dei geni coinvolti massa corporea, il colore dei capelli e degli occhi e la densità ossea.
nelle malattie complesse. Un elenco aggiornato dei GWAS pubblicati – che attualmente
Tali limitazioni sembrano essere state superate con gli studi di raccoglie oltre 200 studi, ma in costante espansione – è tenuto dal
associazione genome-wide (GWAS), un potente strumento per National Human Genome Research Institute (www.genome.gov).
l’identificazione di varianti genetiche associate a un aumentato La potenza dei GWAS è sottolineata dal fatto che nell’arco di un
rischio di sviluppare una particolare patologia.78 Alcune varianti periodo estremamente breve sia stata identificata quasi una doz-
possono essere direttamente causa di malattia oppure possono zina di geni responsabili di conferire un rischio per il diabete di
trovarsi in linkage disequilibrium con altre varianti geniche re- tipo 2, tra i quali uno in particolare, TCF7L2, che si è imposto
sponsabili di un accresciuto rischio di sviluppare la patologia. Nei quale forte gene candidato (si veda il Cap. 24 per una trattazione
GWAS viene analizzato l’intero genoma di ampie coorti di pazien- approfondita).
ti con e senza malattia (anziché famiglie) alla ricerca di varianti Con il progressivo ridursi dei costi relativi alla genotipizzazione
geniche o polimorfismi che risultino iperrappresentati nei pazienti dei singoli pazienti per gli SNP che li renderebbero “a rischio” per
affetti dalla patologia. Questo processo consente di identificare una varietà di malattie multifattoriali nel corso della loro vita, va
regioni del genoma contenenti varianti geniche o geni che confe- emergendo nella comunità biomedica la preoccupazione che tali
riscono una suscettibilità di malattia. La variante genica all’interno informazioni possano essere utilizzate con intento discriminatorio
della regione è in seguito identificata in maniera provvisoria usan- nell’ambito professionale o dalle assicurazioni sanitarie. Per questa
do l’approccio del “gene candidato”, nel quale i geni vengono se- ragione, nel 2008, negli Stati Uniti è stata varata una legge che proi-
lezionati in base al grado di associazione alla patologia e alla bisce esplicitamente la discriminazione basata sul patrimonio gene-
probabilità che la loro funzione biologica sia coinvolta nella tico dell’individuo.
176 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Figura 5.34 Schema generale per condurre uno studio di associazione genome-wide (GWAS). Utilizzando i dati di “HapMap” (liberamente
accessibili), è possibile dividere il genoma umano in “aplotipi” – ossia regioni di DNA contiguo ereditate in blocco – ognuno identificato da uno o più
SNP, “etichette” che identificano l’aplotipo stesso. Nell’esempio illustrato, il locus 1 contiene tre aplotipi definiti da combinazioni diverse di SNP, in
cui il colore bianco indica la sequenza “normale” più comune mentre ogni altro colore indica uno SNP diverso; così, questi aplotipi possono essere
distinti saggiando solamente gli SNP marcati in blu o in lilla. Vengono quindi costruiti chip ad alta densità di SNP contenenti queste “etichette” al fine
di ottenere un’analisi genome-wide priva di bias di aplotipi condivisi tra le popolazioni affette e quelle di controllo. Si precisa che il termine “malattia”
indica qualsiasi fenotipo definito: potrebbe pertanto denotare sia una patologia vera e propria come l’ipertensione sia un tratto quantitativo come il
colore dei capelli o degli occhi. Successivamente, il DNA ottenuto dalle due coorti viene analizzato per evidenziare un’iperrappresentazione di SNP
nella popolazione affetta (i “casi”) rispetto ai campioni di controllo – un’analisi è nota come studio caso-controllo. Le regioni genomiche condivise più
significative e di interesse sono poi esaminate per geni candidati (ne è un esempio, in uno studio volto a indagare loci associati all’ipertensione,
l’angiotensinogeno, un gene sul cromosoma 1 il cui prodotto regola il tono della muscolatura liscia vasale). Il passo finale è l’esecuzione di un secondo
studio caso-controllo, questa volta utilizzando gli SNP localizzati all’interno del gene di interesse al fine di confermare o confutare l’associazione con
il tratto, spesso in una popolazione indipendente da quella nella quale è stato condotto il GWAS iniziale. In questo esempio, i singoli SNP all’interno
del gene dell’angiotensinogeno vengono evidenziati come barre verticali rosse, e tali SNP saranno esaminati nella seconda fase dello studio caso-
controllo. (Modificata da Mathew CG: New links to the pathogenesis of Crohn disease provided by genome-wide association scans. Nat Rev Genet
9(1):9–14, 2008)

Analisi Molecolare Delle Alterazioni Southern blot


Genomiche
Eventuali modificazioni nella struttura di specifici loci possono
Un numero significativo di alterazioni genetiche comprende essere identificate con il Southern blot, tecnica che prevede l’ibri-
le ­delezioni estese, le duplicazioni o riarrangiamenti più comples- dazione di sonde marcate con sostanze radioattive sequenza-­
si che non sono facilmente evidenziati con l’ausilio di metodi specifiche per il DNA genomico che è stato prima digerito con un
di PCR o con il sequenziamento. Tali alterazioni “genomiche” enzima di restrizione e separato mediante elettroforesi su gel. La
­possono essere studiate utilizzando una varietà di tecniche basate sonda individua di solito una banda della linea germinale in indi-
sull’ibridazione. vidui normali. Un campione di DNA normale è fondamentale per
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 177

confrontare il modello del DNA in questione. Dopo l’introduzione acuta con acido retinoico, sostanza efficace esclusivamente in un
della FISH e della tecnologia dei microarray, l’impiego del Southern particolare sottotipo di leucemia con una traslocazione cromoso-
blot è divenuto più sporadico, ma rimane comunque utile per in- mica del gene codificante per il recettore dell’acido retinoico (Cap.
dividuare malattie da espansione di triplette tra cui la sindrome 14). La FISH può essere effettuata su campioni prenatali (ad es.
dell’X fragile (si veda Fig. 5.32) e per definire i riarrangiamenti cellule ottenute dall’amniocentesi, dalla biopsia dei villi coriali o
genici delle immunoglobuline clonali nella diagnosi di linfoma. Il dal sangue del cordone ombelicale), su linfociti del sangue perife-
Southern blot verrà sostituito progressivamente da metodi basati rico, su preparati da biopsie di tumori e anche da sezioni tissutali
sulla PCR. precedentemente archiviate. La FISH è stata usata per individuare
anomalie cromosomiche di tipo numerico (aneuploidia, si veda Fig.
5.20), per dimostrare piccole microdelezioni (si veda Fig. 5.22) o
Ibridazione fluorescente in situ (FISH)
complesse traslocazioni non evidenziabili dall’analisi routinaria del
La FISH usa sonde di DNA che riconoscono sequenze specifiche cariotipo, per l’analisi dell’amplificazione di geni (ad es. HER2/NEU
di particolari regioni cromosomiche. Nell’ambito del Progetto nel tumore della mammella o l’amplificazione di N-MYC nel neu-
­Genoma Umano, sono state create grandi biblioteche di cromosomi roblastoma) e per la mappatura di geni di interesse recentemente
artificiali tramite batteri che coprono l’intero genoma umano. isolati ai loro loci cromosomici. La colorazione del cromosoma è
­L ’inserzione di DNA umano in questi cloni è nell’ordine di un’estensione della FISH e prevede la preparazione di sonde per
­100.000-200.000 paia di basi, valore che definisce il limite di riso- interi cromosomi. Il numero di cromosomi che possono essere
luzione della FISH per identificare i cambiamenti cromosomici. rilevati contemporaneamente mediante chromosome painting è li-
Questi cloni di DNA sono marcati con coloranti fluorescenti e si mitato dalla disponibilità di coloranti fluorescenti che emettano
legano ai cromosomi metafasici o ai nuclei in interfase. La sonda si segnali a differenti lunghezze d’onda. Questa limitazione è stata
ibrida alla sua sequenza genomica omologa e quindi marca una superata dall’introduzione del cariotipo mediante spettroscopia
specifica regione cromosomica che può essere visualizzata con un (anche chiamato FISH multicolore). Usando una combinazione di
microscopio a fluorescenza. La metodica FISH permette di ovviare cinque fluorocromi e appropriati segnali generati elettronicamente
alla necessità di cellule in divisione ed è di particolare importanza è possibile visualizzare l’intero genoma umano (Fig. 5.35). Il cari-
quando è necessaria una rapida diagnosi – ad esempio. nel caso in otipo mediante spettroscopia (SKY) è talmente potente che lo si
cui si debba decidere di trattare un paziente con leucemia mieloide potrebbe definire “cariotipo spettacolare”.

Figura 5.35 Studi FISH in cui viene impiegata una FISH multicolore in un bambino con un’anomalia indeterminata. Questa tecnica usa sonde marcate
con una sostanza radioattiva con 23 miscele distinte di 5 fluorocromi per creare un “colore” unico per ciascun cromosoma. Questa analisi ha rivelato un
cromosoma 9 anomalo, con una regione 9p che contiene materiale supplementare proveniente da 22q. (Per gentile concessione del Dr. Stuart Schwartz,
Department of Pathology, University of Chicago, Chicago, IL)
178 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

Figura 5.36 A. L’analisi array CGH prevede l’ibridazione del DNA “campione” marcato in fluorescenza e del DNA di “controllo” su una superficie con-
tenente migliaia di sonde che corrispondono a regioni cromosomiche definite nel genoma umano. La risoluzione della maggior parte degli array CGH at-
tualmente disponibili è nell’ordine delle 200-500 chilobasi circa. Una lettura a più alta risoluzione degli array mostra le anomalie relative al numero di copie
nel campione (Cy5, rosso), con l’inclusione delle regioni di amplificazione (spot con eccesso di segnale rosso) e di delezione (spot con eccesso di segnale
verde); gli spot gialli corrispondono a regioni con un normale numero di copie (diploidi). B. I segnali di ibridazione vengono digitalizzati per ottenere un
cariotipo virtuale del genoma del campione testato. Nell’esempio illustrato, un array CGH di una linea cellulare neoplastica identifica un’amplificazione a
livello del braccio lungo del cromosoma 8 distalmente, che corrisponde a un aumentato numero dell’oncogene MYC. (A. Da Snijders AM et al.: Assembly
of microarrays for genome-wide measurement of DNA copy number. Nat Genet 29:263, 2001. Web Figure A, Copyright 2001. Ristampata per gentile
concessione di Macmillan Publishers Ltd)

Ibridazione genomica comparativa basata sugli array possono essere localizzate in maniera ancora più efficiente, spesso
(array CGH) fino ad alcune migliaia di paia di basi. Array più recenti forniscono
inoltre una risoluzione più alta con più di 100.000 sonde per array
Risulta evidente dalla discussione appena conclusa che la FISH e sono utilizzati per evidenziare anomalie relative al numero di
richiede una conoscenza pregressa dell’una o più regioni cromo- copie in una varietà di malattie, dal cancro all’autismo. Un array
somiche specifiche che si sospetta siano alterate nel campione te- CGH è regolarmente effettuato nei casi di ritardo dello sviluppo
stato. Le anomalie genomiche, tuttavia, possono anche essere in- mentale di eziologia sconosciuta o nei bambini con caratteristiche
dividuate senza che vi sia una precedente conoscenza di quali dismorfiche a cariotipo negativo.
possano essere tali aberrazioni, utilizzando una strategia globale Come indicato nelle pagine precedenti, le CNV sono una fonte
come gli array CGH. Nell’analisi array CGH il DNA da testare e il di polimorfismo genetico di recente individuazione, scoperte usando
DNA di riferimento (normale) vengono marcati con due coloranti la tecnologia array CGH. Sebbene rappresentino una pista partico-
fluorescenti diversi (in genere Cy5 e Cy3, che possiedono rispet- larmente interessante per cercare di comprendere le marcate diffe-
tivamente una fluorescenza rossa e verde, Fig. 5.36). I campioni renze tra i genomi dei diversi individui, le CNV possono porre dei
marcati in modo differente sono poi ibridati su una superficie di problemi nell’interpretazione clinica dei dati degli array CGH.79
vetro puntinata con sonde di DNA che coprono il genoma umano Quando si confrontano due genomi che includono milioni di basi
a intervalli regolari; di solito coprono tutti i 22 autosomi e il cro- di DNA, di solito si osservano numerose CNV e può risultare difficile
mosoma X. Se i contributi di entrambi i campioni risultano uguali decidere se uno specifico cambiamento sia un polimorfismo benigno
per una data regione cromosomica (ossia se l’esemplare testato è oppure una duplicazione o una delezione causa di malattia. Gli
diploide), tutte le macchie sull’array appariranno con una fluore- odierni database delle CNV si dimostrano di grande aiuto per sta-
scenza gialla (il risultato di una uguale mescolanza dei coloranti bilire la rilevanza di CNV dubbie. Un’altra limitazione delle piatta-
verde e rosso). Viceversa, se il campione analizzato mostra un forme di array CGH esistenti è che non sono in grado di evidenziare
eccesso di DNA in una data regione cromosomica (risultato di traslocazioni bilanciate, in cui c’è un riarrangiamento ma senza
un’amplificazione), si rileverà un corrispondente eccesso di segnale acquisizione o perdita di materiale genetico. A ogni modo, la sensi-
del colorante con il quale era stato marcato tale campione. L’op- bilità enormemente superiore degli approcci di biologia molecolare
posto avverrà nel caso di una delezione, con un eccesso del segnale giustificherebbe l’utilizzo di analisi quali l’array CGH come test
utilizzato per identificare il campione di riferimento. Allo stato diagnostici genomici di prima linea dotati del potenziale per sosti-
attuale le amplificazioni e le delezioni del campione analizzato tuire le tecniche di cariotipizzazione tradizionali.
CAPITOLO 5 Malattie genetiche 179

Alterazioni Epigenetiche l’HCV. Il profilo di espressione dell’mRNA (descritto nei Capp. 7 e 23),
inoltre, sta rapidamente diventando uno strumento significativo per
L’epigenetica è definita come lo studio delle modificazioni chimiche la stratificazione molecolare dei tumori. Alcune cellule tumorali che
ereditabili del DNA o della cromatina che non alterano la sequenza mostrano una particolare traslocazione cromosomica sono eviden-
del DNA stesso. Esempi di tali modificazioni includono la metila- ziate con maggiore sensibilità tramite l’analisi dell’mRNA (ad es.
zione del DNA e la metilazione e acetilazione degli istoni. Le cono- la fusione di BCR-ABL nella LMC). Ciò è dovuto per lo più al fatto
scenze relative a questi tipi di alterazione molecolare evolvono che la maggior parte delle traslocazioni si verifica in ubicazioni
­rapidamente ed è chiaro che le modificazioni epigenetiche hanno sparse all’interno di particolari introni che possono essere molto
un’importanza critica per il normale sviluppo dell’individuo – grandi e superare di gran lunga la capacità di amplificazione della
­inclusa la regolazione dell’espressione di geni tessuto-specifici, PCR convenzionale. Poiché gli introni vengono rimossi dallo spli-
­l’inattivazione del cromosoma X e l’imprinting, nonché per la com- cing durante la formazione dell’mRNA, l’analisi PCR è possibile se
prensione delle alterazioni cellulari coinvolte nel processo di invec- l’RNA viene dapprima convertito a cDNA dalla trascrittasi inversa.
chiamento e nel cancro.80,81 La PCR effettuata sul cDNA è il metodo di elezione per rilevare
L’espressione di un gene correla frequentemente con il grado di residui minimi di malattia in pazienti con leucemia mieloide cronica
metilazione del DNA, di solito a livello del nucleotide citosina, in (Cap. 13).
modo specifico nelle regioni del promotore ricche di dinucleotidi In conclusione, occorre sottolineare che i progressi compiuti nello
CG note come “isole di CpG”. Come illustrato in precedenza nella svelare le basi genetiche delle malattie umane promettono svilup-
sezione sull’imprinting genomico, un’aumentata metilazione di questi pi sbalorditivi per gli anni a venire. Un settore completamente nuo-
loci è associata a una ridotta espressione genica ed è accompagnata vo della medicina personalizzata e della genomica sta per essere
da un pattern concomitante di metilazione e acetilazione degli istoni. sviluppato.
Un numero sempre crescente di patologie necessita dell’analisi della
metilazione del promotore – ad esempio per la diagnosi della sin- Bibliografia
drome dell’X fragile, in cui un’ipermetilazione determina il silenzia- 1. International Human Genome Sequencing Consortium: Finishing the euchro-
mento del gene FMR1. L’analisi della metilazione è inoltre essenziale matic sequence of the human genome. Nature 431931, 2004.
nella diagnosi delle sindromi di Prader-Willi e di Angelman. 2. Plomin R, Schalkwyk LC: Microarrays. Dev Sci 10:19, 2007.
Poiché il sequenziamento tradizionale di Sanger consente di 3. Gresham D et al.: Comparing whole genomes using DNA microarrays. Nat Rev
Genet 9:291, 2008.
evidenziare una metilazione del DNA, sono state sviluppate altre 4. Iafrate AJ et al.: Detection of large-scale variation in the human genome. Nat
tecniche per scoprire queste modificazioni chimiche. Un approccio Genet 36:949, 2004.
comune è il trattamento del DNA genomico con bisulfito di sodio, 5. Sebat J et al.: Large-scale copy number polymorphism in the human genome.
una sostanza chimica che converte in uracile le citosine non metilate, Science 305:525, 2004.
mentre le citosine metilate non vengono alterate. Un’analisi chiamata 6. Redon R et al.: Global variation in copy number in the human genome. Nature
444:444, 2006.
PCR metilazione-specifica utilizza due coppie di primer per analiz- 7. Esteller M: Epigenetics and cancer. N Engl J Med 358:1148, 2008.
zare i loci di una singola catena di DNA: una coppia di primer evi- 8. Bayat A: Science, medicine, and the future: bioinformatics. BMJ 324:1018, 2002.
denzia una sequenza di DNA con citosine non metilate (che sono 9. Jay C et al.: miRNA profiling for diagnosis and prognosis of human cancer. DNA
convertite a uracile in seguito al trattamento con bisulfito) e l’altra Cell Biol 26:293, 2007.
10. Eulalio A et al.: Getting to the root of miRNA-mediated gene silencing. Cell
evidenzia le sequenze di DNA con citosine metilate (che rimangono 132:9, 2008.
citosine in seguito al trattamento con bisulfito).82 Sono in fase di 11. Rimoin DL et al.: Nature and frequency of genetic disease. In Rimoin DL, et al
sviluppo tecniche supplementari che forniscano una fotografia (eds): Emery and Rimoin’s Principles and Practice of Medical Genetics. 3rd ed.
istantanea ad ampio spettro di tutto il genoma del DNA regolato New York, Churchill Livingstone, 1997, p 32.
epigeneticamente. Queste tecniche si basano sulla capacità di rilevare 12. Ensenauer RE et al.: Primer on medical genomics. Part VIII: essentials of medical
genetics for the practicing physician. Mayo Clin Proc 78:846, 2003.
modificazioni degli istoni come le metilazioni e le acetilazioni (che, 13. Willard HF: Tales of the Y chromosome. Nature 423:810, 2003.
al pari della metilazione del DNA, sono regolatori importanti 14. Gomase VS et al.: Pharmacogenomics. Curr Drug Metab 9:207, 2008.
dell’espressione genica) usando anticorpi contro istoni specificamen- 15. Ramirez F, Dietz HC: Marfan syndrome: from molecular pathogenesis to clinical
te modificati. Tali anticorpi possono essere usati per fare precipitare treatment. Curr Opin Genet Dev 17:252, 2007.
16. Judge DP, Dietz HC: Therapy of Marfan syndrome. Ann Rev Med 59:43, 2008.
sequenze di DNA legato, secondo un metodo definito immunopre- 17. Mao JR, Bristow J: The Ehlers-Danlos syndrome: on beyond collagens. J Clin
cipitazione della cromatina (ChIP). Queste sequenze precipitate Invest 07:1063, 2001.
possono essere poi amplificate e analizzate tramite l’ibridazione con 18. Yeowell HN, Walker LC: Mutations in the lysyl hydroxylase 1 gene that result in
i microarray (“ChIP on Chip”) o sequenziate (“ChIP-Seq”) al fine di enzyme deficiency and the clinical phenotype of Ehlers-Danlos syndrome type
mappare i geni modificati epigeneticamente in tutto il genoma.83,84 VI. Mol Genet Metab 71:212, 2000.
19. Pepin MG, Byers PH: Ehler-Danlos syndrome, vascular type. Gene Rev. Available
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lable at http://www.ncbi.nlm.nih.gov/bookshelf/br.fcgi?book=gene&part=eds.
(2007).
Modificazioni a livello del DNA determinano alterazioni nell’espres- 21. Soutar AK, Naoumova RP: Mechanisms of disease: genetic causes of familial
sione dell’mRNA. Partendo da questo presupposto, dovrebbe essere hypercholesterolemia. Nat Clin Pract Cardiovasc Med 4:214, 2007.
possibile utilizzare l’analisi dell’espressione dell’mRNA nella diagnosi 22. Vellodi A: Lysosomal storage disorders. Br J Hematol 128:413, 2004.
delle malattie genetiche, ma da un punto di vista pratico si preferisce 23. Fan JQ: A counterintuitive approach to treat enzyme deficiencies: use of enzyme
nettamente la diagnosi basata sul DNA, poiché il DNA è molto più inhibitors for restoring mutant enzyme activity. Biol Chem 389:1, 2008.
24. Kaback MM: Hexosaminidase A deficiency. Gene Rev. Available at http://www.
stabile. L’analisi dell’RNA è nondimeno fondamentale in molti campi ncbi.nlm.nih.gov/bookshelf/br.fcgi?book=gene&part=tay-sachs.(2006).
della diagnostica molecolare. L’applicazione più importante riguarda 25. Schuchman EH: The pathogenesis and treatment of acid sphingomyelinase-
l’identificazione e la quantificazione dei virus a RNA come l’HIV e deficient Niemann-Pick disease. J Inherit Metab Dis 30:654, 2007.
180 CAPITOLO 5 Malattie genetiche

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6
Malattie del sistema
immunitario
Risposte immunitarie fisiologiche Sclerosi sistemica (sclerodermia)
Immunità innata Eziologia e patogenesi
Immunità acquisita Miopatie infiammatorie
Componenti del sistema immunitario: cellule, tessuti Connettivite mista
e molecole Poliarterite nodosa e altre vasculiti
Cellule del sistema immunitario
Rigetto dei trapianti
Tessuti del sistema immunitario
Riconoscimento e rigetto di trapianti allogenici
Complesso maggiore di istocompatibilità (MHC):
Rigetto dei trapianti di rene
presentazione dell’antigene nell’immunità acquisita
Trapianto di altri organi solidi
Citochine: messaggeri del sistema immunitario
Trapianto di cellule emopoietiche
Attivazione linfocitaria e risposte immunitarie
Presentazione e riconoscimento dell’antigene Sindromi da immunodeficienza
Immunità cellulo-mediata: attivazione dei linfociti T Sindromi da immunodeficienza primaria
ed eliminazione dei patogeni intracellulari Agammaglobulinemia legata alla X
Immunità umorale: attivazione dei linfociti B (agammaglobulinemia di Bruton)
ed eliminazione di patogeni extracellulari Immunodeficienza comune variabile
Declino delle risposte immunitarie e memoria Deficit specifico di IgA
immunologica Sindrome da Iper-IgM
Sindrome di DiGeorge (ipoplasia timica)
Ipersensibilità e malattie autoimmuni
Immunodeficienza combinata grave
Meccanismi delle reazioni da ipersensibilità Sindrome di Wiskott-Aldrich (immunodeficienza,
Ipersensibilità immediata (tipo I) trombocitopenia ed eczema)
Ipersensibilità mediata da anticorpi (tipo II) Deficit congeniti del complemento
Ipersensibilità mediata da immunocomplessi (tipo III)
Immunodeficienze acquisite
Ipersensibilità cellulo-mediata (tipo IV)
Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS)
Malattie autoimmuni
Epidemiologia
Tolleranza immunologica
Eziologia: le proprietà dell’HIV
Meccanismi autoimmunitari: principi generali
Patogenesi dell’infezione da HIV e dell’AIDS
Malattie autoimmuni
Storia naturale dell’infezione da HIV
Lupus eritematoso sistemico (LES)
© 2010 elsevier srl. tutti i diritti riservati.

Quadro clinico dell’AIDS


Autoanticorpi del LES
Eziologia e patogenesi del LES Amiloidosi
LES iatrogeno Proprietà delle proteine amiloidi
Artrite reumatoide Patogenesi
Sindrome di Sjögren Classificazione
Eziologia e patogenesi

181
182 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Il sistema immunitario è essenziale per la sopravvivenza: l’ambiente sono espressi sulla membrana o negli endosomi e possono quindi
che ci circonda pullula di germi potenzialmente letali e il sistema riconoscere sia i microbi extracellulari che quelli internalizzati, at-
immunitario offre protezione dalle infezioni; perciò, un deficit tivando le risposte cellulari contro questi patogeni. Altri sensori
­immunitario ci rende facile preda degli agenti infettivi. Il sistema microbici si trovano nel citoplasma dove riconoscono batteri e virus
immunitario, però, è un’arma a doppio taglio. Normalmente ci di- che hanno colonizzato le cellule. Dopo aver riconosciuto i germi, i
fende, ma quando diventa iperattivo causa malattie potenzialmente TLR e gli altri sensori inviano un segnale comune che attiva i fattori
fatali. Le reazioni allergiche e le reazioni rivolte contro i nostri tessuti di trascrizione e principalmente NF-kB (fattore nucleare kB). NF-kB
e cellule (autoimmunità) sono esempi di malattie causate da risposte a sua volta induce la produzione di citochine e di proteine che sti-
immunitarie. molano l’attività microbicida di varie cellule ma soprattutto dei fa-
In questo capitolo tratteremo le patologie causate da una risposta gociti. Altri recettori cellulari si legano ai microbi promuovendone
immunitaria debole o eccessiva. Descriveremo anche l’amiloidosi, la fagocitosi: i recettori del mannosio, un carboidrato tipico delle
una malattia in cui una proteina aberrante, derivata in alcuni casi glicoproteine microbiche ma non di quelle dell’ospite, e i recettori
da frammenti di immunoglobuline, si deposita nei tessuti. Prima di delle opsonine, quali anticorpi e complemento, che rivestono i
descrivere le risposte anomale responsabili delle malattie immuni- microbi.
tarie ci soffermeremo sulle caratteristiche principali delle risposte Gli epiteli cutaneo, gastroenterico e respiratorio sono barriere
immunitarie fisiologiche. meccaniche che ostacolano la penetrazione dei microbi provenienti
dall’ambiente esterno. Le cellule epiteliali producono anche molecole
antinfettive, come le difensine e i linfociti intraepiteliali attaccano i
Risposte immunitarie fisiologiche germi direttamente in loco. Se i germi riescono a superare le barriere
epiteliali entrano in gioco altri meccanismi difensivi.
Il prototipo di risposta immunitaria fisiologica è la difesa contro I monociti e i neutrofili sono fagociti circolanti che vengono
­le infezioni, che rappresenta la classica immunità. Le risposte pro- reclutati rapidamente in qualsiasi focolaio infettivo; i monociti che
tettive contro le infezioni sono di due tipi. L’immunità innata (detta migrano nei tessuti e vanno incontro a maturazione sono detti
anche immunità naturale, o congenita) comprende le risposte im- macrofagi (Cap. 2). Le cellule dendritiche producono interferoni di
munitarie preesistenti alle infezioni, evolutesi specificamente per tipo I, citochine antivirali che inibiscono l’infezione e la replicazione
riconoscere i germi e proteggerci dalle infezioni. L’immunità acqui- virale; queste cellule saranno descritte più avanti, a proposito della
sita (detta anche immunità adattativa o specifica) comprende le presentazione dell’antigene ai linfociti. Le cellule natural killer co-
­risposte immunitarie indotte dai germi e che sono in grado di rico- stituiscono un sistema di difesa precoce contro molti virus e batteri
noscere molecole di origine microbica o di diversa provenienza. intracellulari e verranno descritte più avanti.
L’immunità innata è la prima linea di difesa, perché è sempre pronta Le proteine del complemento, trattate nel Capitolo 2, sono tra le
a bloccare ed eradicare le infezioni. L’immunità adattativa si sviluppa proteine plasmatiche più importanti del sistema immunitario innato.
invece in un secondo tempo, solo dopo l’esposizione ai germi, ed è Nell’immunità innata, il complemento è attivato dai batteri attraverso
ancora più potente delle risposte innate nel combattere le infezioni. la via alternativa e la via della lectina; mentre nell’immunità acquisita
Per convenzione, la locuzione “risposta immunitaria” si riferisce è attivato dagli anticorpi attraverso la via classica. Altre proteine
all’immunità acquisita. dell’immunità innata circolanti sono la lectina legante il mannosio
e la proteina C reattiva, che rivestono i batteri favorendone la fago-
citosi. Anche il surfactante polmonare partecipa risposte innate,
Immunità Innata
proteggendo l’epitelio respiratorio dai batteri inalati.
Le componenti principali dell’immunità innata sono le barriere epite­ Le risposte immunitarie precoci sono la prima linea di difesa
liali che bloccano l’ingresso dei microrganismi presenti nell’ambiente, contro le infezioni e sono responsabili dell’attivazione successiva
le cellule fagocitarie (principalmente neutrofili e macrofagi), le cellule delle più efficaci risposte acquisite.
dendritiche, le cellule natural killer (NK) e varie proteine plasmatiche,
tra le quali le proteine del complemento. Le due risposte cellulari Immunità Acquisita
principali dell’immunità naturale sono: l’infiammazione, in cui av-
viene il reclutamento dei fagociti che vengono attivati allo scopo di Le risposte acquisite si basano sui linfociti e i loro prodotti, tra i quali
uccidere i microbi e le difese antivirali, mediate dalle cellule dendri- gli anticorpi. I recettori linfocitari sono molto più variegati rispetto
tiche e dalle cellule NK. I leucociti e le cellule epiteliali che partecipano a quelli del sistema innato, anche se i linfociti non sono intrinseca-
alle risposte innate riconoscono componenti microbiche comuni a mente specifici per i batteri tuttavia sono in grado di riconoscere
germi correlati e spesso essenziali per l’infettività (componenti che una vasta gamma di sostanze estranee. Nella parte restante di questa
non possono quindi essere mutate per consentire ai microbi di sezione introduttiva saranno esaminati in dettaglio i linfociti e le
evadere la sorveglianza immunitaria). Queste strutture microbiche risposte acquisite.
sono dette strutture molecolari associate ai patogeni. I leucociti rico- Esistono due tipi di immunità acquisita: l’immunità umorale, che
noscono anche molecole che vengono rilasciate dalle cellule dan- protegge dai patogeni extracellulari e dalle loro tossine, e l’immunità
neggiate o necrotiche, dette anche strutture molecolari associate al cellulo-mediata (o cellulare), che difende dai patogeni intracellulari.
pericolo (allarmine). I recettori cellulari che riconoscono queste L’immunità umorale è mediata dai linfociti B (originati dal midollo
molecole sono detti recettori che riconoscono le strutture (pattern osseo) e dai loro prodotti di secrezione, gli anticorpi (o immuno-
recognition receptors). I più noti recettori che riconoscono le mole- globuline, Ig), mentre l’immunità cellulare è mediata dai linfociti
cole associate ai patogeni sono i recettori Toll-simili (TLR),1 una fa- T (originati dal timo). Entrambe le classi di linfociti esprimono
miglia di proteine omologhe alla proteina Toll della Drosophila. TLR recettori altamente specifici per un’ampia gamma di molecole dette
diversi riconoscono componenti batteriche e virali ­differenti. I TLR antigeni.
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 183

Figura 6.1 Le principali classi di linfociti e il loro ruolo nell’immunità acquisita.

Componenti Del Sistema Immunitario: Linfociti T


Cellule, Tessuti E Molecole
I linfociti T derivano da precursori timici. I linfociti T maturi sono
Prima di descrivere le risposte immunitarie fisiologiche e patologi- presenti in circolo dove rappresentano il 60-70% circa dei linfociti
che riassumeremo le caratteristiche salienti dei protagonisti princi- circolanti e nelle zone a cellule T degli organi linfoidi periferici
pali di queste risposte. (descritti oltre). Attraverso il proprio recettore per l’antigene (TCR),
ciascun linfocita T riconosce uno specifico antigene legato alla
membrana cellulare.2 Nel 95% circa dei linfociti T il TCR è un ete-
Cellule del sistema immunitario
rodimero formato da due catene polipetidiche, a e b (Fig. 6.2), unite
I linfociti hanno una morfologia molto semplice e sembrano in- da ponti disolfuro e caratterizzate da una regione costante e una
distinguibili, ma in realtà sono notevolmente eterogenei e specia- regione variabile (che lega l’antigene). Il TCRab riconosce ­antigeni
lizzati dal punto di vista strutturale e funzionale. Le principali peptidici presentati da molecole del complesso maggiore di istocom-
classi di linfociti e il relativo ruolo nelle risposte immunitarie patibilità (MHC) esposte sulla membrana delle cellule che presentano
acquisite sono illustrati nella Figura 6.1. I linfociti e le altre cellule l’antigene (APC) (Le proteine MHC sono descritte più avanti). Li-
immunitarie non risiedono in un dato tessuto (come la maggior mitando la specificità dei linfociti T ai peptidi presentati in mem-
parte delle cellule dell’organismo), ma sono cellule itineranti che brana dalle molecole MHC, un meccanismo detto restrizione MHC,
migrano negli organi linfoidi e in altri tessuti e nel sistema circo- il sistema immunitario fa sì che i linfociti T identifichino solo
latorio e linfatico. Questa caratteristica consente ai linfociti di gli antigeni associati alle cellule (ad es. derivati da microbi
riconoscere i focolai di infezione e migrare attivamente verso intracellulari).
di essi (un processo detto homing). All’interno degli organi linfoidi La diversità dei TCR è generata dal riarrangiamento somatico dei
le diverse classi di linfociti sono segregate anatomicamente così geni che codificano le catene a e b del recettore.3 Tutte le cellule dell’or­
da interagire reciprocamente solo in risposta alla stimolazione ganismo, compresi i progenitori linfocitari, sono portatrici dei geni
antigenica o ad altri stimoli. I linfociti maturi che non hanno TCR in forma germinale, che non possono essere espressi come pro-
ancora incontrato i rispettivi antigeni sono detti vergini (immu- teine TCR. I geni del TCR si riarrangiano durante la maturazione nel
nologicamente inesperti). Una volta attivati dal riconoscimento timo dei linfociti T, generando un’infinità di combinazioni che possono
dell’antigene e da altri segnali descritti più avanti, questi linfociti essere trascritte e tradotte in recettori per l’antigene funzionali. L’en-
si differenziano in cellule effettrici, che sono in grado di eliminare zima responsabile del riarrangiamento genico è codificato dai geni
gli antigeni, e cellule della memoria immunologica, che vivono in RAG-1 e RAG-2 (geni che attivano la ricombinazione); i difetti eredi-
uno stato di allerta permanente e sono più efficienti nel combat- tari delle proteine RAG bloccano la maturazione dei linfociti. Ogni
tere i patogeni dei quali hanno già avuto esperienza. La matura- linfocita T esprime un solo tipo di TCR con un’unica specificità, ma
zione dei linfociti in cellule effettrici e della memoria è riassunta la popolazione T cellulare complessiva dell’individuo è in grado di
più avanti. riconoscere un numero enorme di antigeni. È importante notare che
184 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

molto limitata e riconoscono i glicolipidi della proteina CD1, un


analogo delle proteine MHC; il ruolo di questi linfociti non è noto.
Oltre alle proteine CD3 e , i linfociti T esprimono anche una serie
di proteine ausiliarie del complesso del TCR, coinvolte nelle risposte
funzionali: CD4, CD8, CD2, le integrine e CD28.7 CD4 e CD8 sono
espressi con modalità mutuamente esclusiva da due sottotipi di lin-
fociti Tab. La proteina CD4 è espressa dal 60% circa dei linfociti T
CD3+ maturi, i cosiddetti linfociti T helper che producono citochine
e aiutano i macrofagi e i linfociti B a contrastare le infezioni; mentre
la proteina CD8 è espressa dal 30% circa dei linfociti T, i cosiddetti
linfociti T citotossici (o killer, CTL) che eliminano le cellule infette
dell’ospite, colonizzate da patogeni intracellulari. CD4 e CD8 sono
corecettori nell’attivazione dei linfociti T e collaborano con il TCR
nella risposta alla stimolazione antigenica. Durante la presentazione
dell’antigene, il corecettore CD4 si lega alle molecole MHC-II che
espongono l’antigene (si veda Fig. 6.2) mentre il corecettore CD8 si
lega alle molecole MHC-I. Quando il TCR riconosce l’antigene, i
corecettori CD4 e CD8 trasmettono i segnali necessari per attivare il
linfocita T. Il requisito dei corecettori consente ai linfociti T helper
CD4+ di discriminare e rispondere selettivamente solo agli antigeni
presentati da molecole MHC-II, mentre i linfociti T citotossici CD8+
rispondono solo agli antigeni legati alle cellule e associati a molecole
MHC-I; questo fenomeno di restrizione è descritto più avanti.
Oltre al riconoscimento dei complessi MHC-antigene, i linfociti
T hanno bisogno anche dei segnali accessori generati dalle APC per
Figura 6.2 Complesso recettoriale dei linfociti T (TCR) e altre molecole attivarsi. Descriveremo questi segnali più avanti nella sezione dedi-
implicate nell’attivazione linfocitaria. L’eterodimero TCR, formato da una cata alle risposte cellulo-mediate.
catena a e una catena b, riconosce l’antigene (sotto forma di complesso
MHC-peptide espresso dalle cellule che presentano l’antigene o APC), e
l’associazione del complesso CD3 e delle catene  dà inizio alla trasduzione Linfociti B
dei segnali di attivazione linfocitaria. Anche CD4 e CD28 sono implicati
nell’attivazione dei linfociti T. (Alcuni linfociti T esprimono CD8 e non CD4; I linfociti B originano da precursori midollari. Il linfociti B maturi
le due molecole hanno un ruolo analogo). Le dimensioni molecolari non sono il 10-20% dei linfociti circolanti e sono presenti anche negli
sono in scala. MHC, complesso maggiore di istocompatibilità.
organi linfoidi periferici: i linfonodi, la milza e i tessuti linfoidi as-
sociati alle mucose. I linfociti B riconoscono l’antigene attraverso il
complesso recettoriale delle cellule B (BCR). Gli anticorpi di mem-
in tutte le cellule non-T dell’organismo sono presenti geni del TCR brana IgM e IgD, espressi da tutti i linfociti B, sia maturi sia vergini,
non-riarrangiati (forme germinali), ma solo nei linfociti T i geni del sono la componente del BCR che lega l’antigene (Fig. 6.3). Come
TCR sono riarrangiati. Il riarrangiamento dei geni del TCR, dimostra- per i linfociti T, ogni BCR ha un’unica specificità antigenica generata
bile con tecniche di biologia molecolare, è quindi il segno distintivo delle dal riarrangiamento dei geni delle immunoglobuline indotto dai
linee cellulari T. Dal momento che ogni linfocita T e la sua progenie geni RAG. Come per i linfociti T, l’analisi del riarrangiamento dei
clonale esprimono un unico riarrangiamento genico (e quindi un geni delle Ig è un utile strumento diagnostico per l’identificazione dei
unico TCR), è possibile distinguere una proliferazione linfocitaria linfomi monoclonali a cellule B. I linfociti B attivati dalla stimolazione
policlonale (non-neoplastica) da una monoclonale (neoplastica). antigenica e da altri segnali (descritti oltre), maturano in plasmacel-
L’analisi del riarrangiamento genico del TCR è quindi un valido stru- lule che secernono anticorpi, i mediatori dell’immunità umorale.
mento diagnostico per i tumori linfoidi a cellule T (Cap. 13). Oltre alle immunoglobuline di membrana, il complesso recettoriale
Ogni eterodimero di TCR è unito da legami non covalenti al antigenico delle cellule B contiene un eterodimero formato dalle due
complesso pentamerico del CD3 e al dimero delle catene  (Fig. 6.2).4 proteine Iga e Igb. Come le proteine CD3 e  del complesso del TCR,
Le proteine CD3 e  sono identiche in tutti i linfociti T e trasducono le proteine Iga e Igb trasducono il segnale indotto dalla stimolazione
il segnale del TCR generato dalla stimolazione antigenica e insieme antigenica. I linfociti B esprimono anche altre molecole essenziali
al TCR formano il “complesso del TCR”. per le loro risposte: i recettori del complemento, i recettori Fc e il
Una piccola sottopopolazione di linfociti T maturi esprime un CD40. Il recettore del complemento di tipo 2 (CR2 o CD21) è anche
secondo tipo di TCR, formato dalle catene g e d.5 Il TCRgd riconosce il recettore del virus di Epstein-Barr (EBV), che perciò infetta facil-
direttamente peptidi, lipidi e piccole molecole, senza bisogno di mente i linfociti B.
presentazione da parte delle molecole MHC. I linfociti Tgd tendono
a formare aggregati sulle superfici epiteliali, come la cute e le mucose
Cellule dendritiche
gastroenterica e urogenitale, e questo suggerisce che queste cellule
siano una sorta di sentinelle che proteggono l’organismo dai germi Sono stati identificati due tipi di cellule con morfologia dendritica,
che cercano di attraversare gli epiteli; il loro ruolo però non è stato ma con importanti differenze funzionali. Entrambe sono ricche di
ancora chiarito. Un’altra piccola sottopopolazione di linfociti T fini processi citoplasmatici simili a dendriti (da cui il nome). Le
esprime marcatori tipici delle cellule NK e queste cellule sono perciò cellule dendritiche interdigitate, dette anche semplicemente cellule
dette linfociti T-NK.6 I TCR dei linfociti T-NK hanno una variabilità dendritiche (Fig. 6.4)8 sono le principali cellule che presentano
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 185

Figura 6.4 Cellule dendritiche. A. Cellule dendritiche in coltura con


numerosi processi cellulari. B. Localizzazione delle cellule dendritiche
(cellule di Langerhans) epidermiche (la reazione immunoistochimica le
colora in blu). (Per gentile concessione del Dr. Y-J. Liu, M.D. Anderson
Cancer Center, Houston)

e selezionano i cloni con la maggiore affinità per l’antigene, miglio-


rando quindi la qualità della risposta umorale.

Macrofagi
Figura 6.3 Struttura degli anticorpi e del recettore per l’antigene dei I macrofagi fanno parte del sistema dei fagociti mononucleati; le
linfociti B. A. Il complesso recettoriale dei linfociti B è formato da una IgM
di membrana (o da una IgD, non mostrata in figura), che riconosce l’antigene
loro origini, la loro maturazione e le loro funzioni proinfiammatorie
e dalle proteine associate, Iga e Igb, che trasducono il segnale. CD21 è il sono descritte nel Capitolo 2. In questo capitolo ci concentreremo
recettore di una frazione del complemento che attiva i linfociti B. B. Struttura solo sul loro ruolo nell’induzione e nella fase effettrice delle risposte
cristallografica di una IgG secretoria, che evidenzia le regioni variabili (V) e immunitarie acquisite.
costanti (C) delle catene pesanti (H) e leggere (L). (Per gentile concessione
del Dr. Alex McPherson, University of California, Irvine, CA)
I macrofagi che hanno internalizzato microbi e antigeni proteici
ne processano gli antigeni e presentano frammenti peptidici ai
l­’antigene (APC), responsabili dell’attivazione primaria delle risposte linfociti T attivandoli e fungendo così da APC.
T cellulari agli antigeni proteici (descritte più avanti). Queste cellule I macrofagi sono le principali cellule effettrici in determinate
hanno un ruolo chiave nella presentazione dell’antigene per i ­seguenti forme di immunità cellulo-mediata come la reazione che elimina
motivi. (1) Si trovano nel posto giusto per catturare l’antigene, sotto i patogeni intracellulari. In queste risposte i macrofagi sono atti-
gli epiteli, la comune porta d’ingresso di microbi e antigeni estranei, vati dai linfociti T che potenziano l’attività microbicida dei
e nell’interstizio di tutti i tessuti, dove si possono produrre gli anti- ­macrofagi (trattata oltre).
geni. Nell’epidermide, le cellule dendritiche immature sono dette I macrofagi partecipano anche alla fase effettrice delle risposte
cellule di Langerhans. (2) Sono ricche di recettori che catturano e umorali. Infatti, come si è detto nel Capitolo 2, internalizzano e
reagiscono ai microbi (e ad altri antigeni), tra i quali i recettori TLR degradano efficacemente i batteri opsonizzati (rivestiti) da IgG
e del mannosio. (3) In risposta alle infezioni migrano nelle zone T e C3b.
cellulari degli organi linfoidi, dove vengono a trovarsi in posizione
ideale per presentare gli antigeni ai linfociti T. (4) Esprimono livelli Cellule natural killer (NK)
elevati di molecole per la presentazione dell’antigene ai linfociti T
CD4+ e per l’attivazione linfocitaria. Le cellule NK sono il 10-15% circa dei linfociti circolanti. Osservate
Le cellule dendritiche follicolari, identificate nei centri germinativi negli strisci periferici sono un po’ più grandi dei piccoli linfociti e
dei follicoli linfoidi della milza e dei linfonodi9 sono dotate di recet- sono ricche di granuli azzurrofili e sono perciò dette grandi linfociti
tori Fc per le IgG e di recettori per il C3b e quindi catturano gli granulari. Le cellule NK non esprimono il TCR né le Ig e sono in
antigeni legati agli anticorpi e al complemento. Queste cellule par- grado di lisare direttamente una varietà di cellule infettate e di cellule
tecipano alle risposte umorali: presentano gli antigeni ai linfociti T trasformate, senza bisogno di essere sensibilizzate o attivate da una
186 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

precedente esposizione agli antigeni microbici o tumorali. Queste prima difesa contro le infezioni intracellulari. L’attività delle cellule
cellule sono quindi la prima linea di difesa antivirale e forse anche NK è regolata da varie citochine, tra le quali IL-2, IL-15 e IL-12.
antitumorale. Le cellule NK sono comunemente identificate da IL-2 e IL-15 sono mitogene per le cellule NK, mentre IL-12 induce
due marcatori di membrana: il CD16 e il CD56. CD16 è un recettore la citotossicità e la secrezione di IFN-g.
per il frammento Fc delle IgG e conferisce alle cellule NK la capacità
di lisare le cellule bersaglio rivestite da IgG, una risposta detta cito- Tessuti del sistema immunitario
tossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente (ADCC).
L’attività delle cellule NK è regolata dall’equilibrio tra i segnali Il sistema immunitario è formato dagli organi linfatici centrali (pri-
attivatori e inibitori trasmessi dai suoi recettori10 (Fig. 6.5). I recettori mari o generativi), nei quali avviene la maturazione dei linfociti T
attivatori sono molteplici e tra questi la famiglia degli NKG2D è la e B che diventano competenti a rispondere agli antigeni, e dagli
più nota. I recettori NKG2D riconoscono gli antigeni di membrana organi linfatici periferici (o secondari), nei quali si attivano le rispo-
indotti da stress di vario tipo, come le infezioni e i danni genetici. I ste immunitarie adattative in risposta alle infezioni.
recettori inibitori, invece, riconoscono le molecole MHC di classe I
self, presenti su tutte le cellule nucleate normali. Questi recettori Organi linfatici centrali
appartengono a due famiglie: recettori citotossici simili alle Ig e
recettori CD94 della famiglia delle lectine (proteine che riconoscono Sono organi linfatici centrali: il timo, sede di maturazione dei linfo-
i carboidrati). I recettori inibitori bloccano le cellule NK, impeden- citi T, e il midollo osseo, che genera tutte le cellule ematiche ed è la
dogli di attaccare le cellule normali. In caso di infezione virale e sede di maturazione dei linfociti B. Questi organi sono descritti nel
trasformazione neoplastica spesso si verifica l’espressione di ligandi Capitolo 13.
attivatori mentre si riduce l’espressione di molecole MHC-I. L’equi-
librio si sposta così verso l’attivazione e la cellula infetta o trasformata Organi linfatici periferici
viene uccisa.
Le cellule NK, inoltre, secernono attivamente citochine come Sono organi linfatici periferici: i linfonodi, la milza e i tessuti linfatici
l’interferone-g (IFN-g), che attiva la capacità dei macrofagi di ucci­ associati alle mucose e alla cute. Sono organizzati in modo che gli
dere patogeni internalizzati; queste cellule costituiscono, quindi, la antigeni, le APC e i linfociti si concentrino così da ottimizzare le
interazioni tra queste cellule e ottenere la maturazione delle risposte
immunitarie adattative.
I linfonodi sono ammassi nodulari di tessuto linfoide intercalati
lungo i vasi linfatici e diffusi in tutto l’organismo (Fig. 6.6). Quando
la linfa attraversa i linfonodi, le APC presenti al loro interno cam-
pionano gli antigeni dei microbi che hanno attraversato gli epiteli e
sono penetrati nei tessuti trasportati dalla linfa. Le cellule dendriti-
che presenti negli epiteli catturano gli antigeni microbici e attraverso
i vasi linfatici li trasportano ai linfonodi. In questo modo gli antigeni
dei microbi che attraversano gli epiteli e colonizzano i tessuti ven-
gono concentrati nei linfonodi drenanti.
La milza è un organo addominale con un ruolo analogo ai linfo-
nodi nell’attivazione delle risposte immunitarie acquisite. La milza,
però, risponde ad antigeni di origine ematogena, mentre i linfonodi
rispondono ad antigeni derivati dal sistema linfatico. Il sangue dre-
nato dalla milza confluisce in una rete di sinusoidi, dove gli antigeni
provenienti dal circolo periferico vengono catturati dalle cellule
dendritiche e dai macrofagi splenici.
Il tessuto linfatico mucocutaneo si trova in posizione subepiteliale
a livello della cute e delle mucose respiratoria e gastroenterica. Ri-
sponde agli antigeni che penetrano nell’organismo attraverso le
­discontinuità epiteliali. Le tonsille faringee e le placche di Peyer
intestinali sono veri e propri organi linfoidi. Oltre la metà dei ­linfociti
sono normalmente localizzati nelle mucose (a indicare la notevole
estensione di questi tessuti) e molti di questi linfociti sono cellule
della memoria immunitaria.
Negli organi linfatici periferici i linfociti T e B sono segregati in re-
gioni distinte (si veda Fig. 6.6). Nei linfonodi i linfociti B si concen-
Figura 6.5 Recettori attivanti e inibitori delle cellule natural killer (NK).
A. Le cellule sane esprimono molecole MHC-I autologhe che sono ricono-
trano in strutture discrete, dette follicoli, situati nella regione perife-
sciute dai recettori inibitori, un meccanismo protettivo delle cellule normali rica o corticale dei linfonodi. I follicoli i cui linfociti B hanno subito
dall’attacco delle NK. Le cellule sane possono anche esprimere ligandi per una stimolazione antigenica recente, possono contenere una regione
i recettori attivatori (non mostrati in figura) o non esprimere tali ligandi (come centrale detta centro germinativo. I linfociti T, invece, si concentrano
nel caso mostrato in figura), ma questi ligandi non attivano le cellule NK se nella zona paracorticale, adiacente ai follicoli. I follicoli contengono
i recettori inibitori sono attivati. B. Le cellule infettate o “stressate”, riducono
l’espressione di molecole MHC-I, riducendo così l’attivazione dei recettori le cellule dendritiche follicolari, che attivano i linfociti B, mentre la
inibitori, ed esprimono invece i ligandi per i recettori attivatori. Questo attiva zona paracorticale contiene le cellule dendritiche che presentano gli
le cellule NK che uccidono le cellule infettate. antigeni ai linfociti T. Nella milza, i linfociti T sono concentrati nelle
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 187

guaine linfatiche periarteriolari disposte a manicotto intorno alle


piccole arteriole mentre i linfociti B risiedono nei follicoli.
La citoarchitettura degli organi linfatici è funzionale alla matu-
razione delle risposte immunitarie ed è regolata con precisione.11-13
La concentrazione dei linfociti B nei follicoli linfatici e dei linfociti
T nelle aree paracorticali è mediata dalle chemochine prodotte in
questi distretti. La stimolazione antigenica modifica l’espressione dei
recettori linfocitari per le chemochine. Di conseguenza, i linfociti B
e T lasciano le loro sedi e migrano gli uni verso gli altri per incon-
trarsi ai margini dei follicoli, dove i linfociti T helper interagiscono
con i linfociti B, aiutandoli a differenziarsi nelle cellule che produ-
cono gli anticorpi.

Ricircolazione dei linfociti


I linfociti ricircolano continuamente tra i tessuti e migrano verso de-
terminate sedi; i linfociti vergini attraversano gli organi linfatici peri-
ferici dove si attivano le risposte immunitarie e i linfociti effettori
migrano nei focolai di infezione e infiammazione14 (Fig. 6.7). La ri-
circolazione linfocitaria è importante soprattutto per i linfociti T; i
linfociti T citotossici, infatti, devono individuare ed eliminare i germi
in qualsiasi tessuto infetto. Invece, le plasmacellule restano negli
organi linfoidi e non devono migrare nei focolai di infezione; queste
cellule, infatti, producono anticorpi che vengono trasportati a di-
stanza nei tessuti. Limiteremo quindi la discussione della ricircola-
zione linfocitaria ai linfociti T.
I linfociti T vergini usciti dal timo, migrano nei linfonodi e colo-
nizzano le zone T cellulari attraverso venule postcapillari specializ-
zate, dette venule a endotelio alto (HEV) (si veda Fig. 6.7). Giunti nei
linfonodi, i linfociti T vergini, possono incontrare gli antigeni spe-
cifici, presentati dalle APC ed essere attivati. L’attivazione altera
l’espressione linfocitaria delle molecole di adesione e dei recettori
per le chemochine. I linfociti T citotossici maturi lasciano infine i
linfonodi, passano in circolo e migrano nei tessuti infettati.

Complesso maggiore di istocompatibilità (MHC):


presentazione dell’antigene nell’immunità acquisita
Le molecole MHC hanno un ruolo chiave nel riconoscimento degli
antigeni da parte dei linfociti T e sono associate a molte malattie
autoimmuni; ne riassumeremo quindi brevemente la struttura e le
funzioni.15 Questi antigeni sono stati scoperti studiando i geni im-
plicati nel rigetto dei trapianti e il loro nome deriva dal fatto che
sono responsabili della compatibilità tissutale fra soggetti diversi.
La funzione fisiologica delle molecole MHC è la presentazione dei
frammenti peptidici derivati dalle proteine in modo che siano ricono-
scibili per i linfociti T antigene-specifici.16 Nell’uomo i geni MHC sono
raggruppati in un breve tratto del cromosoma 6, il complesso mag-
giore di istocompatibilità o complesso degli antigeni leucocitari umani
(HLA) (Fig. 6.8), così denominato perché le proteine MHC umane
sono state inizialmente identificate nei leucociti mediante anticorpi
specifici. Il sistema HLA ha un elevato polimorfismo, ogni gene
MHC ha numerose varianti alleliche distribuite nella popolazione
e ciascuno di noi eredita una serie di alleli MHC diversi da quelli
della maggior parte degli altri soggetti. Questo, come si vedrà in
Figura 6.6 Struttura del linfonodo. A. Struttura istologica: nel linfonodo seguito, è una forte limitazione ai trapianti d’organo.
si distinguono una zona corticale, contenente i follicoli, e una zona midollare I prodotti dei geni MHC sono classificati in tre gruppi, in base alle
interna. B. Segregazione dei linfociti B e T nelle relative regioni all’interno caratteristiche strutturali e funzionali e alla distribuzione cellulare.
del linfonodo. C. Localizzazione dei linfociti B (immunofluorescenza verde)
e dei linfociti T (immunofluorescenza rossa) all’interno del linfonodo. (Per
gentile concessione delle Dr. Kathryn Pape e Jennifer Walter, University of Le molecole MHC di classe I (MHC-I) sono espresse da tutte le
Minnesota School di Medicine, Minneapolis, MN) cellule nucleate e dalle piastrine. Sono codificate da tre loci
188 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Figura 6.7 Migrazione dei linfociti T vergini ed effettori. I linfociti T vergini migrano nei linfonodi guidati dal legame della L-selectina e delle integrine ai
ligandi espressi dalle venule a endotelio alto (HEV). Le chemochine espresse nei linfonodi (CCL19 e CCL21) si legano ai loro recettori (CCR7) sui linfociti
T vergini, potenziando l’adesione mediata da integrine e inducendo la migrazione delle cellule attraverso la parete delle HEV. I linfociti T attivati, effettori e
della memoria, migrano nei focolai di infezione nei tessuti periferici, guidati dalla E-selectina e dalla P-selectina, dalle integrine e dalle chemochine secrete
dai tessuti infiammati (ad es. CXCL10) che vengono riconosciute dai recettori delle chemochine (ad es. CXCR3) espressi dai linfociti T attivati. APC, cellula
che presenta l’antigene; ICAM-1, molecola di adesione intercellulare-1; VCAM-1, molecola di adesione cellulare vascolare di tipo 1.

s­ trettamente correlati: HLA-A, HLA-B e HLA-C (Fig. 6.9). Ogni a molecole autologhe MHC-I e sono quindi detti MHC I-ristretti.
molecola di classe I è un eterodimero, formato da una catena Una delle funzioni principali dei CTL CD8+ è l’eradicazione delle
polimorfica a, o catena pesante (44 kDa), unita da legami non infezioni virali che possono colpire tutte le cellule nucleate, per
covalenti a un peptide non polimorfico più piccolo (12 kDa), questo tutte le cellule nucleate esprimono molecole HLA-I e sono
detto b2-microglobulina, non codificato dal complesso MHC. La sorvegliate dai CTL CD8+.
regione extracellulare della catena a è divisa in tre domini: a1, Le molecole MHC di classe II (MHC-II) sono codificate dalla re-
a2 e a3. L’analisi cristallografica ha mostrato che i domini a1 e gione HLA-D, nella quale sono stati identificati tre loci: HLA-DP,
a2 delle molecole MHC-I formano una fenditura, o solco, che HLA-DQ e HLA-DR. Ogni molecola MHC-II è un eterodimero
corrisponde al sito di legame per i peptidi.16 Le facce laterali e la formato da una catena a e da una catena b, unite da legami non
base della tasca di legame per i peptidi sono formate da residui covalenti. Le porzioni extracellulari delle catene a e b sono for-
a elevato polimorfismo; la variabilità di questa regione fa sì che i mate a loro volta da due domini: a1, a2 e b1, b2. L’analisi cristal­
diversi alleli leghino peptidi differenti. lografica ha mostrato che, come nelle molecole MHC-I, nelle
Le molecole MHC-I presentano peptidi derivati da proteine cito- molecole MHC-II è presente una tasca di legame per i peptidi
plasmatiche, come gli antigeni virali, generalmente prodotte dalla rivolta verso l’esterno16 (si veda Fig. 6.8). La tasca è formata
cellula; i peptidi associati alle molecole MHC-I sono riconosciuti dall’interazione tra i domini a1 e b1 ed è in questa porzione che
dai linfociti T CD8+ (Fig. 6.9 A). Le proteine citoplasmatiche sono differisce la maggior parte degli alleli dell’MHC-II. Quindi, come
degradate nei proteasomi e i peptidi derivati sono convogliati nel per le molecole MHC-I, il polimorfismo delle molecole MHC-II
reticolo endoplasmatico (RE) dove si legano alle molecole MHC-I è responsabile della diversa specificità antigenica.
neosintetizzate.17 Dopo aver legato il peptide, le molecole MHC-I Le molecole MHC-II presentano antigeni internalizzati in vescicole,
si associano alla b2-microglobulina formando un trimero stabile generalmente derivati da patogeni extracellulari e da proteine so-
che viene trasferito sulla membrana cellulare. Il dominio non lubili (Fig. 6.9 B). Le proteine internalizzate vengono idrolizzate negli
polimorfico a3 delle molecole MHC-I contiene il sito di legame endosomi e nei lisosomi. I peptidi derivati dalla digestione pro-
per il corecettore CD8 e quindi i complessi peptide-MHC-I sono teolitica si associano agli eterodimeri MHC-II all’interno delle
riconosciuti dai linfociti T citotossici CD8+ (CTL). Nell’intera- vescicole e i complessi stabili peptide-MHC-II sono quindi tra-
zione, il TCR riconosce il complesso MHC-peptide mentre il sferiti sulla membrana cellulare. Il dominio b2 delle molecole
corecettore CD8 si lega alla catena pesante della molecola di classe MHC-II contiene il sito di legame per il corecettore CD4+ e
I. In tal modo i CTL CD8+ possono riconoscere peptidi derivati quindi i complessi peptide-MHC-II sono riconosciuti dai linfociti
da patogeni intracellulari (tipicamente ­virus) e da tumori e ucci- T helper CD4+. Nell’interazione, la molecola CD4 funge
dere le cellule infettate da questi patogeni e le cellule tumorali. I da­corecettore. I linfociti T CD4+ possono riconoscere solo an-
CTL CD8+ riconoscono i peptidi antigenici solo se sono associati tigeni presentati da molecole MHC-II autologhe e sono perciò
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 189

Figura 6.8 Complesso degli antigeni leucocitari umani (HLA) e struttura delle molecole HLA. A. Localizzazione dei geni del complesso HLA. Le di­
mensioni e le distanze tra geni non sono in scala. I geni che codificano varie proteine implicate nell’elaborazione dell’antigene (il trasportatore TAP, le
componenti del proteasoma e HLA-DM) si trovano nella regione contenente i geni di classe II (non mostrata in figura). B. Diagramma e struttura cristallo-
grafica delle molecole HLA di classe I e II. (La struttura cristallografica è stata gentilmente fornita dal Dr. P. Bjorkman, California Institute of Technology,
Pasadena, CA)

detti MHC-II ristretti. Contrariamente alle molecole MHC-I, le microbico e di sviluppare una risposta immunitaria contro qualsiasi
molecole MHC-II sono espresse soprattutto dalle cellule che patogeno. Il polimorfismo, però, implica anche che non esistono due
presentano antigeni internalizzati e che rispondono ai linfociti T soggetti aploidentici, tranne i gemelli monozigoti, e quindi tutti i
helper (macrofagi, linfociti B e cellule dendritiche). trapianti eterologhi (trapianti di tessuti tra soggetti diversi) sono ri-
Il locus MHC contiene anche i geni di alcune componenti del conosciuti come estranei e attaccati dal sistema immunitario.
complemento e delle citochine quali il fattore di necrosi tumorale Le molecole MHC controllano le risposte immunitarie dei linfociti
(TNF) e la linfotossina, ma anche altri geni apparentemente T. In primo luogo, dato che peptidi antigenici diversi sono ricono-
estranei al sistema immunitario. Il locus MHC-II contiene anche i sciuti da molecole MHC differenti, un individuo risponde a un
geni di varie proteine implicate nella elaborazione e presentazione antigene proteico solo se ha ereditato il/i gene/i MHC in grado di
dell’antigene, come le componenti del proteasoma, i trasportatori riconoscere i peptidi derivati da quell’antigene e di presentarlo ai
di peptidi e la proteina DM, simile alle molecole MHC-II, che linfociti T. Le conseguenze della trasmissione ereditaria di determi-
favorisce il legame dei peptidi alle molecole MHC-II. nati geni MHC (ad es. MHC-II) dipendono dalla natura dell’antigene
riconosciuto. Ad esempio, se l’antigene è un peptide del polline di
La combinazione di alleli HLA espressa da ciascun individuo è una graminacea, l’individuo che ha ereditato le molecole MHC-II
detta aplotipo HLA. Ognuno di noi riceve da ciascun genitore una che legano quell’antigene sarà geneticamente predisposto all’allergia
serie di alleli HLA ed esprime quindi due molecole diverse per ogni al polline. Al contrario, la trasmissione ereditaria di molecole MHC
locus. Dato il polimorfismo dei loci HLA, nella popolazione è presente che legano un peptide batterico conferisce resistenza all’infezione,
un numero virtualmente illimitato di combinazioni alleliche e ognuno evocando una risposta anticorpale protettiva. In secondo luogo,
di noi esprime alla superficie delle proprie cellule un profilo MHC grazie alla capacità di discriminare tra antigeni citoplasmatici e
caratteristico, diverso da quello della maggior parte degli altri indivi- antigeni internalizzati, le molecole MHC selezionano la risposta
dui. Si ritiene che il polimorfismo si sia evoluto per proteggere la immunitaria più appropriata alle diverse infezioni: i CTL contro i
specie dalle infezioni; il polimorfismo infatti fa sì che nella specie esista patogeni intracellulari e gli anticorpi e i macrofagi (entrambi attivati
sempre qualche individuo in grado di riconoscere qualsiasi peptide dai linfociti T helper) contro i patogeni extracellulari.
190 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

1. Malattie infiammatorie: come la spondilite anchilosante e varie


artropatie postinfettive, tutte associate all’allele HLA-B27.
2. Malattie autoimmuni: come le endocrinopatie autoimmuni, molte
delle quali associate ad alleli del locus DR.
3. Difetti genetici del metabolismo: come il deficit di 21-idrossilasi
(HLA-BW47) e l’emocromatosi ereditaria (HLA-A)

Il ruolo patogenetico di queste associazioni non è chiaro. Nelle


malattie autoimmuni infiammatorie, certi alleli HLA a trasmissione
ereditaria influiscono verosimilmente sulle risposte dei linfociti T,
ma le modalità restano da chiarire. Alcune malattie (ad es. deficit di
21-idrossilasi) si associano a un dato aplotipo HLA perché il gene
deficitario (ad es. gene della 21-idrossilasi) è mappato nel locus HLA.
Un’altra malattia causata da un gene mutato mappato nel locus HLA
è l’emocromatosi ereditaria; il gene HFE codifica per una proteina
(HFE) strutturalmente simile alle molecole MHC, che regola però
il trasporto del ferro (Cap. 18).

Citochine: messaggeri del sistema immunitario


Le risposte immunitarie sono attivate e controllate grazie a molteplici
interazioni tra linfociti, monociti, cellule infiammatorie (ad es.
neutrofili) e cellule endoteliali. Alcune interazioni e funzioni effet-
trici sono dovute a contatti diretti tra le cellule, ma la maggior parte
è mediata da citochine, fattori solubili di breve durata. Alcune cito-
chine sono dette interleuchine, a sottolineare il loro ruolo di media-
tori molecolari delle comunicazioni leucocitarie. La maggior parte
delle citochine ha effetti e alcune sono prodotte da vari tipi
cellulari.
Figura 6.9 Elaborazione e presentazione dell’antigene associato a È utile distinguere le citochine in classi funzionali, ma molte ri-
molecole del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC). A. Presen-
tazione su molecole MHC-I: i peptidi derivati da proteine citosoliche sono
entrano in più di una categoria.
trasportati nel reticolo endoplasmatico (RE), dove si legano alle molecole
MHC-I. I complessi MHC-peptide sono trasportati in membrana e presentati Citochine dell’immunità naturale: TNF, IL-1, IL-12, IFN di tipo I,
ai linfociti T CD8+ per essere riconosciuti. B. Presentazione su molecole IFN-g e chemochine (Cap. 2). Sono prodotte rapidamente so-
MHC-II: le proteine internalizzate nelle vescicole e degradate in peptidi, si prattutto da macrofagi, cellule dendritiche e cellule NK in risposta
legano alle molecole MHC-II trasportate nelle stesse vescicole. I complessi
MHC-II-peptide sono espressi in membrana e riconosciuti dai linfociti T alle infezioni e ad altri stimoli; sono i mediatori dell’infiamma-
CD4+. zione e delle difese antivirali.
Citochine dell’immunità acquisita: IL-2, IL-4, IL-5, IL-17 e IFN-g.
Sono prodotte principalmente dai linfociti T CD4+ in risposta
HLA e malattie alla stimolazione antigenica e ad altri segnali; stimolano la pro-
liferazione e la maturazione linfocitaria e attivano le cellule effet-
Varie malattie a trasmissione ereditaria si associano a specifici aplo- trici. Il loro ruolo nelle risposte immunitarie è descritto più
tipi HLA (Tab. 6.1).18 L’associazione più forte è quella tra la spondilite avanti.
anchilosante e l’allele HLA-B27; la presenza di questo allele HLA-I Fattori stimolanti le colonie: citochine che stimolano l’emopoiesi,
aumenta il rischio di sviluppare la malattia di 90 volte (rischio rela- la loro attività, infatti, è misurata in base alla capacità di indurre
tivo). Le malattie associate a specifici aplotipi HLA sono classificate la formazione di colonie di cellule ematiche a partire dai proge-
in tre gruppi: nitori midollari (Cap. 13). Vengono prodotte nelle risposte in-
fiammatorie e immunitarie e inducono un aumento del numero
di leucociti, promuovendo la sostituzione dei leucociti consumati
Tabella 6.1 Alleli HLA associati a malattie infiammatorie in queste risposte.
Malattia Allele HLA Rischio relativo
La conoscenza delle citochine è utile nella pratica clinica. L’ini-
Spondilite anchilosante B27 90-100 bizione della sintesi e dell’attività delle citochine consente di con-
Artrite postgonococcica B27 14 trollare le pericolose conseguenze della flogosi e dell’autoimmunità.
Uveite anteriore acuta B27 14
Artrite reumatoide DR4 4 I pazienti con artrite reumatoide spesso mostrano una risposta
Epatite cronica attiva DR3 13 notevole agli antagonisti del TNF, un esempio elegante di terapia
Sindrome di Sjögren primaria DR3 9 progettata scientificamente e diretta contro un bersaglio moleco-
Diabete di tipo 1 DR3 5 lare. Invece, la somministrazione di citochine ricombinanti (im-
DR4 6
DR3/DR4 20
munoterapia) potenzia le risposte immunitarie antitumorali e
antinfettive.
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 191

Attivazione Linfocitaria E Risposte che migrano per raggiungere l’antigene (microbo) nei tessuti, ovun-
Immunitarie que si trovi (si veda Fig. 6.10). Una delle risposte più precoci dei
linfociti T helper CD4+ è la secrezione della citochina IL-2 e l’espres-
Le risposte acquisite si sviluppano a tappe: (1) riconoscimento sione dei recettori ad alta affinità per IL-2. IL-2 è un fattore di crescita
dell’antigene, (2) attivazione dei linfociti antigene-specifici che pro­ che agisce su questi linfociti T e ne stimola la proliferazione, aumen-
liferano e si differenziano in cellule effettrici e cellule della memoria tando così il numero di linfociti antigene-specifici. I linfociti T helper
immunitaria, (3) eliminazione dell’antigene e declino della risposta; sono attivati dalla stimolazione combinata del ligando di CD40
le cellule della memoria sono le uniche che sopravvivono a lungo. (CD40L) e delle citochine. Quando i linfociti T helper CD4+ rico-
Le varie fasi sono riassunte di seguito e sono comuni alle risposte noscono antigeni presentati da macrofagi o linfociti B, esprimono
protettive antinfettive e alle risposte patologiche. l’antigene CD40L, che interagisce con il CD40 dei macrofagi e dei
linfociti B, attivandoli.
L’espansione clonale dei linfociti T genera cellule effettrici che secer­
Presentazione e riconoscimento dell’antigene
nono differenti citochine con funzioni diverse (Fig. 6.11).21 Le sotto-
I linfociti in grado di riconoscere un’infinità di antigeni si sviluppano popolazioni più caratterizzate di linfociti T helper CD4+ sono i
nell’organismo prima dell’esposizione agli antigeni e quando un antigene linfociti TH1 e TH2. I linfociti TH1 secernono IFN-g, una citochina
penetra nell’organismo seleziona le cellule con la specificità adatta, che è un potente attivatore dei macrofagi. I macrofagi attivati dalla
attivandole. Questa è l’ipotesi della selezione clonale. Secondo questa combinazione di CD40- e IFN-g producono sostanze microbicide
ipotesi, i cloni linfocitari sviluppano la specificità antigenica prima che distruggono i germi internalizzati. I linfociti T H2, invece,
dell’esposizione all’antigene e indipendentemente da esso. Le cellule ­producono IL-4, che promuove la maturazione dei linfociti B in
di ciascun clone hanno lo stesso recettore per l’antigene, diverso da plasmacellule secernenti IgE, e IL-5 che attiva gli eosinofili. Gli
quello di tutti gli altri cloni. È stato stimato che la popolazione linfo- eosinofili e i mastociti aderiscono ai microbi rivestiti da IgE, come
citaria dell’adulto sia formata da circa 1012 linfociti, con circa 107-109 gli elminti, e li uccidono. Una terza sottopopolazione di linfociti T
diverse specificità, e quindi il sistema immunitario adattativo può CD4+, identificata recentemente, sono i linfociti TH17, che produ-
riconoscere almeno altrettanti antigeni. Di conseguenza, però, il cono IL-17, la citochina identificativa di questa sottopopolazione.22,23
numero di linfociti con una qualsiasi specificità antigenica è molto I linfociti TH17 sono potenti reclutatori di neutrofili e monociti e
basso, probabilmente 1: 1 × 105-106 di cellule. Per consentire a un quindi hanno un ruolo chiave in varie malattie infiammatorie. Que-
numero così esiguo di linfociti di individuare l’antigene ovunque si sti linfociti possono avere un ruolo importante nelle infezioni bat-
trovi nell’organismo, il sistema immunitario ha sviluppato meccani- teriche e fungine associate a flogosi in cui l’attivazione dei neutrofili
smi specializzati di cattura dell’antigene e di presentazione dello stesso è preminente. Torneremo sull’attivazione e le funzioni di queste
ai linfociti. I microbi e le loro proteine antigeniche vengono catturati sottopopolazioni a proposito delle reazioni di ipersensibilità.
dalle cellule dendritiche intraepiteliali e tissutali. Queste cellule tra- I linfociti T CD8+ attivati maturano in CTL che uccidono le
sportano poi il loro carico antigenico ai linfonodi regionali (Fig. cellule infettate da patogeni citoplasmatici, eliminando così i serbatoi
6.10);19 dove gli antigeni vengono processati, coniugati alle molecole di infezione.
MHC ed esposti sulla membrana cellulare (si veda Fig. 6.9).
I linfociti B usano i loro recettori antigenici (anticorpi di mem- Immunità umorale: attivazione dei linfociti B
brana) per riconoscere antigeni con varie strutture chimiche: pro- ed eliminazione di patogeni extracellulari
teine, polisaccaridi e lipidi.
Allo stesso tempo, mentre gli antigeni microbici vengono ricono- I linfociti B attivati proliferano e si differenziano in plasmacellule
sciuti dai linfociti T e B, il microbo attiva le risposte immunitarie innate; che producono varie classi di anticorpi con funzioni distinte
nell’immunizzazione con antigeni proteici, la risposta innata è indotta (Fig. 6.12). Molti antigeni polisaccaridici e lipidici sono formati da
dall’adiuvante somministrato insieme all’antigene. Nella risposta innata sequenze ripetitive dello stesso determinante antigenico (epitopo)
il microbo attiva le APC, inducendo l’espressione di molecole dette e possono quindi legare contemporaneamente più recettori antige-
costimolatori e la secrezione di citochine che stimolano la proliferazio- nici sullo stesso linfocita B, iniziandone il processo di attivazione. I
ne e la maturazione dei linfociti T. I principali costimolatori dei linfociti tipici antigeni proteici globulari non possono aggregare più recettori
T sono le proteine B7 (CD80 e CD86), espresse dalle APC e ricono- antigenici e per la risposta completa dei linfociti B agli antigeni
sciute dal recettore CD28 dei linfociti T vergini.20 L’antigene ­(“segnale 1”) proteici è necessaria la cooperazione dei linfociti T helper CD4+.24
e i costimolatori prodotti dalle risposte antinfettive innate (“segnale 2”) I linfociti B internalizzano gli antigeni proteici in vescicole e li de-
cooperano nell’attivazione dei linfociti antigene-specifici (si veda gradano, esponendo poi i relativi peptidi associati alle molecole
Fig. 6.3). Il requisito del segnale 2 indotto dal microbo fa sì che la rispo- MHC, in modo che siano riconosciuti dai linfociti T helper. I linfociti
sta immunitaria acquisita sia attivata dalle infezioni e non da sostanze T helper esprimono l’antigene CD40L e secernono citochine, che
innocue. Nella risposta immunitaria antitumorale e nel rigetto dei attivano in modo sinergico i linfociti B.
trapianti, il “segnale 2” può essere rappresentato da sostanze rilasciate Ogni plasmacellula produce anticorpi con lo stesso sito di com-
dalle cellule necrotiche (le “allarmine” menzionate in precedenza). binazione per l’antigene dei primi anticorpi di membrana (recettori
Le risposte e le funzioni dei linfociti T e B sono diverse e saranno dei linfociti B) che hanno riconosciuto l’antigene. I polisaccaridi e
descritte separatamente. i lipidi stimolano principalmente la secrezione di IgM. Gli antigeni
proteici, grazie alla cooperazione dei linfociti T helper attraverso il
CD40L e le citochine, inducono la produzione di varie classi anti-
Immunità cellulo-mediata: attivazione dei linfociti T
corpali, o isotipi (IgG, IgA, IgE). Le citochine responsabili dello
ed eliminazione dei patogeni intracellulari
scambio isotipico delle immunoglobuline sono l’IFN-g e l’IL-4. I
I linfociti T vergini, attivati dall’antigene e dai costimolatori negli linfociti T helper stimolano anche la produzione di anticorpi a
organi linfatici periferici, proliferano e maturano in cellule effettrici elevata affinità per l’antigene; un processo detto maturazione
192 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Figura 6.10 Immunità cellulo-mediata. Le cellule dendritiche (DC) catturano gli antigeni microbici negli epiteli e nei tessuti e li trasportano ai linfonodi.
La cattura degli antigeni fa maturare le DC inducendo l’espressione di alti livelli di molecole MHC e costimolatori. I linfociti T vergini riconoscono i peptidi
antigenici associati alle molecole MHC presentati dalle DC. I linfociti T attivati proliferano e si differenziano in cellule effettrici e cellule della memoria im-
munologica, che migrano nei focolai di infezione e sono responsabili dell’immunità cellulo-mediata. I linfociti T CD4+ effettori di tipo T H1 riconoscono gli
antigeni microbici internalizzati dai fagociti e attivano l’attività microbicida dei fagociti. I linfociti T CD4+ causano anche la flogosi. I linfociti T CD8+ citotossici
(CTL) uccidono le cellule infettate da microbi che si localizzano nel citoplasma. Non sono mostrati in figura i linfociti TH2, importanti nelle difese antielmin-
tiche. Alcuni linfociti T attivati si differenziano in cellule della memoria immunologica a lunga vita. APC, cellula che presenta l’antigene.
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 193

Figura 6.11 Sottotipi di linfociti T helper (TH). In risposta agli stimoli (principalmente citochine) presenti al momento del riconoscimento dell’antigene,
i linfociti TH CD4+ vergini possono differenziarsi in sottopopolazioni diverse di cellule effettrici che rilasciano miscele di citochine diverse, con funzioni di-
stinte. In figura sono riassunti la principale risposta immunitaria di ciascun sottotipo e il relativo ruolo nella difesa dell’ospite e nelle malattie
immunitarie.

Figura 6.12 Immunità umorale. I linfociti B vergini riconoscono gli antigeni e, stimolati dai linfociti TH e da altri fattori (non mostrati in figura), proliferano,
differenziandosi in plasmacellule secernenti anticorpi. Alcuni linfociti B attivati vanno incontro a switch isotipico delle catene pesanti e maturazione dell’af-
finità, altri invece diventano cellule della memoria immunologica a lunga vita. Gli anticorpi formati da catene pesanti di classi diverse (isotipi) hanno funzioni
diverse, indicate a destra. Si veda il testo per le abbreviazioni.
194 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

d­ ell’affinità, che migliora la qualità della risposta umorale. Lo scam- Meccanismi delle reazioni da
bio isotipico e la maturazione dell’affinità si verificano soprattutto ipersensibilità
nei centri germinativi, formati dai linfociti B proliferanti, soprattutto
nelle risposte agli antigeni proteici che dipendono dalla cooperazio- I soggetti che sono stati precedentemente esposti a un antigene sono
ne dei linfociti T helper. detti sensibilizzati. L’esposizione ripetuta allo stesso antigene può, in
La risposta immunitaria umorale combatte i germi in vari modi certi casi, scatenare reazioni patologiche; queste reazioni sono dette
(si veda Fig. 6.12). Gli anticorpi legano i microbi bloccando l’in- ipersensibilità, a indicare una risposta aberrante all’antigene. Le carat-
fezione delle cellule e li neutralizzano. Le IgG rivestono (opsoniz- teristiche principali della malattie da ipersensibilità sono le seguenti:
zano) i germi, marcandoli per la fagocitosi; i fagociti (neutrofili
e macrofagi), infatti, esprimono i recettori per il frammento Fc Le reazioni da ipersensibilità possono essere scatenate da antigeni
delle IgG. Le IgG e le IgM attivano il complemento per la via esogeni ed endogeni. L’uomo vive in un ambiente che brulica di
classica e il complemento promuove la fagocitosi e la distruzione sostanze potenzialmente immunogene. Gli antigeni esogeni sono
dei microbi. La produzione di gran parte delle IgG opsonizzanti e quelli presenti nella polvere, nei pollini, nei cibi, nei farmaci,
fissanti il complemento è stimolata dai linfociti T helper TH1, at- nei germi e nelle sostanze chimiche e in alcuni emoderivati im-
tivati da molti batteri e virus; quindi gran parte delle risposte piegati a scopo diagnostico e terapeutico. La risposta immunitaria
protettive antibatteriche e antivirali sono orchestrate dai linfociti agli antigeni esogeni può assumere varie forme, che vanno dal
TH1. Alcuni anticorpi hanno un ruolo speciale in determinate sedi disturbo insignificante ma fastidioso, come il prurito, a malattie
anatomiche. Le IgA secrete dagli epiteli delle mucose neutralizzano potenzialmente fatali, come l’asma bronchiale. Anche gli antigeni
i patogeni intraluminali delle vie aeree e dell’apparato gastroente- ­t issutali endogeni possono scatenare reazioni immunitarie
rico (e di altre mucose). Le IgG, trasportate attivamente attraverso ­patologiche. Le risposte immunitarie contro gli antigeni autologhi
la placenta, proteggono il neonato fino alla maturazione del siste- o antigeni self sono responsabili di un importante gruppo di
ma immunitario. Le IgE cooperano con gli eosinofili nell’uccisione malattie autoimmuni.
dei parassiti, soprattutto inducendo la degranulazione degli eosi- Lo sviluppo delle malattie da ipersensibilità (sia allergiche che
nofili che liberano sostanze tossiche per gli elminti. Come già autoimmuni) spesso si associa all’eredità di geni predisponenti. I
detto, la risposta antielmintica è orchestrata dai linfociti TH2, che geni HLA e molti geni non-HLA sono implicati nella patogenesi
rilasciano citochine che attivano gli eosinofili e stimolano la pro- di varie malattie da ipersensibilità; gli esempi specifici verranno
duzione di IgE. descritti nei capitoli relativi.
La maggior parte delle IgG circolanti ha un’emivita di circa 3 Un principio generale condiviso è che l’ipersensibilità deriva da
settimane. Alcune plasmacellule produttrici di anticorpi migrano uno squilibrio tra le risposte effettrici e i meccanismi di controllo
nel midollo osseo e vivono per anni, continuando a produrre bassi che normalmente limitano tali risposte. Torneremo su questo
livelli di anticorpi. concetto nella sezione dedicata all’autoimmunità.

La classificazione delle malattie da ipersensibilità è basata sull’im-


Declino delle risposte immunitarie e memoria
munopatogenesi (Tab. 6.2), cioè sui meccanismi attraverso i quali
immunologica
la risposta immunitaria danneggia i tessuti, causando la malattia e
La maggior parte dei linfociti effettori generati in risposta a un’in- le concomitanti alterazioni clinicopatologiche. È sempre più evi-
fezione muore per apoptosi dopo l’eliminazione dei patogeni e il dente, però, che in tutte le malattie da ipersensibilità i meccanismi
sistema immunitario torna così allo stato basale, detto omeostasi. patogenetici possono essere molteplici. Le principali reazioni da
L’attivazione linfocitaria genera però cellule della memoria immuno­ ipersensibilità sono:
logica, a lunga vita, che sopravvivono per anni dopo l’infezione. Le
cellule della memoria sono una sottopopolazione espansa di linfociti Le reazioni da ipersensibilità immediata (ipersensibilità di tipo I):
antigene-specifici (più numerosa di qualsiasi sottopopolazione di la risposta immunitaria è mediata dai linfociti TH2, dalle IgE e
linfociti vergini antigene-specifici presenti prima dell’esposizione dai mastociti e causa il rilascio di mediatori attivi sui vasi e sul
all’antigene) che rispondono più rapidamente ed efficacemente dei muscolo liscio e di citochine proinfiammatorie che reclutano le
linfociti vergini se esposti nuovamente all’antigene.25 Per questo cellule infiammatorie.
l’induzione delle cellule della memoria è uno degli obiettivi princi- Le reazioni mediate da anticorpi (ipersensibilità di tipo II): gli
pali della vaccinazione. anticorpi secreti danneggiano direttamente le cellule, promuo-
Dopo questa breve panoramica dei fondamenti dell’immunologia vendone la fagocitosi e la lisi, e danneggiano i tessuti inducendo
passiamo a descrivere le malattie del sistema immunitario. Le sezioni la flogosi. Gli anticorpi possono anche causare malattie interfe-
seguenti saranno dedicate alle malattie causate da iperattività del rendo con le funzioni cellulari senza causare lesioni tissutali.
sistema immunitario (malattie da ipersensibilità e rigetto dei tra- Le malattie da immunocomplessi (ipersensibilità di tipo III): le IgG
pianti), seguite dalle malattie causate dai deficit del sistema immu- e le IgM si legano generalmente ad antigeni circolanti e gli im-
nitario (sindromi da immunodeficienza), che verranno trattate sepa- munocomplessi antigene-anticorpo si depositano nei tessuti
ratamente. Concluderemo con l’amiloidosi, una patologia spesso scatenando la flogosi. L’infiammazione recluta i leucociti (neu-
associata a malattie autoimmuni e infiammatorie. trofili e monociti) che rilasciano enzimi lisosomiali e radicali
liberi responsabili dei danni tissutali.
Le reazioni immunitarie cellulo-mediate (ipersensibilità di tipo IV):
Ipersensibilità e malattie autoimmuni i responsabili del danno cellulare e tissutale sono i linfociti T
sensibilizzati (cellule TH1 e TH17 e CTL). Le lesioni causate dai
Prima di trattare le malattie da ipersensibilità, riassumeremo breve- linfociti TH2 rientrano tra le reazioni di ipersensibilità immediata
mente i meccanismi generali dell’ipersensibilità. e non sono considerate una forma di ipersensibilità di tipo IV.
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 195

Tabella 6.2 Patogenesi delle reazioni immunologiche da ipersensibilità


Tipo di reazione Malattia prototipica Patogenesi Lesioni patologiche

Ipersensibilità immediata Anafilassi; allergie; asma Produzione di IgE → rilascio immediato di Vasodilatazione, edema,
(tipo I) bronchiale (forme atopiche) amine vasoattive e di altri mediatori dei contrazione della
mastociti; successivo reclutamento di muscolatura liscia,
cellule infiammatorie ipersecrezione mucosa,
flogosi

Ipersensibilità mediata Anemia emolitica autoimmune; Produzione di IgG e IgM → che si legano Fagocitosi e lisi cellulare;
da anticorpi (tipo II) sindrome di Goodpasture all’antigene sulle cellule bersaglio e nei flogosi; in alcune
tessuti → fagocitosi e lisi delle cellule malattie, disturbi
bersaglio a opera del complemento funzionali in assenza di
attivato o dei recettori Fc; reclutamento danni cellulari e tissutali
dei leucociti

Ipersensibilità mediata LES; alcune forme di Deposizione di immunocomplessi → attivazione Flogosi, vasculite
da immunocomplessi glomerulonefrite, malattia da del complemento → reclutamento dei necrotizzante (necrosi
(tipo III) siero; reazione di Arthus leucociti a opera del complemento e dei fibrinoide)
recettori Fc → rilascio di enzimi e altre
molecole tossiche

Ipersensibilità cellulo- Dermatite da contatto; sclerosi Linfociti T attivati → (i) secrezione di citochine Infiltrati cellulari
mediata (tipo IV) multipla; diabete di tipo 1; e attivazione dei macrofagi; (ii) citotossicità perivasali; edema;
artrite reumatoide; malattie mediata da CTL formazione di
infiammatorie intestinali; granulomi; lisi cellulare
tubercolosi

Ipersensibilità immediata (tipo I) dell’antigene. Possono assumere la forma di tumefazioni cutanee


localizzate (allergie cutanee, orticaria), ipersecrezione mucosa nasale
L’ipersensibilità immediata o di tipo I è una reazione immunologica e congiuntivale (rinite e congiuntivite allergica), febbre da fieno,
rapida che si scatena, in soggetti precedentemente sensibilizzati, pochi asma bronchiale o gastroenterite allergica (allergie alimentari). Le
minuti dopo che l’antigene si è legato agli anticorpi presenti sui ma- reazioni locali da ipersensibilità di tipo I si sviluppano spesso secon-
stociti.26 Queste reazioni sono dette allergiche e gli antigeni scatenanti do una sequenza di fasi ben definite (Fig. 6.13). La reazione imme-
sono allergeni. L’ipersensibilità immediata si può manifestare come diata o iniziale si associa a vasodilatazione, aumento della permea-
reazione sistemica o locale. La reazione sistemica è generalmente bilità vasale e, a seconda della sede, spasmo del muscolo liscio o
scatenata dall’iniezione dell’antigene in un soggetto sensibilizzato. secrezione ghiandolare; queste manifestazioni appaiono general-
A volte il paziente va in shock in pochi minuti e lo shock può essere mente 5-30 minuti dopo l’esposizione all’allergene e tendono a re-
fatale. Le reazioni locali sono varie e dipendono dal punto d’ingresso gredire entro 60 minuti. In molti casi (ad es. nella rinite allergica e

Figura 6.13 Ipersensibilità immediata. A. Cinetica delle reazioni di ipersensibilità immediata e ritardata. La risposta di tipo immediato dei vasi e della
muscolatura liscia all’allergene si sviluppa dopo pochi minuti (dall’esposizione all’allergene di soggetti precedentemente sensibilizzati), mentre la reazione
ritardata si sviluppa dopo 2-24 ore. B e C. Quadro istologico: l’ipersensibilità immediata (B) è caratterizzata da vasodilatazione, congestione ed edema
mentre la reazione ritardata (C) è caratterizzata da un infiltrato infiammatorio ricco di eosinofili, neutrofili e linfociti T. (Per gentile concessione del Dr. Daniel
Friend, Department of Pathology, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA)
196 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

nell’asma bronchiale), però, dopo 2-24 ore e in assenza di ulteriore dell’ipersensibilità immediata e ne descriveremo quindi le carat-
esposizione all’antigene, si sviluppa una reazione secondaria (reazi­ teristiche salienti.27 I mastociti sono cellule di origine midollare
one ritardata) che può durare vari giorni, ed è caratterizzata da un con un’ampia distribuzione tissutale. Abbondano in prossimità dei
infiltrato mononucleato (eosinofili, neutrofili, basofili, monociti e vasi e delle terminazioni nervose e nei tessuti subepiteliali, infatti
linfociti T CD4+) con distruzione tissutale che interessa general- le reazioni locali di ipersensibilità immediata si verificano spesso
mente la mucosa. in queste sedi. Sono ricchi di granuli legati alla membrana plasma-
Le reazioni da ipersensibilità immediata sono scatenate tica, contenenti mediatori bioattivi. I granuli contengono anche
­principalmente dall’attivazione dei mastociti e di altri leucociti in- proteoglicani acidi che si colorano con i coloranti basici come il
dotta dalle IgE (Fig. 6.14). I mastociti sono i principali mediatori blu di toluidina. Come vedremo più avanti, i mastociti (e i basofili)
sono attivati dall’aggregazione dei recettori ad alta affinità del
frammento Fc delle IgE, ma anche da altri stimoli, come il legame
delle frazioni C5a e C3a del complemento (detti anafilotossine
perché scatenano reazioni simili all’anafilassi) a specifici recettori
mastocitari di membrana. Altri induttori della secrezione dei gra-
nuli mastocitari sono: alcune chemochine (ad es. IL-8), farmaci
come codeina e morfina, l’adenosina e la mellitina (presente nel
veleno delle api) e stimoli fisici (ad es. calore, freddo e luce solare).
I basofili sono simili ai mastociti per molti aspetti, inclusi i recettori
di membrana per il frammento Fc delle IgE e i granuli citoplasma-
tici. Contrariamente ai mastociti, però, i basofili non si trovano
normalmente nei tessuti ma sono presenti in circolo, benché in
numero molto esiguo. (Le reazioni allergiche si verificano princi-
palmente nei tessuti e il ruolo dei basofili in queste reazioni è meno
chiaro di quello dei mastociti). Come gli altri granulociti, i basofili
vengono reclutati nei focolai infiammatori.
I linfociti TH2 hanno un ruolo chiave nell’attivazione e nell’ampli-
ficazione dell’ipersensibilità immediata, infatti, stimolano la produ-
zione di IgE e la flogosi.28,29 La prima tappa della generazione dei
linfociti TH2 è la presentazione dell’antigene ai linfociti T helper
CD4+ vergini, probabilmente a opera delle cellule dendritiche che
catturano l’antigene al suo ingresso nei tessuti. In risposta alla sti-
molazione antigenica e ad altri stimoli, come le citochine prodotte
localmente, i linfociti T helper si differenziano in senso TH2, una
sottopopolazione di linfociti T helper che, stimolati dall’antigene,
producono una caratteristica miscela di citochine: IL-4, IL-5 e IL-13.
L’IL-4 agisce sui linfociti B inducendo il cambiamento di classe
delle immunoglobuline e la produzione di IgE e promuove la matu-
razione di altri linfociti TH2. L’IL-5 stimola la maturazione e l’atti-
vazione degli eosinofili, effettori importanti dell’ipersensibilità di
tipo I, come vedremo più avanti. L’IL-13 potenzia la produzione
di IgE e stimola la secrezione mucosa delle cellule epiteliali. I linfociti
TH2, inoltre (come i mastociti e le cellule epiteliali) producono che-
mochine che reclutano altri linfociti TH2 e altri leucociti nel focolaio
infiammatorio.28
I mastociti e i basofili esprimono il recettore FcεRI, un recettore
ad alta affinità per il frammento Fc delle IgE che lega avidamente
le IgE. Quando un mastocita legato alle IgE incontra l’allergene,
si scatena una serie di reazioni, che causano il rilascio di un arse-
nale di potenti mediatori responsabili delle manifestazioni clini-
che dell’ipersensibilità immediata. Nella prima fase di questa
sequenza l’antigene (allergene) si lega alle IgE adese ai mastociti.
Gli antigeni polivalenti inducono l’aggregazione di IgE adiacenti
(mediante legami crociati) e dei sottostanti recettori dell’Fc. L’ag-
gregazione dei recettori Fcε attiva la trasduzione del segnale da
parte della loro porzione citoplasmatica, inducendo la degranu-
Figura 6.14 Catena di eventi nell’ipersensibilità immediata (di tipo I). Le lazione dei mastociti, con il rilascio di mediatori preformati (pri-
reazioni di ipersensibilità immediata sono scatenate dall’introduzione di mari) immagazzinati nei granuli, e la neosintesi e il rilascio di
allergeni, che stimolano le risposte TH2 e la produzione di IgE in soggetti mediatori secondari (prodotti lipidici e citochine) (Fig. 6.15).
geneticamente predisposti. Le IgE si legano ai recettori Fc (FcεRI) dei
mastociti e una successiva esposizione all’allergene attiva i mastociti indu-
Questi mediatori sono i diretti responsabili dei sintomi iniziali, a
cendo la secrezione di mediatori responsabili delle manifestazioni patolo- volte esplosivi, dell’ipersensibilità immediata e dello sviluppo della
giche dell’ipersensibilità immediata. Si vedano le abbreviazioni nel testo. risposta ritardata.26
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 197

Leucotrieni. I leucotrieni C4 e D4 sono i più potenti agenti vaso-


attivi e spasmogenici conosciuti. In termini molari, sono varie
migliaia di volte più attivi dell’istamina nell’aumentare la permea­
bilità vasale e la contrazione della muscolatura liscia bronchiale.
Il leucotriene B4 è fortemente chemotattico per neutrofili, eosi-
nofili e monociti.
Prostaglandina D2. È il prodotto principale della ciclossigenasi
mastocitaria. Provoca intenso broncospasmo e aumento della
secrezione mucosa.
Fattore di attivazione delle piastrine (PAF). Il PAF (Cap. 2), pro-
dotto da alcune popolazioni mastocitarie, causa aggregazione
piastrinica, rilascio di istamina, broncospasmo, aumento della
permeabilità dei vasi e vasodilatazione. È inoltre chemotattico
per neutrofili ed eosinofili e, a concentrazioni elevate, attiva le
cellule infiammatorie inducendone la degranulazione. La produ-
zione di PAF può essere scatenata anche dall’attivazione della
fosfolipasi A2, ma esso non è un prodotto del metabolismo
dell’acido arachidonico.

Citochine. I mastociti producono varie citochine che regolano


le diverse fasi della reazione di ipersensibilità immediata: in parti-
colare TNF, IL-1 e chemochine, che contribuiscono al reclutamento
dei leucociti (tipico della risposta ritardata); IL-4, che amplifica la
risposta TH2; e altre. Le cellule infiammatorie reclutate dal TNF e
dalle chemochine mastocitari producono a loro volta altre citochine
e mediatori che provocano il rilascio di istamina stimolando
­ulteriormente la degranulazione mastocitaria.
Le reazioni di ipersensibilità immediata dipendono dall’azione
coordinata di mediatori chemotattici, vasoattivi e spasmogenici
(Tab. 6.3). Alcuni, come l’istamina e i leucotrieni, rilasciati rapida-
mente dai mastociti sensibilizzati, sono responsabili delle intense
reazioni immediate (edema, secrezione mucosa e spasmo del mu-
scolo liscio), altri, come le citochine, creano le premesse della rispo-
Figura 6.15 Mediatori dei mastociti. I mastociti attivati rilasciano varie sta ritardata reclutando altri leucociti. I leucociti che sopraggiungono
classi di mediatori responsabili delle reazioni di ipersensibilità immediata e rilasciano altre ondate di mediatori (tra i quali le citochine) aggra-
ritardata. ECF, fattore chemotattico per gli eosinofili; NCF, fattore chemotat- vando il danno epiteliale. Le cellule epiteliali, a loro volta, non sono
tico per i neutrofili (nessuno dei due è stato definito biochimicamente); PAF, spettatori passivi, ma producono anch’esse mediatori solubili, come
fattore di attivazione delle piastrine.
le chemochine.
Tra le cellule reclutate nella reazione ritardata, gli eosinofili hanno
Mediatori preformati. I mediatori contenuti nei granuli un ruolo particolarmente importante.30 Migrano nei tessuti interes-
mastocitari sono i primi a essere rilasciati e sono suddivisi in tre sati da reazioni di ipersensibilità immediata attratti dalle chemochi-
categorie: ne (eotassina e altre) prodotte dalle cellule epiteliali, dai linfociti TH2
e dai mastociti. La sopravvivenza tissutale degli eosinofili è favorita
Amine vasoattive. La principale amina secreta dai mastociti è da IL-3, IL-5 e GM-CSF; IL-5 è il più potente attivatore degli eosi-
l’istamina, che provoca spasmo del muscolo liscio, aumento della nofili. Gli eosinofili rilasciano enzimi proteolitici e due proteine
permeabilità vascolare e ipersecrezione mucosa dalle ghiandole caratteristiche, la proteina basica principale (MBP) e la proteina
nasali, bronchiali e gastriche. cationica eosinofilica (ECP), che sono tossiche per le cellule epiteliali.
Enzimi. Gli enzimi sono contenuti nella matrice dei granuli e Gli eosinofili attivati e altri leucociti producono anche leucotriene
comprendono le proteasi neutre (chimasi, triptasi) e numerose C4 e PAF e attivano direttamente i mastociti inducendo il rilascio
idrolasi acide. Gli enzimi causano lesioni tissutali e generano di mediatori. Le cellule reclutate, quindi, amplificano e sostengono la
chinine e frazioni attivate del complemento (ad es. C3a) agendo flogosi in assenza di ulteriore esposizione all’antigene scatenante.
sui loro precursori proteici. Attualmente si ritiene che la causa principale dei sintomi di alcune
Proteoglicani: l’eparina (noto anticoagulante) e il condroitinsol- malattie da ipersensibilità di tipo I, come l’asma allergica, sia la rea­
fato, contribuiscono ad ammassare e immagazzinare gli altri zione ritardata. Queste malattie vanno quindi trattate con antinfiam-
mediatori nei granuli. matori ad ampio spettro, come gli steroidi.
La predisposizione alle reazioni da ipersensibilità immediata è
Mediatori lipidici. I mediatori lipidici sono generati da reazioni a determinata geneticamente. Il termine atopia indica la predisposi-
catena nelle membrane mastocitarie che attivano la fosfolipasi A2, un zione a sviluppare reazioni locali di ipersensibilità immediata contro
enzima che converte i fosfolipidi di membrana in acido arachidonico. allergeni introdotti per via aerea o alimentare. I soggetti atopici
L’acido arachidonico è il precursore dei leucotrieni e delle prostaglan- hanno livelli tendenzialmente più elevati di IgE sieriche e di linfociti
dine generati dalla 5-lipossigenasi e dalla ciclossigenasi (Cap. 2). TH2 producenti IL-4, rispetto alla popolazione generale. Il 50% dei
198 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Tabella 6.3 Effetti dei mediatori prodotti dai mastociti nell’ipersensibilità immediata (tipo I)

Azione Mediatori

Vasodilatazione, aumento della permeabilità vasale Istamina


PAF
Leucotrieni C4, D4, E4
Proteasi neutre che attivano il complemento e le chinine
Prostaglandina D2

Contrazione della muscolatura liscia Leucotrieni C4, D4, E4


Istamina
Prostaglandine
PAF

Infiltrato cellulare Citochine (ad es. chemochine, TNF)


Leucotriene B4
Fattori chemotattici degli eosinofili e dei neutrofili (non
caratterizzati biochimicamente)

PAF, fattore di attivazione delle piastrine; TNF, fattore di necrosi tumorale.

s­ oggetti atopici ha familiarità per le malattie allergiche. Le basi della alimentari (ad es. noccioline, frutti di mare) o al veleno di insetti (ad
predisposizione familiare non sono chiare, ma lo studio dei pazienti es. veleno delle api).32 A volte sono sufficienti dosi minime di antige-
asmatici ha mostrato un’associazione con vari loci genici.31 I geni ne, come quelle dei test cutanei per la diagnosi delle allergie, a sca-
candidati sono stati mappati in 5q31, contenente anche i geni delle tenare l’anafilassi. Dato il rischio elevato di gravi reazioni allergiche
citochine IL-3, IL-4, IL-5, IL-9, IL-13 e GM-CSF. Questo locus è stato a quantità minime di noccioline, il Congresso USA sta valutando una
molto studiato perché molte di queste citochine sono implicate nelle legge che vieti le merendine a base di noccioline nei voli di linea.
reazioni da ipersensibilità immediata, ma non si sa come i polimor- Entro pochi minuti dall’esposizione compaiono prurito, orticaria,
fismi associati alla malattia influiscano sulla biologia delle citochine. eritema cutaneo, seguiti a breve da grave broncospasmo e difficoltà
È stata osservata anche un’associazione con il locus 6p, vicino al respiratorie. L’edema della laringe causa raucedine e compromette
complesso HLA, a indicare che determinati alleli HLA a trasmissione ulteriormente la respirazione. Seguono vomito, crampi addominali,
ereditaria sono responsabili della reattività ad alcuni allergeni. diarrea e laringospasmo e il paziente può andare in shock e perfino
Le reazioni da ipersensibilità sono spesso scatenate dalle tempe- morire nel giro di un’ora. Bisogna sempre tener presente il rischio
rature estreme e dall’esercizio fisico, in assenza di attivazione dei di anafilassi quando si somministrano certi agenti terapeutici. Alcuni
linfociti TH2 e delle IgE; queste reazioni sono dette “allergia non pazienti a rischio possono essere identificati grazie a un’anamnesi
atopica.” Si ritiene che in questi casi i mastociti siano ipersensibili a positiva per una qualche forma di allergia, ma un’anamnesi negativa
stimoli non immunitari che li attivano. non esclude la possibilità di una reazione anafilattica.
Un ultimo aspetto da sottolineare è l’aumento dell’incidenza
dell’ipersensibilità immediata nei Paesi sviluppati, apparentemente Reazioni locali da ipersensibilità immediata
correlato alla ridotta esposizione alle infezioni nei primi anni di vita.
Queste osservazioni hanno portato alla cosiddetta ipotesi dell’igiene, Il 10-20% circa della popolazione soffre di reazioni allergiche loca-
secondo la quale una ridotta esposizione ai germi resetterebbe il lizzate contro allergeni ambientali comuni: polline, forfora di ani-
sistema immunitario e le risposte TH2 si scatenerebbero con mag- mali, polvere domestica, cibi e così via. Le malattie specifiche sono:
giore facilità contro gli antigeni ambientali comuni. È comunque l’orticaria, l’angioedema, la rinite allergica (febbre da fieno) e l’asma
un’ipotesi controversa il cui meccanismo non è chiaro. bronchiale, descritte in altri capitoli di questo libro.
In sintesi, l’ipersensibilità immediata (tipo I) è un disordine com-
plesso causato dall’attivazione dei mastociti indotta dalle IgE e dal Ipersensibilità mediata da anticorpi (tipo II)
conseguente accumulo di cellule infiammatorie nelle sedi di deposito
dell’antigene. Questi eventi sono scatenati principalmente dall’attiva- Questa forma di ipersensibilità è causata da anticorpi che riconoscono
zione dei linfociti T helper TH2 che inducono la produzione di IgE (che antigeni di membrana e della matrice extracellulare. I determinanti
favoriscono l’attivazione dei mastociti), reclutano le cellule infiamma- antigenici possono essere intrinseci alle membrane o alla matrice
torie (soprattutto eosinofili) e stimolano la secrezione mucosa. Il qua- oppure possono essere sostanze esogene, come il metabolita di un
dro clinico è causato dal rilascio di mediatori mastocitari e da una farmaco, che si lega alla membrana o alla matrice. In entrambi i casi,
reazione flogistica ricca di eosinofili. la reazione di ipersensibilità è scatenata dal legame degli anticorpi
Dopo aver descritto la patogenesi dell’ipersensibilità di tipo I, agli antigeni di membrana, normali o alterati. I meccanismi pato-
presenteremo alcuni esempi di malattie mediate da IgE. genetici delle lesioni tissutali e delle malattie causate dagli anticorpi
sono illustrati in Figura. 6.16 e descritti più avanti.
Anafilassi sistemica
Opsonizzazione e fagocitosi
L’anafilassi sistemica è caratterizzata da shock vasale, edema diffuso
e difficoltà respiratorie. Si verifica in soggetti sensibilizzati, in am- La fagocitosi è il principale meccanismo di eliminazione delle cellule
biente ospedaliero dopo somministrazione di proteine estranee (ad rivestite da anticorpi. Le cellule opsonizzate dalle IgG sono ricono-
es. antisieri), ormoni, enzimi, polisaccaridi e farmaci (come l’antibio­ sciute dai recettori per il frammento Fc presenti su fagociti, specifici
tico penicillina) e in comunità in seguito all’esposizione ad allergeni per il frammento Fc di alcune sottoclassi di IgG. Le IgM e le IgG
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 199

Figura 6.16 Patogenesi delle lesioni mediate da anticorpi. A. Le cellule opsonizzate da anticorpi e complemento vengono internalizzate dai fagociti.
B. Il legame dell’anticorpo al recettore leucocitario per il frammento Fc e i prodotti di degradazione del complemento inducono la flogosi. C. Gli anticorpi
antirecettore interferiscono con la funzione recettoriale. In questi esempi, gli anticorpi antirecettore dell’acetilcolina (ACh) bloccano la trasmissione neuro-
muscolare nella miastenia grave e gli anticorpi antirecettore dell’ormone tireotropo (TSH) attivano le cellule tiroidee nel morbo di Basedow-Graves.

legate alla membrana cellulare, inoltre, attivano il complemento per IgG della madre attraversano la placenta causando la lisi degli eri-
la via classica. L’attivazione del complemento genera prodotti inter- trociti fetali; (3) nell’anemia emolitica autoimmune, agranulocitosi e
medi, in particolare C3b e C4b, che legandosi a loro volta alle mem- trombocitopenia, in cui il soggetto produce anticorpi contro le pro-
brane cellulari attraggono i fagociti dotati di recettori per queste prie cellule ematiche che vengono quindi distrutte; e (4) in alcune
proteine. Il risultato finale è la fagocitosi delle cellule opsonizzate e reazioni iatrogene, in cui il farmaco funge da aptene legandosi ad
la loro distruzione (Fig. 6.16 A). L’attivazione del complemento a antigeni delle membrane eritrocitarie e inducendo la produzione di
livello di membrana induce anche la formazione del complesso di anticorpi diretti contro il complesso formato dal farmaco e dalla
attacco alla membrana, che fora il doppio strato lipidico, distrug- proteina di membrana.
gendo la membrana e causando la lisi osmotica delle cellule. Questo
meccanismo citolitico è verosimilmente efficace solo per i batteri a Infiammazione
parete cellulare sottile, come le Neisserie.
La lisi cellulare anticorpo-mediata può avvenire anche con un mec- L’accumulo di anticorpi in tessuti quali le membrane basali e la
canismo detto citotossicità anticorpo-dipendente (ADCC). Le cellule matrice extracellulare, provoca un danno dovuto alla flogosi. L’ac-
rivestite da basse concentrazioni di IgG sono lisate da varie cellule cumulo di anticorpi, infatti, attiva il complemento, generando fattori
effettrici che attaccano le cellule bersaglio tramite i recettori per il chemotattici (principalmente C5a), che reclutano neutrofili e mo-
frammento Fc delle IgG e le lisano senza internalizzarle. L’ADCC può nociti, e anafilotossine (C3a e C5a) che aumentano la permeabilità
essere impiegata da: monociti, neutrofili, eosinofili e cellule NK. Il ruolo dei vasi (Fig. 6.16 B). I leucociti attivati attraverso i loro recettori per
della ADCC in determinate malattie da ipersensibilità non è chiaro. il C3b e l’Fc producono e rilasciano mediatori proinfiammatori:
La fagocitosi e la lisi cellulare anticorpo-mediata avvengono: (1) prostaglandine, peptidi vasodilatatori e fattori chemotattici. L’atti-
nelle reazioni trasfusionali, in cui le emazie di un donatore incom- vazione leucocitaria induce anche la produzione di sostanze tossiche,
patibile reagiscono con anticorpi preformati dell’ospite e ne sono come gli enzimi lisosomiali (proteasi che degradano le membrane
opsonizzate; (2) nella malattia emolitica del neonato (eritroblastosi cellulari, il collagene, l’elastina e la cartilagine) e i radicali liberi
fetale), in cui c’è una differenza antigenica tra la madre e il feto e le dell’ossigeno. Un tempo il complemento era ritenuto il principale
200 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Tabella 6.4 Malattie mediate da anticorpi (ipersensibilità di tipo II)


Malattia Antigeni bersaglio Patogenesi Quadro clinico

Anemia emolitica autoimmune Proteine delle membrane Opsonizzazione e fagocitosi degli Emolisi, anemia
eritrocitarie (antigeni dei eritrociti
gruppi sanguigni e antigeni
Rh, antigene I)

Porpora trombocitopenica Proteine della membrana Opsonizzazione e fagocitosi delle Sanguinamento


autoimmune piastrinica (integrina gpllb-Illa) piastrine

Pemfigo volgare Proteine nelle giunzioni Attivazione anticorpo-mediata di Vescicole cutanee (bolle)
intercellulari delle cellule proteasi, distruzione delle
epidermiche (caderina strutture intercellulari di
epidermica) adesione

Vasculite da ANCA Proteine dei granuli dei Degranulazione dei neutrofili Vasculite
neutrofili, verosimilmente e flogosi
rilasciati dai neutrofili attivati

Sindrome di Goodpasture Proteina non collagene delle Flogosi mediata da Nefrite, emorragia polmonare
membrane basali dei complemento e da recettori Fc
glomeruli renali e degli alveoli
polmonari

Febbre reumatica acuta Antigene della parete cellulare Flogosi, attivazione macrofagica Miocardite, artrite
streptococcica; reazione
crociata degli anticorpi
antistreptococco con antigeni
miocardici

Miastenia grave Recettore dell’acetilcolina Anticorpi antirecettore; Ipostenia, paralisi


inibiscono il legame
dell’acetilcolina, riducono
l’espressione dei recettori

Morbo di Basedow-Graves Recettori del TSH Gli anticorpi antirecettore Ipertiroidismo


(ipertiroidismo) stimolano i recettori del TSH

Diabete insulino-resistente Recettore insulinico Gli anticorpi-antirecettore Iperglicemia, chetoacidosi


inibiscono il legame
dell’insulina

Anemia perniciosa Fattore intrinseco prodotto dalle Neutralizzazione del fattore Eritropoiesi inefficace, anemia
cellule parietali gastriche intrinseco, ridotto
assorbimento di vitamina B12

ANCA, anticorpi citoplasmatici antineutrofili; TSH, ormone tireotropo.

mediatore flogistico nelle malattie mediate da anticorpi, ma nei topi il recettore dell’ormone tireostimolante dell’epitelio tiroideo attivano
transgenici knockout anche l’assenza di recettori per il frammento i tireociti provocando ipertiroidismo.
Fc si associa a marcata riduzione di queste reazioni. Attualmente si
ritiene che la flogosi delle malattie mediate da anticorpi (e da im- Ipersensibilità mediata da
munocomplessi) sia scatenata sia dal complemento che dall’attiva- immunocomplessi (tipo III)
zione dei recettori per il frammento Fc.
La flogosi anticorpo-mediata è il meccanismo responsabile delle I complessi antigene-anticorpo producono i loro effetti patologici
lesioni tissutali che si osservano in alcune glomerulonefriti, nel rigetto soprattutto scatenando una reazione flogistica nelle sedi di accumulo.
vascolare dei trapianti e in altre patologie (Tab. 6.4). La reazione patologica inizia con la formazione di complessi anti-
gene-anticorpo in circolo (immunocomplessi circolanti) che si de-
positano nella parete dei vasi.34 Gli immunocomplessi si possono
Alterazione cellulare
formare anche in sedi extravasali dove gli antigeni si sono impiantati
Alcune patologie sono causate da anticorpi antirecettore diretti in precedenza (detti immunocomplessi in situ). L’antigene che entra
contro recettori di membrana, che generano disfunzioni in assenza a far parte degli immunocomplessi può essere esogeno (ad es. una
di effetti citotossici o proinfiammatori. Ad esempio, nella miastenia proteina iniettata o un antigene virale) o endogeno se il soggetto
grave, gli anticorpi diretti contro i recettori dell’acetilcolina della produce anticorpi contro componenti autologhe (autoimmunità).
placca motrice dei muscoli scheletrici bloccano la trasmissione Esempi di malattie da immunocomplessi con i relativi antigeni sono
neuromuscolare causando ipostenia (Fig. 6.16 C). Il meccanismo elencati nella Tabella 6.5. Le malattie da immunocomplessi possono
opposto (cioè, la stimolazione cellulare indotta da autoanticorpi) è essere sistemiche, se gli immunocomplessi si formano in circolo e si
responsabile del morbo di Graves, in cui gli anticorpi diretti contro accumulano in vari organi, o localizzate in determinati organi, come
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 201

Tabella 6.5 Malattie da immunocomplessi


Malattia Antigene coinvolto Quadro clinico

Lupus eritematoso sistemico Antigeni nucleari Nefrite, lesioni cutanee, artrite, altre

Glomerulonefrite poststreptococcica Antigene(i) della parete cellulare Nefrite


streptococcica; possono rimanere inseriti
nella membrana basale glomerulare

Poliarterite nodosa Antigeni del virus dell’epatite B (in alcuni Vasculite sistemica
casi)

Artrite reattiva Antigeni batterici (ad es. Yersinia) Artrite acuta

Malattia da siero Varie proteine, ad es. siero eterologo Artrite, vasculite, nefrite
(globulina antitimocita)

Reazione di Arthus (sperimentale) Diverse proteine eterologhe Vasculite cutanea

il rene (glomerulonefrite), le articolazioni (artrite), o i piccoli vasi


cutanei, se gli immunocomplessi si formano e si depositano
localmente.

Malattie sistemiche da immunocomplessi


La malattia da siero acuta è la tipica patologia sistemica da immu-
nocomplessi; in passato era una complicanza frequente della
­somministrazione di dosi massicce di antisieri eterologhi (ad es.
immunoglobuline di cavallo utilizzate nell’immunizzazione passiva).
Attualmente la malattia è rara, ma è un modello utile per compren-
dere le patologie sistemiche da immunocomplessi.
La patogenesi delle malattie sistemiche da immunocomplessi può
essere suddivisa in tre fasi: (1) formazione degli immunocomplessi
circolanti, (2) deposizione tissutale degli immunocomplessi che
dà inizio (3) alla reazione flogistica nella sede di accumulo
(Fig. 6.17).
Formazione degli immunocomplessi. L’introduzione di un
antigene proteico scatena una risposta immunitaria con formazione
di anticorpi, generalmente entro una settimana dall’inoculo. Questi
anticorpi sono liberati in circolo, dove reagiscono con l’antigene
circolante residuo formando complessi antigene-anticorpo.
Deposizione degli immunocomplessi. Nella seconda fase, gli
immunocomplessi circolanti si depositano nei tessuti. I fattori che
determinano se la formazione degli immunocomplessi sarà seguita
dalla deposizione tissutale, causando una malattia, non sono com-
pletamente chiariti, ma sembrano avere un ruolo chiave le caratte-
ristiche degli immunocomplessi e le alterazioni dei vasi nelle sedi di
accumulo.
In generale, gli immunocomplessi più patogeni sono quelli di
dimensioni intermedie, formatisi in lieve eccesso di antigene.
Gli organi che filtrano il sangue ad alta pressione per formare altri
fluidi, come le urine e il liquido sinoviale, sono predisposti alle le-
sioni da immunocomplessi; infatti gli immunocomplessi si deposi-
tano prevalentemente nei glomeruli e nelle articolazioni.35
Lesioni tissutali da immunocomplessi. L’accumulo tissutale di
immunocomplessi scatena la flogosi acuta (terza fase). In questa fase
(circa 10 giorni dopo la somministrazione dell’antigene) si manifesta
il tipico quadro clinico caratterizzato da: febbre, orticaria, artralgie,
tumefazione linfonodale e proteinuria. La lesione tissutale è la stessa,
indipendentemente dalla sede di accumulo degli immunocomplessi. Figura 6.17 Patogenesi delle malattie sistemiche da immunocomplessi
La patogenesi dell’infiammazione e delle lesioni tissutali sono (ipersensibilità di tipo III). La figura illustra le tre fasi sequenziali dello
stati già discussi a proposito delle patologie mediate da anticorpi. ­sviluppo delle malattie da immunocomplessi.
202 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

La ­lesione infiammatoria è detta vasculite se interessa i vasi, glome- Malattia localizzata da immunocomplessi
rulonefrite se interessa i glomeruli renali, artrite se interessa le arti- (reazione di Arthus)
colazioni e così via.
Le lesioni patologiche delle malattie da immunocomplessi sono La reazione di Arthus è una necrosi tissutale localizzata che interessa
causate da anticorpi in grado di fissare il complemento (IgG e IgM) generalmente la cute, causata da vasculite acuta da immunocom-
e da anticorpi che legano i recettori per il frammento Fc (di alcune plessi. La reazione può essere indotta sperimentalmente iniettando
sottoclassi di IgG) sui leucociti. L’importanza del complemento per via intradermica un immunogeno in animali precedentemente
nella patogenesi delle lesioni tissutali è suggerita dall’osservazione immunizzati con lo stesso antigene che abbiano sviluppato anticorpi
che nella fase attiva della malattia il consumo di complemento circolanti. Diffondendo attraverso le pareti vasali, l’antigene lega
causa una riduzione dei livelli sierici di C3. I livelli sierici di C3, gli anticorpi preformati, generando localmente immunocomplessi
infatti, possono essere usati in alcuni casi per monitorare l’attività di grandi dimensioni che precipitano nella parete dei vasi causando
della malattia. necrosi fibrinoide; la trombosi sovrapposta aggrava il danno
ischemico.

Morfologia Il principale segno istologico della lesione da


Ipersensibilità cellulo-mediata (tipo IV)
immunocomplessi è la vasculite acuta necrotizzante, con
necrosi della parete vasale e abbondante infiltrato neutrofilo. Le reazioni di ipersensibilità cellulo-mediata sono scatenate da
Il tessuto necrotico e i depositi di immunocomplessi, com- linfociti T, sia CD4+ che CD8+, attivati dall’antigene (sensibilizzati),
plemento e proteine plasmatiche formano una massa eosi- (Fig. 6.19). L’ipersensibilità mediata da linfociti T CD4+ attivati da
nofila indistinta che nasconde i dettagli cellulari sottostanti, antigeni ambientali e antigeni self può causare malattie infiamma-
il quadro è detto necrosi fibrinoide (Fig. 6.18). I depositi renali torie croniche. È ormai acclarato che molte malattie autoimmuni
di immunocomplessi si presentano al microscopio a fluore- sono causate da reazioni flogistiche scatenate dai linfociti T CD4+
scenza come depositi granulari formati da immunoglobuline (Tab. 6.6). Anche i linfociti T CD8+, però, possono essere respon-
e complemento e al microscopio elettronico come depositi sabili di alcune forme di ipersensibilità cellulo-mediata, soprattutto
elettrondensi disposti lungo le membrane basali glomerulari quelle scatenate da infezioni virali, in cui le cellule effettrici principali
(si vedano Figg. 6.30 e 6.31). sono i linfociti T CD8+.

Reazioni mediate dai linfociti T CD4+: ipersensibilità


Se la malattia è scatenata dall’esposizione episodica a dosi massic- ritardata e infiammazione su base immune
ce di antigene (ad es. malattia da siero acuta e forse la glomeru-
lonefrite acuta poststreptococcica), gli immunocomplessi vengono Le reazioni flogistiche scatenate dai linfociti T CD4+ sono state
­catabolizzati e le lesioni tendenzialmente regrediscono. L’espo­ caratterizzate inizialmente studiando le reazioni da ipersensibilità
sizione cronica e ripetuta all’antigene causa invece la malattia da ritardata (DTH) ad antigeni esogeni. L’ipersensibilità ritardata è però
siero cronica, tipica di varie patologie umane, come il lupus erite- responsabile anche delle reazioni infiammatorie croniche dirette
matoso sistemico (LES), causato da risposte anticorpali persistenti contro antigeni self (autoimmunità). Dato il ruolo chiave del sistema
contro antigeni self. In molte patologie con un quadro biochimico immunitario adattativo, la reazione flogistica scatenata dai linfociti
e istologico suggestivo di malattia da immunocomplessi, però, gli T CD4+ è detta infiammazione su base immune. Due sottopopola-
antigeni scatenanti sono sconosciuti. Rientrano in questa categoria: zioni linfocitarie, TH1 e TH17, causano patologie organo-specifiche
la glomerulonefrite membranosa, molti casi di poliarterite nodosa in cui la flogosi è il danno principale.36 Le infiammazioni causate dai
e molte altre vasculiti. linfociti TH1 sono dominate dai macrofagi attivati mentre in quelle
scatenate dai linfociti TH17 predominano i neutrofili.
Le reazioni da ipersensibilità cellulo-mediata sono caratterizzate
da una catena di eventi controllati dalle citochine e possono essere
suddivise in fasi.
Proliferazione e maturazione dei linfociti T CD4+. I linfociti
T CD4+ vergini riconoscono i peptidi presentati dalle cellule den-
dritiche e secernono IL-2, che funge da fattore di crescita autocrino
stimolando la proliferazione dei linfociti T attivati. I linfociti T at-
tivati maturano in linfociti TH1 o TH17, in base al tipo di citochine
prodotte dalle APC al momento dell’attivazione (si veda Fig. 6.13).36
In alcuni casi le APC (cellule dendritiche e macrofagi) producono
IL-12, che induce la maturazione dei linfociti CD4+ in senso TH1.
Queste cellule effettrici producono a loro volta IFN-g, che stimola
la maturazione di altri linfociti TH1, amplificando la risposta. Se
invece le APC producono citochine infiammatorie, come IL-1, IL-6
e IL-23 (una citochina simile a IL-12), queste citochine collaborano
con il fattore trasformante b (TGFb) (prodotto da vari tipi cellulari)
inducendo la maturazione dei linfociti T in senso TH17. Alcune
Figura 6.18 Vasculite da immunocomplessi. La parete vasale necrotica
viene sostituita da materiale fibrinoide di aspetto amorfo colorata di rosa. cellule effettrici mature entrano in circolo e restano nel pool dei
(Per gentile concessione del Dr. Trace Worrell, Department of Pathology, linfociti T della memoria immunologica per un lungo periodo, a
University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) volte anni.
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 203

Figura 6.19 Patogenesi dell’ipersensibilità cellulo-mediata (di tipo IV). A. Nell’ipersensibilità ritardata i linfociti T CD4+ (e a volte anche i linfociti T CD8+)
rispondono agli antigeni tissutali secernendo citochine che inducono la flogosi e attivano i fagociti, e ciò provoca le lesioni tissutali. I linfociti T CD4+ TH17
contribuiscono a indurre l’infiammazione reclutando i neutrofili (e in minor misura i monociti). B. In alcune malattie, i linfociti T citotossici CD8+ (CTL) di-
struggono direttamente le cellule tissutali. APC, cellule che presentano l’antigene. Si veda il testo per le altre abbreviazioni.

Risposte dei linfociti T effettori maturi. Con l’esposizione ri- s­ ecrezione di TNF, IL-1 e chemochine, che inducono l’infiamma-
petuta all’antigene, i linfociti T attivati riconoscono l’antigene pre- zione (Cap. 2); e aumenta la produzione di IL-12, amplificando in
sentato dalle APC e rispondono. I linfociti TH1 secernono citochine, tal modo la risposta TH1. L’attivazione dei macrofagi è essenziale
principalmente IFN-g, responsabili di molte manifestazioni dell’iper- per l’eliminazione degli antigeni che attaccano l’organismo, ma
sensibilità ritardata. L’IFN-g attiva i macrofagi in vari modi: aumenta l’attivazione protratta causa flogosi cronica e lesioni tissutali.
notevolmente la loro capacità di internalizzare e uccidere i micror- I linfociti TH17 sono attivati da alcuni antigeni microbici e dagli
ganismi; aumenta l’espressione sulla membrana delle molecole antigeni self nelle malattie autoimmuni. I linfociti TH17 attivati
MHC-II, facilitando la presentazione dell’antigene; attiva la ­secernono IL-17, IL-22, chemochine e altre citochine. Tutti questi

Tabella 6.6 Ipersensibilità cellulo-mediata (tipo IV)


Malattia Specificità delle cellule T patogenetiche Quadro clinico

Diabete mellito di tipo 1 Antigeni delle cellule b delle insule Insulite (flogosi cronica nelle insule),
pancreatiche (insulina, acido glutammico distruzione delle cellule b; diabete
decarbossilasi, altri)

Sclerosi multipla Antigeni proteici della mielina del SNC Demielinizzazione del SNC con flogosi
(proteina basica della mielina, proteina perivasale; paralisi, lesioni oculari
proteolipidica)

Artrite reumatoide Antigene sconosciuto della sinovia articolare Artrite cronica infiammatoria, distruzione
(collagene tipo II?); ruolo degli anticorpi? della cartilagine articolare e dell’osso

Malattia di Crohn Antigene ignoto; ruolo dei batteri Flogosi intestinale cronica e occlusione
commensali intestinale

Neuropatie periferiche; sindrome Antigeni proteici della mielina dei nervi Nevrite, paralisi
di Guillain-Barré? periferici

Sensibilizzazione da contatto (dermatite) Vari antigeni ambientali (ad es. edera Flogosi cutanea con vescicole
velenosa)

SNC, sistema nervoso centrale.


204 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

mediatori solubili reclutano i neutrofili e i monociti in loco, ampli-


ficando l’infiammazione. I linfociti TH17 producono anche IL-21,
che amplifica la risposta TH17.
Il classico esempio di DTH è l’intradermoreazione alla tubercolina,
scatenata dall’iniezione sottocutanea del derivato proteico purificato
(PPD o tubercolina), un antigene proteico del micobatterio tuber-
colare. Nei soggetti precedentemente sensibilizzati, dopo 8-12 ore
dall’iniezione compaiono l’eritema e la tumefazione dura della sede
di inoculo, che raggiungono il picco in 24-72 ore per poi regredire
lentamente. Dal punto di vista istologico, l’ipersensibilità ritardata
è caratterizzata da un infiltrato perivenulare mononucleato (princi-
palmente linfociti T CD4+ e macrofagi), che forma manicotti peri-
vasali (Fig. 6.20). Nelle lesioni floride, le venule mostrano segni di
marcata ipertrofia endoteliale, indice di attivazione endoteliale da
citochine.
Figura 6.21 Infiammazione granulomatosa. La biopsia linfonodale
Nel caso di alcuni antigeni persistenti e non degradabili, come i ­mostra vari granulomi formati da aggregati di cellule epitelioidi circondate
micobatteri che colonizzano i polmoni e altri tessuti, per 2-3 setti- da linfociti. Al centro del granuloma sono evidenti numerose cellule giganti.
mane l’infiltrato perivasale è dominato dai macrofagi. Spesso i ma- (Per gentile concessione del Dr. Trace Worrell, Department of Pathology,
crofagi attivati si trasformano in cellule similepiteliali e sono perciò University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
detti cellule epitelioidi. Il granuloma è un aggregato microscopico di
cellule epitelioidi, generalmente circondato da un colletto di linfociti
(Fig. 6.21). L’infiammazione granulomatosa (Cap. 2), si associa ge- come il diabete di tipo 1. I CTL diretti contro gli antigeni di isto-
neralmente a intensa attivazione dei linfociti T che producono cito- compatibilità di membrana sono responsabili del rigetto dei trapian-
chine (Fig. 6.22), ma può essere scatenata anche da corpi estranei ti, discusso più avanti. I CTL hanno un ruolo importante anche nelle
che attivano i macrofagi senza attivare la risposta immunitaria risposte antivirali. Nelle cellule infettate da virus, i peptidi virali sono
adattativa. presentati da molecole MHC-I e il complesso viene riconosciuto dal
La dermatite da contatto è un esempio comune di lesione da TCR dei linfociti T CD8+. L’uccisione delle cellule infettate da virus
ipersensibilità ritardata. Può essere scatenata dal contatto con l’uru- eradica l’infezione ma è anche responsabile dei danni cellulari asso-
sciolo, la componente antigenica dell’edera velenosa e della quercia ciati all’infezione (ad es. nell’epatite virale). Anche gli antigeni tu-
velenosa, e si manifesta come dermatite vescicolare (Fig. 6.23). morali sono presentati dalle molecole MHC-I espresse in membrana
e i CTL sono implicati nel rigetto dei tumori (Cap. 7).
Reazioni da ipersensibilità mediate dai linfociti T
CD8+: citotossicità cellulo-mediata
In queste reazioni cellulo-mediate, i CTL CD8+ uccidono le cellule
bersaglio che espongono antigeni. Le lesioni tissutali da CTL sono
una componente importante di molte patologie cellulo-mediate,

Figura 6.20 Reazioni cutanee da ipersensibilità ritardata A. Infiltrato


perivascolare mononucleato (linfociti T e fagociti mononucleati). B. La
­colorazione con immunoperossidasi rivela un infiltrato cellulare prevalen-
temente perivascolare positivo per gli anticorpi anti-CD4. (Per gentile con- Figura 6.22 Patogenesi del granuloma. Eventi che portano alla forma-
cessione del Dr. Louis Picker, Department of Pathology, University of Texas zione di granulomi nell’ipersensibilità cellulo-mediata (tipo IV). Da notare il
Southwestern Medical School, Dallas, TX) ruolo delle citochine. Per le altre abbreviazioni si rimanda al testo.
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 205

Tabella 6.7 Malattie infiammatorie immuno-mediate

malattie mediate da anticorpi e immunocomplessi

   Malattie autoimmuni organo-specifiche


     Anemia emolitica autoimmune
    Trombocitopenia autoimmune
     Miastenia grave
     Morbo di Basedow-Graves
     Sindrome di Goodpasture
   Malattie autoimmuni sistemiche
     Lupus eritematoso sistemico (LES)
   Malattie autoimmuni o causate da reazioni immunitarie
ad antigeni microbici
     Poliarterite nodosa

malattie mediate da linfociti t

Figura 6.23 Dermatite da contatto. La lesione mostra una vescicola    Malattie autoimmuni organo-specifiche
epidermica con infiltrati mononucleari nel derma e nell’epidermide. (Per      Diabete mellito di tipo 1
gentile concessione del Dr. Louis Picker, Department of Pathology, Univer-      Sclerosi multipla
sity of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)    Malattie autoimmuni sistemiche
     Artrite reumatoide*
     Sclerosi sistemica*
La citolisi mediata dai CTL utilizza le perforine e i granzimi, me-      Sindrome di Sjögren*
diatori preformati contenuti nei loro granuli simil-lisosomiali.37 I    Malattie causate da autoimmunità o da reazioni agli antigeni
CTL che riconoscono la cellula bersaglio secernono un complesso microbici
formato da perforina, granzimi e da una proteina detta serglicina,      Malattie infiammatorie intestinali (malattia di Crohn, colite
che penetra nelle cellule bersaglio mediante endocitosi. Giunta nel ulcerosa)
citoplasma della cellula bersaglio, la perforina promuove il rilascio dei      Miopatie infiammatorie
granzimi dal complesso. I granzimi sono proteasi che scindono e *
In queste malattie possono essere implicati anche gli anticorpi.
attivano le caspasi, che inducono l’apoptosi delle cellule bersaglio
(Cap. 1). I CTL attivati esprimono il ligando di Fas, una molecola
omologa al TNF, che si lega a Fas espresso dalle cellule bersaglio. sono specifici per le cellule b delle insule pancreatiche e la sclerosi
I linfociti T CD8+ producono anche citochine, soprattutto IFN-g, multipla, in cui i linfociti T autoreattivi attaccano la mielina del si-
e causano reazioni flogistiche simili alla DTH, soprattutto in seguito stema nervoso centrale. L’esempio classico di malattia autoimmune
a infezioni virali e all’esposizione ad agenti sensibilizzanti da sistemica è il LES, nel quale vari anticorpi diretti contro DNA, pia-
contatto. strine, globuli rossi e complessi proteine-fosfolipidi causano lesioni
diffuse in tutto l’organismo. La sindrome di Goodpasture, caratte-
Malattie Autoimmuni rizzata da lesioni polmonari e renali causate da anticorpi diretti
contro le membrane basali, è una via di mezzo tra una malattia
Le reazioni immunitarie contro gli antigeni self o autoimmunità, sono organo-specifica e una malattia sistemica.
responsabili di un gruppo di patologie che colpiscono l’1-2% della È chiaro che l’autoimmunità deriva dalla perdita della tolleranza
popolazione USA. Il numero di malattie attribuite all’autoimmunità immunologica nei confronti di antigeni self, e il problema è perché
è in aumento (Tab. 6.7). Gli autoanticorpi sierici, però, sono presenti questo accada. Prima di interrogarci su questo, esamineremo i mec-
anche in soggetti apparentemente normali, specie se anziani. Auto- canismi della tolleranza immunologica agli antigeni self.
anticorpi innocui si formano in seguito a lesioni tissutali e possono
avere un ruolo fisiologico nella rimozione dei detriti cellulari. Che
Tolleranza immunologica
cos’è quindi l’autoimmunità patologica? Idealmente la diagnosi di
malattia autoimmune richiede tre condizioni: (1) la reazione immu- Per tolleranza immunologica si intende la mancata risposta linfocitaria
nitaria deve essere specifica per un dato antigene self o tessuto auto- alla stimolazione antigenica da parte di determinati antigeni. La tolle-
logo; (2) la reazione non deve essere secondaria a lesioni tissutali, ma ranza verso gli antigeni self, intesa come insensibilità (o anergia)
deve essere la causa primaria della malattia; e (3) assenza di altre cause dell’organismo ai propri antigeni è alla base della capacità di vivere in
note di malattia. Nelle patologie umane, l’eziopatogenesi autoimmune armonia con le nostre cellule e i nostri tessuti. Linfociti dotati di
è spesso confermata da analogie con modelli sperimentali animali ­recettori specifici per gli antigeni self si generano continuamente e
nei quali l’origine autoimmune è dimostrata. Data l’incertezza sugli devono essere eliminati o inattivati immediatamente, non appena
antigeni bersaglio e sul reale contributo dell’autoimmunità, queste riconoscono l’antigene, per evitare che causino lesioni tissutali. I
malattie sono spesso classificate come malattie infiammatorie immu- meccanismi responsabili dell’induzione della tolleranza immunologica
no-mediate, a sottolineare il ruolo patogenetico della flogosi cronica. verso gli antigeni self sono di due tipi: meccanismi centrali e mecca-
Il quadro clinico delle malattie autoimmuni è estremamente vario. nismi periferici (Fig. 6.24).38-40 Li descriveremo brevemente.
Si va dalle patologie organo-specifiche, in cui l’autoimmunità è diretta Tolleranza centrale. I cloni linfocitari T e B immaturi e auto­
contro un singolo organo o tessuto, alle patologie sistemiche o gene- reattivi che riconoscono antigeni self durante la loro maturazione negli
ralizzate, in cui le reazioni autoimmuni sono dirette contro antigeni organi linfoidi centrali (il timo per i linfociti T e il midollo osseo per
diffusi. Esempi di autoimmunità organo-specifica sono il diabete i linfociti B) vengono eliminati o resi inoffensivi.41 L’induzione della
mellito di tipo 1, nel quale i linfociti T e gli anticorpi autoreattivi tolleranza centrale dei linfociti B e T presenta analogie e differenze.
206 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Figura 6.24 Tolleranza immunitaria. Meccanismi di tolleranza centrale e periferica agli antigeni self riferita ai linfociti T CD4+. APC, cellula che presenta
l’antigene. Per le altre abbreviazioni si rimanda al testo.

Durante la maturazione dei linfociti T il riarrangiamento stocastico autoreattivi. La proteina AIRE (regolatore autoimmune) stimola
dei geni del TCR genera le diverse specificità antigeniche. La ge- l’espressione timica di alcuni antigeni self relegati nei tessuti peri-
nerazione antigene-indipendente dei TCR produce numerosi ferici ed è quindi critica per la delezione dei linfociti T immaturi
linfociti che esprimono recettori ad alta affinità per antigeni self. specifici per questi antigeni.42 Le mutazioni del gene AIRE causano
Questi linfociti immaturi vanno incontro ad apoptosi nel timo, infatti una poliendocrinopatia autoimmune (Cap. 24). Alcuni
quando incontrano il rispettivo antigene. Questo processo, definito linfociti T CD4+ autoreattivi non vanno incontro ad apoptosi nel
selezione negativa o delezione, rimuove molti cloni autoreattivi dalla timo, ma diventano linfociti T regolatori (descritti oltre).
popolazione di cellule T. Molti antigeni proteici autologhi, tra i Durante la maturazione nel midollo osseo, i linfociti B reagiscono
quali gli antigeni ritenuti ristretti ai tessuti periferici, sono elaborati intensamente agli antigeni self, in molti casi si riattiva il
e presentati dalle APC timiche associati a molecole MHC autolo- ­riarrangiamento genico del recettore per l’antigene che porta
ghe e possono quindi essere riconosciuti da linfociti T potenzialmente all’espressione di nuovi recettori, non autoreattivi. Questo
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 207

p­ rocesso è detto revisione recettoriale e si ritiene che interessi il maturano principalmente nel timo, attraverso il riconoscimen-
25-50% dei linfociti B durante il processo maturativo. 43 Se la to degli antigeni self (si veda Fig. 6.24), ma possono svilupparsi
revisione recettoriale non si verifica, i linfociti autoreattivi vanno anche negli organi linfoidi periferici. I più noti linfociti T re-
in apoptosi, con rimozione dei cloni potenzialmente dannosi golatori sono i linfociti T CD4+, che esprimono costitutiva-
dalla popolazione dei linfociti B maturi. mente CD25, la catena a del recettore della IL-2, e un fattore
di trascrizione della famiglia FOX, detto Foxp3 (forkhead box
I meccanismi della tolleranza centrale non sono però perfetti. P3). Sia IL-2 che Foxp3 sono necessari per la maturazione e il
Non tutti gli antigeni self sono presenti nel timo e quindi i linfociti mantenimento di una popolazione funzionale di linfociti T
T che riconoscono tali antigeni self sfuggono alla selezione negativa regolatori CD4+.48 Le mutazioni di Foxp3 causano gravi ma-
e arrivano in periferia. Anche i linfociti B possono sfuggire alla re- lattie autoimmuni umane e murine; nell’uomo sono responsa-
visione recettoriale con meccanismi analoghi. I linfociti autoreattivi bili di una malattia autoimmune sistemica detta sindrome IPEX
che sfuggono alla selezione negativa possono provocare lesioni (disordine immunologico poliendocrinopatico ed enteropatico
tissutali se non sono eliminati o bloccati nei tessuti periferici. legato alla X). Nei topi knockout l’inattivazione del gene
Tolleranza periferica. Vari meccanismi inattivano i linfociti B dell’IL-2 o delle catene a o b del suo recettore causa una ma-
e T potenzialmente autoreattivi nei tessuti periferici; la tolleranza lattia autoimmune multiorgano, poiché IL-2 è essenziale per il
­p eriferica dei linfociti T è più conosciuta 40 e la descriveremo mantenimento della popolazione dei linfociti T regolatori.
brevemente. Recentemente, alcuni studi di genetica epidemiologica hanno
rivelato che i polimorfismi del gene CD25 sono associati alla
Anergia. Indica l’inattivazione funzionale prolungata o irreversi­ sclerosi multipla e ad altre malattie autoimmuni, suggerendo
bile dei linfociti, indotta dall’incontro con lo specifico antigene che i deficit dei linfociti regolatori potrebbero essere implicati
in determinate condizioni.44 Come già detto, l’attivazione antige­ nella patogenesi di queste malattie. Come questi linfociti sop-
ne-specifica dei linfociti T richiede due segnali: il riconoscimento primano le risposte immunitarie resta da chiarire. La soppres-
del peptide antigenico associato a molecole MHC autologhe sione potrebbe avvenire attraverso la secrezione di citochine
espresse in membrana dalle cellule APC e vari segnali costimo- immunosoppressive, come IL-10 e TGFb, che bloccano l’atti-
latori (“secondi segnali”) derivati dalle APC. I segnali costimo- vazione e le funzioni effettrici dei linfociti.
latori sono generati dall’interazione di recettori linfocitari, come Delezione clonale attraverso l’apoptosi indotta dall’attivazione. I
il CD28, con i rispettivi ligandi (le molecole costimolatorie B7-1 linfociti T CD4+ autoreattivi possono anche essere eliminati at-
e B7-2) espressi dalle APC. Se l’antigene è presentato da cellule traverso segnali che ne inducano l’apoptosi. L’apoptosi innescata
prive di costimolatori viene inviato un segnale negativo e la ­cellula dall’attivazione linfocitaria è detta apoptosi da attivazione. In base
diventa anergica (si veda Fig. 6.24). Le cellule dendritiche quie- a studi in modelli animali murini, sono stati ipotizzati due
scenti dei tessuti sani non esprimono costimolatori, o li esprimono ­meccanismi di apoptosi da attivazione dei linfociti T.49 È stato
solo debolmente, e quindi l’incontro tra i linfociti T autoreattivi ipotizzato che i linfociti T autoreattivi potrebbero esprimere una
e i rispettivi antigeni self presentati da tali cellule dendritiche si proteina proapoptotica della famiglia BCL, la proteina BIM, in
può tradurre in anergia. Due meccanismi di anergia delle cellule assenza delle altre proteine BCL antiapoptotiche, come BCL2 e
T sono stati identificati utilizzando varie metodologie sperimen- BCL-X (per la cui espressione sono necessari tutti i segnali di
tali. Nel primo caso, il complesso del TCR perde in parte la attivazione linfocitaria). L’espressione isolata di BIM indurrebbe
capacità di generare segnali, in seguito all’attivazione di ubiqui- l’apoptosi attraverso la via mitocondriale (Cap. 1). Un secondo
tina ligasi e degradazione proteolitica delle proteine implicate meccanismo di apoptosi da attivazione dei linfociti B e T CD4+
nella trasduzione del segnale recettoriale.45 Nel secondo caso, i utilizzerebbe il sistema Fas-FasL. I linfociti, come molte altre
linfociti T autoreattivi ricevono un segnale inibitorio da recettori cellule, esprimono Fas (CD95), una proteina della famiglia dei
strutturalmente omologhi al CD28 ma con funzione opposta. recettori del TNF. Il ligando di Fas (FasL), una proteina di mem-
Due di questi recettori inibitori sono il CTLA-4, che (come il brana strutturalmente omologa alla citochina TNF, è espresso
CD28) lega anche B7, e PD-1, che riconosce due ligandi espressi principalmente dai linfociti T attivati. L’interazione Fas-FasL
da varie cellule.46 Ancora non sappiamo come e perché i linfociti indurrebbe l’apoptosi dei linfociti T attivati attraverso la via dei
T scelgano di usare CD28 per riconoscere B7 ed essere attivati o recettori di morte (Cap. 1). È stato ipotizzato che la stimolazione
CTLA-4 per riconoscere lo stesso B7 diventando però anergici. antigenica da parte degli antigeni self, indurrebbe nei linfociti T
L’importanza di questi meccanismi inibitori, però, è stata dimo- autoreattivi la coespressione di Fas e FasL che porterebbe alla loro
strata nei topi transgenici knockout, nei quali l’inattivazione dei autoeliminazione attraverso l’apoptosi Fas-mediata (si veda Fig.
geni di CTLA-4 o PD-1 porta allo sviluppo di malattie autoim- 6.24). Anche i linfociti B autoreattivi che esprimono Fas possono
muni. Anche nell’uomo i polimorfismi del gene CTLA-4 sono andare incontro a delezione clonale mediata da linfociti T che
associati a endocrinopatie autoimmuni. Un fatto interessante è esprimono FasL. L’importanza di questo meccanismo nella dele­
che alcuni virus e tumori si sono evoluti impiegando le stesse zione periferica dei cloni autoreattivi è dimostrata dall’identifi-
strategie per evadere la sorveglianza immunitaria. cazione di due ceppi murini mutanti naturali di Fas e FasL:
L’anergia può interessare anche i linfociti B maturi periferici. Si entrambi sviluppano una malattia autoimmune simile al LES
ritiene che i linfociti B che incontrano l’antigene self in periferia, umano, associata a linfoproliferazione generalizzata. Nell’uomo
specie in assenza di linfociti T helper specifici, diventino incapaci una malattia simile è causata da mutazioni del gene FAS ed è detta
di rispondere a una successiva stimolazione antigenica e vengano sindrome linfoproliferativa autoimmune.50
esclusi dai follicoli linfoidi, andando incontro a morte.
Soppressione da parte dei linfociti T regolatori .Una sottopopo- Alcuni antigeni sono inaccessibili al sistema immunitario (seque-
lazione di linfociti T, i linfociti T regolatori, ha un ruolo chiave strati) perché sono localizzati in tessuti non bagnati dal sangue e
nel bloccare le reazioni autoimmuni.47 I linfociti T regolatori dalla linfa. Questi antigeni self dunque non inducono tolleranza, ma
208 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

non sono neppure immunogeni e sono sostanzialmente ignorati dal Geni predisponenti. La presenza di una predisposizione gene-
sistema immunitario. Si ritiene che questo sia il caso del testicolo, tica all’autoimmunità è nota da decenni. L’incidenza delle malattie
dell’occhio e dell’encefalo, detti anche tessuti con privilegio immuni- ­autoimmuni è più elevata nei gemelli dei malati rispetto alla po-
tario, dato che è difficile indurre risposte immunitarie ad antigeni polazione generale e nei gemelli monozigoti è superiore ai gemelli
introdotti in questi distretti. Se però gli antigeni self di questi tessuti dizigotici. La maggior parte delle malattie autoimmuni è rappre-
entrano in circolo, ad esempio in seguito a traumi e infezioni, pos- sentata da disordini poligenici complessi.53-55 Tra i geni con un’as-
sono scatenare risposte immunitarie che causano flogosi cronica e sociazione certa all’autoimmunità, i principali sono i geni HLA.
lesioni tissutali. È stato ipotizzato che questo sia il meccanismo delle L’associazione tra i geni HLA e le malattie è stata già menzionata
orchiti e delle uveiti post-traumatiche. (si veda Tab. 6.1), ed è nota da molti anni, ma il meccanismo pa-
togenetico rimane oscuro. È stato ipotizzato che certi alleli MHC
interferiscano con la delezione clonale dei linfociti T nel timo o
Meccanismi autoimmunitari: principi generali
con la maturazione dei linfociti T regolatori, ma nessuna delle due
L’autoimmunità deriva dall’effetto sinergico di fattori genetici ereditari ipotesi è stata dimostrata con certezza. Va sottolineato che molti
predisponenti, che possono compromettere la tolleranza agli antigeni soggetti normali ereditano alleli MHC associati a malattie e che
self, e stimoli ambientali, quali infezioni e lesioni tissutali, che attivano anche alleli MHC non associati all’autoimmunità possono presen-
i linfociti autoreattivi (Fig. 6.25).51,52 In genere, i fattori genetici e tare gli antigeni self. Quin­di la presenza di particolari alleli MHC
ambientali hanno un effetto cooperativo, creando uno squilibrio tra non è di per sé causa di autoimmunità.
le vie di attivazione e maturazione dei linfociti effettori dannosi e i Gli studi di genetica epidemiologica (Cap. 5) hanno mostrato che
meccanismi di controllo che normalmente bloccano l’autoreattività. molte malattie autoimmuni sono associate a vari geni non MHC.
Il contributo dei fattori genetici e ambientali allo sviluppo dell’au- Alcuni di questi sono specifici per certe patologie, ma molte asso-
toimmunità è discusso nei seguenti paragrafi. ciazioni sono comuni a varie malattie, a indicare che i prodotti di
questi geni influiscono sui meccanismi generali di regolazione delle
risposte immunitarie e della tolleranza agli antigeni self. Sono state
descritte recentemente tre associazioni genetiche interessanti. I
polimorfismi del gene PTPN-22, che codifica una tirosina-fosfatasi,
sono associati all’artrite reumatoide, al diabete mellito di tipo 1 e ad
altre malattie autoimmuni.56 Dato che queste malattie hanno a una
prevalenza relativamente elevata (soprattutto l’artrite reumatoide),
si ritiene che PTPN-22 sia il gene più frequentemente associato all’au-
toimmunità. È stato ipotizzato che le varianti patologiche codifichino
una fosfatasi difettosa, incapace di bloccare completamente le tiro-
sin-chinasi implicate in molte risposte linfocitarie. Il risultato netto
sarebbe un’iperattivazione linfocitaria. I polimorfismi del gene
NOD-2 sono associati alla malattia di Crohn, una malattia infiam-
matoria intestinale, comune in alcuni gruppi etnici.57 NOD-2 è un
sensore citoplasmatico dei microbi, espresso dalle cellule epiteliali
e da molte altre cellule. È stato ipotizzato che la variante patologica
sia un sensore inefficace nei confronti dei batteri intestinali, respon-
sabile dell’invasione e delle reazioni flogistiche croniche nei con-
fronti dei batteri commensali normalmente ben tollerati. I geni della
catena a del recettore dell’IL-2 (CD25) e del recettore dell’IL-7 sono
associati alla sclerosi multipla e ad altre malattie autoimmuni. Queste
citochine potrebbero controllare il mantenimento della popolazione
dei linfociti T regolatori. Queste associazioni genetiche stanno ini-
ziando a fornire indizi interessanti sulla patogenesi delle malattie
autoimmuni, ma il nesso tra i geni, le funzioni delle proteine codi-
ficate e la malattia resta ancora da chiarire.
Si è già detto che le mutazioni naturali e indotte di vari geni causano
l’autoimmunità nell’uomo e nel topo. Questi geni sono: AIRE,
CTLA-4, PD1, Fas, FasL e IL2 e il suo recettore CD25. Inoltre, i linfociti
B esprimono un recettore Fc che riconosce le IgG legate agli antigeni
e inibisce la sintesi di anticorpi (meccanismo normale di feedback
negativo). Nei topi knockout l’inattivazione di questo recettore pro-
voca autoimmunità, probabilmente perché l’attivazione dei linfociti
B diventa incontrollata. Questi esempi sono molto utili a comprendere
i meccanismi della tolleranza e il controllo delle risposte immunitarie,
ma le malattie causate da mutazioni isolate di questi geni sono rare e
Figura 6.25 Patogenesi dell’autoimmunità. L’autoimmunità è il risultato non sono rappresentative delle comuni malattie autoimmuni.
di molteplici fattori, tra i quali la predisposizione genetica, che può interferire
con la tolleranza agli antigeni self, e i fattori scatenanti ambientali (lesioni
Infezioni. Molte malattie autoimmuni sono associate a infezioni
tissutali e flogosi) che richiamano i linfociti nei tessuti, inducendo l’attiva- e riacutizzazioni cliniche sono spesso precedute da prodromi
zione di linfociti autoreattivi e le lesioni tissutali. ­i nfettivi. Due meccanismi sono stati ipotizzati per spiegare il
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 209

r­ apporto tra infezioni e autoimmunità (Fig. 6.26). In primo luogo, Malattie autoimmuni
le infezioni possono aumentare l’espressione dei costimolatori nelle
APC. Se l’APC sta presentando un antigene self, il risultato può es­ Le malattie causate da reazioni autoimmuni hanno in comune alcune
sere la perdita dell’anergia clonale e l’attivazione di linfociti T auto- caratteristiche.
reattivi specifici per quell’antigene. In secondo luogo, alcuni microbi
possono esprimere antigeni con sequenze amminoacidiche comuni Le malattie autoimmuni, una volta innescate, tendono a un decorso
agli antigeni self. La risposta antinfettiva contro questi antigeni mi- progressivo, a volte con sporadiche remissioni e recidive, e il danno
crobici può attivare linfociti autoreattivi. Il fenomeno è detto mimesi peggiora nel tempo. Uno dei motivi di questo decorso è che il
molecolare. Un esempio di questa mimesi è la cardiopatia reumatica, ­sistema immunitario è dotato di vari circuiti intrinseci di amplifi-
in cui gli anticorpi antistreptococco hanno una reattività crociata cazione che fanno sì che un piccolo numero di linfociti antigene-
con le proteine miocardiche causando la miocardite (Cap. 12). An- specifici possa raggiungere lo scopo eradicando infezioni ­complesse.
che nelle malattie autoimmuni classiche potrebbe essere implicata Quando questa risposta attacca impropriamente i tessuti autologhi,
una mimesi molecolare più sottile. il danno è esacerbato dagli stessi meccanismi di amplificazione.
I microrganismi possono indurre altre alterazioni in grado di Un’altra ragione della persistenza e della progressività delle malattie
promuovere reazioni autoimmuni. Alcuni virus, come il virus di autoimmuni è la cosiddetta diffusione degli epitopi. Le infezioni e
Epstein-Barr (EBV) e l’HIV, causano l’attivazione policlonale dei lin- la stessa risposta autoimmune iniziale possono ledere i tessuti, li-
fociti B, che può portare alla produzione di autoanticorpi. Le lesioni berando gli antigeni self ed esponendo epitopi antigenici normal-
tissutali, comuni nelle infezioni, possono liberare gli antigeni self o mente segregati. Il risultato è l’attivazione persistente di linfociti
alterarli strutturalmente, rendendoli immunogeni e in grado di atti- reattivi a questi epitopi precedentemente inaccessibili; non essendo
vare i linfociti T che non hanno sviluppato la tolleranza verso questi normalmente espressi, non hanno consentito ai linfociti di svilup-
nuovi antigeni anomali. Le infezioni possono indurre la produzione pare la tolleranza. L’attivazione di questi linfociti T autoreattivi è
di citochine che reclutano i linfociti, compresi i cloni potenzialmente detta diffusione degli epitopi poiché la risposta immunitaria si
autoreattivi, nei siti in cui sono presenti gli antigeni self. diffonde agli epitopi non riconosciuti inizialmente.59
Il ruolo delle infezioni nell’autoimmunità è stato molto studiato, Il quadro clinicopatologico delle malattie autoimmuni è deter-
ma i dati epidemiologici recenti indicano che l’incidenza delle ma- minato dalla natura della risposta innescata. Le risposte TH1 si
lattie autoimmuni è in aumento, soprattutto nei Paesi sviluppati dove associano a un infiltrato infiammatorio distruttivo ricco di ma-
le infezioni sono più controllate. In alcuni modelli animali (ad es. crofagi e alla produzione di anticorpi che causano lesioni tissutali
diabete di tipo 1) le infezioni riducono notevolmente l’incidenza attivando il complemento e legandosi ai recettori Fc. Si ritiene
dell’autoimmunità. Così, paradossalmente, le infezioni possono pro- che le risposte TH17 causino lesioni infiammatorie dominate da
teggere da alcune malattie autoimmuni.58 I meccanismi protettivi neutrofili e monociti.
non sono chiari; una possibilità interessante è che le infezioni sti- I quadri clinici, patologici e sierologici di varie malattie autoimmuni
molino la produzione di bassi livelli di IL-2, essenziale per il man- mostrano significative sovrapposizioni. Per questo è spesso molto
tenimento della popolazione dei linfociti T regolatori. difficile classificare con precisione il fenotipo di queste malattie.

Figura 6.26 Patogenesi dell’autoimmunità: l’ipotesi infettiva. Le infezioni potrebbero attivare linfociti autoreattivi inducendo l’espressione di costimolatori
(A), oppure determinati antigeni microbici potrebbero mimare alcuni antigeni self attivando i linfociti autoreattivi a causa delle reazioni crociate (B).
210 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Con queste premesse, passiamo ora a esaminare le singole malat- Il quadro clinico del LES è così variabile che l’American College of
tie autoimmuni. La Tabella 6.7 elenca le patologie autoimmuni si- Rheumatology ha stabilito criteri diagnostici complessi (Tab. 6.8).
stemiche e organo-specifiche. Le malattie sistemiche interessano Il LES è relativamente comune, la prevalenza può arrivare a 1:2500
tendenzialmente i vasi e il connettivo e sono quindi spesso ­classificate in alcuni gruppi etnici.60 Come molte malattie autoimmuni, colpisce
come malattie vascolari del collagene. In questo capitolo ci concen- prevalentemente le donne, con una frequenza di 1:700 nelle donne
treremo sulle malattie autoimmuni sistemiche; le malattie organo- in età fertile e un rapporto femmine/maschi di 9:1. Il rapporto fem-
specifiche saranno trattate nei relativi capitoli. mine: maschi scende a 2:1 nelle forme pediatriche e senili (oltre 65
anni). La prevalenza della malattia è 2-3 volte maggiore nei soggetti
di razza nera e ispanica rispetto ai soggetti di razza bianca. Il LES
Lupus Eritematoso Sistemico (Les)
insorge generalmente in un’età compresa tra i 30 e 40 anni, ma può
Il LES è il prototipo della malattia autoimmune multisistemica ed è presentarsi a qualsiasi età, anche nella prima infanzia.
caratterizzato da un’ampia gamma di autoanticorpi, in particolare
da anticorpi antinucleo (ANA). È una malattia cronica a insorgenza Autoanticorpi del LES
acuta o insidiosa, con remissioni e recidive continue, con accessi febbrili
e caratterizzata principalmente da lesioni alla cute, alle articolazioni, La caratteristica saliente del LES è la produzione di autoanticorpi;
ai reni e alle sierose. Tutti gli organi possono, però, essere interessati. alcuni sono diretti contro varie componenti nucleari e citoplasma-

Tabella 6.8 Nuovi criteri per la classificazione del lupus eritematoso sistemico*, 1997
Criterio Definizione

1. Eritema “a farfalla” Eritema fisso, rilevato o piatto, delle eminenze malari, che generalmente risparmia i solchi
nasogenieni

2. Eritema discoide Placche eritematose rilevate, con squame ipercheratosiche aderenti e occlusione
follicolare; le lesioni di vecchia data possono dar luogo a cicatrici atrofiche

3. Fotosensibilità Eritema derivato da reazioni allergiche alla luce solare, riferito dal paziente od osservato
dal medico

4. Ulcere della bocca Ulcere del cavo orale o rinofaringee, generalmente indolori, osservate dal medico

5. Artrite Artrite non erosiva che interessa 2 o più articolazioni periferiche, con dolore, tumefazione
o versamento articolare

6. Sierosite Pleurite – anamnesi convincente di dolore pleurico, o sfregamenti riscontrati dal medico
all’auscultazione o segni di versamento pleurico, o
Pericardite – documentata da ECG o da sfregamenti rilevati all’auscultazione o da segni di
versamento pericardico

7. Nefropatia Proteinuria persistente 0,5 g/dl o 3 g/dl (se non quantificata) o


Cilindruria – cilindri eritrocitari, di emoglobina, granulari, tubulari o misti

8. Problemi neurologici Convulsioni – in assenza di farmaci o disturbi metabolici (ad es. uremia, chetoacidosi e
squilibri elettrolitici) che possono causare sintomi psicotici o
Psicosi – in assenza di farmaci o disturbi metabolici (ad es. uremia, chetoacidosi e squilibri
elettrolitici) che possono causare sintomi psicotici

9. Disturbi ematologici Anemia emolitica – con reticolocitosi oppure


Leucopenia – leucociti totali 4,0 × 109 cellule/l (4.000 cellule/mm3) riscontrate in 2 o più
analisi oppure
Linfopenia – 1,5 × 109 cellule/l (1.500 cellule/mm3) riscontrate in 2 o più analisi oppure
Trombocitopenia – 100 × 109 piastrine/l (100 x 103 piastrine/mm3) in assenza di farmaci
che possono causare trombocitopenia iatrogena

10. Disturbi immunologici Titolo elevato di anticorpi anti-DNA contro DNA nativo o
Anti-Sm – presenza di anticorpi contro l’antigene nucleare Sm o
Evidenza di anticorpi antifosfolipidi, basata su: (1) livelli sierici anomali di IgG o IgM
anticardiolipina, (2) positività del test per l’anticoagulante lupico mediante test standard
o (3) falsa sieropositività per la sifilide per almeno 6 mesi, confermata da negatività del
test di immobilizzazione del Treponema pallidum o da negatività del test di
assorbimento degli anticorpi fluorescenti anti-treponema

11. Anticorpi antinucleo (ANA) Titolo ANA elevato (diagnosticato mediante immunofluorescenza o test equivalenti) in
qualsiasi momento e in assenza di terapia con farmaci associati a LES iatrogeno
*
Questa classificazione, basata su 11 criteri, è stata proposta allo scopo di identificare i pazienti per gli studi clinici. Si fa diagnosi di LES se sono presenti
4 o più degli 11 criteri, in sequenza o contemporaneamente, in qualsiasi periodo di osservazione.
Tratto da: Tan EM et al: The revised criteria for the classification of systemic lupus erythematosus. ­Arthritis Rheum 25:1271, 1982; e Hochberg, MC: Updating
the American College di Rheumatology ­revised criteria for the classification of systemic lupus erythematosus. Arthritis Rheum 40:1725, 1997.
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 211

tiche, ma non hanno specificità d’organo né sono caratteristici solo a­ utoanticorpi possono essere presenti, spesso si combinano diversi
del LES, mentre altri riconoscono antigeni di membrana delle cellule tipi di immunofluorescenza. L’immunofluorescenza per gli ANA è un
ematiche. Indipendentemente dal valore diagnostico e terapeutico, test sensibile (è sempre positivo nel LES), ma aspecifico (è positivo
questi anticorpi hanno un ruolo patogenetico importante, come nel anche in pazienti con altre malattie autoimmuni) (si veda Tab. 6.9).
caso della glomerulonefrite da immunocomplessi, tipica del LES. Inoltre, anche il 5-15% circa dei soggetti sani presenta ANA a basso
Anticorpi antinucleo (ANA): sono diretti contro antigeni nucleari e titolo e l’incidenza aumenta con l’età. Gli anticorpi anti-DNAds e gli
se ne distinguono quattro tipi:63 (1) anticorpi anti-DNA, (2) anticorpi anticorpi contro il cosiddetto antigene Smith (anti-Sm) sono virtual-
anti-istoni, (3) anticorpi antiribonucleoproteine (RNP, proteine non- mente diagnostici per il LES.
istoniche associate all’RNA) e (4) anticorpi antinucleolo. Nella Tabella Oltre agli ANA, i pazienti con LES presentano anche altri
6.9 sono elencati i vari ANA associati al LES e ad altre malattie autoim- autoanticorpi: alcuni diretti contro le cellule ematiche (eritrociti,
muni descritte più avanti. Le metodiche di uso comune per la deter- piastrine e linfociti) e altri contro proteine legate a fosfolipidi.
minazione degli ANA si basano principalmente sull’immunofluore- Negli ultimi anni i cosiddetti anticorpi antifosfolipidi sono stati
scenza indiretta, che consente di identificare anticorpi legati a vari molto studiati. Sono presenti nel 40-50% dei casi di LES e sono
antigeni nucleari, quali DNA, RNA e proteine (detti globalmente ANA diretti contro epitopi di proteine plasmatiche (protrombina,
generici). La distribuzione della fluorescenza nucleare è indicativa del annessina V, b 2-glicoproteina I, proteina S e proteina C) che
tipo di anticorpi sierici. Si riconoscono quattro tipi di colorazione: vengono esposti in seguito al legame di queste proteine ai fosfo-
lipidi.65 Gli anticorpi contro il complesso fosfolipidi b2-glicopro-
Fluorescenza omogenea o diffusa del nucleo: generalmente indica teina reagiscono anche con la cardiolipina usata come antigene
anticorpi anticromatina, anti-istoni e occasionalmente anti-DNA nei test sierologici per la sifilide e quindi i pazienti con LES pos-
a doppio filamento (anti-DNAds). sono mostrare una falsa sieropositività per la sifilide. Alcuni
Fluorescenza ad anello o periferica: più frequentemente indica autoanticorpi del LES interferiscono in vitro con i parametri
anticorpi anti-DNAds. coagulativi (ad es. tempo di tromboplastina parziale, PTT) e
Fluorescenza puntiforme: puntini fluorescenti uniformi o di di- sono perciò detti anticoagulante del lupus (LAC). Tuttavia, no-
mensioni variabili. È una delle più comuni ed è relativamente nostante questa attività anticoagulante, alcune complicanze del
aspecifica. Indica anticorpi diretti contro costituenti nucleari LES sono associate a uno stato ipercoagulativo,66 con trombosi
diversi dal DNA (ad es. antigene Sm, ribonucleoproteina e gli arterovenose che possono causare aborti spontanei ricorrenti e
antigeni reattivi SS-A e SS-B) (si veda Tab. 6.9). ischemie focali cerebrali o oculari. Questo quadro clinico asso-
Fluorescenza nucleolare: poche macchie fluorescenti ben distinte ciato al LES è detto sindrome secondaria da anticorpi antifosfo-
all’interno del nucleo, indica anticorpi anti-RNA. Si osserva più lipidi. La patogenesi della trombosi nel LES è sconosciuta; i
frequentemente nei pazienti con sclerosi sistemica. meccanismi ipotizzati sono discussi nel Capitolo 4. Certi pa-
zienti sviluppano anticorpi antifosfolipidi e la relativa sindrome
I vari aspetti della colorazione in immunofluorescenza non hanno clinica in assenza di LES; questa patologia viene definita sindro-
una specificità assoluta per un dato anticorpo e, poiché più me primaria da antifosfolipidi (Cap. 4).

Tabella 6.9 Malattie autoimmuni con anticorpi antinucleo


Antigene Anticorpi % positività
LES LE iatrogeno Sclerosi Sclerodermia Sindrome Miopatie
sistemica – limitata – di Sjögren infiammatorie
diffusa CREST

Vari antigeni nucleari (DNA, ANA generici 95 95 70-90 70-90 50-80 40-60
RNA, proteine) (IF indiretta)

DNA nativo Anti-DNAds 40-60 5 5 5 5 5

Istoni Anti-istoni 50-70 95 5 5 5 5

Proteine del core di piccole Anti-Sm 20-30 5 5 5 5 5


particelle nucleari di RNP
(antigene Smith)

RNP (U1RNP) Anti-RNP 30-40 5 15 10 5 5


nucleare

RNP Anti-SS-A (Ro) 30-50 5 5 5 70-95 10

RNP Anti-SS-B (La) 10-15 5 5 5 60-90 5

DNA topoisomerasi I Anti-Scl-70 5 5 28-70 10-18 5 5

Proteine centromeriche Anti-centromero 5 5 22-36 90 5 5

Istidil-tRNA sintetasi Anti-Jo-1 5 5 5 5 5 25

ANA, anticorpi antinucleo; IF, immunofluorescenza; LE, lupus eritematoso; RNP, ribonucleoproteina; LES, lupus eritematoso sistemico.
212 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Eziologia e patogenesi del LES d­ ell’esposizione agli interferoni di tipo I,75 citochine antivirali
prodotte nel corso delle risposte innate antivirali. È possibile che
La causa del LES è sconosciuta, ma la presenza di un numero appa- gli acidi nucleici stimolino i TLR delle cellule dendritiche, indu-
rentemente illimitato di autoanticorpi indica che il difetto fondamen- cendo la produzione di interferoni; in altre parole, gli acidi nu-
tale è un deficit della tolleranza immunologica verso gli antigeni self. cleici autologhi potrebbero mimare le controparti microbiche. Il
Come per la maggior parte delle malattie autoimmuni, alla patoge- ruolo degli interferoni nel LES non è chiaro: potrebbero attivare
nesi del LES contribuiscono fattori genetici e ambientali.67 le cellule dendritiche e i linfociti B, inducendo risposte TH1,
Fattori genetici Il LES è una malattia genetica complessa nella contribuendo alla produzione di autoanticorpi patogeni.
quale sono implicati i geni MHC e vari geni estranei all’MHC. I dati Un’altra citochina verosimilmente implicata nell’attivazione in-
che indicano una predisposizione genetica sono: controllata dei linfociti B è BAFF, un membro della famiglia del
TNF che promuove la sopravvivenza dei linfociti B. Nei modelli
I familiari dei pazienti hanno un rischio più elevato di sviluppare animali e in alcuni pazienti si è osservato un aumento della pro-
il LES. Fino al 20% dei familiari di primo grado clinicamente sani duzione di BAFF e sono allo studio farmaci atti a bloccare questa
mostrano autoanticorpi e altre alterazioni immunitarie. citochina e il suo recettore che potrebbero essere impiegati nella
Il tasso di concordanza è più elevato tra i gemelli monozigotici terapia delle malattie autoimmuni.76
(20%) rispetto ai gemelli dizigotici (1-3%).
Gli studi di associazione con determinati aplotipi HLA suggeri- Fattori ambientali. Numerosi dati suggeriscono che i fattori
scono che i geni MHC regolino la produzione di determinati ambientali o non genetici siano implicati nella patogenesi del LES.
autoanticorpi. Alcuni alleli HLA-DQ sono stati associati alla L’esposizione alla luce ultravioletta (UV) aggrava la malattia in molti
produzione di anticorpi anti-DNAds, anti-Sm e antifosfolipidi, pazienti. L’irradiazione ultravioletta può indurre apoptosi e alterare
anche se il rischio relativo è basso. il DNA rendendolo immunogeno, probabilmente aumentandone
Alcuni pazienti con LES (6% circa) hanno un deficit congenito l’affinità per i TLR.77 La luce ultravioletta, inoltre, può modulare la
delle prime componenti della cascata del complemento, quali C2, risposta immunitaria, ad esempio stimolando i cheratinociti a pro-
C4 o C1q. La carenza di complemento può compromettere la durre IL-1, una citochina proinfiammatoria. Gli ormoni sessuali
rimozione degli immunocomplessi circolanti da parte dei fagociti sembrano influire notevolmente sull’insorgenza e sul quadro clinico
mononucleati, favorendone l’accumulo nei tessuti. I topi transge- del LES; nelle donne in età fertile la frequenza del LES è 10 volte
nici knockout con deficit di C4 o di alcuni recettori del comple- superiore rispetto agli uomini di età fra 17 e 55 anni e le riacutizza-
mento tendono a sviluppare un’autoimmunità simile al lupus. zioni sono più frequenti durante il ciclo mestruale e in gravidanza.
Sono stati ipotizzati vari meccanismi, quali la mancata rimozione Infine anche i farmaci come l’idralazina, la procainamide e la peni-
degli immunocomplessi e la perdita di tolleranza dei linfociti B. cillamina-D possono causare reazioni simili al LES nell’uomo.78
È stato anche ipotizzato che la carenza di C1q causi un deficit Modello di patogenesi del LES. Le anomalie immunologiche
nella rimozione delle cellule apoptotiche da parte dei fagociti.70 del LES – ipotetiche e documentate – sono altrettanto varie e com-
Ogni giorno numerose cellule dell’organismo vanno fisiologica- plesse del quadro clinico (discusso più avanti). Ciò nondimeno,
mente in apoptosi, se però queste cellule non vengono rimosse cercheremo di sintetizzare i dati recenti formulando un’ipotesi pa-
rapidamente le loro componenti nucleari possono diventare togenetica (Fig. 6.27). L’irradiazione UV e altri fattori ambientali
immunogene. causano apoptosi cellulare e il deficit nella rimozione dei nuclei
Nei modelli animali di LES, sono stati identificati vari geni pre- apoptotici genererebbe un sovraccarico di antigeni nucleari.79 A loro
disponenti estranei all’MHC. Il modello animale più studiato è volta, anomalie congenite dei linfociti B e T interferirebbero con la
il ceppo murino F1 (NZBxNZW), in varianti di questo ceppo, si tolleranza immunologica promuovendo la sopravvivenza e l’attiva-
sono identificati fino a 20 loci associati alla malattia.71 zione di linfociti autoreattivi che, stimolati dagli antigeni self nucle-
ari, produrrebbero autoanticorpi antinucleo. Gli immunocomplessi
Fattori immunologici. Studi recenti clinici e preclinici stanno così formati si legherebbero ai recettori Fc dei linfociti B e delle
rivelando varie aberrazioni immunologiche che nell’insieme posso- cellule dendritiche e verrebbero internalizzati. Gli acidi nucleici
no causare l’attivazione incontrollata e la persistenza di linfociti derivati dai nuclei apoptotici, inoltre, legandosi ai TLR, stimolereb-
autoreattivi. bero i linfociti B a produrre autoanticorpi e le cellule dendritiche a
produrre interferoni e altre citochine, potenziando ulteriormente la
I deficit di eliminazione dei linfociti B autoreattivi nel midollo risposta autoimmune e l’apoptosi. Il risultato sarebbe un circolo
osseo e i deficit della tolleranza periferica riducono la tolleranza vizioso in cui gli antigeni rilasciati dalle cellule apoptotiche attivano
dei linfociti B agli antigeni self.72 la risposta autoimmune con produzione di autoanticorpi ad alta
I dati sperimentali dei modelli animali e di alcuni pazienti con affinità.
LES indicano che anche i linfociti T helper CD4+ autoreattivi ad Meccanismi della lesione tissutale. Indipendentemente dal
antigeni self nucleosomiali evadono la tolleranza, contribuendo processo di formazione, gli autoanticorpi sono senza dubbio i me-
alla produzione di autoanticorpi patogeni ad alta affinità.73 diatori delle lesioni tissutali. Le lesioni viscerali sono causate princi-
Il DNA nucleare e l’RNA presenti negli immunocomplessi pos- palmente dagli immunocomplessi (ipersensibilità tipo III). Ne sono la
sono attivare i linfociti B attraverso i TLR, che normalmente prova la presenza di immunocomplessi DNA-anti-DNA nei glome-
fungono da sensori dei prodotti microbici, compresi gli acidi ruli e nel microcircolo, la riduzione dei livelli sierici di complemento
nucleici. In tal modo i linfociti B reattivi contro gli antigeni self (secondaria al consumo del complemento attivato dagli immuno-
nucleari possono ricevere segnali accessori dai TLR e venire at- complessi) e la presenza di depositi granulari di complemento e
tivati, aumentando la produzione di autoanticorpi.74 immunoglobuline nei glomeruli renali. Altri autoanticorpi, inoltre,
Studi clinici recenti hanno rivelato l’esistenza nei linfociti peri- opsonizzano gli eritrociti, i leucociti e le piastrine promuovendone la
ferici dei pazienti con LES dei segni molecolari distintivi fagocitosi e la lisi. Non ci sono prove che gli ANA, implicati nella
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 213

Morfologia Le alterazioni morfologiche del LES sono molto


varie, come la clinica e il decorso della malattia. La costella-
zione dei segni clinici, sierologici e istologici è essenziale per
la diagnosi (si veda Tab. 6.8). Il coinvolgimento dei vari organi
è riportato nella Tabella 6.10. Le lesioni tipiche sono causate
dall’accumulo di immunocomplessi nei vasi, nel rene, nel
connettivo e nella cute.
La vasculite acuta necrotizzante dei capillari, delle piccole
arterie e arteriole può colpire tutti i tessuti.80 L’arterite è
­caratterizzata da depositi fibrinoidi nella parete dei vasi.
Nelle fasi avanzate, i vasi vanno incontro a sclerosi e si
obliterano.
Rene La glomerulonefrite del lupus colpisce fino al 50% dei
pazienti. Il meccanismo patogenetico principale è la deposi-
zione di immunocomplessi nelle membrane basali dei capil-
lari glomerulari, tubulari e peritubulari e dei vasi più grandi.
Altre lesioni riscontrate sono la trombizzazione dei capillari
glomerulari, delle arterie e arteriole, spesso associata alla
presenza di anticorpi antifosfolipidi.
Tutte le lesioni glomerulari sono causate dagli immunocom-
plessi, costantemente presenti nel mesangio, lungo le
­membrane basali e a volte in tutto il glomerulo. Gli immu-
nocomplessi sono formati da DNA e da anticorpi anti-DNA,
ma anche da altri antigeni come gli istoni. Alle lesioni con-
tribuiscono sia gli immunocomplessi formatisi in situ che
l’accumulo di immunocomplessi preformati circolanti, ma la
causa della variabilità del quadro istologico (e clinico) della
nefrite resta ancora da chiarire.

Tabella 6.10 Manifestazioni cliniche del LES


Quadro clinico Incidenza (%)*

Figura 6.27 Patogenesi del LES. L’effetto sinergico dei geni predispo- Ematologico 100
nenti che interferiscono con la tolleranza immunologica agli antigeni self e
gli stimoli esterni che causano l’esposizione persistente agli antigeni nu- Artrite 80-90
cleari scatenerebbe la risposta anticorpale contro gli antigeni self nucleari.
La risposta anticorpale verrebbe amplificata dall’effetto degli acidi nucleici Cutaneo 85
sulle cellule dendritiche (DC) e sui linfociti B e dalla produzione di interferoni
di tipo 1. Recettori Toll-simili. Febbre 55-85

Astenia 80-100

Calo ponderale 60
formazione degli immunocomplessi, possano penetrare nelle cellule
intatte. Se però i nuclei vengono esposti gli ANA possono legarsi a Renale 50-70
essi. Nei tessuti, i nuclei delle cellule danneggiate reagiscono con gli
Neuropsichiatrico 25-35
ANA, perdono la struttura cromatinica e diventano omogenei, ge-
nerando i cosiddetti corpi LE o corpi ematossilinici. Un fenomeno Pleurite 45
analogo è rappresentato dalle cellule LE, visibili quando il sangue
viene agitato in vitro. La cellula LE è un qualsiasi fagocita leucoci- Mialgie 35
tario (neutrofilo o macrofago) che ha internalizzato il nucleo di una Pericardite 25
cellula danneggiata. Un tempo la dimostrazione di cellule LE in vitro
era un test diagnostico per il LES. Con l’introduzione dell’immuno- Gastrointestinale 20
fluorescenza per la ricerca degli ANA ora il test ha solo un interesse
Fenomeno Raynaud 15-40
storico. Le cellule LE a volte si osservano anche nei versamenti pe-
ricardici e pleurici dei pazienti con LES. Oculare 15
In sintesi, il LES è un disordine complesso, di natura multifattoriale,
causato dall’interazione tra fattori genetici, ormonali e ambientali che Neuropatia periferica 15
attivano i linfociti B e T helper, inducendo la produzione di varie specie *
Le percentuali sono approssimative e possono variare con l’età, la razza e
di autoanticorpi patogeni. altri fattori.
214 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Figura 6.28 Nefrite lupica, glomerulonefrite proliferativa focale. Nel Figura 6.29 Nefrite lupica, glomerulonefrite proliferativa diffusa. Si
glomerulo sono presenti due lesioni focali necrotizzanti indicate dalle frecce. noti la marcata ipercellularità estesa a tutto il glomerulo. (Per gentile
(Per gentile concessione del Dr. Helmut Rennke, Department of Pathology, concessione del Dr. Helmut Rennke, Department of Pathology, Brigham
Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA) and Women’s Hospital, Boston, MA)

La classificazione istologica della nefrite si è rivelata clinica- i­ndistinguibili; la differenza riguarda solo la percentuale di
mente utile.81 Si distinguono cinque tipi: mesangiale minima glomeruli coinvolti (50% per il grado III vs 50% per il
(grado I); mesangioproliferativa (grado II); proliferativa focale grado IV). I pazienti con glomerulonefrite diffusa sono ge-
(grado III); proliferativa diffusa (grado IV); e membranosa neralmente sintomatici, con ematuria e proteinuria. Sono
(grado V). Nessun quadro è specifico del lupus. frequenti l’ipertensione e un certo grado di insufficienza
Glomerulonefrite mesangiale del lupus Si osserva nel 10- renale, da lieve a grave.
25% dei pazienti ed è caratterizzata dalla deposizione mesan- Glomerulonefrite membranosa (grado V) È caratterizzata da
giale di immunocomplessi e dalla proliferazione delle cellule ispessimento diffuso delle pareti capillari, analogamente alla
mesangiali, i capillari glomerulari sono indenni. L’aumento glomerulonefrite membranosa idiopatica descritta nel Cap. 20.
della matrice mesangiale e l’iperplasia mesangiale possono Si osserva nel 10-15% dei pazienti con nefrite lupica, general-
essere assenti o scarsi (grado I) o moderati (grado II). Nel mente si accompagna a grave proteinuria e sindrome nefro-
mesangio sono sempre presenti depositi granulari di immu- sica e può essere associata a nefrite lupica focale o diffusa.
noglobuline. Le gomerulonefriti di grado III-V, descritte più L’immunofluorescenza mostra depositi granulari di anticorpi
avanti, sono associate ad alterazioni mesangiali di vario e complemento (Fig. 6.30). Al microscopio elettronico sono
grado. visibili depositi elettrondensi di immunocomplessi in sede
Glomerulonefrite proliferativa focale (grado III) Si osserva
nel 20-35% dei pazienti. La glomerulonefrite è detta focale
quando interessa meno del 50% dei glomeruli. Le lesioni
possono essere segmentali (solo parte del glomerulo) o
globali (intero glomerulo). Nei glomeruli interessati si osser-
vano: semilune epiteliali necrosi fibrinoide, proliferazione
endoteliale e mesangiale, infiltrati leucocitari, depositi eosi-
nofili e trombi intracapillari (Fig. 6.28), spesso correlati a
ematuria e proteinuria. Alcuni pazienti sviluppano una glo-
merulonefrite proliferativa diffusa. Le lesioni infiammatorie
attive (o proliferative) possono guarire completamente o
evolvere verso la glomerulosclerosi cronica segmentale o
globale.
Glomerulonefrite proliferativa diffusa (grado IV) È la forma
più grave e si osserva nel 35-60% dei pazienti. Il quadro
istologico glomerulare può ­essere ­identico ­alla glomerulo-
nefrite proliferativa focale (grado III), con proliferazione
­endoteliale, mesangiale e talora epiteliale (Fig. 6.29) e for-
mazione di semilune epiteliali che obliterano lo spazio di
Bowman (Cap. 20). Spesso l’intero glomerulo è interessato,
ma le lesioni possono anche essere segmentali. Dal punto Figura 6.30 Depositi di immunocomplessi nel LES. Immunofluorescen-
di vista istologico, le lesioni glomerulari, sia acute (infiam- za di un glomerulo di un paziente con glomerulonefrite lupica proliferativa
diffusa ottenuta con anticorpi fluorescenti anti-IgG. Si notino i depositi di
mazione) che croniche (fibrosi), della glomerulonefrite IgG nel mesangio e nella parete dei capillari. (Per gentile concessione del
­p roliferativa focale e diffusa sono qualitativamente Dr. Jean Olson, Department of Pathology, University of California San
Francisco, San Francisco, CA)
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 215

mesangiale, intramembranosa, subepiteliale o subendote-


liale. I depositi mesangiali sono sempre presenti nella
­glomerulonefrite di qualsiasi grado. Nella nefrite lupica mem-
branosa, i depositi sono prevalentemente subepiteliali (tra
la membrana basale e l’epitelio del foglietto viscerale della
capsula di Bowman). I depositi subendoteliali (tra l’endotelio
e la membrana basale) sono generalmente tipici delle nefriti
proliferative (gradi III e IV), ma in rari casi si osservano anche
nella nefrite lupica di grado I, II e V (Fig. 6.31). Quando sono
molto abbondanti, i depositi subendoteliali causano un ispes-
simento omogeneo della parete dei capillari, e al microscopio
ottico queste lesioni sono visibili come “anse a fil di ferro”
(Fig. 6.32). Queste anse a fil di ferro si riscontrano spesso
nella nefrite lupica proliferativa sia focale che diffusa (grado
III o IV) e sono indice di malattia attiva. Figura 6.32 Nefrite lupica. È mostrato un glomerulo con varie lesioni
Le alterazioni interstiziali e tubulari sono frequenti nella “a fil di ferro” indicative di estesi depositi subendoteliali di immunocom-
plessi. (Colorazione con acido periodico secondo Schiff [PAS]). (Per gentile
nefrite lupica e in rari casi sono la caratteristica istologica concessione del Dr. Helmut Rennke, Department of Pathology, Brigham
dominante. In molti pazienti con nefrite lupica, le membrane and Women’s Hospital, Boston, MA)
basali dei capillari tubulari e peritubulari presentano depositi
di immunocomplessi simili a quelli glomerulari.
Cute Il caratteristico eritema “a farfalla” (o malare), della
radice del naso e delle guance, è presente nel 50% circa dei
pazienti, ma eritemi simili si possono presentare anche alle Articolazioni Contrariamente all’artrite reumatoide, le arti-
estremità e sul tronco. A livello cutaneo si possono osservare colazioni colpite presentano una tipica sierosite non erosiva,
anche: orticaria, vescicole, maculopapule e ulcere. L’esposi- con deformità minime.
zione alla luce solare scatena o aggrava l’eritema. All’esame Sistema nervoso centrale La patogenesi dei sintomi neuro-
istologico, le aree interessate presentano: degenerazione logici centrali non è chiara, ma sono stati implicati anticorpi
vacuolare dello strato basale dell’epidermide (Fig. 6.33 A); diretti contro una proteina delle membrane sinaptiche.82,83 I
edema variabile del derma con infiammazione perivascolare; sintomi neuropsichiatrici del LES sono stati spesso attribuiti
talora associati a grave vasculite e necrosi fibrinoide. a vasculite acuta, ma l’esame istologico del sistema nervoso
­L’immunofluorescenza mostra depositi di immunoglobuline di questi pazienti ha mostrato che la vasculite significativa è
e complemento lungo la giunzione dermoepidermica rara. Al contrario, a volte si osserva l’obliterazione non in-
­(Fig. 6.33 B), che possono interessare anche la cute sana. fiammatoria dei piccoli vasi in seguito a proliferazione ne-
Questo aspetto non è patognomonico del LES, ma si può ointimale, forse scatenata da lesioni endoteliali da anticorpi
osservare anche nella sclerodermia e nella dermatomiosite. antifosfolipidi.
Pericardite e altre sierositi La sierosite può essere acuta,
subacuta o cronica. Nella fase acuta, le superfici mesoteliali
sono talvolta ricoperte da essudato fibrinoso. In seguito si
ispessiscono, diventano opache e si rivestono di un tessuto
fibroso grossolano che oblitera parzialmente o completa-
mente la cavità sierosa.
Sistema cardiocircolatorio La flogosi può danneggiare sia il
miocardio che l’endocardio o il pericardio.84 La pericardite
sintomatica o asintomatica è presente fino al 50% dei pazien-
ti. La miocardite, o un infiltrato di cellule mononucleate, è
meno comune e può causare tachicardia a riposo e altera-
zioni elettrocardiografiche. La flogosi valvolare, che colpisce
principalmente le valvole aortiche e la mitrale, è caratterizzata
da ispessimenti diffusi dei foglietti che possono causare di-
sfunzione (stenosi e/o rigurgito). L’endocardite valvolare
(endocardite di Libman-Sacks) era più frequente prima della
diffusione della terapia steroidea. È un’endocardite verrucosa
non batterica, con lesioni verrucose di 1-3 mm, singole o
Figura 6.31 Depositi di immunocomplessi nel lupus eritematoso siste- multiple, che possono interessare qualsiasi valvola e si loca-
mico (LES). Immagine al microscopio elettronico di un capillare glomerulare lizzano tipicamente su una delle due facce dei foglietti val-
di un paziente con nefrite lupica che mostra depositi densi subendoteliali volari (Fig. 6.34). Al confronto, le vegetazioni dell’endocardite
corrispondenti alle anse “a fil di ferro” osservate al microscopio ottico. I infettiva sono notevolmente più grandi mentre quelle della
depositi sono presenti anche nel mesangio. B, membrana basale; End,
endotelio; Ep, epitelio; RBC, eritrocita; US, spazio urinario (Per gentile cardiopatia reumatica (Cap. 12) sono più piccole e limitate
concessione del Dr. Edwin Eigenbrodt, Department of Pathology, University alla rima di chiusura dei lembi valvolari.
of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
216 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Un numero crescente di pazienti sviluppa una coronaropatia


sintomatica (angina, infarto miocardico) dovuta ad ateroscle-
rosi coronarica. Tale complicanza colpisce soprattutto i pa-
zienti giovani con malattia di lunga data, specie se trattati
con steroidi. La patogenesi di questa coronaropatia atero-
sclerotica accelerata non è chiara, ma è probabilmente mul-
tifattoriale. I fattori di rischio tradizionali – ipertensione, obe-
sità e iperlipemia – sono più frequenti nei pazienti con LES
rispetto alla popolazione generale e gli immunocomplessi e
gli anticorpi antifosfolipidi possono causare un danno endo-
teliale, promuovendo l’aterosclerosi.
Milza La splenomegalia, con ispessimento capsulare e iper-
plasia follicolare, è comune. Le arterie penicillari centrali
possono presentare iperplasia concentrica dell’intima e delle
cellule muscolari lisce, responsabili delle cosiddette lesioni
“a bulbo di cipolla”.
Polmoni La pleurite e i versamenti pleurici sono le manife-
stazioni polmonari più frequenti e si osservano in quasi il
50% dei pazienti. Le lesioni alveolari con edema ed emorragia
sono più rare. In alcuni casi si sviluppa una fibrosi intersti-
ziale cronica con ipertensione polmonare secondaria. Nes-
suna di queste patologie è specifica del LES.
Altri organi e tessuti La presenza di corpi LE, o corpi ema-
tossilinici, nel midollo osseo o in altri organi è fortemente
indicativa di LES. I linfonodi possono acquisire un volume
maggiore con iperplasia dei follicoli e talora vi può essere
Figura 6.33 Lupus eritematoso sistemico cutaneo. A. Sezione colorata
linfoadenite necrotizzante.
con ematossilina eosina che mostra necrosi colliquativa dello strato basale
dell’epidermide ed edema della giunzione dermoepidermica. (Per gentile
concessione del Dr. Jag Bhawan, Boston University School di Medicine,
Boston, MA) B. L’immunofluorescenza con anticorpi anti-IgG mostra depo- Caratteristiche cliniche. Il LES è una malattia multisistemica
siti di IgG lungo la giunzione dermoepidermica. (Per gentile concessione con un quadro clinico molto variabile. Il paziente tipico è una giovane
del Dr. Richard Sontheimer, Department of Dermatology, University of Texas
Southwestern Medical School, Dallas, TX) donna con alcune, non necessariamente tutte, le seguenti caratteri-
stiche: eritema a farfalla del volto, febbre, dolore articolare senza
deformità che interessa una o più articolazioni periferiche (piedi,
caviglie, ginocchia, anche, dita, polsi, gomiti, spalle), dolore toracico
di tipo pleuritico e fotosensibilità. In molti pazienti, tuttavia, il qua-
dro clinico è subdolo ed enigmatico e può presentarsi come malattia
febbrile d’origine sconosciuta, come reperti urinari anomali o disturbi
articolari che simulano l’artrite reumatoide o la febbre reumatica.
Virtualmente il 100% dei pazienti sono ANA-positivi, ma si tratta di
un dato aspecifico (si veda Tab. 6.9). Vari segni clinici sono indicativi
di interessamento renale: l’ematuria, i cilindri eritrocitari, la protei-
nuria e, in alcuni casi, la classica sindrome nefrosica (Cap. 20). Quasi
tutti i pazienti presentano alterazioni ematologiche, ma in alcuni casi
l’anemia e la trombocitopenia possono essere le manifestazioni di
esordio e il problema clinico dominante. In altri casi ancora, il pro-
blema clinico dominante sono i disturbi mentali (psicosi e convul-
sioni) o la coronaropatia. I pazienti con LES sono anche predisposti
alle infezioni, probabilmente a causa della disfunzione immunitaria
di base e della terapia immunosoppressiva.
Il decorso della malattia è variabile e imprevedibile. In rari casi il
decorso è iperacuto e fatale in settimane o mesi. Più spesso, con una
terapia appropriata, la malattia ha un andamento altalenante, con
riacutizzazioni e remissioni, e può protrarsi per anni e addirittura
decenni. Nelle riacutizzazioni, l’accumulo di immunocomplessi che
attivano il complemento provoca ipocomplementemia. La terapia delle
riacutizzazioni si basa generalmente su steroidi e immunosoppressori.
Figura 6.34 Endocardite di Libman-Sacks della valvola mitralica nel LES.
Le frecce indicano le vegetazioni attaccate al margine del lembo valvolare
In alcuni casi, la malattia ha un decorso benigno per anni, anche senza
ispessito. (Per gentile concessione del Dr. Fred Schoen, Department of terapia, con manifestazioni cutanee e lieve ematuria. La prognosi è
Pathology, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA) molto migliorata e la sopravvivenza a 5 anni è del 90% circa e dell’80%
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 217

a 10 anni. Le cause di morte più comuni sono l’insufficienza renale e le isolata (forma primaria), detta anche sindrome secca, ma più fre-
infezioni intercorrenti. La coronaropatia sta diventando un’altra im- quentemente è associata a un’altra patologia autoimmune (forma
portante causa di morte. I pazienti trattati con steroidi e immunosop- secondaria). L’associazione più frequente è con l’artrite reumatoide,
pressori vanno incontro ai rischi tipici di tali trattamenti. ma la SS può anche associarsi a LES, polimiosite, sclerodermia,
Come già ricordato, l’interessamento cutaneo e multisistemico vasculite, connettivite mista e tiroidite.
sono comuni nel LES. Nei paragrafi seguenti descriveremo due
sindromi con interessamento cutaneo esclusivo o prevalente. Eziologia e patogenesi
Lupus eritematoso discoide cronico. Il lupus eritematoso di-
scoide cronico è una malattia con segni cutanei che mimano il LES, La tipica riduzione della secrezione lacrimale e salivare (sindrome
ma in cui le manifestazioni sistemiche sono rare.85 Il quadro clinico secca) è causata dall’infiltrazione linfocitaria e dalla fibrosi delle
è caratterizzato da placche cutanee atrofiche, con edema variabile, ghiandole lacrimali e salivari.86,87 L’infiltrato è formato prevalen-
eritema, desquamazione e occlusione follicolare, delimitate da un temente da linfociti T helper CD4+ attivati e da alcuni linfociti B,
margine eritematoso rilevato. Le lesioni si localizzano generalmente comprese le plasmacellule. Circa il 75% dei pazienti è positivo per
al volto e sul cuoio capelluto, ma talora possono essere disseminate. il fattore reumatoide (un anticorpo anti-IgG autologhe), indipen-
La malattia è generalmente limitata alla cute, ma nel 5-10% dei casi dentemente dalla presenza di artrite reumatoide concomitante. Il
cronici si sviluppano manifestazioni multisistemiche. D’altra parte, 50-80% dei pazienti è ANA-positivo. Sono stati inoltre identificati
nel LES alcuni pazienti possono presentare prevalentemente lesioni vari altri autoanticorpi organo-specifici e non. I più importanti
cutanee discoidi. Il 35% circa dei pazienti è ANA-positivo, ma gli sono gli autoanticorpi anti-SS-A (Ro) e anti-SSB (La), diretti con-
anticorpi anti-DNAds sono rari. L’immunofluorescenza della cute tro due antigeni ribonucleoproteici (si veda Tab. 6.9), riscontrabili
mostra i tipici depositi di immunoglobuline e C3 in corrispondenza nel 90% dei pazienti con tecniche sensibili e considerati marcatori
della giunzione dermoepidermica, come nel LES. sierologici della malattia. I pazienti con anticorpi anti-SS-A ad alto
Lupus eritematoso cutaneo subacuto. Anche questa patologia titolo sono a rischio di esordio precoce, decorso più prolungato e
interessa prevalentemente la cute e si differenzia dal lupus discoide manifestazioni extraghiandolari (ad es. vasculite cutanea e
per alcuni criteri. L’eritema è tendenzialmente diffuso, superficiale nefrite).62 Questi autoanticorpi sono presenti anche in una piccola
e non cicatriziale, anche se in alcuni casi si possono sviluppare le- percentuale di pazienti con LES quindi non sono diagnostici per
sioni cicatriziali. Nella maggior parte dei casi sono presenti sintomi la sindrome di Sjögren.
sistemici lievi compatibili con LES. C’è una forte associazione con Come per le altre malattie autoimmuni, anche per la SS esiste
gli anticorpi anti-SS-A e con il genotipo HLA-DR3. Quindi, il lupus un’associazione, benché debole, con alcuni alleli HLA. Gli studi di
eritematoso cutaneo subacuto sembra riunire un gruppo di patologie epidemiologia genetica che hanno coinvolto soggetti di razza bianca
intermedie tra il LES e il lupus eritematoso cutaneo. e di razza nera, suggeriscono un’associazione della forma primaria
con gli alleli HLA-B8, HLA-DR3 e DRW52 e con i loci HLA-DQA1
e HLA-DQB1; nei pazienti con anticorpi anti-SS-A o anti-SS-B sono
LES iatrogeno
frequenti gli alleli HLA-DQA1 e HLA-DQB1. Questi dati sembrano
Vari farmaci, quali idralazina, procainamide, isoniazide, penicillina indicare, come nel caso del LES, che alcuni alleli MHC-II predispon-
D e altri, possono causare una sindrome lupica iatrogena.78 Molti di gono allo sviluppo di particolari autoanticorpi.
questi farmaci inducono la formazione di ANA, ma la maggior parte L’eziopatogenesi della SS è oscura, ma sono implicate l’attiva-
dei pazienti è asintomatica. Ad esempio, l’80% dei pazienti trattati zione aberrante dei linfociti B e T. L’evento scatenante potrebbe
con procainamide è ANA-positivo, ma solo un terzo sviluppa ar- essere un’infezione virale delle ghiandole salivari che causerebbe
tralgie, febbre e sierositi. Vari organi possono essere colpiti, ma l’in- localmente apoptosi, inducendo il rilascio di antigeni self tissutali.
teressamento renale e nervoso è raro. La malattia differisce dal LES Nei soggetti geneticamente predisposti, i linfociti T CD4+ e B
classico dal punto di vista genetico e sierologico. Gli anticorpi anti- specifici per questi antigeni self potrebbero evadere la tolleranza
DNAds sono rari mentre sono frequenti gli anticorpi anti-istone. I immunitaria, attivandosi e scatenando la flogosi, le lesioni tissutali
soggetti con genotipo HLA-DR4 hanno un rischio più elevato di e infine la fibrosi. L’antigene/gli antigeni self riconosciuto/i da
sviluppare il LES se trattati con idralazina. La malattia è reversibile questi linfociti non è stato ancora identificato; un candidato è
con la sospensione del farmaco. l’a-fodrina, una proteina citoscheletrica, ma il suo ruolo patoge-
netico non è chiaro.88 Anche le infezioni virali che potrebbero
fungere da fattore scatenante non sono state identificate, ma tra i
Artrite Reumatoide
sospetti ci sono i soliti responsabili delle patologie infiammatorie
L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica che inte- croniche: il virus di Epstein-Barr e il virus dell’epatite C.89 In una
ressa principalmente le articolazioni, ma può coinvolgere anche piccola percentuale di pazienti, anche l’infezione da retrovirus
tessuti extrarticolari come cute, vasi, polmoni e cuore. Numerosi umano T-­linfotropico di tipo 1 (HTLV-1) causa un quadro clini-
dati suggeriscono una patogenesi autoimmune. Le manifestazioni copatologico identico alla SS.
principali sono a carico delle articolazioni e quindi la malattia è
trattata nel Capitolo 26.
Morfologia Le ghiandole lacrimali e salivari sono i bersagli
principali della malattia, ma possono essere colpite anche
Sindrome Di Sjögren
altre ghiandole esocrine, come quelle annesse agli apparati
La sindrome di Sjögren (SS) è una malattia cronica caratterizzata da respiratorio e gastroenterico e alla vagina. Nelle ghiandole
secchezza oculare (cheratocongiuntivite secca) e del cavo orale (xero- salivari maggiori e minori, il reperto istologico più precoce
stomia), dovuta alla distruzione con meccanismo autoimmune delle è l’infiltrazione linfocitaria periduttale e perivasale. L’infiltrato
ghiandole lacrimali e salivari. Può presentarsi come una patologia
218 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Figura 6.35 Sindrome di Sjögren. A. Tumefazione della ghiandola salivare. (Per gentile concessione del Dr. Richard Sontheimer, Department of Derma-
tology, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) B. Ghiandola salivare con intenso infiltrato linfocitario e plasmacellulare e iperplasia
dell’epitelio duttale. (Per gentile concessione del Dr. Dennis Burns, Department of Pathology, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)

La flogosi combinata delle ghiandole lacrimali e salivari viene detta


linfocitario si fa esteso (Fig. 6.35) e nelle ghiandole salivari sindrome di Mikulicz, una definizione che comprende le tumefazioni
maggiori si possono osservare veri e propri follicoli linfatici lacrimali e salivari di qualsiasi natura (tra cui sarcoidosi, leucemia,
con centri germinativi. L’epitelio duttale può andare incontro linfomi e altri tumori). Per questo la biopsia del labbro (per esaminare
a iperplasia, con obliterazione dei dotti. Con il progredire le ghiandole salivari minori) è essenziale per la diagnosi di SS.
della malattia gli acini ghiandolari vanno incontro ad atrofia, Nei pazienti con SS vi è spesso iperplasia dei linfonodi, ma le
fibrosi e ialinizzazione; e nelle fasi più avanzate il parenchima risposte linfocitarie più intense si osservano nei tessuti bersaglio
atrofico è sostituito da tessuto adiposo. In certi casi l’infiltrato della reazione autoimmune, soprattutto le ghiandole salivari e
linfoide può essere così sviluppato da avere l’apparenza di lacrimali. All’inizio della malattia l’infiltrato è costituito da una
un linfoma. In realtà questi pazienti sono ad alto rischio di popolazione policlonale di linfociti B e T; ma con la progressione
linfomi a cellule B e la valutazione molecolare della clonalità inesorabile della malattia c’è una forte tendenza all’emergenza di
può rendersi necessaria per distinguere la flogosi reattiva popolazioni monoclonali di linfociti B che acquisiscono un vantag-
cronica intensa da un linfoma in fase iniziale. gio proliferativo, presumibilmente grazie all’insorgenza di mutazioni
La carenza di lacrime causa secchezza dell’epitelio corneale somatiche. L’emergenza di un clone dominante di linfociti B indica
che va incontro a flogosi, erosione e ulcerazione; anche la generalmen­te lo sviluppo di un linfoma della zona marginale, un
mucosa orale si può atrofizzare, con formazione di ragadi e tipico tumore dei linfociti B che spesso si sviluppa nelle flogosi
ulcere infiammatorie; e la secchezza e la formazione di croste croniche a prevalente componente linfocitaria. Circa il 5% dei pa-
nasali possono causare ulcere e perfino perforazione del zienti con SS sviluppa il linfoma, un’incidenza 40 volte superiore
setto nasale. alla popolazione generale. Anche altre malattie autoimmuni (ad es.
tiroidite di Hashimoto) si associano a un rischio elevato di linfomi
della zona marginale (Cap. 13).
Caratteristiche cliniche. La SS colpisce soprattutto donne an-
ziane, tra i 50-60 anni. I sintomi sono dovuti alla distruzione Sclerosi Sistemica (Sclerodermia)
­infiammatoria delle ghiandole esocrine. La cheratocongiuntivite
causa annebbiamento della vista, bruciore, prurito e accumulo di La sclerosi sistemica è una malattia cronica caratterizzata da: (1)
secreto denso nel sacco congiuntivale. La xerostomia provoca diffi- flogosi cronica presumibilmente di origine autoimmune, (2) microan-
coltà nella deglutizione dei cibi solidi, riduzione della sensibilità giopatia diffusa e (3) fibrosi interstiziale e perivasale progressiva, della
gustativa, ragadi, screpolature e secchezza della mucosa orale. La cute e di vari organi.90 Il termine sclerodermia è di uso comune nella
parotide è aumentata di volume nella metà dei pazienti; altri sintomi pratica clinica, ma la definizione esatta è sclerosi sistemica dato che
sono la secchezza della mucosa nasale, epistassi, bronchiti ricorrenti la malattia è caratterizzata da un processo fibrotico che interessa
e polmoniti. Le manifestazioni extraghiandolari, che si osservano tutto l’organismo. La cute è l’organo più colpito, ma sono frequente­
in un terzo dei pazienti, comprendono sinoviti, fibrosi polmonare mente interessati anche l’apparato gastroenterico, i reni, il cuore,
diffusa e neuropatia periferica e sono più comuni in presenza di i muscoli e i polmoni. In alcuni pazienti, la malattia rimane per molti
anticorpi anti-SS-A ad alto titolo. Contrariamente al LES, nella SS anni apparentemente limitata alla cute, ma nella maggioranza dei
le lesioni glomerulari sono estremamente rare. Le disfunzioni tubu- casi progredisce estendendosi agli organi viscerali fino alla morte
lari come l’acidosi tubulare renale, uricosuria e fosfaturia, sono però per insufficienza renale, scompenso cardiaco, insufficienza respira-
frequenti e si associano ai segni istologici di nefrite tubulointersti- toria o malassorbimento intestinale. Il quadro clinico della sclerosi
ziale (Cap. 20). Circa il 60% dei pazienti ha un’altra malattia autoim- sistemica è molto eterogeneo e si distinguono due forme principali:
mune concomitante, come l’artrite reumatoide, e questi pazienti (1) la sclerodermia diffusa, con coinvolgimento cutaneo diffuso fin
hanno generalmente i sintomi di entrambe le malattie. dall’esordio, progressione rapida e precoce interessamento viscerale
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 219

e (2) la sclerodermia limitata, che spesso colpisce solo la cute delle anticorpi coesistano nello stesso paziente. Il ruolo degli ANA nella
dita, degli avambracci e del viso; l’interessamento viscerale è tardivo patogenesi della sclerodermia non è chiaro; è stato ipotizzato che
e il decorso è relativamente benigno. Alcuni pazienti con malattia alcuni ANA possano stimolare la fibrosi, ma le prove a sostegno di
limitata sviluppano la sindrome CREST, caratterizzata da Calcinosi, tale ipotesi sono poco convincenti.
fenomeno di Raynaud, discinesia Esofagea, Sclerodattilia e Telean- Danno vascolare. La microangiopatia è sempre presente nelle fasi
gectasie. Le varianti e le malattie correlate, come la fascite eosinofila, precoci della sclerosi sistemica e potrebbe essere la lesione iniziale. La
sono relativamente rare e non saranno trattate in questo capitolo. proliferazione intimale delle arterie digitali è evidente nel 100% dei
pazienti. È comune anche la dilatazione capillare con permeabiliz-
zazione e distruzione dei vasi. All’inizio della malattia le anse ­capillari
Eziologia e patogenesi
del letto ungueale sono deformate e successivamente scompaiono.
La causa della sclerosi sistemica non è nota. Le reazioni autoimmuni, Ci sono quindi segni istologici inequivocabili di microangiopatia.
la micorangiopatia e l’accumulo di collagene sono tutti fattori che Sono anche presenti segni indiretti di attivazione e danno endoteliale
contribuiscono al danno d’organo (Fig. 6.36).90,91 (ad es. aumento dei livelli sierici del fattore di von Willebrand) e di
Risposte immunitarie anomale. È stato ipotizzato che i linfociti iperattivazione piastrinica (aumento della percentuale di aggregati
T CD4+ reattivi a un antigene non identificato si accumulino nella piastrinici circolanti). Le cause della microangiopatia sono però
cute rilasciando citochine che attivano le cellule infiammatorie e i fi- ignote; potrebbe essere l’evento scatenante o una conseguenza della
broblasti.92 Nella cute dei pazienti con sclerosi sistemica, gli infiltrati flogosi cronica, in cui i mediatori rilasciati dalle cellule infiamma-
infiammatori sono tipicamente sparsi, ma nelle biopsie cutanee, in torie danneggiano l’endotelio del microcircolo. Induzione ripetuta
molti casi, sono dimostrabili i linfociti T CD4+ attivati e sono stati di danno endoteliale e contemporanea aggregazione piastrinica
isolati i linfociti TH2. Varie citochine prodotte da questi linfociti T causano il rilascio di fattori piastrinici (ad es. PDGF, TGFb) che
(ad es. TGFb e IL-13) stimolano la trascrizione dei geni del collagene inducono la fibrosi periavventiziale. Anche l’endotelio attivato o
e di altre proteine della matrice extracellulare (ad es. fibronectina) danneggiato rilascia PDGF e fattori chemotattici per i fibroblasti.
da parte dei fibroblasti. Altre citochine reclutano i leucociti e pro- Anche le cellule muscolari lisce dei vasi mostrano alterazioni e pre-
pagano la flogosi cronica. sentano un aumento dell’espressione dei recettori adrenergici. Alla
Ci sono anche segni dell’inattivazione inappropriata dell’immu- fine, l’obliterazione diffusa del microcircolo causa ischemia e sclerosi
nità umorale e la presenza di vari autoanticorpi ha valore diagnostico cicatriziale. Il danno endoteliale potrebbe anche essere dovuto all’ef-
e prognostico.93 Tutti i pazienti sono ANA-positivi e gli ANA rico- fetto tossico di fattori ambientali, tale ipotesi non è al momento
noscono vari antigeni nucleari. Due tipi di ANA mostrano un’asso- suffragata da dati sperimentali, tuttavia non può essere esclusa.
ciazione forte con la sclerosi sistemica. L’autoanticorpo anti-DNA Fibrosi. La caratteristica fibrosi progressiva potrebbe essere dovuta
topoisomerasi I (anti-Scl 70) è altamente specifico. È rilevabile nel a molteplici meccanismi, quali l’azione di citochine fibrogeniche
28-70% dei pazienti con malattia diffusa (la variabilità dipende dal prodotte dall’infiltrato leucocitario, l’ipersensibilità e l’iperreattività
gruppo etnico analizzato e dal test utilizzato). I pazienti con questo dei fibroblasti in risposta alle citochine e la cicatrizzazione conse-
anticorpo hanno un rischio più elevato di sviluppare fibrosi polmo- guente all’ischemia causata dalle lesioni vascolari. Ci sono anche
nare e vasculopatia periferica. L’altro, un anticorpo anticentromero, segni di anomalie primitive della produzione di collagene. Coeren-
è presente nel 20-30% dei pazienti che tendenzialmente hanno la temente con questa ipotesi, è stata riscontrata un’associazione della
sindrome CREST e la sclerosi cutanea limitata. È raro che i due sclerosi sistemica con un polimorfismo del gene del fattore di crescita
del connettivo.94 Anche i modelli murini di sindrome di Marfan
causata da mutazioni del gene della fibrillina-1 presentano caratte-
ristiche comuni alla sclerosi sistemica,95 un ulteriore indizio che le
anomalie del connettivo potrebbero contribuire alla malattia.

Morfologia Tutti gli organi possono essere interessati. Le


alterazioni più rilevanti sono a carico della cute, dell’apparato
digerente e muscoloscheletrico e del rene ma le lesioni sono
spesso riscontrabili anche nei vasi, nel cuore, nei polmoni e
nei nervi periferici.
Cute La maggior parte dei pazienti presenta una scleroatrofia
cutanea diffusa, che inizia generalmente a livello delle dita e
nelle regioni distali degli arti superiori e si estende prossi-
malmente a braccia, spalle, collo e viso. L’esame istologico
mostra edema e infiltrati linfocitari T CD4+ perivasali, asso-
ciati a rigonfiamento e degenerazione delle fibre collagene,
che diventano eosinofile. I capillari e le arteriole (150-500 mm
di diametro) possono presentare ispessimento della lamina
basale, danno endoteliale e obliterazione parziale. Con la
progressione della malattia, si sviluppa una fibrosi progres-
siva del derma, che diventa strettamente aderente alle strut-
ture sottocutanee. Nel derma si ha un aumento marcato del
collagene denso e l’epidermide si assottiglia, con perdita
Figura 6.36 Ipotesi patogenetica della sclerosi sistemica.
220 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Figura 6.37 Sclerodermia. A. Cute normale. B. Biopsia cutanea di un paziente con sclerosi sistemica. Da notare l’esteso accumulo di collagene denso
nel derma, con assenza di annessi (ad es. follicoli piliferi), e i focolai infiammatori indicati dalla freccia.

delle rughe, atrofia degli annessi cutanei e ialinizzazione delle La disfunzione associata dello sfintere esofageo inferiore
arteriole e dei capillari dermici (Fig. 6.37). Soprattutto nei causa il reflusso gastroesofageo e le sue complicanze: la
pazienti con sindrome CREST si possono sviluppare calcifi- metaplasia di Barrett (Cap. 17) e la stenosi. La mucosa è
cazioni focali, e talora diffuse, nel sottocutaneo. Negli stadi assottigliata e si può ulcerare; si osserva ipercollagenizzazio-
avanzati, le dita assumono un aspetto affusolato ad artiglio, ne della lamina propria e della sottomucosa. La perdita di
con limitazione dei movimenti articolari e il volto diventa una villi e microvilli del tenue è la base anatomopatologica della
maschera contratta. L’ischemia causa ulcere cutanee e atrofia sindrome da malassorbimento a volte osservata.
delle falangi distali (Fig. 6.38). A volte le punte delle dita Apparato muscoloscheletrico La sinovite, associata a iper-
vanno incontro ad autoamputazione. trofia e iperplasia dei tessuti molli sinoviali, è frequente negli
Apparato digerente L’apparato digerente è coinvolto nel 90% stadi precoci e nella malattia avanzata dà luogo alla fibrosi.
dei casi circa. L’atrofia e la sclerosi progressiva della tonaca Questi fenomeni patologici sono simili a quelli dell’artrite
muscolare, che viene sostituita da tessuto fibroso, possono reumatoide, ma la distruzione articolare è rara nella sclerosi
colpire qualsiasi tratto dell’intestino ma sono più gravi sistemica. In un piccolo sottogruppo di pazienti (circa il 10%),
nell’esofago. I due terzi inferiori dell’esofago spesso svilup- si può sviluppare una miosite infiammatoria indistinguibile
pano una rigidità simile a quella di un tubo di gomma. dalla polimiosite.
Reni Il rene è colpito nei due terzi dei casi. Le lesioni più gravi
sono a carico dei vasi. Le arterie interlobulari mostrano ispes-
simento intimale causato da depositi mucinosi o da una fine
trama di collagene che si colorano con i coloranti ­istochimici
per le glicoproteine e i mucopolisaccaridi acidi. Si osserva
anche iperplasia neointimale concentrica, simile a quella
dell’ipertensione maligna, ma nella sclerodermia l’iperpla-
sia interessa solo i vasi di 150-500 mm di diametro e non sem-
pre si associa a ipertensione. L’ipertensione, tuttavia, è
­presente nel 30% dei pazienti e nel 20% dei casi ha un decorso
molto rapido e infausto (ipertensione maligna). Nei pazienti
ipertesi, la vasculopatia è più pronunciata e spesso si associa
a necrosi fibrinoide delle arteriole, trombosi e infarto. Tali
pazienti spesso muoiono per insufficienza renale, responsa-
bile di circa il 50% dei decessi nei pazienti con ­sclerodermia.
I ­glomeruli non mostrano alterazioni caratteristiche.
Figura 6.38 Sclerosi sistemica avanzata. L’estesa fibrosi sottocutanea Polmoni I polmoni sono colpiti, in oltre il 50% dei casi, da
ha praticamente immobilizzato le dita, creando una deformità in flessione
“ad artiglio”. L’ischemia ha prodotto ulcere cutanee. (Per gentile concessione ipertensione polmonare e fibrosi interstiziale. Il vasospasmo
del Dr. Richard Sontheimer, Department of Dermatology, University of Texas polmonare, secondario alla disfunzione endoteliale, è ­ritenuto
Southwestern Medical School, Dallas, TX)
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 221

a­ ntiribonucleoproteina U1, diretti, cioè, contro i ribosomi contenenti


un fattore importante nella patogenesi dell’ipertensione pol- la ribonucleoproteina U1. L’interessamento renale è generalmente
monare. La fibrosi polmonare, se presente, è indistinguibile modesto e la risposta ai corticosteroidi è buona, almeno nel breve
dalla fibrosi polmonare idiopatica (Cap. 15). periodo. Dato che il quadro clinico è sovrapponibile a quello di altre
Cuore In un terzo dei casi si manifesta pericardite con ver- malattie, è stato proposto che la connettivite mista non sia un’entità
samento pericardico e miocardiosclerosi con ispessimento distinta, ma che i vari casi siano in realtà forme atipiche di LES,
delle arteriole intramiocardiche. Il coinvolgimento clinico del sclerosi sistemica e polimiosite. Nel tempo, infatti, la malattia può
miocardio è però meno frequente. anche evolvere in forme conclamate di LES o sclerosi sistemica. Le
due complicanze più gravi della connettivite mista sono l’iperten-
sione polmonare e l’insufficienza renale, come per la sclerosi
Caratteristiche cliniche. La sclerosi sistemica colpisce più fre- sistemica.
quentemente il sesso femminile, con un rapporto femmine/maschi
di 3:1; il picco di incidenza è nella classe di età compresa fra i 50 e i POLIARTERITE Nodosa E Altre Vasculiti
60 anni. La sclerosi sistemica ha molte caratteristiche in comune con
il LES, l’artrite reumatoide (Cap. 26) e la polimiosite (Cap. 27), ma La poliarterite nodosa fa parte di un gruppo di malattie caratte-
i segni distintivi sono le gravi alterazioni cutanee, e soprattutto l’ispes- rizzate da infiammazione necrotizzante della parete dei vasi, con
simento e la sclerosi della cute. Il fenomeno di Raynaud, un vasospa- segni evidenti di una patogenesi autoimmune.97,98 Sono classificate
smo episodico delle arterie e arteriole delle estremità, è quasi sempre genericamente come vasculiti asettiche per distinguerle dalle va-
presente e precede gli altri sintomi nel 70% dei casi. La disfagia sculiti settiche, dovute a infezione della parete dei vasi (come
dovuta alla sclerosi esofagea e alla conseguente ipomotilità è presente quella che si verifica nelle pareti ascessuali) e a indicare che qual-
in oltre il 50% dei pazienti; alla fine, la distruzione della parete siasi tipo di vaso può essere interessato: cioè arterie, arteriole, vene
­esofagea causa atonia e dilatazione, specie nel tratto distale. I dolori o capillari.
addominali, l’occlusione intestinale e la sindrome da malassorbi- La vasculite asettica necrotizzante si riscontra in vari quadri cli-
mento, con calo ponderale e anemia, indicano l’interessamento nici. La classificazione delle vasculiti e le alterazioni immunologiche
dell’intestino tenue. Le difficoltà respiratorie dovute alla fibrosi responsabili di queste patologie sono descritti nel Capitolo 11.
polmonare possono causare uno scompenso cardiaco destro e la
miocardiosclerosi può provocare aritmie e scompenso cardiaco. Una
proteinuria moderata si osserva nel 30% dei pazienti, ma raramente Rigetto dei trapianti
è così grave da causare una sindrome nefrosica. La manifestazione
più infausta è l’ipertensione maligna e la conseguente insufficienza Le reazioni immunologiche responsabili del rigetto dei trapianti
renale fatale, mentre in sua assenza l’evoluzione della malattia può sono le stesse delle malattie infiammatorie autoimmuni e quindi il
essere lenta. Il decorso della malattia è tendenzialmente più grave rigetto dei trapianti è trattato in questo capitolo. Il rigetto, una rea-
nei soggetti di razza nera, soprattutto donne. L’insufficienza respi- zione del sistema immunitario del ricevente che riconosce il tessuto
ratoria è diventata la principale causa di morte nella sclerosi siste- trapiantato come estraneo e reagisce contro esso, è la principale li-
mica, grazie ai progressi nel trattamento delle crisi renali mitazione ai trapianti.
Come già detto, la sindrome CREST si osserva in alcuni pazienti
con sclerosi cutanea limitata ed è caratterizzata da calcinosi, fenome- Riconoscimento e rigetto di trapianti allogenici
no di Raynaud, discinesia esofagea, sclerodattilia, teleangectasie e
anticorpi anticentromero. Nei pazienti con sindrome CREST la scle- Il rigetto è un processo complesso nel quale sono implicati sia gli an-
rodermia è limitata alla cute, spesso solo alle dita, agli avambracci e ticorpi che l’immunità cellulo-mediata;99 le lesioni istologiche degli
al viso, e il sottocutaneo va incontro a calcificazione. L’interessamento organi rigettati consentono spesso di stabilire il contributo dei due
viscerale, con lesioni esofagee, ipertensione polmonare, ­cirrosi biliare, meccanismi.
può manifestarsi dopo molti anni o non verificarsi affatto. In genere
questi pazienti vivono più a lungo di quelli con sclerosi sistemica Citotossicità mediata dai linfociti T
caratterizzata da interessamento viscerale diffuso all’esordio.
Il ruolo chiave dei linfociti T nel rigetto dei trapianti è stato docu-
mentato nell’uomo e nei modelli animali. Il rigetto mediato dai
Miopatie Infiammatorie
linfociti T è detto rigetto cellulare ed è caratterizzato dalla distruzione
Le miopatie infiammatorie sono un gruppo eterogeneo di malattie delle cellule del trapianto a opera dei CTL CD8+ e da reazioni di
rare, caratterizzate da lesioni infiammatorie, probabilmente di natura ipersensibilità ritardata scatenate dall’attivazione dei linfociti T
autoimmune, che interessano principalmente i muscoli scheletrici. helper CD4+. Le principali differenze antigeniche tra donatore e
Si distinguono tre tipi di miopatie infiammatorie: dermatomiosite, ricevente responsabili del rigetto dei trapianti riguardano gli alleli
polimiosite e miosite da corpi inclusi, che possono presentarsi isolate HLA a elevato polimorfismo. I linfociti T del ricevente riconoscono
o associate ad altre malattie autoimmuni, in particolare la sclerosi gli antigeni del donatore presenti nel tessuto trapiantato (antigeni
sistemica. Queste malattie sono descritte nel Capitolo 27. allogenici o alloantigeni) attraverso due modalità, diretta e indiretta
(Fig. 6.39).100
Connettivite Mista
Nella via diretta i linfociti T del ricevente riconoscono le mole-
La connettivite mista è una malattia il cui quadro clinico presenta cole MHC allogeniche (del donatore) espresse in membrana
aspetti comuni al LES, alla sclerosi sistemica e alla polimiosite.96 Il dalle APC presenti nel tessuto trapiantato. Si ritiene che le prin-
profilo sierologico è caratterizzato da un alto titolo di anticorpi cipali APC che scatenano il rigetto siano le cellule dendritiche
222 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Figura 6.39 Rigetto dei trapianti allogenici. Riconoscimento diretto: gli antigeni MHC-I e -II del donatore espressi dalle APC del trapianto (insieme alle
molecole B7, non mostrate in figura) sono riconosciuti dai linfociti T dell’ospite (citotossici CD8+ e helper CD4+, rispettivamente). I linfociti T CD4+ proli-
ferano e producono citochine (ad es. IFN-g), che induce lesioni tissutali innescando reazioni locali di ipersensibilità ritardata. I linfociti T CD8+, a contatto
con gli antigeni del trapianto, si differenziano in linfociti T citotossici che distruggono le cellule del trapianto. Riconoscimento indiretto: gli antigeni del
trapianto sono fagocitati, processati e presentati dalle APC dell’ospite che attivano i linfociti T CD4+, questi danneggiano il trapianto inducendo reazioni
locali di ipersensibilità ritardata e stimolano i linfociti B a produrre anticorpi.

degli organi del donatore che, oltre a esprimere elevati livelli di nel tessuto trapiantato a opera dei macrofagi attivati. Il ricono-
molecole HLA di classe I e II, sono anche dotate di costimolatori scimento diretto di molecole MHC allogeniche sembra un pa-
(ad es. B7-1 e B7-2). I linfociti T dell’ospite incontrano le cellule radosso rispetto al principio della restrizione MHC limitata alle
dendritiche del donatore all’interno degli organi trapiantati o sole molecole MHC autologhe. Ma se i linfociti T possono rico-
quando queste migrano nei linfonodi drenanti. I linfociti T noscere solo peptidi estranei presentati da molecole MHC au-
CD8+ riconoscono le molecole MHC-I e si differenziano in CTL tologhe, perché nel rigetto dei trapianti i linfociti T riconoscono
attivati, che distruggono le cellule del trapianto con le modalità le molecole MHC estranee? Una spiegazione possibile è che le
descritte in precedenza. I linfociti T helper CD4+ riconoscono molecole MHC allogeniche associate ai rispettivi peptidi, somi-
le molecole allogeniche MHC-II e proliferano, differenziandosi glino o mimino i complessi di molecole MHC autologhe-peptidi
in cellule effettrici di tipo TH1 (e forse TH17). Le citochine secrete estranei riconosciuti dai linfociti T ristretti per il sistema MHC
dai linfociti T CD4+ attivati scatenano una reazione di ipersen- autologo. Quindi, il riconoscimento di molecole MHC alloge-
sibilità ritardata verso il trapianto, che causa aumento della niche sarebbe dovuto a una reazione crociata dei linfociti T se-
permeabilità vasale, promuove l’accumulo di un infiltrato mo- lezionati per riconoscere molecole MHC autologhe associate a
nonucleato (linfociti e macrofagi) ed è responsabile delle lesioni peptidi estranei.
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 223

Nella via indiretta i linfociti T dell’ospite riconoscono le mole-


cole MHC (del donatore) presentate dalle APC dell’ospite. Que- Morfologia In base al quadro istologico e al meccanismo
sto implica che le molecole MHC e altre molecole allogeniche patogenetico, le reazioni di rigetto sono distinte in iperacute,
degli organi trapiantati vengano captate ed elaborate dalle APC acute e croniche. Descriveremo le caratteristiche istopatolo-
dell’ospite e i peptidi derivati siano presentati dalle molecole giche delle varie forme, relativamente ai trapianti renali.
MHC dell’ospite, come ogni altro peptide estraneo. Il ricono- ­Alterazioni analoghe possono verificarsi nei trapianti di qual-
scimento indiretto, quindi, è simile all’elaborazione e presenta­ siasi altro organo vascolarizzato e verranno trattate nei ri-
zione fisiologica di altri antigeni estranei (ad es. microbici). Il spettivi capitoli.
riconoscimento indiretto genera linfociti T CD4+ che invadono Rigetto iperacuto Il rigetto iperacuto si verifica nei primi
il trapianto e riconoscono gli antigeni del donatore presentati minuti o ore dopo il trapianto. Il rene rigettato si fa rapida-
dalle APC dell’ospite, entrate a loro volta nel trapianto, scate- mente cianotico, marezzato e flaccido e produce solo poche
nando una reazione di ipersensibilità ritardata. I CTL CD8+ gocce di urina mista a sangue. Le immunoglobuline e il com-
potenzialmente generati dal riconoscimento indiretto non pos- plemento si depositano nella parete dei vasi, danneggiando
sono attaccare direttamente il trapianto poiché riconoscono gli l’endotelio, con formazione di trombi di fibrina e piastrine
antigeni del trapianto solo se presentati dalle APC dell’ospite. (Fig. 6.40 A). I neutrofili si accumulano rapidamente nelle
Quindi nel riconoscimento indiretto, quando i linfociti T attac- arteriole, nei glomeruli e nei capillari peritubulari. Con
cano il trapianto il rigetto è mediato principalmente dalle cito- l’estendersi e l’aggravarsi del rigetto, i capillari glomerulari
chine (prodotte dai linfociti T) e da reazioni di ipersensibilità vanno incontro a occlusione trombotica, con necrosi fibri-
ritardata. Si ritiene che il riconoscimento diretto sia responsa- noide delle pareti arteriose. In poche ore tutta la corticale
bile principalmente del rigetto acuto, mentre quello indiretto renale va in necrosi (infarto renale), il rene cessa di funzio-
sarebbe più rilevante nel rigetto cronico. La distinzione, però, nare e deve essere rimosso.
non è assoluta. Rigetto acuto Si verifica pochi giorni dopo il trapianto in
assenza di terapia antirigetto o insorge acutamente mesi o
anni più tardi, dopo la sospensione della terapia immuno-
Reazioni mediate da anticorpi
soppressiva. In pazienti diversi possono prevalere la flogosi
I linfociti T hanno un ruolo chiave nel rigetto dei trapianti, ma mediata da anticorpi o cellulo-mediata. Dal punto di vista
anche gli anticorpi prodotti contro gli antigeni eterologhi del tra- istopatologico, il rigetto umorale è caratterizzato da vasculite,
pianto sono mediatori importanti del rigetto.101 Il rigetto mediato mentre quello cellulo-mediato è caratterizzato da un infiltrato
da anticorpi è detto rigetto umorale e può assumere due for- interstiziale mononucleato.
me. Il rigetto iperacuto si verifica quando nel sangue del ricevente Il rigetto cellulare acuto si verifica più frequentemente nei
sono presenti anticorpi preformati antidonatore. Tali anticorpi primi mesi dopo il trapianto ed è preceduto da segni clinici
possono essere presenti in soggetti che abbiano già rigettato un e biochimici di insufficienza renale (Cap. 20). L’esame istolo-
trapianto di rene. Le donne pluripare che sviluppano anticorpi gico mostra un esteso infiltrato interstiziale di cellule
anti-HLA contro antigeni paterni rilasciati dal feto possono avere ­mononucleate ed edema oltre a una modesta emorragia
anticorpi preformati contro organi donati dal marito, dai figli o da interstiziale (Fig. 6.40 B). Prevedibilmente, l’immunoistochi-
soggetti non correlati che condividano alleli HLA con il marito. mica rivela la presenza di linfociti T CD4+ e CD8+, che espri-
Le emotrasfusioni pregresse possono indurre sensibilizzazione mono marcatori di attivazione, come la catena b del recettore
dato che le piastrine e i globuli bianchi sono ricchi di antigeni HLA dell’IL-2. I capillari glomerulari e peritubulari contengono
e donatori e riceventi non sono generalmente HLA identici. Grazie numerose cellule mononucleate che possono invadere anche
all’introduzione dei test di compatibilità crociata per la ricerca nel i tubuli, causando necrosi tubulare focale. Oltre alle lesioni
siero del ricevente di eventuali anticorpi contro le cellule del do- tubulari, i CTL CD8+ possono danneggiare anche l’endotelio
natore, il rigetto iperacuto non è più un problema clinico dei vasi provocando la cosiddetta endotelite. Nei vasi colpiti
significativo. le cellule endoteliali si rigonfiano e in alcuni punti i linfociti
Nei riceventi non precedentemente sensibilizzati agli antigeni del si infiltrano tra l’endotelio e la parete del vaso. È importante
trapianto, la formazione di anticorpi può essere indotta dall’esposi- riconoscere il rigetto cellulare perché, in assenza di reazione
zione agli antigeni HLA-I e HLA-II del tessuto del donatore. Questi umorale concomitante, i pazienti rispondono rapidamente
anticorpi che si formano nel ricevente danneggiano il trapianto con alla terapia immunosoppressiva. La ciclosporina, un farmaco
vari meccanismi: la citotossicità complemento-mediata, l’infiamma- immunosoppressore molto usato, è anche nefrotossica e
zione e la citotossicità anticorpo-dipendente. Il primo bersaglio degli quindi al rigetto si possono sovrapporre le alterazioni istolo-
anticorpi antitrapianto, nella reazione di rigetto, sembrano essere i giche da ciclosporina.
vasi del trapianto. Quindi, il rigetto anticorpo-dipendente, o rigetto Il rigetto acuto umorale (vasculite da rigetto) è mediato
acuto umorale, si presenta, in genere, come una vasculite, detta anche principalmente da anticorpi antidonatore e quindi si manife-
vasculite da rigetto. sta soprattutto con lesioni vasali sotto forma di vasculite
necrotizzante, con necrosi endoteliale, infiltrati ricchi di neu-
trofili, depositi di immunoglobuline, complemento, fibrina e
Rigetto dei trapianti di rene
trombosi. La vasculite si associa a necrosi estesa del paren-
I reni sono stati il primo organo solido trapiantato e sono tuttora il chima renale. In molti casi, la vasculite è meno acuta ed è
principale organo soggetto a trapianto, quindi molte delle conoscen- caratterizzata da marcato ispessimento intimale per prolife-
ze acquisite sugli aspetti clinicopatologici del trapianto di organi razione di fibroblasti, miociti e macrofagi schiumosi
solidi derivano dallo studio dei trapianti di rene eterologhi.
224 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Figura 6.40 Quadro istologico del rigetto di trapianto acuto e iperacuto. A. Rigetto iperacuto di trapianto allogenico di rene: sono evidenti il danno
endoteliale, i trombi di piastrine e trombina e l’iniziale infiltrato di neutrofili del glomerulo. B. Rigetto cellulare acuto di trapianto allogenico di rene con in-
filtrato infiammatorio interstiziale e tra le cellule epiteliali dei tubuli. C. Rigetto umorale acuto di trapianto renale allogenico (vasculite da rigetto) con infiltrato
infiammatorio e iperplasia delle cellule muscolari lisce intimali. (Per gentile concessione del Dr. Helmut Rennke, Department of Pathology, Brigham and
Women’s Hospital e Harvard Medical School, Boston, MA)

e paterna). Nei trapianti di fegato, cuore e polmoni, invece, la tipiz-


(Fig. 6.40 C). La conseguente obliterazione del lume arterio- zazione HLA non si fa poiché, rispetto ai benefici del test, prevalgono
lare può causare infarto o atrofia corticale renale. La lesioni altre considerazioni, come la compatibilità anatomica, la gravità della
vasali di tipo proliferativo somigliano a quelle di natura ar- malattia di base e la necessità di minimizzare i tempi di conserva-
teriosclerotica e si ritiene che siano dovute alle citochine che zione dell’organo.
sono mitogene per le cellule muscolari lisce vasali. Nei tra- Tranne il caso dei gemelli identici, che ovviamente esprimono gli
pianti eterologhi, i depositi di C4d, un prodotto di degrada- stessi antigeni di istocompatibilità, la terapia immunosoppressiva è
zione del complemento, sono indicativi di rigetto umorale, sempre necessaria.104 Il cardine della terapia immunosoppressiva è
poiché C4d è prodotto dall’attivazione del complemento per la ciclosporina, un farmaco che agisce bloccando l’attivazione del
la via classica, anticorpo-dipendente.101,102 Questa diagnosi è fattore nucleare dei linfociti T attivati (NFAT), un fattore di trascri-
importante perché indirizza verso una terapia con agenti che zione necessario per la trascrizione dei geni delle citochine e in par-
causano la deplezione dei linfociti B. ticolare dell’IL-2. Altri farmaci antirigetto sono l’azatioprina (che
Rigetto cronico Negli ultimi anni, il rigetto acuto è ben con- blocca la maturazione leucocitaria a partire dai precursori midollari),
trollato grazie alla terapia immunosoppressiva e quindi il gli steroidi (che bloccano l’infiammazione), la rapamicina e il mofetil
fallimento dei trapianti è dovuto principalmente al rigetto micofenolato (entrambi inibitori della proliferazione linfocitaria) e
cronico.103 Nei pazienti con rigetto cronico il quadro clinico è gli anticorpi monoclonali anti-linfociti T (ad es. anti-CD3 e anticorpi
caratterizzato da insufficienza renale progressiva, con iper- contro la catena a del recettore dell’IL-2, che opsonizzano ed elimi-
creatininemia che si instaura nell’arco di 4-6 mesi. Il rigetto nano i linfociti T e possono anche bloccarne l’attivazione). Un’altra
cronico è dominato dalle alterazioni vasali, dalla fibrosi in- recente strategia antirigetto consiste nell’impedire che i linfociti T
terstiziale e dall’atrofia tubulare con perdita di parenchima dell’ospite ricevano segnali costimolatori dalle cellule dendritiche
(Fig. 6.41). Le lesioni vascolari consistono in una densa fibrosi all’inizio della sensibilizzazione. Questo si ottiene ­bloccando l’inte-
intimale obliterante, soprattutto a carico delle arterie corticali. razione tra le molecole B7 delle cellule dendritiche del donatore e i
Le lesioni dei vasi causano ischemia renale, con perdita di recettori CD28 dei linfociti T dell’ospite, ad esempio attraverso la
glomeruli, fibrosi interstiziale e atrofia tubulare e contrazione somministrazione di proteine che legano le molecole B7.
del parenchima renale. I glomeruli possono mostrare segni La terapia immunosoppressiva prolunga la sopravvivenza del
di cicatrizzazione con duplicazione della membrana basale; trapianto, ma presenta rischi. Non è trascurabile l’aumento della
un quadro detto glomerulonefrite cronica da trapianto. I reni suscettibilità alle infezioni opportunistiche. Questi pazienti sono
con rigetto cronico di solito presentano infiltrati interstiziali anche a rischio di linfomi indotti dall’EBV, di carcinomi squamosi
mononucleati, ricchi di plasmacellule e di eosinofili. indotti dal papillomavirus umano e di sarcoma di Kaposi (Cap. 11),
tutti verosimilmente dovuti alla riattivazione di infezioni virali la-
tenti in seguito all’indebolimento delle difese dell’ospite. Per ovviare
agli effetti indesiderati delle terapie immunosoppressive, sono allo
Metodi utilizzati per aumentare la sopravvivenza
studio varie strategie per aumentare la tollerogenicità dei soggetti
nei trapianti
trapiantati agli antigeni del donatore.105 Ad esempio, la sommini-
Il valore dei test di compatibilità HLA tra donatore e ricevente varia strazione al ricevente di cellule del donatore può prevenire il rigetto,
nei diversi tipi di trapianto di organi solidi. Nei trapianti di rene vi forse perché l’inoculo del donatore contiene anche cellule, come le
è un notevole vantaggio se tutti gli alleli HLA polimorfici sono cellule dendritiche immature, che sono tolleranti verso gli antigeni
compatibili (entrambi gli alleli HLA-A, -B e DR di origine materna eterologhi del donatore. Questo approccio può causare a lungo
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 225

Figura 6.41 Rigetto cronico di trapianto di rene allogenico. A. Alterazioni renali del rigetto cronico. B. Arteriosclerosi del trapianto. Il lume vascolare è
obliterato da una massa di cellule muscolari lisce e connettivo intimale. (Per gentile concessione del Dr. Helmut Rennke, Department of Pathology, Brigham
and Women’s Hospital e Harvard Medical School, Boston, MA)

termine un chimerismo misto per cui il ricevente convive con le non irradiato. Quando il ricevente immunodepresso riceve le cellule
cellule del donatore che sono state iniettate. Altre strategie allo studio midollari di un donatore allogenico, i linfociti T immunocompetenti
sono l’inoculo di linfociti T regolatori contestualmente al trapianto del donatore riconoscono gli antigeni HLA del ricevente come estra-
e l’induzione dell’apoptosi dei linfociti T alloreattivi del ricevente. nei e li attaccano. Per minimizzare la malattia GVH, i trapianti di
midollo si fanno tra donatore e ricevente istocompatibili e la compa-
tibilità HLA viene saggiata con tecniche sensibili di sequenziamento
Trapianto di altri organi solidi
del DNA per la tipizzazione molecolare degli alleli HLA.
Oltre al rene, possono essere trapiantati molti altri organi, come La GVH acuta si manifesta dopo pochi giorni o settimane dal
fegato (Cap. 18), cuore (Cap. 12), polmoni e pancreas. Il rigetto dei trapianto di midollo allogenico. Qualsiasi organo può essere colpito,
trapianti di fegato non è così violento come ci si potrebbe aspettare ma le manifestazioni cliniche più gravi riguardano il sistema immu-
dato il grado di incompatibilità HLA. Le basi molecolari di questa nitario, gli epiteli della cute, del fegato e dell’intestino. Le lesioni cu-
situazione privilegiata non sono chiare. tanee della GVH sono rappresentate da un eritema generalizzato
che, nei casi gravi, porta a desquamazione. La distruzione dei
­canalicoli biliari causa l’ittero mentre le ulcere della mucosa intesti-
Trapianto di cellule emopoietiche
nale provocano diarrea emorragica. Le lesioni tissutali possono
Il trapianto di cellule emopoietiche è sempre più utilizzato nel essere gravi, ma generalmente non sono caratterizzate da un consi-
trattamento dei tumori del sangue, di certe neoplasie dei tessuti stente infiltrato linfocitario. Si ritiene che gran parte del danno sia
solidi, delle aplasie midollari, della talassemia e di alcune immuno- causato dalle citochine rilasciate dai linfociti T sensibilizzati del
deficienze. Il trapianto di cellule staminali emopoietiche genetica- donatore, oltre che dalla citotossicità diretta dei CTL CD8+.
mente modificate sembra utile nella terapia genica delle cellule La GVH cronica può seguire la sindrome acuta o avere un esordio
­somatiche, ed è in corso di valutazione per alcune immunodeficien- insidioso. Questi pazienti hanno estese lesioni cutanee, con distru-
ze. Le cellule staminali emopoietiche si ottengono generalmente dal zione degli annessi cutanei e fibrosi del derma. Le lesioni possono
midollo osseo ma possono anche essere recuperate dal sangue pe- somigliare a quelle della sclerodermia (già descritta). È frequente
riferico dopo essere state mobilizzate dal midollo osseo attraverso anche un’epatopatia cronica con ittero colestatico. Le lesioni gastro-
la somministrazione di fattori di crescita emopoietici. Nella maggior enteriche possono causare stenosi esofagea. Il sistema immunitario
parte dei casi in cui è indicato il trapianto di midollo, il ricevente è compromesso, con involuzione del timo e deplezione linfocitaria
viene irradiato per distruggere il sistema immunitario (e talora anche dei linfonodi. Non a caso, i pazienti sono soggetti a infezioni ricor-
le cellule neoplastiche) e per creare un letto per il trapianto. Il tra- renti potenzialmente letali. Alcuni pazienti sviluppano reazioni
pianto di midollo differisce da quello degli organi solidi per molti autoimmuni, verosimilmente dovute ai linfociti T helper CD4+
aspetti. Due problemi specifici del trapianto di midollo sono l’im- trapiantati che reagiscono con i linfociti B dell’ospite, stimolandoli
munodeficienza (acquisita) e la malattia causata dalla reazione del in alcuni casi a produrre autoanticorpi.
trapianto verso l’ospite (GVH). Poiché la GVH è dovuta alla reazione dei linfociti T del donatore,
La GVH si verifica in tutti i casi in cui i linfociti T immunocompe- la deplezione di questi prima della trasfusione midollare dovrebbe
tenti o i loro precursori vengono trapiantati in riceventi immunodepressi eliminare la malattia. Questo protocollo, tuttavia, ha dato risultati
e le cellule trapiantate riconoscono gli alloantigeni dell’ospite.106 Questa contrastanti: la GVH si è ridotta, ma è aumentato il numero di in-
malattia si osserva nella maggior parte dei trapianti di midollo, ma successi dei trapianti, l’incidenza di linfomi di tipo B da EBV e di
in rari casi può verificarsi anche dopo il trapianto di organi solidi recidive nei pazienti leucemici. Sembra che, tra le tante funzioni, i
ricchi di cellule linfoidi (ad es. fegato) o dopo trasfusioni di sangue linfociti T non siano solo i mediatori della GVH, ma siano anche
226 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

necessari per l’attecchimento delle cellule staminali dei trapianti di e dunque i deficit isolati dei linfociti T sono spesso clinicamente indi-
midollo, per la soppressione dei cloni di linfociti B infettati da EBV stinguibili dai deficit combinati dei linfociti B e T. Un tempo queste
e per il controllo delle cellule leucemiche. Quest’ultimo effetto, detto malattie erano considerate rare, ma in realtà molte persone presentano
effetto del trapianto contro la leucemia, può essere determinante, al forme lievi di immunodeficienza congenita.107 La maggior parte delle
punto che la sua induzione contro la leucemia, mediante l’infusione immunodeficienze primarie si manifesta nell’infanzia, tra i 6 mesi e 2
di linfociti T allogenici, viene usata nel trattamento della leucemia anni di vita, ed è diagnosticata per l’insorgenza, a questa età, di infe-
mieloide cronica in caso di recidiva dopo trapianto di midollo. zioni ricorrenti. La natura delle infezioni sviluppate dipende in parte
L’immunodeficienza (acquisita) è una complicanza frequente del dal tipo di difetto immunologico, come elencato nella Tabella 6.11. I
trapianto di midollo. L’immunodeficienza può essere dovuta alla difetti dei fagociti sono stati trattati nel Capitolo 2. Qui presenteremo
tera­pia, al trattamento mieloablativo di preparazione al trapianto, al esempi di altre immunodeficienze. Inizieremo con i deficit specifici
ritardo nel ripopolamento del sistema immunitario del paziente e dei linfociti B, per poi passare alle immunodeficienze combinate e ai
all’aggressione del sistema immunitario dell’ospite da parte dei linfo- deficit del complemento. Tratteremo infine la sindrome di Wiskott-
citi trapiantati. I pazienti sono profondamente immunodepressi e Aldrich, una malattia complessa dei linfociti e delle piastrine. Grazie
facile preda di varie infezioni. La più comune è l’infezione da citome- ai progressi nei test genetici, le mutazioni responsabili di molte immu-
galovirus, generalmente dovuta alla riattivazione di una pregressa nodeficienze primarie comuni sono state identificate (Fig. 6.42).108,109
infezione silente. La polmonite da citomegalovirus può essere fatale.
Agammaglobulinemia legata alla X
(agammaglobulinemia di Bruton)
Sindromi da immunodeficienza
L’agammaglobulinemia legata alla X è una delle forme più comuni
Le sindromi da immunodeficienza sono classificate in primarie, quasi di immunodeficienza primaria.110 È caratterizzata da un arresto
sempre congenite, e secondarie, una complicanza di tumori, infezioni maturativo dei precursori dei linfociti B (cellule pro-B e linfociti pre-B)
e malnutrizione o come effetti collaterali di terapie immunosoppres- che non si differenziano in linfociti B maturi. Durante il normale
sive, della radio- e chemioterapia antineoplastica e delle malattie processo di maturazione midollare dei linfociti B, inizialmente, nei
autoimmuni. Le sindromi da immunodeficienza primaria sono er- linfociti pre-B, si riarrangiano i geni delle catene pesanti delle Ig che
rori della natura che forniscono utili indizi sulle funzioni di alcune vengono espresse in membrana associate a una catena leggera sur-
molecole del sistema immunitario umano. Tratteremo sommaria- rogata, quindi trasmettono segnali che inducono il riarrangiamento
mente alcune delle principali immunodeficienze primitive per poi dei geni della catena leggera delle Ig promuovendo l’ulteriore matu-
concentrarci sulla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), razione. La necessità di segnali mediati dalle Ig è un meccanismo di
il più devastante esempio di immunodeficienza secondaria. controllo di qualità che garantisce che la maturazione proceda solo
se le immunoglobuline espresse sono funzionali. L’agammaglobuli-
nemia legata alla X è causata da mutazioni di una tirosin-chinasi
Sindromi Da Immunodeficienza Primaria
citoplasmatica, la tirosin-chinasi di Bruton (Btk); codificata da un gene
La maggior parte delle sindromi da immunodeficienza primaria è localizzato sul braccio lungo del cromosoma X (Xq21.22).95 La Btk è
geneticamente determinata e colpisce il braccio umorale o quello una tirosin-chinasi associata al complesso recettoriale immunoglo-
cellulo-mediato dell’immunità acquisita (mediati dai linfociti B e T, bulinico dei linfociti pre-B e B maturi ed è necessaria per la trasdu-
rispettivamente) o le difese dell’immunità naturale (cellule NK, fagociti, zione dei segnali recettoriali. La mutazione impedisce al recettore dei
o complemento). I deficit dell’immunità acquisita sono spesso classi- linfociti pre-B di trasdurre i segnali arrestando la maturazione a
ficati in sottogruppi in base alla componente deficitaria (i linfociti B o questo stadio. Poiché non vengono prodotte le catene leggere, il re-
T o entrambi). La distinzione, però, non è netta: un deficit dei linfociti cettore per l’antigene completo (formato da catene pesanti e leggere)
T, ad esempio, causerà quasi sempre una ridotta produzione di ­anticorpi non può essere assemblato e posizionato in membrana.

Tabella 6.11 Infezioni opportunistiche nelle sindromi da immunodeficienza


Tipo di patogeno Deficit dei linfociti T Deficit dei linfociti B Deficit dei granulociti Deficit del complemento

Batteri Sepsi batteriche Streptococchi, Stafilococchi, Infezioni da Neisseria,


stafilococchi, Pseudomonas altre infezioni da
Haemophilus batteri piogeni

Virus Citomegalovirus, virus di Encefalite da enterovirus


Epstein-Barr, varicella
grave, infezioni
croniche da virus
respiratori e intestinali

Miceti e parassiti Candida, Pneumocystis Grave giardiasi intestinale Candida, Nocardia,


jiroveci Aspergillus

Caratteristiche particolari Infezioni opportunistiche Sinusiti e polmoniti


aggressive, difficoltà ricorrenti, sepsi,
a superare le infezioni meningite cronica
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 227

Figura 6.42 Schema semplificato della maturazione dei linfociti e degli stadi di arresto maturativo associati ad alcune forme di immunodeficienza
­primaria. Per alcune patologie, i geni responsabili sono indicati tra parentesi. ADA, adenosina deaminasi; AID, deaminasi indotta dall’attivazione; CD40L,
ligando di CD40 (detto anche CD154); SCID, immunodeficienza combinata grave.

Trattandosi di una patologia legata alla X, la malattia colpisce nervoso per via ematogena. L’immunizzazione con poliovirus vivi
quasi esclusivamente i maschi, ma sono stati descritti casi sporadici comporta il rischio di poliomielite paralitica e gli echovirus possono
nel sesso femminile, probabilmente causati da mutazioni di altri geni causare encefalite fatale. Per lo stesso motivo la Giardia lamblia, un
implicati nella stessa via di trasduzione. La malattia si manifesta protozoo intestinale normalmente debellato dalle IgA secrete, pro-
generalmente dopo i 6 mesi di vita, quando le immunoglobuline ma- voca in questi pazienti infezioni persistenti. La maggior parte delle
terne sono deplete. Nella maggior parte dei casi sono le infezioni infezioni intracellulari virali, fungine e da protozoi è in genere ben
batteriche delle vie respiratorie ricorrenti (faringiti acute e croniche, controllata dall’immunità cellulo-mediata, che è intatta.
sinusite, otite media, bronchite e polmonite) a richiamare l’attenzio­ La malattia classica ha le seguenti caratteristiche:
ne sul deficit immunitario di base. Quasi sempre gli agenti respon-
sabili sono l’Haemophilus influenzae, lo Streptococcus pneumoniae Assenza o marcata deplezione dei linfociti B circolanti; riduzione
o lo Staphylococcus aureus, batteri normalmente eliminati per op- dei livelli sierici di tutte le classi di immunoglobuline. Normali
sonizzazione anticorpale e fagocitosi. Gli anticorpi sono importanti concentrazioni midollari di linfociti pre-B, che esprimono il
per neutralizzare i virus presenti in circolo, nelle secrezioni mucose marcatore dei linfociti B, CD19, ma non le Ig di membrana.
o trasmessi da una cellula all’altra e quindi questi pazienti sono I centri germinativi dei linfonodi, le placche di Peyer, l’appendice
suscettibili anche ad alcune infezioni virali, specie da enterovirus e le tonsille sono ipoplasici o rudimentali.
come echovirus, poliovirus e coxsackie virus. Questi virus infettano Assenza di plasmacellule in tutto l’organismo.
l’apparato gastroenterico e da qui possono diffondere al sistema Le reazioni cellulo-mediate sono normali.
228 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

In questi pazienti con immunodeficienza aumenta paradossalmen- hanno livelli estremamente bassi di IgA secretorie e sieriche. La ma-
te la frequenza di malattie autoimmuni come l’artrite e la dermato- lattia può essere congenita o acquisita, in seguito a toxoplasmosi,
miosite, che colpiscono fino al 35% dei pazienti. È probabile che queste morbillo e altre infezioni virali. L’associazione con l’immunodefi-
malattie autoimmuni siano causate dalla perdita di tolleranza agli cienza comune variabile è stata già citata. La maggior parte dei pa-
antigeni self e dalla conseguente autoimmunità, ma anche le infezioni zienti è asintomatica. Le IgA sono le principali immunoglobuline
croniche associate all’immunodeficienza possono contribuire a sca- secretorie, e quindi questi pazienti hanno difese delle mucose più
tenare reazioni infiammatorie. L’agammaglobulinemia legata alla X è deboli e sono soggetti a infezioni respiratorie, gastroenteriche, uri-
trattata con la terapia sostitutiva con immunoglobuline. In passato, la narie e genitali. I pazienti sintomatici presentano in genere infezioni
maggior parte dei pazienti moriva nell’infanzia o prima giovinezza a respiratorie ricorrenti e diarrea. Alcuni pazienti con deficit di IgA
causa di infezioni intercorrenti. Grazie alla profilassi endovenosa con hanno un deficit combinato di IgG2 e IgG4 e sono particolarmente
immunoglobuline, la maggior parte dei casi raggiunge l’età adulta. suscettibili alle infezioni. I pazienti con deficit di IgA, inoltre, pre-
sentano un’elevata incidenza di allergie respiratorie e di patologie
autoimmuni, soprattutto LES e artrite reumatoide. La causa dell’as-
Immunodeficienza comune variabile
sociazione con le malattie autoimmuni e allergiche non è nota. La
È un gruppo eterogeneo e mal definito di malattie relativamente trasfusione di sangue contenente livelli normali di IgA può causare
comuni.111,112 La caratteristica comune è l’ipogammaglobulinemia, reazioni anafilattiche gravi, anche fatali, perché le IgA fungono da
che generalmente riguarda tutte le classi anticorpali, ma a volte solo antigene estraneo (i pazienti non le producono e quindi non hanno
le IgG. La diagnosi è una diagnosi per esclusione di altre cause note sviluppato la tolleranza nei confronti di queste proteine).
di ridotta produzione di anticorpi. All’origine del deficit specifico di IgA c’è un difetto maturativo dei
Data l’eterogeneità della malattia, sono descritte forme congenite linfociti B vergini che producono IgA. Le basi molecolari di questo
e sporadiche. Le forme congenite sono caratterizzate da diversi tipi difetto sono sconosciute nella maggior parte dei casi. In alcuni pa-
di ereditarietà. Tra i familiari di questi pazienti è frequente il deficit zienti sono stati identificati deficit del recettore della citochina BAFF,
selettivo di IgA (si veda oltre), a indicare che, almeno in alcuni casi, che attiva i linfociti B.
il deficit selettivo di IgA e l’immunodeficienza comune variabile
possono rappresentare differenti espressioni di un comune difetto Sindrome da iper-IgM
congenito della sintesi anticorpale. Contrariamente all’immunode-
ficienza legata alla X, nella maggior parte dei casi le concentrazioni I pazienti con sindrome da iper-IgM (SIGM) producono IgM ma
di linfociti B circolanti e periferici sono normali o quasi, questi hanno una ridotta capacità di produrre IgG, IgA e IgE. La malattia è
linfociti B però non si differenziano in plasmacellule. causata da un difetto dei linfociti T helper che non attivano effica-
Il deficit anticorpale può essere causato sia da deficit intrinseci cemente i linfociti B e i macrofagi. Come già detto, molte funzioni
dei linfociti B sia da deficit di attivazione dei linfociti B a opera dei dei linfociti T helper CD4+ richiedono l’interazione tra il CD40L
linfociti T helper. In alcune famiglie è stato individuato un difetto (CD154) dei linfociti T attivati e il CD40 di linfociti B, macrofagi e
congenito del recettore della citochina BAFF, che promuove la so- cellule dendritiche. Questa interazione induce il cambiamento di
pravvivenza e la maturazione dei linfociti B, o del costimolatore classe delle immunoglobuline e la maturazione dell’affinità nei lin-
inducibile ICOS, un omologo di CD28 implicato nell’attivazione dei fociti B e inoltre stimola l’attività microbicida dei macrofagi. Nel 70%
linfociti T e nelle interazioni tra i linfociti T e B.111 Le mutazioni circa dei pazienti con SIGM, la malattia è ereditaria, legata alla X,
identificate interessano comunque una minoranza di casi. ed è causata da mutazioni del gene del CD40L localizzato sul braccio
Il quadro clinico dell’immunodeficienza comune variabile è do- lungo del cromosoma X (Xq26).114 Nel resto dei pazienti la malattia
vuto alla carenza di anticorpi e quindi è simile a quello dell’agam- si trasmette come carattere autosomico recessivo. La maggior parte
maglobulinemia legata alla X. I pazienti sono soggetti a infezioni di questi pazienti ha mutazioni nel gene del CD40 o dell’enzima detto
polmonari ricorrenti causate da piogeni. In circa il 20% dei casi vi deaminasi indotta dall’attivazione, una citosina-deaminasi che agisce
sono anche infezioni erpetiche ricorrenti. Possono comparire anche sul DNA ed è necessaria per lo scambio isotipico delle immunoglo-
gravi meningoencefaliti da enterovirus. I pazienti sono predisposti buline e per la maturazione dell’affinità linfocitaria.
alla diarrea persistente da G. lamblia. Contrariamente all’agamma- Nella SIGM i livelli sierici di IgM sono normali o aumentati men-
globulinemia legata alla X, l’immunodeficienza comune variabile tre i livelli di IgG sono estremamente bassi mentre le IgA e le IgE
colpisce entrambi i sessi e ha un esordio più tardivo, nell’infanzia o sono assenti. Anche il numero di linfociti B e T è normale. Molte
nell’adolescenza. L’esame istologico mostra iperplasia delle zone B IgM reagiscono con gli elementi corpuscolati del sangue, causando
cellulari dei tessuti linfatici (follicoli linfatici dei linfonodi, splenici anemia emolitica autoimmune, trombocitopenia e neutropenia. Nei
e intestinali). L’iperplasia è verosimilmente dovuta a un deficit di pazienti anziani, può avvenire la proliferazione incontrollata delle
immunoregolazione; i linfociti B, cioè, proliferano in risposta alla plasmacellule producenti IgM con infiltrazione del tratto gastroen-
stimolazione antigenica, ma non producono anticorpi e quindi viene terico. Anche se la proliferazione linfocitaria è policlonale, l’estesa
a mancare il normale feedback inibitorio delle IgG. infiltrazione può causare lesioni fatali.
Come nell’agammaglobulinemia legata alla X, in questi pazienti Il quadro clinico della SIGM è caratterizzato da infezioni pioge-
sono molto frequenti le malattie autoimmuni (compresa l’artrite niche ricorrenti a causa dei ridotti livelli di IgG opsonizzanti. Questi
reumatoide) (circa 20%). Anche il rischio di linfomi è più elevato pazienti sono anche soggetti a polmoniti da Pneumocystis jiroveci,
ed è stato riportato un aumento del rischio di cancro gastrico. a causa dei deficit dell’immunità cellulare.

Deficit specifico di IgA Sindrome di DiGeorge (ipoplasia timica)


Il deficit specifico di IgA è una forma frequente di immunodeficien- La sindrome di DiGeorge è un deficit delle cellule T, causato dal man-
za, che negli USA colpisce 1 ogni 600 individui di origine europea.113 cato sviluppo della terza e quarta tasca faringea. La quarta tasca dà
È molto più raro nei soggetti di razza nera e asiatica. Questi pazienti origine al timo, alle paratiroidi, ad alcune cellule chiare della tiroide
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 229

e al corpo ultimo branchiale. Il quadro clinico, quindi, è caratteriz- immaturi, specialmente per i linfociti T.118 Quindi la deplezione dei
zato da un deficit variabile dell’immunità cellulo-mediata (a causa linfociti T può essere più grave rispetto a quella dei linfociti B.
dell’ipoplasia o dell’assenza del timo), tetania (per l’assenza delle Sono stati identificati molti altri difetti genetici meno comuni
paratiroidi) e malformazioni congenite del cuore e dei grandi vasi. responsabili di SCID:
In alcuni casi, inoltre, sono presenti malformazioni del cavo orale,
dell’orecchio e del volto. L’assenza di risposte immunitarie cellulo- Le mutazioni dei geni che attivano la ricombinasi impediscono
mediate è dovuta al basso numero di linfociti T sia circolanti sia il riarrangiamento dei geni somatici, essenziale per l’assemblaggio
negli organi linfoidi e compromette le difese antivirali e antifungine. del TCR e dei geni delle Ig,119 bloccando la maturazione dei lin-
Le zone T cellulari degli organi linfatici – zone paracorticali dei fociti T e B.
linfonodi e guaine periarteriolari spleniche – sono deplete. I livelli La chinasi intracellulare Jak3 è essenziale per la trasduzione dei
sierici di immunoglobuline possono essere normali o ridotti, in base segnali attraverso la catena comune g dei recettori delle citochine
alla gravità del deficit linfocitario. (che è mutata nella SCID legata alla X). Le mutazioni del gene Jak3
La sindrome di DiGeorge non è ereditaria, ma deriva dalla dele- hanno quindi gli stessi effetti delle mutazioni della catena g. 120
zione di un gene che mappa sul braccio lungo del cromosoma 22 Sono state descritte varie mutazioni di molecole implicate nella
(22q11).115 La delezione è presente nel 90% dei pazienti e la sindrome trasduzione del segnale, comprese le chinasi associate al TCR e i
di DiGeorge è ora considerata parte della sindrome da delezione del canali del calcio che controllano l’ingresso del calcio e l’attivazione
22q11, descritta nel Capitolo 5. Una mutazione associata alla sin- di molte vie di trasduzione.
drome di DiGeorge riguarda un fattore di trascrizione della famiglia Le mutazioni che riducono l’espressione delle molecole MHC-II
T-box, verosimilmente implicato nello sviluppo degli archi bran- bloccano la maturazione dei linfociti T CD4+.121 I linfociti T
chiali e dei grandi vasi. CD4+ sono implicati nell’immunità cellulare e stimolano la ma-
turazione dei linfociti B, quindi la ridotta espressione di molecole
MHC-II causa un’immunodeficienza combinata. Questa malattia,
Immunodeficienza combinata grave
detta sindrome del linfocita nudo, è generalmente causata da
L’immunodeficienza combinata grave (SCID) è una costellazione di mutazioni dei fattori di trascrizione necessari per l’espressione
sindromi dovute a difetti genetici distinti, ma che hanno in comune dei geni MHC-II.
un deficit delle risposte immunitarie umorali e cellulo-mediate.116 I
bambini colpiti presentano infezioni orali gravi da Candida, estesa Il quadro istologico nella SCID dipende dalla causa. Nelle due
dermatite da pannolino e ritardo nella crescita. In alcuni casi subito forme più comuni (deficit di ADA e mutazione della catena g), il
dopo la nascita si sviluppa un esantema morbilliforme causato dai timo è piccolo e privo di cellule linfoidi. Nella SCID ADA-negativa,
linfociti T materni che attraversano la placenta e attaccano il feto, si possono riscontrare residui dei corpuscoli di Hassal, mentre nella
scatenando la GVH. I pazienti con SCID sono estremamente suscet- forma legata alla X, il timo è formato da lobuli di cellule epiteliali
tibili a infezioni gravi e ricorrenti causate da un’ampia gamma di indifferenziate, come il timo fetale. In entrambi i casi, anche gli altri
agenti infettivi (Candida albicans, P. jiroveci, Pseudomonas, citome- tessuti linfatici sono ipoplasici, con marcata deplezione delle aree T
galovirus, virus della varicella e un gran numero di batteri). In as- cellulari e in certi casi di entrambe le aree T e B cellulari.
senza di trapianto di midollo osseo, la morte sopraggiunge nel primo Attualmente il cardine del trattamento è il trapianto di midollo,
anno di vita. Nonostante il quadro clinico comune, i deficit respon- ma la SCID legata alla X è stata la prima patologia umana trattata
sabili delle varie forme di SCID sono molto diversi e nella maggior efficacemente con la terapia genica.122 Con la terapia genica, attra-
parte dei casi il difetto genetico è ignoto. I deficit immunologici della verso un vettore retrovirale, si induce l’espressione di una catena g
SCID riguardano spesso i linfociti T, con compromissione seconda- normale nelle staminali midollari dei pazienti, che vengono poi
ria dell’immunità umorale. reintrodotte nei pazienti stessi. L’esperienza clinica è scarsa, ma in
La forma più comune di SCID (50-60% dei casi) è legata alla X e alcuni casi il sistema immunitario ricostruito è rimasto funzionante
quindi è più frequente nei maschi che nelle femmine. Il difetto ge- per oltre un anno dopo la terapia. Purtroppo, nel 20% dei casi si è
netico nella forma legata alla X è una mutazione della catena g (gc), sviluppata una leucemia acuta T cellulare, verosimilmente scatenata
la subunità comune dei recettori delle citochine. Questa proteina dall’attivazione di oncogeni da parte dei retrovirus integratisi nel
transmembrana trasduce il segnale recettoriale di varie citochine: genoma,123 a sottolineare i rischi insiti in questo approccio di terapia
IL-2, IL-4, IL-7, IL-9, IL-11, IL-15 e IL-21. IL-7 è necessaria per la genica. Anche i pazienti con deficit di ADA sono stati sottoposti a
sopravvivenza e la proliferazione dei progenitori linfocitari, specie trapianto di midollo e recentemente a terapia genica per introdurre
per i precursori dei linfociti T. I difetti di trasduzione del segnale del il gene ADA normale nei precursori dei linfociti T.
recettore dell’IL-7 compromettono gravemente le prime fasi dello
sviluppo linfocitario, in particolar modo dei linfociti T. 117 Il numero Sindrome di Wiskott-Aldrich (immunodeficienza,
di linfociti T è fortemente ridotto e malgrado la quantità di linfociti trombocitopenia ed eczema)
B sia normale, la sintesi di anticorpi è fortemente compromessa per
la mancanza di cooperazione delle cellule T. IL-15 è importante per La sindrome di Wiskott-Aldrich è una malattia recessiva legata alla
la maturazione e la proliferazione delle cellule NK e, dato che anche X, caratterizzata da trombocitopenia, eczema e marcata suscettibilità
il recettore di IL-15 contiene la catena comune g, i pazienti con SCID a infezioni ricorrenti e si associa a mortalità precoce. 124 Il timo è
sono frequentemente privi anche di cellule NK. istologicamente normale, almeno all’inizio della malattia, ma i pa-
Nei casi restanti la SCID è a trasmissione autosomica recessiva. zienti vanno incontro a progressiva deplezione secondaria di linfociti
Il difetto genetico più frequente è una mutazione dell’enzima adeno­ T sia circolanti sia presenti nelle zone T cellulari dei linfonodi (zone
sina deaminasi (ADA). Il meccanismo con cui il deficit di ADA paracorticali), con conseguente deficit variabili dell’immunità cel-
determina la SCID non è chiaro, ma è stato ipotizzato che il deficit lulare. I pazienti non producono anticorpi contro antigeni polisac-
di ADA porti all’accumulo di deossiadenosina e dei suoi derivati (ad caridici e la risposta agli antigeni proteici è scarsa. I livelli sierici di
es. desossi-ATP), che sono particolarmente tossici per i linfociti IgM sono bassi, mentre quelli di IgG sono di solito normali.
230 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

­ aradossalmente i livelli di IgA e IgE sono spesso elevati. I pazienti


P verosimilmente all’origine dell’emolisi (Cap. 14). Le mutazioni del
hanno anche un rischio maggiore di sviluppare linfomi non Hodgkin fattore H, una proteina regolatrice del complemento, sono respon-
a cellule B. La sindrome di Wiskott-Aldrich è causata da mutazioni sabili di circa il 10% dei casi di sindrome emolitico-uremica, una
del gene della proteina della sindrome di Wiskott-Aldrich (WASP), patologia renale caratterizzata da trombosi del microcircolo renale
mappato sul cromosoma Xp11.23. Questa proteina fa parte di una (Cap. 20).
famiglia di proteine ritenute di collegamento tra i recettori di mem-
brana (ad es. recettori per l’antigene) e il citoscheletro. La proteina Immunodeficienze Acquisite
WASP è probabilmente implicata nelle risposte citoscheletro-
­dipendenti, tra le quali la migrazione cellulare e la trasduzione del Le sindromi da immunodeficienza acquisita si osservano nei pazienti
segnale, ma non è chiaro il ruolo di questa proteina nei linfociti e con neoplasie, diabete e altre malattie metaboliche, malnutrizione,
nelle piastrine. L’unica terapia è il trapianto di midollo osseo. infezioni croniche e malattie renali. Si verificano anche nei pazienti
sottoposti a chemioterapia o radioterapia antineoplastica, o che
assumono farmaci immunosoppressivi antirigetto o per il tratta-
Deficit congeniti del complemento
mento di malattie autoimmuni. Alcune di queste immunodeficienze
Il complemento ha un ruolo chiave nelle reazioni di difesa dell’ospite acquisite sono causate da deficit maturativi dei linfociti (quando il
e nella flogosi. I difetti congeniti identificati possono interessare midollo osseo è danneggiato da radiazioni o dalla chemioterapia o
virtualmente tutte le frazioni del complemento e due suoi inibitori.125 invaso da neoplasie come le leucemie e i tumori metastatici), perdita
Il deficit di C2 è il più comune. Nei deficit di C2 e delle altre com- di immunoglobuline (malattie proteinuriche renali), insufficiente
ponenti precoci della via classica (C1 [q, r, o s] o C4) la suscettibilità sintesi di Ig (malnutrizione) o deplezione linfocitaria (iatrogena o
alle infezioni non aumenta significativamente e il quadro clinico è causata da infezioni gravi). Nell’insieme, le immunodeficienze acqui-
dominato dall’aumento dell’incidenza di malattie autoimmuni simili site sono più frequenti di quelle congenite. La sindrome più comune
al LES. Probabilmente la via alternativa del complemento è suffi- da immunodeficienza acquisita è l’AIDS, trattata nel prossimo
ciente a controllare la maggior parte delle infezioni. I deficit della paragrafo.
via alternativa (properdina e fattore D) sono rari e causano infezioni
piogeniche ricorrenti. La frazione C3 è necessaria per entrambe le Sindrome Da Immunodeficienza
vie, classica e alternativa, e i deficit di C3 provocano infezioni pio- Acquisita (Aids)
geniche gravi e ricorrenti. Nei deficit di C3 aumenta anche l’inci-
denza di glomerulonefriti da immunocomplessi che, in assenza di La sindrome da immunodeficienza acquista (AIDS) è causata dal
complemento, sono verosimilmente causate dall’attivazione leuco- retrovirus dell’immunodeficienza umana (HIV) ed è caratterizzata
citaria attraverso il recettore Fc. Le componenti terminali del com- da una profonda immunodepressione che causa infezioni opportuni-
plemento C5, 6, 7, 8 e 9 sono necessarie per l’assemblaggio, sulla stiche, neoplasie secondarie e manifestazioni neurologiche. La gravità
membrana, del complesso d’attacco che causa la lisi batterica. Nei di questa moderna pestilenza è impressionante. Nel 2006, sono stati
deficit delle componenti tardive aumenta la suscettibilità alle infe- riportati negli USA oltre 900.000 casi di AIDS che, tra 25-44 anni,
zioni ricorrenti da Neisseria (gonococciche e meningococciche); le è la seconda causa di morte negli uomini e la terza nelle donne.
Neisserie hanno una parete cellulare sottile e sono molto sensibili Identificata inizialmente negli USA, l’AIDS è un problema mondiale:
alla lisi mediata dal complemento. Alcuni pazienti presentano deficit è presente in oltre 190 Paesi nel mondo ed è molto diffusa e in au-
congeniti della lectina che lega il mannosio e che interferiscono con mento in Africa e in Asia. Nel 2006, 60 milioni di adulti e bambini
la polimerizzazione della proteina plasmatica che attiva il comple- hanno contratto l’AIDS nel mondo e quasi 20 milioni di essi sono
mento per la via mediata dalla lectina. Anche questi deficit aumen- morti. Circa 33 milioni di persone convivono con l’HIV/AIDS: il
tano la suscettibilità alle infezioni. 65% in Africa e il 20% in Asia; la prevalenza negli adulti nell’Africa
L’angioedema ereditario è causato da un deficit dell’inibitore di subsahariana è superiore all’8%. Nel 2006 il numero di nuove infe-
C1.126 Questa malattia autosomica dominante è più comune dei zioni da HIV è stato di circa 2,5 milioni, e i decessi sono stati 2,1
deficit del complemento. L’inibitore di C1 è un inibitore delle proteasi milioni. Nonostante il quadro desolante, ci sono però buone notizie.
che attivano vari enzimi: C1r e C1s della cascata del complemento, Grazie alle misure igienico-profilattiche, il tasso di infezione sembra
il fattore XII della coagulazione e il sistema della callicreina. Come diminuire e si ritiene che il picco di infezioni sia stato raggiunto
discusso nel Capitolo 2, queste vie sono strettamente correlate e la negli anni Novanta. Inoltre, grazie ai progressi della terapia antivi-
loro attivazione incontrollata genera peptidi vasoattivi, come la rale, la mortalità della malattia si è ridotta. Questo aspetto ha però
bradichinina. L’esatta natura del composto bioattivo prodotto nell’an- un risvolto tragico: con l’aumentare del numero di persone che
gioedema ereditario è incerta, ma questi pazienti vanno incontro a convivono con l’HIV, il rischio di diffusione dell’infezione aumenta
episodi ricorrenti di edema della cute e delle mucose laringea e se si riducono le misure di vigilanza.
gastroenterica. In seguito a piccoli traumi o stress emotivi l’angioe­ L’enorme carico sociosanitario dell’AIDS ha stimolato enorme-
dema può provocare nausea, vomito, diarrea o asfissia potenzial- mente la ricerca sull’HIV e sulla sua grande abilità nell’inattivare le
mente letale. Gli attacchi acuti di angioedema ereditario sono trattati difese dell’ospite. La letteratura sull’AIDS è vasta e in espansione.
con concentrati di inibitore di C1 estratti da plasma umano. Riassumeremo in questo capitolo i dati epidemiologici, patogenetici
Anche l’emoglobinuria parossistica notturna è causata da deficit e clinici disponibili sull’argomento.
di altre proteine regolatorie del complemento. La malattia è dovuta
a mutazioni degli enzimi che regolano le interazioni del glicosil- Epidemiologia
fosfatidil-inositolo, essenziali per l’assemblaggio del fattore che ac­
celera la degradazione (DAF) e di CD59, due proteine di membrana Gli studi epidemiologici hanno identificato negli USA cinque gruppi
che controllano l’attivazione del complemento.127 L’attivazione in- a rischio di AIDS nella popolazione adulta. La distribuzione dei casi
controllata del complemento legato alle membrane eritrocitarie è in questi gruppi è la seguente:
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 231

I maschi omosessuali o bisessuali sono il gruppo più numeroso: ulcera venerea ed herpes. Anche altre infezioni a trasmissione
oltre il 50% dei casi riportati, di cui circa il 5%, fa anche uso di sessuale, come la gonorrea e la clamidia, favoriscono la trasmissione
droghe iniettive. La trasmissione dell’AIDS in questa categoria è dell’HIV, forse perché la flogosi causa un aumento del numero di
in declino: nel 2005, circa il 48% di nuovi casi è stato attribuito cellule infiammatorie nel liquido seminale, favorendo la concen-
al contagio tra omosessuali di sesso maschile. trazione del virus e delle cellule infette nei fluidi genitali.
I tossicodipendenti non omosessuali che fanno uso di droghe iniet- La trasmissione parenterale dell’HIV è documentata in tre gruppi
tive sono il secondo gruppo per numerosità: circa il 20% dei di soggetti: tossicodipendenti che fanno uso di droghe iniettive,
casi. emofiliaci trattati con concentrati di fattori VIII e IX ed emotra-
Gli emofiliaci, specie se trattati con dosi massicce di concentrati sfusi occasionali. Dei tre, i tossicodipendenti sono il gruppo di
di fattore VIII o IX prima del 1985: fino allo 0,5% circa dei casi. gran lunga più numeroso e il contagio è dovuto alla condivisione
Gli emotrasfusi con sangue intero o emoderivati non emofiliaci, di aghi, siringhe e altro armamentario contaminato da sangue
trasfusi con sangue intero o emoderivati (ad es. piastrine, plasma) infetto da HIV.
infetti da HIV: circa l’1% dei pazienti. (Anche gli organi da do-   La trasmissione da emotrasfusioni o emoderivati (fattore VIII
natore infetto da HIV possono trasmettere l’AIDS). liofilizzato e concentrati di fattore IX), è stata virtualmente eli-
I contatti eterosessuali dei soggetti a rischio (soprattutto tossico- minata grazie all’uso di fattore VIII ricombinante e a tre provve-
dipendenti): circa il 10% dei casi. Nel 2005 il 30% circa dei nuovi dimenti igienico-sanitari: controllo del sangue e degli emoderivati
casi erano attribuibili a contatti eterosessuali. Questo è il gruppo per gli anticorpi anti-HIV, criteri stringenti di purezza per le
più in crescita, specie tra le donne; nell’Africa subsahariana, dove preparazioni di fattore VIII e IX e screening anamnestico dei
il tasso di infezione stimato è di circa 10.000 nuovi casi al giorno, donatori. Persiste comunque un rischio minimo di contrarre
oltre la metà dei soggetti infetti sono donne. l’AIDS da emotrasfusioni sieronegative poiché i soggetti con in­
In circa il 5% dei casi, i fattori di rischio non possono essere fezione recente possono essere sieronegativi. Tale rischio è sti-
determinati. mato attualmente intorno a 1 su oltre 2 milioni di unità di sangue
trasfuso. È ora possibile rilevare nel sangue l’antigene p24 dell’HIV
L’epidemiologia dell’AIDS è molto diversa in età pediatrica, sotto prima dello sviluppo della risposta anticorpale e quindi è proba-
i 13 anni. Quasi il 2% dei casi di AIDS rientra in questa classe di età, bile che, in futuro, anche questo minimo rischio residuo si riduca
con oltre 500.000 nuovi casi e circa 400.000 morti riportati nel mon- ulteriormente.
do nel 2006. La maggior parte dei pazienti pediatrici contrae l’infe- La trasmissione verticale madre-figlio è la causa principale di AIDS
zione per trasmissione da madre a figlio (come vedremo più pediatrico. Le madri infette trasmettono l’infezione ai figli in tre
avanti). modi: (1) in utero per diffusione transplacentare; (2) durante il
L’HIV si trasmette nelle condizioni che favoriscono lo scambio parto attraverso il canale del parto infetto; e (3) dopo la nascita
di sangue, fluidi corporei infetti o cellule infette. Quindi le tre prin- con l’allattamento al seno. La trasmissione durante il parto (in-
cipali vie di trasmissione sono la trasmissione sessuale, l’inoculo trapartum) e nel periodo immediatamente successivo (peripar-
parenterale e la trasmissione dalle madri infette ai figli neonati. tum) è la più comune negli USA. Il tasso di trasmissione riportato
varia dal 7-49% in vari Paesi del mondo. Il rischio è più elevato
La trasmissione sessuale è la modalità principale ed è responsabile se la madre ha una carica virale elevata e bassi livelli di linfociti
di oltre il 75% delle infezioni. Negli USA si verifica principalmen- T CD4+ e in caso di corioamnionite. Negli USA, grazie alla som-
te tra omosessuali di sesso maschile. Il virus, presente nel liquido ministrazione della terapia antiretrovirale in gravidanza, la tra-
seminale, penetra nell’organismo del ricevente attraverso le abra- smissione verticale madre-figlio è stata virtualmente eliminata.
sioni della mucosa rettale e orale o per contatto diretto con l’epi-
telio mucoso. Il contagio avviene in due modi: (1) per inoculo Il timore che l’infezione da HIV possa diffondersi al di fuori dei
diretto nei vasi sanguigni nei quali i microtraumi creano una gruppi a rischio è elevato, sia tra il personale sanitario che nella
breccia e (2) per infezione delle cellule dendritiche e dei linfociti popolazione generale. Ampi studi, però, indicano che l’infezione da
T CD4+ intramucosi. La trasmissione eterosessuale, inizialmente HIV non si trasmette attraverso i contatti interpersonali occasionali
meno frequente negli USA, è globalmente la forma di infezione (in casa, al lavoro o a scuola). L’infezione da punture d’insetto è
più comune. Negli ultimi anni, però, anche negli USA la trasmis- virtualmente impossibile. Il rischio di infezione per il personale sa-
sione eterosessuale è aumentata più velocemente degli altri tipi di nitario invece esiste, anche se è molto basso. La sieroconversione
contagio. Il virus si sta diffondendo rapidamente tra le donne, dopo puntura accidentale con ago infetto e a contatto della cute lesa
soprattutto quelle con partner maschi tossicodipendenti che con sangue infetto in incidenti di laboratorio è documentata. Il ri-
fanno uso di droghe iniettive e quindi il numero di donne affette schio di sieroconversione in caso di punture accidentali da ago infetto
da AIDS sta aumentando velocemente. In Asia e in Africa, con- è stato stimato intorno allo 0,3% e la somministrazione della terapia
trariamente agli USA, la trasmissione eterosessuale è sempre stata antiretrovirale nelle prime 24-48 ore riduce il rischio di infezione di
la forma principale di contagio. otto volte. Al confronto, il 30% circa dei soggetti esposti accidental-
  Oltre alla trasmissione uomo-uomo e uomo-donna, è dimostrata mente a sangue infetto da virus dell’epatite B diventa sieropositivo.
anche la trasmissione donna-uomo. L’HIV è presente nelle secre-
zioni vaginali e nell’epitelio cervicale delle donne sieropositive. Negli Eziologia: le proprietà dell’HIV
USA, la trasmissione donna-uomo è circa 20 volte più rara di quella
uomo-donna, ma in Africa e in parte dell’Asia, il rischio è molto L’AIDS è causato dall’HIV, un retrovirus umano non trasformante
più elevato, verosimilmente a causa di infezioni concomitanti a della famiglia dei lentivirus che comprende il virus dell’immunode-
trasmissione sessuale. La trasmissione sessuale dell’HIV è sempre ficienza felina, il virus dell’immunodeficienza della scimmia, il virus
favorita dalla presenza di infezioni concomitanti a trasmissione Visna delle pecore, il virus dell’immunodeficienza bovina e il virus
sessuale, soprattutto se queste causano ulcere genitali, come sifilide, dell’anemia contagiosa equina.
232 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Sono stati isolati dai pazienti con AIDS due ceppi HIV genetica-
mente diversi ma correlati: HIV-1 e HIV-2. L’HIV-1 è più comune-
mente associato all’AIDS negli USA, in Europa e nell’Africa Centrale,
mentre l’HIV-2 causa una malattia simile soprattutto in Africa oc-
cidentale e in India. Sono disponibili test specifici per l’HIV-2 e il
sangue è sottoposto a screening di routine per la sieropositività
HIV-1 e HIV-2. In questo capitolo descriveremo soprattutto l’HIV-1
e le malattie correlate, ma i dati riportati sono applicabili general-
mente anche all’HIV-2.

Struttura dell’HIV
Come la maggior parte dei retrovirus, il virione HIV-1 è sferico e
ha un nucleo centrale elettrondenso, a forma di cono, circondato da
un involucro lipidico derivato dalla membrana della cellula ospite
(Fig. 6.43). Il core virale contiene (1) la proteina capsidica principale
p24; (2) la proteina nucleocapsidica p7/p9; (3) due copie di RNA
genomico; e (4) i tre enzimi virali (proteasi, transcriptasi inversa e
integrasi). p24 è l’antigene virale di più facile identificazione ed è il
bersaglio degli anticorpi utilizzati per la diagnosi di infezione da
HIV nei test immunoenzimatici di uso comune (ELISA). Il core Figura 6.43 Struttura del virus dell’immunodeficienza umana di tipo 1
(HIV)-1. La particella virale è rivestita da un doppio strato lipidico derivato
virale è circondato dalla proteina p17, una proteina della matrice dalla cellula ospite, dal quale sporgono le glicoproteine virali gp41 e
localizzata sotto l’involucro virale. Alla superficie dell’involucro gp120.
virale sporgono due glicoproteine virali, gp120 e gp41, che hanno
un ruolo chiave nell’infezione delle cellule.
Il genoma a RNA dell’HIV-1 contiene i geni gag, pol ed env, tipici incontro a grave deplezione e all’inibizione funzionale dei linfociti
dei retrovirus (Fig. 6.44). I prodotti dei geni gag e pol sono inizial- T helper residui.131,132 Anche i macrofagi e le cellule dendritiche sono
mente tradotti in grossi precursori che vengono scissi dalle proteasi infettati dall’HIV. L’HIV penetra nell’organismo attraverso le
virali per generare le proteine mature. Gli inibitori della proteasi mucose e il sangue e inizialmente infetta i linfociti T, le cellule den-
sono farmaci anti-HIV-1 altamente efficaci che impediscono l’as- dritiche e i macrofagi. Il virus colonizza i tessuti linfoidi, dove può
semblaggio virale inibendo la formazione di proteine virali mature. rimanere latente per lunghi periodi. La replicazione virale attiva
Oltre a questi tre geni retrovirali standard, l’HIV contiene vari geni causa l’infezione di nuove cellule e la progressione verso l’AIDS.
accessori: tat, rev, vif, nef, vpr e vpu, che regolano la sintesi e l’assem­ Descriveremo prima la penetrazione del virus nei linfociti T e nei
blaggio delle particelle virali infettive e la patogenicità del virus.128-130 macrofagi e il ciclo replicativo del virus all’interno delle cellule.
Ad esempio, il prodotto del gene tat (transattivatore) ha un ruolo Seguirà poi una descrizione dettagliata delle interazioni tra l’HIV e
chiave nella replicazione virale e aumenta di 1.000 volte la trascri- le cellule bersaglio.
zione dei geni virali. Le funzioni delle altre proteine accessorie sono
indicate nella Figura 6.44. Ciclo vitale dell’HIV
L’analisi molecolare dei vari ceppi di HIV-1 isolati ha rivelato una
variabilità considerevole di alcune parti del genoma virale. La mag- Il ciclo vitale dell’HIV comprende varie fasi: infezione delle cellule,
gior parte delle varianti si concentra in determinate regioni delle integrazione del provirus nel genoma della cellula ospite, attivazione
glicoproteine dell’involucro. Dato che la risposta immunitaria umo- della replicazione virale e produzione e rilascio di virioni infettivi
rale contro l’HIV-1 è diretta contro l’involucro, la variabilità dell’in- (Fig. 6.45).133 Le molecole e i meccanismi propri delle varie fasi sono
volucro è un grosso problema per lo sviluppo dei vaccini basati su in gran parte noti nei dettagli.
un unico antigene. L’analisi genetica ha consentito di classificare Infezione delle cellule. L’HIV infetta le cellule usando la molecola
l’HIV-1 in tre sottogruppi: M (maggiore), O (esterno) e N (né M né CD4 come recettore e vari recettori delle chemochine come corecettori
O). I ceppi M sono i più diffusi nel mondo, e sono ulteriormente (Fig. 6.45). Questo spiega il tropismo selettivo del virus per i linfociti
distinti in sottotipi da A a K. I vari sottotipi (o cladi) hanno una T CD4+ e le altre cellule CD4+, in particolare monociti/macrofagi
diversa distribuzione geografica: ad esempio, il clade B è più comune e cellule dendritiche. Il legame al CD4, però, non è sufficiente per
in Europa occidentale e negli USA mentre il clade E è più comune l’infezione; il gp120 dell’HIV deve interagire anche con altri recettori
in Thailandia. Il clade C è quello a diffusione più rapida a livello di membrana (corecettori) per penetrare nella cellula. I recettori delle
mondiale ed è presente in India, Etiopia e Africa meridionale. chemochine CCR5 e CXCR4 hanno questa funzione.134 I ceppi di
HIV isolati si possono distinguere in base al tropismo per corecettori
diversi: i ceppi R5 utilizzano CCR5, i ceppi X4 utilizzano CXCR4 e
Patogenesi dell’infezione da HIV e dell’AIDS
alcuni ceppi (R5X4) hanno il doppio tropismo (CCR5/CXCR4). Nel
L’HIV infetta molti tessuti, ma i bersagli principali sono il sistema 90% circa dei casi di infezione acuta e nelle fasi precoci dell’infezione,
immunitario e il sistema nervoso centrale. Gli effetti immunologici e il ceppo HIV-R5 (M-tropico) è il virus dominante nel sangue. Con
neurologici dell’infezione da HIV sono esaminati separatamente. il progredire dell’infezione, però, si accumula progressivamente il
La grave immunodepressione, che colpisce soprattutto l’immunità virus T-tropico; un ceppo particolarmente virulento che può infettare
cellulo-mediata, è il marchio dell’AIDS. L’immunodeficienza è molti linfociti T e perfino i precursori timici, responsabile della grave
dovuta principalmente all’infezione dei linfociti T CD4+ che vanno deplezione linfocitaria e della profonda immunosoppressione.
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 233

Figura 6.44 Genoma dell’HIV. Sono illustrati vari geni virali con le relative funzioni. I geni in rosso sono specifici dell’HIV; gli altri sono comuni a tutti i
retrovirus.

I dettagli molecolari dell’interazione tra le glicoproteine dell’HIV difettosi del gene CCR5 e sono resistenti all’infezione e allo sviluppo
e i recettori cellulari sono stati identificati e sono importanti per dell’AIDS in seguito all’infezione con i ceppi HIV-R5.125 Circa il 20%
l’elaborazione di strategie terapeutiche. L’involucro dell’HIV contiene dei soggetti è costituito da eterozigoti per questo allele CCR5 protet-
due glicoproteine, la proteina superficiale gp120, unita da legami non tivo; questi soggetti non sono protetti dall’AIDS, ma se si infettano
covalenti alla proteina transmembrana gp41. Il primo passo nell’infe- l’esordio della malattia è in qualche misura ritardato. Gli omozigoti
zione è il legame della glicoproteina gp120 dell’involucro virale alle per questa mutazione sono stati identificati solo raramente nelle
molecole CD4. Questo legame induce una modificazione conforma- popolazioni africane o dell’Est asiatico.
zionale che crea su gp120 un nuovo sito di legame per i corecettori Replicazione virale. Dopo essere stato internalizzato, l’RNA
CCR5 o CXCR4. Il legame ai corecettori induce modificazioni con- genomico del virus viene retrotrascritto in DNA complementare a
formazionali in gp41 che portano all’esposizione del peptide di fusi­ doppio filamento (cDNA; DNA provirale) (si veda Fig. 6.45). Nei
one, una regione idrofobica localizzata sulla porzione apicale di gp41. linfociti T quiescenti, il cDNA dell’HIV può restare nel citoplasma
Questo peptide si inserisce nella membrana cellulare delle cellule in forma episomica lineare. Nei linfociti T proliferanti il cDNA si
bersaglio (ad es. linfociti T o macrofagi) e così il virus si fonde con la circolarizza, penetra nel nucleo e si integra nel genoma dell’ospite.
cellula ospite.135 Dopo la fusione, il core virale contenente il genoma Dopo l’integrazione, il provirus può restare silente per mesi o anni
dell’HIV penetra nel citoplasma della cellula. I requisiti per il legame sotto forma di infezione latente. Oppure, il DNA provirale può essere
dell’HIV ai corecettori potrebbero avere implicazioni importanti nella trascritto, dando origine a particelle virali complete che gemmano
patogenesi dell’AIDS. Nelle cellule in coltura, le chemochine intral- dalla membrana cellulare. L’infezione produttiva associata ad ab-
ciano stericamente la penetrazione dell’HIV occupando i rispettivi bondante gemmazione virale uccide la cellula infetta.
recettori e quindi i livelli tissutali di chemochine potrebbero influire In vivo, l’HIV infetta i linfociti T, attivati e della memoria, ma
sull’efficienza dell’infezione in vivo. Anche i polimorfismi del gene l’infezione non è produttiva nei linfociti T vergini, nei quali è pre-
di CCR5 si associano a una diversa suscettibilità all’infezione da HIV. sente in forma attiva un enzima mutageno per il genoma dell’HIV.
Circa l’1% degli americani di razza bianca è portatore di due alleli L’enzima, dal nome impegnativo APOBEC3G (citidina deaminasi
234 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Figura 6.45 Ciclo vitale dell’HIV: sono riportate le varie fasi, dalla penetrazione nella cellula ospite alla produzione di virioni infettivi. (Adattata da:
­Wain-Hobson S. HIV. One on one meets two. Nature 384:117, 1996. Copyright 1996, Macmillam Magazines Limited)

per l’editing dell’mRNA del gene APO B)136 è una citidina-deaminasi s­ timolazione antigenica e dalle citochine, attiva le chinasi citopla-
che converte in uracile le citosine del cDNA virale prodotto dalla smatiche che fosforilano IkB destinandolo alla degradazione enzi-
trascrizione inversa. Queste mutazioni bloccano la replicazione del matica, rilasciando NF-kB che può quindi traslocare nel nucleo. Nel
DNA virale, con un meccanismo non chiaro. Con l’attivazione lin- nucleo NF-kB si lega a specifiche sequenze (siti kB) del promotore
focitaria l’enzima APOBEC3G viene convertito in un complesso di vari geni, compresi quelli delle citochine, prodotte dai linfociti T
inattivo a elevato peso molecolare e questo spiega perché il virus può attivati. Anche le lunghe sequenze ripetitive terminali che fiancheg-
replicarsi solo nelle cellule della linea T e nei linfociti T attivati in giano il genoma dell’HIV contengono siti di legame per NF-kB,
precedenza (ad es. cellule della memoria). L’HIV, però, ha sviluppato attivabili quindi dallo stesso fattore di trascrizione.137 Immaginate
un meccanismo per eludere questa difesa cellulare; la proteina virale ora un linfocita T CD4+ con infezione latente che incontra un an-
Vif che lega l’enzima APOBEC3G, promuovendone la degradazione tigene ambientale. L’attivazione di NF-kB in questo linfocita (una
a opera delle proteasi cellulari. risposta fisiologica) induce la trascrizione del DNA provirale
Nelle cellule con infezione latente, il ciclo vitale si completa solo dell’HIV (un esito patologico) e porta infine alla produzione dei
dopo l’attivazione cellulare e nella maggioranza dei linfociti T CD4+ virioni e alla lisi cellulare. Anche il TNF e le citochine prodotte dai
la replicazione virale causa la lisi cellulare. L’attivazione linfocitaria, macrofagi attivati, agiscono su NF-kB e quindi inducono la sintesi
indotta dalla stimolazione antigenica e dalle citochine, attiva i fattori di RNA dell’HIV. Sembra quindi che l’HIV prosperi con l’attivazione
di trascrizione, come NF-kB, che inducono la trascrizione dei geni fisiologica dei macrofagi e dei linfociti T dell’ospite, un fenomeno
delle citochine, come IL-2 e del suo recettore. Nei linfociti T quie- paragonabile a una rivoluzione dall’interno. In vivo l’attivazione
scenti, NF-kB è sequestrato nel citoplasma, complessato dalle pro- cellulare può derivare dalla stimolazione antigenica prodotta dallo
teine IkB (inibitori di kB). L’attivazione cellulare, indotta dalla stesso HIV o da altre infezioni concomitanti. I pazienti con infezione
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 235

da HIV sono suscettibili a infezioni ricorrenti, che aumentano l’at- Oltre all’effetto citopatico diretto, altri fattori potrebbero contri-
tivazione linfocitaria e la produzione di citochine proinfiammatorie. buire alla deplezione linfocitaria (si veda Fig. 6.46):140
Questi fattori, a loro volta, promuovono la sintesi di nuove particelle
virali HIV, la deplezione di linfociti T CD4+ e la diffusione dell’in- L’HIV colonizza gli organi linfoidi (milza, linfonodi, tonsille),
fezione. È facile perciò comprendere il circolo vizioso inesorabile distruggendo progressivamente la citoarchitettura e le compo-
che si istaura nei pazienti con AIDS e che culmina alla fine nella nenti cellulari del tessuto linfoide.
distruzione del sistema immunitario. L’attivazione cronica dei linfociti T CD4+ non infetti che rispon-
dono all’HIV e alle infezioni comuni in questi pazienti, causa
l’apoptosi da attivazione di queste cellule.140, 141 Quindi il numero
Meccanismi dell’immunodeficienza delle cellule T
dei linfociti T CD4+ persi supera di gran lunga quello dei linfociti
nell’infezione da HIV
infetti. Il meccanismo molecolare di questo tipo di morte cellulare
La deplezione dei linfociti T CD4+ è dovuta principalmente all’infe- non è noto.
zione linfocitaria e all’effetto citopatico diretto della replicazione virale Anche la deplezione dei precursori immaturi dei linfociti T CD4+
(Fig. 6.46).138 In un paziente infetto ogni giorno si producono circa può contribuire alla deplezione di queste cellule, a causa dell’in-
100 miliardi di nuovi virioni e ogni giorno muoiono 1-2 miliardi di fezione diretta dei progenitori timici e delle cellule accessorie
linfociti T CD4+.139 Data la bassa frequenza in circolo di linfociti che secernono le citochine essenziali per la maturazione
infetti, si è a lungo ritenuto che l’immunodeficienza fosse spropor- linfocitaria.
zionata rispetto alla gravità dell’infezione e che quindi non potesse Le cellule infette possono fondersi con quelle non infette
essere attribuita alla morte dei linfociti infetti. In realtà, gran parte formando sincizi (cellule giganti). Nelle colture cellulari il gp120,
dei linfociti T infetti risiedono nelle mucose e nei tessuti linfoidi espresso dalle cellule con infezione produttiva, si lega al CD4 dei
periferici e la morte di queste cellule è la causa principale dell’inces- linfociti T non infetti inducendo la fusione. Le cellule giganti si
sante deplezione linfocitaria, che diventa profonda nelle fasi ­terminali rigonfiano e muoiono in poche ore. Generalmente solo il ceppo
dell’infezione. Inoltre, fino a un certo punto il sistema immunitario T-tropico HIV-X4 forma sincizi e infatti è detto virus sincizi-
sostituisce i linfociti T che muoiono e quindi il tasso di deplezione inducente (SI), contrariamente al ceppo R5-NSI (non
linfocitaria appare artificiosamente basso, ma con la progressione sinciziale).
della malattia il turnover dei linfociti T CD4+ non riesce più a com- L’apoptosi dei linfociti T CD4+ non infetti può anche essere
pensare le perdite. Due possibili meccanismi con cui il virus uccide causata dal legame di molecole gp120 solubili ai loro corecettori
le cellule infette sono: l’aumento della permeabilità della membrana CD4, seguito dall’attivazione cellulare indotta dalla stimolazione
causato dalla gemmazione virale e l’interferenza della replicazione antigenica del TCR. È stato ipotizzato che questo cross-linking
virale con la sintesi proteica. delle molecole CD4 e l’attivazione dei linfociti T producano

Figura 6.46 Patogenesi della deplezione dei linfociti T CD4+ nell’infezione da HIV. In figura sono riportati alcuni dei fattori noti e ipotetici responsabili
della deplezione dei linfociti T causata dall’infezione da HIV. APC, cellula che presenta l’antigene; CTL, linfocita T citotossico.
236 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

s­ egnali aberranti e attivino i processi di distruzione. I CTL CD8+


Tabella 6.12 Deficit immunologici associati all’AIDS
possono uccidere i linfociti T CD4+ non infetti rivestiti da mo-
lecole gp120 rilasciate dalle cellule infette. linfopenia

Causata principalmente dalla deplezione selettiva dei linfociti T


La marcata deplezione di linfociti T CD4+, marchio dell’AIDS, è helper CD4+
la principale responsabile dell’immunodeficienza tardiva dell’infe-
zione da HIV, ma sono stati dimostrati anche deficit qualitativi deficit funzionali dei linfociti t in vivo
concomitanti dei linfociti T, presenti anche nei sieropositivi asintoma- Deplezione preferenziale dei linfociti T attivati e della memoria
tici. I difetti identificati sono: la ridotta proliferazione linfocitaria Attenuazione dell’ipersensibilità ritardata
dopo stimolazione antigenica, la ridotta risposta TH1 rispetto a Suscettibilità alle infezioni opportunistiche
quella TH2, difetti di trasduzione del segnale e molti altri. Il venir Suscettibilità alle neoplasie
meno delle risposte TH1 genera un grave deficit dell’immunità cel- deficit funzionali dei linfociti t in vitro
lulare, che rende i pazienti suscettibili alle infezioni virali e alle in-
Ridotta risposta proliferativa a mitogeni, alloantigeni e antigeni
fezioni intracellulari in genere. Si osserva anche una deplezione solubili
selettiva precoce dei linfociti della memoria del sottogruppo T helper Ridotta citotossicità
CD4+, responsabile dell’insufficiente risposta anamnestica ad anti- Ridotta stimolazione della produzione anticorpale dei linfociti B a
geni incontrati in precedenza. opera dei linfociti T helper
L’infezione cronica non produttiva o latente dei linfociti T (e dei Ridotta produzione di IL-2 e IFN-g
macrofagi, discussa più avanti) è un aspetto importante dell’infezio- attivazione policlonale dei linfociti b
ne da HIV. È opinione generale che il provirus integrato possa
Ipergammaglobulinemia e immunocomplessi circolanti
rimanere nelle cellule per mesi o anni, senza esprimere il virus Incapacità di sviluppare una risposta anticorpale verso antigeni
(infezione latente). Anche con le potenti terapie antivirali, che vir- nuovi
tualmente sterilizzano il sangue periferico, i virus latenti restano Scarse risposte ai normali segnali di attivazione dei linfociti B in
nascosti nelle cellule CD4+ (linfociti T e macrofagi) nei linfonodi. vitro
In base ad alcune stime, lo 0,05% dei linfociti T CD4+ linfonodali
deficit funzionali dei monociti e dei macrofagi
presenta un’infezione latente. Questi linfociti T CD4+ sono cellule
della memoria, che sopravvivono a lungo per mesi o anni, e sono Ridotta chemiotassi e fagocitosi
Ridotta espressione delle molecole HLA di classe II
un serbatoio di virus. Ridotta capacità di presentare l’antigene ai linfociti T
I linfociti T CD4+ hanno un ruolo chiave nel controllo delle ri-
sposte immunitarie cellulari e umorali. La perdita di questa cellula HLA, antigeni leucocitari umani; IFN-g, interferone-g; IL-1 ecc., interleuchi-
ha quindi un effetto a cascata su tutte le componenti del sistema na-1; TNF, fattore di necrosi tumorale.
immunitario, come riassunto nella Tabella 6.12.

che l’infezione iniziale dei macrofagi e delle cellule dendritiche


Infezione di cellule non linfocitarie
potrebbe avere un ruolo importante nella patogenesi dell’AIDS.
Oltre all’infezione e alla deplezione dei linfociti T CD4+, anche
l’infezione dei macrofagi142 e delle cellule dendritiche143 ha un ruolo È stato riportato che anche i monociti non infetti presentano
importante nella patogenesi dell’AIDS. Come per i linfociti T, la deficit funzionali inspiegabili con conseguenze potenzialmente ri-
maggior parte dei macrofagi infettati dall’HIV risiede nei tessuti e il levanti sulle difese dell’ospite: la riduzione dell’attività battericida,
numero dei monociti infetti circolanti può essere basso. In certi della chemiotassi e della secrezione di IL-1, l’inappropriata secre-
tessuti, come polmoni e cervello, fino al 10-50% dei macrofagi sono zione di TNF e, soprattutto, la ridotta capacità di presentare l’anti-
infetti. L’infezione da HIV dei macrofagi presenta aspetti rilevanti: gene ai linfociti T. Inoltre, anche se pochi, i monociti circolanti
possono essere un veicolo di trasporto dell’HIV in varie parti del
Sebbene la proliferazione della cellula ospite sia necessaria per la corpo compreso il sistema nervoso.
replicazione di gran parte dei retrovirus, l’HIV-1 infetta i macro- È dimostrato che, oltre ai macrofagi, anche due tipi di cellule den-
fagi maturi, cellule terminali che non si dividono, e si moltiplica dritiche hanno un ruolo chiave nell’infezione e nel suo mantenimento:
al loro interno. Questa proprietà dipende dal gene vpr. La pro- le cellule dendritiche delle mucose e le cellule dendritiche follicolari.
teina Vpr consente al complesso di prointegrazione dell’HIV di L’ipotesi attuale è che le cellule dendritiche delle mucose venga-
migrare nel nucleo attraverso i pori nucleari. no ­infettate dal virus e lo trasportino ai linfonodi regionali, dove
Nei macrofagi infetti la gemmazione virale è relativamente scarsa, ­l’infezione si trasmetterebbe ai linfociti T CD4+.143 Anche le cellule
ma queste cellule sono piene di virioni, spesso contenuti nei ­dendritiche esprimono un recettore simile alla lectina che lega spe-
vacuoli intracellulari. I macrofagi sono permissivi per la replica- cificamente l’HIV e lo presenta intatto, in forma infettiva, ai linfociti
zione virale, ma, contrariamente ai linfociti T CD4+, sono abba- T, infettandoli.145 Le cellule dendritiche follicolari dei centri germinativi
stanza resistenti all’effetto citopatico dell’HIV. I macrofagi sono dei linfonodi, come i macrofagi, sono serbatoi potenziali di infezione.
quindi serbatoi di infezione, il cui prodotto è ben protetto dalle Alcune cellule dendritiche follicolari si infettano con l’HIV, ma la
difese dell’ospite. Nelle fasi terminali dell’infezione, quando i maggior parte dei ­virioni resta in superficie adesa ai processi dendri-
linfociti T CD4+ sono gravemente depleti, la replicazione virale tici. Le cellule dendritiche follicolari sono dotate di recettori Fc per le
può continuare grazie ai macrofagi.144 Ig e intrappolano i virioni HIV rivestiti da anticorpi antivirali. Benché
I macrofagi sono molto probabilmente la porta d’ingresso del ricoperti da anticorpi, i virioni adesi alla superficie delle cellule den-
virus. In oltre il 90% dei casi, infatti, nell’infezione acuta i ceppi dritiche follicolari, conservano la capacità di infettare i linfociti T
HIV circolanti sono soprattutto M-tropici. Un dato che suggerisce CD4+ che attraversano l’intricata rete dei processi dendritici.
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 237

La ricerca si è concentrata sull’infezione dei linfociti T, dei ma-


crofagi e delle cellule dendritiche, ma i pazienti con AIDS mostrano
anche gravi disfunzioni dei linfociti B. Paradossalmente c’è un’atti-
vazione policlonale dei linfociti B, con iperplasia dei centri germi-
nativi (specie all’inizio della malattia), plasmacitosi midollare,
­ipergammaglobulinemia e immunocomplessi circolanti. Questa
attivazione può essere dovuta all’interazione di vari fattori: una
concomitante riattivazione o reinfezione da citomegalovirus ed EBV,
due attivatori policlonali dei linfociti B; lo stesso gp41 stimola la
proliferazione e la maturazione dei linfociti B; infine, i macrofagi
infetti producono più IL-6, che è mitogena per i linfociti B. Nono-
stante l’attivazione spontanea dei linfociti B, i pazienti con AIDS non
sono in grado di sviluppare risposte anticorpali contro nuovi antigeni.
Questo potrebbe essere parzialmente dovuto alla carenza di linfociti
T helper, ma anche le risposte anticorpali contro gli antigeni T-in-
dipendenti sono soppresse e quindi sono probabilmente implicati
altri difetti intrinseci dei linfociti B. L’immunodeficienza umorale
rende i pazienti con AIDS facile preda di infezioni disseminate da
batteri capsulati, come S. pneumoniae e H. influenzae, due batteri
normalmente eliminati grazie agli anticorpi opsonizzanti.

Patogenesi dei disturbi neurologici


I disturbi neurologici meritano una trattazione a parte perché il
sistema nervoso e il sistema linfatico sono i principali tessuti bersa-
glio dell’infezione da HIV. Nell’encefalo le cellule bersaglio dell’in-
fezione da HIV sono i macrofagi e la microglia (cellule macrofagiche
del sistema nervoso centrale).146 L’ipotesi attuale è che l’HIV sia
trasportato nel sistema nervoso centrale dai monociti infetti. Coe-
rentemente con ciò, i ceppi HIV isolati dall’encefalo sono quasi
esclusivamente M-tropici. La patogenesi delle lesioni cerebrali resta
comunque oscura. Dato che l’HIV non infetta i neuroni e che l’entità
delle lesioni neurologiche è spesso insufficiente a giustificare la gra-
vità dei sintomi, l’ipotesi più accreditata è che i deficit neurologici
siano causati indirettamente da prodotti virali e fattori solubili rila-
sciati dalla microglia infetta (IL-1, TNF e IL-6). Anche l’ossido di
azoto, indotto nei neuroni da gp41 potrebbe contribuire al danno.
È stato anche ipotizzato un effetto citopatico diretto sui neuroni da
parte del gp120 solubile dell’HIV.

Storia naturale dell’infezione da HIV


La malattia da HIV inizia con un’infezione acuta, che il sistema
immunitario adattativo riesce a controllare solo in parte, ed evolve in
un infezione cronica progressiva dei tessuti linfatici periferici (Fig.
6.47). La tipica via di ingresso del virus sono le mucose. La catena
di eventi patogenetici e i quadri clinici conseguenti all’infezione
possono essere schematizzati in tre fasi: (1) la sidrome retrovirale Figura 6.47 Patogenesi dell’infezione da HIV-1. Il virus infetta inizialmen-
acuta; (2) la fase cronica intermedia, asintomatica nella maggior te le mucose, colonizzando soprattutto i linfociti T CD4+ della memoria e
parte dei casi; e (3) l’AIDS conclamata (Figg. 6.47 e 6.48).131,132 le cellule dendritiche e si diffonde ai linfonodi. La replicazione virale causa
Infezione primaria, disseminazione virale e sindrome retrovirale la viremia e la disseminazione del virus nei tessuti linfatici. La viremia è
controllata dalla risposta immunitaria dell’ospite (non mostrata) e il paziente
acuta. L’infezione acuta (iniziale) è caratterizzata dall’infezione dei entra in una fase di latenza clinica. In questa fase, la replicazione virale nei
linfociti T CD4+ della memoria (che esprimono CCR5) nel tessuto linfociti T e nei macrofagi continua indisturbata, ma il sistema immunitario
linfatico associato alle mucose e dalla morte di molte cellule infettate. contiene in qualche modo l’infezione (non illustrato). La progressiva deple-
Dato che le mucose sono il serbatoio principale dei linfociti T e la zione dei linfociti T CD4+ va avanti fino a che il numero dei linfociti T CD4+
è significativamente ridotto e il paziente sviluppa il quadro clinico dell’AIDS
principale sede di residenza dei linfociti T della memoria, questa conclamato.
deplezione locale causa una significativa deplezione linfocitaria.147,148 CTL, linfocita T citotossico.
Poche cellule infette sono identificabili in circolo e in altri tessuti.
All’infezione nelle mucose segue la disseminazione virale e la risposta
immunitaria dell’ospite. Le cellule dendritiche intraepiteliali presenti
nelle sedi di ingresso dell’infezione catturano il virus e migrano nei
238 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Figura 6.48 Decorso clinico dell’infezione da HIV. A. Subito dopo l’infezione primaria il virus si dissemina e si sviluppa la risposta immunitaria anti-HIV,
spesso associata alla sindrome virale acuta. Nella fase di latenza, la replicazione virale prosegue e la conta dei linfociti T CD4+ si riduce progressivamente,
fino a raggiungere un livello critico al di sotto del quale c’è un rischio sostanziale di patologie associate all’AIDS. (Modificata da: Fauci AS, Lane HC: Human
immunodeficiency virus disease: AIDS e related conditions. In Fauci AS, et al [eds]: Harrison’s Principles di Internal Medicine, 14th ed. New York, McGraw-
Hill, 1997, p 1791) B. Risposta immunitaria anti-HIV. La risposta dei CTL CD8+ anti-HIV è dimostrabile a 2-3 settimane dall’infezione e raggiunge il picco a
9-12 settimane. In questa fase si ha una marcata espansione clonale dei CTL anti-HIV, che a 12 settimane possono arrivare al 10% dei CTL totali in alcuni
pazienti. La risposta umorale anti-HIV raggiunge il picco intorno alle 12 settimane.

linfonodi. Nei tessuti linfatici, le cellule dendritiche possono infettare progressione della malattia ed è un valido strumento clinico nella
i linfociti T CD4+ per contatto diretto. Entro pochi giorni dall’infe- gestione dei pazienti sieropositivi.
zione nei linfonodi è dimostrabile la replicazione virale. Essa si as- Dato che il venir meno del contenimento immunitario è indicato
socia a una fase viremica durante la quale un elevato numero di dal declino della conta dei linfociti T CD4+ circolanti, la stadiazione
­virioni HIV è presente nel siero del paziente (carica virale elevata). CDC (Center for Disease Control and Prevention) stratifica i pazienti
Il virus si dissemina in tutto l’organismo infettando i linfociti T helper, con infezione da HIV in tre categorie in base alla conta linfocitaria
i macrofagi e le cellule dendritiche dei tessuti linfatici periferici. (linfociti T CD4+/ml): (1)  500 cellule/ml, (2) 200-499 cellule/ml e
Con la disseminazione dell’infezione, il paziente sviluppa le (3) 200 cellule/ml (Tab. 6.13). Ai fini delle decisioni terapeutiche la
risposte immunitarie antivirali umorali e cellulo-mediate.149 Lo conta linfocitaria è forse l’indicatore più affidabile della progressione
sviluppo della risposta è dimostrato dalla sieroconversione (gene- della malattia a breve termine. Quindi il parametro clinico da valutare
ralmente entro 3-7 settimane dall’infezione) e dallo sviluppo di CTL per decidere quando è opportuno iniziare la terapia combinata anti-
CD8+ anti-HIV. I CTL CD8+ anti-HIV appaiono nel sangue perife- retrovirale è la conta dei linfociti T CD4+ e non la carica virale.
rico quando la carica virale inizia a diminuire e sono probabilmente Infezione cronica: fase di latenza clinica. Nella successiva fase
responsabili del controllo iniziale dell’infezione. A partire dalla 12a cronica della malattia il virus si replica attivamente nei linfonodi e nella
settimana dopo l’infezione, il sistema immunitario controlla par- milza, distruggendo progressivamente questi tessuti (si veda Fig. 6.47).
zialmente l’infezione e la replicazione virale; infatti la viremia si Questa fase è asintomatica o paucisintomatica ed è perciò detta fase
riduce notevolmente, senza però scomparire del tutto. di latenza clinica. In questa fase la maggior parte dei linfociti T cir-
La sindrome retrovirale acuta è il quadro clinico associato alla colanti non è infetta, ma la distruzione dei linfociti T CD4+ dei tessuti
disseminazione iniziale del virus e alla risposta dell’ospite.150 Si stima linfatici progredisce e la conta dei linfociti T CD4+ circolanti declina
che il 40-90% dei soggetti con infezione primaria sviluppi la sindrome progressivamente. Oltre il 90% dei circa 1012 linfociti T dell’organismo
virale, che compare generalmente a 3-6 settimane dall’infezione e si risiede normalmente nei tessuti linfatici ed è stato stimato che l’HIV
risolve spontaneamente in 2-4 settimane. Clinicamente, la sindrome distrugga fino a 1-2 × 109 linfociti T CD4+ al giorno. All’inizio della
retrovirale acuta è una malattia acuta autolimitante con sintomi aspe- malattia l’organismo può continuare a produrre linfociti T CD4+, e
cifici (angina, mialgie, febbre, calo ponderale e astenia), simile a una quindi i linfociti distrutti vengono prontamente sostituiti. In questa
sindrome parainfluenzale. Altre manifestazioni possono comprende- fase l’infezione può riguardare fino al 10% dei linfociti T CD4+ degli
re: eruzioni cutanee, linfoadenopatia cervicale, diarrea e vomito. organi linfatici, ma la frequenza dei linfociti T CD4+ infetti circolanti
La carica virale al termine della fase acuta riflette l’equilibrio in qualsiasi fase può essere minore dello 0,1% dei linfociti T CD4+
raggiunto tra il virus e l’ospite e nel singolo paziente può rimanere totali. Alla fine, però, dopo vari anni, il ciclo continuo di infezione
relativamente stabile per anni. Questo livello viremico stabile, o “set- virale, morte linfocitaria e reinfezione riduce progressivamente il
point” virale, è un fattore predittivo della velocità di declino della numero di linfociti T CD4+ nei tessuti linfatici e in circolo.
conta dei linfociti T CD4+ e, quindi, della progressione verso l’AIDS Con la deplezione dei linfociti T CD4+ le difese dell’ospite decli-
conclamata. Uno studio ha rilevato che solo l’8% dei pazienti con nano progressivamente e aumenta la percentuale di linfociti T CD4+
carica virale inferiore a 4.350 copie di RNA virale per microlitro di infetti che sopravvivono e così pure il carico virale dei singoli linfociti.
sangue sviluppava l’AIDS conclamato nei 5 anni successivi, contro Come è prevedibile, anche la carica virale può aumentare quando
il 62% di quelli con carica virale maggiore di 36.270 copie.151 Da un l’ospite inizia a perdere la battaglia con il virus. Non è chiaro come
punto di vista pratico, quindi, la carica virale, misurata come con- l’HIV sfugga alla sorveglianza immunitaria, ma sono stati ipotizzati
centrazione dell’RNA dell’HIV, è un utile marcatore surrogato di vari meccanismi:152, 153 (1) la distruzione dei linfociti T CD4+, essen-
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 239

Tabella 6.13 Classificazione CDC dell’infezione da HIV


Quadro clinico Conta dei linfociti T CD4+
1 2 3
500 cellule/ml 200-499 cellule/ml 200 cellule/ml

A. Asintomatico, infezione acuta da HIV (primaria), o linfoadenopatia A1 A2 A3


generalizzata persistente

B. Sintomatico, non A non C B1 B2 B3

C. Condizioni indicative di AIDS: malattia costituzionale, malattia,


neurologica o neoplasia

Dati CDC (Centers for Disease Control and Prevention), centri USA per il controllo e prevenzione delle malattie: 1993 revisione della classificazione ed
estensione della definizione di sorveglianza dell’AIDS negli adolescenti e negli adulti. MMWR 41(RR-17):1, 1992.

ziali per una riposta immunitaria efficace, (2) la variazione antigenica Quadro clinico dell’AIDS
e (3) la ridotta espressione di molecole MHC-I nelle cellule infette,
che impedirebbe il riconoscimento degli antigeni virali da parte dei Il quadro clinico dell’AIDS può essere facilmente desunto da
CTL CD8 +. In questa fase il virus può evolversi e cambiare i core- queste premesse e varia da una malattia acuta lieve a una grave
cettori utilizzati per infettare le cellule bersaglio, passando dall’utilizzo patologia. Avendo già discusso la sindrome acuta iniziale e la fase
esclusivo di CXCR5 all’utilizzo alternativo di CXCR4 o di entrambi cronica ­intermedia, ci limiteremo ora a descrivere la fase termi-
i ­corecettori CCR5 e CXCR4. Il cambiamento di corecettori si associa nale, l’AIDS. Va sottolineato che il quadro clinico dell’immuno-
a un declino più rapido della conta dei linfociti T CD4+, presumibil- deficienza e le infezioni opportunistiche associate all’infezione da
mente causato da un aggravamento dell’infezione linfocitaria. HIV possono essere diverse in diverse parti del mondo. Inoltre,
In questa fase di infezione cronica i pazienti sono generalmente il decorso della malattia è stato fortemente modificato dalle nuove
asintomatici o possono sviluppare infezioni opportunistiche minori, terapie antiretrovirali e molte complicanze un tempo devastanti
come la candidiasi orale (mughetto) e vaginale, l’herpes zoster e ora sono rare.
talora la tubercolosi (comune nei Paesi poveri come l’Africa sub- Negli USA, il tipico paziente adulto con AIDS si presenta con
Sahariana). In alcuni casi può svilupparsi anche una trombocitope- febbre, calo ponderale, diarrea, linfoadenopatia generalizzata,
nia autoimmune (Cap. 14). ­infezioni opportunistiche multiple, sintomi neurologici e spesso
AIDS. La fase finale è lo sviluppo dell’AIDS conclamata, caratte- ­neoplasie secondarie. Le infezioni e le neoplasie elencati nella
rizzata dal crollo delle difese dell’ospite, dal sensibile rialzo della Tabella 6.14 fanno parte della “definizione di sorveglianza”
viremia e da sintomi clinici gravi e pericolosi per la vita. Il quadro dell’AIDS.
clinico è caratterizzato da febbre di lunga durata (1 mese), astenia,
calo ponderale e diarrea. Dopo un lasso di tempo variabile, soprag-
giungono gravi infezioni opportunistiche, neoplasie secondarie e Tabella 6.14 Infezioni opportunistiche indicative di AIDS
sintomi neurologici (classificati come malattie indice di AIDS) e si e tumori associati all’infezione da HIV
fa diagnosi di AIDS.
In assenza di trattamento, la maggior parte dei sieropositivi, ma non infezioni elmintiche e protozoarie
tutti, sviluppa l’AIDS dopo una fase cronica di 7-10 anni. Le forme Criptosporidiosi o isosporidiosi (enterite)
atipiche sono i progressori rapidi e i non progressori a lungo termine. Toxoplasmosi (polmonite o infezione del SNC)
Nei progressori rapidi la fase cronica intermedia è abbreviata a 2-3 anni
dopo l’infezione primaria. Il 5-15% circa dei sierpositivi è costituito da micosi

non progressori a lungo termine, ossia soggetti con infezione da HIV Pneumocistosi (polmonite o infezione disseminata)
non trattata che restano asintomatici per 10 anni o più, con conta stabile Candidiasi (esofagea, tracheale o polmonare)
dei linfociti T CD4+ e bassa viremia (500 copie/ml di RNA virale).154 Criptococcosi (infezioni del SNC)
Coccidioidomicosi (disseminata)
Nell’1% circa dei pazienti infetti la viremia non è misurabile (50-75 Istoplasmosi (disseminata)
RNA copie/ml); questi soggetti sono detti “controllori di élite”. I pazienti
con questo raro quadro clinico sono stati molto studiati per identificare infezioni batteriche
i fattori virali e dell’ospite che influiscono sul decorso della malattia. I Infezioni micobatteriche (“atipiche” ad es. infezione disseminata
dati disponibili indicano che le variabili che determinano il decorso o extrapolmonare da Mycobacterium avium intracellulare;
della malattia in questi pazienti sono eterogenee. La maggior parte dei tubercolosi polmonare o extrapolmonare)
ceppi virali isolati da questi pazienti non mostra anomalie qualitative Nocardiosi (polmonite, meningite, disseminata)
Salmonellosi disseminata
a indicare che il decorso non è attribuibile a un virus inefficiente. Tutti
i casi mostrano una robusta risposta antivirale, ma i correlati immu- infezioni virali

nitari protettivi non sono stati identificati. Alcuni di questi pazienti Citomegalovirus (polmonite, enterite, retinite, encefaliti)
hanno livelli elevati di linfociti T antivirali, sia CD8+ che CD4+, che Virus dell’herpes simplex (localizzato o diffuso)
si mantengono tali nel tempo per tutto il decorso dell’infezione. Si spera Virus della varicella-zoster (localizzato o diffuso)
Leucoencefalopatia progressiva multifocale
che studi futuri forniscano una risposta a questi interrogativi consen-
tendo di far luce sui meccanismi di progressione della malattia. SNC, sistema nervoso centrale.
240 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Infezioni opportunistiche persistente, comune nei pazienti non trattati in fase avanzata, è spesso
dovuta a infezioni protozoarie (ad es. Cryptosporidium, Isospora belli,
Le infezioni opportunistiche sono la prima causa di morte nei pazienti o microsporidi) che causano diarrea acquosa cronica e profusa con
con AIDS. Queste infezioni sono in gran parte dovute a riattivazione massicce perdite di liquidi. Anche gli enterobatteri, come Salmonella
di infezioni latenti, normalmente tenute sotto controllo da un siste- e Shigella, o M. avium intracellulare possono causare diarrea.
ma immunitario efficiente ma non completamente eradicate perché
gli agenti infettivi si sono evoluti in modo da convivere con l’ospite.
Neoplasie
La frequenza effettiva di queste infezioni varia nelle diverse aree
geografiche e si è notevolmente ridotta grazie alle nuove terapie I pazienti con AIDS hanno una elevata incidenza di alcuni tumori,
antiretrovirali altamente attive (HAART).155 Riassumeremo comun- soprattutto il sarcoma di Kaposi (SK), il linfoma non Hodgkin a
que brevemente le infezioni opportunistiche più comuni. cellule B, il cancro della cervice uterina nelle donne e i tumori anali
Nel corso della malattia, il 15-30% circa dei pazienti con infezione negli uomini.156 È stato stimato che il 25-40% dei pazienti con infe-
da HIV non trattata sviluppa una polmonite da Pneumocystis jiroveci zione da HIV non trattata sviluppano una neoplasia. Una caratteri-
(riattivazione di un’infezione latente contratta in precedenza). Prima stica comune di questi tumori è che si ritiene siano causati da virus
dell’avvento dell’HAART, questa infezione era il quadro clinico di a DNA oncogeni: il virus erpetico del sarcoma di Kaposi (sarcoma
esordio nel 20% dei casi circa, ma l’incidenza si è molto ridotta nei di Kaposi), l’EBV (linfoma a cellule B), il papillomavirus umano
pazienti che rispondono alla HAART. (carcinoma della cervice e carcinomi anali). Anche nei soggetti sani
Molti pazienti sviluppano infezioni opportunistiche diverse, le questi virus causano infezioni latenti che sono, però, tenute sotto
più frequenti sono causate da: Candida, citomegalovirus, micobat- controllo dal sistema immunitario competente. Il rischio oncogeno
terio atipico e tipico, Cryptococcus neoformans, Toxoplasma gondii, dei pazienti con AIDS è dovuto principalmente al crollo delle difese
Cryptosporidium, virus herpes simplex, papovavirus e Histoplasma immunitarie, che non riescono più a contenere le infezioni e bloccare
capsulatum. la riattivazione virale, e anche alla ridotta immunità antitumorale.
La candidiasi è la micosi più comune nei pazienti con AIDS e Sarcoma di Kaposi. Il SK, un tumore vascolare peraltro raro
colpisce frequentemente il cavo orale, la vagina e l’esofago. Nei negli USA, è la neoplasia più comune nei pazienti con AIDS. Il
­pazienti con infezione asintomatica, la candidiasi orale è indice di quadro clinicopatologico del SK nei pazienti non infetti da HIV è
scompenso immunologico e spesso annuncia la transizione all’AIDS discusso nel Capitolo 11. All’inizio dell’epidemia di AIDS, fino al
conclamata. La candidiasi invasiva è rara nell’AIDS e di solito si 30% dei sieropositivi maschi omosessuali o bisessuali sviluppavano
associa a neutropenia iatrogena e alla presenza di cateteri fissi. un SK, ma negli ultimi anni, con l’avvento della terapia antiretrovirale
Il citomegalovirus può causare un’infezione disseminata, ma a elevata attività (HAART) la prevalenza si è ridotta notevolmente
generalmente colpisce gli occhi e l’apparato gastroenterico. Prima da 15 su 1.000 pazienti a meno di 5 su 1.000.157
dell’avvento dell’HAART, il 25% dei pazienti sviluppava la coriore- Il quadro istopatologico delle lesioni del SK è caratterizzato dalla
tinite, ma l’incidenza si è ridotta drasticamente dopo l’introduzione proliferazione di cellule fusiformi che esprimono marcatori delle
dell’ HAART. La retinite da citomegalovirus colpisce quasi esclusi- cellule sia endoteliali (vascolari o linfatiche) che muscolari lisce (Cap.
vamente i pazienti con conta linfocitaria 50/ml. L’infezione gastro- 11). Il tumore è ricco di lacune vascolari a fessura che suggeriscono
enterica, osservata nel 5-10% dei casi, si manifesta con esofagite e una derivazione dai precursori mesenchimali dei canali vascolari.
colite, quest’ultima associata a ulcere mucose multiple. Nelle lesioni del SK, inoltre, sono presenti infiltrati infiammatori
Nelle fasi avanzate, caratterizzate da profonda immunodepres- cellulari tipici della flogosi cronica. Varie caratteristiche indicano che
sione, possono anche svilupparsi infezioni disseminate da micobat- il SK non è un tumore maligno (nonostante il nome funesto).158 Ad
teri atipici (principalmente M. avium intracellulare). Con l’epidemia esempio, le cellule fusiformi del SK sono spesso policlonali o oligo-
di AIDS l’incidenza della tubercolosi è aumentata drasticamente. clonali, anche se le lesioni più avanzate a volte sono monoclonali. Le
Nel mondo la TBC è la causa di morte di un terzo dei pazienti con cellule fusiformi del SK, inoltre, sono per lo più diploidi e la prolife-
AIDS, ma negli USA è rara. Nei pazienti con AIDS la TBC è dovuta razione è dipendente dai fattori di crescita. Impiantate nel sottocutaneo
sia alla riattivazione di infezioni polmonari latenti sia a infezioni di topi nudi (immunodeficienti), queste cellule non formano tumori,
primarie. Contrariamente ai micobatteri atipici, le infezioni da M. ma inducono lo sviluppo transitorio di neovasi a fessura circondati da
tuberculosis si manifestano negli stadi precoci dell’AIDS. Come in infiltrati infiammatori. Questi neovasi ricordano il SK umano, ma
altri stati di immunodepressione, si può sviluppare una TBC pol- sorprendentemente sono di origine murina e quando le cellule SK
monare o disseminata ad altri organi. La disseminazione dipende umane vanno in involuzione anche questi elementi regrediscono. Sulla
dal grado di immunodepressione ed è più frequente nei soggetti con base di queste osservazioni, l’ipotesi patogenetica corrente per il SK è
basse conte linfocitarie. Desta preoccupazione il crescente numero che le cellule fusiformi producano fattori proinfiammatori e angioge-
di segnalazioni di ceppi micobatterici resistenti alla terapia antitu- nici che reclutano componenti infiammatorie e neovasali nella lesione,
bercolare, isolati da questi pazienti. le quali, a loro volta, generano segnali che promuovono la crescita e
La criptococcosi colpisce il 10% circa dei pazienti e, come in altre la sopravvivenza delle cellule fusiformi (Fig. 6.49).
forme di immunodepressione, si manifesta principalmente come Ma cosa scatena questo ciclo di eventi? Esistono prove certe che
meningite criptococcica. Nell’AIDS è frequente anche l’encefalite da il colpevole non sia l’HIV e che il SK sia causato dal virus erpetico
Toxoplasma gondii, responsabile del 50% delle lesioni del sistema SK (KSHV) o virus erpetico umano di tipo 8 (HHV8).159 Gli studi
nervoso centrale. epidemiologici e molecolari hanno evidenziato una correlazione tra
Il virus JC, un papovavirus umano, è un’altra importante causa l’HHV8 e lo sviluppo del SK. Il DNA dell’HHV8 è virtualmente
di encefalite nei pazienti con AIDS e causa una leucoencefalopatia presente in tutte le lesioni SK, comprese quelle dei sieronegativi per
multifocale progressiva (Cap. 28). L’infezione herpetica nei pazienti l’HIV e nelle lesioni l’HHV8 si localizza nelle cellule fusiformi, che
con AIDS si manifesta con ulcere mucocutanee del cavo orale, nella maggior parte dei casi mostrano segni di infezione latente.
dell’esofago, dei genitali esterni e della regione perianale. La diarrea L’infezione da HHV8, però, è una condizione necessaria ma non
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 241

Figura 6.49 Ipotesi patogenetica del sarcoma di Kaposi (SK). È stato ipotizzato che l’HIV, il virus erpetico SK (KSHV; HHV8) e le citochine siano implicati
nella patogenesi del SK. Le citochine sono prodotte dalle cellule mesenchimali infettate da HHV8 o da cellule CD4+ infettate dall’HIV. Anche i linfociti B
possono essere infettati dall’HHV8 e sono verosimilmente responsabili dei linfomi a localizzazione nelle cavità corporee associati all’infezione da HHV8,
ma il loro ruolo nel SK non è chiaro.

sufficiente e per lo sviluppo di SK sono necessari altri cofattori. Nelle primitivi a localizzazione nelle cavità sierose) e alla malattia di Cast-
forme associate all’AIDS il cofattore è chiaramente l’HIV. (I cofattori leman multicentrica, un disordine linfoproliferativo dei linfociti B.
rilevanti per i SK sieronegativi per l’HIV non sono stati ancora Il quadro clinico del SK associato all’AIDS è diverso dalla forma
identificati). Il ruolo dell’HIV nello sviluppo del SK è dibattuto. sporadica (Cap. 11). Il SK associato all’AIDS è generalmente diffuso
L’ipotesi più semplice è che l’immunodepressione causata dall’HIV – alla cute, alle mucose, all’apparato gastroenterico, ai linfonodi e ai
favorisca la disseminazione dell’HHV8, consentendogli di infettare polmoni – ed è tendenzialmente più aggressivo.
molte cellule fusiformi che verrebbero così stimolate a proliferare Linfomi. I linfomi associati all’AIDS sono classificati in tre gruppi
in modo incontrollato. Un’altra ipotesi è che i linfociti T infettati in base alla sede: linfomi sistemici, linfomi del sistema nervoso
dall’HIV producano citochine e altri fattori che promuovono la centrale e linfomi delle cavità sierose.160 I linfomi sistemici colpisco-
proliferazione e la sopravvivenza delle cellule fusiformi. Le due no i linfonodi e le sedi viscerali extranodali; l’80% dei linfomi asso-
ipotesi non si escludono a vicenda. ciati all’AIDS è di questo tipo. Il sistema nervoso centrale è la sede
Comunque non è ancora chiaro in che modo l’infezione da HHV8 extranodale più colpita, seguito dal tratto gastroenterico e, più ra-
induca il SK.158 Come gli altri virus erpetici, l’HHV8 causa un’infe- ramente, da qualsiasi altra sede (ad es. orbita, ghiandole salivari,
zione latente, con produzione di varie proteine che possono stimo- polmoni). La maggioranza di questi linfomi è costituita da tumori
lare la proliferazione delle cellule fusiformi e inibire l’apoptosi (ad aggressivi a cellule B che si manifestano in uno stadio avanzato (Cap.
es. un omologo virale della ciclina D e vari inibitori di p53). Tali 13). Oltre ai linfomi sistemici non Hodgkin, anche il 20% dei linfomi
proteine potrebbero conferire alle cellule con infezione latente un associati all’AIDS colpisce primariamente il sistema nervoso centrale.
vantaggio proliferativo o di sopravvivenza che consentirebbe a que- Nei pazienti con AIDS il linfoma primitivo del sistema nervoso
ste cellule di iniziare a proliferare. Oltre all’infezione latente, però, centrale è 1.000 volte più frequente rispetto alla popolazione gene-
in un piccolo sottogruppo di cellule del SK il virus dà luogo a un’in- rale. I linfomi delle cavità sierose sono rari, ma sono interessanti per
fezione produttiva (ciclo litico) causando la morte cellulare e il la loro presentazione insolita sotto forma di essudati pleurici, peri-
rilascio di virioni infettivi. Il ciclo litico dell’HHV8 produce varie toneali e pericardici.
molecole segnale a effetto paracrino, tra le quali un omologo virale La patogenesi dei linfomi a cellule B associati all’AIDS è probabil-
dell’IL-6 e varie chemochine. Le chemochine sono verosimilmente mente legata alla persistente attivazione policlonale dei linfociti B,
responsabili della formazione degli infiltrati infiammatori caratte- seguita dall’emergenza di popolazioni mono- o oligoclonali di linfo-
ristici del SK. Il ruolo dell’IL-6 virale, invece, non è chiaro. Un’altra citi B. L’ipotesi corrente è che nella frenetica proliferazione alcuni
proteina virale generata dall’infezione produttiva è un recettore cloni subiscano mutazioni o traslocazioni cromosomiche di oncogeni
associato a proteine-G (GPCR) costitutivamente attivo. Questo o di geni oncosoppressori con conseguente trasformazione neopla-
GPCR è stato molto studiato perché la sua espressione attiva il stica (Cap. 7). I linfonodi mostrano segni istologici di attivazione
rilascio del fattore di crescita endoteliale (VEGF), che promuove dei linfociti B, ritenuta multifattoriale. I pazienti con AIDS hanno
l’angiogenesi nel tessuto circostante. È interessante notare che elevati livelli di citochine, alcune delle quali (ad es. IL-6) sono fattori
l’espressione del GPCR virale nei topi transgenici causa lo sviluppo di crescita dei linfociti B. Inoltre anche l’EBV, noto mitogeno e atti-
di lacune neovasali vagamente reminescenti quelle del SK. Vi sono vatore policlonale dei linfociti B, sembra contribuire allo sviluppo di
quindi forti indizi che l’infezione da HHV8, sia latente che produt- questi linfomi. La metà dei linfomi sistemici a cellule B e virtualmente
tiva, contribuisca alla patogenesi del SK. tutti i linfomi primitivi del sistema nervoso centrale mostrano un’in-
L’HHV8, però, non infetta solo le cellule endoteliali. Il virus è fezione latente da EBV. Un’altra prova dell’infezione da EBV è la
correlato filogeneticamente alla sottofamiglia dei virus erpetici leucoplachia orale villosa (estroflessioni biancastre della mucosa
linfotropici (herpesvirus-g) e il suo genoma è dimostrabile nei linguale), causata dalla proliferazione dell’epitelio squamoso della
linfociti B dei soggetti infettati. Nei pazienti con AIDS, infatti, l’in- mucosa orale indotta dall’EBV (Cap. 16). Nei casi in cui non ci sono
fezione da KSHV si associa anche a rari linfomi a cellule B (linfomi tracce molecolari di infezione da EBV, ­altri ­virus e ­microrganismi
242 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

possono ­scatenare la proliferazione policlonale dei linfociti B. Non 100.000 persone, durante il picco dell’infezione negli anni 1995-1996,
ci sono prove che il virus HIV sia trasformante. Nei rari linfomi a circa 4 ogni 100.000 nel 2005. Attualmente, malattie associate
primitivi di effusione c’è sempre un’infezione latente da KSHV. all’AIDS, come le infezioni opportunistiche da P. jiroveci e SK, sono
Con l’aumento della sopravvivenza, il numero dei pazienti con molto rare. Tuttavia, grazie alla notevole riduzione della mortalità,
AIDS che sviluppano linfomi non Hodgkin è aumentato costante- un numero crescente di pazienti convivono con l’HIV e, essendo
mente. Si ritiene che il 6% circa dei pazienti con AIDS sviluppi portatori del virus, il rischio di diffusione dell’infezione aumenta.
linfomi non Hodgkin nell’arco della vita; un rischio circa 120 volte Nonostante i notevoli progressi, sono emerse varie complicanze
maggiore rispetto alla popolazione generale. Contrariamente al SK, associate all’infezione da HIV e alle relative terapie. Alcuni pazienti
l’immunodeficienza è chiaramente il principale fattore predisponen- con malattia avanzata trattati con la terapia antiretrovirale vanno
te. Sembra che il rischio sia particolarmente elevato nei pazienti con incontro a un peggioramento clinico paradosso nel periodo in cui
conte linfocitarie inferiori a 50/ml. il sistema immunitario recupera le sue funzioni. Il peggioramento
Altri tumori. Oltre al SK e ai linfomi, i pazienti affetti da AIDS clinico si manifesta nonostante l’aumento della conta linfocitaria e
hanno un’incidenza maggiore di carcinomi della cervice uterina e la riduzione della carica virale. Questo disordine è detto sindrome
del canale anale. Questi tumori sono in gran parte dovuti alla riatti- infiammatoria da immunoricostruzione.162 Le basi patogenetiche di
vazione di infezioni latenti da papillomavirus umano (HPV), causata questa sindrome non sono chiare ma è stato ipotizzato sia causata
dall’immunodepressione.161 Si ritiene che l’HPV sia strettamente dalla risposta mal controllata dell’ospite, attivata dall’elevata stimo-
associato al carcinoma squamoso della cervice uterina e alle relative lazione antigenica dovuta alla persistenza del virus. Forse la com-
lesioni preneoplastiche – la displasia cervicale e il carcinoma in situ plicanza più importante della terapia HAART a lungo termine sono
(Capp. 7 e 22). Dai dati dei consultori, risulta che la displasia cervicale gli effetti tossici, che comprendono: lipoatrofia (atrofia del tessuto
da HPV è 10 volte più frequente nelle donne sieropositive per HIV adiposo facciale), lipoaccumulo (deposizione centrale di grasso in
rispetto alle donne sieronegative. Quindi l’esame ginecologico va eccesso), iperlipemia, resistenza insulinica, neuropatia periferica,
incluso tra gli esami di routine delle donne sieropositive per HIV. malattie cardiovascolari precoci, insufficienza epatica e renale. I
meccanismi patogenetici responsabili di questi effetti collaterali non
sono chiari, ma è noto che la morbilità non associata all’AIDS è molto
Disturbi neurologici centrali
più comune della classica morbilità associata all’AIDS nei pazienti
L’interessamento del sistema nervoso centrale è frequente e clinica- trattati a lungo termine con la terapia HAART. Le principali cause
mente importante nell’AIDS. Il 90% dei pazienti mostra una qualche di morbilità sono il cancro (compresi i tumori non ritenuti associati
forma di lesione neurologica all’autopsia e il 40-60% ha sintomi all’AIDS), le malattie cardiovascolari precoci e l’insufficienza epatica
neurologici. È importante notare che in alcuni pazienti i segni neu- e renale. Molte di queste complicanze hanno un esordio precoce nei
rologici possono essere la prima o l’unica manifestazione dell’infe- pazienti sieropositivi per l’HIV rispetto ai soggetti sieronegativi. Il
zione da HIV. Oltre alle infezioni opportunistiche e alle neoplasie, meccanismo patogenetico di queste complicanze non associate
il virus causa varie alterazioni istologiche: la meningoencefalite all’AIDS è ignoto, ma sono verosimilmente implicati la flogosi cro-
autolimitante al momento della sieroconversione, la meningite nica e/o i deficit linfocitari.
asettica, la mielopatia vacuolare, neuropatie periferiche e, più fre-
quentemente, l’encefalopatia progressiva designata clinicamente
come complesso della demenza da AIDS (Cap. 28). Morfologia Le alterazioni istologiche (tranne le lesioni ce-
rebrali) sono aspecifiche e non sono diagnostiche. In genere,
dal punto di vista istopatologico, l’AIDS è caratterizzata da
Effetti della terapia antiretrovirale sul decorso clinico
infezioni opportunistiche diffuse, SK e tumori linfatici. Queste
dell’infezione da HIV
lesioni sono trattate in altra sede perché si verificano anche
L’avvento dei nuovi farmaci antiretrovirali che inattivano la tran- in pazienti non infetti da HIV. Le lesioni cerebrali sono de-
scriptasi inversa, la proteasi e l’integrasi retrovirali ha modificato il scritte nel Capitolo 28.
quadro clinico dell’AIDS. Questi farmaci sono somministrati in Negli stadi precoci dell’infezione, le biopsie dei linfonodi au-
combinazione per ridurre l’emergenza di ceppi mutanti, resistenti ai mentati di volume mostrano una marcata iperplasia follicolare.
singoli farmaci e gli schemi terapeutici combinatori sono detti tera- Le zone mantellari intorno ai follicoli sono molto attenuate e
pia antiretrovirale a elevata attività (HAART) o terapia antiretrovirale i centri germinativi sembrano fondersi con l’area interfollico-
combinata. Sono disponibili attualmente oltre 25 farmaci antiretro- lare. Queste modificazioni, che interessano principalmente le
virali appartenenti a sei classi farmacologiche distinte. Nei pazienti zone B cellulari dei linfonodi, sono il corrispettivo istologico
motivati e aderenti alla terapia, la terapia combinata antiretrovirale dell’attivazione policlonale dei linfociti B e dell’ipergamma-
con almeno 3 farmaci efficaci riduce invariabilmente la replicazione globulinemia tipiche dell’AIDS. Al microscopio elettronico e
virale dell’HIV a livelli non misurabili (50 copie/ml di RNA virale) con l’ibridazione in situ, si possono identificare i virioni all’in-
e li mantiene tali indefinitamente (finché il paziente segue corretta- terno dei centri germinativi, che appaiono concentrati sui
mente la terapia). Se emerge un ceppo farmaco-resistente, sono processi villosi delle cellule dendritiche follicolari, presumibil-
disponibili varie opzioni farmacologiche di seconda e terza scelta in mente intrappolati sotto forma di immunocomplessi. Nella
grado di sopprimere la replicazione virale. Il blocco della replicazio- fase precoce dell’infezione, il DNA virale può essere identifi-
ne virale arresta la deplezione progressiva dei linfociti T helper cato nel nucleo dei linfociti T CD4+ localizzati prevalentemente
CD4+. Per vari anni la conta linfocitaria aumenta lentamente e nelle regioni parafollicolari. L’iperplasia dei linfociti B è indicata
spesso torna a livelli normali (anche se, per ragioni ignote, in una anche dalla tipica plasmocitosi midollare e dal frequente ri-
frazione significativa di pazienti con viremia soppressa la conta scontro di rouleaux negli strisci periferici (impilamento ano-
linfocitaria non risale a valori normali). Grazie a questi farmaci, negli malo degli eritrociti dovuto all’ipergammaglobulinemia).
USA il tasso di mortalità annua per AIDS si è ridotto da 16-18 ogni
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 243

capitolo poiché è una malattia sistemica che può interessare il ­sistema


Con la progressione della malattia, la proliferazione frenetica immunitario, anche se è probabilmente causata da difetti dell’assem-
dei linfociti B si spegne e lascia il posto a una profonda invo- blaggio delle proteine e solo alcune forme di amiloidosi si associano
luzione follicolare. I follicoli appaiono depleti di cellule e la rete ad alterazioni immunologiche.
caratteristica delle cellule dendritiche follicolari è distrutta. I L’amiloide è una proteina patologica, che si deposita negli spazi
centri germinativi possono andare incontro a ialinizzazione. interstiziali di organi e tessuti e che caratterizza un’ampia varietà di
Nelle fasi avanzate la carica virale linfonodale è ridotta, in parte quadri clinici. La deposizione di amiloide inizia in modo insidioso
per la distruzione delle cellule follicolari dendritiche. Questi e a volte misterioso e quindi la diagnosi clinica si basa essenzialmen-
linfonodi “bruciati” sono piccoli e atrofici e vi si possono an- te sull’identificazione istologica di materiale proteico con la tipica
nidare varie infezioni opportunistiche. Per la grave immunode- struttura amiloide in specifiche biopsie. Al microscopio ottico nei
pressione, la risposta flogistica antinfettiva, sia linfonodale che campioni colorati con ematossilina eosina, l’amiloide appare come
extranodale, è scarsa o atipica. Ad esempio, a causa del deficit una sostanza extracellulare amorfa, eosinofila e ialina, che accumu-
di linfociti T CD4+, i micobatteri non inducono reazioni granu- landosi progressivamente comprime le cellule adiacenti provocan-
lomatose. In questi linfonodi apparentemente vuoti e negli altri done l’atrofia da compressione. Per differenziare l’amiloide da altri
organi, la presenza di infezioni può essere difficile da identifi- depositi ialini (ad es. collagene, fibrina), si utilizzano varie tecniche
care se non si utilizzano colorazioni specifiche. Naturalmente istochimiche, descritte più avanti. La più utilizzata è probabilmente
la deplezione linfocitaria non è limitata ai linfonodi; negli stadi la colorazione al Rosso Congo, che al microscopio ottico colora
avanzati dell’AIDS, anche la milza e il timo sono “depleti”. l’amiloide in rosso-rosa, ma al microscopio a luce polarizzata con-
ferisce all’amiloide l’impressionante e caratteristica birifrangenza
verde (Fig. 6.50).
Negli USA la mortalità si è ridotta con le nuove terapie antiretro- Anche se si colora sempre allo stesso modo e ha un aspetto uni-
virali, ma nei pazienti trattati il virus persiste e si annida nei tessuti forme, l’amiloide non è un’entità chimicamente distinta.165 Esistono
linfatici. È dimostrato che i pazienti che restano per anni asintoma- tre forme biochimiche principali di amiloide e varie forme minori.
tici con viremia inesistente grazie alla terapia, sviluppano l’infezione Queste proteine si depositano nei tessuti con meccanismi diversi e
produttiva se sospendono il trattamento. Ma è possibile pensare a quindi l’amiloidosi non va considerata un’unica malattia, ma un
una terapia in grado di eliminare il virus? Sono stati fatti molti sforzi gruppo di patologie accomunate dall’accumulo di depositi proteici di
per sviluppare un vaccino, ma ci sono ancora molti ostacoli da su- aspetto simile. Alla base dell’uniformità morfologica c’è l’uniformità
perare prima che la profilassi vaccinale possa diventare realtà.163,164 strutturale delle proteine amiloidi descritte di seguito.
I ceppi virali isolati da pazienti diversi rivelano un grado allarmante
di polimorfismo che rende estremamente difficile lo sviluppo di un Proprietà delle proteine amiloidi
vaccino. Il compito è complicato ulteriormente dal fatto che i cor-
relati della protezione immunitaria non sono chiari. Attualmente, i Struttura fisica
cardini della lotta all’AIDS restano la prevenzione, le misure igienico-
sanitarie e i farmaci antiretrovirali. Al microscopio elettronico l’amiloide è formata da fibrille continue,
non ramificate, di circa 7,5-10 nm di diametro. L’ultrastruttura è
identica in tutti i tipi di amiloide. La cristallografia a raggi X e la
Amiloidosi spettroscopia all’infrarosso mostrano una caratteristica conformazio-
ne a piani-b incrociati (Fig. 6.51). La conformazione è indipendente
Per molte patologie, oltre a quelle trattate in questo capitolo, si so- dal quadro clinico e dalla composizione chimica ed è responsabile
spetta una patogenesi autoimmune. Alcune sono trattate nei capitoli della caratteristica colorazione rossa e della birifrangenza verde
relativi ai singoli organi e sistemi. L’amiloidosi è compresa in questo dell’amiloide colorata con il Rosso Congo.

Figura 6.50 Amiloidosi. A. Sezione di fegato colorata con Rosso Congo che mostra depositi di amiloide rosso-rosa nella parete dei vasi e lungo i sinu-
soidi. B. Notare la birifrangenza giallo-verde dell’amiloide osservata al microscopio a luce polarizzata. (Per gentile concessione del Dr. Trace Worrell e Sandy
Hinn, Department of Pathology, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas TX)
244 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

associato alle lipoproteine HDL. La produzione di SAA aumenta


nelle infiammazioni e fa parte della risposta di fase acuta; quindi
è associata alla flogosi cronica ed è perciò detta amiloidosi
secondaria.
La proteina b-amiloide (Ab) è un peptide di 4 kDa, costituente
principale delle placche cerebrali e dei depositi presenti nei vasi
cerebrali caratteristici della malattia di Alzheimer. La proteina
Ab deriva dalla digestione proteolitica di una glicoproteina trans­
membrana, detta precursore dell’amiloide (APP). Questa forma
di amiloide è trattata nel Capitolo 28.

Molte altre proteine biochimicamente diverse sono state identi-


ficate nei depositi di amiloide associati a varie forme cliniche. Le più
comuni sono le seguenti:

La transtiretina (TTR), è una normale proteina sierica che tra-


sporta la tiroxina e il retinolo. Nella polineuropatia amiloide
familiare, un gruppo di malattie ereditarie caratterizzate da mu-
tazioni della TTR, si depositano sia la TTR mutata che i relativi
frammenti.166 Sono state identificate varie mutazioni della pro-
teina TTR che contribuiscono al suo accumulo tissutale sotto
forma di amiloide. Anche negli anziani la TTR si deposita nel
miocardio (amiloidosi sistemica senile), ma in questi casi la se-
quenza amminoacidica della proteina è normale.
La b2-microglobulina, una componente delle molecole MHC-I e
normale proteina plasmatica, è la subunità fibrillare (Ab2m)
dell’amiloidosi associata all’emodialisi cronica.
Figura 6.51 Struttura dell’amiloide. A. Rappresentazione schematica di
una fibrilla amiloide che mostra quattro catene proteiche (ce ne possono Le proteine prioniche. In una minoranza di casi di encefalopatia
essere fino a sei per fibrilla) disposte a elica e le molecole di Rosso Congo da prioni, queste proteine mal assemblate si aggregano nell’in-
legate alla fibrilla a intervalli regolari. B. La colorazione al Rosso Congo terstizio e acquisiscono le caratteristiche strutturali e di colora-
mostra la caratteristica birifrangenza verde-mela al microscopio a luce zione dell’amiloide. Per questo le malattie da prioni sono a volte
polarizzata, che consente di fare diagnosi di amiloidosi. C. Fotografia al
microscopio elettronico di fibrille amiloidi di 7,5-10 nm. (Da: Merlini G e
considerate esempi di amiloidosi locale.
Bellotti V. Molecular mechanisms of amyloidosis. N Engl J Med 349:583–
596, 2003, per gentile concessione della Massachusetts Medical Nell’amiloidosi, inoltre, sono sempre presenti altre componenti
Society) minori: la componente P sierica dell’amiloide, i proteoglicani e i
glucosaminoglicani solforati. La componente P sierica contribuisce
Struttura chimica alla formazione dell’amiloide stabilizzando le fibrille e riducendone
l’eliminazione.
Il 95% circa dell’amiloide è formato da fibrille proteiche e il restante
5% dalla componente P e da altre glicoproteine. Delle oltre 20 protei- Patogenesi
ne amiloidi identificate, tre sono le più frequenti: (1) l’amiloide da catene
leggere (amiloidosi AL), derivata dalle catene leggere delle Ig prodotte L’amiloidosi deriva da un errato assemblaggio delle proteine, che si
dalle plasmacellule; (2) la sieroamiloide A (associata all’amiloide o depositano sotto forma di fibrille negli spazi interstiziali distruggendo
amiloidosi sistemica reattiva o amiloidosi AA) derivata da un’unica la normale funzione dei tessuti.165,167 Le proteine mal assemblate sono
proteina non immunoglobulinica prodotta dal fegato; e (3) la spesso instabili e tendono ad aggregarsi fra loro, formando oligomeri
­b-amiloide, derivata dal precursore proteico della b-amiloide e pre- e fibrille che si accumulano nei tessuti. Il motivo per cui malattie
sente nelle lesioni cerebrali tipiche della malattia di Alzheimer. diverse si associano all’amiloidosi potrebbe essere che ciascuna di
esse causa l’iperproduzione di proteine che tendono ad assemblarsi
La proteina AL è formata dalle catene leggere complete delle in modo errato (Fig. 6.52). Le proteine amiloidi sono classificate in
immunoglobuline, dalle regioni N-terminali o da entrambi. La due categorie: (1) proteine normali con tendenza intrinseca all’as-
maggior parte delle proteine AL contiene catene leggere l (o loro semblaggio improprio, all’aggregazione e alla formazione di fibrille
frammenti), ma può anche contenere catene k. L’amiloide fibril- e che quindi si aggregano se prodotte in eccesso e (2) proteine mu-
lare di tipo AL deriva dalla secrezione di catene leggere libere tate, strutturalmente instabili e inclini all’assemblaggio aberrante e
delle Ig a opera di un clone di plasmacellule e questo tipo di alla conseguente aggregazione.
amiloidosi si associa a determinate neoplasie plasmacellulari Normalmente, le proteine mal assemblate sono degradate dai
(Cap. 13). proteasomi all’interno della cellula, o dai macrofagi nell’interstizio.
L’amiloide fibrillare AA, il secondo tipo principale, non ha omo- Sembra che nell’amiloidosi, questi meccanismi di controllo di
logia di sequenza con le immunoglobuline. L’amiloide AA è una qualità siano difettosi causando un accumulo di proteine mal as-
proteina di 76 amminoacidi, con un peso molecolare di 8,5 kDa semblate all’esterno delle cellule. Questa ipotesi spiegherebbe la
e deriva dalla digestione proteolitica della sieroamiloide A (SAA), maggior parte delle forme di amiloidosi. Ad esempio, la SAA è
un precursore sierico di 12 kDa sintetizzato dal fegato, che circola sintetizzata dal fegato sotto l’influenza delle citochine (IL-6 e IL-1)
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 245

Figura 6.52 Patogenesi dell’amiloidosi: meccanismi patogenetici ipotizzati per spiegare l’accumulo delle forme principali di amiloide. Si veda il testo
per le abbreviazioni.

che vengono prodotte nelle malattie infiammatorie; pertanto in- Amiloidosi primaria: discrasie immunologiche con
fiammazioni di lunga durata fanno aumentare i livelli di SAA. amiloidosi
L’aumento della pro­duzione di SAA, però, non è condizione suffi-
ciente per lo sviluppo di amiloidosi. Le possibili spiegazioni sono In questa categoria la distribuzione dell’amiloide è di solito sistemica
due. La SAA è normalmente degradata in molecole solubili dagli e di tipo AL. È la forma più comune negli USA, con circa 1.275-3.200
enzimi monocitari. Secondo la prima ipotesi, l’amiloidosi potrebbe nuovi casi all’anno. In molti casi si associa a discrasie plasmacellulari.
derivare da deficit degli enzimi monocitari che, causando un’in- La più definita è l’incidenza dell’amiloidosi nel 5-15% dei pazienti con
completa degradazione della SAA, genererebbero molecole AA mieloma multiplo, un tumore plasmacellulare con lesioni osteo­litiche
insolubili. In alternativa, anomalie strutturali geneticamente multiple diffuse a tutto l’apparato scheletrico (Cap. 13). I linfociti B
determinate potrebbero rendere la SAA resistente alla digestione neoplastici sintetizzano tipicamente quantità anomale di un’unica
macrofagica. immunoglobulina specifica (gammopatia monoclonale), che appare
Nelle amiloidosi familiari la deposizione di transtiretina sotto come un picco proteico (picco M: mieloma) all’elettroforesi delle
forma di fibrille non deriva da iperproduzione. È stato ipotizzato proteine sieriche. Oltre alle immunoglobuline intere, possono essere
che alterazioni strutturali geneticamente determinate siano respon- sintetizzate e identificate nel siero anche le sole catene leggere, sia k
sabili del difettoso assemblaggio della TTR, causandone l’aggrega- che l (dette proteina di Bence-Jones). La proteina di Bence-Jones ha
zione e rendendola resistente alla proteolisi. un basso peso molecolare e perciò è spesso escreta nelle urine. I de-
positi di amiloide contengono la stessa proteina della catena leggera.
Quasi tutti i pazienti con mieloma che sviluppano amiloidosi hanno
proteine di Bence-Jones sieriche, urinarie o ­entrambe, ma la maggio-
Classificazione
ranza di pazienti con mieloma con catene leggere libere non sviluppa
Una data forma biochimica di amiloide (ad es. AA) può causare amiloidosi. Chiaramente, perciò, la proteina di Bence-Jones è necessaria
amiloidosi in vari quadri clinici, perciò ci atterremo alla classifica- ma non sufficiente a causare ­amiloidosi. Altri fattori, come il tipo di
zione combinata biochimico-clinica (Tab. 6.15). L’amiloidosi può catena leggera p­ rodotta (potenziale amiloidogenico) e la sua suscetti-
essere sistemica (generalizzata) e coinvolgere vari organi e apparati, bilità alla ­degradazione, determinano ­se la proteina di Bence-Jones
oppure localizzata, se i depositi interessano un singolo organo (ad si deposita come amiloide o meno.
es. il cuore). La maggioranza dei pazienti con amiloidosi AL non è affetta da
Dal punto di vista clinico, l’amiloidosi sistemica o generalizzata è mieloma multiplo classico né linfomi dimostrabili a cellule B.
classificata a sua volta in amiloidosi primaria, associata a disordini ­Secondo un sistema classico, questi casi sono classificati come ami-
del sistema immunitario, e amiloidosi secondaria, una complicanza loidosi primaria poiché il quadro clinico deriva solo dagli effetti
di malattie infiammatorie croniche o di processi associati a distru- dell’accumulo di amiloide in assenza di altre malattie associate.
zione tissutale.166 L’amiloidosi congenita o familiare è un gruppo di- Anche in questi casi, però, sono sempre presenti nel siero e nelle
stinto ma eterogeneo, con una distribuzione tissutale caratteristica. urine immunoglobuline o catene leggere libere monoclonali, o
246 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

Tabella 6.15 Classificazione dell’amiloidosi


Categoria clinicopatologica Malattie associate Principali proteine amiloidi Precursori proteici correlati

amiloidosi sistemica (generalizzata)

Discrasie immunocitarie con amiloidosi Mieloma multiplo e altri AL Catene leggere delle
(amiloidosi primaria) disordini proliferativi immunoglobuline, soprattutto
monoclonali dei linfociti B tipo l
Amiloidosi reattiva sistemica (amiloidosi Infiammazioni croniche AA SAA
secondaria)
Amiloidosi da emodialisi cronica Insufficienza renale Ab2m b2-microglobulina

amiloidosi ereditaria

Febbre familiare mediterranea AA SAA


Neuropatie amiloidotiche ereditarie ATTR Transtiretina
(varie)

amiloidosi senile sistemica ATTR Transtiretina

amiloidosi localizzata

Amiloidosi cerebrale senile Alzheimer Ab APP


Amiloidosi endocrina A Cal Calcitonina
Carcinoma midollare della tiroide Diabete di tipo 2 AIAPP Peptide amiloide insulare
Isole di Langerhans AANF Fattore natriuretico atriale
Amiloidosi atriale isolata

entrambe. Nella maggior parte dei casi, nel midollo osseo si verifica tunnel carpale causata dai depositi di b2-microglobulina. In alcune
un modesto aumento del numero di plasmacellule che presumibil- casistiche oltre la metà dei pazienti in dialisi cronica (20 anni)
mente secernono precursori della proteina AL. Questi pazienti sviluppava amiloidosi sinoviale, articolare e delle guaine tendinee.
hanno chiaramente una discrasia plasmacellulare la cui manifesta-
zione principale è la produzione di una proteina alterata anziché di Amiloidosi ereditaria
una massa tumorale.
Sono state identificate molte forme ereditarie di amiloidosi: per lo
più malattie rare a distribuzione geografica ben definita. La forma
Amiloidosi sistemica reattiva
più comune e più studiata è la febbre familiare mediterranea, una
I depositi di amiloide in queste forme hanno una distribuzione si- malattia autosomica recessiva.168 Si tratta di una sindrome “autoin-
stemica e sono formati da proteine AA. Questa categoria era classi- fiammatoria”, associata a iperproduzione di IL-1, con un quadro
ficata in passato come amiloidosi secondaria perché causata da pa- clinico caratterizzato da attacchi febbrili associati a sierositi (peri-
tologie infiammatorie concomitanti. In passato, la tubercolosi, tonite, pleurite e sinovite). Il gene responsabile della febbre familiare
le bronchiectasie e l’osteomielite cronica erano le malattie di base mediterranea codifica una proteina denominata pirina (che causa
principali, ma con l’avvento della terapia antibiotica sono diventate la febbre), che fa parte di un complesso di proteine che attenuano le
rare. Attualmente l’amiloidosi reattiva sistemica è principalmente reazioni infiammatorie regolando la produzione di citochine proin-
una complicanza dell’artrite reumatoide, di altre connettiviti come fiammatorie (Cap. 2).169,170 La malattia colpisce prevalentemente
la spondilite anchilosante e delle malattie infiammatorie intestinali, armeni, ebrei sefarditi, arabi. A volte si associa ad amiloidosi diffusa.
come la malattia di Crohn e la colite ulcerosa. La patologia più Le proteine fibrillari amiloidi sono formate da amiloide AA e questo
frequentemente associata è l’artrite reumatoide; l’amiloidosi colpisce suggerisce che l’amiloidosi sia causata dagli attacchi infiammatori
il 3% circa dei pazienti con artrite reumatoide ed è clinicamente ricorrenti.
significativa in una metà di essi. Anche i tossicodipendenti che as- Diversamente dalla febbre familiare mediterranea, è stato iden-
sumono eroina per via sottocutanea hanno un’incidenza elevata di tificato un gruppo di amiloidosi ereditarie a trasmissione autosomica
amiloidosi AA generalizzata; probabilmente dovuta alle infezioni dominante caratterizzato da depositi di amiloide nei nervi periferici
cutanee croniche associate all’iniezione sottocutanea di narcotici. e del sistema autonomo. Queste polineuropatie familiari amiloido-
L’amiloidosi reattiva sistemica può occasionalmente associarsi a tiche sono state osservate in vari Paesi. Come già detto, in tutte
tumori non immunologici, i due più frequenti sono il carcinoma queste forme di amiloidosi congenita, le fibrille sono sempre formate
renale e il morbo di Hodgkin. da transtiretina mutante (ATTR).

Amiloidosi da emodialisi Amiloidosi localizzate


Gli emodializzati cronici con insufficienza renale sviluppano un’ami- Talvolta i depositi di amiloide sono limitati a un singolo organo o
loidosi causata dalla deposizione di b2-microglobulina. Negli emo- tessuto senza coinvolgimento sistemico. I depositi possono produrre
dializzati con insufficienza renale la b2-microglobulina non viene masse nodulari macroscopiche o visibili solo all’esame istologico. I
filtrata dalle membrane di dialisi e quindi resta in circolo e i livelli depositi nodulari si osservano più frequentemente a livello polmo-
sierici salgono. Questi pazienti sviluppano spesso la sindrome del nare, laringeo, cutaneo, vescicale e nella regione orbitale. Spesso
CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario 247

le masse amiloidi sono circondate da un infiltrato linfocitario e


­plasmacellulare. In alcuni casi l’amiloide è formata da proteine AL
e quindi è una forma localizzata di amiloide di origine
immunitaria.

Amiloidosi endocrina
Depositi localizzati di amiloide si osservano all’esame istologico di
alcuni tumori endocrini, come il carcinoma midollare della tiroide,
l’insulinoma, il feocromocitoma e il carcinoma gastrico indifferen-
ziato e nelle isole di Langerhans dei pazienti con diabete di tipo 2.
In questi casi, le proteine amiloidogeniche sembrano derivate da
ormoni polipeptidici (ad es. carcinoma midollare) oppure da pro-
teine specifiche (ad es. polipeptide amiloide insulare).

Figura 6.53 Amiloidosi renale. La citoarchitettura glomerulare è quasi


Amiloide senile completamente alterata a causa del notevole accumulo di amiloide.
Varie forme documentate di amiloide si associano all’invecchiamento.
L’amiloidosi sistemica senile consiste nel deposito sistemico di ami-
loide negli anziani (generalmente tra i 70 e gli 80 anni di età). Questa dei vasi per deposizione di amiloide nella parete delle arterie
forma interessa prevalentemente il cuore e si associa a cardiomiopatia e delle arteriole.
ed era precedentemente detta amiloidosi cardiaca senile. I pazienti All’esame istologico i depositi di amiloide sono prevalente-
sintomatici presentano una cardiomiopatia restrittiva e aritmie mente glomerulari, possono interessare anche l’interstizio
(Cap. 12). L’amiloide è formata da TTR normale. Oltre ai casi spo- peritubulare, le arterie e le arteriole. I depositi glomerulari si
radici di amiloidosi sistemica senile, è stata identificata anche un’altra presentano inizialmente come ispessimenti sottili della ma-
forma, a localizzazione prevalentemente cardiaca, in cui l’amiloide è trice mesangiale, generalmente associati a ispessimento
formata da una TTR mutata. Il 4% circa degli americani di razza nera irregolare delle membrane basali dei capillari glomerulari.
è portatore dell’allele mutato e la cardiomiopatia colpisce sia omozi- Con il tempo, i depositi mesangiali e lungo le membrane
goti che eterozigoti, ma la prevalenza della cardiomiopatia sintoma- basali ostruiscono e deformano i capillari glomerulari. Con
tica nei pazienti portatori della mutazione non è nota. la progressione dell’amiloidosi glomerulare, i capillari infine
si obliterano e il glomerulo obsolescente è invaso da masse
confluenti o grandi fasci amiloidi intrecciati (Fig. 6.53).
Morfologia In nessuna forma di amiloidosi la distribuzione Milza L’amiloidosi splenica può essere invisibile all’ispezione
o la conformazione dei depositi di amiloide sono caratteri- o causare una splenomegalia discreta o grave (fino a 800 g).
stici. Gli organi interessati sono generalmente i reni, il fegato, Per ragioni misteriose i depositi possono essere di due tipi.
la milza, i linfonodi, il surrene e la tiroide, anche oltre ad altri Il primo tipo interessa esclusivamente i follicoli splenici che
tessuti. All’ispezione, gli organi colpiti appaiono con un vo- all’ispezione appaiono come granuli di tapioca (“milza a
lume maggiore, duri e di aspetto cereo. In caso di depositi sagù”). Il secondo tipo di depositi si accumulano nella parete
estesi, se si spennella con iodio la superficie di taglio, questa dei seni splenici e nella rete connettivale della polpa rossa.
si colora di giallo e vira al blu-violetto applicando l’acido Con il tempo i depositi si fondono creando grandi masse
solforico. confluenti chiamata “milza a prosciutto” (prosciutto cotto;
Come già detto, la diagnosi istologica di amiloidosi si basa NdC).
quasi esclusivamente sulla colorazione. La più usata è il Fegato All’ispezione i depositi possono essere invisibili o
Rosso Congo. Nelle sezioni colorate con Rosso Congo osser- causare un’epatomegalia variabile da moderata a grave.
vate al microscopio ottico i depositi di amiloide appaiono di L’amiloide si accumula inizialmente nello spazio di Disse,
colore rosso-rosa, ma al microscopio a luce polarizzata mo- comprimendo progressivamente gli epatociti e i sinusoidi
strano la caratteristica birifrangenza verde (si veda Fig. 6.50 adiacenti (si veda Fig. 6.50). Con il tempo, gli epatociti si
B). La birifrangenza verde delle sezioni colorate con il Rosso deformano e vanno incontro ad atrofia da compressione,
Congo è comune a tutte le forme di amiloidosi ed è dovuta fino a scomparire e alla fine ampie aree di parenchima epa-
alla conformazione delle fibrille amiloidi che formano fogliet- tico vengono completamente sostituite. L’amiloide si accu-
ti-b incrociati. La diagnosi è confermata al microscopio elet- mula frequentemente anche nei vasi e nelle cellule di Kupffer.
tronico. Le varie forme di amiloidosi (AA, AL e TTR) possono La funzionalità epatica è generalmente conservata nonostan-
essere distinte istologicamente grazie a colorazioni immu- te a volte il fegato sia gravemente colpito.
noistochimiche specifiche. I quadri istopatologici relativi ai Cuore Il cuore può essere interessato in tutte le forme di
vari organi saranno descritti singolarmente, poiché il danno amiloidosi sistemica (Cap. 12) ed è anche l’organo più colpito
d’organo è variabile nelle diverse forme cliniche. nell’amiloidosi sistemica senile. All’ispezione il cuore può
Rene L’amiloidosi renale è la più comune e potenzialmente essere ingrandito e indurito, ma più spesso non mostra al-
più grave forma di amiloidosi. All’ispezione i reni appaiono terazioni significative. All’esame istologico, inizialmente si
normali per forma e dimensioni; negli stadi avanzati possono osservano depositi focali subendocardici e intramiocardici,
essere ridotti di volume per l’ischemia causata dall’­occlusione tra le fibre muscolari. Con il tempo, l’estensione dei depositi
248 CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

La prognosi dell’amiloidosi sistemica è infausta. I pazienti con


miocardici causa atrofia da compressione delle miofibre. I amiloidosi immunitaria (escluso il mieloma multiplo) hanno una
depositi di amiloide subendocardici possono danneggiare il sopravvivenza media di 2 anni dalla diagnosi. I pazienti con amiloi-
sistema di conduzione, e sono responsabili delle anomalie dosi associata a mieloma hanno una prognosi più severa. La pro-
elettrocardiografiche (aritmie) riscontrate in alcuni pazienti. gnosi per i pazienti con amiloidosi sistemica reattiva è migliore e
Altri organi L’amiloidosi sistemica interessa generalmente dipende in parte dall’evoluzione della malattia di base. È stato de-
anche altri organi: surreni, tiroide e ipofisi sono spesso col- scritto il riassorbimento dell’amiloide dopo il trattamento della
piti. Il tratto gastroenterico può essere interessato a qualsiasi patologia di base, ma solo in rari casi. Sono attualmente allo studio
livello, dal cavo orale (gengive, lingua) fino all’ano. Le lesioni nuove strategie terapeutiche finalizzate alla correzione dei difetti di
sono inizialmente vascolari e si estendono successivamente assemblaggio delle proteine e all’inibizione della fibrillogenesi.
alle aree adiacenti della sottomucosa, della muscularis mu-
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7
Malattie neoplastiche
Thomas P. Stricker  Vinay Kumar

Classificazione Alterazioni metaboliche: l’effetto Warburg


Caratteristiche delle neoplasie benigne e maligne Deregolazione dei geni associati ai tumori
Modificazioni cromosomiche
Differenziazione e anaplasia
Amplificazione genica
Tasso di crescita Modificazioni epigenetiche
Cellule staminali neoplastiche e linee cellulari tumorali miRNA e tumori
Invasione locale Basi molecolari della cancerogenesi progressiva
Metastasi (multifasica)
Vie di diffusione
Agenti cancerogeni e loro interazioni cellulari
Epidemiologia Fasi della cancerogenesi chimica
Incidenza del cancro Agenti ad azione diretta
Fattori geografici e ambientali Agenti ad azione indiretta
Età Iniziazione e promozione della cancerogenesi chimica
Predisposizione genetica Cancerogenesi da radiazioni
Raggi ultravioletti
Condizioni predisponenti non ereditarie Radiazioni ionizzanti
Basi molecolari dei tumori Cancerogenesi da microrganismi
Alterazioni essenziali per la trasformazione maligna Virus oncogeni a RNA
Autosufficienza dei segnali di crescita: oncogeni Virus oncogeni a DNA
Proto-oncogeni, oncogeni e oncoproteine Helicobacter pylori
Alterazioni delle tirosin-chinasi “non recettoriali” Difesa dell’ospite contro i tumori – immunità tumorale
Mancata risposta ai segnali di inibizione della crescita Antigeni tumorali
ed elusione dei meccanismi di senescenza: geni Meccanismi antitumorali
oncosoppressori
Immunosorveglianza e meccanismi di evasione
Evasione dall’apoptosi
Potenziale replicativo illimitato: telomerasi Caratteristiche cliniche dei tumori
Effetti locali e ormonali
Angiogenesi
Cachessia neoplastica
Invasione e metastasi
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Sindromi paraneoplastiche
Invasione della matrice extracellulare
Grado e stadio dei tumori
Disseminazione vascolare e impianto delle cellule
tumorali Diagnosi di laboratorio
Genetica molecolare dello sviluppo delle metastasi Profilo molecolare dei tumori
Marcatori (marker) tumorali
Instabilità del genoma: passaporto per la malignità
Microambiente stromale e cancerogenesi

251
252 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Il cancro è la seconda causa di morte negli Stati Uniti (superato solo Tutti i tumori, siano essi benigni o maligni, hanno due compo-
dalle malattie cardiovascolari) ma, al di là del numero di decessi, le nenti di base: (1) cellule neoplastiche clonali che costituiscono il
malattie neoplastiche sono un’importante causa di sofferenza fisica parenchima tumorale e (2) uno stroma di sostegno costituito da
ed emotiva. I pazienti e l’opinione pubblica chiedono spesso quando tessuto connettivo, vasi sanguigni e macrofagi e linfociti. Benché a
si troverà una cura per il cancro, una domanda semplice a cui è dif- determinare il comportamento del tumore e le sue conseguenze
ficile rispondere perché il cancro non è una singola malattia ma un patologiche siano fondamentalmente le cellule neoplastiche, la loro
insieme di alterazioni che hanno in comune un notevole disordine crescita ed evoluzione dipendono dallo stroma perché è indispen-
nella crescita. Alcuni tipi di tumore come il linfoma di Hodgkin sono sabile un adeguato apporto di sangue affinché le cellule tumorali
spesso curabili, mentre altri, come l’adenocarcinoma pancreatico, sopravvivano e si replichino, e il tessuto connettivo stromale fornisce
hanno un’elevata mortalità. La sola speranza di arrivare un giorno a il supporto strutturale essenziale per le cellule in accrescimento. Tra
controllare i tumori risiede nella maggiore comprensione delle cause le cellule tumorali e quelle stromali, inoltre, vi è una comunicazione
e della patogenesi di queste malattie e per ora sono stati compiuti che influenza direttamente la crescita dei tumori. In alcuni casi, la
progressi nella comprensione delle loro basi molecolari. Da questi componente stromale è limitata, per cui la neoplasia si presenta
progressi sono emerse alcune buone notizie: negli Stati Uniti la mor- soffice e carnosa; in altri, le cellule parenchimali stimolano la for-
talità per cancro nella popolazione si è ridotta nell’ultima decade del mazione di abbondante collagene, un fenomeno denominato desmo-
XX secolo e nei primi anni del XXI.1 Verranno qui descritti i tumori plasia. Alcuni tumori, ad esempio alcuni carcinomi mammari, sono
benigni e maligni e verranno esaminate le proprietà morfologiche e molto duri e vengono perciò detti scirrosi. La classificazione dei
biologiche fondamentali dei tumori e le basi molecolari della cance- tumori e il loro comportamento biologico sono basati principalmen-
rogenesi. Verranno inoltre analizzate le interazioni del tumore con te sulla componente parenchimale.
l’ospite e la risposta dell’ospite ai tumori. Tumori benigni. In generale, il nome attribuito ai diversi tumori
benigni si ottiene aggiungendo il suffisso “-oma” al tipo di cellule da
cui la neoplasia ha origine; questa regola vale di norma per i tumori
Classificazione delle cellule mesenchimali. Un tumore benigno che origina in un
tessuto fibroso, pertanto, sarà detto fibroma, mentre un tumore
Il termine neoplasia significa “nuova crescita”. Il termine tumore in cartilagineo benigno sarà un condroma. La classificazione dei tumori
origine si applicava al gonfiore causato da un’infiammazione, ma benigni epiteliali, invece, è più complessa: essi sono raggruppati in
questo uso è quasi del tutto scomparso e il termine è oggi divenuto vario modo, alcuni sulla base delle loro cellule di origine, altri sulla
sinonimo di neoplasia. L’oncologia (dal greco óncos = rigonfiamento) base dell’architettura microscopica e altri ancora sulla base delle loro
è lo studio dei tumori, o neoplasie. caratteristiche macroscopiche.
Sebbene tutti i medici sappiano a che cosa si riferiscono quando Adenoma è il termine applicato alle neoplasie benigne epiteliali
utilizzano il termine neoplasia, è stato difficile svilupparne una de- derivate da tessuto ghiandolare, sebbene ciò non implichi necessa-
finizione accurata. L’eminente oncologo inglese Willis2 l’ha così riamente che abbiano una struttura ghiandolare. Si definirà pertanto
definita: “la neoplasia è una massa abnorme di tessuto, la cui crescita adenoma sia una neoplasia epiteliale benigna che origina dalle
supera in maniera scoordinata quella dei tessuti normali e progre- cellule tubulari renali e cresce sotto forma di numerose piccole
disce anche dopo la cessazione degli stimoli che ne hanno causato ghiandole strettamente raggruppate, sia una massa eterogenea di
l’insorgenza”. È noto che la persistenza dei tumori, anche quando lo cellule della corteccia surrenalica che cresce senza riprodurre un
stimolo scatenante è terminato, deriva dalle alterazioni genetiche aspetto caratteristico. Le neoplasie epiteliali benigne che generano
ereditabili che vengono trasmesse alla progenie delle cellule tumorali. proiezioni della superficie epiteliale – visibili microscopicamente
Queste modificazioni genetiche permettono l’eccessiva e sregolata o macroscopicamente – simili a una digitazione o a una verruca
proliferazione che diventa autonoma (ossia indipendente dagli stimoli sono denominate papillomi (Fig. 7.1). Quelle che formano grandi
fisiologici di crescita), sebbene i tumori rimangano in genere dipen- masse cistiche, come avviene nell’ovaio, sono denominate cistoade­
denti dall’ospite per la nutrizione e l’apporto ematico. Come vedremo nomi. Alcuni tumori, definiti cistoadenomi papillari, presentano
in seguito, l’intera popolazione di cellule neoplastiche all’interno di una componente papillare che protrude in spazi cistici. Quando
un tumore deriva da una singola cellula che ha subito un’alterazione una neoplasia, benigna o maligna, presenta una proiezione macro-
genetica e quindi le neoplasie sono considerate lesioni clonali. scopicamente visibile a livello di una superficie mucosa e aggetta,
Un tumore si dice benigno quando le sue caratteristiche micro- ad esempio, nel lume gastrico o del colon, viene denominata polipo
scopiche e macroscopiche sono considerate relativamente innocue, (Fig. 7.1).
per cui la formazione rimarrà localizzata, non potrà diffondere in Tumori maligni. La classificazione dei tumori maligni segue
altre sedi e si presterà di norma all’asportazione chirurgica con so- essenzialmente lo stesso principio utilizzato per le neoplasie benigne,
pravvivenza del paziente. Occorre tuttavia notare che i tumori be- con alcune ulteriori specificazioni. I tumori maligni che originano
nigni possono produrre manifestazioni che vanno ben oltre la massa nel tessuto mesenchimale sono di solito chiamati sarcomi (dal greco
localizzata e talvolta sono responsabili di gravi patologie. sarkós = carne), in quanto la ridotta quantità di tessuto connettivo li
I tumori maligni sono comunemente indicati con il termine can- rende carnosi (ad es. fibrosarcoma, condrosarcoma, leiomiosarcoma
cro, dalla parola latina per “granchio”, in quanto aderiscono in ma- e rabdomiosarcoma). Le neoplasie maligne delle cellule di origine
niera tenace a qualsiasi superficie con cui entrano in contatto, proprio epiteliale, derivate da uno qualsiasi dei tre foglietti embrionali, sono
come fa il crostaceo. L’attributo maligno, applicato a una neoplasia, chiamate carcinomi. Un cancro originante nell’epidermide di deri-
implica che la lesione possa invadere e distruggere le strutture adia- vazione ectodermica è dunque un carcinoma, alla pari di un cancro
centi e diffondere a sedi distanti (metastatizzare) causando la morte. che origina dalle cellule di derivazione mesodermica dei tubuli renali
Non tutti i cancri, tuttavia, conducono a un esito infausto: alcuni, se e dalle cellule di derivazione endodermica del rivestimento del tratto
diagnosticati precocemente, possono essere trattati con successo, ma gastrointestinale. I carcinomi si prestano inoltre a un ulteriore di-
la designazione maligno implica sempre un segnale di allarme. stinzione. La definizione carcinoma a cellule squamose indica un
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 253

Figura 7.1 Polipo del colon. A. Lesione ghiandolare benigna (adenoma) che protrude nel lume del colon ed è collegata alla mucosa tramite un peduncolo
ben evidente. B. Aspetto macroscopico di numerosi polipi del colon.

cancro nel quale le cellule tumorali imitano l’epitelio stratificato r­ ealmente maligno. Una forma particolarmente comune è il teratoma
squamoso, mentre il termine adenocarcinoma denota una lesione in cistico (cisti dermoide) dell’ovaio, che si differenzia principalmente
cui le cellule neoplastiche epiteliali crescono in strutture ghiandolari. lungo le linee ectodermiche dando luogo a un tumore cistico rive-
Talvolta è possibile identificare il tessuto o l’organo di origine, come stito da cute ricoperta da peli, ghiandole sebacee e strutture dentarie
avviene per l’adenocarcinoma renale o il carcinoma broncogeno a (Fig. 7.3).
cellule squamose. Non di rado, tuttavia, un cancro è costituito da La classificazione delle più comuni forme di neoplasia è presentata
cellule indifferenziate di origine ignota, nel qual caso viene sempli- nella Tabella 7.1, nella quale si possono notare alcune inesattezze
cemente designato come tumore maligno indifferenziato o scarsa- profondamente radicate nel linguaggio medico. Da generazioni, in-
mente differenziato. fatti, termini apparentemente benigni come linfoma, melanoma,
Nelle neoplasie benigne e in quelle maligne ben differenziate, mesotelioma e seminoma sono impiegati per indicare neoplasie ma-
le cellule parenchimali sono molto simili fra loro, come se fossero ligne, ma vale anche il contrario, ossia l’utilizzo di termini che sugge-
tutte derivate da una singola cellula; in effetti sembra che la maggior riscono aggressività per lesioni generalmente innocue. Gli amartomi
parte delle neoplasie sia di origine monoclonale, come spiegato più si presentano come masse disorganizzate ma di apparenza benigna
avanti. In alcuni casi, tuttavia, le cellule originarie possono andare composte da cellule normalmente presenti nel tessuto in questione.
incontro a una differenziazione divergente dando origine ai tumori Un tempo si riteneva che fossero anomalie dello sviluppo. L’amartoma
misti. Il miglior esempio è quello dei tumori misti delle ghiandole
salivari. La componente epiteliale di questi tumori è dispersa in uno
stroma mixoide in cui a volte si ritrovano anche isole di cartilagine
o di osso (Fig. 7.2). Si ritiene che tutti questi elementi derivino da
un singolo clone in grado di dare origine a cellule epiteliali e mioe-
piteliali, ragione per cui la denominazione preferibile per questa
forma neoplastica è quella di adenoma pleomorfo. La maggior parte
delle neoplasie, tumori misti inclusi, è composta da cellule rappre-
sentative di un singolo foglietto embrionale. I teratomi, invece, con-
tengono cellule mature e immature rappresentative di più di un
foglietto embrionale e, talvolta, di tutti e tre. I teratomi originano da
cellule totipotenti come quelle normalmente presenti nelle gonadi
che talvolta si possono trovare in residui embrionali rimasti racchiusi
in altre parti dell’organismo. Tali cellule hanno la capacità di diffe-
renziarsi in qualsiasi citotipo presente nel corpo umano adulto e
dunque possono dare origine a neoplasie che mimano qualsiasi
tessuto come osso, cute, muscolo, grasso, nervi e altri. Quando tutte
Figura 7.2 Tumore misto della ghiandola parotide con cellule epiteliali
le parti che compongono il tumore sono ben differenziate si è in organizzate in dotti e stroma mixoide simile a cartilagine. (Per gentile con-
presenza di un teratoma benigno (maturo); quando sono me- cessione del Dr. Trace Worrell, University of Texas Southwestern Medical
no ­differenziate si parla di teratoma immaturo, potenzialmente o School, Dallas, TX)
254 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Figura 7.3 A. Aspetto macroscopico di un teratoma cistico dell’ovaio. Si noti la presenza di peli, materiale sebaceo e denti. B. Immagine microscopica
di un tumore simile che mostra cute, ghiandole sebacee, cellule adipose e un tratto di tessuto nervoso (freccia).

condroide polmonare, ad esempio, contiene isole ­disorganizzate ma Differenziazione E Anaplasia


istologicamente normali di cartilagine, bronchi e vasi sanguigni. Molti
amartomi, compreso l’amartoma condroide polmonare, hanno tut- Il termine differenziazione si riferisce al grado di somiglianza morfo-
tavia traslocazioni clonali ricorrenti che coinvolgono geni codificanti logica e funzionale tra le cellule parenchimali neoplastiche e le corri-
per alcune proteine del genoma.3 Così, attraverso la biologia moleco- spondenti cellule normali; la mancanza di differenziazione è detta
lare, si sono infine guadagnati il suffisso -oma. Un’altra denominazione anaplasia. In generale, i tumori benigni sono ben differenziati
erronea è il termine coristoma, un’anomalia congenita che andrebbe (Figg. 7.4 e 7.5). La cellula neoplastica di un tumore benigno del
più correttamente descritta come un residuo eterotopico di cellule. Un tessuto adiposo, un lipoma, è talmente simile alla cellula normale
piccolo nodulo di tessuto pancreatico ben sviluppato e con un’orga- che può risultare impossibile riconoscerne il carattere tumorale
nizzazione normale, ad esempio, può essere ritrovato nella sottomu- all’esame microscopico delle singole cellule; solo l’organizzazione di
cosa dello stomaco, del duodeno o dell’intestino tenue. Tale residuo queste cellule in un nodulo è in grado di rivelare la natura neopla-
eterotopico può essere pieno di isole di Langerhans e ghiandole eso- stica della lesione Nei tumori benigni ben differenziati, le mitosi
crine e il termine ­coristoma, indicante neoplasia, gli conferisce un sono estremamente poco numerose e hanno una configurazione
senso di gravità ingiustificato. La terminologia relativa alle neoplasie, normale.
sebbene non ­­sia semplice, è molto importante in quanto rappresenta Le neoplasie maligne variano da forme differenziate a forme
il linguaggio attraverso il quale sono classificati la natura e il significato indifferenziate: possono infatti contenere cellule ben differenziate
dei tumori. (Fig. 7.6) o, all’opposto, cellule completamente indifferenziate.
­Alcuni adenocarcinomi ben differenziati della tiroide, ad esempio,
possono formare follicoli dall’aspetto normale e alcuni carcinomi
Caratteristiche delle neoplasie benigne squamocellulari contengono cellule che non differiscono citologi-
e maligne camente dalle normali cellule epiteliali squamose (Fig. 7.7).
Ne ­consegue che la diagnosi morfologica di malignità nei tumori
ben differenziati può talora essere difficile. Tra i due estremi si
Non c’è nulla di più importante per un individuo affetto da un tumore ­collocano i tumori genericamente definiti tumori moderatamente
che sentirsi dire che si tratta di una forma benigna, per cui la differen- differenziati.
ziazione tra tumori benigni e maligni è una delle distinzioni più im- Le neoplasie maligne composte da cellule scarsamente differen-
portanti che un patologo possa fare. Nella vasta maggioranza dei casi, ziate sono dette anaplastiche. La mancanza di differenziazione, o
un tumore benigno può essere distinto da un tumore maligno con una anaplasia, è considerata una caratteristica tipica della trasformazio-
certa sicurezza sulla base della morfologia, ma talvolta, malgrado il ne maligna. Il termine anaplasia letteralmente significa “regressio-
massimo impegno del patologo, una neoplasia si sottrae a qualsiasi ne” e implica un’inversione della differenziazione a un livello più
classificazione. Determinate caratteristiche anatomiche possono essere primitivo. Si ritiene che la maggior parte dei tumori non sia il ri-
indicative di benignità, mentre altre indirizzano verso una diagnosi di sultato di una regressione della differenziazione di cellule mature
malignità. In alcune situazioni manca una perfetta concordanza tra normali, ma piuttosto che origini dalle cellule staminali che sono
l’aspetto di una neoplasia e il suo comportamento biologico e in tal presenti in tutti i tessuti specializzati (Cap. 3).
caso il profilo molecolare (si veda oltre) o altri test molecolari accessori Nei tumori ben differenziati (Fig. 7.7), le cellule neoplastiche
possono fornire utili informazioni. Sebbene un volto innocente possa derivano da cellule staminali che nel corso della loro proliferazione
mascherare un carattere maligno, in generale i tumori benigni e maligni maturano e si specializzano, mentre nei tumori scarsamente diffe-
possono essere distinti analizzando aspetti quali differenziazione e renziati la ­proliferazione avviene senza la completa maturazione
anaplasia, tasso di crescita, invasione locale e metastasi. delle cellule trasformate.
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 255

Tabella 7.1 Classificazione dei tumori


Tessuto di origine Benigno Maligno

costituiti da un solo tipo cellulare parenchimale

Tumori di origine mesenchimale


Tessuto connettivo e derivati Fibroma Fibrosarcoma
Lipoma Liposarcoma
Condroma Condrosarcoma
Osteoma Osteosarcoma

Tessuti endoteliali e correlati


Vasi sanguigni Emangioma Angiosarcoma
Vasi linfatici Linfangioma Linfangiosarcoma
Sinovia Sarcoma sinoviale
Mesotelio Mesotelioma
Meningi Meningioma Meningioma invasivo

Cellule ematiche e cellule correlate


Cellule emopoietiche Leucemie
Tessuto linfoide Linfomi

Muscolo
Liscio Leiomioma Leiomiosarcoma
Striato Rabdomioma Rabdomiosarcoma

Tumori di origine epiteliale


Cellule squamose stratificate Papilloma squamoso Carcinoma a cellule squamose
(o squamocellulare)
Strati basali e annessi cutanei Basalioma
Epitelio di rivestimento di ghiandole o dotti Adenoma Adenocarcinoma
Papilloma Carcinomi papillari
Cistoadenoma Cistoadenocarcinoma
Vie respiratorie Adenoma bronchiale Carcinoma broncogeno
Epitelio renale Adenoma tubulare renale Carcinoma del rene
Cellule epatiche Adenoma epatocellulare Carcinoma epatocellulare
Epitelio delle vie urinarie (di transizione) Papilloma transizionale Carcinoma transizionale
Epitelio placentare Mola idatiforme Coriocarcinoma
Epitelio testicolare (cellule germinali) Seminoma
Carcinoma embrionale

Tumori dei melanociti Nevo Melanoma maligno

costituiti da più di un tipo cellulare neoplastico – tumori misti, solitamente derivati da un solo foglietto embrionale
Ghiandole salivari Adenoma pleomorfo (tumore misto Tumore misto maligno delle ghiandole
delle ghiandole salivari) salivari
Cellule nefroblastiche Tumore di Wilms

costituiti da più di un tipo cellulare neoplastico derivati da più foglietti embrionali – teratogeni
Cellule totipotenti delle gonadi o dei residui embrionali Teratoma maturo, cisti dermoide Teratoma immaturo, teratocarcinoma

La mancanza di differenziazione, o anaplasia, è caratterizzata da e disposta lungo la membrana nucleare. All’interno dei nuclei
molti cambiamenti morfologici. sono solitamente presenti grandi nucleoli.
Mitosi. Rispetto ai tumori benigni e ad alcune neoplasie maligne
Pleomorfismo. Le cellule e i nuclei presentano pleomorfismo, ossia ben differenziate, i tumori indifferenziati spesso presentano un
variano in grandezza e forma (Fig. 7.8). All’interno di uno stesso grande numero di mitosi, che sono il riflesso dell’elevata attività
tumore, quindi, le cellule non sono uniformi e si possono osser- proliferativa delle cellule parenchimali. La presenza di mitosi,
vare grandi cellule, molto più voluminose di quelle vicine, e tuttavia, non indica necessariamente che un tumore è maligno
cellule estremamente piccole e di aspetto immaturo. oppure che il tessuto è neoplastico. Molti tessuti normali a rapido
Anomalie morfologiche nucleari. I nuclei contengono un’elevata turnover, come il midollo osseo, hanno numerose mitosi e forme
quantità di DNA e assumono una colorazione scura (ipercroma- non neoplastiche di proliferazione come le iperplasie contengono
tici). I nuclei hanno inoltre dimensioni sproporzionate rispetto un ampio numero di cellule in mitosi. Un aspetto morfologico
alla cellula e il rapporto nucleo/citoplasma può avvicinarsi al tipico della neoplasia maligna è la presenza di figure mitotiche
valore di 1:1 invece del normale 1:4 o 1:6. La forma del nucleo è atipiche e bizzarre, ad esempio tripolari, quadripolari o multipo-
variabile e la cromatina si trova spesso grossolanamente azzollata lari (Fig. 7.9).
256 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Figura 7.4 Leiomioma dell’utero. Questa lesione benigna e ben diffe- Figura 7.6 Tumore maligno (adenocarcinoma) del colon. Si noti che le
renziata contiene un intreccio di fasci di cellule muscolari lisce neoplastiche ghiandole neoplastiche, in confronto a quelle di un tumore benigno (ben
praticamente identiche nell’aspetto alle cellule normali del miometrio. definite e con l’aspetto di ghiandole normali, si veda Fig. 7.5), hanno forma
e dimensioni irregolari e non ricordano le normali ghiandole del colon.
Questo tumore è comunque considerato differenziato poiché si vi è forma-
zione di ghiandole. Le ghiandole maligne hanno invaso gli strati muscolari
Perdita della polarità. Alle anomalie citologiche si aggiunge anche del colon. (Per gentile concessione del Dr. Trace Worrell, University of Texas
la marcata alterazione dell’orientamento delle cellule anaplastiche Southwestern Medical School, Dallas, TX)
(che si traduce nella perdita della normale polarità). Strati o grandi
masse di cellule tumorali crescono in maniera anarchica e razione e alla rigenerazione tissutale. Spesso il nuovo tipo cellulare
disorganizzata. è più adatto al cambiamento verificatosi nell’ambiente: il reflusso
Altre alterazioni. Un altro aspetto dell’anaplasia è la formazione gastroesofageo, ad esempio, danneggia l’epitelio squamoso dell’eso-
di cellule tumorali giganti, alcune contenenti solamente un singolo fago, determinandone la sostituzione con un epitelio ghiandolare
enorme nucleo polimorfo, altre dotate di due o più nuclei iper- (gastrico o intestinale), più adatto all’ambiente acido. Il termine
cromatici di grosse dimensioni (si veda Fig. 7.8). Queste cellule displasia, invece, significa letteralmente “crescita disordinata”. La
giganti non devono essere confuse con le cellule infiammatorie displasia colpisce principalmente gli epiteli ed è caratterizzata da
di Langhans o con le cellule giganti da corpo estraneo, che deri- una serie di cambiamenti che comprendono perdita di uniformità
vano dai macrofagi e contengono numerosi nuclei di piccole delle singole cellule e perdita dell’orientamento architettonico cellulare.
dimensioni, ma normali. Sebbene l’accrescimento delle cellule Le cellule displastiche mostrano un considerevole grado di pleomor-
tumorali richieda evidentemente un apporto ematico, spesso lo fismo e spesso contengono grandi nuclei ipercromatici con un ele-
stroma vascolare è carente e, in molti tumori anaplastici, grandi vato rapporto nucleo/citoplasma. Vi può inoltre essere disordine
aree centrali vanno incontro a necrosi ischemica. nell’architettura del tessuto. Nell’epitelio squamoso, ad esempio, la
normale maturazione progressiva delle cellule dello strato basale
Prima di concludere il paragrafo sulla differenziazione e l’anapla- fino alle squame appiattite della superficie può andare perduta ed
sia, analizzeremo i concetti di metaplasia e displasia. Si definisce essere sostituita da strati di cellule ipercromatiche di aspetto basale
metaplasia la sostituzione di un tipo cellulare con un altro tipo. La lungo tutto l’epitelio. Le figure mitotiche sono più frequenti del solito,
metaplasia è quasi sempre associata a un danno e quindi alla ripa-

Figura 7.7 Carcinoma a cellule squamose ben differenziato della cute.


Figura 7.5 Tumore benigno (adenoma) della tiroide. Si noti l’aspetto Le cellule tumorali sono straordinariamente simili alle normali cellule epi-
normale (ben differenziato) dei follicoli tiroidei ripieni di colloide. (Per gentile teliali squamose, con ponti intercellulari e nidi di cheratina (perle cornee)
concessione del Dr. Trace Worrell, University of Texas Southwestern Medical (freccia). (Per gentile concessione del Dr. Trace Worrell, University of Texas
School, Dallas, TX) Southwestern Medical School, Dallas, TX)
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 257

l’aumento dei livelli ematici di tali ormoni è usato in ambito clinico


per rilevare i tumori e seguirne l’evoluzione; infatti, i carcinomi
squamocellulari ben differenziati dell’epidermide producono chera­
tina e i carcinomi epatocellulari ben differenziati producono bile.
Le cellule indifferenziate sono invece altamente anaplastiche e, qua-
lunque sia il loro tessuto di origine, perdono la somiglianza con le
cellule normali dalle quali originano. In alcuni casi, possono com-
parire funzioni nuove e imprevedibili: alcuni tumori sono in grado
di produrre proteine fetali non presenti nelle corrispondenti cellule
dell’adulto. I carcinomi di origine non endocrina possono produrre
una varietà di ormoni: i carcinomi broncogeni, ad esempio, possono
produrre corticotropina, ormone paratormone-simile, insulina e
glucagone, per menzionarne solo alcuni. Sebbene esistano delle ec-
cezioni, più un tumore cresce rapidamente e maggiore è il suo grado
Figura 7.8 Tumore anaplastico del muscolo scheletrico (rabdomiosarco- di anaplasia, minori saranno le probabilità che questo manifesti un’at-
ma). Si notino il marcato pleomorfismo cellulare e nucleare, i nuclei iper- tività funzionale specializzata. Le cellule nei tumori benigni sono quasi
cromatici e le cellule tumorali giganti. (Per gentile concessione del Dr. Trace sempre ben differenziate e assomigliano alle loro controparti normali
Worrell, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) di origine; le cellule dei tumori maligni sono più o meno differenziate,
ma una certa perdita di differenziazione è sempre presente.
sebbene abbiano quasi sempre un aspetto normale. Spesso, tuttavia,
le mitosi compaiono in localizzazioni anomale nell’ambito dell’epi- Tasso Di Crescita
telio. Nell’epitelio squamoso stratificato displastico, ad esempio, le
mitosi non sono confinate agli strati basali; al contrario, possono Un problema fondamentale nella biologia dei tumori è la compren-
apparire a tutti i livelli, compresi quelli superficiali. Quando le mo- sione dei fattori che ne influenzano la crescita e del ruolo di tali
dificazioni displastiche sono marcate e interessano l’intero spessore fattori nell’evoluzione clinica e nelle risposte terapeutiche. Si può
dell’epitelio, ma non superano la membrana basale, la lesione viene valutare la cinetica cellulare rispondendo alla domanda: quanto
considerata una neoplasia preinvasiva ed è definita carcinoma in situ tempo è necessario per produrre una massa tumorale clinicamente
(Fig. 7.10). Quando le cellule tumorali superano la membrana basale, evidente? Si può calcolare che la cellula originaria trasformata (circa
invece, il tumore è detto invasivo. Le modificazioni displastiche sono 10 mm di diametro) debba andare incontro ad almeno 30 duplica-
spesso adiacenti a focolai di carcinoma invasivo e in alcuni casi, zioni per produrre 109 cellule (del peso di circa 1 g), che corrispon-
come nei fumatori di lunga data o nell’esofago di Barrett, la displasia dono alla massa più piccola individuabile clinicamente; ma sono
epiteliale grave precede spesso la comparsa del cancro. Occorre necessari solo 10 ulteriori cicli di duplicazione per produrre un
tuttavia precisare che la displasia non progredisce necessariamente a tumore contenente 1012 cellule (del peso di circa 1 kg), che di solito
cancro. Variazioni lievi o moderate che non coinvolgono l’intero equivale alla dimensione massima compatibile con la vita. Tali stime
spessore dell’epitelio possono essere reversibili e, rimuovendo le sono basate sul presupposto che tutta la progenie della cellula tra-
cause scatenanti, l’epitelio può ritornare normale. Persino il carci- sformata mantenga la capacità di divisione e che non si verifichi
noma in situ può impiegare anni per diventare invasivo. alcuna perdita di cellule dal pool replicativo. Questa concezione del
Si può quindi immaginare che, quanto più le cellule trasformate tumore come una “dinamo patologica” non è del tutto corretta, come
sono ben differenziate, tanto più conservano le capacità funzionali vedremo in seguito. Ciononostante, il calcolo evidenzia un concetto
presenti nelle loro controparti normali. Le neoplasie benigne e i di estrema importanza relativo alla crescita tumorale, ossia che nel
carcinomi ben differenziati delle ghiandole endocrine, quindi, ela- momento in cui un tumore solido viene individuato clinicamente, esso
borano spesso gli ormoni caratteristici della cellula di origine e ha già completato buona parte del suo ciclo vitale. Questo è uno dei
principali ostacoli al trattamento dei tumori e sottolinea la necessità
di elaborare marcatori per la diagnosi precoce del cancro.
La velocità di crescita di un tumore è determinata da tre fattori
principali: il tempo di raddoppiamento delle cellule tumorali, la frazione
delle cellule tumorali che sono nel pool replicativo e la velocità con cui
le cellule vengono liberate o perdute. Poiché nella maggior parte dei
tumori il controllo del ciclo cellulare è sovvertito, le cellule tumorali
possono essere attivate a entrare nel ciclo più facilmente in assenza
delle usuali limitazioni. Ciò, tuttavia, non significa necessariamente
che le cellule in divisione completino il ciclo cellulare più rapidamente
delle cellule normali: per molti tumori, in realtà, il tempo totale ne-
cessario per completare il ciclo cellulare è uguale o maggiore rispetto
a quello delle corrispondenti cellule normali. Si può pertanto conclu-
dere con sicurezza che la crescita dei tumori non è generalmente as-
sociata a un accorciamento della durata del ciclo cellulare.
La percentuale di cellule all’interno della popolazione neoplastica
Figura 7.9 Tumore anaplastico che mostra variazioni nella grandezza e inclusa nel pool proliferativo è definita frazione di ­crescita. ­Studi ­clinici
nella forma delle cellule e dei nuclei. La cellula al centro del campo presenta e sperimentali indicano che durante la prima fase – ­submicroscopica – di
un fuso mitotico tripolare anomalo. crescita tumorale, la maggior parte delle cellule trasformate si trova
258 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Figura 7.10 A. Carcinoma in situ. Questa immagine a basso ingrandimento mostra che l’intero spessore dell’epitelio è sostituito da cellule atipiche
displastiche. Non si evidenzia un ordinato differenziamento delle cellule squamose. La membrana basale è intatta e non si riscontra la presenza di tumore
nello stroma. B. Un’immagine a più alta risoluzione di un’altra regione mette in evidenza l’assenza della normale differenziazione, un marcato pleomorfismo
nucleare e cellulare e numerose figure mitotiche che si spingono verso la superficie. La membrana basale non è inclusa nella foto.

nel pool proliferativo (Fig. 7.11). Con il progredire della crescita del ragione per cui tendono ad accrescersi con un ritmo molto più
tumore, un numero sempre maggiore di cellule lascia il pool proli- lento.
ferativo per effetto di fenomeni di distacco, mancanza di sostanze Alcuni importanti insegnamenti concettuali e pratici possono
nutritive, necrosi, apoptosi, differenziazione e ritorno alla fase non essere appresi dagli studi di cinetica cellulare tumorale:
proliferativa del ciclo cellulare (G0). Nel momento in cui un tumore
diventa clinicamente evidenziabile, pertanto, la maggior parte delle I tumori a rapida crescita hanno un alto turnover cellulare, che
cellule non è nel pool replicativo. Persino in alcuni tumori a rapida comporta alti tassi di proliferazione e di apoptosi. Se il tumore
crescita, la frazione di crescita non supera, nella migliore delle ipo- cresce, ovviamente, il tasso di proliferazione deve superare quello
tesi, il 20% circa. di morte cellulare.
In definitiva, la crescita progressiva dei tumori e la velocità con La frazione di crescita delle cellule tumorali ha un notevole im-
cui questi si accrescono sono determinate da un eccesso di produzione patto sulla loro suscettibilità alla chemioterapia antineoplastica.
di cellule rispetto alla perdita cellulare. In alcuni tumori, specialmente Poiché la maggior parte dei farmaci antineoplastici agisce sulle
quelli con una frazione di crescita relativamente elevata, lo squilibrio cellule che si trovano nel ciclo replicativo, non è difficile imma-
è notevole e determina un accrescimento più rapido, rispetto ai ginare che un tumore che contiene il 5% delle cellule nel pool
tumori in cui la produzione cellulare supera la perdita cellulare solo replicativo crescerà lentamente ma risulterà relativamente refrat-
in minima misura. Alcune leucemie e linfomi e determinati carci- tario al trattamento con farmaci che distruggono le cellule in
nomi polmonari (ad es. il carcinoma a piccole cellule) presentano divisione. Una strategia impiegata nel trattamento dei tumori
una frazione di crescita relativamente elevata e il loro decorso clinico caratterizzati da una bassa frazione di crescita (ad es. il cancro
è rapido. In confronto, molti dei più comuni tumori, come quelli del del colon e della mammella) consiste nell’indurre anzitutto lo
colon e della mammella, hanno una bassa frazione di crescita e la spostamento delle cellule tumorali dalla fase G0 nel ciclo cellulare.
produzione cellulare supera la perdita cellulare solo del 10% circa, L’obiettivo può essere perseguito riducendo la massa tumorale
chirurgicamente o mediante radioterapia, interventi in conse-
guenza dei quali le cellule tumorali residue tendono a entrare nel
ciclo cellulare, diventando quindi sensibili alla terapia farmaco-
logica. Tali considerazioni costituiscono la base delle modalità
combinate di trattamento. Alcuni tumori aggressivi (ad es. certi
linfomi e alcune leucemie) contenenti un grande numero di
cellule in divisione si dissolvono letteralmente con la chemiote-
rapia e possono anche guarire.

Possiamo ora tornare alla domanda posta in precedenza, ossia:


quanto tempo è necessario affinché una cellula trasformata produca
un tumore clinicamente evidenziabile contenente 10 9 cellule? Se
ciascuna delle cellule figlie rimane nel ciclo cellulare e nessuna cellula
viene liberata o persa, possiamo rispondere subito che il tempo è pari
a 90 giorni (30 raddoppi di popolazione, con un ciclo cellulare di
3 giorni). In realtà, il periodo di latenza prima che un tumore diventi
clinicamente evidenziabile è imprevedibile ma in genere è molto più
Figura 7.11 Rappresentazione schematica della crescita di un tumore.
Con l’espansione della popolazione cellulare, una percentuale sempre lungo di 90 giorni e, per la maggior parte dei tumori solidi, può durare
maggiore di cellule tumorali lascia lo stato replicativo attraverso il passaggio persino parecchi anni; a conferma del fatto che i tumori umani sono
in G0, la differenziazione e la morte. diagnosticati solamente quando hanno raggiunto uno stadio avanzato
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 259

del loro ciclo vitale. Dopo essere diventati clinicamente evidenziabili, le cellule staminali normali, anche le cellule staminali neoplastiche
il tempo medio di raddoppiamento volumetrico di tumori comuni abbiano un’elevata resistenza intrinseca alle terapie convenzionali a
come il cancro del polmone e del colon è di circa 2-3 mesi. Come causa del loro ridotto tasso di divisione cellulare e dell’espressione
anticipato nella descrizione delle variabili che ­influiscono sulla ve- di fattori come la MDR1 (Multiple Drug Resistance-1), che contra-
locità di crescita, tuttavia, il range dei valori ­relativi al tempo di stano gli effetti dei farmaci chemioterapici.5,6 Il limitato successo
raddoppiamento è estremamente ampio e può ­variare da un mese, delle terapie attuali, pertanto, può essere in parte spiegato dalla
come nel caso di alcuni tumori pediatrici, a più di un anno per alcuni ­loro incapacità di eliminare le cellule staminali neoplastiche che
tumori delle ghiandole salivari: le malattie neoplastiche rappresen- danno origine alle cellule neoplastiche. Le cellule staminali neopla-
tano davvero un gruppo di lesioni imprevedibile. stiche potrebbero originare da normali cellule staminali tissutali o
In generale, la velocità di crescita dei tumori è correlata al loro li- da cellule con un maggior grado di differenziazione che, nel contesto
vello di differenziazione e ciò significa che la maggior parte dei tumori del processo di trasformazione, acquisiscono la proprietà di auto-
maligni cresce più rapidamente rispetto alle lesioni benigne. Esistono rinnovarsi. Lo studio di alcune forme di leucemia (Cap. 13) avvalora
tuttavia molte eccezioni a questa regola: alcuni tumori benigni pre- entrambe queste possibilità. La leucemia mieloide cronica (LMC),
sentano una velocità di accrescimento maggiore rispetto ai tumori ad esempio, origina dalla controparte maligna di una cellula stami-
maligni; inoltre, la velocità di crescita delle neoplasie, siano esse nale emopoietica normale, mentre alcune leucemie mieloidi acute
benigne o maligne, può non essere costante nel tempo, essendo (LMA) derivano da precursori mieloidi più differenziati che acqui-
condizionata da fattori come la stimolazione ormonale, l’adeguatezza siscono una capacità anomala di automantenimento. L’identifica-
dell’apporto ematico e altre influenze sconosciute. La crescita dei zione di “cellule staminali leucemiche” ha stimolato la ricerca di
leiomiomi uterini (tumori benigni del muscolo liscio), ad esempio, cellule staminali neoplastiche anche nei tumori solidi. Gli studi si
può cambiare nel tempo a causa delle variazioni ormonali. Spesso sono focalizzati per la maggior parte sulla ricerca di cellule inducenti
l’esame clinico ripetuto di pazienti affette da simili neoplasie a di- il tumore (Tumor-Initiating Cells, T-IC), definite come cellule che
stanza di anni rivela l’assenza di un significativo aumento di dimen- permettono a un tumore umano di crescere e mantenersi indefini-
sioni e, dopo la menopausa, le neoplasie possono andare incontro tamente quando vengono trapiantate in un topo immunodeficiente.
ad atrofia ed essere sostituite in gran parte da collagene, talvolta T-IC sono state identificate in diversi tumori umani, compresi il
calcificato. Durante la gravidanza, per contro, i leiomiomi entrano carcinoma della mammella, il glioblastoma multiforme, il cancro
spesso in una fase di crescita accelerata. Tali modificazioni riflettono del colon e la LMA,5-8 in cui tali cellule rappresentano una quota
la risposta delle cellule tumorali ai livelli circolanti di ormoni della cellularità totale compresa tra lo 0,1 e il 2%.
­steroidei, in particolare estrogeni. I tumori presentano un’ampia Studi più recenti hanno dimostrato che in taluni tumori le T-IC
variabilità per quel che riguarda le caratteristiche di crescita: alcuni sono molto comuni e arrivano a rappresentare il 25% della cellularità
tumori maligni si accrescono lentamente per anni e poi all’improv- complessiva.9 Alcuni tumori, pertanto, possono possedere un ridotto
viso aumentano di dimensioni, disseminandosi in maniera esplosiva numero di T-IC che successivamente si “differenziano” per formare
e causando la morte entro pochi mesi dalla diagnosi, comportamen- la massa tumorale, mentre altri tumori sono costituiti principalmen-
to che potrebbe derivare dalla selezione di un subclone aggressivo te da T-IC. In futuro sarà importante identificare la popolazione
di cellule trasformate. All’altro estremo si collocano le neoplasie oncogena presente in ciascun tumore per indirizzare la terapia
maligne che crescono più lentamente dei tumori benigni e che pos- contro le cellule staminali neoplastiche. Recentemente si è scoperto
sono addirittura entrare in periodi di latenza della durata di anni. che i geni e i processi che regolano le cellule staminali neoplastiche
Talvolta è stato osservato che i tumori si riducono di dimensioni, sono gli stessi che regolano l’omeostasi delle normali cellule staminali
fino a scomparire, in alcuni casi, spontaneamente, ma simili “mira- tissutali. Ad esempio BMI1, un componente del complesso di rimo-
coli” sono talmente rari da restare delle curiosità. dellamento della cromatina Polycomb, che induce la persistenza di
cellule staminali nelle cellule emopoietiche normali e nelle cellule
staminali leucemiche, e la via del WNT, un importante regolatore
Cellule Staminali Neoplastiche
delle cellule staminali normali delle cripte del colon che è coinvolto
E Linee Cellulari Tumorali
nel mantenimento delle “cellule staminali” dell’adenocarcinoma del
La crescita continua e il mantenimento di tessuti contenenti cellule colon.9,10 Non è ancora stato chiarito se sia corretto considerare le
a breve vita, come gli elementi figurati del sangue e le cellule epiteliali T-IC una misura accurata delle cellule staminali neoplastiche, né si
del tratto gastrointestinale e della cute, richiedono un popolazione conosce con sicurezza il grado di dipendenza delle cellule staminali
di cellule staminali tissutali longeve e capaci di autorinnovarsi. neoplastiche dalla “nicchia” di cellule di supporto delle cellule sta-
Le cellule staminali nei tessuti sono rare e si trovano in nicchie create minali normali, e non si sa molto sulla futura possibilità di interve-
da cellule di supporto, che producono fattori paracrini che le pro- nire selettivamente sui fattori che determinano la quota di cellule
teggono.4 Si ricorderà dal Capitolo 3 che le cellule staminali tissutali staminali di un tumore.
si dividono asimmetricamente per produrre due tipi di cellule figlie:
quelle con potenziale proliferativo limitato, che vanno incontro a Invasione Locale
differenziazione terminale per poi morire, e quelle che mantengono
il potenziale staminale. Quasi tutti i tumori benigni crescono formando masse compatte ed
I tumori maligni sono immortali e hanno una capacità prolifera- espansive che restano localizzate nella loro sede di origine e, a diffe-
tiva illimitata, per cui è verosimile che, come i tessuti normali, anche renza dei tumori maligni, non hanno la capacità di infiltrare, inva-
tessuti i neoplastici abbiano cellule con proprietà di tipo “staminale”.5,6 dere o metastatizzare a distanza. Poiché crescono e si espandono
Il concetto di cellule staminali neoplastiche ha diverse implicazioni lentamente, i tumori benigni sviluppano in genere un involucro di
importanti. La principale è che se le cellule staminali sono essenziali tessuto connettivo compresso, talvolta chiamato capsula fibrosa, che
per la persistenza del tumore, allora sono proprio queste a dover li separa dal tessuto di origine. Questa capsula deriva in larga parte
essere eliminate per guarire il paziente malato. Si pensa che, come dalla matrice extracellulare del tessuto di origine, in conseguenza
260 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Figura 7.12 Fibroadenoma della mammella. Il piccolo tumore ben cir-


coscritto di colore scuro è chiaramente distinto dal tessuto mammario
normale di colore biancastro.

dell’atrofia delle cellule del parenchima normale sotto la pressione di Figura 7.14 Sezione di un carcinoma duttale invasivo della mammella.
un tumore in espansione. La capsula non previene la crescita tumo- La lesione appare retratta, infiltra il circostante tessuto mammario e alla
rale, ma fa sì che la neoplasia benigna rimanga una massa delimitata, palpazione risulterebbe dura.
facilmente palpabile e mobile che può essere enucleata chirurgica-
mente (Figg. 7.12 e 7.13). Sebbene esista un piano di clivaggio ben
definito intorno alla maggior parte dei tumori benigni, in alcuni casi appare ben circoscritto, è necessario rimuovere un margine consi-
esso è assente. Gli emangiomi (neoplasie formate da vasi ematici derevole di tessuto apparentemente normale adiacente alla neoplasia
aggrovigliati), ad esempio, sono spesso privi di capsula e sembra che infiltrante. La caratteristica più importante per distinguere i tumori
penetrino nel tessuto nel quale insorgono (in genere il tessuto maligni da quelli benigni è, oltre alla capacità di metestatizzare, l’in-
sottocutaneo). vasività. Abbiamo detto in precedenza che alcuni tumori sembrano
La crescita dei tumori maligni è accompagnata da una progressiva evolvere a partire da una fase preinvasiva chiamata carcinoma in
infiltrazione, invasione e distruzione del tessuto circostante. Solita- situ. Questo si verifica comunemente nei tumori della cute, della
mente, le neoplasie maligne sono poco demarcate dal tessuto nor- mammella e in alcune altre sedi ed è ben esemplificato dal carcinoma
male circostante e manca un piano di clivaggio ben definito della cervice uterina (Cap. 22). I tumori epiteliali in situ mostrano le
(Figg. 7.14 e 7.15). I tumori maligni a lenta crescita, tuttavia, possono caratteristiche citologiche di malignità senza invasione della membra-
sviluppare una capsula fibrosa apparentemente limitante e spingersi na basale. Possono essere considerati un passo indietro rispetto al
con un ampio fronte nelle strutture adiacenti normali. L’esame isto­ cancro invasivo; con il tempo, la maggior parte di essi penetra nella
logico di tali masse che sembrano capsulate quasi sempre mostra membrana basale e invade lo stroma sottostante.
filiere di cellule che infiltrano le strutture adiacenti, con fronti di
avanzamento simili alle chele di un granchio, da cui l’immagine che Metastasi
ha valso ai tumori maligni la comune definizione di “cancri”.
La maggior parte delle neoplasie maligne invade i tessuti circo- Le metastasi sono impianti di tumore lontani dal tumore primitivo
stanti e penetra, ad esempio, nella parete del colon o dell’utero, o e indicano inequivocabilmente la malignità di un tumore giacché le
cresce mediante digitazioni attraverso la superficie cutanea. I tumori neoplasie benigne non metastatizzano. L’invasività dei tumori maligni
non rispettano i normali confini anatomici. L’invasività rende ­difficile
se non impossibile la loro resezione chirurgica e, anche se il tumore

Figura 7.15 Aspetto microscopico del carcinoma della mammella mo-


strato nella Figura 7.14. È evidente l’invasione dello stroma della mammella
Figura 7.13 Aspetto microscopico del fibroadenoma della mammella e del tessuto adiposo da parte di nidi e cordoni di cellule tumorali (si con-
mostrato nella Figura 7.12. La pseudocapsula fibrosa (destra) delimita il fronti con il fibroadenoma mostrato nella Figura 7.13). Si noti l’assenza di
tumore dal tessuto circostante. (Per gentile concessione del Dr. Trace una capsula ben definita. (Per gentile concessione del Dr. Trace Worrell,
Worrell, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 261

consente loro di penetrare nei vasi ematici e linfatici, nonché nelle


cavità del corpo, con la possibilità di diffondere in altre sedi. Tutte
le neoplasie maligne possono metastatizzare fatte salve poche eccezioni.
Queste ultime includono la maggior parte delle neoplasie maligne
delle cellule gliali nel sistema nervoso centrale, chiamate gliomi, e i
carcinomi a cellule basali della cute, tumori localmente invasivi ma
con scarsa capacità di metastatizzare. È pertanto evidente che le
proprietà di invasività e metastatizzazione sono scindibili.
Di norma, tanto più il tumore primitivo è aggressivo, a rapido
accrescimento e di grandi dimensioni, maggiore è la possibilità che
metastatizzi o abbia già metastatizzato. Esistono tuttavia numerose
eccezioni: lesioni piccole, ben differenziate e a lento accrescimento
a volte metastatizzano precocemente, mentre alcune lesioni a rapida
crescita e di grandi dimensioni rimangono localizzate per anni. Il
processo vede coinvolti numerosi fattori relativi sia al tumore sia
all’ospite. Figura 7.17 Linfonodo ascellare con lesioni metastatiche da carcinoma
In circa il 30% dei casi di nuove diagnosi di tumori solidi (escluse mammario. Il seno periferico sottocapsulare (in alto) è dilatato e contiene
cellule tumorali. Nidi di cellule tumorali hanno invaso anche la corticale
le neoplasie cutanee diverse dai melanomi), sono già presenti ­metastasi. sottocapsulare. (Per gentile concessione del Dr. Trace Worrell, University
La diffusione metastatica riduce fortemente la possibilità di guarigio- of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
ne; quindi, non potendo prevenire i tumori, sarebbe una conquista
trovare almeno il sistema per riuscire a bloccarne la diffusione.
nei tessuti sottostanti. A volte i carcinomi appendicolari mucosecer-
nenti riempiono la cavità peritoneale con una massa neoplastica
Vie di diffusione
gelatinosa denominata pseudomixoma peritoneale.
La disseminazione dei tumori può avvenire attraverso una delle Diffusione linfatica. Il trasporto attraverso i vasi linfatici è la via
seguenti vie: (1) disseminazione diretta attraverso le cavità e le su- più comune per la disseminazione dei carcinomi (Fig. 7.17) ma
perfici del corpo, (2) diffusione per via linfatica e (3) diffusione per anche i sarcomi possono utilizzare tale via. Sebbene i tumori non
via ematica. Sebbene il trapianto diretto di cellule tumorali, ad esem- contengano vasi linfatici funzionali, i vasi linfatici localizzati ai
pio con strumenti chirurgici, non sia un’ipotesi da escludere, si tratta margini del tumore sono apparentemente sufficienti per la dissemi-
di un evento molto raro, ragione per cui non ci soffermeremo oltre nazione linfatica delle cellule tumorali.11 L’affermazione che i carci-
su questa modalità artificiale di disseminazione. Ciascuna delle tre nomi diffondano per via linfatica e i sarcomi per via ematica non è
vie principali viene descritta di seguito. esatta perché in realtà vi sono numerose interconnessioni tra i siste-
Disseminazione attraverso le cavità e le superfici del corpo. La mi vascolare e linfatico. Il coinvolgimento linfonodale segue la natu-
disseminazione attraverso le cavità e le superfici del corpo può ri- rale via di drenaggio linfatico. Poiché i carcinomi della mammella
guardare qualunque neoplasia che penetri in un naturale “campo originano di solito nei quadranti superiori esterni, in generale dis-
aperto”. La sede più spesso colpita è la cavità peritoneale (Fig. 7.16), seminano prima nei linfonodi ascellari. I carcinomi dei quadranti
ma può essere coinvolta qualsiasi altra cavità: pleurica, pericardica, interni possono drenare attraverso i vasi linfatici ai linfonodi del
subaracnoidea e articolare. Tale disseminazione è caratteristica in torace lungo le arterie mammarie interne. Successivamente le cellule
particolare dei carcinomi che originano dalle ovaie, quando tutta neoplastiche possono arrivare ai linfonodi sotto- e sovraclaveari.
la superficie peritoneale si ricopre di un rivestimento di cellule I carcinomi del polmone hanno origine nelle vie respiratorie di
­neoplastiche. Le cellule tumorali possono rimanere confinate alla maggiore calibro e metastatizzano a livello dei linfonodi peri-ilari,
superficie di rivestimento degli organi addominali senza penetrare tracheobronchiali e mediastinici. I linfonodi regionali, tuttavia,
possono essere oltrepassati (cosiddette “metastasi a salto”) per la
presenza di anastomosi venolinfatiche, o a causa dell’obliterazione
dei vasi linfatici per fenomeni infiammatori primitivi o secondari a
radioterapia.
Nel carcinoma della mammella, è molto importante determinare
il coinvolgimento dei linfonodi ascellari per valutare la prognosi
della malattia e per scegliere le strategie terapeutiche più adatte. Per
evitare la considerevole morbilità chirurgica associata alla dissezione
linfonodale ascellare completa, viene spesso utilizzata la biopsia dei
linfonodi sentinella per stabilire la presenza o l’assenza di lesioni
metastatiche ai linfonodi. Un linfonodo sentinella è definito come
“il primo linfonodo in un bacino linfatico regionale che riceve il
flusso linfatico dal tumore primitivo”.12 La localizzazione del linfo-
nodo sentinella può essere ottenuta con l’iniezione di traccianti
radiomarcati e sostanze coloranti e l’uso di sezioni congelate del
linfonodo sentinella al momento dell’intervento può guidare il chi­
Figura 7.16 Carcinoma del colon che infiltra il tessuto adiposo pericolico. rurgo nella scelta della terapia appropriata. L’identificazione del
(Per gentile concessione del Dr. Melissa Upton, University of Washington, linfonodo sentinella è stata impiegata anche per individuare la
Seattle, WA) ­diffusione di melanoma, cancro del colon e altri tumori.12,13
262 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

In molti casi, i linfonodi regionali rappresentano efficaci barriere


all’ulteriore disseminazione del tumore, almeno per un certo pe-
riodo. È infatti possibile che le cellule neoplastiche, dopo essere
arrivate all’interno del linfonodo, vengano distrutte da una risposta
immunitaria tumore-specifica. Il drenaggio di detriti cellulari o
antigeni tumorali, o entrambi, provoca inoltre alterazioni di tipo
reattivo all’interno dei linfonodi, per cui l’ingrandimento dei lin-
fonodi può essere causato (1) dalla diffusione e dalla crescita delle
cellule neoplastiche o (2) da iperplasia reattiva (Cap. 13). L’ingran-
dimento linfonodale in vicinanza di un cancro, sebbene debba essere
motivo di allarme, non indica dunque necessariamente la dissemi-
nazione della lesione primaria.
Diffusione per via ematica. La diffusione per via ematica è tipica
dei sarcomi ma è osservata anche nei carcinomi. Le arterie, caratte- Figura 7.19 Aspetto microscopico di una metastasi epatica di adeno-
carcinoma pancreatico. (Per gentile concessione del Dr. Trace Worrell,
rizzate da una parete spessa, sono di difficile penetrazione rispetto University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
alle vene. La diffusione arteriosa può verificarsi, tuttavia, quando le
cellule tumorali passano attraverso il letto dei capillari polmonari o
gli shunt arterovenosi polmonari oppure quando le metastasi polmo-
nari stesse danno origine a ulteriori emboli tumorali. Nella diffusione Numerose evidenze indicano che la sola localizzazione anato-
ematica, i modelli di distribuzione delle metastasi sono ­influenzati da mica della neoplasia e le vie naturali di drenaggio venoso non sono
diversi fattori. Con l’invasione venosa, le cellule trasportate dal sangue sufficienti a spiegare del tutto la distribuzione sistemica delle me-
seguono il flusso venoso che drena la sede della neoplasia e le cellule tastasi. Il carcinoma prostatico, ad esempio, si propaga preferen-
tumorali spesso si arrestano nel primo letto di capillari che incontrano. zialmente all’osso, i carcinomi broncogeni tendono a coinvolgere i
Come si può intuire, il fegato e i polmoni sono le sedi più frequente- surreni e il sistema nervoso centrale e i neuroblastomi diffondono
mente interessate da una diffusione di tipo ematogeno (Figg. 7.18 e 7.19), al fegato e alle ossa. I muscoli scheletrici e la milza, invece, nono-
poiché tutto il sangue venoso che refluisce attraverso il circolo portale stante l’elevato apporto ematico che ricevono e i grandi vasi presenti
arriva al fegato e tutto il sangue cavale affluisce ai polmoni. Tumori nel loro parenchima, sono raramente sedi di metastasi. Le probabili
che insorgono nelle immediate vicinanze della colonna vertebrale basi di tale localizzazione tessuto-specifica verranno discusse più
spesso embolizzano attraverso il plesso paravertebrale e questa via è avanti.
probabilmente responsabile della frequente presenza di metastasi Le caratteristiche distintive dei tumori benigni e maligni illustrate
vertebrali nei carcinomi della tiroide e della prostata. in questa panoramica sono riassunte nella Tabella 7.2 e nella
Alcuni tumori hanno una propensione all’invasione delle vene. ­Figura 7.20. Dopo avere fornito le informazioni principali sulla
Il carcinoma renale spesso invade i rami della vena renale e quindi struttura e sul comportamento delle neoplasie, passeremo ora ad
la vena renale stessa, accrescendosi fino ad arrivare alla vena cava analizzare l’origine dei tumori, partendo dalle informazioni ricavate
inferiore e raggiungendo talvolta la parte destra del cuore. I carci- dall’epidemiologia del cancro e proseguendo con le basi molecolari
nomi epatocellulari spesso penetrano nei piccoli rami portali ed della cancerogenesi.
epatici, accrescendosi fino ad arrivare ai principali vasi venosi. È
interessante notare come tale crescita endovenosa non sia accom-
pagnata da disseminazione diffusa. L’evidenza istologica della pene­ Epidemiologia
trazione dei piccoli vasi a livello della lesione primaria è ovviamente
un reperto infausto. Tali modificazioni, tuttavia, devono essere va- Poiché il cancro è un disturbo della crescita e del comportamento
lutate attentamente poiché, per ragioni descritte più avanti, non della cellula, le cause prime della sua insorgenza devono essere
indicano l’inevitabile sviluppo di metastasi. definite a livello cellulare e subcellulare, ma gli studi sulla distri-
buzione dei tumori nelle varie popolazioni possono contribuire
notevolmente alla comprensione delle origini dei tumori. Studi
epidemiologici hanno stabilito un nesso causale tra il fumo e il
cancro del polmone e il confronto tra la dieta e i tassi di cancro
in Occidente e in Africa ha consentito di mettere in relazione la
dieta a elevato contenuto di grassi e povera di fibre con lo sviluppo
del cancro del colon. Indicazioni di grande rilevanza circa le cause
di insorgenza del cancro, quindi, possono essere ottenute median-
te studi epidemiologici che mettano in relazione specifiche
­influenze ambientali, etniche (forse ereditarie) e culturali con
l’insorgere di determinate neoplasie. Alcune patologie associate
a un aumentato rischio di sviluppare il cancro (disordini prene-
oplastici) forniscono inoltre informazioni sulla patogenesi del
cancro. Nella trattazione che segue presenteremo dapprima sin-
teticamente l’incidenza globale del cancro per avere una perce-
zione dell’entità del problema, quindi passeremo in rassegna
­a lcuni fattori correlati al paziente e all’ambiente che possono
Figura 7.18 Fegato che mostra numerosi noduli neoplastici metastatici. predisporre allo sviluppo di tumori.
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 263

Tabella 7.2 Confronto tra tumori benigni e maligni


Caratteristiche Benigno Maligno

Differenziazione/anaplasia Ben differenziato; struttura talvolta tipica del tessuto Vari gradi di mancanza di differenziazione con
di origine anaplasia; struttura spesso atipica

Tasso di crescita Solitamente progressivo e lento; può arrestarsi o Irregolare, variabile da lento a rapido; le figure
andare incontro a regressione; figure mitotiche mitotiche possono essere numerose e anomale
rare e normali

Invasione locale Solitamente coesivo ed espansivo con masse ben Localmente invasivo, infiltrante i tessuti circostanti;
delimitate che non invadono o infiltrano il tessuto talvolta può sembrare coesivo ed espansivo
normale circostante

Metastasi Assenti Frequentemente presenti; tanto più probabili


quanto più grande e indifferenziato è il tumore
primitivo

Incidenza Del Cancro i tumori più comuni si sviluppano nella prostata, nel polmone e nel
colon-retto. Nelle donne sono invece più frequenti i tumori di mam-
La probabilità di un soggetto di sviluppare una forma specifica di mella, polmone e colon-retto. I tumori del polmone, della mammella
tumore può essere calcolata, con una certa approssimazione, dispo- femminile, della prostata e del colon-retto costituiscono più del
nendo dei dati di incidenza e di mortalità di una nazione. Chi risiede 50% dei tumori diagnosticati e causano più del 50% dei decessi per
negli Stati Uniti, ad esempio, ha circa una possibilità su cinque di cancro nella popolazione statunitense.1
morire di cancro. Si stima che nel 2008 vi siano stati circa 1.437.180 I tassi di mortalità riferiti alle diverse classi età (numero di morti
nuovi casi di tumore e che 565.650 decessi – pari al 23% di tutte le per 100.000) per molte forme di tumore sono significativamente
morti – siano stati causati da neoplasia;1 questo tasso di mortalità è cambiati nel corso degli anni. Nel corso degli ultimi cinquant’anni
superato solo da quello delle malattie cardiovascolari. Questi dati del XX secolo il tasso di mortalità per cancro e per classe di età è
non comprendono un altro milione di casi, per la maggior parte aumentato significativamente negli uomini e nelle donne. Il tasso di
tumori della cute non melanomi facilmente curabili, e 122.000 casi incidenza del cancro negli uomini si è tuttavia stabilizzato dal 1995
di carcinoma in situ, per lo più tumori della mammella femminile e, dal 1990, il tasso di mortalità per la stessa categoria di soggetti si
e melanomi.1 Gli organi maggiormente colpiti e la frequenza stimata è ridotto del 18,4%.1 Nelle donne, l’incidenza del cancro si è stabi-
di morti per cancro sono mostrate nella Figura 7.21. Negli uomini lizzata nel 1995 e la mortalità per cancro si è ridotta del 10,4% dal

Figura 7.20 Confronto tra un tumore benigno (leiomioma) e un tumore maligno (leiomiosarcoma) del miometrio.
264 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Figura 7.21 Incidenza e mortalità per cancro in funzione della sede di insorgenza e del sesso. Sono esclusi i carcinomi della cute basocellulari e ­squamocellulari
e i carcinomi in situ, fatta eccezione per quelli della vescica. (Adattato da Jemal A et al: Cancer statistics, 2008. CA Cancer J Clin 58:2, 2008)

1991.1 Tra gli uomini, circa l’80% della riduzione totale dei tassi di hanno avuto il maggiore calo della mortalità per cancro durante gli
mortalità per cancro è attribuibile alla riduzione dei tassi di mortalità ultimi dieci anni. Tra gli ispanici che vivono negli Stati Uniti, la
per tumore del polmone, della prostata e del colon-retto registrata frequenza dei tumori più comuni è inferiore rispetto alle popolazioni
a partire dal 1990.1 Nella popolazione femminile, la contrazione del bianche non ispaniche, ma essi presentano una più alta incidenza
tasso di mortalità per cancro è dovuta per il 60% circa alla riduzione di tumori di stomaco, fegato, collo dell’utero e colecisti, nonché di
dei tassi di mortalità da carcinoma della mammella e del colon- determinate forme di leucemia infantile.
retto.1 Quasi il 40% delle riduzioni sesso-specifiche riguardanti i tassi
mortalità per tumore è dato dalla riduzione dei tassi di morte per Fattori Geografici E Ambientali
tumore polmonare nell’uomo e per tumore della mammella nella
donna.1 Il minor uso di prodotti a base di tabacco spiega la riduzione La patogenesi del cancro coinvolge fattori genetici e ambientali, ma
del numero di decessi per tumore del polmone, mentre i progressi si ritiene che questi ultimi siano maggiormente coinvolti nello svi-
compiuti sul piano della diagnosi e del trattamento sono responsabili luppo dei comuni tumori sporadici. In un ampio studio è stato
della riduzione dei tassi di morte da tumore del colon-retto, della ­osservato che la percentuale di rischio da cause ambientali era del
mammella femminile e della prostata.1 Gli ultimi cinquant’anni 65%, mentre i fattori ereditari contribuivano in misura variabile dal
hanno visto il declino nel numero di morti da carcinoma della cer- 26 al 42%. Il ruolo dei fattori ambientali sembra inoltre essere
vice uterina, reso possibile dalla diagnosi precoce mediante test di ­confermato anche dalle significative differenze riscontrate a livello
Papanicolaou (Pap). La diminuzione dei decessi per carcinoma dello ­internazionale riguardo ai tassi di incidenza e mortalità di specifiche
stomaco è attribuibile a una minore diffusione di alcuni cancerogeni forme di tumore.16,17 La mortalità per carcinoma dello stomaco negli
alimentari, per effetto di una migliore conservazione del cibo o di uomini e nelle donne, ad esempio, è da sette a otto volte più elevata
cambiamenti nelle abitudini alimentari. Sfortunatamente, tra il in Giappone che negli Stati Uniti, mentre la mortalità per
1990-1991 e il 2004 i tassi di morte per tumore del polmone nelle ­carcinoma del polmone negli Stati Uniti è poco più del doppio ri-
donne e di carcinoma epatico e dei dotti biliari intraepatici negli spetto a quella rilevata in Giappone. Sebbene differenze dovute
uomini sono cresciuti in modo sostanziale, a dispetto dell’evoluzione ­alla razza non possano essere escluse, si ritiene generalmente che la
positiva in termini di sopravvivenza osservata in relazione ad altre maggior parte di queste differenze geografiche sia la conseguenza
neoplasie.1 In effetti, sebbene nelle donne i carcinomi della mam- di influenze ambientali. Di fatto, il confronto dei tassi di ­mortalità re-
mella si verifichino circa 2,5 volte più frequentemente di quelli del lativi ai giapponesi immigrati negli Stati Uniti e ai giapponesi nati
polmone, il tumore del polmone è divenuto la principale causa di negli Stati Uniti da genitori immigrati (“Nisei” in inglese) mostra
morte per tumore nelle donne. I decessi causati da tumori primitivi che i tassi di mortalità per tumore negli immigrati giapponesi di
del fegato, che erano diminuiti tra il 1930 e il 1970, sono pressoché prima generazione si collocano in una posizione intermedia tra
raddoppiati nel corso degli ultimi trent’anni e ci si attende che questo quelli dei soggetti nativi del Giappone e dei nativi della California,
valore aumenti nel corso dei prossimi anni, quando le molte persone e che i due tassi si avvicinano a ogni generazione che passa (Fig. 7.22).
infettate da virus dell’epatite C (HCV) cominceranno a sviluppare Simili osservazioni sottolineano l’importanza dei fattori culturali e
carcinoma epatocellulare. ambientali rispetto ai fattori genetici.
La razza, pur non essendo una categoria biologica rigida, può I fattori ambientali cancerogeni sono numerosi e vanno ricercati
definire gruppi a rischio per certe neoplasie.14,15 La disparità nei tassi nell’ambiente stesso, sul posto di lavoro, negli alimenti e anche
di mortalità tra americani bianchi e neri persiste, ma gli ­afroamericani ­nelle abitudini personali. Gli individui posso essere esposti a fattori
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 265

età compresa tra 40 e 79 anni e tra gli uomini di età compresa tra i
60 e i 79 anni; la riduzione dei decessi per cancro nella popolazione
ultraottantenne è dovuta al numero inferiore di individui che rag-
giungono tale età. La progressione dell’incidenza con l’età può essere
spiegata dall’accumulo di mutazioni somatiche associate alla com-
parsa di neoplasie maligne (come illustrato oltre), ma anche il
­declino dell’immunocompetenza che si accompagna all’invecchia-
mento può essere considerato un fattore di una certa importanza.
Questo non significa però che la popolazione infantile sia rispar-
miata: negli Stati Uniti il cancro è la causa di poco più del 10% delle
morti complessive nei bambini al di sotto dei 15 anni, secondo solo
agli incidenti. I tipi di tumore che predominano tra i bambini sono
però significativamente differenti da quelli degli adulti. I carcinomi,
la categoria generale più frequentemente osservata negli adulti, sono
straordinariamente rari tra i bambini, mentre le leucemie acute e le
neoplasie primitive del sistema nervoso centrale determinano il
60% circa delle morti infantili per tumore. Le comuni neoplasie
dell’infanzia comprendono i cosiddetti tumori a piccole cellule ro-
tonde come il neuroblastoma, il tumore di Wilms, il retinoblastoma,
le leucemie acute e i rabdomiosarcomi, che saranno descritti nel
Figura 7.22 Le variazioni nell’incidenza di alcune neoplasie dopo l’emi- Capitolo 10 e in altre sezioni all’interno del volume.
grazione dal Giappone negli Stati Uniti dimostrano che lo sviluppo tumorale
è legato a componenti ambientali che differiscono nei due Paesi. L’incidenza
di ciascun tipo di tumore è espressa dal rapporto fra il tasso di mortalità Predisposizione Genetica
nella popolazione considerata e quello di un’ipotetica popolazione
­bianca ­della California con la stessa distribuzione per età; ai tassi di mortalità
Spesso i medici si sentono porre la seguente domanda: “Poiché mia
della popolazione bianca è stato attribuito il valore di 1. I tassi di mortalità madre e mio padre sono morti di cancro, questo significa che anche
degli immigrati e dei loro figli si avvicinano sempre più a quelli della io sono destinato ad ammalarmi di tumore?”. Stante le attuali cono-
­California. (Da Cairns J: The cancer problem. In Readings from Scientific scenze, la risposta deve essere attentamente valutata.19,20 Elementi
American – Cancer Biology. New York, WH Freeman, 1986, p. 13) sicuri indicano che per molti tipi di tumore, comprese le forme più
comuni, esistono non solo influenze ambientali ma anche predispo-
c­ ancerogeni quando sono all’aria aperta (raggi ultravioletti [UV] e sizioni ereditarie. Il tumore al polmone, ad esempio, in molti casi è
smog), quando assumono farmaci (metotrexato), quando si trovano chiaramente legato al fumo di sigaretta, ma è stato dimostrato che
nell’ambiente di lavoro (asbesto, cloruro di vinile; si veda Tab.7.3) o la mortalità da tumore del polmone è quattro volte più elevata tra i
in casa (dieta ad alto contenuto di grassi, alcool). I dati generali indi- parenti non fumatori (genitori e fratelli) di pazienti affetti da tumore
cano che la maggior parte dei cittadini statunitensi in sovrappeso ha polmonare rispetto ai parenti non fumatori dei controlli (l’effetto del
un tasso di mortalità per tumore più alto del 52% (uomini) e fumo passivo può confondere alcuni di questi risultati). Meno
del 62% (donne) rispetto alle loro controparti magre. In effetti, l’obesità del 10% dei pazienti affetti da neoplasie presenta mutazioni eredi-
è associata al 14% circa dei decessi per tumore negli uomini e a una tarie predisponenti ai tumori e la frequenza è addirittura più bassa
percentuale del 2% nelle donne.18 L’abuso di alcool da solo aumenta (0,1% circa) per alcuni tipi di neoplasie ma, nonostante la bassa
il rischio di carcinoma dell’orofaringe (escluse le labbra), della laringe frequenza, il riconoscimento di una predisposizione ereditaria allo
e dell’esofago e, per effetto dello sviluppo di cirrosi alcolica, anche il sviluppo di tumori ha avuto molta importanza nella comprensione
rischio di carcinoma epatocellulare. Il fumo, in particolare di sigarette, della patogenesi dei tumori stessi. Inoltre, geni associati a forme
è implicato nell’insorgenza del cancro della bocca, della faringe, della tumorali dotate di una forte componente ereditaria sono general-
laringe, dell’esofago, del pancreas e della vescica ma soprattutto è re­ mente coinvolti anche nelle più frequenti forme sporadiche dello
sponsabile di circa il 90% dei decessi per tumore del polmone (Cap. 9). stesso tumore. I fattori di rischio genetico possono essere divisi in
Il fumo è stato indicato come il più importante fattore ambientale tre categorie (Tab. 7.4).
singolo responsabile delle morti premature negli Stati Uniti. L’asso- Sindromi tumorali ereditarie autosomiche dominanti. Le
ciazione di alcool e tabacco moltiplica il rischio di tumore delle vie sindromi tumorali ereditarie comprendono diversi tumori ben ca-
aeree e digestive superiori. Il rischio di sviluppare un cancro della ratterizzati, in cui la mutazione di un singolo gene autosomico do-
cervice uterina è legato all’età del primo rapporto sessuale e al numero minante accresce in maniera esponenziale la possibilità di sviluppare
di partner sessuali ed è noto che l’infezione del papillomavirus umano un tumore. La mutazione ereditata è solitamente una mutazione
(HPV) a trasmissione sessuale contribuisce alla displasia cervicale e puntiforme all’interno di un singolo allele di un gene oncosoppres-
all’insorgenza del cancro. Pare che qualsiasi cosa facciamo per gua- sore. La mancata espressione dell’altro allele si verifica, nelle cellule
dagnarci da vivere oppure per divertirci ci porti a ingrassare, sia im- somatiche, generalmente in conseguenza di una delezione o di una
morale, illegale o, ancor peggio, provochi il cancro. ricombinazione. Il retinoblastoma dell’infanzia è l’esempio più tipico
di questa categoria. Circa il 40% dei retinoblastomi è ereditario. I
portatori di una mutazione nel gene oncosoppressore RB corrono un
Età
rischio 10.000 volte maggiore di sviluppare un retinoblastoma,
L’età esercita un’influenza significativa sulla probabilità di sviluppare ­solitamente bilaterale. In questi soggetti, inoltre, vi è anche un’altis-
un tumore. La maggior parte dei carcinomi compare in tarda età sima probabilità di sviluppare un secondo cancro, in particolare un
(dopo i 55 anni). Il cancro è la prima causa di morte tra le donne di osteosarcoma. La poliposi adenomatosa familiare è una patologia
266 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Tabella 7.3 Tumori professionali


Sedi tumorali nell’uomo per le quali è
Sostanze o gruppi di sostanze disponibile una ragionevole evidenza Uso tipico o esposizione

Arsenico e composti Polmone, cute, angiosarcoma Sottoprodotti della fusione dei metalli; componenti di leghe,
dell’arsenico dispositivi elettrici e semiconduttori, farmaci ed erbicidi,
fungicidi e antiparassitari per animali

Asbesto Polmone, mesotelioma; tratto Utilizzato in passato per svariate applicazioni per via della
gastrointestinale (esofago, stomaco, sua resistenza a fuoco, calore e frizione; ancora presente
intestino crasso) in costruzioni attuali così come in tessuti resistenti al
fuoco, materiali soggetti a frizione (ad es. nei freni),
piastrelle per pavimenti e rivestimenti per tetti

Benzene Leucemia, linfoma di Hodgkin Componente principale dell’olio combustibile fluido;


malgrado il rischio noto, è utilizzato in molte applicazioni
nei processi di stampa e litografia, in coloranti, gomme,
pulizia a secco, adesivi e colle, rivestimenti e detergenti;
in passato usato come solvente e fumigante

Berillio e composti del berillio Polmone Carburante per missili e veicoli spaziali; induritori per leghe
metalliche leggere, in particolare per applicazioni
aerospaziali e nei reattori nucleari

Cadmio e composti del cadmio Prostata Gli usi includono la produzione di pigmenti gialli e
fosforescenti; rintracciati nelle leghe per saldatura; usati
nelle batterie e come lega, nonché nella placcatura e nel
rivestimento dei metalli

Composti del cromo Polmone Componenti di leghe metalliche, vernici, pigmenti e


conservanti

Composti del nickel Naso, polmone Placcature con nickel; componenti di leghe ferrose,
ceramiche e batterie; sottoprodotti della saldatura ad arco
dell’acciaio inossidabile

Radon e i suoi prodotti Polmone Derivanti dal decadimento di minerali contenenti uranio;
di decadimento costituiscono un rischio potenzialmente grave in cave
e miniere sotterranee

Cloruro di vinile Angiosarcoma, fegato Refrigerante; monomero per i polimeri di vinile; adesivo per
la sostanze plastiche; in passato usato come propellente
inerte in contenitori pressurizzati

Modificato da Stellman JM, Stellman SD: Cancer and workplace. CA Cancer J Clin 46:70, 1996.

e­ reditaria autosomica dominante causata dalla mutazione del gene del colon e praticamente il 100% degli individui affetti da questa
oncosoppressore della poliposi adenomatosa del colon (Adenoma- patologia sviluppa un adenocarcinoma del colon entro i 50 anni.
tous Polyposis Coli, APC). Altre sindromi tumorali autosomiche La sola eccezione a questo interessamento tumorale tessuto-
dominanti includono la sindrome di Li-Fraumeni derivante da specifico è costituita dalla sindrome di Li-Fraumeni.
mutazioni della linea germinale del gene p53; le neoplasie endocrine I tumori che appartengono a questo gruppo sono spesso associati
multiple di tipo 1 e tipo 2 (MEN-1 e MEN-2) causate da una muta- a un marker fenotipico specifico. Ad esempio, vi possono essere
zione nei geni che codificano rispettivamente per il fattore di tra- tumori benigni multipli nei tessuti colpiti, come avviene nella
scrizione menina e per la tirosin-chinasi RET; il cancro del colon poliposi familiare del colon e nella MEN. Talvolta si riscontrano
non poliposi ereditaria (Hereditary Nonpolyposis Colon Cancer, alterazioni in tessuti che non sono il bersaglio della trasforma-
HNPCC), una condizione causata dall’inattivazione di un gene per zione (ad es. noduli di Lisch e macchie caffelatte nella neurofi-
la riparazione degli errori di appaiamento nel DNA o “DNA mi- bromatosi di tipo 1; si veda Cap. 27).
smatch repair” (anch’esso elencato più avanti tra i difetti di ripara-
zione); e diverse altre sindromi elencate nella Tabella 7.4. Come in altre malattie autosomiche dominanti, si possono veri-
Numerosi fattori caratterizzano le sindromi tumorali ereditarie: ficare penetranza incompleta ed espressività variabile.
Sindromi dovute all’alterazione dei meccanismi di riparazione
In ciascuna sindrome, i tumori tendono a svilupparsi in sedi e del DNA. Un deficit nella riparazione del DNA e la conseguente
tessuti specifici, sebbene possano coinvolgere anche altri distretti. instabilità dello stesso caratterizzano, oltre che le lesioni precance-
Non si registra un aumento della predisposizione generale al rose ereditate con un meccanismo dominante, anche un altro gruppo
cancro. Nella MEN-2, ad esempio, sono interessate la tiroide, le di condizioni predisponenti al cancro, generalmente con trasmis-
paratiroidi e le surrenali, mentre nella MEN-1 sono coinvolti sione autosomica recessiva. Tale gruppo comprende lo xeroderma
l’ipofisi, le paratiroidi e il pancreas. I pazienti con poliposi ade- pigmentoso, l’atassia-teleangectasia e la sindrome di Bloom, tutte
nomatosa familiare sviluppano innumerevoli adenomi polipoidi malattie rare caratterizzate da un’instabilità genetica derivante da
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 267

Tabella 7.4 Esempi di predisposizione ereditaria allo sviluppo di tumori


Sindromi neoplastiche ereditarie (autosomiche dominanti)

Gene Predisposizione ereditaria

RB Retinoblastoma
p53 Sindrome di Li-Fraumeni (vari tumori)
p16/INK4A Melanoma
APC Poliposi adenomatosa familiare/cancro del colon
NF1, NF2 Neurofibromatosi di tipo 1 e 2
BRCA1, BRCA2 Tumori della mammella e dell’ovaio
MEN1, RET Neoplasie endocrine multiple di tipo 1 e 2
MSH2, MLH1, MSH6 Cancro del colon non poliposi ereditaria
PTCH Sindrome del carcinoma basocellulare nevoide
PTEN Sindrome di Cowden (tumori epiteliali)
LKB1 Sindrome di Peutz-Jegher (tumori epiteliali)
VHL Carcinoma epatocellulare

sindromi ereditarie autosomiche recessive da difetto di riparazione del dna

Xeroderma pigmentoso
Atassia-teleangectasia
Sindrome di Bloom
Anemia di Fanconi

neoplasie familiari

Evidente concentrazione di tumori in una famiglia, ma il ruolo della predisposizione ereditaria può, in certi casi, non essere chiaro
Tumore mammario
Tumore ovarico
Tumore pancreatico

mutazioni nei geni che controllano la riparazione del DNA, nonché da uno di questi tumori. Sebbene siano stati individuati due geni
l’HNPCC, una condizione autosomica dominante causata dall’inat- predisponenti al cancro della mammella, denominati BRCA1 e
tivazione di un gene che controlla la riparazione degli errori di ac- BRCA2, una mutazione di questi geni si riscontra in non più del
coppiamento del DNA.21 L’HNPCC è la sindrome di predisposizione 3% dei tumori mammari.20 Una situazione analoga si verifica nei
al cancro più frequente e aumenta la predisposizione al cancro del melanomi familiari, in cui è stata identificata una mutazione del
colon, dell’intestino tenue, dell’endometrio e dell’ovaio (Cap. 17). gene oncosoppressore p16. Tuttavia, la mutazione di questo gene è
Tumori familiari. Al di là delle sindromi ereditarie predispo- responsabile solamente del 20% circa dei melanomi familiari, e si
nenti al cancro, è stato osservato che in determinate famiglie un ritiene perciò che altri fattori debbano essere coinvolti nella predi-
tumore può presentarsi con una frequenza maggiore senza un sposizione familiare.23
modello di trasmissione chiaramente definito. Praticamente tutti i Interazioni tra fattori genetici e non genetici. Cosa si può dire
più comuni tipi di tumore che si manifestano sporadicamente si circa l’influenza dell’ereditarietà nella maggior parte delle neoplasie
verificano anche in forme familiari: ne sono esempi i carcinomi del maligne? Si potrebbe affermare che le neoplasie maligne originano
colon, della mammella, dell’ovaio, del cervello, nonché i melanomi in gran parte da fattori ambientali, ma in mancanza di un’anamnesi
e i linfomi. Gli elementi principali che caratterizzano le neoplasie familiare non si può escludere una componente ereditaria. Separare
­familiari sono rappresentati dalla giovane età di insorgenza, dal fatto le cause ereditarie di una neoplasia da quelle acquisite è difficile dato
che colpiscono due o più parenti stretti del paziente e dal fatto che a che spesso queste interagiscono strettamente. L’interazione tra fattori
volte sono multipli o bilaterali. Le neoplasie familiari non sono as- genetici e non genetici è particolarmente complessa quando lo
sociate a marker fenotipici specifici. Contrariamente alla sindrome ­sviluppo del tumore dipende dall’azione di molti geni. Persino nei
familiare da polipi adenomatosi, ad esempio, le neoplasie familiari tumori con una componente ereditaria importante, il rischio di svi-
del colon non insorgono in polipi benigni preesistenti. La forma di luppare il tumore può essere notevolmente influenzato da fattori
trasmissione delle neoplasie familiari non è chiara. Di norma, i con- non genetici. Il rischio di sviluppare un tumore della mammella nelle
sanguinei hanno un rischio da due a tre volte maggiore rispetto a donne portatrici di mutazioni di BRCA1 e BRCA2, ad esempio,
individui non parenti. Analisi di segregazione effettuate su famiglie è quasi tre volte maggiore per le donne nate dopo il 1940 rispetto
numerose mostrano in genere che la predisposizione ai tumori si alle donne nate prima di tale anno.20 Inoltre, il genotipo può influen-
trasmette come carattere dominante, ma non possono essere escluse zare significativamente la probabilità di tumori indotti dall’ambiente.
modalità di trasmissione multifattoriali. È probabile che la suscet- Variazioni ereditarie (polimorfismi) in enzimi che trasformano
tibilità familiare al cancro dipenda da diversi alleli a bassa pene- procancerogeni nella loro forma attiva (si veda il paragrafo “Agenti
tranza, ognuno dei quali contribuisce solo a un piccolo aumento ad azione indiretta”) possono influenzare la suscettibilità al cancro.
del rischio di sviluppo dei tumori. Studi di associazione genomica Interessanti a questo proposito sono i geni che codificano per gli
si mostrano molto promettenti nell’identificazione di tali alleli enzimi del citocromo P-450. Come si vedrà più avanti nel paragrafo
(Cap. 5).22 Si stima che il 10-20% dei pazienti con carcinoma mam- dedicato alla cancerogenesi chimica, infatti, polimorfismi in uno dei
mario od ovarico abbia un parente di primo o secondo grado affetto loci genici che codificano per il citocromo P-450 conferiscono una
268 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

suscettibilità ereditaria al carcinoma polmonare nei fumatori, e altre gran numero di fattori di crescita, citochine, chemochine e altre
correlazioni di questo tipo verranno probabilmente portate alla luce sostanze bioattive prodotte da cellule immunitarie attivate, che pro-
in futuro. muovono la sopravvivenza cellulare, il rimodellamento tissutale e
l’angiogenesi. In alcuni casi, un’infiammazione cronica può aumen-
tare il numero di cellule staminali nei tessuti, che divengono sensibili
Condizioni Predisponenti
agli effetti di mutageni. I mediatori sopra menzionati possono
Non Ereditarie
­anche provocare stress genomico e mutazioni; collateralmente, le
Il solo modo sicuro di evitare il cancro è quello di non nascere: vivere cellule immunitarie attivate producono ossigeno reattivo diretta-
significa correre il rischio. Ciò detto, tale rischio può essere accre- mente genotossico. Inoltre, molti di questi mediatori promuovono
sciuto da influenze predisponenti, come l’ambiente, alcuni compor- la sopravvivenza cellulare, anche di fronte a un danno genomico.
tamenti e determinate condizioni cliniche. Poiché la replicazione Nel breve termine questo può essere un fattore adattativo: ­l’organismo
cellulare è coinvolta nella trasformazione neoplastica, le prolifera- deve sopravvivere e le cellule danneggiate possono essere riparate o
zioni rigenerative, metaplastiche, iperplastiche e displastiche sono eliminate successivamente. Nell’infiammazione cronica, tuttavia,
un terreno fertile per lo sviluppo di tumori maligni. La proliferazio- tale comportamento è dannoso in quanto consente l’insorgenza e la
ne, in effetti, può essere necessaria per la trasformazione neoplastica stabilizzazione delle mutazioni, portando in seguito al cancro. Qua-
in alcune situazioni, dal momento che sono le cellule proliferanti ad lunque sia il preciso meccanismo, il collegamento tra infiammazione
accumulare le lesioni genetiche necessarie per la cancerogenesi. cronica e tumore ha implicazioni pratiche. L’espressione dell’enzima
Infiammazione cronica e cancro. Nel 1863 Virchow propose ciclossigenasi-2 (COX-2) che porta alla conversione dell’acido ara-
che l’idea che il cancro si sviluppi nei siti di infiammazione cronica, chidonico in prostaglandine (Cap. 2), ad esempio, è indotta da sti-
dando così avvio allo studio delle potenziali relazioni tra neoplasia moli infiammatori ed è aumentata nei cancri del colon e in altri
e infiammazione.24 In effetti, gli individui colpiti da varie malattie tumori.25 Lo sviluppo di inibitori della COX-2 per il trattamento dei
infiammatorie croniche del tratto gastroenterico mostrano un ri- tumori rappresenta attualmente un’area di ricerca.26
schio maggiore di sviluppare un cancro (Tab. 7.5). Tali malattie Condizioni precancerose. Alcune patologie non neoplastiche,
comprendono la colite ulcerosa, le gastriti da Helicobacter pylori, le come la gastrite atrofica cronica con anemia perniciosa, la cheratosi
epatiti virali e la pancreatite cronica. Sebbene gli esatti meccanismi solare della cute, la colite ulcerosa cronica e la leucoplachia della cavità
che collegano l’infiammazione e lo sviluppo del cancro non siano orale, della vulva e del pene, hanno un legame così forte con il cancro
ancora stati definiti, uno studio recente ha dimostrato che in situa- da essere state denominate condizioni precancerose. Questa defini-
zioni di infiammazione cronica non risolta, come nei casi di epatite zione è inesatta perché nella maggior parte dei casi queste lesioni
virale o gastrite cronica, la risposta immunitaria può diventare non sono seguite da neoplasie maligne; ciononostante, il termine
inappropriata e promuovere così l’oncogenesi.24 Come in un qualsiasi persiste poiché richiama l’attenzione sull’aumento del rischio. Anche
danno tissutale, si verifica una proliferazione compensatoria di alcune forme di neoplasie benigne costituiscono condizioni precan-
cellule atta a riparare il danno, processo rigenerativo favorito da un cerose: l’adenoma villoso del colon, a mano a mano che si ­ingrandisce,

Tabella 7.5 Stati infiammatori cronici e tumore


Condizione patologica Neoplasia/e associata/e Agente eziologico

Asbestosi, silicosi Mesotelioma, carcinoma del polmone Fibre di asbesto, particelle di silice
Bronchite Carcinoma del polmone Silice, asbesto, fumo (nitrosamine, perossidi)
Cistite, infiammazione vescicale Carcinoma della vescica Cateteri urinari permanenti
Gengivite, lichen planus Carcinoma squamoso del cavo orale
Malattia infiammatoria intestinale Carcinoma colorettale
Lichen scleroso Carcinoma squamoso della vulva
Pancreatite cronica Carcinoma pancreatico Alcolismo
Pancreatite ereditaria Carcinoma pancreatico Mutazione nel gene del tripsinogeno
Esofagite da reflusso, esofago di Barrett Carcinoma esofageo Acidi gastrici
Sialoadenite Carcinoma della ghiandola salivare
Sindrome di Sjögren, tiroidite di Hashimoto Linfoma MALT

tumori associati ad agenti infettivi

Opisthorchis, colangite Colangiosarcoma, carcinoma del colon Trematodi epatici (Opisthorchis viverrini)
Acidi biliari
Colecistite cronica Tumore della colecisti Batteri, calcoli della colecisti
Gastrite/ulcere Adenocarcinoma gastrico, MALT Helicobacter pylori
Epatite Carcinoma epatocellulare Virus dell’epatite B e/o C
Mononucleosi Linfoma non Hodgkin a cellule B e linfoma Virus di Epstein-Barr
di Hodgkin
AIDS Linfoma non Hodgkin, carcinoma Virus dell’immunodeficienza umana,
squamocellulare, sarcoma di Kaposi herpesvirus umano di tipo 8
Osteomielite Carcinoma sulla sede di fistole Infezione batterica
Malattia infiammatoria della pelvi, Carcinoma ovarico, carcinoma della Gonorrea, clamidia, papillomavirus umano
cervicite cronica cervice/dell’ano
Cistite cronica Carcinoma della vescica, del fegato e Schistosomiasi
del retto

Adattata da Tlsty TD, Coussens LM: Tumor stroma and regulation of cancer development. Ann Rev Pathol Mech Dis 1:119, 2006.
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 269

va incontro a trasformazione maligna in una percentuale di casi che


può raggiungere il 50%. Ci si potrebbe domandare: le neoplasie
benigne non sono tutte lesioni a rischio? Sebbene qualche rischio
possa effettivamente sussistere, molti dati indicano che nella maggior
parte dei casi le neoplasie benigne non diventano maligne. Tuttavia,
esistono esempi di tumori maligni che, seppure raramente, insor-
gono sulla sede di precedenti tumori benigni: ad esempio un leio-
miosarcoma che si sviluppa da un leiomioma e i carcinomi che
compaiono nella sede di adenomi pleomorfi presenti da molto tem-
po. Generalizzare è impossibile perché ogni neoplasia benigna è
associata a un particolare livello di rischio che può variare da zero
a una percentuale molto elevata. Solo gli studi di follow-up su cam-
pioni molto ampi di ciascuna neoplasia possono stabilire il livello
di rischio, ma il dubbio rimane: le neoplasie maligne originano da
cellule non maligne presenti in un tumore benigno oppure i tumori
benigni contengono fin dall’inizio cellule maligne silenti?

Basi molecolari dei tumori


La letteratura sulle basi molecolari dei tumori prolifera con una
rapidità tale che è decisamente facile smarrirsi in questa selva di
informazioni. Prima di addentrarci nei dettagli delle basi molecolari
dei tumori, elencheremo alcuni principi fondamentali.

Il danno genetico non letale rappresenta il fulcro della canceroge-


nesi. Il danno genetico (o mutazione) può essere acquisito quando
è causato dall’azione di agenti ambientali come sostanze chimiche,
radiazioni o virus, oppure può essere ereditato dalla linea germi-
nale.26 Il termine “ambientale”, utilizzato in questo contesto, im-
plica ogni difetto acquisito causato da agenti esogeni o da prodotti
endogeni del metabolismo cellulare. Non tutte le mutazioni,
tuttavia, sono indotte dall’“ambiente”. Alcune possono essere
spontanee e stocastiche.
Un tumore è il risultato dell’espansione clonale di un singolo pre-
cursore cellulare che ha subìto lesioni genetiche (cioè i tumori sono
monoclonali). La clonalità dei tumori può essere analizzata nelle Figura 7.23 Utilizzo dei marcatori correlati al cromosoma X come evi-
donne eterozigoti per i marker polimorfici legati al cromosoma X, denza della monoclonalità delle neoplasie. A causa dell’inattivazione casuale
come il recettore per gli androgeni. Il principio alla base di tale del cromosoma X, tutte le donne sono mosaici con due popolazioni cellulari
(con differenti alleli per il recettore degli androgeni marcati A e B in questo
analisi è illustrato nella Figura 7.23. Il metodo più comunemente caso). Quando si analizzano neoplasie in pazienti eterozigoti per i marcatori
usato per determinare la clonalità tumorale prevede l’analisi dei correlati al cromosoma X, queste risultano costituite da cellule che man-
pattern di metilazione adiacenti al locus altamente polimorfo del tengono attivo il cromosoma X materno (XA) o quello paterno (XB) ma non
gene per il recettore umano degli androgeni, AR.27 La frequenza entrambi.
di tali polimorfismi nella popolazione generale è superiore al
90%, ragione per cui è facile stabilire la clonalità dimostrando
che tutte le cellule di un dato tumore esprimono lo stesso allele. tuttavia eccezioni: talvolta la perdita di un singolo allele di un gene
Nel caso di tumori con aberrazioni citogenetiche acquisite di oncosoppressore riduce i livelli o l’attività della proteina in ma-
qualunque tipo (ad es. una traslocazione), la loro presenza può niera sufficiente perché vengano rimossi i freni alla proliferazione
essere utilizzata quale dimostrazione che la proliferazione è clo- e alla sopravvivenza cellulare. La perdita di funzione di un gene
nale. I riarrangiamenti dei geni dei recettori delle immunoglo- causata dal danno a un singolo allele è chiamata aploinsufficienza.
buline e del recettore delle cellule T sono indicatori dell’origine Nella funzione normale, infatti, è necessaria la quantità di mate-
clonale nei linfomi derivati rispettivamente dalle cellule B e T. riale genetico fornita da entrambi gli alleli.28 I geni che regolano
Quattro classi di geni regolatori – i proto-oncogeni che promuovono l’apoptosi possono comportarsi come proto-oncogeni o come
la crescita, i geni oncosoppressori (o antioncogeni) che inibiscono geni oncosoppressori. Mutazioni a carico dei geni che controllano
la crescita, i geni che regolano la morte cellulare programmata la riparazione del DNA non trasformano direttamente le cellule
(apoptosi) e i geni coinvolti nella riparazione del DNA – sono i agendo sulla proliferazione o sull’apoptosi, ma influenzano la
principali bersagli dei danni genetici. Gli alleli mutanti dei proto- proliferazione o la sopravvivenza della cellula in maniera indiretta,
oncogeni sono considerati dominanti perché trasformano le cel- intervenendo sulla capacità di un organismo di riparare lesioni
lule anche in presenza dell’allele normale. Al contrario, entrambi non letali in altri geni, compresi i proto-­oncogeni, i geni onco-
gli alleli normali dei geni oncosoppressori devono essere danneg- soppressori e i geni che regolano l’apoptosi. Un’inattivazione dei
giati perché possa verificarsi la trasformazione. La regola prevede geni per la ­riparazione del DNA può ­predisporre a mutazioni del
270 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

genoma e quindi alla trasformazione neoplastica della cellula. La ricco dei sottocloni dotati di particolari potenzialità in termini
propensione all’accumulo di ­mutazioni a carico dei geni per la di sopravvivenza, crescita, invasione e metastatizzazione.
riparazione del DNA è definita fenotipo mutatore.29 Recentemente
è stata scoperta una nuova classe di molecole regolatrici chiamate Alterazioni Essenziali Per
microRNA (miRNA, Cap. 5) che non codificano per delle proteine, La Trasformazione Maligna
ma in alcuni casi possono agire sia come oncogeni sia come
oncosoppressori,29,30 modificando la traduzione di altri geni come Passeremo ora in rassegna la patogenesi molecolare del cancro, per
sarà illustrato più avanti. poi analizzare gli agenti cancerogeni responsabili dei danni genetici.
La cancerogenesi è un processo multifasico e progressivo a livello Negli ultimi vent’anni, sono stati scoperti numerosi geni associati ai
fenotipico e genetico, che deriva dall’accumulo di successive muta- tumori. Alcuni, come p53, sono mutati in molti tumori, mentre altri,
zioni.31 Le neoplasie maligne hanno diverse caratteristiche feno- come ABL1, sono mutati solo in pochi tumori. Ogni gene associato
tipiche, quali la crescita eccessiva, l’invasività locale e la capacità al cancro ha una funzione specifica la cui deregolazione contribuisce
di inviare metastasi a distanza. È ormai chiaro, inoltre, che i tu- alla comparsa o alla progressione del fenotipo maligno. Sebbene,
mori diventano progressivamente più aggressivi con il passare tradizionalmente, i geni associati al cancro vengano descritti in base
del tempo e acquisiscono un maggiore potenziale di malignità. alla loro presunta funzione, è utile considerarli nel contesto delle
Questo fenomeno è definito progressione tumorale e non è sem- sette alterazioni fondamentali nella ­fisiologia cellulare che, insieme,
plicemente il prodotto dell’aumento di volume del tumore; accu- determinano il fenotipo maligno32 (un altro importante cambiamento
rati studi clinici e sperimentali hanno chiarito che la crescente per lo sviluppo del tumore è il mascheramento del tumore, che gli
malignità è spesso acquisita in maniera esponenziale. A livello consente di eludere l’attacco del sistema immunitario, una proprietà
molecolare, la progressione tumorale e l’eterogeneità associata che sarà trattata più avanti all’interno del capitolo). I sette cambia-
derivano dall’accumulo di mutazioni genetiche indipendenti nelle menti fondamentali sono i seguenti:
diverse cellule, che generano sottocloni con capacità diverse di
accrescersi, invadere, metastatizzare e resistere (o rispondere) Autosufficienza dei segnali di crescita: i tumori hanno la capacità
alla terapia (Fig. 7.24). Alcune di queste mutazioni possono essere di proliferare senza stimoli esterni, solitamente come conseguen-
letali mentre altre possono promuovere la crescita cellulare agen- za dell’attivazione degli oncogeni.
do su proto-oncogeni o geni oncosoppressori. Quindi, nonostante Insensibilità ai segnali di inibizione della crescita: i tumori
la maggior parte delle neoplasie maligne sia in origine monoclonale, ­p ossono non essere sensibili alle molecole che inibiscono la
nel momento in cui il tumore diventa clinicamente evidente, le sue proliferazione delle cellule normali come il fattore di crescita
cellule presentano un’estrema eterogeneità. Nel corso della pro- trasformante b (Transforming Growth Factor b, TGFb) e gli
gressione, le cellule tumorali sono sottoposte a pressioni selettive inibitori diretti delle chinasi ciclino-dipendenti (Cyclin-Depen-
immunitarie e non. Le cellule altamente antigeniche, ad esempio, dent Kinases, CDK).
possono essere distrutte dalle difese dell’ospite, mentre quelle con Evasione dall’apoptosi: i tumori posso essere resistenti alla morte
ridotto fabbisogno di fattori di crescita vengono selezionate po- cellulare programmata, in conseguenza dell’inattivazione di p53
sitivamente. Un tumore in accrescimento, pertanto, tende a essere o dell’attivazione di geni antiapoptotici.

Figura 7.24 Progressione tumorale e generazione di eterogeneità. Nuovi subcloni originano dai discendenti della cellula originale trasformata per mezzo
di mutazioni multiple. Con la progressione, la massa tumorale si arricchisce di varianti più adatte a eludere le difese dell’ospite e tendenti a una maggiore
aggressività.
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 271

Potenziale replicativo illimitato: le cellule tumorali hanno una


capacità proliferativa illimitata in quanto evitano l’invecchiamen-
to cellulare e l’inibizione delle mitosi.
Angiogenesi protratta: le cellule tumorali, come le cellule normali,
non sono in grado di crescere senza un supporto vascolare che
fornisca nutrimento e ossigeno e rimuova i prodotti di rifiuto.
Per questo motivo, i tumori devono indurre l’angiogenesi.
Capacità di invasione e di formare metastasi: le metastasi tumorali
sono la principale causa di morte per cancro e dipendono da
processi intrinseci delle cellule, oppure sono indotte da segnali
provenienti dal tessuto circostante.
Difetti nella riparazione del DNA: le cellule tumorali possono non
riuscire a riparare i danni del DNA causati da agenti cancerogeni
o verificatisi durante la proliferazione cellulare incontrollata e ciò
porta a instabilità genomica e a mutazioni nei proto-oncogeni e
nei geni oncosoppressori.

La comparsa di mutazioni nei geni che regolano queste alterazioni


cellulari è osservata in ogni tumore. Tuttavia, le vie genetiche che
danno origine a tali alterazioni variano da neoplasia a neoplasia,
perfino quando l’organo interessato è lo stesso. È opinione ampia-
mente condivisa che il verificarsi di mutazioni nei geni che possono
provocare il cancro sia condizionato dall’efficienza dell’apparato di
riparazione del DNA e dei meccanismi protettivi come l’apoptosi e
l’invecchiamento, che inibiscono la proliferazione delle cellule con
il DNA danneggiato. In effetti, studi recenti su tumori umani come
ad esempio il melanoma e l’adenocarcinoma prostatico hanno di-
mostrato che la senescenza indotta da oncogeni, laddove la muta-
zione di un proto-oncogene porta la cellula alla senescenza piuttosto
che alla proliferazione, costituisce un importante ostacolo alla can-
cerogenesi.32 Alcuni limiti alla crescita neoplastica sono anche di
tipo fisico: se un tumore cresce più di 1 o 2 mm, devono svilupparsi
meccanismi di angiogenesi che consentano l’apporto di nutrimento
e l’eliminazione dei prodotti di scarto. Gli epiteli, inoltre, sono sepa-
rati dalla matrice interstiziale da una membrana basale, composta
di molecole della matrice extracellulare, che le cellule dei carcinomi
infiltranti devono penetrare. Queste barriere protettive, sia intrinse-
che sia estrinseche alle cellule, devono essere superate e i meccanismi
che normalmente prevengono la divisione cellulare incontrollata
devono essere inattivati da mutazioni prima che si possa ­sviluppare
un tumore maligno. I principi delle basi molecolari delle neoplasie
sono riassunti in forma semplificata nella Figura 7.25.
Nei paragrafi che seguono analizzeremo la natura dei geni coin- Figura 7.25 Diagramma di flusso che esemplifica sinteticamente le basi
volti in ciascuna delle sette alterazioni biologiche precedentemente molecolari della cancerogenesi.
elencate, per poi terminare con una trattazione delle modificazioni
epigenetiche e delle anomalie cromosomiche nei tumori.
comprensione della natura e delle funzioni delle oncoproteine e del
loro ruolo nei tumori, è necessario riassumere brevemente le tappe
Autosufficienza Dei Segnali
che ­caratterizzano la normale proliferazione cellulare. In condizioni
Di Crescita: Oncogeni
­fisiologiche, la proliferazione cellulare può essere schematizzata nei
I geni che promuovono una crescita autonoma della cellula tumorale seguenti passaggi:
sono detti oncogeni, e le loro controparti fisiologiche sono dette
proto-oncogeni. Gli oncogeni derivano da mutazioni nei proto-on- Legame di un fattore di crescita al suo specifico recettore.
cogeni e sono caratterizzati dalla capacità di promuovere la crescita Attivazione transitoria e limitata del recettore del fattore di cre-
cellulare in assenza dei normali segnali di promozione della crescita. scita che attiva le proteine incaricate di trasdurre il segnale sulla
I loro prodotti, chiamati oncoproteine, somigliano ai prodotti nor- superficie interna della membrana citoplasmatica.
mali dei proto-oncogeni, però sono spesso privi di importanti Trasmissione al nucleo del segnale trasdotto attraverso il citosol
­elementi regolatori interni e la loro produzione nelle cellule trasfor- per mezzo di secondi messaggeri o attraverso una cascata di
mate non dipende da fattori di crescita o da altri segnali esterni. In molecole di trasduzione del segnale.
questo modo la crescita cellulare diventa autonoma, libera dai Induzione e attivazione di fattori nucleari che iniziano la trascri-
­controlli interni e indipendente dai segnali esterni. Per facilitare la zione del DNA.
272 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Tabella 7.6 Principali oncogeni, modalità di attivazione e tumori umani associati


Categoria Proto-oncogene Modalità di attivazione Tumore umano associato

fattori di crescita

Catena PDGFb SIS (nome ufficiale PBGFB) Iperespressione Astrocitoma


Osteosarcoma
Fattori di crescita fibroblastici HST1 Iperespressione Tumore dello stomaco
INT2 (nome ufficiale FGF3) Amplificazione Tumore della vescica
Tumore della mammella
Melanoma
TGFa TGFA Iperespressione Astrocitomi
Carcinomi epatocellulari
HGF HGF Iperespressione Tumore della tiroide

recettori per fattori di crescita

Famiglia de recettori dell’EGF ERBB1 (EGFR), ERRB2 Iperespressione Carcinoma squamocellulare del polmone,
gliomi
Tirosin-chinasi 3 FMS-simile FLT3 Amplificazione Tumore mammario e ovarico
Recettore per i fattori neurotrofici RET Mutazione puntiforme Leucemia
Mutazione puntiforme Neoplasie endocrine multiple di tipo 2A
e B, carcinomi midollari familiari della
tiroide
Recettore per il PDGF PDGFRB Iperespressione, traslocazione Gliomi, leucemie
Recettore per il fattore delle KIT Mutazione puntiforme Tumori stromali gastrointestinali,
cellule staminali (steel factor) seminomi, leucemie

proteine coinvolte nella trasduzione dei segnali

Leganti GTP KRAS Mutazione puntiforme Tumori del colon, del polmone e del
pancreas
HRAS Mutazione puntiforme Tumori della vescica e del rene
NRAS Mutazione puntiforme Melanomi, neoplasie ematologiche
Tirosin-chinasi non recettoriale ABL Traslocazione Leucemia mieloide cronica
Leucemia linfoblastica acuta
Trasduzione del segnale di RAS BRAF Mutazione puntiforme Melanomi
Trasduzione del segnale di WNT b-catenina Mutazione puntiforme Epatoblastomi, carcinoma epatocellulare
Iperespressione

proteine di regolazione nucleare

Attivatori trascrizionali C-MYC Traslocazione Linfoma di Burkitt


N-MYC Amplificazione Neuroblastoma, carcinoma a piccole
cellule del polmone
L-MYC Amplificazione Carcinoma a piccole cellule del polmone

regolatori del ciclo cellulare

Cicline Ciclina D Traslocazione Linfoma mantellare


Amplificazione Tumori della mammella e dell’esofago
Ciclina E Iperespressione Tumore della mammella
Chinasi ciclina-dipendente (CDK) CDK4 Amplificazione o mutazione Glioblastoma, melanoma, sarcoma
puntiforme

Ingresso e progressione della cellula nel ciclo cellulare e divisione c­ omponenti del ciclo cellulare e le oncoproteine codificate dagli
cellulare. oncogeni di solito hanno le stesse funzioni delle loro controparti
normali (Tab. 7.6). Le mutazioni, tuttavia, trasformano i proto-on-
Ora possiamo discutere le strategie usate dalle cellule tumorali cogeni in oncogeni cellulari attivi coinvolti nello sviluppo del tumore,
per acquisire l’autosufficienza dei segnali di crescita; queste possono in quanto le oncoproteine da essi codificate garantiscono alla cellula
essere raggruppate sulla base del loro ruolo nelle vie di trasduzione l’autosufficienza per la crescita.34
del segnale regolate dai fattori di crescita e nella regolazione del ciclo Sorgono spontanee due domande: (1) quali sono le funzioni dei
cellulare. prodotti degli oncogeni, le oncoproteine? (2) Come accade che i
normali e “civili” proto-oncogeni divengano “nemici interni”? A tali
interrogativi si darà risposta più avanti.
Proto-oncogeni, oncogeni e oncoproteine
Fattori di crescita. Per proliferare, le cellule normali hanno bi-
I proto-oncogeni hanno molti ruoli e partecipano a diverse funzioni sogno della stimolazione da parte dei fattori di crescita, e la maggior
cellulari legate alla crescita e alla proliferazione. Le proteine codifi- parte dei fattori crescita solubili è prodotta da un solo tipo cellulare
cate dai proto-oncogeni possono funzionare come fattori di crescita che agisce su una cellula adiacente, per stimolarne la proliferazione
o loro recettori, trasduttori di segnale, fattori di trascrizione o (azione paracrina). Molte cellule tumorali invece acquisiscono la
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 273

capacità di sintetizzare lo stesso fattore di crescita al quale sono r­ ecettore tirosin-chinasico 3 FMS-simile, responsabili di ­trasmissione
responsive, generando un’autopromozione autocrina. Molti di segnali, sono state individuate nelle leucemie mieloidi. In
­glioblastomi, ad esempio, secernono il fattore di crescita piastrine- ­determinate leucemie mielomonocitiche croniche con traslocazione
derivato (PDGF) ed esprimono il recettore per il PDGF, mentre (5;12) l’intero dominio citoplasmatico del recettore del PDGF si
molti sarcomi producono sia il fattore di crescita trasformante fonde con un segmento dei fattori di trascrizione della famiglia ETS,
a (TGFa) sia il suo recettore. Sebbene la stimolazione autocrina sia con il risultato di una dimerizzazione permanente del recettore del
considerata importante nella patogenesi di molti tumori, nella mag- PDGF. Più del 90% dei tumori stromali gastrointestinali presenta
gior parte dei casi il gene del fattore di crescita non è alterato né una mutazione nel recettore tirosin-chinasico c-KIT o in PDGFR,
mutato. Più frequentemente, i prodotti di altri oncogeni che si tro- che sono rispettivamente il recettore per il fattore di crescita della
vano nelle vie di trasduzione del segnale, come RAS, causano ipere- cellula staminale e per il PDGF; queste mutazioni possono ­essere
spressione dei geni dei fattori di crescita, inducendo così la cellula inibite in modo specifico dall’inibitore della tirosin-chinasi imatinib
a secernere grandi quantità di fattori di crescita come TGFa. Mal- mesilato. Questo tipo di terapia diretta contro una ­specifica ­alterazione
grado ciò, l’accresciuta produzione di fattori di crescita resta insuf- neoplastica è detto terapia a bersaglio (o “targeted therapy”).37
ficiente per la trasformazione neoplastica. Con tutta probabilità, la Di gran lunga più frequente rispetto alla mutazione dei proto-
proliferazione mediata dai fattori di crescita contribuisce al fenotipo oncogeni è l’iperespressione della forma normale dei recettori dei
maligno, aumentando il rischio di mutazioni spontanee o indotte fattori di crescita e, sebbene in alcuni tumori l’aumentata espressione
nella popolazione di cellule proliferanti. del recettore derivi da un’amplificazione genica, in molti casi le basi
Recettori dei fattori di crescita. Sono stati individuati parecchi molecolari dell’aumentata espressione del recettore resta sconosciuta.
oncogeni che codificano per i recettori dei fattori di crescita. Per I casi meglio descritti riguardano due membri della famiglia del
comprendere come le mutazioni si ripercuotano sulla funzione di recettore per il fattore di crescita epidermico (EGF). La forma nor-
questi recettori occorre ricordare che un gruppo di recettori dei male di ERBB1, il gene del recettore dell’EGF, è iperespresso in una
fattori di crescita è rappresentato dalle proteine transmembrana percentuale di casi di carcinoma squamocellulare del polmone che
dotate di un dominio esterno che lega il ligando e di un dominio raggiunge l’80%, nel 50% o più dei glioblastomi (Cap. 28), e­nell’80-
citoplasmatico caratterizzato da attività tirosin-chinasica (Cap. 3). 100% dei tumori della testa e del collo.38,39 Analogamente, il gene
Nelle forme normali di questi recettori la chinasi è transitoriamente ERBB2 (chiamato anche HER-2/NEU), il secondo membro della
attivata dal legame di uno specifico fattore di crescita, dopodiché si famiglia dei recettori dell’EGF, è amplificato in circa il 25% dei tu-
ha la rapida dimerizzazione del recettore e la fosforilazione in tiro- mori della mammella e negli adenocarcinomi umani dell’ovaio, del
sina di molti substrati facenti parte delle cascate di trasduzione del polmone, dello stomaco e delle ghiandole salivari. 36 Poiché
segnale. Le versioni oncogene di questi recettori sono caratterizzate ­l’alterazione molecolare di ERBB2 è specifica delle cellule tumorali,
da dimerizzazione e attivazione costitutiva senza il legame con il sono stati studiati nuovi agenti terapeutici costituiti da anticorpi
fattore di crescita. Ne consegue che i recettori mutanti inviano con- monoclonali specifici per ERBB2, attualmente usati nella
tinuamente segnali mitogeni alla cellula, anche in assenza del fattore ­pratica ­clinica, che forniscono un ulteriore esempio di terapia a
di crescita nell’ambiente. bersaglio.38,39
I recettori dei fattori di crescita nei tumori possono essere atti- Proteine trasduttrici del segnale. Sono stati identificati molti
vati da meccanismi differenti, tra cui mutazioni, riarrangiamenti esempi di oncoproteine capaci di mimare la funzione delle normali
genici e iperespressione. Il proto-oncogene RET, un recettore ad proteine citoplasmatiche trasduttrici dei segnali. La maggior parte
attività tirosin-chinasica, offre un esempio di trasformazione per di queste proteine è localizzata sul lato interno della membrana
mezzo di mutazioni e riarrangiamenti genici.33 La proteina RET è ­citoplasmatica, dove riceve segnali dall’esterno della cellula (ad es.
un recettore per il fattore neurotrofico di derivazione gliale e per attraverso l’attivazione dei recettori dei fattori crescita) e li trasmet­
le proteine strutturalmente correlate, che promuove la sopravvi- te al nucleo. Dal punto di vista biochimico le proteine che trasdu-
venza cellulare durante lo sviluppo neuronale. Il RET è normal- cono il segnale sono eterogenee. L’esempio migliore e più studiato
mente espresso nelle cellule neuroendocrine, quali ad esempio le di oncoproteine trasduttrici dei segnali è rappresentato dalla famiglia
cellule C parafollicolari della tiroide, le cellule della midollare del RAS di proteine leganti la guanosin-trifosfato (GTP), anche note
surrene e nei precursori delle cellule della paratiroide. Mutazioni come proteine G.
puntiformi nel proto-oncogene RET sono associate alle MEN di Oncogene RAS. I geni RAS, tre dei quali si trovano nel genoma
tipo 2A e 2B ereditate in maniera dominante e ai carcinomi umano (HRAS, KRAS, NRAS), furono scoperti inizialmente nei
­midollari familiari della tiroide (Cap. 24). Nella MEN-2A, muta- retrovirus trasformanti. Le mutazioni puntiformi dei geni della fami-
zioni puntiformi nel dominio extracellulare di RET causano una glia RAS rappresentano la singola anomalia più comune dei proto-
dimerizzazione e un’attivazione che inducono il carcinoma midol- oncogeni nei tumori umani. Il 15-20% circa di tutti i tumori umani
lare della tiroide e tumori delle surrenali e delle paratiroidi. Nella contiene versioni mutate di proteine RAS40 e la frequenza con cui
MEN-2B, mutazioni puntiformi nel dominio catalitico citoplasma- tali mutazioni si producono varia a seconda del tumore, sebbene in
tico di RET alterano la specificità di substrato della tirosin-chinasi alcuni tipi di cancri sia molto elevata. Il 90% degli adenocarcinomi
e causano tumori della tiroide e delle surrenali, ma senza coinvol- e dei colangiocarcinomi pancreatici, ad esempio, contiene una
gimento delle paratiroidi. In ­tutte queste malattie familiari, gli ­mutazione puntiforme di RAS, così come il 50% circa dei tumori del
individui affetti ereditano la ­mutazione RET tramite la via germi- colon, dell’endometrio e della tiroide e il 30% degli adenocarcinomi
nale. I carcinomi midollari sporadici della tiroide sono associati a del polmone e delle leucemie mieloidi.41,42 Solitamente, i carcinomi
riarrangiamenti somatici del gene RET di solito simili a quelli (in particolare quelli del colon e del pancreas) presentano mutazioni
trovati nella MEN-2B.35,36 di KRAS, i tumori della vescica hanno mutazioni di HRAS e i tumori
Una trasformazione oncogena dovuta a mutazioni e riarrangia- emopoietici presentano mutazioni di NRAS. Le mutazioni RAS sono
menti è stata osservata in altri geni per i recettori dei fattori di cre- invece rare in altri tumori, in particolare in quelli della cervice ute-
scita. Mutazioni puntiformi in FLT3, il gene che codifica per il rina e della mammella.
274 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

La proteina RAS gioca un ruolo importante nelle cascate di tra- La rimozione del GDP e la sua sostituzione con GTP durante l’atti-
smissione del segnale a valle dei recettori per i fattori di crescita che vazione di RAS sono catalizzate da una famiglia di proteine con
inducono mitosi. L’eliminazione della funzione di RAS, ad esempio, attività di rilascio della guanina. L’attività GTPasica intrinseca alle
blocca la risposta proliferativa di EGF, PDGF e CSF-1. Proteine RAS normali proteine RAS, per contro, è notevolmente accelerata dalle
normali sono attaccate al versante citoplasmatico della membrana proteine attivanti la GTPasi (GTPase-Activating Protein, GAP).
plasmatica, nonché al reticolo endoplasmatico e alle membrane del Queste proteine, ampiamente distribuite, si legano alla forma attiva
Golgi, e possono essere attivate dal legame del fattore di crescita ai di RAS e accrescono la sua attività GTPasica di oltre 1.000 volte,
recettori nella membrana plasmatica.40 RAS è membro di una fami- portando all’interruzione della trasduzione del segnale. Le GAP,
glia di piccole proteine G che legano nucleotidi guanosinici (guano- dunque, funzionano come “freni” per prevenire un’attività incon-
sin-trifosfato o GTP e guanosin-difosfato o GDP), simili alle più trollata delle proteine RAS.
grandi proteine G trimolecolari. Normalmente, le proteine RAS Nelle cellule tumorali sono state identificate varie mutazioni
oscillano rapidamente tra uno stato attivato in cui trasmettono il puntiformi di RAS. I residui interessati sono localizzati sia nella sede
segnale e uno stato quiescente. Nello stato inattivo, le proteine RAS di legame al GTP, sia nella regione enzimatica essenziale per l’idrolisi
legano il GDP. La stimolazione delle cellule da parte dei fattori di del GTP e riducono notevolmente l’attività GTPasica della proteina
crescita porta alla fosforilazione di GDP a GTP e ai conseguenti RAS. Le proteine RAS mutate rimangono intrappolate nella loro
cambiamenti conformazionali che generano la forma attiva di RAS forma attivata legata al GTP e la cellula è costretta a una continua
(Fig. 7.26). L’attivazione di RAS, a sua volta, stimola i regolatori della proliferazione. Ne consegue che gli effetti delle mutazioni nella
proliferazione a valle, come la cascata delle protein-chinasi attivate proteina RAS sarebbero seguiti da mutazioni nelle GAP che
da mitogeni (Mitogen-Activated Protein, MAP), che si riversano nel non ­riescono ad attivare l’attività GTPasica e quindi a frenare le
nucleo recando segnali per la proliferazione cellulare. ­normali proteine RAS. In effetti, una mutazione inattivante della
I cicli di attivazione e inattivazione di RAS dipendono da due ­neurofibromina 1 – una GAP – è associata alla neurofibromatosi di
reazioni: (1) lo scambio di nucleotidi (GDP per GTP) che attiva la tipo 1, una sindrome neoplastica familiare ereditaria (Cap. 27).
proteina RAS e (2) l’idrolisi del GTP che converte la forma attiva di Oltre a RAS, anche altri fattori a valle della cascata di trasduzione
RAS legata al GTP nella forma inattiva legata al GDP. Entrambi del segnale (RAS/RAF/MAP chinasi) possono essere alterati nelle
questi processi sono regolati estrinsecamente da altre proteine. cellule tumorali, determinando conseguenze simili. Mutazioni in

Figura 7.26 Modello dell’attività del gene RAS. Se una cellula normale viene stimolata attraverso un recettore per i fattori di crescita (legato a GDP), la
proteina RAS inattiva viene trasformata nella forma attiva legata a GTP. La proteina RAS attiva recluta RAF e stimola la via delle MAP chinasi che trasmettono
segnali di crescita al nucleo. La proteina RAS mutata è permanentemente attiva per l’incapacità di idrolizzare il GTP; essa, pertanto, continua a stimolare
la crescita cellulare anche in assenza di fattori attivanti esterni. L’ancoraggio di RAS alla membrana cellulare tramite gruppi farnesilici è essenziale per la
sua azione. Si veda il testo per la spiegazione delle abbreviazioni.
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 275

BRAF, uno dei membri della famiglia RAF, sono state individuate
in più del 60% dei melanomi e in oltre l’80% dei nevi benigni,44,45
per cui la deregolazione della via delle chinasi RAS/RAF/MAP
potrebbe essere uno degli eventi innescanti lo sviluppo dei ­melanomi,
sebbene da sola non sia sufficiente a causare oncogenesi. Di fatto, le
sole mutazioni di BRAF portano a senescenza indotta da oncogeni,
dando origine a nevi benigni piuttosto che a melanoma maligno. La
senescenza indotta da oncogeni, pertanto, rappresenta una barriera
alla cancerogenesi che deve essere superata dalla mutazione e
dall’inattivazione di meccanismi chiave di protezione, come quelli
forniti dal gene p53 (descritti oltre).33
Data la frequenza con cui si riscontra una mutazione di RAS nei
tumori umani, sono stati compiuti molti tentativi per sviluppare
terapie anti-RAS, ma sfortunatamente nessuna di queste si è rivelata
utile nella pratica clinica.

Alterazioni delle tirosin-chinasi “non recettoriali”


Mutazioni responsabili di innescare un’attività oncogena latente si
verificano in diverse tirosin-chinasi non associate a recettori, nor-
malmente implicate nelle vie di trasduzione del segnale che regolano
la crescita cellulare (Cap. 3). Come per le tirosin-chinasi recettoriali,
in alcuni casi le mutazioni assumono la forma di traslocazioni cro-
mosomiche o di riarrangiamenti che danno origine a geni di fusione
codificanti per tirosin-chinasi costitutivamente attive. Un impor-
tante esempio di questo meccanismo oncogeno riguarda la tirosin-
chinasi c-ABL. Nella leucemia mieloide cronica e in alcune leucemie
linfoblastiche acute, il gene ABL viene traslocato dalla sua normale
sede sul cromosoma 9 al cromosoma 22 (Fig. 7.27), dove si fonde con
il gene BCR (si veda la trattazione sulle traslocazioni cromosomiche
più avanti in questo capitolo). Il gene chimerico che ne risulta co-
difica per una tirosin-chinasi BCR-ABL attiva e oncogena. Diversi
aspetti strutturali della proteina di fusione BCR-ABL contribuiscono
all’aumentata attività chinasica, il più importante dei quali è la
­c apacità del gruppo BCR di promuovere l’autoassociazione di
­B CR-ABL. Questo fatto si presenta spesso: molte tirosin-chinasi
oncogene differenti sono infatti costituite da proteine di fusione in
cui l il fattore non tirosin-chinasico guida l’autoassociazione.46 Il
trattamento della LMC è stato rivoluzionato dallo sviluppo dell’ima- Figura 7.27 Traslocazioni cromosomiche e oncogeni associati nel linfo-
tinib ­mesilato, un farmaco mirato a bassa tossicità ed elevata efficacia ma di Burkitt e nella leucemia mieloide cronica.
terapeutica che inibisce la tirosin-chinasi BCR-ABL.47-49 Questo è
un altro esempio di farmaco mirato ottenuto grazie alla conoscenza (Cap. 13).51 La chinasi aberrante JAK2, invece, attiva i fattori di
delle basi molecolari del cancro, e un esempio del concetto della trascrizione della famiglia STAT, che promuovono la proliferazione
dipendenza delle cellule tumorali da un oncogene, o “oncogene indipendente da fattori di crescita e la sopravvivenza delle cellule
addiction”.50 Malgrado l’accumulo di numerose mutazioni lungo tumorali. L’individuazione di questa alterazione molecolare ha
tutto il genoma, il tumore per sopravvivere ha bisogno della trasmis- ­portato a studi con inibitori di JAK2 nelle patologie mieloprolifera-
sione del segnale attraverso BCR-ABL e ciò spiega perché l’inibizione tive e ha stimolato la ricerca di mutazioni attivanti in altre tirosin-
della sua attività sia una terapia efficace. La traslocazione di ­BCR-ABL chinasi non recettoriali in molti tumori umani.
è un evento precoce, forse scatenante, durante la leucemogenesi. Le Fattori di trascrizione. Come tutte le strade portano a Roma,
altre mutazioni sono selezionate e costruite in funzione della così tutte le vie di trasduzione del segnale convergono sul nucleo,
­trasmissione costante del segnale per mezzo di BCR-ABL. La tra- dove vengono attivati numerosi geni responsabili di regolare l’avan-
smissione del segnale realizzata da BCR-ABL può essere vista come zamento ordinato della cellula attraverso il ciclo mitotico. Non a
il pilastro attorno al quale è costruita tutta la struttura; se tale pilastro caso, la conseguenza finale della trasmissione del segnale attraverso
viene rimosso mediante l’inibizione di BCR-ABL, la struttura oncogeni come RAS o ABL è l’inappropriata e continua stimolazione
collassa. dei fattori di trascrizione nucleare che dirigono i geni promotori
In altri casi, le tirosin-chinasi non recettoriali sono attivate da della crescita. I fattori di trascrizione contengono specifiche sequen-
mutazioni puntiformi che aboliscono la funzione dei domini rego- ze amminoacidiche che permettono loro di legarsi al DNA o di
latori negativi normalmente responsabili di mantenere l’attività formare dimeri per legarsi al DNA. Il legame di queste proteine a
enzimatica sotto controllo. Diverse patologie mieloproliferative, ad specifiche sequenze nel DNA genomico attiva la trascrizione dei
esempio la policitemia vera e la mielofibrosi primaria, sono associate geni. Una crescita autonoma può dunque essere il risultato di
a mutazioni puntiformi attivanti nella tirosin-chinasi JAK2 ­mutazioni a carico dei geni che regolano la trascrizione. Molte
276 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

­oncoproteine, tra cui i prodotti degli oncogeni MYC, MYB, JUN,


FOS e REL, fungono da fattori di trascrizione deputati a regolare
l’espressione di geni promotori della crescita, ad esempio le cicline.
Di questi, MYC è quello più frequentemente coinvolto nei tumori
umani e merita pertanto di essere illustrato più dettagliatamente.
Oncogene MYC. Il proto-oncogene MYC è espresso praticamente
in tutte le cellule eucariotiche e appartiene alla categorie dei geni
della risposta immediata, che vengono rapidamente indotti quando
le cellule quiescenti ricevono un segnale di divisione (si veda la
trattazione sulla rigenerazione epatica nel Capitolo 3). Dopo un
aumento transitorio, l’espressione dell’mRNA di MYC diminuisce
fino a ­ritornare al livello di base. Le basi molecolari della funzione
di MYC nella replicazione cellulare non sono del tutto chiare: come
per molti fattori di trascrizione, si ritiene che la proteina MYC sia
coinvolta nella cancerogenesi mediante l’attivazione di geni coinvolti
nella proliferazione. In effetti, alcuni dei suoi geni bersaglio come
­l’ornitina decarbossilasi e la ciclina D2 sono associati alla prolifera-
zione cellulare. Le attività modulate da MYC, tuttavia, sono molte:
l’acetilazione degli istoni, la riduzione dell’adesione cellulare, l’au-
mento della motilità cellulare, l’aumento dell’attività telomerasica,
l’aumento della sintesi proteica, la riduzione dell’attività proteinasica
e altri cambiamenti nel metabolismo cellulare che promuovono un
elevato ­numero di divisioni cellulari.52 La mappatura genomica dei Figura 7.28 Amplificazione del gene N-MYC nel neuroblastoma umano.
Il gene N-MYC, normalmente presente sul cromosoma 2p, è amplificato e
siti di legame di MYC ha individuato migliaia di siti differenti e un si presenta sotto forma di particelle duplicate extracromosomiche (double
pari numero di geni che potrebbero esserne regolati.53 In ogni caso, minutes) o di regioni uniformemente colorate (Homogeneous Staining
i geni bersaglio di MYC nei differenti tumori sono diversi, fatto che Region, HSR) integrate nel cromosoma. L’integrazione può coinvolgere altri
ostacola la ­definizione dei meccanismi di cancerogenesi per tale autosomi, quali il 4, il 9 o il 13. (Modificata da Brodeur GM: Molecular
correlates of cytogenetic abnormalities in human cancer cells: implications
proteina. Di recente è stata avanzata un’ipotesi interessante, ossia for oncogene activation. In Brown EB (ed): Progress in Hematology, Vol 14.
che MYC interagisca con le componenti dell’apparato replicativo del Orlando, FL, Grune & Stratton, 1986, pp 229-256)
DNA e che abbia un ruolo nella scelta del punto di avvio della re-
plicazione.54 L’iperespressione di MYC, pertanto, può determinare
l’attivazione di un numero di punti di avvio superiore a quello ne- ordinata delle cellule attraverso le varie fasi del ciclo cellulare è or-
cessario per la normale divisione cellulare o scavalcare i punti di chestrata dalle chinasi ciclino-dipendenti (CDK), le quali sono at­
controllo della replicazione, portando a un danno genomico e all’ac- tivate dal legame alle cicline, proteine così chiamate a causa della
cumulo di mutazioni. Infine, MYC appartiene a un piccolo gruppo natura ciclica della loro produzione e degradazione. I complessi
di fattori di trascrizione capaci di agire in maniera coordinata per CDK-cicline fosforilano proteine bersaglio che guidano la cellula
riprogrammare le cellule somatiche come cellule staminali pluripo- attraverso il ciclo cellulare. Terminato questo compito, i livelli di
tenti (Cap. 3) e può inoltre accrescere l’autorinnovamento, bloccare cicline decrescono rapidamente. Sono state identificate più di 15
la differenziazione, o esercitare entrambe le azioni. cicline; le cicline D, E, A e B compaiono in successione durante il
Mentre da una parte l’attivazione di MYC è legata alla prolifera- ciclo cellulare e legano una o più CDK. Il ciclo cellulare può così
zione, dall’altra le cellule in coltura vanno incontro ad apoptosi se essere visto come una corsa a staffetta in cui ogni giro è regolato da
l’attivazione di MYC si verifica in assenza di segnali di sopravvivenza un distinto gruppo di cicline e, appena un gruppo di cicline lascia
(fattori di crescita).55 Il proto-oncogene MYC contiene domini se- il testimone, il gruppo successivo ne prende il posto (Fig. 7.29 e
parati che codificano per attività di promozione della crescita e Tab. 7.7).
apoptotiche, ma non è chiaro se l’apoptosi indotta da MYC si veri- Con queste premesse è facile comprendere come le mutazioni che
fichi anche in vivo. alterano la regolazione dell’attività di cicline e CDK favoriscano la
Contrariamente all’espressione regolata di MYC durante la nor- proliferazione cellulare. In effetti, il verificarsi di errori con riper-
male proliferazione cellulare, nei tumori vi è un’espressione persi- cussioni sull’espressione della ciclina D o della CDK4 sembra essere
stente e talvolta un’iperespressione della proteina corrispondente. frequente nella trasformazione neoplastica. I geni della ciclina D
Nel linfoma di Burkitt, un tumore delle cellule B, un’alterata espres- sono iperespressi in molti tumori maligni, compresi quelli che col-
sione di MYC è causata dalla traslocazione del gene (si veda Fig. 7.27). piscono la mammella, l’esofago, il fegato e un sottogruppo di linfomi.
MYC è amplificato in alcuni casi di carcinoma della mammella e del L’amplificazione del gene CDK4 è sovente riscontrata nei melanomi,
colon, nonché in molti altri carcinomi. I geni correlati N-MYC e nei sarcomi e nei glioblastomi. Sebbene più rare, si possono inoltre
L-MYC sono amplificati rispettivamente nel neuroblastoma verificare mutazioni a carico delle cicline B ed E e di altre CDK.
(Fig. 7.28) e nel carcinoma a piccole cellule del polmone. Mentre le cicline stimolano le CDK, i loro inibitori (CDKI), di
Cicline e chinasi ciclino-dipendenti (CDK). Il risultato finale cui esistono molti tipi, inibiscono le CDK ed esercitano un controllo
di tutti gli stimoli di promozione della crescita è l’ingresso delle negativo sul ciclo cellulare. La famiglia di CDKI CIP/WAF, composta
cellule quiescenti nel ciclo cellulare. I tumori maligni possono da tre proteine chiamate p21 (CDKN1A), p27 (CDKN1B) e p57
­crescere in maniera autonoma se la regolazione dei geni che sovrin- (CDKN1C), inibisce ampiamente le CDK, mentre la famiglia INK4
tendono al ciclo cellulare viene alterata in conseguenza di mutazioni delle CDK1 composta da p15 (CDKN2B), p16 (CDKN2A), p18
o amplificazioni. Come descritto nel Capitolo 3, la progressione (CDKN2C) e p19 (CDKN2D) esercita effetti selettivi sulla ciclina
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 277

Figura 7.29 Illustrazione schematica del ruolo delle cicline, delle chinasi ciclino-dipendenti (CDK) e degli inibitori delle CDK (CDKI) nella regolazione del
ciclo cellulare. Le frecce azzurre rappresentano le fasi del ciclo cellulare durante le quali sono attivi specifici complessi ciclina-CDK. I complessi ciclina
D-CDK4, ciclina D-CDK6 e ciclina E-CDK2 regolano la transizione da G1 a S mediante fosforilazione della proteina RB (RBp). I complessi ciclina A-CDK2 e
ciclina A-CDK1 sono attivi nella fase S. Il complesso ciclina B-CDK1 è essenziale per la transizione da G2 a M. Due famiglie di CDKI possono bloccare
l’attività delle CDK e la progressione del ciclo cellulare. I cosiddetti inibitori INK4, rappresentati da p16, p15, p18 e p19, agiscono sul complesso ciclina
D-CDK4 e sul complesso ciclina D-CDK6. Un’altra famiglia di tre inibitori, p21, p27 e p57, può inibire tutte le CDK.

D/CDK4 e sulla ciclina D/CDK6. L’espressione di questi inibitori è e l’altro al passaggio G2-M. La fase S è il punto di non ritorno nel
sottoregolata dalle vie di trasmissione del segnale mitogeno e per- ciclo cellulare. Prima che una cellula prenda la decisione finale di
tanto promuove la progressione del ciclo cellulare: p27 (CDKN1B), replicarsi, il checkpoint G1-S verifica la presenza di eventuali danni
ad esempio, una CDKI che inibisce la ciclina E, è espressa durante del DNA e, nel caso in cui tali danni siano rilevati, determina l’avvio
l’intera fase G1. I segnali mitogeni smorzano l’attività di p27 in diversi dei meccanismi di riparazione del DNA e dei meccanismi deputati
modi, annullando l’inibizione della ciclina E-CDK2 e permettendo ad arrestare il ciclo cellulare. Un ritardo nella progressione del ciclo
così al ciclo cellulare di procedere.56 Le CDKI sono spesso mutate o cellulare fornisce il tempo necessario per riparare il DNA e, se il
inibite in molte neoplasie umane. Mutazioni germinali di p16 danno non è riparabile, vengono attivate le vie apoptotiche per eli-
(CDKN2A) sono associate al 25% dei melanomi.23 Delezioni o inat- minare la cellula. Il checkpoint G1-S impedisce quindi la replicazione
tivazioni di p16 acquisite somaticamente si trovano nel 75% dei di cellule che presentino anomalie nel DNA, come mutazioni o
carcinomi pancreatici, nel 40-70% dei glioblastomi, nel 50% dei rotture cromosomiche che sarebbero perpetuate nella progenie della
tumori maligni dell’esofago, nel 20-70% delle leucemie linfoblastiche cellula. Il DNA danneggiato può anche essere riparato dopo la
acute e nel 20% dei carcinomi del polmone non microcitomi, dei ­replicazione almeno finché i cromatidi non siano separati. Il
sarcomi dei tessuti molli e dei cancri vescicali.57 checkpoint G2-M, invece, controlla il completamento della replica-
Prima di chiudere questa discussione sul ciclo cellulare e sulla sua zione del DNA e verifica che la cellula possa iniziare la mitosi in
regolazione, ci soffermeremo brevemente sui controlli interni del sicurezza e separare i cromatidi fratelli. Questo checkpoint è parti-
ciclo cellulare chiamati checkpoint, dal momento che la successiva colarmente importante nelle cellule esposte a radiazioni: le cellule
trattazione sui geni oncosoppressori illustrerà l’importanza dei danneggiate da radiazioni ionizzanti attivano infatti il checkpoint
checkpoint del ciclo cellulare per il mantenimento dell’integrità del G2-M e si arrestano in G2; eventuali difetti in questo punto di con-
genoma. Esistono due principali checkpoint: uno al passaggio G1-S trollo danno origine ad anomalie cromosomiche. Per funzionare in
278 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Tabella 7.7 Principali componenti del ciclo cellulare e loro inibitori


Componente del ciclo cellulare Funzione principale

chinasi ciclina-dipendenti

CDK4 Forma un complesso con la ciclina D che fosforila RB, permettendo alla cellula di
progredire attraverso il punto di restrizione di G1.
CDK2 Forma un complesso con la ciclina E nella tarda fase G1, che è coinvolto nella transizione
G1-S. Forma un complesso con la ciclina A nella fase S che facilita la transizione G2-M.
CDK1 Forma un complesso con la ciclina B che facilita la transizione G2-M.

inibitori

Famiglia CIP/KIP: p21, p27 (CDKN2A-C) Bloccano il ciclo cellulare legando i complessi ciclina-CDK; p21 è indotta
dall’oncosoppressore p53; p27 risponde ai soppressori della crescita come il TGFb.
Famiglia INK4/ARF (CDKN1A-D) p16/INK4a si lega al complesso ciclina D-CDK4 e promuove gli effetti inibitori di RB;
p14/ARF aumenta i livelli di p53 inibendo l’attività di MDM2.

componenti dei punti di restrizione (checkpoint)

p53 Gene oncosoppressore alterato nella maggior parte dei tumori; causa arresto del ciclo
cellulare e apoptosi. Agisce soprattutto attraverso p21 per determinare l’arresto del
ciclo cellulare. Causa apoptosi inducendo la trascrizione di geni proapoptotici come
BAX. I livelli di p53 sono regolati negativamente da MDM2 attraverso un circuito di
feedback. p53 è necessaria per il punto di restrizione G1-S ed è uno dei componenti
principali del punto di restrizione G2-M.
Proteina atassia-teleangectasia mutata Attivata da meccanismi che rilevano le interruzioni del DNA a doppio filamento.
Trasmette segnali per arrestare il ciclo cellulare in seguito a danno del DNA. Agisce
attraverso p53 al punto di restrizione G1-S. Al punto di restrizione G2-M agisce sia
attraverso meccanismi dipendenti da p53, sia attraverso l’inattivazione della fosfatasi
CDC25 che disgrega il complesso ciclina B-CDK1. Fattore di un sistema di geni tra cui
BRCA1 e BRCA2, che collegano il danno del DNA all’arresto del ciclo cellulare e
all’apoptosi.

maniera corretta, i checkpoint del ciclo cellulare richiedono rileva- proliferazione possono spingere le cellule verso l’apoptosi. Un altro
tori del danno del DNA, trasduttori del segnale e molecole effettrici.58 gruppo di oncosoppressori sembra essere invece coinvolto nella
I rilevatori e i trasduttori del danno del DNA sembrano simili per i differenziazione cellulare, provocando l’ingresso delle cellule in un
checkpoint G1-S e G2-M e includono, come rilevatori, proteine della pool postmitotico differenziato, privo di potenziale proliferativo.
famiglia RAD e proteine atassia-teleangectasia mutate (ATM) e, Analogamente ai segnali mitogeni, i segnali di differenziazione
come trasduttori, la famiglia della chinasi CHK.59 Le molecole effet- inibitori della crescita originano al di fuori della cellula e si servono
trici dei checkpoint cambiano a seconda della fase del ciclo cellulare di recettori, trasduttori del segnale e regolatori della trascrizione
in cui entrano in azione. Nel punto di controllo tra G1 e S, l’arresto nucleare per esercitare i loro effetti; gli oncosoppressori costituiscono
del ciclo cellulare è per lo più mediato da p53, che attiva l’inibitore parte di tali sistemi.
del ciclo cellulare p21. L’arresto del ciclo cellulare al punto di con- In questa sezione verranno descritti i geni oncosoppressori, i loro
trollo G2-M implica meccanismi dipendenti o indipendenti da p53. prodotti e i possibili meccanismi attraverso i quali la perdita della
L’esistenza di difetti nei componenti dei vari checkpoint sono la causa loro funzione contribuisce alla crescita cellulare incontrollata. Le
principale di instabilità genetica delle cellule tumorali. proteine prodotte dai geni oncosoppressori possono fungere da
fattori di trascrizione, inibitori del ciclo cellulare, molecole di tra-
sduzione del segnale, recettori di superficie e regolatori delle risposte
Mancata Risposta Ai Segnali Di
cellulari ai danni del DNA. Di seguito discuteremo le funzioni dei
Inibizione Della Crescita Ed Elusione
più importanti geni oncosoppressori e come i danni eventualmente
Dei Meccanismi Di Senescenza: Geni
subiti contribuiscono alla cancerogenesi.
Oncosoppressori
Cominciamo la nostra trattazione con RB, il primo gene onco-
La perdita del controllo negativo della crescita è una delle alterazioni soppressore a essere stato scoperto e quindi il prototipo dei geni
fondamentali nel processo di cancerogenesi. Mentre gli oncogeni oncosoppressori. Come avviene per molte scoperte in medicina, RB
inducono la proliferazione cellulare, i prodotti dei geni oncosoppres- fu individuato studiando una patologia rara, nel caso specifico il
sori frenano la proliferazione cellulare (Tab. 7.8). È oramai appurato retinoblastoma. Circa il 60% dei retinoblastomi è sporadico e il
che le proteine elaborate dai geni oncosoppressori formano una rete ­restante 40% è ereditario (o familiare) e la predisposizione a svilup-
di controlli atti a prevenire la crescita incontrollata. Molti oncosop- pare il tumore è trasmessa come carattere autosomico dominante. I
pressori, come RB e p53, fanno parte di un sistema di regolazione pazienti con retinoblastoma familiare, inoltre, hanno anche un
capace di riconoscere lo stress genotossico indotto da qualunque ­rischio notevolmente maggiore di sviluppare osteosarcomi e altri
fonte e rispondono arrestando la proliferazione. In effetti, l’espres- sarcomi dei tessuti molli. Per spiegare la doppia causa ereditaria e
sione di un oncogene in una cellula per il resto assolutamente sporadica di una neoplasia apparentemente identica, Knudson pro-
­normale porta alla quiescenza o a un arresto permanente del ciclo pose la teoria dell’oncogenesi “a due colpi”, accettata da tutti.19,60 In
cellulare (senescenza indotta da oncogene), piuttosto che alla pro- termini molecolari, l’ipotesi di Knudson può essere formulata come
liferazione incontrollata. Da ultimo, poi, le vie che inibiscono la segue (Fig. 7.30):
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 279

Tabella 7.8 Principali geni oncosoppressori coinvolti nelle neoplasie umane


Localizzazione Tumori associati Tumori associati
subcellulare Gene Funzione a mutazioni somatiche a mutazioni ereditarie

Superficie cellulare Recettore di TGFb Inibizione della crescita Carcinomi del colon Non conosciuti
E-caderina Adesione cellulare Carcinoma dello stomaco Tumore gastrico familiare

Superficie interna della NF1 Inibizione della Neuroblastomi Neurofibromatosi di tipo 1


membrana plasmatica trasduzione del segnale e sarcomi
di RAS e dell’inibitore
del ciclo cellulare p21

Citoscheletro NF2 Stabilità del citoscheletro Schwannomi Neurofibromatosi di tipo 2,


e meningiomi schwannomi acustici e
meningiomi

Citosol APC/b-catenina Inibizione della Carcinomi dello stomaco, Poliposi adenomatosa familiare
trasduzione del segnale del colon e del del colon/tumore del colon
pancreas; melanoma
PTEN Trasduzione del segnale Tumori dell’endometrio Sindrome di Cowden
della PI3 chinasi e della prostata
SMAD2 e SMAD4 Trasduzione del segnale Tumori del colon e del Non conosciuti
di TGFb pancreas

Nucleo RB1 Regolazione del ciclo Retinoblastoma; Retinoblastomi, osteosarcomi


cellulare osteosarcoma,
carcinoma della
mammella, del colon
e del polmone
p53 Arresto del ciclo cellulare La maggior parte dei Sindrome di Li-Fraumeni;
e apoptosi in risposta al tumori umani carcinomi multipli e sarcomi
danno del DNA
WT1 Trascrizione nucleare Tumore di Wilms Tumore di Wilms
P16/INK4a Regolazione del ciclo Tumori del pancreas, Melanoma maligno
cellulare mediante della mammella e
inibizione delle chinasi dell’esofago
ciclino-dipendenti
BRCA1 e BRCA2 Riparazione del DNA Non conosciuti Carcinomi della mammella
femminile e dell’ovaio;
carcinoma della mammella
maschile

PI3 chinasi, fosfatidil inositolo 3 chinasi.

Per provocare il retinoblastoma sono necessarie due mutazioni d­ iventano omozigoti per l’allele mutante ossia quando perdono l’ete-
(colpi), a carico di entrambi gli alleli di RB al locus cromosomico rozigosi per il gene RB normale (una condizione definita LOH, dall’in-
13q14. In alcuni casi, i danni genetici sono talmente estesi da glese Loss of Heterozygosity). Il gene RB funge da paradigma per molti
essere visibili come delezione della regione 13q14. altri geni che agiscono in maniera analoga. Uno o più geni sul ramo
Nei casi familiari, i bambini ereditano una copia difettosa del corto del cromosoma 11, ad esempio, hanno importanza nella genesi
gene RB nella linea germinale (primo colpo), mentre l’altra copia del ­tumore di Wilms, dell’epatoblastoma e del rabdomiosarcoma. Il
è normale (si veda Fig. 7.30). Il retinoblastoma si sviluppa quando gene di von Hippel-Lindau (VHL) è un gene oncosoppressore che
l’allele normale di RB risulta mutato nei retinoblasti per effetto di provoca carcinomi renali a cellule chiare familiari ed è inoltre coin-
una mutazione somatica spontanea (secondo colpo). Poiché una volto in forme sporadiche dello stesso tumore.61 La perdita non ca-
singola mutazione somatica è sufficiente per determinare la perdita suale di eterozigosi ha fornito importanti indizi per l’individuazione
di funzione di RB nelle famiglie con retinoblastoma, il retinobla- di vari geni oncosoppressori.
stoma familiare è ereditato come tratto autosomico dominante. RB. La proteina RB, il prodotto del gene RB, è una fosfoproteina
Nei casi sporadici, entrambi gli alleli normali di RB devono subire nucleare espressa in maniera ubiquitaria e dotata di un ruolo fon-
una mutazione somatica nello stesso retinoblasto (due colpi). Il damentale nella regolazione del ciclo cellulare. RB esiste in uno stato
risultato finale è lo stesso: una cellula retinica in cui la funzione attivo ipofosforilato nelle cellule quiescenti e in uno stato inattivo
di RB sia andata completamente persa diviene cancerosa. iperfosforilato nelle cellule in transizione dalla fase G1 alla fase S del
ciclo cellulare (Fig. 7.31). L’importanza di RB è correlata con il man­
A questo punto occorre chiarire alcune definizioni. Un bambino tenimento della fase G1, ossia l’intervallo tra la mitosi (M) e la repli­
portatore di un allele mutante ereditario di RB in tutte le cellule cazione del DNA (S). Nell’embrione, le divisioni cellulari procedono
somatiche è perfettamente normale (eccetto che per il maggiore in successione, con la replicazione del DNA che inizia immediata-
rischio di sviluppare un cancro). Poiché questo bambino è eterozi- mente dopo la fine della mitosi. A mano a mano che lo sviluppo
gote nel locus RB, l’eterozigosi per il gene RB non influisce sul procede, tuttavia, nel ciclo cellulare vi sono due intervalli o “gap”
­comportamento cellulare. Il cancro si sviluppa quando le cellule (G): il gap 1 (G1) tra la mitosi (M) e la replicazione del DNA (S) e il
280 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Figura 7.30 Patogenesi del retinoblastoma. Due mutazioni del locus RB sul cromosoma 13q14 stimolano la proliferazione neoplastica delle cellule
retiniche. Nella forma sporadica, entrambe le mutazioni al locus RB sono acquisite dalle cellule retiniche dopo la nascita. Nella forma ereditaria, tutte le
cellule somatiche ereditano un gene RB mutante da un genitore portatore. La seconda mutazione interessa il locus RB in una cellula retinica dopo la
nascita.

gap 2 (G2) tra la replicazione del DNA (S) e la mitosi (M) (si veda E. La proteina RB ipofosforilata blocca la trascrizione mediata da E2F
Fig. 7.29). Sebbene ciascuna fase del ciclo cellulare sia controllata in almeno due modi (si veda Fig. 7.31): anzitutto sequestra E2F, impe-
accuratamente, si ritiene che il passaggio da G1 a S costituisca un dendone l’interazione con altri attivatori trascrizionali; in secondo
checkpoint estremamente importante nell’orologio del ciclo cellulare. luogo, recluta proteine rimodellanti la cromatina, come le istoni dea-
Una volta che le cellule superano il checkpoint di G1, possono cetilasi e le istoni metiltransferasi, che si legano ai promotori dei geni
­arrestarsi nel ciclo cellulare per un certo tempo ma sono obbligate responsivi a E2F, come la ciclina E. Questi enzimi modificano la cro-
a completare la mitosi. In G1, però, le cellule possono uscire dal ciclo matina in modo da rendere i geni promotori ­insensibili ai fattori di
cellulare, sia temporaneamente – condizione chiamata quiescenza – trascrizione.
sia permanentemente – condizione chiamata senescenza. In G1, I segnali mitogeni portano all’espressione della ciclina D e all’attiva­
quindi, diversi segnali vengono integrati per stabilire se le cellule zione dei complessi ciclina D-CDK4/6, i quali fosforilano RB, inatti-
debbano entrare nel ciclo cellulare, uscire dal ciclo cellulare e diffe- vando la proteina e permettendo a E2F di indurre i geni bersaglio, come
renziarsi, oppure morire. In tale processo decisionale, RB riveste un quelli della ciclina E. L’espressione della ciclina E quindi stimola la re­
ruolo cruciale, e per capirne la ragione occorre analizzare i mecca- plicazione del DNA e la progressione attraverso il ciclo cellulare. Quan-
nismi che regolano la fase G1.62 do le cellule ­entrano nella fase S, sono costrette a dividersi senza ulte-
L’avvio della replicazione del DNA richiede l’intervento dei com- riore stimolazione da parte di fattori di crescita. Durante la successiva
plessi ciclina E-CDK2 e l’espressione della ciclina E è dipendente dai fase M, i gruppi fosfato vengono rimossi da RB a opera delle fosfatasi
fattori di trascrizione della famiglia E2F. All’inizio di G1, RB si trova ­cellulari, con generazione della forma ipofosforilata di RB. I fattori E2F
nella sua forma ipofosforilata attiva e lega, inibendoli, i fattori di tra- non sono i soli effettori dell’arresto mediato da RB in G1, ma anche RB
scrizione della famiglia E2F, prevenendo così la trascrizione della ­ciclina controlla la stabilità dell’inibitore del ciclo cellulare p27.63,64
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 281

Figura 7.31 Ruolo di RB nella regolazione del checkpoint G1-S del ciclo cellulare. La proteina RB ipofosforilata forma un complesso con i fattori di tra-
scrizione E2F, si lega al DNA e recluta i fattori di rimodellamento della cromatina (istone deacetilasi e istone metiltransferasi) inibendo la trascrizione di
geni i cui prodotti sono necessari per passare alla fase S del ciclo cellulare. Quando viene fosforilata dai complessi ciclina D-CDK4, ciclina D-CDK6 e ciclina
E-CDK2, RB rilascia E2F. Quest’ultimo quindi attiva la trascrizione dei geni della fase S. La fosforilazione di RB è inibita dai CDKI che inattivano i complessi
ciclina-CDK. Praticamente tutti i tumori mostrano un’alterata regolazione a livello del checkpoint G1-S per effetto della mutazione di uno dei quattro geni
che regolano la fosforilazione di RB; questi geni sono RB1, CDK4, i geni codificanti per le cicline D e CDKN2A (p16). EGF, fattore di crescita epidermico;
PDGF, fattore di crescita piatstrine-derivato; TGFb, fattore di crescita trasformante b.

Se RB è assente (per effetto di mutazioni genetiche) o se la sua mande: (1) perché pazienti con mutazione germinale del locus RB
capacità di regolare i fattori di trascrizione E2F è inattivata, i freni sviluppano soprattutto retinoblastomi? (2) perché le mutazioni
molecolari del ciclo cellulare cessano di funzionare e le cellule pro- inattivanti RB non sono molto più frequenti nelle malattie tumorali
grediscono attraverso il ciclo cellulare. Le mutazioni dei geni RB umane? I meccanismi responsabili della comparsa di tumori limitati
individuati nei tumori sono localizzate in una regione della proteina alla retina nei pazienti che ereditano un allele difettoso di RB non
RB chiamata “RB pocket” coinvolta nel legame con E2F. Ciò detto, sono ancora chiari, ma alcune possibili spiegazioni sono emerse
è stato dimostrato che la proteina RB è anche in grado di legare dallo studio di topi con distruzione mirata del locus RB. Membri
fattori di trascrizione diversi, responsabili di regolare la differenzia- della famiglia RB, ad esempio, possono integrare parzialmente la
zione cellulare.65 La proteina RB, ad esempio, stimola fattori di tra- sua funzione in tipi cellulari differenti dai retinoblasti. RB, infatti,
scrizione specifici per miociti, adipociti, melanociti e macrofagi. La appartiene a una piccola famiglia di proteine, le cosiddette “proteine
via di RB unisce pertanto il controllo della progressione del ciclo pocket”, che includono anche p107 e p130,66 e tutte e tre le proteine
cellulare in G1 alla differenziazione, il che può spiegare come la si legano ai fattori di trascrizione E2F. Il discorso diventa complesso:
differenziazione sia associata all’uscita dal ciclo cellulare. In aggiunta sette proteine E2F (da E2F1 a E2F7) funzionano da attivatori tra-
a questa doppia attività, RB può inoltre indurre senescenza, come scrizionali e da repressori. Si pensa che tutte le proteine pocket
vedremo più avanti. ­regolino la progressione attraverso il ciclo cellulare e la differenzia-
È stato precedentemente accennato che la perdita o la mutazione zione in maniera simile a quella descritta in precedenza per RB.
del gene RB nella linea germinale predispone all’insorgenza di reti- Ciascun membro di questa famiglia di proteine, tuttavia, si lega a
noblastomi e, in minor misura, di osteosarcomi. Inoltre, mutazioni un gruppo diverso di proteine E2F ed è anche espresso in diversi
acquisite somaticamente sono state descritte nei glioblastomi, nel momenti del ciclo cellulare. Così, sebbene nel sistema ci sia una certa
carcinoma a piccole cellule del polmone, nonché nei carcinomi della sovrabbondanza di segnali, le funzioni non sono del tutto sovrap-
mammella e della vescica. Data la presenza di RB in ogni cellula e poste; in questo momento, la complessità del sistema proteine po-
la sua importanza nel controllo del ciclo cellulare sorgono due do- cket-E2F è in fase di definizione. È stato osservato, ad esempio, che
282 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

in un modello murino di retinoblastoma la mutazione di fattori leucemie, i tumori cerebrali e i carcinomi della corteccia surrenale.
diversi del sistema in varie combinazioni genera retinoblastomi, non Rispetto ai tumori sporadici, quelli che affliggono i pazienti con la
soltanto dai retinoblasti ma anche da cellule differenziate della retina, sindrome di Li-Fraumeni si sviluppano più precocemente e uno
come gli interneuroni orizzontali.67 stesso paziente può sviluppare tumori primitivi multipli.71
Rispetto alla seconda domanda (perché la perdita di RB non sia Il fatto che le mutazioni di p53 siano comuni a diversi tumori
più frequente nei tumori umani), la risposta è molto più semplice: umani suggerisce che la proteina p53 svolga un ruolo importante di
mutazioni in altri geni che controllano la fosforilazione di RB pos- guardiano contro lo sviluppo di tumori. In effetti, p53 agisce come
sono mimare la perdita di RB e tali geni sono mutati in molti tumori un poliziotto molecolare, prevenendo la replicazione di cellule gene-
che possono avere geni RB normali. Così, ad esempio, l’attivazione ticamente danneggiate. La proteina p53 è un fattore trascrizionale
in seguito a mutazione della ciclina D o di CDK4 favorirebbe la che si trova al centro di una vasta rete di segnali deputati a ­rilevare
proliferazione cellulare facilitando la fosforilazione di RB. Come lo stress cellulare, come il danno del DNA, l’accorciamento dei te-
descritto precedentemente, la ciclina D è iperespressa in molti lomeri e l’ipossia e molte delle sue attività sono correlate alla sua
­tumori a causa di amplificazione genica o di traslocazioni. L’inatti- funzione di fattore di trascrizione. È stato dimostrato che diverse
vazione degli inibitori di CDK innesca il ciclo cellulare attraverso centinaia di geni sono regolate da p53 in contesti diversi, ma non è
un’attivazione sregolata delle cicline e delle CDK. Il paradigma che ancora chiaro quali siano i geni chiave per la risposta a p53. Appros-
ne emerge è che la perdita di un normale controllo del ciclo cellulare simativamente l’80% delle mutazioni puntiformi di p53 presenti nei
è basilare per la trasformazione maligna e che almeno uno dei quattro tumori umani è localizzato nel dominio che lega il DNA. Tuttavia,
regolatori chiave del ciclo cellulare (p16/INK4a, ciclina D, CDK4, RB) gli effetti di differenti mutazioni puntiformi variano considerevol-
è deregolato in gran parte dei tumori maligni umani.68 Nelle cellule mente: in alcuni casi si ha il completo annullamento delle capacità
che presentano mutazioni in uno qualsiasi di questi geni, la trascrizionali, mentre altre forme mutanti mantengono la capacità
­funzione di RB è alterata anche se il gene RB stesso non ha subito di legarsi a un sottogruppo di geni e di attivarli. Oltre che dalle
mutazioni.34 mutazioni somatiche ed ereditarie, p53 può essere inattivata da altri
Le proteine trasformanti di diversi virus oncogeni a DNA, animali meccanismi. Come per RB, le proteine trasformanti di diversi virus
e umani, sembrano agire almeno in parte neutralizzando l’azione a DNA, inclusa la proteina E6 dell’HPV, possono legarsi a p53 e
inibitrice della crescita esercitata da RB. In questi casi, la proteina promuoverne la degradazione. Inoltre, come per RB, si pensa che
RB è funzionalmente messa fuori gioco tramite il legame con una nella maggioranza dei tumori privi di una mutazione di p53, la
proteina virale che le impedisce di agire come inibitore del ciclo funzione della via molecolare di p53 sia bloccata da una mutazione
cellulare. Gli antigeni large T del virus SV40 e del poliomavirus, la in un altro gene regolante la funzione di p53. MDM2 e MDMX, ad
proteina EIA dell’adenovirus e la proteina E7 del papillomavirus esempio, stimolano la degradazione di p53 e queste proteine sono
(HPV) si legano tutti alla forma ipofosforilata di RB. Il legame si frequentemente iperespresse nei tumori maligni in cui il gene che
verifica nella stessa RB pocket che normalmente sequestra i fattori codifica per p53 non è mutato. MDM2, di fatto, è amplificato nel
di ­trascrizione E2F. Nel caso dell’HPV, il legame è particolarmente 33% dei sarcomi umani, dove causa perdita funzionale di p53.72,73
forte per alcuni tipi virali come HPV16, associato a un elevato ri- La proteina p53 contrasta la trasformazione neoplastica mediante
schio di carcinoma della cervice uterina. La proteina RB, non po- tre meccanismi collegati: l’arresto temporaneo del ciclo cellulare (quie-
tendo legare il fattore di trascrizione E2F, è funzionalmente inattiva scenza), l’arresto permanente del ciclo cellulare (senescenza) e la morte
e i fattori di trascrizione sono liberi di indurre la progressione del cellulare programmata (apoptosi).
ciclo cellulare. Nelle cellule sane, non sottoposte a stress, p53 ha un’emivita breve
Molte altre vie di regolazione della crescita, alcune delle quali (20 minuti), a causa nella sua associazione a MDM2, una proteina
verranno trattate in dettaglio più avanti, convergono sempre su RB programmata per degradarla. Quando la cellula è stressata, ad esem-
(si veda Fig. 7.31): pio da un’aggressione al suo DNA, p53 va incontro a modificazioni
p53, il guardiano del genoma. Il gene p53 è situato sul cromo- post-trascrizionali che la liberano da MDM2 e ne accrescono l’emi-
soma 17p13.1 ed è il bersaglio più comune delle alterazioni genetiche vita. Svincolata da MDM2, anche p53 viene attivata come fattore di
presenti nei tumori umani69 (il nome ufficiale del gene è TP53 e la trascrizione. Sono state identificate centinaia di geni la cui trascri-
proteina è p53, ma per semplicità ci riferiremo a entrambi come zione è innescata da p53,74,75 i quali possono essere raggruppati in
“p53”). Più del 50% dei tumori umani contiene mutazioni in questo due ampie categorie: quelli che causano l’arresto del ciclo cellulare
gene. La perdita omozigote della funzione del gene p53 può avvenire e quelli che causano l’apoptosi. Se il danno del DNA può essere
praticamente in qualsiasi tipo di cancro, inclusi i carcinomi del ­riparato durante l’arresto del ciclo cellulare, la cellula ritorna a uno
polmone, del colon e della mammella, che sono le tre principali stato normale; se la riparazione fallisce, invece, p53 induce l’apoptosi
cause di morte per tumore. Nella maggior parte dei casi, le mutazioni o la senescenza. Di recente, tuttavia, la trama si è infittita. È stato
interessano entrambi gli alleli di p53 e sono acquisite dalle cellule scoperto che la soppressione di un sottogruppo di geni proliferativi
somatiche (non ereditate per via germinale), mentre più raramente e antiapoptotici è cruciale per la risposta a p53, ma resta da chiarire
alcuni individui ereditano un allele mutato di p53. Come per il come p53 realizzi la soppressione, dal momento che nella maggior
­gene RB, ereditare un allele mutato predispone gli individui a svi- parte degli esperimenti p53 sembra essere un attivatore della tra-
luppare tumori maligni giacché è sufficiente un solo altro “colpo” scrizione. A questo punto entrano in scena i microRNA o miRNA.
per inattivare il secondo allele normale. Questa condizione, definita È stato infatti dimostrato che p53 attiva la trascrizione dalla famiglia
sindrome di Li-Fraumeni, conferisce una probabilità 25 volte mag- mir34 di miRNA (mir34a-mir34c).76 I miRNA, come illustrato nel
giore di sviluppare un tumore maligno entro i 50 anni di età rispetto Capitolo 5, si legano a sequenze correlate nella regione 3’ non tra-
alla popolazione generale.70 Diversamente dagli individui che ere- dotta degli mRNA, prevenendone la traduzione (Fig. 7.32 B). È in-
ditano un allele mutato di RB, lo spettro di tumori che si sviluppano teressante osservare che il blocco di mir34 impedisce la risposta a
nelle persone con la sindrome di Li-Fraumeni è piuttosto vario: i p53 nelle cellule, mentre l’espressione ectopica di mir34 senza atti-
tipi più comuni sono i sarcomi, il carcinoma della mammella, le vazione di p53 è sufficiente per indurre l’arresto della crescita e
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 283

Figura 7.32 A. Ruolo di p53 nel mantenere l’integrità del genoma. L’attivazione di p53 normale da parte di agenti che danneggiano il DNA o in seguito
a ipossia determina il blocco in G1 e induce la riparazione del DNA mediante stimolazione trascrizionale dei geni dell’inibitore delle chinasi ciclino-dipendenti
CDKN1A (p21) e di GADD45. L’efficace riparazione del DNA consente alle cellule di procedere lungo il ciclo cellulare, ma se la riparazione del DNA fallisce,
p53 attiva l’apoptosi e la senescenza. Nelle cellule con perdita o mutazione di p53, le lesioni al DNA non inducono arresto del ciclo cellulare e riparazione
del DNA, consentendo così alle cellule geneticamente danneggiate di continuare a proliferare e dare eventualmente origine a un tumore maligno. B. La
proteina p53 media la repressione genica attivando la trascrizione di miRNA; p53 attiva la trascrizione della famiglia mir34 di miRNA; mir34 sopprime la
traduzione di geni proliferativi come le cicline e di geni antiapoptotici come BCL2. La soppressione di questi geni promuove la quiescenza la senescenza
e l’apoptosi.

l’apoptosi. I microRNA mir34, pertanto, sono capaci di riassumere dall’incapacità di riparare determinati tipi di danno del DNA, pre-
molte delle diverse funzioni di p53 e sono necessari per tali funzioni, sentano un’aumentata incidenza di cancro. I danni rilevati da ATM
come dimostrato dall’importanza di mir34 per la risposta a p53. e ATR sono differenti, ma le vie di segnalazione a valle che attivano
I bersagli di mir34 includono geni proliferativi come le cicline e geni sono simili. Una volta attivate, ATM e ATR fosforilano una varietà
antiapoptotici come BCL2. La regolazione di mir34 da parte di p53 di bersagli, compresi p53 e proteine implicate nella riparazione del
spiega, almeno in parte, come p53 sia in grado di sopprimere l’espres­ DNA. La fosforilazione di questi due bersagli porta rispettivamente
sione genica, e sembra che la regolazione di questo miRNA sia a una pausa nel ciclo cellulare e alla stimolazione delle vie di ripa-
cruciale per la risposta a p53. razione del DNA.
Si comincia ora a comprendere il modo in cui p53 rileva il danno L’arresto del ciclo cellulare mediato da p53 può essere considerato
al DNA e determina l’adeguatezza della sua riparazione. Gli iniziatori come la prima risposta al danno del DNA (Fig. 7.32). Si verifica nella
chiave della via di segnalazione del danno del DNA sono due pro- fase G1 avanzata ed è causato principalmente dalla trascrizione
teine correlate alle chinasi: la protein-chinasi atassia-teleangectasia ­dipendente da p53 dell’inibitore di CDK CDKN1A (p21). Come
mutata (ATM) e la protein-chinasi correlata ad atassia-teleangectasia/ abbiamo già visto, p21 inibisce i complessi ciclina-CDK e la fosfo-
Rad3 (ATR).77,78 Come suggerisce il nome, il gene ATM fu in origine rilazione di RB, impedendo così l’ingresso delle cellule nella fase G1.
identificato come la mutazione germinale negli individui affetti da Questa pausa nel ciclo cellulare è utile, in quanto dà modo alle cellule
atassia-teleangectasia. I soggetti affetti da tale patologia, ­caratterizzata di “prendere fiato” e riparare il danno al DNA. Anche p53 favorisce
284 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

il processo attivando alcune proteine come GADD45 (Growth Arrest probabilità di rispondere a queste terapie rispetto ai tumori che
and DNA Damage), che partecipa alla riparazione del DNA.75 La recano alleli mutati del gene. È questo il caso dei teratocarcinomi
proteina p53 può stimolare le vie di riparazione del DNA anche testicolari e delle leucemie linfoblastiche acute dell’infanzia. Tumori
mediante meccanismi indipendenti dalla trascrizione. Se il danno come i carcinomi polmonari e i tumori colorettali, che presentano
del DNA è riparato con successo, p53 stimola la trascrizione di frequentemente mutazioni del gene p53, ad esempio, sono relativa-
MDM2, portando alla sua stessa distruzione e rimuovendo così il mente resistenti alla chemioterapia e alla radioterapia. Si stanno
blocco del ciclo cellulare. Se il danno non può essere riparato, la studiando diverse strategie terapeutiche mirate ad aumentare l’atti-
cellula può entrare nella senescenza indotta da p53 o andare incontro vità normale di p53 nelle cellule tumorali o a uccidere selettivamente
all’apoptosi sempre diretta da p53. le cellule che abbiano una p53 difettosa.
La senescenza indotta da p53 è un arresto permanente del ciclo La scoperta dei membri della famiglia di p53 indicati come p63
cellulare caratterizzato da specifici cambiamenti nella morfologia e e p73 ha rivelato che p53 agisce in collaborazione con questi due
nell’espressione genica, che lo differenziano dalla quiescenza o geni. In effetti, p53, p63 e p73 agiscono in un sistema complesso
dall’arresto reversibile del ciclo cellulare. La senescenza richiede dotato di significative interconnessioni che si sta iniziando a
l’attivazione di p53 e/o di RB e l’espressione dei loro mediatori, come decifrare.81,82 La proteina p53 è espressa ubiquitariamente, mentre
gli inibitori di CDK, ed è generalmente irreversibile, sebbene neces- p63 e p73 mostrano una maggiore specificità tissutale: p63, ad esem-
siti della continua espressione di p53. I meccanismi della senescenza pio, è essenziale per la differenziazione degli epiteli squamosi stra-
sono poco chiari, ma implicano cambiamenti epigenetici che ­portano tificati, mentre p73 esercita potenti effetti proapoptotici in seguito
alla formazione di eterocromatina in loci differenti lungo l’intero a danno del DNA indotto da agenti chemioterapici. Inoltre, sia p63
genoma.80 Questi foci di eterocromatina associati alla senescenza sia p73, e probabilmente anche p53, sono espresse in diverse isofor-
includono geni proliferativi regolati da E2F; ciò altera in modo me, alcune delle quali agiscono come attivatori trascrizionali mentre
drastico e permanente l’espressione di tali geni bersaglio di E2F. altre funzionano come geni dominanti negativi. Un esempio delle
Come tutte le risposte a p53, la senescenza può essere indotta in azioni collegate di questi tre fattori può essere osservato nel sottotipo
conseguenza di una varietà di stress, ad esempio un segnale onco- cosiddetto “basale” di carcinoma mammario, associato a una
geno, ipossia o accorciamento dei telomeri. ­prognosi infausta. È stato dimostrato che questi tumori presentano
L’apoptosi di cellule con danno irreversibile del DNA indotta da p53 mutazioni in p53 e per di più esprimono una versione dominante
è l’ultimo meccanismo protettivo contro la trasformazione neopla- negativa di p63 che antagonizza l’attività apoptotica di p73. Questa
stica. La proteina p53 dirige la trascrizione di diversi geni proapop- alterazione del sistema p53-p63-p73 contribuisce alla chemioresi-
totici come BAX e PUMA (nome ufficiale BBC3; si veda oltre). Non stenza e alla prognosi infausta di tali tumori.83
è ancora chiaro in che modo, esattamente, una cellula decida se Via dell’APC/β-catenina. I geni della poliposi adenomatosa del
­riparare il proprio DNA o entrare in apoptosi. Sembra che l’affinità colon (APC) rappresentano una classe di oncosoppressori la cui
di p53 per i promotori e i potenziatori dei geni per la riparazione principale funzione è di sottoregolare i segnali di stimolazione della
del DNA sia maggiore della sua affinità per i geni proapoptotici.80 crescita. Le mutazioni germinali nei loci di APC (5q21) sono asso-
La via della riparazione del DNA, dunque, è attivata per prima, ciate alla poliposi adenomatosa familiare, patologia per cui tutti gli
mentre p53 continua ad accumularsi. Alla fine, in caso di mancata individui nati con un allele mutante sviluppano migliaia di polipi nel
riparazione del danno del DNA, si verifica un accumulo di p53 colon durante l’adolescenza o comunque entro i trent’anni ­(poliposi
sufficiente a stimolare la trascrizione dei geni proapoptotici, con la adenomatosa familiare, Cap. 17). Quasi certamente, almeno uno di
conseguente morte della cellula. Se questo schema, in linea generale, questi polipi andrà incontro a una trasformazione maligna dando
si può ritenere corretto, pare che esistano anche importanti risposte origine a un tumore del colon. Come per altri geni oncosoppressori,
cellulari citotipo-specifiche, per cui alcuni tipi cellulari soccombono entrambe le copie del gene APC devono andare perse ­affinché si
all’apoptosi più rapidamente, mentre altri optano per la senescenza.80 sviluppi il tumore. Questa conclusione è confermata dallo sviluppo
Tali risposte differenziali possono essere correlate alle funzioni di di adenomi del colon in topi con alterazioni mirate dei geni APC
altri membri della famiglia di p53 espressi in tipi cellulari differenti nella mucosa del colon.84 Come vedremo più avanti, devono verifi-
(si veda oltre). carsi diverse mutazioni perché negli adenomi si sviluppino carcino-
In sintesi, p53 rappresenta un punto di collegamento fra i danni mi. Una perdita omozigote del gene APC è presente, oltre che in
cellulari, i meccanismi di riparazione del DNA, l’arresto del ciclo questi tumori dotati di una forte predisposizione ereditaria, anche
cellulare e l’apoptosi. Se il DNA è danneggiato, la p53 viene fosforilata nel 70-80% dei carcinomi colorettali non familiari e degli adenomi
da geni capaci di rilevare il danno e coinvolti nella riparazione dell’aci- sporadici, e ciò conferma l’importanza della perdita del gene APC
do nucleico; p53, a sua volta, facilita la riparazione del DNA causando nella patogenesi dei tumori del colon.85
l’arresto in fase G1 e inducendo i geni per la riparazione del DNA. Una APC è un fattore della via di segnalazione WNT, che ha un ruolo
cellula con DNA danneggiato non riparabile viene diretta da p53 verso importantissimo nel controllo del destino cellulare, dell’adesione e
l’apoptosi (si veda Fig. 7.32). Alla luce di ­queste attività, p53 è stata della polarità della cellula durante lo sviluppo embrionale (Fig. 7.33).
giustamente definita il “guardiano del genoma”. In caso di perdita I segnali provenienti da WNT sono necessari anche per l’autorin-
funzionale di p53, i danni al DNA non possono essere riparati, le novamento delle cellule staminali emopoietiche. WNT trasmette i
mutazioni si accumulano nelle cellule in divisione e la cellula si avvia propri segnali tramite una famiglia di recettori di superficie definiti
lungo una strada a senso unico che la conduce verso la trasformazione “frizzled” (FRZ) e stimola diverse vie, la più importante delle
maligna. ­quali interessa la b-catenina e APC.
La capacità di p53 di controllare l’apoptosi in risposta al danno Un’importante funzione della proteina APC è la sottoregolazione
del DNA ha importanti implicazioni pratiche per la terapia dei tu- della β-catenina. In assenza dei segnali provenienti da WNT, APC
mori. Radiazioni e chemioterapia, due modalità comuni di tratta- causa la degradazione della β-catenina, prevenendone l’accumulo nel
mento del cancro, agiscono causando danni al DNA e inducendo citoplasma.85 Per ottenere tale effetto, APC forma un complesso
così l’apoptosi. I tumori con una p53 normale hanno una maggiore macromolecolare con b-catenina, assina e GSK3b, che porta alla
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 285

Figura 7.33 A. Ruolo di APC nella regolazione della stabilità e della funzione della b-catenina. APC e b-catenina sono componenti della via di trasduzione
del segnale di WNT. Nelle cellule a riposo (non esposte a WNT), la b-catenina forma un complesso macromolecolare contenente la proteina APC. Questo
complesso porta alla distruzione di b-catenina, riducendo i livelli intracellulari di questo fattore. B. Quando le cellule sono stimolate da molecole WNT, il
complesso di distruzione è disattivato, non si verifica la degradazione della b-catenina e i livelli citoplasmatici aumentano. La b-catenina si trasferisce nel
nucleo, dove si lega a TCF, un fattore di trascrizione che attiva geni coinvolti nella progressione del ciclo cellulare. C. Quando APC è mutato o assente, non
si verifica la distruzione della b-catenina; quest’ultima si trasferisce nel nucleo dove attiva geni che promuovono l’entrata nel ciclo cellulare e le cellule si
comportano come se fossero sottoposte a costante stimolazione da parte di WNT.

fosforilazione e, da ultimo, alla degradazione della b-catenina e alla dei contatti con la E-caderina quando la ferita si cicatrizza porta la
sua distruzione da parte degli enzimi proteolitici del citoplasma. I b-catenina a essere di nuovo bloccata nella membrana e, dunque,
segnali provenienti da WNT bloccano il complesso di distruzione a una riduzione del segnale proliferativo; queste cellule sono per-
APC-AXIN-GSK3b, consentendo alla b-catenina di traslocare dal tanto dette “cellule inibite da contatto”. La perdita dell’inibizione da
citoplasma al nucleo. Nel nucleo della cellula, la b-catenina forma ­contatto per mutazione dell’asse E-caderina/b-catenina o per altri
un complesso con TCF, un fattore di trascrizione che stimola la pro- meccanismi è una caratteristica chiave dei carcinomi. La perdita
liferazione cellulare aumentando la trascrizione di c-MYC, ciclina delle caderine favorisce inoltre il fenotipo maligno permettendo la
D1 e altri geni. Dal momento che l’inattivazione del gene APC altera facile disaggregazione delle cellule, che possono quindi invadere
il complesso di distruzione, la b-catenina sopravvive e trasloca nel localmente o metastatizzare. La ridotta espressione di E-caderina
nucleo dove può attivare la trascrizione insieme a TCF.85 Le cellule sulla superficie cellulare è stata osservata in molti tipi di tumore,
che hanno perso APC, pertanto, si comportano come se fossero compresi quelli dell’esofago, del colon, della mammella, dell’ovaio
sottoposte a una segnalazione continua da parte di WNT. L’impor- e della prostata.87 Mutazioni germinali del gene della E-caderina
tanza della via di segnalazione APC/b-catenina nell’oncogenesi è possono predisporre al carcinoma gastrico familiare, e la mutazione
dimostrata dal fatto che i tumori del colon dotati di geni APC del gene e una ridotta espressione di E-caderina sono in effetti
­normali presentano mutazioni nella b-catenina che ne prevengono presenti in una certa percentuale di carcinomi gastrici del tipo
la distruzione da parte di APC, permettendo alla proteina mutata diffuso. Le basi molecolari della ridotta espressione della E-caderina
di accumularsi nel nucleo. La deregolazione ­della via dell’APC/­­b- sono diverse. In una piccola percentuale di casi, si verificano mu-
catenina non è limitata ai tumori del colon: mutazioni nel gene della tazioni nel gene della E-caderina (localizzato su 16q); in altri,
b-catenina sono presenti in oltre il 50% degli epatoblastomi e nel l’espressione della E-caderina è ridotta per effetto di una mutazione
20% circa dei carcinomi epatocellulari.86 Come già accennato nel del gene della ­b-catenina. Inoltre, la E-caderina può essere sottore-
Capitolo 3, la b-catenina si lega all’estremità citoplasmatica della golata da repressori della trascrizione (come SNAIL) che sono stati
E-caderina, una proteina di superficie responsabile di mantenere chiamati in causa nel passaggio da tessuto epiteliale a mesenchima
l’adesione intercellulare. La perdita del contatto cellula-cellula, e nelle metastasi88 (si veda oltre).
­come nel caso di una ferita o di una lesione epiteliale, altera l’inte- Altri geni che funzionano come oncosoppressori. Sono molti
razione tra E-caderina e b-catenina, permettendo alla b-catenina i geni oncosoppressori ancora da scoprire. Spesso si sospetta che essi
di spostarsi nel nucleo e di stimolare la proliferazione, una risposta siano localizzati in un dato locus in conseguenza dell’individuazione
appropriata al danno che può aiutare a riparare la ferita. Il ristabilirsi di delezioni cromosomiche ricorrenti o sulla base di perdita di
286 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

e­ terozigosi. In questa sede descriviamo brevemente alcuni geni quale invece stimola la sopravvivenza e la crescita. 90,91 Come si
oncosoppressori associati a sindromi clinicamente ben definite (si ­r icorderà dal Capitolo 3, questa via è normalmente stimolata
veda Tab. 7.8). ­(insieme alle vie di RAS e JAK/STAT) quando i ligandi si legano alle
INK4a/ARF. Il locus INK4a/ARF, altrimenti detto locus genico ­tirosin-chinasi recettoriali e implica una cascata di eventi fosforila-
di CDKN2, codifica per due prodotti proteici: la CDKI p16/INK4a, tivi. Dapprima, PI3K (fosfatidil inositolo 3 chinasi) induce la
che blocca la fosforilazione di RB mediata da ciclina D/CDK2 man- ­fosforilazione del lipide inositide-3-fosfato formando l’inositide-
tenendo la regolazione di RB, e p14/ARF, che attiva la via di p53 3,4,5-trifosfato, il quale lega e attiva la chinasi PDK1. PDK1 e altri
inibendo MDM2 e prevenendo la distruzione di p53. Entrambi i fattori in sequenza inducono la fosforilazione della serina-treonina
prodotti proteici funzionano come oncosoppressori, per cui la chinasi AKT attivandola, e ciò rappresenta un passaggio importan-
­mutazione o l’inibizione di questo locus si ripercuotono sulle via di tissimo di questa via con diverse funzioni. Mediante la fosforilazione
RB e anche su quella di p53. p16 è fondamentale per l’induzione di vari substrati tra cui BAD e MDM2, AKT accresce la sopravvi-
della senescenza. Mutazioni nel locus INK4a/ARF sono state rilevate venza cellulare. AKT inoltre inattiva il complesso TSC1/TSC2. TSC1
nei tumori della vescica, della testa e del collo, nelle leucemie linfo- e TSC2 sono i prodotti di due geni oncosoppressori mutati nella
blastiche acute e nei colangiocarcinomi. In alcuni tumori, come sclerosi tuberosa (Cap. 28), una patologia autosomica dominante
quelli della cervice, p16/INK4a è frequentemente inattivato dall’iper- associata a malformazioni dello sviluppo e a neoplasie benigne rare
metilazione del gene in assenza di mutazioni (si veda il paragrafo come i rabdomiomi cardiaci (Cap. 12), gli angiomiolipomi renali
sulle modificazioni epigenetiche). Gli altri CDKI funzionano anch’es- e gli astrocitomi a cellule giganti. L’inattivazione di TSC1/TSC2
si come oncosoppressori e sono spesso mutati o inibiti in molte innesca l’attività di un’altra chinasi chiamata mTOR (Mammalian
neoplasie maligne umane, tra cui il 20% dei melanomi familiari, il Target of Rapamycin); la rapamicina è un potente immunosoppres-
50% degli adenocarcinomi pancreatici sporadici e i carcinomi squa- sore) che stimola la captazione di sostanze nutritizie come il glucosio
mocellulari dell’esofago. e gli amminoacidi necessari per la crescita cellulare e aumenta l’at-
Via del TGFβ. Nella maggior parte delle cellule epiteliali, endo- tività di diversi fattori necessari per la sintesi proteica. Sebbene la
teliali ed emopoietiche normali, TGFb è un potente inibitore della perdita acquisita della funzione di PTEN sia una delle vie più comuni
proliferazione. Esso regola i processi cellulari legando un complesso attraverso le quali la trasmissione del segnale di PI3K/AKT viene
serina-treonina-chinasi costituito dai recettori I e II del TGFb. La sovraregolata in varie neoplasie maligne, anche molti altri fattori di
dimerizzazione del recettore a seguito del legame col ligando porta questa via di trasmissione possono essere mutati, inclusa la stessa
all’attivazione della chinasi e alla fosforilazione del recettore SMAD PI3K, così da incrementare la trasmissione del segnale. Consideran-
(R-SMAD); in seguito alla fosforilazione, R-SMAD può entrare nel do nel loro insieme tutte queste lesioni molecolari, si può dire che
nucleo, legarsi a SMAD4 e attivare la trascrizione di geni, tra cui questa è la via più frequentemente mutata nelle neoplasie maligne
quelli degli inibitori delle CDK p21 e p15/INK4b. I segnali prove- umane. La modulazione della via di PI3K/AKT con inibitori di
nienti da TGFb portano inoltre alla repressione di c-MYC, CDK2, mTOR, AKT e altre chinasi assume pertanto notevole interesse in
CDK4 e delle cicline A e E. Come si può dedurre da quanto esposto ambito terapeutico.
in precedenza, tali cambiamenti conducono a una ridotta fosforila- Gene NF1. I soggetti che ereditano un allele mutante del gene
zione di RB e all’arresto del ciclo cellulare. NF1 sviluppano numerosi neurofibromi e gliomi benigni del nervo
In molti tumori, gli effetti di inibizione della crescita esercitati ottico in conseguenza dell’inattivazione della seconda copia del
dalle vie del TGFb sono alterati da mutazioni nella via di trasduzione gene:92 questa condizione è chiamata neurofibromatosi di tipo 1
del segnale di TGFb. Queste mutazioni possono colpire il recettore (Cap. 27). Alcuni neurofibromi, in seguito, danno origine a tumori
di tipo II di TGFb o interferire con le molecole SMAD necessarie per maligni delle guaine nervose periferiche. La neurofibromina, il
trasdurre i segnali antiproliferativi dal recettore al nucleo. Mutazioni ­prodotto proteico del gene NF1, contiene un dominio attivante una
a carico del recettore di tipo II sono osservate nei tumori del colon, GTPasi che regola la trasduzione del segnale per mezzo delle ­proteine
dello stomaco e dell’endometrio, mentre l’inattivazione mutazionale RAS. Ricordiamo che RAS trasmette segnali di stimolazione della
di SMAD4 è frequente nei tumori del pancreas. Nel 100% dei tumori crescita e che oscilla tra uno stato inattivo (legame con GDP) e uno
del pancreas e nell’83% dei tumori del colon almeno un componente attivo (legame con GTP). La neurofibromina promuove la conver-
della via del TGFβ risulta mutato. In molti tumori, tuttavia, la perdita sione di RAS da uno stato attivo a uno inattivo. Una perdita funzio-
dell’inibizione della crescita mediata dal TGFb, si verifica a un livello nale di tale prodotto determina pertanto l’intrappolamento di RAS
più a valle della via centrale di segnalazione, ad esempio con la in uno stato attivo, con continua emissione di segnali.
perdita di p21 e/o l’espressione persistente di c-MYC. Queste cellule Gene NF2. Mutazioni nella linea germinale del gene NF2 predi-
tumorali possono quindi utilizzare altri elementi del programma spongono allo sviluppo della neurofibromatosi di tipo 2.93 Come
indotto da TGFb, compresa la soppressione/elusione del sistema ­illustrato nel Capitolo 27, gli individui con mutazioni in NF2 svilup-
immunitario o la promozione dell’angiogenesi, per facilitare la pro­ pano schwannomi benigni bilaterali del nervo acustico. Inoltre,
gressione tumorale.89 TGFb, dunque, può prevenire e promuovere mutazioni somatiche a carico di entrambi gli alleli di NF2 sono state
la crescita tumorale, a seconda dello stato degli altri geni nella riscontrate nei meningiomi e negli ependimomi sporadici. Il pro-
cellula. dotto del gene NF2, chiamato neurofibromina 2 o merlina, presenta
Gene PTEN. PTEN (Phosphatase and Tensin Homologue) è una una notevole somiglianza con la proteina citoscheletrica 4.1 (Cap. 14)
fosfatasi associata alla membrana, codificata da un gene posto sul della membrana delle emazie ed è in qualche modo correlata alla
cromosoma 10q23 che risulta mutato nella sindrome di Cowden, famiglia ERM (ezrina, radixina e moesina) di proteine di membrana
una patologia autosomica dominante caratterizzata da frequenti associate al citoscheletro. Sebbene il meccanismo con cui la man-
proliferazioni benigne (ad es. tumori degli annessi cutanei) e da canza di merlina conduce alla cancerogenesi non sia noto, le cellule
un’aumentata incidenza di tumori epiteliali, in particolare della prive di tale proteina non sono in grado di creare giunzioni intercel-
mammella (Cap. 23), dell’endometrio e della tiroide. PTEN agisce lulari stabili e si rivelano insensibili ai normali segnali di arresto della
come oncosoppressore fornendo un freno alla via di PI3K/AKT, la crescita generati dal contatto intercellulare. La merlina è un elemento
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 287

chiave della via oncosoppressiva di Salvador-Warts-Hippo (SWH), p­ otrebbero contribuire allo sviluppo di masse maligne qualora le
originariamente descritta nella Drosophila. La via di segnalazione cellule rimanessero vitali. Una cellula con un danno genomico può
controlla la dimensione degli organi modulando la crescita cellulare, pertanto essere indotta a morire, prevenendo così l’accumulo di
la proliferazione e l’apoptosi. Molti omologhi umani dei geni della cellule con mutazioni. Una varietà di segnali, che vanno dal danno
via SWH sono implicati nello sviluppo dei tumori umani.94 del DNA alla perdita di adesione alla membrana basale (detta anche
Gene VHL. Mutazioni nella linea germinale del gene von Hippel- anòikis), può scatenare l’apoptosi ed è stata identificata una nume-
Lindau (VHL) sul cromosoma 3p sono associate a tumori renali rosa famiglia di geni che regolano l’apoptosi. Prima di poter capire
ereditari, feocromocitomi, emangioblastomi del sistema nervoso come le cellule tumorali evitino l’apoptosi, è essenziale rivedere
centrale, angiomi retinici e cisti renali.60 Mutazioni del gene VHL brevemente le vie biochimiche dell’apoptosi.
sono state osservate inoltre nei tumori renali sporadici (Cap. 20). La Come illustrato nel Capitolo 1, esistono due distinti programmi
proteina VHL fa parte di un complesso ubiquitina-ligasi. Il substrato che attivano l’apoptosi: la via estrinseca e la via intrinseca. La
per questa attività è rappresentato da HIF1a (Hypoxia-Inducible ­Figura 7.34 mostra, in forma semplificata, la sequenza di eventi che
Transcription Factor 1a). In presenza di ossigeno, HIF1a viene conducono all’apoptosi per mezzo della trasduzione del segnale a
idrossilato e si lega alla proteina VHL, rendendola ubiquitaria opera del recettore per la morte cellulare CD95/Fas (via estrinseca)
e ­provocando la sua degradazione proteolitica. Poiché tale reazione e per mezzo del danno del DNA (via intrinseca). La via estrinseca
di idrossilazione richiede ossigeno, in ambienti ipossici essa non si viene iniziata quando CD95/Fas si lega al suo ligando, CD95L/FasL,
può verificare; perciò, HIF1a sfugge al riconoscimento da parte di
VHL e alla conseguente degradazione. HIF1a può quindi traslocare
nel nucleo e attivare molti geni come i fattori di crescita e angiogenici
VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor) e PDGF. L’assenza
dell’attività di VHL inibisce l’azione dell’ubiquitina e la degradazione
di HIF1a ed è associata a un aumento dei livelli dei fattori di crescita
angiogenici.
Gene WT1. Il gene WT1, localizzato sul cromosoma 11p13, è
associato allo sviluppo del tumore di Wilms, una neoplasia pedia-
trica del rene.95 Il tumore di Wilms si presenta in due diverse forme,
ereditaria e sporadica, e l’inattivazione mutazionale del locus WT1
è stata osservata in entrambe. La proteina WT1 è un attivatore della
trascrizione di geni coinvolti nella differenziazione dei reni e delle
gonadi. Essa regola la transizione dal fenotipo mesenchimale a quello
epiteliale che avviene durante lo sviluppo renale. Sebbene non sia
precisamente documentato, è probabile che l’effetto oncogeno
­della mancanza di WT1 sia strettamente legato al ruolo del gene
nella differenziazione dei tessuti genitourinari. È interessante notare
che, malgrado WT1 sia un oncosoppressore nel tumore di Wilms,
anche tumori maligni dell’adulto, tra cui leucemie e tumori della
mammella, mostrano un’iperespressione WT1. Dal momento che
questi tessuti normalmente non esprimono affatto WT1, si pensa
che WT1 possa funzionare come oncogene in tali neoplasie. Un altro
gene di Wilms, WT-2, mappato in 11p15, è associato alla sindrome
di Beckwith-Wiedeman (Cap. 10).
Gene Patched (PTCH). PTCH1 e PTCH2 sono geni oncosop-
pressori codificanti per una proteina della membrana cellulare
(PATCHED) che funge da recettore per una famiglia di proteine
chiamate Hedgehog.96 La via Hedgehog/PATCHED regola diversi
geni, tra cui TGFβ, PDGFRA e PDGFRB. Mutazioni in PTCH sono
correlate alla sindrome di Gorlin, una condizione ereditaria nota
anche come sindrome del carcinoma basocellulare nevoide (Cap. 26).
Mutazioni in PTCH sono presenti nel 20-50% di casi sporadici di
carcinoma basocellulare e circa la metà di tali mutazioni sono del
tipo causato da esposizione agli UV.

Evasione Dall’apoptosi Figura 7.34 Vie dell’apoptosi indotte dal recettore CD95 e attivate dal
danno al DNA e meccanismi usati dalle cellule tumorali per sfuggire alla
L’accumulo di cellule neoplastiche può essere il risultato non solo morte cellulare. (1) Ridotti livelli di CD95. (2) Inattivazione da parte della
dell’attivazione di oncogeni promotori della crescita cellulare o proteina FLICE (caspasi 8, cisteina peptidasi correlata all’apoptosi) del com-
dell’inattivazione di geni oncosoppressori che inibiscono la crescita, plesso di trasmissione del segnale indotto dalla morte cellulare. (3) Ridotta
ma anche di mutazioni nei geni che regolano l’apoptosi.97-99 L’apop- fuoriuscita di citocromo c dal mitocondrio per effetto della sovraregolazione
di BCL2. (4) Ridotti livelli di BAX proapoptotica derivanti dalla perdita di p53.
tosi rappresenta dunque un ostacolo che deve essere superato affin- (5) Perdita del fattore apoptotico attivante la peptidasi 1 (APAF1). (6) Sovra-
ché si sviluppi il cancro. Nell’adulto, la morte cellulare per apoptosi regolazione degli inibitori dell’apoptosi (IAP). FADD, dominio per la morte
è una risposta fisiologica a diverse condizioni patologiche che associato al Fas.
288 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

portando alla trimerizzazione del recettore e dei suoi domini citopla- DNA. Le azioni di p53 sono mediate in parte dall’attivazione trascri­
smatici per la morte cellulare, che attraggono la proteina adattatrice zionale di BAX, ma vi sono anche altre connessioni tra p53 e i mec-
intracellulare FADD. Questa proteina recluta la procaspasi 8 per canismi che regolano l’apoptosi. In presenza di neoplasie, pertanto,
formare il complesso che trasmetterà il segnale di morte cellulare. La il meccanismo dell’apoptosi può essere contrastato da mutazioni
procaspasi 8 viene attivata dalla scissione in subunità più piccole, che che colpiscono direttamente le proteine che lo compongono, oppure
porterà alla sintesi di caspasi 8. La caspasi 8 attiva quindi le caspasi dalla perdita dei rilevatori dell’integrità genomica come p53.
a valle come la caspasi 3, una caspasi effettrice che scinde il DNA e
altri substrati allo scopo di causare la morte della cellula. La ­caspasi 8, Potenziale Replicativo
inoltre, può scindere e attivare la proteina BH3-only detta BID, Illimitato: Telomerasi
­attivando anche la via intrinseca. La via intrinseca dell’apoptosi è
innescata da numerosi stimoli, tra cui la mancanza di fattori di Come illustrato nella sezione dedicata all’invecchiamento cellulare
­sopravvivenza, lo stress e il danno cellulare. L’attivazione di questa (Cap. 1), la maggior parte delle cellule umane normali ha la capacità
via porta all’aumento della permeabilità della membrana esterna di dividersi da 60 a 70 volte; successivamente, le cellule perdono tale
mitocondriale, con il conseguente rilascio di molecole (come il capacità e vanno verso la senescenza. Questo fenomeno è stato
­citocromo c) che iniziano l’apoptosi. L’integrità della membrana ­ricondotto a un progressivo accorciamento dei telomeri all’estremità
mitocondriale esterna è regolata da fattori pro- e antiapoptotici della dei cromosomi. In effetti, il meccanismo di riparazione del DNA
famiglia di proteine BCL2.100 Le proteine proapoptotiche BAX e BAK sembra riconoscere i telomeri corti come interruzioni della doppia
sono necessarie per l’apoptosi e favoriscono direttamente la perme- elica del DNA, e ciò conduce all’arresto del ciclo cellulare mediato
abilizzazione mitocondriale. La loro azione è inibita dai fattori antia- da p53 e da RB.102 Nelle cellule in cui i punti di regolazione delle
poptotici di questa famiglia come BCL2 e BCL-XL. Un terzo gruppo mitosi sono disattivati da mutazioni di p53 o di RB1, viene attivata
di proteine (le cosiddette proteine BH3-only), comprendenti BAD, la via di congiungimento delle estremità non omologhe come estre-
BID e PUMA, regola l’equilibrio tra i fattori pro- e antiapoptotici della mo tentativo di salvare la cellula, unendo le estremità accorciate di
famiglia BCL2. Le proteine BH3-only rilevano gli stimoli inducenti due cromosomi.103 Questo sistema di riparazione attivato in maniera
la morte cellulare e promuovono l’apoptosi neutralizzando l’azione non appropriata porta a cromosomi dicentrici che vengono spezzati
di proteine antiapoptotiche come BCL2 e BCL-XL. Quando la somma all’anafase, dando origine a nuove interruzioni alla doppia elica del
totale di tutte le proteine BH3 espresse supera la barriera antiapop- DNA. L’instabilità genomica che risulta da cicli ripetuti di appaia-
totica costituita dalle proteine BCL2/BCL-XL, vengono attivate BAX mento-fusione-interruzione può produrre una drastica diminuzione
e BAK che formano pori nella membrana mitocondriale. Il citocromo dell’attività mitotica, seguita da una massiva morte cellulare. Ne con-
c fuoriesce nel citosol, dove si lega ad APAF1 attivando la caspasi 9. segue che, affinché i tumori possano crescere indefinitamente, come
Analogamente alla caspasi 8 della via estrinseca, la caspasi 9 può spesso fanno, l’inibizione delle restrizioni alla crescita non è sufficiente.
scindere e attivare le caspasi effettrici. Le ­caspasi possono essere Le cellule tumorali devono anche sviluppare meccanismi per evitare
inibite da una famiglia di proteine chiamate proteine inibitrici la senescenza cellulare e la drastica diminuzione delle mitosi (Fig. 7.35).
dell’apoptosi (Inhibitors of Apoptosis Proteins, IAP). Alcuni tumori Se durante la crisi la cellula riesce a riattivare la telomerasi, i cicli di
sfuggono all’apoptosi aumentando la produzione di queste proteine appaiamento-fusione-interruzione si arrestano e la cellula è in grado
e sono in corso studi per sintetizzare farmaci capaci di bloccare di evitare la morte. Durante il periodo di instabilità genomica che
l’interazione tra IAP e caspasi mimando l’azione di BH3-only. precede l’attivazione della telomerasi, tuttavia, potrebbero accumu-
Nell’ambito di questo schema è possibile illustrare i livelli in cor- larsi mutazioni che aiuterebbero la cellula a procedere in direzione
rispondenza dei quali l’apoptosi viene elusa dalle cellule tumorali101 di un’evoluzione maligna. Il passaggio attraverso un periodo di
(si veda Fig. 7.34). Partendo dalla superficie, ridotti livelli di CD95/ ­instabilità genomica può spiegare i cariotipi complessi spesso osser-
Fas possono rendere le cellule tumorali meno suscettibili all’apoptosi vati nei carcinomi umani. La telomerasi, attiva nelle cellule staminali
attraverso CD95L/FasL. Alcuni tumori presentano ­livelli elevati di normali, è normalmente assente o espressa a livelli minimi nella
FLIP, una proteina in grado di legare il complesso di segnalazione maggior parte delle cellule somatiche; il mantenimento dei telomeri,
di morte cellulare e di prevenire l’attivazione della caspasi 8. Di tutti per contro, è un fenomeno osservato praticamente tutti i tipi di
questi geni, quello il cui ruolo nella protezione delle cellule tumorali tumore maligno. In una percentuale di casi compresa tra l’85 e il
dall’apoptosi è stato meglio definito è probabilmente BCL2. Come sarà 95% dei tumori maligni ciò è dovuto alla sovraregolazione dell’en-
illustrato in seguito, circa l’85% dei linfomi follicolari a cellule B zima telomerasi, ma un numero limitato di tumori si serve di altri
(Cap. 13) presenta una caratteristica traslocazione t(14;18)(q32;q21). meccanismi che vanno sotto il nome di allungamento alternativo dei
A tale proposito, occorre ricordare che 14q32, il sito in cui si trovano telomeri e che probabilmente dipendono dalla ricombinazione del
i geni della catena pesante delle immunoglobuline (IgH), è coinvolto DNA. È interessante osservare che nella progressione da adenoma
anche nella patogenesi del linfoma di Burkitt. L’accostamento di ad adenocarcinoma del colon, le lesioni iniziali presentano un ele-
questo locus trascrizionalmente attivo a BCL2 (ubicato in 18q21) vato grado di instabilità genomica con bassa espressione di telome-
causa l’iperespressione della proteina BCL2. Ciò, a sua volta, rafforza rasi, mentre le lesioni maligne hanno cariotipi complessi con alti
la barriera BCL2/BCL-XL, proteggendo i linfociti dall’apoptosi e livelli di attività telomerasica, coerente con un modello di oncogenesi
permettendo loro di sopravvivere per lungo tempo; si ha così un umana guidata dai telomeri. Altri meccanismi di instabilità geno-
costante accumulo di linfociti B, con conseguente sviluppo di linfo- mica saranno discussi più avanti.
adenopatie e infiltrazione midollare. I linfomi che iperesprimono
BCL2 si sviluppano preferibilmente per la diminuzione della morte Angiogenesi
cellulare piuttosto che per l’aumento di proliferazione, per cui ten-
dono a crescere lentamente rispetto a molti altri linfomi. Nonostante la presenza di tutte le anomalie genetiche illustrate sopra,
Come detto in precedenza, p53 è un importante gene proapoptotico i tumori solidi non possono crescere oltre un diametro di 1-2 mm
che induce l’apoptosi nelle cellule incapaci di riparare il danno del senza essere vascolarizzati. Come i tessuti normali, i tumori
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 289

Figura 7.35 Sequenza di eventi coinvolti nello sviluppo di un potenziale replicativo illimitato. La replicazione delle cellule somatiche, che non esprimono
telomerasi, porta all’accorciamento dei telomeri. In presenza di checkpoint competenti, le cellule vanno incontro ad arresto del ciclo ed entrano in sene-
scenza non replicativa. In assenza di checkpoint, le vie di riparazione del DNA vengono attivate in maniera non appropriata, determinando la formazione
di cromosomi dicentrici. In fase di mitosi i cromosomi dicentrici si dividono, con interruzioni casuali al doppio filamento; vengono quindi attivati meccanismi
di riparazione del DNA che portano all’associazione casuale di estremità a doppio filamento e all’ulteriore formazione di cromosomi dicentrici. Le cellule
vanno incontro a numerosi cicli di questo processo di appaiamento-fusione-interruzione, che generano una notevole instabilità cromosomica e numerose
mutazioni. Se le cellule non riescono a esprimere di nuovo la telomerasi, possono andare incontro a catastrofe mitotica e morte. La riespressione della
telomerasi permette alle cellule di sfuggire al ciclo di appaiamento-fusione-interruzione, promuovendone dunque la sopravvivenza e favorendo
l’oncogenesi.

r­ ichiedono un apporto di ossigeno e nutrimento e l’eliminazione dei vascolare.105 Le basi molecolari dell’avvio dell’angiogenesi implicano
prodotti di scarto; presumibilmente lo spazio di 1-2 mm rappresenta un’aumentata produzione di fattori angiogenici e/o la perdita di
la massima distanza attraverso cui l’ossigeno, i nutrimenti e i prodotti inibitori dell’angiogenesi. Questi fattori possono essere prodotti
di scarto possono diffondere dai vasi sanguigni. Le cellule tumorali direttamente dalle cellule tumorali o da cellule infiammatorie (ad es.
possono pertanto stimolare la neoangiogenesi, in cui si formano macrofagi), o ancora da altre cellule stromali associate al tumore.
nuovi vasi dai capillari già esistenti o, in alcuni casi, la vasculogenesi, Anche le proteasi, elaborate direttamente dalle cellule tumorali o
in cui le cellule endoteliali vengono reclutate dal midollo osseo dalle cellule stromali in risposta al tumore, sono coinvolte nella
(Cap. 3). La vascolarizzazione tumorale è, in ogni caso, anormale: i regolazione dell’equilibrio tra fattori angiogenici e antiangiogenici.
vasi sanguigni sono porosi e dilatati e presentano un sistema di Molte proteasi possono rilasciare fattori di crescita fibroblastici ad
connessione casuale. La neovascolarizzazione ha un effetto duplice attività proangiogenica (basic Fibroblast Growth Factors, bFGF)
sulla crescita tumorale: la perfusione fornisce i nutrimenti e l’ossi- immagazzinati nella matrice extracellulare, mentre tre potenti ini-
geno necessari e le cellule endoteliali di nuova formazione stimolano bitori dell’angiogenesi – angiostatina, endostatina e ­vasculostatina –
la crescita delle cellule tumorali vicine mediante la secrezione dei sono prodotti dalla scissione proteolitica rispettivamente di plasmi-
fattori di crescita IGF (fattori di crescita simil-insulina): il PDGF e nogeno, collagene e transretinina. L’avvio dell’angiogenesi è control­
il GM-CSF (fattore stimolante la crescita di colonie granulocito- lato da diversi stimoli fisiologici, come l’ipossia. La carenza relativa
macrofagiche). L’angiogenesi è necessaria non solo per la crescita di ossigeno stimola HIF1a, un fattore di trascrizione sensibile all’os-
tumorale, ma anche per l’accesso ai vasi sanguigni e, quindi, per le sigeno già citato in precedenza, che attiva la trascrizione di citochine
metastasi; in altre parole, l’angiogenesi rappresenta un fenomeno proangiogeniche come VEGF e bFGF. Questi fattori creano un
biologico necessario alla malignità.104 gradiente angiogenico che stimola la proliferazione delle cellule
In che modo un tumore si garantisce l’apporto ematico? L’ipotesi endoteliali e la crescita di nuovi vasi verso il tumore. Il VEGF
attuale è che l’angiogenesi tumorale sia controllata dal bilanciamento ­aumenta inoltre l’espressione di ligandi che attivano la via di segna-
tra fattori promotori e inibitori dell’angiogenesi. All’inizio della cre- lazione Notch, che ha un ruolo cruciale nella regolazione della
scita, la maggior parte dei tumori umani non induce angiogenesi, ­distribuzione e della densità dei nuovi vasi (Cap. 3). Sia i fattori
ma mantiene piccole dimensioni o rimane in situ, talvolta per anni, pro- sia quelli antiangiogenici sono regolati da molti altri geni
finché l’avvio dell’angiogenesi fa cessare questo stato di quiescenza ­frequentemente mutati nel cancro. Nelle cellule normali, ad esempio,
290 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

p53 può stimolare l’espressione di molecole antiangiogeniche


­come la trombospondina-1 e reprimere l’espressione di molecole
­proangiogeniche come VEGF. Quindi la perdita di p53 nelle cellule
tumorali non solo rimuove i regolatori del ciclo cellulare elencati nei
paragrafi precedenti, ma fornisce anche un ambiente più favorevole
per l’angiogenesi. La trascrizione di VEGF è inoltre influenzata
dai segnali provenienti dalla via delle chinasi RAS-MAP e le muta-
zioni di RAS o di MYC aumentano la produzione di VEGF. I mec-
canismi attraverso i quali bFGF, VEGF e la via di Notch lavorano
per coordinare l’angiogenesi sono stati discussi nel Capitolo 3. I
fattori bFGF e VEGF sono comunemente espressi in molte cellule
tumorali e livelli elevati possono essere riscontrati nel siero e nelle
urine di un numero significativo di pazienti con cancro. In effetti,
un anticorpo monoclonale anti-VEGF, bevacizumab, è stato recen-
temente approvato per il trattamento di diversi tipi di tumori mali­
gni,106 mentre un’altra strategia emergente riguarda l’uso di anticorpi
capaci di inibire l’attivazione di Notch. Questi anticorpi fanno sì che
i nuovi vasi siano poco efficienti e non possano fornire un apporto
ematico adeguato al tumore.107,108

Invasione E Metastasi
L’invasività e la metastatizzazione rappresentano le caratteristiche
dei tumori maligni e costituiscono la causa principale di morbilità
e di mortalità correlate ai tumori, quindi sono oggetto di un’intensa
attività di ricerca. Studi condotti sui topi e sull’uomo rivelano che,
sebbene ogni giorno milioni di cellule vengano immesse in circolo
dal tumore primitivo, si producono relativamente poche metastasi.
In effetti, cellule tumorali possono essere riscontrate frequente-
mente nel sangue e nel midollo di pazienti con carcinoma della
mammella che non hanno e non avranno presumibilmente una
malattia metastatica rilevabile. Ma perché il processo metastatico
è così ­inefficiente? Ogni fase del processo è soggetta a una serie di
controlli: nel corso della sequenza, dunque, la sopravvivenza della
cellula è ripetutamente messa a rischio.109 Perché le cellule tumorali
possano rompere i legami con la massa primaria, introdursi nei
vasi sanguigni o linfatici e provocare una crescita secondaria in
una sede distante, esse devono passare attraverso una serie di stadi
(riassunti nella Fig. 7.36). A scopo didattico, la cascata metastatica
sarà divisa in due fasi: (1) invasione della matrice extracellulare e
(2) disseminazione vascolare, impianto (homing) delle cellule
tumorali e colonizzazione. In seguito sarà illustrata la genetica
molecolare della cascata metastatica secondo le teorie attualmente
accettate.

Invasione della matrice extracellulare Figura 7.36 Cascata metastatica. Tappe sequenziali implicate nella dif-
fusione ematogena di un tumore.
L’organizzazione strutturale e la funzione dei tessuti normali è in
larga misura determinata dalle interazioni tra le cellule e la matrice
extracellulare (ECM).110 Come illustrato nel Capitolo 3, i tessuti sono della ECM avvia la cascata metastatica ed è un processo attivo che può
organizzati in compartimenti separati l’uno dall’altro da due tipi di essere distinto in diverse tappe (Fig. 7.37):
ECM: la membrana basale e il tessuto connettivo interstiziale. Seb-
bene organizzate in maniera diversa, ciascuna di queste componenti Distacco tra le cellule tumorali
della ECM è costituita da collagene, glicoproteine e proteoglicani. Degradazione della ECM
Come mostrato nella Figura 7.36, le cellule tumorali devono intera- Adesione ai nuovi componenti della ECM
gire con la ECM in diversi stadi della cascata metastatica. Un carci- Migrazione delle cellule tumorali
noma deve innanzitutto fare breccia nella sottostante membrana
basale, quindi attraversare il tessuto connettivo interstiziale e infine Il distacco tra le cellule è spesso il risultato di alterazioni nelle
accedere alla circolazione penetrando nella membrana basale dei molecole di adesione intercellulare. Le cellule normali, infatti, sono
vasi. Questo ciclo si ripete in senso inverso quando emboli di cellule ordinatamente adese le une alle altre e alle strutture che le circon-
tumorali escono dai vasi e si insediano in un’altra sede. L’invasione dano per effetto di numerose molecole di adesione111 e le interazioni
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 291

cellula-cellula sono mediate dalla famiglia di glicoproteine tran-


smembrana delle caderine. Le E-caderine mediano le adesioni omo-
tipiche nel tessuto epiteliale, assolvendo così alla funzione di
­mantenere adese le cellule epiteliali e di trasmettere segnali tra le
cellule; a livello intracellulare, le E-caderine sono connesse alla
­b-catenina e al citoscheletro. In molti tumori epiteliali, compresi gli
adenocarcinomi del colon e della mammella, si osserva una ridotta
espressione di E-caderina. Questa sottoregolazione verosimilmente
diminuisce la capacità delle cellule di aderire tra loro e ne facilita il
distacco dal tumore primitivo e l’infiltrazione nei tessuti circostanti.
Le E-caderine sono legate al citoscheletro mediante le catenine,
proteine localizzate sotto la membrana plasmatica (si veda Fig. 7.33).
La normale funzione della E-caderina dipende dal suo legame alle
catenine. In alcuni tumori, la E-caderina è normale, ma la sua espres-
sione risulta ridotta a causa di mutazioni nel gene codificante per
l’a-catenina.
La seconda tappa dell’invasione è la degradazione locale della
membrana basale e del tessuto connettivo interstiziale. Le cellule
­tumorali possono rilasciare esse stesse enzimi proteolitici o indurre
le cellule stromali (ad es. i fibroblasti e le cellule infiammatorie) a
elaborare proteasi. Molte famiglie di proteasi, come le metallopro-
teasi della matrice (Matrix Metallo-Proteinase, MMP), la catepsina
D e l’urochinasi attivatrice del plasminogeno sono interessate dall’in-
vasione da parte delle cellule tumorali. Le MMP regolano l’invasione
tumorale non solo rimodellando le componenti insolubili della
membrana basale e della matrice interstiziale, ma anche rilasciando
fattori di crescita precedentemente isolati all’interno della ECM.
Anche i prodotti della scissione del collagene e dei proteoglicani,
infatti, possono avere effetti chemotattici, angiogenici e di promo-
zione della crescita.112 MMP9, ad esempio, è una gelatinasi che scinde
il collagene di tipo IV della membrana basale epiteliale e vascolare
e stimola il rilascio di VEGF dall’interno della ECM. I tumori beni-
gni della mammella, del colon e dello stomaco mostrano scarsa
­attività collagenasica di tipo IV, mentre le loro controparti maligne
esprimono tale enzima. Allo stesso tempo, le concentrazioni di
inibitori delle metalloproteasi vengono ridotte in modo che la
­bilancia si sposti verso la degradazione tissutale. In effetti, in molti
tumori è stata descritta l’iperespressione delle MMP e di altre pro-
teasi. Recenti esperimenti di acquisizione di immagini in vivo hanno
tuttavia dimostrato che le cellule tumorali possono adottare una
seconda modalità di invasione, denominata migrazione ameboide113
in cui le cellule tumorali si comprimono per passare attraverso gli
spazi presenti nella matrice. La migrazione ameboide è molto più
rapida e pare che, nei loro spostamenti, le cellule tumorali siano in
grado di utilizzare le fibre di collagene come binari per aumentare
la velocità di spostamento. Le cellule tumorali, almeno in vitro,
sembrano capaci di passare da una forma di migrazione all’altra, e
questo può forse spiegare i risultati deludenti degli inibitori delle
MMP negli studi clinici.
La terza tappa dell’invasione implica cambiamenti nell’ancoraggio
delle cellule tumorali alle proteine della ECM. Le cellule epiteliali
normali esprimono recettori (ad es. le integrine) per la laminina e
il collagene della membrana basale che sono polarizzati a livello della
loro superficie basale e aiutano a mantenere le cellule in uno stato

Figura 7.37 A-D. Sequenza di eventi nell’invasione delle membrane


basali epiteliali da parte delle cellule tumorali. Le cellule tumorali si distac-
cano le une dalle altre a causa della ridotta adesività, quindi secernono
enzimi proteolitici che degradano la membrana basale. Seguono il legame
ai siti generati dalla proteolisi e la migrazione delle cellule tumorali.
292 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

di riposo differenziato. Nelle cellule normali la perdita di adesione formazione di emboli. L’arresto e l’uscita dai vasi di emboli neopla-
porta all’induzione dell’apoptosi, una forma di morte cellulare a cui stici in sedi distanti implicano l’adesione all’endotelio, seguita dalla
le cellule tumorali si dimostrano resistenti. La matrice stessa, inoltre, fuoriuscita attraverso la membrana basale. Nel processo sono coin-
è modificata in modo da promuovere l’invasione e la metastatizza- volte anche le molecole di adesione (integrine e recettori per la
zione. La scissione del collagene di tipo IV e della laminina da parte ­laminina) e gli enzimi proteolitici descritti in precedenza. Partico-
di MMP2 o MMP9 nella membrana basale, ad esempio, genera nuovi larmente interessante è la molecola di adesione CD44, espressa dai
siti di legame per i recettori delle cellule tumorali che stimolano la linfociti T normali e utilizzata dalle cellule tumorali per migrare
migrazione. verso siti specifici nel tessuto linfoide. Tale migrazione è resa possi-
La locomozione rappresenta la fase finale dell’invasione, in cui le bile dal legame di CD44 all’acido ialuronico sull’endotelio delle
cellule tumorali vengono spinte attraverso le membrane basali de- ­venule endoteliali e l’iperespressione di CD44 può favorire la diffu-
gradate e le zone di proteolisi della matrice. La migrazione è un sione metastatica. Nella nuova sede, le cellule tumorali devono
processo complesso e multifasico che coinvolge numerose famiglie proliferare, indurre la neoformazione di vasi ed eludere le difese
di recettori e varie proteine di trasmissione dei segnali che possono dell’ospite.109
agire sul citoscheletro. Le cellule devono ancorarsi alla matrice La sede in cui le cellule tumorali circolanti lasciano i capillari per
all’estremità di entrata e distaccarsi dalla matrice all’estremità di formare depositi secondari è correlata, in parte, alla sede anatomica
uscita, impegnando il citoscheletro per procedere. Tali movimenti del tumore primitivo e la maggior parte delle metastasi si presenta
sembrano essere potenziati e diretti da citochine prodotte dalle in genere nel primo letto capillare disponibile per il tumore. Molte
cellule tumorali, come i fattori autocrini di motilità. I prodotti di osservazioni indicano però che le vie naturali di drenaggio non
scissione dei componenti della matrice (ad es. collagene e laminina) spiegano del tutto la distribuzione delle metastasi. Il carcinoma
e alcuni fattori di crescita (come IGF I e II) hanno inoltre attività prostatico, ad esempio, si propaga preferenzialmente alle ossa,
chemotattica per le cellule tumorali e la scissione proteolitica libera i ­carcinomi broncogeni tendono a coinvolgere i surreni e il sistema
fattori di crescita legati alle molecole della matrice. Anche le cellule nervoso centrale e i neuroblastomi diffondono al fegato e alle
stromali producono effettori paracrini di motilità cellulare, come il ­o ssa. Questo organo-tropismo può essere legato ai seguenti
fattore di crescita epatocitario diffuso, che si lega ai recettori presenti meccanismi:
sulle cellule tumorali. Le concentrazioni di fattore di crescita epato-
citario diffuso sono elevate all’estremità di avanzamento del gliobla- Poiché il primo passo per la fuoriuscita dai vasi è l’adesione all’en­
stoma multiforme, un tumore cerebrale molto invasivo, e ciò dotelio, le cellule tumorali possono avere molecole di adesione i
­conferma l’importanza di questo fattore per la motilità delle cellule cui ligandi sono espressi preferenzialmente dalle cellule endote-
tumorali. liali dell’organo bersaglio. In effetti, è stato evidenziato che le
Recentemente si è chiarito che la ECM e le cellule stromali che cellule endoteliali dei letti vascolari di tessuti diversi ­differiscono in
circondano le cellule tumorali non costituiscono una semplice termini di espressione dei ligandi per le molecole di adesione.
­barriera statica che le cellule tumorali devono attraversare, bensì Le chemochine hanno un ruolo molto importante nel determi-
rappresentano un ambiente in cui le comunicazioni tra le cellule nare i tessuti bersaglio per le metastasi. Alcune cellule dei tumori
tumorali e le cellule stromali possono promuovere o prevenire la della mammella, ad esempio, esprimono recettori per le chemo-
cancerogenesi e/o la progressione tumorale.24 Le cellule stromali che chine CXCR4 e CCR7114 e le chemochine che si legano a questi
interagiscono con i tumori includono cellule immunitarie innate e recettori sono espresse in notevole quantità nei tessuti nei quali
adattative (discusse in seguito) e fibroblasti. Diversi studi hanno i tumori mammari in genere metastatizzano. Il blocco dell’inte-
dimostrato che i fibroblasti associati al tumore presentano alterazioni razione tra CXCR4 e il suo recettore riduce le metastasi linfono-
nell’espressione dei geni codificanti per molecole della ECM, prote- dali e polmonari del tumore della mammella. Alcuni organi
asi, inibitori delle proteasi e vari fattori di crescita. Le cellule tumorali bersaglio possono liberare sostanze chimiche che tendono a
vivono pertanto in un ambiente complesso e in costante cambia- ­richiamare le cellule tumorali; ne sono esempi gli IGF I e II.
mento composto da ECM, fattori di crescita, fibroblasti e cellule In alcuni casi, un tessuto può rappresentare un ambiente non
immunitarie, con una significativa intercomunicazione tra tutte le permissivo, ossia un terreno sfavorevole per la crescita delle
varie componenti. I tumori più tenaci potrebbero essere quelli capaci cellule metastatiche. I muscoli scheletrici, ad esempio, pur essen-
di cooptare e adattare tale ambiente ai propri fini. do ben vascolarizzati, sono raramente sede di metastasi.

Malgrado la loro capacità nello sfuggire dai siti di origine, le


Disseminazione vascolare e impianto
cellule tumorali sono piuttosto inefficienti nel colonizzare organi
delle cellule tumorali
distanti. Milioni di cellule tumorali vengono liberate ogni giorno
Una volta raggiunto il circolo, le cellule tumorali possono essere anche da tumori molto piccoli. Queste cellule possono essere rilevate
distrutte da vari meccanismi, tra cui lo stress meccanico, l’apoptosi nel sangue circolante e in piccoli focolai nel midollo osseo persino
stimolata da perdita di adesione (denominata anòikis) e le difese in pazienti che non svilupperanno mai lesioni metastatiche macro-
immunitarie innate e adattative. L’immunità diretta contro elementi scopiche. In effetti, il concetto di latenza, riferito alla lunga soprav-
tumorali sarà trattata nel dettaglio più avanti. vivenza di micrometastasi senza progressione, è stato descritto nel
All’interno del circolo, le cellule tumorali tendono ad aggregarsi, melanoma e nei tumori della mammella e della prostata. Sebbene si
evento favorito dall’adesione omotipica tra le cellule tumorali nonché stia solo iniziando a scoprire i meccanismi molecolari della coloniz-
dall’adesione eterotipica tra cellule tumorali e cellule ematiche, in zazione in modelli murini, sembra esistere un modello costante per
particolare le piastrine (si veda Fig. 7.36). La formazione di aggregati cui le cellule tumorali secernono citochine, fattori di crescita e mo-
piastrine-cellule tumorali può favorire la sopravvivenza delle cellule lecole della ECM che agiscono sulle cellule stromali, che rendono il
tumorali e la loro capacità di impianto. Le cellule tumorali possono sito metastatico colonizzabile da parte delle cellule tumorali.115 Le
inoltre legare e attivare fattori della coagulazione, portando alla metastasi ossee da carcinoma della mammella sono osteolitiche a
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 293

causa dell’attivazione degli osteoclasti nella sede della metastasi. Le sono il risultato di un’evoluzione clonale ed è solo una cellula ad
cellule del carcinoma mammario secernono una proteina correlata acquisire le alterazioni genetiche necessarie per superare tutte le fasi
al paratormone (Parathyroid Hormone-Related Protein, PTHRP) del processo. Esperimenti recenti in cui sono stati messi a confronto
che stimola gli osteoblasti a produrre il ligando di RANK (RANKL). i profili dell’espressione genica dei tumori primitivi con quelli dei
RANKL quindi attiva gli osteoclasti che degradano la matrice ossea depositi metastatici hanno tuttavia fornito prove contrastanti con
e rilasciano i fattori di crescita ivi contenuti, come IGF e TGFb. Una tale ipotesi. Un sottogruppo di tumori della mammella, ad esempio,
migliore comprensione molecolare dei meccanismi di metastatizza- mostra un profilo di espressione genica simile a quello riscontrato
zione consentirà di accrescere notevolmente le possibilità di utiliz- nelle metastasi, sebbene non vi sia alcuna evidenza clinica di
zarli come bersagli terapeutici. ­metastasi. In questi tumori sembra che la maggior parte delle cellule
sviluppi un’inclinazione per la diffusione metastatica durante gli
stadi iniziali della cancerogenesi. La metastasi, secondo questa
Genetica molecolare dello sviluppo delle metastasi
­visione, non dipenderebbe dunque dalla generazione stocastica di
Perché solo alcuni tumori metastatizzano? Quali sono i cambiamenti subcloni metastatici postulata sopra, ma sarebbe piuttosto il risultato
genetici che consentono le metastasi? Perché il processo metastatico di molteplici anomalie che si verificano in molte, forse nella maggior
è tanto inefficiente? Sono state proposte diverse teorie per spiegare parte, delle cellule di un tumore primitivo, e probabilmente in
come insorga il fenotipo metastatico. Il modello dell’evoluzione una fase precoce dello sviluppo neoplastico (Fig. 7.38 B e C). Tali
clonale suggerisce che, a mano a mano che le mutazioni si accumu- ­anomalie conferirebbero alla maggioranza delle cellule tumorali
lano in cellule tumorali geneticamente instabili e il tumore diventa una ­generale predisposizione alla metastatizzazione, spesso definita
eterogeneo (Fig. 7.38 A), un gruppo di subcloni di cellule tumorali “profilo metastatico”,116 che può riguardare non solo le proprietà
sviluppa la giusta combinazione di prodotti genici per completare intrinseche delle cellule tumorali ma anche le caratteristiche del loro
tutte le tappe della metastatizzazione. I subcloni metastatici, dunque, microambiente, come le componenti dello stroma, la presenza di
cellule immunitarie infiltranti e l’angiogenesi (Fig. 7.38 D). A ogni
modo, analisi delle espressioni geniche come quelle descritte prima
non rileverebbero un piccolo gruppo di subcloni metastatici nell’am-
bito di un grande tumore. Forse entrambi i meccanismi sono attivi,
per cui tumori aggressivi acquisiscono negli stadi precoci dell’onco­
genesi un meccanismo di espressione genica permissivo per le
­metastasi, che richiede alcune mutazioni aggiuntive casuali per
completare il fenotipo metastatico. Una terza ipotesi suggerisce che
una variabilità genetica di fondo e la variabilità nell’espressione
genica che ne risulta contribuiscano alla generazione di metastasi
nella popolazione umana. In modelli murini, i tumori maligni
­indotti da medesime mutazioni oncogene, possono avere conse-
guenze metastatiche molto differenti a seconda delle caratteristiche
(ossia della genetica di base) del topo utilizzato; anche oncogeni
molto potenti possono essere modificati in misura significativa dalla
genetica di base. La quarta ipotesi è un corollario dell’ipotesi della
cellula staminale tumorale e suggerisce che se il tumore deriva da
rare cellule tumorali staminali, le metastasi necessitano della diffu-
sione delle cellule tumorali staminali stesse per avere luogo.
Un quesito ancora aperto in questo campo riguarda l’esistenza di
geni il cui principale o unico contributo all’oncogenesi sia di
­controllare le metastasi. La rilevanza di questo problema va oltre i
confini accademici, poiché se forme alterate di determinati geni
promuovessero o sopprimessero il fenotipo metastatico, il loro
­riscontro in un tumore primitivo potrebbe avere implicazioni pro-
gnostiche e terapeutiche. Poiché la metastatizzazione è un fenomeno
complesso che coinvolge una varietà di fenomeni e di percorsi, come
descritto nei paragrafi precedenti, si pensa che, a differenza di quanto
avviene nella trasformazione, in cui un sottogruppo di proteine
come p53 e RB sembra avere un ruolo cruciale, i geni che funzionano
Figura 7.38 Meccanismi di sviluppo di una metastasi nel contesto di un come “oncogeni metastatici” o “soppressori metastatici” siano rari.
tumore primitivo. Nella parte sinistra dello schema ricorre la rappresenta- Un gene soppressore della metastasi è definito come un gene la cui
zione di un tumore primitivo non metastatico (in verde acqua). Sono pre-
sentati quattro possibili modelli. A. La metastasi è causata da rari cloni
perdita promuove lo sviluppo di metastasi senza effetto sul tumore
mutanti che si sviluppano nel tumore primitivo. B. La metastasi è causata primitivo. Allo stesso modo, l’espressione di un oncogene metasta-
dall’espressione di geni (profilo metastatico) presenti nella maggior parte tico favorirebbe lo sviluppo di metastasi senza effetti sul tumore
delle cellule del tumore primitivo. C. Combinazione dei meccanismi A e B, primitivo. È stato confermato che almeno una dozzina di geni evi-
in cui cloni varianti appaiono in un tumore con profilo genico metastatico. denziati nelle lesioni metastatiche funzionano come “soppressori
D. Lo sviluppo della metastasi è notevolmente influenzato dallo stroma del
tumore, che può regolare l’angiogenesi, l’invasione locale e la resistenza metastatici”.117,118 Le loro funzioni molecolari sono varie e non ancora
all’eliminazione da parte del sistema immunitario, permettendo alle cellule completamente chiare; tuttavia, la maggior parte di essi sembra
del tumore primitivo, come in C, di divenire metastatiche. colpire diverse vie di segnalazione. È interessante precisare che lavori
294 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

recenti hanno suggerito che due miRNA, mir335 e mir126, inibi- della riparazione delle discordanze è l’instabilità dei microsatelliti,21
scono le metastasi del carcinoma mammario, mentre un secondo ripetizioni appaiate di 1-6 nucleotidi sparse lungo tutto il genoma.
gruppo (mir10b) promuove la metastatizzazione.119,120 Negli individui normali la lunghezza di questi microsatelliti rimane
Oncogeni forse indicatori di metastasi sono SNAIL e TWIST, i quali ­costante; negli individui affetti da HNPCC, invece, i satelliti sono
codificano per fattori di trascrizione la cui funzione primaria è pro- instabili e aumentano o si riducono di lunghezza nelle cellule tumo-
muovere un processo chiamato transizione epitelio-mesenchimale.88 rali, creando alleli non reperibili nelle cellule normali dello stesso
Nella transizione epitelio-mesenchimale le cellule tumorali sotto- paziente. Tra i vari geni di questo tipo di riparazione del DNA,
regolano alcuni marcatori epiteliali (come la E-caderina) e sovra- ­almeno quattro sono coinvolti nella patogenesi dell’HNPCC, ma le
regolano dei marcatori mesenchimali (come la vimentina e l’actina mutazioni germinali dei geni MSH2 (2p16) e MLH1 (3p21)
muscolare liscia). Si ritiene che tali cambiamenti favoriscano lo ­sono ­responsabili ciascuna del 30% circa dei casi. I restanti casi
sviluppo di un fenotipo migratorio essenziale per la metastatizza- presentano mutazioni in altri geni di riparazione. Gli individui
zione. La perdita di espressione di E-caderina sembra essere un colpiti ereditano una copia difettosa di un gene di riparazione del
evento cruciale nella transizione epiteliomesenchimale, e SNAIL e DNA e acquisiscono il “secondo colpo” nelle cellule epiteliali del
TWIST fungono da repressori trascrizionali sottoregolanti l’espres- colon. I geni di riparazione del DNA si comportano dunque come
sione della E-caderina.121 La transizione epiteliomesenchimale è geni oncosoppressori per quel che riguarda l’ereditarietà, ma al
stata documentata soprattutto nei carcinomi mammari, ma resta contrario dei geni oncosoppressori (e degli oncogeni), influiscono
da stabilire se questo fenomeno sia valido per tutti i tumori. sulla crescita cellulare solo indirettamente, consentendo mutazioni
in altri geni durante il processo della normale divisione cellulare.
Sebbene l’HNPCC sia responsabile soltanto del 2-4% di tutti i tumori
Instabilità Del Genoma: Passaporto
del colon, l’instabilità dei microsatelliti può essere riscontrata in circa
Per La Malignità
il 15% dei tumori del colon sporadici. I geni regolatori della crescita
L’umanità si trova circondata da agenti ambientali mutageni mutati nei pazienti con HNPCC non sono ancora stati completa-
­(sostanze chimiche, radiazioni, luce solare ecc.), ma i tumori maligni mente caratterizzati, ma comprendono i geni codificanti per il
sono un evento relativamente raro di tali interazioni. Questo stato ­recettore II del TGFb, la componente TCF della via della b-catenina,
di fatto è dovuto alla capacità delle cellule normali di riparare il BAX e altri oncogeni e geni oncosoppressori.124
danno del DNA e all’eliminazione delle cellule che hanno subito un Xeroderma pigmentoso. I soggetti con un altro disturbo eredi-
danno irreparabile122 (si veda il paragrafo “Evasione dall’apoptosi”) tario di riparazione del DNA detto xeroderma pigmentoso presen-
e ad altri meccanismi, come la senescenza indotta da oncogeni e la tano un rischio maggiore di sviluppare tumori della cute, soprattutto
sorveglianza immunitaria (discussa più avanti). L’importanza della in seguito all’esposizione ai raggi UV della luce solare.125 I raggi UV
riparazione del DNA ai fini del mantenimento dell’integrità del provocano legami crociati tra i residui pirimidinici, impedendo la
genoma è ­sottolineata da diverse patologie ereditarie caratterizzate normale replicazione del DNA. Questo danno del DNA è corretto
dall’alterazione dei geni che codificano per proteine coinvolte nella dal sistema di riparazione per escissione di nucleotidi. Il danno
riparazione del DNA. Le persone che nascono con simili difetti eredi- coinvolge proteine diverse e una perdita ereditaria di una qualsiasi
tari a carico delle proteine di riparazione del DNA sono infatti esposti di queste proteine può dare origine allo xeroderma pigmentoso.
a un rischio molto maggiore di sviluppare il cancro, ma difetti dei mec- Malattie caratterizzate da difetti della riparazione del DNA per
canismi di riparazione del DNA sono presenti anche nei tumori ricombinazione omologa. Un gruppo di malattie autosomiche
umani sporadici. I geni deputati alla riparazione del DNA non sono recessive come la sindrome di Bloom, l’atassia-teleangectasia e l’ane-
di per sé ­oncogeni, ma la loro alterazione permette il prodursi di mia di Fanconi è caratterizzato dall’ipersensibilità ad agenti
mutazioni in altri geni durante la normale divisione cellulare. In ge- ­suscettibili di danneggiare il DNA, come le radiazioni ionizzanti
nere, l’instabilità genomica insorge quando vanno perse le due copie (sindrome di Bloom e atassia-teleangectasia) o agenti che inducono
di geni di riparazione del DNA; studi recenti hanno tuttavia sugge- legami crociati del DNA, come molti chemioterapici (anemia di
rito che almeno un sottogruppo di questi geni sia in grado di pro- Fanconi).126,127 Il loro fenotipo è complesso e include, oltre alla pre-
muovere il tumore in modo aploinsufficiente. La presenza di difetti disposizione al cancro, altri elementi quali sintomi neurologici
nei tre tipi di sistema di riparazione del DNA – riparazione degli (atassia-teleangectasia), aplasia midollare (anemia di Fanconi) e
errori di appaiamento (mismatch repair), riparazione per escissione difetti dello sviluppo (sindrome di Bloom). Come precedentemente
dei nucleotidi (nucleotide excision repair) e riparazione per ricom- menzionato, il gene mutato nell’atassia-teleangectasia, ATM, è
binazione (ricombination repair) – contribuiscono alla formazione ­importante ai fini del riconoscimento e della risposta al danno del
di differenti tipi di tumore maligno. DNA causato da radiazioni ionizzanti. I pazienti con sindrome di
Sindrome del cancro del colon non poliposi ereditaria. La Bloom mostrano una predisposizione a diversi tumori. Il gene
sindrome del cancro del colon non poliposi ereditaria (Hereditary ­difettoso è situato sul cromosoma 15 e codifica per un’elicasi che
Nonpolyposis Colon Cancer, HNPCC), caratterizzata da carcinomi partecipa alla riparazione del DNA per ricombinazione omologa.
familiari del colon che colpiscono in maniera predominante il cieco Per quanto riguarda l’anemia di Fanconi, il complesso è costituito
e il colon (Cap. 17), è il risultato di difetti nei geni coinvolti nella da 13 geni: la mutazione di uno qualsiasi di questi può dare origine
riparazione degli errori di appaiamento.123 Quando un filamento di al fenotipo patologico.126,128 È interessante notare che BRCA2, gene
DNA è in corso di replicazione, questi geni agiscono da controllori. mutato in alcune pazienti con tumore ereditario della mammella, è
Quindi, ad esempio, nel caso di un erroneo appaiamento di G con mutato anche in un sottogruppo di persone affette dall’anemia di
T, invece della normale combinazione A-T, i geni di riparazione Fanconi. Prove a conferma del ruolo svolto dai geni di riparazione
intervengono per correggere il difetto. Senza questi correttori, gli del DNA nello sviluppo di neoplasie provengono anche dallo studio
errori si accumulerebbero gradualmente in modo casuale nel del carcinoma ereditario della mammella. Mutazioni in due geni,
­genoma, coinvolgendo secondo i casi proto-oncogeni e geni onco- BRCA1 (cromosoma 17q21) e BRCA2 (cromosoma 13q12-13),
soppressori. Una delle caratteristiche dei pazienti con questi difetti spiegano il 25% dei casi di carcinoma familiare della mammella.
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 295

Al rischio di sviluppare un tumore della mammella, inoltre, per le cellule normali, non solo promuovono lo sviluppo del cancro ma
donne con mutazioni di BRCA1 si aggiunge un rischio sostanzial- favoriscono anche la sopravvivenza e la progressione delle cellule
mente più elevato di sviluppare tumori maligni epiteliali dell’ovaio, tumorali. Si è pensato inoltre che i macrofagi presenti nel tumore
mentre gli uomini presentano un rischio lievemente più alto di possano essere indotti dalle cellule tumorali a secernere fattori
sviluppare un tumore maligno della prostata. Analogamente, ­stimolanti la metastatizzazione129 e in effetti in un modello murino
­mutazioni nel gene BRCA2 aumentano il rischio di tumore della di carcinoma della mammella, la delezione genetica dei macrofagi
mammella negli uomini e nelle donne, e aumenta anche il rischio evitava la formazione di metastasi. Inoltre, l’acquisizione in vivo
di cancro dell’ovaio, della prostata, del pancreas, dei dotti biliari, di immagini del tumore in modelli animali ha mostrato che i
dello stomaco e dei melanociti. Sebbene le funzioni di questi geni ­macrofagi che circondano i vasi sanguigni secernono EGF, ­inducendo
non siano state completamente chiarite, le cellule prive di tali geni la migrazione chemotattica delle cellule tumorali verso i vasi san-
hanno interruzioni cromosomiche e grave aneuploidia. È stata in guigni.113 Anche i fibroblasti hanno un ruolo importante nei tumori:
effetti dimostrata l’associazione di BRCA1, come anche di BRCA2, essi secernono infatti la matrice responsabile della risposta desmo-
a una varietà di proteine coinvolte nella via di riparazione per ri- plastica ai tumori. È interessante notare che, in esperimenti in vitro,
combinazione omologa. Le proteine dell’anemia di Fanconi e le l’alterazione della sola compattezza della matrice consentiva di mo­
proteine BRCA formano un sistema di risposta al danno del DNA dificare l’aggressività di una linea cellulare tumorale. La risposta
il cui scopo è sciogliere e riparare i legami crociati intra- e interfila- desmoplastica al tumore può essere pertanto stimolata dalle cellule
mento indotti dagli agenti chimici. Il mancato scioglimento di questi tumorali e può promuoverne la crescita. D’altra parte, in un modello
legami crociati prima della separazione dei due filamenti di DNA di tumore della prostata, l’inoculazione in topi atimici di cellule
porterebbe alla rottura cromosomica e all’esposizione delle estremità tumorali immortalizzate ma non oncogene, insieme a fibroblasti di
cromosomiche che, come l’accorciamento dei telomeri (si veda so­ derivazione tumorale (fibroblasti associati al cancro), ­portava allo
pra), ­avrebbe quale effetto l’attivazione della via di congiungimento sviluppo di neoplasie scarsamente differenziate.130 ­Questi carcinomi
delle estremità non omologhe, la formazione di cromosomi dicen- presentavano molteplici anomalie genetiche che non erano presenti
trici, cicli di appaiamento-fusione-interruzione e aneuploidia. Al nella linea cellulare di origine, quindi forse lo stroma può indurre
pari di altri geni oncosoppressori, entrambe le copie di BRCA1 e cambiamenti genetici che favoriscono la cancerogenesi. In effetti,
BRCA2 devono essere inattivate perché si sviluppi il cancro. Sebbene pare che alcuni dei comportamenti neoplastici ricondotti al profilo
il collegamento tra i geni BRCA1 e BRCA2 e i carcinomi familiari di espressione genica siano basati su geni ­espressi nelle cellule stro-
della mammella sia stato stabilito, questi geni sono raramente inat- mali piuttosto che nelle cellule tumorali. Come avvengano tali
tivati nei casi sporadici di carcinoma della mammella. Sotto questo ­modificazioni rimane un mistero, così come la loro importanza per
­aspetto, BRCA1 e BRCA2 differiscono da altri geni oncosoppressori, la cancerogenesi in vivo. Tuttavia, tali risultati ­meritano attenzione,
­come APC e p53, che sono inattivati nei tumori sporadici e in quelli poiché indicano che una nuova terapia dei tumori potrebbe essere
familiari. indirizzata verso cellule stromali. Il ruolo delle cellule stromali nella
crescita e nella progressione tumorale è sottolineato da studi recenti
in cui i profili di espressione genica delle cellule stromali predicevano
Microambiente Stromale
l’andamento clinico in tumori umani della mammella.131
E Cancerogenesi
Sebbene fino ad ora ci siamo focalizzati soprattutto sulle cellule Alterazioni Metaboliche:
neoplastiche parenchimali, i tumori non sono composti da un L’effetto Warburg
­singolo tipo cellulare, quanto piuttosto da un complesso insieme di
cellule di numerose linee, tra cui le cellule tumorali stesse, cellule Anche in presenza di abbondante ossigeno, le cellule tumorali spo-
immunitarie innate e adattative, fibroblasti, cellule endoteliali ecc. stano il loro metabolismo del glucosio dai mitocondri, avidi di
Sono stati inoltre descritti numerosi esempi di intercomunicazione ­ossigeno ma efficienti, alla glicolisi.132-134 Questo fenomeno, ­chiamato
tra la ECM e le cellule tumorali. La scissione di componenti della effetto Warburg e noto anche come glicolisi aerobia, fu osservato
matrice come il collagene di tipo IV, ad esempio, rilascia fattori per la prima volta molti anni fa (Otto Warburg ricevette il Premio
angiogenici (VEGF) e la degradazione enzimatica della laminina-5 Nobel nel 1931 per avere scoperto l’effetto che porta il suo nome),
da parte di MMP2 scopre un frammento proteolitico nascosto che ma ha goduto di ben scarsa considerazione fino a tempi recenti.
favorisce la motilità delle cellule tumorali.112 La ECM custodisce Questa alterazione metabolica è tanto frequente nei tumori da poter
anche fattori di crescita in forma inattiva, rilasciati da proteasi essere considerata l’ottava caratteristica del cancro. Non per nulla
­attive della matrice: questi includono PDGF, TGFb e bFGF, che a l’avidità di glucosio dei tumori è utilizzata nella pratica clinica per
loro volta influenzano la crescita delle cellule tumorali per via para- visualizzarli mediante tomografia a emissione di positroni (PET)
crina. Le cellule tumorali devono servirsi di queste e di altre intera- dopo avere iniettato ai pazienti 18F-fluorodeossiglucosio, un deri-
zioni usandole per promuovere la loro crescita e invasione. È inte- vato non metabolizzabile del glucosio che viene preferenzialmente
ressante cercare di capire se le cellule tumorali dipendano da queste captato dalle cellule tumorali (e dai tessuti normali in attiva proli-
interazioni per la proliferazione, la sopravvivenza o la metastatizza- ferazione come il midollo osseo). La maggior parte dei tumori è
zione. Se così fosse, queste interazioni e le cellule stromali stesse PET-positiva e quelli in rapida crescita lo sono in modo marcato. La
diverrebbero potenziali bersagli terapeutici. relazione causale tra glicosi aerobia e progressione tumorale, ciono-
È stato dimostrato che le cellule infiammatorie e i fibroblasti nostante, non è del tutto chiara, come non è chiaro il danno iniziale
all’interno del tumore istituiscono complesse relazioni con le cellule che determina tali cambiamenti metabolici.
tumorali e tra di loro. Il ruolo dell’infiammazione cronica nello Come ben sappiamo, infatti, la glicosi genera due molecole di
sviluppo del cancro è già stato descritto (si veda sopra). Vari ATP per ogni molecola di glucosio mentre la fosforilazione ossida-
­meccanismi, come l’espressione da parte di cellule immunitarie di tiva mitocondriale ne genera più di 20. Quale vantaggio può dunque
citochine che favoriscono la sopravvivenza e la proliferazione delle offrire il passaggio a una glicolisi meno efficiente per un tumore in
296 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

accrescimento? Sono state proposte diverse ipotesi che non si esclu- gastrointestinale. Almeno un aspetto dell’attività oncosoppressiva
dono a vicenda. Un’ipotesi interessante per spiegare l’effetto Warburg di LKB1 è mediato dalla sua capacità di attivare una proteina-chinasi
prevede che sia il microambiente tumorale ipossico a rendere van- dipendente da AMP (AMPK), un sensore dello stato energetico della
taggioso l’alterato metabolismo.133-134 Sebbene l’angiogenesi produca cellula che funge da importante regolatore negativo di mTOR. LKB1,
un incremento nella vascolarizzazione, i vasi sono malformati e i dunque, sopprime la formazione di tumori, almeno in parte, fre-
tumori restano relativamente ipossici rispetto ai tessuti normali. nando il metabolismo anabolico. È interessante notare che anche
L’attivazione di HIF1a per effetto dell’ipossia, di fatto, non solo altri due oncosoppressori mutati nella sclerosi tuberosa, TSC1 e
stimola l’angiogenesi ma aumenta anche l’espressione di numerosi TSC2 (Cap. 28), regolano negativamente mTOR. All’estremo oppo-
enzimi metabolici della via glicolitica, oltre a ridurre l’espressione sto, è stata avanzata l’ipotesi che l’effetto trasformante di molte on­
di geni coinvolti nella fosforilazione ossidativa. La spiegazione più coproteine, incluse tirosin-chinasi recettoriali mutate e il noto fattore
semplice ci riconduce dunque alla regola fondamentale dell’econo- trascrizionale oncogeno c-MYC, sia mediato in parte dall’induzione
mia: offerta e domanda. La ridotta domanda da parte delle singole dell’“effetto Warburg”. Negli ultimi anni, questo genere di intuizioni
cellule tumorali aumenta l’offerta di ossigeno, incrementando così ha ispirato molti tentativi di utilizzare a scopo terapeutico le vie di
il numero di cellule tumorali che possono essere supportate dalla trasmissione del segnale che determinano il metabolismo anabolico
vascolarizzazione e consentendo l’accrescimento del tumore. nelle cellule tumorali, ad esempio la via di PI3K/AKT/mTOR.
L’effetto Warburg, tuttavia, fa riferimento alla glicolisi aerobia: la Come precedentemente indicato, le cellule sono dotate di nume-
glicolisi che si verifica in presenza di un adeguato apporto di ossi- rose barriere di regolazione atte a prevenire una crescita non appro-
geno al posto della fosforilazione ossidativa. I cambiamenti che priata. Una risposta adattativa delle cellule normali alla privazione
promuovono l’alterazione metabolica durante l’ipossia devono per- di ossigeno e glucosio è l’autofagia, stato in cui le cellule arrestano
tanto diventare stabili nella cellula tumorale. Può essere che continui la loro crescita e assumono comportamenti cannibaleschi, utilizzan-
cicli di ipossia seguita da normossia, uno scenario frequentemente do i propri organelli, proteine e membrane come fonti di carbonio
osservato nei tumori, selezionino le cellule tumorali che usano per la produzione di energia (Cap. 1). In assenza di tale adattamento,
preferibilmente la glicolisi. In aggiunta, o forse in alternativa, anche le cellule muoiono. Le cellule tumorali spesso sembrano in grado di
mutazioni in oncogeni e geni oncosoppressori che stimolano la accrescersi in condizioni ambientali proibitive senza attivare l’auto-
crescita, come RAS, p53 e PTEN, inducono cambiamenti metabolici fagia, per cui si pensa che le vie che inducono tale processo siano
nella cellula. Il che ci porta di nuovo all’equazione offerta/domanda disattivate nelle cellule tumorali. In linea con ciò, si può notare che
che può aiutarci a spiegare perché le cellule tumorali optino per un diversi geni promotori dell’autofagia sono oncosoppressori; tra
sistema di produzione energetica meno efficiente. questi, il più rilevante è PTEN (un regolatore negativo della via di
Prima della replicazione, una cellula attivamente proliferante (sia PI3K/AKT), gene mutato o inattivato epigeneticamente in molte
essa normale o trasformata) deve duplicare, oltre che il proprio varietà di neoplasie maligne umane. Se l’autofagia sia sempre nega-
contenuto di DNA, anche tutti gli altri suoi componenti, compresi tiva dal punto di vista del tumore, tuttavia, resta un argomento di
organelli, membrane e proteine. Questo compito richiede un mag- ricerca attiva e di dibattito. In condizioni di grave deprivazione di
giore apporto di nutrimento, soprattutto di glucosio (che fornirà nutrimenti, ad esempio, le cellule tumorali possono ricorrere all’au-
l’energia necessaria per la biosintesi di tali componenti) e ammino- tofagia per divenire “dormienti”, uno stato di congelamento meta-
acidi (che forniranno i mattoni per la sintesi proteica), nonché per bolico che permette alle cellule di sopravvivere a situazioni difficili
la sintesi delle proteine necessarie. L’arresto della degradazione del per lunghi periodi. Tali cellule sono ritenute essere resistenti a terapie
glucosio a piruvato permette a queste molecole di carbonio di essere che uccidono le cellule in attiva replicazione e potrebbero essere
deviate verso le vie anaboliche, come la produzione di lipidi e nu- responsabili dei fallimenti terapeutici. L’autofagia può quindi
cleotidi; inoltre, le cellule tumorali sono in grado di deviare la glu- ­essere amica o nemica del tumore a seconda di come le vie di tra-
tammina sia verso la via glicolitica sia verso quella anabolica.134-135 smissione del segnale che la regolano sono “messe a punto” in un
I cambiamenti metabolici ai quali le cellule tumorali vanno incontro dato tumore.
accrescono dunque la loro capacità di sintetizzare i mattoni di cui
hanno bisogno per la divisione cellulare. In effetti, anche le altera- Deregolazione Dei Geni Associati
zioni delle vie di trasmissione del segnale coinvolte nei fenomeni Ai Tumori
neoplastici stimolano la captazione di glucosio e altri nutrimenti,
favoriscono la glicolisi rispetto alla fosforilazione ossidativa e au- Il danno genetico che attiva gli oncogeni o inattiva i geni oncosop-
mentano le vie anaboliche nella cellula. In condizioni normali, i pressori può essere minimo (ad es. mutazioni puntiformi) o coin-
fattori di crescita stimolano la captazione di glucosio e amminoacidi volgere segmenti di cromosomi sufficientemente estesi da essere
per mezzo della via di PI3K/AKT/mTOR, che si trova a valle delle individuato con una normale analisi del cariotipo. L’attivazione degli
tirosin-chinasi recettoriali e di altri recettori dei fattori di crescita; oncogeni e la perdita di funzione dei geni oncosoppressori per
nei tumori, questi segnali sono autonomi. Mutazioni negli oncosop- mutazione sono state trattate precedentemente in questo capitolo.
pressori o negli oncogeni, pertanto, non solo portano all’attivazione In questa sezione descriveremo le anomalie cromosomiche, per
di vie che favoriscono la sopravvivenza e la proliferazione, ma fanno terminare con l’analisi dei cambiamenti epigenetici che contribui-
anche sì che la glicolisi e la biosintesi anabolica diventino permanenti scono alla cancerogenesi.
nella cellula tumorale.135-136
Ora che l’effetto Warburg è stato “riscoperto”, vanno emergendo Modificazioni cromosomiche
altri collegamenti affascinanti tra metabolismo e neoplasia che ve-
dono coinvolti oncosoppressori e oncogeni. Un esempio del primo In alcune neoplasie, le anomalie cariotipiche sono frequenti e non
caso riguarda LKB1, un gene oncosoppressore codificante per una casuali. Specifiche anomalie cromosomiche sono state identificate
treonina chinasi che risulta mutata nella sindrome di Peutz-Jegher nella maggior parte delle leucemie e dei linfomi, in molti sarcomi e
(Cap. 17) ed è associato a proliferazioni benigne e maligne del tratto in un numero crescente di carcinomi. Inoltre, un intero cromosoma
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 297

può essere in sovrannumero o andare perso. Sebbene le variazioni formazione di geni ibridi di fusione codificanti per proteine
nel numero (aneuploidia) e nella struttura dei cromosomi siano chimeriche, che in vario modo promuovono la crescita e la so-
generalmente considerate fenomeni tardivi della progressione neo- pravvivenza o aumentano l’autorinnovamento e bloccano la
plastica, è stato ipotizzato che l’aneuploidia e l’instabilità cromoso- differenziazione.
mica possano anche essere eventi iniziali della crescita tumorale.
Lo studio delle modificazioni cromosomiche nelle cellule tumo- L’iperespressione di un proto-oncogene causata da una trasloca-
rali è importante per due ragioni. Innanzitutto, lo studio molecolare zione è ben esemplificata dai linfomi di Burkitt. Questi tumori pre-
dei geni in vicinanza dei punti di rottura o di delezioni dei cromo- sentano tutti una di tre possibili traslocazioni, ciascuna delle quali
somi è stato estremamente utile per identificare gli oncogeni (ad es. coinvolge il cromosoma 8q24, dove è stato mappato il gene MYC, e
BCL2 e ABL) e i geni oncosoppressori (ad es. APC e RB). In secondo uno dei tre cromosomi contenenti i geni delle immunoglobuline.
luogo, alcune anomalie cariotipiche sono abbastanza specifiche da Nel suo locus normale, MYC è strettamente controllato ed è espresso
avere valore diagnostico e, in alcuni casi, sono predittive del decorso al massimo nelle cellule attivamente proliferanti. Nei linfomi di
clinico. Le traslocazioni associate all’oncogene ABL nella LMC e a Burkitt, la forma più comune di traslocazione comporta lo sposta-
c-MYC nei linfomi di Burkitt sono state menzionate precedentemen- mento del segmento del cromosoma 8 contenente MYC sul cromo-
te, nel paragrafo dedicato ai difetti molecolari delle cellule neopla- soma 14q32 (si veda Fig. 7.27), spostamento che porta il gene MYC
stiche (si veda Fig. 7.27). Molte altre alterazioni del cariotipo presenti a ­trovarsi vicino al gene IGH. La notazione genetica per indicare la
nelle cellule tumorali verranno descritte nel contesto della trattazio- traslocazione è t(8:14)(q24;q32). I meccanismi molecolari dell’atti-
ne di forme di neoplasie specifiche. vazione di MYC associata alla traslocazione sono variabili, poiché
Due tipi di riarrangiamenti cromosomici possono attivare proto- dipendono dai punti di rottura all’interno dei geni. Nella maggior
oncogeni: le traslocazioni e le inversioni. Le traslocazioni cromoso- parte dei casi, la traslocazione provoca mutazione o perdita delle
miche sono molto più comuni (Tab. 7.9) e verranno discusse in sequenze di ­regolazione del gene MYC, che vengono sostituite con
questa sede. Le traslocazioni possono attivare proto-oncogeni in due le regioni di controllo del locus di IGH, espresso nei precursori delle
modi: cellule B. Poiché le sequenze codificanti restano intatte, il gene è
espresso a livelli elevati. La costante presenza del gene MYC traslo-
Nei tumori linfoidi, specifiche traslocazioni determinano l’ipe- cato nei linfomi di Burkitt attesta l’importanza dell’iperespressione
respressione di proto-oncogeni tramite lo scambio dei loro ele- di tale gene nella patogenesi del tumore.
menti regolatori con quelli di un altro gene. Esistono poi altri esempi di oncogeni traslocati in corrispondenza
In molti tumori emopoietici, nei sarcomi e in alcuni carcinomi, dei loci delle immunoglobuline nei tumori linfoidi. Come indicato
le traslocazioni consentono la ricombinazione di sequenze in precedenza, nei linfomi mantellari, il gene della ciclina D1
normalmente non correlate di due cromosomi differenti e la ­(CCND1) sul cromosoma 11q13 è iperespresso per la giustapposi-
zione al locus delle IgH sul cromosoma 14q32. Nei linfomi follicolari,
una traslocazione t(14;18)(q32;q21), la più frequente traslocazione
Tabella 7.9 Principali oncogeni attivati da traslocazioni
nei tumori maligni linfoidi, causa l’attivazione del gene BCL2. Non
è un caso che tutti questi tumori nei quali viene colpito il gene delle
Neoplasia Traslocazione Geni colpiti* immunoglobuline siano a cellule B. In un’analoga situazione, l’ipe-
respressione di diversi proto-oncogeni in tumori a cellule T risulta
Leucemia mieloide cronica (9;22)(q34;q11) ABL 9q34 dalle traslocazioni di oncogeni in corrispondenza del locus del re-
BCR 22q11
cettore dei linfociti T. Gli oncogeni interessati sono diversi, ma nella
Leucemie acute (LMA e LLA) (8;21)(q22;q22) AML 8q22 maggior parte dei casi, come con MYC, codificano per fattori di
ETO   21q22 trascrizione nucleari.
(15;17)(q22;q21) PML 15q22 Il cromosoma Philadelphia, caratteristico della leucemia mieloide
RARA 17q21 cronica e di un gruppo di leucemie linfoblastiche acute, costituisce
Linfoma di Burkitt (8;14)(q24;q32) c-MYC 8q24 l’esempio tipico di un oncogene generato dalla fusione di due geni
IGH 14q32 distinti. In questi casi, una traslocazione reciproca tra i cromosomi
9 e 22 riposiziona una parte troncata del proto-oncogene c-ABL (dal
Linfoma mantellare (11;14)(q13;q32) CCND1 11q13 cromosoma 9) vicino a BCR (Breakpoint Cluster Region) sul
IGH 14q32
­cromosoma 22 (si veda Fig. 7.27). Il gene ibrido di fusione BCR-ABL
Linfoma follicolare (14;18)(q32;q21) IGH 14q32 codifica per una proteina chimerica dotata di attività tirosin-china-
BCL2 18q21 sica. Come già detto, la tirosin-chinasi BCR-ABL è stata usata con
notevole successo come bersaglio per la terapia della leucemia. Le
LLA a cellule T (10;14)(q24;q11) HOX 11 10q24
TCRA 14q11
traslocazioni, pur essendo citogeneticamente identiche nella leuce-
mia mieloide cronica e nella leucemia linfoblastica acuta, differisco-
Sarcoma di Ewing (11;22)(q24;q12) FLI1 11q24 no in genere a livello molecolare. Nella maggior parte dei casi di
EWSR1 22q12 LMC, la proteina chimerica ha un peso molecolare di 210 kDa,
Adenocarcinoma prostatico (21;21)(q22;q22) TMPRSS2
mentre nella più aggressiva leucemia acuta si assiste alla formazione
(21q22.3) di una proteina di fusione BCR-ABL di 190 kDa.48,49
(7:21)(p22;q22) ERG (21q22.2) I fattori di trascrizione sono spesso coinvolti nelle fusioni geni-
(17:21)(p21;q22) ETV1 (7p21.2) che che si verificano nelle cellule tumorali. È noto, ad esempio, che
ETV4 (17q21) il gene MLL (Myeloid Lymphoid Leukemia) su 11q23, un compo-
*
I geni in grassetto sono coinvolti in traslocazioni multiple. nente del complesso di rimodellamento della cromatina, è coin-
LMA, leucemia mieloide acuta; LLA, leucemia linfoblastica acuta. volto in 50 differenti traslocazioni con diversi geni partner, alcuni
298 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

dei quali codificanti per fattori di trascrizione (si veda Tab. 7.9). Il Amplificazione genica
sarcoma di Ewing/tumore primitivo neuroectodermico (PNET) è
definito dalla traslocazione del gene del sarcoma di Ewing (EWSR1) L’attivazione dei proto-oncogeni associata all’iperespressione dei loro
su 22q12, il quale è coinvolto in numerose traslocazioni, e anche prodotti può essere causata da reduplicazione e amplificazione delle
tutti i suoi geni partner sinora analizzati codificano per un fattore loro sequenze di DNA109 e l’amplificazione può portare alla produzione
di trascrizione. Nel sarcoma di Ewing/PNET, ad esempio, il di diverse centinaia di copie del proto-oncogene nella cellula tumorale.
­gene EWSR1 si fonde con il gene FLI1, anch’esso un membro dalla I geni amplificati, facilmente identificabili mediante ibridazione mole-
famiglia del fattore di trascrizione ETS, e la proteina chimerica colare con appropriate sonde di DNA, in alcuni casi provocano cam-
EWS-FLI1 che ne deriva ha capacità trasformante. Ci si potrebbe biamenti cromosomici che possono essere rilevati al microscopio.
domandare perché particolari traslocazioni siano così strettamente Esistono due manifestazioni cariotipiche di amplificazione: piccole
associate a specifici tumori. Ciò non è del tutto chiaro, ma un tema strutture multiple chiamate particelle duplicate (double minutes) e
ricorrente è che almeno uno dei geni colpiti spesso codifica per un regioni a colorazione omogenea (homogeneous staining regions). Que-
fattore di trascrizione necessario per lo sviluppo e la differenzia- ste ultime derivano dall’inserimento dei geni amplificati in nuove
zione di cellule normali della stessa linea del tumore. Nelle leuce- collocazioni cromosomiche, che possono essere ­distanti dalla collo-
mie acute, ad esempio, molti geni interessati da traslocazioni cazione normale dei geni coinvolti; poiché le regioni contenenti geni
­ricorrenti (come MLL) hanno un ruolo essenziale nella regolazione amplificati sono prive della normale bandeggiatura, esse appaiono
dell’autorinnovamento delle cellule staminali emopoietiche e della omogenee in un cariotipo a bande G (si veda Fig. 7.28). I casi più
normale differenziazione delle cellule mieloidi e linfoidi. Le interessanti di amplificazione riguardano N-MYC nel neuroblastoma
­proteine di fusione derivanti da traslocazioni il più delle volte ed ERBB2 nel tumore della mammella. N-MYC è amplificato nel 25-
inibiscono – ma occasionalmente potenziano – la funzione tra- 30% dei neuroblastomi e l’amplificazione è associata a una prognosi
scrizionale. Fino a tempi recenti, le traslocazioni più note riguar- sfavorevole. Nei neuroblastomi con amplificazione di N-MYC, il gene
davano le leucemie/linfomi e i sarcomi, mentre poche traslocazioni è presente sia in particelle duplicate sia in regioni a colorazione omo-
di comune riscontro erano state identificate nei carcinomi, sebbene genea. L’amplificazione di ERBB2 si verifica in circa il 20% dei tumori
questo tipo di neoplasia sia più frequente. I cariotipi complessi della mammella e una terapia con un anticorpo diretto contro questo
della maggior parte dei carcinomi, infatti, hanno reso difficoltosa recettore si è dimostrata efficace nel sottotipo di tumori in questione.
l’identificazione delle traslocazioni. Recentemente, tuttavia, una L’amplificazione di c-MYC, L-MYC e N-MYC è correlata con la pro-
traslocazione che coinvolge un gene regolato dagli androgeni, gressione di malattia nel carcinoma a piccole cellule del polmone.
TMPRSS2 (21q22), e uno di tre fattori trascrizionali della famiglia
ETS (ERG [21q22], ETV1 [7p22.2] o ETV4 [17q21]) è stata riscon-
trata in oltre il 50% degli adenocarcinomi della prostata. 137,138 Modificazioni epigenetiche
Questa traslocazione sembra che avvenga precocemente nella
cancerogenesi, in quanto è presente anche nella neoplasia prosta- L’epigenetica studia i cambiamenti reversibili ed ereditari dell’espres-
tica intraepiteliale di alto grado, precursore del tumore infiltrante. sione genica che si verificano senza mutazione. Tali cambiamenti
Sebbene il meccanismo attraverso cui la traslocazione provoca il implicano modificazioni post-traslazionali degli istoni e la metila-
cancro non sia ancora completamente compreso, è noto che essa zione del DNA, processi che influenzano entrambi l’espressione ge­
rimuove il gene della famiglia ETS dalla sua normale regione di nica. Nelle cellule differenziate normali, la maggior parte del ­genoma
controllo e lo fonde con il gene regolato dagli androgeni TMPRSS2. non è espressa: alcune porzioni del genoma sono rese ­inattive da
In questo modo il fattore di trascrizione della famiglia ETS viene metilazione del DNA e da modificazioni degli istoni che ­portano alla
espresso in maniera non appropriata nelle cellule prostatiche e, compattazione del DNA in eterocromatina. Le cellule tumorali, dal
come osservato a proposito del sarcoma di Ewing, quando le pro- canto loro, sono caratterizzate da un’ipometilazione globale del DNA
teine ETS sono espresse in maniera anomala, hanno capacità tra- e da un’ipermetilazione selettiva localizzata sui promotori.140 In effetti,
sformante. L’identificazione di ulteriori geni di fusione in altri è divenuto evidente nel corso degli ultimi anni che i geni oncosop-
carcinomi rappresenta attualmente un’area di notevole interesse. pressori sono talvolta resi inattivi dall’ipermetilazione delle sequenze
Si ritiene che molti geni di fusione siano iniziatori della cancero- promotrici piuttosto che da una mutazione. Un esempio è offerto da
genesi ed è stato postulato che molte neoplasie possano essere CDKN2A, un locus complesso che codifica per due oncosoppressori,
“dipendenti” dalle loro proprietà, secondo una logica analoga a p14/ARF e p16/INK4a; p14/ARF è inattivato epigeneticamente nei
quella dell’oncogene addiction osservata nella LMC con la fusione tumori del colon e dello stomaco, mentre p16/INK4a è inattivato in
BCR-ABL. L’inibizione di questi geni potrebbe pertanto aprire la numerosi tumori. Dal momento che questo locus produce due on-
strada a terapie mirate. cosoppressori dotati di effetti sulle vie di p53 e di RB, la sua inattiva-
Delezioni. Le delezioni cromosomiche sono la seconda anomalia zione produce la rimozione di due punti di controllo con una singola
strutturale prevalente nelle cellule tumorali. Rispetto alle trasloca- alterazione. Altri geni oncosoppressori soggetti all’inattivazione da
zioni, le delezioni sono più comuni nei tumori solidi non emopoietici. metilazione sono: BRCA1 nel tumore della mammella, VHL nei
La delezione di specifiche regioni cromosomiche è associata alla carcinomi a cellule renali e il gene di riparazione degli errori di ap-
perdita di particolari geni oncosoppressori. Come già illustrato, paiamento MLH1 nel carcinoma colorettale.140 Si ricorderà dal Ca-
delezioni che coinvolgono il cromosoma 13q14, il sito del gene RB, pitolo 5 che la metilazione partecipa anche al fenomeno chiamato
sono associate a retinoblastoma. Delezioni di 17p, 5q e 18q sono imprinting genomico, in cui l’allele materno o paterno di un gene o di
state osservate nei carcinomi colorettali: queste regioni ospitano un cromosoma viene modificato per metilazione e inattivato. Nelle
infatti tre geni oncosoppressori. La delezione di 3p, osservata in cellule tumorali può verificarsi anche il fenomeno inverso, ossia la
diversi tumori, è estremamente comune nei carcinomi polmonari a demetilazione di un gene ­imprinted che porta alla sua espressione
piccole cellule ed è attiva la ricerca di uno o più geni oncosoppressori biallelica (perdita dell’imprinting).141 Attualmente vi è un forte inte-
in questa regione. resse attorno allo sviluppo di potenziali agenti terapeutici in grado
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 299

di demetilare sequenze di DNA in geni oncosoppressori. Dati recenti, miRNA è stata rilevata inoltre rispettivamente nei tumori del pol-
che dimostrano come l’ipometilazione genomica causi instabilità mone e in determinate leucemie a cellule B. In alcuni tumori cere-
cromosomica e provochi tumori nei topi, rafforzano notevolmente brali e della mammella si osserva un’espressione da 5 a 100 volte
l’ipotesi che le modificazioni epigenetiche possano contribuire diret- maggiore di certi miRNA e sebbene i bersagli di questi miRNA non
tamente allo sviluppo tumorale.141 siano stati identificati, probabilmente si tratta di geni oncosoppres-
La comprensione dei cambiamenti relativi alla cromatina che sori le cui attività sono ridotte dall’iperespressione del miRNA.
contribuiscono alla cancerogenesi è meno consolidata. Attualmente Queste scoperte non solo forniscono nuovi spunti sulla cancero-
si ritiene che esista un “codice” degli istoni in cui varie modificazioni genesi ma hanno anche implicazioni pratiche. Farmaci che ­inibiscono
alle code istoniche, come l’acetilazione e la metilazione, conducono o aumentano le funzioni dei miRNA, ad esempio, potrebbero essere
all’attivazione o alla repressione della trascrizione. Nei carcinomi utili in chemioterapia. Dal momento che i miRNA regolano la nor-
della mammella e della prostata è stata dimostrata l’iperespressione male differenziazione cellulare, i modelli di espressione dei miRNA
di diversi enzimi in grado di modificare la cromatina, come EZH2.141 (“miRNA profiling”) possono fornire indizi sulla cellula di origine
EZH2 è il componente enzimatico del complesso multiproteico e sulla classificazione dei tumori. Molto rimane ancora da scoprire,
policombinato repressivo 2, responsabile di collocare segnali tuttavia, circa questi miRNA oncogeni, noti anche con il nome di
­cromatinici repressivi in corrispondenza del promotore dei geni. “oncomir”.
Sebbene i suoi bersagli nel tumore in vivo non siano ancora stati
definiti, l’iperespressione di EZH2 nelle linee cellulari porta alla
repressione di oncosoppressori come p21. È interessante precisare Basi molecolari della cancerogenesi
che, nelle mosche e nei mammiferi, i complessi policombinati
­repressivi sono necessari per il mantenimento delle cellule staminali,
progressiva (multifasica)
nonché per inattivare fattori di trascrizione specifici per determinate
linee, fino alla ricezione di segnali di differenziazione da parte di L’ipotesi che i tumori maligni insorgano in conseguenza di una lunga
stimoli appropriati. L’espressione o la repressione inadeguata di tali serie di eventi è confortata da studi epidemiologici, sperimentali e
geni potrebbe rendere le cellule tumorali indifferenziate, caratteri- molecolari, e lo studio degli oncogeni e dei geni oncosoppressori ha
stica tipica delle cellule staminali. Di certo esiste una significativa fornito una solida base molecolare al concetto di cancerogenesi
interazione tra gli enzimi di rimodellamento della cromatina e l’ap- multifasica.143
parato di metilazione del DNA: la collocazione di segnali cromatinici Dato che i tumori maligni devono acquisire diverse anomalie
repressivi da parte di enzimi come EZH2 nelle cellule tumorali, ad fondamentali, descritte nelle pagine precedenti, ne consegue che
esempio, porta al reclutamento di DNA-metilasi, alla metilazione qualsiasi cancro debba essere il risultato dell’accumulo di ­numerose mu-
dei promotori e alla repressione duratura dell’espressione genica. tazioni. In effetti, l’analisi di sequenziamento del genoma di tumori
della mammella e del colon recentemente completata ha rivelato che
i singoli tumori accumulano una media di 90 geni mutanti e un
miRNA e tumori sottogruppo più ridotto di questi geni (11 per tumore) risultava
mutato con una frequenza significativa.144 Tra i geni mutati figurano
Come abbiamo già visto nel Capitolo 5, i miRNA sono piccoli RNA alcuni noti oncogeni e geni oncosoppressori e altri geni la cui asso-
non codificanti a singolo filamento, della lunghezza di circa 22 nu- ciazione con i tumori non era nota. Non è ancora stato stabilito quali
cleotidi, incorporati nel complesso di inattivazione indotto dall’RNA. di queste mutazioni definiscano la trasformazione, quali contribu-
Essi mediano il riconoscimento sequenza-specifico degli mRNA iscano alla progressione tumorale e quali siano mutazioni neutrali,
nonché, attraverso l’azione del complesso di inattivazione indotto ossia mutazioni che si verificano casualmente in cellule genomica-
dall’RNA, l’inattivazione genica post-trascrizionale. Dato che i mente instabili, ma resta il fatto che nessun singolo oncogene è in
­miRNA controllano la crescita cellulare, la differenziazione e la grado di determinare la trasformazione completa di cellule non
sopravvivenza cellulare, non sorprende il fatto che abbiano un ruolo immortalizzate in vitro: per la trasformazione delle cellule, in genere,
nella cancerogenesi.142 È stato osservato che l’espressione dei miRNA occorre una combinazione di oncogeni. Tale cooperazione è necessaria
subisce delle alterazioni nelle cellule tumorali, e frequenti amplifi- in quanto ciascun oncogene è specializzato nell’indurre parte del
cazioni e delezioni dei loci di miRNA sono state identificate in molti fenotipo occorrente per la completa trasformazione. L’oncogene RAS,
tumori. Come illustrato nella Figura 7.39, i miRNA possono contri- ad esempio, induce le cellule a secernere fattori di crescita e permette
buire alla trasformazione neoplastica aumentando l’espressione di loro di accrescersi senza ancorarsi a un normale substrato (indipen-
oncogeni o riducendo l’espressione di geni oncosoppressori. Se un denza dall’ancoraggio), mentre l’oncogene MYC rende le cellule più
dato miRNA inibisce la traduzione di un oncogene, una riduzione sensibili ai fattori di crescita e le immortalizza. Questi due geni,
quantitativa o funzionale di tale miRNA porterà a una maggiore agendo in sinergia, possono determinare la trasformazione neopla-
produzione del prodotto dell’oncogene; in questo senso il miRNA stica di fibroblasti di topo in coltura.
agisce come un oncosoppressore. Se, al contrario, il bersaglio di Inoltre l’evoluzione ha predisposto “meccanismi oncosoppressivi
un miRNA è un gene oncosoppressore, una maggiore attività del intriseci” come l’apoptosi e la senescenza, che contrastano l’azione
­miRNA può ridurre la proteina oncosoppressiva; in questo senso il di mutazioni promotrici della crescita. Nelle cellule dotate di nor-
miRNA agisce come un oncogene. Tali relazioni sono già state mali punti di restrizione, infatti, la trasmissione di segnali oncoge-
­definite tracciando il profilo dei miRNA di diversi tumori umani. nici per mezzo di proteine come RAS non porta alla trasformazione
La sottoregolazione o la delezione di certi miRNA in determinate bensì alla senescenza o all’apoptosi.33 L’insorgenza di tumori maligni
leucemie e linfomi, ad esempio, determina un’aumentata espressione è pertanto subordinata alla perdita mutazionale di numerosi geni,
della proteina antiapoptotica BCL2. Regolando negativamente BCL2, compresi quelli che regolano apoptosi e senescenza.145 Un classico
tali miRNA si comportano dunque come geni oncosoppressori. esempio di acquisizione progressiva del fenotipo maligno è docu-
Un’analoga sovraregolazione degli oncogeni RAS e MYC mediata da mentato dagli studi sul carcinoma del colon. Si ritiene che molti di
300 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Figura 7.39 Ruolo dei miRNA nell’oncogenesi. A. La ridotta attività di un miRNA che inibisce la traslazione di un oncogene provoca un eccesso di on-
coproteine. B. L’iperattività di un miRNA avente quale bersaglio un gene oncosoppressore riduce la produzione della proteina oncosoppressiva. I punti
interrogativi in A e B indicano che i meccanismi attraverso i quali si verificano cambiamenti nel livello o nell’attività del miRNA non sono del tutto noti.

questi tumori evolvano attraverso una serie di fasi identificabili o­ ncogeni e la perdita di ­oncosoppressori, ma la precisa sequenza
morfologicamente, con iperplasia epiteliale del colon seguita dalla temporale di tali ­mutazioni può tuttavia essere diversa a seconda
formazione di adenomi, che aumentano progressivamente di volu- dell’organo e del tipo di tumore.
me per andare infine incontro a una trasformazione maligna
(Cap. 17). Nella Figura 7.40 vengono illustrate le correlazioni
­molecolari proposte per questa sequenza adenoma-carcinoma. Agenti cancerogeni e loro
Secondo tale schema, l’inattivazione del gene oncosoppressore APC
si verifica per prima, seguita dall’attivazione di RAS e, infine, dalla
interazioni cellulari
perdita di un oncosoppressore su 18q e dalla perdita di p53.
­Nella ­figura viene inoltre rappresentata la via della senescenza che Più di 200 anni fa il chirurgo londinese Sir Percival Pott osservò che
si attiva in caso di mancata perdita di p53: di fatto, è stato osservato il carcinoma dello scroto sviluppato dagli spazzacamini era dovuto
che la maggioranza delle cellule nella maggior parte di adenomi è all’esposizione cronica alla fuliggine. Sulla base di questa osserva-
senescente. Si pensa che la mutazione di un proto-oncogene come zione, la Danish Chimney Sweeps Guild (l’associazione danese degli
RAS indirizzi una cellula verso la senescenza anziché verso la pro- spazzacamini) stabilì che i propri membri dovessero fare un bagno
liferazione33 mediante l’attivazione del punto di restrizione del tutti i giorni, una disposizione di salute pubblica che ebbe un suc-
danno al DNA descritta in precedenza. La perdita di p53 negli cesso rimasto ineguagliato nel controllo di una forma tumorale. Nei
adenomi impedisce la senescenza indotta dagli oncogeni, consen- secoli successivi, la cancerogenicità di centinaia di altre sostanze
tendo alle cellule adenomatose di continuare a proliferare e di chimiche fu dimostrata negli animali.
­generare un carcinoma. Si è ormai appurato che per la canceroge- Alcune delle principali sostanze cancerogene sono elencate nella
nesi sono necessarie molte mutazioni, comprese l’acquisizione di Tabella 7.10 e sinteticamente presentate nei paragrafi che seguono.
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 301

Figura 7.40 Modello molecolare dell’evoluzione dei tumori colorettali attraverso la sequenza adenoma-carcinoma. La mutazione di APC è un evento
precoce e la perdita di p53 si verifica più tardivamente nel processo di cancerogenesi, ma la collocazione temporale delle altre modificazioni può essere
variabile. Si noti anche che singoli tumori possono non mostrare tutte le alterazioni elencate. In alto a destra, le cellule che acquisiscono un segnale di
oncogenesi senza perdita di p53 possono entrare in uno stato di senescenza indotto da oncogeni.

Fasi della cancerogenesi chimica documentato nel gruppo 6, nel quale i tumori non si sviluppavano
in cellule iniziate se l’intervallo di tempo tra le successive appli-
Come abbiamo visto nelle pagine precedenti, la cancerogenesi è un cazioni dell’agente promotore era sufficientemente ampio.
processo multifasico, come dimostrato nei modelli sperimentali di
cancerogenesi chimica che consentirono di identificare per la prima Sebbene i concetti di iniziazione e promozione siano derivati in
volta le fasi di iniziazione e di progressione dello sviluppo ­tumorale.146 larga parte dagli esperimenti sull’induzione di tumori cutanei nei
I classici esperimenti che permisero di distinguere tra iniziazione e topi, tali fasi possono essere evidenziate anche nello sviluppo dei
promozione furono effettuati sulla cute di topo e sono schematizzati tumori del fegato, della vescica, della mammella, del colon e delle
nella Figura 7.41. Da tali esperimenti emersero i seguenti concetti vie respiratorie. Dopo questa breve panoramica sulle due principali
relativi alla sequenza iniziazione-promozione: fasi della cancerogenesi, possiamo analizzare più in dettaglio l’ini-
ziazione e la promozione (Fig. 7.42). Tutti i cancerogeni iniziatori
L’iniziazione deriva dall’esposizione delle cellule a una dose suf­ sono composti elettrofili altamente reattivi (mancano di elettroni)
ficiente di un agente cancerogeno (iniziatore); una cellula iniziata che possono reagire con siti nucleofili (ricchi di elettroni) presenti
è alterata, il che la rende potenzialmente capace di dare origine nella cellula. I loro bersagli sono DNA, RNA e proteine e, in alcuni
a un tumore (gruppi 2 e 3). L’iniziazione da sola, tuttavia, non è casi, queste interazioni provocano la morte cellulare. L’iniziazione,
sufficiente per la formazione di un tumore (gruppo 1). ovviamente, provoca un danno non letale al DNA che non può essere
L’iniziazione causa un danno permanente del DNA (mutazione). riparato e che viene trasmesso dalle cellule mutate alle cellule figlie.
È quindi rapida e irreversibile e ha “memoria”. Questo è illustrato Le sostanze chimiche capaci di iniziare la cancerogenesi possono
dal gruppo 3, nel quale è evidenziato che i tumori si sviluppavano essere classificate in due categorie: agenti ad azione diretta e agenti
anche se l’applicazione dell’agente promotore era ritardata di al­ ad azione indiretta.
cuni mesi dopo una singola applicazione dell’agente iniziatore.
Gli agenti promotori possono indurre tumori nelle cellule iniziate,
ma non sono oncogeni di per sé (gruppo 5). Inoltre, i tumori non Agenti ad azione diretta
si sviluppano se l’agente promotore è applicato prima dell’agente
iniziatore (gruppo 4). Questo indica che, diversamente dagli ­effetti Gli agenti ad azione diretta non richiedono una conversione meta-
degli agenti iniziatori, le alterazioni cellulari dovute all’applicazione bolica per divenire cancerogeni. Per la maggior parte sono deboli
degli agenti promotori non coinvolgono direttamente il DNA e sono cancerogeni ma dotati di una particolare importanza giacché alcuni
reversibili. Come si vedrà più avanti, gli agenti ­promotori aumen- di essi sono farmaci chemioterapici (ad es. gli agenti alchilanti), che
tano la proliferazione di cellule iniziate, effetto che può contri- hanno consentito di guarire con successo ovvero controllare o
buire allo sviluppo di ulteriori mutazioni in tali ­cellule. Che gli ­ritardare la recidiva di certi tipi di cancro (ad es. leucemia, linfoma
effetti degli agenti promotori siano reversibili è ­ulteriormente e carcinoma ovarico), rendendosi tuttavia responsabili di una
302 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Tabella 7.10 Principali cancerogeni chimici

cancerogeni ad azione diretta

Agenti alchilanti
b-propiolattone
Dimetilsolfato
Diepossibutano
Farmaci antitumorali (ciclofosfamide, clorambucil,
nitrosouree e altri)

Agenti acilanti
1-acetil-imidazolo
Cloruro di dimetilcarbamile

procancerogeni che richiedono attivazione metabolica

Idrocarburi aromatici policiclici ed eterociclici


Benz(a)antracene
Benzo(a)pirene
Dibenz(a,h)antracene Figura 7.41 Schema degli esperimenti che hanno descritto le fasi di
3-Metilcolantrene iniziazione e promozione della cancerogenesi nei topi. Gruppo 2: applica-
7,12-dimetilbenz(a)antracene zione del promotore ripetuta due volte alla settimana per diversi mesi.
Gruppo 3: applicazione del promotore sospesa per diversi mesi e poi ese-
Amine aromatiche, ammidi, azidi guita due volte alla settimana. Gruppo 6: promotore applicato a intervalli di
2-Naftilamina (b-naftilamina) un mese.
Benzidina
2-Acetilaminofluorene
Dimetilaminoazobenzene (giallo burro)

Piante naturali e prodotti microbici


Aflatossina B1
Griseofulvina
Cicasina
Safrolo
Noci di Betel

Altri
Nitrosamine e ammidi
Cloruro di vinile, nichel, cromo
Insetticidi, fungicidi
Difenili policlorurati

s­ uccessiva seconda forma di cancro, in genere leucemia mieloide


acuta. Sebbene il rischio di tumore indotto da tali agenti sia basso,
il loro impiego dovrebbe tenere conto di questa evenienza.

Agenti ad azione indiretta


Agenti ad azione indiretta sono quelle sostanze chimiche che, per
diventare attive, richiedono una conversione metabolica a cancero-
geno finale. Alcuni dei più potenti cancerogeni chimici indiretti – gli
idrocarburi policiclici – sono presenti nei combustibili fossili, mentre
altri cancerogeni, tra cui il benzo(a)pirene, si formano durante la
combustione del tabacco ad alta temperatura nel fumo di sigaretta.
Questi prodotti fanno parte dei fattori che provocano il tumore pol-
monare nei fumatori di sigarette. Gli idrocarburi policiclici possono
essere prodotti anche a partire dai grassi animali durante il processo
di arrostimento delle carni e sono presenti nelle carni e nel pesce
affumicati. I principali prodotti attivi in molti idrocarburi sono gli
epossidi, i quali formano legami covalenti con molecole cellulari, Figura 7.42 Schema generale degli eventi implicati nella cancerogenesi
chimica. Si noti che i promotori causano l’espansione clonale delle cellule
principalmente DNA, ma anche RNA e proteine. iniziate, determinando così la produzione di un clone preneoplastico. L’ul-
Le amine aromatiche e i coloranti azoici sono un’altra classe di teriore proliferazione indotta dal promotore o da altri fattori causa l’accumulo
cancerogeni ad azione indiretta e sono stati ampiamente usati in di mutazioni aggiuntive e l’insorgenza di un tumore maligno.
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 303

passato nell’industria delle vernici all’anilina e della gomma.147 Molti Iniziazione e promozione
altri cancerogeni occupazionali sono riportati nella Tabella 7.3. della cancerogenesi chimica
La maggior parte dei cancerogeni chimici richiede un’attivazione
metabolica per la conversione in cancerogeni finali (si veda Fig. 7.42), Il danno non riparabile del DNA rappresenta la prima tappa fonda-
mentre altre vie metaboliche possono portare all’inattivazione mentale del processo di iniziazione della cancerogenesi chimica.
­(detossificazione) dei procancerogeni o dei loro derivati. Il potere Perché le modificazioni siano ereditabili, però, il filamento di DNA
cancerogeno di una sostanza chimica è pertanto determinato non solo danneggiato deve essere replicato: in altre parole, affinché l’iniziazione
dalla reattività intrinseca dei suoi derivati elettrofili ma anche si verifichi, le cellule alterate dal cancerogeno devono andare incontro
dall’equilibrio tra attivazione metabolica e reazioni di inattivazione. almeno a un ciclo di replicazione in modo che le modificazioni del
La maggior parte dei cancerogeni noti viene metabolizzata dalle DNA diventino fisse. Nel fegato, molte sostanze chimiche attivate
monossigenasi citocromo P-450-dipendenti, enzimi codificati da diventano elettrofile e reattive; la maggior parte di esse, tuttavia, non
geni estremamente polimorfi e la cui attività e inducibilità varia tra dà luogo a tumori se le cellule epatiche non si dividono nei giorni
individui diversi. Poiché tali enzimi sono essenziali per l’attivazione immediatamente successivi alla formazione degli addotti del DNA.
dei procancerogeni, la suscettibilità individuale alla cancerogenesi Nei tessuti normalmente quiescenti, lo stimolo mitogeno può essere
è regolata in parte dai polimorfismi nei geni codificanti per questi fornito dal cancerogeno stesso poiché molte cellule muoiono a causa
enzimi. Ne consegue che il rischio di cancro in un dato individuo degli effetti tossici del cancerogeno chimico, stimolando così la
può essere definito mediante l’analisi genetica dei polimorfismi ­rigenerazione delle cellule sopravvissute. In alternativa, la prolifera-
enzimatici.147 zione cellulare può essere indotta dalla concomitante esposizione
Il metabolismo degli idrocarburi policiclici aromatici, come il ad agenti biologici come virus e parassiti, fattori alimentari o
benzo(a)pirene, da parte del prodotto del gene P-450, CYP1A1, ­influenze ormonali. Gli agenti che non causano mutazione ma sti-
fornisce un esempio istruttivo: circa il 10% della popolazione bianca molano la divisione di cellule mutate sono noti come promotori.
possiede una forma altamente inducibile di questo enzima, associata La cancerogenicità di alcune sostanze iniziatrici è amplificata
a un rischio aumentato di tumore polmonare nei fumatori.148,149 I dalla successiva somministrazione di agenti promotori (ad es. esteri
fumatori leggeri con genotipo CYP1A1 inducibile hanno un rischio del forbolo, ormoni, fenoli e farmaci), fattori che di per sé non sono
sette volte più elevato di sviluppare un tumore polmonare rispetto cancerogeni ma che determinano la proliferazione e l’espansione
ai fumatori senza tale genotipo. Non tutte le variazioni nella capacità clonale delle cellule iniziate (mutate). Tali cellule hanno un ridotto
di attivazione o detossificazione dei cancerogeni sono geneticamente fabbisogno di fattori di crescita e possono anche mostrare una
determinate. Anche l’età, il sesso e lo stato nutrizionale condizionano ­minore responsività ai segnali di inibizione della crescita presenti
il livello di sostanze tossiche prodotte nell’organismo e, di conse- nell’ambiente extracellulare. Una volta che è stato indotto a prolife-
guenza, anche il rischio di sviluppare un cancro.150 rare, il clone di cellule iniziate subisce ulteriori mutazioni, evolvendo
Bersagli molecolari dei cancerogeni chimici. Poiché la trasfor- alla fine in un tumore maligno. Il processo di promozione tumorale
mazione maligna deriva da mutazioni, è logico che la maggior parte comprende quindi varie tappe successive: la proliferazione di
degli agenti chimici iniziatori sia mutagena. Il DNA rappresenta il ­cellule preneoplastiche, la trasformazione maligna e infine la pro-
bersaglio principale dei cancerogeni chimici, ma non esiste una gressione tumorale, dipendente dalle alterazioni che si verificano
singola o unica alterazione associata all’iniziazione della cancero- nelle cellule e nello stroma del tumore, ossia dal processo multifasico
genesi chimica. Sebbene qualsiasi gene possa divenire il bersaglio precedentemente illustrato.
di cancerogeni chimici, gli oncogeni e gli oncosoppressori più
frequentemente mutati, quali ad esempio RAS e p53, sono bersagli Cancerogenesi Da Radiazioni
di particolare importanza, come dimostra il caso dell’aflatossina B1,
un agente prodotto in modo naturale da alcuni ceppi della muffa L’energia radiante, in forma di radiazioni solari di tipo UV o di radia­
Aspergillus che si sviluppa su granaglie e frutta secca non corretta- zioni ionizzanti elettromagnetiche e corpuscolate, è un cancerogeno
mente conservate. Esiste una stretta correlazione tra l’ingestione di noto. I raggi UV sono sicuramente implicati nell’insorgenza dei
questo contaminante alimentare e l’incidenza di carcinoma epatocel- ­tumori della cute e l’esposizione alle radiazioni ionizzanti per motivi
lulare in alcune regioni dell’Africa e dell’Estremo Oriente. È interes- medici o professionali, incidenti nucleari o esplosioni di bombe ato-
sante notare che l’aflatossina B1 produce mutazioni nel gene p53, le miche, è causa di numerose neoplasie maligne. Sebbene il contributo
quali nel 90% dei casi implicano una caratteristica dislocazione delle radiazioni sul totale di casi di tumore nell’uomo sia probabil-
G:C⇒T:A nel codone 249 (chiamata mutazione 249(ser) di p53).151 mente limitato, la latenza del danno indotto dall’energia radiante e il
Le mutazioni di p53 sono invece molto meno frequenti nei tumori suo effetto cumulativo richiedono periodi di osservazione molto
epatici in aree dove la contaminazione alimentare con aflatossine lunghi e rendono difficile accertarne il reale coinvolgimento nello
non rappresenta un fattore di rischio e la mutazione 249(ser) è rara. sviluppo tumorale. Una maggiore incidenza di tumori della mam-
L’individuazione di una mutazione caratteristica nel gene p53 prova mella si è resa evidente a distanza di anni nelle donne che durante
dunque il ruolo causale dell’aflatossina e queste associazioni si l’infanzia erano state esposte ai test atomici. Il picco di incidenza si è
stanno dimostrando molto utili negli studi epidemiologici della verificato nel periodo 1988-1992 ed è poi declinato negli anni suc-
cancerogenesi chimica. cessivi.152 A questo quadro, inoltre, si sommano i possibili effetti
Altri potenziali cancerogeni nell’ambiente di lavoro e nel contesto additivi o sinergici delle radiazioni con altri potenziali cancerogeni.
domestico sono il cloruro di vinile, l’arsenico, il nichel, il cromo, gli
insetticidi, i fungicidi e i difenili policlorurati. Raggi ultravioletti
I nitriti usati come conservanti alimentari, infine, hanno destato
preoccupazioni per la loro capacità di causare la nitrosilazione delle Studi epidemiologici forniscono ampie evidenze del fatto che i raggi
amine contenute nel cibo; le nitrosamine che ne derivano sono so- UV di origine solare causino una maggiore incidenza di carcinoma
spettate di essere cancerogene. squamoso, carcinoma basocellulare e melanoma della cute. 153 Il
304 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

l­ivello di rischio dipende dal tipo di raggi UV, dall’intensità dell’espo- predisposizione all’effetto acuto di morte cellulare indotto dalle
sizione e dall’entità del “mantello protettivo” di melanina cutanea ­radiazioni e la cute si trovi sul percorso di tutte le radiazioni esterne.
in grado di assorbire i raggi solari. I soggetti di origine europea con Malgrado ciò, il medico non dimentichi che l’esposizione a una
pelle chiara che si ustionano ripetutamente senza mai abbronzarsi congrua dose di energia radiante può determinare la trasformazione
e coloro che vivono in località esposte a una grande quantità di luce tumorale di praticamente qualsiasi cellula.
solare (ad es. Queensland, Australia e in prossimità dell’equatore)
presentano la più alta incidenza di tumori maligni cutanei (mela- Cancerogenesi Da Microrganismi
nomi, carcinomi squamosi e carcinomi basocellulari) nel mondo. I
tumori della cute non melanomi sono associati all’esposizione Molti virus a RNA e DNA si sono dimostrati oncogeni in specie
­cumulativa totale alle radiazioni UV, mentre i melanomi sono asso- animali diverse, dagli anfibi ai primati. Malgrado l’intensa e appro-
ciati all’esposizione intensa intermittente (tipica di quando si prende fondita attività di ricerca, tuttavia, solo pochi virus sono stati rico-
il sole). La porzione UV dello spettro solare può essere divisa in tre nosciuti responsabili di tumori nell’uomo. La nostra discussione si
intervalli di lunghezza d’onda: UVA (320-400 nm), UVB ­(280-320 nm) focalizzerà sui virus oncogeni umani e sul ruolo del batterio Helico-
e UVC (200-280 nm). Tra questi, si ritiene che i raggi UVB siano bacter pylori nel tumore dello stomaco.
responsabili dell’insorgenza di tumori cutanei, mentre gli UVC, pur
essendo potenti mutageni, non sono considerati significativi poiché Virus oncogeni a RNA
vengono filtrati dallo strato di ozono che circonda la Terra (da qui
la preoccupazione per la deplezione dell’ozono). Virus della leucemia umana a cellule T di tipo 1. Sebbene lo
La cancerogenicità dei raggi UVB è attribuita alla formazione di studio dei retrovirus animali abbia fornito informazioni ­fondamentali
dimeri pirimidinici nel DNA. Questo tipo di danno del DNA viene sulle basi molecolari dei tumori, un solo retrovirus umano, il virus
corretto dal sistema di riparazione con l’escissione dei nucleotidi lesi, della leucemia umana a cellule T di tipo 1 (Human T-cell Leukemia
processo che consta di cinque passaggi e che, nelle cellule di mam- Virus type 1, HTLV-1), risulta essere sicuramente implicato nella
mifero, può coinvolgere 30 o più proteine. È stato ipotizzato che, in cancerogenesi umana.
caso di un’eccessiva esposizione solare, la capacità del sistema di HTLV-1 causa una forma di leucemia/linfoma a cellule T che è
riparazione per escissione dei nucleotidi sia sopraffatta, con la con- endemica in determinate regioni del Giappone e del bacino carai-
seguente attivazione di meccanismi di riparazione del DNA non bico, ma viene riscontrata sporadicamente anche in altri Paesi,
regolati dalla necessaria configurazione e quindi suscettibili di ­inclusi gli Stati Uniti.155 Analogamente al virus dell’immunodefi-
­errore: questi meccanismi alternativi rendono possibile la soprav- cienza umana responsabile della sindrome da immunodeficienza
vivenza della cellula ma a volte con mutazioni genomiche respon- acquisita (AIDS), HTLV-1 ha un tropismo per le cellule T CD4+,
sabili, in alcune circostanze, dello sviluppo di neoplasie. ­L’importanza ragione per cui questo sottotipo di cellule T costituisce il bersaglio
della via di riparazione del DNA per escissione di nucleotidi è anche principale della trasformazione neoplastica. L’infezione umana
dimostrata dall’alta frequenza di tumori in individui affetti dalla ­avviene per trasmissione di cellule T infette attraverso rapporti
patologia ereditaria denominata xeroderma pigmentoso (descritta in sessuali, derivati del sangue o durante l’allattamento. La leucemia si
precedenza).126 sviluppa solo nel 3-5% degli individui infetti dopo un lungo periodo
di latenza di 40-60 anni.
L’infezione dei linfociti T da parte di HTLV-1 è necessaria per lo
Radiazioni ionizzanti
sviluppo della leucemia, ma i meccanismi molecolari della trasfor-
Le radiazioni elettromagnetiche (raggi X e raggi g e corpuscolate mazione non sono del tutto chiari. A differenza di numerosi retro-
(particelle a, particelle b, protoni e neutroni) sono tutte canceroge- virus murini, HTLV-1 non contiene un oncogene e non è stata
ne. Le dimostrazioni sono talmente evidenti che bastano pochi ­riscontrata alcuna integrazione in prossimità di un proto-oncogene.
esempi:152,154 molti dei pionieri che si dedicarono allo studio dei raggi Nelle cellule leucemiche, tuttavia, l’integrazione virale è di tipo
X svilupparono tumori della cute e i minatori che lavorano in ­miniere clonale. In altre parole, sebbene il sito dell’integrazione virale nei
di elementi radioattivi nell’Europa centrale e nella regione delle cromosomi dell’ospite sia casuale (il DNA virale si trova in siti diversi
Montagne Rocciose degli Stati Uniti mostrano un’incidenza di nei diversi tumori), il sito di integrazione è identico in tutte le cellule
­carcinoma polmonare 10 volte maggiore rispetto al resto della di un dato tumore. Questa evenienza non si verificherebbe se
­popolazione. Ma ancora più eloquenti sono i dati relativi al follow- HTLV-1 fosse un ospite casuale che infetta le cellule dopo la trasfor-
up dei sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki: mazione. Il genoma di HTLV-1 comprende i geni gag, pol ed env e
dapprima si è registrato un marcato incremento dell’incidenza di le sequenze long terminal repeat (LTR) tipiche di altri retrovirus ma,
leucemie, soprattutto leucemia mieloide acuta e cronica, dopo un contrariamente ad altri virus leucemici, contiene un’altra regione
intervallo medio di latenza di circa 7 anni; in seguito, è aumentata detta tax e pare che la causa della sua attività trasformante risieda
l’incidenza di numerosi tumori solidi con periodo di latenza più proprio in questo gene.156 Il prodotto di tax è essenziale per la repli-
lungo (ad es. tumori della mammella, del colon, della tiroide e del cazione virale poiché stimola la trascrizione dell’mRNA virale
polmone). ­agendo sulla sequenza LTR all’estremo 5’. È stato chiarito che la
Per quanto riguarda i tessuti umani, esiste una gerarchia nella proteina Tax può anche attivare la trascrizione di geni cellulari
suscettibilità a sviluppare tumori da radiazioni. Le forme neoplasti- dell’ospite coinvolti nella proliferazione e nella differenziazione delle
che più frequenti sono le leucemie mieloidi acute e croniche, seguite cellule T, tra cui il gene precoce FOS, i geni codificanti per l’inter-
dal tumore della tiroide (ma solo nei giovani). In posizione inter- leuchina-2 (IL-2) e per il suo recettore e il gene per il fattore di
media si collocano i tumori della mammella, del polmone e delle crescita mieloide GM-CSF. Tax, inoltre, inattiva l’inibitore del ciclo
ghiandole salivari. La cute, le ossa e il tratto gastrointestinale, per cellulare p16/INK4a e promuove l’attivazione della ciclina D, dere-
contro, sono relativamente resistenti alle neoplasie indotte da radia- golando in questo modo il ciclo cellulare. Tax attiva anche NF-kb,
zioni, nonostante le cellule epiteliali gastrointestinali mostrino una un fattore di trascrizione che regola un gran numero di geni,
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 305

­compresi i geni di sopravvivenza e antiapoptotici. Un altro mecca-


nismo attraverso il quale Tax può contribuire alla trasformazione
maligna è l’instabilità genomica. Dati recenti dimostrano che Tax
interferisce con le ­funzioni di riparazione del DNA e inibisce i punti
di controllo del ciclo cellulare mediati da ATM che vengono attivati
dai danni al DNA.156
Le principali tappe che conducono allo sviluppo di una leucemia/
linfoma a cellule T negli adulti possono essere riassunte come segue.
L’infezione da HTLV-1 causa l’espansione di una popolazione cellu­
lare policlonale non maligna attraverso gli effetti stimolanti di Tax
sulla proliferazione cellulare. Le cellule T proliferanti hanno un
maggiore rischio di mutazioni e di instabilità genomica indotta da
Tax. Questa instabilità consente l’accumulo di mutazioni e anomalie Figura 7.43 Effetti delle proteine HPV E6 e E7 sul ciclo cellulare. E6 e
cromosomiche, determinando infine l’emergere di una popolazione E7 stimolano la degradazione di p53, causando un blocco dell’apoptosi e
di cellule T neoplastiche. Le cellule maligne si replicano indipen- una riduzione dell’attività dell’inibitore del ciclo cellulare p21. E7 si associa
a p21 e previene l’inibizione del complesso ciclina-CDK4; E7 può legarsi a
dentemente dall’IL-2, con anomalie molecolari e cromosomiche. RB, inattivando il punto di restrizione del ciclo cellulare. L’effetto finale delle
proteine HPV E6 e E7 è il blocco dell’apoptosi e la rimozione dei meccanismi
di inibizione della proliferazione cellulare (si veda Fig. 7.29). (Modificata da
Virus oncogeni a DNA Münger K, Howley PM: Human papillomavirus immortalization and
­transformation functions. Virus Res 89:213, 2002)
Oltre ai virus a RNA, sono stati identificati anche diversi virus a
DNA responsabili dell’insorgenza di tumori negli animali. Dei vari
virus umani a DNA, quattro sono stati associati a tumori umani: il
papillomavirus umano (HPV), il virus di Epstein-Barr (EBV), il virus alla proteina RB e sostituisce i fattori di trascrizione E2F che nor-
dell’epatite B (HBV) e l’herpesvirus del sarcoma di Kaposi, detto malmente sono inattivati da RB, promuovendo la progressione
anche herpesvirus umano 8. Un quinto virus, il poliomavirus delle ­attraverso il ciclo cellulare. Occorre notare che la proteina E7 dei
cellule di Merkel, è stato inoltre isolato nei carcinomi a cellule tipi di HPV ad alto rischio ha un’affinità per RB maggiore rispetto
di Merkel e potrebbe presto aggiungersi agli altri quattro (per mag- alla proteina E7 dei tipi di HPV a basso rischio e inattiva anche le
giori informazioni su tale virus si rimanda al Capitolo 25; l’herpe- CDKI p21 e p27. Le proteine E7 dei tipi di HPV ad alto rischio
svirus del sarcoma di Kaposi è invece trattato nei Capitoli 6 e 11). ­(tipi 16, 18 e 31), inoltre, legano e presumibilmente attivano le cicline
Sebbene non sia un virus a DNA, anche il virus dell’epatite C (HCV) E e A. La proteina E6 ha anche altri effetti: si lega a p53 e a BAX, un
è associato a manifestazioni neoplastiche e verrà brevemente de- membro proapoptotico della famiglia dei BCL2, mediandone la
scritto in questa sezione.157 degradazione e attiva la telomerasi. Come E7, la proteina E6 deri-
Papillomavirus umano. Sono stati identificati almeno 70 tipi vante dai tipi di HPV ad alto rischio ha un’affinità per p53 maggiore
di HPV geneticamente distinti. Alcuni di questi – ad esempio i tipi rispetto a quella dei tipi di HPV a basso rischio. L’interazione E6-p53
1, 2, 4 e 7 – causano papillomi squamosi benigni (verruche) nell’uo- può fornire informazioni sui polimorfismi e i fattori di rischio per
mo (Capp. 19 e 22); gli HPV ad alto rischio – ad esempio i tipi 16 lo sviluppo del cancro della cervice. Il p53 umano è polimorfo a
e 18 – sono stati invece associati a diversi tumori, in particolare del ­livello dell’amminoacido 72, potendo presentare in questa posizione
carcinoma squamoso della cervice uterina e della regione un residuo di prolina o di arginina. La variante Arg72 di p53 è molto
anogenitale.158,159 Il cancro della cervice è pertanto una malattia a più suscettibile alla degradazione da parte di E6. Come intuibile, gli
trasmissione sessuale, causata dalla trasmissione di HPV, e allo individui infettati con pleomorfismo Arg72 hanno maggiori proba-
stesso virus è associato almeno il 20% dei carcinomi dell’orofaringe. bilità di sviluppare carcinomi della cervice.160
A differenza dei tumori della cervice, le verruche genitali hanno un Per riassumere, i tipi di HPV ad alto rischio esprimono proteine
basso ­potenziale di malignità e sono associate a HPV a basso ri- oncogene che inattivano gli oncosoppressori, attivano le cicline, inibi-
schio, principalmente HPV-6 e HPV-11. È interessante notare che scono l’apoptosi e contrastano la senescenza cellulare. È dunque
nelle verruche benigne il genoma di HPV mantiene una forma ­evidente che molti dei segni distintivi del cancro illustrati in prece-
episomica non ­integrata, mentre nei tumori il genoma di HPV è denza sono determinati dalle proteine di HPV. L’importanza dell’in-
integrato nel ­genoma dell’ospite, quindi l’integrazione del DNA fezione da HPV quale causa del cancro della cervice è confermata
virale pare importante per la trasformazione maligna. Come per dall’efficacia dei vaccini anti-HPV nella prevenzione di tale neopla-
HTLV-1, anche per HPV il sito dell’integrazione virale nei cromo- sia. L’infezione da HPV da sola, a ogni modo, non è sufficiente per
somi dell’ospite è casuale, ma il tipo di integrazione è clonale. Le indurre la cancerogenesi. Ad esempio, quando ai cheratinociti umani
cellule in cui il genoma virale si è integrato mostrano un’instabilità viene inoculato in vitro il DNA ottenuto dai tipi 16, 18 o 31 di HPV,
genomica significativamente maggiore. Inoltre, dal momento che essi vengono immortalizzati ma non generano tumori in animali da
il sito di ­integrazione è casuale, non vi è alcuna associazione coe- esperimento. La cotrasfezione con il gene RAS mutato causa invece
rente con un proto-­oncogene dell’ospite. L’integrazione interrompe una trasformazione maligna completa. In aggiunta a tali cofattori
piuttosto il DNA virale nella configurazione di lettura aperta E1/ genetici, HPV con tutta probabilità agisce anche con fattori ambien-
E2, determinando la perdita del repressore virale E2 e l’iperespres- tali (Cap. 22), quali ad esempio fumo di sigaretta, infezioni micro-
sione delle oncoproteine E6 e E7. biche concomitanti, deficienze alimentari e alterazioni ormonali,
In effetti, il potenziale oncogeno di HPV può essere correlato ai tutti fattori che sono stati chiamati in causa nella patogenesi del
prodotti di due geni virali, E6 e E7, che insieme interagiscono con carcinoma della cervice. Un’elevata percentuale di donne infettate
numerose proteine di regolazione della crescita codificate da proto- da HPV elimina l’infezione per mezzo di meccanismi immunitari
oncogeni e geni oncosoppressori (Fig. 7.43). La proteina E7 si lega ma, per ragioni sconosciute, alcune non vi riescono.
306 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Virus di Epstein-Barr. EBV, un membro della famiglia degli


herpesvirus, è stato implicato nella patogenesi di vari tipi di tumore
umano: la forma africana del linfoma di Burkitt, i linfomi a cellule B
nei soggetti immunodepressi (in particolare in quelli con infezione
da HIV o sottoposti a terapia immunosoppressiva in seguito a
­trapianto d’organo), un sottogruppo del linfoma di Hodgkin, i car-
cinomi del rinofaringe, alcuni carcinomi gastrici e rare forme di
linfoma a cellule T e a cellule natural killer (NK).161 A eccezione del
carcinoma del rinofaringe, tutti gli altri sono tumori a cellule B.
Queste neoplasie sono trattate altrove all’interno del volume,
­pertanto in questa sede ci limiteremo a considerare la loro associa-
zione a EBV.
EBV infetta le cellule epiteliali dell’orofaringe e i linfociti B; riesce
a penetrare nelle cellule B servendosi del recettore del complemento
CD21. L’infezione delle cellule B è latente: ciò significa che non vi è
la replicazione del virus e le cellule non vengono uccise, ma le cellule
B infettate in modo latente risultano immortalizzate e acquisiscono
la capacità di riprodursi indefinitamente in vitro. Le basi molecolari
della proliferazione della cellule B indotta da EBV sono complesse
ma, come per gli altri virus, comportano il “dirottamento” di diverse
vie normali di trasmissione del segnale.162 Un gene di EBV codifi-
cante per la proteina latente di membrana-1 (Latent Membrane
Protein-1, LMP-1) agisce come un oncogene, giacché la sue espres-
sione nei topi transgenici induce linfomi a cellule B. LMP-1 si com-
porta come un recettore CD40 attivo, un ricevitore chiave dei segnali
della cellula T helper che stimolano la crescita delle cellule B (Cap. 6).
LMP-1 attiva le vie di segnalazione di NF-kB e JAK/STAT e pro-
muove la sopravvivenza e la proliferazione delle cellule, processi che,
nelle cellule B infettate da EBV, si verificano tutti in modo autonomo
(ossia senza cellule T o altri segnali dall’esterno). Allo stesso tempo,
LMP-1 previene l’apoptosi mediante l’attivazione di BCL2. Il virus,
così, “prende in prestito” la normale via di attivazione delle cellule B
per espandere il pool di cellule infettate in modo latente. Un altro Figura 7.44 Possibile evoluzione di un linfoma di Burkitt indotto da EBV.
gene di EBV, EBNA-2, codifica per una proteina nucleare che mima
un recettore Notch attivo. EBNA-2 transattiva diversi geni dell’ospite,
comprese la ciclina D e la famiglia src di proto-oncogeni. Inoltre, il
genoma di EBV contiene una citochina virale, vIL-10, che proviene (1) L’infezione da EBV non è limitata alle aree geografiche in cui
dal genoma dell’ospite. Questa citochina virale può impedire ai si riscontra il linfoma di Burkitt; il virus è ubiquitario e infetta in
macrofagi e ai monociti di attivare le cellule T ed è necessaria per la modo asintomatico la quasi totalità degli individui di tutto il
trasformazione delle cellule B dipendente da EBV. In individui mondo.
­immunologicamente normali, la proliferazione policlonale delle (2) Il genoma di EBV si riscontra solo nel 15-20% dei soggetti
cellule B indotta da EBV in vivo è accuratamente controllata e l’in- affetti da linfoma di Burkitt al di fuori dell’Africa.
dividuo può rimanere asintomatico o sviluppare un episodio auto- (3) Ci sono significative differenze nei profili di espressione genica
limitantesi di mononucleosi infettiva (Cap. 8). L’elusione del sistema del virus tra le linee di cellule B trasformate da EBV (ma non onco-
immunitario sembra essere un punto cruciale nell’oncogenesi cor- gene) e le cellule del linfoma di Burkitt. Ancora più rilevante è il
relata a EBV. fatto che le cellule del linfoma di Burkitt non esprimono LMP-1,
Il linfoma di Burkitt è una neoplasia dei linfociti B e rappresenta EBNA2 o altre proteine di EBV che indirizzano la cellula B verso la
il tumore pediatrico più diffuso in Africa centrale e in Nuova Guinea. crescita e l’immortalizzazione.
Un linfoma morfologicamente identico si verifica sporadicamente Alla luce di tali osservazioni, come contribuisce EBV alla genesi
in tutto il mondo. L’associazione tra linfoma di Burkitt endemico e del linfoma di Burkitt endemico? Uno scenario plausibile è illustrato
EBV è piuttosto forte (Fig. 7.44). nella Figura 7.44. Nelle regioni del mondo in cui il linfoma di Burkitt
è endemico, infezioni concomitanti come la malaria alterano il
Più del 90% dei tumori africani contiene il genoma di EBV. ­sistema immunitario, consentendo una continua proliferazione di
Il 100% dei pazienti presenta titoli anticorpali elevati contro gli cellule B. Alla fine, l’immunità T cellulare contro gli antigeni di EBV
antigeni del capside virale. come EBNA2 e LMP-1 elimina la maggior parte delle cellule B
I titoli anticorpali sierici contro gli antigeni del capside virale ­infettate, ma un piccolo numero di cellule, che persistono in maniera
sono correlati al rischio di sviluppare il tumore. indefinita anche in condizioni di normale immunità, diminuisce
l’espressione di tali antigeni immunogeni. Le cellule del linfoma
Sebbene EBV sia di sicuro coinvolto nella genesi del linfoma di possono originare da questa popolazione solo a seguito dell’acqui-
Burkitt, diverse osservazioni suggeriscono che devono intervenire sizione di specifiche mutazioni, soprattutto traslocazioni che ­attivano
anche fattori aggiuntivi.163,164 l’oncogene c-MYC. Andrebbe notato che nelle aree non endemiche
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 307

l’80% dei tumori non ospita il genoma di EBV, ma quasi tutti i tumori ­ algrado il DNA di HBV sia integrato nel genoma umano, non
m
possiedono la traslocazione t(8;14) o altre traslocazioni che derego- esiste uno schema di integrazione nelle cellule epatiche. Gli effetti
lano c-MYC. Questa osservazione suggerisce che, sebbene i linfomi oncogeni di HBV e HCV, in effetti, sono multifattoriali, ma l’effetto
di Burkitt non africani siano scatenati da meccanismi diversi da EBV, dominante sembra essere un’infiammazione cronica mediata
essi si sviluppano attraverso vie molto simili. ­immunologicamente in cui la morte degli epatociti porta alla rige-
In sintesi, nel caso del linfoma di Burkitt, pare che EBV non sia nerazione e al danno genomico. Sebbene si ritenga che il sistema
direttamente oncogeno, ma agendo come mitogeno policlonale delle immunitario sia generalmente protettivo, studi recenti hanno dimo-
cellule B predispone all’acquisizione della traslocazione t(8;14) e di strato che, in condizioni di infiammazione cronica non risolta, quali
altre mutazioni che alla fine svincolano le cellule dalla normale re- si verificano nell’epatite virale o nella gastrite cronica causata da H.
golazione della crescita. In individui normali, l’infezione da EBV è pylori (si veda oltre), la risposta immunitaria può promuovere
controllata dalle risposte immunitarie dirette contro gli antigeni l’oncogenesi.
virali espressi sulle membrane cellulari, e la maggioranza delle per- Come accade con qualsiasi causa di danno epatocellulare, l’infe-
sone infettate rimane asintomatica o sviluppa una mononucleosi zione virale cronica porta alla proliferazione compensatoria degli
infettiva autolimitante. In regioni dell’Africa dove il linfoma di Bur­ epatociti, un processo rigenerativo favorito da fattori di crescita,
kitt è endemico, cofattori non completamente compresi (ad es. la citochine, chemochine e altre sostanze bioattive che sono prodotte
malaria cronica) possono favorire l’acquisizione di eventi genetici – da cellule del sistema immunitario attivate e che promuovono la
come la traslocazione t(8;14) – responsabili di condurre alla sopravvivenza cellulare, il rimodellamento tissutale e l’angiogenesi
trasformazione. (Cap. 3). Le cellule immunitarie attivate producono inoltre altri
Il ruolo di EBV è più diretto nei linfomi a cellule B di pazienti mediatori, come gli isomeri reattivi dell’ossigeno, con proprietà
immunosoppressi. Alcuni soggetti affetti da AIDS e i pazienti sot- genotossiche e mutagene. Un meccanismo molecolare chiave
toposti a terapia immunosoppressiva a lungo termine per prevenire ­sembra essere l’attivazione negli epatociti della via di NF-kB in
il rigetto di un allotrapianto presentano tumori a cellule B multifocali ­risposta a mediatori derivati dalle cellule immunitarie attivate.
a livello del tessuto linfoide o del sistema nervoso centrale. Questi ­L’attivazione della via di NF-kB negli epatociti blocca l’apoptosi,
tumori sono policlonali all’inizio, ma possono evolvere in neoplasie permettendo agli epatociti in replicazione di accumulare mutazioni.
monoclonali. Diversamente dal linfoma di Burkitt, i tumori in Sebbene questo sembri essere il meccanismo dominante nella pato-
­pazienti immunosoppressi esprimono uniformemente LMP-1 e genesi del carcinoma epatocellulare indotto da virus, HBV e HCV
­EBNA2, proteine che sono riconosciute dalle cellule T citotossiche. contengono nel loro genoma anche delle proteine che possono
Queste proliferazioni potenzialmente letali possono essere frenate promuovere più direttamente lo sviluppo del cancro. Il genoma di
se lo stato immunologico dell’ospite migliora, circostanza che può HBV contiene un gene noto come HBx che può attivare direttamente
verificarsi nel caso di una sospensione dei farmaci immunosoppres- o indirettamente diversi fattori di trascrizione e vie di trasduzione
sori nei pazienti trapiantati. del segnale. Inoltre, l’integrazione virale può causare il riarrangia-
Anche il carcinoma del rinofaringe è associato all’infezione da mento secondario di cromosomi, comprese delezioni multiple che
EBV. Questo tumore è endemico nel sud della Cina, in alcune regioni possono accogliere geni oncosoppressori sconosciuti.
dell’Africa e nella popolazione Inuit dell’Artico. A differenza del Pur non essendo un virus a DNA, anche HCV è strettamente
linfoma di Burkitt, il 100% dei carcinomi del rinofaringe di qualsiasi collegato alla patogenesi del tumore del fegato. I meccanismi mole-
parte del mondo contiene il DNA di EBV.165 L’integrazione virale colari usati da HCV sono meno definiti di quelli di HBV. Oltre al
nelle cellule dell’ospite è clonale, il che esclude la possibilità che danno cronico delle cellule epatiche e alla rigenerazione compensa-
l’infezione da EBV si verifichi dopo lo sviluppo del tumore. Inoltre, toria, componenti del genoma di HCV come la proteina core di HCV
il titolo anticorpale contro gli antigeni virali del capside è notevol- possono avere un effetto diretto sull’oncogenesi, probabilmente
mente elevato e, nelle aree endemiche, i pazienti sviluppano anti- ­attivando diverse vie di trasduzione del segnale che promuovono la
corpi IgA prima della comparsa del tumore. La totale associazione crescita.
(100% dei casi) tra EBV e il carcinoma rinofaringeo suggerisce che
EBV abbia un ruolo nella genesi di tale tumore, ma (come per il Helicobacter pylori
tumore di Burkitt) la ristretta distribuzione geografica indica che
anche cofattori genetici o ambientali possono contribuire allo In un primo tempo indicato quale causa di ulcere peptiche, Helico-
­sviluppo del tumore. LMP-1 è espressa anche nelle cellule epiteliali. bacter pylori (HP) è ora considerato il primo batterio cancerogeno.
In queste cellule, come nelle cellule B, LMP-1 attiva la via di NF-kB L’infezione da HP è infatti implicata nella genesi degli adenocarci-
oltre a indurre l’espressione di fattori proangiogenici come VEGF, nomi dello stomaco e dei linfomi gastrici.169
FGF-2, MMP9 e COX-2, che possono contribuire all’oncogenesi. La Lo sviluppo dell’adenocarcinoma gastrico è simile a quello del
relazione tra EBV e la patogenesi del linfoma di Hodgkin sarà trattata carcinoma epatico indotto da HBV e HCV e implica un’aumentata
nel Capitolo 13. proliferazione di cellule epiteliali in un contesto di infiammazione
Virus dell’epatite B e C. Studi epidemiologici indicano la pre- cronica. Come nell’epatite virale, l’ambiente infiammatorio contiene
senza di una stretta associazione tra l’infezione da HBV e lo sviluppo numerosi agenti genotossici, come ad esempio ossigeno reattivo.
di tumori al fegato (Cap. 18). Si stima che una percentuale compresa Inizialmente si assiste allo sviluppo di una gastrite cronica, seguita
tra il 70 e l’85% dei carcinomi epatocellulari di tutto il mondo sia da atrofia gastrica, metaplasia intestinale delle cellule superficiali,
dovuta all’infezione da HBV o da HCV.111,166-168 HBV è endemico in displasia e cancro, una sequenza che richiede anni per essere com-
nazioni dell’Estremo Oriente e in Africa, aree che presentano la più pletata e che si verifica solo nel 3% circa dei pazienti infetti. Come
alta incidenza di carcinoma epatocellulare. Malgrado le molte HBV e HCV, anche il genoma di HP contiene geni direttamente
­evidenze epidemiologiche e sperimentali, il modo in cui questi virus coinvolti nell’oncogenesi. È stato dimostrato che ceppi associati
agiscono nell’oncogenesi epatica non è del tutto chiaro. I genomi di all’adenocarcinoma gastrico contengono un’“isola di patogenicità”,
HBV e HCV non codificano per alcuna oncoproteina virale e, a sua volta contenente il gene associato alla citotossina A (CagA).
308 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Sebbene l’HP non sia invasivo, CagA penetra nelle cellule epiteliali lo sviluppo del tumore ma anche il “modellamento” delle proprietà
gastriche dove produce una varietà di effetti, compresa l’iniziazione immunogene dei tumori per favorire la selezione di cellule tumorali
di una cascata di trasmissione di segnali che provoca la stimolazione che sfuggono al controllo immunitario.175
non regolata della crescita. Nei paragrafi che seguono esamineremo alcune delle questioni
Come detto in precedenza, l’HP è associato anche a un maggiore fondamentali dell’immunità antitumorale, ossia: qual è la natura
rischio di sviluppare linfomi gastrici. I linfomi gastrici originano da degli antigeni tumorali? Quali sistemi effettori dell’ospite ­riconoscono
cellule B e, poiché i tumori esprimono alcuni degli aspetti delle le cellule tumorali? L’immunità antitumorale è efficace contro le
normali placche di Peyer, sono spesso chiamati linfomi del tessuto neoplasie spontanee? Le reazioni immunitarie contro i tumori pos-
linfoide associato alla mucosa (Mucosa-Associated Lymphoid ­Tissue, sono essere sfruttate a fini terapeutici?
MALT) o MALTomi (discussi anche nei Capp. 13 e 17). La loro
­patogenesi molecolare è stata solo parzialmente compresa ma sem- Antigeni Tumorali
bra coinvolgere fattori ceppo-specifici di HP, così come fattori
­genetici dell’ospite quali polimorfismi dei promotori delle citochine La presenza di antigeni capaci di stimolare una risposta immunitaria
infiammatorie come IL-1b e il fattore di necrosi tumorale (TNF). Si è stata evidenziata in numerosi tumori indotti sperimentalmente e
ritiene che l’infezione da HP porti alla comparsa di cellule T reattive in alcuni tumori umani.176 Tali antigeni furono inizialmente classi-
a HP, le quali a loro volta stimolano una proliferazione policlonale ficati in due categorie in base al loro tipo di espressione: antigeni
di cellule B. Nelle infezioni croniche, si possono acquisire mutazioni tumore-specifici, presenti solo sulle cellule tumorali e sempre assenti
attualmente sconosciute che stimolano la crescita in cellule singole. sulle cellule sane, e antigeni tumore-associati, presenti sulle cellule
Queste cellule crescono e formano un “MALToma” monoclonale il tumorali ma anche su alcune cellule normali. Questa classificazione,
quale resta dipendente dalla stimolazione da parte delle cellule T del tuttavia, è imperfetta poiché molti antigeni considerati tumore-
percorso delle cellule B che attivano il fattore di trascrizione NF-kB. specifici possono essere espressi anche da alcune cellule normali. La
A questo stadio, l’eradicazione di HP per mezzo di terapia antibiotica classificazione moderna degli antigeni tumorali è dunque basata
“cura” il linfoma rimuovendo lo stimolo antigenico per le cellule T. sulla loro origine e sulla loro struttura molecolare.
In stadi più avanzati, tuttavia, possono rendersi necessarie mutazioni I primi tentativi di purificare e caratterizzare gli antigeni tumorali
aggiuntive, come una traslocazione (11;18), che provochi ­l’attivazione si basavano sulla produzione di anticorpi monoclonali specifici
di NF-kB. A questo punto il MALToma non avrà più bisogno contro le cellule tumorali e sull’identificazione degli antigeni rico-
­dello stimolo antigenico del batterio per la crescita e la sopravvivenza nosciuti da questi anticorpi. Un importante progresso in questo
e svilupperà la capacità di diffondere oltre lo stomaco ad altri campo è stato lo sviluppo di tecniche che permettono l’identifica-
tessuti. zione degli antigeni tumorali riconosciuti da linfociti T citotossici
(Cytotoxic T Lymphocyte, CTL), dato che i CTL sono lo strumento
di difesa immunitaria principale contro i tumori. I CTL riconoscono
Difesa dell’ospite contro i tumori – infatti i peptidi derivati da proteine citoplasmatiche esposte sulla
immunità tumorale superficie cellulare in associazione a molecole del complesso
­maggiore di istocompatibilità (Major Histocompatibility Complex,
MHC) di classe I (Cap. 6). Di seguito sono descritte le principali
L’idea che i tumori non siano completamente “self ” e che possano classi di antigeni tumorali (Fig. 7.45).
essere riconosciuti dal sistema immunitario fu concepita da Paul Prodotti di geni mutati. La trasformazione neoplastica, come
Ehrlich, il quale propose che il riconoscimento da parte del sistema abbiamo visto, è il risultato di alterazioni genetiche in ­proto-oncogeni
immunitario di cellule tumorali autologhe fosse un meccanismo e in geni oncosoppressori: le proteine mutate a essi associate rap-
capace di eliminare i tumori. In seguito, Lewis Thomas e Macfarlane presentano antigeni mai incontrati prima dal sistema immunitario,
Burnet formalizzarono tale concetto coniando il termine “immu- che pertanto possono essere riconosciuti come “non self ”.177,178 Le
nosorveglianza”, termine che implica che una funzione normale del cellule neoplastiche, geneticamente instabili, possono inoltre con-
sistema immunitario sia quella di identificare nell’organismo cellule tenere numerosi geni mutati, compresi geni i cui prodotti, pur non
maligne e distruggerle.170,171 Questa idea è stata avvalorata da nume- essendo correlati al fenotipo trasformato e pur non avendo alcuna
rose osservazioni: la comparsa di infiltrati linfocitari attorno ai funzione nota, possono fungere da potenziali antigeni tumorali.
­tumori e nei linfonodi che drenano aree di neoplasia, i risultati di I prodotti di proto-oncogeni alterati, geni oncosoppressori o altri
esperimenti (soprattutto con tumori trapiantati), l’aumentata inci- geni mutati non associati alla trasformazione sono sintetizzati nel
denza di alcuni tumori in soggetti immunodeficienti, e la dimostra- citoplasma delle cellule neoplastiche e, al pari di qualsiasi altra pro-
zione diretta nei pazienti dell’esistenza di cellule T e di anticorpi teina citoplasmatica, possono entrare nel processo di riconoscimento
specifici per i tumori. L’evidenza che i tumori si verificano anche in degli antigeni del MHC di classe I ed essere riconosciuti dalle cellule
soggetti immunocompetenti suggerisce che la sorveglianza immu- T CD8+. Queste proteine possono inoltre entrare nel percorso di
nitaria sia imperfetta, ma il fatto che alcuni tumori eludano tale riconoscimento antigenico del MHC di classe II delle cellule che
controllo non preclude la possibilità che altri possano essere stati hanno fagocitato cellule tumorali morte e presentano antigeni
eliminati.172 Il concetto di immunosorveglianza tumorale è stato ­tumorali ed essere quindi riconosciuti anche da cellule T CD4+.
recentemente ampliato per includere non solo il ruolo protettivo del Dato che queste proteine non sono presenti nelle cellule normali,
sistema immunitario nello sviluppo dei tumori, ma anche il suo non inducono tolleranza. Alcuni pazienti oncologici presentano
effetto nel selezionare varianti tumorali.173,174 Tali varianti presentano cellule T CD4+ e CD8+ circolanti che reagiscono contro prodotti
una ridotta immunogenicità e possono sottrarsi più facilmente proteici di oncogeni mutati come RAS, p53 e BCR-ABL. Negli
all’individuazione e all’eliminazione da parte del sistema immuni- ­animali, l’immunizzazione con proteine RAS o p53 mutate provoca
tario. L’espressione “cancer immunoediting” viene ormai usata per una reazione da parte dei CTL e il rigetto dei tumori che esprimono
descrivere non solo gli effetti del sistema immunitario nel prevenire queste proteine. Nella maggior parte dei pazienti, a ogni modo,
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 309

Figura 7.45 Antigeni tumorali riconosciuti dalle cellule T CD8+. (Modificata da Abbas AK, Lichtman AH: Cellular and Molecular Immunology, 5th ed.
Philadelphia, WB Saunders, 2003)

queste oncoproteine non sembrano essere i bersagli principali dei pratico, dunque, questi antigeni sono tumore-specifici. Prototipo di
CTL tumore-specifici. tale gruppo è la famiglia del gene dell’antigene del melanoma
Proteine cellulari iperespresse o ­espresse in ­modo ­aberrante. ­ ­(Melanoma Antigen Gene, MAGE). Sebbene originariamente de-
Anche normali proteine cellulari possono fungere da antigeni scritti nei melanomi, gli antigeni MAGE sono espressi da diversi tipi
­tumorali e scatenare una risposta immunitaria se espresse in tumorali. MAGE-1, ad esempio, è espresso nel 37% dei melanomi e
­maniera anomala dalle cellule neoplastiche. In un sottogruppo di in un numero variabile di carcinomi del polmone, del fegato, dello
­melanomi umani, alcune proteine strutturali normalmente prodotte stomaco e dell’esofago.180 Antigeni simili, chiamati GAGE, BAGE e
a ­bassi ­livelli nelle cellule normali funzionano come antigeni tumo- RAGE sono stati individuati in altri tumori.
rali quando sono iperespresse nelle cellule tumorali. Uno di questi Antigeni tumorali prodotti da virus oncogeni. Come abbiamo
antigeni è la tirosinasi, un enzima coinvolto nella biosintesi della visto, molti virus sono associati a tumori e non sorprende il fatto che
melanina ed espresso solo nei melanociti normali e nei melanomi.179 tali virus producano proteine che il sistema immunitario ­riconosce
Le cellule T dei pazienti con melanoma riconoscono peptidi derivati come estranee. I più potenti tra questi antigeni sono le proteine sin-
dalla tirosinasi, quindi esiste la possibilità che vaccini a base di tale tetizzate dai virus a DNA latenti quali, ad esempio, HPV e EBV nell’uo­
enzima possano stimolare una risposta contro i melanomi e sono in mo. Esistono prove sulla capacità dei CTL di riconoscere gli antigeni
corso studi clinici a tale riguardo. Il fatto che questi pazienti siano di tali virus ed è importante che il sistema immunitario sia compe-
in grado di rispondere a un normale antigene self può sembrare tente, ossia capace di riconoscere e distruggere cellule infette, nel
strano. La spiegazione più probabile è che la tirosinasi sia prodotta controllo dei tumori indotti da virus. Il concetto di immunosorve-
normalmente in quantità tanto ridotte e in così poche cellule da non glianza tumorale, in effetti, è meglio definito per i tumori indotti da
essere riconosciuta dal sistema immunitario e non riuscire quindi a virus a DNA che per altri tipi di tumore e i vaccini contro HPV si
indurre tolleranza. dimostrano efficaci nella prevenzione dei carcinomi della cervice nelle
Un altro gruppo, gli antigeni “del tumore del testicolo”, è codificato donne giovani.
da geni silenti in tutti i tessuti dell’adulto eccetto che nel testicolo, Antigeni oncofetali. Gli antigeni oncofetali sono proteine
da cui il nome. La proteina, pur essendo presente nel testicolo, non ­espresse a livelli elevati nelle cellule neoplastiche e nei tessuti normali
è espressa sulla superficie cellulare in una forma antigenica, poiché durante lo sviluppo fetale, ma assenti nei tessuti adulti normali. Si
il liquido seminale non esprime antigeni del MHC di classe I. All’atto ritiene che i geni codificanti per queste proteine vengano inattivati
310 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

dopo la nascita per essere poi eventualmente riattivati durante la c­ aratteristici di questa linea cellulare, ad esempio CD20. Gli anticorpi
trasformazione maligna. Gli antigeni oncofetali furono identificati diretti contro CD20 sono utilizzati anche per l’immunoterapia tu-
utilizzando anticorpi sviluppati in altre specie e la loro importanza morale: è vero che essi distruggono anche le cellule B normali, ma
è legata al fatto che rappresentano marcatori potenzialmente utili ai poiché le cellule staminali emopoietiche sono risparmiate, da queste
fini della diagnosi di neoplasia. L’affinamento delle tecniche impie- possono originare nuove cellule B. I determinanti idiotipici delle
gate per identificare questi antigeni ha permesso di dimostrare che immunoglobuline di membrana di una popolazione clonale di cel-
la loro espressione negli adulti non è limitata ai soli tumori. Tali lule B sono marker di quel particolare clone di cellule B poiché tutte
proteine aumentano nei tessuti e nel sangue circolante in presenza le altre cellule B esprimono idiotipi differenti. L’idiotipo delle im-
di diverse condizioni infiammatorie e sono rilevate in piccole quan- munoglobuline, pertanto, è un antigene tumorale altamente specifico
tità anche nei tessuti normali. Non è stata dimostrata la rilevanza per i linfomi e le leucemie a cellule B.
degli antigeni oncofetali come stimolatori o come bersagli dell’im-
munità antitumorale. I due antigeni oncofetali meglio caratterizzati Meccanismi Antitumorali
sono l’antigene carcinoembrionale (Carcinoembryonic Antigen
[CEA] e la a-fetoproteina [AFP]), descritti nel paragrafo dedicato L’immunità cellulo-mediata è il principale meccanismo antitumorale
ai marcatori tumorali. in vivo. Sebbene possano essere prodotti anticorpi contro il tumore,
Glicolipidi e glicoproteine di membrana alterati. La maggior non si hanno evidenze di un loro ruolo protettivo in condizioni
parte dei tumori umani e dei tumori indotti sperimentalmente ­fisiologiche. Gli effettori cellulari che mediano la risposta immuni-
esprime livelli più elevati della norma e/o forme anomale di glico- taria sono descritti nel Capitolo 6; pertanto qui ci limiteremo a
lipidi e glicoproteine di membrana che possono essere utilizzati prenderli solo brevemente in esame.
come marker diagnostici o bersagli terapeutici: queste molecole
alterate comprendono gangliosidi, determinanti dei gruppi sangui- Linfociti T citotossici: l’effetto antitumorale dei linfociti T citotos-
gni e mucine. Sono stati sviluppati numerosi anticorpi capaci di sici che reagiscono contro antigeni tumorali è ben noto nei ­tumori
riconoscere i carboidrati o il nucleo peptidico di tali molecole. La indotti sperimentalmente. Nell’uomo, i CTL CD8+ svolgono un
maggior parte degli epitopi riconosciuti da questi anticorpi non è ruolo protettivo contro le neoplasie virus-correlate (ad es. i
espressa esclusivamente nei tumori, tuttavia essi sono presenti a li- ­tumori indotti da EBV o da HPV) ed è stata dimostrata la loro
velli più elevati sulle cellule neoplastiche che sulle cellule normali e presenza nel sangue e negli infiltrati infiammatori dei pazienti
ciò fa di questa classe di antigeni un bersaglio potenziale per la oncologici. In alcuni casi, i CTL CD8+ non si sviluppano
­terapia dei tumori con anticorpi specifici. ­spontaneamente in vivo, ma possono essere indotti mediante
Tra i glicolipidi espressi a livelli elevati nei melanomi figurano i immunizzazione con cellule dendritiche stimolate da antigeni
gangliosidi GM2, GD2 e GD3 e sono attualmente in corso studi clinici tumorali.
sugli anticorpi anti-GM2 e anti-GD3 e sull’immunizzazione con Cellule natural killer: le cellule natural killer (NK) sono linfociti
vaccini a base di GM2 in pazienti affetti da melanoma. Le mucine capaci di distruggere cellule tumorali senza una precedente sen-
sono glicoproteine ad alto peso molecolare contenenti un numero sibilizzazione e possono quindi costituire la prima linea di difesa
elevato di catene saccaridiche laterali legate da ponti di ossigeno al contro le cellule tumorali.181 Dopo l’attivazione con IL-2 e IL-5,
nucleo polipeptidico. Spesso i tumori presentano un’alterata espres- le cellule NK sono in grado di lisare numerosi tumori umani,
sione degli enzimi che sintetizzano queste catene saccaridiche late- comprese molte neoplasie apparentemente non immunogene per
rali, il che determina la comparsa di epitopi tumore-specifici sulle le cellule T. Le cellule T e le cellule NK sembrano fornire mecca-
catene saccaridiche laterali o nel nucleo polipeptidico esposto in nismi antitumorali complementari. I tumori che non esprimono
maniera anomala. Molte mucine, come CA-125 e CA-19-9, espresse gli antigeni del MHC di classe I non possono essere riconosciuti
nel carcinoma ovarico, e MUC-1, espressa nel carcinoma della dalle cellule T, ma possono attivare le cellule NK che sono inibite
­mammella, sono state al centro di studi per applicazioni diagnostiche dalle molecole autologhe di classe I normali (Cap. 6). I recettori
o terapeutiche. A differenza di molte mucine, MUC-1 è una proteina di attivazione presenti sulle cellule NK sono estremamente diversi
di membrana normalmente espressa soltanto sulla porzione apicale e appartengono a varie famiglie di geni. Le proteine NKG2D
dell’epitelio del dotto mammario, sede relativamente poco raggiunta espresse sulle cellule NK e su alcune cellule T sono importanti
dal sistema immunitario. Nel carcinoma duttale della mammella, attivatori, capaci di riconoscere gli antigeni indotti dallo stress
tuttavia, questa proteina è espressa in maniera non polarizzata e espressi sulle cellule tumorali nonché le cellule che hanno subito
contiene nuovi carboidrati tumore-specifici ed epitopi peptidici un danno del DNA e dunque sono a rischio di trasformazione
evidenziabili con anticorpi monoclonali murini. Gli epitopi neoplastica.
­peptidici inducono una risposta anticorpale e cellulare (linfociti T) Macrofagi: i macrofagi attivati mostrano citotossicità per le cellule
in ­pazienti oncologici e sono perciò considerati come potenziali tumorali in vitro. Le cellule T, le cellule NK e i macrofagi possono
candidati per vaccini antitumorali. collaborare nella risposta antitumorale poiché l’interferone-g
Antigeni di differenziazione specifici per un tipo cellulare. I (IFN-g), una citochina prodotta dalle cellule T e dalle cellule NK,
tumori esprimono molecole normalmente presenti sulle cellule di è un potente attivatore dei macrofagi. I macrofagi attivati sono
origine. Tali antigeni sono chiamati antigeni di differenziazione in grado di distruggere i tumori tramite meccanismi simili a
poiché sono specifici per linee o stadi di differenziazione particolari quelli utilizzati per uccidere i microrganismi (ad es. con la pro-
di un dato tipo di cellula. Gli antigeni di differenziazione sono an- duzione di metaboliti reattivi dell’ossigeno, Cap. 2) o mediante
tigeni self normali e quindi non inducono risposta immunitaria nel secrezione di TNF.
paziente neoplastico. Essi sono importanti come potenziali bersagli Anticorpi: sebbene non vi siano evidenze ad avvalorare la tesi che
dell’immunoterapia e per identificare il tessuto di origine dei tumori: gli anticorpi antitumorali esercitano effetti protettivi contro i
così, i linfomi possono essere diagnosticati come tumori derivati da tumori spontanei, la somministrazione di anticorpi monoclonali
cellule B mediante la rilevazione sulla superficie di marcatori contro le cellule tumorali può rivelarsi terapeuticamente efficace.
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 311

Figura 7.46 Meccanismi attraverso i quali i tumori sfuggono al sistema immunitario. (Riprodotta da Abbas AK, Lichtman AH: Cellular and Molecular
Immunology, 5th ed. Philadelphia, WB Saunders, 2003)

Un anticorpo monoclonale contro CD20, un antigene di super- bensì evolve in una forma cronica, a volte fatale, di mononucleosi
ficie delle cellule B, è ampiamente utilizzato nel trattamento dei o, nei casi più gravi, in un linfoma a cellule B.
linfomi. La maggior parte dei tumori, tuttavia, si sviluppa in persone che
non soffrono di alcun tipo di immunodeficienza. È evidente quindi
che le cellule tumorali sono in grado di elaborare meccanismi per
Immunosorveglianza E Meccanismi
Di Evasione sfuggire o bypassare il sistema immunitario in ospiti immunocompe-
tenti, fenomeno per spiegare il quale sono stati proposti numerosi
Appurata la presenza di diversi meccanismi potenzialmente antitu- meccanismi (Fig. 7.46).
morali, esistono evidenze del fatto che essi agiscano in vivo per
prevenire la formazione dei tumori? La prova più evidente dell’esi- Crescita selettiva di varianti tumorali non antigeniche: durante la
stenza dell’immunosorveglianza è la maggiore frequenza dei i tumori progressione tumorale, i subcloni fortemente immunogeni pos-
nei pazienti immunodepressi. Circa il 5% dei soggetti con immuno- sono essere eliminati.
deficienza congenita sviluppa neoplasie con una frequenza circa Perdita o ridotta espressione di molecole MHC: le cellule tumorali
200 volte superiore a quella riscontrata nei soggetti immunocom- possono non esprimere livelli normali di molecole MHC di classe
petenti e anche i soggetti immunodepressi in seguito a trapianto e i I, sfuggendo così all’attacco dei linfociti T citotossici. Tali cellule,
pazienti con AIDS mostrano un’aumentata incidenza di neoplasie tuttavia, possono stimolare le cellule NK.
maligne. La maggior parte di queste neoplasie (ma non tutte) è Assenza di cooperazione nella stimolazione: è importante ricordare
costituita da linfomi, spesso linfomi diffusi a grandi cellule B. Par- che la sensibilizzazione delle cellule T richiede due segnali, uno
ticolarmente esemplificativa è la rara sindrome da ­immunodeficienza fornito dal peptide estraneo presentato dalle molecole MHC e
ereditaria recessiva legata al cromosoma X, denominata XLP l’altro proveniente da molecole costimolanti (Cap. 6). Le cellule
(X-Linked Lymphoproliferative Syndrome), che è causata da mutazioni tumorali, pur essendo capaci di esprimere antigeni peptidici con
nel gene che codifica per una proteina adattatrice (SAP), coinvolta molecole MHC di classe I, spesso non esprimono molecole
nelle vie di trasduzione del segnale nei linfociti.182 Quando adole- ­costimolanti e ciò non solo previene la sensibilizzazione, ma
scenti affetti da XLP sviluppano un’infezione da EBV, questa non rende anche non responsive le cellule T o, peggio, le induce
segue il classico decorso autolimitante della mononucleosi infettiva, all’apoptosi. Per ovviare a questo problema si sta cercando di
312 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

immunizzare i pazienti utilizzando cellule tumorali autologhe s­ uperfici adiacenti, (4) ai sintomi conseguenti a rottura o infarto e
transfettate con il gene per la molecola costimolante B7-1 (CD80). (5) all’insorgenza di cachessia o deperimento.
Un altro approccio prevede invece l’infusione nei pazienti
­neoplastici di cellule dendritiche autologhe coltivate in vitro e Effetti locali e ormonali
stimolate con antigeni tumorali (ad es. MAGE1). Poiché le cellule
dendritiche esprimono alti livelli di molecole costimolanti, si La sede in cui si sviluppano è molto importante per i tumori be-
ritiene che questo tipo di immunizzazione possa stimolare le nigni come per quelli maligni. Un piccolo adenoma ipofisario
cellule T antitumorali. (1 cm), ad esempio, sebbene benigno e non attivo, può comprimere
Immunosoppressione: molti agenti oncogeni (ad es. sostanze e distruggere la ghiandola normale circostante e determinare così
chimiche e radiazioni ionizzanti) possono sopprimere la risposta un grave ipopituitarismo, mentre i tumori che insorgono o meta-
immunitaria dell’ospite, ma anche gli stessi tumori o i prodotti statizzano all’interno di una ghiandola endocrina possono causare
tumorali possono produrre effetti immunosoppressivi. Il TGFb, un’insufficienza endocrina per distruzione della ghiandola stessa.
ad esempio, secreto in grandi quantità da numerosi tumori, è un I tumori dell’intestino, siano essi benigni o maligni, possono pro-
potente agente immunosoppressivo. In alcuni casi la risposta vocare un’occlusione se si ingrossano e, più raramente, a causa dei
immunitaria indotta dal tumore può essa stessa inibire l’immu- movimenti peristaltici, una neoplasia benigna o maligna che pro-
nità tumorale, fenomeno per il quale sono stati descritti diversi trude nel lume intestinale può essere trascinata in un segmento
meccanismi. Il riconoscimento delle cellule tumorali, ad esempio, intestinale a valle, provocando intussuscezione con occlusione
può coinvolgere CTLA4, un recettore che inibisce la cellula T, o intestinale (Cap. 17).
condurre all’attivazione di cellule T regolatrici che sopprimono Quando le neoplasie – benigne e maligne – originano da ghian-
la risposta immunitaria. dole endocrine si osserva una produzione ormonale. Queste attività
Mascheramento dell’antigene: gli antigeni esposti sulla superficie funzionali sono caratteristiche più dei tumori benigni che di quelli
delle cellule tumorali possono essere nascosti – o mascherati – maligni, le cui cellule possono essere a tal punto indifferenziate da
all’azione del sistema immunitario da molecole del glicocalice avere perso simili capacità. Un adenoma benigno delle cellule b delle
come i mucopolisaccaridi contenenti acido sialico. Ciò può essere isole pancreatiche di dimensioni inferiori a 1 cm di diametro può
una conseguenza del fatto che le cellule tumorali spesso espri- produrre una quantità di insulina sufficiente a provocare un’ipogli-
mono una quantità maggiore di molecole del glicocalice rispetto cemia fatale, ma anche tumori non endocrini possono elaborare
alle cellule normali. ormoni o prodotti simil-ormonali e dare origine a sindromi para-
Apoptosi dei linfociti T citotossici: alcuni melanomi ed epatocar- neoplastiche (discusse più avanti). La crescita erosiva e distruttiva
cinomi esprimono il ligando di Fas. È stato dimostrato che ­tali tu- dei tumori maligni o la pressione espansiva di un tumore benigno
mori uccidono i linfociti T esprimenti Fas che entrano in ­contatto su una qualunque superficie corporea, sia essa la cute o la mucosa
con essi, e quindi eliminano le cellule T tumore-specifiche.183 dell’intestino, può invece causare ulcerazioni, infezioni secondarie
ed emorragie. Melena (sangue nelle feci) ed ematuria, ad esempio,
Esistono dunque numerosi meccanismi attraverso i quali le cellule sono caratteristiche rispettivamente delle neoplasie dell’intestino e
tumorali possono eludere le difese dell’ospite e proliferare anche in del tratto urinario. I tumori benigni così come quelli maligni pos-
presenza di un sistema immunitario integro. sono dunque causare problemi di vario tipo, meno comuni però
Vale la pena precisare che, sebbene gran parte dell’attenzione nel della cachessia neoplastica.
campo dell’immunità tumorale sia focalizzata sui meccanismi con
cui il sistema immunitario dell’ospite si difende dal tumore, sono Cachessia neoplastica
recentemente emerse evidenze circa la possibilità che il sistema
immunitario, paradossalmente, promuova per certi versi la crescita I pazienti affetti da tumore in genere soffrono di progressiva perdita
tumorale.184 È possibile, ad esempio, che i linfociti e i macrofagi di tessuto adiposo con diminuzione di peso accompagnata da pro-
attivati producano fattori di crescita per le cellule tumorali e che le fonda astenia, anoressia e anemia, una serie di sintomi definiti nel
cellule T regolatrici e determinati sottotipi di macrofagi sopprimano complesso cachessia. La perdita di peso osservata nella cachessia, a
le risposte dell’ospite al tumore. È stato anche ipotizzato che alcuni differenza di quella associata al digiuno, deriva in pari misura dalla
enzimi, come MMP, accrescano l’invasività tumorale. Sfruttare perdita di tessuto adiposo e di massa muscolare. Esiste un certo
l’azione protettiva del sistema immunitario ed eliminare la sua atti- grado di correlazione tra l’entità della massa tumorale e la gravità
tudine a favorire la crescita tumorale è ovviamente un obiettivo della cachessia, tuttavia quest’ultima non è causata dalla richiesta di
importante per gli immunologi e gli oncologi. sostanze nutritive da parte del tumore. Nei soggetti affetti da cancro,
il metabolismo basale risulta aumentato malgrado il ridotto apporto
di alimenti, quadro che si contrappone a quello tipico della risposta
Caratteristiche cliniche dei tumori adattativa al digiuno, caratterizzata da una riduzione del metaboli-
smo. Sebbene i pazienti con il cancro siano spesso anoressici, la
L’importanza delle neoplasie risiede negli effetti che esse provocano cachessia è probabilmente dovuta all’azione di fattori solubili come
sul paziente. Sebbene i tumori maligni siano più pericolosi dei tu- le citochine prodotte dal tumore e dall’ospite piuttosto che al ridotto
mori benigni, infatti, qualsiasi tumore, anche benigno, può essere consumo di cibo. Le basi di queste alterazioni metaboliche non sono
causa di morbilità e mortalità. Indipendentemente dalla loro natura del tutto chiare. Si sospetta che il TNF prodotto dai macrofagi in
maligna o benigna, le neoplasie possono provocare problemi ricon- risposta alle cellule tumorali o dalle cellule tumorali stesse sia un
ducibili: (1) alla loro localizzazione e alla compressione esercitata mediatore della cachessia. Ad alte concentrazioni, infatti, il TNF può
sulle strutture adiacenti, (2) alla loro attività funzionale, ad esempio mobilizzare i grassi dai depositi tissutali e sopprimere l’appetito,
la sintesi di ormoni, o allo sviluppo di sindromi paraneoplastiche, attività che contribuirebbero entrambe alla cachessia. Altre ­citochine,
(3) al sanguinamento e all’infezione quando il tumore ulcera le come l’IL-1, IFN-g e il fattore inibente la leucemia agiscono in
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 313

s­ inergia con il TNF. A ciò si aggiunge poi l’azione di altri fattori (2) la produzione di sostanze umorali ipercalcemizzanti da parte di
solubili prodotti dai tumori, come un fattore inducente la proteolisi neoplasie extraossee. L’ipercalcemia attribuibile a metastasi schele-
e un fattore mobilizzante i lipidi, che aumentano il catabolismo del triche non è considerata una sindrome paraneoplastica.
tessuto muscolare e adiposo.185 Questi fattori riducono la sintesi Molti fattori umorali sono stati associati all’ipercalcemia para-
proteica riducendo la traduzione dell’mRNA e stimolando il cata- neoplastica maligna. Il più importante, la ­proteina ­correlata al
bolismo proteico attraverso l’attivazione della via dell’ubiquitina- paratormone (PTHRP), è una molecola correlata, per l’appunto,
proteasoma ATP-dipendente. Si ritiene che ci sia un equilibrio tra i all’ormone paratiroideo (PTH), ma da esso distinta. La PTHRP
fattori che regolano l’ipertrofia muscolare, come IGF, e i fattori che rassomiglia al PTH esclusivamente nel terminale amminico,188 ma
regolano il catabolismo muscolare, ma tali meccanismi omeostatici presenta alcune azioni biologiche simili a quelle del PTH ed
risultano alterati nella cachessia e fanno pendere la bilancia verso i ­entrambi condividono un recettore associato a proteine G, noto
fattori cachettici. Al momento non esiste un trattamento soddisfa- come recettore PTH/PTHRP (spesso indicato anche come PTH-R
cente per la cachessia neoplastica a esclusione della rimozione della o PTHRP-R). Diversamente dal PTH, però, il PTHRP è prodotto
causa, ossia il tumore. La cachessia, a ogni modo, mina chiaramente in piccole quantità da molti tessuti normali, compresi i cheratociti,
l’efficacia della chemioterapia, obbligando alla riduzione dei dosaggi i muscoli, le ossa e l’ovaio. Esso regola il trasporto del calcio nella
somministrabili. È stato inoltre stimato che circa un terzo delle morti mammella durante l’allattamento e attraverso la placenta, e sembra
per cancro sia attribuibile alla cachessia piuttosto che direttamente regolare lo sviluppo e il modellamento nel polmone. Le neoplasie
al tumore, ma solo l’identificazione dei meccanismi molecolari più spesso associate a ipercalcemia paraneoplastica sono i carci-
coinvolti nella cachessia neoplastica renderebbe possibile il tratta- nomi di mammella, ­polmone, rene e ovaio. Nel carcinoma della
mento di tale condizione. mammella, la pro­duzione di PTHRP è associata a disturbi ossei
osteolitici, metastasi ossee e ipercalcemia umorale. La neoplasia
Sindromi paraneoplastiche polmonare più frequentemente associata all’ipercalcemia è il
­carcinoma broncogeno squamocellulare. Oltre al PTHRP, molti
I quadri sintomatologici dei pazienti oncologici che non sono spie- altri fattori, come l’IL-1, il TGFa, il TNF e la diidrossivitamina D,
gabili né con la diffusione locale e a distanza del tumore né con sono stati chiamati in causa nell’ipercalcemia associata a tumori
l’elaborazione di ormoni tipici del tessuto da cui il tumore origina, maligni.
sono indicati come sindromi paraneoplastiche.186 Malgrado la loro Le sindromi neuromiopatiche paraneoplastiche assumono diverse
relativa rarità (si verificano nel 10% circa dei soggetti affetti da ne- forme, dalle neuropatie periferiche, alla degenerazione della cortec-
oplasie maligne), è importante che le sindromi paraneoplastiche cia cerebellare, passando da una polimiopatia simile a polimiosite,
vengano riconosciute, per diversi motivi: fino a una sindrome miastenica analoga alla miastenia grave
(Cap. 27). L’eziologia di queste sindromi non è del tutto chiara.
Possono rappresentare le manifestazioni cliniche più precoci di In alcuni casi sono stati individuati anticorpi, probabilmente pro-
una neoplasia occulta. dotti contro gli antigeni delle cellule tumorali (Cap. 28), che
Nei pazienti neoplastici possono rappresentare un problema ­cross-reagiscono con gli antigeni delle cellule neuronali. Si è ipotiz-
clinico significativo, potenzialmente letale. zato che alcuni antigeni neuronali siano espressi ectopicamente da
Possono simulare metastasi e quindi confondere la strategia tumori viscerali. Per qualche ragione sconosciuta, il sistema immu-
terapeutica. nitario riconosce questi antigeni come estranei e scatena una risposta
immunitaria.
Una classificazione delle sindromi paraneoplastiche e della loro L’acanthosis nigricans è caratterizzata da chiazze grigio-nere di
presunta origine è presentata nella Tabella 7.11. Di seguito vengono ipercheratosi verrucosa sulla cute. Questo disturbo si presenta solo
proposte sintetiche considerazioni su alcune delle sindromi più di rado come una malattia geneticamente determinata negli adole-
frequenti e interessanti. scenti e negli adulti (Cap. 25). Inoltre, nel 50% circa dei casi, invece,
Le endocrinopatie sono sindromi paraneoplastiche di frequente in particolare nei soggetti di età superiore a 40 anni, la comparsa di
osservazione.187 Poiché le cellule tumorali non sono di origine tali lesioni è associata alla presenza di un tumore e precede la dia-
­endocrina, la loro attività funzionale è definita produzione ormo­ gnosi di neoplasia.
nale ectopica. La sindrome di Cushing rappresenta la forma di en- L’osteoartropatia ipertrofica si riscontra nell’1-10% dei pazienti
docrinopatia più comune e circa il 50% dei pazienti con questa con carcinomi broncogeni. Raramente sono coinvolte altre forme
endocrinopatia ha un carcinoma polmonare, soprattutto del tipo di tumore. Questa condizione è caratterizzata da (1) neoformazione
a ­piccole cellule. La sindrome di Cushing è dovuta a un’eccessiva ossea nel periostio, soprattutto alle estremità distali delle ossa lun-
produzione di corticotropina o di peptidi corticotropina-simili. Il ghe, metatarsali, metacarpali e delle falangi prossimali, (2) artrite
precursore della corticotropina è una grossa molecola nota come delle articolazioni adiacenti e (3) ippocratismo digitale (dita a bac-
propiomelanocortina (POMC). I pazienti con carcinoma del pol- chetta di tamburo). Sebbene l’osteoartropatia sia raramente osservata
mone affetti dalla sindrome di Cushing mostrano livelli sierici elevati in pazienti non neoplastici, l’ippocratismo digitale può essere
sia di propiomelanocortina sia di corticotropina; tale precursore non ­riscontrato in presenza di malattie del fegato, patologie polmonari
è rilevato, tuttavia, nel siero di pazienti con un eccesso di cortico- diffuse, cardiopatie congenite cianogene, colite ulcerosa e altri di-
tropina di derivazione ipofisaria. sturbi. La causa della osteoartropatia ipertrofica è sconosciuta.
L’ipercalcemia è probabilmente la sindrome paraneoplastica di Alterazioni vascolari ed ematologiche possono comparire in asso-
più frequente riscontro; nella maggior parte dei casi, l’ipercalcemia ciazione a varie forme di tumore. Come menzionato nella trattazione
conclamata è associata ad alcune forme di cancro piuttosto che della trombosi (Cap. 4), tromboflebiti migranti (sindrome di
all’iperparatiroidismo. Due sono i processi generalmente coinvolti ­Trousseau) possono essere riscontrate in associazione a tumori a
nell’ipercalcemia associata a un tumore: (1) l’osteolisi provocata da localizzazione profonda, più spesso carcinomi del pancreas o dei
neoplasie maligne primitive nell’osso, come il mieloma multiplo, e polmoni. La coagulazione intravascolare disseminata (CID) può
314 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Tabella 7.11 Sindromi paraneoplastiche

Sindromi cliniche Principali forme di tumore Meccanismo causale

endocrinopatie

Sindrome di Cushing Carcinoma a piccole cellule del polmone ACTH o sostanza ACTH-simile
Carcinoma pancreatico
Tumori del sistema nervoso
Sindrome da secrezione inadeguata Carcinoma a piccole cellule del polmone; Ormone antidiuretico o ormoni natriuretici
di ormone antidiuretico neoplasie intracraniche atriali
Ipercalcemia Carcinoma a cellule squamose del polmone Proteina correlata al paratormone (PTHRP),
TGFa, TNF, IL-1
Carcinoma mammario
Carcinoma renale
Linfoma/leucemia a cellule T dell’adulto
Carcinoma ovarico
Ipoglicemia Fibrosarcoma Insulina o sostanze simil-insulina
Altri sarcomi mesenchimali
Sindrome da carcinoide Carcinoma epatocellulare
Adenoma bronchiale (carcinoide) Serotonina, bradichinina
Carcinoma pancreatico
Policitemia Carcinoma gastrico
Carcinoma renale Eritropoietina
Emangioblastoma cerebellare
Carcinoma epatocellulare

sindromi del sistema nervoso e muscolare

Miastenia Carcinoma broncogeno Immunologico


Disturbi del sistema nervoso centrale Carcinoma mammario
e periferico

malattie dermatologiche

Acanthosis nigricans Carcinoma gastrico Immunologico; secrezione di fattore


di crescita epidermico
Carcinoma polmonare
Carcinoma uterino
Dermatomiosite Carcinoma broncogeno, carcinoma Immunologico
mammario

alterazioni ossee, articolari e dei tessuti molli

Osteoartropatia ipertrofica e ippocratismo Carcinoma broncogeno Sconosciuto


digitale

alterazioni vascolari ed ematologiche

Trombosi venosa (fenomeno di Trousseau) Carcinoma del pancreas Prodotti tumorali (mucine che attivano
la coagulazione)
Carcinoma broncogeno
Altri tumori
Endocardite trombotica non batterica Tumori avanzati Ipercoagulabilità
Aplasia eritrocitaria Neoplasie timiche Sconosciuto

altri

Sindrome nefrosica Tumori vari Antigeni tumorali, immunocomplessi

ACTH, ormone adrenocorticotropo; IL, interleuchina; TGF, fattore di crescita trasformante; TNF, fattore di necrosi tumorale.

complicare ­diversi quadri clinici (Cap. 14). La CID acuta è più co- Grado E Stadio Dei Tumori
munemente associata a leucemia promielocitica acuta e ad adeno-
carcinoma prostatico. Infiorescenze fibrinose tenui, piccole, non Per potere esprimere una prognosi accurata e confrontare i risultati
batteriche si formano talvolta sui lembi delle valvole cardiache (più finali dei diversi protocolli di trattamento, sono necessari metodi
spesso sulle valvole del lato sinistro), in particolare nei pazienti con che quantifichino la probabile aggressività clinica di una data neo-
quadri avanzati di adenocarcinomi muco-secernenti. Queste lesioni, plasia e la sua apparente estensione e diffusione in ciascun paziente.
chiamate endocarditi trombotiche non batteriche, saranno descritte I risultati del trattamento dell’adenocarcinoma tiroideo ben diffe-
più avanti nel Capitolo 12. Le infiorescenze sono potenziali sorgenti renziato localizzato alla ghiandola tiroide, ad esempio, saranno
di emboli che possono successivamente complicare il decorso della differenti da quelli ottenuti nel trattamento dei tumori tiroidei alta-
malattia tumorale. mente anaplastici che hanno invaso gli organi del collo. Per questo
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 315

motivo sono stati sviluppati sistemi che consentono di esprimere, può essere più o meno adeguata in funzione del campione messo a
almeno in termini semiquantitativi, il livello di differenziazione, o disposizione, il quale dovrebbe essere adeguato, rappresentativo
grading, e l’estensione della diffusione neoplastica nel paziente, o e correttamente conservato. Attualmente sono disponibili diverse
stadio clinico, come parametri della gravità clinica della malattia. modalità di prelievo: (1) l’escissione o biopsia, (2) l’ago aspirato e
Il grado di un tumore indica il livello di differenziazione delle cellule (3) lo striscio citologico. Quando l’escissione di una piccola lesione
tumorali e, in alcune neoplasie, il numero di mitosi o le caratteristiche non è possibile, la scelta di un sito appropriato per la biopsia di una
dell’architettura del tumore stesso. Per ogni tipo di neoplasia maligna lesione di grandi dimensioni deve tenere conto del fatto che il mar-
sono stati sviluppati schemi di differenziazione specifici, che gene- gine della lesione può non essere rappresentativo e che il centro può
ralmente contemplano un numero di categorie variabile da due (basso essere in gran parte necrotico. La necessità di una corretta conser-
grado e alto grado) a quattro. I criteri per definire i gradi cambiano vazione del campione è ovvia e implica azioni quali l’immediata
a seconda della forma di neoplasia considerata e non saranno qui immersione in un fissativo di uso comune (abitualmente soluzione
descritti; in ogni caso, essi cercano essenzialmente di stabilire quanto di formalina tamponata pH 6.8, ma possono essere utilizzate anche
le cellule tumorali assomiglino alle loro controparti normali, o in altre sostanze), la conservazione di una parte in uno speciale fissativo
quale misura ne siano differenziate. Sebbene il grading istologico sia (ad es. glutaraldeide) per la microscopia elettronica, o l’immediato
utile, la correlazione tra aspetto microscopico e comportamento congelamento per un’ottimale valutazione di ormoni, recettori o altri
biologico non è sovrapponibile. Alla luce di questo problema e al fine target della diagnostica molecolare. La richiesta di una diagnosi da
di evitare valutazioni sbagliate, è pratica comune caratterizzare una “sezioni istologiche congelate” (sinonimi: biopsia criostatica; biopsia
particolare neoplasia in termini descrittivi, ad esempio: carcinoma estemporanea) immediatamente dopo l’escissione è a volte necessa­
dello stomaco ben differenziato ­muco-secernente, o adenocarcinoma ria, ad esempio, per determinare la natura di una lesione, o nella
pancreatico scarsamente differenziato. Solitamente, con poche ecce- valutazione del margine di un carcinoma escisso per accertarsi che
zioni, come quella dei sarcomi delle parti molli, il grading dei tumori l’intera neoplasia sia stata rimossa. Questo metodo permette di
ha dimostrato un minore valore clinico rispetto allo stadio clinico. eseguire l’esame istologico in pochi minuti e, in mani esperte e
Lo stadio clinico dei tumori è basato sulle dimensioni della lesione competenti, ha un elevato grado di accuratezza; tuttavia, esistono
primitiva, sull’entità della diffusione ai linfonodi regionali e sulla casi particolari in cui è necessario un migliore dettaglio istologico,
presenza o meno di metastasi. Il sistema di definizione dello stadio fornito da metodi di routine più dispendiosi in termini di tempo.
clinico (o stadiazione) maggiormente utilizzato è quello dell’Ame- Questo si verifica, ad esempio, quando può essere indicato un
rican Joint Committee on Cancer Staging, che propone una classi- ­approccio chirurgico estremamente radicale, come l’amputazione di
ficazione denominata sistema TNM, dove T sta per tumore primitivo, un arto, nel qual caso è più opportuno attendere uno o due giorni
N per coinvolgimento dei linfonodi regionali e M per metastasi. La nonostante gli inconvenienti, piuttosto che effettuare un intervento
stadiazione TNM varia per ciascuna specifica forma di tumore, ma chirurgico inadeguato o non necessario.
esistono alcuni principi generali comuni per tutti i tumori. Le L’aspirazione con ago sottile di un tumore è un altro approccio
­dimensioni della lesione primitiva sono indicate con un numero diagnostico ampiamente utilizzato. La procedura comporta l’aspi-
crescente da T1 a T4. T0 è usato per indicare una lesione in situ. N0 razione di cellule e del fluido circostante con un piccolo ago, seguita
indica l’assenza di coinvolgimento linfonodale, mentre i valori da dall’esame citologico dello striscio dopo colorazione. Tale metodica
N1 a N3 identificano l’interessamento di un numero sempre cre- è utilizzata più frequentemente per la valutazione delle lesioni facil-
scente di linfonodi. M0 significa assenza di metastasi a distanza, mente palpabili in siti come la mammella, la tiroide e i linfonodi,
mentre M1 e, talvolta, M2 indicano la presenza di metastasi e for- ma le moderne tecniche di imaging consentono di applicare questo
niscono una valutazione sul loro numero. metodo anche a lesioni situate in profondità, ad esempio nei linfo-
nodi pelvici e nel pancreas. L’aspirazione con ago sottile è meno
invasiva e più rapida rispetto alla biopsia con ago e permette di
Diagnosi Di Laboratorio
evitare la chirurgia e i rischi a essa correlati. Sebbene ponga alcune
Ogni anno l’approccio alla diagnosi di laboratorio dei tumori diviene difficoltà, ad esempio per le piccole dimensioni dei campioni e per
più complesso, più sofisticato e più specialistico. In pratica per ogni il rischio di errori di campionamento, in mani esperte è estrema-
neoplasia menzionata in questo testo gli esperti hanno identificato mente affidabile, rapida e utile.
vari sottotipi; è necessario imparare a camminare, tuttavia, prima di Lo striscio citologico (Pap) fornisce un ulteriore metodo per la
potere correre, per cui nei paragrafi che seguono cercheremo di diagnosi di tumore (Cap. 22). Questo approccio è ampiamente uti-
presentare lo stato dell’arte evitando dettagli metodologici. lizzato per l’identificazione del carcinoma della cervice uterina,
Metodi istologici e citologici. La diagnosi di laboratorio dei spesso in uno stadio ancora in situ, ma è impiegato anche per molte
tumori è, nella maggior parte dei casi, abbastanza semplice. Le due altre forme di sospetta neoplasia maligna, come carcinoma endo-
estremità dello spettro benigno-maligno non pongono alcun pro- metriale, carcinoma broncogeno, tumori della vescica e prostatici e
blema; tuttavia, in mezzo ai due estremi si trova una zona grigia che carcinomi gastrici, nonché per l’identificazione delle cellule tumorali
i novizi temono e in cui gli esperti sanno di doversi muovere con nei liquidi addominali, pleurici, delle articolazioni e cerebrospinali
cautela. Il tema centrale in questo caso è il differente ruolo del e, meno comunemente, per altre forme di neoplasia.
­medico (spesso un chirurgo) e del patologo nel determinare una Come sottolineato in precedenza, le cellule neoplastiche maligne
corretta diagnosi. presentano una diminuzione della coesione e una gamma di varia-
I dati clinici sono di grande valore per una diagnosi patologica zioni morfologiche note con il termine di anaplasia. Cellule esfoliate
ottimale ma spesso gli stessi clinici ne sottovalutano l’importanza. possono quindi essere analizzate per le caratteristiche di anaplasia
Le modificazioni associate alle radiazioni sulla cute o sulla mucosa, indicative della loro origine tumorale (Figg. 7.47 e 7.48). Diversa-
ad esempio, possono essere simili a quelle indotte da un tumore. mente da quanto previsto dall’approccio istologico, in questo caso
Sezioni prese da una frattura in guarigione possono simulare un il giudizio deve essere basato sulle caratteristiche delle singole cellule
osteosarcoma. Inoltre la valutazione laboratoristica di una lesione o, al massimo, di un ammasso di poche cellule, senza il supporto
316 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

Classificazione dei tumori maligni indifferenziati. In molti casi,


tumori maligni di diversa origine si assomigliano a causa della
scarsa differenziazione. Questi tumori sono spesso difficili da
distinguere a partire dalle sezioni tissutali colorate con ematos-
silina eosina effettuate di routine. Alcuni carcinomi anaplastici,
linfomi maligni, melanomi e sarcomi, ad esempio, possono
­apparire simili, ma è importante che siano correttamente identi-
ficati in quanto caratterizzati da un diverso trattamento e da una
diversa prognosi. L’impiego di anticorpi contro i filamenti inter-
medi si è dimostrato utile in tali casi poiché le cellule dei tumori
solidi spesso contengono filamenti intermedi caratteristici a
­seconda delle cellule da cui hanno avuto origine. La presenza di
citocheratine, ad esempio, individuate tramite immunoistochi-
mica, indica un’origine epiteliale (carcinoma) (Fig. 7.49), mentre
la desmina è specifica dei tumori che originano da cellule
Figura 7.47 Normale striscio cervicovaginale con cellule squamose muscolari.
grandi e fogliacee, gruppi di cellule metaplastiche e alcuni neutrofili. Non Determinazione del sito di origine di tumori metastatici. In molti
si evidenziano cellule maligne. (Per gentile concessione del Dr. P.K. Gupta, pazienti neoplastici è la scoperta di una metastasi a dare il via
University of Pennsylvania, Philadelphia, PA)
all’iter diagnostico. In alcuni casi, la sede principale è ovvia o
rapidamente scoperta sulla base delle informazioni cliniche o dei
della perdita di orientamento di una cellula rispetto alle altre e, so- reperti radiologici. Qualora l’origine del tumore sia invece oscura,
prattutto, di evidenze dell’invasività. Questo metodo permette la l’individuazione immunoistochimica di antigeni tessuto-specifici
differenziazione tra cellule normali, displastiche e cancerose, oltre o organo-specifici in un campione bioptico della metastasi può
a consentire il riconoscimento delle modificazioni cellulari caratte- facilitare l’identificazione del tumore primitivo. L’antigene pro-
ristiche dei carcinomi in situ. Gli ottimi risultati ottenuti nel ­controllo statico specifico (Prostate-Specific Antigen, PSA) e la tireoglo-
del carcinoma della cervice sono la migliore prova della validità del bulina, ad esempio, sono marker rispettivamente dei tumori della
metodo. prostata e della tiroide.
Sebbene l’istologia e la citologia esfoliativa rimangano i metodi Individuazione di molecole dotate di un significato prognostico o
più comunemente usati nella diagnosi di cancro, nuove tecniche si terapeutico. L’identificazione immunoistochimica di recettori
aggiungono continuamente al set di strumenti a disposizione del ormonali (estrogeni/progesterone) nelle cellule del carcinoma
patologo. Alcuni, come l’immunoistochimica, sono ormai ben della mammella ha un valore prognostico e terapeutico poiché
­caratterizzati e usati correntemente; altri, compresi i metodi mole- questi tumori sono suscettibili alla terapia antiestrogenica
colari, si stanno rapidamente diffondendo tra le analisi di “routine”. (Cap. 23). In generale, i tumori della mammella positivi per i
Verranno qui presentati solo alcuni accenni di queste modalità recettori ormonali hanno una prognosi migliore. L’immunoisto-
diagnostiche. chimica consente inoltre di rilevare eventuali proteine prodotte
Immunoistochimica. La disponibilità di anticorpi specifici ha dagli oncogeni come ERBB2: l’iperespressione della proteina
notevolmente facilitato l’identificazione dei prodotti cellulari o dei ERBB2 in un caso di tumore della mammella in genere è associata
marcatori di superficie. Di seguito forniamo alcuni esempi dell’utilità a una cattiva prognosi. Nella pratica generale, l’iperespressione
dell’immunoistochimica nella diagnosi e nel trattamento dei tumori di ERBB2 è confermata da ibridazione in situ in fluorescenza
maligni. (Fluorescent In Situ Hybridization, FISH) che mostra l’amplifi-
cazione della regione genomica contenente il gene ERBB2.

Figura 7.48 Striscio cervicovaginale patologico con numerose cellule


maligne con nuclei pleomorfi e ipercromatici e alcuni leucociti polimorfo- Figura 7.49 Colorazione immunoperossidasica anticitocheratina di
nucleati normali. (Per gentile concessione del Dr. P.K. Gupta, University of un tumore di origine epiteliale (carcinoma). (Per gentile concessione del
Pennsylvania, Philadelphia, PA) Dr. Melissa Upton, University of Washington, Seattle, WA)
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 317

Citometria a flusso. La citometria a flusso può misurare rapida- mentre l’amplificazione di HER-2/NEU nel tumore della mam-
mente e quantitativamente varie caratteristiche delle singole cellule, mella indica la potenziale efficacia della terapia con anticorpi
come antigeni di membrana e contenuto di DNA delle cellule tumo- contro il recettore ERBB2. Tali modificazioni possono essere
rali. La citometria a flusso si è inoltre dimostrata utile nell’identifi- identificate semplicemente con una valutazione citogenetica di
cazione e nella classificazione di tumori originanti da linfociti T e B routine e anche mediante FISH o PCR. Gli oligodendrogliomi in
e da cellule mononucleate fagocitarie. Gli anticorpi monoclonali cui la sola anomalia genica è rappresentata dalla perdita delle
diretti contro le varie cellule linfoemopoietiche sono elencati nel regioni cromosomiche 1p e 19q rispondono bene alla terapia e
Capitolo 13. hanno una sopravvivenza a lungo termine più lunga rispetto ai
Diagnosi molecolare. Numerose tecniche molecolari, alcune tumori con regioni cromosomiche 1p e 19q intatte, ma con am-
consolidate, altre emergenti, vengono utilizzate per la diagnosi di plificazione del recettore per l’EGF.192
neoplasia e, in alcuni casi, per poter fare previsioni sul comporta- Determinazione della malattia minima residua. Dopo il tratta-
mento dei tumori. mento dei pazienti con leucemia o linfoma, la presenza di una
malattia minima residua o l’insorgenza di recidiva possono essere
Diagnosi di malignità. I metodi molecolari, benché non siano la verificate tramite analisi con PCR di sequenze di DNA specifiche
modalità primaria per la diagnosi di tumore, si dimostrano di del clone maligno. La rilevazione dei trascritti BCR-ABL
aiuto in casi specifici. Le tecniche molecolari sono utili per dif- ­tramite PCR, ad esempio, dà una misura del numero residuo di
ferenziare proliferazioni benigne (policlonali) delle cellule T o B cellule leucemiche nei pazienti trattati per LMC. Analogamente,
da quelle maligne (monoclonali). Come indicato nel Capitolo 6, la scoperta di specifiche mutazioni di KRAS nei campioni di feci
è possibile identificare proliferazioni T e B monoclonali sulla base di pazienti precedentemente trattati per adenocarcinoma del
del riarrangiamento clonale dei loro geni per i recettori degli colon possono allertare rispetto a possibili recidive del tumore.
antigeni. La rilevazione basata su PCR dei geni per il recettore L’importanza prognostica della malattia minima residua è stata
della cellula T o delle immunoglobuline permette infatti la stabilita nella leucemia linfoblastica acuta ed è in corso di valu-
­distinzione tra proliferazione monoclonale (neoplastica) e poli- tazione in altre neoplasie.
clonale (reattiva). Molte neoplasie emopoietiche (leucemie e Diagnosi della predisposizione ereditaria alla patologia tumorale.
linfomi) sono associate a traslocazioni specifiche che attivano gli Come è stato descritto in precedenza, mutazioni nella linea ger-
oncogeni e la rilevazione di tali traslocazioni, di solito mediante minale di diversi geni oncosoppressori quali BRCA1 e BRCA2, e
analisi citogenetiche di routine o tecnica FISH (Cap. 5), è spesso del proto-oncogene RET sono associate a un maggiore rischio di
estremamente utile ai fini della diagnosi.189 In alcuni casi, tecniche sviluppare specifici tumori. L’individuazione di questi alleli mu-
molecolari come la PCR possono rilevare una malattia residua tati può pertanto consentire al paziente e al medico di attuare un
in casi che appaiono negativi alle analisi convenzionali. La dia- programma di screening aggressivo, considerare l’opzione di una
gnosi di sarcomi (Cap. 26) con traslocazioni caratteristiche è chirurgia profilattica e fornire una consulenza genetica ai fami-
anch’essa effettuata con tecniche molecolari, poiché le prepara- liari a rischio. Tali indagini di norma richiedono l’evidenziazione
zioni cromosomiche sono spesso difficili da ottenere da tumori di una specifica mutazione (ad es. nel gene RET) o il sequenzia-
solidi. Molti sarcomi dell’infanzia, ad esempio, noti come tumori mento dell’intero gene. Quest’ultimo è necessario qualora sia nota
a piccole cellule (Cap. 10), possono essere difficili da identificare l’esistenza di diverse mutazioni del gene suscettibili di causare il
sulla base della morfologia. Ad esempio, la presenza della traslo- tumore. Sebbene l’identificazione di mutazioni in tali casi sia
cazione caratteristica [t(11;22)(q24;q12)], stabilita con PCR, in relativamente semplice, i problemi etici che circondano queste
uno di questi tumori conferma la diagnosi di sarcoma di Ewing.190 diagnosi presintomatiche sono complessi.
Una tecnica citogenetica molecolare chiamata tipizzazione dello
spettro cariotipico possiede notevole sensibilità e consente di Profilo molecolare dei tumori
eseguire l’esame di tutti i cromosomi in un singolo esperimento.191
Questa tecnica, basata sulla colorazione dei cromosomi a 24 Fino a poco tempo fa, lo studio dell’espressione genica nei tumori
colori con una miscela di fluorocromi, è in grado di rilevare tutti implicava l’analisi di singoli geni. Questi studi sono stati rivoluzio-
i tipi di riarrangiamenti cromosomici nelle cellule tumorali, nati dall’introduzione di metodi che consentono di misurare l’espres-
comprese piccole traslocazioni e inserzioni criptiche. (Cap. 5, si sione di tutti i geni del genoma simultaneamente.193,194 Il metodo più
veda Fig. 5.35). Essa può inoltre definire l’origine di cromosomi ­comune per l’analisi su larga scala dell’espressione genica oggi in uso
non identificati, chiamati cromosomi marker, presenti in molte si basa sulla tecnologia dei microarray a DNA. I metodi per l’analisi
neoplasie maligne emopoietiche. Un’altra tecnica disponibile è dell’espressione sono fondamentalmente due, ciascuno con i propri
l’ibridazione genomica comparativa, adesso più opportunamente vantaggi e svantaggi. I prodotti di PCR da geni clonati o gli oligo-
convertita in formato microarray, che permette l’analisi di acqui- nucleotidi omologhi ai geni di interesse sono disposti su un vetrino.
sizioni e perdite cromosomiche nelle cellule tumorali. L’uso dei I chip sono disponibili in commercio, ma possono essere anche
microarray di DNA (descritti più avanti), sia come array “a tap- prodotti nei singoli laboratori e i test di oligonucleotidi ad alta den-
peto” (tiling array), che coprono l’intero genoma umano, sia come sità possono contenere più di 2 milioni di elementi. Il chip genetico
array di pleomorfismo di singoli nucleotidi (chip SNP), permet- viene quindi ibridato con “sonde” preparate a partire dal tumore e
tono l’analisi delle amplificazioni e delle delezioni genomiche con da campioni di controllo (le sonde sono in genere copie di DNA
altissima risoluzione. complementare dell’RNA estratto dal tumore e dai tessuti sani)
Prognosi di neoplasie maligne. Alcune alterazioni genetiche sono marcate con un fluorocromo. Dopo l’ibridazione, il chip viene letto
associate a prognosi infausta e il loro riscontro permette dunque usando uno scanner laser (Fig. 7.50); software sofisticati sono stati
una più adeguata stratificazione dei pazienti per la terapia. L’am- sviluppati per misurare l’intensità della fluorescenza per ogni spot.
plificazione del gene N-MYC e le delezioni di 1p, ad esempio, Tali dati possono quindi essere utilizzati per eseguire diverse analisi:
indicano una prognosi negativa per i pazienti con neuroblastoma, una delle più utili nella ricerca sul cancro è stato il raggruppamento
318 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

f­ enotipicamente identici (Cap. 13) da individui diversi mostra che


questi tumori sono eterogenei per quanto attiene i profili di espres-
sione genica. È importante notare che sono stati identificati profili
di espressione genica che permettono la separazione di linfomi
morfologicamente simili in sottocategorie distinte con tassi di so-
pravvivenza marcatamente diversi.195
Un problema rilevante nell’analisi dell’espressione genica nei
­tumori è rappresentato dall’eterogeneità del tessuto. All’eterogeneità
delle cellule tumorali si somma il fatto che i campioni possono
contenere quantità variabili di tessuto connettivo stromale, infiltrati
infiammatori e cellule di tessuto normale. Un modo per ovviare a
questo problema consiste nell’ottenere cellule tumorali quasi pure
o piccoli tumori privi dello stroma associato usando la microdisse-
zione laser. In questa tecnica, la dissezione delle cellule tumorali è
realizzata al microscopio con un laser focalizzato. Il materiale dis-
sezionato è quindi catturato o “catapultato” in una provetta e pro-
cessato per l’isolamento di RNA e DNA.
Le applicazioni della tecnologia basata sul profilo molecolare
continuano a espandersi e a raffinarsi, ma sono già stati compiuti
molti progressi. Lo studio che ha avuto la maggiore risonanza
­riguarda il profilo di espressione genica dei tumori della mammella,
per i quali non soltanto sono stati identificati nuovi sottotipi, ma è
stato anche definito un profilo prognostico di 70 geni.196 Tale profilo
è risultato essere uno strumento predittivo importante per le pazienti
giovani, nonché particolarmente accurato nel predire le metastasi
durante i primi 5 anni dopo la diagnosi. La prognosi determinata
dal profilo di espressione genica è fortemente correlata al grado
istologico e allo stato dei recettori estrogenici, ma non alla diffusione
linfatica del tumore. Attualmente si utilizza un panel più piccolo di
21 geni per definire il rischio di recidiva e il probabile beneficio della
chemioterapia in un sottogruppo di pazienti con tumore della
mammella.197
Lo sviluppo di nuove piattaforme di microarray e di nuove tec-
Figura 7.50 Passaggi necessari per l’analisi dell’espressione genica nologie, come il sequenziamento high-throughput, rendono la
globale per mezzo di microarray a DNA. L’RNA è estratto dal tumore e da ­categorizzazione metodica di tutti i cambiamenti genetici presenti
un tessuto normale. Il DNA complementare (cDNA) sintetizzato da ciascun in una cellula tumorale una possibilità realistica. L’ibridazione ge-
campione è marcato con coloranti fluorescenti (nell’esempio mostrato, il nomica comparativa basata sugli array può essere usata per cercare
cDNA del tessuto normale è marcato con un colorante verde, mentre il
cDNA del tumore è marcato con un colorante rosso). L’array consiste in un
alterazioni della struttura genomica, come amplificazioni e delezioni,
supporto solido che contiene migliaia di sonde di DNA rappresentanti geni che successivamente possono essere messe in relazione con i cam-
noti. I cDNA marcati provenienti dal tumore e dal tessuto normale sono biamenti osservati nell’espressione genica. I cosiddetti chip con
mescolati e ibridati ai geni sull’array. I segnali di ibridazione sono rilevati polimorfismi di un singolo nucleotide (Single Nucleotide Polymor-
tramite l’uso di un microscopio a scansione laser e i risultati vengono in- phism, SNP), che comprendono SNP estesi all’intero genoma, sono
terpretati in unità di intensità di fluorescenza rossa o verde (i quadrati rossi
sono quelli dei geni maggiormente espressi nel tumore; i quadrati verdi stati usati nell’analisi dei linkage a livello genomico (Cap. 5) e in
corrispondono ai geni maggiormente espressi nel tessuto normale; i qua- studi di associazione per identificare i geni associati a un aumentato
drati neri indicano la mancanza di differenza nell’espressione del gene tra rischio di cancro.198-200 Gli array “a tappeto” dell’intero genoma pos­
il tumore e il tessuto normale). Nella visualizzazione, le file orizzontali cor- sono essere usati per cercare nuovi trascritti, nuovi promotori e
rispondono a ciascun gene contenuto nell’array, mentre ciascuna fila ver-
ticale corrisponde a un singolo campione.
nuove varianti di nuovi legami in seguito a rotture (splicing); inoltre
possono essere utilizzati per identificare eventi epigenetici come la
metilazione del DNA e, combinati con una tecnica chiamata immu-
gerarchico, che può essere usato in vari modi per comprendere noprecipitazione della cromatina, consentono di mappare il sito
l’eterogeneità molecolare e il comportamento biologico del cancro. genomico in cui si è deposta la cromatina, così come i siti di legame
Ciò consente di determinare i profili di espressione di molti tumori genomico dei fattori trascrizione. I metodi di risequenziamento
differenti con diversa prognosi, ad esempio tumori della mammella high-throughput, capaci di generare da centinaia di milioni a ­miliardi
con e senza recidiva. Un raggruppamento gerarchico consente di di basi in un singolo test, possono permettere l’identificazione di
elaborare un breve (si spera) elenco di geni espressi in maniera prodotti sconosciuti dei geni di fusione nonché il risequenziamento
differente in questi due gruppi, il quale rappresenta una “firma di interi genomi tumorali.201
­genica” che può essere usata per predire il comportamento dei tu- La nuova frontiera delle tecniche molecolari per lo studio com-
mori. Si auspica che i profili di espressione genica miglioreranno la pleto dei tumori è la proteomica, una tecnica utilizzata per ottenere
nostra capacità di stratificare i rischi dei pazienti e consentiranno di il profilo di espressione delle proteine contenute nei tessuti, nel siero
adeguare la terapia superando i limiti dell’istologia e della stadia- o in altri fluidi corporei. Di fatto, appurato che i livelli di mRNA
zione patologica. In effetti, l’analisi di linfomi a grandi cellule B sono regolati a livello post-trascrizionale, non è chiaro il grado di
CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche 319

intensità con cui i livelli delle proteine – le molecole che realizzano solo alcuni esempi largamente utilizzati. Il PSA, impiegato per lo
i processi cellulari – sono effettivamente correlati ai livelli di mRNA. screening dell’adenocarcinoma prostatico, è forse uno dei marker
Attualmente sono in corso di sviluppo tecnologie che permettano tumorali utilizzati più frequentemente e con maggiore successo nella
misurazioni complete delle proteine, come la spettroscopia di massa pratica clinica.202 La presenza di livelli elevati di PSA nel sangue deve
e gli array anticorpali. essere considerata un possibile indizio di carcinoma prostatico. I
L’aspettativa creata dallo sviluppo di nuove tecniche per l’analisi problemi incontrati con praticamente qualsiasi marker tumorale, a
molecolare completa dei tumori ha portato alcuni studiosi a predire ogni modo, interessano anche lo screening con PSA. Sebbene siano
la prossima fine dell’istopatologia e a considerare gli approcci odierni spesso elevati nei pazienti con cancro, i livelli di PSA possono risul-
alla diagnosi tumorale come l’equivalente dei metodi magici di tare elevati anche nell’iperplasia prostatica benigna (Cap. 18). ­Inoltre,
­divinazione. È in effetti difficile sottrarsi all’entusiasmo generato nessun livello di PSA assicura che una persona non abbia un cancro
dallo sviluppo di metodi potenti e interamente nuovi di analisi della prostata. Il test del PSA, pertanto, ha il difetto di una bassa
molecolare. Ciò che ci aspetta, tuttavia, non è la sostituzione di un sensibilità e di una bassa specificità. Altri marcatori tumorali occa-
insieme di tecniche con un altro. Al contrario, una più accurata sionalmente usati nella pratica clinica includono il CEA, prodotto
valutazione diagnostica e prognostica dei tumori sarà il risultato di dai carcinomi del colon, del pancreas, dello stomaco e della mam-
una combinazione di tecniche morfologiche e molecolari. mella, e l’AFP, prodotta dai carcinomi epatocellulari, dai residui
gonadici del sacco vitellino e, in alcuni casi, dai teratocarcinomi e
dai carcinomi embrionari. Come il PSA, purtroppo, tutti questi
Marcatori (marker) tumorali
marcatori possono essere prodotti anche in varie condizioni non
I test biochimici per gli enzimi associati al tumore, gli ormoni e altri neoplastiche e mancano quindi sia della specificità sia della sensibi-
marker tumorali nel sangue, benché non possano essere usati per la lità richieste per la diagnosi precoce dei tumori, pur conservando la
diagnosi finale di cancro, sono di aiuto nell’individuazione del tu- loro utilità nell’individuazione delle recidive dopo l’asportazione
more e, in alcuni casi, si dimostrano utili nel determinare l’efficacia della neoplasia primitiva. Con la completa rimozione del tumore,
della terapia o la comparsa di una recidiva. infatti, questi marcatori scompaiono dal siero; la loro ricomparsa
Numerosi marcatori tumorali sono già stati descritti e ogni anno indica quasi sempre l’inizio della fine.
ne vengono identificati di nuovi. Solo alcuni hanno superato la prova Altri marcatori ampiamente utilizzati sono la gonadotropina
del tempo e dimostrato la loro utilità clinica. corionica umana per i tumori testicolari, il CA-125 per i tumori
L’applicazione di diversi marcatori, elencati nella Tabella 7.12, è ovarici, e le immunoglobuline nel mieloma multiplo e in altri tumori
discussa nella trattazione di forme specifiche di neoplasia in altri secernenti delle plasmacellule. Lo sviluppo di nuovi test per rilevare
capitoli, ragione per cui in questa sede ci limiteremo a considerare marker tumorali nel sangue e nei liquidi biologici è un’area attiva di

Tabella 7.12 Principali marcatori tumorali

ormoni

Gonadotropina corionica umana Tumori trofoblastici, tumori testicolari non seminomi


Calcitonina Carcinoma midollare della tiroide
Catecolamine e metaboliti Feocromocitoma e tumori correlati
Ormoni ectopici Si vedano le sindromi paraneoplastiche nella Tabella 7.11

antigeni oncofetali

a-Fetoproteina Carcinoma epatocellulare, tumori germinali del testicolo


non seminomi
Antigene carcinoembrionale Carcinomi del colon, del pancreas, del polmone, dello stomaco
e del cuore

isoenzimi

Fosfatasi acida prostatica Tumore della prostata


Enolasi neurone-specifica Tumore a piccole cellule del polmone, neuroblastoma

proteine specifiche

Immunoglobuline Mieloma multiplo e altre gammopatie


Antigene prostatico specifico e antigene prostatico specifico Tumore della prostata
di membrana

mucine e altre glicoproteine

CA-125 Tumore dell’ovaio


CA-19-9 Tumore del colon, tumore del pancreas
CA-15-3 Tumore della mammella

nuovi marker molecolari

Forme mutanti di p53, APC e RAS nelle feci e nel siero Cancro del colon
Forme mutanti di p53 e RAS nelle feci e nel siero Tumore del pancreas
Forme mutanti di p53 e RAS nell’espettorato e nel siero Tumore del polmone
Forme mutanti di p53 nelle urine Carcinoma della vescica
320 CAPITOLO 7 Malattie neoplastiche

ricerca. Alcuni dei marker in corso di valutazione comprendono 35. Plaza-Menacho I et al.: Current concepts in RET-related genetics, signaling and
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8
Malattie infettive
alexander j. mcadam • arlene h. sharpe

Principi generali di patogenesi microbica Virus West Nile


Agenti infettivi Febbri emorragiche virali
Prioni Infezioni croniche latenti (infezioni da herpesvirus)
Virus Virus dell’herpes simplex (HSV)
Batteri Virus varicella-zoster (VZV)
Miceti Citomegalovirus (CMV)
Protozoi Infezioni croniche persistenti
Elminti Virus dell’epatite B
Ectoparassiti Trasformazione neoplastica indotta
Tecniche speciali per la diagnosi di microrganismi da agenti infettivi
infettivi Virus di Epstein-Barr
Malattie infettive nuove ed emergenti
Agenti infettivi del bioterrorismo Infezioni batteriche
Trasmissione e disseminazione degli agenti infettivi Infezioni da batteri Gram-positivi
Vie di ingresso dei microrganismi Infezioni stafilococciche
Diffusione e disseminazione degli agenti infettivi Infezioni streptococciche ed enterococciche
Eliminazione degli agenti infettivi dall’organismo Difterite
Infezioni a trasmissione sessuale Listeriosi
Infezioni nosocomiali Carbonchio
Difese dell’ospite contro le infezioni Nocardia
Come i microrganismi causano malattia Infezioni da batteri Gram-negativi
Meccanismi di danno virale Infezioni da Neisseria
Meccanismi di danno batterico Pertosse
Effetti dannosi della reazione immunitaria dell’ospite Infezioni da Pseudomonas
Peste
Come i microrganismi eludono le difese immunitarie
Cancroide (ulcera molle)
dell’ospite
Granuloma inguinale
Infezioni nei pazienti immunodepressi
Micobatteri
Risposte infiammatorie alle infezioni Tubercolosi
Infiammazione purulenta (da polimorfonucleati) Complesso Mycobacterium avium-
© 2010 elsevier srl. tutti i diritti riservati.

Infiammazione granulomatosa e da mononucleati Mycobacterium intracellulare


Reazione citopatica-citoproliferativa Lebbra
Infiammazione necrotica
Spirochete
Infiammazione cronica e cicatrizzazione
Sifilide
Infezioni virali Febbre ricorrente
Infezioni acute (transitorie) Malattia di Lyme
Morbillo Batteri anaerobi
Parotite Ascessi causati da anaerobi
Infezioni da poliovirus Infezioni da clostridi

323
324 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Batteri intracellulari obbligati Babesiosi


Infezioni da Chlamydia Leishmaniosi
Infezioni da rickettsie Tripanosomiasi africana
Malattia di Chagas
Infezioni da miceti
Candidosi Metazoi
Criptococcosi Strongiloidosi
Aspergillosi Cestodi: cisticercosi
Zigomicosi (mucormicosi) e idatidosi
Trichinosi
Infestazioni parassitarie Schistosomiasi
Protozoi Filariasi linfatica
Malaria Oncocercosi

Principi generali di patogenesi Prioni


microbica I prioni sono costituiti da forme anomale di una proteina dell’ospite,
chiamata proteina prionica (PrP).3 Questi agenti causano encefalo-
Nonostante la disponibilità e l’uso di vaccini e antibiotici efficaci, patie spongiformi trasmissibili, tra le quali il kuru (associato al
le malattie infettive rimangono un importante problema di salute cannibalismo umano), la malattia di Creutzfeldt-Jakob (Creutzfeldt-
negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Negli Stati Uniti, due fra le Jakob Disease, CJD), l’encefalopatia spongiforme bovina (Bovine
prime 10 cause di morte sono malattie infettive (polmonite e in- Spongiform Encephalopathy, BSE; meglio nota come “malattia della
fluenza, e setticemia).1 Le categorie più esposte sono gli anziani, i mucca pazza”) e una variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob
soggetti con sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), i (variant Creutzfeldt-Jakob Disease, vCJD; verosimilmente trasmessa
pazienti affetti da patologie croniche e quelli in terapia con farmaci all’uomo da animali d’allevamento affetti da BSE).4 La PrP è nor-
immunosoppressivi. Nei Paesi in via di sviluppo le precarie condi- malmente presente nei neuroni. La malattia si manifesta quando la
zioni di vita e la malnutrizione contribuiscono a determinare PrP subisce una variazione conformazionale che le conferisce resi-
un’elevata incidenza di malattie infettive, che uccidono più di 10 stenza alle proteasi. La PrP proteasi-resistente promuove a sua volta
milioni di persone ogni anno. La maggior parte di queste morti si la conversione della normale PrP proteasi-sensibile nella forma
verifica nei bambini, in particolare a causa di infezioni respiratorie anomala e ciò spiega la natura infettiva di queste patologie. L’accu-
e intestinali.2 mulo di PrP anomala determina danno neuronale e la caratteristica
lesione spongiforme dell’encefalo. Mutazioni spontanee o ereditarie
della PrP, tali da renderla resistente alla proteasi, sono state osservate
Agenti Infettivi
rispettivamente nelle forme sporadica e familiare della CJD. La CJD
Gli agenti infettivi appartengono a un ampio spettro di classi e va- può essere trasmessa da individuo a individuo per via iatrogena,
riano in dimensioni dai circa 27 kDa dei prioni, privi di acido nu- tramite chirurgia, trapianto d’organo o trasfusione di sangue. Queste
cleico, ai 20 nm dei poliovirus fino ai 10 m dei cestodi (Tab. 8.1). malattie sono trattate in dettaglio nel Capitolo 28.

Tabella 8.1 Classi di microrganismi patogeni per l’uomo e loro localizzazione


Posizione tassonomica Dimensioni Sede di propagazione Specie campione Malattia

Prioni 30–50 kDa Intracellulari Proteina prionica Malattia di Creutzfeldt-Jacob

Virus 20–300 nm Intracellulari obbligati Poliovirus Poliomielite

Batteri 0,2–15 mm Intracellulari obbligati Chlamydia trachomatis Tracoma, uretrite


Extracellulari Streptococcus pneumoniae Polmonite
Intracellulari facoltativi Mycobacterium tuberculosis Tubercolosi

Funghi 2–200 mm Extracellulari Candida albicans Mughetto


Intracellulari facoltativi Histoplasma capsulatum Istoplasmosi

Protozoi 1–50 mm Extracellulari Trypanosoma gambiense Malattia del sonno


Intracellulari facoltativi Trypanosoma cruzi Malattia di Chagas
Intracellulari obbligati Leishmania donovani Kala-azar

Elminti 3 mm–10 m Extracellulari Wuchereria bancrofti Filariasi


Intracellulari Trichinella spiralis Trichinosi
CAPITOLO 8 Malattie infettive 325

Figura 8.1 Strutture virali osservabili al microscopio elettronico. A. Adenovirus, virus a DNA icosaedrico privo di pericapside, dotato di fibrille. B. Virus
di Epstein-Barr, virus a DNA icosaedrico dotato di pericapside. C. Rotavirus, un virus a RNA con caratteristico aspetto a ruota privo di pericapside. D. Pa-
ramyxovirus, virus a RNA di forma sferica dotato di pericapside. È possibile notare l’RNA virale che fuoriesce dal virione danneggiato. (Fotografie per gentile
concessione di Science Source; © Photo Researchers, Inc., New York, NY)

Virus I virus sono responsabili di un gran numero di infezioni nell’uo-


mo. Molti provocano malattie transitorie (ad es. raffreddore, in-
I virus sono parassiti intracellulari obbligati che dipendono dal fluenza). Altri non sono eliminati dall’organismo e rimangono
metabolismo della cellula ospite per la loro replicazione. Essi con- all’interno delle cellule ospiti per anni, continuando a replicarsi (ad
sistono di un genoma composto da acido nucleico avvolto da una es. infezione cronica da virus dell’epatite B [HBV]) o in forme non
capsula proteica (chiamata capside), che è talvolta racchiusa in una replicanti (denominata infezione latente) con la potenzialità di ri-
membrana lipidica. I virus sono classificati in base al tipo di acido attivarsi successivamente. Ad esempio, il virus dell’herpes zoster,
nucleico che compone il loro genoma (DNA o RNA), alla forma del che causa la varicella, può penetrare nei gangli delle radici dorsali
capside (icosaedrico o elicoidale), alla presenza o meno di un invo- dei nervi spinali e restare latente in questa sede; in seguito può
lucro lipidico, alla modalità di replicazione, al tipo cellulare preferito ­riattivarsi periodicamente causando l’herpes zoster, una patologia
per la replicazione (chiamato tropismo), o alla differente patologia dolorosa. Alcuni virus sono coinvolti nella trasformazione di una
a essi associata. Dal momento che i virus hanno dimensioni ridotte, cellula ospite in una neoplasia benigna o maligna (ad es. le verruche
che variano dai 20 a 300 nm, sono visualizzabili unicamente al mi- benigne e il carcinoma della cervice uterina indotti dal virus umano
croscopio elettronico (Fig. 8.1). Tuttavia, alcune particelle virali del papilloma [HPV]). Specie virali diverse possono determinare
aggregate tra loro all’interno delle cellule infettate formano caratte- lo stesso quadro clinico (ad es. infezioni delle vie respiratorie su-
ristici corpi inclusi, che possono essere osservati anche al microsco- periori); al contrario, lo stesso virus può causare manifestazioni
pio ottico e risultano utili per la diagnosi. Ad esempio, le cellule cliniche differenti a seconda dell’età del paziente o del suo stato
infettate dal citomegalovirus (CMV) sono voluminose con una immunitario (ad es. CMV).
grande inclusione nucleare eosinofila e piccole inclusioni citopla-
smatiche basofile; gli herpesvirus provocano una grande inclusione Batteri
nucleare circondata da un alone chiaro; e anche il virus del vaiolo e
quello della rabbia formano caratteristiche inclusioni citoplasmati- I batteri sono procarioti, vale a dire dotati di membrana cellulare,
che. Molti virus invece, tra i quali per esempio il virus di Epstein- ma privi di un nucleo circondato da membrane e di altri organuli
Barr (EBV), non danno origine a inclusioni. citoplasmatici racchiusi da membrane. La maggior parte dei batteri
326 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Figura 8.2 Molecole situate sulla superficie di batteri Gram-negativi e Gram-positivi coinvolte nella patogenesi. Non è mostrato l’apparato secretorio
di tipo 3 dei batteri Gram-negativi (si veda il testo).

è circondata da una parete cellulare formata da peptidoglicano, un (Fig. 8.3) e alle necessità di ossigeno (aerobi o anaerobi). Molti
polimero di lunghe catene di zuccheri unite da ponti peptidici. Vi batteri sono dotati di flagelli, lunghi filamenti elicoidali che si esten-
sono due forme strutturali di parete cellulare: una parete spessa che dono dalla superficie della cellula e che permettono al batterio
circonda la membrana cellulare e che trattiene il colorante cristal- di muoversi. Alcuni batteri possiedono pili, un altro tipo di pro-
violetto (batteri Gram-positivi) e una parete cellulare sottile con- paggini che originano dalla superficie cellulare e permettono l’ade-
tenuta all’interno di due doppi strati di membrane fosfolipidiche sione dei batteri alle cellule ospiti o alla matrice extracellulare. La
(batteri Gram-negativi) (Fig. 8.2). I batteri vengono classificati in maggior parte dei batteri sintetizza i propri DNA, RNA e proteine,
base alla colorazione di Gram (positivi o negativi), alla forma (quelli ma ­dipende dall’ospite per lo sviluppo di condizioni di crescita
sferici sono cocchi; quelli a forma di bastoncello sono bacilli) favorevoli.

Figura 8.3 Differenti aspetti morfologici dei batteri. I batteri sono indicati da frecce in ciascun riquadro. A. Colorazione di Gram dell’escreato di un pa-
ziente con polmonite. Sono visibili gruppi di cocchi Gram-positivi (Staphylococcus aureus) con neutrofili in degenerazione. B. Colorazione di Gram dell’escreato
di un paziente con polmonite. Si vedono cocchi Gram-positivi allungati, in coppie e in catenelle (Streptococcus pneumoniae) e neutrofili. C. Colorazione di
Gram di Clostridium sordellii cresciuto in coltura. È presente un misto di bacilli Gram-positivi e Gram-negativi, molti dei quali presentano spore subterminali
(aree chiare). Le specie di Clostridium sono batteri Gram-positivi ma a volte non prendono la colorazione di Gram. D. Colorazione di Gram di un campione
di lavaggio broncoalveolare che mostra bacilli intracellulari Gram-negativi tipici delle Enterobacteriaceae come Klebsiella pneumoniae o Escherichia coli.
E. Colorazione di Gram della secrezione uretrale in un paziente con gonorrea. Sono presenti molti diplococchi Gram-negativi (Neisseria gonorrhoeae)
all’interno di un neutrofilo. F. Impregnazione argentica del tessuto cerebrale in un paziente con meningoencefalite da malattia di Lyme. Le frecce indicano
due spirochete elicoidali (Borrelia burgdorferi). Le fotografie hanno ingrandimenti diversi. (D. Per gentile concessione del Dr. Karen Krisher, Clinical Micro-
biology Institute, Wilsonville, OR. Le altre immagini per gentile concessione del Dr. Kenneth Van Horn, Focus Diagnostics)
CAPITOLO 8 Malattie infettive 327

I soggetti sani possono essere colonizzati da circa 1012 batteri a comunemente indicate dal termine “Tinea” seguito dall’area del
livello cutaneo, 1010 batteri a livello orale e 1014 batteri a livello del corpo colpita (ad es. Tinea pedis, “piede d’atleta”; Tinea capitis, “tigna
tratto gastrointestinale. I batteri che colonizzano la cute compren- del cuoio capelluto”). Alcune specie fungine invadono il tessuto
dono Staphylococcus epidermidis e Propionibacterium acnes, che sottocutaneo, causando ascessi o granulomi (ad es. sporotricosi e
provoca l’acne. I batteri aerobi e anaerobi della bocca, in particolare micosi tropicali).
Streptococcus mutans, contribuiscono alla formazione della placca Infezioni profonde possono diffondere a livello sistemico e inva-
dentaria, una delle cause principali di carie. I metodi di sequenzia- dere vari tessuti, distruggendo organi vitali nei soggetti immunode-
mento veloce high-throughput hanno permesso di recente l’analisi pressi. In soggetti immunocompetenti solitamente causano infezioni
dettagliata del genoma dei batteri che costituiscono la flora batterica con successiva totale risoluzione, o che possono rimanere latenti.
intestinale. Vi sono almeno 395 specie di batteri nella flora intesti- Alcune micosi profonde sono limitate a una particolare regione
nale normale, ma la stragrande maggioranza è rappresentata da un geografica (ad es. Coccidioides nel Sud-ovest degli Stati Uniti e Hi-
solo piccolo sottogruppodi batteri perlopiù anaerobi. L’analisi ap- stoplasma nella valle del fiume Ohio). I miceti opportunisti (ad es.
profondita del genoma dell’insieme di questi batteri (che prende il Candida, Aspergillus, Mucor e Cryptococcus), invece, sono ubiquitari
nome di “microbioma”) della flora intestinale può offrire indizi sia e formano colonie all’interno dell’organismo o si trovano nell’am-
sulle pressioni evolutive che hanno selezionato questi microrgani- biente esterno. Nei pazienti immunodepressi i miceti opportunisti
smi, sia sulle alterazioni che possono modificare questa relazione danno origine a infezioni potenzialmente mortali, caratterizzate da
simbiotica, come nelle patologie infiammatorie intstinali.5 Molti necrosi tissutale, emorragie e occlusione vascolare, con risposta
batteri quando invadono l’organismo restano all’esterno delle cellule, infiammatoria minima o assente. I pazienti con AIDS vengono
mentre altri possono sopravvivere e replicarsi sia all’interno sia spesso infettati dal micete opportunista Pneumocystis jiroveci (in
all’esterno delle cellule ospiti (batteri intracellulari facoltativi) e al- passato chiamato Pneumocystis carinii).
cuni crescono solo all’interno delle cellule ospiti (batteri intracellulari
obbligati). Protozoi
I batteri intracellulari obbligati includono Chlamydia e Rickettsia,
che si replicano all’interno di vacuoli circondati da membrane nelle I protozoi parassiti sono eucarioti unicellulari e costituiscono una
cellule epiteliali ed endoteliali, rispettivamente. Questi batteri rica- delle principali cause di malattia e morte nei Paesi in via di sviluppo.
vano la maggior parte o tutta l’energia di cui hanno bisogno dalla I protozoi si possono replicare all’interno di vari tipi cellulari (ad
cellula ospite. Chlamydia trachomatis è la causa infettiva più fre- es. Plasmodium nei globuli rossi, Leishmania nei macrofagi) o a li-
quente di sterilità femminile (a causa della cicatrizzazione e del re- vello extracellulare nell’apparato urogenitale, nell’intestino o nel
stringimento delle tube di Falloppio) e di cecità (da infiammazione sangue. Trichomonas vaginalis è un protozoo parassita, dotato di
cronica della congiuntiva con formazione finale di cicatrici e opa- flagelli; viene trasmesso sessualmente e può colonizzare la vagina e
cizzazione della cornea). Le rickettsie danneggiano le cellule endo- l’uretra maschile. I più frequenti protozoi intestinali, Entamoeba
teliali in cui crescono e causano così una vasculite emorragica, histolytica e Giardia lamblia, possono assumere due forme: (1)
spesso visibile come un rash, ma possono anche danneggiare il si- trofozoiti mobili, che aderiscono alle cellule epiteliali del lume in-
stema nervoso centrale (SNC) e causare morte (febbre maculosa testinale e possono invaderle, e (2) cisti immobili, resistenti agli acidi
delle Montagne Rocciose [Rocky Mountain Spotted Fever, RMSF] gastrici e quindi infettive quando ingerite. I protozoi trasmessi per
e tifo epidemico). Le Rickettsie sono trasmesse da artropodi vettori, via ematica (ad es. Plasmodium, Trypanosoma e Leishmania) sono
come i pidocchi (tifo epidemico), zecche (RMSF ed ehrlichiosi) ed trasmessi da insetti vettori, nei quali si replicano prima di essere
acari (Tsu-tsugamushi o febbre fluviale del Giappone).6 introdotti nel nuovo organismo ospite. I protozoi intestinali vengono
Gli organismi del genere Mycoplasma e quelli appartenenti al acquisiti per ingestione di cisti da cibo o acqua contaminati. Toxo-
genere correlato Ureaplasma sono gli unici tra i batteri patogeni plasma gondii viene acquisito tramite contatto con le oocisti liberate
extracellulari a essere privi di una parete cellulare. Si tratta dei più nell’ambiente da feci di gatto o per ingestione di carne poco cotta
piccoli organismi a vita libera noti (125–300 nm). contenente cisti.

Miceti Elminti
I miceti sono microrganismi eucarioti, dotati di una parete cellulare I vermi parassiti sono organismi pluricellulari altamente differen-
spessa contenente chitina e di una membrana cellulare contenente ziati. I loro cicli vitali sono complessi; la maggior parte di essi alterna
ergosterolo. Possono svilupparsi sia come cellule lievitiformi ton- una riproduzione sessuata nell’ospite definitivo e una moltiplicazione
deggianti, sia come sottili filamenti ifali. Le ife possono essere settate asessuata nell’ospite intermedio o nel vettore. Quindi, a seconda della
(con pareti che separano le cellule attigue) o asettate, questa rappre- specie considerata, l’uomo può albergare sia i vermi adulti (ad es.
senta un’importante caratteristica morfologica differenziale ai fini Ascaris lumbricoides), sia le forme immature (ad es. Toxocara canis),
diagnostici. Alcuni dei più importanti miceti patogeni mostrano un sia le forme larvali asessuate (ad es. le specie di Echinococcus). Una
dimorfismo termico, cioè si accrescono tramite la produzione di ife volta che i vermi adulti si insediano nell’uomo, non si moltiplicano
a temperatura ambiente e in forma di lieviti alla temperatura ma producono uova o larve che solitamente passano nelle feci.
­corporea. I funghi possono produrre spore sessuate o, più comune- Spesso la gravità della malattia è in proporzione al numero di orga-
mente, spore asessuate chiamate conidi. Questi ultimi sono prodotti nismi che hanno infestato l’individuo (ad es. 10 anchilostomi deter-
in strutture specializzate, i corpi fruttiferi, posti lungo il filamento minano una patologia lieve, mentre 1.000 anchilostomi determinano
ifale. I miceti possono causare infezioni superficiali o profonde. Le una grave anemia in quanto consumano 100 ml di sangue al giorno).
infezioni superficiali interessano la cute, i capelli e le unghie. Le In alcune infezioni elmintiche, la patologia è causata dalla risposta
specie micotiche che si trovano negli strati superficiali della cute infiammatoria alle uova o alle larve piuttosto che agli adulti (ad es.
umana sono conosciute come dermatofiti. Queste infezioni sono schistosomiasi).
328 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Ectoparassiti dall’infezione (“convalescente”); un aumento di quattro volte nel


titolo è solitamente considerato diagnostico.
Gli ectoparassiti sono insetti (pidocchi, cimici, pulci) o aracnidi I test basati sugli acidi nucleici, che prendono nel complesso il
(acari, zecche, ragni) che aderiscono alla cute e vivono su di essa o nome di diagnostica molecolare, sono divenuti metodi di routine per
nel suo spessore. Gli artropodi possono causare malattia direttamen- il riscontro e la valutazione quantitativa di diversi patogeni. Ad
te, danneggiando l’organismo, o indirettamente, fungendo da vettori esempio, negli individui infettati dal virus dell’immunodeficienza
per la trasmissione di un agente infettivo. Alcuni artropodi possono umana (HIV), la valutazione quantitativa dell’RNA di HIV è una
determinare prurito ed escoriazioni (ad es. la pediculosi causata da guida importante per la terapia antiretrovirale.7 La gestione delle
pidocchi che aderiscono al fusto di peli e capelli, o la scabbia, causata infezioni da HBV e HCV è similmente guidata da valutazione quan-
da acari che formano cunicoli nello spessore dello strato corneo). titativa o tipizzazioni virali basate sugli acidi nucleici per predire la
Nel sito di entrata si possono evidenziare parti dell’apparato buccale resistenza ai farmaci antivirali.
del parassita associate a un infiltrato misto di linfociti, macrofagi ed I test basati sull’amplificazione dell’acido nucleico, come la rea-
eosinofili. Inoltre gli artropodi possono essere vettori per altri pa- zione a catena della polimerasi (PCR) e l’amplificazione mediata da
togeni. Ad esempio, le zecche dei cervi trasmettono la malattia di trascrizione (transcription-mediated amplification), sono diventati
Lyme, causata dallo spirochete Borrelia burgdorferi. esami di routine per la diagnosi di gonorrea, infezioni da Chlamydia,
tubercolosi ed encefalite erpetica. Spesso i test molecolari sono molto
più sensibili degli esami convenzionali.8,9 La PCR su liquido cefalo-
Tecniche Speciali Per La Diagnosi
rachidiano (LCR) per encefalite da HSV ha una sensibilità diagno-
Di Microrganismi Infettivi
stica di circa l’80%, mentre l’esame colturale del LCR ha una sensi-
Alcuni microrganismi o i loro prodotti sono direttamente osser- bilità inferiore al 10%. Analogamente, i test molecolari per Chlamydia
vabili su sezioni colorate con ematossilina eosina (ad es. le inclu- a livello genitale consentono la diagnosi del 10-30% di infezioni in
sioni formate da CMV e HSV; ammassi batterici, che abitualmente più rispetto alla coltura convenzionale. In altri casi, come nella go-
si colorano di blu; Candida e Mucor tra i miceti; la maggior parte norrea, la sensibilità dei test molecolari è simile a quella della
dei protozoi; e tutti gli elminti). Molti agenti infettivi tuttavia sono coltura.
visualizzati meglio con coloranti speciali, che li identificano sulla
base di particolari caratteristiche della loro parete cellulare o del Malattie Infettive Nuove Ed Emergenti
loro rivestimento: colorazioni di Gram, alcool-acido resistenza,
impregnazione argentica, mucicarminio e colorazione di Giemsa, Alcune malattie infettive come la lebbra erano note già al tempo
o dopo marcatura con specifiche sonde anticorpali (Tab. 8.2). In- della Bibbia e schistosomi e micobatteri parassiti sono stati eviden-
dipendentemente dalla tecnica di colorazione, i microrganismi ziati in mummie egizie, tuttavia si continuano a scoprire nuovi agenti
sono solitamente visualizzati meglio al margine di una lesione infettivi (Tab. 8.3). Le cause infettive di alcune patologie con mor-
piuttosto che al suo interno, in particolare in presenza di bilità e mortalità significative erano precedentemente ignote, dal
necrosi. momento che è difficile far crescere in coltura alcuni microrganismi
Le infezioni acute possono essere diagnosticate sierologicamente come ad esempio l’Helicobacter pylori, HBV e HCV, e il batterio
tramite il riscontro nel siero di anticorpi specifici per l’agente pato- responsabile della polmonite dei legionari. Alcuni agenti infettivi
geno. La presenza di anticorpi IgM specifici poco dopo la comparsa sono realmente nuovi per gli esseri umani, ad es. l’HIV, responsabile
dei sintomi è spesso diagnostica. In alternativa, i titoli anticorpali dell’AIDS, e B. burgdorferi, che causa la malattia di Lyme. Altre in-
possono essere misurati precocemente (“acuto”) e dopo 4-6 settimane fezioni sono diventate molto più comuni a causa dell’immunosop-
pressione causata dall’AIDS o dalla terapia antirigetto per i trapianti
e per alcuni cancri (ad es. CMV, herpesvirus del sarcoma di Kaposi,
Tabella 8.2 Tecniche specifiche per la diagnosi Mycobacterium avium-intracellulare, P. jiroveci e Cryptosporidium
di microrganismi infettivi parvum).10,11 Infine, patologie infettive che sono comuni in un’area
Tecniche Agenti infettivi
possono essere introdotte in una nuova area. Ad esempio, il virus
West Nile è comune da anni in Europa, Asia e Africa, ma è stato
Colorazione di Gram La maggior parte dei batteri descritto per la prima volta negli Stati Uniti nel 1999.
La distribuzione demografica e i comportamenti umani sono tra i
Colorazione per acido-alcool Micobatteri, Nocardia molti fattori che concorrono all’emergenza delle malattie infettive.
resistenti (modificato)
L’AIDS fu dapprima riconosciuto negli Stati Uniti come una patologia
Impregnazione argentica Miceti, legionelle, che colpiva generalmente gli omosessuali e i tossicodipendenti, ma
Pneumocystis la trasmissione eterosessuale è ora comune. Nell’Africa subsahariana,
l’area del mondo con il numero più elevato di casi di AIDS, i più colpiti
Acido periodico di Schiff (PAS) Miceti, amebe
sono gli eterosessuali.12 Le modificazioni nell’ambiente talvolta con-
Mucicarminio Criptococchi dizionano i tassi delle malattie infettive. La riforestazione degli Stati
Uniti orientali ha portato a un massiccio aumento nelle popolazioni
Giemsa Campylobacter, Leishmania, di cervi e topi, che trasportano le zecche che trasmettono la malattia
parassiti malarici
di Lyme, la babesiosi e l’ehrlichiosi.13 L’incapacità del DDT di con-
Sonde con anticorpi specifici Tutti trollare le zanzare che trasmettono la malaria e lo sviluppo di parassiti
resistenti ai farmaci ha causato un drammatico aumento della mor-
Coltura Tutti bilità e della mortalità da Plasmodium falciparum in Asia, Africa e
Sonde con DNA Tutti
America Latina. L’adattamento microbico al diffuso uso di antibiotici
ha contribuito allo sviluppo di farmacoresistenza in molte specie di
CAPITOLO 8 Malattie infettive 329

Tabella 8.3 Alcuni agenti infettivi di recente scoperta e loro manifestazioni


Data di scoperta Agenti infettivi Manifestazioni

1977 Virus Ebola Febbre emorragica epidemica di Ebola


Virus Hantaan Febbre emorragica con sindrome renale
Legionella pneumophila Malattia del legionario
Campylobacter jejuni Enterite

1980 HTLV-1 Linfoma o leucemia a cellule T, mielopatia HTLV-associata

1981 Staphylococcus aureus Sindrome da shock tossico

1982 Escherichia coli O157:H7 Colite emorragica, sindrome emolitico-uremica


Borrelia burgdorferi Malattia di Lyme

1983 HIV AIDS


Helicobacter pylori Ulcera gastrica

1988 Epatite E Epatite a trasmissione orofecale

1989 Epatite C Epatite C

1992 Vibrio cholerae O139 Nuovo ceppo di colera endemico


Bartonella henselae Malattia da graffio di gatto

1995 KSHV (HHV-8) Sarcoma di Kaposi in AIDS

1999 Virus West Nile Febbre di West Nile, malattia neuroinvasiva

2003 Coronavirus SARS Sindrome respiratoria acuta

batteri come Mycobacterium tuberculosis, Neisseria gonorrhoeae, Sta- Tabella 8.4 Agenti potenziali di bioterrorismo
phylococcus aureus ed Enterococcus faecium. Le infezioni da batteri
antibiotico-resistenti stanno divenendo un problema grave, come nel categoria a malattie/agenti
caso dello stafilococco meticillino-resistente (discusso in seguito). Botulismo (tossina di Clostridium botulinum)
Carbonchio (Bacillus anthracis)
Febbri emorragiche virali (filovirus [ad es. Ebola, Marburg]
Agenti Infettivi Del Bioterrorismo e arenavirus [ad es. Lassa, Machupo])
L’attacco con il carbonchio contro gli Stati Uniti nel 2001 ha trasfor- Peste (Yersinia pestis)
Tularemia (Francisella tularensis)
mato il teorico pericolo del bioterrorismo in realtà. I Centers for Vaiolo (virus del vaiolo)
Disease Control and Prevention (CDC, organismi governativi ame-
ricani per il controllo e la prevenzione delle malattie) hanno classi- categoria b malattie/agenti
ficato i microrganismi che possono costituire un grave pericolo come Brucellosi (Brucella spp.)
armi biologiche, basandosi sulla facilità di trasmissione della malat- Encefalite virale (alphavirus [ad es. encefalite equina
tia, sul grado di difficoltà di produzione e distribuzione dei micror- venezuelana, encefalite equina orientale, encefalite equina
ganismi, sull’efficacia delle strategie difensive e sulla capacità di occidentale])
diffondere uno stato d’allarme e terrorizzare la popolazione. Il CDC Enterotossina stafilococcica B
Febbre Q (Coxiella burnetti)
ha quindi classificato le armi biologiche in tre gruppi, A, B, e C, Febbre tifica (Rickettsia prowazekii)
basandosi su questi criteri (Tab. 8.4).14 Melioidosi (Burkholderia pseudomallei)
Gli agenti di categoria A pongono il rischio più elevato e possono Minacce per la sicurezza alimentare (ad es. Salmonella spp,
essere disseminati o trasmessi facilmente da persona a persona, cau- Escherichia coli 0157:H7, Shigella)
Minacce per la sicurezza dell’acqua (ad es. Vibrio cholerae,
sare patologie a elevata mortalità, con conseguente potenziale alto Cryptosporidium parvum)
impatto sanitario, provocare panico e disordini fra la popolazione e Morva (Burkholderia mallei)
richiedere speciali interventi per la tutela della salute pubblica. Ad Psittacosi (Chlamydia psittaci)
esempio, il virus del vaiolo fa parte di questa categoria a causa della Tossina del ricino dal Ricinus communis (semi di ricino)
sua elevata trasmissibilità in qualsiasi clima o stagione, della mortalità Tossina epsilon di Clostridium perfringens
anche superiore al 30% e della mancanza di un’efficace terapia speci- categoria c malattie/agenti
fica. Questo microrganismo può essere facilmente disseminato, grazie
alla sua stabilità sotto forma di aerosol e della minima carica virale Minaccia di malattie infettive emergenti come virus Nipah
e hantavirus
necessaria per provocare la malattia. In natura il vaiolo si diffonde da
persona a persona principalmente per contatto diretto con il virus *Adattata dal Centers for Disease Control Information.
330 CAPITOLO 8 Malattie infettive

presente nelle lesioni cutanee, o tramite vestiti o biancheria da letto modo si possono trasmettere HBV, virus dell’epatite C (HCV) o HIV.
contaminata. I primi sintomi clinici compaiono dopo 7-17 giorni. Alcuni patogeni penetrano nella cute tramite la puntura di insetti o
Inizialmente si hanno febbre alta, cefalea e dolore al dorso, seguiti il morso di animali. Ad esempio, punture di pulci, zecche, zanzare,
dalla comparsa di un’eruzione, che inizia a carico delle mucose della acari e pidocchi compromettono l’integrità della cute e possono
cavità orale e della faringe, del viso e degli arti superiori e che in se- trasmettere arbovirus (causa di febbre gialla ed encefalite), rickettsie
guito si estende al tronco e alle gambe e diviene vescicolare e poi (febbre purpurea delle Montagne Rocciose [RMSF]), batteri (peste,
pustolosa. Dato che i soggetti sono contagiosi anche durante il periodo malattia di Lyme), protozoi (malaria, leishmaniosi) ed elminti (fila-
d’incubazione, il virus ha la possibilità di continuare a diffondersi in riasi). I morsi di animali possono portare a infezioni da batteri o da
una popolazione non protetta. La vaccinazione è stata interrotta negli alcuni virus come la rabbia.
Stati Uniti dal 1972, per cui l’immunità così indotta è completamente Tratto gastrointestinale. La maggior parte dei patogeni gastroin-
scomparsa e la popolazione è pertanto, allo stato attuale, altamente testinali viene trasmessa tramite cibi o bevande contaminati con
suscettibile al vaiolo. La recente preoccupazione che il vaiolo possa materiale fecale. Laddove ci sia una carenza di igiene, le malattie
essere utilizzato per il bioterrorismo ha determinato un ripristino della gastrointestinali sono molto frequenti.
vaccinazione per gruppi selezionati negli Stati Uniti e in Israele. Le secrezioni acide dello stomaco costituiscono un’importante
I microrganismi appartenenti alla categoria B sono moderata- difesa contro le infezioni del tratto gastrointestinale e sono letali per
mente facili da disseminare, causano patologie con una moderata molti patogeni.14 Volontari sani non contraggono la malattia legata
morbilità ma bassa mortalità e richiedono tecniche specifiche per al Vibrio cholerae a meno che non vengano somministrati 1011 mi-
la diagnosi e per il controllo della loro diffusione. Molti di questi crorganismi, mentre volontari ai quali vengano somministrati, in
agenti sono trasmessi tramite cibo o acqua. La categoria C compren- associazione, sodio bicarbonato e Vibrio cholerae, sono esposti a un
de gli agenti patogeni emergenti. Essi potrebbero essere trasformati rischio 10.000 volte superiore di contrarre il colera. Al contrario,
in armi biologiche e, in questo caso, sarebbero caratterizzati da alcuni microrganismi ingeriti, come Shigella e le cisti di Giardia, sono
un’ampia disponibilità, facilità di produzione e disseminazione. relativamente resistenti all’acidità gastrica; per cui soltanto 100
Potrebbero inoltre causare infezioni con un alto tasso di morbilità microrganismi di queste specie sono sufficienti a provocare segni di
e mortalità e un grande impatto sulla salute pubblica. malattia.
Altri normali sistemi di difesa presenti nel tratto gastrointestinale
comprendono (1) lo strato vischioso di muco che ricopre la mucosa
Trasmissione E Disseminazione
intestinale, (2) gli enzimi litici prodotti dal pancreas e i sali biliari,
Degli Agenti Infettivi
(3) i peptidi antimicrobici mucosi, chiamati difensine, (4) la flora
normale e (5) gli anticorpi secretori di classe A (IgA). Questi ultimi
Vie di ingresso dei microrganismi
sono prodotti da plasmacellule localizzate nel tessuto linfoide asso-
I microrganismi possono penetrare nell’organismo ospite per ina- ciato alla mucosa (Mucosa-Associated Lymphoid Tissues, MALT).
lazione, ingestione, trasmissione sessuale, punture di insetti o morsi Questi aggregati linfoidi sono ricoperti da un singolo strato di cellule
di animali e per via parenterale. Le prime difese contro l’infezione epiteliali specializzate, chiamate cellule M. Le cellule M sono impor-
sono rappresentate dalla cute e dalle superfici mucose integre, che tanti per il trasporto degli antigeni ai tessuti linfoidi associati alle
fungono da barriere fisiche e producono sostanze antimicrobiche. mucose e per il legame e l’assorbimento di molti microrganismi
Solitamente le infezioni respiratorie, gastrointestinali o del tratto patogeni del lume gastrointestinale, come poliovirus, Escherichia
genitourinario di soggetti sani sono causate da microrganismi rela- coli enteropatico, V. cholerae, Salmonella typhi e Shigella flexneri.15
tivamente virulenti, in grado di penetrare nelle barriere epiteliali Le infezioni del tratto gastrointestinale si verificano quando le difese
integre. La maggior parte delle infezioni della cute nelle persone locali sono indebolite o i microrganismi sviluppano strategie per su-
sane, invece, è causata da agenti infettivi dotati di bassa virulenza perarle. Un indebolimento delle difese dell’ospite si verifica per una
che penetrano attraverso zone danneggiate (tagli e ustioni). diminuzione dell’acidità gastrica, per l’uso di antibiotici che deter-
Cute. Lo spesso strato esterno della cute, cheratinizzato, è una minano uno squilibrio della normale flora batterica (ad es. nella
barriera naturale contro le infezioni e il pH basso (circa 5,5) e la colite pseudomembranosa), o quando vi sia un blocco della peristalsi
presenza di acidi grassi inibiscono la crescita di microrganismi dif- o un’ostruzione meccanica (ad es. nella sindrome dell’ansa cieca).
ferenti da quelli della normale flora saprofitica. La cute umana è La maggior parte dei virus dotati di pericapside è neutralizzata dalla
normalmente colonizzata da diverse specie batteriche e fungine, bile e dagli enzimi digestivi, ma quelli privi di pericapside possono
incluse alcune potenzialmente opportunistiche, come Staphyloccus resistere a tale esposizione (ad es. il virus dell’epatite A, i rotavirus,
epidermidis e Candida albicans. Sebbene la cute sia solitamente un’ef- i reovirus e i norovirus).
ficace barriera, alcuni tipi di funghi (dermatofiti) possono invadere I batteri enteropatogeni provocano patologie gastrointestinali
lo strato corneo, i capelli e le unghie e alcuni microrganismi sono tramite diversi meccanismi:
capaci di penetrare attraverso la cute integra. Ad esempio, le larve di
Schistosoma, rilasciate dalle lumache di acqua dolce, penetrano nella Alcuni ceppi di stafilococco, replicandosi sui cibi contaminati,
cute dei nuotatori, per mezzo di collagenasi, elastasi e altri enzimi rilasciano potenti enterotossine che causano avvelenamento
che dissolvono la matrice extracellulare. La maggior parte dei micror- alimentare, senza moltiplicazione batterica nel lume intestinale.
ganismi, tuttavia, penetra attraverso soluzioni di continuo della cute, V. cholerae ed E. coli enterotossico si moltiplicano all’interno dello
come piccole lesioni superficiali (infezioni fungine), ferite (stafilo- strato mucoso che ricopre l’epitelio intestinale e rilasciano eso-
cocchi), ustioni (Pseudomonas aeruginosa) e ulcere del piede legate tossine che inducono la secrezione di elevate quantità di liquidi
a stress compressivi o al diabete (infezioni polimicrobiche). Il cate- ed elettroliti da parte dell’epitelio del lume, provocando diarrea
terismo endovenoso in pazienti ospedalizzati può favorire infezioni acquosa.
locali o sistemiche (batteriemia). Le punture da ago possono esporre Shigella, Salmonella e Campylobacter invadono e danneggiano la
il soggetto al contatto con sangue potenzialmente infetto e in questo mucosa intestinale e la lamina propria, determinando ulcerazioni,
CAPITOLO 8 Malattie infettive 331

infiammazione ed emorragie che si manifestano come l’acido sialico consentendo il rilascio dei virus dalla cellula ospite.
dissenteria. La neuraminidasi inoltre riduce la viscosità del muco e facilita il
Salmonella typhi giunge nel torrente circolatorio attraverso la transito del virus nel tratto respiratorio. Alcuni farmaci antinfluen-
mucosa danneggiata, le placche di Peyer e i linfonodi mesenterici, zali sono analoghi dell’acido sialico e inibiscono la neuraminidasi
determinando un’infezione sistemica. impedendo così il rilascio di particelle virali dalle cellule.
Alcuni batteri patogeni per l’apparato respiratorio possono com-
Le infezioni micotiche del tratto gastrointestinale si verificano promettere l’azione delle ciglia. Ad esempio, Haemophilus influenzae
principalmente in soggetti immunologicamente compromessi. Can- e Bordetella pertussis elaborano tossine che paralizzano le ciglia della
dida, facente parte della normale flora gastrointestinale, mostra un mucosa; P. aeruginosa, causa di gravi infezioni respiratorie in soggetti
tropismo particolare per gli epiteli squamosi stratificati, causando con fibrosi cistica, e anche M. pneumoniae produce sostanze che
patologie come il mughetto o l’esofagite membranosa, ma può anche inibiscono il movimento delle ciglia. Alcuni batteri, come Strepto-
estendersi allo stomaco, al tratto gastrointestinale inferiore e ad altri coccus pneumoniae e alcune specie di Staphylococcus, non sono dotati
organi. di specifici fattori di adesione e spesso penetrano nell’epitelio respi-
Le forme cistiche dei protozoi intestinali sono essenziali per la loro ratorio in seguito a un’infezione virale che ha causato perdita di
trasmissione, poiché resistono all’acidità gastrica. Nell’intestino le epitelio cigliato, infatti negli individui con un’infezione respiratoria
cisti si trasformano in trofozoiti mobili e aderiscono ai gruppi con- virale aumenta la possibilità di superinfezioni batteriche secondarie.
tenenti zuccheri dell’epitelio intestinale attraverso lectine di super- Un danno cronico ai meccanismi di difesa mucociliari si verifica nei
ficie. Quello che succede successivamente differisce da patogeno a fumatori e negli individui affetti da fibrosi cistica, mentre un danno
patogeno. Giardia lamblia aderisce all’orletto a spazzola epiteliale, acuto si verifica nei pazienti intubati e in quelli che hanno aspirato
mentre i criptosporidi vengono assorbiti dagli enterociti, in cui succhi gastrici.
formano gameti e spore. E. histolytica causa citolisi mediata da Alcuni agenti patogeni respiratori evitano la fagocitosi o la distru-
contatto attraverso una poro-proteina che, formando canali fra le zione dopo la fagocitosi. M. tuberculosis, ad esempio, penetra negli
cellule, provoca ulcerazioni e invasione della mucosa del colon. Gli alveoli normali poiché è in grado di resistere alla distruzione da parte
elminti intestinali di regola causano malattia solo se presenti in dei fagolisosomi macrofagici. I funghi opportunisti causano un’in-
grande numero o in sedi ectopiche, ad esempio quando determinano fezione polmonare quando l’immunità cellulare è depressa oppure
ostruzione intestinale o invasione e danni dei dotti biliari (Ascaris quando i leucociti sono ridotti di numero (ad es. P. jiroveci
lumbricoides). Gli anchilostomi possono causare anemia da carenza nei pazienti affetti da AIDS e le specie di Aspergillus in seguito a
di ferro a causa della perdita cronica di sangue, che viene sottratto chemioterapia).
dai vermi a livello dei villi intestinali; il cestode dei pesci d’acqua Tratto urogenitale. Il tratto urinario è quasi sempre invaso
dolce Diphyllobothrium latum può determinare una deplezione di dall’esterno e cioè attraverso l’uretra. Il normale passaggio dell’urina
vitamina B12 nell’ospite, dando luogo a una malattia simile all’anemia serve come difesa dall’invasione da parte dei microrganismi. Le urine
perniciosa. Infine, le larve di diversi elminti transitano velocemente nella vescica sono normalmente sterili e solo gli agenti patogeni in
nell’intestino diretti verso altri organi; ad esempio, le larve di Tri- grado di aderire all’urotelio possono provocare un’infezione (ad es.
chinella spiralis si incistano preferibilmente nel tessuto muscolare, N. gonorrhoeae, E. coli). L’anatomia è un fattore importante nel
le larve delle specie di Echinococcus nel fegato o nel polmone. determinare l’infezione. Le donne sono esposte a un rischio 10 volte
Tratto respiratorio. Un gran numero di microrganismi, com- maggiore di contrarre infezioni delle vie urinarie rispetto agli uo-
presi virus, batteri e funghi, viene inalato giornalmente da ogni mini, poiché la distanza tra la vescica e la cute esterna (cioè, la lun-
individuo che abita in città. In molti casi, i microrganismi vengono ghezza dell’uretra) è di 5 cm nel sesso femminile, contro i 20 cm del
inalati nella polvere o in particelle di aerosol. La distanza che queste sesso maschile. L’ostruzione del flusso e/o il reflusso urinario possono
particelle coprono nel sistema respiratorio è inversamente propor- compromettere le normali difese e aumentare la suscettibilità alle
zionale alla loro dimensione. Le particelle grandi vengono intrap- infezioni. Le infezioni del tratto urinario possono inoltre diffondersi
polate nella copertura mucociliare che ricopre il naso e il tratto in maniera retrograda dalla vescica al rene e causare pielonefrite
­respiratorio superiore. I microrganismi inalati vengono intrappolati acuta e cronica, che è la principale causa di insufficienza renale.
nel muco secreto dalle cellule caliciformi e sono poi trasportati, Dalla pubertà fino alla menopausa la vagina è protetta dagli agenti
dall’azione delle cellule ciliari, nella parte posteriore della gola, dove patogeni dall’acidità del pH, come risultato del catabolismo del
vengono deglutiti ed eliminati. Le particelle più piccole di 5 mm glicogeno da parte dei lattobacilli presenti nell’epitelio normale. Gli
raggiungono direttamente gli alveoli, dove sono fagocitate dai ma- antibiotici possono uccidere i lattobacilli e rendere la vagina suscet-
crofagi alveolari o dai neutrofili reclutati attraverso l’azione delle tibile alle infezioni. I microrganismi patogeni sessualmente trasmessi
citochine. sviluppano meccanismi specifici per aderire alla mucosa vaginale o
I microrganismi che invadono il normale tratto respiratorio sano cervicale, oppure penetrano attraverso soluzioni di continuo locali
possiedono meccanismi specifici per superare le difese mucociliari o nella mucosa durante il rapporto sessuale (HIV, HPV, Treponema
per evitare la distruzione da parte dei macrofagi alveolari. Alcuni pallidum).
agenti patogeni respiratori evadono queste difese aderendo alle
cellule epiteliali del tratto respiratorio inferiore e della faringe. Ad Diffusione e disseminazione degli agenti infettivi
esempio, il virus dell’influenza è dotato in superficie di proteine
emoagglutinanti che si legano all’acido sialico delle cellule epiteliali. Alcuni microrganismi proliferano localmente nella sede di infezione,
Questo legame induce la cellula a inglobare il virus, determinando mentre altri penetrano attraverso le barriere epiteliali e diffondono ad
così il suo ingresso nel citoplasma e l’inizio della sua replicazione. altre sedi per via linfatica, ematica o nervosa (Fig. 8.4). Gli agenti
Tuttavia, l’acido sialico interferisce anche con la fuoriuscita dei virus patogeni che causano infezioni superficiali rimangono confinati al
di nuova sintesi dalla cellula ospite per cui i virus dell’influenza sono lume di visceri cavi (ad es. Vibrio cholerae) oppure aderiscono o
dotati di un’altra proteina di superficie, la neuraminidasi, che scinde proliferano esclusivamente sulla superficie o all’interno di cellule
332 CAPITOLO 8 Malattie infettive

via ematica, sono chiamati focolai secondari. Possono essere singoli


ed estesi (un ascesso solitario o tuberculoma) o multipli e piccoli,
delle dimensioni di grani di miglio (ad es. tubercolosi miliare o
microascessi da Candida in molti tessuti). L’invasione sporadica nel
torrente sanguigno da parte di microbi a bassa virulenza o non vi-
rulenti (ad es. durante la pulizia dei denti) è comune e viene rapida-
mente controllata dalle normali difese dell’ospite. Invece, invasioni
prolungate con disseminazioni di agenti patogeni virulenti (viremia,
batteriemia, fungemia o parassitemia) rappresentano un evento
piuttosto serio e si manifestano con febbre, i­potensione e altri segni
e sintomi sistemici di sepsi. Un’invasione massiva a livello ematico
da parte di batteri o delle loro endotossine può rapidamente diven-
tare fatale, anche in individui precedentemente sani.
Le principali manifestazioni di malattie infettive possono insorgere
in siti distanti da quelli di ingresso del microrganismo. Ad esempio, il
virus della varicella e quello del morbillo penetrano attraverso le vie
aeree, ma causano eruzioni cutanee; i poliovirus arrivano nell’orga-
nismo attraverso l’intestino, ma determinano la morte dei motoneu-
roni. Schistosoma mansoni penetra nella cute, ma alla fine si localizza
nei vasi ematici del sistema portale e mesenterico, danneggiando il
fegato e l’intestino. Schistosoma hematobium, invece, si localizza
nella vescica e causa cistite. Il virus della rabbia giunge al cervello
percorrendo i nervi in senso retrogrado, mentre il virus varicella-
zoster (VZV) si mantiene silente nei gangli delle radici dorsali e,
quando riattivato, si sposta lungo i nervi causando l’herpes zoster.
La via placentare-fetale è un’importante modalità di trasmissione
delle infezioni (Cap. 10). Quando gli agenti infettivi raggiungono
l’utero di una donna gravida attraverso l’orifizio cervicale o il torrente
circolatorio e attraversano la placenta, si può avere un grave danno
Figura 8.4 Vie d’ingresso e di disseminazione dei microrganismi. Per
fetale. Le placentiti batteriche o da micoplasma possono causare
giungere all’interno del corpo, i microrganismi penetrano attraverso le parto prematuro o morte prenatale. Le infezioni virali possono
barriere epiteliali o mucose. L’infezione può restare localizzata nel sito di determinare malformazioni fetali, tanto più gravi quanto più precoce
ingresso o diffondersi ad altri siti nel corpo. La maggior parte dei comuni è la trasmissione dell’infezione nel corso della gestazione. L’infezione
microrganismi (vengono mostrati esempi selezionati) si diffonde attraverso rubeolica durante il primo trimestre può causare malformazioni
i vasi linfatici o il flusso sanguigno (liberamente o all’interno di cellule in-
fiammatorie). Tuttavia, alcuni virus e tossine batteriche possono spostarsi cardiache congenite, ritardo mentale, cataratta o sordità nel neonato,
anche attraverso i nervi. (Adattata da Mims CA: The Pathogenesis of Infec- ma se l’infezione colpisce il feto durante il terzo trimestre, in genere
tious Disease, 4th ed. San Diego, CA, Academic Press, 1996) provoca conseguenze meno gravi. La trasmissione di treponemi
determina una sifilide congenita solo se T. pallidum infetta la madre
alla fine del secondo trimestre e in questo caso provoca una grave
epiteliali (ad es. papillomavirus, dermatofiti). Varie specie di batteri, osteocondrite e periostite fetale che conduce a lesioni ossee multiple.
funghi ed elminti patogeni sono invasivi in virtù della loro motilità L’infezione si può anche avere durante il passaggio attraverso il
o della capacità di secernere enzimi litici (ad es. gli streptococchi e ­canale del parto (ad es. congiuntivite gonococcica o da Chlamydia)
gli stafilococchi producono ialuronidasi, un enzima che degrada la o può essere trasmessa con il latte materno (ad es. CMV, HBV, virus
matrice extracellulare). La diffusione dei microrganismi inizialmente umano della leucemia a cellule T 1 [Human T-cell Leukemia virus-1,
segue i piani di resistenza dei tessuti verso le sedi drenate dai vasi HTLV-1]). La trasmissione materna dell’HIV è la principale
linfatici regionali. Ad esempio, le infezioni stafilococciche possono causa di AIDS nei bambini. La trasmissione materna dell’HBV può
progredire da un ascesso localizzato o da un foruncolo ai linfonodi portare successivamente all’insorgenza di epatite cronica o di
regionali. Questo può condurre talvolta alla batteriemia e alla colo- epatocarcinoma.
nizzazione di organi distanti (cuore, fegato, encefalo, rene, osso).
All’interno dei vasi sanguigni i microrganismi possono essere tra- Eliminazione degli agenti infettivi dall’organismo
sportati in forma libera o all’interno di cellule ospiti. Alcuni virus
(ad es. poliovirus e HBV), la maggior parte dei batteri e funghi, alcuni Perché avvenga la trasmissione di una malattia infettiva, la modalità
protozoi (ad es. tripanosomiasi africana) e tutti gli elminti sono di fuoriuscita di un microrganismo dal corpo dell’ospite è importante
trasportati in forma libera nel plasma. I leucociti possono trasportare esattamente come il suo ingresso. A seconda del sito di infezione,
herpesvirus, HIV, micobatteri, Leishmania e Toxoplasma. Alcuni virus l’eliminazione può avvenire tramite sfaldamento della cute, tosse,
(ad es. il virus della febbre da zecche del Colorado) e parassiti (Pla- starnuti, evacuazione di urine e feci, durante il contatto sessuale o
smodium e Babesia) sono trasportati all’interno dei globuli rossi. La tramite insetti vettori. Alcuni microbi sono resistenti e possono
maggior parte dei virus si diffonde da cellula a cellula tramite repli- sopravvivere per lunghi periodi nella polvere, nel cibo o nell’acqua.
cazione e rilascio di virioni infettivi, ma altri possono propagarsi da Spore batteriche, cisti protozoarie e uova di elminti, dotate di parete
cellula a cellula tramite fusione o trasporto lungo i nervi (ad es. virus spessa, possono sopravvivere in un ambiente fresco e secco. Alcuni
della rabbia). I focolai infettivi, causati da una disseminazione per agenti patogeni enterici sono eliminati per lunghi periodi da
CAPITOLO 8 Malattie infettive 333

Tabella 8.5 Classificazione delle principali malattie sessualmente trasmesse


Agente patogeno Sindrome o malattia e popolazione maggiormente colpita
Maschi Femmine Entrambi

virus

Virus dell’herpes simplex Herpes primitivo e ricorrente,


herpes neonatale
Virus dell’epatite B Epatite
Papillomavirus umano Cancro del pene (alcuni casi) Displasia e cancro della cervice, Condiloma acuminato
cancro della vulva
Virus dell’immunodeficienza Sindrome dell’immunodeficienza
umana (HIV) acquisita

clamidie
Chlamydia trachomatis Uretrite, epididimite, proctite Sindrome uretrale, cervicite, Linfogranuloma venereo
bartolinite, salpingite e
sequele

micoplasmi

Ureaplasma urealyticum Uretrite

batteri

Neisseria gonorrhoeae Epididimite, prostatite, stenosi Cervicite, endometrite, Uretrite, proctite, faringite,
uretrale bartolinite, salpingite e infezione gonococcica
sequele (sterilità, gravidanza disseminata
ectopica, salpingite ricorrente)
Treponema pallidum Sifilide
Haemophilus ducreyi Cancroide
Klebsiella granulomatis Granuloma inguinale
(donovanosi)

protozoi
Trichomonas vaginalis Uretrite, balanite Vaginite

portatori asintomatici (ad es. S. typhi). Microrganismi meno resi- I microbi possono essere trasmessi dall’animale all’uomo (infe-
stenti devono invece essere rapidamente trasmessi da persona a zioni indicate come zoonosi), per contatto diretto o per consumo di
persona, spesso per contatto diretto. prodotti animali, oppure indirettamente attraverso un vettore inver-
La trasmissione interumana può verificarsi per via respiratoria, tebrato. I vettori invertebrati (insetti, zecche, acari) possono diffon-
orofecale o sessuale (trattata in seguito). Virus e batteri trasmessi dere le infezioni passivamente, o essere ospiti intermedi necessari
per via respiratoria (ad es. M. tuberculosis) hanno capacità infettante alla replicazione e allo sviluppo dell’agente patogeno.
solo quando le lesioni da essi causate sono comunicanti con le vie
respiratorie. Molti agenti patogeni, dai virus agli elminti, possono Infezioni a trasmissione sessuale
essere trasmessi per via orofecale, cioè per ingestione di cibo o
acqua contaminati da feci. I virus trasmessi attraverso l’acqua coin- Alcuni microrganismi possono essere trasmessi tramite contatto
volti negli eventi epidemici comprendono i virus dell’epatite A ed sessuale (Tab. 8.5). Alcuni, come C. trachomatis e N. gonorrhoeae,
E, i poliovirus e i rotavirus. Alcuni elminti parassiti (ad es. anchi- sono normalmente trasmessi durante il rapporto sessuale, mentre
lostomi, schistosomi) depongono le uova nelle feci. Queste uova altri, come le specie di Shigella ed Entamoeba histolytica, sono in
infestano nuovi ospiti tramite la penetrazione delle larve dalla cute genere diffusi con altre modalità, ma possono essere anche occasio-
piuttosto che per assunzione orale. Protozoi ed elminti hanno cicli nalmente trasmessi tramite rapporti sessuali oroanali. I gruppi mag-
di trasmissione complessi che coinvolgono una catena di ospiti giormente a rischio per alcune infezioni a trasmissione sessuale
intermedi e di vettori, i quali promuovono i successivi stadi di (Sexually Transmitted Infections, STI) sono gli adolescenti, gli omo-
sviluppo dei parassiti. I virus che infettano l’orofaringe (ad es. EBV, sessuali e i tossicodipendenti. Mentre il rischio aumentato in questi
CMV, virus della parotite) sono trasmessi principalmente attraverso gruppi è in parte dovuto a pratiche sessuali non sicure, l’acceso li-
la saliva. Altri agenti patogeni sono trasmessi attraverso un prolun- mitato alle cure sanitarie rappresenta spesso un catalizzatore. La
gato contatto intimo tra le mucose (come avviene per la trasmis- presenza di una STI in bambini, a meno che non sia stata acquisita
sione sessuale): virus (HPV, HSV, HBV, HIV), batteri (T. pallidum, alla nascita, deve far sospettare un abuso sessuale.
N. gonorrhoeae, Chlamydiae trachomatis), funghi (specie di Candi- L’iniziale sede di una STI può essere l’uretra, la vagina, la cervice,
da), protozoi (specie di Trichomonas) e artropodi (Phthirus pubis il retto o l’orofaringe. I microrganismi che causano questo tipo di
o piattola). La trasmissione delle infezioni da HBV, HCV e HIV infezioni sopravvivono per un periodo limitato nell’ambiente ester-
tramite il sangue e i suoi derivati può essere causata da comporta- no e pertanto tendono a diffondersi per contatto diretto. La maggior
menti umani (ad es. scambio di siringhe tra tossicodipendenti, tagli parte di questi agenti può determinare infezioni asintomatiche,
e punture con aghi). perciò la trasmissione può spesso intercorrere in soggetti che
334 CAPITOLO 8 Malattie infettive

i­ gnorano di essere infetti. Per ridurre la diffusione delle STI, queste I meccanismi innati esistono indipendentemente da una precedente
sono spesso denunciate alle autorità di salute pubblica, in modo che infezione e rispondono rapidamente alla presenza di microrganismi.
i soggetti con storia di contatti sessuali con i pazienti infetti possano Questi meccanismi comprendono le barriere fisiche contro l’infe-
essere sottoposti a indagini diagnostiche e trattati. zione, le cellule fagocitiche, le cellule natural killer (NK) e le proteine
Sebbene i vari agenti patogeni che causano STI differiscano sotto plasmatiche, comprese le proteine del complemento e altri mediatori
molti punti di vista, possono essere individuate alcune caratteristiche della risposta infiammatoria (citochine, collectine, reagenti della
comuni. fase acuta). La risposta immunitaria di tipo acquisito è stimolata
dall’esposizione agli agenti infettivi e aumenta di entità, velocità ed
L’infezione con un organismo associato a STI aumenta il rischio efficacia in seguito a successive esposizioni. L’immunità acquisita è
di STI addizionali. Questo avviene principalmente perché i fattori mediata dai linfociti B e T e dai loro prodotti (Cap. 6).
di rischio sono gli stessi per tutte le STI, il che spiega probabil- I microrganismi e il sistema immunitario sono coinvolti in una
mente l’associazione tra due comuni STI negli Stati Uniti: l’infe- battaglia evoluzionistica, in cui ciascuno cerca di battere l’altro. Il
zione da Chlamydia e la gonorrea. L’infezione con entrambi sistema immunitario è in grado di combattere efficacemente molte
questi batteri è così comune che il riscontro diagnostico di uno infezioni, ma diversi microrganismi hanno sviluppato metodi per
dei due dovrebbe portare al trattamento di entrambi. Inoltre, il evadere le difese dell’ospite (discussi in seguito). In alcune infezioni
danno epiteliale causato da N. gonorrhoeae o da C. trachomatis si raggiunge un equilibrio tra il microrganismo e l’ospite in modo
può aumentare la possibilità di coinfezione con l’altro patogeno, tale che l’infezione persista in uno stato di latenza ma non causi una
così come il rischio di infezione da HIV. patologia significativa. In tali situazioni una diminuzione delle ri-
I microrganismi che causano STI possono essere trasmessi da una sposte immunitarie può portare a una rapida riattivazione dell’in-
donna gravida al feto e determinare importanti danni al feto o al fezione e a gravi manifestazioni patologiche. Questo processo si
bambino. C. trachomatis acquisita nel periodo perinatale provoca osserva nelle infezioni virali latenti (ad es. EBV) e in alcune infezioni
congiuntivite e l’infezione neonatale da HSV può determinare batteriche (ad es. tubercolosi).
patologie a localizzazione viscerale e nervosa con frequenza
maggiore rispetto a quella prevista se acquisita più avanti nella Come I Microrganismi Causano
vita. La sifilide frequentemente causa aborto. L’infezione da HIV Malattia
può essere fatale per i bambini infettati dal virus in fase pre- o
perinatale. La diagnosi di STI nelle donne gravide è di vitale Gli agenti infettivi determinano infezione e danno ai tessuti attra-
importanza, poiché la trasmissione intrauterina o neonatale di verso tre meccanismi:
una STI può frequentemente essere prevenuta con il trattamento
della madre o del neonato. Infezioni batteriche come la gonorrea, Possono venire a contatto o penetrare all’interno della cellula
la sifilide e quelle da Chlamydia possono essere facilmente curate ospite e causarne direttamente la morte.
con l’uso di antibiotici. Il trattamento anti-HIV di donne gravide Possono liberare tossine che distruggono le cellule a distanza,
sieropositive e dei neonati può ridurre la trasmissione del virus rilasciare enzimi che degradano componenti tissutali o danneg-
dal 25 fino a meno del 2%. giare vasi ematici e determinare necrosi ischemica.
Possono indurre le risposte immunitarie dell’ospite che, per
La sifilide sarà trattata più avanti in questo capitolo e altre STI quanto dirette contro l’agente invasore, causano ulteriore danno
verranno descritte nei Capitoli 21 e 22. tissutale. Quindi, come illustrato nei Capitoli 2 e 6, le risposte
difensive dell’ospite sono un’arma a doppio taglio: esse sono
necessarie per combattere le infezioni, ma allo stesso tempo
Infezioni nosocomiali
possono direttamente contribuire al danno tissutale.
Una fonte di infezioni di crescente importanza è l’ambiente in cui
vengono prestate cure sanitarie. Le infezioni “nosocomiali” sono In questa sezione descriveremo alcuni dei meccanismi attraverso
quelle acquisite in ospedale. Si stima che circa 1,7 milioni di pazienti i quali virus e batteri danneggiano i tessuti dell’ospite.
siano interessati ogni anno da infezioni nosocomiali negli Stati
Uniti.15 Queste infezioni possono essere trasmesse in molti modi (ad Meccanismi di danno virale
es. trasfusione di sangue o trapianto di organo), ma quelli che forse
sono i più comuni e facilmente prevenibili mezzi di trasmissione I virus possono danneggiare direttamente le cellule dell’ospite pene-
comprendono la diffusione dalle mani degli operatori sanitari o da trando in esse e replicandosi a loro spese. La preferenza dei virus per
superfici contaminate come le sponde dei letti. Un’adeguata atten- determinati tipi di cellule rispetto ad altri è chiamata tropismo ed è
zione all’igiene e alla pulizia (ad es. lavarsi le mani) può ridurre determinata da diversi fattori come: (1) l’espressione di recettori
notevolmente la trasmissione di agenti patogeni importanti come S. della cellula ospite per il virus, (2) la presenza di fattori di trascri-
aureus meticillino-resistente ed enterococchi vancomicina- zione cellulari che riconoscono sequenze enhancer e promoter
resistenti. virali, (3) le barriere anatomiche e (4) la temperatura, il pH e le
difese locali dell’ospite.17 Ognuno di questi fattori viene qui descrit-
to brevemente.
Difese dell’ospite contro le infezioni
Uno dei fattori principali per il tropismo tissutale è la presenza di
L’esito di un’infezione è condizionata dalla capacità del microrga- recettori virali sulle cellule dell’ospite. I virus possiedono molecole in
nismo di infettare, colonizzare e danneggiare i tessuti e dalla capacità grado di legarsi in modo altamente specifico a proteine di superficie
dei meccanismi di difesa dell’ospite di contrastare l’infezione. Le cellulari. Molti virus utilizzano per il loro ingresso recettori normal-
barriere dell’ospite contro le infezioni impediscono ai microbi di pe- mente presenti nelle cellule dell’ospite. Ad esempio, la gp120 dell’HIV
netrare nel corpo e sono definite difese immunitarie innate e adattive. si lega al recettore CD4 sulla superficie delle cellule T, ai recettori
CAPITOLO 8 Malattie infettive 335

per le chemochine CXCR4 (principalmente sulle cellule T) e al CCR5 e proteine tossiche, o tramite l’induzione dell’apoptosi. Ad
(principalmente sui macrofagi) (Cap. 6). La glicoproteina del peri- esempio, i poliovirus inattivano la proteina cap-binding, che è
capside di EBV gp350 si lega al recettore 2 del complemento (CR2/ essenziale per la traduzione dell’mRNA della cellula ospite, senza
CD21) sulle cellule B. In alcuni casi, sono necessarie le proteasi alterare la traduzione dei propri mRNA. HSV produce proteine
dell’ospite per permettere il legame del virus con le cellule dell’ospite; che inibiscono la sintesi di DNA e mRNA cellulare e altre proteine
ad esempio, una proteasi dell’ospite scinde l’emoagglutinina del che degradano il DNA dell’ospite. Alcuni virus possono
virus dell’influenza attivandola. stimolare l’apoptosi tramite produzione di proteine proapopto-
Un altro determinante di tropismo virale è la capacità del virus tiche (ad es. la proteina VPR dell’HIV). Anche la replicazione
di replicarsi all’interno di alcune cellule ma non in altre e questo è virale può scatenare l’apoptosi delle cellule dell’ospite tramite
correlato alla presenza di fattori di trascrizione cellulari tipo-speci- meccanismi intrinseci delle cellule, come le alterazioni del reti-
fici. Ad esempio, il virus JC, che causa leucoencefalopatia (Cap. 28), colo endoplasmatico durante l’assemblaggio virale, che possono
resta localizzato nell’oligodendroglia nel SNC, perché le sequenze attivare proteasi che inducono l’apoptosi (caspasi).
promoter ed enhancer dei geni virali sono attive nelle cellule gliali, Risposte immunitarie antivirali. Proteine virali espresse sulla su-
ma non nei neuroni o nelle cellule endoteliali. Le barriere fisiche perficie cellulare possono essere riconosciute dal sistema immu-
inoltre possono contribuire al tropismo tissutale. Ad esempio, gli nitario e i linfociti dell’ospite possono attivare le cellule infettate
enterovirus si replicano nell’intestino in parte perché possono resi- dal virus. I linfociti T citotossici (Cytotoxic T Lymphocytes, CTL)
stere all’inattivazione da parte di acidi, bile ed enzimi digestivi. I sono importanti per la difesa contro le infezioni virali, ma pos-
rhinovirus determinano infezione all’interno del tratto respiratorio sono anche essere responsabili del danno tissutale. L’infezione
superiore, perché si replicano in modo ottimale a temperature più da virus della coriomeningite linfocitaria nei topi è un modello
basse di quelle all’interno dell’organismo. sperimentale in cui la patologia è causata dalla risposta immuni-
Una volta che i virus si trovano all’interno delle cellule, possono taria dell’ospite. L’insufficienza epatica acuta che si verifica du-
danneggiare o uccidere le cellule con una serie di meccanismi rante l’infezione da virus dell’epatite B, può essere accelerata dalla
(Fig. 8.5): distruzione CTL-mediata di epatociti infetti (una normale rispo-
sta immunitaria volta a debellare l’infezione).
Effetti citopatici diretti. Alcuni virus uccidono le cellule impeden- Trasformazione delle cellule infettate in cellule tumorali benigne
do la sintesi delle macromolecole dell’ospite (ad es. DNA, RNA o maligne. Alcuni virus oncogeni possono stimolare la crescita e
o proteine della cellula ospite), mediante la produzione di enzimi la sopravvivenza cellulare tramite una serie di meccanismi,
come l’espressione di oncogeni codificati dal virus, strategie
antiapoptotiche o mutagenesi inserzionale (in cui la funzione dei
geni dell’ospite è alterata da geni virali inseriti nel genoma
dell’ospite). I meccanismi di trasformazione virale sono numerosi
e sono trattati nel Capitolo 7.

Meccanismi di danno batterico


Patogenesi batterica. Il danno tissutale indotto dai batteri dipen-
de dalla loro capacità di aderire alle cellule, di invadere cellule e tessuti
o di elaborare tossine. I batteri patogeni hanno geni che codificano
per proteine che conferiscono tali proprietà. Questi geni sono fre-
quentemente raggruppati in cluster detti isole patogenetiche. Tutti
i ceppi di Salmonella che infettano l’uomo sono sufficientemente
simili da formare una singola specie, il che significa che condividono
molti geni “housekeeping”(che servono per il mantenimento delle
normali funzioni cellulari).16 Differenze in un numero relativamente
piccolo di geni patogeni determinano la capacità di un gene isolato
di Salmonella di causare una febbre tifoide potenzialmente mortale
o un’enterite autolimitante.
Plasmidi e batteriofagi (virus) sono elementi genetici mobili che
si diffondono tra i batteri e che possono codificare per fattori di
virulenza (ad es. tossine o enzimi che conferiscono resistenza anti-
biotica). Batteriofagi o plasmidi possono trasformare batteri altri-
menti non patogeni in virulenti. Lo scambio di questi elementi tra
batteri può fornire al ricevente un vantaggio di sopravvivenza e/o la
capacità di causare malattia. Plasmidi o trasposoni che contengono
informazioni per la resistenza agli antibiotici, possono convertire
un batterio antibiotico-sensibile in una specie resistente, rendendo
difficile il trattamento terapeutico (ad es. enterococchi vancomicina-
resistenti e stafilococchi meticillino-resistenti causano epidemie in
molti ospedali).
Molti batteri regolano in modo coordinato l’espressione genica in
Figura 8.5 Meccanismi con cui i virus provocano danno cellulare. ampie popolazioni di organismi tramite il quorum sensing (sensibilità
336 CAPITOLO 8 Malattie infettive

alla concentrazione). I batteri, ad esempio, possono indurre l’espres- Questo sistema è formato da strutture simili ad aghi che fuoriescono
sione di fattori di virulenza a mano a mano che la loro concentra- dalla superficie batterica e si legano alla cellula ospite, formano pori
zione nei tessuti aumenta. Questo può permettere ai batteri che nella membrana della cellula e quindi iniettano proteine che media-
crescono in sedi circoscritte dell’ospite, come un ascesso o una pol­ no il riarrangiamento del citoscheletro cellulare, facilitando l’ingres-
monite consolidata, di superare le barriere dell’ospite e di diffondersi. so del batterio. Batteri come Listeria monocytogenes possono
S. aureus regola in modo coordinato i fattori di virulenza secernendo ­modificare il citoscheletro per diffondere direttamente da cellula a
peptidi autoinducenti.17 A mano a mano che il batterio evolve a cellula, permettendo forse ai batteri di evadere i meccanismi
concentrazioni crescenti, il livello di peptide autoinducente aumenta, immunitari.22
stimolando la produzione di tossine. All’interno della popolazione Una volta nel citoplasma, i batteri hanno differenti strategie per
alcuni batteri producono il peptide autoinducente e altri rispondono interagire con la cellula ospite. Shigella ed E. coli inibiscono la sintesi
al peptide stesso secernendo tossine. Quindi, a causa del quorum proteica dell’ospite, si replicano rapidamente e lisano le cellule entro
sensing i batteri unicellulari acquisiscono alcune delle proprietà degli 6 ore. All’interno dei macrofagi la maggior parte dei batteri viene
organismi pluricellulari, in cui cellule diverse hanno funzioni uccisa quando il fagosoma si fonde con un lisosoma acido a formare
diverse. un fagolisosoma, ma alcuni batteri eludono questa difesa dell’ospite.
Le colonie di batteri possono formare biofilm in cui gli organismi Ad esempio, M. tuberculosis blocca la fusione del lisosoma con il
vivono all’interno di uno strato viscoso di polisaccaridi extracellu- fagosoma,23 dando al batterio la possibilità di proliferare in modo
lari, adesi ai tessuti dell’ospite o a dispositivi quali cateteri intrava- incontrollato all’interno del macrofago. Altri batteri evitano la di-
scolari e protesi articolari. Oltre a migliorare l’adesione ai tessuti struzione nei macrofagi fuggendo dal fagosoma. L. monocytogenes
dell’ospite, i biofilm aumentano la virulenza dei batteri, rendendoli produce una proteina formante pori detta listeriolisina O e due fo-
inaccessibili ai meccanismi immunitari e aumentando la loro resi- sfolipasi che degradano la membrana del fagosoma, permettendo al
stenza ai farmaci antibatterici. La formazione di biofilm sembra batterio di fuggire nel citoplasma.22
essere importante nella persistenza e nella recidiva di infezioni come Tossine batteriche. Qualsiasi sostanza batterica che contribuisce
l’endocardite batterica, le infezioni protesiche articolari e le infezioni a provocare la malattia può essere considerata una tossina. Esse sono
respiratorie nei pazienti con fibrosi cistica. classificate come endotossine, che sono componenti della cellula
Adesione dei batteri alle cellule dell’ospite. Le adesine sono batterica, ed esotossine, che sono proteine secrete dal batterio.
molecole di superficie batteriche che si legano alle cellule dell’ospite L’endotossina batterica è un lipopolisaccaride (LPS), che è un
o alla matrice extracellulare. Esse sono strutturalmente molto simili, componente principale dello strato esterno della membrana esterna
ma hanno specificità differenti per le cellule ospiti. Streptococcus dei batteri Gram-negativi. Il lipopolisaccaride è composto da un’an-
pyogenes è un batterio Gram-positivo che aderisce ai tessuti dell’ospi- cora di acido grasso a lunga catena (lipide A), connessa a un core di
te in virtù della proteina F e dell’acido teicoico che, dalla parete catene glicidiche, entrambi molto simili in tutti i batteri Gram-ne-
cellulare batterica, si lega alla fibronectina sulla superficie della gativi. Attaccata al core glicidico si trova una catena variabile di
cellula ospite e della matrice extracellulare. carboidrati (antigene O), che è utilizzata per la sierotipizzazione e
I pili sono proteine filamentose della superficie dei batteri. Il corpo la discriminazione tra i differenti ceppi batterici. La risposta all’LPS
dei pili è composto da subunità ripetute, mentre gli amminoacidi batterico può essere benefica o dannosa per l’ospite. La risposta è
variabili, localizzati agli apici dei pili stessi, determinano la specificità benefica nel senso che l’LPS attiva l’immunità protettiva in diversi
di legame dei batteri. Ceppi di E. coli che causano infezioni del tratto modi, come l’induzione alla produzione di citochine e di sostanze
urinario esprimono in modo unico uno specifico pilo P, che lega una chemioattrattive (chemochine) del sistema immunitario e l’aumen-
componente gal (a1–4)gal espressa sulle cellule uroteliali.18 I pili sui tata espressione di molecole stimolanti l’attivazione dei linfociti T.
batteri della specie N. gonorrhoeae mediano l’adesione di batteri alle Tuttavia, si pensa che livelli elevati di LPS abbiano un ruolo impor-
cellule dell’ospite e sono anche i bersagli della risposta anticorpale tante nello shock settico, nella coagulazione intravascolare dissemi-
contro N. gonorrhoeae. Variazioni nel tipo di pili espressi rappresen- nata (CID) e nella sindrome da distress respiratorio dell’adulto,
tano un meccanismo importante tramite cui N. gonorrhoeae sfugge principalmente tramite induzione di eccessivi livelli di citochine
alla risposta immunitaria.19 come TNF, IL-1 e IL-12 (Cap. 4). L’LPS si lega al recettore di super-
Virulenza dei batteri intracellulari. I batteri intracellulari fa- ficie cellulare CD14 e il complesso si lega quindi al recettore Toll-
coltativi infettano le cellule epiteliali (Shigella ed E. coli enteroinva- simile 4 (TLR4), che è un recettore del sistema immunitario innato
sivi), i macrofagi (M. tuberculosis, M. leprae) o entrambi (S. typhi). che riconosce una determinata struttura e che trasmette segnali che
La crescita dei batteri all’interno delle cellule può permettere loro portano alla risposta cellulare contro il liposaccaride stesso.24
di evitare alcuni meccanismi effettori della risposta immune (ad es. Le esotossine sono proteine secrete dai batteri che causano danno
anticorpi), o può facilitare la loro diffusione, come nel caso della cellulare e malattia. Esse possono essere classificate in base alla sede
migrazione dei macrofagi che trasportano M. tuberculosis dal pol- e al meccanismo di azione. Sono brevemente descritte di seguito e
mone ad altre sedi dell’organismo. trattate più minuziosamente nelle sezioni specifiche per ciascun tipo
I batteri dispongono di vari meccanismi per entrare nelle cellule di batterio.
ospiti. Alcuni utilizzano la risposta immunitaria per entrare nei
macrofagi. Il rivestimento (coating) dei batteri con anticorpi o con Enzimi. I batteri producono diversi enzimi (proteasi, ialuronidasi,
la proteina del complemento C3b (opsonizzazione), normalmente coagulasi, fibrinolisine) che agiscono sui loro rispettivi substrati
determina fagocitosi da parte dei macrofagi. Come molti batteri, M. in vitro, ma il ruolo patogenetico di molti di essi rimane ancora
tuberculosis attiva la via alternativa del complemento, che favorisce poco chiaro. Ad esempio, alcune proteasi prodotte da S. aureus
l’opsonizzazione con C3b. Una volta ricoperto (coated) da C3b, M. degradano proteine che mantengono uniti i cheratinociti, facendo
tuberculosis si lega al recettore del complemento CR3 sui macrofagi sì che l’epidermide si distacchi dalla cute sottostante.25
e viene fagocitato dalla cellula.20 I batteri Gram-negativi utilizzano Tossine che alterano le vie di segnalazione o di regolazione intra-
un complesso sistema secretivo per penetrare nelle cellule epiteliali.21 cellulari. La maggior parte di esse ha una subunità attiva (A) con
CAPITOLO 8 Malattie infettive 337

funzioni enzimatiche e una subunità di legame (B) che si lega a Come I Microrganismi Eludono Le Difese
recettori sulla superficie cellulare e determina lo spostamento Immunitarie Dell’ospite
della subunità A all’interno del citoplasma. L’effetto di queste
tossine dipende dalla specificità di legame del dominio B e delle Le risposte immunitarie umorali e cellulari che proteggono l’ospite
vie cellulari interessate dal dominio A. Le tossine A-B sono pro- dalla maggior parte delle infezioni sono state discusse nel Capitolo 6.
dotte dal molti batteri come Bacillus anthracis, V. cholerae e alcuni Non sorprende che i microrganismi abbiano sviluppato molti mezzi
ceppi di E. coli. per resistere al sistema immunitario ed eluderlo (Fig. 8.6).29 Questi
Le neurotossine prodotte da Clostridium botulinum e Clostridium meccanismi sono determinanti importanti della virulenza e della
tetani inibiscono il rilascio di neurotrasmettitori, con conseguente patogenicità microbica. Includono (1) crescita in nicchie che sono
paralisi.26 Queste tossine non distruggono i neuroni; il dominio inaccessibili al sistema immunitario dell’ospite, (2) variazione anti-
A interagisce specificamente con proteine coinvolte nella secre- genica, (3) resistenza alle difese immunitarie innate e (4) alterazione
zione di neurotrasmettitori alla giunzione sinaptica. Tetano e della risposta T cellulare antimicrobica tramite immunosoppressione
botulismo possono entrambi provocare morte per insufficienza specifica o non specifica.
respiratoria, conseguente a paralisi dei muscoli del torace e del Alcuni microrganismi si replicano in siti che sono inaccessibili alla
diaframma. risposta immunitaria dell’ospite. Microbi che si propagano nel lume
I superantigeni sono tossine batteriche che stimolano un numero intestinale (ad es. Clostridium difficile produttore di tossine) o nella
molto grande di linfociti T. Essi si legano a siti dei recettori di colecisti (ad es. S. typhi) sono nascoste dalle difese immunitarie
queste cellule e portano a una massiva proliferazione delle stesse cellulo-mediate. Alcuni microrganismi provocano l’infezione inva-
e alla liberazione di citochine. Gli elevati livelli di citochine pos- dendo rapidamente le cellule prima che le risposte umorali diven-
sono portare a stravaso capillare e shock.23 I superantigeni pro- gano effettive (ad es. gli sporozoiti malarici entrano nelle cellule
dotti da S. aureus and S. pyogenes causano la sindrome da shock epatiche, Trichinella e Trypanosoma cruzi entrano nei muscoli sche-
tossico (Toxic Shock Syndrome, TSS). letrici o cardiaci). Alcuni grandi parassiti (ad es. le larve di cestodi)
formano cisti nei tessuti dell’ospite, che sono ricoperte da una densa
capsula e sono quindi inaccessibili alle cellule immunitarie e agli
Effetti dannosi della reazione immunitaria dell’ospite
anticorpi. La latenza virale è l’ultima strategia per nascondere gli
Come esposto precedentemente, la risposta immunitaria dell’ospite antigeni. Durante questa fase molti geni virali non vengono
verso i microrganismi può talvolta essere causa di lesione ai tessuti. espressi.
La reazione infiammatoria granulomatosa a M. tuberculosis è una Alcuni microrganismi possono eludere le risposte immunitarie
risposta di ipersensibilità ritardata che sequestra i batteri e ne pre- variando gli antigeni che esprimono. Gli anticorpi neutralizzanti
viene la diffusione, ma può anche produrre danno tissutale e fibrosi. bloccano la capacità dei microrganismi di infettare le cellule e sti-
Allo stesso modo, il danno epatico che segue l’infezione da HBV e molano i meccanismi effettori che uccidono gli agenti patogeni. Per
HCV sugli epatociti è principalmente dovuto alla risposta immuni- sfuggire al riconoscimento, i microbi utilizzano numerose strategie
taria contro le cellule epatiche infette e non agli effetti citopatici del che coinvolgono meccanismi genetici per produrre una variazione
virus. La risposta immunitaria umorale ai microrganismi può degli antigeni. La bassa specificità dell’RNA polimerasi virale (in
anch’essa avere conseguenze patologiche. Ad esempio, in seguito a HIV e in molti virus respiratori come il virus dell’influenza) e il
un’infezione da S. pyogenes, gli anticorpi prodotti contro la proteina riarrangiamento del genoma virale (virus influenzali) conducono a
M streptococcica possono cross-reagire con le proteine cardiache e variazioni antigeniche (Tab. 8.6). Lo spirochete Borrelia recurrentis
danneggiare il cuore, portando alla malattia cardiaca reumatica. La cambia ripetutamente i suoi antigeni di superficie e gli organismi
glomerulonefrite poststreptococcica, che può svilupparsi dopo del genere Borrelia della malattia di Lyme utilizzano meccanismi
un’infezione da S. pyogenes, è causata da anticorpi antistreptococcici simili per variare le proteine della loro membrana esterna.30 Le specie
che si legano agli antigeni e formano complessi immuni che si de- di Trypanosoma hanno molti geni per gli antigeni di superficie
positano nei glomeruli renali e determinano nefrite. Quindi, la ri- maggiori, VSG, e possono variare l’espressione di queste proteine di
sposta immunitaria antimicrobica può avere conseguenze benefiche superficie. Vi sono almeno 80 diversi sierotipi di S. pneumoniae,
o patologiche. ciascuno con differenti polisaccaridi capsulari.
Gli esempi proposti precedentemente rappresentano situazioni Alcuni microrganismi hanno elaborato metodi per eludere le ri-
poco frequenti, in cui risposte immunitarie specifiche ai microrga- sposte immunitarie aspecifiche, come l’eliminazione da parte delle
nismi sono state identificate come agenti eziologici di diverse pato- cellule fagocitiche e del complemento.31 I peptidi antimicrobici ca-
logie. Recenti studi clinici, epidemiologici e sperimentali indicano tionici, che comprendono difensine, catelicidine e trombocidine,
che le infezioni possono essere associate a un’ampia varietà di pa- forniscono un’importante difesa iniziale contro gli agenti infettivi.
tologie infiammatorie croniche e al cancro.28 La resistenza all’azione di tali sostanze è fondamentale per la viru-
In alcune patologie infiammatorie croniche, come la malattia lenza di un certo numero di agenti patogeni, poiché consente loro
infiammatoria intestinale (Cap. 17), un importante evento precoce di evitare l’uccisione da parte di neutrofili e macrofagi.32 La capsula
potrebbe essere la compromissione della barriera epiteliale intesti- esterna, ricca in carboidrati, dei principali batteri che causano
nale, che permette l’ingresso di microrganismi patogeni e commen- polmonite o meningite (pneumococco, meningococco, H. influen-
sali e le loro interazioni con le cellule immunitarie locali, determi- zae), aumenta la loro patogenicità coprendo i loro antigeni e pre-
nando infiammazione. Il ciclo di infiammazione e danno epiteliale venendo la fagocitosi da parte dei neutrofili. Ad esempio, E. coli,
può essere la base della malattia. I virus (HBV, HCV) e i batteri (H. con la capsula K1 contenente acido sialico, causa meningite nei
pylori) che non sembrano essere portatori o attivatori di oncogeni, neonati. L’acido sialico non si lega al C3b, passaggio essenziale per
sono associati a neoplasie maligne probabilmente perché scatenano l’attivazione della via alternativa del complemento, così i batteri
un’infiammazione cronica, che offre un terreno fertile per lo svilup- evitano la lisi complemento-mediata e la fagocitosi da opsonizza-
po del cancro (Cap. 7). zione. Molti batteri producono sostanze tossiche che distruggono
338 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Figura 8.6 Panoramica dei meccanismi utilizzati dagli agenti patogeni virali e batterici per evadere l’immunità naturale e acquisita. (Modificata per
gentile concessione da Finlay B, McFadden G: Anti-immunology: evasion of the host immune system by bacterial and viral pathogens. Cell 124:767-782,
2006)

i fagociti, prevengono la loro migrazione o riducono la loro attività I virus possono produrre molecole che inibiscono l’immunità
ossidativa. I batteri, inoltre, possono aggirare le difese immunitarie innata.29,33 Alcuni virus (ad es. herpesvirus e poxvirus) producono
ricoprendosi con proteine dell’ospite. Alcuni batteri come Salmo- proteine che bloccano l’attivazione del complemento. I virus hanno
nella possono modificare la componente lipidica dell’LPS per sviluppato strategie per combattere gli interferoni (IFN), una difesa
­ridurre l’attivazione dei recettori Toll-simili (TLR). S. aureus è ri- precoce dell’ospite contro i virus. Alcuni virus producono omologhi
coperto da molecole di proteina A che si legano alla porzione Fc solubili dei recettori di IFN-a/b o di IFN-g che si legano agli IFN
degli anticorpi inibendo quindi la fagocitosi. Neisseria, Haemophilus secreti e ne inibiscono l’azione, o producono proteine che inibiscono
e Streptococcus secernono proteasi che degradano le immunoglo- i segnali intracellulari di JAK/STAT dei recettori per gli IFN. Possono
buline. Come già menzionato, un’altra strategia per aggirare i mec- anche disattivare o inibire la protein-chinasi dsRNA-dipendente
canismi di difesa è di replicarsi all’interno delle cellule fagocitiche. (PKR), un mediatore chiave degli effetti antivirali degli IFN. Alcuni
Un certo numero di virus, alcuni batteri intracellulari (come mi- virus codificano all’interno dei loro genomi, omologhi di altre cito-
cobatteri, Listeria e Legionella), funghi (ad es. Cryptococcus neofor- chine e chemochine o dei loro recettori, che agiscono in vari modi
mans) e protozoi (ad es. Leishmania, tripanosomi e toxoplasmi) per inibire le risposte immunitarie. Molti virus hanno sviluppato
possono moltiplicarsi all’interno dei fagociti. strategie per bloccare l’apoptosi nella cellula ospite, il che può dar

Tabella 8.6 Meccanismi di variazione antigenica


Tipo Esempio Malattia

Elevato tasso di mutazioni HIV AIDS


Virus influenzali Influenza

Riassortimento genetico Virus influenzali Influenza


Rotavirus Diarrea

Riarrangiamento genetico (ad es. Borrelia burgdorferi Malattia di Lyme


ricombinazione genetica, conversione Neisseria gonorrhoeae Gonorrea
genetica, inversione sito-specifica) Trypanosoma spp. Malattia del sonno
Plasmodium spp. Malaria

Grande varietà di sierotipi Rhinovirus Raffreddore comune


Streptococcus pneumoniae Polmonite
Meningite
CAPITOLO 8 Malattie infettive 339

loro il tempo necessario a completare replicazione, assemblaggio e


fuoriuscita, promuovere la persistenza virale e contribuire alla tra-
sformazione cellulare.
Alcuni microrganismi producono fattori che diminuiscono il rico-
noscimento delle cellule infettate da parte delle cellule T-helper CD4+
e delle cellule T citotossiche CD8+. Ad esempio, diversi virus a DNA
(ad es. herpesvirus, come HSV, CMV ed EBV) possono legarsi alle
proteine MHC (Major Histocompatibility Complex) di classe I o
alterarne la localizzazione, compromettendo la presentazione dei
peptidi alle cellule T CD8+ T.34,35 La regolazione negativa delle
­molecole MHC di classe I potrebbe rendere le cellule infettate dal
virus un bersaglio per le cellule NK. Tuttavia i virus herpes espri-
mono anche omologhi MHC di classe I, che agiscono come inibitori
delle cellule NK, tramite l’occupazione di recettori inibitori delle
cellule natural killer (Cap. 6). In modo simile, essi possono usare
come bersaglio anche molecole MHC di classe II e degradarle, com- Figura 8.7 Polmonite pneumococcica. Si noti l’infiltrato di polimorfonu-
promettendo la presentazione dell’antigene ai T-helper CD4+. I virus cleati negli alveoli e i setti alveolari indenni.
possono inoltre infettare i linfociti e compromettere direttamente la
loro funzionalità. L’HIV infetta le cellule T CD4+, i macrofagi e le
cellule dendritiche e l’EBV infetta i linfociti B. organismi opportunisti che raramente causano malattia nelle per-
sone sane (ad es. le specie di Aspergillus e di Pseudomonas).
Malattie a carico di organi che non appartengono al sistema im-
Infezioni Nei Pazienti Immunodepressi
munitario, possono ugualmente rendere i pazienti suscettibili alle
Alterazioni ereditarie o acquisite nell’immunità (Cap. 6), spesso infezioni da determinati microrganismi. Gli individui con fibrosi
compromettono solo parte del sistema immunitario, rendendo il cistica possono essere soggetti a infezioni respiratorie da P. aerugi-
paziente con tali alterazioni suscettibile a infezioni specifiche. Pa- nosa, S. aureus e Burkholdaria cepacia.37 La mancanza di funzione
zienti con deficit anticorpali, come l’agammaglobulinemia legata al splenica negli individui con anemia falciforme li rende suscettibili
cromosoma X, contraggono gravi infezioni batteriche, da organismi all’infezione con batteri incapsulati come S. pneumoniae, che sono
come S. pneumoniae, H. influenzae e S. aureus e alcune infezioni normalmente opsonizzati e fagocitati dai macrofagi splenici. Le
virali (da rotavirus ed enterovirus). I pazienti con difetti delle cellule ustioni distruggono la cute, rimuovendo questa barriera contro i
T sono suscettibili in particolar modo alle infezioni da agenti pato- microrganismi e permettendo l’infezione con patogeni come P. ae-
geni intracellulari, in particolare virus e alcuni parassiti. Soggetti ruginosa. In ultimo, anche la malnutrizione può compromettere le
con deficit delle proteine del complemento sono particolarmente difese dell’ospite.
suscettibili alle infezioni batteriche da S. pneumoniae, H. influenzae
e N. meningitidis. Come già trattato nel Capitolo 2, alcuni bambini Risposte Infiammatorie Alle Infezioni
hanno un deficit della funzione dei neutrofili, che porta a un aumen-
to delle infezioni da S. aureus, nonché da alcuni batteri Gram-­ Nonostante l’eterogeneità molecolare dei microrganismi, il tipo di
negativi e da miceti. risposta dei tessuti è limitata, così come i meccanismi che la rego-
Le immunodeficienze acquisite hanno varie cause e la più impor- lano. Quindi molti patogeni producono risposte simili e sono poche
tante è l’infezione da HIV, che causa l’AIDS. L’HIV infetta e infine le caratteristiche uniche o patognomoniche per un particolare
uccide i linfociti T-helper CD4+. Come trattato nel Capitolo 6, ciò microrganismo. Inoltre, è l’interazione tra il microrganismo e l’ospi-
determina una profonda immunodepressione, che favorisce l’insor- te a determinare le caratteristiche istologiche della risposta infiam-
genza di numerose infezioni. La maggior parte dei microrganismi matoria. Ad esempio, i batteri piogeni, che normalmente evocano
che infettano i soggetti con AIDS erano patogeni anche prima una risposta leucocitaria massiva, possono causare una rapida
dell’avvento dell’HIV, altri lo erano raramente (Cryptococcus, Pneu- necrosi tissutale con scarsa essudazione neutrofila in un ospite
mocystis) e uno, l’herpesvirus del sarcoma di Kaposi (KSHV), de- gravemente neutropenico. Allo stesso modo, nel paziente normale,
nominato anche herpesvirus 8 (HHV-8) umano, fu scoperto per la M. tuberculosis causa la formazione di granulomi ben delimitati,
prima volta grazie alla ricerca nei pazienti con HIV.36 con pochi micobatteri, mentre nei pazienti affetti da AIDS, gli stessi
Le patologie che compromettono la produzione dei leucociti, micobatteri si moltiplicano nei macrofagi e non si formano i
come la leucemia che provoca l’infiltrazione neoplastica del midollo granulomi.
osseo, rendono i pazienti vulnerabili alle infezioni opportunistiche. Si distinguono cinque principali quadri istologici di reazione dei
Le cause iatrogene di immunosoppressione comprendono i farmaci tessuti alle infezioni.
immunosoppressivi utilizzati per trattare i pazienti con patologie
autoimmuni e i pazienti trapiantati, così come i farmaci utilizzati Infiammazione purulenta (da polimorfonucleati)
per trattare il cancro. Le terapie finalizzate alla prevenzione del ri-
getto di organi trapiantati inducono una grave immunodepressione, Questa è la reazione al danno tissutale acuto, descritto nel Capitolo 2,
rendendo i riceventi di trapianti molto suscettibili alle malattie in- caratterizzata da aumento della permeabilità vascolare e da infil-
fettive. I pazienti che ricevono un trapianto di midollo osseo hanno trazione leucocitaria, soprattutto di neutrofili (Fig. 8.7), che sono
gravi difetti dell’immunità innata ed acquisita durante il lungo pe- attratti nella sede dell’infezione dalla liberazione di sostanze ad
riodo richiesto affinché il midollo osseo donato si innesti e diventano azione chemotattica prodotte dai batteri “piogeni” (formanti pus)
suscettibili all’infezione da quasi tutti i microrganismi, compresi gli che evocano questa risposta, in gran parte cocchi Gram-­positivi
340 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Figura 8.9 Vescicola da herpesvirus nella mucosa. Si veda Figura 8.12


Figura 8.8 Sifilide secondaria nel derma con infiltrato linfaplasmacitico per le inclusioni virali.
perivascolare e proliferazione endoteliale.

extracellulari e bacilli Gram-negativi. L’accumulo di neutrofili e la Reazione citopatica-citoproliferativa


necrosi colliquativa del tessuto formano il pus. Le dimensioni delle
lesioni essudative variano da piccoli microascessi in differenti or- Questa reazione è solitamente evocata da virus. Le lesioni sono
gani, come accade nella sepsi batterica secondaria alla presenza di caratterizzate da necrosi o da proliferazione cellulare, solitamente
una valvola cardiaca colonizzata, al diffuso coinvolgimento di interi con scarsi elementi infiammatori. Alcuni virus si replicano all’inter-
lobi del polmone in corso di polmonite. Quanto distruttive siano no delle cellule e formano aggregati apprezzabili sotto forma di corpi
queste lesioni dipende dalla loro localizzazione e dal microrganismo inclusi (ad es. herpesvirus o adenovirus) o inducono le cellule a
coinvolto. Ad esempio, gli pneumococchi normalmente risparmia- fondersi e a formare cellule multinucleate chiamate policariociti (ad
no le pareti alveolari e causano polmonite lobare, che si risolve es. virus del morbillo o herpes). Le lesioni focali cutanee possono
completamente, mentre gli stafilococchi e diverse specie di Kleb- causare scollamento delle cellule epiteliali, determinando la forma-
siella distruggono le pareti alveolari e formano ascessi che guari- zione di vescicole (Fig. 8.9). Alcuni virus possono indurre prolife-
scono con esiti cicatriziali. La faringite batterica si risolve senza razione di cellule epiteliali (ad es. le verruche genitali causate da
sequele, mentre l’infiammazione acuta a eziologia batterica di un’ar- HPV o le papule ombelicate del mollusco contagioso causate dai
ticolazione, se non trattata, può distruggerla nell’arco di pochi poxvirus). Infine, i virus possono contribuire allo sviluppo delle
giorni. neoplasie maligne (Cap. 7).

Infiammazione granulomatosa e da mononucleati Infiamma zione necrotica

Gli infiltrati diffusi interstiziali, in particolare da mononucleati, sono Clostridium perfringens e altri microrganismi, attraverso la secrezione
un aspetto frequente di tutti i processi infiammatori cronici, ma se di tossine, possono causare una necrosi così grave e rapida (necrosi
si sviluppano precocemente, sono spesso una risposta a virus, batteri gangrenosa) che il danno ai tessuti diventa la manifestazione più
e parassiti intracellulari. Anche spirochete ed elminti evocano una importante dell’infezione. Essendo presenti rare cellule infiammato-
risposta infiammatoria cronica. Il tipo di cellula mononucleata rie, queste lesioni assomigliano a infarti, con distruzione o perdita di
predominante nella lesione, dipende dalla risposta immunitaria colorazione basofila nucleare e conservazione del contorno cellulare.
dell’ospite al microrganismo. Ad esempio, le plasmacellule sono I clostridi sono spesso patogeni opportunistici, entrano nel tessuto
abbondanti nelle lesioni primarie e secondarie della sifilide (Fig. 8.8), muscolare per un trauma, oppure causano infezione intestinale nei
mentre i linfociti prevalgono nell’infezione da HBV o nelle infezioni pazienti neutropenici. In modo simile, il parassita E. histolytica causa
virali cerebrali. La presenza di linfociti è segno di una risposta cel- ulcerazione colica e ascessi epatici, caratterizzati da estesa distruzione
lulo-mediata contro l’agente patogeno o le cellule infettate. All’altro tissutale con necrosi colliquativa e quasi priva di infiltrato infiamma-
estremo, i macrofagi possono essere infarciti di microrganismi, come torio. Tramite meccanismi completamente diversi, i virus possono
avviene nelle infezioni da M. avium-intracellulare nei pazienti affetti causare necrosi diffusa e grave delle cellule ospiti, con infiammazione,
da AIDS, che non possono sviluppare un’efficace risposta immuni- come esemplificato dalla totale distruzione dei lobi temporali dell’en-
taria. L’infiammazione granulomatosa è una forma distintiva di in- cefalo da parte degli herpesvirus, o del fegato da parte dell’HBV.
fiammazione mononucleare solitamente evocata da agenti infettivi
molto resistenti che sono in grado di stimolare una forte immunità
mediata dalle cellule T (ad es. M. tuberculosis, Histoplasma capsula- Infiammazione cronica e cicatrizzazione
tum, uova di schistosoma). L’infiammazione granulomatosa è ca-
ratterizzata dall’accumulo di macrofagi attivati detti cellule “epite- Molte infezioni alla fine provocano un’infiammazione cronica, che
lioidi”, che possono fondersi a formare cellule giganti. In alcuni casi può portare o alla completa guarigione o alla formazione di cicatrici.
vi è un’area centrale di necrosi caseosa (si vedano Cap. 2 e paragrafo Ad esempio, l’infezione cronica da HBV può provocare cirrosi epa-
“Tubercolosi” in questo capitolo). tica, nella quale densi setti fibrotici circondano noduli di epatociti
CAPITOLO 8 Malattie infettive 341

anche essere osservati nelle risposte tissutali ad agenti fisici o chimici


e in malattie infiammatorie a eziologia sconosciuta (Cap. 2).
Con ciò si conclude la nostra trattazione dei principi generali della
patogenesi e delle alterazioni patologiche delle malattie infettive.
Inizieremo a descrivere le singole infezioni causate da virus, batteri,
funghi e parassiti. Nella discussione porremo l’accento sui meccanismi
patogenetici e sulle alterazioni patologiche, piuttosto che sugli aspetti
clinici, disponibili in trattati specifici sull’argomento. Le infezioni che
interessano un organo specifico sono discusse in altri capitoli.

Infezioni virali
Figura 8.10 Infezione da Schistosoma haematobium della vescica con I virus sono la causa di molte infezioni acute e croniche clinicamente
numerose uova calcificate ed estesa cicatrizzazione. importanti che possono interessare ogni sistema edorgano
(Tab. 8.7).

in rigenerazione. Talvolta, l’eccessiva risposta cicatriziale è la causa Infezioni Acute (Transitorie)


principale della disfunzione di un organo (ad es. la fibrosi a “cannello
di pipa [pipe-stem]” del fegato, la fibrosi della parete vescicale I virus che causano infezioni transitorie sono strutturalmente ete-
­causata dalle uova di schistosomi [Fig. 8.10], o la pericardite costrit- rogenei, ma tutti evocano un’efficace risposta immunitaria, che
tiva fibrosa nella tubercolosi). elimina il virus e può conferire protezione per tutta la vita. Il virus
Questi quadri di reazione tissutale sono utili per analizzare le della parotite, ad esempio, ha un unico sierotipo e infetta le persone
caratteristiche microscopiche dei processi infettivi, anche se appa- una sola volta, mentre altri virus transitori, come quelli dell’influen-
iono raramente in forma pura, poiché diversi tipi di reazioni dell’ospi- za, possono infettare ripetutamente lo stesso individuo a causa di
te spesso si verificano contemporaneamente. Ad esempio, il polmone variazioni antigeniche. La risposta immune ad alcuni virus che
di un paziente con AIDS può essere infettato da CMV, che causa ­inducono infezioni transitorie diminuisce con il passare del tempo,
alterazioni di tipo citolitico, e allo stesso tempo da Pneumocystis, che permettendo persino allo stesso sierotipo di infettare ripetutamente
causa flogosi interstiziale. Quadri simili di infiammazione possono (ad es. virus respiratorio sinciziale).

Tabella 8.7 Malattie virali umane e agenti patogeni correlati


Organo o sistema Specie Malattia

Tratto respiratorio Adenovirus Infezioni delle vie respiratorie superiori


e inferiori, congiuntivite, diarrea
Rhinovirus Infezione del tratto respiratorio superiore
Virus influenzali A, B Influenza
Virus respiratorio sinciziale Bronchiolite, polmonite

Tratto gastroenterico Virus della parotite Parotite, pancreatite, orchite


Rotavirus Gastroenterite dell’infanzia
Norovirus Gastroenterite
Virus dell’epatite A Epatite virale acuta
Virus dell’epatite B Epatite acuta o cronica
Virus dell’epatite D Associato ad HBV, epatite acuta o cronica
Virus dell’epatite C Epatite acuta o cronica
Virus dell’epatite E Epatite a trasmissione orofecale

Sistemica con eruzioni cutanee Virus del morbillo Morbillo


Virus della rosolia Rosolia
Varicella-zoster virus Varicella
Virus dell’herpes simplex 1 Herpes orale (“herpes febbrile”)
Virus dell’herpes simplex 2 Herpes genitale

Sistemica con disturbi emopoietici Citomegalovirus Malattia da inclusi citomegalici


Virus di Epstein-Barr Mononucleosi infettiva
HIV-1 e HIV-2 AIDS

Febbri da arbovirus ed emorragiche Virus Dengue 1-4 Febbre emorragica dengue


Virus della febbre gialla Febbre gialla

Verruche cutanee/genitali Papillomavirus Condiloma; carcinoma cervicovaginale


Sistema nervoso centrale Poliovirus Poliomielite
Virus JC Leucoencefalite multifocale progressiva
(opportunistica)
342 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Morbillo
Morfologia L’eruzione cutanea a chiazze di colorito marrone-
Il virus del morbillo è una delle cause principali di morte e di ma- rossastro al volto, al tronco e, a livello prossimale, agli arti è
lattia, prevenibili con la vaccinazione, in tutto il mondo. Ogni anno, causata dalla vasodilatazione, dall’edema e da un modesto
oltre 20 milioni di persone vengono colpite dal morbillo. Nel 2005 infiltrato perivascolare aspecifico di cellule mononucleate. Le
vi furono 345.000 morti stimate nel mondo, la maggior parte delle lesioni ulcerate nella mucosa del cavo orale in prossimità
quali fra i bambini dei Paesi in via di sviluppo. A causa della mal- dell’apertura dei dotti di Stenone (le patognomoniche mac-
nutrizione, i bambini in queste aree del mondo sono esposti a un chie di Koplik) sono caratterizzate da necrosi, essudato di
rischio di morte per polmonite morbillosa da 10 a 1.000 volte mag- neutrofili e neovascolarizzazione. Negli organi linfoidi si ha
giore, rispetto ai bambini delle nazioni sviluppate.38 Epidemie di una marcata iperplasia follicolare, con grandi centri germi-
morbillo si verificano tra individui non vaccinati. Il virus del mor- nativi e cellule giganti multinucleate, a distribuzione casuale,
billo può causare un quadro di malattia grave nelle persone con chiamate cellule di Warthin-Finkeldey, dotate di inclusioni
difetti dell’immunità cellulare (come nei pazienti infettati da HIV o eosinofile nucleari e citoplasmatiche. Queste cellule sono
in quelli con neoplasie maligne ematologiche). Negli Stati Uniti patognomoniche e sono riscontrabili anche nei polmoni e
l’incidenza del morbillo si è ridotta drasticamente dal 1963, quando nell’escreato (Fig. 8.11). Le forme più lievi di polmonite mor-
è stato introdotto il vaccino. La diagnosi viene di solito eseguita billosa mostrano a livello peribronchiale e interstiziale, lo
clinicamente o con esame sierologico, o tramite il riscontro dell’an- stesso infiltrato di mononucleati che si osserva in altre infe-
tigene virale nell’essudato nasale o nel sedimento urinario. zioni virali. Nei casi gravi o trattati tardivamente, a causare il
Patogenesi. Il virus del morbillo è un virus ad RNA a singola elica, decesso può intervenire una superinfezione batterica.
della famiglia Paramyxoviridae, che comprende il virus della parotite,
il virus respiratorio sinciziale (la causa principale di infezioni delle
basse vie respiratorie nei lattanti), i virus parainfluenzali (causa di
croup) e i metapneumovirus umani. Vi è un solo sierotipo di virus Parotite
del morbillo. Sono stati identificati due recettori per il virus sulla
superficie cellulare: CD46, una proteina regolatrice del complemento Come il virus del morbillo, anche quello della parotite appartiene alla
che disattiva l’enzima C3 convertasi e la molecola di segnale di atti- famiglia Paramyxoviridae. Presenta due tipi di glicoproteine di su-
vazione dei linfociti (Signaling Lymphocytic Activation Molecule, perficie, una con attività emoagglutinante e neuraminidasica e l’altra
SLAM), coinvolta nell’attivazione delle cellule T.39 CD46 è espresso in grado di indurre fusione cellulare e dotata di attività citolitiche. Il
su tutte le cellule nucleate, mentre SLAM lo è solo sulle cellule del virus della parotite penetra nel tratto respiratorio superiore tramite
sistema immunitario. Entrambi questi recettori legano le emoagglu- inalazione di goccioline di saliva, diffonde ai linfonodi regionali, dove
tinine virali. Il virus del morbillo viene trasmesso attraverso goccio- si replica all’interno dei linfociti (preferenzialmente in cellule T atti-
line di saliva e si moltiplica inizialmente all’interno delle cellule vate) e quindi raggiunge, attraverso il sangue, le ghiandole, in parti-
epiteliali delle vie respiratorie superiori, per poi diffondersi al tessuto colare quelle salivari. Il virus infetta le cellule dell’epitelio duttale delle
linfoide locale. Il morbillo può moltiplicarsi all’interno delle cellule ghiandole salivari, determinando desquamazione delle cellule inte-
epiteliali, dei monociti, dei macrofagi, delle cellule dendritiche e dei ressate, edema e infiammazione, che porta al classico dolore e gonfiore
linfociti. La replicazione del virus nel tessuto linfatico è seguita da tipico di questa malattia. Il virus della parotite inoltre può diffondersi
viremia e disseminazione sistemica del virus a molti tessuti, ad altre sedi, come il SNC, i testicoli, le ovaie ed il pancreas. La me-
come congiuntiva, tratto respiratorio, tratto urinario, piccoli vasi ningite asettica è la più comune complicanza a localizzazione ghian-
sanguigni, sistema linfatico e SNC. Il morbillo può causare laringo- dolare extrasalivare e compare in circa il 10% dei casi. La vaccinazione
tracheobronchite acuta, croup, polmonite, diarrea con enteropatia ha ridotto l’incidenza della malattia del 99% negli Stati Uniti. La
­proteino-disperdente, cheratite con cicatrizzazione e cecità, encefalite diagnosi viene solitamente effettuata clinicamente, ma la sierologia
ed eruzioni emorragiche (“morbillo nero”) in bambini malnutriti e o una coltura virale possono essere usate per la diagnosi definitiva.
con difficoltà di accesso all’assistenza sanitaria. La maggior parte dei
bambini sviluppa un’immunità cellulo-mediata T contro il virus del
morbillo, che controlla l’infezione e provoca l’eruzione tipica di tale
malattia, una reazione di ipersensibilità alle cellule infettate dal mor-
billo a livello cutaneo. Il rash è meno frequente negli individui con
deficit dell’immunità cellulo-mediata, ma si verifica negli individui
agammaglobulinemici. L’immunità anticorpo-mediata ­protegge
contro le reinfezioni. Il morbillo può anche causare una transitoria
ma profonda immunosoppressione, che permette l’instaurarsi di
infezioni batteriche e virali secondarie, responsabili di gran parte
della morbilità e mortalità correlate al morbillo. In seguito all’infe-
zione da morbillo si verificano alterazioni della risposta immunitaria
innata, di quella acquisita e difetti nella funzione delle cellule den-
dritiche e dei linfociti.40 La panencefalite subacuta sclerosante (PESS,
descritta nel Cap. 28) e l’encefalite morbillosa a corpi inclusi (negli
individui immunodepressi) sono rare complicanze tardive del mor-
billo. La patogenesi della PESS non è ben chiara, ma una variante del
virus del morbillo, difettiva dal punto di vista replicativo, potrebbe Figura 8.11 Cellule giganti del morbillo nel polmone. Si notino le in-
essere coinvolta in questa infezione virale persistente.41 clusioni intranucleari eosinofile e l’aspetto vitreo.
CAPITOLO 8 Malattie infettive 343

Virus West Nile


Morfologia Nella parotite, che è bilaterale nel 70% dei casi,
le ghiandole interessate appaiono aumentate di volume, di Il virus West Nile è un virus trasmesso da artropodi (arbovirus), del
consistenza pastosa e sono umide, lucide e di colore bruno- gruppo dei flavivirus, che comprende anche i virus della dengue e
rossastro in sezione. All’esame microscopico, l’interstizio della febbre gialla. Presenta una vasta distribuzione geografica, con
ghiandolare appare edematoso e infiltrato in modo diffuso epidemie in Africa, Medio Oriente, Europa, Sud-est asiatico e
da macrofagi, linfociti e plasmacellule, che comprimono acini Australia. Questo virus fu identificato per la prima volta negli USA
e dotti. Neutrofili e residui necrotici possono riempire il lume nel 1999 durante un’epidemia a New York.46 Il virus West Nile è
duttale e causare danno epiteliale focale. trasmesso dalle zanzare agli uccelli e ai mammiferi. Gli uccelli sel-
Nell’orchite parotitica, la tumefazione testicolare può essere vatici sviluppano una viremia prolungata e sono il ­principale serba-
marcata ed è dovuta a edema, infiltrazione di mononucleati toio del virus. L’uomo è solitamente un ospite ­accidentale. Tuttavia,
ed emorragie focali. Poiché il testicolo è strettamente avvolto il virus West Nile è stato trasmesso attraverso ­emotrasfusioni, tra-
dalla tonaca albuginea, la tumefazione parenchimale può pianto d’organi, latte materno e per via transplacentare.47
compromettere l’apporto ematico e causare la comparsa di Dopo l’inoculazione da parte di una zanzara, il virus West Nile si
aree infartuali. La sterilità, che è una possibile complicanza, replica nelle cellule dendritiche della cute, che migrano quindi ai
è secondaria alla cicatrizzazione e all’atrofia conseguente. linfonodi, dove il virus si replica ulteriormente, penetra nel flusso
Nel pancreas, che è particolarmente ricco di enzimi, le lesioni sanguigno e, in alcuni individui, attraversa la barriera ematoencefa-
possono essere distruttive, con steatosi e necrosi parenchi- lica. Nel SNC il virus infetta i neuroni. Le chemochine hanno un ruolo
male e infiammazione con ricca infiltrazione di neutrofili. fondamentale nel dirigere i leucociti verso il SNC per ­l’eliminazione
L’encefalite parotitica causa demielinizzazione ed infiltrazio- del virus. Nell’uomo e nel topo, il recettore per le chemochine CCR5
ne perivascolare di mononucleati. funge da fattore essenziale nell’ospite per resistere all’infezione neu-
roinvasiva. L’allele CCR5∆32, che contiene una delezione di 32 coppie
di basi nella sequenza codificante e porta a una completa perdita di
funzione in un individuo omozigote, è associato a infezione da virus
Infezioni da poliovirus West Nile sintomatica e letale. Quindi, la perdita del recettore CCR5
aumenta il rischio di infezione fatale da virus West Nile, ma è protet-
I poliovirus sono virus ad RNA, di forma sferica, non capsulati, tiva contro l’infezione da HIV-1 dal momento che HIV utilizza questo
appartenenti al genere enterovirus. Altri enterovirus causano diarrea recettore per infettare la cellula ospite (Cap. 6).48
infantile e rash (coxsackievirus A), congiuntivite (enterovirus 70), L’infezione con il virus West Nile è solitamente asintomatica, ma
meningite virale (coxsackievirus ed echovirus) e miopericardite nel 20% degli individui infetti dà origine a una lieve e breve patologia
(coxsackievirus B). Vi sono tre principali ceppi di poliovirus, cia- febbrile associata a cefalea e mialgia. Si osserva un rash maculopa-
scuno dei quali è incluso nel vaccino fissato in formalina di Salk pulare in circa la metà dei casi. Le complicanze che interessano il
(ucciso) e nel vaccino orale attenuato di Sabin (vivo).42 Questi vaccini SNC (meningite, encefalite, meningoencefalite) non sono frequenti
hanno quasi debellato la poliomielite nell’emisfero occidentale, e si verificano in circa 1 infezione clinica manifesta su 150. In pa-
poiché il poliovirus, come il virus del vaiolo, infetta l’uomo e non zienti con meningoencefalite la mortalità è circa del 10% e in molti
altri animali, è eliminato solo per un breve periodo di tempo, non dei soggetti sopravvissuti si hanno alterazioni cognitive e neurolo-
subisce variazioni antigeniche ed è efficacemente prevenuto dall’im- giche a lungo termine. Un’infiammazione perivascolare e leptome-
munizzazione.43 I poliovirus sono ancora presenti in alcune regioni ningea cronica, noduli microgliali (Cap. 28) e neuronofagia, che
dell’Africa. interessano soprattutto i lobi temporali e il tronco encefalico, sono
La trasmissione dei poliovirus, come per gli altri enterovirus, si stati osservati nell’encefalo di pazienti deceduti per questa infezione.
verifica per via orofecale. Dapprima vengono infettati i tessuti I soggetti immunodepressi e gli anziani sembrano essere maggior-
dell’orofaringe, poi i virioni vengono secreti nella saliva e deglutiti mente predisposti a una forma grave di malattia. Le rare complicanze
e successivamente si moltiplicano nella mucosa intestinale e nei comprendono epatite, miocardite e pancreatite. La diagnosi viene
linfonodi, causando viremia transitoria e febbre. Il virus infetta solo solitamente eseguita tramite sierologia, ma vengono utilizzati anche
gli esseri umani poiché utilizza il CD155 umano per entrare nelle test di coltura virale e test con PCR.
cellule e non si lega alle cellule di altre specie.44 Sebbene la maggior
parte delle infezioni poliomielitiche sia asintomatica, in circa 1 in-
dividuo infettato su 100 il poliovirus invade il SNC e si replica nei Febbri emorragiche virali
motoneuroni del midollo spinale (poliomielite spinale) o del tronco
encefalico (poliomielite bulbare). Gli anticorpi antivirali controllano Le febbri emorragiche virali (Viral Hemorrhagic Fevers, VHF) sono
la malattia nella maggior parte dei casi e non è noto il motivo della infezioni sistemiche, causate da RNA-virus dotati di capside, appar-
mancata delimitazione dell’infezione in alcuni individui. La diffu- tenenti a quattro differenti famiglie: arenavirus, filovirus, bunyavirus
sione virale al sistema nervoso potrebbe essere secondaria a viremia e flavivirus. Sebbene strutturalmente distinti, essi dipendono tutti
oppure verificarsi per trasporto in senso retrogrado del virus lungo da un ospite animale o da un insetto per la loro sopravvivenza e
gli assoni dei motoneuroni.45 I rari casi di poliomielite, che si veri- trasmissione. I virus delle VHF sono confinati geograficamente alle
ficano dopo vaccinazione, sembrano essere causati da mutazioni dei aree in cui risiedono i loro ospiti. L’uomo contrae la malattia quando
virus attenuati alle forme wild-type. viene a contatto con ospiti infetti o insetti vettori, ma non rappre-
La diagnosi può essere fatta tramite coltura virale di secrezioni senta il serbatoio naturale dell’infezione. Alcuni virus che causano
della gola o feci, o tramite sierologia. febbre emorragica (Ebola, Marburg, Lassa) possono anche diffon-
Le caratteristiche neurologiche e la neuropatologia dell’infezione dersi per contagio interpersonale. I virus delle VHF provocano uno
sono descritte nel Capitolo 28. spettro di malattie che va da forme acute relativamente lievi,
344 CAPITOLO 8 Malattie infettive

c­ aratterizzate da febbre, cefalea, mialgie, eruzioni cutanee, neutro- LAT possano essere microRNA che conferiscono resistenza all’apop-
penia e trombocitopenia fino a forme gravi e pericolose per la vita, tosi e quindi contribuiscono alla persistenza del virus nei neuroni
caratterizzate da improvviso danno al sistema emodinamico e shock. sensitivi.52 La riattivazione di HSV-1 e HSV-2 può verificarsi ripe-
Questi virus sono potenziali armi biologiche per le loro proprietà tutamente con o senza sintomi e provoca la diffusione del virus dai
infettive, per l’elevata morbilità e mortalità delle malattie da essi neuroni alla cute o alle membrane mucose. La riattivazione si verifica
causate e per l’assenza di terapia e di vaccini. in presenza di immunità dell’ospite perché gli herpesvirus hanno
La patogenesi delle febbri emorragiche non è ben compresa. Le sviluppato strategie per evitare il riconoscimento da parte del sistema
manifestazioni emorragiche sono dovute a trombocitopenia, gravi immunitario. Gli HSV possono evitare i linfociti T citotossici anti-
alterazioni delle piastrine o delle cellule endoteliali. È sempre pre- virali, inibendo la via di riconoscimento dell’MHC di classe I. Il virus
sente un’aumentata permeabilità vascolare. Vi può essere necrosi ed riesce inoltre a eludere le difese immunitarie umorali, producendo
emorragia in molti organi, in particolare nel fegato. Sebbene i virus recettori per il dominio Fc delle immunoglobuline e inibitori del
che causano la febbre emorragica possano replicarsi nelle cellule complemento.34,35
endoteliali e gli effetti citopatici diretti possano contribuire alla Oltre a causare lesioni cutanee, HSV-1 è la maggior causa infettiva
malattia, la maggior parte delle manifestazioni della patologia è di cecità corneale negli Stati Uniti. Si ritiene che la patologia dell’epi-
correlata all’attivazione delle risposte immunitarie innate.49 L’infe- telio corneale sia dovuta a danno virale diretto, mentre la patologia
zione virale dei macrofagi e delle cellule dendritiche porta al rilascio corneale stromale sembra essere immuno-mediata. HSV-1 è anche
di mediatori che modificano la funzione vascolare e hanno attività la principale causa di encefalite sporadica fatale negli Stati Uniti,
coagulante. quando il virus si diffonde all’encefalo, in particolare nei lobi tem-
porali e nei giri orbitali dei lobi frontali. Inoltre, neonati e soggetti
con compromissione dell’immunità cellulare (ad es. secondaria a
Infezioni Croniche Latenti (Infezioni
infezione da HIV o a chemioterapia), possono presentare infezioni
Da Herpesvirus)
disseminate da HSV.
Gli herpesvirus sono grandi virus capsulati, dotati di DNA a doppia
elica che codifica per circa 70 proteine. Causano un’infezione acuta,
seguita da una latente, nella quale i virus persistono in una forma Morfologia Le cellule infettate da HSV contengono grandi
non infettiva, con periodiche riattivazioni e produzione di forme inclusioni intranucleari da rosa a viola (di Cowdry tipo A) che
attive. La latenza viene definita funzionalmente come l’incapacità di sono costituite da virioni intatti e distrutti, con la cromatina
trovare particelle infettanti in cellule che ospitano il virus. Vi sono della cellula ospite colorata e spinta ai margini del nucleo
otto tipi di herpesvirus umani, appartenenti a tre sottogruppi, defi- (Fig. 8.12). A causa della fusione cellulare, HSV determina
niti dal tipo cellulare più frequentemente infettato e dalla sede di anche sincizi multinucleati con inclusioni.
latenza: i virus del gruppo a, comprendenti HSV-1, HSV-2 e VZV, HSV-1 e HSV-2 causano lesioni che vanno dall’herpes labiale
che infettano le cellule epiteliali e producono infezioni latenti nei e gengivostomatite, patologie a breve decorso, alle infezioni
neuroni; i virus linfotropici del gruppo b, comprendenti CMV, l’her- viscerali e alle encefaliti potenzialmente letali. L’herpes pe-
pesvirus umano 6 (che causa l’exanthema subitum, noto anche come rilabiale colpisce la cute in prossimità delle mucose (labbra,
roseola infantum e sesta malattia, un’eruzione cutanea benigna dei naso), con distribuzione frequentemente bilaterale e non
neonati) e l’herpesvirus umano 7 (un virus privo di associazione correlata ai dermatomeri cutanei. Le vescicole intraepiteliali,
patologica nota), che infettano e determinano infezione latente in caratterizzate da edema e degenerazione balloniforme delle
vari tipi cellulari; e i virus del gruppo g EBV e KSHV/HHV-8, la cellule epidermiche, frequentemente si rompono con conse-
causa del sarcoma di Kaposi,58 che determina infezione latente prin- guente formazione di croste e alcune di esse danno luogo
cipalmente nelle cellule linfoidi. Va menzionato inoltre l’Herpesvirus alla formazione di vere e proprie ulcere superficiali.
simiae, un virus delle scimmie del vecchio mondo, simile all’HSV-1,
che può causare una malattia neurologica fatale in soggetti a stretto
contatto con tali animali, solitamente successiva a un morso.

Virus dell’herpes simplex (HSV)


HSV-1 e HSV-2 differiscono sierologicamente, ma sono genetica-
mente simili e causano una serie di infezioni primitive e ricorrenti
analoghe.50 Provocano infezioni acute e latenti. Entrambi si replicano
nella cute e nelle mucose nel sito d’ingresso del virus (abitualmente
orofaringe o genitali), dove producono virioni infettanti e determi-
nano la formazione di lesioni vescicolari dell’epidermide. I virus
diffondono ai neuroni sensitivi, che innervano i siti di replicazione
primaria. I nucleocapsidi virali sono trasportati lungo gli assoni ai
corpi cellulari neuronali, dove stabiliscono un’infezione latente. In
ospiti immunocompetenti l’infezione primaria con HSV si risolve
nell’arco di poche settimane, sebbene il virus rimanga latente nelle
cellule nervose. Durante la latenza il DNA virale resta all’interno del
nucleo del neurone e vengono sintetizzati solo i trascritti dell’RNA Figura 8.12 Visione a elevato ingrandimento delle cellule isolate dalla
virale associato alla latenza (LAT).51 In questo stato, nessuna proteina vescicola raffigurata in Figura 8.9 che mostra inclusioni vitree intranucleari
virale sembra essere prodotta. Dati recenti suggeriscono che alcuni da herpes simplex.
CAPITOLO 8 Malattie infettive 345

trova con maggiore probabilità in una situazione di latenza. Con-


La gengivostomatite, che di solito si riscontra nei bambini, trariamente a quanto accade con le numerose recidive di HSV, la
è causata da HSV-1. È caratterizzata da un’eruzione vescico- maggior parte degli individui non ha una recidiva da VZV. Solita-
lare, che si estende dalla lingua al retrofaringe, associata a mente VZV ricorre solo una volta nei pazienti immunocompetenti,
linfoadenopatia cervicale. Tumefazioni ed eritemi a carico ma gli individui immunosoppressi o anziani possono avere multiple
delle dita o dei palmi delle mani (patereccio erpetico) si ve- ricorrenze da VZV. L’infezione da VZV viene diagnosticata tramite
rificano in bambini piccoli e occasionalmente in lavoratori coltura virale o riscontro di antigeni virali in cellule prelevate per
del sistema sanitario. grattamento dalle lesioni superficiali.
L’herpes genitale è causato più frequentemente da HSV-2
rispetto a HSV-1. È caratterizzato da vescicole sulle membrane
mucose genitali e sui genitali esterni che si convertono rapi- Morfologia L’eruzione cutanea della varicella si verifica circa
damente a ulcerazioni superficiali orlate da un infiltrato in- due settimane dopo l’infezione respiratoria. Le lesioni com-
fiammatorio (Cap. 22). Gli herpesvirus (abitualmente HSV-2) paiono a ondate successive in senso centrifugo dal torso al
possono essere trasmessi dalle madri infette ai neonati, capo e alle estremità. Ogni lesione maculare si trasforma
durante il passaggio nel canale del parto. Sebbene la malattia rapidamente in una vescicola, che assomiglia a una goccia
da HSV-2 nel neonato possa essere lieve, più comunemente di rugiada su un petalo di rosa. All’esame istologico, le ve-
è fulminante con linfoadenopatia generalizzata, splenome- scicole sono caratterizzate dalla presenza di cellule epiteliali
galia e foci necrotici in polmoni, fegato, ghiandole surrenali con inclusioni intranucleari, simili a quelle dell’HSV-1
e SNC. (Fig. 8.13). Dopo pochi giorni, la maggior parte delle vescicole
Due tipi di lesioni corneali sono causate da HSV (Cap. 29). La si rompe, formando croste che guariscono per rigenerazione,
cheratite epiteliale erpetica mostra citolisi virus-indotta tipica non lasciando cicatrici. Tuttavia, la rottura traumatica di alcu-
dell’epitelio superficiale. Al contrario, la cheratite stromale ne vescicole e la loro eventuale superinfezione batterica può
erpetica mostra infiltrati di cellule mononucleate che circon- portare a distruzione dello strato basale dell’epidermide e a
dano i cheratociti e le cellule endoteliali, portando a neova- un residuo cicatriziale.
scolarizzazione, formazione di cicatrici, opacizzazione della L’herpes zoster si manifesta quando il VZV, rimasto a lungo
cornea e infine cecità. Si tratta di una reazione immunologica latente nelle radici dorsali dei gangli, dopo un precedente
all’infezione da HSV. episodio di varicella, si riattiva e infetta i nervi sensitivi che
L’encefalite da herpes simplex è descritta nel Capitolo 28. trasportano il virus a uno o più dermatomeri. Qui il virus
Infezioni erpetiche cutanee e viscerali disseminate si incon- infetta i cheratinociti e causa lesioni vescicolari, che, a diffe-
trano solitamente nei pazienti ospedalizzati per tumore o renza della varicella, sono spesso associate a intenso prurito,
immunosoppressi. bruciore o dolore acuto a causa della concomitante radico-
L’eruzione varicelliforme di Kaposi è caratterizzata dalla lonevrite. Questo dolore è particolarmente intenso quando
formazione di vescicole generalizzata sulla cute, mentre è interessato il nervo trigemino; di rado è interessato il gan-
l’eczema erpetico si manifesta con vescicole confluenti, con glio genicolato con secondaria paralisi facciale (sindrome di
aspetto di pustole o emorragiche, spesso complicate da su- Ramsay Hunt). Nei gangli sensitivi vi è un denso infiltrato
perinfezioni batteriche e disseminazione del virus a livello infiammatorio formato prevalentemente da monociti, con
viscerale. L’esofagite erpetica è frequentemente accompa- inclusioni intranucleari erpetiche nei neuroni e nelle loro
gnata da superinfezioni batteriche o micotiche. La bronco- cellule di supporto (Fig. 8.14).
polmonite erpetica, che può essere causata da intubazione Il VZV causa anche polmonite interstiziale, encefalite, mielite
di un paziente con lesioni orali, è spesso necrotizzante e trasversale e lesioni viscerali necrotizzanti, in particolare nei
l’epatite erpetica può causare insufficienza epatica. pazienti immunodepressi.

Virus varicella-zoster (VZV)


Due condizioni – la varicella e l’herpes zoster – sono causati da VZV.
L’infezione acuta con VZV provoca la varicella; la riattivazione di
un’infezione latente causa l’herpes zoster. La varicella si manifesta
in maniera lieve nei bambini, più grave negli adulti e nei pazienti
immunodepressi. L’herpes zoster è causa di morbilità nei soggetti
anziani e immunodepressi.53 Come l’HSV, il VZV infetta le mem-
brane mucose, la cute e i neuroni e causa un’infezione primaria
autolimitantesi nei soggetti immunocompetenti. Sempre come
l’HSV, il VZV elude la risposta immunitaria e stabilisce un’infezione
latente nei gangli sensitivi.51 Contrariamente all’HSV, il VZV è tra-
smesso in maniera epidemica tramite aerosol, si diffonde per via
ematica e causa eruzioni cutanee vescicolari diffuse. Infetta i neuroni
e/o le cellule satelliti nelle radici dorsali dei gangli e può recidivare
anche molti anni dopo l’infezione primaria, causando l’herpes zoster.
La recidiva locale del VZV è più frequente e dolorosa se localizzata Figura 8.13 Lesioni cutanee da varicella (virus varicella-zoster) con ve-
nei dermatomeri innervati dai gangli del trigemino, dove il VZV si scicole intraepiteliali.
346 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Figura 8.14 Ganglio della radice dorsale con infezione da virus varicella- Figura 8.15 Citomegalovirus: inclusioni patognomoniche nucleari e
zoster. Si notino la necrosi e l’infiammazione della cellula gangliare. (Per gentile ­citoplasmatiche nel polmone.
concessione del Dr. James Morris, Radcliffe Infirmary, Oxford, England)

Citomegalovirus (CMV) recettori e proteine classe I-simili che si legano ai recettori con atti-
vità inibitoria. Quindi, il CMV può sia eludere le difese immunitarie,
Il citomegalovirus (CMV), un herpesvirus del gruppo b, può indurre sia sopprimerle attivamente.
vari tipi di manifestazioni, a seconda dell’età dell’ospite e, soprattutto,
delle sue condizioni immunitarie. Il CMV infetta in modo latente i
monociti e i loro progenitori midollari e può essere riattivato quando Morfologia Il caratteristico aumento di volume delle cellule
l’immunità cellulare è depressa. Il CMV causa un’infezione asintoma- infette può essere apprezzato istologicamente. Le volumino-
tica o simil-mononucleosica negli individui sani, ma provoca infezioni se inclusioni basofile intranucleari, che occupano metà del
sistemiche molto gravi nei neonati e negli individui immunocompro- diametro nucleare, sono in genere separate dalla membrana
messi. Come indicato dal nome stesso del virus, le cellule infettate da nucleare da un alone chiaro (Fig. 8.15). Dentro il citoplasma
citomegalovirus aumentano notevolmente di dimensioni a livello di queste cellule vi sono anche inclusioni basofile più piccole.
dell’intera cellula e del nucleo. All’interno del nucleo si trova un ampia Nelle ghiandole, sono colpite le cellule epiteliali parenchima-
inclusione circondata da un alone chiaro (occhio di civetta). li; nell’encefalo, i neuroni; a livello polmonare, i macrofagi
La trasmissione del CMV può avvenire con modalità diverse a se- alveolari, le cellule epiteliali ed endoteliali; nei reni, l’epitelio
conda dell’età:54,55 tubulare e le cellule endoteliali glomerulari. Le cellule infette
sono notevolmente aumentate di volume, spesso fino a un
La trasmissione transplacentare si verifica a partire da un’infe- diametro di 40 mm e mostrano pleomorfismo cellulare e
zione recentemente acquisita, o primaria, in una madre priva di nucleare. La forma disseminata di malattia determina necrosi
anticorpi protettivi (“CMV congenito”). focale con infiammazione poco evidente, in tutti gli organi.
La trasmissione neonatale può avvenire tramite le secrezioni
cervicali o vaginali alla nascita o successivamente, attraverso il
latte materno da una madre con un’infezione attiva (“CMV Infezioni congenite. L’infezione acquisita nell’utero può assu-
perinatale”). mere diverse forme. In circa il 95% dei casi è asintomatica. Tuttavia
La trasmissione può avvenire attraverso la saliva nell’età presco- quando il virus è acquisito da una madre con infezione primaria
lare, soprattutto negli asili. I piccoli così infettati trasmettono (che non ha anticorpi protettivi), talvolta si sviluppa una classica
rapidamente il virus ai loro genitori. malattia da inclusi citomegalici, che ricorda l’eritroblastosi fetale e
La trasmissione sessuale è la più importante dopo i 15 anni di può manifestarsi in associazione a ritardo della crescita intrauterina,
età, ma il contagio può avvenire anche tramite le secrezioni re- a patologie di grado severo, ittero, epatosplenomegalia, anemia,
spiratorie e per via orofecale. emorragie dovute a trombocitopenia, ed encefalite. Nei casi a esito
La trasmissione iatrogena si può avere a qualsiasi età tramite i letale l’encefalo è spesso più piccolo del normale (microcefalia) e
trapianti d’organo o le trasfusioni ematiche. può presentare foci di calcificazione. La diagnosi di CMV neonatale
è effettuata tramite coltura su shell-vials di urina o secrezioni orali.
L’infezione acuta da CMV induce immunosoppressione grave I bambini che sopravvivono spesso presentano deficit permanenti,
ma transitoria. Il CMV può infettare le cellule dendritiche e dan- come ritardo mentale, perdita dell’udito e altri problemi neurologici.
neggiare la loro maturazione e la loro capacità di stimolare le cellule Tuttavia la forma congenita non è sempre così grave e può assumere
T.55 Come gli altri herpesvirus, il CMV può eludere le risposte im- l’aspetto di polmonite interstiziale, epatite o di un disordine emato-
munitarie modulando negativamente le molecole MHC di classe I logico. La maggioranza dei pazienti con la forma più lieve di malattia
e II e producendo omologhi del recettore del TNF, di IL-10 e delle da inclusi citomegalici guarisce, sebbene alcuni sviluppino un ritardo
molecole MHC di classe I.29,34,35 CMV ha la possibilità di sfuggire mentale a esordio tardivo. Anche un’infezione totalmente asinto-
all’azione delle cellule natural killer, ma può anche inibire attiva- matica può avere sequele neurologiche, come ritardo mentale a
mente queste cellule inducendo la produzione di ligandi per attivare insorgenza ritardata e deficit dell’udito a distanza di tempo.
CAPITOLO 8 Malattie infettive 347

Infezioni perinatali. L’infezione acquisita durante il passaggio che può essere trasmesso per via percutanea (ad es. abuso di droghe
nel canale del parto o tramite l’allattamento materno è asintomatica per via endovenosa o trasfusione di sangue), in fase perinatale e per
nella maggior parte dei casi, sebbene raramente i neonati possano via sessuale. HBV infetta gli epatociti e il danno cellulare si verifica
sviluppare polmonite interstiziale, ritardo di crescita, esantemi cuta- principalmente a causa della risposta immunitaria contro le cellule
nei o epatite. Questi bambini hanno ereditato anticorpi materni epatiche infettate e non per gli effetti citopatici diretti del virus. 56
contro il CMV, quindi la gravità della malattia è minore. Nonostante L’efficacia della risposta dei linfociti T citotossici (CTL) è determi-
la mancanza di sintomi, molti di questi bambini continuano a liberare nante nel decidere se una persona eliminerà il virus o diventerà un
il virus nelle urine o nella saliva per mesi o anni. Lievi deficit uditivi portatore cronico. Quando gli epatociti infetti sono distrutti dai
e intellettivi a esordio tardivo sono stati segnalati in alcuni studi. CTL, il virus in replicazione viene eliminato e l’infezione si risolve.
Mononucleosi da citomegalovirus. La malattia è quasi sempre Tuttavia, se il numero degli epatociti colpiti supera la capacità dei
asintomatica nei bambini e negli adulti sani. Studi provenienti da CTL di eliminare le cellule infette, si stabilisce un’infezione cronica.
tutto il mondo asseriscono che il 50-100% degli individui adulti Ciò può accadere nel 5% circa degli adulti e fino al 90% dei neonati
presenta anticorpi anti-CMV nel siero, e ciò indica una precedente infettati nella fase perinatale. In questi casi nel fegato si sviluppa
esposizione. La manifestazione clinica più frequente dell’infezione da un’epatite cronica con infiammazione linfocitaria, gli epatociti van-
CMV, se si esclude il periodo neonatale, è una malattia infettiva simil- no in apoptosi come risultato del danno mediato dai CTL e vi è una
mononucleosica, con febbre, linfocitosi atipica, linfoadenopatia ed progressiva distruzione del parenchima epatico. A lungo termine la
epatomegalia, associata ad alterazione dei test di funzionalità epatica, replicazione virale e il danno epatico immuno-mediato possono
come in caso di lieve epatite. La diagnosi si esegue tramite sierologia. portare a cirrosi epatica e a un aumentato rischio di carcinoma
La maggior parte dei pazienti guarisce senza nessuna conseguenza, epatocellulare. La morfologia e la patogenesi del carcinoma epato-
sebbene l’escrezione del virus tramite liquidi corporei possa conti- cellulare e il ruolo dell’HBV sono trattati nel capitolo 18. In alcuni
nuare per mesi o anni. individui, l’infezione degli epatociti non scatena una risposta dei
Indipendentemente dalla presenza o assenza di sintomi clinica- CTL: ne consegue uno stato di “portatore”, senza danno epatico
mente evidenti, i soggetti infettati diventano sieropositivi per sem- progressivo.
pre. Il virus rimane latente nei leucociti.
CMV negli individui immunodepressi. Gli individui immuno- Trasformazione Neoplastica Indotta
compromessi (ad es. soggetti trapiantati, individui infettati da HIV) Da Agenti Infettivi
possono manifestare una grave infezione da CMV. Questa infezione
può essere primaria o una riattivazione di CMV latente. Il CMV è il Questo gruppo comprende virus che sono stati implicati nella can-
più comune agente patogeno virale opportunista nell’AIDS. Coloro cerogenesi umana: EBV, HPV, HBV e HTLV-1. Viene qui discusso
che ricevono trapianti di organi solidi (cuore, fegato, rene) possono EBV; gli altri verranno trattati nei capitoli seguenti.
contrarre il CMV anche dall’organo trapiantato.
In tutte queste circostanze, le infezioni disseminate gravi poten- Virus di Epstein-Barr
zialmente letali da CMV interessano principalmente i polmoni
(polmonite) e il tratto gastrointestinale (colite). Nell’infezione pol- EBV causa la mononucleosi infettiva, una malattia linfoproliferativa
monare si sviluppa un infiltrato interstiziale di monociti con focolai benigna autolimitantesi, ed è associato allo sviluppo di una serie di
di necrosi, accompagnato dalle tipiche cellule giganti con inclusioni. neoplasie, in particolare alcuni linfomi e il carcinoma rinofaringeo.57
Essa può progredire fino alla sindrome da distress respiratorio acuto La mononucleosi infettiva è caratterizzata da febbre, linfoadenopatia
conclamata. Nell’intestino si possono sviluppare necrosi e ulcera- generalizzata, splenomegalia, faringodinia e dalla comparsa nel
zioni intestinali, anche in forma estesa, portando alla formazione di sangue di linfociti T attivati atipici (cellule della mononucleosi).
pseudomembrane e a diarrea debilitante. La diagnosi di infezione Alcuni pazienti sviluppano epatite, meningoencefalite e polmonite.
da CMV viene fatta attraverso la dimostrazione delle caratteristiche Nei Paesi sviluppati, si manifesta principalmente nella tarda adole-
alterazioni morfologiche nelle sezioni di tessuto, tramite colture vi- scenza o nei giovani adulti, all’interno delle classi socioeconomiche
rali, aumento del titolo anticorpale, individuazione degli antigeni più elevate. Nel resto del mondo, l’infezione primaria con EBV si
del CMV e riscontro tramite PCR del CMV-DNA. I metodi basati acquisisce durante l’infanzia ed è generalmente asintomatica.
su antigeni e PCR hanno rivoluzionato l’approccio al monitoraggio Patogenesi. L’EBV si trasmette attraverso contatti interumani
dell’infezione da CMV nei pazienti trapiantati. stretti, frequentemente tramite la saliva con il bacio. Una glicopro-
teina del pericapside si lega al CD21 (CR2), il recettore per la com-
ponente C3d del complemento (Cap. 2), presente sulle cellule B.58
Infezioni Croniche Persistenti
L’infezione virale inizia nel tessuto linfoide di rinofaringe e orofa-
In alcune infezioni il sistema immunitario è incapace di eliminare ringe, in particolare nelle tonsille (Fig. 8.16). L’EBV penetra nel
il virus e la continua replicazione virale porta a viremia persistente. tessuto linfoide sottomucoso dopo un’infezione transitoria delle
L’elevato tasso di mutazioni in virus come HIV e HBV può permet- cellule epiteliali. Nel tessuto linfoide sottomucoso, l’infezione delle
tere loro di sfuggire al controllo del sistema immunitario. cellule B può assumere due forme. In una minoranza di cellule B vi
è un’infezione produttiva, con lisi cellulare e rilascio di virioni in-
fettanti, che possono infettare altre cellule B. Nella maggior parte
Virus dell’epatite B
delle cellule B, l’EBV stabilisce invece un’infezione latente. Da sot-
Il virus dell’epatite B (HBV) è la causa principale di patologia epatica tolineare che i pazienti con agammaglobulinemia legata al cromo-
acuta e cronica in tutto il mondo. In questa sede discuteremo bre- soma X, privi di cellule B, non acquisiscono l’infezione latente, né
vemente di HBV come esempio di infezione cronica virale persi- rilasciano particelle virali, dal che si deduce che i linfociti B sono il
stente: l’epatite virale verrà discussa in dettaglio nel Capitolo 18. principale serbatoio dell’infezione latente. Durante l’infezione laten­
HBV, un membro della famiglia hepadnavirus, è un virus a DNA te, viene espresso un piccolo numero di geni di EBV, che servono
348 CAPITOLO 8 Malattie infettive

per lo stabilizzarsi della latenza. I prodotti genici comprendono


EBNA1, che lega il genoma di EBV ai cromosomi, mediando la
persistenza e il mantenimento dell’episoma, EBNA2 e la proteina
latente di membrana 1 (Latent Membrane Protein 1, LMP1), che
guida l’attivazione e la proliferazione delle cellule B.59 LMP1 sembra
agire legando fattori associati al recettore per TNF e attiva le vie di
segnale che mimano l’attivazione delle cellule B da parte di CD40,
coinvolto nelle normali risposte B cellulari (Cap. 6). EBNA2 stimola
la trascrizione di molti geni della cellula ospite, compresi i geni che
inducono l’ingresso nel ciclo cellulare. Le cellule B così attivate si
disseminano nel circolo e producono anticorpi specifici diversi, tra
cui anche gli anticorpi eterofili antiemazie di montone, utilizzati per
la diagnosi della mononucleosi infettiva. Gli anticorpi eterofili si
legano ad antigeni che differiscono dagli antigeni che li hanno in-
dotti. I soggetti con mononucleosi, quindi, producono immunoglo-
buline che provocano l’agglutinazione di emazie di pecora o di ca-
vallo in laboratorio, ma questi anticorpi non reagiscono con EBV.
I sintomi della mononucleosi infettiva compaiono con l’inizio
della risposta immunitaria dell’ospite. La componente più impor-
tante della risposta è l’immunità cellulare, mediata da cellule T ci-
totossiche CD8+ e dalle cellule NK. I linfociti atipici osservati nel
sangue, così caratteristici di questa malattia, sono principalmente
linfociti T citotossici CD8+ EBV-specifici, ma comprendono anche
cellule NK CD16+. La proliferazione reattiva delle cellule T è loca-
lizzata nei tessuti linfoidi, il che spiega la linfoadenopatia e la sple-
nomegalia. Nella fase iniziale dell’infezione, sono prodotti anticorpi
di tipo IgM contro gli antigeni del capside virale; più tardi preval-
gono anticorpi di tipo IgG che persistono per tutta la vita. In indi-
vidui sani il completo sviluppo della risposta umorale e cellulare
agisce da freno per il rilascio di nuovi virioni, provocando l’elimi-
nazione delle cellule B che esprimono tutti i geni di EBV associati
alla fase di latenza. Tuttavia, EBV persiste per tutta la vita in una
piccola popolazione di cellule B quiescenti in cui l’espressione dei
geni di EBV è limitata a EBNA1 e LMP2. Si pensa che le cellule fa-
centi parte di questo gruppo riattivino occasionalmente l’espressione Figura 8.16 Esito dell’infezione da virus di Epstein-Barr (EBV). In un
individuo con funzione immunitaria normale, l’infezione è solitamente
degli altri geni associati alla latenza, come EBNA2 e LMP1, indu- asintomatica o può portare a mononucleosi. Nel contesto di un’immuno-
cendo la loro stessa proliferazione. Negli individui con difetti acqui- deficienza cellulare, la proliferazione di cellule B infette può essere incon-
siti nell’immunità cellulare (ad es. AIDS, trapianto d’organo), questa trollata e portare allo sviluppo di neoplasie a cellule B. In altri casi, individui
proliferazione può progredire attraverso un processo multifasico senza palese evidenza di immunodeficienza sviluppano tumori EBV positivi,
che sono solitamente (ma non sempre) derivati a loro volta dalle cellule B.
fino a un linfoma a cellule B associato a EBV. EBV contribuisce anche Un evento genetico secondario che collabora con EBV nel causare la tra-
allo sviluppo di alcuni casi di linfoma di Burkitt (Cap. 13), in cui sformazione delle cellule B è una traslocazione cromosomica bilanciata
una traslocazione cromosomica (più comunemente una trasloca- 8:14, che si osserva nel linfoma di Burkitt. L’EBV è anche coinvolto nella
zione 8:14) che interessa l’oncogene c-myc è l’evento oncogeno spe­ patogenesi del carcinoma rinofaringeo, del linfoma di Hodgkin e, raramente,
cifico (si veda Fig. 8.16). di altri rari linfomi non Hodgkin.

Morfologia Le maggiori alterazioni riguardano sangue, lin- l’espansione delle aree paracorticali per la presenza di cellule
fonodi, milza, fegato, SNC e, occasionalmente, altri organi. Il T attivate (immunoblasti). Nelle aree paracorticali, mediante
sangue periferico mostra linfocitosi assoluta; più del 60% dei l’uso di anticorpi specifici, si può anche trovare una popola-
leucociti è costituito da linfociti. Dal 5 all’80% di questi sono zione minoritaria di cellule B infettate dall’EBV, che esprimo-
grandi linfociti atipici, da 12 a 16 mm di diametro, caratterizzati no EBNA2, LMP-1 e altri geni specifici della fase di latenza.
da un abbondante citoplasma contenente molti vacuoli chiari, Talvolta è possibile individuare cellule B infettate da EBV che
un nucleo ovale, con incisure o ripiegato, e granuli azzurrofili ricordano le cellule di Reed-Sternberg (le cellule maligne del
citoplasmatici sparsi (Fig. 8.17). Questi linfociti atipici, la mag- linfoma di Hodgkin, Cap. 13). Le aree delle cellule B (follicoli)
gior parte dei quali esprime CD8, sono di solito talmente possono inoltre essere iperplastiche, ma solitamente in modo
caratteristici dal punto di vista morfologico, da consentire la lieve. La proliferazione T cellulare è talvolta così esuberante
diagnosi all’esame di uno striscio di sangue periferico. che è difficile distinguere la morfologia linfonodale da quella
I linfonodi sono ingrossati in tutte le stazioni, soprattutto osservata nei linfomi maligni. Simili modificazioni si osser-
nelle regioni cervicale posteriore, ascellare e inguinale. vano comunemente anche a livello tonsillare e nei tessuti
All’esame istologico, la caratteristica più evidente è linfoidi dell’orofaringe.
CAPITOLO 8 Malattie infettive 349

terapia immunosoppressiva (ad es. i riceventi trapianto di midollo


osseo o di organi solidi) è il linfoma a cellule B. Come descritto in
dettaglio nel Capitolo 13, EBV causa anche un’altra forma di linfoma,
detta linfoma di Burkitt, in particolare in alcune aree geografiche.
Gravi conseguenze si verificano anche in individui affetti da sin-
drome linfoproliferativa legata al cromosoma X (nota anche come
malattia di Duncan), un disturbo causato da un difetto di un gene,
SH2D1A, espresso prevalentemente nei linfociti citotossici e nelle
cellule NK.60 Il SH2D1A (chiamato anche SAP) partecipa a una via
di segnale essenziale per l’efficace risposta cellulare alle cellule B
infettate con l’EBV. I pazienti godono di buona salute fino a quando
non sopraggiunge un’infezione da EBV, spesso durante l’adolescen-
za. Il mancato controllo dell’infezione da EBV conduce a mononu-
cleosi infettiva cronica, agammaglobulinemia e linfoma a cellule B,
con esito letale in circa un terzo dei pazienti.
Figura 8.17 Linfociti atipici nella mononucleosi infettiva.

Infezioni batteriche
La milza nella maggior parte dei casi è ingrandita, con un Le diverse classi di batteri sono responsabili di numerose infezioni
peso che varia da 300 a 500 g. È generalmente molle e car- (Tab. 8.8).
nosa, con una superficie di taglio iperemica. Le modificazioni
istologiche sono analoghe a quelle dei linfonodi, con
Infezioni Da Batteri Gram-Positivi
un’espansione dei follicoli della polpa bianca e dei sinusoidi
della polpa rossa, dovuta alla presenza di numerose cellule I comuni batteri patogeni Gram-positivi comprendono le specie
T attivate. Quest’organo è particolarmente esposto al rischio Staphylococcus, Streptococcus ed Enterococcus, ciascuna delle quali
di rottura, probabilmente poiché il rapido aumento dimen- causa molti tipi di infezioni. Vengono trattate in questa sezione
sionale mette in tensione la capsula, che diventa tesa e anche quattro malattie meno frequenti causate da bacilli Gram-
fragile. positivi: difterite, listeriosi, carbonchio e nocardiosi. I Clostridi,
Il fegato è solitamente coinvolto in modo modesto e l’epato- che sono Gram-positivi, verranno trattati assieme agli anaerobi.
megalia nel peggiore dei casi è solo moderata. All’esame Tutte queste infezioni vengono diagnosticate tramite coltura e me-
istologico, si osservano linfociti atipici nelle aree portali e nei diante alcuni test speciali menzionati di seguito.
sinusoidi e cellule isolate o foci sparsi di necrosi parenchi-
male. Questo quadro istologico è simile a quello delle altre
Infezioni stafilococciche
forme di epatite virale.
Staphylococcus aureus è un cocco Gram-positivo piogeno che forma
aggregati simili a grappoli d’uva. È responsabile di numerose lesioni
Caratteristiche cliniche. La mononucleosi infettiva classicamen- cutanee (foruncoli, favi, impetigine, sindrome della cute ustionata)
te si presenta con febbre, faringodinia, linfoadenite e le altre carat- così come di ascessi, sepsi, osteomielite, polmonite, endocardite, intos-
teristiche menzionate precedentemente. Tuttavia, sono comuni sicazioni alimentari e sindrome da shock tossico (Toxic Shock
presentazioni atipiche come malessere, affaticamento e linfoadeno- Syndrome, TSS) (Fig. 8.18). In questa sezione analizzeremo le carat-
patia, che suscitano il timore di una leucemia o di un linfoma; la teristiche generali dell’infezione da S. aureus. Le infezioni organo-
malattia si può inoltre presentare con febbre di origine ignota senza specifiche sono descritte in altri capitoli. S. epidermidis, una specie
significativa linfoadenopatia o altri reperti localizzati; oppure come correlata a S. aureus, causa infezioni opportunistiche nei pazienti
epatite che ricorda una delle sindromi da virus epatotropi; o ancora cateterizzati, nei pazienti con valvole cardiache artificiali e nei tos-
con un’eruzione cutanea febbrile che ricorda la rosolia. La diagnosi sicodipendenti. S. saprophyticus è una comune causa di infezioni del
dipende dai seguenti reperti (partendo dal meno specifico): (1) linfo- tratto urinario nelle giovani donne.
citosi con i caratteristici linfociti atipici nel sangue periferico, (2) rea- Patogenesi S. aureus possiede numerosi fattori di virulenza, che
zione positiva agli anticorpi eterofili (monotest) e (3) presenza di comprendono proteine di superficie coinvolte nell’adesione, enzimi
anticorpi specifici per gli antigeni dell’EBV (antigeni virali del capside, che degradano le proteine e tossine che danneggiano le cellule
antigeni precoci o antigene nucleare di Epstein-Barr). Nella maggior dell’ospite.
parte dei pazienti la mononucleosi infettiva si risolve entro 4-6 S. aureus esprime recettori di superficie per il fibrinogeno (chia-
settimane, ma talvolta l’astenia perdura più a lungo. Talvolta soprag- mato fattore agglutinante), la fibronectina e la vitronectina e usa
giungono complicanze. Forse la più comune interessa la funzione queste molecole come ponte per legarsi alle cellule endoteliali
epatica con ittero, aumento della concentrazione degli enzimi epa- dell’ospite.61 Gli stafilococchi che infettano protesi valvolari e cate-
tici, anoressia e a volte anche insufficienza epatica. Altre complicanze teri, sono dotati di una capsula polisaccaridica che permette loro di
interessano il sistema nervoso, i reni, il midollo osseo, i polmoni, gli attaccarsi ai materiali artificiali e di resistere alla fagocitosi da parte
occhi, il cuore e la milza. Può verificarsi rottura splenica anche con delle cellule dell’ospite. La lipasi di S. aureus degrada i lipidi della
traumi di piccola entità, che porta a emorragie che possono essere superficie cutanea e la sua espressione è correlata con la capacità dei
fatali. Una complicanza più grave nei pazienti che soffrono di qual- batteri di produrre ascessi nel sito in cui penetrano. Gli stafilococchi
che forma di immunodeficienza, come l’AIDS, o che ricevono una possiedono anche in superficie la proteina A, che si lega alla porzione
350 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Tabella 8.8 Malattie batteriche umane e agenti patogeni correlati


Categoria clinica o microbiologica Specie Manifestazioni cliniche più frequenti

Infezioni da cocchi piogeni Staphylococcus aureus, S. epidermidis Ascesso, cellulite, polmonite, sepsi
Streptococcus pyogenes Faringite, erisipela, scarlattina
Streptococcus pneumoniae (pneumococco) Polmonite lobare, meningite
Neisseria meningitidis (meningococco) Meningite
Neisseria gonorrhoeae (gonococco) Gonorrea

Infezioni da Gram-negativi Escherichia coli,* Klebsiella pneumoniae* Infezioni del tratto urinario, infezioni
Enterobacter (Aerobacter) aerogenes* di ferite, ascessi, polmonite, sepsi,
Proteus spp. (P. mirabilis, P. morgagni)* shock, endocardite
Serratia marcescens,* Pseudomonas spp.
(P. aeruginosa)*
Bacteroides spp. (B. fragilis) Infezione anaerobica
Legionella spp. (L. pneumophila) Malattia del legionario

Malattie batteriche infettive dell’infanzia Haemophilus influenzae Meningite, infezioni della vie respiratorie
superiori e inferiori
Bordetella pertussis Pertosse
Corynebacterium diphtheriae Difterite

Infezioni enteriche E. coli enteropatico, Shigella spp. Gastroenterite a volte con setticemia
Vibrio cholerae
Campylobacter jejuni, C. coli
Yersinia enterocolitica, Salmonella spp. Febbre tifoide
(1.000 ceppi)
Salmonella typhi

Infezioni da clostridi Clostridium tetani Tetano


Clostridium botulinum Botulismo (paralisi da avvelenamento
da cibi)
Clostridium perfringens, C. septicum Gangrena gassosa, necrosi cellulare
Clostridium difficile* Colite pseudomembranosa

Infezioni batteriche zoonotiche Bacillus anthracis Carbonchio


Yersinia pestis Peste bubbonica
Francisella tularensis Tularemia
Brucella melitensis, B. suis, B. abortus Brucellosi (febbre ondulante)
Borrelia recurrentis Febbre ricorrente
Borrelia burgdorferi Malattia di Lyme

Infezioni treponemiche umane Treponema pallidum Sifilide

Infezioni da micobatteri Mycobacterium tuberculosis,* M. bovis Tubercolosi


M. leprae Lebbra
M. kansasii,* M. avium, M. intracellulare Infezioni atipiche da micobatteri

Actinomycetaceae Nocardia asteroides* Nocardiosi


Actinomyces israelii Actinomicosi
*
Importanti infezioni opportunistiche.

Fc delle immunoglobuline, permettendo al microrganismo di sfug- può verificarsi localmente nel sito di infezione (impetigine bollosa)
gire alla distruzione mediata dagli anticorpi. oppure può essere diffusa, quando la tossina rilasciata si diffonde
S. aureus produce molte tossine che provocano danni alla mem- sulla superficie dell’epidermide (sindrome stafilococcica della cute
brana (emolitiche), compresa la a-tossina, una proteina formante ustionata).
pori che si inserisce nella membrana plasmatica delle cellule ospiti I superantigeni prodotti da S. aureus causano intossicazione ali-
e la depolarizza,62 la b-tossina, una sfingomielinasi e la d-tossina, mentare e la sindrome da shock tossico (TSS). La TSS è giunta
che è un peptide simile a un detergente. Inoltre la g-tossina stafilo- all’attenzione del pubblico a causa della sua associazione con l’uti-
coccica e la leucocidina lisano rispettivamente eritrociti e cellule lizzo di tamponi mestruali iperassorbenti, che venivano colonizzati
fagocitiche. da S. aureus durante l’uso. È ora chiaro che la TSS può essere causata
Le tossine esfoliative A e B prodotte da S. aureus sono serina- dalla crescita di S. aureus in molte sedi, più comunemente nella
proteasi che scindono la proteina desmogleina 1, che è parte del vagina e sugli strumenti chirurgici infetti. La TSS è caratterizzata da
desmosoma che mantiene strettamente coese le cellule epidermi- ipotensione (shock), insufficienza renale, coagulopatia, interessa-
che.25 Questo determina il distacco dei cheratinociti l’uno dall’altro mento epatico, insufficienza respiratoria, eruzione eritematosa ge-
e dalla cute sottostante portando alla perdita della funzione di bar- neralizzata e necrosi dei tessuti molli nella sede dell’infezione. Se
riera con conseguenti infezioni secondarie della cute. L’esfoliazione non prontamente trattata, può risultare fatale. La TSS può essere
CAPITOLO 8 Malattie infettive 351

Figura 8.19 Ascesso stafilococcico nel polmone con esteso infiltrato


di neutrofili e distruzione dell’alveolo (si confronti con Fig. 8.7).

diffusione. L’idrosadenite è un’infezione suppurativa cronica


delle ghiandole apocrine, in particolare nell’ascella. Infezioni
del letto ungueale (paronichia) o della zona palmare della
punta delle dita (paterecci) sono caratteristicamente doloro-
se. Possono essere conseguenza di traumi o della presenza
Figura 8.18 Le molteplici conseguenze dell’infezione da stafilococchi. di schegge conficcate nel tessuto; se abbastanza profondi,
possono distruggere le ossa delle falangi terminali o deter-
minare uno scollamento delle unghie dal loro letto.
L’infezione polmonare stafilococcica (Fig. 8.19) è caratteriz-
causata anche da Streptococcus pyogenes. Come indicato in prece- zata da un infiltrato di polimorfonucleati simile a quello dello
denza, i superantigeni batterici si legano alle porzioni conservate pneumococco (si veda Fig. 8.7) ma è molto più distruttiva.
delle molecole di MHC e a porzioni relativamente conservate delle Le infezioni polmonari da S. aureus solitamente si verificano
catene b del recettore T cellulare. In questo modo i superantigeni a partire da una fonte ematogena, come un trombo infetto,
possono stimolare fino al 20% dei linfociti, portando al rilascio in o da una condizione preesistente e predisponente come
grandi quantità di citochine come TNF e IL-1, che possono produrre l’influenza.
una condizione che ricorda lo shock settico (Cap. 4). I superantigeni La sindrome stafilococcica della cute ustionata, chiamata
prodotti da S. aureus provocano anche vomito, probabilmente inte- anche malattia di Ritter, si verifica più frequentemente nei
ressando il SNC o il sistema nervoso enterico.63 bambini con infezioni stafilococciche del rinofaringe o della
cute. Vi è un’eruzione cutanea simile a quella dell’ustione
solare che si diffonde su tutta la superficie del corpo e si
Morfologia La lesione da S. aureus, localizzata nella cute, evolve in fragili vescicole con conseguente perdita totale o
nei polmoni, nelle ossa o nelle valvole cardiache, causa un’in- parziale di cute. La desquamazione dell’epidermide nella
fiammazione piogena, caratteristica per la sua distruttività. sindrome stafilococcica della cute ustionata si verifica a li-
Esclusa l’impetigine, che è un’infezione stafilococcica o strep- vello dello strato della granulosa, ed è diversa dalla necrolisi
tococcica limitata all’epidermide superficiale, le infezioni epidermica tossica, o malattia di Lyell, che è secondaria
cutanee sono localizzate intorno ai follicoli piliferi. Un forun- all’ipersensibilità ai farmaci e causa desquamazione a livello
colo, o brufolo, è un’infiammazione suppurativa focale della della giunzione dermoepidermica (Cap. 25).
cute e del tessuto sottocutaneo, unica o multipla o ricorrente
a ondate successive. Esso si localizza più frequentemente in
aree umide, dotate di peli, come il viso, le ascelle, l’inguine, La resistenza agli antibiotici è un problema crescente nel tratta-
le gambe e le pliche sottomammarie. Iniziando in un singolo mento delle infezioni da S. aureus. S. aureus meticillino-resistente
follicolo pilifero, il foruncolo evolve in un ascesso, che tende (MRSA) resiste a tutti gli inibitori betalattamici della sintesi della
ad aumentare di dimensioni e ad approfondirsi, aprendosi parete cellulare attualmente disponibili (che comprendono penicil-
alla fine “verso l’esterno” tramite assottigliamento e rottura line e cefalosporine). Fino a poco tempo fa, MRSA era presente
della cute sovrastante. Il favo è un’infezione suppurativa più principalmente nelle infezioni ospedaliere, ma le infezioni da MRSA
profonda che si diffonde orizzontalmente al di sotto della un tempo acquisite in comunità sono divenute oggi comuni in molte
fascia sottocutanea e che quindi si fa strada verso la super- aree64 e il trattamento delle infezioni stafilococciche con antibiotici
ficie fuoriuscendo. In genere compare sotto la cute della parte betalattamici è divenuto meno efficace. MRSA acquisito in ­comunità
superiore della schiena e posteriore del collo, dove la parti- secerne di solito una potente tossina che danneggia le membrane,
colare distribuzione delle fasce muscolari ne favorisce la uccide i leucociti e può rendere questi ceppi di S. aureus particolar-
mente virulenti.
352 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Infezioni streptococciche ed enterococciche

Gli streptococchi sono cocchi Gram-positivi che crescono in coppie


o catene e causano infezioni suppurative della cute, orofaringe, pol-
moni e valvole cardiache. Sono inoltre responsabili di una serie di
sindromi postinfettive, come la febbre reumatica (Cap. 12), la glome-
rulonefrite da immunocomplessi (Cap. 20) e l’eritema nodoso
(Cap. 25). Gli streptococchi b-emolitici vengono tipizzati sulla base
dei loro antigeni glicidici di superficie (Lancefield). S. pyogenes (grup-
po A) causa faringite, scarlattina, erisipela, impetigine, febbre reuma-
tica, TSS e glomerulonefrite. S. agalactiae (gruppo B) colonizza il
tratto genitale femminile e causa sepsi e meningite nei neonati e co-
rioamniosite durante la gravidanza. S. pneumoniae, il più importante
streptococco a-emolitico, è una comune causa di polmonite acquisita
in comunità e di meningite negli adulti. Il gruppo dello Streptococcus
viridans comprende diverse specie di streptococchi a-emolitici e non
che fanno parte della normale flora orale, ma sono anche una comune
causa di endocardite. Infine, S. mutans è la causa principale della carie
dentaria. Le infezioni streptococciche vengono diagnosticate tramite Figura 8.20 Erisipela streptococcica.
coltura e test antigenico rapido per la faringite.
Gli enterococchi sono a loro volta cocchi Gram-positivi che
­crescono in catene. Gli enterococchi sono spesso resistenti agli an-
tibiotici comunemente utilizzati e sono una causa importante di S. pyogenes nelle sedi superficiali di infezione. Essa è carat-
endocardite e infezioni del tratto urinario. terizzata da una tumefazione cutanea eritematosa che si
Patogenesi. Le differenti specie di streptococchi producono diffonde rapidamente, iniziando sul volto o, meno frequen-
molti fattori di virulenza e tossine. S. pyogenes, S. agalactiae e S. temente, sul corpo o alle estremità. L’eruzione mostra un
pneumoniae hanno capsule che resistono alla fagocitosi. S. pyogenes cercine periferico duro, ben demarcato e serpiginoso, che
esprime anche la proteina M, una proteina di superficie che impe- può assumere una distribuzione a “farfalla” sul volto
disce la fagocitosi del batterio e una peptidasi C5a del complemento, (Fig. 8.20). All’esame istologico vi è una reazione infiamma-
che degrada questo peptide chemotattico.64 S. pyogenes secerne una toria diffusa ed edematosa con infiltrazione di neutrofili nel
esotossina codificata da un fago che causa la febbre e l’eruzione derma e nell’epidermide, che si estende ai tessuti sottocuta-
cutanea nella scarlattina. La febbre reumatica acuta poststreptococ- nei. Si possono formare microascessi, ma la necrosi dei
cica è probabilmente causata da anticorpi anti proteina M strepto- tessuti è solitamente scarsa.
coccica e cellule T che cross-reagiscono con proteine cardiache.66 S. La faringite streptococcica, rappresenta il più importante
pyogenes virulento è stato classificato come un batterio “carnivoro”, fattore predisponente della glomerulonefrite poststreptococ-
poiché causa una fascite necrotizzante rapidamente progressiva. La cica (Cap. 20) ed è caratterizzata da edema, rigonfiamento
pneumolisina è una proteina batterica rilasciata nel citosol dopo la epiglottico e ascessi puntiformi nelle cripte tonsillari, talvolta
distruzione di S. pneumoniae.67 La pneumolisina penetra nelle mem- accompagnati da linfoadenopatia cervicale. Il gonfiore asso-
brane delle cellule dell’ospite e le lisa, provocando un forte danno ai ciato a una grave infezione faringea può propagarsi alle vie
tessuti. Questa tossina attiva anche la via classica del complemento, aeree, in particolare se si verifica la formazione di un ascesso
riducendo la disponibilità del complemento per l’opsonizzazione dei peritonsillare o retrofaringeo.
batteri. S. mutans determina la carie metabolizzando il saccarosio La scarlattina, associata a tonsillite causata da S. pyogenes,
ad acido lattico (che causa demineralizzazione dello smalto dentario) è più comune tra i 3 e 15 anni. Si manifesta con un’eruzione
e secernendo glicani ad alto peso molecolare che promuovono l’ag- cutanea eritematosa puntiforme, più evidente sul tronco e
gregazione dei batteri e la formazione della placca. sulla superficie interna di arti superiori e inferiori. Anche il
Gli enterococchi hanno una capsula antifagocitica e producono volto è colpito, ma solitamente viene risparmiata una picco-
enzimi che lisano i tessuti dell’ospite, ma sono batteri relativamente la area intorno alla bocca, che per contrasto risulta pallida.
poco virulenti. L’emergenza degli enterococchi come agenti patogeni L’infiammazione della cute porta solitamente a ipercheratosi
è dovuta principalmente alla loro resistenza agli antibiotici, com- e a desquamazione durante la fase in cui la febbre
presa la vancomicina un antibiotico ad ampio spettro. decresce.
S. pneumoniae è un’importante causa di polmonite lobare
(descritta nel Cap. 15 e mostrata in Fig. 8.7).
Morfologia Le infezioni streptococciche sono caratterizzate
da diffusi infiltrati interstiziali di neutrofili con minima distru-
zione dei tessuti dell’ospite. Le lesioni cutanee causate dagli
streptococchi (foruncoli, favi e impetigine) assomigliano a Difterite
quelle degli stafilococchi, sebbene gli streptococchi formino
ascessi con minore frequenza. La difterite è causata da Corynebacterium diphtheriae, un sottile
L’erisipela è più frequente tra soggetti di età media, in zone bacillo Gram-positivo con estremità claviforme, che si diffonde da
a clima temperato ed è causata da esotossine rilasciate da individuo a individuo attraverso aerosol o essudati cutanei. C. diph-
theriae può causare quadri diversi: condizione di portatore
CAPITOLO 8 Malattie infettive 353

asintomatico, patologie cutanee secondarie a ferite non curate come


ad esempio in condizioni belliche nei tropici, fino a una sindrome Con il controllo dell’infezione la membrana è espulsa con la
ptenzialmente letale con formazione di resistenti membrane orofa- tosse o rimossa per digestione enzimatica e l’infiammazione
ringee e al danno mediato dalla tossina difterica a livello cardiaco, recede.
neurologico e di altri organi. C. diphtheriae produce una sola tossina, Sebbene l’invasione batterica rimanga localizzata, si ha
con due subunità A e B, codificata da fagi, che blocca la sintesi pro- un’iperplasia generalizzata della milza e dei linfonodi, con-
teica delle cellule dell’ospite.68 Il frammento A determina questo seguente all’assorbimento di esotossina solubile nel sangue.
effetto catalizzando il trasferimento covalente dell’adenosina difo- L’esotossina può causare degenerazione grassa del miocar-
sfato (ADP)–ribosilato al fattore di allungamento 2 (Elongation dio, con isolata necrosi miofibrillare, polineurite con dege-
Factor-2, EF-2). Questo inibisce la funzione di EF-2, che è essenziale nerazione del rivestimento mielinico e dei cilindrassi e infine
per la traduzione dell’mRNA in proteine. Una singola molecola di (meno frequentemente) degenerazione grassa e necrosi fo-
tossina difterica può uccidere con questo sistema una cellula, inat- cale delle cellule parenchimali epatiche, renali e surrenali.
tivando così più di un milione di molecole di EF-2. L’immunizza-
zione con tossoide difterico (tossina fissata in formalina) non im-
pedisce la colonizzazione con C. diphtheriae ma protegge gli indi-
vidui immunizzati dagli effetti letali della tossina. Listeriosi

Listeria monocytogenes è un batterio Gram-positivo, intracellulare


Morfologia Una volta inalato, C. diphtheriae si moltiplica facoltativo, che causa gravi infezioni trasmesse con il cibo. Miniepi-
nel sito di ingresso sulla mucosa di rinofaringe, orofaringe, demie da L. monocytogenes sono state correlate con l’assunzione di
laringe o trachea, ma provoca anche lesioni satellite nell’eso- latticini, pollame e hot dog. Le donne gravide, i neonati, i soggetti
fago o nelle vie aeree inferiori. La liberazione dell’esotossina anziani e quelli immunodepressi (ad es. trapiantati o pazienti con
causa necrosi dell’epitelio, accompagnata da fuoriuscita di AIDS) sono particolarmente colpiti da infezioni gravi da L. mono-
un denso essudato fibrino-purulento. La coagulazione di tale cytogenes. Nelle donne in gravidanza (e negli ovini e bovini gravidi),
essudato sulla superficie ulcerata e necrotica determina la L. monocytogenes causa un’amniosite che può provocare aborto,
formazione di una membrana superficiale e aderente, con morte prenatale o sepsi neonatale. Nei neonati, L. monocytogenes
colorazione che va dal grigio scuro al nero (Fig. 8.21). L’infil- può causare una patologia disseminata (granulomatosi settica del
trazione di neutrofili nei tessuti sottostanti è intensa ed è neonato) e una meningite essudativa, che può presentarsi anche
accompagnata da una marcata congestione vascolare, ede- negli adulti immunodepressi.
ma interstiziale ed essudazione di fibrina. Quando la mem- Listeria monocytogenes sulla superficie ha proteine ricche di
brana si stacca, rivela la presenza della sottostante mucosa leucina dette internaline, che si legano alla E-caderina sulle cellule
infiammata e notevolmente vascolarizzata, per cui si può epiteliali dell’ospite e facilitano la penetrazione del batterio.69
andare incontro a complicanze, quali emorragia e asfissia. All’interno della cellula, i batteri sfuggono all’azione del fagoliso-
soma tramite l’azione di una proteina formante pori, la listerioli-
sina O e di due fosfolipasi.22 Nel citoplasma della cellula ospite,
l’ACTA, una proteina batterica di superficie, si lega alle proteine
del citoscheletro della cellula ospite e determina una polimerizza-
zione dell’actina, che spinge i batteri nelle cellule adiacenti, non
ancora infette. I macrofagi inattivati, che fagocitano L. monocyto-
genes attraverso il C3 attivato sulla superficie batterica, non rie-
scono a ucciderlo. Al contrario, i macrofagi che sono attivati
dall’IFN-g, lo fagocitano e lo distruggono. Quindi, la protezione
contro L. monocytogenes è mediata soprattutto dall’IFN-g prodotto
dalle cellule NK e T.

Morfologia Nelle infezioni umane acute, L. monocytogenes


induce la formazione di un essudato infiammatorio con
numerosi neutrofili. La meningite che essa causa è macro-
scopicamente e microscopicamente indistinguibile da quelle
causate da altri batteri piogeni (Cap. 28). Il reperto di bacilli
Gram-positivi, soprattutto intracellulari, nel LCR è pratica-
mente diagnostico. Lesioni particolari si possono riscontrare
nei neonati e negli adulti immunodepressi. Ascessi focali si
alternano a noduli grigiastri o di colore giallo, rappresentanti
detriti di tessuto amorfo, basofilo e necrotico. Questo quadro
si può osservare in ogni organo: polmone, fegato, milza e
linfonodi. Nelle infezioni di durata maggiore i macrofagi
compaiono in gran numero, ma sono rari i granulomi. I
neonati vivi affetti da sepsi da L. monocytogenes spesso
Figura 8.21 Pseudomembrana da difterite (freccia) in un bronco.
354 CAPITOLO 8 Malattie infettive

presentano un’eruzione papulosa alle estremità e si possono


osservare nella placenta ascessi listerici. Uno striscio del
meconio mostrerà microrganismi Gram-positivi.

Carbonchio

Bacillus anthracis è un bacillo di grandi dimensioni, sporigeno,


Gram-positivo a forma di bastoncino. È un comune agente patogeno
in animali da allevamento e selvatici che entrano in contatto con il
suolo contaminato da spore di B. anthracis. Le spore dell’antrace si
possono presentare sotto forma di polvere fine, diventando in tal
modo una potente arma biologica. Ogni anno si registrano tra i
20.000 e i 100.000 casi di carbonchio e il recente utilizzo del micror-
ganismo come agente del bioterrorismo ha sollevato una notevole
preoccupazione. Nel 1979 la liberazione accidentale di spore di B.
anthracis in un istituto di ricerca militare in Russia uccise 66 persone.
Nel 2001, 22 persone negli Stati Uniti furono infettate da B. anthracis,
perlopiù tramite spore contenute in pacchi postali.
B. anthracis viene acquisito attraverso l’esposizione ad animali
infetti o ai loro prodotti quali lana o pelli.70 Vi sono tre principali
sindromi carbonchiose:
Figura 8.22 Meccanismo d’azione delle tossine del carbonchio. (Adat-
tata da Mourez M et al: 2001: a year of major advances in anthrax toxin
Il carbonchio cutaneo, che costituisce il 95% delle infezioni natu- research. Trends Microbiol 10:287, 2002)
rali, inizia come una papula indolente e pruriginosa, che si tra-
sforma in una vescicola nell’arco di 2 giorni. Quando la vescicola
si ingrandisce, si può formare un edema vistoso attorno a essa tamero di B, che forma quindi un canale selettivo nella membrana
associato a linfoadenopatia regionale. Dopo la rottura della ve- endosomica, attraverso il quale EF e LF entrano nel citoplasma. Qui
scicola, l’ulcera che rimane si copre di una caratteristica escara l’EF si lega al calcio e alla calmodulina per formare un’adenilato ci-
nera, che si secca e cade alla guarigione. La batteriemia è rara nel clasi. L’EF attivo converte l’ATP in adenosina monofosfato ciclico
carbonchio cutaneo. (cAMP), un’importante molecola di segnale che stimola l’uscita di
Il carbonchio da inalazione si verifica quando le spore vengono acqua dalla cellula, portando a edema interstiziale. LF presenta un
inalate. Il microrganismo è trasportato dai fagociti verso i linfonodi, diverso meccanismo di azione. Esso è una proteasi che distrugge le
dove le spore germinano e il rilascio di tossine causa una mediasti- chinasi della protein-chinasi mitogeno-attivata (Mitogen-Activated
nite emorragica. Dopo una fase prodromica della durata variabile Protein Kinase Kinases, MAPKK). Queste chinasi regolano l’attività
da 1 a 6 giorni, caratterizzata da febbre, tosse e dolore toracico o delle MAPK, che sono importanti regolatori della crescita e differen-
addominale, vi è il brusco esordio della malattia con febbre alta, ziazione cellulare (Cap. 3). Il meccanismo di morte cellulare dovuta
ipossia e sudorazione. Frequentemente, in seguito a batteriemia, si all’alterata regolazione delle MAPK non è conosciuto.
sviluppa una meningite carbonchiosa. Il carbonchio da inalazione
conduce rapidamente a shock e spesso alla morte entro 1-2 giorni.
Il carbonchio gastrointestinale è una rara forma di infezione, che Morfologia Le lesioni carbonchiose sono sempre caratte-
di solito viene contratta ingerendo carne poco cotta contaminata rizzate da necrosi e infiammazione essudativa con infiltrazio-
da B. anthracis. Inizialmente il paziente presenta nausea, dolore ne di neutrofili e macrofagi. La presenza di voluminosi batteri
addominale e vomito, seguiti da una grave diarrea ematica. La Gram-positivi, a localizzazione extracellulare, che assomi-
mortalità supera il 50%. gliano ai vagoni di un treno, evidenziati istologicamente o
isolati in coltura, facilita la diagnosi.
Patogenesi. B. anthracis produce potenti tossine ed è dotato di Il carbonchio da inalazione determina la formazione di nu-
una capsula di natura poliglutammica che inibisce la fagocitosi. La merosi foci emorragici nel mediastino con linfonodi ilari e
modalità di azione della tossina dell’antrace è ben conosciuta85 peribronchiali ingranditi ed emorragici.72 L’esame microsco-
(Fig. 8.22). Essa consta di due subunità: A e B. La subunità B è definita pico dei polmoni mostra una polmonite interstiziale peri-ilare
anche antigene protettivo, poiché gli anticorpi contro questa proteina con infiltrazione di macrofagi e neutrofili e vasculite polmo-
proteggono gli animali dagli effetti della tossina. L’antigene protettivo nare. Lesioni emorragiche e vasculite sono presenti in circa
si lega a una proteina della superficie cellulare e quindi una proteasi la metà dei casi. I linfonodi mediastinici mostrano linfocitosi,
dell’ospite scinde un frammento di 20 kDa dalla subunità B. I restanti con fagocitosi di linfociti apoptotici da parte di macrofagi e
frammenti di 63 kDa si associano a formare un eptamero. La tossina un edema ricco di fibrina (Fig. 8.23). B. anthracis è presente
carbonchiosa mostra due subunità A alternate: il fattore edemigeno soprattutto nei capillari alveolari e nelle venule e, in minor
(EF) e il fattore letale (LF), così definiti per il loro effetto sugli animali grado, nello spazio alveolare. Nei casi a esito letale, B. an-
da esperimento. Tre subunità A si legano all’eptamero B, quindi il thracis è riscontrabile in molti organi (milza, fegato, intestino,
complesso penetra nella cellula ospite tramite endocitosi. Il basso pH reni, ghiandole surrenali e meningi).
dell’endosoma determina un cambiamento conformazionale nell’ep-
CAPITOLO 8 Malattie infettive 355

Figura 8.23 Bacillus anthracis nel seno sottocapsulare di un linfonodo


ilare di un paziente deceduto per carbonchio contratto mediante inalazione.
(Per gentile concessione del Dr. Lev Grinberg, Department of Pathology, Figura 8.24 Nocardia asteroides in un campione di espettorato colorato
Hospital 40, Ekaterinburg, Russia e del Dr. David Walker, UTMB Center for con metodo di Gram. Si notino i microrganismi moniliformi ramificati Gram-
Biodefense and Emerging Infectious Diseases, Galveston, TX) positivi e i leucociti. (Per gentile concessione del Dr. Ellen Jo Baron, Stan-
ford University Medical Center, Stanford, CA)

Nocardia cause batteriche di infezioni gastrointestinali e del tratto urinario. I


microrganismi Gram-negativi anaerobi verranno trattati successi-
Le nocardie sono batteri aerobi Gram-positivi, che tendono a for- vamente in questo capitolo. Le infezioni da batteri Gram-negativi
mare caratteristiche catene ramificate. In coltura, Nocardia forma vengono solitamente diagnosticate tramite coltura.
sottili filamenti aerei con spore terminali che ricordano delle ife.
Nonostante la sua somiglianza dal punto di vista morfologico alle
muffe, Nocardia è un vero e proprio batterio. Infezioni da Neisseria
Nocardia è presente nel suolo e causa infezioni opportunistiche
negli individui immunocompromessi.73 Nocardia asteroides causa Le Neisseria sono diplococchi Gram-negativi, appiattiti nei punti di
infezioni respiratorie, mentre altre specie, principalmente Nocardia contatto, così da avere la forma di un chicco di caffè (si veda Fig. 8.3 E).
brasiliensis, infettano la cute. Un quinto delle infezioni da N. aste- Questi microrganismi necessitano di condizioni di crescita partico-
roides interessa il SNC, presumibilmente in seguito a disseminazione lari e si sviluppano meglio su terreni arricchiti, come l’agar sangue
a partenza polmonare. La maggior parte dei pazienti con N. asteroi- con emazie lisate di montone (agar “cioccolato”). Le due Neisseria
des presenta deficit dell’immunità cellulo-mediata T, spesso dovuta clinicamente significative sono N. meningitidis e N. gonorrhoeae.
all’uso di steroidi per tempi prolungati, all’infezione da HIV o al N. meningitidis causa una meningite batterica, in particolare nei
diabete mellito. Le infezioni respiratorie con N. asteroides causano bambini di età inferiore a 2 anni. Il microrganismo si trova spesso
una malattia a lenta progressione con febbre, perdita di peso e tosse, nell’orofaringe e si trasmette per via respiratoria. Circa il 10% della
che può porre dei problemi di diagnosi differenziale con la tuber- popolazione di qualsiasi età può ospitare questi batteri per diversi
colosi o con malattie neoplastiche. Le infezioni del SNC da N. aste- mesi nella cavità orale. La risposta immunitaria conduce all’elimi-
roides sono indolenti e causano vari deficit neurologici, in relazione nazione del batterio nella maggior parte dei casi e questa risposta è
al sito di infezione. Le infezioni della cute hanno un range di mani- protettiva contro le successive infezioni da parte dello stesso sierotipo
festazioni che va da infezioni rapidamente progressive, simili a quelle batterico. Vi sono almeno 13 sierotipi di N. meningitidis. La patologia
da Staphylococcus o Streptococcus, a lesioni a lenta progressione. invasiva si verifica principalmente quando gli individui incontrano
nuovi ceppi verso i quali non sono immuni, come può accadere per
i bambini piccoli o per i giovani adulti che vivono in edifici affollati
Morfologia Nocardia appare nei tessuti come un sottile come caserme o dormitori. La patologia da N. meningitidis è ende-
microrganismo Gram-positivo disposto in filamenti ramificati mica negli Stati Uniti, ma si verificano epidemie periodiche anche
(Fig. 8.24). Una tendenza a colorarsi irregolarmente conferi- nell’Africa subsahariana che causano migliaia di morti.74
sce ai filamenti un aspetto granulare. Nocardia si colora con Anche in assenza di un’immunità preesistente, solo una piccola
una colorazione alcool-acido resistente modificata (colora- frazione degli individui infettati da N. meningitidis sviluppa meningite.
zione di Fite-Faraco), diversamente dagli Actinomyces, che I batteri devono invadere le cellule epiteliali respiratorie e spostarsi sulla
possono apparire simili con la colorazione di Gram del tes- superficie basale della cellula per penetrare nel sangue.75 Nel sangue la
suto. Quale che sia la sede di infezione, Nocardia suscita una capsula batterica inibisce l’opsonizzazione e la distruzione da parte delle
risposta di tipo suppurativo con liquefazione centrale, tessuto proteine del complemento. Ciononostante, l’importanza del comple-
di granulazione circostante e fibrosi. Non forma granulomi. mento come difesa contro N. meningitidis è dimostrata dagli aumentati
tassi di infezione grave tra gli individui che hanno difetti ereditari delle
proteine del complemento (da C5 a C9) che formano il complesso di
Infezioni Da Batteri Gram-Negativi attacco della membrana. Se N. meningitidis sfugge alla reazione
dell’ospite, le conseguenze possono essere gravi. Sebbene la terapia
In questa sezione vengono considerati solo alcuni dei batteri Gram- antibiotica abbia ridotto notevolmente la mortalità per infezioni da N.
negativi perché un certo numero di agenti patogeni Gram-negativi meningitidis, la percentuale di casi letali rimane ancora di circa il 10%.
viene discusso nei capitoli relativi ai diversi apparati, comprese le La patologia della ­meningite piogena viene discussa nel Capitolo 28.
356 CAPITOLO 8 Malattie infettive

N. gonorrhoeae è un’importante causa di malattie sessualmente dei geni OPA. Questo permette a N. gonorrhoeae di esprimere in
trasmesse (Sexually Transmitted Disease, STD) che colpisce circa ciascun momento uno, diversi o nessun gene OPA.
700.000 persone ogni anno negli Stati Uniti. È seconda solo a C.
trachomatis come agente eziologico batterico di STD. L’infezione Pertosse
negli uomini determina uretrite. Nelle donne, l’infezione da N. go-
norrhoeae è spesso asintomatica e può quindi passare inosservata. La pertosse, causata dal coccobacillo Gram-negativo Bordetella
Se trascurata, può portare a malattia infiammatoria pelvica, con pertussis, è una malattia acuta, altamente contagiosa, caratterizzata
conseguente infertilità o gravidanze ectopiche (Cap. 22). L’infezione da parossismi di tosse violenta, seguiti da un forte “stridore inspira-
viene diagnosticata tramite test di PCR, in aggiunta alla coltura. torio”. La vaccinazione contro B. pertussis, con batteri uccisi o con
Sebbene l’infezione da N. gonorrhoeae si manifesti in genere lo- il nuovo vaccino acellulare, si è dimostrata efficace nella prevenzione
calmente nella mucosa genitale o cervicale, nella faringe o nella della pertosse. Dagli anni Ottanta, tuttavia, l’incidenza della malattia
regione anorettale, si può verificare anche una forma di malattia è andata aumentando negli Stati Uniti, in particolare tra adolescenti
disseminata. Come N. meningitidis, N. gonorrhoeae può determinare e adulti, nonostante i costanti elevati tassi di vaccinazione.76 La causa
patologia disseminata soprattutto in soggetti che hanno un deficit di questo aumento non è nota, ma differenze antigeniche fra i ceppi
delle proteine del complemento che formano il complesso di attacco di riscontro clinico e i ceppi usati per i vaccini e l’immunità in calo
alla membrana. Infezioni disseminate in adulti e adolescenti nei giovani adulti potrebbero avere una certa importanza. In alcune
­generalmente determinano artriti settiche, accompagnate da un’eru- parti del mondo in via di sviluppo, dove la vaccinazione non è pra-
zione papulare emorragica con pustole. La forma d’infezione neo- ticata, la pertosse uccide centinaia di migliaia di bambini ogni anno.
natale con N. gonorrhoeae porta a cecità e, raramente, a sepsi. La diagnosi ha come gold standard la PCR, dal momento che la
­L’infezione oculare, che è prevenibile tramite instillazione di nitrato coltura è poco sensibile.
d’argento negli occhi del neonato, resta un’importante causa di cecità Patogenesi. Bordetella pertussis colonizza l’orletto a spazzola
in alcune nazioni in via di sviluppo. dell’epitelio bronchiale e invade anche i macrofagi. L’espressione
Patogenesi. Neisseria utilizza la variazione antigenica per sfug- coordinata di fattori di virulenza è regolata dal locus genico di vi-
gire alla risposta immunitaria. L’esistenza di molti sierotipi di N. rulenza di Bordetella (Bordetella virulence gene locus, bvg)77. BVGS
meningitidis favorisce la comparsa di meningite in alcuni soggetti è una proteina situata nello spessore della membrana che “percepi-
esposti a nuovi ceppi, come descritto sopra. In aggiunta, le specie di sce” i segnali che inducono l’espressione dei fattori di virulenza.
Neisseria generano anche variazione antigenica tramite uno speciale Durante l’attivazione, la BVGS fosforila la proteina BVGA, che regola
meccanismo genetico, che permette a un singolo clone batterico di la trascrizione di mRNA per adesine e tossine. L’emoagglutinina-
variare gli antigeni che esprime (si veda oltre) e di sfuggire alle difese adesina filamentosa si lega ai carboidrati di superficie delle cellule
immunitarie.19 Gli organismi del genere Neisseria aderiscono alle epiteliali respiratorie, così come alle integrine CR3 (Mac-1) sui
cellule epiteliali non cigliate nel sito di ingresso (rinofaringe, uretra macrofagi. La tossina della pertosse è un’esotossina composta da
o cervice) e le invadono. Due proteine di superficie di Neisseria, che cinque distinte proteine, con un peptide catalitico S1, che mostra
legano entrambe i batteri alle cellule dell’ospite, vanno incontro a omologia con i peptidi catalitici della tossina colerica e con la tossina
variazione antigenica attraverso meccanismi diversi. Sebbene sia N. termolabile di E. coli.78 Come la tossina colerica, la tossina pertussica
meningitidis sia N. gonorrhoeae utilizzino questi meccanismi, essi aggiunge un gruppo ribosilico all’ADP e inattiva le proteine leganti
sembrano più importanti in N. gonorrhoeae. la guanina, in modo che queste proteine G non trasducano più i
segnali dei recettori della membrana plasmatica dell’ospite. Le tos-
Le proteine pilari subiscono mutazioni tramite ricombinazione sine prodotte da B. pertussis paralizzano le ciglia, compromettendo
genetica. L’adesione di N. gonorrhoeae alle cellule epiteliali è quindi un’importante difesa dei polmoni.
inizialmente mediata da lunghi pili, che si legano al CD46, una
proteina regolatrice del complemento espressa su tutte le cellule
nucleate umane. I pili sono composti da polipeptidi codificati dai Morfologia Bordetella causa una laringotracheobronchite,
geni pilari, che sono formate da un promotore e da sequenze che, nei casi gravi, determina un’erosione della mucosa bron-
codificanti per 10-15 varianti di proteine pilari. In qualsiasi chiale, con iperemia e abbondante essudato mucopurulento
momento, solo una di queste sequenze codificanti si lega al pro- (Fig. 8.25). Se non interviene una superinfezione, gli alveoli
motore, consentendone l’espressione. Periodicamente, la ricom- polmonari rimangono beanti e intatti. Parallelamente ad una
binazione trasporta una delle sequenze vicino al promotore, notevole linfocitosi periferica (fino al 90%), vi sono ipercel-
portando all’espressione di una diversa variante di pilo. A volte lularità e ingrandimento dei follicoli linfatici della mucosa e
viene scambiata solo una parte della seconda sequenza codifican- dei linfonodi peribronchiali.
te, creando una variante chimerica completamente nuova.
N. gonorrhoeae possiede tre o quattro geni codificanti per le pro-
teine OPA e N. meningitidis ne ha fino a 12. Le proteine OPA
(cosiddette poiché rendono opache le colonie batteriche) sono Infezioni da Pseudomonas
localizzate nella parte esterna della membrana batterica. Esse
aumentano la capacità di adesione delle Neisseria alle cellule epi- Pseudomonas aeruginosa è un bacillo opportunista aerobio Gram-
teliali e promuovono l’ingresso dei batteri all’interno delle cellule. negativo, che rappresenta un frequente e mortale agente patogeno
Ogni gene OPA ha diverse ripetizioni di una sequenza di cinque per gli individui affetti da fibrosi cistica, con ustioni gravi o neutro-
nucleotidi, con frequenti delezioni o duplicazioni. Queste modi- penia.93 Molti individui con fibrosi cistica muoiono per insufficienza
ficazioni spostano il fronte di lettura del gene, sicché esso codifica polmonare secondaria a infezione cronica da P. aeruginosa. P. aeru-
per nuove sequenze. Codoni di stop sono inoltre introdotti con ginosa può essere molto resistente agli antibiotici, ­rendendo queste
addizioni e delezioni e ciò determina l’espressione o lo stato silente infezioni difficili da trattare. P. aeruginosa spesso infetta le ustioni
CAPITOLO 8 Malattie infettive 357

Figura 8.25 Pertosse; è visibile uno strato di bacilli (frecce) imbrigliati Figura 8.26 Vasculite da Pseudomonas nella quale masse di microrga-
nelle ciglia delle cellule dell’epitelio bronchiale. nismi formano uno strato perivascolare bluastro.

cutanee ampie, che possono essere una fonte di sepsi, ed è una causa
comune di infezioni nosocomiali; è stata isolata da lavandini, stru- L’ostruzione bronchiale, causata dai tappi di muco, e la con-
menti per intubazione respiratoria, culle dei reparti di neonatologia seguente infezione da P. aeruginosa sono frequenti compli-
e persino da bottiglie contenenti antisettici. P. aeruginosa causa canze della fibrosi cistica. Nonostante la terapia antibiotica
anche una cheratite corneale nei portatori di lenti a contatto, endo- e la risposta immunitaria dell’ospite, l’infezione cronica da P.
cardite e osteomielite nei tossico­dipendenti che assumono sostanze aeruginosa può determinare bronchiectasie e fibrosi polmo-
per via endovenosa, otite esterna (orecchio del nuotatore) negli nare (Cap. 15).
individui sani e otite esterna grave nei diabetici. Nelle ustioni cutanee, P. aeruginosa prolifera notevolmente,
Patogenesi. P. aeruginosa possiede pili e proteine di adesione che penetrando in profondità nelle vene e diffondendosi per via
la legano alle cellule epiteliali e alla mucina polmonare ed esprime ematogena. Compaiono spesso lesioni cutanee necrotiche ed
un’endotossina che causa i sintomi e i segni di sepsi da Gram-­ emorragiche ben demarcate di forma ovalare, chiamate ecti-
negativi. Pseudomonas ha anche numerosi fattori di virulenza carat- ma gangrenoso. La coagulazione intravascolare ­disseminata
teristici. Nei polmoni di pazienti con fibrosi cistica, questi batteri (CID) è una complicanza frequente delle batteriemie.
­secernono un esopolisaccaride mucoide chiamato alginato, che
forma un biofilm vischioso che protegge i batteri da anticorpi, com-
plemento, fagociti e antibiotici. I microrganismi secernono anche
un’esotossina e diversi altri fattori di virulenza. L’esotossina A, come Peste
la tossina difterica, inibisce la sintesi proteica aggiungendo un radi-
cale ribosilico all’ADP tramite la proteina ribosomiale EF-2.80 P. Yersinia pestis è un batterio Gram-negativo intracellulare facoltativo
­aeruginosa rilascia anche l’esoenzima S, che aggiunge un gruppo che si trasmette dai roditori agli uomini tramite punture di pulce o,
ribosilico all’ADP di RAS e altre proteine G che regolano la crescita meno frequentemente, da un individuo all’altro tramite aerosol.
e il metabolismo cellulare. I microrganismi inoltre secernono una Causa un’infezione invasiva, frequentemente fatale, che prende il
fosfolipasi C che lisa le emazie e degrada il surfactante polmonare e nome di peste. La peste o Morte Nera causò tre grandi pandemie che
un’elastasi che degrada le IgG e le proteine della matrice extracellu- si pensa uccisero circa 100 milioni di persone in Egitto e nell’Impero
lare. Questi enzimi possono essere importanti nell’invasione dei bizantino nel VI secolo, un quarto della popolazione europea nel
tessuti e nella distruzione corneale nella cheratite. Infine, P. aerugi- XIV e XV secolo e decine di milioni di individui in India, Birmania
nosa produce composti contenenti ferro che sono estremamente e Cina all’inizio del XX secolo. Attualmente, si verificano global-
tossici per le cellule endoteliali e potrebbero quindi causare le lesioni mente da 1.000 a 3.000 casi di peste ogni anno. I roditori selvatici
vascolari, caratteristiche di questa infezione.81 nelle aree rurali degli Stati Uniti orientali sono infettati da Y. pestis
e ogni anno vengono infettate 10-15 persone. Y. enterocolitica e Y.
pseudotuberculosis sono geneticamente simili a Y. pestis; questi bat-
Morfologia Pseudomonas causa una polmonite necrotizzante teri causano ileite e linfoadenite mesenterica a trasmissione
che si localizza lungo le vie aeree terminali con un aspetto a orofecale.
fiordaliso, con aree necrotiche centrali biancastre e aree peri- Le Yersinia patogene si moltiplicano nel tessuto linfoide. Questi
feriche rosse ed emorragiche. All’esame microscopico, ammas- organismi hanno un complesso di geni, chiamato virulon Yop, che
si di microrganismi opacizzano il tessuto con una velatura permette ai batteri di uccidere i fagociti dell’ospite.82 Il virulon Yop
bluastra, concentrandosi nella parete dei vasi, dove le cellule codifica per proteine che si uniscono per formare un sistema secre-
dell’ospite vanno incontro a necrosi coagulativa (Fig. 8.26). tivo di tipo III, che è una struttura cava simile a una siringa che
Questo quadro di vasculite da Gram-negativi accompagnata fuoriesce dalla superficie batterica, si lega alle cellule dell’ospite e
da trombosi ed emorragia, sebbene non patognomonico, è inietta tossine batteriche, dette Yop (Yersinia outercoat proteins,
altamente suggestivo di un’infezione da P. aeruginosa. proteine della superficie esterna di Yersinia), nella cellula. YopE,
YopH e YopT bloccano la fagocitosi, disattivando molecole che
358 CAPITOLO 8 Malattie infettive

regolano la polimerizzazione dell’actina. YopJ inibisce le vie di se-


gnalazione attivate dall’LPS, bloccando la produzione di citochine 50% dei casi entro 1-2 settimane dall’inoculazione del batterio.
­infiammatorie. Y. pestis assicura la propria diffusione formando un Nei casi non curati, i linfonodi infiammati e ingrossati (bub-
biofilm che ostruisce il lume intestinale della pulce infettata. All’atto boni) possono erodere la cute sovrastante, formando un’ul-
del morso, la pulce deve rigurgitare prima di nutrirsi e così infetta i cera cronica fistolizzata.
roditori o gli uomini. Microscopicamente, l’ulcera del cancroide comprende un’area
superficiale di detriti, di neutrofili e fibrina, con una zona sot-
tostante di tessuto di granulazione, contenente aree di necrosi
Morfologia Yersinia pestis provoca ingrossamento linfono- e vasi trombizzati. Un infiltrato infiammatorio linfoplasmacel-
dale (bubboni), polmonite o sepsi con notevole infiltrato di lulare denso è presente sotto lo strato di tessuto di granula-
neutrofili. Le caratteristiche istologiche della peste compren- zione. Sono talvolta dimostrabili coccobacilli con la colorazione
dono (1) proliferazione massiva del microrganismo, (2) pre- di Gram e con impregnazione argentica, ma sono spesso ma-
coce accumulo di essudati ricchi di proteine e polisaccaridi, scherati da altri batteri che colonizzano la base dell’ulcera.
con poche cellule infiammatorie ma con marcato edema
tissutale, (3) necrosi di tessuti e vasi sanguigni con emorragie
e trombosi e (4) infiltrati di neutrofili che si accumulano nelle
aree necrotiche adiacenti nel momento in cui inizia il proces- Granuloma inguinale
so di guarigione.
Nella peste bubbonica, il morso infetto della pulce è solita- Il granuloma inguinale, o donovanosi, è una malattia infiamma-
mente localizzato alle gambe ed è evidenziato da una piccola toria cronica causata da Klebsiella granulomatis (precedentemente
pustola o ulcera. I linfonodi drenanti si ingrandiscono note- chiamata Calymmatobacterium donovani), un piccolo coccobacillo
volmente in pochi giorni e diventano molli, polposi e color capsulato. Il microrganismo viene trasmesso sessualmente. Il gra-
prugna e possono andare incontro a infarto o rottura attra- nuloma inguinale è raro negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale,
verso la cute. Nella peste polmonare, vi è una broncopolmo- ma è endemico nelle aree rurali in certe regioni tropicali e subtro-
nite grave, confluente, emorragica e necrotica, spesso con picali. I casi non trattati sono caratterizzati dallo sviluppo di cica-
pleurite fibrinosa. Nella peste setticemica, i linfonodi dell’in- trici estese, spesso associate a ostruzione linfatica e a linfedema
tero corpo e gli organi ricchi di fagociti mononucleati svilup- (elefantiasi) dei genitali esterni. La coltura del microrganismo è
pano focolai di necrosi. Batteriemie fulminanti provocano difficoltosa e i saggi PCR sono ancora in fase di sviluppo, per cui
inoltre CID con emorragie e trombosi diffusa. la diagnosi viene posta attraverso l’esame microscopico di strisci
o biopsie dell’ulcera.

Cancroide (ulcera molle) Morfologia Il granuloma inguinale inizia come una lesione
papulosa sopraelevata, che interessa l’epitelio squamoso
Il cancroide è un’infezione acuta, sessualmente trasmessa e ulcera- stratificato umido dei genitali o, più raramente, della mucosa
tiva, causata da Hemophilus ducreyi.83 La patologia è più comune orale o della faringe. La lesione alla fine si ulcera e si ha lo
nelle aree tropicali e subtropicali, nelle classi socioeconomiche meno sviluppo di abbondante tessuto di granulazione, che si ma-
abbienti e fra gli uomini che hanno contatti regolari con prostitute. nifesta come una massa protuberante, molle e indolore.
Il cancroide è una delle più comuni cause di ulcere genitali in Africa Quando la lesione si ingrandisce, i suoi margini diventano
e nel Sud-est asiatico, dove probabilmente agisce come importante rilevati e induriti. Cicatrici permanenti si possono sviluppare
cofattore nella trasmissione dell’infezione da HIV. Il cancroide è raro nei casi non curati e sono talvolta associate a stenosi uretrale,
negli Stati Uniti, dove sono stati riportati ai CDC da 20 a 50 casi vulvare o anale. I linfonodi regionali sono risparmiati o mo-
l’anno negli anni passati. Il microrganismo deve essere posto in strano soltanto alterazioni non specifiche di tipo reattivo,
coltura in condizioni speciali e i test basati sulla PCR non sono contrariamente al cancroide.
sempre disponibili, per cui è possibile che non venga fatta una dia- L’esame microscopico di lesioni attive rivela una marcata
gnosi corretta in tutti i casi di cancroide. iperplasia epiteliale ai bordi dell’ulcera, ricordando talvolta
un carcinoma (iperplasia pseudoepiteliomatosa). Un infiltrato
di cellule infiammatorie neutrofile e mononucleate è presente
Morfologia Da quattro a sette giorni dopo l’inoculazione, alla base dell’ulcera e sotto il circostante epitelio. I micror-
l’individuo sviluppa una papula eritematosa molle che inte- ganismi sono dimostrabili, in strisci di essudato colorati con
ressa i genitali esterni. Nei maschi la lesione primaria si loca- il Giemsa, come coccobacilli minuti e dotati di capsula (corpi
lizza di solito al pene; nel sesso femminile la maggior parte di Donovan) all’interno dei macrofagi. Anche l’impregnazione
delle lesioni si ha nella vagina o nell’area periuretrale. In al- argentica (ad es. Warthin-Starry) può essere impiegata per
cuni giorni la superficie della lesione primaria viene erosa e evidenziare il microrganismo.
si forma un’ulcera irregolare, che tende a essere dolorosa più
nei maschi che nelle femmine.
Contrariamente alla lesione primaria della sifilide, l’ulcera del
cancroide non è dura e le lesioni possono essere multiple. La Micobatteri
base dell’ulcera è coperta da un essudato duro, giallo-grigia-
stro. I linfonodi regionali, in particolare nella regione ingui- I batteri del genere Mycobacterium sono sottili bacilli aerobi che
nale, si ingrossano e diminuiscono di consistenza in circa il crescono in catenelle uniche o ramificate. I micobatteri hanno una
parete cellulare, composta di acido micolico, che li rende acido-­
CAPITOLO 8 Malattie infettive 359

resistenti, il che significa che mantengono la colorazione anche dopo Patogenesi. La patogenesi della tubercolosi in un soggetto im-
trattamento con una mistura di acido o alcool. I micobatteri sono munocompetente non precedentemente esposto, dipende dallo
debolmente Gram-positivi. sviluppo di un’immunità cellulo-mediata antimicobatterica, che
conferisce resistenza al batterio e produce anche ipersensibilità verso
gli antigeni tubercolari. Le manifestazioni patologiche della tuber-
Tubercolosi colosi, come il granuloma caseoso e la formazione di cavità all’in-
terno del polmone, sono il risultato dell’ipersensibilità che è parte
Mycobacterium tuberculosis è responsabile della maggior parte dei integrante della risposta immunitaria dell’ospite. Poiché le cellule
casi di tubercolosi; il serbatoio dell’infezione è rappresentato da che mediano la protezione immunitaria provocano anche ipersen-
soggetti con tubercolosi attiva. La tubercolosi orofaringea e intesti- sibilità e danno tissutale, la comparsa di ipersensibilità segnala anche
nale contratta tramite consumo di latte contaminato da M. bovis è l’acquisizione di immunità nei confronti del microrganismo. Uno
rara nelle nazioni in cui il latte viene pastorizzato routinariamente, schema della patogenesi della tubercolosi è rappresentato nella
ma è tuttora osservata nei Paesi che hanno mucche da latte tuber- ­Figura 8.27.
colotiche e latte non pastorizzato. I macrofagi sono le prime cellule a essere infettate da M. tubercu-
Epidemiologia. Si stima che la tubercolosi colpisca 1,7 miliardi di losis. Nelle fasi iniziali dell’infezione, i bacilli tubercolari si replicano
individui nel mondo, con 8-10 milioni di nuovi casi e 1,6 milioni di in maniera incontrollata, mentre nelle fasi avanzate la risposta cellu-
morti ogni anno, un tributo secondo solo a quello della patologia lare stimola i macrofagi a contenere la proliferazione batterica.
da HIV. L’infezione da HIV rende i pazienti a rischio di tubercolosi
rapidamente progressiva; oltre 10 milioni di persone sono infettate M. tuberculosis penetra nei macrofagi per endocitosi mediata da
contemporaneamente da HIV e M. tuberculosis. Dal 1985 al 1992, diversi recettori macrofagici: i recettori per il mannosio legano
il numero di casi di tubercolosi negli Stati Uniti è aumentato del 20% il lipoarabinomannano, un glicolipide della parete cellulare bat-
a causa dell’incremento dell’infezione in persone affetta da HIV, terica e i recettori per il complemento (già discussi) legano i
immigrati, carcerati e ospiti di ricoveri per senzatetto. Dal 1993 in micobatteri opsonizzati.23
poi, grazie agli sforzi della sanità pubblica, il numero di casi di tu- Una volta giunto all’interno del macrofago, M. tuberculosis si
bercolosi è diminuito. Attualmente, negli Stati Uniti vi sono circa replica e blocca la fusione del fagosoma con il lisosoma. M. tu-
14.000 nuovi casi di tubercolosi attiva ogni anno, la metà circa dei berculosis blocca la formazione del fagolisosoma inibendo i se-
quali si verifica tra gli immigrati. gnali del Ca2+ e il reclutamento e l’assemblaggio delle proteine
La tubercolosi è endemica laddove sono presenti povertà, affol- che mediano la fusione tra fagosoma e lisosoma.84 Quindi, du-
lamento e malattie croniche e debilitanti. Negli Stati Uniti, la tuber- rante le fasi più precoci della tubercolosi primaria (3 settimane)
colosi è principalmente una malattia degli anziani, degli abitanti negli individui non sensibilizzati, i batteri proliferano nei macro-
poveri delle zone urbane e dei pazienti con AIDS. Alcuni stati clinici fagi alveolari polmonari e negli spazi aerei, determinando batte-
aumentano inoltre il rischio di tubercolosi: il diabete mellito, il linfo- riemia e disseminazione in sedi diverse. Nonostante la batterie-
ma di Hodgkin, le patologie polmonari croniche (in particolare la mia, la maggior parte dei pazienti a questo stadio è asintomatica
silicosi), l’insufficienza renale cronica, la malnutrizione, l’alcolismo o presenta una lieve sindrome simil-influenzale.
e l’immunosoppressione. L’assetto genetico dell’ospite può influenzare il decorso della
È importante differenziare l’infezione da M. tuberculosis dalla malattia. In alcune persone con pleomorfismi nel gene NRAMP1,
malattia conclamata. L’infezione è definita come la presenza di la malattia può progredire a causa dell’assenza di un’effettiva
­microrganismi, che possono causare una malattia clinicamente risposta immunitaria. NRAMP1 è una proteina situata nello
evidente. La maggior parte delle infezioni è acquisita mediante la spessore della membrana degli endosomi e dei lisosomi che pom-
trasmissione interpersonale di microrganismi per via aerea da un pa cationi bivalenti (ad es. Fe+2) all’esterno del lisosoma. NRAMP1
soggetto con malattia attiva. Nella maggior parte delle persone, la può inibire la crescita batterica limitando la disponibilità degli
tubercolosi primaria è asintomatica, sebbene possa provocare febbre ioni necessari per il micobatterio.85
e versamento pleurico. Generalmente la sola prova dell’infezione, Circa 3 settimane dopo l’infezione, si determina una risposta
se presente, è un piccolo nodulo fibrocalcifico nel sito di infezione. T-helper 1 (TH1) che attiva i macrofagi a uccidere i batteri.86 La
Organismi vitali possono restare quiescenti in tali lesioni per decen- risposta prende il via dagli antigeni micobatterici che giungono
ni. Se le difese immunitarie si abbassano, l’infezione può riattivarsi nei linfonodi e vengono presentati alle cellule T. La differenzia-
e determinare una patologia infettiva potenzialmente letale. zione delle cellule TH1 dipende da IL-12, che viene prodotta da
L’infezione provoca lo sviluppo di ipersensibilità ritardata contro cellule che hanno incontrato il micobatterio e presentano l’anti-
gli antigeni di M. tuberculosis, che può essere evidenziata tramite il gene. M. tuberculosis produce diverse molecole che si legano a
test cutaneo alla tubercolina (Mantoux). Dopo circa 2-4 settimane TLR2 e la stimolazione di parte di questi ligandi promuove la
dall’infezione, l’iniezione intradermica di derivati proteici purificati produzione di IL-12 da parte delle cellule dendritiche.
di M. tuberculosis provoca la comparsa di un nodulo palpabile chia- Le cellule TH1 mature, nei linfonodi e nel polmone, producono
ramente visibile 48-72 ore dopo l’iniezione. Un test alla tubercolina IFN-g, il mediatore principale che permette ai macrofagi di conte-
positivo indica un’immunità cellulo-mediata T verso gli antigeni tu- nere l’infezione da M. tuberculosis. IFN-g stimola la formazione
bercolari, ma non permette di distinguere tra infezione e malattia del fagolisosoma nei macrofagi infetti, esponendo i batteri ad un
conclamata. Reazioni falsamente negative possono determinarsi in ambiente acido inospitale. IFN-g stimola anche l’espressione di
corso di alcune infezioni virali, sarcoidosi, malnutrizione, linfoma ossido di azoto sintetasi inducibile, che produce ossido di azoto,
di Hodgkin, immunosoppressione e tubercolosi attiva non control- capace di distruggere diversi costituenti micobatterici, dalla pa-
lata. Reazioni falsamente positive possono essere il risultato dell’in- rete cellulare al DNA.
fezione da micobatteri atipici o di una precedente vaccinazione con Oltre a stimolare i macrofagi, la risposta TH1 gestisce la forma-
il BCG (Bacillo di Calmette-Guerin), un ceppo attenuato di M. bovis zione di granulomi e di necrosi caseosa. I macrofagi attivati da
che viene utilizzato come vaccino in alcuni Paesi. IFN-g si differenziano in “istiociti epitelioidi” che caratterizzano
360 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Figura 8.27 Sequenza di eventi nella tubercolosi polmonare primaria, che inizia con l’inalazione di organismi di M. tuberculosis virulenti e che culmina
con lo sviluppo di immunità cellulo-mediata contro il microrganismo. A. Eventi che si verificano nelle prime 3 settimane dopo l’esposizione. B. Eventi
successivi. Lo sviluppo della resistenza all’organismo accompagnato dalla comparsa di un test tubercolinico positivo. g-IFN, interferone-g; iNOS, ossido
di azoto sintetasi inducibile; MHC, complesso maggiore di istocompatibilità; MTB, M. tuberculosis; NRAMP1, proteina macrofagica associata alla resistenza
aspecifica; TNF, fattore di necrosi tumorale.

la risposta granulomatosa e possono fondersi a formare cellule provoca ipersensibilità e conseguente danno tissutale. Una riattiva-
giganti. In molti individui, questa risposta blocca l’infezione zione dell’infezione o una riesposizione a batteri tubercolari in un
prima di una significativa distruzione tissutale o malattia. In soggetto precedentemente sensibilizzato ha come conseguenza una
altre persone, l’infezione progredisce a causa dell’età avanzata o rapida attivazione della risposta difensiva, ma anche un aumento di
dell’immunosoppressione e la conseguente risposta immune necrosi tissutale. Così come l’ipersensibilità e la resistenza sono
causa danno tissutale dovuto a caseosi e cavitazione. I macrofagi correlate, la perdita di ipersensibilità (indicata da un esito negativo
attivati secernono anche TNF, che promuove il reclutamento alla tubercolina in un paziente precedentemente tubercolino-posi-
di altri monociti. L’importanza del TNF è sottolineata dal fatto tivo) può essere il segno della scomparsa della resistenza al
che i pazienti con artrite reumatoide in terapia con antagonisti microrganismo.
del TNF hanno un rischio aumentato di riattivazione della Caratteristiche cliniche dell’infezione tubercolare. Le molte
tubercolosi. varianti clinicopatologiche della tubercolosi sono mostrate in Figura
Oltre alla risposta TH1, le cellule NK-T che riconoscono gli anti- 8.28. La tubercolosi primaria è la forma della malattia che si sviluppa
geni lipidici micobatterici legati a CD1 sulle cellule che presen- in soggetti non esposti precedentemente e di conseguenza non sensi-
tano l’antigene o che esprimono un recettore gd per i linfociti T, bilizzati. In circa il 5% delle infezioni di recente riscontro si sviluppa
producono anche IFN-g. Tuttavia, è chiaro che le cellule TH1 una malattia clinicamente evidente. Gli anziani e i pazienti grave-
hanno un ruolo centrale in questo processo, poichè un difetto a mente immunocompromessi possono perdere la loro immunità
qualsiasi livello della risposta TH1 determina l’assenza di resi- verso M. tuberculosis e possono quindi sviluppare la tubercolosi
stenza e la progressione della malattia. primaria più di una volta. Nel caso della tubercolosi primaria, la
fonte dell’infezione è esogena.
Riassumendo, l’immunità verso M. tuberculosis è mediata prin- Nella maggior parte degli individui, l’infezione primaria è conte-
cipalmente da linfociti TH1, che stimolano i macrofagi a uccidere i nuta mentre in altri la tubercolosi primaria è progressiva. La diagnosi
batteri. Questa risposta immunitaria, anche se molto efficiente, di tubercolosi primaria progressiva negli adulti può essere difficile.
CAPITOLO 8 Malattie infettive 361

Figura 8.28 Storia naturale e spettro dell’infezione tubercolare. (Adattata da un disegno fornito dal Prof. R. K. Kumar, The University of New South
Wales, School of Pathology, Sydney, Australia)

Al contrario della tubercolosi secondaria (patologia apicale con coinvolti nella malattia secondaria di quanto lo siano nella tuberco-
cavitazione: si veda oltre), la tubercolosi primaria progressiva somi- losi primaria. D’altro canto, nella forma secondaria compare rapi-
glia più spesso a una polmonite batterica acuta, con consolidamento damente cavitazione. In effetti, la cavitazione è quasi inevitabile in
dei campi medi e bassi, adenopatia ilare e versamento pleurico; la una tubercolosi secondaria non curata e le erosioni delle cavità in
cavitazione è rara, in particolare nei pazienti gravemente immuno- una via aerea sono un’importante fonte di infezione, poiché il pa-
compromessi. La disseminazione per via linfoematica può portare ziente espelle escreato contenente batteri.
allo sviluppo di una meningite tubercolare e di una tubercolosi miliare La tubercolosi secondaria localizzata può essere asintomatica. Le
(discussa in seguito). alterazioni che possono comparire hanno solitamente un esordio
La tubercolosi secondaria è il quadro clinico che si evidenzia in un insidioso. La sintomatologia sistemica, probabilmente legata a cito-
soggetto precedentemente sensibilizzato. Può seguire a breve distanza chine rilasciate dai macrofagi attivati (ad es. TNF e IL-1), appare
la tubercolosi primaria, ma più comunemente compare molti anni spesso negli stadi precoci della malattia e comporta malessere ge-
dopo l’infezione iniziale, solitamente quando la resistenza dell’ospite nerale, anoressia, perdita di peso e febbre. Comunemente la febbre
è indebolita. Deriva spesso dalla riattivazione di un’infezione latente, è bassa e compare nel tardo pomeriggio e poi cala, con sudorazione
ma può anche essere l’effetto di una reinfezione esogena in conco- notturna. Con il progressivo interessamento polmonare, compare
mitanza con la scomparsa dell’immunità nell’ospite o con l’inocu- un aumento della quantità di escreato, inizialmente mucoso poi
lazione di una grande quantità di bacilli virulenti non controllabile purulento. Un certo grado di emottisi è presente in circa la metà dei
da parte del sistema immunitario dell’ospite. La riattivazione è più casi di tubercolosi polmonare. Il dolore pleurico può essere causato
frequente nelle aree a bassa prevalenza, mentre la reinfezione è dall’estensione dell’infezione alla pleura. Le manifestazioni extrapol-
importante nelle regioni con alta endemia. monari di tubercolosi sono molte e dipendono dall’organo colpito.
La tubercolosi polmonare secondaria è quasi sempre localizzata La diagnosi di malattia polmonare è basata in parte sull’anamnesi
all’apice dei lobi superiori di uno o di entrambi i polmoni. A e in parte sui risultati dell’esame obiettivo e sulle caratteristiche
causa dell’esistenza di una precedente ipersensibilità, il bacillo pro- radiografiche delle consolidazioni e delle escavazioni rilevabili negli
voca una risposta tissutale rapida e marcata, che tende a delimitare apici polmonari. Tuttavia, il bacillo tubercolare deve comunque sempre
il focolaio infettivo. Di conseguenza, i linfonodi regionali sono meno essere identificato. Vengono eseguiti strisci per la ricerca di bacilli
362 CAPITOLO 8 Malattie infettive

acido-resistenti e colture su espettorato di pazienti con sospetto di


tubercolosi. Le colture tradizionali richiedono fino a 10 settimane, grigio-biancastro, noto come tubercolo primario (focolaio di
ma colture su terreni liquidi possono fornire dei risultati anche entro Ghon). Nella maggior parte dei casi, il centro di questo foco-
2 settimane. L’amplificazione mediante PCR del DNA di M. tuber- laio subisce un processo di necrosi caseosa. I bacilli tuber-
culosis consente una diagnosi ancora più rapida. I saggi PCR per- colari, liberi o all’interno dei fagociti, vengono drenati ai
mettono di evidenziare anche solo 10 microrganismi nel campione linfonodi regionali, i quali possono spesso andare incontro
clinico rispetto ai più di 10.000 necessari per la positività dell’escre- a necrosi caseosa. Questa combinazione di lesioni parenchi-
ato. Tuttavia, l’esame colturale rimane lo standard di riferimento, mali polmonari e coinvolgimento linfonodale è denominata
poiché permette anche di effettuare test di sensibilità farmacologica. complesso primario di Ghon (Fig. 8.29). Durante le prime
La polifarmacorsistenza viene oggi osservata più frequentemente settimane, si verifica anche una disseminazione per via ema-
rispetto agli ultimi anni; quindi tutti i nuovi casi negli Stati Uniti tica o linfatica ad altre parti del corpo. In circa il 95% dei casi,
sono considerati a priori resistenti e vengono trattati con politerapia. lo sviluppo di immunità cellulo-mediata è in grado di con-
La prognosi è generalmente buona se l’infezione è localizzata al trollare l’infezione. Di conseguenza, il complesso primario
polmone, sempre che non sia causata da ceppi multiresistenti, o che evolve progressivamente verso la fibrosi, spesso seguita da
non si tratti di pazienti anziani, debilitati o immunocompromessi, calcificazioni radiologicamente evidenziabili (complesso di
i quali sono ad alto rischio di sviluppare una tubercolosi miliare Ranke), e malgrado la disseminazione in altri organi, non si
(si veda oltre). sviluppa nessuna ulteriore lesione.
Tutti gli stadi dell’infezione da HIV sono associati a un aumentato Istologicamente, le sedi di interessamento attivo si presen-
rischio di tubercolosi. L’utilizzo della terapia retrovirale altamente tano con una caratteristica reazione infiammatoria granulo-
attiva (Highly Active AntiRetroviral Therapy, HAART) riduce il ri- matosa che forma tubercoli caseosi e non (Fig. 8.30 A-C). I
schio di tubercolosi negli individui con infezione da HIV, ma anche tubercoli singoli sono microscopici; solo quando più granu-
con la HAART le persone infettate da HIV sono a rischio maggiore lomi confluiscono diviene possibile evidenziarli macrosco-
di sviluppare tubercolosi rispetto ai non infetti. Una bassa conta CD4 picamente. I granulomi sono solitamente circoscritti da
prima dell’inizio della terapia HAART è un fattore di rischio impor-
tante per lo sviluppo della tubercolosi, il che sottolinea il ruolo della
risposta immunitaria nel mantenere le riattivazioni di M. tuberculosis
sotto controllo. Le manifestazioni della tubercolosi variano a seconda
del grado di immunosoppressione. Pazienti con un’immunosoppres-
sione meno grave (conta dei linfociti T CD4+ 300 cellule/mm3)
presentano una normale tubercolosi secondaria (patologia apicale
con cavitazione). Gli individui maggiormente immunocompromessi
(conta dei linfociti T CD4+ 200 cellule/mm3) presentano un quadro
clinico che ricorda la tubercolosi primaria progressiva. L’entità
dell’immunodeficienza determina anche la frequenza di interessa-
mento extrapolmonare, con un aumento che va dal 10-15% nei pa-
zienti leggermente immunosoppressi a più del 50% nei pazienti con
immunodeficienza grave. Altre caratteristiche atipiche della tuber-
colosi negli individui HIV positivi comprendono un’aumentata fre-
quenza di strisci di escreato e di test tubercolinici falsamente negativi
(questi ultimi dovuti all’“anergia”) e l’assenza dei caratteristici gra-
nulomi nei tessuti, in particolare negli stadi più avanzati dell’HIV.
L’aumentata frequenza di risultati negativi allo striscio dell’escreato
è paradossale dal momento che questi pazienti immunosoppressi
hanno cariche batteriche molto elevate. La spiegazione più probabile
è che la cavitazione e il danno bronchiale siano maggiori negli indi-
vidui immunocompetenti, determinando la presenza di più bacilli
nell’escreato. Di contro, l’assenza di distruzione della parete bron-
chiale dovuta alla ridotta ipersensibilità mediata dalle cellule T de-
termina l’escrezione di un numero minore di bacilli nell’escreato.

Morfologia
Tubercolosi primaria Nei Paesi in cui il latte infetto è stato
eliminato, la tubercolosi primaria inizia quasi sempre nei
polmoni. In genere, i bacilli inalati si impiantano nella parte
aerea distale del segmento inferiore dei lobi superiori, o nella
porzione superiore dei lobi inferiori, spesso vicino alla pleura.
Figura 8.29 Tubercolosi polmonare primaria, complesso di Ghon. Il fo-
Quando si sviluppa la sensibilizzazione, si forma un’area del colaio parenchimale grigio-biancastro è localizzato sotto la pleura nella parte
diametro di circa 1-1,5 cm di consolidamento infiammatorio inferiore del lobo superiore. Sulla sinistra sono visibili linfonodi ilari con
necrosi caseosa.
CAPITOLO 8 Malattie infettive 363

un’intensa reazione fibroblastica in cui è possibile evidenzia- tradivi fibrocalcifici. La tubercolosi secondaria polmonare
re linfociti e cellule giganti multinucleate. Nei pazienti immu- localizzata in sede apicale può guarire spontaneamente o
nodepressi non si formano i granulomi caratteristici dopo terapia, diventando fibrosi, oppure la malattia può
(Fig. 8.30 D). progredire ed estendersi secondo diverse vie.
Tubercolosi secondaria La lesione iniziale è solitamente un La tubercolosi polmonare progressiva può insorgere nell’an-
piccolo focolaio di consolidamento, del diametro inferiore ai ziano e nell’immunocompromesso. Le lesioni apicali si espan-
2 cm, entro 1-2 cm dalla pleura apicale. Questi focolai sono dono nel polmone adiacente e infine erodono i bronchi e i
nettamente circoscritti, di consistenza dura, di un colore che vasi. Questo permette al centro caseoso di svuotarsi, creando
va dal grigio-bianco al giallo e hanno una quantità variabile una cavità irregolare, a margini frastagliati, isolata da scarso
di caseosi centrale e di fibrosi periferica (Fig. 8.31). Nei pa- tessuto fibroso (caverna). L’erosione dei vasi sanguigni causa
zienti immunocompetenti, l’iniziale focolaio parenchimale va emottisi. Con un adeguato trattamento, il processo può essere
incontro a progressivo incapsulamento fibrotico lasciando arrestato, sebbene la fibrosi che ne risulta spesso porti alla
solo cicatrici fibrocalcifiche. Istologicamente, le lesioni attive distorsione della normale architettura polmonare. Restano
mostrano i caratteristici tubercoli confluenti con necrosi ca- delle cavità irregolari, libere da infiammazione, che possono
seosa centrale. I bacilli tubercolari possono spesso essere persistere o provocare fibrosi. Se il trattamento è inadeguato
identificati mediante metodi appropriati nelle fasi iniziali o le difese dell’ospite sono alterate, l’infezione può diffondere
essudative e caseose della formazione di granulomi, ma sono attraverso vie aeree, canali linfatici o sistema vascolare.
solitamente troppo pochi per essere identificati negli stadi La tubercolosi polmonare miliare si verifica quando i

Figura 8.30 Spettro morfologico dell’infezione tubercolare. Un tubercolo caratteristico osservato a basso ingrandimento (A) e nei dettagli (B); è visibile
la necrosi caseosa centrale circondata da cellule giganti multinucleate ed epitelioidi. Questa è la tipica reazione osservata nei pazienti che sviluppano
immunità cellulo-mediata nei confronti del microrganismo. È possibile che non tutti i granulomi tubercolari mostrino necrosi caseosa centrale (C); quindi,
indifferentemente dalla presenza o assenza di necrosi caseosa, devono essere eseguite speciali colorazioni per microrganismi acido-resistenti quando
sono presenti granulomi. Nei pazienti immunosoppressi privi di immunità cellulare si osservano strati di macrofagi schiumosi infarciti di micobatteri (di-
mostrabili con colorazioni per batteri acido-resistenti) (D). (D. Per gentile concessione del Dr. Dominick Cavuoti, Department of Pathology, University of
Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
364 CAPITOLO 8 Malattie infettive

La tubercolosi isolata può comparire in qualsiasi organo o


tessuto infettato per via ematica e può essere l’unica mani-
festazione della malattia. Gli organi che vengono comune-
mente coinvolti comprendono le meningi (meningite tuber-
colotica), i reni (tubercolosi renale), le ghiandole surrenali (in
passato una causa importante di malattia di Addison), le ossa
(osteomielite) e le tube di Falloppio (salpingite). Quando
vengono colpite le vertebre, la patologia viene definita ma-
lattia di Pott. In questi pazienti ascessi “freddi” paraspinali
seguono i piani dei tessuti e possono presentarsi come mas-
se addominali o pelviche.
La linfoadenite è la più frequente presentazione di tuberco-
losi extrapolmonare, che solitamente si verifica nella regione
cervicale (“scrofola”). Negli individui HIV negativi, la linfoa-
Figura 8.31 Tubercolosi polmonare secondaria. La parte superiore di denite tende a essere unifocale e localizzata. Nei pazienti HIV
entrambi i polmoni è disseminata di aree grigio-biancastre di necrosi case- positivi, al contrario, vi è quasi sempre un coinvolgimento
osa e di focolai multipli soffici e con cavità.
multifocale, con una sintomatologia sistemica e il coinvolgi-
mento attivo del polmone o di un altro organo.
In passato, la tubercolosi intestinale contratta mediante l’in-
microrganismi attraverso i linfatici entrano nel sangue venoso gestione di latte contaminato era un focolaio primitivo piut-
e ricircolano verso il polmone. Le singole lesioni sono micro- tosto comune di infezione. Nei Paesi dove il latte viene
scopiche oppure piccoli foci visibili (2 mm) di consolidamento, ­pastorizzato, la tubercolosi intestinale è causata più spesso
di colore giallo-biancastro diffuse nel parenchima polmonare dall’ingestione di materiale infettivo espulso con la tosse in
(il termine “miliare” è dato dalla somiglianza di questi foci ai pazienti con malattia polmonare in stadio avanzato. In gene-
semi di miglio). Le lesioni miliari possono espandersi e con- re, i microrganismi raggiungono gli aggregati linfoidi mucosi
fluire, determinando consolidamento di ampie aree e persino di intestino crasso e tenue, che vanno quindi incontro a in-
interi lobi polmonari. Nella tubercolosi polmonare progres- fiammazione granulomatosa che può portare a ulcerazione
siva, è quasi sempre interessata anche la cavità pleurica e della mucosa sovrastante, in particolare nell’ileo.
possono formarsi versamenti pleurici sierosi, empiema tu-
bercolare o pleurite fibrosa obliterante.
È possibile lo sviluppo di tubercolosi endobronchiale, endo-
tracheale e laringea per diffusione lungo i canali linfatici o Complesso Mycobacterium avium-Mycobacterium
attraverso espettorato infetto. Il rivestimento mucoso può intracellulare
essere costellato di minute lesioni granulomatose che pos-
sono essere visibili solo microscopicamente. Mycobacterium avium e M. intracellulare sono specie separate, ma
La tubercolosi miliare sistemica si verifica quando i batteri le infezioni che causano sono talmente simili che questi batteri
vengono disseminati dalle vene polmonari al sistema arte- prendono semplicemente il nome di M. avium-intracellulare com-
rioso sistemico. La tubercolosi miliare colpisce in maniera plex o MAC. MAC viene frequentemente isolato dal suolo, dall’ac-
particolare il fegato, il midollo osseo, la milza, le ghiandole qua, dalla polvere e dagli animali domestici. L’infezione da MAC
surrenali, le meningi, le tube di Falloppio e l’epididimo, ma clinicamente significativa è rara, eccezion fatta per gli individui con
può coinvolgere qualsiasi organo (Fig. 8.32). AIDS e basso numero di linfociti CD4+ (60 cellule/mm3).
Nei malati di AIDS, MAC causa infezioni disseminate e i micror-
ganismi proliferano in molti organi, fra cui i polmoni e il tratto
gastrointestinale. Non essendo controllati dalla risposta immunita-
ria, i microrganismi raggiungono rapidamente livelli molto elevati:
fino a 104/ml di sangue e 106/g nei tessuti. I pazienti presentano uno
stato febbrile, accompagnato da sudorazione notturna e calo pon-
derale. Nei rari casi di MAC in pazienti HIV negativi, l’infezione si
localizza principalmente nel polmone causando tosse produttiva e
a volte febbre e calo ponderale.

Morfologia La caratteristica principale dell’infezione da


MAC nei pazienti con HIV è la presenza di molti bacilli acido-
resistenti all’interno dei macrofagi (Fig. 8.33). A seconda della
gravità del deficit immunitario, le infezioni da MAC possono
essere ampiamente disseminate attraverso il sistema dei
fagociti mononucleati, causando ingrossamento dei linfonodi
Figura 8.32 Tubercolosi miliare della milza. La superficie di taglio mostra coinvolti, del fegato e della milza o restano localizzate ai
numerosi tubercoli grigio-biancastri.
CAPITOLO 8 Malattie infettive 365

cellule di Schwann e nei macrofagi endoneurali e perineurali dan-


neggia il sistema nervoso periferico. Nei casi più avanzati di lebbra
lepromatosa, M. leprae è presente nell’escreato e nel sangue. Alcuni
soggetti possono presentare una forma intermedia di malattia, detta
lebbra borderline.
La risposta linfocitaria T-helper contro M. leprae determina il
tipo di lebbra, tuberculide o lepromatosa, che si sviluppa.88 I pazienti
con lebbra tuberculide hanno una risposta TH1 associata a produ-
zione di IL-2 e IFN-g. Come per M. tuberculosis, IFN-g è essenziale
per provocare un’efficace risposta macrofagica dell’ospite. La lebbra
lepromatosa è associata a una debole risposta TH1 e, in alcuni casi,
a un relativo aumento nella risposta TH2. Il risultato è una debole
immunità cellulo-mediata con incapacità di controllare la crescita
del batterio. Talvolta, più spesso nella forma lepromatosa, vengono
prodotti anticorpi diretti contro gli antigeni di M. leprae. Parados-
Figura 8.33 Infezione da Mycobacterium avium in un paziente con AIDS salmente, questi anticorpi non sono protettivi, ma formano immu-
che mostra un’infezione massiva da bacilli acido-resistenti. nocomplessi con antigeni liberi che possono portare a eritema
­nodoso, vasculite e glomerulonefrite.

polmoni. In questi organi può comparire una colorazione


giallastra, dovuta al gran numero di microrganismi presenti Morfologia La lebbra tuberculide inizia con la comparsa di
nei macrofagi ingranditi. Granulomi e danno linfocitario e lesioni cutanee localizzate che dapprima appaiono piatte e
tissutale sono evenienze rare. rossastre e successivamente si ingrandiscono sviluppando
forme irregolari con margini duri, rilevati e iperpigmentati e
centro depresso e pallido (guarigione centrale). L’interessa-
mento neuronale domina il quadro della lebbra tuberculide.
Lebbra I nervi vengono racchiusi da reazioni infiammatorie e, se di
piccolo calibro (ad es. le diramazioni periferiche), vengono
La lebbra, o malattia di Hansen, è un’infezione lentamente progres- distrutti (Fig. 8.34). La degenerazione neuronale causa ane-
siva causata da Mycobacterium leprae che colpisce principalmente stesia cutanea e atrofia muscolocutanea, che rendono il
la cute e i nervi periferici e causa deformità invalidanti. È probabile
che M. leprae si trasmetta da individuo a individuo mediante goc-
cioline di saliva provenienti da lesioni asintomatiche del tratto
­respiratorio superiore. Una volta inalato, M. leprae, come M. tuber-
culosis, viene captato dai macrofagi alveolari e disseminato attraverso
il sangue, ma cresce solo in tessuti relativamente freddi come la cute
e gli arti. Nonostante la sua bassa trasmissibilità, la lebbra resta
endemica in alcuni Paesi tropicali dove infetta 10-15 milioni di
persone.
Patogenesi. M. leprae è un organismo acido-resistente intracel-
lulare obbligato che cresce molto poco in colture cellulari, ma che
può essere inoculato nell’armadillo. Prolifera al meglio tra i 32 e i
34 °C, la temperatura della cute umana e la temperatura interna degli
armadilli. Come M. tuberculosis, M. leprae non secerne tossine e la
sua virulenza è basata sulle proprietà della sua parete cellulare. La
parete cellulare è talmente simile a quella di M. tuberculosis che
l’immunizzazione con il BCG conferisce una certa protezione contro
l’infezione da M. leprae. L’immunità cellulo-mediata si riflette nelle
reazioni di ipersensibilità di tipo ritardato all’iniezione sottocutanea
di un estratto batterico chiamato lepromina.
M. leprae causa due quadri patologici differenti. I pazienti affetti
dalla forma meno grave, la lebbra tuberculide, presentano lesioni
cutanee secche e squamose prive di sensibilità. Spesso presentano
anche coinvolgimento asimmetrico dei grandi nervi periferici. La
forma più grave, la lebbra lepromatosa, provoca un ispessimento
simmetrico della cute e la comparsa di noduli. Questo tipo di pato-
logia viene anche chiamato lebbra anergica, per la mancata risposta
(anergia) del sistema immunitario dell’ospite. Le zone cutanee più Figura 8.34 Lebbra. A. Nervo periferico. Si notino gli infiltrati di cellule
infiammatorie nei compartimenti endoneurale ed epineurale. B. Le cellule
fredde, come i padiglioni auricolari e i piedi, vengono colpite più di all’interno dell’endonevrio contengono bacilli della lebbra acido-alcool
frequente delle zone più calde, come le ascelle e la zona inguinale. resistenti. (Per gentile concessione di E.P. Richardson, Jr. e U. De Giro-
Nella lebbra lepromatosa, l’invasione diffusa dei micobatteri nelle lami, Harvard Medical School)
366 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Spirochete

Le spirochete sono sottili batteri Gram-negativi con il corpo a spirale


e un endoflagello periplasmico assiale che percorre con forma eli-
coidale il protoplasma. I batteri possiedono un rivestimento esterno,
che può nascondere gli antigeni batterici al sistema immunitario
dell’ospite. Il Treponema pallidum sottospecie pallidum è la spiro-
chete microaerofila che causa la sifilide, una malattia venerea cronica
che si presenta con quadri clinici diversi. Altri treponemi causano
la framboesia (Treponema pallidum sottospecie pertenue) e la pinta
(Treponema pallidum sottospecie carateum).

Sifilide
La sifilide è una patologia venerea cronica con quadri clinici diversi.
Figura 8.35 Lebbra lepromatosa. Bacilli acido-resistenti (“red snap- L’agente eziologico T. pallidum sottospecie pallidum, d’ora innanzi
pers”) all’interno dei macrofagi. indicato semplicemente come T. pallidum, è troppo sottile per essere
osservato con la colorazione di Gram, ma può essere visualizzato
mediante impregnazione argentica, osservazione in campo oscuro
e tecniche di immunofluorescenza (Fig. 8.36). La modalità di diffu-
paziente insensibile ai traumi nelle regioni corporee interes- sione tipica della sifilide è rappresentata dai rapporti sessuali. La
sate, con conseguente sviluppo di ulcere cutanee croniche. trasmissione transplacentare di T. pallidum avviene frequentemente
Possono dunque insorgere contratture, paralisi e autoampu- e la malattia attiva durante la gestazione porta alla sifilide congenita.
tazioni di dita delle mani o dei piedi. L’interessamento del T. pallidum non cresce in coltura.
nervo facciale può condurre a paralisi delle palpebre, con I programmi di sanità pubblica e il trattamento con penicillina
cheratite e ulcerazioni corneali. All’esame microscopico, tutte hanno ridotto il numero dei casi di sifilide negli Stati Uniti dalla fine
le zone colpite mostrano lesioni granulomatose molto simili degli anni Quaranta agli anni Settanta. I casi di sifilide sono però
a quelle della tubercolosi, e i batteri non vengono quasi mai aumentati nuovamente a metà degli anni Ottanta, raggiungendo un
trovati, da cui il nome di lebbra “paucibacillare”. La prepon- totale di 50.000 casi nel 1990. Rinnovati sforzi nell’ambito della
deranza di immunità cellulare T spiega la presenza di granu- salute pubblica hanno portato a una significativa riduzione nell’in-
lomi e l’assenza di batteri. Dato che la lebbra ha un’evoluzio- cidenza della sifilide nei 10 anni successivi, ma dal 2000 si è verificato
ne estremamente lenta, anche di decenni, la maggior parte un nuovo incremento nel numero di casi riportati annualmente, fino
dei pazienti muore per altre cause. a raggiungere circa 10.000 casi nel 2006.
La lebbra lepromatosa interessa la cute, i nervi periferici, la La sifilide è suddivisa in tre fasi, con manifestazioni cliniche e
camera anteriore dell’occhio, le vie aeree superiori (fino al patologiche diverse (Fig. 8.37).
laringe), il testicolo, le mani e i piedi. Gli organi vitali e il SNC Sifilide primaria. Questa fase, che si verifica circa 3 settimane
vengono colpiti raramente, probabilmente perché la tempe- dopo il contatto con un soggetto infetto, si presenta con una singola
ratura interna è troppo elevata per lo sviluppo di M. leprae. lesione solida, indolente, rilevata di colore rosso (sifiloma primario,
Le lesioni lepromatose contengono grandi aggregati di ma- chancre), nel sito di ingresso del treponema, cioè su pene, cervice
crofagi carichi di lipidi (cellule della lebbra), spesso infarciti uterina, parete vaginale o ano. Il sifiloma si risolve spontaneamente
di bacilli acido-resistenti (“globi”) (Fig. 8.35). Per il numero nell’arco di 3-6 settimane. Le spirochete sono numerose nel sifiloma
elevato di batteri, la lebbra lepromatosa viene indicata come
“multibacillare”. Lesioni maculari, papulari, o nodulari si
formano su volto, orecchie, polsi, gomiti e ginocchia. Con la
progressione della patologia, le lesioni nodulari confluiscono
a formare il caratteristico volto leonino. La maggior parte
delle lesioni cutanee presenta ipoanestesia. Le lesioni pre-
senti all’interno del naso possono causare infiammazione
persistente e secrezioni cariche di bacilli. I nervi periferici, in
particolare l’ulnare e il peroniero, che sono molto vicini alla
superficie cutanea, vengono invasi da micobatteri in maniera
simmetrica, con una reazione infiammatoria minima. Le le-
sioni nervose causano perdita di sensibilità e alterazioni nel
trofismo di mani e piedi. I linfonodi contengono aggregati di
macrofagi schiumosi ripieni di batteri nelle aree paracorticali
(T cellulari) e nei centri germinativi reattivi. Negli stadi avan-
zati, aggregati di macrofagi si ritrovano anche nella polpa
rossa della milza e nel fegato. I testicoli vengono in genere
Figura 8.36 Treponema pallidum (microscopia in campo oscuro) che
estesamente coinvolti, con distruzione dei tubuli seminiferi mostra molte spirochete in un campione raccolto per raschiamento della
e conseguente sterilità. base di un’ulcera. (Per gentile concessione del Dr. Paul Southern, Department
of Pathology, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
CAPITOLO 8 Malattie infettive 367

La neurosifilide può essere sintomatica o asintomatica. La sinto-


matologia della malattia conclamata può manifestarsi in modi di-
versi, che comprendono patologia meningovascolare, tabe dorsale
ed una sindrome generalizzata del parenchima cerebrale, detta paresi
generalizzata. Queste verranno trattate nel Capitolo 28. La neurosi-
filide asintomatica, che interessa circa un terzo dei pazienti con
neurolue, viene diagnosticata quando il liquor del paziente presenta
anomalie quali pleocitosi (aumentato numero di cellule infiamma-
torie), elevati livelli proteici o diminuzione del glucosio. Anche gli
anticorpi stimolati dalle spirochete, trattati in seguito, possono essere
trovati nel liquor e questo è il test più specifico per la diagnosi di
neurolue. Se le spirochete hanno raggiunto il SNC, devono essere
somministrati antibiotici e quindi il paziente con sifilide terziaria
deve essere sottoposto a test per la neurosifilide anche se non pre-
senta sintomi neurologici.
La cosiddetta sifilide terziaria benigna è caratterizzata dalla for-
mazione di gomme in diverse sedi corporee. Le gomme sono lesioni
nodulari probabilmente correlate allo sviluppo di un’ipersensibilità
ritardata verso i batteri. Le gomme compaiono più comunemente a
livello osseo, cutaneo e delle membrane mucose delle vie aeree su-
periori e della bocca, sebbene possa essere colpito qualsiasi organo.
L’interessamento delle strutture ossee causa dolore localizzato, do-
lorabilità al tatto, tumefazione e talvolta fratture patologiche. L’in-
teressamento della cute e delle mucose può produrre lesioni nodulari
Figura 8.37 Le diverse manifestazioni della sifilide. o, più raramente, lesioni ulcerate che simulano le neoplasie maligne.
Le gomme sono ora molto rare poichè viene praticata la terapia con
antibiotici, ma si osservano ancora negli individui con AIDS.
primario e possono essere osservate tramite colorazioni immunofluo- Sifilide congenita. La sifilide congenita si verifica quando T.
rescenti dell’essudato sieroso. Il treponema diffonde attraverso la pallidum attraversa la placenta da una madre infetta al feto. La tra-
circolazione sanguigna e linfatica anche prima della comparsa del smissione materno-fetale è più frequente durante la sifilide primaria
sifiloma. e secondaria, quando la carica batterica è di grado più elevato. Dato
Sifilide secondaria. Questa fase solitamente si verifica da 2 a che le manifestazioni cliniche della sifilide a volte non sono evidenti,
10 settimane dopo il sifiloma primario ed è dovuta alla diffusione l’esame sierologico di routine per la sifilide è indispensabile in tutte
e proliferazione delle spirochete all’interno della cute e dei tessuti le gravidanze. Circa il 25% dei casi di sifilide congenita non trattati
mucocutanei. La sifilide secondaria si verifica in circa il 75% dei portano a morte intrauterina o perinatale.
pazienti non trattati. Le lesioni cutanee, che compaiono frequente- Le manifestazioni della sifilide congenita vengono suddivise in
mente sulle palme delle mani o sulle piante dei piedi, possono essere sifilide precoce (infantile) e tardiva, in base al periodo di esordio,
maculopapulari, desquamanti o pustolose. Sulle aree umide della prima o dopo i 2 anni di vita. La sifilide congenita precoce si mani-
cute, come la regione anogenitale, la parte interna delle cosce e la festa spesso con congestione e secrezione nasale (rinite mucoemor-
zona ascellare, può comparire il condyloma latum, rappresentato ragica luetica) nei primi mesi di vita. Un’eruzione bollosa o desqua-
da una placca rilevata a base larga. Erosioni superficiali grigio- mante può condurre allo sfaldamento cutaneo, in particolare a livello
argentee possono comparire su qualsiasi mucosa, ma sono più di mani e piedi e nelle zone intorno alla bocca e all’ano. Sono comuni
frequenti all’interno della bocca, nella faringe e sui genitali esterni. anche epatomegalia e anomalie scheletriche.
Tutte queste lesioni superficiali indolori contengono spirochete e Circa la metà dei bambini non trattati affetti da sifilide neonatale
risultano dunque infettive. Linfoadenopatia, febbre moderata, svilupperanno manifestazioni tardive, che verranno discusse in
malessere e perdita di peso sono sintomi comuni della sifilide seguito.
secondaria e durano diverse settimane, dopo le quali il paziente Test sierologici per la sifilide. L’indagine sierologica classica è
entra nella fase di latenza della malattia. Le lesioni superficiali ancora il metodo più usato per la diagnosi di sifilide, anche se l’esame
possono recidivare durante le prime fasi di latenza, anche se risul- microscopico e la PCR sono molto utili a questo scopo. I test siero-
tano più lievi. logici comprendono test con anticorpi non-treponemici e con anti-
Sifilide terziaria. Questo stadio è raro, dove sono disponibili corpi antitreponema. I test non-treponemici forniscono il dosaggio
cure mediche adeguate, ma si verifica in un terzo dei pazienti non degli anticorpi diretti contro la cardiolipina, un fosfolipide presente
trattati, solitamente dopo un periodo di latenza di 5 anni o più. La nei tessuti dell’ospite e nel T. pallidum. Questi anticorpi vengono
sifilide terziaria ha tre manifestazioni principali: sifilide cardiova- individuati con il test reaginico rapido (Rapid Plasma Reagin, RPR)
scolare, neurosifilide (neurolue) e la cosiddetta sifilide terziaria e il Venereal Disease Research Laboratory (VDRL). I test non-­
benigna. Queste possono verificarsi isolate o in combinazione. treponemici solitamente divengono positivi da 4 a 6 settimane dopo
La sifilide cardiovascolare, nella forma di aortite sifilitica, rappre- l’infezione e quindi l’immunofluorescenza dell’essudato del sifiloma
senta più dell’80% dei casi di malattia terziaria. L’aortite conduce a primario è importante per la diagnosi precoce dell’infezione. I test
una dilatazione lentamente ingravescente della radice dell’aorta e non-treponemici sono quasi sempre positivi nella sifilide primaria,
dell’arco aortico, che causa un’insufficienza valvolare aortica e aneu- ma diventano solitamente negativi nella sifilide terziaria. Il VDRL e
rismi dell’aorta prossimale (Cap. 11). il RPR vengono utilizzati come test di screening per la sifilide e per
368 CAPITOLO 8 Malattie infettive

monitorare la risposta alla terapia, poiché i test divengono negativi


dopo la risoluzione dell’infezione. Risultati falsi positivi con il test
VDRL non sono rari e sono associati ad alcune infezioni acute, alle
collagenopatie vascolari (ad es. lupus eritematoso sistemico), a
tossicodipendenza, gravidanza, ipergammaglobulinemia di qualsiasi
eziologia e lebbra lepromatosa.
I test anticorpali treponemici dosano gli anticorpi che reagiscono
specificamente con T. pallidum. Questi comprendono la prova di
immunofluorescenza indiretta (Fluorescent Treponemal Antibody
Absorption test, FTA-ABS) e le prove di microemoagglutinazione
per gli anticorpi contro T. pallidum (Microhemagglutination Assay
for T. pallidum antibodies, MHATP). Anche questi esami si positi-
vizzano da 4 a 6 settimane dopo l’infezione, però a differenza dei
test non-treponemici, restano positivi, anche dopo una terapia ri-
solutiva. Non sono raccomandati come test di screening poiché sono
più costosi dei test non-treponemici. Per quanto più specifici dei test
non-treponemici, anche i test con anticorpi treponemici possono
presentare una piccola percentuale di falsi positivi.
Il risultato dell’esame sierologico può essere tardivo, falso positivo
o assente in individui infettati contemporaneamente da sifilide e
HIV. Tuttavia, nella maggior parte dei casi questi test restano utili
nella diagnosi e nella gestione della sifilide anche in pazienti
con HIV.

Morfologia Nella sifilide primaria, il sifiloma compare sul


Figura 8.38 Sifiloma luetico dello scroto (si veda Fig. 8.8 per l’istopato-
pene o sullo scroto nel 70% degli uomini e sulla vulva o sulla logia della sifilide). (Per gentile concessione del Dr. Richard Johnson, Beth
cervice uterina nel 50% delle donne. Il sifiloma è una papula Israel-Deaconess Hospital, Boston, MA)
arrossata lievemente rilevata, di consistenza dura, con un
diametro di diversi centimetri, che erode i tessuti e forma
un’ulcera superficiale con contorni ben definiti. L’indurimen-
to della zona contigua crea una massa bottoniforme adiacen- della parete aortica del segmento prossimale, quindi a una
te alla zona cutanea erosa, che sta alla base della definizione perdita di elasticità. Si può verificare un restringimento
di sifiloma primario (Fig. 8.38). All’esame istologico, i micror- dell’arteria coronaria causata dalla presenza di una cicatrice
ganismi sono visibili sulla superficie dell’ulcera con impre- subintimale con successiva ischemia miocardica. Lo stato
gnazione argentica (ad es. colorante di Warthin-Starry), o con morfologico e gli aspetti clinici dell’aortite sifilitica verranno
tecniche di immunofluorescenza. Il sifiloma contiene un in- trattati più dettagliatamente nel capitolo riguardante le pa-
tenso infiltrato plasmacellulare, con macrofagi e linfociti tologie dei vasi sanguigni (Cap. 11). La neurosifilide può
sparsi ed endoarterite proliferativa (si veda Fig. 8.8). L’endo- presentarsi come sifilide meningovascolare, tabe dorsale o
arterite, che si osserva in tutte le fasi della sifilide, inizia con paresi generalizzata (Cap. 28). Le gomme sifilitiche sono
attivazione e proliferazione delle cellule endoteliali, seguite grigio-biancastre e, appunto, gommose, possono essere
da fibrosi dell’intima. I linfonodi regionali sono solitamente singole o multiple e variano in dimensioni da lesioni micro-
aumentati di dimensioni a causa di linfoadenite aspecifica scopiche che ricordano i tubercoli e grandi masse simil-­
acuta o cronica, con infiltrati ricchi di plasmacellule o granu- tumorali. Compaiono nella maggior parte degli organi, ma
lomi epitelioidi focali. sono più frequenti a livello del tessuto cutaneo, sottocutaneo,
Nella sifilide secondaria, diffuse lesioni mucocutanee inte- osseo e articolare. Nel fegato, le cicatrici che seguono le
ressano la cavità orale, le palme delle mani e le piante dei gomme possono causare una caratteristica lesione epatica
piedi. L’eruzione è spesso formata da macchie rosso-bruna- nota come hepar lobatum (Fig. 8.39). All’esame istologico,
stre di diametro inferiore a 5 mm, può però anche essere la parte centrale delle gomme è costituita da materiale ne-
follicolare, pustolosa, anulare o desquamante. Le lesioni crotico e coagulato con margini formati da macrofagi rigonfi
arrossate presenti nella cavità orale o nella vagina conten- o disposti in palizzate e da fibroblasti circondati da grandi
gono il numero più elevato di microrganismi e sono le più quantità di leucociti mononucleati, principalmente plasma-
infettive. Istologicamente, le lesioni mucocutanee della sifi- cellule. I treponemi sono scarsi nelle gomme e difficilmente
lide secondaria mostrano un infiltrato plasmacellulare ed dimostrabili.
endoarterite obliterante come nel sifiloma primario, sebbene L’eruzione della sifilide congenita è più grave di quella della
l’infiammazione sia spesso di intensità minore. sifilide secondaria dell’adulto. È un’eruzione bollosa delle
La sifilide terziaria coinvolge più frequentemente l’aorta, il palme delle mani e delle piante dei piedi associata a esfolia-
SNC, il fegato, le ossa e i testicoli. L’aortite è causata da un’en- zione dell’epidermide. L’osteocondrite luetica e la periostite
doarterite dei vasa vasorum dell’aorta prossimale. L’occlu- interessano tutte le ossa, sebbene le lesioni del naso e delle
sione dei vasa vasorum porta alla cicatrizzazione della media gambe siano più caratteristiche. La distruzione del vomere
CAPITOLO 8 Malattie infettive 369

la scarsità di treponemi e l’intensità dell’infiltrato infiammatorio


indichino che nello sviluppo di queste lesioni deve essere interessata
in qualche modo la risposta immunitaria. Indipendentemente dal
meccanismo, molte manifestazioni patologiche della sifilide, come
l’aortite luetica, possono essere attribuite a malformazioni
vascolari.
La risposta immune contro T. pallidum riduce la carica batterica,
ma può svolgere un ruolo fondamentale nella patogenesi della ma-
lattia. Le cellule T che infiltrano il sifiloma sono cellule TH1, il che
suggerisce che l’attivazione di macrofagi per uccidere i batteri possa
causare la risoluzione dell’infezione locale.89 Sebbene ci siano molte
plasmacellule nelle lesioni sifilitiche e gli anticorpi antitreponema
siano facilmente dimostrabili, la risposta anticorpale non elimina
l’infezione. La membrana esterna di T. pallidum sembra proteggere
i batteri dal legame con gli anticorpi. Il meccanismo di questa azione
Figura 8.39 Colorazione tricromica del fegato che mostra una gomma
non è ancora ben compreso, ma possono avere una certa importanza
(cicatrice), di colore blu, causata dalla sifilide terziaria (la lesione epatica è la scarsità delle proteine batteriche sulla membrana e l’assorbimento
nota anche come hepar lobatum). (rivestimento) della membrana da parte delle proteine stesse
dell’ospite.90 In ultima analisi, la risposta immune risulta inadeguata,
in considerazione del fatto che le spirochete si disseminano, persi-
stono e causano sifilide secondaria e terziaria.
causa il collasso del dorso del naso e, successivamente, la Il trattamento antibiotico della sifilide in pazienti con un’elevata
caratteristica deformità nasale a sella. La periostite della tibia carica batterica può inoltre causare un massiccio rilascio di endo-
porta a un’eccessiva crescita di nuovo osso sulla superficie tossine, determinando una tempesta di citochine che si manifesta
anteriore della gamba e a un incurvamento anteriore dell’arto, con febbre elevata, rigor, ipotensione e leucopenia. Questa sindrome,
detto a sciabola. Si verifica inoltre un’alterazione dell’osteo- detta reazione di Jarisch-Herxheimer, si osserva non solo nella sifi-
genesi endocondrale. A causa dell’eccessiva crescita cartila- lide, ma anche in altre patologie da spirochete, come la malattia
ginea le epifisi si allargano ed è possibile trovare isole cartila- di Lyme, e può essere scambiata per una reazione allergica ai
ginee all’interno delle metafisi. farmaci.
Il fegato è spesso gravemente colpito nella sifilide conge-
nita. Una diffusa fibrosi penetra nei lobuli, isolando gli
Febbre ricorrente
­epatociti in piccoli nidi accompagnati da un caratteristico
infiltrato linfoplasmacellulare e da alterazioni vascolari. Le La febbre ricorrente è una malattia trasmessa da un insetto e
gomme si ritrovano solo occasionalmente a livello epatico, ­caratterizzata da febbri ricorrenti con spirochetemia. La febbre
anche nei casi precoci. I polmoni possono essere colpiti da ricorrente epidemica è causata dalla trasmissione, mediante un
una diffusa fibrosi interstiziale. Nei feti nati morti per sifilide pidocchio dei vestiti, di Borrelia recurrentis, che infetta esclusiva-
i polmoni appaiono pallidi e privi d’aria (polmonite alba). mente l’uomo. B. recurrentis, che è associata al sovraffollamento
La spirochetemia generalizzata può portare a diffuse reazio- dovuto a povertà o guerre, ha causato grandi epidemie in Africa,
ni infiammatorie interstiziali in ogni organo del corpo (ad Europa orientale e Russia nella prima metà del XX secolo, infet-
es. pancreas, reni, cuore, milza, timo, ghiandole endocrine tando 15 milioni di persone e uccidendone 5 milioni ed è ancora
e SNC). un problema in alcuni Paesi in via di sviluppo. La febbre endemica
Le manifestazioni tardive della sifilide congenita sono ricorrente è provocata da molte specie di Borrelia, che sono tra-
caratterizzate da una triade che comprende cheratite inter- smesse da piccoli animali all’uomo mediante la zecca Ornithodorus
stiziale, denti di Hutchinson e ipoacusia dell’ottavo paio di (zecca “molle”).
nervi. In aggiunta alla cheratite interstiziale, le modificazioni In entrambe le borreliosi, quella trasmessa dal pidocchio e quella
oculari comprendono corioidite e anomala pigmentazione trasmessa dalla zecca, vi è un periodo di incubazione di 1-2 setti-
retinica. I denti di Hutchinson sono piccoli incisivi di forma mane durante il quale le spirochete si moltiplicano nel sangue. Il
simile a un cacciavite o a un piolo, spesso con dentellature quadro clinico conclamato viene annunciato dalla comparsa di
nello smalto. L’ipoacusia dell’ottavo paio di nervi e l’atrofia brividi, febbre, cefalea e stanchezza, seguiti da coagulazione intra-
del nervo ottico si sviluppano in seguito alla sifilide vascolare disseminata (CID) e insufficienza di molti organi. Le
meningovascolare. spirochete vengono temporaneamente eliminate dal sangue dagli
anticorpi anti-Borrelia, rivolti contro una singola proteina di super-
ficie, detta proteina maggiore variabile.91 Dopo alcuni giorni, nasco-
Patogenesi. Non esistono buoni modelli animali di sifilide, e non no batteri che esprimono un antigene di superficie diverso e
è possibile effettuare una coltura per T. pallidum (mancano i geni ­raggiungono elevate cariche nel sangue con conseguente ricomparsa
necessari per la sintesi dei nucleotidi, degli acidi grassi e della mag- dei sintomi finché una seconda serie di anticorpi dell’ospite non
gior parte degli amminoacidi). Di conseguenza, le scarse conoscenze elimina anche questi microrganismi. La minore gravità dei successivi
sulla patogenesi di T. pallidum derivano sostanzialmente dall’osser- attacchi di febbre ricorrente e la sua guarigione spontanea in molti
vazione della malattia nell’uomo. pazienti non trattati, sono state attribuite al limitato corredo genetico
L’endoarterite proliferativa si verifica in qualsiasi stadio della di Borrelia, che permette all’ospite di elaborare anticorpi sia cross-
sifilide. La fisiopatologia dell’endoarterite non è conosciuta, sebbene reattivi, sia clone-specifici.
370 CAPITOLO 8 Malattie infettive

per via ematica in tutto l’organismo e causano lesioni cutanee


Morfologia La diagnosi può essere effettuata tramite iden- secondarie, linfoadenopatia, dolori muscolari e articolari migranti,
tificazione delle spirochete in strisci di sangue ottenuti du- aritmie cardiache e meningite, spesso con coinvolgimento dei nervi
rante i periodi febbrili. Nella malattia più grave, che ha come cranici. Nello stadio 3, la fase tardiva di disseminazione, 2 o 3 anni
vettore il pidocchio, la milza risulta moderatamente ingran- dopo la puntura iniziale, le borrelie di Lyme determinano un’artrite
dita (300-400 g) e contiene foci di necrosi e raccolte miliari cronica a volte con grave danno alle grandi articolazioni e poli-
di leucociti, compresi i neutrofili e numerose borrelie. Vi è neuropatia ed encefalite che può essere lieve o gravemente
congestione e ipercellularità della polpa rossa, che contiene debilitante.
macrofagi con globuli rossi fagocitati (eritrofagocitosi). An- Patogenesi. Borrelia burgdorferi non produce LPS o esotossine
che il fegato può risultare ingrandito e congesto con iper- che danneggiano l’ospite. La maggior parte della patologia associata
plasia delle cellule di Kupffer e foci settici. Sulle superfici a B. burgdorferi si pensa essere secondaria alla risposta immunitaria
sierose e mucose, sulla cute e sui visceri è possibile notare contro i batteri e all’infiammazione che la accompagna. La risposta
delle emorragie diffuse causate da CID. Una complicanza immunitaria iniziale è stimolata dal legame di lipoproteine batteri-
frequente è rappresentata dalla superinfezione batterica che al TLR2 espresso dai macrofagi. In risposta, queste cellule libe-
polmonare. rano citochine infiammatorie (IL-6 e TNF) e producono ossido di
azoto che ha potere battericida, riducendo, ma solitamente non
debellando, l’infezione.
La risposta immunitaria specifica alla malattia di Lyme viene
Malattia di Lyme mediata dalle cellule T-helper CD4+ e dalle cellule B. Anticorpi
specifici contro Borrelia, formati da 2 a 4 settimane dopo l’infezione,
La malattia di Lyme prende il nome dalla cittadina del Connecticut guidano l’azione battericida mediata dal complemento; tuttavia B.
dove si verificò un’epidemia di artrite associata a eritema cutaneo a burgdorferi riesce a eludere la risposta anticorpale grazie a variazioni
metà degli anni Settanta. È causata da diverse sottospecie di Borrelia antigeniche. Analogamente a quanto avviene per Borrelia hermsii,
burgdorferi, spirochete che viene trasmessa dai roditori agli uomini causa di febbre ricorrente endemica, B. burgdorferi ha un plasmide
da zecche del cervo del genere Ixodes.92,93 La malattia di Lyme è una con un’unica sequenza promotrice e sequenze codificanti multiple
comune patologia trasmessa da artropodi negli Stati Uniti, in Europa per una proteina antigenica di superficie, VlsE, ciascuna delle quali
e in Giappone. Negli Stati Uniti, l’incidenza della malattia di Lyme può essere trasportata in posizione vicina al promotore ed essere
è aumentata, con circa 23.000 casi nel 2005. La maggior parte dei espressa. Quindi, quando la risposta immunitaria verso una proteina
casi si verifica negli stati del Nord-est e in alcune zone degli Stati VlsE diventa efficiente, si moltiplicano i batteri che esprimono una
dell’Ovest. Nelle aree endemiche, fino al 50% delle zecche sono VlsE alternativa e possono così sfuggire al riconoscimento antige-
­infettate con B. burgdorferi e possono essere infettate anche da Ehrli- nico. Le manifestazioni croniche della malattia di Lyme, come l’ar-
chia e Babesia (trattate in seguito). La sierologia è il metodo princi- trite tardiva, sono probabilmente causate dalla risposta immunitaria
pale di diagnosi, ma può essere eseguita anche una PCR sui tessuti contro i batteri persistenti.
infetti.
La malattia di Lyme interessa diversi apparati ed è divisa in tre
stadi. Nello stadio 1 (Fig. 8.40) le spirochete si moltiplicano e Morfologia Le lesioni cutanee causate da B. burgdorferi
diffondono nel derma a livello della puntura della zecca, provo- sono caratterizzate da edema e infiltrati linfocitari e plasma-
cando un’area di arrossamento che man mano si espande con cellulari. Nell’artrite precoce di Lyme, la sinovia ricorda la
un’area centrale pallida. Questa lesione cutanea, denominata eri- fase precoce dell’artrite reumatoide, con ipertrofia villosa,
tema cronico migrante, può essere accompagnata da febbre e lin- iperplasia delle cellule di rivestimento e abbondanti linfociti
foadenopatia e di solito scompare nell’arco di 4-12 settimane. Nello e plasmacellule nel tessuto sottosinoviale. Un caratteristico
stadio 2, la fase precoce di disseminazione, le spirochete diffondono aspetto dell’artrite di Lyme è un’arterite, che produce lesioni
a buccia di cipolla simili a quelle osservabili nel lupus (Cap. 6).
Nelle fasi tardive della malattia di Lyme, si può verificare
un’estesa erosione della cartilagine delle grandi articolazioni.
Nella meningite di Lyme, il liquido cefalorachidiano (LCR) è
ipercellulato, a causa di un marcato infiltrato linfoplasmacel-
lulare e contiene IgG antispirochete.

Batteri Anaerobi

Molti batteri anaerobi fanno parte della normale flora di sedi del
corpo dove la tensione di ossigeno è molto bassa. La flora anaerobica
causa malattia (ascessi o peritonite) quando viene introdotta in sedi
normalmente sterili oppure quando l’equilibrio dei microrganismi
viene modificato e predominano gli anaerobi patogeni (ad es. colite
da Clostridium difficile nella terapia antibiotica). Anche batteri ana-
erobi ambientali possono causare malattia (tetano, botulismo e
Figura 8.40 Stadi clinici della malattia di Lyme. gangrena gassosa).
CAPITOLO 8 Malattie infettive 371

Ascessi causati da anaerobi sinaptico di acetilcolina causando una grave paralisi dei muscoli
scheletrici e respiratori (botulismo).
Gli ascessi sono usualmente determinati da coinfezioni di batteri C. difficile è in grado di moltiplicarsi molto meglio della normale
anaerobi e aerobi facoltativi (in grado di crescere con o senza ossi- flora intestinale nei pazienti in terapia antibiotica, libera tossine
geno). In media, gli ascessi sono formati da 2,5 specie di batteri, 1,6 ed è la causa della colite pseudomembranosa (Cap. 17).
delle quali sono anaerobi e 0,9 sono aerobi o aerobi facoltativi.94
Solitamente l’ascesso è provocato da batteri commensali di zone Le infezioni da clostridi possono essere diagnosticate tramite
corporee adiacenti (orofaringe, intestino, e tratto genitale femmini- coltura (cellulite, mionecrosi), saggi delle tossine (colite pseudo-
le), dunque le specie che provocano ascesso sono le stesse della flora membranosa) o entrambi (botulismo).
normale. Poiché la maggior parte degli anaerobi che causano ascessi Patogenesi. Clostridium perfringens non cresce in presenza di
fa parte della flora saprofitica normale, non sorprende che questi ossigeno, quindi la morte dei tessuti è essenziale per la crescita del
microrganismi non producano tossine significativamente batterio nell’ospite. Questi batteri liberano collagenasi e ialuronidasi
pericolose. che degradano le proteine della matrice extracellulare e contribui-
I batteri osservati in ascessi del capo e del collo riflettono la flora scono all’invasività batterica, ma i loro fattori di maggiore virulenza
orale e faringea. In queste sedi gli anaerobi comuni sono bacilli sono le molte tossine che producono. C. perfringens secerne 14
Gram-negativi appartenenti alle specie dei generi Prevotella e Por- tossine, la più importante delle quali è la tossina a.95 Questa tossina
phyromonas, spesso insieme ai facoltativi S. aureus e S. pyogenes. ha differenti azioni. È una fosfolipasi C che degrada la lecitina, una
Fusobacterium necrophorum, un commensale orale, che causa la componente importante delle membrane cellulari e distrugge in tal
sindrome di Lemierre, caratterizzata da un’infezione dello spazio modo eritrociti, piastrine e miociti, determinando mionecrosi. Ha
faringeo laterale e da trombosi settica della vena giugulare. Gli asces- anche un’attività sfingomielinasica che contribuisce al danno alle
si addominali sono causati dagli anaerobi del tratto gastrointestinale, guaine nervose.
come i Gram-positivi appartenenti alle specie dei generi Peptostrep- L’ingestione di cibo contaminato da C. perfringens provoca una
tococcus e Clostridium e i Gram-negativi Bacteriodes fragilis ed E. breve diarrea. Le spore, solitamente presenti in carni contaminate,
coli. Le infezioni del tatto genitale femminile sono causate da bacilli sopravvivono alla cottura e il microrganismo prolifera nei cibi in
anaerobi Gram-negativi, come le specie di Prevotella che si riscon- raffreddamento. L’enterotossina di C. perfringens forma pori nelle
trano negli ascessi delle cisti del Bartolino e negli ascessi tubo- membrane delle cellule epiteliali, lisandole e interrompendo le giun-
ovarici, spesso frammisti a E. coli o Streptococcus agalactiae. zioni (tight junction) tra le cellule epiteliali stesse.96
Le neurotossine prodotte da C. botulinum e C. tetani inibiscono
entrambe la liberazione dei neurotrasmettitori, determinando pa-
Morfologia Gli ascessi causati da anaerobi contengono pus ralisi.26 La tossina botulinica, ingerita con cibi contaminati o assor-
incolore e di odore nauseabondo e la suppurazione spesso bita da ferite infettate da C. botulinum, si lega ai gangliosidi sui
è poco delimitata. In altri casi queste lesioni ricordano molto motoneuroni e viene trasportata all’interno della cellula. Nel cito-
quelle che si verificano nelle normali infezioni da piogeni. La plasma, il frammento A della tossina botulinica scinde una proteina,
colorazione di Gram rivela infezione mista con bacilli Gram- chiamata sinaptobrevina, che media la fusione delle vescicole con-
positivi e Gram-negativi e cocchi Gram-positivi frammisti a tenenti neurotrasmettitori con la membrana del neurone. Mediante
neutrofili. il blocco della fusione delle vescicole, la tossina botulinica impedisce
il rilascio di acetilcolina alla giunzione neuromuscolare, causando
paralisi flaccida. Se vengono colpiti i muscoli respiratori, il botulismo
può condurre a morte. In effetti, l’utilizzo diffuso di tossina botuli-
Infezioni da clostridi nica (Botox) nella chirurgia estetica è basato sulla sua capacità di
causare la paralisi di determinati muscoli del viso. Il meccanismo
I batteri del genere Clostridium sono bacilli Gram-positivi che cre- d’azione della tossina tetanica è simile a quello della tossina botuli-
scono in condizioni di anaerobiosi e producono spore che sono nica, ma il tetano causa una violenta paralisi spastica mediante il
presenti nel suolo. Quattro tipi di malattie possono essere causate blocco del rilascio di acido g-aminobutirrico, un neurotrasmettitore
da Clostridium: che inibisce i motoneuroni.
Clostridium difficile produce la tossina A, un’enterotossina che
C. perfringens, C. septicum e altre specie causano cellulite e mio- stimola la produzione di chemochine richiamando i leucociti, e la
necrosi su ferite traumatiche e chirurgiche (gangrena gassosa), tossina B, una citotossina che causa effetti citopatici peculiari nelle
mionecrosi uterina spesso associata a pratiche di aborto illegali, cellule in coltura. Entrambe le tossine sono glicosil transferasi, e
avvelenamenti non gravi da cibo e infezioni dell’intestino tenue fanno parte di un sito di patogenicità, assente nei cromosomi di
associate a ischemia o neutropenia che spesso portano a sepsi ceppi non patogeni di C. difficile.
grave.
C. tetani, la causa del tetano, prolifera nelle ferite da punta e nel
moncone ombelicale dei neonati e rilascia una potente neurotos- Morfologia La cellulite da clostridi, che origina nelle ferite,
sina, chiamata tetanospasmina, che causa contrazioni convulsive può essere differenziata dalle infezioni causate da cocchi
dei muscoli scheletrici (tetano). Il tossoide tetanico (neurotossina piogeni per il suo odore fetido, l’essudato sieroso e incolore
fissata in formalina) fa parte della vaccinazione DPT (difterite, e per la rapida ed estesa distruzione dei tessuti. All’esame
pertosse e tetano), che ha fortemente diminuito l’incidenza glo- microscopico, la quantità di tessuto necrotico è sproporzio-
bale del tetano. nata rispetto al numero di neutrofili e di batteri Gram-positivi
C. botulinum cresce nelle conserve alimentari inadeguatamente presenti (Fig. 8.41). La necrosi cellulare da clostridi, che
sterilizzate e libera una potente neurotossina che blocca il rilascio
372 CAPITOLO 8 Malattie infettive

simile a una spora. L’EB viene captato dalle cellule ospiti, principal-
mente mediante endocitosi mediata da recettori. Il batterio impedi-
sce la fusione dell’endosoma e del lisosoma tramite un meccanismo
sconosciuto. All’interno dell’endosoma, il corpo elementare si dif-
ferenzia in una forma metabolicamente attiva, detta corpo reticolato
(Reticulate Body, RB). Utilizzando fonti di energia e amminoacidi
della cellula ospite, il corpo reticolato si moltiplica e infine forma
nuovi corpi elementari, che sono in grado di infettare altre cellule.
Le varie malattie provocate dall’infezione da C. trachomatis sono
associate ai differenti sierotipi del batterio: le infezioni urogenitali e
la congiuntivite da inclusioni (sierotipi da D a K), il linfogranuloma
venereo (sierotipi L1, L2 e L3), e un’infezione oculare dei bambini,
il tracoma (sierotipi A, B e C). In questo capitolo saranno trattate le
infezioni veneree causate da C. trachomatis.
L’infezione genitale da parte di C. trachomatis è la più comune
Figura 8.41 Clostridium perfringens, batteri Gram-positivi a forma di malattia batterica sessualmente trasmessa nel mondo.98 Nel 2006
bastoncini in un tessuto gangrenoso. furono riportati ai CDC circa un milione di casi, più del doppio dei
casi di gonorrea. Prima dell’identificazione di C. trachomatis, ai
pazienti infettati con questo microrganismo veniva diagnosticata
spesso presenta ai margini del tessuto di granulazione, viene un’uretrite non gonococcica (UNG). Effettivamente, C. trachomatis
trattata con antibiotici e pulizia della lesione. è la causa di più della metà dei casi di UNG. Le attuali raccomanda-
Al contrario, la gangrena gassosa da clostridi è potenzial- zioni dei CDC prevedono il trattamento sia per N. gonorrhoeae sia
mente letale ed è caratterizzata da marcato edema e necrosi per C. trachomatis nei pazienti a cui viene diagnosticata una qua-
enzimatica delle cellule muscolari colpite che compare da 1 lunque di queste due infezioni, dal momento che l’infezione conco-
a 3 giorni dopo il trauma. Un abbondante essudato fluido, mitante da parte di questi due agenti patogeni è comune.
con scarse cellule infiammatorie, causa la tumefazione Le infezioni genitali da C. trachomatis (oltre al linfogranuloma
dell’area affetta e della cute sovrastante, formando una gran- venereo, trattato in seguito) sono associate a caratteristiche cliniche
de vescica bollosa che va incontro a rottura. Nella compagine simili a quelle causate da N. gonorrhoeae. I pazienti possono svilup-
del tessuto gangrenoso appaiono bolle di gas causate dalla pare epididimite, prostatite, malattia infiammatoria pelvica, ­faringite,
fermentazione batterica. Con il progredire dell’infezione i congiuntivite, infiammazione periepatica e proctite. A differenza
muscoli colpiti divengono soffici, nero-bluastri, friabili e dell’uretrite da N. gonorrhoeae, l’uretrite da C. trachomatis nel sesso
semiliquidi grazie alla massiva azione proteolitica esercitata maschile può essere asintomatica e non essere trattata. N. gonorrho-
dagli enzimi rilasciati dai batteri. All’esame microscopico vi eae e C. trachomatis causano frequentemente infezioni asintomatiche
è grave mionecrosi, emolisi estesa e marcato danno vasco- anche nelle donne. L’uretrite da C. trachomatis può essere diagno-
lare con trombosi. C. perfringens è anche associato alla com- sticata mediante la coltura del microrganismo su linee cellulari
parsa di infarti cuneiformi scuri dell’intestino tenue, in umane, ma il test di amplificazione dell’acido nucleico su campioni
­particolare in pazienti neutropenici. A prescindere dalla sede di urina o tamponi vaginali è molto più sensibile e è quindi il più
di entrata, quando C. perfringens si dissemina per via ema- usato attualmente.
togena, si verifica un’estesa formazione di bolle di gas. L’infezione genitale con i sierotipi L di C. trachomatis causa il
Nonostante il grave danno neurologico causato dalle tossine linfogranuloma venereo, una patologia ulcerativa cronica. Il linfo-
di C. botulinum e C. tetani, le modificazioni neuropatologiche granuloma venereo è una patologia sporadica negli Stati Uniti e
risultano lievi e aspecifiche. nell’Europa occidentale, ma è endemico in alcune zone di Asia,
Africa, Caraibi e America meridionale. Inizialmente, l’infezione si
manifesta come una piccola papula, che spesso non viene notata, a
livello della mucosa genitale o della cute vicina. Da due a sei setti-
Batteri Intracellulari Obbligati mane più tardi, la moltiplicazione del microrganismo e la risposta
dell’ospite nei linfonodi determinano la tumefazione dei linfonodi
I batteri intracellulari obbligati possono proliferare solamente all’in- che possono confluire e rompersi. Se non trattata, l’infezione può
terno della cellula ospite, sebbene alcuni possano sopravvivere anche successivamente causare fibrosi e stenosi del tratto anogenitale. Le
al di fuori delle cellule. Questi organismi sono ben adattati all’am- stenosi rettali sono particolarmente comuni nelle donne.
biente intracellulare, con pompe di membrana per catturare ammi-
noacidi e ATP come fonte di energia. Alcuni sono totalmente
­incapaci di sintetizzare ATP (ad es. Chlamydia), mentre altri sinte- Morfologia Le caratteristiche morfologiche dell’uretrite da
tizzano almeno parte dell’ATP necessario (ad es. le rickettsie). C. trachomatis sono pressoché identiche a quelle della go-
norrea. L’infezione primaria è caratterizzata da una secrezione
mucopurulenta con predominanza di neutrofili. I microrga-
Infezioni da Chlamydia
nismi non sono visibili mediante colorazione di Gram o su
Chlamydia trachomatis è un piccolo batterio Gram-negativo paras- sezioni istologiche.
sita intracellulare obbligato. C. trachomatis esiste in due forme du- Le lesioni del linfogranuloma venereo contengono una rea-
rante il suo ciclo vitale. La forma infettante, detta corpo elementare zione infiammatoria di tipo granulomatoso con neutrofilli e
(Elementary Body, EB), è una struttura metabolicamente inattiva
CAPITOLO 8 Malattie infettive 373

un numero variabile di inclusioni da clamidia nel citoplasma


delle cellule epiteliali o delle cellule infiammatorie. La linfo-
adenopatia regionale è frequente e solitamente compare
entro 30 giorni dall’infezione. Il coinvolgimento linfonodale
è caratterizzato da una reazione infiammatoria granuloma-
tosa associata a focolai irregolari di necrosi e infiltrati da
neutrofili (ascessi stellati). Con il tempo, la reazione infiam-
matoria viene sostituita da infiltrati cronici aspecifici e da
estesa fibrosi. Quest’ultima, a sua volta, può causare
un’ostruzione linfatica locale, linfedema e stenosi. Nelle le-
sioni attive la diagnosi di linfogranuloma venereo può essere
effettuata mediante la dimostrazione del microrganismo in
sezioni bioptiche o in strisci di essudato. Nei casi cronici la
diagnosi viene affidata alla dimostrazione nel siero del pa-
ziente di anticorpi specifici per la clamidia.

Figura 8.42 Granulociti periferici (metamielociti) che contengono


inclusi di Ehrlichia (freccia). (Per gentile concessione del Dr. Stephen
Infezioni da rickettsie Dumler, Johns Hopkins Medical Institutions, Baltimore, MD)

Le rickettsie appartengono all’ordine dei Rickettsiales e sono batteri


intracellulari obbligati trasportati da vettori, che causano tifo epi- Questo causa shock ipovolemico con edema periferico, edema pol-
demico (Rickettsia prowazekii), tifo volgare (Orienta tsutsugamushi) monare, insufficienza renale e vari disturbi a carico del SNC, che
e febbri petecchiali (Rickettsia rickettsii e altri).6 Questi microrgani- possono arrivare fino al coma.
smi presentano la struttura di bacilli Gram-negativi, anche se si La risposta immunitaria innata contro le infezioni da rickettsie
colorano debolmente con la colorazione di Gram. Il tifo epidemico, viene guidata da cellule natural killer, che producono IFN-g, riducen-
patologia a trasmissione interumana tramite i pidocchi del corpo, è do la proliferazione batterica. Le successive risposte dei linfociti T
associato alle guerre e ai periodi di affollamento, quando le persone citotossici sono importanti per l’eliminazione delle rickettsie. IFN-g
sono costrette a vivere a stretto contatto senza potersi cambiare gli e TNF, prodotti dalle cellule NK e T attivate, stimolano la produzione
abiti. Il tifo volgare, trasmesso dagli acari, era un grande problema di ossido di azoto che uccide i batteri. I linfociti T citotossici lisano le
per i soldati americani nel Pacifico durante la Seconda Guerra Mon- cellule infettate, riducendo la proliferazione batterica. Le infezioni da
diale e nel Vietnam. La febbre maculosa delle Montagne Rocciose rickettsie vengono diagnosticate mediante tecniche immunoenzima-
(Rocky Mountain Spotted Fever, RMSF), trasmessa all’uomo tiche o di immunofluorescenza, oppure mediante l’identificazione di
dalle zecche del cane, è più frequente negli stati americani del Sud-est specifici anticorpi antirickettsia nel siero del paziente.
e del Centro-sud. Le rickettsie della RMSF vengono trasmesse di-
verse ore dopo il pasto della zecca o, meno comunemente, quando
la zecca viene schiacciata durante la rimozione dalla cute.
La ehrlichiosi è una malattia recentemente scoperta trasmessa da Morfologia
zecche e causata da rickettsie. I batteri infettano soprattutto i neu- Febbre tifoide Nei casi lievi, le modificazioni macroscopiche
trofili (Anaplasma phagocytophilum ed Ehrlichia ewingii) o i macro- sono limitate a un’eruzione e a piccole emorragie dovute alle
fagi (Ehrlichia chaffeensis). Nei leucociti possono essere osservate le lesioni vascolari. Nei casi più gravi, possono essere presenti
caratteristiche inclusioni citoplasmatiche (morulae), composte da aree di necrosi della cute con gangrena della punta delle dita,
ammassi di batteri (Fig. 8.42). La ehrlichiosi è caratterizzata da del naso, del padiglione auricolare, dello scroto, del pene e
febbre, cefalea e malessere a esordio brusco e può progredire fino della vulva. In questi casi possono essere riscontrate emor-
all’insufficienza respiratoria e renale e allo shock. Un’eruzione cu- ragie irregolari in vari organi interni, principalmente nell’en-
tanea si verifica in circa il 40% dei pazienti con infezione da E. cefalo, nel muscolo cardiaco, nei testicoli, nelle membrane
chaffeensis. sierose, nei polmoni e nei reni.
Le patologie da rickettsie vengono solitamente diagnosticate Le modificazioni microscopiche più evidenti sono lesioni dei
clinicamente e confermate tramite sierologia. piccoli vasi e aree focali di emorragia e infiammazione in
Patogenesi Le rickettsie non producono tossine particolari. Quelle vari organi e tessuti. Il rigonfiamento endoteliale di capillari,
che causano tifo e febbri petecchiali infettano prevalentemente le arteriole e venule può restringere il lume di questi vasi. Un
cellule endoteliali, in particolare quelle a livello dei polmoni e dell’en­ cappuccio di cellule infiammatorie mononucleate circonda
cefalo. I batteri penetrano nelle cellule endoteliali mediante solitamente il vaso interessato. I lumi vascolari sono talvolta
­endocitosi, ma riescono a fuoriuscire dall’endosoma prima della trombizzati. La necrosi nella parete vasale è insolita nel tifo
formazione del fagolisosoma. I microrganismi proliferano poi nel (rispetto a quanto accade per la RMSF). In una minoranza di
citoplasma della cellula endoteliale e quindi lisano la cellula (i batteri casi la trombosi vasale conduce alla necrosi gangrenosa
del gruppo del tifo) o passano da cellula a cellula attraverso movi- della cute e di altre strutture. Nell’encefalo, i noduli caratte-
menti actina-dipendenti (gruppo della febbre maculosa). Le gravi ristici del tifo sono costituiti da proliferazioni microgliali
manifestazioni delle infezioni da rickettsie sono dovute principalmente focali con un infiltrato di linfociti T e macrofagi (Fig. 8.43).
al danno vascolare secondario alle lesioni delle cellule endoteliali.6
374 CAPITOLO 8 Malattie infettive

vascolari a livello encefalico possono colpire vasi di maggiori


dimensioni e determinare microinfarti. La principale causa
di morte nei pazienti con RMSF è rappresentata da edema
polmonare non cardiogeno, che causa sindrome da stress
respiratorio nell’adulto.

Infezioni da miceti
I miceti sono eucarioti con pareti cellulari che ne determinano la
forma. Le cellule fungine possono crescere come filamenti pluricel-
lulari detti muffe o come singole cellule o catene di cellule dette
lieviti. La maggior parte dei lieviti si riproduce per gemmazione.
Figura 8.43 Nodulo da tifo nell’encefalo.
Alcuni lieviti, come Candida albicans, possono produrre gemme che
non riescono a distaccarsi e si allungano producendo una catena di
cellule di lievito chiamate pseudoife. Le muffe sono composte da
filamenti cordoniformi (ife) che crescono e si dividono alle loro
Il tifo volgare, detto anche febbre fluviale del Giappone, è estremità. Possono produrre cellule tondeggianti, dette conidi, che
solitamente una forma meno grave di febbre tifoide. Il rash si diffondono per via aerea, disseminando il micete. Molti miceti
cutaneo è solitamente transitorio, ma può anche non com- importanti dal punto di vista medico sono dimorfici ed esistono
parire affatto. La necrosi vascolare e la trombosi sono eventi come lieviti o muffe, a seconda delle condizioni ambientali (in forma
rari, ma può comparire un’importante linfoadenopatia di lievito alla temperatura del corpo umano e in forma di muffa alla
infiammatoria. temperatura ambiente).99 Le infezioni fungine possono essere dia-
Febbre maculosa delle montagne rocciose La caratteristica gnosticate tramite esame istologico, sebbene l’identificazione defi-
della febbre maculosa delle Montagne Rocciose è rappresen- nitiva di alcune specie richieda la coltura.
tata da un’eruzione petecchiale che si estende sull’intera Le infezioni da miceti, dette anche micosi, sono di quattro tipi:
superficie del corpo, incluse le palme delle mani e le piante (1) micosi superficiali e cutanee, che sono comuni e limitate esclu-
dei piedi. Un’escara nel sito della puntura della zecca è rara sivamente agli strati superficiali o cheratinizzati di cute, peli e
nella RMSF, ma è comune nelle infezioni da R. akari, R. africae unghie; (2) micosi sottocutanee, che coinvolgono la cute, i tessuti
e R. conorii. Le lesioni vascolari sottostanti all’eruzione sottocutanei e i vasi linfatici e raramente si disseminano a livello
­spesso portano a necrosi acuta, stravaso di fibrina e, occa- sistemico; (3) micosi endemiche, causate da miceti dimorfici che
sionalmente, trombosi dei piccoli vasi sanguigni, arteriole possono produrre gravi malattie sistemiche negli individui sani;
comprese (Fig. 8.44). Nella RMSF grave, compaiono focolai e (4) micosi opportunistiche, che possono causare malattie siste-
di necrosi cutanea, in particolare sulle dita di mani e piedi, miche potenzialmente letali in individui immunosoppressi o
sui gomiti, sulle orecchie e a livello scrotale. La risposta in- portatori di dispositivi protesici o cateteri vascolari. Alcuni dei
fiammatoria perivasale, simile a quella che compare nel tifo, miceti che causano micosi opportunistiche vengono discussi in
si osserva a livello encefalico, nei muscoli scheletrici, nei seguito; quelli che interessano organi specifici sono discussi in
polmoni, nei reni, nei testicoli e nel miocardio. Le lesioni altri capitoli.

Candidosi
Le specie di Candida, che risiedono normalmente nella cute, nella
bocca, nel tratto gastrointestinale e nella vagina, solitamente vivono
come commensali benigni e raramente determinano malattia negli
individui sani. Tuttavia, alcune specie di Candida, soprattutto C.
albicans, rappresentano la causa principale di infezioni micotiche
nell’uomo. La maggior parte delle infezioni da Candida ha origine
quando la normale flora commensale penetra nella cute o attraverso
le barriere mucose. Queste infezioni possono essere confinate alla
cute o alle membrane mucose o disseminarsi.99 In individui altri-
menti sani gli organismi del genere Candida causano vaginiti e
dermatite da pannolino. Diabetici e ustionati hanno un rischio
elevato di sviluppare una candidosi superficiale. In individui con
cateteri o sottoposti a dialisi peritoneale, gli organismi del genere
Candida possono diffondere nel torrente sanguigno. La candidosi
grave disseminata si verifica più comunemente in pazienti neutro-
Figura 8.44 Febbre maculosa delle Montagne Rocciose con trombo in penici a causa di leucemia, chemioterapia o trapianto di midollo
un vaso e vasculite. osseo, e può causare shock e CID.
CAPITOLO 8 Malattie infettive 375

Patogenesi. Un unico ceppo di Candida può essere sia saprofita C. albicans può formare biofilm sui dispositivi medici impiantati
sia patogeno. Candida può mutare fenotipo in maniera reversibile e così da ridurre la sensibilità del microrganismo alle risposte immu-
apparentemente casuale. Lo switch fenotipico interessa la regolazione nitarie e alla terapia farmacologica antifungina.
coordinata di geni fase-specifici e offre a Candida una modalità per La risposta immune contro Candida è complessa. L’immunità
adattarsi alle modificazioni nell’ambiente dell’ospite (determinate da innata e le risposte T cellulari sono importanti per la protezione
terapia antibiotica, risposta immunitaria o alterata fisiologia dell’ospi- dall’infezione da Candida.104 Neutrofili e macrofagi fagocitano Can-
te). Queste varianti possono presentare alterata morfologia delle dida e l’ossidazione da parte di questi fagociti è la prima linea di
colonie, della forma cellulare, diversa antigenicità e virulenza.100 difesa dell’ospite. Il ruolo importante di neutrofili e macrofagi è
Candida produce un gran numero di adesine funzionalmente provato anche dall’aumentato rischio di infezioni da Candida negli
distinte, che mediano l’aderenza alle cellule dell’ospite, alcune delle individui con neutropenia o difetti della NADPH ossidasi o della
quali hanno una funzione anche nella morfogenesi e nei segnali mieloperossidasi. Le forme filamentose, ma non i lieviti, possono
trasmessi da Candida.101 Queste adesine comprendono (1) una fuggire dal fagosoma, penetrare nel citoplasma e proliferare. La
proteina integrino-simile, che lega i gruppi arginina-glicina-acido forma di lievito di Candida attiva la produzione da parte delle cellule
aspartico (RGD) su fibrinogeno, fibronectina e laminina; (2) una dendritiche di IL-12 più di quanto non accada per le forme filamen-
proteina simile ai substrati transglutaminasici che si lega alle cellule tose del micete. Di conseguenza, le forme di lievito stimolano una
epiteliali; e (3) diverse agglutinine che si legano a cellule endoteliali risposta protettiva antifungina TH1, mentre le forme filamentose
o alla fibronectina. L’aderenza è un importante determinante di tendono a stimolare una risposta non protettiva TH2. Come altri
­virulenza, in considerazione del fatto che ceppi con una ridotta miceti, Candida provoca anche risposte TH17, responsabili del re-
aderenza a cellule in vitro risultano non virulenti in modelli speri- clutamento di neutrofili e monociti (Cap. 6). Le risposte T cellulari
mentali in vivo. L’espressione differenziata delle adesine da parte di contro Candida sono particolarmente importanti per la protezione
lieviti e forme filamentose conduce al riconoscimento di diversi contro l’infezione mucosa e cutanea da Candida, come dimostrato
recettori sulle cellule ospiti. dalle infezioni mucocutanee ricorrenti negli individui con infezione
Candida produce un certo numero di enzimi, che contribuiscono da HIV e bassa percentuale di linfociti T.
all’invasività e che comprendono almeno nove aspartil-proteasi, che
possono promuovere l’invasione dei tessuti degradando le proteine
della matrice extracellulare, e catalasi, che possono permettere al Morfologia Nelle sezioni di tessuto, C. albicans può presen-
microrganismo di resistere all’ossidazione da parte dei fagociti.101,102 tarsi in forma di lievito (blastoconidi), pseudoife e, meno
Candida secerne anche adenosina, che blocca la produzione di ra- comunemente, come vere ife, definibili per la presenza di setti
dicali dell’ossigeno e la degranulazione dei neutrofili. (Fig. 8.45). Le pseudoife, un importante indizio diagnostico,
La capacità di C. albicans di crescere come biofilm contribuisce rappresentano cellule di lievito gemmanti con le estremità
a sua volta alla possibilità di causare malattia.103 I biofilm di Candida congiunte nei punti di restringimento. Tutte le forme possono
sono comunità microbiche formate da una mescolanza di lieviti, essere contemporaneamente presenti nello stesso tessuto.
forme filamentose e matrice extracellulare di derivazione fungina.

Figura 8.45 Morfologia delle infezioni da Candida. A. Candidosi grave della parte distale dell’esofago. B. Impregnazione argentica dell’esofago che
evidenzia un tappeto di Candida. C. Caratteristiche pseudoife e blastoconidi (spore in gemmazione) di Candida. (C. Per gentile concessione del Dr. Dominick
Cuvuoti, Department of Pathology, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
376 CAPITOLO 8 Malattie infettive

eritematoso sistemico o sarcoidosi e nei pazienti trapiantati. Molti


Il microrganismo può essere visibile con colorazioni di routine di questi pazienti ricevono alte dosi di corticosteroidi, uno dei mag-
come l’ematossilina eosina, ma per poterlo visualizzare me- giori fattori di rischio per l’infezione da Cryptococcus.
glio vengono comunemente usate “colorazioni specifiche per Patogenesi. C. neoformans è presente nel suolo e nel guano degli
miceti” (Gomori-Grocott e acido periodico di Schiff). uccelli (in particolare dei piccioni) e infetta l’uomo quando viene
In genere la candidosi è rappresentata da un’infezione super- inalato. Diversi fattori di virulenza gli permettono di sfuggire alle
ficiale sulle mucose della cavità orale (mughetto). La prolife- difese dell’ospite: (1) una capsula polisaccaridica, (2) la produzione
razione dei miceti crea pseudomembrane bianco-grigiastre, di melanina e (3) enzimi.105 Tali meccanismi non sono molto efficaci
di aspetto sporco, composte da raccolte di germi e materiale quando C. neoformans infetta soggetti con difese immunitarie in-
infiammatorio. Al di sotto della superficie si possono notare tatte, ma possono condurre a malattia disseminata nei pazienti
iperemia della mucosa e infiammazione. Questa forma di immunosoppressi.
candidosi si manifesta nei neonati, nei pazienti debilitati, nei Il glucuronoxilomannano, il principale polisaccaride capsulare di
bambini in terapia steroidea orale per l’asma e in seguito a C. neoformans, è un importante fattore di virulenza perché inibisce
una terapia antibiotica ad ampio spettro, che distrugge la la fagocitosi da parte dei macrofagi alveolari, la migrazione leucoci-
normale flora batterica che compete con il micete. L’altro grup- taria e il reclutamento delle cellule infiammatorie. C. neoformans può
po di rischio maggiore comprende i pazienti HIV positivi; negli andare incontro a switch fenotipico, che comporta modificazioni nella
individui che presentano mughetto senza ragione apparente struttura e nella dimensione del polisaccaride capsulare, fornendo al
devono essere valutate le possibilità di infezione da HIV. microrganismo un mezzo per evadere le risposte immunitarie.106
L’esofagite da Candida si osserva frequentemente nei pazienti Cryptococcus neoformans produce laccasi, che catalizza la forma-
affetti da AIDS e in quelli con malattie emolinfopoietiche mali- zione di un pigmento simile alla melanina.105 I ceppi di C. neofor-
gne. Questi pazienti presentano disfagia (deglutizione doloro- mans con laccasi mutata hanno ridotta virulenza nei modelli ­animali.
sa) e dolore retrosternale; l’endoscopia mostra placche bianche Gli effetti della melanina possono essere correlati alle sue proprietà
e pseudomembrane che ricordano il mughetto sulla mucosa antiossidanti. Questi miceti producono anche una serie di altri en-
esofagea (si veda Fig. 8.45). zimi, compresi una serina-proteinasi che scinde la fibronectina e
La vaginite da Candida è una comune forma di infezione altre proteine della membrana basale, favorendo l’invasione dei
vaginale, specialmente nelle pazienti diabetiche, nelle donne tessuti.107 C. neoformans può stabilire infezioni latenti accompagnate
gravide e in coloro che assumono contraccettivi per via orale. dalla formazione di granulomi che possono riattivarsi negli ospiti
È solitamente caratterizzata da prurito intenso con una immunosoppressi.108
­secrezione densa e caseosa.
La candidosi cutanea si può presentare in molte forme di-
verse, infezioni dell’unghia (“onicomicosi”), dello spazio Morfologia Il criptococco si presenta in forma di lievito
periungueale (“paronichia”), dei follicoli piliferi (“follicolite”), senza forme pseudoifali o ifali. Il criptococco ha un diametro
delle zone cutanee umide come le ascelle o tra le dita delle di 5-10 mm e possiede una spessa capsula gelatinosa. Il po-
mani e dei piedi (“intertrigine”) e della cute peniena (“bala- lisaccaride capsulare si colora intensamente di rosso con la
nite”). La “dermatite da pannolino” è un’infezione cutanea colorazione PAS e con la colorazione al mucicarminio nei
da candida osservabile sul perineo dei lattanti, nella regione tessuti e può essere identificato anche mediante test di ag-
di contatto dei pannolini umidi. glutinazione con particelle ricoperte da anticorpi. I preparati
La candidosi invasiva è causata dalla disseminazione di con inchiostro di china creano un’immagine in negativo che
microrganismi per via ematica a diversi tessuti od organi. evidenzia la spessa capsula come un alone chiaro in campo
I classici quadri clinici comprendono (1) ascessi renali, scuro. Sebbene il polmone sia la localizzazione principale,
(2) ascessi miocardici ed endocardite, (3) microascessi ce- l’infezione polmonare generalmente è lieve e asintomatica,
rebrali e meningite, (4) endoftalmite (qualsiasi struttura può persino durante la diffusione del micete al SNC. C. neofor-
essere virtualmente coinvolta) e (5) ascessi epatici. In cia- mans può tuttavia formare un granuloma polmonare solitario
scuna di queste sedi, a seconda dello stato immunitario simile alla lesione (a forma di moneta) causata da Histopla-
della persona infettata, il micete può provocare una lieve sma. Le lesioni maggiori causate da C. neoformans sono a
reazione infiammatoria, causare la classica risposta suppu- carico del SNC e coinvolgono le meningi, la sostanza grigia
rativa o determinare granulomi. I pazienti con leucemia corticale e i nuclei della base. La risposta dell’ospite al crip-
acuta che dopo la chemioterapia sono gravemente neutro- tococco è estremamente variabile. Nei pazienti immunosop-
penici sono particolarmente predisposti allo sviluppo della pressi, i microrganismi non possono provocare praticamente
malattia sistemica. L’endocardite da Candida è la più comu- alcuna reazione infiammatoria, quindi masse gelatinose di
ne forma micotica di endocardite, spesso si verifica durante miceti crescono nelle meningi o si espandono negli spazi
il posizionamento di protesi valvolari cardiache o in tossi- perivascolari di Virchow-Robin nella compagine della sostan-
c o d i p e n d e n t i ch e f a n n o u s o d i s o s t a n ze p e r v i a za grigia, producendo le cosiddette lesioni a bolle di sapone
endovenosa. (Fig. 8.46). Nei pazienti gravemente immunosoppressi, C.
neoformans può disseminarsi estesamente a cute, fegato,
milza, ghiandole surrenali e ossa. Nei pazienti non immuno-
soppressi o in quelli con malattia protratta, i miceti inducono
Criptococcosi una reazione granulomatosa cronica composta da macrofagi,
linfociti e cellule giganti da corpo estraneo. Può comparire
Cryptococcus neoformans è un lievito capsulato che causa meningo- anche suppurazione, così come una rara arterite granuloma-
encefalite in individui sani, ma più frequentemente si presenta come tosa del circolo di Willis.
infezione opportunistica in pazienti con AIDS, leucemia, lupus
CAPITOLO 8 Malattie infettive 377

proteine surfactanti, ma le interazioni recettore/ligando non sono


ben definite. Aspergillus presenta diverse difese contro l’ossidazione,
tra cui pigmento melaninico, mannitolo, catalasi e superossido di-
smutasi. Questo fungo produce inoltre fosfolipasi, proteasi e tossine,
i cui ruoli nella patogenesi dell’infezione non sono ancora chiari. La
restrictocina e la mitogillina sono ribotossine che inibiscono la sintesi
proteica della cellula ospite degradando l’mRNA. L’aflatossina can-
cerogena è prodotta dalle specie di Aspergillus che crescono sulla
superficie delle arachidi ed è causa di carcinoma epatico in Africa.109
La sensibilizzazione verso le spore di Aspergillus determina un’alve-
olite allergica110 (Cap. 15). L’aspergillosi broncopolmonare allergica,
associata a ipersensibilità provocata dalla colonizzazione superficiale
della mucosa bronchiale, si verifica spesso negli individui asmatici.

Figura 8.46 Colorazione con mucicarminio di criptococchi (colore rosso) Morfologia L’aspergilloma (aspergillosi colonizzante) di
in uno spazio perivascolare di Virchow-Robin dell’encefalo (lesione a bolla solito è dovuto alla crescita del fungo in cavità polmonari
di sapone).
pregresse, quasi senza invasione dei tessuti (anche il naso
viene frequentemente colonizzato). Le cavità sono solitamen-
Aspergillosi te nella sede di una tubercolosi precedente, o di bronchie-
ctasie, vecchi infarti o ascessi. Masse proliferanti di ife
Aspergillus è una muffa ubiquitaria che causa allergie in pazienti ­f ormano masse brunastre, dette “palle fungine”, che si
altrimenti sani (aspergillosi broncopolmonare allergica) e gravi si- trovano libere in queste cavità. La reazione infiammatoria
nusiti, polmoniti e può invadere il torrente circolatorio disseminan- circostante può essere scarsa, oppure si possono creare in-
dosi ovunque nei soggetti immunodepressi. I principali fattori che fiammazione cronica e fibrosi. I pazienti con aspergilloma
predispongono all’infezione da Aspergillus sono la neutropenia presentano solitamente emottisi ricorrente.
e l’assunzione di corticosteroidi. Aspergillus fumigatus è la specie L’aspergillosi invasiva è un’infezione opportunistica che col-
che più comunemente causa malattia e gravi infezioni in soggetti pisce in genere i soggetti immunodepressi. Le lesioni prima-
immunodepressi. rie si localizzano abitualmente nei polmoni, ma la diffusa
Patogenesi. Le specie di Aspergillus vengono trasmesse tramite disseminazione per via ematica con coinvolgimento delle
conidi dispersi per via aerea e il polmone è dunque la principale valvole cardiache e dell’encefalo rappresenta un evento co-
porta d’ingresso. La ridotta dimensione delle spore di A. fumigatus, mune. Le lesioni polmonari assumono le caratteristiche della
circa 2-3 mm, permette loro di raggiungere gli alveoli. I conidi ger- polmonite necrotica, con focolai grigi, rotondeggianti, netta-
minano in ife, che invadono quindi i tessuti. Neutrofili e macrofagi mente delimitati e con margini emorragici; vengono spesso
sono le più importanti difese dell’ospite contro Aspergillus. I macro- indicati come lesioni a bersaglio (Fig. 8.47 A). Aspergillus
fagi alveolari ingeriscono e uccidono i conidi, mentre i neutrofili forma infiorescenze (solitamente nelle cavità polmonari) e
uccidono le ife per mezzo di sostanze ossidanti. L’aspergillosi inva- filamenti settati, dello spessore di 5-10 mm, ramificati ad
siva è associata con neutropenia e difese neutrofile alterate. angolo acuto (40 gradi) (Fig. 8.47 B). Le ife di Aspergillus non
Aspergillus produce diversi fattori di virulenza, come adesine, possono essere distinte dalle specie di Pseudallescheria
antiossidanti, enzimi e tossine.108 I conidi possono legarsi a fibrino- boydii e Fusarium con la sola morfologia. Aspergillus tende
geno, laminina, complemento, fibronectina, collagene, albumina e

Figura 8.47 Morfologia di Aspergillus. A. Aspergillosi invasiva del polmone in un paziente che ha subito un trapianto di midollo. B. Sezioni istologiche
da questo caso clinico evidenziate con impregnazione argentica di Gomori (Gomori metenamina-argento), che mostrano ife settate con ramificazioni ad
angolo acuto, caratteristiche compatibili con Aspergillus. Occasionalmente l’Aspergillus può mostrare inflorescenze (dettaglio) quando cresce in aree ben
aerate (come le vie respiratorie superiori).
378 CAPITOLO 8 Malattie infettive

a invadere i vasi sanguigni; di conseguenza, aree di emorra- seni paranasali alle orbite e all’encefalo, dando luogo alla
gia e di infarto si sovrappongono abitualmente alle reazioni mucormicosi rinocerebrale. Gli zigomiceti causano necrosi
di necrosi e di infiammazione. L’infezione rinocerebrale da locale dei tessuti, invadono le pareti delle arterie e penetra-
Aspergillus nei pazienti immunosoppressi ricorda quella no nel tessuto periorbitale e nella volta cranica. Segue dun-
causata dagli zigomiceti (ad es. mucormicosi). que la meningoencefalite, che a volte viene complicata da
infarti cerebrali quando i miceti invadono le arterie e indu-
cono trombosi.
Zigomicosi (mucormicosi) Il coinvolgimento polmonare da zigomiceti può essere se-
condario alla patologia rinocerebrale oppure può essere
La zigomicosi (mucormicosi, ficomicosi) è un’infezione opportuni- primario in pazienti con grave immunodeficienza. Le lesioni
stica causata dai “miceti della muffa del pane” come Mucor, Rhizopus, polmonari hanno aree di polmonite emorragica con trombi
Absidia e Cunninghamella, che appartengono alla classe degli zigo- vascolari e infarti distali.
miceti.111 Questi miceti sono ampiamente distribuiti in natura e non
causano alcun danno agli individui immunocompetenti, ma infet-
tano i soggetti immunosoppressi, sebbene meno frequentemente di
quanto non facciano Candida e Aspergillus. I fattori predisponenti Infestazioni parassitarie
più importanti sono la neutropenia, l’uso di corticosteroidi, il diabete
mellito, il sovraccarico di ferro e le lesioni della barriera cutanea (ad
es. come esiti di ustioni, ferite chirurgiche o traumi). Protozoi
Patogenesi. Gli zigomiceti, analogamente ad Aspergillus, ven-
gono trasmessi per via aerea tramite spore asessuate. In genere le I protozoi sono microrganismi eucarioti unicellulari. I protozoi
spore inalate causano infezioni ai seni paranasali e ai polmoni, ma parassiti vengono trasmessi principalmente da insetti o per via
anche l’esposizione percutanea o l’ingestione possono portare a orofecale e, nell’uomo, si localizzano soprattutto nel sangue o nell’in-
infezione. Sembra che la termoresistenza delle spore di alcune testino (Tab. 8.9). La maggior parte di queste infezioni vengono
specie di zigomiceti sia importante per la loro disseminazione. I diagnosticate tramite esame microscopico degli strisci di sangue o
macrofagi forniscono la difesa iniziale, mediante la fagocitosi e il delle lesioni nei tessuti.
killing ossidativo delle spore in germinazione.111 I neutrofili hanno
un ruolo predominante nell’uccisione dei miceti durante le infezioni Malaria
conclamate.
La malaria, causata dal parassita intracellulare Plasmodium, è un’in-
fezione diffusa in tutto il mondo che colpisce 500 milioni di persone
Morfologia Gli zigomiceti formano ife fungine di ampiezza e ne uccide più di un milione ogni anno. Secondo l’OMS, il 90% dei
irregolare (6-50 mm) non settate con frequenti ramificazioni decessi per malaria si verificano nell’Africa subsahariana, dove
ad angolo retto, che vengono identificate facilmente in tes- questa malattia rappresenta la principale causa di morte nei bambini
suti necrotici mediante colorazione ematossilina eosina o di età inferiore ai 5 anni. Il Plasmodium falciparum, che causa una
mediante colorazioni specifiche per i miceti (Fig. 8.48). Le forma grave di malaria e gli altri tre parassiti malarici che infettano
tre sedi di invasione primaria sono i seni paranasali, i pol- l’uomo (P. vivax, P. ovale e P. malariae), vengono trasmessi dalla
moni e il tratto gastrointestinale a seconda che le spore (che femmina della zanzara Anopheles, ampiamente diffusa in Africa,
diffondono nella polvere e nell’aria) vengano inalate o in- Asia e in America Latina. Dei 1.500 nuovi casi di malaria che si
gerite. Nei pazienti diabetici il fungo diffonde soprattutto dai verificano negli Stati Uniti ogni anno, la maggior parte colpisce
viaggiatori o immigrati, infatti è assai improbabile che possa essere
trasmessa da zanzare Anopheles o tramite trasfusioni di sangue in-
fetto. I tentativi delle organizzazioni sanitarie di controllare la ma-
laria, portati avanti tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta sono
falliti, poiché le zanzare sono diventate insensibili al DDT e al ma-
lathion e il Plasmodium resistente a clorochina e pirimetamina.
Ciclo vitale e patogenesi. Plasmodium vivax, P. ovale e P. mala-
riae causano bassi livelli di parassitemia, lieve anemia e, in rari casi,
rottura splenica e sindrome nefrosica. P. falciparum causa elevati
livelli di parassitemia, anemia grave, sintomi cerebrali, insufficienza
renale, edema polmonare e morte. I cicli vitali dei Plasmodi sono
simili, sebbene P. falciparum presenti differenze che contribuiscono
alla sua maggiore virulenza.
Lo stadio infettante della malaria, lo sporozoita, si trova nelle ghian-
dole salivari delle zanzare femmine. Quando la zanzara punge, gli
sporozoiti vengono rilasciati nel sangue umano e nell’arco di alcuni
minuti aderiscono agli epatociti e li invadono legandosi al recettore
Figura 8.48 Vasi sanguigni meningei con specie angioinvasive di Mucor.
Si noti l’ampiezza irregolare e la ramificazione delle ife quasi ad angolo retto. per le proteine plasmatiche trombospondina e properdina112
(Per gentile concessione del Dr. Dan Milner, Department of Pathology, (Fig. 8.49). All’interno degli epatociti, i parassiti della malaria si mol-
Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA) tiplicano rapidamente e liberano fino a 30.000 merozoiti (forme aploidi
CAPITOLO 8 Malattie infettive 379

Tabella 8.9 Malattie protozoarie umane


Sede Specie Malattia

Endoluminale o epiteliale Entamoeba histolytica Dissenteria amebica; ascessi epatici


Balantidium coli Colite
Giardia lamblia Sindrome diarroica, malassorbimento
Isospora belli Enterocolite cronica, malassorbimento
o entrambi
Cryptosporidium spp.
Trichomonas vaginalis Uretrite, vaginite

Sistema nervoso centrale Naegleria fowleri Meningoencefalite


Acanthamoeba Meningoencefalite, infiammazioni agli occhi

Torrente circolatorio Plasmodium spp. Malaria


Babesia microti, B. bovis Babesiosi
Trypanosoma Malattia del sonno

Intracellulare Trypanosoma cruzi Malattia di Chagas


Leishmania donovani Kala-azar
Leishmania Leishmaniosi cutanea e mucocutanea
Toxoplasma gondii Toxoplasmosi

asessuate) alla rottura di ciascun epatocita infettato. P. vivax e P. ovale eritrociti. All’interno dell’eritrocita, i parassiti crescono in un vacuolo
producono forme latenti, dette ipnozoiti, all’interno dell’epatocita, che digestivo circondato da membrana, idrolizzando l’emoglobina median­
causano recidive di malaria molto tempo dopo l’infezione iniziale. te enzimi. Il trofozoita è il primo stadio del parassita nel globulo rosso
Una volta rilasciati dal fegato, i merozoiti di Plasmodium si legano, ed è identificabile dalla presenza di una singola massa di cromatina.
mediante una molecola simile alla lectina del parassita, ai residui di Lo stadio seguente, lo schizonte, mostra masse di cromatina multiple,
acido sialico delle molecole di glicoforina presenti sulla superficie degli ciascuna delle quali sviluppa un merozoita. Alla lisi dell’eritrocita i nuovi
merozoiti infettano altri globuli rossi. Sebbene la maggior parte dei
parassiti malarici presenti all’interno degli eritrociti evolva in mero-
zoita, alcuni si sviluppano in forme sessuate, dette gametociti, che in-
fettano la zanzara quando succhia il sangue dall’individuo infetto.
P. falciparum causa una forma di malattia più grave rispetto alle
altre specie di Plasmodium. Le caratteristiche di P. falciparum re-
sponsabili della sua maggiore patogenicità sono:

P. falciparum è in grado di infettare globuli rossi in qualsiasi stadio


di maturazione, provocando elevata parassitemia e severa anemia.
Le altre specie sono in grado di infettare soltanto eritrociti giovani
oppure eritrociti maturi, che rappresentano una piccola frazione
del pool eritrocitario.
Gli eritrociti infettati da P. falciparum si raggruppano in rosette
e aderiscono all’endotelio di rivestimento dei piccoli vasi (seque-
stro), impedendo il normale flusso del sangue. Diverse proteine,
come la proteina di membrana 1 di P. falciparum (P. falciparum
Erythrocyte Membrane Protein 1, PfEMP1), formano piccoli
rigonfiamenti (knob) sulla superficie degli eritrociti (Fig. 8.49).113
PfEMP1 si lega a ligandi sulle cellule endoteliali, come CD36,
trombospondina, VCAM-1, ICAM-1 e selectina E. L’ischemia
dovuta alla ridotta perfusione determina le manifestazioni cerebrali
di malaria, che rappresentano la principale causa di morte per
malaria nei bambini.
P. falciparum stimola la produzione di alti livelli di citochine, in-
clusi TNF, IFN-g e IL-1. Dall’eritrocita infetto vengono rilasciate
proteine legate a GPI, come gli antigeni di superficie del merozoite,
che inducono la produzione di citochine da parte della cellula
ospite con un meccanismo ancora sconosciuto. Queste citochine
sopprimono l’eritropoiesi, fanno aumentare la febbre, inducono
Figura 8.49 Ciclo vitale di Plasmodium falciparum. ICAM-1, molecola
la produzione di ossido di azoto (portando a danno dei tessuti) e
di adesione intercellulare 1; RBC, globulo rosso. (Disegnata dal Dr. Jeffrey promuovono l’espressione di recettori endoteliali per PfEMP1,
Joseph, Beth Israel-Deaconess Hospital, Boston, MA) incrementando il fenomeno di sequestro degli eritrociti.
380 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Resistenza dell’ospite al Plasmodium. Vi sono due meccanismi


generali di resistenza a Plasmodium. Il primo è rappresentato da
alterazioni ereditarie dei globuli rossi che rendono i soggetti resi-
stenti. Il secondo è dovuto a ripetute o prolungate esposizioni al
Plasmodium che stimolano la risposta immunitaria riducendo la
gravità della malattia.
Molte mutazioni comuni nei geni dell’emoglobina conferiscono
resistenza alla malaria. I soggetti eterozigoti per il gene della drepa-
nocitosi (HbS) si infettano con P. falciparum, ma hanno un tasso di
mortalità per malaria molto inferiore agli altri. Il gene HbS determina
una netta riduzione della crescita dei parassiti o la loro morte a causa
delle basse concentrazioni di ossigeno. La distribuzione geografica
del carattere HbS è simile a quella di P. falciparum, e ciò fa pensare a
una selezione del carattere della drepanocitosi nella popolazione,
mediata dalla presenza del parassita. La presenza di HbC, un’altra
comune mutazione a carico dell’emoglobina, protegge i portatori dalla
forma grave di malaria in quanto riduce la proliferazione del parassita.
Alcune persone risultano resistenti alla malaria grazie alla mancanza Figura 8.50 Colorazione di Field di eritrociti infettati da Plasmodium
falciparum che vanno incontro a marginazione in un capillare nella malaria
di proteine a cui il parassita si lega. P. vivax penetra nei globuli rossi cerebrale. (Per gentile concessione del Dr. Dan Milner, Department of
legandosi all’antigene di gruppo sanguigno Duffy. Molti africani, tra Pathology, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA)
cui la maggior parte della popolazione del Gambia, non sono sensibili
all’infezione da P. vivax poiché non presentano l’antigene Duffy.
I soggetti che vivono in aree dove il Plasmodium è endemico
sviluppano spesso una resistenza mediata dal sistema immunitario Nella malaria cerebrale maligna causata da P. falciparum, i
nei confronti della malaria, che si evidenzia in una diminuzione vasi cerebrali sono ostruiti da eritrociti contenenti parassiti
della gravità della malattia, anche se vi è infezione. Gli anticorpi e i (Fig. 8.50). Intorno ai vasi sanguigni vi sono emorragie ad
linfociti T specifici contro il Plasmodium riducono le manifestazioni anello probabilmente dovute all’ipossia locale con stasi va-
cliniche della malattia, sebbene il parassita abbia sviluppato strategie scolare e piccole reazioni infiammatorie focali (chiamate
per eludere le difese immunitarie dell’ospite. P. falciparum utilizza granulomi malarici o di Dürck). In caso di ipossia più grave
variazioni antigeniche per eludere l’azione anticorpale rivolta contro si verificano degenerazione dei neuroni, ischemie focali e,
PfEMP1. Ogni genoma aploide di P. falciparum presenta circa 50 occasionalmente, infiltrati infiammatori nelle meningi.
geni var, ognuno dei quali codifica per una variante di PfEMP1. Il In pazienti con infezione cronica, l’anemia progressiva e la
meccanismo di regolazione di var non è conosciuto, in ogni caso stasi vascolare possono provocare lesioni cardiache focali
almeno il 2% dei parassiti modifica i geni per PfEMP1 a ogni gene- aspecifiche dovute a ipossia. In alcuni casi il miocardio mo-
razione. Anche i linfociti T citotossici potrebbero essere importanti stra infiltrati interstiziali. Infine, nel paziente immunodepres-
nella resistenza a P. falciparum. Nonostante gli sforzi, vi sono stati so la morte può sopraggiungere per edema polmonare o per
pochi progressi nello sviluppo di un vaccino contro la malaria. shock con coagulazione disseminata, a volte in assenza delle
lesioni caratteristiche.

Morfologia L’infezione da Plasmodium falciparum causa


inizialmente congestione e ingrossamento della milza, che
può arrivare a superare un peso di 1.000 g. La diagnosi di Babesiosi
malaria si basa sull’identificazione dei parassiti presenti negli
eritrociti. Vi è inoltre un’aumentata attività fagocitica dei Babesia microti e Babesia divergens sono protozoi simili a quello
macrofagi nella milza. Nell’infezione malarica cronica, la malarico trasmessi dalle stesse zecche del cervo che veicolano la
milza diviene progressivamente fibrosa e fragile, con una malattia di Lyme e l’ehrlichiosi granulocitica.114 Il serbatoio naturale
spessa capsula e trabecole di tessuto fibroso. Il parenchima di B. microti è il topo dalle zampe bianche e in alcune zone pratica-
assume una colorazione grigio-nerastra, perché i fagociti mente tutti i topi hanno una parassitemia persistente. B. microti
contengono emozoina, un pigmento bruno-nerastro granu- sopravvive bene nel sangue refrigerato e sono stati riportati diversi
lare leggermente birifrangente. Inoltre, sono presenti nume- casi di babesiosi acquisita mediante trasfusione. Le Babesie paras-
rosi macrofagi contenenti parassiti, eritrociti e detriti. sitano i globuli rossi e causano febbre e anemia emolitica. I sintomi
Con la progressione della malattia, il fegato si ingrandisce sono lievi tranne che nei soggetti debilitati o splenectomizzati, i quali
ancora e aumenta il contenuto di pigmenti. Le cellule di sviluppano parassitemie gravi e a volte fatali.
Kupffer sono infarcite di pigmento malarico, parassiti e detriti
cellulari e il pigmento è evidenziabile anche nelle cellule
parenchimali. I fagociti pigmentati possono inoltre essere Morfologia Negli strisci di sangue, gli organismi del genere
ritrovati nel midollo osseo, nei linfonodi, nel tessuto sotto- Babesia assomigliano allo stadio ad anello di P. falciparum,
cutaneo e nei polmoni. I reni sono spesso aumentati di vo- anche se mancano di pigmento emozoinico e risultano più
lume e congesti, con glomeruli cosparsi di pigmento e cilindri pleomorfi. Gli inclusi di Babesia hanno inoltre una forma
di emoglobina nei tubuli. caratteristica (croce maltese), che ha valore diagnostico
CAPITOLO 8 Malattie infettive 381

L’entità della diffusione dell’amastigote all’interno dell’organismo


dipende dalla specie di Leishmania e dall’ospite. La patologia cutanea
è causata principalmente da Leishmania major e Leishmania tropica
nel Vecchio Mondo e da Leishmania mexicana e Leishmania brazi-
liensis nel Nuovo Mondo; la patologia mucocutanea (chiamata anche
espundia) è causata da L. braziliensis nel Nuovo Mondo e la patologia
viscerale che coinvolge fegato, milza e midollo osseo è causata da
Leishmania donovani e Leishmania infantum nel Vecchio Mondo
e da Leishmania chagasi nel Nuovo Mondo. Il tropismo delle specie
di Leishmania sembra essere legato in parte alla temperatura ottimale
per la loro crescita. I parassiti che causano patologia viscerale
­crescono meglio a 37 °C in vitro, mentre i parassiti che causano
patologia mucocutanea crescono meglio a temperature più basse.
Tuttavia, le specie “cutanee” di Leishmania spesso sono viscerotro-
Figura 8.51 Eritrociti con Babesia, compresa la tipica forma a croce
di Malta. (Per gentile concessione di Lynne Garcia, LSG and Associates,
piche nei pazienti con HIV.
Santa Monica, CA) Leishmania inganna le difese naturali dell’ospite per facilitarsi
l’ingresso e la sopravvivenza nei macrofagi dell’ospite.118 I proma-
stigoti producono due abbondanti glicoconiugati di superficie, che
sembrano essere importanti per la loro virulenza. Il primo, il lipo-
(Fig. 8.51). Il livello di parassitemia da B. microti è un buon fosfoglicano, forma un denso glicocalice che attiva il complemento
indicatore della gravità dell’infezione (circa l’1% nei casi lievi (portando alla deposizione di C3b sulla superficie del parassita) e
e fino al 30% negli individui splenectomizzati). Nei casi a esito inibisce l’azione del complemento stesso (impedendo l’inserimento
letale, le lesioni sono correlate allo shock e all’ipossia e com- del complesso di attacco della membrana nella membrana del pa-
prendono ittero, necrosi epatica, necrosi tubulare renale rassita). Di conseguenza, il parassita risulta rivestito di C3, ma evita
acuta, sindrome da stress respiratorio dell’adulto, eritrofa- la distruzione mediata dal complesso di attacco della membrana. Il
gocitosi ed emorragie viscerali. C3b sulla superficie del parassita si lega invece al Mac-1 e al CR1 sui
macrofagi, rendendo il promastigote un bersaglio per la fagocitosi.
Una volta dentro il macrofago, il lipofosfoglicano protegge il paras-
sita all’interno del fagolisosoma, inattivando i radicali dell’ossigeno
Leishmaniosi e inibendo gli enzimi lisosomiali. La seconda glicoproteina di su-
perficie, gp63, è una proteinasi zinco-dipendente che scinde il com-
La leishmaniosi è una malattia infiammatoria cronica della cute, delle plemento e alcuni enzimi lisosomiali antimicrobici. La gp63 si lega
membrane mucose o degli organi interni causata da protozoi parassiti anche ai recettori per la fibronectina sui macrofagi e favorisce così
intracellulari obbligati appartenenti all’ordine dei Kinetoplastidi, l’adesione alla cellula bersaglio. Gli amastigoti di Leishmania pro-
trasmessi tramite la puntura di flebotomi infetti. La leishmaniosi è ducono anche molecole che ne facilitano la sopravvivenza e la re-
endemica in tutto il Medio Oriente, nell’Asia meridionale, in Africa plicazione all’interno dei macrofagi. Gli amastigoti si riproducono
e in America Latina (e anche Sud Europa). Può anche essere epide- nei fagolisosomi macrofagici, che normalmente hanno un pH di 4,5,
mica, come accade in Sudan, India, Bangladesh e Brasile, dove decine ma si proteggono da questo ambiente ostile esprimendo una ATPasi
di migliaia di persone sono morte di leishmaniosi viscerale. L’infezione di trasporto dei protoni, che mantiene il pH intracellulare del pa-
da Leishmania, come altri organismi intracellulari (micobatteri, Hi- rassita a 6,5.
stoplasma, Toxoplasma e tripanosomi), è aggravata da condizioni che Molte delle nostre conoscenze sui meccanismi di resistenza e di
interferiscono con la funzione T cellulare, come l’AIDS.115 Per diagno- suscettibilità a Leishmania provengono da modelli sperimentali
sticare l’infezione vengono utilizzate la coltura o l’esame istologico. murini.118 Nell’uomo e nel topo sono necessari i linfociti T-helper
Patogenesi. Il ciclo vitale di Leishmania comprende due forme: il CD4+ del sottogruppo TH1 specifici per il parassita, per controllare
promastigote, che si sviluppa e vive in ambiente extracellulare nel Leishmania. La Leishmania elude la risposta immunitaria dell’ospite
vettore flebotomo, e l’amastigote, che si moltiplica nel citoplasma dei alterando l’espressione genica dei macrofagi e compromettendo lo
macrofagi dell’ospite. Il serbatoio naturale di Leishmania è rappresen- sviluppo della risposta TH1. Nei modelli animali, i topi resistenti
tato da mammiferi, come i roditori, i cani e le volpi. Quando gli insetti all’infezione da Leishmania producono elevati livelli di IFN-g di
vettori pungono uomini o animali infetti, ingeriscono macrofagi derivazione TH1, che portano i macrofagi a uccidere il parassita
contenenti gli amastigoti. Questi ultimi si differenziano in promasti- tramite ossidazione. Al contrario, nei ceppi murini suscettibili alla
goti, che si moltiplicano nel canale alimentare del flebotomo migrando leishmaniosi, vi è una predominanza della risposta TH2 e le citochine
poi alle ghiandole salivari, da dove vengono trasmessi all’ospite suc- TH2, come IL-4, IL-13 e IL-10, impediscono l’efficace uccisione di
cessivo. Quando il flebotomo infetto punge una persona, i sottili Leishmania a causa dell’inibizione dell’attività battericida dei
promastigoti flagellati vengono rilasciati nel derma dell’ospite insieme macrofagi.
alla saliva del flebotomo, che potenzia l’infettività del parassita.116 I
promastigoti vengono fagocitati dai macrofagi e l’acidità all’interno
del fagolisosoma ne induce la trasformazione in amastigoti, tondi, Morfologia Le specie di Leishmania producono quattro
privi di flagelli ma contenenti un singolo mitocondrio il cui DNA è diversi tipi di lesioni negli esseri umani: viscerali, cutanee,
ammassato in un suborganulo unico, il chinetoplasto.117 Gli amastigoti mucocutanee e cutanee diffuse. Nella leishmaniosi viscerale,
proliferano all’interno dei macrofagi che, quando vanno in apoptosi, i parassiti L. donovani o L. chagasi invadono tutto il sistema
rilasciano numerosi amastigoti che possono infettare altri fagociti.
382 CAPITOLO 8 Malattie infettive

i­nfiammatoria del tessuto diventa granulomatosa e il nu-


mero di parassiti diminuisce. Infine, le lesioni regrediscono
e cicatrizzano, sebbene sia possibile una riattivazione dopo
lunghi intervalli di tempo con meccanismi non ancora
conosciuti.
La leishmaniosi cutanea diffusa è una rara forma di infezione
cutanea, ancora presente in Etiopia, nell’Africa orientale e
nell’America centrale e meridionale. La leishmaniosi cutanea
diffusa inizia come un singolo nodulo della cute, che progres-
sivamente diffonde sino a che l’intero corpo non è rivestito
da lesioni nodulari. Dal punto di vista microscopico, i noduli
contengono aggregati di macrofagi schiumosi infarciti di
Leishmania.

Tripanosomiasi africana
Figura 8.52 Colorazione di Giemsa di un macrofago con il parassita
Leishmania donovani. (Per gentile concessione del Dr. Milner, Department
of Pathology, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA) I tripanosomi africani sono parassiti kinetoplastidi che proliferano
con forme extracellulari nel sangue e provocano stati febbrili pro-
lungati o intermittenti, linfoadenopatia, splenomegalia, disturbi
cerebrali progressivi (malattia del sonno), cachessia e morte. Le
dei fagociti mononucleati (Fig. 8.52) e provocano una grave infezioni da Trypanosoma brucei rhodesiense, che si possono osser-
malattia sistemica caratterizzata da epatosplenomegalia, vare nell’Africa orientale, sono spesso acute e virulente. L’infezione
linfoadenopatia, pancitopenia, febbre e calo ponderale. La da Trypanosoma brucei gambiense tende a essere cronica e si osserva
milza può raggiungere i 3 kg di peso e il diametro dei linfo- in genere nelle foreste africane dell’ovest. Le mosche tse-tse (genere
nodi può misurare anche 5 cm. I fagociti sono ingranditi e Glossina) trasmettono il Trypanosoma africano dal serbatoio natu-
infarciti di Leishmania, sono presenti molte plasmacellule e rale dei parassiti, rappresentato da animali selvatici o domestici (T.
può essere scompaginata la normale architettura splenica. brucei rhodesiense) e dall’uomo (T. brucei gambiense). I parassiti si
Negli stadi tardivi il fegato diviene progressivamente fibroso. moltiplicano nello stomaco della mosca e successivamente nelle
I fagociti invadono il midollo osseo e possono essere ritrovati ghiandole salivari prima di diventare tripomastigoti che non si
anche nei polmoni, nel tratto gastrointestinale, nei reni, nel dividono e vengono trasmessi a uomini e animali.
pancreas e nei testicoli. Spesso vi è iperpigmentazione della Patogenesi. Il tripanosoma africano è ricoperto da una singola,
cute nei pazienti provenienti dal Sud-est asiatico, per cui la abbondante proteina ancorata a glicolipidi, chiamata glicoproteina
malattia viene chiamata kala-azar o “febbre nera” in urdu (la di superficie variabile (Variable Surface Glycoprotein, VSG).119
lingua parlata in India e Pakistan). A livello renale si può Durante la proliferazione parassitaria nel torrente circolatorio
manifestare una glomerulonefrite mesangioproliferativa l’ospite produce anticorpi diretti contro VSG, i quali, in associa-
mediata da immunocomplessi e nei casi più avanzati può zione ai fagociti, uccidono la maggior parte dei microrganismi,
verificarsi anche deposizione di amiloide. La massiccia infe- provocando un picco febbrile. Un piccolo numero di parassiti
zione delle cellule fagocitiche predispone il paziente a supe- subisce tuttavia un riarrangiamento genetico ed espone una VSG
rinfezioni batteriche secondarie, che sono in genere la causa differente sulla propria superficie eludendo la risposta immuni-
di morte. Le emorragie correlate alla trombocitopenia pos- taria. Questi tripanosomi riarrangiati si moltiplicano fino a quan-
sono essere anch’esse fatali. do l’ospite non elabora una risposta anticorpale contro la nuova
La leishmaniosi cutanea, causata da L. major, L. mexicana e VSG e ne uccide la maggior parte, ma un altro clone con un nuovo
L. braziliensis, è una malattia relativamente lieve e localizzata, VSG prende il sopravvento. In questo modo il tripanosoma afri-
che consiste in una o più ulcere sulla cute. La lesione ha inizio cano elude la risposta immunitaria determinando la comparsa di
come una papula circondata da indurimento, si evolve in successivi picchi febbrili prima di invadere in ultimo il SNC.
un’ulcera poco profonda e in espansione, spesso con margini Il tripanosoma ha molti geni per la VSG e di volta in volta ne
sopraelevati, e solitamente guarisce per involuzione entro viene espresso solo uno. Il parassita usa un meccanismo partico-
6-18 mesi senza trattamento. All’esame microscopico la le- lare per “accendere e spegnere” i geni VSG.119 Sebbene i geni VSG
sione è granulomatosa, di solito con molte cellule giganti e siano sparsi per tutto il genoma del tripanosoma, sono espressi
pochi parassiti. soltanto quelli che si trovano all’interno di regioni cromosomiche
La leishmaniosi mucocutanea causata da L. braziliensis è dette bloodstream expression sites (sedi di espressione circolatoria),
riscontrata solamente nel Nuovo Mondo. Si sviluppano localizzate nei telomeri (le estremità dei cromosomi). Nuovi geni
nelle aree rinofaringee lesioni umide, che possono essere VSG vengono spostati verso i bloodstream expression sites so-
ulcerate e deturpanti, progressive e altamente distruttive. prattutto mediante ricombinazione omologa.
L’esame microscopico rivela un infiltrato infiammatorio Un meccanismo di trascrizione scarsamente compreso, che
misto composto di macrofagi contenenti il parassita con coinvolge la RNA polimerasi che trascrive i geni VSG, si associa
linfociti e plasmacellule. Successivamente, la risposta a un singolo bloodstream expression site per limitare l’espressione
a un solo gene VSG alla volta.
CAPITOLO 8 Malattie infettive 383

f­ agosoma e lisosoma. Il pH basso del lisosoma attiva, oltre allo


Morfologia Nella sede della puntura dell’insetto si forma sviluppo dell’amastigote, proteine formanti pori che alterano la
un grosso sifiloma rosso e gommoso, nel quale un gran membrana lisosomiale, liberando il parassita nel citoplasma cellu-
numero di parassiti è circondato da un infiltrato infiamma- lare. I parassiti si riproducono come amastigoti di forma tonda nel
torio denso, rappresentato soprattutto da mononucleati. citoplasma della cellula ospite e quindi sviluppano flagelli, lisano la
Quando la malattia cronicizza, i linfonodi e la milza si ingros- cellula ospite, entrano nel flusso ematico e penetrano nel muscolo
sano a causa dell’infiltrato di linfociti, plasmacellule e ma- liscio, scheletrico e cardiaco.
crofagi infarciti di parassiti morti. I tripanosomi che sono Nella malattia di Chagas acuta, di natura lieve nella maggior parte
piccoli e difficilmente visualizzabili (Fig. 8.53), si concentrano degli individui, il danno cardiaco deriva dall’invasione diretta delle
nelle anse capillari, ad esempio nel plesso corioideo e nei cellule del miocardio da parte del microrganismo e dalla conseguen-
glomeruli. Quando i parassiti fanno breccia nella barriera te infiammazione. Raramente la malattia di Chagas acuta si presenta
ematoencefalica e invadono il SNC, si sviluppa una leptome- con parassitemia elevata, febbre, progressiva dilatazione e insuffi-
ningite che si estende fino agli spazi perivascolari di Virchow- cienza cardiaca, spesso con linfoadenopatia generalizzata o spleno-
Robin e in ultimo si verifica una panencefalite demielinizzan- megalia. Nella sindrome di Chagas cronica, che compare nel 20% dei
te. Sono frequenti plasmacellule che contengono globuli pazienti, 5-15 anni dopo l’infezione iniziale, la patogenesi del danno
citoplasmatici infarciti di immunoglobuline e vengono chia- cardiaco e del tratto digerente è controversa; verosimilmente è il
mate cellule di Mott. La malattia cronica conduce a cachessia risultato della risposta immunitaria indotta da T. cruzi, che rimane
progressiva e i pazienti, privi di energia e di una normale presente con pochi parassiti. Un notevole infiltrato infiammatorio
funzionalità cerebrale, si lasciano morire. del miocardio può essere indotto da pochi microrganismi.121 In al-
ternativa, i parassiti possono indurre una risposta autoimmune tale
per cui gli anticorpi e le cellule T che riconoscono le proteine del
parassita cross-reagiscono con le cellule miocardiche e nervose e
Malattia di Chagas con proteine extracellulari come la laminina. Le lesioni a carico delle
cellule miocardiche e delle vie di conduzione causano una miocar-
Il Trypanosoma cruzi è un parassita intracellulare kinetoplastide, diopatia dilatativa e aritmie, mentre il danno al plesso mioenterico
che causa la tripanosomiasi americana, o malattia di Chagas. La determina dilatazione di colon (megacolon) ed esofago.
malattia di Chagas si verifica raramente negli Stati Uniti e in Messico,
mentre è più comune in America meridionale, in particolare in
Brasile. Il parassita T. cruzi infetta molti animali, compresi gatti, cani Morfologia Nella miocardite acuta, letale, le alterazioni
e roditori. I parassiti si trasmettono tra animali e agli umani dai sono diffusamente distribuite in tutto il cuore. Ammassi di
triatomidi, che si nascondono nelle fenditure di case mal costruite, amastigoti determinano il rigonfiamento delle fibre miocar-
si nutrono sulle persone durante il sonno e trasmettono i parassiti diche e formano pseudocisti intracellulari. Compare necrosi
con le feci; l’agente infettivo penetra nell’ospite attraverso la cute focale dei miocardiociti accompagnata da un infiltrato in-
danneggiata o le membrane mucose. Nella sede cutanea d’ingresso fiammatorio interstiziale acuto, denso e abbondante, osser-
si può formare un nodulo eritematoso transitorio, detto chagoma. vabile in tutto il miocardio, spesso associato a dilatazione
Patogenesi. Mentre la maggior parte degli agenti patogeni intra- delle quattro cavità cardiache (Cap. 12).
cellulari evita il contenuto tossico dei lisosomi, T. cruzi richiede Nella malattia di Chagas cronica, il cuore è dilatato, arroton-
effettivamente una breve esposizione al fagolisosoma acido per dato e aumentato di dimensioni e di peso. Possono spesso
stimolare lo sviluppo degli amastigoti, lo stadio intracellulare del verificarsi trombi murali che, in circa la metà dei reperti au-
parassita.120 Per ottenere l’esposizione ai lisosomi, i tripomastigoti toptici, hanno determinato infarti o emboli polmonari o si-
di T. cruzi stimolano un aumento nella concentrazione di calcio stemici. All’esame istologico, vi sono infiltrati interstiziali e
citoplasmatico nella cellula ospite, che promuove la fusione di perivascolari composti da linfociti, plasmacellule e monociti.
Si possono trovare focolai sparsi di necrosi dei miocardiociti
e fibrosi interstiziale, in particolar modo verso l’apice del
ventricolo sinistro, che può andare incontro a dilatazione
aneurismatica e assottigliamento. Nei focolai endemici in
Brasile, circa la metà dei pazienti con miocardite letale pre-
senta anche dilatazione esofagea o colica, legata al danno
all’innervazione intrinseca di questi organi. In ogni caso, nelle
fasi tardive della malattia, quando compaiono queste lesioni,
nei gangli non è più possibile trovare parassiti. La miocar-
diopatia cronica di Chagas viene spesso trattata con trapianto
cardiaco.

Metazoi

I metazoi sono organismi eucarioti pluricellulari. I metazoi parassiti


Figura 8.53 Parassiti lunghi e sottili nel torrente circolatorio nella vengono trasmessi attraverso l’ingestione di carne poco cotta, o
tripanosomiasi africana. mediante invasione diretta mediante la puntura di insetti vettori. I
384 CAPITOLO 8 Malattie infettive

metazoi si localizzano in diverse parti del corpo, come intestino,


cute, polmone, fegato, muscoli e vasi sanguigni e linfatici. Le infe-
zioni vengono diagnosticate tramite identificazione microscopica
delle larve o delle uova nelle escrezioni o nei tessuti e tramite
sierologia.

Strongiloidosi
Strongyloides stercoralis infetta decine di milioni di persone nel
mondo. È endemico negli Stati Uniti sud-orientali, in America
meridionale, nell’Africa subsahariana e nel Sud-est asiatico. I vermi
vivono nel suolo e infettano l’uomo quando le larve penetrano nella
cute, vengono veicolate dal sangue ai polmoni e quindi fino alla
trachea per essere successivamente ingerite. Le femmine si localiz-
zano nella mucosa dell’intestino tenue, dove producono uova per
riproduzione asessuata (partenogenesi). La maggior parte delle larve
passa nelle feci e può contaminare il suolo perpetuando il ciclo di Figura 8.54 Iperinfezione da Strongyloides in un paziente trattato con
alte dosi di cortisonici. Una femmina, le sue uova e le larve rabditoidi sono
infezione. dentro le cripte duodenali; larve filariformi stanno penetrando nei vasi
In ospiti immunocompetenti, S. stercoralis può provocare diarrea, ematici e nella muscolaris mucosae. (Per gentile concessione del Dr. Franz
flatulenza e occasionalmente malassorbimento. A differenza di altri C. Von Lichtenberg, Brigham e del Women’s Hospital, Boston, MA)
vermi, le larve di S. stercoralis nascono nell’intestino e possono in-
vadere la mucosa del colon e causare nuove infezioni (autoinfezio-
ne). I soggetti immunocompromessi, in particolare coloro che sono in due modi, con esiti diversi. (1) L’ingestione di carne di maiale
sottoposti a una prolungata terapia con corticosteroidi, possono ospi- poco cotta che contiene cisti larvali, chiamate cisticerchi, conduce
tare una quantità di vermi estremamente elevata a causa dell’autoin- allo sviluppo di vermi adulti nell’intestino. Le cisti ingerite si attac-
fezione incontrollata. Questa infezione può essere complicata da sepsi cano alla parete intestinale e si formano vermi adulti, che possono
provocata da batteri intestinali, veicolati nel sangue dalle larve. raggiungere anche vari metri di lunghezza e che possono provocare
una leggera sintomatologia addominale. (2) Quando un ospite in-
termedio (suino o umano) ingerisce le uova con cibo o acqua con-
Morfologia Nella strongiloidosi lieve, i vermi, soprattutto taminata da feci umane, le larve si ancorano, penetrano nella parete
in forma larvale, sono presenti nelle cripte duodenali, ma intestinale, si disseminano per via ematogena e formano cisti in
non sono rilevabili nel tessuto sottostante. Nella lamina diversi organi. Le cisti di T. solium nel tessuto cerebrale causano
propria compare un infiltrato eosinofilo con edema della convulsioni, aumento della pressione intracranica e disturbi neuro-
mucosa. L’infezione disseminata con S. stercoralis provoca logici.124 Con questo tipo di infezione non si sviluppano vermi adulti.
l’invasione di larve nella sottomucosa colica e nei vasi linfa- Cisti vive di T. solium spesso non producono sintomi e possono
tici ed ematici, con un infiltrato di mononucleati. Nelle cripte evadere le difese immunitarie dell’ospite producendo teniastatina e
duodenali e a livello dell’ileo sono presenti molti vermi adulti, paramiosina, che sembrano inibire l’attivazione del complemento.125
larve e uova (Fig. 8.54). È possibile trovare i vermi a tutti gli Quando i cisticerchi muoiono e degenerano, si sviluppa una risposta
stadi di sviluppo anche in altri organi, ad esempio nella cute infiammatoria. La Taenia saginata, cestode della carne bovina, e il
e nei polmoni ed è possibile ritrovarli in numero elevato Diphyllobothrium latum, il cestode del pesce, vengono trasmessi
anche nell’espettorato. ingerendo carne o pesce poco cotti. Nell’uomo questi parassiti vi-
vono solo nell’intestino e non formano cisticerchi.
La malattia idatidea è causata dall’ingestione di uova di echino-
cocco.123 Per Echinococcus granulosus gli ospiti definitivi sono i cani
Cestodi: cisticercosi e idatidosi mentre le pecore sono solitamente ospiti intermedi. Per Echinococcus
multilocularis, la volpe è il più importante ospite definitivo mentre
Taenia solium ed Echinococcus granulosus sono cestodi (vermi a i roditori sono ospiti intermedi. Gli esseri umani sono ospiti inter-
nastro) che causano rispettivamente cisticercosi e infezioni medi accidentali, che si infettano ingerendo cibo contaminato da
idatidee.122,123 Entrambe le malattie sono causate da larve che si uova liberate da cani o volpi. Le uova si schiudono nel duodeno e
sviluppano dopo l’ingestione di uova di cestodi. Questi vermi pre- invadono il fegato, i polmoni o le ossa.
sentano un ciclo vitale complesso che richiede due ospiti mammiferi:
un ospite definitivo, nel quale il verme raggiunge la maturazione
sessuale e un ospite intermedio, nel quale non raggiunge la matura- Morfologia I cisticerchi si possono trovare in ogni organo,
zione sessuale. le localizzazioni più frequenti sono nel cervello, nei muscoli,
I cestodi del genere T. solium sono costituiti da una testa (scolice), nella cute e nel cuore. I sintomi cerebrali dipendono dalla
che presenta organi di suzione e uncini che si ancorano alla parete precisa localizzazione delle cisti, che possono essere intra-
intestinale, un collo e molti segmenti piatti, chiamati proglottidi, che parenchimali, sull’aracnoide o fluttuanti nel sistema ventri-
contengono gli organi riproduttivi femminili e maschili. Dietro lo colare. Le cisti sono ovoidali, di un colore che va dal bianco
scolice si sviluppano nuove proglottidi. Le proglottidi più distali all’opalescente, spesso delle dimensioni di un chicco d’uva
sono quelle mature, contengono molte uova e possono staccarsi ed e contengono uno scolice invaginato con uncini immersi nel
essere liberate nelle feci. La T. solium può essere trasmessa all’uomo
CAPITOLO 8 Malattie infettive 385

Le larve di T. spiralis si sviluppano nell’intestino dell’uomo, dove


divengono vermi adulti, si accoppiano e liberano nuove larve che
penetrano nei tessuti. Le larve si disseminano per via ematica
e penetrano nelle cellule muscolari, causando febbre, mialgia, eosi-
nofilia marcata ed edema periorbitale. Meno comunemente, i pa-
zienti sviluppano dispnea, encefalite e insufficienza cardiaca. Nella
muscolatura striata scheletrica le larve di T. spiralis diventano pa-
rassiti intracellulari, aumentano di dimensioni e modificano la
cellula muscolare ospite (che prende il nome di cellula balia) che
perde le striature, viene circondata da una capsula di collagene e da
un plesso di vasi sanguigni neoformati.126 Il complesso cellula balia-
parassita è sostanzialmente asintomatico e il verme può persistere
per anni prima di morire e calcificarsi. Gli anticorpi contro gli an-
tigeni larvali, che comprendono un epitopo glicidico immunodo-
minante chiamato tivelosio, possono ridurre la reinfezione e sono
utili per la diagnosi sierologica della malattia.127
Figura 8.55 Porzione di una cisti di cisticercosi nella cute. T. spiralis e altri nematodi stimolano una risposta TH2, con pro-
duzione di IL-4, IL-5, IL-10 e IL-13. Le citochine prodotte da parte
dalle cellule TH2 attivano eosinofili e mastociti, associati alla risposta
infiammatoria contro questi parassiti. Nei modelli animali di infe-
fluido cistico limpido (Fig. 8.55). La parete cistica è più spessa zioni da T. spiralis, la risposta TH2 è associata a un’aumentata con-
di 100 mm, è ricca di glicoproteine e, se intatta, evoca scarsa trattilità dell’intestino, che espelle il verme adulto dal lume intesti-
risposta dell’ospite. Se tuttavia la cisti degenera, compare nale e contribuisce quindi a ridurre il numero di larve nei muscoli.128
infiammazione, seguita da cicatrizzazione focale e calcifica- Il meccanismo tramite cui le risposte TH2 aumentano la motilità
zioni, che possono essere evidenziate radiologicamente. intestinale non è chiaro, sebbene siano certamente implicati IL-4,
Circa due terzi delle cisti umane di E. granulosus si localiz- IL-13 e la degranulazione dei mastociti. Mentre la risposta TH2 ri-
zano nel fegato, il 5-15% nei polmoni e il resto nelle ossa, nel duce indirettamente il numero di larve nel muscolo eliminando gli
cervello e in altri organi. Nei vari organi, le larve si insediano adulti dall’intestino, non è chiaro se la risposta infiammatoria intra-
nei capillari e inizialmente determinano una reazione infiam- muscolare, che è composta da cellule mononucleate ed eosinofili,
matoria composta principalmente da leucociti mononucleati sia efficace contro le larve.
ed eosinofili. Molte delle larve vengono uccise, ma altre rie-
scono a incistarsi. Inizialmente le cisti hanno dimensioni
microscopiche, ma progressivamente si ingrandiscono e in Morfologia Durante la fase invasiva della trichinosi, la
5 anni possono raggiungere il diametro di più di 10 cm. Uno distruzione delle cellule può essere notevole e può essere
strato interno germinativo nucleato e uno esterno opaco non letale. Nel cuore, si possono trovare foci di miocardite in-
nucleato circondano un liquido opalescente. Lo strato ester- terstiziale caratterizzati da molti eosinofili e cellule giganti.
no non nucleato è caratteristico con innumerevoli lamine La miocardite può condurre a cicatrizzazione. Le larve nel
delicate. Al di fuori di questo strato opaco vi è la reazione cuore non formano cisti e sono difficili da identificare poiché
infiammatoria dell’ospite composta da fibroblasti, cellule muoiono e scompaiono. A livello dei polmoni, le larve in-
giganti, mononucleati ed eosinofili. Col passare del tempo trappolate provocano edema focale ed emorragie, talvolta
si forma una densa capsula fibrosa. Spesso all’interno con infiltrato eosinofilo di tipo allergico. Nel SNC, le larve
dell’ampia cisti madre si sviluppano cisti figlie. Queste cisti provocano un ampio infiltrato di linfociti ed eosinofili, con
figlie appaiono inizialmente come piccole proiezioni dello gliosi focale all’interno e attorno ai piccoli capillari del
strato germinativo che sviluppano una vescicola centrale e cervello.
successivamente formano una piccola capsula. Gli scolici del Trichinella spiralis si incista preferibilmente nella muscola-
verme degenerati producono un fine sedimento simile a tura scheletrica striata maggiormente irrorata, come il dia-
sabbia all’interno del fluido idatideo (“sabbia idatidea”). framma, i muscoli extraoculari, e i muscoli laringei, deltoide,
gastrocnemio e intercostali (Fig. 8.56). Le larve a forma di
spirale sono lunghe circa 1 mm e sono circondate da vacuoli
Trichinosi legati alla membrana all’interno della cellula infettata, che a
sua volta è circondata da nuovi vasi e da un infiltrato di mo-
Trichinella spiralis è un parassita nematode che viene trasmesso per nonucleati prevalentemente eosinofili. Tale infiltrato è mag-
ingestione di larve nella carne poco cotta proveniente da animali giore intorno ai parassiti morti, che si calcificano e lasciano
infetti (solitamente maiali, cinghiali o cavalli) che sono stati a loro cicatrici caratteristiche, utili per la diagnosi di trichinosi.
volta infettatati dopo avere ingerito ratti o carne infettati da T. spi-
ralis. Negli Stati Uniti il numero di maiali infettati da T. spiralis è
stato fortemente ridotto dalle leggi che imponevano la cottura del Schistosomiasi
cibo o dei rifiuti utilizzati per la nutrizione dei suini, e questo ha
ridotto il numero di infezioni umane riportate negli Stati Uniti a La schistosomiasi infetta circa 200 milioni di persone e ne uccide
circa 100 ogni anno. Nonostante ciò la trichinosi è diffusa dove si più di 100.000 ogni anno. La mortalità è in genere dovuta a cirrosi
consuma carne poco cotta. epatica causata da Schistosoma mansoni in America Latina, in Africa
386 CAPITOLO 8 Malattie infettive

Figura 8.56 Larve spiraliformi di Trichinella spiralis all’interno di una Figura 8.57 Granuloma di Schistosoma mansoni con un uovo conte-
cellula muscolare scheletrica. nente un miracidio (centro) e numerosi eosinofili.

e nel Medio Oriente e da Schistosoma japonicum e Schistosoma


mekongi in Asia.129 Inoltre, lo Schistosoma haematobium, presente Morfologia Nelle infezioni lievi da S. mansoni o S. japoni-
in Africa, causa ematuria e una malattia granulomatosa della ve- cum, si formano granulomi bianchi, a forma di capocchia di
scica, che provoca una patologia cronica ostruttiva dell’apparato spillo, sparsi nella compagine intestinale ed epatica. Al centro
urinario. del granuloma si trovano le uova di schistosoma, che con-
Patogenesi. La schistosomiasi viene trasmessa dalle lumache tengono un miracidio; questo, con l’andare del tempo, de-
d’acqua dolce che vivono in acque stagnanti di fiumi, laghi e fosse genera e si calcifica. I granulomi sono composti da macro-
da irrigazione delle zone tropicali: lo sviluppo dell’agricoltura è fagi, linfociti, neutrofili ed eosinofili; questi ultimi sono ca-
collegato infatti alla diffusione della malattia. Le larve di schistosoma ratteristici delle infezioni elmintiche (Fig. 8.57). Il fegato si
(cercarie) nuotano nell’acqua e penetrano nella cute umana con scurisce per la presenza di pigmenti derivati dall’eme rigur-
l’aiuto di potenti enzimi proteolitici che degradano lo strato chera- gitati dall’intestino degli schistosomi, che, come i pigmenti
tinico. Gli schistosomi migrano nei vasi periferici, attraversano il malarici, sono privi di ferro e si accumulano nelle cellule di
parenchima polmonare, maturano e si accoppiano nei vasi epatici, Kupffer e nei macrofagi splenici.
quindi migrano a coppie (maschio e femmina) e si insediano nel Nelle infezioni gravi da S. mansoni o S. japonicum, nel colon
sistema venoso portale o pelvico. Le femmine producono centinaia si possono formare dei foci infiammatori o degli pseudopo-
di uova al giorno, attorno alle quali si formano granulomi e fibrosi. lipi. La superficie del fegato è irregolare e la superficie di
Le uova di schistosoma producono proteasi e provocano reazioni taglio rivela granulomi e fibrosi diffusa, nonché aumento di
infiammatorie che sono necessarie per il trasferimento passivo delle dimensione degli spazi portali senza la comparsa di noduli
uova attraverso le pareti di intestino e vescica, permettendo alle uova di rigenerazione. In considerazione della forma questi
di essere deposte nelle feci o nell’urina. L’infezione delle lumache ­processi di fibrosi vengono denominati fibrosi a cannello di
d’acqua dolce completa il ciclo vitale. pipa (Fig. 8.58). La fibrosi spesso oblitera le vene portali,
Le uova che vengono trasportate dalla circolazione portale nel
parenchima epatico causano forti reazioni infiammatorie. La rispo-
sta immunitaria contro le uova di S. mansoni e S. japonicum nel
fegato causa la forma grave della schistosomiasi.130 Anche se la ri-
sposta immunitaria fornisce qualche protezione nel modello ani-
male, nell’uomo il risultato è la formazione di granulomi e fibrosi
epatica. La schistosomiasi acuta negli uomini può manifestarsi con
una grave malattia febbrile, che ha il suo acme circa 2 mesi dopo
l’infezione. La risposta delle cellule T-helper in questo stadio precoce
è dominata da linfociti TH1 e l’IFN-g prodotto dalle cellule T, stimola
i macrofagi a secernere elevati livelli di citochine TNF, IL-1 e IL-6
che causano la febbre. La schistosomiasi cronica è associata a una
predominanza di risposta TH2, sebbene persistano le cellule TH1. La
stimolazione dei linfociti TH2 può essere dovuta alle proteine pre-
senti nelle uova, che inducono le mastcellule a produrre IL-4, che a
sua volta stimola altri linfociti TH2 alla differenziazione amplificando
la reazione. Entrambi i tipi di cellule T-helper contribuiscono alla
formazione dei granulomi che circondano le uova nel fegato. La fi-
brosi epatica grave è una manifestazione seria della schistosomiasi
cronica. Nei modelli animali, IL-13, prodotta dalle cellule TH2, au- Figura 8.58 Fibrosi epatica dovuta a un’infezione cronica da Schisto-
menta la fibrosi stimolando la sintesi di collagene. soma japonicum.
CAPITOLO 8 Malattie infettive 387

ai recettori del TGFb dei mammiferi e regolare negativamente le


determinando ipertensione portale, grave splenomegalia risposte infiammatorie.132,133 In aggiunta, i batteri endosimbionti
congestizia, varici esofagee e ascite. Le uova di schistosoma, simili alle rickettsie del genere Wolbachia infettano le filarie e con-
deviate al polmone attraverso i vasi portali, possono produrre tribuiscono alla patogenesi della malattia.134 Wolbachia sembra essere
arterite polmonare granulomatosa, con iperplasia dell’intima, necessaria per lo sviluppo e la riproduzione del nematode, dal mo-
ostruzione arteriosa progressiva e infine insufficienza cardia- mento che gli antibiotici contro Wolbachia compromettono la so-
ca (cor pulmonale). All’esame istologico, le arterie a livello pravvivenza e la fertilità del nematode. È stato ipotizzato che anche
polmonare mostrano distruzione dello strato elastico da l’LPS di Wolbachia possa stimolare la risposta infiammatoria.
parte di granulomi e cicatrici, trombi endoluminali organizzati Nella filariasi linfatica cronica, il danno ai vasi linfatici è causato
e lesioni angiomatoidi simili a quelle dell’ipertensione pol- direttamente dai parassiti adulti e da una risposta immunitaria TH1-
monare idiopatica (Cap. 15). I pazienti con schistosomiasi mediata, che stimola la formazione di granulomi attorno ai parassiti
epatosplenica presentano inoltre un’aumentata frequenza di adulti. Le microfilarie sono nella maggior parte dei casi assenti dal
glomerulopatie mesangioproliferative o membranose torrente ematico.
(Cap. 20), nelle quali i glomeruli contengono depositi di im- Infine, vi può essere un’ipersensibilità IgE-mediata alle microfi-
munoglobuline IgG e complemento, ma raramente antigeni larie nell’eosinofilia polmonare tropicale. Le IgE e gli eosinofili pos-
schistosomici. sono essere stimolati da IL-4 e IL-5, rispettivamente, secreti da
Nell’infezione da S. haematobium compaiono precocemente linfociti T-helper TH2 specifici contro la filaria. L’eosinofilia pol-
cistiti infiammatorie dovute a massiva deposizione di uova monare tropicale si osserva più comunemente negli individui di
e granulomi, che portano a erosioni della mucosa e a ema- discendenza asiatica meridionale o nell’America Latina settentrio-
turia (si veda Fig. 8.10). Successivamente, i granulomi si nale, per cui si ritiene che fattori dell’ospite contribuiscano a questa
calcificano e conferiscono un aspetto “sabbioso”, che, a volte, patologia (Cap. 15).
può rivestire la parete della vescica e provocare una rima
concentrica densa (vescica calcifica) sulle lastre radiografi-
che. La complicanza più frequente dell’infezione da S. hae- Morfologia La filariasi cronica è caratterizzata da linfedema
matobium è rappresentata da infiammazione e fibrosi della persistente degli arti, dello scroto, del pene o della vulva
parete ureterale, che provoca ostruzione, idronefrosi e pie- (Fig. 8.59).
lonefrite cronica. Vi è anche un’associazione tra schistoso- Frequentemente, sono presenti idrocele e ingrossamento
miasi urinaria e il carcinoma a cellule squamose della vescica linfonodale. In infezioni gravi e di lunga durata può comparire
(Cap. 21). una trasudazione chilosa dallo scroto ingrossato, oppure la
gamba cronicamente tumefatta può sviluppare una consisten-
te fibrosi sottocutanea e un’ipercheratosi epiteliale, definite
elefantiasi. La cute elefantiasica mostra ­dilatazione dei linfatici
Filariasi linfatica cutanei, diffusi infiltrati linfocitari e depositi focali di coleste-
rolo; l’epidermide è ispessita e ipercheratosica. I vermi filarici
La filariasi linfatica viene trasmessa da zanzare ed è causata da due adulti vivi, morti o calcificati, sono presenti nei vasi linfatici e
nematodi, Wuchereria bancrofti e Brugia malayi, strettamente cor- nei linfonodi che drenano lo ­scroto, ­ da (1) infiammazione
relati tra loro, che sono responsabili del 90 e del 10%, rispettivamente,
dei 90 milioni di infezioni presenti nel mondo. Nelle aree endemiche,
che comprendono zone dell’America Latina, dell’Africa subsahariana
e del Sud-est asiatico, la filariasi è causa di numerose malattie, come
(1) microfilaremia asintomatica, (2) linfoadenite ricorrente, (3) linfo-
adenite cronica con edema degli arti o dello scroto (elefantiasi) e (4)
eosinofilia polmonare tropicale. Come nel caso delle infezioni da
lebbra e Leishmania, alcune delle manifestazioni cliniche causate
dalla filariasi linfatica sono probabilmente correlate a diversi tipi di
risposta dell’ospite mediati dai linfociti T.131
Patogenesi. Le larve rilasciate nei tessuti dalle zanzare durante
il pasto ematico, si sviluppano nei vasi linfatici divenendo maschi e
femmine adulti, che si accoppiano e rilasciano microfilarie che en-
trano nel torrente circolatorio. Quando le zanzare pungono individui
infetti, possono ingerire le microfilarie e trasmettere l’infezione.
Esperimenti sul genoma della filaria hanno condotto all’identifica-
zione di un certo numero di molecole di filaria che possono eludere
o inibire le difese immunitarie. Brugia malayi produce (1) diverse
glicoproteine di superficie con funzione antiossidante, che possono
proteggere dai radicali di perossido e dai radicali liberi dell’ossigeno;
(2) omologhi della cistatina, inibitori delle cistina-proteasi,
che possono compromettere i meccanismi di stimolazione
­dell’antigene dell’MHC di classe II; (3) serpine, inibitori delle serina- Figura 8.59 Edema massivo ed elefantiasi provocati da filariasi della
proteasi, che possono inibire le proteasi dei neutrofili, mediatori gamba. (Per gentile concessione del Dr. Willy Piessens, Harvard School of
dell’infiammazione; e (4) omologhi del TGFb, che possono legarsi Public Health, Boston, MA)
388 CAPITOLO 8 Malattie infettive

scarsa o assente, (2) un’intensa eosinofilia con emorragia e


depositi di fibrina (funicoloepididimite filarica ricorrente), o
(3) granulomi. Col tempo, l’organizzazione dell’essudato lin-
fatico porta alla formazione di invaginazioni polipoidi. Nel
testicolo, il liquido di raccolta, che contiene spesso cristalli di
colesterolo, globuli rossi ed emosiderina, porta a ispessimen-
to e calcificazione della tunica vaginale.
Il coinvolgimento polmonare da microfilarie è caratterizzato
da eosinofilia causata dalla risposta TH2 e dalla produzione
di citochine (eosinofilia tropicale), oppure da microfilarie
morte circondate da precipitati stellati, ialini ed eosinofili in
piccoli granulomi epitelioidi (corpi di Meyers-Kouvenaar)
Questi pazienti in genere non presentano altre manifestazioni
di malattia.
Figura 8.60 Femmina di Onchocerca volvulus gravida e carica di micro-
filarie in un nodulo fibroso sottocutaneo.

Oncocercosi
delle microfilarie nella camera anteriore determina iridoci-
Onchocerca volvulus, un nematode simile alla filaria, viene trasmesso clite e glaucoma, mentre il coinvolgimento della coroide e
da alcuni simulidi (mosche nere) e colpisce milioni di persone in della retina porta ad atrofia e perdita del visus.
Africa, America meridionale e Yemen.135 Una campagna aggressiva
di trattamento con ivermectina ha drasticamente ridotto l’incidenza
di infezioni da Onchocerca nell’Africa occidentale; tuttavia, O. vol-
vulus rimane la seconda più comune causa di cecità nell’Africa
subsahariana (detta “cecità fluviale” per la sua prevalenza in aree Bibliografia
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CAPITOLO 8 Malattie infettive 389

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9
Patologie ambientali
e nutrizionali
Carico globale di malattia Amfetamine
Marijuana
Effetti dei cambiamenti climatici sulla salute
Altre droghe
Tossicità degli agenti chimici e fisici
Danno da agenti fisici
Inquinamento ambientale Traumi meccanici
Inquinamento atmosferico Danno da agenti termici
Inquinamento atmosferico esterno Ustioni da calore
Inquinamento atmosferico interno Ipertermia
Metalli come inquinanti ambientali Ipotermia
Piombo Danno da elettricità
Mercurio Danno prodotto da radiazioni ionizzanti
Arsenico
Cadmio Patologie nutrizionali
Rischi occupazionali per la salute: esposizioni Insufficienza alimentare
industriali e agricole Malnutrizione protido-energetica (PEM)
Anoressia nervosa e bulimia
Effetti del tabacco
Carenza di vitamine
Effetti dell’alcool Vitamina A
Danno da farmaci e sostanze d’abuso Vitamina D
Vitamina C (acido ascorbico)
Danno da farmaci (reazioni avverse da farmaci)
Terapia ormonale sostitutiva (HRT) Obesità
Contraccettivi orali (COr) Conseguenze generali dell’obesità
Steroidi anabolizzanti Obesità e cancro
Paracetamolo Diete, cancro e aterosclerosi
Acido acetilsalicilico Dieta e cancro
Danno da agenti non terapeutici (abuso di sostanze) Dieta e aterosclerosi
Cocaina
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Eroina

391
392 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Il termine “ambiente” comprende gli ambienti esterni, interni e la- utilizzata per quantificare sia la mortalità prematura sia la morbilità
vorativi condivisi da piccole e grandi popolazioni, e il nostro am- di una patologia. Riportare i DALY offre un elevato grado di unifor-
biente personale. In ciascuno di questi ambienti l’aria che respiriamo mità per le informazioni sanitarie raccolte riguardo a patologie acute
collettivamente, il cibo e l’acqua che consumiamo, e l’esposizione e croniche in parti diverse del mondo e in siti multipli di uno stesso
agli agenti tossici sono i fattori più importanti per la nostra salute. Paese. Questa nuova metodologia ha rivelato importanti tendenze
Il nostro ambiente personale è notevolmente influenzato dal fumo nella morbilità e mortalità globale delle patologie.
di tabacco, dal consumo di alcool, dall’assunzione di farmaci e so-
stanze non terapeutiche e dalla dieta. I fattori presenti negli ambienti La sottonutrizione è da sola la maggiore causa globale di perdita
personali possono avere un effetto maggiore dell’ambiente in gene- di salute (definita come morbilità e morte prematura). Si stima che
rale sulla salute umana. Il termine patologie ambientali fa riferimento circa un terzo del carico di malattia nei Paesi in via di sviluppo
alle conseguenze dell’esposizione ad agenti chimici o fisici nell’ambiente, sia, direttamente o indirettamente, dovuto alla scarsa nutrizione
sul posto di lavoro e nell’ambiente personale, comprendendo anche le generale o a una carenza di specifici nutrienti che aumenta il
patologie di origine nutrizionale. Le patologie ambientali giungono rischio di infezioni.
all’attenzione del pubblico perlopiù dopo grandi catastrofi, quali la La patologia cardiaca ischemica e la patologia cerebrovascolare
contaminazione da metilmercurio della Baia di Minamata in Giap- sono le maggiori cause di morte nei Paesi sviluppati. In questi Paesi
pone negli anni Sessanta del XIX secolo, l’esposizione alla diossina i maggiori fattori di rischio associati alla perdita di una vita sana
a Seveso in Italia nel 1976, la fuga di gas metilisocianato a Bhopal sono il fumo, l’ipertensione, l’obesità, l’ipercolesterolemia e l’abu-
in India nel 1984, l’incidente nucleare di Chernobyl nel 1986 e la so di alcool.
contaminazione della metropolitana di Tokio da parte del pesticida Nei Paesi in via di sviluppo, 5 delle 10 maggiori cause di morte sono
organofosforico sarin. Fortunatamente, questi sono avvenimenti rappresentate da patologie infettive: infezioni respiratorie, virus
insoliti e non frequenti, mentre sono diffuse le patologie ambientali dell’immunodeficienza umana/sindrome da immunodeficienza
causate dall’esposizione cronica a livelli relativamente bassi di con- acquisita (HIV/AIDS), patologie diarroiche, tubercolosi e mala-
taminanti, le lesioni professionali e i deficit nutrizionali. L’Organiz- ria.2 L’HIV/AIDS contribuisce per il 18% alla perdita di salute
zazione Internazionale del Lavoro ha stimato che le lesioni e le nell’Africa subsahariana e per il 13% nell’Asia meridionale.
­patologie legate al lavoro uccidono approssimativamente 2 milioni Circa il 70% di tutte le morti infantili è da attribuirsi a sole 5 con-
di persone l’anno nel mondo (più morti di quelle causate nel loro dizioni, tutte prevenibili: polmonite, patologie diarroiche, malaria,
complesso da incidenti stradali e guerre). Un report esaustivo da morbillo e problemi perinatali/neonatali (perlopiù nascite pre-
parte del Disease Control Priorities Project (http://www.dcp2.org) mature e infezioni neonatali).
ha stimato che vi sono 130 milioni di bambini sottonutriti nel mondo La mortalità globale dei bambini sotto i 5 anni è diminuita da 110
e che la sola malnutrizione è responsabile di 2,67 milioni di morti morti ogni 1.000 nel 1980 a 72 ogni 1.000 nel 2005. Per quanto
l’anno. Stimare il carico di malattia causato dall’esposizione non impressionante, la riduzione del 27% nella mortalità al di sotto
professionale ad agenti tossici nella popolazione generale è reso più dei 5 anni di età, attesa tra il 1990 e il 2015, è ben distante dalla
complicato dalla varietà degli agenti e dalle difficoltà nel determinare riduzione del 67% che rappresentava l’Obiettivo di Sviluppo per
l’entità e la durata delle esposizioni. Qualunque siano le cifre precise, il Millennio delle Nazioni Unite. È da notare che la mortalità al
le patologie ambientali (incluse quelle nutrizionali) sono le cause di sotto dei 5 anni nell’Africa centrale e in quella occidentale
principali di disabilità e sofferenza e costituiscono un pesante carico (circa 210/1.000) è quasi 50 volte più alta di quella nell’Europa
economico, in particolare nei Paesi in via di sviluppo. Durante gli occidentale3 (Fig. 9.1) e non ha mostrato alcuna diminuzione
ultimi anni sono state sollevate nuove preoccupazioni sulla qualità significativa.
dell’aria e dell’acqua, e sui potenziali effetti sulla salute del cambia- Le patologie infettive emergenti (Emerging infectious diseases, EID)
mento climatico. costituiscono una delle più importanti componenti del carico
In questo capitolo, considereremo dapprima due problemi chiave globale di malattia. Le EID sono correlate alle condizioni ambien-
riguardanti la salute globale: il carico globale di malattia e il proble- tali e socioeconomiche e includono (1) patologie causate da ceppi
ma emergente degli effetti sulla salute del cambiamento climatico. od organismi in evoluzione, come la tubercolosi rifampicina/
Discuteremo quindi i meccanismi di tossicità degli agenti chimici e isoniazide-resistente e multifarmaco-resistente (extensive drug
fisici e tratteremo specifici disordini ambientali, compresi quelli di resistant, XDR), la malaria clorochino-resistente e lo Staphylo-
origine nutrizionale. coccus aureus meticillino-resistente; (2) patologie causate da agen-
ti endemici in alcune specie (ad es. mammiferi selvatici e uccelli)
che sono divenute patogene per le popolazioni umane, come l’HIV
Carico globale di malattia e la sindrome respiratoria severa acuta (SARS); (3) patologie
causate da patogeni già presenti nelle popolazioni umane ma che
Fino all’incirca al 1990 i dati sulla salute mondiale erano frammen- mostrano un recente aumento nell’incidenza, come la dengue.
tari e mancavano di uno standard uniforme di misurazione.1 Da Batteri e rickettsie hanno causato circa il 54% delle patologie
allora un progetto chiamato Il Carico Globale di Malattia (The Glo- infettive emergenti nel mondo durante gli ultimi 60 anni (i virus
bal Burden of Disease, GBD) ha definito gli standard per riportare hanno rappresentato ~25%). I batteri farmaco-resistenti sono
informazioni sulla salute. L’approccio del GBD è ora applicato alla stati il più importante gruppo di patogeni. La loro comparsa è
misurazione del carico imposto dalla patologia ambientale, incluso correlata all’uso degli antibiotici nella terapia e in agricoltura, così
quello causato da patologie trasmissibili e nutrizionali. In aggiunta, come all’urbanizzazione in aree densamente popolate.
un’unità di misura (“metrica”) chiamata DALY (disability-adjusted   Durante l’ultima decade, le patologie trasmesse da vettori
life year, anno di vita modificato per la disabilità, una misura basata hanno costituito circa il 29% delle patologie infettive emergenti,
sul tempo che somma gli anni di vita persi a causa di una mortalità un aumento correlabile a cambiamenti ambientali come il riscal-
prematura agli anni di vita interessati da malattia e disabilità), è stata damento globale.4
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 393

sottolineata dall’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2007 a


individui e organizzazioni interessati all’impatto di questi cambia-
menti sulla salute umana.
Le cause del cambiamento climatico mondiale sono oggetto di
dibattito, ma l’attività umana è uno dei maggiori responsabili, attra-
verso l’aumento di anidride carbonica (CO2), metano e ozono (di-
scussi in seguito), i principali agenti dell’effetto serra. Questi gas
(insieme al vapore acqueo) agiscono come una coperta assorbendo
l’energia che si irradia dalla superficie terrestre e che verrebbe altri-
menti dispersa nello spazio. Recenti aumenti nei livelli dei gas serra,
in particolare CO2 e ozono prodotti dalla combustione degli idro-
carburi nelle automobili e nelle centrali elettriche, sono fortemente
correlati con il riscaldamento della terra (Fig. 9.2). Ci si attende che
l’attuale concentrazione di CO2 atmosferica, stimata in 370 ppm (la
più alta da circa 1 milione di anni), aumenti a 500-1.200 ppm alla
fine di questo secolo. La deforestazione su larga scala contribuisce
inoltre all’aumento della CO2 atmosferica (le stime attuali sono che
la Foresta Amazzonica perderà il 50% della sua area originaria entro
il 2050), poiché diminuisce il sequestro di carbonio da parte degli
alberi. Oltre a certi livelli di riscaldamento di terra e mari, le previ-
sioni sono che i circuiti a feedback positivo amplificheranno ulte-
riormente il processo. Gli esempi includono l’aumento dell’assorbi-
mento di calore dovuto alla perdita di neve e ghiaccio riflettenti;
l’aumento in vapore acqueo nell’atmosfera per la maggiore evapo-
Figura 9.1 Mortalità globale dei bambini sotto i 5 anni di età. Si noti la razione dei bacini idrici e la traspirazione dagli alberi; grandi quan-
differenza di più di 50 volte tra le aree con la mortalità minore e quelle con tità di CO2 e metano immagazzinati rilasciati a causa del disgelo
mortalità maggiore. Malnutrizione e infezioni sono le principali cause dell’ele- della tundra artica; e il ridotto sequestro di CO2 negli oceani dovuto
vata mortalità nell’Africa orientale, centrale e occidentale. alla diminuita crescita delle diatomee, che fungono da importante
deposito di CO2. A seconda del modello utilizzato, si prevede che
Effetti dei cambiamenti climatici questi cambiamenti causeranno un aumento della temperatura
globale da 2 a 5 °C entro il 2100 (si veda Fig. 9.2).
sulla salute L’impatto futuro del riscaldamento globale sulla salute dipenderà
dell’entità e dalla rapidità dei cambiamenti climatici, dalla gravità
Vi è generale consenso sul fatto che la Terra si sia riscaldata a un delle conseguenze da essi derivanti e dall’abilita dell’uomo di adat-
ritmo sempre più veloce durante gli ultimi 40 anni e che il tasso di tarsi o di mitigare gli effetti dannosi. Anche nello scenario più otti-
riscaldamento sia il più rapido che si sia verificato in qualunque altro mistico, tuttavia, ci si attende che il cambiamento climatico avrà un
periodo forse da 1.000 anni a questa parte.5 Dal 1960 la temperatura grave impatto sullo stato di salute umano aumentando l’incidenza
globale superficiale è aumentata di 0,6 °C; l’aumento non è uniforme, di diverse patologie.7
essendo massimo alle latitudini tra i 40° N e i 70° N.6 Lo scioglimento
dei ghiacciai si è accelerato, e nelle regioni polari la copertura di Patologie cardiovascolari, cerebrovascolari e respiratorie, causate
neve e lo spessore del ghiaccio sono diminuiti. Allo stesso tempo, il da ondate di caldo e inquinamento atmosferico (ad es. durante
livello del mare si è innalzato di 1-2 mm/anno in seguito all’espan- l’estate europea del 2003, la più calda in 500 anni, vi sono stati
sione termica.6 L’importanza del cambiamento climatico è stata oltre 25.000 decessi legati a caldo e inquinamento).

Figura 9.2 Fonti e conseguenze dell’aumento dei gas serra. A. Aumenti della temperatura previsti durante il ventunesimo secolo. Differenti proiezioni
di modelli computerizzati hanno anticipato gli aumenti della temperatura da 2 a 5 °C entro l’anno 2100. B. Rilascio di anidride carbonica (CO2) da fonti di
combustione in Cina, dal 1970 al 2005. La Cina ha ormai sorpassato gli Stati Uniti come maggior produttore mondiale di CO2. C. Regioni degli Stati Uniti
in cui i livelli di ozono sono al di sopra degli standard accettati (80 ppb in un periodo di 8 ore). Queste aree comprendono circa 500 contee site perlopiù
nel corridoio della East Coast, nel bacino di Los Angeles e in aree con grandi centrali elettriche a carbone.
394 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Epidemie di gastroenterite e di malattie infettive, causate dalla citazione di Paracelso nel XVI secolo secondo cui “tutte le so-
contaminazione di acqua e cibo a causa di inondazioni e per stanze sono veleni; il giusto dosaggio distingue il veleno dalla
distruzione degli impianti idrici e fognari dopo forti piogge e altri cura” è ancora più valida oggigiorno, considerata la proliferazione
disastri ambientali. di farmaci con potenziali effetti dannosi.
Patologie infettive trasmesse da vettori, come dengue, malaria, Gli xenobiotici sono sostanze chimiche esogene ambientali pre-
infezione da virus West Nile e sindrome polmonare da hantavi- senti nell’atmosfera, nell’acqua, nel cibo e nel suolo assorbibili nel
rus, come conseguenza di variazioni nel numero di vettori e nella corpo attraverso l’inalazione, l’ingestione e il contatto cutaneo
distribuzione geografica causata dalle aumentate temperature, (Fig. 9.3).
dalle distruzioni dei raccolti e dai più frequenti cicli climatici di Le sostanze chimiche possono essere escrete nelle urine, nelle feci
El Nino. o eliminate con l’aria espirata, o possono accumularsi nell’osso,
Malnutrizione, causata dalla distruzione delle coltivazioni, per- nel grasso, nell’encefalo o in altri tessuti.
lopiù nelle zone tropicali in cui le temperature medie sono vicine Le sostanze chimiche possono agire nel sito di ingresso o in altri
o al di sopra dei livelli di tolleranza delle coltivazioni; si stima che siti a seguito del trasporto nel sangue.
entro il 2080 la produttività agricola potrebbe diminuire del
10-25% in alcuni Paesi in via di sviluppo come conseguenza del
riscaldamento, mentre potrebbe diminuire o persino aumentare
fino al 6% nei Paesi sviluppati con climi più miti.

Nonostante il riconoscimento di questi pericoli, il cambiamento


climatico è solo uno dei molti fattori che contribuiscono all’inciden-
za di una patologia in una particolare zona geografica, rendendo
difficile stabilire precise stime di rischio per effetti specificamente
causati dal riscaldamento globale.8
Sia le nazioni sviluppate sia quelle in via di sviluppo patiranno le
conseguenze del cambiamento climatico, ma il carico sarà più alto
nelle nazioni in via di sviluppo. Le nazioni ricche sono i principali
produttori delle emissioni che causano il riscaldamento globale, ma
le nazioni in rapido sviluppo come la Cina e l’India stanno utiliz-
zando quantità sempre maggiori di energia per sostenere la loro
crescita. La sfida imminente che ci aspetta è quella di sviluppare
nuovi metodi di produzione di energia che non danneggino l’am-
biente e non contribuiscano al riscaldamento globale.

Tossicità degli agenti chimici e fisici


La tossicologia viene definita come la scienza dei veleni. Studia di-
stribuzione, effetti e meccanismi di azione degli agenti tossici. Più
ampiamente, comprende anche lo studio degli effetti di agenti fisici
come radiazioni e calore. Ogni anno negli Stati Uniti vengono libe-
rati circa 1,8 milioni di tonnellate di sostanze chimiche tossiche,
comprese 32.600 tonnellate di cancerogeni riconosciuti. Solo una
piccola parte delle 100.000 sostanze chimiche commercialmente in
uso negli Stati Uniti è stata testata sperimentalmente per gli effetti
sulla salute. Diverse agenzie negli Stati Uniti stabiliscono i livelli
permessi di esposizione ad agenti ambientali noti per essere dannosi
(ad es. il livello massimo non dannoso di monossido di carbonio
nell’aria o i livelli tollerabili di radiazioni non dannosi o “sicuri”).
Ma fattori come la complessa interazione tra diversi inquinanti e
l’età, la predisposizione genetica e differenti sensibilità tissutali delle
persone esposte creano ampie variazioni nella sensibilità individuale
agli agenti tossici, limitando la validità dello stabilire rigidi “livelli
di sicurezza” per intere popolazioni. Ciononostante tali livelli sono
utili per gli studi comparativi sugli effetti degli agenti dannosi tra
popolazioni specifiche, e per stimare il rischio di malattia negli in- Figura 9.3 Esposizione dell’uomo agli inquinanti. Gli inquinanti contenuti
dividui fortemente esposti. in aria, acqua e suolo sono assorbiti attraverso i polmoni, il tratto gastroin-
Prenderemo in considerazione ora alcuni principi di base relativi testinale e la cute. Nel corpo possono agire nel sito di assorbimento ma
agli effetti delle sostanze chimiche tossiche e dei farmaci. sono generalmente trasportati attraverso il flusso sanguigno a vari organi
dove possono essere immagazzinati o metabolizzati. Il metabolismo degli
xenobiotici può determinare la formazione di composti idrosolubili che
La definizione di un veleno non è semplice. È sostanzialmente un vengono escreti oppure l’attivazione dell’agente che diventa un metabolita
concetto quantitativo strettamente dipendente dal dosaggio. La tossico.
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 395

Figura 9.4 Metabolismo degli xenobiotici. A. Gli xenobiotici possono essere metabolizzati a metaboliti non tossici ed eliminati dall’organismo (detos-
sificazione). B. Il metabolismo degli xenobiotici può anche esitare nella formazione di un metabolita reattivo tossico per le componenti cellulari. Se la ripa-
razione non è efficace, si sviluppano effetti a breve e lungo termine. (Basato su Hodgson E: A Textbook of Modern Toxicology, 3rd ed. Hoboken, NJ, Wiley,
2004)

La maggior parte dei solventi e dei farmaci è lipofila, il che facilita farmaci come paracetamolo, barbiturici e anticonvulsivanti, e
il loro trasposto nel sangue tramite le lipoproteine e la loro pe- partecipa anche al metabolismo dell’alcool (discusso in seguito
netrazione nelle cellule attraverso la membrana plasmatica. in questo capitolo).
Alcuni agenti non vengono modificati dopo l’ingresso nell’orga-   Vi è una grande varietà nell’attività del CYP tra gli individui.
nismo, ma la maggior parte dei solventi, dei farmaci e degli La variazione può essere la conseguenza di un polimorfismo ge-
­xenobiotici è metabolizzata a formare prodotti inattivi idrosolu- netico in enzimi del CYP specifici ma più frequentemente è dovuta
bili (detossificazione) oppure attivati a formare metaboliti tossici. all’esposizione a farmaci o sostanze chimiche che aumentano o
Le reazioni che metabolizzano gli xenobiotici trasformandoli in diminuiscono l’attività del CYP. Induttori noti del CYP compren-
prodotti non tossici, o che attivano gli xenobiotici e generano dono sostanze chimiche ambientali, farmaci, fumo, alcool e or-
composti tossici (Figg. 9.3 e 9.4), avvengono in due fasi. Nelle moni. Di contro, digiuno e fame possono diminuire l’attività del
reazioni di fase I, le sostanze chimiche vengono sottoposte a CYP.
idrolisi, ossidazione o riduzione. I prodotti delle reazioni di fase   Gli induttori del CYP ottengono questo effetto legandosi a re-
I vengono spesso metabolizzati a composti idrosolubili attraverso cettori nucleari, che di conseguenza si eterodimerizzano con il
le reazioni di fase II, che includono glucuronidazione, solfatazio- recettore retinoico X (RXR) a formare un complesso di attivazione
ne, metilazione e coniugazione con glutatione. I composti idro- trascrizionale che si associa con elementi promotori siti nella
solubili vengono escreti rapidamente. Gli enzimi che catalizzano regione posta al 5’ dei geni CYP.10 I recettori nucleari che parte-
la biotrasformazione di xenobiotici e farmaci sono noti con il cipano nella risposta di induzione del CYP includono il recettore
nome di enzimi farmaco-metabolizzanti. degli arilidrocarburi, i recettori attivanti la proliferazione dei peros-
Il più importante catalizzatore delle reazioni di fase I è il sistema sisomi (PPAR) e due recettori nucleari orfani, il recettore costitu-
enzimatico del citocromo P-450 (abbreviato in CYP) sito princi- tivo dell’androstano (CAR) e il recettore X del pregnano (PXR).
palmente nel reticolo endoplasmatico degli epatociti ma presente
anche nelle cellule di cute, polmoni e mucosa gastrointestinale e Questa breve panoramica dei meccanismi generali di tossicità
praticamente in ogni organo.9 I CYP sono una grande famiglia offre una base per la discussione delle patologie ambientali presen-
di enzimi contenenti eme, ciascuno caratterizzato da un’affinità tate in questo capitolo.
preferenziale per substrati differenti. Il sistema catalizza reazioni
che detossificano gli xenobiotici o trasformano gli xenobiotici in
composti attivi che causano danno cellulare. Entrambi i tipi di Inquinamento ambientale
reazione possono produrre, come sottoprodotti, forme reattive
dell’ossigeno (reactive oxygen species, ROS), che possono causare Inquinamento atmosferico
danno cellulare (Cap. 1). Esempi di attivazione metabolica di
sostanze chimiche attraverso il CYP sono la produzione del ra- Per quanto l’aria possa essere preziosa – in particolare per chi ne viene
dicale libero tossico triclorometile dal tetracloruro di carbonio privato – essa porta con sé molte potenziali cause di patologia. I
nel fegato e la generazione di un metabolita in grado di legare il microrganismi presenti nell’aria che contaminano cibo e acqua sono
DNA a partire dal benzo[a]pirene, un cancerogeno presente nel da tempo una delle principali cause di morbilità e mortalità, in par-
fumo di sigaretta. Il CYP metabolizza un gran numero di comuni ticolare nelle nazioni in via di sviluppo. Nelle nazioni ­industrializzate
396 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Tabella 9.1 Effetti sulla salute degli agenti inquinanti atmosferici esterni
Sostanza inquinante Popolazioni a rischio Effetti

Ozono Adulti e bambini sani Diminuita funzionalità polmonare


Aumentata reattività delle vie aeree
Infiammazione polmonare
Atleti, lavoratori all’aperto Ridotta tolleranza all’esercizio fisico
Asmatici Aumento delle ospedalizzazioni

Biossido di azoto Adulti sani Aumentata reattività delle vie aeree


Asmatici Diminuita funzionalità polmonare
Bambini Aumento delle infezioni respiratorie

Anidride solforosa Adulti sani Aumento dei sintomi respiratori


Individui con malattie polmonari croniche Maggiore mortalità
Asmatici Aumento delle ospedalizzazioni
Diminuita funzionalità polmonare

Aerosol acidi Adulti sani Alterata clearance mucociliare


Bambini Aumento delle infezioni respiratorie
Asmatici Diminuita funzionalità polmonare
Aumento delle ospedalizzazioni

Materiale corpuscolato Bambini Aumento delle infezioni respiratorie


Individui con patologie polmonari Diminuita funzionalità polmonare
o cardiache croniche
Asmatici Eccessiva mortalità
Aumento delle crisi

Dati da Bascom R et al.: Health effects of outdoor air pollution. Am J Respir Crit Care Med 153:477, 1996.

in particolare, i più diffusi nell’aria sono gli inquinanti chimici e capitolo). A eccezione di alcuni commenti sul fumo, le patologie
particellari. In questa sede prenderemo in considerazione questi polmonari causate da inquinanti saranno trattate nel Capitolo 15. I
inquinanti atmosferici presenti all’aperto e in spazi chiusi. maggiori effetti sulla salute degli inquinanti esterni sono descritti
nella Tabella 9.1. Prenderemo qui in esame l’ozono, l’anidride solfo­
rosa, i particolati e il monossido di carbonio.
Inquinamento atmosferico esterno Ozono. L’interazione tra radiazioni ultraviolette (UV) e ossigeno
(O2) nella stratosfera porta alla formazione di ozono (O3), che si
L’aria ambiente nelle nazioni industrializzate è contaminata da una accumula nella cosiddetta ozonosfera localizzata da 16 a 48 km al di
sgradevole mistura inodore di inquinanti gassosi e particolati, in sopra della superficie terrestre. Questo strato protegge la vita sulla
specie nelle città e in prossimità di industrie pesanti. Negli Stati Uniti terra assorbendo la radiazioni UV più pericolose emesse dal sole.
la Environmental Protection Agency monitorizza e stabilisce i limiti Durante gli ultimi 30 anni, lo strato di ozono stratosferico è dimi-
massimi consentiti per sei inquinanti: anidride solforosa, monossido nuito sia di spessore sia di entità a causa del diffuso utilizzo di aerosol
di carbonio, ozono, ossido di azoto, piombo e particolato. Nel loro che si innalzano nell’atmosfera superiore e partecipano alle reazioni
insieme questi agenti producono il ben conosciuto smog (dall’inglese chimiche che distruggono l’ozono. La deplezione risultante è stata
smoke – fumo e fog – nebbia) che talvolta soffoca grandi città come più marcata nelle regioni polari, in particolare al di sopra dell’An-
Pechino, Los Angeles, Houston, Il Cairo, Nuova Delhi, Città del tartide, durante i mesi invernali. Il riconoscimento del problema ha
Messico e San Paolo. L’inquinamento atmosferico potrebbe sembrare portato al bando dei clorofluorocarburi come propellenti per aerosol
un fenomeno moderno, ma non è così, dal momento che John Evelyn e la loro sostituzione con idrofluoroalcani, e ciò ha comportato una
scrisse nel 1661 che gli abitanti di Londra soffrivano di “Catharrs, diminuzione dell’entità dei “buchi” nell’ozono della stratosfera.
Phthisicks and Consumptions” (bronchiti, polmoniti e tubercolosi) In opposizione all’ozono “buono” della stratosfera, l’ozono che si
e respiravano “nient’altro che una nebbia spessa e impura, accompa- accumula nell’atmosfera inferiore (ozono a livello del terreno) è uno
gnata da un vapore fuligginoso e sudicio, che li rende proni a mille degli inquinanti atmosferici più dannosi (si veda Fig. 9.2). L’ozono a
inconvenienti, corrompendo i polmoni e mettendo a soqquadro livello terra è un gas formato dalla reazione tra ossidi di azoto e
l’intera costituzione dei loro corpi.” La prima legge di controllo am- composti organici volatili in presenza di luce. Queste sostanze chi-
bientale, proclamata da Edoardo I nel 1306, era lineare nella sua miche vengono rilasciate dalle emissioni industriali e dagli scarichi
semplicità: “Chiunque sarà trovato colpevole di aver bruciato carbone dei veicoli a motore. La tossicità dell’ozono è in gran parte mediata
patirà la perdita della propria testa.” Quindi, quello che è cambiato dalla produzione di radicali liberi, che danneggiano le cellule epite-
nell’epoca moderna sono la natura e le fonti degli inquinanti atmo- liali lungo le vie respiratorie e le cellule alveolari di tipo I, e causano
sferici e le tipologie di regolamentazione che controllano la loro il rilascio di mediatori dell’infiammazione. Gli individui sani esposti
emissione. all’ozono sperimentano infiammazione del tratto respiratorio supe-
Per quanto siano i polmoni a subire la maggior parte delle con- riore e sintomi lievi (funzione polmonare diminuita e senso di op-
seguenze avverse, gli inquinanti atmosferici possono influire su molti pressione toracico), ma l’esposizione è molto più pericolosa per
sistemi d’organo (si veda, ad esempio, la discussione sull’avvelena- ­individui affetti da asma o enfisema. L’asma indotta da ozono è as­
mento da piombo e sugli effetti del monossido di carbonio in questo sociata a iper-reattività delle vie aeree e neutrofilia.11
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 397

Anche livelli bassi di ozono, se combinati con altri inquinanti


atmosferici, possono essere dannosi per la funzione polmonare di gangli basali e nei nuclei lenticolari. Con l’interruzione
individui normali. Sfortunatamente, gli inquinanti atmosferici spes- dell’esposizione al CO il paziente solitamente guarisce, ma
so si combinano a formare un vero “filtro stregato” di ozono e altri spesso vi sono sequele neurologiche permanenti come alte-
agenti, come anidride solforosa e particolati. L’anidride solforosa è razioni di memoria, visione, udito e parola. La diagnosi viene
prodotta dalle centrali elettriche a carbone e a petrolio, dalla fusione eseguita misurando i livelli di carbossiemoglobina nel
del rame e come prodotto di scarto delle cartiere. Rilasciata nell’aria, sangue.
può essere convertita in acido solforico e anidride solforica, che L’avvelenamento acuto da CO è solitamente la conseguenza
causano una sensazione di bruciore a naso e gola, difficoltà respira- di un’esposizione accidentale o di un tentativo di suicidio.
toria e attacchi d’asma in individui suscettibili. Negli individui di pelle chiara, l’avvelenamento acuto è sot-
Il particolato viene emesso dalle centrali elettriche alimentate a tolineato da un caratteristico colore ciliegia generalizzato
carbone e a petrolio, da processi industriali che bruciano questi della cute e delle mucose, che deriva dagli alti livelli di car-
combustibili e dagli scarichi dei motori diesel. L’esposizione al bossiemoglobina. Se la morte sopraggiunge rapidamente
particolato è stata la principale causa di morbilità e mortalità negli possono non essere presenti alterazioni morfologiche; con
episodi di inquinamento atmosferico verificatisi a Londra nel 1952 sopravvivenze più lunghe il cervello può divenire leggermen-
e nel 1962. Sebbene le particelle non siano state ben caratterizzate te edematoso, con emorragie puntiformi e cambiamenti
dal punto di vista chimico o fisico, i particolati fini o ultrafini che neuronali indotti dall’ipossia. Le modificazioni morfologiche
misurano meno di 10 mm in diametro sono i più pericolosi. Questi sono aspecifiche e derivano dall’ipossia sistemica.
ultimi raggiungono rapidamente gli alveoli, dove sono fagocitati
dai macrofagi e dai neutrofili, che rilasciano mediatori dell’infiam-
mazione come la proteina infiammatoria macrofagica 1a e l’endo-
telina. L’esposizione acuta a scarichi diesel che contengono Inquinamento atmosferico interno
­particelle fini possono causare irritazione a occhi, gola e polmoni,
indurre attacchi di asma e favorire l’ischemia cardiaca. Di contro, Man mano che “blindiamo” le nostre case per escludere l’ambiente,
l’esposizione a particelle di diametro maggiore di 10 mm porta a la potenzialità di inquinamento dell’atmosfera interna aumenta.
minori conseguenze, dal momento che queste particelle sono so- L’inquinante più comune è il fumo di tabacco (discusso in seguito),
litamente rimosse nel naso o intrappolate dall’epitelio mucociliare ma ulteriori composti nocivi sono il CO, il diossido di azoto (en-
delle vie aeree. trambi già menzionati come inquinanti esterni) e l’amianto (discusso
Monossido di carbonio (CO). Il CO è un gas non irritante, inco- nel Capitolo 15). Le sostanze volatili contenenti idrocarburi aroma-
lore, insapore e inodore prodotto dall’ossidazione incompleta dei tici policiclici generati dagli oli di cottura e dalla combustione del
materiali carboniosi. Tra le sue fonti vi sono i motori delle auto, i carbone sono inquinanti interni importanti in alcune regioni della
processi industriali che utilizzano combustibili fossili, legno e car- Cina. Solo pochi commenti riguardanti altri agenti verranno fatti in
bone bruciati in presenza di quantità di ossigeno inadeguate e fumo questa sede.
di sigaretta. I bassi livelli che spesso si riscontrano nell’aria ambiente Il fumo di legna, contenente vari ossidi di azoto e particolati car-
possono contribuire a una cattiva funzione respiratoria, ma non boniosi, non solo può essere irritante, ma predispone anche alle
sono letali in sé stessi. Tuttavia, l’avvelenamento cronico può veri- infezioni polmonari e può contenere i ben più pericolosi idrocarburi
ficarsi in individui che lavorano in ambienti chiusi con elevata policiclici cancerogeni. I componenti dei bioaerosol spaziano da
esposizione a fumi, come tunnel, garage sotterranei e negli addetti agenti microbiologici in grado di causare patologie infettive quali
alla riscossione dei pedaggi autostradali. Il CO è qui incluso come malattia dei legionari, polmonite virale e raffreddore comune, ad
inquinante atmosferico, ma è anche un’importante causa di morte allergeni meno pericolosi, ma comunque fastidiosi derivanti dalla
accidentale o di suicidio. In un piccolo garage chiuso gli scarichi di forfora degli animali domestici, dagli acari della polvere, da funghi
una macchina media possono indurre un coma letale entro 5 minuti. e muffa responsabili di riniti, irritazione oculare e asma. Il radon,
Il CO è un asfissiante sistemico che uccide inducendo depressione un gas radioattivo derivante dall’uranio e ampiamente presente nel
del sistema nervoso centrale (SNC), questa compare in modo così suolo e nelle case, può causare cancro al polmone nei lavoratori delle
insidioso che le vittime spesso non sono consce della loro situazione miniere di uranio. Tuttavia, le esposizioni croniche a bassi livelli nelle
e non riescono a mettersi al sicuro. case non sembrano aumentare il rischio di cancro al polmone, quan-
L’emoglobina ha un’affinità 200 volte maggiore per la CO che per tomeno per i non fumatori. L’esposizione alla formaldeide, utilizzata
l’ossigeno, e la risultante carbossiemoglobina non trasporta ossige- nella realizzazione di materiali da costruzione (mobili in legno,
no. L’ipossia sistemica si sviluppa quando l’emoglobina è saturata arredamento, adesivi ecc.) è divenuta un problema di salute comune
dal 20 al 30% con CO; la perdita di coscienza e la morte divengono negli sfollati dopo catastrofi ambientali che vivono in roulotte scar-
probabili con una saturazione dal 60 al 70%. samente ventilate. Molti di questi casi si sono verificati nelle roulotte
occupate dalle famiglie allontanate dalle loro case dopo l’uragano
Katrina, che ha colpito gli Stati Uniti sud-orientali nel 2005. A con-
Morfologia L’avvelenamento cronico da CO si instaura poi­ centrazioni di 0,1 ppm o maggiori, causa difficoltà respiratorie e una
ché la carbossiemoglobina, una volta formata, è piuttosto sensazione di bruciore a occhi e gola, e può scatenare attacchi d’asma.
stabile. Anche un’esposizione costante a bassi livelli di CO, La formaldeide è classificata come cancerogena per esseri umani
può portare la carbossiemoglobina a livelli potenzialmente e animali. Infine, la cosiddetta sick building syndrome (sindrome
letali nel sangue. L’ipossia a lento sviluppo può evocare in- dell’edificio malato) resta un problema elusivo, dal momento che
sidiosamente diffuse modificazioni ischemiche nel sistema può essere una conseguenza dell’esposizione a uno o più inquinanti
nervoso centrale; queste sono particolarmente marcate nei interni già menzionati oppure può essere causata da una scarsa
ventilazione.
398 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Metalli come inquinanti ambientali

Piombo, mercurio, arsenico e cadmio sono i metalli pesanti più


comunemente associati a effetti dannosi negli esseri umani.

Piombo
L’esposizione al piombo avviene tramite aria contaminata, cibo e
acqua. Per la maggior parte del XX secolo le maggiori fonti di piom-
bo nell’ambiente erano le pitture murali per abitazioni contenenti
piombo e benzina. Sebbene siano stati fissati dei limiti per le quantità
di piombo contenute nelle vernici residenziali e la benzina con
piombo sia praticamente scomparsa negli Stati Uniti, la contamina-
zione da piombo resta un importante pericolo per la salute, in par-
ticolare per i bambini. Il richiamo su vasta scala di giocattoli conte-
nenti piombo nel 2007 ha messo in allarme l’opinione pubblica sui
pericoli dell’esposizione al piombo. Vi sono molte fonti di piombo
nell’ambiente, come quella provenienti da miniere, fonderie, batterie
e vernici spray, che costituiscono rischi occupazionali. Tuttavia, la
vernice al piombo in sfaldamento nelle vecchie abitazioni e la conta-
minazione del suolo pongono i maggiori pericoli per i giovani, e può
verificarsi un’ingestione fino a 200 mg/giorno. Durante gli ultimi 30
anni il livello medio di piombemia nei bambini in età prescolare è
diminuito da 15 mg/dl al livello attuale di meno di 2 mg/dl. Tuttavia,
i livelli di piombemia nei bambini che vivono in case più vecchie
che contengono vernice a base di piombo o polvere contaminata da
piombo, spesso superano il livello massimale concesso di 10 mg/dl.
L’intossicazione subclinica da piombo può verificarsi in bambini
esposti a livelli inferiori a 10 mg/dl, determinando basse capacità Figura 9.5 Effetti dell’avvelenamento da piombo nei bambini in rapporto
intellettuali, problemi comportamentali come l’iperattività, e scarse ai livelli ematici. (Modificato da Bellinger DC, Bellinger AM: Childhood lead
poisoning: the tortuous path from science to policy. J Clin Invest 116:853,
capacità organizzative.14,15 L’avvelenamento da piombo, sebbene 2006)
meno comune negli adulti, si verifica perlopiù come rischio occu-
pazionale negli individui coinvolti nella produzione di batterie,
pigmenti, radiatori per automobili e lattine. Le principali caratteri- ma la più ovvia è una anemia microcitica, ipocromica che deriva
stiche cliniche dell’avvelenamento da piombo in bambini e adulti dalla soppressione della sintesi dell’emoglobina.
sono mostrate nelle Figure 9.5 e 9.6.
La maggior parte del piombo assorbito (dall’80 all’85%) viene Per la diagnosi di avvelenamento da piombo bisogna sempre
incorporato nell’osso e nei denti in via di sviluppo, dove compete tenere in considerazione la sua diffusione. Nei bambini può essere
con il calcio; la sua vita media nell’osso va da 20 a 30 anni. Alti livelli sospettata sulla base delle modificazioni neurologiche e comporta-
di piombo causano disturbi nel SNC in adulti e bambini, ma le neu- mentali, o da un’anemia non spiegata con punteggiature basofile nei
ropatie periferiche predominano negli adulti. I bambini assorbono globuli rossi. La diagnosi definitiva richiede il riscontro di livelli
più del 50% del piombo ingerito (rispetto a 15% negli adulti); elevati di piombemia e protoporfirina eritrocitaria ematica libera
l’assorbimento intestinale più elevato e la barriera ematoencefalica (o legata allo zinco).
più permeabile dei bambini determinano un’elevata suscettibilità al
danno encefalico. Gli effetti neurotossici del piombo sono attribuiti
all’inibizione dei neurotrasmettitori causata dalla distruzione Morfologia I maggiori bersagli anatomici della tossicità da
dell’omeostasi del calcio. Altri effetti dell’esposizione al piombo sono piombo sono il midollo osseo e il sangue, il sistema nervoso,
elencati in basso. il tratto gastrointestinale e i reni (si veda Fig. 9.6).
Le variazioni nel sangue e nel midollo osseo avvengono
Il piombo interferisce con il normale rimodellamento della carti- piuttosto presto e sono caratteristiche. L’inibizione della fer­
lagine e delle trabecole primarie dell’osso nelle epifisi dei bambini. rochelatasi da parte del piombo esita nella comparsa di si-
Questo causa un aumento della densità ossea riscontrata come deroblasti ad anello, precursori eritrocitari con mitocondri
“linee del piombo” radio-opache (Fig. 9.7; un’altra linea del piom- carichi di ferro che vengono evidenziati con una colorazione
bo compare nelle gengive come esito dell’iperpigmentazione). Il con il blu di Prussia. Nel sangue periferico si evidenzia
piombo inibisce la guarigione delle fratture aumentando la con- un’anemia microcitica ipocromica dovuta al difetto nella
drogenesi e ritardando la mineralizzazione della cartilagine. sintesi dell’emoglobina, spesso accompagnata da una lieve
Il piombo inibisce l’attività dei due enzimi coinvolti nella sintesi emolisi. Ancora più distintiva è la punteggiatura basofila
dell’eme, la acido d-aminolevulinico-deidratasi e la ferrochelatasi. degli eritrociti.
La ferrochelatasi catalizza l’incorporazione del ferro nella proto- Il danno cerebrale è solito verificarsi nei bambini. Può essere
porfirina e la sua inibizione causa un innalzamento nei livelli di molto contenuto, determinando una lieve disfunzione,
protoporfirina. Il risultante deficit di eme causa varie anomalie,
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 399

Figura 9.7 Avvelenamento da piombo. Il rimodellamento alterato della


cartilagine calcificata nelle epifisi (freccia) del polso ha causato un marcato
aumento della loro radiopacità, in modo tale da renderle radioopache quanto
l’osso corticale. (Per gentile concessione del Dr. G.W. Dietz, Department
of Radiology, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas,
TX)

temente, ma compare spesso una neuropatia periferica


demielinizzante, che coinvolge tipicamente i nervi motori dei
muscoli più comunemente usati. Quindi sono interessati
prima i muscoli estensori del polso e delle dita (polso caden-
te), seguiti dalla paralisi dei muscoli del perone (determinan-
do il piede cadente).
Il tratto gastrointestinale è anch’esso sede di importanti di
manifestazioni cliniche. La “colica” saturnina è caratterizzata
da dolore addominale estremamente grave e scarsamente
localizzato.
I reni possono sviluppare danno tubolare prossimale con
inclusioni intranucleari di piombo. Il danno renale cronico
Figura 9.6 Caratteristiche patologiche dell’avvelenamento da piombo porta infine a fibrosi interstiziale e potenzialmente a insuffi-
negli adulti.
cienza renale. La diminuzione nell’escrezione di acido urico
può portare alla gotta (“gotta saturnina”).
oppure può essere massivo e letale. Nei bambini piccoli sono
stati descritti deficit sensoriali, motori, intellettivi e psicolo-
gici, compresi un ridotto QI, disabilità nell’apprendimento,
Mercurio
ritardato sviluppo psicomotorio, cecità e, nei casi più gravi,
psicosi, convulsioni e coma (si veda Fig. 9.5). La tossicità da Il mercurio ha avuto molti usi nella storia, è stato utilizzato come
piombo nella madre può determinare problemi nello svilup- pigmento nelle pitture rupestri, come cosmetico, come cura per la
po cerebrale del bambino prima del parto. Le alterazioni sifilide e come componente di diuretici. Gli alchimisti tentarono
anatomiche sottostanti ai deficit funzionali più limitati sono (senza molto successo) di produrre oro a partire dal mercurio. L’av-
mal definite, ma si teme che alcuni dei difetti possano essere velenamento da inalazione di vapori di mercurio è stato riconosciuto
permanenti. All’estremità più grave dello spettro delle mani- da molto tempo ed è associato a tremore, gengivite e comportamento
festazioni vi sono marcato edema cerebrale, demielinizzazio- bizzarro, come quello mostrato dal Cappellaio Matto in Alice nel
ne della materia bianca cerebrale e cerebellare e necrosi dei Paese delle Meraviglie. Vi sono tre forme di mercurio: mercurio
neuroni corticali accompagnata da proliferazione astrocitaria metallico (detto anche mercurio elementare), composti inorganici
diffusa. Negli adulti il SNC viene interessato meno frequen- del mercurio (perlopiù cloruro di mercurio) e mercurio organico
(perlopiù metilmercurio). Oggi le principali fonti di esposizione al
400 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

mercurio sono il pesce contaminato (metilmercurio) e i vapori di Le forme più tossiche di arsenico sono i composti trivalenti:
mercurio rilasciati dal mercurio metallico nelle amalgame dentarie, triossido di arsenico, arsenicato di sodio e tricloruro di arsenico.19
un possibile rischio occupazionale per i lavoratori in campo odon- Se ingerito in grandi quantità, causa effetti tossici acuti consistenti
toiatrico. In alcune zone del mondo il mercurio utilizzato nell’estra- in gravi disturbi, spesso fatali dei sistemi gastrointestinale, cardiova-
zione dell’oro ha contaminato fiumi e corsi d’acqua. scolare e nervoso centrale. Questi effetti sono attribuibili all’interfe-
Il mercurio inorganico proveniente dalla naturale degassificazione renza con la fosforilazione ossidativa mitocondriale, dal momento
della crosta terrestre o dalla contaminazione industriale è convertito che l’arsenico trivalente può sostituire i fosfati nell’adenosina trifo-
dai batteri in composti organici come il metilmercurio. Il metilmer- sfato. Gli effetti neurologici compaiono solitamente da 2 a 8 settimane
curio entra nella catena alimentare e nei pesci carnivori come il pesce dopo l’esposizione e consistono in una neuropatia sensomotoria che
spada, lo squalo e il pomatomo, il mercurio può arrivare a concen- causa parestesia, intorpidimento e dolore. La conseguenza più grave
trazioni milioni di volte più alte che nell’acqua circostante. I disastri dell’esposizione cronica è l’aumento del rischio di insorgenza di cancro
causati dal consumo di pesce contaminato dal rilascio di metilmer- in quasi tutti i tessuti, ma in particolare nei polmoni e nella cute.
curio da fonti industriali nella baia di Minamata e nel fiume Agano L’esposizione cronica all’arsenico provoca alterazioni cutanee che
in Giappone hanno causato mortalità e morbilità diffusa. In Iraq nel consistono in iperpigmentazione e ipercheratosi, che possono essere
1971, l’esposizione acuta attraverso il consumo di pane impastato seguite dallo sviluppo di carcinomi a cellule basali e squamose. Le
con farina di grano contenente un fungicida a base di metilmercurio neoplasie cutanee indotte dall’arsenico si differenziano da quelle
esitò in centinaia di morti e migliaia di ospedalizzazioni. Le mani- indotte dalla luce solare; sono spesso multiple e solitamente compa-
festazioni mediche associate all’episodio di Minamata divennero iono sui palmi delle mani e sulle piante dei piedi. I meccanismi della
note come malattia di Minamata e includono paralisi cerebrale, carcinogenesi da arsenico in cute e polmoni non sono stati chiariti
sordità, cecità, ritardo mentale e difetti maggiori del SNC nei bam- ma potrebbero coinvolgere difetti nel sistema di taglio e riparo dei
bini esposti in utero. Per ragioni non chiare lo sviluppo del cervello nucleotidi che proteggono dal danno al DNA.18 Studi recenti sugge-
è estremamente sensibile al metilmercurio. La liposolubilità del me- riscono che l’esposizione cronica all’arsenico nell’acqua potabile può
tilmercurio e del mercurio metallico facilitano il loro accumulo anche causare patologie respiratorie non maligne.20
nell’encefalo, disturbando le funzioni neuromotorie, cognitive e
comportamentali.16 Il mercurio lega con affinità elevata i gruppi Cadmio
tiolici, una proprietà che contribuisce alla sua tossicità. Il glutatione
intracellulare, che agisce come donatore di tiolo, è il meccanismo La tossicità da cadmio è un problema relativamente moderno, al
protettivo principale contro il danno al SNC e ai reni indotto da contrario di quanto accade per gli altri metalli discussi in questa
mercurio. sezione. È un inquinante occupazionale e ambientale generato dalle
Il mercurio continua a essere rilasciato nell’ambiente da centrali miniere, dalla galvanostegia e dalla produzione di batterie al nickel-
elettriche e altre fonti industriali, e vi sono gravi preoccupazioni sui cadmio, solitamente smaltite come rifiuti domestici. Il cadmio può
livelli dell’esposizione cronica alle basse quantità di metilmercurio contaminare il suolo e i vegetali, direttamente o attraverso fertiliz-
nell’alimentazione. Per proteggere da un potenziale danno cerebrale zanti e acqua di irrigazione. Il cibo è la più importante fonte di
fetale, i Centers for Disease Control and Prevention consigliano che esposizione al cadmio per la popolazione in generale. Gli effetti tossici
le donne incinte riducano al minimo il loro consumo di pesce noto di un eccesso di cadmio consistono in una patologia polmonare ostrut-
per contenere mercurio. Vi è stata una grande pubblicità riguardo tiva causata dalla necrosi dei macrofagi alveolari e in un danno renale,
una possibile relazione tra il thimerosal (un composto contenente che inizia nei tuboli e può progredire a patologia renale di stadio
etilmercurio, usato fino a poco tempo fa come conservante in alcuni terminale. L’esposizione al cadmio può anche causare anomalie
vaccini) e lo sviluppo di autismo, ma i diversi studi effettuati non scheletriche associate alla perdita di calcio. L’acqua contenente
sono riusciti a dimostrare l’esistenza di una relazione causale.17 cadmio usata per irrigare le risaie in Giappone causava una patologia
nelle donne in postmenopausa nota come “Itai-Itai” (ahi-ahi), una
combinazione di osteoporosi e osteomalacia associata a nefropatia.
Arsenico
L’esposizione al cadmio è anche associata a un rischio elevato di
L’arsenico era il veleno d’elezione nell’Italia del Rinascimento e i cancro polmonare, dimostrato nei lavoratori esposti e nelle popola-
membri delle famiglie Borgia e Medici erano praticanti molto abili zioni residenti in prossimità di fonderie di zinco.21 Il cadmio non è
di quest’“arte”. A causa del suo utilizzo preferenziale come strumento direttamente genotossico e più probabilmente determina danno al
di morte nelle famiglie reali, l’arsenico è stato definito “il veleno dei DNA tramite la generazione di specie reattive dell’ossigeno (Cap. 1).
re e il re dei veleni.” 18 L’avvelenamento volontario con arsenico è Una recente statistica ha mostrato che il 5% della popolazione sta-
estremamente raro oggigiorno, ma l’esposizione all’arsenico è un tunitense di età pari o superiore a 20 anni ha livelli urinari di cadmio
importante problema di salute in molte aree del mondo. L’arsenico che potrebbero determinare danno renale subdolo e perdita di
si trova naturalmente nel suolo e nell’acqua ed è utilizzato in prodotti calcio.
come i conservanti del legno, così come negli erbicidi e in altri pro­
dotti agricoli. Può essere rilasciato nell’ambiente da miniere e fon-
derie. L’arsenico è presente nella medicina erboristica cinese e Rischi occupazionali per la salute:
­indiana, e il triossido di arsenico è utilizzato nel trattamento delle
ricadute della leucemia promielocitica acuta. Grandi concentrazioni
esposizioni industriali e agricole
di arsenico inorganico sono presenti nell’acqua a livello del suolo ad
uso potabile in paesi come Bangladesh, Cile e Cina. Tra 35 e 77 Più di 10 milioni di infortuni e circa 100.000 morti avvengono
milioni di persone in Bangladesh bevono acqua contaminata da ­annualmente negli Stati Uniti come conseguenza di incidenti e
arsenico, che costituisce di conseguenza il maggiore rischio cance- ­patologie legati al lavoro. Gli incidenti legati al lavoro sono il pro-
rogeno ambientale mai riscontrato. blema più grande nei Paesi in via di sviluppo, mentre nei Paesi
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 401

Tabella 9.2 Malattie umane associate a esposizione professionale


Organo/Sistema Effetto Sostanza tossica

Sistema cardiovascolare Malattia cardiaca Monossido di carbonio, piombo, solventi,


cobalto, cadmio

Apparato respiratorio Cancro nasale Alcool isopropilico, polvere di legno


Cancro polmonare Radon, amianto, silice, bis(clorometil)etere,
nichel, arsenico, cromo, iprite, uranio
Broncopneumopatia cronica ostruttiva Polvere di cereali, polvere di carbone,
cadmio
Ipersensibilità Berillio, isocianati
Irritazione Ammoniaca, ossidi di zolfo, formaldeide
Fibrosi Silice, amianto, cobalto

Sistema nervoso Neuropatie periferiche Solventi, acrilamide, cloruro di metile,


Atassia mercurio, piombo, arsenico, DDT
Effetti depressivi sul sistema nervoso Clordano, toluene, acrilamide, mercurio
Cataratta Alcool, chetoni, aldeidi, solventi
Radiazioni ultraviolette

Sistema urinario Tossicità Mercurio, piombo, glicol eteri, solventi


Cancro della vescica Naftilamine, 4-aminobifenile, benzidina,
prodotti della gomma

Apparato riproduttivo Sterilità maschile Piombo, additivi della plastica a base


di esteri dell’acido ftalico, cadmio
Infertilità femminile/aborti spontanei Piombo, mercurio
Teratogenesi Mercurio, bifenili policlorurati

Sistema emopoietico Leucemia Benzene


Cute Follicolite e dermatosi acneiforme Bifenili policlorurati, diossine, erbicidi
Cancro Radiazioni ultraviolette

Tratto gastrointestinale Angiosarcoma epatico Cloruro di vinile

Dati da Leigh JP et al.: Occupational injury and illness in the United States. Estimates of costs, morbidity, and mortality, Arch Intern Med 157:1557, 1997;
Mitchell FL: Hazardous waste. In Rom WN (ed): Environmental and Occupational Medicine, 2nd ed. Boston, Little, Brown, 1992, p. 1275; e Levi PE: Classes
of toxic chemicals. In Hodgson E, Levi PE (eds): A Textbook of Modern Toxicology. Stamford, CT, Appleton & Lange, 1997, p. 229.

i­ ndustrializzati sono più frequenti le patologie professionali. Nel midollare dose-dipendente e ad un aumentato rischio di leucemia
mondo, la quota di patologie attribuita all’esposizione occupazionale mieloide acuta.
include il 13% di tutti i casi di patologia polmonare ostruttiva cro- Gli idrocarburi policiclici possono essere rilasciati durante la
nica, il 9% dei cancri polmonari e il 2% delle leucemie. Le esposizioni combustione di combustibili fossili, in particolare quando car-
industriali ad agenti tossici sono tanto varie quanto le industrie bone e gas vengono bruciati a temperature elevate (come nelle
stesse. Spaziano dalla semplice irritazione della mucosa respiratoria acciaierie), e sono anche presenti nel catrame e nella fuliggine
dovuta ai vapori di formaldeide o ammoniaca al cancro polmonare (Pott identificò la fuliggine come la causa del cancro allo scroto
indotto dall’esposizione ad amianto, arsenico o uranio, alla leucemia negli spazzacamini nel 1775, come menzionato nel Capitolo 7).
causata dall’esposizione cronica al benzene. Le patologie umane Gli idrocarburi policiclici sono considerati tra i cancerogeni più
associate a esposizione occupazionale sono elencate nella Tabella 9.2. potenti e le esposizioni industriali sono state implicate nello
Offriamo in questa sede alcuni esempi di importanti agenti che sviluppo di cancro a polmoni e vescica.
contribuiscono alle patologie professionali. La tossicità causata dai Organoclorurati. Gli organoclorurati (e i composti organici alo-
metalli è già stata discussa in questo capitolo. genati in generale) sono prodotti lipofili sintetici che resistono
alla degradazione. Organoclorurati importanti utilizzati come
Enormi quantità di solventi organici sono utilizzati nel mondo. pesticidi includono il DDT (diclorodifeniltricloroetano), il Linda-
Alcuni, come il cloroformio e il tetracloruro di carbonio, si ritro- no, l’Aldrin e il Dieldrin. Organoclorurati non pesticidi includono
vano negli agenti sgrassanti e per la pulitura a secco e nei prodotti i bifenili policlorinati (PCB) e la diossina (TCDD; 2,3,7,8-tetra-
per la rimozione delle vernici. L’esposizione acuta a livelli elevati clorodibenzo-p-diossina). Il DDT venne bandito negli Stati Uniti
di vapori da essi derivati, può causare vertigini e confusione, nel 1973, ma più di metà della popolazione statunitense ha livelli
portando a depressione del sistema nervoso centrale e persino al rilevabili di p, p9-DDE, un metabolita del DDT di lunga durata.
coma. Livelli più bassi sono tossici per fegato e reni. L’esposizione Questa sostanza fu riscontrata persino in individui dai 12 ai 19
dei lavoratori della gomma al benzene e all’1,3-butadiene aumenta anni di età nati dopo il bando del DDT. Il PCB (un’altra sostanza
il rischio di leucemia. Il benzene viene ossidato dal CYP2E1 bandita), la diossina e i PBDE (eteri difenilici polibrominati
epatico a metaboliti tossici che bloccano il differenziamento delle utilizzati come ritardanti di fiamma) sono inoltre rilevabili in
cellule ematopoietiche nel midollo osseo, portando a un’aplasia un’ampia parte della popolazione statunitense. La maggior parte
402 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

degli organoclorurati sono sostanze che alterano il sistema endo- l­’inalazione di tabacco dall’ambiente (“fumo passivo”) può causare
crino con attività antiestrogenica o antiandrogenica. cancro al polmone nei non fumatori.22 Il fumo di sigarette causa,
La diossina e i PCB possono causare patologie cutanee come globalmente, più di 5 milioni di morti l’anno, perlopiù per patologie
follicoliti e una dermatosi nota come cloracne caratterizzata da cardiovascolari, vari tipi di cancro e problemi respiratori cronici che
acne, formazione di cisti, iperpigmentazione e ipercheratosi, esitano in un totale di più di 35 milioni di anni di vita persi. Ci si
solitamente intorno al volto e dietro le orecchie. Queste tossine attende che queste stime salgano a 8 milioni di decessi legati al ta-
possono anche causare anomalie nel fegato e nel sistema nervoso bacco entro il 2020, con l’aumento maggiore da attendersi nei Paesi
centrale. Dal momento che i PCB inducono i CYP, i lavoratori in via di sviluppo. Si è stimato che delle persone oggi in vita circa
esposti a queste sostanze possono metabolizzare in modo ano- 500 milioni moriranno di patologie legate al tabacco. Nei soli Stati
malo i farmaci. Disastri ambientali in Giappone e Cina verso la Uniti il tabacco è responsabile di oltre 400.000 morti l’anno, un terzo
fine degli anni Sessanta, causati dal consumo di olio di riso delle quali attribuibili al cancro del polmone. Due terzi dei fumatori
­contaminato da PCB durante la sua produzione, causarono l’av- vivono in 10 Paesi, primo dei quali la Cina, che ne accoglie il 30%,
velenamento, ciascuno, di circa 2.000 persone. La prima manife- seguita dall’India con circa il 10%, e successivamente da Indonesia,
stazione della patologia (Yusho in Giappone; Yu-Cheng in Cina) Russia, Stati Uniti, Giappone, Brasile, Bangladesh, Germania e
fu la cloracne e l’iperpigmentazione di pelle e unghie. Uno strano Turchia.
caso di avvelenamento intenzionale da diossina, che finì sulle Il fumo è la causa di morte più facilmente prevenibile. Riduce la
prime pagine di tutto il mondo e fornì un’illustrazione di coper- sopravvivenza complessiva attraverso effetti dose-dipendenti. Ad
tina per la cloracne, coinvolse un futuro presidente ucraino. esempio mentre l’80% della popolazione di non fumatori è viva all’età
L’uomo sviluppò estesa cloracne e sintomi sistemici come conse­ di 70 anni, solo il 50% dei fumatori sopravvive a questa età (Fig. 9.8).
guenza dell’aver consumato un pasto con aggiunta di diossina L’abitudine al fumo è diminuita nei teenager statunitensi, una ten-
che gli era stato offerto da uno dei suoi “amici” politici. denza che lascia ben sperare. Tuttavia statistiche recenti stimano che
L’inalazione di polveri minerali causa patologie croniche polmonari il 7%, il 14% e il 22% degli studenti di terza media, seconda e quarta
non neoplastiche note come pneumoconiosi. Questo termine si superiore, rispettivamente, avevano usato prodotti a base di tabacco
riferisce anche alle patologie indotte dai particolati organici e durante il mese precedente l’indagine. Ritardare l’età in cui si inizia
inorganici e alle patologie polmonari non neoplastiche indotte a fumare riduce il rischio futuro di cancro al polmone o di altro tipo,
da fumi e vapori chimici. Le più comuni pneumoconiosi sono ma, sfortunatamente, ciò sembra avvenire in età sempre più precoci.
causate dall’esposizione alle polveri di carbone (dall’estrazione La sospensione del fumo riduce fortemente, entro 5 anni, la morta-
mineraria di carbone duro), alla silice (sabbiatura, taglio di pietre lità complessiva e il rischio di morte per patologie cardiovascolari.
ecc.), all’amianto (estrazione mineraria, fabbricazione, lavori di La mortalità da cancro al polmone diminuisce del 21% entro 5 anni,
isolamento) e al berillio (estrazione mineraria, fabbricazione). ma un rischio maggiore rimane per 30 anni.22
L’esposizione a questi agenti avviene quasi sempre sul posto di
lavoro. Tuttavia, l’aumento del rischio di cancro come esito
dell’esposizione all’amianto si estende ai familiari dei lavoratori
di amianto e ad altri individui esposti al di fuori del posto di la-
voro. Le pneumoconiosi e la loro patogenesi sono discusse nel
Capitolo 15.
L’esposizione al cloruro di vinile utilizzato nella sintesi delle resine
poliviniliche può portare allo sviluppo di angiosarcoma epatico,
un raro tipo di tumore epatico.
L’esposizione agli ftalati negli animali da laboratorio causa alte-
razioni endocrine e una sindrome disgenetica testicolare che
comprende ipospadia, criptorchidismo e anomalie delle cellule
testicolari che sono simili alle lesioni di natura solitamente ignota
riscontrate negli esseri umani. Gli ftalati sono plasticizzanti am-
piamente usati nelle plastiche flessibili (come le pellicole alimen-
tari) e nei contenitori medici, come le sacche per sangue e siero.
Una fonte di preoccupazione è che bambini malati possano rice-
vere grandi dosi di ftalati dalle sacche che contengono fluidi
somministrati per via intravenosa, per quanto la tossicità negli
esseri umani non sia stata stabilita con certezza.

Effetti del tabacco


Il tabacco è la più comune causa esogena di cancro nell’uomo, dal
momento che è responsabile del 90% dei tumori del polmone. Il Figura 9.8 Gli effetti del fumo sulla sopravvivenza. Lo studio mette in
principale colpevole è il fumo di sigaretta, ma anche il tabacco non relazione i tassi di morte specifici per ogni età per i fumatori attivi con quelli
di individui che non hanno mai fumato regolarmente (British Doctors Study).
da fumo (tabacco da inalare, da masticare ecc.) è dannoso per la Misurata all’età di 75 anni, la differenza di sopravvivenza tra fumatori e non
salute ed è un’importante causa di cancro orale. L’uso dei prodotti fumatori è di 7,5 anni. (Modificato da Stewart BW, Kleihues P (eds): World
derivati dal tabacco non crea solo rischi personali dal momento che Cancer Report. Lyon, IARC Press, 2003)
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 403

Tabella 9.3 Effetti di componenti selezionati


del fumo di tabacco

Sostanza Effetto

Catrame Cancerogenesi

Idrocarburi policiclici Cancerogenesi


aromatici

Nicotina Stimolazione gangliare e depressione;


promozione dei tumori

Fenolo Promozione dei tumori; irritazione


della mucosa

Benzopirene Cancerogenesi

Monossido di carbonio Alterato trasporto e utilizzo


dell’ossigeno

Formaldeide Tossicità per le ciglia; irritazione


della mucosa

Ossidi dell’azoto Tossicità per le ciglia; irritazione


della mucosa

Nitrosamine Cancerogenesi

Il numero di sostanze chimiche potenzialmente nocive presenti


nel fumo di tabacco è straordinario. Il tabacco contiene tra 2.000
e 4.000 sostanze, più di 60 delle quali sono state identificate come
cancerogene. La Tabella 9.3 offre solo un elenco parziale e include
diversi tipi di danno prodotti da questi agenti. La nicotina, un
­alcaloide presente nelle foglie di tabacco, non è una diretta causa di
patologie legate al tabacco, ma dà dipendenza. Senza di essa sarebbe Figura 9.9 Effetti negativi del fumo; quelli più frequenti sono in
molto semplice per i fumatori interrompere questa abitudine. La grassetto.
nicotina si lega a recettori nell’encefalo e, attraverso il rilascio di
catecolamine, è responsabile degli effetti acuti del fumo, come l’au- all’intensità dell’esposizione, di solito espressa in termini di “pack
mento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, e l’au- years” (ad es. un pacchetto fumato ogni giorno per 20 anni equivale
mento di contrattilità e gittata cardiaca. Le più comuni patologie a 20 pack years) o in sigarette fumate al giorno (Fig. 9.10). Inoltre,
causate dal fumo di sigaretta interessano il polmone e comprendono fumare moltiplica il rischio cancerogeno di altre sostanze. Ne sono
enfisema, bronchite cronica, patologia polmonare ostruttiva cronica
e cancro del polmone, condizioni discusse nel Capitolo 15. Il fumo
di sigaretta è inoltre fortemente associato allo sviluppo di ateroscle- Tabella 9.4 Cancerogeni organo-specifici
rosi, infarto del miocardio e cancro di labbra, bocca, faringe, esofago, nel fumo di tabacco
pancreas, vescica, rene e cervice. Gli effetti avversi del fumo in vari
sistemi di organo sono mostrati nella Figura 9.9. Organo Cancerogeno
Fumo e cancro del polmone. Gli agenti contenuti nel fumo
Polmone, laringe Idrocarburi policiclici aromatici
hanno un effetto irritante diretto sulla mucosa tracheobronchiale 4-(Metilnitrosoamino)-1-(3-
che determina infiammazione e aumentata produzione di muco piridil)-1butanone (NNK)
(bronchite). Il fumo di sigaretta causa inoltre il reclutamento, nel Polonio 210
polmone, di leucociti, che aumentano la produzione locale di elastasi
Esofago N’-Nitrosonornicotina (NNN)
e conseguente danno al tessuto polmonare che porta all’enfisema.
I componenti del fumo di sigaretta, in particolare gli idrocarburi po- Pancreas NNK (?)
liciclici e le nitrosamine (Tab. 9.4), sono potenti cancerogeni negli
animali e sono probabilmente coinvolti direttamente nello sviluppo Vescica 4-Aminobifenile, 2-naftilamina
del cancro al polmone negli esseri umani (Cap. 15). Gli enzimi CYP
Cavità orale (fumo) Idrocarburi policiclici aromatici,
(enzimi di fase I del citocromo P-450) e di fase II aumentano la NNK, NNN
solubilità in acqua dei cancerogeni, facilitandone l’escrezione. Tutta­
via alcuni intermedi prodotti dai CYP sono elettrofili e formano Cavità orale (tabacco da fiuto) NNK, NNN, polonio 210
addotti del DNA. Se tali addotti persistono, possono causare muta- Dati da Szczesny LB, Holbrook JH: Cigarette smoking. In Rom WH (ed):
zioni di oncogeni e oncosoppressori quali rispettivamente K-Ras e Environmental and Occupational Medicine, 2nd ed. Boston, Little,
p5323. Il rischio di sviluppare un cancro al polmone è correlato Brown,1992, p 1211.
404 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Il fumo di sigaretta è strettamente legato allo sviluppo dell’atero-


sclerosi e della sua complicanza principale, l’infarto del miocardio. I
meccanismi causali probabilmente sono correlati a diversi fattori,
inclusa l’aumentata aggregazione piastrinica, la diminuita ossigena-
zione miocardica (a causa della rilevante patologia polmonare
­accoppiata con l’ipossia dovuta al contenuto in CO del fumo di si-
garetta) accompagnata da un’aumentata richiesta di ossigeno e una
soglia ridotta per la fibrillazione ventricolare. Il fumo ha un effetto
sinergico sull’incidenza dell’infarto del miocardio se combinato con
l’ipertensione e l’ipercolesterolemia.
Il fumo nella madre aumenta il rischio di aborto spontaneo e di parto
pretermine ed esita in un ritardo di crescita intrauterino (Cap. 10).
I pesi alla nascita dei bambini nati da madri che hanno smesso di
fumare prima della gravidanza sono tuttavia normali.
L’esposizione al fumo di tabacco ambientale (fumo passivo) è as-
sociata ad alcuni degli effetti negativi che esitano dal fumo attivo. Si
stima che il rischio relativo di cancro del polmone nei non fumatori
Figura 9.10 Il rischio di cancro al polmone è determinato dal numero esposti al fumo ambientale sia 1,3 volte più alto che nei non fumatori
di sigarette fumate. (Modificato da Stewart BW, Kleihues P (eds): World non esposti al fumo. Negli Stati Uniti circa 3.000 decessi per cancro
Cancer Report. Lyon, IARC Press, 2003)
del polmone in non fumatori sopra i 35 anni sono attribuibili ogni
anno al fumo di tabacco ambientale. Ancora più impressionante è
testimoni l’incidenza dieci volte più alta di carcinoma del polmone l’aumento del rischio di aterosclerosi coronarica e di infarto miocar­
nei lavoratori dell’amianto e nei minatori di uranio fumatori rispetto dico fatale. Gli studi riportano che ogni anno da 30.000 a 60.000
a quelli non fumatori, e l’interazione tra il consumo di tabacco e morti cardiache negli Stati Uniti sono associate ad esposizione al
l’alcool nello sviluppo dei cancri orali (menzionata in seguito). fumo passivo. L’inalazione di fumo passivo nei non fumatori può
Fumo e altre patologie. In aggiunta ai tumori del polmone, il essere stimata misurando i livelli ematici di cotinina, un metabolita
tabacco contribuisce allo sviluppo dei cancri della cavità orale, dell’eso- della nicotina. I livelli medi di cotinina nei non fumatori sono di-
fago, del pancreas e della vescica. Il fumo e il tabacco non da fumo minuiti di più del 60% durante gli ultimi 10 anni, ma l’esposizione
interagiscono con l’alcool nello sviluppo del cancro della laringe. La domestica al fumo di tabacco ambientale resta un grande problema
combinazione di questi agenti ha un effetto sinergico sul rischio di per la sanità pubblica, in particolare per i bambini che potrebbero
sviluppare questo tumore (Fig. 9.11). sviluppare patologie respiratorie e asma. È chiaro che il fugace pia-
cere di una boccata di fumo porta con sé un prezzo a lungo termine
molto elevato.

Effetti dell’alcool
Il consumo di etanolo in quantità moderate generalmente non è
dannoso, ma in quantità eccessive l’alcool causa seri danni fisici e
psicologici. In questa sezione descriviamo il metabolismo dell’alcool
e le maggiori conseguenze per la salute associate all’abuso alcolico.
Nonostante tutta l’attenzione rivolta alle droghe illegali quali
cocaina ed eroina, l’abuso di alcool è un pericolo più diffuso e miete
molte più vittime. Il 50% degli adulti nel mondo occidentale beve
alcolici, e circa il 5-10% soffre di alcolismo cronico. Si stima che vi
siano più di 10 milioni di alcolisti cronici negli Stati Uniti e che il
consumo di alcool sia responsabile di oltre 100.000 morti ogni anno.
Più del 50% di queste morti sono dovute a incidenti causati da guida
in stato di ebbrezza e da omicidi e suicidi correlati all’alcool, e circa
15.000 morti l’anno sono una conseguenza della cirrosi epatica.
Globalmente l’alcool è responsabile di circa 1,8 milioni di morti
all’anno (3,2% di tutti i decessi). Dopo il consumo, l’etanolo viene
assorbito inalterato nello stomaco e nel piccolo intestino. Viene
quindi distribuito a tutti i tessuti e fluidi del corpo in proporzione
diretta al livello ematico. Meno del 10% viene escreto inalterato
tramite urine, sudore e aria espirata. La quantità liberata è propor-
zionale al livello ematico e forma la base del test “del palloncino”
utilizzato dalle forze di polizia. Una concentrazione di 80 mg/dl nel
Figura 9.11 Il fumo di sigaretta e il consumo di alcool agiscono in modo
sinergico nel determinare il rischio di cancro alla laringe. (Modificato da sangue rappresenta il limite per la definizione legale di guida in stato
Stewart BW, Kleihues P (eds): World Cancer Report. Lyon, IARC Press, di ebbrezza negli Stati Uniti. Per un individuo medio, questa con-
2003) centrazione di alcool può essere raggiunta dopo il consumo di tre
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 405

Figura 9.12 Metabolismo dell’etanolo. Ossidazione dell’etanolo ad acetaldeide tramite tre differenti vie e produzione di acido acetico. Si noti che
l’ossidazione da parte della ADH (alcool deidrogenasi) ha luogo nel citosol; il sistema del citocromo P-450 e della sua isoforma CYP2E1 sono siti nel reticolo
endoplasmatico (microsomi) e la catalasi è sita nei perossisomi. L’ossidazione dell’acetaldeide da parte dell’ALDH (aldeide deidrogenasi) avviene nei mi-
tocondri. L’ossidazione tramite ADH è la via più importante; solo il 5% del metabolismo dell’etanolo è dovuto alla catalasi. L’ossidazione attraverso i CYP
può anche generare specie reattive dell’ossigeno (non mostrate). (Da Parkinson A: Biotransformation of xenobiotics. In Klassen CD [ed]: Casarett and
Doull’s Toxicology: The Basic Science of Poisons, 6th ed. New York, McGraw-Hill, 2001, p 133)

drink standard, è contenuta in 3 bottiglie di birra (da 35 cl), 45 cl di depressivi di sostanze narcotiche, sedative e psicoattive nel sistema
vino o 120-150 cl di alcolici distillati a 40°. La sonnolenza si verifica nervoso centrale. L’ossidazione dell’etanolo produce agenti tossici
a 200 mg/dl, lo stupor a 300 mg/dl e il coma, con possibile arresto e blocca le vie metaboliche. In questa sede ricordiamo solo le alte-
respiratorio, a livelli più alti. La velocità del metabolismo influisce razioni più importanti.
sui livelli di alcool nel sangue. Gli alcolisti cronici possono tollerare
livelli che raggiungono i 700 mg/dl, una situazione in parte spiegabile L’acetaldeide ha molti effetti tossici ed è responsabile di alcuni
dall’accelerato metabolismo dell’etanolo causato da un aumento degli effetti acuti dell’alcool e dello sviluppo del cancro orale.
dell’induzione di 5-10 volte dei CYP epatici descritta di seguito. Gli L’efficienza del metabolismo dell’alcool varia tra le popolazioni,
effetti dell’alcool variano anche in base a età, sesso e tessuto adiposo in dipendenza dai livelli di espressione degli isoenzimi ADH e
corporeo. ALDH e dalla presenza di varianti genetiche che alterano l’attività
La maggior parte dell’alcool nel sangue viene biotrasformata in enzimatica. Circa il 50% degli asiatici ha un’attività dell’ALDH
acetaldeide nel fegato a opera di tre sistemi enzimatici costituiti da molto bassa, dovuta alla sostituzione di una lisina con una glu-
alcool deidrogenasi (ADH), sistema microsomale etanolo-ossidante tammina al residuo 487 (l’allele normale viene chiamato ALDH2*1
(MEOS) e catalasi (Fig. 9.12). Il sistema enzimatico principale coin- e la variante inattiva viene indicata come ALDH2*2). La proteina
volto nel metabolismo dell’alcool è l’ADH, sita nel citosolo degli epa­ ALDH2*2 ha un’attività negativa dominante, tale che una sola
tociti. Il sistema microsomale etanolo-ossidante partecipa al suo me- copia dell’allele ALDH2*2 riduce significativamente l’attività
tabolismo a livelli ematici elevati di alcool. La catalasi, che usa il dell’ALDH. Gli individui omozigoti per l’allele ALDH2*2 sono
perossido di idrogeno come substrato, è di importanza minore, dal totalmente incapaci di ossidare l’acetaldeide e non tollerano l’alcool,
momento che metabolizza non più del 5% dell’etanolo nel fegato. e sperimentano, dopo l’ingestione, nausea, arrossamento, tachi-
L’acetaldeide prodotta dal metabolismo dell’alcool attraverso l’ADH cardia e iperventilazione.24
o il MEOS viene convertita ad acetato dall’aldeide deidrogenasi L’ossidazione dell’alcool da parte dell’ADH causa la riduzione
(ALDH), acetato che viene quindi utilizzato nella catena respiratoria del nicotinammide adenina dinucleotide (NAD) a NADH, con
mitocondriale. una conseguente diminuzione del NAD e un aumento del NADH.
Il sistema di ossidazione microsomale coinvolge i CYP, in parti- Il NAD è necessario per l’ossidazione degli acidi grassi nel fegato
colare il CYP2E1 sito nel reticolo endoplasmatico liscio. L’induzione e per la conversione del lattato in piruvato. La sua carenza è una
dei CYP da parte dell’alcool spiega l’aumentata suscettibilità degli delle cause principali dell’accumulo di grasso nel fegato degli
alcolisti ad altri composti metabolizzati dallo stesso sistema enzi- alcolisti. L’aumento del rapporto NADH/NAD negli alcolisti
matico, che includono farmaci, anestetici, cancerogeni e solventi causa inoltre acidosi lattica.
industriali. È da notare, tuttavia, che quando l’alcool è presente nel Il metabolismo dell’etanolo nel fegato da parte del CYP2E1 produce
sangue a concentrazioni elevate, compete con gli altri substrati del specie reattive dell’ossigeno e causa perossidazione dei lipidi delle
CYP2E1 e ritarda il catabolismo dei farmaci, potenziando gli effetti membrane cellulari. Tuttavia, il meccanismo preciso responsabile
406 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

del danno cellulare indotto dall’alcool nel fegato non è stato ben quantità minima di alcool che può causare la sindrome fetale
definito. L’alcool causa inoltre il rilascio di endotossina (lipopo- alcolica, ma il consumo durante il primo trimestre di gravidanza
lisaccaride) dai batteri Gram-negativi nella flora intestinale, en- è particolarmente dannoso. Si è stimato che la prevalenza del
dotossina che stimola la produzione di TNF (fattore di necrosi consumo di alcool frequente e smodato tra le donne gravide è
tumorale) e altre citochine da parte di macrofagi e cellule di approssimativamente del 6% e che la sindrome alcolica fetale
Kupffer, portando al danno epatico. colpisce da 1 a 4,8 su 1.000 bambini nati negli Stati Uniti.
Il consumo cronico di alcool è associato a un’aumentata incidenza
Gli effetti avversi dell’etanolo possono essere classificati come di cancro di cavità orale, esofago, fegato e, potenzialmente, seno
acuti o cronici. nelle donne. L’acetaldeide è considerato il principale agente as-
L’alcolismo acuto esercita i suoi effetti principalmente sul SNC, sociato a cancro laringeo ed esofageo indotto da alcool, dal mo-
ma può indurre alterazioni epatiche e gastriche che sono reversibili mento che addotti acetaldeide-DNA sono stati riscontrati in
se il consumo di alcool viene interrotto. Anche con un’assunzione ­alcuni tumori di questi tessuti. Gli individui con una copia dell’al-
moderata di alcool, si accumulano molteplici goccioline di grasso lele ALDH2*2 che bevono sono a rischio più elevato di sviluppare
nel citoplasma degli epatociti (modificazioni grasse o steatosi epatica). cancro dell’esofago.
Le modificazioni gastriche consistono in gastrite acuta e ulcerazioni. L’etanolo è una sostanziale fonte di energia (calorie vuote). L’al-
Nel SNC l’alcool è un tranquillante che colpisce dapprima le strutture colismo cronico porta a malnutrizione e deficit nutrizionali, in
sottocorticali (probabilmente la formazione reticolare del tronco particolare delle vitamine del gruppo B.
cerebrale alto) che modulano l’attività corticale cerebrale. Di conse-
guenza vi è una stimolazione e un comportamento corticale, motorio E ora, una buona notizia: il vino rosso contiene il resveratrolo, un
e intellettuale alterato. A livelli ematici progressivamente maggiori, composto polifenolico che aumenta la vita media di vermi e mosche,
i neuroni corticali e quindi i centri midollari inferiori vengono de- promuove la longevità nei topi e protegge questi dall’obesità indotta
pressi, inclusi quelli che regolano la respirazione. Può seguire l’ar- dalla dieta e dall’insulino-resistenza. Il resveratrolo contribuisce
resto respiratorio. all’effetto protettivo contro la patologia cardiovascolare nei bevitori
L’alcolismo cronico colpisce non solo il fegato e lo stomaco, ma moderati di vino e potenzialmente offre la chiave di interpretazione
virtualmente tutti gli altri organi e tessuti. Gli alcolisti cronici sof- del “paradosso francese”, una popolazione amante del vino e del cibo
frono di una significativa morbilità e hanno un’aspettativa di vita con una bassa incidenza di obesità e patologie cardiovascolari. Gli
ridotta, collegata principalmente al danno a fegato, tratto gastroin- effetti del resveratrolo sulla longevità sono stati attribuiti all’attiva-
testinale, SNC, sistema cardiovascolare e pancreas. zione da parte di questa sostanza di proteine deacetilanti della fa-
miglia di enzimi Sir2 (sirtuina), che include le istone deacetilasi.
Il fegato è la sede principale di danno cronico. In aggiunta alle Tuttavia, poiché il resveratrolo interagisce anche con numerose altre
modificazioni grasse ricordate precedentemente, l’alcolismo cro­ proteine, studi tuttora in corso cercano di identificare i meccanismi
nico causa epatite e cirrosi alcolica, come descritto nel Capitolo 18. precisi dei suoi effetti protettivi.26,27
La cirrosi è associata a ipertensione portale e a un aumento del
rischio di sviluppo di carcinoma epatocellulare.
Nel tratto gastrointestinale, l’alcolismo cronico può causare san- Danno da farmaci e sostanze d’abuso
guinamenti massivi dovuti a gastrite, ulcere gastriche o varici
esofagee (associate a cirrosi), che possono risultare fatali. Danno da farmaci (reazioni avverse
Il deficit di tiamina (vitamina B1) è comune negli alcolisti cronici. da farmaci)
Le lesioni principali che risultano da questa carenza sono la
neuropatia periferica e la sindrome di Wernicke-Korsakoff (si Le reazioni avverse da farmaci (Adverse Drug Reactions, ADR) fanno
vedano Tab. 9.9 e Cap. 28); possono anche verificarsi atrofia riferimento agli effetti indesiderati di farmaci che vengono sommi-
cerebrale, degenerazione cerebellare e neuropatia ottica. nistrati in corso di trattamenti terapeutici convenzionali. Queste
L’alcool ha effetti vari sul sistema cardiovascolare. Un danno al reazioni sono estremamente comuni nella pratica medica (Fig. 9.13)
miocardio può produrre cardiomiopatia dilatativa congestizia e colpiscono quasi il 10% dei pazienti ricoverati in ospedale. Si stima
(cardiomiopatia alcolica, discussa nel Capitolo 12). L’alcolismo che in circa il 10% di questi pazienti le ADR siano fatali. La Tabella 9.5
cronico è inoltre associato a un’aumentata incidenza di iperten- elenca comuni reperti patologici nelle ADR e i farmaci più frequen-
sione. È stato riferito che quantità moderate di alcool (circa 20- temente coinvolti. Come si può vedere nella tabella, molti dei farmaci
30 g di assunzione giornaliera, corrispondenti a circa 250 ml di che determinano ADR, come gli agenti antineoplastici, sono molto
vino) aumentano i livelli di lipoproteina ad alta densità (HDL) e potenti, e le reazioni avverse sono rischi previsti del trattamento. In
inibiscono l’aggregazione piastrinica, proteggendo quindi dalla questa sezione, esaminiamo le reazioni avverse a farmaci comune-
patologia cardiaca coronarica. Tuttavia, un consumo elevato di mente usati. Discuteremo dapprima gli effetti avversi della terapia
alcool, con concomitante danno al fegato, esita in una riduzione ormonale sostitutiva (hormonal replacement therapy, HRT), dei con-
dei livelli di HDL, aumentando la probabilità di patologia cardia- traccettivi orali (COr) e degli steroidi anabolizzanti. Seguirà poi una
ca coronarica. discussione sugli effetti del paracetamolo e dell’acido acetilsalicilico,
Un’assunzione eccessiva di alcool aumenta il rischio di pancreatite dal momento che questi farmaci sono di uso comune.
acuta e cronica (Capitolo 19).
L’uso di etanolo durante la gravidanza – secondo quanto ripor- Terapia ormonale sostitutiva (HRT)
tato, anche in quantità molto basse – può causare la sindrome
alcolica fetale.25 È caratterizzata da microcefalia, ritardo di crescita La tipologia più comune di HRT consiste nella somministrazione di
e anomalie facciali nel neonato e, con l’avanzare dell’età del bam- estrogeni insieme a progesterone. A causa del rischio di cancro
bino, una riduzione nella funzione mentale. È difficile stabilire la dell’utero, la terapia estrogenica da sola viene utilizzata esclusivamente
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 407

La HRT aumenta il rischio di cancro al seno dopo un periodo medio


di 5-8 anni. Il rischio è massimo e il tempo di latenza più breve
per lo sviluppo di carcinomi lobulari e cancri duttulo-lobulari.29
La HRT ha un effetto protettivo sullo sviluppo dell’aterosclerosi
e della patologia coronarica nelle donne sotto i 60 anni, ma non
vi è protezione nelle donne che hanno intrapreso la HRT ad un’età
maggiore.30 Questi dati sostengono la teoria che vi sia un finestra
terapeutica critica per gli effetti della HRT sul sistema cardiova-
scolare. Gli effetti protettivi nelle donne più giovani dipendono
in parte dalla risposta dei recettori degli estrogeni che regolano
l’omeostasi del calcio nei vasi sanguigni.
La HRT aumenta il rischio di tromboembolia venosa, incluse
trombosi venosa profonda, embolia polmonare e ictus. L’aumento
è più marcato durante i primi 2 anni di trattamento e nelle donne
che hanno altri fattori di rischio come immobilizzazione e stati
di ipercoagulabilità causati da mutazioni della protrombina o del
fattore V di Leiden (Cap. 4).

Contraccettivi orali (COr)


Nel mondo più di 100 milioni di donne utilizzano la contraccezione
ormonale. I COr contengono praticamente in ogni caso un estradiolo
di sintesi e una quantità variabile di progestinico, ma alcuni preparati
contengono solo progestinici e agiscono inibendo l’ovulazione o
prevenendo l’impianto. Attualmente i COr prescritti contengono una
quantità molto inferiore di estrogeni (con dosi che scendono fino a
20 mg di etinilestradiolo) rispetto alle prime formulazioni approvate
per l’uso negli Stati Uniti nel 1960 e sono associati a minori effetti
collaterali. Sono divenute disponibili anche formulazioni transder-
miche e impiantabili. Quindi i risultati degli studi epidemiologici
Figura 9.13 Reazioni avverse ai farmaci. Pigmentazione cutanea causata dovrebbero essere interpretati nel contesto del dosaggio e del metodo
da minociclina, un derivato tetraciclinico ad azione prolungata. A. Pigmen- di somministrazione. Ciononostante vi è una buona evidenza che
tazione blu-grigia diffusa dell’avambraccio. B. Deposizione di particelle di l’uso dei COr sia associato alle seguenti condizioni:31
pigmento derivate da metaboliti di farmaci/ferro/pigmenti melaninici nel
derma. (Per gentile concessione del Dr. Zsolt Argenyi, Department of Pa-
thology, University of Washington, Seattle, WA) Tromboembolia. La maggior parte degli studi indica che l’uso di
COr esita in un rischio aumentato approssimativamente di tre
volte di trombosi venosa e di tromboembolia polmonare. Questo
nelle donne isterectomizzate. Un tempo prescritta principalmente rischio è ulteriormente aumentato nei portatori di mutazioni
per i sintomi fastidiosi della menopausa (ad es. vampate), la HRT è della protrombina e del fattore V di Leiden. Il maggiore rischio
stata ampiamente usata in donne postmenopausa per prevenire o trombotico sembra essere una conseguenza dell’attivazione di
rallentare la progressione dell’osteoporosi (Cap. 26) e ridurre la una risposta di fase acuta, con aumenti di proteina C reattiva e
probabilità di infarto del miocardio. Tuttavia, i risultati della Women’s fattori della coagulazione (fattori VII, IX, X, XII e XIII) e ridu-
Health Initiative pubblicati nel 2002 hanno scioccato la comunità zione degli anticoagulanti (proteina S e antitrombina III).
scientifica non riuscendo a trovare supporto per alcuni dei presunti Malattia cardiovascolare. I COr aumentano il rischio di infarto
effetti benefici della terapia. Questo ampio studio epidemiologico ha del miocardio nelle donne fumatrici di ogni età e nelle donne
coinvolto circa 17.000 donne a cui era stata somministrata una com- non fumatrici sopra i 35 anni. Sopra i 35 anni, l’effetto è più di
binazione di estrogeni (estrogeni equini) e progesterone (medrossi- dieci volte superiore nelle fumatrici rispetto alle non fumatrici.
progesterone acetato). Sebbene lo studio abbia evidenziato che la Cancro. I COr riducono l’incidenza di cancro dell’endometrio e
HRT causava una riduzione nel numero di fratture, tuttavia ha anche dell’ovaio. Non aumentano il rischio di sviluppare un cancro del
indicato che, dopo 5 anni di trattamento, la HRT aveva aumentato il seno, sebbene un piccolo aumento nell’incidenza sia stato riscon-
rischio di cancro al seno (come discusso nel Cap. 23) e di trombo- trato durante i primi 5 anni di utilizzo.
embolia, e non aveva avuto alcun effetto sulla prevenzione della Adenoma epatico. Vi è un’associazione ben definita tra l’uso di
patologia cardiovascolare. L’ampia diffusione di questi risultati ha COr e questo tumore epatico (Cap. 18), in particolare in donne
comportato una drastica diminuzione nell’uso della HRT, da 16 anziane che hanno usato contraccettivi orali per periodi prolun-
milioni di prescrizioni nel 2001 a 6 milioni nel 2006, accompagnata gati di tempo. Questo tumore appare come una massa ampia,
da un’apparente caduta nell’incidenza di tumori al seno di nuova singola e ben capsulata.
diagnosi. Durante gli ultimi anni vi è stata una rivalutazione dei rischi
e dei benefici della HRT.28 Le nuove analisi hanno mostrato che gli Steroidi anabolizzanti
effetti della HRT dipendono dal tipo di estrogeno/progesterone
utilizzati, dall’età della persona all’inizio del trattamento, dalla durata L’uso di steroidi per aumentare la performance di giocatori di ba-
del trattamento e dalla presenza di patologie associate. seball, praticanti di atletica leggera e lottatori (wrestler) ha ricevuto
408 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Tabella 9.5 Alcune comuni reazioni avverse da farmaci e loro agenti


Reazione Principali fattori lesivi
*
midollo osseo e cellule del sangue

Granulocitopenia, anemia aplastica, pancitopenia Agenti antineoplastici, immunosoppressori e cloramfenicolo


Anemia emolitica, trombocitopenia Penicillina, metildopa, chinidina, eparina

cutanee
Orticaria, macule, papule, vescicole, petecchie, dermatite esfoliativa, Agenti antineoplastici, sulfamidici, idantoine, alcuni antibiotici
eritemi fissi da farmaci, pigmentazione anomala e molti altri agenti

cardiache
Aritmie Teofillina, idantoine, digossina
Cardiomiopatia Doxorubicina, daunorubicina

renali

Glomerulonefrite Penicillamina
Necrosi tubulare acuta Antibiotici aminoglicosidici, ciclosporina, amfotericina B
Patologia tubulointerstiziale con necrosi papillare Fenacetina, salicilati

polmonari
Asma Salicilati
Polmonite acuta Nitrofurantoina
Fibrosi interstiziale Busulfan, nitrofurantoina, bleomicina

epatiche

Degenerazione grassa Tetracicline


Danno epatocellulare diffuso Alotano, isoniazide, paracetamolo
Colestasi Clorpromazina, estrogeni, agenti contraccettivi

sistemiche

Anafilassi Penicillina
Sindrome lupus eritematosa-simile (lupus indotto da farmaci) Idralazina, procainamide

sistema nervoso centrale


Tinnito e vertigini Salicilati
Reazioni distoniche acute e sindrome parkinsoniana Antipsicotici fenotiazinici
Depressione respiratoria Sedativi
*
Interessati in circa metà di tutte le morti legate ai farmaci.

molta attenzione negli ultimi anni. Gli steroidi anabolizzanti sono sufficienza epatica acuta, con una mortalità del 30%. Il sovradosag-
versioni sintetiche del testosterone, e per il miglioramento della gio intenzionale (tentativo di suicidio) è la più comune causa di
performance sono utilizzati in dosi da 10 a 100 volte più alte che tossicità da paracetamolo in Gran Bretagna, mentre negli Stati Uniti
nelle indicazioni terapeutiche. L’elevata concentrazione di testoste- lo è il sovradosaggio non intenzionale, rappresentando circa il 50%
rone e dei suoi derivati inibisce la produzione e il rilascio di ormone dei casi totali di intossicazione.
luteinizzante e di ormone follicolo-stimolante tramite un meccani- Alle dosi terapeutiche, circa il 95% del paracetamolo subisce una
smo di feedback, e aumenta la quantità di estrogeni, che sono pro- detossificazione nel fegato da parte degli enzimi di fase II e viene
dotti a partire dagli steroidi anabolizzanti. Gli steroidi anabolizzanti escreto nell’urina come coniugati glucuronati o solfati (Fig. 9.14).
hanno diversi effetti avversi, tra cui riduzione della crescita negli Circa il 5% o meno viene metabolizzato attraverso l’attività dei CYP
adolescenti, acne, ginecomastia e atrofia testicolare nei maschi e (principalmente CYP2E) a NAPQI (N-acetil-p-benzochinoneimina),
crescita dei peli sul volto e modificazioni mestruali nelle donne. Altri un metabolita altamente reattivo.32,33 Il NAPQI viene normalmente
effetti includono problemi psichiatrici e infarti in età giovanile. Negli coniugato con il glutatione (GSH) ma, se assunto in dosi maggiori,
individui a cui vengono somministrati steroidi anabolizzanti per via il NAPQI non coniugato si accumula e causa danno epatocellulare che
orale può svilupparsi colestasi epatica. porta a necrosi centrolobulare e insufficienza epatica. Il danno pro-
dotto dal NAPQI coinvolge due meccanismi: (1) legame covalente
alle proteine epatiche che causa danno alle membrane cellulari e
Paracetamolo
disfunzione mitocondriale e (2) deplezione di GSH, rendendo gli
Il paracetamolo è l’analgesico più comunemente utilizzato negli Stati epatociti più suscettibili al danno da specie reattive dell’ossigeno. Si
Uniti. È presente in oltre 300 prodotti, da solo o in combinazione deve notare che dal momento che l’alcool induce il CYP2E nel fegato,
con altri agenti. Di conseguenza, la tossicità da paracetamolo è negli alcolisti cronici può determinarsi tossicità a dosi più basse.
­comune, ed è responsabile di oltre 50.000 accessi in pronto soccorso La finestra tra la comune dose terapeutica (0,5 g) e la dose tossica
ogni anno. Negli Stati Uniti, è la causa di circa il 50% dei casi di in- (15-25 g) è ampia e il farmaco è solitamente molto sicuro. La tossicità
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 409

varie. Più frequentemente vi è una gastrite acuta erosiva (Cap. 17),


che può produrre emorragia gastrointestinale franca od occulta e
condurre a ulcere gastriche. Una tendenza al sanguinamento può
presentarsi contemporaneamente alla tossicità cronica, perché l’aci-
do acetilsalicilico acetila la ciclossigenasi piastrinica e blocca irre-
versibilmente la produzione di trombossano A2, un attivatore dell’ag-
gregazione piastrinica. Possono comparire emorragie petecchiali
nella cute e nei visceri interni e può aumentare il sanguinamento
delle ulcere gastriche. La sua tossicità cronica è oggigiorno piuttosto
rara, in conseguenza del riconoscimento delle ulcere gastriche e
dell’emorragia come importanti complicanze dell’ingestione di gran­
di dosi di acido acetilsalicilico.
Specialità farmaceutiche analgesiche a base di acido acetilsalici-
lico e fenacetina o del suo metabolita attivo, il paracetamolo, se
assunte per un periodo di anni possono causare nefrite tubulointer-
stiziale con necrosi papillare renale, nota come nefropatia da
analgesici (Cap. 20).

Danno da agenti non terapeutici


(abuso di sostanze)
L’abuso di sostanze è conseguente all’uso di sostanze psicotrope, al
di fuori delle norme terapeutiche o sociali. Abuso di sostanze e so-
Figura 9.14 Metabolismo e tossicità del paracetamolo (si veda il testo vradosaggio sono gravi problemi di sanità pubblica. Le comuni
per i dettagli). (Per gentile concessione del Dr. Xavier Vaquero, Department sostanze di abuso sono elencate nella Tabella 9.6. Prendiamo qui in
of Pathology, University of Washington, Seattle, WA) considerazione cocaina, eroina, amfetamine e marijuana e ne men-
zioniamo brevemente alcune altre.

ha inizio con nausea, vomito, diarrea e talvolta shock, seguiti in Cocaina


pochi giorni da segni di ittero. Sovradosaggi di paracetamolo pos-
sono essere trattati nel loro stadio iniziale (entro 12 ore) con som- L’utilizzo di cocaina e crack è in continuo aumento. Secondo una
ministrazione di N-acetilcisteina, che ripristina i livelli di GSH. Nei statistica del 2006, circa 35,3 milioni di americani di età pari o
sovradosaggi gravi segue insufficienza epatica, che ha inizio con una superiore a 12 anni hanno sperimentato la cocaina, di questi 6,1
necrosi centrolobulare che può estendersi a interi lobuli, rendendo milioni avevano utilizzato cocaina nell’anno precedente. La cocaina
necessario il trapianto di fegato per la sopravvivenza. Alcuni pazienti viene estratta dalle foglie della pianta di coca, ed è solitamente
mostrano evidenza di concomitante danno renale. preparata come polvere idrosolubile, cocaina idrocloruro. Venduta
sulle strade, è liberamente diluita con polvere di talco, lattosio o
altre sostanze dall’aspetto simile. La cocaina può essere sniffata o
Acido acetilsalicilico
disciolta in acqua e iniettata sottocute o endovena. La cristallizza-
Il sovradosaggio può verificarsi per ingestione accidentale di un gran zione dell’alcaloide puro forma i cristalli di crack, nome dovuto al
numero di compresse da parte di bambini piccoli; negli adulti il suono scoppiettante o schioccante che emette quando viene riscal-
sovradosaggio è frequentemente dovuto a un tentativo di suicidio. dato per produrre vapori che vengono poi inalati. Le azioni farma-
Una fonte di avvelenamento da salicilati è l’uso eccessivo di unguenti cologiche della cocaina e del crack sono identiche, ma il crack è
contenenti olio essenziale di gaultheria (metilsalicilato). Il sovrado- molto più potente.
saggio acuto da salicilati causa alcalosi dovuta a stimolazione dei La cocaina determina intensa euforia e stimolazione, e questo la
centri respiratori nel tronco encefalico. Seguono acidosi metabolica rende una delle droghe che creano maggiore dipendenza. Gli animali
e accumulo di piruvato e lattato, causato dal disaccoppiamento della da esperimento arrivano a premere una leva più di 1.000 volte e
fosforilazione ossidativa e dall’inibizione del ciclo di Krebs. L’acidosi rinunciano a cibo e idratazione per ottenerla. Nell’utilizzatore di
metabolica aumenta la formazione di forme non ionizzate di salici- cocaina, sebbene non appaia dipendenza fisica, l’astinenza psicolo-
lati, che si diffondono nell’encefalo e determinano effetti che vanno gica è profonda e può essere estremamente difficile da trattare. Il
dalla nausea al coma. L’ingestione di 2-4 g nei bambini o di 10-30 g desiderio imperioso è particolarmente grave nei primi mesi di asti-
negli adulti può essere fatale, ma sono stati riportati casi di soprav- nenza e può ricorrere per anni. Il sovradosaggio acuto può produrre
vivenza anche con dosi cinque volte più elevate. convulsioni, aritmie cardiache e arresto respiratorio.
La tossicità cronica da acido acetilsalicilico (salicilismo) può
svilupparsi in individui che assumono 3 g o più al giorno per lunghi Effetti cardiovascolari. Gli effetti fisici più seri della cocaina sono
periodi di tempo come trattamento del dolore cronico o di condi- correlati alla sua azione acuta sul sistema cardiovascolare, dove
zioni infiammatorie. Il salicilismo cronico si manifesta con cefalea, si comporta come simpaticomimetico (Fig. 9.15). Facilita la
capogiri, rumore metallico alle orecchie (tinnito), difficoltà di udito, neurotrasmissione sia nel SNC, dove blocca la ricaptazione della
confusione mentale, sonnolenza, nausea, vomito e diarrea. Le alte- dopamina e nei pressi delle terminazioni nervose adrenergiche,
razioni al SNC possono progredire fino ad arrivare a convulsioni e dove blocca la ricaptazione sia dell’adrenalina sia della noradre-
coma. Le conseguenze morfologiche del salicilismo cronico sono nalina mentre stimola il rilascio presinaptico di ­noradrenalina.
410 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Tabella 9.6 Comuni sostanze di abuso


Classe Molecola bersaglio Esempio

Sedativi oppioidi Recettori Mu per gli oppioidi (agonista) Eroina, idromorfone


Ossicodone
Metadone
Meperidina

Sedativo-ipnotici GABAA recettore (agonista) Barbiturici


Etanolo
Metaqualone
Glutetimide
Etclorvinolo

Stimolanti psicomotori Trasportatore della dopamina (antagonista) Cocaina


Recettori serotoninergici (tossicità) Amfetamine
3,4-metilenediossimetamfetamina (MDMA,
ecstasy)

Farmaci fenciclidino-simili Canale recettore NMDA per il glutammato Fenciclidina (PCP, polvere d’angelo)
(antagonista) Ketamina

Cannabinoidi Recettori cannabinoidi CBl (agonista) Marijuana


Hashish

Allucinogeni Recettori per 5-HT2 serotonina (agonista) Dietilamide dell’acido lisergico (LSD)
Mescalina
Psilocibina

GABA, acido g-aminobutirrico; 5-HT2, 5-idrossitriptamina; NMDA, N-metil d-aspartato.


Dati da Hyman SE: A 28-year-old man addicted to cocaine. JAMA 286:2586, 2001.

L’effetto netto è l’accumulo di questi due neurotrasmettitori nelle Eroina


sinapsi, esitando in una stimolazione eccessiva che si manifesta
con tachicardia, ipertensione e vasocostrizione periferica. La L’eroina è un oppioide che causa dipendenza derivato dalla pianta
cocaina inoltre induce ischemia miocardica, causando vasoco- di papavero e strettamente correlato alla morfina. Il suo uso è persino
strizione delle arterie coronariche e aumentando l’aggregazione più dannoso di quello della cocaina. Quando viene venduta per
piastrinica e la formazione di trombi. Il fumo di sigaretta poten- strada è solitamente tagliata (diluita) con un agente (spesso talco o
zia il vasospasmo coronarico indotto dalla cocaina. Quindi chinino); quindi la dimensione della dose non solo è variabile ma è
­l’effetto duplice della cocaina, che determina un’aumentata do- solitamente ignota al compratore. L’eroina, insieme a qualsiasi
manda miocardica di ossigeno tramite la sua azione simpatico- ­sostanza contaminante, è generalmente autosomministrata per
mimetica e, allo stesso tempo, diminuisce il flusso ematico endovena o sottocute. Gli effetti sono vari e includono euforia, al-
­coronarico, pone le condizioni per un’ischemia miocardica che lucinazioni, sonnolenza e sedazione. L’eroina ha un ampio spettro
può portare a infarto del miocardio. La cocaina, inoltre, precipita di effetti fisici avversi correlati a (1) azione farmacologica dell’agente,
le aritmie letali tramite una potenziata attività simpatica e in (2) reazioni agli agenti di taglio o ai contaminanti, (3) reazioni di
aggiunta alterando il normale trasporto ionico (K+, Ca2+, Na+) ipersensibilità alla droga o ai suoi adulteranti (il chinino stesso ha
nel miocardio. Questi effetti tossici non sono necessariamente tossicità neurologica, renale e uditiva), (4) patologie contratte inci-
correlati alla dose e un evento fatale può verificarsi in chi fa uso dentalmente per l’uso di aghi infetti. Alcuni dei più importanti effetti
di questa sostanza per la prima volta a una dose volta solo ad avversi dell’eroina sono i seguenti:
alterare l’umore.
Morte improvvisa. La morte improvvisa, solitamente correlata al
SNC. I più comuni effetti sul SNC sono iperpiressia (che si ritiene sovradosaggio, è un rischio sempre presente, dal momento che
sia causata da alterazioni delle vie dopaminergiche che control- la purezza della droga è solitamente sconosciuta (può variare dal
lano la temperatura corporea) e convulsioni. 2 al 90%). La mortalità annua tra gli utilizzatori di eroina negli
Effetti sulla gravidanza. Nella donna gravida la cocaina può de- Stati Uniti è stimata tra l’1 e il 3%. La morte improvvisa può anche
terminare un flusso sanguigno placentare ridotto, determinando verificarsi se l’eroina viene assunta dopo che la tolleranza alla
ipossia fetale e aborto spontaneo. In donne gravide che sono droga, formatasi col tempo, viene persa (ad es. dopo un periodo
utilizzatrici croniche di droghe, lo sviluppo neurologico del feto trascorso in carcere). I meccanismi di morte includono una pro-
può essere alterato. fonda depressione respiratoria, aritmia e arresto cardiaco ed
Altri effetti. L’utilizzo cronico di cocaina può causare (1) per- edema polmonare grave.
forazioni del setto nasale in chi assume la sostanza sniffando, Danno polmonare. Le complicanze polmonari includono edema
(2) diminuita capacità di diffusione polmonare in chi inala il da moderato a grave, ascessi polmonari da embolia settica origi-
fumo e (3) sviluppo di cardiomiopatia dilatativa. nata da endocarditi, infezioni opportunistiche e granulomi da
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 411

al di sopra di vene comunemente utilizzate e le vene trombizzate


sono le sequele usuali di inoculazioni intravenose ripetute.
Problemi renali. La patologia renale è relativamente comune. Le
due forme più frequentemente incontrate sono l’amiloidosi (ge-
neralmente secondaria alle infezioni cutanee) e la glomeruloscle-
rosi focale; entrambe inducono grave proteinuria e sindrome
nefrosica.

Il metadone, originariamente utilizzato nel trattamento della


dipendenza da eroina, è sempre più prescritto come antidolorifico.
Sfortunatamente il suo utilizzo sconsiderato ha contribuito a più di
800 morti l’anno negli Stati Uniti.

Amfetamine
Metamfetamina. Questa droga determinante dipendenza, nota
come “speed” o “meth,” è strettamente correlata all’amfetamina ma
ha effetti più forti sul SNC. Si stima che vi siano circa 500.000 uti-
lizzatori correnti negli Stati Uniti. Circa il 2,5% dei giovani in terza
media e il 6,5% in quarta superiore ha provato la metamfetamina
almeno una volta. Agisce rilasciando dopamina nel cervello, dopa-
mina che inibisce la neurotrasmissione presinaptica nelle sinapsi
corticostriate, rallentando il rilascio del glutammato.34 La metam-
fetamina determina una sensazione di euforia, seguita da un crollo.
L’uso prolungato porta a comportamenti violenti, confusione e tratti
psicotici che includono paranoia e allucinazioni.
MDMA. La MDMA (3,4 metilenediossimetamfetamina) è più
nota come ecstasy. La MDMA è generalmente assunta per via orale.
I suoi effetti, che comprendono euforia e sensazioni simil-allucinogene
che durano da 4 a 6 ore, sono principalmente dovuti a un aumento
nel rilascio di serotonina nel SNC. Questo si accompagna a un’inter-
ferenza nella sintesi di serotonina, determinando una riduzione nella
serotonina che viene ripristinata solo lentamente. L’uso di MDMA
riduce anche il numero di terminali assonici serotoninergici nello
Figura 9.15 L’effetto della cocaina sulla neurotrasmissione. La cocaina striato e nella corteccia e può aumentare gli effetti periferici della
inibisce la ricaptazione dei neurotrasmettitori dopamina e noradrenalina nel
sistema nervoso centrale e periferico. dopamina e degli agenti adrenergici. Le compresse di MDMA possono
essere mescolate con altre sostanze, incluse metamfetamina e cocaina,
che aumentano di molto gli effetti sul SNC.
corpo estraneo da talco o altri adulteranti. Sebbene i granulomi
si formino principalmente nel polmone, vengono talvolta riscon- Marijuana
trati nel sistema fagocitico mononucleato, in particolare in milza,
fegato e linfonodi che drenano le estremità superiori. L’esame a La marijuana, o “erba,” è ricavata dalle foglie delle piante di Cannabis
luce polarizzata spesso evidenzia cristalli di talco intrappolati, sativa, che contiene la sostanza psicoattiva ∆9-tetraidrocannabinolo
talvolta racchiusi da cellule giganti da corpo estraneo. (THC). Circa il 5-10% del THC viene assorbito quando viene fumato
Infezioni. Le complicanze infettive sono comuni. Le quattro sedi in una sigaretta rollata a mano (“spinello”). Nonostante numerosi
in genere colpite sono cute e sottocutanei, le valvole cardiache, studi, la questione centrale, ovvero se la droga abbia persistenti effetti
il fegato e i polmoni. In una serie di pazienti tossicodipendenti negativi fisici e funzionali, resta irrisolta.35 Alcuni degli effetti inde-
ricoverati in ospedale, oltre il 10% mostrava un’endocardite, che siderati possono essere reazioni allergiche o idiosincratiche o essere
assume spesso una forma caratteristica che interessa le valvole potenzialmente correlati a contaminanti nella preparazione piuttosto
cardiache destre, in particolare la tricuspide. La maggior parte dei che a effetti farmacologici della marijuana. Tra gli effetti benefici
casi sono causati da S. aureus, ma sono stati implicati anche della marijuana vi è l’uso potenziale per trattare la nausea secondaria
funghi e un gran numero di altri microrganismi. L’epatite virale è alla chemioterapia antineoplastica e come agente in grado di dimi-
l’infezione più comune tra i tossicodipendenti e viene contratta nuire il dolore in alcune condizioni croniche che sarebbero ­altrimenti
attraverso la condivisione di aghi sporchi. Negli Stati Uniti, difficili da trattare. La maggior parte degli studi si sono occupati
questa pratica ha portato anche a un’incidenza molto elevata di delle conseguenze funzionali e organiche sul SNC del fumo di ma-
AIDS nei tossicodipendenti che assumono droghe per rijuana. Il suo utilizzo distorce la percezione sensoriale e danneggia
endovena. la coordinazione motoria, ma questi effetti acuti generalmente sva-
Cute. Le lesioni cutanee sono probabilmente il segno rivelatore niscono in 4-5 ore. Con l’uso continuato queste modificazioni pos-
più frequente di dipendenza da eroina. Le modificazioni acute sono trasformarsi in alterazioni cognitive e psicomotorie, come
includono ascessi, cellulite e ulcerazioni dovute alle iniezioni l’incapacità di valutare tempo, velocità e distanza, una frequente
sottocutanee. Le cicatrici nei siti di iniezione, l’iperpigmentazione causa di incidenti automobilistici. La marijuana aumenta la frequenza
412 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

cardiaca e talvolta la pressione sanguigna, e può causare angina in Danno da agenti fisici
individui con patologia coronarica.
Anche il sistema respiratorio è influenzato dall’abitudine cronica
al fumo di marijuana; sono state descritte laringiti, faringiti, bron- Il danno indotto da agenti fisici è suddiviso nelle seguenti categorie:
chiti, tosse e secchezza e sintomi simil-asmatici, insieme a una lieve trauma meccanico, danno termico, danno elettrico e danno prodotto
ma significativa ostruzione delle vie aeree. Le sigarette contenenti da radiazioni ionizzanti. Ciascuna tipologia viene considerata
marijuana contengono anche un gran numero di cancerogeni pre- separatamente.
senti anche nel tabacco. Il fumo di una sigaretta contenente mari-
juana, rispetto a una contenente tabacco, è associato a un aumento Traumi meccanici
di tre volte nella quantità di catrame inalata e ritenuta nei polmoni,
probabilmente a causa del maggiore volume della boccata, dell’ina- Le forze meccaniche possono infliggere una varietà di forme di
lazione più profonda e di un più lungo trattenimento del respiro. danno. Il tipo di danno dipende dalla forma dell’oggetto con cui si
Indipendentemente dall’uso del THC come droga ricreazionale, entra in collisione, dalla quantità di energia scaricata nell’impatto e
un gran numero di studi ha caratterizzato il sistema cannabinoide dai tessuti e organi che subiscono l’impatto. Le lesioni a ossa e testa
endogeno, che consiste dei recettori cannabinoidi CB1 e CB2, e i li- esitano in un danno unico discusso altrove (Cap. 28). Tutti i tessuti
gandi lipidici endogeni noti come endocannabinoidi.36 Questo siste- molli reagiscono in modo simile alle forze meccaniche, e i pattern
ma partecipa nella regolazione dell’asse ipotalamico-pituitario- di lesione possono essere suddivisi in abrasioni, contusioni, lacera-
surrenalico, e modula il controllo dell’appetito, dell’assunzione di zioni, ferite da taglio e ferite da punta. Questo è solo un piccolo
cibo e del bilancio energetico, ma anche della fertilità e del compor- esempio delle varie forme di trauma incontrate dai patologi forensi,
tamento sessuale.37 che hanno a che fare con ferite prodotte da armi da fuoco, armi
bianche e corpi contundenti, incidenti stradali e altre cause. In ag-
giunta alle analisi morfologiche, la patologia forense ora prevede
Altre droghe
metodi molecolari per i test di identità e sofisticati metodi per iden-
La varietà di droghe provate da chi è in cerca di “nuove esperienze” tificare la presenza di sostanze estranee. Dettagli riguardo la pratica
(ad es. “sballi,” “rilassamenti,” “esperienze extracorporee”) ha dell’in- della patologia forense possono essere trovati nei libri di testo
credibile. Nel complesso, si è verificata una diminuzione nell’uso specializzati.
della maggior parte delle sostanze illegali, ma vi sono stati grandi
aumenti nell’abuso di farmaci che necessitano o meno di prescrizio­
ne e nell’inalazione di prodotti domestici potenzialmente tossici. Morfologia Un’abrasione è una ferita prodotta da graffio o
Questi farmaci includono diversi stimolanti, tranquillanti, analgesici sfregamento, che esita nella rimozione dello strato superfi-
e allucinogeni (si veda Tab. 9.6). Tra questi vi sono la PCP (fenilci- ciale. Le abrasioni cutanee possono rimuovere esclusiva-
clidina, un anestetico), analgesici come l’ossicodone e l’idrocodone mente lo strato epidermico. Una contusione, o livido, è una
e la ketamina, un agente anestetico utilizzato nella chirurgia animale. lesione solitamente prodotta da un oggetto non affilato ca-
L’inalazione cronica di vapori di vernici spray, di diluenti per vernici ratterizzata da un danno ai vasi sanguigni e dallo stravaso di
e di alcune colle contenenti toluene (“sniffare la colla”) possono sangue nei tessuti (Fig. 9.16 A). Una lacerazione è uno strap-
causare anomalie cognitive e danno cerebrale evidenziabile tramite po o una distensione distruttiva del tessuto causata dall’ap-
risonanza magnetica che varia dalla demenza lieve a grave. Dal plicazione di una forza da parte di un oggetto non affilato
momento che vengono utilizzate accidentalmente e in varie combi- (Fig. 9.16 B). Diversamente dalle incisioni, la maggior parte
nazioni, non si conosce molto degli effetti deleteri a lungo termine delle lacerazioni ha vasi sanguigni a ponte della lesione intatti
della maggior parte di questi agenti. Tuttavia i loro effetti acuti sono e margini frastagliati, irregolari. Una ferita da taglio è quella
chiari: causano comportamento bizzarro e spesso aggressivo che inflitta da uno strumento affilato. I vasi sanguigni a ponte
porta a violenza, umore depresso e idee suicide.

Figura 9.16 A. Contusione dovuta a trauma da corpo contundente. La cute è intatta, ma vi è emorragia dei vasi sottocutanei che produce un’estesa
discromia. B. Lacerazione del cuoio capelluto; sono evidenti le bande a ponte di tessuto fibroso. (Da Department of Pathology, Southwestern Medical
School, Dallas, TX.)
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 413

Lesioni interne causate dall’inalazione di fumi caldi e tossici.


sono recisi. Una ferita da punta è causata da uno strumento Tempestività ed efficacia della terapia, soprattutto per quanto
lungo e sottile ed è definita penetrante quando lo strumento riguarda controllo di liquidi ed elettroliti e prevenzione o con-
perfora il tessuto e perforante quando attraversa un tessuto trollo delle infezioni delle superfici ustionate.
per poi formare una ferita di uscita. Le ferite da arma da fuoco
sono un tipo particolare di ferite da punta che mostrano ca- Le ustioni erano classificate in gradi dal primo al quarto in base
ratteristiche distintive importanti per i patologi forensi. Ad alla profondità della lesione (il primo grado rappresentava il più
esempio, la ferita causata da una pallottola sparata a corto superficiale). Questa classificazione è stata sostituita dai termini
raggio lascia delle bruciature di polvere da sparo, al contrario superficiale, a spessore parziale e a tutto spessore.
di quella causata da una pallottola sparata da 1,2-1,5 metri.
Una delle più comuni cause di lesione meccanica sono gli Le ustioni superficiali (precedentemente note come ustioni di
incidenti stradali. Le lesioni tipiche risultano da (1) colpire primo grado) sono limitate all’epidermide.
una parte interna del veicolo o essere colpiti da un oggetto Le ustioni a spessore parziale (precedentemente note come ustioni
che entra nel vano passeggeri durante lo scontro, come ad di secondo grado) riguardano le lesioni al derma.
esempio il motore; (2) essere scagliati al di fuori del veicolo; Le ustioni a tutto spessore (precedentemente note come ustioni
o (3) essere intrappolati in un veicolo in fiamme. I pattern di di terzo grado) si estendono al tessuto sottocutaneo. Le ustioni a
lesione sono dovuti al coinvolgimento di uno solo o di tutti tutto spessore possono anche includere danno al tessuto muscolare
e tre questi meccanismi. Ad esempio in una collisione fron- sottostante il tessuto sottocutaneo (queste erano note preceden-
tale un comune pattern di lesione sofferto dal guidatore che temente come ustioni di quarto grado).
non sta indossando la cintura di sicurezza include trauma
alla testa (impatto contro il parabrezza), al petto (impatto con Lo shock, la sepsi e l’insufficienza respiratoria sono le più grandi
il volante) e alle ginocchia (impatto con il cruscotto). In queste minacce per la vita dei pazienti ustionati. In particolare nelle ustioni
condizioni le lesioni comuni al petto includono fratture dello che interessano oltre il 20% della superficie corporea, vi è un rapido
sterno e delle coste, contusioni cardiache, lacerazioni aortiche passaggio (nel giro di qualche ora) dei fluidi corporei nei compar-
e (meno comunemente) lacerazioni di milza e fegato. Quindi, timenti interstiziali, sia nella sede dell’ustione sia a livello sistemico,
quando si presta soccorso alla vittima di un incidente auto- fatto che può condurre a shock ipovolemico (Cap. 4). Dal momento
mobilistico, è essenziale ricordare che spesso abrasioni, che le proteine ematiche vengono perse nel tessuto interstiziale
contusioni e lacerazioni superficiali accompagnano lesioni l’edema generalizzato, compreso l’edema polmonare, può essere
interne. Tuttavia, in molti casi l’evidenza esterna di gravi grave. Un importante effetto fisiopatologico delle ustioni è lo svilup-
danni interni è completamente assente. po di uno stato ipermetabolico con eccessiva dissipazione di calore
e aumento del fabbisogno di supporto nutrizionale. Si valuta che
quando oltre il 40% della superficie cutanea è ustionato, il metabo-
lismo a riposo può raddoppiare.
Danno da agenti termici Il sito dell’ustione è ideale per la crescita dei microorganismi; il
siero e i detriti garantiscono i nutrienti e la lesione da ustione com-
Sia calore sia freddo eccessivo sono cause importanti di danno. Le promette il flusso sanguigno, bloccando risposte infiammatorie ef-
ustioni sono la più comune causa di danno termico e saranno di- ficaci. L’agente più comune è l’opportunista Pseudomonas aeruginosa,
scusse per prime; seguirà una breve discussione su ipertermia e ma possono essere coinvolti ceppi antibiotico-resistenti di altri
ipotermia. batteri comuni nell’ambiente ospedaliero, come S. aureus e miceti,
in particolare della specie Candida. Inoltre, le difese cellulari e umo-
rali contro le infezioni sono compromesse e vengono alterate sia le
Ustioni da calore
funzioni dei linfociti sia quelle dei fagociti. La diretta diffusione
Negli Stati Uniti, circa 500.000 persone l’anno ricevono trattamento batteriemica e il rilascio di sostanze tossiche, come le endotossine,
medico per ustioni. Si stima che circa 4.000 persone l’anno muoiano dal sito locale determinano conseguenze disastrose. Le più comuni
come conseguenza delle lesioni causate da fuoco e inalazione di sequele gravi sono la polmonite o lo shock settico con insufficienza
fumo, perlopiù orginatisi nelle abitazioni. Fortunatamente dagli anni renale e/o la sindrome da distress respiratorio acuto (Cap. 15).
Settanta si è notata una marcata diminuzione sia nei tassi di morta- L’insufficienza d’organo dovuta alla sepsi da ustione è fortemente
lità sia nella durata dei ricoveri dei pazienti ustionati. Nel 2007 sono diminuita durante gli ultimi 30 anni, grazie all’introduzione di tec­
state effettuate 40.000 ospedalizzazioni nei centri per grandi ustio- niche per l’escissione precoce e il trapianto sulla ferita da ustione. La
nati, con una sopravvivenza del 90%. L’80% delle ustioni erano state rimozione della ferita da ustione riduce l’infezione e la necessità
causate da fuoco o da materiali bollenti, questi ultimi rappresentano della chirurgia ricostruttiva.38 Il trapianto viene eseguito con innesti
la causa maggiore di lesione nei bambini. I miglioramenti nel trat- cutanei a spessore ridotto; i sostituti del derma, che fungono da letto
tamento delle ustioni sono stati ottenuti grazie a una migliore com- per il ripopolamento cellulare, possono essere usati nelle ustioni
prensione degli effetti sistemici delle ustioni estese, alla prevenzione ampie a tutto spessore.
dell’infezione delle ferite e al miglioramento nei trattamenti che Il danno alle vie aeree e ai polmoni può svilupparsi entro 24-48
promuovono la guarigione delle superfici cutanee. ore dall’ustione e può esitare dall’effetto diretto del calore su bocca,
Il significato clinico di un’ustione è determinato dai seguenti naso e vie aeree superiori o dall’inalazione di aria riscaldata e gas
fattori: nocivi nel fumo. I gas idrosolubili come il cloro, gli ossidi di zolfo
e l’ammoniaca possono reagire con acqua a formare acidi o alcali,
Profondità dell’ustione. in particolare nelle vie aeree superiori, dando origine a infiamma-
Percentuale della superficie corporea interessata. zione e gonfiore che possono condurre a parziale o completa
414 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

o­ struzione delle vie aeree. I gas liposolubili come l’ossido di azoto Ipotermia
e i prodotti della combustione della plastica hanno maggiore pro-
babilità di raggiungere le vie respiratorie profonde, causando Prolungate esposizioni a basse temperature ambientali causano
polmonite. ipotermia, una condizione che si osserva fin troppo frequentemente
Nei sopravvissuti alle ustioni lo sviluppo di cicatrici ipertrofiche, tra i “senza tetto”. Elevata umidità, abiti bagnati e dilatazione dei vasi
sia al sito dell’ustione originaria sia nei siti di prelievo degli innesti, sanguigni superficiali derivante dall’ingestione di alcool rendono
e il prurito possono divenire un problema di lunga durata difficile più rapido l’abbassamento della temperatura corporea. A una tem-
da trattare. Le cicatrici ipertrofiche dopo lesioni da ustione potreb- peratura corporea di circa 32 °C, si determina perdita di conoscenza,
bero essere una conseguenza della continua angiogenesi nella ferita seguita da bradicardia e fibrillazione atriale a temperature interne
causata dall’eccesso di neuropeptidi, come la sostanza P, rilasciati più basse.
dalle terminazioni nervose lesionate.39 L’ipotermia causa danni attraverso due meccanismi:

Gli effetti diretti sono probabilmente mediati dalle alterazioni


Morfologia Alla vista, le ustioni a tutto spessore appaiono fisiche all’interno delle cellule a causa delle elevate concentra-
bianche o carbonizzate, secche e prive di sensibilità (a causa zioni saline dovute alla cristallizzazione dell’acqua intra- ed
della distruzione delle terminazioni nervose) mentre, a se- extracellulare.
conda della profondità, le ustioni a spessore parziale sono Gli effetti indiretti risultanti da alterazioni circolatorie, variano a
rosa o chiazzate con vescicole e sono dolorose. Istologica- seconda della velocità e della durata del calo di temperatura. Un
mente, il tessuto devitalizzato rivela necrosi coagulativa, raffreddamento che si instaura lentamente può indurre vasoco-
adiacente a tessuto vitale che rapidamente accumula cellule strizione e aumento della permeabilità vascolare, portando ad
infiammatorie e presenta marcata essudazione. edema e ipossia. Queste alterazioni sono tipiche del “piede da
trincea”. Questa condizione si sviluppava nei soldati che passa-
vano lunghi periodi di tempo in trincee fradice d’acqua durante
la Prima Guerra Mondiale (1914-1918), causando frequentemen-
Ipertermia te gangrena che rendeva necessaria l’amputazione (l’unica pro-
tezione era ricoprire i piedi con grasso di olio di balena come
La prolungata esposizione a elevate temperature ambientali può ­isolante). Con un raffreddamento improvviso e persistente la
causare crampi da calore, collasso da calore e colpo di calore. vasocostrizione e l’aumentata viscosità del sangue possono cau-
sare localmente danno ischemico e modificazioni degenerative
I crampi da calore sono dovuti alla perdita di elettroliti con la nei nervi periferici. In questa situazione il danno vascolare e
sudorazione. Sono caratteristici i crampi dei muscoli volontari, l’aumentata permeabilità diventano evidenti solo dopo che la
di solito in associazione a intensa attività fisica. I meccanismi di temperatura inizia a ritornare alla normalità. Tuttavia, durante
dispersione del calore sono in grado di mantenere normale la il periodo di ischemia si possono instaurare ipossia e infarto a
temperatura corporea interna. livello del tessuto colpito (ad es. gangrena delle dita o dei
Il collasso da calore è probabilmente la più comune sindrome piedi).
ipertermica. L’esordio è improvviso, con prostrazione e collasso,
ed è dovuto all’insufficienza cardiovascolare in fase di compen- Danno da elettricità
sazione dell’ipovolemia, secondaria alla perdita di acqua. Dopo
il collasso, di solito di breve durata, l’equilibrio si ristabilisce I danni da elettricità, che sono spesso fatali, possono insorgere dal
spontaneamente. contatto con correnti a basso voltaggio (ad es. a casa o sul posto di
Il colpo di calore è dovuto ad alte temperature ambientali, alto lavoro) o con correnti ad alto voltaggio proprie delle linee dell’alta
tasso di umidità e sforzo fisico. I meccanismi termoregolatori tensione o dei fulmini. Le lesioni sono di due tipi: (1) ustioni e (2)
divengono insufficienti, la sudorazione cessa e la temperatura fibrillazione ventricolare o insufficienza cardiaca e dei centri respi-
interna corporea sale a più di 40 °C, portando a una disfunzione ratori, come esito dell’interruzione dei normali impulsi elettrici. Il
multiorgano che può essere rapidamente fatale. Il meccanismo tipo di lesione e l’entità delle ustioni dipendono dalla forza (ampe-
di base è una marcata vasodilatazione generalizzata, con accu- raggio), dalla durata e dal percorso della corrente elettrica all’interno
mulo periferico di sangue e riduzione del volume efficace di del corpo.
sangue circolante. Iperkaliemia, tachicardia, aritmia e altri effetti Il voltaggio nelle abitazioni e sul posto di lavoro (120 o 220 V) è
sistemici sono comuni. La necrosi dei muscoli (rabdomiolisi) e del sufficientemente elevato da far passare attraverso il corpo corrente
miocardio può verificarsi come conseguenza della nitrosilazione sufficiente a causare lesioni gravi, compresa la fibrillazione ventrico-
dei recettori della rianodina di tipo 1 (RYR1) nel muscolo schele- lare, nel caso di una bassa resistenza nel sito di contatto (come quan-
trico.40 Il RYR1 è sito nel reticolo sarcoplasmatico e regola il rila- do la cute è bagnata). Se il flusso di corrente continua sufficiente-
scio di calcio nel citoplasma. Si hanno mutazioni ereditarie di mente a lungo, genera abbastanza calore da determinare ustione nel
RYR1 nella condizione definita ipertermia maligna, caratterizzata sito di entrata e di uscita così come negli organi interni. Una carat-
da un aumento nella temperatura corporea interna e da contrat- teristica importante della corrente alternata, la tipologia disponibile
ture muscolari in risposta all’esposizione ai comuni anestetici. Le nella maggior parte delle case, è che induce spasmo muscolare teta-
mutazioni di RYR1 possono anche aumentare la suscettibilità al nico, così che quando vengono afferrati un cavo scoperto o un in-
colpo di calore. Le persone anziane, i soggetti sottoposti a intenso terruttore, è probabile che si determini una prensione irreversibile,
sforzo fisico (compresi giovani atleti e reclute militari) e i soggetti prolungando la durata del flusso di corrente. Questo esita in una
con malattie cardiovascolari sono i potenziali candidati al colpo maggior probabilità di sviluppare estese ustioni elettriche e, in alcuni
di calore. casi, spasmi dei muscoli della parete toracica, determinando morte
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 415

per asfissia. La corrente generata da sorgenti ad alto voltaggio causa 100 erg/g di tessuto, equivale a un’esposizione tissutale di 100 Rads
danno simile; tuttavia, a causa dell’alto flusso di corrente generato, (Radiation absorbed dose, dose assorbita di radiazione), abbre-
è più probabile che queste correnti producano paralisi dei centri viato in R. L’uso del termine cGy ha attualmente sostituito il
midollari e ustioni ampie. Il fulmine è una classica fonte di lesione Rad.
elettrica ad alto voltaggio. Il Sievert (Sv) è un’unità di dose equivalente che dipende dagli
Studi precedenti hanno collegato l’esposizione a campi magnetici effetti biologici piuttosto che fisici della radiazione (ha sostituito
ad alto voltaggio a un aumento del rischio di cancro, in particolare un’unità detta “rem”). A parità di dose assorbita, vari tipi di
leucemia, tra i lavoratori delle linee ad alta tensione e tra i bambini radiazioni differiscono nell’entità del danno che producono. La
che risiedono vicino a linee dell’alta tensione. Tuttavia ulteriori dose equivalente funge da controllo per questa variazione e
analisi non sono state in grado di dimostrare una solida associazione fornisce quindi una misura uniforme della dose biologica. La
tra queste esposizioni e lo sviluppo di cancro. I campi elettrici e dose equivalente (espressa in Sievert) corrisponde alla dose as-
magnetici e le radiazioni a microonde, se sufficientemente intensi, sorbita (espressa in Gray) moltiplicata per l’efficacia biologica
possono determinare ustioni, solitamente della cute e dei tessuti relativa della ­radiazione. L’efficacia biologica relativa dipende
connettivi soggiacenti, ed entrambe le forme di radiazione possono dal tipo di radiazione, dal tipo e dal volume di tessuto esposto,
interferire con i pacemaker cardiaci. dalla durata dell’esposizione e da altri fattori biologici (discussi
di seguito). La dose efficace di raggi X nelle radiografie e nella
TC viene comunemente espressa in millisievert (mSv). Per i
Danno prodotto da radiazioni
raggi X, 1 mSv = 1 mGy.
ionizzanti
La radiazione è energia che viaggia sotto forma di onde o di particelle Principali fattori determinanti gli effetti biologici delle radiazioni
ad alta velocità. Le radiazioni coprono un vasto range di energie che ionizzanti. In aggiunta alle proprietà fisiche della radiazione, i suoi
spaziano lungo lo spettro elettromagnetico e sono classificabili in effetti biologici dipendono fortemente dai seguenti fattori.
radiazioni non ionizzanti e ionizzanti. L’energia delle radiazioni non
ionizzanti come i raggi UV e la luce infrarossa, le microonde e le Tasso di somministrazione. Il tasso di somministrazione modifica
onde sonore può muovere gli atomi in una molecola o determinarne sostanzialmente l’effetto biologico. Sebbene l’effetto dell’energia
una vibrazione, ma non è sufficiente a spostare gli elettroni legati radiante sia cumulativo, dosi suddivise possono permettere alle
agli atomi. Al contrario, una radiazione ionizzante ha energia suffi- cellule di riparare parte del danno tra le esposizioni. Quindi, dosi
ciente per rimuovere gli elettroni legati saldamente. La collisione degli frazionate di energia radiante hanno un effetto cumulativo solo
elettroni con altre molecole rilascia elettroni in una reazione a ca- nella misura in cui la riparazione durante gli intervalli “di guari-
scata, definita ionizzazione. Le sorgenti principali di radiazioni io- gione” è incompleta. La terapia radiante dei tumori sfrutta la
nizzanti sono i raggi X e i raggi gamma (onde elettromagnetiche di capacità generale delle cellule normali di autoripararsi e di guarire
frequenza molto elevata), neutroni ad alta energia, particelle alfa più rapidamente rispetto alle cellule tumorali e di non subire
(composte da due protoni e due neutroni) e particelle beta, che sono altrettanto danno cumulativo da radiazioni.
sostanzialmente elettroni. Per dosi equivalenti di energia, le parti- Dimensioni del campo. Le dimensioni del campo esposto alle
celle alfa inducono danni in un’area ristretta, mentre i raggi X e radiazioni hanno una grande influenza sulle sue conseguenze. Il
gamma dissipano energia lungo un percorso più lungo e profondo corpo sopporta dosi relativamente alte di radiazioni se sommi-
e producono danni considerevolmente minori per unità di tessuto. nistrate a piccoli campi attentamente schermati, mentre piccole
Circa il 25% della dose totale di radiazione ionizzante ricevuta dalla dosi somministrate a campi più grandi possono essere letali.
popolazione statunitense è dovuta alle attività umane, perlopiù Proliferazione cellulare. Dal momento che le radiazioni ionizzanti
originata da apparecchiature e radioisotopi medici. danneggiano il DNA, le cellule in rapida divisione sono più vul-
Le radiazioni ionizzanti sono una spada a doppio taglio. Sono nerabili al danno rispetto alle cellule quiescenti (Fig. 9.17). In
indispensabili nella pratica medica, dal momento che vengono cellule non in divisione, come quelle di encefalo e miocardio, il
utilizzate nel trattamento del cancro, nell’imaging diagnostico e nei danno al DNA è compatibile con la sopravvivenza, eccetto che a
radioisotopi terapeutici o diagnostici, ma producono effetti avversi dosi molto alte che danneggiano la trascrizione del DNA. Tutta-
a breve e lungo termine come fibrosi, mutagenesi, cancerogenesi e via, nelle cellule in divisione, alcuni tipi di mutazione e anomalie
teratogenesi.41 cromosomiche sono riconosciute da checkpoint del ciclo cellu-
Unità di misura della radiazione. Per descrivere le dosi di ra- lare, che danno il via a eventi che portano a un arresto della
diazioni vengono utilizzati diversi termini in un certo modo con- crescita e ad apoptosi. Comprensibilmente, quindi, i tessuti con
fondenti. Questo avviene dal momento che la radiazione viene un alto tasso di divisione cellulare, come gonadi, midollo osseo,
misurata in tre modi diversi. Questi sono la quantità di radiazione tessuto linfatico e mucosa del tratto gastrointestinale, sono estre-
emessa da una sorgente, la dose di radiazione assorbita da una per- mamente vulnerabili alle radiazioni, e il danno si manifesta pre-
sona e l’effetto biologico della radiazione e sono di seguito cocemente dopo l’esposizione.
descritte. Effetti dell’ossigeno e ipossia. La produzione di specie reattive
dell’ossigeno dovuta alla radiolisi dell’acqua, è il più importante
Il Curie (Ci) rappresenta la disintegrazione al secondo di un ra- meccanismo di danno al DNA da parte delle radiazioni ionizzanti.
dionuclide (radioisotopo). Un Ci equivale a 3,7 × 1010 disintegra- Tessuti scarsamente vascolarizzati con scarsa ossigenazione, come
zioni al secondo. Si tratta di un’espressione della quantità di il centro dei tumori in rapida crescita, sono generalmente meno
­radiazione emessa da una sorgente. sensibili alla terapia radiante rispetto ai tessuti non ipossici.
Il Gray (Gy) è l’unità che esprime l’energia assorbita dal tessuto Danno vascolare. Il danno alle cellule endoteliali, che sono mo-
bersaglio per unità di massa. Corrisponde all’assorbimento di deratamente sensibili alle radiazioni, può causare restringimento
104 erg/g di tessuto. Il centigray (cGy), che è l’assorbimento di od occlusione dei vasi sanguigni portando a guarigione alterata,
416 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Figura 9.17 Effetti delle radiazioni ionizzanti sul DNA e loro conse-
guenze. Gli effetti sul DNA possono essere diretti o, più importante, in-
diretti, attraverso la formazione di radicali liberi.

fibrosi e atrofia ischemica cronica. Queste modificazioni possono


comparire mesi o anni dopo l’esposizione (Fig. 9.18). Nei tessuti
con un basso tasso di proliferazione cellulare come encefalo, rene,
fegato, muscolo e tessuto sottocutaneo, gli effetti tardivi possono
includere morte cellulare, atrofia e fibrosi. Questi effetti sono
associati a danno vascolare e al rilascio di citochine proinfiam-
matorie nelle aree irradiate.

La Figura 9.19 mostra le conseguenze complessive dell’esposizione


a radiazioni. Queste conseguenze possono variare a seconda della
dose di radiazione e del tipo di esposizione. La Tabella 9.7 elenca le
dosi soglia stimate per gli effetti acuti delle radiazioni dirette su
organi specifici; la Tabella 9.8 mostra le sindromi causate dall’espo-
sizione del corpo a varie dosi di radiazioni.

Figura 9.19 Riassunto delle principali conseguenze morfologiche del


danno da radiazioni. Le alterazioni precoci si sviluppano da alcune ore a
settimane dopo il danno; quelle tardive si verificano dopo mesi o anni.
ARDS, sindrome da distress respiratorio acuto.

Morfologia Le cellule che sopravvivono al danno da energia


radiante mostrano nei cromosomi un ampio spettro di alte-
razioni strutturali, incluse delezioni, rotture, traslocazioni e
frammentazione. Il fuso mitotico spesso diventa disordinato
e si possono incontrare poliploidia e aneuploidia. Possono
comparire rigonfiamento nucleare e condensazione a zolle
della cromatina; talvolta la membrana nucleare si rompe.
Figura 9.18 Danno vascolare cronico con fibrosi sottointimale che oc- Può verificarsi apoptosi. Si possono osservare tutte le forme
clude il lume. (American Registry of Pathology © 1990)
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 417

Tabella 9.7 Dosi soglia stimate per gli effetti acuti


da radiazioni su organi specifici compare una serie di modificazioni degenerative, compresi
rigonfiamento e vacuolizzazione delle cellule endoteliali o
Effetto sulla salute Organo Dose (Sv) persino dissoluzione con necrosi totale delle pareti di piccoli
vasi come capillari e venule. I vasi interessati possono rom-
Sterilità temporanea Testicoli 0,15 persi o trombizzarsi. Inoltre, in seguito, si osservano nei vasi
Depressione Midollo osseo 0,50 irradiati proliferazione delle cellule endoteliali e ialinizzazione
dell’ematopoiesi del collagene con ispessimento della media, con conseguen-
te marcato restringimento o persino obliterazione del lume
Effetti cutanei Cute 1,0-2,0 vascolare. A questo punto, diviene solitamente evidente un
reversibili
aumento del collagene interstiziale nel campo irradiato, con
(ad es. eritema)
cicatrizzazioni e contrazione.
Sterilità permanente Ovaia 2,5-6,0

Perdita temporanea Cute 3,0-5,0 Irradiazione total-body. L’esposizione di ampie aree del corpo
dei peli
a dosi anche molto piccole di radiazioni può avere effetti devastanti.
Sterilità permanente Testicolo 3,5 Dosaggi al di sotto di 1 Sv determinano sintomi scarsi o nulli. Tut-
tavia, livelli più elevati di esposizione causano effetti sulla salute noti
Cataratta Cristallino 5,0 come sindromi da radiazioni acute, che a dosi progressivamente più
alte coinvolgono i sistemi ematopoietico, gastrointestinale e nervoso
centrale. Le sindromi associate a esposizione total-body alle radia-
zioni ionizzanti sono presentate nella Tabella 9.8.
anomale di morfologia nucleare. Possono comparire cellule Effetti acuti sui sistemi ematopoietico e linfatico. I sistemi
giganti con nuclei pleomorfi o più di un nucleo e persistere ematopoietico e linfatico sono estremamente suscettibili al danno da
per anni dopo l’esposizione. A dosi estremamente elevate di radiazione e meritano una trattazione particolare. Ad alti dosaggi
energia radiante, appaiono rapidamente i segni di necrosi e con campi di esposizione ampi, può comparire una grave linfo-
cellulare, come picnosi nucleare e lisi. penia entro qualche ora dall’irradiazione, insieme a una diminu-
Oltre che colpire il DNA e i nuclei, l’energia radiante può zione di volume dei linfonodi e della milza. Le radiazioni distrug-
indurre una serie di modificazioni citoplasmatiche, compreso gono direttamente i linfociti, sia nel sangue circolante sia nei tessuti
rigonfiamento citoplasmatico, distorsione mitocondriale e (linfonodi, milza, timo, lume intestinale). A dosi subletali di radia-
degenerazione del reticolo endoplasmatico. La membrana zioni, la rigenerazione da precursori vitali è rapida, portando al
plasmatica si rompe e si possono osservare difetti focali. ripristino della normale conta linfocitaria nel sangue in qualche
La costellazione istologica del pleomorfismo cellulare, della settimana o mese. I precursori ematopoietici nel midollo osseo sono
formazione di cellule giganti, delle modificazioni conforma- a loro volta piuttosto sensibili all’energia radiante, ciò determina
zionali nei nuclei e delle figure mitotiche anomale crea una un’aplasia midollare dose-dipendente. Dosi molto alte di radiazione
somiglianza non casuale tra le cellule danneggiate dalle ra- uccidono le cellule staminali del midollo osseo e inducono aplasia
diazioni e le cellule cancerose, un problema che affligge il permanente (anemia aplastica), mentre a dosi più basse l’aplasia è
patologo quando osserva tessuti postirradiazione per valu- transitoria. La conta dei granulociti circolanti può innalzarsi in un
tare la possibile persistenza di cellule tumorali. primo momento ma comincia a scendere verso la fine della prima
A livello microscopico, nei tessuti irradiati, prevalgono le settimana. Durante la seconda settimana possono essere raggiunti
alterazioni vascolari e la fibrosi interstiziale (Fig. 9.20). Im- livelli prossimi allo zero. Se il paziente sopravvive, il ripristino della
mediatamente dopo l’irradiazione, i vasi possono mostrare normale conta granulocitica può richiedere da 2 a 3 mesi. Le pia-
solo dilatazione. Con il tempo, o con dosi più elevate, strine sono colpite in modo simile, con il nadir della conta che
si verifica qualche tempo dopo rispetto a quanto accade per i

Tabella 9.8 Effetti delle radiazioni ionizzanti Total Body


0-1 Sv 1-2 Sv 2-10 Sv 10-20 Sv 50 Sv

Sito principale Nessuno Linfociti Midollo osseo Piccolo intestino Cervello


di danno

Principali segni Nessuno Granulocitopenia Leucopenia, Diarrea, febbre, Atassia, coma,


e sintomi moderata emorragie, perdita squilibrio convulsioni,
dei peli, vomito elettrolitico, vomito
vomito
Linfopenia

Tempo di insorgenza – da 1 giorno 2-6 settimane 5-14 giorni 1-4 ore


a 1 settimana

Letalità Nessuna Nessuna Variabile (dallo 0 100% 100%


all’80%)
418 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Figura 9.20 Fibrosi e modificazioni vascolari nelle ghiandole salivari provocate da terapia radiante della regione del collo. A. Ghiandola salivare normale.
B. Fibrosi provocata da radiazioni. C. Fibrosi e modificazioni vascolari che consistono in un ispessimento fibrointimale e sclerosi arteriolare. V, lume del
vaso; I, intima ispessita. (Per gentile concessione del Dr. Melissa Upton, Department of Pathology, University of Washington, Seattle, WA)

granulociti; il recupero è ugualmente più tardivo. La conta degli Danno al DNA e cancerogenesi. Le radiazioni ionizzanti pos-
eritrociti si abbassa, l’anemia compare dopo 2-3 settimane e può sono causare molteplici tipologie di danno al DNA, inclusi danno
persistere per mesi. di singole basi, rotture a singolo e doppio filamento e legami crociati
Fibrosi. Una comune conseguenza della terapia radiante antine- tra proteine e DNA. Nelle cellule che sopravvivono, i difetti semplici
oplastica è lo sviluppo di fibrosi nel tessuto incluso nel campo irra- possono essere riparati da vari sistemi enzimatici presenti nella
diato (si veda Fig. 9.20). La fibrosi può verificarsi settimane o mesi maggior parte delle cellule dei mammiferi (Cap. 7). Tuttavia, il danno
dopo l’irradiazione come conseguenza della sostituzione delle cellule più grave al DNA è causato dalle rotture a doppio filamento (Double-
parenchimali morte da parte di tessuto connettivo, portando alla Stranded Breaks, DSB). Due tipi di meccanismo possono riparare i
formazione di cicatrici e adesioni (Cap. 3). Il danno vascolare, l’uc- DSB nelle cellule dei mammiferi: la ricombinazione omologa e la
cisione delle cellule staminali tissutali e il rilascio di citochine e che- saldatura delle estremità non omologhe (NonHomologous End Joining,
mochine che promuovono la reazione infiammatoria e l’attivazione NHEJ), quest’ultima è la via di riparazione più comune. La ripara-
dei fibroblasti sono i principali responsabili dello sviluppo della fibrosi zione del DNA attraverso la NHEJ produce spesso mutazioni, com-
indotta da radiazioni (Figg. 9.21 e 9.22). Siti comuni di fibrosi dopo prese piccole delezioni o duplicazioni, o grossolane aberrazioni
il trattamento radiante sono i polmoni, le ghiandole salivari dopo cromosomiche come traslocazioni e inversioni. Se la replicazione di
terapia radiante per tumori del distretto testa-collo e le aree colorettale cellule contenenti DSB non viene fermata dai controlli dei checkpoint
e pelvica dopo il trattamento per il cancro della prostata. del ciclo cellulare (Cap. 3), le cellule con danno cromosomico

Figura 9.22 Estesa fibrosi del mediastino conseguente a radioterapia


Figura 9.21 Dermatite cronica da irradiazione con atrofia dell’epidermi- per carcinoma polmonare. Si noti il marcato ispessimento del pericardio.
de, fibrosi dermica e teleangectasia dei vasi sanguigni sottocutanei. (Dalla collezione per l’insegnamento del Department Pathology, Southwe-
(American Registry of Pathology © 1990) stern Medical School, Dallas, TX)
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 419

persistono e possono dare inizio alla cancerogenesi molti anni più Patologie nutrizionali
tardi. Più di recente è stato riconosciuto che queste cellule anomale
possono avere anche un “bystander effect” (effetto passante), ovvero,
possono promuovere la crescita di cellule circostanti non irradiate La malnutrizione, chiamata anche malnutrizione protido-energetica
attraverso la produzione di fattori di crescita e citochine.42,43 I by- (Protein Energy Malnutrition, PEM), è la conseguenza di un’inade-
stander effects sono definiti come gli effetti provocati delle radiazioni guata assunzione di proteine e calorie, o di carenze nella digestione
al di fuori del bersaglio. o nell’assorbimento di proteine, che esita in perdita di tessuto adi-
Rischio di cancro da esposizione a bassi livelli di radiazio- poso e muscolare, calo ponderale, letargia e debolezza generalizzata.
ne. Qualsiasi cellula che sia in grado di dividersi e che abbia subito Milioni di persone nelle nazioni in via di sviluppo sono malnutrite
una mutazione può potenzialmente divenire cancerosa. Quindi, e affamate oppure vivono alla crudele soglia della morte per fame.
può verificarsi una maggiore incidenza di neoplasie in un organo Nel mondo industrializzato e, più di recente, anche nei Paesi in via
dopo esposizione a radiazioni ionizzanti. Il livello di radiazioni ri- di sviluppo, l’obesità è divenuta un importante problema di salute
chiesto per aumentare il rischio di sviluppo di cancro è difficile da pubblica, associato allo sviluppo di patologie come il diabete e
determinare, ma vi sono pochi dubbi sul fatto che le esposizioni l’aterosclerosi.
acute o prolungate in dosi maggiori di 100 mSv causino gravi Le sezioni che seguono forniscono solo una panoramica delle ma-
­conseguenze, compreso il cancro.44 Questo è documentato dalla lattie nutrizionali. Particolare attenzione è dedicata alla PEM, all’ano-
maggiore incidenza di leucemie e tumori in vari siti (quali tiroide, ressia nervosa e alla bulimia, ai deficit di vitamine e di oligoelementi,
mammella e polmoni) nei sopravvissuti dei bombardamenti atomici all’obesità e verrà fornita una breve visione d’insieme delle relazioni
di Hiroshima and Nagasaki; dall’alto numero di cancri alla tiroide esistenti tra dieta e aterosclerosi e cancro. Altri nutrienti e problemi
nei sopravvissuti all’incidente di Chernobyl; dall’alta incidenza di nutrizionali saranno discussi nel contesto di patologie specifiche.
tumori della tiroide e dall’elevata frequenza di leucemie e difetti alla
nascita negli abitanti delle Isole Marshall esposti alla ricaduta di Insufficienza alimentare
polveri radioattive; e dallo sviluppo di “secondi cancri”, quali leuce-
mia mieloide acuta, sindrome mielodisplastica, linfoma di Hodgkin Una dieta corretta dovrebbe garantire (1) energia sufficiente, sotto
e tumori solidi negli individui che si sono sottoposti a una terapia forma di carboidrati, grassi e proteine, per le necessità metaboliche
radiante antineoplastica durante l’infanzia. I rischi di cancro a lungo quotidiane dell’organismo; (2) amminoacidi e acidi grassi da utiliz-
termine causati da esposizioni a radiazioni nel range tra 5 e 100 mSv zare come mattoni per la sintesi di proteine e lipidi strutturali e
sono molto più difficili da stabilire, dal momento che un’accurata funzionali; e (3) vitamine e minerali, che fungono da coenzimi od
misurazione del rischio richiede ampi gruppi di popolazione che ormoni nelle vie metaboliche o, come nel caso di calcio e fosfato,
vanno da 50.000 a 5 milioni di persone. come importanti componenti strutturali. Nella malnutrizione pri-
La stima dei rischi di cancro per esposizione a bassi livelli di ra- maria una o tutte queste componenti mancano nella dieta. Di contro,
diazioni ionizzanti si fonda in parte su modelli estrapolati dalle dosi nella malnutrizione secondaria, l’apporto di nutrienti è adeguato, ma
più alte. Ciononostante, per i raggi X e i raggi gamma vi è una buona la malnutrizione è l’esito di assunzione insufficiente, malassorbimen-
evidenza di un aumento statisticamente significativo nel rischio di to, utilizzo o immagazzinamento alterati, eccessiva perdita o aumen-
cancro con dosi acute maggiori di 50 mSv e una “ragionevole” evi- tato bisogno di nutrienti.
denza per dosi acute maggiori di 5 mSv. Per esposizioni prolungate, Vi sono diverse condizioni che possono portare alle insufficienze
i valori approssimativi suggeriti sono maggiori di 100 mSv (buona alimentari.
evidenza per un aumento statisticamente significativo del rischio)
e 50 mSv (ragionevole evidenza di rischio aumentato). Come con- Povertà. I senza tetto, gli anziani e i bambini delle famiglie povere
fronto, una singola radiografia del torace postero-anteriore, una spesso soffrono di PEM e di carenze di oligoelementi. Nelle na-
radiografia del torace laterolaterale e una TC del torace forniscono zioni povere indigenza, cattivi raccolti, morte del bestiame e
dosaggi efficaci ai polmoni rispettivamente di 0,01, 0,15 e siccità, spesso in tempi di guerra e di rivolgimenti politici, gettano
10 mSv.45 le basi per la malnutrizione di bambini e adulti.
L’aumentato rischio di sviluppo di cancro può anche essere associato Infezioni. La PEM aumenta la suscettibilità a molte comuni pa-
alle esposizioni professionali. Il gas radon è un prodotto ­ubiquitario tologie infettive. Di contro, le infezioni hanno un effetto negativo
del decadimento spontaneo dell’uranio. I suoi effetti cancerogeni sono sulla nutrizione,46 stabilendo così un circolo vizioso.
ampiamente attribuibili a due prodotti del decadimento, il polonio Malattie acute e croniche. Il tasso metabolico basale accelera in
214 e il polonio 218 (o “figlie dell’uranio”), che emettono particelle molte patologie generando così un aumentato fabbisogno gior-
alfa. Il polonio 214 e 218 prodotto dal radon inalato tende a deposi- naliero di tutti i nutrienti. Non riuscire a riconoscere queste ne-
tarsi nel polmone e l’esposizione cronica nei minatori di uranio può cessità nutrizionali può rendere più tardiva la guarigione. La PEM
dare origine a carcinomi polmonari. Sono presenti ­rischi anche nelle è spesso presente nei pazienti con patologie caratterizzate da depe-
case in cui i livelli di radon sono molto alti, paragonabili a quelli ri- rimento come cancri avanzati e AIDS (discusso in seguito).
scontrati nelle miniere. Tuttavia vi è poca o nessuna evidenza che Alcolismo cronico. Gli alcolisti possono talvolta soffrire di PEM,
suggerisca che il radon contribuisca al rischio di cancro al polmone ma più spesso presentano deficit di numerose vitamine, soprat-
nell’ambito domestico. Tra gli altri isotopi del polonio, il polonio 210 tutto tiamina, piridossina, folati e vitamina A, come esito di deficit
giunse all’attenzione del pubblico nel novembre 2006 perché utilizzato alimentari, cattivo assorbimento gastrointestinale, anomalo con-
per uccidere un uomo in Inghilterra. Per ragioni storiche, ricordiamo sumo e accumulo di nutrienti, accresciute necessità metaboliche
qui che all’inizio del XX secolo si osservò lo sviluppo di sarcomi e aumento della perdita di nutrienti. Non riuscire a riconoscere
osteogenici negli addetti alla pittura a causa dell’utilizzo di vernici la possibilità di un deficit di tiamina in individui con alcolismo
luminescenti a base di radio, e nei farmacisti, radiologi e pazienti cronico può esitare in un danno cerebrale irreversibile (ad es.
esposti al radio per il trattamento di varie patologie. encefalopatia di Wernicke, discussa nel Capitolo 28).
420 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Ignoranza e mancata integrazione della dieta. Persino nelle fami- Un bambino è considerato affetto da marasma quando il suo peso
glie benestanti si può ignorare il fatto che bambini, adolescenti e cade al di sotto del 60% del suo peso normale per sesso, altezza ed
donne in gravidanza hanno un maggiore fabbisogno nutrizionale. età. Un bambino marasmico soffre di ritardo di crescita e perdita
L’ignoranza del contenuto nutrizionale di diversi cibi è a sua volta muscolare, quest’ultima come esito del catabolismo e della deplezione
un fattore favorente. Alcuni esempi sono: deficit di ferro nei del compartimento proteico somatico. Ciò sembra essere una rispo-
neonati alimentati con diete a base esclusivamente di latte artifi- sta di adattamento che fornisce amminoacidi all’organismo come
ciale; il riso raffinato utilizzato come elemento centrale di una fonte di energia. Il compartimento delle proteine viscerali, presumi-
dieta può mancare di quantità adeguate di tiamina; mancanza di bilmente più prezioso e critico per la sopravvivenza, si impoverisce
iodio da cibo e acqua nelle regioni lontane dagli oceani, se non solo marginalmente, per cui i livelli di albumina sierica sono normali
viene fornita un’integrazione. o solo lievemente ridotti. Non solo le proteine muscolari, ma anche
Restrizioni volontarie della dieta. Anoressia nervosa, bulimia e il grasso sottocutaneo viene mobilizzato e usato come carburante.
patologie alimentari meno palesi colpiscono molti individui pre- La produzione di leptina (discussa nel paragrafo “Obesità”) è bassa,
occupati per la loro immagine estetica e ossessionati dal peso il che può stimolare l’asse ipotalamico-pituitario-surrenale a pro-
corporeo (anoressia e bulimia sono discusse in seguito). durre alti livelli di cortisolo che contribuisce alla lipolisi. Con tali
Altre cause. Altre cause di malnutrizione comprendono patologie perdite di muscolo e grasso sottocutaneo, le estremità sono emaciate;
gastrointestinali e sindromi da malassorbimento, malattie gene- in confronto, il capo appare troppo grande rispetto al corpo. Sono
tiche, specifiche terapie farmacologiche (che bloccano l’assorbi- presenti anemia e segni di carenze multivitaminiche e vi è evidenza
mento di particolari nutrienti) e nutrizione parenterale totale. di immunodeficienza, in particolare dell’immunità mediata dalle
cellule T. Quindi, sono solitamente presenti infezioni concomitanti,
il che impone un’ulteriore domanda nutrizionale. Sfortunatamente,
immagini di bambini morti o vicini alla morte affetti da marasma,
Malnutrizione protido-energetica (PEM)
sono diventate quasi comuni nei reportage televisivi o giornalistici
La PEM severa è una patologia grave, spesso letale, che colpisce i di carestie e disastri in varie aree del mondo.
bambini. È comune nelle nazioni a basso reddito, dove fino al 25% Il kwashiorkor si verifica quando la carenza di proteine è relati-
dei bambini può essere colpito e dove rappresenta un fattore predo- vamente maggiore rispetto alla riduzione delle calorie totali
minante negli alti tassi di mortalità nei bambini al di sotto dei 5 anni. (Fig. 9.23 B). Questa è la forma più comune di PEM osservata nei
Nel Niger, una nazione dell’Africa occidentale colpita da una grave bambini africani che sono stati svezzati troppo precocemente e
carestia nel 2005, i rilievi della Nazioni Unite stimano che vi fossero quindi alimentati, quasi esclusivamente, con una dieta a base di
150.000 bambini affetti da malnutrizione grave e 650.000 da malnu- carboidrati (il nome kwashiorkor viene dalla lingua Ga in Ghana e
trizione moderata. In questa nazione la malnutrizione è stata una descrive la malattia di un bambino dovuta all’arrivo di un altro
causa diretta o indiretta di mortalità nel 60% dei bambini al di sotto bambino). La prevalenza del kwashiorkor è elevata anche nei Paesi
dei 5 anni di età. Una diminuita assunzione di cibo può verificarsi poveri del Sud-est asiatico. Forme meno gravi si possono osservare
anche a causa di un forte aumento dei prezzi, come quello che si in tutto il mondo nei soggetti con stati di diarrea cronica, nei quali
verificò nella prima metà del 2008. Nelle nazioni sviluppate la PEM le proteine non sono assorbite, o in quelle con perdita cronica di
si verifica nei pazienti anziani e debilitati nelle case di riposo e negli proteine dovuta a condizioni come le enteropatie protidodisperdenti,
ospedali. la sindrome nefrosica o dopo ustioni estese. Negli Stati Uniti sono
La malnutrizione si determina in relazione all’indice di massa stati riportati casi di kwashiorkor dovuti a diete maniacali e alla
corporea (Body Mass Index, BMI, peso in chilogrammi diviso per il sostituzione del latte con bevande a base di riso.
quadrato dell’altezza in metri). Un BMI minore di 16 kg/m2 si consi- Nel kwashiorkor, la notevole carenza proteica si associa a grave
dera malnutrizione (il range normale va da 18,5 a 25 kg/m2). Da un perdita del compartimento proteico viscerale e la risultante ipoalbu-
punto di vista più pratico, un bambino il cui peso è al di sotto minemia dà origine a edemi generalizzati o dipendenti (Fig. 9.21).
dell’80% del normale (riportato nelle tabelle standard) viene consi- La perdita di peso in questi pazienti è mascherata dall’aumentata
derato malnutrito. Tuttavia, la perdita di peso può essere mascherata ritenzione di fluidi. Come ulteriore differenza con il marasma, vi è
da edema generalizzato, come discusso più avanti. Altri utili para- un relativo risparmio del grasso sottocutaneo e della massa musco-
metri possono essere la valutazione delle riserve di grasso (spessore lare. I bambini affetti da kwashiorkor hanno lesioni cutanee
delle pliche cutanee), della massa muscolare (ridotta circonferenza ­caratteristiche, che alternano zone di iperpigmentazione, aree di
della parte centrale del braccio) e delle proteine sieriche (la misura- desquamazione e ipopigmentazione, dando un aspetto “a vernice
zione di albumina e transferrina offrono una misura dell’adeguatezza sfaldata”. Le alterazioni dei capelli includono una globale perdita di
del compartimento delle proteine viscerali). colore o bande alternate di capelli chiari e più scuri. Altre caratteri-
Marasma e kwashiorkor. Nei bambini malnutriti, la PEM si stiche che distinguono il kwashiorkor dal marasma sono il fegato
presenta con uno spettro di sindromi cliniche, tutte caratterizzate aumentato di volume e steatosico (a causa della ridotta sintesi di
da un’assunzione alimentare di proteine e calorie inadeguata alle proteine trasportatrici componenti delle lipoproteine) e lo sviluppo
richieste del corpo. Le due estremità di questo spettro delle sindromi di apatia, svogliatezza e perdita dell’appetito. È probabile che siano
da PEM sono note come marasma e kwashiorkor. Dal punto di vista presenti deficit di vitamine, così come difetti immunitari e infezioni
funzionale, nell’organismo vi sono due compartimenti proteici re- secondarie. Come già detto precedentemente, il marasma e il kwa-
golati in modo differenziale: il compartimento somatico, rappresen- shiorkor si trovano a due estremità dello spettro, ed esiste una consi-
tato dalle proteine nei muscoli scheletrici, e il compartimento visce- derevole sovrapposizione tra queste condizioni.
rale, rappresentato dai depositi di proteine negli organi viscerali, La PEM secondaria si sviluppa spesso nei pazienti con malattie
soprattutto nel fegato. Come vedremo, il compartimento somatico croniche, anziani e allettati. Un questionario con 18 punti noto come
è compromesso in modo più grave nel marasma, mentre il compar- Mininutritional Assessment (MNA) viene spesso usato per misurare
timento viscerale è deprivato in modo più grave nel kwashiorkor. lo stato nutrizionale degli anziani. Si stima che più del 50% degli
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 421

Figura 9.23 Malnutrizione infantile. A. Marasma. Si noti la perdita di massa muscolare e di grasso sottocutaneo; la testa appare troppo grande per il
corpo emaciato. B. Kwashiorkor. Il bambino mostra edema generalizzato, che si manifesta come ascite e gonfiore di volto, mani e arti inferiori. (A. Da Clinic
Barak, Reisebericht Kenya)

anziani residenti in case di riposo negli Stati Uniti siano malnutriti.


La perdita di peso di più del 5% associata con PEM aumenta il ri- (anemia delle malattie croniche). A seconda del fattore pre-
schio di mortalità nei pazienti delle case di riposo di almeno dominante, gli eritrociti possono essere microcitici, normo-
cinque volte. I segni più ovvi di PEM secondaria includono: citici o macrocitici.
(1) deplezione del grasso sottocutaneo nelle braccia, sulla parete È stato riportato da alcuni studiosi che, nei bambini che sono
toracica, alle spalle o alle regioni metacarpali; (2) atrofia dei muscoli nati da madri malnutrite e che vengono colpiti da PEM du-
quadricipite femorale e deltoide; (3) edema della caviglia o sacrale. rante i primi 1 o 2 anni di vita, l’encefalo mostra atrofia
I pazienti malnutriti, allettati oppure ospedalizzati, presentano un ­cerebrale, un ridotto numero di neuroni e mielinizzazione
maggiore rischio di infezioni, sepsi, ritardi nella guarigione delle incompleta della materia bianca.
ferite e morte dopo intervento chirurgico. Possono essere presenti numerose altre alterazioni, come
(1) atrofia timica e linfatica (più marcata nel kwashiorkor che
nel marasma); (2) alterazioni anatomiche indotte da infezioni
Morfologia Le alterazioni anatomiche fondamentali nella intercorrenti, in particolare con tutti i tipi di elminti endemici
PEM sono (1) arresto della crescita; (2) edema periferico nel e altri parassiti; (3) carenza di altre sostanze nutritive essen-
kwashiorkor; (3) perdita del grasso corporeo e atrofia mu- ziali, come iodio e vitamine.
scolare, più marcate nel marasma.
Il fegato nel kwashiorkor, ma non nel marasma, è aumentato
di volume e steatosico; è rara la sovrapposizione di cirrosi. Cachessia. La PEM è una complicanza comune nei pazienti con
Nel kwashiorkor (di rado nel marasma), il piccolo intestino AIDS o tumori avanzati, e in queste circostanze prende il nome di
mostra una riduzione dell’indice mitotico nelle cripte delle cachessia. La cachessia si verifica in circa il 50% dei pazienti affetti da
ghiandole, associato ad atrofia della mucosa e perdita di villi cancro, più comunemente negli individui con cancri gastrointestinali,
e microvilli. In tali casi, si determina la contemporanea per- pancreatici e polmonari, ed è responsabile di circa il 30% delle morti
dita di enzimi nel piccolo intestino, che si manifesta in genere per cancro. È una condizione altamente debilitante caratterizzata da
come carenza di disaccaridasi. Di conseguenza, i bambini estremo calo ponderale, affaticamento, atrofia muscolare, anemia,
con kwashiorkor all’inizio possono non rispondere bene a anoressia ed edema. La mortalità è generalmente la conseguenza
una dieta completa a base di latte. Con la terapia, le altera- dell’atrofia del diaframma e di altri muscoli respiratori. Le cause
zioni delle mucose risultano reversibili. precise della cachessia non sono note, ma è chiaro che gli agenti se-
Il midollo osseo sia nel kwashiorkor sia nel marasma può creti dai tumori e la reazione dell’ospite contribuiscano al suo sviluppo
essere ipoplastico, soprattutto a causa del ridotto numero di (Fig. 9.24). Gli agenti cachetizzanti prodotti dai tumori includono:
precursori dei globuli rossi. Il sangue periferico mostra in
genere anemia da lieve a moderata, spesso di origine mul- Il PIF (Proteolysis-Inducing Factor, fattore inducente la proteolisi),
tifattoriale; possono contribuire deficit nutrizionali di ferro, un polipeptide glicosilato escreto nelle urine dei pazienti che
folati e proteine, insieme agli effetti soppressivi delle infezioni perdono peso con cancri del pancreas, della mammella, del colon
e altri.
422 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Anoressia nervosa e bulimia

L’anoressia nervosa è un digiuno autoimposto, con marcato calo


ponderale; la bulimia è una condizione in cui il paziente mangia
smodatamente per poi indurre il vomito. L’anoressia nervosa è, di
tutte le malattie psichiatriche, quella con il tasso di mortalità più
elevato. La bulimia è più comune dell’anoressia nervosa e ha gene-
ralmente una prognosi migliore; si stima che si verifichi nell’1-2%
delle donne e nello 0,1% degli uomini, con un’età media di insor-
genza di 20 anni. Questi disturbi della condotta alimentare si pre-
sentano soprattutto in giovani donne precedentemente sane che
sviluppano un’ossessione per l’immagine corporea e per la magrezza.
Le basi neurobiologiche di queste patologie sono sconosciute, ma è
stato suggerito che possa essere una componente importante un
alterato metabolismo della serotonina.49
I segni clinici dell’anoressia nervosa sono in genere simili a quelli
della PEM grave. Inoltre, sono evidenti gli effetti sul sistema endocrino.
L’amenorrea, dovuta alla diminuita secrezione dei fattori di rilascio
delle gonadotropine e successiva ridotta secrezione di ormone lutei-
nizzante e follicolo-stimolante, è così frequente che la sua presenza è
di per sé patognomonica. Altri reperti frequenti, legati al ridotto rilascio
di ormone tiroideo, comprendono intolleranza al freddo, b­ radicardia,
stipsi e alterazioni della cute e dei peli. Inoltre, sono frequentemente
presenti disidratazione e anomalie elettrolitiche. La cute ­diventa secca
e squamosa. La densità ossea è diminuita, molto probabilmente a causa
dei bassi livelli di estrogeni, che simulano l’accelerazione postmeno-
pausale dell’osteoporosi. Possono essere presenti ­anemia, linfopenia
e ipoalbuminemia. Una complicanza grave dell’anoressia nervosa (e
anche della bulimia) è un’aumentata suscettibilità alle aritmie cardiache
Figura 9.24 Meccanismi della cachessia neoplastica. L’immagine mo-
stra tre meccanismi che causano atrofia e degradazione muscolare portan- e alla morte improvvisa, come esito dell’ipokaliemia.
do alla cachessia: (1) il fattore inducente la proteolisi (PIF) prodotto dalle Nella bulimia, l’alimentazione incontrollata è la norma. I pazienti
neoplasie degrada la catena pesante della miosina attraverso il proteasoma, ingeriscono enormi quantità di cibo, perlopiù carboidrati, per poi
causando atrofia muscolare; (2) il TNF e altre citochine prodotte dalle neo- indursi il vomito. Benché le irregolarità mestruali siano comuni,
plasie e dall’ospite attivano NF-kB e danno il via alla trascrizione delle ubi-
quitin-ligasi MAFBx e MuRF1, contribuendo al catabolismo proteico; (3)
l’amenorrea è presente in meno del 50% delle pazienti bulimiche,
alterazioni nel complesso distrofina-glicoproteine che portano alla degra- probabilmente perché il peso e i livelli di gonadotropine si manten-
dazione della distrofina da parte del proteasoma partecipano a loro volta gono intorno alla norma. Le principali complicanze mediche sono
all’atrofia muscolare della cachessia. collegate alla continua induzione del vomito e all’utilizzo cronico di
lassativi e diuretici. Includono (1) perdita dell’equilibrio elettrolitico
(ipokaliemia), che predispone il paziente alle aritmie cardiache; (2)
aspirazione polmonare del contenuto gastrico; e (3) rottura cardiaca
L’LMF (Lipid-Mobilizing Factor, fattore mobilizzante i lipidi), che esofagea e gastrica. Ciononostante, non vi sono segni e sintomi
aumenta l’ossidazione degli acidi grassi e la produzione di cito- specifici per la bulimia; la diagnosi deve basarsi su una valutazione
chine proinfiammatorie come il TNF (originariamente noto come psicologica complessiva della persona. Una recente tendenza nei
cachettina), l’interleuchina-2 (IL-2) e l’IL-6. Il TNF e l’IL-6 sca- pazienti bulimici è la combinazione dell’alimentazione smodata con
tenano una risposta di fase acuta da parte dell’ospite, aumentando l’ingestione di quantità elevate di alcool. Non serve dire che gli effetti
la secrezione di proteina C reattiva e fibrinogeno, e diminuendo combinati di bulimia e alcolismo sono devastanti.
la concentrazione plasmatica di albumina.
Carenza di vitamine
Il fattore inducente la proteolisi (PIF) e le citochine proinfiam-
matorie determinano distruzione del muscolo scheletrico attraverso Per una buona salute sono necessarie tredici vitamine: le vitamine
l’attivazione indotta da NF-kB della via del proteasoma e dell’ubi- A, D, E e K sono liposolubili e le rimanenti sono idrosolubili. La
quitina, portando alla degradazione delle catene pesanti della mio- distinzione tra vitamine liposolubili e idrosolubili è importante. Le
sina.47 L’induzione della via del proteasoma e dell’ubiquitina implica vitamine liposolubili sono immagazzinate più rapidamente nell’or-
la produzione di due ubiquitin-ligasi muscolo-specifiche, Murf1 ganismo, ma possono essere scarsamente assorbite in caso di pato-
(muscle RING finger-1) e MAFBx (muscle atrophy F-box o atrogli- logie caratterizzate da malassorbimento dei grassi, causate da disturbi
na-1). Dati più recenti indicano, come fattori che contribuiscono della funzione digestiva (discusse nel Capitolo 17). Alcune vitamine
all’atrofia muscolare, attraverso un meccanismo simile a quello che possono avere sintesi endogena – la vitamina D da precursori ste-
entra in gioco in alcune distrofie muscolari, anche alterazioni nella roidei, la vitamina K e la biotina dalla microflora intestinale e la
membrana miofibrillare del muscolo scheletrico con perdita di di- niacina dal triptofano, un amminoacido essenziale. Nonostante
strofina causata dalle modificazioni nel complesso distrofina-glico- questa sintesi endogena, è essenziale per una buona salute un ap-
proteina (Fig. 9.24).48 porto dietetico di tutte le vitamine.
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 423

Un deficit di vitamine può essere primario (di origine alimentare) rodopsina nei bastoncelli, il pigmento più fotosensibile e quindi
o secondario, a causa di alterazioni nell’assorbimento intestinale, nel più importante nella visione con luce ridotta, e le tre iodopsine
trasporto ematico, nel deposito tissutale o nella conversione meta- nelle cellule dei coni, ognuna sensibile a colori specifici con luce
bolica. Nei paragrafi seguenti, verranno trattate in dettaglio le intensa. La sintesi della rodopsina a partire dal retinolo implica
­vitamine A, D e C a causa del loro ampio range di attività e delle al- (1) ossidazione a tutto-trans-retinale; (2) isomerizzazione a 11-
terazioni morfologiche causate dagli stati di deficit. Questa trattazione cis-retinale; (3) legame covalente con la proteina dei bastoncelli
è seguita dalla presentazione in forma tabulare delle principali con- a sette domini transmembrana opsina, a formare rodopsina. Un
seguenze dei deficit delle restanti vitamine (E, K e vitamine del com- fotone di luce causa l’isomerizzazione dell’11-cis-retinale a tutto-
plesso B) e di alcuni minerali essenziali. Tuttavia, si deve sottolineare trans-retinale, che si dissocia dalla rodopsina. Questo induce una
che il deficit di una singola vitamina non è comune, e che la carenza modificazione conformazionale nell’opsina che scatena una serie
di una singola o di più vitamine può essere associati alla PEM. di eventi a cascata e genera un impulso nervoso, che viene tra-
smesso per via neuronale all’encefalo. Durante l’adattamento al
buio, parte del tutto-trans-retinale è riconvertito a 11-cis-retinale,
Vitamina A
ma la maggior parte è ridotta a retinolo e perduta dalla retina,
Vitamina A è il nome dato ad un gruppo di composti correlati che determinando la necessità di un continuo apporto di retinolo.
includono retinolo (alcool della vitamina A), retinale (aldeide della Crescita cellulare e differenziamento. La vitamina A e i retinoidi
vitamina A) e acido retinoico (acido della vitamina A), che hanno svolgono un ruolo importante nel corretto differenziamento
attività biologiche similari. Il retinolo è il nome del composto chi- dell’epitelio muco-secernente; se esiste una condizione di deficit,
mico dato alla vitamina A. È la sua forma di trasporto e, come estere
del retinolo, anche la sua forma di accumulo. Il termine generico
retinoidi comprende la vitamina A nelle sue varie forme e i composti
chimici sia naturali sia sintetici strutturalmente correlati alla vita-
mina A, ma che non devono necessariamente avere attività biologica
simile a quella della vitamina A.50 I cibi di origine animale come
fegato, pesce, uova, latte e burro sono importanti fonti alimentari di
vitamina A preformata. I vegetali gialli e a foglie come carote, zuc-
chine e spinaci forniscono grandi quantità di carotenoidi, le provi-
tamine che possono essere metabolizzate nell’organismo a vitamina
A attiva. I carotenoidi contribuiscono approssimativamente per il
30% all’apporto di vitamina A; la più importante di queste provita-
mine è il b-carotene, che viene efficacemente convertito a vitamina
A. La dose giornaliera raccomandata di vitamina A è espressa in
retinolo equivalenti, per prendere in considerazione sia la vitamina
A preformata sia il b-carotene.
La vitamina A è una vitamina liposolubile, e il suo assorbimento
richiede bile, enzimi pancreatici e un certo livello di attività antios-
sidante nel cibo. Il retinolo (generalmente ingerito come estere di
retinolo) e il b-carotene vengono assorbiti nell’intestino, dove il
b-carotene viene convertito a retinolo (Fig. 9.25). Il retinolo viene
quindi trasportato nei chilomicroni al fegato per l’esterificazione e
l’immagazzinamento. L’assorbimento nelle cellule del fegato avviene
tramite il recettore per l’apolipoproteina E. Oltre il 90% delle riserve
corporee di vitamina A viene conservato nel fegato, prevalentemente
nelle cellule stellate perisinusoidali (cellule di Ito). Negli individui
sani che consumano una dieta adeguata, queste riserve sono suffi-
cienti per venire incontro alle richieste dell’organismo per almeno
6 mesi. Gli esteri di retinolo conservati nel fegato possono essere
mobilizzati; prima del rilascio, il retinolo si lega a una speciale pro-
teina legante il retinolo (Retinol Binding Protein, RBP), sintetizzata
nel fegato. L’assorbimento del complesso retinolo/RBP nei tessuti
periferici dipende dai recettori sulla superficie cellulare specifici per
la RBP.51 Dopo l’assorbimento, il retinolo si lega a una RBP cellulare,
e la RBP viene rilasciata nel sangue. Il retinolo può essere immagaz-
zinato nei tessuti periferici come estere di retinolo o essere ossidato
a formare acido retinoico. L’acido retinoico ha funzioni importanti
nel differenziamento e nella crescita epiteliale.
Funzione. Negli esseri umani le funzioni principali della vita-
mina A sono le seguenti:

Mantenimento della visione normale. Nel processo visivo sono


coinvolte quattro forme di pigmento contenenti vitamina A: la Figura 9.25 Metabolismo della vitamina A.
424 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

l’epitelio va incontro a metaplasia squamosa e si differenzia in risposta di fase acuta associata a molte infezioni. La deplezione
epitelio cheratinizzato. L’attivazione dei recettori per l’acido reti- della proteina epatica legante il retinolo causa una diminuzione
noico (RAR) da parte dei loro ligandi causa il rilascio di core- del retinolo circolante, e quindi riduce la disponibilità tissutale
pressori e la formazione obbligatoria di eterodimeri con un altro di vitamina A.
recettore retinoide, noto come recettore retinoico X (RXR). Sia
RAR che RXR hanno tre isoforme, a, b e g. Gli eterodimeri RAR/ In aggiunta, i retinoidi, il b-carotene e alcuni carotenoidi correlati
RXR si legano ad elementi di risposta all’acido retinoico siti nella possono fungere da agenti fotoprotettivi e antiossidanti.
regione promotrice dei geni che codificano recettori per fattori I retinoidi sono utilizzati clinicamente per il trattamento di pato-
di crescita, geni oncosoppressori e proteine secrete. Tramite que- logie della cute come l’acne grave e alcune forme di psoriasi, e anche
sti effetti, i retinoidi prendono parte alla crescita e al differenzia- nel trattamento della leucemia promielocitica acuta. In questa leuce-
mento cellulare, al controllo del ciclo cellulare e ad altre risposte mia, una traslocazione t(15:17) (Cap. 13) esita nella fusione di un
biologiche. L’acido tutto-trans-retinoico, un potente derivato acido gene RARa troncato sul cromosoma 17 con il gene PML sul cromo-
della vitamina A, ha affinità maggiore per i RAR rispetto ad altri soma 15. Il gene di fusione codifica per un RAR anomalo che blocca
retinoidi.51 il differenziamento delle cellule mieloidi. Dosi farmacologiche di
Effetti metabolici dei retinoidi. Il recettore retinoico X (RXR), che acido tutto-trans-retinoico superano il blocco, facendo sì che le
si pensava fosse attivato dall’acido 9-cis-retinoico, può formare cellule leucemiche si differenzino in neutrofili, che successivamente
eterodimeri con altri recettori nucleari, quali (come abbiamo già muoiono per apoptosi. Questa “terapia differenziante” provoca la
visto) recettori nucleari coinvolti nel metabolismo dei farmaci, i remissione nella maggior parte degli individui con leucemia pro-
recettori attivanti la proliferazione dei perossisomi (PPAR) e i mielocitica acuta e in combinazione con altri agenti chemioterapici
recettori della vitamina D. I PPAR sono dei regolatori chiave del può essere curativa. Un differente isomero, l’acido 13-cis-retinoico,
metabolismo degli acidi grassi, fra cui ossidazione degli acidi è stato utilizzato con qualche successo nel trattamento del neuro-
grassi nel tessuto adiposo e nel muscolo, adipogenesi e metabo- blastoma nei bambini.
lismo delle lipoproteine. L’associazione tra RXR e PPARg offre Deficit di vitamina A. Il deficit di vitamina A si verifica global-
una spiegazione per gli effetti metabolici dei retinoidi su adipo- mente come conseguenza di sottonutrizione generale o come deficit
genesi e obesità.52 secondario in individui con condizioni che causano malassorbimen-
Resistenza dell’ospite alle infezioni. L’integrazione con vitamina A to dei grassi. Nei bambini le riserve di vitamina A vengono consu-
può ridurre la morbilità e la mortalità dovuta ad alcune forme di mate dalle infezioni e l’assorbimento della vitamina è scarso nei
diarrea e, nei bambini in età prescolare affetti da morbillo, può neonati. I pazienti adulti con sindromi da malassorbimento, come
migliorare rapidamente l’esito clinico. L’effetto benefico della vi­ il morbo celiaco, la malattia di Crohn e la colite, possono sviluppare
tamina A nelle patologie diarroiche può essere correlato al man- un deficit di vitamina A, concomitante alla deplezione di altre vita-
tenimento e al ripristino dell’integrità dell’epitelio del lume mine liposolubili. La chirurgia bariatrica e, nelle persone anziane,
­intestinale. Gli effetti della vitamina A sulle infezioni derivano in l’uso continuo di olio minerale come lassativo, può portare a deficit.
parte dalla sua capacità di stimolare il sistema immunitario, per Gli aspetti patologici delle carenze di vitamina A sono riassunti nella
quanto i meccanismi non siano del tutto noti. Le infezioni pos- Figura 9.26.
sono ridurre la biodisponibilità della vitamina A inibendo la Come già discusso, la vitamina A è un componente della rodop-
sintesi della proteina legante il retinolo nel fegato attraverso la sina e di altri pigmenti visivi. Non sorprende che uno dei primi segni

Figura 9.26 Deficit di vitamina A: conseguenze più importanti a carico dell’occhio e della produzione di metaplasia squamosa cheratinizzante delle
superfici epiteliali specializzate e il suo possibile ruolo nella metaplasia epiteliale. Non vengono illustrate emeralopia e deficit immunitario.
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 425

di carenza di vitamina A sia il peggioramento della vista, in parti- grandi città europee e nelle aree povere di New York e Boston alla
colare con luce ridotta (nittalopia). Altri effetti del deficit sono cor- fine del XIX secolo. Sebbene nella prima parte di quel secolo, l’olio
relati al ruolo della vitamina A nel mantenere il differenziamento di fegato di merluzzo fosse noto per le sue proprietà antirachitiche,
delle cellule epiteliali. Un deficit persistente dà vita a una serie di servirono quasi 100 anni perché fosse accettato nella professione
alterazioni che comprendono metaplasia epiteliale e cheratinizza- medica come agente efficace (non fu di aiuto il fatto che l’olio di
zione. Le modificazioni più devastanti si verificano negli occhi e fegato di merluzzo consumato nei villaggi di pescatori nel Nord
prendono il nome di xeroftalmia (occhio secco). All’inizio vi è sec- Europa, in Scandinavia e in Islanda fosse un liquido scuro di odore
chezza della congiuntiva (xerosi della congiuntiva), a mano a mano fetido).54 In aggiunta ai suoi effetti sull’omeostasi di calcio e fosforo,
che il normale epitelio lacrimale e muco-secernente viene sostituito la vitamina D ha effetti nei tessuti non scheletrici (i cosiddetti effetti
da epitelio cheratinizzato. A ciò segue l’accumulo di residui di che- “non classici”).
ratina a formare piccole placche opache (macchie di Bitot) e, infine, Metabolismo della vitamina D. La maggiore fonte di vitamina
l’erosione della superficie rugosa corneale con rammollimento e D per gli umani è la sua sintesi endogena nella cute tramite conver-
distruzione della cornea (cheratomalacia) e cecità completa. sione fotochimica di un precursore, il 7-deidrocolesterolo, grazie
Oltre all’epitelio oculare, anche l’epitelio che riveste le alte vie all’energia della luce UV solare o artificiale nello spettro da 290 a
respiratorie e le vie urinarie viene sostituito da cellule squamose 315 nm (radiazione UVB). L’irradiazione del 7-deidrocolesterolo
cheratinizzate (metaplasia squamosa). La perdita dell’epitelio muco­ forma il colecalciferolo, noto come vitamina D3. Per semplicità utiliz-
ciliare delle vie respiratorie predispone a infezioni polmonari secon- zeremo il termine vitamina D in riferimento a questo composto. In
darie; la desquamazione dei residui di cheratina nel tratto urinario condizioni normali di esposizione solare, circa il 90% del fabbisogno
predispone alla calcolosi renale e vescicale. L’iperplasia e l’iperche- di vitamina D viene derivato dal 7-deidrocolesterolo presente nella
ratinizzazione dell’epidermide con l’ostruzione dei dotti delle ghian- cute. Tuttavia gli individui con pelle scura hanno generalmente livelli
dole annessiali possono produrre dermatosi follicolare o papulare. più bassi di produzione di vitamina D a causa del pigmento mela-
Un’altra conseguenza molto grave è il deficit immune, responsabile nico. Fonti dietetiche, quali pesce di acque profonde, vegetali e ce-
dei tassi di mortalità più elevati dovuti a infezioni comuni reali contribuiscono per circa il 10% della vitamina richiesta e
come morbillo, polmonite e diarrea contagiosa. Nelle parti del mon- ­dipendono da un assorbimento intestinale di grassi adeguato. Nei
do dove la carenza di vitamina A è endemica, gli integratori alimen- vegetali, la vitamina D è presente nella forma di precursore (ergo-
tari riducono la mortalità del 20-30%. sterolo) che è convertito a vitamina D nell’organismo.
Tossicità da vitamina A. Gli eccessi sia a breve sia a lungo ter- Le fasi principali del metabolismo della vitamina D sono sinte-
mine di vitamina A possono determinare manifestazioni tossiche, tizzate qui sotto53 e mostrate nella Figura 9.27.
un motivo di preoccupazione a causa delle megadosi pubblicizzate
da alcuni venditori di integratori. Le conseguenze dell’ipervitaminosi 1. Sintesi fotochimica della vitamina D dal 7-deidrocolesterolo nella
A acuta furono descritte per la prima volta nel 1597 da Gerrit de cute e assorbimento della vitamina D dai cibi e dagli integratori
Veer, un carpentiere navale arenatosi nell’Artico, che raccontò nel nel lume intestinale.
suo diario i gravi sintomi che lui e altri membri dell’equipaggio 2. Legame della vitamina D proveniente da entrambe queste fonti
avevano sviluppato dopo avere mangiato fegato di orso polare. Te- alla a1-globulina plasmatica (proteina legante D o DBP) e tra-
nendo presente questo racconto ammonitorio, il mangiatore avven- sporto al fegato.
turoso dovrebbe sapere che la tossicità acuta da vitamina A è stata 3. Conversione della vitamina D a 25-idrossicolecalciferolo
descritta anche in individui che avevano ingerito il fegato di balene, (25-OH-D) nel fegato, attraverso gli effetti delle 25-idrossilasi
squali e persino tonni! I sintomi della tossicità acuta da vitamina A (25-idrossilasi che includono CYP27A1 e altri CYP).
includono cefalea, vertigine, vomito, stupor e visione offuscata, 4. Conversione nel rene del 25-OH-D in 1,25-diidrossivitamina D,
sintomi che possono essere confusi con quelli di una neoplasia en- [1a,25(OH)2D3], la forma più attiva di vitamina D, attraverso
cefalica (pseudotumor cerebri). La tossicità cronica è associata con l’attività dell’1a-idrossilasi.
perdita di peso, anoressia, nausea, vomito e dolore articolare. L’acido
retinoico stimola la produzione e l’attività degli osteoclasti, il che La produzione di 1,25-diidrossivitamina D nel rene è regolata da
porta a un aumentato riassorbimento osseo e ad alto rischio di tre meccanismi principali (si veda Fig. 9.27): (a) l’ipocalcemia stimola
fratture. Sebbene i retinoidi sintetici utilizzati per il trattamento la secrezione di ormone paratiroideo (PTH), che a sua volta aumenta
dell’acne non siano associati a questo tipo di condizioni, il loro uso la conversione del 25-OH-D a 1,25-diidrossivitamina D attivando la
durante la gravidanza deve essere evitato a causa dei ben noti effetti 1a-idrossilasi; (b) l’ipofosfatemia attiva direttamente la 1a-idrossilasi,
teratogeni dei retinoidi. aumentando la produzione di 1,25-diidrossivitamina D; (c) tramite
un meccanismo a feedback, livelli aumentati di 1,25-diidrossivitamina
D diminuiscono la sintesi tramite inibizione dell’attività della
Vitamina D
1a-idrossilasi.
La funzione più importante della liposolubile vitamina D è il man- Meccanismi di azione. Sarebbe meglio considerare la 1,25-dii-
tenimento di livelli plasmatici adeguati di calcio e fosforo per drossivitamina D, la forma biologicamente attiva della vitamina D,
­sostenere le funzioni metaboliche, la mineralizzazione ossea e la come un ormone steroideo. Si lega al recettore ad alta affinità per la
trasmissione neuromuscolare.53 La vitamina D è necessaria per la vitamina D (VDR), che si associa con il già menzionato RXR. Questo
prevenzione di patologie ossee note come rachitismo (nei bambini complesso eterodimerico si lega agli elementi di risposta alla vita-
le cui epifisi non si sono ancora chiuse), osteomalacia (negli adulti) mina D siti nel promotore del gene target della vitamina D. I recet-
e tetano ipocalcemico. Quest’ultima condizione è uno stato convul- tori per la 1,25-diidrossivitamina D sono presenti nella maggior
sivo causato da una concentrazione extracellulare insufficiente di parte delle cellule dell’organismo e trasducono segnali che regolano
calcio ionizzato, necessario per la normale eccitazione neurale e per i livelli plasmatici di calcio e fosforo, tramite l’azione sull’intestino
il rilassamento dei muscoli. Il rachitismo era quasi endemico nelle tenue, sulle ossa e sui reni. Al di là del suo ruolo nell’omeostasi
426 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Figura 9.27 Metabolismo della vitamina D. La vitamina D viene prodotta a partire dal 7-deidrocolesterolo nella cute o viene introdotta con la dieta.
Viene convertita nel fegato a 25(OH)D e nel fegato a 1,25(OH)2D (1,25-diidrossivitamina D), la forma attiva della vitamina. La 1,25(OH)2D negli osteoblasti
stimola l’espressione di RANKL, un importante regolatore della maturazione e della funzione degli osteoclasti, e nell’intestino aumenta l’assorbimento di
calcio e fosforo. Si veda il testo per ulteriori dettagli. DBP, vitamin D-binding protein (proteina legante la vitamina D o a1-globulina).

scheletrica, la vitamina D ha anche effetti immunomodulatori e Stimolazione dell’assorbimento di calcio intestinale. La 1,25-dii-
antiproliferativi. Più di recente è stato proposto che la 1,25-diidros- drossivitamina D stimola l’assorbimento intestinale di calcio nel
sivitamina D possa anche agire tramite meccanismi non genomici, duodeno tramite l’interazione della 1,25-diidrossivitamina D con
che non richiedono la trascrizione di geni bersaglio. I meccanismi il recettore nucleare per la vitamina D e la formazione di un com-
non genomici potrebbero coinvolgere il legame della 1,25-diidros- plesso con l’RXR. Il complesso si lega agli elementi di risposta alla
sivitamina D a recettori di membrana per la vitamina D, che portano vitamina D e attiva la trascrizione di TRPV6 (un membro della
all’attivazione della protein-chinasi C e all’apertura dei canali del famiglia dei recettori vanilloidi), che codifica per un canale critico
calcio.55 per il trasporto del calcio.
Effetti della vitamina D sull’omeostasi di calcio e fosforo. Le Stimolazione del riassorbimento di calcio nel rene. La 1,25-diidros-
funzioni principali della 1,25-diidrossivitamina D su calcio e fosforo sivitamina D aumenta il flusso del calcio verso l’interno nei tubuli
sono le seguenti: distali del rene tramite l’aumentata espressione di TRPV5, un
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 427

Figura 9.28 Rachitismo. A. Giunzione costocondrale normale in un bambino piccolo, che illustra la formazione di palizzate di cartilagine e l’ordinata
transizione da cartilagine a nuovo osso. B. Dettagli di una giunzione costocondrale rachitica in cui viene persa la palizzata di cartilagine. Le trabecole più
scure sono osso ben formato, le trabecole più chiare consistono di osteoide non calcificata. C. Rachitismo, si noti l’inarcamento delle gambe dovuto alla
formazione di ossa scarsamente mineralizzate. (B. Per gentile concessione del Dr. Andrew E. Rosenberg, Massachusetts General Hospital, Boston,
MA)

altro membro della famiglia dei recettori vanilloidi. L’espressione Quando nel deficit di vitamina D si verifica ipocalcemia (Fig. 9.29),
di TRPV5 è regolata dal PTH in risposta all’ipocalcemia.56 la produzione di PTH aumenta, determinando (1) attivazione della
Interazione con l’ormone paratiroideo (PTH) nella regolazione 1a-idrossilasi renale, aumentando la quantità di vitamina D attiva e
della calcemia. La vitamina D mantiene il calcio e il fosforo a l’assorbimento di calcio; (2) aumentato riassorbimento di calcio
livelli di sovrasaturazione nel plasma. Le ghiandole paratiroidi
hanno un ruolo chiave nella regolazione delle concentrazioni
del calcio extracellulare. Queste ghiandole hanno un recettore
per il calcio che percepisce persino piccole modificazioni nelle
concentrazioni ematiche del calcio.57 In aggiunta ai loro effetti
già descritti sull’assorbimento di calcio nell’intestino e nei reni,
sia la 1,25-diidrossivitamina D sia l’ormone paratiroideo aumen­
tano l’espressione di RANKL (Receptor Activator of NF-kB
­L igand, ligando dell’attivatore del recettore di NF-kB) sugli
osteoblasti. RANKL si lega al suo recettore (RANK) sito sui
preosteoclasti, inducendo il differenziamento di queste cellule
in osteoclasti maturi (Cap. 26). Attraverso la secrezione di acido
cloridrico e l’attivazione di proteasi come la catepsina K, gli
osteoclasti sciolgono l’osso e rilasciano calcio e fosforo nella
circolazione.
Mineralizzazione dell’osso. La vitamina D contribuisce alla mine-
ralizzazione della matrice osteoide e della cartilagine epifisaria
nella formazione sia delle ossa piatte sia delle ossa lunghe dello
scheletro. Stimola gli osteoblasti a sintetizzare l’osteocalcina, una
proteina legante il calcio, coinvolta nella deposizione del calcio
durante lo sviluppo osseo. Le ossa piatte si sviluppano tramite
ossificazione intramembranosa, in cui le cellule mesenchimali si Figura 9.29 Deficit di vitamina D. Vi è insufficiente substrato per la
differenziano direttamente in osteoblasti, e sintetizzano la matrice 1a-idrossilasi renale (1), che porta a un deficit di 1,25(OH)2D (2), e a un
osteoide collagenosa su cui viene deposto il calcio. Le ossa lunghe deficitario assorbimento di calcio e fosforo dall’intestino (3), per entrambi
si sviluppano per ossificazione endocondrale, nella quale la car- si riducono i livelli sierici (4). L’ipocalcemia attiva le ghiandole paratiroidi
tilagine in crescita sui piatti epifisari viene provvisoriamente (5), determinando la mobilizzazione di calcio e fosforo dall’osso (6a). Si-
multaneamente, l’ormone paratiroideo (PTH) provoca perdita di fosfato
mineralizzata e quindi progressivamente riassorbita e sostituita nell’urina (6b) e ritenzione di calcio. Di conseguenza, i livelli sierici di calcio
da matrice osteoide che viene mineralizzata per creare l’osso sono normali o pressoché normali, ma i livelli di fosfato sono bassi; quindi,
(Fig. 9.28 A). la mineralizzazione è alterata (7).
428 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

dall’osso da parte degli osteoclasti; (3) diminuita escrezione renale di


calcio; e (4) aumentata escrezione renale di fosfato. Il fattore di crescita Il rachitismo è più comune durante il primo anno di vita. Le
fibroblastico 23, prodotto dall’osso, fa parte di un gruppo di agenti grossolane modificazioni scheletriche dipendono dalla gra-
noti come fosfatonine, che bloccano l’assorbimento del fosfato nell’in- vità e dalla durata del processo e, in particolare, dagli stress
testino e il riassorbimento di fosfato nel rene, determinando aumen- ai quali le singole ossa sono soggette. Durante la fase che
tata escrezione urinaria di fosfato. Sebbene possano essere ripristinati precede la deambulazione del bambino, le ossa del cranio e
i normali livelli sierici di calcio, l’ipofosfatemia periste, alterando del torace sono sottoposte alle maggiori sollecitazioni. Con
la mineralizzazione dell’osso. Un’aumentata produzione di la pressione, le molli ossa occipitali possono appiattirsi e le
fattore di crescita fibroblastico 23 può essere responsabile dell’osteo- ossa parietali si possono deformare; togliendo la pressione,
malacia indotta da neoplasia e di alcune forme di rachitismo la retrazione elastica riporta le ossa alla loro posizione origi-
ipofosfatemico.58 nale (craniotabe). Un eccesso di matrice osteoide produce
Stati deficitari. Il normale range di riferimento per il 25-(OH)-D bozze frontali e conferisce una forma squadrata alla testa.
circolante va da 20 a 100 ng/ml; concentrazioni inferiori a 20 ng/ml La deformazione del torace determinata dalla crescita ecces-
costituiscono il deficit di vitamina D. siva di cartilagine e tessuto osteoide a livello della giunzione
Il rachitismo nei bambini in fase di crescita (si veda Fig. 9.28 C) condrocostale produce il cosiddetto “rosario rachitico”. Le
e l’osteomalacia negli adulti sono patologie scheletriche con distri- deboli aree metafisarie delle coste sono soggette alla trazione
buzione globale. Possono risultare da deficit dietetici di calcio e dei muscoli respiratori e pertanto si curvano all’interno, cre-
vitamina D, ma una causa altrettanto importante di deficit di vita- ando una protrusione anteriore dello sterno (torace carena-
mina D è la limitata esposizione alla luce solare. Questo avviene più to). Quando un bambino che già cammina sviluppa rachiti-
spesso negli abitanti delle latitudini settentrionali, ma può essere un smo, le deformità colpiranno con tutta probabilità il rachide,
problema persino nei Paesi tropicali, nelle donne pesantemente la pelvi e la tibia, determinando lordosi lombare e inarca-
velate, e nei bambini nati da madri che hanno frequenti gravidanze mento delle gambe (si veda Fig. 9.28 C).
seguite da allattamento. In tutte queste situazioni, il deficit di vita- Negli adulti, la mancanza di vitamina D altera il normale ri-
mina D può essere prevenuto con una dieta ricca di oli di pesce. modellamento osseo che si verifica per tutta la vita. La ma-
Altre cause, meno comuni, di rachitismo e osteomalacia includono trice osteoide recentemente formata depositata dagli osteo-
le patologie renali che causano una ridotta sintesi di 1,25-diidrossi- blasti è mineralizzata in modo inadeguato, producendo
vitamina D, deplezione di fosfati, patologia da malassorbimento e quindi l’eccesso di matrice osteoide permanente caratteristi-
alcune rare patologie ereditarie.53 Sebbene il rachitismo e l’osteoma- co dell’osteomalacia. Sebbene i contorni non siano interes-
lacia si sviluppino raramente al di fuori dei gruppi ad alto rischio, sati, l’osso è debole e va facilmente incontro a macro- e
forme più lievi di deficit di vitamina D (chiamato anche insufficienza microfratture, che interessano più frequentemente i corpi
di vitamina D), che portano ad un aumento del rischio di perdita di vertebrali e il collo del femore.
tessuto osseo e di frattura dell’anca, sono piuttosto comuni negli All’esame istologico, l’osteoide non mineralizzata può essere
anziani negli Stati Uniti e in Europa.59 Alcune varianti geneticamente visualizzata come un foglietto ispessito di matrice (che si co-
determinate dei recettori della vitamina D sono associate ad un’ac- lora di rosa nei preparati all’ematossilina eosina) localizzato
celerazione della perdita di minerali ossei con l’invecchiamento e in intorno alle trabecole normalmente mineralizzate più
alcune forme familiari di osteoporosi (Cap. 26). basofile.

Morfologia L’alterazione fondamentale, sia nel rachitismo Effetti non scheletrici della vitamina D. Precedentemente
sia nell’osteomalacia, risiede in un eccesso di matrice non avevamo menzionato come il recettore per la vitamina D sia pre-
mineralizzata. Nel rachitismo si presentano in successione i sente in varie cellule e tessuti che non partecipano all’omeostasi di
seguenti eventi: calcio e fosforo. Macrofagi, cheratinociti e tessuti come mammella,
prostata e colon possono produrre 1,25-diidrossivitamina D.60
Crescita eccessiva della cartilagine epifisaria dovuta a All’interno dei macrofagi la sintesi di 1,25-diidrossivitamina D
inadeguata calcificazione provvisoria e incapacità delle avviene grazie all’attività del CYP27B sito nei mitocondri. È stato
cellule della cartilagine di maturare e degenerare. proposto che l’attivazione indotta da patogeni dei recettori Toll-
Persistenza di masse distorte e irregolari di cartilagine che simili nei macrofagi causi un aumento della trascrizione di ­recettore
si proiettano nella cavità midollare. per la vitamina D e CYP27B (Fig. 9.30). La risultante produzione
Deposizione di matrice osteoide sui resti di cartilagine di 1,25-diidrossivitamina D stimola quindi la sintesi di catelicidina,
non adeguatamente mineralizzata. un peptide antimicrobico della famiglia delle defensine, efficace
Compromissione dell’ordinata sostituzione della cartila- contro l’infezione da Mycobacterium tuberculosis. Sono stati ripor-
gine da parte della matrice osteoide, con ingrandimento tati altri effetti della vitamina D nel sistema immunitario innato e
ed espansione laterale della giunzione osteocondrale (si adattativo,61 ma i dati sono spesso contraddittori.
veda Fig. 9.28 B). La vitamina D regola l’espressione di oltre 200 geni, compresi
Anomala ed eccessiva proliferazione dei capillari e dei quelli che partecipano alla proliferazione e al differenziamento
fibroblasti nelle aree disorganizzate che derivano da mi- cellulare, all’apoptosi e all’angiogenesi. È stato riportato che livelli
crofratture e stress a carico dell’osso non adeguatamente di 1,25-diidrossivitamina D al di sotto di 20 ng/ml sono associati
mineralizzato, debole e formato malamente. a un aumento dal 30 al 50% nell’incidenza di cancro a colon, pro-
Deformazione dello scheletro dovuta alla perdita di rigi- stata e mammella.
dità strutturale dell’osso in via di sviluppo. Tossicità da vitamina D. L’esposizione prolungata alla normale
luce solare non produce un eccesso di vitamina D, ma megadosi di
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 429

Vitamina C (acido ascorbico)

Un deficit della idrosolubile vitamina C porta allo sviluppo dello


scorbuto, caratterizzato principalmente da patologia ossea nei bam-
bini nell’età della crescita e da emorragie e difetti della guarigione
sia nei bambini sia negli adulti. I marinai della Marina Reale Britan-
nica erano soprannominati “limeys,” poiché verso la fine del XVIII
secolo la Marina aveva iniziato a fornire succo di lime e di limone
(ricche fonti di vitamina C) ai marinai per prevenire lo scorbuto
durante i loro lunghi soggiorni in mare. Ma fu solo dal 1932 che
l’acido ascorbico fu identificato e sintetizzato. L’acido ascorbico non
è sintetizzato per via endogena negli esseri umani; quindi, dipen-
diamo interamente dalla dieta per questo nutriente. La vitamina C
è presente nel latte e in alcuni prodotti animali (fegato, pesce) ed è
abbondante in diversi tipi di frutta e verdura. Tutte le diete, tranne
le più povere, forniscono adeguate quantità di vitamina C.
Funzione. L’acido ascorbico agisce in vari processi biosintetici
accelerando le reazioni di idrossilazione e amidazione. La funzione più
conosciuta della vitamina C è l’attivazione degli enzimi prolil- e lisil-
idrossilasi dai precursori inattivi permettendo l’idrossilazione del procol-
lagene. Il procollagene non adeguatamente idrossilato non può ­assumere
una stabile configurazione a elica né formare adeguati legami crociati,
quindi viene scarsamente secreto dai fibroblasti. Quelle molecole che
sono secrete mancano della resistenza alla tensione meccanica e sono
Figura 9.30 Effetto antimicrobico della vitamina D. I patogeni e il lipopo-
lisaccaride (LPS) stimolano i recettori Toll-simili (TLR) nei macrofagi, deter-
più solubili e più sensibili alla degradazione enzimatica. Il collagene, il
minando la trascrizione del recettore per la vitamina D (VDR) e un aumento polipeptide con il più alto contenuto in idrossiprolina, è il più colpito,
nell’attività del CYP27B nei mitocondri. Questo determina la produzione di in particolare quello della parete dei vasi sanguigni, e ciò spiega la
1,25(OH)2D (1,25-diidrossivitamina D), che stimola la sintesi di catelicidina, predisposizione alle emorragie tipica dello scorbuto. In aggiunta, un
un peptide antimicrobico particolarmente attivo contro Mycobacterium deficit di vitamina C sopprime il tasso di sintesi del procollagene, indi-
tuberculosis.
pendentemente dall’effetto sull’idrossilazione della prolina.
Mentre il ruolo della vitamina C nella sintesi del collagene è noto
da molti decenni, è solo in anni relativamente recenti che sono state
vitamina somministrate oralmente possono portare all’ipervitaminosi. riconosciute le sue proprietà antiossidanti. La vitamina C può fungere
Nei bambini l’ipervitaminosi D può prendere la forma di calcifica- direttamente da spazzino nei confronti dei radicali liberi e può agire
zioni metastatiche nei tessuti molli come il rene; negli adulti causa indirettamente rigenerando la forma antiossidante della vitamina E.
dolore osseo e ipercalcemia. En passant, potremmo ricordare che il Stati deficitari. Le conseguenze del deficit di vitamina C (scorbuto)
potenziale tossico di questa vitamina è tanto elevato che in dosi sono illustrate nella Figura 9.31. Fortunatamente, a causa dell’abbon-
abbastanza alte è un potente veleno per i roditori. danza dell’acido ascorbico in molti cibi, lo scorbuto ha cessato di essere

Figura 9.31 Conseguenze principali del deficit di vitamina C, determinate dall‘alterata formazione di collagene.
430 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

un problema generalizzato. Lo si incontra talvolta anche nelle popo- q­ uantomeno alleviano i sintomi, non è stata dimostrata da studi
lazioni abbienti come deficit secondario, in particolare tra gli individui clinici controllati. Può essere avvertito un leggero sollievo probabil-
più anziani, nelle persone che vivono da sole e negli alcolisti cronici, mente a causa della blanda azione antistaminica dell’acido ascorbico.
gruppi di persone che spesso hanno abitudini alimentari irregolari e Similmente, non è dimostrato che grandi dosi di vitamina C proteg-
inadeguate. Lo scorbuto compare occasionalmente in pazienti sotto- gano dallo sviluppo del cancro. La disponibilità fisiologica di
posti a dialisi peritoneale ed emodialisi e fra coloro che rifiutano alcuni ­vitamina C è limitata. Non è stabile, è scarsamente assorbita nell’in-
tipi di alimenti. Purtroppo, queste condizioni talvolta si osservano nei testino e rapidamente escreta nelle urine.
neonati mantenuti con diete a base di latte artificiale non integrato. Altre vitamine e oligoelementi sono elencati e brevemente de-
Tossicità da vitamina C. La nozione popolare secondo cui me- scritti nelle Tabelle 9.9 e 9.10. Alcune vitamine vengono discusse in
gadosi di vitamina C proteggono dal raffreddore comune, o altri capitoli, come indicato nelle Tabelle.

Tabella 9.9 Vitamine: principali funzioni e sindromi da carenza


Vitamina Funzioni Sindromi da carenza

liposolubili

Vitamina A Uno dei componenti del pigmento visivo Cecità notturna, xeroftalmia, cecità
Mantenimento degli epiteli specializzati Metaplasia squamosa
Resistenza alle infezioni Vulnerabilità alle infezioni, in particolare
al morbillo

Vitamina D Facilita l’assorbimento intestinale di calcio Rachitismo nei bambini


e fosforo e la mineralizzazione dell’osso Osteomalacia negli adulti

Vitamina E Antiossidante maggiore; neutralizza i radicali Degenerazione spinocerebellare


liberi

Vitamina K Cofattore nella carbossilazione epatica dei Diatesi emorragica (Cap. 14)
fattori della coagulazione II (protrombina),
VII, IX e X; e delle proteine C e S

idrosolubili

Vitamina B1 (tiamina) Come tiamina-pirofosfato funge Beriberi secco ed edematoso, sindrome


da coenzima nelle reazioni di Wernicke, sindrome di Korsakoff
di decarbossilazione (Cap. 28)

Vitamina B2 (riboflavina) Convertita nei coenzimi flavina- Ariboflavinosi, cheilosi, stomatite, glossite,
mononucleotide e flavina-adenin- dermatite, vascolarizzazione corneale
dinucleotide, cofattori per molti enzimi
del metabolismo intermedio

Niacina Parte del nicotinamide adenin-dinucleotide Pellagra—“tre D”: demenza, dermatite,


(NAD) e NAD fosfato, coinvolti in diverse diarrea
reazioni di ossidoriduzione

Vitamina B6 (piridossina) I derivati fungono da coenzimi in molte Cheilosi, glossite, dermatite, neuropatia
reazioni intermedie periferica (Cap. 28)

Vitamina B12 Necessaria per un normale metabolismo Anemia perniciosa megaloblastica


dei folati e per la sintesi di DNA e degenerazione dei tratti posterolaterali
del midollo spinale (Cap. 14)
Mantenimento della mielinizzazione
del midollo spinale
Vitamina C Importante per molte reazioni Scorbuto
di ossidoriduzione e di idrossilazione
del collagene

Folati Essenziali per il trasferimento e l’uso Anemia megaloblastica, difetti del tubo
delle unità monocarboniose nella sintesi neurale (Cap. 14)
del DNA

Acido pantotenico Parte del coenzima A Nessuna sindrome nota a eccezione


di quelle sperimentali

Biotina Cofattore nelle reazioni di carbossilazione Nessuna sindrome clinica chiaramente


definita
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 431

Tabella 9.10 Oligoelementi selezionati e sindromi da deficit


Elemento Funzione Base del deficit Caratteristiche cliniche

Zinco Componente di enzimi, Supplementazione non adeguata Rash intorno a occhi, bocca,
soprattutto ossidasi in diete artificiali naso e ano detto
Interferenza con l’assorbimento acrodermatite enteropatica
da parte di altri costituenti Anoressia e diarrea
della dieta Ritardo di crescita nei bambini
Errore innato del metabolismo Funzione mentale depressa
Guarigione delle ferite e risposta
immunitaria depressa
Visione notturna alterata
Infertilità

Ferro Componente essenziale Dieta non adeguata Anemia microcitica ipocromica


dell’emoglobina e in diversi Perdita cronica di sangue (Cap. 14)
metallo-enzimi contenenti
ferro

Iodio Componente dell’ormone Inadeguato apporto in cibo Gozzo e ipotiroidismo


tiroideo e acqua (Cap. 24)

Rame Componente della citocromo-c- Supplementazione non adeguata Debolezza muscolare


ossidasi, della dopamina in diete artificiali Difetti neurologici
b-idrossilasi, della tirosinasi, Interferenza con l’assorbimento Anomala formazione del reticolo
della lisil ossidasi e di enzimi del collagene
sconosciuti coinvolti nella
formazione del reticolo del
collagene

Fluoro Meccanismo sconosciuto Inadeguato apporto in suolo Carie dentaria (Cap. 16)
e acqua
Supplementazione non
adeguata

Selenio Componente della glutatione- Quantità non adeguate in suolo Miopatia


perossidasi e acqua Cardiomiopatia
Antiossidante con la vitamina E (morbo di Keshan)

Obesità
o viscerale, in cui il grasso si accumula sul tronco e nella cavità ad-
L’adiposità in eccesso (nota come obesità) e il peso corporeo in eccesso dominale (nel mesentere e intorno ai visceri), è associata a un rischio
sono associati a una maggiore incidenza di alcune delle più impor- molto più elevato per alcune malattie rispetto all’eccessivo accumulo
tanti patologie umane, compreso il diabete di tipo 2, le dislipidemie, di grasso che si distribuisce diffusamente nel tessuto sottocutaneo.
la patologia cardiovascolare, l’ipertensione e il cancro. L’obesità viene L’obesità è un grave problema di sanità pubblica che, fino a una
definita come un accumulo di tessuto adiposo di entità sufficiente a dozzina di anni fa, era confinato alle nazioni sviluppate. Da allora,
compromettere lo stato di salute. Così come per la perdita di peso, è divenuto un problema sanitario importante anche nelle nazioni in
il peso eccessivo viene meglio valutato con l’indice di massa corporea via di sviluppo, e in alcune nazioni, nella stessa famiglia, obesità e
o BMI. Per ragioni pratiche il peso corporeo, che solitamente correla malnutrizione coesistono. Negli Stati Uniti l’obesità ha raggiunto
correttamente con il BMI, viene spesso usato come surrogato della proporzioni epidemiche. La prevalenza dell’obesità è aumentata dal
misurazione del BMI. Il BMI normale varia da 18,5 a 25 kg/m2, 13 al 32% tra il 1960 e il 2004; attualmente il 66% degli adulti negli
sebbene il range possa essere differente in nazioni diverse. Gli individui Stati Uniti è sovrappeso od obeso e il 16% dei bambini è sovrappeso.
con un BMI superiore a 30 kg/m2 vengono classificati come obesi; quelli Se la tendenza corrente continuerà, ci si attende che entro il 2015 il
con un BMI compreso tra 25 kg/m2 e 30 kg/m2 sono considerati sovrap- 41% degli adulti sarà obeso.62 L’aumento dell’obesità negli Stati Uniti
peso. Per ragioni di semplicità, se non diversamente specificato, il è stato associato al più elevato contenuto calorico nella dieta, perlo-
termine obesità verrà utilizzato sia per i veri obesi sia per i soggetti più causato dall’aumento del consumo di zuccheri raffinati, bevande
sovrappeso. zuccherate e oli vegetali.
L’accumulo di grasso corporeo può essere misurato anche tramite La definizione più semplice di obesità è: una patologia dovuta a uno
lo spessore della plica cutanea del tricipite, la circonferenza della squilibrio calorico derivante da un’assunzione di calorie superiore al
parte centrale del braccio e il rapporto tra circonferenza di vita e loro consumo da parte dell’organismo. Tuttavia la patogenesi dell’obe-
bacino. Non solo il peso totale corporeo, ma anche la distribuzione sità è estremamente complessa e non è stata ancora completamente
del grasso immagazzinato è importante nell’obesità. L’obesità centrale compresa. Ricerche attualmente in corso hanno identificato
432 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

complessi meccanismi umorali e neuronali che controllano l’appetito e il dispendio energetico. Il sistema ipotalamico comunica anche
e la sazietà. Questi meccanismi neuroumorali rispondono a segnali con i centri del proencefalo e del mesencefalo che controllano il
genetici, nutrizionali, ambientali e psicologici e scatenano una ri- sistema nervoso autonomo.63
sposta metabolica attraverso la stimolazione dei centri siti nell’ipo-
talamo. Ci sono pochi dubbi che le influenze genetiche giochino un I neuroni POMC/CART aumentano il dispendio di energia e la
ruolo importante nel controllo del peso, ma l’obesità è una patologia perdita di peso attraverso la produzione dell’ormone stimolante gli
che dipende dall’interazione tra più fattori. Dopo tutto, indipenden- a-melanociti (a-MSH), anoressizzante, e l’attivazione dei recettori
temente dalla composizione genetica, l’obesità non comparirebbe per la melanocortina 3 e 4 (MC3/4R) nei neuroni di secondo ordine.
senza assunzione di cibo! I neuroni NPY/AgRP promuovono l’assunzione di cibo (effetto
In modo semplificato i meccanismi neuro-umorali che regolano oressizzante) e l’aumento di peso, attraverso l’attivazione dei recettori
il bilancio energetico possono essere suddivisi in tre componenti Y1/5 nei neuroni secondari.
(illustrate nelle Figg. 9.29 e 9.30): Discuteremo ora tre importanti componenti del sistema afferente
che regola l’appetito e la sazietà: leptina, adiponectina e ormoni del
Il sistema periferico o afferente genera segnali da vari siti. Le sue lume intestinale.
componenti principali sono la leptina e l’adiponectina prodotte dalle Leptina. Il nome leptina deriva dal termine greco leptos, che si-
cellule adipose, la grelina, prodotta dallo stomaco, il peptide YY gnifica “magro.” La leptina, un ormone di 16 kD sintetizzato dalle cellule
(PYY), prodotto da ileo e colon e l’insulina, prodotta dal pancreas. adipose, è il prodotto del gene ob. Il recettore per la leptina (OB-R) è
Il nucleo arcuato dell’ipotalamo processa e integra i segnali neuro- il prodotto del gene diabete (db) e appartiene alla superfamiglia dei
umorali periferici e genera segnali efferenti. Contiene due serie recettori per le citochine di tipo I che include i recettori per gp130,
di neuroni di primo ordine: (1) neuroni POMC (propiomelano- fattore stimolante le colonie di granulociti (G-CSF), IL-2 e IL-6. I topi
cortina) e CART (trascritti regolati da cocaina e amfetamine) che sono geneticamente privi di leptina (topo ob/ob) o di recettori per
e (2) neuroni contenenti NPY (neuropeptide Y) e AgRP (peptide la leptina (topo db/db) non riescono a percepire l’adeguatezza delle
correlato alla proteina agouti). Questi neuroni di primo ordine riserve di grasso, mangiano eccessivamente e guadagnano peso, com-
comunicano con neuroni di secondo ordine. portandosi come se fossero sottonutriti. Quindi, l’obesità di questi
Sistemi efferenti che portano i segnali generati nei neuroni di animali è una conseguenza della mancanza dei segnali di quantità
secondo ordine dell’ipotalamo per controllare l’assunzione di cibo adeguata di energia normalmente garantiti dalla leptina.63

Figura 9.32 Regolazione del bilancio energetico. I tessuti adiposi generano segnali afferenti che influenzano l’attività dell’ipotalamo, il regolatore centrale
dell’appetito e della sazietà. Questi segnali diminuiscono l’assunzione di cibo inibendo i circuiti anabolici, e aumentano il dispendio energetico tramite
l’attivazione dei circuiti catabolici. PYY, peptide YY. Si veda testo per i dettagli.
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 433

Per quanto in senso generale i livelli di leptina siano regolati nitourinari e ritardo mentale in aggiunta all’obesità (Cap. 10). Seb-
dall’adeguatezza delle riserve adipose, il meccanismo preciso che bene i difetti nella leptina e nel MC4R finora scoperti siano poco
regola la liberazione di leptina dal tessuto adiposo non è stato com- comuni, tuttavia dimostrano l’importanza di questi sistemi nel
pletamente definito, ma è stato stabilito che la secrezione di leptina controllo del bilancio energetico e del peso corporeo. Forse altri
è stimolata quando le riserve di grasso sono abbondanti. Si è convinti difetti in queste vie potrebbero avere un ruolo in forme più comuni
che il metabolismo del glucosio stimolato dall’insulina sia un fattore di obesità. Ad esempio, è stato proposto che, negli esseri umani,
importante nella regolazione dei livelli di leptina. I livelli di leptina possa essere più frequente la resistenza alla leptina, piuttosto che un
sono regolati da più meccanismi post-trascrizionali che interessano deficit di leptina.
la sua sintesi, secrezione e turnover. Nell’ipotalamo, la leptina stimola La leptina regola non solo l’assunzione di cibo, ma anche il con-
i neuroni POMC/CART che producono peptidi anoressizzanti (prin- sumo energetico, attraverso diverse vie indipendenti. Quindi, un’ab-
cipalmente ormone stimolante i melanociti) e inibisce i neuroni NPY/ bondanza di leptina stimola l’attività fisica, la produzione di calore
AgRP che producono neuropeptidi che inducono l’assunzione di nu- e il consumo di energia. I mediatori neuroumorali del consumo
trimenti (oressizzanti) (Figg. 9.32 e 9.33). Negli individui con peso energetico indotto dalla leptina sono definiti con minore precisione.
stabile, le attività delle due vie opposte POMC/CART e NPY/AgRP La termogenesi, un importante effetto catabolico mediato dalla lep-
sono adeguatamente bilanciate. Tuttavia, quando vi sono inadeguati tina, è controllata in parte dai segnali ipotalamici che aumentano il
accumuli di grasso corporeo, la secrezione di leptina diminuisce e rilascio di noradrenalina dalle terminazioni nervose simpatiche nel
l’apporto di cibo aumenta. tessuto adiposo. In aggiunta a questi effetti, la leptina può fungere
Gli individui con mutazioni che determinano perdita di funzione da citochina proinfiammatoria e partecipare alla regolazione
nel sistema della leptina sviluppano obesità grave a comparsa pre- dell’emopoiesi e della linfopoiesi.65 Il recettore OB-R ha un struttura
coce, ma si tratta di una condizione rara. Le mutazioni del recettore molto simile al recettore per l’IL-6 e attiva la via JAK/STAT.
4 per la melanocortina (MC4R) e delle vie che da esso si dipartono Adiponectina. L’adiponectina iniettata nei topi stimola l’ossida-
sono più frequenti, e sono responsabili di almeno il 5% delle obesità zione degli acidi grassi nel muscolo, determinando una diminuzione
gravi. In questi individui, il senso di sazietà (segnale anoressizzante) della massa grassa. Questo ormone viene prodotto perlopiù dagli
non viene generato e quindi si comportano come se fossero sotto- adipociti. I suoi livelli nel sangue sono molto alti, circa 1.000 volte
nutriti. È stato riportato di recente64 che la aploinsufficienza del più alti di quelli di altri ormoni polipeptidici, e sono più bassi negli
fattore neurotrofico di derivazione encefalica (BDNF), un’impor- obesi che negli individui snelli.66 L’adiponectina, che è stata definita
tante componente del segnale a cascata di MC4R nell’ipotalamo, è una “molecola brucia grassi” e “l’angelo custode contro l’obesità,”
associato a obesità nei pazienti con sindrome WAGR (una condi- indirizza gli acidi grassi verso il muscolo per la loro ossidazione.
zione molto rara che include tumore di Wilms, aniridia, difetti ge- Riduce l’apporto degli acidi grassi al fegato e il contenuto epatico

Figura 9.33 Circuiti neuroumorali dell’ipotalamo che regolano il bilancio energetico. Sono mostrati i neuroni anoressizzanti POMC/CART e neuroni
oressizzanti NPY/AgRP nel nucleo arcuato dell’ipotalamo e le loro vie. Si veda il testo per i dettagli.
434 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

totale di trigliceridi, e diminuisce anche la produzione di glucosio nel dopo gli interventi chirurgici di bypass gastrico. Di contro, i livelli
fegato, determinando un aumento nella sensibilità all’insulina e una di PYY in genere diminuiscono negli individui con sindrome di
protezione contro la sindrome metabolica (descritta in seguito).67 Prader-Willi (causata dalla perdita dei geni imprinted sui cromosomi
L’adiponectina circola come complesso formato da tre, sei o anche 15q11-q13),71 e può contribuire, in questi individui, allo sviluppo di
più catene monomeriche, e si lega a due recettori, AdipoR1 e Adi- iperfagia e obesità. Queste osservazioni hanno portato agli attuali
poR2. Questi recettori si ritrovano in molti tessuti, incluso l’encefalo, esperimenti per la produzione di PYY per il trattamento dell’obesità.
ma l’AdipoR1 e l’AdipoR2 sono espressi maggiormente nel muscolo L’amilina, un peptide secreto insieme all’insulina dalle cellule
scheletrico e nel fegato, rispettivamente. Il legame dell’adiponectina b-pancreatiche che riduce l’apporto di cibo e l’aumento di peso, è
ai suoi recettori scatena segnali che attivano la protein-chinasi atti- attualmente in corso di valutazione per il trattamento di obesità e
vata dall’adenosina monofosfato ciclica, che a sua volta fosforila e diabete. Sia il PYY sia l’amilina agiscono a livello centrale stimolando
inattiva l’acetil coenzima A carbossilasi, un enzima chiave necessario i neuroni POMC/CART nell’ipotalamo e determinando una dimi-
alla sintesi degli acidi grassi. nuzione dell’assunzione di cibo.
Tessuto adiposo. In aggiunta alla leptina e all’adiponectina, il
tessuto adiposo produce citochine come TNF, IL-6, IL-1 e IL-18, che- Conseguenze generali dell’obesità
mochine e ormoni steroidei. L’aumentata produzione di citochine e
chemochine da parte del tessuto adiposo nei pazienti obesi crea uno L’obesità, in particolare l’obesità centrale, aumenta il rischio di una
stato infiammatorio cronico subclinico (asintomatico) caratterizzato serie di condizioni, compreso il diabete di tipo 2 e la patologia cardio-
da alti livelli di proteina C reattiva circolante. Attraverso le sue mol- vascolare (Fig. 9.34). L’obesità è il motore principale di un gruppo
teplici attività, il tessuto adiposo partecipa al controllo del bilancio di alterazioni note come sindrome metabolica, caratterizzata da
e del metabolismo energetico, agendo come connessione tra meta- adiposità viscerale o intra-addominale, insulino-resistenza, iperin-
bolismo lipidico, nutrizione e risposte infiammatorie. Quindi, sulinemia, intolleranza al glucosio, ipertensione, ipertrigliceridemia
­l’adipocita che era relegato ad un ruolo nascosto e passivo come la e basso colesterolo HDL (Cap. 11).
“Cenerentola delle cellule del metabolismo”, è ora “la Bella del ballo”
in prima fila nella ricerca sul metabolismo.68 L’obesità è associata a insulino-resistenza e iperinsulinemia,
Il numero totale di adipociti viene determinato durante l’in- importanti caratteristiche del diabete di tipo 2, e il calo ponde-
fanzia e l’adolescenza, ed è più elevato negli obesi che negli indi- rale è associato a miglioramenti (Cap. 24). Si è ipotizzato che
vidui snelli.69 Negli adulti il numero di adipociti resta costante, l’eccesso di insulina, a sua volta, possa essere una delle cause di
anche dopo perdite o aumenti di peso, ma vi è un continuo tur- ritenzione di sodio, espansione della volemia, eccessiva produ-
nover della popolazione cellulare. Si stima che circa il 10% degli zione di noradrenalina e proliferazione della muscolatura liscia,
adipociti vengano rinnovati ogni anno, indipendentemente dal tutti segni tipici di ipertensione. Indipendentemente dalla na-
livello di massa corporea dell’individuo. Quindi, nonostante la tura dei meccanismi patogenetici, il rischio di sviluppare iper-
massa grassa in un individuo adulto possa aumentare tramite tensione negli individui precedentemente normotesi aumenta
l’espansione degli adipociti esistenti, il numero di queste cellule è proporzionalmente col peso.
strettamente controllato e predeterminato nell’infanzia e nell’ado- Gli individui obesi solitamente hanno ipertrigliceridemia e
lescenza. Negli individui che perdono peso dopo regimi di dieta, basso colesterolo HDL, e questi fattori possono aumentare il
le ben note difficoltà nel mantenere le perdite di peso sono, in rischio di coronaropatia nei pazienti estremamente obesi. Si
parte, una conseguenza della mancata diminuzione del numero deve notare che l’associazione tra obesità e patologia cardiaca
degli adipociti e dell’aumentato appetito causato dal deficit di non è lineare, e che il collegamento che potrebbe esistere correla
leptina. maggiormente con il diabete e l’ipertensione associati che con
Ormoni del lume intestinale. I peptidi del lume intestinale il peso.
agiscono come induttori e bloccanti a breve termine del pasto. In- L’obesità è associata a steatosi epatica non alcolica (Cap. 18).
cludono fra gli altri grelina, PYY, polipeptide pancreatico, insulina Questa condizione compare più spesso nei pazienti diabetici e
e amilina.70 La grelina viene prodotta nello stomaco e nel nucleo può progredire a fibrosi e cirrosi. La colelitiasi (calcolosi biliare)
arcuato dell’ipotalamo. È l’unico ormone del lume intestinale noto è sei volte più frequente negli obesi che nei soggetti magri. Au-
che aumenta l’assunzione di cibo (effetto oressizzante). La sua inie- mento del colesterolo corporeo totale, del turnover del colesterolo
zione nei roditori stimola una vorace assunzione di cibo, anche dopo e dell’escrezione biliare di colesterolo concorrono tutti nel pre-
somministrazioni ripetute. Le iniezioni a lungo termine causano disporre alla formazione di calcoli biliari ricchi in colesterolo
aumento di peso, facendo salire l’apporto calorico e riducendo l’uti­ (Cap. 18).
lizzazione dell’energia. La grelina agisce legando il recettore secre- L’obesità è associata a ipoventilazione e ipersonnolenza. La sin-
tagogo dell’ormone della crescita, che è abbondante nell’ipotalamo drome da ipoventilazione comprende una serie di anomalie re-
e nella ghiandola pituitaria. Sebbene i precisi meccanismi di azione spiratorie tipiche dei grandi obesi. È stata chiamata sindrome di
della grelina non siano stati identificati, sembra probabile che stimoli Pickwick, dal nome del grasso personaggio che è sempre addor-
i neuroni NPY/AgRP ad aumentare l’assunzione di cibo. I livelli di mentato nel romanzo di Charles Dickens, Il Circolo Pickwick.
grelina aumentano prima dei pasti e crollano tra 1 e 2 ore dopo avere Caratteristica è l’aumentata sonnolenza, sia di notte sia di giorno,
mangiato. Tuttavia, negli individui obesi la soppressione postpran- spesso associata a pause in apnea durante il sonno, policitemia e
diale di grelina è attenuata, portando a un mantenimento possibile insufficienza cardiaca destra.
dell’obesità. La marcata obesità predispone allo sviluppo di artropatia dege-
Il PYY viene secreto da cellule endocrine nell’ileo e nel colon. I nerativa (osteoartrite). Questa forma di artrite, che compare ti-
livelli plasmatici di PYY sono bassi a digiuno e aumentano poco picamente nei soggetti anziani, è attribuita in larga parte agli
dopo l’assunzione di cibo. La somministrazione endovenosa di PYY effetti cumulativi di un aumento di carico sulle articolazioni che
riduce l’apporto energetico e i suoi livelli solitamente aumentano sorreggono il peso.
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 435

Figura 9.34 Obesità, sindrome metabolica e cancro. L’obesità e il peso eccessivo sono precursori della sindrome metabolica, associata a insulino-
resistenza, diabete di tipo 2 e alterazioni ormonali. L’aumento dell’insulina e dell’ IGF-1 (fattore di crescita simil-insulina 1) stimolano la proliferazione cellulare
e inibiscono l’apoptosi e possono contribuire allo sviluppo tumorale. IGF, fattore di crescita simil-insulina; IGFBP, proteina legante IGF; SHBG, globulina legante
gli ormoni sessuali. (Modificato da Renehan AG et al.: Obesity and cancer risk: the role of the insulin-I6F axis. Trends Endocrinol Metab 17:328, 2006)

Obesità e cancro In aggiunta agli effetti di insulina e IGF-1 sulle vie di crescita cellu-
lare, l’obesità e l’iperinsulinemia hanno un effetto sugli ormoni ­steroidei
Circa il 4% dei cancri negli uomini e il 7% nelle donne è associato che regolano la crescita cellulare e il differenziamento in mammella,
all’obesità.72 I dati sulle relazioni tra obesità e cancro sono stati ot- utero e altri tessuti: (1) l’obesità aumenta la sintesi di estrogeni dai
tenuti dal Million Women Study che ha esaminato la relazione tra precursori androgeni attraverso un effetto sulle aromatasi del tessuto
BMI e cancro in donne di età compresa tra i 50 e i 64 anni nel Regno adiposo; (2) l’insulina aumenta la sintesi di ­androgeni nelle ovaie e
Unito, e da un’analisi sistematica delle serie di dati pubblicati coin- nelle ghiandole surrenali e aumenta la disponibilità di estrogeni negli
volgenti più di 280.000 casi di cancro in uomini e donne.73,74 individui obesi inibendo la produzione, nel fegato, di globulina le-
gante gli ormoni sessuali (SHBG) (si veda Fig. 9.34).
1. Negli uomini, un BMI maggiore di 25 kg/m2 correla fortemente Come già discusso in questo capitolo, l’adiponectina, secreta
con un’aumentata incidenza di adenocarcinoma dell’esofago e perlopiù dal tessuto adiposo, è un ormone abbondante inversamente
con cancri di tiroide, colon e rene. correlato all’obesità che agisce come agente sensibilizzante per l’in-
2. Nelle donne, un BMI maggiore di 25 kg/m2 correla fortemente sulina. Quindi la diminuzione dei livelli di adiponectina negli indivi-
con un’aumentata incidenza di adenocarcinoma dell’esofago e dui obesi contribuisce all’iperinsulinemia e altera la sensibilità
con cancri di endometrio, colecisti e rene. all’insulina.

I meccanismi alla base dell’associazione tra obesità e queste tipo- Diete, cancro e aterosclerosi
logie tumorali specifiche sono sconosciuti, ma un’ipotesi proposta
è che il rischio aumentato di cancro negli individui obesi sia una Dieta e cancro
conseguenza dell’iperinsulinemia e della resistenza all’insulina
(si veda Fig. 9.34). Questa, a concentrazioni elevate, ha molteplici L’incidenza di specifici tipi di cancro varia ampiamente nel mondo.
effetti sulla crescita cellulare, compresa l’attivazione di fosfatidilino- La frequenza di alcune neoplasie varia anche di 100 volte in aree
sitolo-3-chinasi, chinasi regolate da segnali extracellulari 1 e 2, b- geografiche differenti. È anche ben noto che differenze nell’incidenza
catenina e Ras. Si tratta di importanti fattori che partecipano a vie di alcuni tumori non sono fisse e possono essere modificate da fattori
di segnalazione coinvolte nello sviluppo del cancro. L’iperinsulinemia non genetici, comprese le modificazioni della dieta. Ad esempio,
causa anche un aumento della concentrazione di fattore di crescita l’incidenza di cancro del colon negli uomini e nelle donne giapponesi
simil-insulina (IGF-1), dal momento che l’insulina inibisce la produ- tra i 55 e i 60 anni di età era trascurabile 50 anni fa, ma è oggigiorno
zione di IGFBP-1 e IGFBP-2, proteine leganti IGF. IGF-1 è un agente più alta di quella degli uomini di pari età nel Regno Unito.76 Alcuni
mitogeno e antiapoptotico altamente espresso in molti tumori uma- studi hanno inoltre dimostrato un progressivo aumento nei cancri
ni.75 Si lega con elevata affinità al recettore per IGF-1R e con bassa al colon nelle popolazioni giapponesi dopo il loro trasferimento dal
affinità al recettore per l’insulina. IGF-1 attiva molte delle vie di Giappone alle Hawaii e di lì verso gli Stati Uniti continentali. Cio-
crescita cellulari attivate anche dall’insulina, e aumenta la produzio- nonostante, a dispetto della grande quantità di ricerche sperimentali
ne di fattore di crescita endoteliale vascolare, inducendo l’espressione ed epidemiologiche, sono stati definiti relativamente pochi mecca-
del fattore inducibile dall’ipossia 1. nismi che collegano dieta e tipologie specifiche di cancro.
436 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

Considerando la cancerogenesi, sono tre gli aspetti della dieta che esiste alcuna prova certa che una particolare dieta possa causare o
destano maggiore preoccupazione: (1) il contenuto di cancerogeni prevenire il cancro. D’altra parte, data la relazione tra obesità e svi­
esogeni, (2) la sintesi endogena di cancerogeni partendo da sostanze luppo del cancro, la prevenzione dell’obesità attraverso un’alimen-
alimentari e (3) la mancanza di fattori protettivi. tazione sana è una misura di buon senso che contribuisce a
­conservare un buono stato di salute. Restano preoccupazioni che la
Per quanto riguarda le sostanze esogene, le aflatossine sono soli- cancerogenesi si annidi in cibi gustosi come una succosa bistecca,
tamente coinvolte nello sviluppo di carcinomi epatocellulari in un ricco gelato e noci contaminate da aflatossine.
zone di Asia e Africa, solitamente in cooperazione con il virus
dell’epatite B. L’esposizione alle aflatossine causa una mutazione Dieta e aterosclerosi
specifica nel codone 249 del gene p53; quando viene riscontrata
in carcinomi epatocellulari, questa mutazione funge da firma Un problema fra i più importanti e controversi è il contributo della
molecolare dell’esposizione alle aflatossine. Prosegue il dibattito dieta all’aterogenesi. La domanda centrale è “può il cambiamento
sulla cancerogenicità degli additivi alimentari, dei dolcificanti nella dieta – nello specifico, riduzione nel consumo di colesterolo e
artificiali e dei pesticidi contaminanti. Alcuni dolcificanti artifi- grassi animali saturi (ad es. uova, burro, carne bovina) – ridurre i
ciali (ciclamati e saccarina) sono stati implicati nel cancro alla livelli sierici di colesterolo e prevenire o ritardare lo sviluppo dell’ate-
vescica, ma mancano prove convincenti. rosclerosi (e più importante, la patologia cardiaca coronarica)?”
La preoccupazione riguardo la sintesi endogena di cancerogeni L’adulto medio negli Stati Uniti consuma giornalmente una grande
o di potenziatori della cancerogenicità a partire da componenti quantità di grassi e di colesterolo, con un rapporto tra acidi grassi
della dieta è correlata principalmente ai carcinomi gastrici. saturi e acidi grassi polinsaturi di circa 3:1. Diminuire questo rap-
Nell’uomo, nitrosamine e nitrosamidi sono implicati nella genesi porto a 1:1 determina una riduzione del 10-15% nel livello sierico
di questi tumori, essendo stato chiaramente dimostrato che in- di colesterolo entro poche settimane. Gli oli vegetali (ad es. olio di
ducono il cancro gastrico negli animali. Questi composti possono mais e cartamo) e gli oli di pesce contengono acidi grassi polinsaturi
essere formati nell’organismo a partire da nitriti e derivati aminici e sono buone fonti di lipidi riduttori del colesterolo. Gli acidi grassi
o amidici di proteine digerite. Tra le fonti di nitriti vi sono il ni- negli oli di pesce appartengono alla famiglia degli omega-3 e hanno
trito di sodio aggiunto ai cibi come conservante e i nitrati, presenti più doppi legami degli acidi grassi omega-6 presenti negli oli vege-
nelle comuni verdure, che sono ridotti nel lume gastrointestinale tali. Uno studio su uomini olandesi la cui dieta quotidiana conteneva
da parte della flora batterica. Vi è quindi potenziale per la produ- 30 g di pesce ha rivelato una frequenza sostanzialmente più bassa di
zione endogena di agenti cancerogeni partendo da componenti morte per patologia cardiaca coronarica rispetto ai controlli.
alimentari, che potrebbe avere un effetto sullo stomaco. Si parla molto del ruolo della restrizione calorica e diete speciali
Un elevato apporto di grassi animali, combinato a una ridotta possono avere un ruolo nel controllo del peso corporeo e nella
assunzione di fibre, è stato messo in relazione causale con il cancro prevenzione della patologia cardiovascolare. Offriamo solo qualche
del colon. Si stima che raddoppiare il livello medio di consumo osservazione generale su questi argomenti.
di fibre totali fino a 40 g/giorno per persona, nella maggior parte
delle popolazioni possa diminuire il rischio di cancro al colon Negli animali da esperimento è stato sufficientemente dimostrato
del 50%.75 La spiegazione più convincente di questa associazione che la restrizione calorica diminuisce l’incidenza di alcune pato-
è che l’alto apporto di grassi aumenta il livello degli acidi biliari logie e aumenta la vita media. La base di questa sorprendente
nel lume intestinale, acidi che a loro volta modificano la flora osservazione non è completamente chiara ma sembra dipendere
intestinale, favorendo la crescita di batteri microaerofili. I meta- dall’attivazione delle sirtuine e dall’abbassamento dei livelli di
boliti degli acidi biliari prodotti da questi batteri possono agire insulina e di IGF-1 (Cap. 1).74 Negli animali a dieta calorica ri-
come cancerogeni. L’effetto protettivo di una dieta ricca di fibre stretta, con l’età, vi è una diminuzione più modesta delle funzioni
può essere messo in relazione con (1) l’aumentata massa fecale e immunologiche, minor danno ossidativo e una maggiore resi-
il ridotto tempo di transito, che diminuiscono l’esposizione della stenza alla cancerogenesi.
mucosa a potenziali sostanze lesive, e (2) la capacità di alcune Non sorprende che vi sia un gran numero di diete commerciali
fibre di legare i cancerogeni e quindi proteggere la mucosa. Tut- che secondo i propri fautori diminuiscono il rischio di patologia
tavia, tentativi di documentare queste teorie in studi clinici e cardiaca. Tra queste vi sono le diete a basso contenuto di carboi-
sperimentali non hanno finora prodotto risultati coerenti. drati (come la Dieta Atkins, la dieta a zona, la Sugar Busters, la
Sebbene i dati epidemiologici ottenuti su ampie popolazioni Protein Power) e altre quali la Miami Diet/Hollywood 48-Hour
mostrino una forte correlazione positiva tra assunzione alimen- Miracle Diet e la South Beach Diet. Il reale effetto di queste diete
tare totale di grassi e cancro della mammella, non è tuttora chiaro sulla patologia cardiaca è altamente controverso.
come l’aumentato consumo di grassi possa avere una relazione La maggior parte delle diete dettano quello che non è possibile
causale con lo sviluppo di cancro al seno. mangiare (ovviamente, i propri cibi preferiti!). Una strategia
Si è ipotizzato che le vitamine C ed E, il b-carotene e il selenio migliore è semplicemente quella di focalizzarsi su una dieta gu-
abbiano effetti anticancerogeni a causa delle loro proprietà an- stosa e salutare ricca di pesce, verdure, cereali integrali, frutta, oli
tiossidanti. Tuttavia, finora non vi sono prove convincenti che di oliva e arachide (per sostituire i grassi saturi e trans), carboi-
questi antiossidanti agiscano come agenti chemiopreventivi. drati complessi (al posto dei carboidrati semplici contenuti
Come già discusso in questo capitolo, i retinoidi sono agenti ef- nei dolci e nelle bibite) e povera di sale (per controllare
ficaci nella terapia della leucemia promielocitica acuta ed è stata l’ipertensione).
riportata l’associazione tra bassi livelli di vitamina D e il cancro Anche l’umile aglio è stato sbandierato come in grado di proteg-
di colon, prostata e mammella. gere contro la patologia cardiaca (ma anche contro demoni, lupi
mannari, vampiri e, purtroppo, baci), sebbene la ricerca debba
Pertanto, si deve concludere che, nonostante le numerose e allet- ancora provare questo effetto in maniera inequivocabile. Di que-
tanti tendenze e proclami dei “guru delle diete”, attualmente non sti, l’effetto sui baci è il più consolidato!
CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali 437

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438 CAPITOLO 9 Patologie ambientali e nutrizionali

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10
Malattie dell’infanzia
e dell’adolescenza
Anirban Maitra

Anomalie congenite Idrope fetale o eritroblastosi fetale


Definizioni Idrope immune
Cause di anomalie Idrope non immune
Cause genetiche
Errori congeniti del metabolismo e altre malattie
Cause ambientali
genetiche
Cause multifattoriali
Fenilchetonuria (PKU)
Patogenesi delle anomalie congenite
Galattosemia
Patologie del neonato prematuro Fibrosi cistica (mucoviscidosi)
Cause della prematurità e del ritardo dello sviluppo
intrauterino Sindrome della morte improvvisa del neonato (SIDS)
Sindrome da distress respiratorio nel neonato (RDS) Tumori e lesioni simil-tumorali della prima e della
Enterocolite necrotizzante seconda infanzia
Tumori benigni e lesioni simil-tumorali
Infezioni perinatali
Tumori maligni
Infezioni transcervicali (ascendenti)
Incidenza e tipi
Infezioni transplacentari (ematologiche) Tumori neuroblastici
Sepsi Tumore di Wilms
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439
440 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

I bambini non sono semplicemente dei piccoli adulti e le loro Tabella 10.1 Causa di morte correlata all’età
­malattie non sono solo varianti delle malattie degli adulti. Molte *
condizioni dell’infanzia sono esclusive, o quantomeno tipiche, di Cause Tasso†
questo stadio della vita e pertanto verranno discusse separatamente sotto 1 anno: 685,2
in questo capitolo. Le malattie che insorgono nel periodo perinatale
sono importanti in quanto comportano morbilità e mortalità signi- Malformazioni, deformazioni e anomalie
cromosomiche
ficative. Come ci si potrebbe aspettare, le probabilità di sopravvi- Patologie correlate alla prematurità e al basso
venza dei bambini nati vivi migliorano con il passare di ogni peso alla nascita
­settimana. Questa conquista rappresenta, almeno in parte, un suc- Sindrome della morte improvvisa del neonato
cesso nel progresso delle cure mediche. Una migliore assistenza (SIDS)
Neonato influenzato da complicanze materne
prenatale, metodi più efficaci di monitoraggio delle condizioni fetali della gravidanza
e un ricorso adeguato al taglio cesareo prima del termine, in ­presenza Neonato influenzato da patologie della placenta,
di sofferenza fetale, hanno fatto sì che i feti che in passato sarebbero del cordone e delle membrane
nati morti venissero alla luce entrando in questa “vita piena di Insufficienza respiratoria del neonato
­affanni mortali”. Questi soggetti rappresentano una percentuale Incidenti (danni non intenzionali)
Sepsi batterica del neonato
importante dei bambini ad alto rischio. Ciononostante, il tasso di Ipossia intrauterina e asfissia alla nascita
mortalità infantile negli Stati Uniti ha mostrato un declino da 20 Malattie del sistema circolatorio
decessi su 1.000 nati vivi nel 1970 a circa 6,8 decessi nel 2004, ultimo
1- 4 anni: 29,9
anno di raccolta sistematica di questi dati.1 Sebbene il tasso di mor-
talità stia continuando a ridursi per tutti i neonati, negli afroameri- Incidenti ed effetti indesiderati
Malformazioni, deformazioni e anomalie
cani si continua ad avere un tasso di mortalità infantile superiore al cromosomiche
doppio (13,6 morti su 1.000 nati vivi) rispetto ai bianchi americani Neoplasie maligne
(5,6 morti). A livello mondiale, la mortalità infantile varia notevol- Omicidio e intervento legale
mente, da una bassa percentuale di 2,3 morti su 1.000 nati vivi a Malattie cardiache‡
Singapore, a una più alta di 180 morti nel subcontinente africano. Influenza e polmonite
Ogni stadio dello sviluppo del lattante e del bambino è colpito da 5-14 anni: 16,8
diversi gruppi di patologie. I dati attualmente disponibili permettono
Incidenti ed effetti indesiderati
di considerare quattro diverse fasi di sviluppo: (1) il periodo neona- Neoplasie maligne
tale (le prime 4 settimane di vita), (2) il lattante (il primo anno di Omicidio e intervento legale
vita), (3) da 1 a 4 anni, e (4) da 5 a 14 anni. Malformazioni, deformazioni e anomalie
Le principali cause di morte nell’infanzia e nell’adolescenza sono cromosomiche
Suicidio
elencate nella Tabella 10.1. Nei primi 12 mesi di vita la morte è Malattie cardiache
causata primariamente dalle anomalie congenite, dalle malattie
correlate a una breve gestazione (prematurità), dal basso peso alla 15-24 anni 80,1
nascita e dalla sindrome della morte improvvisa del neonato (SIDS). Incidenti ed effetti indesiderati
Quando il bambino supera il primo anno di vita, l’aspettativa di vita Omicidio
migliora in modo considerevole. Nei successivi due gruppi di età, Suicidio
Neoplasie maligne
da 1 a 4 anni e da 5 a 14 anni, le lesioni accidentali costituiscono le Malattie cardiache
cause di morte principali. Tra le malattie naturali, le anomalie con-
*
genite e i tumori maligni assumono un ruolo di rilievo in ordine di Le cause sono elencate in ordine di frequenza decrescente. Tutte le cause
importanza. Potrebbe sembrare dunque che, in un certo senso, la e le percentuali rappresentano statistiche finali del 2004.

I tassi si riferiscono a una popolazione di 100.000 individui e a tutte le cause
vita sia una corsa a ostacoli. Nella grande maggioranza dei casi, gli all’interno di ciascun gruppo di età.
ostacoli vengono superati o, meglio ancora, evitati. ‡
Escluse anomalie cardiache congenite.
Nei prossimi paragrafi tratteremo più da vicino le condizioni Tratto da Minino AM et al.: Decessi: Dati finali per il 2004. National vital
specifiche che si incontrano durante i vari stadi di sviluppo del statistics Rep. 55:19, 2007.
­neonato e del bambino.
normale sviluppo embriogenetico non così gravi da compromettere
la vita. È probabile che il 20% delle cellule uovo fecondate presenti
Anomalie congenite alterazioni così gravi da impedirne il normale sviluppo. Benché altre
anomalie siano compatibili con una sopravvivenza fetale precoce,
Le anomalie congenite sono difetti strutturali presenti alla nascita hanno comunque come esito finale l’aborto spontaneo. Le anomalie
ma alcune, come nel caso di difetti cardiaci e anomalie renali, pos- meno gravi rendono possibile una sopravvivenza intrauterina più
sono diventare clinicamente evidenti solamente alcuni anni più tardi. prolungata e possono comprendere malattie tali da portare alla
Il termine congenito significa “presente già alla nascita”, ma non nascita di un feto morto e altre meno importanti che permettono la
implica né esclude una base genetica per il difetto in questione. Si sopravvivenza del nascituro nonostante gli handicap acquisiti.
stima che ogni anno negli Stati Uniti circa 120.000 (1 su 33) bambini
vengono alla luce con difetti alla nascita. Tali difetti costituiscono la Definizioni
causa principale di mortalità nel corso del primo anno di vita e
contribuiscono notevolmente sia alla mortalità sia alla morbilità nei Prima di procedere, definiamo alcuni dei termini utilizzati per in-
primi anni di vita del bambino. In un certo senso, le anomalie dicare diverse anomalie morfogenetiche – malformazioni, interru-
­osservate nei bambini nati vivi sembrano derivare da alterazioni del zioni, deformazioni, sequenze e sindromi.
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 441

Figura 10.1 Esempi di malformazioni. La polidattilia (una o più dita sovrannumerarie) e la sindattilia (fusione delle dita), entrambe mostrate in A, hanno
scarse conseguenze funzionali se si presentano in maniera isolata. Similmente, il labbro leporino (B), con o senza associata palatoschisi, è compatibile
con la vita quando presente come anomalia isolata. In questo caso, tuttavia, il bambino aveva un quadro sindromico malformativo (trisomia 13) ed è de-
ceduto a causa di un grave difetto cardiaco. C. Il feto nato morto rappresenta una malformazione grave e letale, nella quale le strutture del massiccio
facciale sono fuse o malformate; in quasi tutti i casi, il quadro malformativo esterno è associato a gravi anomalie interne come malformazioni cerebrali e
cardiache. (A e C. Per gentile concessione del Dr. Reade Quinton. B. Per gentile concessione del Dr. Beverly Rogers, Department of Pathology, University
of Texas Southwestern Medical Center, Dallas, TX)

Le malformazioni rappresentano errori primitivi di morfogenesi, la prima gravidanza, l’utero piccolo, l’utero malformato (bicorne)
in cui si è verificato un processo di sviluppo intrinsecamente anomalo e i leiomiomi. I fattori placentari o fetali comprendono l’oligoidram-
(Fig. 10.1). Sono generalmente associate a loci genetici multipli nios, i feti multipli e le presentazioni fetali anomale. Un esempio di
(multifattoriali) e non costituiscono il risultato di un difetto di un deformazione sono i piedi equini, spesso una componente della
singolo gene o cromosoma. Le malformazioni possono presentarsi sequenza di Potter descritta in seguito.
in numerose forme. Alcune, quali difetti cardiaci congeniti e anen- Una sequenza è una cascata di anomalie scatenate da un’aberra-
cefalia (assenza di cervello), interessano distretti corporei singoli, zione iniziale. Nel 50% circa dei casi, le anomalie congenite si
mentre in altri casi possono coesistere malformazioni multiple che presentano singolarmente; negli altri casi vengono riconosciute
interessano più organi. come anomalie congenite multiple. In alcuni casi, la costellazione
Le interruzioni sono causate dalla distruzione secondaria di un di anomalie può essere provocata da un’aberrazione singola,
organo o di una regione corporea che aveva uno sviluppo pre- ­localizzata durante l’organogenesi (malformazione, interruzione
gresso normale; quindi, contrariamente alle malformazioni, le o deformazione), che produce effetti secondari in altri organi. Un
interruzioni insorgono da un disturbo estrinseco di morfogenesi.
Le bande amniotiche, che denotano rottura dell’amnios con con-
seguente formazione di “bande” che circondano, comprimono o
aderiscono a parti del feto, sono il classico esempio di interruzioni
(Fig. 10.2). Vi sono molteplici agenti ambientali che possono
causare interruzioni (si veda oltre). Comprensibilmente, le inter-
ruzioni non sono ereditarie e quindi non sono correlate al rischio
di recidiva nelle gravidanze successive.
Le deformazioni, come le interruzioni, rappresentano altresì un
disturbo estrinseco di sviluppo piuttosto che un errore intrinseco di
morfogenesi. Le deformazioni sono problemi comuni che colpisco-
no circa il 2% dei neonati a vari gradi. Nella patogenesi delle defor-
mazioni è fondamentale la compressione localizzata o generalizzata
del feto. Tale compressione risulta dall’azione di forze biomeccaniche
patologiche che alla fine può portare a una varietà di aberrazioni
strutturali. La causa sottostante più comune delle deformazioni è
la costrizione uterina. Tra la 35a e 38a settimana di gestazione, le
dimensioni del feto aumentano rapidamente fino a superare la
crescita dell’utero e la quantità relativa di liquido amniotico (che
normalmente agisce come cuscinetto) diminuisce. Pertanto, anche Figura 10.2 Interruzione della morfogenesi a opera di una banda
amniotica. Si noti la placenta a destra della raffigurazione e la banda
il feto normale è soggetto a qualche forma di costrizione uterina. amniotica che si estende dalla porzione più alta del sacco amniotico per
Molti fattori aumentano la probabilità che l’eccessiva compressione circondare la gamba del feto. (Per gentile concessione del Dr. Theonia Boyd,
del feto provochi le deformazioni. I fattori materni comprendono Children’s Hospital of Boston, MA)
442 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

un grado tale da essere talvolta causa di morte fetale. Sono spesso


presenti noduli della membrana amniotica (amnion nodosum).
Una sindrome è costituita da una costellazione di anomalie conge-
nite, correlate patologicamente, che, diversamente dalla sequenza,
non può essere spiegata sulla base di un difetto iniziale singolo e
localizzato. Le sindromi sono molto spesso causate da un singolo
agente eziologico, come un’infezione virale o una specifica anomalia
cromosomica che colpisce contemporaneamente diversi tessuti.

Oltre alle definizioni generali sopra menzionate, è opportuno


definire alcuni termini organo-specifici. Agenesia si riferisce alla
completa assenza di un organo e del suo abbozzo. Il termine stret-
tamente correlato, aplasia, si riferisce anch’esso all’assenza di un
organo dovuta al mancato sviluppo embrionale. Atresia definisce la
mancata canalizzazione, generalmente di un organo cavo, come la
Figura 10.3 Rappresentazione schematica della patogenesi della se- trachea e l’intestino. Ipoplasia si riferisce a uno sviluppo incompleto
quenza da oligoidramnios.
o iposviluppo di un organo con un numero di cellule ridotto, invece
iperplasia si riferisce a un aumentato sviluppo di un organo dovuto
buon esempio è rappresentato dalla sequenza dell’oligoidramnios all’aumento del numero delle cellule. Per ipertrofia o ipotrofia si
(o sequenza di Potter) (Fig. 10.3). L’oligoidramnios (diminuzione intende rispettivamente l’aumento o la diminuzione della dimensio­
del liquido amniotico) può essere causato da una varietà di ano- ne di un organo piuttosto che del numero delle singole cellule. Infine,
malie materne, placentari o fetali, non correlate. Le cause dell’oli- displasia definisce un’anomala organizzazione delle cellule nel con-
goidramnios comprendono la perdita del liquido amniotico a testo delle malformazioni (versus neoplasia).
causa di rottura dell’amnios, l’insufficienza uteroplacentare che
risulta da ipertensione materna o grave tossiemia, e l’agenesia Cause Di Anomalie
renale nel feto (dato che l’urina fetale è una delle principali co-
stituenti di liquido amniotico). La compressione fetale associata In passato, si riteneva che la presenza di un’anomalia visibile ed
a un oligoidramnios significativo, a sua volta, risulta in un classico esterna fosse una punizione divina per un peccato, una credenza che
fenotipo nel neonato, che comprende la faccia appiattita e talora metteva a repentaglio la vita della madre. Nonostante l’attuale
­un’alterazione posturale delle mani e dei piedi (Fig. 10.4). Le e più approfondita conoscenza di alcune delle basi molecolari rela-
anche possono essere lussate. Viene altresì compromesso lo svi- tive alle anomalie congenite, ad oggi non sono ancora chiare le reali
luppo della parete toracica con frequente ipoplasia polmonare, a cause in almeno tre quarti dei casi riscontrati. Le cause note più co-
muni di anomalie congenite possono essere raggruppate in tre prin-
cipali categorie: genetiche, ambientali e multifattoriali (Tab. 10.2).

Cause genetiche
Le anomalie considerate essere di origine genetica possono essere
suddivise in due gruppi:

Quelle associate ad aberrazioni cromosomiche


Quelle che derivano dalle mutazioni dei singoli geni (“malattie
mendeliane”).

Si pensa che un terzo gruppo sia dovuto a un’eredità di tipo mul-


tifattoriale, termine che implica l’interazione di due o più geni a bassa
penetranza in relazione a fattori ambientali, che verrà trattata
separatamente.
Le anomalie cariotipiche sono presenti nel 10-15% circa dei bam-
bini nati vivi con anomalie congenite, ma solamente la trisomia 21
(sindrome di Down) ha una frequenza superiore a 10 su 10.000 nascite
totali. Le successive in ordine di frequenza sono la trisomia 13 e la
trisomia 18 (Tab. 10.3). Le restanti sindromi cromosomiche associate
a malformazioni sono di gran lunga più rare. La maggior parte di queste
aberrazioni citogenetiche origina da deficit di gametogenesi, pertanto
non sono ereditarie. Esistono, tuttavia, diverse anomalie cromosomiche
trasmissibili, ad esempio, la forma della sindrome di Down associata
a una traslocazione robertsoniana nel genitore, che viene trasmessa
da una generazione all’altra e che costituisce un quadro familiare
di aberrazioni strutturali (Cap. 5). Si può dedurre che l’80-90% dei feti
Figura 10.4 Neonato con sequenza da oligoidramnios. Si noti l’appiat- con aneuploidia e altre anomalie del numero dei cromosomi muoia in
timento facciale e la deformazione del piede destro (talipes equinovarus). utero, la maggior parte nella prima fase di gestazione.
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 443

Tabella 10.2 Cause di anomalie congenite nell’uomo Singole mutazioni genetiche ad alta penetranza possono innescare
anomalie congenite maggiori, che, come ci si può aspettare, seguono
Causa Frequenza (%) modelli di ereditarietà mendeliana. Di queste, circa il 90%
genetiche
sono ereditate in forma autosomica dominante o recessiva, mentre
il resto segrega in modalità X-linked. Non a caso, molte delle muta-
Aberrazioni cromosomiche 10-15 zioni che danno origine a difetti alla nascita coinvolgono la perdita
Trasmissione mendeliana 2-10
di funzione di geni coinvolti nell’organogenesi e sviluppo normali.
ambientali Ad esempio, l’oloprosencefalia è il più comune difetto di sviluppo
Infezioni materne/placentari 2-3 del prosencefalo e del massiccio facciale nell’uomo (Cap. 28); la via
  Rosolia di segnalazione del sonic Hedgehog riveste un ruolo decisivo nella
  Toxoplasmosi morfogenesi di queste strutture e le mutazioni con perdita di fun-
  Sifilide zione delle singole componenti all’interno di questa via sono state
  Citomegalovirus
  Virus dell’immunodeficienza umana osservate in famiglie con una storia di oloprosencefalia ricorrente.2
Condizioni patologiche materne 6-8 Allo stesso modo, l’acondroplasia, la forma più comune di nanismo
  Diabete degli arti inferiori, è causata da mutazioni con recupero di funzione
  Fenilchetonuria nel recettore 3 del fattore di crescita fibroblastico (FGFR3).3 La pro-
  Endocrinopatie
Farmaci e sostanze chimiche 1
teina FGFR3 è un regolatore negativo della crescita ossea e si ritiene
  Alcool che le mutazioni di FGFR3 attivanti nell’acondroplasia stimolino
  Antagonisti dell’acido folico oltremisura l’inibizione fisiologica portando al dwarfismo.
  Androgeni
  Fenitoina
  Talidomide Cause ambientali
  Warfarin
  Acido 13 cis-retinoico Fattori ambientali, come infezioni virali, farmaci, irradiazione, a cui
  Altri la madre è stata esposta durante la gravidanza, possono causare
Irradiazioni 1 malformazioni fetali (l’appellativo di “malformazione” è usato im-
multifattoriali 20-25 propriamente in questo contesto, poiché tecnicamente queste ano-
ignote
40-60 malie rappresentano interruzioni).
Virus. Molti virus sono stati ritenuti causa di malformazioni, in-
Adattata da Stevenson RE et al (eds): Human Malformations and Related clusi gli agenti responsabili della rosolia, della malattia da inclusi ci-
Anomalies. New York, Oxford University Press, 1993, p. 115. tomegalici, dell’herpes simplex, della varicella zoster, dell’influenza,
della parotite epidemica (orecchioni), dell’infezione da virus dell’im-
munodeficienza umana (HIV) e delle infezioni da enterovirus. Tra

Tabella 10.3 Frequenza approssimativa dei più comuni difetti congeniti negli Stati Uniti, 1999-2001
Difetto congenito Frequenza approssimativa (su 10.000 nati vivi)

difetti cromosomici

Sindrome di Down (trisomia 21) 12,8


Trisomia 13 1,3
Trisomia 18 2,3

difetti orofacciali

Palatoschisi 6,4
Labbro leporino con o senza palatoschisi 10,5

difetti cardiovascolari

Difetto settale atrioventricolare (difetto dei cuscinetti endocardici) 4,4


Trasposizione delle grandi arterie 4,7
Tetralogia di Fallot 3,9

difetti del sistema nervoso centrale

Spina bifida senza anencefalia 3,7


Anencefalia 2,5

difetti gastrointestinali

Atresia/stenosi rettale e dell’intestino crasso 4,8


Atresia esofagea/fistola tracheoesofagea 2,4

difetti muscoloscheletrici

Gastroschisi 3,7
Ernia diaframmatica 2,9
Onfalocele 2,1

Adattata da Canfield MA et al.: National estimates and race/ethnic-specific variation of selected birth defects in the United States, 1999-2001. Birth Defects
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444 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

questi, il virus della rosolia e il citomegalovirus sono i più studiati. Radiazioni. Oltre a essere mutagene e cancerogene, la radiazioni
Come per tutti i virus, l’età gestazionale in cui l’infezione si presenta sono teratogene. L’esposizione a forti dosi di radiazioni durante il
nella madre rappresenta un fattore decisivo. Il periodo a rischio per la periodo di organogenesi porta a malformazioni quali microcefalia,
rosolia si estende da poco tempo prima del concepimento sino alla 16a cecità, patologie tumorali, spina bifida e altre deformità. Tale
settimana di gestazione, il pericolo è maggiore nelle prime 8 settimane esposizione era comune un tempo quando le radiazioni erano uti-
che nelle 8 successive. L’incidenza di malformazioni è ridotta dal 50% lizzate per trattare il carcinoma cervicale durante la gravidanza.
al 20% e al 7% se l’infezione si manifesta nel 1°, 2° o 3° mese di gesta- Diabete materno. Il diabete mellito è una patologia frequente e,
zione, rispettivamente. I difetti fetali sono vari, però si riscontra fre- malgrado i progressi nel monitoraggio ostetrico prenatale e il con-
quentemente la tetrade che comprende cataratta, anomalie cardiache trollo del glucosio, l’incidenza delle malformazioni maggiori nei figli
(persistenza del dotto arterioso, ipoplasia dell’arteria polmonare o di madri diabetiche è tra il 6 e il 10% nella maggior parte delle casi-
stenosi, difetto del setto interventricolare, tetralogia di Fallot), sordità stiche. L’iperglicemia materna induce iperinsulinemia fetale e porta
e ritardo mentale riferito come sindrome della rosolia congenita. a un aumento del grasso corporeo, della massa muscolare e all’orga-
L’infezione intrauterina da citomegalovirus, per la maggior parte nomegalia (macrosomia fetale); alcune delle maggiori anomalie os-
asintomatica, è la più comune infezione virale fetale. Questa malattia servate nell’embriopatia diabetica sono anomalie cardiache, difetti del
virale viene discussa dettagliatamente nel Capitolo 8; il periodo tubo neurale e altre malformazioni del sistema nervoso centrale.
maggiormente a rischio è il secondo trimestre di gravidanza. Poiché
l’organogenesi è in gran parte completa entro la fine del primo tri- Cause multifattoriali
mestre, le malformazioni si verificano meno frequentemente che
nella rosolia; tuttavia, gli effetti del danno indotto dal virus sugli Diversamente dalle malattie monogeniche come ad esempio l’acondro-
organi formati sono spesso gravi. La caratteristica principale è l’in- plasia, causate da una perturbazione funzionale di un singolo gene, le
teressamento del sistema nervoso centrale e le alterazioni cliniche anomalie congenite su base multifattoriale insorgono quale risultato
più rilevanti sono costituite dal ritardo mentale, dalla microcefalia, dell’ereditarietà di polimorfismi genetici multipli che costituiscono un
dalla sordità e dall’epatosplenomegalia. “fenotipo di suscettibilità”. L’interazione di questo fenotipo sottostante
Farmaci e altri prodotti chimici. Si sospetta che una varietà di con l’ambiente sembra doversi verificare prima che il disturbo si mani­
farmaci e di sostanze chimiche sia teratogena; tuttavia, è probabile festi. Nel caso della lussazione congenita dell’anca, ad esempio, si ritiene
che meno dell’1% delle anomalie congenite sia causato da questi che la profondità dell’alveolo acetabolare e la lassità dei legamenti di
agenti. La lista comprende talidomide, antagonisti dei folati, ormoni rinforzo siano determinate geneticamente, mentre la posizione podalica
androgeni, alcool, anticonvulsivanti, warfarin (anticoagulante orale) evidente nella vita intrauterina con anche flesse e ginocchia estese,
e l’acido 13 cis-retinoico usato nel trattamento dell’acne severa (si costituisce un fattore ambientale decisivo. Alcune complesse interazioni
veda oltre). In molti casi, gli studi sperimentali su organismi più genetico-ambientali potrebbero spiegare la ragione per cui il tasso di
piccoli (pulcino, pesce zebra ecc.) sono stati funzionali per rivelare concordanza monozigotica per alcune anomalie congenite comuni quali
quale fosse il percorso di sviluppo colpito da un dato fattore terato- la labioschisi (labbro leporino) e la palatoschisi sia solo compreso tra il
geno. Ad esempio, la talidomide, una volta usata in Europa come 25 e il 50%. L’importanza del contributo dei fattori ambientali al mec-
tranquillante, ha causato una frequenza estremamente elevata canismo di trasmissione ereditaria multifattoriale è altresì sottolineata
­(50-80%) di malformazioni degli arti nei feti esposti. Il meccanismo da una notevole riduzione dell’incidenza di malformazioni del tubo
teratogeno della talidomide coinvolge l’iporegolazione della via di neurale per l’assunzione periconcezionale di acido folico nella dieta.7
segnalazione di WNT attraverso l’iper-regolazione dei repressori La frequenza stimata di alcuni comuni difetti alla nascita negli
endogeni di WNT.4 La talidomide e i relativi farmaci hanno fatto un Stati Uniti viene presentata nella Tabella 10.3.
ritorno clamoroso come agenti antineoplastici, vantando forti pro-
prietà immunomodulatorie e antiangiogeniche. È necessario quindi Patogenesi Delle Anomalie Congenite
essere molto cauti nella somministrazione di questi farmaci a pa-
zienti malati di cancro che sono in età riproduttiva. Oggi l’alcool è La patogenesi delle anomalie congenite è complessa e ancora poco
probabilmente la sostanza teratogena più largamente usata. L’alcool conosciuta, ma emergono due principi generali della patologia di
è responsabile di diverse anomalie strutturali e di difetti più sottili sviluppo, a prescindere dall’agente eziologico.
a livello cognitivo e comportamentale nel feto. L’insieme di tali
anomalie viene denominato spettro dei disordini fetoalcolici (FASD). 1. Il momento dell’insulto teratogeno prenatale ha una forte influenza
I neonati gravemente colpiti dal FASD hanno ritardi di crescita, in merito all’evenienza e al tipo di anomalia prodotta (Fig. 10.5).
microcefalia, difetto del setto interatriale, fessure palpebrali corte, Lo sviluppo intrauterino degli umani può essere suddiviso in due
ipoplasia mascellare. Questo fenotipo teratogeno prende il nome di fasi: (1) il periodo embrionale che copre le prime 9 settimane di
sindrome alcolica fetale. Gli esperimenti condotti sugli animali sug- gravidanza e (2) il periodo fetale che termina con il parto.
geriscono che l’esposizione prenatale all’alcool interrompe almeno
due vie di segnalazione – via dell’acido retinoico e la via di Hedgehog Nel periodo precoce embrionale (prime 3 settimane succes-
– che hanno un ruolo decisivo nel processo di sviluppo.5,6 Sebbene sive alla fecondazione), un agente lesivo può danneggiare
non sia stato dimostrato in maniera sufficientemente convincente un numero tale di cellule da causare la morte e l’aborto
che la nicotina derivante dal fumo di sigaretta sia una sostanza oppure può danneggiare solo poche cellule, permettendo
teratogena, nelle gestanti fumatrici vi è una forte incidenza di aborto in questo caso all’embrione di recuperare senza anomalie
spontaneo, parto pretermine e anomalie placentari; i bambini nati di sviluppo. Tra la 3a e la 9a settimana, l’embrione è estrema-
da madri fumatrici hanno spesso un basso peso alla nascita e una mente suscettibile alle teratogenesi e il picco di sensibilità
predisposizione maggiore al rischio di SIDS (si veda oltre). Alla luce durante questo periodo compare tra la 4a e la 5a settimana.
di questi elementi, è opportuno evitare completamente l’esposizione Durante questo periodo gli organi sono in corso di forma-
alla nicotina durante la gravidanza. zione a partire dai foglietti germinali.
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 445

Figura 10.5 Periodi critici di sviluppo per vari apparati e conseguenti malformazioni. (Modificata e ridisegnata da Moore KL: The Developing Human,
5th ed. Philadelphia, WB Saunders, 1993, p 156)

Il periodo fetale che segue l’organogenesi è segnato princi- (HOX).8 Questi geni sono composti da 180 nucleotidi e
palmente dall’ulteriore crescita e dalla maturazione degli legano il DNA con modalità sequenza-specifica. Nei verte-
organi, con una sensibilità ridotta agli agenti teratogeni. Il brati, le proteine HOX sono state implicate nello sviluppo
feto è invece sensibile al ritardo di crescita o a lesioni degli di arti, vertebre e strutture craniofacciali. Non a caso, le
organi già formati. Per un determinato agente è quindi mutazioni dei geni della famiglia HOX sono responsabili di
possibile produrre anomalie differenti se l’esposizione si anomalie congenite quali le caratteristiche mimiche osser-
verifica in periodi diversi di gestazione. vate nella embriopatia da acido valproico.
Il derivato della vitamina A (retinolo), l’acido transretinoi-
2. La complessa interazione tra teratogeni ambientali e difetti ge- co, è fondamentale per uno sviluppo e una differenziazione
netici intrinseci è sottolineata dal fatto che i segni di dismorfo- normali e la sua assenza durante l’embriogenesi provoca
genesi causati da insulti ambientali possono essere ricapitolati un insieme di malformazioni che interessano molti sistemi
da alcuni deficit genetici che emergono nelle vie colpite da questi di organi, compresi gli occhi, il sistema urogenitale, il si-
teratogeni. Questo processo viene illustrato dai seguenti esempi stema cardiovascolare, il diaframma e i polmoni (deficit
rappresentativi. di vitamina A nella fase postnatale, Cap. 9). Al contrario,
l’esposizione eccessiva all’acido retinoico è allo stesso tempo
La ciclopamina è una sostanza teratogena contenuta nelle teratogena. I neonati di madri trattate con acido retinoico
radici della pianta Veratrum californium. Le pecore che nel in caso di grave acne hanno un prevedibile fenotipo (em-
periodo di gestazione si nutrono di questa pianta danno alla briopatia da acido retinoico), che comprende difetti del
luce agnellini con gravi alterazioni che comprendono olopro- sistema nervoso centrale, cardiaco, e craniofacciali come
sencefalia e “ciclopia” (presenza di un occhio solo da cui il ad esempio il labbro leporino e la palatoschisi. Quest’ultima
nome ciclopamina). Tale composto disattiva la via di segna- può derivare dalla deregolazione mediata dall’acido reti-
lazione di Hedgehog a livello embrionale e, come menzionato noico delle componenti relative alla via di segnalazione
sopra, le mutazioni del gene Hedgehog si verificano in del fattore di crescita trasformante b (TGFb) coinvolto
­sottoinsiemi di pazienti con oloprosencefalia. nella palatogenesi. Nei topi, l’inattivazione del gene ­TGFb3
L’acido valproico è un antiepilettico ed è un teratogeno ben sviluppa uniformemente la palatoschisi,9 ponendo l’accen-
riconosciuto durante la gravidanza. Opera l’interruzione to ancora una volta sulla relazione funzionale tra l’esposi­
dell’espressione di una famiglia di fattori di trascrizione zione teratogena e le vie di segnalazione nella formazione
altamente conservati noti come proteine dei geni homeobox delle anomalie congenite.
446 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

Patologie del neonato prematuro correlati alla PPROM sono stati identificati anche i polimorfismi
nei geni associati alla regolazione immunitaria (ad es. il fattore
I neonati pretermine o che non si sono sviluppati normalmente du- di necrosi tumorale [TNF]) o al collasso del collagene (ad es. la
rante la gestazione hanno più alte morbilità e mortalità rispetto ai metalloproteinasi della matrice 1, 8 e 9).11 Questi riscontri non
bambini a termine. Ad esempio, un neonato che pesa 2.300 g nato a sono così inaspettati in quanto la fisiopatologia della PPROM
34 settimane di gestazione è più probabile che sia ­fisiologicamente comprende normalmente l’infiammazione delle membrane pla-
immaturo e quindi a rischio maggiore di soffrire delle patologie con- centari e una maggiore degradazione del collagene a opera delle
nesse con l’immaturità di diversi organi e sistemi (ad es. sindrome da metalloproteinasi della matrice. L’esito fetale e materno dopo una
distress respiratorio [RDS] o iperbilirubinemia transitoria) rispetto a PPROM dipende dall’età di gestazione del feto (una PPROM che
un bambino a termine anche del peso di 2.300 g, con una corrispon- si verifica nel secondo trimestre ha una prognosi sfavorevole) e
dente maturazione funzionale della maggior parte delle funzioni dalla profilassi efficace delle infezioni nella cavità amniotica
d’organo. Perciò è stato adottato un sistema di classificazione che esposta.
prende in considerazione sia il peso alla nascita sia l’età gestazionale. Infezione intrauterina: è la causa principale di travaglio prematuro
Sulla base del peso alla nascita, i neonati sono classificati come: con e senza membrane indenni. Nel 25% circa di tutte le nascite
pretermine sono presenti infezioni intrauterine e tanto più pre-
Appropriati per l’età gestazionale (Appropriate for Gestational coce è l’età gestazionale al parto, tanto più alta è la frequenza di
Age, AGA) infezione amniotica. Le caratteristiche istologiche correlate alle
Piccoli per l’età gestazionale (Small for Gestational Age, SGA) infezioni intrauterine sono: infiammazione delle membrane
Grandi per l’età gestazionale (Large for gestational Age, LGA). placentari (corioamnionite) e infiammazione del cordone ombe-
licale fetale (funisite). I più comuni microrganismi implicati nelle
I bambini il cui peso alla nascita cade tra il decimo e il novante- infezioni intrauterine che portano a un parto pretermine sono
simo percentile di una data età gestazionale sono considerati AGA, Ureaplasma urealyticum, Mycoplasma hominis, Gardnerella vagi-
mentre quelli che ricadono al di sopra o al di sotto di questi para- nalis (l’organismo dominante riscontrato nella “vaginosi batteri­
metri sono classificati rispettivamente come LGA o SGA. In funzione ca”, un’infezione polimicrobica), Trichomonas, Neisseria gonor-
dell’età gestazionale, i neonati nati prima della 37a settimana sono rhoeae e Chlamydia. Nei Paesi in via di sviluppo, la malaria e
considerati pretermine, mentre quelli partoriti dopo la 42a settimana l’HIV contribuiscono in maniera significativa al fardello del parto
sono considerati post-termine. Tale classificazione risulta utile per pretermine e delle nascite di bambini prematuri. Studi recenti
individuare l’entità del rischio. Ad esempio, un bambino AGA di hanno iniziato a rivelare quali sono i meccanismi molecolari alla
1.500 g nato a 32 settimane di gestazione ha un rischio di mortalità base del parto pretermine causato da infiammazione, e i recettori
molto più basso rispetto a un neonato SGA di 700 g nato alla stessa Toll-simili endogeni (TLR) sono emersi quali attori principali in
età gestazionale. Discutiamo rapidamente i sottogruppi di neonati questo processo, in quanto legano componenti batteriche come
che sono SGA e/o pretermine, poiché essi rappresentano una leganti naturali (Cap. 6). Nello specifico, gli esperimenti svolti
­percentuale significativa di mortalità perinatale. sulle cavie di topo hanno indicato l’attivazione del recettore
TLR-4, a opera dei lipopolisaccaridi batterici, come una delle
cause scatenanti del parto pretermine provocato da infiamma-
Cause Della Prematurità E Del Ritardo
zione. È stato ­postulato che i segnali prodotti dal recettore TRL-4
Dello Sviluppo Intrauterino
alterano l’espressione delle prostaglandine, che a loro volta indu-
La prematurità, definita come età gestazionale inferiore a 37 settima- cono le contrazioni del muscolo liscio uterino.
ne, è la seconda causa più comune di mortalità, seconda soltanto alle Anomalie strutturali uterine, cervicali, placentari: distorsione
anomalie congenite. L’American College of Obstetrics and ­Gynecology uterina (ad es. leiomiomi uterini), supporto strutturale compro-
(ACOG) ha stimato che il 12% di tutte le nascite negli Stati Uniti è messo della cervice (“incompetenza cervicale”), placenta previa
costituito da parti pretermine e, nonostante l’intensa attività di e distacco di placenta (Cap. 22) sono associati a un rischio mag-
­ricerca al riguardo, tale percentuale è aumentata nel corso dell’ultimo giore di nascite premature.
ventennio.10 I fattori di rischio maggiori comprendono: Gestazione multipla (gravidanza gemellare).

Rottura prematura delle membrane placentari (Preterm Premature I rischi ai quali il neonato prematuro è esposto sono molteplici e
Rupture of Placental Membranes, PPROM): la PPROM complica comprendono una o più delle condizioni elencate di seguito:
il 3% circa di tutte le gravidanze e costituisce la causa di almeno
un terzo di tutti i parti pretermine. La rottura delle membrane Malattia delle membrane ialine (sindrome da insufficienza respi-
prima dell’inizio del travaglio può essere spontanea o indotta. La ratoria neonatale)
PPROM si riferisce a una rottura delle membrane spontanea che Enterocolite necrotizzante
si verifica prima della 37a settimana di gestazione (da qui il ter- Sepsi
mine “pretermine”). Al contrario, la PROM si riferisce a una Emorragia intraventricolare
rottura delle membrane spontanea che si verifica dopo la 37a Complicanze a lungo termine, compreso il ritardo di crescita.
settimana di gestazione. Questa distinzione è importante poiché
dopo le 37 settimane i rischi associati per il feto sono notevol- Sebbene i bambini prematuri abbiano un basso peso alla nascita,
mente ridotti. Sono stati identificati numerosi fattori clinici spesso questo risulta appropriato una volta aggiustato per la loro età
­correlati alla PPROM, tra i quali una storia pregressa di parto gestazionale. Al contrario, almeno un terzo dei bambini che pesano
pretermine, travaglio pretermine o perdite ematiche nel corso meno di 2.500 g è nato a termine. Pertanto, questi neonati sono
della gravidanza, tabagismo nella madre, cattive condizioni socio- caratterizzati da un ritardo di crescita piuttosto che da condizioni
economiche e nutrimento materno carente. Tra i possibili rischi di immaturità. Quindi, un ritardo di crescita fetale (Fetal Growth
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 447

Restriction, FGR) in genere è alla base dei neonati SGA. L’FGR è anche che l’insufficienza uteroplacentare è un’importante causa di
stato altresì chiamato ritardo di crescita intrauterina (Intrauterine riduzione dell’accrescimento. Tale insufficienza può essere causata da
Growth Retardation, IUGR); tuttavia, l’impiego del termine FGR anomalie vascolari ombelicali placentari (come ad es. quella causata
probabilmente riflette meglio la fisiopatologia di questa condizione.13 dall’arteria ombelicale singola, da un’inserzione anomala del funi-
I casi di FGR possono essere rilevati prima del parto attraverso le colo, da un emangioma placentare), rottura di placenta, placenta
misurazioni ecografiche delle varie dimensioni fetali, come previa, trombosi e infarto placentare, infezione placentare o gravidanze
il ­diametro biparietale, la circonferenza cranica, la circonferenza multiple (Cap. 22). In alcuni casi, la placenta può essere piccola senza
addominale, la lunghezza del femore (come indicatore di lunghezza alcuna causa sottostante rilevabile. Cause placentari di FGR tendono
fetale), il rapporto tra circonferenza cranica e addominale, tra a sfociare in ritardo di crescita asimmetrico (o sproporzionato) del
­lunghezza del femore e circonferenza addominale e il volume feto con relativa riduzione del cervello. Fisiologicamente, questo tipo
­intrauterino totale. I fattori noti che determinano FGR possono generale di FGR viene considerato come un’iporegolazione dell’ac-
essere ­distinti in tre principali gruppi: fetali, placentari e materni. crescimento nella seconda metà della gestazione causata da una
Fetali. I fattori fetali sono quelli che riducono intrinsecamente disponibilità limitata di nutrienti od ossigeno.
il potenziale di crescita del feto nonostante l’adeguato apporto nu- Il mosaicismo genetico confinato alla placenta (confined placental
tritivo dalla madre. Tra queste condizioni fetali prevalgono i disor- mosaicism) è una della maggiori cause di FGR scoperte recentemente
dini cromosomici, le anomalie congenite e le infezioni congenite. Le ed è stato documentato fino al 15% delle gravidanze con FGR.14 Più
anomalie cromosomiche possono essere rilevate fino al 17% dei feti in generale, il mosaicismo cromosomico è causato da possibili mu-
campionati per FGR e fino al 66% dei feti con malformazioni docu- tazioni genetiche in seguito alla formazione dello zigote. Il tipo di
mentate ecograficamente. Nel primo gruppo, le alterazioni compren- mosaicismo cromosomico varia a seconda del periodo di insorgenza
dono triploidia (7%), trisomia 18 (6%), trisomia 21 (1%), trisomia e della cellula da cui ha origine la mutazione. Ad esempio, le muta-
13 (1%) e una varietà di delezioni e traslocazioni (2%). L’infezione zioni genetiche che avvengono nella fase della prima o seconda di-
fetale deve essere presa in considerazione in tutti i lattanti con FGR. visione postzigotica danno origine a un mosaicismo costituzionale
Quelle più comunemente responsabili per FGR sono le infezioni del generalizzato del feto e della placenta. Al contrario, se la mutazione
gruppo TORCH (toxoplasmosi, rosolia, citomegalovirus, herpesvi- si verifica più tardi e all’interno del trofoblasto in divisione o
rus e altri virus e batteri, come la sifilide). I bambini che sono SGA nelle cellule extraembrionali progenitrici della massa cellulare
a causa di fattori fetali sono in genere caratterizzati da crescita in- ­interna (circa il 90% delle volte), ne conseguono alterazioni geneti-
trauterina simmetrica (altresì definita come FGR proporzionato), in che limitate alla placenta, oppure mosaicismo confinato alla placenta
cui tutti i sistemi organici sono analogamente coinvolti. (Fig. 10.6). L’espressione fenotipica che consegue a tale mosaicismo
Placentari. Nel corso del terzo trimestre di gravidanza, la vigo- placentare dipende sia dalla specifica alterazione citogenetica sia
rosa crescita fetale impone pesanti richieste alla via uteroplacentare. dalla percentuale di cellule coinvolte. Le trisomie cromosomiche, in
Di conseguenza, è estremamente importante che vi sia stata un’ade- particolare la trisomia 7, sono le anomalie documentate più
guata crescita placentare nel trimestre precedente e va considerato frequentemente.

Figura 10.6 Rappresentazione schematica del mosaicismo cromosomico costituzionale. A. Generalizzato. B. Limitato alla placenta. C. Limitato all’em-
brione. Si veda il testo per maggiori dettagli. (Modificata e ridisegnata da Kalousek DK: Confined placental mosaicism and intrauterine development. Pediatr
Pathol 10:69, 1990)
448 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

Materni. I fattori di gran lunga più frequenti associati a bambini “nati prima del tempo in questo mondo respirante”. L’incidenza della
SGA sono quelle condizioni materne che causano una riduzione del RDS è inversamente proporzionale all’età gestazionale. Si manifesta
flusso ematico placentare. Malattie vascolari, come la preeclampsia in circa il 60% dei neonati con meno di 28 settimane di gestazione,
(tossiemia gravidica) e l’ipertensione cronica, sono spesso cause sca­ nel 30% di quelli nati tra 28 e 34 settimane di gestazione e in meno
tenanti. Un’altra classe di patologie materne che viene con sempre del 5% di quelli nati dopo 34 settimane di gestazione.
maggiore frequenza correlata allo scenario FGR è costituita dalla Il difetto fondamentale nella RDS è il deficit genetico del surfactante
trombofilia ereditaria, come la mutazione del fattore V di Leiden polmonare. Come descritto nel Capitolo 15, il surfactante è costituito
(Cap. 4).15 Inoltre, le patologie ereditarie di ipercoagulabilità sono principalmente da dipalmitoil fosfatidilcolina (lecitina), in minori
altresì associate a ricorrenti interruzioni precoci di gravidanza. quantità da fosfatidilglicerolo e da due gruppi di proteine associate
L’elenco di ulteriori condizioni materne associate a neonati SGA è al surfactante. Il primo gruppo è composto dalle glicoproteine idro-
lungo, però vale la pena menzionarne alcune che si possono evitare file SP-A e SP-D, che hanno un ruolo nella difesa polmonare dell’ospi­
come l’abuso materno di narcotici, l’assunzione di alcool e il tabagismo te (immunità innata). Il secondo gruppo è costituito dalle proteine
intenso. I farmaci che causano FGR comprendono sia i teratogeni idrofobiche SP-B e SP-C, che, di concerto con i lipidi del surfactante,
classici, come gli antimetabolici, sia alcuni farmaci comunemente sono coinvolte nella riduzione della tensione superficiale a livello
somministrati in terapia, come la fenitoina. La malnutrizione ma- della barriera aria-sangue negli alveoli polmonari. Con una ridotta
terna (in particolare, ipoglicemia prolungata) può alterare la crescita tensione superficiale negli alveoli, è necessaria una pressione minore
fetale. Tuttavia, l’associazione tra i bambini SGA e lo stato nutrizio- per mantenerli aperti e quindi aerati. L’importanza delle proteine
nale della madre è una questione alquanto complessa. del surfactante nella normale funzionalità polmonare può essere
Il bambino SGA affronta un’evoluzione difficile, non solo nel dimostrata dalla comparsa di grave insufficienza respiratoria nei
periodo perinatale, quando deve lottare per la sopravvivenza, ma neonati con deficit congenito di surfactante causata da mutazioni
anche nell’infanzia e nella vita adulta. In base alle cause di FGR e, nei geni SFTPB o SFTBC.17
in minor misura, al grado di prematurità, vi è un alto rischio di Nel feto, la sintesi di surfactante a opera delle cellule alveolari di
morbilità sotto forma di handicap grave, disfunzione cerebrale, tipo II è accelerata dopo la 35a settimana di gestazione. Alla nascita,
deficit di apprendimento, alterazioni visive e uditive. il primo respiro della vita richiede alte pressioni inspiratorie per
espandere i polmoni. Con normali livelli di surfactante, i polmoni
mantengono fino al 40% del volume residuo dopo il primo respiro;
Sindrome Da Distress Respiratorio
in questo modo, i respiri successivi richiedono pressioni di inspira-
Nel Neonato (Rds)
zione di gran lunga inferiori. Con un deficit di surfactante, i polmoni
Sono molte le cause di insufficienza respiratoria nel neonato, tra le collassano a ogni respiro successivo, e così i neonati devono sforzarsi
quali l’eccessiva sedazione della madre, traumatismo encefalico fetale duramente a ogni successivo respiro così come hanno fatto con il
durante il parto, aspirazione di sangue o liquido amniotico e ipossia primo. Il problema dei polmoni rigidi atelettasici è associato alla
intrauterina per spiralizzazione del cordone ombelicale intorno al lassità della parete toracica che viene tirata quando il diaframma si
collo. La causa più frequente, comunque, è la RDS, nota anche come abbassa. L’atelettasia progressiva e la ridotta compliance polmonare
malattia delle membrane ialine per la formazione di uno strato di poi portano a una sequenza di eventi, come illustrato nella
materiale ialino proteinaceo nelle vie aeree periferiche dei bambini Figura 10.7, risultanti in una essudazione ricca di fibrina e proteine
che soccombono a questa condizione. Ogni anno negli Stati Uniti negli spazi alveolari con formazione di membrane ialine. Le mem-
vengono riportati 24.000 casi di RDS e i miglioramenti nel fronteg- brane fibrinoialine costituiscono una barriera allo scambio gassoso,
giare questa condizione hanno contribuito a ridurre drasticamente portando a ritenzione di anidride carbonica e a ipossiemia. L’ipos-
i decessi dovuti a insufficienza respiratoria dai 5.000 casi all’anno siemia di per sé compromette ulteriormente la sintesi di surfactante
riscontrati nel corso del decennio precedente a meno di 900 casi.16 instaurando così un circolo vizioso.
Nei bambini non curati (che non ricevono surfactante), la RDS La sintesi di surfactante è modulata da vari ormoni e fattori di
si presenta in genere con modalità stereotipate, connotate dalle se- crescita inclusi cortisolo, insulina, prolattina, tiroxina e TGFb. Il
guenti caratteristiche cliniche: il bambino è quasi sempre pretermine ruolo dei glucocorticoidi è particolarmente significativo. Condizioni
e AGA, e vi sono delle forti, ma non invariabili, associazioni con il associate a stress intrauterino e FGR che aumentano il rilascio di
sesso maschile, il diabete materno e il parto cesareo. La rianimazione corticosteroidi diminuiscono il rischio di sviluppare una RDS. La
può essere necessaria alla nascita, ma in genere entro pochi minuti sintesi di surfactante può essere soppressa dagli alti livelli ematici
la ritmica respiratoria e un colore normale sono ripristinati. Subito compensatori di insulina nei figli di madri diabetiche, che contrasta
dopo, spesso nell’arco di 30 minuti, la respirazione diventa più dif­ gli effetti degli steroidi. Questo potrebbe spiegare, in parte, perché
ficile ed entro le prime ore la cianosi risulta evidente. Alcuni rantoli neonati di madri diabetiche corrono un rischio più alto di sviluppare
fini possono essere auscultati in entrambi i campi polmonari. A una RDS. È noto che il travaglio aumenta la sintesi di surfactante;
questo stadio una radiografia del torace rivela generalmente opacità quindi, i tagli cesarei prima dell’inizio del travaglio possono aumen-
reticologranulari piccole e uniformi, che danno luogo alla cosiddetta tare il rischio di RDS.
immagine a vetro smerigliato. Nella fase conclamata, l’insufficienza
respiratoria persiste, aumenta la cianosi, e nemmeno la sommini-
strazione dell’ossigeno all’80% attraverso vari metodi ventilatori Morfologia All’esame macroscopico i polmoni sono carat-
riesce a migliorare la situazione. Tuttavia, se la terapia riesce ad teristici. Nonostante siano di dimensioni normali, essi sono
evitare la morte durante i primi 3 o 4 giorni, il bambino ha una solidi, privi d’aria e rosso porpora, simili al colore del fega-
eccellente possibilità di recupero. to, e generalmente affondano nell’acqua. Microscopicamen-
Eziologia e patogenesi. L’immaturità dei polmoni è il più impor- te, gli alveoli sono poco sviluppati e quelli che sono
tante humus su cui si sviluppa questa condizione. Può essere riscon- ­presenti sono collassati (Fig. 10.8). Quando il lattante muore
trata in bambini a termine però è molto meno frequente che nei
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 449

­ recocemente nel corso della malattia, si possono osservare


p
residui necrotici cellulari nei bronchioli terminali e nei dotti
­alveolari. Il materiale necrotico viene incorporato nelle mem-
brane ialine eosinofile che rivestono i bronchioli respiratori,
i dotti alveolari e alcuni alveoli. Le membrane sono in gran
parte composte da fibrina mescolata a detriti cellulari derivati
principalmente dagli pneumociti necrotici di II tipo. La se-
quenza di eventi che conduce alla formazione di membrane
ialine è illustrata nella Figura 10.7. Vi è una notevole scarsità
di neutrofili nelle reazioni infiammatorie associate a queste
membrane. Le lesioni della malattia delle membrane ialine
non vengono mai riscontrate nei nati morti.
Nei neonati che sopravvivono più di 48 ore avvengono dei
cambiamenti riparativi a livello dei polmoni. L’epitelio alveo­
lare prolifera sotto la superficie della membrana, che può Figura 10.8 Malattia delle membrane ialine. Si alternano atelettasia e
desquamare all’interno dello spazio aereo, dove può andare dilatazione degli alveoli. Si noti la spessa membrana ialina eosinofila che
incontro a digestione parziale o fagocitosi a opera dei riveste gli alveoli dilatati.
macrofagi.

bambino nonché dall’immediatezza con cui viene applicata la tera-


Evoluzione clinica. Sebbene sia stata descritta da tempo una pia. Un elemento fondamentale nel controllo della RDS è la preven-
classica presentazione clinica prima dell’era del trattamento con il zione, attuata ritardando il travaglio fino al raggiungimento della
surfactante esogeno, la reale evoluzione clinica e la prognosi per la RDS maturità polmonare o inducendo la maturazione del polmone nel
neonatale dipendono dalla maturazione e dal peso alla nascita del feto a rischio. Per raggiungere questi obiettivi la capacità di valutare
in modo accurato la maturità polmonare fetale è fondamentale.
Poiché le secrezioni polmonari vengono eliminate nel liquido
­amniotico, lo studio dei fosfolipidi del liquido amniotico fornisce
una buona stima del livello di surfactante che riveste l’alveolo. La
somministrazione profilattica di surfactante esogeno alla nascita a
bambini con estrema prematurità (età gestazionale 26-28 settimane)
e la somministrazione di surfactante a prematuri più grandi e
­sintomatici si sono dimostrate estremamente efficaci, tanto che oggi
è raro che i lattanti muoiano per RDS acuta. Inoltre, i corticosteroidi
antenatali diminuiscono la morbilità e la mortalità neonatali quando
vengono somministrati a madri con minaccia di parto prematuro
nel periodo che va dalle 24 alle 34 settimane di gestazione. Dopo la
nascita, un passo fondamentale del trattamento è l’utilizzo
della terapia sostitutiva con surfactante e ossigeno, abitualmente
effettuata attraverso vari metodi di assistenza ventilatoria, comprese
le ventilazioni ad alta frequenza.
Nei casi non complicati, il recupero comincia a verificarsi entro 3
o 4 giorni. La terapia, tuttavia, comporta il rischio, attualmente ben
riconosciuto, di tossicità da ossigeno, causata dai radicali liberi deri-
vati dall’ossigeno. Alte concentrazioni di ossigeno somministrato per
periodi prolungati causano due complicanze ben note: la fibroplasia
retrolenticolare (anche chiamata retinopatia del prematuro) negli occhi
(Cap. 29) e la displasia broncopolmonare. La retinopatia è stata attri-
buita ad alterazioni nell’espressione del fattore di crescita endoteliale
vascolare (VEGF), che è fortemente indotto dall’ipossia/ischemia, e
agisce anche come fattore di sopravvivenza per le cellule endoteliali
e come promotore dell’angiogenesi (Cap. 3).18 Durante la fase iniziale
iperossica della terapia della RDS (fase I), il VEGF è notevolmente
diminuito e causa apoptosi della cellula endoteliale; il VEGF aumenta
dopo il ritorno alla respirazione con l’aria ambientale relativamente
ipossica, provocando la proliferazione dei vasi retinici (neovascola-
rizzazione) caratteristica delle lesioni nella retina.
La displasia broncopolmonare (BPD), originariamente descritta nel
1967, è ora rara nei lattanti di peso superiore a 1.200 g alla nascita o
Figura 10.7 Diagramma della fisiopatologia della sindrome da insuffi- di età gestazionale superiore a 30 settimane. Le tecniche di ventila-
cienza respiratoria (si veda il testo). zione meno aggressive, la terapia corticosteroidea prenatale e i
450 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

t­ rattamenti con surfactante hanno ridotto il danno polmonare severo Se, come spesso accade, si evitano gli effetti tossici dell’ossigeno,
nei bambini più robusti e maturi. La definizione di BPD si è sviluppata e si riesce a tenere in vita il bambino per circa 3 o 4 giorni, si può
negli ultimi anni proprio in riferimento a queste tendenze. Per porre anticipare la guarigione dei lattanti di 31 o più settimane di gestazione
una diagnosi di BPD è necessario applicare una terapia di ossigeno senza sequele permanenti. I bambini che guariscono da BPD presen-
della durata di almeno 28 giorni ai bambini di oltre 36 settimane di tano un maggiore rischio di sviluppare una varietà di altre compli-
età postmestruale.19 La descrizione istopatologica originale della BPD canze associate alla nascita pretermine; le più importanti tra queste
denotava un’iperplasia dell’epitelio respiratorio e una metaplasia squa- sono la pervietà del dotto arterioso, l’emorragia intraventricolare e
mosa, un ispessimento delle pareti alveolari e fibrosi sia peribronchiale l’enterocolite necrotizzante. Quindi, nonostante gli attuali progressi
sia interstiziale. Le alterazioni maggiori contemplate nella “nuova” tecnologici contribuiscano a salvare molti lattanti dalla RDS, questi
BPD si traducono in una nuova riduzione nella sepimentazione alveo­ fanno anche emergere la grande fragilità del neonato immaturo.
lare (che si manifesta con strutture allargate e appiattite) e una confi-
gurazione capillare dismorfica. Pertanto, il punto di vista attuale indica Enterocolite Necrotizzante
che la BPD sia causata da un arresto potenzialmente reversibile dello
sviluppo della sepimentazione alveolare nella fase sacculare. L’enterocolite necrotizzante (NEC) è più frequente nel prematuro,
Vi sono molteplici fattori che contribuiscono alla BPD e che pro- con un’incidenza inversamente proporzionale all’età gestazionale. Si
babilmente agiscono in aggiunta o in sinergia per dare origine alla osserva in 1 bambino su 10 di peso molto basso alla nascita (1.500 g).
lesione polmonare.20 Questi fattori sono l’iperossiemia, l’iperventila- Ogni anno negli Stati Uniti si verificano circa 2.500 casi.
zione, la prematurità, le citochine infiammatorie e lo sviluppo vasco- La patogenesi della NEC è incerta, però è con buona probabilità
lare ritardato. L’ossigeno da solo può arrestare la sepimentazione dei multifattoriale. Oltre alla prematurità, molti dei casi sono associati
polmoni nello stadio di sviluppo sacculare, nei neonati trattati con alla nutrizione enterale, suggerendo che qualche insulto postnatale
livelli più alti di ossigeno supplementare in presenza di una malattia (come l’introduzione di batteri) metta in moto la cascata che culmina
polmonare più persistente. La ventilazione meccanica di animali nella distruzione del tessuto. Mentre è probabile che gli agenti infet-
pretermine senza l’esposizione contemporanea ad alti livelli di ossi- tivi abbiano un ruolo nella patogenesi della NEC, nessun tipo di
geno supplementare determina altresì le lesioni patologiche tipiche agente patogeno è stato correlato a questa malattia. Alla NEC è stato
della BPD. I livelli di una varietà di citochine proinfiammatorie (TNF, associato un grosso numero di mediatori infiammatori la cui tratta-
interleuchine-1b [IL-1b], IL-6 e IL-8) sono più alti negli alveoli di zione esula dalle finalità di questo libro. Un mediatore particolare,
bambini che sviluppano la BPD. La stessa alterazione nelle cavie di il fattore di attivazione delle piastrine (PAF), è implicato nell’aumento
animali arriva a compromettere la sepimentazione alveolare sugge- della permeabilità mucosa causando apoptosi dell’enterocita e com-
rendo un ruolo delle citochine nell’arrestare lo sviluppo polmonare.21 promettendo la saldatura delle giunzioni intercellulari, quindi “get-
Recenti studi su modelli sperimentali inerenti lo sviluppo polmonare tando benzina sul fuoco.”23 I campioni di siero e le perdite fecali di
hanno anche dimostrato che una vascolarizzazione appropriata bambini con NEC dimostrano livelli più alti di PAF rispetto ai gruppi
nell’area mesenchimale è un requisito fondamentale per permettere di controllo. Infine, la distruzione della barriera mucosa consente la
la ramificazione dell’epitelio. A sostegno di quanto menzionato sopra, migrazione transluminale dei batteri intestinali, portando a un
i bambini che soccombono alla BPD spesso dimostrano capillari di- circolo vizioso di infiammazione, necrosi della mucosa, e altro in-
smorfici e livelli ridotti nel fattore di crescita angiogenico, VEGF.22 gresso di batteri che alla fine culmina in sepsi e shock (Cap. 4).

Figura 10.9 Enterocolite necrotizzante (NEC). A. Esame autoptico in un caso di NEC grave che mostra l’intero intestino tenue marcatamente disteso
con una parete molto sottile (abitualmente questo implica imminente perforazione). B. La parte congesta dell’ileo corrisponde alle aree di infarcimento
emorragico e, al microscopio, di necrosi transmurale. Bolle di gas sottomucose (pneumatosis intestinalis) possono essere osservate in diverse aree
(frecce).
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 451

Il decorso clinico è abbastanza tipico, con l’inizio di perdite fecali


ematiche, distensione addominale e sviluppo di collasso circolatorio.
Le radiografie addominali dimostrano spesso la presenza di gas nella
parete intestinale (pneumatosis intestinalis). La NEC coinvolge di
solito l’ileo terminale, il cieco e il colon destro, sebbene possa essere
interessata qualunque parte dell’intestino tenue o crasso. Il segmento
interessato è dilatato, friabile e congesto o può essere effettivamente
gangrenoso; si può inoltre osservare una perforazione intestinale
accompagnata da peritonite. Microscopicamente, si possono osser-
vare necrosi coagulativa mucosale o transmurale, ulcerazione, co-
lonizzazione batterica e bolle di gas sottomucoso (Fig. 10.9). Poco
dopo l’episodio acuto possono iniziare delle modificazioni riparative,
quali la formazione di tessuto di granulazione e fibrosi. Se scoperta
precocemente, la NEC può essere spesso trattata in maniera conser-
vativa, tuttavia molti casi (20-60%) richiedono la resezione dei seg-
menti intestinali necrotici. La NEC è associata a un’alta mortalità Figura 10.10 Midollo osseo di un neonato infettato da parvovirus B19.
perinatale; quelli che sopravvivono spesso sviluppano stenosi post- Le frecce indicano due precursori eritroidi con grandi inclusioni intranucleari
NEC a causa della fibrosi derivante dal processo di guarigione. omogenee e cromatina residua disposta in periferia.

Il parvovirus B19, che causa l’erythema infectiosum o “quinta


Infezioni perinatali malattia”, che colpisce in genere i bambini immunocompetenti più
grandi, può infettare dall’1 al 5% delle donne gravide e la stragrande
Le infezioni dell’embrione, del feto e del neonato si manifestano con maggioranza ha una gravidanza normale. Le gravidanze che non
differenti modalità e sono menzionate come fattori eziologici in vanno a buon fine a fronte di un numero ristretto di infezioni
numerose altre sezioni di questo capitolo. Solitamente, le infezioni ­intrauterine, comprendono l’aborto spontaneo (particolarmente nel
fetali e perinatali sono acquisite attraverso una delle due vie prima- secondo trimestre), il feto nato morto, l’idrope fetale (si veda oltre)
rie, transcervicale (anche definita come ascendente) o transplacentare e l’anemia congenita. Il parvovirus B19 ha un particolare tropismo
(ematologica). Solo occasionalmente le infezioni seguono entrambe per le cellule eritroidi e si possono osservare inclusioni virali dia-
le vie in quanto un microrganismo ascendente infetta l’endometrio gnostiche nelle cellule progenitrici eritroidi precoci dei neonati
e quindi il circolo ematico placentare attraverso i villi coriali. ­infetti (Fig. 10.10).
Il gruppo di infezioni TORCH (si veda sopra) le raggruppa appun-
to insieme in quanto evoca manifestazioni cliniche e patologiche
Infezioni Transcervicali (Ascendenti)
simili, comprese febbre, encefalite, corioretinite, epatosplenomegalia,
La maggior parte delle infezioni batteriche e alcune di quelle virali polmonite, miocardite, anemia emolitica e lesioni vescicolari o cutanee
(ad es. herpes simplex II) sono acquisite per via cervicovaginale. Tali emorragiche. Se tali infezioni si verificano precocemente durante la
infezioni possono essere acquisite nella vita intrauterina o al mo- gestazione possono comportare complicanze croniche nel bambino
mento della nascita. Solitamente il feto acquisisce l’infezione per come il ritardo di crescita e mentale, cataratta, anomalie cardiache
inalazione di liquido amniotico infetto nei polmoni subito prima congenite e difetti ossei.
della nascita o per mezzo del passaggio attraverso il canale del parto
infetto. Come affermato precedentemente, la nascita pretermine è Sepsi
spesso una conseguenza sfortunata e può essere legata o alla lesione
e alla rottura del sacco amniotico, come diretta conseguenza dell’in- La sepsi perinatale può anche essere raggruppata clinicamente sulla
fiammazione, oppure all’induzione del travaglio dovuta al rilascio base di un esordio precoce (entro i primi 7 giorni di vita) contro sepsi
di prostaglandine dai neutrofili infiltranti. L’infiammazione delle a insorgenza tardiva (da 7 giorni a 3 mesi). La maggior parte dei casi
membrane placentari e del funicolo sono spesso dimostrabili, seb- di sepsi precoce viene acquisita alla nascita oppure poco tempo
bene la presenza o l’assenza e la gravità di corioamnionite non siano prima e tende a causare segni clinici e sintomi di polmonite, sepsi
necessariamente correlate alla gravità delle infezioni fetali. Le com- e, occasionalmente, meningite entro 4 o 5 giorni di vita. Lo strepto-
plicanze più frequenti nel feto infettato, in seguito a inalazione di cocco di gruppo B è il più comune germe isolato nelle sepsi precoci
liquido amniotico, sono la polmonite, la sepsi e la meningite. ed è anche la più comune causa di meningite batterica. Infezioni da
Listeria e Candida richiedono un periodo di latenza tra il momento
di inoculazione del microrganismo e la comparsa dei sintomi clinici
Infezioni Transplacentari
e si presentano come sepsi a esordio tardivo.
(Ematologiche)
Molte infezioni parassitarie (ad es. toxoplasma, malaria) e virali e
alcune infiammazioni batteriche (ad es. Listeria, Treponema) hanno Idrope fetale o eritroblastosi fetale
accesso al circolo fetale transplacentare attraverso i villi coriali.
Questa trasmissione ematogena può insorgere in qualsiasi momento L’idrope fetale si riferisce all’accumulo di liquido edemigeno nel feto
durante la gestazione oppure occasionalmente, come nel caso durante la crescita intrauterina. Fino a poco tempo fa, l’anemia
dell’epatite B e dell’HIV, al momento del parto attraverso la trasfu- emolitica causata da incompatibilità di gruppo sanguigno Rh tra
sione materno-fetale. Le manifestazioni cliniche di queste infezioni madre e feto (idrope immune) è stata la causa più comune, ma con
sono molto variabili e in gran parte dipendono dal tempo gestazio- il successo della profilassi contro questa patologia durante la gravi-
nale e dai microrganismi coinvolti. danza, le cause di idrope non immune sono emerse come principali
452 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

responsabili (si veda Tab. 10.4). L’accumulo di liquido intrauterino come barriera, o durante il parto stesso. La madre diventa così sen-
può essere ­abbastanza variabile, da progressivo, edema generalizzato sibilizzata agli antigeni estranei.
del feto (idrope fetale), condizione di solito letale, a gradi di edema Dei numerosi antigeni compresi nel sistema Rh, quello D è una
più localizzato, come versamenti pleurici e peritoneali isolati, o causa principale di incompatibilità Rh. Molteplici fattori possono
accumulo di liquido postnucale (igroma cistico, si veda oltre) com- influenzare la risposta immune ai globuli rossi fetali Rh positivi che
patibili con la vita. raggiungono il circolo materno.

La concomitante incompatibilità ABO protegge la madre dall’im-


Idrope Immune
munizzazione Rh perché i globuli rossi fetali sono rapidamente
L’idrope immune viene definita come malattia emolitica nel neonato ricoperti e rimossi dalla circolazione materna a opera di anticorpi
causata da incompatibilità di gruppo sanguigno tra la madre e il IgM anti-A o anti-B che non attraversano la placenta.
bambino. Quando il feto eredita i determinanti antigenici dei globuli La risposta anticorpale dipende dalla dose di antigene immuniz-
rossi dal padre che sono estranei per la madre, può verificarsi una zante; pertanto, la malattia emolitica si sviluppa soltanto quando
reazione immune materna che può portare alla malattia emolitica la trasfusione placentare materno-fetale è significativa (più di
nel lattante (in utero). I maggiori antigeni noti per indurre malattia 1 ml di globuli rossi Rh positivi fetali).
immunologica clinicamente significativa sono gli antigeni ABO, L’iniziale esposizione all’antigene Rh evoca la formazione di IgM,
alcuni antigeni Rh e i gruppi sanguigni. L’incidenza di idrope im- perciò la malattia da Rh risulta rara nella prima gravidanza.
mune nella popolazione si è ridotta notevolmente, soprattutto quale L’esposizione durante la gravidanza successiva generalmente
risultato dei metodi attuali di prevenzione della immunizzazione Rh conduce a un’intensa risposta da parte delle IgG e al rischio di
nelle madri a rischio. Un’efficace profilassi contro questa malattia è idrope immune.
il risultato della conoscenza della sua fisiopatologia.
Eziologia e patogenesi. La base sottostante dell’idrope immune L’incidenza dell’isoimmunizzazione Rh materna è notevolmente
è l’immunizzazione della madre contro gli antigeni di gruppo san- diminuita grazie all’uso di immunoglobuline Rhesus (RhIg) conte-
guigno dei globuli rossi fetali e il libero passaggio degli anticorpi nenti anti-anticorpi D. La somministrazione di RhIg a 28 settimane
dalla madre al feto attraverso la placenta (Fig. 10.11). I globuli rossi ed entro 72 ore dal parto a madri Rh negative riduce significativa-
fetali possono raggiungere la circolazione materna durante l’ultimo mente il rischio di malattia emolitica in neonati Rh positivi e nelle
trimestre di gravidanza, quando il citotrofoblasto non è più presente gravidanze successive. L’RhIg viene altresì somministrata in seguito
ad aborti, poiché anche questi ­ultimi ­possono ­portare ­all’immuniz-
zazione. Inoltre, l’identificazione prenatale e il trattamento dei feti a
rischio sono stati fortemente facilitati dall’amniocentesi e dall’otteni-
mento di campioni bioptici dei villi e prelievi ematici nel feto. Inoltre,
la clonazione del gene RHD si è dimostrata utile per determinare lo
stato Rh fetale usando sangue materno. Quando identificati, i casi di
grave emolisi intrauterina possono essere trattati con trasfusioni fetali
intravascolari attraverso il cordone ombelicale e un parto precoce.
La patogenesi dell’emolisi fetale causata da incompatibilità ABO
materno-fetale è lievemente differente da quella causata da differenze
nell’antigene Rh. L’incompatibilità ABO si verifica nel 20-25% circa
di gravidanze, ma prove laboratoristiche di malattia emolitica si ri-
scontrano solo in 1 caso su 10 di questi bambini, e la gravità della
malattia è sufficientemente elevata da richiedere un trattamento solo
in 1 caso su 200. Di questo sono responsabili diversi fattori. Primo,
la maggior parte degli anticorpi anti-A e anti-B sono del tipo IgM e
quindi non attraversano la placenta. Secondo, i globuli rossi neonatali
esprimono pochi antigeni di gruppo A e B. Terzo, molte cellule oltre
ai globuli rossi esprimono antigeni A e B e pertanto adsorbono alcuni
degli anticorpi trasferiti. La sindrome emolitica ABO si verifica quasi
esclusivamente nei lattanti di gruppo A o B che sono nati da madri
di gruppo O. Tuttavia, per ragioni ignote, alcune donne di gruppo
O possiedono anticorpi IgG diretti contro antigeni di gruppo A o B
(o tutti e due) anche senza precedente sensibilizzazione. Perciò, può
essere coinvolto il primogenito. Fortunatamente, anche con anticorpi
transplacentari acquisiti, la lisi dei globuli rossi del neonato è minima.
Inoltre, non c’è una protezione efficace contro le reazioni ABO.
Due sono le conseguenze dell’eccessiva distruzione di globuli rossi
nei neonati (si veda Fig. 10.11). La gravità di queste alterazioni varia
tuttavia considerevolmente a seconda del grado di emolisi e della
maturazione dei sistemi di organi nel bambino.

L’anemia è un risultato diretto della perdita di globuli rossi. Se


Figura 10.11 Patogenesi dell’idrope fetale immune (si veda il testo). l’emolisi è lieve, l’emopoiesi extramidollare nel fegato e nella milza
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 453

può essere sufficiente a mantenere normali livelli di globuli rossi. idrope fetale. Molto spesso, l’associazione tra le anomalie cardiache
Tuttavia, con un’emolisi più severa, si sviluppa un’anemia pro- strutturali e le aberrazioni cromosomiche formano la base dell’idro-
gressiva che può comportare una lesione ipotossica che interessa pe fetale. Nel fenotipo Turner, tuttavia, le alterazioni dei vasi linfatici
cuore e fegato. A causa della lesione del fegato, la sintesi delle del collo possono condurre ad accumulo di liquido postnucale
plasmaproteine diminuisce e i livelli di tali proteine possono (igromi cistici). Anche l’anemia fetale, non provocata da anticorpi
abbassarsi drasticamente fino a 2-2,5 mg/dl. L’ipossia cardiaca ABO- o Rh-associati, sfocia in idrope fetale. Infatti, in alcune parti
può portare a scompenso e insufficienza cardiaca. La combina- del mondo (ad es. nel Sud-Est asiatico), la grave anemia fetale dovuta
zione di una ridotta pressione oncotica plasmatica e di una mag- alla a-talassemia omozigote, è la causa più comune di idrope non
giore pressione idrostatica nel circolo ematico, (secondaria a immune. L’infezione transplacentare da parvovirus B19 sta rapida-
­insufficienza cardiaca) sfocia in un edema generalizzato e in un mente emergendo come una delle cause più importanti di idrope
anasarca che infine culminano in idrope fetale. fetale (si veda sopra). Il virus riesce a entrare nei precursori eritroidi
Inoltre, l’ittero si sviluppa in quanto l’emolisi produce bilirubina (normoblasti), dove si replica, portando ad apoptosi dei progenitori
non coniugata (Cap. 18). La bilirubina passa altresì attraverso la dei globuli rossi e ad aplasia midollare isolata. Inclusioni intranu-
barriera ematoencefalica poco sviluppata del lattante. Essendo cleari parvovirali possono essere evidenziate dentro i precursori
insolubile nell’acqua, si lega ai lipidi nel cervello causando un eritroidi circolanti e nel midollo (si veda Fig. 10.10). Circa il 10%
danno al sistema nervoso centrale denominato kernicterus o ittero dei casi di idrope fetale non immune è dovuto a gravidanze gemellari
nucleare (Fig. 10.14). monozigotiche e a trasfusione transgemellare che si verifica attra-
verso anastomosi tra i due circoli.
Idrope Non Immune
Le tre principali cause di idrope non immune comprendono difetti Morfologia I reperti anatomici nei feti con accumulo di li-
cardiovascolari, anomalie cromosomiche e anemia fetale (Tab. 10.4).24 quido intrauterino variano sia con la gravità della malattia
I difetti cardiovascolari, sia strutturali sia funzionali, come i difetti sia con l’eziologia sottostante. Come già menzionato, l’idrope
cardiaci congeniti e le aritmie, possono causare insufficienza cardiaca fetale rappresenta la manifestazione più grave e generalizzata
intrauterina e idrope. Tra le anomalie cromosomiche, il cariotipo (Fig. 10.12), e possono verificarsi gradi minori di edema come
45,X (sindrome di Turner) e le trisomie 21 e 18 sono associati a versamenti pleurici e peritoneali o raccolte di liquido post-
nucali. Di conseguenza, il bambino può nascere morto, mo-
rire entro pochi giorni o guarire completamente. La presenza
Tabella 10.4 Cause selezionate di idrope fetale di caratteristiche dismorfiche suggerisce un’anormalità cro-
non immune
mosomica congenita; l’autopsia può rivelare un’anomalia
cardiovascolari cardiaca sottostante.
Nell’idrope associato ad anemia fetale, entrambi, feto e pla-
Malformazioni
Tachiaritmia centa, sono tipicamente pallidi; nella maggior parte dei casi
Scompenso ad alta gittata fegato e milza sono ingrossati a causa di scompenso cardiaco
e congestione. Inoltre, il midollo osseo mostra iperplasia
cromosomiche
compensatoria dei precursori eritroidi (l’aplasia dei globuli
Sindrome di Turner rossi associata a parvovirus ne rappresenta un’eccezione
Trisomia 21, trisomia 18
notevole), ed emopoiesi extramidollare è presente nel fegato,
cause toraciche nella milza e probabilmente in altri tessuti come i reni, i pol-
Malformazione adenomatoide cistica moni e persino il cuore. L’aumento dell’attività emopoietica
Ernia diaframmatica è responsabile della presenza nella circolazione periferica di
grandi quantità di globuli rossi immaturi, compresi reticolociti,
anemia fetale
normoblasti, eritroblasti (eritroblastosi fetale) (Fig. 10.13).
a-talassemia omozigote Il pericolo più serio nell’idrope fetale riguarda un danno del
Parvovirus B19
sistema nervoso centrale noto come kernicterus (Fig. 10.14).
Idrope immune (Rh e ABO)
Le parti affette del cervello sono aumentate di volume ed
gestazione gemellare edematose e, se sezionate, presentano una pigmentazione
Trasfusione gemello-gemello giallo brillante, in particolare nei gangli della base, nel tala-
mo, nel cervelletto, nella materia grigia cerebrale e nel mi-
infezione (esclusi i parvovirus)
dollo spinale. Il preciso livello di bilirubina che provoca ittero
Citomegalovirus nucleare è imprevedibile, però per avere lesioni neurali sono
Sifilide necessari livelli ematici di bilirubina superiori a 20 mg/dl nel
Toxoplasmosi
neonato a termine; nel prematuro questa soglia può essere
malformazioni del tratto genitourinario notevolmente inferiore.
tumori

malattie metaboliche/genetiche Caratteristiche cliniche. Le manifestazioni di idrope fetale va-


riano in base alla gravità della malattia e possono essere dedotte
Nota: la causa di idrope fetale può essere indeterminata (“idiopatica”) fino
al 20% dei casi. Dati tratti da Machin GA: Hydrops, cystic hygroma, hydro-
dalla precedente trattazione. Bambini con forme lievi mostrano
thorax, pericardial effusions, and fetal ascites. In Gilbert-Barness E, et al (eds): pallore, spesso accompagnato da epatosplenomegalia (a cui può
Potter’s Pathology of Fetus, Infant, and Child. St. Louis, Mosby, 2007, p 33. aggiungersi ittero con una reazione emolitica più severa), mentre i
454 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

Figura 10.12 Idrope fetale. A. Vi è un accu-


mulo generalizzato di liquidi nel feto. B. L’accu-
mulo di liquidi è particolarmente spiccato nei
tessuti molli del collo; questa condizione è
stata definita igroma cistico. L’igroma cistico
tipicamente si presenta, ma non solo, con ano-
malie cromosomiche costituzionali come il
cariotipo 45,X0. (Per gentile concessione del
Dr. Beverly Rogers, Department of Pathology,
University of Texas Southwestern Medical
Center, Dallas, TX)

alcuni sono stati trattati nel Capitolo 5. Sono ereditari e, ­frequentemente,


sono malattie autosomiche recessive o X-linked; solo in alcuni casi si
tratta di malattie autosomiche dominanti. Le malattie mitocondriali
(Cap. 5) formano un’entità a sé stante. Nella Tabella 10.5 sono elen-
cate alcune caratteristiche cliniche che suggeriscono una patologia
metabolica neonatale. Tre difetti metabolici genetici quali la fenil-
chetonuria (PKU), la galattosemia e la fibrosi cistica sono stati qui
selezionati per la trattazione. Sono state descritte la PKU e la galat-
tosemia poiché la loro diagnosi precoce (mediante programmi di

Figura 10.13 Numerose isole di emopoiesi extramidollare (piccole


cellule blu) sono sparse tra gli epatociti maturi in questo bambino con idrope
fetale non immune.

neonati più gravi presentano intenso ittero, edema generalizzato e


segni di danno neurologico. Questi bambini possono essere trattati
con una varietà di misure terapeutiche, quali fototerapia (la luce
visibile ossida la bilirubina non coniugata tossica formando dipirroli
innocui, rapidamente escreti e idrosolubili) e, nei casi gravi,
­esanguinotrasfusione del bambino.

Errori congeniti del metabolismo


e altre malattie genetiche
Sir Archibald Garrod coniò il termine errori congeniti del m
­ etabolismo
nel 1908; da allora il numero di patologie genetiche ben definite che
danno luogo ad alterazioni metaboliche congenite è aumentato Figura 10.14 Kernicterus. Si noti la colorazione giallastra del parenchima
esponenzialmente ma questo esula dallo scopo di questo capitolo. cerebrale a causa di accumulo di bilirubina, che è molto accentuata nei
La maggior parte degli errori congeniti del metabolismo sono rari e gangli basali fino in fondo ai ventricoli.
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 455

Tabella 10.5 Anomalie che suggeriscono errori modesti aumenti dei livelli di fenilalanina, senza danni neurologici
congeniti del metabolismo associati. ­Quest’ultima condizione, riferita come iperfenilalaninemia
benigna, è ­importante da riconoscere in quanto tali individui pur
generali essendo positivi al test di screening, non sviluppano i segni della
Caratteristiche dismorfiche PKU classica. La misurazione dei livelli sierici di fenilalanina diffe-
Sordità renzia l’iperfenilalaninemia benigna dalla PKU classica, con con-
Automutilazione centrazioni in genere superiori a 600 mM nella PKU (concentrazioni
Capelli anormali
Odore anomalo del corpo o delle urine (“piede sudato”; odore
normali di fenilalanina, invece, sono inferiori a 120 mM).
“di topo o di muffa”, di “sciroppo d’acero”) Le alterazioni biochimiche della PKU riguardano un’incapacità a
Epatosplenomegalia; cardiomegalia convertire la fenilalanina in tirosina. Nei bambini normali, è neces-
Idrope sario meno del 50% di assunzione alimentare di fenilalanina affinché
neurologiche
avvenga la sintesi proteica. Il resto è irreversibilmente convertito in
tirosina nel fegato a opera della PAH, come parte di un complesso
Ipotonia o ipertonia
Coma
sistema metabolico, il sistema epatico della PAH (Fig. 10.15), che,
Letargia persistente oltre all’enzima PAH, ha altre due componenti: il cofattore tetraidro­
Convulsioni biopterina (BH4) e l’enzima diidropteridina reduttasi, che rigenera
BH4. Sebbene la iperfenilalaninemia neonatale possa essere causata
gastrointestinali
da deficit in ciascuno di queste componenti, circa il 98% dei casi è
Scarsa alimentazione attribuibile ad anomalie nella PAH e il rimanente 2% ad alterazioni
Vomito ricorrente
Ittero
nella sintesi o nel recupero di BH4. Il BH4 non è soltanto un cofattore
essenziale per la PAH, ma è anche necessario per l’idrossilazione di
oculari tirosina e triptofano. Difetti concomitanti nella fase di recupero di
Cataratta BH4 interferiscono con la sintesi dei neurotrasmettitori. Di conse-
Macchia rosso ciliegia guenza, nei pazienti che presentano difetti nel recupero di BH4 il
Lussazione del cristallino danno neurologico non si arresta benché si verifichi una normaliz-
Glaucoma
zazione dei livelli di fenilalanina. Sebbene i pazienti con iperfenila-
muscolari, articolari laninemia siano una minoranza, è importante riconoscere queste
Miopatia varianti di PKU poiché la progressione dei disturbi neurologici non
Mobilità anormale può essere prevenuta solo con un controllo dietetico dei livelli di
fenilalanina.
Adattata da Barness LA and Gilbert Barness E: Metabolic diseases. In
Gilbert-Barness E, et al (eds): Potter’s Pathology of Fetus, Infant, and Child. I soggetti con PKU “classica” hanno un grave deficit di PAH
St. Louis, Mosby, 2007, p 33. che porta a iperfenilalaninemia insieme alle relative conseguenze
patologiche. Con un blocco nel metabolismo della fenilalanina per
la ­mancanza di PAH, entrano in gioco vie minori, ottenendo acido
screening neonatale) è particolarmente importante, dato che regimi fenilpiruvico, fenillattico, fenilacetico e o-acido idrossifenilacetico,
alimentari appropriati possono prevenire la morte precoce o il ri- che, nella PKU, sono escreti in grande quantità attraverso le urine.
tardo mentale. La fibrosi cistica è stata inclusa perché è una delle Alcuni di questi metaboliti anomali sono escreti nel sudore, a cui in
malattie più comuni e potenzialmente letali che si osserva in soggetti particolare l’acido fenilacetico impartisce un forte odore di topo o
di origine caucasica. Lo screening neonatale della fibrosi cistica resta di muffa, caratteristico di questi bambini affetti. Si ritiene che l’ec-
un argomento controverso, con benefici e rischi molto meno chiari cesso di fenilalanina o di un suo metabolita contribuisca a causare
che nelle altre due malattie. un danno al cervello nei casi di PKU. I neonati affetti sono normali
alla nascita ma entro alcune settimane sviluppano un aumento
plasmatico dei livelli di fenilalanina che in qualche modo compro-
Fenilchetonuria (Pku)
mette lo sviluppo cerebrale. Solitamente dopo i 6 mesi di vita, diviene
La PKU è caratterizzata da alterazioni del metabolismo della evidente un grave ritardo mentale; meno del 4% dei bambini con
­fenilalanina, che esitano in iperfenilalaninemia. La PKU è una con- PKU non trattata ha un quoziente di intelligenza con valori superiori
dizione autosomica recessiva e nella grande maggioranza dei casi è a 50 o 60. Circa un terzo di questi bambini non acquisisce la deam-
causata da mutazioni bialleliche del gene che codifica l’enzima bulazione autonoma e i due terzi non apprendono il linguaggio.
­fenilalanina idrossilasi (PAH). Tuttavia, la grande varietà di presen- Convulsioni e altre anomalie neurologiche, come ipopigmentazio-
tazioni cliniche sottolinea le complessità genetiche che innescano ne cutanea e dei peli ed eczema, spesso accompagnano il ritardo
anche malattie classiche “mendeliane” come la PKU.25 A livello
molecolare, più di 500 malattie associate agli alleli del gene PAH
sono state identificate nelle popolazioni di tutto il mondo. Ogni
mutazione provoca una particolare alterazione quantitativa sul-
l’enzima risultante con un’attività residua che va dalla completa as-
senza al 50% dei valori normali. Il grado di iperfenilalaninemia e
fenotipo clinico è inversamente proporzionale all’attività enzimatica
residua. Lattanti con mutazioni che risultano in una carenza nell’at-
tività di PAH si presentano con le classiche caratteristiche della PKU,
mentre quelli con un’attività residua superiore al 6% presentano una
malattia più lieve. Inoltre, alcuni tipi di mutazioni causano solo Figura 10.15 Sistema della fenilalanina idrossilasi.
456 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

Figura 10.16 Vie del metabolismo del galattosio. ADP, adenosina difosfato; ATP, adenosina trifosfato; UDP, uridina difosfato.

­ entale in bambini non trattati. L’iperfenilalaninemia e il conse-


m galattosio-1-fosfato-uridil-transferasi (noto anche come GALT), coin-
guente ritardo mentale potrebbero essere evitati tramite restrizione volto nella reazione 2. La variante rara è legata a un deficit di galatto-
di fenilalanina nella dieta nelle prime settimane di vita. Pertanto chinasi, coinvolta nella reazione 1. Poiché la carenza di galattochinasi
sono utilizzate numerose tecniche di screening routinario per la conduce a una forma più leggera di malattia non associata a ritardo
rivelazione della PKU nell’immediato periodo postnatale. mentale, non verrà considerata nella trattazione seguente. Come
Molte femmine affette da PKU clinicamente normali che vengono risultato di una mancanza della transferasi, il galattosio-1-fosfato si
sottoposte a un controllo alimentare nelle prime settimane di vita, accumula in molte sedi compresi fegato, milza, cristallino, reni, mu-
raggiungono l’età feconda. In caso di discontinuità nel regime scolo cardiaco, corteccia cerebrale ed eritrociti. Vengono allora atti-
­dietetico, il risultato sarebbe l’iperfenilalaninemia. Il 75-90% dei vate vie alternative del metabolismo, che portano alla produzione del
bambini nati da queste donne presenta ritardo mentale e microce- galattitolo (un poliolo metabolita del galattosio) e del galattonato (un
falia, e il 15% è affetto da cardiopatie congenite, sebbene gli stessi sottoprodotto ossidato di galattosio in eccesso) che si accumulano
neonati siano eterozigoti. Questa sindrome, chiamata PKU materna, entrambi nei tessuti. La tossicità a lungo termine nei galattosemici è
risulta legata agli effetti teratogeni della fenilalanina o dei suoi me- stata variamente imputata a tali intermedi metabolici.28 Negli etero-
taboliti che attraversano la placenta e agli effetti specifici sugli organi zigoti può presentarsi un lieve deficit ma sono risparmiate le conse-
fetali durante lo sviluppo. La presenza e la gravità delle anomalie guenze cliniche e patologiche della condizione omozigote.
fetali sono direttamente correlate ai livelli plasmatici di fenilalanina Il quadro clinico è variabile, probabilmente perché riflette l’ete-
materni per cui è fondamentale che la dieta materna priva di fenila- rogeneità delle mutazioni del gene del galattosio-1-fosfato-uridil-
lanina sia iniziata prima del concepimento e protratta per tutta la transferasi che portano alla galattosemia. Il fegato, gli occhi e il
durata della gravidanza. cervello subiscono le conseguenze maggiori. La precoce epatome-
Sebbene una dieta carente di fenilalanina sia generalmente effi- galia è dovuta alla degenerazione grassa ma nel tempo può compa-
cace nel ridurre o prevenire il ritardo mentale associato alla PKU, ci rire una diffusa cicatrizzazione somigliante alla cirrosi da etilismo
sono numerose complicanze a lungo termine (consistenti in un (Fig. 10.17). L’opacizzazione del cristallino (cataratta) si sviluppa,
declino delle funzioni mentali o comportamentali) e squilibri nu- probabilmente perché il cristallino assorbe acqua e zuccheri come
trizionali che interessano gli oligoelementi minerali, gli acidi grassi
e i lipidi. Un sottoinsieme di pazienti con mutazioni missense della
PAH risultano responsivi a dosaggi farmacologici di BH4; alcune
analisi recenti hanno previsto che circa la metà delle mutazioni della
PAH prevalenti in alcune popolazioni è “responsiva al BH4”.26 Data
l’assenza di anormalità primarie del BH4 in questi pazienti, si ritiene
che questo cofattore agisca da molecola “accompagnatrice”, preve-
nendo la degradazione della proteina PAH mal ripiegata. Il ripristino
permanente dell’attività della PAH mediante terapia genica resta
l’obiettivo finale; recenti studi sulla PKU condotti su modelli animali
hanno infatti prodotto risultati incoraggianti.27

Galattosemia
La galattosemia è una malattia autosomica recessiva del metabolismo
del galattosio. Normalmente il lattosio, principale carboidrato del
latte materno, è scisso in glucosio e galattosio dalle lattasi dei villi
intestinali. Il galattosio viene poi convertito in glucosio attraver- Figura 10.17 Galattosemia. Il fegato mostra degenerazione grassa e
so tre fasi (Fig. 10.16). Sono state identificate due varianti della una lieve fibrosi. (Per gentile concessione del Dr. Wesley Tyson, The
­galattosemia. Nella variante più comune, vi è una totale mancanza di ­Children’s Hospital, Denver, CO)
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 457

il galattitolo, prodotto da vie metaboliche alternative, che si accumula una maggiore incidenza di patologie respiratorie e pancreatiche
e aumenta la sua tonicità. Compaiono alterazioni aspecifiche a livello ­rispetto alla popolazione generale.29,30 Inoltre, nonostante la classifi-
del sistema nervoso centrale, inclusi perdita delle cellule nervose, cazione della fibrosi cistica come malattia “mendeliana”, vi sono
gliosi ed edema, in particolare nel nucleo dentato del cervelletto e molteplici gradi di variazione fenotipica derivanti da diverse muta-
nei nuclei olivari del midollo. Possono presentarsi alterazioni simili zioni nel gene della fibrosi cistica, dagli effetti tessuto-specifici di
nella corteccia cerebrale e nella sostanza bianca. questo gene, e dall’influenza di modificatori della malattia ricono-
Questi bambini presentano difetti della crescita già dalla nascita. sciuti recentemente.31
Vomito e diarrea compaiono entro pochi giorni dall’ingestione del Il gene associato alla fibrosi cistica: normale struttura e fun-
latte. Ittero ed epatomegalia in genere si manifestano nel corso delle zione. Nei dotti epiteliali normali, il cloruro è trasportato da canali
prime settimane di vita e possono apparire come la continuazione della membrana plasmatica (canali del cloruro). Il difetto primitivo
dell’ittero fisiologico del neonato. La cataratta si sviluppa entro al- nella fibrosi cistica è causato da un’anomala funzione della proteina
cune settimane ed entro i primi 6-12 mesi di vita può insorgere il del canale epiteliale del cloruro codificata dal regolatore della condut-
ritardo mentale. Tuttavia, persino nei bambini non trattati, il deficit tanza transmembrana della fibrosi cistica (CFTR) il cui gene si trova
mentale non è così grave come quello della PKU. L’accumulo di sul cromosoma 7q31.2. La catena polipeptidica di 1.480 amminoacidi
galattosio e galattosio-1-fosfato nel rene compromette il trasporto codificata dal CFTR ha due domini transmembrana (ciascuno con-
attivo degli amminoacidi causando amminoaciduria. Si osserva una tenente sei a-eliche), due domini citoplasmatici leganti i nucleotidi
maggiore frequenza di setticemia fulminante da Escherichia coli, forse (NBD) e un dominio regolatore (dominio R), che contiene i siti di
legata a un’attività antibatterica depressa dei neutrofili. Nel periodo fosforilazione delle protein-chinasi A e C (Fig. 10.18). I due domini
neonatale possono presentarsi anche emolisi e coagulopatia.
La diagnosi di galattosemia può essere sospettata in seguito al
riscontro della presenza nelle urine di un altro zucchero riduttore
oltre al glucosio. Tuttavia, i test che permettono di identificare di-
rettamente il deficit della transferasi nei leucociti e negli eritrociti
sono più affidabili. La diagnosi prenatale è possibile saggiando l’at-
tività GALT nelle colture delle cellule del liquido amniotico o deter-
minando i livelli di galattosio nel liquido amniotico. Sono state
documentate più di 140 mutazioni di GALT; tra queste, una sosti-
tuzione della glutammina con l’arginina al codone 188 (Gln188Arg),
che rappresenta la mutazione più frequente tra i bianchi non ispanici
mentre la sostituzione di serina con leucina al codone 135 (Ser135-
Leu) è la mutazione più comune negli afroamericani.
Si possono prevenire o migliorare molti dei cambiamenti clinici e
morfologici della galattosemia mediante la rimozione precoce del
galattosio dalla dieta per almeno i primi 2 anni di vita. Un controllo
istituito subito dopo la nascita impedisce la comparsa della cataratta
e delle lesioni epatiche consentendo uno sviluppo pressoché nor-
male. Anche con una restrizione dietetica, tuttavia, è ampiamente
dimostrato che i pazienti più grandi siano spesso affetti da disturbi
del linguaggio e insufficienza gonadica (in particolare la precoce
defunzionalizzazione dell’ovaio) e, meno comunemente, da un
­disturbo atassico.

Fibrosi Cistica (Mucoviscidosi)


La fibrosi cistica è una malattia del trasporto ionico epiteliale che
colpisce la secrezione dei liquidi delle ghiandole esocrine e l’epitelio di
rivestimento del tratto respiratorio, gastrointestinale e riproduttivo. In
molti bambini, questa patologia conduce a una viscosità abnorme
delle secrezioni mucose, che ostruiscono gli organi cavi, causando
la gran parte delle caratteristiche cliniche di questa patologia, come Figura 10.18 In alto, struttura e attivazione del normale regolatore della
la patologia respiratoria cronica secondaria a infezioni polmonari conduttanza transmembrana della fibrosi cistica (Cystic Fibrosis Transmem-
ricorrenti, insufficienza pancreatica, steatorrea, malnutrizione, cirrosi brane Conductance Regulator, CFTR). Il CFTR consiste in due domini
epatica, ostruzione intestinale e sterilità maschile. Queste manifesta- transmembrana, due domini che legano i nucleotidi (Nucleotide Binding
zioni possono comparire in qualsiasi epoca della vita, dalla nascita Domains, NBD) e il dominio R ad attività regolatrice. Gli agonisti (ad es.
acetilcolina) si legano alle cellule epiteliali e aumentano il monofosfato di
a più tardi nella fanciullezza o addirittura nell’adolescenza. adenosina ciclico (cAMP), che attiva la protein-chinasi A. Quest’ultima fo-
Con un’incidenza di 1 su 2.500 nati vivi, la fibrosi cistica è la sforila il CFTR a livello del dominio R, provocando l’apertura del canale del
malattia genetica letale più comune nelle popolazioni caucasiche. cloruro. In basso, CFTR dal gene alla proteina. La mutazione più comune
Negli Stati Uniti, la frequenza dei portatori è di 1 su 20 caucasici ma nel gene CFTR induce un deficit di ripiegamento proteico nel reticolo en-
doplasmatico/Golgi e la degradazione di CFTR prima che raggiunga la su-
notevolmente inferiore negli afroamericani, asiatici e ispanici. No- perficie cellulare. Altre mutazioni agiscono sulla sintesi di CFTR, NBD, sul
nostante la fibrosi cistica segua una trasmissione autosomica reces- dominio R e sui domini di membrana. (Si veda il testo per maggiori
siva, i dati suggeriscono che anche i portatori eterozigoti presentano dettagli)
458 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

transmembrana formano un canale attraverso il quale passa il L’ENaC è inibito dalla normale funzione del CFTR; quindi, nella
cloruro. L’attivazione del canale CFTR è mediata da un agonista che fibrosi cistica, vi è un aumento dell’attività dell’ENaC, con un
induce un aumento dell’adenosina monofosfato ciclico (cAMP), ­conseguente marcato incremento della captazione del sodio attra-
seguito dall’attivazione di una protein-chinasi A che fosforila il verso le membrane apicali. L’importanza di questo fenomeno è
dominio R. Il legame dell’adenosina trifosfato (ATP) e l’idrolisi trattata di seguito, nel contesto della patologia polmonare e ga-
avvengono nell’NDB (dominio legante il nucleotide) e questo è es- strointestinale nella fibrosi cistica. La sola eccezione a questa
senziale per l’apertura e la chiusura del canale in risposta al segnale regola si ­verifica a livello dei dotti delle ghiandole sudoripare
mediato dal cAMP. Negli ultimi anni sono emerse diverse e impor- umane, dove l’attività dell’ENaC diminuisce come risultato di una
tanti sfaccettature in merito alle funzioni del CFTR: mutazione del CFTR; si assiste quindi alla formazione di una
secrezione luminale ipertonica ad alto contenuto di cloruro ­(come
Il CFTR regola numerosi canali ionici e processi cellulari. Sebbene nella forma classica della fibrosi cistica) e ad alto contenuto di
all’inizio venisse definito come un canale a conduttanza per il sodio. Questa è la causa del sudore “salato” che le madri possono
cloruro, è stato dimostrato che il CFTR può regolare molteplici spesso riscontrare nei loro bambini.
canali ionici e processi cellulari principalmente attraverso inte- Le funzioni del CFTR sono tessuto-specifiche; perciò, l’impatto della
razioni con il suo NBD. Questi comprendono i cosiddetti canali mutazione del CFTR è anche tessuto-specifico. La più importante
esocellulari per il cloruro, i canali intracellulari per il potassio funzione svolta dal CFTR a livello dei dotti delle ghiandole sudo-
(Kir6.1), i canali epiteliali per il sodio (ENaC), canali a gap jun- ripare consiste nel riassorbimento degli ioni cloruro dal lume
ction e processi cellulari coinvolti nel trasporto dell’ATP e nella ghiandolare e in un aumento del riassorbimento del sodio tramite
secrezione mucosa. Di questi, l’interazione del CFTR con l’ENaC l’ENaC (si veda sopra). Pertanto, nei dotti delle ghiandole sudo-
ha probabilmente la maggiore rilevanza fisiopatologica nella fi- ripare, la perdita della funzione del CFTR conduce a un decre-
brosi cistica. L’ENaC è situato sulla superficie apicale di cellule mento del riassorbimento del cloruro di sodio e alla produzione
epiteliali esocrine ed è responsabile della captazione del sodio di sudore ipertonico (Fig. 10.19). Tuttavia, i canali CFTR costi-
dalle secrezioni luminali, rendendo il liquido luminale ipotonico. tuiscono una delle vie più importanti per la secrezione attiva del

Figura 10.19 Il difetto del canale del cloruro nel dotto sudoriparo (in alto) causa un aumento della concentrazione del cloruro e del sodio nel sudore. Le
vie aeree (in basso) dei pazienti con fibrosi cistica presentano ridotta escrezione di cloruro, aumentata escrezione di sodio e riassorbimento dell’acqua;
ciò determina disidratazione delle cellule epiteliali mucipare di rivestimento, deficit dell’attività mucociliare e ostruzione a carico delle vie aeree. CFTR,
regolatore della conduttanza transmembrana della fibrosi cistica; ENaC, canale epiteliale per il sodio.
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 459

Figura 10.20 Diverse manifestazioni cliniche delle mutazioni nel gene della fibrosi cistica, dalle più gravi a quelle asintomatiche. (Ridisegnata da Wallis
C: Diagnosing cystic fibrosis: blood, sweat, and tears. Arch Dis Child 76:85, 1997)

cloruro all’interno del lume a livello dell’epitelio respiratorio e Il gene della fibrosi cistica: spettri mutazionali e correlazione
intestinale. In tali sedi, le mutazioni del CFTR portano alla perdita genotipo-fenotipo. Da quando il gene del CFTR è stato clonato nel
o alla riduzione del cloruro escreto nel lume (si veda Fig. 10.18). 1989, sono state identificate più di 1.300 malattie associate a muta-
L’assorbimento attivo del sodio intraluminale è inoltre incremen- zioni. Varie mutazioni possono essere raggruppate in sei “classi” in
tato (dovuto a perdita dell’inibizione dell’attività ENaC) base al loro effetto sulla proteina CFTR:
ed ­entrambe queste modificazioni ioniche aumentano il riassor-
bimento passivo dell’acqua dal lume, abbassando il contenuto Classe I: alterata sintesi proteica. Queste mutazioni sono associate
dell’acqua della superficie di rivestimento delle cellule mucose. alla completa mancanza della proteina CFTR a livello della se-
Quindi, a differenza dei dotti sudoripari, non vi è differenza nella zione apicale della superficie delle cellule epiteliali.
concentrazione del sale della superficie di rivestimento delle Classe II: alterazioni del ripiegamento, dell’elaborazione e del tra­
cellule mucose degli apparati respiratorio e gastrointestinale nei sporto delle proteine. Queste mutazioni consistono nell’elabora-
soggetti normali, rispetto a quello dei pazienti affetti da fibrosi zione difettosa della catena proteica dal reticolo endoplasmatico
cistica. La patogenesi delle complicanze respiratorie e intestinali all’apparato del Golgi; la proteina non diventa completamente
nella fibrosi cistica sembra invece derivare dalla presenza di un ripiegata e glicosilata e viene di conseguenza degradata prima di
liquido di superficie isotonico ma a basso volume. A livello dei raggiungere la superficie cellulare. La mutazione di classe II più
polmoni, questa disidratazione conduce a un deficit dell’attività diffusa è una delezione di tre nucleotidi che codificano per la
mucociliare e all’accumulo di secrezioni iperconcentrate e viscose fenilalanina in posizione 508 (∆F508). A livello mondiale, questa
che ostruiscono il passaggio dell’aria e predispongono a infezioni mutazione può essere riscontrata in circa il 70% dei casi di fibrosi
polmonari ricorrenti.32 cistica. Le mutazioni di classe II sono anche associate alla man-
Il CFTR media il trasporto di ioni bicarbonato. La funzione del canza totale di proteina CFTR della sezione apicale superficiale
trasporto di ioni bicarbonato del CFTR è mediata da interazioni delle cellule epiteliali.
reciproche con una famiglia di scambiatori anionici denominati Classe III: alterata regolazione. Le mutazioni di questa classe
SLC26, che sono coespressi sulla superficie apicale con il CFTR.33 impediscono l’attivazione del CFTR prevenendo il legame e l’idro-
In alcune varianti mutanti di CFTR è stato dimostrato che il tra- lisi dell’ATP, un prerequisito fondamentale per il trasporto degli
sporto di cloruro è completamente o quasi totalmente preservato, ioni (si veda sopra). Quindi, vi è una quantità normale della
mentre quello di ioni bicarbonato risulta notevolmente ­alterato. I proteina CFTR sulla superficie apicale, ma non è funzionante.
liquidi alcalini sono secreti da tessuti normali, mentre i liquidi Classe IV: ridotta conduttanza. Queste mutazioni si verificano
acidi (da assenza di ioni bicarbonato) sono secreti da epiteli che tipicamente nel dominio transmembrana del CFTR, che forma i
presentano questi alleli mutanti del CFTR. La ­riduzione del pH canali ionici per il trasporto del cloruro. Vi è una quantità nor-
luminale può produrre una serie di effetti avversi quali l’aumento male di CFTR nella membrana apicale, che però presenta una
della precipitazione della mucina con ostruzione ­dei dotti e l’au- funzione ridotta. Tale classe è di solito associata a un fenotipo
mentata captazione dei batteri da parte dei tappi di mucina. L’in- più lieve.
sufficienza pancreatica, una caratteristica della classica fibrosi Classe V: riduzione quantitativa. Queste mutazioni interessano
cistica, è praticamente sempre presente quando ci sono mutazioni tipicamente un sito intronico del promotore del CFTR che deter-
del CFTR con anomala conduttanza del bicarbonato. mina una produzione ridotta della proteina normale. Come de-
460 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

scritto di seguito, anche le mutazioni di classe V sono associate Le modificazioni ambientali possono inoltre causare differenze
a un fenotipo più lieve. significative tra individui che condividono lo stesso genotipo di
Classe VI: alterata regolazione dei canali ionici. Come descritto in CFTR. Ciò è meglio esemplificato nelle pneumopatie, dove le cor-
precedenza, il CFTR è coinvolto nella regolazione di molteplici relazioni tra genotipo e fenotipo CFTR possono creare qualche
canali ionici di diversi distretti cellulari. Le mutazioni di questa perplessità. Come affermato precedentemente, l’alterata attività
classe colpiscono la funzione di regolazione del CFTR. In alcuni mucociliare a causa della scarsa idratazione del muco determina una
casi, una determinata mutazione interessa la conduttanza da CFTR difficoltà delle vie aeree a eliminare i batteri. Pseudomonas aeruginosa
così come la regolazione di altri canali ionici. Ad esempio, la mu- spp, in particolare, colonizza le basse vie respiratorie, inizialmente
tazione ∆F508 è una mutazione sia di classe II sia di classe VI. in maniera intermittente poi in forma cronica. Le infezioni virali
concomitanti predispongono a tale colonizzazione. Il muco statico
Poiché la fibrosi cistica è una malattia autosomica recessiva, gli crea inoltre un microambiente ipossico nel liquido che ricopre la
individui affetti presentano mutazioni su entrambi gli alleli. Tuttavia, superficie delle vie aeree che a sua volta favorisce la produzione di
la combinazione di mutazioni diverse sui due alleli può avere effetti alginato, una capsula mucopolisaccaridica. La produzione di alginato
marcati su tutto il fenotipo, con manifestazioni organo-specifiche permette la formazione di un biofilm protettivo che protegge i batteri
(Fig. 10.20). Quindi, queste due mutazioni “gravi” (classe I, II e III) dagli anticorpi o dagli antibiotici, permettendo loro di evadere le
che producono praticamente assenza del CFTR di membrana, sono difese dell’ospite, producendo una forma cronica di malattia distrut-
associate alla variante classica del fenotipo della fibrosi cistica (in- tiva polmonare. Le reazioni anticorpale e cellulo-mediate indotte
sufficienza pancreatica, infezioni sinopolmonari e sintomi gastroin- dal microrganismo causano un’ulteriore distruzione polmonare
testinali), mentre la presenza di una “lieve” (classe IV o V) mutazione mentre risparmiano il microrganismo stesso. È evidente, perciò, che
su uno o entrambi gli alleli determina un fenotipo meno grave. oltre a fattori genetici (ad es. classe della mutazione), una pletora di
Questa regola generale di correlazione genotipo-fenotipo risulta fattori ambientali (ad es. virulenza dei microrganismi, efficacia della
particolarmente coerente con la malattia pancreatica, dove anche in terapia, infezioni intercorrenti e concomitanti con altri microrgani-
presenza di una “lieve” mutazione di un allele può ritornare il feno- smi, esposizione a fumo e allergeni) possa influenzare la gravità e la
tipo dell’insufficienza pancreatica conferito dall’omozigosità per progressione della malattia polmonare nella fibrosi cistica.
mutazioni “gravi”. Al contrario, la correlazione genotipo-fenotipo è
di gran lunga meno coerente nelle pneumopatie, riflettendo l’effetto
di una modificazione secondaria (si veda oltre). A seguito dell’espan- Morfologia I cambiamenti anatomici sono ampiamente va-
sione dei test genetici per la mutazione del CFTR vi è una sempre riabili a livello di distribuzione delle aree colpite e di gravità.
maggiore evidenza che, in pazienti che esordiscono con una varietà Negli individui con fibrosi cistica non classica, la malattia è
apparentemente non correlata al fenotipo clinico, possono anche al- abbastanza lieve e non comporta disturbi particolarmente gravi
bergare mutazioni del gene del CFTR. Queste comprendono soggetti nella fase di crescita e sviluppo. Negli altri, l’interessamento
con pancreatite idiopatica cronica, malattia polmonare cronica a pancreatico è grave e compromette l’assorbimento intestinale
inizio tardivo, bronchiectasie idiopatiche e azoospermia ostruttiva a causa della achilia pancreatica.Tale malassorbimento provo-
causata dall’assenza bilaterale dei dotti deferenti (una trattazione ca l’arresto dello sviluppo e della crescita postnatale. Negli
più dettagliata dei singoli fenotipi verrà affrontata in seguito). La altri, l’alterazione nella secrezione di muco comporta un’attività
maggior parte di questi pazienti non dimostra altre caratteristiche mucociliare alterata, con ostruzione dei bronchi e dei bronchioli
di fibrosi cistica, nonostante la presenza di mutazioni bialleliche del e con infezioni polmonari fatali (Fig. 10.21). In tutte le varianti,
CFTR. La fibrosi cistica viene così classificata come non classica o le ghiandole sudoripare sono morfologicamente inalterate.
atipica.34 L’identificazione di questi soggetti è importante non solo Alterazioni pancreatiche sono presenti in circa l’85-90% dei
per la gestione successiva, ma anche ai fini di un counseling pazienti con fibrosi cistica. Nei casi più lievi, ci possono es-
genetico. sere solo accumuli di muco nei piccoli dotti escretori con
Modificazioni genetiche e ambientali. Nonostante la fibrosi ci- dilatazione delle ghiandole esocrine. Negli stadi più gravi,
stica rimanga uno dei migliori esempi dell’assioma “un gene, una spesso osservabili in bambini più grandi o in adolescenti, i
malattia”, vi è una sempre maggiore evidenza che geni diversi dal dotti sono completamente ostruiti, causando l’atrofia delle
CFTR riescano a modificare la frequenza e la gravità delle manifesta- ghiandole esocrine e la progressiva fibrosi (Fig. 10.21). Può
zioni organo-specifiche.35 La gravità delle manifestazioni polmonari verificarsi un’atrofia della parte esocrina del pancreas, la-
nella fibrosi cistica è associata a varianti polimorfiche presenti in di- sciando solo le insule immerse in uno stroma fibroadiposo.
versi geni di cui gli esempi meglio conosciuti sono il legame manno- La totale perdita della secrezione pancreatica esocrina com-
sio-lectina 2 (MBL2) e il fattore di crescita trasformante b1 (TGFb1). promette l’assorbimento dei grassi e l’avitaminosi A associa-
L’MBL è un effettore chiave di immunità innata coinvolta nell’opso- ta può contribuire alla comparsa di una metaplasia squamosa
nizzazione e nella fagocitosi dei microrganismi e i polimorfismi nel dell’epitelio di rivestimento dei dotti pancreatici che risulta
gene MBL2 associati a bassi livelli di circolazione delle proteine con- inoltre danneggiato dall’ispessimento delle secrezioni mu-
feriscono un rischio tre volte più grande di malattia polmonare ter- cose. Tappi di muco denso e vischioso possono essere rilevati
minale. Il TGFb ha un’azione inibitoria diretta sulla funzione del nell’intestino tenue dei lattanti. Talvolta questi tappi causano
CFTR.36,37 Uno studio multicentrico allargato sulla mutazione ∆F508 ostruzioni intestinali nel tenue, note come ileo da meconio.
del CFTR condotto su pazienti omozigoti ha rilevato due polimorfismi Il coinvolgimento epatico segue lo stesso quadro di base. I
specifici nella posizione 5 del gene TGFb1 associati a gravi fenotipi duttuli biliari sono tappati da materiale mucinoso, accompa-
polmonari.38 Allo stesso modo, sono stati identificati numerosi puta- gnato da proliferazione duttulare e da infiammazione portale.
tivi mutanti genetici che influenzano l’incidenza dell’ileo da meconio La steatosi epatica è un riscontro frequente nelle biopsie
nella fibrosi cistica, nonostante i geni specifici associati alle regioni epatiche. Con l’andare del tempo si sviluppa una cirrosi
cromosomiche collegate non siano ancora stati individuati.39
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 461

biliare focale in un terzo circa dei pazienti (Cap. 18), che inte-
ressa l’intero fegato, causando una nodularità epatica diffusa.
Questo interessamento epatico grave si riscontra in meno
del 10% dei pazienti.
Le ghiandole salivari sono spesso coinvolte con segni isto-
logici simili a quelli sopra descritti nel pancreas: progressiva
dilatazione dei dotti, metaplasia squamosa dell’epitelio di
rivestimento, atrofia ghiandolare e in seguito fibrosi.
Le modificazioni polmonari sono le complicanze più gravi di
questa malattia (Fig. 10.22). Esse derivano dalla viscosità delle
secrezioni mucose delle ghiandole sottomucose dell’albero
respiratorio con ostruzione secondaria al passaggio dell’aria
e conseguenti infezioni delle vie aeree. I bronchioli sono spes-
so distesi da muco denso accompagnato da una marcata
iperplasia e dall’ipertrofia delle cellule muco-secernenti. Infe-
zioni sovrapposte possono dare origine a una grave bronchite
cronica e a bronchiectasie (Cap. 15). In molti casi, si sviluppa-
no ascessi polmonari. Staphylococcus aureus, Haemophilus
influenzae e Pseudomonas aeruginosa sono i tre microrgani-
smi più comunemente responsabili di infezioni polmonari.
Come menzionato in precedenza, una forma mucoide di
P. aeruginosa (alginato-producente) è particolarmente fre- Figura 10.22 Polmoni di un paziente con fibrosi cistica in fase terminale.
quente e causa infiammazione cronica. Ancora più infausto è Vi sono ampie aree ostruite da tappi di muco e dilatazione dell’albero
l’aumento della frequenza di infezioni con un altro gruppo di ­tracheobronchiale. Il parenchima polmonare è addensato a causa delle
pseudomonas, il complesso della Burkholderia cepacia, che secrezioni e della polmonite – il colore verde è associato alle infezioni da
Pseudomonas. (Per gentile concessione del Dr. Eduardo Yunis, Children’s
include almeno nove specie differenti; tra queste, le infezioni Hospital of Pittsburgh, Pittsburgh, PA)
dovute a B. cenocepacia sono le più comuni nei pazienti affetti
da fibrosi cistica. Questo batterio opportunistico è particolar-
mente resistente e l’infezione da esso provocata è stata asso- Caratteristiche cliniche. Poche malattie dei bambini sono così
ciata a malattia fulminante (“sindrome da cepacia”), degenze versatili nella sintomatologia come la fibrosi cistica (Tab. 10.6). I
più lunghe e maggiore mortalità.40 Altri patogeni opportunisti sintomi sono estremamente vari e possono presentarsi alla nascita
comprendono Stenotrophomonas maltophila e micobatteri o anni più tardi e coinvolgere uno o più sistemi d’organo. Circa il
non tubercolari; anche l’aspergillosi broncopolmonare aller- 5-10% dei casi giunge all’osservazione clinica alla nascita o subito
gica si verifica con maggior frequenza nella fibrosi cistica. dopo a causa di un ileo da meconio. L’ostruzione dell’intestino distale
Azoospermia e infertilità sono state evidenziate nel 95% dei può inoltre verificarsi negli individui più grandi sotto forma di
soggetti maschi che sopravvivono fino all’età adulta; l’assen- episodi recidivanti di dolore al quadrante addominale inferiore
za congenita bilaterale dei dotti deferenti è un rilievo fre- destro, talvolta associato a una massa palpabile a livello della fossa
quente in questi casi. In alcuni maschi, l’assenza bilaterale iliaca destra.
dei dotti deferenti può anche essere il solo aspetto che sug- L’insufficienza pancreatica esocrina è presente nella maggior parte
gerisce una mutazione sottostante del CFTR. (85-90%) dei pazienti con fibrosi cistica ed è associata a “gravi”
mutazioni del CFTR su entrambi gli alleli (ad es. ∆F508/∆F508),
mentre il 10-15% dei pazienti con una mutazione “severa” e una
“lieve” del CFTR (∆F508/R117H) o due “lievi” mutazioni presenta
una funzionalità pancreatica abbastanza conservata, tanto da non
richiedere supplementazione enzimatica (fenotipo sufficienza pan-
creatica). L’insufficienza pancreatica è associata a malassorbimento
di proteine e grassi con incremento della perdita fecale. ­Manifestazioni
di malassorbimento (ad es. feci maleodoranti, distensione addomi-
nale e scarso accrescimento ponderale) si verificano durante il primo
anno di vita. Un deficit dell’assorbimento dei grassi potrebbe
­produrre un deficit dell’assorbimento di vitamine liposolubili,
che comporta manifestazioni di avitaminosi A, D o K. L’ipoprotei-
nemia può essere talmente severa da causare edema generalizzato.
Una diarrea persistente può provocare prolasso rettale in oltre il 10%
dei bambini con fibrosi cistica. Il fenotipo sufficienza pancreatica
generalmente non è associato ad altre complicanze gastrointestinali
e, di solito, questi individui presentano una crescita e uno sviluppo
Figura 10.21 Lievi o moderate variazioni da fibrosi cistica nel pancreas. eccellenti. Una pancreatite cronica “idiopatica” si osserva in un sot-
I dotti sono dilatati e ostruiti da muco eosinofilo e le ghiandole parenchimali togruppo di pazienti affetti da fibrosi cistica con pancreas sufficiente
sono atrofiche e sostituite da tessuto fibroso. ed è associata a dolori addominali ricorrenti e a numerose ­complicanze
462 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

Tabella 10.6 Manifestazioni cliniche e criteri diagnostici fibrosi cistica. Pazienti con insufficienza polmonare lieve hanno di
per la fibrosi cistica solito una forma moderata o assente di patologia pancreatica. La
bronchiectasia “idiopatica” a esordio adulto è stata collegata a una
caratteristiche cliniche della fibrosi cistica
mutazione del CFTR in un certo numero di casi. Polipi sinunasali
1. Malattia cronica polmonare manifestata da ricorrenti possono verificarsi nel 25% dei pazienti con fibrosi cistica;
  a. Colonizzazione/infezione persistente con i tipici patogeni
della fibrosi cistica, compresi Staphylococcus aureus, quindi, bambini che si presentano con queste caratteristiche devono
Haemophilus influenzae non tipizzabile, Pseudomonas sottoporsi al test per la fibrosi cistica.
aeruginosa mucoso e non mucoso, Burkholderia cepacia Una malattia epatica significativa insorge più tardi nella storia
  b. Tosse cronica produttiva naturale della fibrosi cistica e con l’aumento dell’aspettativa di vita
  c. Anomalie persistenti alla radiografia del torace (ad es.
bronchiectasia, atelettasia, infiltrati, iperinflazione)
acquisisce sempre maggiore importanza clinica. Infatti, dopo le
  d. O struzione respiratoria manifestata da respiro sibilante complicanze cardiopolmonari e legate al trapianto, la patologia
e intrappolamento d’aria epatica è la causa di morte più comune nei pazienti con fibrosi ci-
  e. Poliposi nasale; anomalie radiografiche o della tomografia stica. La maggior parte degli studi indica tuttavia che la malattia
assiale computerizzata dei seni paranasali epatica sintomatica o biochimica ha la sua insorgenza attorno alla
  f. Ippocratismo digitale
2. Anomalie gastrointestinali e nutrizionali, comprese pubertà, con una prevalenza di circa il 13-17%. Tuttavia, l’epatome-
  a. Intestinali: ileo da meconio, ostruzione intestinale, prolasso galia asintomatica può interessare fino a un terzo dei pazienti.
rettale L’ostruzione del dotto biliare comune può essere dovuta alla calcolosi
  b. P ancreatiche: insufficienza pancreatica, pancreatite o alla “sabbia” biliare; essa si presenta con dolore addominale e con
ricorrente, pancreatite cronica
  c. Epatiche: malattia epatica cronica manifestata attraverso
ittero acuto. Come già detto, una cirrosi biliare diffusa si può svilup-
segni clinici o istologici di cirrosi biliare focale, o cirrosi pare in meno del 10% di soggetti con fibrosi cistica.
multilobulare, ittero neonatale prolungato Circa il 95% dei maschi con fibrosi cistica è sterile, come risultato
  d. N utrizionali: ritardo di crescita (malnutrizione calorico- di azoospermia ostruttiva. Come menzionato sopra, questa è dovuta
proteica), ipoproteinemia, edema, complicanze secondarie in genere ad assenza congenita bilaterale dei dotti deferenti, che
ai deficit di vitamine liposolubili
3. S
 indromi da perdita di sali: deplezione acuta di sali, alcalosi nell’80% dei casi è causata da mutazioni bialleliche del CFTR.
metabolica cronica Nella maggior parte dei casi, la diagnosi di fibrosi cistica si basa
4. A
 nomalie genitourinarie maschili che determinano sulla concentrazione stabilmente elevata di elettroliti nel sudore
azoospermia ostruttiva (assenza bilaterale congenita dei dotti (spesso è la madre a porre la diagnosi in quanto il sudore del suo
deferenti)
bambino è troppo salato), sulle caratteristiche cliniche (sindrome
criteri per la diagnosi della fibrosi cistica sinopolmonare e alterazioni gastrointestinali), sullo screening neo-
Una o più caratteristiche fenotipiche, natale alterato o sull’anamnesi familiare. Una minoranza di pazienti
  O anamnesi positiva per fibrosi cistica in un fratello con fibrosi cistica, specialmente quelli con almeno una mutazione
  O screening neonatale positivo “lieve” del CFTR, può avere un test del sudore normale o pressoché
E normale (60 mm/l). La misurazione della differenza dei potenziali
Un’aumentata concentrazione di cloruro nel sudore in due
o più occasioni
transnasali in vivo può essere un utile test aggiuntivo in queste si-
O identificazione di due mutazioni per fibrosi cistica, tuazioni; individui con fibrosi cistica presentano una differenza di
O dimostrazione di anomalie nasali nel trasporto ionico potenziale transnasale in vivo significativamente inferiore rispetto
epiteliale ai controlli. Il sequenziamento del gene CFTR è, ovviamente, il
Adattata per gentile concessione da Rosenstein BJ, Cutting GR: The diagno- “modello di riferimento” per la diagnosi della fibrosi cistica. Perciò,
sis of cystic fibrosis: a consensus statement. J Pediatr 132:589; 1998. nei pazienti con un quadro clinico suggestivo o con un’anamnesi
familiare positiva (o entrambi) è necessaria l’analisi genetica.
Ci sono stati grandi miglioramenti nella gestione delle complicanze
nel corso della vita. Questi pazienti hanno anche altri segni della croniche e acute della fibrosi cistica, tra le quali terapie antibiotiche
fibrosi cistica, soprattutto polmonari. Al contrario, la pancreatite più potenti, sostituzione dell’enzima pancreatico e trapianto polmo-
cronica “idiopatica” può instaurarsi anche in un quadro isolato a nare bilaterale. Negli ultimi anni sono inoltre emerse metodiche più
inizio tardivo in assenza di altri segni di fibrosi cistica (Cap. 19); innovative per il ripristino della funzione endogena del CFTR. Con-
mutazioni bialleliche del CFTR (abitualmente una “lieve” e una cettualmente, la fibrosi cistica, come altre malattie monogeniche,
“severa”) sono dimostrabili nella maggior parte di questi individui dovrebbe essere trattabile con la terapia genica e molti vettori della
che hanno fibrosi cistica non classica o atipica. L’insufficienza terapia genica adenovirale sono attualmente oggetto di studi clinici
pancreatica endocrina (ossia, il diabete) è rara nella fibrosi cistica precoci. Il miglioramento nella gestione della fibrosi cistica ha com-
ed è di solito legata a un’importante distruzione del parenchima portato un aumento dell’aspettativa media di vita sopra i 36 anni nel
pancreatico. 200641 e, con sempre maggiore frequenza, la malattia letale nell’in-
Negli Stati Uniti, le complicanze cardiorespiratorie, come infezioni fanzia sta diventando una malattia cronica in età adulta.
polmonari persistenti, malattie ostruttive polmonari e cuore polmo-
nare, sono le cause più comuni di morte in questi pazienti (~80%).
Entro i 18 anni, l’80% dei pazienti con fibrosi cistica classica ospita
lo P. aeruginosa. A causa dell’uso indiscriminato della profilassi Sindrome della morte improvvisa
antibiotica contro lo Staphylococcus, in molti pazienti vi è stata una del neonato (SIDS)
sfortunata ricomparsa di numerosi ceppi batterici resistenti di Pseu-
domonas. Soggetti portatori di una mutazione “severa” e una “lieve” Il National Institute of Child Health and Human Development de-
del CFTR possono presentare una malattia polmonare lieve a insor- finisce con il termine SIDS “la morte improvvisa di un lattante sotto
genza tardiva, un altro esempio di forma non classica o atipica di 1 anno di età che rimane inspiegabile anche dopo uno studio
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 463

a­ ccurato del caso, attraverso l’esecuzione di un’autopsia completa, tem, prendono il nome di morte improvvisa del bambino non classi-
l’esame del luogo della morte e una revisione della storia clinica”.42 ficata, in linea con la definizione rigorosa che vige attualmente di
Pertanto, la SIDS è una malattia di eziologia ignota. È importante SIDS.43 Un aspetto della SIDS che la stessa definizione non indica è
sottolineare che molti casi di morte improvvisa durante l’infanzia che solitamente il bambino muore nel sonno, molti in posizione
possono rivelare basi anatomiche o biochimiche inaspettate, discer- prona o sul fianco, da qui lo pseudonimo di morte in culla.
nibili in sede autoptica (Tab. 10.7). Questi casi non dovrebbero Epidemiologia. Poiché la morte infantile legata a problemi
­rientrare nel quadro della SIDS. Inoltre, i casi di morte improvvisa ­nutrizionali o a infezioni microbiche è ormai sotto controllo nei Paesi
durante l’infanzia in cui l’evidenza che esclude diagnosi alternative sviluppati, la SIDS ha acquisito grande importanza in questi
è equivoca oppure dove non è possibile fare una diagnosi postmor- Paesi, compresi gli Stati Uniti. La SIDS è la prima causa di morte tra
1 mese e 1 anno di età negli Stati Uniti e la terza causa principale di
morte nel periodo infantile, dopo le anomalie congenite e le malattie
Tabella 10.7 Fattori di rischio e riscontri postmortem da prematurità e basso peso alla nascita. Soprattutto grazie alle
associati a sindrome della morte improvvisa del neonato numerose campagne nazionali di sensibilizzazione della SIDS,
parentali
­organizzate dall’American Academy of Pediatrics, si è avuta una
diminuzione significativa della mortalità legata alla SIDS, soprattutto
Giovane età materna (età 20 anni) nel decennio scorso, da 120 decessi su 100.000 nati vivi nel 1992 a
Fumo materno durante la gravidanza
Abuso di sostanze voluttuarie da entrambi i genitori, nello 57 su 100.000 nel 2002. A livello mondiale, nei Paesi in cui la morte
specifico uso di marijuana da parte del padre e uso di oppiacei improvvisa del neonato viene posta sotto la diagnosi di SIDS solo
e cocaina da parte della madre in seguito a esame postmortem, i dati relativi alla mortalità per SIDS
Brevi intervalli intergestazionali vanno da 10 su 100.000 nati vivi nei Paesi Bassi a 80 su 100.000 in
Assistenza prenatale ritardata o assente
Basso livello socioeconomico
Nuova Zelanda.44
Etnia afroamericana e americano-indiana (? fattori Circa il 90% di tutte le SIDS si verifica nei primi 6 mesi, in parti-
socioeconomici) colare fra i 2 e 4 mesi. Questo picco ristretto di suscettibilità è l’unica
caratteristica che sembra essere indipendente dagli altri fattori di
infantili
rischio (che descriveremo in seguito) e dalla geografia. La maggior
Anomalie del tronco cerebrale, associate ad anomalie parte dei bambini che muore per SIDS, muore in casa, solitamente
del risveglio e controllo cardiorespiratorio durante la notte, dopo una fase di sonno. Per molti anni l’apnea
Prematurità e/o basso peso alla nascita
Sesso maschile
prolungata è stata considerata un fattore di rischio per la SIDS. I
Nato da parto multiplo bambini che sviluppavano il cosiddetto “evento apparentemente
SIDS in un precedente fratello minaccioso per la vita” (Apparent Life-Threatening Event, ALTE),
Infezioni respiratorie pregresse caratterizzato da una combinazione di apnea, cambiamento marcato
Polimorfismi germinali nei geni autonomici del sistema nervoso del colore e del tono muscolare, soffocamento o vomito, erano con-
ambientali siderati a rischio di SIDS. Tuttavia, studi epidemiologici hanno di-
mostrato che questi “eventi minacciosi per la vita” e la SIDS hanno
Posizione prona o sul fianco durante il sonno
Dormire su una superficie soffice diversi fattori di rischio ed età di esordio, e sono probabilmente
Ipertermia entità non correlate. I bambini colpiti da ALTE sono spesso prema-
Dormire con i genitori nei primi 3 mesi di vita turi o hanno una base meccanica per il compromesso respiratorio.
Tale distinzione potrebbe spiegare il perché i dispositivi di monito-
anomalie postmortem riscontrate nei casi di morte improvvisa
del neonato*
raggio domestici delle apnee, che sono proliferati nelle famiglie
americane per la “prevenzione della SIDS”, hanno avuto un impatto
Infezioni minimo nel ridurre il rischio di SIDS.45
• Miocardite virale
• Broncopolmonite
Anomalie congenite non sospette
• Stenosi aortica congenita Morfologia Nei casi di bambini deceduti per sospetta SIDS,
• Origine anomala dell’arteria coronaria sinistra dall’arteria sono stati riportati numerosi riscontri all’esame autoptico.
polmonare
Essi sono generalmente lievi e di incerto significato e non
Abuso di minori
• Soffocamento intenzionale (infanticidio) presenti in tutti i casi. Le petecchie multiple sono il reperto
Anomalie genetiche e metaboliche autoptico più comune della SIDS (circa 80% dei casi); esse
• Sindrome del QT lungo (mutazioni SCN5A e KCNQ1) sono molto spesso presenti nel timo, nella pleura viscerale
• Disordini dell’ossidazione degli acidi grassi (mutazioni MCAD, e parietale e nell’epicardio. Macroscopicamente, i polmoni
LCHAD, SCHAD)
• Cardiomiopatia istiocitoide (mutazioni MTCYB) sono congesti, con o senza edema polmonare dimostrabile
• Alterata risposta infiammatoria (delezioni parziali in C4a e C4b) microscopicamente nella maggior parte dei casi. Queste
*
modificazioni rappresentano probabilmente eventi premorte,
La SIDS non è la sola causa di morte improvvisa inaspettata durante l’in-
poiché sono state riscontrate con frequenze simili in casi di
fanzia, è piuttosto una diagnosi di esclusione. Perciò, l’esecuzione di uno
studio autoptico può spesso svelare riscontri che potrebbero spiegare la causa spiegabile di morti improvvise nel periodo infantile. A
morte inaspettata di un neonato. Questi casi non devono, a rigore, essere livello delle vie aeree superiori (laringe e trachea) vi possono
classificati come “SIDS”. SCN5A, canale del sodio, voltage-gated, tipo V, essere alcune prove istologiche di infezioni recenti (correlate
polipeptide alfa; KCNQ1, canale del potassio voltage-gated, sottofamiglia ai sintomi clinici), sebbene le alterazioni non siano sufficien-
KQT-simile, membro 1; MCAD, acil CoA deidrogenasi per acidi grassi a ca-
tena media; LCHAD, 3 idrossiacil coenzima A deidrogenasi per acidi grassi temente gravi da poter causare la morte e non devono disto-
a lunga catena; SCHAD, 3 idrossiacil coenzima A deidrogenasi a catena corta; gliere dalla diagnosi di SIDS. Nel sistema nervoso centrale
MTCYB, citocromo b mitocondriale; C4, componente 4 del complemento.
464 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

p­ redisporre un bambino già vulnerabile a una maggiore alterazione


è osservabile astrogliosi del tronco encefalico e del cervel- del controllo cardiorespiratorio e dello stato di veglia. In questo con-
letto. Sofisticati studi morfometrici hanno rilevato anomalie testo, i chemorecettori laringei sono emersi come “l’anello mancante”
quantitative nel tronco cerebrale come ipoplasia del nucleo tra le infezioni dell’albero respiratorio, la posizione prona (si veda oltre)
arcuato o una diminuzione nel cervello della popolazione dei e la SIDS. Quando vengono stimolati, questi chemorecettori laringei
neuroni del tronco cerebrale in diversi casi; queste osserva- provocano in genere l’inibizione del riflesso cardiorespiratorio. La
zioni non sono tuttavia uniformi. Reperti non specifici com- stimolazione dei chemorecettori è amplificata dalla presenza di infe-
prendono frequente persistenza di emopoiesi epatica extra- zioni delle vie respiratorie, che aumentano il volume delle secrezioni,
midollare e grasso bruno perisurrenale; sarebbe allettante e dalla posizione prona, che rende più difficile la deglutizione e la
attribuire questi ultimi reperti all’ipossiemia cronica, ritardo pulizia delle vie aeree persino nei bambini sani. In un neonato prece-
del normale sviluppo e stress cronico. Quindi, l’autopsia dentemente vulnerabile con controllo del risveglio alterato, la conse-
abitualmente non riesce a chiarire la causa di morte, e questo guente inibizione del riflesso cardiorespiratorio può essere fatale. I
può essere messo in relazione all’eterogeneità eziologica fattori di vulnerabilità genetica nel bambino includono varianti poli-
della SIDS. L’importanza di un esame autoptico è legata alla morfiche nei geni che possono comportare un maggiore rischio di
possibilità di identificare le altre cause di morte improvvisa SIDS. Questi geni includono quelli relativi alla via di trasmissione se-
nel periodo infantile, come sospette infezioni, anomalie con- rotoninergica e all’innervazione autonoma, sottolineando l’importanza
genite o disordini genetici (si veda Tab. 10.7), la cui presenza di questi processi nella fisiopatologia della SIDS.49
escluderebbe una diagnosi di SIDS, e di escludere la sfortu- Oltre ai fattori di vulnerabilità del bambino, sono stati identificati
nata possibilità di abuso traumatico del bambino. numerosi fattori di rischio materni. Il fumo in gravidanza è emerso
in maniera consistente come fattore di rischio negli studi epidemio-
logici sulla SIDS. I bambini esposti alla nicotina durante la vita in-
Patogenesi. Le circostanze che portano alla SIDS sono state esami- trauterina presentano un rischio doppio di morte per SIDS, rispetto
nate in dettaglio, e generalmente si ritiene che essa sia una condizione ai bambini nati da donne non fumatrici.50 La giovane età materna,
multifattoriale, con una miscela di numerosi fattori differenti. È stato numerose gravidanze e le inadeguate cure prenatali, sono tutti fattori
proposto un modello “a triplice rischio” per la SIDS, che postula l’inter- che aumentano il rischio di SIDS nella prole.
sezione di tre fattori sovrapposti: (1) un bambino vulnerabile, (2) un Fra i potenziali “fattori ambientali”, la posizione prona o sul fianco,
periodo evolutivo critico nel controllo dei parametri omeostatici e (3) uno dormire con i genitori nei primi 3 mesi, dormire su superfici molli e
o più fattori stressanti esogeni.46 In base a questo modello, ci sono diversi lo stress termico rappresentano probabilmente i più importanti fattori
fattori che rendono il bambino vulnerabile alla morte improvvisa durante di rischio modificabili per la SIDS.42,44 La posizione prona o quella sul
il periodo evolutivo critico (ossia i primi 6 mesi di vita). Questi fattori fianco predispongono il neonato a uno o più stimoli nocivi (ipossia,
di vulnerabilità possono essere attribuiti ai genitori o al bambino, mentre ipercapnia e stress termico) durante il sonno. La posizione sul fianco
gli stress esogeni sono imputabili all’ambiente (si veda Tab. 10.7). era considerata un’alternativa affidabile alla posizione prona, ma una
Mentre numerosi fattori sono stati proposti per spiegare la vul- serie di studi ha stabilito che entrambe le posizioni comportano un
nerabilità del bambino, l’ipotesi più accreditata è che la SIDS rifletta rischio notevole di SIDS. L’American Academy of Pediatrics attualmen­
un ritardo dello sviluppo del controllo del “risveglio” e dell’attività te sostiene che la posizione supina durante il sonno sia l’unica posizione
cardiorespiratoria. Le regioni del tronco encefalico e in particolare sicura che implica un rischio minore di SIDS. Questa campagna “dor-
il midollo allungato, rivestono un ruolo cruciale nel controllo del mire sul dorso” ha portato a una considerevole diminuzione dei casi
“risveglio” in risposta a stimoli nocivi come episodi di ipercapnia, di morte legati alla SIDS, sin dalla sua messa in opera nel 1994.
ipossia e stress termico durante il sonno. Il sistema dei recettori Come già detto, la SIDS non è l’unica causa di morte improvvisa
serotoninergici (5-HT) del midollo è implicato in queste risposte di e inaspettata del neonato. Infatti, la SIDS è una diagnosi di esclusio-
“risveglio” e nella regolazione di altre funzioni emostatiche critiche ne, che richiede un’attenta esplorazione della scena della morte e un
come lo stimolo alla respirazione, la pressione arteriosa e i mecca- completo esame postmortem. Quest’ultimo può rivelare un’inaspet-
nismi riflessi generati nelle alte vie respiratorie. Le alterazioni nella tata causa di morte improvvisa fino al 20% o più di bambini morti
via di segnalazione serotonina-dipendente nella regione del tronco per “SIDS”. Le infezioni (ad es. miocarditi virali o broncopolmoniti)
cerebrale possono in alcuni casi costituire le cause sottostanti della sono la causa più comune di morte “inaspettata”, seguite dalle ano-
SIDS.47 Un recente modello sperimentale animale di disattivazione malie congenite non sospettate. In parte grazie ai progressi nella
del segnale del recettore della somatostatina nel midollo riassume diagnostica molecolare e alla conoscenza del genoma umano, nu-
molte delle caratteristiche che probabilmente contribuiscono alla merose cause genetiche di morte “inaspettata” del neonato sono state
morte improvvisa nei bambini, tra le quali la mancanza di una ri- chiarite. Ad esempio, disordini dell’ossidazione degli acidi grassi,
sposta adeguata di “risveglio” ai fattori di stress ambientali.48 caratterizzati da difetti enzimatici dell’ossidazione mitocondriale
Studi epidemiologici e genetici hanno identificato ulteriori fattori degli acidi, possono essere responsabili fino al 5% dei casi di morte
di vulnerabilità per la SIDS nel modello “a triplice rischio”. I bambini improvvisa del bambino. Nuove cause genetiche di SIDS spiegata,
nati prima del termine oppure di basso peso alla nascita sono a maggior emerse recentemente, sono elencate nella Tabella 10.7.
rischio e tale rischio aumenta con la riduzione dell’età gestazionale o
del peso alla nascita. Il sesso maschile è associato a un’incidenza della
SIDS lievemente maggiore. La SIDS pregressa nei fratelli è associata a
un rischio relativo quintuplicato di recidiva, sottolineando l’importanza
Tumori e lesioni simil-tumorali
di una predisposizione genetica (si veda oltre); in questi casi, bisogna della prima e della seconda infanzia
escludere con grande attenzione la diagnosi di abuso sul bambino. La
maggior parte dei bambini morti per SIDS presentano una precedente Solo il 2% di tutti i tumori maligni si verifica nella prima e nella
storia di una lieve infezione delle vie respiratorie, tuttavia, nessun seconda infanzia; nondimeno, il cancro (compresa la leucemia) è
singolo microrganismo è stato isolato. Queste ­infezioni possono responsabile di circa il 9% dei decessi nei bambini tra i 4 e i 14 anni
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 465

negli Stati Uniti, e solo gli incidenti provocano un numero notevol-


mente maggiore di decessi. I tumori benigni sono anche più fre-
quenti rispetto a quelli maligni. La maggior parte dei tumori benigni
è di scarso interesse, però talora causa complicanze gravi in virtù
della localizzazione o dell’aumento rapido delle dimensioni.
Talora è difficile distinguere, in base ai soli rilievi morfologici, i
veri tumori o neoplasie dalle lesioni simil-tumorali, nei lattanti e nei
bambini. In questo contesto, due particolari categorie di lesioni si-
mil-tumorali devono essere distinte dai tumori veri.
Il termine eterotopia (o coristoma) viene applicato a cellule o a
tessuti microscopicamente normali ma situati in sede anomala.
Esempi di eterotopia comprendono i residui di tessuto pancreatico
presenti nella parete dello stomaco o dell’intestino tenue, oppure
una piccola massa di cellule surrenaliche presente nel rene, nei
polmoni, nelle ovaie o in altre sedi. I resti eterotopici sono di solito
di scarso significato, però possono essere confusi clinicamente con
le neoplasie. Raramente, sono la sede dove originano vere neoplasie,
portando alla situazione paradossale di un carcinoma surrenalico
che insorge nell’ovaio.
Il termine amartoma si riferisce a una crescita eccessiva, ma focale,
di cellule e tessuti nativi dell’organo nel quale si verifica. Sebbene gli
elementi cellulari siano maturi e identici a quelli trovati nella parte
restante dell’organo, essi non riproducono la normale architettura
del tessuto circostante. La linea di demarcazione tra un amartoma e
una neoplasia benigna è spesso sottile ed entrambe le lesioni possono
essere clonali. Emangiomi, linfangiomi, rabdomiomi del cuore, ade-
nomi del fegato, e cisti a sviluppo interno del rene, dei polmoni e del
pancreas vengono interpretati da alcuni come amartomi, da altri
come una vera neoplasia. La frequenza di tali lesioni nella prima e
nella seconda infanzia e il loro comportamento clinico danno credito
alla convinzione che molte sono aberrazioni dello sviluppo. La loro
inequivocabile benignità istologica, tuttavia, non preclude la presenza
Figura 10.23 Emangioma capillare congenito alla nascita (A) e all’età di
in certi casi di problemi clinici fastidiosi e raramente minacciosi. 2 anni (B) dopo regressione spontanea. (Per gentile concessione del Dr.
Eduardo Yunis, Children’s Hospital of Pittsburgh, Pittsburgh, PA)
Tumori Benigni E Lesioni Simil-Tumorali
In pratica, nei bambini si può riscontrare qualsiasi tipo di tumore, Tumori linfatici. Una grande varietà di lesioni è di origine lin-
ma gli emangiomi, i linfangiomi, le lesioni fibrose e i teratomi meri- fatica. Alcune di esse, i linfangiomi, sono di origine amartomatosa
tano una menzione speciale nell’ambito di questo ampio spettro. o neoplastica, mentre altri sembrano rappresentare una dilatazione
Noterete che i tumori più comuni dell’infanzia sono i così detti tumori di un preesistente vaso linfatico e sono conosciuti come linfangie-
dei tessuti molli, di origine mesenchimale. Questo contrasta con gli ctasie. I linfangiomi sono abitualmente caratterizzati da spazi cistici
adulti, nei quali i tumori più comuni, benigni o maligni, sono di e cavernosi. Lesioni di tale natura possono verificarsi sulla cute ma
origine epiteliale. I tumori benigni di vari tessuti sono descritti molto si incontrano più spesso nella regione profonda del collo, nella re-
dettagliatamente in appropriati capitoli; in questa sede sono stati fatti gione ascellare, nel mediastino, nel tessuto retroperitoneale e altrove.
pochi commenti circa le loro caratteristiche specifiche nell’infanzia. Sebbene siano istologicamente benigni, tendono ad aumentare di
Emangioma. Gli emangiomi (Cap. 11) sono i tumori dell’infan- dimensione dopo la nascita, a causa della raccolta di liquido e
zia più comuni. Architettonicamente, essi non differiscono da quelli dell’espansione in uno spazio preesistente. In questa maniera, pos-
che si presentano negli adulti. Tutti gli emangiomi, sia cavernosi sia sono interessare strutture vitali, come quelle nel mediastino o tron-
capillari, possono essere riscontrati, sebbene i secondi abbiano spes- chi nervosi nell’ascella e dare origine a problemi clinici. Le linfan-
so una maggiore componente cellulare rispetto agli adulti, caratte- giectasie, al contrario, di solito si presentano come un edema diffuso
ristica che è preoccupante e ingannevole. Nei bambini, la maggior di parte o dell’intero arto; una considerevole alterazione e deforma-
parte è localizzata nella cute, in particolare sul volto e sul cuoio zione può essere il risultato di una dilatazione spongiosa dei linfatici
capelluto, dove provoca masse piatte o rilevate, di colore blu-rosso; del sottocutaneo o dei tessuti profondi. Questa lesione non ha, tut-
alcuni di quelli piani, di grandi dimensioni (considerati da alcuni tavia, un carattere evolutivo e non si estende oltre la localizzazione
ectasie vascolari), sono detti anche macchie color vino porto. Gli originale. Nondimeno, crea problemi estetici difficili da correggere
emangiomi possono ingrandirsi con la crescita del bambino, ma in chirurgicamente.
molti casi regrediscono spontaneamente (Fig. 10.23). Oltre al loro Tumori fibrosi. I tumori fibrosi si verificano nei lattanti e nei
significato estetico, possono rappresentare un’espressione della ma- bambini e vanno dalla diffusa proliferazione cellulare di cellule fu-
lattia ereditaria di von Hippel Lindau (Cap. 20). Un sottoinsieme di siformi (classificata come fibromatosi) a lesioni profondamente cel-
emangiomi cavernosi localizzati nel sistema nervoso può verificarsi lulari difficilmente distinguibili dal fibrosarcoma che si verifica negli
nel contesto familiare; queste famiglie ospitano mutazioni in uno adulti (definito come fibrosarcoma congenito infantile). Il comporta-
dei tre geni (CCM) della malformazione cavernosa cerebrale. mento biologico non può essere previsto sulla base di criteri istologici
466 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

isolati, tuttavia, malgrado le similitudini con il fibrosarcoma dell’adul-


to, la variante congenita infantile ha una prognosi eccellente. Nel
fibrosarcoma infantile congenito è stata recentemente descritta una
caratteristica traslocazione cromosomica, t(12;15)(p13;q25), che
comporta la creazione di una trascrizione di fusione ETV6-NTRK3.51
Il prodotto normale del gene ETV6 consiste in un fattore di trascri-
zione, mentre il prodotto del gene NTRK3 (conosciuto anche come
TRCK, si veda oltre) è una tirosin-chinasi. Come altre proteine di
fusione rilevate nei tumori umani, l’ETV6-TRKC è costitutivamente
attivo e stimola la trasmissione attraverso le vie dell’oncogene RAS
e PI-3K/AKT (Cap. 4). Tra i tumori dei tessuti molli, la trascrizione
di fusione ETV6-NTRK3 si osserva unicamente nei fibrosarcomi
infantili, costituendo un utile marcatore diagnostico.
Teratomi. I teratomi illustrano la relazione esistente tra maturità
istologica e comportamento biologico. Possono insorgere come lesioni
benigne, lesioni cistiche ben differenziate (teratomi maturi), come
lesioni a potenziale indeterminato (teratomi immaturi) o come tera-
tomi inequivocabilmente maligni (abitualmente mescolati con un’altra
componente cellulare germinale neoplastica come il tumore del seno Figura 10.24 Teratoma sacrococcigeo. Si notino le dimensioni della
endodermico) (Cap. 21). Mostrano due picchi d’incidenza: il primo lesione confrontate con quelle del bambino nato morto.
a circa 2 anni di età e il secondo nella tarda adolescenza o nella prima
età adulta. Il primo picco rappresenta una neoplasia congenita; le
lesioni più tardive possono anche essere di origine prenatale ma sono Incidenza e tipi
ad accrescimento lento. I teratomi sacrococcigei sono i teratomi più
comuni dell’infanzia e rappresentano oltre il 40% dei casi (Fig. 10.24). I tumori più frequenti dell’infanzia insorgono nel sistema emopoie­
Si presentano con una frequenza di 1 su 20.000-40.000 nati vivi e sono tico, nervoso (compresi il sistema nervoso centrale e simpatico, la
quattro volte più frequenti nelle femmine rispetto ai maschi. Alla luce midollare del surrene e la retina), i tessuti molli, le ossa e il rene. Ciò
della sovrapposizione dei meccanismi teratogeni e oncogeni, è inte- è in evidente contrasto con le forme degli adulti, nei quali cute,
ressante che circa il 10% dei teratomi sacrococcigei sia associato ad polmone, mammella, prostata e colon sono le sedi più comuni.
anomalie congenite, soprattutto anomalie della regione cloacale e Le neoplasie che mostrano picchi di incidenza nei bambini di età
terminale dell’intestino embrionale e ad altri difetti della linea ­mediana inferiore a 10 anni sono: (1) la leucemia (soprattutto la leucemia
(ad es. meningocele, spina bifida) che non si ritiene derivino dagli linfoblastica acuta), (2) il neuroblastoma, (3) il tumore di Wilms,
effetti locali del tumore. Circa il 75% di questi tumori sono teratomi (4) l’epatoblastoma,(5) il retinoblastoma, (6) il rabdomiosarcoma,
maturi, e circa il 12% sono inequivocabilmente maligni e letali. (7) il teratoma, (8) il sarcoma di Ewing e, infine, neoplasie della fossa
Il rimanente è costituito da teratomi immaturi; il loro potenziale posteriore – principalmente (9) astrocitoma giovanile, (10) medul-
maligno si correla con la quantità di tessuto immaturo presente, loblastoma ed (11) ependimoma. Altre forme di cancro sono
abitualmente elementi maturi neuroepiteliali. La maggior parte dei ­parimenti comuni nell’infanzia ma non hanno questo tipico picco
teratomi benigni sono osservati nei bambini piccoli (4 mesi), men- d’incidenza precoce. La distribuzione per età di queste neoplasie è
tre le lesioni maligne tendono a presentarsi in bambini un po’ più indicata nella Tabella 10.8. All’interno di questo grande gruppo, la
grandi. Altri siti per teratomi nei bambini comprendono il testicolo leucemia da sola rappresenta la maggior parte delle morti nei bam-
(Cap. 21), l’ovaio (Cap. 22), diverse localizzazioni mediane, come il bini di età inferiore a 15 anni rispetto a tutti gli altri tumori.
mediastino, il retroperitoneo, la testa e il collo. Istologicamente, molte delle neoplasie maligne non emopoietiche
pediatriche sono tipiche. Solitamente, tendono a essere più primitive
(embrionali) piuttosto che avere un aspetto microscopico pleomorfo
Tumori Maligni
e anaplastico; sono spesso caratterizzate da gruppi di cellule con
I tumori della prima e della seconda infanzia differiscono biologi- nuclei piccoli e rotondi e frequentemente mostrano caratteristiche
camente e istologicamente dalla loro controparte tipica dell’età di organogenesi specifica della sede di origine del tumore. A causa di
adul­ta. Le principali differenze, alcune delle quali sono già state queste ultime caratteristiche, questi tumori sono frequentemente
esaminate, comprendono le seguenti: definiti dal suffisso -blastoma, ad esempio nefroblastoma
(tumore di Wilms), epatoblastoma, neuroblastoma. Per via del loro
Incidenza e tipo di tumore aspetto istologico primitivo, molti tumori dell’infanzia sono stati
Relazione relativamente frequente tra uno sviluppo abnorme definiti insieme tumori a piccole cellule rotonde blu. La diagnosi
(teratogenesi) e l’induzione neoplastica (oncogenesi) differenziale di questi tumori comprende il neuroblastoma, il tumore
Prevalenza di una sottostante aberrazione familiare o genetica. di Wilms, il linfoma (Cap. 14), il rabdomiosarcoma (Cap. 26), il
Tendenza delle neoplasie fetali o neonatali a regredire spontanea­ sarcoma di Ewing/tumore neuroectodermico primitivo (Cap. 26),
mente o ad andare incontro a citodifferenziazione il medulloblastoma (Cap. 28) e il retinoblastoma (Cap. 29). Se il sito
Maggiore sopravvivenza e possibilità di cure di molte neoplasie anatomico di origine è noto, in genere è possibile porre la diagnosi
dell’infanzia, al punto che ora viene rivolta più attenzione a mi- unicamente sul piano istologico. Talvolta è necessario procedere
nimizzare gli effetti ritardati della chemioterapia e della radiote- associando l’analisi cromosomica, le indagini immunoistochimiche
rapia nei sopravvissuti, compreso lo sviluppo di una seconda e la ­microscopia elettronica. Di questi tumori, due sono particolar-
neoplasia. mente esemplificativi e sono qui discussi: i tumori neuroblastici
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 467

Tabella 10.8 Frequenti neoplasie maligne della prima e della seconda infanzia
0-4 anni 5-9 anni 10-14 anni
Leucemia Leucemia
Retinoblastoma Retinoblastoma
Neuroblastoma Neuroblastoma
Tumore di Wilms

Epatoblastoma Carcinoma epatocellulare Carcinoma epatocellulare


Sarcoma dei tessuti molli (in particolare rabdomiosarcoma) Sarcoma dei tessuti molli Sarcoma dei tessuti molli
Teratomi
Tumori del sistema nervoso centrale Tumori del sistema nervoso centrale Sarcoma osteogenico
Sarcoma di Ewing Carcinoma tiroideo
Linfoma Malattia di Hodgkin

(­ specificatamente il neuroblastoma) e il tumore di Wilms. I restanti


tumori sono descritti nei loro rispettivi capitoli organo-specifici. parte di essi è localizzata nella regione paravertebrale dell’ad-
dome (25%) e nel mediastino posteriore (15%). Neuroblasto-
mi possono insorgere in numerose altre sedi, compresi la
Tumori neuroblastici
pelvi, il collo e il cervello (neuroblastomi cerebrali).
Il termine tumore neuroblastico comprende forme tumorali dei I neuroblastomi variano in grandezza da piccoli noduli (le
gangli simpatici e della midollare del surrene che derivano dalle cosiddette lesioni in situ) a grandi masse superiori a 1 kg di
cellule primordiali della cresta neurale in tali sedi. I tumori neuro- peso (Fig. 10.25). In letteratura i neuroblastomi in situ sono
blastici dimostrano caratteristiche di gruppo che comprendono la 40 volte più frequenti degli altri tumori diagnosticati clini-
differenziazione spontanea o indotta dalla terapia dei neuroblasti camente. La maggior parte di queste lesioni silenti regredi-
primitivi in elementi maturi, regressione spontanea del tumore e sce spontaneamente, lasciando solo un focolaio di fibrosi
un’ampia gamma di comportamenti clinici e prognostici che spesso o calcificazione nell’adulto; ciò ha portato alcuni a mettere
rispecchiano il grado di differenziazione istologica. Il neuroblastoma in discussione le caratteristiche neoplastiche in situ, sugge-
è il membro più importante di questa famiglia. È il tumore solido rendo invece di classificarle come anomalie di sviluppo
extracranico più comune nell’infanzia e il più frequentemente dia- (“residui”). Alcuni neuroblastomi sono in genere molto ben
gnosticato nell’età infantile. Ha una frequenza di circa 1 caso su delimitati da una pseudocapsula fibrosa, ma altri sono di
7.000 nati vivi e ogni anno negli Stati Uniti vi sono circa 700 casi
diagnosticati. L’età media al momento della diagnosi è di 18 mesi;
circa il 40% dei casi è diagnosticato nel periodo infantile. La maggior
parte dei neuroblastomi si manifesta sporadicamente, ma dall’1 al
2% sono familiari, e in questi casi le neoplasie possono coinvolgere
entrambi i surreni o sedi primitive multiple del sistema nervoso.
Mutazioni germinali nel gene della chinasi del linfoma anaplastico
(Anaplastic Lymphoma Kinase, ALK) (Cap. 14) sono state recente-
mente identificate come la causa principale di predisposizione fa-
miliare al neuroblastoma.52 Inoltre, sono state osservate mutazioni
somatiche attivanti del gene ALK in un gruppo di neuroblastomi
sporadici. Si prevede che i tumori ospitanti le mutazioni ALK sia a
livello germinale sia somatico saranno trattabili mediante farmaci
che hanno come bersaglio l’attività di questa chinasi.
Nonostante i notevoli progressi nella terapia di questa malattia,
la prognosi a lungo termine per i gruppi ad alto rischio rimane
modesta, con una sopravvivenza di 5 anni del 40%. Come sarà
evidente in seguito, età e stadio della malattia hanno un forte effetto
sulla prognosi e, solitamente, i bambini al di sotto dei 18 mesi ten-
dono ad avere una prognosi notevolmente migliore rispetto a indi-
vidui più grandi a parità di gravità della malattia.

Morfologia Nei bambini, circa il 40% dei neuroblastomi Figura 10.25 Neuroblastoma surrenale in un bambino di 6 mesi. Il
tumore emorragico, parzialmente incapsulato, ha spostato il rene sinistro
origina nella midollare del surrene. I restanti possono com- comprimendo l’aorta e l’arteria renale sinistra. (Per gentile concessione
parire ovunque lungo la catena simpatica, ma la maggior del Dr. Arthur Weinberg, University of Texas Southwestern Medical
School, Dallas, TX)
468 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

gran lunga più infiltrativi e invadono le strutture circostanti, Stadiazione Il sistema internazionale di stadiazione del neu-
compresi i reni, la vena renale, la vena cava e avvolgono roblastoma (International Neuroblastoma Staging System)
l’aorta. In sezione, sono composti da tessuto soffice, grigio è il sistema di stadiazione più largamente diffuso e viene
bruno. I tumori più grandi hanno aree di necrosi, fibrosi, descritto di seguito:
rammollimento ed emorragia. Occasionalmente, posso-
no essere palpati focolai di calcificazioni intratumorali Stadio 1: tumore localizzato asportato in modo completo,
puntiformi. con o senza residui al microscopio; linfonodi non aderenti
Istologicamente, i classici neuroblastomi sono composti da ipsilaterali negativi (linfonodi aderenti al tumore primitivo
piccole cellule primitive con nuclei scuri, citoplasma esiguo possono essere positivi).
e contorni cellulari poco definiti, con crescita in lamine so- Stadio 2A: tumore localizzato asportato in modo incom-
lide. Tali tumori primitivi possono essere difficilmente diffe- pleto; linfonodi non aderenti ipsilaterali negativi all’esame
renziati morfologicamente da altri piccoli tumori a cellule istologico.
blu rotondeggianti. L’attività mitotica può essere prominen- Stadio 2B: tumore localizzato asportato in modo completo
te, così come la distruzione nucleare (“carioressi”) e il poli- o incompleto; linfonodi non aderenti ipsilaterali positivi;
morfismo nucleare. Lo sfondo spesso dimostra un materiale linfonodi controlaterali aumentati di volume negativi
eosinofilo fibrillare (neuropilo) che corrisponde ai processi all’esame istologico.
neuritici dei neuroblasti primitivi. Delle rosette (pseudoro- Stadio 3: tumore monolaterale non resecabile infiltrante,
sette di Homer Wright) possono essere frequentemente ri- che supera la linea mediana con o senza coinvolgimento
scontrate nelle cellule tumorali disposte concentricamente linfonodale regionale; o tumore monolaterale localizzato
attorno a un agglomerato centrale costituito dal neuropilo con coinvolgimento linfonodale controlaterale.
(Fig. 10.26). Altre utili caratteristiche comprendono le reazio- Stadio 4: qualsiasi tumore primitivo con disseminazione
ni immunochimiche positive per l’enolasi neurone-specifica a linfonodi distanti, ossa, midollo osseo, fegato, cute e/o
e per l’antigene del neuroblastoma (NB84A) e la dimostra- e altri organi (eccetto i casi descritti nello stadio 4S).
zione ultrastrutturale di piccoli granuli secretori, circondati Stadio 4S (“S” = speciale): tumore primitivo localizzato
da membrana e contenenti catecolamine; queste ultime (come per gli stadi 1, 2A o 2B) con disseminazione limitata
contengono un’area centrale densa caratteristica, circondata a cute, fegato e/o midollo osseo; lo stadio 4S è limitato ai
da un alone periferico (granuli densi interni). Alcune neopla- bambini 1 anno.
sie mostrano segni di maturazione che può essere sponta-
nea o indotta dalla terapia. Grandi cellule aventi citoplasma Sfortunatamente, la maggior parte (60-80%) dei bambini
più abbondante con grandi nuclei vescicolosi e un promi- esordisce in stadio 3 o 4, e solo il 20-40% si presenta in stadio
nente nucleolo rappresentano cellule gangliari in varie fasi 1, 2A, 2B o 4S del neuroblastoma. Il sistema di stadiazione è
di maturazione, e possono essere ­riscontrate nei tumori di primaria importanza per determinare la prognosi.
mescolati con neuroblasti primitivi (ganglioneuroblastoma).
Le lesioni ben differenziate contengono molte cellule gan-
gliari mature con un residuo nullo o minimo di neuroblasti;
tali neoplasie ­meritano la definizione di ganglioneuroma Evoluzione clinica e caratteristiche prognostiche. Nei bambini,
(Fig. 10.27). La maturazione dei neuroblasti in cellule gan- al di sotto dei 2 anni, il neuroblastoma si presenta con una grande
gliari è di solito accompagnata dalla comparsa di cellule di massa addominale, febbre e calo ponderale. Nei bambini più grandi,
Schwann. Infatti, la presenza del cosiddetto stroma schwan- il quadro può sfuggire fino a quando non si verificano manifestazioni
niano, composto da fascicoli organizzati di processi neuritici, metastatiche, come dolore osseo, sintomi respiratori o disturbi ga-
cellule di Schwann mature e fibroblasti, costituisce il prere- strointestinali. Il neuroblastoma può metastatizzare facilmente per
quisito istologico perché vengano denominati ganglioneu- via ematica e linfatica, in particolare a fegato, polmoni, ossa e ­midollo
roblastoma e ganglioneuroma; le cellule ­gangliari di per
loro, infatti, non rientrano nei criteri di ­maturazione. L’origine
delle cellule di Schwann nel neuroblastoma rimane una
questione controversa; alcuni studiosi pensano che esse
rappresentino una popolazione reattiva reclutata dalle cel-
lule neoplastiche. Tuttavia, studi che impiegano la tecnica a
microdissezione hanno dimostrato che le cellule di Schwann
ospitano almeno un sottogruppo delle stesse alterazioni
genetiche evidenziate nei neuroblasti e che quindi sono
componenti del clone ­m aligno. 53 Indipendentemente
dall’istogenesi, è essenziale documentare la presenza di
stroma schwanniano, poiché è associata a prognosi favore-
vole (Tab. 10.9).
Quando le metastasi si sviluppano, si manifestano precoce-
mente e in maniera estesa. Oltre all’infiltrazione locale e
linfonodale, vi è una maggiore tendenza a diffondersi attra-
verso il flusso sanguigno con il coinvolgimento di fegato,
polmoni, ossa e midollo osseo. Figura 10.26 Neuroblastoma surrenale. Questo tumore è composto da
piccole cellule immerse in una fine matrice fibrillare.
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 469

Tabella 10.9 Fattori prognostici dei neuroblastomi


Variabile Favorevole Sfavorevole
*
Stadio Stadio 1, 2A, 2B, 4S Stadio 3, 4
*
Età 18 mesi 18 mesi
Istologia* Presente Assente
Evidenza nello stroma di numerose cellule
di Schwann e di differenziazione
gangliocitica†
Indice di mitosi/carioressi‡ 200/5.000 cellule 200/5.000 cellule
*
Ploidia del DNA Iperdiploidia o quasi triploidia Quasi diploidia
N-MYC* Non amplificato Amplificato
Mutazioni additive del cromosoma 17q Assente Presente
Perdita del cromosoma 1p Assente Presente
Perdita del cromosoma 11 Assente Presente
Espressione di TRKA Presente Assente
Espressione di TRKB Assente Presente
Espressione della telomerasi Bassa o assente Altamente espressa
*
Corrisponde ai parametri più frequentemente utilizzati nella pratica clinica per la valutazione della prognosi e la stratificazione del rischio.

Non è solo la presenza ma anche la quantità di “stroma di Schwann” a conferire la definizione di un’istologia favorevole. Almeno il 50% o più di stroma
di Schwann è necessario prima che una neoplasia possa essere classificata come ganglioneuroblastoma o ganglioneuroma.

L’indice mitotico/carioressico (MKI) è definito come il numero di cellule mitotiche o in carioressi per 5.000 cellule tumorali.

osseo. Proptosi ed ecchimosi possono facilmente verificarsi dato il importante strumento diagnostico (ovvero, elevati livelli di cateco-
facile coinvolgimento metastatico della regione periorbitale. Disfun- lamine nel sangue ed elevati livelli dei loro metaboliti nelle urine,
zione vescicale e intestinale possono essere causate da un neurobla- l’acido vanilmandelico [VMA], e l’acido omovanillico [HVA]).
stoma paraspinale che coinvolge i fasci nervosi. Nei neonati, il neu- Nonostante l’elaborazione di catecolamine, l’ipertensione è molto
roblastoma disseminato può presentarsi con metastasi cutanee meno frequente che nel feocromocitoma (Cap. 24).
multiple che causano una colorazione bluastra anomala della cute Il ganglioneuroma, diversamente dal corrispettivo maligno, tende
(da cui l’infelice denominazione blueberry muffin baby, “bambino a a produrre masse asintomatiche o sintomi riferibili alla
forma di muffin al mirtillo”). Circa il 90% dei neuroblastomi, indi- compressione.
pendentemente dalla localizzazione, produce catecolamine (simili alle Il decorso del neuroblastoma è estremamente variabile. Diversi
catecolamine prodotte dal feocromocitoma), che rappresentano un fattori clinici, istopatologici, molecolari e biochimici sono stati iden-
tificati per precisare la prognosi del neuroblastoma (si veda Tab.
10.9)54; sulla base della raccolta di fattori prognostici presenti in un
dato paziente, vengono classificati come a rischio “basso”, “interme-
dio” e “alto”.
Grazie ai miglioramenti terapeutici, le prime due categorie van-
tano una sopravvivenza a lungo termine nell’80-90% dei pazienti,
mentre meno del 40% dei pazienti che rientrano nella categoria ad
alto rischio riesce a sopravvivere a lungo termine. I fattori progno-
stici più pertinenti nel neuroblastoma includono i seguenti:

Età e stadio della malattia sono i fattori più importanti ai fini


prognostici. Neuroblastomi allo stadio 1, 2A o 2B tendono ad
avere prognosi eccellenti, indipendentemente dall’età (rischio
“basso” o “intermedio”); l’unica eccezione rilevante a questa re-
gola è rappresentata dai tumori che mostrano un’amplificazione
dell’oncogene N-MYC (si veda oltre). I neonati con tumori pri-
mitivi localizzati e metastasi diffuse a fegato, midollo osseo e cute
(stadio 4S) rappresentano un sottotipo speciale, ove non è così
raro che la malattia regredisca spontaneamente. Le basi biologi-
che di questo fenomeno ben documentato non sono ancora chia-
re. L’età di 18 mesi è emersa quale punto critico della dicotomia in
Figura 10.27 I ganglioneuromi, che derivano dalla maturazione, spon- termini di prognosi.55 I bambini sotto i 18 mesi e specialmente
tanea o indotta dalla terapia, dei neuroblastomi, sono caratterizzati da gruppi
di grandi cellule con nuclei vescicolosi e citoplasma fortemente eosinofilo quelli sotto l’anno, hanno prognosi eccellente a prescindere dallo
che rappresentano le cellule neoplastiche gangliari (freccia). Le cellule fu- stadio della neoplasia. I bambini oltre i 18 mesi ricadono nella
siformi di Schwann sono presenti nello stroma. categoria di rischio “intermedio”, mentre quelli che presentano
470 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

tumori allo stadio avanzato o con fattori prognostici sfavorevoli


e contraddittori, quali l’amplificazione di N-MYC nelle cellule
neoplastiche, sono considerati ad “alto” rischio.
La morfologia è una variabile prognostica indipendente nei tu-
mori neuroblastici. Recentemente è stata proposta una classifi-
cazione morfologica dei tumori neuroblastici legata all’età che
divide i sottotipi istologici in favorevoli e sfavorevoli. Le caratte-
ristiche morfologiche specifiche che riguardano la prognosi sono
elencate nella Tabella 10.9.
L’amplificazione dell’oncogene N-MYC nel neuroblastoma è un
evento molecolare che ha forse l’impatto più forte sulla prognosi,
in modo particolare quando avviene nei tumori che diversamente
potrebbero far presagire una prognosi positiva.56 La presenza
dell’amplificazione N-MYC “sbatte” il tumore nella categoria ad
“alto” rischio, a prescindere da età, stadio e istologia. L’N-MYC è
localizzato sulla parte distale del braccio corto del cromosoma 2
(2p23-p24). L’amplificazione di N-MYC non si manifesta a livello
cariotipico nella regione 2p23-p24, ma come corpi cromatinici
piccoli e doppi extracromosomici o come regioni omogeneamen-
te colorate su altri cromosomi (Fig. 10.28). Un’amplificazione
dell’oncogene N-MYC è presente in circa il 25-30% dei tumori
primitivi, per lo più negli stadi avanzati della malattia e più alto
è il livello di amplificazione, peggiore è la prognosi. L’amplifica-
zione di N-MYC è attualmente l’anomalia genetica più importante
nella determinazione del rischio dei tumori neuroblastici (si veda
oltre).
La ploidia delle cellule tumorali è correlata alla prognosi nei
bambini al di sotto dei 2 anni, ma perde il suo significato pro-
gnostico indipendente nei bambini più grandi. In generale, i
neuroblastomi possono essere suddivisi in due categorie: quasi
diploidi e iperdiploidi (spesso quasi triploidi), questi ultimi asso-
ciati a una prognosi migliore. È stato postulato che il neurobla-
stoma con iperdiploidia sia connotato da un difetto sottostante
nel macchinario mitotico, che porta a una non disgiunzione Figura 10.28 A. Ibridazione fluorescente in situ con sonda a cosmidi
marcata con fluoresceina per N-MYC su una sezione di tessuto. Si notino
cromosomica e a una quasi triploidia, ma per il resto a cariotipi le cellule di neuroblastoma sulla metà superiore della foto con ampie
relativamente banali. Al contrario, il tumore quasi diploide più zone di colorazione (giallo-verde); ciò corrisponde ad amplificazione di
aggressivo ospita un’instabilità genomica generalizzata, con tra- N-MYC sotto forma di regioni omogeneamente colorate. Le cellule epi-
slocazioni sbilanciate e riarrangiamenti cromosomici. Questo teliali tubulari renali nella metà inferiore della foto non dimostrano alcuna
colorazione nucleare e (verde) citoplasmatica. (Per gentile concessione
tumore conserva totalmente la ploidia ma risulta in un cariotipo del Dr. Timothy Triche, Children’s Hospital, Los Angeles, CA) B. Curva di
complesso con implicazioni prognostiche negative. Kaplan-Meier nei bambini con meno di 1 anno con neuroblastoma me-
tastatico. La sopravvivenza libera da eventi stimata a 3 anni (EFS) di
Mentre età, stadio, stato N-MYC, istologia e ploidia del DNA co- bambini i cui tumori non avevano l’amplificazione di N-MYC era del 93%,
stituiscono attualmente i criteri “di base” utilizzati per stabilire la mentre i bambini con tumore e amplificazione di MYCN rappresentavano
solamente un 10% di EFS. (Riprodotta per gentile concessione da Bro-
stratificazione formale del rischio e le decisioni terapeutiche da deur GM: Neuroblastoma: biological insights into a clinical enigma. Nat
prendere, sono state descritte molte variabili molecolari con impli- Rev Cancer 3:203-216; 2003)
cazioni prognostiche. I fattori prognostici più pertinenti includono
i seguenti:
prognosi sfavorevole, in modo particolare al rischio di recidiva
La delezione emizigote della parte distale del braccio corto del nei tumori localizzati senza amplificazione N-MYC.59
cromosoma 1 a livello della banda p36 è stata dimostrata nel L’espressione di specifici recettori delle neutrofine è un altro indi-
­25-35% dei tumori primitivi. La perdita di 1p36 nel neuroblasto- catore prognostico per il neuroblastoma. I recettori delle neutro-
ma ha una forte correlazione con l’amplificazione N-MYC, come fine fanno parte della famiglia dei recettori delle tirosin-chinasi,
anche con uno stadio avanzato della malattia ed è associata a un in particolare il TrkA, il TrkB e il TrkC (noti anche come NTRK3,
rischio maggiore di recidiva nei tumori localizzati.57 La perdita si veda sopra), che regolano crescita, sopravvivenza e differen-
emizigote del materiale genetico del cromosoma 11 costituisce un ziazione delle cellule neuronali. Un’alta espressione di TrkA è un
ulteriore fattore prognostico avverso e alcuni studi con microar- fattore prognostico positivo nel neuroblastoma. È generalmente
ray ad alta risoluzione condotti recentemente, suggeriscono che associata a tumori allo stadio iniziale senza amplificazione di
questa alterazione può essere la delezione più frequente nel N-MYC che invece si verifica in pazienti più giovani. Diversa-
neuroblastoma.58 mente, un’espressione elevata di TrkB è associata a caratteristiche
L’aumento parziale della parte distale del braccio lungo del cromo- biologiche sfavorevoli che comprendono l’amplificazione N-MYC
soma 17 è presente in oltre il 50% dei tumori ed è associato a e uno stadio più avanzato della malattia.
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 471

Sebbene la discussione inerente le modalità terapeutiche del non sono a rischio maggiore di sviluppare tumori di Wilms. La pre-
neuroblastoma esuli dall’obiettivo di questo libro, menzioneremo en senza di delezioni germinali di WT1 nella sindrome WAGR rappre-
passant due approcci sperimentali alquanto promettenti e in corso senta il “primo evento”; lo sviluppo di tumore di Wilms in questi casi
di valutazione. Il primo comprende l’uso di retinoidi quale terapia è frequentemente collegato con la comparsa di una mutazione frame-
aggiuntiva mirata a indurre la differenziazione del neuroblastoma. shift o nonsense nel secondo allele WT1 (“secondo evento”).
Va ricordato che la via di trasmissione del segnale dell’acido retinoico Un secondo gruppo di pazienti a rischio molto più alto per ­tumore
gioca un ruolo decisivo nella differenziazione cellulare durante di Wilms (circa 90%) sono quelli affetti da sindrome di Denys-Drash,
l’embriogenesi. Un’altra terapia “mirata” emergente prevede la disat­ che è caratterizzata da disgenesia gonadica (pseudoermafroditismo
tivazione del segnale oncogeno TRKB nel neuroblastoma, a opera maschile) e da nefropatia a esordio precoce che porta a ­insufficienza
di piccoli inibitori molecolari della sua tirosin-chinasi. Infine, dov­ renale. Il caratteristico quadro glomerulare di questi pazienti è una
remmo menzionare lo stato dei programmi di screening per il neu- sclerosi mesangiale diffusa (Cap. 20). Come nei pazienti con sindro-
roblastoma. Poiché la grande maggioranza dei neuroblastomi rilascia me WAGR, questi pazienti dimostrano inoltre anomalie germinali
catecolamine in circolo, l’individuazione dei metaboliti delle cate- su WT1. Tuttavia, nei pazienti con la sindrome di Denys-Drash,
colamine (VMA e HVA) nell’urina potrebbe, in teoria, costituire la l’anomalia genetica è una mutazione dominante nonsenso nella re-
base per lo screening dei tumori asintomatici nei bambini. Tuttavia, gione zinc-finger del gene WT1 che condiziona la sua capacità di
due ampi studi condotti in Europa e in Nord America non sono legame con il DNA. Questa mutazione interferisce con la funzione
riusciti a dimostrare una riduzione dei tassi di mortalità in questa dei restanti alleli di tipo selvaggio (wild-type), causando le anomalie
popolazione sottoposta a screening. Questo perché la maggior parte genitourinarie, ma non la formazione di tumori; i tumori di Wilms
dei tumori riscontrati aveva caratteristiche biologiche favorevoli e che compaiono nella sindrome di Denys-Drash mostrano inattiva-
perché il rapporto costi/benefici era sfavorevole.60,61 Per queste ra- zione biallelica di WT1. Oltre ai tumori di Wilms, questi soggetti
gioni, i programmi di screening su base comunitaria per il neuro- sono a maggiore rischio di sviluppare anche tumori a cellule germi-
blastoma non sono attualmente sostenuti. nali – gonadoblastomi (Cap. 21), quasi certamente conseguenza di
anomalia nel normale sviluppo gonadico.
WT1 codifica per un fattore di trascrizione legante il DNA espres-
Tumore di Wilms
so in numerosi tessuti, inclusi i reni e le gonadi, durante l’embrioge­
Negli Stati Uniti, il tumore di Wilms affligge circa 1 bambino su nesi. Il gene WT1 è decisivo per il normale sviluppo gonadico e
10.000 ed è il più frequente tumore renale primitivo dell’infanzia e renale. Il gene WT1 ha partner leganti multipli e la scelta del partner
il quarto più frequente tumore in età pediatrica negli Stati Uniti. Il può influenzare la funzione di WT1 come attivatore trascrizionale
picco di incidenza per il tumore di Wilms è tra i 2 e i 5 anni di età e o come repressore in un dato contesto cellulare.63 Sono stati identi-
il 95% di questi tumori si verifica prima dei 10 anni. Circa il 5-10% ficati numerosi bersagli trascrizionali di WT1 tra i quali le proteine
dei tumori di Wilms coinvolge entrambi i reni, contemporaneamente specifiche gromerulari dei podociti e geni che promuovono la dif-
(in modo sincrono) o in successione (in modo metacrono). Il tumore ferenziazione. Malgrado l’importanza di WT1 nella nefrogenesi e il
di Wilms bilaterale ha un’età mediana di insorgenza di circa 10 mesi suo inequivocabile ruolo di gene oncosoppressore, solo il 10% circa
più precoce rispetto ai tumori che coinvolgono un solo rene e si dei pazienti con tumore di Wilms sporadico (non sindromico) mo-
presume che questi pazienti ospitino una mutazione germinale in stra la mutazione WT1, il che suggerisce che la maggior parte dei
uno dei geni predisponenti per il tumore di Wilms (si veda oltre). tumori di Wilms insorge per vie geneticamente differenti.
La biologia di questo tumore mostra diversi importanti aspetti delle Clinicamente distinti da questi precedenti due gruppi di pazienti,
neoplasie pediatriche, come la relazione tra malformazioni e neopla- ma a elevato rischio di sviluppare tumore di Wilms, sono i bambini
sia, le similitudini istologiche tra organogenesi e oncogenesi, la teoria con sindrome di Beckwith Wiedemann (BWS), che manifestano
dei 2 eventi di geni recessivi oncosoppressori (Cap. 7), il ruolo di organomegalia, macroglossia, emipertrofia, onfalocele e cellule anor-
lesioni precancerose e, forse ancor più importante, la capacità poten- malmente voluminose a livello della corticale del surrene (citomegalia
ziale per oculate modalità di trattamento di condizionare dramma- surrenale). La BWS è servita come modello per un meccanismo non
ticamente la prognosi e gli esiti a distanza.62 I miglioramenti in classico di oncogenesi nell’imprinting genomico umano (Cap. 5).64 Le
termini terapeutici per il tumore di Wilms (da un 30% nel decennio regioni cromosomiche implicate nella BWS sono state localizzate a
scorso all’85% attualmente) rappresentano uno dei più grandi suc- livello della banda p15.5 del cromosoma 11 (“WT2”) posto distal-
cessi della storia oncologica pediatrica. mente al locus WT1. Questa regione contiene geni multipli che sono
Patogenesi e genetica. Il rischio di tumore di Wilms è aumentato normalmente espressi da uno solo dei due alleli parentali, con la
in presenza di almeno quattro gruppi di malformazioni associate a cessazione della trascrizione (l’imprinting) dell’altro omologo paren-
loci cromosomici distinti. Sebbene il tumore di Wilms origini in tale attraverso metilazione della regione promotrice. Diversamente
questo contesto in non più del 10% dei casi, queste forme sindromiche dalla WAGR o dalla sindrome di Denys-Drash, la base genetica per
hanno fornito importanti contributi per comprendere la biologia di la BWS è notevolmente più eterogenea poiché nessun gene 11p15.5
questa neoplasia. è coinvolto in tutti i casi. Inoltre, il fenotipo della BWS, inclusa la
Il primo gruppo di pazienti presenta la sindrome WAGR, caratte- predisposizione all’oncogenesi, è influenzato dalle alterazioni speci-
rizzata da aniridia, anomalie genitali e ritardo mentale, con un 33% di fiche di imprinting “WT2”. Uno dei geni in questa regione, il fattore
probabilità di sviluppare il tumore di Wilms. Gli individui con sindro- di crescita simil-insulina 2 (IGF2), è normalmente espresso unica-
me WAGR presentano delezione costituzionale (germinale) dell’11p13. mente dall’allele paterno, mentre l’allele materno è silenziato attra-
Studi su questi pazienti hanno portato all’identificazione del primo verso imprinting. In alcuni tumori di Wilms, la perdita dell’imprinting
gene associato al tumore di Wilms, il WT1, e della delezione del gene (cioè la riespressione di IGF2 dall’allele materno) può essere dimo-
autosomico dominante per l’aniridia, il PAX6, entrambi localizzati sul strata, in quanto comporta l’iperespressione della proteina IGF-2.
cromosoma 11p13. I pazienti con delezione limitata a PAX6, con una Negli altri casi, vi è una delezione selettiva dell’allele di origine ma-
funzione normale di WT1, sviluppano sporadicamente aniridia ma terna, associata alla duplicazione dell’allele paterno attivo dal punto
472 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

di vista trascrizionale nel tumore (disomia uniparentale paterna), che


ha un’identica attività funzionale in termini di iperespressione di
IGF-2. Poiché la proteina IGF-2 è un fattore di crescita embrionale,
potrebbe spiegare i quadri di ipersviluppo presenti nella sindrome di
Beckwith-Wiedemann, così come l’aumento del rischio di tumore di
Wilms in questi pazienti. Di tutti i geni “WT2”, le alterazioni dell’im-
printing di IGF-2 sono strettamente correlate alla predisposizione a
sviluppare tumori nella BWS.65 Un sottoinsieme di pazienti con BWS
ospitano mutazioni della via di regolazione del ciclo cellulare CD-
KN1C (nota anche come p57 o KIP2); tuttavia, questi pazienti hanno
un rischio notevolmente più basso di sviluppare il tumore di Wilms.
Oltre al tumore di Wilms i pazienti con sindrome di BWS sono a
maggiore rischio di sviluppare epatoblastoma, pancreatobastoma,
tumori adrenocorticali e rabdomiosarcomi.
Recenti studi hanno anche dimostrato il ruolo della b-catenina
nel tumore di Wilms. Si ricorda (Cap. 7) che la b-catenina appartiene
all’importante (dal punto di vista dello sviluppo) via di segnalazione
WNT. Le mutazioni con recupero di funzione del gene che codifica
per la b-catenina sono state dimostrate in circa il 10% dei tumori di Figura 10.29 Tumore di Wilms nel polo inferiore del rene con il caratte-
Wilms sporadici; vi è una sovrapposizione significativa tra la pre- ristico colore bruno-grigiastro e margini ben circoscritti.
senza di WT1 e le mutazioni di b-catenina, il che suggerisce un ruolo
sinergistico per tali eventi nella genesi dei tumori di Wilms.66

Residui nefrogenici
Morfologia Macroscopicamente, il tumore di Wilms tende
I residui nefrogenici sono lesioni che precorrono il tumore di Wilms a presentarsi come una grande massa singola, ben circoscrit-
e si evidenziano nel parenchima renale adiacente al 25-40% dei ta, sebbene il 10% sia bilaterale o multicentrico al momento
tumori unilaterali; questa frequenza sale a quasi il 100% nei tumori della diagnosi. Al taglio, il tumore è soffice, omogeneo e di
di Wilms bilaterali. In molti casi, i residui nefrogenici condividono colore bruno-grigiastro con occasionali focolai emorragici,
alterazioni genetiche con il tumore di Wilms adiacente, sottoline- aree cistiche e necrosi (Fig. 10.29).
ando il loro significato preneoplastico. L’aspetto dei residui nefroge­ Microscopicamente, i tumori di Wilms sono caratterizzati da
nici varia da masse espansive che assomigliano ai tumori di Wilms strutture in diverso stadio della nefrogenesi. La classica as-
(residui iperplastici) a residui sclerotici che consistono soprattutto sociazione trifasica di cellule blastiche, stromali ed epiteliali
di tessuto fibroso frammisto a tubuli e glomeruli immaturi. È im- è riscontrata nella stragrande maggioranza delle lesioni,
portante documentare la presenza di residui nefrogenici nel cam- sebbene la percentuale di ciascuna componente sia variabile
pione prelevato poiché questi pazienti sono a elevato rischio di (Fig. 10.30). Aree di piccole cellule blu, con poche caratteri-
sviluppare un tumore di Wilms nel rene controlaterale e richiedono stiche distintive determinano la componente blastemica. La
una sorveglianza frequente e regolare per molti anni.

Figura 10.30 A. Tumore di Wilms che presenta un agglomerato di cellule blu con elementi blastemici; i tubuli immaturi sparpagliati sono un esempio
della componente epiteliale. Nonostante si osservino figure mitotiche multiple, nessuna è atipica in questo campo. B. L’anaplasia focale era presente in
altre aree di questo tumore di Wilms, caratterizzato da cellule con nuclei ipercromatici, pleomorfi e mitosi atipiche.
CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza 473

9. Koo SH, Cunningham MC, Arabshahi B, Gruss JS, Grant JH 3rd: The transfor-
differenziazione epiteliale è usualmente sotto forma di tubuli ming growth factor-beta 3 knock-out mouse: an animal model for cleft palate.
Plast Reconstr Surg 108:938, 2001.
e glomeruli abortivi. Le cellule stromali sono abitualmente 10. ACOG Practice Bulletin No. 80: premature rupture of membranes. Clinical
di natura fibroblastica o mixoide, sebbene la differenziazione management guidelines for obstetrician-gynecologists. Obstet Gynecol 1091007,
in muscolatura scheletrica non sia infrequente. Raramente, 2007.
altri elementi eterologhi possono essere individuati, inclusi 11. Nesin M: Genetic basis of preterm birth. Front Biosci 12:115, 2007.
12. Elovitz MA, Wang Z, Chien EK, Rychlik DF, Phillippe M: A new model for
epiteli squamosi o mucinosi, muscolo liscio, tessuto adiposo, ­inflammation-induced preterm birth: the role of platelet-activating factor and
cartilagine, e tessuto osteoide o neurogenico. Circa il 5% dei Toll-like receptor-4. Am J Pathol 163:2103, 2003.
tumori mostra anaplasia, definita dalla presenza di cellule 13. Kinzler WL, Kaminsky L: Fetal growth restriction and subsequent pregnancy
con nuclei grandi, ipercromici, pleomorfi e mitosi anomale. risks. Semin Perinatol 31:126, 2007.
La presenza di anaplasia è collegata alla sottostante muta- 14. Miura K, Yoshiura K, Miura S, et al.: Clinical outcome of infants with confined
placental mosaicism and intrauterine growth restriction of unknown cause. Am
zione di p53 e alla comparsa di resistenza alla chemiotera- J Med Genet A 140:1827, 2006.
pia.67 Va ricordato che p53 stimola segnali proapoptotici in 15. Robertson L, Wu O, Langhorne P, et al.: Thrombophilia in pregnancy: a systematic
risposta al danno del DNA (Cap. 1). La perdita di funzione di review. Br J Haematol 132:171, 2006.
p53 potrebbe spiegare l’irresponsività relativa delle cellule 16. Hermansen CL, Lorah KN: Respiratory distress in the newborn. Am Fam Phy-
sician 76:987, 2007.
anaplastiche alla chemioterapia citotossica. 17. Hamvas A: Inherited surfactant protein-B deficiency and surfactant protein-C
associated disease: clinical features and evaluation. Semin Perinatol 30:316,
2006.
Caratteristiche cliniche. La maggior parte dei bambini con 18. Chen J, Smith LE: Retinopathy of prematurity. Angiogenesis 10:133, 2007.
tumore di Wilms si presenta con una grande massa addominale che 19. Bancalari E, Claure N: Definitions and diagnostic criteria for bronchopulmonary
dysplasia. Semin Perinatol 30:164, 2006.
può essere unilaterale o, se molto grande, può attraversare la linea 20. Chess PR, D’Angio CT, Pryhuber GS, Maniscalco WM: Pathogenesis of bron-
mediana e raggiungere la pelvi. L’ematuria, il dolore addominale chopulmonary dysplasia. Semin Perinatol 30:171, 2006.
dopo qualche trauma, l’ostruzione intestinale, la presenza di iper- 21. Speer CP: Inflammation and bronchopulmonary dysplasia: a continuing story.
tensione sono ulteriori quadri di presentazione. In un numero con- Semin Fetal Neonatal Med 11:354, 2006.
22. Thebaud B: Angiogenesis in lung development, injury and repair: implications
siderevole di questi pazienti, le metastasi polmonari sono presenti for chronic lung disease of prematurity. Neonatology 91:291, 2007.
al momento della diagnosi. 23. Caplan MS, Simon D, Jilling T: The role of PAF, TLR, and the inflammatory
Come menzionato, la maggioranza dei pazienti colpiti dal tumore response in neonatal necrotizing enterocolitis. Semin Pediatr Surg 14:145,
di Wilms può avere aspettative terapeutiche positive. L’istologia 2005.
anaplastica resta un fattore decisivo per una prognosi avversa. Anche 24. Abrams ME, Meredith KS, Kinnard P, Clark RH: Hydrops fetalis: a retrospective
review of cases reported to a large national database and identification of risk
l’anaplasia limitata al rene (ossia senza diffusione extrarenale) com- factors associated with death. Pediatrics 120:84, 2007.
porta un rischio maggiore di recidiva e morte. Questo sottolinea la 25. Scriver CR: The PAH gene, phenylketonuria, and a paradigm shift. Hum Mutat
necessità di identificare correttamente questo tipo istologico. I pa- 28:831, 2007.
rametri molecolari correlati a una prognosi avversa includono per- 26. Zurfluh MR, Zschocke J, Lindner M, et al.: Molecular genetics of tetrahydrobiop­
terin-responsive phenylalanine hydroxylase deficiency. Hum Mutat, 2008.
dita di materiale genetico sui cromosomi 11q e 16q e il recupero del 27. Harding CO, Gillingham MB, Hamman K, et al.: Complete correction of hyper-
cromosoma 1q nelle cellule tumorali. Insieme alla migliore soprav- phenylalaninemia following liver-directed, recombinant AAV2/8 vector-media-
vivenza degli individui con il tumore di Wilms sono giunti riscontri ted gene therapy in murine phenylketonuria. Gene Ther 13:457, 2006.
circa un rischio relativo maggiore di sviluppare un secondo tumore 28. Fridovich-Keil JL: Galactosemia: the good, the bad, and the unknown. J Cell
primitivo, che comprenderebbe sarcoma dei tessuti molli, leucemia, Physiol 209:701, 2006.
29. Wang X, Kim J, McWilliams R, Cutting GR: Increased prevalence of chronic
linfoma e carcinoma mammario. Mentre alcuni di queste neoplasie rhinosinusitis in carriers of a cystic fibrosis mutation. Arch Otolaryngol Head
mostrano la presenza di una mutazione germinale in un gene di Neck Surg 131:237, 2005.
predisposizione al cancro, altre sono una conseguenza della terapia, 30. Cohn JA, Neoptolemos JP, Feng J, et al.: Increased risk of idiopathic chronic
molto frequentemente delle radiazioni somministrate nell’area pancreatitis in cystic fibrosis carriers. Hum Mutat 26:303, 2005.
31. Castellani C, Cuppens H, Macek M Jr, et al.: Consensus on the use and interpre-
­tumorale. 68 Questa tragica, quantunque rara, prognosi ha reso tation of cystic fibrosis mutation analysis in clinical practice. J Cyst Fibros 7:179,
­necessario che la radioterapia venisse utilizzata con giudizio nel 2008.
trattamento di questo o di altri tumori infantili. 32. Boucher RC: Cystic fibrosis: a disease of vulnerability to airway surface dehydra-
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474 CAPITOLO 10 Malattie dell’infanzia e dell’adolescenza

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475 CAPITOLO 11 

Unità II

Patologia
sistemica:
malattie degli
organi e degli
apparati

475
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11
Vasi sanguigni
Richard N. Mitchell  Frederick J. Schoen

Struttura e funzione dei vasi sanguigni Sindrome di Churg-Strauss


Sviluppo, crescita e rimodellamento dei vasi Granulomatosi di Wegener
Tromboangioite obliterante (morbo di Buerger)
Anomalie congenite
Vasculite associata ad altre malattie
Cellule della parete vascolare e loro risposta al danno Vasculite infettiva
Patologia vascolare ipertensiva Fenomeno di Raynaud
Patologia vascolare nell’ipertensione
Vene e linfatici
Arteriosclerosi Vene varicose
Aterosclerosi Tromboflebite e flebotrombosi
Epidemiologia Sindrome della vena cava superiore e inferiore
Patogenesi dell’aterosclerosi Linfangite e linfedema
Danno endoteliale
Tumori
Proliferazione delle cellule muscolari lisce
Panoramica Tumori benigni e condizioni simil-tumorali
Emangioma
Conseguenze della malattia aterosclerotica
Linfangioma
Aneurismi e dissezioni Tumore glomico (glomangioma)
Aneurismi dell’aorta addominale (AAA) Ectasia vascolare
Aneurismi dell’aorta toracica Angiomatosi bacillare
Dissezione aortica Tumori di grado intermedio (borderline)
Sarcoma di Kaposi
Vasculite Emangioendotelioma
Vasculite non infettiva Tumori maligni
Arterite a cellule giganti (temporale) Angiosarcoma
Arterite di Takayasu Emangiopericitoma
Poliarterite nodosa Patologia correlata a procedure e interventi vascolari
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Malattia di Kawasaki Angioplastica e stent endovascolari


Poliangioite microscopica Sostituzioni vascolari

477
478 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

La morbilità e la mortalità dovute alle malattie vascolari – e alle più piccoli, mentre il rapporto tra spessore parietale e diametro
relative sequele – sono superiori a quelle di qualsiasi altra malattia luminale diviene maggiore.
umana. Sebbene le lesioni più significative dal punto di vista clinico Costituenti fondamentali delle pareti dei vasi sanguigni sono le
interessino tipicamente le arterie, esistono anche malattie venose. cellule endoteliali, le cellule muscolari lisce e la matrice extracellulare
La patologia vascolare porta allo sviluppo di malattie attraverso due (ECM), che comprende l’elastina, il collagene e i glicosaminoglicani.
meccanismi principali: (1) restringimento (stenosi) o ostruzione Le tre tonache concentriche, l’intima, la media e l’avventizia, sono
completa del lume di un vaso, che può avvenire in modo progressivo meglio distinguibili nei vasi più grandi, in particolar modo quelli
(ad es. per effetto dell’aterosclerosi) o repentino (ad es. in conse- arteriosi. Nelle arterie normali, l’intima consiste di un singolo strato
guenza di trombosi o embolie); e (2) indebolimento delle pareti dei di cellule endoteliali con una minima quantità di tessuto connettivo
vasi che conduce a dilatazione o rottura delle stesse. subendoteliale. Essa è separata dalla media da una densa membrana
Per comprendere meglio come le alterazioni patologiche possono elastica chiamata lamina elastica interna. Le cellule muscolari lisce
provocare malattie, prenderemo prima in esame le principali carat- appartenenti agli strati della media prossimi al lume vasale ricevono
teristiche strutturali e funzionali dei vasi sanguigni. ossigeno e nutrienti attraverso un processo di diffusione diretta dal
lume, fenomeno facilitato dalla presenza di fori nella membrana
elastica interna. Tuttavia, la diffusione dal lume è inadeguata per le
Struttura e funzione dei vasi sanguigni porzioni più esterne della tonaca media nei vasi di calibro medio
e grande, per cui queste zone sono irrorate da piccole arteriole che
L’architettura generale e la composizione cellulare dei vasi ematici originano dall’esterno del vaso (chiamate vasa vasorum, letteralmen­
sono le stesse in tutto il sistema cardiovascolare. Tuttavia, alcune te “vasi dei vasi”) che si spingono nella metà-due terzi esterni della
caratteristiche del sistema vascolare variano a seconda delle differenti media. Il limite esterno della media, nella maggior parte delle arterie,
localizzazioni riflettendo esigenze funzionali diverse (Fig. 11.1). Per è una ben definita lamina elastica esterna. Esternamente alla media
poter far fronte alle sollecitazioni dovute al flusso pulsatile e agli è presente l’avventizia, che consiste di tessuto connettivo contenente
elevati valori pressori, le arterie sono dotate di pareti generalmente fibre nervose e i vasa vasorum.
più spesse rispetto a quelle delle vene. Lo spessore della parete arte- In base alle loro dimensioni e caratteristiche strutturali, le arterie
riosa diminuisce gradualmente a mano a mano che i vasi diventano sono divise in tre tipi: (1) arterie grandi, anche dette arterie elastiche,

Figura 11.1 Specializzazioni a livello regionale del sistema vascolare. Benché l’organizzazione di base del sistema vascolare sia costante, lo spessore
e la composizione delle tonache varia in base alle forze emodinamiche e alle richieste dei tessuti.
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 479

che comprendono l’aorta e le sue diramazioni maggiori (in partico- I vasi linfatici sono canali a parete molto sottile, rivestiti da en-
lare l’arteria anonima, la succlavia, la carotide comune e l’iliaca) e dotelio, e costituiscono un sistema di drenaggio per il ritorno al
le arterie polmonari; (2) arterie di medio calibro, dette anche arterie torrente circolatorio dei fluidi interstiziali e delle cellule infiamma-
muscolari, comprendenti altri rami dell’aorta (ad es. le coronarie e torie. I vasi linfatici costituiscono un’importante via di disseminazione
le arterie renali); e (3) le piccole arterie (meno di circa 2 mm di delle malattie attraverso il trasporto di batteri e cellule tumorali a
diametro) e le arteriole (20-100 mm di diametro), contenute nei distanza.
parenchimi di tessuti e organi. Come vedremo in dettaglio nel corso del presente capitolo, le
La quantità relativa e la disposizione dei costituenti fondamentali patologie coinvolgono vasi di dimensioni, calibro e/o tipo specifici.
variano lungo il sistema arterioso a causa degli adattamenti locali alle L’aterosclerosi, ad esempio, colpisce le arterie elastiche e quelle mu­
esigenze meccaniche o metaboliche. Questi cambiamenti strutturali, scolari, l’ipertensione colpisce le piccole arterie muscolari e le arte-
riscontrabili di distretto in distretto, riguardano soprattutto la media riole, mentre specifici tipi di vasculite interessano diversi segmenti
e la matrice extracellulare. Nelle arterie elastiche la media è ricca di vascolari.
fibre elastiche; ciò consente a vasi quali l’aorta di espandersi durante la
sistole e restringersi durante la diastole, spingendo così il sangue lungo
il sistema vascolare periferico. Con l’invecchiamento, l’aorta perde la
sua elasticità e i grandi vasi si dilatano meno facilmente, in modo Sviluppo, crescita e rimodellamento
particolare quando la pressione sanguigna è elevata. Di conseguenza dei vasi
le arterie degli individui più anziani spesso divengono progressivamen-
te tortuose e dilatate (ectasiche). Nelle arterie muscolari la media è I principali processi che caratterizzano la formazione e il rimodel-
composta in prevalenza di cellule muscolari lisce disposte circolarmen- lamento dei vasi sono tre (per una descrizione dettagliata, si veda il
te o spiralmente. Nelle arterie muscolari e nelle arteriole (si veda oltre), Capitolo 3): vasculogenesi, angiogenesi e arteriogenesi.1
il flusso ematico regionale e la pressione arteriosa sono regolati da
variazioni nel lume vascolare determinate dalla contrazione delle Per vasculogenesi si intende la formazione ex novo di vasi san-
cellule muscolari lisce (vasocostrizione) o dal rilasciamento delle stesse guigni durante l’embriogenesi. Gli emangioblasti, precursori
(vasodilatazione), fenomeni controllati in parte dal sistema nervoso angiogenici, si sviluppano e migrano verso i siti di vascolariz-
autonomo e in parte da fattori locali metabolici e attraverso interazioni zazione, dove si differenziano in cellule endoteliali che si aggre-
cellulari. Poiché la resistenza di un tubo al flusso di un fluido è inver- gano per formare un plesso vascolare primitivo. Con il passare
samente proporzionale alla quarta potenza del diametro (cioè, dimez- del tempo e l’influenza di fattori genetici, metabolici ed emo-
zando il diametro la resistenza aumenta di 16 volte), piccole variazioni dinamici, questa rete di cellule si rimodella (attraverso lo snel-
del lume vascolare delle piccole arterie in seguito ad alterazioni strut- limento e/o l’aumento delle dimensioni dei vasi) dando luogo
turali o vasocostrizione possono avere un profondo effetto. Di conse- al sistema vascolare definitivo.2,3 Le diverse isoforme del fattore
guenza le arteriole rappresentano il punto più importante di regolazione di crescita endoteliale vascolare (Vascular Endothelial Growth
della resistenza al flusso ematico. Factor, VEGF) sono i principali fattori di crescita coinvolti
I capillari, con diametro simile a quello del globulo rosso (7-8 mm), in questo processo. La successiva stabilizzazione dei tubi endo-
sono rivestiti da uno strato di cellule endoteliali ma non hanno una teliali che si verifica durante lo sviluppo (e l’induzione della
tonaca media. Complessivamente, i capillari hanno un’area totale di quiescenza delle cellule endoteliali) richiede inoltre il recluta-
sezione molto grande; per cui all’interno dei capillari, il flusso rallenta mento di periciti e cellule muscolari lisce, un processo durante
drasticamente. Con pareti sottili e un flusso lento, i capillari rappre- il quale l’angiopoietina 1 si lega con i recettori Tie2 delle cellule
sentano il sito ideale per un rapido scambio di sostanze diffusibili tra endoteliali.
sangue e tessuti. Siccome la normale funzione dei tessuti dipende da L’angiogenesi (o neovascolarizzazione) è il processo di formazione
un adeguato apporto di ossigeno attraverso i vasi sanguigni e consi- di nuovi vasi nell’organismo maturo.
derando che la diffusione di ossigeno nei tessuti è inadeguata a distan- Per arteriogenesi si intende infine il rimodellamento di arterie
ze superiori a circa 100 mm,1 la rete capillare della maggior parte dei esistenti in risposta a variazioni croniche della pressione o del
tessuti è molto ricca. I tessuti metabolicamente molto attivi, come il flusso, risultato dell’interazione tra fattori derivati dalle cellule
miocardio, hanno la più alta densità capillare. endoteliali e dalle cellule muscolari lisce.4
Dai letti capillari il sangue fluisce inizialmente nelle venule postca-
pillari e quindi, sequenzialmente, nelle venule collettrici e nelle vene
di piccolo, medio e grosso calibro. In molti tipi di infiammazione, la Anomalie congenite
fuoriuscita di liquidi dovuta a un’aumentata permeabilità vascolare
e la migrazione dei leucociti attraverso la parete vascolare si verificano Pur essendo raramente sintomatica, la presenza di alterazioni nella
preferibilmente nelle venule postcapillari (Cap. 2). normale conformazione anatomica della rete vascolare può acquisire
Rispetto alle arterie, le vene hanno un diametro maggiore, un rilevanza in corso di chirurgia, poiché potrebbero essere danneggiati
lume più grande, pareti più sottili e meno ben organizzate (si veda vasi con localizzazioni atipiche. Anche le alterazioni della normale
Fig. 11.1). Quindi, a causa dello scarso supporto meccanico delle anatomia coronarica sono estremamente importanti per il cardio-
loro pareti, le vene sono predisposte a dilatazione abnorme, compres- chirurgo o il cardiologo interventista.5,6 Tra le diverse anomalie
sione e facile penetrazione da parte di tumori e processi infiammatori. vascolari congenite, tre risultano particolarmente significative, pur
Il sistema venoso ha, nel suo insieme, un’ampia capacità; circa due non essendo necessariamente comuni:
terzi di tutto il sangue dell’organismo sono di pertinenza del circolo
venoso. L’inversione del normale verso del flusso viene prevenuta Gli aneurismi congeniti o a bacca coinvolgono i vasi cerebrali e la
dalla pre­senza di valvole venose alle estremità, dove il sangue fluisce loro rottura può essere causa di emorragie intracerebrali fatali.
contro la forza di gravità. Sono descritti nel Capitolo 28.
480 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

Le fistole arterovenose sono comunicazioni dirette anomale, in Tabella 11.1 Proprietà e funzioni delle cellule endoteliali
genere di piccole dimensioni, tra arterie e vene che bypassano i
mantenimento della permeabilità di barriera
capillari interposti. Nella maggior parte dei casi insorgono come
difetti di sviluppo, ma possono anche svilupparsi in seguito a elaborazione di molecole anticoagulanti, antitrombotiche
e regolatori della fibrinolisi
rottura di aneurismi arteriosi nel lume di una vena adiacente, per Prostaciclina
ferite penetranti che perforino le arterie e le vene o dalla necrosi Trombomodulina
infiammatoria di vasi adiacenti. Le fistole arterovenose si possono Molecole eparina-simili
inoltre creare intenzionalmente allo scopo di fornire accessi va- Attivatore del plasminogeno
scolari per l’emodialisi cronica. Come avviene nel caso degli elaborazione di molecole procoagulanti
aneurismi a bacca, anche la rottura delle fistole arterovenose può Fattore di von Willebrand
essere causa di emorragia intracerebrale.7 Le fistole estese o di Fattore tissutale
Inibitore dell’attivatore del plasminogeno
grandi dimensioni possono acquisire rilevanza clinica in quanto
causano una deviazione del sangue dal circuito arterioso a quello produzione di matrice extracellulare (collagene, proteoglicani)

venoso, determinando un aumento del ritorno ematico al cuore, modulazione del flusso ematico e della reattività vascolare
che si trova quindi a doverne pompare un volume maggiore; a Vasocostrittori: endotelina, ACE
volte può svilupparsi uno scompenso cardiaco ad alta gittata. Vasodilatori: NO, prostaciclina
La displasia fibromuscolare è un ispessimento irregolare focale regolazione dell’infiammazione e dell’immunità
delle pareti delle arterie muscolari di grande o medio calibro, IL-1, IL-6, chemochine
Molecole di adesione: VCAM-1, ICAM, E-selectina, P-selectina
quali le arterie renali, carotidi, splancniche e vertebrali. La causa Antigeni di istocompatibilità
è sconosciuta, ma è probabilmente di natura congenita: i parenti
regolazione della crescita cellulare
di primo grado degli individui affetti mostrano infatti una più Fattori stimolanti la crescita: PDGF, CSF, FGF
elevata incidenza. I segmenti della parete del vaso sono focal- Fattori inibenti la crescita: eparina, TGFb
mente ispessiti per effetto di un’iperplasia combinata a fibrosi
dell’intima e della media; ciò provoca stenosi luminale e, nelle ossidazione delle ldl

arterie renali, può condurre a ipertensione renovascolare (Cap. ACE, enzima convertente l’angiotensina; CSF, fattore stimolante le colonie;
20). Nei segmenti del vaso con assottigliamento della media FGF, fattore di crescita fibroblastico; IL, interleuchina; LDL, lipoproteine a
possono svilupparsi estroflessioni vascolari (aneurismi), che in bassa densità; NO, ossido d’azoto; PDGF, fattore di crescita piastrine-deri-
vato; TGFb, fattore di crescita trasformante b.
alcuni casi possono rompersi. La displasia fibromuscolare può
manifestarsi a qualsiasi età, anche se si riscontra più frequente-
mente nelle donne giovani. Non vi è tuttavia alcuna associazione scolari lisce. Nella maggior parte delle sedi le giunzioni interendo-
con l’impiego di contraccettivi orali o anomalie nell’espressione teliali sono sostanzialmente impermeabili; tuttavia, sotto l’influsso
degli ormoni sessuali.8 di fattori emodinamici (ad es. elevata pressione sanguigna) e/o agenti
vasoattivi (ad es. istamina nell’infiammazione), le strette giunzioni
tra le cellule endoteliali si possono allentare determinando il versa-
mento di elettroliti e proteine nei tessuti adiacenti; negli stati infiam-
Cellule della parete vascolare e loro matori anche i leucociti possono infiltrarsi tra cellule endoteliali
risposta al danno adiacenti (Cap. 2).
Nonostante le numerose caratteristiche in comune, le popolazioni
Essendo le principali componenti cellulari della parete vascolare, le di cellule endoteliali che rivestono porzioni diverse dell’albero va-
cellule endoteliali e le cellule muscolari lisce svolgono un ruolo scolare (ad es. grossi vasi rispetto a capillari, arterie rispetto a vene)
importante nella biologia e nella patologia vascolare. Pertanto, prima presentano diversi repertori trascrizionali e comportamenti.9 Vi è
di discutere delle malattie vascolari specifiche, descriveremo in breve inoltre una sostanziale variabilità fenotipica a seconda del sito ana-
le loro funzioni e disfunzioni. tomico specifico. Pertanto, mentre le cellule endoteliali nei sinusoidi
Cellule endoteliali. L’endotelio è fondamentale per il manteni- epatici o nei glomeruli renali sono fenestrate (sono dotate di fori,
mento dell’omeostasi e della funzione circolatoria. Le cellule endote­ probabilmente per facilitare la filtrazione), quelle del sistema ner-
liali contengono i corpi di Weibel-Palade, organuli intracellulari voso centrale (con le cellule perivascolari associate) costituiscono
­circondati da membrana che contengono il fattore di von Willebrand un’impermeabile barriera ematoencefalica.
(Cap. 4). Gli anticorpi diretti contro quest’ultimo fattore o la molecola Le cellule endoteliali strutturalmente intatte sono in grado di ri-
di adesione cellulare piastrinica-endoteliale di tipo 1 (Platelet-Endo- spondere a vari stimoli fisiopatologici modulando il loro stato funzio-
thelial Cell Adhesion Molecule-1, PECAM-1 o CD31, una proteina nale normale (costitutivo) oppure esprimendo proprietà funzionali
localizzata nelle giunzioni interendoteliali) possono essere utilizzate nuove (inducibili), secondo un processo definito attivazione endote-
per identificare le cellule endoteliali mediante immunoistochimica. liale (Fig. 11.2).10,11 Gli induttori dell’attivazione endoteliale compren-
L’endotelio vascolare è un tessuto multifunzionale con numerose dono citochine e prodotti di origine batterica, che causano infiamma-
proprietà sintetiche e metaboliche, che di base svolge numerose zione e shock settico (Cap. 2); stress emodinamici e prodotti del
attività di importanza critica per la normale omeostasi dei vasi metabolismo lipidico, che rivestono un ruolo importante nella pato-
(Tab. 11.1). Le cellule endoteliali, pertanto, hanno un ruolo nel genesi dell’aterosclerosi (si veda oltre); prodotti finali di glicosilazione
mantenimento di un’interfaccia non trombogenica fra sangue e (importante nel diabete, Cap. 24), così come alcuni virus, alcuni
tessuti (fino a che non si rende necessaria la coagulazione a causa di componenti del complemento e l’ipossia. Le cellule endoteliali attivate,
una lesione, Cap. 4), nella modulazione della resistenza vascolare, a loro volta, esprimono molecole di adesione (Cap. 2) e producono
nel metabolismo degli ormoni, nella regolazione dell’infiammazione citochine e chemochine, fattori di crescita, molecole vasoattive che
e nella crescita di altri tipi cellulari, in particolare delle cellule mu- causano sia vasocostrizione sia vasodilatazione, molecole del
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 481

a­ lterazioni delle cellule endoteliali si sviluppano rapidamente (entro


pochi minuti), sono reversibili e non richiedono la sintesi di nuove
proteine (ad es. la contrazione delle cellule endoteliali indotta
dall’istamina e da altri mediatori vasoattivi che causano la forma-
zione di pori nell’endotelio venulare, Cap. 2). Altre alterazioni com-
prendono modificazioni dell’espressione genica e della sintesi
­proteica e possono essere necessarie ore o addirittura giorni affinché
si sviluppino.
Cellule muscolari lisce della parete vascolare. Essendo il prin-
cipale elemento cellulare della media vascolare, le cellule muscolari
lisce svolgono importanti funzioni nella normale riparazione
­vascolare e nei processi patologici quali l’aterosclerosi. Hanno la
capacità di proliferare (se opportunamente stimolate), sintetizza-
no collagene, elastina e proteoglicani e secernono fattori di crescita
e citochine. Sono inoltre responsabili dei processi di vasocostrizione
o ­dilatazione che si verificano in risposta a stimoli fisiologici o
farmacologici.
Le attività migratorie e proliferative delle cellule muscolari lisce sono
Figura 11.2 Risposta endoteliale agli stimoli ambientali. Determinate regolate da una serie di promotori e inibitori della crescita cellulare. I
condizioni (ad es. flusso laminare e livelli di fattore di crescita costanti) promotori comprendono il fattore di crescita piastrine-derivato (Pla-
portano a un’attivazione endoteliale stabile che mantiene un’interfaccia non telet-Derived Growth Factor, PDGF), l’endotelina di tipo 1, la trom-
trombotica con un adeguato tono delle cellule muscolari lisce. I mediatori
patologici o una stimolazione eccessiva da parte di normali vie fisiologiche bina, il fattore di crescita fibroblastico (Fibroblast Growth Factor, FGF),
(ad es. aumento delle citochine infiammatorie) può determinare disfunzione l’interferone-g (IFN-g) e l’interleuchina di tipo 1(IL-1). Gli inibitori
delle cellule endoteliali. comprendono l’eparan-solfato, il monossido di azoto (NO) e il TGFb.
VEGF, fattore di crescita endoteliale vascolare. Altri regolatori includono il sistema renina-angiotensina (ad es. angio-
tensina II), le catecolamine, i recettori per gli estrogeni e l’osteopontina,
una componente della matrice extracellulare.13
c­ omplesso maggiore di istocompatibilità, molecole ad attività procoa­ Ispessimento intimale – Una risposta stereotipica al danno va-
gulante e anticoagulante, e una varietà di altri prodotti biologicamente scolare. Le lesioni vascolari – con perdita di cellule endoteliali o semplici
attivi. Le cellule endoteliali influenzano la vasoreattività della sotto- disfunzioni endoteliali – stimolano la crescita delle cellule muscolari lisce
stante tonaca muscolare liscia attraverso la produzione di fattori che e l’associata sintesi di matrice che determina l’ispessimento dell’intima.
ne favoriscono il rilassamento (ad es. ossido d’azoto [NO]) o la con- Il processo di riparazione delle lesioni dei vasi è simile a quello che si
trazione (ad es. endotelina).12 La normale funzione endoteliale è ca- verifica per altri tessuti danneggiati (Cap. 3). Nei vasi tale processo
ratterizzata da un equilibrio di queste risposte. porta alla formazione di neointima. Durante la riparazione, le cellule
La disfunzione endoteliale, definita come un fenotipo alterato che endoteliali che vanno a ricoprire le aree di denudazione possono mi-
compromette la vasoreattività o induce la formazione di una super- grare dalle aree adiacenti non danneggiate oppure possono derivare
ficie trombogenica o anormalmente adesiva nei confronti delle da precursori circolanti.14 Anche le cellule muscolari lisce o i precursori
cellule infiammatorie, è responsabile, almeno in parte, dell’innesco delle cellule muscolari lisce della tonaca media migrano nell’intima,
dei fenomeni di trombosi, aterosclerosi e delle lesioni vascolari proliferano e sintetizzano ECM nello stesso modo in cui i fibroblasti
­caratteristiche dell’ipertensione e di altre patologie. Alcuni tipi di vanno a riempire una ferita (Fig. 11.3). La neointima che ne risulta è

Figura 11.3 Rappresentazione schematica del processo di ispessimento intimale, con particolare attenzione alla migrazione e alla proliferazione delle
cellule muscolari lisce nell’intima nonché alla sintesi della matrice extracellulare. Le cellule muscolari lisce intimali possono derivare dalla media sottostante
o essere reclutate da precursori circolanti; sono rappresentate in un colore diverso rispetto alle cellule della tonaca media per evidenziare che presentano
un fenotipo non contrattile, proliferativo e sintetico diverso da quello delle cellule muscolari lisce della media. (Modificata e ridisegnata da Schoen FJ: In-
terventional and Surgical Cardiovascular Pathology: Clinical Correlations and Basic Principles. Philadelphia, WB Saunders, 1989, p 254)
482 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

in genere una superficie completamente ricoperta da cellule endoteliali. le patologie vascolari come il diabete si devono applicare soglie
Questo tipo di risposta che porta alla formazione di neointima si ve- inferiori.
rifica per qualsiasi tipo di danno o disfunzione vascolare, indipenden- Pur avendo acquisito una maggiore comprensione delle vie mo-
temente dalla causa. L’ispessimento intimale rappresenta pertanto la lecolari che regolano la pressione,20,21 i meccanismi che portano
risposta stereotipica della parete del vaso a qualsiasi tipo di insulto. all’ipertensione rimangono ancora ignoti nella maggior parte degli
Occorre sottolineare che il fenotipo delle cellule muscolari lisce individui. In genere, per gli individui che presentano “ipertensione
della neointima è diverso da quello delle cellule muscolari lisce della essenziale” è possibile affermare che si tratta di un disturbo multi-
tonaca media: le prime infatti non si contraggono come le seconde, fattoriale, derivante dagli effetti combinati di molteplici polimorfismi
ma sono in grado di dividersi. Anche se, per lungo tempo, si è pensato genetici e di fattori ambientali in reciproca interazione.22,23
che le cellule della neointima derivassero da una dedifferenziazione La prevalenza e la vulnerabilità alle complicanze dell’ipertensione
di cellule muscolari lisce migrate dalla tonaca media sottostante, vi aumentano con l’età e sono più alte negli africani d’America. Come
sono sempre maggiori evidenze che confermano che le cellule mu- vedremo di seguito, l’ipertensione è uno dei maggiori fattori di ri-
scolari lisce dell’intima derivano, almeno in parte, da cellule precursori schio per l’aterosclerosi ed è alla base di numerose altre patologie.
circolanti.14-17 Le attività migratorie, proliferative e sintetiche delle Può provocare, ad esempio, ipertrofia e insufficienza cardiaca (car-
cellule muscolari lisce dell’intima sono regolate dal punto di vista fi- diopatia ipertensiva, Cap. 12), demenza multi-infartuale (Cap. 28),
siologico da prodotti derivati da piastrine, cellule endoteliali e macro- dissezione aortica e insufficienza renale. Sfortunatamente, l’iperten-
fagi, nonché da fattori della coagulazione attivati e del complemento. sione è in genere asintomatica fino a una fase tarda del proprio
Il PDGF, l’endotelina di tipo 1, la trombina, il FGF, l’IFN-g e l’IL-1 decorso e persino valori pressori marcatamente elevati possono ri-
stimolano le cellule muscolari lisce della neointima, mentre l’eparan- manere clinicamente silenti per anni. Se l’ipertensione non viene
solfato, l’ossido d’azoto e il TGFb ne antagonizzano la crescita. adeguatamente trattata, circa la metà dei pazienti che ne soffrono
Con il passare del tempo e la riparazione e/o la normalizzazione muore per cardiopatia ischemica (Ischemic Heart Disease, IHD) o
dello strato endoteliale, le cellule muscolari lisce dell’intima possono insufficienza cardiaca congestizia, mentre un altro terzo muore di
tornare a uno stato non proliferativo. Tuttavia, la risposta riparativa ictus. Una riduzione profilattica della pressione consente di dimi-
porta a un ispessimento intimale permanente. Con la persistenza o nuire in modo drastico l’incidenza e la mortalità di tutte le patologie
la ricorrenza di insulti, l’eccessivo ispessimento può provocare re- collegate all’ipertensione.
stringimento o stenosi dei vasi di piccolo e medio calibro (ad es. La Tabella 11.2 elenca le principali cause di ipertensione. Un ri-
aterosclerosi, si veda oltre), che impedisce la perfusione tissutale. È stretto numero di pazienti (circa il 5%) è portatore di una patologia
infine importante ricordare che l’ispessimento intimale avviene
anche all’interno di arterie altrimenti sane, come risultato del pro- Tabella 11.2 Tipi e cause di ipertensione
cesso di maturazione e invecchiamento. Negli adulti, l’intima e la (sistolica e diastolica)
media delle coronarie, ad esempio, presentano spesso quasi lo stesso
spessore. Tale modificazione dell’intima correlata all’età, in genere, ipertensione essenziale (90-95% dei casi)
ipertensione secondaria
non ha alcuna conseguenza – in parte per effetto di un rimodella- Renale
mento esterno compensatorio che porta soltanto a una lieve varia- Glomerulonefrite acuta
zione del diametro luminale18 – e suggerisce che non tutti i tipi di Nefropatia cronica
ispessimento intimale sono un segnale premonitore di malattie. Malattia policistica
Stenosi dell’arteria renale
Vasculite renale
Tumori secernenti renina
Patologia vascolare ipertensiva
Endocrina
La pressione sanguigna sistemica e locale deve essere mantenuta Iperfunzione surrenalica (sindrome di Cushing,
iperaldosteronismo primario, iperplasia surrenale congenita,
entro un ristretto intervallo di valori per prevenire conseguenze ingestione di liquirizia)
spiacevoli. Pressioni basse (ipotensione) possono determinare un’ina- Ormoni esogeni (glucocorticoidi, estrogeni [inclusi quelli legati
deguata perfusione degli organi e condurre a disfunzione e morte dei alla gravidanza e all’uso di contraccettivi orali],
tessuti. Al contrario, pressioni elevate (ipertensione) possono causare simpaticomimetici e cibi contenenti tiramina, inibitori delle
alterazioni funzionali e danni ai vasi sanguigni e agli organi. monoaminossidasi)
Feocromocitoma
Come l’altezza e il peso, la pressione è una variabile distribuita in Acromegalia
maniera continua nella popolazione, e gli effetti negativi che essa Ipotiroidismo (mixedema)
provoca aumentano in maniera proporzionale all’entità dell’eleva- Ipertiroidismo (tireotossicosi)
zione pressoria. Pur non essendoci valori soglia che distinguano Gravidanza-indotta
rigidamente una situazione a rischio, secondo il National Heart,
Cardiovascolare
Lung, and Blood Institute degli USA, una pressione diastolica sta- Coartazione aortica
bilmente superiore a 89 mmHg o un aumento costante della pres- Poliarterite nodosa
sione sistolica oltre il valore di 139 mmHg sono associati a un rischio Aumento del volume intravascolare
misurabilmente aumentato di aterosclerosi e, pertanto, sono consi- Aumento della gittata cardiaca
Rigidità dell’aorta
derati indicativi di uno stato di ipertensione clinicamente significa-
tivo. Sia la pressione sistolica sia quella diastolica sono importanti Neurologica
nel determinare il rischio cardiovascolare.19 Secondo entrambi i Psicogena
criteri, il 25% della popolazione generale presenta ipertensione. Aumento della pressione intracranica
Occorre tuttavia sottolineare che questi valori limite sono, in un Apnea da sonno
Stress acuto, compreso quello chirurgico
certo senso, arbitrari e che nei pazienti con altri fattori di rischio per
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 483

renale o surrenalica (come iperaldosteronismo primario, sindrome del sodio nei tubuli prossimali che, di conseguenza, causa una
di Cushing o feocromocitoma), di una stenosi dell’arteria renale, di ritenzione di sodio e un’espansione della volemia.
solito causata da una placca ateromatosa (ipertensione nefrovasco- I fattori natriuretici, compresi i peptidi natriuretici secreti dal
lare) o altre cause identificabili (ipertensione secondaria). Tuttavia, miocardio atriale e ventricolare in risposta all’espansione del
in circa il 95% dei casi l’ipertensione è idiopatica (chiamata ipertensione volume circolante, inibiscono il riassorbimento sodico nei tubuli
essenziale). Questa forma, in genere, non provoca problemi nel breve distali e quindi stimolano l’eliminazione di sodio e la diuresi. I
termine e, se controllata, è compatibile con una lunga aspettativa di peptidi natriuretici agiscono anche inducendo direttamente va-
vita ed è asintomatica, a meno che non sopraggiungano un infarto sodilatazione e possono essere considerati degli inibitori endo-
miocardico, una patologia cerebrovascolare o altre complicanze. geni del sistema renina-angiotensina.
Una piccola percentuale, circa il 5%, dei soggetti ipertesi, mostra
un rapida ascesa dei valori pressori che, se non trattata, conduce a Meccanismi dell’ipertensione essenziale. I fattori genetici hanno
morte entro 1 o 2 anni. Tale quadro clinico, chiamato ipertensione certamente un ruolo rilevante nel determinare i livelli pressori, come
accelerata o maligna, è caratterizzato da una grave ipertensione (cioè, dimostrato da studi in cui si confrontavano i valori di pressione in
pressione sistolica superiore a 200 mmHg, pressione diastolica oltre gemelli mono- e dizigotici e altri tipi di studi familiari, tra cui con-
i 120 mmHg), insufficienza renale, emorragie ed essudati retinici, fronti tra familiari geneticamente correlati e adottati. Inoltre, diverse
con o senza edema papillare. Essa può svilupparsi in pazienti pre- malattie monogeniche sono responsabili di rare forme di iperten-
cedentemente normotesi ma, più spesso, si sovrappone a una pree- sione (e ipotensione) alterando il riassorbimento netto di sodio nel
sistente ipertensione benigna, sia essenziale che secondaria.24,25 rene. L’importanza del bilancio del sodio è evidente se si considera
Regolazione dei normali valori pressori. La pressione cardiaca che i reni filtrano circa 170 litri di plasma ogni giorno, e che in questi
è proporzionale alla gittata cardiaca e alle resistenze vascolari perife- sono contenute approssimativamente 23 moli di sale; ciò significa
riche (Fig. 11.4 A), due variabili emodinamiche influenzate da che, in una tipica dieta con un apporto sodico di 100 mEq, il 99,5%
­molteplici fattori genetici, ambientali e demografici. I maggiori de- del sodio filtrato deve essere riassorbito. Circa il 98% del sodio fil-
terminanti delle differenze pressorie riscontrate tra le popolazioni, trato viene riassorbito da diversi canali ionici, scambiatori e traspor-
come all’interno della stessa popolazione, comprendono l’età, il sesso, tatori costitutivamente attivi e non soggetti alla regolazione. L’assor­
l’indice di massa corporea, la dieta e, soprattutto, l’apporto sodico. bimento del restante 2% di sodio avviene tramite il canale epiteliale
La gittata cardiaca è altamente dipendente dal volume ematico, a per il Na+ (Epithelial Na Channel, ENaC), che agisce sotto lo stretto
sua volta notevolmente influenzato dall’omeostasi sodica dell’intero controllo del sistema renina-angiotensina nei tubuli collettori della
organismo. La resistenza vascolare periferica è determinata soprattutto corticale; è questa via di riassorbimento che determina il bilancio
dallo stato funzionale delle arteriole, influenzato dal sistema nervoso netto del sodio.26
e da quello endocrino. In condizioni fisiologiche, il tono vascolare Alterazioni di un singolo gene causano forme di ipertensione
riflette il bilancio tra gli stimoli vasocostrittivi (comprese l’angioten- severe, ma rare, attraverso diversi meccanismi, che comprendono:
sina di tipo II, le catecolamine e l’endotelina) e quelli vasodilatatori
(compresi chinine, prostaglandine e NO). La resistenza dei vasi pre- Il deficit di geni che codificano per enzimi coinvolti nel metabo-
senta anche un certo grado di autoregolazione, laddove un aumento lismo dell’aldosterone (ad es. l’aldosterone sintetasi, l’11b-idros-
del flusso ematico induce vasocostrizione allo scopo di proteggere i silasi, la 17a-idrossilasi). Questo conduce a un aumento della
tessuti dall’iperperfusione. Altri fattori locali come il pH, l’ipossia e il secrezione di aldosterone, un aumento del riassorbimento di sale
sistema a- e b-adrenergico, che influenzano la frequenza e la contra- e acqua, cui consegue l’espansione del volume plasmatico e, in
zione cardiaca, nonché il tono vascolare, possono rivestire un ruolo ultima analisi, l’ipertensione.
importante nella regolazione della pressione. La funzione integrata di Mutazioni a carico delle proteine che influenzano il riassorbi-
questi sistemi assicura un’adeguata perfusione di tutti i tessuti, nono- mento sodico. Ad esempio, la forma moderatamente grave di
stante le differenze regionali del fabbisogno metabolico. ipertensione sodio-dipendente, chiamata sindrome di Liddle, è
I reni hanno un ruolo importante nella regolazione della pressione causata da mutazioni di una delle proteine del canale epiteliale
sanguigna, come spiegato di seguito (Fig. 11.4 B): per il Na+ che provocano un maggiore riassorbimento distale di
sodio indotto dall’aldosterone.
Attraverso il sistema renina-angiotensina, il rene influenza sia la
resistenza periferica sia l’omeostasi del sodio. La renina viene Variazioni ereditarie della pressione sanguigna possono anche
secreta dalle cellule dell’apparato iuxtaglomerulare del rene in dipendere dagli effetti cumulativi di polimorfismi in vari geni che
risposta a un calo della pressione sanguigna e converte l’angio- influenzano, per l’appunto, la pressione sanguigna. Ad esempio, la
tensinogeno plasmatico in angiotensina I, che è sua volta convertita predisposizione all’ipertensione essenziale è stata associata a varia-
in angiotensina II dall’enzima di conversione dell’angiotensina. zioni a carico dei geni che codificano per alcuni componenti del
L’angiotensina II causa un aumento della pressione sanguigna sistema renina-angiotensina: è nota l’associazione dell’ipertensione
incrementando sia le resistenze periferiche (effetto diretto sulle con i polimorfismi interessanti i loci sia dell’angiotensinogeno sia
cellule muscolari lisce vascolari) sia il volume ematico (attraverso del recettore dell’angiotensina. Le varianti genetiche del sistema
la stimolazione della secrezione di aldosterone e l’aumento del renina-angiotensina possono contribuire alle note differenze “raz-
riassorbimento tubulare distale del sodio). ziali” nella regolazione della pressione sanguigna.
Il rene, inoltre, produce una varietà di sostanze a effetto Una ridotta escrezione renale di sodio in presenza di normali valori
­dilatatorio o antipertensivo (compresi prostaglandine e NO), di pressione arteriosa può costituire l’evento chiave scatenante l’iper-
che  ­presumibilmente controbilanciano gli effetti vasopressori tensione essenziale e rappresenta, infatti, la via finale comune nella
dell’angiotensina. patogenesi dell’ipertensione. Una diminuzione dell’eliminazione del
Quando il volume ematico è ridotto, la frazione di filtrazione glo- sodio potrebbe portare, in maniera graduale e progressiva, a un
merulare si abbassa, determinando un aumento del ­riassorbimento aumento della volemia e della gittata cardiaca e a una vasocostrizione
484 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

Figura 11.4 Regolazione della pressione sanguigna. A. Ruolo critico della gittata cardiaca e delle resistenze periferiche nella regolazione della pressione
sanguigna. B. Interazione tra renina-angiotensina-aldosterone e peptide natriuretico atriale nel mantenimento dell’omeostasi della pressione sanguigna.
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 485

Figura 11.5 Patologia vascolare nell’ipertensione. A. Arteriolosclerosi ialina. La parete arteriolare è ispessita a causa dell’aumentata deposizione
di proteine (ialinosi dei vasi) e il lume è marcatamente ristretto. B. Arteriolosclerosi iperplastica (aspetto a buccia di cipolla; freccia) responsabile della
occlusione del lume (freccia; colorazione con acido periodico di Schiff). (Per gentile concessione di Helmut Rennke, M.D., Brigham and Women’s Hospital,
Boston, MA)

periferica, determinando così un’elevazione della pressione sangui- p­ ressori), la reattività delle cellule muscolari lisce agli agenti
gna. A valori di pressione più elevati, si può avere un’escrezione ­vasocostrittori o la loro crescita. Nell’ipertensione conclamata, sia
addizionale di sodio attraverso i reni, sufficiente a bilanciare l’ap- l’aumento della volemia sia l’aumento delle resistenze periferiche
porto, in modo da prevenire un’ulteriore ritenzione idrica. Di con- contribuiscono all’elevazione pressoria.
seguenza, verrebbe raggiunto un nuovo stato di equilibrio, sebbene Patogenesi dell’ipertensione secondaria. I meccanismi di base
alterato (“resetting della natriuresi pressoria”), ma a costo di un sono ben noti nella maggioranza dei casi di ipertensione secondaria.
aumento della pressione sanguigna. Ad esempio, nell’ipertensione nefrovascolare, la stenosi dell’arteria
Gli stimoli vasocostrittori, come i fattori che inducono vasocostri- renale causa una riduzione del flusso glomerulare con conseguente
zione o stimoli capaci di determinare modificazioni strutturali a abbassamento della pressione nell’arteriola afferente. Questo
carico della parete dei vasi, possono provocare un aumento delle (1) ­provoca un rilascio di renina, innescando il meccanismo di va-
resistenze periferiche e svolgere un ruolo nell’ipertensione primaria. socostrizione mediato dall’angiotensina di tipo II che porta all’au-
Inoltre, una vasocostrizione cronica o ripetuta può determinare mento delle resistenze periferiche, (2) aumenta il riassorbimento del
l’ispessimento e la rigidità dei vasi coinvolti. sodio e, pertanto, il volume ematico attraverso un meccanismo che
I fattori ambientali possono modificare l’impatto dei determi- coinvolge l’aldosterone. L’iperaldosteronismo primario è una delle
nanti genetici. Lo stress, l’obesità, il fumo, l’inattività fisica e il più comuni cause di ipertensione secondaria (Cap. 24).
­consumo eccessivo di sale sono tutti considerati fattori esogeni
implicati nell’insorgenza dell’ipertensione. In effetti, le prove del Patologia Vascolare Nell’ipertensione
legame tra l’entità dell’assunzione di sodio con la dieta e la preva-
lenza dell’ipertensione nei diversi gruppi di popolazione sono par- L’ipertensione non solo accelera l’aterogenesi (si veda oltre), ma
ticolarmente sorprendenti. Inoltre, sia nell’ipertensione essenziale determina anche alterazioni degenerative nella parete delle arterie
sia in quella secondaria, un eccessivo apporto di sodio peggiora la di grande e medio calibro, che predispongono a eventi come la
situazione. dissezione aortica e l’emorragia cerebrovascolare.
Riassumendo, l’ipertensione essenziale è una patologia multifatto-
riale e complessa. Sebbene alla base di alcune insolite forme di iper-
tensione possano esservi alterazioni di singoli geni, è improbabile che Morfologia
tali mutazioni siano una causa rilevante di ipertensione essenziale. È L’ipertensione è associata a due forme di alterazioni dei vasi
infatti più probabile che essa sia il risultato dell’interazione di muta- di piccolo calibro: l’arteriolosclerosi ialina e l’arteriolosclerosi
zioni o polimorfismi localizzati su geni differenti con una varietà di iperplastica.
fattori ambientali (ad es. stress, apporto di sale). Le forme mende- Arteriolosclerosi ialina Questa patologia è caratterizzata da
liane di ipertensione e ipotensione sono rare, ma ci permettono di un ispessimento omogeneo, roseo-eosinofilo, ialino delle
comprendere meglio alcuni meccanismi della regolazione della arteriole con restringimento del lume (Fig. 11.5 A). Queste al-
pressione sanguigna e possono aiutarci a definire i bersagli più ra- terazioni sono determinate dalla fuoriuscita di proteine pla-
zionali per interventi terapeutici. Lo sviluppo di un’ipertensione smatiche attraverso le cellule endoteliali danneggiate e da
stabile richiede la compartecipazione del rene poiché quest’organo, un’aumentata sintesi di matrice delle cellule muscolari lisce
in condizioni normali, risponde all’elevazione della pressione con in risposta a uno stress emodinamico cronico. Frequentemen-
l’escrezione di sale e acqua. Le basi genetiche della predisposizione te osservata nei soggetti anziani, sia normotesi sia ­ipertesi,
all’ipertensione essenziale nella popolazione generale sono attual- l’arteriolosclerosi ialina è solitamente più generalizzata e
mente sconosciute ma si può immaginare che siano coinvolti quei grave nei pazienti con ipertensione. Le stesse lesioni sono
geni che regolano la risposta a un aumentato carico renale di so- anche una caratteristica comune della ­microangiografia
dio, i livelli ematici delle sostanze con effetti sulla pressione (agenti
486 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

Figura 11.6 Principali componenti di una placca ateromatosa intimale ben sviluppata, che ricopre una tonaca media intatta.

una lesione dotata di un nucleo molliccio e giallastro, ricco di lipidi


­ iabetica, nel qual caso l’eziologia sottostante è rappresentata
d (principalmente colesterolo ed esteri del colesterolo), ricoperta da un
da una disfunzione delle cellule endoteliali indotta dall’iper- solido cappuccio fibroso, bianco (Fig. 11.6). Oltre a ostruire il flusso
glicemia (Cap. 24). Nella nefrosclerosi dovuta a ipertensione ematico, le placche aterosclerotiche possono rompersi, causando
cronica il restringimento arteriolare associato all’arteriolo- catastrofiche trombosi dei vasi; possono inoltre indebolire la media
sclerosi ialina provoca una riduzione globale dell’apporto sottostante e portare alla formazione di aneurismi. L’aterosclerosi è,
ematico renale e cicatrizzazione glomerulare (Cap. 20). tra tutte le malattie, al primo posto nel mondo occidentale fra le cause
di morbilità e di mortalità (è causa di circa metà dei decessi). Poiché
Arteriolosclerosi iperplastica Si riscontra in casi di ipertensio- la malattia coronarica è un’importante manifestazione della patologia,
ne severa (maligna) ed è caratterizzata da lesioni “a bulbo di i dati epidemiologici riguardanti la mortalità per aterosclerosi riflet-
cipolla”, caratterizzate da un ispessimento concentrico e lami- tono in genere le morti imputabili a cardiopatie (Cap. 12): di fatto,
nare delle pareti delle arteriole, con restringimento del lume l’infarto miocardico è la causa di quasi un quarto di tutte le morti
(Fig. 11.5 B). Le lamelle sono costituite da cellule muscolari lisce negli Stati Uniti. Anche la malattia aterosclerotica di aorta e carotidi
con una membrana basale ispessita e duplicata. Nell’iperten- e l’ictus provocano una morbilità e una mortalità significative.
sione maligna queste modificazioni sono accompagnate da
depositi di tessuto fibrinoide e da necrosi delle pareti dei vasi
Epidemiologia
(arteriolite necrotizzante), in particolare nel rene.
Praticamente ubiquitaria tra le maggiori nazioni sviluppate, l’atero-
sclerosi ha una prevalenza molto inferiore in alcune regioni geogra-
fiche, come l’America Centrale, il Sud America, l’Africa e alcune zone
Arteriosclerosi dell’Asia. Il tasso di mortalità per cardiopatia ischemica (Ischemic
Heart Disease, IHD) negli Stati Uniti è tra i più alti nel mondo ed è
Arteriosclerosi, letteralmente “indurimento delle arterie”, è un ter- circa cinque volte maggiore che in Giappone. Tuttavia, la IDH è
mine generico che descrive l’ispessimento e la perdita di elasticità andata aumentando in Giappone dove è attualmente al secondo
delle pareti arteriose. Esistono tre quadri generali di arteriosclerosi posto tra le cause di morte. Inoltre, i giapponesi emigrati negli Stati
che si differenziano per le conseguenze cliniche e patologiche: Uniti, che adottano lo stile di vita e le abitudini alimentari locali,
acquistano anche la predisposizione a sviluppare la malattia atero-
L’arteriolosclerosi interessa le piccole arterie e le arteriole e può sclerotica, tipica della popolazione americana.
causare un danno ischemico a valle. Le varianti anatomiche, ialina La prevalenza e la gravità dell’aterosclerosi e della IHD in determi-
e iperplastica, sono state descritte nel paragrafo sull’ipertensione. nati individui e gruppi di popolazione sono correlate a diversi fattori
La sclerosi della media di Mönckeberg è caratterizzata dalla pre- di rischio: alcuni sono costituzionali e quindi meno controllabili, altri
senza di depositi calcifici nelle arterie muscolari in soggetti di età sono acquisiti o collegati al comportamento e possono quindi essere
superiore ai 50 anni. I depositi possono andare incontro a tra- modificati (Tab. 11.3). I fattori di rischio sono stati individuati nel
sformazioni metaplastiche in tessuto osseo. Ciò nonostante, le corso di numerosi studi prospettici, condotti in gruppi di popolazione
lesioni non si aggettano verso il lume vasale e, in genere, non ben definiti, fra cui sono famosi il Framingham Heart Study
sono clinicamente significative.
L’aterosclerosi, termine derivato dal greco “poltiglia” e “induri-
Tabella 11.3 Principali fattori di rischio per l’aterosclerosi
mento”, è la forma più frequente e clinicamente importante e verrà
descritta in dettaglio nel prossimo paragrafo. non modificabili

Progressione dell’età Familiarità


Sesso maschile Anomalie genetiche
Aterosclerosi modificabili

L’aterosclerosi è caratterizzata da lesioni intimali dette ateromi (chia- Iperlipidemia Diabete


mati anche placche ateromatose e/o fibroadipose) che protrudono Ipertensione Proteina C-reattiva
Fumo di sigaretta
all’interno del lume vasale. Le placche ateromatose consistono in
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 487

e l’Atherosclerosis Risk in Communities Study (Fig. 11.7).27,28 I fattori zati numerosi disturbi mendeliani associati all’aterosclerosi, come
di rischio possono avere un effetto moltiplicatore: la compresenza di due l’ipercolesterolemia familiare (Cap. 5), queste malattie genetiche
fattori aumenta il rischio di circa quattro volte. Quando tre fattori sono sono responsabili solamente di una piccola percentuale di casi. La
presenti contemporaneamente (ad es. iperlipidemia, ipertensione e ben stabilita predisposizione familiare all’aterosclerosi e alla car-
fumo), la frequenza di infarto miocardico è aumentata di sette volte. diopatia ischemica è in genere multifattoriale e legata all’eredita-
Fattori di rischio costituzionali nella IHD. Comprendono l’età, rietà di diversi polimorfismi genetici, nonché al concorso di altri
il sesso e fattori genetici. fattori di rischio definiti, come l’ipertensione o il diabete.30

L’età ha un’influenza predominante. Anche se l’aterosclerosi è Fattori di rischio modificabili nella IHD. Comprendono l’iper-
tipicamente progressiva, in genere non diviene clinicamente lipidemia, l’ipertensione, il fumo di sigaretta e il diabete.
evidente sino al raggiungimento di un’età media o avanzata (si
veda oltre). Fra i 40 e i 60 anni l’incidenza di infarto miocardico L’iperlipidemia – e più specificamente l’ipercolesterolemia – è un
si quintuplica. La mortalità dovuta a IHD aumenta per ogni fattore di rischio maggiore per l’aterosclerosi: anche in assenza
decade fino a un’età avanzata. di altri fattori è infatti in grado di portare allo sviluppo di lesioni.28
Sesso. A parità di fattori, le donne in età premenopausale sono La componente principale del colesterolo associata all’aumento
meno soggette all’aterosclerosi e alle relative conseguenze rispetto del rischio è rappresentata dalle lipoproteine a bassa densità (Low
agli uomini della stessa età. L’infarto miocardico e le altre compli- Density Lipoprotein, LDL), il cosiddetto “colesterolo cattivo”, che
canze dell’aterosclerosi sono quindi rari in questa categoria di è anche il tipo di colesterolo trasportato ai tessuti periferici. Al
donne, qualora non siano presenti fattori di rischio quali diabete, contrario, le lipoproteine a elevata densità (High Density Lipo-
iperlipidemia o grave ipertensione. Dopo la menopausa, tuttavia, protein, HDL), o “colesterolo buono”, hanno il ruolo di mobiliz-
l’incidenza delle patologie legate all’aterosclerosi aumenta e, in età zare il colesterolo dai tessuti e di trasportarlo al fegato perché
più avanzate, di fatto supera quella negli uomini. Nonostante per possa essere escreto con la bile. Di conseguenza, livelli più elevati
lungo tempo si fosse pensato che l’effetto protettivo potesse essere di HDL sono correlati a una riduzione del rischio.
dovuto a un’influenza positiva degli estrogeni, gli studi clinici non   Comprensibilmente, vi è un grande interesse nei confronti dei
hanno consentito di dimostrare l’utilità della terapia ormonale ai metodi capaci di abbassare i livelli di LDL o di colesterolo totale e/o
fini della prevenzione della patologia vascolare. Come discusso innalzare quelli di HDL, siano essi alimentari o farmacologici. L’as-
dettagliatamente nel Capitolo 9, l’effetto ateroprotettivo degli estro- sunzione di elevate quantità di colesterolo e di grassi saturi (presenti
geni è correlato all’età di inizio della terapia: essa produce infatti nel tuorlo d’uovo, nei grassi animali e nel burro, ad esempio) au-
un riduzione dell’aterosclerosi coronarica nelle donne in postme- menta la concentrazione del colesterolo plasmatico. Al contrario,
nopausa più giovani, mentre non ha effetti chiaramente stabiliti una dieta povera di colesterolo e/o caratterizzata da elevate quote
nelle donne più anziane. Oltre all’aterosclerosi, il sesso ha effetti di grassi polinsaturi, contribuisce a tenere bassi i livelli ­plasmatici
anche su diversi parametri che possono influenzare gli esiti della di colesterolo. Gli acidi grassi omega-3, abbondanti nell’olio di
IHD: le donne mostrano pertanto differenze nell’omeostasi, nella pesce, hanno effetti benefici, laddove i grassi trans-insaturi prodotti
guarigione dall’infarto e nel rimodellamento miocardico.29 attraverso un processo artificiale di idrogenazione degli oli polin-
Fattori genetici. La familiarità è il più importante fattore di rischio saturi, utilizzati nei cibi arrosto e nella margarina, possono avere
indipendente per l’aterosclerosi. Nonostante siano stati caratteriz- effetti negativi sul profilo del colesterolo. L’attività fisica ­regolare e

Figura 11.7 Rischio stimato a 10 anni di malattia coronarica in una popolazione ipotetica di uomini e donne di 55 anni di età, in rapporto ai tradizionali
fattori di rischio (iperlipidemia, ipertensione, fumo e diabete). PA, pressione arteriosa; ECG, elettrocardiogramma; HDL-C, colesterolo delle lipoproteine ad
alta densità; IVS, ipertrofia ventricolare sinistra. (Da O’Donnell CJ, Kannel WB: Cardiovascular risks of hypertension: lessons from observational studies.
J Hypertension 16 [Suppl. 6]:3, 1998, per gentile concessione di Lippincott Williams & Wilkins)
488 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

un moderato consumo di etanolo aumentano i livelli di HDL, men-


tre l’obesità e il fumo li abbassano.28 Le statine sono una classe di
farmaci che abbassano i livelli del colesterolo ­circolante ­attraverso
l’inibizione dell’enzima idrossimetilglutaril-­coenzima A (HMG-
CoA) reduttasi che regola la biosintesi epatica di colesterolo.31
L’ipertensione (si veda sopra) è un altro tra i principali fattori di ri-
schio per l’aterosclerosi. Sono importanti sia i livelli sistolici sia quelli
diastolici. L’ipertensione da sola aumenta il rischio di IHD di circa
il 60% (Fig. 11.7) ed essendo la causa principale di ipertrofia ventri-
colare sinistra, anche quest’ultima condizione è correlata alla IHD.
Il fumo di sigaretta è un ben noto fattore di rischio negli uomini
ed è probabilmente in grado di spiegare l’incremento dell’inci-
denza e della severità dell’aterosclerosi nelle donne. Fumare uno
o più pacchetti di sigarette al giorno per lunghi periodi (anni)
raddoppia la mortalità per IHD. La cessazione dell’abitudine al
fumo riduce notevolmente il rischio.
Il diabete mellito provoca ipercolesterolemia (Cap. 24) e uno Figura 11.8 La proteina C-reattiva (CRP) aggiunge informazioni progno-
spiccato aumento del rischio di aterosclerosi. A parità di altri stiche a tutti i livelli di rischio tradizionale individuati dal Framingham Heart
fattori, l’incidenza di infarto miocardico è doppia nei diabetici. Study. Per rischio relativo (asse delle y) si intende il rischio di un evento
Il diabete determina, inoltre, un aumento del rischio di ictus e, cardiovascolare (ad es. infarto miocardico). Sull’asse delle x è rappresentato
il rischio a 10 anni di un evento cardiovascolare in base ai tradizionali fattori
in maniera ancor più marcata, di gangrena degli arti inferiori da di rischio individuati nel Framingham Study. In ciascun gruppo di rischio
arteriopatia periferica. Framingham, i valori della CRP contribuiscono a un’ulteriore stratificazione
dei pazienti. (Adattata da Ridker PM et al: Comparison of C-reactive protein
Ulteriori fattori di rischio. Circa il 20% degli eventi cardiova- and low-density lipoprotein cholesterol levels in the prediction of first car-
diovascular events. N Engl J Med 347:1557, 2002)
scolari si verifica in assenza di ipertensione, iperlipidemia, fumo o
diabete e oltre il 75% di quelli avvenuti in donne in precedenza sane
si è verificato in presenza di livelli di LDL al di sotto di 160 mg/dl scarso apporto di folati e vitamina B12, ma non è ancora stato
(una soglia in genere collegata a un basso rischio).32 Chiaramente stabilito con certezza se l’assunzione aggiuntiva di folati e vitamina
vi sono altri fattori che contribuiscono al rischio e la valutazione di B12 possa ridurre l’incidenza delle malattie cardiovascolari. L’omo-
alcuni di essi è ormai entrata a far parte della pratica clinica. cistinuria, dovuta a rare alterazioni congenite del metabolismo, è
responsabile di alti livelli di omocisteina circolante (100 mmol/l)
Infiammazione. L’infiammazione è presente durante tutte le fasi e dello sviluppo precoce di quadri di patologia vascolare.
dell’aterogenesi ed è intimamente collegata alla formazione e Sindrome metabolica. La sindrome metabolica è caratterizzata da
successiva rottura delle placche aterosclerotiche (si veda oltre). una serie di anomalie associate alla resistenza all’insulina.36 Oltre
Con la sempre maggiore consapevolezza del significativo ruolo all’intolleranza al glucosio, i pazienti mostrano ipertensione e
di tale condizione quale causa di IHD, la valutazione dell’infiam- obesità centrale, e un’anomala segnalazione a livello dei tessuti
mazione sistemica ha acquisito importanza nella stratificazione adiposi è stata proposta come possibile causa. La dislipidemia
del rischio. Tra i numerosi marker circolanti dei processi di in- porta a disfunzione delle cellule endoteliali secondaria a un au-
fiammazione che correlano con il rischio di IHD, la proteina C- mentato stress ossidativo; si sviluppa inoltre uno stato proinfiam-
reattiva (CRP) si è rivelata uno dei più semplici e sensibili.33 matorio sistemico che predispone ulteriormente alla trombosi
  La CRP è una proteina della fase acuta sintetizzata principal- vascolare. Indipendentemente dall’eziologia, la sindrome meta-
mente dal fegato. È a valle di numerosi agenti scatenanti l’infiam- bolica svolge chiaramente un ruolo in numerosi dei fattori di
mazione e svolge un ruolo nella risposta immune innata attraverso rischio noti per l’aterosclerosi.
l’opsonizzazione dei batteri e l’attivazione del complemento. Quan- La lipoproteina (a) è una forma alterata di LDL che contiene
do la CRP viene secreta dalle cellule all’interno dell’intima atero- l’apolipoproteina B-100 (normale componente delle LDL) legata
sclerotica può attivare le cellule endoteliali locali, indurre uno stato all’apolipoproteina A. I livelli di lipoproteina (a) sono associati
protrombotico e aumentare il livello di adesività dell’endotelio per al rischio di patologia coronarica e cerebrovascolare, indipen-
i leucociti. Soprattutto, è in grado di prevedere in modo marcato dentemente dai livelli di colesterolo totale o LDL.37
e ­indipendente il rischio di infarto miocardico, ictus, malattia ar- Fattori che influiscono sull’omeostasi. Numerosi marker funzionali
teriosa periferica e morte cardiaca improvvisa, persino negli indi- dei processi di emostasi e/o fibrinolisi (ad es. elevati livelli di
vidui apparentemente sani (Fig. 11.8). Infatti, i livelli di CRP sono inibitore dell’attivatore del plasminogeno 1) sono predittori del
stati di recente inseriti negli algoritmi di stratificazione del rischio.34 rischio di eventi aterosclerotici maggiori, compresi l’infarto mio-
L’aspetto interessante è che, sebbene non vi siano ancora evidenze cardico e l’ictus. È sempre più riconosciuto il ruolo della trom-
dirette che l’abbassamento dei livelli di CRP ­riduca il rischio car- bina, attraverso i propri effetti procoagulanti e proinfiammatori,
diovascolare, la cessazione dell’abitudine al fumo, la perdita di peso e dei fattori di derivazione piastrinica come fattori che contribui­
e l’attività fisica abbassano la CRP; inoltre le statine riducono i livelli scono a provocare patologie vascolari a livello locale.38,39
di CRP indipendentemente dai loro effetti sul colesterolo LDL. Altri fattori. Fattori associati con un rischio minore e/o più dif-
Iperomocistinemia. Studi clinici ed epidemiologici hanno dimo- ficile da quantificare comprendono la mancanza di esercizio
strato una forte relazione tra i livelli sierici totali di omocisteina e ­fisico, uno stile di vita competitivo e stressante con profilo com-
l’arteriopatia coronarica, le arteriopatie periferiche, l’ictus e la portamentale di “tipo A” e l’obesità (che spesso provoca iperten-
trombosi venosa.35 L’iperomocistinemia può essere causata da uno sione, diabete, ipertrigliceridemia e riduzione delle HDL).
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 489

Patogenesi Dell’aterosclerosi

L’importanza clinica dell’aterosclerosi ha suscitato un enorme inte-


resse per la comprensione dei meccanismi alla base della patologia
e delle relative complicanze. Da un punto di vista storico, le ipotesi
dominanti sono due: una pone l’accento sulla proliferazione cellulare
dell’intima, mentre l’altra enfatizza l’importanza della formazione
di trombi e della loro conseguente organizzazione. Il modello attuale
comprende elementi di entrambe le teorie e li integra con i fattori
di rischio precedentemente trattati.40,41 Viene denominato ipotesi
della reazione al danno42 e considera l’aterosclerosi come una risposta
infiammatoria cronica e riparativa della parete arteriosa a un danno
a carico dell’endotelio. Inoltre, la progressione della lesione avviene
per via delle continue interazioni tra lipoproteine modificate, macro-
fagi derivati dai monociti, linfociti T e i normali costituenti cellulari
della parete arteriosa (Fig. 11.9). In base a questo modello, l’atero-
sclerosi è il risultato dei seguenti eventi patogeni:

Danno endoteliale, che provoca, tra l’altro, una maggiore permea­


bilità vascolare, adesività leucocitaria e trombosi
Accumulo di lipoproteine (in particolar modo di LDL e delle re-
lative forme ossidate) nella parete del vaso
Adesione dei monociti all’endotelio, seguita dalla loro migrazione
nell’intima e conseguente trasformazione in macrofagi e cellule
schiumose
Adesione piastrinica
Liberazione di fattori dalle piastrine attivate, dai macrofagi e dalle
cellule vascolari, che causano reclutamento delle cellule muscolari
lisce da parte della tonaca media o di precursori circolanti
Proliferazione delle cellule muscolari lisce e produzione di ECM
Accumulo di lipidi sia all’interno delle cellule (macrofagi e cellule
muscolari lisce) sia nello spazio extracellulare

Esamineremo, ora, in maggiore dettaglio i principali meccanismi


dell’aterogenesi.

Danno endoteliale
Il danno endoteliale rappresenta la pietra miliare dell’ipotesi della
reazione al danno. La perdita endoteliale secondaria a un qualsiasi
tipo di lesione – indotta sperimentalmente attraverso il denudamen-
to meccanico, l’applicazione di forze emodinamiche, la deposizione
di immunocomplessi, l’irradiazione o il ricorso a sostanze ­chimiche –
determina l’ispessimento intimale e, in presenza di diete ad alto
contenuto lipidico, lo sviluppo del tipico ateroma. Tuttavia, le lesioni
precoci originano, nell’uomo, in sedi che presentano un endotelio
morfologicamente indenne. La disfunzione endoteliale è pertanto alla
base dell’aterosclerosi umana e, in questo quadro, le cellule endote-
liali che presentano disfunzione mostrano anche un aumento della
permeabilità, un aumento dell’adesione leucocitaria e alterazioni
nell’espressione genica.
I meccanismi e i fattori specifici alla base della disfunzione delle
cellule endoteliali che darebbe inizio al processo aterosclerotico non
sono del tutto noti: tra le possibili cause rientrano l’ipertensione,
l’iperlipidemia, tossine derivate dal fumo di sigaretta, l’omocisteina

Figura 11.9 Evoluzione delle modificazioni della parete arteriosa in risposta


al danno. 1. Normale. 2. Danno endoteliale con adesione di monociti e piastrine
(queste ultime a siti in cui vi è stata perdita di endotelio). 3. Migrazione di
monociti e di cellule muscolari lisce nell’intima. 4. Proliferazione delle cellule
muscolari lisce nell’intima con produzione di ECM. 5. Placca ben sviluppata.
490 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

e persino agenti infettivi. Le citochine infiammatorie, come il fattore In corso di iperlipidemia cronica, le lipoproteine si accumulano
di necrosi tumorale (Tumor Necrosis Factor, TNF), possono inoltre all’interno dell’intima. Questi lipidi vengono ossidati per effetto
stimolare l’espressione, da parte delle cellule endoteliali, di geni in dell’azione dei radicali liberi dell’ossigeno prodotti a livello locale
grado di promuovere l’aterosclerosi. Comunque, si ritiene che i due da macrofagi o cellule endoteliali. Le LDL ossidate vengono
maggiori determinanti della disfunzione endoteliale siano le altera- ­assunte dai macrofagi mediante i recettori scavanger (spazzini),
zioni emodinamiche e l’ipercolesterolemia. diversi dai recettori per le LDL, e si accumulano nei fagociti, de-
Alterazioni emodinamiche. L’importanza dei disturbi emodi- nominati cellule schiumose. Esse stimolano inoltre la liberazione
namici nell’aterogenesi è dimostrata dalla tendenza delle placche a di fattori di crescita, citochine e chemochine da parte di cellule
svilupparsi soprattutto in corrispondenza degli osti dei vasi esistenti, endoteliali e macrofagi che aumentano il reclutamento dei mono-
nelle regioni di biforcazione e lungo la parete posteriore dell’aorta citi nelle lesioni. Risultano infine citotossiche per le cellule endo-
addominale dove esistono alterate condizioni di flusso.43 Gli studi teliali e le cellule muscolari lisce e possono provocare disfunzione
in vitro dimostrano inoltre che aree di flusso laminare, non turbo- endoteliale. L’importanza delle LDL ossidate nell’aterogenesi è
lento, nella normale rete vascolare inducono l’espressione di geni suggerita dal fatto che esse si accumulano all’interno dei macrofagi
endoteliali i cui prodotti (ad es. la superossido dismutasi ad azione durante tutte le fasi del processo di formazione delle placche.
antiossidante) proteggono dall’aterosclerosi. Questi geni “ateropro-
tettivi” possono spiegare la localizzazione non casuale delle lesioni Infiammazione. Le cellule e i meccanismi infiammatori contribui­
aterosclerotiche precoci.11 scono all’esordio, alla progressione e allo sviluppo delle complicanze
Lipidi. I lipidi vengono in genere trasportati nel torrente cir- delle lesioni aterosclerotiche.41,46 Anche se i vasi normali non legano
colatorio legati a specifiche apoproteine, dando luogo a complessi le cellule infiammatorie, nelle prime fasi dell’atero­genesi, le cellule
­lipoproteici. Le dislipoproteinemie possono risultare tanto da mu- endoteliali arteriose che presentano disfunzione esprimono molecole
tazioni che alterano le apoproteine o i recettori delle lipoproteine di adesione che favoriscono l’adesione dei leucociti; in particolare,
sulle cellule,44 oppure da altre patologie sottostanti che incidono la molecola di adesione cellulare vascolare di tipo 1 (Vascular Cell
sui livelli circolanti di lipidi, come la sindrome nefrosica, l’alcoli- Adeshion Molecule-1, VCAM-1) lega specificamente monociti
smo, l’ipotiroidismo o il diabete mellito.45 Esempi di comuni alte- e cellule T. Dopo che queste cellule hanno aderito all’endotelio,
razioni delle lipoproteine riscontrate nella popolazione (e presenti migrano nella tonaca intima sotto l’influenza delle chemochine
in molti superstiti di infarto del miocardio) sono: (1) l’aumento prodotte a livello locale.
dei livelli di colesterolo LDL, (2) la riduzione dei livelli di coleste-
rolo HDL e (3) ­l’aumento dei livelli della lipoproteina alterata (a) I monociti si trasformano in macrofagi e si infarciscono di lipopro-
(si veda sopra). teine, soprattutto LDL ossidate. Il reclutamento dei monociti e la loro
Le prove sperimentali a supporto della teoria che riconosce il ruolo successiva differenziazione in macrofagi (e infine in cellule schiu-
dell’ipercolesterolemia nell’aterogenesi sono riassumibili come segue: mose) ha, in teoria, un ruolo protettivo in quanto queste cellule ri-
muovono particelle lipidiche potenzialmente dannose. Tuttavia, le
La maggior parte dei lipidi contenuti nella placca ateromatosa LDL ossidate aumentano l’attivazione dei macrofagi e la produzione
sono colesterolo ed esteri del colesterolo. di citochine (ad es. TNF), provocando un ulteriore incremento
Le alterazioni genetiche dell’assorbimento e del metabolismo delle dell’adesione dei leucociti e della produzione di chemochine, come
lipoproteine che causano iperlipoproteinemia sono associate a la proteina chemotattica per i monociti di tipo 1, dando luogo a uno
un’accelerazione delle tappe che conducono all’aterosclerosi. stimolo per il reclutamento delle cellule infiammatorie mononuclea­
Pertanto, l’ipercolesterolemia familiare omozigote, causata da te. I macrofagi attivati, inoltre, producono specie reattive dell’ossi-
un’alterazione del recettore per le LDL e da un’inadeguata rimo- geno che peggiorano l’ossidazione delle LDL e vari fattori di crescita
zione delle LDL circolanti da parte del fegato (Cap. 5) può esitare che contribuiscono alla proliferazione delle cellule muscolari lisce.
nell’infarto miocardico prima dei 20 anni. Allo stesso modo, I linfociti T reclutati nell’intima interagiscono con i macrofagi e
l’aterosclerosi può essere accelerata in modelli animali con difetti possono generare uno stato infiammatorio cronico. Non è chiaro
indotti delle apolipoproteine o dei recettori per le LDL. se le cellule T rispondano ad antigeni specifici, quali antigeni
Altre patologie genetiche o acquisite (ad es. diabete mellito, ipo- batterici e virali, proteine dello shock termico (si veda oltre) o
tiroidismo) che causano ipercolesterolemia conducono a una antigeni generati attraverso la modificazione di alcuni costituenti
prematura aterosclerosi. della parete arteriosa o delle lipoproteine, o siano attivati in modo
Analisi epidemiologiche dimostrano una significativa correlazio- aspecifico dal quadro infiammatorio locale. Tuttavia, le cellule T
ne tra la gravità dell’aterosclerosi e i livelli di colesterolo plasma- attivate nelle lesioni intimali in crescita producono citochine
tico totale o di LDL. infiammatorie (IFN-g), che possono stimolare i macrofagi, non-
L’abbassamento dei livelli di colesterolo con la dieta o mediante ché le cellule endoteliali e le cellule muscolari lisce.
l’uso di farmaci rallenta la progressione dell’aterosclerosi, causa Come conseguenza dello stato infiammatorio cronico, i leucociti
la regressione di alcune placche e riduce il rischio di eventi attivati e le cellule della parete vascolare rilasciano fattori di cre-
cardiovascolari. scita che promuovono la proliferazione delle cellule muscolari
lisce e la sintesi di ECM.
I meccanismi attraverso cui l’iperlipidemia contribuisce all’ate-
rogenesi comprendono i seguenti:44 Infezione. Anche se vi sono prove interessanti a sostegno dell’ipo-
tesi secondo cui le infezioni potrebbero essere la causa del processo
L’iperlipidemia cronica, in particolar modo l’ipercolesterolemia, infiammatorio locale alla base dell’aterosclerosi, non esiste ancora una
può compromettere direttamente la funzione endoteliale attra- conferma definitiva. Nelle placche aterosclerotiche sono stati riscon-
verso l’aumento della produzione di radicali liberi dell’ossigeno, trati herpesvirus, citomegalovirus e Chlamydia pneumoniae, non
i quali possono danneggiare i tessuti e accelerare l’inattivazione presenti nelle arterie normali, e attraverso gli studi sieroepidemiolo-
dell’ossido d’azoto, riducendone l’attività vasodilatatoria. gici sono stati individuati titoli aumentati di anticorpi contro
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 491

C. ­pneumoniae in pazienti con aterosclerosi più grave. Chiaramente, circolanti e che presentano un fenotipo proliferativo e di sintesi diverso
alcune di queste osservazioni sono rese dubbie dal fatto che la bron- da quello delle cellule muscolari lisce della media). Sono molti i fattori
chite da C. pneumoniae è associata anche al fumo, un fattore di rischio di crescita coinvolti nella proliferazione delle cellule muscolari lisce e
ormai comprovato per la IHD. Inoltre, poiché le infezioni provocate nella sintesi dell’ECM, tra cui il PDGF (rilasciato da piastrine local-
da questi organismi sono sempre più comuni (come del resto lo è mente aderenti, macrofagi, cellule endoteliali e cellule muscolari lisce),
l’aterosclerosi), risulta difficile distinguere le semplici coincidenze dal il FGF e il TGFa. Le cellule muscolari lisce reclutate sintetizzano ECM
nesso di causalità. È tuttavia sicuramente possibile che questi organi- (soprattutto collagene) che stabilizza le placche aterosclerotiche. Tut-
smi possano infettare i siti di prima formazione degli ateromi: i loro tavia, le cellule infiammatorie attivate negli ateromi possono provocare
antigeni estranei potrebbero potenziare l’aterogenesi scatenando ri- apoptosi delle cellule muscolari lisce dell’intima e possono anche
sposte immunitarie a livello locale o gli agenti infettivi stessi potreb- aumentare il catabolismo dell’ECM provocando placche instabili­
bero contribuire a creare uno stato protrombotico a livello locale.47 (si veda oltre).

Proliferazione delle cellule muscolari lisce Panoramica


La proliferazione delle cellule muscolari lisce e la deposizione dell’ECM La Figura 11.10 presenta l’aterosclerosi come una risposta infiamma-
nell’intima trasformano una stria lipidica, la lesione più precoce, in toria cronica – e fondamentalmente come un tentativo di “riparazione”
un ateroma maturo e contribuiscono alla progressiva crescita di lesioni vascolare – innescata da una serie di insulti, tra cui danno endoteliale,
aterosclerotiche (si veda Fig. 11.9, fasi 4 e 5) (si ricorda che le cellule accumulo e ossidazione di lipidi e trombosi. Gli ateromi sono lesioni
muscolari lisce dell’intima possono essere reclutate da precursori dinamiche caratterizzate da cellule endoteliali che presentano disfun-

Figura 11.10 Ipotetica sequenza di interazioni cellulari nell’aterosclerosi. L’iperlipidemia e altri fattori di rischio sono tra le cause di danno endoteliale,
con conseguente adesione piastrinica e monocitica e rilascio di fattori di crescita, tra cui il fattore di crescita piastrine-derivato (PDGF), che conducono alla
migrazione e alla proliferazione delle cellule muscolari lisce. Le cellule schiumose delle placche ateromatose sono derivate sia dai macrofagi sia dalle cellule
muscolari lisce – dai macrofagi attraverso i recettori per le lipoproteine a densità molto bassa (VLDL) e le lipoproteine a bassa densità (LDL) modificate
riconosciute dai recettori scavenger (ad es. le LDL ossidate), e dalle cellule muscolari lisce attraverso meccanismi meno conosciuti. I lipidi extracellulari
derivano dell’essudazione dal lume vasale, soprattutto in corso di ipercolesterolemia, e anche dalle cellule schiumose degenerate. L’accumulo di colesterolo
nella placca potrebbe essere la conseguenza di uno squilibrio tra afflusso ed efflusso di questa molecola ed è possibile che le lipoproteine ad alta densità
(HDL) contribuiscano ad allontanare il colesterolo dagli accumuli. Le cellule muscolari lisce migrate nell’intima proliferano e producono matrice extracellulare
compresi collagene e proteoglicani. IL-1, interleuchina-1; MCP-1, proteina chemotattica per i monociti di tipo 1.
492 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

Figura 11.11 Stria lipidica, un accumulo intimale di cellule schiumose. A. Aorta con strie lipidiche (frecce), distribuite prevalentemente in prossimità
delle diramazioni vascolari. B. Microfotografia di una stria lipidica di un coniglio con ipercolesterolemia sperimentale, che mostra le cellule schiumose in-
timali derivate dai macrofagi (frecce). (B. Per gentile concessione di Myron I. Cybulsky, M.D., University of Toronto, Canada)

zione, cellule muscolari lisce reclutate e proliferanti, e linfociti


­frammisti a macrofagi: tipi cellulari tutti in grado di ­liberare mediatori Le lesioni aterosclerotiche, non uniformi, interessano in genere
capaci di avere effetti sull’aterogenesi. A uno stadio precoce, le placche solo una parte della parete arteriosa e, solo raramente, l’intera
intimali sono semplici aggregazioni di cellule muscolari lisce e cellule circonferenza; in una sezione trasversa appariranno quindi
schiumose derivate da macrofagi. Con la progressione della patologia, “eccentriche” (Fig. 11.13 A). La focalità delle lesioni ateroscle-
l’ateroma viene modificato da ECM sintetizzata dalle cellule muscolari rotiche – nonostante l’esposizione uniforme delle pareti vasco-
lisce; il tessuto connettivo è particolarmente prominente sull’intima, lari a fattori quali le tossine derivate dal fumo di sigaretta, livelli
producendo il cappuccio fibroso, ma molte placche conservano un elevati di LDL, iperglicemia ecc. – è attribuibile alle particolarità
nucleo centrale di cellule ricche di lipidi e residui grassi che possono dell’emodinamica vascolare. Le alterazioni di flusso a livello
calcificare. È quindi possibile che la placca intimale si aggetti progres- locale (ad es. turbolenze in corrispondenza degli osti dei vasi)
sivamente verso il lume vasale, comprima la tonaca media sottostante fa sì che determinate porzioni della parete vascolare siano più
o ne provochi la degenerazione. La rottura del cappuccio fibroso può predisposte alla formazione di placche. Le lesioni aterosclero-
determinare trombosi e occlusione vascolare acuta. tiche, inizialmente focali e sparse, divengono sempre più nu-
Dopo questa panoramica sulla patogenesi, descriveremo ora le merose e diffuse con il passare del tempo.
caratteristiche morfologiche e l’evoluzione dell’aterosclerosi. Nell’uomo, l’aorta addominale è in genere interessata in ma-
niera molto più cospicua di quella toracica. In ordine decre-
scente, i vasi più diffusamente coinvolti sono la porzione di-
Morfologia stale dell’aorta addominale, le arterie coronarie, le poplitee,
Strie lipidiche Le strie lipidiche sono la lesione più precoce le carotidi interne e i vasi del poligono di Willis. I vasi degli arti
dell’aterosclerosi. Sono composte da macrofagi schiumosi superiori vengono generalmente risparmiati, come anche le
infarciti di lipidi e si presentano inizialmente sotto forma di arterie mesenteriche e renali, a eccezione dei loro osti.Tuttavia,
piccole macule giallastre e piatte che tendono a convergere nel singolo individuo, la gravità della malattia aterosclerotica
in strie allungate, lunghe 1 cm e più. Non sono significativa- in una data arteria non predice necessariamente lo stesso
mente rialzate e, pertanto, non causano alcuna alterazione di grado di severità in un altro segmento. Inoltre, in un qualsiasi
flusso (Fig. 11.11). Le strie lipidiche sono già presenti nell’aorta vaso, possono coesistere lesioni in diversi stadi evolutivi.
di alcuni bambini di età inferiore a un anno e, praticamente, Le placche aterosclerotiche sono costituite da tre componenti
in tutti i bambini di età superiore ai 10 anni, indipendente- principali: (1) gli elementi cellulari, tra cui le cellule muscolari
mente da localizzazione geografica, razza, sesso o condizioni lisce, i macrofagi e le cellule T; (2) la matrice ­extracellulare
ambientali. La relazione tra strie lipidiche e placche ateroscle- (ECM), formata da collagene, fibre elastiche e proteoglicani; e
rotiche è incerta: sebbene le prime possano essere i precur- (3) i depositi intracellulari ed extracellulari di lipidi (Fig. 11.13).
sori delle seconde, non tutte le strie lipidiche sono destinate Le proporzioni relative di queste tre componenti variano nelle
a evolvere in lesioni più avanzate. Le strie lipidiche coronari- differenti lesioni.Tipicamente, è presente un cappuccio fibroso
che, tuttavia, iniziano a formarsi durante l’adolescenza nei di rivestimento composto da cellule muscolari lisce e da col-
punti più suscettibili al successivo sviluppo di placche. lagene relativamente denso. L’area localizzata al di sotto e di
Placche aterosclerotiche I processi chiave implicati nell’atero- lato al cappuccio (la cosiddetta “spalla” della lesione) è costi-
sclerosi sono l’ispessimento intimale e l’accumulo di lipidi tuita da macrofagi, cellule   T e cellule muscolari lisce. Al di sotto
(Fig. 11.10). La placca ateromatosa tende a protrudere nel lume del cappuccio vi è un nucleo necrotico più profondo, che con-
dell’arteria e appare di colore giallo-biancastro; il trombo so- tiene lipidi (soprattutto colesterolo ed esteri del colesterolo),
vrapposto a una placca ulcerata è di colore rosso-bruno. Le detriti cellulari, cellule schiumose (macrofagi carichi di lipidi e
dimensioni variano fra 0,3 e 1,5 cm di diametro, ma le placche cellule muscolari lisce), fibrina, trombi variamente organizzati
possono fondersi a formare lesioni più estese (Fig. 11.12). e altre proteine plasmatiche. Il colesterolo è spesso presente
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 493

Figura 11.12 Aspetto macroscopico dell’aterosclerosi aortica. A. Aterosclerosi lieve, composta da placche fibrose, una delle quali è indicata dalla freccia.
B. Aterosclerosi severa con lesioni complicate e diffuse (con rottura delle placche e trombosi sovrapposta), alcune delle quali sono conglomerate.

sotto forma di aggregati cristallini che vengono spazzati via provocano la formazione di trombi, che possono ­occludere
durante la normale elaborazione dei tessuti e che lasciano in modo parziale o completo il lume e ­provocare ischemia
dietro di sé solamente “spaccature” vuote. Alla periferia delle (Cap. 12) (Fig. 11.14). Se il paziente sopravvive all’occlu-
lesioni, vi è evidenza di neovascolarizzazione (proliferazione sione trombotica iniziale, il coagulo può essere inglobato
di piccoli vasi sanguigni; Fig. 11.13 C). I tipici ateromi conten- nella placca in crescita.
gono quantità relativamente abbondanti di lipidi, ma alcune Emorragie all’interno della placca. La rottura della cappa
placche (“placche fibrose”) sono composte quasi esclusiva- fibrosa sovrastante o di uno dei sottili capillari nelle aree
mente da cellule muscolari lisce e tessuto fibroso. di neovascolarizzazione può provocare un’emorragia
Generalmente le placche vanno incontro a un processo di all’interno della placca. Ne risulta un ematoma che può
evoluzione, aumentando progressivamente le loro dimen- determinare un’espansione della placca o addirittura in-
sioni, attraverso fenomeni di morte e degenerazione cellula- durne la rottura.
re, di sintesi e degradazione (rimodellamento) della ECM e Ateroembolismo. La rottura delle placche può provocare
di organizzazione dei trombi. Inoltre, gli ateromi vanno spes- la liberazione di frammenti nel torrente circolatorio,
so incontro a calcificazione (Fig. 11.13 C). ­generando microemboli.
Le placche aterosclerotiche sono suscettibili ai seguenti Formazione di aneurismi. La pressione o l’atrofia ischemi-
­importanti cambiamenti clinici (si veda anche di seguito): ca della sottostante tonaca media con perdita di tessuto
La rottura, l’ulcerazione o l’erosione della superficie inti- ­elastico dovute all’aterosclerosi provocano indebolimento
male delle placche ateromatose determinano l’esposizio- della parete vascolare, che determina a sua volta ­dilatazione
ne del sangue a sostanze altamente trombogeniche e aneurismatica e possibile rottura (si veda oltre).

Figura 11.13 Caratteristiche istologiche di una placca ateromatosa in un’arteria coronaria. A. L’architettura nell’insieme presenta un cappuccio fibroso (F)
e un core necrotico (prevalentemente lipidico) centrale (C). Il lume (L) è moderatamente compromesso. Si noti che un segmento della parete è indenne da
placche (freccia); la lesione è pertanto “eccentrica”. In questa sezione, il collagene è colorato in blu (colorazione tricromica di Masson). B. Fotografia a maggiore
ingrandimento di una sezione della placca mostrata in A colorata per l’elastina (nero), e che mostra che le membrane elastiche interne ed esterne sono
assottigliate e che la media è assottigliata per via dello sviluppo della placca (freccia). C. Microfotografia a forte ingrandimento della giunzione tra cappuccio
fibroso e core, che mostra l’infiltrato diffuso di cellule infiammatorie, le calcificazioni (punta di freccia) e la neovascolarizzazione (frecce piccole).
494 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

Conseguenze Della Malattia


Aterosclerotica

Le grandi arterie elastiche (ad es. l’aorta, le carotidi e le arterie ilia-


che) e le arterie di calibro medio e grande (ad es. le arterie coronarie
e poplitee) sono i principali bersagli dell’aterosclerosi. La malattia
aterosclerotica sintomatica interessa in genere le arterie che irrorano
cuore, cervello, reni e arti inferiori. L’infarto miocardico (attacco
cardiaco), quello cerebrale (ictus), gli aneurismi aortici e l’arteriopatia
periferica (gangrena secca delle gambe) sono le maggiori conseguenze
dell’aterosclerosi.
La storia naturale, le caratteristiche morfologiche e i principali
eventi patogeni sono schematizzati nella Figura 11.15. Gli esiti prin-
cipali dipendono dalle dimensioni dei vasi coinvolti, dalla stabilità
relativa della placca stessa e dal grado di degenerazione della parete
arteriosa sottostante:

I vasi più piccoli possono occludersi, compromettendo la perfu-


sione dei tessuti distali.
La rottura delle placche può provocare l’embolizzazione dei fram-
menti aterosclerotici e determinare l’ostruzione dei vasi distali,
oppure una trombosi vascolare acuta (e spesso con conseguenze
catastrofiche).
La distruzione delle pareti vascolari sottostanti può causare
la formazione di aneurismi con rottura secondaria e/o
trombosi.

La stenosi cronica e la rottura delle placche, cui seguirà una di-


scussione sugli aneurismi, verranno trattate in seguito.
Stenosi aterosclerotica. Nelle piccole arterie, le placche atero-
Figura 11.14 Rottura della placca aterosclerotica. A. Rottura della placca sclerotiche possono portare all’occlusione graduale del lume dei vasi,
con sovrapposta trombosi, in un paziente morto improvvisamente. B. Trom- creando problemi al flusso ematico e provocando danno
bosi coronarica acuta sovrapposta a una placca aterosclerotica con rottura ischemico.
focale del cappuccio fibroso, che ha determinato un infarto miocardico fatale.
Sia in A sia in B una freccia indica il punto di rottura della placca. (B. Da Nelle prime fasi della stenosi, il rimodellamento esterno della
Schoen FJ: Interventional and Surgical Cardiovascular Pathology: Clinical media vasale tende a preservare il diametro del lume, mentre la
Correlations and Basic Principles. Philadelphia, WB Saunders, 1989, p 61) circonferenza totale aumenta.18 Vi sono tuttavia dei limiti a questo

Figura 11.15 Storia naturale, caratteristiche morfologiche, principali eventi patogeni e complicanze cliniche dell’aterosclerosi.
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 495

rimodellamento esterno e, pertanto, l’ateroma in espansione finirà


per ­alterare il flusso ematico. Si parla di stenosi critica quando l’oc-
clusione cronica limita il flusso in modo significativo e la domanda
supera l’apporto. Nella circolazione coronarica (come anche in altre),
tale condizione si verifica in genere in presenza di un’occlusione fissa
(ovvero, perdita di area attraverso la quale può scorrere il sangue)
pari a circa il 70%: con questo grado di stenosi i pazienti sviluppano
dolore toracico (angina) da sforzo (la cosiddetta angina stabile,
Cap. 12). Sebbene la complicanza più pericolosa sia rappresentata
dalla rottura acuta delle placche (si veda oltre), anche l’aterosclerosi
ha un proprio ruolo attraverso la riduzione cronica della perfusione
arteriosa: l’occlusione mesenterica e l’ischemia intestinale, la IHD
cronica, l’encefalopatia ischemica e la claudicatio intermittens (dimi-
nuzione della perfusione degli arti) sono tutte conseguenze di stenosi
che limitano il flusso. Gli effetti dell’occlusione vascolare dipendono
in ultima analisi dall’apporto arterioso e dalle richieste metaboliche Figura 11.16 Confronto schematico tra una placca aterosclerotica
dei tessuti interessati. ­vulnerabile e una stabile. Mentre le placche stabili hanno un cappuccio
Modificazioni acute delle placche. L’erosione o la rottura delle ­fibroso ispessito composto da collagene denso, con core ateromatoso
placche è in genere subito seguita da una trombosi vascolare parziale trascurabile, le placche vulnerabili (predisposte alla rottura) sono caratte-
rizzate da un cappuccio fibroso sottile, ampi core lipidici e da un aumentato
o completa (si veda Fig. 11.14), che determina infarto acuto dei tessuti grado di infiammazione. (Adattata da Libby P: Circulation 91:2844,
(ad es. infarto miocardico o cerebrale).40,48 Le modificazioni delle 1995)
placche rientrano in tre categorie generiche:

Rottura/fissurazione, con esposizione dei costituenti altamente


trombogeni della placca canica e stabilità; di conseguenza il bilancio tra l’attività sintetica
Erosione/ulcerazione, con esposizione della membrana basale e degradativa di tale componente incide sulla stabilità del cappuc-
subendoteliale trombogena al sangue cio. Poiché il collagene presente nelle placche aterosclerotiche è
Emorragia nell’ateroma, con espansione del suo volume. prodotto principalmente dalle cellule muscolari lisce, una perdita
di tali elementi cellulari provoca un indebolimento del cappuccio.
Oggi è noto che, nei pazienti che sviluppano un infarto del mio- Inoltre, il turnover del collagene è controllato dalle metalloprotei-
cardio e altre sindromi coronariche acute, la lesione responsabile nasi della matrice cellulare (Matrix Metallo-Proteinases, MMP),
preesistente alle modificazioni acute non è necessariamente una enzimi prodotti in larga misura dai macrofagi all’interno delle
lesione severamente stenotica ed emodinamicamente significativa. placche ateromatose. Gli inibitori tissutali delle metalloproteinasi
Studi anatomopatologici e clinici dimostrano che la maggior parte (Tissue Inhibitor of Metallo-Proteinases, TIMP), prodotti dalle
delle placche che vanno incontro a improvvisa rottura e occlusione cellule endoteliali, dalle cellule muscolari lisce e dai macrofagi,
coronarica in precedenza provocavano soltanto una stenosi lumi- modulano invece l’attività delle MMP. In generale, l’infiammazione
nale lieve o moderata.49 La preoccupante conclusione è che un delle placche porta a un aumento della degradazione del collagene
numero piuttosto ampio di adulti attualmente asintomatici pre- e a una riduzione della sintesi del collagene, determinando una
senta un rischio reale ma imprevedibile di un evento coronarico destabilizzazione dell’integrità meccanica del cappuccio fibroso (si
catastrofico. Purtroppo, è al momento impossibile predire con veda oltre). L’aspetto interessante è che le statine potrebbero avere
attendibilità la rottura della placca o la successiva trombosi nel degli effetti terapeutici benefici, non solo per via della riduzione
singolo paziente. dei livelli di colesterolo circolante, ma anche grazie alla stabilizza-
Gli eventi che scatenano le brusche modificazioni della configu- zione delle placche attraverso una riduzione del loro grado di
razione della placca e la trombosi sovrapposta sono complessi e infiammazione.51
comprendono fattori intrinseci (ad es. struttura e composizione Sono importanti anche influenze estrinseche alla placca. La sti-
della placca) ed estrinseci (ad es. pressione arteriosa e reattività molazione adrenergica può aumentare la pressione sistemica o in-
piastrinica).40,50 La rottura di una placca indica che la placca stessa durre vasocostrizione a livello locale, incrementando lo stress fisico
non è stata in grado di sopportare le sollecitazioni meccaniche delle sulla placca. Infatti, la stimolazione adrenergica associata con il
forze di taglio vascolari. Discuteremo ora dei fattori intrinseci ed ­risveglio può provocare picchi di pressione arteriosa (seguiti da
estrinseci che incidono sul rischio di rottura delle placche. un’aumentata reattività piastrinica) che sono stati collegati a una
È importante ricordare che la composizione delle placche è dina- significativa periodicità circadiana per l’ora di insorgenza di un in­
mica e può contribuire materialmente al rischio di rottura. Pertanto, farto miocardico acuto (con un picco di incidenza tra le 6 del ­mattino
le placche che contengono grandi aree di cellule schiumose e lipidi e mezzogiorno).52 Anche un intenso stress emotivo può contribuire
extracellulari, e quelle in cui il cappuccio fibroso è sottile o contiene alla rottura della placca; ciò viene drammaticamente dimostrato dal
poche cellule muscolari lisce oppure che presentano ammassi di marcato incremento nell’incidenza di morte improvvisa che si as-
cellule infiammatorie, sono più predisposte alla rottura, e sono socia con disastri come i terremoti o gli attacchi terroristici dell’11
perciò dette “placche vulnerabili”48 (Fig. 11.16). settembre 2001.53
È inoltre accertato che il cappuccio fibroso va incontro a un È inoltre importante sottolineare che non in tutti i casi di rottura
continuo processo di rimodellamento che può predisporre le plac- delle placche si verificano trombosi occlusive con conseguenze
che a modificazioni acute. Il collagene è il principale componente ­catastrofiche. Infatti, la rottura della placca e le conseguenti aggre-
strutturale del cappuccio fibroso, responsabile della sua forza mec- gazione piastrinica e trombosi intraluminale sono complicanze
496 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

dell’ateroma probabilmente frequenti, recidivanti e spesso clinica- parsi in seguito all’infarto miocardico transmurale sono di questo
mente silenti. La risoluzione della rottura subclinica di una placca tipo. Al contrario, un falso aneurisma (chiamato anche pseudoaneu-
e della sovrastante trombosi sono un importante meccanismo di risma) è costituito da un difetto nella parete vascolare che determina
crescita delle lesioni aterosclerotiche. la formazione di un ematoma extravascolare che comunica
Trombosi. Come sottolineato in precedenza, la trombosi parziale ­liberamente con la cavità luminale (“ematoma pulsante”). Tra gli
o totale associata alla rottura della placca riveste un ruolo fonda- esempi rientrano la rottura ventricolare dopo infarto miocardico
mentale nella patogenesi delle sindromi coronariche acute. Nella con intrappolamento dell’ematoma all’interno di una tasca formata
forma più grave, un trombo sovrapposto a una placca rotta, che dalla reazione aderenziale del pericardio o la deiscenza della sutura
precedentemente era solo parzialmente stenotica, la trasforma in di un innesto vascolare sull’arteria nativa. La dissezione arteriosa
un’occlusione completa. Al contrario, in altre sindromi coronariche insorge quando il flusso ematico penetra la parete dell’arteria, insi-
(Cap. 12), l’ostruzione del lume dovuta alla trombosi è solitamente nuandosi tra i suoi strati, con la conseguente formazione di un
incompleta e può aumentare e ridursi con il tempo. ematoma intramurale. Le dissezioni sono spesso, ma non sempre
Il trombo murale in un’arteria coronaria può anche embolizzare. aneurismatiche (si veda oltre). Tanto gli aneurismi veri quanto quelli
Infatti, all’autopsia dei pazienti che hanno subito una morte improv- falsi, come anche le dissezioni, possono rompersi, in molti casi con
visa o sindromi anginose a rapida evoluzione si possono riscontrare conseguenze catastrofiche.
piccoli frammenti di materiale trombotico nella circolazione intra- Gli aneurismi vengono in genere classificati secondo l’aspetto e
miocardica distale o microinfarti. Infine, il trombo è un potente le dimensioni (si veda Fig. 11.17). Gli aneurismi sacciformi sono
attivatore di molteplici segnali correlati alla crescita delle cellule estroflessioni sferiche (che interessano solo una porzione della
muscolari lisce, che possono contribuire alla crescita delle lesioni parete del vaso), di dimensioni che variano dai 5 ai 20 cm di dia-
aterosclerotiche. metro e spesso contengono materiale trombotico. Gli aneurismi
Vasocostrizione. La vasocostrizione riduce le dimensioni del fusiformi ­consistono nella dilatazione diffusa di un lungo segmento
lume vascolare e, aumentando le forze meccaniche locali, può po- vascolare. Variano in diametro e lunghezza (fino a 20 cm) e possono
tenziare la rottura della placca. La vasocostrizione nelle sedi di le- coinvolgere ampie porzioni dell’arco aortico, dell’aorta addominale
sioni ateromatose è stimolata da: (1) agonisti adrenergici circolanti, o anche delle arterie iliache. Queste conformazioni non sono
(2) fattori rilasciati localmente dalle piastrine, (3) alterato rapporto ­specifiche di una data malattia o di particolari manifestazioni
nella secrezione da parte delle cellule endoteliali di fattori vasodila- cliniche.
tanti (ad es. ossido d’azoto) rispetto a quelli vasocostrittori (ad es. Patogenesi degli aneurismi. Le arterie sono tessuti soggetti a un
endotelina) dovuta a disfunzione endoteliale associata all’ateroma, rimodellamento dinamico, che mantengono la propria integrità
e probabilmente (4) mediatori rilasciati dalle cellule infiammatorie attraverso una sintesi, una degradazione e una riparazione costanti
perivascolari. dei costituenti della matrice extracellulare. Gli aneurismi si possono
verificare quando la struttura o il funzionamento del tessuto con-
nettivo all’interno della parete vascolare sono compromessi. Nono-
Aneurismi e dissezioni stante in questa sede citiamo esempi di difetti ereditari dei tessuti
connettivi, anche l’indebolimento delle pareti vasi è importante nelle
L’aneurisma è una dilatazione patologica circoscritta a carico della forme comuni e sporadiche di aneurisma.
parete di un vaso sanguigno o del cuore (Fig. 11.17); può essere con-
genito o acquisito. Quando un aneurisma interessa una parete arte- La qualità intrinseca del tessuto connettivo della parete vascolare
riosa assottigliata ma intatta o una parete ventricolare assottigliata, è scarsa. Nella sindrome di Marfan, ad esempio (Cap. 5), altera-
viene chiamato aneurisma vero. Gli aneurismi vascolari ateroscle- zioni nella sintesi di una proteina, la fibrillina, determinano ano-
rotici, sifilitici e congeniti e l’aneurisma ­ventricolare che può svilup- malie nell’attività del TGFb e un progressivo indebolimento dei

Figura 11.17 Aneurismi. A. Vaso normale. B. Aneurisma vero, tipo sacciforme. La parete protrude focalmente verso l’esterno e può essere assottigliata
ma intatta. C. Aneurisma vero, tipo fusiforme. Si osserva dilatazione circonferenziale del vaso, senza rottura. D. Falso aneurisma. La parete è rotta ed è
presente un accumulo di sangue (ematoma) che è trattenuto esternamente da tessuti extravascolari aderenti alla parete. E. Dissezione. Il sangue è pene-
trato nella parete del vaso, separando le tonache. Benché venga mostrata come una situazione che si verifica a causa di una lacerazione del lume, le
dissezioni possono essere provocate anche dalla rottura dei vasi dei vasa vasorum nella media.
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 497

tessuti elastici; nell’aorta, ciò provoca una progressiva dilatazione


dovuta al rimodellamento della tonaca media anelastica.54 La
sindrome di Loeys-Dietz è un’altra delle cause di aneurisma re-
centemente individuate: in questa patologia, le mutazioni dei
recettori del TGFb determinano anomalie dell’elastina e del
collagene di tipo I e III. Negli individui colpiti, gli aneurismi
possono rompersi facilmente (anche se di piccole dimensioni).55
L’indebolimento delle pareti dei vasi dovuto ad anomalie nella
sintesi del collagene di tipo III è una caratteristica distintiva anche
della sindrome di Ehlers-Danlos (Cap. 5), mentre legami crociati
alterati nel collagene associati a una carenza di vitamina C (acido
ascorbico) sono un esempio di cause nutrizionali alla base della
formazione degli aneurismi.
L’equilibrio tra sintesi e degradazione del collagene è alterato da un
infiltrato locale di cellule infiammatorie e dagli enzimi proteolitici da
queste prodotti. In particolare, l’aumento della produzione di MMP,
soprattutto da parte dei macrofagi nelle placche aterosclerotiche o
in corso di vasculite, probabilmente contribuisce allo sviluppo degli
aneurismi:56 questi enzimi hanno infatti la capacità di provocare la
degradazione di quasi tutti i componenti della ECM nella parete
arteriosa (collageni, elastina, proteoglicani, laminina, fibronectina),
un processo al quale può contribuire anche una riduzione
dell’espressione dell’inibitore tissutale delle metallo­proteinasi
(TIMP). La predisposizione genetica alla formazione di aneurismi
nel contesto di lesioni infiammatorie (quali l’aterosclerosi) può
essere collegata a polimorfismi nei geni delle MMP e/o del TIMP,
oppure alla natura della risposta infiammatoria locale dovuta a un
aumento della produzione di MMP.57
La parete vascolare è indebolita dalla perdita di cellule muscolari
lisce o da una sintesi inadeguata di ECM non collagena o non
elastica. L’ischemia della media interna si verifica in caso di ispes-
simento aterosclerotico dell’intima, che aumenta la distanza at- Figura 11.18 Necrosi cistica della media. A. Sezione trasversa della
tonaca media dell’aorta di un paziente con sindrome di Marfan, con evi-
traverso la quale ossigeno e sostanze nutritive diffondono. Anche dente frammentazione dell’elastina e formazione di aree prive di elastina
l’ipertensione sistemica può causare un significativo restringi- che somigliano a spazi cistici (asterischi). B. Confronto con una tonaca
mento delle arteriole dei vasa vasorum (ad es. nell’aorta), che può media normale, costituita da strati regolari di tessuto elastico. Sia in A sia
provocare a sua volta ischemia della media esterna. L’ischemia è in B l’elastina è colorata in nero.
dimostrata da “alterazioni degenerative” dell’aorta, per mezzo
delle quali la perdita di cellule muscolari lisce – o una modifica-
zione nel fenotipo sintetico – porta a cicatrizzazione (e perdita sifilide mostra una predilezione per i piccoli vasi, tra cui quelli dei
di fibre elastiche), inadeguata sintesi della ECM e produzione di vasa vasorum dell’aorta toracica. Ciò provoca un danno ischemico
maggiori quantità di sostanza amorfa (glicosaminoglicani). Da nella tonaca media dell’aorta e dilatazioni aneurismatiche che
un punto di vista istologico, queste modificazioni sono colletti- ­possono talora coinvolgere l’anulus aortico.59
vamente denominate necrosi cistica della media (Fig. 11.18); sono
aspecifiche e possono essere riscontrate in numerose condizioni Aneurismi Dell’aorta Addominale (Aaa)
cliniche, tra cui la sindrome di Marfan e lo scorbuto.
Gli aneurismi associati all’aterosclerosi si verificano più ­comunemente
I due più importanti disturbi che predispongono alla formazione nell’aorta addominale. La placca aterosclerotica nell’intima compri-
di aneurismi aortici sono l’aterosclerosi e l’ipertensione: l’aterosclerosi me la media sottostante, compromettendo la diffusione di sostanze
ha un ruolo importante negli aneurismi aortici addominali, mentre nutritive e rifiuti dal lume vascolare alla parete arteriosa. La media
l’ipertensione è la condizione più comunemente associata agli aneu- va pertanto incontro a un processo di degenerazione e necrosi
rismi dell’aorta ascendente.58 Tra le altre condizioni che possono che porta all’indebolimento e al successivo assottigliamento della
portare all’indebolimento delle pareti dei vasi e provocare aneurismi parete arteriosa. Tuttavia, come ­descritto in precedenza, il principale
rientrano traumi, vasculite (si veda oltre), difetti congeniti (ad es. fattore che porta alla formazione di aneurismi è la produzione di
aneurismi a bacca in genere nel poligono di Willis; Cap. 28) e infe- MMP da parte di infiltrati di cellule infiammatorie.56
zioni (aneurismi micotici). Gli aneurismi micotici possono avere Gli aneurismi dell’aorta addominale si riscontrano più frequen-
origine (1) dall’embolizzazione di un embolo settico, solitamente temente negli uomini e nei fumatori e, raramente, si sviluppano al di
come complicanza di endocardite infettiva; (2) come estensione di sotto dei 50 anni di età. La causa principale è l’aterosclerosi, ma vi
un adiacente processo suppurativo; oppure (3) attraverso l’infezione sono sicuramente anche altri fattori che contribuiscono ­alla ­formazione
diretta della parete arteriosa da parte di microrganismi circolanti. di AAA, dato che la loro incidenza negli uomini di età superiore ai
La sifilide terziaria è attualmente una causa rara di aneurisma aor- 60 anni è inferiore al 5%, nonostante l’aterosclerosi dell’aorta addo-
tico. L’endoarterite obliterante caratteristica delle fasi tardive della minale sia quasi universalmente diffusa in questa popolazione.
498 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

Caratteristiche cliniche. Le conseguenze cliniche degli AAA


Morfologia In genere posti distalmente alle arterie renali e comprendono:
al di sopra della biforcazione dell’aorta, gli AAA possono
essere sacciformi o fusiformi, arrivando a misurare fino a Rottura nella cavità peritoneale o nei tessuti retroperitoneali con
15 cm di diametro e fino a 25 cm di lunghezza (Fig. 11.19). La emorragia massiva, potenzialmente fatale
superficie intimale dell’aneurisma mostra tipicamente aree Ostruzione di una diramazione vascolare che provoca un danno
di grave aterosclerosi complicata, con distruzione e assotti- ischemico a valle, ad esempio delle arterie iliache (gambe), renali
gliamento della sottostante tonaca media; al suo interno, (rene), mesenteriche (tratto gastrointestinale) o vertebrali (mi-
l’aneurisma contiene spesso un piccolo trombo murale, la- dollo spinale)
minato e scarsamente organizzato, che può riempire in tutto Distacco di emboli dall’ateroma o dai trombi murali
o in parte il segmento dilatato. Compressione di strutture adiacenti, come nel caso della com-
Occasionalmente l’aneurisma può interessare le arterie renali pressione di un uretere o dell’erosione di una vertebra
o le arterie mesenteriche superiori o inferiori sia generando Presentazione clinica sotto forma di tumefazione addominale
una pressione diretta su questi vasi sia restringendo o addi- (spesso pulsante) che simula un tumore
rittura occludendo i loro osti con la formazione di trombi
murali. Non infrequentemente, gli AAA sono accompagnati Il rischio di rottura è direttamente correlato alle dimensioni
da piccole dilatazioni fusiformi o sacciformi delle arterie dell’aneurisma,60 e varia da zero per gli aneurismi con un diametro
iliache. inferiore o pari a 4 cm, all’1% per anno per gli aneurismi che misurano
Due varianti di AAA meritano una particolare attenzione: da 4 a 5 cm di diametro, all’11% per anno per gli aneurismi con un
diametro compreso tra 5 e 6 cm, fino ad arrivare al 25% per anno per
Gli AAA infiammatori sono caratterizzati da una densa quelli con diametro superiore a 6 cm. La maggior parte degli aneurismi
fibrosi periaortica con ricca reazione infiammatoria linfo- si espande al ritmo di 0,2-0,3 cm/anno, ma il 20% di essi si espande
plasmocitaria, abbondanza di macrofagi e, spesso, pre- più rapidamente. In linea generale, gli aneurismi di diametro pari o
senza di cellule giganti. La loro eziologia è sconosciuta. superiore a 5 cm sono trattati aggressivamente, solitamente mediante
Gli AAA micotici sono lesioni che vengono infettate dalla bypass con innesti protesici. Il trattamento degli aneurismi è in con-
deposizione di microrganismi circolanti nella parete vasale, tinua evoluzione verso l’approccio endoluminale che prevede, in pa-
soprattutto durante le batteriemie che si sviluppano nel zienti selezionati, l’impianto di uno stent (un sistema composto da
corso di gastroenteriti primarie da Salmonella. In questi casi, una gabbia metallica ricoperta da un tessuto biocompatibile che viene
la suppurazione provoca l’ulteriore distruzione della tonaca dilatata dopo essere stata introdotta all’interno del lume, in corrispon-
media, accelerando il processo di dilatazione e rottura. denza del sito di dilatazione aneurismatica).61 L’intervento tempestivo
è fondamentale: la mortalità operatoria per interventi su aneurismi
non rotti è di circa il 5%, laddove l’intervento chirurgico d’urgenza
effettuato in seguito alla rottura comporta un tasso di mortalità supe-
riore al 50%. Vale la pena ribadire che, poiché l’aterosclerosi è una
malattia sistemica, vi sono molte probabilità che un soggetto con AAA
presenti aterosclerosi anche in altri letti vascolari e che sia esposto a
un rischio significativamente elevato di IHD e ictus.

Aneurismi Dell’aorta Toracica


Gli aneurismi dell’aorta toracica sono più comunemente associati
all’ipertensione, anche se si sta riconoscendo sempre di più il ruolo
di altre cause quali la sindrome di Marfan e di Loeys-Dietz.58 Indi-
pendentemente dall’eziologia, possono dare origine a segni e sintomi
vari, tra cui: (1) compromissione di strutture mediastiniche, (2)
difficoltà respiratoria, per compressione dei polmoni e delle vie
aeree, (3) difficoltà della deglutizione a causa della compressione
dell’esofago, (4) tosse persistente dovuta all’irritazione o alla com-
pressione sui nervi laringei ricorrenti, (5) dolore causato dall’ero-
sione delle ossa (ovvero, coste e corpi vertebrali), (6) disturbi cardiaci
per la dilatazione della valvola aortica con conseguente insufficienza
valvolare o restringimento degli osti coronarici determinante ische-
mia miocardica e (7) rottura dell’aneurisma. La maggior parte dei
pazienti portatori di aneurisma sifilitico muore per l’insufficienza
cardiaca causata dall’insufficienza valvolare aortica.

Figura 11.19 Aneurisma dell’aorta addominale. A. Aspetto esterno, Dissezione Aortica


di un grosso aneurisma aortico rotto; il punto di rottura è indicato dalla
freccia. B. Aspetto interno, con indicazione della sede di rottura ­mediante
La dissezione aortica è una condizione caratterizzata dallo slamina-
una sonda. La parete dell’aneurisma è eccessivamente sottile e il lume è mento, da parte del sangue, delle strutture lamellari della tonaca
occupato da numerosi trombi stratificati ma non organizzati. media dell’aorta, con formazione di un canale pieno di sangue nel
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 499

Figura 11.20 Dissezione aortica. A. Aorta aperta con dissezione prossimale che ha origine da una piccola e obliqua lacerazione dell’intima (individuata
dalla sonda), che permette al sangue di penetrare nella tonaca media dando luogo a un ematoma intramurale (frecce sottili). Si noti che la lacerazione in-
timale è avvenuta in una sede priva di placche aterosclerotiche e che la propagazione dell’ematoma intramurale si è arrestata in una sede più distale, dove
cominciano le lesioni aterosclerotiche (freccia larga). B. Preparato istologico di una dissezione che mostra l’ematoma aortico intramurale (asterisco). In
questa sezione, preparata mediante colorazione di Movat, gli strati elastici dell’aorta sono in nero, il sangue è in rosso.

contesto della parete aortica (Fig. 11.20). Se la dissezione si fa strada di una dissezione. In alcuni casi, la rottura dei vasi penetranti dei
attraverso l’avventizia, provocando emorragie nei tessuti adiacenti, vasa vasorum può dare origine a un ematoma intramurale senza
può avere conseguenze catastrofiche.62 Contrariamente agli aneuri- lacerazione intimale.
smi aterosclerotici e sifilitici, la dissezione aortica non si associa
necessariamente alla dilatazione dell’aorta. Per tale ragione, è
­opportuno evitare il vecchio termine “aneurisma dissecante”. Morfologia Nella maggior parte dei casi, nella parete aortica
La dissezione aortica si verifica principalmente in due gruppi: non si riconosce alcuna patologia sottostante specifica. La
(1) uomini di età compresa tra i 40 e i 60 anni, con storia di iperten- più frequente lesione preesistente istologicamente rilevabile
sione (oltre il 90% dei casi di dissezione); e (2) pazienti più giovani è la necrosi cistica della media (Fig. 11.18); l’infiammazione
portatori di un’anomalia sistemica o localizzata del tessuto connet- è caratteristicamente assente. Le dissezioni possono tuttavia
tivo che colpisce l’aorta (ad es. sindrome di Marfan). La dissezione verificarsi nel contesto di una degenerazione della media
può anche essere iatrogena (ad es. complicanza della cannulazione piuttosto modesta e la relazione delle modificazioni strutturali
di un’arteria durante una procedura diagnostica che preveda l’in- rispetto alla patogenesi della dissezione è incerta.
troduzione di cateteri endoluminali, oppure in seguito al ricorso alla La dissezione aortica inizia in genere con una lacerazione
circolazione extracorporea). Raramente, per motivi sconosciuti, la dell’intima che, nella maggior parte dei casi di dissezione
dissezione dell’aorta o di altri rami, comprese le coronarie, si veri- spontanea, si trova nell’aorta ascendente, in genere nei 10 cm
fica durante o in seguito alla gravidanza. La dissezione è rara in al di sopra della valvola aortica (Fig. 11.20 A). Tali fissurazioni
presenza di aterosclerosi o altre cause di cicatrizzazione mediale, sono tipicamente trasverse o oblique, misurano da 1 a 5 cm
come la sifilide, probabilmente perché la fibrosi della media inibisce di lunghezza e presentano margini ben demarcati e dentellati.
la propagazione dell’ematoma dissecante. La dissezione può estendersi lungo l’aorta in direzione retro-
Patogenesi. L’ipertensione è il maggiore fattore di rischio per la grada verso il cuore, oppure distalmente, talvolta coinvol-
dissezione. L’aorta dei pazienti con ipertensione presenta ipertrofia gendo il vaso in tutta la sua lunghezza fino alle arterie iliache
della media dei vasa vasorum associata ad alterazioni degenerative e femorali. Caratteristicamente, la dissezione aortica si esten-
nella media aortica e a una perdita variabile di cellule muscolari lisce de tra gli strati laminari della parete aortica, solitamente tra
della media, il che suggerisce un possibile ruolo del danno mecca- il terzo mediale e quello esterno (Fig. 11.20 B). Spesso si
nico correlato alla pressione e/o del danno ischemico (dovuto a una rompe nell’avventizia determinando un’emorragia massiva
riduzione del flusso lungo i vasa vasorum). Un numero considere- (ad es. nella cavità addominale o toracica) o tamponamento
volmente inferiore di dissezioni è correlato a disturbi del tessuto cardiaco (emorragia nel sacco pericardico).62 In alcuni casi
connettivo ereditari o acquisiti, responsabili di alterazioni della ECM (fortunati), l’ematoma dissecante rientra nel lume dell’aorta
vascolare (ad es. sindrome di Marfan, sindrome di Ehlers-Danlos, attraverso una seconda fissurazione intimale distale, creando
carenza di vitamina C, difetti nel metabolismo del rame). Tuttavia, un nuovo canale vascolare e formando un “doppio condotto
un danno riconoscibile della tonaca media non sembra essere né un aortico” con un falso ­lume.62 In questo modo si evita un’emor-
prerequisito della dissezione né una garanzia della sua imminenza. ragia extra-aortica fatale. Nel corso del tempo, il falso lume
Indipendentemente dall’eziologia alla base della debolezza mediale, può endotelizzarsi dando luogo a dissezioni croniche.
nella maggior parte dei casi la causa scatenante della rottura intimale
e dell’emorragia intramurale non è nota. Ciononostante, una volta
che si sia formata la breccia, il flusso ematico, per effetto della pres- Caratteristiche cliniche. Il rischio e la natura delle complicanze
sione sistemica, entra nella media, facilitando la progressione della dissezione dipendono fortemente dalla/e regione/i dell’aorta
dell’ematoma mediale. Pertanto, una terapia aggressiva mirata alla interessata/e, laddove le complicanze più gravi si verificano tra la
riduzione della pressione può limitare in modo efficace l’evoluzione valvola aortica e l’arco. Di conseguenza, le dissezioni aortiche
500 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

la precoce istituzione di una terapia antipertensiva intensiva, asso-


ciate a procedure chirurgiche che prevedono la plicazione della
parete aortica, permettono di salvare dal 65 al 75% dei pazienti
colpiti.

Vasculite
Vasculite è un termine generico che indica l’infiammazione della
parete dei vasi. Le caratteristiche cliniche dei diversi tipi di vasculite
sono eterogenee e dipendono in ampia misura dal letto vascolare
interessato (ad es. sistema nervoso centrale, cuore, intestino tenue).
Oltre ai reperti riconducibili ai tessuti specifici interessati, le mani-
festazioni cliniche comprendono tipicamente segni e sintomi siste-
mici, quali febbre, mialgie, artralgie e malessere.
Teoricamente possono essere coinvolti vasi di qualsiasi organo e,
nella maggior parte dei casi, sono coinvolti i vasi di piccolo calibro,
dalle arteriole, ai capillari, fino alle venule.63 Molte vasculiti tendono
a interessare solo vasi di dimensioni particolari o determinati letti
vascolari; vi sono ad esempio condizioni vasculitiche che colpiscono
principalmente l’aorta e le arterie di medio calibro, mentre altre
colpiscono soprattutto le arteriole. Si conoscono circa 20 forme
principali di vasculite e gli schemi di classificazione tentano (con
livelli di successo variabile) di raggrupparle in base a dimensioni dei
Figura 11.21 Classificazione delle dissezioni. Il tipo A (prossimale) inte- vasi, ruolo degli immunocomplessi, presenza di autoanticorpi spe-
ressa l’aorta ascendente come parte di una dissezione più estesa (DeBakey cifici, formazione di granulomi, specificità dell’organo e persino in
I) oppure da sola (DeBakey II). Le dissezioni di tipo B (distali o DeBakey III) base ai dati demografici della popolazione. Pur essendo soggetta a
si verificano oltre il punto di partenza dei grandi vasi. Le complicanze gravi
avvengono principalmente nelle dissezioni di tipo A. un’evoluzione continua,64 la cosiddetta nomenclatura di Chapel Hill
rimane l’approccio più diffusamente accettato per l’organizzazione di
questo svariato gruppo di entità patologiche65 (Tab. 11.4 e Fig. 11.22).
­vengono generalmente classificate in due tipi (Fig. 11.21), che pren- Come vedremo, tra molte di esse esiste un’enorme sovrapposizione
dono il nome dal Dr. Michael DeBakey, un pioniere nel campo della clinica e patologica.
chirurgia vascolare. I due meccanismi principali responsabili delle vasculiti sono
l’infiammazione immuno-mediata e l’invasione diretta della parete
Le lesioni prossimali più comuni e pericolose (denominate disse- vascolare da parte di agenti infettivi. Prevedibilmente, una vasculite
zioni di tipo A), interessano l’aorta ascendente e discendente, non infettiva può essere indotta indirettamente da un’infezione, ad
oppure solo l’aorta ascendente (tipi I e II secondo la classifica- esempio, mediante la generazione di immunocomplessi o in seguito
zione di DeBakey). a fenomeni di reattività crociata (cross-reattività). In particolari casi
Le lesioni distali, che non interessano il tratto ascendente e gene- è fondamentale distinguere un meccanismo infettivo da uno immu-
ralmente iniziano distalmente all’ostio dell’arteria succlavia nologico, in quanto la terapia immunosoppressiva, sebbene indicata
­(denominate dissezioni di tipo B o di tipo III secondo la classifi- nelle vasculiti immuno-mediate, potrebbe peggiorare quelle infet-
cazione di DeBakey). tive. Altri possibili meccanismi implicati nella vasculite compren-
dono cause fisiche e chimiche come quelle da trauma meccanico,
I sintomi classici della dissezione aortica sono rappresentati tossine e radiazioni.
dall’insorgenza improvvisa di un dolore lancinante, che generalmen-
te inizia nella parte anteriore del torace, si irradia poi alla schiena, Vasculite Non Infettiva
tra le scapole, e progredisce gradualmente verso il basso a mano a
mano che la dissezione avanza. Tale dolore può essere confuso con I principali meccanismi immunologici che scatenano una vasculite
quello provocato dall’infarto miocardico. non infettiva sono: (1) la deposizione di immunocomplessi, (2) gli
La causa più comune di morte è la rottura della dissezione all’ester- anticorpi anticitoplasma dei neutrofili e (3) gli anticorpi anticellule
no nella cavità pericardica, pleurica o peritoneale. La dissezione endoteliali.
retrograda verso la radice aortica può determinare gravi alterazioni Vasculite associata a immunocomplessi. Le lesioni vascolari
architetturali dell’apparato valvolare aortico. Quindi, le più frequenti riproducono quelle riscontrate nei modelli sperimentali mediate
manifestazioni cliniche comprendono il tamponamento cardiaco, da immunocomplessi, come il fenomeno locale di Arthus e la
l’insufficienza aortica e l’infarto miocardico o l’estensione della malattia da siero (Cap. 6). Molte malattie immunologiche sistemi-
dissezione alle grandi arterie del collo o alle arterie coronarie, renali, che, come il lupus eritematoso sistemico (LES) e la poliarterite
mesenteriche o anche iliache, provocando ostruzione vascolare nodosa, si manifestano sotto forma di vasculite mediata da immu-
critica e le conseguenze ischemiche associate; la compressione delle nocomplessi. Nelle lesioni vasculitiche si riscontrano in genere
arterie spinali può causare delle mieliti trasverse. anticorpi e fattori del complemento, anche se non è in genere
In passato, la dissezione aortica aveva solitamente un esito fatale, possibile determinare la natura degli antigeni responsabili della
ma la prognosi è oggi nettamente migliorata. La rapida diagnosi e loro deposizione. Si possono inoltre osservare complessi antigene
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 501

Tabella 11.4 Classificazione e caratteristiche di specifiche vasculiti immuno-mediate


*
Tipo di vasculite Esempi Descrizione
vasculiti dei grandi vasi Arterite a cellule giganti (temporale) Infiammazione granulomatosa, interessa
frequentemente l’arteria temporale. In genere
Aorta e sue diramazioni maggiori: colpisce pazienti di età superiore ai 50 anni
estremità, testa e collo e si associa a polimialgia reumatica.
Arterite di Takayasu Infiammazione granulomatosa che si verifica in
genere in pazienti di età inferiore ai 50 anni.
vasculiti dei vasi di medie dimensioni Poliarterite nodosa Infiammazione necrotizzante che in genere
interessa le arterie renali, risparmiando
i vasi polmonari.
Arterie viscerali principali e loro rami Malattia di Kawasaki Arterite con sindrome linfonodale mucocutanea,
si osserva in genere nei bambini. Possono
essere coinvolte le arterie coronarie con
formazione di aneurismi e/o trombosi.
vasculiti dei piccoli vasi Granulomatosi di Wegener Infiammazione granulomatosa che interessa
l’apparato respiratorio e vasculite
Arteriole, venule, capillari e necrotizzante dei vasi di piccolo calibro,
occasionalmente piccole arterie compresi i vasi glomerulari. È associata
a PR3-ANCA.
Sindrome di Churg-Strauss Infiammazione ricca di eosinofili e
granulomatosa del sistema respiratorio
e vasculite necrotizzante dei vasi di piccole
dimensioni. È associata ad asma
ed eosinofilia periferica. È associata
a MPO-ANCA.
Poliangioite microscopica Vasculite dei piccoli vasi necrotizzante con
scarsi o assenti depositi immuni; può essere
presente arterite delle piccole e medie arterie.
La glomerulonefrite necrotizzante e la
capillarite polmonare sono comuni.
È associata a MPO-ANCA.
MPO-ANCA, anticorpi anticitoplasma dei neutrofili diretti contro la mieloperossidasi (p-ANCA); PR3-ANCA, anticorpi anticitoplasma dei neutrofili diretti
contro la proteinasi 3 (c-ANCA).
*Occorre sottolineare che alcune vasculiti dei vasi di piccole e grandi dimensioni possono interessare le arterie di medie dimensioni, mentre le vasculiti
dei vasi di grande e medio calibro non coinvolgono mai vasi più piccoli delle arterie.
Modificata da Jennette JC et al: Nomenclature of systemic vasculitides: the proposal of an international consensus conference. Arthritis Rheum 37:187, 1994.

anticorpo in circolo (ad es. immunocomplessi DNA-anti-DNA In molti casi di vasculite associata a immunocomplessi non è chiaro
nelle vasculiti associate a LES [Cap. 6]), ma la sensibilità e la spe- se i complessi antigene-anticorpo si formino altrove e poi si depositino
cificità dei test per gli immunocomplessi in circolo per tali malattie in un dato letto vascolare o se invece si formino in situ in seguito alla
sono basse. Inoltre, gli immunocomplessi sono implicati nei se- disseminazione dell’antigene nella parete del vaso e al legame dell’an-
guenti tipi di vasculite: ticorpo (Cap. 6). Inoltre, poiché in molti casi in cui si sospetta una
vasculite di questo tipo, i depositi di complessi antigene-anticorpo
La deposizione di immunocomplessi è alla base della vasculite sono scarsi, è possibile che, al momento della diagnosi, gli immuno-
associata all’ipersensibilità ai farmaci. Alcuni, come la penicil- complessi siano stati in ampia misura eliminati o che in questi casi
lina, coniugano le sieroproteine; altri, come la streptochinasi, “pauci-immunitari” entrino in gioco anche altri meccanismi.
funzionano essi stessi da antigeni. In entrambi i casi, gli anti- Anticorpi anticitoplasma dei neutrofili. In molti pazienti con
corpi diretti contro le proteine modificate dal farmaco o le vasculite è possibile rilevare anticorpi circolanti che reagiscono con
molecole estranee portano alla formazione di immunocomples- antigeni citoplasmatici dei neutrofili, i cosiddetti anticorpi anticitopla-
si. Le manifestazioni si riscontrano più frequentemente a livello sma dei neutrofili (AntiNeutrophil Cytoplasmatic Antibodies, ANCA).
della cute (si veda oltre) e variano molto, andando da forme Gli ANCA sono un gruppo eterogeneo di autoanticorpi diretti contro
lievi e autolimitantesi a quelle severe e fatali. L’identificazione costituenti (principalmente enzimi) dei granuli ­primari dei neutrofili,
di una vasculite associata all’ipersensibilità ai farmaci è impor- dei lisosomi dei monociti e delle cellule endoteliali. In precedenza
tante, in quanto la sospensione del farmaco porta in genere alla venivano classificati in base alla loro distribuzione intracellulare, cito-
risoluzione. plasmatica (c-ANCA) o perinucleare (p-ANCA); ora invece vengono
In caso di vasculite secondaria a infezioni virali, gli anticorpi più comunemente suddivisi in base ai loro antigeni bersaglio:
contro le proteine virali formano immunocomplessi che si pos-
sono ritrovare nel siero e nelle lesioni vascolari. Circa il 30% dei Anti-mieloperossidasi (MPO-ANCA): la MPO è un costituente
pazienti con poliarterite nodosa (si veda oltre) presenta infatti dei granuli lisosomiali normalmente implicato nella produzione
un’infezione da epatite B sottostante che provoca una vasculite di radicali liberi dell’ossigeno (Cap. 2). Gli MPO-ANCA possono
attribuibile a complessi formati da antigene di superficie del virus essere indotti da numerosi agenti terapeutici, in particolare il
dell’epatite B (HBsAg) e anticorpo anti-HbsAg. propiltiouracile. Essi sono stati definiti p-ANCA.
502 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

Figura 11.22 Rappresentazione schematica dei siti vascolari tipici interessati nelle forme di vasculite più comuni, nonché delle presunte eziologie. Si
noti che vi è una sovrapposizione sostanziale tra le distribuzioni. ANCA, anticorpi anticitoplasma dei neutrofili; LES, lupus eritematoso sistemico. (Modificata
da Jennette JC, Falk RJ: Nosology of primary vasculitis. Curr Opin Rheumatol 19:10, 2007)

Anti-proteinasi-3 (PR3-ANCA): anche la PR3 è un costituente Infezioni, l’esposizione a endotossine o altri stimoli infiammatori
dei granuli azzurrofili dei neutrofili. Il fatto che mostri omologia stimolano il rilascio di citochine, come il TNF, che inducono
con numerosi peptidi microbici può spiegare il modo in cui i l’espressione superficiale di PR3 e di MPO da parte di neutrofili
PR3-ANCA si sviluppano.66 Essi sono stati definiti c-ANCA. e altre cellule.
Gli ANCA reagiscono con queste cellule attivate dalle citochine
Benché non del tutto specifici, i PR3-ANCA sono tipici del- e possono causare un danno diretto (ad es. alle cellule endoteliali)
la granulomatosi di Wegener, mentre gli MPO-ANCA sono carat- oppure indurre un’ulteriore attivazione (ad es. nei neutrofili).
teristici della poliangite microscopica e della sindrome di I neutrofili attivati dagli ANCA si degranulano e, attraverso il
­Churg-Strauss (si veda oltre). Anche le variabili razziali e geogra- rilascio di specie reattive dell’ossigeno, causano un danno tossico
fiche influenzano l’associazione di determinati ANCA a entità endoteliale e altri tipi di danno tissutale.
patologiche.
Gli ANCA vengono usati come indici diagnostici nelle vasculiti È interessante il fatto che ANCA diretti contro costituenti diversi
a essi associate e i loro titoli possono riflettere il grado di flogosi. I dalla PR3 e dalla MPO si riscontrano in molte altre patologie in-
titoli di ANCA aumentano anche in caso di malattia recidivante e fiammatorie non vasculitiche come le malattie infiammatorie inte-
risultano quindi utili nella gestione clinica. La stretta correlazione stinali, la colangite sclerosante primitiva e l’artrite reumatoide.
tra i titoli di ANCA e l’attività della malattia suggerisce un loro ruolo Anticorpi anticellule endoteliali. Gli anticorpi anticellule endo-
nella patogenesi. Sebbene i meccanismi precisi siano sconosciuti, teliali possono predisporre a determinate forme di vasculite, come
gli ANCA possono attivare direttamente i neutrofili e quindi la malattia di Kawasaki69,70 (si veda oltre).
­stimolarli a rilasciare specie reattive dell’ossigeno ed enzimi proteo­ Descriveremo ora in breve alcune delle vasculiti meglio caratte-
litici; all’interno del sistema vascolare, ciò provoca anche interazio- rizzate, ponendo ulteriormente l’accento sul fatto che esiste un grado
ni tra cellule endoteliali e neutrofili con conseguenti danni alle considerevole di sovrapposizione tra le diverse entità. Va inoltre
cellule endoteliali.67 Inoltre, poiché gli antigeni bersaglio degli ricordato che alcuni pazienti affetti da vasculite non presentano una
­ANCA ­sono principalmente intracellulari ci si aspetterebbe che non costellazione di reperti classica che consenta di classificarli chiara-
­f ossero accessibili agli anticorpi circolanti, eppure vi sono mente in base a una diagnosi specifica.
­numerose ­evidenze che confermano che gli antigeni ANCA (in
­particolare PR3) sono presenti a bassi livelli della membrana pla- Arterite A Cellule Giganti (Temporale)
smatica o ­sono traslocati alla superficie cellulare in neutrofili attivati
e apoptotici.66,68 L’arterite a cellule giganti (temporale), la forma più comune di vasculite
Un meccanismo che può spiegare in modo plausibile le vasculiti nei soggetti anziani negli Stati Uniti e in Europa, consiste in un’in-
ANCA-associate è il seguente:66,68 fiammazione cronica, spesso granulomatosa, delle arterie dalle piccole
alle grandi. Le arterie principalmente colpite sono quelle craniche
Gli ANCA sono indotti da farmaci o da antigeni microbici cross- (in particolar modo quelle temporali), ma sono interessate anche la
reattivi; in alternativa, la loro formazione in ospiti sensibili è fa- vertebrale e l’oftalmica.71 Poiché il coinvolgimento dell’arteria oftal-
vorita dall’espressione o dal rilascio superficiale di PR3 e di MPO mica può provocare cecità permanente, l’arterite a cellule giganti
da parte dei neutrofili (ad es. in corso di infezione). rappresenta un’emergenza medica che richiede l’identificazione e il
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 503

Figura 11.23 Arterite a cellule giganti (temporale). A. Colorazione ematossilina eosina di una sezione di arteria temporale che mostra le cellule giganti
nella sede in cui la lamina elastica interna è degenerata, nella fase attiva (freccia). B. La colorazione del tessuto elastico mostra la distruzione focale della
lamina elastica interna (freccia) e l’ispessimento intimale (IT) caratteristici dell’arterite in fase avanzata o di guarigione. C. Esame dell’arteria temporale di
un paziente con arterite a cellule giganti, che mostra un segmento ispessito, nodulare e teso del vaso sulla superficie del capo (freccia). (C. Da Salvarani
C et al: Polymyalgia rheumatica and giant-cell arteritis. N Engl J Med 347:261, 2002)

trattamento immediati. Le lesioni si possono verificare anche in altre Caratteristiche cliniche. L’arterite temporale è rara prima dei 50
arterie, compresa l’aorta (aortite gigantocellulare). anni. I sintomi possono essere vaghi e sistemici – febbre, astenia,
Patogenesi. La causa dell’arterite a cellule giganti rimane difficile perdita di peso – o includere dolore facciale o cefalea, più intensi
da definire, anche se la gran parte delle evidenze è a favore di un’ini- lungo il decorso dell’arteria temporale superficiale, che può presen-
ziale risposta immunitaria mediata dalle cellule T contro un antigene tarsi dolorabile alla palpazione. I sintomi oculari (associati al coin-
sconosciuto, possibilmente della parete vascolare. È probabile un volgimento dell’arteria oftalmica) si presentano improvvisamente in
coinvolgimento delle citochine proinfiammatorie (in particolare del circa il 50% dei pazienti e vanno dalla diplopia alla completa perdita
TNF) e di risposte immuni umorali anticellule endoteliali.72 L’ipotesi della vista. La diagnosi si basa sulla biopsia e la conferma istologica,
di un’eziologia immunitaria è supportata dalla caratteristica reazione ma a causa della natura estremamente segmentaria dell’arterite a
granulomatosa, da una correlazione con determinati aplotipi HLA cellule giganti, può essere necessario un prelievo di 2-3 cm di arteria;
di classe II e da una risposta terapeutica agli steroidi. È ancora sco- la negatività della biopsia non esclude la malattia. Il trattamento con
nosciuto il motivo della straordinaria predilezione verso un singolo corticosteroidi è in genere efficace e la terapia anti-TNF sembra avere
vaso (arteria temporale). risultati promettenti nei casi refrattari.71

Arterite Di Takayasu
Morfologia I segmenti arteriosi colpiti sviluppano ispessi-
mento intimale nodulare (con occasionali trombosi) che Si tratta di una vasculite granulomatosa delle medie e grandi arterie,
­riduce il diametro del lume. Le classiche lesioni sono caratte- caratterizzata principalmente da disturbi oculari e marcato indebo-
rizzate da un’infiammazione granulomatosa della media che limento dei polsi delle estremità superiori (da qui la denominazione,
porta alla frammentazione della lamina elastica; è ­presente malattia senza polso). L’arterite di Takayasu si manifesta con ispes-
anche un infiltrato di cellule T (CD4+  CD8+) e macrofagi. In simento fibroso transmurale dell’aorta – in particolare dell’arco
oltre il 75% dei campioni bioptici si riscontrano cellule giganti aortico e dei grandi vasi – e grave restringimento luminale delle
multinucleate (Fig. 11.23). Alle volte, i granulomi e le cellule diramazioni vascolari maggiori (Fig. 11.24). Le lesioni aortiche con-
giganti sono rari o assenti, e le lesioni mostrano solo una dividono diverse caratteristiche con l’aortite gigantocellulare, tra cui
panarterite aspecifica con un infiltrato ­infiammatorio compo- caratteristiche cliniche e istologia, e la distinzione viene in genere
sto principalmente da linfociti e ­macrofagi. Le lesioni infiam- eseguita solamente sulla base dell’età del paziente: i soggetti di oltre
matorie non sono distribuite in modo continuo lungo il vaso 50 anni presenteranno aortite gigantocellulare, mentre i soggetti al
e possono essere intervallate da lunghi segmenti normali. La di sotto dei 50 anni presenteranno aortite di Takayasu.64 Anche se è
fase di guarigione è caratterizzata da cicatrizzazione nella stata tradizionalmente associata alla popolazione giapponese e a un
tonaca media e ispessimento intimale, in genere con fram- sottotipo degli aplotipi HLA, l’aortite di Takayasu è globalmente
mentazione del tessuto elastico residuo. diffusa. La causa e la patogenesi sono sconosciute, ma si sospetta il
coinvolgimento di meccanismi immunitari.71,72
504 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

Figura 11.24 Arterite di Takayasu. A. Arteriografia dell’arco aortico che


mostra il restringimento delle arterie brachiocefalica, carotide e succlavia
(frecce). B. Due sezioni trasverse macroscopiche dell’arteria carotide destra,
prelevata durante l’autopsia del paziente il cui angiogramma è raffigurato
in A, che mostrano il marcato ispessimento intimale e il filiforme lume
residuo. C. Preparato istologico di un’aortite di Takayasu in fase attiva, che
mostra la distruzione della tonaca media da parte dell’infiltrato mononuclea­
to ricco di cellule giganti (frecce).

Caratteristiche cliniche. I sintomi iniziali sono in genere aspecifici


e comprendono astenia, calo ponderale e febbre. Con la progressione
della patologia, compaiono i sintomi vascolari, che dominano il qua-
dro clinico e comprendono: l’ indebolimento dei polsi e della pressione
alle estremità superiori; disturbi visivi, quali una diminuzione della
acuità visiva, emorragie retiniche e cecità totale; e deficit neurologici.
Un interessamento dell’aorta più distale può comportare una claudi-
catio degli arti inferiori; quello dell’arteria polmonare un’ipertensione
polmonare. Il restringimento degli osti coronarici può provocare
infarto miocardico, mentre il coinvolgimento delle arterie renali causa
ipertensione sistemica in circa la metà dei pazienti. Il decorso della
­malattia è variabile. In alcuni pazienti vi è una progressione rapida,
mentre in altri, dopo 1-2 anni, si raggiunge uno stato di quiescenza
che consente una sopravvivenza a lungo termine sebbene associata,
in alcuni casi, a deficit visivi o neurologici.

Poliarterite Nodosa
La poliarterite nodosa (PAN) è una vasculite sistemica delle arterie
muscolari di piccolo o medio calibro (ma non delle arteriole, dei ca-
pillari o delle venule), che colpisce in modo caratteristico i vasi renali
e viscerali, risparmiando quelli polmonari. Sebbene non vi sia alcuna
associazione con gli ANCA, circa il 30% dei pazienti affetti da PAN
presenta epatite B cronica con complessi HBsAg-HbsAb nei vasi
colpiti, il che suggerisce, in tale sottogruppo, un’eziologia mediata
da immunocomplessi (Cap. 6). La causa rimane tuttavia sconosciuta
nella maggior parte dei casi. Possono esistere differenze eziologiche
e cliniche importanti tra la PAN idiopatica classica, le forme cutanee
di PAN e la PAN associata all’epatite cronica.73,74 Il quadro clinico
dipende dal danno ischemico o necrotico nei tessuti e negli organi
affetti.73
Morfologia La sede classica è l’arco aortico, ma in un terzo
dei casi possono essere colpiti anche gli altri tratti dell’arteria
e le sue ramificazioni. Nella metà dei casi colpisce l’arteria Morfologia La PAN classica è caratterizzata da infiamma-
polmonare e possono essere allo stesso modo colpite anche zione segmentale, necrotizzante e transmurale delle arterie
le arterie coronarie e renali. Vi è un ispessimento irregola- di piccolo e medio calibro e interessa, in ordine di frequenza
re della parete dei vasi con iperplasia intimale; quando è decrescente, i vasi di rene, cuore, fegato e tratto gastrointe-
­interessato l’arco aortico, i lumi dei grandi vasi possono es- stinale. Le lesioni possono coinvolgere solo una parte della
sere marcatamente stenotici o occlusi dall’ispessimento inti- circonferenza del vaso e hanno un marcato tropismo per i
male (Fig. 11.24 A e B). La stenosi spiega l’indebolimento dei punti di ramificazione. Il processo infiammatorio indebolisce
polsi periferici. Le modificazioni ­istologiche vanno dall’infil- le pareti arteriose e può provocare aneurismi o, persino,
trato mononucleato avventiziale soprattutto intorno ai vasa rottura. La perfusione insufficiente che porta a ulcerazioni,
vasorum, all’intenso infiltrato infiammatorio della media sino infarti e atrofia ischemica o emorragie nelle sedi dei vasi
all’infiammazione granulomatosa ricca di cellule giganti e di colpiti può essere il primo segno della patologia.
necrosi a chiazze della media. Durante la fase acuta si riscontra infiammazione transmurale
L’aspetto istologico (Fig. 11.24 C) è indistinguibile da quello della parete arteriosa con un infiltrato composto da neutrofili,
dell’arterite a cellule giganti (temporale). Con il progredire eosinofili e cellule mononucleate, spesso accompagnato da
della malattia, si verifica una cicatrizzazione collagena, con necrosi fibrinoide (Fig. 11.25). Può verificarsi trombosi lumina-
infiltrati infiammatori cronici, in tutti e tre gli strati della pa- le. In seguito, l’infiltrato infiammatorio acuto viene sostituito
rete vasale. Alle volte, il coinvolgimento della radice aortica da un ispessimento fibroso della parete del vaso (alle volte
provoca insufficienza aortica. nodulare) che può estendersi sino ­all’avventizia. Una caratte-
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 505

corrente è che diversi agenti infettivi (più probabilmente virali) possano


innescare la malattia in persone geneticamente predisposte.69,70

Morfologia Come nel caso della poliarterite nodosa, le le-


sioni sono caratterizzate da necrosi e infiammazione massiva
che interessa a tutto spessore la parete vasale; la necrosi
fibrinoide, tuttavia, è solitamente meno evidente. Sebbene
la vasculite acuta si risolva spontaneamente o in seguito al
trattamento, può essere complicata dalla formazione di aneu-
rismi e trombosi. Come nelle altre arteriti le lesioni, andando
incontro a ­guarigione, possono esitare in un ispessimento
intimale ostruente. Le alterazioni patologiche non cardiova-
scolari sono raramente significative.

Figura 11.25 Poliarterite nodosa. Vi è una necrosi fibrinoide segmentale


con occlusione trombotica del lume di questa piccola arteria. Si noti che Caratteristiche cliniche. La malattia di Kawasaki è nota anche
parte della parete vascolare, in alto a destra (freccia) è intatta. (Per gentile come sindrome linfonodale mucocutanea, in quanto si manifesta
concessione di Sidney Murphree, M.D., Department of Pathology, Univer- con eritema congiuntivale o orale, edema delle mani e dei piedi,
sity of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
eritema palmo-plantare, rash cutaneo con desquamazione e ingros-
samento dei linfonodi cervicali. Il 20% circa dei pazienti non trattati
sviluppa complicanze cardiovascolari di grado variabile, dall’arterite
ristica è che tutti gli stadi di attività (da quelli precoci a quelli asintomatica delle coronarie alla loro dilatazione fino alla formazio-
tardivi) coesistono in diversi distretti vascolari o anche nello ne di voluminosi aneurismi coronarici (7-8 mm) con rischio di
stesso vaso, suggerendo insulti ricorrenti e continui. rottura o trombosi, infarto miocardico e morte improvvisa. Con
l’impiego dell’aspirina e delle immunoglobuline per via endovenosa,
il tasso di arteropatia coronarica è diminuito fino al 4%.69,70
Caratteristiche cliniche. Pur essendo una malattia caratteristica
dei giovani adulti, la PAN può colpire anche i bambini e i soggetti più Poliangioite Microscopica
anziani. Il decorso può essere acuto, subacuto o cronico, ed è frequen-
temente intermittente con lunghi periodi di remissione. A causa dell’in- Si tratta di una vasculite necrotizzante che colpisce in genere le arteriole,
teressamento vascolare diffuso, i segni e i sintomi clinici della PAN i capillari e le venule di dimensioni più piccole di quelli coinvolti nella
possono essere vari, di difficile interpretazione e non sempre ricondu- poliarterite nodosa. Raramente vengono colpite le arterie più grosse.
cibili a un’origine vascolare. Le manifestazioni più comuni sono È denominata anche vasculite da ipersensibilità o vasculite leucocito-
­malessere generale, febbre e perdita di peso; ipertensione, in genere clasica. A differenza di quanto accade nella poliarterite nodosa, tutte
rapidamente progressiva dovuta al coinvolgimento renale; dolore ad- le lesioni tendono a essere allo stesso stadio evolutivo. Possono essere
dominale e melena (feci ematiche) dovuta a lesioni vascolari nel tratto coinvolti cute, mucose, polmone, encefalo, cuore, tratto gastrointesti-
gastrointestinale; diffusa dolenzia o dolore muscolare; neurite perife- nale, reni e muscoli; la glomerulonefrite necrotizzante (90% dei pazien-
rica. Il coinvolgimento dell’arteria renale è spesso il più evidente ed è ti) e la capillarite polmonare sono particolarmente comuni. Diffuse
la maggiore causa di morte. Se non trattata, la malattia porta a morte lesioni vascolari da ipersensibilità possono comparire in diverse altre
nella maggior parte dei casi, per un attacco fulminante acuto o un sindromi, quali la sindrome di Schönlein-Henoch, la crioglobulinemia
decorso più protratto. La terapia con corticosteroidi e ciclofosfamide mista essenziale e le vasculiti associate a malattie del connettivo.66,75
consente, tuttavia, la guarigione o la remissione nel 90% dei casi. Patogenesi. In alcuni casi, la causa può essere rappresentata da
una risposta anticorpale ad antigeni quali farmaci (ad es. penicilli-
na), microrganismi (ad es. streptococchi), proteine eterologhe o
Malattia Di Kawasaki
proteine tumorali. Tale risposta può determinare la deposizione di
Principale causa di cardiopatia acquisita nei bambini, la malattia di immunocomplessi o può scatenare risposte immunitarie secondarie
Kawasaki, è una malattia febbrile, solitamente autolimitantesi, che ri- (ad es. sviluppo di p-ANCA) che possono alla fine essere patogene-
guarda bambini e lattanti (l’80% dei soggetti colpiti è di età inferiore tiche. La maggior parte delle lesioni sono tuttavia pauci-immunitarie
ai 4 anni) ed è associata a un’arterite che interessa i vasi di grandi, medie (prive di immunocomplessi) e gli MPO-ANCA possono essere
e piccole dimensioni. La rilevanza clinica dipende principalmente da causalmente implicati.68 Il reclutamento e l’attivazione dei neutrofili
una predilezione per le arterie coronarie: l’arterite coronarica può infatti in un determinato letto vascolare possono essere responsabili delle
causare aneurismi che si rompono o trombizzano, provocando infarti manifestazioni della malattia.
miocardici acuti. Inizialmente descritta in Giappone, la patologia è ora
in aumento anche negli Stati Uniti e in altri Paesi. Sebbene l’eziologia
sia incerta, si pensa che la vasculite sia il risultato di una reazione ri- Morfologia La poliangiote microscopica è caratterizzata da
tardata da ipersensibilità delle cellule T a un antigene ancora non ca- necrosi fibrinoide segmentale della media con lesioni
ratterizzato, che provoca la produzione di citochine e l’attivazione dei ­necrotizzanti transmurali. Non è presente infiammazione
macrofagi e si accompagna all’attivazione policlonale di cellule B. Ciò granulomatosa. Da un punto di vista morfologico, le lesioni
porta alla formazione di autoanticorpi diretti contro le cellule endote- assomigliano a quelle della poliarterite nodosa, ma
liali e le cellule muscolari lisce con conseguente vasculite acuta. L’ipotesi
506 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

Figura 11.26 Forme esemplificative di vasculiti dei piccoli vasi ANCA-associate. A. Vasculite leucocitoclasica (poliangioite microscopica) con
­frammentazione dei neutrofili nelle pareti dei vasi e intorno a esse. B e C. Granulomatosi di Wegener. B. Vasculite di una piccola arteria nel contesto di
un’infiammazione granulomatosa, nella quale sono presenti cellule giganti ed epitelioidi (frecce). C. Aspetto macroscopico di un polmone affetto da gra-
nulomatosi di Wegener fatale, che mostra le grosse lesioni nodulari con cavitazione centrale. (A. Per gentile concessione di Scott Granter, M.D., Brigham
and Women’s Hospital, Boston, MA. C. Per gentile concessione di Sidney Murphree, M.D., Department of Pathology, University of Texas Southwestern
Medical School, Dallas, TX)

segmentale) costituiscono le principali associazioni. Gli infiltrati


r­ isparmiano in genere le arterie di grande e medio calibro; miocardici di eosinofili e la citotossicità da essi provocata sono impli-
gli infarti macroscopici sono pertanto rari. In alcune aree (in cati nella cardiomiopatia riscontrata nella sindrome di Churg-Strauss;
genere nelle venule postcapillari) si osservano solo neutrofili il coinvolgimento del cuore, riscontrabile in circa il 60% dei pazienti,
che tendono a infiltrarsi e a frammentarsi, da cui ha origine è la causa di quasi la metà delle morti dovute alla sindrome.77 Benché
il termine vasculite leucocitoclasica (Fig. 11.26 A). Sebbene l’eziologia sia ancora ignota, è stato suggerito che la malattia possa
nelle lesioni cutanee precoci si possano riscontrare immu- derivare da un’iperreattività a uno stimolo allergico che negli asmatici
noglobuline e componenti del complemento, nella maggior può essere scatenata da antagonisti del recettore del leucotriene.78
parte di esse si osservano solo quantità piccole o nulle di
immunoglobuline (cosiddette lesioni pauci-immunitarie).
Granulomatosi Di Wegener
La granulomatosi di Wegener è una vasculite necrotizzante caratte-
Caratteristiche cliniche. A seconda del letto vascolare coinvolto, rizzata dalla triade:
le caratteristiche cliniche principali comprendono emottisi, ­ematuria,
proteinuria, dolore o sanguinamento intestinale, dolore o debolezza Granulomi necrotizzanti acuti delle vie respiratorie alte (orecchio,
muscolare e porpora palpabile della pelle. Con l’eccezione di coloro naso, seni paranasali, gola) o basse (polmone), o entrambe
che sviluppano lesioni renali o cerebrali, l’immunosoppressione con Vasculite necrotizzante o granulomatosa che colpisce i vasi di
ciclofosfamide e steroidi induce la remissione e consente un signifi- piccole e medie dimensioni (ad es. capillari, venule, arteriole e
cativo miglioramento della sopravvivenza a lungo termine.76 arterie), prevalentemente nel polmone e nelle alte vie respiratorie
ma anche di altre sedi
Malattie renali sotto forma di glomerulonefriti necrotizzanti, focali
Sindrome Di Churg-Strauss
e spesso a semilune.
La sindrome di Churg-Strauss (chiamata anche granulomatosi e an-
gioite allergica) è una vasculite necrotizzante dei vasi di piccole dimen- Esistono forme di granulomatosi di Wegener “limitate” che pos-
sioni relativamente rara (circa un caso su un milione) e classicamente sono essere circoscritte al tratto respiratorio. Al contrario, la forma
associata ad asma, rinite allergica, infiltrati polmonari, ipereosinofilia diffusa può colpire gli occhi, la cute e altri organi, in particolare il
periferica e granulomi necrotizzanti extravascolari. Le lesioni vascolari cuore, e il quadro clinico è simile a quello della poliarterite nodosa
possono essere istologicamente simili a quelle della poliarterite nodosa con in più l’interessamento respiratorio.
o della poliangioite microscopica, ma sono tipicamente accompagnate Patogenesi. La granulomatosi di Wegener rappresenta probabil-
da granulomi ed eosinofili.77 Gli ANCA (per la maggior parte MPO- mente una forma di reazione di ipersensibilità mediata dalle cellule
ANCA) sono presenti in meno della metà dei casi e aumentano la T, forse conseguente all’inalazione di agenti infettivi o di altri fattori
possibilità che vi siano diversi sottogruppi di pazienti con la sindrome. ambientali. Tale ipotesi è supportata dalla presenza di granulomi e
Quando presenti, tuttavia, gli ANCA sono probabilmente responsabili dalla drastica risposta alla terapia immunosoppressiva. I PR3-
delle manifestazioni vascolari della malattia. L’interessamento cutaneo ANCA, presenti nel 95% dei casi, sono buoni indicatori del grado
(porpora palpabile), il sanguinamento del tratto gastrointestinale e la di attività della malattia e possono prendere parte alla patogenesi
nefropatia (principalmente sotto forma di glomerulosclerosi focale della malattia. L’aumento del titolo anticorpale di PR3-ANCA dopo
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 507

la terapia immunosoppressiva è un indice di riattivazione della predisposizione genetica è suggerita da un’alta prevalenza in deter-
malattia. Nella maggior parte dei pazienti in fase di remissione, il minati gruppi etnici (isrealiani, indiani del ­subcontinente, giappo-
loro titolo si riduce o si negativizza.79 nesi) e da un’associazione con certi aplotipi HLA.81

Morfologia Le lesioni del tratto respiratorio superiore vanno Morfologia La tromboangioite obliterante è caratterizzata
dalla sinusite infiammatoria con granulomi della mucosa a da una vasculite acuta o cronica, nettamente segmentale,
lesioni ulcerative del naso, del palato o della faringe, circon- delle arterie di medio e piccolo calibro, in particolare degli
date da granulomi con necrosi centrale a carta geografica arti. Microscopicamente, si riscontra infiammazione acuta e
accompagnati da vasculite (Fig. 11.26 B). I granulomi cronica, accompagnata da trombosi del lume. Tipicamente,
­necrotizzanti sono circondati da una zona di proliferazione il trombo contiene piccoli microascessi composti da neutrofili
fibroblastica con cellule giganti e infiltrato leucocitario, che circondati da un processo infiammatorio granulomatoso
ricorda un’infezione da batteri o da miceti. I granulomi mul- (Fig. 11.27) e, in ultimo, può organizzarsi e andare incontro a
tipli possono fondersi dando luogo a un aspetto radiografico ­ricanalizzazione. Il processo infiammatorio si estende alle
di noduli che possono andare incontro a cavitazione. Le fasi vene e ai nervi che decorrono contigui (fenomeno raro nelle
tardive della malattia possono essere caratterizzate da un altre forme di vasculiti), cosicché nel tempo le tre struttu-
coinvolgimento massivo del parenchima da parte di granu- re vengono incapsulate all’interno di tessuto fibroso.
lomi necrotizzanti (Fig. 11.26 C); può essere prevalente
un’emorragia alveolare. Le lesioni possono andare infine
incontro a progressiva fibrosi e organizzazione. Caratteristiche cliniche. Le prime manifestazioni sono rappresen-
È possibile osservare uno spettro di lesioni renali (Cap. 20). tate da una flebite nodulare superficiale, sensibilità al freddo del tipo
Nelle fasi precoci della malattia, si osserva solo necrosi focale di Raynaud (si veda oltre) nelle mani e dolore al dorso del piede in
dei glomeruli, con trombosi di anse capillari glomerulari isolate seguito a esercizio fisico (la cosiddetta claudicatio intermittens). Con-
(glomerulonefrite focale necrotizzante). Vi è una minima pro- trariamente all’insufficienza causata dall’aterosclerosi, nel morbo di
liferazione di cellule parietali nella capsula di Bowman. Le le- Buerger il dolore tende a essere intenso, anche a riposo, ed è indubbia-
sioni glomerulari più avanzate sono caratterizzate da una ne- mente associato al coinvolgimento neurale. Possono comparire ulcere
crosi diffusa e da proliferazione di cellule parietali con succes- croniche a carico delle dita dei piedi o delle mani a cui può seguire, nel
siva formazione di semilune (glomerulonefrite a semilune). corso del tempo, la gangrena franca. La cessazione del fumo di sigaretta,
già negli stadi precoci della malattia, spesso previene le recidive.

Caratteristiche cliniche. I maschi sono colpiti più frequente- Vasculite Associata Ad Altre Malattie
mente delle femmine, a un’età media di circa 40 anni. Le caratteri-
stiche classiche comprendono una polmonite persistente con Vasculiti con l’aspetto dell’angioite da ipersensibilità o della poliar-
­infiltrati nodulari bilaterali, che spesso vanno incontro a cavitazione terite nodosa classica possono presentarsi talvolta associate ad altre
(95%), sinusite cronica (90%), ulcerazioni mucose del rinofaringe patologie quali l’artrite reumatoide, il LES, tumori o malattie siste-
(75%) e sintomi renali (80%). Altre manifestazioni cliniche sono miche quali la crioglobulinemia mista, la sindrome da anticorpi
le eruzioni cutanee, dolore muscolare, coinvolgimento articolare, antifosfolipidi e la porpora di Schönlein-Henoch. La vasculite
mono- o polinevriti e febbre. Senza alcuna terapia, la malattia è in ­reumatoide colpisce prevalentemente i pazienti con un’artrite reu-
genere rapidamente fatale, con l’80% dei pazienti che muore entro matoide di lunga data e, di solito, interessa le arterie di piccolo e
un anno. Il trattamento con steroidi, ciclofosfamide e, più di recente, medio calibro. Può provocare infarti viscerali e, alle volte, aortiti
con antagonisti del TNF hanno trasformato la granulomatosi di clinicamente significative. L’identificazione della patologia sotto-
Wegener in una malattia cronica con remissioni e recidive.80

Tromboangioite Obliterante
(Morbo Di Buerger)
La tromboangioite obliterante (morbo di Buerger), una caratteristica
malattia che spesso è responsabile di insufficienza vascolare, è ca-
ratterizzata da un processo infiammatorio, acuto o cronico, a distri-
buzione segmentale e a evoluzione trombosante, a carico delle arterie
di piccolo e medio calibro, in particolare delle tibiali e delle radiali,
che si estende talora alle vene e ai nervi delle estremità. Il morbo di
Buerger è una condizione che si riscontra quasi esclusivamente nei
forti fumatori e, in genere, prima dei 35 anni di età.
Patogenesi. Si ritiene che la forte correlazione con il fumo di si-
garetta sia dovuta a un danno tossico diretto delle cellule endoteliali
da parte di alcuni componenti del tabacco o a una risposta immune
idiosincrasica agli stessi agenti. La maggior parte dei pazienti ­presenta
un’ipersensibilità all’iniezione intradermica di estratti del tabacco e Figura 11.27 Tromboangioite obliterante (morbo di Buerger). Il lume è
una compromissione della vasodilatazione endotelio-­dipendente in occluso da un trombo contente ascessi (freccia) e la parete vasale è infiltrata
risposta alla somministrazione di acetilcolina. La possibilità di una da leucociti.
508 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

stante può risultare importante dal punto di vista terapeutico: ad Il fenomeno di Raynaud secondario si riferisce, invece, a un’insuf-
esempio, anche se la vasculite lupica e la sindrome da anticorpi an- ficienza vascolare delle estremità conseguente a una malattia
tifosfolipidi sono morfologicamente simili, nella prima è richiesto ­arteriosa provocata da altre entità patologiche, tra cui il LES, la
un trattamento aggressivo antinfiammatorio, mentre nella seconda sclerodermia, il morbo di Buerger e persino l’aterosclerosi. Poiché
è necessario un trattamento anticoagulante. il fenomeno di Raynaud può essere la prima manifestazione in
ciascuna di queste malattie, tutti i pazienti che manifestino i sintomi
devono essere sottoposti a valutazione, circa il 10% di essi svilupperà
Vasculite Infettiva
infatti una di queste condizioni.
Arteriti localizzate possono essere dovute alla diretta invasione da
parte di agenti infettivi, solitamente batteri o miceti, in particola-
re specie di Aspergillus e Mucor. L’invasione vascolare può essere parte Vene e linfatici
di un’infezione tissutale localizzata (ad es. nelle vicinanze di ascessi
o polmonite batterica) o, più raramente, può essere causata da disse- Le vene varicose e le flebotrombosi/tromboflebiti sono insieme la causa
minazione ematogena di batteri in corso di setticemia o in seguito a di almeno il 90% delle patologie venose clinicamente manifeste.
embolizzazione settica a partenza da endocarditi infettive.
Le infezioni vasali possono indebolire la parete vascolare e portare Vene Varicose
alla formazione di aneurismi micotici (si veda sopra) o favorire
trombosi e infarti. Pertanto, la trombosi indotta da infiammazio- Le vene varicose sono vene abnormemente dilatate e tortuose che si
ne dei vasi meningei in corso di meningite batterica può causare formano in conseguenza dell’aumento prolungato della pressione in-
infarto del tessuto cerebrale. traluminale e della perdita della funzionalità valvolare. Le vene super-
ficiali dell’arto superiore e inferiore sono quelle più frequentemente
colpite (Fig. 11.29). Durante la stazione eretta, soprattutto se prolun-
Fenomeno di Raynaud gata, la pressione venosa negli arti inferiori aumenta notevolmente
(sino a 10 volte la pressione normale) e può determinare l’insorgenza
Il fenomeno di Raynaud è il risultato di una vasocostrizione esagerata di una marcata stasi venosa e la comparsa di edema a carico dei piedi,
delle arterie e delle arteriole digitali. Queste modificazioni vascolari anche in soggetti con vene strutturalmente normali (edema ortostatico
provocano un pallore parossistico o una cianosi delle dita delle mani semplice). Il 10-20% dei maschi adulti e il 25-33% delle femmine adulte
o dei piedi e, più raramente, del naso, dei lobi delle orecchie e delle sviluppa vene varicose a carico degli arti inferiori. Il rischio è aumentato
labbra. Caratteristicamente, le dita interessate mostrano variazioni dall’obesità e la più elevata incidenza nelle donne riflette il sovraccarico
di colore dal rosso, al bianco al blu, correlate a vasodilatazione pros- venoso a carico degli arti inferiori provocato dalla gravidanza. È stata
simale, vasocostrizione centrale e cianosi più distale (Fig. 11.28). Il notata una tendenza familiare allo sviluppo precoce di varicosità.
fenomeno di Raynaud può essere l’entità patologica primaria o so- Caratteristiche cliniche. La dilatazione varicosa delle vene com-
praggiungere secondariamente ad altre condizioni.82 porta l’incontinenza delle valvole venose determinando così stasi,
Il fenomeno di Raynaud primario (in precedenza denominato congestione, edema, dolore e trombosi. Le conseguenze più disabi-
malattia di Raynaud) riflette un’esagerazione nella risposta vasomo- litanti comprendono l’edema delle estremità e alterazioni ischemiche
toria, centrale e locale, al freddo e alle emozioni. Colpisce il 3-5% della cute quali la dermatite da stasi, le ulcerazioni, la lenta guari-
della popolazione generale, con una predilezione per le donne in gione delle ferite e le infezioni che tendono a trasformarsi in ulcere
giovane età. Nelle pareti dei vasi colpiti non si riscontrano alterazioni varicose croniche. La partenza di emboli da queste vene superficiali
strutturali se non negli stadi tardivi quando l’intima può andare è un’evenienza molto rara, un dato in netto contrasto con la maggiore
incontro a ispessimento. Il decorso del fenomeno di Raynaud è frequenza di tromboembolia nella trombosi venosa profonda (si veda
solitamente benigno, ma nei casi cronici, si può presentare atrofia oltre e il Cap. 4).
della cute, del sottocute e dei muscoli. Rare sono le ulcerazioni e le Le varicosità che si riscontrano in altre due sedi sono meritevoli
gangrene ischemiche.83 di menzione:

Figura 11.28 Fenomeno di Raynaud. A. Pallore


digitale nettamente demarcato come risultato dell’oc-
clusione delle arterie digitali. B. Cianosi delle dita.
(Da Salvarani C et al: Polymyalgia rheumatica and
giant-cell arteritis. N Engl J Med 347:261, 2002)
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 509

chiaramente anche altri fattori meccanici che rallentano il ritorno


venoso e favoriscono lo sviluppo di trombosi venosa profonda, tra cui
l’insufficienza cardiaca congestizia, la gravidanza e l’obesità.
L’ipercoagulabilità sistemica (Cap. 4) spesso predispone alla trom-
boflebite. Nei pazienti con tumori maligni, e in particolare con
­adenocarcinomi, lo stato ipercoagulativo può presentarsi sotto forma
di sindrome paraneoplastica collegata all’elaborazione di fattori
procoagulanti da parte delle cellule tumorali (Cap. 7). La conseguen-
te trombosi venosa tende a comparire in un distretto per poi
­regredire e ripresentarsi in un settore diverso, prendendo il nome
di tromboflebite migrante (segno di Trousseau).
Le trombosi degli arti inferiori tendono a essere asintomatiche o
paucisintomatiche. Infatti, nei pazienti allettati, possono essere assenti
le manifestazioni locali, quali edema distale, cianosi, dilatazione delle
vene superficiali, caldo, senso di tensione, arrossamento, rigonfiamen-
to e dolore. In alcuni casi, il dolore può essere evocato dalla compres-
sione delle vene colpite e dei muscoli del polpaccio o provocando una
dorsiflessione forzata del piede (segno di Homan); l’assenza di questi
reperti non esclude la diagnosi di trombosi venosa profonda.
L’embolia polmonare è una seria complicanza della trombosi venosa
Figura 11.29 Vene varicose della gamba (freccia). (Per gentile concessione profonda (Cap. 4), che determina la frammentazione o il distacco
di Helmut Rennke, M.D., Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA) dell’intero trombo venoso. In molti casi la prima manifestazione della
tromboflebite è l’embolia polmonare. A seconda delle dimensioni e
del numero di emboli, l’esito può variare dall’assenza di sintomi alla
Varici esofagee. La cirrosi epatica (meno frequentemente la trom- morte.
bosi della vena porta o la trombosi della vena epatica) provoca
ipertensione portale (Cap. 18), che a sua volta determina l’aper- Sindrome Della Vena Cava Superiore
tura di shunt portosistemici che aumentano il flusso ematico nelle E Inferiore
vene in corrispondenza della giunzione gastroesofagea
­(formazione di varici esofagee), del retto (formazione di emorroi- La sindrome della vena cava superiore è solitamente secondaria a
di) e vene periombelicali della parete addominale (formazione neoplasie che comprimono o infiltrano la vena cava superiore, quali
di un caput medusae). Le varici esofagee sono le più importanti, il carcinoma broncogeno e il linfoma mediastinico. La conseguente
in quanto la loro rottura può essere responsabile di emorragie ostruzione al flusso è responsabile di un complesso quadro clinico
massive (anche fatali) del tratto gastrointestinale. distintivo caratterizzato da cianosi e da una marcata dilatazione delle
Emorroidi. Le emorroidi possono anche essere il risultato della vene della testa, del collo e degli arti superiori. Anche i vasi polmo-
dilatazione varicosa primaria del plesso venoso alla giunzione nari possono essere compressi, generando “distress” respiratorio.
anorettale (per effetto, ad esempio, di una congestione vascolare La sindrome della vena cava inferiore può essere causata da neo-
pelvica prolungata o della costipazione cronica). Le emorroidi, plasie che comprimono o infiltrano la vena cava inferiore, o può
che procurano disagio e possono sanguinare, possono trombiz- essere dovuta alla propagazione cavale di una trombosi epatica,
zarsi e infiammarsi e tendono a ulcerarsi e a essere dolorose. renale o delle vene degli arti inferiori. Certe neoplasie, in particolare
il carcinoma epatocellulare o il carcinoma a cellule renali, hanno
una spiccata tendenza ad accrescersi all’interno del letto venoso e
possono arrivare anche a occludere la vena cava inferiore. Un’ostru-
Tromboflebite E Flebotrombosi
zione della vena cava inferiore causa edema marcato degli arti infe-
Le vene profonde degli arti inferiori rappresentano la sede di oltre il 90% riori, distensione delle vene superficiali del basso addome e, qualora
delle tromboflebiti e delle flebotrombosi, due termini ampiamente fossero coinvolte le arterie renali, una proteinuria massiva.
­utilizzati per indicare, in modo interscambiabile, la trombosi e l’in-
fiammazione delle vene. Altre sedi frequenti sono il plesso venoso Linfangite E Linfedema
periprostatico nel maschio e le vene pelviche nella donna, così come
anche le vene di cranio e seni durali (soprattutto nel contesto di un’in- Le malattie primitive dei vasi linfatici sono estremamente rare; quelle
fezione o un’infiammazione). Le infezioni peritoneali, quali le perito- secondarie sono molto più frequenti e si sviluppano invece in asso-
niti, le appendiciti, le salpingiti e gli ascessi pelvici, nonché determinate ciazione a processi infiammatori o neoplastici.
condizioni trombofiliche associate a iperattività piastrinica (ad es. La linfangite è l’infiammazione acuta che si scatena quando le
policitemia vera, Cap. 13), possono provocare trombosi della vena infiammazioni batteriche coinvolgono i vasi linfatici; gli agenti pa-
porta. Nel caso della trombosi venosa profonda degli arti inferiori, la togeni più frequenti sono gli streptococchi b-emolitici di gruppo A,
principale condizione predisponente è rappresentata dall’immobilizza- ma può essere associato qualsiasi altro microbo. I linfatici colpiti
zione prolungata che porta a una diminuzione del flusso ematico nelle sono dilatati e contengono un essudato di neutrofili e monociti, che
vene. Ciò può verificarsi in caso di allettamento prolungato o se si solitamente diffondono attraverso la parete nel tessuto perilinfatico,
mantiene la posizione seduta per lunghi periodi di tempo (ad es. du- determinando nei casi più gravi celluliti o ascessi focali. Clinicamen-
rante viaggi lunghi in auto o in aereo). Lo stato postoperatorio è un te, la linfangite si manifesta con la comparsa di strie sottocutanee
ulteriore fattore di rischio per la trombosi venosa profonda. Vi sono arrossate e dolenti (i vasi linfatici infiammati), associata a linfoade-
510 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

nomegalia regionale dolorosa (linfoadenite acuta). Se i batteri non Tabella 11.5 Classificazione dei tumori vascolari
rimangono all’interno dei linfonodi, il loro passaggio nella circola- e delle condizioni simil-tumorali
zione venosa può portare a batteriemia o sepsi. neoplasie benigne, condizioni dello sviluppo e acquisite
Il linfedema primario può manifestarsi come difetto congenito Emangioma
isolato (linfedema semplice congenito) o essere familiare come nella Emangioma capillare
malattia di Milroy (linfedema eredofamiliare congenito), che provoca Emangioma cavernoso
Granuloma piogenico
agenesia o ipoplasia linfatica. Il linfedema secondario o ostruttivo è Linfangioma
dovuto al blocco di un vaso linfatico precedentemente normale. Tale Linfangioma semplice (capillare)
ostruzione può essere dovuta a: Linfangioma cavernoso (igroma cistico)
Tumore glomico
Tumori maligni che ostruiscono i vasi linfatici o i linfonodi di Ectasie vascolari
Nevo flammeo
drenaggio Teleangectasia aracniforme (ragno arterioso)
Interventi chirurgici associati a linfoadenectomia regionale Teleangectasia emorragica ereditaria (malattia
(ad es. dei linfonodi ascellari nella mastectomia radicale) di Osler-Weber-Rendu)
Fibrosi postirradiazione Proliferazioni vascolari reattive
Angiomatosi bacillare
Filariasi
Trombosi e cicatrizzazione postinfiammatoria. neoplasie di grado intermedio
Sarcoma di Kaposi
Emangioendotelioma
Indipendentemente dalla causa, il linfedema provoca un aumento
della pressione idrostatica nei vasi linfatici distalmente al punto di neoplasie maligne
ostruzione, nonché un maggiore accumulo del fluido interstiziale. Angiosarcoma
Emangiopericitoma
La persistenza dell’edema determina un aumento del deposito di
tessuto connettivo interstiziale, indurimento o aspetto della pelle a
buccia d’arancia e ulcere dovute all’inadeguata perfusione tissutale.
Gli accumuli di linfa in diversi spazi vengono definiti ascite chilosa
(addome), chilotorace e chilopericardio e sono causati dalla rottura crescita mediante l’uso di agenti inibitori della formazione dei vasi
dei linfatici dilatati, tipicamente come complicanza di un’ostruzione sanguigni (fattori antiangiogenetici).
causata da un tumore infiltrante.
Tumori Benigni E Condizioni
Simil-Tumorali
Tumori
Emangioma
Le neoplasie dei vasi sanguigni e linfatici variano dagli emangiomi
benigni, alle lesioni aggressive localmente, ma che raramente meta- Gli emangiomi sono tumori molto comuni caratterizzati da un
statizzano, fino agli angiosarcomi relativamente rari e a elevato grado aumento del numero di vasi, normali o anomali, riempiti di sangue
di malignità (Tab. 11.5). I tumori primitivi dei grossi vasi, come (Fig. 11.30) e possono essere difficili da distinguere dalle malforma-
l’aorta, l’arteria polmonare e la vena cava, sono estremamente rari zioni vascolari. Gli emangiomi costituiscono il 7% di tutti i tumori
e sono soprattutto sarcomi del tessuto connettivo. Ci sono malfor- benigni della prima e seconda infanzia; la maggior parte è presente
mazioni congenite o proliferative, così come alcune proliferazioni sin dalla nascita e si estende con l’età. Ciononostante, molte delle
­vascolari reattive, quali l’angiomatosi bacillare, che possono presen- lesioni capillari regrediscono spontaneamente. Anche se in alcuni
tarsi come lesioni simil-tumorali. casi possono interessare ampie parti del corpo (angiomatosi), gli
Le neoplasie vascolari possono essere di derivazione endoteliale (ad emangiomi sono prevalentemente localizzati. Nella maggior parte
es. emangioma, linfangioma, angiosarcoma) o avere origine da cellule dei casi sono lesioni superficiali, spesso della testa e del collo, ma
che supportano e/o circondano i vasi sanguigni (ad es. tumori glomici, possono essere anche profonde e in un terzo circa dei casi a carico
emangiopericitoma). Sebbene sia possibile una distinzione tra gli del fegato. La trasformazione maligna avviene raramente. Esistono
emangiomi benigni ben differenziati e gli angiosarcomi ­anaplastici, diverse varianti istologiche e cliniche:
non esiste invece una linea di confine ben definita tra le neoplasie Emangioma capillare. La variante più comune, l’emangioma ca-
benigne e maligne. Ecco, di seguito, due regole pratiche generali: pillare, si presenta sulla cute, nel sottocute, nelle mucose della cavità
orale e delle labbra, ma si riscontra anche nel fegato, nella milza e
Le neoplasie benigne presentano canali vascolari ben formati, nei reni. La variante “a fragola”, o emangioma giovanile, che colpisce
riempiti da cellule ematiche o linfa, e costituiti da un normale la cute dei neonati, è estremamente comune (1 su 200 nascite) e può
strato di cellule endoteliali. essere multiplo. Si accresce rapidamente nei primi mesi ma comincia
I tumori maligni sono più cellulari, proliferativi e mostrano atipie a regredire dall’età di 1-3 anni e scompare del tutto entro il settimo
citologiche e figure mitotiche; solitamente non formano vasi ben anno di vita nel 75-100% dei casi.
differenziati. La derivazione endoteliale della neoplasia, che non
forma canali vascolari distinti, può essere confermata immuno­
istochimicamente rilevando la presenza di marker endoteliali Morfologia Gli emangiomi capillari hanno un colore rosso
specifici quali il CD31 o il fattore di von Willebrand. vivo o bluastro e dimensioni variabili da pochi millimetri a
diversi centimetri di diametro, sono situati sullo stesso piano
Poiché queste lesioni risultano da un’alterata regolazione della della superficie cutanea o appena rilevati e presentano un
crescita vascolare, si sta studiando la possibilità di controllare tale
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 511

endotelio di rivestimento intatto (Fig. 11.30 A). Istologicamen- Morfologia Gli emangiomi cavernosi si presentano come
te, gli emangiomi capillari sono caratterizzati da aggregati una massa spugnosa, molle, di colore rosso-bluastro, del
non capsulati di capillari a parete sottile e fittamente impac- diametro di 1-2 cm; rare forme giganti interessano ampie
chettati, solitamente pieni di sangue, delineati da un sottile zone sottocutanee del viso, delle estremità e di altre regioni
endotelio e separati da scarso stroma connettivale del corpo. Istologicamente, la massa è nettamente ­definita
(Fig. 11.30 B). I lumi possono essere parzialmente o comple- ma non incapsulata, è costituita da ampi spazi vascolari
tamente trombizzati e organizzati. La rottura dei vasi è re- cavernosi riempiti da sangue e separati da ­scarso stroma
sponsabile della presenza di pigmenti di emosiderina in connettivale (Fig. 11.30 C). È comune il riscontro di trombosi
queste lesioni e della cicatrizzazione focale. intravascolari associate a calcificazioni distrofiche.

Emangioma cavernoso. Gli emangiomi cavernosi presentano gran- Granuloma piogenico. Questa forma di emangioma capillare si
di vasi sanguigni dilatati e, rispetto agli emangiomi capillari, sono meno presenta come un nodulo rosso, a crescita rapida, attaccato alla cute
circoscritti e più profondi. Poiché sono localmente destruenti e non e alla mucosa gengivale o orale mediante un peduncolo. Sanguina
hanno tendenza a regredire, spesso è necessaria la correzione chirur- facilmente e spesso si ulcera (Fig. 11.30 D). Un terzo circa delle le-
gica. Solitamente hanno scarso significato clinico; tuttavia possono sioni si sviluppa dopo un trauma e raggiunge le dimensioni massime
essere responsabili di problemi estetici e la loro fragilità può essere di 1-2 cm entro poche settimane. Associati alla proliferazione capil-
responsabile di ulcerazioni o sanguinamenti traumatici. Inoltre, quan- lare, vi sono spesso un edema esteso e un abbondante infiltrato in-
do vengono rilevati mediante studi di imaging, gli emangiomi viscerali fiammatorio acuto e cronico, molto simile a un esuberante tessuto
devono essere differenziati da lesioni più infauste (ad es. maligne). Se di granulazione.
localizzati nell’encefalo, possono essere più problematici in quanto Il tumore della gravidanza (granuloma gravidarum) è un granu-
responsabili di compressioni o di emorragie. Nella malattia di von loma piogenico raro che compare in sede gengivale nell’1% delle
Hippel-Lindau (Cap. 28), gli emangiomi cavernosi sono presenti nel donne in gravidanza.
cervelletto, nel tronco cerebrale e nella retina, insieme a lesioni angio- Le lesioni possono regredire spontaneamente (ad es. dopo la
matose o neoplasie cistiche nel pancreas e nel fegato. La malattia di von gravidanza) o andare incontro a fibrosi. In alcuni casi è necessaria
Hippel-Lindau è anche associata a neoplasie renali. l’escissione chirurgica. Le recidive sono rare.

Figura 11.30 Emangiomi. A. Emangioma della lingua. B e C. Aspetto istologico (B) di un emangioma capillare giovanile e (C) di un emangioma cavernoso.
D. Granuloma piogenico del labbro. (A e D. Per gentile concessione di John Sexton, M.D., Beth Israel Hospital, Boston. B. Per gentile concessione di
Christopher DM Fletcher, M.D., Brigham and Women’s Hospital, Boston. C. Per gentile concessione di Thomas Rogers, M.D., University of Texas South-
western Medical School, Dallas, TX)
512 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

Linfangioma Una forma speciale di nevo flammeo, la cosiddetta voglia di vino


porto, cresce di pari passo con il bambino, determina un ispessimen-
I linfangiomi sono il corrispettivo linfatico benigno degli emangiomi to della superficie cutanea e non mostra alcuna tendenza a regredire.
dei vasi sanguigni. Quando si localizzano lungo il territorio di distribuzione del nervo
Linfangioma semplice (capillare). I linfangiomi capillari sono trigemino, tali lesioni sono occasionalmente associate alla sindrome
composti da piccoli canali linfatici che si riscontrano prevalente- di Sturge-Weber (anche chiamata angiomatosi encefalotrigeminale).
mente nella testa, nel collo e nei tessuti sottocutanei ascellari. Si tratta La sindrome di Sturge-Weber è un raro disturbo congenito associato
di lesioni lievemente rilevate o, alle volte, peduncolate che raggiun- a masse angiomatose venose nelle leptomeningi corticali e a voglie
gono 1-2 cm di diametro. Istologicamente sono costituite da una rete di vino “porto” nell’emiviso omolaterale. È anche associata a ritardo
di spazi rivestiti da endotelio che possono essere distinte dai capillari mentale, emiplegia, radiopacità del cranio e attacchi tonico-clonici.
sanguigni solo per l’assenza di eritrociti. Quindi nei bambini con ritardo mentale, la presenza di un’estesa
Linfangioma cavernoso (igroma cistico). I linfangiomi caver- malformazione vascolare al viso può fare sospettare la presenza di
nosi si presentano nei bambini, tipicamente nelle regioni del collo ulteriori malformazioni vascolari estese.84
o dell’ascella e, solo raramente, nel retroperitoneo. I linfangiomi Teleangectasia aracniforme. Questa lesione vascolare non ne-
cavernosi del collo sono comuni nella sindrome di Turner (Cap. 10). oplastica ha la forma simile a quella di un ragno ed è costituita da
Occasionalmente, possono raggiungere dimensioni considerevoli, una rete di arterie o arteriole sottocutanee (che ricordano le zampe),
sino a 15 cm di diametro, e possono occupare interamente la regione dilatate e spesso pulsatili, disposte a raggiera intorno a un asse cen-
ascellare o produrre deformità evidenti a livello del collo. Questi trale (che ricorda il corpo) che impallidisce alla pressione centrale.
tumori sono costituiti da spazi linfatici ampiamente dilatati rivestiti Queste lesioni si osservano solitamente sulla faccia, sul collo o sul
da cellule endoteliali e separati da scarso stroma connettivale inter- torace e sono nella maggior parte dei casi associate a stati iperestro-
posto contenente aggregati linfatici. Poiché le lesioni non hanno genici, quali la gravidanza e la cirrosi. Non si sa tuttavia in che modo
margini ben definiti e non sono incapsulate, l’asportazione può es- i livelli elevati di estrogeni possano contribuire alla formazione di
sere talora difficile. tali lesioni a “ragno”.
Teleangectasia emorragica ereditaria (malattia di Osler-­Weber-
Rendu). In questo disturbo autosomico dominante, le teleangectasie
Tumore glomico (glomangioma)
sono malformazioni composte da vene e capillari ­d ilatati.
I glomangiomi sono tumori benigni intensamente dolorosi che origi- Le lesioni sono presenti sin dalla nascita e sono distribuite ­ampiamente
nano dalle cellule muscolari lisce di un corpo glomico, un’anastomosi sulla cute e sulle mucose della cavità orale e dei tratti gastrointestinale,
arterovenosa specializzata coinvolta nei meccanismi della termorego- respiratorio e urinario. Alle volte vanno incontro a rottura causando
lazione. Sebbene ricordino gli emangiomi cavernosi, i glomangiomi profuse espistassi, emorragie intestinali o ematuria.
rappresentano un’entità patologica distinta per via delle cellule che li
costituiscono. I glomangiomi si riscontrano in genere nella porzione Angiomatosi bacillare
distale delle dita, specialmente sotto le unghie. L’escissione è curativa.
L’angiomatosi bacillare è una proliferazione vascolare che risulta da
un’infezione opportunistica in persone immunocompromesse, le cui
Morfologia I glomangiomi si presentano come noduli solidi, lesioni possono interessare la cute, l’osso, l’encefalo e altri organi.
arrotondati, lievemente rilevati e rosso-bluastri, in genere con ­Descritta per la prima volta nei pazienti con sindrome da immunode-
un diametro inferiore al centimetro, che somigliano inizial- ficienza acquisita (AIDS), l’angiomatosi bacillare è provocata da un’in-
mente a minuti focolai di emorragie. Istologicamente, si tratta fezione da bacilli Gram negativi della famiglia delle Bartonella. Sono
di aggregati, nidi e masse di cellule glomiche specializzate, coinvolte due specie: B. henselae, il patogeno responsabile della malattia
intimamente associati a canali vascolari ramificati e contenuti da graffio di gatto (i gatti domestici ne sono la principale riserva) e B.
in uno stroma connettivale. Le singole cellule tumorali hanno quintana, causa della “febbre delle trincee” durante la prima guerra
dimensioni piccole, uniformi, forma rotondeggiante o cubica mondiale (il patogeno viene trasmesso dal pidocchio umano).85
con scarso citoplasma, e caratteristiche ultrastrutturali che le
rendono simili alle cellule muscolari lisce.
Morfologia Le lesioni cutanee sono caratterizzate da pa-
pule e noduli o da masse tondeggianti sottocutanee rossa-
stre. Istologicamente sono caratterizzate da proliferazione
di capillari costituiti da cellule endoteliali prominenti, con
Ectasia vascolare
atipie nucleari e figure mitotiche (Fig. 11.31). Le lesioni con-
Le ectasie vascolari sono lesioni comuni caratterizzate da una dila- tengono neutrofili, polvere nucleare e i batteri causa
tazione locale di vasi preesistenti; non si tratta di vere e proprie neo- dell’infezione.
plasie. Teleangectasia è un termine utilizzato per indicare un’esube- Difficili da coltivare in laboratorio, questi organismi possono
ranza, congenita o acquisita, di vasi preformati (in genere sulla cute essere riconosciuti in modo inequivocabile usando metodi
o sulle mucose) composta da un aggregato di capillari, venule e molecolari, quali la reazione a catena della polimerasi (Poly-
arteriole che determina la formazione di lesioni rossastre. merase Chain Reaction, PCR) con primer specie-specifici. La
Nevo flammeo. Si tratta della comune voglia ed è la forma di proliferazione vascolare è la conseguenza dell’induzione, da
ectasia più frequente. Localizzata caratteristicamente al capo e al parte dei batteri, di HIF-1a, che a sua volta determina la pro-
collo, è una lesione piana con un colore che va dal rosa chiaro al duzione di VEGF.86 Queste infezioni (e lesioni) sono sensibili
rosso porpora. Istologicamente mostra solo una dilatazione dei vasi. ai macrolidi (compresa l’eritromicina).
Nella maggior parte dei casi regredisce.
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 513

Figura 11.31 Angiomatosi bacillare. A. Fotografia di una lesione cutanea. B. Aspetto istologico con infiltrato acuto neutrofilo e proliferazione vascolare
(capillare). (Riquadro) Dimostrazione mediante colorazione argentea modificata (Warthin-Starry) di un ammasso di bacilli (nero). (A. Per gentile concessione
di Richard Johnson, M.D., Beth Israel Deaconess Medical Center, Boston, MA. B e riquadro. Per gentile concessione di Scott Granter, M.D., Brigham and
Women’s Hospital, Boston, MA)

Tumori Di Grado Intermedio (Borderline) La forma associata all’AIDS (epidemica) era originariamente
presente in un terzo dei pazienti con AIDS, in particolare in
Sarcoma di Kaposi maschi omosessuali (Cap. 6). Tuttavia, grazie agli attuali regimi
di terapia antiretrovirale, l’incidenza del SK è ora inferiore
Benché raro in altre popolazioni, il sarcoma di Kaposi (SK) è comune all’1% (pur essendo ancora il tumore maligno che mostra la
nei pazienti affetti da AIDS e viene infatti utilizzato come criterio maggior prevalenza nei pazienti malati di AIDS negli Stati
per la diagnosi di tale condizione (Cap. 6). Si conoscono quattro Uniti). Il SK associato all’AIDS può essere caratterizzato da un
forme della malattia, distinte in base alle caratteristiche demografi- coinvolgimento linfonodale e viscerale e, durante le fasi precoci
che e ai fattori di rischio della popolazione, che condividono tutte della malattia, si diffonde estesamente. La maggior parte dei
la stessa patogenesi sottostante87 (si veda oltre): pazienti va incontro a morte per infezioni opportunistiche
piuttosto che per il SK.
La forma cronica (detta anche classica o europea), descritta per la
prima volta da Kaposi nel 1872, colpisce prevalentemente uomini Patogenesi. Nel 1994, in una lesione cutanea da SK di un paziente
anziani dell’Est europeo (in particolare ebrei Ashkenazi) o del affetto da AIDS, fu individuato un tipo di herpesvirus sconosciuto,
Mediterraneo ed è rara negli USA. Può essere associata a un se- chiamato human herpesvirus-8 (HHV-8) o herpesvirus associato al SK
condo tumore maligno sottostante o a un’alterata risposta im- (KS-associated herpesvirus, KSHV) (Cap. 6). Come successivamente
munitaria, ma non è associata al virus dell’immunodeficienza dimostrato, indipendentemente dal tipo clinico (descritto sopra), il
umana (HIV). Il SK cronico si presenta con multiple lesioni rosse 95% delle lesioni del SK è risultato essere infettato dal KSHV.88 Il KSHV,
o purpure, a placca o a nodulo, principalmente sugli arti superiori come il virus di Epstein-Barr, è un virus della sottofamiglia g degli
e inferiori, che aumentano lentamente di dimensioni e numero e herpesvirus, è trasmesso per via sessuale e per vie non sessuali ancora
si diffondono a sedi più prossimali. Anche se localmente persi- non ben chiarite, tra cui probabilmente anche la saliva.
stenti, le lesioni sono tipicamente asintomatiche e localizzate alla Il KSHV è accettato come un requisito necessario per lo sviluppo
cute e al tessuto sottocutaneo. del SK, ma per la progressione del tumore è necessaria la presenza di
La forma linfoadenopatica (anche detta africana o endemica) un cofattore come l’HIV; rimane tuttavia controverso il tipo di cofat-
presenta la stessa distribuzione geografica del linfoma di Burkitt, tore implicato nel SK non associato a HIV. Il KSHV induce nelle cellule
con particolare prevalenza tra i bambini Bantu del Sud Africa, e endoteliali un’infezione litica e una latente, probabilmente entrambe
non è associata all’HIV. Le lesioni cutanee sono disseminate e i importanti nella patogenesi del SK. Le citochine derivate da cellule T
pazienti presentano linfoadenopatia. Alle volte, le lesioni interes- HIV-infette o le cellule infiammatorie reclutate in risposta all’infezione
sano i visceri e sono estremamente aggressive. Insieme al SK litica, creano un ambiente proliferativo locale; anche una proteina G
associato all’AIDS (si veda oltre), oggi il SK è la più frequente codificata dal virus induce la produzione di VEGF a livello locale.
forma di neoplasia in Africa centrale (in alcuni Paesi, rappresenta Nelle cellule infettate in modo latente, le proteine del KSHV possono
il 50% di tutti i tumori dell’uomo). compromettere il normale controllo della proliferazione cellulare,
La forma associata al trapianto si manifesta in seguito a un tra- impedendo l’apoptosi mediante la produzione di inibitori della p53 e
pianto d’organo e alla terapia immunosoppressiva a lungo ter- un omologo virale della ciclina D. Queste cellule hanno pertanto un
mine associata all’intervento. Tende a essere aggressiva ­(persino vantaggio in termini di crescita; la proliferazione cellulare è anche
fatale), con coinvolgimento dei linfonodi, delle ­mucose e degli favorita dall’ambiente locale. La sempre ­maggiore conoscenza dei
organi viscerali; le lesioni cutanee possono ­essere ­assenti. Talora diversi prodotti genici virali ha aperto numerose vie per gli interventi
le lesioni regrediscono se la terapia ­immunosoppressiva viene terapeutici contro le vie delle chinasi ­intracellulari colpite e bersagli a
ridotta, ma vi è il rischio di rigetto dell’organo trapiantato. valle. Nelle fasi precoci solo poche cellule sono infettate, mentre nelle
514 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

lesioni tardive il KSHV è presente in quasi tutte le cellule fusate, le regione ristretta; la chemioterapia dà invece risultati soddisfacenti per
quali esprimono marker per le cellule endoteliali e muscolari lisce. la malattia disseminata. Anche la forma linfoadenopatica può essere
trattata con la chemioterapia o la radioterapia, con buoni risultati. Nel
SK associato all’immunosoppressione è spesso efficace la sospensione
Morfologia Nella forma classica, a lenta progressione, degli della terapia immunosoppressiva, possibilmente associata alla chemio-
uomini anziani (e alle volte in altre varianti), possono essere terapia o alla radioterapia. Per la forma associata all’AIDS, è in genere
riconosciuti tre stadi: papula, placca e nodulo. utile ricorrere alla terapia antiretrovirale per l’HIV, con o senza terapia
Le papule sono macule che vanno dal rosso al porpora, mirata per le lesioni da SK. L’IFN-a e gli inibitori dell’angiogenesi
solitamente confinate alle estremità inferiori (Fig. 11.32 hanno un’efficacia variabile, mentre le nuove terapie mirate a specifiche
A). All’esame istologico sono presenti solo spazi vascolari vie delle chinasi intracellulari o il bersaglio a valle della rapamicina nei
dilatati e irregolari rivestiti da cellule endoteliali con un mammiferi si stanno rivelando promettenti.89,90
infiltrato interposto di linfociti, plasmacellule e macrofagi
(talvolta contenenti emosiderina). Le lesioni sono
Emangioendotelioma
­difficilmente distinguibili dal tessuto di granulazione.
Con il passare del tempo, le lesioni diffondono prossimal- Il termine emangioendotelioma indica un ampio spettro di neoplasie
mente diventando placche rilevate più larghe e violacee vascolari con comportamento clinico intermedio, tra i benigni e ben
(Fig. 11.32 A), composte da accumuli di vasi sanguigni differenziati emangiomi e gli angiosarcomi estremamente maligni
dermici dilatati rivestiti e circondati da cellule fusate ri- descritti in seguito.
gonfie. Tra i canali vascolari vi sono disseminati globuli Un esempio di questo gruppo di neoplasie è rappresentato
rossi, macrofagi contenenti emosiderina e altre cellule dall’emangioendotelioma epitelioide, un tumore vascolare che si ri-
infiammatorie mononucleate. scontra nell’adulto, intorno a medie e grosse vene. Le cellule tumorali
Evolvendo, le lesioni diventano nodulari e più distinta- sono rigonfie e spesso cuboidali (somiglianti alle cellule epiteliali) e
mente neoplastiche e possono essere composte da strati i canali vascolari ben formati sono scarsi. Il comportamento clinico
di cellule fusate, rigonfie e proliferanti, più comunemente degli emangioteliomi epitelioidi è variabile; per la maggior parte
presenti nel tessuto dermico e sottocutaneo (Fig. 11.32 B), rispondono al trattamento chirurgico, ma possono recidivare fino
che comprendono piccoli vasi e spazi simili a fessure al 40% dei casi o metastatizzare nel 20-30% dei casi e il 15% circa
contenenti globuli rossi. Si riscontrano emorragie più dei pazienti muore per il tumore.
marcate, pigmenti di emosiderina e infiltrato mononuclea­
to; sono comuni le figure mitotiche, come anche i globuli
Tumori Maligni
citoplasmatici rosa e tondi di natura ancora incerta. La
fase nodulare è spesso accompagnata da un coinvolgi-
Angiosarcoma
mento linfonodale e viscerale in particolare nella forma
africana e associata all’AIDS. Gli angiosarcomi sono neoplasie endoteliali maligne (Fig. 11.33) con
caratteristiche istologiche che variano da forme altamente differen-
ziate simili agli emangiomi (emangiosarcomi) a lesioni anaplastiche
Caratteristiche cliniche. Il decorso del SK è ampiamente variabile difficili da distinguere da carcinomi e melanomi. Si presentano più
ed è significativamente condizionato dal contesto clinico. La maggior comunemente negli adulti di età avanzata, senza alcuna predilezione
parte delle infezioni primarie da KSHV è asintomatica. La forma clas- per il sesso, in qualsiasi regione del corpo ma in genere sulla cute,
sica del SK è, all’inizio della sua espressione, strettamente limitata alla nei tessuti molli, nella mammella e nel fegato.
superficie cutanea, e la resezione chirurgica delle lesioni è solitamente Gli angiosarcomi epatici sono correlati a precisi cancerogeni, quali
il trattamento più adeguato per una prognosi eccellente. La terapia l’arsenico (esposizione a pesticidi arseniosi), il Thorotrast (un mezzo
radiante può essere usata nel caso di lesioni multiple a carico di una di contrasto radioattivo usato in passato in radiologia) e il cloruro di

Figura 11.32 Sarcoma di Kaposi. A. Aspetto macroscopico che mostra le macule rosso-porpora tendenti alla fusione reciproca e le placche della pelle.
B. Aspetto istologico della forma nodulare, che dimostra gli strati di cellule fusate proliferanti e rigonfie. (B. Per gentile concessione di Christopher DM
Fletcher, M.D., Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA)
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 515

Figura 11.33 Angiosarcoma. A. Macrofotografia di un angiosarcoma del cuore (ventricolo destro). B. Microfotografia di un angiosarcoma moderatamente
differenziato con aree di cellule irregolari e moderatamente anaplastiche e con lumi vascolari ben distinti. C. Colorazione immunoistochimica per il marker
endoteliale CD31 che dimostra la natura endoteliale del tumore.

polivinile (una plastica molto diffusa). Per tutte e tre le sostanze citate Emangiopericitoma
il tempo di latenza tra l’esposizione iniziale e lo sviluppo della neopla­
sia è lungo. L’aumento di frequenza degli angiosarcomi tra i lavoratori Gli emangiopericitomi sono tumori rari derivati dai periciti, le
dell’industria del cloruro di polivinile rappresenta una delle situazioni cellule miofibroblasto-simili che sono normalmente organizzate
meglio documentate di cancerogenesi chimica nell’uomo. intorno ai capillari e alle venule. Gli emangiopericitomi possono
Gli angiosarcomi possono anche presentarsi in corso di linfedema, svilupparsi come masse a lenta crescita indolenti, in qualsiasi sito
in genere nell’arto superiore omolaterale, diversi anni dopo una ma- anatomico, anche se sono più comuni negli arti inferiori (in parti-
stectomia radicale (ovvero con resezione dei linfonodi) per carcinoma colare nella coscia) e nel retroperitoneo. Consistono di numerosi
alla mammella. Il tumore origina presumibilmente dai canali linfatici capillari vascolari ramificati e spazi sinusoidali racchiusi in nidi di
(linfangiosarcoma). Gli angiosarcomi possono essere indotti dalle ra- cellule da tondeggianti a fusiformi. Colorazioni speciali confermano
diazioni e raramente sono associati a materiale estraneo introdotto che queste cellule sono al di fuori della membrana basale delle cellule
nell’organismo, sia accidentalmente sia iatrogenicamente. endoteliali e sono pertanto periciti. Dopo l’escissione i tumori pos-
sono recidivare e, in circa metà dei casi, metastatizzare per via ema-
tica ai polmoni, alle ossa o al fegato.
Morfologia Gli angiosarcomi cutanei possono iniziare sotto
forma di noduli rossi, spesso multipli, nettamente demarcati,
asintomatici, apparentemente piccoli che in un secondo
momento si trasformano in masse larghe e carnose di tes-
Patologia correlata a procedure
suto soffice che vanno dal bruno-rossastro al grigio-bianca- e interventi vascolari
stro (Fig. 11.33 A). I margini sfumano impercettibilmente nei
tessuti circostanti. Frequentemente si evidenziano aree di Le modificazioni morfologiche che si verificano nei vasi dopo inter-
necrosi ed emorragia. venti terapeutici, quali l’angioplastica con palloncino, lo stenting o
Microscopicamente, sono presenti tutti i possibili gradi di interventi di bypass, rispecchiano molti dei cambiamenti che si verifi-
differenziazione, da neoplasie con cellule anaplastiche rigon- cano nel contesto di un qualsiasi insulto vascolare. Un trauma a livello
fie, ma ancora riconoscibili come endoteliali, che formano locale a carico delle cellule endoteliali (ad es. dovuto a uno stent), una
canali vascolari (Fig. 11.33 B), a tumori completamente trombosi vascolare (dopo angioplastica) o forze meccaniche anomale
­indifferenziati con cellule fusate e senza canali vascolari. (ad es. l’inserimento della vena safena nel circuito arterioso come
L’origine endoteliale di queste neoplasie è dimostrabile con la bypass coronarico) sono tutti eventi che provocano reazioni simili ti-
ricerca dei marker quali il CD31 o il fattore di von Willebrand piche del processo riparativo della parete vascolare. Pertanto, nello
(Fig. 11.33 C). stesso modo in cui diverse lesioni possono indurre una risposta iper-
Dal punto di vista clinico, gli angiosarcomi sono invasivi a li- plastica intimale riconoscibile come aterosclerosi (si veda sopra), il
vello locale e possono metastatizzare facilmente. Sono tumori trauma provocato da interventi vascolari tende a causare un ispessi-
aggressivi con tassi di sopravvivenza a 5 anni intorno al 30%. mento intimale concentrico composto da cellule muscolari lisce reclu-
tate e dalla deposizione di matrice extracellulare a esse associata.
516 CAPITOLO 11 Vasi sanguigni

Figura 11.34 Angioplastica con palloncino e stent endovascolare. A. Arteria coronaria dopo angioplastica con palloncino, che mostra la dissezione intimo-
mediale (freccia). B. Preparato macroscopico di una ristenosi dopo angioplastica con palloncino, con evidente placca aterosclerotica residua (freccia sinistra)
e una nuova lesione proliferativa, di aspetto lucente (freccia destra). C. Stent coronarico impiantato da lungo tempo: si mostra la neointima ispessita che
separa le maglie dello stent (macchia nera indicata dalla freccia) dal lume (asterisco). (C. Riprodotta da Schoen FJ, Edwards WD. Pathology of cardiovascular
interventions, including endovascular therapies, revascularization, vascular replacement, cardiac assist/replacement, arrhythmia control, and repaired
congenital heart disease. In Silver MD et al. (eds): Cardiovascular Pathology, 3rd ed. Philadelphia, Churchill Livingstone, 2001)

Angioplastica E Stent Endovascolari temporanea con agenti antitrombotici potenti (antagonisti


­piastrinici).91 Una complicanza tardiva degli stent in metallo è rap-
L’angioplastica con palloncino (dilatazione di una stenosi di un’ar- presentata dall’ispessimento intimale e dalla conseguente ristenosi
teria tramite catetere intravascolare), con o senza stent endovasco- proliferativa, condizione molto simile a quella osservata con la sola
lare, è una tecnica ampiamente utilizzata per ripristinare il flusso in ­angioplastica coronarica percutanea transluminale (Fig. 11.34 C).
corrispondenza di siti di stenosi vascolare focale, in particolar modo Gli stent di nuova generazione sono ­rivestiti con ­farmaci antiproli-
nella circolazione coronarica (angioplastica coronarica percutanea
transluminale). Gli esiti morfologici dell’angioplastica e degli stent
endovascolari, ora utilizzati più di frequente, sono dimostrati nella
Figura 11.34.
La semplice dilatazione con palloncino (senza stenting) di un
vaso aterosclerotico provoca lo stiramento della tonaca media e la
rottura della placca, cui spesso si associa la dissezione emorragica
localizzata della parete arteriosa circostante (Fig. 11.34 A); in questo
modo, si ripristina il flusso vascolare, anche se con il rischio di una
dissezione più estesa e di trombosi luminale (per prevenire quest’ul-
tima evenienza, è necessaria una terapia anticoagulante per un certo
periodo di tempo dopo la procedura). La maggior parte dei pazienti
va incontro a un miglioramento della sintomatologia in seguito
all’angioplastica, almeno a breve termine. Può accadere talora, in
caso di dissezioni estese, circonferenziali o longitudinali, o di trom-
bosi, che il lume vada incontro a un’improvvisa chiusura. Il successo
a lungo termine dell’angioplastica è principalmente limitato dallo
sviluppo di ristenosi proliferative dovute all’ispessimento intimale,
che si determinano, nel 30-50% circa dei pazienti, entro i primi 4-6
mesi dall’intervento (Fig. 11.34 B). Le condizioni che provocano la
ristenosi sono le stesse che si verificano in risposta a un danno va-
scolare di qualsiasi tipo (ad es. aterosclerosi); in tal caso la lesione è
meccanica e si combina alla risoluzione delle eventuali trombosi
associate. Il risultato finale è una lesione fibrosa, occlusiva e progres-
siva, ricca di cellule muscolari lisce e di matrice extracellulare.
Gli stent coronarici sono tubi di maglia metallica espandibili, che
vengono inseriti per mantenere la pervietà luminale durante l’an-
gioplastica; attualmente sono utilizzati nel 90% degli interventi di
angioplastica. Gli stent garantiscono un maggiore allargamento del
lume, agiscono da impalcatura per il collasso intimale e la disseca-
zione che si verificano durante l’angioplastica e prevengono mecca- Figura 11.35 Iperplasia anastomotica distale di un innesto sintetico
nicamente il vasospasmo. Tuttavia, causando l’erosione focale delle femoropopliteo. A. L’angiogramma mette in evidenza la stenosi (freccia).
B. La microfotografia mostra una protesi in Gore-Tex (freccia) con pronun-
placche e/o la distruzione delle cellule endoteliali, gli stent possono ciata proliferazione intimale e lume residuo molto piccolo (asterisco). (A.
provocare trombosi acuta ed è pertanto necessario, al fine del buon Per gentile concessione di Anthony D Whittemore, M.D., Brigham and
esito della procedura, ricorrere a una terapia anticoagulante almeno Women’s Hospital, Boston, MA)
CAPITOLO 11 Vasi sanguigni 517

ferativi (ad es. paclitaxel o rapamicina) che limitano l’iperplasia delle 18. Korshunov V et al.: Vascular remodeling: hemodynamic and biochemical me-
cellule muscolari lisce. Si assiste così a una marcata diminuzione chanisms underlying Glagov’s phenomenon. Arterioscler Thromb Vasc Biol
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dell’ispessimento intimale, anche se vi sono evidenze che conferma- 19. Kannel W et al.: Concept and usefulness of cardiovascular risk profiles. Am Heart
no che gli agenti antiproliferativi rallentano il processo di riendote- J 148:16, 2004.
lizzazione degli stent rivestiti e prolungano la durata della terapia 20. Kaplan N: Systemic hypertension: mechanisms and diagnosis. In Zipes D et al.:
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malata. Gli innesti sintetici (in genere in politetrafluoroetilene 15:431, 2002.
espanso, un Teflon spugnoso) di ampio diametro (12-18 mm) fun- 25. Aggarwal M, Khan I: Hypertensive crisis. hypertensive emergencies and urgen-
zionano bene in sedi a elevato flusso quali l’aorta, mentre gli innesti cies. Cardiol Clin 24:135, 2006.
artificiali di piccolo calibro (inferiori o pari a 8 mm) danno in genere 26. Rodriguez-Iturbe B et al.: Pathophysiological mechanisms of salt-dependent
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scarsi risultati a causa di trombosi precoci o iperplasia intimale 27. Chambless L et al.: Coronary heart disease risk prediction in the Atherosclerosis
tardiva, principalmente anastomotica (Fig. 11.35). Risk in Communities (ARIC) study. J Clin Epidemiol 56:880, 2003.
Di conseguenza, se sono necessari neovasi di piccolo calibro (ad 28. Ridker P, Libby P: Risk factors for atherothrombotic disease. In Zipes D et al.:
es. per gli interventi di bypass coronarico eseguiti negli Stati Uniti su (eds). Braunwald’s Heart Disease, 7th ed. Philadelphia, Elsevier Saunders, 2005,
oltre 400.000 pazienti l’anno), per gli innesti viene utilizzata sia la vena p 939.
29. Sweitzer N, Douglas P: Cardiovascular disease in women. In Zipes D et al.: (eds).
safena autologa rovesciata (prelevata dalla gamba del paziente stesso) Braunwald’s Heart Disease, 7th ed. Philadelphia. Elsevier Saunders, 2005,
sia l’arteria mammaria interna (per la sua vicinanza al cuore). La p 1951.
pervietà a lungo termine dell’innesto venoso è solo del 50% a 10 anni; 30. Miller D et al.: Atherosclerosis: the path from genomics to therapeutics. J Am
ciò è dovuto alla trombosi (solitamente precoce), all’ispessimento Coll Cardiol 49:1589, 2007.
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12
Il cuore
Frederick J. Schoen  Richard N. Mitchell

Struttura del cuore Cardiopatia ipertensiva


Miocardio Cardiopatia ipertensiva sistemica (sinistra)
Valvole Cardiopatia ipertensiva polmonare (destra)
Sistema di conduzione (cor pulmonale)
Apporto ematico Valvulopatie
Effetti dell’invecchiamento sul cuore Degenerazione valvolare secondaria a calcificazione
Stenosi aortica calcifica
Fisiopatologia delle cardiopatie Stenosi calcifica della valvola aortica bicuspide
Scompenso cardiaco congenita
Ipertrofia cardiaca: fisiopatologia e progressione Calcificazione dell’annulus mitralico
fino allo scompenso Prolasso della valvola mitralica (degenerazione
Scompenso cardiaco sinistro mixomatosa della valvola mitralica)
Scompenso cardiaco destro Febbre reumatica e cardiopatia reumatica
Endocardite infettiva
Cardiopatie congenite
Vegetazioni non infettive
Shunt sinistro-destro Endocardite trombotica non batterica
Difetti del setto interatriale Endocardite in corso di lupus eritematoso sistemico
Forame ovale pervio (morbo di Libman-Sacks)
Difetti del setto interventricolare
Malattia cardiaca da carcinoide
Pervietà del dotto arterioso
Difetti del setto atrioventricolare Complicanze delle valvole artificiali
Shunt destro-sinistro Cardiomiopatie
Tetralogia di Fallot Cardiomiopatia dilatativa
Trasposizione delle grandi arterie Cardiomiopatia ventricolare destra aritmogena (displasia
Tronco arterioso persistente aritmogena del ventricolo destro)
Atresia della tricuspide Cardiomiopatia ipertrofica
Ritorno venoso polmonare anomalo totale
Cardiomiopatia restrittiva
Anomalie congenite ostruttive
Coartazione dell’aorta Miocarditi
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Stenosi e atresia polmonare Altre cause di patologia miocardica


Stenosi e atresia aortica Malattie del pericardio
Cardiopatia ischemica Versamento pericardico ed emopericardio
Angina pectoris Pericardite
Infarto miocardico Pericardite acuta
Cardiopatia ischemica cronica Pericardite cronica
Morte cardiaca improvvisa Cardiopatia associata a malattie reumatiche

519
520 CAPITOLO 12 Il cuore

Neoplasie cardiache Effetti cardiaci di neoplasie


Tumori cardiaci primitivi non cardiache
Mixoma Trapianto cardiaco
Lipoma
Fibroelastoma papillare
Rabdomioma
Sarcomi

Il cuore umano è una pompa straordinariamente efficiente, durevole L’efficiente pompaggio del sangue dal cuore al corpo intero ri-
e affidabile che invia oltre 6.000 litri di sangue al giorno nel corpo e chiede il normale funzionamento di ognuna delle sue componenti
batte più di 40 milioni di volte all’anno, fornendo così ai tessuti un chiave, il miocardio, le valvole, il sistema di conduzione e la circo-
apporto costante di nutrienti vitali e facilitando l’escrezione dei lazione arteriosa coronarica.
prodotti di scarto. Il malfunzionamento del cuore può essere asso-
ciato a conseguenze devastanti. Le malattie cardiovascolari costitu-
iscono la prima causa di morte al mondo, e in circa l’80% dei casi Miocardio
colpiscono Paesi in via di sviluppo.1,2 Negli Stati Uniti, le malattie
cardiovascolari sono responsabili di quasi il 40% di tutti i decessi in La funzione di pompa del cuore è assolta dal muscolo cardiaco, il mio-
età postnatale, per un totale di circa 750.000 persone l’anno; un dato cardio, composto principalmente da un gruppo di cellule muscolari
pari a circa 1,5 volte il numero di morti causate da tutte le forme di specializzate, definite miociti cardiaci (o cardiomiociti). I miociti ven-
cancro messe insieme. Si stima che un terzo degli americani abbia tricolari sono disposti circonferenzialmente in un orientamento a
uno o più tipi di malattie cardiovascolari. Inoltre, il 32% dei decessi spirale, si contraggono durante la sistole e si rilasciano durante la dia-
per malattia cardiaca è “prematuro”, in quanto si verifica in soggetti stole. L’unità contrattile è il sarcomero, una struttura costituita da fila-
con meno di 75 anni.3 Se tutte le principali forme di malattia car- menti spessi, composti principalmente da miosina, filamenti sottili
diovascolare fossero eliminate, l’aspettativa di vita aumenterebbe di contenenti actina e proteine regolatorie come troponina e tropomiosina.
7 anni. Secondo alcune stime, il costo economico annuale della Le cellule muscolari cardiache contengono catene di sarcomeri in serie,
cardiopatia ischemica, il prevalente sottogruppo di patologie car- responsabili dell’aspetto striato di queste cellule. La contrazione dipende
diache, è superiore a 100 miliardi di dollari negli Stati Uniti. da un’azione coordinata di scivolamento per mezzo della quale ogni
I principali gruppi di cardiopatie considerate in questo capitolo filamento di miosina tira i vicini filamenti di actina verso il centro del
comprendono le malformazioni cardiache congenite, la cardiopatia sarcomero, portando all’accorciamento del miocita. La quantità di forza
ischemica, la cardiopatia causata dall’ipertensione sistemica, la generata è determinata da quanto ogni sarcomero riesce ad accorciarsi.
cardiopatia causata da patologie polmonari (cor pulmonale o cuore Per questo la moderata dilatazione del ventricolo durante la diastole
polmonare), le malattie delle valvole cardiache e le patologie primi- aumenta l’entità dell’accorciamento del sarcomero e quindi della forza
tive del miocardio. Sono trattate brevemente anche le malattie del di contrazione durante la sistole. Con ulteriori dilatazioni del ventricolo,
pericardio, le neoplasie cardiache e il trapianto cardiaco. Prima di tuttavia, si arriva a un punto in cui l’efficace sovrapposizione dei fila-
considerare i dettagli delle specifiche condizioni patologiche, esa- menti di actina e miosina si riduce e la forza di contrazione diminuisce
mineremo brevemente l’anatomia del cuore normale, poiché molte drasticamente, come avviene nello scompenso cardiaco.
patologie causano alterazioni nelle dimensioni e nell’aspetto di una I miociti atriali sono generalmente più piccoli e disposti più di-
o più delle sue componenti. Discuteremo anche i principi dell’iper- sordinatamente delle loro controparti ventricolari. Alcune cellule
trofia e dello scompenso cardiaci, che rappresentano il punto termi- atriali hanno caratteristici granuli elettrondensi nel citoplasma de-
nale comune di diversi tipi di cardiopatia. finiti granuli atriali specifici; questi sono siti di deposito del peptide
natriuretico atriale, in grado di produrre una varietà di effetti fisio-
logici, inclusi vasodilatazione, natriuresi e diuresi, utili negli stati
Struttura del cuore patologici come ipertensione e scompenso cardiaco congestizio.4
L’integrazione funzionale dei miociti cardiaci è mediata da strut-
Il peso del cuore varia con l’altezza e il peso corporei; di norma è ture denominate dischi intercalari, che collegano le singole cellule e
compreso approssimativamente fra 250 e 300 g nelle femmine e tra contengono giunzioni intercellulari specializzate che consentono
300 e 350 g nei maschi (grosso modo tra lo 0,4 e lo 0,5% del peso l’accoppiamento sia meccanico sia elettrico (ionico). All’interno dei
corporeo). Lo spessore normale della parete libera del ventricolo dischi intercalari, le gap junction facilitano la sincrona contrazione
destro misura da 0,3 a 0,5 cm e quello del ventricolo sinistro da 1,3 dei cardiomiociti permettendo l’accoppiamento elettrico, poiché
a 1,5 cm. Aumenti delle dimensioni e del peso del cuore accompa- consentono un passaggio, relativamente illimitato, di ioni attraverso
gnano molte forme di cardiopatia. Aumento del peso cardiaco o le membrane di cellule adiacenti.
dello spessore ventricolare indicano ipertrofia mentre un’aumentata Alterazioni nella distribuzione spaziale delle gap junction e delle
dimensione delle camere cardiache implica dilatazione. Un aumento loro rispettive proteine nelle cardiomiopatie e nella cardiopatia
del peso e/o delle dimensioni cardiache (risultante da ipertrofia e/o ischemica possono contribuire alle disfunzioni elettromeccaniche
dilatazione) è detto cardiomegalia. (aritmie) e allo scompenso cardiaco.
CAPITOLO 12 Il cuore 521

Valvole atri ai ventricoli, fa sì che la contrazione atriale preceda la contra-


zione ventricolare.
Le quattro valvole cardiache (tricuspide, polmonare, mitrale e aor- Il sistema nervoso autonomo (la stessa parte del sistema nervoso
tica) mantengono il flusso ematico unidirezionale attraverso il cuore. coinvolta nella regolazione della pressione del sangue) regola la fre-
La loro funzione dipende dalla mobilità, dalla flessibilità e dall’in- quenza di scarica del nodo SA che attiva la fase iniziale del ciclo car-
tegrità strutturale delle loro delicate lamine, denominate lembi (nelle diaco. Gli impulsi del sistema nervoso autonomo possono aumentare
valvole tricuspide e mitrale) o cuspidi (nelle valvole aortica e pol- la frequenza cardiaca fino al doppio del normale nell’arco di appena
monare, le cosiddette valvole semilunari). Tutte e quattro le valvole 3-5 secondi e sono importanti nelle risposte cardiache all’esercizio fisico
hanno una simile architettura a strati: un nucleo denso di collagene o ad altre condizioni associate a un’aumentata richiesta di ossigeno.
(fibrosa) vicino alla superficie di efflusso e in continuità con le strut-
ture valvolari di supporto, un nucleo centrale di tessuto connettivo
lasso (spongiosa) e uno strato ricco in elastina (ventricularis o atrialis Apporto Ematico
a seconda della camera cardiaca su cui lo strato si affaccia) al di sotto
della superficie di afflusso, e un rivestimento endoteliale. Il collagene Per soddisfare il loro fabbisogno energetico, i miociti cardiaci dipen-
è responsabile dell’integrità meccanica della valvola. La valvola è dono quasi esclusivamente dalla fosforilazione ossidativa, cosa resa
provvista di cellule interstiziali, che producono e riparano continua- evidente dai numerosi mitocondri che si trovano in queste cellule.5
mente la matrice extracellulare (in particolare il collagene), consen- La fosforilazione ossidativa richiede ossigeno e ciò rende i miociti
tendo alla valvola di rispondere e adattarsi alle variabili condizioni cardiaci estremamente vulnerabili all’ischemia. Un costante apporto
di stimolo meccanico.6,7 di sangue ossigenato è quindi essenziale per il funzionamento cardiaco
La funzione delle valvole semilunari dipende dall’integrità e dai del cuore. La maggior parte del miocardio dipende dalle sostanze
movimenti coordinati delle inserzioni delle cuspidi. Quindi, la nutrienti e dall’ossigeno distribuiti dalle arterie coronarie, che origi-
­dilatazione della radice aortica può ostacolare l’accollamento ­delle cu- nano appena distalmente alla valvola aortica, decorrendo in principio
spidi della valvola aortica durante la chiusura, causando insufficienza lungo la superficie esterna del cuore (arterie ­coronarie epicardiche) e
valvolare. Viceversa, la competenza delle valvole atrioventricolari in seguito penetrando il miocardio (arterie intramurali). Queste pic-
dipende non solo dai lembi e dalle loro inserzioni, ma anche dalle cole arterie penetranti generano arteriole e, infine, si ramificano in
connessioni tendinee ai muscoli papillari della parete ventricolare. una ricca rete di capillari che avvolge i singoli cardiomiociti.
Dilatazione del ventricolo sinistro, un tendine lesionato o disfunzione Le tre principali arterie coronarie epicardiche sono (1) l’arteria
dei muscoli papillari possono tutti interferire con la corretta chiusura interventricolare o discendente anteriore sinistra (DAS), (2) l’arteria
della valvola mitralica, causando insufficienza valvolare. circonflessa sinistra (CS), entrambe originanti da rami di biforcazione
Poiché sono abbastanza sottili da essere nutriti per diffusione dal dell’arteria coronaria sinistra (tronco comune), e (3) l’arteria coro-
sangue del cuore, i lembi e le cuspidi hanno normalmente soltanto naria destra (CD). I rami della DAS sono detti diagonali e perforanti
pochi vasi sanguigni limitati alla porzione prossimale. Le modifica- settali, mentre quelli della CS sono detti rami del margine ottuso. La
zioni patologiche delle valvole sono prevalentemente di tre tipi: danno maggior parte del flusso ematico arterioso coronarico al miocardio
al collagene che indebolisce i lembi, ad esempio nel prolasso della è disponibile durante la diastole ventricolare, quando il microcircolo
valvola mitralica; calcificazione nodulare che inizia nelle cellule inter- non è compresso dalla contrazione cardiaca.
stiziali, come nella stenosi aortica calcifica; ispessimento fibrotico, la Esiste una serie di varianti normali (discusse in seguito) dell’anato-
principale caratteristica nella cardiopatia reumatica (si veda oltre). mia delle arterie coronarie, che determinano le aree di miocardio che
risultano “a rischio” in corso di coronaropatia e che sono di grande ri-
levanza pratica per il cardiochirurgo e per il cardiologo interventista.
Sistema Di Conduzione

La contrazione coordinata del muscolo cardiaco dipende dalla pro- Effetti dell’invecchiamento sul cuore
pagazione di impulsi elettrici, che si realizza grazie a particolari
miociti specializzati con funzioni di eccitazione e di conduzione Dal 2000 al 2050, il numero di persone di età pari o superiore ai 65 anni
dell’impulso, i quali fanno parte del sistema di conduzione cardiaco quasi raddoppierà, passando da 35 a 79 milioni negli Stati Uniti. Per
e regolano la frequenza e il ritmo del cuore. Le componenti chiave questo, la conoscenza delle modificazioni che si verificano con l’invec-
del sistema di conduzione includono (1) il pacemaker senoatriale chiamento nel sistema cardiovascolare diventerà sempre più impor-
del cuore, o nodo senoatriale (nodo SA), situato vicino alla giunzione tante. I cambiamenti associati all’invecchiamento possono interessare
dell’auricola atriale destra con la vena cava superiore; (2) il nodo il pericardio, le camere cardiache, le valvole, le arterie coronarie epi-
atrioventricolare (nodo AV), localizzato nell’atrio destro lungo il setto cardiche, il sistema di conduzione, il miocardio e l’aorta (Tab. 12.1).
interatriale; (3) il fascio di His, che decorre dall’atrio destro alla Con l’avanzare dell’età, la quantità di grasso epicardico aumenta,
sommità del setto interventricolare; e la sua divisione nelle (4) bran- soprattutto sulla superficie anteriore del ventricolo destro e nel setto
che destra e sinistra, che si ramificano ulteriormente nei rispettivi interatriale. Con l’invecchiamento si verifica inoltre una riduzione
ventricoli con i fascicoli anterosuperiore e posteroinferiore della nelle dimensioni della cavità ventricolare sinistra, in particolare
branca sinistra e le fibre del Purkinje. Le cellule del sistema di con- lungo l’asse base-apice, riduzione che può essere resa più marcata
duzione cardiaco specializzato si depolarizzano spontaneamente, in dall’ipertensione sistemica e talvolta dalla protrusione della parte
modo tale da poter funzionare come pacemaker cardiaci. Poiché la basale del setto interventricolare nel tratto di efflusso del ventricolo
normale frequenza di depolarizzazione spontanea nel nodo SA sinistro (denominato setto sigmoidale). Questi cambiamenti nella ca-
­(60-100 battiti/minuto) è più rapida di quella delle altri componenti, vità ventricolare sinistra possono provocare un’ostruzione ­funzionale
essa regola normalmente il ritmo cardiaco. Il nodo AV serve come all’efflusso simile a quella osservata nella cardiomiopatia ipertrofica,
una sorta di “guardiano”; ritardando la trasmissione del segnale dagli discussa più avanti in questo capitolo.
522 CAPITOLO 12 Il cuore

Tabella 12.1 Modificazioni del cuore Insufficienza di pompa. Nella circostanza più comune, il muscolo
con l’invecchiamento cardiaco si contrae debolmente e le camere non riescono a svuo-
tarsi adeguatamente. In alcuni casi il muscolo non riesce a rilassarsi
camere sufficientemente da permettere il riempimento ventricolare.
Aumento delle dimensioni cavitarie dell’atrio sinistro Ostruzione al flusso. Le lesioni possono ostruire il flusso sangui-
Riduzione delle dimensioni cavitarie del ventricolo sinistro gno attraverso un vaso (ad es. placca aterosclerotica), impedire
Conformazione sigmoidale del setto interventricolare l’apertura valvolare o causare un aumento della pressione nella
camera ventricolare (ad es. stenosi valvolare aortica, ipertensione
valvole
sistemica o coartazione aortica). Nel caso di un blocco valvolare,
Depositi calcifici sulla valvola aortica l’aumentata pressione sovraccarica la camera che pompa contro
Depositi calcifici dell’annulus mitralico
Ispessimento fibroso dei lembi valvolari
l’ostruzione.
Protrusione dei lembi mitralici nell’atrio sinistro Flusso rigurgitante. In questa situazione, almeno parte della gittata
Escrescenze di Lambl di ogni contrazione refluisce all’indietro, aggiungendo un carico
di lavoro volumetrico a ognuna delle camere (ad es. ventricolo si-
arterie coronarie epicardiche
nistro nel rigurgito aortico; atrio sinistro e ventricolo sinistro nel
Tortuosità rigurgito mitralico).
Incremento del diametro luminale Flusso deviato. Il sangue può essere deviato da una parte del cuore
Depositi calcifici
Placche aterosclerotiche
all’altra (ad es. dal ventricolo sinistro al ventricolo destro), attra-
verso difetti che possono essere congeniti o acquisiti (come in
miocardio seguito a infarto miocardico). Deviazioni del flusso possono
Massa aumentata anche verificarsi tra vasi sanguigni, come nel dotto arterioso
Aumento del grasso subepicardico pervio.
Atrofia bruna Disturbi della conduzione cardiaca. Difetti di conduzione o arit-
Deposito di lipofuscine mie dovuti all’incoordinata generazione degli impulsi (ad es.
Degenerazione basofila
Depositi di amiloide
­f ibrillazione atriale o ventricolare) conducono a contrazioni
disomogenee e inefficienti delle pareti muscolari.
aorta Rottura del cuore o di un vaso maggiore. Tali circostanze (ad es.
Dilatazione dell’aorta ascendente con spostamento verso destra una ferita da arma da fuoco attraverso l’aorta toracica) causano
Aorta toracica allungata (tortuosa) massive emorragie, nelle cavità corporee o all’esterno del corpo.
Depositi calcifici sulla giunzione senotubulare
Frammentazione delle fibre elastiche e accumulo di collagene La maggior parte delle cardiopatie deriva da una complessa inte-
Placche aterosclerotiche
razione di fattori genetici e ambientali che alterano le network di
geni e le vie di signaling che regolano la morfogenesi, la sopravvi-
venza e la risposta al danno del cardiomiocita, le risposte allo stress
Le modificazioni delle valvole cardiache dovute all’età includono biomeccanico, la contrattilità o la conduzione elettrica.10 Ad esempio,
la calcificazione dell’annulus mitralico e della valvola aortica, quest’ul- la patogenesi di molti difetti cardiaci congeniti coinvolge una sotto-
tima frequentemente associata a stenosi aortica. Inoltre, le valvole stante alterazione genetica la cui espressione è modificata da fattori
possono sviluppare ispessimento fibroso e i lembi mitralici tendono ambientali o materni (si veda oltre). Inoltre, i geni che controllano
a curvarsi all’indietro verso l’atrio sinistro durante la sistole ventri- lo sviluppo del cuore possono anche regolare la risposta cardiaca
colare, simulando un prolasso della valvola mitralica (degenerazione all’invecchiamento o a vari tipi di danno e stress. Come si discuterà
mixomatosa). In più, molti soggetti anziani sviluppano piccole rile- più avanti, certi tipi di cardiopatie a esordio clinico in età adulta
vatezze filiformi (escrescenze di Lambl) lungo le linee di chiusura delle hanno una base prevalentemente genetica e si ritiene che polimor-
valvole aortica e mitrale, che probabilmente derivano dall’organiz- fismi genetici negli stessi geni (o in altri geni delle stesse pathway)
zazione di piccoli trombi sui margini di contatto valvolari. probabilmente modificano il rischio di insorgenza di molte forme
Rispetto al miocardio dei giovani, il miocardio “invecchiato” ha di cardiopatia. Queste scoperte della genetica stanno fornendo nuove
meno miociti, più tessuto connettivo collagene e, in alcuni soggetti, chiavi di lettura delle cause molecolari delle cardiopatie ed è proba-
depositi di amiloide. Possono anche essere presenti depositi di lipo- bile che divengano in futuro parte integrante della loro diagnosi e
fuscina (Cap. 1) e degenerazione basofila, un accumulo all’interno classificazione.
dei miociti cardiaci di un sottoprodotto di colore grigio-blu del
metabolismo del glicogeno. Un diffuso deposito di lipofuscina in un
cuore piccolo e atrofico prende il nome di atrofia bruna; questa Scompenso cardiaco
modificazione spesso accompagna la cachessia, come si osserva nelle
fasi terminali di varie neoplasie. Lo scompenso cardiaco, detto anche insufficienza cardiaca con-
gestizia (ICC), è una condizione comune, in genere progressiva
con una prognosi infausta. Ogni anno negli Stati Uniti, l’ICC
Fisiopatologia delle cardiopatie colpisce circa 5 milioni di persone (approssimativamente il
2% della popolazione), rende necessario oltre 1 milione di ricoveri
Sebbene molte malattie possano interessare il cuore e i vasi ospedalieri ed è la causa o la concausa della morte di circa
sanguigni,8,9 la disfunzione cardiovascolare deriva da uno o più dei 300.000 persone. È la principale diagnosi di dimissione dei pa-
sei seguenti principali meccanismi, la maggior parte dei quali si zienti con più di 65 anni negli Stati Uniti con un costo annuale di
associa a evidenti modificazioni patologiche: 18 miliardi di dollari.
CAPITOLO 12 Il cuore 523

L’ICC insorge quando il cuore non è in grado di pompare sangue ­ -adrenergici), causa un incremento nelle dimensioni dei miociti
b
in quantità sufficiente a fronteggiare le richieste metaboliche dei (ipertrofia) che alla fine determina un aumento delle dimensioni e
tessuti o può farlo soltanto con un’elevata pressione di riempimento. del peso del cuore (Fig. 12.1). L’ipertrofia dipende dall’aumentata
L’ICC può verificarsi durante le fasi terminali di molte forme di sintesi proteica, che consente l’assemblaggio di sarcomeri aggiuntivi.
cardiopatia cronica. In questo contesto, si sviluppa perlopiù in modo I miociti ipertrofici contengono anche un numero maggiore di
insidioso a causa degli effetti cumulativi del cronico sovraccarico di mitocondri e hanno nuclei ingranditi. Quest’ultima alterazione
lavoro (come nelle valvulopatie o nell’ipertensione) o della cardio- sembra essere dovuta ad aumento della ploidia, causato da replica-
patia ischemica (ad es. in seguito a un infarto miocardio con esteso zione del DNA in assenza di divisione cellulare. Il tipo di ipertrofia
danno cardiaco). Tuttavia, gli stress emodinamici acuti, come il so- riflette la natura dello stimolo. In risposta ad aumenti di pressione
vraccarico di fluidi, la disfunzione valvolare acuta, o un esteso infarto (ad es. ipertensione o stenosi aortica), i ventricoli sviluppano iper-
miocardico, possono determinare la comparsa improvvisa di ICC. trofia da sovraccarico pressorio, che in genere provoca un aumento
Quando la funzionalità cardiaca è compromessa o il carico di concentrico nello spessore della parete cardiaca. Nel sovraccarico
lavoro aumenta, diversi meccanismi fisiologici mantengono la pres- pressorio, nuovi sarcomeri vengono prevalentemente assemblati in
sione arteriosa e la perfusione degli organi vitali. I più importanti parallelo all’asse longitudinale della cellula, espandendo l’area della
sono i seguenti: sezione trasversale dei miociti. Al contrario, l’ipertrofia da sovrac-
carico volumetrico è caratterizzata da dilatazione ventricolare, perché
Il meccanismo di Frank-Starling, per cui aumentati volume di i nuovi sarcomeri assemblati in risposta al sovraccarico di volume
riempimento dilatano il cuore, aumentando così la formazione sono in gran parte posizionati in serie rispetto agli esistenti sarco-
di ponti funzionali crociati all’interno dei sarcomeri e miglioran- meri. Di conseguenza, nella dilatazione da sovraccarico volumetrico
do la contrattilità. lo spessore delle pareti cardiache può essere aumentato, normale o
I fenomeni adattativi del miocardio, inclusa l’ipertrofia con o senza ridotto. È quindi il peso del cuore, piuttosto che lo spessore parietale
dilatazione delle camere cardiache. Le complessive modificazioni il miglior parametro per misurare l’ipertrofia nei cuori con sovrac-
molecolari, cellulari e strutturali che si verificano in risposta al carico di volume.
danno o alle variazioni nelle condizioni di carico sono denomi- L’ipertrofia cardiaca può essere considerevole nei vari casi clinici
nati rimodellamento ventricolare.11 In particolare negli stadi ini- di cardiopatia. Pesi del cuore pari a due o tre volte il peso normale
ziali, queste modificazioni rappresentano fenomeni adattativi, sono frequenti nei pazienti con ipertensione sistemica, cardiopatia
ma possono successivamente culminare in un’alterazione della ischemica, stenosi aortica, insufficienza mitralica o cardiomiopatia
funzionalità cardiaca. In molte condizioni patologiche, lo scom- dilatativa. Pesi del cuore da tre a quattro volte i valori normali si
penso cardiaco è preceduto da ipertrofia, la risposta compensa- riscontrano in pazienti con insufficienza aortica o cardiomiopatia
toria del miocardio all’aumentato lavoro meccanico. ipertrofica.
L’attivazione dei sistemi neuroumorali, in particolare (1) il rilascio Nell’ipertrofia cardiaca si verificano importanti cambiamenti a
di noradrenalina da parte dei nervi adrenergici cardiaci del siste- livello tissutale e cellulare. L’aumento nelle dimensioni dei miociti
ma nervoso autonomo (che aumenta frequenza cardiaca, con- non è accompagnato da un proporzionale aumento del numero dei
trattilità miocardica e resistenze vascolari periferiche), (2) l’atti- capillari che li nutrono. Pertanto, l’apporto di ossigeno e di sostanze
vazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone e (3) il nutrienti al cuore ipertrofico, in particolare se sottoposto a ipertrofia
rilascio del peptide natriuretico atriale. Gli ultimi due fattori da sovraccarico di pressione, è ridotto rispetto al cuore normale.
agiscono regolando i volumi e le pressioni di riempimento. Allo stesso tempo, il consumo di ossigeno del cuore ipertrofico è
elevato a causa dell’aumentato carico di lavoro che causa la patologia.
Questi meccanismi di adattamento possono essere sufficienti a L’ipertrofia è spesso associata anche alla deposizione di tessuto fi-
mantenere la normale gittata cardiaca a fronte della cardiopatia, broso. Modificazioni molecolari includono l’espressione di geni
ma la capacità di mantenimento della funzione cardiaca può venire precoci-immediati (ad es. c-fos, c-myc, c-jun ed EGR1) (Cap. 1).13
alla fine superata. Inoltre, modificazioni patologiche, come l’apoptosi Con prolungati sovraccarichi emodinamici, possono verificarsi
dei miociti, alterazioni del loro citoscheletro e la deposizione di cambiamenti con un pattern di espressione genica simile a quello
matrice extracellulare possono causare ulteriori alterazioni struttu- osservato durante lo sviluppo cardiaco fetale (inclusa la selettiva
rali e funzionali. Lo scompenso cardiaco deriva più spesso da un espressione di forme embrionali/fetali di catene pesanti di b-­miosina,
progressivo deterioramento della funzione contrattile miocardica peptidi natriuretici e collagene).
(disfunzione sistolica), condizione attribuibile a danno ischemico, A livello funzionale, l’ipertrofia cardiaca è associata ad aumentate
sovraccarico di pressione o di volume dovuto a valvulopatia o iper- richieste metaboliche a causa di incrementi nella tensione di parete,
tensione, o cardiomiopatia dilatativa. A volte, tuttavia, lo scompenso nella frequenza cardiaca e nella contrattilità (stato inotropo o forza
deriva da un’incapacità delle camere cardiache di espandersi e ri- di contrazione), i quali accrescono il consumo cardiaco di ossigeno.
empirsi sufficientemente durante la diastole (disfunzione diastolica), Come conseguenza di queste modificazioni, il cuore ipertrofico è vul-
come può avvenire con l’ipertrofia ventricolare sinistra massiva, la nerabile allo scompenso, che può condurre il paziente alla morte.14
fibrosi miocardica, la deposizione di amiloide o la pericardite co- La proposta serie di eventi, inizialmente benefici e in seguito dan-
strittiva (si veda oltre).12 nosi, in risposta all’aumentato lavoro cardiaco è schematizzata nella
Figura 12.2. Le modificazioni molecolari e cellulari nei cuori ipertrofici
che inizialmente consentono un aumento della funzionalità cardiaca
Ipertrofia Cardiaca: Fisiopatologia
possono essi stessi contribuire allo sviluppo dello scompenso. Questo
E Progressione Fino Allo Scompenso
può avvenire attraverso (1) un alterato metabolismo miocardico,15,16
L’aumento del lavoro meccanico a causa del sovraccarico di pressione (2) alterazioni della distribuzione intracellulare degli ioni di calcio,
(ad es. ipertensione sistemica o stenosi aortica), di volume o di (3) apoptosi dei miociti e (4) riprogrammazione dell’espressione
­segnali trofici (ad es. quelli mediati dall’attivazione dei recettori genica.17,18 Quest’ultima sembra avvenire in parte ­attraverso ­variazioni
524 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.1 Ipertrofia ventricolare sinistra. A. Ipertrofia da ipertensione dovuta all’ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro. In questa
immagine con le quattro camere cardiache, il ventricolo sinistro è in basso a destra. B. Ipertrofia ventricolare sinistra con e senza dilatazione, osservata
su sezioni trasversali del cuore. In confronto a un cuore normale (al centro), i cuori con ipertrofia da sovraccarico pressorio (a sinistra e in A) hanno una
massa aumentata e una parete ventricolare sinistra ispessita, mentre un cuore ipertrofico e dilatato (a destra) ha una massa aumentata e uno spessore
parietale normale. C. Miocardio normale. D. Miocardio ipertrofico. Si noti l’aumento sia delle dimensioni cellulari sia delle dimensioni nucleari nei miociti
ipertrofici. (A e B. Riprodotte per gentile concessione da Edwards WD: Cardiac anatomy and examination of cardiac specimens. In Emmanouilides GC et
al. (eds): Moss and Adams Heart Disease in Infants, Children, and Adolescents: Including the Fetus and Young Adults, 5th ed. Philadelphia, Williams and
Wilkins, 1995, p. 86)

nell’espressione di miRNA, piccoli RNA non codificanti che inibi- trofia da lavoro del miocardio vitale circostante. Nelle cardiopatie
scono l’espressione proteica, influenzando la stabilità dell’mRNA o valvolari, la pressione o il volume aumentati sovraccaricano il mio-
la sua traduzione in proteine (Cap. 5). L’ipertrofia cardiaca è asso- cardio globalmente.
ciata a downregolazione di miR-208 e a upregolazione di miR-195; L’aumento della massa cardiaca predice l’eccesso di mortalità e
è interessante notare che la sovraespressione forzata di miR-195 può morbilità; infatti, la cardiomegalia è un fattore indipendente di ri-
provocare ipertrofia e dilatazione cardiache nel topo, mentre la so- schio di morte improvvisa.19
vraespressione di miR-208 è protettiva anche nel caso di sovraccarico Al contrario dell’ipertrofia patologica (che è spesso associata a
pressorio, lasciando supporre una relazione di causa/effetto. riduzione della funzione contrattile), l’ipertrofia indotta da un re-
Il grado di alterazione anatomica e strutturale del cuore nell’ICC golare e intenso esercizio fisico ha diversi effetti sul cuore che dipen-
non sempre riflette il livello della disfunzione e le basi strutturali, dono dal tipo di esercizio. L’esercizio fisico aerobico (ad es. corsa su
biochimiche e molecolari dell’insufficienza contrattile del miocardio lunga distanza) tende ad associarsi a ipertrofia da carico di volume,
non sono chiare. Difatti, l’esame morfologico non consente di di- che può in questo caso accompagnarsi ad aumento della densità dei
stinguere con certezza un cuore danneggiato, ma funzionale, da uno capillari (a differenza di altre forme di ipertrofia), e a riduzioni della
scompensato. In sede autoptica, i cuori dei pazienti con ICC sono frequenza cardiaca a riposo e ­della pressione sanguigna, tutti effetti
generalmente pesanti, dilatati e dalle pareti sottili e mostrano evi- positivi. Queste modificazioni prendono talvolta il nome di ipertrofia
denza microscopica di ipertrofia, ma l’entità di queste alterazioni è fisiologica. L’esercizio ­statico (ad es. sollevamento pesi) è invece
estremamente variabile. Nell’infarto miocardico, la perdita della associato a ipertrofia da ­carico di pressione ed è più probabilmente
capacità di pompa dovuta alla morte dei miociti conduce all’iper- correlato con alterazioni dannose.
CAPITOLO 12 Il cuore 525

Morfologia
Cuore I reperti cardiaci variano in relazione alla causa del
processo patologico; possono essere presenti alterazioni
strutturali macroscopiche come infarti miocardici o una val-
vola deforme, stenotica o insufficiente. Ad eccezione dello
scompenso causato dalla stenosi valvolare mitralica o da
rare cardiomiopatie restrittive (descritte successivamente),
il ventricolo sinistro è in genere ipertrofico e spesso dilatato,
talvolta in modo massivo. Le alterazioni microscopiche non
sono specifiche, consistono principalmente nell’ipertrofia dei
miociti e in vari gradi di fibrosi interstiziale. La ridotta fun-
zione ventricolare sinistra causa solitamente dilatazione
dell’atrio sinistro e un aumento del rischio di fibrillazione
atriale, con contrazione scoordinata e inefficace della musco-
latura atriale. Questa causa a sua volta stasi, in particolare
nell’auricola atriale, che è una sede frequente di formazione
di trombi.
Polmoni La congestione polmonare e l’edema producono
polmoni pesanti e umidi, come descritto altrove (Capp. 4 e 15).
Le alterazioni polmonari includono, in ordine di sequenza dai
più lievi ai più gravi, i seguenti reperti: (1) edema perivasco-
lare e interstiziale, in particolare a livello dei setti ­interlobulari,
responsabile delle caratteristiche strie B di Kerley osservate
nelle radiografie del torace; (2) progressivo allargamento
edematoso dei setti alveolari; e (3) accumulo di liquido ede-
matoso negli spazi alveolari. Alcuni globuli rossi stravasano
nel trasudato edematoso all’interno degli spazi alveolari,
dove sono fagocitati e digeriti dai macrofagi, che immagaz-
Figura 12.2 Rappresentazione schematica delle cause e delle conse-
zinano il ferro recuperato dall’emoglobina in forma di emo-
guenze dell’ipertrofia cardiaca. siderina. Questi macrofagi ­carichi di ­emosiderina rappresen-
tano un segno istologico di pregressi episodi di edema
­polmonare e sono anche denominati cellule dello scompenso
cardiaco.
Qualunque sia la sua base, l’ICC è caratterizzata da gradi diffe-
renti di ridotta gittata cardiaca e ridotta perfusione tissutale (tal-
volta ­chiamata insufficienza anterograda), così come dal ristagno Clinicamente, nella fase iniziale dello scompenso cardiaco sini-
di sangue nella circolazione venosa (insufficienza retrograda); stro, i sintomi possono essere piuttosto lievi e sono spesso collegati
quest’ultimo può causare edema polmonare, edema periferico o alla congestione polmonare e all’edema. Tosse e dispnea (affanno),
entrambi. Pertanto, molti degli aspetti clinici e delle significative inizialmente sotto sforzo e successivamente anche a riposo, sono
alterazioni morfologiche osservate nell’ICC sono secondarie ai due dei disturbi più precoci. Col progredire dello scompenso, il
danni indotti dall’ipossia e dalla congestione a livello dei tessuti peggioramento dell’edema polmonare può condurre a ortopnea
extracardiaci. (dispnea che insorge quando si è distesi e che si risolve assumendo
Il sistema cardiovascolare è un circuito chiuso. Quindi, anche se una posizione eretta), la quale obbliga il paziente a dormire con
lo scompenso cardiaco sinistro e destro possono verificarsi indipen- molti cuscini o stando seduto; o dispnea parossistica notturna, una
dentemente, lo scompenso di un lato (in particolare quello del cuore forma di dispnea che solitamente insorge di notte, talmente grave
sinistro) spesso provoca eccessivo sforzo dell’altro, causando uno da indurre un senso di soffocamento. La stasi cardiaca aumenta di
scompenso cardiaco globale. Malgrado questa interdipendenza, è molto il rischio di trombosi e di ictus tromboembolico, particolar-
più facile comprendere la patologia dello scompenso cardiaco con- mente nel contesto della fibrillazione atriale, un’aritmia caratteriz-
siderando separatamente lo scompenso del cuore destro e quello del zata da contrazione scoordinata, caotica e inefficace della muscola-
cuore sinistro. tura dell’atrio.20
La ridotta gittata cardiaca causa una riduzione nella perfusione
renale, con conseguente attivazione del sistema renina-angiotensina-
Scompenso Cardiaco Sinistro
­aldosterone, che a sua volta induce ritenzione di sale e acqua con
Lo scompenso cardiaco sinistro è causato in genere da (1) cardio- espansione dei volumi di liquido interstiziale e intravascolare
patia ischemica, (2) ipertensione, (3) valvulopatia aortica e ­mitralica e (Capp. 4 e 11). Tali effetti compensatori possono tuttavia favorire
(4) cardiomiopatie. Gli effetti clinici e morfologici dello scompenso o esacerbare l’edema polmonare. Se l’ipoperfusione del rene diventa
cardiaco sinistro derivano principalmente dalla congestione della sufficientemente grave, la ridotta escrezione di prodotti azotati può
circolazione polmonare, dalla stasi del sangue nelle camere cardiache causare iperazotemia (cosiddetta iperazotemia prerenale a causa
di sinistra e dall’ipoperfusione dei tessuti periferici con conseguente della sua origine circolatoria, Cap. 20). Nelle fasi avanzate dello
disfunzione d’organo. scompenso cardiaco sinistro, l’ipossia cerebrale può dare luogo a
526 CAPITOLO 12 Il cuore

encefalopatia ipossica (Cap. 28), contraddistinta da irritabilità, per-


dita della capacità di concentrazione e agitazione. Nelle fasi termi- Morfologia
nali, l’encefa­lopatia ipossica può anche progredire verso uno stato Cuore Come per lo scompenso sinistro, le alterazioni mor-
stuporoso e il coma. fologiche variano in relazione alle cause dello scompenso.
Lo scompenso cardiaco sinistro può essere suddiviso, da un Raramente, si osservano difetti strutturali come anomalie
punto di vista clinico, in scompenso sistolico e diastolico. Lo valvolari o fibrosi endocardica (come nella cardiopatia da
scompenso sistolico è caratterizzato da una insufficiente gittata carcinoide). Poiché lo scompenso cardiaco destro isolato è
cardiaca e può quindi essere causato dalle varie patologie che di regola causato da una patologia polmonare, l’ipertrofia
danneggiano o alterano la funzione contrattile del ventricolo e la dilatazione dell’atrio e del ventricolo destro sono in ge-
­sinistro. Nello scompenso diastolico, la gittata cardiaca è relativa- nere gli unici reperti a livello cardiaco.
mente preservata a riposo, ma il ventricolo sinistro è patologica- Fegato e sistema portale La congestione dei vasi epatici e
mente rigido o altrimenti limitato nella sua capacità di rilassarsi portali produce alterazioni patologiche nel fegato, nella milza
durante la diastole. Di conseguenza, il cuore non è in grado di e nell’intestino. Il fegato è in genere aumentato di peso e
aumentare la sua gittata in risposta ad aumentate richieste meta- dimensioni (epatomegalia congestizia) a causa della note-
boliche dei tessuti periferici (ad es. durante l’esercizio). Inoltre, vole congestione passiva (Cap. 4). La congestione è maggiore
poiché il ventricolo sinistro non può espandersi normalmente, intorno alle vene centrali all’interno dei lobuli epatici, con
ogni aumento nella pressione di riempimento è immediatamente colorazione rosso-bruna centrolobulare e colorazione più
trasmesso in maniera retrograda alla circolazione polmonare, chiara, giallastra, nelle regioni periferiche del lobulo; questa
provocando un edema polmonare a insorgenza rapida (talvolta combinazione produce un caratteristico aspetto che prende
definito edema polmonare flash), che può essere clinicamente di il nome di “fegato a noce moscata” (Cap. 4). In alcuni casi,
grave entità. Lo scompenso diastolico insorge prevalentemente in in particolare quando è anche presente scompenso cardiaco
pazienti con più di 65 anni, e, per motivi non chiari, è più frequen- sinistro, la grave ipossia centrale provoca necrosi centrolo-
te nelle donne. Fattori di rischio includono ipertensione, diabete bulare. Con un grave scompenso cardiaco destro di lunga
mellito, obesità e stenosi bilaterale delle arterie renali. La riduzio- durata, le aree centrali possono diventare fibrotiche, creando
ne della capacità del ventricolo sinistro di rilassarsi e riempirsi la cosiddetta sclerosi cardiaca e, in casi estremi, la cirrosi
può essere dovuta a fibrosi miocardica (come avviene in alcune cardiaca (Cap. 18). L’ipertensione portale provoca ingrossa-
cardiomiopatie e nelle cardiopatie ischemiche), da malattie infil- mento della milza (splenomegalia congestizia), che spesso
trative associate alle cardiomiopatie restrittive (ad es. amiloidosi pesa tra i 300 e i 500 g (peso normale 150 g. L’ipertensione
cardiaca) e da pericarditi restrittive. Lo scompenso cardiaco dia- portale può anche causare congestione cronica ed edema
stolico può anche verificarsi in pazienti anziani in assenza di della parete intestinale, che possono essere talmente gravi
fattori di rischio noti, come possibile manifestazione estrema da interferire con l’assorbimento intestinale.
dell’aumentata rigidità del cuore che si verifica normalmente con Spazi pleurici, pericardici e peritoneali La congestione venosa
l’invecchiamento. sistemica può portare all’accumulo di liquido negli spazi pleu-
rici, pericardici e peritoneali (versamenti). Quindi, mentre
l’edema polmonare è associato a uno scompenso cardiaco
Scompenso Cardiaco Destro
sinistro, un versamento pleurico indica uno scompenso anche
Lo scompenso cardiaco destro è in genere causato da uno scompenso della parte destra del cuore. Versamenti pleurici abbondanti
cardiaco sinistro, poiché ogni aumento di pressione nella circola- (oltre 1 litro) possono determinare un’insufficiente ventilazione
zione polmonare dovuto a uno scompenso sinistro grava inevita- con atelettasia del polmone corrispondente. Trasudazione di
bilmente sul lato destro del cuore. Le cause dello scompenso car- liquido nella cavità peritoneale può dare origine ad ascite.
diaco destro comprendono dunque tutte quelle che inducono uno Tessuti sottocutanei L’edema delle porzioni periferiche e
scompenso cardiaco sinistro. Lo scompenso cardiaco destro isolato declivi del corpo, in particolare l’edema della caviglia e quello
è raro e di solito si verifica in pazienti affetti da una delle varie pretibiale, sono un segno caratteristico di scompenso car-
malattie che colpiscono i polmoni; perciò viene comunemente diaco destro. Nei pazienti cronicamente allettati, può predo-
denominato cuore polmonare. Il cuore polmonare è più spesso minare l’edema presacrale. In pazienti con grave scompenso
­associato a patologie parenchimali del polmone, ma può anche cardiaco congestizio può anche insorgere un edema massivo
insorgere secondariamente a malattie che colpiscono la vascolariz- e generalizzato (anasarca).
zazione polmonare (ad es. ipertensione polmonare primitiva,
Cap. 15; tromboembolia polmonare ricorrente, Cap. 4) o che sem-
plicemente provocano ipossia (ad es. sindrome da apnea del sonno Le caratteristiche cliniche dello scompenso cardiaco destro isolato
cronica, malattia da altitudine), con associata vasocostrizione pol- (cuore polmonare) sono legate alla congestione venosa sistemica (e
monare. Caratteristica comune a queste differenti patologie è l’iper- portale), e includono epatosplenomegalia, edema periferico, versa-
tensione polmonare (trattata in seguito), che risulta in ipertrofia menti pleurici e ascite. Organi più gravemente colpiti dallo scom-
e dilatazione del lato destro del cuore. In casi estremi, il conseguente penso cardiaco destro includono i reni e il cervello. La congestione
incurvamento a sinistra del setto interventricolare può causare dei reni è più marcata nello scompenso cardiaco destro che in quello
disfunzione ventricolare sinistra. sinistro e causa una maggiore ritenzione idrica con edema periferico
I più importanti effetti morfologici e clinici del cuore polmonare e iperazotemia più pronunciata.
differiscono da quelli dello scompenso cardiaco sinistro in quanto La congestione venosa e l’ipossia del sistema nervoso centrale
la congestione polmonare è minima, mentre la congestione della possono provocare deficit cognitivi che sono sostanzialmente iden-
circolazione venosa sistemica e portale può essere marcata. tici a quelli descritti nello scompenso cardiaco sinistro.
CAPITOLO 12 Il cuore 527

Nonostante gli scompensi cardiaci destro e sinistro siano stati Tabella 12.2 Frequenze delle malformazioni cardiache
trattati separatamente, è importante sottolineare che in molti casi di congenite*
scompenso cardiaco cronico, il paziente si presenta in ICC biventrico-
Incidenza per
lare con sintomi che comprendono le sindromi cliniche di entrambi gli Malformazione milione di nati vivi %
scompensi cardiaci destro e sinistro. La terapia standard dell’ICC è
principalmente farmacologica. Sono particolarmente utili i farmaci Difetti del setto interventricolare 4.482 42
che riducono il sovraccarico di liquidi (ad es. diuretici), che bloccano
l’asse renina-angiotensina-aldosterone (ad es. inibitori dell’enzima Difetti del setto interatriale 1.043 10
di conversione dell’angiotensina) e che riducono il tono adrenergico Stenosi polmonare 836 8
(ad es. b1-bloccanti). L’efficacia delle ultime due classi di farmaci
indica che le modificazioni neuroumorali presenti nell’ICC (inclusi Dotto arterioso pervio 781 7
gli elevati livelli ematici di noradrenalina e renina) contribuiscono
Tetralogia di Fallot 577 5
allo scompenso cardiaco. Recenti tentativi per migliorare la funzio-
nalità cardiaca in pazienti con ICC includono dispositivi capaci di Coartazione aortica 492 5
fornire al cuore un’assistenza meccanica e di indurre risincronizza-
zione degli impulsi elettrici per massimalizzare l’efficienza cardiaca. Difetti del setto atrioventricolare 396 4
A causa della prevalenza e della gravità dell’ICC, vi è molto interesse Stenosi aortica 388 4
in nuove forme di terapia, inclusi approcci cellulari.21 A tale propo-
sito, un crescente numero di studi sembra indicare che il cuore Trasposizione delle grandi arterie 388 4
adulto abbia una limitata capacità di autorinnovamento mediato da
Tronco arterioso persistente 136 1
cellule staminali. Se e in quale misura ciò possa essere sfruttato a
fini terapeutici non è ancora chiaro.22 Ritorno venoso polmonare 120 1
anomalo totale

Cardiopatie congenite Atresia della tricuspide 118 1

TOTALE 9.757
Cardiopatia congenita è un termine generico utilizzato per descri- *
vere anomalie cardiache o dei grossi vasi che sono presenti dalla Presentata come quartile superiore di 44 studi pubblicati. Le percentuali
non raggiungono il 100% a causa dell’arrotondamento.
nascita. La maggior parte di tali malattie origina da difetti dell’em- Fonte: Hoffman JIE, Kaplan S: The incidence of congenital heart disease.
briogenesi tra la 3ª e l’8ª settimana di gestazione, quando si svilup- J Am Coll Cardiol 39:1890, 2002.
pano e cominciano a funzionare le principali strutture ­cardiovascolari.
Le anomalie più gravi sono incompatibili con la sopravvivenza in-
trauterina. I difetti cardiaci congeniti compatibili con lo sviluppo i­ nterventi chirurgici.26 Altri fattori che influiscono sulla prognosi a
dell’embrione e la nascita sono generalmente difetti morfogenetici lungo termine includono i rischi associati all’impiego di dispositivi
di singole camere o regioni cardiache, mentre il resto del cuore si e materiali protesici,27 come valvole sostitutive o patch miocardiche,
sviluppa in modo relativamente normale. Esempi sono i neonati con e i rischi materni associati a eventuali gravidanze.28
un difetto del setto (“foro nel cuore”), come un difetto del setto in- Sviluppo cardiaco. Le diverse malformazioni osservate nelle
teratriale (DIA) o un difetto del setto interventricolare (DIV), lesioni cardiopatie congenite sono causate da errori che si verificano durante
valvolari stenotiche o con anomalie nelle arterie coronarie.23 Alcune lo sviluppo cardiaco; è quindi opportuna una breve descrizione del
forme di cardiopatia congenita danno luogo a manifestazioni subito modo in cui il cuore si forma normalmente, prima di trattare gli
dopo la nascita, frequentemente in coincidenza del passaggio dalla specifici difetti (Fig. 12.3). I dettagli precisi di questo complesso
circolazione fetale a quella postnatale, che si basa sui polmoni, piut- processo esulano dall’intento di questo capitolo. Basti dire che gli
tosto che sulla placenta, per l’ossigenazione. Circa la metà delle iniziali precursori cardiaci originano nel mesoderma laterale e si
malformazioni cardiovascolari congenite viene diagnosticata nel muovono verso la linea mediana in due successive ondate migratorie
primo anno di vita, ma alcune forme lievi possono rimanere silenti per creare un semicerchio di cellule che comprende il primo e il
fino all’età adulta (ad es. DIA). secondo abbozzo cardiaco intorno al 15° giorno di sviluppo.29,30 Ogni
Incidenza. Con un’incidenza di circa l’1% (le stime variano da abbozzo cardiaco è caratterizzato dall’espressione di diverse serie
4 a 50 su 1.000 nati vivi), i difetti cardiovascolari congeniti rientrano di geni; ad esempio, il primo abbozzo cardiaco esprime i fattori di
tra le malformazioni più comuni e rappresentano la cardiopatia più trascrizione TBX5 e Hand1, mentre il secondo abbozzo cardiaco
comune nei bambini.24 L’incidenza è maggiore nei neonati prematuri esprime il fattore di trascrizione Hand2 e FGF-10 (Fibroblast Growth
e nei nati morti. Dodici tipi di malformazione, la cui frequenza è Factor, fattore di crescita fibroblastico). Entrambi gli abbozzi con-
riportata nella Tabella 12.2, rappresentano circa l’85% dei casi. tengono cellule progenitrici multipotenti che possono generare tutti
Il numero di soggetti con cardiopatie congenite che sopravvive i principali tipi cellulari del cuore; endocardio, miocardio e cellule
fino all’età adulta è cresciuto rapidamente ed è attualmente stimato muscolari lisce. Per inciso, c’è notevole interesse nel potenziale te-
a quasi 1 milione di persone negli Stati Uniti.25 Molti di questi sog- rapeutico di tali precoci progenitori cardiaci, che potrebbero teori-
getti hanno tratto notevole beneficio dai rapidi progressi delle tec- camente essere impiegati per rigenerare porzioni del cuore adulto
niche di correzione chirurgica dei vari difetti strutturali cardiaci. danneggiate o altrimenti malfunzionanti.
Tuttavia, tali correzioni non riescono sempre a ripristinare la Anche in questo stadio estremamente precoce di sviluppo, ogni
­normale funzione cardiaca; in tali casi, i pazienti possono soffrire abbozzo cardiaco è destinato a dare vita a specifiche porzioni del
di aritmie o di disfunzioni ventricolari e necessitano di ulteriori cuore. Le cellule derivate dal primo abbozzo cardiaco danno vita
528 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.3 Sviluppo del cuore umano, che evidenzia le tre sorgenti cellulari. A. Giorno 15. Le cellule (rosso) del primo abbozzo cardiaco (PAC) formano
una mezzaluna nella parte anteriore dell’embrione con le cellule (giallo) del secondo abbozzo cardiaco (SAC) vicine al PAC. B. Giorno 21. Le cellule del SAC
giacciono dorsalmente al tubo cardiaco e iniziano a migrare (frecce) verso le estremità anteriore e posteriore del tubo per formare il ventricolo destro (VD),
il cono-tronco (CT) e parte degli atri (A). C. Giorno 28. Seguendo l’ansa che il tubo cardiaco forma verso destra, anche le cellule della cresta neurale cardiaca
(blu) migrano (frecce) nel tratto di efflusso dalle pieghe neurali per suddividere il tratto di efflusso e modellare le arterie degli archi aortici (III, IV e VI) che
sono simmetriche bilateralmente. D. Giorno 50. Termina la suddivisione di ventricoli, atri e valvole atrioventricolari (VAV) dando luogo alla corretta configu-
razione del cuore con le quattro camere cardiache. Ao, aorta; SA, sacco aortico; DA, dotto arterioso; AS, atrio sinistro; ACS, arteria carotide sinistra; ASCS,
arteria succlavia sinistra; VS, ventricolo sinistro; AP, arteria polmonare; AD, atrio destro; ACD, arteria carotide destra; ASCD, arteria succlavia destra; V,
ventricolo. (Modificata per gentile concessione da Srivastava D: Making or breaking the heart: from lineage determination to morphogenesis. Cell 126:1037,
2006)

principalmente al ventricolo sinistro, mentre le cellule derivate dal funzione nei vari fattori necessari allo sviluppo cardiaco, che sono
secondo abbozzo cardiaco danno origine al tratto di efflusso, al spesso fattori di trascrizione (discussi in seguito). Quindi, anche
ventricolo destro e alla maggior parte degli atri. Entro il 20° giorno, alterazioni relativamente minori nell’attività di uno dei molti fattori
l’iniziale semicerchio di cellule diventa un tubo pulsante, che dal necessari al normale sviluppo possono condurre a difetti del pro-
28° giorno si avvolge a destra e inizia a formare le camere cardiache. dotto finale, il cuore completamente formato. Possiamo immaginare
In questo periodo, si verificano altri due eventi importanti: (1) cel- (ma non è provato) che transitori stress ambientali durante il primo
lule derivanti dalla cresta neurale migrano nel tratto di efflusso, dove trimestre di gravidanza che alterino l’attività dei geni coinvolti nello
partecipano al suo processo di settazione e alla formazione degli sviluppo cardiaco possano dare vita a difetti somiglianti a quelli
archi aortici; (2) la matrice extracellulare (ECM) sottostante il fu- prodotti da mutazioni ereditate.
turo canale atrioventricolare e il tratto di efflusso si espande per Eziologia e patogenesi. Le principali cause note di cardiopatia
produrre protuberanze note come cuscinetti endocardici. Questo congenita sono anomalie genetiche sporadiche, che possono prendere
processo dipende dalla delaminazione di un sottotipo di cellule forma di mutazioni monogeniche, piccole delezioni cromosomiche
endocardiche, che invadono l’ECM e successivamente proliferano e aggiunte o delezioni di interi cromosomi (trisomie e monosomie).
e si differenziano in cellule mesenchimali, responsabili dello svilup- Nel caso di mutazioni monogeniche, i geni colpiti codificano per
po valvolare. Entro il 50° giorno, l’ulteriore settazione dei ventricoli, proteine appartenenti a diverse classi funzionali, esempi delle quali
degli atri e delle valvole atrioventricolari produce il cuore a quattro sono forniti nella Tabella 12.3. Molte di queste mutazioni colpiscono
camere. geni che codificano per fattori di trascrizione indispensabili per il
L’orchestrazione corretta di queste importanti trasformazioni normale sviluppo cardiaco. Dato che i pazienti affetti sono eterozi-
dipende da una rete di fattori di trascrizione che sono regolati da goti per queste mutazioni, ne consegue che una riduzione del 50%
varie vie di signaling, in particolare quelle di Notch, Wnt, VEGF, nell’attività di questi fattori è probabilmente sufficiente ad alterare
bone morphogenetic factor (fattore morfogenico osseo), TGFb e lo sviluppo cardiaco. Alcuni dei fattori di trascrizione colpiti sem-
FGF. Va ricordato, inoltre, che il cuore è un organo meccanico espo- brano lavorare insieme in grandi complessi proteici. Ciò spiega
sto al flusso ematico fin dai suoi primi stadi di sviluppo. È probabile perché mutazioni in uno qualsiasi di questi geni producano difetti
che le forze emodinamiche svolgano un ruolo importante nello simili. Ad esempio, GATA4, TBX5 e NKX2-5, tre fattori di trascri-
sviluppo cardiaco, proprio come influenzano gli adattamenti nel zione mutati in alcuni pazienti con difetti dei setti interatriale e in-
cuore adulto come l’ipertrofia e la dilatazione. Inoltre, specifici terventricolare, sono tutti reciprocamente legati e coregolano l’espres-
micro-RNA assumono un ruolo determinante nello sviluppo car- sione di geni target necessari per il corretto sviluppo del cuore. È
diaco coordinando modalità e livelli di espressione dei fattori di interessante notare che GATA4 e TBX20 sono anche mutati in rare
trascrizione.18 forme di cardiomiopatia a esordio nell’adulto (discusse in seguito),
Molti dei difetti genetici che colpiscono lo sviluppo cardiaco sono indicando che non sono solo importanti per lo sviluppo ma che sono
mutazioni autosomiche dominanti che causano parziale perdita di anche necessari nel preservare la funzione del cuore postnatale.
CAPITOLO 12 Il cuore 529

Tabella 12.3 Esempi selezionati di cause genetiche di cardiopatie congenite


Gene(i) colpito(i) Funzione normale Nome della sindrome Cardiopatia congenita

Non sindromici
NKX2-5 Fattore di trascrizione – DIA, DIV, difetti di conduzione
GATA-4* Fattore di trascrizione – DIA, DIV
TBX20* Fattore di trascrizione – DIA, DIV, anomalie valvolari

Sindromici
TBX5 Fattore di trascrizione Holt-Oram DIA, DIV, difetti di conduzione
TBX1 Fattore di trascrizione DiGeorge Difetti del tratto di efflusso cardiaco
JAG1, NOTCH2 Notch signaling Alagille Stenosi dell’arteria polmonare,
tetralogia di Fallot
Fibrillina Proteina strutturale Marfan Aneurisma aortico
TGFb signaling Anomalie valvolari
*
Associati a cardiomiopatia con esordio in età adulta. DIA, difetto del setto interatriale; DIV difetto del setto interventricolare. (Modificata per gentile con-
cessione da Srivastava D: Making or breaking the heart: from lineage determination to morphogenesis. Cell 126:1037, 2006)

Altre mutazioni monogeniche associate alle cardiopatie congenite momento molto incompleta. La maggior parte dei pazienti non ha
colpiscono le proteine all’interno delle vie di signaling o che hanno fattori identificabili di rischio genetico e anche in quelli che ne han-
ruoli strutturali. Le mutazioni nei geni che codificano per le varie no, la natura e la gravità del difetto sono altamente variabili. Quindi,
componenti della via di Notch, come JAGGED1, NOTCH1 e si ritiene che anche fattori ambientali, isolati o in combinazione con
NOTCH2, sono associate a vari difetti cardiaci congeniti, tra cui la fattori genetici, contribuiscano alle cardiopatie congenite e in alcuni
valvola aortica bicuspide (NOTCH1, discusso in seguito) e la tetralogia casi possano essere la causa primaria. Esempi di esposizioni note
di Fallot (JAGGED1 e NOTCH2).29,30 Come ricorderete dal ­Capitolo 11, associate a difetti cardiaci includono la rosolia congenita, diabete
le mutazioni della fibrillina sono alla base della sindrome di Marfan, gestazionale ed esposizione a teratogeni (inclusi alcuni farmaci).33
che è associata a difetti valvolari e aneurismi aortici. Sebbene la fibril- C’è anche grande interesse nell’identificazione di fattori nutrizionali
lina sia stata inizialmente descritta come una proteina strutturale, è che possano modificare il rischio. Ad esempio, l’assunzione di com-
anche un importante regolatore negativo del signaling del TGFb e plessi multivitaminici contenenti folato può ridurre il rischio di
l’iperattivazione del signaling di TGFb è, almeno in parte, responsabile difetti cardiaci congeniti.34
delle anomalie cardiovascolari della sindrome di Marfan. Caratteristiche cliniche. Le diverse anomalie strutturali nelle
Un esempio significativo di una piccola lesione cromosomica cardiopatie congenite rientrano principalmente in tre importanti
capace di causare una cardiopatia congenita è la delezione del cro- categorie:
mosoma 22q11.2, che si trova fin nel 50% dei pazienti con sindrome
di DiGeorge. In questa sindrome il quarto arco branchiale e i derivati Malformazioni che causano uno shunt sinistro-destro
della terza e della quarta tasca faringea, che contribuiscono alla Malformazioni che causano uno shunt destro-sinistro
formazione di timo, paratiroidi e cuore, si sviluppano in modo Malformazioni che causano un’ostruzione.
anomalo. Un gene candidato nella regione deleta è TBX1, che codi-
fica per un fattore di trascrizione che regola lo sviluppo dei proge- Uno shunt è una comunicazione anomala tra camere cardiache o
nitori cardiaci nel secondo abbozzo cardiaco. Altre cause genetiche vasi sanguigni. Queste comunicazioni anomale consentono il flusso
rilevanti di cardiopatia congenita includono aneuploidie cromoso- di sangue secondo gradienti pressori dal lato sinistro (sistemico) al
miche, in particolare la sindrome di Turner (monosomia X) e le lato destro (polmonare) della circolazione o viceversa. Quando il
trisomie 13, 18 e 21.31 Infatti, la più comune causa genetica di cardio- sangue dal lato destro della circolazione fluisce direttamente nel lato
patia congenita è la trisomia 21 (sindrome di Down),32 nella quale sinistro (shunt destro-sinistro), si verificano ipossiemia e cianosi (una
circa il 40% dei pazienti ha uno o più difetti cardiaci, più spesso colorazione blu scuro di cute e membrane mucose) a causa della
coinvolgenti le strutture derivanti dai cuscinetti endocardici (ad es. commistione di sangue venoso scarsamente ossigenato con sangue
valvole e setti atrioventricolari). I meccanismi tramite i quali l’aneu- arterioso sistemico (cardiopatia congenita cianogena). Le più impor-
ploidia conduce a difetti cardiaci congeniti restano in gran parte tanti cause congenite di shunt destro-sinistro sono la tetralogia di
sconosciuti, ma probabilmente coinvolgono l’espressione deregolata Fallot, la trasposizione delle grandi arterie, il tronco arterioso
di più geni. ­persistente, l’atresia della tricuspide e il ritorno venoso anomalo
Oltre a queste associazioni note, anche forme più lievi di varia- polmonare totale. Inoltre, con lo shunt destro-sinistro, emboli pro-
zioni genetiche probabilmente contribuiscono alle cardiopatie con- venienti dalle vene periferiche possono evitare i polmoni ed entrare
genite. Questa affermazione si basa in parte sul riconoscimento del direttamente nella circolazione sistemica (embolia paradossa); in-
fatto che i parenti di primo grado dei pazienti affetti sono a rischio farto e ascesso cerebrale costituiscono potenziali gravi complicanze.
aumentato di difetti cardiaci congeniti rispetto alla popolazione Una cianosi grave e di lunga ­durata causa anche ippocratismo digitale
generale. Ad esempio, il figlio di un padre con un DIV ha un rischio delle punte delle dita ­delle mani e dei piedi (denominata osteoartro-
del 2%; se il DIV è presente nella madre, il rischio dei suoi discen- patia ipertrofica) e policitemia.
denti è del 6-10%. Al contrario, lo shunt sinistro-destro (come nel caso del DIA, DIV
Malgrado questi dati genetici, si deve ammettere che la nostra e pervietà del dotto arterioso) aumenta il flusso ematico polmona-
comprensione dei meccanismi che conducono ai difetti cardiaci è al re e non è inizialmente associato a cianosi. Tuttavia, lo shunt
530 CAPITOLO 12 Il cuore

s­ inistro-destro aumenta sia i volumi del flusso sia la pressione nella provocano restringimenti anomali delle camere, delle valvole o dei
­circolazione polmonare, normalmente a bassa pressione e a bassa vasi sanguigni e pertanto sono denominate cardiopatie congenite
resistenza, cosa che può condurre a ipertrofia ventricolare destra e ostruttive. Un’ostruzione completa è denominata atresia. In alcune
aterosclerosi del sistema vascolare polmonare. Le arterie muscolari malattie (ad es. tetralogia di Fallot), un’ostruzione (stenosi polmo-
polmonari (1 mm di diametro) inizialmente rispondono all’au- nare) si associa a uno shunt (destro-sinistro attraverso un DIV).
mento della pressione e del flusso con ipertrofia della media e va- L’emodinamica alterata delle cardiopatie congenite causa in
socostrizione, che mantengono le pressioni capillari polmonari genere dilatazione o ipertrofia cardiaca (o entrambe). Ciononostan-
distali e venose relativamente normali e prevengono l’edema pol- te, alcuni difetti inducono una riduzione del volume e della massa
monare. La vasocostrizione arteriosa polmonare prolungata, tutta- muscolare di una camera cardiaca; questa condizione è definita
via, stimola la proliferazione delle cellule della parete vascolare e il ipoplasia se avviene prima della nascita e atrofia se si sviluppa dopo
conseguente sviluppo di lesioni ostruttive irreversibili dell’intima, la nascita.
analoghe alle alterazioni arteriolari osservate nell’ipertensione
­sistemica (Cap. 11). Alla fine, le resistenze vascolari polmonari Shunt Sinistro-Destro
raggiungono i livelli sistemici, producendo un nuovo shunt destro-
sinistro che immette sangue non ossigenato nella circolazione Gli shunt sinistro-destro più comuni includono i DIA, i DIV, il dotto
­sistemica (cardiopatia congenita cianogena tardiva, o sindrome di arterioso pervio e i difetti del setto atrioventricolare, illustrati in
Eisenmenger). Figura 12.4.
Una volta che si sviluppa un’ipertensione polmonare irreversibile,
i difetti strutturali della cardiopatia congenita sono considerati Difetti del setto interatriale
irreparabili. Le alterazioni vascolari polmonari secondarie possono
portare alla morte del paziente. Questa è la ragione per cui è neces- Il difetto del setto interatriale (DIA) è un’apertura anomala e stabile
sario un intervento precoce, chirurgico o non chirurgico, in pazienti nel setto interatriale causata dall’incompleta formazione di tessuto
con shunt sinistro-destro. che consente il passaggio di sangue tra gli atri sinistro e destro (da
Alcune anomalie dello sviluppo del cuore (ad es. coartazione non confondere con il forame ovale pervio, si veda oltre). I DIA sono
dell’aorta, stenosi valvolare aortica e stenosi valvolare polmonare) in genere asintomatici fino all’età adulta (Fig. 12.4 A).35

Figura 12.4 Rappresentazione schematica dei difetti congeniti con shunt sinistro-destro. Le frecce indicano la direzione del flusso ematico. A. Difetto
del setto interatriale (DIA). B. Difetto del setto interventricolare (DIV). In caso di DIV lo shunt è da sinistra a destra e la pressione è la stessa in entrambi i
ventricoli. Sono generalmente presenti ipertrofia da sovraccarico pressorio del ventricolo destro e ipertrofia da sovraccarico di volume nel ventricolo sinistro.
C. Pervietà del dotto arterioso (PDA). D. Difetto del setto atrioventricolare (DSAV). E. Ampio DIV con ipertensione polmonare irreversibile. Lo shunt è diretto
da destra a sinistra (inversione dello shunt). Generalmente è presente ipertrofia da sovraccarico di volume e di pressione nel ventricolo destro. La pressione
ventricolare destra è ora sufficiente a produrre uno shunt destro-sinistro. Ao, aorta; AS, atrio sinistro; VS, ventricolo sinistro; TP, tronco polmonare; AD,
atrio destro; VD, ventricolo destro.
CAPITOLO 12 Il cuore 531

Morfologia I tre principali tipi di DIA sono classificati secondo


la loro localizzazione nel setto interatriale come ostium secun-
dum, ostium primum e seno venoso. I DIA di tipo ostium
secundum (90% di tutti i DIA) derivano da un deficit o da una
fenestrazione della fossa ovale in prossimità del centro del
setto interatriale. Questi non sono in genere associati ad altre
anomalie e possono essere di ogni dimensione, singoli o
multipli oppure fenestrati. Le anomalie di tipo ostium primum
(5% dei DIA) sono situate in vicinanza delle valvole AV. I difetti
di tipo seno venoso (5%) sono localizzati in prossimità dell’in-
gresso della vena cava superiore e possono essere associati
a ritorno venoso polmonare anomalo nell’atrio destro.

Caratteristiche cliniche. I DIA causano uno shunt sinistro-destro,


principalmente per il fatto che le resistenze vascolari polmonari sono
significativamente minori di quelle sistemiche e poiché la compliance
(distensibilità) del ventricolo destro è maggiore di quella del sinistro. Il Figura 12.5 Un difetto del setto interventricolare (di tipo membranoso),
flusso ematico polmonare può essere da 2 a 4 volte il normale. Spesso indicato dalla freccia. (Per gentile concessione di William D. Edwards, M.D.,
è presente un soffio come conseguenza dell’eccessivo flusso attraverso Mayo Clinic, Rochester, MN)
la valvola polmonare. Malgrado il sovraccarico di volume nel cuore
destro, i DIA sono generalmente ben tollerati e solitamente non diven-
tano sintomatici prima dei 30 anni di età; ipertensione polmonare ir-
reversibile è poco frequente. La chiusura chirurgica o transcatetere di aortico. Circa il 90% interessa la regione del setto interven-
un DIA corregge le anomalie emodinamiche e previene le complicanze, tricolare membranoso (DIV membranoso) (Fig. 12.5). Il resto
incluso lo scompenso cardiaco, l’embolia paradossa e una malattia va- si localizza al di sotto della valvola polmonare (DIV infundi-
scolare polmonare irreversibile.36 La mortalità è bassa e la sopravvivenza bolare) o nel setto muscolare. Sebbene quasi tutti i DIV siano
a lungo termine è paragonabile a quella della popolazione normale. singoli, quelli nel setto muscolare possono essere multipli
(cosiddetto setto “a groviera”).
Forame ovale pervio
Il forame ovale pervio è un piccolo foro generato da un lembo aperto Caratteristiche cliniche. Le conseguenze funzionali di un DIV
di tessuto nel setto interatriale a livello della fossa ovale.37 Nel feto, dipendono dalle dimensioni del difetto e dalla sua associazione ad
il forame ovale è un importante shunt destro-sinistro fisiologico che altre malformazioni del lato destro del cuore. I DIV estesi causano
permette al sangue ossigenato proveniente dalla placenta di bypas- problemi quasi fin dalla nascita; lesioni più piccole sono general-
sare i polmoni non ancora ventilati, passando direttamente dall’atrio mente ben tollerate per anni e talvolta vengono riconosciute solo
destro al sinistro. Il foro si chiude alla nascita come conseguenza tardivamente. Circa il 50% dei piccoli DIV muscolari si chiude
dell’aumentata pressione sanguigna nel lato sinistro del cuore e il spontaneamente.39 I difetti di dimensioni più grandi sono solitamen-
lembo di tessuto si sigilla permanentemente in circa l’80% delle te a livello del setto membranoso o infundibolari e generalmente
persone. Nel restante 20%, il lembo non sigillato può aprirsi quando causano un significativo shunt sinistro-destro, che porta a ipertrofia
la pressione nel lato destro del cuore aumenta. Quindi, ipertensione ventricolare destra e ipertensione polmonare quasi fin dalla nascita.
polmonare prolungata o anche transitori aumenti nelle pressioni Con il passare del tempo, si sviluppa, praticamente in tutti i pazienti
destre, come avviene durante la defecazione, un colpo di tosse o con grandi DIV non chiusi, una malattia vascolare polmonare irre-
starnuto, possono provocare brevi periodi di shunt destro-sinistro, versibile che in ultima analisi conduce a inversione dello shunt,
con la possibilità di embolie paradosse.38 cianosi e morte. La chiusura, chirurgica o transcatetere, di un DIV
asintomatico è generalmente rimandata oltre l’infanzia, nella spe-
ranza che avvenga una chiusura spontanea. La correzione precoce,
Difetti del setto interventricolare
tuttavia, deve essere eseguita in bambini con estesi difetti per pre-
La chiusura incompleta del setto interventricolare, che consente il venire lo sviluppo della malattia vascolare polmonare ostruttiva
libero passaggio di sangue tra i ventricoli sinistro e destro, è la forma irreversibile.
più comune di anomalia cardiaca congenita (si veda Fig. 12.4 B). La
maggior parte dei difetti del setto interventricolare (DIV) è associata Dotto arterioso pervio
ad altre anomalie cardiache congenite come la tetralogia di Fallot;
soltanto nel 20-30% dei casi si tratta di una forma isolata. Il dotto arterioso pervio (detto anche persistente, o dotto di Botallo
pervio) (Patent Ductus Arteriosus, PDA) si verifica quando il dotto
arterioso, una struttura fetale essenziale che normalmente si chiude
Morfologia I DIV sono classificati in base alle loro dimen- spontaneamente, resta aperto dopo la nascita (si veda Fig. 12.4 C).
sioni e alla loro localizzazione. La maggior parte sono ap- Nella circolazione fetale il dotto arterioso devia il sangue dall’arteria
prossimativamente delle dimensioni dell’orifizio valvolare polmonare all’aorta, operazione che (come nel caso del forame ovale
pervio) serve a bypassare i polmoni. Circa il 90% dei PDA insorge
532 CAPITOLO 12 Il cuore

come anomalia isolata. I rimanenti sono prevalentemente associati


a DIV, coartazione dell’aorta, stenosi polmonare o aortica.
Il PDA produce un caratteristico soffio aspro e continuo, descritto
come soffio “a locomotiva” o “di Gibson”. L’impatto clinico di un PDA
dipende dal suo diametro e dallo stato cardiovascolare dell’indivi-
duo.40 Il PDA è in genere asintomatico alla nascita e un PDA piccolo
e stretto può non avere effetti sulla crescita e sullo sviluppo del bam-
bino. Poiché lo shunt è dapprima sinistro-destro, non c’è ­cianosi, ma
alla fine il volume aggiuntivo e il sovraccarico pressorio ­provocano
alterazioni ostruttive nelle piccole arterie polmonari, che ­conducono
all’inversione del flusso e alle conseguenze a essa associate.
Vi è unanime consenso sul fatto che un PDA isolato dovrebbe
essere chiuso il più precocemente possibile. Al contrario, la conser-
vazione della pervietà del dotto (somministrando prostaglandina E)
assume grande rilevanza per la sopravvivenza di neonati con varie
malformazioni congenite che ostruiscono i tratti di efflusso polmo-
nare o sistemico. Ad esempio, in pazienti con atresia valvolare aortica
un PDA fornisce la maggior parte del flusso sanguigno sistemico.
In relazione al contesto, perciò, un PDA può rappresentare sia un
danno sia una salvezza.

Difetti del setto atrioventricolare


Il difetto del setto atrioventricolare (DSAV, anche denominato difetto
completo del canale atrioventricolare) deriva da una fusione ano-
mala dei cuscinetti endocardici superiore e inferiore del canale AV
embrionale. Il risultato è un’incompleta chiusura del setto AV e la
malformazione delle valvole tricuspide e mitrale (si veda Fig. 12.4 D).
Le due forme più comuni sono il DSAV parziale (che consiste in un
DIA tipo ostium primum e un cleft del lembo anteriore mitralico,
che provoca insufficienza mitralica) e il DSAV completo (che consiste
in un ampio difetto combinato del setto AV e un’ampia valvola AV
comune, sostanzialmente un foro al centro del cuore). Nella forma Figura 12.6 Rappresentazione schematica dei più importanti shunt
destro-sinistro (cardiopatia congenita cianogena). A. Tetralogia di Fallot
completa, tutte e quattro le camere cardiache comunicano libera- classica. La direzione dello shunt attraverso il difetto del setto interventri-
mente, inducendo in ogni camera ipertrofia da sovraccarico di vo- colare (DIV) dipende dal grado della stenosi subpolmonare; se grave, risulta
lume. Più di un terzo di tutti i pazienti con DSAV completo è affetto uno shunt destro-sinistro (freccia). B. Trasposizione delle grandi arterie con
dalla sindrome di Down. La correzione chirurgica è possibile. e senza DIV. Ao, aorta; AS, atrio sinistro; VS, ventricolo sinistro; TP, tronco
polmonare; AD, atrio destro; VD, ventricolo destro. (Per gentile concessione
di William D. Edwards, M.D., Mayo Clinic, Rochester, MN)
Shunt Destro-Sinistro
Le malattie di questo gruppo causano cianosi precocemente nella
vita postnatale (cardiopatia congenita cianogena). La tetralogia di ampio. La valvola aortica forma il bordo superiore del DIV,
Fallot, la più comune in questo gruppo, e la trasposizione delle portandosi così a cavaliere del difetto e di entrambe le came-
grandi arterie sono illustrate schematicamente in Figura 12.6. Le re ventricolari. L’ostruzione all’efflusso ventricolare destro è
altre includono il tronco arterioso persistente, l’atresia della tricu- quasi sempre causata dal restringimento dell’infundibolo
spide e il ritorno venoso polmonare anomalo totale. (stenosi sottopolmonare) ma può essere accompagnata dalla
stenosi valvolare polmonare. Talvolta è presente completa
atresia della valvola polmonare e di porzioni variabili delle
Tetralogia di Fallot
arterie polmonari, cosicché per la sopravvivenza è necessario
Le quattro caratteristiche fondamentali della tetralogia di Fallot (TF) che sia garantito il flusso sanguigno attraverso un dotto ar-
sono (1) DIV, (2) ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo destro terioso pervio, arterie bronchiali dilatate o attraverso entram-
(stenosi sottopolmonare), (3) aorta a cavaliere del DIV e (4) ipertrofia bi. Possono anche essere presenti insufficienza valvolare
ventricolare destra (si veda Fig. 12.6 A). Tutte queste alterazioni aortica o un DIA; un arco aortico destroposto è presente in
derivano embriologicamente da una dislocazione anterosuperiore circa il 25% dei casi.
del setto infundibolare.

Morfologia Il cuore è spesso dilatato e può essere “a forma Caratteristiche cliniche. Anche non trattati, alcuni pazienti con
di scarpa” a causa della marcata ipertrofia ventricolare TF sopravvivono in età adulta (in casistiche di pazienti non trattati
­destra, soprattutto nella regione apicale. Il DIV è in genere con questa patologia, il 10% era vivo a 20 anni e il 3% a 40 anni).49
Le conseguenze cliniche dipendono principalmente dalla gravità
CAPITOLO 12 Il cuore 533

della stenosi sottopolmonare, poiché questa determina la direzione p­ ostnatale, a meno che non esista uno shunt che ­consenta un ade-
del flusso sanguigno. Se la stenosi sottopolmonare è lieve, l’anomalia guato m­ escolamento del sangue.
mima un DIV isolato e lo shunt può essere sinistro-destro, senza L’aspetto dei neonati con TGA dipende dal grado di “mescola-
cianosi (la cosiddetta tetralogia rosa). Con l’aumentare della gravi- mento” del sangue, dall’entità dell’ipossia tissutale e dalla capacità
tà dell’ostruzione, aumenta proporzionalmente la resistenza all’ef- del ventricolo destro di sostenere il circolo sistemico. I pazienti con
flusso dal ventricolo destro. Quando le pressioni del lato destro si TGA e un DIV (circa il 35%) possono avere uno shunt stabile. Quelli
avvicinano o superano le pressioni del lato sinistro, si sviluppa shunt che presentano soltanto forame ovale pervio o PDA (circa il 65%),
destro-­sinistro, che provoca cianosi (TF classica). Con ­l’aumentare ­della tuttavia, hanno shunt instabili che tendono a chiudersi e perciò ri-
gravità della stenosi sottopolmonare, le arterie polmonari d­ iventano chiedono un immediato intervento per creare un nuovo shunt (come
progressivamente più piccole e a pareti più sottili (ipoplasiche), la settostomia atriale con catetere a palloncino) entro i primi giorni
mentre l’aorta aumenta progressivamente in diametro. Quando il di vita. L’ipertrofia ventricolare destra diventa pronunciata, poiché
bambino cresce e il cuore aumenta di dimensioni, l’orifizio polmo- questa camera funziona come ventricolo sistemico. Contemporane-
nare non si espande proporzionalmente, determinando un progres- amente, il ventricolo sinistro diventa a pareti sottili (atrofico), poiché
sivo peggioramento dell’ostruzione. La maggior parte dei neonati supporta la circolazione polmonare a bassa resistenza. Senza inter-
con tetralogia è cianotica alla nascita o subito dopo. La stenosi sot- vento chirurgico, la maggior parte dei pazienti muore entro i primi
topolmonare, tuttavia, protegge il circolo polmonare dal sovracca- mesi di vita. Tuttavia, come conseguenza dei notevoli miglioramenti
rico pressorio e lo scompenso ventricolare destro è raro, poiché il nelle tecniche di correzione chirurgica avvenute negli ultimi decenni,
ventricolo destro è decompresso dalla deviazione del sangue nel molti soggetti con TGA oggi sopravvivono fino all’età adulta.41
ventricolo sinistro e nell’aorta. La correzione chirurgica completa è
possibile per la tetralogia di Fallot classica, ma è più complicata per Tronco arterioso persistente
i pazienti con atresia polmonare e arterie bronchiali dilatate.
Il tronco arterioso persistente (TAP) origina dalla mancata divisione,
durante lo sviluppo, del tronco arterioso embrionale in aorta e ar-
Trasposizione delle grandi arterie
teria polmonare. Ne deriva un’unica grande arteria che riceve sangue
La trasposizione delle grandi arterie (TGA) provoca discordanza da entrambi i ventricoli e dà origine alle circolazioni sistemica,
ventricoloarteriosa: l’aorta origina dal ventricolo destro e decorre polmonare e coronarica. Poiché c’è un associato DIV con mescola-
anteriormente e alla destra dell’arteria polmonare, che deriva dal mento di sangue dai ventricoli destro e sinistro, il TAP provoca
ventricolo sinistro (Fig. 12.7; si veda anche Fig. 12.5 B). I collega- cianosi sistemica e un aumentato flusso sanguigno polmonare, con
menti AV sono normali (concordanti), con l’atrio destro che si il rischio di ipertensione polmonare irreversibile.
­congiunge al ventricolo destro e l’atrio sinistro che si svuota nel
ventricolo sinistro. Il difetto embrionale nella TGA completa è Atresia della tricuspide
­costituito dall’anomala formazione dei setti truncali e aortopolmo-
nari. Il risultato è la separazione della circolazione sistemica da L’occlusione completa dell’orifizio della valvola tricuspide è nota
quella polmonare, una condizione incompatibile con la vita come atresia della tricuspide. Deriva embriologicamente dalla ine-
guale divisione del canale AV; quindi, la valvola mitralica è più ampia
del normale, e lo sviluppo del ventricolo destro è quasi sempre in-
sufficiente (ipoplasia). La circolazione è mantenuta in una certa
misura da uno shunt destro-sinistro attraverso una comunicazione
interatriale (DIA o forame ovale pervio) e un DIV, che permette la
comunicazione tra il ventricolo sinistro e l’arteria polmonare che
origina dal ventricolo destro ipoplasico. La cianosi è presente pra-
ticamente dalla nascita e vi è un’alta mortalità nelle prime settimane
o mesi di vita.

Ritorno venoso polmonare anomalo totale


Il ritorno venoso polmonare anomalo totale (RVPAT), nel quale le
vene polmonari non si uniscono direttamente all’atrio sinistro, ri-
sulta embriologicamente quando la vena polmonare comune non si
sviluppa o diventa atresica. Lo sviluppo fetale è reso possibile da
canali venosi sistemici primitivi che in genere drenano dal polmone
nella vena anonima sinistra o nel seno coronarico. È sempre presente
un forame ovale pervio o un DIA, che permettono al sangue venoso
polmonare di entrare nell’atrio sinistro. Le conseguenze del RVPAT
includono ipertrofia e dilatazione da sovraccarico di pressione e di
volume del lato destro del cuore e dilatazione del tronco polmonare.
L’atrio sinistro è ipoplasico, ma il ventricolo sinistro, in genere, è di
dimensioni normali. Può essere presente cianosi, a causa del mesco-
larsi di sangue ben ossigenato e scarsamente ossigenato a livello del
Figura 12.7 Trasposizione delle grandi arterie. (Per gentile concessione collegamento venoso polmonare anomalo e dell’ampio shunt destro-
di William D. Edwards, M.D., Mayo Clinic, Rochester, MN) sinistro attraverso il DIA.
534 CAPITOLO 12 Il cuore

Anomalie Congenite Ostruttive La situazione è diversa nel caso della coartazione aortica senza un
PDA, a meno che non sia molto grave. La maggior parte dei bambini
Un’ostruzione congenita al flusso sanguigno può avvenire a livello è asintomatica e la malattia può passare inosservata fino all’età adul­
delle valvole cardiache o all’interno di un grande vaso.42 Esempi ta. Classicamente si osservano ipertensione negli arti superiori, polsi
relativamente comuni includono la stenosi o l’atresia delle valvole deboli e ipotensione negli arti inferiori, associati a manifestazioni
aortica e polmonare e la coartazione dell’aorta. L’ostruzione può di insufficienza arteriosa (ad es. claudicatio e senso di freddo). Ca-
anche avvenire all’interno di una camera, come con la stenosi sot- ratteristica particolare negli adulti è lo sviluppo del circolo collaterale
topolmonare della TF. tra rami arteriosi a monte della coartazione e arterie a valle della
coartazione, tramite le arterie intercostali e mammarie interne di-
latate, che provocano erosioni visibili radiologicamente (“incisure”)
Coartazione aortica
delle superfici inferiori delle coste.
Fra le più comuni malformazioni strutturali, la coartazione (restrin- In presenza di coartazioni significative, si riscontrano soffi olosi-
gimento, costrizione) aortica è una delle forme più frequenti. I stolici, talvolta fremito e cardiomegalia dovuta all’ipertrofia ventri-
maschi sono colpiti con un’incidenza doppia rispetto alle femmine, colare sinistra da sovraccarico di pressione. Nella coartazione aortica
sebbene le femmine con la sindrome di Turner abbiano frequente- non complicata, la resezione chirurgica e l’anastomosi termino-
mente una coartazione aortica (Cap. 5). Sono state descritte due terminale o la sostituzione del segmento aortico affetto con un in-
forme classiche: (1) una forma “infantile” caratterizzata da un’ipo- nesto protesico forniscono eccellenti risultati.
plasia tubulare dell’arco aortico prossimale a un dotto arterioso
pervio, che è spesso sintomatico nella prima infanzia e (2) una forma Stenosi e atresia polmonare
“adulta” in cui vi è un discreto strozzamento eccentrico dell’aorta,
proprio di fronte al dotto arterioso chiuso (legamento arterioso), Questa malformazione relativamente frequente è costituita da
distalmente ai vasi dell’arco aortico (Fig. 12.8). La protrusione nel un’ostruzione a livello della valvola polmonare che può essere da
lume aortico è di entità variabile, a volte lasciando solo un piccolo lieve a grave; la lesione può essere isolata o parte di malformazioni
canale, altre volte producendo solo un minimo restringimento. più complesse, come la tetralogia di Fallot o la trasposizione delle
Sebbene la coartazione aortica si possa verificare come un difetto grandi arterie. Spesso si sviluppa ipertrofia ventricolare destra e
isolato, nel 50% dei casi si accompagna a una valvola aortica bicu- talvolta c’è dilatazione poststenotica dell’arteria polmonare dovuta
spide e può anche essere associata a stenosi aortica congenita, DIA, ai vortici del flusso ematico che fuoriescono “a getto” dalla sede
DIV, insufficienza mitralica o aneurismi a bacca del poligono di dell’ostruzione. Se coesiste una stenosi sottopolmonare (come nella
Willis. tetralogia di Fallot), l’elevata pressione ventricolare non viene tra-
Le manifestazioni cliniche dipendono quasi interamente dalla smessa alla valvola e il tronco polmonare non è dilatato e può anzi
gravità del restringimento e dalla pervietà del dotto arterioso. La essere ipoplasico. Quando la valvola è completamente atresica, non
coartazione aortica con un PDA generalmente produce manifesta- c’è comunicazione tra il ventricolo destro e i polmoni. In questi casi
zioni cliniche nelle prime settimane di vita; infatti, può provocare l’anomalia è associata a un ventricolo destro ipoplasico e a un DIA;
segni e sintomi subito dopo la nascita. Molti neonati con questa il sangue raggiunge i polmoni attraverso un dotto arterioso pervio.
anomalia non sopravvivono al periodo neonatale senza un inter- La stenosi lieve può essere asintomatica e compatibile con una lun-
vento chirurgico o percutaneo. In tali casi, il passaggio di sangue ga sopravvivenza, mentre i casi sintomatici richiedono correzione
non ossigenato attraverso il dotto arterioso provoca cianosi localiz- chirurgica.
zata alla metà inferiore del corpo.
Stenosi e atresia aortica
Il restringimento e l’ostruzione congeniti della valvola aortica pos-
sono verificarsi a livello di tre sedi: valvolare, sottovalvolare e sopra-
valvolare. Nella stenosi aortica valvolare, le cuspidi possono essere
ipoplasiche (piccole), displastiche (ispessite, nodulari) o anomale
nel numero (in genere acommissurale o unicommissurale). Nella
stenosi o atresia aortica congenita grave, l’ostruzione del tratto di
efflusso ventricolare sinistro conduce a iposviluppo (ipoplasia) del
ventricolo sinistro e dell’aorta ascendente, talvolta accompagnati da
densa fibroelastosi endocardica ventricolare sinistra “a porcellana”.
Il dotto arterioso deve essere pervio per permettere al flusso ematico
di arrivare all’aorta e alle arterie coronarie. Questa costellazione di
reperti, denominata sindrome del cuore sinistro ipoplasico, è quasi
sempre fatale nella prima settimana di vita, quando il dotto si chiude,
a meno che non vengano effettuate procedure palliative. Gradi meno
gravi di stenosi aortica congenita possono essere compatibili con
una lunga sopravvivenza. La stenosi aortica congenita è una lesione
isolata nell’80% dei casi.
Figura 12.8 Rappresentazione schematica raffigurante la coartazione La stenosi subaortica è causata da un ispessimento anulare (forma
dell’aorta con e senza dotto arterioso pervio (PDA). Ao, aorta; AS, atrio si-
nistro; VS, ventricolo sinistro; TP, tronco polmonare; AD, atrio destro; VD, circoscritta) o a collare (forma a tunnel) di tessuto fibroso endocar-
ventricolo destro; PDA, dotto arterioso pervio. (Per gentile concessione di dico denso al di sotto delle cuspidi valvolari. La stenosi aortica so-
William D. Edwards, M.D., Mayo Clinic, Rochester, MN) pravalvolare rappresenta una forma ereditaria di displasia aortica,
CAPITOLO 12 Il cuore 535

nella quale la parete dell’aorta ascendente è notevolmente ispessita, d­ isponibilità di sangue od ossigeno dovuta a shock, o dall’ipossiemia.
provocando il restringimento del lume. In alcuni casi è correlata a Alcune condizioni hanno diversi effetti dannosi; ad esempio, la ta-
una patologia dello sviluppo che interessa più organi, causata da chicardia aumenta la richiesta di ossigeno (a causa del numero
delezioni a livello del cromosoma 7, che includono il gene per l’ela- maggiore di contrazioni per unità di tempo) e contemporaneamente
stina. Altre caratteristiche della sindrome includono ipercalcemia, ne diminuisce l’apporto (riducendo il relativo tempo speso in dia-
anomalie cognitive e caratteristiche anomalie al volto (sindrome di stole, quando avviene la perfusione cardiaca).
Williams-Beuren).43 Le mutazioni nel gene dell’elastina probabil- Epidemiologia. L’IHD nelle sue varie forme è la prima causa di
mente causano la stenosi aortica sopravalvolare interrompendo le morte per maschi e femmine negli Stati Uniti e nelle altre nazioni
interazioni elastina-cellula muscolare liscia durante la morfogenesi industrializzate. Ogni anno, quasi 500.000 americani muoiono
arteriosa. di IHD. Per quanto queste cifre possano sembrare inquietanti, esse
La stenosi subaortica è in genere associata a un soffio sistolico rappresentano un miglioramento rispetto a quelle di 20-30 anni fa.
pronunciato e talvolta a un fremito. Un’ipertrofia da sovraccarico Da un picco nel 1963, il tasso di mortalità globale per IHD è sceso
pressorio del ventricolo sinistro si sviluppa come conseguenza negli Stati Uniti di circa il 50%. Questo notevole miglioramento è
dell’ostruzione al flusso sanguigno, ma le stenosi congenite sono ben dovuto principalmente a (1) prevenzione, ottenuta mediante la mo-
tollerate a meno che non siano molto gravi. Le stenosi lievi possono dificazione di importanti fattori di rischio, come fumo di sigaretta,
essere gestite conservativamente con profilassi antibiotica (per pre- ipercolesterolemia e ipertensione e (2) progressi diagnostici e tera-
venire l’endocardite) ed evitando intensa attività fisica. Tuttavia, a peutici, che consentono trattamenti più precoci, più efficaci e più
causa dell’ipertrofia ventricolare sinistra esiste sempre la minaccia sicuri. Questi ultimi includono nuovi farmaci, unità coronariche,
di morte improvvisa da sforzo. trombolisi per IM, angioplastica coronarica percutanea translumi-
nale, stent endovascolari, rivascolarizzazione miocardica chirurgica
o bypass coronarico (Coronary Artery Bypass Graft, CABG) e un
Cardiopatia ischemica migliore controllo dello scompenso cardiaco e delle aritmie. Un’ul-
teriore riduzione del rischio può essere potenzialmente ottenuta
La cardiopatia ischemica (Ischemic Heart Disease, IHD) è la prima mediante il mantenimento di normali livelli di glicemia nei pazienti
causa di morte al mondo sia per gli uomini sia per le donne (in totale diabetici, il controllo dell’obesità e l’antiaggregazione piastrinica
7 milioni all’anno). Cardiopatia ischemica è il termine generico per profilattica degli uomini di mezza età con l’acido acetilsalicilico.
un gruppo di sindromi fisiopatologicamente collegate che derivano Tuttavia, continuare questo incoraggiante trend nel 21° secolo sarà
da un’ischemia miocardica, cioè da uno squilibrio tra l’apporto impegnativo, in vista dell’atteso raddoppio del numero di persone
(perfusione) e la richiesta cardiaca di sangue ossigenato. L’ischemia con più di 65 anni di età dal 2050 e dell’aumentata longevità dei
comporta non soltanto un’insufficienza di ossigeno, ma riduce anche “baby boomer”, della “epidemia di obesità” e di altri fattori. È inte-
la disponibilità di nutrienti e la rimozione di metaboliti (Cap. 1). Per ressante notare che i determinanti genetici dell’aterosclerosi coro-
questa ragione, l’ischemia è generalmente meno tollerata dal cuore narica e dell’IHD possono non essere gli stessi, dato che l’IM avviene
rispetto all’ipossia pura, come si osserva nei casi di anemia grave, soltanto in una piccola parte dei soggetti con coronaropatia.
cardiopatia cianogena o malattia polmonare avanzata. Ad esempio, il rischio di IM senza aterosclerosi coronarica è
In più del 90% dei casi, la causa dell’ischemia miocardica è una ­associato a varianti genetiche che modificano il metabolismo del
riduzione del flusso ematico coronarico dovuta a lesioni aterosclero- leucotriene B4.44
tiche ostruttive nelle arterie coronarie. Quindi, l’IHD è spesso deno- Patogenesi. La causa dominante delle sindromi dell’IHD è la ri-
minata coronaropatia (Coronary Artery Disease, CAD) o cardiopatia dotta perfusione coronarica rispetto alle richieste miocardiche, dovuta
coronarica. Nella maggior parte dei casi vi è un lungo periodo (anche al restringimento aterosclerotico cronico, progressivo delle arterie co-
decenni) di progressione lenta e silente delle lesioni coronariche ronarie epicardiche e al variabile grado delle superimposte modifica-
prima della comparsa dei sintomi. Quindi, le sindromi dell’IHD zioni acute della placca, trombosi e vasospasmo. I singoli elementi e
sono solo le manifestazioni tardive di un’aterosclerosi coronarica le loro interazioni sono trattati in seguito.
che probabilmente inizia durante l’infanzia o nell’adolescenza Aterosclerosi cronica. Più del 90% dei pazienti con IHD pre-
(Cap. 11). senta aterosclerosi di una o più arterie coronarie epicardiche. Le
L’IHD si manifesta solitamente con una o più delle seguenti manifestazioni cliniche dell’aterosclerosi coronarica sono general-
sindromi cliniche: mente dovute al progressivo restringimento del lume che conduce
alla stenosi (ostruzioni “fisse”) o alla rottura acuta della placca con
Infarto miocardico (IM), la più importante forma di IHD, nella trombosi, che compromette il flusso ematico. È generalmente ne-
quale l’ischemia causa la morte del muscolo cardiaco. cessaria una lesione fissa che ostruisca almeno il 75% del lume per
Angina pectoris, nella quale l’ischemia è di gravità insufficiente a causare ischemia sintomatica da sforzo (più spesso si manifesta come
causare infarto, ma può essere segno precursore di IM. dolore toracico, noto come angina); con questo grado di stenosi, la
IHD cronica con scompenso cardiaco. vasodilatazione arteriosa coronarica compensatoria non è più suf-
Morte cardiaca improvvisa. ficiente a fronteggiare anche modesti aumenti della richiesta mio-
cardica. Una stenosi del 90% del lume può causare un inadeguato
Oltre all’aterosclerosi coronarica, l’ischemia miocardica può es- flusso ematico coronarico anche a riposo. L’ischemia miocardica
sere causata da emboli coronarici, ostruzione di piccoli vasi sangui- progressiva indotta da occlusioni che si sviluppano lentamente può
gni miocardici e riduzione della pressione sanguigna sistemica (ad stimolare nel tempo la formazione di vasi collaterali, che possono
es. shock). Inoltre, nel quadro dell’ostruzione arteriosa coronarica, proteggere dall’ischemia e dall’infarto miocardici e mitigare gli effetti
l’ischemia può essere aggravata da un aumento nella richiesta ener- di stenosi anche di grado elevato.45
getica cardiaca (come avviene per l’ipertrofia miocardica o per un Sebbene possa essere interessato solo un singolo ramo coronarico
aumento della frequenza cardiaca [tachicardia]), dalla ridotta epicardico principale, sono spesso colpiti da aterosclerosi due o tutti
536 CAPITOLO 12 Il cuore

e tre i principali rami coronarici, quello discendente anteriore di


sinistra (DAS), quello circonflesso di sinistra (CS) e l’arteria coro-
naria destra (CD). Placche stenosanti clinicamente significative
possono essere localizzate ovunque all’interno di questi vasi, ma
tendono a essere localizzate prevalentemente entro i primi centime-
tri della DAS e della CS e lungo l’intero tratto della CD. Talvolta sono
anche interessate le maggiori diramazioni epicardiche secondarie
(cioè i rami diagonali della DAS, i rami per il margine ottuso della
CS o il ramo interventricolare posteriore della CD), mentre l’atero-
sclerosi dei rami intramurali (penetranti) è rara.
Modificazioni acute della placca. Il rischio di un individuo di
sviluppare IHD clinicamente rilevante dipende in parte dal numero,
dalla distribuzione, dalla struttura e dal grado di ostruzione delle
placche ateromatose. Tuttavia, le diverse manifestazioni cliniche
dell’IHD non possono essere spiegate solo dalla gravità anatomica
delle lesioni. Questo è particolarmente vero per le cosiddette sin-
dromi coronariche acute, l’angina instabile, l’IM acuto e la morte
improvvisa. Le sindromi coronariche acute (Fig. 12.9) sono tipica-
mente scatenate da un’imprevista e brusca trasformazione di una
placca aterosclerotica stabile in una lesione aterotrombotica insta-
bile e potenzialmente pericolosa per la vita, a causa di fenomeni di
erosione superficiale, ulcerazione, fissurazione, rottura o emorragia
intramurale (Cap. 11). Spesso, tali alterazioni della placca causano
la formazione di trombi che occludono parzialmente o completa-
mente l’arteria colpita.46,47 Questi eventi acuti sono spesso associati
a infiammazione intralesionale, che, ricorderete, media la comparsa,
la progressione e le complicanze acute dell’aterosclerosi (discusse
nel Cap. 11). Per semplicità, lo spettro di alterazioni acute nelle
­lesioni aterosclerotiche sarà denominato rottura della placca o
modificazione della placca.
Conseguenze dell’ischemia miocardica. In ogni sindrome, la
conseguenza critica è l’ischemia del miocardio a valle dell’occlusione.
L’angina stabile deriva dall’incapacità delle arterie coronarie mar-
catamente stenotiche di fronteggiare un’aumentata richiesta di os-
sigeno da parte del miocardio; di solito non si associa a rottura della
placca. L’angina instabile è causata dalla rottura della placca com-
plicata da trombosi parzialmente occlusiva e vasocostrizione, che
portano a riduzioni gravi ma transitorie nel flusso ematico corona-
rico. In alcuni casi, distalmente alle placche rotte, possono verificarsi
microinfarti dovuti a tromboemboli. Nell’IM, le modificazioni acute
della placca inducono un’occlusione trombotica totale che causa la
morte del muscolo cardiaco. Infine, la morte cardiaca improvvisa è
spesso dovuta a una lesione aterosclerotica nella quale una placca
Figura 12.9 Schema della progressione sequenziale delle lesioni arte-
rotta causa ischemia miocardica regionale che a sua volta induce riose coronariche e della loro associazione a varie sindromi coronariche
una fatale aritmia ventricolare. Ognuna di queste importanti sin- acute. (Modificata e ridisegnata da Schoen FJ: Interventional and Surgical
dromi è discussa in dettaglio di seguito, con un esame delle più Cardiovascular Pathology: Clinical Correlations and Basic Principles. Phila-
importanti conseguenze a livello del miocardio. delphia, WB Saunders, 1989, p. 63)

Angina Pectoris
L’angina stabile, la forma più comune, è anche denominata angina
L’angina pectoris (letteralmente, dolore toracico) è caratterizzata da pectoris classica. È causata da uno squilibrio tra perfusione coronarica
attacchi parossistici e solitamente recidivanti di dolore toracico retro- (dovuto all’aterosclerosi coronarica stenosante cronica) e richiesta
sternale o precordiale (variamente descritto come costrittivo, oppres- miocardica, come quello prodotto dall’attività fisica, dall’eccitamento
sivo, soffocante o trafittivo) causati da ischemia miocardica transitoria emotivo o da altri fattori che possono causare un aumentato carico di
(da 15 secondi a 15 minuti) che dura troppo poco per causare necrosi lavoro cardiaco. L’angina pectoris classica viene alleviata dal riposo
dei miociti. I tre modelli sovrapposti di angina pectoris – (1) angina (che riduce la richiesta miocardica di ossigeno) o dalla sommini-
stabile,tipica o classica, (2) angina variante o di Prinzmetal e (3) ­angina strazione di nitroglicerina, un potente vasodilatatore (che aumenta
instabile o ingravescente – sono causati da varie combinazioni di la perfusione miocardica).
aumento della richiesta miocardica, ridotta perfusione miocardica e L’angina variante o di Prinzmetal è una rara forma di ischemia
coronaropatia. Inoltre, bisogna tenere presente che non tutti gli eventi miocardica episodica causata da spasmo delle arterie coronarie. Seb-
ischemici sono percepiti dai pazienti (ischemia silente).48 bene i soggetti con questa forma di angina possano comunque avere
CAPITOLO 12 Il cuore 537

una significativa aterosclerosi coronarica, gli attacchi anginosi non post-trombolisi. L’angiografia coronarica eseguita entro 4 ore
sono correlati all’attività fisica, alla frequenza cardiaca o alla pres- dall’esordio clinico di un IM mostra una trombosi coronarica in
sione arteriosa. L’angina di Prinzmetal generalmente risponde pron- quasi il 90% dei casi. Tuttavia, se l’angiografia è eseguita tra le 12 e
tamente al trattamento con vasodilatatori, come la nitroglicerina e le 24 ore dopo l’esordio clinico, si osserva occlusione soltanto in
i calcio antagonisti. circa il 60% dei casi, indicando che alcune occlusioni si risolvono
L’angina instabile o ingravescente si riferisce a un tipo di dolore che per fibrinolisi, cessazione dello spasmo o per entrambi.
si presenta con frequenza progressivamente crescente, spesso di durata Nel 10% dei casi, l’IM transmurale non è associato a trombosi
prolungata, scatenato da livelli progressivamente più bassi di attività della placca aterosclerotica. In questo caso, meccanismi che posso-
fisica e che può manifestarsi anche a riposo. Nella maggior parte dei no essere responsabili del ridotto flusso ematico coronarico
pazienti, l’angina instabile è causata dalla rottura di una placca includono:
aterosclerotica con sovrapposta trombosi (murale) parziale e pro-
babilmente embolizzazione o vasospasmo (o entrambi). L’angina Vasospasmo con o senza aterosclerosi coronarica, forse in associa-
instabile può rappresentare il prodromo di un successivo IM acuto; zione ad aggregazione piastrinica o dovuto all’abuso di cocaina.
infatti, questa sindrome è talvolta definita angina preinfartuale. Emboli dall’atrio sinistro in associazione a fibrillazione atriale,
trombo murale sinistro, vegetazioni dovute a endocardite infet-
tiva, materiale protesico oppure emboli paradossi dal lato destro
Infarto Miocardico
del cuore o dalle vene periferiche che attraversano un forame
L’infarto miocardico (IM), detto anche “attacco cardiaco”, è la morte ovale pervio fino a occludere le arterie coronarie.
del muscolo cardiaco causata da ischemia grave prolungata. È di gran Ischemia senza riscontrabili aterosclerosi e trombosi coronariche,
lunga la più importante forma di IHD. Ogni anno, circa 1,5 milioni che può essere causata da malattie dei piccoli vasi coronarici
di persone negli Stati Uniti vengono colpiti da un IM. intramurali, come vasculiti, anomalie ematologiche come l’ane-
Incidenza e fattori di rischio. Un IM può verificarsi teoricamen- mia falciforme, deposizione di amiloide nelle pareti vascolari e
te in qualsiasi fascia di età, ma la sua frequenza aumenta progressi- dissezione vascolare; estrema riduzione della pressione sanguigna
vamente con gli anni e quando sono presenti fattori predisponenti sistemica (shock); o inadeguata “protezione” miocardica durante
all’aterosclerosi. Circa il 10% degli infarti del miocardio insorge interventi di chirurgia cardiaca.
in pazienti con età inferiore ai 40 anni e il 45% in persone sotto i
65 ­anni. Sono colpiti in uguale misura individui di razza bianca e Risposta miocardica. L’ostruzione arteriosa coronarica compro-
nera. Durante tutto il corso della vita, gli uomini hanno un rischio mette l’apporto ematico a una regione del miocardio (Fig. 12.10),
significativamente maggiore rispetto alle donne.49 Infatti, fatta ec- causando ischemia, disfunzione miocardica e, potenzialmente, morte
cezione per quelle con fattori predisponenti all’aterosclerosi, le delle cellule muscolari cardiache. La regione anatomica irrorata da
donne sono protette dall’IM e da altre cardiopatie durante l’età
fertile. Tuttavia, il calo degli estrogeni con la menopausa può asso-
ciarsi al rapido sviluppo di patologie coronariche e la IHD è la più
frequente causa di morte nelle donne anziane. Al momento non si
ritiene che una terapia ormonale sostitutiva postmenopausale pro-
tegga da aterosclerosi e IHD (Cap. 11).50
Patogenesi. Consideriamo ora le basi e le conseguenze dell’ische-
mia miocardica.
Occlusione arteriosa coronarica. In un tipico caso di IM, la se-
quenza degli eventi può essere così riassunta (per ulteriori dettagli,
si veda Cap. 11):

L’evento iniziale è costituito da un’improvvisa modificazione di


una placca ateromatosa, come da emorragia intramurale, erosione
o ulcerazione, oppure rottura o fissurazione.
L’esposizione al collagene subendoteliale e al contenuto della
placca necrotica induce adesione e attivazione piastrinica con
rilascio del contenuto dei granuli piastrinici e formazione di
microtrombi.
I mediatori liberati dalle piastrine stimolano il vasospasmo.
Il fattore tissutale attiva la via della coagulazione, aumentando la
massa del trombo. Figura 12.10 Arteriografia postmortem che mostra la superficie poste-
riore del cuore di un paziente morto durante l’evoluzione dell’infarto
­miocardico acuto. L’esame evidenzia l’occlusione totale del tratto distale
Il trombo si accresce fino a occludere completamente il lume del dell’arteria coronaria destra da parte di un trombo acuto (freccia) e un’estesa
vaso, spesso nell’arco di minuti. Prove che confermano questa se- zona di ipoperfusione miocardica che interessa la porzione posteriore dei
quenza di eventi derivano (1) dagli esami autoptici di pazienti morti ventricoli, come indicato dalle punte di freccia, con quasi assenza di riem-
di IM acuto, (2) da esami angiografici che mostrano un’alta frequen- pimento dei capillari. Il cuore è stato fissato tramite perfusione coronarica
za di occlusione trombotica subito dopo un IM, (3) dall’alto tasso con glutaraldeide e lavato con metil-salicilato, con successiva iniezione
intracoronarica di polimeri del silicone (giallo). Fotografia per gentile con-
di successo della rivascolarizzazione miocardica (ad es. trombolisi, cessione di Lewis L. Lainey. (Riprodotta per gentile concessione da Schoen
angioplastica, posizionamento di stent e chirurgia) in seguito a IM FJ: Interventional and Surgical Cardiovascular Pathology: Clinical Correla-
e (4) dalla documentazione della placca rotta residua con angiografia tions and Basic Principles. Philadelphia, WB Saunders, 1989, p. 60)
538 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.11 Sequenza temporale dei reperti biochimici iniziali e progressione della necrosi dopo l’esordio di un’ischemia miocardica grave. A. Le al-
terazioni iniziali includono la perdita di adenosina trifosfato (ATP) e l’accumulo di acido lattico. B. Per circa 30 minuti dopo l’esordio persino dell’ischemia
più grave, il danno miocardico è potenzialmente reversibile. In seguito, insorge una progressiva perdita di vitalità che diviene completa nel giro di 6-12 ore.
I benefici della riperfusione sono maggiori quando questa è precoce e si riducono progressivamente quando la riperfusione viene ritardata. (Modificata,
per gentile concessione, da Antman E: Acute myocardial infarction. In Braunwald E et al. (eds): Heart Disease: A Textbook of Cardiovascular Medicine, 6th
ed. Philadelphia, WB Saunders, 2001, pp. 1114-1231)

quella arteria è detta area a rischio. L’esito dipende ­prevalentemente dal- scopo del quale è ristabilire la perfusione e salvare quanto più miocar-
la gravità e dalla durata della perdita di flusso ematico (Fig. 12.11). dio “a rischio” possibile.
L’iniziale conseguenza biochimica dell’ischemia miocardica è L’evoluzione della necrosi ischemica nel miocardio è riepilogata
l’arresto del metabolismo aerobico che causa in pochi secondi ina- nella Figura 12.12. L’ischemia è più pronunciata nella regione suben-
deguata produzione di fosfati ad alta energia (ad es. creatin-fosfato docardica; quindi, il danno irreversibile dei cardiomiociti ischemici
e adenosina trifosfato) e accumulo di metaboliti potenzialmente insorge a partire dalla zona subendocardica. In caso di estesa ische-
dannosi (come l’acido lattico) (Fig. 12.11 A). A causa della notevole mia, la necrosi si propaga nel miocardio ischemico come un’onda,
dipendenza della funzione miocardica dall’ossigeno, l’ischemia coinvolgendo progressivamente un fronte e uno spessore della parete
­grave induce perdita di contrattilità nell’arco di 60 secondi. Questa miocardica sempre più ampi. L’esatta localizzazione, le dimensioni,
può comportare un’insufficienza cardiaca acuta ancora prima che le caratteristiche morfologiche di un IM acuto dipendono da:
sopraggiunga la necrosi miocardica. Come descritto nel Capitolo 1,
anche le alterazioni ultrastrutturali (compresi rilassamento Localizzazione, gravità e velocità di sviluppo delle ostruzioni
­miofibrillare, deplezione di glicogeno, rigonfiamento cellulare e coronariche dovute all’aterosclerosi e alla trombosi.
mitocondriale) si sviluppano entro pochi minuti dall’esordio Estensione del territorio di distribuzione dei vasi ostruiti.
dell’ischemia. Ciononostante, queste alterazioni iniziali sono poten- Durata dell’occlusione.
zialmente reversibili. Come dimostrato sia sperimentalmente sia in Esigenze metaboliche o di ossigeno del miocardio a rischio.
studi clinici, soltanto un’ischemia severa della durata di almeno Entità della circolazione collaterale.
­20-30 minuti conduce a un danno irreversibile (necrosi) dei cardio- Presenza, sede e gravità del vasospasmo coronarico.
miociti. L’evidenza ultrastrutturale di danno miocitario irreversibile Altri fattori, quali alterazioni della frequenza cardiaca, ritmo
(difetti strutturali primari nella membrana sarcoplasmatica) insorge cardiaco e ossigenazione sanguigna.
soltanto dopo un’ischemia miocardica grave e protratta ­(come ­avviene
con flusso ematico pari o minore al 10% dei valori normali).
Una caratteristica chiave delle fasi iniziali della necrosi miocitaria Tabella 12.4 Momento approssimativo di insorgenza
è la perdita dell’integrità della membrana sarcoplasmatica, che con- di eventi chiave nei cardiomiociti ischemici
sente alle macromolecole intracellulari di fuoriuscire dalle cellule
Caratteristica Tempo
nell’interstizio cardiaco e quindi nel circolo microvascolare e linfa-
tico nella regione infartuata. Esami di laboratorio che misurano i Inizia la deplezione di ATP Secondi
livelli di proteine miocardiche nel sangue sono importanti per la
diagnosi e la gestione clinica dell’IM (si veda oltre). All’ischemia Perdita della contrattilità 2 min
prolungata segue un danno del microcircolo. La progressione tem-
Diminuzione dell’ATP
porale di questi eventi è riepilogata nella Tabella 12.4. fino al 50% del normale 10 min
Nella maggior parte dei casi di IM acuto, un danno permanente fino al 10% del normale 40 min
del cuore si verifica quando la perfusione del miocardio è marcata-
mente ridotta per un periodo prolungato (solitamente almeno 2-4 ore), Danno cellulare irreversibile 20-40 min
(Fig. 12.11 B). Questa latenza nell’insorgenza del danno miocardico
Danno microvascolare 1 ora
permanente è alla base della necessità di una rapida diagnosi dell’IM
acuto – al fine di permettere un intervento precoce sulle coronarie, ATP, adenosina trifosfato.
CAPITOLO 12 Il cuore 539

Figura 12.12 Progressione della necrosi miocardica dopo occlusione arteriosa coronarica. La necrosi inizia in una piccola zona del miocardio al di sotto della
superficie endocardica nel centro della zona ischemica. L’area che dipende dal vaso occluso per la perfusione è il miocardio “a rischio” (ombreggiato). Si noti che
una zona molto ristretta di miocardio, immediatamente sotto l’endocardio, è risparmiata dalla necrosi, poiché può essere ossigenata per d ­ iffusione dal ventricolo.

La necrosi è in genere completa entro 6 ore dall’esordio di una della coronaria destra (così come della coronaria sinistra) può dan-
grave ischemia miocardica. Tuttavia, nei casi in cui il circolo arterioso neggiare il ventricolo sinistro. Le arterie coronarie destra e sinistra
coronarico collaterale, stimolato dall’ischemia cronica, è ben svilup- funzionano come arterie terminali, sebbene anatomicamente nella
pato e perciò più efficace, la progressione della necrosi può seguire maggior parte dei casi il cuore abbia numerose anastomosi interco-
un decorso più prolungato, che può anche superare le 12 ore. ronariche (il cosiddetto circolo collaterale). Nel cuore normale, poco
La conoscenza delle aree di miocardio perfuse dalle tre principali sangue fluisce nella circolazione collaterale. Tuttavia, quando un’ar-
arterie coronarie aiuta a collegare i siti di ostruzione vascolare con teria è stenotica, il sangue scorre attraverso i vasi collaterali dal si-
le regioni interessate dall’infarto. Generalmente, il ramo discendente stema ad alta pressione a quello a bassa pressione, inducendone la
anteriore sinistro dell’arteria coronaria sinistra (RDA o ramo inter- dilatazione. Quindi, la progressiva dilatazione dei vasi collaterali,
ventricolare anteriore, IVA) irrora la maggior parte dell’apice stimolata dall’ischemia, può svolgere un ruolo importante nel ga-
­cardiaco (estremità distale dei ventricoli), la parete anteriore del rantire un flusso ematico ad aree di miocardio altrimenti prive di
ventricolo sinistro e i due terzi anteriori del setto interventricolare. adeguata perfusione.
Per convenzione, l’arteria coronaria (l’arteria coronaria destra [CD] Infarto transmurale verso infarto subendocardico. La distribu-
o l’arteria circonflessa sinistra [CS]) che perfonde il terzo posteriore zione della necrosi nell’infarto miocardico dipende dalla sede e dalla
del setto è detta “dominante” (anche se RDA e CS insieme perfon- causa della ridotta perfusione (si veda Fig. 12.13). La maggior parte
dono la maggior parte del miocardio ventricolare sinistro). In una degli infarti miocardici è transmurale, cioè la necrosi ischemica in-
circolazione a dominanza destra, presente in circa i quattro quinti teressa l’intero o quasi tutto lo spessore della parete ventricolare, nel
delle persone, la CS generalmente irrora soltanto la parete laterale del territorio di irrorazione di una singola arteria coronaria. Questo tipo
ventricolo sinistro e la CD rifornisce l’intera parete libera ventrico- di infarto è in genere dovuto a una ­combinazione di aterosclerosi
lare destra, la parete posterobasale del ventricolo sinistro e il terzo coronarica cronica, modificazione acuta di una placca e sovrapposi-
­posteriore del setto interventricolare. Pertanto, anche un’occlusione zione trombotica (come discusso in precedenza). Al contrario, un
540 CAPITOLO 12 Il cuore

infarto subendocardico (non transmurale) è costituito da un’area di


necrosi ischemica limitata a un terzo o alla metà interna della parete rima (circa 0,1 mm) di miocardio subendocardico che rimane
ventricolare. Poiché la zona subendocardica è normalmente la regione preservata per la diretta diffusione di ossigeno e nutrienti dal
meno perfusa del miocardio, quest’area è la più vulnerabile a ogni lume ventricolare.
riduzione del flusso coronarico. Un infarto subendocardico può Circa il 15-30% degli IM causati da un’ostruzione a livello della
conseguire a una rottura di placca, alla quale fa seguito una trombosi coronaria destra, si estende dalla parete libera posteriore
coronarica che va incontro a lisi prima che la necrosi possa estendersi della porzione settale del ventricolo sinistro alla adiacente
a tutto lo spessore della parete; in questo caso l’infarto rimane limitato parete ventricolare destra. L’infarto isolato del ventricolo
al territorio di distribuzione di quella coronaria con la placca atero- destro è raro (1-3% dei casi), come lo è l’infarto degli atri.
sclerotica alterata. Tuttavia, l’infarto subendocardico può anche essere Le relative frequenze delle stenosi critiche (e trombosi) di
la conseguenza di uno stato ipotensivo grave e prolungato, come ciascuno dei tre tronchi coronarici principali e le corrispon-
avviene negli stati di shock, che possono verificarsi in pazienti con denti aree di lesione miocardica infartuale (nel tipico cuore
coronaropatia stenosante cronica non critica. Negli infarti subendo- a dominanza destra), sono (Fig. 12.13 A):
cardici dovuti a ipotensione globale, il danno miocardico è in genere
circonferenziale, piuttosto che circoscritto al territorio irrorato da Arteria coronaria discendente anteriore sinistra (40-50%):
una singola arteria coronaria. A causa delle caratteristiche alterazioni l’infarto interessa la parete anteriore del ventricolo sini-
elettrocardiografiche risultanti da ischemia/necrosi miocardica, gli stro vicino all’apice; la parte anteriore del setto interven-
infarti transmurali sono spesso definiti “infarti con sopraslivellamen- tricolare; e l’apice circonferenzialmente.
to (del tratto) ST” (o STEMI) e gli infarti subendocardici sono noti Arteria coronaria destra (30-40%): l’infarto interessa la
come “infarti senza sopraslivellamento ST” (o NSTEMI). parete inferiore/posteriore del ventricolo sinistro; la por-
zione posteriore del setto interventricolare; in alcuni casi
la parete libera posteriore/inferiore del ventricolo destro.
Morfologia L’evoluzione delle alterazioni morfologiche Arteria coronaria circonflessa sinistra (15-20%): l’infarto
nell’IM acuto e il suo esito sono riepilogati nella Tabella 12.5. interessa la parete laterale del ventricolo sinistro, a ecce-
Quasi tutti gli infarti transmurali coinvolgono almeno una zione dell’apice.
porzione del ventricolo sinistro (compresa la parete libera e
il setto interventricolare) e comprendono quasi l’intera area Talvolta critiche lesioni arteriose coronariche in grado di pro-
di perfusione dell’arteria coronaria occlusa, salvo una stretta vocare infarti sono localizzate in sedi meno consuete, come

Tabella 12.5 Evoluzione delle alterazioni morfologiche nell’infarto miocardico


Tempo Caratteristiche macroscopiche Microscopio ottico Microscopio elettronico

danno reversibile

0-½ ora Nulla Nulla Rilassamento delle miofibrille;


perdita di glicogeno;
rigonfiamento mitocondriale

danno irreversibile

½-4 ore Nulla Normalmente nulla; fibre variamente Rottura del sarcolemma;
ondulate ai bordi addensamenti anomali nei
mitocondri
4-12 ore Marmorizzazione scura Necrosi coagulativa iniziale; edema;
(occasionale) emorragia
12-24 ore Marmorizzazione scura Necrosi coagulativa in aumento; picnosi
dei nuclei; ipereosinofilia miocitaria;
necrosi periferica con bande di
contrazione; infiltrato neutrofilo iniziale
1-3 giorni Marmorizzazione con area centrale Necrosi coagulativa, con perdita di nuclei
giallo-brunastra e strie trasversali; denso infiltrato
interstiziale di neutrofili
3-7 giorni Bordi iperemici; rammollimento Iniziale disintegrazione delle miofibre
centrale giallo-bruno morte, con neutrofili che muoiono;
iniziale fagocitosi macrofagica delle
cellule necrotiche ai bordi dell’infarto
7-10 giorni Massima estensione dell’area Fagocitosi in stadio avanzato delle cellule
giallo-bruna e molle con bordi morte; iniziale formazione di tessuto di
depressi rosso-bruni granulazione fibrovascolare ai margini
10-14 giorni Bordi dell’infarto depressi Tessuto di granulazione ben sviluppato con
e rosso-grigiastri nuovi vasi e deposizione di collagene
2-8 settimane Cicatrice grigio-biancastra, Aumento della deposizione di collagene
che progredisce dalla periferia con riduzione della cellularità
verso il centro dell’infarto
2 mesi Cicatrizzazione completa Cicatrice densa collagena
CAPITOLO 12 Il cuore 541

Figura 12.13 Distribuzione della necrosi ischemica miocardica correlata alla localizzazione e alla natura della ridotta perfusione. A sinistra, le posizioni
degli infarti acuti transmurali che risultano dalle occlusioni delle arterie coronarie maggiori; dall’alto in basso, arterie discendente anteriore sinistra, circon-
flessa sinistra e coronaria destra. A destra, i tipi di infarto che risultano da un’occlusione parziale o transitoria, ipotensione globale od occlusioni dei piccoli
vasi intramurali.

il tronco principale dell’arteria coronaria sinistra, i rami se- ­ iventa di ­colore giallastro e consistenza molle. Da 10 giorni
d
condari dell’arteria coronaria discendente anteriore sinistra o a 2 ­s ettimane, è circondato da una zona iperemica di
i rami marginali dell’arteria coronaria circonflessa sinistra. ­tessuto di ­granulazione riccamente vascolarizzato. Nelle
L’aspetto macroscopico e microscopico di un infarto dipende
dalla durata della sopravvivenza del paziente dopo l’infar-
to. Le aree danneggiate vanno incontro a una progressiva
sequenza di alterazioni morfologiche che iniziano con la tipica
necrosi ischemica coagulativa (il meccanismo prevalente
di morte cellulare nell’IM, sebbene possa anche verificarsi
apoptosi), seguita da infiammazione e processi riparativi, del
tutto analoghi a quelli che si verificano in seguito a danno in
altri tessuti
È difficile riconoscere un IM nelle sue iniziali fasi evolutive,
quando la morte del paziente è avvenuta entro poche ore
dell’esordio dei sintomi. Nelle prime 12 ore gli infarti non
sono solitamente riconoscibili all’esame macroscopico. Se
il paziente è morto almeno 2-3 ore dopo l’infarto, tuttavia, è
possibile evidenziare l’area di necrosi incubando sezioni di
tessuto miocardico in una soluzione di cloruro di trifenilte-
trazolio. Questa colorazione istochimica conferisce un colore
rosso mattone al miocardio integro, non infartuato, dove
l’attività deidrogenasica (ad es. lattico-deidrogenasi) è pre-
servata. Poiché le deidrogenasi diffondono attraverso le
membrane danneggiate delle cellule morte, un infarto appare Figura 12.14 Infarto miocardico acuto, prevalentemente della porzione
come una zona pallida non colorata (Fig. 12.14). Dalla posterolaterale del ventricolo sinistro, evidenziato istochimicamente dall’as-
12a ­alla 24a ora, un infarto è riconoscibile macroscopicamente senza di colorazione con cloruro di trifeniltetrazolio (CTT) nelle aree di ne-
in sezioni trasversali del cuore come un’area di colorito crosi (freccia). Il difetto di colorazione è dovuto alla perdita di enzimi in
seguito alla morte cellulare. Si noti l’emorragia del miocardio, a uno dei
­r osso-bluastro causata dal ristagno ematico. Successi­ margini dell’infarto, associata a rottura cardiaca e una cicatrice anteriore
vamente, ­l’infarto assume caratteristiche meglio definite e (punta di freccia), indicativa di un vecchio infarto. Il campione è orientato
con la parete posteriore in alto.
542 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.15 Caratteristiche microscopiche dell’infarto miocardico e del relativo processo di riparazione. A. Infarto vecchio di un giorno, che mostra
necrosi coagulativa e fibre cardiache di aspetto ondulato (allungate e strette, se confrontate con i cardiomiociti normali adiacenti a destra). Negli ampi spazi
tra le fibre morte, si osservano sparsi neutrofili in mezzo al liquido che costituisce l’edema. B. Denso infiltrato leucocitario, costituito da polimorfonucleati,
in un’area di infarto miocardico acuto vecchio di 3-4 giorni. C. Rimozione quasi completa dei miociti necrotici attraverso la fagocitosi (all’incirca tra il 7° e il
10° giorno). D. Tessuto di granulazione caratterizzato da collagene lasso e numerosi capillari. E. Infarto miocardico guarito con sostituzione delle fibre
­necrotiche con una cicatrice di collagene denso. Sono presenti alcune cellule muscolari cardiache residue.

s­ uccessive ­settimane l’area danneggiata evolve in una cica- evidente tra la 1ª e la 2ª settimana), a sua volta sostituito da
trice fibrosa. tessuto fibroso con il progredire del processo riparativo.
Le alterazioni istopatologiche procedono in una sequenza Nella maggior parte dei casi, la cicatrizzazione è in fase avan-
analoga, abbastanza prevedibile (illustrata in Fig. 12.15). Le zata alla fine della 6ª settimana, ma il consolidamento della
tipiche alterazioni della necrosi coagulativa diventano rile- cicatrice dipende dalle dimensioni della lesione originaria.
vabili al microscopio nelle prime 6-12 ore. Ai margini dell’area Poiché il processo riparativo richiede la partecipazione di
infartuata possono essere presenti “fibrocellule ondulate”; cellule infiammatorie che migrano nella regione danneggiata
queste alterazioni sono verosimilmente la conseguenza dai vasi sani, che spesso si trovano solo ai margini della le-
dell’effetto che i cardiomiociti ancora vitali hanno sulle vicine sione, la zona infartuata viene riparata in senso centripeto.
fibrocellule muscolari cardiache morte, non più capaci di Per questo motivo un infarto esteso può non cicatrizzarsi così
contrarsi; i cardiomiociti ancora vitali “stirerebbero” quelli facilmente come uno di piccole dimensioni. I segni di risolu-
morti rendendoli così ondulati. Un ulteriore segno di altera- zione possono apparire non uniformi e comunque sono più
zione ischemica subletale ma potenzialmente reversibile può avanzati in periferia. Una volta guarita, la lesione non è più
riscontrarsi ai margini dell’infarto: la cosiddetta degenera- databile (cioè un infarto di 8 settimane e uno di 10 anni pre-
zione vacuolare o miocitolisi, che si manifesta come ampi sentano entrambi una densa cicatrice fibrosa, sostanzialmen-
spazi vacuolari, probabilmente contenenti acqua, all’interno te identica).
delle cellule. Il muscolo necrotico induce infiammazione Gli infarti possono estendersi oltre i loro limiti originari
acuta (più marcata tra il 1° e il 3° giorno dopo l’infarto). nell’arco di giorni o settimane mediante ripetuti episodi di
­Successivamente, i macrofagi rimuovono i cardiomiociti necrosi nelle regioni adiacenti quella inizialmente colpita
necrotici (prevalentemente tra il 3° e il 10° giorno) e la zona (estensione). In tali casi la guarigione è più avanzata nella zo-
danneggiata viene progressivamente sostituita da tessuto di na centrale rispetto alla periferia dell’infarto. Ciò contrasta
granulazione intensamente vascolarizzato (fenomeno più con l’aspetto degli infarti semplici, a evento singolo descritti
CAPITOLO 12 Il cuore 543

rivela che i miociti danneggiati irreversibilmente al momento della


precedentemente, in cui la periferia è caratterizzata dalle fasi riperfusione spesso contengono bande di contrazione, vere e proprie
più avanzate di guarigione. L’estensione dell’infarto può “strisce” intracellulari intensamente eosinofile composte da sarco-
avvenire a causa di propagazione retrograda di un trombo, meri strettamente addossati gli uni agli altri. Queste bande derivano
vasospasmo prossimale, progressiva riduzione della contrat- dalla esagerata contrazione delle miofibrille al momento della ri-
tilità cardiaca che rende insufficiente il flusso ematico attra- perfusione, durante la quale la membrana plasmatica danneggiata
verso stenosi coronariche di moderata entità, deposizione di dall’ischemia rende possibile l’esposizione del citoplasma delle
microemboli costituiti da piastrine e fibrina, o un’aritmia che cellule morenti ad alte concentrazioni di ioni calcio plasmatici.
riduce la funzionalità cardiaca. Quindi, la riperfusione non solo salva le cellule danneggiate reversi-
bilmente ma modifica anche la morfologia delle cellule irrimediabil-
mente colpite.
Trattiamo ora gli interventi che cercano di limitare le dimensioni Oltre ai suoi benefici, la riperfusione può anche avere effetti de-
dell’infarto, salvando il miocardio non ancora necrotico. leteri sul vulnerabile miocardio ischemico (danno da riperfusione;
Modificazioni dell’infarto causate dalla riperfusione. Il modo si veda Fig. 12.17 B).52 La rilevanza clinica del danno da riperfusione
più efficace per “salvare” il miocardio ischemico minacciato dall’in- miocardico non è chiara. Come discusso nel Capitolo 1, il danno da
farto è ripristinare il flusso ematico miocardico il più rapidamente riperfusione può essere dovuto a stress ossidativo, sovraccarico di
possibile, un processo definito riperfusione.51 Sebbene possa spesso calcio e potenzialmente anche all’infiammazione associata alla ri-
essere portata a termine, la riperfusione può anche provocare com- perfusione. Il danno microvascolare indotto da riperfusione causa
plicanze, tra cui aritmie, emorragie miocardiche con bande di con- non solo emorragia, ma anche rigonfiamento endoteliale che occlude
trazione, danno cellulare irreversibile sovrapposto all’originario i capillari e può perciò ostacolare la riperfusione del miocardio
danno ischemico (danno da riperfusione), danno microvascolare e criticamente danneggiato (una condizione detta non-riperfusione
prolungata disfunzione ischemica (stordimento miocardico); queste o no-reflow).
sono trattate in seguito e riepilogate nelle Figure 12.16 e 12.17. In- Anomalie biochimiche possono anche persistere nei miociti che
terventi sulle arterie coronarie (ovvero trombolisi, angioplastica, vengono salvati dall’ischemia mediante riperfusione per un periodo
posizionamento di stent o rivascolarizzazione chirurgica con CABG) che varia da giorni a diverse settimane. Si ritiene che tali anomalie
sono spesso impiegati per tentare di sciogliere, alterare meccanica- siano alla base di un fenomeno definito miocardio stordito, uno stato
mente o bypassare la lesione che ha scatenato l’IM acuto. Lo scopo di scompenso cardiaco reversibile che in genere regredisce dopo
di questi trattamenti è ripristinare il flusso ematico nell’area a rischio alcuni giorni.53 Frequentemente la riperfusione induce anche arit-
di infarto e salvare il muscolo cardiaco ischemico (ma non ancora mie. Il miocardio soggetto a ischemia cronica subletale può anche
necrotico). Poiché la perdita di vitalità del tessuto miocardico nell’in- entrare in uno stato di metabolismo e funzionalità ridotti detto di
farto è progressiva, verificandosi in un periodo di tempo che corri- ibernazione.54 La funzionalità del miocardio “ibernato” può essere
sponde almeno a diverse ore (si vedano Figg. 12.11 B e 12.17 A), una ripristinata mediante rivascolarizzazione (ad es. tramite rivascola-
precoce riperfusione può salvare il miocardio e perciò limitare le rizzazione chirurgica con CABG, angioplastica o impiego di stent).
dimensioni dell’infarto, con conseguente miglioramento della fun- Paradossalmente, brevi attacchi di ischemia severa possono proteg-
zionalità e della sopravvivenza sia a breve che a lungo termine. Il gere il miocardio da un susseguente infarto (un fenomeno cono-
potenziale beneficio della riperfusione dipende (1) dalla rapidità con sciuto come precondizionamento) per meccanismi non ancora ben
la quale viene mitigata l’ostruzione coronarica (le prime 3 o 4 ore chiari.55
successive all’esordio sono critiche) e (2) dal tipo di correzione ef- Caratteristiche cliniche. L’IM viene diagnosticato sulla base di
fettuata e dall’estensione della lesione che ha causato l’infarto. Ad sintomi clinici, alterazioni elettrocardiografiche, ed esami di labo-
esempio, la trombolisi può rimuovere un trombo che occlude un’ar- ratorio per individuare la presenza di proteine miocardiche nel
teria coronaria, ma non altera la sottostante placca aterosclerotica plasma. I pazienti con IM spesso si presentano con un polso rapido,
che l’ha generato. Al contrario, l’angioplastica coronarica percutanea debole e sudorazione profusa (diaforesi). Comune è anche la di-
transluminale (Percutaneous Transluminal Coronary Angioplasty, spnea, dovuta a insufficiente contrattilità miocardica con conseguen-
PTCA) con posizionamento di stent non solo elimina l’occlusione ti congestione ed edema polmonare. Tuttavia, in circa il 10-15% dei
trombotica ma può anche mitigare parte dell’ostruzione e dell’in- pazienti l’esordio è totalmente asintomatico e l’infarto viene iden-
stabilità causate da una placca aterosclerotica che è andata incontro tificato soltanto grazie alle alterazioni elettrocardiografiche o agli
a rottura. La rivascolarizzazione chirurgica con CABG ripristina il esami laboratoristici che mostrano segni di danno miocardico (si
flusso ematico aggirando il vaso ostruito. veda oltre). Questi infarti miocardici “silenti” (o misconosciuti) sono
Si ricordi che (1) l’ischemia non causa immediata morte cellulare, particolarmente frequenti nei soggetti anziani e in pazienti con
nemmeno nelle regioni di miocardio più gravemente colpite e diabete mellito.
(2) non tutte le regioni di miocardio sono ugualmente ischemiche. La diagnostica di laboratorio si basa sulla misurazione dei livelli
Perciò, gli esiti della riperfusione possono variare da zona a zona. ematici di proteine che fuoriescono dai miociti danneggiati irrepa-
Come evidenziato nella Figura 12.16 A, la riperfusione del miocardio rabilmente; queste molecole includono mioglobina, troponine car-
entro 20 minuti dall’esordio dell’ischemia può completamente pre- diache T e I, frazione MB della creatin-chinasi (CK-MB), lattato
venire la necrosi. La riperfusione dopo un intervallo più lungo non deidrogenasi e molte altre (Fig. 12.18).56 La diagnosi di danno mio-
riesce a prevenire completamente la necrosi ma può salvare almeno cardico viene formulata quando i livelli ematici di questi biomarca-
una parte dei miociti che sarebbero altrimenti morti. tori cardiaci aumentano in un contesto clinico di ischemica acuta.
Il tipico aspetto del miocardio riperfuso è illustrato nella La velocità di comparsa in circolo di questi marcatori dipende da
­Figura 12.16 B e C. Un infarto riperfuso è in genere emorragico in vari fattori, tra cui la loro localizzazione intracellulare e il loro peso
quanto il sangue fuoriesce dai vasi danneggiati durante il periodo molecolare, il flusso ematico e il drenaggio linfatico nell’area dell’in-
di ischemia, quando il flusso viene ripristinato. L’esame ­microscopico farto e la velocità di eliminazione del marcatore dal sangue.
544 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.16 Conseguenze dell’ischemia miocardica seguita da riperfusione. A. Raffigurazione schematica della progressione del danno ischemico
miocardico e della sua reversibilità con il ripristino del flusso (riperfusione). I cuori che vanno incontro a brevi periodi di ischemia per non più di 20 minuti,
seguiti da riperfusione, non sviluppano necrosi (lesione reversibile). Un’ischemia di breve durata seguita da riperfusione genera uno “stordimento” del
miocardio. Se l’occlusione coronarica si prolunga oltre i 20 minuti, il fronte d’onda necrotico progredisce dal subendocardio al subepicardio con il passare
del tempo. La riperfusione, se effettuata entro 3-6 ore dall’insorgenza di ischemia, è in grado di recuperare il tessuto ischemico ma vitale. Questo tessuto
recuperato può essere però “stordito”. La riperfusione dopo le 6 ore non riduce apprezzabilmente le dimensioni dell’infarto miocardico. Aspetto macroscopico
(B) e ­microscopico (C) del tessuto miocardico in seguito a riperfusione. B. Grande infarto miocardico acuto della parete anteriore, densamente emorragico,
in un paziente con trombosi dell’arteria discendente anteriore trattato con streptochinasi, un farmaco fibrinolitico (preparato cardiaco colorato con cloruro
di trifeniltetrazolio). Il campione è orientato con la parete posteriore in alto. C. Necrosi miocardica con emorragia e bande di contrazione, visibili come bande
scure che attraversano alcune miofibre (freccia). Questo è l’aspetto caratteristico di un miocardio marcatamente ischemico che è stato riperfuso.

I biomarcatori più sensibili e specifici di danno miocardico sono dimero composto da due isoforme denominate “M” e “B”. Gli omo-
proteine cardio-specifiche, in particolare le troponine I e T (proteine dimeri MM si trovano prevalentemente nel muscolo cardiaco e
che regolano la contrazione calcio-mediata dei muscoli cardiaco e scheletrico; gli omodimeri BB in cervello, polmone e molti altri
scheletrico). Le troponine I e T non sono normalmente dosabili in tessuti; gli eterodimeri MB si trovano principalmente a livello del
circolo. Dopo un IM, i livelli di entrambe aumentano entro 2-4 ore muscolo cardiaco e, in quantità inferiori, anche nel muscolo sche-
e raggiungono un picco entro 48 ore. In passato considerata il “gold letrico. Di conseguenza, la forma MB di creatin-chinasi (CK-MB) è
standard”, la creatin-chinasi è ancora utile. La creatin-chinasi, un sensibile ma non specifica, poiché aumenta anche in caso di danno
enzima presente in cervello, miocardio e muscolo scheletrico, è un alla muscolatura scheletrica. I livelli di CK-MB cominciano a salire
CAPITOLO 12 Il cuore 545

Figura 12.17 Effetti della riperfusione sulla vitalità e funzionalità del miocardio. In seguito a occlusione coronarica, la funzionalità contrattile è persa
entro 2 minuti e la vitalità inizia a diminuire dopo circa 20 minuti. Se la perfusione non viene ripristinata (A), allora quasi tutto il miocardio della regione
colpita morirà. B. Se il flusso viene ripristinato, allora si previene in parte la necrosi, si salva il miocardio e si potrà recuperare almeno una parte della
funzionalità. Prima avviene la riperfusione, maggiore è l’area miocardica recuperata. Tuttavia, il processo di riperfusione stesso può indurre un certo danno
(danno da riperfusione) e il recupero di funzionalità del miocardio salvato può essere ritardato da ore a giorni (disfunzione ventricolare postischemica).

a 2-4 ore dall’inizio dell’ischemia, raggiungono il picco intorno alle la maggior parte di questi pazienti non riesce ad arrivare in ospedale.
24 ore, e tornano nella norma dopo circa 72 ore. Sebbene la sensi- Le terapie somministrate di routine nel quadro dell’IM acuto inclu-
bilità diagnostica delle misurazioni di troponine cardiache e CK-MB dono acido acetilsalicilico ed eparina (per prevenire ulteriore trom-
sia simile nelle fasi iniziali dell’IM, livelli elevati di troponina persi- bosi); ossigeno (per minimizzare l’ischemia); nitrati (per indurre
stono per circa 7-10 giorni dopo un IM acuto, ben dopo che i ­livelli di vasodilatazione e risolvere il vasospasmo); inibitori beta-adrenergici
CK-MB sono rientrati nella norma. Il picco sia di ­troponina sia di (beta-bloccanti, per ridurre la domanda cardiaca di ossigeno e ri-
CK-MB è più precoce nei pazienti che sono stati trattati con riper- durre il rischio di aritmie); inibitori dell’enzima di conversione
fusione cardiaca, questo per via del lavaggio degli enzimi dal tessuto dell’angiotensinogeno (ACE inibitori) (per limitare la dilatazione
necrotico. Livelli invariati di CK-MB e troponine durante un periodo ventricolare); e manovre che mirano a riaprire i vasi occlusi, tra cui
di 2 giorni escludono sostanzialmente una diagnosi di IM. somministrazione di farmaci fibrinolitici, angioplastica coronarica
Conseguenze e complicanze dell’infarto miocardico. Sono stati con o senza posizionamento di stent e rivascolarizzazione chirurgica
fatti straordinari progressi nel trattamento dei pazienti con IM acuto. con CABG. La scelta della terapia dipende dal quadro clinico e
Contestualmente alla riduzione nella mortalità per IHD a partire dalla competenza del centro ospedaliero. L’angioplastica in mani
dagli anni Sessanta, la mortalità ospedaliera si è ridotta dal 30 al esperte è molto efficace, mentre la terapia fibrinolitica può essere
7% circa nei pazienti trattati tempestivamente. Circa la metà dei somministrata con efficacia quasi equivalente mediante semplice in-
decessi per IM acuto si verifica nella prima ora dall’inizio dei ­sintomi; fusione. Fattori generalmente associati a una prognosi ­sfavorevole

Figura 12.18 Rilascio di proteine miocitarie in corso di infarto miocardico. Alcune di queste proteine (ad es. troponina I, C o T e creatin-fosfochinasi
frazione MB [CK-MB]) sono impiegate come biomarcatori diagnostici.
546 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.19 Complicanze dell’infarto miocardico. Sindromi da rottura di cuore (A-C). A. Rottura miocardica anteriore in un infarto acuto (freccia).
B. Rottura del setto interventricolare (freccia). C. Rottura completa di un muscolo papillare necrotico. D. Pericardite fibrinosa, con superficie epicardica
scura e ruvida, sovrastante un infarto acuto. E. Precoce espansione di un infarto anteroapicale con assottigliamento parietale (freccia) e presenza di trombo
murale. F. Grande aneurisma apicale nel ventricolo sinistro. Il ventricolo sinistro è a destra in questa veduta delle quattro camere cardiache. (A-E. Riprodotte,
per gentile concessione, da Schoen FJ: Interventional and Surgical Cardiovascular Pathology: Clinical Correlations and Basic Principles. Philadelphia, WB
Saunders, 1989. F. Per gentile concessione di William D. Edwards, MD, Mayo Clinic, Rochester, MN)

includono età avanzata, sesso femminile, diabete mellito e, per via (fascio di His) è localizzato nel miocardio inferosettale, un infarto
di una performance cardiaca già ridotta, una storia di pregresso IM. in questa regione può causare un arresto cardiaco.
Malgrado ciò, molti pazienti vanno incontro a varie complicanze in Rottura del miocardio. Le sindromi da rottura del cuore derivano
seguito a un IM acuto che comprendono le seguenti (alcune delle dall’indebolimento meccanico del miocardio necrotico e succes-
quali sono illustrate in Fig. 12.19): sivamente infiammato. Includono (1) rottura della parete
­ventricolare libera (più frequente), con emopericardio e tampo-
Disfunzione contrattile. L’infarto miocardico produce alterazioni namento cardiaco (Fig. 12.19); (2) rottura del setto interventri-
nella funzionalità ventricolare sinistra, in maniera approssimati- colare (meno comune), che porta a un DIV acuto con shunt
vamente proporzionale alle sue dimensioni. In genere è presente ­sinistro-destro (Fig. 12.19 B); e (3) rottura dei muscoli papillari
un certo grado di insufficienza ventricolare sinistra con ipoten- (la meno frequente), che ha come risultato una grave insufficienza
sione, congestione vascolare polmonare e trasudato polmonare mitralica acuta (Fig. 12.19 C). La rottura della parete libera ven-
interstiziale, che può progredire verso un franco edema polmo- tricolare è più frequente dai 3 ai 7 giorni dopo l’IM, quando la
nare con insufficienza respiratoria. Nel 10-15% dei pazienti in necrosi coagulativa, l’infiltrato neutrofilo e la lisi del tessuto con-
seguito a IM acuto si verifica una grave “insufficienza di pompa” nettivo miocardico hanno fortemente indebolito l’area infartuata
(shock cardiogeno) che è generalmente dovuta a un infarto molto (media da 4-5 giorni; range da 1 a 10 giorni dopo l’IM). La sede
esteso (40% del ventricolo sinistro). Lo shock cardiogeno ha più frequente di rottura postinfartuale della parete ventricolare
una mortalità di circa il 70% ed è responsabile di due terzi dei libera è la parte laterale a livello medioventricolare. Fattori di
decessi ospedalieri. rischio per la rottura della parete libera includono età oltre i
Aritmie. Molti pazienti in seguito a IM presentano irritabilità 60 anni, sesso femminile e preesistente ipertensione. Questa
miocardica e/o disturbi della conduzione che possono causare complicanza insorge più frequentemente in pazienti senza pre-
fatali aritmie. Aritmie associate a IM includono bradicardia gresso IM, perché gli esiti fibrocicatriziali di un pregresso infarto
­sinusale, arresto cardiaco (asistolia), tachicardia, contrazioni tendono a inibire la lacerazione del miocardio. Solitamente la
ventricolari premature o tachicardia ventricolare e fibrillazione rottura di parete libera è rapidamente fatale. Tuttavia, la presenza
ventricolare. Poiché il sistema di conduzione atrioventricolare fortuita di aderenze pericardiche può bloccare una rottura che
CAPITOLO 12 Il cuore 547

può pertanto esitare in uno pseudoaneurisma (ematoma localiz- Comunque, in generale, i pazienti con infarto transmurale ante-
zato comunicante con la cavità ventricolare). La parete di uno riore hanno una prognosi peggiore rispetto a quelli con infarto
pseudoaneurisma è formata solo dall’epicardio e dal pericardio inferiore (posteriore). Nel caso di un infarto subendocardico
parietale a esso aderente. Per questo, alla fine, molti pseudoaneu- possono formarsi trombi murali sulla superficie endocardica, ma
rismi vanno incontro a rottura. pericarditi, rottura del cuore o aneurismi ventricolari sono molto
Pericardite. Una pericardite fibrinosa o fibrinoemorragica rari.
­(sindrome di Dressler) si sviluppa in genere intorno al 2° o 3° Oltre alla sequenza dei processi riparativi del tessuto infartuato
giorno successivo a un infarto transmurale come epifenomeno descritta in precedenza, le parti non infartuate del ventricolo
­dell’infiammazione presente nella sottostante area infartuata tendono all’ipertrofia e alla dilatazione; complessivamente, queste
(si veda Fig. 12.19 D). alterazioni sono denominate rimodellamento ventricolare. L’iper-
Infarto ventricolare destro. L’infarto isolato del ventricolo destro trofia compensatoria del miocardio non infartuato è inizialmente
è raro, ma l’infarto di una parte del miocardio ventricolare destro emodinamicamente vantaggiosa. Tuttavia, l’effetto compensatorio
si associa spesso a danno ischemico dell’adiacente parete poste- può essere annullato dalla dilatazione ventricolare (con o senza
riore del ventricolo sinistro e del setto interventricolare. Infarti aneurisma ventricolare) e dalla aumentata richiesta di ­ossigeno,
ventricolari destri possono causare uno scompenso cardiaco che possono esacerbare l’ischemia e deprimere la funzionali-
destro acuto associato a ristagno di sangue nella circolazione tà ­cardiaca. Possono anche verificarsi alterazioni nella forma ven-
venosa e ipotensione sistemica. tricolare e nella rigidità del ventricolo dovute agli esiti cicatriziali
Estensione dell’infarto. È dovuta a nuovi focolai di necrosi che ­dell’ipertrofia che contribuiscono a ridurre la gittata cardiaca.
insorgono nelle aree adiacenti l’area iniziale di infarto. ­Alcuni di questi effetti deleteri sembrano essere contrastati dal
Espansione dell’infarto. A causa dell’indebolimento del muscolo ­trattamento con ACE inibitori, che riducono la dilatazione ven-
necrotico, è possibile che si creino un assottigliamento, un allun- tricolare postinfartuale.
gamento e una dilatazione abnormi della parete infartuata (in La prognosi a lungo termine dell’infarto miocardico dipende da
particolare nell’infarto anterosettale). Tale fenomeno è spesso molti fattori, i più importanti dei quali sono l’efficienza della residua
associato a trombosi murale (si veda Fig. 12.19 E). funzione ventricolare e l’estensione delle lesioni ostruttive nei vasi
Trombosi murale. In qualsiasi tipo di infarto, la combinazione di che irrorano il miocardio vitale. La complessiva mortalità nel primo
un’anomala contrattilità miocardica regionale (che causa stasi anno successivo all’infarto è circa del 30%. Successivamente, tra i
ematica) con danno endocardico (che crea una superficie trom- sopravvissuti, la mortalità è del 3-4% ogni anno. La prevenzione
bogenica) può favorire una trombosi murale (Cap. 4) e poten- dell’infarto, attraverso il controllo dei fattori di rischio, nei soggetti
zialmente tromboembolia. che non sono mai stati colpiti da un infarto (prevenzione primaria),
Aneurisma ventricolare. Contrariamente allo pseudoaneurisma e la prevenzione delle recidive, nei soggetti che si sono ristabiliti
di cui sopra, il vero aneurisma della parete ventricolare è delimi- dopo un infarto (prevenzione secondaria), sono molto importanti e
tato da miocardio cicatrizzato. Gli aneurismi della parete ventri- hanno registrato considerevoli risultati.
colare sono una complicanza tardiva di estesi infarti transmurali Le relazioni tra cause, fisiopatologia e conseguenze dell’IM sono
che subiscono una precoce espansione. La sottile parete di tessuto riepilogate nella Figura 12.20, inclusi i possibili esiti in IHD cronica
cicatriziale di un aneurisma si rigonfia paradossalmente durante e morte improvvisa, che saranno discussi in seguito.
la sistole (si veda Fig. 12.19 F). Le complicanze degli aneurismi
ventricolari includono trombosi murale, aritmie e scompenso Cardiopatia Ischemica Cronica
cardiaco; non si verifica tuttavia la rottura della resistente parete
fibrotica dell’aneurisma. La definizione di cardiopatia ischemica cronica è qui utilizzata per
Disfunzione dei muscoli papillari. Come detto in precedenza, in descrivere la progressiva insufficienza cardiaca causata da un danno
seguito a IM si può raramente verificare la rottura di un muscolo ischemico del miocardio. Il termine cardiomiopatia ischemica è
papillare. Più spesso però, un’insufficienza mitralica postinfar- spesso utilizzato dai clinici per descrivere l’IHD cronica. La maggior
tuale deriva dalla disfunzione ischemica di un muscolo papillare parte dei pazienti, ha avuto un pregresso infarto miocardico e ­talvolta
e del miocardio sottostante e, nelle fasi postinfartuali più tardive, un precedente intervento arterioso coronarico e/o rivascolarizza-
dalla fibrosi e dalla retrazione del muscolo papillare, o dalla di- zione chirurgica. L’IHD cronica insorge solitamente dopo l’infarto
latazione ventricolare (si veda oltre). a causa dello scompenso funzionale del miocardio ipertrofico non
Insufficienza cardiaca progressiva tardiva (l’IHD cronica è trattata infartuato (si veda la precedente trattazione dell’ipertrofia cardiaca).
in seguito). Tuttavia, in alcuni casi una grave coronaropatia ostruttiva può pre-
sentarsi come IHD cronica in assenza di infarto.
Il rischio di specifiche complicanze postinfartuali e la prognosi
dell’infarto, dipendono principalmente dalle dimensioni dell’area
lesa, dalla sede e dalla estensione transmurale (infarto subendocar- Morfologia I cuori dei pazienti con IHD cronica sono solita-
dico o transmurale). Estesi infarti transmurali causano più fre- mente ingrossati e pesanti, a causa dell’ipertrofia e della
quentemente shock cardiogeno, aritmie e insufficienza cardiaca dilatazione ventricolare sinistra. Vi è sempre un certo grado
congestizia secondaria. I pazienti colpiti da infarto transmurale di aterosclerosi coronarica ostruttiva e in genere sono pre-
anteriore sono maggiormente a rischio di rottura della parete li- senti cicatrici che rappresentano l’esito di pregressi infarti.
bera, espansione dell’infarto, trombosi murale e aneurisma. Al Nell’endocardio parietale si possono riscontrare irregolari
contrario, negli infarti transmurali posteriori, le complicanze più ispessimenti fibrosi e possono essere presenti trombi murali.
frequenti sono rappresentate da gravi blocchi di conduzione, I reperti microscopici includono ipertrofia miocardica, diffusa
coinvolgimento del ventricolo destro o di entrambi i ventricoli e, vacuolizzazione subendocardica e fibrosi.
quando si presenta un DIV acuto, sono più difficili da gestire.
548 CAPITOLO 12 Il cuore

Prolasso valvolare mitralico


Miocarditi
Cardiomiopatia ipertrofica o dilatativa
Ipertensione polmonare
Aritmie cardiache ereditarie o acquisite
Ipertrofia cardiaca di qualsiasi origine (ad es. ipertensione)
Altre cause, come alterazioni sistemiche metaboliche ed emodi-
namiche, catecolamine e sostanze da abuso, in particolare cocaina
e metamfetamina

Morfologia Una stenosi critica (75%) dovuta a grave ate-


rosclerosi coronarica di almeno uno dei tre principali vasi
cardiaci è presente nell’80-90% dei soggetti colpiti da MCI;
solo il 10-20% dei casi non è di origine aterosclerotica. Le
stenosi sono in genere di grado elevato (90%); in circa la
metà dei casi, si osserva la rottura acuta di una placca atero-
sclerotica e in circa il 25% dei casi sono presenti alterazioni
diagnostiche di un IM acuto.58 Questo sembra indicare che
molti pazienti che muoiono improvvisamente sono andati
incontro a un IM, ma lo stretto intervallo temporale dall’esor-
dio alla morte preclude lo sviluppo delle tipiche alterazioni
diagnostiche a livello del miocardio. Tuttavia, in uno studio
su pazienti rianimati con successo dopo un improvviso arre-
sto cardiaco, un nuovo IM si è verificato solo nel 39% dei
casi.59 Quindi, la maggior parte delle MCI non sarebbe asso-
ciata a IM acuto; si ritiene che la maggioranza di questi de-
Figura 12.20 Schema delle varie vie nella progressione della cardiopatia cessi sia dovuta a irritabilità miocardica indotta dall’ischemia
ischemica (IHD), che mostra le interrelazioni tra coronaropatia, alterazioni che avvia aritmie ventricolari maligne. Cicatrici di pregressi
acute di placca, ischemia miocardica, infarto miocardico, IHD cronica, infarti e vacuolizzazione miocitaria subendocardica indicativa
scompenso cardiaco congestizio e morte cardiaca improvvisa. di grave ischemia cronica sono comuni in tali pazienti.

Clinicamente, l’insufficienza cardiaca progressiva può verificarsi


in pazienti con pregressi episodi di IM o attacchi anginosi. In alcuni Condizioni ereditarie associate a MCI sono importanti, poiché
soggetti, tuttavia, il progressivo danno miocardico è totalmente si- possono fornire una base per intervenire nei familiari dei pazienti
lente e l’insufficienza cardiaca è il primo segnale di IHD cronica. In colpiti.60 Alcune di queste malattie sono associate a identificabili
questi casi la diagnosi si basa in gran parte sull’esclusione di altre anomalie anatomiche (ad es. malformazioni congenite, cardiomio-
cardiopatie. I pazienti con IHD cronica rappresentano quasi la metà patia ipertrofica, prolasso della valvola mitralica). Tuttavia, altre
dei pazienti sottoposti a trapianto cardiaco. aritmie ereditarie possono scatenare la morte improvvisa in assenza
di patologie cardiache strutturali (cosiddette malattie elettriche
primitive). Queste sindromi possono essere diagnosticate in via
Morte Cardiaca Improvvisa
definitiva solo mediante un esame genetico, a cui vengono sottoposti
La morte cardiaca improvvisa (MCI) colpisce ogni anno circa soggetti con anamnesi familiare positiva o un’aritmia non letale da
300.000-400.000 persone negli Stati Uniti. Viene definita come una cause non chiare.
morte inattesa dovuta a cause cardiache in soggetti senza cardiopatia Anomalie elettriche primitive del cuore che predispongono alla
sintomatica o che insorge precocemente dopo l’esordio dei sintomi MCI includono sindrome del QT lungo, sindrome di Brugada, sin-
(abitualmente entro 1 ora dal loro esordio). La MCI è in genere la drome del QT corto, tachicardia ventricolare polimorfica catecola-
conseguenza di un’aritmia letale (ad es. asistolia, fibrillazione ventri- minica, sindrome di Wolff-Parkinson-White, sindrome del seno
colare). Si verifica più frequentemente nel quadro dell’IHD e in al- malato (detta anche malattia del nodo del seno) e malattia della
cuni casi ne è la prima manifestazione clinica. conduzione cardiaca isolata.61 Le più importanti di queste patologie
L’ischemia miocardica acuta è la causa più comune di aritmie fatali.57 sono le cosiddette canalopatie, causate da mutazioni nei geni neces-
Sebbene il danno ischemico possa colpire il sistema di conduzione e sari al normale funzionamento dei canali ionici.62 Queste malattie
generare instabilità cardiaca elettromeccanica, le aritmie fatali sono in (che hanno prevalentemente un’ereditarietà autosomica dominante)
genere dovute a instabilità elettrica acuta indotta dall’ischemia in aree coinvolgono i geni che codificano per i canali ionici (inclusi Na+, K+
del miocardio distanti dal sistema di conduzione. I focolai aritmogeni e Ca+), o proteine accessorie che sono essenziali per il normale
sono spesso localizzati vicino a cicatrici lasciate da pregressi IM. funzionamento dei canali stessi, responsabili della conduzione delle
Condizioni patologiche non aterosclerotiche associate a MCI correnti elettriche che mediano la contrazione del cuore. Il prototipo
includono: di queste patologie è la sindrome del QT lungo, caratterizzata dal
prolungamento del segmento QT negli elettrocardiogrammi e da
Malformazioni strutturali o coronariche congenite predisposizione ad aritmie ventricolari maligne. Mutazioni in sette
Stenosi valvolare aortica diversi geni sono alla base della maggior parte dei casi di sindrome
CAPITOLO 12 Il cuore 549

del QT lungo. Le mutazioni più frequenti colpiscono il gene codifi-


cante KCNQ1 e causano una riduzione delle correnti di potassio. I Morfologia L’ipertensione induce ipertrofia ventricolare
canali ionici sono necessari per il normale funzionamento anche di sinistra da sovraccarico pressorio, inizialmente senza dilata-
tessuti extracardiaci e certe canalopatie sono associate a patologie zione ventricolare. Di conseguenza, l’ispessimento della
della muscolatura scheletrica e a diabete; tuttavia, le più comuni parete del ventricolo sinistro aumenta il peso del cuore in
canalopatie cardiache sono patologie isolate del cuore. maniera sproporzionata rispetto all’aumento delle globali
La prognosi di molti pazienti a rischio di MCI è notevolmente dimensioni cardiache (Fig. 12.21 A). Lo spessore della parete
migliorata dall’impianto di un pacemaker o di un defibrillatore ventricolare sinistra può superare i 2,0 cm, e il peso del cuore
automatico, che rileva e corregge elettricamente gli episodi di fibril- i 500 g. Col tempo, l’aumentato spessore del ventricolo sini-
lazione ventricolare. stro causa rigidità della sua parete la quale ostacola il riem-
pimento diastolico e spesso induce dilatazione atriale
sinistra.
Cardiopatia ipertensiva Microscopicamente, le più precoci modificazioni della CIp
sistemica sono l’aumento del diametro trasverso dei miociti,
La cardiopatia ipertensiva (CIp) deriva dalle maggiori richieste aspetto a volte difficilmente apprezzabile al microscopio ot-
imposte al cuore dall’ipertensione, che causa sovraccarico da pres- tico. Negli stadi più avanzati si evidenziano vari gradi di in-
sione e ipertrofia ventricolare. Sebbene più spesso osservata nel grandimento cellulare e nucleare, spesso accompagnati da
cuore sinistro come risultato dell’ipertensione sistemica, l’iperten- fibrosi interstiziale. Le alterazioni biochimiche, molecolari e
sione polmonare può causare cardiopatia ipertensiva destra, o cuore morfologiche che avvengono nell’ipertrofia ipertensiva sono
polmonare (cor pulmonale). simili a quelle che caratterizzano altre condizioni associate a
sovraccarico miocardico pressorio.
Cardiopatia Ipertensiva
Sistemica (Sinistra)
La CIp sistemica compensata può essere asintomatica, producen-
Nell’ipertensione, l’ipertrofia del cuore è una risposta compensatoria do solo evidenza elettrocardiografica o ecocardiografica di ingran-
al sovraccarico pressorio che può condurre a disfunzione miocardica, dimento ventricolare sinistro. In molti pazienti l’attenzione viene
dilatazione cardiaca, ICC e, in alcuni casi, a morte improvvisa. I criteri richiamata dalla comparsa di fibrillazione atriale di nuova insorgenza
minimi per la diagnosi di CIp sistemica sono i seguenti: (1) ipertrofia indotta dall’ingrandimento atriale sinistro o da ICC. A seconda della
ventricolare sinistra (generalmente concentrica) in assenza di altre ma- gravità, della durata e delle condizioni alla base della malattia iper-
lattie cardiovascolari e (2) anamnesi o evidenza di ipertensione arteriosa. tensiva e anche in relazione all’adeguatezza del tipo di terapia adot-
Lo studio Framingham ha definitivamente stabilito che anche un’iper- tata, il paziente può (1) godere di una normale longevità e morire
tensione lieve (con livelli di poco superiori a 140/90 mmHg), se suffi- per altre cause, (2) sviluppare una cardiopatia ischemica, a causa
cientemente prolungata, induce ipertrofia ventricolare sinistra. Circa degli effetti sinergici dell’ipertensione sull’aterosclerosi coronarica,
il 25% della popolazione degli Stati Uniti soffre di ipertensione di grado (3) sviluppare un danno renale o un ictus cerebrovascolare come
lieve. La patogenesi dell’ipertensione è stata trattata nel Capitolo 11. effetti diretti dell’ipertensione, (4) sviluppare un’insufficienza car-

Figura 12.21 Cardiopatia ipertensiva, sistemica e polmonare. A. Cardiopatia ipertensiva sistemica (sinistra). Vi è un marcato ispessimento concentrico
della parete ventricolare sinistra che causa la riduzione delle dimensioni del lume. Il ventricolo sinistro e l’atrio sinistro (asterisco) sono sulla destra in
questa veduta delle quattro camere cardiache. È presente un pacemaker nel ventricolo destro (freccia). B. Cardiopatia ipertensiva polmonare (destra) (cor
pulmonale). Il ventricolo destro è notevolmente dilatato e ha una parete libera ispessita e trabecole ipertrofiche (veduta del cuore a quattro camere, il
ventricolo destro a sinistra). La forma del ventricolo sinistro (a destra) è deformata dal ventricolo destro dilatato.
550 CAPITOLO 12 Il cuore

diaca progressiva o andare incontro a MCI. Il controllo efficace


dell’ipertensione può prevenire o addirittura indurre una regressione fino a 1,0 cm e oltre (si veda Fig. 12.21 B). Stadi intermedi di
dell’ipertrofia cardiaca e dei rischi a essa associati. ipertrofia ventricolare destra possono essere evidenziati come
ispessimento dei fasci muscolari a livello del cono di efflusso,
al di sotto della valvola polmonare, o della banda moderatrice,
Cardiopatia Ipertensiva Polmonare
il fascio muscolare che connette il setto interventricolare al
(Destra) (CUORE POLMONARE)
muscolo papillare anteriore del ventricolo destro. Talvolta,
In condizioni normali, poiché la circolazione polmonare costituisce il ventricolo destro ipertrofico comprime la camera ventrico-
la parte a bassa pressione del sistema circolatorio, il ventricolo destro lare sinistra, o porta a insufficienza e ispessimento fibroso
ha una parete più sottile e più deformabile del ventricolo sinistro.64 della valvola tricuspide. Normalmente, i miociti del ventricolo
Il cuore polmonare, o cor pulmonale, come viene anche denominata destro sono disposti senza un ordine preciso e sono presenti
la CIp destra isolata, deriva dal sovraccarico pressorio del ventricolo adipociti all’interno della parete; nell’ipertrofia ventricolare
destro,65 ed è caratterizzato da ipertrofia ventricolare destra, dilata- destra, il tessuto adiposo della parete sparisce e i miociti si
zione e potenzialmente scompenso secondario a ipertensione pol- allineano circonferenzialmente.
monare. Le cause più frequenti sono patologie dei polmoni, in par-
ticolare malattie respiratorie croniche come enfisema, o ipertensione
polmonare primitiva (Tab. 12.6). È bene ­ricordare, tuttavia, che
l’ipertensione venosa polmonare si verifica più spesso come com-
plicanza di malattie del cuore sinistro di varia eziologia. Valvulopatie
Il cuore polmonare può essere acuto o cronico. Il cuore polmonare
acuto può seguire a un’embolia polmonare massiva. Il cuore polmo- Una patologia valvolare può manifestarsi clinicamente con stenosi,
nare cronico risulta dall’ipertrofia ventricolare destra (con dilatazio- insufficienza (rigurgito o incontinenza) o entrambe. La stenosi
ne) secondaria a un prolungato sovraccarico pressorio, come può ­consiste nell’incapacità della valvola di aprirsi completamente, osta-
avvenire con malattie polmonari croniche e con una varietà di altre colando il flusso anterogrado. L’insufficienza, al contrario, consiste
condizioni, molte delle quali sono discusse dettagliatamente nel nell’incapacità della valvola di chiudersi completamente, consentendo
Capitolo 15. così un flusso retrogrado. Queste anomalie possono presentarsi in
forma singola oppure coesistere e possono interessare solo una
valvola (valvulopatia isolata) o più di una valvola (valvulopatia
Morfologia Nel cuore polmonare acuto, c’è una marcata combinata). Il termine insufficienza funzionale è impiegato per de-
dilatazione del ventricolo destro senza ipertrofia. Nelle sezioni scrivere l’incompetenza di una valvola derivante da un’anomalia in
trasversali del cuore, la normale forma a falce del ventricolo una delle sue strutture di supporto. Ad esempio, una dilatazione del
destro è sostituita da una forma ovoidale. Nel cuore ­polmonare ventricolo destro o sinistro può trascinare i muscoli papillari verso
cronico, la parete ventricolare destra si ispessisce, ­talvolta il basso e l’esterno, impedendo quindi l’adeguata chiusura dei lembi
della mitrale e della tricuspide altrimenti normali. In modo analogo,
una dilatazione dell’aorta o dell’arteria polmonare può separare le
commissure valvolari e impedire la completa chiusura delle cuspidi
Tabella 12.6 Malattie che predispongono al cuore
della valvola aortica o di quella polmonare. L’insufficienza funzio-
polmonare
nale della valvola mitralica è particolarmente comune nell’IHD
malattie del parenchima polmonare (insufficienza mitralica ischemica).66
Le conseguenze cliniche della disfunzione valvolare variano in
Patologia polmonare cronica ostruttiva
Fibrosi interstiziale polmonare diffusa relazione alla valvola coinvolta, al grado di insufficienza, alla rapidità
Pneumoconiosi di sviluppo e alla velocità e all’efficacia dei meccanismi compensa-
Fibrosi cistica tori. Ad esempio, l’improvviso cedimento di una cuspide valvolare
Bronchiectasie aortica a causa di un’infezione (endocardite infettiva; si veda oltre)
malattie dei vasi polmonari
può causare insufficienza massiva acuta, che può essere rapidamente
fatale. Invece, una stenosi mitralica di origine reumatica si sviluppa
Tromboembolia polmonare ricorrente
Ipertensione polmonare primitiva
in genere lentamente, nel corso di diversi anni, con conseguenze
Arterite polmonare diffusa (ad es. granulomatosi di Wegener) cliniche notevolmente ben tollerate. Certe condizioni che aumenta-
Ostruzione vascolare indotta da farmaci, tossine, radioterapia no la richiesta cardiaca possono complicare una patologia valvolare;
Microembolizzazione diffusa di neoplasia polmonare ad esempio, la gravidanza può esacerbare una valvulopatia e causa-
re complicanze alla madre o al feto.67 La stenosi o l’insufficienza
disturbi dei movimenti toracici
valvolare spesso provocano alterazioni secondarie, sia prossimal-
Cifoscoliosi mente sia distalmente alla valvola colpita. In genere, la stenosi
Obesità marcata (apnea da sonno, sindrome di Pickwick)
Malattie neuromuscolari ­valvolare conduce a sovraccarico di pressione del cuore, mentre
l’insufficienza valvolare conduce a sovraccarico di volume del cuore.
malattie che inducono costrizione arteriosa polmonare Inoltre, l’eiezione del sangue attraverso valvole stenotiche ristrette
Acidosi metabolica può produrre “getti” di sangue ad alta velocità che danneggiano
Ipossiemia l’endocardio a livello del loro sito di impatto.
Mal di montagna cronico Le anomalie valvolari possono essere congenite (discusse prece-
Ostruzione delle vie aeree maggiori
Ipoventilazione alveolare idiopatica
dentemente) o acquisite. Le stenosi acquisite delle valvole aortica e
mitrale rappresentano circa i due terzi di tutti i casi di valvulopatia.
CAPITOLO 12 Il cuore 551

Tabella 12.7 Principali eziologie delle valvulopatie acquisite


Valvulopatia mitralica Valvulopatia aortica

stenosi mitralica stenosi aortica

Cicatrizzazione postinfiammatoria (cardiopatia reumatica) Cicatrizzazione postinfiammatoria (cardiopatia reumatica)


Stenosi aortica calcifica senile
Calcificazione di una valvola congenitamente anomala

insufficienza mitralica insufficienza aortica

Alterazioni dei lembi e delle commissure Cicatrizzazione postinfiammatoria (cardiopatia reumatica)


Cicatrizzazione postinfiammatoria Endocardite infettiva
Endocardite infettiva Sindrome di Marfan
Prolasso valvolare mitralico
Farmaci (ad es. fen-phen) Malattia aortica
Alterazioni dell’apparato sottovalvolare Dilatazione aortica degenerativa
Rottura di un muscolo papillare Aortite luetica
Disfunzione di un muscolo papillare (fibrosi) Spondilite anchilosante
Rottura delle corde tendinee Artrite reumatoide
Sindrome di Marfan
Alterazione della cavità ventricolare sinistra e/o dell’annulus
Ingrossamento ventricolare sinistro (miocardite, cardiomiopatia
dilatativa)
Calcificazioni dell’anello mitralico

Modificata da Schoen, FJ: Surgical pathology of removed natural and prosthetic valves. Hum Pathol 18:558, 1987.

La stenosi valvolare è quasi sempre dovuta a un’anomalia cronica Stenosi aortica calcifica
delle cuspidi valvolari che si manifesta dopo molti anni. Le patologie
che provocano stenosi valvolare sono relativamente poche. L’insuf- La più comune di tutte le anomalie valvolari, la stenosi aortica ac-
ficienza valvolare può invece essere imputabile sia a difetti intrinseci quisita, è in genere la conseguenza di un processo di “usura e lace-
delle cuspidi valvolari, sia ad alterazioni delle strutture di sostegno razione” associato all’età che colpisce valvole anatomicamente nor-
(ad es. l’aorta, l’anello mitralico, le corde tendinee, i muscoli papil- mali o congenitamente bicuspidi (~1% della popolazione).69 La
lari, la parete libera ventricolare). L’insufficienza valvolare ha molte prevalenza della stenosi aortica, stimata al 2%, sta crescendo con
­cause e può verificarsi acutamente, come nel caso della rottura di l’aumentare dell’età media della popolazione. In genere la stenosi
corde tendinee, o cronicamente in patologie associate a cicatrizza- aortica di valvole precedentemente normali (denominata stenosi
zione con retrazione dei lembi. aortica calcifica senile) si manifesta clinicamente dal 7° al 9° decen-
Le cause di valvulopatia cardiaca acquisita sono riepilogate nella nio di vita, mentre le valvole stenotiche bicuspidi tendono a mani-
Tabella 12.7 e trattate nei paragrafi che seguono. Le cause più fre- festarsi in pazienti dai 50 ai 70 anni di età.
quenti dei principali difetti funzionali valvolari sono le seguenti: In passato, la calcificazione valvolare aortica veniva attribuita alla
degenerazione da logoramento e all’accumulo distrofico e passivo
Stenosi aortica: calcificazione di una valvola aortica normale o di idrossiapatite, lo stesso sale di calcio che si trova nell’osso.70 Studi
congenitamente bicuspide. più recenti indicano che il danno cronico dovuto a iperlipidemia,
Insufficienza aortica: dilatazione dell’aorta ascendente, spesso ipertensione, infiammazione e altri fattori coinvolti nell’aterosclerosi
correlata a ipertensione arteriosa e all’invecchiamento. può anch’esso ricoprire un ruolo e forse persino precedere la calci-
Stenosi mitralica: malattia reumatica. ficazione. Tuttavia, è chiaro che il danno valvolare della stenosi
Insufficienza mitralica: degenerazione mixomatosa (prolasso aortica calcifica differisce in vari aspetti dall’aterosclerosi. In parti-
della valvola mitralica). colare, anziché accumulare cellule muscolari lisce, le valvole anor-
mali contengono cellule somiglianti a osteoblasti che sintetizzano
proteine della matrice ossea e promuovono la deposizione di sali di
DEGENERAZIONE CALCIFICA Valvolare
calcio. Le valvole bicuspidi sopportano uno stress meccanico mag-
Le valvole cardiache sono sottoposte a stress meccanici altamente giore delle normali valvole tricuspidi, una spiegazione plausibile del
ripetitivi, in particolare a carico delle cerniere delle cuspidi e dei perché diventino stenotiche più rapidamente.
lembi a causa (1) dei 40 o più milioni di contrazioni cardiache
all’anno, (2) della deformazione tissutale che si verifica con ogni
contrazione e (3) del gradiente pressorio transvalvolare nella fase Morfologia L’aspetto morfologico caratteristico della ste-
di ­chiusura di ogni contrazione che è di circa 120 mmHg per la nosi aortica calcifica, non reumatica (sia con valvola tricuspi-
mitrale e di circa 80 mmHg per la valvola aortica. Non sorprende de sia bicuspide), è costituito dalla presenza nelle cuspidi di
pertanto che queste delicate strutture possano subire un danno masserelle calcifiche che protrudono dalle superfici di efflus-
cumulativo e andare incontro a calcificazioni distrofiche (depositi so all’interno dei seni di Valsalva, impedendo così l’apertura
di sali di fosfato di calcio) che portano a disfunzioni clinicamente delle cuspidi stesse. I margini liberi delle cuspidi non sono
rilevanti.68
552 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.22 Degenerazione valvolare calcifica. A. Stenosi aortica calcifica di una valvola precedentemente normale (vista dal lato aortico). Masse
nodulari di calcio si accumulano all’interno dei seni di Valsalva (freccia). Si noti che le commissure non sono fuse, come nella stenosi valvolare aortica
postreumatica (si veda Fig. 12.27 E). B. Stenosi aortica calcifica insorta su valvola congenitamente bicuspide. Una cuspide presenta una fusione parziale
nel mezzo, detta rafe (freccia). C e D. Calcificazione dell’annulus mitralico, con noduli calcifici alla base (margine basale) del lembo anteriore mitralico
(frecce). C. Visione dall’atrio sinistro. D. Sezione del miocardio.

sintomatica. Al contrario, pazienti asintomatici con stenosi aortica


in genere coinvolti (Fig. 12.22 A). Il processo calcifico inizia hanno generalmente una prognosi eccellente.
nella parte fibrosa della valvola, nei punti di massima fles-
sione della cuspide (in prossimità dei margini di inserzione).
Stenosi calcifica della valvola aortica bicuspide
Microscopicamente, l’architettura stratificata della valvola è
congenita
ampiamente preservata. Nelle fasi precoci il processo di
calcificazione, ancora emodinamicamente ininfluente, viene Con una prevalenza di circa l’1%, la valvola aortica bicuspide (VAB)
detto sclerosi valvolare aortica. Nella stenosi aortica, l’area è la malformazione cardiovascolare congenita più frequente nell’uo-
valvolare funzionale è ridotta dai grandi depositi calcifici mo.71 Sebbene la VAB non presenti complicanze nei primi anni di
nodulari, al punto da causare un ostacolo quantificabile all’ef- vita, le complicanze tardive della VAB includono stenosi o insuffi-
flusso; questo causa un progressivo sovraccarico pressorio cienza aortica, endocardite infettiva e dilatazione e/o dissezione
del ventricolo sinistro. aortica. Le valvole bicuspidi sono predisposte ad andare incontro a
Contrariamente alla stenosi aortica reumatica (e congenita) calcificazioni degenerative, come accade nelle valvole aortiche con
(si veda Fig. 12.24 E), solitamente non si osserva fusione delle anatomia inizialmente normale (Fig. 12.22 B). La VAB è responsabile
commissure valvolari. La valvola mitralica è generalmente di circa il 50% dei casi di stenosi aortica in soggetti adulti.72 Anomalie
normale, sebbene alcuni pazienti possano avere estensioni strutturali della parete aortica spesso accompagnano la VAB, anche
dirette dei depositi calcifici della valvola aortica sul lembo quando la valvola è emodinamicamente normale, e possono aggravare
mitralico anteriore. Al contrario, potenzialmente tutti i pa- la dilatazione aortica o la dissezione aortica (si veda oltre). Studi re-
zienti con stenosi aortica reumatica presentano anche carat- centi hanno confermato i precedenti lavori su cluster familiari di VAB
teristiche e concomitanti anomalie strutturali a carico della e malformazioni ostruttive del tratto di efflusso ventricolare sinistro
valvola mitralica (si veda oltre). e la loro associazione con altre malformazioni cardiovascolari.73
In una valvola aortica congenitamente bicuspide, ci sono solo due
cuspidi funzionali, solitamente di dimensioni diverse, la più grande
Caratteristiche cliniche. Nella stenosi aortica calcifica (su val- delle quali ha un rafe mediano che risulta dall’incompleta separa-
vola precedentemente normale o bicuspide), l’ostruzione all’efflusso zione commissurale durante lo sviluppo; meno frequentemente le
ventricolare sinistro conduce a graduale restringimento dell’orifizio cuspidi sono di dimensioni identiche e il rafe è assente. Il rafe è
valvolare (area valvolare approssimativamente di 0,5-1 cm2 nella frequentemente la principale sede delle calcificazioni. Una volta
stenosi aortica grave; normale, ~4 cm2) e a un aumentato gradiente sviluppatasi una stenosi, il decorso clinico è simile a quello descritto
pressorio attraverso la valvola calcifica, che raggiunge 75-100 mmHg precedentemente per la stenosi aortica calcifica. Le valvole che di-
nei casi più gravi. In tali circostanze, le pressioni ventricolari sinistre ventano bicuspidi in seguito a lesioni acquisite (ad es. valvulopatia
salgono a 200 mmHg o più, causando ipertrofia ventricolare sinistra reumatica) presentano un’unica grande cuspide, con commissura
concentrica (sovraccarico di pressione). Il miocardio ipertrofico fusa al suo interno, che misura circa il doppio della cuspide non fusa.
tende a essere ischemico (come risultato della ridotta perfusione La valvola aortica bicuspide può anche diventare insufficiente in
microcircolatoria, spesso complicata dall’aterosclerosi coronarica) seguito a dilatazione aortica, prolasso delle cuspidi o endocardite
e può insorgere angina pectoris. Sia la funzionalità miocardica si- infettiva. La valvola mitralica è generalmente normale nei pazienti
stolica che quella diastolica possono essere ridotte e possono anche con valvola aortica bicuspide congenita.
manifestarsi scompenso cardiaco e ICC. La comparsa di sintomi
(angina, ICC o sincope, la cui base fisiopatologica è poco chiara) in Calcificazione dell’annulus mitralico
pazienti con stenosi aortica preannuncia uno scompenso cardiaco
e indica una prognosi infausta; il 50% circa dei soggetti con angina Nell’anello fibroso periferico (annulus) della valvola mitralica possono
morirà entro 5 anni e il 50% dei soggetti con ICC entro 2 anni, se svilupparsi depositi calcifici di natura degenerativa. Macroscopica-
l’ostruzione non viene corretta con sostituzione chirurgica della mente, questi appaiono come noduli (2-5 mm in spessore) irregolari,
valvola. La terapia medica è inefficace nella grave stenosi aortica duri come pietre, talvolta ulcerati, situati dietro i lembi valvolari (si
CAPITOLO 12 Il cuore 553

veda Fig. 12.22 C e D). Generalmente la calcificazione dell’annulus Patogenesi. Nella maggior parte dei casi la causa delle altera-
mitralico non ­compromette la funzionalità valvolare e non diventa zioni che indeboliscono i lembi valvolari e le strutture a essi asso-
clinicamente rilevante. In casi insoliti, tuttavia, la calcificazione annu- ciate non è nota. Eccezionalmente, il PVM è associato a malattie
lare mitralica può condurre a (1) insufficienza, interferendo con la ereditarie del tessuto connettivo, inclusa la sindrome di Marfan che
contrazione fisiologica dell’anello valvolare, (2) stenosi, impedendo è in genere riconducibile a mutazioni nella fibrillina 1 ­(FBN-1)
l’apertura dei lembi mitralici, o (3) aritmie e talvolta morte improvvisa (Cap. 5). Come si ricorderà, i difetti nella FBN-1 alterano le inte-
per la penetrazione dei depositi di calcio a una profondità sufficiente razioni cellula-matrice e deregolano anche il signaling del TGFb.75
a ledere il sistema di conduzione atrioventricolare. Poiché i noduli A tale proposito, topi geneticamente modificati che esprimono
calcifici possono anche costituire una sede di apposizione trombotica una forma mutata di FBN-1 sviluppano un tipo di PVM che può
con possibilità di embolizzazione, i pazienti con calcificazione dell’anel- essere prevenuto da inibitori del TGFb,76 indicando che un eccesso
lo mitralico hanno un rischio aumentato di ictus e i noduli calcifici di TGFb può causare le caratteristiche lassità strutturale e
possono anche divenire focolaio di endocarditi infettive. Se molto ­a lterazione mixomatosa. Non è noto se simili meccanismi
estesi i depositi calcifici sono talvolta evidenziati all’ecocardiografia o ­contribuiscano al PVM sporadico. Studi che utilizzano analisi di
alla radiografia del torace come opacità ad anello ben definite. La linkage genetico hanno anche mappato forme autosomiche domi-
calcificazione dell’annulus mitralico è più frequente nelle donne oltre nanti di PVM ­collegate a diversi altri loci genici che possono essere
i 60 anni e in pazienti con prolasso valvolare mitralico (si veda oltre) coinvolti nel rimodellamento della matrice extracellulare
o con elevata pressione ventricolare sinistra (come nell’ipertensione valvolare.77
sistemica, nella stenosi aortica o nella cardiomiopatia ipertrofica). Caratteristiche cliniche. La maggior parte dei pazienti con
PVM è asintomatica e la diagnosi può avvenire in maniera occa-
sionale durante un esame clinico di routine nel corso del quale il
Prolasso Della Valvola Mitralica
medico riscontra all’auscultazione un click mesosistolico. La dia-
(Degenerazione Mixomatosa Della
gnosi può essere confermata mediante ecocardiografia. Casi in cui
Valvola Mitralica)
è anche presente insufficienza mitralica sono associati a un soffio
Nel prolasso valvolare mitralico (PVM), uno o entrambi i lembi sistolico. Una minoranza dei pazienti manifesta dolore toracico
valvolari mitralici sono di consistenza molle (“floppy”) e prolassano, simil-anginoso, dispnea e affaticamento. Sebbene la maggior
sporgendo come un palloncino nell’atrio sinistro durante la sistole.74 ­parte dei pazienti non vada incontro a eventi sfavorevoli, circa il
L’alterazione istologica che definisce questa forma di valvulopatia 3% ­s viluppa una delle seguenti quattro gravi complicanze:
prende il nome di degenerazione mixomatosa. Il PVM colpisce circa (1) ­endocardite infettiva; (2) ­insufficienza mitralica, talvolta con
il 3% della popolazione adulta degli Stati Uniti. È più spesso un re- rottura delle corde tendinee; (3) ictus o altro infarto sistemico, ri-
perto incidentale all’esame obiettivo (in particolare nelle giovani sultato da emboli a partenza da trombi valvolari; o (4) aritmie, sia
donne), ma in una minoranza di individui può condurre a gravi ventricolari sia atriali.
complicanze. Il rischio di complicanze è molto basso quando il PVM viene
scoperto incidentalmente in pazienti giovani e asintomatici, e più
alto nei pazienti più anziani di sesso maschile e in quelli con aritmie
Morfologia L’alterazione anatomica caratteristica nel PVM o insufficienza mitralica. I pazienti sintomatici o ad alto rischio di
è la ridondanza intercordale (a cappuccio) dei lembi mitralici gravi complicanze vengono spesso trattati chirurgicamente; infatti,
o di parte di essi (Fig. 12.23 A-C). I lembi colpiti sono spesso il PVM è attualmente la causa più comune di riparazione o sostitu-
slargati, ispessiti e gommosi. Le corde tendinee possono zione chirurgica della valvola mitralica.
essere allungate, assottigliate, o persino rotte, e l’annulus
può essere dilatato. Possono essere colpite anche le valvole
Febbre Reumatica E
tricuspide, aortica o polmonare. Istologicamente, c’è l’assot-
Cardiopatia Reumatica
tigliamento dello strato fibroso della valvola, da cui dipende
l’integrità strutturale dei lembi, associato a un marcato ispes- La febbre reumatica (FR) è una patologia infiammatoria acuta,
simento dello strato spongioso per deposizione di materiale immuno-mediata, multisistemica che si presenta alcune settimane
mucoide di aspetto mixomatoso (Fig. 12.23 E). Le lesioni dopo un episodio di faringite da streptococco di gruppo A.78
secondarie, espressione dello stress e del danno meccanico La cardite reumatica acuta è una frequente manifestazione
a cui sono sottoposti i lembi, sono: (1) ispessimento fibroso ­durante la fase attiva della FR che con il tempo può progredire in
dei lembi valvolari, soprattutto nei punti di attrito reciproco; cardiopatia reumatica (CR) cronica, caratterizzata da anomalie
(2) ispessimento fibroso lineare della superficie endocardica valvolari.
ventricolare sinistra, laddove le corde tendinee, abnorme- La CR è caratterizzata principalmente da una valvulopatia fibro-
mente allungate, schioccano o fanno attrito con la superficie tica deformante, che dà luogo in particolare a stenosi mitralica, della
stessa; (3) ispessimento dell’endocardio parietale, del ven- quale la CR è sostanzialmente l’unica causa. Nell’ultimo secolo
tricolo o dell’atrio sinistro, come effetto del danno indotto l’incidenza e il tasso di mortalità di FR e CR si sono notevolmente
dalla frizione esercitata dai lembi prolassati, ipermobili; ridotti in molte zone del mondo, come risultato del miglioramento
(4) formazione di trombi sulla superficie atriale dei lembi o delle condizioni socioeconomiche e della rapidità di diagnosi e
sulle pareti dell’atrio; e (5) focali calcificazioni alla base del trattamento della faringite streptococcica. Nonostante ciò, nei Paesi
lembo mitralico posteriore. Lievi modificazioni mixomatose in via di sviluppo e in molte aree urbane affollate ed economicamente
secondarie possono essere riscontrate anche in valvole mi- depresse del mondo occidentale, la CR resta un importante problema
traliche insufficienti per altre cause (ad es. nella disfunzione di sanità pubblica, che colpisce, secondo le stime, 15 milioni di
ischemica). persone. Solo in rari casi la FR fa seguito a infezioni streptococciche
in altre sedi, come la cute.
554 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.23 Degenerazione mixomatosa della valvola mitralica. A. Taglio lungo l’asse maggiore del ventricolo sinistro che evidenzia l’inarcamento e
il prolasso del lembo mitralico posteriore nell’atrio sinistro (freccia). Il ventricolo sinistro è a destra in questa veduta delle quattro camere cardiache.
B. ­Valvola aperta, che mostra un pronunciato inarcamento del lembo mitralico posteriore con placche trombotiche in corrispondenza dei siti di contatto tra
il lembo e l’atrio sinistro (frecce). C. Valvola aperta con evidente inarcamento in un paziente morto improvvisamente (frecce doppie). Si notino anche le
calcificazioni dell’annulus mitralico (punta di freccia). Valvola cardiaca normale (D) e valvola mitralica mixomatosa (E) (colorazione pentacromica di Movat,
nella quale il collagene è giallo, l’elastina è nera e i proteoglicani sono blu). Nelle valvole mixomatose, il collagene nella fibrosa è lasso e disorganizzato, i
proteoglicani (asterisco) sono depositati nella spongiosa e l’elastina nell’atriale è disorganizzata. (A. Per gentile concessione di William D. Edwards, MD,
Mayo Clinic, Rochester, MN. D ed E. Da Rabkin E, et al: Activated interstitial myofibroblasts express catabolic enzymes and mediate matrix remodeling
in myxomatous heart valves. Circulation 104:2525-2532, 2001)

Morfologia Le caratteristiche patologiche chiave della FR caratteristiche, denominate corpi di Aschoff, che sono costi-
acuta e della CR cronica sono mostrate in Figura 12.24. Nella tuiti da focolai di linfociti (principalmente cellule T), alcune
fase acuta della FR possono essere riscontrate focali lesioni plasmacellule e grossi macrofagi di aspetto attivato denomi-
infiammatorie in vari tessuti. Nel cuore insorgono lesioni nati cellule di Anitschkow (patognomoniche per FR). Questi
CAPITOLO 12 Il cuore 555

Figura 12.24 Cardiopatia reumatica acuta e cronica. A. Valvulite reumatica acuta della mitrale sovrapposta a una cardiopatia reumatica cronica. Sono
visibili piccole vegetazioni (verruche) lungo il margine di chiusura del lembo valvolare mitralico (frecce). Pregressi episodi di valvulite reumatica hanno
causato l’ispessimento fibroso e la fusione delle corde tendinee. B. Aspetto microscopico dei corpi di Aschoff in un paziente con cardite reumatica acuta.
L’interstizio miocardico contiene una raccolta circoscritta di cellule infiammatorie mononucleate, inclusi alcuni grandi macrofagi con nucleoli prominenti e
un macrofago binucleato. C e D. Stenosi mitralica con diffuso ispessimento fibroso, deformazione dei lembi valvolari e fusione commissurale (frecce, C);
ispessimento delle corde tendinee (D). Si noti la neovascolarizzazione del lembo mitralico anteriore (freccia, D). E. Stenosi aortica reumatica, che mostra
l’ispessimento e la deformazione delle cuspidi con fusione commissurale. (E. Riprodotta da Schoen FJ, St. John-Sutton M: ­Contemporary issues in the
pathology of valvular heart disease. Hum Pathol 18:568, 1967)

macrofagi hanno un citoplasma abbondante e un nucleo delle commissure e l’accorciamento, l’ispessimento e la fu-
tondo od ovoidale, nel quale la cromatina è disposta central- sione delle corde tendinee (si veda Fig. 12.24 D). Nella ma-
mente in un nastro sottile e ondulato (da cui deriva la deno- lattia cronica, la valvola mitralica è coinvolta quasi sempre,
minazione di “cellule bruco”). Alcuni dei macrofagi più grandi da sola nel 65-70% dei casi e colpita insieme alla valvola
possono diventare multinucleati. aortica in un altro 25% dei casi. Il coinvolgimento della val-
Durante la FR acuta, si può riscontrare in ognuno dei tre strati vola tricuspide è infrequente e la valvola polmonare è colpita
del cuore un diffuso processo infiammatorio con pericardite, soltanto raramente. Date l’aumentata incidenza della stenosi
miocardite o endocardite (pancardite) e corpi di Aschoff. aortica calcifica (si veda sopra) e la ridotta incidenza della FR,
L’infiammazione dell’endocardio e delle valvole di sinistra la stenosi aortica reumatica rappresenta oggi meno del
esita tipicamente in una necrosi fibrinoide all’interno delle 10% delle forme acquisite di stenosi valvolare aortica. Il tes-
cuspidi o lungo le corde tendinee. Sopra questi focolai necro- suto fibroso che si forma tra le commissure valvolari e le
tici, lungo le linee di chiusura dei lembi valvolari, si trovano calcificazioni, danno luogo alle tipiche stenosi a “bocca di
piccole ­(1-2 mm) vegetazioni, denominate verruche. Queste pesce” o ad “asola”. Se la stenosi mitralica è grave, l’atrio
vegetazioni collocano la CR in un ristretto gruppo di malattie sinistro si dilata progressivamente e possono formarsi, sia
caratterizzate da valvulopatia vegetativa, ognuna con le sue nell’auricola sia lungo la parete, trombi murali che possono
proprie caratteristiche morfologiche (Fig. 12.25). Le lesioni embolizzare. La persistente congestione polmonare causa
subendocardiche, continuamente sollecitate dal reflusso, pos- modificazioni nel parenchima e nella vascolarizzazione del
sono dare luogo a ispessimenti irregolari denominati placche polmone, portando col tempo a ipertrofia ventricolare destra.
di MacCallum, generalmente localizzate nell’atrio sinistro. Il ventricolo sinistro è generalmente normale nella stenosi
Le alterazioni anatomiche fondamentali della valvola mitra- mitralica pura, isolata. Microscopicamente, nei lembi mitra-
lica nella CR cronica sono l’ispessimento dei lembi, la fusione lici l’infiammazione acuta va incontro a organizzazione con
556 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.25 Confronto delle quattro principali forme di endocardite vegetativa. La fase della febbre reumatica della cardiopatia reumatica (CR) è ca-
ratterizzata da piccole vegetazioni bozzolute, lungo le rime di chiusura dei lembi valvolari. L’endocardite infettiva (EI) è caratterizzata da grosse masse irregolari
sulle cuspidi valvolari, che possono anche estendersi alle corde. L’endocardite trombotica non batterica (ETNB) presenta tipicamente piccole vegetazioni,
spesso attaccate alla rima di chiusura. Possono essere isolate o multiple (si veda Fig. 12.26). L’endocardite di Libman-Sacks (ELS) è caratterizzata da ve-
getazioni di piccole o medie dimensioni su una o entrambe le superfici dei lembi valvolari.

Il quadro clinico correlato alla cardite acuta comprende rumori da


s­ uccessive fibrosi diffusa e neovascolarizzazione che distrug- sfregamento pericardico all’auscultazione, indebolimento dei toni
gono l’architettura, originariamente stratificata e avascolare cardiaci, tachicardia e altre aritmie. La miocardite può causare una
dei lembi. Come risultato del lungo periodo fra l’insulto ini- dilatazione cardiaca con possibile evoluzione in un’insufficienza
ziale e lo sviluppo delle alterazioni croniche deformanti si mitralica funzionale o anche in scompenso cardiaco. Circa l’1% dei
osservano raramente corpi di Aschoff nei pezzi operatori o pazienti muore di FR fulminante. L’artrite tipicamente esordisce
nei prelievi autoptici di pazienti con CR cronica. come una poliartrite migrante (accompagnata da febbre) nella quale
una grande articolazione dopo l’altra diviene dolorante e gonfia per
alcuni giorni, per poi guarire spontaneamente senza limitazioni
Patogenesi. La febbre reumatica acuta risulta dalla risposta im- funzionali residue.
mune agli streptococchi di gruppo A, che crossreagiscono con i tessuti In caso di ricorrenti infezioni faringee, la vulnerabilità dell’organi-
dell’ospite. Anticorpi diretti contro le proteine M degli streptococchi smo alla riattivazione della malattia aumenta dopo il primo attacco,
crossreagiscono con antigeni self cardiaci. Inoltre, cellule T CD4+ mentre la sintomatologia rimane sostanzialmente la stessa. Il danno
specifiche per i peptidi streptococcici reagiscono con proteine self alle valvole è cumulativo. La turbolenza indotta dalle deformità
del cuore e generano citochine che attivano i macrofagi (come quelli valvolari genera ulteriore fibrosi. Le manifestazioni cliniche appa-
trovati nei corpi di Aschoff ). Il danno ai tessuti cardiaci viene iono anni o decenni dopo l’iniziale episodio di FR e dipendono da
­quindi causato da una combinazione di reazioni mediate sia da quante e quali valvole cardiache sono coinvolte. Oltre ai vari soffi
anticorpi sia da cellule T (Cap. 6). cardiaci, all’ipertrofia, alla dilatazione e allo scompenso cardiaco, i
Caratteristiche cliniche. La FR è caratterizzata da una costella- pazienti con CR cronica possono soffrire di aritmie (in particolare
zione di reperti che includono come principali manifestazioni: fibrillazione atriale nel contesto di una stenosi mitralica), compli-
(1) ­poliartrite migrante delle grandi articolazioni, (2) pancardite, canze tromboemboliche ed endocarditi infettive (si veda oltre).
(3) noduli sottocutanei, (4) eritema marginato della cute e (5) corea di La prognosi a lungo termine è altamente variabile. La correzione
Sydenham, un disturbo neurologico caratterizzato da movimenti in- chirurgica o la sostituzione protesica delle valvole malate ha miglio-
volontari rapidi e non finalizzati. La diagnosi si basa sui criteri di rato enormemente la prognosi delle persone con CR.
Jones: evidenza di una precedente infezione da streptococchi di
gruppo A associata ad almeno due delle manifestazioni ­maggiori pre- Endocardite Infettiva
cedentemente elencate oppure associazione di una manifestazione
maggiore a due minori (segni e sintomi non specifici che compren- L’endocardite infettiva (EI) è una grave infezione caratterizzata dalla
dono febbre, artralgia o livelli plasmatici elevati di proteine di fase colonizzazione o invasione delle valvole cardiache o dell’endocardio
acuta).80 parietale da parte di microrganismi.81 L’infezione causa la forma-
La febbre reumatica acuta si manifesta nel 3% dei pazienti con zione di vegetazioni composte da detriti trombotici e microrganismi,
faringite acuta da streptococco di gruppo A, tipicamente da 10 giorni che sono spesso associate alla distruzione dei sottostanti tessuti
a 6 settimane dopo l’infezione. Colpisce più spesso bambini tra i 5 e cardiaci. Possono essere colpiti dall’infezione anche l’aorta, le sacche
i 15 anni di età, ma i primi attacchi possono avvenire in età adulta aneurismatiche, altri vasi sanguigni e i dispositivi protesici. Sebbene
o anche più tardivamente. Sebbene i tamponi faringei siano negativi funghi e altre classi di microrganismi possano causare que-
per lo streptococco nella fase iniziale della malattia, gli anticorpi ste ­infezioni, nella maggior parte dei casi sono implicati i batteri
diretti contro uno o più enzimi batterici, quali la streptolisina O e (endocardite batterica). L’EI deve essere diagnosticata rapidamente
la DNAsi B, possono essere rilevati nel siero della maggior parte dei e trattata in modo efficace.
pazienti con FR. Le manifestazioni cliniche predominanti sono Le EI sono tradizionalmente classificate, da un punto di vista
cardite e artrite, quest’ultima più comune negli adulti che nei ­bambini. clinico, in acute e subacute. Questa suddivisione riflette la gravità e
CAPITOLO 12 Il cuore 557

l’andamento temporale della malattia, che sono determinati in gran


parte dalla virulenza del microrganismo infettante e dalla eventuale gole o multiple e interessare una o più valvole. Le vegetazioni
presenza di una preesistente cardiopatia. L’endocardite infettiva talvolta causano erosioni a carico del sottostante miocardio
acuta è tipicamente causata da un microrganismo altamente pato- creando una cavità ascessuale (ascesso anulare). Emboli
geno che colpisce una valvola cardiaca anatomicamente normale possono essere liberati dalle vegetazioni in ogni momento;
provocando lesioni destruenti, ulcerate, necrotizzanti. Tali infezioni a causa del gran numero di microrganismi patogeni conte-
sono difficili da curare con antibiotici e spesso richiedono un inter- nuti negli emboli, spesso si sviluppano infarti settici o aneu-
vento chirurgico., In molti casi di EI acuta il paziente muore nell’arco rismi micotici nei siti in cui si depositano gli emboli.
di giorni o settimane, nonostante il trattamento. Al contrario, nella Le vegetazioni dell’endocardite subacuta sono associate a
EI subacuta, i microrganismi sono meno virulenti. Questi micror- una minore distruzione valvolare rispetto all’endocardite
ganismi attaccano valvole alterate anatomicamente causando infe- acuta, ma la distinzione tra le due forme può essere difficol-
zioni che sono insidiose ma meno distruttive. L’EI subacuta può tosa. Microscopicamente, le vegetazioni della tipica EI
avere un lungo decorso, di settimane o mesi ma spesso il paziente ­subacuta spesso mostrano alla loro base del tessuto di gra-
guarisce con la terapia antibiotica. nulazione, che attesta il processo di riparativo. Con il tempo,
Eziologia e patogenesi. Come già affermato, l’EI può insorgere possono svilupparsi fibrosi, calcificazione e un infiltrato in-
anche su valvole anatomicamente normali, specialmente se i mi- fiammatorio cronico.
crorganismi sono altamente virulenti, ma varie alterazioni cardia-
che e vascolari predispongono all’EI. Negli anni passati, la princi-
pale condizione predisponente era la cardiopatia reumatica, ma Caratteristiche cliniche. La febbre è il segno più costante di EI.
oggi sono più comuni prolasso valvolare mitralico, stenosi valvo- L’endocardite acuta insorge in maniera improvvisa e violenta con
lare calcifica degenerativa, valvola aortica bicuspide (calcifica o febbre rapidamente ingravescente, brividi, debolezza e spossatezza.
no), protesi ­valvolari e difetti cardiaci congeniti, sia corretti chi- Tuttavia, la febbre può anche essere lieve o addirittura assente, in
rurgicamente che no.82 I microrganismi responsabili dell’EI variano particolare nei pazienti anziani, e le uniche manifestazioni possono
nei pazienti ad alto rischio. L’endocardite di valvole precedente- essere astenia, calo ponderale o una sindrome simil-influenzale. Le
mente danneggiate o comunque anormali, è causata in genere complicanze dell’EI iniziano generalmente entro le prime settimane
(50-60% dei casi) dallo Streptococcus viridans, che è parte della dall’esordio. Possono essere mediate immunologicamente, come nel
normale flora batterica del cavo orale. Al contrario, lo S. aureus, caso dalla glomerulonefrite causata dal deposito di complessi anti-
germe più virulento, molto comune sulla pelle, può infettare sia gene-anticorpo (Cap. 20). Soffi sono presenti nel 90% dei pazienti
valvole danneggiate sia sane ed è responsabile del 10-20% di tutte con EI sinistra e possono derivare da un difetto valvolare di nuova
le endocarditi; lo S. aureus è il principale microrganismo patogeno insorgenza o riflettere una preesistente anomalia valvolare. I cosid-
nei soggetti che fanno abuso di droghe per via endovenosa. Tra i detti criteri di Duke (Tab. 12.8) permettono una valutazione stan-
rimanenti batteri sono da includere gli enterococchi e i batteri del dardizzata dei pazienti in cui si sospetta EI, che tiene conto di fattori
cosiddetto gruppo HACEK (Haemophilus, Actinobacillus, Cardio- predisponenti, reperti fisici, risultati dell’emocoltura, reperti eco-
bacterium, Eikenella e Kingella) tutti commensali del cavo orale. cardiografici ed esami di laboratorio.83 Diagnosi precoce e tratta-
L’endocardite su protesi valvolare è generalmente dovuta a stafi- mento efficace hanno quasi eliminato alcune manifestazioni, comuni
lococchi coagulasi-negativi (ad es. S. epidermidis). Altri microrga- in passato, della EI di lunga durata – ad esempio, micro-tromboem-
nismi che possono causare EI sono infine i bacilli Gram-negativi bolie (che si manifestano come emorragie a scheggia o subungueali),
e i funghi. In circa il 10-15% di tutti i casi di endocardite, non si lesioni dure eritematose o emorragiche sul palmo della mano o sulla
riesce a isolare dal sangue nessun microrganismo (endocardite “a pianta del piede (lesioni di Janeway), noduli sottocutanei nei polpa-
coltura negativa”). strelli delle dita (noduli di Osler) ed emorragie retiniche (macchie
Primi fra i fattori predisponenti allo sviluppo di endocardite sono di Roth).
quelli correlati all’immissione in circolo di microrganismi. La porta
d’ingresso dell’agente patogeno può essere un’evidente infezione, Vegetazioni Non Infettive
una procedura chirurgica od odontoiatrica, un ago contaminato
condiviso da individui che fanno abuso di droghe per via endove- Le vegetazioni non infettive (sterili) sono causate dall’endocardite
nosa, o apparentemente banali soluzioni di continuità nelle barriere trombotica non batterica e dall’endocardite del lupus eritematoso
epiteliali di intestino, cavità orale o cute. Un’appropriata profilassi sistemico (LES), denominata endocardite di Libman-Sacks (si veda
antibiotica può ridurre il rischio in soggetti con fattori predisponenti oltre).
(ad es. anomalie valvolari, condizioni che possono causare batteri-
emia transitoria). Endocardite trombotica non batterica
L’endocardite trombotica non batterica (ETNB) è caratterizzata dal
Morfologia Il segno distintivo dell’EI è la presenza sulle deposito di piccoli trombi sterili sui lembi delle valvole cardiache (si
valvole cardiache di vegetazioni potenzialmente destruenti, vedano Figg. 12.25 C e 12.27). Tali lesioni misurano da 1 a 5 mm e
voluminose e friabili, contenenti fibrina, cellule infiammato- si presentano singole o multiple lungo il margine di chiusura di lembi
rie e batteri o altri microrganismi (si vedano Figg. 12.25 e o cuspidi. Istologicamente, sono composte da materiale trombotico
12.26). La valvola mitralica e quella aortica sono le strutture lassamente adeso alla valvola. Le vegetazioni non sono invasive e
più spesso interessate dall’endocardite, sebbene possano non provocano alcuna reazione infiammatoria. Quindi, l’effetto
essere coinvolte anche valvole del cuore destro, in particolare locale delle vegetazioni è in genere di scarsa importanza. Tuttavia,
tra i tossicodipendenti. Le vegetazioni possono essere sin- queste vegetazioni possono essere la sorgente di emboli sistemici
capaci di provocare infarti nel cervello, nel cuore o in altre sedi.
558 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.26 Endocardite infettiva (batterica). A. Endocardite della valvola mitralica (subacuta, causata da Streptococcus viridans). Le grandi vegetazioni
friabili sono indicate dalle frecce. B. Endocardite acuta di una valvola aortica bicuspide congenita (causata da Staphylococcus aureus) con estesa distruzione
delle cuspidi e ascesso ad anello (freccia). C. Aspetto microscopico delle vegetazioni di un’endocardite con diffuso infiltrato infiammatorio acuto e fibrina.
I microrganismi batterici non sono visibili perché richiedono colorazioni speciali. D. Endocardite guarita, con evidente distruzione della valvola mitralica, ma
senza vegetazioni attive. (C. Riprodotta da Schoen FJ: Surgical pathology of removed natural and prosthetic heart valves. Hum Pathol 18:558, 1987)

L’ETNB si riscontra spesso in pazienti debilitati, con cancro o volare adiacente alle vegetazioni. In alcuni casi è difficile distinguere
sepsi – da cui il termine, usato in passato, di endocardite marantica. le vegetazioni dell’endocardite in corso di LES da quelle dell’endo-
Spesso insorge in concomitanza con trombosi venose profonde, cardite infettiva (si veda Fig. 12.25); talora gli esiti cicatriziali e la
embolia polmonare o altri reperti correlabili a uno stato di iperco- deformazione valvolare possono essere simili a quelle della cardio-
agulabilità sistemica (Cap. 4). Infatti, l’ETNB è associata ad adeno- patia reumatica cronica e richiedere l’intervento chirurgico.
carcinomi mucinosi, forse per gli effetti procoagulanti della mucina Lesioni valvolari cardiache trombotiche con vegetazioni sterili o
prodotta dal tumore ed è correlata alla sindrome delle tromboflebiti raramente ispessimento fibroso si verificano frequentemente in
migranti di Trousseau (Cap. 7). Un trauma dell’endocardio, come corso di sindrome da anticorpi antifosfolipidi (trattata nel Cap. 4),
quello provocato da un catetere a dimora, è un’altra ben nota con- che si ricorderà può anche portare a uno stato di ipercoagulabilità.84
dizione predisponente e spesso sono riscontrabili lesioni tromboti- La valvola mitralica è più frequentemente coinvolta di quella aortica;
che sull’apparato valvolare e sull’endocardio del cuore destro lungo l’insufficienza è l’anomalia funzionale più comune.
il decorso di un catetere arterioso polmonare di Swan-Ganz.
CARDIOPATIA Da Carcinoide
Endocardite in corso di lupus eritematoso sistemico
La malattia cardiaca da carcinoide è la manifestazione cardiaca di
(morbo di Libman-Sacks)
una sindrome sistemica causata dal tumore carcinoide. Coinvolge
Nel LES talvolta insorge una valvulite della valvola mitralica e della generalmente l’endocardio e le valvole del cuore destro. Lesioni
tricuspide caratterizzata da piccole vegetazioni sterili, denominata cardiache sono presenti nella metà dei pazienti con sindrome da
endocardite di Libman-Sacks. Le lesioni misurano 1-4 mm di diame- carcinoide, che è caratterizzata da episodi di arrossamento cutaneo
tro, sono singole o multiple, di colore rosa e spesso hanno un aspetto improvviso, crampi, nausea, vomito e diarrea (Cap. 17).
verrucoso. Possono essere localizzate sulla superficie ventricolare
delle valvole atrioventricolari, sull’endocardio valvolare, sulle corde
tendinee o sull’endocardio murale degli atri o dei ventricoli. Istolo- Morfologia Le lesioni cardiovascolari associate alla sindro-
gicamente, le vegetazioni sono costituite da materiale fibrinoso eo- me da carcinoide sono tipiche e costituite da ispessimenti
sinofilo, finemente granulare, che può contenere corpi ematossilinici, fibrosi endocardici a placca sulla superficie interna delle
residui omogenei di nuclei danneggiati dagli anticorpi anti-nucleo camere cardiache e sulle valvole polmonare e tricuspide;
(Cap. 6). L’endocardite di Libman-Sacks può essere associata a un’in- talvolta coinvolgono i più importanti vasi sanguigni che
tensa valvulite, caratterizzata da necrosi fibrinoide nel tessuto val-
CAPITOLO 12 Il cuore 559

Tabella 12.8 Criteri diagnostici per l’endocardite


infettiva* ­ fferiscono al cuore destro, la vena cava inferiore e l’arteria
a
polmonare (Fig. 12.28). Gli ispessimenti a placca sono com-
criteri patologici posti prevalentemente da cellule muscolari lisce e sparse
Microrganismi, evidenziati con esami colturali o istologici, fibre collagene immerse in una matrice ricca di mucopoli-
in una vegetazione, embolo da una vegetazione o ascesso saccaridi acidi. Nelle placche non sono presenti fibre elasti-
intracardiaco che. Le strutture sottostanti alle placche sono integre.
Conferma istologica della diagnosi di endocardite attiva
su una vegetazione o ascesso intracardiaco

criteri clinici Sebbene i meccanismi della fibrosi non siano ben chiari, sembra
Maggiori
che i reperti clinici e patologici siano collegati alla sintesi da parte
dei tumori carcinoidi di una varietà di prodotti bioattivi, come se-
Emocoltura(e) positiva(e) che identifica(no) microrganismi rotonina (5-idrossitriptamina), callicreina, bradichinina, istamina,
caratteristici o la persistenza di microrganismi inusuali
Identificazione ecocardiografica di una massa o ascesso correlati prostaglandine e tachichinine. I livelli plasmatici di serotonina e
a una valvola o a una protesi, oppure deiscenza parziale di una l’escrezione urinaria di acido 5-idrossindolacetico, metabolita della
valvola artificiale serotonina, sono correlati alla gravità delle lesioni cardiache destre.
Insufficienza valvolare di nuova insorgenza I mediatori bioattivi chiave liberati nel circolo portale dai tumori
Minori carcinoidi dell’intestino non raggiungono il cuore in alte concentra-
Lesioni cardiache predisponenti o utilizzo di farmaci endovenosi zioni perché sono prontamente metabolizzati dal fegato. Quindi, i
Febbre carcinoidi gastrointestinali (con drenaggio venoso attraverso il
Lesioni vascolari, petecchie, emorragie subungueali, emboli, ­sistema portale) in genere non inducono la malattia cardiaca da
infarti settici, aneurisma micotico, emorragia endocranica, carcinoide, a meno che non esistano estese metastasi epatiche che
lesioni di Janeway†
Fenomeni immunologici, inclusi glomerulonefrite, noduli di liberino i mediatori specifici direttamente nella vena cava inferiore.
Osler‡, macchie di Roth§ e fattore reumatoide La limitazione delle alterazioni cardiache al lato destro del cuore è
Evidenza microbiologica, inclusa una singola coltura positiva per spiegata dall’inattivazione sia della serotonina sia della bradichinina
un organismo inusuale durante il passaggio attraverso i polmoni da parte della monoami-
Reperti ecocardiografici compatibili con endocardite ma non
diagnostici, incluso il peggioramento o cambiamento di un
nossidasi presente nell’endotelio vascolare polmonare. Al contrario,
soffio preesistente i tumori carcinoidi primitivi degli organi al di fuori del sistema
*
venoso portale che drenano direttamente nella vena cava inferiore
La diagnosi in base a queste linee guida, spesso chiamate criteri di Duke, (ad es. ovaio e polmone) possono indurre la sindrome in assenza di
richiede la presenza sia di criteri patologici sia clinici; se sono utilizzati i
criteri clinici, per porre diagnosi è necessaria la presenza di 2 criteri metastasi epatiche.
maggiori, di 1 maggiore + 3 minori o di 5 criteri minori. La manifestazione cardiaca più comune è l’insufficienza della

Le lesioni di Janeway sono piccole lesioni eritematose o emorragiche, tricuspide, seguita da quella della valvola polmonare, che in genere
maculari, presenti sui palmi delle mani o sulle piante dei piedi e sono la insorge in combinazione con l’insufficienza tricuspidale. Possono
conseguenza di emboli settici.

I noduli di Osler sono piccoli noduli sottocutanei, di consistenza molle e
anche svilupparsi stenosi delle valvole del cuore destro, mentre
si sviluppano sui polpastrelli delle dita o, talvolta, in sede più prossimale valvulopatie del lato sinistro si osservano soltanto in circostanze
e persistono da alcune ore fino a parecchi giorni. particolari, come quando è presente un forame ovale pervio con
§
Le macchie di Roth sono emorragie retiniche ovalari con la parte centrale shunt destro-sinistro o un tumore carcinoide primitivo o metastatico
pallida. che coinvolge il polmone. Anomalie valvolari del cuore sinistro, con
Modificata da Durack DT, et al: Am J Med, 96:200, 1994 e Karchmer AW: In
Braunwald E, Zipes DP, Libby P [eds]: Heart Disease. A Textbook of Cardio- caratteristiche patologiche simili a quelle osservate nella sindrome
vascular Medicine, 6th ed. Philadelphia, WB Saunders, 2001, pp 1723. da carcinoide, sono state riportate con l’uso di farmaci che hanno

Figura 12.27 Endocardite trombotica non batterica (ETNB). A. È presente una linea quasi continua di vegetazioni trombotiche lungo la rima di chiusura
dei lembi mitralici (frecce). B. Microfotografia della ETNB, che evidenzia un piccolo trombo, praticamente in assenza di processi infiammatori a carico della
cuspide valvolare (c) o del materiale trombotico (t). Il trombo è attaccato solo debolmente alla cuspide (freccia).
560 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.28 Cardiopatia da carcinoide. A. Lesione fibrotica endocardica caratteristica che coinvolge il ventricolo destro e la valvola tricuspide. B. Aspetto
microscopico della cardiopatia da carcinoide con ispessimento intimale. La colorazione di Movat mostra il tessuto elastico miocardico (nero) sottostante
alla lesione ricca di mucopolisaccaridi acidi (blu-verde).

attività serotoninergica. Questi includono fenfluramina (parte della il problema principale nelle valvole meccaniche (Fig. 12.29 A).
combinazione “fen-phen” di medicamenti anoressizzanti), alcuni Questa complicanza rende necessaria una terapia anticoagulante
farmaci antiparkinsoniani e metisergide o ergotamina, impiegate a lungo termine in tutti i pazienti portatori di valvole meccaniche,
per la terapia dell’emicrania.85 con il rischio concomitante di ictus emorragico o di altre forme
di grave sanguinamento.
L’endocardite infettiva è una complicanza potenzialmente grave
Complicanze Delle Valvole Artificiali
della sostituzione valvolare. Le vegetazioni dell’endocardite pro-
La sostituzione di valvole cardiache lese con protesi è diventata tesica valvolare sono in genere localizzate a livello dell’interfaccia
una comune pratica terapeutica spesso in grado di salvare la vita del protesi-tessuto e spesso causano la formazione di un ascesso
paziente.86 Le valvole artificiali sono principalmente di due tipi: anulare, che può portare a perforazione paravalvolare con con-
(1) protesi meccaniche che utilizzano diversi meccanismi di chiusura, seguente reflusso di sangue se la giunzione valvola-tessuto viene
rigidi e mobili, composti da biomateriali non fisiologici, come sfere interrotta. Inoltre, possono svilupparsi vegetazioni, direttamente
ingabbiate in un anello, dischi inclinabili o lembi semicircolari sulle cuspidi stesse delle bioprotesi. I principali microrganismi
­incardinati nell’anello valvolare e (2) tessuti valvolari, bioprotesi, responsabili di tali infezioni sono stafilococchi saprofiti della cute
costituite da tessuti animali, in particolare valvole aortiche porcine, (ad es. S. epidermidis), S. aureus, streptococchi e funghi.
trattate chimicamente con una soluzione diluita di glutaraldeide e Il deterioramento strutturale può raramente essere responsabile
successivamente montate su un supporto meccanico. Le valvole tis- del malfunzionamento delle valvole moderne meccaniche. Tut-
sutali sono flessibili e funzionano in maniera molto simile alle val- tavia, col tempo, le bioprotesi diventano spesso incompetenti a
vole semilunari naturali. Circa il 60% dei portatori di valvole artifi- causa di calcificazioni e/o lacerazioni (Fig. 12.29 B).88
ciali sviluppa, entro 10 anni dall’intervento sostitutivo, seri problemi Altre complicanze includono emolisi intravascolare dovuta alle
correlati alla ­protesi. La natura di queste complicanze è diversa in alte forze di torsione, perdite perivalvolari dovute ­all’inadeguatezza
relazione al tipo (Tab. 12.9 e Fig. 12.29).87 dei processi riparativi od ostruzione dovuta ­all’eccessiva produ-
zione di tessuto fibroso durante il processo di cicatrizzazione.
Le complicanze tromboemboliche, ostruzione locale trombotica
della protesi o tromboembolizzazione a distanza, rappresentano
Cardiomiopatie
TABELLA 12.9 Complicanze delle protesi valvolari Il termine cardiomiopatia (letteralmente, malattia del muscolo car-
cardiache diaco) è usato per descrivere una cardiopatia derivante da un’alte-
razione del miocardio.89,90 Le malattie del miocardio provocano in
Trombosi/tromboembolia genere anomalie nello spessore della parete e nelle dimensioni delle
Emorragia correlata all’uso degli anticoagulanti camere cardiache, disfunzioni meccaniche e/o elettriche e sono
associate a significative morbilità e mortalità. Sebbene la cronica
Endocardite su valvola protesica disfunzione miocardica secondaria a ischemia, anomalie valvolari
o ipertensione possa causare disfunzioni ventricolari (si vedano i
Deterioramento strutturale (intrinseco)
Usura, rottura, distacco del supporto valvolare, rottura delle
precedenti paragrafi di questo capitolo), queste condizioni non sono
cuspidi, calcificazione considerate cardiomiopatie.
Le manifestazioni cliniche associate alle cardiomiopatie sono li-
Altre forme di malfunzionamento mitate al cuore oppure possono rientrare nel quadro di una patologia
Guarigione incompleta (perdita perivalvolare), guarigione
esuberante (ostruzione), sproporzione, emolisi, rumore
sistemica generalizzata; in entrambe le situazioni, la disfunzione
cardiaca è il problema chiave. Le cardiomiopatie primitive sono
CAPITOLO 12 Il cuore 561

Figura 12.29 Complicanze delle valvole cardiache artificiali. A. Trombosi di una protesi valvolare meccanica. B. Calcificazioni con lacerazioni secondarie
di una bioprotesi valvolare porcina, vista dal lato atriale.

malattie prevalentemente limitate al muscolo cardiaco, mentre nelle


cardiomiopatie secondarie il coinvolgimento cardiaco è una delle
componenti di una malattia sistemica o multiorgano. Nella maggior
parte dei casi, i meccanismi mediante i quali le malattie extracardia-
che interessano il cuore è chiaro. In altre patologie, come nel diabete,
la patogenesi della disfunzione cardiaca è meno chiara.91 Un grande
passo in avanti nella comprensione delle cardiomiopatie è il ricono-
scimento che molti casi di cardiomiopatia sono associati ad ­alterazioni
genetiche,91,92 che discuteremo quando esamineremo le principali
categorie di cardiomiopatia.
Cardiomiopatie di diversa eziologia possono avere un aspetto
morfologico simile e un medico che esamina un soggetto con una
cardiomiopatia non è generalmente in grado di riconoscerne l’ezio-
logia. L’approccio clinico dipende quindi da quale dei tre seguenti
profili, clinico, funzionale e patologico (Fig. 12.30 e Tab. 12.10) viene
riscontrato nel paziente: (1) cardiomiopatia dilatativa, (2) cardio-
miopatia ipertrofica o (3) cardiomiopatia restrittiva. Il ventricolo
sinistro “non-compattato” (left ventricular noncompaction), è un’al-
tra rara forma di cardiomiopatia caratterizzata da un caratteristico
aspetto “spongioso” del miocardio ventricolare sinistro. Questa
patologia congenita è frequentemente associata a scompenso car-
diaco o aritmia e ad altri sintomi clinici; può essere diagnosticata in
bambini o adulti come reperto isolato o associato ad altre anomalie
cardiache congenite, quali cardiopatie congenite cianotiche com-
plesse.93 Anche le mutazioni geniche che alterano la funzionalità dei
canali ionici miocardici sono state recentemente incluse nella clas-
sificazione delle cardiomiopatie primitive (questo gruppo di pato-
logie è stato trattato nel contesto delle morte cardiaca improvvisa).
Ai fini della nostra discussione, la cardiomiopatia ventricolare destra
aritmogena (displasia aritmogena del ventricolo destro), trattata in
seguito, è considerata una variante della cardiomiopatia dilatativa.
Nell’ambito di questi quadri emodinamici di disfunzione miocar-
dica, esiste uno spettro di gravità clinica e vi è spesso una sovrappo-
sizione nelle caratteristiche cliniche delle varie cardiomiopatie. Inoltre,
ognuno di questi quadri clinici può essere idiopatico o dovuto a una Figura 12.30 Rappresentazione delle tre caratteristiche forme di car-
delle specifiche cause che sono state finora identificate (Tab. 12.11). diomiopatia. Ao, aorta; AS, atrio sinistro; VS, ventricolo sinistro.
562 CAPITOLO 12 Il cuore

Tabella 12.10 Cardiomiopatia e disfunzione miocardica indiretta: modelli funzionali e cause


Modello funzionale Frazione di eiezione Meccanismo della Cause del fenotipo Disfunzione
ventricolare sinistra* disfunzione cardiaca miocardica indiretta
(non cardiomiopatia)

Dilatativo 40% Alterazione Genetica; alcool; peripartum; Cardiopatia ischemica;


della contrattilità miocardite; emocromatosi; cardiopatia valvolare;
(disfunzione sistolica) anemia cronica; cardiopatia ipertensiva;
doxorubicina (adriamicina); cardiopatia congenita
sarcoidosi; idiopatica

Ipertrofico 50-80% Alterazione Genetica; atassia di Friedreich; Cardiopatia ipertensiva;


della distensibilità malattie da deposito; figli stenosi aortica
(disfunzione diastolica) di madre diabetica

Restrittivo 45-90% Alterazione Amiloidosi; fibrosi da Costrizione pericardica


della distensibilità radiazioni; idiopatica
(disfunzione diastolica)
*
Normale, circa 50-65%.

Biopsie endomiocardiche sono utilizzate per la diagnosi e il mo- Patogenesi. Sebbene molti pazienti con CMPD abbiano una
nitoraggio dei pazienti con cardiomiopatia e di quelli sottoposti a forma familiare (genetica), la CMPD può anche risultare da vari
trapianto cardiaco.94,95 La biopsia endomiocardica implica l’inseri- insulti miocardici acquisiti o dall’interazione di fattori genetici e
mento di un dispositivo (detto biotomo) per via transvenosa nel lato ambientali che in definitiva possono causare un profilo clinicopato-
destro del cuore e il prelievo, mediante pinze, di piccoli f­ rammenti del logico simile.96 Questi includono (1) miocardite (una patologia in-
miocardio settale, che viene in seguito analizzato da un patologo. fiammatoria che, almeno in alcuni casi, precede lo sviluppo della
cardiomiopatia ed è talvolta causata da infezioni virali), (2) agenti
tossici (inclusi gli effetti collaterali di farmaci chemioterapici e l’eti-
Cardiomiopatia Dilatativa
lismo cronico, che può essere presente all’anamnesi nel 10-20% dei
Il termine cardiomiopatia dilatativa (CMPD) viene impiegato per pazienti), e (3) parto. Ognuno di questi sottogruppi è riepilogato
indicare una forma di cardiomiopatia caratterizzata da una progres- nella Figura 12.32 e descritto di seguito.
siva dilatazione cardiaca con disfunzione della contrattilità (sistolica),
in genere associata a ipertrofia. Talora è denominata cardiomiopatia Fattori genetici. Nel 20-50% dei casi, la CMPD è familiare e causata
congestizia. da anomalie genetiche ereditate.97 Nelle forme genetiche di CMPD
il modello prevalente è l’ereditarietà autosomica dominante; sono
meno comuni ereditarietà legata al cromosoma X, autosomica
Morfologia Nella CMPD il cuore è in genere ingrandito, recessiva e mitocondriale. Le anomalie genetiche identificate come
pesante (spesso pesa da due a tre volte il normale) e flaccido, cause di CMPD familiare in individui di sesso maschile più spesso
a causa della dilatazione di tutte le camere (Fig. 12.31). I trom- colpiscono geni che codificano per proteine citoscheletriche
bi murali sono frequenti e possono dare origine a emboli. espresse dai miociti (Fig. 12.33).98 In alcune famiglie ci sono dele-
Non si repertano primitive alterazioni valvolari e l’eventuale zioni nei geni mitocondriali che risultano in difetti della fosfori-
presenza di insufficienza della mitrale (o della tricuspide) è lazione ossidativa; in altre vi sono mutazioni nei geni che codifi-
da ricondurre alla dilatazione della camera ventricolare sini- cano per enzimi coinvolti nella beta-ossidazione degli acidi grassi.99
stra (o destra) (insufficienza funzionale). Le arterie coronarie I difetti mitocondriali causano più frequentemente cardiomiopatia
sono prive di stenosi significative oppure le ostruzioni pre- nei bambini. La cardiomiopatia dilatativa legata al cromosoma X
senti sono insufficienti a spiegare il grado di disfunzione (X-linked) tipicamente si presenta nella 2ª o all’inizio della 3ª
cardiaca. decade ed è in genere a rapida progressione. La cardiomiopatia
Le anomalie istologiche nella CMPD sono aspecifiche e so- X-linked è associata a mutazioni nel gene che codifica per la di-
litamente non corrispondono a uno specifico agente eziolo- strofina, una proteina citoscheletrica associata alla membrana che
gico. Inoltre, la gravità delle alterazioni morfologiche può svolge un ruolo decisivo nell’interazione fra citoscheletro interno
non riflettere il grado di disfunzione o la prognosi del pazien- e matrice extracellulare; si ricordi che la distrofina è mutata nelle
te. La maggior parte delle cellule muscolari è ipertrofica con più comuni miopatie scheletriche (ovvero distrofie muscolari di
nuclei ingranditi, ma alcune sono assottigliate, allungate e Duchenne e di Becker, Cap. 27). Alcuni pazienti e alcune famiglie
irregolari. È presente fibrosi interstiziale ed endocardica di con la mutazione della distrofina presentano come prima manife-
grado variabile e piccole cicatrici subendocardiche possono stazione clinica la CMPD. Altre forme di CMPD sono associate a
sostituire singole cellule o gruppi di cellule. Queste lesioni mutazioni nei geni codificanti per l’a-actina cardiaca (che collega
sono probabilmente dovute alla riparazione della necrosi il sarcomero alla distrofina), desmina e le proteine della lamina
ischemica miocitaria causata dallo sbilanciamento, indotto nucleare, lamina A e lamina C. È interessante notare che, proba-
dall’ipertrofia, fra perfusione e richiesta di ossigeno da parte bilmente a causa della comune origine embrionale dei cardiomio-
del miocardio. citi contrattili e degli elementi di conduzione, anomalie congenite
della conduzione possono essere associate alla CMPD.100
CAPITOLO 12 Il cuore 563

Tabella 12.11 Condizioni associate a malattie permette di distinguere una cardiomiopatia alcolica da altre forme
del muscolo cardiaco di CMPD. Inoltre, l’alcolismo cronico può essere associato a
carenza di tiamina che può condurre a cardiopatia da beri-beri
infezioni cardiache (anche questa indistinguibile dalla CMPD) (Cap. 9). Uno scom-
Virus penso miocardico può anche essere causato da altri tipi di danno
Clamidia tossico, non correlabili all’abuso di alcool. Particolarmente im-
Rickettsia portante è il danno miocardico causato da alcuni agenti chemio-
Batteri terapici, quali la doxorubicina (adriamicina), trattati in seguito.
Funghi
Protozoi
In passato, anche l’esposizione è stata associata a CMPD.
Parto. Una particolare forma di CMPD, denominata cardiomio-
tossine patia peripartum, può verificarsi nelle fasi tardive della gravidanza
Alcool o da diverse settimane ad alcuni mesi dopo il parto. La causa della
Cobalto cardiomiopatia peripartum è poco chiara ma è probabilmente
Catecolamine multifattoriale.102 Sono state proposte come cause ipertensione
Monossido di carbonio gravidica, sovraccarico di volume, carenze nutrizionali, altri
Litio
Idrocarburi
squilibri metabolici o una possibile reazione autoimmune. Una
Arsenico recente pubblicazione suggerisce una relazione tra cardiomiopa-
Ciclofosfamide tia dilatativa ed elevati livelli di un fattore antiangiogenico pro-
Doxorubicina (adriamicina) e daunorubicina dotto dal clivaggio della prolattina (che aumenta nelle fasi tardive
malattie metaboliche
della gravidanza).103 Blocco della secrezione di prolattina median-
te bromocriptina antagonizza l’insorgenza della cardiomiopatia
Ipertiroidismo peripartum in modelli sperimentali di topo, indicando una nuova
Ipotiroidismo
Iperkaliemia
potenziale forma di trattamento.
Ipokaliemia
Deficit nutrizionale (proteine, tiamina, altre avitaminosi) Caratteristiche cliniche. La CMPD può manifestarsi a ogni età,
Emocromatosi inclusa l’infanzia, ma più spesso colpisce individui tra i 20 e i 50 anni
malattie neuromuscolari
di età. Si presenta con segni lentamente progressivi e sintomi di ICC
come respiro corto, facile affaticabilità e ridotta capacità di sostenere
Atassia di Friedreich sforzi fisici. Nelle fasi terminali, i pazienti spesso raggiungono fra-
Distrofia muscolare
Atrofie congenite
zioni di eiezione inferiori al 25% (normale, circa 50-65%). Il 50% dei
pazienti muore entro 2 anni e solo il 25% sopravvive oltre i 5 anni,
malattie da accumulo e da altri depositi ma alcuni pazienti severamente colpiti possono inaspettatamente
Sindrome di Hunter-Hurler migliorare con la terapia. Comune è il riscontro di un’insufficienza
Glicogenosi mitralica secondaria e di aritmie. Il decesso è in genere dovuto alla
Malattia di Fabry progressiva insufficienza cardiaca o ad aritmie e può essere improv-
Amiloidosi viso. Possono verificarsi embolie dovute al distacco di trombi intra-
malattie infiltrative
cardiaci. Il paziente viene spesso sottoposto a trapianto cardiaco e
in alcuni pazienti può essere utile l’assistenza meccanica ventricolare
Leucemia
Carcinomatosi
a lungo termine. È interessante notare che l’assistenza meccanica
Sarcoidosi cardiaca può indurre durature regressioni della disfunzione cardiaca
Fibrosi indotta da irradiazione in alcuni pazienti.104
malattie immunologiche
Cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro
Miocardite (vari tipi)
Rigetto post-trapianto (displasia aritmogena del ventricolo destro)
La cardiomiopatia aritmogena, o displasia aritmogena del ventricolo
destro, è una malattia ereditaria del muscolo cardiaco che causa
scompenso cardiaco destro e diversi disturbi del ritmo, in particolare
Miocarditi. Studi clinici condotti impiegando biopsie sequenziali tachicardia o fibrillazione ventricolare che possono portare a morte
endomiocardiche hanno dimostrato la progressione da miocar- improvvisa, principalmente nelle persone giovani.105 Può anche
dite a CMPD; in altri studi, gli acidi nucleici virali di coxsackie verificarsi il coinvolgimento del lato sinistro con scompenso cardiaco
virus B e di altri enterovirus sono stati identificati nel miocardio sinistro. Morfologicamente, la parete ventricolare destra è gravemen-
di pazienti con CMPD. Questo indica che, almeno in alcuni casi, te assottigliata per la perdita di miociti, con estesa infiltrazione
la CMPD è una conseguenza della miocardite. Le miocarditi sono adiposa e fibrosi (Fig. 12.34). La malattia sembra essere trasmessa
trattate in dettaglio di seguito. con ereditarietà autosomica dominante a penetranza variabile. Sem-
Alcool e altre tossine. L’abuso di alcool è strettamente associato bra essere dovuta a difetti delle proteine di adesione cellulari nei
allo sviluppo di CMPD, è stato pertanto ipotizzato che la tossicità desmosomi che collegano cardiomiociti adiacenti. La sindrome di
dell’etanolo (Cap. 9) o un disturbo nutrizionale secondario all’eti- Naxos è una patologia caratterizzata da cardiomiopatia ventricolare
lismo possano causare danno miocardico.101 L’alcool o i suoi destra aritmogena e ipercheratosi delle superfici cutanee palmo­
metaboliti (in particolare l’acetaldeide) hanno un diretto effetto plantari, associata a mutazioni nel gene che codifica per la
tossico sul miocardio; tuttavia, nessuna caratteristica morfologica placoglobina.106
564 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.31 Cardiomiopatia dilatativa. A. Sono evidenti la dilatazione e l’ipertrofia delle quattro camere. È presente un trombo murale granulare (freccia)
all’apice del ventricolo sinistro (a destra in questa veduta delle quattro camere). Le arterie coronarie erano pervie. B. Sezione istologica che mostra variabile
ipertrofia miocitaria e fibrosi interstiziale (il collagene è evidenziato in blu in questa colorazione tricromica di Masson).

Figura 12.32 Cause e conseguenze delle cardiomiopatie dilatativa e ipertrofica. Alcune cardiomiopatie dilatative e quasi tutte le cardiomiopatie iper-
trofiche hanno cause genetiche. Le cause genetiche della cardiomiopatia dilatativa comprendono mutazioni interessanti un’ampia varietà di proteine, so-
prattutto quelle del citoscheletro, ma anche del sarcomero, dei mitocondri e della membrana nucleare. Al contrario, le mutazioni geniche che causano la
cardiomiopatia ipertrofica codificano per proteine del sarcomero. Sebbene queste due forme di cardiomiopatia differiscano notevolmente nelle basi sub-
cellulari e nei fenotipi morfologici, esse condividono un gruppo comune di manifestazioni cliniche. VS, ventricolo sinistro.
CAPITOLO 12 Il cuore 565

Figura 12.33 Rappresentazione schematica di un miocita, che mostra le proteine chiave mutate nella cardiomiopatia dilatativa (rosso), nella cardiomio-
patia ipertrofica (blu) o in entrambe (verde).

Cardiomiopatia Ipertrofica altre cause cliniche o ad altre patologie.107 Come discusso di seguito,
la CMPI è causata da mutazioni nei geni che codificano per proteine
La cardiomiopatia ipertrofica (CMPI) è caratterizzata da ipertrofia del sarcomero. Poiché l’incidenza dell’ipertrofia cardiaca idiopatica è
miocardica, miocardio ventricolare sinistro scarsamente deformabile di circa 1 su 500, la CMPI può essere la patologia cardiovascolare più
che conduce a un anomalo riempimento diastolico e, in circa un terzo comune causata da mutazioni di un singolo gene. Il cuore ha pareti
dei casi, intermittente ostruzione all’efflusso ventricolare. È la causa ispessite, è di peso aumentato ed è in uno stato di ipercontrazione
principale di ipertrofia ventricolare sinistra non riconducibile ad muscolare, in netto contrasto con l’aspetto f laccido e ipocontratto

Figura 12.34 Cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro. A. Fotografia macroscopica, che mostra la dilatazione del ventricolo destro e la sostitu-
zione quasi transmurale della parete libera del ventricolo destro con tessuto adiposo e fibroso. Il ventricolo sinistro ha una configurazione quasi normale.
B. Sezione istologica della parete libera del ventricolo destro, che mostra la sostituzione del miocardio (rosso) con tessuto fibroso (blu, freccia) e adiposo
(colorazione tricromica di Masson).
566 CAPITOLO 12 Il cuore

Figura 12.35 Cardiomiopatia ipertrofica con ipertrofia settale asimmetrica. A. Il muscolo settale protrude nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro e
l’atrio sinistro è ingrandito. Il lembo anteriore della mitrale è stato spostato dal setto per evidenziare la presenza di una placca fibrosa endocardica (freccia)
(si veda il testo). B. Immagine istologica che mostra la disorganizzazione, l’ipertrofia estrema e la ramificazione dei miociti, oltre alla caratteristica fibrosi
interstiziale (il collagene è blu in questa colorazione tricromica di Masson).

della cardiomiopatia dilatativa. La CMPI determina, in prima istan-


za, disfunzione diastolica; la funzione sistolica è abitualmente pre- ­ n’entità raramente riscontrabile in altre condizioni patolo-
u
servata. Le due malattie che clinicamente entrano più spesso in giche, con un diametro trasversale dei cardiomiociti che su-
diagnosi differenziale con la CMPI sono malattie da accumulo (ad pera i 40 mm (normalmente circa 15 mm); (2) disorganizzazione
es. amiloidosi, malattia di Fabry) e la cardiopatia ipertensiva ­associata strutturale dei fasci miocitari, di singoli miociti e degli ele-
a ipertrofia settale subaortica legata all’età (si veda la sezione “Car- menti contrattili nei sarcomeri all’interno delle cellule (detta
diopatia ipertensiva”). disorganizzazione delle miofibre); e (3) fibrosi interstiziale,
Occasionalmente, la stenosi valvolare aortica o la forma conge- che sostituisce il normale tessuto (Fig. 12.35 B).
nita, sottovalvolare, possono anch’esse simulare la CMPI.

Patogenesi. La CMPI è causata da mutazioni in vari geni che


Morfologia La caratteristica essenziale della CMPI è l’ipertro- codificano per proteine del sarcomero.108 Nella maggior parte dei
fia miocardica massiva, solitamente non associata a dilatazio- casi il modello di trasmissione è autosomico dominante con pene-
ne ventricolare (Fig. 12.35). L’aspetto tipico è quello di un tranza variabile. I rimanenti casi sembrano essere sporadici. Nella
ispessimento del setto interventricolare, sproporzionato CMPI sono state riscontrate oltre 400 diverse mutazioni in nove
­rispetto alla parete libera del ventricolo sinistro (con un rap- geni. La maggior parte delle mutazioni sono missense. Le mutazioni
porto superiore a 1:3), spesso denominato ipertrofia settale che causano CMPI si trovano più spesso nel gene che codifica per
asimmetrica. In circa il 10% dei casi, tuttavia, l’ipertrofia è di- la catena pesante della b-miosina (b-MHC), seguito, in ordine di
stribuita nelle pareti cardiache in modo simmetrico. Nelle frequenza, dai geni per la troponina T (TnT) cardiaca, l’a-tropomio-
sezioni trasversali, la cavità ventricolare perde la sua abituale sina e la proteina C legante la miosina (MYBP-C). Le mutazioni in
forma rotondeggiante-ovoidale e può essere schiacciata in una b-MHC, MYBP-C e TnT rappresentano il 70-80% di tutti i casi di
conformazione “a banana” per la protrusione del setto inter- CMPI. Diverse famiglie colpite possono avere differenti mutazioni
ventricolare nel lume ventricolare (Fig. 12.35 A). Sebbene la che coinvolgono la stessa proteina. Ad esempio, sono note circa 50
marcata ipertrofia possa interessare l’intero setto, essa è pre- differenti mutazioni della b-MHC che causano CMPI. La prognosi
valentemente localizzata nella regione subaortica. Sono fre- della CMPI varia molto ed è strettamente correlata a specifiche
quentemente riscontrabili ispessimenti endocardici o placche mutazioni. Sebbene sia evidente che questi difetti genetici siano
murali nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro e un ispes- critici per lo sviluppo della CMPI, la sequenza degli eventi che porta
simento del lembo anteriore della valvola mitralica.Tutti questi dalle mutazioni all’insorgere della malattia è ancora poco chiara. Per
reperti sono il risultato del contatto, durante la sistole ventri- rendere la questione ancora più complessa, alterazioni di certi geni,
colare, del lembo mitralico anteriore con il setto e ciò si correla descritti nella Figura 12.33, possono dare origine sia a CMPI che a
con l’evidenza ecocardiografica in mesosistole di un’ostruzio- CMPD.
ne funzionale del tratto di efflusso del ventricolo sinistro. Caratteristiche cliniche. La fondamentale alterazione fisiologica
Le caratteristiche istologiche più importanti del miocardio nella CMPI è il ridotto volume di eiezione cardiaca dovuto all’alterato
colpito da CMPI sono (1) estesa ipertrofia miocitaria, di riempimento diastolico, derivante dalle ridotte dimensioni e dalla ri-
dotta compliance del ventricolo sinistro massivamente ipertrofico.
CAPITOLO 12 Il cuore 567

Inoltre, circa il 25% dei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica è


portatore di un’ostruzione funzionale nel tratto di efflusso ventrico- spesso una dilatazione di entrambi gli atri. Microscopicamen-
lare sinistro. La riduzione della gittata cardiaca e l’aumento secon- te può essere presente fibrosi interstiziale, diffusa o irrego-
dario della pressione venosa polmonare causano dispnea da sforzo. larmente distribuita, che può essere minima oppure molto
L’auscultazione rivela un aspro soffio sistolico da eiezione, causato estesa. La biopsia endomiocardica spesso permette di indi-
dall’ostruzione all’efflusso ventricolare, quando il lembo anteriore viduare l’eziologia. L’amiloidosi (descritta in seguito) rappre-
della mitrale si avvicina al setto interventricolare, durante la sistole. senta una causa importante.
A causa della massiva ipertrofia, delle elevate pressioni all’interno
della camera ventricolare sinistra e delle frequenti anomalie a carico
delle arterie intramurali, vi è spesso focale ischemia miocardica, Ci sono altre condizioni con quadri funzionali di tipo restrittivo
anche in assenza di una concomitante coronaropatia; pertanto, i che richiedono una breve trattazione. La fibrosi endomiocardica è
pazienti sono spesso soggetti ad angina. I maggiori problemi clinici una malattia che interessa principalmente i bambini e i giovani adulti
nei pazienti con CMPI sono fibrillazione atriale, formazione di trom- in Africa e in altre zone tropicali. È caratterizzata da una fibrosi
bi murali che portano a embolia e possibile ictus, scompenso car- dell’endocardio e del subendocardio ventricolari, che si estende
diaco refrattario al trattamento, aritmie ventricolari e, non di rado, dall’apice verso la base del cuore, fino a interessare, frequentemente,
morte improvvisa, in particolare in alcune delle famiglie colpite. La le valvole tricuspide e mitrale. Il tessuto fibroso determina una
cardiomiopatia ipertrofica è infatti una delle più comuni cause di notevole riduzione del volume e della compliance delle camere
morte improvvisa, altrimenti inspiegabile, in giovani atleti. ventricolari colpite, provocando un difetto funzionale di tipo restrit-
La storia naturale della CMPI è molto variabile. La maggior parte tivo. In alcuni casi, nel ventricolo si possono sviluppare trombi
dei pazienti risponde al trattamento con farmaci che riducono la murali e questo reperto suggerisce l’ipotesi che la fibrosi rappresenti
frequenza e la contrattilità cardiaca, come i b-bloccanti adrenergici. il risultato dell’organizzazione dei trombi stessi. L’eziologia è
Qualche beneficio può anche essere ottenuto dalla riduzione della sconosciuta.
massa del setto interventricolare, che riduce l’ostruzione nel tratto Anche l’endomiocardite di Loeffler produce una fibrosi endomio-
di efflusso. È possibile ottenere tale risultato tramite escissione cardica, tipicamente con grandi trombi murali. È morfologicamente
­chirurgica del muscolo o mediante infarto settale attentamente simile alla malattia tropicale, ma oltre alle alterazioni cardiache, è
controllato, indotto tramite l’infusione di alcool attraverso un spesso associata a eosinofilia periferica (ovvero un elevato numero
catetere. di eosinofili nel sangue) e a infiltrati di granulociti eosinofili in vari
Come descritto precedentemente, la CMPI è una malattia causata organi. Il rilascio di prodotti tossici da parte degli eosinofili, in
da mutazioni nelle proteine del sarcomero, mentre la CMPD (car- particolare quello della proteina basica maggiore, è ritenuto respon-
diomiopatia dilatativa) è prevalentemente associata ad anomalie sabile dell’innescamento della necrosi endocardica, seguita dalla
delle proteine del citoscheletro (si veda Fig. 12.33). La CMPD si cicatrizzazione dell’area necrotica, dal rivestimento dell’endocardio
caratterizza come una malattia dovuta ad anomalie nella generazione da parte di un trombo e infine dalla sua organizzazione. È oggi ri-
della forza contrattile, nella trasmissione della forza o nel signaling conosciuto che alcuni pazienti con endomiocardite di Loeffler sof-
del miociti. La CMPI è invece considerata una patologia dei sarco- frono di una malattia mieloproliferativa associata a riarrangiamento
meri che riduce la funzionalità cardiaca causando ipertrofia com- cromosomico dei geni PDGFRa o PDGFRb (Cap. 13). Questi riar-
pensatoria. Tuttavia, studi recenti suggeriscono che la CMPI possa rangiamenti producono geni di fusione che codificano per tirosin-­
derivare da un difetto nel trasferimento di energia dalla sua fonte chinasi PDGFR costitutivamente attive. Il trattamento di tali pazienti
(mitocondri) alla sede del suo utilizzo (sarcomeri), con conseguente con l’inibitore della tirosin-chinasi imatinib ha portato a remissione
deficit energetico a livello subcellulare. Malgrado queste differenze, della patologia ematologica con regressione della endomiocardite,
come riepilogato in Figura 12.32, esistono nessi patogenetici e cli- che altrimenti è spesso rapidamente fatale.
nicopatologici tra CMPI e forme genetiche o acquisite di CMPD. La fibroelastosi endocardica è una rara malattia cardiaca, a ezio-
logia ignota, caratterizzata da un ispessimento fibroelastico, focale
o diffuso, che generalmente coinvolge l’endocardio parietale ventri-
Cardiomiopatia Restrittiva
colare sinistro. È più comune nei primi 2 anni di vita ed è accompa-
La cardiomiopatia restrittiva è una patologia caratterizzata da una gnata in circa un terzo dei casi da ostruzione valvolare aortica o
riduzione primitiva della compliance ventricolare, che produce un da altre anomalie cardiache congenite. Diffuso coinvolgimento
alterato riempimento ventricolare durante la diastole. Poiché la fun- del cuore può causare rapido e progressivo scompenso cardiaco e
zione contrattile (sistolica) del ventricolo sinistro è in genere inal- morte.
terata, tale alterazione funzionale può essere confusa con quella
causata dalla pericardite costrittiva o dalla CMPI.110 La cardiomio- Miocarditi
patia restrittiva può essere idiopatica o associata a diverse malattie
o processi patologici che colpiscono il miocardio, principalmente Con il nome miocardite si indica un eterogeneo gruppo di malattie
fibrosi da radiazioni, amiloidosi, sarcoidosi, tumori metastatici o in cui agenti infettivi e/o un processo infiammatorio causano danno
deposizione di sostanze che si accumulano a causa di errori congeniti miocardico.111 Queste malattie devono essere distinte da condizioni
del metabolismo. patologiche, come la cardiopatia ischemica, in cui danni causati
da altri meccanismi causano un’infiammazione secondaria del
miocardio.
Morfologia I ventricoli sono di dimensione più o meno Eziologia e patogenesi. Negli Stati Uniti, le infezioni virali sono
normale o leggermente ingranditi, le cavità non sono dilatate la causa più comune di miocardite. I coxsackie virus di tipo A e B e
e il miocardio è compatto e non deformabile. Si osserva altri enterovirus sono probabilmente responsabili della maggior par-
te dei casi. Altri agenti eziologici meno comuni sono ­citomegalovirus,
568 CAPITOLO 12 Il cuore

Tabella 12.12 Principali cause di miocardite


Morfologia Durante la fase attiva della miocardite il cuore
infezioni può apparire normale o dilatato; può essere presente un
Virus (ad es. coxsackie virus, ECHO, influenza, HIV, certo grado di ipertrofia, in relazione alla durata della malat-
citomegalovirus) tia. Negli stadi avanzati, il miocardio ventricolare è flaccido
Clamidie (ad es. C. psittaci) e spesso mostra pallide chiazze focali o minute lesioni emor-
Rickettsie (ad es. R. typhi, febbre tifoide) ragiche. Sono talvolta presenti trombi murali sia nell’atrio
Batteri (ad es. Corynebacterium diphtheriae, Neisseria
sia nel ventricolo.
meningococcus, Borrelia [malattia di Lyme])
Funghi (ad es. Candida) Durante la fase attiva della malattia, la miocardite è in genere
Protozoi (ad es. Trypanosoma cruzi [malattia di Chagas], caratterizzata da un infiltrato infiammatorio interstiziale as-
toxoplasmosi) sociato a focale necrosi miocitaria (Fig. 12.36). È molto co-
Elminti (ad es. trichinosi) mune un infiltrato mononucleato, prevalentemente linfoci-
reazioni immuno-mediate tario, diffuso (Fig. 12.36 A). Sebbene in alcuni casi le biopsie
endomiocardiche siano diagnostiche, esse possono risultare
Postvirale
in falsi negativi a causa della distribuzione focale o parcellare
Poststreptococcica (febbre reumatica)
Lupus eritematoso sistemico dell’infiltrato infiammatorio miocardico. Se il paziente so-
Ipersensibilità ai farmaci (ad es. metildopa, sulfamidici) pravvive alla fase acuta della miocardite, le lesioni infiam-
Rigetto del trapianto matorie vanno incontro a risoluzione senza lasciare esiti,
oppure possono guarire con progressiva fibrosi.
ignote
La miocardite da ipersensibilità è caratterizzata dalla presen-
Sarcoidosi za di infiltrati interstiziali, prevalentemente perivascolari,
Miocardite a cellule giganti
composti da linfociti, macrofagi e da un’alta percentuale di
HIV, Human Immunodeficiency Virus, virus dell’immunodeficienza granulociti eosinofili (Fig. 12.36 B).
umana. Una forma morfologicamente distinta di miocardite a ezio-
logia incerta, detta miocardite a cellule giganti, è caratteriz-
zata da un esteso infiltrato infiammatorio costituito da cellule
HIV e un gran numero di altri microrganismi (elencati in Tab. 12.12). giganti multinucleate frammiste a linfociti, eosinofili, plasma-
Il virus responsabile può talvolta essere identificato con studi siero- cellule e macrofagi. È presente necrosi che può essere focale
logici o mediante recenti tecniche che permettono l’identificazione ma che è più spesso estesa (Fig. 12.36 C). Questa variante è
di acidi nucleici virali (DNA o RNA) nelle biopsie miocardiche. Non associata a una prognosi infausta.
è chiaro se i virus causino direttamente il danno miocardico o av- La miocardite che si sviluppa in corso di malattia di Chagas
viino una risposta immunitaria distruttiva. è caratterizzata dalla presenza del parassita all’interno delle
Anche microrganismi non virali possono essere importanti cause fibre muscolari cardiache ed è associata a un infiltrato in-
di miocardite infettiva, in particolare il protozoo Trypanosoma cruzi, fiammatorio costituito da neutrofili, linfociti, macrofagi e
l’agente della malattia di Chagas.112 La malattia di Chagas è endemica occasionalmente eosinofili (Fig. 12.36 D).
in alcune regioni del Sud America; coinvolgimento miocardico è
presente nella maggior parte dei soggetti infetti. Circa il 10% dei
pazienti muore durante un attacco acuto; altri sviluppano una mio- Caratteristiche cliniche. Lo spettro delle possibili manifestazioni
cardite cronica mediata immunologicamente che può evolvere verso cliniche della miocardite è ampio. Da un lato la malattia può essere
un’insufficienza cardiaca 10-20 anni dopo l’infezione. La trichinosi completamente asintomatica, con la guarigione completa dei pa-
è la più comune malattia elmintica associata a miocardite. Tra le zienti in assenza di sequele; all’altro estremo la malattia può essere
malattie parassitarie bisogna ricordare anche la toxoplasmosi e tra caratterizzata dalla rapida insorgenza di insufficienza cardiaca o di
quelle batteriche vanno citate la malattia di Lyme e la difterite. Nel aritmie ventricolari, con possibile morte improvvisa. Tra questi due
caso della miocardite difterica, le tossine liberate dal Corynebacte- estremi si collocano le svariate forme associate a sintomi come
rium diphteriae sembrano essere responsabili del danno miocardico. astenia, dispnea, palpitazioni, disturbi precordiali e febbre. Le carat-
Miocardite è presente in circa il 5% dei pazienti con malattia di teristiche cliniche della miocardite possono simulare quelle di un
Lyme, una malattia sistemica causata dalla spirocheta batterica infarto miocardico acuto. Talvolta, i pazienti sviluppano come com-
Borrelia burgdorferi (Cap. 8). La miocardite di Lyme si manifesta plicanza tardiva della miocardite una cardiomiopatia dilatativa.
principalmente come una patologia autolimitante del sistema di
conduzione che di frequente rende necessario un pacemaker tem- Altre Cause Di Patologia Miocardica
poraneo. Una miocardite insorge in molti pazienti con AIDS. Ne so-
no state identificate due forme: (1) infiammazione e danno ­miocitario Farmaci cardiotossici. Le complicanze cardiache della terapia
senza un chiaro agente eziologico e (2) miocardite causata diretta- oncologica sono un importante problema clinico.113 La cardiotossi-
mente dall’HIV oppure da un agente patogeno opportunistico. cità può essere associata a convenzionali farmaci chemioterapici,
Esistono anche cause non infettive di miocardite. La miocardite può farmaci mirati, come gli inibitori delle tirosin-chinasi, e certe forme
essere causata da reazioni di ipersensibilità (miocardite da ipersensibi- di immunoterapia.114,115 Le antracicline doxorubicina e daunorubi-
lità), spesso a farmaci quali antibiotici, diuretici o antipertensivi. La cina sono i farmaci chemioterapici più frequentemente associati a
miocardite può anche essere associata a malattie sistemiche di origine danno miocardico tossico, che spesso conduce a cardiomiopatia
immunologica, come febbre reumatica, lupus eritematoso sistemico e dilatativa e scompenso cardiaco. L’effetto tossico delle antracicline
polimiosite. Anche la sarcoidosi cardiaca e il rigetto di un cuore tra- è dose-dipendente (la cardiotossicità diventa progressivamente più
piantato (si veda Fig. 12.40) sono considerati forme di miocardite. frequente quando le dosi totali superano i 500 mg/m2) ed è attribuito
CAPITOLO 12 Il cuore 569

Figura 12.36 Miocardite. A. Miocardite linfocitica associata a danno miocitario. B. Miocardite da ipersensibilità, caratterizzata da un infiltrato infiam-
matorio interstiziale composto principalmente da eosinofili e cellule infiammatorie mononucleate, localizzato soprattutto negli spazi perivascolari e inter-
stiziali. C. Miocardite a cellule giganti, con infiltrato infiammatorio mononucleato contenente linfociti e macrofagi, estesa perdita di cardiomiociti e cellule
giganti multinucleate. D. Miocardite della malattia di Chagas. Un cardiomiocita è dilatato dalla presenza di tripanosomi (freccia). Si osservano reazione
infiammatoria e necrosi di singoli miociti.

soprattutto alla perossidazione dei lipidi nelle membrane cellulari un fenomeno noto come cardiomiopatia di Takotsubo.117 Anche
dei cardiomiociti. la cocaina causa un danno simile a quello mediato dalle cateco-
Molti altri farmaci e sostanze, come il litio, le fenotiazine, la clo- lamine. Il meccanismo della cardiotossicità delle catecolamine
rochina e la cocaina, sono ritenute responsabili di danno miocardico non è ben chiaro, ma sembra legato a un loro diretto effetto tossico
e, talora, di morte cardiaca improvvisa. Reperti comuni nei cuori sui cardiomiociti, dovuto al sovraccarico di calcio o alla focale
danneggiati da molti di questi prodotti chimici e farmacologici vasocostrizione della macro- o microcircolazione arteriosa coro-
(incluse esotossina difterica e doxorubicina) sono rigonfiamento narica a fronte di un aumento della frequenza cardiaca. L’infiltrato
delle miofibre, vacuolizzazione citoplasmatica e degenerazione cellulare mononucleato rappresenta probabilmente una reazione
adiposa. Con la sospensione del farmaco responsabile degli effetti secondaria alla formazione di focolai di necrosi miocitaria. Alte-
tossici, queste modificazioni possono regredire completamente, razioni simili possono essere riscontrate in pazienti che si siano
senza evidenti sequele. Qualche volta, tuttavia, un danno esteso può ripresi da episodi ipotensivi o che siano stati rianimati dopo
provocare necrosi miocitaria, che può evolvere in una cardiomio- un arresto cardiaco; in tali casi, il danno è la conseguenza
patia dilatativa. dell’ischemia, seguita da riperfusione (si veda sopra) con succes-
Catecolamine. Nei pazienti con feocromocitoma, un tumore siva infiammazione.
che sintetizza catecolamine (Cap. 24), possono presentarsi focolai Amiloidosi. L’amiloidosi rappresenta il prototipo di una pato-
di necrosi miocardica con bande di contrazione, spesso associati logia miocardica causata dall’accumulo di una sostanza anomala nel
a infiltrato infiammatorio mononucleato, composto principal- cuore. L’amiloidosi (Cap. 6) è causata da frammenti proteici fibrillari
mente da macrofagi. Queste alterazioni vengono considerate extracellulari, insolubili, che formano i tipici depositi b-amiloidei.118
manifestazioni del più generale “effetto catecolaminico”, osservato L’amiloidosi cardiaca può insorgere nel quadro di un’amiloidosi
anche in associazione a stimolazione autonomica intensa (secon- sistemica o, in particolare nell’anziano, essere limitata al cuore (ami-
daria a lesioni intracraniche o stress), o a somministrazione eso- loidosi cardiaca senile).119 Nell’amiloidosi cardiaca senile, i depositi
gena di alte dosi di agenti vasopressori come la dopamina.116 di amiloide generalmente si trovano nei ventricoli e negli atri. L’ami-
Anche improvvisi e intensi stress fisici o emotivi possono indurre loidosi cardiaca senile colpisce soggetti anziani ed è causata dal
disfunzione ventricolare sinistra dovuta a stordimento ­miocardico, deposito di transtiretina, una normale proteina sierica sintetizzata
570 CAPITOLO 12 Il cuore

nel fegato che è responsabile del trasporto della tiroxina e della


proteina legante il retinolo. L’amiloidosi cardiaca senile120 ha una delle ­pareti di arterie e arteriole intramurali a un punto tale
prognosi molto più favorevole dell’amiloidosi sistemica. Forme da comprimerne e occluderne il lume, provocando ischemia
mutanti di transtiretina possono accelerare la progressione dell’ami- miocardica (“malattia dei piccoli vasi”).
loidosi cardiaca (e dell’associata amiloidosi sistemica). Ad esempio,
il rischio di amiloidosi cardiaca isolata è quattro volte maggiore negli
afroamericani rispetto ai caucasici dopo i 60 anni di età poiché il Sovraccarico di ferro. Il sovraccarico di ferro può verificarsi sia
4% degli afroamericani ha una mutazione della transtiretina che in caso di emocromatosi ereditaria (Cap. 18) sia nell’emosiderosi
porta alla sostituzione della valina in posizione 122 con l’isoleucina. che fa seguito a molteplici trasfusioni ematiche. In entrambi i casi il
Questa sostituzione produce una forma amiloidogenica di transti- cuore è in genere dilatato. I depositi di ferro sono più marcati nei
retina (responsabile dell’amiloidosi familiare autosomica dominante ventricoli che negli atri e nel miocardio più che nel sistema di con-
da transtiretina). Amiloidosi atriale isolata può anche insorgere per duzione. Si ritiene che il ferro causi disfunzione sistolica interferendo
accumulo di peptide natriuretico atriale, ma la sua rilevanza clinica con i sistemi enzimatici metallo-dipendenti o causando danno do-
è incerta. vuto alla produzione di radicali liberi dell’ossigeno.
L’amiloidosi cardiaca provoca in genere un quadro emodinamico
di tipo restrittivo, ma può anche essere asintomatica o manifestarsi
con dilatazione cardiaca, aritmie o con aspetti che simulano Morfologia Macroscopicamente, in caso di accumulo di
­quelli di una cardiopatia ischemica o valvolare. Queste varie presen- ferro, il miocardio appare di color ruggine ma è, per il resto,
tazioni dipendono dalla predominante localizzazione dei depositi solitamente indistinguibile dal miocardio della cardiomiopa-
di amiloide, che possono trovarsi nell’interstizio, nel sistema di tia dilatativa idiopatica. Microscopicamente, vi è un notevole
conduzione, nei vasi o nelle valvole. accumulo di emosiderina all’interno dei miociti cardiaci, in
particolare nella regione perinucleare, dimostrabile con una
colorazione blu di Prussia. Questo aspetto è associato a gradi
Morfologia Il cuore può apparire normale o avere un aspet- variabili di degenerazione cellulare e di fibrosi sostitutiva. A
to compatto, di consistenza elastica. In genere le camere livello ultrastrutturale, i cardiomiociti contengono abbondan-
sono di dimensione normale, ma in alcuni casi sono dilatate ti siderosomi (lisosomi infarciti di ferro) perinucleari.
e hanno pareti ispessite. Sulla superficie endocardica atriale,
in particolare a sinistra, possono essere evidenziati numerosi
piccoli noduli traslucidi, simili a colature di cera. I depositi Ipertiroidismo e ipotiroidismo. Le manifestazioni cardiache
eosinofili di amiloide possono trovarsi nell’interstizio mio- sono tra le più precoci e costanti espressioni cliniche sia dell’iperti-
cardico, nel tessuto di conduzione, nelle valvole, nell’endo- roidismo sia dell’ipotiroidismo e riflettono gli effetti diretti e ­indiretti
cardio, nel pericardio e nelle piccole arterie coronarie degli ormoni tiroidei sulle cellule del cuore.121 Nell’ipertiroidismo
­intramurali; possono essere distinti da altri depositi ialini per (Cap. 24) si osservano frequentemente tachicardia, ­palpitazione e
mezzo di colorazioni speciali come il rosso Congo, che cardiomegalia; talvolta compaiono aritmie sopraventricolari. Lo
­produce una classica birifrangenza verde mela quando os- scompenso cardiaco è raro; quando si verifica in un paziente iper-
servato al microscopio con luce polarizzata (Fig. 12.37). I tiroideo, è in genere dovuto alla concomitante presenza di altre
depositi di amiloide spesso formano anelli intorno a miociti forme di patologia cardiaca. Nell’ipotiroidismo (Cap. 24), la gittata
e ­capillari cardiaci. L’amiloide può accumularsi all’interno cardiaca è ridotta, a causa della riduzione del volume di eiezione
sistolico e della frequenza. L’aumento delle resistenze ­vascolari

Figura 12.37 Amiloidosi cardiaca. A. Colorazione ematossilina eosina, che mostra l’amiloide che appare come materiale amorfo rosa intorno ai miociti.
B. Colorazione rosso Congo osservata sotto luce polarizzata, nella quale l’amiloide mostra la caratteristica birifrangenza verde mela (rispetto al collagene,
che appare bianco-blu).
CAPITOLO 12 Il cuore 571

periferiche e la riduzione del volume ematico circolante determina- Tabella 12.13 Cause di pericardite
no una riduzione della pressione differenziale, un prolungamento
del tempo di circolazione e una riduzione del flusso ematico ai tessuti agenti infettivi
periferici. Virus
Batteri piogeni
Tubercolosi
Morfologia Nell’ipertiroidismo, gli aspetti macroscopici e Funghi
Altri parassiti
istologici sono quelli di un’ipertrofia aspecifica, talvolta con
focolai ischemici. Nelle fasi avanzate dell’ipotiroidismo immuno-correlate
­(mixedema), il cuore è flaccido, ingrossato e dilatato. Le
Febbre reumatica
caratteristiche istologiche dell’ipotiroidismo comprendono il Lupus eritematoso sistemico
rigonfiamento dei miociti, con perdita delle striature e dege- Sclerodermia
nerazione basofila, accompagnata da un edema interstiziale Postcardiotomia
ricco di mucopolisaccaridi. Un liquido con analoghe caratte- Postinfarto miocardico (sindrome di Dressler)
Reazione da ipersensibilità ai farmaci
ristiche si accumula talvolta all’interno del sacco pericardico.
Questo insieme di alterazioni prende il nome di mixedema varie
cardiaco.
Infarto miocardico
Uremia
Cardiochirurgia
Neoplasia
Malattie del pericardio Trauma
Irradiazione

Le malattie pericardiche più importanti causano accumulo di liquidi,


infiammazione, costrizione fibrosa o varie combinazioni di tali Pericardite acuta
processi, in genere in associazione con altre patologie cardiache o
con malattie sistemiche; raramente si riscontrano patologie isolate Pericardite sierosa. Questa condizione è causata generalmente
del pericardio.122 da malattie infiammatorie non infettive, come febbre reumatica, LES
e sclerodermia, tumori e uremia. Un’infezione dei tessuti contigui
al pericardio, ad esempio una pleurite batterica, può determinare
Versamento Pericardico
un’irritazione del pericardio parietale in grado di causare un versa-
Ed Emopericardio
mento sieroso sterile che può evolversi in pericardite sierofibrinosa
Normalmente nel sacco pericardico sono presenti circa 30-50 ml e anche in una franca reazione suppurativa. In alcuni casi, una ben
di un liquido limpido, trasparente, di colore paglierino. In varie definita infezione virale localizzata in altre sedi – come un’infezione
situazioni, il pericardio parietale si distende per l’accumulo di delle vie respiratorie superiori, una polmonite, una parotite – ­precede
liquido sieroso (versamento pericardico), di sangue (emopericar- la pericardite e funge da focolaio primario dell’infezione. Raramente,
dio) o di pus (pericardite purulenta). In caso di un sovraccarico di solito in giovani adulti, una pericardite virale apparentemente
di volume o di pressione di lunga durata, il pericardio si dilata, primitiva può essere associata a miocardite (miopericardite). Istolo-
Questo consente a un versamento pericardico che si accumula gicamente, vi è un lieve infiltrato infiammatorio prevalentemente
lentamente di diventare ampio senza interferire con la funzionalità costituito da linfociti nel grasso epipericardico. Raramente, si verifica
cardiaca. Quindi, con versamenti cronici inferiori a 500 ml, l’organizzazione dell’essudato con la formazione di aderenze
­l’unica evidenza clinica è il caratteristico ingrandimento globoide fibrose.
dell’ombra cardiaca osservabile alla radiografia del torace. Al Pericardite fibrinosa e sierofibrinosa. Queste due forme ana-
contrario, l’accumulo rapido di un versamento, ad esempio di tomiche costituiscono i tipi più frequenti di pericardite e sono carat-
200-300 ml, dovuto a emopericardio causato da un infarto con terizzati dall’accumulo di un liquido sieroso misto a un essudato
rottura del cuore o da una dissezione aortica, può determinare fibrinoso. Tra le cause più comuni di queste forme di pericardite
una compressione delle sottili pareti degli atri e delle vene cave o rientrano l’infarto miocardico (si veda Fig. 12.19 D), la sindrome
degli stessi ventricoli. Tali eventi causano un ostacolo al riempi- postinfartuale (sindrome di Dressler, una condizione verosimilmen-
mento cardiaco, determinando un tamponamento cardiaco poten- te autoimmunitaria che compare diverse settimane dopo un infarto),
zialmente fatale. l’uremia, l’irradiazione del torace, la malattia reumatica, il LES e i
traumi. Un essudato fibrinoso può inoltre fare seguito a un inter-
vento cardiochirurgico.
Pericardite
L’infiammazione del pericardio può avvenire secondariamente a
varie patologie cardiache, malattie toraciche o sistemiche, metastasi Morfologia Nella pericardite fibrinosa, la superficie pericar-
di neoplasie insorte in sedi distanti o interventi chirurgici sul cuore. dica è secca, con un fine corrugamento granuloso. Nella
La pericardite primitiva è rara ed è quasi sempre di origine virale. pericardite sierofibrinosa, un processo infiammatorio più
Le principali cause di pericardite sono elencate nella Tabella 12.13. intenso induce l’accumulo di liquido torbido di colore giallo-
La maggior parte di esse induce una pericardite acuta, tuttavia al- bruno a causa della presenza di leucociti e globuli rossi (che
cune, come la tubercolosi e i miceti, determinano una flogosi possono dare al liquido un aspetto visibilmente emorragico)
cronica.
572 CAPITOLO 12 Il cuore

I reperti clinici della fase acuta sono sostanzialmente gli stessi


e spesso di fibrina. Come per gli altri essudati infiammatori, riportati per la pericardite fibrinosa, anche se i segni di infezione
la fibrina può essere degradata completamente, con risolu- sistemica sono in genere marcati e costituiti principalmente da
zione dell’essudato, o può andare incontro a organizzazione febbre elevata e brividi.
(Cap. 3). Pericardite emorragica. In questo tipo di pericardite l’essudato
è composto da sangue misto a versamento fibrinoso o suppurativo;
è più spesso causata dalla diffusione di una neoplasia maligna nello
Dal punto di vista clinico, il segno più caratteristico della pericar- spazio pericardico. In tali casi, l’esame citologico del liquido prele-
dite fibrinosa è la comparsa di un intenso rumore da sfregamento vato tramite pericardiocentesi spesso rivela la presenza di cellule
pericardico; inoltre, possono essere presenti dolore, reazione febbrile neoplastiche. Una pericardite emorragica può riscontrarsi anche in
sistemica e segni suggestivi di insufficienza cardiaca. Qualche volta, corso di infezioni batteriche, in pazienti con una diatesi emorragica,
la raccolta di liquido sieroso, separando i due foglietti pericardici, e nella tubercolosi. Spesso una pericardite emorragica fa seguito a
può mascherare lo sfregamento. un intervento chirurgico sul cuore ed è talvolta associata a notevoli
Pericardite purulenta o suppurativa. Questa forma di pericar- perdite ematiche o persino a un tamponamento cardiaco, che rende
dite è causata dall’invasione dello spazio pericardico da parte di necessario un secondo intervento. La rilevanza clinica della pericar-
microrganismi, che possono raggiungere la cavità pericardica dite emorragica è simile a quella della pericardite fibrinosa o
­tramite diverse vie: (1) estensione diretta da contigui focolai in- suppurativa.
fiammatori, quali un empiema del cavo pleurico, una polmonite Pericardite caseosa. Questo raro tipo di pericardite è, fino a
lobare, infezioni mediastiniche, o per estensione di un ascesso contraria dimostrazione, di origine tubercolare; non di rado infe-
anulare attraverso il miocardio o la radice aortica; (2) dissemina- zioni fungine provocano una reazione simile. L’interessamento
zione ematogena; (3) estensione per via linfatica; o (4) penetrazione pericardico avviene per diffusione diretta da focolai tubercolari
diretta in corso di cardiotomia. La terapia immunosoppressiva ­localizzati nei linfonodi tracheobronchiali. La pericardite caseosa
predispone all’infezione attraverso queste vie di trasmissione. L’es- spesso esita in una pericardite costrittiva cronica fibrocalcifica,
sudato varia da modeste quantità di liquido opaco a raccolte di disabilitante.
materiale francamente purulento che possono anche raggiungere
400-500 ml. Le superfici sierose sono rossastre, granulose e rico- Pericardite cronica
perte dall’essudato (Fig. 12.38). Microscopicamente vi è una rea-
zione infiammatoria acuta, che talvolta si estende alle circostanti In alcuni casi, processi di organizzazione provocano ispessimento
strutture inducendo mediastinopericardite. La completa risoluzione fibroso della membrana pericardica o aderenze sottili e delicate, di
è rara. L’esito della pericardite è in genere l’organizzazione del origine ignota, che si osservano piuttosto frequentemente in corso
processo infiammatorio con cicatrizzazione. La cicatrizzazione che di autopsia ma che solo raramente causano compromissione fun-
fa seguito all’intensa risposta infiammatoria provoca frequentemen- zionale del cuore. In altri casi, la fibrosi in forma di aderenze filiformi
te una pericardite costrittiva, una seria conseguenza della pericardite e delicate oblitera completamente il sacco pericardico. Nella maggior
suppurativa (si veda oltre). parte dei casi, questa pericardite adesiva non influenza la funzionalità
cardiaca. La mediastinopericardite adesiva può essere la conseguenza
di una pericardite infettiva, di un precedente intervento cardiochi-
rurgico o di una irradiazione del mediastino. Il sacco pericardico è
obliterato e aderenze tra la superficie esterna del pericardio parietale
e le strutture circostanti sottopongono il cuore a uno sforzo notevole.
A ogni sistole, il cuore per contrarsi deve vincere non solo le resi-
stenze offerte dal pericardio parietale, ma anche la trazione esercitata
dalle strutture a esso circostanti. Dal punto di vista clinico, si pos-
sono osservare retrazione sistolica della gabbia toracica e del dia-
framma, polso paradosso e una varietà di altri caratteristici reperti.
L’aumentato carico di lavoro causa ipertrofia e dilatazione cardiaca,
che nei casi gravi può essere notevole.
Nella pericardite costrittiva il cuore è incarcerato in una densa
reazione cicatriziale, fibrosa o fibrocalcifica che limita l’espansione
diastolica e la gittata cardiaca, simulando una cardiomiopatia re-
strittiva. All’anamnesi può o meno essere riferita dal paziente una
pregressa pericardite. La cicatrice, che può essere spessa 0,5-1,0 cm,
ostruisce lo spazio pericardico e va talvolta incontro a calcificazio-
ne; in casi estremi può somigliare a un calco in gesso (concretio
cordis). A causa di questa densa cotenna cicatriziale, non possono
svilupparsi ipertrofia e dilatazione cardiaca. La gittata cardiaca può
essere ridotta a anche a riposo e, cosa ancora più importante, la
capacità del cuore di aumentare la sua gittata in risposta ad au-
mentati bisogni periferici è scarsa o del tutto assente. I suoni car-
diaci sono ­comprensibilmente lontani e attenuati. Il trattamento
Figura 12.38 Pericardite suppurativa acuta derivante dall’estensione consiste nell’asportazione chirurgica della corazza costrittiva di
diretta di una polmonite. È evidente l’esteso essudato purulento. tessuto fibroso (pericardiectomia).
CAPITOLO 12 Il cuore 573

Cardiopatia Associata
A Malattie Reumatiche

Paradossalmente, la prevalenza e la rilevanza delle manifestazioni


cardiovascolari delle malattie reumatiche (incluse artrite reumatoide,
LES, sclerosi sistemica, spondilite anchilosante e artrite psoriasica)
sono aumentate come risultato della maggiore aspettativa di vita dei
pazienti con queste patologie e della possibilità di diagnosticare
anche forme lievi.123 Il processo infiammatorio può causare mani-
festazioni vascolari, miocardiche, valvolari e pericardiche. Inoltre,
le cardiopatie ischemiche sembrano avere un decorso accelerato in
soggetti con malattie infiammatorie reumatiche.
L’artrite reumatoide è soprattutto una malattia delle articolazioni,
ma si associa anche a molte lesioni extra-articolari (ad es. noduli
reumatoidi sottocutanei, vasculite acuta e sindrome di Felty;
Cap. 26). Il cuore è coinvolto nel 20-40% di gravi forme di artrite Figura 12.39 Mixoma atriale sinistro. A. Immagine macroscopica che
reumatoide a decorso prolungato. Il reperto più comune è una pe- evidenzia un’ampia lesione peduncolata, che origina dalla regione della
ricardite fibrinosa che può evolvere verso l’ispessimento fibroso del fossa ovale e che si estende all’orifizio della valvola mitralica. B. Aspetto
pericardio viscerale e parietale, con la formazione di dense aderenze microscopico, con abbondante matrice extracellulare amorfa nella quale
fibrose. Noduli granulomatosi reumatoidi, simili a quelli sottocuta- sono presenti sparse cellule mixomatose e strutture pseudovascolari
(freccia).
nei, possono essere identificabili anche nel miocardio. Molto meno
frequentemente, noduli reumatoidi interessano l’endocardio, le
valvole cardiache e la radice dell’aorta. La valvulite reumatoide può
condurre a marcato ispessimento fibroso con secondaria calcifica- villose dall’aspetto gelatinoso. La forma peduncolata è spes-
zione delle cuspidi della valvola aortica, provocando alterazioni si- so dotata di una mobilità tale da permettere al tumore di
mili a quelle della valvulopatia reumatica cronica. Le lesioni valvolari protrudere durante la sistole attraverso le valvole atrioven-
associate al LES sono state precedentemente discusse nella sezione tricolari, causando un’ostruzione intermittente che può di-
“Valvulopatie”. pendere dalla posizione del paziente. A volte questa mobilità
causa un effetto a “lancio di martello”, causando danni ai
lembi valvolari. Dal punto di vista istologico, i mixomi sono
Neoplasie cardiache composti da cellule mixomatose, stellate o globose, immerse
in un’abbondante sostanza fondamentale, ricca di mucopo-
I tumori primitivi del cuore sono rari; al contrario, le metastasi lisaccaridi acidi (Fig. 12.39 B). Sono tipicamente presenti
cardiache si verificano in circa il 5% dei pazienti che muoiono di peculiari strutture pseudovasali o pseudoghiandolari. Sono
cancro. Le più comuni neoplasie primitive, in ordine decrescente di spesso presenti anche fenomeni emorragici e infiammazione
frequenza (globale, compresi adulti e bambini), sono mixomi, fibro- con cellule mononucleate.
mi, lipomi, fibroelastomi papillari, rabdomiomi, angiosarcomi e altri
sarcomi. Le cinque forme più comuni sono tutte benigne e rappre-
sentano insieme l’80-90% dei tumori primitivi del cuore. Le principali manifestazioni cliniche sono dovute all’ostruzione
“a palla” che si determina a livello delle valvole, a fenomeni di em-
bolizzazione o a una sindrome con sintomi generali, quali febbre e
Tumori Cardiaci Primitivi
malessere. Talvolta sono proprio la frammentazione e l’embolizza-
zione sistemica a richiamare l’attenzione su queste lesioni. I sintomi
Mixoma
generali sono probabilmente dovuti all’elaborazione, da parte di
I mixomi sono i più comuni tumori primitivi del cuore negli adulti alcuni mixomi, della citochina IL-6, un importante mediatore della
(Fig. 12.39). Sono neoplasie benigne spesso associate ad anomalie risposta di fase acuta. L’ecocardiografia permette di identificare
clonali dei cromosomi 12 e 17 che si ritiene prendano origine da questi tumori in maniera non invasiva. L’asportazione chirurgica è
cellule mesenchimali multipotenti primitive. Sebbene possano in- in genere curativa; raramente la neoplasia recidiva nel giro di mesi
sorgere in ognuna delle quattro camere o, raramente, anche sulle o anni.
valvole cardiache, circa il 90% è localizzato negli atri (mixomi atriali), Circa il 10% dei pazienti affetti da mixoma ha una sindrome fa-
con un rapporto sinistra-destra di 4:1. miliare (nota come complesso di Carney), caratterizzata da trasmis-
sione autosomica dominante, mixomi multipli a localizzazione
cardiaca e spesso extracardiaca (ad es. cutanea), lesioni cutanee
Morfologia I tumori sono in genere singoli, ma raramente pigmentate e iperattività endocrina. Nei pazienti con mixoma car-
possono presentarsi simultaneamente in forma multipla. La diaco sono importanti una scrupolosa anamnesi e un attento esame
principale sede di insorgenza è la fossa ovale nel setto inte- obiettivo per identificare i segni extracardiaci del complesso di
ratriale. I mixomi variano in dimensione da piccoli (1 cm) a Carney, perché questa diagnosi ha importanti ricadute per i familiari
grandi (10 cm). Sono lesioni sessili o peduncolate del paziente. Il gene PRKAR1 sul cromosoma 17 (codificante una
(Fig. 12.39 A) che variano da dure masse globose con scre- subunità regolatoria della chinasi A cAMP-dipendente) è mutato
ziature emorragiche a lesioni molli, traslucide, papillari o nella maggior parte dei pazienti con complesso di Carney; altri casi
hanno anomalie in un locus a livello del cromosoma 2p16.124
574 CAPITOLO 12 Il cuore

Lipoma
sono composti da bizzarri miociti molto ingranditi; l’abbon-
I lipomi sono tumori benigni localizzati, ben circoscritti composti dante citoplasma miocitario assume spesso la forma di trame
da cellule adipose mature che possono presentarsi nel subendocar- o trecce sottili che collegano la membrana citoplasmatica al
dio, subepicardio o miocardio. Possono essere asintomatici, produrre nucleo, spiegando così il nome di cellule a ragno dato a
ostruzioni valvolari a palla o aritmie. Accumuli di tessuto adiposo questi miociti.
maturo sono più spesso localizzati nel ventricolo sinistro, nell’atrio
destro o nel setto interatriale e non sono necessariamente di
­natura neoplastica. Nel setto interatriale, sono talvolta presenti de-
positi adiposi non neoplastici che prendono il nome di “ipertrofia Sarcoma
lipomatosa”.
Gli angiosarcomi cardiaci e gli altri sarcomi non sono clinicamente
o morfologicamente diversi da quelli localizzati in altre sedi (si
Fibroelastoma papillare vedano Fig. 11.35 e Cap. 26), perciò non sono necessari ulteriori
commenti in questo capitolo.
I fibroelastomi papillari sono strane lesioni, in genere incidentali, più
spesso identificate in sede autoptica, che ricordano la forma degli Effetti Cardiaci Di Neoplasie
anemoni marini. Possono embolizzare e perciò diventare rilevanti Non Cardiache
clinicamente. Nei fibroelastomi papillari sono state riportate anomalie
citogenetiche clonali, il che suggerisce che i fibroelastomi siano in- Con l’aumento della sopravvivenza dei pazienti, ottenuta grazie ai
soliti tumori benigni. I fibroelastomi ricordano per il loro aspetto le recenti progressi nei campi della diagnosi e della terapia oncologica,
escrescenze di Lambl, lesioni molto più piccole e insignificanti che si vengono oggi sempre più frequentemente riscontrati gli effetti delle
repertano frequentemente sulle valvole aortiche di soggetti anziani. neoplasie extracardiache sull’apparato cardiovascolare (Tab. 12.14).
La patologia cardiaca deriva dall’infiltrazione del cuore da parte del
tumore, da mediatori circolanti e dalle complicanze della terapia.
Morfologia I fibroelastomi papillari sono generalmente I tumori metastatici più frequenti che coinvolgono il cuore sono
localizzati sulle valvole, in particolare sulle superfici ventri- i carcinomi del polmone e della mammella, i melanomi, le leucemie
colari delle valvole semilunari e sulle superfici atriali delle e i linfomi. Le metastasi possono raggiungere il cuore e il pericardio
valvole atrioventricolari. Essi formano una massa che può per estensione linfatica retrograda (la maggior parte dei carcinomi),
misurare diversi centimetri di diametro e che è costituita da per disseminazione ematogena (molti tumori), per contiguità
caratteristiche proiezioni piliformi lunghe fino a un 1 cm. ­(carcinomi primitivi di polmone, mammella o esofago) o per disse-
Istologicamente, le lesioni sono ricoperte da endotelio, al di minazione venosa (tumori del rene e del fegato). I sintomi clinici
sotto del quale vi è un tessuto connettivo mixoide ricco di sono più spesso associati alla diffusione al pericardio, che può cau-
abbondante matrice mucopolisaccaridica e fibre elastiche. sare versamenti pericardici sintomatici o un effetto massa sufficiente
a ridurre il riempimento cardiaco. Le metastasi miocardiche sono
in genere clinicamente silenti oppure determinano segni non spe-
cifici, come una compromissione generalizzata della contrattilità o
Rabdomioma della compliance ventricolare. Il carcinoma broncogeno o i linfomi
maligni possono infiltrare il mediastino estesamente, causando in-
I rabdomiomi sono i più frequenti tumori cardiaci dell’infanzia e carceramento, compressione o invasione della vena cava superiore,
vengono spesso scoperti durante il primo anno di vita, a causa con conseguente ostruzione del flusso ematico proveniente dalla
dell’ostruzione di un orifizio valvolare o di una camera cardiaca. I
rabdomiomi cardiaci sono spesso associati alla sclerosi tuberosa
(Cap. 28), causata da difetti nei geni oncosoppressori TSC1 e TSC2. Tabella 12.14 Effetti cardiovascolari di neoplasie
Le proteine TSC1 e TSC2 funzionano insieme in un complesso che non cardiache
inibisce l’attività del target mammifero della rapamicina (mTor), una
chinasi che stimola la crescita e regola le dimensioni cellulari. conseguenze dirette del tumore

L’espressione di TSC1 o TSC2 è spesso completamente persa nei Metastasi pericardiche e miocardiche
rabdomiomi che si sviluppano nel contesto della sclerosi tuberosa, Ostruzione dei grandi vasi
e questa perdita di espressione sarebbe alla base dell’eccessiva cre- Emboli originati da un tumore polmonare
scita dei miociti. Poiché spesso regrediscono spontaneamente, i conseguenze indirette del tumore (effetti di mediatori circolanti)
rabdomiomi sono ritenuti da alcuni amartomi piuttosto che vere e
Endocardite trombotica non batterica
proprie neoplasie. Cardiopatia da carcinoide
Cardiopatia associata a feocromocitoma
Amiloidosi associata a mieloma
Morfologia I rabdomiomi sono masse miocardiche grigio-
effetti della terapia antitumorale
biancastre generalmente di piccole dimensioni che possono
arrivare ad alcuni centimetri di diametro. Sono in genere Chemioterapia
multipli e coinvolgono preferenzialmente i ventricoli, spesso Radioterapia
protrudendo nelle camere cardiache. A livello istologico, Modificata da Schoen FJ, et al: Cardiac effects of non-cardiac neoplasms.
Cardiol Clin 2:657, 1984.
CAPITOLO 12 Il cuore 575

Figura 12.40 Complicanze del trapianto cardiaco. A. Il rigetto di un allotrapianto cardiaco è caratterizzato da un infiltrato linfocitario, con associato danno
dei cardiomiociti. B. Aterosclerosi coronarica nel trapianto; è evidenziato un grave e diffuso ispessimento intimale concentrico che determina una stenosi
critica. La lamina elastica interna (freccia) e la media sono intatte (colorazione pentacromica di Movat, l’elastina è in nero). (B. Riprodotto con permesso
da Salomon RN, et al: Human coronary transplantation-associated arteriosclerosis. Evidence for chronic immune reaction to activated graft endothelial
cells. Am J Pathol 138:791, 1991)

testa e degli arti superiori (sindrome della vena cava superiore). Il avanzati, danneggia i miociti a esso adiacenti; il quadro istologico
carcinoma renale a cellule chiare spesso invade la vena renale e si è simile alla miocardite (Fig. 12.40 A). Quando il danno miocardico
può accrescere lungo la vena cava inferiore fino all’atrio destro, in- non è ancora esteso, l’episodio di “rigetto” è in genere autolimitato
terrompendo il ritorno venoso al cuore. o può essere risolto aumentando la terapia immunosoppressiva.
I tumori extracardiaci possono anche colpire la funzione cardiaca Il ­rigetto avanzato può essere irreversibile e fatale se non trattato
indirettamente, talvolta mediante sostanze circolanti derivate dal tempestivamente.
tumore (ad es. endocardite trombotica non batterica, cardiopatia da Il principale limite attuale al successo a lungo termine del tra-
carcinoide, danno miocardico associato a feocromocitoma, pianto cardiaco è la diffusa proliferazione intimale stenosante delle
­a miloidosi AL associata al mieloma multiplo; tutti descritti arterie coronarie, che può interessare in forma estesa i vasi intramu-
precedentemente). rali (arteriopatia da trapianto) (Fig. 12.40 B). Poiché il cuore tra-
Le complicanze della chemioterapia sono già state trattate in piantato è spesso denervato, i pazienti con questa patologia possono
questo capitolo. La radioterapia utilizzata per trattare neoplasie non percepire il dolore toracico ischemico e questo grave problema
mammarie, polmonari o mediastiniche può provocare pericardite, può dare luogo a infarti miocardici clinicamente silenti; in caso di
versamento pericardico, fibrosi miocardica e alterazioni pericardiche grave arteriopatia da trapianto, l’esito usuale è un’ICC o la morte
croniche. Altri effetti cardiaci della radioterapia includono un’acce- improvvisa del paziente. La patogenesi di questa arteriopatia non
lerata cardiopatia coronarica e fibrosi endocardica parietale e è chiara. Reazioni di rigetto cronico, di basso livello, possono stimo-
valvolare. lare le cellule infiammatorie e le cellule della parete vascolare a
­secernere fattori di crescita che promuovono il reclutamento e la
proliferazione di cellule muscolari lisce e la sintesi di matrice extra-
Trapianto cardiaco cellulare, espandendo in tal modo l’intima (Cap. 6). Altri problemi
postoperatori includono infezioni e tumori, in particolare il linfoma
Il trapianto cardiaco è oggi praticato frequentemente (circa a cellule B associato al virus di Epstein-Barr che insorge nel contesto
3.000 trapianti all’anno in tutto il mondo) in caso di insufficienza dell’immunosoppressione T cellulare a cui i pazienti sono sottoposti
cardiaca grave, refrattaria al trattamento, qualunque ne sia la causa; per controllare un possibile rigetto. Malgrado questi problemi, la
le due patologie che più frequentemente richiedono il trapianto prognosi globale è buona; la sopravvivenza a 1 anno è del 70-80% e
sono la cardiomiopatia dilatativa e la cardiopatia ischemica. Tre quella a 5 anni è superiore al 60%.
principali fattori hanno contribuito al miglioramento dei risultati
del trapianto cardiaco dal primo trapianto da uomo a uomo nel Bibliografia
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576 CAPITOLO 12 Il cuore

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13
Malattie dei globuli bianchi,
dei linfonodi, della milza e del timo
Origine e differenziazione delle cellule Neoplasie mieloidi
emopoietiche Leucemia mieloide acuta
Sindromi mielodisplastiche
JJ MALATTIE DEI GLOBULI BIANCHI Malattie mieloproliferative
Leucopenia Istiocitosi a cellule di Langerhans
Neutropenia, agranulocitosi
JJ MILZA
Leucocitosi e linfoadenopatie reattive
Splenomegalia
(infiammatorie)
Splenite acuta aspecifica
Leucocitosi
Splenomegalia congestizia
Linfoadenite
Linfoadenite acuta aspecifica Infarti splenici
Linfoadenite cronica aspecifica Neoplasie
Proliferazioni neoplastiche dei leucociti Anomali congenite
Fattori eziologici e patogenetici delle neoplasie
Rottura
dei globuli bianchi
Neoplasie linfoidi JJ TIMO
Definizioni e classificazione
Neoplasie dei precursori B e T cellulari Malattie dello sviluppo del timo
Neoplasie delle cellule B periferiche Iperplasia timica
Neoplasie delle cellule T e NK periferiche
Linfoma di Hodgkin Timomi
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579
580 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

I componenti del sistema emopoietico sono tradizionalmente di- cui differenziazione è ristretta a particolari linee differenziative.
stinti in tessuti mieloidi, che comprendono il midollo osseo e le Queste cellule vengono chiamate unità formanti colonie (Colony-
cellule da esso derivanti (ad es. eritrociti, piastrine, granulociti e mo- Forming Units, CFU) (si veda Fig. 13.1), perché danno vita a colonie
nociti), e tessuti linfoidi, che comprendono il timo, i linfonodi e la composte da specifici tipi di cellule mature se fatte crescere in coltura.
milza. È tuttavia importante riconoscere che questa suddivisone è Dai diversi progenitori predestinati derivano i precursori morfolo-
artificiosa sia per quanto riguarda la normale fisiologia delle cellule gicamente riconoscibili, come i mieloblasti, i proeritroblasti e i me-
emopoietiche sia per quel che attiene alle patologie a esse correlate. gacarioblasti, che a loro volta danno vita a granulociti, eritrociti e
Ad esempio, sebbene il midollo osseo contenga relativamente pochi piastrine maturi.
linfociti, è la fonte di tutti i progenitori linfoidi. Analogamente, le Le HSC hanno due proprietà essenziali necessarie al mantenimento
patologie neoplastiche dei precursori mieloidi (leucemie mieloidi) dell’emopoiesi: la pluripotenza e la capacità di autorinnovamento. La
originano nel midollo osseo ma interessano in via secondaria la pluripotenza è l’abilità di una singola HSC di generare i vari tipi di
milza e (meno frequentemente) i linfonodi. Alcune patologie eri- cellule emopoietiche mature. Quando una HSC si divide, almeno
trocitarie (come l’anemia immunoemolitica, discussa nel Cap. 14) una cellula figlia deve autorinnovarsi per evitare la deplezione delle
sono l’esito della formazione di autoanticorpi, che sono il segno di cellule staminali. Si ritiene che le divisioni di autorinnovamento
una patologia primitiva dei linfociti. Quindi, non è possibile trac- avvengano in una nicchia microambientale specializzata del midollo,
ciare un confine netto tra le malattie che coinvolgono i tessuti mie- in cui le cellule stromali e particolari molecole nutrono e in qualche
loidi e quelli linfoidi. Tenendo presente questa difficoltà, le patologie modo mantengono le HSC.2 Le HSC ritengono la capacità di migrare
dei tessuti emopoietici sono state arbitrariamente divise in presente durante la fase di sviluppo embrionario; in condizioni di
due ­capitoli. In questo capitolo tratteremo le malattie dei globuli stress (ad esempio una grave anemia), possono venire mobilizzate
bianchi e i disturbi che colpiscono la milza e il timo. Nel Capitolo 14 dal midollo osseo e comparire nel sangue periferico. In tali circo-
prenderemo in considerazione le patologie eritrocitarie e quelle stanze, vengono talvolta indotte o riattivate nuove nicchie micro-
che colpiscono l’emostasi. Prima di approfondire le singole patologie, ambientali in altri tessuti, come milza e fegato, che possono quindi
­discuteremo brevemente le origini delle cellule emopoietiche, dal mo- diventare sede di emopoiesi extramidollare.
mento che molte patologie leuco- ed eritrocitarie ­implicano un’al- La risposta midollare alle richieste fisiologiche a breve termine è
terazione della loro normale crescita e della loro maturazione. regolata da fattori di crescita emopoietici che agiscono sui progeni-
tori predestinati. Poiché le cellule mature del sangue sono cellule
terminalmente differenziate con una sopravvivenza limitata, il
Origine e differenziazione delle cellule loro numero deve essere costantemente ripristinato. Durante la
emopoietiche replicazione delle HSC, alcune cellule iniziano a differenziarsi,
diventando cellule progenitrici predestinate. Tali cellule perdono
la capacità di autorinnovamento e iniziano un inesorabile percor-
I progenitori delle cellule ematiche compaiono per la prima volta so che porta alla differenziazione terminale e alla morte. Durante
durante la terza settimana di sviluppo embrionale nel sacco vitellino, il loro processo di differenziazione queste cellule progenitrici
ma si ritiene che le cellule staminali emopoietiche (Hematopoietic iniziano a esprimere recettori per fattori di crescita specifici per
Stem Cells, HSC) definitive facciano la loro comparsa diverse setti- la loro linea differenziativa, che stimolano la crescita e allungano
mane più tardi nella regione del mesoderma embrionale che com- a breve termine la loro sopravvivenza. Alcuni fattori di crescita,
prende aorta, gonadi e mesonefro.1 Durante il terzo mese, le HSC come il fattore per le cellule staminali (detto anche ligando di
migrano nel fegato, che diventa il sito principale di formazione delle ­c-KIT) e il ligando di FLT3, ­agiscono in stadi differenziativi pre-
cellule ematiche fino a poco prima della nascita. Entro il quarto coci. Altri, come l’eritropoietina, il fattore stimolante la crescita
mese, le HSC cominciano a cambiare nuovamente la loro sede, di colonie granulocito-macrofagiche (Granulocyte-Macrophage
questa volta portandosi nel midollo osseo. Alla nascita, il midollo Colony-Stimulating Factor, GM-CSF), il fattore stimolan-
dell’intero scheletro è emopoieticamente attivo e l’emopoie­si epatica te la ­c rescita di colonie di granulociti ­( Granulocyte Colony-­
si riduce al minimo, mantenendosi solo in alcuni focolai che diven- Stimulating Factor, G-CSF) e la trombopoietina, agiscono in fasi
tano inattivi subito dopo la nascita. Fino alla pubertà, il midollo ­m aturative più avanzate. Circuiti di feedback mediati da
emopoieticamente attivo è presente in tutte le ossa dello scheletro, ­questi ­fattori di crescita regolano la produzione midollare, facen-
ma successivamente persiste solo in quelle dello scheletro assiale do sì che il numero degli elementi ematici adulti (eritrociti,
(vertebre, costole, sterno, cranio, pelvi) e nelle regioni prossimali ­leucociti e piastrine) sia mantenuto entro un range appropriato
epifisarie dell’omero e del femore. Pertanto, nell’adulto normale, (Tab. 13.1).
solo metà dello spazio midollare è emopoieticamente attivo. Molte patologie alterano la produzione di cellule ematiche. Il mi-
Le cellule ematiche mature – globuli rossi, granulociti, monociti, dollo è la fonte originaria di tutte le cellule del sistema immunitario
piastrine e linfociti – hanno in comune l’origine dalle HSC, cellule e risponde a stimoli di natura infettiva o infiammatoria aumentando
pluripotenti situate all’apice di una complessa gerarchia di progenitori la produzione di granulociti sotto la direzione di specifici fattori di
midollari (Fig. 13.1). La maggior parte delle prove a sostegno di crescita e citochine. Altre patologie sono associate a difetti nell’emo-
questo schema deriva da studi sui topi, ma si crede che l’emopoie- poiesi che portano a deficit di uno o più tipi di cellule ematiche. Le
si umana proceda in modo simile. neoplasie primitive delle cellule emopoietiche sono tra le più im-
Le HSC danno vita a due tipi di cellule multipotenti, i progenitori portanti patologie che interferiscono con la funzione midollare, ma
comuni linfoide e mieloide. Il progenitore linfoide comune è la fonte specifiche patologie genetiche, infezioni, tossine e deficit nutrizio-
dei precursori T cellulari, B e natural killer (NK). Ritorneremo alle nali, così come infiammazioni croniche di vario tipo, possono di-
origini delle cellule linfoidi quando discuteremo i tumori derivati minuire la produzione di cellule ematiche da parte del midollo.
da queste cellule. Dai ­progenitori mieloidi comuni nascono vari tipi Le neoplasie ematolinfoidi sono spesso associate a mutazioni che
di progenitori predestinati (cioè commissionati, o “committed”) la bloccano la maturazione delle cellule progenitrici o che eliminano la
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 581

Figura 13.1 Differenziazione delle cellule ematiche HSC, cellule staminali emopoietiche; CFU, unità formante colonie; SCF, fattore di crescita della
cellula staminale; Flt3L, ligando di Flt3; G-CSF, fattore stimolante la crescita di colonie granulocitiche; GM-CSF, fattore stimolante la crescita di colonie
granulocito-macrofagiche; LIN–, negativo per marker specifici di linea; M-CSF, fattore stimolante la crescita di colonie macrofagiche.
582 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

tabella 13.1 Intervalli di riferimento per le cellule


ematiche negli adulti* a parete sottile ricoperti da un singolo strato di cellule endo-
teliali, sotto le quali sono presenti una membrana basale
Tipo di cellula
discontinua e cellule dell’avventizia. Nell’interstizio si trovano
Leucociti (×103/ml) 4,8-10,8 gruppi di cellule emopoietiche e adipociti. Cellule ematiche
differenziate entrano in circolo migrando attraverso le cellule
Granulociti (%) 40-70 endoteliali.
3 La microanatomia del midollo normale è organizzata in modo
Neutrofili (×10 /ml) 1,4-6,5
particolare. Ad esempio, i megacariociti normali sono siti
Linfociti (×103/ml) 1,2-3,4 vicino ai sinusoidi ed estendono processi citoplasmatici che
gemmano nel flusso sanguigno liberando le piastrine, men-
Monociti (×103/ml) 0,1-0,6 tre i precursori degli eritrociti spesso circondano i macrofagi
3
Eosinofili (×10 /ml) 0-0,5 (le cosiddette cellule nutrici) che forniscono il ferro necessa-
rio per la sintesi dell’emoglobina. Patologie che distorcono
Basofili (×103/ml) 0-0,2 l’architettura midollare, come depositi metastatici o patologie
3
granulomatose, possono determinare l’anomalo rilascio di
Eritrociti (×10 /ml) 4,3-5, uomini; 3,5-5,0, donne
precursori immaturi nel sangue periferico, un quadro che
Piastrine (×103/ml) 150-450 prende il nome di leucoeritroblastosi.
* Gli strisci di tessuto aspirato dal midollo osseo permettono
I valori di riferimento variano fra i laboratori. Devono sempre essere utiliz-
zati i range di riferimento per il laboratorio che fornisce i risultati. di valutare la morfologia delle cellule emopoietiche. La mag-
gior parte dei precursori possono essere identificati sulla
base della loro morfologia. I vari precursori immaturi (forme
loro dipendenza dai fattori di crescita. L’effetto complessivo di queste “­blastiche”) sono morfologicamente simili e possono essere
­alterazioni è un’espansione clonale non regolata degli elementi caratterizzati in modo definitivo solo utilizzando anticorpi
emopoietici, che sostituisce i normali progenitori midollari e spesso specifici per la loro linea differenziativa e marcatori istochi-
si diffonde ad altri tessuti emopoietici. In alcuni casi queste neoplasie mici (descritti in seguito con le neoplasie leucocitarie). Le
originano da HSC trasformate che mantengono l’abilità di biopsie permettono di valutare l’attività midollare. Negli
­differenziarsi lungo diverse linee, mentre in altri casi l’origine è in adulti normali, il rapporto tra cellule adipose ed elementi
un progenitore più maturo che ha acquisito un’aberrante capacità emopoietici è circa di 1:1. Nelle condizioni di ipoplasia mi-
di autorinnovarsi. Se quest’ultima situazione rifletta semplicemente dollare (ad es. anemia aplastica) la proporzione di cellule
un blocco nella differenziazione o se derivi invece dalla riattivazione adipose è fortemente aumentata; al contrario, le cellule adi-
di un programma di espressione genetica che sostiene l’autorinno- pose spesso scompaiono quando il midollo è occupato da
vamento nelle cellule staminali normali è un tema attualmente og- neoplasie emopoietiche e nelle patologie caratterizzate da
getto di studio. iperplasia compensatoria (ad es. anemie emolitiche) e da
proliferazioni neoplastiche come le leucemie. Altre patologie
(come depositi metastatici e patologie granulomatose) cau-
Morfologia Il midollo osseo è il particolare microambiente sano focolai di fibrosi. È difficile aspirare tessuto per allestire
che sostiene l’ordinata proliferazione, differenziazione e rila- strisci da tali lesioni che pertanto possono essere valutate
scio delle cellule ematiche. È occupato da una rete di capillari meglio mediante biopsia.

Malattie Dei Globuli Bianchi

Le malattie dei globuli bianchi possono essere classificate in due


ampie categorie: le malattie proliferative, in cui si verifica un aumento
Leucopenia
dei leucociti e le leucopenie, in cui si verifica una diminuzione dei Il numero dei leucociti circolanti può diminuire marcatamente in
leucociti. L’aumento dei leucociti può essere reattivo o neoplastico. varie condizioni patologiche. Una conta leucocitaria abnormemente
Dal momento che la principale funzione dei leucociti è la difesa bassa (leucopenia) è generalmente la conseguenza di un ridotto
dell’ospite, la proliferazione reattiva in risposta a una causa patolo- numero di neutrofili (neutropenia, granulocitopenia). La linfopenia
gica primitiva, spesso di tipo infettivo, è molto frequente. Le patolo- è meno frequente; oltre che nelle immunodeficienze congenite
gie neoplastiche, sebbene meno frequenti, sono molto più rilevanti (Cap. 6), viene osservata nelle fasi avanzate dell’infezione da virus
dal punto di vista clinico. Nella seguente discussione considereremo dell’immunodeficienza umana (HIV), in seguito a terapia con far-
dapprima gli stati leucopenici e riassumeremo le comuni patologie maci glucocorticoidi o citotossici, nelle patologie autoimmuni, in
reattive, quindi descriveremo nel dettaglio le proliferazioni maligne caso di malnutrizione e in alcune infezioni virali acute. In quest’ultimo
dei leucociti. caso la linfopenia deriva in realtà dall’attivazione linfocitaria piut-
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 583

tosto che da una vera diminuzione del numero dei linfociti. Ricor- In alcuni pazienti con neutropenia idiopatica acquisita sono
derete come le infezioni virali acute inducano produzione di inter- presenti autoanticorpi diretti contro specifici antigeni dei neutrofili.
feroni di tipo I, che attivano i linfociti T e modificano l’espressione Gravi neutropenie possono anche verificarsi come conseguenza della
di una serie di proteine di superficie che regolano la migrazione delle proliferazione monoclonale di grandi linfociti granulari (Large
cellule T. Tali modificazioni causano il sequestro di cellule T attivate Granular Lymphocytes, LGL), la cosiddetta leucemia LGL.3 Il mec-
nei linfonodi e un’aumentata aderenza alle cellule endoteliali, fattori canismo di questa neutropenia non è chiaro; la soppressione dei
che contribuiscono entrambi alla linfopenia. La ­granulocitopenia è progenitori granulocitari del midollo da parte di fattori prodotti
più frequente, è spesso associata a una ridotta funzione granuloci- dalle cellule neoplastiche (generalmente cellule T citotossiche CD8+)
taria e merita ulteriore approfondimento. è considerato il meccanismo più probabile.

Neutropenia, Agranulocitosi
Morfologia Le alterazioni nel midollo osseo variano a seconda
La neutropenia, una riduzione del numero dei neutrofili circolanti, della causa. In caso di eccessiva distruzione di neutrofili negli
si verifica in un’ampia varietà di circostanze. L’agranulocitosi, una organi periferici, il midollo è generalmente ipercellulato per
grave riduzione dei neutrofili, ha conseguenze clinicamente rilevanti l’aumento compensatorio dei precursori granulocitari. L’iper-
e determina un marcato aumento della suscettibilità a infezioni cellularità si riscontra di norma anche nelle neutropenie causate
batteriche e fungine. da granulopoiesi inefficace, come accade nelle anemie mega-
Patogenesi. Una riduzione dei granulociti circolanti si determina loblastiche e nelle sindromi mielodisplastiche. L’agranulocitosi
in caso di (1) granulopoiesi inadeguata o inefficace o (2) di accelerata causata da agenti che sopprimono o distruggono i precursori
rimozione dei neutrofili dal sangue. Si osserva granulopoiesi inade- granulocitari è invece associata a ipercellularità midollare.
guata o inefficace in caso di Le infezioni sono una conseguenza frequente di agranuloci-
tosi. Ulcere necrotizzanti della gengiva, del pavimento della
Soppressione delle cellule staminali emopoietiche, come nel caso bocca, della mucosa orale, della faringe o di altri punti della
dell’anemia aplastica (Cap. 14) e di varie patologie infiltrative del cavità orale (angina agranulocitaria) sono piuttosto caratte-
midollo (neoplasie, granulomi ecc.); in queste condizioni la gra- ristiche. Queste lesioni sono generalmente profonde, esca-
nulocitopenia si accompagna ad anemia e trombocitopenia vate e rivestite da membrane di tessuto necrotico che vanno
Soppressione dei precursori granulocitari predestinati causata da dal grigio al nero-verdastro da cui possono essere isolati
farmaci (discussi in seguito) numerosi batteri o funghi. Meno frequentemente, simili le-
Stati patologici associati a emopoiesi inefficace, come anemie sioni ulcerative possono interessare cute, vagina, ano o tratto
megaloblastiche (Cap. 14) e sindromi mielodisplastiche, dove i gastrointestinale. Infezioni batteriche o fungine gravi e po-
precursori difettivi muoiono nel midollo tenzialmente letali possono verificarsi nei polmoni, nel tratto
Rare condizioni congenite (come la sindrome di Kostmann) in cui urinario e nei reni. Il paziente neutropenico è estremamente
specifici difetti genetici ereditari danneggiano la differenziazione suscettibile a infezioni fungine profonde causate da Candida
granulocitaria. e Aspergillus. Le sedi di infezione spesso mostrano una mas-
siccia crescita di organismi con scarsa risposta leucocitaria.
L’accelerata rimozione o distruzione dei neutrofili avviene in Nei casi più drammatici, i batteri crescono in colonie (botrio-
caso di micosi) simili a quelle osservate nei terreni di coltura.

Danno immuno-mediato ai neutrofili, che può essere idiopatico,


associato a patologie autoimmuni (ad es. lupus eritematoso siste- Caratteristiche cliniche. I segni e i sintomi della neutropenia
mico) o causato da farmaci sono correlati all’infezione e includono malessere, brividi e febbre,
Splenomegalia, in cui il sequestro splenico dei neutrofili provoca spesso seguiti da marcata debolezza e affaticabilità. In presenza di
una loro eccessiva distruzione, generalmente associata a un’au- agranulocitosi, le infezioni divengono spesso incontrollabili e pos-
mentata distruzione anche di eritrociti e piastrine sono causare rapidamente la morte.
Aumentato consumo periferico, come in caso di gravi infezioni Gravi infezioni sono più probabili quando la conta dei neutrofili
batteriche, fungine o da rickettsie. scende al di sotto di 500 cellule per mm3. Dal momento che le infe-
zioni sono spesso fulminanti, devono essere prontamente sommi-
La più frequente causa di agranulocitosi è la tossicità da farmaci. Alcuni nistrati antibiotici ad ampio spettro. In alcuni casi, come quelli che
farmaci chemioterapici, come agenti alchilanti e antimetaboliti, deter- seguono un trattamento chemioterapico mielosoppressivo, la neu-
minano un’agranulocitosi dose-dipendente. Poiché tali farmaci causano tropenia viene trattata con G-CSF, un fattore di crescita che stimola
una soppressione generalizzata del midollo osseo, anche la produzione la produzione di granulociti da precursori midollari.
di eritrociti e piastrine diminuisce. L’agranulocitosi può anche verificarsi
come reazione idiosincrasica a vari composti chimici. L’elenco dei
farmaci coinvolti include aminopirina, cloramfenicolo, sulfonamidi,
clorpromazina, tiouracile e fenilbutazone. La neutropenia indotta dalla Leucocitosi e linfoadenopatie reattive
clorpromazina e da altre fenotiazine è causata da un effetto tossico sui
precursori granulocitari nel midollo osseo. Al contrario, l’agranulocitosi
(infiammatorie)
secondaria alla somministrazione di aminopirina, tiouracile e di alcune Leucocitosi
sulfonamidi deriva probabilmente dalla distruzione anticorpo-mediata
di neutrofili maturi attraverso meccanismi simili a quelli coinvolti nelle Il termine leucocitosi indica un aumento del numero di leucociti nel
anemie immunoemolitiche indotte da farmaci (Cap. 14). sangue. È una reazione comune a molte condizioni infiammatorie.
584 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

Patogenesi. La conta leucocitaria nel sangue periferico è influen- tabella 13.2 Meccanismi e cause di leucocitosi
zata da diversi fattori, tra cui
aumentata produzione nel midollo
L’entità dei pool cellulari di precursori (mieloidi e linfoidi) e di
Infezione o infiammazione cronica (dipendente da fattori
cellule di riserva nel midollo osseo, nel timo, nel sangue circolante di crescita)
e nei tessuti periferici
La velocità di rilascio in circolo delle cellule dalle suddette sedi Paraneoplastica (ad es. linfoma di Hodgkin; dipendente
da fattori di crescita)
La proporzione delle cellule che aderiscono alla parete dei vasi
sanguigni in un determinato momento (pool marginale) Malattia mieloproliferativa (ad es. leucemia mieloide cronica;
La velocità con cui le cellule passano dal sangue ai tessuti. indipendente da fattori di crescita)
aumentato rilascio dalle riserve del midollo
Come discusso nel Capitolo 2, l’omeostasi leucocitaria è
Endotossemia
­mantenuta da citochine, fattori di crescita e molecole di adesione
mediante i loro effetti su commissionamento, proliferazione, diffe- Infezione
renziazione e rilascio dei leucociti e dei loro progenitori. La
Ipossia
­Tabella 13.2 riassume i principali meccanismi della leucocitosi
neutrofila e le sue cause, la più importante delle quali è l’infezione. diminuita marginazione
Nell’infezione acuta vi è un rapido aumento del rilascio di granu-
Esercizio
lociti maturi dal pool midollare. Se l’infezione è prolungata, la
produzione di interleuchina-1 (IL-1), del fattore di necrosi tumorale Catecolamine
(Tumor Necrosis Factor, TNF) e di altre citochine infiammatorie sti-
diminuita fuoriuscita nei tessuti
mola le cellule stromali del midollo osseo e le cellule T a produrre
una maggiore quantità di fattori di crescita emopoietici, che au- Glucocorticoidi
mentano la proliferazione e la differenziazione dei progenitori
granulocitari predestinati e, in alcuni giorni, determinano un so-
stenuto aumento nella produzione di neutrofili.
Alcuni fattori di crescita stimolano preferenzialmente la produ- rappresentano granuli azzurrofili (primari) anomali. I corpi di Döhle
zione di un singolo tipo di cellula leucocitaria. Ad esempio, l’IL-5 sono lembi di reticolo endoplasmatico dilatato che appaiono come
stimola principalmente la produzione di eosinofili, mentre il G-CSF chiazze citoplasmatiche di colore azzurro.
quella di neutrofili. Tali fattori sono prodotti in modo differenziato Nella maggior parte dei casi non è difficile distinguere una leu-
in risposta ai vari stimoli patogeni e, di conseguenza, i cinque prin- cocitosi reattiva da una leucocitosi neoplastica, in almeno due casi
cipali tipi di leucocitosi (neutrofilia, eosinofilia, basofilia, monocitosi però la ­distinzione non è facile. Le infezioni virali acute, soprattutto
e linfocitosi) tendono a essere osservati in condizioni cliniche dif- nei bambini, possono causare la comparsa di un gran numero di
ferenti (Tab. 13.3). linfociti attivati simili alle cellule linfoidi neoplastiche. In altri casi,
Nella sepsi o nelle gravi patologie infiammatorie (come la malattia in particolare nelle infezioni gravi, compare nel sangue un gran
di Kawasaki), la leucocitosi è spesso accompagnata da modificazioni numero di forme granulocitarie immature, simulando una leucemia
morfologiche nei neutrofili, come le granulazioni tossiche, i corpi mieloide (reazione leucemoide). Particolari esami di laboratorio
di Döhle e i vacuoli citoplasmatici (Fig. 13.2). Le granulazioni tossi- (discussi in seguito) sono molto utili nel distinguere le leucocitosi
che, che sono più grossolane e scure dei normali granuli neutrofili, reattive da quelle neoplastiche.

Tabella 13.3 Cause di leucocitosi


Tipo di leucocitosi Cause

Leucocitosi neutrofila (neutrofilia) Infezioni batteriche acute, specialmente quelle causate da organismi piogenici;
infiammazione sterile causata, ad esempio, da necrosi tissutale (infarto miocardico,
ustioni)

Leucocitosi eosinofila (eosinofilia) Malattie allergiche come asma, febbre da fieno; alcune patologie della cute (ad es.
pemfigo, dermatite erpetiforme); infestazioni parassitarie; reazioni a farmaci;
alcune neoplasie maligne (ad es. linfoma di Hodgkin e alcuni linfomi non Hodgkin);
malattie del collagene vascolare e alcune vasculiti; malattia ateroembolica
(transitoria)

Leucocitosi basofila (basofilia) Rara, spesso indicativa di una malattia mieloproliferativa (ad es. leucemia mieloide
cronica)

Monocitosi Infezioni croniche (ad es. tubercolosi), endocardite batterica, rickettsiosi e malaria;
malattie del collagene vascolare (ad es. lupus eritematoso sistemico); malattie
infiammatorie intestinali (ad es. colite ulcerosa)

Linfocitosi Accompagna la monocitosi in molte patologie associate a stimolazione immunologica


cronica (ad es. tubercolosi, brucellosi); infezioni virali (ad es. epatite A,
citomegalovirus, virus di Epstein-Barr); infezione da Bordetella pertussis
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 585

infezioni delle estremità. La linfoadenite acuta insorge anche nei


linfonodi mesenterici che drenano un’appendicite acuta. Natural-
mente, varie infezioni autolimitanti possono causare a loro volta
adenite mesenterica acuta con sintomi simili all’appendicite acuta,
creando ben noti problemi di diagnosi differenziale. Le infezioni
virali sistemiche (in particolare nei bambini) e la batteriemia spesso
determinano linfoadenopatie acute generalizzate.

Morfologia Macroscopicamente i linfonodi si presentano


gonfi, di colore grigio-rossastro e congesti. Microscopica-
mente si osservano grandi centri germinativi con numerose
figure mitotiche. I macrofagi spesso contengono detriti par-
ticolati derivati da batteri morti o cellule necrotiche. Quando
la causa sono degli organismi piogenici, i centri dei follicoli
possono andare incontro a necrosi; talvolta l’intero linfonodo
Figura 13.2 Modificazioni reattive dei neutrofili. In questo striscio di
sangue periferico prelevato da un soggetto con sepsi batterica si osservano viene convertito in una sacca di pus. Con reazioni meno gravi,
neutrofili contenenti granuli citoplasmatici grossolani violacei (granulazioni sparsi neutrofili infiltrano i dintorni dei follicoli e si accumu-
tossiche) e chiazze citoplasmatiche blu di reticolo endoplasmatico dilatato lano all’interno dei seni linfatici. Le cellule endoteliali che
(corpi di Döhle, freccia). ricoprono i seni vanno incontro a iperplasia.

Linfoadenite I linfonodi interessati da linfoadenite acuta sono ingrossati e


dolenti. Quando la linfoadenite va incontro ad ascessualizzazione,
Dopo l’iniziale sviluppo dai precursori nel midollo osseo (cellule B) il linfonodo da teso diviene fluttuante e la cute sovrastante si arrossa.
e nel timo (cellule T), i linfociti entrano in circolo e, sotto l’influenza Talvolta infezioni suppurative penetrano attraverso la capsula del
di specifiche citochine e chemochine, si dirigono verso i tessuti linfonodo e si fanno strada verso la cute, producendo fistole. La
linfoidi periferici, come linfonodi, milza, tonsille e placche di Peyer. guarigione di tali lesioni è associata alla formazione di cicatrici.
I linfonodi, che rappresentano il tessuto linfoide più ampiamente
distribuito e più facilmente accessibile, sono frequentemente esami- Linfoadenite cronica aspecifica
nati per scopi diagnostici. I linfonodi contengono zone ben orga-
nizzate di cellule B e T, riccamente presidiate da fagociti e cellule Stimoli immunologici cronici determinano diversi quadri di reazio-
presentatrici dell’antigene (si veda Fig. 6.6, Cap. 6). ne linfonodale.
L’attivazione delle cellule immuni residenti causa modificazioni
morfologiche nei linfonodi. Entro alcuni giorni dalla stimolazione
antigenica, i follicoli primari aumentano di dimensioni e si trasfor- Morfologia L’iperplasia follicolare è causata da stimoli che
mano in centri germinativi, strutture altamente dinamiche che attivano una risposta immune di tipo umorale mediata dalle
­assumono una colorazione istologica chiara, in cui le cellule B ac- cellule B. È definita dalla presenza di ampi centri germinativi
quisiscono la capacità di produrre anticorpi ad alta affinità contro oblunghi (follicoli secondari), circondati da una corona di
antigeni specifici. Le zone paracorticali popolate dalle cellule T piccole cellule B vergini a riposo (zona mantellare) (Fig. 13.3).
possono a loro volta andare incontro a iperplasia. Il grado e la I centri germinativi sono normalmente polarizzati in due
modalità delle variazioni morfologiche dipendono dalla stimola- regioni distinte: (1) una zona scura che contiene le cellule B
zione e dall’intensità della risposta. Lesioni e infezioni banali de- proliferanti simil-blastiche (centroblasti) e (2) una zona chiara
terminano modificazioni lievi, mentre infezioni più significative composta da cellule B con contorni nucleari irregolari o cli-
producono inevitabilmente un ingrossamento del linfonodo e tal- vati (centrociti). Nei centri germinativi B si trova inoltre un
volta lasciano cicatrici residue. Per tale ragione, i linfonodi negli reticolo appena visibile composto da cellule dendritiche
adulti non sono quasi mai “normali” o “a riposo”, ed è spesso ne- presentanti l’antigene e macrofagi (spesso indicati come
cessario distinguere le modificazioni morfologiche dovute a stimoli macrofagi con corpi tingibili), contenenti i residui nucleari
pregressi da quelle correlate alla patologia presente. Le infezioni e delle cellule B, che vanno incontro ad apoptosi nel caso in
gli stimoli infiammatori spesso elicitano reazioni immunitarie re- cui non riescano a produrre anticorpi con affinità elevata per
gionali o sistemiche nei linfonodi. Alcune tra quelle che determi- l’antigene.
nano quadri morfologici distintivi sono descritte in altri capitoli. Cause di iperplasia follicolare includono l’artrite reumatoide,
La maggior parte, tuttavia, provoca quadri stereotipati di reazione la toxoplasmosi e le prime fasi dell’infezione da HIV. Queste
linfonodale che prendono il nome di linfoadeniti aspecifiche acute forme di iperplasia sono morfologicamente simili al linfoma
e croniche. follicolare (discusso in seguito). Le caratteristiche che fanno
propendere per un’iperplasia reattiva (non neoplastica) in-
cludono (1) il mantenimento dell’architettura linfonodale,
Linfoadenite acuta aspecifica
comprese le zone interfollicolari di cellule T e i sinusoidi;
La linfoadenite acuta nella regione cervicale è nella maggior parte (2) una marcata variazione nella forma e nelle dimensioni dei
dei casi dovuta a drenaggio microbico da infezioni di denti e tonsille; follicoli; e (3) la presenza di frequenti figure mitotiche,
mentre nella regione ascellare o inguinale è più spesso causata da
586 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

­ rominente nei linfonodi drenanti vari carcinomi come ad


p
esempio quello mammario. Le cellule endoteliali linfatiche
di rivestimento diventano ipertrofiche e il numero di macro-
fagi aumenta in modo marcato, determinando un’espansione
e una distensione dei seni.

Nelle linfoadenopatie croniche i linfonodi sono tipicamente di con-


sistenza dura, dal momento che l’aumento delle loro dimensioni si
verifica gradualmente. La linfoadenite cronica è particolarmente fre-
quente nei linfonodi ascellari e inguinali, che, drenando aree relativa-
mente grandi del corpo, vengono a essere frequentemente stimolati.
Prima di lasciare le patologie reattive dei linfociti, vale la pena
sottolineare che stimoli immunitari cronici possono causare la com-
parsa di strutture organizzate composte da linfociti e altre cellule del
sistema immunitario in tessuti non linfoidi. Un esempio classico è
quello osservato nella gastrite cronica causata da Helicobacter pylori,
in cui sono presenti aggregati di linfociti della mucosa che simulano
l’aspetto delle placche di Peyer. Un fenomeno simile si riscontra
nell’artrite reumatoide, in cui spesso compaiono follicoli B cellulari
nel tessuto sinoviale infiammato. La linfotossina, una citochina
necessaria per la formazione delle normali placche di Peyer, è
­probabilmente coinvolta nella comparsa di queste strutture di cellule
linfoidi “extranodali” indotte dall’infiammazione.4

Proliferazioni neoplastiche dei leucociti


Le neoplasie maligne sono, dal punto di vista clinico, le patologie
più importanti dei leucociti. Queste patologie rientrano nei seguenti
Figura 13.3 Iperplasia follicolare. A. Veduta a basso ingrandimento che grandi gruppi:
mostra un follicolo reattivo e la zona mantellare circostante. La zona man-
tellare scura è più prominente nei punti adiacenti alla zona chiara dei centri
germinativi nella metà sinistra del follicolo. B. Veduta ad alto ingrandimento
Le neoplasie linfoidi includono un gruppo eterogeneo di tumori
della zona scura che mostra diverse figure mitotiche e numerosi macrofagi a origine dalle cellule B, T e NK. In molti casi il fenotipo della
che contengono cellule apoptotiche fagocitate (corpi tingibili). cellula neoplastica ricorda da vicino quello di una particolare fase
nella normale differenziazione linfocitaria, una caratteristica
utilizzata per la diagnosi e la classificazione di queste patologie.
macrofagi con corpi tingibili e la polarizzazione dei centri Le neoplasie mieloidi derivano dai progenitori emopoietici
germinativi con zone chiare e zone scure, tutti elementi che ­precoci. Si riconoscono tre categorie di neoplasie mieloidi: le
tendono a essere assenti nei follicoli neoplastici. leucemie mieloidi acute, in cui le cellule progenitrici immature si
L’iperplasia paracorticale è causata da stimoli che scatenano accumulano nel midollo osseo; le sindromi mielodisplastiche,
la risposta immune mediata dalle cellule T, quali infezioni associate a emopoiesi inefficace e conseguente citopenia nel san-
virali acute (ad es. mononucleosi infettiva). Le regioni di gue periferico; e le malattie mieloproliferative croniche, in cui
cellule T contengono immunoblasti, cellule T attivate di di- l’aumentata produzione di uno o più elementi mieloidi ben dif-
mensioni tre o quattro volte più grandi dei linfociti non ferenziati (ad es. granulociti) conduce generalmente a conte ele-
­stimolati che hanno nucleo tondeggiante, cromatina aperta, vate nel sangue periferico.
diversi nucleoli prominenti e una moderata quantità di cito- Le istiocitosi sono rare condizioni proliferative di macrofagi e
plasma chiaro. Le zone popolate da cellule T si espandono, cellule dendritiche. Sebbene il termine “istiocita” (letteralmente,
invadendo e, nel caso di reazioni particolarmente esuberanti, “cellula tissutale”) sia un termine morfologico arcaico, viene
obliterando i follicoli delle cellule B. In questi casi gli immu- tuttora utilizzato per indicare cellule della linea macrofagica o
noblasti possono essere talmente numerosi che sono neces- dendritica. Una particolare cellula dendritica immatura, la cellula
sarie particolari metodiche di laboratorio per escludere una di Langerhans, dà origine a un tipo di neoplasie indicate come
neoplasia linfoide. Inoltre, si verifica spesso un’ipertrofia istiocitosi a cellule di Langerhans.
delle cellule endoteliali dei seni linfatici e delle altre strutture
vascolari del linfonodo, talvolta accompagnata da infiltrati
Fattori Eziologici E Patogenetici
di macrofagi ed eosinofili.
Delle Neoplasie Dei Globuli Bianchi:
L’istiocitosi dei seni (detta anche iperplasia reticolare) si ri-
Inquadramento Generale
ferisce a un aumento nel numero e nelle dimensioni delle
cellule che rivestono i sinusoidi linfatici. Sebbene aspecifica, Come vedremo nelle sezioni successive, i disordini neoplastici dei
questa forma di iperplasia può essere particolarmente globuli bianchi sono estremamente vari. Prima di addentrarci nella
complessità di questo argomento, vale la pena considerare alcuni
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 587

temi che riguardano in generale l’eziologia e la patogenesi di tali minativi non possono maturare; ciononostante, BCL6 deve essere
patologie. “spento” affinché le cellule B dei centri germinativi si differenzino
Traslocazioni cromosomiche e altre mutazioni acquisite. Nella in cellule B memoria o in plasmacellule. Come discuteremo più
maggior parte delle neoplasie leucocitarie, sono presenti anoma- avanti, alterazioni che influenzano in modo positivo l’espressione
lie ­cromosomiche non casuali, in genere traslocazioni. Come accen- di BCL6 e che bloccano la sua regolazione in senso negativo sono
nato nel Capitolo 7, specifici riarrangiamenti sono associati a molto comuni in alcuni tipi di linfomi derivanti dalle cellule B
­particolari neoplasie, cosa che ne suggerisce un ruolo critico nella dei centri germinativi.7
oncopatogenesi. Nel caso delle neoplasie linfoidi i proto-oncogeni sono spesso at-
tivati da errori che si verificano durante i processi di diversificazione
I geni che sono mutati o comunque alterati spesso ricoprono un ruolo e di riarrangiamento dei geni per i recettori degli antigeni. Tra le
cruciale nello sviluppo, nella crescita o nella sopravvivenza della cellule linfoidi, le mutazioni potenzialmente oncogene avvengono
normale controparte della cellula neoplastica. In alcuni casi, il risul- più frequentemente nelle cellule B dei centri germinativi durante le
tato dell’aberrazione è quello di produrre una proteina “dominante modificazioni che portano alla diversificazione delle molecole an-
negativa”, cioè che interferisce negativamente con una normale ticorpali. Dopo la stimolazione antigenica, le cellule B penetrano
attività molecolare, determinando una perdita di funzione (loss of nei centri germinativi e inducono l’espressione della citosina
function); in altri casi, il risultato è un aumento inappropriato di deaminasi ­attivazione-indotta (Activation-Induced cytosine De-
una normale attività molecolare, un’acquisizione di funzione (gain aminase, AID), un enzima essenziale per due tipi di modifiche ai
of function). In alcune neopalsie, differenti alterazioni possono avere geni delle immunoglobuline (Ig): lo switch di classe, un evento di
identiche conseguenze funzionali perché convergono su una co- ricombinazione intragenica in cui il segmento genico costante
mune via di signaling o su un comune fattore di trascrizione con un della catena pesante delle IgM viene sostituito con un altro seg-
critico ruolo cellulare. Un esempio è il caso dei “MALTomi” (Cap. mento costante (ad es. IgG3), permettendo così uno switch isoti-
17), linfomi a cellule B che insorgono in sedi mucose extranodali, pico della classe anticorpale; e l’ipermutazione somatica, che crea
spesso associati a traslocazioni del gene MALT1 o del gene BCL10. mutazioni puntiformi nei geni Ig le quali possono aumentare
Le proteine MALT1 e BCL10 si legano l’una all’altra in un comples- casualmente l’affinità per l’antigene della molecola anticorpale
so proteico che regola NF-kB, un fattore di trascrizione con impor- (Cap. 6). Alcuni proto-oncogeni, come c-MYC, vengono attivati
tanti funzioni antiapoptotiche nei normali linfociti. L’effetto finale nei linfomi a cellule B dei centri germinativi da traslocazioni
delle traslocazioni che coinvolgono MALT1 e BCL10 è lo stesso – cromosomiche che interessano le regioni dello switch di classe. È
un’errata ­regolazione del complesso MALT1/BCL10 che causa importante notare come l’espressione di AID sia sufficiente a
l’attivazione costitutiva di NF-kB,5 la quale (come vedremo) ha un indurre traslocazioni c-MYC/Ig nelle cellule B dei normali centri
ruolo importante nell’oncopatogenesi di molte neoplasie linfoidi.6 germinativi,8,9 apparentemente perché crea nel DNA lesioni che
Le oncoproteine create da aberrazioni genomiche spesso bloccano conducono alla rottura dei cromosomi. Ne consegue dunque che
il normale processo maturativo. Molte oncoproteine provocano persino l’attivazione di un potente oncogene come c­ -MYC non è
un arresto della differenziazione, spesso in uno stadio in cui le sufficiente da sola a indurre una trasformazione neoplastica. Ciò
cellule stanno proliferando rapidamente. L’importanza di questo sottolinea come anche i linfomi, allo stesso modo di altre neopla-
blocco maturativo è più evidente nelle leucemie acute. In tali sie maligne, siano il risultato di multiple lesioni genetiche. Altri
neoplasie, mutazioni con effetto dominante-negativo che inte- proto-oncogeni, come BCL6, sono in genere attivati nei linfomi
ressano fattori di trascrizione che determinano gli stadi precoci delle cellule B dei centri germinativi da mutazioni puntiformi,10
della differenziazione cellulare (linfoide o mieloide), spesso si che sembrano derivare da un “errore di bersaglio” da parte di
associano a mutazioni attivanti delle tirosin-chinasi, le quali al- AID. In ogni caso, il vantaggio selettivo offerto dalla diversifica-
lungano la sopravvivenza e stimolano la proliferazione cellulare zione anticorpale per combattere le infezioni è di gran lunga
(Fig. 13.4). Questo tema si applica anche ai linfomi. Ad esempio, superiore al prezzo che l’organismo paga in termini di mutazioni
BCL6 codifica per un fattore di trascrizione espresso nelle cellule con potenziale oncogenico, anche se questa constatazione è di
B dei centri germinativi. Senza BCL6, le cellule B dei centri ger- scarso sollievo per i pazienti affetti da linfomi a origine dalle
cellule B dei centri germinativi, che includono le neoplasie linfoidi
più frequenti e clinicamente rilevanti. Un tipo differente di insta-
bilità genomica regolata è peculiare dei precursori B e T. Tali
cellule esprimono una V(D)J ricombinasi che taglia il DNA in
siti specifici, ovvero nei loci del recettore per le immunoglobuline
(Ig) e per le cellule T, rispettivamente. Questo processo è essen-
ziale per formare geni capaci di produrre recettori antigenici, ma
a volte non va a buon fine, portando alla giunzione di porzioni
di altri geni agli elementi regolatori del gene per il recettore an-
tigenico. In particolare, vari proto-­oncogeni sono spesso derego-
lati dal loro coinvolgimento in tali aberranti eventi di ricombi-
nazione genetica nel caso delle neoplasie dei precursori T.

Figura 13.4 Patogenesi molecolare della leucemia acuta. Le leucemie Fattori genetici ereditari. Come discusso nel Capitolo 7, i pazienti
acute insorgono da mutazioni complementari che bloccano la differenziazione con patologie genetiche che favoriscono l’instabilità genomica, quali
in uno stadio precoce dello sviluppo leucocitario, potenziano l’autorinnova- la sindrome di Bloom, l’anemia di Fanconi e l’atassia teleangectasica,
mento e aumentano crescita e sopravvivenza. Sono elencati esempi impor- presentano un rischio aumentato di sviluppare una leucemia acuta.
tanti di ciascun tipo di mutazione. BCR-ABL, gene di fusione regione di rottura
cromosomica-chinasi di Abelson; MLL, leucemia di linea mista; PML-RARa, Inoltre, sia la sindrome di Down (trisomia 21) sia la neurofibromatosi
gene di fusione leucemia promielocitica-recettore a per l’acido retinoico. di tipo I sono associate a una più alta incidenza di leucemia infantile.
588 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

Virus. Tre virus linfotropici – il virus 1 della leucemia umana a Nell’ambito dei linfomi, il linfoma di Hodgkin è separato da tutte
cellule T (Human T-cell Leukemia Virus-1, HTLV-1), il virus di le altre forme, che costituiscono i linfomi non Hodgkin (LNH). Come
Epstein-Barr (EBV) e l’herpesvirus del sarcoma di Kaposi/herpesvi- vedremo, il linfoma di Hodgkin è clinicamente e istologicamente di-
rus umano 8 (Kaposi Sarcoma Herpesvirus/Human Herpesvirus-8, stinto dai LNH e viene trattato con terapie a parte. Un altro gruppo
KSHV/HHV-8) – sono considerati agenti eziologici di particolari importante di neoplasie linfoidi comprende le neoplasie plasmacel-
linfomi. I possibili meccanismi di trasformazione da parte di virus lulari, che insorgono di regola nel midollo osseo e solo raramente
sono stati discussi nel Capitolo 7. HTLV-1 è associato alla leucemia/ interessano i linfonodi o determinano un quadro leucemico a livello
linfoma a cellule T dell’adulto. EBV si riscontra in un sottogruppo di del sangue periferico. Nel loro insieme, le neoplasie linfoidi
linfomi di Burkitt, nel 30-40% dei linfomi di Hodgkin (LH), in molti ­costituiscono un gruppo complesso e clinicamente rilevante, con
linfomi a cellule B che insorgono nel contesto dell’immunodeficienza circa 100.000 nuovi casi diagnosticati ogni anno negli Stati Uniti.
T cellulare e in rari linfomi a cellule natural killer. Oltre al sarcoma La presentazione clinica delle varie neoplasie linfoidi è dettata dalla
di Kaposi, KSHV è associato a un insolito linfoma a cellule B che si distribuzione anatomica della malattia. Due terzi dei LNH e prati-
presenta con versamenti neoplastici, spesso nella cavità pleurica. camente tutti i linfomi di Hodgkin si presentano con ingrossamento
Stimolazione immunitaria cronica. Diversi agenti ambientali linfonodale (spesso superiore ai 2 cm), in genere non dolente. Il
che causano infiammazione cronica predispongono alle neoplasie restante terzo dei LNH insorge in sedi extranodali (ad es. cute,
linfoidi, che quasi sempre insorgono all’interno del tessuto infiam- stomaco o encefalo). Le leucemie linfocitiche si presentano con
mato. Tra gli esempi rientrano l’associazione tra l’infezione da H. sintomi dovuti alla soppressione della normale emopoiesi da parte
pylori e il linfoma gastrico a cellule B (Cap. 17), e tra l’enteropatia delle cellule tumorali che invadono il midollo osseo. Infine, la più
da intolleranza al glutine e il linfoma intestinale a cellule T. L’infe- frequente neoplasia plasmacellulare, il mieloma multiplo, causa
zione da HIV è associata a un rischio aumentato di linfoma a cellule distruzione ossea e spesso si presenta con dolore dovuto a fratture
B che può insorgere in qualsiasi organo. Nelle prime fasi del decorso patologiche. Si deve inoltre tenere presente che alcune neoplasie
della malattia, la deregolazione delle cellule T causata dall’infezione linfoidi causano sintomi dovuti alla secrezione di particolari molecole.
da HIV determina un’iperplasia sistemica delle cellule B dei centri Alcuni esempi sono le neoplasie plasmacellulari caratterizzate dalla
germinativi che si associa a una più alta incidenza di linfomi B a secrezione di interi anticorpi o di frammenti di Ig, e il linfoma di
origine dai centri germinativi. Nelle fasi successive dell’infezione Hodgkin, che è spesso associato a febbri dovute al rilascio di cito-
con l’insorgenza della sindrome da immunodeficienza acquisita chine infiammatorie.
(AIDS), la grave immunodeficienza T cellulare eleva ulteriormente Storicamente, poche patologie hanno generato tante controversie
il rischio di linfoma a cellule B, in particolare quello associato a EBV e tanta confusione come quelle per la classificazione delle neoplasie
e KSHV/HHV-8. linfoidi. Oggi la situazione è diversa grazie all’uso di metodiche
Fattori iatrogeni. Paradossalmente, la radioterapia e alcune obiettive di diagnostica molecolare. L’attuale schema di classifica-
forme di chemioterapia utilizzate nel trattamento antitumorale zione dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) (Tab. 13.4)
aumentano il rischio di sviluppare neoplasie secondarie sia mieloidi utilizza caratteristiche morfologiche, immunofenotipiche, genotipi-
sia linfoidi. Tale associazione deriva dagli effetti mutageni delle ra- che e cliniche per dividere le neoplasie linfoidi in cinque ampie
diazioni ionizzanti e dei farmaci chemioterapici sui progenitori categorie,11 sulla base della loro origine cellulare:
cellulari delle serie emopoietiche.
Fumo. L’incidenza di leucemia mieloide acuta aumenta di 1,3-2 1. Neoplasie dei precursori B cellulari (neoplasie a cellule B
volte nei fumatori, probabilmente a causa dell’esposizione ad agenti immature)
cancerogeni, quali il benzene contenuto nel fumo del tabacco. 2. Neoplasie delle cellule B periferiche (neoplasie a cellule B
mature)
3. Neoplasie dei precursori T cellulari (neoplasie a cellule T
Neoplasie Linfoidi
immature)
4. Neoplasie delle cellule T e natural killer periferiche (neoplasie a
Definizioni e classificazioni
cellule T e NK mature)
Uno degli aspetti confondenti delle neoplasie linfoidi riguarda l’uso 5. Linfoma di Hodgkin (neoplasie a cellule di Reed-Sternberg e
dei termini leucemia linfocitica e linfoma. Il termine leucemia viene varianti).
utilizzato per descrivere le neoplasie che si presentano con un diffuso
interessamento del midollo osseo e che sono spesso – ma non sempre Prima di discutere le specifiche entità della classificazione OMS,
– accompagnate da un alto numero di cellule neoplastiche nel sangue è necessario analizzare alcuni importanti principi rilevanti per le
periferico. Il termine linfoma viene utilizzato per descrivere proli- neoplasie linfoidi.
ferazioni che si presentano come masse tissutali distinte. Tradizio-
nalmente, questi termini erano utilizzati per definire quelle che È possibile sospettare una neoplasia linfoide sulla base dei segni
venivano considerate due entità distinte, ma con il tempo, e con una clinici, ma per la diagnosi è necessario l’esame istologico dei linfo-
migliore comprensione dei processi che portano alla loro insorgenza, nodi o di altri tessuti coinvolti.
la distinzione è divenuta meno marcata. Molti tipi di “linfoma” Nella maggior parte delle neoplasie linfoidi, il riarrangiamento del
hanno talvolta presentazioni leucemiche, e l’evoluzione a “leucemia” gene del recettore per l’antigene precede la trasformazione; quindi,
non è rara nella progressione di linfomi “incurabili”. Al contrario, tutte le cellule figlie derivate dal progenitore maligno condividono
tumori identici alle “leucemie” talvolta insorgono come masse dei la stessa configurazione e sequenza del recettore per l’antigene, e
tessuti molli senza evidenza di interessamento midollare. Quindi, sintetizzano proteine recettoriali per l’antigene identiche (siano
quando applicati a particolari neoplasie, i termini leucemia e linfoma esse immunoglobuline o recettori T cellulari). Al contrario, le
riflettono semplicemente la tipica distribuzione tissutale della ma- normali risposte immunitarie comprendono popolazioni
lattia al momento della manifestazione clinica. policlonali di linfociti che esprimono molti diversi recettori per
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 589

tabella 13.4 Classificazione OMS delle neoplasie linfoidi immunodeficienza congenita o acquisita sono essi stessi ad alto
rischio di sviluppare alcune neoplasie linfoidi, in particolare
i. neoplasie dei precursori b cellulari quelle causate da virus oncogeni (ad es. EBV).
Linfoma/leucemia linfoblastica acuta a cellule B (B-ALL) Le cellule B e T neoplastiche tendono a riprodurre il comporta-
mento delle loro normali controparti. Come i linfociti normali,
ii. neoplasie delle cellule b periferiche
Leucemia linfocitica cronica/linfoma a piccoli linfociti anche le cellule neoplastiche B e T tendono a dirigersi verso
Leucemia prolinfocitica a cellule B particolari sedi tissutali, determinando caratteristici modelli di
Linfoma linfoplasmacitico interessamento. Ad esempio, i linfomi follicolari tipicamente
Linfoma nodale e splenico della zona marginale proliferano nei centri germinativi dei linfonodi; mentre i linfo-
Linfoma extranodale della zona marginale
Linfoma mantellare
mi cutanei a cellule T crescono nella cute. Come accade per le
Linfoma follicolare controparti normali, l’homing linfonodale delle cellule neopla-
Linfoma della zona marginale stiche è regolato da particolari molecole di adesione e chemo-
Leucemia a cellule capellute chine. Una variabile quantità di linfociti B e T neoplastici
Plasmocitoma/mieloma plasmacellulare ­ricircola periodicamente attraverso i vasi linfatici e il sangue
Linfoma diffuso a grandi cellule B
Linfoma di Burkitt periferico, arrivando nelle diverse sedi a distanza; di conseguen-
za, la maggior parte delle neoplasie linfoidi è estesamente dis-
iii. neoplasie dei precursori t cellulari seminata al momento della diagnosi. Eccezioni degne di nota
Linfoma/leucemia linfoblastica acuta a cellule T (T-ALL) includono i linfomi di Hodgkin, che sono talvolta ristretti a un
singolo gruppo di linfonodi, e i linfomi a cellule B della zona
iv. neoplasie delle cellule t e nk periferiche
marginale, che sono spesso confinati ai siti di infiammazione
Leucemia prolinfocitica a cellule T
Leucemia a grandi linfociti granulari
cronica.
Micosi fungoide/sindrome di Sézary Il linfoma di Hodgkin si propaga in maniera ordinata. Al contrario,
Linfoma a cellule T periferiche, non specificato la maggior parte dei LNH si diffonde ampiamente in modo meno
Linfoma a grandi cellule anaplastico prevedibile fin dalle prime fasi della malattia. Pertanto, la stadia-
Linfoma angioimmunoblastico a cellule T zione dei linfomi fornisce utili informazioni prognostiche, ma è
Linfoma a cellule T associato a enteropatia
Linfoma panniculitico a cellule T particolarmente importante nel guidare le scelte terapeutiche nel
Linfoma epatosplenico gd a cellule T caso del linfoma di Hodgkin.
Leucemia/linfoma a cellule T dell’adulto
Linfoma extranodale a cellule NK/T A questo punto verranno prese in considerazione le specifiche
Leucemia a cellule NK
entità della classificazione OMS. Inizieremo dalle neoplasie a cellule
v. linfoma di hodgkin linfoidi immature per poi trattare le neoplasie a cellule B, le neoplasie
Sottotipi classici plasmacellulari, quelle a cellule T e NK. Alcune delle principali ca-
Sclerosi nodulare ratteristiche cliniche e molecolari delle leucemie linfoidi, dei linfomi
Cellularità mista non Hodgkin e delle neoplasie plasmacellulari sono riassunte nella
Ricco in linfociti Tabella 13.6. Seguirà una descrizione del linfoma di Hodgkin. Nel
Deplezione linfocitaria
Prevalenza linfocitaria
corso della trattazione verrà data particolare importanza alle entità
più comuni (e dunque più importanti).
NK, natural killer.

Neoplasie dei precursori B e T cellulari


l’antigene. Pertanto, l’analisi dei geni del recettore per l’antigene Linfoma/leucemia linfoblastica acuta
e/o dei loro prodotti proteici può essere utilizzata per distinguere
proliferazioni linfoidi reattive (policlonali) da quelle neoplastiche Il linfoma/leucemia linfoblastica acuta (Acute Lymphoblastic
(monoclonali). Inoltre, ciascun riarrangiamento del gene del ­Leukemia/lymphomas, ALL) comprende un gruppo di neoplasie
recettore per l’antigene produce una sequenza di DNA unica che costituite da cellule B (pre-B) o T (pre-T) immature, definite linfo-
costituisce un marker clonale altamente specifico, utilizzabile per blasti. Circa l’85% delle ALL è costituito da tumori dei precursori B
individuare piccole quantità di cellule neoplastiche residue dopo cellulari (B-ALL), che si manifestano tipicamente come “leucemie”
la terapia.12,13 acute del bambino. ALL dei precursori T (T-ALL) sono meno frequenti
La grande maggioranza (85-90%) delle neoplasie linfoidi origina e tendono a presentarsi nei maschi adolescenti come “linfomi” timici.
dalle cellule B, mentre la gran parte dei casi restanti è costituita da Vi è, tuttavia, una considerevole sovrapposizione nel comportamen-
tumori a cellule T; solo raramente si incontrano tumori di origine to clinico delle B- e T-ALL; ad esempio, le B-ALL possono ­presentarsi
NK. Nella maggioranza dei casi le neoplasie linfoidi assomigliano raramente come masse nella cute o nelle ossa, mentre molte T-ALL
ad alcune delle fasi differenziative delle cellule B o T (Fig. 13.5), si presentano o evolvono in un quadro leucemico. Per le loro somi-
caratteristica che viene utilizzata per la loro classificazione. I mar- glianze morfologiche e cliniche, considereremo insieme le varie
catori riconosciuti dagli anticorpi che sono utili per la ­tipizzazione forme di ALL.
dei linfomi e delle leucemie sono elencati nella Tabella 13.5. La ALL è la neoplasia maligna più frequente nei bambini. Negli Stati
Le neoplasie linfoidi sono spesso associate ad anomalie immunita- Uniti, ogni anno vengono diagnosticati circa 2.500 nuovi casi, la
rie. Nello stesso paziente si possono a volte osservare sia una maggior parte in soggetti al di sotto dei 15 anni di età. Negli Stati Uniti,
perdita dell’immunovigilanza (come attestato dalla suscettibili- la ALL è circa tre volte più frequente nei bianchi che nei neri, e leg-
tà alle infezioni) sia dell’immunotolleranza (che si rende mani- germente più frequente nei ragazzi che nelle ragazze. Gli ispanici
festa con fenomeni autoimmuni). Inoltre, i pazienti affetti da hanno l’incidenza più alta di qualsiasi gruppo etnico. Il picco di inci-
590 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

Figura 13.5 Origine delle neoplasie linfoidi. Vengono mostrati gli stadi di differenziazione delle cellule B e T da cui nascono le specifiche neoplasie
linfoidi. CLP, precursore linfoide comune; BLB, linfoblasto pre-B; DN, cellula pro-T CD4/CD8 doppio negativo; DP, cellula pre-T CD4/CD8 doppio positivo;
GC, cellula B del centro germinativo; MC, cellula B mantellare; MZ, cellula B della zona marginale; NBC, cellula B vergine; PTC, cellula T periferica.

denza della B-ALL è intorno ai 3 anni, forse perché il numero di cellule


pre-B midollari normali (le cellule di origine) è massimo nei bambini. elevato. Come in altre neoplasie linfoidi a rapida crescita, i
Analogamente, il picco di incidenza della T-ALL è nell’adolescenza, macrofagi che fagocitano cellule tumorali apoptotiche pos-
età in cui il timo raggiunge le sue dimensioni massime. Le B- e T-ALL sono conferire alla neoplasia un aspetto a “cielo stellato” (si
insorgono meno frequentemente negli adulti di ogni età. veda Fig. 13.15).
A causa delle diverse risposte alla chemioterapia, la ALL deve
essere distinta dalla leucemia mieloide acuta (Acute Myeloid
Morfologia Nelle presentazioni leucemiche, il midollo è Leukemia, LMA), una neoplasia delle cellule mieloidi
ipercellulato e ricco di linfoblasti, che sostituiscono i normali ­immature che può dar luogo a una sintomatologia identica.
elementi midollari. Masse timiche nel mediastino si verifica- Rispetto ai mieloblasti, i linfoblasti hanno cromatina più
no nel 50-70% delle T-ALL, che con maggiore probabilità si condensata, nucleoli meno evidenti e quantità minori di ci-
associano a linfoadenopatia e splenomegalia. Sia nelle B- sia toplasma che generalmente manca di granulazioni. Tutta-
nelle T-ALL, le cellule tumorali hanno scarso citoplasma ba- via, queste distinzioni morfologiche non sono assolute e
sofilo e nuclei più grandi di quelle dei piccoli linfociti la ­diagnosi definitiva si basa su immunocolorazioni esegui-
(Fig. 13.6 A). La cromatina nucleare è delicata e finemente te con anticorpi specifici per gli antigeni B e T cellulari
punteggiata e i nucleoli sono assenti o poco evidenti. In molti (Fig. 13.6 B e C). Anche le colorazioni istochimiche sono utili
casi la membrana nucleare mostra profonde incisure e il dal momento che (a differenza dei mieloblasti) i linfoblasti
nucleo assume perciò un aspetto convoluto. Coerentemente sono ­mieloperossidasi-negativi e spesso contengono mate-
con il comportamento clinico aggressivo, l’indice mitotico è riale citoplasmatico positivo per l’acido periodico di Schiff.
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 591

tabella 13.5 Alcuni antigeni delle cellule immunitarie individuati mediante anticorpi monoclonali
Denominazione dell’antigene Distribuzione cellulare normale

associati principalmente alle cellule t

CD1 Timociti e cellule di Langerhans


CD3 Timociti, cellule T mature
CD4 Cellule T helper, sottogruppi di timociti
CD5 Cellule T e un piccolo sottogruppo di cellule B
CD8 Cellule T citotossiche, sottogruppi di timociti e alcune cellule NK

associati principalmente alle cellule b

CD10 Cellule pre-B cells e cellule B dei centri germinativi; chiamato anche CALLA
CD19 Cellule pre-B e cellule B mature ma non plasmacellule
CD20 Cellule pre-B post-CD19 e cellule B mature ma non plasmacellule
CD21 Recettore per EBV; cellule B mature e cellule follicolari dendritiche
CD23 Cellule B mature attivate
CD79a Cellule pre-B midollari e cellule B mature

associati principalmente a monociti o macrofagi

CD11c Granulociti, monociti e macrofagi; espresso anche dalle leucemie a cellule capellute
CD13 Monociti e granulociti immaturi e maturi
CD14 Monociti
CD15 Granulociti; cellule di Reed-Sternberg e varianti
CD33 Progenitori mieloidi e monociti
D64 Cellule mieloidi mature

associati principalmente alle cellule nk

CD16 Cellule NK e granulociti


CD56 Cellule NK e un sottogruppo di cellule T

associati principalmente alle cellule staminali e alle cellule progenitrici

CD34 Cellule staminali emopoietiche pluripotenti e cellule progenitrici di molte linee

marker di attivazione

CD30 Cellule B e T e monociti attivati; cellule di Reed-Sternberg e varianti

presenti su tutti i leucociti

CD45 Tutti i leucociti, noto anche come antigene leucocitario comune (leukocyte common antigen, LCA)

CALLA, antigene comune della leucemia linfoblastica acuta; CD, designazione di cluster; EBV, virus di Epstein-Barr; NK, natural killer.

Immunofenotipo. L’immunocolorazione per la deossinucleoti- una serie di traslocazioni cromosomiche bilanciate. Queste altera-
diltransferasi terminale (Terminal deoxynucleotidyl-Transferase, zioni sono frequentemente correlate con l’immunofenotipo e talvolta
TdT), una DNA polimerasi specializzata che viene espressa soltanto con la prognosi. Ad esempio, l’iperdiploidia e l’ipodiploidia si os-
dai linfoblasti pre-B e pre-T, è positiva in oltre il 95% dei casi servano solo nelle B-ALL. Inoltre, le B- e le T-ALL sono associate a
(Fig. 13.6 B). Le B- e le T-ALL vengono differenziate mediante imm- set completamente differenti di traslocazioni, indicando che sono
munocolorazioni con marker specifici per le cellule B e T (riassunti patogenicamente distinte. Il profiling dell’RNA utilizzando “gene
di seguito). chip” ha mostrato che alcune traslocazioni cromosomiche sono
Le B-ALL sono bloccate a diversi stadi dello sviluppo cellulare correlate con particolari pattern di espressione genica.
pre-B. I linfoblasti generalmente esprimono il marker pan B cellulare Molte delle aberrazioni cromosomiche osservate nelle ALL alterano
CD19, il fattore di trascrizione PAX5 e CD10. Nelle B-ALL molto la regolazione dell’espressione e della funzione dei fattori di trascri-
immature, CD10 è negativo. Le ALL “pre-B tardive”, più mature, zione necessari per il normale sviluppo B e T cellulare. Fino al 70%
esprimono CD10, CD19, CD20 e la catena pesante delle IgM cito- dei casi, le T-ALL hanno mutazioni con acquisizione di funzione di
plasmatica (catena m). NOTCH1, un gene essenziale per lo sviluppo delle cellule T.14 D’altra
Anche le T-ALL sono bloccate a vari stadi dello sviluppo cellulare parte, una porzione elevata di B-ALL ha mutazioni con perdita di
pre-T. Nella maggior parte dei casi, le cellule sono positive per CD1, funzione in geni necessari per lo sviluppo B cellulare, come PAX5,
CD2, CD5 e CD7. Le neoplasie più immature non esprimono a li- E2A ed EBF,15 o una traslocazione bilanciata (12;21) che coinvolge
vello della membrana cellulare CD3, CD4 e CD8, mentre le neoplasie i geni TEL e AML1, due geni la cui corretta espressione è essenziale
pre-T “tardive” sono positive per questi marker. ai precursori emopoietici molto precoci. Tutte queste mutazioni
Patogenesi molecolare. Circa il 90% delle ALL presenta modifi- sembrano disturbare la differenziazione dei precursori linfoidi e
cazioni cromosomiche numeriche o strutturali. La più frequente è promuovere un arresto della maturazione. Come vedremo, simili
l’iperploidia (50 cromosomi), ma si osservano anche ipoploidia e modalità sono importanti anche per la patogenesi delle LMA.
592 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

Tabella 13.6 Riassunto dei principali tipi di leucemie linfoidi e linfomi non Hodgkin
Diagnosi Cellula di origine Genotipo Caratteristiche cliniche salienti

neoplasie delle cellule b e t immature

Linfoma/leucemia Precursore B cellulare Diverse traslocazioni Principalmente bambini; sintomi correlati alla
linfoblastica acuta del midollo osseo cromosomiche; t(12;21) sostituzione del midollo e alla pancitopenia;
dei precursori B che coinvolge CBFa e ETV6 aggressiva
presente nel 25%
Leucemia/linfoma Precursore T cellulare Diverse traslocazioni Principalmente maschi adolescenti; masse
linfoblastico acuto (spesso di origine cromosomiche, mutazioni timiche e variabile interessamento del
a cellule T timica) di NOTCH1 (dal 50 al 70%) midollo osseo; aggressiva

neoplasie delle cellule b mature

Linfoma di Burkitt Cellula B dei centri Traslocazioni che interessano Adolescenti o giovani adulti con masse
germinativi c-MYC e i loci Ig, extranodali; raramente si presenta come
generalmente t(8;14); “leucemia”; aggressivo
sottogruppo associato a EBV
Linfoma diffuso a grandi Cellula B dei centri Diversi riarrangiamenti Tutte le età, ma più frequente negli adulti;
cellule B germinativi o post- cromosomici, più spesso spesso compare come una massa in rapida
centri germinativi di BCL6 (30%), BCL2 (10%) crescita; extranodale nel 30% dei casi;
o c-MYC (5%) aggressivo
Linfoma extranodale Cellula B memoria t(11;18), t(1;14) e t(14;18) che Insorge in sedi extranodali negli adulti con
della zona marginale creano rispettivamente i geni malattie infiammatorie croniche; può restare
di fusione MALT1-IAP2, localizzato; indolente
BCL10-IgH, e MALT1-IgH
Linfoma follicolare Cellula B dei centri t(14;18) che crea il gene di Adulti di età avanzata, con linfoadenopatia
germinativi fusione BCL2-IgH generalizzata e interessamento midollare;
indolente
Leucemia a cellule Cellula B memoria Nessuna anomalia cromosomica Maschi di età avanzata, con pan citopenia
capellute specifica e splenomegalia; indolente
Linfoma mantellare Cellula B vergine t(11;14) che crea il gene di Maschi di età avanzata, con malattia
fusione CiclinaD1-IgH disseminata; moderatamente aggressivo
Mieloma multiplo/ Plasmacellula post- Diversi riarrangiamenti che Mieloma: adulti di età avanzata, con lesioni
plasmocitoma solitario centro germinativo del coinvolgono IgH; delezioni ossee litiche, fratture patologiche,
midollo osseo di 13q ipercalcemia e insufficienza renale;
moderatamente aggressivo
Plasmocitoma: masse isolate plasmacellulari
nell’osso o nei tessuti molli; indolente
Linfoma a piccoli linfociti/ Cellula B vergine o cellula Trisomia 12, delezioni di 11q, Adulti di età avanzata, con malattia del midollo
leucemia linfocitica B memoria 13q e 17p osseo, linfonodale, splenica ed epatica;
cronica emolisi autoimmune e trombocitopenia
in una minoranza; indolente

neoplasie delle cellule t o nk mature

Linfoma/leucemia Cellula T helper Provirus HTLV-1 presente nelle Adulti, con lesioni cutanee, interessamento
a cellule T dell’adulto cellule neoplastiche midollare e ipercalcemia; frequente in
Giappone, Africa occidentale e Caraibi;
aggressivo
Linfoma a cellule T Cellula T citotossica Nessuna specifica anomalia Principalmente adulti di età avanzata;
periferiche, non o helper cromosomica generalmente si presenta con
specificato linfoadenopatia; aggressivo
Linfoma a grandi cellule Cellula T citotossica Riarrangiamenti di ALK Bambini e giovani adulti. Generalmente con
anaplastico malattia linfonodale e dei tessuti molli;
aggressivo
Linfoma extranodale Cellula NK (comune) Associato a EBV; nessuna Adulti
a cellule NK/T o cellula T citotossica specifica anomalia con masse extranodali destruenti,
(raro) cromosomica più frequentemente rinosinusali;
aggressivo
Micosi fungoide/ Cellula T helper Nessuna specifica anomalia Pazienti adulti con chiazze cutanee, placche,
sindrome di Sézary cromosomica noduli o eritema generalizzato;
indolente
Leucemia a linfociti Due tipi: cellula T Nessuna specifica anomalia Pazienti adulti con splenomegalia, neutropenia
grandi e granulari citotossica e cellula NK cromosomica e anemia, talvolta accompagnate da malattia
autoimmune

EBV, virus di Epstein-Barr; HIV, virus dell’immunodeficienza umana; Ig, immunoglobulina; NK, natural killer.
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 593

Esordio improvviso e irruente: i sintomi insorgono in pochi giorni


o poche settimane
Sintomi relativi alla depressione della normale funzione midollare:
astenia dovuta principalmente all’anemia; febbre, che riflette le
infezioni secondarie alla neutropenia; e sanguinamento dovuto
a trombocitopenia
Effetti massa causati dall’infiltrazione neoplastica (più comuni
nelle ALL): dolore alle ossa dovuto all’espansione della massa
midollare e all’infiltrazione subperiosteale; linfoadenopatia ge-
neralizzata, splenomegalia ed epatomegalia; ingrossamento te-
sticolare; e, nelle T-ALL, complicanze legate alla compressione
dei grandi vasi e delle vie aeree nel mediastino
Manifestazioni a carico del sistema nervoso centrale (più comuni
nelle ALL): cefalea, vomito e paralisi come conseguenza della
infiltrazione delle meningi.

Prognosi. La ALL pediatrica è una delle grandi conquiste dell’on-


cologia. Con una chemioterapia aggressiva circa il 95% dei bambini
affetti da ALL raggiunge una remissione completa e nel 75-85% dei
casi possono considerarsi guariti. Nonostante questi risultati, tutta-
via, le ALL restano la principale causa di morte per neoplasia mali-
gna nei bambini, e solo il 35-40% degli adulti raggiunge la guarigio-
ne. Diversi fattori sono stati consistentemente associati a una prognosi
peggiore: (1) età inferiore ai 2 anni, perlopiù a causa della forte asso-
ciazione della ALL infantile a traslocazioni che coinvolgono il gene
MLL; (2) presentazione nell’adolescenza o nell’età adulta; (3) conta
dei blasti nel sangue periferico superiore a 100.000, che probabilmente
Figura 13.6 A. Linfoma/leucemia linfoblastica acuta. Linfoblasti con riflette una grande massa tumorale; e (4) presenza di particolari
cromatina nucleare condensata, nucleoli piccoli e scarso citoplasma privo aberrazioni citogenetiche come la t(9;22) (cromosoma Filadelfia).17 La
di granuli. B e C rappresentano il fenotipo della leucemia linfoblastica acuta t(9;22) è presente solo nel 3% delle ALL pediatriche, ma arriva al
mostrato in A, analizzato mediante citometria di flusso. B. Si noti che i
linfoblasti rappresentati dai punti rossi esprimono deossinucleotiltransferasi
25% nei casi degli adulti, cosa che spiega in parte la cattiva ­prognosi
terminale (TdT) e il marker delle cellule B CD22. C. Le stesse cellule sono della ALL in questa fascia di età. Marker prognostici favorevoli in-
positive per altri due marker, CD10 e CD19, frequentemente espressi dai cludono (1) età dai 2 ai 10 anni, (2) bassa conta leucocitaria, (3) iper-
linfoblasti pre-B. Quindi, si tratta di una B-ALL. (A. Per gentile concessione ploidia, (4) trisomia dei cromosomi 4, 7 e 10 e (5) presenza della
del Dr. Robert W. McKenna; Department of Pathology, University of Texas t(12;21).17 È da notare come la diagnosi molecolare di malattia resi-
Southwestern Medical School, Dallas, TX. B e C. Per gentile concessione
del Dr. Louis Picker, Oregon Health Science Center, Portland, OR) dua dopo terapia è predittiva di un outcome peggiore sia nelle B- sia
nelle T-ALL ed è attualmente utilizzata nei nuovi trial clinici.12
Sebbene la maggior parte delle aberrazioni cromosomiche nelle
In accordo con i modelli di carcinogenesi multistep (Cap. 7), ALL alteri la funzione di fattori di trascrizione, la t(9;22) crea invece
singole mutazioni non sono sufficienti a produrre ALL. Questa con- un gene di fusione che codifica per una tirosin-chinasi BCR-ABL
clusione deriva in parte da studi su gemelli monozigoti con B-ALL.16 costitutivamente attiva (descritta più in dettaglio con la leucemia
In questi rari casi, le ALL in entrambi i gemelli condividono un’aber- mieloide cronica). Nelle B-ALL, la proteina BCR-ABL ha un peso di
razione cromosomica comune e derivano da un singolo clone tra- 190 kDa e ha una maggiore attività tirosin-chinasica rispetto alla
smesso da un gemello all’altro in utero. Nonostante la presenza della forma di BCR-ABL riscontrata nella leucemia mieloide cronica, in cui
stessa aberrazione leucemogena alla nascita, nella maggior parte dei si osserva generalmente una proteina BCR-ABL del peso di 210 kDa.
casi la ALL si presenta clinicamente nei gemelli tra i 4 e 12 anni di Il trattamento della ALL positiva per t(9;22) con inibitori della chinasi
età. Questo lungo prodromo è coerente con l’esistenza di un clone BCR-ABL induce una risposta clinica, ma i pazienti sperimentano
“preleucemico” che deve acquisire addizionali mutazioni prima che precoci ricadute a causa di nuove mutazioni di BCR-ABL che rendono
possa insorgere la ALL. L’identità di queste mutazioni complemen- le cellule tumorali resistenti al farmaco.18 La ­B-ALL BCR-ABL positiva
tari è incompleta, ma aberrazioni che aumentano la crescita e la è associata a un alto tasso di mutazioni, un fenomeno indicato come
sopravvivenza, come mutazioni attivanti nelle tirosin-chinasi, sono instabilità genomica che contribuisce alla progressione clinica e alla
di norma presenti. resistenza terapeutica di molte neoplasie maligne.
Caratteristiche cliniche. Va sottolineato che sebbene le ALL e le
LMA siano geneticamente e immunofenotipicamente distinte, si Neoplasie delle cellule B periferiche
presentano generalmente con caratteristiche cliniche molto simili.
In entrambe le patologie, infatti, l’accumulo di cellule “blastiche” Leucemia linfocitica cronica (LLC)/linfoma a piccoli
neoplastiche nel midollo osseo sopprime la normale emopoiesi per linfociti (SLL)
occupazione dello spazio midollare, per competizione per i fattori
di crescita e per altri meccanismi compresi ancora non ben definiti. La leucemia linfocitica cronica (Chronic Lymphocytic Leukemia,
Le caratteristiche comuni e quelle distintive delle ALL sono le LLC) e il linfoma a piccoli linfociti (Small Lymphocytic Lymphoma,
seguenti: SLL) differiscono solo sul grado di linfocitosi periferica. La maggior
594 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

parte dei pazienti presenta un grado di linfocitosi che soddisfa i


criteri diagnostici per LLC (conta linfocitaria assoluta 4.000 per
mm3). La LLC è la più frequente leucemia dell’età adulta nel mondo
occidentale. Ogni anno sono circa 15.000 i nuovi casi di LLC negli
Stati Uniti. L’età media alla diagnosi è di 60 anni, e vi è una predo-
minanza di 2:1 nei maschi. Viceversa, il SLL costituisce solo il 4%
dei LNH. La LLC/SLL è molto meno frequente in Giappone e in altri
Paesi asiatici rispetto all’occidente.

Morfologia L’architettura linfonodale è diffusamente sov-


vertita da un infiltrato composto prevalentemente da piccoli
linfociti di 6-12 mm di diametro con nuclei tondi o leggermen-
te irregolari, cromatina addensata e scarso citoplasma
(Fig. 13.7). Queste cellule sono frammiste a un numero va-
riabile di linfociti attivati di maggiori dimensioni che spesso Figura 13.8 Leucemia linfocitica cronica. Questo striscio di sangue
si raccolgono in aggregati che contengono cellule mitotica- periferico è pieno di piccoli linfociti con cromatina addensata e scarso cito-
mente attive, e che per questo prendono il nome di centri di plasma. Un riscontro caratteristico è la presenza di cellule tumorali disgre-
gate (ombre cellulari [smudge cell]). Una coesistente anemia emolitica
proliferazione; tali aggregati sono patognomonici per LLC/
autoimmune (Cap. 14) spiega la presenza di sferociti (eritrociti ipercromatici
SLL. Il sangue contiene un gran numero di piccoli linfociti tondeggianti). Nell’angolo inferiore sinistro del campo è presente una cellula
rotondi con scarso citoplasma (Fig. 13.8). Queste cellule sono eritroide nucleata. In questo contesto, i globuli rossi nucleati circolanti
fragili e per questo spesso si rompono durante l’allestimento potrebbero derivare da un prematuro rilascio dei precursori in presenza di
una grave anemia, di un’infiltrazione tumorale nel midollo (leucoeritrobla-
stosi) o di entrambi.

dello striscio di sangue periferico, determinando le cosiddet-


te ombre cellulari (smudge cell). Il midollo è quasi sempre
interessato da infiltrati o aggregati interstiziali di cellule neo­
plastiche. Infiltrati sono inoltre quasi sempre presenti a livello
della polpa splenica bianca e rossa e dei tratti portali epatici
(Fig. 13.9).

Immunofenotipo. Le forme di LLC/SLL hanno un immunofe-


notipo caratteristico. Le cellule tumorali esprimono i marker pan
B cellulari CD19 e CD20, ma anche CD23 e CD5, un marker che si
riscontra solo in una piccola parte delle normali cellule B. Tipico è
anche un basso livello di espressione delle immunoglobuline di
superficie (generalmente IgM o IgM e IgD).
Patogenesi molecolare. A differenza della maggior parte delle
altre neoplasie linfoidi, le traslocazioni cromosomiche sono rare nella

Figura 13.7 Linfoma a piccoli linfociti/leucemia linfocitica cronica (linfo-


nodo). A. La veduta a basso ingrandimento mostra un diffuso sovvertimento
dell’architettura nodale. B. Ad alto ingrandimento, la maggior parte delle
cellule tumorali è costituita da piccoli linfociti tondi. In questo campo è
presente anche un “prolinfocita”, una cellula più grossa con un nucleolo Figura 13.9 Linfoma a piccoli linfociti/leucemia linfocitica cronica inte-
centrale (freccia). (A. per gentile concessione del Dr. José Hernandez, ressante il fegato. Veduta a basso ingrandimento di un tipico infiltrato lin-
Department of Pathology, University of Texas Southwestern Medical ­School, focitico periportale. (Per gentile concessione del Dr. Mark Fleming,
Dallas, TX) ­Department of Pathology, Children’s Hospital, Boston, MA)
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 595

LLC/SLL. I reperti più comuni sono delezioni di 13q14.3, 11q e 17p nucleolo prominente in posizione centrale. La trasformazione a
e la trisomia 12q. La caratterizzazione molecolare della regione deleta linfoma diffuso a grandi cellule B è spesso preceduta da un rapido
del cromosoma 13 ha identificato due microRNA, miR-15a e miR- aumento della massa tumorale in un linfonodo o nella milza. Queste
16-1, come possibili geni oncosoppressori.19 Il sequenziamento del trasformazioni derivano probabilmente dall’acquisizione di muta-
DNA ha rivelato che i geni Ig di alcune forme di LLC/SLL sono so- zioni aggiuntive, ancora sconosciute, che aumentano la crescita
maticamente ipermutati, mentre altri non lo sono, suggerendo che neoplastica. Sia la trasformazione prolinfocitoide sia quella in un
le cellule di origine possano essere o cellule B memoria post-centro linfoma a grandi cellule sono eventi infausti e la maggior parte dei
germinativo o cellule B vergini. Per ragioni non chiare, le neoplasie pazienti sopravvive meno di 1 anno.23
con segmenti Ig non mutati (quelle di apparente origine dalle cellule
B vergini) seguono un decorso clinico più aggressivo.20 Linfoma follicolare
La crescita delle cellule LLC/SLL è in gran parte limitata ai centri
di proliferazione, dove le cellule tumorali probabilmente ricevono Il linfoma follicolare è la più frequente forma di LNH indolente negli
critici segnali dal microambiente. Le cellule stromali nei centri di Stati Uniti e colpisce ogni anno da 15.000 a 20.000 pazienti. In genere
proliferazione sembrano infatti esprimere una varietà di fattori che si presenta in età adulta e colpisce allo stesso modo il sesso maschile
stimolano l’attività del fattore di trascrizione NF-kB,21 il quale pro- e quello femminile. È meno frequente in Europa e raro nelle popo-
muove la crescita e la sopravvivenza cellulari. lazioni asiatiche. Il tumore probabilmente insorge dalle cellule B dei
Caratteristiche cliniche. I pazienti sono spesso asintomatici al centri germinativi ed è strettamente associato a traslocazioni cromo-
momento della diagnosi. Quando i sintomi compaiono, sono aspe- somiche che coinvolgono BCL2.
cifici e includono facile affaticabilità, perdita di peso e anoressia.
Linfoadenopatia generalizzata ed epatosplenomegalia sono presenti
nel 50-60% dei pazienti sintomatici. La conta leucocitaria è altamen- Morfologia Nella maggior parte dei casi, a basso ingrandi-
te variabile; pazienti con SLL e infiltrazione midollare possono essere mento, si osserva un coinvolgimento linfonodale con un pat-
leucopenici, mentre pazienti con LLC e alto carico tumorale possono tern di crescita prevalentemente nodulare o nodulare diffuso
avere conte leucocitaire superiori a 200.000 per mm3. All’altra estre- (Fig. 13.10 A). Sono presenti due principali tipi di cellule in
mità dello spettro delle manifestazioni cliniche vi sono pazienti
asintomatici che hanno nel loro sangue periferico cellule B mono-
clonali CD5+ in numero troppo basso per soddisfare i criteri dia-
gnostici di LLC. Queste cellule B anomale spesso hanno alcune delle
aberrazioni cromosomiche osservate nella LLC, come delezioni di
13q e trisomia 12. Tuttavia, solo l’1% di questi pazienti progredisce
ogni anno verso una forma sintomatica di LLC, presumibilmente a
causa dell’acquisizione di ulteriori lesioni genetiche al momento
ancora non definite. Un lieve “picco” monoclonale di Ig è presente
nel sangue di alcuni pazienti con LLC/SLL.
La LLC/SLL altera la normale funzione immunitaria attraverso
meccanismi ancora non chiari. L’ipogammaglobulinemia è frequente
e contribuisce ad aumentare la suscettibilità alle infezioni, in parti-
colare a quella causate da batteri. Dal 10 al 15% dei pazienti sviluppa
anemia emolitica o trombocitopenia a causa di autoanticorpi formati
da cellule B non neoplastiche.
Il decorso e la prognosi sono molto variabili e dipendono prin-
cipalmente dallo stadio clinico. La sopravvivenza media complessiva
è da 4 a 6 anni, ma pazienti con minime masse neoplastiche all’esor-
dio possono avere una sopravvivenza superiore a 10 anni. Variabili
correlate a una prognosi sfavorevole includono (1) la presenza di
delezioni di 11q e 17p, (2) la mancanza di ipermutazione somatica
e (3) l’espressione di ZAP-70, una proteina che aumenta i segnali
prodotti dal recettore per le immunoglobuline.19 I pazienti sono
trattati con forme non aggressive di chemioterapia per controllare i
sintomi. L’immunoterapia con anticorpi contro proteine presenti
sulla superficie delle cellule LLC/SLL, come CD20 e CD52, è sempre
più utilizzata.22 Il trapianto di midollo osseo viene proposto a pa-
zienti nelle fasce di età più giovani.
Un fattore che influenza la sopravvivenza del paziente è la tendenza
della LLC/SLL a trasformarsi in forme più aggressive di neoplasia
linfoide. Più spesso, questa condizione assume la forma di una evo-
luzione prolinfocitoide (15-30% dei pazienti) o di una trasforma- Figura 13.10 Linfoma follicolare (linfonodo). A. Sono presenti aggregati
zione a linfoma diffuso a grandi cellule B, la cosiddetta sindrome di nodulari di cellule linfomatose in tutto il linfonodo. B. Ad alto ingrandimento,
Richter (~5-10% dei pazienti). L’evoluzione prolinfocitoide è carat- le piccole cellule linfoidi con cromatina addensata e contorni nucleare irre-
golari o clivati (centrociti) sono frammiste a una popolazione di cellule più
terizzata da un peggioramento della citopenia, da un aumento della grandi con nucleoli (centroblasti). (A. Per gentile concessione del Dr. Robert
splenomegalia e dalla comparsa in circolo di un alto numero di W. McKenna, Department of Pathology, University of Texas Southwestern
“prolinfociti”, cellule con un grande nucleo contenente un singolo Medical School, Dallas, TX)
596 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

Figura 13.11 Linfoma follicolare (milza). I noduli prominenti rappresen- Figura 13.12 Espressione di BCL2 nei follicoli reattivi e neoplastici. La
tano follicoli di polpa bianca espansi dalle cellule del linfoma follicolare. Altri proteina BCL2 è stata individuata utilizzando una tecnica immunoistochi-
linfomi indolenti a cellule B (linfoma a piccoli linfociti, linfoma a cellule mica che produce una colorazione marrone. Nei follicoli reattivi (A), BCL2
mantellari, linfoma della zona marginale) possono produrre un pattern è presente nella cellule della zona mantellare ma non nelle cellule B dei
di interessamento identico. (Per gentile concessione del Dr. Jeffrey centri follicolari, mentre le cellule del linfoma follicolare (B) mostrano una
­Jorgenson, Department of Hematopathology, M.D. Anderson Cancer forte colorazione per BCL2. (Per gentile concessione del Dr. Jeffrey
Center, Houston, TX) ­Jorgenson, Department of Hematopathology, M.D. Anderson Cancer
Center, Houston, TX)

proporzioni variabili: (1) piccole cellule con contorno nucleare


irregolare o clivato e scarso citoplasma, definiti centrociti Caratteristiche cliniche. Il linfoma follicolare tende a presentarsi
(piccole cellule clivate); e (2) cellule più grandi con cromatina con linfoadenopatia generalizzata non dolente. L’interessamento di
nucleare dispersa, diversi nucleoli e modeste quantità di cito- sedi extranodali, come il tratto gastrointestinale, il sistema nervoso
plasma, definiti centroblasti (Fig. 13.10 B). Di solito nei linfomi centrale o il testicolo, è relativamente raro. Sebbene il linfoma folli-
follicolari, le piccole cellule clivate costituiscono la maggio- colare non sia curabile, segue generalmente un decorso indolente e
ranza delle cellule neoplastiche. Un interessamento del sangue altalenante. La sopravvivenza è di 7-9 anni nella maggioranza dei
periferico sufficiente a produrre ­linfocitosi (generalmente sotto casi e non migliora con forme aggressive di terapia; quindi, l’approc-
le 20.000 cellule per mm3) si osserva in circa il 10% dei casi. cio clinico tipico è palliativo con chemioterapia a basse dosi o im-
L’interessamento del midollo osseo avviene nell’85% dei casi munoterapia (con anticorpi anti-CD20) nei pazienti che diventano
e assume tipicamente la forma di aggregati linfoidi paratra- sintomatici.
becolari. Frequentemente sono colpite anche la polpa bianca La trasformazione istologica che avviene nel 30-50% dei linfomi
della milza (Fig. 13.11) e le triadi portali epatiche. follicolari è di solito in linfoma diffuso a grandi cellule B. Meno
frequentemente, insorgono neoplasie simili al linfoma di Burkitt,
associate a traslocazioni cromosomiche che coinvolgono c-MYC.
Immunofenotipo. Le cellule neoplastiche somigliano molto alle Come le normali cellule B dei centri germinativi, i linfomi follicolari
normali cellule B dei centri germinativi che esprimono CD19, CD20, vanno incontro a ipermutazioni somatiche che possono promuovere
CD10, Ig di superficie e BCL6. A differenza della LLC/SLL e del la trasformazione inducendo mutazioni puntiformi o aberrazioni
linfoma a cellule mantellari, CD5 non è espresso. BCL2 è espresso cromosomiche. La sopravvivenza media dei pazienti dopo la tra-
in più del 90% dei casi, a differenza delle normali cellule B dei centri sformazione è inferiore a 1 anno.
follicolari, che sono BCL2 negative (Fig. 13.12).
Patogenesi molecolare. La caratteristica distintiva del linfoma Linfoma diffuso a grandi cellule B
follicolare è una traslocazione (14;18) che giustappone il locus IgH sul
cromosoma 14 e il locus BCL2 sul cromosoma 18. La t(14;18) si Il linfoma diffuso a grandi cellule B (Diffuse Large B-Cell Lymphoma,
­riscontra fino nel 90% dei linfomi follicolari e causa un’iperespres- DLBCL) è la più frequente forma di LNH. Ogni anno negli Stati Uniti
sione di BCL2 (si veda Fig. 13.12). BCL2 antagonizza l’apoptosi vi sono circa 25.000 nuovi casi, con una leggera predominanza nel
(Cap. 7) e promuove la sopravvivenza delle cellule del linfoma fol- sesso maschile. L’età media dei pazienti è intorno ai 60 anni, ma il
licolare. È da notare che, mentre i normali centri germinativi con- DLBCL colpisce anche giovani adulti e bambini.
tengono numerose cellule B che vanno incontro ad apoptosi, il
linfoma follicolare è tipicamente privo di cellule apoptotiche.
Soprattutto nelle prime fasi della malattia, le cellule del linfoma Morfologia Caratteristiche comuni sono le dimensioni cel-
follicolare crescono all’interno del linfonodo in un reticolo di cellule lulari relativamente grandi (generalmente quattro o cinque
dendritiche follicolari reattive frammiste a macrofagi e cellule T. volte il diametro di un piccolo linfocita) e un quadro di ac-
Studi del profilo di espressione genica hanno dimostrato che diffe- crescimento diffuso (Fig. 13.13). Si osserva tuttavia una no-
renze nei geni espressi da queste cellule reattive possono predire la tevole variabilità morfologica. In genere, le cellule tumorali
prognosi, implicando che la risposta delle cellule del linfoma folli- hanno un nucleo rotondo od ovale che appare vescicolato a
colare alla terapia è in qualche modo influenzata dal microambiente causa della marginalizzazione della cromatina a ridosso della
circostante.24,25
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 597

compreso c-MYC,10 suggerendo che l’ipermutazione somatica nelle


cellule del DLBCL sia “mistargeted”, sia cioè indirizzata verso ber-
sagli sbagliati i quali comprendono una grande varietà di loci
genici.
Un altro 10-20% dei DLBCL è associato alla t(14;18), che (come
discusso nel paragrafo “Linfoma follicolare”) causa l’iperespressione
della proteina antiapoptotica BCL2. Tumori con riarrangiamenti di
BCL2 non presentano quasi mai riarrangiamento di BCL6, sugge-
rendo che i due tipi di riarrangiamento corrispondono a due classi
molecolari distinte di DLBCL. Alcune neoplasie con riarrangiamen-
to di BCL2 possono avere la loro origine in linfomi follicolari non
diagnosticati, che (come già detto) si trasformano frequentemente
in DLBCL.
Sottotipi speciali associati a herpesvirus oncogeni. Questi
sottotipi di linfoma a grandi cellule B sono di interesse patogenetico
Figura 13.13 Linfoma diffuso a grandi cellule B. Le cellule tumorali tale da meritare una breve trattazione.
hanno grossi nuclei, cromatina dispersa e nucleoli prominenti. (Per gentile
concessione del Dr. Robert W. McKenna, Department of Pathology,
­University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) Linfoma a grandi cellule B associato a immunodeficienza. Insorge
nel quadro di un’immunodeficienza T cellulare (ad es. infezione
da HIV in stadio avanzato e trapianto allogenico di midollo
osseo). Le cellule B neoplastiche sono generalmente infettate
membrana nucleare, ma talora sono ben evidenti grandi dall’EBV, che svolge un ruolo patogeno critico. Il ripristino
nuclei multilobati o clivati. I nucleoli possono essere in nu- dell’immunità T cellulare può portare alla regressione di queste
mero di due o tre, adiacenti alla membrana nucleare, o sin- neoplasie.
goli e disposti centralmente. Il citoplasma è di solito Linfoma a effusione primaria (Primary Effusuion Lymphoma). Si
­moderatamente abbondante e può essere chiaro o basofilo. presenta come un versamento neoplastico pleurico o ascitico,
Tumori più anaplastici possono contenere cellule multinu- perlopiù in pazienti con infezione avanzata da HIV o negli an-
cleate con ampi nucleoli che assumono l’aspetto di inclusi ziani. Le cellule tumorali sono spesso di aspetto anaplastico e
nucleari, le quali ricordano le cellule di Reed-Sternberg (le generalmente non esprimono marcatori B o T cellulari di super-
cellule maligne del linfoma di Hodgkin). ficie, ma hanno riarrangiamenti clonali del gene IgH. In tutti i
casi le cellule tumorali sono infettate da KSHV/HHV-8, che sembra
avere perciò un ruolo eziologico nello sviluppo della neoplasia.
Immunofenotipo. Questi tumori a cellule B mature esprimono
CD19 e CD20 e mostrano un’espressione variabile dei marcatori Caratteristiche cliniche. Il DLBCL si presenta tipicamente come
delle cellule B dei centri germinativi come CD10 e BCL6. La maggior una massa neoplastica a rapido accrescimento in una sede linfonodale
parte hanno Ig di superficie. o extranodale e può insorgere praticamente in ogni sede. L’anello di
Patogenesi molecolare. Studi citogenetici, immunoistochimici Waldeyer, il tessuto linfoide orofaringeo che include tonsille e ade-
e dei profili di espressione genica indicano che il DLBCL è una noidi, è frequentemente coinvolto. Un interessamento primario o
malattia eterogenea.26,27 Un frequente evento patogenetico è costi- secondario del fegato e della milza può assumere la forma di grandi
tuito dall’alterata regolazione di BCL6, un repressore trascrizionale tumefazioni a crescita destruente (Fig. 13.14). Sedi extranodali in-
a dito di zinco (zinc-finger) che si lega al DNA e che è necessario per cludono il tratto gastrointestinale, la cute, le ossa, l’encefalo e altri
la formazione dei normali centri germinativi. Circa il 30% dei DL- tessuti. L’interessamento del midollo osseo è relativamente raro e si
BCL contiene varie traslocazioni che hanno in comune un punto di
rottura in BCL6 sul cromosoma 3q27. Mutazioni acquisite nelle
sequenze del promotore di BCL6 che eliminano l’autoregolazione
di BCL6 (un importante meccanismo di regolazione negativa) sono
ancora più frequenti. Viene ipotizzato che entrambi i tipi di lesione
molecolare siano effetti non desiderati dell’ipermutazione somatica
che causano un’aumentata espressione di BCL6, la quale ha, a sua
volta, diverse conseguenze importanti. BCL6 reprime l’espressione
di fattori che promuovono la differenziazione e l’arresto della crescita
delle cellule B dei centri germinativi e quindi mantiene le cellule in
uno stato proliferativo, relativamente indifferenziato.28,29 BCL6 può
inoltre abrogare l’espressione di p53, il “guardiano del genoma” (Cap.
7).30 Questa attività “anti-p53” serve verosimilmente a prevenire
l’attivazione dei meccanismi di riparazione del DNA nelle cellule B
dei centri germinativi che vanno fisiologicamente incontro a iper-
mutazione somatica e a eventi di ricombinazione genica per lo switch Figura 13.14 Linfoma diffuso a grandi cellule B interessante la milza.
La grande massa isolata è tipica. Al contrario, i linfomi a cellule B indolenti
di classe. Si ritiene dunque che ciascuna di queste attività di BCL6 generalmente provocano un’espansione multifocale della polpa bianca (si
possa contribuire all’ insorgenza del DLBCL. Mutazioni simili a veda Fig. 13.11). (Per gentile concessione del Dr. Mark Fleming, Department
quelle riscontrate su BCL6 si osservano in molti altri oncogeni, of Pathology, Children’s Hospital, Boston, MA)
598 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

verifica generalmente nelle fasi tardive del decorso. Raramente può Immunofenotipo. Si tratta di neoplasie delle cellule B mature
verificarsi un quadro leucemico. che esprimono IgM di superficie, CD19, CD20, CD10 e BCL6, un
Il DLBCL è una neoplasia aggressiva, rapidamente fatale se non fenotipo in linea con un’origine dalle cellule B dei centri germina-
trattata adeguatamente. Con l’uso di combinazioni chemioterapiche tivi. A differenza di altri tumori con origine dai centri germinativi,
intensive, dal 60 all’80% dei pazienti ottiene una remissione com- il linfoma di Burkitt non esprime quasi mai la proteina antiapop-
pleta, e il 40-50% può considerarsi guarito. L’immunoterapia con totica BCL2.
anticorpi anti-CD20 sembra migliorare sia la risposta iniziale sia Patogenesi molecolare. Tutte le forme di linfoma di Burkitt sono
l’esito complessivo, in particolare negli anziani. I pazienti con ma- associate a traslocazione del gene c-MYC sul cromosoma 8. Il partner
lattia localizzata hanno un decorso migliore rispetto a quelli con della traslocazione è generalmente il locus IgH [t(8;14)] ma possono
malattia diffusa o con vaste masse tumorali. L’analisi dei profili anche essere coinvolti i loci delle catene leggere Ig k [t(2;8)] o l
di espressione genica ha identificato sottotipi molecolari distinti di [t(8;22)]. I punti di rottura nel locus IgH nel linfoma di Burkitt
DLBCL con outcome diversi e sta incoraggiando l’introduzione sporadico si riscontrano generalmente nelle regioni per lo switch di
di nuovi approcci terapeutici mirati, diretti a componenti della via classe, mentre i punti di rottura nel linfoma di Burkitt endemico
di signaling di NF-kB e del recettore B cellulare.26,27 tendono a ritrovarsi all’interno delle sequenze 5’ V(D)J. La base
di questa sottile distinzione molecolare non è nota, ma entrambi i
tipi di traslocazione possono essere indotti nelle cellule B dei centri
Linfoma di Burkitt
germinativi da AID,8,9 che, come discusso in precedenza, è un en-
In questa categoria rientrano (1) il linfoma di Burkitt africano (en- zima specializzato capace di modificare il DNA, necessario sia per
demico), (2) il linfoma di Burkitt sporadico (non endemico) e lo switch di classe delle Ig che per l’ipermutazione somatica. L’effetto
(3) un gruppo di linfomi aggressivi che colpiscono i soggetti HIV complessivo di queste traslocazioni è simile; la sequenza codificante
positivi. Queste diverse forme di linfoma di Burkitt sono istologica- c-MYC viene riposizionata vicino al forte promotore delle Ig e a
mente identiche, ma presentano alcune differenze dal punto di vista elementi enhancer che portano a un’aumentata espressione di
clinico, genotipico e virologico. c-MYC. Inoltre, l’allele traslocato di c-MYC spesso ospita mutazioni
puntiformi che ne aumentano ulteriormente l’attività.31 I linfomi
di Burkitt in genere presentano anche mutazioni che inattivano p53,
Morfologia I tessuti coinvolti sono sovvertiti da un diffuso un evento che aumenta la frequenza delle traslocazioni di c­ -MYC nel-
infiltrato di cellule linfoidi di grandezza intermedia, dai 10 ai le cellule B dei centri germinativi.9 Quindi, è possibile che preesi-
25 mm di diametro, con nuclei tondi od ovali, cromatina gros- stenti difetti di p53 siano alla base della traslocazione di c-MYC.
solana, diversi nucleoli e una moderata quantità di citopla- Fondamentalmente tutti i tumori endemici sono correlati con un’in-
sma (Fig. 13.15). Il tumore mostra un alto indice mitotico e fezione latente da EBV, che è presente anche in circa il 25% delle
contiene numerose cellule apoptotiche, i cui residui nucleari neoplasie associate a HIV e nel 15-20% dei casi sporadici. La confi-
sono fagocitati da macrofagi benigni sparsi frammisti alle gurazione del DNA di EBV in un dato tumore è identica in tutte le
cellule neoplastiche. Questi macrofagi hanno un abbondante cellule neoplastiche, indicando che l’infezione precede la trasforma-
citoplasma chiaro, che crea nel tessuto neoplastico un carat- zione. Per quanto questo ponga EBV sulla “scena del crimine”, il suo
teristico aspetto “a cielo stellato”. Quando il midollo osseo preciso ruolo nella genesi del linfoma di Burkitt non è ancora chia-
è coinvolto, gli aspirati midollari mostrano cellule tumorali ramente definito.
con cromatina nucleare lievemente addensata, da due a Circa il 5% dei DLBCL ha traslocazioni di c-MYC e in tali casi
cinque nucleoli distinti e citoplasma azzurro intenso conte- può essere difficile distinguere il DLBCL dal linfoma di Burkitt
nente vacuoli citoplasmatici chiari. usando convenzionali test di diagnostica molecolare. Tale distinzio-
ne può essere importante, dal momento che il DLBCL e il linfoma

Figura 13.15 Linfoma di Burkitt. A. A basso ingrandimento, sono evidenti numerosi macrofagi pallidi dai corpi tingibili, che danno un aspetto “a cielo
stellato”. B. Ad alto ingrandimento, le cellule tumorali hanno piccoli nucleoli multipli e un alto indice mitotico. La mancanza di una significativa alterazione
della forma e delle dimensioni del nucleo produce un aspetto monotono. (B. Per gentile concessione del Dr. José Hernandez, Department of ­Pathology,
University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 599

di Burkitt sono spesso trattati con regimi chemioterapici differenti. linfoma della zona marginale dell’intestino tenue che si verifica
L’analisi del profilo di espressione genica può essere utile per diffe- nelle popolazioni malnutrite (il cosiddetto linfoma mediterra-
renziare questi due tipi di tumore nei casi difficili.32 neo). La caratteristica comune è la sintesi e la secrezione di fram-
Caratteristiche cliniche. Sia il linfoma di Burkitt endemico sia menti liberi di catene pesanti.
quello sporadico insorgono principalmente nei bambini e nei giovani Amiloidosi primaria o immuno-associata. È la conseguenza di una
adulti e, nel complesso, costituiscono circa il 30% dei LNH pediatrici proliferazione monoclonale di plasmacellule che secernono ca-
negli Stati Uniti. La maggior parte delle neoplasie si manifesta in sedi tene leggere (generalmente di isotipo l) le quali si depositano
extranodali. Il linfoma di Burkitt endemico si presenta spesso come come amiloide. Mentre alcuni pazienti hanno un mieloma mul-
una massa che interessa la mandibola e mostra un’insolita predile- tiplo conclamato, altri hanno solo una piccola popolazione clo-
zione per i visceri addominali, in particolare reni, ovaie e ghiandole nale di plasmacellule nel midollo.
surrenali. Al contrario, il linfoma di Burkitt sporadico si presenta Gammopatia monoclonale di incerto significato (Monoclonal
più spesso come una massa addominale che interessa l’ileo, il cieco ­Gammopathy of Undetermined Significance, MGUS). Il termine
e il peritoneo. L’interessamento del midollo osseo e del sangue pe- si usa per pazienti asintomatici che hanno una componente
riferico è raro, soprattutto nei casi endemici. Il linfoma di Burkitt è M piccola o solo moderatamente cospicua nel loro sangue. La
molto aggressivo ma risponde bene a forme intensive di chemiote- MGUS è molto frequente negli anziani e ha un basso ma costante
rapia. La maggior parte dei bambini e i giovani adulti possono gua- tasso di trasformazione a gammopatia monoclonale sintomatica,
rire, mentre la prognosi è peggiore negli adulti di età più avanzata. in genere un mieloma multiplo.

Dopo aver tracciato questo quadro generale, possiamo descrivere


Neoplasie plasmacellulari e patologie correlate
con maggior dettaglio alcune specifiche entità clinicopatologiche.
Queste proliferazioni B cellulari contengono plasmacellule neoplastiche L’amiloidosi primaria è stata discussa insieme ad altre patologie del
che quasi sempre secernono una Ig o un frammento di Ig monoclonale. sistema immunitario nel Capitolo 6.
Nel loro complesso, le neoplasie plasmacellulari (spesso indicate con Mieloma multiplo. Il mieloma multiplo è una neoplasia plasma-
il nome di discrasie) sono responsabili del 15% dei decessi dovuti a cellulare caratterizzata da interessamento multifocale dello scheletro.
neoplasie linfoidi. La più frequente e letale di queste neoplasie è il Sebbene la patologia ossea sia dominante, la neoplasia può diffondersi
mieloma multiplo, di cui si registrano circa 15.000 nuovi casi ogni nelle sue fasi avanzate ai linfonodi e a sedi extranodali come la cute.
anno negli Stati Uniti. Il mieloma multiplo causa l’1% dei decessi per neoplasia maligna nei
L’immunoglobulina monoclonale identificata nel sangue prende Paesi occidentali. La sua incidenza è più elevata negli uomini e nelle
il nome di componente M, in riferimento al mieloma. Dal momento persone di discendenza africana. È principalmente una malattia
che le componenti M hanno un peso molecolare pari o superiore a dell’anziano, con un picco di incidenza dai 65 ai 70 anni di età.
160.000, sono confinate nel plasma e nei liquidi extracellulari ed Patogenesi molecolare. I geni Ig nelle cellule del mieloma mostra-
escluse dall’urina in assenza di danno glomerulare. Tuttavia, a diffe- no sempre evidenza di ipermutazione somatica. Partendo da tale
renza delle normali plasmacellule, in cui la produzione e l’accoppia- ­presupposto, la cellula di origine del mieloma viene considerata
mento di catene pesanti e leggere sono altamente bilanciati, le pla- una cellula B post-centro germinativo che si localizza nel midollo
smacellule neoplastiche spesso sintetizzano catene leggere o pesanti in osseo e che si è differenziata in una plasmacellula. È interessan-
eccesso insieme a Ig complete. Talvolta vengono prodotte solo catene te ­come alcuni studi suggeriscano che la neoplasia origini e sia
leggere o pesanti. Le catene leggere libere sono abbastanza piccole ­mantenuta da cellule simil-staminali, simili a piccoli linfociti B,
da poter essere escrete nell’urina, dove prendono il nome di proteine le quali userebbero segnali generati dalla via “hedgehog” per
di Bence Jones. Le catene leggere libere possono essere rilevate e l’autorinnovamento.33,34
misurate nell’urina o nel sangue, in questo secondo caso mediante La proliferazione e la sopravvivenza delle cellule del mieloma di-
nuovi test altamente sensibili che sono in corso di valutazione. pendono da diverse citochine, la più importante delle quali è IL-6. IL-6
Varie denominazioni vengono utilizzate per descrivere queste è un importante fattore di crescita per le plasmacellule che viene
anomale immunoglobuline tra cui gammopatia monoclonale, di- prodotto dalle stesse cellule neoplastiche e dalle cellule stromali
sproteinemia e paraproteinemia. Le seguenti entità clinicopatologi- residenti del midollo. Alti livelli sierici di IL-6 si osservano in pa-
che sono associate alle gammopatie monoclonali. zienti con malattia in fase attiva e sono associati a una prognosi
sfavorevole. La crescita e la sopravvivenza delle cellule del mieloma
Mieloma multiplo (mieloma plasmacellulare). La più importante vengono supportate anche da dirette interazioni fisiche con le cellule
gammopatia monoclonale, si presenta generalmente sotto forma stromali del midollo osseo e tale osservazione viene sfruttata per
di masse tumorali sparse nel sistema scheletrico. Il mieloma so- valutare nuovi approcci terapeutici.35
litario (plasmocitoma) è una rara variante che si presenta come Fattori prodotti dalle plasmacellule neoplastiche causano la distru-
una massa singola nell’osso o nei tessuti molli. Il termine “mie- zione ossea, la principale caratteristica patologica del mieloma multiplo.
loma smoldering” (asintomatico) fa riferimento a un’altra rara Particolarmente importante è il MIP1a mieloma-derivato che regola
variante definita dall’assenza di sintomi e da un’elevata compo- positivamente l’espressione dell’attivatore recettoriale del ligando di
nente M del plasma. NF-kB (Receptor Activator of NF-kB Ligand, RANKL) da parte delle
Macroglobulinemia di Waldenström. È una sindrome in cui elevati cellule stromali del midollo osseo, che a sua volta attiva gli osteocla-
livelli di IgM causano sintomi da iperviscosità ematica. Insorge sti.36 Altri fattori rilasciati dalle cellule tumorali, come i modulatori
più frequentemente in pazienti adulti, spesso con linfoma della via di signaling Wnt, sono potenti inibitori della funzione oste-
linfoplasmacitico. oblastica. L’effetto complessivo è un marcato aumento del riassorbi-
Malattia delle catene pesanti. È una rara gammopatia monoclo- mento osseo, che causa ipercalcemia e fratture patologiche.37
nale che si osserva in associazione a un gruppo eterogeneo di Molti mielomi hanno riarrangiamenti che coinvolgono il gene per
patologie che includono il linfoma linfoplasmacitico e un raro la catena pesante delle Ig sul cromosoma 14q32.38,39 Partner comuni
600 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

di traslocazione includono il recettore per il fattore di crescita fibro-


blastico 3 (Fibroblastic Growth Factor Receptor 3, FGFR3) sul cro- smacellule, che generalmente costituiscono più del 30% della
mosoma 4p16, un gene codificante per un recettore tirosin-chinasico cellularità midollare. Le plasmacellule possono infiltrare
implicato nel controllo della proliferazione cellulare; i geni regolatori l’interstizio o formare un “manto” che sostituisce completa-
del ciclo cellulare ciclina D1 sul cromosoma 11q13 e ciclina D3 sul mente gli elementi normali. Come le loro controparti ­benigne,
cromosoma 6p21; il gene per il fattore di trascrizione c-MAF sul le plasmacellule maligne hanno una zona chiara perinucleare
cromosoma 16q23; il gene che codifica per il fattore di trascrizione dovuta al prominente apparato del Golgi e un nucleo posto
MUM1/IRF4 sul cromosoma 6p25. Come si può dedurre dal coin- eccentricamente (Fig. 13.17). Nel tessuto neoplastico posso-
volgimento di due geni per la ciclina D, l’alterata regolazione di tali no prevalere plasmacellule di aspetto relativamente normale,
molecole sembra essere una caratteristica del mieloma.38 Un’altra plasmablasti con cromatina nucleare vescicolare e un singolo
frequente anomalia cariotipica è la delezione di 13q. In accordo con nucleolo prominente, o cellule bizzarre multinucleate. Altre
la diversità delle aberrazioni cromosomiche, gli studi sui profili di varianti citologiche derivano dalla disregolazione della sintesi
espressione genica suggeriscono che il mieloma è piuttosto eteroge- e della secrezione di immunoglobuline, che spesso porta
neo dal punto di vista molecolare.40 all’accumulo intracellulare di proteina intatta o parzialmente
degradata. Tali varianti includono le cellule a fiamma con
citoplasma rosso vivo, le cellule di Mott con piccoli inclusi
Morfologia Il mieloma multiplo si presenta di regola con citoplasmatici a grappolo e cellule contenenti una gamma
masse neoplastiche destruenti composte da plasmacellule di altre inclusioni che comprende fibrille, bastoncelli cristal-
(plasmocitomi) che coinvolgono lo scheletro assiale. Le ossa lini e globuli. Le inclusioni globulari sono indicate come corpi
più frequentemente interessate (in ordine decrescente di di Russell (citoplasmatici) o corpi di Dutcher (nucleari). Nelle
frequenza) sono la colonna vertebrale, le coste, il cranio, la fasi avanzate della malattia, possono essere presenti infiltrati
pelvi, il femore, la clavicola e la scapola. Le lesioni hanno plasmacellulari nella milza, nel fegato, nei reni, nei polmoni,
inizio nella cavità midollare, erodono l’osso spongioso e nei linfonodi e in altri tessuti extraossei.
distruggono progressivamente l’osso corticale, spesso cau- Frequentemente, l’elevato livello sierico di proteine M deter-
sando fratture patologiche; queste ultime sono più comuni mina l’adesione reciproca degli eritrociti che si impilano in
nella colonna vertebrale, ma possono verificarsi in qualsiasi formazioni lineari negli strisci di sangue periferico, un reperto
sede. Le lesioni ossee appaiono radiograficamente come noto come formazione di rouleaux. La formazione di rouleaux
difetti a margini netti, generalmente di diametro da 1 a 4 cm è caratteristica ma non è specifica del mieloma, dal momento
(Fig. 13.16), e macroscopicamente hanno l’aspetto di masse che può essere osservata in altre condizioni con elevati livelli
neoplastiche molli, gelatinose e rosse. Meno frequentemen- di Ig, come il lupus eritematoso e l’infezione da HIV in fase
te, il mieloma può associarsi a fenomeni di diffusa demine- precoce. In rari casi, le cellule tumorali invadono il sangue
ralizzazione (osteopenia) piuttosto che a difetti focali. periferico, dando luogo a una leucemia plasmacellulare.
Anche in sedi distanti dalle masse neoplastiche clinicamente Le proteine di Bence Jones vengono escrete nel rene ove
evidenti, il midollo contiene un aumentato numero di pla- inducono lo sviluppo di una caratteristica forma di patologia
renale detta rene da mieloma. Questa importante complican-
za è esposta in dettaglio nel Capitolo 20.

Caratteristiche cliniche. Le caratteristiche cliniche del mieloma


multiplo derivano (1) dagli effetti della crescita delle plasmacellule
nei tessuti, in particolare nelle ossa; (2) dall’eccessiva produzione di

Figura 13.17 Mieloma multiplo (aspirato midollare). Le normali cellule


midollari sono ampiamente sostituite da plasmacellule, comprese forme
Figura 13.16 Mieloma multiplo del cranio (radiografia, veduta laterale). multinucleate, con nucleoli prominenti e inclusi citoplasmatici contenenti
Le lesioni ossee a contorni netti sono più evidenti nella volta cranica. immunoglobuline.
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 601

Ig, che spesso hanno anomale proprietà fisicochimiche; e (3) dalla


soppressione della normale immunità umorale.
Il riassorbimento osseo spesso conduce a fratture patologiche e
dolore cronico. La concomitante ipercalcemia può dare origine a
manifestazioni neurologiche, quali confusione, debolezza, letargia,
costipazione e poliuria, e contribuire alla disfunzione renale. La
diminuita produzione di immunoglobuline normali porta a infezioni
batteriche ricorrenti. L’immunità cellulare di solito non è interessata.
Di grande importanza è l’insufficienza renale, che è seconda solo alle
infezioni come causa di morte. La patogenesi dell’insufficienza renale
(discussa nel Cap. 20), che si verifica fino a colpire il 50% dei pa-
zienti, è multifattoriale. Tuttavia, il fattore più importante sembra
essere la proteinuria di Bence Jones, dal momento che le catene leg-
gere escrete sono tossiche per le cellule epiteliali tubulari del rene.
Alcune catene leggere (in particolare quelle delle famiglie l6 e l3)
tendono a causare amiloidosi di tipo AL (Cap. 6), che può aggravare
la disfunzione renale e depositarsi anche in altri tessuti.
Nel 99% dei pazienti con mieloma multiplo, le analisi di labora-
torio mostrano aumentati livelli di Ig nel sangue e/o di catene leggere
(proteine di Bence Jones) nelle urine. Le Ig monoclonali sono gene-
ralmente evidenziate dapprima come “picchi” proteici anomali
all’elettroforesi sierica o urinaria e successivamente caratterizzate
con l’immunofissazione (Fig. 13.18). La maggior parte dei mielomi
Figura 13.18 Identificazione della proteina M nel mieloma multiplo. Si
è associata a livelli di Ig sieriche superiori a 3 g/dl e/o a livelli di utilizza l’elettroforesi delle proteine sieriche (serum, protein electrophoresis,
proteina di Bence Jones urinaria maggiori di 6 g/dl. La più frequente SP) per lo screening di un’immunoglobulina monoclonale (proteina M). La
Ig monoclonale (“proteina M”) è una IgG (~55% dei pazienti), se- IgG policlonale nel siero normale (indicata dalla freccia) appare come una
guita IgA (~25% dei casi). I mielomi che esprimono IgM, IgD o IgE banda diffusa; al contrario, il siero di un paziente con mieloma multiplo
sono rari. L’eccessiva produzione e aggregazione di proteine M, contiene una singola banda proteica a margini netti (indicata dalla punta
della freccia ) in questa regione dell’elettroferogramma. L’Ig monoclonale
generalmente dei sottotipi IgA e/o IgG3, porta a sintomi da ipervi- sospetta viene confermata e caratterizzata per immunofissazione. In questa
scosità ematica (descritti con il linfoma linfoplasmacitico) in circa procedura, le proteine separate per elettroforesi sul gel vengono fatte
il 7% dei pazienti. Nel 60-70% di tutti i pazienti affetti da mieloma ­reagire con antisieri specifici. Dopo un lavaggio estensivo, le proteine cross-
si riscontrano sia la proteina M sierica sia la proteinuria di Bence legate dagli antisieri vengono trattenute e identificate mediante una colo-
razione per proteine. Si noti che la banda a margini netti nel siero del
Jones. Tuttavia, in circa 20% dei pazienti, la proteinuria di Bence ­paziente è cross-legata da antisieri specifici per la catena pesante delle IgG
Jones è presente come reperto isolato. Circa l’1% dei mielomi non è (G) e la catena leggera kappa (k), indicando la presenza di una proteina M
secernente. Quindi, l’assenza di proteine M nel siero e/o nelle urine IgGk. I livelli di IgG policlonali, IgA (A) e catene leggere lambda (l) sono
non permette di escludere una diagnosi di mieloma. inoltre diminuiti nel siero del paziente rispetto al normale, un riscontro tipico
La diagnosi clinico patologica di mieloma multiplo si basa su del mieloma multiplo. (Per gentile concessione del Dr. David Sacks,
­Department of Pathology, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA)
riscontri radiografici e di laboratorio. Può essere fortemente sospet-
tata quando sono presenti le caratteristiche modificazioni radiogra-
fiche, ma la diagnosi definiva richiede sempre l’analisi microscopica composti a essa correlati agiscono contro le cellule neoplastiche del
del midollo osseo. L’interessamento midollare dà spesso origine mieloma, apparentemente modificando l’interazione tra cellule mie-
a un’anemia normocitica normocromica, talvolta accompagnata da lomatose e cellule stromali del midollo osseo, e inibendo l’angioge-
moderata leucopenia e trombocitopenia. nesi.35 I bifosfonati, farmaci che inibiscono il riassorbimento osseo,
La prognosi è variabile ma generalmente infausta. La sopravvi- riducono le fratture patologiche e limitano l’ipercalcemia. Il trapianto
venza media va da 4 a 6 anni e non sono ancora state registrate di midollo osseo prolunga la sopravvivenza dei pazienti con mieloma
guarigioni complete. I pazienti con lesioni ossee multiple, se non ma non ne è stata ancora dimostrata l’efficacia curativa.
trattati, sopravvivono raramente per più di 6-12 mesi, mentre i pa- Mieloma solitario (plasmocitoma). Dal 3 al 5% delle neoplasie
zienti con “mieloma smoldering” possono restare asintomatici per plasmacellulari si manifesta con una lesione solitaria che può inte-
vari anni. Le traslocazioni che coinvolgono la ciclina D1 sono asso- resare l’osso o i tessuti molli. Le lesioni ossee tendono a presentarsi
ciate a un esito favorevole, mentre le delezioni di 13q e 17p e la nelle stesse sedi del mieloma multiplo. Le lesioni extraossee sono
t(4;14) a un decorso più aggressivo.41 spesso localizzate a livello dei polmoni, dell’orofaringe o dei seni
Gli agenti citotossici inducono remissione nel 50-70% dei pazienti paranasali. Modesti aumenti delle proteine M nel sangue o nelle
e nuovi approcci terapeutici offrono maggiori spiragli di speranza. urine possono essere riscontrati in alcuni pazienti. Il plasmocitoma
Le cellule del mieloma sono sensibili a inibitori del proteasoma,42 un osseo solitario progredisce quasi sempre inesorabilmmente a mie-
organulo cellulare che degrada proteine indesiderate e con struttura loma multiplo, ma questo processo può richiedere da 10 a 20 anni
“mal ripiegata” (misfolded). Come esposto nel Capitolo 1, le proteine o più. Di contro, i plasmocitomi extraossei, in particolare quelli che
misfolded attivano l’apoptosi. Siccome le cellule del mieloma sono interessano il tratto respiratorio superiore, sono frequentemente
inclini all’accumulo di catene Ig spaiate e misfolded, gli inibitori del curati con resezione locale.
proteasoma possono favorire l’apoptosi delle cellule neoplastiche. Mieloma “smoldering”. Questa entità definisce una condizione
Gli inibitori del proteasoma sembrano anche ritardare il riassorbi- a metà strada tra il mieloma multiplo e la gammopatia monoclonale
mento osseo agendo sulle cellule stromali.43 Anche la talidomide e di incerto significato (MGUS). Le plasmacellule costituiscono dal 10
602 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

al 30% della cellularità midollare e il livello di proteina M sierica è


maggiore di 3 g/dl, ma i pazienti sono asintomatici. Circa il 75% dei con cromatina nucleare vescicolare e nucleoli prominenti.
soggetti progredisce a mieloma multiplo in un periodo di 15 anni.44 Inclusioni positive all’acido periodico di Schiff contenenti
Gammopatia monoclonale di incerto significato (MGUS). La immunoglobuline si osservano di frequente nel citoplasma
MGUS è la più frequente discrasia plasmacellulare,45 riscontrata in (corpi di Russell) o nel nucleo (corpi di Dutcher) di alcune
circa il 3% delle persone al di sopra dei 50 anni di età e in circa il 5% plasmacellule. Al momento della diagnosi il tumore è gene-
delle persone al di sopra dei 70 anni. Per definizione, i pazienti sono ralmente disseminato a linfonodi, milza e fegato. Con il pro-
asintomatici e il livello sierico di proteina M è inferiore ai 3 g/dl. gredire della malattia possono verificarsi infiltrazioni delle
Ogni anno, l’1% circa dei pazienti affetti da MGUS sviluppa una radici nervose, delle meningi e, più raramente, dell’encefalo.
neoplasia plasmacellulare sintomatica, generalmente un mieloma
multiplo,46 un tasso di conversione che resta grossomodo costante
nel tempo. Dal punto di vista patogenetico è importante sottoline- Immunofenotipo e patogenesi molecolare. La componente
are che le plasmacellule clonali nella MGUS spesso contengono le linfoide esprime marker B cellulari quali CD20 e Ig di superficie,
stesse traslocazioni cromosomiche e delezioni che si riscontrano nel mentre la componente plasmacellulare secerne le stesse Ig espresse
mieloma multiplo conclamato,47 supportando l’ipotesi che la MGUS sulla superficie delle cellule linfoidi (più spesso IgM, ma anche IgG
sia uno stadio iniziale dello sviluppo del mieloma. Come nei pazienti o IgA). Queste neoplasie generalmente mancano di traslocazioni
con mieloma smoldering, la progressione a mieloma multiplo non cromosomiche; la più frequente anomalia citogenetica è una dele-
è prevedibile; quindi, è necessaria la valutazione periodica dei livelli zione che coinvolge il cromosoma 6q.
sierici della componente M e della proteinuria di Bence Jones. Caratteristiche cliniche. I principali disturbi accusati dai soggetti
Linfoma linfoplasmacitico. Il linfoma linfoplasmacitico è una sono aspecifici e includono debolezza, astenia e perdita di peso. Circa
neoplasia a cellule B dei soggetti adulti più anziani che di solito si la metà dei pazienti presenta linfoadenopatia, epatomegalia e spleno-
presenta nella sesta o settima decade di vita. Sebbene abbia un megalia. Un’anemia causata dall’infiltrazione del midollo è di frequen-
­aspetto in apparenza simile alla LLC/SLL, esso ne differisce perché te riscontro. In circa il 10% dei pazienti si riscontra emolisi autoim-
un’importante frazione delle cellule tumorali va incontro a differen- mune causata da agglutinine fredde, anticorpi IgM che si legano ai
ziazione terminale in plasmacellule. Più frequentemente, la compo- globuli rossi a temperature inferiori a 37 °C (descritte nel Cap. 14).
nente plasmacellulare secerne IgM monoclonali, spesso in quantità I pazienti con tumori IgM-secernenti presentano ulteriori sintomi
sufficienti a causare una sindrome da iperviscosità nota come macro- che derivano dalle proprietà fisicochimiche delle IgM. A causa delle
globulinemia di Waldenström. A differenza del mieloma multiplo, la loro notevoli dimensioni, ad alte concentrazioni le IgM aumentano
sintesi di catene pesanti e leggere è generalmente bilanciata, pertanto fortemente la viscosità del sangue, dando luogo a una sindrome da
le complicanze derivanti dalla secrezione di catene leggere libere iperviscosità caratterizzata dai seguenti reperti:
(ad es. insufficienza renale e amiloidosi) sono rare. Un’ulteriore im-
portante distinzione è l’assenza di distruzione ossea in questa Alterazione della vista associata a congestione venosa, che si ri-
malattia. flette nella spiccata tortuosità e distensione delle vene retiniche;
emorragie retiniche ed essudati possono a loro volta contribuire
a problemi visivi.
Morfologia Tipicamente, il midollo contiene un diffuso (da Problemi neurologici come cefalea, capogiri, sordità e stupor, tutti
sparso a denso) infiltrato di linfociti, plasmacellule e linfociti derivanti dal rallentamento del flusso ematico e dalla viscosità
plasmacitoidi in proporzioni variabili, spesso accompagnato del sangue.
da iperplasia mastocitaria (Fig. 13.19). Alcune neoplasie con- Sanguinamenti correlati alla formazione di complessi tra macro-
tengono anche una popolazione di cellule linfoidi più grandi globuline e fattori della coagulazione e dall’interferenza con le
funzioni piastriniche.
Crioglobulinemia risultante dalla precipitazione di macroglobu-
line a basse temperature, che determina sintomi come il fenome-
no di Raynaud e l’orticaria da freddo.

Il linfoma linfoplasmacitico è una malattia incurabile e progres-


siva. Poiché le IgM sono in maggioranza intravascolari, i sintomi
causati dagli elevati livelli di IgM (come iperviscosità ed emolisi)
possono essere alleviati mediante plasmaferesi. La crescita della
neoplasia può essere controllata per un certo periodo di tempo con
basse dosi di farmaci chemioterapici e immunoterapia con anticorpo
anti-CD20. La trasformazione a linfoma a grandi cellule si verifica
raramente. La sopravvivenza media è di circa 4 anni.

Linfoma mantellare
Il linfoma a cellule mantellari è una neoplasia linfoide non partico-
larmente frequente che rappresenta il 2,5% dei LNH negli Stati Uniti
Figura 13.19 Linfoma linfoplasmacitico. La biopsia del midollo osseo
mostra una caratteristica mescolanza di piccole cellule linfoidi che mostrano
e il 7-9% dei LNH in Europa. Si presenta abitualmente nella quinta-
vari grandi di differenziazione plasmacellulare. Inoltre, sul lato sinistro del sesta decade di vita e mostra una predominanza nel sesso maschile.
campo è presente un mastocita con granuli citoplasmatici rosso-violacei. Come sottintende il nome, le cellule neoplastiche somigliano molto
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 603

alle normali cellule B della zona mantellare che circonda i centri Al momento della diagnosi la maggior parte dei pazienti mostra
germinativi. linfoadenopatia generalizzata e dal 20 al 40% dei casi anche interes-
samento del sangue periferico. Frequenti sedi di interessamento
extranodale includono midollo osseo, milza, fegato e il tratto ga-
Morfologia Le cellule tumorali possono circondare i centri strointestinale. Talvolta, il coinvolgimento della mucosa dell’intesti-
germinativi reattivi del linfonodo, determinando un aspetto no tenue o del colon produce tipiche lesioni polipoidi (la cosiddetta
nodulare a basso ingrandimento, o possono sovvertire la poliposi linfomatoide).
normale architettura del linfonodo in modo diffuso. Tipica- Immunofenotipo. I linfomi a cellule mantellari esprimono alti
mente, la proliferazione consiste in una popolazione omoge- livelli di ciclina D1. La maggior parte dei tumori esprime anche
nea di piccoli linfociti con contorno nucleare irregolare o CD19, CD20 e livelli moderatamente alti di Ig di superficie (in ge-
­talvolta profondamente inciso (clivato) (Fig. 13.20). L’assenza nere IgM e IgD con catena leggera k o l). È generalmente CD5
di grandi cellule che ricordano i centroblasti e dei centri di positivo e CD23 negativo, caratteristiche utili per distinguerlo dalla
proliferazione permette di distinguere il linfoma a cellule LLC/SLL. I geni IgH mancano di ipermutazione somatica, a sostegno
­mantellari dal linfoma follicolare e dalla LLC/SLL, ­rispettivamente. di un’origine da cellule B vergini.
Nella maggior parte dei casi la cromatina nucleare è conden- Patogenesi molecolare. L’iperespressione della ciclina D1 è cau-
sata, i nucleoli sono poco appariscenti e il citoplasma è scarso. sata da una traslocazione (11;14) che coinvolge il locus IgH sul cro-
Talvolta si osservano neoplasie composte da cellule di dimen- mosoma 14 e il locus della ciclina D1 sul cromosoma 11. Questa
sioni intermedie con cromatina più dispersa e un elevato in- traslocazione è diagnosticabile in circa il 70% dei casi mediante
dice mitotico; l’immunofenotipizzazione è necessaria per analisi standard del cariotipo e in quasi tutti i tumori mediante
­distinguere queste varianti “blastoidi” di linfoma a cellule ibridazione fluorescente in situ (FISH). L’iperespressione della ci-
mantellari dalla ALL. clina D1 promuove la progressione dalla fase G1 alla fase S del ciclo
cellulare, come è stato descritto nel Capitolo 7.
Caratteristiche cliniche. La presentazione più frequente è una
linfoadenopatia non dolente. Sintomi relativi all’interessamento della
milza (presenti nel 50% circa dei casi) e del tratto gastrointestinale
sono comuni. La prognosi è sfavorevole; la sopravvivenza media va
dai 3 ai 4 anni. Questo linfoma non è curabile con la chemioterapia
convenzionale e la maggior parte dei pazienti soccombe a causa delle
disfunzioni d’organo causate dall’infiltrazione neoplastica. La va-
riante blastoide e un pattern “proliferativo” all’analisi del profilo di
espressione genica sono associate a sopravvivenze ancora più brevi.26
Il trapianto di midollo osseo e terapia con inibitori del proteasoma
sono nuovi approcci terapeutici che si stanno mostrando abbastanza
promettenti.

Linfomi della zona marginale


La categoria dei linfomi della zona marginale comprende un gruppo
eterogeneo di tumori a cellule B che insorgono nei linfonodi, nella
milza o in altri tessuti extranodali. I tumori extranodali furono
inizialmente riconosciuti in sedi mucose e sono spesso indicati come
neoplasie del tessuto linfoide associato alla mucosa (Mucosa-­
Associated Lymphoid Tumors, MALT, o “maltomi”). Nella maggior
parte dei casi, le cellule neoplastiche mostrano evidenza di ipermu-
tazione somatica e per questo si ritiene che abbiano origine da
­cellule B memoria post-centro germinativo.
Sebbene tutti i linfomi della zona marginale abbiano caratteristi-
che comuni, quelli che si presentano in sedi extranodali meritano
una particolare attenzione per via della loro insolita patogenesi e di
tre eccezionali caratteristiche.

Insorgono spesso in tessuti interessati da patologie infiammatorie


croniche a eziologia autoimmune o infettiva; tra gli esempi rien-
trano i linfomi che insorgono nelle ghiandole salivari con malattia
Figura 13.20 Linfoma mantellare. A. A basso ingrandimento, le cellule di Sjögren, nella tiroide con tiroidite di Hashimoto e nello sto-
linfoidi neoplastiche circondano un piccolo centro germinativo atrofico, maco con gastrite da Helicobacter.
determinando un pattern di crescita mantellare. B. La veduta ad alto ingran- Restano localizzati per periodi prolungati, diffondendosi sistemi-
dimento mostra una popolazione omogenea di piccole cellule linfoidi con camente solo nelle fasi tardive del loro decorso.
margini nucleari in qualche modo irregolari, cromatina addensata e scarso
citoplasma. Sono assenti le grosse cellule simili ai prolinfociti (osservate
Possono regredire se l’agente che causa l’infiammazione (ad es.
nella leucemia linfocitica cronica) e i centroblasti (osservati nel linfoma Helicobacter pylori) viene eradicato.
follicolare).
604 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

Queste caratteristiche suggeriscono che i linfomi extranodali della


zona marginale, che insorgono in tessuti con infiammazione cronica,
siano parte di un continuum tra l’iperplasia linfoide reattiva e il lin-
foma vero e proprio. Il processo ha inizio come reazione immunitaria
policlonale. Con l’acquisizione di mutazioni tuttora ignote, emerge
un clone B cellulare ancora dipendente dalle cellule T helper
­stimolate dall’antigene per segnali che stimolano la crescita e la
sopravvivenza di questa popolazione linfocitaria. A questo stadio,
la scomparsa dell’antigene responsabile della proliferazione linfoide
causa un’involuzione del tumore. Un esempio clinicamente rilevante
si osserva nel caso del “maltoma” gastrico, in cui la terapia antibiotica
diretta contro H. pylori spesso porta alla regressione del tumore
(Cap. 17). Col tempo, tuttavia, le neoplasie possono acquisire addi-
zionali mutazioni che rendono la loro crescita e sopravvivenza
­indipendenti dall’antigene. Tra queste vi sono le traslocazioni
­cromosomiche (11;18), (14;18) o (1;14), che sono relativamente
specifiche per i linfomi extranodali della zona marginale. Queste
traslocazioni regolano positivamente l’espressione e la funzione di
BCL10 o MALT1, componenti proteici di un complesso di signa-
ling che attiva NF-kB e promuove la crescita e la sopravvivenza delle
cellule B.5 Con il progredire dell’evoluzione clonale, possono veri-
ficarsi la diffusione a sedi distanti e la trasformazione a linfoma
diffuso a grandi cellule B. Il tema della transizione da policlonalità
a monoclonalità durante il processo di linfomagenesi è applicabile
anche alla patogenesi dei linfomi EBV-correlati ed è discusso in
modo più approfondito nel Capitolo 7.

Leucemia a cellule capellute


Questa rara ma caratteristica neoplasia a cellule B costituisce circa
il 2% di tutte le leucemie. È una malattia che colpisce principalmente
Figura 13.21 Leucemia a cellule capellute (striscio di sangue periferico).
gli uomini di mezza età, con un’età media di 55 anni. Il rapporto tra A. La microscopia a contrasto di fase mostra cellule tumorali con fini pro-
pazienti di sesso maschile e quelli di sesso femminile è di 5:1. iezioni citoplasmatiche simili a capelli. B. Negli strisci di sangue periferico
colorati, queste cellule hanno nuclei tondi o ripiegati e modeste quantità
di citoplasma agranulare azzurro chiaro.
Morfologia La leucemia a cellule capellute deve il suo nome
pittoresco all’aspetto delle cellule leucemiche, che hanno
sottili prolungamenti simili a capelli, meglio identificabili con vata incidenza di ipermutazioni somatiche, suggerendo un’origine
il microscopio a contrasto di fase (Fig. 13.21). Negli strisci di della neoplasia dalle cellule B di memoria post-centro germinativo.
sangue periferico di routine, le cellule capellute presentano Caratteristiche cliniche. Le manifestazioni cliniche derivano
nuclei tondi, ovalari o reniformi e moderate quantità di cito- soprattutto dall’infiltrazione di midollo osseo, fegato e milza. La
plasma azzurro pallido con estensioni filiformi o simili a splenomegalia, spesso massiva, è la più comune e talora la sola alte-
bollicine. Il numero di cellule circolanti è molto variabile. Il razione riscontrata all’esame obiettivo. L’epatomegalia è meno fre-
midollo è interessato da un diffuso infiltrato interstiziale di quente e non così marcata e la linfoadenopatia è rara. In oltre la metà
cellule con nuclei ovalari o reniformi, cromatina addensata dei casi si osserva pancitopenia risultante dall’interessamento mi-
e citoplasma chiaro. Dal momento che queste cellule sono dollare e dal sequestro splenico. Circa un terzo dei pazienti presenta
avvolte in una matrice extracellulare composta da fibrille di infezioni. Vi è un’aumentata incidenza di infezioni da micobatteri
reticolina, generalmente non possono essere aspirate (un atipici, probabilmente correlata alla frequente monocitopenia la cui
fenomeno clinico che prende il nome di “punctio sicca”) e causa non è nota.
possono perciò essere osservate solo nelle biopsie midollari. La leucemia a cellule capellute segue un decorso indolente. Per
La polpa rossa splenica è di consueto pesantemente infiltrata, ragioni non chiare, questo tumore è eccezionalmente sensibile a
provocando l’obliterazione della polpa bianca e un aspetto regimi chemioterapici non aggressivi, che determinano remissioni
macroscopico rosso carnoso. Anche le triadi portali epatiche di lunga durata. Le neoplasie spesso hanno ricadute dopo cinque o
sono frequentemente coinvolte. più anni, ma generalmente rispondono bene quando trattate nuo-
vamente con chemioterapia. La prognosi complessiva è eccellente.

Immunofenotipo e patogenesi molecolare. Le cellule neopla- Neoplasie delle cellule T e NK periferiche


stiche della leucemia a cellule capellute esprimono spesso i marker
pan B cellulari CD19 e CD20, Ig di superficie (generalmente IgG) Queste categorie includono un gruppo eterogeneo di neoplasie che
ma anche alcuni marker relativamente caratteristici, come CD11c, hanno un fenotipo simile alle cellule T mature o alle cellule natural
CD25 e CD103. L’analisi delle sequenze dei geni Ig ha rivelato un’ele- killer (NK). Le neoplasie a cellule T periferiche sono responsabili di
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 605

circa il 5-10% dei LNH negli Stati Uniti e in Europa, ma sono più no il locus ALK e portano alla formazione di geni chimerici codifi-
comuni in Asia. Le neoplasie a cellule NK sono rare in Occidente canti per le proteine di fusione di ALK, che si comportano come
ma sono anch’esse più comuni in Estremo Oriente. In questa tirosin-chinasi costitutivamente attive le quali attivanno una serie
­sede verranno discusse solo le entità patologiche più frequenti e di vie di signaling, compresa la via JAK/STAT.48
quelle di particolare interesse patogenetico. Come si può dedurre dal nome, questo tumore è tipicamente
costituito da grandi cellule anaplastiche, alcune contenenti nuclei a
ferro di cavallo e abbondante citoplasma (le cosiddette cellule
Linfoma a cellule T periferiche, non specificato
“­hallmark”) (Fig. 13.23 A). Le cellule tumorali spesso si raggruppano
Sebbene la classificazione dell’OMS includa una serie di forme di- intorno alle venule e infiltrano i seni linfoidi, simulando l’aspetto di
stinte di neoplasie a cellule T periferiche, molti di questi linfomi sono un carcinoma metastatico. ALK non è espresso dai linfociti normali
difficilmente classificabili e sono stati pertanto raggruppati in una o in altri linfomi; quindi l’indentificazione della proteina ALK nelle
categoria diagnostica “cestino”, il linfoma a cellule T periferiche, non cellule tumorali (Fig. 13.23 B) è un affidabile indicatore del riarran-
specificato. Anche se nessuna caratteristica morfologica è da consi- giamento del gene ALK.
derarsi patognomonica per questo gruppo di neoplasie, alcuni reperti I linfomi a cellule T con riarrangiamenti di ALK tendono a insor-
sono caratteristici. Questi tumori alterano diffusamente l’architettura gere nei bambini o nei giovani adulti, coinvolgono frequentemente i
dei linfonodi e sono tipicamente composti da una miscela pleomorfa tessuti molli e hanno una prognosi molto favorevole (a differenza di
di cellule T maligne di varie dimensioni (Fig. 13.22). Vi è spesso un altre neoplasie aggressive a cellule T periferiche). La percentuale
cospicuo infiltrato di cellule reattive, come eosinofili e macrofagi, di guarigione con chemioterapia è del 75-80%. Sono in fase di svi-
probabilmente attratti da citochine di derivazione tumorale. Talvolta luppo inibitori di ALK che offrono un’eccellente opportunità per lo
si osserva una vivace neoangiogenesi. sviluppo di forme di terapia mirata. Tumori morfologicamente simili
La diagnosi richiede immunofenotipizzazione. Per definizione,
tutti i linfomi a cellule T periferiche hanno un fenotipo T cellulare
maturo. Generalmente esprimono CD2, CD3, CD5 e recettori T
cellulari ab o gd. Alcuni esprimono anche CD4 o CD8; tali neoplasie
sono considerate di origine T cellulare helper o citotossica, rispetti-
vamente. Tuttavia, molte neoplasie hanno fenotipi che non assomi-
gliano ad alcuna normale cellula T. Nei casi difficili, dove la diagnosi
differenziale si pone tra il linfoma e un florido processo reattivo,
l’analisi del DNA viene utilizzata per confermare la presenza di ri-
arrangiamenti clonali del recettore T cellulare.
La maggior parte dei pazienti si presenta con linfoadenopatia gene-
ralizzata, talvolta accompagnata da eosinofilia, prurito, febbre e perdita
di peso. Sebbene siano state riportate alcune guarigioni in pazienti con
linfoma a cellule T periferiche, queste neoplasie hanno una prognosi
significativamente peggiore delle neoplasie clinicamente aggressive a
cellule B mature (ad es. linfoma diffuso a grandi cellule B).

Linfoma a grandi cellule anaplastico (ALK positivo)


Questa rara entità è definita dalla presenza di un riarrangiamento nel
gene ALK sul cromosoma 2p23. Questi riarrangiamenti interrompo-

Figura 13.23 Linfoma a grandi cellule anaplastico. A. Diverse cellule


“hallmark” con nuclei a ferro di cavallo o “embrioidi” e abbandonante ci-
toplasma si trovano vicino al centro del campo. B. Colorazione immunoi-
Figura 13.22 Linfoma a cellule T periferiche, non specificato (linfonodo). stochimica che dimostra la presenza della proteina di fusione ALK. (Per
È visibile uno spettro di cellule linfoidi piccole, intermedie e grandi, molte gentile concessione del Dr. Jeffrey Kutok, Department of Pathology,
delle quali con contorni nucleari irregolari. ­Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA)
606 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

privi di riarrangiamenti di ALK si verificano in adulti di età più zienti con la variante a cellule T generalmente si presentano con
avanzata e hanno una prognosi sfavorevole, simile a quella del lin- linfocitosi (lieve o moderata) e splenomegalia. Linfoadenopatia ed
foma a cellule T periferiche, non specificato. epatomegalia sono generalmente assenti. La variante a cellule NK
spesso si manifesta in modo ancora più subdolo, e linfocitosi o
splenomegalia sono scarse o assenti.
Leucemia/linfoma a cellule T dell’adulto
Le cellule neoplastiche sono grandi linfociti con abbondante cito-
Questa neoplasia delle cellule T CD4+ si osserva esclusivamente negli plasma blu e pochi granuli azzurrofili di aspetto grossolano, meglio
adulti infettati dal retrovirus umano della leucemia a cellule T di tipo evidenti negli strisci di sangue periferico. Il midollo generalmente
1 (Human T-cell Leukemia Virus type 1, HTLV-1), discusso nel contiene sparsi infiltrati linfocitari interstiziali, difficili da valutare
­Capitolo 7. Si riscontra principalmente nelle regioni dove HTLV-1 è senza colorazioni immunoistochimiche. In genere, gli infiltrati sono
endemico, ovvero Giappone meridionale, Africa occidentale e bacino presenti anche nella milza e nel fegato. Le varianti a cellule T sono
dei Caraibi. Reperti comuni includono lesioni cutanee, linfoadeno- CD3+, mentre le forme a cellule NK sono CD3- e CD56+.
patia generalizzata, epatosplenomegalia, linfocitosi del sangue peri- La neutropenia e l’anemia dominano il quadro clinico nonostante
ferico e ipercalcemia. L’aspetto delle cellule neoplastiche varia, ma si la relativa scarsità dell’infiltrato midollare. La neutropenia è spesso
osservano frequentemente cellule con nuclei multilobati (cellule a accompagnata da una notevole diminuzione nelle forme mieloidi
“trifoglio” o a “fiore”). Le cellule neoplastiche contengono il provirus tardive nel midollo. Raramente, si osserva aplasia pura dei globuli
clonale HTLV-1, che si ritiene svolga un ruolo critico nella patogenesi rossi. Vi è inoltre un’aumentata incidenza di patologie reumatologiche.
del tumore. È da notare come HTLV-1 codifichi per una proteina Alcuni pazienti affetti da sindrome di Felty (una triade sindromica
chiamata Tax che è un potente attivatore di NF-kB,49 che (come è di artrite reumatoide, splenomegalia e neutropenia) hanno una
stato discusso) aumenta la crescita e la sopravvivenza dei linfociti. leucemia a linfociti grandi e granulari alla base della loro malattia.
La maggior parte dei pazienti si presenta con una malattia rapida- La causa di queste anomalie cliniche non è nota, ma fenomeni di
mente progressiva che è fatale nell’arco di qualche mese o di un anno autoimmunità, provocati in qualche modo dalla neoplasia, sono
nonostante aggressivi trattamenti chemioterapici. Meno frequente- probabilmente coinvolti.
mente, la neoplasia interessa solo la cute e segue un decorso molto Il decorso è variabile, e dipende in gran parte dalla gravità delle
più indolente, come quello della micosi fungoide (descritta di seguito). citopenie e dalla loro responsività alla chemioterapia a basse dosi o
Va notato che in aggiunta alla leucemia/linfoma a cellule T, l’infezione alla terapia con steroidi. In generale, le neoplasie di origine T cellu-
da HTLV-1 è a volte associata a una malattia demielinizzante progres- lare seguono un decorso indolente, mentre le neoplasie a cellule NK
siva del sistema nervoso centrale e del midollo spinale (Cap. 28). sono più aggressive.

Micosi fungoide/sindrome di Sézary Linfoma extranodale a cellule NK/T


La micosi fungoide e la sindrome di Sézary sono differenti manifesta- Questa neoplasia è rara negli Stati Uniti e in Europa, ma costituisce
zioni di una neoplasia a cellule T helper CD4+, che colpisce la cute. A fino al 3% dei LNH in Asia. Si presenta più frequentemente come
livello clinico le lesioni cutanee della micosi fungoide progrediscono una massa distruttiva rinofaringea; sedi meno comuni di presenta-
tipicamente attraverso tre stadi piuttosto distinti, una fase premico- zione includono il testicolo e la cute. L’infiltrato di cellule tumorali
tica infiammatoria, una fase di placche, e una fase tumorale (tutte tipicamente circonda e invade i piccoli vasi, causando un’estesa necrosi
discusse in maggiore dettaglio nel Cap. 25). Istologicamente, l’epi- ischemica. Le dimensioni delle cellule neoplastiche sono variabili,
dermide e il derma superficiale sono infiltrati da cellule T neopla- ma includono generalmente una componente a grandi cellule. Nei
stiche, che spesso hanno un aspetto cerebriforme a causa di marcate preparati citologici da apposizione, si notano grandi granuli azzur-
ripiegature della membrana nucleare. Gli stadi avanzati della malat- rofili nel citoplasma delle cellule tumorali, simili a quelli osservabili
tia sono caratterizzati da diffusione extracutanea, più frequentemen- nelle cellule NK normali.
te ai linfonodi e al midollo osseo. Questa forma di linfoma è strettamente associata a EBV. In un dato
La sindrome di Sézary è una variante in cui l’interessamento cutaneo paziente, tutte le cellule tumorali contengono identici episomi
si manifesta sotto forma di eritrodermia esfoliativa generalizziata. In dell’EBV, indicando che la neoplasia ha avuto origine da una singola
contrasto con la micosi fungoide, questa variante della malattia di cellula infettata dal virus. Come EBV riesca a penetrare non è ben
rado produce tumefazioni cutanee, mentre vi è un’associata leucemia chiaro, dal momento che le cellule tumorali non esprimono CD21,
a cellule di “Sézary” con caratteristici nuclei cerebriformi. una proteina di superficie che serve da recettore per EBV nelle
Le cellule neoplastiche tipicamente esprimono la molecola di ade- cellule B. La maggior parte dei tumori è CD3-, manca di riarrangia-
sione CLA e i recettori per le chemochine CCR4 e CCR10, che contri- mento del recettore T cellulare per l’antigene, ed esprime marker
buiscono a indirizzare le normali cellule T CD4+ verso la cute. NK cellulari, compresa una ristretta gamma di recettori Ig-simili
Sebbene la patologia cutanea domini il quadro clinico, l’analisi tipici delle cellule killer, cosa che supporta l’origine della neoplasia
molecolare ha mostrato che le cellule tumorali circolano attraverso da cellule NK. Non sono state descritte particolari forme di aberra-
il sangue, il midollo osseo e i linfonodi, anche nelle fasi precoci della zione cromosomica e si conosce relativamente poco sulla patogenesi
malattia. Ciononostante, si tratta di tumori indolenti, con una so- molecolare al di là del coinvolgimento di EBV.
pravvivenza media di 8-9 anni. La trasformazione a linfoma aggres- La maggioranza dei linfomi a cellule NK/T extranodali compren-
sivo a cellule T si verifica occasionalmente come evento terminale. de neoplasie altamente aggressive che rispondono bene alla terapia
radiante ma che sono resistenti alla chemioterapia. La prognosi è
quindi sfavorevole nei pazienti con malattia avanzata.
Leucemia a grandi linfociti granulari
Qui termina la trattazione delle leucemie linfocitiche e dei LNH.
Di questa rara neoplasia si riconoscono due varianti, a cellule T e a Ci occuperemo ora della seconda importante categoria di neoplasie
cellule NK, che insorgono entrambe soprattutto negli adulti. I pa- linfoidi, il linfoma di Hodgkin.
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 607

Tabella 13.7 Differenze tra linfomi di Hodgkin e non Hodgkin


Linfoma di Hodgkin Linfoma non Hodgkin

Generalmente circoscritto a un singolo gruppo assiale di linfonodi Più frequente interessamento di molteplici linfonodi
(cervicale, mediastinico, para-aortico)

Diffusione della malattia per contiguità Diffusione della malattia non per sedi contigue

Noduli mesenterici e anello di Waldeyer raramente coinvolti Anello di Waldeyer e noduli mesenterici frequentemente coinvolti

Presentazione extranodale rara Presentazione extranodale comune

Linfoma di Hodgkin
(Fig. 13.24 A). Il citoplasma è abbondante. Si riconoscono di-
Il linfoma di Hodgkin (LH) comprende un gruppo di neoplasie verse varianti di cellule di Reed-Sternberg. Varianti mononu-
linfoidi che differiscono dai LNH in diversi aspetti (Tab. 13.7). Men- cleate contengono un singolo nucleo con un ampio nucleolo
tre i LNH insorgono frequentemente in sedi extranodali e si diffon- simile a un’inclusione (Fig. 13.24 B). Le cellule lacunari (osser-
dono in modo difficile da prevedere, il LH insorge in un singolo vate nel sottotipo sclerosi nodulare di LH) hanno nuclei ripiegati
linfonodo o in una catena linfonodale e si diffonde dapprima ai tessuti o multilobati e abbondante citoplasma chiaro che viene spesso
linfoidi anatomicamente contigui. Per questa ragione, la stadiazione danneggiato durante il taglio delle sezioni, lasciando il nucleo
del LH è molto più importante nel guidare la terapia di quanto non in una zona vuota (appunto, una lacuna) (Fig. 13.24 C). Nelle
lo sia nei LNH. Inoltre, il LH presenta particolari caratteristiche forme classiche di LH, le cellule di Reed-Sternberg vanno in-
morfologiche. È caratterizzato dalla presenza di cellule neoplastiche contro a una forma particolare di morte cellulare in cui la cellula
giganti dette cellule di Reed-Sternberg, le quali rilasciano fattori si rimpicciolisce e diventa picnotica, un processo descritto
che inducono l’accumulo di linfociti reattivi, macrofagi e granulociti come “mummificazione”. Le varianti linfoistiocitiche (cellule
che tipicamente compongono più del 90% delle cellule nella massa L&H) con nuclei polipoidi, nucleoli non appariscenti e citopla-
tumorale. Nella grande maggioranza dei LH, le cellule neoplastiche sma moderatamente abbondante sono caratteristiche del sot-
di Reed-Sternberg derivano dalle cellule B dei centri germinativi o totipo a prevalenza linfocitaria (Fig. 13.24 D).
post-centri germinativi. Il LH deve essere distinto da altre condizioni in cui possono
Il linfoma di Hodgkin comprende lo 0,7% delle neoplasie negli essere osservate cellule simili a quelle di Reed-Sternberg,
Stati Uniti, con circa 8.000 nuovi casi ogni anno. L’età media alla come la mononucleosi infettiva, LNH a grandi cellule e varie
diagnosi è di 32 anni. È una delle neoplasie più frequenti nei giovani neoplasie non linfoidi. La diagnosi di LH dipende quindi
adulti e negli adolescenti, ma insorge anche negli anziani. È stata dall’individuazione delle cellule di Reed-Sternberg in un
la prima neoplasia maligna a essere trattata in modo efficace con appropriato background di cellule infiammatorie non neo-
radio- e chemioterapia ed è oggi potenzialmente curabile nella plastiche. Le cellule di Reed-Sternberg del LH hanno inoltre
maggior parte dei casi. un caratteristico profilo immunoistochimico.
Classificazione. La classificazione OMS riconosce cinque sotto- Dopo aver delineato le caratteristiche generali, passiamo ora
tipi di LH: ai sottogruppi di LH, evidenziando alcune delle caratteristiche
morfologiche e immunofenotipiche di ciascuno di essi (Tab.
1. Sclerosi nodulare 13.8). Le manifestazioni cliniche comuni a tutti i sottogruppi
2. Cellularità mista saranno presentate in seguito.
3. Ricco in linfociti (lymphocyte rich) Linfoma di Hodgkin, tipo sclerosi nodulare Questa è la forma
4. Deplezione linfocitaria più frequente di LH e costituisce il 65-70% dei casi. È caratte-
5. Prevalenza linfocitaria rizzata dalla presenza della variante lacunare delle cellule di
Reed-Sternberg e dalla deposizione di bande collagene che
Nei primi quattro sottotipi – sclerosi nodulare, cellularità mista, suddividono in noduli circoscritti i linfonodi coinvolti dalla
ricco in linfociti e deplezione linfocitaria – le cellule di Reed-­ neoplasia (Fig. 13.25). La fibrosi può essere scarsa o abbon-
Sternberg hanno un analogo immunofenotipo. Questi sottotipi sono dante. Le cellule di Reed-Sternberg si ritrovano in un
spesso accorpati insieme come forme classiche di LH. Nel LH a background polimorfo di cellule T, eosinofili, plasmacellule e
prevalenza linfocitaria, le cellule di Reed-Sternberg hanno un carat- macrofagi. Le cellule di Reed-Sternberg tipiche, quelle neces-
teristico immunofenotipo B cellulare, distinto da quello dei sottotipi sarie per la diagnosi, non sono frequenti. In questo e in altri
classici di LH. sottotipi “classici” di LH le cellule di Reed-Sternberg hanno
un fenotipo caratteristico; sono positive per PAX5 (un fattore
di trascrizione B cellulare), CD15 e CD30 e negative per altri
Morfologia L’identificazione delle cellule di Reed-Sternberg marker B cellulari, T cellulari e per CD45 (antigene comune
e delle loro varianti è essenziale per la diagnosi. Le cellule di leucocitario, LCA). Come in altre forme di LH l’interessamento
Reed-Sternberg diagnostiche sono grandi (45 mm di ­diametro) di milza, fegato, midollo osseo e di altri organi e tessuti può
con nuclei multipli o con un singolo nucleo multilobato, cia- presentarsi durante il decorso della malattia sotto forma di
scuno con un ampio nucleolo, simile a un’inclusione, delle noduli neoplastici irregolari che ricordano quelli osservati nei
dimensioni di un piccolo linfocita (5-7 mm di diametro) linfonodi. Questo sottotipo è raramente associato a EBV.
608 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

Figura 13.24 Cellule di Reed-Sternberg e varianti. A. Cellula di Reed-Sternberg diagnostica, con due lobi nucleari, grossi nucleoli simili a inclusioni e
abbondante citoplasma, circondata da linfociti, macrofagi ed eosinofili. B. Cellula di Reed-Sternberg, variante mononucleata. C. Cellula di Reed-Sternberg,
variante lacunare. Questa variante ha il nucleo ripiegato o multilobato e si trova in uno spazio aperto, che è un artefatto creato dalla disgregazione del ci-
toplasma durante l’allestimento delle sezioni istologiche. D. Cellula di Reed-Sternberg, variante linfoistiocitica. Sono presenti diverse varianti simili con
membrana nucleare ripiegata diverse volte, piccoli nucleoli, cromatina fine e abbondante citoplasma chiaro. (Per gentile concessione del Dr. Robert W.
McKenna, Department of Pathology, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)

Il tipo di LH a sclerosi nodulare insorge in uomini e donne reattivi compongono la grande maggioranza dell’infiltrato
con uguale frequenza e tende a coinvolgere i linfonodi cellulare. Nella maggior parte dei casi, i linfonodi coinvolti
­cervicali inferiori, sopraclaveari e mediastinici di adolescenti sono diffusamente sovvertiti, ma viene talvolta osservata una
e giovani adulti. La prognosi è eccellente. vaga nodularità dovuta alla presenza di residui follicoli di
Linfoma di Hodgkin, tipo a cellularità mista Questa forma di cellule B. Questa entità si distingue dal tipo a ­prevalenza lin-
LH costituisce il 20-25% circa dei casi. I linfonodi coinvolti focitaria per la presenza di frequenti varianti ­mononucleari e
sono diffusamente sovvertiti da un infiltrato cellulare etero- cellule di Reed-Sternberg diagnostiche con un profilo immu-
geneo, che include cellule T, eosinofili, plasmacellule e nofenotipico “classico”. È associato a EBV ­nel 40% dei casi
­macrofagi benigni mescolati a cellule di Reed-Sternberg circa e ha una prognosi da molto buona a eccellente.
(Fig. 13.26). Le cellule di Reed-Sternberg diagnostiche e le Linfoma di Hodgkin, tipo a deplezione linfocitaria Si tratta
varianti mononucleate sono generalmente abbondanti. Le della forma meno frequente di LH e rappresenta meno del
cellule di Reed-Sternberg contengono il genoma dell’EBV in 5% dei casi. È caratterizzata da una scarsità di linfociti e da
circa il 70% dei casi. L’immunofenotipo è identico a quello una relativa abbondanza di cellule di Reed-Sternberg o delle
osservato nel tipo di LH a sclerosi nodulare. loro varianti pleomorfe. L’immunofenotipo delle cellule di
Il LH a cellularità mista è più frequente nel sesso maschile. Reed-Sternberg è identico a quello osservato in altri tipi
Rispetto ai sottotipi a prevalenza linfocitaria e sclerosi nodu- classici di LH. L‘immunofenotipizzazione è essenziale, dal
lare, è probabilmente più spesso associato a fasce di età momento che la maggior parte delle neoplasie sospettate di
avanzata, sintomi sistemici quali sudorazione notturna e essere LH a deplezione linfocitaria sono in realtà LNH a gran-
perdita di peso e stadio tumorale avanzato. Ciononostante di cellule. Le cellule di Reed-Sternberg contengono il genoma
la prognosi complessiva è molto buona. dell’EBV nel 90% dei casi.
Linfoma di Hodgkin, tipo ricco in linfociti (lymphochyte rich) Si Il LH a deplezione linfocitaria è osservato prevalentemente
tratta di una forma non frequente di LH classico, in cui linfociti in pazienti anziani, nei soggetti HIV-positivi di qualsiasi età e
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 609

Tabella 13.8 Sottotipi di linfoma di Hodgkin


Sottotipo Morfologia e immunofenotipo Caratteristiche cliniche tipiche

Sclerosi nucleare Frequenti cellule lacunari e occasionali Sottotipo più frequente; generalmente
cellule di RS diagnostiche; infiltrato di malattia in stadio I o II; frequente
fondo composto di linfociti T, eosinofili, interessamento mediastinico; uguale
macrofagi e plasmacellule; bande fibrose incidenza in uomini e donne (F = M),
dividono le aree cellulare in noduli. Cellule maggioranza dei pazienti giovani adulti
di RS CD15+, CD30+; generalmente EBV−

Cellularità mista Frequenti cellule mononucleate e di RS Più del 50% si presenta come malattia di
diagnostiche; infiltrato di fondo ricco di stadio III o IV; M maggiore di F; incidenza
linfociti T, eosinofili, macrofagi, bifasica, con picco in giovani adulti e in
plasmacellule; cellule di RS CD15+, CD30+; adulti di età superiore ai 55 anni
70% EBV+

Ricco in linfociti Frequenti cellule mononucleate e di RS Raro; M maggiore di F; tende a essere


diagnostiche; infiltrato di fondo ricco di osservato negli adulti più anziani
linfociti T; cellule di RS CD15+, CD30+;
40% EBV+

Deplezione linfocitaria Variante reticolare: frequenti cellule di RS Raro; più frequente negli adulti più anziani,
diagnostiche e varianti e una scarsità negli individui infettati da HIV e nei Paesi
di cellule reattive di fondo; cellule di RS in via di sviluppo; spesso si presenta con
CD15+, CD30+; maggior parte EBV+ malattia avanzata
Prevalenza linfocitaria Frequenti varianti L&H (cellule a popcorn) Raro; giovani maschi con linfoadenopatia
in un fondo di cellule dendritiche e cellule cervicale o ascellare; raro l’interessamento
B reattive; cellule di RS CD20+, CD15−, mediastinico
C30−; EBV−

L&H, linfoistiocitico; cellula di RS, cellula di Reed-Sternberg.

nei Paesi in via di sviluppo. Stadi avanzati e sintomi sistemici stiocitiche (L&H), dotate di nucleo multilobato che somiglia
sono frequenti e l’esito complessivo è un pò meno favorevole a un chicco di popcorn (“cellula a popcorn”). Eosinofili e
rispetto agli altri sottotipi. plasmacellule sono generalmente scarsi o assenti.
Linfoma di Hodgkin, tipo a prevalenza linfocitaria Questa Contrariamente alle cellule di Reed-Sternberg riscontrate
rara variante “non classica” di LH rappresenta circa il 5% di nelle forme classiche di LH, le varianti L&H esprimono marker
tutti i casi di LH. I linfonodi interessati sono alterati da un B cellulari tipici delle cellule B dei centri germinativi, come
infiltrato nodulare di piccoli linfociti frammisti a un numero CD20 e BCL6, e sono generalmente negative per CD15 e
variabile di macrofagi (Fig. 13.27). Le “classiche” cellule di CD30. Il tipico pattern nodulare di crescita è dovuto alla pre-
Reed-Sternberg sono estremamente difficili da trovare. senza di follicoli B cellulari espansi, che sono popolati con
­Questa neoplasia contiene invece le varianti definite linfoi- varianti L&H, numerose cellule B reattive e cellule follicolari

Figura 13.25 Linfoma di Hodgkin, tipo sclerosi nodulare. La veduta a Figura 13.26 Linfoma di Hodgkin, tipo a cellularità mista. Una cellula
basso ingrandimento mostra bande ben definite di collagene rosa acellulare diagnostica binucleata di Reed-Sternberg è circondata da cellule reattive,
che suddividono la neoplasia in due noduli. (Per gentile concessione del Dr. compresi eosinofili (citoplasma rosso acceso), linfociti e istiociti. (Per gentile
Robert W. McKenna, Department of Pathology, University of Texas South- concessione del Dr. Robert W. McKenna, Department of Pathology,
western Medical School, Dallas, TX) ­University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
610 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

elementi B disabili (“crippled”) dei centri germinativi che non rie-


scono a esprimere le immunoglobuline e che sarebbero normalmen-
te destinati all’apoptosi. Si verificherebbero quindi ulteriori eventi
mutazionali sconosciuti che favorirebbero la produzione di cellule
di Reed-Sternberg. Le nostre conoscenze riguardo le cause dell’aspet-
to morfologico delle cellule di Reed-Sternberg classiche e delle loro
varianti sono limitate, ma è interessante notare come nei linfonodi
dei pazienti affetti da mononucleosi infettiva si riscontrino cellule
B positive per EBV di aspetto simile alle cellule di Reed-Sternberg.
Ciò suggerisce che le proteine codificate da EBV abbiano un ruolo
nella notevole metamorfosi delle cellule B in cellule di Reed-
Sternberg.
Il caratteristico accumulo di cellule reattive nei tessuti coinvolti
dal LH classico si verifica in risposta a una grande varietà di citochine
(come IL-5, IL-10, IL-13 e TGFb) e chemochine (quali TARC, MDC,
Figura 13.27 Linfoma di Hodgkin, tipo a prevalenza linfocitaria. Nume- IP-10 e CCL28), secrete dalle cellule di Reed-Sternberg.53 Una volte
rosi linfociti dall’aspetto maturo circondano varianti linfoistiocitiche sparse,
di grandi dimensioni e lievemente colorate (cellule a “popcorn”). (Per gentile
attratte, le cellule reattive producono fattori che supportano la cre-
concessione del Dr. Robert W. McKenna, Department of Pathology, scita e la sopravvivenza delle cellule tumorali le quali ulteriormente
­University of Texas Southwestern Medical School, Dallas,TX) modificano la risposta delle cellule reattive. Ad esempio, eosinofili
e cellule T non neoplastici esprimono ligandi per i recettori CD30
e CD40, rispettivamente, ognuno dei quali crea segnali che portano
all’attivazione di NF-kB. Esempi di questo “cross-talk” patogeno tra
dendritiche. I geni IgH delle varianti L&H mostrano evidenza le cellule di Reed-Sternberg e le cellule reattive circostanti sono ri-
di ipermutazione somatica in corso, una modificazione che assunti nella Figura 13.28.
si verifica solo nelle cellule B dei centri germinativi. Nel 3-5% Le cellule di Reed-Sternberg sono aneuploidi e possiedono diverse
dei casi, questo tipo di LH evolve in una forma neoplastica aberrazioni cromosomiche clonali. L’aumento del numero di co-
simile al linfoma diffuso a grandi cellule B. EBV non è asso- pie del proto-oncogene c-REL sul cromosoma 2p è particolarmente
ciato con questo sottotipo. frequente e può contribuire all’aumento nell’attività di NF-kB.54
La maggioranza dei pazienti è di sesso maschile, general- Caratteristiche cliniche. Il LH si presenta come una linfoade-
mente di età inferiore a 35 anni, e si presenta tipicamente nopatia non dolente. I pazienti affetti da LH di tipo sclerosi nodulare
con linfoadenopatia cervicale o ascellare. L’interessamento o prevalenza linfocitaria tendono a presentarsi con malattia in stadio
del mediastino e del midollo osseo è raro. Secondo alcuni I-II e sono generalmente liberi da manifestazioni sistemiche. I pa-
studi, questo tipo di LH sarebbe più frequentemente soggetto zienti con malattia disseminata (stadi III-IV) o con LH a cellularità
a recidiva delle forme classiche. La prognosi del tipo di LH a mista o a deplezione linfocitaria hanno più spesso sintomi sistemici,
predominanza linfocitaria è comunque eccellente. quali febbre, sudorazione notturna e perdita di peso. In molti casi si
osserva anergia cutanea che deriva dalla depressione dell’immunità
cellulare. La miscela dei fattori rilasciati dalle cellule di Reed-Ster-
Patogenesi molecolare. L’origine delle cellule di Reed-Sternberg nberg (si veda Fig. 13.28) deprime la risposta immunitaria TH1 e
neoplastiche del LH classico è stata chiarita da eleganti ricerche può contribuire a una disregolazione immunitaria.
basate sull’analisi molecolare di singole cellule di Reed-Sternberg Il progredire del LH è caratteristico: inizia con l’interessamento
(sia cellule classiche sia loro varianti). Nella grande maggioranza dei linfonodale, poi si ha interessamento della milza, del fegato, e infine
casi, i geni Ig delle cellule di Reed-Sternberg sono andati incontro sia interessamento del midollo osseo e di altri tessuti. Alla luce di questo
a ricombinazione V(D)J sia a ipermutazione somatica, stabilendo comportamento, la radioterapia può da sola essere curativa per
un’origine dalle cellule B dei centri germinativi o post-centri germi- pazienti con malattia in fase precoce. Quindi, la stadiazione del LH
nativi.50 Nonostante siano dunque a derivazione dai linfociti B, le (Tab. 13.9) non solo determina la prognosi, ma guida anche la tera-
cellule di Reed-Sternberg del LH classico non esprimono la maggior pia. La stadiazione prevede l’esame obiettivo, l’imaging radiologico
parte dei geni specifici per immunofenotipo B, compresi i geni delle di addome, pelvi e torace e biopsie del midollo osseo. Il trattamento
stesse immunoglobuline. Le basi e il significato di questa completa sistemico è preferibile in ogni caso in cui sia difficile definire con
riprogrammazione dell’espressione genica non sono ancora ben esattezza lo stadio della neoplasia.
chiari.51 Con gli attuali protocolli di trattamento, lo stadio del tumore
L’attivazione del fattore di trascrizione NF-kB è un evento frequente piuttosto che il tipo istologico costituisce la più importante variabile
nel LH classico. NF-kB viene attivato dall’infezione da EBV o da altri dal punto di vista prognostico. La percentuale di guarigione dei
meccanismi e attiva a sua volta geni che promuovono la sopravvi- pazienti con stadio I e IIA è vicina al 90%. Anche in fase avanzata
venza e la proliferazione linfocitaria. Le cellule neopastiche EBV+ (stadi IVA e IVB), la sopravvivenza libera da malattia a 5 anni è
esprimono la proteina latente di membrana 1 (latent membrane del 60-70%.
protein-1, LMP-1), una proteina codificata dal genoma del virus I progressi nel trattamento del LH hanno però creato una nuova
EBV che trasmette segnali cellulari che regolano positivamente NF- serie di problematiche. I sopravvissuti a lungo termine trattati con
kB. L’attivazione di NF-kB si verifica anche nelle neoplasie EBV−, chemioterapia e radioterapia hanno un rischio aumentato di
in alcuni casi come conseguenza di mutazioni acquisite su IkB,52 un ­sviluppare nuove neoplasie. Le sindromi mielodisplastiche, la leu-
regolatore negativo di NF-kB. Si ritiene che l’attivazione di NF-kB cemia mieloide acuta (LMA) e il carcinoma polmonare sono le più
da parte di EBV o di altri meccanismi salvi dalla morte cellulare frequenti neoplasie maligne secondarie, però vanno anche ricordati
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 611

Figura 13.28 Segnali proposti per la mediazione del “cross-talk” tra cellule di Reed-Sternberg e cellule normali circostanti nelle forme classiche del
linfoma di Hodgkin. CD30L, ligando di CD30; bFGF, fattore di crescita fibroblastico basico; GM-CSF, fattore stimolante la crescita di colonie granulocito-
macrofagiche; HGF, fattore di crescita degli epatociti (si lega al recettore c-MET); TGFb, fattore di crescita trasformante b; TNFb, fattore di necrosi tumorale
b o linfotossina; Tc, cellula T citotossica CD8+; TH1 e TH2, sottogruppi di cellule T helper CD4+.

Tabella 13.9 Stadiazione clinica dei linfomi di Hodgkin


rischio di LMA e mielodisplasia. Fortunatamente, nuove combina-
e non Hodgkin (classificazione di Ann Arbor) zioni di farmaci chemioterapici e un uso più giudizioso della radio-
terapia possono evitare queste complicanze ed essere ancora ugual-
Stadio Distribuzione della malattia mente curativi.
Interessamento di una sola regione linfonodale (I)
I
o di un singolo organo o sede extralinfatica (IE)
Neoplasie Mieloidi
II Interessamento di due o più regioni linfonodali dallo
stesso lato del diaframma (II) o interessamento di La caratteristica comune di questo eterogeneo gruppo di neoplasie è
un solo organo o sede extralinfatica (IIE) l’origine dalle cellule progenitrici emopoietiche. Queste patologie
interessano principalmente il midollo e con frequenza minore gli
III Interessamento di regioni linfonodali su entrambi i lati
del diaframma senza (III) o con (IIIE) interessamento
organi emopoietici secondari (milza, fegato e linfonodi), e general-
localizzato di un organo o sede extralinfatica mente si presentano con sintomi correlati all’alterata ematopoiesi.
Esistono tre grandi categorie di neoplasia mieloide:
IV Interessamento diffuso di uno o più organi o sedi
extralinfatiche con o senza interessamento linfatico
Leucemie mieloidi acute, in cui l’accumulo di forme mieloidi
Ogni stadio è ulteriormente suddiviso in base all’assenza (A) o immature (blasti) nel midollo osseo sopprime la normale
alla presenza (B) dei seguenti sintomi: febbre, sudorazioni emopoiesi
notturne e/o perdita di peso maggiore del 10% del peso
corporeo normale peso Sindromi mielodisplastiche, in cui un’emopoiesi inefficace porta
a citopenie
Dati da Carbone PT et al.: Symposium (Ann Arbor): Staging in Hodgkin’s Malattie mieloproliferative, in cui si riscontra generalmente una
disease. Cancer Res 31:1707, 1971.
produzione aumentata di uno o più tipi di cellule ematiche.

La patogenesi delle neoplasie mieloidi è meglio compresa nel


i LNH, il cancro del seno, il cancro gastrico, i sarcomi e il melanoma contesto dell’emopoiesi normale, che (si veda Fig. 13.1) interessa una
maligno. La maggior parte del rischio di neoplasie secondarie non gerarchia di cellule staminali emopoietiche, progenitori predestinati
ematologiche è attribuibile alla radioterapia, che è stata collegata ed elementi più differenziati. L’emopoiesi normale è finemente re-
anche a fibrosi polmonare e ad aterosclerosi accelerata. Il rischio di golata da meccanismi omeostatici a feedback che coinvolgono
neoplasia maligna della mammella è particolarmente elevato nelle ­citochine e fattori di crescita i quali a loro volta modulano la produ-
ragazze trattate con irradiazione del torace durante l’adolescenza. I zione di eritrociti, leucociti e piastrine nel midollo. Questi meccani-
farmaci chemioterapici alchilanti sembrano essere responsabili del smi sono alterati nelle neoplasie mieloidi, che “sfuggono” dai normali
612 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

controlli omeostatici su crescita e sopravvivenza e sopprimono la come altre neoplasie maligne, tendono a evolversi con il tempo verso
funzione delle normali cellule staminali residue. Le manifestazioni forme di malattia più aggressiva. In particolare, sia le sindromi
specifiche delle diverse neoplasie mieloidi sono condizionate da mielodisplastiche sia le malattie mieloproliferative spesso si “trasfor-
mano” in leucemie mieloidi acute. In una delle più importanti ma-
Posizione della cellula trasformata nella gerarchia dei progenitori lattie mieloproliferative, la leucemia mieloide cronica, si osserva
(ad es. una cellula staminale emopoietica pluripotente rispetto a anche la trasformazione a leucemia linfoblastica acuta, indicando
un progenitore predestinato) una probabile origine da una cellula staminale pluripotente trasfor-
Effetto degli eventi trasformanti sulla differenziazione, che può mata capace di produrre sia cellule mieloidi sia cellule linfoidi.
essere inibita, deviata o alterata da particolari mutazioni
oncogeniche. Leucemia mieloide acuta
Ritorneremo su questi temi al momento della discussione di La leucemia mieloide acuta (LMA) è un tumore dei progenitori emo-
ciascuna neoplasia mieloide. poietici causato da mutazioni oncogeniche acquisite, che bloccano la
Dal momento che tutte le neoplasie mieloidi originano da pro- differenziazione portando all’accumulo di blasti mieloidi immaturi
genitori emopoietici trasformati, non sorprende come il confine tra nel midollo. L’arresto nello sviluppo mieloide causa insufficienza
queste patologie sia a volte poco definito. Le neoplasie mieloidi, midollare e complicanze legate ad anemia, trombocitopenia e neu-

Tabella 13.10 Sottotipi principali di LMA nella classificazione OMS


Sottotipo
Classe Prognosi FAB Morfologia/Commenti

i. lma con aberrazioni genetiche

LMA con t(8;21)(q22;q22); gene Favorevole M2 Range completo di maturazione mielocitica; corpi di Auer facilmente
di fusione CBFa/ETO riscontrabili; granuli citoplasmatici anormali
LMA con inv(16)(p13;q22); gene Favorevole M4eo Differenziazione mielocitica e monocitica; precursori eosinofili anomali
di fusione CBFb/MYH11 con granuli basofili anomali
LMA con t(15;17)(q22;11-12); gene Intermedia M3, M3v Numerosi corpi di Auer, spesso in fasci all’interno di singoli
di fusione RARa/PML progranulociti; granuli principali generalmente molto prominenti
(sottotipo M3), ma poco appariscenti nella variante microgranulare
(M3v); alta incidenza di CID
LMA con t(11q23;v); diversi geni Sfavorevole M4, M5 Generalmente ha un certo grado di differenziazione monocitica
di fusione MLL
LMA con citogenetica normale Favorevole Variabile Identificata mediante colorazione immunoistochimica per NPM
e NPM mutato

ii. lma con caratteristiche smd simili

Con precedente SMD Sfavorevole Variabile Diagnosi basata sull’anamnesi clinica


LMA con displasia multilineare Sfavorevole Variabile Cellule in maturazione con caratteristiche displastiche tipiche delle SMD
LMA con aberrazioni Sfavorevole Variabile Associata ad aberrazioni 5q-, 7q-, 20q-
citogenetiche SMD-simili

iii. lma correlata alla terapia Molto Variabile Se preceduto da terapia alchilante o radiante, periodo di latenza di 2-8
sfavorevole anni, aberrazioni genetiche SMD-simili (ad es. 5q-, 7q-); se preceduto
da terapia con inibitore della topoisomerasi II (ad es. etoposide),
latenza di 1-3 anni, traslocazioni che coinvolgono MLL (11q23)

iv. lma non altrimenti specificata

LMA, minimamente differenziata Intermedia M0 Negativa per la mieloperossidasi; antigeni mieloidi riscontrati sui blasti
mediante citometria di flusso
LMA senza maturazione Intermedia M1 3% dei blasti positivi per la mieloperossidasi
LMA con maturazione mielocitica Intermedia M2 Range completo di maturazione mielocitica
LMA con maturazione Intermedia M4 Differenziazione mielocitica e monocitica
mielomonocitica
LMA con maturazione monocitica Intermedia M5a, M5b Nel sottotipo M5a, monoblasti positivi per l’esterasi non specifica e
pro-monociti dominano nel midollo e nel sangue; nel sottotipo M5b,
monociti maturi predominano nel sangue
LMA con maturazione eritroide Intermedia M6a, M6b Il sottotipo eritroide/mieloide (M6a) è definito da precursori eritroidi
displastici in maturazione 50% e mieloblasti 20%; il sottotipo
eritroide puro (M6b) è definito da precursori eritroidi 80% senza
mieloblasti
LMA con maturazione Intermedia M7 Predominano blasti di linea megacariocitica; riscontrati mediante
megacariocitica anticorpi diretti contro marker specifici per i megacariociti (GPIIb/IIIa o
vWF); spesso associata a fibrosi midollare; è la LMA più frequente
nella sindrome di Down

LMA, leucemia mieloide acuta; CID, coagulazione intravascolare disseminata; SMD, sindromi mielodisplasiche; NPM, nucleofosmina; vWF, fattore di von
Willebrand.
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 613

tropenia. La LMA insorge in tutte le età, ma la sua incidenza aumen-


ta durante tutto il corso della vita, con un picco dopo i 60 anni. Negli
Stati Uniti, vengono diagnosticati circa 13.000 nuovi casi di LMA
ogni anno.
Classificazione. La LMA è una malattia eterogenea, riflettendo
la complessità differenziativa della cellula mieloide. Una nuova
classificazione proposta dall’OMS suddivide le LMA in quattro ca-
tegorie (Tab. 13.10).11 La prima include forme di LMA associate a
particolari aberrazioni genetiche, le quali sono correlate con la
prognosi e fanno da guida alla terapia. La seconda include tipi di
LMA che insorgono dopo una sindrome mielodisplastica (SMD) o
con caratteristiche SMD-simili. La terza LMA è legata alla terapia.
Le LMA di queste ultime due categorie hanno caratteristiche gene-
tiche distinte e rispondono poco alla terapia. Una quarta categoria
diagnostica “cestino” include tutte le LMA prive di caratteristiche
che ne permettano una classificazione nelle categorie di cui sopra.
Queste LMA vengono pertanto classificate secondo la precedente
classificazione French-American-British (FAB), che suddivide le
LMA in sottotipi basati sul grado di differenziazione e sulla linea dei
blasti leucemici. Sebbene tale classificazione sia oggi considerata un
ripiego, nella pratica si fa spesso riferimento alla classificazione FAB.
A tale riguardo, la Tabella 13.10 correla (nel limite del possibile) le
classificazioni FAB e OMS. Data la grande importanza delle carat-
teristiche citogenetiche e molecolari nel guidare la terapia, la ten-
denza a spostarsi verso una classificazione genetica delle LMA è
inevitabile, oltre che auspicabile.

Morfologia La diagnosi di LMA è basata sulla presenza Figura 13.29 A. Leucemia mieloide acuta senza maturazione (sottotipo
di almeno il 20% di blasti mieloidi nel midollo osseo. Si FAB M1). I mieloblasti presentano una delicata cromatina nucleare, nucleoli
prominenti e fini granuli azzurrofili nel citoplasma. B. Nell’analisi citometrica
riconoscono diversi tipi di blasti mieloidi e le singole neo-
di flusso, i mieloblasti, rappresentati dai punti rossi, esprimono CD34, un
plasie possono avere più di un tipo di blasto o blasti con marker delle cellule staminali multipotenti, ma non esprimono CD64, un
caratteristiche ibride. I mieloblasti hanno cromati- marker delle cellule mieloidi mature. C. Gli stessi mieloblasti esprimono
na ­nucleare fine, da due a quattro nucleoli e un citoplasma CD33, un marker delle cellule mieloidi immature e un sottogruppo esprime
più voluminoso dei linfoblasti (Fig. 13.29 A). Il ­citoplasma CD15, un marker delle cellule mieloidi più mature. Quindi, questi blasti sono
cellule mieloidi che mostrano limitata maturazione. (A. Per gentile conces-
­spesso contiene fini granuli azzurrofili perossidasi-positivi. sione del Dr. Robert W. McKenna Department of Pathology, University of
In molti casi sono presenti caratteristiche strutture che si Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX. B e C. per gentile conces-
colorano di rosso alla colorazione per la perossidasi, sione del Dr. Louis Picker, Oregon Health Science Center, Portland, OR)
­denominate corpi di Auer, che rappresentano granuli az-
zurrofili anormali, simili a spilli. I corpi di Auer sono parti-
colarmente numerosi nella LMA con t(15;17) (leucemia
promielocitica acuta) (Fig. 13.30 A). I ­monoblasti (Fig. 13.30 B) Citogenetica.­  L’analisi citogenetica ha un ruolo centrale nella
hanno nuclei ripiegati o lobulati, sono privi di corpi di Auer c­ lassificazione della LMA. Aberrazioni del cariotipo si riscontrano
e sono positivi alle esterasi aspecifiche. In alcune LMA, i nel 50-70% dei casi con i metodi standard e in circa il 90% dei casi
blasti mostrano differenziazione megacariocitica, spesso utilizzando particolari tecniche di bandeggio ad alta risoluzione.
accompagnata da fibrosi midollare causata dal rilascio di Particolari anomalie cromosomiche correlano con alcune caratte-
citochine fibrogeniche. Raramente, i blasti della LMA mo- ristiche cliniche. Le LMA che insorgono de novo negli adulti più
strano differenziazione eritroide. giovani sono frequentemente associate a traslocazioni cromosomi-
Il numero di cellule leucemiche nel sangue è estremamente che bilanciate, in particolare t(8;21), inv(16) e t(15;17). Al contrario,
variabile. I blasti possono essere più di 100.000 per mm3, ma le LMA secondarie a SMD o all’esposizione ad agenti che danneg-
sono al di sotto dei 10.000 per mm3 nel 50% circa dei pazienti. giano il DNA (come chemioterapia o radioterapia) spesso hanno
Talvolta i blasti sono completamente assenti dal sangue delezioni o monosomie che coinvolgono i cromosomi 5 e 7 e gene-
(leucemia aleucemica). Per tale motivo, è necessario un esa- ralmente mancano di traslocazioni cromosomiche. L’eccezione a
me del midollo osseo per escludere una leucemia acuta nei questa regola è la LMA che insorge in seguito a trattamento con
pazienti pancitopenici. inibitori della topoisomerasi II, la quale è strettamente associata a
traslocazioni che coinvolgono il gene MLL sul cromosoma 11q23.
Nei pazienti anziani la LMA è spesso associata ad alterazioni cro-
Immunofenotipo. Dal momento che può essere difficile distin- mosomiche tipiche di una prognosi sfavorevole, come delezioni
guere i mieloblasti e i linfoblasti sul piano morfologico, la diagnosi 5q e 7q.
di LMA viene confermata eseguendo immunocolorazioni con anti- Patogenesi molecolare. Molte aberrazioni genetiche ricorrenti
geni mieloidi-specifici (si veda Fig. 13.29 B e C). osservate nelle LMA alterano geni codificanti per fattori di ­trascrizione
614 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

gisce con altri fattori di trascrizione per attivare geni necessari per
la differenziazione granulocitaria. La proteina di fusione PML-RARa
interagisce invece con dei repressori trascrizionali, provocando
un’inibizione della maturazione granulocitaria.56 Tuttavia, le LMA
con la t(15;17) spesso hanno anche mutazioni attivanti di FLT3, un
recettore tirosin-chinasico che trasmette segnali che aumentano la
proliferazione e la sopravvivenza cellulare. La combinazione del
prodotto di fusione PML-RARa e di un FLT3 attivato è un potente
induttore di LMA nei topi,57 mentre ciascun gene è da solo insuffi-
ciente a indurre la neoplasia. Identiche mutazioni di FLT3 si riscon-
trano anche in altre forme di LMA, in particolare nelle LMA ­associate
a mutazioni di NPM (nucleofosmina)58. Mutazioni attivanti in un
altro recettore tirosin-chinasico, c-KIT, si riscontrano nel 25% delle
LMA associate alla inv(16) e alla t(8;21).59 Quindi, l’attivazione
aberrante di tirosin-chinasi è una caratteristica comune (e proba-
bilmente generale) della LMA.
La t(15;17) non ha solo significato patogenico, ma guida anche
la terapia dal momento che le neoplasie con questa traslocazione
rispondono a dosi farmacologiche di ATRA (All-Trans Retinoic
Acid). L’ATRA si lega alla proteina di fusione PML-RARa e anta-
gonizza il suo effetto inibitorio sulla trascrizione dei geni bersaglio.
L’attivazione della trascrizione che ne consegue supera il blocco della
differenziazione e in 1-2 giorni i promielociti neoplastici iniziano a
differenziarsi in neutrofili, che muoiono rapidamente. La risposta
all’ATRA prova che l’effetto maggiore di PML-RARa è quello di
bloccare la differenziazione, e rappresenta uno degli esempi più
efficaci di terapia molecolare mirata nel trattamento delle neoplasia
maligne.
Caratteristiche cliniche. La maggior parte dei pazienti presenta,
dopo alcune settimane o pochi mesi dall’inizio della malattia, sintomi
Figura 13.30 Sottotipi di leucemia mieloide acuta. A. Leucemia promie-
dovuti ad anemia, neutropenia e trombocitopenia. In particolare sono
locitica acuta con t(15;17) (sottotipo FAB M3). L’aspirato midollare mostra frequenti astenia, febbre e spontanee emorragie, mucose e cutanee.
promielociti neoplastici con aspetto alterato e numerosi granuli azzurrofili. La sintomatologia è dunque molto simile a quella della ALL. Spesso,
Altri reperti caratteristici includono la presenza di diverse cellule con nuclei la diatesi emorragica causata dalla piastrinopenia è la caratteristica
bilobati e una cellula nel centro del campo che contiene diversi corpi di clinica più spiccata. Petecchie ed ecchimosi cutanee, emorragie
Auer, simili ad aghi. B. Leucemia mieloide acuta con differenziazione mo-
nocitica (sottotipo FAB M5b). Lo striscio di sangue periferico mostra un sierose e nei visceri ed emorragie mucose nelle gengive e nel tratto
monoblasto e cinque promonociti con membrane nucleari ripiegate. (Per urinario sono particolarmente frequenti. Fattori procoagulanti e
gentile concessione del Dr. Robert W. McKenna, Department of Pathology, fibrinolitici secreti dalle cellule leucemiche, in particolare nella LMA
University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) con t(15;17), aggravano questa tendenza al sanguinamento. Le in-
fezioni sono comuni (particolarmente a livello di cavo orale, cute,
essenziali per la normale differenziazione mieloide. Ad esempio, i polmoni, reni, vescica, colon) e sono spesso causate da micror­
due riarrangiamenti cromosomici più comuni, t(8;21) e inv(16), ganismi opportunisti quali miceti, Pseudomonas aeruginosa e
alterano rispettivamente i geni CBF1a e CBF1b. Questi due geni commensali.
codificano per polipeptidi che si legano l’uno all’altro per formare Segni e sintomi correlati con l’infiltrazione tissutale sono gene-
un fattore di trascrizione CBF1a/CBF1b, indispensabile per la ralmente meno evidenti nelle LMA rispetto alle ALL, ma neoplasie
normale emopoiesi.55 La t(8;21) e la inv(16) creano geni chimerici con differenziazione monocitica infiltrano spesso la cute (leucemia
che codificano per proteine di fusione le quali interferiscono con cutanea) o le gengive. Ciò verosimilmente riflette la normale ten-
la normale funzione di CBF1a/CBF1b e bloccano la maturazione denza dei monociti non neoplastici a trasferirsi nei tessuti. La dif-
delle cellule mieloidi. Va notato, tuttavia, che topi knockout privi fusione nel sistema nervoso centrale è meno comune che nella ALL.
di CBF1a o CBF1b e topi knockin che esprimono le proteine di Raramente, i pazienti presentano masse localizzate composte da
fusione CBF1a o CBF1b muoiono per insufficienza midollare, non mieloblasti variamente denominate mieloblastomi, sarcomi granu-
per leucemia. Quindi, lesioni genetiche che bloccano la maturazione locitici, o cloromi. Tali lesioni possono anche presentarsi senza
dei progenitori mieloidi non sono di per sè sufficienti a causare coinvolgimento del midollo osseo o del sangue periferico. Tuttavia,
la LMA. in assenza di trattamento, esse progrediscono inesorabilmente verso
Mutazioni delle tirosin-chinasi collaborano con le alterazioni dei una forma conclamata di LMA.
fattori di trascrizione nel determinare la LMA. Un esempio è quello Prognosi. La LMA è una malattia difficile da trattare. Circa il
della LMA con t(15;17), la leucemia promielocitica acuta. La t(15:17) 60% dei pazienti ottiene remissione completa con la chemioterapia,
crea un gene di fusione che codifica per una parte del recettore per ma solo il 15-30% resta libero da malattia per 5 anni. Le LMA con
l’acido retinoico-a (RARa) e una porzione di una proteina chiamata t(8;21) o inv(16) hanno una prognosi relativamente buona con
PML (dal nome della neoplasia, promyelocytic leukemia). In presenza l’utilizzo di chemioterapia convenzionale, soprattutto se non sono
di quantità fisiologiche di acido retinoico, il RARa normale intera- presenti mutazioni di c-KIT.59
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 615

Al contrario, la prognosi è infausta nei pazienti anziani o in pa-


zienti con LMA precedute da sindrome mielodisplastica, o da terapia eritroblasti con mitocondri carichi di ferro visibili come
genotossica. Questo perché probabilmente in questi pazienti la granuli perinucleari in aspirati o biopsie colorati al blu di
neoplasia insorge in un background già compromesso, con danno Prussia; maturazione megablastoide, che ricorda quella
o deplezione delle cellule staminali emopoietiche. Queste forme di osservata nei deficit di vitamina B12 e di folati (Cap. 14);
LMA “ad alto rischio”, così come le recidive di tutti i tipi di LMA, anomalie della morfologia nucleare con fenomeni di
sono trattate, ove possibile, con trapianto allogenico di midollo ­gemmazione, per cui i nuclei hanno spesso contorni defor-
osseo. mi, talora di aspetto polipoide. I neutrofili spesso conten-
Si spera che nuovi approcci terapeutici basati su una migliore gono un numero ridotto di granuli secondari, granulazioni
comprensione della patogenesi molecolare migliorino questa situa- tossiche e/o corpi di Döhle. Si osservano frequentemente
zione. Il miglior esempio è la LMA con la t(15;17), che, come si è cellule pseudo Pelger-Hüet, cioè neutrofili con due soli lobi
già detto, viene trattata con dosi farmacologiche di ATRA combinate nucleari e talvolta neutrofili con nuclei completamente privi
con chemioterapia convenzionale o, più di recente, con sali di arse- di segmentazione. Megacariociti con un singolo lobo nucle-
nico, che sembrano provocare la degradazione della proteina di are o con multipli nuclei separati (megacariociti “pawn
fusione PML-RARa. Nuove terapie che hanno come bersaglio altre ball”) sono anch’essi caratteristici. I mieloblasti possono
lesioni molecolari nella LMA (ad es. le tirosin-chinasi FLT3 e c-KIT essere aumentati ma formano meno del 20% della cellula-
attivate) sono in corso di valutazione. rità complessiva del midollo. Il sangue periferico contiene
spesso cellule pseudo Pelger-Hüet, piastrine giganti, ma-
crociti e poichilociti, accompagnati da una monocitosi as-
Sindromi mielodisplastiche
soluta o relativa. I mieloblasti costituiscono di regola meno
Il termine “sindromi mielodisplastiche” (SMD) si riferisce a un gruppo del 10% dei leucociti periferici.
di patologie clonali delle cellule staminali, caratterizzate da difetti
maturativi associati a emopoiesi inefficace e a un alto rischio di tra-
sformazione in LMA. Nei pazienti con SMD, il midollo osseo è par- Evoluzione clinica. La SMD primitiva è principalmente una
zialmente o completamente sostituito dalla progenie clonale di una malattia dell’anziano; l’età media di comparsa della malattia è 70 an-
cellula staminale neoplastica multipotente che mantiene la capacità ni. Circa la metà dei casi viene scoperta incidentalmente al momento
di differenziarsi ma che lo fa in modo inefficace e disordinato. Queste di un esame del sangue di routine. La SMD sintomatica, si manifesta
cellule anomale restano all’interno del midollo osseo e quindi i con astenia, infezioni ed emorragie, tutte dovute alla pancitopenia.
pazienti hanno citopenie del sangue periferico. La SMD primitiva è suddivisa in cinque categorie morfologiche
La SMD può essere primitiva (idiopatica) o terapia-correlata nella classificazione dell’OMS,11 i cui dettagli esulano dallo scopo di
­(t-SMD), secondaria a precedenti terapie con farmaci genotossici o questo capitolo. I sottotipi di questa classificazione definiti da una
radiazioni. La t-SMD generalmente compare da 2 a 8 anni dopo proporzione più alta di blasti nel midollo sono associati a citopenie
l’esposizione genotossica. Tutte le forme di SMD possono trasfor- più gravi, un aumentato rischio di progressione a LMA e una prognosi
marsi in LMA, ma la trasformazione si verifica più frequentemente peggiore. La presenza di multiple anomalie cromosomiche clonali e
e con maggiore rapidità nella t-SMD. Anche se caratteristiche alte- la gravità delle citopenie nel sangue periferico sono fattori di rischio
razioni morfologiche sono presenti nel midollo e nel sangue perife- indipendenti, e sono anch’essi associati a una prognosi peggiore.
rico, la diagnosi definitiva richiede spesso una correlazione con altri La sopravvivenza mediana nella SMD primitiva va dai 9 ai 29 me-
esami di laboratorio. L’analisi citogenetica è particolarmente utile si, ma alcuni pazienti nei gruppi prognostici più favorevoli possono
nel confermare la diagnosi, in quanto si osservano spesso particolari sopravvivere per 5 anni o più. Complessivamente, la progressione
aberrazioni cromosomiche (discusse di seguito). a LMA si verifica nel 10-40% dei pazienti ed è generalmente ac-
Patogenesi molecolare. Si conosce poco circa la patogenesi della compagnata dalla comparsa di ulteriori anomalie citogenetiche. I
SMD.60 Si sa che nella SMD i progenitori delle cellule emopoietiche pazienti in genere soccombono per le complicanze della trombo-
vanno incontro a morte cellulare per apoptosi con una maggiore citopenia (emorragie) e della neutropenia (infezioni). La prognosi
frequenza, un fenomeno che caratterizza l’emopoiesi inefficace. È è ancora più infausta nella t-SMD, che ha una ­sopravvivenza me-
per questo difficile comprendere come i progenitori della SMD diana di soli 4-8 mesi. Nella t-SMD infatti, le citopenie tendono a
possano acquistare un vantaggio selettivo su normali progenitori essere più gravi e la progressione a LMA è spesso rapida.
midollari. Una possibile spiegazione è che la neoplasia insorga su Le possibilità terapeutiche sono piuttosto limitate. Nei pazienti
un background di danno o deplezione delle cellule staminali. Sia la più giovani, il trapianto di midollo osseo allogenico offre qualche
SMD primaria che la t-SMD presentano simili anomalie cromoso- speranza di ricostituire una normale emopoiesi e quindi di una
miche clonali, tra cui monosomie 5 e 7, delezioni di 5q, 7q e 20q e sopravvivenza a lungo termine. I pazienti più anziani affetti da SMD
trisomia 8. sono trattati con terapie di supporto che includono antibiotici e
trasfusioni di derivati del sangue.
Farmaci simil-talidomide (che sembrano alterare l’interazione
Morfologia Sebbene il midollo sia generalmente ipercel- dei progenitori della SMD con le cellule stromali midollari) e gli
lulare al momento della diagnosi, è talvolta normocellulare inibitori della metilasi del DNA migliorano l’efficacia dell’emopoiesi
o, meno frequentemente, ipocellulare. Il reperto più carat- e la conta del sangue periferico in alcuni di pazienti.60
teristico è una differenziazione disordinata (displastica) che
colpisce, in varia misura, le linee eritroide, granulocitaria,
Malattie mieloproliferative
monocitica e megacariocitica (Fig. 13.31). Nella serie eri-
troide, anomalie comuni includono sideroblasti ad anello, La caratteristica patogenetica comune delle malattie mieloproliferative
è la presenza di tirosin-chinasi mutate, attivate in modo ­costitutivo.61,62
616 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

Figura 13.31 Mielodisplasia. Sono mostrate forme caratteristiche di displasia. A. Progenitori eritrocitici nucleati con nuclei multilobati o multipli.
B. Sideroblasti ad anello, progenitori eritroidi con mitocondri carichi di ferro, visibili come granuli perinucleari blu (colorazione al blu di Prussia). C. In alto e
in basso in questo campo, si osservano cellule pseudo Pelger-Hüet, neutrofili con solo due lobi nucleari al posto dei normali tre o quattro.
D. Megacariociti con nuclei multipli al posto del normale nucleo singolo multilobato. (A, B e D. Aspirati midollari. C. Striscio di sangue periferico)

I fattori di crescita emopoietici agiscono sui normali progenitori tanza dell’analisi molecolare per definire gli eventi mutazionali nelle
emopoietici legandosi a recettori di superficie ed attivando le tirosin- tirosin-chinasi, sia a scopo diagnostico sia per scegliere la forma di
chinasi che a loro volta attivano vie che promuovono la crescita e la terapia più appropriata. Limiteremo la nostra esposizione alle più
sopravvivenza cellulare. Le tirosin-chinasi mutate delle patologie comuni malattie mieloproliferative, classificandole sulla base di
mieloproliferative aggirano i normali sistemi di controllo e portano a criteri clinici, laboratoristici e molecolari. La mastocitosi sistemica,
proliferazione e sopravvivenza dei progenitori emopoietici indipen- una malattia mieloproliferativa associata a mutazione della tirosin-
dente dall’azione dei fattori di crescita. Dal momento che le mutazioni chinasi c-KIT, viene trattata insieme alle patologie della cute
delle tirosin-chinasi che causano le malattie mieloproliferative non (Cap. 25). L’associazione delle varie malattie mieloproliferative con
hanno effetto sulla differenziazione, la conseguenza è un aumento le corrispondenti mutazioni delle tirosin-chinasi è riassunta nella
nella produzione di uno o più elementi maturi del sangue. La mag- Tabella 13.11.
gior parte delle malattie mieloproliferative ha origine nei progenitori
mieloidi multipotenti, mentre altre insorgono in cellule staminali Leucemia mieloide cronica
pluripotenti che generano sia cellule linfoidi sia mieloidi.
Vi è una notevole sovrapposizione sia clinica sia morfologica tra le La leucemia mieloide cronica (LMC) si distingue dalle altre malattie
varie malattie mieloproliferative. Caratteristiche comuni includono mieloproliferative per la presenza di un gene chimerico BCR-ABL
derivato da porzioni del gene BCR sul cromosoma 22 e del gene ABL
Aumentata spinta proliferativa nel midollo osseo sul cromosoma 9. Il gene BCR-ABL codifica per una proteina di
Homing delle cellule staminali neoplastiche agli organi emopo- fusione, la tirosin-chinasi BCR-ABL costitutivamente attiva
ietici secondari, con emopoiesi extramidollare (Fig. 13.32),63 che nella LMC è generalmente di 210 kDa. In oltre
Variabile progressione verso una fase silente, caratterizzata da il 90% dei casi, BCR-ABL viene creato da una traslocazione reci-
fibrosi midollare e citopenie nel sangue periferico proca (9;22)(q34;q11) (il cosiddetto cromosoma Filadelfia [Ph]).
Variabile tendenza all’evoluzione in leucemia acuta. Nei restanti casi il gene di fusione BCR-ABL è formato da riarran-
giamenti citogenetici complessi o criptici e viene identificato me-
Alcune malattie mieloproliferative sono strettamente associate a diante metodi quali FISH o test bastati sulla PCR. La cellula di
mutazioni attivanti di specifiche tirosin-chinasi. Questa osservazione origine della neoplasia è una cellula staminale emopoietica
e la disponibilità di inibitori delle chinasi hanno aumentato l’impor- pluripotente.
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 617

Tabella 13.11 Mutazioni tirosin-chinasiche nelle malattie mieloproliferative


Malattia Mutazione Frequenza¶ Conseguenze*

Leucemia mieloide cronica Gene di fusione BCR-ABL 100% Attivazione costitutiva della chinasi ABL†

Policitemia vera Mutazioni puntiformi di JAK2 95% Attivazione costitutiva della chinasi JAK2

Trombocitemia essenziale Mutazioni puntiformi di JAK2 50-60% Attivazione costitutiva della chinasi JAK2
Mutazioni puntiformi di MPL 5-10% Attivazione costitutiva della chinasi MPL

Mielofibrosi primitiva Mutazioni puntiformi di JAK2 50-60% Attivazione costitutiva della chinasi JAK2
Mutazioni puntiformi di MPL 1-5% Attivazione costitutiva della chinasi MPL

Mastocitosi sistemica Mutazioni puntiformi di c-KIT 90% Attivazione costitutiva della chinasi c-KIT

Leucemia eosinofila cronica** Gene di fusione FIP1L1-PDGFRa Frequente Attivazione costitutiva della chinasi PDGFRa
Gene di fusione PDE4DIP- Rara Attivazione costitutiva della chinasi PDGFRb†
PDGFRb

Leucemia a cellule staminali‡ Vari gene di fusione FGFR1 100% Attivazione costitutiva della chinasi FGFR1§
*
Tutti stimolano segnali ligando-indipendenti pro-crescita e sopravvivenza cellulare.

Risponde alla terapia con imatinib.

Rara malattia che origina nelle cellule emopoietiche pluripotenti che si presenta con una concomitante malattia mieloproliferativa e una leucemia/linfoma
linfoblastico.
§
Risponde alla terapia con PKC412.

Si riferisce alla frequenza all’interno di una categoria diagnostica.
**
Associata all’endocardite di Loefflers (Cap. 12).

Patogenesi molecolare. Le tirosin-chinasi sono di norma rego-


late dalla dimerizzazione ligando-mediata e dall’autofosforilazione,
che crea una chinasi attivata capace di fosforilare altri substrati
proteici (discussi nei Capp. 3 e 7). La porzione BCR di BCR-ABL
contiene un dominio di dimerizzazione che si autoassocia, portando
all’attivazione costitutiva ligando-indipendente della porzione
­tirosin-chinasica ABL. La chinasi ABL a sua volta fosforila proteine
che trasmettono segnali di crescita e sopravvivenza cellulare attra-
verso le stesse vie (RAS, JAK/STAT e AKT) attivate dai fattori di
crescita emopoietici. Per ragioni sconosciute, BCR-ABL aumenta
­preferenzialmente la proliferazione dei progenitori granulocitari e
megacariocitici e causa anche l’anomalo rilascio di granulociti im-
maturi dal midollo nel sangue.

Morfologia Il midollo è marcatamente ipercellulare a causa


del gran numero di precursori granulocitari in via di matura-
zione, tra cui spesso molti eosinofili e basofili. Anche i mega-
cariociti sono aumentati e generalmente comprendono pic-
cole forme displastiche. I progenitori eritroidi sono presenti
in numero normale o lievemente diminuito. Un reperto
­caratteristico è la presenza di macrofagi con abbondante
­citoplasma rugoso verde-azzurro (detti istiociti blu mare).
L’aumentata deposizione di fibre reticoliniche è tipica della
­malattia, ma una marcata fibrosi midollare è rara nelle fasi
iniziali. L’analisi del sangue periferico evidenzia una leucoci-
tosi che spesso supera le 100.000 cellule /mm3 (Fig. 13.33),
dovuta perlopiù ai numerosi neutrofili, metamielociti, mielo-
citi, eosinofili e basofili. I blasti generalmente formano meno
Figura 13.32 Patogenesi molecolare della leucemia mieloide cronica. del 10% delle cellule circolanti. Anche le piastrine sono gene-
La rottura e l’unione di BCR e ABL creano un gene di fusione chimerico ralmente aumentate, a volte in modo marcato. La milza è
BCR-ABL che codifica per una tirosin-chinasi BCR-ABL costitutivamente spesso fortemente ingrossata a causa dell’emopoiesi extra-
attiva. BCR-ABL attiva diverse vie a valle, che aumentano la proliferazione midollare localizzata a livello della polpa rossa (Fig. 13.34) e
e la sopravvivenza indipendentemente dai fattori di crescita dei progenitori
del midollo osseo. Dal momento che BCR-ABL non interferisce con la spesso contiene infarti di varia età. L’emopoiesi extramidollare
differenziazione, il risultato netto è un aumento degli elementi maturi nel può causare anche lieve epatomegalia e linfoadenopatia.
sangue periferico, in particolare granulociti e piastrine.
618 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

gior parte dei casi rimanenti i blasti sono di origine pre-B cellulare
(crisi blastica linfoide). Ciò viene considerato una prova che la LMC
ha origine da una cellula staminale totipotente con possibilità di
svilupparsi sia in senso mieloide sia linfoide. Recentemente, è stato
osservato che più dell’85% dei casi di LMC è associato a mutazioni
che interferiscono con l’attività di Ikaros, un fattore di trascrizione
che regola la differenziazione dei progenitori emopoietici.64 Analoghe
mutazioni di Ikaros sono presenti anche nella ALL BCR-ABL-posi-
tiva, suggerendo che queste due forme di leucemia aggressiva hanno
una simile base patogenetica.
La comprensione della patogenesi molecolare della LMC ha portato
all’utilizzo di farmaci che hanno come bersaglio BCR-ABL. Il tratta-
mento con un inibitore di BCR-ABL, l’imatinib, induce remissioni del
quadro ematologico in più del 90% dei pazienti, con pochi effetti
collaterali.65 L’imatinib riduce marcatamente il numero di cellule
Figura 13.33 Leucemia mieloide cronica. Lo striscio di sangue periferico BCR-ABL-positive nel midollo e altrove, ma non elimina la “cellula
presenta molti neutrofili maturi, alcuni metamielociti e un mielocita. (Per
gentile concessione del Dr. Robert W. McKenna, Department of Pathology,
staminale” della LMC, una cellula primitiva con caratteristiche simili
University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) a quelle di una normale cellula staminale emopoietica. Non è quindi
chiaro se l’imatinib possa veramente curare la LMC. Tuttavia, la tera-
pia con imatinib controlla le conte degli elementi circolanti nel sangue
e diminuisce sostanzialmente il rischio di trasformazione verso la fase
accelerata e la crisi blastica, che è la minaccia più grande per il pazien-
te. Si pensa che riducendo la spinta proliferativa dei progenitori
­BCR-ABL-positivi, l’imatinib diminuisca il tasso col quale le cellule
acquisiscono mutazioni che fanno progredire la malattia.66 Per pazienti
relativamente giovani, il trapianto allogenico di midollo osseo eseguito
in una fase stabile della LMC è curativo in circa il 75% dei casi e rimane
il trattamento di scelta. La prospettiva è molto peggiore una volta che
sopraggiungono la fase accelerata o la crisi blastica. Il trapianto non
è così efficace e (come nella ALL BCR-ABL-positiva) la malattia di-
Figura 13.34 Leucemia mieloide cronica (milza). Una milza di dimensioni viene rapidamente resistente agli inibitori di BCR-ABL.
aumentate (2.630 g; normale: 150-200 g) con la polpa rossa fortemente
espansa che deriva dall’emopoiesi neoplastica. (Per gentile concessione
del Dr. Daniel Jones, Department of Pathology, M.D. Anderson Cancer Policitemia vera
Center, Houston, TX)
La policitemia vera (PCV) è caratterizzata da un’aumentata produ-
zione midollare di eritrociti, granulociti e piastrine (panmielosi),
Caratteristiche cliniche. La LMC è principalmente una malattia ma è l’aumento degli eritrociti (policitemia) che è responsabile per
degli adulti, ma può insorgere anche nei bambini e negli adolescenti. la maggiore parte dei sintomi clinici. La PCV deve essere differen-
Il picco di incidenza è nella 5ª-6ª decade di vita. Ogni anno negli ziata dalla policitemia relativa che deriva dall’emoconcentrazione e
Stati Uniti vi sono circa 4.500 nuovi casi. da altre cause di policitemia assoluta (discusse nel Cap. 14). La PCV
L’insorgenza della LMC è insidiosa. L’anemia da lieve a moderata è strettamente associata a mutazioni puntiformi che attivano la tiro-
e l’ipermetabolismo dovuto all’aumentato turnover cellulare portano sin-chinasi JAK2.61,62 JAK2 è un componente della via JAK/STAT,
ad astenia, perdita di peso e anoressia. Talvolta il primo sintomo è una che si trova a valle di diversi recettori per fattori di crescita emopo-
sensazione di peso all’addome causata dalla splenomegalia, o la com- ietici, compreso il recettore per l’eritropoietina.
parsa acuta di un dolore al quadrante superiore sinistro dovuta a un Patogenesi molecolare. Nella PCV le cellule progenitrici hanno
infarto splenico. La LMC viene riconosciuta e distinta dalle altre richieste marcatamente ridotte di eritropoietina e di altri fattori di
malattie mieloproliferative grazie all’identificazione del gene di fusione crescita emopoietici a causa dell’attività costitutiva del signaling di
BCR-ABL mediante analisi cromosomica o test basati sulla PCR. JAK2. Ne deriva che i livelli di eritropoietina sierica nella PCV sono
La storia naturale è quella di una lenta progressione; anche senza molto bassi, mentre le forme secondarie di policitemia assoluta
trattamento la sopravivenza media è di circa 3 anni. Dopo un periodo hanno alti livelli di eritropoietina. L’ematocrito elevato causa un’au-
variabile che dura in media 3 anni, circa il 50% dei pazienti entra in mentata viscosità e abnorme aggregazione (sludging) delle cellule
una “fase accelerata”, contraddistinta da anemia ingravescente e ematiche. Questi fattori emodinamici, insieme alla trombocitosi e
trombocitopenia, talvolta accompagnate da un aumento nel numero all’alterata funzione piastrinica, rendono i pazienti con PCV soggetti
di basofili nel sangue. Compaiono spesso ulteriori anomalie citoge- sia a fenomeni trombotici sia a emorragie.
netiche clonali, come la trisomia 8, l’isocromosoma 17q o la dupli- Oltre il 97% dei casi di PCV è associato a una mutazione in JAK2
cazione del cromosoma Filadelfia. Entro 6-12 mesi la fase accelerata costituita dalla sostituzione di una valina con una fenilalanina al
termina in un quadro che ricorda la leucemia acuta (crisi blastica). residuo 617; altre mutazioni di JAK2 si riscontrano nella maggiore
Nell’altro 50% dei pazienti, le crisi blastiche si sviluppano improvvi- parte dei casi rimanenti (probabilmente in tutti). Le forme mutate
samente senza essere precedute da una fase intermedia di accelera- di JAK2 che si riscontrano nella PCV rendono le linee cellulari
zione nella progressione della malattia. Nel 70% delle crisi, i blasti emopoietiche indipendenti dai fattori di crescita e quando vengono
sono di origine mieloide (crisi blastica mieloide), mentre nella mag- espresse nei progenitori del midollo osseo di topo causano una
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 619

sindrome simile alla PCV con fibrosi midollare.61,62 Nel 25-30% dei flusso ematico, in particolare a livello della parte venosa a bassa
casi, le cellule tumorali contengono due copie mutate di JAK2, un pressione del sistema circolatorio, che si dilata notevolmente. I
genotipo omozigote associato a conte leucocitarie più elevate, sple- soggetti sono gonfi e un pò cianotici a causa della stagnazione e della
nomegalia più marcata, prurito sintomatico e un maggiore tasso di deossigenazione del sangue nei vasi periferici. Sono frequenti mal
progressione alla fase silente della malattia.67 di testa, capogiri, ipertensione e sintomi gastrointestinali. Vi è spesso
La spinta proliferativa nella PCV (e in altre malattie mieloproli- un intenso prurito e una maggiore incidenza di ulcera peptica, en-
ferative associate a mutazioni di JAK2) è minore che nella LMC, che trambi derivanti verosimilmente dal rilascio di istamina dai basofili.
si associa a ipercellularità midollare più pronunciata, leucocitosi e Un elevato turnover cellulare dà origine a iperuricemia e si osserva
splenomegalia. Presumibilmente, i segnali di JAK2 sono quantitati- gotta sintomatica nel 5-10% dei casi.
vamente più deboli o qualitativamente differenti da quelli prodotti Purtroppo, l’alterato flusso sanguigno e l’alterata funzionalità
da BCR-ABL (si veda Fig. 13.32). piastrinica portano a un maggior rischio sia di emorragie importanti
sia di importanti episodi trombotici. Circa il 25% dei pazienti giun­
ge per la prima volta all’attenzione clinica per via di trombosi
Morfologia Il midollo è ipercellulare, ma è generalmente venose profonde, infarti del miocardio o ictus. La trombosi a volte
presente una certa quantità di tessuto adiposo residuo. L’au- insorge anche a livello delle vene epatiche (determinando la sin-
mento dei progenitori eritrocitari è lieve e generalmente drome di Budd-Chiari) e delle vene porta e mesenteriche (­portando
accompagnato anche da un aumento dei precursori granu- a infarto intestinale). Va ricordato che le complicanze tromboti-
locitari e megacariocitari. All’esordio della malattia in circa che talvolta precedono la comparsa dei tipici reperti ematologici.68
il 10% dei midolli è presente un aumento da moderato a mar- Emorragie minori (epistassi, sanguinamenti gengivali) sono co-
cato delle fibre di reticolina midollare. È frequente una lieve muni, ed emorragie potenzialmente mortali si verificano nel
organomegalia che nelle fasi precoci della PCV è causata in 5-10% dei casi.
gran parte da congestione vascolare; in queste fasi iniziali La concentrazione di emoglobina va da 14 a 28 g/dl e l’ematocrito
l’emopoiesi extramidollare è minima. Lo striscio di sangue è generalmente pari o superiore a 60%. Talvolta, il sanguinamento
periferico spesso mostra un aumento di basofili e piastrine cronico causa un deficit di ferro, che può sopprimere l’emopoiesi in
insolitamente grandi. modo sufficiente ad abbassare l’ematocrito fino a raggiungere un
Nelle fasi più avanzate della malattia, la PCV spesso progre- range normale, un esempio di due difetti che si annullano a vicenda
disce verso una fase silente caratterizzata da estesa fibrosi “correggendo” un dato di laboratorio anomalo. La conta leucocitaria
midollare che sostituisce le cellule emopoietiche. Ciò si ac- va da 12.000 a 50.000 cellule/mm3. Le piastrine generalmente pre-
compagna a una maggiore emopoiesi extramidollare in milza sentano anomalie morfologiche (ad es. forme giganti) e i test di
e fegato, che spesso produce un’importante organomegalia aggregazione piastrinica sono spesso alterati.
(Fig. 13.35). La trasformazione in LMA si verifica nell’1% circa Senza trattamento la morte per sanguinamento o trombosi si
dei pazienti. verifica entro qualche mese dalla diagnosi. Tuttavia, il semplice
mantenimento della massa eritrocitaria a livelli vicini a quelli nor-
mali mediante flebotomia estende il valore mediano della sopravvi-
Caratteristiche cliniche. La PCV è rara, dal momento che ha venza a circa 10 anni. Gli inibitori di JAK2 sono attualmente in fase
un’incidenza di 1-3 casi per 100.000 abitanti ogni anno. Compare di sviluppo preclinico e rappresentano una forma promettente di
in modo insidioso, generalmente in adulti nella tarda mezza età. La terapia mirata.
maggior parte dei sintomi è correlata all’aumento della massa L’aumentata sopravvivenza con varie forme di trattamento ha
­eritrocitaria e dell’ematocrito. Generalmente, vi è anche un aumento mostrato come la PCV tenda a evolversi verso una “fase silente,”
del volume ematico totale. Insieme, questi fattori causano un alterato durante la quale si sviluppano le caratteristiche cliniche e anatomiche
della mielofibrosi primitiva. La PCV va incontro a mielofibrosi in
circa il 15-20% dei pazienti dopo un periodo medio di 10 anni. Tale
evoluzione si manifesta con la comparsa di fibrosi obliterativa nel
midollo osseo (mielofibrosi) e con diffusi fenomeni di emopoiesi
extramidollare, principalmente a livello della milza, che aumenta
molto di dimensioni. I meccanismi alla base di questa evoluzione
verso la fase silente della malattia non sono noti.
In circa il 2% dei pazienti, la PCV si trasforma in LMA. Sorpren-
dentemente il clone di LMA è spesso privo delle mutazioni di JAK2,69
suggerendo che le mutazioni di JAK2 rappresentano un evento
tardivo secondario invece di un evento iniziale. A differenza della
LMC, la trasformazione ad ALL si osserva raramente, ciò è coerente
col fatto che le cellule di origine della PCV sono progenitori com-
missionati alla differenziazione mieloide, e non progenitori
totipotenti.

Figura 13.35 Policitemia vera, fase silente. Splenomegalia massiva Trombocitemia essenziale
(3.020 g; normale: 150-200 g) dovuta in gran parte all’emopoiesi extrami-
dollare che insorge nel contesto della mielofibrosi avanzata del midollo. La trombocitemia essenziale (TE) è spesso associata a mutazioni
(Per gentile concessione del Dr. Mark Fleming, Department of Pathology, puntiformi che attivano JAK2 (50% dei casi) o MPL (5-10% dei casi),
Children’s Hospital, Boston, MA) un recettore tirosin-chinasico che è normalmente attivato dalla trom-
620 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

bopoietina.61 La TE si manifesta clinicamente con conte ­piastriniche La TE è una malattia indolente con lunghi periodi asintomatici
elevate e si distingue dalla PCV e dalla mielofibrosi primitiva per costellati da occasionali crisi trombotiche o emorragiche. La soprav-
l’assenza di policitemia e di fibrosi midollare, rispettivamente. Nei vivenza media è di 12-15 anni. Le complicanze trombotiche sono
casi privi di mutazioni tirosin-chinasiche devono essere escluse pos- più frequenti nei pazienti con conte piastriniche molto elevate e
sibili cause di trombocitosi reattiva, come patologie ­infiammatorie e mutazioni omozigotiche di JAK2.67 La chemioterapia utilizza farmaci
la carenza di ferro, prima di poter stabilire la diagnosi di TE. non aggressivi che sopprimono la trombopoiesi.
L’attivazione costitutiva di JAK2 o MPL rende i progenitori emo- Mielofibrosi primitiva. Il segno distintivo della mielofibrosi
poietici trombopoietina-indipendenti e causa iperproliferazione primitiva è lo sviluppo di fibrosi obliterativa del midollo osseo. La
midollare. La mutazione di JAK2 è la stessa riscontrata in quasi tutti sostituzione del midollo da parte della fibrosi sopprime l’emopoiesi
i casi di PCV. Non è ancora chiaro il motivo per cui alcuni pazien- midollare, causando citopenia nel sangue periferico ed estesa
ti con mutazioni di JAK2 sviluppano PCV e altri TE. Alcuni casi di emopoiesi extramidollare neoplastica nella milza, fegato e linfo-
“TE” possono infatti essere PCV mascherate da una carenza di ferro nodi. Istologicamente, l’aspetto della mielofibrosi primitiva è iden-
(che è più frequente nei pazienti con TE), ma questo è vero proba- tico alla fase silente che insorge nelle fasi tardive del decorso delle
bilmente solo per una piccolo numero di casi. Pertanto si stanno altre malattie mieloproliferative. Questa somiglianza riguarda
cercando mutazioni di altre tirosin-chinasi nei casi di TE in cui JAK2 anche la patogenesi molecolare che è alla base della mielofibrosi
e MPL sono apparentemente normali. primitiva.
La cellularità del midollo osseo è in genere solo lievemente au- Patogenesi molecolare. Mutazioni attivanti di JAK2 sono pre-
mentata, ma i megacariociti sono spesso molto aumentati di numero senti nel 50-60% dei casi e mutazioni attivanti di MPL in un ulteriore
e includono forme di dimensioni abnormi. Nel midollo si può os- 1-5% dei casi.61 La caratteristica patologica principale è la massiva
servare deposizione di sottili fibrille di reticolina, ma l’evidente fi- deposizione di collagene nel midollo da parte di fibroblasti non
brosi caratteristica della mielofibrosi primitiva è assente. neoplastici. La fibrosi sostituisce inesorabilmente gli elementi
Gli strisci di sangue periferico generalmente mostrano piastrine emopoietici del midollo, comprese le cellule staminali, e alla fine
eccezionalmente grandi (Fig. 13.36), spesso accompagnate da lieve porta a insufficienza midollare. La fibrosi è probabilmente causata
leucocitosi. Si possono verificare modesti fenomeni di emopoiesi dall’inappropriato rilascio di fattori fibrogenici da parte dei mega-
extramidollare, che producono lieve organomegalia in circa il cariociti neoplastici. Due fattori sintetizzati dai megacariociti sono
50% dei pazienti. La TE evolve raramene verso una fase silente di stati chiamati in causa: il fattore di crescita piastrine-derivato
fibrosi midollare e raramente si trasforma in LMA. (Platelet-Derived Growth Factor, PDGF) e il TGFb. Come si ri-
L’incidenza di TE va da 1 a 3 casi per 100.000 abitanti ogni anno. corderà, il PDGF e il TGFb sono fattori mitogeni per i fibroblasti.
Generalmente insorge dopo i 60 anni ma può presentarsi anche in In aggiunta, il TGFb promuove la deposizione di collagene e causa
giovani adulti. Le disfunzioni piastriniche derivate dal clone neopla- angiogenesi, fenomeni entrambi osservati nella mielofibrosi. A
stico possono portare a trombosi ed emorragie, le principali manife- mano a mano che la fibrosi midollare progredisce, le cellule sta-
stazioni cliniche della TE. Le piastrine non sono solo aumentate di minali emopoietiche circolanti si localizzano negli organi emopo-
numero, ma spesso evidenziano anche alterazioni qualitative nei test ietici secondari, quali milza, fegato e linfonodi, determinando la
funzionali. La tipologia degli eventi trombotici assomiglia a quella comparsa di emopoiesi extramidollare. Per ragioni non completa-
osservata nella policitemia vera. Possono verificarsi trombosi venose mente chiare, la produzione di cellule ematiche nelle sedi extra-
profonde, trombosi della vena porta ed epatica, infarto del ­miocardio. midollari è alterata. Questo fatto, più la concomitante soppressione
Un sintomo caratteristico è l’eritromelalgia, il pulsare e il ­bruciore della funzione midollare hanno come risultato una citopenia di
delle mani e dei piedi, causato dall’occlusione delle piccole arteriole entità moderata o grave. Non è chiaro se la mielofibrosi primitiva
da parte degli aggregati piastrinici. L’eritromelalgia può anche essere (in particolare quando associata a mutazioni di JAK2 o MPL)
osservata nei pazienti affetti da policitemia vera con elevata conta sia veramente distinta dalla PCV e dalla TE o se semplicemente
piastrinica. rifletta una progressione estremamente rapida di queste malattie
mieloproliferative verso la loro fase silente.61

Morfologia Nelle fasi precoci del decorso, il midollo è


spesso ipercellulare a causa dell’aumento delle cellule in
via di maturazione di tutte le linee, una caratteristica che
ricorda la PCV. Morfologicamente, i precursori eritroidi e
granulocitari appaiono normali, ma i megacariociti sono
grandi, displastici e raggruppati in modo anomalo. In que-
ste fasi della malattia la fibrosi è minima e nel sangue
periferico si possono osservare leucocitosi e trombocitosi.
Con la progressione, il midollo diventa ipocellulare e dif-
fusamente fibrotico. Si notano gruppi di megacariociti
atipici e spesso si trovano elementi emopoietici all’interno
di sinusoidi dilatati, una manifestazione della grave distor-
sione architetturale causata dalla fibrosi. Nelle fasi finali
della mielofibrosi, lo spazio midollare fibrotico può trasfor-
Figura 13.36 Trombocitosi essenziale. Lo striscio di sangue periferico marsi in tessuto osseo, una modificazione che prende il no-
mostra marcata trombocitosi, comprese piastrine giganti che si avvicinano me di “osteosclerosi.” Queste caratteristiche sono identiche
alle dimensioni dei globuli rossi circostanti.
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 621

come astenia, perdita di peso e sudorazione notturna sono il risultato


a quelle osservate nella fase silente di altre patologie di un aumento del metabolismo causato dall’espansione della massa
mieloproliferative. di cellule emopoietiche. Iperuricemia e gotta secondarie all’elevato
La degenerazione mielofibrotica dello spazio midollare causa tasso di turnover cellulare possono complicare il quadro.
un’estesa emopoiesi extramidollare, soprattutto nella milza, Le analisi di laboratorio mostrano tipicamente un’anemia nor-
che di solito è notevolmente ingrossata, talvolta fino a mocromica normocitica da moderata a grave accompagnata da
4.000 g. Macroscopicamente queste milze sono dure e di leucoeritroblastosi. La conta leucocitaria è generalmente normale o
colore che varia dal rosso al grigio. Come nella LMC, gli in- ridotta, ma nelle fasi iniziali della malattia può essere marcatamente
farti sottocapsulari sono frequenti (si veda Fig. 13.40). Inizial- elevata (80.000-100.000 cellule/mm3). La conta piastrinica è gene-
mente l’emopoiesi extramidollare è limitata ai sinusoidi, ma ralmente normale o elevata al momento della diagnosi ma con il
più tardi si estende a interessare i cordoni splenici. Il fegato progredire della malattia si manifesta trombocitopenia. Questi ri-
può essere moderatamente ingrossato a causa di focolai di scontri nel sangue periferico non sono tuttavia specifici e la biopsia
emopoiesi nei sinusoidi epatici. L’emopoiesi può anche com- del midollo osseo è essenziale per la diagnosi.
parire nei linfonodi, ma una significativa linfoadenopatia è La mielofibrosi primitiva è una malattia molto più difficile da
rara. trattare rispetto alla PCV o alla TE. Il decorso è variabile, ma la
Il sangue periferico mostra alterazioni caratteristiche causate sopravvivenza media va dai 3 ai 5 anni. Rischi per la vita del paziente
dalla mielofibrosi (Fig. 13.37). La distorsione midollare porta includono infezioni ricorrenti, episodi trombotici, emorragie cor-
al rilascio prematuro di precursori granulocitari ed eritrocitari relate alle alterazioni piastriniche e la trasformazione in LMA, che
ancora provvisti di nucleo (leucoeritroblastosi), mentre cel- si verifica nel 5-20% dei casi. Quando la fibrosi midollare è estesa,
lule immature entrano in circolo anche dalle sedi di emopo- la LMA può anche insorgere in sedi extramidollari, come linfonodi
iesi extramidollare. Si osservano spesso globuli rossi a forma o altre sedi inconsuete.
di lacrima (dacriociti), cellule che sono state probabilmente Nei pazienti più giovani si ricorre al trapianto di midollo osseo e
danneggiate durante la loro maturazione nel midollo fibro- gli inibitori delle chinasi rappresentano una futura speranza di te-
tico. Sebbene siano caratteristici della mielofibrosi primitiva, rapia mirata.
la leucoeritroblastosi e i dacriociti si osservano in molte
patologie infiltrative del midollo, comprese patologie granu-
Istiocitosi A Cellule Di Langerhans
lomatose e neoplasie metastatiche.
Altri riscontri frequenti, sebbene non specifici, nel sangue Il termine istiocitosi è una definizione “generale” che indica una serie
periferico sono la presenza di piastrine abnormemente gran- di malattie proliferative delle cellule dendritiche o dei macrofagi. Al-
di e la basofilia. cune, come i rari linfomi “istiocitici”, sono chiaramente maligne, men-
tre altre, come le proliferazioni reattive dei macrofagi nei linfonodi,
sono chiaramente benigne. Tra questi due estremi si trovano le istio-
Caratteristiche cliniche. La mielofibrosi primitiva è meno fre- citosi a cellule di Langerhans, una gamma di proliferazioni di un tipo
quente della PCV e della TE e generalmente insorge in soggetti di età speciale di cellule dendritiche immature chiamate ­cellule di ­Langerhans
superiore ai 60 anni. A eccezione di quando è preceduta da un’altra (Cap. 6). Nella maggior parte dei casi, queste ­proliferazioni sono mo-
malattia mieloproliferativa, essa giunge generalmente ­all’osservazione noclonali e come tali di probabile origine neoplastica.
clinica perché il paziente presenta un’anemia ­ingravescente o un Indipendentemente dal quadro clinico, in queste lesioni prolife-
marcato ingrossamento della milza, che produce una sensazione di rative le cellule di Langerhans presentano abbondante citoplasma,
riempimento nel quadrante superiore sinistro. Sintomi aspecifici spesso vacuolato, e nuclei vescicolari contenenti solchi lineari o
­ripiegamenti (Fig. 13.38 A). La presenza di granuli di Birbeck nel
citoplasma è caratteristica. I granuli di Birbeck, che contengono la
proteina langerina, hanno al microscopio elettronico un’apparenza
pentalaminare, tubulare, a bastoncino e a volte presentano un’estre-
mità dilatata simile a una racchetta da tennis (Fig. 13.38 B). Oltre
alla langerina le cellule tumorali tipicamente esprimono anche HLA-
DR, S-100 e CD1a.
L’istiocitosi a cellule di Langerhans si presenta come diverse entità
clinicopatologiche:

Istiocitosi a cellule di Langerhans multifocale multisistemica (ma-


lattia di Letterer-Siwe). Insorge in genere prima dei 2 anni di età,
ma occasionalmente colpisce gli adulti. Una predominante carat-
teristica clinica è rappresentata da lesioni cutanee simili a un’eru-
zione seborroica, costituite da infiltrati di cellule di Langerhans
nella parte anteriore e posteriore del tronco e sul cuoio capelluto.
La maggior parte dei pazienti mostra concomitanti epatospleno-
megalia, linfoadenopatia, lesioni polmonari e alla fine presenta
Figura 13.37 Mielofibrosi primitiva (striscio di sangue periferico). Sono lesioni ossee destruenti, osteolitiche. L’estesa infiltrazione del
evidenti due precursori eritroidi nucleati e diversi eritrociti a forma di lacrima
(dacriociti). Cellule mieloidi immature erano presenti in altri campi. Un’im- midollo spesso conduce ad anemia, trombocitopenia e predispone
magine identica può essere osservata in altre patologie che producono a infezioni ricorrenti come l’otite media e la mastoidite. In alcuni
distorsione del midollo e fibrosi. casi, le cellule tumorali mostrano segni di anaplasia e tali neoplasie
622 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

vengono talvolta denominate sarcoma a cellule di Langerhans. Il


decorso della malattia non trattata è rapidamente fatale. Con
chemioterapia intensiva, il 50% dei pazienti sopravvive 5 anni.
Istiocitosi a cellule di Langerhans unifocale e multifocale unisiste-
mica (granuloma eosinofilo). È caratterizzata da una prolifera-
zione delle cellule di Langerhans mescolate a un numero varia-
bile di eosinofili, linfociti, plasmacellule e neutrofili. Gli eosinofili
rappresentano generalmente, ma non sempre, la prevalente
componente dell’infiltrato. Il granuloma eosinofilo insorge tipi-
camente nelle cavità midollari delle ossa, più spesso teca cranica,
coste e femore. Meno frequentemente lesioni unisistemiche con
lo stesso quadro istologico insorgono in cute, polmoni o stoma-
co. Le lesioni unifocali colpiscono più spesso il sistema scheletrico
nei bambini più grandi o negli adulti. Le lesioni ossee possono
essere asintomatiche o causare dolore, fragilità ossea e, in alcun
casi, fratture patologiche. La malattia unifocale è indolente,
guarisce spontaneamente o viene curata mediante escissione o
irradiazione locale. La malattia multifocale unisistemica gene-
ralmente colpisce i bambini più piccoli, che presentano multiple
masse ossee erosive le quali talvolta si espandono nei tessuti
molli adiacenti l’osso. ­L’interessamento del peduncolo ipofisario
posteriore dell’ipotalamo causa diabete insipido in circa il 50%
dei pazienti. La combinazione di difetti delle ossa della teca
cranica, diabete insipido ed esoftalmo prende il nome di triade
di Hand-Schuller-­Christian. Molti pazienti vanno incontro a una
risoluzione spontanea; altri possono essere trattati con successo
con la chemioterapia.
Istiocitosi a cellule di Langerhans polmonare. Rappresenta una ca-
tegoria patologica specifica, più spesso osservata in soggetti adulti
fumatori, che può regredire spontaneamente smettendo di fumare.
Generalmente è costituita da una popolazione policlonale di cellule
di Langerhans, cosa che suggerisce che si tratti di un’iperplasia
reattiva piuttosto che di una vera e propria neoplasia.

Un fattore che contribuisce all’homing delle cellule di Langerhans


neoplastiche è l’espressione aberrante dei recettori per le
Figura 13.38 Istiocitosi a cellule di Langerhans. A. Cellule di Langerhans
con nuclei ripiegati o solcati e citoplasma chiaro moderatamente abbon- chemochine.70,71 Ad esempio, mentre le normali cellule di Lan-
dante sono mescolate con alcuni eosinofili. B. Una fotografia al microscopio gerhans dell’epidermide esprimono CCR6, le loro controparti neo-
elettronico mostra i granuli di Birbeck simili a bastoncelli con la caratteristica plastiche migrano nei tessuti che esprimono le relative chemochine
periodicità e l’estremità terminale dilatata. (B. Per gentile concessione del – CCL20 (un ligando per CCR6) in cute e osso e CCL19 e 21 (ligandi
Dr. George Murphy, Department of Pathology, Brigham and Women’s
Hospital, Boston, MA)
per CCR7) negli organi linfoidi.

Milza

La milza costituisce un filtro ideato ingegnosamente per il sangue e La polpa rossa della milza è attraversata da numerosi sinusoidi
un sito di risposta immunitaria agli antigeni veicolati dal sangue. vascolari dalle pareti sottili, separati dai cordoni splenici, denomina-
Normalmente nell’adulto ha un peso di circa 150 g ed è racchiusa ti anche cordoni di Billroth. Il rivestimento endoteliale dei sinusoidi
da una sottile capsula lucida grigio ardesia di tessuto connettivo. La è discontinuo e permette alle cellule ematiche di passare tra sinusoidi
superficie di taglio rivela un’estesa polpa rossa punteggiata da piccole e cordoni. I cordoni contengono un labirinto di macrofagi lassamente
macchie grigie, i follicoli splenici, o Malpighiani, della polpa bianca. connessi mediante lunghi processi dendritici che creano un filtro sia
Questi sono costituiti da un’arteria con un colletto eccentrico di fisico sia funzionale. Attraversando la polpa rossa, il sangue segue
linfociti T, la cosiddetta guaina linfatica periarteriolare. A intervalli, due strade per raggiungere le vene spleniche. Una parte fluisce attra-
questa guaina si espande a formare noduli linfoidi composti prin- verso i capillari nei cordoni splenici, da cui poi gradualmente filtra
cipalmente da linfociti B, in grado di trasformarsi in risposta alla fuori nei sinusoidi splenici circostanti per raggiungere le vene; questa
stimolazione antigenica in centri germinativi identici a quelli osser- è la cosiddetta circolazione “aperta” o compartimento lento. L’altro
vati nei linfonodi (Fig. 13.39). percorso è un circuito “chiuso”, in cui il sangue passa rapidamente e
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 623

4. Sequestro di cellule ematiche mature. La milza normale contiene


solo 30-40 ml di eritrociti, ma questo volume aumenta di molto
in presenza di splenomegalia. La milza ospita normalmente
anche il 30-40% circa della totale massa piastrinica. In caso di
splenomegalia, fino all’80-90% della totale massa piastrinica può
essere sequestrato negli interstizi della polpa rossa, determinando
trombocitopenia. Analogamente, una milza di dimensioni au-
mentate può intrappolare un numero tale di leucociti da causare
anche leucopenia.

Come unità più grande del sistema dei fagociti mononucleati,


la milza è coinvolta in tutte le infiammazioni sistemiche, nelle
malattie emopoietiche generalizzate e in molti disturbi metabolici.
In ciascuna di queste condizioni, la milza va incontro a un au-
mento delle dimensioni (splenomegalia), che è la principale ma-
nifestazione delle patologie di questo organo. La milza raramente
costituisce la sede primitiva di una malattia.
L’insufficienza splenica dovuta a splenectomia o ad autoinfarto
(come nell’anemia falciforme) ha una principale manifestazione
clinica: l’aumentata suscettibilità alla sepsi causata da batteri prov-
visti di capsula come pneumococco, meningococco e Haemophilus
influenzae. La perdita della funzione di filtro e della produzione
di anticorpi contribuiscono entrambe a un maggiore rischio di
sepsi, che può anche essere fatale. Per questo motivo, tutti gli
­individui privi di milza dovrebbero essere vaccinati contro questi
Figura 13.39 Architettura normale della milza. (Modificata da Faller DV: agenti infettivi.
Diseases of the spleen. In Wyngaarden JB, Smith LH (eds): Cecil Textbook
of Medicine, 18th ed. Philadelphia, WB Saunders, 1988, p. 1036)
Splenomegalia
direttamente dai capillari alle vene spleniche. Sebbene solo una Se raggiunge dimensioni sufficientemente grandi, la milza causa una
­piccola parte del sangue che entra nella milza segua il percorso aperto, sensazione di peso nel quadrante superiore sinistro e, per la pres-
nell’arco di un giorno l’intero volume ematico passa attraverso i letti sione esercitata sullo stomaco, di fastidio postprandiale. Inoltre,
di filtrazione dei cordoni splenici, dove le cellule ematiche vengono l’aumento delle dimensioni della milza può causare una sindrome
ispezionate e controllate dai macrofagi della polpa rossa. nota come ipersplenismo, caratterizzata da anemia, leucopenia,
La milza svolge quattro funzioni che possono rivestire un ruolo trombocitopenia, da sole o in varie combinazioni. La probabile causa
rilevante in varie condizioni patologiche: delle citopenie è l’aumentato sequestro delle cellule ematiche e il
conseguente aumento della fagocitosi da parte dei macrofagi sple-
1. Fagocitosi delle cellule ematiche e di materiale particolato. Come nici. Una lista delle principali patologie associate a splenomegalia è
discusso nella sezione dedicata alle anemie emolitiche (Cap. 14), riportata nella Tabella 13.12. La splenomegalia è stata già discussa
i globuli rossi vanno incontro a un’estrema deformazione durante separatamente in quasi tutte queste condizioni. Restano solo da
il passaggio dai cordoni ai sinusoidi. Nelle condizioni in cui considerare pochi disordini.
l’elasticità eritrocitaria è ridotta, gli eritrociti restano intrappolati
nei cordoni dove sono rapidamente fagocitati dai macrofagi. I Splenite Acuta Aspecifica
macrofagi splenici sono responsabili anche del “pitting” (fora-
mento) dei globuli rossi, il processo mediante il quale vengono L’aumento di volume della milza insorge in qualunque infezione
rimosse inclusioni come i corpi di Heinz e di Howell-Jolly, e della diffusa per via ematica. La reazione splenica aspecifica in queste
rimozione di materiale particolato, come i batteri, dal sangue. ­infezioni è causata sia dagli agenti microbiologici stessi che dal-
2. Produzione di anticorpi. Le cellule dendritiche presenti nella guaina le ­c itochine che vengono rilasciate come parte della risposta
linfatica periarteriosa intrappolano gli antigeni e li ­presentano ai immunitaria.
linfociti T. L’interazione tra cellule B e T ai ­margini dei follicoli
della polpa bianca porta alla generazione di ­plasmacellule, che si
localizzano perlopiù nei seni della polpa rossa. La milza sembra Morfologia La milza è ingrossata (200-400 g) e di consistenza
essere un’importante sorgente di anticorpi diretti contro le piastrine molle. Microscopicamente, la principale caratteristica è la con-
e gli eritrociti nella porpora trombocitopenica autoimmune e nelle gestione acuta della polpa rossa, che può quasi cancellare i
anemie immunoemolitiche, entrambe t­ rattate nel Capitolo 14. follicoli linfoidi. Nella polpa bianca e rossa sono generalmente
3. Emopoiesi. L’emopoiesi splenica cessa normalmente prima della presenti neutrofili, plasmacellule e talvolta eosinofili. In alcuni
nascita, ma può essere riattivata in caso di gravi anemie. Come casi i follicoli della polpa bianca vanno incontro a necrosi, in
abbiamo visto, la milza può anche divenire una sede importante particolare quando l’agente eziologico è uno streptococco
di emopoiesi extramidollare nelle malattie mieloproliferative, emolitico. Raramente, si verifica la formazione di ascessi.
come la leucemia mieloide cronica.
624 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

Tabella 13.12 Patologie associate a splenomegalia di cirrosi alcolica e di cirrosi emocromatosica causa un notevole
aumento di volume della milza. Altre forme di cirrosi sono coinvolte
i. infezioni meno frequentemente.
Splenite aspecifica in varie infezioni a diffusione per via ematica La splenomegalia congestizia può anche essere causata da ostru-
(in particolare endocardite infettiva) zione della vena porta extraepatica o della vena splenica. Questa può
Mononucleosi infettiva essere il risultato di una trombosi spontanea della vena porta, gene-
Tubercolosi ralmente associata ad alcune patologie ostruttive intraepatiche, o di
Febbre tifoide
Brucellosi
una infiammazione della vena porta (pileflebite), come conseguenza
Citomegalovirus di infezioni intraperitoneali. La trombosi della vena splenica può
Sifilide essere causata da neoplasie infiltranti che insorgono negli organi
Malaria limitrofi, come il carcinoma dello stomaco o del pancreas.
Istoplasmosi
Toxoplasmosi
Kala-azar
Tripanosomiasi Morfologia Una congestione splenica di lunga durata de-
Schistosomiasi termina un ingrossamento marcato (1.000-1.500 g). L’organo
Leishmaniosi è di consistenza dura e la capsula è generalmente ispessita
Echinococcosi
e fibrosa. Microscopicamente, la polpa rossa diviene all’inizio
ii. stati congestizi relativi all’ipertensione portale congesta, ma poi, col tempo, diventa sempre più fibrotica e
cellulata. L’elevata pressione venosa portale stimola la
Cirrosi epatica
Trombosi venosa portale o splenica ­deposizione di collagene a livello della membrana basale dei
Insufficienza cardiaca sinusoidi, che appaiono dilatati a causa della rigidità delle
loro pareti. Il risultante rallentamento del flusso sanguigno
iii. patologie linfoematogene dai cordoni ai sinusoidi prolunga l’esposizione delle cellule
Linfoma di Hodgkin ematiche ai macrofagi, causando una loro eccessiva distru-
Linfomi non Hodgkin e leucemie linfocitiche zione (ipersplenismo).
Mieloma multiplo
Malattie mieloproliferative
Anemie emolitiche

iv. condizioni immunologiche-infiammatorie Infarti Splenici


Artrite reumatoide
Lupus eritematoso sistemico Gli infarti splenici sono comuni lesioni causate dall’occlusione
dell’arteria splenica principale o di uno qualunque dei suoi rami. La
v. malattie da accumulo
milza, insieme a reni ed encefalo, è una delle sedi dove più frequen-
Morbo di Gaucher temente si localizzano gli emboli. In una milza di normali dimensioni,
Morbo di Niemann-Pick gli infarti sono in genere causati da emboli che provengono dal cuore.
Mucopolisaccaridosi
Gli infarti possono essere piccoli o grandi, singoli o m ­ ultipli, e pos-
vi. patologie varie sono persino coinvolgere l’intero organo. Sono generalmente non
Amiloidosi
complicati, tranne che nei pazienti con endocardite infettiva della
Neoplasie e cisti primitive valvola aortica o mitralica, in cui gli infarti settici sono frequenti. Gli
Neoplasie secondarie infarti sono comuni anche nelle milze marcatamente ingrandite,
indipendentemente da possibili cause, presumibilmente perché l’ir-
rorazione sanguigna è scarsa e viene compromessa facilmente.
Splenomegalia Congestizia
Morfologia Gli infarti lievi sono tipicamente pallidi, a forma
L’ostruzione venosa cronica causa una forma di ingrossamento sple- di cuneo e in posizione sottocapsulare. La capsula sovrastan-
nico che prende il nome di splenomegalia congestizia. L’ostruzione te è spesso ricoperta di fibrina (Fig. 13.40). Negli infarti settici,
venosa può essere causata da patologie intraepatiche, che ritardano il l’aspetto viene modificato dalla necrosi suppurativa. Nel
drenaggio venoso portale, oppure può essere causata da patologie corso del processo di guarigione si sviluppano spesso grandi
extraepatiche, che interferiscono direttamente con le vene porta e sple- cicatrici appiattite.
nica. Tutti questi disturbi si traducono alla fine in ipertensione portale
o splenica. La congestione venosa sistemica, o centrale, si manifesta
negli scompensi cardiaci che interessano il lato destro del cuore, come
può accadere con patologie della valvola tricuspide o polmonare, nel Neoplasie
cuore polmonare cronico o in seguito a insufficienza cardiaca sinistra.
La congestione sistemica è associata a una milza di dimensioni solo L’interessamento della milza da parte di neoplasie è raro se si eccet-
moderatamente aumentate e che supera raramente i 500 g di peso. tuano le neoplasie mieloidi e linfoidi, che (come è stato discusso in
La cirrosi epatica è la principale causa di splenomegalia congestizia precedenza) spesso causano splenomegalia. La milza può essere
massiva. La fibrosi epatica “a canna di pipa” della schistosomiasi interessata da fibromi, osteomi, condromi, linfangiomi ed ­emangiomi
causa una splenomegalia congestizia particolarmente grave. Anche benigni. Tra queste patologie, i linfangiomi e gli emangiomi sono le
il diffuso processo di cicatrizzazione fibrosa che si verifica nei casi lesioni più comuni e spesso sono entrambi di tipo cavernoso.
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 625

alla milza normale. Possono essere riscontrate in qualsiasi parte della


cavità addominale. Le milze accessorie sono di grande importanza
clinica in alcune patologie ematologiche, come la sferocitosi ereditaria
e la porpora trombocitopenica idiopatica, in cui la splenectomia viene
utilizzata come trattamento. Se una milza accessoria viene ignorata
oppure non viene identificata al momento dell’intervento di splenec-
tomia, il beneficio terapeutico derivato dalla rimozione della milza
vera e propria può ridursi o essere perso interamente.

Rottura
La rottura splenica è generalmente precipitata da traumi evidenti, a
volte massivi.
Molto meno spesso si osserva in apparente assenza di eventi
Figura 13.40 In questa milza, notevolmente ingrossata (2.820 g; nor-
traumatici. Tali “rotture spontanee” non interessano mai milze per-
male: 150-200 g) a causa dell’emopoiesi extramidollare secondaria a una fettamente normali, ma derivano piuttosto da danni fisici di scarsa
malattia mieloproliferativa (mielofibrosi), sono presenti infarti splenici mul- entità che interessano una milza resa più debole da sottostanti con-
tipli ben circoscritti. Gli infarti recenti sono emorragici, mentre gli infarti più dizioni patologiche. Tra le più fequenti condizioni predisponenti
vecchi, più fibrotici, sono di un colore giallo-grigio chiaro. bisogna considerare la mononucleosi infettiva, la malaria, la febbre
tifoide e le neoplasie linfoidi. Queste patologie determinano un
rapido aumento di dimensioni della milza, producendo una sottile
Anomalie congenite capsula splenica tesa, suscettibile alla rottura.
La rottura splenica è un evento drammatico che spesso precipita
La completa assenza della milza è rara ed è generalmente associata un’emorragia intraperitoneale, la quale deve essere immediatamente
ad altre anomalie congenite, quali il situs viscerum inversus e mal- trattata con splenectomia per prevenire un decesso da shock
formazioni cardiache. L’ipoplasia è un riscontro più frequente. emorragico.
Le milze accessorie (spleniculi) sono comuni, dal momento che sono Le milze ­cronicamente ingrossate sono poco suscettibili alla rottura
presenti, singole o multiple, nel 20-35% degli esami autoptici. Sono a causa dei fenomeni di fibrosi reattiva che portano a un ispessimento
piccole strutture sferiche, istologicamente e funzionalmente identiche a quindi a un irrobustimento della capsula e della polpa spleniche.

Timo

Un tempo organo relegato nell’oscurità, il timo ha acquisito un ruolo Come è noto da precedenti considerazioni sul timo a proposito
da protagonista nell’immunità cellulo-mediata (come illustrato in dell’immunità, le cellule progenitrici originanti dal midollo osseo
dettaglio nel Cap. 6). In questa sede, il nostro interesse si concentra migrano nel timo e maturano in cellule T. Dal timo le cellule T mature
sulle patologie della ghiandola stessa. vengono esportate in tutto il resto del corpo ma solo dopo essere state
Il timo deriva embriologicamente dalla terza e, variabilmente, educate a riconoscere tra antigeni self e non all’“università del timo”.
dalla quarta coppia di tasche faringee. Alla nascita pesa da 10 a 35 g Durante l’età adulta la produzione timica di cellule T declina lenta-
e continua a crescere fino alla pubertà, quando raggiunge un peso mente a mano a mano che l’organo va incontro ad atrofia.
massimo di 20-50 g. Va successivamente incontro a progressiva in- Nel timo si trovano anche macrofagi, cellule dendritiche, una
voluzione, fino a raggiungere poco più di 5-15 g nell’anziano. Il timo popolazione minoritaria di linfociti B, rari neutrofili ed eosinofili, e
può anche andare incontro a involuzione nei bambini e nei giovani cellule mioidi (simil- muscolari). Le cellule mioidi sono di partico-
adulti in seguito a gravi malattie e a infezione da HIV. lare interesse dal momento che si sospetta che abbiano un ruolo
Il timo completamente sviluppato è composto da due lobi fusi prov- nello sviluppo della miastenia grave, una malattia muscoloschele-
visti di capsula. Estensioni fibrose della capsula dividono ciascun lobo trica di origine immunologica.
in numerosi lobuli, ognuno con uno strato corticale esterno che cir- Le modificazioni patologiche del timo inteso come entità anato-
conda la parte midollare al centro del lobulo. Diversi sono i tipi di mica sono relativamente poche e sono descritte in questa sede. Le
cellule che si trovano nel timo, ma le cellule epiteliali timiche e i linfociti modificazioni associate alla miastenia grave sono prese in conside-
T immaturi sono di gran lunga gli elementi predominanti. Le cellule razione nel Capitolo 27.
epiteliali corticali, periferiche, sono di forma poligonale e hanno ab-
bondante citoplasma con estensioni dendritiche che entrano in contatto
con le cellule adiacenti. Al contrario, le cellule epiteliali nella parte Malattie dello sviluppo del timo
midollare sono raggruppate più densamente, spesso di aspetto fusifor-
me e hanno scarso citoplasma privo di processi dendritici. Strutture L’ipoplasia, o aplasia, timica si osserva nella sindrome di DiGeorge,
spiraliformi di cellule epiteliali midollari formano i corpuscoli di Has- caratterizzata da un grave deficit dell’immunità cellulo-mediata e da
sall, con la caratteristica zona centrale cheratinizzata. variabili anomalie dello sviluppo paratiroideo con ipoparatiroidismo.
626 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

Come discusso nel Capitolo 5, la sindrome di DiGeorge è spesso talvolta nel collo, nella tiroide, nell’ilo polmonare o altrove. I timomi
associata ad altri difetti organogenetici come parte della sindrome sono rari nel mediastino posteriore ma rappresentano il 20-30% ­delle
da delezione di 22q11. neoplasie del mediastino anterosuperiore, che è anche una frequente
Le cisti timiche isolate sono lesioni rare, generalmente identificate sede di insorgenza di alcuni linfomi.
incidentalmente dopo la morte o nel corso di interventi chirurgici.
Raramente superano i 4 cm di diametro, possono essere sferiche o
ramificate e sono rivestite da epitelio stratificato o colonnare. Il Morfologia Macroscopicamente, i timomi sono masse lo-
contenuto liquido può essere sieroso o mucinoso ed è spesso modi- bulate, compatte, di colore grigio-bianco che raggiungono i
ficato da fenomeni emorragici. 15-20 cm. Talvolta hanno aree di necrosi cistica e di calcifica-
Mentre le cisti isolate non sono significative dal punto di vista zione. La maggior parte è provvista di una capsula, ma il
clinico, le masse timiche neoplastiche (di qualunque origine) com- 20-25% delle neoplasie penetra la capsula tumorale e infiltra
primono e distorcono il timo normale e talvolta provocano la for- le strutture e i tessuti adiacenti.
mazione di cisti. Quindi, la presenza di una cisti del timo in un I timomi non invasivi sono composti in genere da cellule epi-
soggetto sintomatico dovrebbe indurre all’approfondita ricerca di teliali di tipo midollare o da una mescolanza di cellule epiteliali
una lesione neoplastica, in particolare un linfoma o un timoma. di tipo corticale e midollare. Le cellule epiteliali di tipo midol-
lare sono allungate o fusiformi (Fig. 13.41 A). L’infiltrato di
­timociti, che spesso ricapitolano il fenotipo dei timociti midol-
Iperplasia timica lari, è di regola piuttosto scarso. Nei timomi misti vi è una
mescolanza di cellule epiteliali poligonali di tipo corticale, e un
Il termine iperplasia timica è piuttosto fuorviante, dal momento che infiltrato linfocitario più denso. Le forme midollari e quelle
generalmente si applica alla comparsa di centri germinativi B cellu-
lari all’interno del timo, un reperto che viene comunemente deno-
minato iperplasia follicolare del timo. Tali follicoli B cellulari sono
presenti solo in piccolo numero nel timo normale. Sebbene l’iper-
plasia follicolare possa manifestarsi in una serie di condizioni
­infiammatorie e di patologie immunologiche, si riscontra più fre-
quentemente nella miastenia grave, in cui è presente nel 65-75% dei
casi (Cap. 27). Modificazioni simili si riscontrano talvolta nel morbo
di Graves, nel lupus eritematoso sistemico, nella sclerodermia,
nell’artrite reumatoide e in altre patologie autoimmuni. In alcuni
casi, un timo morfologicamente normale è semplicemente di grandi
dimensioni per l’età del paziente. Come menzionato, la dimensione
del timo varia fortemente e non è chiaro se questa situazione rap-
presenti una vera iperplasia o sia semplicemente una variante nor-
male. Il significato più importante di questa “iperplasia” timica è che
può essere scambiata radiologicamente per un timoma, e può cau-
sare interventi chirurgici non necessari.

Timomi
Nel timo possono insorgere numerose neoplasie – tumori a cellule
germinali, linfomi, carcinoidi e altre ancora – ma il termine “timoma”
è riservato alle neoplasie delle cellule epiteliali timiche. Tali tumori con-
tengono tipicamente anche cellule T benigne immature (timociti).
L’OMS ha creato un sistema di classificazione per i timomi basato
sull’istologia, ma la sua utilità clinica non è stata ancora validata.
Verrà pertanto seguita una classificazione che si basa sulle caratte-
ristiche prognostiche più importanti, sullo stadio clinicopatologico
e sulla presenza o assenza di caratteristiche morfologiche di
­malignità. In questo semplice sistema vi sono solo tre sottotipi
istologici:

Neoplasie morfologicamente benigne e non invasive Figura 13.41 Timoma. A. Timoma benigno (tipo midollare). Le cellule
Neoplasie morfologicamente benigne ma invasive o metastatiche epiteliali neoplastiche sono disposte a vortice e hanno nuclei di piatti, ovali
Neoplasie morfologicamente maligne (carcinoma timico) o allungati con nucleoli poco appariscenti. Sono frammiste solo poche
cellule linfoidi reattive di piccola taglia. B. Timoma maligno. Le cellule epi-
In tutte queste categorie, i tumori si manifestano generalmente teliali neoplastiche sono poligonali e hanno nuclei piatti rotondi od ovali con
nucleoli poco appariscenti. Sono frammiste numerose piccole cellule linfoidi
in soggetti adulti di età superiore ai 40 anni; i timomi sono rari nei reattive. L’aspetto morfologico di questo tumore è identico a quello dei ti-
bambini. Uomini e donne sono colpiti in ugual misura. La maggior momi benigni di tipo corticale. In questo caso, tuttavia, il tumore era local-
parte delle neoplasie insorge nel mediastino anterosuperiore, ma mente aggressivo e ha invaso il polmone e il pericardio adiacenti.
CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo 627

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neoplasie che hanno una predominanza di cellule epiteliali di 5. Sagaert X et al.: The pathogenesis of MALT lymphomas: where do we stand?
tipo midollare non sono in genere invasive. Leukemia 21:389, 2007.
Il termine timoma invasivo fa riferimento a una neoplasia che 6. Jost PJ, Ruland J: Aberrant NF-kappaB signaling in lymphoma: mechanisms,
è morfologicamente benigna ma localmente invasiva. Questi consequences, and therapeutic implications. Blood 109:2700, 2007.
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tumori possono metastatizzare. Le cellule epiteliali sono in large B-cell lymphoma. Curr Opin Hematol 15:381, 2008.
genere della varietà corticale, con abbondante citoplasma e 8. Dorsett Y et al.: A role for AID in chromosome translocations between c-myc
nuclei tondi di aspetto vescicolare (Fig. 13.41 B). Le cellule and the IgH variable region. J Exp Med 204:2225, 2007.
epiteliali sono di regola frammiste a ­numerosi timociti. In al- 9. Ramiro AR et al.: Role of genomic instability and p53 in AID-induced c-myc-Igh
cuni casi le cellule mostrano atipie ­citologiche, una caratteri- translocations. Nature 440:105, 2006.
10. Pasqualucci L et al.: Hypermutation of multiple proto-oncogenes in B-cell diffuse
stica che correla con la tendenza a un ­comportamento più large-cell lymphomas. Nature 412:341, 2001.
aggressivo. Queste neoplasie del costituiscono circa il 20-25% 11. Harris NL et al.: World Health Organization classification of neoplastic diseases of
di tutti i timomi. Per definizione, i timomi invasivi infiltrano la the hematopoietic and lymphoid tissues: report of the Clinical Advisory Committee
capsula tumorale e invadono le strutture circostanti. L’entità meeting–Airlie House. Virginia, November 1997, J Clin Oncol 17:3835, 1999.
12. Szczepanski T: Why and how to quantify minimal residual disease in acute
dell’invasione è stata suddivisa in vari stadi, la cui descrizione lymphoblastic leukemia? Leukemia 21:622, 2007.
va oltre lo scopo di questo capitolo. Quando l’invasione è 13. Nabhan C et al.: Minimal residual disease in chronic lymphocytic leukaemia: is
minima, l’escissione completa garantisce una sopravvivenza it ready for primetime? Br J Haematol 136:379, 2007.
a 5 anni superiore al 90%, mentre se l’invasione è estesa si 14. Aster JC et al.: Notch signaling in leukemia. Annu Rev Pathol 3:587, 2008.
associa a un tasso di sopravvivenza a 5 anni inferiore al 50%. 15. Mullighan CG et al.: Genome-wide analysis of genetic alterations in acute lym-
phoblastic leukaemia. Nature 446:758, 2007.
Il carcinoma timico rappresenta circa il 5% dei timomi. 16. Greaves MF et al.: Leukemia in twins: lessons in natural history. Blood 102:2321,
­Macroscopicamente, si tratta in genere di masse carnose, 2003.
invasive con chiari aspetti invasivi, talvolta accompagnate a 17. Schultz KR et al.: Risk- and response-based classification of childhood B-pre-
diffusione metastatica in varie sedi come i polmoni. Micro- cursor acute lymphoblastic leukemia: a combined analysis of prognostic markers
from the Pediatric Oncology Group (POG) and Children’s Cancer Group (CCG).
scopicamente, la maggior parte è costituita da carcinomi Blood 109:926, 2007.
timici a cellule squamose. La seconda variante in ordine di 18. Pfeifer H et al.: Kinase domain mutations of BCR-ABL frequently precede
fequenza è il carcinoma timico linfoepitelioma-simile, un imatinib-based therapy and give rise to relapse in patients with de novo Phila-
tumore composto da nidi di cellule con bordi indistinti che delphia-positive acute lymphoblastic leukemia. Blood 110:727, 2007.
ha una stretta somiglianza istologica con il carcinoma rino- 19. Calin GA, Croce CM: Genomics of chronic lymphocytic leukemia microRNAs
as new players with clinical significance. Semin Oncol 33:167, 2006.
faringeo. Circa il 50% dei carcinomi linfoepitelioma-simili 20. Bouley J et al.: New molecular markers in resistant B CLL. Leuk Lymphoma
contiene genoma del virus di Epstein-Barr in conformazione 47:791, 2006.
monoclonale, cosa che indica un ruolo di questo virus nella 21. Endo T et al.: BAFF and APRIL support chronic lymphocytic leukemia B-cell
loro patogenesi. È stata descritta una serie di altri quadri survival through activation of the canonical NF-kappaB pathway. Blood 109:703,
2007.
istologici meno comuni di carcinoma timico tutti caratterizzati 22. Alinari L et al.: Alemtuzumab (Campath-1H) in the treatment of chronic lym-
da atipie citologiche. phocytic leukemia. Oncogene 26:3644, 2007.
23. Tsimberidou AM, Keating MJ: Richter’s transformation in chronic lymphocytic
leukemia. Semin Oncol 33:250, 2006.
Caratteristiche cliniche. Circa il 40% dei timomi si presenta con 24. Dave SS et al.: Prediction of survival in follicular lymphoma based on molecular
features of tumor-infiltrating immune cells. N Engl J Med 351:2159-2169,
sintomi che derivano dal contatto degli stessi con le altre strutture 2004.
mediastiniche. Un altro 30-45% viene identificato durante la valu- 25. Kuppers R: Prognosis in follicular lymphoma—it’s in the microenvironment.
tazione clinica di pazienti con miastenia grave. I restanti timomi N Engl J Med 351:2152, 2004.
vengono scoperti incidentalmente durante studi di imaging o inter- 26. Staudt LM, Dave S: The biology of human lymphoid malignancies revealed by
gene expression profiling. Adv Immunol 87:163, 2005.
venti di chirurgia cardiotoracica. Oltre alla miastenia grave, altre 27. Abramson JS, Shipp MA: Advances in the biology and therapy of diffuse large
patologie autoimmuni associate ai timomi includono ipogamma- B-cell lymphoma: moving toward a molecularly targeted approach. Blood
globulinemia, aplasia eritrocitaria pura, morbo di Graves, anemia 106:1164, 2005.
perniciosa, dermatomiosite-polimiosite e sindrome di Cushing. La 28. Parekh S et al.: BCL6 programs lymphoma cells for survival and differentiation
base di questa associazione tra timoma e patologie autoimmuni è through distinct biochemical mechanisms. Blood 10:2067, 2007.
29. Phan RT et al.: BCL6 interacts with the transcription factor Miz-1 to suppress
tuttora ignota, ma i timociti che nascono nei timomi danno origine the cyclin-dependent kinase inhibitor p21 and cell cycle arrest in germinal center
a cellule T CD4+ e CD8+ a lunga sopravvivenza e i timomi corticali, B cells. Nat Immunol 6:1054, 2005.
le forme di timoma più ricche in timociti, si associano con maggiore 30. Phan RT, Dalla-Favera R: The BCL6 proto-oncogene suppresses p53 expression
probabilità a patologie autoimmuni. È quindi probabile che anomalie in germinal-centre B cells. Nature 432:635, 2004.
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nella selezione o nell’“istruzione” delle cellule T che maturano derived MYC mutants. Nature 436:807, 2005.
nell’alterato ambiente della neoplasia contribuiscano allo sviluppo 32. Dave SS et al.: Molecular diagnosis of Burkitt’s lymphoma. N Engl J Med 354:2431,
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628 CAPITOLO 13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo

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14
Malattie dei globuli rossi
ed emorragiche
Anemie Malattie emorragiche da riduzione del numero
Anemie da perdita ematica di piastrine: trombocitopenia
Perdita ematica acuta Porpora immune trombocitopenica (PIT) cronica
Perdita ematica cronica Porpora immune trombocitopenica acuta
Anemie emolitiche Trombocitopenia indotta da farmaci
Sferocitosi ereditaria (SE) Trombocitopenia associata ad HIV
Malattia emolitica dovuta a difetti enzimatici dei globuli Microangiopatie trombotiche: porpora trombotica
rossi: deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi trombocitopenica e sindrome emolitico-uremica
Anemia falciforme Malattie emorragiche da difetti nelle funzioni delle
Sindromi talassemiche piastrine
Emoglobinuria parossistica notturna Diatesi emorragiche da alterazioni dei fattori della
Anemia immunoemolitica coagulazione
Anemia emolitica da traumi dei globuli rossi Complesso fattore VIII-vWF
Anemie da diminuita eritropoiesi Malattia di von Willebrand
Anemie megaloblastiche Emofilia A (deficit di fattore VIII)
Anemia da carenza di ferro Emofilia B (malattia di Christmas, deficit di fattore IX)
Anemia associata a malattie croniche Coagulazione intravascolare disseminata (CID)
Aplasia midollare (anemia aplastica)
Aplasia eritroblastica pura
Altre forme di insufficienza midollare
Policitemia
Patologie dell’emostasi: diatesi emorragiche
Malattie emorragiche causate da anomalie
della parete vascolare
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629
630 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

Saranno trattate in questo capitolo innanzitutto le malattie dei glo- quando ci sono alterazioni nel volume del plasma provocate dalla
buli rossi. Tra queste, di sicuro le più importanti sono le anemie, ritenzione idrica o dalla disidratazione.
ossia stati carenziali dei globuli rossi che in genere non hanno natura Esistono numerose classificazioni dell’anemia. Seguiremo quella
neoplastica. Completeremo la nostra rassegna delle malattie emati- che si basa sui meccanismi patogenetici presentati nella Tabella 14.1.
che trattando le principali patologie dell’emostasi. Un altro utile approccio clinico classifica l’anemia in base alle alte-
razioni nella morfologia dei globuli rossi, che spesso indicano cause
particolari. Caratteristiche morfologiche che forniscono indizi ezio-
Anemie logici comprendono le dimensioni dei globuli rossi (normociti,
microciti o macrociti); il grado di emoglobinizzazione, che si riflette
L’anemia è definita come una riduzione sotto i limiti normali della nel colore dei globuli rossi (normocromici o ipocromici) e la forma.
massa totale di globuli rossi circolanti. L’anemia riduce la capacità di In genere, le anemie microcitiche ipocromiche sono causate da
trasportare ossigeno da parte del sangue e causa l’ipossia tissutale. anomalie della sintesi dell’emoglobina (in genere per carenza di
Nella pratica, la misurazione della massa eritrocitaria non è semplice ferro), mentre le anemie macrocitiche sono spesso provocate da
e l’anemia in genere si diagnostica sulla diminuzione dell’ematocrito anomalie che compromettono la maturazione dei precursori eritroidi
(il volume di globuli rossi sedimentati rispetto al volume ematico nel midollo osseo. Le anemie normocromiche e normocitiche hanno
totale) e sulla riduzione della concentrazione di emoglobina nel san- differenti eziologie: in alcune di queste la causa può essere rintrac-
gue. Questi valori sono in relazione con la massa eritrocitaria tranne ciata nelle anomalie nella forma dei globuli rossi (individuabile

TABELLA 14.1 Classificazione delle anemie in base al meccanismo patogenetico


Meccanismo Esempi specifici

PERDITA EMATICA

Perdita ematica acuta Trauma


Perdita ematica cronica Lesioni del tratto gastrointestinale, patologie ginecologiche*

AUMENTO DELLA DISTRUZIONE DI GLOBULI ROSSI (EMOLISI)

Alterazioni genetiche ereditarie


Anomalie della membrana del globulo rosso Sferocitosi ereditaria, ellissocitosi ereditaria
Deficit enzimatico
   Deficit degli enzimi dello shunt dell’esoso monofosfato Deficit di G6PD, deficit della glutatione-sintetasi
   Deficit degli enzimi glicolitici Deficit di piruvato-chinasi, deficit di esochinasi
Anomalie dell’emoglobina
   Deficit di sintesi di globina Sindromi talassemiche
   Globine con anomalie strutturali (emoglobinopatie) Anemia falciforme, emoglobine instabili
Deficit genetico acquisito
Deficit delle proteine legate a fosfatidilinositolo Emoglobinuria parossistica notturna
Distruzione mediata dagli anticorpi Malattia emolitica del neonato (malattia da Rh), reazioni
trasfusionali, disturbi autoimmuni indotti dai farmaci
Trauma meccanico
Anemie emolitiche microangiopatiche Sindrome emolitico-uremica, coagulazione intravascolare
disseminata, porpora trombotica trombocitopenica
Emolisi traumatica cardiaca Difetti nelle valvole cardiache
Traumi fisici ripetuti Suonare il bongo, correre la maratona, tagli di mano di karate
Infezione dei globuli rossi Malaria, babesiosi
Danni tossici o chimici Sepsi da clostridi, veleno di serpente, avvelenamento da piombo
Anomalie dei lipidi della membrana Abetalipoproteinemia, malattia grave epatocellulare del fegato
Sequestro Ipersplenismo

RIDUZIONE DELLA PRODUZIONE DI GLOBULI ROSSI

Alterazioni genetiche ereditarie


Difetti che portano alla deplezione delle cellule staminali Anemia di Fanconi, deficit della telomerasi
Difetti che coinvolgono la maturazione degli eritroblasti Sindromi talassemiche
Carenze nutrizionali
Deficit che coinvolgono la sintesi del DNA Carenza di B12 e folati
Deficit che coinvolgono la sintesi dell’emoglobina Anemia da carenza di ferro
Carenza di eritropoietina Insufficienza renale, anemia associata a malattie croniche
Danno immuno-mediato dei progenitori Aplasia midollare, aplasia eritroblastica pura
Sequestro di ferro mediato dall’infiammazione Anemia associata a malattie croniche
Neoplasie emopoietiche primitive Leucemia acuta, mielodisplasia, malattie mieloproliferative (Cap. 13)
Lesioni occupanti spazio del midollo Neoplasie metastatiche, malattia granulomatosa
Infezione dei progenitori dei globuli rossi Infezione da parvovirus B19
Meccanismi sconosciuti Malattie endocrine, malattia epatocellulare del fegato

G6PD, Glucosio-6-fosfato deidrogenasi.


*
Molto spesso causa anemia dovuta a carenza di ferro, non per emorragia.
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 631

TABELLA 14.2 Range di riferimento dei globuli rossi negli adulti*


Misurazioni (unità di misura) Uomini Donne
Emoglobina (g/dl) 13,6-17,2 12,0-15,0
Ematocrito (%) 39-49 33-43
6
Conta dei globuli rossi (310 /ml) 4,3-5,9 3,5-5,0
Conta dei reticolociti (%) 0,5-1,5
Volume corpuscolare medio (fl) 82-96
Emoglobina corpuscolare media (pg) 27-33
Concentrazione corpuscolare media 33-37
di emoglobina (g/dl)
Ampiezza di distribuzione dei globuli rossi 11,5-14,5
*
I valori di riferimento variano fra i laboratori. Per interpretare i risultati vanno sempre con-
siderati i valori di riferimento del laboratorio che li fornisce.

mediante l’esame ­microscopico di uno striscio di sangue periferico). di liquido provoca emodiluizione e una diminuzione dell’ematocrito.
Gli altri indici possono comunque essere osservati negli strisci, ma La riduzione dell’ossigenazione induce un aumento nella secrezione
la misurazione esatta va eseguita nei laboratori dotati di strumenti di eritropoietina dal rene, che stimola la ­proliferazione dei progenitori
adeguati. Gli indici di misura più utili dei globuli rossi sono i eritroidi predestinati (CFU-E) nel midollo (si veda Fig. 13.1). Occor-
seguenti: rono circa 5 giorni perché le cellule che originano da queste CFU-E
maturino e appaiano come globuli rossi appena rilasciati ­(reticolociti)
Volume corpuscolare medio: il volume medio di un globulo rosso, nel sangue periferico. Se si verifica una perdita di globuli rossi interna,
espresso in femtolitri (fl). come nella cavità peritoneale, il ferro dell’emoglobina è recuperato,
Emoglobina corpuscolare media: il contenuto medio (massa) di mentre se l’emorragia è esterna si ha una perdita di ferro ed even-
emoglobina per globulo rosso, espresso in picogrammi. tualmente una sua carenza, che può compromettere il ripristino della
Concentrazione corpuscolare media di emoglobina: la concentra- normale conta dei globuli rossi.
zione media di emoglobina in un dato volume di globuli rossi Un’emorragia significativa provoca alterazioni prevedibili nel sangue
sedimentati, che si esprime in grammi per decilitro. che coinvolgono non solo i globuli rossi, ma anche i globuli bianchi e le
Ampiezza di distribuzione dei globuli rossi: il coefficiente di varia- piastrine. Se l’emorragia è sufficientemente abbondante, tale da pro-
zione del volume dei globuli rossi. vocare una diminuzione della pressione arteriosa, il rilascio compen-
satorio di ormoni adrenergici mobilita i granulociti dal pool intrava-
I range di riferimento degli indici dei globuli rossi negli adulti scolare e causa la leucocitosi (si veda Fig. 13.2). Inizialmente, i globuli
sono mostrati nella Tabella 14.2. rossi appaiono normali nelle dimensioni e nel colore (normocitici,
Qualunque sia la causa, l’anemia, quando è sufficientemente grave, normocromici). Tuttavia, appena il midollo aumenta la produzione,
conduce ad alcune caratteristiche cliniche. I pazienti appaiono pal- vi è un netto incremento nella conta dei reticolociti (reticolocitosi), che
lidi. Debolezza, malessere e facile affaticabilità sono sintomi comuni. raggiunge il 10-15% dopo 7 giorni. I reticolociti hanno dimensioni
La diminuzione del contenuto di ossigeno nel sangue circolante maggiori dei normali globuli rossi (macrociti) e sono caratterizzati da
porta a dispnea in seguito a sforzi di lieve entità. L’ipossia può cau- un citoplasma policromatofilo di colore rosso bluastro. Una rapida
sare degenerazione grassa nel fegato, nel miocardio e nel rene. Se la ripresa dalla perdita di sangue è spesso associata a trombocitosi, che è
degenerazione grassa nel miocardio è sufficientemente grave, può causata dall’aumento di produzione delle piastrine.
insorgere insufficienza cardiaca accompagnata a ipossia tissutale,
causata dalla carenza di O2 nel sangue. Talvolta, l’ipossia miocardica Perdita ematica cronica
si manifesta come angina pectoris, in particolare se complicata da
una patologia coronarica pre-esistente. In seguito a perdite ematiche Una perdita ematica cronica induce anemia solo quando l’entità
acute e shock, si possono sviluppare oliguria e anuria dovute a ipo- della perdita eccede la capacità rigenerativa del midollo oppure
perfusione renale. L’ipossia nel sistema nervoso centrale può causare quando le riserve di ferro vengono esaurite e compare anemia side-
cefalea, difficoltà nella vista e debolezza. ropenica; questa verrà trattata più avanti.

Anemie Emolitiche
Anemie da perdita ematica
Le anemie emolitiche presentano le seguenti caratteristiche:
Perdita ematica acuta
Gli effetti delle perdite ematiche acute sono principalmente dovuti alla Distruzione prematura dei globuli rossi e riduzione della loro
diminuzione del volume intravascolare, che, se consistente, può porta- sopravvivenza, sotto i 120 giorni, che rappresenta il limite con-
re a collasso cardiovascolare, shock e morte. Le caratteristiche cliniche siderato nella norma.
dipendono dall’intensità e dal tipo di sanguinamento, che può essere Livelli elevati di eritropoietina e aumento compensatorio
esterno o interno. Se il paziente sopravvive, il volume di sangue è dell’eritropoiesi.
rapidamente ripristinato mediante spostamento intravascolare di Accumulo di prodotti di degradazione derivati dall’emoglobina
acqua dal compartimento liquido interstiziale. Questo spostamento in seguito alla distruzione dei globuli rossi.
632 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

La distruzione fisiologica dei globuli rossi senescenti ha luogo


nei fagociti mononucleati, abbondanti nella milza, nel fegato e
nel midollo osseo. Sembra che questo processo sia scatenato dalle
alterazioni dovute all’età nelle proteine superficiali dei globuli
rossi, che portano al loro riconoscimento e fagocitosi. 1 Anche
nella maggior parte delle anemie emolitiche, la prematura distru-
zione dei globuli rossi avviene nei fagociti, un fenomeno chiamato
emolisi extravascolare. Se persistente, l’emolisi extravascolare
provoca l’iperplasia dei fagociti manifestati da vari livelli di
splenomegalia.
L’emolisi extravascolare è in genere causata dalle alterazioni che
riducono la deformabilità dei globuli rossi. Sono necessarie ampie
alterazioni nella forma dei globuli rossi per muoversi efficiente-
mente attraverso i sinusoidi splenici. La diminuzione della defor-
mabilità rende il passaggio difficile e porta al loro sequestro entro
i cordoni splenici. A prescindere dalla causa, le principali caratte- Figura 14.1 Striscio midollare di un paziente con anemia emolitica.
ristiche cliniche dell’emolisi extravascolare sono (1) anemia, Il midollo presenta un notevole aumento del numero dei progenitori eritroidi
(2) ­splenomegalia e (3) ittero. Una certa quantità di emoglobina in corso di maturazione (normoblasti). (Per gentile concessione del Dr.
Steven Kroft, Department of Pathology, University of Texas Southwestern
inevitabilmente sfugge ai fagociti, portando a una diminuzione Medical School, Dallas, TX.)
dell’aptoglobina nel plasma, un’a2-globulina che lega l’emoglobina
libera e ne previene l’escrezione nell’urina. Poiché gran parte della
distruzione patologica dei globuli rossi avviene nella milza, gli
individui affetti da emolisi extravascolare traggono spesso giova- Morfologia Alcune modificazioni sono visibili nelle anemie
mento dalla splenectomia. emolitiche, indipendentemente dalla causa o dal tipo. L’ane-
Meno comunemente, predomina l’emolisi intravascolare. L’emo- mia e la diminuzione della pressione di ossigeno tissutale
lisi intravascolare dei globuli rossi è causata da danno meccanico, inducono la produzione di eritropoietina, che stimola la dif-
fissazione del complemento, parassiti intracellulari (ad es. il Falci- ferenziazione eritroide e porta alla comparsa di un maggior
parum della malaria, Cap. 8) o fattori esogeni tossici. Le cause del numero di precursori eritroidi (normoblasti) nel midollo
danno meccanico (traumi) comprendono i traumi causati dalle (Fig. 14.1). L’aumento compensatorio nell’eritropoiesi pro-
valvole cardiache, i trombi all’interno del microcircolo o i traumi voca una reticolocitosi prominente nel sangue periferico. La
fisici ­ripetuti (ad es. correre una maratona, suonare il bongo). La fagocitosi dei globuli rossi porta all’emosiderosi, che è mag-
fissazione del complemento avviene in una varietà di situazioni in giormente pronunciata nella milza, nel fegato e nel midollo
cui gli ­anticorpi riconoscono e legano gli antigeni dei globuli rossi. osseo. Se l’anemia è grave, l’emopoiesi extramidollare può
Il danno tossico è esemplificato dalla sepsi da clostridi, che provoca comparire nel fegato, nella milza e nei linfonodi. Con l’emolisi
il rilascio di enzimi che digeriscono la membrana dei globuli cronica, l’elevata escrezione biliare della bilirubina favorisce
rossi. la formazione di calcoli di pigmento (colelitiasi).
Qualunque sia il meccanismo, l’emolisi intravascolare si
­m anifesta at trav e rs o ( 1 ) ane mia , ( 2 ) e mo g lobine mia ,
(3) ­emoglobinuria, (4) emosiderinuria e (5) ittero. La gran quantità Le anemie emolitiche possono essere classificate in diversi modi;
di emoglobina libera rilasciata dai globuli rossi lisati è subito legata qui, saranno classificate secondo i meccanismi coinvolti (si veda
dall’aptoglobina, formando un complesso che viene rapidamente Tab. 14.1). Inizieremo trattando le principali forme ereditarie di
­eliminato dai fagociti mononucleati. Quando vi è un deficit di anemia emolitica, e quindi ci soffermeremo sulle forme acquisite
aptoglobina plasmatica, l’emoglobina libera si ossida a metaemo- più comuni o di particolare interesse fisiopatologico.
globina, che è di colore marrone. Le cellule tubulari prossimali
del rene riassorbono e catabolizzano gran parte dell’emoglobina Sferocitosi ereditaria (SE)
filtrata e della metaemoglobina, però una piccola quantità è rila-
sciata nell’urina, che acquista un colore rosso-marrone. Il ferro Questa patologia ereditaria è causata da un deficit intrinseco del ci-
rilasciato dall’emoglobina si può accumulare entro le cellule tu- toscheletro della membrana dei globuli rossi che li rende sferoidali,
bulari, dando origine a emosiderosi renale. Allo stesso tempo, meno deformabili e vulnerabili al sequestro splenico e alla distruzione.2
gruppi eme derivati dai complessi emoglobina-aptoglobina sono La prevalenza di sferocitosi ereditaria (SE) è massima nel nord
catabolizzati a bilirubina nei fagociti mononucleati, portando a Europa, dove la frequenza riportata è di 1 su 5.000. Un pattern di
ittero. A differenza dell’emolisi extravascolare, non è visibile ereditarietà autosomico dominante si manifesta nel 75% circa dei
splenomegalia. casi. Gli altri pazienti sono affetti da una forma più grave della ma-
In tutti i tipi di anemie emolitiche senza complicanze, la bilirubina lattia in genere causata dall’ereditarietà di due difetti differenti (uno
sierica in eccesso non è coniugata. Il livello di iperbilirubinemia stato conosciuto come eterozigosi composta).
dipende dalla capacità funzionale del fegato e dalla velocità di emo- Patogenesi. La notevole elasticità e longevità del globulo rosso
lisi. Quando il fegato è normale, l’ittero raramente è grave. Eccessiva normale è attribuibile alle proprietà fisico-chimiche del citoscheletro
bilirubina secreta dal fegato nel tratto gastrointestinale porta a un della sua membrana (Fig. 14.2), che aderisce strettamente alla su-
aumento della formazione e dell’escrezione fecale di urobilina perficie interna della membrana plasmatica. La principale proteina
(Cap. 18), e spesso porta alla formazione di calcoli biliari derivati del citoscheletro di membrana è la spectrina, la quale è costituita
dai pigmenti dell’eme. da due catene polipeptidiche, a e b, che formano eterodimeri in-
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 633

Figura 14.2 Citoscheletro della membrana nella sferocitosi ereditaria. A sinistra è illustrata l’organizzazione normale delle principali proteine citosche-
letriche della membrana del globulo rosso. Le diverse mutazioni che coinvolgono a-spectrina, b-spectrina, anchirina, proteina della banda 4.2 o della banda
3 provocano la perdita di frammenti di membrana da parte dei globuli rossi. Per adattarsi al cambiamento nel rapporto tra superficie e volume i globuli
adottano una forma sferica. Gli sferociti sono meno deformabili rispetto alla norma per cui rimangono intrappolati nei cordoni splenici e vengono fagocitati
dai macrofagi. GP, glicoforina.

tersecati (elicoidali) e flessibili. Le regioni “corrispondenti alle teste”


dei dimeri di spectrina si associano per formare tetrameri, mentre
le “code” si associano con oligomeri di actina. Ogni oligomero di
actina può legarsi a tetrameri di spectrina, creando così una strut-
tura spectrina-actina bidimensionale, che è collegata alla membrana
cellulare tramite due distinte interazioni. La prima, che interessa le
proteine anchirina e banda 4.2, lega la spectrina al trasportatore
ionico di transmembrana, banda 3. La seconda, che interessa la
proteina 4.1, unisce la “coda” della spectrina a un’altra proteina
transmembrana, la glicoforina A.
La sferocitosi ereditaria è causata da diverse mutazioni che por-
tano all’insufficienza dei componenti citoscheletrici della membrana.
Come risultato di queste alterazioni, la durata della vita dei globuli
rossi affetti diminuisce in media dai normali 120 a 10-20 giorni. Le
mutazioni patogeniche più frequentemente interessano l’anchirina,
la banda 3, la spectrina, o la banda 4.2, ossia le proteine coinvolte
nella prima di queste due strette interazioni, forse perché questo
complesso è particolarmente importante nella stabilizzazione del
doppio strato lipidico. La maggior parte delle mutazioni causa
spostamenti nel modulo di lettura o introduce codoni di stop pre-
maturi, tanto che l’allele mutato non riesce a produrre le proteine.
La sintesi alterata delle proteine riduce l’assemblamento comples-
sivo del citoscheletro e provoca la diminuzione della densità delle
componenti della membrana. L’eterozigosi composta dei due alleli
alterati causa, perciò, un deficit citoscheletrico più grave della mem-
brana. I globuli rossi giovani nella SE hanno una forma normale, Figura 14.3 Fisiopatologia della sferocitosi ereditaria.
ma il deficit del citoscheletro della membrana riduce la stabilità del
doppio strato lipidico, provocando la dispersione di frammenti della
membrana durante il ciclo vitale dei globuli rossi. La perdita di mem- modo la tendenza dei globuli rossi nella SE a perdere la membrana
brana rispetto al citoplasma “costringe” le cellule ad assumere il più assieme agli ioni K+ e H2O; è stato suggerito che a queste anomalie
piccolo diametro possibile per un certo volume, vale a dire una contribuiscono l’esposizione in ambiente splenico (eritrostasi), la
forma sferica. distruzione del glucosio e la riduzione del pH dei globuli rossi
Il ruolo fondamentale della milza nel prematuro decesso degli sfe- (Fig. 14.3). Dopo la splenectomia gli sferociti persistono, ma l’anemia
rociti è dimostrato dall’effetto sempre positivo derivante dalla splenec- si risolve.
tomia. Le problematiche legate ai globuli rossi sferici sono state am-
piamente definite. Nella vita dello sferocita corpulento e rigido, la
milza fa la parte del malvagio. I normali globuli rossi devono am- Morfologia La caratteristica morfologica più specifica è la
piamente deformarsi per lasciare i cordoni di Billroth ed entrare nei sferocitosi, che negli strisci appare come globuli rossi di di-
sinusoidi. A causa della loro forma sferoidale e della ridotta defor- mensioni inferiori alla norma, con una colorazione scura
mabilità, gli sferociti sono pertanto intrappolati nei cordoni splenici, (ipercromici), mancanti della zona pallida centrale (Fig. 14.4).
dove vengono fagocitati. L’ambiente della milza esacerba in qualche
634 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

­distruzione dei globuli rossi nella milza (ad es. la mononucleosi in-
fettiva); queste sono clinicamente meno significative rispetto alle crisi
aplastiche. I calcoli, presenti nella maggior parte dei pazienti, possono
anche dare sintomi. La splenectomia tratta l’anemia e le sue compli-
canze, ma comporta il rischio di sepsi.

Malattia emolitica dovuta a difetti enzimatici


dei globuli rossi: deficit di glucosio-6-fosfato
deidrogenasi
Il globulo rosso è vulnerabile di fronte al danno provocato da agenti
ossidanti esogeni ed endogeni. Alterazioni nello shunt dell’esoso mo-
nofosfato o nel metabolismo del glutatione, che derivano da una ridotta
Figura 14.4 Sferocitosi ereditaria (striscio periferico). Da notare l’ani- o alterata funzione enzimatica, riducono la capacità dei globuli rossi
socitosi e la presenza di numerosi sferociti scuri e senza alone chiaro di proteggersi da danni ossidativi, causando l’emolisi. Tra le più impor­
centrale. Anche i corpi di Howell-Jolly (piccoli residui nucleari scuri) sono tanti di queste alterazioni enzimatiche vi è il difetto ereditario dell’at-
presenti nei globuli rossi di questo paziente asplenico. (Per gentile con-
cessione del Dr. Robert W. McKenna, Department of Pathology, Univer- tività della glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD). La G6PD riduce
sity of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) il nicotinamide-adenin-dinucleotide fosfato (NADP) a NADPH
mentre avviene l’ossidazione del glucosio-6-fosfato (Fig. 14.5). Il
NADPH in seguito fornisce il potere riducente necessario per la
La sferocitosi è distintiva ma non patognomonica, poiché conversione del glutatione ossidato a glutatione ridotto, che protegge
altre forme di deficit della membrana, come nelle anemie contro i danni provocati dagli agenti ossidanti, catalizzando la scis-
emolitiche autoimmuni, provocano pure la formazione di sione di elementi come l’H2O2 (Cap. 1).
sferociti. Altre caratteristiche sono comuni a tutte le anemie Il deficit di G6PD è un carattere recessivo legato al cromosoma X, per
emolitiche. Queste includono reticolocitosi, iperplasia midol- cui i maschi hanno il più alto rischio di sviluppare la malattia sintoma-
lare eritroide, emosiderosi e lieve ittero. La colelitiasi (calcoli tica. Sono note numerose centinaia di varianti genetiche della G6PD,
pigmentati) si verifica nel 40-50% dei pazienti adulti. Una ma la maggior parte di esse è inoffensiva. Solo due varianti, chiamate
moderata dilatazione splenica è tipica (500-1.000 g); in poche G6PD– e G6PD mediterranea, causano la maggior parte delle anemie
altre anemie emolitiche la milza è così tanto o così spesso emolitiche clinicamente significative. La G6PD– è presente in circa il
aumentata di volume. La splenomegalia è dovuta alla con- 10% degli americani di colore; la G6PD ­mediterranea, come suggerisce
gestione dei cordoni di Billroth e all’aumento del numero dei il nome, è prevalente nel Medio Oriente. Si pensa che l’alta frequenza
fagociti necessari per eliminare gli sferociti. di tali varianti in ognuna delle popolazioni derivi da un effetto pro-
tettivo contro il Plasmodium falciparum della malaria.3

Caratteristiche cliniche. La diagnosi si basa sulla storia familia-


re, i campioni ematologici e le prove di laboratorio. In circa i due
terzi dei pazienti, i globuli rossi sono enormemente sensibili alla lisi
osmotica, se incubati in soluzioni saline ipotoniche, che inducono il
passaggio di acqua negli sferociti che hanno una ridotta capacità di
espansione. I globuli rossi nella SE hanno un aumento della concen-
trazione corpuscolare media di emoglobina, a causa della disidrata-
zione dovuta alla perdita di K+ e H2O.
Le manifestazioni cliniche caratteristiche sono anemia, splenome-
galia e ittero. La gravità della SE varia ampiamente. In una minoranza
di casi (perlopiù eterozigoti composti), la SE si presenta alla nascita
con ittero marcato e richiede trasfusioni. Nel 20-30% dei pazienti, la
malattia è praticamente asintomatica poiché la riduzione dei globuli
rossi è prontamente compensata da un aumento dell’eritropoiesi.
Nella maggior parte dei soggetti, tuttavia, i processi di compensazione
falliscono, causando un’anemia emolitica cronica, spesso di intensità
da moderata a severa. Il decorso clinico generalmente stabile è tal-
volta costellato da crisi aplastiche, spesso determinate da un’infezione
acuta da parvovirus. Il parvovirus infetta e uccide i progenitori dei
globuli rossi, causando l’interruzione della produzione dei globuli
rossi finché non insorge un’efficace risposta immunitaria, general-
mente entro 1 o 2 settimane. A causa dell’emivita ridotta dei globuli
rossi nella SE, l’interruzione dell’eritropoiesi, anche solo per un breve
periodo, porta a un improvviso peggioramento dell’anemia. Possono Figura 14.5 Ruolo della glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) nella
difesa dagli insulti ossidativi. La sintesi di H2O2, un potenziale ossidante,
essere necessarie trasfusioni per ­supportare il paziente fino a quando dipende dalla presenza di glutatione ridotto (GSH), che si genera a partire
la risposta immune non elimina l’infezione. Le crisi emolitiche sono dalla forma ridotta del nicotinamide adenin dinucleotide (NADPH). La sintesi
dovute a eventi intercorrenti che portano a un aumento della del NADPH dipende dall’attività della G6PD. GSSG, glutatione ossidato.
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 635

Le varianti della G6PD associate all’emolisi provocano il cattivo alla perdita di una parte della superficie della membrana. Sia le
ripiegamento della proteina, che così è più suscettibile alla degrada- cellule danneggiate che gli sferociti vengono catturati nei cordoni
zione proteolitica. Confrontate con la più comune variante normale, della milza e rimossi rapidamente dai fagociti.
la G6PD B, l’emivita della G6PD– è moderatamente ridotta, mentre L’emolisi intravascolare acuta, contraddistinta da anemia, emoglo-
quella della G6PD mediterranea è più marcatamente alterata. Poiché binemia ed emoglobinuria, in genere inizia da 2 a 3 giorni dopo l’espo-
i globuli rossi maturi non sintetizzano nuove proteine, l’attività della sizione dei soggetti con deficit di G6PD a ossidanti. L’emolisi tende
G6PD– o della G6PD mediterranea si riduce rapidamente con l’in- a essere più importante in soggetti con G6PD mediterranea altamente
vecchiamento dei globuli rossi, raggiungendo livelli inadeguati a instabile. Poiché soltanto i globuli rossi più vecchi sono a rischio di
proteggere dallo stress ossidativo. Pertanto, i globuli rossi più vecchi lisi, l’episodio è auto-limitante, poiché l’emolisi si ­interrompe quando
sono più soggetti all’emolisi rispetto a quelli giovani. rimangono soltanto i globuli rossi più giovani (anche se la sommi-
Gli episodi di emolisi caratteristici della G6PD mutata sono provo- nistrazione di un farmaco dannoso continua). La fase di guarigione
cati da esposizioni che producono stress ossidativo. I fattori scatenanti è tipicamente annunciata dalla reticolocitosi. Poiché episodi emolitici
più comuni sono le infezioni, in cui i radicali liberi dell’ossigeno sono correlati a difetti della G6PD avvengono in modo discontinuo, è
prodotti dai leucociti attivati. Molte infezioni possono provocare assente la maggior parte delle caratteristiche delle anemie emolitiche
emolisi; l’epatite virale, la polmonite e la febbre tifoide sono tra quelle croniche (ad es. la splenomegalia, la colelitiasi).
più probabili. Gli altri stimoli importanti sono i farmaci e certi cibi.
I farmaci ossidanti implicati sono numerosi e comprendono gli Anemia falciforme
antimalarici (ad es. primachina e clorochina), i sulfamidici, le nitro-
furantoine e altri. Alcuni farmaci provocano emolisi soltanto in L’anemia falciforme è una comune emoglobinopatia ereditaria che si
soggetti con la più grave variante mediterranea. L’alimento più fre­ presenta principalmente nei soggetti di origine africana. Si conoscono
quentemente segnalato è la fava, che una volta metabolizzata genera alcune centinaia di emoglobinopatie provocate dalle mutazioni nei
agenti ossidanti. Il “favismo” è endemico nel mediterraneo, nel geni per la globina, ma solo quelle associate all’anemia falciforme
Medio Oriente e nelle regioni dell’Africa dove il consumo di fave è sono abbastanza diffuse negli Stati Uniti da meritare una trattazione.
prevalente. Raramente, la mutazione della G6PD si presenta come L’emoglobina, come si ricorderà, è una proteina tetramerica compo­
ittero neonatale o come anemia emolitica cronica di lieve entità in sta da due coppie di catene identiche di globina, ciascuna provvista
assenza di infezione o agenti ambientali scatenanti. di un proprio gruppo eme. I globuli rossi nell’adulto normale con-
Gli agenti ossidanti provocano l’emolisi intravascolare ed extrava- tengono prevalentemente HbA (a2b2), insieme a piccoli quantitativi
scolare nei soggetti con deficit di G6PD. L’esposizione dei globuli rossi di HbA2 (a2d2) ed emoglobina fetale (HbF; a2g2). L’anemia falciforme
con G6PD mutata ad alti livelli di ossidanti provoca il cross-linking è causata da una mutazione puntiforme nel sesto codone della
dei gruppi sulfidrili sulle catene della globina, che si denaturano e ­b-globina che porta alla sostituzione del residuo di glutammato con
formano precipitati legati alla membrana, noti come corpi di Heinz. un residuo di valina. Le anomale proprietà fisico-chimiche della
Questi appaiono nei globuli rossi colorati con cristalvioletto come risultante emoglobina falciforme (HbS) sono responsabili della
inclusioni scure (Fig. 14.6). I corpi di Heinz possono a tal punto patologia dell’anemia falciforme.
danneggiare la membrana da provocare emolisi intravascolare. Circa l’8-10% degli afroamericani, approssimativamente due ­milioni
Danni meno severi risultano in una riduzione della deformabilità di individui, è eterozigote per l’HbS, una condizione ampiamente asin-
dei globuli rossi. Appena i globuli rossi che trasportano le inclusioni tomatica nota come drepanocitosi (o tratto falcemico). La prole di due
passano attraverso i cordoni della milza, i macrofagi catturano i corpi eterozigoti ha una possibilità su quattro di essere omozigote per la
di Heinz. A causa del danno alla membrana, alcune di queste cellule mutazione falciforme, uno stato che produce l’anemia falciforme
parzialmente fagocitate presentano una forma anomala e sembrano sintomatica. In questi individui quasi tutta l’emoglobina nei globuli
avere un “morso” di citoplasma mancante (Fig. 14.6). Altre cellule rossi è HbS (a2bs2). Esistono circa 70.000 persone affette da anemia
meno severamente danneggiate acquistano una forma sferica dovuta falciforme negli Stati Uniti. In certe popolazioni in Africa la prevalenza
dell’eterozigosi può arrivare al 30%. Questa alta frequenza è probabil­
mente dovuta all’azione protettiva dell’HbS contro la malaria.3
Patogenesi. Se deossigenate, le molecole di HbS vanno incontro a
polimerizzazione. Inizialmente, non appena l’HbS forma aggregati,
il citosol dei globuli rossi si converte da un liquido fluido a un gel
viscoso. Con la progressiva deossigenazione, le molecole aggregate
di HbS si assemblano in lunghe fibre simili ad ago nei globuli rossi,
producendo un eritrocita falciforme o ad agrifoglio.
La presenza di HbS è alla base delle principali manifestazioni
patologiche: (1) emolisi cronica, (2) occlusioni microvascolari e
(3) danno tissutale. Diverse variabili influenzano l’entità e il grado
di falcizzazione:

Interazione dell’HbS con gli altri tipi di emoglobina nella cellula.


Figura 14.6 Deficit di G6PD: effetto dell’esposizione a farmaci ossidanti Negli eterozigoti con drepanocitosi, circa il 40% dell’emoglobina è
(striscio ematico periferico). Inserto: globuli rossi contenenti precipitati HbS e il resto HbA, che interferisce con la polimerizzazione
di globina denaturata (corpi di Heinz) rivelati con colorazione sopravitale. dell’HbS. Perciò, i globuli rossi negli individui eterozigoti non di-
Quando i macrofagi splenici rimuovono queste inclusioni, si formano “cel-
lule morsicate” simili alla cellula presente in questo striscio. (Per gentile ventano falciformi se non in condizione di ipossia grave. L’HbF
concessione del Dr. Robert W. McKenna, Department of Pathology, Uni- inibisce la polimerizzazione dell’HbS e persino più dell’HbA, quin-
versity of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) di i neonati non diventano sintomatici fino al quinto o sesto mese
636 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

di vita, quando il livello di HbF in genere cala. Tuttavia, in alcuni dell’anemia falciforme è correlata all’occlusione vascolare causata
individui l’espressione di HbF rimane a livelli relativamente alti, dalla falcizzazione nei letti microvascolari. Il tempo di transito
una condizione conosciuta come persistenza ereditaria di HbF: in nella maggior parte dei letti microvascolari è troppo breve perché
questi individui, l’anemia falciforme è molto meno grave. Un’altra avvenga un’aggregazione significativa dell’HbS deossigenata;
variante dell’emoglobina è l’HbC, in cui la lisina è sostituita dal perciò la falcizzazione è limitata ai letti microvascolari con il
glutammato nel sesto residuo amminoacidico della ­b-globina. tempo di transito più breve. Il tempo di transito è ridotto nella
Nelle cellule HbSC la percentuale di HbS è del 50%, rispetto al 40% milza e nel midollo osseo normale, particolarmente colpiti
delle cellule HbAS. Inoltre, le cellule HbSC tendono a perdere sali nell’anemia falciforme, e anche nei letti vascolari infiammati.
e acqua e a disidratarsi, il che aumenta la concentrazione intracel- Come si ricorderà dal Capitolo 2, lo spostamento di sangue at-
lulare di HbS. Questi fattori aumentano la tendenza dell’HbS a traverso i tessuti infiammati è rallentato, a causa dell’adesione
polimerizzare. Come risultato, individui eterozigoti con HbS e HbC dei leucociti e dei globuli rossi alle cellule endoteliali attivate e
presentano una patologia falcizzante sintomatica (definita malattia della trasudazione di liquidi attraverso i vasi permeabili. Come
HbSC) che è più lieve rispetto all’anemia falciforme. Circa il 2-3% risultato, i letti vascolari infiammati tendono a indurre falcizza-
degli americani di colore è eterozigote asintomatico per HbC e zione e occlusione. I globuli rossi falciformi possono esprimere
circa 1 su 1.250 presenta malattia da HbSC. livelli elevati di alcune molecole di adesione coinvolte nei legami
Concentrazione corpuscolare media di emoglobina (MCHC). Alte delle cellule endoteliali.4-6 È stato anche osservato che i globuli
concentrazioni di HbS aumentano la probabilità che l’aggrega- rossi falciformi inducono un certo grado di attivazione endote­
zione e la polimerizzazione si verifichino in qualsiasi episodio di liale,7 che può essere correlata all’adesione dei globuli rossi e dei
deossigenazione. Quindi, la disidratazione intracellulare, che granulociti, all’ipossia indotta da vaso-occlusione e ad altri
aumenta la MCHC, facilita la falcizzazione. Al contrario, condi- insulti.
zioni che diminuiscono la MCHC riducono la gravità della ma-
lattia. Succede quando l’individuo è omozigote per l’HbS ma è La falcizzazione causa un danno cumulativo ai globuli rossi tramite
affetto anche da a-talassemia, che riduce la sintesi di Hb e porta diversi meccanismi. Mentre i polimeri di HbS crescono, si erniano
a una malattia più lieve. attraverso il citoscheletro della membrana e si proiettano dalla cellula
pH intracellulare. Una diminuzione del pH riduce l’affinità avvolta solo dal doppio strato lipidico. Questa alterazione grave nella
dell’emoglobina per l’ossigeno, aumentando la frazione di HbS struttura della membrana induce il passaggio di ioni Ca2+, che sti-
deossigenata a qualsiasi tensione di ossigeno e favorendo la ten- molano il cross-linking delle proteine di membrana e attivano un
denza alla falcizzazione. canale ionico che permette l’efflusso di K+ e H2O. Dopo ripetuti
Tempo di transito dei globuli rossi attraverso i letti microvascolari. episodi di falcizzazione, i globuli rossi si disidratano progressivamente
Come verrà trattato più avanti, gran parte della patologia diventando densi e rigidi (Fig. 14.7). Infine, i globuli più danneggiati

Figura 14.7 Fisiopatologia della sferocitosi ereditaria.


CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 637

si trasformano in rigide cellule irreversibilmente falcizzate non


deformabili che mantengono una forma a falce anche quando sono presi le ossa, il cervello, il rene, il fegato, la retina, i vasi
completamente ossigenate. La gravità dell’emolisi è correlata alla polmonari; questi ultimi talvolta possono dare origine a
percentuale di cellule irreversibilmente falcizzate, che vengono subito cuore polmonare. Nei pazienti adulti, la stagnazione vasco-
sequestrate e rimosse dai fagociti mononucleati (emolisi extravasco- lare nei tessuti sottocutanei porta spesso a ulcere delle gam-
lare). I globuli rossi a falce sono anche meccanicamente fragili, be; tale complicanza è rara nei bambini.
provocando un certo grado di emolisi intravascolare.
È meno certa la patogenesi delle occlusioni microvascolari,
­responsabili degli aspetti clinici più gravi. Le occlusioni microva- Caratteristiche cliniche. L’anemia falciforme provoca anemia
scolari non sono correlate al numero di globuli irreversibilmente emolitica di intensità moderata (ematocrito 18-30%) associata a
falcizzati nel sangue, ma possono dipendere da sottili danni alla reticolocitosi, a iperbilirubinemia e alla presenza di cellule irrever-
membrana e da altri fattori, quali l’infiammazione, che tende a sibilmente falciformi. Il decorso è costellato da diverse “crisi”. Le crisi
rallentare o bloccare il flusso di globuli rossi nei letti microvascolari vaso-occlusive, chiamate anche crisi dolorose, rappresentano episodi
(Fig. 14.7). ­Come ­indicato sopra, i globuli rossi falcizzati esprimono di danno da ipossia e infarto che causano grave dolore nelle parti
livelli di molecole di adesione più alti del normale e appaiono ade- affette. Sebbene l’infezione, la disidratazione e l’acidosi (che favori-
sive. I ­mediatori ­rilasciati dai granulociti durante le reazioni infiam- scono la falcizzazione) possano agire come fattori scatenanti, nella
matorie favoriscono l’espressione delle molecole di adesione sulle maggior parte dei casi non è possibile identificare la causa predispo-
cellule endoteliali (Cap. 2) e aumentano ulteriormente la tendenza nente. Le sedi più comunemente coinvolte sono le ossa, i polmoni,
delle cellule falcizzate ad arrestarsi nel microcircolo. Una possibile il fegato, il cervello, la milza e il pene. Nei bambini, crisi dolorose
implicazione delle cellule infiammatorie è suggerita dalle osserva- dell’osso sono estremamente comuni e spesso difficilmente distinguibili
zioni che dimostrano che la conta dei leucociti è correlata alla dall’osteomielite acuta. Esse si manifestano frequentemente, come
frequenza delle crisi dolorose e ad altre misure del danno tissutale. nella sindrome mano-piede, con una dattilite delle ossa delle mani
La stagnazione dei globuli rossi all’interno dei letti vascolari infiam­ o dei piedi, o di entrambi. La sindrome toracica acuta è un tipo
mati comporta una prolungata esposizione a bassa pressione di
ossigeno, falcizzazione e ostruzione vascolare. Una volta che questo
processo ha inizio, è facile intuire come ne consegua un circolo
vizioso di falcizzazione, ostruzione, ipossia e ancora maggiore
falcizzazione. La deplezione del monossido di azoto (NO) può
anche avere ripercussioni sulle occlusioni vascolari. L’emoglobina
libera rilasciata dai globuli rossi lisati può legarsi e inattivare l’NO,
che è un potente vasodilatatore e inibitore dell’aggregazione pia-
strinica. La riduzione di NO aumenta il tono vascolare (restringen-
do i vasi) e incrementa l’aggregazione piastrinica, che può contri-
buire alla stasi dei globuli rossi, alla falcizzazione e (in alcuni casi)
alla trombosi.

Morfologia Nell’anemia a cellule falciformi conclamata, il


sangue periferico mostra un numero variabile di globuli ir-
reversibilmente falcizzati, reticolocitosi e cellule bersaglio
che possono essere provocati dalla disidratazione dei globuli
rossi (Fig. 14.8). Anche i corpi di Howell-Jolly (piccoli residui
nucleari scuri) sono presenti nei globuli rossi per via
dell’asplenia (si veda oltre). Il midollo osseo appare iperpla-
stico a causa di un’iperplasia compensatoria eritroide.
L’espansione del midollo porta al riassorbimento osseo e a
conseguente neoformazione di osso, che risulta in zigomi
prominenti e aspetto del cranio “a spazzola” nelle radiogra-
fie. Può anche apparire emopoiesi extramidollare. La
­maggiore distruzione di emoglobina può causare calcoli
pigmentati e iperbilirubinemia.
Nella prima infanzia, la milza pesa fino a 500 g per via della
congestione della polpa rossa, che è causata dall’intrappo-
lamento dei globuli rossi falciformi nei cordoni e nei seni
(Fig. 14.9). Col tempo, tuttavia, l’eritrostasi cronica provoca
infarto splenico, fibrosi e progressiva riduzione del volume
così che entro l’adolescenza o la giovinezza rimane solo un Figura 14.8 Anemia falciforme (striscio ematico periferico). A. A un
piccolo nucleo di tessuto fibroso; questo processo è chiamato basso ingrandimento si notano cellule falciformi, anisocitosi e poichilo-
citosi. B. A elevato ingrandimento si evidenzia una cellula che ha acquisito
autosplenectomia (Fig. 14.10). L’infarto conseguente alle irreversibilmente la forma a falce. (Per gentile concessione del Dr. Robert
occlusioni vascolari può verificarsi in molti altri tessuti, com- W. McKenna, Department of Pathology, University of Texas Southwestern
Medical School, Dallas, TX)
638 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

e vaso-occlusione. Questo compromette ulteriormente la funzione


polmonare, creando un ciclo potenzialmente fatale di peggioramen-
to polmonare e ipossia sistemica, falcizzazione e vaso-occlusione.
Altre forme di ostruzione vascolare, in particolare l’ictus, possono
essere fatali. I fattori che possono contribuire all’ictus comprendono
l’adesione dei globuli rossi falciformi all’endotelio arterioso e la va­
socostrizione provocata dalla deplezione del NO da parte dell’emo-
globina libera.8
Sebbene le crisi occlusive siano la causa più frequente di morbilità
e mortalità del paziente, molti altri eventi acuti complicano il de-
corso. Le crisi da sequestro si verificano nei bambini con milza in-
tatta. Il massiccio intrappolamento di globuli rossi falciformi porta
a un rapido aumento di volume della milza, a ipovolemia e qualche
volta a shock. Queste complicanze possono essere fatali in molti casi.
Se sopravvive alle crisi da sequestro e alla sindrome acuta del torace,
il paziente può necessitare di trattamento con trasfusioni. Le crisi
aplastiche originano dall’infezione dei precursori dei globuli rossi
da parvovirus B19, che causa una cessazione transitoria dell’eritro-
poiesi e un improvviso peggiormente dell’anemia.
Oltre a queste drammatiche crisi, anche l’ipossia tissutale cronica
riveste un ruolo delicato e importante. L’ipossia cronica è responsa­
bile di un’alterazione generalizzata della crescita e dello sviluppo così
come del danno a organi quali la milza, il cuore, i reni e i polmoni.
La falcizzazione provocata dall’ipertonicità nella midollare del rene
causa un danno che porta a ipostenuria (incapacità di concentrare
l’urina), che aumenta la predisposizione alla disidratazione con tutti
i rischi che ne conseguono.
La maggiore suscettibilità all’infezione da organismi capsulati è
un’ulteriore complicanza. Principalmente è dovuta alla funzione
splenica, che nei bambini è gravemente compromessa per via della
congestione e dello scarso flusso sanguigno e, negli adulti, è com-
Figura 14.9 A. Milza nell’anemia falciforme (basso ingrandimento). pletamente assente a causa dell’infarto splenico. Anomalie nella via
I cordoni della polpa rossa e i sinusoidi sono fortemente congesti; tra le alternativa del complemento a eziologia incerta alterano anche
aree congeste, si notano aree pallide di fibrosi causate da danno ischemico. l’opsonizzazione dei batteri. La setticemia e la meningite da Pneu-
B. A elevato ingrandimento, si evidenziano sinusoidi splenici dilatati e pieni
di globuli rossi con aspetto falciforme. (Per gentile concessione del Dr. Dar- mococcus pneumoniae e Haemophilus influenzae, cause comuni di
ren Wirthwein, Department of Pathology, University of Texas Southwestern morte in particolare nei bambini, possono essere ridotte grazie alla
Medical School, Dallas, TX) vaccinazione e all’uso profilattico degli antibiotici.
Va enfatizzato che vi è una grande variabilità nelle manifestazioni
cliniche dell’anemia falciforme. Alcuni soggetti sono danneggiati da
particolarmente pericoloso di crisi vaso-occlusiva che coinvolge i ripetute crisi vaso-occlusive, mentre altri hanno solo sintomi lievi.
polmoni e che tipicamente si presenta con febbre, tosse, dolore Le ragioni di questo ampio spettro nelle manifestazioni della pato-
­toracico e infiltrato polmonare. L’infiammazione polmonare (così logia non sono chiare.
come può essere indotta da una semplice infezione), rende il flusso La diagnosi è suggerita da prove cliniche e dalla presenza di cellule
sanguigno lento come quello nella milza, portando a falcizzazione irreversibilmente a falce ed è confermata da vari test per l’emoglobina
falciforme. Solitamente, questi consistono nel mescolare un campione
di sangue con reagenti che consumano ossigeno, come il metabisolfito,
che induce la falcizzazione dei globuli rossi in presenza di HbS. Anche
l’elettroforesi dell’emoglobina viene utilizzata per dimostrare la pre-
senza di HbS ed escludere altre sindromi falciformi, come la malattia
HbSC. La diagnosi prenatale è possibile sulla base dell’analisi del DNA
fetale, ottenuto attraverso amniocentesi o biopsie corioniche.
L’aspettativa di vita per i pazienti affetti da anemia falciforme è
migliorata notevolmente negli ultimi 10-20 anni. Circa il 90% dei
pazienti sopravvive fino ai 20 anni di età e circa il 50% sopravvive
oltre i cinquant’anni. Il trattamento più utilizzato è un inibitore della
sintesi di DNA, l’idrossiurea, che ha diversi effetti benefici, tra cui
(1) un aumento dei livelli di HbF nei globuli rossi, mediante mec-
canismi sconosciuti; (2) un effetto antinfiammatorio, che deriva
Figura 14.10 Residui “infartuati” di milza in un paziente con anemia
falciforme. (Per gentile concessione dei Dr. Dennis Burns e Darren Wirth- dall’inibizione della produzione di leucociti. Si ritiene che queste
wein, Department of Pathology, University of Texas Southwestern Medical attività (e forse altre9) agiscano di concerto per diminuire le crisi
School, Dallas, TX) correlate alle occlusioni vascolari nei bambini e negli adulti.
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 639

Sindromi talassemiche d­ istruggono le normali giunzioni di splicing dell’RNA e bloccano


la produzione dell’mRNA normale per la b-globina, provocando
Le sindromi talassemiche sono un gruppo eterogeneo di patologie la b0-talassemia. Altre creano nuovi siti “ectopici” di splicing
causate da mutazioni ereditarie che riducono la sintesi dell’emoglobina dentro un introne. Poiché rimangono anche i normali siti di
adulta, HbA (a2b2). Le due catene a nell’HbA sono codificate da una splicing, si verificano sia lo splicing normale sia quello patologico
coppia identica di geni per l’a-globina sul cromosoma 16, mentre e si produce una certa quantità di mRNA normale per la b-glo-
le due catene b sono codificate da un unico gene per la b-globina bina, causando la b+-talassemia.
sul cromosoma 11. La b-talassemia è causata da difetti nella sintesi Mutazioni nella regione del promotore. Queste mutazioni riducono
delle catene b, mentre l’a-talassemia è causata da sintesi difettiva la trascrizione al 75-80%. Viene sintetizzata una certa quantità di
delle catene a. Le conseguenze ematologiche della minor sintesi di b-globina normale; perciò, queste mutazioni sono associate alla
una catena della globina non sono soltanto provocate dalla carenza b+-talassemia.
di emoglobina, ma anche dal relativo eccesso dell’altra catena glo- Mutazioni che determinano un’interruzione prematura della cate-
binica nella b-talassemia. Le sindromi talassemiche sono endemiche na. Queste rappresentano la causa più comune di b0-talassemia.
nel bacino del Mediterraneo, nel Medio Oriente, nell’Africa tropicale, In questa categoria si distinguono due sottotipi di mutazioni. Il
nel subcontinente indiano e in Asia; insieme sono tra i disturbi tipo più comune genera un nuovo codone di stop in un esone; il
ereditari più comuni negli esseri umani. Come l’anemia falciforme secondo riguarda piccole inserzioni o delezioni che determinano
e altri comuni disturbi ereditari dei globuli rossi, la loro prevalenza un cambiamento nella cornice di lettura dell’mRNA (mutazioni
sembra legata al fatto che i portatori eterozigoti sono protetti contro frameshift, Cap. 5). Entrambi bloccano la traduzione e impedi-
la malaria.3 Sebbene tratteremo le sindromi talassemiche assieme scono la sintesi delle b-globine funzionali.
alle altre forme ereditarie di anemia associate all’emolisi, è importante
ricordare che i difetti nella sintesi di globine, che sono alla base di questi La ridotta sintesi di b-globina causa anemia attraverso due mec-
disturbi, alterano anche la produzione dei globuli rossi e contribuiscono canismi (Fig. 14.12). Il deficit nella sintesi dell’HbA produce globuli
alla loro patogenesi. rossi “poco emoglobinizzati”, ipocromici, microcitici e con una mi­
nore capacità di trasporto dell’ossigeno. Un fattore ancora più im­
portante è la minore sopravvivenza dei globuli rossi e dei loro pre-
b-talassemie
cursori, che deriva da uno squilibrio nella sintesi di a- e b-globina.
Le b-talassemie sono causate dalle mutazioni che diminuiscono la Le catene a non appaiate precipitano nei procursori dei globuli rossi,
sintesi delle catene di b-globina. La gravità clinica varia a causa formando inclusioni insolubili. Queste inclusioni causano un certo
dell’eterogeneità nelle mutazioni che la causano. Inizieremo la nostra numero di effetti sfavorevoli, però il danno alla membrana cellulare
trattazione a partire dai danni molecolari della b-talassemia, e poi è la causa più probabile della maggior parte delle patologie dei globuli
metteremo in relazione le varianti cliniche con i relativi difetti mo- rossi. Molti precursori dei globuli rossi muoiono per il danno di
lecolari specifici. membrana e vanno incontro ad apoptosi. Nella b-talassemia grave,
Patogenesi molecolare. Le mutazioni che la causano si classifi- si stima che il 70-85% dei globuli rossi faccia questa fine, che porta
cano in due categorie: (1) mutazioni b0, associate all’assenza della a eritropoiesi inefficace. I globuli rossi che vengono rilasciati dal
sintesi della b-globina, e (2) mutazioni b+, caratterizzate dalla sintesi midollo presentano inclusioni e danni della membrana e hanno una
ridotta (ma identificabile) della b-globina. Il sequenziamento dei tendenza al sequestro splenico e all’emolisi extravascolare.
geni per la b-talassemia ha individuato oltre 100 diverse mutazioni Nella b-talassemia grave, l’eritropoiesi inefficace provoca
coinvolte, che consistono perlopiù di mutazioni puntiformi. I det- ulteriori problemi. La secrezione dell’eritropoietina, nel quadro di
tagli di queste mutazioni e i loro effetti sono riportati in testi spe- un’anemia grave e scompensata, porta a una massiva iperplasia
cializzati. La ­Figura 14.11 offre alcuni esempi paradigmatici. eritroide nel midollo e a un’estesa emopoiesi extramidollare. La
massa in espansione dei precursori dei globuli rossi erode la corti-
Mutazioni nello splicing. Queste rappresentano la causa più comu- cale ossea, compromette l’accrescimento osseo e provoca altre ano­
ne di b+-talassemia. La maggior parte di queste mutazioni avviene malie allo scheletro (descritte oltre). L’emopoiesi extramidollare
negli introni, mentre altre sono situate negli esoni. Certe interessa il fegato, la milza e i linfonodi, e in casi estremi produce

Figura 14.11 Distribuzione delle mutazioni di b-globina associate alla b-talassemia. Le frecce indicano i punti in cui sono state identificate le mutazioni
puntiformi che causano la b0-o b+-talassemia.
640 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

Figura 14.12 Patogenesi della b-talassemia maggiore. Da notare che i caratteristici aggregati di catene globiniche a non appaiate non sono visibili sugli
strisci di sangue colorati con metodi di routine. Le trasfusioni di sangue sono un’arma a doppio taglio, poiché diminuiscono l’anemia e le conseguenti
complicanze, ma provocano un sovraccarico sistemico di ferro.

masse extraossee nel torace, nell’addome e nella pelvi. I progenitori Manifestazioni cliniche. I rapporti dei fenotipi clinici con i geno-
eritroidi metabolicamente attivi sottraggono nutrienti da altri tes- tipi sono riassunti nella Tabella 14.3. La classificazione clinica della
suti, che sono già poveri di ossigeno, causando una grave cachessia b-talassemia è basata sulla gravità dell’anemia, che a sua volta è dovuta
nei pazienti non trattati. al tipo di difetto genetico (b+ o b0) e al dosaggio genico (omozigosi o
Un’altra complicanza grave dell’eritropoiesi inefficace consiste eterozigosi). In genere, gli individui con due alleli della b
­ -talassemia
nell’eccessivo assorbimento di ferro alimentare. L’eritropoiesi inefficace (b+/b+, b+/b0, o b0/b0) sviluppano una grave anemia, che necessita di
sopprime i livelli circolanti di epcidina, regolatore negativo dell’as- trasfusioni e che viene indicata come b-talassemia major. I soggetti
sorbimento di ferro (descritto in merito all’anemia sideropenica). eterozigoti con un gene per la b-talassemia e un gene normale (b+/b
Senza le adeguate misure preventive, i bassi livelli di epcidina e il o b0/b) sviluppano spesso una lieve anemia microcitica asintomatica.
carico di ferro dovuto a ripetute trasfusioni di sangue provocano un Questa condizione è indicata come b ­ -talassemia minor o tratto b--
inevitabile sovraccarico grave di ferro. Ne consegue spesso un suc- talassemico. Una terza variante geneticamente eterogenea di gravità
cessivo danno agli organi parenchimali, in particolare un fegato moderata si chiama b-talassemia intermedia. Questa categoria include
carico di ferro, e a volte anche un’emocromatosi secondaria le varianti più lievi di b+/b+ o b+/b0-­talassemia e forme insolite di
(Cap. 18). b-talassemia eterozigote. Alcuni ­pazienti affetti da b-talassemia
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 641

TABELLA 14.3 Classificazione clinica e genetica delle talassemie

Sindromi cliniche Genotipo Caratteristiche cliniche Genetica molecolare

b-TALASSEMIE

b-talassemia major b-talassemia omozigote Severa; richiede trasfusioni Principalmente mutazioni


(b0/b0, b+/b+, b0/b+) di sangue puntiformi che portano a
deficit in trascrizione, splicing
b-talassemia intermedia Variabile (b0/b+, b+/b+, b0/b, b+/b) Severa, ma non richiede o traduzione di mRNA per la
trasfusioni di routine b-globina
b-talassemia minor b-talassemia eterozigote Asintomatica, con anemia
(b0/b, b+/b) modesta o assente; sono
presenti anomalie a carico dei
globuli rossi

a-TALASSEMIE

Portatore silente −/a a/a Asintomatico; nessuna anomalia Principalmente delezioni


nei globuli rossi geniche
Tratto a-talassemico −/− a/a (asiatici) Asintomatico, come la b-
−/a −/a (neri africani, asiatici) talassemia minor
Malattia da HbH −/− −/a Grave; simile alla b-talassemia
intermedia
Idrope fetale −/− −/− Letale in utero senza trasfusioni
di sangue

i­ntermedia possiedono due geni difettivi di b-globina e un difetto nel


gene dell’a-talassemia, che diminuisce lo squilibrio nella sintesi delle ficace è più bassa rispetto a quanto atteso in base alla gravità
catene a- e b. In altri casi rari ma significativi, gli individui hanno un dell’anemia. Nel sangue periferico si osservano quantità
difetto singolo nella b-globina e una o due copie in più dei geni dell’a- variabili di precursori dei globuli rossi nucleati (normoblasti)
globina (a causa di una duplicazione genica), cosa che peggiora lo poco emoglobinizzati a causa di eritropoiesi “da stress” e
squilibrio.10 Queste forme insolite della malattia servono a evidenziare dell’anomalo rilascio dalle zone di emopoiesi extra­
il ruolo essenziale delle catene di a-globina non accoppiate nella pa- midollare.
tologia. Le caratteristiche cliniche e morfologiche della b-talassemia Le altre alterazioni principali includono il midollo osseo e la
intermedia non sono descritte separatamente ma possono essere milza. Nel paziente non trasfuso, vi è un’impressionante
dedotte dalle seguenti considerazioni sulla b-talassemia major e sulla espansione di midollo emopoieticamente attivo. Nelle ossa
b-talassemia minor. del volto e del cranio il midollo logora la corticale dell’osso
b-talassemia major. La b-talassemia è più comune nei paesi e induce la neoformazione di osso, che ai raggi X dà il tipico
mediterranei e in alcune regioni dell’Africa e nel Sud-Est asiatico. Negli aspetto del “cranio a spazzola” (Fig. 14.13). Sia l’iperplasia
Stati Uniti, l’incidenza è più alta negli immigrati provenienti da queste dei fagociti sia l’emopoiesi extramidollare contribuiscono
aree. L’anemia si manifesta da 6 a 9 mesi dopo la nascita, quando la all’aumento di dimensioni della milza, che può arrivare a
sintesi di emoglobina passa da HbF a HbA. In pazienti che non hanno pesare fino a 1.500 g. Il fegato e i linfonodi possono anche
subito trasfusioni, i livelli di emoglobina variano da 3 a 6 g/dl. I globuli essere aumentati di volume a causa dell’emopoiesi
rossi possono essere completamente privi di HbA (genotipo b0/b0) o extramidollare.
contenerne piccole quantità (genotipi b+/b+ o b0/b+). La principale L’emosiderosi e la successiva emocromatosi, le due manife-
emoglobina dei globuli rossi è l’HbF, che è molto elevata. I livelli di stazioni del sovraccarico di ferro (Cap. 18), si verificano in
HbA2 sono spesso elevati, ma spesso sono normali o bassi. quasi tutti i pazienti. Il deposito di ferro danneggia gli organi,
in particolare il cuore, il fegato e il pancreas.

Morfologia Gli strisci di sangue mostrano anomalie


­morfologiche gravi nei globuli rossi, tra cui forte variazione Il decorso clinico della b-talassemia major è breve a meno che
nella grandezza (anisocitosi) e della forma (poichilocitosi), non vengano effettuate trasfusioni di sangue. I bambini non trattati
­microcitosi e ipocromia. Cellule bersaglio (così chiamate soffrono di un ritardo della crescita e muoiono in età precoce a causa
poiché l’emoglobina si raccoglie al centro delle cellule), pun- degli effetti dell’anemia. Nei soggetti che sopravvivono sufficiente-
teggiature basofile e globuli rossi frammentati sono comuni. mente a lungo, gli zigomi e altre prominenze ossee si presentano
Inclusioni di aggregati di catene a sono efficientemente ingranditi e deformati. Normalmente si verifica ­epatosplenomegalia
­rimossi da parte della milza e difficilmente rintracciabili. La dovuta a emopoiesi extramidollare. Sebbene le trasfusioni di sangue
conta dei reticolociti è alta, ma a causa dell’eritropoiesi inef- migliorino l’anemia e prevengano anche le complicanze correlate
all’eccessiva eritropoiesi, portano ad altre complicanze. Il danno
642 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

effetti dell’eccesso di catene non-a (b, g, e d) non appaiate, che va-


riano secondo l’età. Nel neonato affetto da a ­ -­talassemia, un eccesso
di catene di g-globina mutata forma tetrameri g4 noti come emoglo-
bina di Barts, mentre nei bambini e negli adulti l’eccesso di catene di
b-globina forma tetrameri b4 noti come HbH. Poiché le catene b e
g libere sono più solubili delle catene a libere e formano omotetra-
meri abbastanza stabili, l’emolisi e l’eritropoiesi inefficace sono meno
gravi rispetto alle b-talassemie. Diverse lesioni molecolari sono re-
sponsabili dell’a-talassemia, ma la delezione genica è la causa più
comune della ridotta sintesi delle catene a.
Manifestazioni cliniche. Le sindromi cliniche sono determinate
e classificate in base al numero dei geni dell’a-globina eliminati. Nor-
malmente, ognuno dei quattro geni dell’a-globina contribuisce per
circa il 25% delle catene dell’a-globina. Le sindromi a-talassemiche
derivano dalla combinazione di delezioni che rimuovono da uno
a quattro copie dei geni dell’a-globina. Non a caso, la gravità della
sindrome clinica è proporzionale al numero di geni dell’a-globina
mancanti. I tipi differenti di a-talassemia e le loro caratteristiche
Figura 14.13 Talassemia: radiografia del cranio che mostra la formazione salienti sono elencati nella Tabella 14.3.
di nuovo osso sul tavolato esterno, disposto perpendicolarmente all’osso Condizione di portatore silente. È associato alla delezione di un
originario. (Per gentile concessione del Dr. Jack Reynolds, Department of
Radiology, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX)
solo gene dell’a-globina, che causa una riduzione appena riscontra-
bile della sintesi della catena di a-globina. Questi soggetti sono com-
pletamente asintomatici, ma sono affetti da una microcitosi lieve.
cardiaco derivante dal progressivo sovraccarico di ferro e dalla Tratto a-talassemico. È causato dalla delezione di due geni
conseguente emocromatosi (Cap. 18) è un’importante causa di mor­ dell’a-globina da un solo cromosoma (a/a −/−), o dalla delezione
te, in particolare in pazienti pesantemente trasfusi, che devono essere di un gene dell’a-globina dai due cromosomi (a/− a/−) (si veda
trattati con chelanti del ferro per prevenire o ridurre questa compli- Tab. 14.3). Il primo genotipo è più comune nelle popolazioni asiatiche,
canza. Grazie alle trasfusioni e all’utilizzo dei chelanti del ferro, la mentre il secondo nelle regioni dell’Africa. Entrambi i genotipi pro­
sopravvivenza fino ai trent’anni è possibile, ma la prognosi globale ducono simili carenze quantitative di a-globina e sono clinicamente
rimane insoddisfacente. Il trapianto di midollo osseo è l’unica terapia analoghi, ma hanno implicazioni diverse per i figli degli individui
che offre una cura e trova un impiego sempre maggiore.11 La dia- affetti, che sono a rischio di a-talassemia clinicamente significativa
gnosi prenatale è possibile mediante l’analisi molecolare del DNA. (sindrome HbH o idrope fetale) solo quando almeno un genitore
b-talassemia minor. La b-talassemia minor è molto più comune possiede l’aplotipo −/− . Perciò, l’a-talassemia sintomatica è relati-
della major e comprensibilmente riguarda gli stessi gruppi etnici. La vamente comune nelle popolazioni asiatiche ed è rara in quelle nere
maggior parte dei pazienti è portatrice eterozigote di un allele b+ o africane. Il quadro clinico del tratto a-talassemico è identico a quello
b0. Questi pazienti sono solitamente asintomatici e l’anemia, se descritto per la b-talassemia minor, cioè globuli rossi di ridotte
presente, è lieve. Lo striscio di sangue periferico mostra tipicamente dimensioni (microcitosi), minima o assente anemia e assenza di
alcune anomalie dei globuli rossi, comprese ipocromia, microcitosi, segni fisici alterati. I livelli di HbA2 sono normali o bassi.
punteggiatura basofila e cellule bersaglio. Nel midollo osseo è Malattia dell’emoglobina H. È causata da una delezione di tre
­possibile osservare una lieve iperplasia eritroide. L’elettroforesi geni della a-globina. Come già detto, la malattia HbH si manifesta
dell’emoglobina rivela un aumento dell’HbA2 (a2d2) dal 4 all’8% in genere nelle popolazioni asiatiche. Con solo un gene normale
dell’emoglobina totale (normale, 2,5% ± 0,3%), che è un riflesso di ­dell’a-globina, la sintesi di catene a è marcatamente ridotta e si
un rapporto elevato tra la sintesi della catena d e della catena b. I formano tetrameri di b-globina, detti HbH. L’HbH ha un’affinità
livelli di HbF sono in genere normali o leggermente aumentati. estremamente elevata per l’ossigeno e quindi non è utile per lo scam­
Riconoscere il tratto b-talassemico è importante per due motivi: bio di ossigeno, portando a ipossia tissutale sproporzionata rispetto
(1) la distinzione dall’anemia ipocromica microcitica da carenza di al livello di emoglobina. Inoltre, l’HbH è soggetta a ossidazione, che
ferro e (2) il counseling genetico. Una carenza di ferro può essere il causa la formazione di inclusioni intracellulari che promuovono il
più delle volte esclusa attraverso la misurazione dei livelli sierici di sequestro dei globuli rossi e la fagocitosi nella milza. Questo porta
ferro, della capacità totale di legame del ferro e della ferritina sierica a un’anemia moderatamente grave simile alla b-talassemia
(si veda “Anemia da carenza di ferro”). L’aumento di HbA2 è utile intermedia.
dal punto di vista diagnostico, in particolare negli individui (come Idrope fetale. La più grave forma di a-talassemia è causata dalla
donne in età fertile) a rischio sia per il tratto b-talassemico sia per delezione di tutti e quattro i geni dell’a-globina. Nel feto, le catene
la mancanza di ferro. di g-globina in eccesso formano tetrameri (emoglobina di Barts)
con un’elevata affinità per l’ossigeno, che rilasciano poco ai tessuti.
La sopravvivenza durante lo sviluppo precoce è dovuta ­all’espressione
a-talassemie
di catene , una globina embrionale che si accoppia con catene g per
Le a-talassemie sono causate da delezioni ereditarie che provocano una formare un tetramero di Hb funzionale 2g2. Segni di malessere
ridotta o assente sintesi di catene di a-globina. Normalmente, esistono fetale solitamente divengono evidenti dal terzo trimestre di gravi-
quattro geni dell’a-globina, e la gravità dell’a-talassemia dipende da danza. In passato, una grave anossia tissutale portava alla morte
quanti geni dell’a-globina sono coinvolti. Come nelle b-talassemie, fetale intrauterina; grazie alla trasfusione intrauterina, molti di tali
l’anemia deriva sia dalla carenza di emoglobina normale sia dagli neonati possono essere salvati. Il feto mostra un grave pallore, edema
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 643

­generalizzato, massiva epatosplenomegalia simile a quella dell’eri-


troblastosi fetale (Cap. 10). Per sopravvivere si rendono necessarie
trasfusioni ematiche per tutta la vita, con il rischio di eccesso di ferro.
Il trapianto di midollo osseo può essere curativo.11

Emoglobinuria parossistica notturna


L’emoglobinuria parossistica notturna (EPN) è una malattia provocata
da mutazioni acquisite nel fosfatidilinositolo glican A (PIGA), un
Figura 14.14 Emoglobinuria parossistica notturna (EPN). A. La cito-
enzima essenziale per la sintesi di alcune proteine di superficie cellu- metria di flusso del sangue di un soggetto normale mostra che i globuli
lare. L’EPN ha un’incidenza di 2-5 per milione negli Stati Uniti. rossi esprimono due proteine di membrana glicofosfatidilinositolo-corre-
Nonostante la rarità, interessa gli ematologi poiché è la sola anemia late, CD55 e CD59, sulla superficie. B. La citometria di fluso del sangue
emolitica causata da un difetto intrinseco acquisito della membrana di un paziente con EPN mostra una popolazione di globuli rossi con deficit
di CD55 e CD59. Nell’EPN è tipico che sia anche presente una seconda
cellulare. È bene ricordare che le proteine sono ancorate nel doppio popolazione di globuli rossi CD55+/CD59+ derivati da normali cellule
strato lipidico in due modi. La maggior parte ha una regione idro- staminali emopoietiche residue. (Per gentile concessione del Dr. Scott
fobica integrata nella membrana cellulare; queste sono chiamate Rodig, Department of Pathology, Brigham and Women’s Hospital,
proteine transmembrana. Le rimanenti sono ancorate alla membrana Boston, MA)
cellulare tramite un legame covalente a un fosfolipide specializzato
chiamato glicosilfosfatidilinositolo (GPI). Nell’EPN mancano tre
proteine correlate al GPI a causa delle mutazioni somatiche che legate al GPI contribuisce alla condizione protrombotica, come
inattivano il PIGA, che è legato al cromosoma X ed è soggetto a l’assorbimento di NO da parte dell’emoglobina libera (come si è visto
lyonizzazione (inattivazione casuale di uno dei cromosomi X nelle nel paragrafo “Anemia falciforme”).13 Il 5-10% circa dei pazienti
cellule delle femmine, Cap. 5). Perciò, una sola mutazione acquisita sviluppa una leucemia mieloide acuta o una sindrome mielodispla-
nel gene PIGA attivo di una cellula è sufficiente a produrre una stica, forse perché le cellule staminali emopoietiche hanno subito
condizione di deficit. Poiché la mutazione che lo causa avviene nelle un danno genetico.
cellule staminali emopoietiche; la loro discendenza clonale (globuli La diagnosi di EPN avviene mediante citometria a flusso, uno
rossi, globuli bianchi, piastrine) è priva delle proteine correlate al strumento sensibile per identificare i globuli rossi privi delle proteine
GPI. In genere il clone mutante coesiste con la progenie delle cellule correlate al GPI, quali CD59 (Fig. 14.14). Sono disponibili diversi
staminali normali con deficit di PIGA. approcci terapeutici, ma nessuno è del tutto soddisfacente. L’infu-
Da notare che la maggior parte dei soggetti normali presenta sione di un anticorpo monoclonale inibitore di C5a riduce di molto
piccole quantità di cellule del midollo osseo con mutazioni di PIGA l’emolisi, ma espone i pazienti a un rischio maggiore di infezioni
identiche a quelle che causano EPN. Si ipotizza che queste cellule meningococciche gravi o fatali (come succede ai soggetti con difetti
aumentino di numero (producendo quindi EPN clinicamente evi- ereditari del complemento). I farmaci immunosoppressivi sono utili
dente) solo in casi rari ove essi hanno un vantaggio selettivo, come per gli individui in cui si osserva aplasia midollare. La sola terapia
nel contesto di reazioni autoimmuni contro gli antigeni correlati al è il trapianto di midollo osseo.
GPI.12 Tale contesto potrebbe spiegare la frequente associazione di
EPN e aplasia midollare, una sindrome da insufficienza midollare Anemia immunoemolitica
(trattata oltre) con una base autoimmunitaria in molti soggetti.
Nell’EPN i globuli rossi sono privi di tre proteine correlate al Le anemie emolitiche in questa categoria sono causate da anticorpi
GPI che regolano l’attività del complemento: (1) fattore accele- che si legano ai globuli rossi, provocandone la distruzione prematura.
rante il decadimento, o CD55; (2) inibitore di membrana della Sebbene queste malattie siano comunemente denominate come
lisi reattiva, o CD59; e (3) proteina legante il C8. Tra questi fattori, anemie emolitiche autoimmuni, la definizione anemie immunoe-
il più importante è il CD59, un potente inibitore della C3 con- molitiche è preferibile perché in alcuni casi la reazione immune è
vertasi che previene l’attivazione spontanea della via alternativa iniziata dall’assunzione di un farmaco. L’anemia immunoemolitica
del complemento. può essere classificata in base alle caratteristiche dell’anticorpo re-
I globuli rossi, le piastrine e i granulociti privi di questi fattori sponsabile (Tab. 14.4).
correlati al GPI sono soggetti in modo anomalo a lisi o a danno da La diagnosi dell’anemia immunoemolitica richiede il riscontro
complemento. Nei globuli rossi si manifesta come emolisi intrava- di anticorpi e/o complemento sui globuli rossi del paziente. Ciò viene
scolare, che è causata dal complesso C5b-C9 di attacco della mem- effettuato mediante il test di Coombs diretto, in cui i globuli rossi del
brana. L’emolisi è parossistica e notturna solo nel 25% dei casi; è più paziente sono mescolati con antisiero eterologo specifico per im-
frequente un’emolisi cronica senza emoglobinuria grave. La tendenza munoglobuline umane o complemento e uno dei due è presente sulla
dei globuli rossi a lisarsi di notte è dovuta alla lieve diminuzione del superficie dei globuli rossi, gli anticorpi polivalenti provocano
pH del sangue durante il sonno, che aumenta l’attività del ­agglutinazione, facilmente visibile sotto forma di condensazioni. Nel
­complemento. L’anemia è variabile ma in genere ha una gravità da test di Coombs indiretto, il siero del paziente viene testato per valutare
lieve a moderata. La perdita di ferro eme nell’urina (emosiderinuria) la capacità di agglutinare i globuli rossi disponibili in commercio
porta a carenza di ferro, che può esacerbare l’anemia se non che portano determinati antigeni. Il test serve per caratterizzare
trattata. l’antigene bersaglio e la dipendenza dalla ­temperatura dell’anticorpo
La trombosi è la causa principale di morte negli individui affetti da responsabile. Sono anche disponibili test immunologici quantitativi
EPN. Circa il 40% dei pazienti soffre di trombosi venosa, con fre- per misurare direttamente tali anticorpi.
quente coinvolgimento delle vene epatiche, portali o cerebrali. La Da anticorpi caldi. Questa è la forma meno comune dell’anemia
disfunzione delle piastrine dovuta ad assenza di alcune proteine immunoemolitica. Circa il 50% dei casi è idiopatico (primario); i
644 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

TABELLA 14.4 Classificazione delle anemie dell’anemia emolitica da anticorpi caldi, che rappresenta il 15-30%
immunoemolitiche dei casi. Gli anticorpi delle agglutinine fredde talvolta appaiono in
modo transitorio dopo certe infezioni, quali Mycoplasma pneumo-
DA ANTICORPI CALDI (ANTICORPI DI TIPO IgG ATTIVI A 37 °C) niae, virus di Epstein-Barr, citomegalovirus, virus dell’influenza e
Primitiva (idiopatica) virus dell’immunodeficienza umana (HIV). In questo contesto, il
Secondaria disturbo è auto-limitante e gli anticorpi raramente provocano
Disordini autoimmuni (in particolare lupus eritematoso sistemico) un’emolisi clinicamente importante. Le anemie immunoemolitiche
Farmaci
Neoplasie linfoidi croniche da agglutinine fredde si verificano in associazione
con alcune neoplasie da precursori B oppure come malattia
DA AGGLUTININE FREDDE (ANTICORPI DI TIPO IgM ATTIVI idiopatica.
SOTTO I 37 °C)
I sintomi clinici sono causati dal legame di IgM ai globuli rossi
Acuta (infezione da micoplasma, mononucleosi infettiva) in sedi quali le parti esposte delle dita della mano, del piede e
Cronica dell’orecchio dove la temperatura è al di sotto dei 30 °C. Il legame
Idiopatica
Neoplasie linfoidi delle IgM agglutina i globuli rossi e fissa rapidamente il complemen-
to. Quando il sangue ricircola e si riscalda, l’IgM è rilasciata,
DA EMOLISINE FREDDE (ANTICORPI DI TIPO IgG ATTIVI SOTTO ­solitamente prima che si verifichi l’emolisi complemento-mediata.
I 37 °C)
Tuttavia, la transitoria interazione con l’IgM è sufficiente per legare
Rara; si presenta principalmente nei bambini in seguito quantità di C3b sublitico, un’eccellente opsonina che porta a una
a infezione virale rapida rimozione dei globuli rossi affetti da parte dei fagociti nella
milza, nel fegato e nel midollo osseo. L’emolisi è di varia entità.
L’ostruzione vascolare causata dai globuli rossi agglutinati esita in
pallore, cianosi e fenomeno di Raynaud (Cap. 11) nelle parti del
rimanenti sono correlati a condizioni predisponenti (Tab. 14.4) o a corpo esposte al freddo.
esposizione a farmaci. La maggior parte degli anticorpi in causa è Da emolisine fredde. Le emolisine fredde sono autoanticorpi
di classe IgG; meno frequentemente sono coinvolti gli anticorpi IgA. responsabili di una rara entità nota come emoglobinuria parossistica
L’emolisi dei globuli rossi e perlopiù extravascolare. I globuli rossi a frigore. Questo raro disturbo causa emolisi intravascolare ed emo-
rivestiti da IgG legano i recettori per i frammenti Fc sui fagociti, che globinuria sostanziali, talvolta fatali. Gli autoanticorpi sono IgG che
rimuovono la membrana eritrocitaria durante una fagocitosi si legano all’antigene del gruppo sanguigno P sulla superficie del
­“parziale”. Come accade nella sferocitosi ereditaria, la perdita globulo rosso14 nelle aree periferiche fredde del corpo. La lisi com-
di membrana converte i globuli rossi a sferociti, che sono sequestrati plemento-mediata si verifica quando le cellule ricircolano nelle re-
e rimossi nella milza. Si osserva in genere una modesta splenome- gioni centrali calde, poiché la cascata del complemento funziona più
galia dovuta alla fagocitosi splenica. efficacemente a 37 °C. La maggior parte dei casi si nota nei bambini
Come per altri disturbi autoimmuni, la causa dell’anemia immu- in seguito a infezione virale; in questo contesto il disturbo è transi-
noemolitica primaria è sconosciuta. Nella maggior parte dei casi, gli torio e la maggioranza dei soggetti affetti guarisce in un mese.
anticorpi sono diretti contro gli antigeni del gruppo sanguigno Rh. Il trattamento dell’anemia emolitica da anticorpi caldi si basa
I meccanismi dell’emolisi indotta da farmaci sono meglio conosciuti. sull’eliminazione dei fattori scatenanti (ossia, farmaci); se non è
Sono stati descritti due meccanismi. possibile, i farmaci immunosoppressivi e la splenectomia sono i
trattamenti di preferenza.15 Le anemie immunoemolitiche croniche
Farmaci antigenici. In questo contesto, l’emolisi è legata alla som­ da agglutinine fredde causate dagli anticorpi IgM sono più difficili
ministrazione endovenosa di grandi quantità del farmaco lesivo da curare.14
e avviene 1-2 settimane dall’inizio della terapia. Questi farmaci,
come ad esempio penicillina e cefalosporine, si legano alla mem- Anemia emolitica da traumi
brana eritrocitaria e sono riconosciuti dagli anticorpi anti-far- dei globuli rossi
maco. A volte gli anticorpi si legano solamente al farmaco, come
nell’emolisi penicillino-indotta. Negli altri casi, quali l’emolisi L’emolisi più significativa causata dal trauma dei globuli rossi è os­
chinidina-indotta, gli anticorpi riconoscono un complesso del servabile negli individui con protesi valvolari cardiache e malattie
farmaco e una proteina di membrana. Gli anticorpi responsabili microangiopatiche. Le valvole artificiali meccaniche sono coinvolte
talvolta fissano il complemento e provocano l’emolisi intravasco- più spesso rispetto alle valvole bioprotesiche porcine. L’emolisi deriva
lare, ma più spesso agiscono come opsonine che promuovono da forze di taglio prodotte da un flusso ematico turbolento e anomali
l’emolisi extravascolare nei fagociti. gradienti pressori nelle valvole danneggiate. L’anemia emolitica
Farmaci che riducono la tolleranza. Questi farmaci, dei quali microangiopatica si presenta più frequentemente con la coagulazio-
l’agente ipertensivo a-metildopa è il prototipo, in qualche modo ne intravascolare disseminata, ma anche con la porpora trombotica
sconosciuto inducono la produzione di anticorpi contro gli an- trombocitopenica (PTT), la sindrome emolitico-uremica (SEU),
tigeni dei globuli rossi, in particolare gli antigeni del gruppo l’ipertensione maligna, il lupus eritematoso sistemico e il cancro
sanguigno Rh. Circa il 10% dei pazienti che assumono disseminato. La caratteristica comune tra tutte queste patologie è
­l’a-metildopa produce autoanticorpi, come determinato dal test una lesione microvascolare che provoca un restringimento del lume,
di Coombs diretto, e circa l’1% sviluppa un’emolisi clinicamente spesso dovuto a un deposito di fibrina e piastrine. Queste alterazioni
significativa. vascolari producono forze di taglio che danneggiano ­meccanicamente
i globuli rossi. A prescindere dalla causa, il danno porta alla com-
Da agglutinine fredde. Questa forma di anemia immunoemo- parsa nello striscio di sangue periferico di frammenti di globuli rossi
litica è causata dagli anticorpi IgM che si legano ai globuli rossi con (schistociti), “acantociti”, “cellule a caschetto” e “cellule a ­triangolo”
elevata avidità a basse temperature (0-4 °C).14 È meno comune (Fig. 14.15).
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 645

TABELLA 14.5 Cause dell’anemia megaloblastica

CARENZA DI VITAMINA B12


Ridotta assunzione
Dieta inadeguata, dieta vegetariana
Alterato assorbimento
Deficit di fattore intrinseco
Anemia perniciosa
Gastrectomia
Stati di malassorbimento
Malattie intestinali diffuse, (ad es. linfoma, sclerodermia)
Resezioni ileali, ileite
Assorbimento competitivo da parte di parassiti
Figura 14.15 Anemia emolitica microangiopatica. Lo striscio di sangue Infestazione da Botriocefalo
periferico di un paziente con sindrome emolitico-uremica mostra molti Crescita batterica in anse cieche o in diverticoli dell’intestino
globuli rossi frammentati. (Per gentile concessione del Dr. Robert W.
McKenna, Department of Pathology, University of Texas Southwestern DEFICIT DI ACIDO FOLICO
Medical School, Dallas, TX)
Ridotta assunzione
Dieta inadeguata, alcolismo, infanzia

Anemie Da Diminuita Eritropoiesi Alterato assorbimento


Stati di malassorbimento
Sebbene le anemie che derivano dalla produzione inadeguata di glo- Malattie intestinali
buli rossi siano eterogenee, possono essere classificate in alcune cate- Uso di anticonvulsivanti, contraccettivi orali
gorie principali a seconda della fisiopatologia (si veda Tab. 14.1). Le Aumentata perdita
anemie più comuni e importanti associate all’ipoproduzione di globuli Emodialisi
rossi sono quelle causate da carenze alimentari, seguite da quelle legate Aumentata richiesta
a insufficienza renale e infiammazione cronica. Si includono anche Gravidanza, infanzia, cancro disseminato, aumento notevole
disturbi meno comuni che portano a insufficienza generalizzata del dell’emopoiesi
midollo osseo, quali aplasia midollare, neoplasie emopoietiche pri- Alterato impiego
mitive (trattate nel Cap. 13) e patologie infiltrative che portano alla
Antagonisti dell’acido folico
sostituzione del midollo (ad es. metastasi e malattie granulomatose
disseminate). Tratteremo innanzitutto le cause estrinseche della di- TERAPIA NON-RESPONSIVA CON VITAMINA B12 O ACIDO FOLICO
minuzione dell’eritropoiesi, più comuni e clinicamente importanti, e
Inibitori metabolici della sintesi di DNA e/o metabolismo dei folati
quindi ci soffermeremo sulle cause intrinseche non neoplastiche. (ad es. metotrexato)

Modificata da Beck WS: Megaloblastic anemias. In Wyngaarden JB, Smith


Anemie megaloblastiche LH (eds): Cecil Textbook of Medicine, 18th ed. Philadelphia, WB Saun-
ders, 1988, p. 900.
Il tratto comune tra le varie cause dell’anemia megaloblastica
(Tab. 14.5) è un’alterazione della sintesi del DNA che porta a cambia-
menti morfologici distintivi, quali precursori eritroidi e globuli rossi (anisocitosi) e forma (poichilocitosi). Quando l’anemia è
eccessivamente grandi. La seguente trattazione descrive innanzitutto grave la conta dei reticolociti è bassa e compaiono
le caratteristiche comuni e quindi si focalizza sulle due tipologie ­occasionalmente globuli rossi nucleati nel sangue circolante.
principali: l’anemia perniciosa (la principale anemia da carenza di Anche i neutrofili sono più grandi della norma (macropoli-
vitamina B12) e l’anemia da carenza di folati. morfonucleati) e ipersegmentati: hanno cinque o più lobuli
Alcune implicazioni metaboliche della vitamina B12 e dei folati nucleari invece dei n ­ ormali tre o quattro (Fig. 14.16).
saranno trattate in seguito. Per ora è sufficiente ricordare che la vi- Il midollo osseo è di solito marcatamente ipercellulare per
tamina B12 e l’acido folico sono coenzimi necessari per la sintesi della l’aumento dei precur sori emopoietici, che posso-
timidina, una delle quattro basi presenti nel DNA. Un deficit di no ­completamente sostituire il midollo adiposo. Cambiamen-
queste vitamine o un’alterazione del loro metabolismo risulta in una ti megaloblastici sono riscontrati in tutte le fasi di sviluppo
maturazione difettosa dei nuclei dovuta a sovvertimento oppure a eritroide. Le cellule più primitive (promegaloblasti) sono
inadeguatezza della sintesi di DNA, con conseguente ritardo o blocco grandi, con un citoplasma altamente basofilo, nucleoli pro-
della divisione cellulare. minenti, e cromatina finemente dispersa (Fig. 14.17, cellula
A). Non appena queste cellule si differenziano e cominciano
ad ­accumulare emoglobina, il nucleo conserva la sua croma-
Morfologia Alcune caratteristiche del sangue periferico tina finemente dispersa e non subisce la compressione
sono comuni a tutte le anemie megaloblastiche. La presenza ­cromatinica tipica dei normoblasti. Mentre la maturazione
di globuli rossi macrocitici e ovalari (macro-ovalociti) è alta- nucleare è ritardata, la maturazione citoplasmatica e l’accu-
mente caratteristica. Poiché essi sono più grandi rispetto alla mulo di emoglobina procedono a ritmo normale, provocando
norma e più ricchi di emoglobina, la maggior parte dei ma- un’asincronia nucleo-citoplasmatica. Poiché la sintesi di DNA
crociti non mostra il pallore centrale del normale globulo è alterata in tutte le cellule proliferanti, anche i precursori dei
rosso e può perfino apparire “ipercromica”, però l’MCHC non granulociti mostrano una maturazione impropria sotto forma
è elevata. I globuli rossi variano ampiamente in dimensione di metamielociti giganti e forme a disco. Anche i ­megacariociti
646 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

Metabolismo normale della vitamina B12. La vitamina B12 è un


composto complesso organometallico noto come cobalamina. In
condizioni normali, l’uomo dipende totalmente dalla vitamina B12
alimentare. I microrganismi sono la fonte originaria di cobalamina
nella catena alimentare. Piante e vegetali contengono poca cobala-
mina salvo quella fornita dalla contaminazione microbica; diete
strettamente vegetariane o macrobiotiche non forniscono adeguate
quantità di questo nutriente essenziale. Il fabbisogno giornaliero va
da 2 a 3 mg. Una dieta che comprende prodotti animali ne contiene
in quantità significativamente maggiori e normalmente comporta un
accumulo intraepatico di vitamina B12 sufficiente per diversi anni.
L’assorbimento di vitamina B12 richiede il fattore intrinseco, che
viene secreto dalle cellule parietali della mucosa fundica (Fig. 14.18).
Figura 14.16 Anemia microangiopatica. Lo striscio di sangue periferico La vitamina B12 è liberata dalle proteine che la legano nei cibi attra-
mostra un neutrofilo ipersegmentato con un nucleo a sei lobuli. (Per gentile verso l’azione della pepsina nello stomaco e si lega alle proteine
concessione del Dr. Robert W. McKenna, Department of Pathology, Uni- salivari chiamate cobalofiline salivari, o R-leganti. Nel duodeno, la
versity of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) vitamina B12 viene rilasciata dall’azione di proteasi pancreatiche e si
associa al fattore intrinseco. Questo complesso è trasportato all’ileo,
dove avviene l’endocitosi da parte degli enterociti ileali che espri-
mono sulla loro superficie recettori per il fattore intrinseco. All’in-
possono essere abnormemente grandi e hanno nuclei biz- terno delle cellule ileali, la vitamina B12 si associa con uno dei prin-
zarri multilobati. cipali trasportatori proteici, la transcobalamina II, ed è secreta nel
L’iperplasia del midollo è la risposta a un aumento dei livelli plasma. La transcobalamina II trasporta la vitamina B12 al fegato e
di fattori di crescita come l’eritropoietina. Tuttavia, l’altera- ad altre cellule dell’organismo, in particolare alle cellule rapidamente
zione nella sintesi del DNA spinge la maggior parte dei pre- proliferanti nel midollo osseo e nelle mucose che rivestono il tratto
cursori all’apoptosi nel midollo (un esempio di emopoiesi gastrointestinale. Oltre al percorso principale, esiste un meccanismo
inefficace) e porta a pancitopenia. L’anemia è ulteriormente alternativo poco approfondito che non dipende dalla disponibilità
esacerbata da un grado lieve di emolisi dei globuli rossi di di fattore intrinseco o da un ileo terminale non alterato. Fino all’1%
eziologia incerta. di una dose orale può essere assorbito per questa via, rendendo
possibile il trattamento dell’anemia perniciosa con dosi elevate di
vitamina B12 per via orale.
Anemie da carenza di vitamina B12: anemia Funzioni biochimiche della vitamina B12. Sono note solo due
perniciosa reazioni nell’uomo che richiedono vitamina B 12. Nella prima, la
metilcobalamina funge da cofattore essenziale per la conversione
L’anemia perniciosa è una forma specifica di anemia megaloblastica dell’omocisteina a metionina mediante la metionina sintetasi
causata da gastrite autoimmune e da una mancata produzione di (Fig. 14.19). Nel processo, la metilcobalamina acquista un gruppo
fattore intrinseco che porta alla carenza di vitamina B12. Faremo una metilico ed è rigenerata dall’acido N 5-metiltetraidrofolico (N 5-metil
prima analisi del metabolismo della vitamina B12, poiché ciò aiuterà FH4), la principale forma dell’acido folico nel plasma. Nella stessa
a capire le altre forme di anemia da carenza di vitamina B12. reazione, N 5-metil FH4 è convertito ad acido tetraidrofolico (FH4).
L’FH4 è fondamentale, poiché è necessario (attraverso il suo derivato
N 5,10-metilene FH4) per la conversione della deossiuridina monofo-
sfato a deossitimidina monofosfato, un precursore immediato del
DNA. È stato postulato che la fondamentale causa di una ridotta sintesi
di DNA nella carenza di vitamina B12 è la ridotta disponibilità di FH4,
la maggior parte del quale è “intrappolato” come N 5-metil FH4. Il
deficit di FH4 può essere accentuato da un deficit “interno” di folati
causato da un’incapacità di sintetizzare forme ­metabolicamente attive
di poliglutamilato. Ciò dipende dalla ­necessità della vitamina B12 per
la sintesi di metionina, che fornisce un gruppo carbonio necessario
nella reazione metabolica che crea i folati poliglutammati (Fig. 14.20).
Qualunque sia il meccanismo, la carenza di folato è la causa fonda-
mentale dell’anemia nella carenza di vitamina B12, poiché l’anemia
migliora con la somministrazione di acido folico.
Le complicanze neurologiche associate a deficit di vitamina B12 sono
Figura 14.17 Anemia megaloblastica (aspirato midollare). A-C. Megalo- più enigmatiche, poiché non migliorano con la somministrazione di
blasti nei vari stadi di differenziazione. Da notare che il megaloblasto orto- folati. L’altra reazione conosciuta che dipende dalla vitamina B12 è
cromatico (B) è emoglobinizzato (come rivelato dalla colorazione del citopla- la isomerizzazione del metilmalonil-coenzima A in succinil-coen-
sma), ma contrariamente al normoblasto ortocromatico normale, il nucleo zima A, che richiede adenosilcobalamina come gruppo protesico
non è picnotico. I primi precursori eritroidi (A,C) e i precursori granulocitari
sono anch’essi ingranditi e mostrano una cromatina eccessivamente imma- dell’enzima metilmalonil-coenzima A mutasi. Un deficit di vitamina
tura. (Per gentile concessione del Dr. Jose Hernandez, Department of Pa- B12 quindi porta all’aumento nel plasma e nelle urine dei livelli
thology, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) dell’acido metilmalonico. L’interruzione di questa reazione e il
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 647

Figura 14.19 Relazioni tra la N 5-metil FH4, metionina sintetasi e la


timidilato sintetasi. Nel deficit di cobalamina, il folato è sequestrato come
N 5-metil FH4. Questa molecola alla fine depriva la timidilato sintetasi del
suo coenzima (N 5,10-metil FH4), compromettendo la sintesi di DNA. FH4,
acido tetraidrofolico.

conseguente accumulo di metilmalonato e propionato (un precur-


sore) potrebbero portare alla formazione e incorporazione di anomali
acidi grassi nei lipidi neuronali. È stato suggerito che questa altera-
zione biochimica predisponga alla distruzione mielinica e produca
quindi le complicanze neurologiche del deficit di vitamina B12 (Cap.
28). Tuttavia, i pochissimi individui con deficit ereditario di metil-
malonil-coenzima A mutasi, pur avendo complicanze legate alla
metilmalonil acidemia, non soffrono dei disturbi neurologici della
carenza di vitamina B12, ponendo dubbi su questa spiegazione.
Dopo questa introduzione sul metabolismo della vitamina B12,
possiamo ora rivolgere la nostra attenzione all’anemia perniciosa.
Incidenza. Sebbene sia prevalente negli scandinavi e nelle popo-
lazioni caucasiche, l’anemia perniciosa si riscontra in tutti i gruppi
etnici, compresi neri e ispanici. È una malattia degli anziani, l’età
media della diagnosi è 60 anni, ed è rara nei giovani al di sotto dei
30 anni. Una predisposizione ereditaria di tipo genetico è fortemente
sospettata, però non è stato identificato un definibile quadro genetico
di trasmissione. Come descritto più avanti, molti pazienti affetti
tendono a formare autoanticorpi contro antigeni self multipli.
Patogenesi. Si ritiene che l’anemia perniciosa sia provocata da
un attacco autoimmune sulla mucosa gastrica. Istologicamente,
esiste una gastrite cronica atrofica caratterizzata da una perdita di

Figura 14.18 Illustrazione schematica dell’assorbimento della vitamina Figura 14.20 Ruolo dei derivati del folato nel trasferimento di unità
B12. IF, fattore intrinseco; R-leganti, cobalofiline (si veda il testo). monocarboniose per la sintesi di macromolecole biologiche. FH4, acido
tetraidrofolico; FH2, acido diidrofolico; FIGlu, formiminoglutammato;
dTMP, deossitimidilato monofosfato.
648 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

cellule parietali, un prominente infiltrato di linfociti e plasmacellule,


e modificazione megaloblastica nelle cellule mucose simili a quelle come intestinalizzazione. Alcune delle cellule, così come i
riscontrate nei precursori eritroidi. In molti pazienti, ma non tutti, loro nuclei, possono aumentare fino al doppio delle normali
sono presenti tre tipi di anticorpi. Circa il 75% dei pazienti presenta dimensioni, una forma di cambiamento “megaloblastico”
un anticorpo di tipo I che blocca il legame della vitamina B12 al esattamente analoga a quella osservata nel midollo. Col
fattore intrinseco. Anticorpi di tipo I si riscontrano nel plasma e nel passare del tempo, la lingua può diventare lucida, liscia e
succo gastrico. Gli anticorpi di tipo II prevengono il legame del con aspetto “bovino” (glossite atrofica). L’atrofia gastrica e
complesso vitamina B12-fattore intrinseco al suo recettore ileale. la metaplasia sono dovute a meccanismi autoimmuni e non
Questi anticorpi sono reperibili anche in una larga percentuale di alla carenza di vitamina B 12; quindi, la somministrazione
pazienti con anemia perniciosa. Gli anticorpi di tipo III, presenti parenterale di vitamina B12 corregge le alterazioni nel midollo
nell’85-90% dei pazienti, riconoscono le subunità a e b della pompa osseo, però l’atrofia gastrica e l’acloridria persistono.
protonica gastrica, che è normalmente localizzata nei microvilli del Le lesioni del sistema nervoso centrale si riscontrano circa nei
sistema canalicolare delle cellule gastriche parietali. Questi anticorpi tre quarti di tutti i casi di anemia perniciosa florida, però si
non sono specifici per l’anemia perniciosa o altre malattie autoim- possono anche manifestare in assenza di alterazioni emato-
muni, poiché si riscontrano nel 50% degli anziani affetti da gastrite logiche evidenti. Le principali alterazioni interessano il mi-
cronica idiopatica non associata ad anemia perniciosa. dollo spinale, dove si verifica una demielinizzazione del tratto
Gli autoanticorpi sono di utilità diagnostica, ma non si ritiene che dorsale e laterale, talora seguita da perdita di assoni. Queste
siano la causa principale della patologia gastrica. Piuttosto, sembra modificazioni danno origine a paraparesi spastica, atassia
che una risposta mediata da cellule T autoreattive dia inizio alle lesioni sensoriale e severe parestesie agli arti inferiori. Meno fre-
della mucosa gastrica e stimoli la formazione di autoanticorpi, che quentemente, alterazioni degenerative si hanno nei gangli
può esacerbare le lesioni epiteliali. Quando la massa di cellule se- delle radici posteriori e nei nervi periferici (Cap. 28).
cernenti fattore intrinseco scende al di sotto di un valore soglia (e
le riserve di vitamina B12 sono ridotte), si sviluppa l’anemia. Nei
modelli animali di gastrite autoimmune mediata da cellule T CD4+, Caratteristiche cliniche. L’anemia perniciosa ha un esordio
si sviluppa un pattern di autoanticorpi simile a quello osservato insidioso, motivo per cui l’anemia è spesso abbastanza grave nel
nell’anemia perniciosa, a sostegno dell’importanza di un’autoimmu­ momento in cui la persona affetta si reca dal medico. L’evoluzione è
nità T cellulare. L’associazione comune di anemia perniciosa con progressiva a meno che non si instauri una terapia opportuna.
altri disturbi autoimmuni, in particolare tiroidite autoimmune e La diagnosi si basa su (1) una moderata o severa anemia mega-
surrenalite, è coerente con un sottostante meccanismo immune. La loblastica, (2) leucopenia con granulociti ipersegmentati, (3) bassi
tendenza a sviluppare diversi disturbi autoimmuni, tra cui l’anemia livelli sierici di vitamina B12, e (4) elevati livelli di omocisteina e acido
perniciosa, è correlata alle varianti di sequenze specifiche di NALP1,16 metilmalonico nel siero. La diagnosi è confermata da un marcato
un recettore immune innato che mappa sulla regione 17p13. aumento di reticolociti e dal miglioramento dell’ematocrito che inizia
La carenza di vitamina B12 è associata a disturbi diversi dall’ane- circa 5 giorni dopo somministrazione parenterale di vitamina B12.
mia perniciosa. La maggior parte di questi altera l’assorbimento della Gli anticorpi sierici anti-fattore intrinseco sono altamente specifici
vitamina su uno dei passaggi delineati sopra (Tab. 14.5). A causa per anemia perniciosa. La loro presenza testimonia la causa piuttosto
dell’acloridria e della perdita della secrezione di pepsina (che si ve­ che la presenza o assenza della carenza di vitamina B12.
rifica in alcuni soggetti anziani), la vitamina B12 non è prontamente Le persone affette da alterazioni atrofiche e metaplastiche nella
rilasciata dalle proteine nei cibi. In caso di gastrectomia, il fattore mucosa gastrica associate ad anemia perniciosa hanno un rischio
intrinseco non è disponibile per la captazione nell’ileo. Con perdita maggiore di sviluppare un carcinoma gastrico (Cap. 17). Come
della funzione pancreatica esocrina, la vitamina B12 non può essere menzionato, i livelli di omocisteina sierica sono alti nei soggetti con
liberata dal complesso R-legante-vitamina B12. Una resezione ileale deficit di vitamina B12. Livelli elevati di omocisteina rappresentano
o una malattia ileale diffusa possono rimuovere o danneggiare i siti un fattore di rischio per l’aterosclerosi e la trombosi, e si sospetta
di assorbimento del complesso fattore intrinseco-vitamina B12. I che la carenza di vitamina B12 possa aumentare l’incidenza di arte-
cestodi competono con l’ospite per la B12 e possono provocare una riopatie. Con infusione parenterale o alte dosi di vitamina B12 per
condizione di deficit. In alcune circostanze, quali gravidanza, iper- via orale l’anemia può essere curata, con regressione del danno
tiroidismo, cancro disseminato, infezioni croniche, la domanda di neurologico periferico, o almeno non progressione, anche se le
vitamina B12 può essere così grande da produrre una carenza relativa, modificazioni nella mucosa gastrica e il rischio di carcinoma restano
anche con un normale assorbimento. invariati.

Anemia da carenza di folati


Morfologia I reperti nel midollo osseo e nel sangue nell’ane-
mia perniciosa sono analoghi a quelli descritti precedente- Una carenza di acido folico (più propriamente acido pteroilmonoglu-
mente per tutte le anemie megaloblastiche. In genere, lo tammico) esita in un’anemia megaloblastica avente le stesse caratte-
stomaco presenta una gastrite cronica diffusa (Cap. 17). ristiche di quella causata dalla carenza di vitamina B12. I derivati di
­L’alterazione più caratteristica è l’atrofia delle ghiandole FH4 agiscono come intermediari nel trasferimento di unità mono-
fundiche, con riduzione sia delle cellule principali sia delle carboniose, come i gruppi formile e metile, a svariati composti
cellule parietali, queste ultime virtualmente assenti. Il (Fig. 14.20). FH4 agisce anche come accettore di frammenti mono-
­rivestimento epiteliale ghiandolare è sostituito da cellule carboniosi da composti come serina e acido formiminoglutamico.
caliciformi muco secernenti che assomigliano a quelle che I ­derivati di FH4 così prodotti a loro volta donano i frammenti mo-
rivestono l’intestino crasso, una forma di metaplasia nota nocarboniosi acquisiti in reazioni di sintesi di svariati metaboliti.
L’FH 4, quindi, può essere considerato come l’“intermediario”
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 649

b­ iologico in un gruppo di scambi che interessano la mobilità di unità del metabolismo del folato, sono colpite tutte le cellule in rapida
monocarboniose. I più importanti processi metabolici che dipen- crescita, ma in particolare quelle del midollo osseo e del tratto ga-
dono da tale trasferimento sono (1) la sintesi purinica; (2) la trasfor- strointestinale. Molti farmaci chemioterapici usati per il trattamento
mazione dell’omocisteina a metionina, reazione che richiede anche del cancro danneggiano o inibiscono la sintesi di DNA tramite altri
la presenza di vitamina B12; (3) la sintesi di deossitimidilato mono- meccanismi; questo può anche causare modificazioni megaloblasti-
fosfato. Nelle prime due reazioni, l’FH4 viene rigenerato dai suoi che in cellule a rapida divisione.
derivati che trasportano unità monocarboniose ed è disponibile ad Come menzionato all’inizio, l’anemia megaloblastica provocata
accettare un’altra unità monocarboniosa e rientrare nella riserva dei da una carenza dell’acido folico è identica a quella che si riscontra
donatori. Nella sintesi del dTMP, è prodotto un diidrofolato che deve nella carenza di vitamina B12. Quindi, la diagnosi di carenza di folati
essere ridotto dalla diidrofolato reduttasi per rientrare nella riserva può essere fatta solo dimostrando la diminuzione dei livelli di folati
degli FH4. Il passaggio della reduttasi è rilevante, poiché questo nel siero o nei globuli rossi. Come nella carenza di vitamina B12, i
enzima è sensibile all’inibizione da diversi farmaci. Tra le molecole livelli sierici di omocisteina sono aumentati, ma le concentrazioni
la cui sintesi è dipendente dai folati, il dTMP è forse il più importante di metilmalonato sono normali. Tuttavia, non si verificano disturbi
dal punto di vista biologico, poiché è necessario per la sintesi del neurologici.
DNA. È evidente da questa trattazione che la soppressione della Sebbene la pronta risposta ematologica testimoniata dalla retico-
sintesi di DNA, comune denominatore della carenza di acido folico locitosi segua la somministrazione dell’acido folico, anche i sintomi
e vitamina B12, è la causa immediata di megaloblastosi. ematologici di un’anemia da carenza di vitamina B12 rispondono a
Eziologia. Le tre principali cause di deficit di acido folico sono: terapia con folati. Tuttavia, i folati non prevengono (e possono anche
(1) assunzione ridotta, (2) aumento della richiesta e (3) impiego alte- esacerbare) la progressione dei disturbi neurologici tipici della carenza
rato (Tab. 14.5). L’uomo dipende completamente dall’introito ali- di vitamina B12. È quindi essenziale escludere la carenza di vitamina
mentare di acido folico per il suo fabbisogno, che va da 50 a 200 mg B12 nell’anemia megaloblastica prima di iniziare la terapia con i
al giorno. La maggior parte delle diete normali ne contiene ampie folati.
quantità. Le fonti più ricche sono i vegetali verdi come lattuga,
spinaci, asparagi e broccoli. Alcuni frutti (ad es. limoni, banane, Anemia da carenza di ferro
meloni) e fonti animali (ad es. fegato) ne contengono minore quan-
tità. L’acido folico in questi alimenti è per la maggior parte in forma La carenza di ferro è probabilmente il più frequente disturbo nutri-
di folilpoliglutammati. Nonostante la loro abbondanza negli alimenti zionale nel mondo. Sebbene la prevalenza di anemia da carenza di
crudi, i poliglutammati sono sensibili al calore; l’ebollizione, la cot- ferro sia più alta nei Paesi in via di sviluppo, questo tipo di anemia
tura a vapore o la frittura dei cibi per 5-10 minuti distruggono fino al è comune anche negli Stati Uniti, in particolare nei bambini, nelle
95% del contenuto di folati. Le coniugasi intestinali scindono il po- adolescenti e nelle donne in età fertile. I fattori alla base della carenza
liglutammato a monoglutammato che è facilmente assorbito nel di ferro differiscono nelle diverse popolazioni e possono essere
digiuno prossimale. Durante l’assorbimento intestinale, questi sono meglio considerati nel contesto del normale metabolismo del
modificati a 5-metiltetraidrofolato, la normale forma di trasporto ferro.17
di folato. Le riserve del corpo sono relativamente modeste, e una Metabolismo del ferro. La normale dieta occidentale giornaliera
carenza può insorgere nell’arco di settimane o mesi se l’assunzione contiene circa da 10 a 20 mg di ferro, la maggior parte sotto forma
è inadeguata. di eme contenuto nei prodotti animali, mentre il resto proviene dal
Una ridotta assunzione può derivare sia da una dieta inadeguata ferro inorganico presente nei vegetali. Circa il 20% del ferro eme
sia da un alterato assorbimento intestinale. Una dieta normale con- (contrariamente all’1-2% di ferro non eme) è assorbibile, per cui la
tiene folati in eccesso rispetto al minimo fabbisogno giornaliero dieta media occidentale contiene sufficiente ferro per bilanciare le
nell’adulto. L’inadeguato apporto alimentare è sempre associato a perdite quotidiane fisse. Tutto il ferro contenuto nel corpo è nor-
diete grossolanamente carenti. Tale inadeguato apporto alimentare malmente circa 2 g nelle donne e fino a 6 g negli uomini, e può essere
si riscontra spesso negli alcolisti cronici, negli indigenti e nei soggetti suddiviso in riserve funzionali e di immagazzinamento (Tab. 14.6).
molto anziani. Negli etilisti con cirrosi sono stati implicati altri Circa l’80% del ferro funzionale si trova nell’emoglobina; il resto si
meccanismi di deficit di folati come intrappolamento di folato all’in- trova nella mioglobina e negli enzimi contenenti ferro come la ca-
terno del fegato, eccessiva perdita urinaria, alterazione del metabo- talasi e i citocromi. Le riserve rappresentate dall’emosiderina e dalla
lismo dei folati. In queste situazioni, l’anemia megaloblastica è spesso ferritina contengono circa il 15-20% del ferro totale corporeo. Le
accompagnata anche da malnutrizione generale e manifestazioni di giovani donne hanno riserve di ferro più limitate dei maschi, prin-
altre avitaminosi, come cheilite, glossite, dermatite. Le sindromi da cipalmente a causa delle perdite di sangue durante le mestruazioni,
malassorbimento, come la sprue, possono condurre ad assorbimento e spesso sviluppano un deficit dovuto alle eccessive perdite o per un
inadeguato di questo nutriente al pari di malattie infiltrative diffuse aumento della domanda associato rispettivamente alle mestruazioni
dell’intestino tenue (ad es. linfomi). Inoltre alcuni farmaci, in par- e alla gravidanza.
ticolare l’anticonvulsivante fenitoina e i contraccettivi orali, interfe- Il ferro nel corpo viene riciclato ampiamente tra i siti funzionali e di
riscono con l’assorbimento. deposito (Fig. 14.21). È trasportato nel plasma da una glicoproteina
Nonostante un adeguato apporto di acido folico, una carenza che lega il ferro chiamata transferrina, sintetizzata nel fegato. Nei
relativa può essere riscontrata in condizioni di maggiore richiesta, soggetti normali, la transferrina è saturata per un terzo con il ferro,
quali gravidanza, infanzia, alterazioni ematologiche associate a emo- con livelli medi di ferro nel siero di 120 mg/dl negli uomini e di 100 mg/
poiesi iperattiva (anemie emolitiche), cancro disseminato. In tutti dl nelle donne. La più importante funzione della transferrina nel
questi casi, le richieste di aumento di sintesi di DNA rendono ina- plasma è trasportare ferro alle cellule, inclusi i precursori eritroidi,
deguato il normale apporto. dove il ferro è necessario per sintetizzare l’emoglobina. I precursori
Gli antagonisti dell’acido folico, come il metotrexato, inibiscono la eritroidi possiedono recettori ad alta affinità per la transferrina, che
diidrofolato reduttasi e portano a un deficit di FH4. Con ­un’inibizione mediano l’importo di ferro tramite endocitosi mediata dai recettori.
650 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

TABELLA 14.6 Distribuzione del ferro in giovani adulti sani (mg)


Gruppi Uomini Donne

Totale 3.450 2.450


Funzionale
Emoglobina 2.100 1.750
Mioglobina 300 250
Enzimi 50 50

Deposito
Ferritina, emosiderina 1.000 400

Il ferro libero è altamente tossico (come descritto nel Cap. 18), nel fegato. Nelle cellule sovraccariche di ferro, la maggior parte del
perciò è importante che l’accumulo di ferro sia sequestrato nei de- ferro viene immagazzinata in emosiderina.
positi. Ciò avviene quando le riserve di ferro sono strettamente legate Poiché la ferritina plasmatica deriva in larga parte dalle riserve di
alla ferritina o all’emosiderina. La ferritina è un complesso proteina- ferro dell’organismo, i suoi livelli correlano bene con le riserve di ferro
ferro che si trova soprattutto nel fegato, nella milza, nel midollo osseo del corpo. Nelle carenze di ferro, la ferritina sierica è sempre inferiore
e nei muscoli scheletrici. Nel fegato, la maggior parte della ferritina a 12 mg/l, mentre nel sovraccarico di ferro, si possono osservare
è immagazzinata dentro le cellule parenchimali; negli altri tessuti, valori fino a quasi 5.000 mg/l. Di importanza fisiologica, il ferro di
come milza e midollo osseo, soprattutto nei macrofagi. Il ferro deposito può facilmente essere mobilitato se la richiesta di ferro
degli epatociti deriva dalla transferrina plasmatica, mentre il ferro aumenta, come può verificarsi dopo perdite di sangue.
di deposito nei macrofagi deriva dalla lisi dei globuli rossi. La ferri- Il bilancio del ferro è mantenuto in gran parte regolando l’assorbi-
tina intracellulare è localizzata nel citosol e nei lisosomi, nei quali mento del ferro alimentare. Il ferro è essenziale per il metabolismo
gli involucri di ferritina parzialmente degradati si aggregano in cellulare ma, in eccesso, è altamento tossico; perciò le riserve di ferro
granuli di emosiderina. Il ferro nell’emosiderina è chimicamente del corpo devono essere regolate in modo meticoloso. Non vi è una
reattivo e si colora in blu-nero quando esposto a ferrocianuro di via regolata per l’escrezione di ferro, che è limitata a 1-2 mg al giorno
potassio, che è la base del colorante blu di Prussia. Con normali a causa della perdita delle cellule della mucosa e delle cellule epiteliali
riserve di ferro, nell’organismo sono presenti soltanto tracce di emo­ della cute. Invece, non appena i depositi aumentano, l’assorbimento
siderina, soprattutto nei macrofagi del midollo osseo, nella milza e si riduce e viceversa. I processi responsabili per l’assorbimento del
ferro sono ora conosciuti nel dettaglio (Fig. 14.22), e differiscono
parzialmente per ferro eme e non eme.17 Il ferro luminale non eme
è in genere allo stato Fe3+ (ferrico) e deve essere ridotto a Fe2+ (fer-
roso) mediante ferro reduttasi, quali i citocromi b e STEAP3. Il Fe2+
viene trasportato attraverso la membrana apicale dal trasportatore
1 per metalli divalenti (Divalent Metal Transporter 1, DMT1). L’as-
sorbimento del ferro non eme è variabile e spesso inefficiente, perché
viene inibito da sostanze che legano e stabilizzano il Fe3+ e aumentato
da sostanze che stabilizzano il Fe2+ (descritto oltre). Spesso, viene
assorbito meno del 5% del ferro non eme proveniente dalla dieta.
Invece, circa il 25% del ferro eme derivato dall’emoglobina, dalla
mioglobina e da altre proteine animali viene assorbito. Il ferro eme
entra attraverso la membrana apicale nel citoplasma mediante tra-
sporti che sono noti solo parzialmente. Qui è metabolizzato per
rilasciare Fe2+, che entra a formare un pool comune con il ferro non
eme Fe2+. Il ferro che entra nelle cellule duodenali può seguire due
percorsi: il trasporto ematico o l’immagazzinamento come ferro
mucosale. Questa distribuzione è influenzata dai depositi corporei
di ferro, come si tratterà in seguito. Il Fe2+ destinato alla circolazione
viene trasportato dal citoplasma attraverso la membrana basolaterale
degli enterociti mediante la ferroportina. Questo processo è accom-
pagnato dall’ossidazione di Fe2+ a Fe3+ effettuato dall’efestina ossidasi
del ferro e dalla ceruloplasmina. Il Fe3+ appena assorbito si lega
subito alla proteina plasmatica transferrina, che invia il ferro ai
progenitori dei globuli rossi nel midollo (Fig. 14.21). Sia la DMT1
Figura 14.21 Metabolismo del ferro: il ferro assorbito dall’intestino
è legato alla transferrina plasmatica e trasportato al midollo, dove viene
sia la ferroportina sono ampiamente distribuite nell’organismo, e
impiegato per produrre i globuli rossi e incorporato all’emoglobina. I globuli sono coinvolte nel trasporto di ferro anche in altri tessuti. Ad esem-
rossi maturi vengono rilasciati nella circolazione e, dopo 120 giorni, vengono pio, DMT1 media l’assorbimento del ferro “funzionale” (derivato
ingeriti dai macrofagi, principalmente nella milza, nel fegato e nel midollo dell’endocitosi della transferrina) attraverso le membrane lisosomiali
osseo. Qui il ferro viene estratto dall’emoglobina e riciclato nella transferrina dentro il citosol dei precursori dei globuli rossi nel midollo osseo, e
plasmatica. In situazione di equilibrio, il ferro assorbito dall’intestino è
controbilanciato dalle perdite di cheratinociti, enterociti ed endotelio la ferroportina svolge un ruolo importante nel rilascio del ferro di
(nelle donne). deposito dai macrofagi.
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 651

Figura 14.22 Regolazione dell’assorbimento del ferro. È indicata la captazione delle cellule epiteliali duodenali del ferro eme e di quello non eme.
Se le sedi di accumulo del ferro nell’organismo sono sufficientemente rifornite e l’attività eritropoietica è normale, i livelli di epcidina plasmatica sono alti.
Ciò porta all’inibizione della ferroportina e all’intrappolamento della maggior parte del ferro assorbito, che viene perso quando le cellule epiteliali duodenali
si sfaldano nell’intestino. Invece, se le riserve di ferro diminuiscono o si stimola l’eritropoiesi, i livelli di epcidina scendono e aumenta l’attivita della ferropor-
tina, che consente a una quantità maggiore di ferro assorbito di essere trasferita alla transferrina plasmatica. DMT1, trasportatore 1 di metalli divalenti.

L’assorbimento del ferro è regolato dall’epcidina, un piccolo peptide Eziologia. La carenza di ferro può essere causata da (1) carenza
circolante sintetizzato e rilasciato dal fegato in risposta all’aumento alimentare, (2) alterato assorbimento, (3) aumentate richieste o, in
dei livelli di ferro intraepatico.17 L’epcidina inibisce il trasferimento particolare, (4) perdita ematica cronica. Per mantenere un normale
di ferro dall’enterocita al plasma legandosi alla ferroportina e pro- equilibrio di ferro, circa 1 mg di ferro deve essere introdotto ogni
vocandone l’endocitosi e la degradazione. Perciò, quando i livelli di giorno con gli alimenti. Poiché soltanto il 10-15% del ferro ingerito è
epcidina aumentano, il ferro viene intrappolato nelle cellule duode- assorbito, il fabbisogno giornaliero di ferro varia da 7 a 10 mg nell’uo-
nali sotto forma di ferritina mucosale e si perde quando le cellule si mo adulto e da 7 a 20 mg nella donna adulta. Poiché l’introito dietetico
staccano. Perciò, quando il corpo è rifornito di ferro, gli alti livelli di giornaliero di ferro nei Paesi occidentali va circa da 15 a 20 mg, la
epcidina ne inibiscono l’assorbimento nel sangue. Invece, con depo­ maggior parte degli uomini ingerisce quantità più che adeguate di
siti scarsi di ferro nel corpo, la sintesi dell’epcidina si riduce facili- ferro, mentre numerose donne assumono quantità di ferro lievemente
tando l’assorbimento del ferro. Inibendo la ferroportina, l’epcidina inadeguate. La biodisponibilità del ferro alimentare è altrettanto im-
non solo riduce l’assorbimento del ferro dagli enterociti, ma soppri- portante quanto la sua quantità. Il ferro eme è più assorbibile del ferro
me anche il rilascio di ferro da parte dei macrofagi, che rappresen- inorganico, il cui assorbimento è influenzato da altri componenti della
tano una fonte importante di ferro utilizzato dai precursori eritroidi dieta. L’assorbimento del ferro inorganico è incrementato da acido
per produrre l’emoglobina. Come vedremo, sarà importante nella ascorbico, acido citrico, amminoacidi e zuccheri, e inibito da tannati
patogenesi dell’anemia associata alle malattie croniche. (presenti nel tè), carbonati, ossalati e fosfati.
Le alterazioni nell’epcidina hanno un ruolo centrale nelle malattie La carenza alimentare è rara nei paesi industrializzati, in cui in
che coinvolgono disturbi nel metabolismo del ferro. Come si leggerà media circa due terzi del ferro alimentare è sotto forma rapidamente
in seguito, l’anemia associata a malattie croniche è provocata in parte assimilabile dall’eme fornita dalla carne. La situazione è differente
dai mediatori infiammatori che aumentano la produzione di epci- nei Paesi in via di sviluppo, dove il cibo è meno abbondante e la
dina epatica.18 Una rara forma di anemia microcitica è causata da maggior parte del ferro della dieta è ricavata dalle piante in forma
mutazioni che disattivano TMPRSS6, una serina-proteasi transmem- inorganica poco assorbibile. L’insufficienza alimentare si verifica
brana epatica che in genere sopprime la produzione di epcidina ancora nei Paesi sviluppati nei seguenti gruppi:
quando i depositi di ferro sono scarsi. I pazienti affetti hanno livelli
di epcidina alti, fatto che provoca una diminuzione dell’assorbimen- I neonati, che sono ad alto rischio a causa della ridotta quantità
to del ferro e un deficit di risposta alla terapia marziale. Invece, di ferro presente nel latte. Il latte umano materno fornisce solo
l’attività dell’epcidina è eccessivamente bassa nell’emocromatosi circa 0,3 mg/l di ferro. Il latte vaccino contiene circa il doppio di
primaria e secondaria, una sindrome causata dal sovraccarico di ferro, ma ha una scarsa biodisponibilità.
ferro sistemico. L’emocromatosi secondaria può verificarsi nelle I poveri, di ogni età, possono avere diete subottimali per ragioni
malattie associate a eritropoiesi inefficace quali la b-talassemia major socio-economiche.
e le sindromi mielodisplastiche (Cap. 13). Sebbene non siano mec- Gli anziani spesso hanno diete ristrette povere di carne, a causa
canismi completamente compresi, l’eritropoiesi inefficace sopprime di un limitato reddito oppure per scarsa dentizione.
la produzione di epcidina epatica, anche quando le riserve di ferro Gli adolescenti che fanno consumo di “junk food”.
sono elevate. Come trattato nel Capitolo 18, le diverse forme eredi-
tarie dell’ematocromatosi primaria sono associate alle mutazioni Un alterato assorbimento si riscontra nella sprue, in altre cause
nell’epcidina o nei geni che regolano l’espressione dell’epcidina. di malassorbimento dei grassi (steatorrea) e nella diarrea cronica.
652 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

La gastrectomia compromette l’assorbimento del ferro per riduzione


dell’acido cloridrico e del tempo di transito attraverso il duodeno.
Anche specifiche componenti della dieta, come risulta evidente dalla
precedente trattazione, possono influenzare l’assorbimento.
L’aumento di richiesta è un’importante causa di carenza di ferro
in lattanti, bambini in accrescimento, adolescenti, donne in preme-
nopausa e, in particolare, donne in gravidanza. Particolarmente a
rischio sono le donne di condizioni disagiate con gravidanze
frequenti.
La perdita ematica cronica è la causa più comune di carenza di
ferro nei Paesi occidentali. L’emorragia esterna o nel tratto gastroin- Figura 14.23 Anemia ipocromica microcitica nella carenza di ferro
testinale, urinario o genitale depaupera le riserve di ferro. La carenza (striscio ematico periferico). Notare i globuli rossi di piccole dimensioni
di ferro nell’uomo adulto e nella donna dopo la menopausa nei paesi contenenti una sottile rima periferica di emoglobina. Per contrasto si notano
occidentali deve essere attribuita a perdita ematica gastrointestinale globuli rossi completamente emoglobinizzati, dovuti a una recente trasfu-
fino a prova contraria. Ascrivere prematuramente la carenza di ferro sione di sangue. (Per gentile concessione del Dr. Robert W. McKenna,
Department of Pathology, University of Texas Southwestern Medical School,
in tali soggetti a qualunque altra causa significa correre il rischio di Dallas, TX)
omettere la diagnosi di un cancro gastrointestinale occulto o altre
lesioni sanguinanti. Un medico attento nel valutare l’anemia da
carenza di ferro può occasionalmente diagnosticare un sanguina- in cui gli individui affetti consumano sostanze non nutritive come
mento occulto o un tumore e salvare una vita. l’argilla o ingredienti quali la farina, e nel sonno muovono perio-
Patogenesi. Qualunque sia la causa, la carenza di ferro produce dicamente gli arti. Le pliche esofagee compaiono assieme all’anemia
un’anemia ipocromica microcitica. All’inizio di un sanguinamento microcitica ipocromica e la glossite atrofica per completare la triade
cronico o altri stati di bilancio negativo del ferro, le riserve sotto delle principali caratteristiche della sindrome di Plummer-Vinson
forma di ferritina ed emosiderina possono essere sufficienti per (Cap, 17).
mantenere normali livelli di emoglobina ed ematocrito così come La diagnosi di anemia da carenza di ferro si fonda sugli esami di
normale ferro sierico e normale saturazione della trasferrina. La laboratorio. Sia l’emoglobina che l’ematocrito sono diminuiti, di
deplezione progressiva di queste riserve dapprima causa una ridu- solito a livello moderato, in associazione con ipocromia, microcitosi
zione di ferro sierico e dei livelli di saturazione della transferrina, e una modesta poichilocitosi. Il ferro sierico e la ferritina sono bassi,
senza determinare anemia. In questa fase iniziale, vi è un aumento mentre la capacità totale di legare il ferro plasmatico (che riflette i
di attività eritroide nel midollo osseo. L’anemia compare solamente livelli elevati di transferrina) è alta. Basso ferro sierico con aumentata
quando i depositi di ferro sono completamente esauriti, con ridu- capacità di legare il ferro ha come risultato una riduzione della satu-
zione dei livelli di ferro sierico, di ferritina e di saturazione della razione della transferrina sotto il 15%. La riduzione dei depositi di
transferrina. ferro inibisce la sintesi di epcidina e il suo livello nel siero si riduce.
Nella carenza di ferro senza complicanze, la somministrazione orale
di ferro produce un aumento dei reticolociti in circa 5-7 giorni,
Morfologia Il midollo osseo rivela un incremento da lieve a seguito da un incremento costante nella conta ematica e dalla nor-
moderato dei progenitori eritroidi. Un reperto diagnostico malizzazione degli indici dei globuli rossi.
significativo è la scomparsa del ferro colorabile dai macrofagi
nel midollo osseo, che è valutata effettuando la colorazione
Anemia associata a malattie croniche
col blu di Prussia negli strisci di aspirati midollari. Negli strisci
di sangue periferico, i globuli rossi sono piccoli (microcitici) L’alterazione della produzione di globuli rossi associata a malattie
e pallidi (ipocromici). Normalmente i globuli rossi con conte- croniche è forse la più comune causa di anemia tra i pazienti ospeda-
nuto sufficiente di emoglobina hanno una zona di pallore lizzati negli Stati Uniti. Essa è associata a una riduzione della proli-
centrale che occupa circa un terzo del diametro della cellula. ferazione dei progenitori eritroidi e a un alterato utilizzo del ferro.
Nelle carenze di ferro conclamate, la zona di pallore è ingran- Le malattie croniche associate con questa forma di anemia possono
dita; l’emoglobina appare solo in un ristretto margine perife- essere raggruppate in tre categorie:
rico (Fig. 14.23). Anche la poichilocitosi sotto forma di globuli
rossi piccoli e allungati (cellule a matita) è caratteristica. 1. Infezioni microbiche croniche, quali osteomielite, endocardite
batterica e ascesso polmonare.
2. Malattie croniche del sistema immunitario, come l’artrite reuma­
Caratteristiche cliniche. Le manifestazioni cliniche dell’anemia toide e l’enterite regionale.
non sono specifiche e sono state già elencate in dettaglio preceden- 3. Neoplasie, quali carcinomi del polmone, della mammella e lin-
temente. I segni e sintomi dominanti sono frequentemente correlati fomi di Hodgkin.
alla patologia di base dell’anemia, ad esempio malattia
­gastrointestinale o patologia ginecologica, malnutrizione, gravi- L’anemia associata a malattie croniche si presenta in un contesto
danza e malassorbimento. In caso di carenza di ferro grave e cro- di infiammazione sistemica persistente ed è correlata a basso ferro
nica, la deplezione di enzimi essenziali contenenti ferro nelle cellule sierico, ridotta capacità totale di legare il ferro e abbondanti riserve
di tutto il corpo causa anche altre alterazioni, comprendenti coilo- di ferro nei macrofagi. Alcuni effetti dell’infiammazione contribui-
nichia, alopecia, alterazioni atrofiche della lingua e della mucosa scono alle anomalie osservate. In particolare, certi mediatori dell’in-
gastrica e malassorbimento intestinale. La deplezione di ferro dal fiammazione, soprattutto l’interleuchina-6 (IL-6), stimolano l’aumento
sistema nervoso centrale può portare alla comparsa di picacismo, della produzione epatica di epcidina.17,18 Come è stato detto in rela-
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 653

zione all’anemia da carenza di ferro, l’epcidina inibisce la funzione TABELLA 14.7 Cause principali dell’aplasia midollare
della ferroportina nei macrofagi e riduce il trasferimento di ferro
dalle riserve ai precursori eritroidi in sviluppo nel midollo osseo. ACQUISITE
Perciò, i precursori eritroidi sono in carenza di ferro quando ce n’è Idiopatica
di più. Inoltre, questi progenitori non proliferano adeguatamente Difetti acquisiti delle cellule staminali
poiché i livelli di eritropoietina sono inappropriatamente bassi per Immuno-mediata
il grado di anemia. Il meccanismo preciso alla base di questa alte- Sostanze chimiche
razione non è certa, ma i topi trasgenici che esprimono alti livelli di Dose-dipendente
epcidina sviluppano un’anemia microcitica associata a bassi livelli Agenti alchilanti
di eritropoietina,19 suggerendo che l’epcidina sopprime direttamente Antimetaboliti
o indirettamente la produzione di eritropoietina. Benzene
Quale sarebbe il motivo del sequestro di ferro nel contesto dell’in- Cloramfenicolo
Arsenico inorganico
fiammazione? L’ipotesi migliore è che serva ad aumentare la capacità
del corpo di difendersi contro certi tipi di infezione, in particolare Idiosincratica
quelle causate dai batteri (quali H. influenzae) che necessitano di Cloramfenicolo
Fenilbutazone
ferro per la patogenesi. A tal proposito, è interessante considerare Arsenico inorganico
che l’epcidina è correlata strutturalmente alle difensine, una famiglia Metilfeniletilidantoina
di peptidi con attività antibatterica intrinseca. Questa connessione Carbomazapina
sottolinea ulteriormente la relazione incerta ma interessante tra Penicillamina
infiammazione, immunità innata e metabolismo del ferro. Sali d’oro
L’anemia è di solito lieve, e i sintomi dominanti sono quelli della Agenti fisici
malattia sottostante. I globuli rossi possono essere normocitici e nor- Irradiazione totale del corpo
mocromici o ipocromici e microcitici come nell’anemia da carenza di Infezioni virali
ferro. La presenza di un aumentato accumulo di ferro nei macrofagi del Epatite (virus sconosciuti)
midollo, un alto livello sierico di ferritina e una ridotta capacità di legare Infezione da citomegalovirus
il ferro escludono la carenza di ferro come causa dell’anemia. Solo il Infezione da virus di Epstein-Barr
trattamento adeguato della condizione di base corregge l’anemia. Herpes zoster (varicella zoster)
Tuttavia, alcuni pazienti, in particolare quelli affetti da cancro, trovano EREDITARIE
beneficio dalla somministrazione di eritropoietina.
Anemia di Fanconi
Difetti telomerasici
Aplasia midollare (anemia aplastica)
L’aplasia midollare (anemia aplastica) si riferisce a una sindrome da
insufficienza emopoietica primaria cronica e conseguente pancitopenia congenite, come ipoplasia del rene e della milza e anomalie ossee,
(anemia, neutropenia e trombocitopenia). Nella maggioranza dei che spesso coinvolgono i pollici o il radio. I difetti ereditari nella
pazienti si sospettano i meccanismi autoimmuni,20 ma in almeno telomerasi si riscontrano nel 5-10% dell’aplasia midollare in età
un sottogruppo sembrano contribuire le anomalie ereditarie o ac- adulta.22 Dai Capitoli 1 e 7 si ricorderà che la telomerasi è necessaria
quisite delle cellule staminali emopoietiche. per l’immortalità cellulare e la replicazione illimitata. Si potrebbe
Eziologia. Le circostanze più comuni associate all’aplasia midol- perciò prevedere che i deficit parziali nell’attività telomerasica sa-
lare sono elencate nella Tabella 14.7. La maggior parte dei casi di cui rebbero in grado di provocare l’esaurimento prematuro delle cellule
“è nota” l’eziologia fa seguito all’esposizione a sostanze chimiche o staminali emopoietiche e l’aplasia midollare. Ancora più comuni
farmaci. Alcuni farmaci e agenti (tra cui molti farmaci chemiotera- delle mutazioni telomerasiche sono i telomeri eccessivamente corti,
pici e il benzene dei solventi organici) causano la soppressione del che si trovano nelle cellule midollari della metà dei soggetti affetti
midollo, che è dose-dipendente e reversibile. In altri casi, l’aplasia da aplasia midollare. Non si sa se questo accorciamento sia dovuto
midollare si presenta in modo imprevedibile e idiosincratico in ad altri difetti telomerasici non noti o se sia la conseguenza di una
­seguito a esposizione a droghe che normalmente causano una sop- replicazione eccessiva delle cellule staminali.
pressione ridotta o assente del midollo. I farmaci coinvolti compren- Nella maggioranza dei casi, tuttavia, non si riesce a identificare il
dono il cloramfenicolo e i sali d’oro. fattore scatenante; il 65% circa rientra in questa categoria
L’aplasia midollare persistente può comparire dopo alcune infezioni idiopatica.
virali, in genere epatite virale del tipo non-A, non-B, non-C e non-G, Patogenesi. La patogenesi dell’aplasia midollare non è comple-
associata al 5-10% dei casi. Il motivo per cui l’anemia si sviluppi in tamente nota. Effettivamente, è improbabile che un singolo mecca-
certi individui non è noto. nismo sia alla base di tutti i casi. Tuttavia, due principali eziologie
L’irradiazione totale può distruggere le cellule staminali emopo- sono state invocate: una soppressione immuno-mediata estrinseca
ietiche in modo dose-dipendente. Persone che ricevono un’irradia- dei progenitori midollari e una anomalia intrinseca delle cellule
zione terapeutica o vengono esposte a radiazioni in incidenti nucle- staminali (Fig. 14.24).
ari (ad es. Černobyl) sono a rischio di aplasia midollare. Gli studi sperimentali si sono concentrati progressivamente su
I difetti ereditari sono alla base di alcune forme di anemia apla- un modello in cui le cellule T attivate sopprimono le cellule sta-
stica. L’anemia di Fanconi è una rara malattia autosomica recessiva minali emopoietiche. Le cellule staminali possono prima essere
causata da difetti in un complesso multiproteinico necessario per la alterate antigenicamente dall’esposizione a farmaci, agenti infettivi
riparazione del DNA (Cap. 7).21 L’ipofunzione del midollo ­diviene o altri insulti ambientali non definiti. Questo provoca una risposta
evidente in età giovanile ed è accompagnato da molteplici anomalie immunitaria cellulare, durante la quale le cellule T H1 attivate
654 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

Morfologia Il midollo notevolmente ipocellulato è marcata-


mente privo di cellule emopoietiche; spesso rimangono solo
adipociti, stroma fibroso, linfociti sparsi e plasmacellule. Un
aspirato del midollo spesso contiene poco materiale (“aspi-
rato secco”), perciò l’aplasia è meglio apprezzabile con una
biopsia del midollo (Fig. 14.25). Ulteriori cambiamenti pato-
logici non specifici sono dovuti alla granulocitopenia e trom-
bocitopenia, causa, rispettivamente, di infezioni batteriche
mucocutanee e anormale sanguinamento. Se l’anemia ne-
cessita trasfusioni multiple, può insorgere emosiderosi
sistemica.

Caratteristiche cliniche. L’aplasia midollare può insorgere a


qualsiasi età e in entrambi i sessi. L’inizio è generalmente insidioso.
Le manifestazioni cliniche iniziali variano alquanto, a seconda di
quale linea cellulare è predominantemente colpita, ma infine com-
pare la pancitopenia, con le conseguenze previste. L’aplasia può
causare una progressiva debolezza, pallore e dispnea; la tromboci-
topenia è preannunciata da petecchie ed ecchimosi; la neutropenia
si manifesta con frequenti e persistenti infezioni minori o esordio
improvviso con brividi, febbre e prostrazione. La splenomegalia è
caratteristicamente assente; se presente, la diagnosi di aplasia midol-
lare deve essere messa seriamente in dubbio. I globuli rossi sono in
Figura 14.24 Fisiopatologia dell’aplasia midollare. Le cellule staminali
danneggiate possono produrre una progenie che esprime neo-antigeni che
evocano una reazione autoimmune, oppure possono dare origine a un clone
con ridotta capacità proliferativa. Entrambi questi meccanismi possono
condurre all’aplasia midollare. Si veda il testo per le abbreviazioni.

p­ roducono citochine quali l’interferone-g (IFNg) e il fattore di


necrosi tumorale (TNF) che sopprimono e distruggono le cellule
emopoietiche. Questa ipotesi è sostenuta da diverse osservazioni.
L’analisi dell’espressione delle poche cellule staminali midollari
derivate dal midollo con aplasia ha rivelato che i geni coinvolti
nell’apoptosi e nel ciclo di morte sono sovra-regolati; è da sottoli-
neare che gli stessi geni sono sovra-regolati nelle cellule staminali
normali esposte all’interferone-g. Evidenze ancora più forti (e
clinicamente rilevanti) derivano dalle esperienze con la terapia
immunosoppressiva. Le globuline anti-timociti e altri farmaci
immunosoppressivi quali la ciclosporina provocano una risposta
positiva nel 60-70% dei pazienti. Si ipotizza che queste terapie
funzionino sopprimendo o uccidendo i cloni delle cellule T auto-
reattive. Gli antigeni riconosciuti dalle cellule T autoreattive non
sono ben definiti. In alcuni casi le proteine legate al GPI possono
essere i bersagli, probabilmente spiegando l’associazione descritta
in precedenza tra aplasia midollare ed EPN.
In alternativa, l’ipotesi che l’aplasia midollare derivi da un’ano-
malia fondamentale della cellula staminale è sostenuta dalla presenza
in molti casi di aberrazioni cariotipiche; occasionalmente dalla
trasformazione di aplasie in neoplasie mieloidi, tipicamente mielo-
displasia o leucemia mieloide acuta; e l’associazione con i telomeri
eccessivamente corti. Alcuni insulti del midollo (oppure una predi-
sposizione al danno del DNA) sono causa di possibile danno gene-
tico che limita la capacità proliferativa e differenziativa delle cellule
staminali. Se il danno è sufficientemente esteso, ne risulta un’aplasia
midollare con anemia. Questi due meccanismi non sono mutua- Figura 14.25 Aplasia midollare (biopsia del midollo osseo). Midollo
marcatamente ipocellulato contenente soprattutto adipociti. A. Basso in-
mente esclusivi, poiché le cellule staminali con alterazioni genetiche grandimento. B. Elevato ingrandimento. (Per gentile concessione del Dr.
potrebbero anche esprimere “neo-antigeni” che potrebbero essere Steven Kroft, Department of Pathology, University of Texas Southwestern
il bersaglio dell’attacco delle cellule T. Medical School, Dallas, TX)
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 655

genere leggermente macrocitici e normocromici. Di regola si osserva il rilascio anomalo di precursori eritroidi nucleati e granulocitici
reticolocitopenia. immaturi (leucoeritroblastosi) negli strisci di sangue periferico, e la
La diagnosi si basa sull’esame della biopsia del midollo osseo. comparsa di globuli rossi a goccia, che probabilmente si deformano
È importante distinguere l’aplasia midollare dalle altre cause di durante la tortuosa uscita dal midollo fibrotico.
pancitopenia, come la leucemia “aleucemica” e le sindromi L’insufficienza renale cronica, qualunque ne sia la causa, è quasi
­mielodisplastiche (Cap. 13), che possono presentarsi con identiche invariabilmente associata con anemia che tende a essere propor-
manifestazioni cliniche. Nell’aplasia midollare, il midollo osseo è zionale alla gravità dell’uremia. Sono vari i fattori che causano
ipocellulato (di solito marcatamente), mentre le neoplasie mieloidi l’anemia nell’insufficienza renale, ma la causa dominante è la dimi-
sono associate a midollo ipercellulare ricco di progenitori nuzione della sintesi dell’eritropoietina legata al danno renale, che
neoplastici. riduce la produzione di globuli rossi. Altri fattori che contribuisco-
La prognosi è variabile.20 Il trapianto di midollo osseo è il tratta- no sono il difetto extracorpuscolare che riduce il ciclo vitale dei
mento di scelta per i soggetti con un donatore idoneo e assicura una globuli rossi e l’insufficienza di ferro dovuta alla disfunzione pia-
sopravvivenza a 5 anni di oltre il 75%. I pazienti più anziani oppure strinica e all’aumento dell’emorragia spesso associati all’uremia. La
quelli che non trovano un donatore idoneo spesso rispondono bene somministrazione di eritropoietina ricombinante determina un
alle terapie immunosoppressive. significativo miglioramento dell’anemia, sebbene una risposta ot-
timale possa richiedere una concomitante terapia marziale. Le
Aplasia eritroblastica pura malattie epatocellulari del fegato, tossiche, infettive o cirrotiche, sono
associate a un’anemia attribuita all’ipofunzione del midollo. In
Come indica il nome, l’aplasia eritroblastica pura è un difetto questo contesto le insufficienze di folati e ferro, causate da malnu-
­primario del midollo in cui solo i progenitori eritroidi vengono trizione ed emorragia eccessiva spesso esacerbano l’anemia. Sono
soppressi. Nei casi gravi, i progenitori dei globuli rossi sono com- preferenzialmente colpiti i progenitori eritroidi; una riduzione della
pletamente assenti nel midollo. Può comparire in associazione con conta di globuli bianchi e piastrine è meno frequente, ma comunque
neoplasie, in particolare timomi e leucemia linfocitica a cellule possibile. L’anemia è spesso lievemente macrocitica dovuta ad
grandi granulari (Cap. 13), esposizione a farmaci, malattie autoim- anomalie dei lipidi associate con insufficienza epatica, che portano
muni e infezioni da parvovirus (circostanza trattata più avanti). A la membrana dei globuli rossi ad acquistare fosfolipidi e colesterolo
eccezione dei casi di infezione da parvovirus, è probabile che la nel sangue periferico. Le patologie endocrine, in particolare l’ipoti-
maggioranza dei casi abbia una base autoimmune. Quando è pre- roidismo, possono essere associate a un’anemia normocitica nor-
sente il timoma, la resezione porta a un miglioramento ematologico mocromica lieve.
in almeno metà dei pazienti, forse perché il tumore è una fonte di
cellule soppressive del midollo. Nei pazienti privi di timoma, la te-
rapia immunosoppressiva porta spesso a benefici. La plasmaferesi Policitemia
può essere anche utile nei rari pazienti con autoanticorpi patogene-
tici, quali anticorpi neutralizzanti all’eritropoietina che compaiono La policitemia denota una conta eccessivamente alta di globuli rossi,
ex novo o in seguito a somministrazione di eritropoietina di solito con un corrispettivo aumento dei livelli di emoglobina.
ricombinante. L’aumento dei globuli può essere relativo, quando vi è emoconcen-
Una forma speciale di aplasia eritroblastica si verifica negli trazione dovuta alla riduzione del volume plasmatico, o assoluto,
­individui infetti da parvovirus B19, che preferenzialmente infetta e quando si presenta un aumento nella massa totale dei globuli rossi.
distrugge i progenitori dei globuli rossi. Nei soggetti normali l’infe- La policitemia relativa è dovuta alla disidratazione provocata da
zione da parovirus è debellata in 1-2 settimane, perciò l’aplasia è privazione di acqua, vomito o diarrea prolungati, o da eccessivo uso
transitoria e clinicamente irrilevante. Tuttavia, nelle persone affette di diuretici. È anche associata con un’oscura condizione a eziologia
da anemie emolitiche moderate o gravi, un’interruzione persino breve ignota chiamata policitemia da stress o Sindrome di Gaisböck. Gli
dell’eritropoiesi provoca un peggioramento rapido dell’anemia, che individui colpiti sono di solito ipertesi, obesi e ansiosi (“stressati”).
produce una crisi aplastica. In quelli gravemente immunosoppressi La policitemia assoluta è primaria quando dipende da un’alterazione
(per esempio con un’infezione avanzata da HIV), una risposta im- intrinseca dei precursori emopoietici e secondaria quando i proge-
mune inefficace talvolta permette all’infezione di persistere, provo- nitori dei globuli rossi rispondono ad aumentati livelli di eritropo-
cando l’aplasia eritroblastica cronica e un’anemia moderata o grave. ietina. Una classificazione fisiopatologica della policitemia secondo
quanto appena detto è riportata nella Tabella 14.8.
La causa più comune della policitemia primaria è la policitemia
Altre forme di insufficienza midollare
vera, una malattia mieloproliferativa associata a mutazione che porta
L’anemia mieloftisica identifica una forma di insufficienza midollare alla crescita indipendente dall’eritroproietina dei progenitori dei
in cui le lesioni occupanti spazio sostituiscono gli elementi normali globuli rossi (trattati nel Cap. 13). Un’altra forma molto meno co-
del midollo. La causa più frequente è la metastasi da carcinoma, in mune di policitemia primaria è provocata da mutazioni familiari del
genere derivanti da carcinomi della mammella, del polmone e della recettore dell’eritropoietina che causano l’attivazione del recettore
prostata. Tuttavia, qualsiasi processo infiltrante (ad es. malattia indipendente dall’eritropoietina. Uno di tali individui vinse una
granulomatosa) che interessa il midollo osseo può produrre identici medaglia d’oro olimpica nello sci di fondo beneficiando di questa
riscontri. Bisognerebbe ricordare che l’anemia mieloftisica è anche forma naturale di doping del sangue! Policitemie secondarie sono
una caratteristica della fase silente delle malattie mieloproliferative causate da un aumento compensatorio o patologico della secrezione
(Cap. 13). Tutte le malattie responsabili causano alterazione del di eritropoietina. Le cause di quest’ultima comprendono i tumori
midollo e fibrosi, che agiscono spostando gli elementi del midollo che secernono eritropoietina e difetti ereditari rari, ma emblematici,
osseo normale e disturbano i meccanismi che regolano l’uscita dei che portano alla stabilizzazione dell’HIF-1a, un fattore indotto da
globuli rossi e dei granulociti dal midollo. Il secondo effetto provoca ipossia che stimola la trascrizione del gene dell’eritropoietina.23
656 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

TABELLA 14.8 Classificazione fisiopatologica della policitemia indicativi di un disordine mieloproliferativo, come la tromboci-
temia essenziale (Cap. 13).
RELATIVA Test della funzione piastrinica. Attualmente, non esiste un test
Ridotto volume plasmatico (emoconcentrazione) unico che fornisca una valutazione adeguata delle funzioni
complesse delle piastrine. Un test datato, il tempo di emorragia,
ASSOLUTA che misura il tempo che occorre perché un’incisione cutanea
Primitiva (bassi livelli di eritropoietina) effettuata in maniera standardizzata smetta di sanguinare, ha
Policitemia vera un certo valore ma determina un certo impiego di tempo, è
Mutazioni ereditarie del recettore dell’eritropoietina (rare) difficile da effettuare correttamente, e non è predittivo dell’emor-
Secondaria (alti livelli di eritropoietina) ragia durante gli stress emostatici, come quelli chirurgici. A
Compensatoria
causa di questi limiti, il tempo di emorragia è stato considere-
Malattia polmonare volmente sempre meno impiegato negli ultimi anni. Nuovi test
Vita ad alta quota strumentali progettati per misurare la funzione piastrinica in
Cardiopatie congenite cianogene condizioni di forze di taglio importanti sembrano promettenti,
Paraneoplastica ma per ora sono test di screening poco praticabili. Altri test
Tumori che secernono eritropoietina (ad es. carcinoma renale,
carcinoma epatocellulare, emangioblastoma cerebellare) specializzati che possono essere utili in particolari contesti
Mutanti dell’emoglobina con alta affinità con O2 clinici comprendono i test di aggregazione piastrinica, che
Difetti ereditari che stabilizzano HIF-1a misurano l’abilità delle piastrine di aggregarsi in risposta agli
Policitemia di Chuvash (mutazioni omozigote di VHL) agonisti quali la trombina; e test quantitativi e qualitativi del
Mutazioni della prolil-idrossilasi
fattore di von Willebrand, il quale (come si ricorderà dal Cap.
HIF-1a, fattore indotto da ipossia 1a. 4) svolge un ruolo importante nell’adesione piastrinica alla
matrice extracellulare.

Sono inoltre disponibili test più specifici per valutare i livelli di


Patologie dell’emostasi: diatesi specifici fattori della coagulazione, del fibrinogeno e dei prodotti di
emorragiche degradazione della fibrina, la presenza di anticoagulanti
circolanti.
Un eccessivo sanguinamento può derivare da (1) aumentata fragilità
dei vasi, (2) carenza o disfunzione delle piastrine e (3) alterazione Malattie Emorragiche Causate
della coagulazione, singolarmente o in combinazione. Prima di af- Da Anomalie Della Parete Vascolare
frontare nello specifico i disturbi dell’emostasi, è utile rivedere i più
comuni test di laboratorio utilizzati nella valutazione di una diatesi Le malattie incluse in questa categoria, definite talvolta porpore non-
emorragica. Come già visto nel Capitolo 4, nella normale risposta trombocitopeniche, sono abbastanza frequenti ma non causano so-
emostatica del sangue sono coinvolti la parete dei vasi, le piastrine litamente gravi problemi emorragici. Il più delle volte esse inducono
e la cascata della coagulazione. I test di laboratorio utilizzati per piccole emorragie (petecchie e porpora) sulla cute e sulle mucose,
valutare i differenti aspetti dell’emostasi sono i seguenti: in particolare sulle gengive. Talora, tuttavia, si possono verificare
emorragie più importanti, a carico delle articolazioni, dei muscoli
Tempo di protrombina (Prothrombin Time, PT). Questo test valuta o delle zone subperiostali, o possono manifestarsi come menorragia,
la via estrinseca e quella comune della coagulazione. La coagu- epistassi, emorragie gastrointestinali o ematuria. Il numero delle
lazione del sangue dopo aggiunta di tromboplastina tissutale piastrine, il tempo di sanguinamento e i test della coagulazione (PT,
esogena (ad es. estratto cerebrale) e ioni Ca2+ viene misurata in PTT) di solito forniscono risultati normali.
secondi. Il prolungamento del PT può essere causato da carenze I quadri clinici in cui le alterazioni della parete vascolare causano
o disfunzioni dei fattori V, VII, X, della protrombina o del emorragie comprendono i seguenti:
fibrinogeno.
Tempo di tromboplastina parziale (Partial Thromboplastin Time, Molte infezioni possono causare la formazione di emorragie tipo
PTT). Questo test valuta la via intrinseca e quella comune della petecchie e porpora, ma particolarmente implicate sono la sepsi
coagulazione. La coagulazione del sangue dopo aggiunta di cao- da meningococco, altre forme di sepsi, l’endocardite infettiva e
lino, cefalina e ioni Ca2+ viene misurata in secondi. Il caolino molte infezioni da rickettsie. I meccanismi coinvolti compren-
attiva il fattore XII, e la cefalina sostituisce i fosfolipidi piastrinici. dono un danno microbico a livello microvascolare (vasculite) o
Il prolungamento del PTT può essere causato dalla carenza o la coagulazione intravascolare disseminata (CID). Un ritardo
dalla disfunzione dei fattori V, VIII, IX, X, XI, XII, della protrom- nella diagnosi di sepsi da meningococco, come possibile causa di
bina, del fibrinogeno, o dall’interferenza degli anticorpi con i petecchie e porpora, può essere particolarmente disastroso per
fosfolipidi (Cap. 4). il paziente.
Conta piastrinica. Viene ottenuta su un campione di sangue trat­ Le reazioni ai farmaci talvolta causano la formazione di petecchie
tato con anticoagulanti, utilizzando un contaglobuli elettronico. e porpora senza indurre trombocitopenia. In molti casi, il danno
I valori di riferimento vanno da 150 3 103 a 300 3 103 piastrine/ml. vascolare è mediato dalla deposizione di immunocomplessi
I risultati che si localizzano molto al di fuori di questo intervallo farmaco-indotti nella parete vascolare, con conseguente vasculite
dovrebbero essere verificati con l’esame microscopico di uno da ipersensibilità (leucocitoclastica) (Cap. 11).
striscio di sangue periferico, dato che l’agglutinazione delle Lo scorbuto e la sindrome di Ehlers-Danlos sono associati a emor-
­piastrine può causare sui contaglobuli elettronici una falsa “trom- ragie microvascolari dovute a difetti nel collagene che
bocitopenia”, e che valori elevati delle piastrine possono essere ­indeboliscono le pareti vasali. Lo stesso meccanismo può spiegare
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 657

la porpora spontanea che in genere si nota negli anziani e le TABELLA 14.9 Cause di trombocitopenia
emorragie cutanee nella sindrome di Cushing, nella quale si ha
atrofia del tessuto di sostegno perivascolare, a causa della perdita RIDOTTA PRODUZIONE DI PIASTRINE
proteica indotta dall’eccessiva produzione di corticosteroidi. Compromissione selettiva della produzione piastrinica
La porpora di Henoch-Schönlein è una patologia sistemica da Farmaco-indotta: alcool, tiazidici, farmaci citotossici
ipersensibilità, a causa ignota, caratterizzata da eruzione Infezioni: morbillo, virus dell’immunodeficienza umana (HIV)
Carenze nutrizionali
­purpurica, dolore addominale a tipo di colica, poliartralgia e Carenza di B12 e folati (anemia megaloblastica)
glomerulonefrite acuta (Cap. 20). Tutti questi disturbi sono cau- Insufficienza del midollo osseo
sati dalla deposizione di immunocomplessi circolanti nella parete Aplasia midollare (si veda Tab. 14.7)
dei vasi di tutto l’organismo e nel mesangio glomerulare. Sostituzione del midollo osseo
Leucemia, cancro disseminato, malattia granulomatosa
La teleangectasia emorragica ereditaria (chiamata anche sindrome Emopoiesi inefficace
di Weber-Osler-Rendu) è una patologia autosomica dominante Sindromi mielodisplastiche (Cap. 13)
caratterizzata dalla presenza di vasi dilatati, tortuosi, con parete
sottile, facilmente sanguinanti. Il sanguinamento si può verificare DIMINUITA SOPRAVVIVENZA DELLE PIASTRINE
ovunque, ma è più frequente a livello delle mucose di naso (epi- Distruzione immunologica
stassi), lingua, bocca, occhi e di tutto il tratto gastrointestinale. Primitiva autoimmune
Amiloidosi perivascolare può indebolire la parete dei vasi sangui- Porpora immune trombocitopenica cronica
gni e provocare emorragia. Questa complicanza è comune in caso Porpora immune trombocitopenica acuta
Secondaria autoimmune
di amiloidosi da catene leggere (di tipo AL, Cap. 6) e spesso si Lupus eritematoso sistemico, neoplasie linfoidi delle cellule B
manifesta come petecchie mucocutanee. Alloimmune: post-trasfusionale e neonatale
Farmaco-associata: chinidina, eparina, sostanze solforate
Tra queste condizioni, l’emorragia grave è più spesso associata Infezioni: HIV, mononucleosi infettiva (transitoria, lieve), dengue
alla teleangectasia ereditaria. In tutti i casi il sanguinamento è aspe- Distruzione non-immunologica
Coagulazione intravascolare disseminata
cifico, e la diagnosi di queste entità si basa sul riconoscimento di Microangiopatie trombotiche
altri reperti più specifici. Emangiomi giganti

SEQUESTRO
Malattie Emorragiche Da Riduzione
Del Numero Di Piastrine: Trombocitopenia Ipersplenismo

La riduzione del numero delle piastrine costituisce un’importante DILUIZIONE


causa di emorragia generalizzata. Un valore inferiore a 100.000/ml Trasfusioni
è generalmente considerato indice di trombocitopenia. Tuttavia, un
sanguinamento spontaneo non si manifesta se il conteggio non
scende al di sotto di 20.000/ml. Una conta piastrinica compresa tra
20.000 e 50.000/ml può aggravare un sanguinamento post-trauma- mune la distruzione delle piastrine è provocata dagli anticorpi adesi
tico. Se il disturbo emorragico dipende solo dalla trombocitopenia, alle piastrine oppure, meno frequentemente, dai complessi immu-
è associato a PT e PTT nella norma. ni che si depositano sulle piastrine. Gli anticorpi adesi alle piastri-
Le piastrine sono fondamentali nel processo dell’emostasi, in ne possono riconoscere gli autoantigeni (autoanticorpi) o gli
quanto vanno a chiudere le sedi dell’emorragia, interrompendo ra­ antigeni differenti tra i vari individui (alloanticorpi). La trombo-
pidamente il sanguinamento e innescando le reazioni chiave della citopenia autoimmune sarà trattata nella prossima sezione. Gli
cascata coagulativa (come trattato nel Cap. 4). Il sanguinamento alloanticorpi possono presentarsi quando le piastrine sono tra-
spontaneo che si associa a trombocitopenia interessa molto spesso sfuse o attraverso la placenta dal feto alla madre. Nel secondo caso,
i piccoli vasi. Le sedi tipiche sono la cute e le mucose dei tratti ga- gli anticorpi IgG creati nella madre possono provocare nel feto
strointestinale e genitourinario. Tuttavia, l’emorragia intracranica è una trombocitopenia clinicamente significativa. Ricorda la ma-
un pericolo per tutti i pazienti che presentino una marcata riduzione lattia emolitica del neonato, in cui le cellule bersaglio sono i globuli
della conta piastrinica. rossi (Cap. 10). Le cause non immunologiche più importanti sono
Le numerose cause di trombocitopenia possono essere classificate la coagulazione intravascolare disseminata (CID) e le microangio-
in quattro categorie principali (Tab. 14.9). patie trombotiche, in cui l’attivazione incontrollata spesso sistemica
delle piastrine ne riduce il loro ciclo vitale. La distruzione non
Produzione ridotta delle piastrine. Questo disturbo può essere immunologica delle piastrine può anche essere causata dal danno
associato a condizioni che deprimono la produzione midollare meccanico, come negli individui con protesi valvolari cardiache.
(come l’aplasia midollare e le leucemie) o che colpiscono i me- Sequestro. La milza normalmente sequestra il 30-35% delle
gacariociti in maniera selettiva. Esempi del secondo caso sono piastrine dell’organismo, ma possono salire all’80-90% quando
certe droghe e gli alcolici che, in dosi elevate, possono sopprimere la milza è aumentata di volume, producendo una moderata
la produzione piastrinica mediante meccanismi sconosciuti; trombocitopenia.
l’HIV, che può infettare i megacariociti e inibire la produzione Diluizione. Le trasfusioni massive possono causare una trombo-
piastrinica e le sindromi mielodisplastiche (Cap. 13) che possono citopenia da diluizione. Quando l’immagazzinamento ematico
presentarsi occasionalmente con la trombocitopenia isolata. è duraturo diminuisce il numero di piastrine vitali, perciò il
Diminuita sopravvivenza delle piastrine. Questo meccanismo volume plasmatico e la massa eritrocitaria vengono ricostituiti
importante di trombocitopenia può avere un’eziologia tramite la trasfusione, ma il numero di piastrine in circolo è re-
­immunologica o non-immunologica. Nella trombocitopenia im- lativamente ridotto.
658 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

Porpora immune trombocitopenica (PIT) cronica confluire, dando luogo a ecchimosi. Spesso viene riferita una facilità
alle ecchimosi, alle emorragie nasali, al sanguinamento dalle gengive
La PIT cronica è provocata dagli autoanticorpi adesi alle piastrine. e alle emorragie nei tessuti molli in seguito a traumi minori. La ma-
Può manifestarsi in associazione a una varietà di condizioni ed lattia può esordire con melena, ematuria o eccessivo flusso mestruale.
esposizioni (PIT secondaria) o in assenza di qualsiasi fattore di Le emorragie subaracnoidea e intracerebrale sono conseguenze gravi
­rischio noto (PIT primitiva o idiopatica). I contesti in cui la PIT e talvolta fatali ma, fortunatamente, sono rare nei pazienti sottoposti
cronica si manifesta in forma secondaria sono numerosi e a trattamento. La splenomegalia e le linfoadenopatie sono rare nella
­comprendono il lupus eritematoso sistemico (Cap. 6), l’infezione da malattia primaria, e la loro presenza deve suggerire di considerare
HIV e le neoplasie delle cellule B quali la leucemia linfatica cronica altre diagnosi, quali la PIT secondaria a neoplasia a cellule B.
(Cap. 13). La diagnosi di PIT cronica primaria è posta solo dopo che I segni clinici e i sintomi non sono specifici di questa condizione
si sono escluse le cause secondarie. quanto piuttosto del deficit piastrinico. La conta piastrinica ridotta,
Patogenesi. Gli autoanticorpi, più frequentemente diretti contro il numero normale o aumentato di megacariociti nel midollo osseo
le glicoproteine della membrana piastrinica IIb-IIIa o Ib-IX, possono e le grandi piastrine nel sangue periferico si ritengono evidenze
essere dimostrati nel plasma e legati alla superficie della piastrina presuntive di una distruzione piastrinica accelerata. PT e PTT sono
nell’80% circa dei pazienti. Nella stragrande maggioranza dei casi, normali. I test per identificare gli autoanticorpi anti-piastrine non
gli anticorpi sono della classe IgG. sono molto diffusi. Pertanto, la diagnosi di PIT è di esclusione e può
Come nelle anemie emolitiche autoimmuni, gli anticorpi antipia- essere posta solo dopo che le altre cause di trombocitopenia, come
strine agiscono come opsonine riconosciute dai recettori per i fram- quelle elencate nella Tabella 14.9, siano state scartate.
menti Fc della IgG espressi sui fagociti, aumentando la distruzione Quasi tutti i pazienti rispondono ai glucocorticoidi (che inibisco-
piastrinica. La trombocitopenia in genere migliora notevolmente dopo no la funzione dei fagociti), ma molti alla fine recidivano. In tali
splenectomia, suggerendo che la milza è il principale sito di rimozione soggetti, la splenectomia normalizza la conta piastrinica in almeno
delle piastrine opsonizzate. La polpa rossa della milza è anche ricca due terzi dei pazienti, ma con un conseguente rischio maggiore di
di plasmacellule, e parte del beneficio della splenectomia (trattamento sepsi batterica. Gli agenti immunomodulatori come l’immunoglo-
tipico per la PIT cronica) può derivare dalla rimozione della sorgente bulina intravenosa o l’anticorpo anti-CD20 (rituximab) sono spesso
degli autoanticorpi. In alcuni casi gli autoanticorpi possono legarsi ai efficaci nei pazienti che recidivano dopo splenectomia o per i quali
megacariociti e danneggiarli, causando un calo nella produzione di quest’ultima è controindicata.
piastrine che esacerba ulteriormente la trombocitopenia.
Porpora immune trombocitopenica acuta
Morfologia Le principali alterazioni della porpora tromboci- Come la PIT cronica, anche questa condizione è causata da autoan-
topenica si osservano a livello della milza e del midollo osseo ticorpi antipiastrine, ma le caratteristiche cliniche e il decorso sono
ma non sono specifiche. Le alterazioni secondarie correlate differenti. La PIT acuta è principalmente una malattia dell’infanzia
alla diatesi emorragica si possono ritrovare in ogni tessuto che si verifica con uguale frequenza in entrambi i sessi. I sintomi
o struttura dell’organismo. hanno un esordio improvviso e in genere seguono una malattia virale,
La milza è di dimensioni normali. In genere, si evidenziano che di solito compare almeno due settimane prima dell’insorgenza
congestione dei sinusoidi e ingrandimento dei follicoli sple- della trombocitopenia. Diversamente dalla forma cronica di PIT, la
nici, spesso associati a centri germinativi prominenti. In molti PIT acuta è auto-limitante, e in genere si risolve spontaneamente entro
casi, si osservano megacariociti distribuiti diffusamente den- sei mesi. I glucocorticoidi vengono somministrati solo se la trombo-
tro i sinusoidi. Questo può rappresentare una forma molto citopenia è grave. Nel 20% circa dei bambini, di solito in quelli in cui
lieve di emopoiesi extramidollare indotta dagli alti livelli di non c’è stata un’infezione virale, la trombocitopenia persiste; questi
trombopoietina. A livello del midollo si evidenzia un modesto bambini meno fortunati sono affetti da una forma infantile della PIT
aumento del numero dei megacariociti. Alcuni sono appa- cronica che segue un decorso simile alla malattia degli adulti.
rentemente immaturi, con grandi nuclei singoli, non lobulati.
Questi reperti non sono specifici della PIT ma indicano sem-
Trombocitopenia indotta da farmaci
plicemente una accelerata trombocitopoiesi, essendo pre-
senti nella maggior parte delle forme di trombocitopenia I farmaci possono causare trombocitopenia attraverso gli effetti
dovute ad aumentata distruzione piastrinica. L’esame del diretti sulle piastrine e secondariamente alla distruzione piastrinica
midollo osseo ha come obiettivo quello di escludere le trom- immunologicamente mediata. I farmaci più comunemente coinvolti
bocitopenie dovute a insufficienza midollare o ad altre ma- sono il chinino, la chinidina e la vancomicina, che si legano alle
lattie primarie del midollo osseo. Altre modificazioni secon- glicoproteine piastriniche e in un modo o nell’altro creano i deter-
darie sono relative alle emorragie che si possono verificare minanti antigenici rinosciuti dagli anticorpi.24 Molto più raramente,
in tutto l’organismo. Il sangue periferico spesso rivela pia- i farmaci come i sali d’oro inducono i veri autoanticorpi attraverso
strine eccezionalmente grandi (megatrombociti), che rappre- meccanismi conosciuti. La trombocitopenia, che può essere grave,
sentano un segno di trombocitopoiesi accelerata. è anche una conseguenza comune dei farmaci inibitori delle piastrine
che legano la glicoproteina IIb/IIIa; si ipotizza che questi farmaci
inducano alterazioni conformazionali nella glicoproteina IIb/IIIa e
Caratteristiche cliniche. La PIT cronica si verifica in genere in creino un epitopo immunogenico.
donne adulte di età inferiore a 40 anni. Il rapporto donna/uomo è La trombocitopenia indotta dall’eparina (Heparin-Induced Throm-
3:1. Ha spesso un inizio subdolo ed è caratterizzata da sanguinamenti bocytopenia, HIT) ha una patogenesi distinta ed è di particolare im-
della cute e delle mucose. Il sanguinamento cutaneo si manifesta come portanza per le sue conseguenze cliniche potenzialmente gravi. 25 La
emorragie puntiformi (petecchie), particolarmente evidenti nelle zone trombocitopenia si verifica in circa il 5% dei pazienti trattati con
declivi, dove la pressione capillare è maggiore. Le petecchie possono eparina. La maggior parte sviluppa una trombocitopenia cosiddetta
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 659

di tipo I, che insorge rapidamente dopo l’inizio della terapia, clini- TABELLA 14.10 Microangiopatie trombotiche:
camente non significativa e talvolta si risolve malgrado la prosecu- cause e associazioni
zione della terapia. Essa è molto probabilmente dovuta a un effetto
piastrino-aggregante diretto dell’eparina. La trombocitopenia è PORPORA TROMBOTICA TROMBOCITOPENICA
meno comune ma più significativa dal punto di vista clinico. Insorge Deficit di ADAMTS13
da 5 a 14 giorni dall’inizio della terapia (anche prima se il paziente Ereditaria
è stato già sensibilizzato con eparina) e paradossalmente spesso Acquisita (autoanticorpi)
induce trombosi venose e arteriose potenzialmente letali. Questa
forma grave di HIT è causata dagli anticorpi che riconoscono i SINDROME EMOLITICO-UREMICA
complessi di eparina e il fattore piastrinico 4, un normale compo- Epidemica: infezione da Escherichia coli ceppo O157:H7
nente dei granuli piastrinici. Il legame degli anticorpi a questi com- Danno endoteliale da parte della tossina Shiga-simile
Non epidemica: deficit degli inibitori della via alternativa del
plessi attiva le piastrine e determina la trombosi persino in presenza complemento (fattore complementare H, nella proteina
di trombocitopenia. Se non si interrompe immediatamente la terapia cofattore della membrana [CD46], o nel fattore I)
e non si somministra un anticoagulante non eparinico alternativo, Ereditaria
i trombi all’interno delle grandi arterie possono condurre a insuffi- Acquisita (autoanticorpi)
cienza vascolare e ischemia degli arti, e gli emboli provenienti dalle Associazioni varie
Farmaci (ciclosporina, agenti chemioterapici)
vene profonde possono causare un’embolia polmonare fatale. Il ri- Radiazione, trapianto di midollo osseo
schio di HIT grave è ridotto, ma non completamente eliminato, Altre infezioni (HIV, sepsi pneumococcica)
dall’uso di preparati con eparina a basso peso molecolare. Purtroppo, Condizioni associate ad autoimmunità (lupus eritematoso
quando la HIT è grave persino le eparine a basso peso molecolare sistemico, infezione da HIV, neoplasie linfoidi)
esacerbano la tendenza trombotica e devono essere evitate. HIV, virus dell’immunodeficienza umana.

Trombocitopenia associata ad HIV


varie manifestazioni cliniche della TTP e della SEU siano legate alla
La trombocitopenia è una delle manifestazioni ematologiche più co- differente predisposizione alla formazione di trombi nei tessuti.
muni in corso di infezione da HIV. Contribuiscono sia la ridotta Sebbene alcune caratteristiche delle diverse microangiopatie trom-
produzione sia l’aumentata distruzione di piastrine. La presenza di botiche coincidono, i fattori scatenanti dell’attivazione piastrinica pa-
CD4 e CXCR4, rispettivamente recettore e corecettore per l’HIV, è togena sono distintivi e forniscono un modo più soddisfacente e clini-
stata riscontrata sui megacariociti, e ciò renderebbe possibile l’infe- camente rilevante di considerare queste malattie, riassunte nella Tabella
zione di queste cellule. I megacariociti infettati sono soggetti ad 14.10. La TTP è in genere associata all’insufficienza di un enzima pla-
apoptosi e hanno dei difetti della produzione piastrinica. L’infezione smatico chiamato ADAMTS13, detto anche “metalloproteasi del vWF”.
da HIV induce anche iperplasia e disregolazione delle cellule B, e ADAMTS13 normalmente ha la funzione di degradare i multimeri del
ciò predispone allo sviluppo di autoanticorpi. In alcuni casi gli an- fattore di von Willebrand (vWF) di peso molecolare molto elevato. In
ticorpi sono diretti contro i complessi glicoproteici della membrana sua assenza, questi multimeri si ­accumulano nel plasma e tendono a
piastrinica IIb-III. Come in altre citopenie immuni, gli autoanticorpi stimolare l’attivazione e l’aggregazione piastrinica. La concomitante
opsonizzano le piastrine, promuovendone la distruzione tramite i presenza di una lesione delle cellule endoteliali (indotta da altre cause)
fagociti mononucleati nella milza e in altre sedi. Il deposito dei può ulteriormente favorire la formazione di microaggregati piastrinici,
complessi immuni sulle piastrine può anche contribuire alla perdita scatenando l’insorgenza o aggravando il decorso di una TTP.
accelerata di piastrine in alcuni pazienti HIV-infetti. Il deficit di ADAMTS13 può essere ereditario o acquisito Nella
forma acquisita, è presente un autoanticorpo che inibisce l’attività
di metalloproteasi di ADAMTS13.26 È molto meno comune invece
Microangiopatie trombotiche: porpora trombotica
la presenza di una mutazione che inattiva il gene che codifica
trombocitopenica e sindrome emolitico-uremica
ADAMTS13.27 Nei soggetti con insufficienza ereditaria di ADAM-
Il termine microangiopatia trombotica comprende una varietà di TS13, l’esordio è spesso ritardato fino all’adolescenza e i sintomi sono
sindromi cliniche tra le quali sono incluse la porpora trombotica episodici. Perciò, altri fattori oltre ad ADAMTS13 (ad es. lesioni
trombocitopenica (TTP) e la sindrome emolitico-uremica (SEU). vascolari sovrapposte o uno stato protrombotico) devono essere
Secondo la definizione originaria. La TTP è caratterizzata da cinque implicati nell’insorgenza del quadro clinico della TTP.
segni caratteristici: febbre, trombocitopenia, anemia emolitica mi- È importante considerare la possibilità di una TTP in ogni pa-
croangiopatica, deficit neurologici transitori e insufficienza renale. ziente che presenti trombocitopenia e anemia emolitica microan-
La SEU si manifesta anch’essa con anemia emolitica microangiopa- giopatica, dato che l’eventuale ritardo nella diagnosi può essere fatale.
tica e trombocitopenia ma si distingue per l’assenza di sintomi neu- Con la plasmaferesi, che rimuove gli autoanticorpi e fornisce
rologici, la maggior gravità dell’insufficienza renale acuta e per la ADAMTS13 funzionale, la TTP (che un tempo era comunque fatale)
maggiore incidenza nell’età pediatrica. Con il tempo, l’esperienza e può essere trattata con successo in oltre l’80% dei soggetti.
la maggiore pratica, tuttavia, queste distinzioni sono venute meno. Invece, la SEU è associata a livelli normali di ADAMTS13 e ha
Molti pazienti adulti affetti da “TTP” non manifestano uno o più una patogenesi distinta.28 La “tipica” SEU epidemica è fortemente
sintomi dei cinque caratteristici, e alcuni pazienti affetti da “SEU” associata a gastroenterite causata da Escherichia coli tipo O157:H7,
presentano febbre e sintomi neurologici. Ormai è riconosciuto che che produce una tossina simile a quella della Shigella. Questa tossina
SEU e TTP sono causate da stimoli che portano all’attivazione eccessiva è assorbita nella circolazione della mucosa gastrointestinale infiam-
delle piastrine, le quali si depositano come trombi nei letti della micro- mata, dove altera le funzioni delle cellule endoteliali in modo da
circolazione. Questi trombi intravascolari causano una anemia emo- scatenare l’attivazione e l’aggregazione piastrinica. I bambini e gli
litica microangiopatica e disturbi d’organo generalizzati, il conseguen- anziani sono particolarmente a rischio. Gli individui affetti lamen-
te consumo di piastrine porta a trombocitopenia. Si ritiene che le tano diarrea ematica, e dopo pochi giorni manifestano il quadro
660 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

della SEU. Con un trattamento appropriato, si guarisce completa- Tra i disturbi acquisiti della funzione piastrinica, due sono clinica-
mente, anche se nei casi più severi si può instaurare un danno renale mente rilevanti. La prima è causata dall’ingestione di acido ­acetilsalicilico
irreversibile e si può giungere alla morte. e di altri farmaci antinfiammatori non steroidei. L’acido acetilsalicilico
La SEU “atipica” non epidemica è spesso associata a difetti nel è un potente inibitore irreversibile dell’enzima ciclossigenasi, che è
fattore complementare H, nella proteina cofattore di membrana necessario per la sintesi di trombossano A2 e di prostaglandine (Cap. 2).
(CD46), o nel fattore I, tre proteine che normalmente prevengono Questi mediatori hanno un ruolo importante nell’indurre l’aggrega-
l’attivazione eccessiva della via alternativa del complemento. Il deficit zione e le conseguenti reazioni di rilascio del contenuto dei granuli
di queste proteine può essere causato da patologie ereditarie o au- piastrinici (Cap. 4). L’effetto anti-piastrinico dell’acido acetilsalicilico è
toanticorpi inibitori acquisiti ed è associato a un decorso remittente alla base del suo utilizzo nella profilassi delle trombosi (Cap. 12). L’ure-
e recidivante. A differenza della TTP, la causa dell’attivazione mia (Cap. 20) è la seconda condizione clinica caratterizzata da un
­piastrinica nella SEU non è chiara; è probabile che la tossina Shiga- ­disturbo acquisito della funzione piastrinica. La patogenesi della di-
simile prodotta da E. coli patogeno e i difetti nelle proteine comple- sfunzione piastrinica nell’uremia è complessa e coinvolge difetti
mentari con attività regolatrice alterino la funzione delle cellule nell’adesione, nella secrezione di granuli e nell’aggregazione.29
endoteliali in modo da favorire l’attivazione delle piastrine.
Le microangiopatie trombotiche simili a SEU possono anche Diatesi Emorragiche Da Alterazioni
presentarsi in seguito a patologie che comportino danno endoteliale Dei Fattori Della Coagulazione
(ad es. alcuni farmaci e radioterapia). La prognosi in questi contesti
è più severa, poiché la SEU è spesso complicata da condizioni cro- I deficit ereditari o acquisiti virtualmente di ogni fattore della coa-
niche potenzialmente letali. gulazione sono stati riportati come cause di diatesi emorragiche. A
Nonostante sia la CID (trattata in seguito) sia le microangiopatie differenza delle emorragie petecchiali della trombocitopenia, il
trombotiche siano caratterizzate da occlusione microvascolare e sanguinamento dovuto al deficit dei fattori isolati della coagulazione
anemia emolitica microangiopatica, la loro patogenesi è differente. si manifesta in genere con grandi ecchimosi o ematomi post-traumatici,
Nella TTP e nella SEU (a differenza della CID), l’attivazione della o con prolungato sanguinamento dopo una ferita o dopo un qualsiasi
cascata coagulativa non ha un ruolo primario, per cui i test coagu- intervento chirurgico. Sono inoltre tipici il sanguinamento gastroin-
lativi, come il PT e il PTT, sono di solito normali. testinale e del tratto urinario, e soprattutto quello all’interno delle
articolazioni sottoposte a carico (emartrosi). Il quadro tipico è quello
di un soggetto che lamenta uno stillicidio della durata di giorni dopo
Malattie Emorragiche Da Difetti
l’estrazione di un dente o che sviluppa un emartro dopo uno stimolo
Nelle Funzioni Delle Piastrine
di modesta entità dell’articolazione del ginocchio.
I deficit qualitativi della funzione piastrinica possono essere ereditari I deficit ereditari in genere coinvolgono un fattore della coagulazio-
o acquisiti. Sono state descritte numerose malattie ereditarie carat- ne. I deficit ereditari più comuni e importanti dei fattori della coa-
terizzate da funzionalità anomala delle piastrine e da normale conta gulazione colpiscono il fattore VIII (emofilia A) e il fattore IX (emo-
piastrinica. Una breve descrizione di queste rare malattie è giustifi- filia B). In questa sede si tratteranno anche i deficit di vWF (malattia
cata dal fatto che esse forniscono un eccellente modello per indagare di von Willebrand), poiché questo fattore influisce sulla coagulazione
i meccanismi molecolari della funzione piastrinica. e sulla funzione piastrinica. Sono stati descritti anche i rari deficit
I disturbi ereditari della funzione piastrinica possono essere clas- ereditari degli altri fattori della coagulazione. Tutti provocano emor-
sificati in tre gruppi secondo la patogenesi: (1) deficit dell’adesione, ragia eccetto il deficit del fattore XII; si presume che in vivo la via
(2) anomalie dell’aggregazione e (3) disturbi della secrezione piastri- estrinseca e l’attivazione mediata dalla trombina del fattore XI e IX
nica (reazione di rilascio). compensino l’assenza del fattore XII.
I deficit congeniti in genere coinvolgono simultaneamente diversi
I disturbi emorragici dovuti a un difetto dell’adesione piastrinica fattori di coagulazione e possono essere il risultato di una sintesi proteica
alla matrice subendoteliale sono ben rappresentati dalla sindrome diminuita o un’emivita ridotta. La carenza di vitamina K (Cap. 9)
di Bernard-Soulier, una patologia autosomica recessiva dovuta provoca un difetto di sintesi dei fattori II, VII, IX, X e della proteina
alla carenza ereditaria del complesso glicoproteico di membrana C. Molti di questi fattori sono prodotti nel fegato e perciò diventano
Ib-IX. Questa glicoproteina è un recettore per il vWF ed è essen- deficitari in caso di patologie gravi a carico di questo organo. In alter-
ziale per la fisiologica adesione delle piastrine alla matrice suben- nativa, in caso di CID si consumano diversi fattori coagulanti, che così
doteliale extracellulare (Cap. 4). diventano deficitari. Il deficit congenito di un solo fattore è possibile,
I disturbi emorragici dovuti a un difetto della aggregazione piastri- ma è un evento raro. È in genere provocato dagli anticorpi inibitori.
nica sono esemplificati dalla tromboastenia di Glanzmann, anch’es-
sa trasmessa come un carattere autosomico recessivo. Le piastrine
Complesso fattore VIII-vWF
tromboasteniche non si aggregano in risposta a stimoli come
l’adenosina difosfato (Adenosine DiPhosphate, ADP), il collageno, L’emofilia A e la malattia di von Willebrand, due delle più comuni
l’adrenalina o la trombina, a causa del deficit o del malfunziona- malattie emorragiche ereditarie, sono causate da difetti qualitativi o
mento della glicoproteina IIb-IIIa, un’integrina che concorre alla quantitativi del complesso fattore VIII-vWF. Prima di descrivere queste
formazione di “ponti” tra le piastrine legandosi al fibrinogeno. patologie, è utile ricordare la struttura e la funzione di queste proteine,
I disturbi della secrezione piastrinica sono caratterizzati dalla che coesistono nel plasma come parti di un complesso più grande.
secrezione alterata di alcuni mediatori dell’attivazione piastrinica, I fattori VIII e vWF sono codificati da geni separati e sono sinte-
quali trombossani e ADP contenuto nei granuli. Le anomalie tizzati in cellule diverse. Il fattore VIII è un cofattore essenziale per
biochimiche che causano questi disturbi, denominati storage pool il fattore IX, che converte il fattore X in fattore Xa (Fig. 14.26, si veda
disorders sono vari, complessi, e la loro descrizione esula dagli anche Cap. 4). È sintetizzato in diversi tessuti; le cellule endoteliali
scopi di questa trattazione. sinusoidali, le cellule di Kupffer del fegato e le cellule epiteliali tubulari
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 661

Figura 14.26 Struttura e funzione del complesso fattore VIII-fattore von Willebrand (vWF). Il fattore VIII è sintetizzato nel fegato e nei reni, e il vWF è
sintetizzato nelle cellule endoteliali e nei megacariociti. Le due molecole associate formano un complesso nel sangue circolante. Il vWF è anche localizzato
nella matrice subendoteliale dei vasi sanguigni e negli a-granuli delle piastrine. In seguito a lesione endoteliale, l’esposizione del vWF subendoteliale causa
l’adesione delle piastrine, principalmente attraverso la via del recettore piastrinico rappresentato dalla glicoproteina lb (GpIb). Il vWF circolante e quello
rilasciato dagli a-granuli delle piastrine attivate possono legarsi alla matrice sottoendoteliale esposta, e ciò contribuisce ulteriormente all’adesione e atti-
vazione delle piastrine. Le piastrine attivate formano aggregati a funzione emostatica; il fibrinogeno (e probabilmente il vWF) partecipa all’aggregazione
attraverso il legame a ponte con il recettore piastrinico GpIIb/IIIa. Il fattore VIII partecipa alla cascata coagulativa come cofattore per l’attivazione del fattore
X sulla superficie delle piastrine attivate.

del rene sembrano essere i siti prevalenti. Quando il fattore VIII si misura con un dispositivo chiamato aggregometro. Quindi, il
raggiunge la circolazione, si lega a vWF, prodotto dalle cellule endo- grado di agglutinazione piastrinica ristocetina-dipendente è una
teliali e, in quantità minore, dai megacariociti, che rappresentano la misura dell’attività del vWF.
fonte di vWF presente negli a-granuli delle piastrine. Il vWF stabi-
lizza il fattore VIII, la cui emivita è di circa 2,4 ore da libero e 12 ore Malattia di von Willebrand
se legato al vWF nella circolazione.
Il vWF circolante esiste come multimeri contenenti 100 subunità La malattia di von Willebrand è una delle più comuni malattie
che possono superare 20 × 106 dalton di peso molecolare. Oltre al fattore emorragiche ereditarie della specie umana, con una frequenza dell’1%
VIII, questi multimeri interagiscono con alcune altre proteine coin- circa negli Stati Uniti. Nella maggior parte degli individui affetti, la
volte nell’emostasi, tra cui collagene, eparina e forse le glicoproteine tendenza all’emorragia è lieve e spesso non si nota finché non ne
della membrana piastrinica. La funzione principale del vWF è di rivela la presenza uno stress emostatico, quali pratiche chirurgiche
promuovere l’adesione delle piastrine alla matrice subendoteliale. Ciò o odontoiatriche. I sintomi più comuni sono sanguinamento spon-
avviene attraverso il legame a ponte tra la glicoproteina lb-IX, il vWF taneo delle mucose (ad es. epistassi), eccessivo sanguinamento delle
e le componenti della matrice, quali il collagene. Una parte del vWF ferite, menorragia e un prolungamento del tempo di emorragia con
secreto dalle cellule endoteliali si deposita nella matrice subendote- una normale conta piastrinica. In genere è trasmessa come malattia
liale, dove rimane pronto a favorire l’adesione delle piastrine se si ha autosomica dominante, ma sono state descritte anche rare varianti
un’interruzione del rivestimento endoteliale (Fig. 14.26). Le cellule a trasmissione autosomica recessiva.
endoteliali e le piastrine rilasciano vWF nella circolazione. In seguito La malattia di von Willebrand è molecolarmente eterogenea.30 Si
a lesioni vascolari, questo secondo pool di vWF si lega alla matrice conoscono più di 20 varianti, che possono essere raggruppate in due
subendoteliale esposta favorendo ulteriormente l’adesione delle pia­ principali categorie:
strine. I multimeri di vWF possono anche promuovere l’aggregazione Le malattie di von Willebrand di tipo 1 e di tipo 3 si associano a una
piastrinica legandosi alle integrine GpIIb/IIIa attivate; questa moda- riduzione del vWF circolante. Il tipo 1, una patologia autosomica
lità può rivestire particolare importanza in condizioni di forze di dominante caratterizzata da un deficit di vWF di entità lieve o mo-
taglio elevate (come si verifica nei piccoli vasi). derata, costituisce il 70% di tutti i casi. Si osservano comunemente
I livelli di proteine dei fattori VIII e vWF si misurano tramite penetranza incompleta ed espressività variabile, ma in genere sono
tecniche immunologiche. La funzione del fattore VIII è valutata in associate alla forma lieve della malattia. La malattia di von Willebrand
laboratorio mescolando il plasma del paziente e il plasma deficitario di tipo 3 (autosomica recessiva) si associa a livelli estremamente bassi
di fattore VIII. La funzione del vWF è valutata con il test di aggluti- di vWF funzionale, e le manifestazioni cliniche sono gravi. Dato che
nazione da ristocetina. Questo test è effettuato mescolando il plasma la grave carenza di vWF ha un effetto importante sulla stabilità del
del paziente con piastrine fissate in formalina, una piccola molecola fattore VIII, alcuni sintomi emorragici sono simili a quelli osservati
che lega e “attiva” il vWF. La ristocetina spinge i multimeri polivalenti nell’emofilia. La natura delle mutazioni della stragrande maggioranza
del vWF a legarsi alla glicoproteina piastrinica Ib-IX e a formare dei pazienti affetti dalla malattia di tipo 1 è difficile da determinare.
“ponti” tra le piastrine. La conseguente agglutinazione delle piastrine In alcuni casi si sono identificate delle mutazioni non-senso. La
662 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

malattia di tipo 3 si associa in genere a delezioni o a mutazioni fra- ­ alattia. La gravità della malattia in tali pazienti può essere
m
meshift che coinvolgono entrambi gli alleli. ­influenzata da altri fattori genetici che controllano i livelli di fattore
La malattia di von Willebrand di tipo 2 è caratterizzata da un VIII, che variano ampiamente nei soggetti normali.
deficit qualitativo del vWF; ci sono diversi sottotipi, il più comune In tutti i casi sintomatici, si ha un facile sviluppo di ecchimosi ed
dei quali è il 2A. Essa viene ereditata come malattia autosomica emorragie massive dopo trauma o interventi chirurgici. Inoltre, si
dominante. Il vWF è espresso in quantità normali, ma si presentano hanno frequenti emorragie “spontanee” in zone normalmente
mutazioni non senso che provocano un difettoso assemblaggio dei ­soggette a trauma, in particolare le articolazioni, dove prendono il
multimeri. I multimeri di vWF di dimensioni grandi e intermedie, nome di emartri. Le emorragie ricorrenti nelle articolazioni causano
che sono le forme funzionalmente più attive, non sono presenti nel deformità progressive che possono essere mutilanti. Le petecchie sono
plasma. La malattia di von Willebrand di tipo 2 rappresenta il 25% tipicamente assenti.
di tutti i casi e si associa a sintomi lievi o moderati. I pazienti affetti da emofilia A tipicamente presentano un allun-
I pazienti affetti dalla malattia di von Willebrand hanno difetti nella gamento del PTT e un PT normale. Questi dati indicano un’anomalia
funzione piastrinica nonostante una normale conta piastrinica. Il livello della via intrinseca della coagulazione. La diagnosi viene posta con
plasmatico di vWF, misurato come attività del cofattore ristocetinico, il dosaggio specifico del fattore VIII.
è ridotto. Dato che il vWF stabilizza il fattore VIII, un deficit di vWF Dato che nell’emofilia A, una delle due vie della cascata coagulativa,
causa anche una diminuzione secondaria dei livelli di fattore VIII. la via estrinseca, non è interessata, è sensato chiedersi: perché questi
Questo fenomeno può causare un prolungamento del PTT nella soggetti sanguinano? Evidentemente, la valutazione di laboratorio
malattia di von Willebrand di tipo 1 e 3. Tuttavia, ad eccezione dei della coagulazione non rispecchia adeguatamente ciò che accade in
soggetti affetti da malattia di tipo 3, non si osservano complicanze vivo, ed è probabile che, in presenza di un deficit di fattore VIII, la
legate a un deficit di fattore VIII, come le emorragie intra-articolari. deposizione di fibrina non sia sufficiente per garantire l’emostasi. I
In sintesi, nella malattia di von Willebrand i difetti ereditari nel vWF dettagli di questo argomento vanno oltre gli scopi di questa tratta-
portano ad anomalie nell’adesione piastrinica e nella formazione di zione; sembra che il principale ruolo della via estrinseca nell’ambito
coaguli. Perfino nelle famiglie in cui si ha la segregazione di un singolo dell’emostasi sia quello di provocare una limitata produzione iniziale
allele difettoso del vWF si riscontra spesso un’ampia variabilità di trombina in seguito a danno tissutale. Questo stimolo iniziale
nell’espressione clinica. Ciò è dovuto in parte alla presenza di fattori procoagulante è potenziato e amplificato dall’attivazione, da parte
genetici aggiuntivi che influenzano i livelli circolanti di vWF, che della trombina stessa, dei fattori XI e IX della via intrinseca (Cap. 4).
variano notevolmente nella popolazione normale. I soggetti sottoposti In assenza del fattore VIII, questo feedback è inattivo e si genera una
a stress emostatico (operazioni odontoiatriche o chirurgiche) possono quantità insufficiente di trombina (e fibrina) per creare un coagulo
essere trattati con desmopressina, che stimola il rilascio di vWF, o con stabile. In aggiunta a ciò, gli alti livelli di trombina attivano il TAFI
infusioni di concentrati plasmatici contenenti i fattori VIII e vWF. (Thrombin-Activated Fibrinolysis Inhibitor), un fattore che inibisce
la fibrinolisi. Per cui, alla diatesi emorragica dell’emofilia contribui-
scono sia l’inadeguata coagulazione (fibrinogenesi) che l’inappro-
Emofilia A (deficit di fattore VIII)
priata rimozione del coagulo (fibrinolisi). La precisa ragione per cui,
L’emofilia A è la malattia ereditaria più comune associata a grave negli emofilici, il sanguinamento si localizza in particolari sedi (ar-
emorragia,31 ed è provocata da mutazioni nel fattore VIII, che è un ticolazioni, muscoli e sistema nervoso centrale) rimane dubbia.
cofattore essenziale per il fattore IX nella cascata coagulativa (Cap. Il trattamento dell’emofilia A si basa sull’infusione di fattore VIII
4). L’emofilia A viene trasmessa come un tratto recessivo legato al ricombinante. Circa il 15% dei pazienti affetti da emofilia A grave
cromosoma X, e quindi colpisce principalmente i maschi e le fem- sviluppa anticorpi che si legano e inibiscono il fattore VIII, proba-
mine allo stato omozigote. Sono stati descritti anche rari casi di bilmente perché la proteina è percepita come corpo estraneo in
femmine eterozigoti con gravi sintomi emorragici, probabilmente quanto “sconosciuta” al sistema immunitario. Questi inibitori degli
dovuti all’inattivazione del cromosoma X portatore dell’allele nor- anticorpi possono rappresentare una sfida terapeutica molto difficile.
male del fattore VIII nella maggioranza delle cellule (lyonizzazione Prima dello sviluppo della terapia a base di fattore VIII ricombinan-
sfavorevole). Circa il 30% dei pazienti non ha una storia familiare; te, migliaia di emofilici erano trattati con concentrati di fattore VIII
la malattia di tali pazienti è dovuta a una nuova mutazione. di derivazione plasmatica contenenti il virus HIV, e molti di essi
L’emofilia A si manifesta con un’ampia variabilità clinica che hanno sviluppato l’AIDS (Cap. 6). Il rischio di trasmissione dell’HIV
correla strettamente con il livello di fattore VIII attivo. I pazienti con è stato eliminato, ma purtroppo un’intera generazione di emofilici
un livello inferiore all’1% del normale sviluppano una patologia non se ne è potuta giovare. Sono in corso anche studi per mettere a
grave; livelli tra il 2 e il 5% del normale sono associati a sintomi punto una terapia genica dell’emofilia.
moderati; e pazienti con 6-50% di attività sviluppano una malattia
lieve. La variabilità del deficit di fattore VIII è in gran parte spiegabile
Emofilia B (malattia di Christmas, deficit
dall’eterogeneità delle mutazioni coinvolte. Come nel caso delle di fattore IX)
­b-talassemie, le lesioni genetiche comprendono delezioni, mutazioni
non senso che creano codoni di stop, mutazioni che provocano errori La grave carenza di fattore IX provoca un disturbo clinicamente
nello splicing di mRNA. La maggior parte dei deficit più gravi è indistinguibile dal deficit di fattore VIII (emofilia A). Questo fatto
causata da un’inversione a carico del cromosoma X che abolisce non deve sorprendere, dato che il fattore VIII e il IX agiscono siner-
completamente la sintesi di fattore VIII. Meno comunemente, l’emo- gicamente per attivare il fattore X. Nell’emofilia B sono state riscon-
filia A severa è dovuta a mutazioni puntiformi del gene del fattore trate un gran numero di mutazioni a carico del gene del fattore IX.
VIII che compromettono la funzionalità della proteina. In tali casi, Come l’emofilia A, essa viene ereditata come un tratto recessivo le-
i livelli di fattore VIII, dosati con metodi immunologici, appaiono gato al cromosoma X e mostra vari gradi di severità clinica. In circa
normali. Le mutazioni che consentono la sintesi di una quota di il 15% dei pazienti, il fattore IX è presente ma non è funzionale.
fattore VIII attivo sono associate con quadri lievi o modesti di Analogamente all’emofilia A, il PTT è prolungato e il PT è normale.
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 663

La diagnosi della malattia di Christmas (così chiamata dal nome del sciato da alcuni adenocarcinomi può attivare direttamente il fattore
primo paziente affetto) è possibile tramite il dosaggio dei livelli di X, indipendentemente dal fattore VII.
fattore IX. Il trattamento dell’emofilia A si basa sull’infusione di La lesione endoteliale può iniziale la CID in diversi modi. Le lesioni
fattore IX ricombinante. che causano la necrosi delle cellule endoteliali espongono la matrice
subendoteliali, provocando l’attivazione delle piastrine e le due vie della
cascata coagulativa. Tuttavia, anche lesioni endoteliali minime possono
Coagulazione Intravascolare
promuovere l’attività. Un mediatore di tali effetti è il TNF, che è impli-
Disseminata (Cid)
cato nella CID associata a sepsi. Il TNF spinge le cellule endoteliali a
La CID è un’alterazione tromboemorragica acuta, subacuta o cronica esprimere il fattore tissutale sulla superficie cellulare e a diminuire
caratterizzata dall’eccessiva attivazione della coagulazione, che porta l’espressione della trombomodulina, spostando gli equilibri che gover-
alla formazione di microtrombi nel microcircolo del corpo. Si presenta nano l’emostasi verso la coagulazione. Inoltre, il TNF aumenta l’espres-
come complicanza secondaria a diversi disturbi. A volte la coagulo- sione delle molecole di adesione sulle cellule endoteliali e pertanto
patia si localizza in uno specifico organo o tessuto. In conseguenza favorisce l’adesione dei leucociti, che danneggiano le cellule endoteliali
della diatesi trombotica, vi è consumo di piastrine, fibrina e fattori attraverso il rilascio di radicali liberi e di proteasi preformate. Il danno
della coagulazione e, secondariamente, attivazione della fibrinolisi. endoteliale diffuso può anche essere prodotto da deposizione di com-
Il quadro clinico della CID può presentarsi con segni e sintomi plessi antigene-anticorpo (ad es. lupus eritematoso sistemico), dalle
collegati a ipossia e infarto tissutale causati dalla miriade di micro- temperature estreme (ad es. colpo di calore, ustioni), o da microrgani-
trombi e/o con un’emorragia dovuta alla deplezione dei fattori ne- smi (ad es. meningococchi, rickettsie). Anche lesioni endoteliali mini-
cessari all’emostasi e all’attivazione dei meccanismi fibrinolitici. me possono promuovere l’attività procoagulante tramite l’aumento
Eziologia e patogenesi. Prima di tutto, è importante ribadire che dell’espressione di fattore tissutale sulla membrana.
la CID non è mai una patologia primitiva. È una coagulopatia che si La CID è in genere conseguenza di complicanze ostetriche, neo-
verifica nel corso di una varietà di condizioni cliniche. Prima di plasie maligne, sepsi e traumi maggiori. I fattori scatenanti, in queste
analizzare i meccanismi generali che causano la CID, è utile una patologie, sono spesso molti e correlati tra loro. Ad esempio, nelle
breve ricapitolazione del normale processo della coagulazione e della infezioni batteriche le endotossine possono danneggiare le cellule
fibrinolisi (si veda il Cap. 4 per approfondire). endoteliali e inibire l’espressione della trombomdulina direttamente
La coagulazione può essere innescata attraverso due vie: (1) la via o tramite la produzione di TNF, stimolare il rilascio di trombopla-
estrinseca, che è attivata dal rilascio di fattore tissutale (“trombopla- stine dalle cellule infiammatorie e attivare il fattore XII. I complessi
stina tissutale”) e (2) la via intrinseca, che inizia con l’attivazione del antigene-anticorpo che si formano in risposta all’infezione possono
fattore XII tramite il contatto con superfici contenenti collageno o attivare la via classica del complemento, dando luogo a frammenti
altre molecole cariche negativamente. Entrambe le vie, tramite una che possono secondariamente causare attivazione piastrinica e gra-
serie di tappe intermedie, confluiscono nella formazione della trom- nulocitaria. Nei traumi massivi, nella chirurgia estesa e nelle ustioni
bina, che a sua volta converte il fibrinogeno in fibrina. Sul sito della gravi, il meccanismo principale di attivazione è il rilascio di trom-
lesione, la trombina favorisce ulteriormente il deposito locale di boplastine tissutali. Nelle complicanze ostetriche, le tromboplastine
fibrina attivando direttamente la via intrinseca e i fattori che inibi- derivate dalla placenta, dalla ritenzione di feto morto o dal liquido
scono la fibrinolisi. amniotico possono entrare nella circolazione. L’ipossia, l’acidosi e lo
Quando la coagulazione è iniziata, è estremamente importante che shock, che spesso coesistono nei pazienti gravi, causano anche danno
sia limitata al sito della lesione. È da notare che, quando la trombina endoteliale diffuso e le infezioni secondarie possono comportare
in eccesso viene allontanata nel torrente circolatorio e incontra i vasi ulteriori complicanze. Nell’ambito dei tumori, la leucemia promielo-
normali, viene convertita in una molecola a funzione anticoagulante citica acuta e gli adenocarcinomi del polmone, del pancreas, del colon
tramite il legame alla trombomodulina, una proteina presente sulla e dello stomaco sono in genere associati alla CID.
superficie delle cellule endoteliali. Il complesso trombina-trombo- Le conseguenze possibili della CID sono duplici (Fig. 14.27).
modulina attiva la proteina C, che è un importante inibitore di due Innanzitutto, si ha la deposizione diffusa di fibrina nel microcircolo.
procoagulanti, i fattori V e VIII. Gli altri fattori di coagulazione Ciò provoca un’ischemia degli organi più severamente colpiti o più
attivati vengono rimossi dalla circolazione dal fegato e, come si ri- vulnerabili e un’anemia emolitica microangiopatica che deriva dalla
corderà, il sangue contiene anche alcuni fattori fibrinolitici, tra cui frammentazione dei globuli rossi nel passaggio attraverso il micro-
la plasmina. Questi e altri fattori aggiuntivi intervengono normal- circolo ristretto. In secondo luogo, il consumo di piastrine e di fattori
mente a garantire un equilibrio, in modo che la coagulazione avven- della coagulazione e dell’attivazione della via fibrinolitica provoca
ga solo nella sede desiderata e per il tempo necessario. diatesi emorragica. La plasmina, oltre a dissolvere i coaguli di fibrina,
Dopo questa breve introduzione, è più facile capire come una CID inattiva anche i fattori V e VIII, riducendone così ulteriormente la
possa essere conseguenza dell’attivazione patologica della via estrin- concentrazione. Inoltre, i prodotti della degradazione della fibrina
seca e/o intrinseca della coagulazione, o di un’alterazione dei mec- derivati dalla fibrinolisi inibiscono l’aggregazione piastrinica, la
canismi inibitori che regolano la formazione del coagulo. Poiché polimerizzazione della fibrina e la trombina. L’insieme di questi
quest’ultimo meccanismo è raramente implicato nell’insorgenza fenomeni conduce al disturbo emostatico osservabile nella CID.
della CID, focalizzeremo la nostra attenzione sulle anomalie dell’ini-
zio della coagulazione.
Sono due i meccanismi principali che scatenano una CID: (1) la Morfologia I trombi in genere si riscontrano, in ordine di
liberazione di fattore tissutale o di sostanze di tipo tromboplastinico frequenza decrescente, nel cervello, nel cuore, nei polmoni,
in circolo e (2) il danno diffuso alle cellule endoteliali. Le sostanze di nei reni, nei surreni, nella milza e nel fegato, ma possono
tipo tromboplastinico possono originare da varie fonti, come la colpire qualunque tessuto. Nei reni interessati dalla CID si
placenta in caso di complicanze ostetriche e i granuli delle cellule evidenziano piccoli trombi nei glomeruli che possono provo-
nella leucemia promielocitica acuta (Cap. 13). Anche il muco rila-
664 CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche

Figura 14.27 Fisiopatologia della coagulazione intravascolare disseminata.

restanti casi sono associati alle altre patologie precedentemente


care soltanto edema reattivo delle cellule endoteliali o, nei casi elencate.
gravi, microinfarti o anche necrosi bilaterale della corticale. Non è possibile descrivere in dettaglio tutti i possibili quadri
Numerosi trombi di fibrina si possono riscontrare nei capillari clinici, tuttavia alcune caratteristiche comuni sono degne di descri-
alveolari, talvolta associati a edema polmonare ed essudati di zione. Queste comprendono anemia emolitica microangiopatica;
fibrina, con formazione di “membrane ialine” a dare un qua- dispnea, cianosi, insufficienza respiratoria; convulsioni e coma;
dro analogo alla sindrome da distress respiratorio acuto (Cap. oliguria e insufficienza renale acuta; insufficienza circolatoria e shock
15). Nel sistema nervoso centrale, i trombi di fibrina possono improvvisi o progressivi. Solitamente, la CID acuta, associata a
causare microinfarti, occasionalmente complicati dalla con- complicanze ostetriche o traumi maggiori, ad esempio, è dominata
temporanea presenza di emorragia, che talvolta può scatenare dalla diatesi emorragica, mentre la CID cronica, come avviene nei
diversi segni e sintomi neurologici. Le manifestazioni a livello pazienti neoplastici, tende a presentarsi con complicanze trombotiche.
delle ghiandole endocrine sono di particolare interesse. Nella La diagnosi si basa sull’osservazione clinica e sugli esami di labora-
sepsi da meningococco, i trombi di fibrina nel microcircolo torio, tra cui la misura dei livelli di fibrinogeno, la conta piastrinica,
della corteccia surrenale causano probabilmente l’emorragia il PT, il PTT e i prodotti di degradazione della fibrina.
surrenalica massiva che si osserva nella sindrome di Wa- La prognosi è estremamente variabile e dipende, in larga parte,
terhouse-Friderichsen (Cap. 24). Analogamente, la necrosi dalla patologia di base. L’unico trattamento risolutivo è quello di ri-
ipofisaria post partum nota come sindrome di Sheenan (Cap. muovere o trattare la causa scatenante. Il trattamento richiede un’at-
24) è una forma di CID che complica il travaglio e il parto. Nella tenta condotta, poiché ci si muove tra gli opposti rischi della trom-
tossiemia gravidica (Cap. 22), la placenta presenta microtrom- bosi e dell’emorragia, come tra Scilla e Cariddi. La somministrazione
bi diffusi, e ciò fornisce una plausibile spiegazione per la pre- sia di anticoagulanti che di procoagulanti è stata proposta nel con-
matura atrofia del citotrofoblasto e del sinciziotrofoblasto che testo di specifici quadri, ma non senza controversie.
si associa a questa condizione. Una forma insolita di CID si
verifica in associazione agli emangiomi giganti, in cui i trombi
si formano dentro la neoplasia, a causa della stasi locale e del Bibliografia
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parto. Circa il 33% dei pazienti affetti presenta carcinomatosi. I endothelial cells, Blood 109:3544, 2007.
CAPITOLO 14 Malattie dei globuli rossi ed emorragiche 665

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15
Il polmone
Aliya N. Husain

Anomalie congenite Sindrome emorragica polmonare diffusa


Sindrome di Goodpasture
Atelettasia (collasso polmonare)
Emosiderosi polmonare idiopatica
Edema polmonare Granulomatosi di Wegener
Edema polmonare cardiogeno
Edema da lesioni microvascolari Infezioni polmonari
Polmoniti acute comunitarie
Danno polmonare acuto e sindrome da distress
respiratorio acuto (danno alveolare diffuso) Polmoniti atipiche comunitarie
(virali e da micoplasma)
Polmonite acuta interstiziale Infezioni da virus dell’influenza
Malattia polmonare restrittiva e ostruttiva a confronto Metapneumovirus umano (MPV)
Sindrome respiratoria acuta grave
Malattia polmonare ostruttiva
Polmoniti nosocomiali
Enfisema
Polmonite da aspirazione
Bronchite cronica
Ascesso polmonare
Asma
Polmonite cronica
Bronchiectasia Istoplasmosi
Malattia interstiziale cronica diffusa (restrittiva) Blastomicosi
Fibrosi polmonare Coccidioidomicosi
Fibrosi polmonare idiopatica Polmonite nel paziente immunodepresso
Polmonite interstiziale aspecifica Malattie polmonari nell’infezione da virus
Polmonite organizzata criptogenetica dell’immunodeficienza umana
Interessamento polmonare nelle malattie del tessuto
connettivo Trapianto polmonare
Pneumoconiosi
Complicanze correlate alle terapie Neoplasie
Malattie granulomatose Carcinomi
Sarcoidosi Proliferazioni neuroendocrine e tumori
Polmoniti da ipersensibilità Altre neoplasie
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Eosinofilia polmonare Neoplasie metastatiche


Malattie interstiziali correlate al fumo
Pleura
Polmonite interstiziale desquamativa
Malattia polmonare interstiziale associata a bronchiolite Versamento pleurico
respiratoria Versamenti pleurici infiammatori
Versamenti pleurici non infiammatori
Proteinosi alveolare polmonare
Pneumotorace
Malattie di origine vascolare Neoplasie della pleura
Embolia, emorragia e infarto polmonare Tumori fibrosi solitari
Ipertensione polmonare Mesotelioma maligno

667
668 CAPITOLO 15 Il polmone

I polmoni sono ingegnosamente costruiti per svolgere la loro fun-


zione fondamentale: lo scambio dei gas tra l’aria inspirata e il sangue.
A livello embriologico, il sistema respiratorio ha origine dalla parete
ventrale dell’intestino primitivo. Dalla linea mediana della trachea
si diramano due estroflessioni laterali, le gemme polmonari. L’ab-
bozzo embrionale del polmone destro si divide infine in tre rami – i
bronchi lobari – e quello del polmone sinistro in due, dando origine
a tre lobi polmonari a destra e due a sinistra. Il tronco del bronco
principale destro è più verticale e più direttamente allineato alla
trachea. Di conseguenza, il materiale estraneo eventualmente aspi-
rato, come vomito, sangue o corpi estranei, tende a entrare nel pol-
mone destro piuttosto che nel sinistro. I bronchi lobari di destra e
di sinistra si ramificano ulteriormente con suddivisione dicotomica,
dando origine a una progressiva arborizzazione di rami bronchiali
di calibro sempre più piccolo. La ramificazione delle vie aeree è
accompagnata dalla doppia vascolarizzazione arteriosa del polmone,
ovvero dal sistema delle arterie polmonari e bronchiali.
Dalla suddivisione progressiva dei bronchi si originano i bronchioli,
che si differenziano dai bronchi per la mancanza dello scheletro car-
tilagineo e delle ghiandole sottomucose nello spessore delle loro pareti. Figura 15.1 Struttura microscopica della parete alveolare. Si noti come
la membrana basale (gialla) sia sottile da un lato e slargata quando è in
L’ulteriore ramificazione dei bronchioli conduce ai bronchioli termi- continuità con lo spazio interstiziale. Vengono mostrate parti di cellule
nali, di diametro inferiore a 2 mm. La parte del polmone distale ri- interstiziali.
spetto al bronchiolo terminale è chiamata acino; ha una forma gros-
solanamente sferica e un diametro di circa 7 mm. Un acino è composto I macrofagi alveolari, lassamente adesi alle cellule epiteliali o liberi
dai bronchioli respiratori (nelle cui pareti sono presenti diversi alveoli), all’interno del lume alveolare, derivano dai monociti del sangue e
dai dotti alveolari e dai sacchi alveolari, le estremità a fondo cieco delle appartengono al sistema delle cellule fagocitiche mononucleate.
vie respiratorie, le cui pareti sono costituite interamente da una suc- Spesso, sono permeati di particelle di carbonio e altri materiali
cessione di alveoli, sede degli scambi gassosi. Un gruppo di tre-cinque fagocitati.
bronchioli terminali, ognuno con il relativo acino, viene indicato come Le pareti alveolari sono perforate da numerosi pori di Kohn, che
lobulo polmonare. Tale architettura lobulare è di grande importanza permettono il passaggio di batteri ed essudato tra alveoli adiacenti
per la distinzione delle forme principali di enfisema. (si veda Fig. 15.34 B). Adiacente alla membrana cellulare alveolare
A eccezione delle corde vocali, che sono ricoperte da un epitelio si trova lo strato di surfactante.
squamoso stratificato, l’intero albero bronchiale, compresi laringe, Le infezioni respiratorie primitive, come bronchiti e polmoniti,
trachea e bronchioli, è rivestito da un epitelio colonnare ciliato pseu- sono comuni nella pratica clinica e in anatomia patologica. A causa
dostratificato. La mucosa bronchiale contiene inoltre una serie di del tabagismo, dell’inquinamento atmosferico e di altri inalanti
cellule neuroendocrine che presentano granuli di tipo neurosecreto- ambientali, le bronchiti croniche e l’enfisema sono ormai dilaganti.
rio in grado di liberare una varietà di fattori tra cui la serotonina, la Nell’uomo, le neoplasie polmonari sono aumentate in modo costan-
calcitonina e la bombesina (gastrin-releasing peptide). Lungo le pareti te, ma attualmente hanno raggiunto un plateau e se ne prevede una
della trachea e dei bronchi (ma non dei bronchioli) sono distribuite diminuzione in futuro. Sfortunatamente, il fumo si è progressiva-
numerose ghiandole sottomucose e cellule caliciformi mucipare. mente diffuso tra le donne e le neoplasie polmonari sono diventate
La struttura microscopica delle pareti alveolari (o setti alveolari) le più comuni nel sesso femminile, superando persino il carcinoma
è costituita, partendo dal versante ematico verso quello gassoso, dalle mammario. Attualmente infatti, rappresenta la forma più comune
seguenti strutture (Fig. 15.1): di neoplasia maligna viscerale, letale per uomini e donne. Nono-
L’endotelio capillare che riveste la rete intrecciata di capillari stante i polmoni siano coinvolti secondariamente in quasi tutte le
anastomizzati. malattie in stadio terminale, in questo capitolo saranno messe in
La membrana basale con il circostante tessuto interstiziale che separa evidenza le malattie polmonari primitive.
le cellule endoteliali dallo strato di cellule epiteliali che a sua volta
riveste internamente l’alveolo. Nelle porzioni sottili del setto alveolare,
le membrane basali dell’epitelio e dell’endotelio sono fuse; mentre nelle Anomalie congenite
porzioni più spesse sono separate da uno spazio interstiziale (intersti-
zio polmonare) contenente sottili fibre elastiche, piccoli fasci di colla- I difetti di sviluppo del polmone sono:1
gene, alcune cellule interstiziali simil-fibroblastiche, cellule muscolari
lisce, mastociti e, raramente, linfociti e monociti. Agenesia o ipoplasia di entrambi i polmoni, di un polmone o di
L’epitelio alveolare, uno strato continuo formato da due principali singoli lobi
tipi di cellule: gli pneumociti di tipo I, appiattiti e sottili, che ricopro- Anomalie tracheali e bronchiali (atresia, stenosi, fistola tracheo-
no il 95% della superficie alveolare, e gli pneumociti di tipo II, più esofagea)
tondeggianti. Gli pneumociti di tipo II provvedono alla sintesi del Anomalie vascolari
surfactante contenuto nei corpi multilamellari osmiofili osservabili Sovradistensione lobare congenita (enfisema)
con la microscopia elettronica e sono le cellule maggiormente coin- Formazioni cistiche dell’intestino primitivo
volte nella riparazione dell’epitelio alveolare, grazie alla loro capacità Malformazioni congenite delle vie aeree polmonari
di dare origine alle cellule di tipo I. Sequestri polmonari
CAPITOLO 15 Il polmone 669

In questa sede verranno trattate solamente le anomalie più comuni.


L’ipoplasia polmonare è un deficit di sviluppo di entrambi i polmoni
(anche se uno può essere più colpito dell’altro) con una conseguente
riduzione del peso, del volume e del numero degli acini sproporzionata
rispetto al peso corporeo e all’età gestazionale. Tale condizione è
causata da una varietà di anomalie che comprimono il polmone (pol-
moni) o impediscono una normale espansione polmonare nella cavità
uterina come l’ernia diaframmatica congenita e l’oligoidramnios.
Le formazioni cistiche dell’intestino primitivo sono il risultato di
un anomalo distacco dell’abbozzo embrionale dell’intestino primi-
tivo e sono in genere localizzate nell’ilo o nella porzione mediana
del mediastino. In base alla struttura della parete, queste cisti sono
classificate in broncogene (più comuni), esofagee o enteriche. Una
cisti broncogena è raramente connessa all’albero tracheobronchiale.
Microscopicamente, la cisti è rivestita da epitelio colonnare ciliato
pseudostratificato, con eventuale metaplasia squamosa nelle aree
coinvolte dall’infiammazione. La parete contiene ghiandole bron-
chiali, cartilagine e muscolatura liscia. In questo caso, la resezione
chirurgica è risolutiva.
Il sequestro polmonare si riferisce alla presenza di una porzione di
tessuto polmonare senza una connessione normale alle vie aeree. Il
sangue non giunge all’area sequestrata dalle arterie polmonari, ma
attraverso l’aorta o da uno dei suoi rami. I sequestri extralobari sono
esterni al polmone e possono essere localizzati ovunque nel torace o
nel mediastino. Vengono comunemente riscontrati nei neonati e si
presentano come masse anomale e possono essere associate ad altre
anomalie congenite. I sequestri intralobari si trovano all’interno del
parenchima polmonare, generalmente nei bambini più grandi, e sono
di solito associati a infezioni locali ricorrenti o a bronchiectasie.

Atelettasia (collasso polmonare) Figura 15.2 Forme differenti di atelettasia acquisita negli adulti. Le linee
tratteggiate indicano il volume normale del polmone
Con il termine atelettasia si indica l’espansione incompleta del pol-
mone (atelettasia neonatale) o il collasso di un polmone già normal-
mente espanso, con produzione di aree di parenchima polmonare riespanso, l’atelettasia è un’alterazione reversibile (a meno che non
relativamente privo di aria. L’atelettasia acquisita, riscontrata princi- sia causata da contrazione).
palmente negli adulti, può essere suddivisa in atelettasia da riassorbi-
mento (od ostruzione), da compressione e da contrazione (Fig. 15.2).
L’atelettasia da riassorbimento è la conseguenza di una completa Edema polmonare
ostruzione bronchiale che nel tempo conduce al riassorbimento
dell’aria intrappolata negli alveoli dipendenti, senza alterazioni del L’edema viene affrontato a livello generale nel Capitolo 4 mentre
flusso ematico attraverso le pareti alveolari interessate. Poiché il viene descritto brevemente in relazione alla congestione polmonare
volume polmonare è diminuito, il mediastino si sposta verso il pol- nella sezione inerente all’insufficienza cardiaca congestizia (Cap. 12).
mone atelettasico. L’atelettasia da riassorbimento è causata princi- L’edema polmonare può derivare da alterazioni emodinamiche (edema
palmente da secrezioni eccessive (ad es. tappi mucosi) o essudato polmonare emodinamico o cardiogeno) o in via diretta dall’aumento
all’interno dei piccoli bronchi e si ritrova perciò più frequentemente della permeabilità capillare, quale risultato di lesioni microvascolari
nell’asma bronchiale, nella bronchite cronica, nelle bronchiectasie, (Tab. 15.1). La terapia e la prognosi dipendono dalla relativa eziologia.
nel postoperatorio e, raramente, in presenza di neoplasie bronchiali.
L’atelettasia da compressione si presenta ogniqualvolta la cavità pleu­ Edema polmonare cardiogeno
rica è parzialmente o completamente occupata da essudato fluido,
neoplasie, sangue o aria (in quest’ultimo caso si parla di pneumoto- A livello emodinamico, la causa più comune di edema polmonare
race), oppure in seguito a pneumotorace iperteso dove la pressione consiste nell’aumento della pressione idrostatica, come avviene
dell’aria determina compressione e compromette la funzionalità del nell’insufficienza cardiaca congestizia sinistra. A prescindere dalla
polmone e del mediastino, nonché dei grossi vasi. Con l’atelettasia situazione clinica, la congestione polmonare e l’edema sono condi-
compressiva, il mediastino si sposta controlateralmente rispetto al zioni caratterizzate da polmoni pesanti e imbibiti. Il liquido si accu-
polmone colpito. L’atelettasia da contrazione si verifica quando le mula inizialmente nelle regioni basali dei lobi inferiori a causa della
alterazioni fibrotiche locali o generalizzate del polmone o della maggiore pressione idrostatica in queste sedi (edema dipendente).
pleura impediscono una piena espansione. Dal punto di vista istologico, i capillari alveolari appaiono congesti
Un’atelettasia significativa riduce la ventilazione e predispone a e si osserva un precipitato granulare rosa intra-alveolare. Si possono
infezione. Poiché il parenchima polmonare collassato può essere verificare microemorragie alveolari e macrofagi carichi di emoside-
670 CAPITOLO 15 Il polmone

Tabella 15.1 Classificazione e cause di edema polmonare polmonari diffusi in assenza di insufficienza cardiaca.2 Inoltre, la
sindrome da distress respiratorio acuto (Acute Respiratory Distress
EDEMA EMODINAMICO Syndrome, ARDS) è riconducibile alle forme gravi di danno polmo-
Aumento della pressione idrostatica (aumento della pressione nare acuto (ALI). Sia l’ARDS sia l’ALI presentano un aumento della
polmonare venosa) permeabilità vascolare polmonare associata allo stato infiammatorio,
Insufficienza cardiaca sinistra (comune) nonché la morte delle cellule endoteliali ed epiteliali. La manifesta-
Sovraccarico di volume zione istologica di queste patologie si traduce nel danno alveolare
Ostruzione della vena polmonare
Pressione oncotica ridotta (meno frequente)
diffuso (DAD). Buona parte dei casi di ALI è connessa a un’eziologia
Ipoalbuminemia sottostante quale la sepsi. Non disponendo di alcuna associazione
Sindrome nefrosica eziologia, tali casi sono denominati come polmonite acuta
Epatopatia interstiziale.
Enteropatia proteino-disperdente L’ALI è una ben nota complicazione di diverse condizioni che
Ostruzione linfatica (rara)
comprendono sia le lesioni dirette del polmone sia le malattie siste-
EDEMA DOVUTO A LESIONI MICROVASCOLARI (DANNO miche (Tab. 15.2). Molti casi di ALI si verificano a causa di una
ALVEOLARE) combinazione di fattori predisponenti (ad es. shock, ossigenoterapia
Infezioni: polmonite, setticemia e sepsi). Nei casi più gravi si possono verificare disfunzioni d’organo
Gas inalati: ossigeno, fumo non polmonari.
Aspirazione di liquido: contenuto gastrico, quasi-annegamento
Farmaci e sostanze chimiche: farmaci chemioterapici (bleomicina),
altri farmaci (amfotericina B), eroina, cherosene, paraquat
Shock, traumi Morfologia Nella fase acuta, i polmoni sono pesanti, più
Radiazioni consistenti, di colore rosso e imbibiti. Sono riscontrabili
Correlato a trasfusioni congestione, edema interstiziale e intra-alveolare, infiamma-
zione, deposizione di fibrina e danno alveolare diffuso. Le
EDEMA DI ORIGINE INDETERMINATA
pareti alveolari appaiono rivestite da membrane ialine simili
Alte quote a cera (Fig. 15.3), morfologicamente simili a quelle osservate
Neurogenico (trauma del sistema nervoso centrale) nella malattia delle membrane ialine del neonato (Cap. 10).
Le membrane ialine sono costituite da un essudato ricco di
fibrina frammisto a residui citoplasmatici e lipidici delle cel-
rina (cellule dell’“insufficienza cardiaca”). In caso di congestione lule epiteliali necrotiche. Nella fase organizzativa, gli pneu-
polmonare cronica, come quella osservata nella stenosi mitralica, i mociti di tipo II vanno incontro a proliferazione dando origine
macrofagi carichi di emosiderina sono abbondanti e la fibrosi con a uno strato granuloso di rivestimento delle pareti e degli
ispessimento delle pareti alveolari può portare i polmoni edematosi spazi alveolari. Nella maggior parte dei casi, questo strato
a divenire duri e bruni (indurimento bruno). Queste alterazioni, oltre granuloso viene riassorbito comportando così minime alte-
a compromettere la normale funzionalità respiratoria, predispongo- razioni funzionali. Talvolta, comunque, l’ispessimento fibro-
no allo sviluppo di infezioni. tico dei setti alveolari sopravviene in seguito alla prolifera-
zione delle cellule interstiziali e alla deposizione di collagene.
I casi fatali spesso presentano un’infezione broncopolmonare
Edema da lesioni microvascolari
sovrapposta.
Il secondo meccanismo fisiopatologico che porta alla formazione
dell’edema polmonare è caratterizzato dalle lesioni dei capillari dei setti
alveolari. In questo caso, la pressione idrostatica capillare polmonare Patogenesi. La membrana dei capillari alveolari è costituita da
non è in genere elevata e i fattori emodinamici hanno un ruolo secon- due barriere separate: l’endotelio microvascolare e l’epitelio alveolare.
dario. L’edema consegue a lesioni primitive dell’endotelio vascolare o Nell’ARDS, l’integrità di questa barriera è compromessa da lesioni
a un danno delle cellule epiteliali alveolari (con lesione microvascolare endoteliali o epiteliali o, più comunemente, da entrambe.3 I marcatori
secondaria). Ne risulta una fuoriuscita di liquidi e proteine dapprima delle lesioni endoteliali e l’attivazione del fattore di von Willebrand
nello spazio interstiziale e, nei casi più gravi, in quello alveolare. Nella e dell’endotelina possono essere rilevati ad alti livelli nel siero dei
maggior parte delle forme di polmonite, l’edema resta localizzato e pazienti con ARDS. Si possono osservare lesioni epiteliali sotto
viene mascherato dalle manifestazioni di infezioni. Nelle forme dif- forma di tumefazioni, vacuolizzazioni, formazione di vescicole e,
fuse, tuttavia, l’edema alveolare contribuisce notevolmente allo svilup- nella fase di esordio del danno polmonare acuto, può essere altresì
po di una condizione grave e spesso letale, la sindrome da distress riscontrata una vera e propria necrosi. Le conseguenze immediate
respiratorio acuto, trattata nella sezione seguente. del danno alla membrana dei capillari alveolari comprendono l’au-
mento della permeabilità vascolare e quindi essudazione intra-alve-
olare, perdita della capacità di diffusione e alterazioni nella distri-
Danno polmonare acuto e sindrome da buzione del surfactante causate dal danno agli pneumociti di tipo
distress respiratorio acuto (danno II. Inoltre, la lesione endoteliale innesca la formazione di microtrom­
bi che inducono l’insulto ischemico (Fig. 15.4). Le membrane ialine,
alveolare diffuso) particolarmente tipiche nell’ALI e nell’ARDS, risultano dall’ispes-
simento dell’essudato ricco di proteine che cattura i detriti delle
Il danno polmonare acuto (Acute Lung Injury, ALI) (altresì deno- cellule epiteliali alveolari morte.
minato edema polmonare acuto non cardiogeno) è caratterizzato Nonostante la base cellulare e molecolare dell’ALI e dell’ARDS
dall’insorgenza improvvisa di ipossiemia significativa e di infiltrati rimanga oggetto di attive indagini cliniche, sembra che nell’ARDS
CAPITOLO 15 Il polmone 671

TABELLA 15.2 Condizioni associate allo sviluppo il danno polmonare sia causato da uno squilibrio tra i mediatori
della sindrome da distress respiratorio acuto proinfiammatori e quelli antinfiammatori.4 Gli ultimi stadi di questa
cascata di segnali che portano all’attivazione incontrollata della ri-
INFEZIONE sposta infiammatoria acuta non sono ancora del tutto noti. Tuttavia,
Sepsi* il fattore nucleare kB (NF-kB), un fattore di trascrizione la cui stessa
Infezioni polmonari diffuse* attivazione è fortemente regolata in condizioni di normalità, è emer-
Polmonite virale, da Mycoplasma e da Pneumocystis; tubercolosi so quale probabile candidato per la modulazione dell’equilibrio a
miliare favore dello stato infiammatorio. Fin dai primi 30 minuti che seguo-
Aspirazione di contenuto gastrico*
no un insulto acuto, si verifica un aumento nella sintesi di interleu-
CONDIZIONI FISICHE/TRAUMI china-8 (IL-8), un potente chemotattico per i neutrofili e attivatore
Trauma meccanico, inclusi i traumi cranici*
dei macrofagi polmonari. La liberazione di queste e di altre citochine,
Contusioni polmonari come l’IL-1 e il fattore di necrosi tumorale (Tumor Necrosis Factor,
Quasi-annegamento TNF), induce l’attivazione endoteliale, il sequestro a livello micro-
Fratture con embolia grassosa vascolare polmonare e l’attivazione dei neutrofili. Si ritiene che i
Ustioni neutrofili abbiano un ruolo di rilievo nella patogenesi dell’ARDS.
Radiazioni ionizzanti
L’esame istologico dei polmoni nelle prime fasi del processo pato-
INALAZIONE DI AGENTI IRRITANTI logico rivela un aumento nel numero dei neutrofili all’interno dello
Tossicità da ossigeno
spazio vascolare, nell’interstizio e negli alveoli. Non è del tutto chiaro
Fumo come i neutrofili vengano sequestrati nel polmone. Ciò potrebbe
Gas e sostanze chimiche irritanti avvenire attraverso due possibili meccanismi. In primo luogo, i
neutrofili attivati dalle citochine come l’IL-8 e il TFN stimolano
DANNO CHIMICO l’espressione di molecole di adesione permettendogli di legarsi ai
Sovradosaggio di eroina o metadone loro ligandi sulle cellule endoteliali attivate. Inoltre, i neutrofili atti-
Acido acetilsalicilico vati diventano “rigidi”, meno deformabili e quindi vengono intrap-
Sovradosaggio da barbiturici
Paraquat polati all’interno degli stretti letti capillari polmonari. I neutrofili
attivati liberano una varietà di prodotti (ad es. ossidanti, proteasi,
CONDIZIONI EMATOLOGICHE fattore attivante le piastrine e leucotrieni) che causano danni all’epi-
Trasfusioni multiple telio alveolare e alimentano la cascata infiammatoria. Gli attacchi
Coagulazione intravascolare disseminata combinati sull’endotelio e sull’epitelio mantengono la permeabilità
vascolare e la perdita di surfactante. Ciò non permette all’unità al-
PANCREATITE veolare di espandersi. Sarebbe opportuno osservare che le forze
UREMIA distruttive esercitate dai neutrofili possono essere contrastate da una
serie di antiproteasi endogene, antiossidanti e citochine antinfiam-
BYPASS CARDIOPOLMONARE matorie (ad es. IL-10) a loro volta potenziate dalle citochine infiam-
REAZIONI DA IPERSENSIBILITÀ matorie. La disregolazione del sistema di coagulazione costituisce
un’ulteriore caratteristica dell’ARDS. I livelli di fattore tissutale si
Solventi organici
Farmaci
rivelano in aumento mentre quelli relativi agli anticoagulanti (pro-
teina C), sono in diminuzione nel plasma e nel fluido di lavaggio
*
Oltre il 50% dei casi di sindrome da distress respiratorio acuto è associato broncoalveolare. La via stessa della coagulazione è un forte segnale
a queste quattro condizioni. proinfiammatorio. La trombina, ad esempio, promuove l’adesione
dei neutrofili all’endotelio. In sostanza, ciò che determina il grado
di lesione tissutale e la gravità clinica dell’ALI/ARDS è l’equilibrio
tra i fattori distruttivi e protettivi.
La risoluzione dell’ARDS implica il riassorbimento dell’essudato,
la rimozione delle cellule morte e la loro sostituzione con nuove
cellule dell’endotelio e dell’epitelio alveolare. La rimozione dell’es-
sudato e dei detriti tissutali avviene a opera dei macrofagi proprio
come in tutte le altre forme di lesione tissutale. Le cellule epiteliali
sono ricostituite con una proliferazione iniziale di pneumociti di
tipo II sopravvissuti che rivestono la membrana basale priva di
cellule. Possono essere coinvolte anche le cellule del ramo bronco-
alveolare recentemente scoperte. Le cellule di tipo II danno poi
origine a quelle di tipo I che costituiscono la maggior parte dell’epi-
telio alveolare. Il ripristino della funzione endoteliale avviene at-
traverso la migrazione dai capillari indenni e dalle cellule progeni-
trici endoteliali che derivano dal midollo osseo (Cap. 3); queste
ultime si possono evidenziare nella circolazione durante la fase di
recupero dall’ARDS.
Figura 15.3 Danno alveolare diffuso (sindrome da distress respiratorio
Evoluzione clinica. I pazienti che sviluppano l’ALI sono abitual-
acuto). Alcuni degli alveoli sono collassati; altri sono distesi e molti altri mente ricoverati a causa di una delle condizioni predisponenti
sono rivestiti dalle membrane ialine (frecce). elencate precedentemente. L’ALI è precocemente segnalato da
672 CAPITOLO 15 Il polmone

Figura 15.4 Alveolo normale (lato sinistro) confrontato con un alveolo leso nella fase precoce di danno polmonare acuto e nella sindrome da distress
respiratorio acuto. Le citochine proinfiammatorie come l’interleuchina-8 (IL-8), l’interleuchina-1 (IL-1) e il fattore di necrosi tumorale (TNF) (rilasciate dai
macrofagi), fanno aderire al microcircolo polmonare i neutrofili, che poi fuoriescono nello spazio alveolare, dove vanno incontro ad attivazione. I neutrofili
attivati rilasciano una molteplicità di fattori, compresi leucotrieni, ossidanti, proteasi e fattore attivante le piastrine (PAF), che contribuiscono al danno tis-
sutale locale, all’accumulo di liquido edematoso negli spazi aerei, all’inattivazione del surfactante e alla formazione di membrane ialine. ll fattore inibitorio
della migrazione dei macrofagi (MIF) rilasciato a livello locale mantiene la risposta proinfiammatoria. In seguito, il rilascio di citochine fibrogeniche derivate
dai macrofagi, come il fattore di crescita trasformante b (TGFb) e il fattore di crescita piastrine-derivato (PDGF), stimolano la crescita dei fibroblasti e la
deposizione di collagene associata alla fase di guarigione della lesione. (Modificata per gentile concessione di Ware LB, Matthay MA: The acute respiratory
distress syndrome. N Engl J Med 342:1334, 2000)

dispnea e tachipnea gravi, seguite da progressiva cianosi e ipossiemia, Polmonite Acuta Interstiziale
da insufficienza respiratoria e comparsa di infiltrati bilaterali diffusi
all’esame radiografico. L’ipossiemia può quindi diventare refrattaria Polmonite acuta interstiziale è un termine clinico-patologico utiliz-
all’ossigenoterapia a causa dello squilibrio del rapporto tra ventila- zato per descrivere un ALI diffuso dal decorso clinico rapidamente
zione e perfusione, come descritto in seguito. Può altresì svilupparsi progressivo e di eziologia ignota (talvolta indicato come forma
acidosi respiratoria. Nella fase di esordio della malattia, i polmoni idiopatica di ALI-DAD). Si tratta di una malattia sconosciuta che si
diventano rigidi a causa della perdita di surfactante funzionale. In presenta intorno ai 50 anni senza differenze tra i due sessi. I pazienti
un numero ristretto di pazienti, l’essudato e la distruzione tissutale si presentano con un quadro di insufficienza respiratoria acuta
diffusa che si presentano nell’ALI-ARDS non si risolvono e sfociano spesso in seguito a una malattia di durata inferiore alle tre settimane
in cicatrici. In tali casi, la fibrosi interstiziale determina polmoni con le caratteristiche di un’infezione delle vie aeree superiori. Le
rigidi e malattie polmonari croniche. caratteristiche radiografiche e patologiche sono identiche a quelle
Le alterazioni funzionali dell’ALI non sono distribuite equamente della fase organizzativa dell’ALI. Il tasso di mortalità varia dal 33 al
nell’intero polmone. I polmoni dei pazienti possono essere divisi in 74% e la maggioranza dei decessi si verifica nell’arco di uno o due
regioni infiltrate, addensate o collassate (e quindi scarsamente aerate mesi.7 Nei pazienti sopravvissuti, si possono osservare recidive e
e con debole compliance) alternate a regioni che presentano com- l’insorgenza di un’interstiziopatia cronica.8-10
pliance e ventilazione pressoché normali. Le regioni polmonari
scarsamente aerate continuano a essere perfuse, producendo squi-
librio nel rapporto ventilazione/perfusione e ipossiemia. Grazie ai
progressi raggiunti nella terapia della sepsi, nella ventilazione mec-
Malattia polmonare restrittiva
canica e nelle terapie di supporto, il tasso di mortalità nei 190.000 e ostruttiva a confronto
casi di ALI riscontrati annualmente negli Stati Uniti è sceso dal 60
al 40% circa.5 La maggior parte dei decessi si possono attribuire alla Basandosi sui risultati dei testi di funzionalità respiratoria, le malat-
sepsi o all’insufficienza multiorgano e, in alcuni casi, al danno pol- tie polmonari croniche non infettive possono essere inserite in una
monare diretto.6 delle due categorie: (1) sindrome ostruttiva (o malattia delle vie ae-
CAPITOLO 15 Il polmone 673

TABELLA 15.3 Malattie associate a ostruzione delle vie aeree: spettro della broncopneumopatia cronica ostruttiva
Termine clinico Sede anatomica Modificazioni patologiche principali Eziologia Segni/sintomi
Bronchite cronica Bronco Ghiandola mucosa iperplastica, Fumo di tabacco, Tosse, produzione
ipersecrezione inquinanti atmosferici di escreato
Bronchiectasia Bronco Dilatazione aerea e cicatrizzazione Infezioni persistenti Tosse, escreato purulento
o gravi e febbre
Asma Bronco Iperplasia del muscolo liscio, Cause immunologiche Respiro sibilante
eccesso di muco, infiammazione o indefinite episodico, tosse,
dispnea
Enfisema Acino Dilatazione degli spazi aerei; Fumo di tabacco Dispnea
distruzione della parete
Malattia delle piccole Bronchiolo Cicatrizzazione/obliterazione Fumo di tabacco, Tosse, dispnea
vie aeree, infiammatoria inquinanti atmosferici,
bronchiolite miscellanea

ree), caratterizzata da un aumento della resistenza al flusso dovuto Nella maggior parte dei pazienti, la BPCO è la conseguenza di un
alla parziale o completa ostruzione a un qualunque livello, dalla lungo periodo di intenso tabagismo; circa il 10% dei pazienti non sono
trachea e dai bronchi principali fino ai bronchioli terminali e respi- fumatori.13,14 Tuttavia, solo una minoranza di fumatori sviluppa una
ratori, e (2) sindrome restrittiva, caratterizzata da una ridotta espan- BPCO e la ragione è ancora ignota. A causa dell’aumento del tabagi-
sione del parenchima, con diminuzione della capacità polmonare smo (in calo negli Stati Uniti ma in aumento nel resto del mondo),
totale. Nei pazienti affetti da patologie ostruttive diffuse, i test di degli inquinanti ambientali e di altri agenti nocivi, l’incidenza della
funzionalità polmonare rivelano una riduzione del picco massimo BPCO è aumentata notevolmente negli ultimi decenni e attualmente
di flusso durante un’espirazione forzata, solitamente misurata con il rappresenta la quarta causa di morbilità e mortalità negli Stati Uniti.
volume espiratorio forzato in 1 secondo. L’ostruzione al flusso espi- È opportuno riconoscere la sovrapposizione delle varie forme di
ratorio può essere dovuta a una varietà di condizioni elencate nella BPCO, le cui componenti e caratteristiche che le contraddistinguono
Tabella 15.3. Tali condizioni sono contraddistinte da lesioni anato- nelle forme pure verranno discusse in seguito. Questo è essenziale
miche differenti e quindi da meccanismi di ostruzione diversi. Come per comprendere le basi fisiopatologiche delle varie cause di ostru-
verrà discusso in seguito, non è sempre possibile fare distinzioni zione. Mentre attualmente vengono trattate sulla base della sinto-
nette. Al contrario, le malattie restrittive sono connotate da una matologia, la comprensione della patogenesi potrebbe condurre
ridotta capacità polmonare totale e da un flusso massimo espiratorio all’applicazione di terapie che hanno come obiettivo i meccanismi
nella norma o proporzionalmente ridotto. Le malattie restrittive si sottostanti.
osservano generalmente in due condizioni: (1) malattie della parete
toracica (ad es. malattie neuromuscolari come la poliomielite, Enfisema
l’obesità grave, le malattie della pleura e la cifoscoliosi) e (2) malattie
infiltrative o interstiziali croniche, come la pneumoconiosi e la fibrosi L’enfisema è una condizione del polmone caratterizzata da un in-
interstiziale di eziologia ignota. grandimento irreversibile dell’area distale al bronchiolo terminale,
accompagnato da distruzione delle pareti senza evidente fibrosi.15

Malattia polmonare ostruttiva


Nella loro forma tipica, questi singoli disturbi (enfisema, bronchite
cronica, asma e bronchiectasia) presentano caratteristiche cliniche
e anatomiche distinte (si veda Tab. 15.3). L’enfisema e la bronchite
cronica sono spesso considerate clinicamente come un’unica entità
nosologica e vengono denominate con il termine di broncopneumo-
patia cronica ostruttiva (BPCO). In effetti, molti pazienti presentano
una sovrapposizione dei due quadri patologici sia a livello acinare
(enfisema) sia a livello bronchiale (bronchite), in quanto condivido-
no un fattore scatenante estrinseco: il fumo di sigaretta. Inoltre, si
ritiene attualmente che la malattia delle piccole vie aeree, una va-
riante della bronchiolite cronica, contribuisca all’ostruzione sia
nell’enfisema sia nella bronchite cronica.11 Mentre l’asma si distingue
dalla bronchite cronica e dall’enfisema per la presenza del bronco-
spasmo reversibile, alcuni pazienti che soffrono di asma tipica pos-
sono altresì sviluppare una componente irreversibile (Fig. 15.5). Al
contrario, alcuni pazienti colpiti dalla classica forma di BPCO pre-
sentano componenti reversibili. A livello clinico, è alquanto comune
considerare tali pazienti affetti da asma/BPCO. In uno studio recente, Figura 15.5 Rappresentazione schematica della sovrapposizione tra
la sovrapposizione di questi tre disturbi si è rivelata notevole.12 le malattie polmonari croniche ostruttive.
674 CAPITOLO 15 Il polmone

Incidenza. La BPCO rappresenta il principale problema di salute dell’acino e la diagnosi differenziale con l’enfisema panacinare di-
pubblica. È la quarta principale causa di morbilità e mortalità negli venta difficile. L’enfisema centroacinare colpisce soprattutto i forti
Stati Uniti16 e si prevede che diventi la quinta per importanza su fumatori, spesso in associazione alla bronchite cronica.
scala mondiale entro il 2020.17 In uno studio, è riportata un’incidenza Enfisema panacinare (panlobulare). In questo tipo di enfisema,
combinata del 50% di enfisema panacinare e centroacinare in sede gli acini sono uniformemente iperinsufflati a partire dal livello dei
autoptica, e la malattia polmonare è stata considerata responsabile bronchioli respiratori fino agli alveoli terminali a fondo cieco (Figg.
della morte nel 6,5% di questi pazienti.18 Vi è una palese connessione 15.6 C e 15.7 B). Il prefisso “pan” si riferisce però all’intero acino e
tra tabagismo severo ed enfisema e tale esposizione risulta più mar- non all’intero polmone. Rispetto a quanto accade nell’enfisema cen­
cata nelle donne e negli afroamericani.19 troacinare, l’enfisema panacinare tende a interessare più comune-
Tipi di enfisema. L’enfisema viene classificato secondo la sua mente le regioni inferiori e i margini anteriori del polmone ed è di
distribuzione anatomica nel contesto del lobulo. Va ricordato che il solito più grave alle basi. Questo tipo di enfisema è associato a deficit
lobulo è costituito da un gruppo di acini, le unità respiratorie termi- di a1-antitripsina (a1-AT)(Cap. 18).
nali. Sebbene il termine enfisema sia talvolta applicato in modo Enfisema (parasettale) acinare distale. In questo tipo istolo-
inappropriato per indicare diverse condizioni, ne sono state riscon- gico, la parte prossimale dell’acino è normale, e la parte distale è
trate quattro varietà principali: (1) centroacinare, (2) panacinare, (3) colpita in modo preponderante. L’enfisema appare più evidente nelle
parasettale e (4) irregolare. Di queste, soltanto le prime due causano regioni adiacenti alla pleura, lungo i setti del tessuto connettivo
ostruzione di flusso clinicamente significativa (Fig. 15.6). L’enfisema lobulare e ai margini dei lobuli. Si sviluppa in zone adiacenti alle
centroacinare è di gran lunga più comune di quello panacinare e aree di fibrosi, di tessuto cicatriziale o di atelettasia ed è abitual-
costituisce oltre il 95% dei casi. mente più grave nelle regioni superiori dei polmoni. I riscontri
Enfisema centroacinare (centrolobulare). In questo tipo di en- caratteristici sono rappresentati da spazi aerei multipli, successivi
fisema sono coinvolte le porzioni centrali o prossimali degli acini e dilatati, con diametro da 0,5 cm a oltre 2,0 cm, talvolta organizzati
formate dai bronchioli respiratori, mentre non lo sono gli alveoli distali in strutture simil-cistiche. Questo tipo di enfisema probabilmente
(Figg. 15.6 B e 15.7 A). Pertanto, all’interno dello stesso acino e dello esiste in forma latente in molti casi di pneumotorace spontaneo
stesso lobulo coesistono aree enfisematose e aree normali. Le lesioni nei giovani.
sono più comuni e generalmente più gravi nei lobi superiori, in Iperinsufflazione con fibrosi (enfisema irregolare). L’enfisema
particolare nei segmenti apicali. Le pareti delle aree enfisematose irregolare, così chiamato perché l’acino è interessato in modo irregolare,
spesso contengono ingenti quantità di pigmenti bruni. È comune è quasi invariabilmente associato a fenomeni di cicatrizzazione. Per-
riscontrare flogosi attorno ai bronchi e ai bronchioli. Nell’enfisema tanto, può essere la forma più comune di enfisema in quanto un
centroacinare grave può essere interessata anche la parte distale esame attento dei polmoni in sede autoptica rivela una o più zone
cicatriziali derivanti da un processo infiammatorio pregresso. Nella
maggior parte dei casi, questi focolai di enfisema irregolare sono
asintomatici e insignificanti a livello clinico.
Patogenesi. La BPCO è caratterizzata da una lieve infiammazione
cronica che interessa tutte le vie respiratorie, il parenchima e il si-
stema vascolare polmonare. Macrofagi, linfociti T CD8+ e CD4+ e
neutrofili sono aumentati in varie parti del polmone. Le cellule in-
fiammatorie attivate rilasciano una varietà di mediatori, compresi
leucotriene B4, IL-8, TNF e altri, in grado di danneggiare le strutture
polmonari o di mantenere lo stato di infiammazione neutrofilica.20
Sebbene i dettagli sulla patogenesi delle due forme comuni di enfi-
sema, quello centroacinare e quello panacinare, rimangano indefi-
niti, l’ipotesi più plausibile che possa spiegare la distruzione della
parete alveolare è un sistema di proteasi-antiproteasi, aiutato e favorito
dallo squilibrio di ossidanti e antiossidanti.
L’ipotesi dello squilibrio proteasi-antiproteasi si basa sull’osserva-
zione che i pazienti con un deficit genetico degli inibitori delle pro-
teasi a1-antitripsina, hanno una tendenza notevolmente maggiore
a sviluppare enfisema polmonare, ulteriormente peggiorata dal fumo
(Fig. 15.8). Circa l’1% di tutti i pazienti con enfisema presentano
questa anomalia. L’a1-antitripsina, generalmente presente nel siero,
nei liquidi tissutali e nei macrofagi, è uno dei principali inibitori di
proteasi (in particolare l’elastasi), secreta dai neutrofili durante l’in-
fiammazione. L’a1-antitripsina è codificata da geni codominanti sul
locus dell’inibitore della proteasi (Pi) sul cromosoma 14. Il locus Pi
è altamente polimorfico e presenta numerosi alleli. Il più comune è
il classico allele (M) con il fenotipo corrispondente. Lo 0,012% circa
della popolazione americana è omozigote per l’allele Z e presenta
livelli sierici molto ridotti di a1-antitripsina. Oltre l’80% di questi
Figura 15.6 Caratteristiche principali dell’enfisema. A. Rappresentazione
della struttura normale all’interno dell’acino. B. Enfisema centroacinare con individui sviluppa un enfisema paracinare sintomatico che insorge
dilatazione che colpisce inizialmente i bronchioli respiratori. C. Enfisema in età precoce e con maggiore gravità nei fumatori. Viene postulata
panacinare con iniziale dilatazione dell’alveolo e del dotto alveolare. la seguente sequenza:
CAPITOLO 15 Il polmone 675

Figura 15.7 A. Enfisema centroacinare. Le aree centrali mostrano una marcata lesione enfisematosa (E), circondata da spazi alveolari relativamente
risparmiati. B. Enfisema panacinare che interessa l’intero lobulo polmonare.

1. I neutrofili (la fonte principale della proteasi cellulare) vengono di è completamente chiaro, ma probabilmente implica un effetto
norma sequestrati nei capillari periferici, inclusi quelli nel polmo- chemotattico diretto della nicotina, nonché gli effetti di numerosi
ne, e pochi di essi riescono ad accedere agli spazi alveolari. radicali liberi dell’ossigeno contenuti nel fumo. Questi attivano
2. Qualsiasi stimolo, in grado di aumentare sia il numero di leucociti il fattore di trascrizione NF-kB, che aziona i geni che codificano
(neutrofili e macrofagi) nei polmoni sia il rilascio dei loro granuli il TNF e le chemochine, inclusa l’IL-8. Questi ultimi, a loro volta,
contenenti proteasi, aumenta l’attività proteolitica. attraggono e attivano i neutrofili.
3. In presenza di bassi livelli sierici di a1-antitripsina, il processo di I neutrofili accumulati sono attivati e rilasciano il contenuto dei
distruzione del tessuto elastico è incontrollato, con conseguente loro granuli, ricco di proteasi cellulari (elastasi neutrofila, protei-
sviluppo di enfisema. nasi 3 e catepsina G), provocando lesioni nei tessuti.
Il fumo di sigaretta aumenta anche l’attività elastasica nei macro-
Pertanto, l’enfisema è considerato il risultato degli effetti distruttivi fagi; l’elastasi macrofagica non è inibita dall’a1-antitripsina e
di un’elevata attività proteasica nei soggetti con bassa attività antipro- infatti è in grado di esercitare attività proteolitica sull’antiproteasi
teasica. L’ipotesi dello squilibrio proteasi-antiproteasi concorre altresì stessa. Vi sono sempre maggiori segni che, oltre all’elastasi, le
a spiegare l’effetto del fumo di sigaretta nello sviluppo dell’enfisema, metalloproteinasi della matrice derivate da macrofagi e neutrofili,
in particolare della forma centroacinare nei pazienti con livelli nor- abbiano un ruolo nello sviluppo del danno tissutale.
mali di a1-antitripsina:
Il fumo ha inoltre un ruolo rilevante nel mantenimento dello
Nei fumatori, neutrofili e macrofagi si accumulano negli alveoli. Il squilibrio ossidanti-antiossidanti nella patogenesi dell’enfisema. Nor-
meccanismo mediante il quale si sviluppa l’infiammazione non malmente, il polmone contiene un corredo fisiologico di antiossidanti

Figura 15.8 Patogenesi dell’enfisema. L’eccessiva attività proteasica e i radicali liberi combinano i loro effetti contribuendo al danno tissutale. Il deficit
di a1-antitripsina (a1-AT) può essere congenito o “funzionale”, determinato da inattivazioni ossidative. Si veda il testo per maggiori dettagli. IL-8, interleuchina-8;
LTB4, leucotriene B4; TNF, fattore di necrosi tumorale.
676 CAPITOLO 15 Il polmone

(superossido dismutasi, glutatione) che mantiene al minimo le le-


sioni ossidative. Il fumo di tabacco contiene numerose varietà di all’interno dello spazio alveolare con estremità libera a forma
composti attivi dell’ossigeno (radicali liberi), che consumano questi clavata. Siccome le pareti alveolari sono distrutte, si verifica
meccanismi antiossidanti, dando così origine ai danni tissutali (Cap. una riduzione del letto capillare. Con la progressione della
1). I neutrofili attivati, inoltre, si sommano al gruppo di radicali liberi malattia, vi sono spazi aerei dilatati in maniera abnorme ed
nella regione alveolare. Una conseguenza secondaria del danno eventualmente vescicole e bolle che spesso deformano e
ossidativo è l’inattivazione delle antiproteasi native, che determina comprimono i bronchioli respiratori e il circolo del polmone.
un deficit “funzionale” di a1-antitripsina anche in pazienti senza Le alterazioni infiammatorie nelle piccole vie respiratorie
deficit enzimatico effettivo. sono state descritte precedentemente.
Poiché le piccole vie aeree sono sottoposte a trazione a opera del
ritorno elastico del parenchima polmonare, la perdita del tessuto
elastico nelle pareti degli alveoli che circondano i bronchioli respiratori Evoluzione clinica. Le manifestazioni cliniche dell’enfisema non
riduce la trazione radiale e quindi causa il collasso dei bronchioli re- compaiono finché non sia stata compromessa la funzionalità di al-
spiratori durante la fase espiratoria. Ciò comporta un’ostruzione fun- meno un terzo del parenchima polmonare. Il primo sintomo è ge-
zionale delle vie aeree nonostante l’assenza di ostruzione meccanica. neralmente la dispnea; inizia insidiosamente, ma con andamento
Fino a poco tempo fa, la perdita di ritorno elastico era considerata costantemente ingravescente. In alcuni pazienti, la tosse o i sibili
quale unico meccanismo di ostruzione delle vie aeree nell’enfisema. respiratori rappresentano la sintomatologia principale e il quadro è
Tuttavia, studi accurati condotti su fumatori deceduti a causa di facilmente confuso con quello dell’asma. Il tipo di tosse e di espet-
incidenti, hanno dimostrato che l’infiammazione delle piccole vie torazione è molto variabile e dipende dall’estensione della bronchite
aeree si sviluppa nella fase di esordio della BPCO ed è connotata associata. Il calo ponderale è un segno comune e può essere così grave
dalla presenza di bronchioli con diametro inferiore ai 2 mm. Si os- da far sospettare la presenza di un tumore maligno. Nella situazione
servano numerose alterazioni: classica, il paziente si presenta dispnoico e con torace a botte, con
evidente espirazione prolungata, si siede con il busto in avanti in
1. Metaplasia delle cellule caliciformi con tappi mucosi nel lume posizione incurvata e respira attraverso le labbra corrugate. La limi-
2. Infiltrazione infiammatoria delle pareti a opera dei neutrofili, dei tazione al picco di flusso espiratorio, meglio misurata attraverso la
macrofagi, delle cellule B (talvolta causa della formazione di spirometria, è la chiave per giungere a una diagnosi corretta.
follicoli), linfociti T CD4 e CD8+ Nei pazienti con enfisema grave, la tosse è spesso di lieve entità,
3. Ispessimento delle pareti bronchiali dovuto a ipertrofia delle fibre l’iperdistensione è imponente, la capacità di diffusione è bassa e i
muscolari lisce e fibrosi peribronchiale. valori dei gas ematici sono relativamente normali a riposo. Questi
pazienti possono iperventilare e rimanere ben ossigenati e pertanto
L’insieme di queste alterazioni provoca il restringimento del lume sono definiti comunemente pink puffers (si veda Tab. 15.4). Lo svi-
bronchiolare e contribuisce all’ostruzione delle vie aeree.21-25 luppo di cuore polmonare ed eventualmente di insufficienza cardiaca
Una delle caratteristiche della BPCO che genera perplessità sta congestizia correlata all’ipertensione polmonare secondaria è una
nel fatto che l’infiammazione latente e la lenta e progressiva distru- condizione associata a una prognosi infausta. La morte nella mag-
zione del parenchima polmonare continuano spesso per anni in gior parte dei pazienti con enfisema è dovuta a (1) acidosi respira-
seguito all’abbandono della sigaretta.22 Nonostante la mancanza di toria e coma, (2) insufficienza cardiaca destra e (3) collasso massivo
risposte chiare, vi è una sempre maggiore evidenza secondo la quale del polmone in seguito a pneumotorace. Le opzioni terapeutiche
l’insulto iniziale, mediante fumo di tabacco o altre sostanze irritanti,
innesca una risposta immunologica inappropriata e di automante-
Tabella 15.4 Enfisema e bronchite cronica
nimento in cui le componenti innate e quelle adattative hanno un
ruolo concomitante. Si punta il dito sulle cellule patogeniche Bronchite Enfisema
CD4+TH17 simili a quelle coinvolte in altre malattie infiammatorie predominante predominante
immuno-mediate, come ad esempio la malattia di Crohn, anche se Età (anni) 40-45 50-75
molto resta ancora da scoprire. Dispnea Lieve; tardiva Grave; precoce
Tosse Precoce; espettorato Tardiva;
abbondante espettorato
Morfologia L’enfisema in fase avanzata determina un aumen- scarso
to del volume dei polmoni, spesso parzialmente sovrapposti
Infezioni Comune Occasionali
al cuore quando viene rimossa la parete anteriore del torace.
Generalmente, i due terzi superiori dei polmoni sono colpiti più Insufficienza Ripetuta Terminale
gravemente. Le grandi bolle apicali (blebs) sono più caratteri- respiratoria
stiche dell’enfisema irregolare secondario a cicatrici e dell’en- Cuore Comune Raro; terminale
fisema lobulare distale. Sulla superficie di taglio del polmone polmonare
iperinsufflato fissato in formalina si possono osservare facil- Resistenza delle Aumentata Normale o
mente alveoli di volume aumentato (si veda Fig. 15.7). vie aeree leggermente
Microscopicamente, vi sono alveoli esageratamente ampi aumentata
separati da setti sottili con fibrosi focale centroacinare. Vi è Ritorno elastico Normale Basso
riduzione degli alveoli addossati alle pareti esterne delle vie Radiografia del Vasi prominenti; cuore Iperinflazione;
aeree di calibro minore. I pori di Kohn sono così dilatati che torace ingrandito piccolo cuore
i setti sembrano essere fluttuanti o protrudono a fondo cieco
Aspetto Blue bloater Pink puffer
CAPITOLO 15 Il polmone 677

comprendono broncodilatatori, steroidi, bullectomia e, in casi selezio- Enfisema interstiziale. Con il termine enfisema interstiziale si
nati, riduzione chirurgica del volume polmonare e trapianto polmo- definisce l’entrata di aria all’interno dello stroma connettivale del
nare. La terapia sostitutiva con a1-AT è in corso di valutazione.23 polmone, del mediastino o nel sottocute. In molti casi, piccole lacera­
Altri tipi di enfisema. Affrontiamo adesso l’argomento relativo zioni alveolari nell’enfisema polmonare forniscono la porta di in-
ad alcune patologie in cui il termine enfisema viene applicato in gresso dell’aria nel tessuto stromale, ma raramente può accadere che
modo meno rigoroso e a condizioni che ne sono strettamente alla base del problema vi sia un trauma penetrante della gabbia to-
correlate. racica che permetta all’aria di essere aspirata all’interno oppure una
Iperinflazione compensatoria (enfisema). Questo termine è frattura costale che abbia perforato il polmone sottostante. Le lace-
talvolta impiegato per indicare una dilatazione degli alveoli senza razioni alveolari generalmente si formano in presenza di tosse in-
distruzione delle pareti del setto in risposta a una perdita di tessuto tensa associata a un’ostruzione bronchiolare, con un netto aumento
in un’altra regione polmonare. L’esempio più chiaro è rappresentato delle pressioni all’interno del sacco alveolare. I soggetti a rischio sono
dall’iperespansione della porzione residua di parenchima polmonare i bambini con tosse convulsa e bronchite, i pazienti con ostruzione
che segue la rimozione chirurgica di un lobo o di un intero delle vie aeree (da coaguli, tessuto neoplastico o corpi estranei) o
polmone. sottoposti a ventilazione artificiale e i soggetti che hanno improvvi-
Iperinflazione ostruttiva. In questa condizione il polmone si samente inalato gas irritanti.
espande perché l’aria viene intrappolata al suo interno. Una causa
comune è l’ostruzione subtotale da parte di un tumore o di un corpo Bronchite Cronica
estraneo. Un altro esempio è costituito dall’iperinflazione lobare
congenita nei neonati, probabilmente dovuta a un’ipoplasia della A livello clinico, la bronchite cronica indica la condizione caratterizzata
cartilagine bronchiale e talvolta associata ad altre anomalie congenite da tosse persistente con produzione di escreato per almeno tre mesi
cardiache e polmonari. L’iperinflazione nelle broncopneumopatie e per almeno due anni consecutivi, in assenza di qualsiasi altra causa
ostruttive può comparire sia (1) in seguito a un effetto valvola del identificabile. La bronchite cronica, così comune tra i fumatori abi-
fattore ostruttivo, che permette all’aria di entrare durante l’inspira- tuali e i soggetti che abitano in città inquinate, non è un disturbo così
zione ma non di uscire durante l’espirazione, sia (2) per completa poco banale come si riteneva in passato. Se tale condizione persiste
ostruzione del bronco con ventilazione attraverso vie collaterali che per anni, può (1) progredire fino allo sviluppo di una BPCO, (2)
fanno giungere l’aria aggirando l’ostruzione. Queste vie collaterali portare al cuore polmonare e all’insufficienza cardiaca o (3) causare
sono rappresentate dai pori di Kohn e da altre connessioni bronchio- metaplasia atipica e displasia dell’epitelio respiratorio, creando un
loalveolari accessorie (i canali di Lambert). L’iperinflazione ostrut- terreno fertile per la trasformazione neoplastica.
tiva può rappresentare un’evenienza potenzialmente letale per il Patogenesi. Il fattore primario o scatenante nella genesi della
paziente poiché le regioni di parenchima colpito possono distendersi bronchite cronica sembra essere un’irritazione cronica causata da
al punto da comprimere le zone normali restanti. sostanze inalatorie come il fumo di tabacco (il 90% dei pazienti è
Enfisema bolloso. È il termine impiegato per descrivere una fumatore) o polvere di granaglie, cotone o silicio. La presentazione
qualunque forma di enfisema che abbia comportato la formazione della bronchite cronica nelle fasi precoci consiste nell’ipersecrezione
di grandi bolle o vescicole subpleuriche (spazi di diametro superiore di muco nelle grandi vie respiratorie, associata a ipertrofia delle
a 1 cm in distensione) (Fig. 15.9). Esse rappresentano accentuazioni ghiandole sottomucose nella trachea e nei bronchi.24 Le proteasi
localizzate di enfisema vicino all’apice, a volte in relazione a cicatrici rilasciate dai neutrofili, come l’elastasi neutrofila, la catepsina e le
tubercolari di vecchia data. Talora, la rottura di una bolla può dare metalloproteinasi della matrice, stimolano tale ipersecrezione di
origine a uno pneumotorace. muco. Quando la bronchite cronica persiste, si può osservare inoltre
un notevole incremento delle cellule caliciformi nelle piccole vie aeree,
nei piccoli bronchi e nei bronchioli. Questo porta a un’eccessiva pro-
duzione di muco e contribuisce all’ostruzione delle vie respiratorie.
Si ritiene che sia l’ipertrofia delle ghiandole sottomucose sia l’au-
mento delle cellule caliciformi rappresentino reazioni metaplastiche
protettive contro il fumo di tabacco o altri inquinanti (ad es. biossido
di zolfo e biossido di azoto).
Sebbene l’ipersecrezione mucosa nelle alte vie aeree sia la causa di
iperproduzione di escreato, si ritiene oggi che le alterazioni concomi-
tanti delle piccole vie aeree del polmone (piccoli bronchi e bronchioli
con diametro inferiore a 2-3 mm) possano causare manifestazioni di
ostruzione cronica precoci e di valenza fisiologica.25,26 Questa caratteri-
stica è simile a quella descritta precedentemente in merito all’enfisema
e sembra rappresentare un comune denominatore nella BPCO.
Il ruolo delle infezioni sembra essere secondario. Esse non sono
responsabili nella fase iniziale dello sviluppo della bronchite cronica,
ma svolgono probabilmente un ruolo significativo nel mantenerla e
possono essere decisive nel produrre esacerbazioni acute. Il fumo di
sigaretta predispone alle infezioni in diversi modi. Interferisce con
l’attività ciliare dell’epitelio respiratorio, può provocare direttamente
danno cellulare epiteliale e inibisce la capacità dei leucociti bron-
Figura 15.9 Enfisema bolloso con grandi bolle subpleuriche chiali e alveolari di eliminare eventuali batteri. Anche le infezioni
(in alto a sinistra). virali possono causare esacerbazioni di una bronchite cronica.
678 CAPITOLO 15 Il polmone

hanno avuto una lunga storia di asma. Tra un episodio e l’altro


Morfologia Macroscopicamente, si possono osservare ipe- possono essere presenti periodi potenzialmente asintomatici. È stato
remia, tumefazione ed edema della mucosa, spesso accom- riscontrato un significativo aumento nell’incidenza di asma nei Paesi
pagnati da eccessiva secrezione mucinosa o anche mucopu- occidentali negli ultimi quarant’anni.
rulenta. Talvolta, i bronchi e i bronchioli sono riempiti da L’asma può essere classificata in asma atopica (segni di sensibi-
densi cilindri di secrezioni e pus. L’aspetto istologico carat- lizzazione agli allergeni, spesso nei pazienti con una storia di riniti
teristico è dato dall’infiammazione cronica delle vie aeree allergiche, eczema) e non atopica (scevra da segni di sensibilizza-
(prevalentemente linfociti) e dall’ipertrofia delle ghiandole zione agli allergeni). In entrambi i casi, gli episodi di broncospasmo
muco-secernenti tracheali e bronchiali. Sebbene il numero possono essere innescati da svariati meccanismi tra i quali le infe-
delle cellule caliciformi aumenti solo lievemente, l’incremen- zioni respiratorie (in particolare le infezioni virali), l’esposizione
to delle dimensioni delle ghiandole mucose (iperplasia) co- alle sostanze irritanti nell’ambiente (ad es. fumo, vapori), aria fredda,
stituisce l’alterazione più significativa. Questo può essere stress e attività fisica. Studi recenti hanno suggerito che il ricono-
valutato secondo il rapporto tra lo spessore dello strato scimento dei subfenotipi dell’asma nel quadro dell’infiammazione
ghiandolare e lo spessore della parete tra l’epitelio e la car- delle vie respiratorie può risultare utile. Vi sono sempre maggiori
tilagine (indice di Reid). L’indice di Reid (normalmente 0,4) segni relativi all’esistenza di diverse tipologie di infiammazione delle
è aumentato nella bronchite cronica, solitamente in modo vie respiratorie: segni eosinofilici, neutrofilici, infiammazioni miste
proporzionale alla gravità e alla durata della malattia. L’epi- e asma paucigranulocitica. Tali sottogruppi possono differire a li-
telio bronchiale può presentare metaplasia squamosa e vari vello eziologico, immunopatologico e nella risposta terapeutica.28
gradi di displasia. Si osserva un significativo restringimento L’asma può anche essere classificata sulla base di agenti o eventi che
dei bronchioli causato dalla metaplasia a cellule caliciformi scatenano la broncocostrizione. L’asma viene in questo modo clas-
con tappi mucosi, infiammazione e fibrosi. Nei casi più gravi, sificata come stagionale, indotta dall’attività fisica, farmaco-indotta,
si può verificare l’obliterazione del lume dovuto a fibrosi professionale e come bronchite asmatica del fumatore.
(bronchiolite obliterante). Asma atopica. Questa forma più comune di asma è il classico
esempio di reazione di ipersensibilità di tipo I mediata dalle IgE,
trattata in dettaglio nel Capitolo 6. In genere, questo disturbo ha
Caratteristiche cliniche. Il sintomo principale della bronchite inizio nell’infanzia e viene scatenato dagli allergeni ambientali, tra
cronica è la persistenza di tosse produttiva. Per molti anni non si i quali la polvere, il polline, i detriti di animali o blatte e i cibi.
osserva alcuna ulteriore alterazione funzionale respiratoria, ma alla Un’anamnesi familiare positiva per asma è alquanto comune e una
fine si sviluppa dispnea da sforzo. Con il passare del tempo e, soli- prova di sensibilità cutanea con l’antigene responsabile provoca la
tamente con il persistere dell’abitudine al fumo, possono comparire comparsa immediata di un pomfo e di eritema reattivo in questi
altri elementi della BPCO, tra i quali ipossia, ipossiemia e lieve cia- pazienti. È possibile diagnosticare l’asma atopica sulla base dei segni
nosi (“blue bloaters”). Differenziare la bronchite cronica pura da di sensibilizzazione agli allergeni mediante il Radio Allergo Sorbent
quella associata a enfisema è possibile se ci si trova di fronte a un Test (denominato RAST), che riconosce la presenza di una IgE
quadro tipico (si veda Tab. 15.4), ma, come già spiegato, molti pa- specifica per una serie di allergeni.
zienti affetti da BPCO presentano aspetti comuni a queste patologie. Asma non atopica. Il secondo gruppo di pazienti con asma non
Una bronchite cronica grave di lunga data in genere porta allo svi- presenta segni di sensibilizzazione agli allergeni e gli esiti delle prove
luppo di cuore polmonare con insufficienza cardiaca. Ebbene, ulte- cutanee sono in genere negative. In questi pazienti è meno comune
riori alterazioni della funzionalità respiratoria derivanti da sovrain- un’anamnesi familiare positiva per asma. Le infezioni respiratorie
fezioni acute possono altresì indurre la morte del paziente. causate dai virus (ad es. rinovirus, virus della parainfluenza), sono
fattori scatenanti comuni dell’asma non atopica.29 In questi pazienti
l’iperirritabilità dell’albero bronchiale costituisce probabilmente una
Asma
forma latente di asma. Si ritiene che la flogosi virus-indotta della
L’asma è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree che mucosa respiratoria riduca la soglia dei recettori vagali subepiteliali
causa episodi di dispnea ricorrenti con sibili espiratori, fame d’aria, per gli stimoli irritanti. I gas inquinanti inalati, come biossido di zolfo,
senso di costrizione e tosse, in particolare durante la notte e/o nelle ozono e biossido di azoto, possono anch’essi contribuire all’infiam-
prime ore del mattino. Questi sintomi sono in genere associati a mazione cronica e all’iperreattività, presenti in alcuni casi.
broncocostrizione diffusa, ma di grado variabile, e limitazione del Asma farmaco-indotta. Molti agenti farmacologici possono
flusso aereo, almeno in parte reversibili spontaneamente o dopo provocare asma. L’asma aspirina-sensibile ne è una rara quanto
adeguato trattamento. I tratti distintivi di questa malattia sono: interessante varietà, che insorge in pazienti con riniti ricorrenti e
aumentata reattività bronchiale a una varietà di stimoli che sfocia poliposi nasale. Questi soggetti sono estremamente sensibili anche
in broncocostrizione episodica; infiammazione delle pareti bronchiali a piccole dosi di aspirina e ad altri farmaci antinfiammatori non
e aumento nella secrezione di muco. Alcuni degli stimoli che steroidei e possono presentare non solo attacchi asmatici acuti, ma
scatenano gli attacchi nei pazienti che soffrono di asma avrebbero anche orticaria. È probabile che l’aspirina scateni l’asma mediante
un effetto minimo, se non addirittura nullo, in soggetti con vie inibizione della via metabolica dell’acido arachidonico che coinvol­
respiratorie normali. Molte cellule svolgono un ruolo nella risposta ge la ciclossigenasi, senza influenzare la via della lipossigenasi,
infiammatoria, in particolare linfociti, eosinofili, mastociti, spostando quindi l’equilibrio verso la sintesi di leucotrieni
macrofagi, neutrofili e cellule epiteliali.27 broncocostrittori.
I pazienti con asma presentano attacchi di dispnea a vari livelli Asma professionale. Questa forma di asma è causata dall’esposi-
di gravità, tosse e sibili espiratori scatenati da improvvise crisi di zione a vapori (resine epossidiche, plastiche), polveri organiche e
broncospasmo. Raramente, una situazione di crisi non remittente, chimiche (legno, cotone, platino), gas (toluene) e altri prodotti chimici
detto stato asmatico, si dimostra fatale; di solito, questi pazienti (formaldeide, prodotti derivati dalla penicillina). Sono sufficienti
CAPITOLO 15 Il polmone 679

minime quantità di agenti chimici per indurre l’attacco, che gene- Un secondo gruppo comprende le sostanze presenti sulla scena
ralmente avviene dopo esposizioni ripetute. I meccanismi sottostanti del crimine e dotate di potente effetto broncostenotico, il cui ruolo
variano in rapporto allo stimolo e comprendono reazioni di tipo I, effettivo nell’asma acuta allergica appare, tuttavia, relativamente
liberazione diretta di broncocostrittori e risposte iperreattive di minore sulla base della mancanza di efficacia di antagonisti po-
origine sconosciuta. tenti o degli inibitori della sintesi: (1) istamina, un potente bron-
Patogenesi. I principali fattori eziologici dell’asma atopica sono cocostrittore; (2) prostaglandina D2, che media la broncocostri-
la predisposizione genetica all’ipersensibilità di tipo I (“atopia”) e zione e la vasodilatazione; e (3) il fattore attivante le piastrine, che
l’esposizione a fattori ambientali scatenanti ancora poco definiti.30 È causa aggregazione delle piastrine e rilascio di istamina e seroto-
stato postulato che l’ereditarietà della suscettibilità genetica predi- nina dai loro granuli. Questi mediatori potrebbero ancora rive-
spone allo sviluppo di forti reazioni TH2 contro gli antigeni ambien- larsi importanti in altri tipi di asma cronica o non allergica.
tali (allergeni) che vengono ignorati o provocano risposte inoffensive Infine, un ampio terzo gruppo considera i mediatori sospetti, per
nella maggior parte dei soggetti. Nelle vie respiratorie, lo scenario cui non sono disponibili o non sono stati ancora studiati a suffi-
per la reazione viene creato in gran parte dall’iniziale sensibilizza- cienza antagonisti o inibitori specifici. Questo gruppo comprende
zione agli antigeni inalati (allergeni), che stimolano l’induzione delle numerose citochine, come IL-1, TNF e IL-6 (alcune delle quali
cellule di tipo TH2 (Fig. 15.10). Le cellule TH2 secernono le citochine sono preformate e contenute nei granuli dei mastociti),34 chemo-
che promuovono l’infiammazione allergica e stimolano le cellule B chine (ad es. eotassina), neuropeptidi, ossido di azoto, bradichi-
a produrre IgE e altri anticorpi. In questo gruppo di citochine è nina ed endoteline.
inclusa l’IL-4, che stimola la produzione di IgE; l’IL-5, che attiva
localmente gli eosinofili reclutati; e l’IL-13, che stimola la secrezione È quindi chiaro che un gran numero di mediatori contribuisce alla
di muco dalle ghiandole sottomucose e promuove la produzione di risposta asmatica acuta. Inoltre, la composizione di questo ampio
IgE da parte delle cellule B. Come avviene in altre reazioni allergiche gruppo di mediatori potrebbe differire a seconda dei diversi individui
(Cap. 6), le IgE ricoprono i mastociti della sottomucosa che, con la o delle varie forme d’asma. Il riconoscimento dell’importanza delle
riesposizione agli allergeni, vengono stimolati a rilasciare il loro cellule infiammatorie e dei relativi mediatori nell’asma ha posto
contenuto granulare e a produrre citochine e altri mediatori. L’in- maggiore enfasi sulla terapia antinfiammatoria nella pratica clinica.
sieme di questi ultimi induce la reazione di fase immediata (ipersen- Nel tempo, episodi ripetuti di esposizione a un allergene e le
sibilità immediata) e la reazione di fase tardiva. La reazione di fase reazioni immunitarie comportano cambiamenti strutturali nelle
precoce è caratterizzata da broncocostrizione, aumento nella pro- pareti bronchiali che vengono definiti con il termine di
duzione di muco, e gradi variabili di vasodilatazione con aumento “rimodellamento delle vie respiratorie”. Queste alterazioni, descritte
di permeabilità vascolare. Inoltre, la stimolazione diretta dei recettori in seguito nel dettaglio, comprendono l’ipertrofia e iperplasia della
vagali subepiteliali (del sistema parasimpatico) provoca broncoco- muscolatura liscia bronchiale, lesioni epiteliali, una maggiore
strizione attraverso riflessi centrali e locali (compresi quelli mediati vascolarizzazione delle vie respiratorie, maggiore ipertrofia/iperplasia
dalle fibre sensitive amieliniche di tipo C). della ghiandola mucosa subepiteliale e deposizione subepiteliale di
La reazione di fase tardiva consiste principalmente in uno stato collagene. Le complesse interazioni che avvengono tra sistema
infiammatorio connotato dal reclutamento di leucociti, in particolare immunitario, epitelio aereo e tessuti mesenchimali nelle vie aeree
gli eosinofili, i neutrofili e un maggior numero di cellule T. L’azione sono scarsamente comprese. Le infezioni dovute a patogeni
di reclutamento dei leucociti viene stimolata dalle chemochine respiratori comuni, come i virus respiratori sinciziali e l’influenza,
prodotte dai mastociti, dalle cellule epiteliali, dalle cellule T e da altre possono esacerbare queste alterazioni croniche e portare a un peg-
citochine (Cap. 2). È noto che le cellule epiteliali sono in grado di gioramento clinico della malattia.
produrre una grande varietà di citochine durante la risposta ad Nonostante le infezioni rappresentino spesso fattori scatenanti
agenti infettivi, farmaci, gas e ai mediatori dell’infiammazione.31 È per l’asma, paradossalmente, alcune di esse possono avere un’azione
proprio questa seconda ondata di mediatori che stimola la reazione protettiva. In prima battuta, gli studi epidemiologici avevano sug-
tardiva. Ad esempio, l’eotassina, prodotta dalle cellule epiteliali delle gerito che l’incidenza dell’asma era superiore nelle popolazioni non
vie respiratorie, è un potente agente chemotattico e attivatore degli esposte ai microrganismi rispetto a quelle che vivono in ambienti in
eosinofili.32 La proteina basica principale degli eosinofili, a sua volta, cui i microrganismi proliferano. Questa relazione potrebbe spiegare
causa lesioni epiteliali31 e maggiore costrizione delle vie aeree.33 Molti l’aumento nell’incidenza dell’asma nei Paesi sviluppati. 35 Inoltre,
mediatori sono stati considerati implicati nella risposta asmatica, questi risultati hanno condotto alla “ipotesi igienica”, in base alla
ma l’azione relativa che ciascuno di essi svolge nel contesto dell’asma quale, l’eradicazione delle infezioni può promuovere risposte aller-
umana è difficile da stabilire. Il lungo elenco delle molecole “sospette” giche e altre risposte immunitarie inoffensive. Nonostante questa
nell’attacco acuto di asma può essere suddiviso in base all’efficacia idea sia allettante, non esiste alcuna spiegazione plausibile in merito
clinica dell’intervento farmacologico con inibitori o antagonisti dei al rapporto inverso tra infezioni e asma.
diversi mediatori. Genetica dell’asma. L’asma rappresenta una malattia genetica
multifattoriale in cui l’interazione tra i geni e i fattori ambientali
Il primo gruppo (deludentemente poco consistente) comprende comporta la nascita di una reazione patologica. Come in altre ma-
i mediatori putativi il cui ruolo nel broncospasmo è chiaramente lattie genetiche complesse (Cap. 5), vi è una notevole variabilità
sostenuto dall’efficacia dell’intervento farmacologico: (1) leuco- nell’espressione di questi geni, nella combinazione di polimorfismi
trieni C4, D4 ed E4, mediatori molto potenti che causano bronco- presenti in ogni paziente e addirittura in merito al significato e alla
costrizione prolungata nonché aumento della permeabilità va- riproducibilità dei polimorfismi descritti. Degli oltre 100 geni che
scolare e della secrezione di muco e (2) acetilcolina, rilasciata sono stati descritti in associazione a questa malattia, relativamente
dall’innervazione motoria intrapolmonare, che può causare co- pochi si sono replicati in popolazioni multipaziente. Molti di questi
strizione della muscolatura liscia per mezzo della stimolazione influenzano la risposta immunologica o il rimodellamento tissutale.
diretta dei recettori muscarinici. Alcuni geni, infatti, possono influenzare l’insorgenza dell’asma, mentre
680 CAPITOLO 15 Il polmone

Figura 15.10 A e B. Confronto tra un bronco normale e quello di un paziente con asma. Si noti l’accumulo di muco nel lume bronchiale, risultato di un
aumento del numero di cellule caliciformi muco-secernenti nella mucosa e dell’ipertrofia delle ghiandole mucose della sottomucosa. Inoltre, si osserva
un’intensa infiammazione cronica dovuta al richiamo di eosinofili, macrofagi e di altre cellule infiammatorie. La membrana basale localizzata sotto la mucosa
epiteliale è ispessita e si osservano ipertrofia e iperplasia delle fibrocellule muscolari lisce. C. Allergeni inalati (antigene) provocano una risposta TH2 domi-
nante che favorisce la produzione di IgE e il reclutamento di eosinofili (priming o sensibilizzazione). D. Con la riesposizione all’antigene (Ag), la reazione
immediata è scatenata dal cross-linking indotto dall’antigene di IgE legate a recettori sui mastociti. Queste cellule rilasciano mediatori preformati. Nel loro
insieme, direttamente o attraverso riflessi neuronali, i mediatori inducono broncospasmo, aumento della permeabilità vascolare, produzione di muco e
richiamo dal sangue di altre cellule che rilasciano mediatori. E. L’arrivo di leucociti reclutati (neutrofili, eosinofili, basofili e anche linfociti e monociti) segna
l’inizio della seconda fase dell’asma e il rilascio di nuovi mediatori da leucociti, endotelio e cellule epiteliali. Anche i fattori, in particolare di provenienza
dagli eosinofili (ad es. proteina basica maggiore, proteina cationica eosinofila), causano danno all’epitelio.
CAPITOLO 15 Il polmone 681

altri ne possono alterare il livello di gravità o la risposta del paziente in molti parassiti umani e nelle parete cellulare dei funghi. Negli
alla terapia.36 umani, la famiglia delle chitinasi comprende membri con o senza
attività enzimatica. La chitinasi acidica dei mammiferi è uno dei
Uno tra i loci di suscettibilità più replicati per l’asma si trova nel membri con attività enzimatica, è upregulated e contribuisce
cromosoma 5q, prossimo al gruppo dei geni che codificano le all’infiammazione TH2. Diversamente, l’YKL-40 è uno dei mem-
citochine IL-3, IL-5, IL-9, e i recettori IL-13 e IL-14. Il recettore bri senza attività enzimatica ed è associato all’asma. Inoltre, i
per gli LPS (CD14) insieme a un altro gene candidato, il recettore livelli sierici di YKL-40 sono correlati allo stato di gravità
b2-adrenergico, sono qui localizzati. Questa regione è considerata dell’asma.41
molto importante in quanto è la sede in cui avviene la connes-
sione tra molti dei numerosi geni che la popolano. In essa risie-
dono inoltre i meccanismi della regolazione delle IgE come pure Morfologia Nei pazienti deceduti a causa dello stato asma-
quelli relativi alla crescita e alla differenziazione dei mastociti e tico, i polmoni sono iperdistesi per inflazione, con piccole
degli esinofili. Tra i geni di questo gruppo, i polimorfismi nel gene aree di atelettasia. La più spiccata alterazione macroscopica
IL13 sono quelli che hanno un’associazione più forte e consistente è l’occlusione dei bronchi e dei bronchioli da parte di tappi
con l’asma o le malattie allergiche. mucosi spessi e adesivi. Dal punto di vista istologico, questi
L’associazione tra l’asma e le altre forme di atopia con un pleo- tappi di muco contengono aggregati vorticoidi di cellule epi-
morfismo nel gene che codifica il recettore monocitario per l’en- teliali, che danno origine alle note spirali denominate spirali
dotossina, CD14, merita ulteriori commenti in quanto costituisce di Curschmann (originate sia dal muco presente nei dotti delle
il paradigma per gli studi relativi alle interazioni genetico/am- ghiandole mucose subepiteliali che vengono in seguito espul-
bientali. In alcuni studi, il genotipo TT del CD14 è stato associato se, sia da tappi di muco presenti nei bronchioli). Sono pre-
a livelli ridotti di IgE e al rischio ridotto per asma e atopia. Altri senti numerosi eosinofili e cristalli di Charcot-Leyden; questi
studi hanno invece rivelato il contrario, ossia un rischio maggiore ultimi sono raccolte di materiale cristalloide composto da una
per atopia. Ulteriori analisi hanno rivelato che il genotipo TT ha proteina legante: la lisofosfolipasi presente nella membrana
un’azione protettiva contro l’asma o la sensibilizzazione allergica degli eosinofili, denominata galectina-10. 42 Gli altri rilievi
nei soggetti esposti a bassi livelli di endotossina (ambiente do- istologici caratteristici dell’asma denominati nel loro com-
mestico), mentre lo stesso genotipo è associato a un maggiore plesso “rimodellamento bronchiale” (Fig. 15.10 B),
rischio per asma e sensibilizzazione allergica nei soggetti esposti comprendono:
ad alti livelli di endotossine (come si verifica per gli individui che
vivono nelle aree agricole). Tali differenze possono correlarsi Ispessimento globale delle pareti delle vie respiratorie
all’influenza dei livelli di endotossine sulla regolazione delle ri- Fibrosi della membrana sub-basale (dovuta alla deposi-
sposte TH1 versus TH2. Nei soggetti con genotipo TT gli alti livelli zione di collagene di tipo I e III al di sotto della membrana
di endotossine deviano la risposta verso il tipo TH2, favorendo basale composta da collagene di tipo IV e da laminina)
quindi una maggiore produzione di IgE e la predisposizione (Fig. 15.11)
all’allergia. Questi studi indicano che la relazione tra il genotipo Aumentata vascolarizzazione
e il fenotipo dipende dal contesto, e concorrono a spiegare alcuni Aumento delle dimensioni delle ghiandole sottomucose
dei risultati discrepanti relativi agli studi di associazione nelle e metaplasia mucosa delle cellule epiteliali
diverse popolazioni.37,38 Ipertrofia e/o iperplasia della parete muscolare del bronco
Inoltre, la tendenza a produrre anticorpi IgE contro alcuni ma (che ha condotto alla terapia innovativa della termoplastica
non tutti gli antigeni, come ad es. il polline dell’ambrosia, può bronchiale in cui la radiofrequenza viene attualmente ap-
essere connessa ad alcuni particolari alleli HLA di classe II. plicata alle pareti delle vie respiratorie centrali mediante
ADAM-33: l’ADAM-33 appartiene a una sottofamiglia di metal- una sonda inserita a livello broncoscopico, permettendo
loproteinasi correlate alle MMP, come la collagenasi (Cap. 3). quindi una riduzione dell’iperresponsività fino ad almeno
Sebbene la funzione precisa svolta dall’ADAM-33 debba ancora un anno).43
essere chiarita, è noto che venga espresso dai fibroblasti polmo-
nari e dalle cellule della muscolatura liscia bronchiale. Si è postu- Nonostante l’ostruzione al flusso sia principalmente impu-
lato che i polimorfismi di ADAM-33 accelerino la proliferazione tabile alla broncocostrizione muscolare, l’edema acuto, i
delle cellule muscolari lisce bronchiali e dei fibroblasti, contribuen- tappi di muco e il rimodellamento rappresentano ulteriori
do quindi all’iperreattività bronchiale e alla fibrosi subepiteliale.39 condizioni che possono contribuire al processo. Generalmen-
L’ADAM-33 è altresì associato alla diminuzione delle funzioni te si ritiene che il rimodellamento possa altresì contribuire
polmonari. all’ostruzione cronica e irreversibile, sebbene questo sia
Gene del recettore b2-adrenergico: localizzato anch’esso sul cro- difficile da dimostrare.
mosoma 5q presenta variazioni associate a un’iperresponsività in
vivo delle vie respiratorie dimostrata dalla diagnosi differenziale
e a una risposta in vitro alla stimolazione dei b-agonisti. Pertanto, Evoluzione clinica. La classica crisi asmatica dura anche diverse
l’identificazione del genotipo può essere utile nel prevedere la ore. In alcuni pazienti i vari sintomi, tra i quali il senso di costri-
risposta alla terapia.40 zione, la dispnea, i sibili e la tosse con o senza produzione di escre-
Gene per il recettore IL-4: in questo caso, le varianti polimorfiche ato, possono persistere in forma lieve ma costante. Nella sua forma
multiple nel gene che codifica la catena alfa del recettore per l’IL-4 più grave, lo stato asmatico ovvero la crisi acuta grave può durare
sono associate ad atopia, a livelli sierici elevati di IgE e all’asma. per giorni e perfino per settimane e, in queste situazioni, l’ostru-
Famiglia delle chitinasi mammaliane: la chitinasi è un complesso zione può raggiungere un grado così elevato da causare cianosi
di enzimi che partecipa alla demolizione della chitina contenuta grave e addirittura morte. La diagnosi clinica è supportata dalla
682 CAPITOLO 15 Il polmone

Altre condizioni, compresa l’artrite reumatoide, il lupus eritema-


toso sistemico, le malattie infiammatorie croniche intestinali e a
seguito di un trapianto (rigetto cronico di trapianto polmonare
e malattia graft-versus-host in seguito a trapianto di midollo
osseo).

Eziologia e patogenesi. L’ostruzione e l’infezione sono le condi-


zioni maggiormente associate alle bronchiectasie ed è probabile che
siano ambedue cause per lo sviluppo delle lesioni definitive, sebbene
ciascuna possa comparire in un periodo diverso rispetto all’altra. In
seguito a ostruzione bronchiale, i normali meccanismi di clearance
bronchiale risultano alterati e si consolida un ristagno di secrezioni
distalmente all’ostruzione. A questa condizione si associa inoltre
l’infiammazione delle vie aeree. Al contrario, infezioni gravi dei
bronchi portano a infiammazione, spesso accompagnata da necrosi,
fibrosi e, infine, dilatazione delle vie aeree.
I meccanismi di infezione e ostruzione sono maggiormente evi-
Figura 15.11 Biopsie bronchiali di pazienti asmatici rivelano un’impor- denti nelle forme gravi di bronchiectasie associate a fibrosi cistica
tante fibrosi al di sotto della membrana, infiammazione eosinofila e iper- (Cap. 10). Nella fibrosi cistica, il difetto primitivo nel trasporto dei
plasia muscolare. cloruri comporta un’azione mucociliare deficitaria e l’accumulo di
secrezioni dense e viscide che ostruiscono le vie aeree. Ciò conduce
a una marcata suscettibilità alle infezioni batteriche, con ulteriore
danneggiamento bronchiale. Le infezioni ricorrenti provocano un
dimostrazione di una maggiore ostruzione (rispetto ai livelli basali), ampio danneggiamento delle pareti con distruzione della muscola-
difficoltà nell’esalazione dell’aria (espirazione prolungata e sibili), tura liscia di sostegno, dei tessuti elastici e fibrosi e ulteriore dilata-
elevata conta eosinofila nel sangue periferico e dal riscontro di zione dei bronchi. I bronchioli diventano progressivamente obliterati
eosinofili, spirali di Curschmann e cristalli di Charcot-Leyden a causa della fibrosi (bronchiolite obliterante).47
nell’escreato (in particolare nei pazienti con asma atopica). Nel caso Nella discinesia ciliare primitiva, una sindrome autosomica reces-
tipico, con intervalli liberi da sintomi, la malattia arreca disagio e siva con penetranza variabile e una frequenza di 1 su 15.000-40.000
risulta invalidante più che letale, configurandosi come un problema nascite, il difettoso funzionamento delle ciglia contribuisce alla riten-
che attaglia maggiormente alle donne adulte rispetto agli uomini. zione delle secrezioni e allo sviluppo di infezioni ricorrenti che a loro
Con l’aiuto di una terapia appropriata, volta ad alleviare gli attacchi, volta portano alle bronchiectasie. Questa sindrome è caratterizzata
i pazienti con asma sono in grado di mantenere una vita produttiva. dall’assenza o dall’accorciamento dei bracci di dineina responsabili
Fino al 50% dei casi di asma infantile si risolve durante l’adolescenza dei movimenti coordinati delle ciglia. Circa la metà dei pazienti con
e si ripresenta solamente in età adolescenziale in un numero con- discinesia ciliare primitiva è affetta dalla sindrome di Kartagener (bron-
siderevole di pazienti. In altri casi si verifica un declino variabile chiectasia, sinusite e situs inversus o anomalia di lateralizzazione
nella funzionalità polmonare a livello basale. parziale).48 La mancanza di attività ciliare interferisce con la clearance
batterica, predispone i seni paranasali e i bronchi alle infezioni e altera
la motilità cellulare durante l’embriogenesi, determinando situs visce-
Bronchiectasia
rum inversus. I maschi affetti da questa malattia tendono a essere sterili
La bronchiectasia è una malattia caratterizzata da dilatazione per- a causa dell’inefficace motilità della coda degli spermatozoi.
manente di bronchi e bronchioli causata dalla distruzione del tessuto L’aspergillosi broncopolmonare allergica è dovuta a una reazione
muscolare ed elastico, successiva o associata a infezioni croniche ne- da ipersensibilità al fungo Aspergillus fumigatus. È anche un’impor-
crotizzanti. Per essere considerata bronchiectasia, la dilatazione deve tante complicanza dell’asma grave e della fibrosi cistica.49 Le sue
essere permanente; una dilatazione bronchiale reversibile spesso caratteristiche sono alti livelli sierici di IgE, anticorpi sierici diretti
accompagna le polmoniti virali e batteriche. Grazie al migliore contro Aspergillus, forte infiammazione delle vie aeree con eosinofilia
controllo delle infezioni polmonari, le bronchiectasie sono oggi una e formazione di tappi mucosi che rivestono un ruolo cruciale nella
condizione rara. Le bronchiectasie si sviluppano in associazione a sua patogenesi. Vi è evidenza che sia l’infiammazione mediata dai
una varietà di condizioni:44,45 neutrofili sia la potenziale carenza delle citochine antinfiammatorie
come IL-10 possano avere un ruolo.50 A livello clinico, si osservano
Malattie congenite o ereditarie, compresi fibrosi cistica, sequestro periodi di esacerbazione e remissione che possono condurre a bron-
intralobare del polmone, stati di immunodeficienza,46 la discine- chiectasie prossimali e malattia fibrotica polmonare.
sia ciliare primitiva e la sindrome di Kartagener
Stati postinfettivi, compresi la polmonite necrotizzante batterica
(Mycobacterium tuberculosis, Staphylococcus aureus, Haemophilus Morfologia Le bronchiectasie di solito interessano i lobi
influenzae, Pseudomonas), virus (adenovirus, virus dell’influenza, inferiori bilateralmente, in particolare le vie bronchiali più
virus dell’immunodeficienza umana [HIV]) e funghi (varie specie verticali, e sono più gravi nella parte più distale di bronchi e
di Aspergillus) bronchioli. Quando un tumore o l’inalazione di corpi estranei
Ostruzione bronchiale, dovuta a neoplasie, corpi estranei e occa- conduce allo sviluppo di bronchiectasie, l’interessamento può
sionalmente a ritenzione di muco, in cui le bronchiectasie sono essere anche strettamente localizzato a un singolo segmento
localizzate nel segmento polmonare ostruito
CAPITOLO 15 Il polmone 683

del polmone. Le vie aeree sono dilatate, talvolta anche fino


a quattro volte le normali dimensioni. Caratteristicamente,
bronchi e bronchioli sono dilatati tanto da poter essere seguiti
direttamente fino sulla superficie della pleura. Al contrario,
nel polmone normale i bronchioli non possono essere seguiti
mediante dissezione macroscopica oltre una distanza di
2-3 cm dalla superficie pleurica. Sulla superficie di taglio del
polmone, la sezione dei bronchi dilatati appare come una cisti
riempita di secrezioni mucopurulente (Fig. 15.12).
Le caratteristiche istologiche variano con l’attività e la croniciz-
zazione della malattia. Nei casi acuti e conclamati si ha un’in-
tensa essudazione infiammatoria acuta e cronica all’interno
delle pareti di bronchi e bronchioli, associata a desquamazione
epiteliale e ad aree estese di ulcerazione necrotizzante. Può
verificarsi la pseudostratificazione delle cellule colonnari o
metaplasia squamosa del rimanente epitelio. In alcuni casi, la
necrosi distrugge completamente la parete bronchiale o bron-
chiolare e forma un vero e proprio ascesso polmonare. La fi-
brosi della parete bronchiale e bronchiolare e la fibrosi peri-
bronchiolare si sviluppano nei casi più cronicizzati, portando a
vari gradi di obliterazione subtotale o totale del lume
bronchiolare.
Nel caso tipico di bronchiectasia, una flora mista può essere
isolata, mediante coltura, dai bronchi interessati, compresi
stafilococchi, streptococchi, pneumococchi, germi enterici,
anaerobi e batteri microaerofili e (in particolare nei bambini)
Haemophilus influenzae e Pseudomonas aeruginosa. 51
Nell’aspergillosi broncopolmonare allergica, possono essere
osservate rare ife fungine con particolari colorazioni nelle
secrezioni mucose infiammatorie contenute nei bronchi seg- Figura 15.12 Bronchiectasia in un paziente con fibrosi cistica sottoposto
a trapianto di polmone. La superficie di taglio del polmone mostra bronchi
mentari dilatati. Nello stadio avanzato, il fungo può infiltrare
marcatamente distesi alla periferia riempiti da secrezioni mucopurulente.
la parete bronchiale.

Queste patologie rappresentano il 15% circa delle malattie polmonari


Evoluzione clinica. Le bronchiectasie provocano tosse intensa e non infettive riscontrate dagli specialisti pneumologi.
persistente, espettorato maleodorante, a volte ematico, dispnea e ortop- In generale, la clinica e le alterazioni funzionali polmonari hanno
nea nei casi gravi e, occasionalmente, emottisi, potenzialmente letale. caratteristiche restrittive (si veda la precedente discussione inerente alle
Questi sintomi sono spesso episodici e sono provocati da infezioni delle patologie polmonari ostruttive e restrittive a confronto). I pazienti
vie respiratorie superiori o dall’introduzione di nuovi agenti patogeni. presentano dispnea, tachipnea, crepitii ed eventuale cianosi con assenza
I parossismi della tosse sono particolarmente frequenti quando il pa- di sibili e altre evidenze di ostruzione. Le alterazioni fisiopatologiche
ziente si alza al mattino e nei cambiamenti di posizione che conducono caratteristiche sono la riduzione della capacità di diffusione del monos-
al drenaggio delle raccolte di pus. Un’insufficienza respiratoria ostruttiva sido di carbonio, del volume polmonare e della compliance. A livello
può condurre a notevole dispnea e cianosi. Cuore polmonare, ascessi radiografico, si evidenziano una diffusa infiltrazione di piccoli noduli,
cerebrali metastatici e amiloidosi sono complicanze meno frequenti linee irregolari e immagini a vetro smerigliato, da cui il termine infiltra-
delle bronchiectasie. Tuttavia, grazie ai trattamenti attuali che prevedono zione. Infine, possono derivarne un’ipertensione polmonare secondaria
l’impiego di antibiotici e terapie fisiche, la prognosi è notevolmente e un’insufficienza cardiaca destra con cuore polmonare. Sebbene le
migliorata e le aspettative di vita si sono raddoppiate. diverse entità nosologiche possano essere spesso distinte nelle fasi di
esordio della malattia, le forme avanzate sono difficili da distinguere in
quanto sfociano in cicatrici e distruzione massiva del polmone, spesso
Malattia interstiziale cronica diffusa denominate polmone terminale o polmone a favo d’api. Le malattie re-
(restrittiva) strittive diffuse vengono classificate sulla base dei reperti istologici e
delle caratteristiche cliniche (Tab. 15.5).

Le interstiziopatie polmonari croniche sono un gruppo eterogeneo di Fibrosi Polmonare


malattie caratterizzate prevalentemente da infiammazione e fibrosi del
tessuto connettivo polmonare, soprattutto dell’interstizio più periferico Fibrosi polmonare idiopatica
e delicato situato nelle pareti alveolari. Molte delle entità nosologiche
hanno un’eziologia e una patogenesi ignote, alcune presentano una Il termine fibrosi polmonare idiopatica (Idiopathic Pulmonary Fibrosis,
componente interstiziale e una intra-alveolare e vi è frequente sovrap- IPF) si riferisce a una sindrome clinico-patologica con proprie carat-
posizione nelle caratteristiche istologiche tra le differenti condizioni. teristiche radiologiche, anatomopatologiche e cliniche. In Europa,
684 CAPITOLO 15 Il polmone

TABELLA 15.5 Principali categorie della malattia cronica cronica e, in seguito, a fibrosi. Tuttavia, l’infausto insuccesso delle
polmonare interstiziale terapie antinfiammatorie mirate ad arrestare l’evoluzione di questa
malattia, non fu certamente a sostegno di questa teoria. Pertanto,
FIBROSANTE l’attuale concetto sostiene che l’IPF sia causata da “cicli ripetuti” di
Polmonite interstiziale comune (fibrosi polmonare idiopatica) danno/attivazione epiteliale provocato da alcuni stimoli non ancora
Polmonite interstiziale aspecifica identificati. Si osserva infiammazione e stimolazione della risposta
Polmonite organizzata criptogenetica delle cellule T TH2 caratterizzata dalla presenza di eosinofili, masto-
Associata a collagenopatie citi, IL-4 e IL-13 nelle lesioni. Tuttavia, il significato della risposta
Pneumoconiosi
Reazioni farmacologiche infiammatoria appare sconosciuto. La riparazione anomala dello
Polmonite da radiazioni strato epiteliale in tali sedi dà origine ad abbondante proliferazione
fibroblastica e miofibroblastica portando a “foci fibroblastici”, distin-
GRANULOMATOSA tivi dell’IPF (Fig. 15.13). I processi alla base di questa riparazione
Sarcoidosi epiteliale aberrante non sono pienamente compresi, ma tutte le
Polmonite da ipersensibilità evidenze indicano il TGFb1 come l’attore principale. Si ritiene che il
TGFb1 abbia un effetto fibrogenico e venga rilasciato dalle cellule
EOSINOFILA
alveolari epiteliali lesionate di tipo I (Fig. 15.13). Favorisce inoltre
CORRELATA AL FUMO la trasformazione dei fibroblasti nei miofibroblasti e la deposizione
Polmonite interstiziale desquamativa
di collagene e di altre molecole di matrice extracellulare.55
Pneumopatia interstiziale associata a bronchiolite respiratoria Il concetto che spiega la presenza di un’anomalia intrinseca nella
riparazione tissutale nell’IPF è sostenuto dal riscontro che attesta
ALTRE presenza di mutazioni volte ad accorciare i telomeri nei pazienti con
Proteinosi polmonare alveolare anamnesi familiare di fibrosi polmonare. Ricordiamo che i telomeri
controllano la replicazione delle cellule (Capp. 1 e 7) e che, in seguito
al loro accorciamento, le cellule epiteliali alveolari vanno incontro
a una rapida senescenza e apoptosi.56,57 È interessante notare che il
TGFb1 regola negativamente l’attività telomerasica facilitando quindi
l’apoptosi delle cellule epiteliali e il ciclo di morte e riparazione
cellulare.58 Un’altra molecola regolata dal TGFb1 è caveolin-1, la
proteina strutturale predominante della caveola che si presenta come
invaginazioni a forma di fiasco della membrana plasmatica presente
in molte cellule differenziate terminali. Caveolin-1 ha un’azione
inibitoria endogena nella fibrosi polmonare limitando la produzione
di matrice extracellulare indotta dal TGFb1 e ripristinando il pro-
cesso di riparazione epiteliale a livello alveolare. Questa molecola
risulta ridotta nelle cellule epiteliali e fibroblasti nei pazienti affetti
da IPF, e la sua iperespressione nelle cavie di topo limita la fibrosi.59
Questa downregulation può essere mediata dall’abilità del TGFb1
nell’attenuare l’espressione di caveolin-1 nei fibroblasti. Sembra
quindi che il TGFb1 sia correlato a molteplici condizioni che rego-
lano la fibrosi polmonare. Gli interventi terapeutici volti a neutra-
lizzare il TGFb1, facilitando quindi l’attività telomerasica, rallentan­
do la fase di accorciamento dei telomeri o aumentando caveolin-1,
possono condurre a terapie innovative per l’IPF in futuro.60
Figura 15.13 Possibile schema delle attuali conoscenze relative
alla patogenesi della fibrosi polmonare idiopatica.
Morfologia Macroscopicamente, la superficie pleurica del
polmone ha un aspetto acciottolato a causa della retrazione
cicatriziale lungo i setti interlobulari. La superficie di taglio
il termine alveolite sclerosante criptogenetica è più diffuso. Le carat- mostra fibrosi del parenchima polmonare (aree dure, gom-
teristiche istologiche della fibrosi sono definite come polmonite mose e biancastre) con prevalenza ai lobi inferiori e una
interstiziale comune (Usual Interstitial Pneumonia, UIP), necessaria caratteristica distribuzione alle regioni subpleuriche e lungo
per porre diagnosi di IPF, ma un simile quadro può anche essere i setti interlobulari. Microscopicamente, le lesioni caratteri-
osservato in altre patologie, soprattutto nelle malattie del tessuto stiche della UIP sono le chiazze di fibrosi interstiziale, che
connettivo, nella polmonite da ipersensibilità cronica e nell’asbestosi. variano di intensità (Fig. 15.14) con il tempo. Le lesioni più
La International Multidisciplinary Consensus Classification costi- precoci contengono proliferazione fibroblastica esuberante
tuisce un eccellente riferimento per la definizione e la comprensione (foci fibroblastici). In seguito, queste zone diventano più
della polmonite interstiziale idiopatica.52,53 ricche di collagene e meno cellulari. Uno dei tratti tipici è la
Patogenesi. Mentre gli agenti eziologici della IPF restano ignoti, coesistenza di lesioni precoci e tardive (Fig. 15.15). La densa
negli ultimi anni si sono evolute le nostre conoscenze sulla patoge- fibrosi causa collasso della parete alveolare e formazione di
nesi.54 Precedentemente si riteneva che l’IPF venisse scatenata da un spazi cistici rivestiti da pneumociti iperplastici di tipo II o
insulto non identificato in grado di dare origine a infiammazione
CAPITOLO 15 Il polmone 685

peggioramento della funzione polmonare nonostante le terapie


epitelio bronchiolare (fibrosi a favo d’api). Con adeguata mediche (steroidi, ciclofosfamide o azatioprina). In alcuni casi, vi è
campionatura, questi mutamenti istologici (cioè, aree di fi- esacerbazione acuta della malattia sottostante con un rapido declino
brosi densa e collagena con polmone relativamente normale del decorso clinico. La media di sopravvivenza è pari o inferiore ai
e foci fibroblastici) possono essere osservati anche nella IPF 3 anni. La sola terapia definitiva disponibile consiste nel trapianto
terminale. Vi è flogosi lieve o moderata all’interno delle aree di polmone.62
fibrotiche, con linfociti, poche plasmacellule, neutrofili, eosi-
nofili e mastociti. Possono essere presenti focolai di meta-
Polmonite interstiziale aspecifica
plasia squamosa e iperplasia del muscolo liscio. È spesso
osservata ipertensione polmonare secondaria con le relative Il concetto di polmonite interstiziale aspecifica (NonSpecific Inter-
alterazioni istologiche (fibrosi intimale e ispessimento me- stitial Pneumonia, NSIP) è emerso quando ci si è resi conto che esiste
diale delle arterie polmonari). Nelle esacerbazioni acute, il un gruppo di pazienti con una malattia interstiziale polmonare
danno alveolare diffuso si sovrappone al quadro di UIP.61 diffusa a eziologia sconosciuta di cui dalle biopsie polmonari non si
riescono a dimostrare le caratteristiche diagnostiche di qualsiasi altra
patologia interstiziale ben caratterizzata. Nonostante l’aggettivo
Evoluzione clinica. La IPF inizia insidiosamente, con graduale “aspecifica”, la NSIP ha caratteristiche radiologiche e istologiche
aumento della dispnea da sforzo e tosse secca. La maggior parte dei differenti ed è importante riconoscerla in quanto questi pazienti
pazienti ha un’età compresa tra 40 e 70 anni al momento della hanno una prognosi nettamente migliore rispetto a quelli colpiti
presentazione. L’ipossiemia, la cianosi e l’ippocratismo digitale dalla UIP.63
hanno comparsa più tardiva. La progressione nel singolo paziente
è imprevedibile. La maggior parte dei pazienti presenta un graduale
Morfologia Nella NSIP si possono osservare un quadro
istologico cellulare e uno fibroso. Il quadro cellulare consiste
essenzialmente in una flogosi interstiziale cronica di grado
lieve o moderato, con linfociti e poche plasmacellule con una
distribuzione uniforme o parcellare. Anche la fibrosi intersti-
ziale è diffusa o parcellare, senza l’eterogeneità temporale
caratteristica della UIP. I foci fibroblastici e il polmone a favo
d’api sono assenti. Tuttavia, in alcuni pazienti si possono
osservare sia le caratteristiche della NSIP sia quelle della UIP
in diverse regioni del polmone; in questi pazienti la prognosi
è uguale a quella della UIP.64

Evoluzione clinica. I pazienti si presentano con dispnea e tosse


che perdurano da molti mesi. L’età media di questi pazienti è com-
presa tra i 46 e i 55 anni. Inoltre, i pazienti che presentano il quadro
cellulare della NSIP hanno un’età leggermente inferiore rispetto a
quelli con un quadro fibrotico di UIP. Infatti, i pazienti con questo
Figura 15.14 Polmonite interstiziale comune. La fibrosi è più pronun-
ciata nella regione subpleurica. (Per gentile concessione del Dr. Nicole
quadro cellulare hanno prognosi migliori rispetto a quelli con qua-
Cipriani, Department of Pathology, University of Chicago, Chicago, IL) dro fibrotico e UIP.65

Polmonite organizzata criptogenetica


La polmonite organizzata criptogenetica (Cryptogenic Organizing
Pneumonia, COP) è sinonimo del termine comune “bronchiolite
obliterante evolutiva in polmonite”; tuttavia, la prima definizione
viene ora preferita poiché raggruppa le caratteristiche essenziali di
una sindrome clinico-patologica di eziologia sconosciuta ed evita
confusione con altre malattie delle vie aeree come la bronchiolite
obliterante. I pazienti si presentano con tosse e dispnea e radiogra-
ficamente presentano aree non uniformi di addensamento paren-
chimale in sede subpleurica o peribronchiale. Istologicamente, la
polmonite organizzata criptogenetica è caratterizzata da tappi poli-
poidi di tessuto connettivo lasso nei dotti alveolari (corpi di Masson),
negli alveoli (Fig. 15.16) e spesso anche nei bronchioli. L’apposizione
di tessuto connettivo è sincrona e la sottostante architettura polmo-
nare è normale. Non vi è fibrosi interstiziale o polmone a favo d’api.
Figura 15.15 Polmonite interstiziale comune. Focolaio fibroblastico con Alcuni pazienti guariscono spontaneamente, ma la maggior parte
fibre che decorrono parallelamente alla superficie e matrice bluastra mixoide necessita di trattamento steroideo orale per 6 mesi o più per ottenere
extracellulare. Il polmone a favo d’api è visibile a sinistra. un completo recupero.
686 CAPITOLO 15 Il polmone

Figura 15.16 Polmonite organizzata criptogenetica. Gli spazi alveolari sono riempiti da accumuli sferoidali di fibroblasti (corpi di Masson), mentre
le pareti alveolari sono relativamente normali. A. Basso ingrandimento. B. Alto ingrandimento.

È di fondamentale importanza sapere che la polmonite cronica l’esposizione dei lavoratori hanno determinato una marcata dimi-
con fibrosi intra-alveolare può essere spesso osservata come risposta nuzione delle patologie dovute dall’inalazione di polveri.
a infezioni o a processi infiammatori a danno dei polmoni.66 Questi Sebbene le pneumoconiosi siano causate da un’esposizione occu-
comprendono polmoniti virali e batteriche, tossine inalatorie, far- pazionale ben definita a sostanze specifiche presenti nell’aria, anche
maci, collagenopatie vascolari e malattia graft-versus-host nei sog- le polveri atmosferiche inquinanti hanno effetti dannosi sulla popo-
getti trapiantati di midollo osseo. La prognosi in questi pazienti è lazione, soprattutto nelle aree urbane. Gli studi al riguardo hanno
identica a quella determinata dalla patologia di base. riscontrato percentuali di morbilità (ad es. incidenza di asma) e
mortalità più alte nelle popolazioni esposte a elevati livelli di
particelle inquinanti dell’aria ambientale.68,69 Questa situazione
Interessamento polmonare nelle malattie
sottolinea quindi la necessità di compiere maggiori sforzi nel ridurre
del tessuto connettivo
i livelli di inquinanti nell’aria urbana.
Molte collagenopatie vascolari, soprattutto il lupus eritematoso si- Patogenesi. Lo sviluppo della pneumoconiosi dipende (1) dalla
stemico, l’artrite reumatoide, la sclerosi sistemica progressiva (scle- quantità di polvere trattenuta nei polmoni e nelle vie respiratorie; (2)
rodermia), la dermatomiosite-polimiosite e la malattia mista del da dimensioni, forma e quindi galleggiabilità delle particelle; (3) dalla
tessuto connettivo, possono interessare il polmone con diversi livelli solubilità e reattività biochimica delle particelle; (4) dai possibili ulte-
di gravità in una certa fase del loro decorso. L’interessamento pol- riori effetti di altri irritanti (ad es. concomitante fumo di tabacco).
monare si può verificare in diverse situazioni. Le più comuni sono La quantità di polvere trattenuta nei polmoni è determinata dalla
la NSIP, la UIP (simile a quella osservata nella IPF), la sclerosi va- sua concentrazione nell’aria, dalla durata dell’esposizione e dall’effi­
scolare, la polmonite cronica organizzante e la bronchiolite. cacia dei meccanismi di clearance. Qualsiasi altro fattore, quale il
fumo di sigaretta, che danneggi l’integrità dell’apparato mucociliare,
Artrite reumatoide: l’interessamento polmonare può presentarsi predispone in modo significativo all’accumulo di polvere. Le parti-
nel 30-40% sotto forma di (1) pleurite cronica, con o senza ver- celle più dannose hanno un diametro compreso tra 1 e 5 mm poiché
samento; (2) polmonite e fibrosi interstiziale diffusa; (3) noduli possono raggiungere le piccole vie aeree terminali e i sacchi alveolari
reumatoidi intrapolmonari; o (4) ipertensione polmonare e si possono localizzare nei setti. In condizioni normali, i macrofagi
Sclerosi sistemica (sclerodermia): fibrosi interstiziale diffusa (qua- intra-alveolari sono presenti in piccola quantità, ma quando la pol-
dro della NSIP è più comune rispetto a quello della UIP) vere raggiunge gli spazi alveolari, aumentano. La protezione da parte
Lupus eritematoso: infiltrati parenchimali disomogenei e transi- della fagocitosi delle particelle può tuttavia essere sovrastata dalla
tori, e occasionalmente polmonite lupica grave grande quantità di polvere prodotta da specifiche interazioni chimi-
che delle particelle con le cellule.
L’interessamento polmonare in queste malattie è solitamente La solubilità e la citotossicità delle particelle sono notevolmente
associato a una prognosi variabile, parzialmente determinata dalla influenzate dalle loro dimensioni e modificano la natura della risposta
tipologia di malattia polmonare, nonostante sia ancora ritenuta polmonare. In linea generale, tanto più piccola è la particella, mag-
migliore rispetto a quella della UIP idiopatica.67 giore è la probabilità che finisca nei liquidi polmonari e che raggiunga
rapidamente i livelli tossici; naturalmente, tutto ciò dipende dalla
solubilità dell’agente. Pertanto, le particelle più piccole sono quelle
Pneumoconiosi
che causano più facilmente un danno polmonare acuto. Le particelle
Il termine pneumoconiosi è stato coniato originariamente per de- più grandi, invece, resistono alla dissoluzione e possono persistere
scrivere la reazione polmonare non neoplastica all’inalazione di all’interno del parenchima polmonare per anni. Questi fenomeni
polveri minerali presenti nell’ambiente lavorativo. Attualmente, tendono a determinare una pneumoconiosi fibrosante, peraltro tipica
comprende anche malattie indotte da particelle sia organiche sia della silicosi. Alcune delle particelle possono essere catturate dalle
inorganiche, da fumi e da vapori chimici. Una classificazione sem- cellule epiteliali oppure attraversare l’epitelio e interagire direttamente
plificata viene presentata nella Tabella 15.6. Le leggi che limitano con i fibroblasti e i macrofagi del tessuto interstiziale. Alcune possono
CAPITOLO 15 Il polmone 687

TABELLA 15.6 Malattie polmonari provocate da polveri e gas inquinanti


Agente Malattia Esposizione

POLVERI MINERALI
Polvere di carbone Antracosi Carbone minerario (in particolare carbone duro
fossile)
Macule
Fibrosi massiva progressiva
Sindrome di Caplan
Silice Silicosi Lavoro in fonderia, sabbiatura, lavori minerari,
Sindrome di Caplan tagliapietra, altri
Asbesto (amianto) Asbestosi Mineraria, macinazione e fabbricazione; installazione
Placche pleuriche e rimozione di isolanti
Sindrome di Caplan
Mesotelioma
Carcinoma del polmone, laringe, stomaco, colon
Berillio Berilliosi acuta Mineraria, fabbricazione
Granulomatosi da berillio
Carcinoma polmonare (?)
Ossido di ferro Siderosi Saldatura
Solfato di bario Baritosi Mineraria
Ossido di stagno Stannosi Mineraria

POLVERI ORGANICHE CHE INDUCONO POLMONITE DA IPERSENSIBILITÀ


Fieno Polmone del contadino Agricoltura
Bagasse Bagassosi Manifattura di pareti di tavole di legno, carta
Escrementi di uccelli Polmone dell’allevatore di uccelli Manipolazione di uccelli

POLVERI ORGANICHE CHE INDUCONO ASMA


Cotone, lino, canapa Bissinosi Manifattura tessile
Polvere di cedro rosso Asma Legno da costruzione, carpenteria

FUMI E VAPORI CHIMICI


Protossido di azoto, biossido di Bronchite, asma Esposizione professionale e accidentale
zolfo, ammoniaca, benzene, Edema polmonare ARDS
insetticidi Lesioni mucose
Intossicazione fulminante

ARDS, sindrome da distress respiratorio acuto.

raggiungere i linfatici mediante drenaggio diretto o trasportate dai minatori di carbone (Coal Workers’ Pneumoconiosis, CWP). I
macrofagi migranti, stimolando una risposta immunitaria contro i quadri clinici presenti nei minatori di carbone sono vari, dalla (1)
componenti delle particelle e/o contro le proteine dell’organismo antracosi asintomatica alla (2) CWP semplice con scarsa o nessuna
modificate dalle stesse. Tale risposta amplifica l’intensità e la durata disfunzione polmonare, fino alla (3) CWP complicata o alla fibrosi
della reazione locale. Nonostante il fumo di tabacco peggiori gli effetti progressiva massiva (Progressive Massive Fibrosis, PMF), nella quale
di tutte le polveri minerali inalate, gli effetti dell’asbesto risultano la funzionalità polmonare è compromessa.73 La patogenesi della
particolarmente amplificati. Inoltre, gli effetti delle particelle inalate CWP complicata, e in particolare la causa della progressione dalle
non sono confinati solo al polmone, poiché le particelle di soluto lesioni della CWP semplice alla PMF, non è del tutto nota. La silice
possono essere trasportate nel sangue e stimolare reazioni infiam- che contamina la polvere di carbone può favorire la progressione
matorie sistemiche.70 della malattia. Nella maggior parte dei casi, la polvere di carbone
Generalmente, solo una piccola percentuale di persone esposte stessa è principalmente incriminata e gli studi hanno dimostrato che
sviluppa malattie respiratorie professionali che implicano una pre- le lesioni complicate contengono molta più polvere rispetto alle le-
disposizione genetica.71 In uno studio è stato dimostrato che la va- sioni semplici.
riazione genetica delle proteine sieriche ed eritrocitarie è connessa
con la predisposizione a sviluppare silicosi, bronchite cronica e asma
professionale.72 Molte di queste malattie elencate nella Tabella 15.6 Morfologia L’antracosi è la più innocua lesione polmonare
sono abbastanza rare. Pertanto, solo alcune di quelle che causano indotta dal carbone nei minatori e si osserva con una certa
fibrosi del polmone verranno presentate in seguito. frequenza negli abitanti delle città e nei fumatori di tabacco.
Il pigmento di carbone inalato viene fagocitato dai macrofagi
alveolari o interstiziali, che lo accumulano poi nel tessuto
Pneumoconiosi semplice dei minatori di carbone
connettivo, lungo i linfatici, inclusi i linfatici della pleura, o
Le misure adottate a livello internazionale per la riduzione della nel tessuto linfoide organizzato lungo i bronchi o all’ilo
concentrazione della polvere di carbone nelle miniere hanno dra- polmonare.
sticamente ridotto l’incidenza della pneumoconiosi semplice dei
688 CAPITOLO 15 Il polmone

Evoluzione clinica. La CWP è una malattia solitamente benigna


La CWP semplice è caratterizzata da macule di carbone che causa una modesta riduzione della funzionalità polmonare.
(1-2 mm di diametro) e da noduli di carbone un po’ più grandi. Anche le forme di CWP complicata non mostrano alterazioni della
La macula di carbone è costituita da macrofagi carichi di funzionalità polmonare. In una minoranza di casi (meno del 10%),
carbone; il nodulo contiene anche una sottile rete di fibre si sviluppa PMF, con aumento della disfunzione polmonare, iper-
collagene. Sebbene queste lesioni siano sparse in tutto il tensione polmonare e cuore polmonare. Una volta sviluppata, la
polmone, i lobi superiori e le zone superiori dei lobi inferiori PMF può diventare progressiva anche se non vi è più esposizione
sono le più interessate. Sono localizzate soprattutto vicino ai alla polvere. A differenza della silicosi (trattata più avanti), non vi
bronchioli respiratori, sede dell’iniziale accumulo di polvere. sono evidenze convincenti che la polvere di carbone aumenti la
Nel tempo, si verifica dilatazione degli alveoli adiacenti, una predisposizione ad ammalarsi di tubercolosi. Vi è una certa evidenza
condizione a volte descritta come enfisema centrolobulare. che l’esposizione alla polvere di carbone aumenti l’incidenza di
La CWP complicata (fibrosi progressiva massiva) si sovrap- bronchite cronica ed enfisema, indipendentemente dal fumo. Per-
pone a un quadro di CWP semplice e in genere richiede molti tanto, a tutt’oggi non è stato ancora dimostrato che la CWP, in as-
anni per svilupparsi. La malattia è caratterizzata da cicatrici senza di fumo, predisponga al cancro.
intensamente pigmentate di nero più grandi di 2 cm, talvolta
anche fino a 10 cm di diametro massimo. Sono di solito mul-
Silicosi
tiple (Fig. 15.17). Microscopicamente, le lesioni sono costi-
tuite da collagene denso e pigmentato. Il centro della lesione La silicosi è una malattia polmonare causata dall’inalazione di cri-
è spesso necrotico e questo è dovuto, molto probabilmente, stalli di biossido di silicio (silice).74 Attualmente rappresenta la ma-
a ischemia locale. lattia professionale cronica più diffusa al mondo. Si presenta di solito,
dopo decenni di esposizione, come una pneumoconiosi fibrosante,
nodulare, a lento sviluppo. Come mostra la Tabella 15.6, sono a ri-
schio lavoratori impegnati in svariate occupazioni, ma soprattutto i
soffiatori di vetro e molti minatori. Meno frequentemente, l’esposi-
zione che perdura da alcuni mesi fino a pochi anni può causare si-
licosi acuta, lesione caratterizzata dall’accumulo generalizzato di
materiale lipoproteico all’interno degli alveoli (identico morfologi-
camente alla proteinosi alveolare, trattata più avanti).
Patogenesi. La silice è presente in forma cristallina e amorfa, ma
le forme cristalline (compresi il quarzo, la cristobalite e la tridimite)
sono molto più fibrogeniche. Tra queste, il quarzo è più comune-
mente implicato nella silicosi. Dopo l’inalazione, le particelle inte-
ragiscono con le cellule epiteliali e i macrofagi. All’interno dei ma-
crofagi, la silice causa l’attivazione e il rilascio di mediatori. Tali
mediatori includono l’IL-1, il TNF, la fibronectina, i mediatori lipi-
dici, i radicali liberi dell’ossigeno e citochine fibrogeniche.75,76 Vi è
una forte evidenza che sottolinea il ruolo del TNF poiché anticorpi
monoclonali anti-TNF possono bloccare l’accumulo di collagene
polmonare in topi a cui sia stata somministrata silice intratracheale.
È stato evidenziato che, se unito ad altri minerali, il quarzo ha un
effetto fibrogenico ridotto. Questo fenomeno è di importanza pratica
poiché il quarzo inalato negli ambienti lavorativi raramente è puro.
Pertanto, i minatori dell’ematite sotto forma di minerale grezzo
contenente ferro, possono avere più quarzo nei polmoni che altri
lavoratori esposti al quarzo stesso. Tuttavia, possono presentare una
malattia polmonare relativamente lieve per via degli effetti protettivi
dell’ematite. Sebbene i silicati amorfi siano biologicamente meno
attivi rispetto alla silice cristallina, se presenti in grande quantità nel
polmone, possono anch’essi provocare lesioni.

Morfologia La silicosi è caratterizzata macroscopicamente


nelle sue fasi iniziali da noduli piccoli, appena palpabili, di
colore dal pallido al nerastro (se è presente anche polvere di
carbone) localizzati nelle zone superiori dei polmoni. Con
l’avanzare della malattia, questi noduli possono unirsi in
Figura 15.17 Fibrosi massiva progressiva sovrapposta a pneumoconiosi cicatrici dure e fibrotiche (Fig. 15.18). Alcuni noduli possono
dei minatori di carbone. Le cicatrici grandi, nerastre sono localizzate soprat- andare incontro a rammollimento centrale e cavitazione.
tutto nei lobi superiori. Si notino l’estensione delle cicatrici nel parenchima
circostante e la retrazione della pleura adiacente. (Per gentile concessione Questa modificazione può essere dovuta a tubercolosi so-
del Dr. Werner Laquer e del Dr. Jerome Kleinerman, National Institute of vrapposta o a ischemia. Lesioni fibrotiche possono anche
Occupational Safety and Health, Morgantown, WV)
CAPITOLO 15 Il polmone 689

Evoluzione clinica. Le radiografie del torace mostrano general-


osservarsi nei linfonodi ilari e nella pleura. Talora, nei linfo- mente una fine nodularità nelle zone superiori del polmone, ma la
nodi si trovano sottili lamine di calcificazioni visibili radiolo- funzione polmonare è normale o soltanto moderatamente alterata.
gicamente sotto forma di calcificazioni a guscio d’uovo (cioè, La maggior parte dei pazienti non sviluppa dispnea fino agli ultimi
il calcio circostante la zona centrale dove la calcificazione è stadi della malattia in seguito alla presenza della fibrosi massiva
assente). Se la malattia continua a progredire, l’espansione progressiva. Inoltre, la malattia può progredire anche se il paziente
e la coalescenza delle lesioni producono la fibrosi massiva non è più esposto. La malattia conduce alla morte lentamente, ma
progressiva. Le lesioni nodulari consistono in strati concen- l’alterata funzione polmonare può limitare fortemente lo svolgimen-
trici di collagene ialinizzato circondato da una capsula di to delle attività quotidiane. La silicosi è associata a un’aumentata
collagene più denso (Fig. 15.19). L’esame dei noduli con il predisposizione alla tubercolosi. Si ritiene che la silicosi determini
microscopio a luce polarizzata rivela particelle birifrangenti una depressione dell’immunità cellulo-mediata e che i cristalli di
di silice. silice possano inibire la capacità dei macrofagi polmonari di uccidere
i micobatteri fagocitati. I noduli di silicotubercolosi spesso mostrano
una zona centrale di caseificazione. Peraltro, la relazione tra la silice
e il cancro polmonare è stata oggetto di controversie. Nel 1997, l’In-
ternational Agency for Research on Cancer (IARC) ha concluso che
la silice cristallina da fonti professionali è cancerogena negli esseri
umani. Ciononostante, tale argomento continua a essere dibattuto.

Malattie legate all’asbesto (amianto)


Per asbesto (amianto) si intende un insieme di cristalli idrati di silice
che formano fibre. In molti Paesi sviluppati l’uso dell’asbesto è stato
fortemente ridotto; tuttavia, vi è un modesto controllo, ove presente,
nelle regioni meno sviluppate del mondo.77 Sulla base di studi epi-
demiologici, l’esposizione professionale all’asbesto è legata alla pre-
senza di:78

Placche fibrose localizzate o, raramente, fibrosi pleurica diffusa


Versamenti pleurici
Fibrosi interstiziale parenchimale (asbestosi)
Carcinoma polmonare
Mesoteliomi
Neoplasia della laringe e probabilmente altre neoplasie extrapol-
monari, tra cui il carcinoma del colon

Una maggiore incidenza di patologie tumorali connesse con


l’asbesto nei familiari dei lavoratori esposti, ha messo in allarme
Figura 15.18 Silicosi avanzata visibile su una sezione di polmone.
La cicatrizzazione ha contratto il lobo superiore in un piccola massa scura
l’opinione pubblica riguardo ai rischi potenziali dell’asbesto presente
(freccia). Si noti il denso ispessimento pleurico. (Per gentile concessione nell’ambiente. La condotta degli organismi di salute pubblica in
del Dr. John Godleski, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA) merito ai bassi livelli di esposizione, come potrebbero essere riscon-
trati nei vecchi edifici o scuole, è controversa: alcuni esperti mettono
in dubbio l’utilità di costosi programmi di bonifica degli ambienti
che contengono concentrazioni di fibre nell’aria inferiori a 100 volte
rispetto ai livelli standard professionali permessi.
Patogenesi. La malattia viene influenzata da concentrazione,
dimensioni, forma e solubilità delle differenti forme di asbesto:
serpentino e anfibolo. La forma chimica di crisotile serpentino è la
forma di amianto più utilizzata nell’industria. Gli anfiboli, benché
meno frequenti, sono più patogeni del crisotilo, in particolare nell’in­
durre tumori pleurici maligni (mesoteliomi).
La più elevata patogenicità degli anfiboli sembra apparentemente
connessa con le loro proprietà aerodinamiche e con la loro solubilità.
I crisotili, con la loro struttura più flessibile e incurvata, vengono
più facilmente intrappolati nelle vie respiratorie superiori e rimossi
dall’apparato mucociliare. Inoltre, una volta intrappolati nei polmo-
ni, i crisotili vengono gradualmente eliminati dai tessuti poiché sono
più solubili degli anfiboli. Al contrario, gli anfiboli dritti e rigidi
Figura 15.19 Molti noduli silicotici di collagene coalescente. (Per gentile possono disporsi parallelamente alla direzione del flusso aereo ed
concessione del Dr. John Godleski, Brigham and Women’s Hospital, Boston, essere trasportati in profondità nei polmoni, dove possono penetrare
MA) nelle cellule epiteliali e raggiungere l’interstizio. Sia le fibre degli
690 CAPITOLO 15 Il polmone

anfiboli sia quelle dei serpentini sono fibrogeniche, e maggiori quantità


di dosi inalate sono associate a un’incidenza più elevata di tutte le genere sulle zone anteriori e postero-laterali della pleura pa-
patologie amianto correlate, tranne il mesotelioma, che è correlato rietale e sulla cupola del diaframma. Le dimensioni e il numero
esclusivamente all’esposizione alle fibre di anfiboli. delle placche pleuriche non sono correlati al livello di esposi-
Diversamente da altre polveri inorganiche, l’asbesto può altresì agire zione all’amianto o alla durata dell’esposizione.81 Non conten-
come iniziatore e promotore tumorale. Alcuni degli effetti oncogenici gono corpi asbestosici; tuttavia, solo di rado si presentano in
dell’asbesto sono mediati dalla reattività dei radicali liberi generata dalle individui che non hanno alcuna storia o evidenza di esposi-
fibre di asbesto che si localizzano preferibilmente nel polmone distale, zione all’asbesto. Raramente, l’esposizione all’asbesto causa
prossimo agli strati mesoteliali. Le sostanze chimiche potenzialmente versamenti pleurici, che sono di solito sierosi, ma possono
tossiche che sono assorbite nelle fibre asbestosiche, molto probabilmente essere anche ematici. Raramente può verificarsi fibrosi pleu-
contribuiscono all’oncogenicità delle fibre. Ad esempio, l’assorbimento rica viscerale diffusa che, nei casi più avanzati, fa aderire te-
nelle fibre di asbesto di cancerogeni contenuti nel fumo di tabacco può nacemente il polmone alla parete della cavità toracica.
contribuire alla notevole sinergia tra fumo di tabacco e sviluppo di car- Nei lavoratori esposti all’asbesto si possono sviluppare sia
cinoma polmonare nei lavoratori dell’amianto. Uno studio condotto sui carcinomi polmonari sia mesoteliomi (pleurico e peritoneale).
lavoratori dell’asbesto ha mostrato un aumento di cinque volte dell’in- I lavoratori dell’asbesto hanno un rischio quintuplicato di
cidenza di carcinoma polmonare per l’esposizione isolata all’asbesto, sviluppare un carcinoma polmonare; il rischio relativo di
mentre l’esposizione concomitante ad asbesto e a fumo implica un mesotelioma, in genere un tumore raro (2-17 casi su 1 milio-
aumento del rischio di carcinoma polmonare di 55 volte.80 ne di persone), è oltre 1.000 volte maggiore. La concomitanza
La comparsa di asbestosi, come di altre pneumoconiosi, dipende con il fumo di sigaretta può aumentare notevolmente il ri-
dall’interazione delle fibre inalate con i macrofagi polmonari e con schio di carcinoma polmonare, ma non di mesotelioma.
altre cellule parenchimali. La lesione iniziale si presenta alle bifor-
cazioni delle piccole vie aeree e dei dotti, dove le fibre asbestosiche
si fermano e penetrano. Sia i macrofagi alveolari sia quelli intersti-
ziali tentano di fagocitare e di eliminare le fibre e vengono attivati
per rilasciare fattori chemotattici e mediatori fibrogenici che ne
amplificano la risposta. La deposizione cronica di fibre e il rilascio
continuo di mediatori portano infine a infiammazione interstiziale
polmonare generalizzata e a fibrosi interstiziale.

Morfologia L’asbestosi è caratterizzata da fibrosi interstiziale


polmonare diffusa, indistinguibile dalla fibrosi interstiziale
diffusa dovuta ad altre cause, tranne che per la presenza dei
corpuscoli asbestosici. I corpuscoli asbestosici hanno l’aspetto
di corpi di colore marrone dorato, fusiformi o bastoncellari con
un centro traslucido e consistono in fibre di asbesto ricoperte
da un materiale proteinaceo contenente ferro (Fig. 15.20). Si
formano quando i macrofagi tentano di fagocitare le fibre di
amianto; il ferro è presumibilmente derivato dalla ferritina dei Figura 15.20 Dettagli ad alto ingrandimento di un corpuscolo di asbesto,
fagociti. Altre particelle inorganiche si ricoprono con complessi che evidenzia i piccoli segmenti dalle estremità bastoncellari e nodose
(freccia).
di ferroproteine simili e sono chiamati corpi marziali. I corpu-
scoli asbestosici possono essere raramente riscontrati nei
polmoni di persone normali.
L’asbestosi inizia come fibrosi intorno ai bronchioli respiratori
e ai dotti alveolari e si estende a interessare i sacchi alveolari
e gli alveoli adiacenti. Il tessuto fibroso distorce l’architettura
normale del polmone, creando spazi cistici allargati racchiusi
in pareti spesse e fibrose; alla fine, le zone interessate assu-
mono l’aspetto a favo d’api. Il quadro della fibrosi è simile a
quello visto nella UIP, con foci fibroblastici e vari gradi di fi-
brosi, la cui unica differenza è data dalla presenza di numerosi
corpuscoli asbestosici. Contrariamente alla CWP e alla silicosi,
l’asbestosi inizia nei lobi inferiori e nelle zone subpleuriche.
Quando la fibrosi progredisce vi è un interessamento della
zona intermedia e dei lobi superiori dei polmoni. La cicatriz-
zazione può intrappolare e restringere le arterie e le arteriole
polmonari, causando ipertensione e cuore polmonare.
Le placche pleuriche, le più frequenti manifestazioni dell’espo-
Figura 15.21 Placche pleuriche dovute all’asbesto. Grandi placche fi-
sizione all’asbesto, sono placche ben circoscritte di collagene brocalcifiche sono visibili sulla superficie pleurica del diaframma. (Per gentile
denso (Fig. 15.21), spesso contenenti calcio. Si sviluppano in concessione del Dr. John Godleski, Brigham and Women’s Hospital, Boston,
MA)
CAPITOLO 15 Il polmone 691

Evoluzione clinica. I segni clinici dell’asbestosi sono molto simili tipo II e dei fibroblasti. Inoltre, la presenza di cellule epiteliali atipiche
a quelli causati da altre malattie polmonari interstiziali diffuse (trat- e di cellule schiumose entro le pareti dei vasi è una caratteristica
tate precedentemente). La dispnea è di solito la prima manifestazio- ulteriore delle lesioni da radiazioni.
ne, dapprima provocata dallo sforzo, poi presente anche a riposo.
La dispnea è di norma accompagnata da tosse produttiva. Queste Malattie Granulomatose
manifestazioni compaiono raramente prima di 10 anni dalla prima
esposizione e sono più frequenti dopo 20 o più anni. La radiografia Sarcoidosi
del torace rivela addensamenti lineari irregolari, particolarmente
visibili in entrambi i lobi inferiori. Con il progredire della pneumo- La sarcoidosi è una malattia sistemica da causa ignota, caratterizzata
coniosi, si sviluppa la forma tipo a favo d’api. La malattia può per- da granulomi non caseosi in molti tessuti e organi. Presenta molte-
manere stabile o progredire verso l’insufficienza respiratoria, il cuore plici quadri clinici, ma l’adenopatia ilare bilaterale o l’interessamento
polmonare e la morte. Le placche pleuriche sono in genere asinto- polmonare sono visibili alla radiografia del torace nel 90% dei casi.
matiche e sono visibili nelle radiografie sotto forma di aree dense Le lesioni oculari e cutanee sono al secondo posto per frequenza.
circoscritte. L’asbestosi complicata da carcinoma polmonare o tu- Poiché anche altre malattie, tra cui le infezioni da micobatteri o da
more pleurico è associata a una prognosi particolarmente nefasta. funghi e la berilliosi, possono produrre granulomi non caseosi (duri),
la diagnosi istologica di sarcoidosi è di esclusione.85
La prevalenza della sarcoidosi è più alta nelle donne rispetto agli
Complicanze correlate alle terapie
uomini e varia molto nei differenti Paesi e popolazioni. Negli Stati
Malattie polmonari indotte da farmaci. I farmaci possono causare Uniti, la frequenza è più alta nelle regioni sud-orientali. È 10 volte
una varietà di alterazioni sia acute sia croniche della struttura e della superiore nei neri americani rispetto ai bianchi. Al contrario, nei cinesi
funzione respiratoria che possono comprendere la fibrosi interstiziale, e nelle popolazioni del Sud-Est asiatico la malattia risulta rara.
la bronchiolite obliterante e la polmonite eosinofila (Tab. 15.7).82 Ad Eziologia e patogenesi. Sebbene l’eziologia della sarcoidosi ri-
esempio, i farmaci citotossici usati nella terapia del cancro (ad es. la manga sconosciuta, molti indizi suggeriscono che la malattia sia
bleomicina) provocano lesioni polmonari e fibrosi a causa della loro dovuta a un disturbo della regolazione immunitaria in individui
tossicità diretta e in quanto stimolano l’afflusso delle cellule infiamma- geneticamente predisposti esposti a determinati agenti ambientali.86
torie negli alveoli. L’amiodarone, un farmaco che controlla le aritmie Il ruolo di ciascuno di questi tre fattori concomitanti è riassunto di
cardiache refrattarie, si concentra preferenzialmente nei polmoni e seguito.
causa una polmonite caratteristica nel 5-15% dei pazienti trattati. Fattori immunologici. Esistono numerose alterazioni immuno-
Malattie polmonari indotte da radiazioni. La polmonite da logiche nel granuloma sarcoidotico che suggeriscono lo sviluppo di
radiazioni è una ben nota complicanza della radioterapia delle neo­ una risposta cellulo-mediata a un antigene non identificato.87 Tale
plasie polmonari e toraciche (esofago, mammella, mediastino).83 processo è guidato dalle cellule T helper CD4+. Queste alterazioni
Molto spesso interessa il polmone entro il campo di irraggiamento, comprendono:88
ma occasionalmente può estendersi ad altre aree dello stesso pol-
mone o anche al polmone controlaterale. Si manifesta in forma acuta Accumulo intra-alveolare e interstiziale di cellule T CD4+, con
e cronica. Da uno a sei mesi in seguito a irradiazione frazionata, si alterazione del rapporto T cellulare CD4/CD8 da 5:1 a 15:1. Vi è
verifica una pneumopatia acuta da radiazioni (alveolite linfocitaria espansione oligoclonale di cellule T, come indicato dall’analisi
o una polmonite da ipersensibilità) nel 10-20% dei pazienti. Si ma- del riarrangiamento del T-recettore, che fa pensare a una proli-
nifesta con febbre e dispnea di entità proporzionale al volume del ferazione stimolata dall’antigene.
polmone irradiato, versamento pleurico e infiltrati radiologici che Livelli aumentati di citochine TH1 derivate da cellule T, come IL-2
di solito corrispondono all’area della precedente radioterapia. Con e IFN-g, che determinano rispettivamente espansione T cellulare
la terapia steroidea, questi sintomi possono risolversi completamen- e attivazione macrofagica.
te, in alcuni pazienti, senza effetti a lungo termine,84 mentre in altri Aumentati livelli di diverse citochine nell’ambiente locale (IL-8,
si osserva la progressione a pneumopatia cronica da radiazioni (fi- TNF, proteina infiammatoria macrofagica 1a), che favoriscono il
brosi polmonare). Quest’ultima è una conseguenza del processo di reclutamento di ulteriori cellule T e di monociti e che contribui­
riparazione delle cellule endoteliali ed epiteliali comprese nell’area scono alla formazione di granulomi. Un’elevata quantità di TNF
irradiata. Le alterazioni morfologiche si traducono in un danno al- viene rilasciata in particolare dai macrofagi alveolari attivati e il
veolare diffuso, comprese atipie gravi delle cellule iperplastiche di suo livello nel liquido broncoalveolare è un marcatore dell’attività
della malattia.

Inoltre, si osservano altre alterazioni immunologiche sistemiche


TABELLA 15.7 Esempi di pneumopatia indotta da farmaci nei pazienti con sarcoidosi:
Farmaco Pneumopatia Anergia ai comuni test cutanei ad antigeni come la Candida o il
Bleomicina Polmonite e fibrosi derivato proteico purificato della tubercolina (Purified Protein
Metotrexato Polmonite da ipersensibilità Derivative, PPD)
Ipergammaglobulinemia policlonale, altra manifestazione di
Amiodarone Polmonite e fibrosi
disregolazione delle cellule T helper
Nitrofurantoina Polmonite da ipersensibilità
Acido acetilsalicilico Broncospasmo Fattori genetici. L’evidenza delle influenze genetiche è determinata
b-antagonisti Broncospasmo
dal raggruppamento dei casi in gruppi familiari e razziali e l’associa-
zione con determinati genotipi HLA (ad es. HLA-A1 e HLA-B8).
692 CAPITOLO 15 Il polmone

Fattori ambientali. Tra tutti i fattori eziologici, questi sono pro-


babilmente i meno evidenti nella patogenesi della sarcoidosi. Come
per molte altre malattie di eziologia ignota, i sospetti cadono sui
microrganismi. Infatti, sono stati proposti numerosi microrganismi
come agenti scatenanti della sarcoidosi (ad. es. micobatteri, Propio-
nibacterium acnes e Rickettsia spp.).89 Purtroppo, non vi sono certezze
che la sarcoidosi sia causata da un agente infettivo.

Morfologia Istologicamente, tutti i tessuti interessati mo-


strano i classici granulomi non caseosi (Fig. 15.22), ciascuno
costituito da un aggregato di cellule epitelioidi strettamente
raggruppate, spesso con cellule di Langhans o cellule giganti
da corpo estraneo. La necrosi centrale è rara. Con la croni-
cizzazione, i granulomi possono essere racchiusi da orletti
Figura 15.22 Caratteristici granulomi sarcoidosici non caseosi nella
fibrosi oppure essere sostituiti da cicatrici fibrose ialine. regione peribronchiale, con molte cellule giganti.
Concrezioni lamellari composte da calcio, proteine dette
corpi di Schaumann e inclusioni stellate note come corpi
asteroidi racchiusi in cellule giganti sono riscontrate nel 60%
circa dei granulomi. Sebbene caratteristici, questi aspetti Lesioni cutanee si osservano da un terzo alla metà dei casi.
microscopici non sono patognomonici della sarcoidosi per- La sarcoidosi della cute assume aspetti macroscopici diffe-
ché i corpi asteroidi e i corpi di Schaumann possono essere renti (ad es. noduli sottocutanei palpabili; placche eritema-
riscontrati in altre malattie granulomatose (ad es. la tuber- tose focali, lievemente sporgenti; lesioni piane lievemente
colosi). L’interessamento patologico di quasi tutti i distretti arrossate e desquamate, simili a quelle presenti nel lupus
dell’organismo è descritto di seguito. eritematoso). Le lesioni possono anche comparire sulle mem-
I polmoni sono in genere interessati.90 Macroscopicamente, non brane mucose della cavità orale, della laringe e del tratto
vi sono di solito alterazioni dimostrabili, sebbene a volte la respiratorio superiore. L’occhio, le ghiandole lacrimali e le
coalescenza di granulomi possa produrre piccoli noduli palpa- ghiandole salivari sono interessati da un quinto alla metà dei
bili o visibili sotto forma di lesioni solide caseose, non cavitate, casi. L’interessamento oculare si manifesta sotto forma di
di dimensioni comprese tra 1 e 2 cm. Istologicamente, queste irite o iridociclite, sia bilateralmente sia unilateralmente. Di
lesioni sono distribuite soprattutto lungo i linfatici, intorno ai conseguenza, possono verificarsi opacità corneale, glaucoma
bronchi e ai vasi sanguigni, nonostante si possano osservare e perdita totale della vista. Queste lesioni oculari sono spesso
lesioni alveolari. La relativa frequenza di granulomi nella sotto- accompagnate da flogosi delle ghiandole lacrimali, con so-
mucosa bronchiale giustifica l’alta sensibilità diagnostica delle spensione della lacrimazione. La sarcoidosi bilaterale della
biopsie broncoscopiche. Apparentemente, vi è una forte ten- parotide, delle ghiandole sottomascellari e delle ghiandole
denza alla guarigione delle lesioni a livello dei polmoni, per cui sublinguali completa l’associazione di uveoparotite definita
sono spesso compresenti vari stadi di fibrosi e ialinizzazione. come sindrome di Mikulicz (Cap. 16). L’interessamento mu-
Le superfici pleuriche sono talora interessate. scolare viene spesso sottodiagnosticato in quanto potenzial-
I linfonodi sono interessati nella maggior parte dei casi, mente asintomatico. Sintomi come ipostenia muscolare,
soprattutto i linfonodi ilari e mediastinici, ma può essere in- dolori e astenia dovrebbero rapidamente indurre il sospetto
teressato qualsiasi altro linfonodo dell’organismo. I linfonodi di miosite sarcoidosica occulta.91 La biopsia del muscolo può
sono tipicamente aumentati di volume, separati e qualche essere di utilità quando i dati clinici portano a considerare la
volta calcificati. Le tonsille sono colpite in un quarto fino a un sarcoidosi. Granulomi sarcoidotici possono essere riscontrati
terzo dei casi. occasionalmente nel cuore, nei reni, nel sistema nervoso
La milza è coinvolta microscopicamente in circa tre quarti centrale e nelle ghiandole endocrine, in particolare nell’ipo-
dei casi, ma è ingrandita solo in un quinto. Occasionalmente, fisi, nonché in altri tessuti.
i granulomi possono fondersi a formare piccoli noduli che
sono appena visibili macroscopicamente. La capsula non è
interessata. Il fegato è coinvolto in una percentuale di casi Evoluzione clinica. La sarcoidosi è una malattia proteiforme a
leggermente inferiore rispetto alla milza. Può risultare mo- causa dei diversi gradi di gravità e della distribuzione incostante
deratamente ingrandito e contenere granulomi diffusi, più delle lesioni. Può essere diagnosticata casualmente su radiografie
nella triade portale che nel parenchima lobulare. L’ago aspi- del torace eseguite di routine sotto forma di adenopatia ilare bilate-
rato può avere una valenza diagnostica. rale o presentarsi con linfoadenopatia periferica, lesioni cutanee,
Il midollo osseo è implicato in circa un quinto dei casi di interessamento oculare, splenomegalia o epatomegalia. Nella grande
sarcoidosi sistemica. Le lesioni dell’osso visibili a livello ra- maggioranza dei casi, comunque, i pazienti si rivolgono al medico
diologico hanno la particolare tendenza a coinvolgere le fa- per l’esordio insidioso di alterazioni respiratorie (affaticamento
langi delle mani e dei piedi, creando piccole aree circoscritte respiratorio, tosse, dolore toracico, emottisi) o di segni e sintomi
di riassorbimento osseo nella cavità midollare e un ampio generali (febbre, affaticamento, calo ponderale, anoressia, sudora-
reticolato cavitario, con slargamento delle strutture ossee o zioni notturne).
apposizione ossea sulla superficie esterna. La sarcoidosi ha un decorso imprevedibile, caratterizzato da cro-
nicità progressiva o da periodi di riacutizzazioni intervallati a periodi
CAPITOLO 15 Il polmone 693

di remissione, talvolta permanenti. La remissione può essere sponta-


nea o indotta da terapia corticosteroidea. In generale, il 65-70% dei
pazienti affetti guarisce con reliquati minimi o nulli. Il 20% ha altera-
zioni permanenti della funzionalità polmonare oppure alterazioni
visive permanenti. Del rimanente 10-15%, alcuni muoiono di pato-
logia cardiaca o per lesioni del sistema nervoso centrale, ma la maggior
parte muore per fibrosi polmonare progressiva e cuore polmonare.

Polmoniti da ipersensibilità
Il termine polmonite da ipersensibilità definisce uno spettro di ma-
lattie polmonari, soprattutto interstiziali, immuno-mediate, causate
da un’intensa, spesso prolungata, esposizione a polveri organiche e
ai relativi antigeni inalati nell’ambiente di lavoro.92 I soggetti affetti
mostrano una sensibilità anomala o una reattività maggiore all’an-
tigene che, diversamente da quanto avviene nell’asma, interessa Figura 15.23 Polmonite da ipersensibilità, aspetto istologico. Granulomi
soprattutto gli alveoli (da cui il sinonimo di “alveolite allergica”).93 interstiziali lassamente formati e infiammazione cronica sono caratteristici.
È importante riconoscere precocemente queste malattie nel loro decorso
poiché la progressione verso gravi malattie polmonari croniche fibro-
tiche può essere prevenuta con l’eliminazione dell’agente ambientale. Caratteristiche cliniche. Le manifestazioni cliniche sono mol-
Più frequentemente, l’ipersensibilità è una conseguenza dell’ina- teplici. Gli attacchi acuti, che seguono all’inalazione di polvere con-
lazione di polveri organiche contenenti antigeni composti da spore tenente l’antigene in pazienti sensibilizzati, consistono in episodi
di batteri termofili, funghi, proteine animali o prodotti batterici. Di ricorrenti di febbre, dispnea, tosse e leucocitosi. Infiltrati diffusi e
seguito sono descritte nello specifico numerose sindromi, a seconda nodulari si evincono dalla radiografia del torace e i test di funzio-
dell’esposizione e della professione dell’individuo. Il polmone del nalità polmonare mostrano una patologia restrittiva acuta. I sintomi
contadino deriva dall’esposizione a polveri generate dall’azione caldo- di solito appaiono 4-6 ore dopo l’esposizione. Nel caso di esposizione
umido del fieno raccolto che causa la rapida proliferazione di spore continua e protratta, sopravviene una forma cronica della malattia
di actinomiceti termofili. Il polmone dell’allevatore di piccioni (ma- connotata da insufficienza respiratoria progressiva, dispnea, cianosi
lattia dell’amatore di uccelli) è provocata da proteine del siero, delle e diminuzione della capacità polmonare totale e della compliance.
secrezioni o delle penne degli uccelli. Il polmone da umidificatore o In questo caso si configura un quadro clinico molto simile ad altre
da aria condizionata è causato da batteri termofili presenti nell’acqua forme di malattia interstiziale cronica.
riscaldata dei serbatoi.
Numerosi segni suggeriscono che la polmonite da ipersensibilità Eosinofilia Polmonare
sia una malattia immuno-mediata:
Numerose entità polmonari cliniche e patologiche sono caratterizzate
I campioni di lavaggio broncoalveolare ottenuti durante la fase da infiltrazione di eosinofili, in parte reclutati da elevati livelli alveolari
acuta rivelano un aumento dei livelli di citochine proinfiamma- di molecole ad azione chemotattica per gli eosinofili come l’IL-5.95
torie come la proteina infiammatoria macrofagica 1a e l’IL-8. L’eosinofilia polmonare è suddivisa nelle seguenti categorie:96
Gli stessi campioni rivelano altresì un’aumentata quantità di
linfociti T di entrambi i fenotipi CD4+ e CD8+. Polmonite eosinofila acuta con insufficienza respiratoria
La maggior parte dei pazienti presenta anticorpi specifici nel Polmonite eosinofila semplice o sindrome di Löffler
siero, una caratteristica che denota ipersensibilità di tipo III (da Eosinofilia tropicale, causata da infezione da microfilarie
immunocomplessi). Eosinofilia secondaria (che si manifesta in molte infezioni paras-
Mediante l’immunofluorescenza si è dimostrata la presenza di sitarie, fungine e batteriche; nelle polmoniti da ipersensibilità;
complemento e immunoglobuline nella parete dei vasi. Questo nelle allergie a farmaci e in associazione ad asma, aspergillosi
è un ulteriore indicatore di ipersensibilità di tipo III. broncopolmonare allergica o vasculite)
La cosiddetta polmonite eosinofila cronica idiopatica
In ultima analisi, la presenza di granulomi non caseosi nei due
terzi dei pazienti suggerisce lo sviluppo di un’ipersensibilità ritardata La polmonite acuta eosinofila con insufficienza respiratoria è una
mediata dalle cellule T (tipo IV) contro l’antigene in causa. malattia acuta da causa ignota. Ha un esordio rapido con febbre,
dispnea e insufficienza respiratoria ipossiemica. La radiografia
del torace mostra addensamenti diffusi e il liquido di lavaggio
Morfologia Le modificazioni istologiche nelle forme suba- broncoalveolare contiene oltre il 25% di eosinofili. Vi è una rapida
cute e croniche interessano soprattutto i bronchioli. 94 Esse risposta ai corticosteroidi.
comprendono (1) polmonite interstiziale caratterizzata soprat- L’eosinofilia polmonare semplice è caratterizzata da lesioni polmo-
tutto da accumulo di linfociti, plasmacellule e macrofagi; (2) nari transitorie, eosinofilia nel sangue e un decorso clinico benigno.
granulomi non caseosi nei due terzi dei pazienti (Fig. 15.23); Le radiografie del torace sono abbastanza caratteristiche, con presen-
(3) fibrosi interstiziale, polmone a favo d’api e bronchiolite za di ombre di varia dimensione e forma presenti in qualunque lobo
obliterante (nelle fasi avanzate). In oltre la metà dei pazienti che indicano opacità intrapolmonari irregolari. I setti alveolari sono
si evidenzia anche un infiltrato intra-alveolare. ispessiti da un infiltrato composto da eosinofili e talvolta da cellule
giganti sparse, ma non vi è presenza di vasculite, fibrosi o necrosi.
694 CAPITOLO 15 Il polmone

La polmonite eosinofila cronica è caratterizzata da zone focali di


addensamento cellulare del parenchima polmonare distribuite so-
prattutto alla periferia dei campi polmonari. In queste lesioni risul-
tano alquanto pronunciati grandi aggregati di linfociti ed eosinofili
all’interno dei setti e degli spazi alveolari. Questi pazienti hanno
febbre alta, sudorazioni notturne e dispnea, sintomi che rispondono
alla terapia corticosteroidea. La polmonite eosinofila cronica viene
diagnosticata quando sono state escluse altre cause di eosinofilia
polmonare cronica.

Malattie Interstiziali Correlate Al Fumo


Le malattie correlate al fumo possono essere suddivise in patologie
ostruttive (enfisema e bronchite cronica, già descritte) e patologie
restrittive o interstiziali. La maggior parte dei pazienti con fibrosi
interstiziale idiopatica è costituita da fumatori; tuttavia, il ruolo del Figura 15.24 Polmonite desquamativa interstiziale. Dettagli del polmone
tabagismo nella patogenesi della malattia non è stato ancora del tutto a medio ingrandimento per dimostrare l’accumulo di grandi quantità
di cellule mononucleate entro gli spazi alveolari con soltanto un lieve ispes-
chiarito. Si ritiene che la polmonite interstiziale desquamativa (De- simento fibroso delle pareti alveolari.
squamative Interstitial Pneumonia, DIP) e la bronchiolite respira-
toria associata a malattie interstiziali polmonari rappresentino due
aspetti di malattia polmonare interstiziale associata al fumo.97 dei bronchioli respiratori. La forma più lieve della malattia viene
molto spesso riscontrata incidentalmente dai reperti istologici dei
Polmonite interstiziale desquamativa polmoni di fumatori o ex fumatori.99 Il termine malattia polmonare
interstiziale associata a bronchiolite respiratoria viene usato nei pa-
In origine, si pensava che l’ingente quantità di macrofagi raccolti zienti che sviluppano importante sintomatologia polmonare, alte-
nelle vie aeree, che caratterizza questa malattia, fosse costituita da razione della funzionalità respiratoria e alterazioni radiografiche.
pneumociti desquamati, da cui la denominazione inappropriata di
“polmonite interstiziale desquamativa”.
Morfologia Le alterazioni morfologiche sono rappresentate
da chiazze visibili a basso ingrandimento e con una distribu-
Morfologia Il reperto istologico più tipico è rappresentato zione bronchiolocentrica. I bronchioli respiratori, i dotti alveo­
dall’accumulo di un gran numero di macrofagi con abbondan- lari e gli spazi peribronchiolari contengono aggregati di ma-
te citoplasma contenente pigmento brunastro (macrofagi del crofagi brunastri (macrofagi del fumatore) simili a quelli
fumatore) negli spazi aerei. Si possono osservare particelle di osservati nella DIP. È presente un infiltrato a chiazze sotto-
ferro finemente granulari nel citoplasma del macrofago. Alcuni mucoso e peribronchiolare di linfociti e istiociti. Si osserva
dei macrofagi contengono corpi lamellari (costituiti da surfac- anche una lieve fibrosi peribronchiolare, che espande setti
tante) entro vacuoli di fagocitosi, forse derivati da pneumociti alveolari contigui. L’enfisema centrolobulare è comune, ma
necrotici di tipo II. I setti alveolari sono ispessiti da un infiltrato non grave. In parti diverse dello stesso polmone si nota
infiammatorio di radi linfociti, che spesso include plasmacel- spesso sovrapposizione istologica con la DIP.
lule e occasionalmente eosinofili (Fig. 15.24). I setti sono rive-
stiti da pneumociti cuboidi rigonfi. La fibrosi interstiziale, se
presente, è di lieve entità. È spesso presente enfisema. I sintomi sono di solito lievi e consistono in dispnea a insorgenza
graduale e tosse in pazienti che sono in genere fumatori abituali nel
loro quarto o quinto decennio di vita, con consumo medio di oltre
La DIP di solito si presenta nel quarto o quinto decennio di vita 30 pacchetti di sigarette all’anno. Vi è prevalenza maschile di 2:1. La
ed è più frequente nell’uomo che nella donna secondo un rapporto sospensione del fumo spesso determina un miglioramento.
di 2:1. In sostanza, quasi tutti i pazienti sono fumatori di sigaretta. I
sintomi di esordio comprendono un’insorgenza insidiosa di dispnea Proteinosi Alveolare Polmonare
e tosse secca per settimane o mesi, spesso associate a ippocratismo
digitale. Solitamente, i test di funzionalità polmonare mostrano una La proteinosi alveolare polmonare (PAP) è una malattia rara caratteriz-
lieve alterazione restrittiva, con una moderata riduzione della capacità zata radiologicamente da infiltrati polmonari bilaterali a chiazze asim-
di diffusione dell’anidride carbonica. I pazienti con DIP hanno in metriche e istologicamente da accumulo di surfactante acellulare negli
genere una prognosi buona, con una risposta ottimale, pressoché del spazi intra-alveolari e bronchiolari. Questa malattia si può distinguere
100%, alla terapia steroidea e alla sospensione del fumo.65,98 in tre diverse classi: PAP acquisita, congenita e secondaria. Ciascuna ha
una patogenesi differente, ma con alterazioni istologiche simili.
La PAP acquisita rappresenta il 90% di tutti i casi di PAP e non
Malattia polmonare interstiziale associata
implica alcuna predisposizione familiare. In modo fortuito, alcuni ri-
a bronchiolite respiratoria
cercatori, lavorando con il gene di topi knockout privi del fattore di
La bronchiolite respiratoria consiste in una lesione istologica comu- crescita emopoietico (fattore stimolante la crescita di colonie granulo-
nemente riscontrata nei fumatori e si caratterizza per la presenza di citomacrofagiche, GM-CSF), hanno riscontrato che questi topi presen-
macrofagi pigmentati intraluminali nel primo e nel secondo ordine tavano alterazioni della clearance del surfactante da parte dei macrofagi
CAPITOLO 15 Il polmone 695

alveolari, determinando una condizione simile alla PAP umana. In


seguito, sono stati trovati autoanticorpi neutralizzanti il GM-CSF nel
siero e nel liquido bronchiale di individui con PAP acquisita, ma non
in quelli con PAP congenita o secondaria. Attualmente, si ritiene che
l’anticorpo anti-GM-CSF sia responsabile per lo sviluppo della malat-
tia.100 Questi anticorpi inibiscono l’attività del GM-CSF endogeno,
determinando uno stato di deficit funzionale del GM-CSF. La produ-
zione sistemica degli anticorpi fornisce anche una spiegazione per la
recidiva della PAP in seguito a trapianto polmonare. Pertanto, la PAP
acquisita può essere considerata una patologia autoimmune.
La PAP congenita è una rara causa di distress respiratorio neona-
tale a rapido esordio. A oggi, sono state identificate mutazioni in
geni multipli inclusi quelli che codificano la proteina A3 della fami-
glia delle ATP-leganti (ABCA3) (potenzialmente la più frequente),
la proteina surfactante B (SP-B), la proteina surfattante C (SP-C), il
GM-CSF e la catena b dei recettori GM (GM-CSF/IL-3/IL-5). Figura 15.25 Proteinosi polmonare alveolare, aspetto istologico. Gli
alveoli sono riempiti da precipitato granulare proteico lipidico denso, amorfo,
L’ABCA3 è localizzata nelle membrana dei corpi lamellari e ha mentre le pareti alveolari sono normali.
probabilmente un ruolo nel trasporto dei componenti surfactanti.101
Il deficit di SP-B viene trasmesso con modalità autosomica recessiva
ed è molto spesso causato da una mutazione omozigote nel gene Malattie di origine vascolare
SP-B. Questo porta a un’instabilità del gene SP-mRNA, a un ridotto
o assente SP-B, a disturbi secondari di SP-C e ad accumulo intra- Embolia, Emorragia E Infarto
alveolare di SP-A e SP-C. Polmonare
La PAP secondaria è rara. Le cause sottostanti comprendono di-
sturbi del sistema emopoietico, tumori, disturbi da immunodefi- I trombi che occludono le grandi arterie polmonari sono quasi sempre
cienza, intolleranza alla proteina lisinurica, silicosi acuta e altre di origine embolica. Le trombosi in situ dei grandi vasi sono rare e
sindromi da inalazione. si sviluppano solo in presenza di ipertensione polmonare, ateroscle-
rosi polmonare e insufficienza cardiaca. In genere, gli emboli pol-
monari hanno origine, in oltre il 95% dei casi, da trombi di vene
Morfologia La malattia è caratterizzata da un precipitato profonde degli arti inferiori. L’entità del problema clinico in questio-
omogeneo e granulare negli alveoli che causa addensamento ne è trattata nel Capitolo 4, dove si pone l’accento sull’importanza
confluente focale di ampie aree dei polmoni con minima della frequenza dei casi di embolia e di infarto polmonare. L’embolia
reazione infiammatoria (Fig. 15.25). Al taglio, da queste aree polmonare è la causa di oltre 50.000 decessi negli Stati Uniti ogni
essuda liquido torbido. Come conseguenza, vi è un marcato anno. La sua incidenza all’autopsia può variare dall’1% nella popo-
aumento delle dimensioni e del peso del polmone. Il preci- lazione generale dei pazienti ospedalizzati al 30% dei pazienti dece-
pitato alveolare è acido periodico-reattivo di Schiff positivo duti dopo ustioni gravi, traumi o fratture, fino al 65% dei pazienti
e contiene anche accumuli di colesterolo. Colorazioni immu- ospedalizzati in uno studio in cui sono state utilizzate tecniche
noistochimiche mostrano la presenza delle proteine A e C del speciali per scoprire gli emboli all’autopsia. È l’unica o la più rilevante
surfactante nei deficit congeniti di SP-B e di tutte e tre le causa di morte nel 10% circa dei pazienti che muoiono in ospedale
proteine nella forma acquisita. Ultrastrutturalmente, le alte- in condizioni acute.
razioni nei corpi lamellari degli pneumociti di tipo II possono L’embolia polmonare è una complicanza soprattutto nei pazienti
essere osservati nelle mutazioni sui geni della SP-B, SP-C e che sono già colpiti da una malattia cronica, come cardiopatie o
ABCA3.102 tumori, oppure che sono immobilizzati da giorni o settimane. In
particolare, i pazienti con frattura del bacino sono ad alto rischio.
Stati di ipercoagulabilità sia primari (ad es. il fattore V Leiden, le
La stragrande maggioranza dei pazienti adulti presenta dispnea mutazioni della protrombina e la sindrome da antifosfolipidi) sia
aspecifica a esordio insidioso, tosse e abbondante escreato che spesso secondari (ad es. obesità, intervento chirurgico recente, cancro, uso
contiene frammenti di materiale gelatinoso. Alcuni hanno sintomi di contraccettivi orali, gravidanza), sono fattori di rischio frequenti.
che durano per anni, spesso associati a malattie febbrili. Questi I cateteri venosi centrali a lunga permanenza possono essere causa
pazienti sono a rischio di sviluppare infezioni secondarie provocate di trombi dell’atrio destro, che a loro volta possono essere fonte di
da microrganismi differenti. Possono verificarsi dispnea ingrave- emboli polmonari.
scente, cianosi e insufficienza respiratoria, ma alcuni presentano una La risposta fisiopatologica e il quadro clinico dell’embolia polmo-
malattia a decorso benigno, giungendo a una risoluzione finale delle nare dipendono in gran parte dall’estensione dell’ostruzione al flusso
lesioni. Attualmente, il lavaggio polmonare completo resta la terapia dell’arteria polmonare, dalle dimensioni dei vasi occlusi, dal numero
standard mentre la terapia con GM-CSF è efficace nel 50% dei di emboli, dalle precedenti condizioni del sistema cardiovascolare e
pazienti.103 dal rilascio di fattori vasoattivi come il trombossano A2 da parte delle
La PAP congenita è una malattia respiratoria fatale che insorge piastrine che si accumulano a livello del trombo. Gli emboli deter-
di solito nel neonato. In questo caso, il bambino nasce a termine e minano due principali conseguenze fisiopatologiche: compromissione
sviluppa rapidamente una progressiva insufficienza respiratoria poco respiratoria, dovuta alla presenza di segmenti polmonari ventilati, ma
dopo la nascita. In mancanza di trapianto polmonare, la morte so- non perfusi, e compromissione emodinamica, dovuta all’aumento delle
pravviene tra i tre e i sei mesi di vita. resistenze al flusso polmonare a causa dell’ostruzione embolica.
696 CAPITOLO 15 Il polmone

Morfologia Grandi emboli possono collocarsi nell’arteria


polmonare principale o nei suoi rami maggiori o localizzarsi
a livello della biforcazione (embolo a sella) (Fig. 15.26). Spes-
so ne consegue morte improvvisa a causa dell’interruzione
del flusso ematico attraverso i polmoni. Un’insufficienza
acuta del cuore destro (cuore polmonare acuto) costituisce
un’ulteriore causa di morte. Emboli più piccoli riescono a
raggiungere i vasi più periferici, dove possono provocare
infarto polmonare. Nei pazienti con funzione cardiovascolare
normale, le arterie bronchiali possono spesso sostenere
l’apporto di sangue al parenchima polmonare. Si possono
verificare emorragie, ma non infarto polmonare. La struttura
polmonare sottostante ne è preservata e il riassorbimento
del sangue permette la ricostruzione della struttura Figura 15.26 Grosso embolo a sella proveniente dalla vena femorale
che si trova a cavallo delle arterie polmonari principali sinistra e destra. (Dal
preesistente. materiale didattico del Department of Pathology, University of Texas Sou-
Solamente il 10% circa degli emboli è causa di infarto che thwestern Medical School, Dallas, TX)
sopravviene quando la circolazione è già insufficiente, come
nei pazienti con malattie cardiache o polmonari. Questa è la
ragione per cui l’infarto polmonare è poco frequente nei
giovani. Circa tre quarti di tutti gli infarti interessano i lobi una pleurite fibrinosa sovrapposta può produrre sfregamenti
inferiori e in oltre la metà dei casi si hanno lesioni multiple. pleurici.
Variano in dimensione da lesioni appena visibili a occhio Gli esiti radiografici del torace possono essere variabili, normali
nudo al notevole interessamento di vaste aree in seno a un o rivelare un infarto polmonare, di solito da 12 fino a 36 ore dopo
intero lobo. Tipicamente a forma di cuneo, si estendono alla la sua insorgenza, presentandosi come un addensamento a forma di
periferia del polmone con l’apice diretto verso l’ilo. Nella cuneo. L’embolia polmonare viene comunemente diagnosticata me­
maggior parte dei casi, si può identificare un vaso occluso diante l’angiografia tomografica computerizzata spirale. Raramente
vicino all’apice dell’infarto. I trombi polmonari si possono sono necessari ulteriori metodi diagnostici tra i quali la scintigrafia
distinguere dai trombi post mortem grazie alla presenza delle polmonare ventilatoria e perfusionale o l’angiografia polmonare. In
strie di Zahn (Cap. 4). alternativa, la trombosi delle vene profonde può essere diagnosticata
L’infarto polmonare è classicamente emorragico e, nelle pri- mediante l’ultrasonografia a doppia frequenza. Dopo l’iniziale in-
me fasi, assume l’aspetto di un’area in rilievo di colore rosso- sulto acuto, gli emboli spesso si risolvono attraverso la contrazione
bluastro (Fig. 15.27). Spesso, la superficie della pleura è rive- e la fibrinolisi, in particolare nei soggetti relativamente giovani. Con
stita da essudato fibrinoso. I globuli rossi cominciano a lisarsi il passare del tempo, piccoli emboli multipli non risolti possono con-
entro le 48 ore e l’infarto diventa pallido e infine di colore durre a ipertensione polmonare, sclerosi vascolare polmonare e cuore
rosso marrone in quanto viene prodotta emosiderina. Con il polmonare cronico. Forse l’aspetto più importante è il fatto che un
passare del tempo, inizia la sostituzione fibrosa; ai margini piccolo embolo può fare presagire l’insorgenza di uno più grande.
appare una zona periferica grigiastra che alla fine trasforma In presenza di una condizione predisponente, i pazienti con un
l’infarto in una cicatrice. A livello istologico, la caratteristica embolo polmonare hanno il 30% di probabilità di svilupparne un altro.
diagnostica dell’infarto polmonare acuto è la necrosi ische- Inoltre, gli emboli ripetuti possono condurre a ipertensione arteriosa
mica del tessuto polmonare nella zona di emorragia, che polmonare.
interessa le pareti alveolari, i bronchioli e i vasi. Se l’infarto è
causato da un embolo infetto, vi sono una maggiore essuda-
zione neutrofila e una maggiore reazione infiammatoria. Tali
lesioni sono denominate infarti settici, che in alcuni casi pos-
sono evolvere in ascessi.

Evoluzione clinica. Un embolo polmonare di grosse dimensioni


è una delle poche cause di morte praticamente istantanea. In questi
casi, durante la rianimazione cardiopolmonare, il paziente si trova
spesso in dissociazione elettromeccanica, condizione nella quale
l’elettrocardiogramma mostra una traccia mentre i polsi periferici
sono assenti in quanto il sangue non entra nella circolazione arte-
riosa polmonare. Se il paziente sopravvive a un’embolia polmonare
di una certa importanza, la sindrome clinica può simulare un infarto
miocardico, con dolore toracico grave, dispnea, shock, febbre e au-
mento dei livelli sierici della lattico deidrogenasi. Le emorragie
polmonari dovute ai piccoli emboli inducono solamente dolore to-
racico transitorio e tosse. Gli infarti polmonari si manifestano con Figura 15.27 Infarto polmonare emorragico recente, piccolo, a forma
dispnea, tachipnea, febbre, dolore toracico, tosse ed emottisi. Inoltre, di cuneo.
CAPITOLO 15 Il polmone 697

La prevenzione dell’embolia polmonare rappresenta un problema Patogenesi. Come spesso accade, si è imparato molto sulla
clinico di notevole importanza per il quale non vi è una facile solu- patogenesi della IP studiando le basi molecolari della rara forma
zione. La terapia profilattica comprende la ripresa precoce della familiare della malattia. Questi studi hanno dimostrato che l’IP
deambulazione nella fase postoperatoria e nel post partum, l’utilizzo familiare è causata da mutazioni del meccanismo di trasmissione del
di calze elastiche a compressione graduata per i pazienti allettati e segnale del recettore di tipo 2 della proteina morfogenica dell’osso
l’uso di anticoagulanti in quelli ad alto rischio. Talvolta è necessario (BMPR2).105
ricorrere all’inserimento di un filtro (“ombrello”) nella vena cava Per comprendere come tale mutazione causi l’IP, è fondamentale
inferiore oppure alla sua legatura, procedure che hanno un certo rivedere la patogenesi vascolare della malattia e comprendere le
peso in pazienti già così seriamente compromessi. La terapia dell’em- funzioni fisiologiche della trasmissione del segnale della BMPR2.
bolia polmonare in atto prevede spesso l’uso di anticoagulanti, L’IP è associata a ostruzione dei vasi causata da proliferazione di
preceduto in alcuni casi dalla trombolisi. cellule endoteliali, muscolari lisce e intimali accompagnata da fibrosi
intimale laminare concentrica. In che modo la BMPR2 causa queste
alterazioni?
Ipertensione Polmonare
La BMPR2 è una proteina cellulare di superficie appartenente alla
Il circolo polmonare è normalmente un circolo a bassa resistenza e superfamiglia dei recettori TGFb, che lega una varietà di citochine,
la pressione polmonare è soltanto un ottavo della pressione arteriosa compresi il TGFb, la proteina morfogenetica dell’osso (BMP), l’at-
sistemica. Si parla di ipertensione quando la pressione polmonare tivina e l’inibina. Sebbene originariamente descritto nel contesto
media raggiunge un quarto di quella sistemica. La classificazione dell’accrescimento osseo, è ormai noto che il meccanismo di tra-
clinica dei vari gruppi di entità cliniche correlate all’ipertensione smissione del segnale per la BMP-BMPR2 è importante per l’em-
polmonare (IP) che presentano similitudini a livello di meccanismi briogenesi, l’apoptosi, la proliferazione e la differenziazione cellulare.
fisiopatologici, presentazione clinica e possibilità terapeutiche, è Gli effetti specifici dipendono dal tessuto e dal suo microambiente.
esposta in seguito. Questi gruppi sono (1) ipertensione arteriosa Nelle cellule muscolari lisce dei vasi, il meccanismo di trasmissione del
polmonare, (2) IP secondaria a malattie del cuore sinistro, (3) IP segnale per la BMPR2 causa inibizione della proliferazione e favorisce
associata a pneumopatie e/o a ipossiemia, (4) IP dovuta a malattie l’apoptosi. Pertanto, in assenza di tale segnale, le cellule muscolari
trombotiche e/o emboliche e (5) altre entità correlate alla IP.104 lisce proliferano e sopravvivono più a lungo. In linea con questo,
L’IP è più frequentemente associata a condizioni strutturali car- mutazioni inattivanti nel gene della BMPR2 sono state osservate nel
diopolmonari che aumentano il flusso e/o la pressione polmonare 50% dei casi familiari (primari) di ipertensione polmonare e nel 25%
(o entrambe), a resistenze vascolari polmonari o alla resistenza al dei casi sporadici. In molte famiglie, anche senza mutazioni nelle
flusso ematico del cuore sinistro. Tali condizioni comprendono: regioni codificanti per il gene BMPR2, può essere stabilita l’associa-
zione con il locus BMPR2 su 2q33, il che indicherebbe che possono
Broncopneumopatia cronica ostruttiva o pneumopatie interstiziali: essere coinvolte altre possibili lesioni, come riarrangiamenti del gene,
i pazienti con queste malattie presentano ipossia, nonché distru- importanti delezioni o inserzioni.
zione del parenchima polmonare con conseguente riduzione del Nonostante queste scoperte, numerose domande restano senza
letto capillare alveolare. Ciò causa un aumento della resistenza risposta. Prima di tutto, in che modo la perdita di un singolo allele
dell’arteria polmonare e, secondariamente, aumento della della BMPR2 può condurre a una completa perdita del segnale? Esi-
pressione. stono due possibilità: che la mutazione possa agire come una domi-
Precedenti cardiopatie congenite o acquisite: l’IP si manifesta nei nanza negativa (Cap. 5) o che ci possa essere nella parete vascolare
pazienti con stenosi mitralica, ad esempio, a causa di un incre- una perdita secondaria del normale allele, che porti quindi a una
mento della pressione atriale sinistra che conduce a un incremen- perdita omozigote di BMPR2. Questo ricorda come le mutazioni
to della pressione venosa polmonare e, di conseguenza, a un germinali in geni oncosoppressori diano origine a tumori. È interes-
aumento della pressione polmonare arteriosa. sante notare che in alcuni studi è stata descritta un’instabilità micro-
Tromboembolie ricorrenti: i pazienti con embolie polmonari ri- satellitare nelle cellule endoteliali proliferanti entro le lesioni vasco-
correnti vanno incontro a ipertensione polmonare principalmen- lari. Questo potrebbe essere un meccanismo attraverso il quale il
te per amputazione del letto vascolare polmonare, ostruito da normale allele viene perso nelle strutture vascolari. Va notato che un
emboli ricorrenti, che a loro volta portano a un aumento delle meccanismo simile può inattivare i recettori per TGFb cancro del
resistenze vascolari. colon non poliposi ereditaria (Capp. 7 e 17). Il secondo quesito è
Collagenopatie vascolari: molte di queste malattie (in particolare perché l’espressione fenotipica della malattia si presenti solo nel 10-
la sclerodermia) interessano il circolo polmonare, causando in- 20% dei soggetti con mutazioni di BMPR2. Ciò pone un forte accento
fiammazione, fibrosi intimale, ipertrofia mediale e IP. sull’esistenza di geni modificatori e/o di cause ambientali. Tra i geni
Apnee notturne ostruttive: costituiscono un disturbo associato modificatori vi sono quelli che controllano il tono vascolare, tra cui
all’obesità e attualmente si ritiene che contribuiscano notevol- l’endotelina, la prostaciclina sintetasi e gli enzimi di conversione
mente allo sviluppo dell’ipertensione polmonare e al cuore dell’angiotensina. La natura dei fattori ambientali rimane sconosciuta,
polmonare. ma presumibilmente essi causano alterazioni dei meccanismi vaso-
regolatori. Pertanto, come per i geni oncosoppressori, è stato proposto
Di rado, l’IP si riscontra sporadicamente nei pazienti in cui tutte un modello per il quale una predisposizione genetica individuale con
le cause note di ipertensione polmonare sono state escluse: viene mutazione di BMPR2 richiede un ulteriore danno genetico o am-
denominata ipertensione polmonare primaria o idiopatica. Ancora bientale per sviluppare la malattia (Fig. 15.28).
più rara è la forma familiare di ipertensione arteriosa polmonare Nelle forme secondarie di IP, la disfunzione della cellula endoteliale
con ereditarietà di tipo autosomico dominante. All’interno di queste è determinata dal processo che inizia il danno, come l’aumento delle
famiglie, vi è penetranza incompleta e di fatto solo il 10-20% dei resistenze e il danno meccanico associato negli shunt sinistro-destro
membri della famiglia sviluppa la malattia conclamata. o il danno biochimico provocato dalla fibrina nella tromboembolia.
698 CAPITOLO 15 Il polmone

Figura 15.28 Patogenesi dell’ipertensione polmonare primitiva. Si veda


il testo per i dettagli.

La riduzione della produzione di prostaciclina e ossido di azoto e


l’aumento del rilascio di endotelina stimolano la vasocostrizione
polmonare. Inoltre, la diminuzione della produzione di prostaciclina
e di ossido di azoto stimola l’adesione e l’attivazione delle piastrine.
Inoltre, l’attivazione endoteliale, trattata in dettaglio nel Capitolo 11,
rende trombogeniche le cellule endoteliali e favorisce la persistenza
di fibrina. Infine, la produzione e il rilascio di fattori di crescita e di
citochine determinano la migrazione e la replicazione delle cellule
muscolari lisce dei vasi e l’elaborazione di matrice extracellulare.
In alcuni pazienti con IP esiste una componente vasospastica; in
tali casi, la resistenza vascolare può essere ridotta rapidamente dai
vasodilatatori. L’IP è stata altresì segnalata in seguito a ingestione
di alcune piante o medicine, tra cui la leguminosa Crotalaria spec-
tabilis, una pianta tropicale usata come medicamento nel bush tea;
il farmaco anoressante aminorex; l’olio di oliva adulterato; e i farmaci
antiobesità fenfluramina e fentermina.106 È stato inoltre suggerito
che tali sostanze potrebbero agire con un effetto sull’espressione del
trasportatore della serotonina o sull’attività della serotonina stessa.

Morfologia Tutte le forme di IP hanno alcune caratteristiche


Figura 15.29 Variazioni vascolari nell’ipertensione polmonare. A. Foto-
patologiche comuni a prescindere dalla loro eziologia. Esse grafia macroscopica di lesioni ateromatose in formazione, un reperto
comprendono l’ipertrofia mediale delle arterie elastiche e di solito limitato ai grossi vasi. B. Ipertrofia importante della media. C. Le-
muscolari, ateroma dell’arteria polmonare e delle sue rami- sioni plessogeniche caratteristiche dell’ipertensione polmonare di grado
ficazioni principali e ipertrofia ventricolare destra.107 La pre- avanzato osservata nelle piccole arterie.
senza di molti trombi organizzati o ricanalizzati indica come
causa probabile gli emboli polmonari ricorrenti e la coesi-
stenza della fibrosi polmonare diffusa o bronchite cronica arterie (40-300 mm di diametro) sono quelle più interessate,
con un enfisema grave. Tutto ciò porta a considerare l’ipossia con spiccato aumento dello spessore muscolare della media
cronica come evento scatenante. Le modificazioni dei vasi (ipertrofia della tonaca media) e fibrosi intimale, fino a de-
possono interessare l’intero albero arterioso, dalle arterie terminare notevole restringimento del lume dei vasi. Una
polmonari principali fino alle arteriole (Fig. 15.29). Nei casi delle condizioni estreme nella rosa delle mutazioni patologi-
più gravi, si formano depositi ateromatosi nell’arteria pol- che, presente soprattutto nell’ipertensione polmonare primi-
monare e nelle sue branche principali, simili (ma di grado tiva o nelle cardiopatie congenite con shunt sinistro-destro
minore) all’aterosclerosi sistemica. La arteriole e le piccole e nell’IP associata all’uso di farmaco e HIV, è rappresentata
CAPITOLO 15 Il polmone 699

dalla lesione plessiforme, così denominata per la presenza


di formazioni capillari a ciuffo, che producono una rete che
circonda i lumi delle piccole arterie, a pareti sottili e che può
estendersi all’esterno dei vasi. Possono altresì presentarsi
vasi dilatati e arteriti. Accade raramente che l’occlusione
estesa dei vasi a opera del tessuto fibroso sia causa di IP.108

Evoluzione clinica. L’IP idiopatica è più frequente nelle donne di


età compresa tra 20 e 40 anni ed è stata anche osservata occasional-
mente nei bambini piccoli. I segni e sintomi clinici di entrambe le forme
di sclerosi vascolare, sia primaria sia secondaria, diventano evidenti
solo nella fase avanzata della malattia. Nei casi di patologia idiopatica,
la sintomatologia di esordio di solito consiste in dispnea e affaticamen-
to, ma alcuni pazienti manifestano anche dolore toracico di tipo angi-
noso. Con il passare del tempo, si verificano grave difficoltà respiratoria,
cianosi, ipertrofia ventricolare destra e morte da cuore polmonare
scompensato, spesso complicato da tromboembolia e polmonite dopo
un periodo compreso tra 2 e 5 anni nell’80% dei pazienti.109
Le terapie convenzionali (supplemento di ossigeno, calcio anta-
gonisti, anticoagulanti, diossina e diuretici) risultano utili nel breve Figura 15.30 Sindromi diffuse polmonari emorragiche. Emorragia intra-
termine.110 Tuttavia, le terapie specifiche sviluppate recentemente alveolare acuta e macrofagi contenenti emosiderina, dovuti a precedenti
come gli analoghi della prostaciclina, gli antagonisti dei recettori per emorragie, sono caratteristiche comuni delle sindromi diffuse polmonari
l’endotelina, l’inalazione di ossido di azoto e gli inibitori della fosfo- emorragiche (colorazione con blu di Prussia per il ferro).
diesterasi-5111,113 hanno migliorato la prognosi di molti pazienti. In
alcuni pazienti, il trapianto polmonare rappresenta la terapia defi- per smascherare gli epitopi criptici. Come in altri disturbi autoim-
nitiva. La terapia genetica si è dimostrata efficace negli animali e in muni, una predisposizione ereditaria di tipo genetico è indicata
futuro potrà essere utilizzata negli esseri umani.114 dall’associazione con alcuni sottotipi HLA (ad es. HLA-DRB1*1501
e *1502).115
Sindrome Emorragica Polmonare Diffusa
L’emorragia polmonare è una grave complicazione di alcune malat- Morfologia Nella forma classica, i polmoni sono pesanti,
tie interstiziali del polmone.115,116 Tra le cosiddette sindromi da con aree di consolidamento di colore rosso-marrone. A livello
emorragia polmonare (Fig. 15.30) vi sono (1) la sindrome di Good­ istologico, vi è necrosi focale delle pareti alveolari associata
pasture, (2) l’emosiderosi polmonare idiopatica e (3) l’emorragia a emorragie intra-alveolari. Spesso, gli alveoli contengono
associata a vasculite, riscontrata nell’angioite da ipersensibilità, nella macrofagi ripieni di emosiderina (si veda Fig. 15.30). Negli
granulomatosi di Wegener e nel lupus eritematoso (Cap. 11). stadi avanzati vi possono essere ispessimento fibroso dei
setti, ipertrofia degli pneumociti di tipo II e organizzazione
del sangue negli spazi alveolari. In diversi casi, l’immuno-
Sindrome di Goodpasture
fluorescenza rivela depositi lineari di immunoglobuline lungo
La sindrome di Goodpasture è una rara malattia autoimmune nella le membrane basali delle pareti settali. I reni presentano i
quale le lesioni renali e polmonari sono causate da autoanticorpi caratteristici segni della glomerulonefrite proliferativa focale
circolanti contro il dominio della catena a-3 del collagene IV. Gli nei casi a insorgenza precoce o della glomerulonefrite a
anticorpi determinano un’iniziale distruzione infiammatoria della semilune nei pazienti con glomerulonefrite rapidamente
membrana basale dei glomeruli renali e degli alveoli polmonari,117 progressiva. Mediante l’immunofluorescenza si possono
dando luogo di solito a glomerulonefrite proliferativa in genere rapi- osservare depositi lineari di immunoglobuline e complemen-
damente progressiva e a polmonite interstiziale necrotizzante emor- to lungo le membrane basali glomerulari, anche nei pochi
ragica. La maggioranza dei casi si presenta nel periodo dai 10 ai 20 pazienti che non sono affetti da malattie renali.
anni e, diversamente da quanto avviene in molte altre malattie au-
toimmunitarie, vi è una prevalenza della malattia nel sesso maschile.
Da uno studio è emerso che l’89% dei pazienti era fumatore Caratteristiche cliniche. La maggior parte dei casi esordisce
attivo.118 clinicamente con sintomi respiratori, soprattutto emottisi, e segni
Patogenesi. L’immunopatogenesi della sindrome e la natura radiografici di addensamenti polmonari focali. Poco dopo, compa-
degli antigeni di Goodpasture sono descritte nel Capitolo 20. La iono i segni clinici della glomerulonefrite, che porta a insufficienza
causa scatenante che stimola la produzione di anticorpi antimem- renale rapidamente progressiva. La causa di morte più comune è
brana basale è a tutt’oggi sconosciuta. Poiché gli epitopi che stimo- l’uremia. La prognosi di questa malattia, un tempo infausta, è stata
lano la produzione di anticorpi anticollagene sono normalmente notevolmente migliorata dalla plasmaferesi intensiva. Si ritiene che
nascosti all’interno della molecola, si pensa che alcuni fattori am- questa procedura sia efficace nel rimuovere sia gli anticorpi anti-
bientali come le infezioni virali, l’esposizione a idrocarburi solventi membrana basale circolanti sia i mediatori chimici del danno
(utilizzati nel lavaggio industriale a secco) o il fumo siano necessari immunologico. La terapia immunosoppressiva associata inibisce
700 CAPITOLO 15 Il polmone

l’ulteriore produzione di anticorpi, migliorando sia l’emorragia Danno all’apparato mucociliare, da alterazione della funzione
polmonare sia la glomerulonefrite. ciliare o da distruzione dell’epitelio ciliato, a causa del fumo di
sigaretta, dell’inalazione di gas caldi o corrosivi, di malattie virali
o di malattie genetiche correlate alla funzione ciliare (ad es. la
Emosiderosi polmonare idiopatica
sindrome da immobilità delle ciglia).
L’emosiderosi polmonare idiopatica è un rara malattia caratterizzata Accumulo di secrezioni in condizioni come la fibrosi cistica e
da emorragia alveolare diffusa e intermittente. Si verifica prevalen- l’ostruzione bronchiale.
temente nei bambini, sebbene sia stata segnalata anche nei soggetti Interferenze con l’attività fagocitaria o battericida dei macrofagi
adulti.119 Di solito, ha esordio insidioso con tosse produttiva, emot- alveolari da alcool, fumo di tabacco, anossia o intossicazione da
tisi, anemia e calo ponderale associati a infiltrati polmonari diffusi ossigeno.
simili a quelli della sindrome di Goodpasture. Congestione ed edema polmonare.
La causa e la patogenesi sono sconosciute e non sono rilevabili
anticorpi antimembrana basale nel siero o nei tessuti. Tuttavia, la Deficit congeniti dell’immunità innata (compresi i difetti dei
risposta favorevole a lungo termine all’immunosoppressione con neutrofili e del complemento) e l’immunodeficienza umorale
prednisone e/o azatioprina indica che un meccanismo immunolo- determinano un aumento della predisposizione alle infezioni da
gico potrebbe essere la causa del danno capillare polmonare respon- batteri piogeni. D’altro canto, i difetti dell’immunità cellulo-mediata
sabile dell’emorragia alveolare. Inoltre, il follow-up a lungo termine (congenita e acquisita) provocano un aumento delle infezioni da
dei pazienti mostra che alcuni possono sviluppare altre malattie microrganismi intracellulari, quali i micobatteri e gli herpesvirus,
immunologiche.120 nonché microrganismi a virulenza molto bassa, come Pneumocystis
jiroveci.
Andrebbero fatte inoltre molte altre considerazioni. In primo
Granulomatosi di Wegener
luogo, un tipo di polmonite a volte predispone a un altro, specialmente
Questa malattia autoimmune interessa soprattutto il tratto respira- in pazienti debilitati. Ad esempio, la più comune causa di morte nelle
torio superiore e/o i polmoni e solitamente esordisce con emottisi. epidemie di influenza è la polmonite batterica. In secondo luogo,
La sue caratteristiche sono trattate nel Capitolo 11. In questo fran- sebbene la porta d’ingresso della maggior parte delle polmoniti siano
gente, è sufficiente sottolineare che la biopsia polmonare transbron- le vie respiratorie, può verificarsi la diffusione ematogena da uno ad
chiale potrebbe essere l’unica pratica per ottenere un campione di altri organi e la localizzazione secondaria ai polmoni può essere
tessuto utile per la diagnosi. Poiché si riesce a ottenere solo una difficile da distinguere da una polmonite primitiva. Infine, molti
modesta quantità di tessuto, la necrosi e la vasculite granulomatosa pazienti con patologie croniche si ammalano di polmonite terminale
potrebbero non essere presenti nel campione. Più precisamente, le durante l’ospedalizzazione (infezioni nosocomiali). È probabile che i
caratteristiche importanti per la diagnosi sono rappresentate dalla batteri comuni nell’ambiente ospedaliero abbiano acquisito resisten-
capillarite e dalla presenza di granulomi diffusi indefiniti (a differenza za agli antibiotici; le possibilità di diffusione di microrganismi sono
di quelli della sarcoidosi, che sono tondeggianti e ben definiti). aumentate; le procedure invasive, come le intubazioni e le iniezioni,
sono frequenti e i batteri possono contaminare le apparecchiature
utilizzate nelle unità di terapia respiratoria.
Infezioni polmonari Le polmoniti vengono classificate in base allo specifico agente
eziologico, che determina la terapia, o, se l’agente patogeno non può
Le infezioni delle vie respiratorie sono più frequenti rispetto alle essere isolato, in base alla presentazione clinica dell’infezione.
infezioni di altri apparati e sono responsabili del maggior numero Quest’ultima permette di restringere notevolmente la lista degli
di giorni di astensione dal lavoro nella popolazione generale. La agenti patogeni sospetti per la somministrazione empirica della
stragrande maggioranza delle infezioni delle vie respiratorie supe- terapia antimicrobica. Come indica la Tabella 15.8, la polmonite
riori è causata da virus (raffreddore comune, faringite), ma le infe- può insorgere con sette distinte presentazioni cliniche (“sindromi
zioni batteriche, virali, da micoplasma e le infezioni fungine del da polmonite”) e i patogeni implicati sono specifici per ogni
polmone (polmonite) hanno ancora un alto grado di morbilità e categoria.
sono responsabili di un sesto di tutti i decessi che si verificano negli
Stati Uniti. 121 Qualsiasi infezione che interessa il parenchima Polmoniti Acute Comunitarie
polmonare può essere ampiamente definita con il termine di
polmonite. Le polmoniti acute comunitarie possono essere batteriche o virali.
I meccanismi di difesa polmonare sono stati descritti nel Capitolo Spesso, l’infezione batterica segue un’infezione virale del tratto re-
8. La polmonite può insorgere quando i meccanismi di difesa locali spiratorio superiore. L’invasione batterica del parenchima polmonare
sono compromessi o quando la resistenza sistemica dell’ospite è determina la formazione di essudato infiammatorio all’interno degli
inferiore. I fattori che influenzano le resistenze solitamente com- alveoli, che quindi causa addensamento (“consolidamento”) del
prendono patologie croniche, deficit immunologici, il trattamento tessuto polmonare. Vi sono molteplici fattori che determinano la
con agenti immunosoppressori e la leucopenia. I meccanismi di forma specifica di polmonite, come ad esempio lo specifico agente
difesa del polmone possono essere alterati da numerosi fattori, eziologico, la reattività dell’ospite e l’estensione dell’interessamento
elencati di seguito: polmonare. Le condizioni predisponenti comprendono l’età molto
avanzata, patologie croniche (insufficienza cardiaca congestizia,
Perdita o soppressione del riflesso della tosse, come avviene nel BPCO e diabete), immunodeficienze congenite o acquisite e la ri-
coma, durante anestesia, in presenza di alterazioni neuromusco- dotta o assente funzione splenica (l’anemia drepanocitica o post-
lari, a causa di farmaci o dolore toracico (ciò può portare ad splenectomia pone il paziente a rischio di infezione da batteri cap-
aspirazione del contenuto gastrico). sulati come lo pneumococco).
CAPITOLO 15 Il polmone 701

Tabella 15.8 Sindromi da polmonite il vaccino antipneumococcico contenente polisaccaridi capsulari dei
comuni sierotipi.
POLMONITI ACUTE COMUNITARIE
Streptococcus pneumoniae Haemophilus influenzae
Haemophilus influenzae
Moraxella catarrhalis L’Haemophilus influenzae è un microrganismo Gram-negativo pleo-
Staphylococcus aureus morfo, principale causa di infezioni acute mortali delle vie respiratorie
Legionella pneumophila
Enterobacteriaceae (Klebsiella pneumoniae) e Pseudomonas spp.
inferiori e di meningite nei bambini piccoli. Negli adulti, è una causa
molto comune di polmonite acuta comunitaria.122 Questo batterio è
POLMONITI ACUTE ATIPICHE COMUNITARIE un colonizzatore ubiquitario della faringe, dove esiste in due forme:
Mycoplasma pneumoniae capsulato (5%) e non capsulato (95%). Nello specifico, le forme cap-
Chlamydia spp. (C. pneumoniae, C. psittaci, C. trachomatis) sulate predominano su quelle non capsulate in quanto secernono un
Coxiella burnetii (febbre Q) antibiotico detto emocina in grado di uccidere i ceppi non capsulati
Virus: virus respiratorio sinciziale, virus della parainfluenza dell’H. influenzae.123 Sebbene esistano sei sierotipi della forma capsu-
(bambini); influenza A e B (adulti); adenovirus (militari); virus
della SARS
lata (da a ad f), il tipo b, dotato di una capsula di poliribosofosfato, era
il più comunemente coinvolto nelle gravi forme sistemiche. Con l’uso
POLMONITI NOSOCOMIALI routinario di vaccini coniugati per l’H. influenzae, l’incidenza della
Bacilli Gram-negativi appartenenti alle Enterobacteriaceae malattia causata dal sierotipo b si è ridotta drasticamente. Al contrario,
(Klebsiella spp., Serratia marcescens, Escherichia coli) e le infezioni da forme non capsulate sono in aumento. Chiamate anche
Pseudomonas spp. forme non tipizzabili, sono disseminate lungo la superficie del tratto
Staphylococcus aureus (abitualmente penicillino-resistente) respiratorio superiore e producono otite media (infezione dell’orecchio
POLMONITE DA ASPIRAZIONE
medio), sinusite e broncopolmonite.
L’adesione all’epitelio respiratorio è mediata da pili localizzati
Flora orale anaerobica (Bacteroides, Prevotella, Fusobacterium, sulla superficie dell’H. influenzae.124 Inoltre, l’H. influenzae secerne
Peptostreptococcus), mischiati con i batteri aerobi
(Streptococcus pneumoniae, Staphylococcus aureus, un fattore che altera il battito ciliare e una proteasi che degrada le
Haemophilus influenzae e Pseudomonas aeruginosa) IgA, gli anticorpi maggiormente secreti nelle vie aeree. La soprav-
vivenza dell’H. influenzae nel flusso ematico è correlata alla pre-
POLMONITE CRONICA senza della capsula che, come per lo pneumococco, impedisce
Nocardia l’opsonizzazione da parte del complemento e la fagocitosi da parte
Actinomyces delle cellule dell’ospite. Gli anticorpi contro la capsula proteggono
Granulomatosa: Mycobacterium tuberculosis e micobatteri l’ospite dall’infezione da H. influenzae: questa è la ragione per cui
atipici, Histoplasma capsulatum, Coccidioides immitis,
Blastomyces dermatitidis il polisaccaride capsulare b si trova nel vaccino pediatrico contro
l’H. influenzae.
POLMONITE NECROTIZZANTE E ASCESSO POLMONARE La polmonite da H. influenzae, che può seguire un’infezione re-
Batteri anaerobi (estremamente comuni), con o senza infezione spiratoria virale, è un’urgenza pediatrica e ha un’alta percentuale di
aerobica mista mortalità. La laringotracheobronchite discendente determina ostru-
Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Streptococcus zione delle vie aeree e dei piccoli bronchi da parte di un essudato
pyogenes e pneumococco tipo 3 (raro) denso di cellule polimorfonucleate, ricco di fibrina, simile a quello
POLMONITE NEL PAZIENTE IMMUNODEPRESSO visto nella polmonite pneumococcica. Si osservano di solito adden-
samenti polmonari lobulari e a chiazze, che però possono confluire
Citomegalovirus
Pneumocystis jiroveci
e interessare l’intero lobo polmonare. Prima che il vaccino fosse
Mycobacterium avium-intracellulare ampiamente disponibile, l’H. influenzae era una causa comune di
Aspergillosi invasiva meningite purulenta nei bambini sotto i 5 anni. L’H. influenzae causa
Candidosi invasiva anche una congiuntivite acuta purulenta (pink eye, occhio rosa) nei
“Comuni” microrganismi batterici, virali e fungini (elencati sopra) bambini e, nei soggetti anziani predisposti, può provocare setticemia,
SARS, sindrome respiratoria acuta grave. endocardite, pielonefrite, colecistite e artrite suppurativa. L’H. in-
fluenzae è la più comune causa batterica di riacutizzazione della
BPCO.
Streptococcus pneumoniae
Moraxella catarrhalis
Lo Streptococcus pneumoniae, o pneumococco, è la causa più comune
delle polmoniti acute comunitarie. La colorazione di Gram La Moraxella catarrhalis viene in genere riconosciuta come causa di
dell’escreato è una fase importante nella diagnosi di polmonite acuta. polmonite batterica, soprattutto nell’anziano. È la seconda causa
La presenza di numerosi neutrofili contenenti i tipici diplococchi batterica più comune di una riacutizzazione di BPCO. Insieme allo
Gram-positivi a forma di lancia permette di porre diagnosi S. pneumoniae e all’H. influenzae, la M. catarrhalis costituisce una
di polmonite pneumococcica, ma bisogna ricordare che lo S. delle tre più frequenti cause di otite media nei bambini.
pneumoniae rappresenta il 20% della flora endogena degli adulti e
quindi si possono ottenere risultati falsamente positivi. L’isolamento Staphylococcus aureus
di pneumococchi da emocolture è più specifico, ma meno sensibile
(nella fase iniziale della malattia solo il 20-30% dei pazienti presenta Lo Staphylococcus aureus è un’importante causa di polmonite batte-
emocolture positive). Ai pazienti ad alto rischio viene somministrato rica nei bambini e negli adulti sani, secondaria a malattie respiratorie
702 CAPITOLO 15 Il polmone

distintivo della malattia è l’escreato denso e gelatinoso, poiché il


microrganismo produce un abbondante polisaccaride capsulare
viscido, che il paziente ha difficoltà a espettorare.

Pseudomonas aeruginosa
Sebbene lo Pseudomonas aeruginosa causi in genere infezioni ospe-
daliere, viene qui menzionato in quanto è causa di infezioni nei
pazienti affetti da fibrosi cistica. È comune nei pazienti neutropenici
e tende a invadere il circolo ematico con conseguente diffusione
extrapolmonare. La setticemia da Pseudomonas è una malattia ad
alta mortalità.

Legionella pneumophila
La Legionella pneumophila è l’agente della malattia dei legionari,
Figura 15.31 Confronto tra broncopolmonite e polmonite lobare. eponimo impiegato per le forme epidemiche e sporadiche di polmo-
nite causate da questo microrganismo. È anche causa della febbre di
Pontiac, un’infezione autolimitante che interessa il tratto respiratorio
superiore. Questi microrganismi si sviluppano facilmente in ambienti
virali (ad es. alla rosolia nei bambini e all’influenza sia negli adulti artificiali contenenti acqua, come le torri di raffreddamento e i tubi
sia nei bambini). La polmonite stafilococcica è associata a un’alta domestici (dell’acqua potabile). La modalità di trasmissione consiste
incidenza di complicanze, come l’ascesso polmonare e l’empiema. I sia nell’inalazione di microrganismi aerosolizzati sia nell’aspirazione
tossicodipendenti sono soggetti ad alto rischio di contrarre la polmo- di acqua potabile contaminata. La polmonite da Legionella è comune
nite da stafilococco in associazione all’endocardite. Costituisce inoltre nei soggetti che presentano condizioni predisponenti, come malattie
un’importante causa di polmonite nosocomiale, come verrà trattato cardiache, renali, immunologiche o disturbi ematologici. I pazienti
in seguito. che hanno subito un trapianto d’organo sono particolarmente suscet-
tibili. Può essere abbastanza grave, spesso richiede l’ospedalizzazione
e nei pazienti immunodepressi la mortalità può raggiungere anche
Klebsiella pneumoniae
il 50%. Una diagnosi rapida è facilitata dalla dimostrazione di antigeni
La Klebsiella pneumoniae rappresenta la più frequente causa di pol- della Legionella nelle urine oppure dalla positività del test con anti-
monite batterica da Gram-negativi. Solitamente affligge i soggetti corpi fluorescenti su campioni di escreato; la coltura rimane il metodo
debilitati e malnutriti, in particolare gli alcolisti cronici. L’elemento standard migliore per porre la diagnosi.

Figura 15.32 Broncopolmonite. Sezione macroscopica del polmone che Figura 15.33 Polmonite lobare – epatizzazione grigia, fotografia macro-
mostra zone di consolidamento (frecce). scopica. Il lobo inferiore è uniformemente consolidato.
CAPITOLO 15 Il polmone 703

Morfologia La polmonite batterica presenta due quadri tipo 3 o da Klebsiella); (2) diffusione dell’infezione alla cavità
principali di distribuzione anatomica: broncopolmonite lobu- pleurica, con reazione fibrinoso-suppurativa intrapleurica
lare e polmonite lobare (Fig. 15.31). L’addensamento parcel- nota come empiema; (3) disseminazione batteriemica alle
lare del polmone è più caratteristico della broncopolmonite valvole cardiache, pericardio, cervello, reni, milza o articola-
(Fig. 15.32), mentre l’addensamento fibrinoso suppurativo di zioni, causando ascessi metastatici, endocardite, meningite
gran parte di un lobo o di un intero lobo definisce la polmo- o artrite suppurativa.
nite lobare (Fig. 15.33). Questa descrizione anatomica ma di
stampo ancora classico, è spesso difficile da applicare nei casi
specifici a causa della sovrapposizione di molteplici condizioni
cliniche. L’interessamento a chiazze può diventare confluente,
determinando un addensamento lobare praticamente totale;
al contrario, un’efficace antibioticoterapia può limitare l’inte-
ressamento a un addensamento subtotale. Inoltre, lo stesso
microrganismo può produrre entrambe le situazioni in base
alla suscettibilità del paziente. Dal punto di vista clinico, gli
elementi più importanti sono l’identificazione dell’agente
causale e la determinazione dell’estensione della malattia.
Nella polmonite lobare sono stati classicamente descritti
quattro stadi della risposta infiammatoria: congestione, epa-
tizzazione rossa, epatizzazione grigia e risoluzione. L’attuale
terapia antibiotica, se efficace, ne rallenta o ne blocca frequen-
temente la progressione. Nella prima fase di congestione, il
polmone è pesante, edematoso e di colore rosso. La malattia
si caratterizza per la congestione vascolare, la presenza di
essudato intra-alveolare con pochi neutrofili e spesso la
presenza di numerosi batteri. Lo stadio di epatizzazione rossa
che ne consegue è caratterizzato da essudazione massiva
confluente con globuli rossi, neutrofili e fibrina all’interno
degli spazi alveolari (Fig. 15.34 A). All’esame macroscopico,
il lobo appare distintamente rosso, duro, privo d’aria, di con-
sistenza epatica, da cui il termine di epatizzazione. Lo stadio
di epatizzazione grigia segue con la progressiva disgregazio-
ne dei globuli rossi e la persistenza di un essudato fibrinoso
suppurativo (Fig. 15.34 B) e conferisce al polmone un colore
marrone-grigiastro, con superficie asciutta al taglio. Nello
stadio finale di risoluzione, l’essudato addensato all’interno
degli spazi alveolari evolve progressivamente per digestione
enzimatica fino a produrre una sostanza granulosa, semiflui­
da, che viene riassorbita tramite fagocitosi dai macrofagi,
espettorata od organizzata dai fibroblasti che si moltiplicano
al suo interno (Fig. 15.34 C). La reazione pleurica fibrinosa alla
sottostante infiammazione, spesso presente nelle prime fasi
se l’addensamento si estende alla superficie (pleurite), può
risolversi allo stesso modo. Più spesso, si organizza, lasciando
un ispessimento fibroso o aderenze permanenti.
I focolai di broncopolmonite sono aree addensate di infiamma-
zione suppurativa acuta. L’addensamento può essere a chiazze
in un lobo, ma è in genere multilobare e spesso bilaterale e per
lo più basale, a causa della tendenza delle secrezioni a gravitare
nei lobi inferiori. Le lesioni ben sviluppate sono lievemente
sporgenti, asciutte, granulari, di colore dal grigio-rossastro al
giallo, con margini poco delimitati (si veda Fig. 15.32). Istolo-
gicamente, la reazione in genere evolve formando un essudato
purulento, ricco di neutrofili che ricolma i bronchi, i bronchioli Figura 15.34 Stadi della polmonite batterica. A. Polmonite acuta. I ca-
e gli spazi alveolari adiacenti (si veda Fig. 15.34 A). pillari settali congesti e l’estesa essudazione neutrofila negli alveoli corri-
Le complicanze di una polmonite comprendono (1) danno spondono alla fase di epatizzazione rossa precoce. Le reti di fibrina non
sono ancora formate. B. Organizzazione precoce di essudato intra-alveolare,
e necrosi tissutale, che causano la formazione di ascesso osservata mentre defluisce attraverso i pori di Kohn (freccia). C. Polmonite
(particolarmente frequente con infezioni da pneumococco di cronica avanzata che mostra la trasformazione dell’essudato in masse fi-
bromixoidi profondamente infiltrate da macrofagi e fibroblasti.
704 CAPITOLO 15 Il polmone

Evoluzione clinica. I principali sintomi della polmonite acuta


comunitaria sono l’insorgenza improvvisa di febbre alta, brividi Le caratteristiche istologiche dipendono dalla gravità della
violenti e tosse produttiva con escreato mucopurulento; alcuni pa- malattia. La natura interstiziale della reazione infiammatoria
zienti possono avere occasionalmente episodi di emottisi. La pleurite è predominante e in pratica è localizzata dentro le pareti al-
fibrinoso-suppurativa è accompagnata da dolore e da sfregamenti veolari. I setti alveolari sono allargati ed edematosi e di solito
pleurici. Nella polmonite lobare l’intero lobo appare radiopaco, presentano un infiltrato infiammatorio mononucleare di lin-
mentre nella broncopolmonite sono presenti opacità focali. fociti, macrofagi e occasionalmente di plasmacellule. Nei casi
Il quadro clinico viene notevolmente modificato mediante la acuti, possono anche essere presenti i neutrofili. Gli alveoli
somministrazione di antibiotici. I pazienti trattati possono essere possono essere privi di essudato, ma nella maggior parte dei
relativamente apiretici con pochi segni clinici già 48-72 ore dopo la pazienti sono presenti un materiale proteinaceo intra-alveo-
prima somministrazione. L’identificazione del microrganismo e la lare e un essudato cellulare. Se il quadro viene complicato
determinazione della sua sensibilità antibiotica sono gli elementi dall’ARDS, si possono osservare le caratteristiche membrane
chiave che determinano la terapia adeguata. Attualmente, meno del ialine di colore rosa che rivestono le pareti alveolari (si veda
10% dei pazienti con polmonite così grave da necessitare il ricovero Fig. 15.3). L’eradicazione dell’infezione è seguita dalla
muore e nella maggior parte di questi casi la morte può essere dovuta ricostituzione della normale architettura del polmone.
a una complicanza, come l’empiema, la meningite, l’endocardite, la Sovrainfezioni batteriche modificano il quadro istologico,
pericardite, o ad alcune condizioni predisponenti, come le malattie causando bronchite ulcerativa, bronchiolite e polmonite
debilitanti oppure l’alcolismo cronico. batterica. Alcuni virus, come l’herpes simplex, la varicella e
gli adenovirus, possono essere associati a necrosi dell’epi-
telio bronchiale e alveolare e a infiammazione acuta. Altri
Polmoniti Atipiche Comunitarie
virus provocano cambiamenti citopatici, come descritto nel
(Virali E Da Micoplasma)
Capitolo 8.
In passato, il termine polmonite atipica primaria veniva utilizzato
per una malattia respiratoria acuta febbrile caratterizzata da infiltrati
infiammatori diffusi nei polmoni, limitati soprattutto ai setti alveolari Evoluzione clinica. Il decorso clinico è estremamente vario.
e all’interstizio polmonare. Il termine atipica si riferisce alla modesta Molti casi sembrano gravi infezioni delle vie respiratorie superiori
quantità di escreato, alla mancanza di reperti obiettivi di addensa- oppure infiammazioni toraciche. Anche i pazienti con polmonite
mento, a un moderato aumento della conta leucocitaria e all’assenza atipica conclamata hanno pochi sintomi di localizzazione. La tosse
di essudato alveolare. La polmonite è causata da una varietà di mi- può essere assente e le manifestazioni più importanti possono essere
crorganismi e il più comune è il Mycoplasma pneumoniae. Le infe- rappresentate solo da febbre, cefalea, dolori muscolari e dolori agli
zioni da Mycoplasma sono particolarmente comuni tra i bambini e arti inferiori. L’edema e l’essudazione sono entrambi localizzati in
i giovani. Si manifestano sporadicamente o sotto forma di epidemie zone strategiche, determinando uno squilibrio tra ventilazione e
locali all’interno di comunità chiuse (scuole, campi militari e pri- perfusione evocando così sintomi di entità sproporzionata rispetto
gioni). Altri agenti eziologici sono rappresentati dai virus tra i quali ai reperti obiettivi.
i virus influenzali tipo A e B, i virus respiratori sinciziali, gli adeno- Le forme comuni sporadiche della malattia sono di solito lievi,
virus, il metapneumovirus umano, i rinovirus, il morbillo e i virus con un basso tasso di mortalità (sotto l’1%). La polmonite intersti-
della varicella; la Chlamydia pneumoniae e la Coxiella burnetii (febbre ziale, tuttavia, può assumere proporzioni epidemiche con maggior
Q).124,125 In alcuni casi la causa non può essere determinata. Ognuno gravità e mortalità, come documentato dalle devastanti pandemie
di questi agenti può causare semplicemente un’infezione delle vie influenzali del 1915 e del 1918 e da molte epidemie minori che si
aeree superiori, nota come raffreddore comune, o un’ infezione più sono presentate da allora. In tali casi, la sovrainfezione batterica da
grave delle vie respiratorie inferiori. I fattori che favoriscono l’esten- stafilococchi o streptococchi è alquanto comune.
sione dell’infezione sono spesso misteriose e comprendono l’età
avanzata, la malnutrizione, l’alcolismo e le malattie debilitanti. Infezioni da virus dell’influenza
Il meccanismo patogenetico più comune è l’adesione dei micror-
ganismi all’epitelio dell’apparato respiratorio superiore, seguita da Il genoma del virus influenzale è composto da otto eliche a singolo
necrosi delle cellule e da risposta infiammatoria. Quando il processo filamento di RNA, ciascuna codificante un singolo gene e ciascuna
si estende agli alveoli, vi è di solito flogosi interstiziale. Può verificarsi legata a una nucleoproteina che determina il tipo di virus influenzale
un travaso di liquido negli spazi alveolari e alla radiografia del torace (A, B o C). La superficie sferica del virus influenzale è costituita da
le alterazioni possono apparire simili a quelle della polmonite bat- un doppio strato lipidico (involucro) contenente emoagglutinina e
terica. Il danno che porta alla distruzione dell’epitelio respiratorio neuraminidasi virali, che determinano il sottotipo del virus (da H1
inibisce la clearance mucociliare e predispone alla sovrainfezione a H3; N1 o N2). Gli anticorpi dell’ospite antiemoagglutinina e anti-
batterica. neuraminidasi prevengono e migliorano, rispettivamente, la futura
infezione da virus influenzali. Due meccanismi agiscono nella riso-
luzione dell’infezione primaria da virus influenzali: i linfociti T ci-
Morfologia Tutti gli agenti causali provocano quadri morfo- totossici distruggono le cellule infettate dal virus e una proteina
logici essenzialmente simili. L’interessamento polmonare può intracellulare antinfluenzale (chiamata Mx1) viene stimolata a pro-
essere piuttosto diffuso oppure interessare interi lobi bilate- dursi nei macrofagi dalle citochine IFN-a eIFN-b.126
ralmente o unilateralmente. Le aree colpite sono di colore I virus dell’influenza di tipo A infettano gli esseri umani, i maiali,
rosso-bluastro e sono congeste. La pleura è liscia e la pleurite i cavalli e gli uccelli e sono la causa più importante delle pandemie e
o i versamenti pleurici sono rari. delle infezioni epidemiche da influenza. In generale, un solo sottotipo
di influenza da virus A predomina in tutto il mondo in un dato
CAPITOLO 15 Il polmone 705

periodo.127 Le epidemie di influenza si verificano attraverso la muta-


zione dell’emoagglutinina e della neuraminidasi che permette al virus Nella laringotracheobronchite e nella bronchiolite, le corde
di sfuggire alla maggior parte degli anticorpi dell’ospite (deriva anti- vocali sono edematose ed è presente abbondante essuda-
genica). Le pandemie, che durano più a lungo e sono più diffuse delle zione mucosa. L’alterazione della funzione broncociliare fa-
epidemie, possono verificarsi quando sia l’emoagglutinina sia la neu- vorisce le sovrainfezioni batteriche purulente. L’ostruzione
raminidasi sono mutate attraverso la ricombinazione di segmenti di delle piccole vie aeree può dare origine ad atelettasia focale
RNA con quelle di virus animali, rendendo tutti gli individui suscet- del polmone. Nell’interessamento bronchiolare più grave,
tibili al nuovo virus influenzale (spostamento antigenico). L’analisi con l’ostruzione diffusa di vie aeree secondarie e terminali con
reazione a catena polimerasica (PCR) del virus dell’influenza prove- residui cellulari, fibrina ed essudato infiammatorio può, se
niente dai polmoni di un soldato deceduto nella pandemia di influenza prolungata, causare organizzazione e fibrosi, determinando
del 1918, che ha causato tra 20 e 40 milioni di morti in tutto il mondo, bronchiolite obliterante e danno polmonare permanente.
ha identificato un virus dell’influenza dei suini appartenente alla stessa
famiglia di virus dell’influenza che causano malattie al giorno d’oggi.128
I farmaci antivirali utilizzati attualmente sono efficaci contro virus Metapneumovirus umano (MPV)
ricombinanti dell’influenza ottenuti utilizzando emoagglutinina,
neuraminidasi e matrice di geni presenti in un virus del 1918.129 Il metapneumovirus (MPV) umano, un paramixovirus scoperto nel
I virus influenzali di tipo B e C, che non mostrano deriva o 2001, è diffuso in tutto il mondo ed è associato alle infezioni del
spostamento antigenico, infettano soprattutto i bambini, che tratto respiratorio inferiore e superiore. È molto frequente nei bam-
sviluppano anticorpi contro la reinfezione. Raramente, il virus bini piccoli, nei soggetti anziani e nei pazienti immunocompromessi.
dell’influenza può causare miocardite interstiziale o, in seguito a Il MPV umano può causare infezioni gravi tra cui la bronchiolite e
trattamento con aspirina, sindrome di Reye (Cap. 18). la polmonite. A tale virus sono imputabili il 5-10% dei ricoveri e il
Nel caso dell’influenza aviaria, i ceppi influenzali colpiscono in 12-20% delle visite ambulatoriali su bambini con infezioni acute del
primo luogo gli uccelli. Uno tra questi ultimi, il ceppo con antigene tratto respiratorio. A livello clinico, tali infezioni non si possono
H5N1, è fonte di grande preoccupazione in quanto l’infezione è distinguere da quelle causate da virus respiratori sinciziali umani.
spesso letale negli umani (il 60% circa). Dal 2003, questo virus si sta La prima infezione da MPV umano avviene nella prima infanzia,
diffondendo in tutto il mondo negli uccelli selvatici e domestici. ma le riacutizzazioni sono frequenti nel corso della vita, specialmen-
Dall’autunno 2008, sono stati riportati presso l’OMS ben 387 casi di te nei pazienti anziani. Si prediligono le indagini diagnostiche su
influenza da virus H5N1. Quasi tutti i casi di influenza H5N1 negli base molecolare come la transcriptasi-PCR inversa, a causa della
umani sono dovuti al contato diretto con uccelli domestici. La gra- difficile crescita cellulare in coltura. A tutt’oggi, non sono ancora
vità di tale malattia è dovuta all’abilità del virus di provocare infe- disponibili trattamenti a livello commerciale per il MPV, sebbene la
zioni diffuse nel corpo umano, non limitandosi alla regione polmo- ribavirina si sia dimostrata efficace sia in vitro sia sulle cavie animali.
nare. Il tropismo del tessuto dell’influenza H5N1 è maggiore a causa Inoltre, i vaccini vivi attenuati, prodotti mediante virus genetica-
della struttura atipica della proteina emoagglutinina. Il clivaggio mente modificati, hanno dimostrato di essere molto efficaci sugli
dell’emoagglutinina virale a opera della proteasi dell’ospite è neces- animali.131
sario affinché il virus dell’influenza penetri nelle cellule dell’ospite.
L’emoagglutinina del virus influenzale H5N1 e degli altri virus in- Sindrome respiratoria acuta grave
fluenzali fortemente patogenici può essere clivata da proteasi ubi-
quitarie negli umani, mentre quella correlata a virus influenzali La sindrome respiratoria acuta grave (Severe Acute Respiratory
meno violenti può essere unicamente clivata dalle proteasi in organi Syndrome, SARS) è apparsa per la prima volta nel novembre del
limitati, incluso il polmone. Fortunatamente, la trasmissione dell’at- 2002 nella provincia cinese di Guangdong, con successiva diffusione
tuale virus H5N1 risulta inefficiente. Nella maggior parte dei pazienti a Hong Kong, Taiwan, Singapore, Vietnam e Toronto, dove si sono
affetti da H5N1 si osserva la presenza di polmonite. Tuttavia, se la verificati focolai importanti.132 La facilità degli spostamenti tra con-
ricombinazione antigenica avviene tra l’influenza H5N1 e un ceppo tinenti ha chiaramente contribuito alla diffusione di questa pande-
influenzale altamente infettivo per gli umani, una veloce trasmis- mia. Tra la fine del 2002 e la primavera del 2003, vi sono stati oltre
sione umana potrebbe dare luogo a una pandemia, simile alla pan- 8.000 casi di SARS, con 774 decessi. La diffusione dell’epidemia è
demia della Spagnola del 1918. Questa preoccupazione ha spinto a stata arrestata, forse in parte grazie a misure intraprese dagli orga-
compiere numerosi sforzi per lo sviluppo del vaccino.130 nismi di salute pubblica e gli ultimi casi di SARS riportati nel 2004
erano associati a infezioni da laboratorio.125
Dopo un periodo di incubazione di 2-10 giorni, la SARS inizia
Morfologia Le infezioni virali delle vie respiratorie superiori con tosse secca, malessere, mialgie, febbre e brividi. Un terzo dei
sono caratterizzate da iperemia e dolenzia della mucosa e da pazienti migliora e supera l’infezione, ma i rimanenti presentano
infiltrazione della sottomucosa a predominanza linfocitaria una grave malattia respiratoria con dispnea, tachipnea, pleurite e
e plasmacellulare accompagnata da ipersecrezione di muco. quasi il 10% dei pazienti muore a causa della malattia, per la quale
La mucosa edematosa e l’essudato viscoso possono ostruire non esiste uno specifico trattamento.
le vie nasali, i seni o le tube di Eustachio e favorire una so- L’agente eziologico della SARS è un coronavirus precedentemente
vrainfezione suppurativa batterica. Tonsilliti virali con iper- sconosciuto. Quasi un terzo delle infezioni del distretto respiratorio
trofia del tessuto linfoide dell’anello del Waldeyer sono fre- superiore è causato da coronavirus, ma il virus della SARS differisce
quenti nei bambini, sebbene l’iperplasia linfoide non sia di dai coronavirus noti perché infetta le vie respiratorie inferiori e si
solito associata a suppurazione o ascesso, come accade nelle estende a tutto l’organismo. Il virus della SARS sembra sia stato
infezioni da streptococchi o stafilococchi. trasmesso all’uomo attraverso il contatto con gli zibetti delle palme che
vengono mangiati in Cina. Successivamente la malattia si è diffusa
706 CAPITOLO 15 Il polmone

per contagio interumano, principalmente attraverso le secrezioni e anaerobi, lo Staphylococcus aureus e una serie di batteri saprofiti
respiratorie infette, sebbene alcuni casi si siano trasmessi attraverso Gram-negativi. Si verificano spesso infezioni miste a causa dell’ina-
le feci. lazione di materiale estraneo.133 Gli organismi anaerobi normalmente
La SARS può essere diagnosticata per isolamento del virus tramite contenuti nel cavo orale, compresi membri di Bacteroides, Fusobac-
PCR o dal riscontro di anticorpi specifici. I livelli del virus sono terium e Peptococcus soprattutto, sono gli unici germi isolati nel 60%
inizialmente bassi e il picco si presenta 10 giorni dopo l’esordio della dei casi. Gli agenti responsabili vengono introdotti con i seguenti
malattia. Pertanto, per rilevare il virus può essere necessario l’esame meccanismi:
di campioni distinti (secrezioni respiratorie, sangue, feci), raccolti
per molti giorni. Il riscontro di anticorpi specifici per il virus SARS Aspirazione di materiale infetto (la causa più frequente): è parti-
rappresenta un test molto sensibile e specifico; tuttavia, alcuni pa- colarmente comune nell’alcolismo acuto, nel coma, nell’anestesia,
zienti possono non avere una risposta anticorpale misurabile fino a nella sinusite, nelle sepsi odontogene e nelle malattie debilitanti,
28 giorni dopo l’infezione. nelle quali i riflessi della tosse sono ridotti.
La fisiopatologia della SARS non è chiara, né è noto perché il virus Infezioni polmonari precedenti: gli ascessi postpneumonici sono
si sia spostato dagli animali agli esseri umani. La maggior parte dei generalmente dovuti a infezioni da S. aureus, Klebsiella pneumo-
coronavirus della SARS hanno una delezione del nucleotide 29 niae e da pneumococco di tipo 3. I soggetti sottoposti a trapianto
nell’RNA rispetto a quello presente nel virus degli animali selvatici. o immunodepressi sono notevolmente a rischio per tale
Questa condizione potrebbe favorire la trasmissione o la patogenicità complicanza.
del virus. I polmoni di pazienti deceduti per SARS presentano un Embolia settica: emboli infetti provenienti da tromboflebiti di
danno alveolare diffuso e cellule giganti multinucleate. Coronavirus qualsiasi distretto della circolazione venosa sistemica oppure da
possono essere evidenziati negli pneumociti con la microscopia vegetazioni di endocardite batterica infettiva del cuore destro
elettronica. raggiungono i polmoni.
Neoplasia: l’infezione secondaria è frequente soprattutto nel
segmento broncopolmonare ostruito da neoplasia maligna pri-
Polmoniti Nosocomiali
maria o secondaria (polmonite postostruttiva).
Le polmoniti nosocomiali sono infezioni polmonari contratte du- Miscellanea: tutte le seguenti condizioni possono condurre alla
rante la degenza ospedaliera. Sono comuni nei pazienti con gravi formazione di un ascesso polmonare: trauma diretto penetrante
malattie croniche, immunodepressi, dopo terapia antibiotica pro- nei polmoni; diffusione di infezioni da un organo vicino come le
lungata o portatori di accessi o cateteri intravascolari. I pazienti in infezioni suppurative dell’esofago, della colonna vertebrale, dello
ventilazione meccanica sono a rischio particolarmente elevato. Le spazio subfrenico o della cavità pleurica; disseminazione emato-
infezioni ospedaliere che complicano una malattia cronica (che ha gena al polmone di germi piogeni possono portare alla forma-
causato il ricovero) e le infezioni nosocomiali sono gravi e spesso zione di un ascesso polmonare.
mortali. I bacilli Gram-negativi (specie di Enterobacteriaceae e Pseu-
domonas) e lo Staphylococcus aureus sono i più comunemente isolati; Dopo aver escluso tutte queste cause, vi sono ancora casi in cui
a differenza delle polmoniti comunitarie, lo Streptococcus pneumo- non può essere identificata una causa ragionevole per la formazione
niae non è il patogeno più frequente. di un ascesso. In questo caso si parla di ascessi polmonari primitivi
criptogenetici.
Polmonite Da Aspirazione
La polmonite da aspirazione si verifica in pazienti fortemente debi- Morfologia Il diametro delle lesioni ascessuali varia da al-
litati o per aspirazione di contenuto gastrico dovuta allo stato di cuni millimetri a grandi cavità di diametro compreso tra 5 e
incoscienza (ad es. dopo un ictus) o per episodi di vomito ripetuti. 6 cm. Possono interessare qualsiasi parte del polmone e
Questi pazienti hanno riflessi della deglutizione anomali che predi- possono essere singole o numerose. Gli ascessi polmonari
spongono all’inalazione gastrica. La polmonite che ne consegue è in dovuti ad aspirazione sono più frequenti nel polmone destro
parte chimica, a causa dell’effetto estremamente irritante del succo (perché il bronco principale destro è più verticale) e sono
gastrico acido, e in parte batterica (dalla flora orale). Di solito viene molto spesso singoli. Gli ascessi che si sviluppano nel corso
isolato in coltura più di un microrganismo in quanto gli aerobi sono di una polmonite o in presenza di bronchiectasie sono di
più comuni degli anaerobi. Questo tipo di polmonite è spesso ne- solito multipli, basali e diffusi. Anche gli emboli settici e gli
crotizzante, ha un decorso clinico fulminante ed è una frequente ascessi piemici sono numerosi e possono interessare qual-
causa di morte. Nei pazienti che sopravvivono, la formazione di siasi regione del polmone.
ascessi polmonari è una complicanza frequente. La cavità ascessuale può essere riempita da detriti suppura-
tivi. Se vi è comunicazione con una delle vie aeree, l’essudato
contenuto può essere parzialmente drenato creando una
Ascesso Polmonare
cavità contenente aria. Le sovrainfezioni saprofitiche si svi-
Il termine “ascesso polmonare” definisce un processo suppurativo luppano facilmente all’interno del materiale necrotico già
locale nei polmoni, caratterizzato da necrosi del tessuto polmonare. esistente nella cavità ascessuale. Se l’infezione perdura si
Interventi chirurgici sull’orofaringe, sinusiti, bronchiti, ascessi formano cavità multiloculari grandi, fetide, di colore verde
dentari e bronchiectasie hanno un ruolo importante nel favorirne nerastro con scarsa demarcazione dei margini, realizzando
l’insorgenza. il quadro della gangrena del polmone. La modificazione
Eziologia e patogenesi. Sebbene qualsiasi agente patogeno pos- istologica principale in tutti gli ascessi è la distruzione sup-
sa, in particolari condizioni, determinare la formazione di un asces- purativa del parenchima polmonare entro la zona centrale
so, i patogeni principalmente in causa sono gli streptococchi aerobi
CAPITOLO 15 Il polmone 707

e (3) ogni fungo ha una distribuzione geografica propria, causando la


malattia principalmente tra soggetti immunocompetenti che vivono
lungo i fiumi Ohio e Mississippi e nei Caraibi (Histoplasma), nella
zona Sud degli Stati Uniti (Blastomyces) e nelle zone meridionali e
occidentali degli Stati Uniti e in Messico (Coccidioides).

Istoplasmosi
L’infezione da Histoplasma capsulatum si contrae per inalazione di
particelle di polvere di terreno contaminato da escrementi di uccelli
o gallinacei infetti contenenti piccole spore (microconidi) che co-
stituiscono la forma infettante del fungo. Come l’M. tuberculosis,
l’H. capsulatum è un parassita intracellulare dei macrofagi. La pre-
sentazione clinica e le lesioni morfologiche dell’istoplasmosi assomi-
gliano peraltro sorprendentemente a quelle della tubercolosi, compresi
(1) un interessamento polmonare autolimitante e spesso cronico,
caratterizzato da lesioni nummulari presenti alla radiografia del
torace; (2) una malattia polmonare cronica, progressiva, secondaria
localizzata al parenchima polmonare apicale che causa tosse, febbre
e sudorazioni notturne; (3) lesioni localizzate in sedi extrapolmonari,
Figura 15.35 Ascesso piemico polmonare (nel centro) di sezione
con completa distruzione del parenchima sottostante nella zona centrale inclusi il mediastino, le ghiandole surrenali, il fegato o le meningi;
di interessamento. (4) lesioni ampiamente disseminate, in particolare nei pazienti
immunodepressi.
La patogenesi dell’istoplasmosi non è completamente conosciuta.
È noto che i macrofagi sono i bersagli principali dell’infezione. L’H.
di cavitazione (Fig. 15.35). Nei casi cronici, la notevole proli- capsulatum può essere fagocitato dai macrofagi dopo opsonizzazione
ferazione dei fibroblasti provoca la formazione di una parete con l’anticorpo. I lieviti dell’Histoplasma si moltiplicano all’interno
fibrosa. dei fagolisosomi e lisano le cellule dell’ospite. Le infezioni da Histo-
plasma sono controllate da cellule T helper che riconoscono come
antigeni le proteine della parete cellulare e le proteine da shock
Evoluzione clinica. Le manifestazioni cliniche degli ascessi termico (heat-shock protein) del fungo e conseguentemente secer-
polmonari sono molto simili a quelle delle bronchiectasie e sono nono IFN-g, che stimola i macrofagi a distruggere i lieviti intracel-
caratterizzate principalmente da tosse, febbre e abbondante quantità lulari. Inoltre, l’Histoplasma stimola i macrofagi a liberare TNF, che
di escreato fetido purulento o ematico. La febbre, il dolore toracico recluta e stimola altri macrofagi a distruggere l’Histoplasma. I pa-
e il calo ponderale sono frequenti. Ippocratismo digitale delle mani zienti con deficit dell’immunità cellulare affetti dalla sindrome
e dei piedi può insorgere entro alcune settimane dall’esordio di un dell’immunodeficienza acquisita, sono sensibili alle infezioni diffuse
ascesso. La diagnosi può essere sospettata solo dai segni clinici e deve da Histoplasma, che è uno dei patogeni opportunisti in questa
essere confermata da esami radiologici. In seguito a diagnosi di malattia.
ascesso nei pazienti anziani, è importante escludere un carcinoma
sottostante in quanto questo è presente nel 10-15% dei casi.
Il decorso degli ascessi è variabile. Grazie alle terapie antibiotiche, Morfologia A livello dei polmoni di adulti altrimenti sani, le
la maggior parte si risolve lasciando una cicatrice. Le complicanze infezioni da Histoplasma provocano granulomi con cellule
comprendono l’estensione dell’infezione alla cavità pleurica, l’emor- epitelioidi, che abitualmente vanno incontro a necrosi coagu-
ragia, lo sviluppo di ascessi cerebrali o meningite da emboli settici e lativa e confluiscono a formare grosse aree di consolidamen-
(raramente) amiloidosi secondaria (tipo AA). to, ma che possono anche liquefarsi formando cavità (come
si osserva nei pazienti con BPCO). Con il controllo dell’infe-
zione, sia esso spontaneo o farmacologico, queste lesioni
Polmonite Cronica
vanno incontro a fibrosi e calcificazione concentrica (aspetto
La polmonite cronica è molto spesso una lesione localizzata nel a corteccia) (Fig. 15.36 A). La differenziazione istologica dalla
paziente immunocompetente, con o senza coinvolgimento di linfo- tubercolosi, dalla sarcoidosi e dalla coccidioidomicosi richiede
nodi regionali. Generalmente si ha una reazione infiammatoria di l’identificazione dei lieviti, che presentano una sottile parete
tipo granulomatoso, dovuta a batteri (ad es. M. tuberculosis) o funghi di 3-5 mm che può persistere nei tessuti per anni.
(ad es. Histoplasma capsulatum). La tubercolosi del polmone e di Nell’istoplasmosi fulminante disseminata, che colpisce i
altri organi è già stata descritta nel Capitolo 8. In questa sezione si soggetti immunodepressi, i granulomi non sono formati da
tratterà la polmonite cronica causata da funghi. cellule epitelioidi; al contrario, si osservano accumuli focali
L’istoplasmosi, la blastomicosi e la coccidioidomicosi sono trattate di fagociti mononucleati riempiti con lieviti fungini in vari
insieme perché (1) sono malattie granulomatose dei polmoni che tessuti e organi del corpo (Fig. 15.36 B).
possono assomigliare alla tubercolosi, (2) sono causate da funghi
termicamente dimorfici in quanto possono svilupparsi sotto forma di
ife che producono spore a temperatura ambiente, ma crescono come La diagnosi di istoplasmosi si pone mediante colture o identifi-
lieviti (sferule o ellissi) a temperatura corporea all’interno dei polmoni cazione del fungo nelle lesioni tissutali. Sono inoltre disponibili test
708 CAPITOLO 15 Il polmone

Figura 15.36 Istoplasmosi. A. Granuloma concentrico da Histoplasma del polmone. B. Histoplasma capsulatum sotto forma di lievito riempie i fagociti
in un linfonodo di un paziente con istoplasmosi disseminata (impregnazione argentica).

sierologici per anticorpi e antigeni. L’individuazione dell’antigene


nei liquidi corporei è più utile nelle fasi precoci poiché gli anticorpi Morfologia Nel soggetto normale, le lesioni polmonari della
si formano 2-6 settimane dopo l’infezione.134 blastomicosi sono rappresentate da granulomi suppurativi.
I macrofagi hanno una capacità limitata di fagocitare e di-
struggere il B. dermatidis e la persistenza del lievito conduce
Blastomicosi
a un continuo reclutamento di neutrofili. Nei tessuti, il B.
Il Blastomyces dermatidis è un fungo dimorfico che vive nel terreno dermatidis ha una forma tondeggiante, di 5-15 mm di diame-
ed è molto difficile da isolare. Provoca l’insorgenza di malattie in tro che si divide per gemmazione con base allargata. Ha una
soggetti che vivono o hanno visitato la zona centrale o sud-orientale membrana cellulare spessa a doppio contorno e nuclei nu-
degli Stati Uniti; si può contrarre l’infezione anche in Canada, Mes- merosi (Fig. 15.37). L’interessamento della cute e della laringe
sico, Medio Oriente, Africa e India. Le forme cliniche sono tre: la è associato a marcata iperplasia epiteliale, che può essere
blastomicosi polmonare, la blastomicosi diffusa e una forma primitiva confusa per un carcinoma squamocellulare.
cutanea rara, originata dall’inoculazione diretta dei microrganismi
nella cute. La blastomicosi polmonare si presenta spesso come una
malattia a esordio improvviso, con tosse produttiva, cefalea, dolore Coccidioidomicosi
toracico, calo ponderale, febbre, dolori addominali, sudorazioni
notturne, brividi e anoressia. Le radiografie del torace rivelano ad- Quasi tutti coloro che inalano le spore di Coccidioides immitis si
densamento lobare, infiltrati multilobari, infiltrati perilari, noduli infettano e sviluppano un’ipersensibilità ritardata verso gli antigeni
multipli o infiltrati miliari. Sono più frequentemente colpiti i lobi fungini, cosicché oltre l’80% dei soggetti che abitano nelle aree
superiori. Il processo può risolversi spontaneamente, persistere o endemiche sud-occidentali e occidentali degli Stati Uniti presenta
progredire a una forma cronica. positività al test cutaneo. Una ragione che spiega l’alto tasso di

Figura 15.37 Blastomicosi. A. Sono presenti lieviti arrotondati con gemmazioni, più grandi dei neutrofili. Si notino la caratteristica parete spessa
e i nuclei (non osservati negli altri funghi). B. Impregnazione argentica.
CAPITOLO 15 Il polmone 709

Tabella 15.9 Cause di infiltrati polmonari in soggetti


immunodepressi
Infiltrato diffuso Infiltrato focale

COMUNI
Citomegalovirus Bacilli Gram-negativi
Pneumocystis jiroveci Staphylococcus aureus
Reazione a farmaci Aspergillus
Candida
Tumore maligno

RARE
Batteri Cryptococcus
Aspergillus Mucor
Cryptococcus Pneumocystis jiroveci
Tumore maligno Legionella pneumophila
Figura 15.38 Coccidioidomicosi con sferule sia intatte sia con ernia.

infettività del C. immitis è che gli artroconidi infettivi, quando ven- essere classificate in base all’agente eziologico: (1) batteri (Pseudo-
gono fagocitati dai macrofagi alveolari, bloccano la fusione del fago- monas aeruginosa, Mycobacterium spp., Legionella pneumophila e
soma e del lisosoma e quindi resistono alla distruzione intracellulare. Listeria monocytogenes), (2) virus (citomegalovirus [CMV] e her-
Come nel caso dell’Histoplasma, molte delle infezioni primitive da pesvirus) e (3) funghi (P. jiroveci, Candida spp., Aspergillus spp.,
C. immitis sono asintomatiche, ma il 10% dei soggetti presenta lesioni Phycomycetes e Cryptococcus neoformans).
polmonari, febbre, tosse, dolori pleuritici accompagnati da eritema
nodoso o eritema multiforme (il complesso della febbre della valle Malattie Polmonari Nell’infezione
di San Joaquin). Meno dell’1% dei soggetti svilup­pa un’infezione Da Virus Dell’immunodeficienza Umana
disseminata da C. immitis, che spesso interessa la cute e le meningi.
La malattia polmonare continua a essere la prima causa di morbilità
e mortalità negli individui affetti da HIV. Sebbene l’uso di potenti
Morfologia Le lesioni polmonari primarie e secondarie da agenti antiretrovirali e la chemioprofilassi abbia modificato notevol-
C. immitis sono simili alle lesioni granulomatose da Histo­ mente l’incidenza e l’insorgenza della malattia polmonare nei pazienti
plasma. affetti da HIV, il gran numero di agenti infettivi e le altre lesioni pol-
Il C. immitis è presente all’interno dei macrofagi o le cellule monari rendono la diagnosi e il trattamento molto difficoltosi. Alcuni
giganti sotto forma di sferule di diametro compreso tra 20 e degli agenti microbici che interessano questo tipo di pazienti sono già
60 mm, a parete spessa, spesso riempite da piccole endospo- stati presi in considerazione; questa sezione si focalizzerà solo sui
re. Una reazione piogenica è sovrapposta se la rottura delle principi generali della patologia polmonare associata a HIV.
sferule determina rilascio di endospore (Fig. 15.38). La rara
malattia progressiva da C. immitis interessa i polmoni, le Nonostante l’importanza attribuita alle infezioni “opportunisti-
meningi, la cute, le ossa, le ghiandole surrenali, i linfonodi, che”, si deve ricordare che l’infezione batterica delle vie respira-
la milza e il fegato. In tutte queste sedi, la risposta infiamma- torie inferiori causata dai “comuni” agenti patogeni è una delle
toria può essere puramente granulomatosa, piogenica o più gravi patologie polmonari nell’infezione da HIV. I microrga-
mista. Le lesioni purulente sono più frequenti nei pazienti nismi implicati comprendono lo S. pneumoniae, lo S. aureus, l’H.
con resistenza ridotta e disseminazione diffusa. influenzae e i bacilli Gram-negativi. Le polmoniti batteriche nei
pazienti affetti da HIV sono più frequenti, più gravi e in genere
si associano maggiormente a batteriemia rispetto a quelle senza
infezione da HIV.
Polmonite Nel Paziente Immunodepresso
Non tutti gli infiltrati polmonari negli individui affetti da HIV
La comparsa di un addensamento polmonare, con o senza segni di hanno una patogenesi infettiva. Malattie non infettive opportuni-
infezione (ad es. febbre) è una delle complicanze più frequenti e stiche, compresi il sarcoma di Kaposi (Capp. 6 e 11), i linfomi pol-
gravi nei pazienti in cui il sistema immunitario è compromesso da monari non Hodgkin (Cap. 13) e il carcinoma polmonare primitivo,
malattia, immunosoppressione dovuta a trapianto di organi e da insorgono con maggiore frequenza e devono essere escluse.
chemioterapia o radiazioni.135 Un’ampia varietà di cosiddetti agenti La conta delle cellule T CD4+ può definire il rischio di infezione
infettivi opportunistici, molti dei quali causano raramente infezioni da parte di organismi specifici. Come regola pratica, le infezioni
nel soggetto normale, possono provocare polmoniti di questa natura batteriche e tubercolari sono più probabili quando la conta dei
e, spesso, vi sono in gioco molteplici agenti patogeni. La mortalità CD4+ è più elevata (>200 cellule/mm3). La polmonite da Pneu-
di queste infezioni opportunistiche è elevata. La Tabella 15.9 elenca mocystis spesso colpisce quando la conta di CD4+ è inferiore alle
alcuni degli agenti opportunistici in base alla loro prevalenza e 200 cellule/mm3, mentre le infezioni da citomegalovirus e da
mostra se sono causa di addensamenti polmonari localizzati o Mycobacterium avium complex sono rare fino agli stadi terminali
diffusi. La diagnosi differenziale di tali addensamenti deve essere dell’immunosoppressione (CD4+ <50 cellule/mm3).
fatta con la reazione a farmaci e con il coinvolgimento del polmone
da tumore. Le infezioni specifiche sono trattate nel Capitolo 8. Tra Infine, è utile ricordare che la malattia polmonare negli individui
queste, quelle che comunemente interessano il polmone possono affetti da HIV può essere causata da più di un patogeno e che anche
710 CAPITOLO 15 Il polmone

i comuni agenti patogeni possono presentarsi con manifestazioni


atipiche. Pertanto, le indagini diagnostiche condotte in questi pa- tutti i pazienti ricevono una profilassi adeguata, generalmen-
zienti dovrebbero essere più approfondite (e costose) rispetto a quelle te con trimetropin-sulfametossazolo. Le infezioni fungine
necessarie per un individuo immunocompetente. sono dovute soprattutto a Candida e Aspergillus e interessa-
no la sede bronchiale dell’anastomosi e/o il polmone.
Un certo grado di rigetto acuto del polmone si verifica in tutti
Trapianto polmonare i pazienti, nonostante l’immunosoppressione postoperatoria
di routine. Spesso si manifesta durante le prime settimane
Le indicazioni per il trapianto possono includere quasi tutte le malattie o i primi mesi dopo l’intervento, ma può insorgere alcuni
polmonari terminali non neoplastiche, a condizione che il paziente anni più tardi, quando l’immunosoppressione viene ridotta.
non abbia altre gravi patologie, che impedirebbero la terapia immu- I pazienti presentano febbre, dispnea, tosse e infiltrati radio-
nosoppressiva cronica. Le indicazioni più comuni sono l’enfisema ter­ logici. Poiché questo quadro è simile a quello delle infezioni,
minale, la fibrosi polmonare idiopatica, la fibrosi cistica e l’ipertensione la diagnosi spesso si ottiene mediante la biopsia transbron-
arteriosa polmonare idiopatica/familiare. Sebbene siano possibili tra- chiale. I caratteri morfologici della reazione di rigetto acuta
pianti polmonari bilaterali e il trapianto cuore-polmoni, in molti casi sono principalmente quelli degli infiltrati infiammatori (lin-
si esegue il trapianto di un polmone singolo, che permette un miglio- fociti, plasmacellule e pochi neutrofili ed eosinofili) attorno
ramento sufficiente nella funzionalità polmonare per ognuno dei due ai piccoli vasi e/o nella sottomucosa delle vie aeree.136
riceventi degli organi provenienti da un singolo donatore (sempre Il rigetto cronico è un problema rilevante per almeno la metà
troppo scarsi). Se sono presenti infezioni croniche bilaterali (ad es. dei pazienti trapiantati e si presenta 3-5 anni dopo il trapianto.
fibrosi cistica, bronchiectasie), entrambi i polmoni del ricevente de- È caratterizzato da tosse, dispnea e da una riduzione irrever-
vono essere sostituiti per rimuovere il serbatoio di infezione. sibile ai test di funzionalità polmonare. La principale altera-
zione morfologica correlata al rigetto cronico è rappresentata
dalla bronchiolite obliterante, l’occlusione parziale o com-
Morfologia Grazie al miglioramento delle tecniche chirur- pleta delle piccole vie aeree da parte della fibrosi, con o senza
giche e delle tecniche di conservazione degli organi, le com- infiammazione acuta (Fig. 15.39). La bronchiolite ha un aspet-
plicazioni postoperatorie (ad es. deiscenza anastomotica, to a chiazze ed è quindi difficile da diagnosticare attraverso
trombosi vascolare, rigetto precoce) sono diventate fortuna- la biopsia transbronchiale. Le bronchiectasie si possono
tamente rare. Il trapianto di polmone è soggetto a due prin- sviluppare nei casi di lunga durata.
cipali complicanze: infezione e rigetto.
Le infezioni polmonari nei pazienti con polmone trapiantato
sono essenzialmente quelle di qualsiasi soggetto immuno- Il rigetto acuto delle cellule delle vie aeree (il danno che si presume
depresso, trattate precedentemente. Nelle prime fasi del sia precursore della successiva obliterazione fibrosa delle vie aeree) è
post-trapianto (le prime settimane), le infezioni batteriche generalmente responsivo alla terapia, ma il trattamento della bron-
sono molto comuni. Grazie alla profilassi con ganciclovir e chiolite obliterante stabilizzata si è rivelato deludente. La sua progres-
il confronto donatore-ricevente per il CMV, la polmonite da sione può essere rallentata o anche arrestata per un certo periodo, ma
CMV si verifica con minore frequenza ed è meno grave, seb- non è reversibile. Le complicanze non frequenti del trapianto del
bene stiano emergendo alcuni ceppi resistenti. La maggior polmone comprendono l’aterosclerosi accelerata del polmone trapian-
parte dei casi si verifica dal 3° al 12° mese dopo il trapianto. tato e le malattie linfoproliferative. Con il continuo miglioramento
La polmonite da Pneumocystis jiroveci è rara, poiché quasi delle terapie chirurgiche, immunosoppressive e antimicrobiche, i ri-
sultati a breve termine ottenuti con il trapianto di polmone sono
notevolmente migliorati, sebbene non siano ancora all’altezza di quelli
relativi al trapianto renale o cardiaco. Il tasso di sopravvivenza è del
78% a 1 anno, del 50% a 5 anni e del 26% a 10 anni.137

Neoplasie
Una grande varietà di tumori benigni e maligni può svilupparsi nel
polmone, ma la stragrande maggioranza (90-95%) è rappresentata
dai carcinomi, il 5% da carcinoidi bronchiali e il 2-5% da neoplasie
mesenchimali e da altre neoplasie.60

Carcinomi
Il carcinoma polmonare è attualmente il carcinoma diagnosticato
con maggiore frequenza in tutto il mondo e costituisce la causa più
comune di mortalità per cancro. È causato in larga misura dagli
Figura 15.39 Rigetto cronico di un polmone trapiantato, con occlusione effetti cancerogeni del fumo di sigaretta. Nei prossimi decenni, il
totale del bronchiolo (bronchiolite obliterante). Il ramo adiacente all’arteria
polmonare è normale. (Per gentile concessione del Dr. Thomas Krausz, cambiamento nell’abitudine al fumo influenzerà notevolmente l’in-
Department of Pathology, The University of Chicago, Pritzker School of cidenza e la mortalità da carcinoma polmonare, nonché la prevalenza
Medicine, Chicago, IL) dei suoi vari tipi istologici.138
CAPITOLO 15 Il polmone 711

L’incidenza dei nuovi casi di tumore polmonare nel 2008 negli poiché le sostanze in esso contenute causano tumori del cavo orale
Stati Uniti è stata stimata di 215.020 (si noti che nel 1950 erano e possono condurre a dipendenza da nicotina.
18.000), rappresentando circa il 13% delle diagnosi di cancro e il L’evidenza clinica è data in gran parte dall’osservazione di alte-
29% dei decessi correlati al cancro. Si stima che l’incidenza annuale razioni istologiche nell’epitelio di rivestimento del tratto respiratorio
dei decessi causati da carcinoma polmonare negli Stati Uniti sia stata nei fumatori abituali. Queste modificazioni sequenziali sono state
di 161.840 nel 2008.139 Sin dai primi anni Novanta i tassi di incidenza meglio documentate per il carcinoma squamocellulare, ma possono
e di mortalità relativi alle neoplasie polmonari si sono ridotti negli anche essere presenti in altri sottotipi istologici. In sintesi, vi è una
uomini, molto probabilmente in seguito alla riduzione del tabagismo correlazione lineare tra l’intensità dell’esposizione al fumo di siga-
nel corso dell’ultimo trentennio. Tuttavia, l’abitudine al fumo nelle retta e l’aspetto sempre più preoccupante delle variazioni dell’epitelio,
donne si è ridotta in misura inferiore rispetto agli uomini. Dal 1987, che iniziano con la metaplasia squamosa e progrediscono con la
il numero di donne decedute ogni anno per tumore polmonare è displasia squamosa, il carcinoma in situ e il carcinoma invasivo. I
stato maggiore rispetto al numero dei decessi per cancro alla mam- carcinomi polmonari dei fumatori spesso contengono una tipica,
mella, che per oltre 40 anni era stata la principale causa di decesso ma non specifica, impronta molecolare relativa alle mutazioni
per carcinoma nelle donne. Il carcinoma del polmone insorge in G:C > T:A del gene p53. Tali mutazioni sono probabilmente causate
genere tra 40 e 70 anni di età, con un picco di incidenza intorno a dal benzo[a]pirene, uno dei tanti carcinogeni presenti nel tabacco
50-60 anni. Solo il 2% di tutti i casi compare prima dei 40 anni e la di sigarette.
prognosi dei pazienti con cancro polmonare è solitamente infausta. In un lavoro sperimentale, articolato in una serie di tentativi di
Il tasso di sopravvivenza relativa al primo anno è aumentato dal 34% induzione di cancro negli animali da esperimento mediante estratti
nel 1975 al 41% nel 2007, grazie soprattutto al miglioramento delle di fumo di tabacco,141 è stata dimostrata la presenza di più di 1.200
tecniche chirurgiche. Tuttavia, la sopravvivenza a 5 anni per tutti gli sostanze nel fumo di sigaretta, molte delle quali potenzialmente
stadi nell’insieme è solo del 16%. cancerogene. Queste sostanze comprendono sia induttori (idrocar-
Eziologia e patogenesi. La maggior parte dei carcinomi del buri policiclici aromatici come il benzo[a]pirene) sia promotori, come
polmone, come avviene per i carcinomi in altre sedi, originano da i derivati del fenolo. Possono essere anche rilevati elementi radioattivi
un repentino accumulo di anomalie genetiche che trasformano (polonio-210, carbonio-14 e potassio-40), nonché altri contaminanti,
l’epitelio bronchiale senza atipie in tessuto neoplastico. Diversamen- come arsenico, nichel, muffe e additivi. L’esposizione protratta di topi
te da molte altre neoplasie, le cause ambientali che danneggiano il a questi additivi provoca tumori cutanei. Tuttavia, gli sforzi per in-
patrimonio genetico della cellula sono note. Cominciamo la tratta- durre carcinoma polmonare esponendo gli animali al fumo di tabac-
zione con il ben noto agente cancerogeno polmonare, il fumo di co non hanno avuto successo. I pochi tumori che si sono sviluppati
sigaretta. erano carcinomi bronchioloalveolari, un tipo di tumore che non è
Fumo di sigaretta. L’evidenza statistica e le osservazioni cli- strettamente associato al fumo negli esseri umani.
niche hanno stabilito una correlazione inequivocabile tra fumo Rischio industriale. Alcune esposizioni professionali aumen-
di tabacco e carcinoma polmonare. Anche dati sperimentali lo tano il rischio di sviluppare carcinoma polmonare. Le radiazioni
hanno dimostrato, ma questo approccio è limitato da differenze ionizzanti somministrate ad alte dosi sono cancerogene. In effetti,
di specie. vi è stata una maggiore incidenza di tumori polmonari tra i so-
L’evidenza statistica è decisamente incontrovertibile: l’87% dei pravvissuti alla bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki. L’uranio
carcinomi del polmone si sviluppa nei fumatori o in coloro che è debolmente radioattivo, ma il tasso di carcinoma polmonare
hanno smesso di recente. In numerosi studi retrospettivi, vi era tra i minatori di uranio non fumatori è pari a 4 volte quello della
un’associazione statistica invariabile tra la frequenza di carcinoma popolazione generale e, tra i minatori fumatori, circa 10 volte
polmonare e (1) la quantità di sigarette fumate al giorno, (2) la ten- superiore.
denza a inspirare il fumo e (3) la durata dell’abitudine al fumo. Ri- Il rischio di carcinoma polmonare è aumentato dall’esposizione
spetto al non fumatore, il fumatore medio di sigarette ha un rischio all’asbesto. Il carcinoma polmonare è il tumore maligno più frequen-
10 volte maggiore di sviluppare carcinoma polmonare e i forti fu- te negli individui esposti all’asbesto, in particolare quando associato
matori (più di 40 sigarette al giorno per molti anni) hanno un rischio al fumo.80 I lavoratori dell’asbesto che non fumano hanno un rischio
60 volte maggiore. Le donne presentano una suscettibilità più alta 5 volte aumentato di sviluppare carcinoma polmonare rispetto ai
all’azione carcinogenetica del tabacco rispetto agli uomini. La so- soggetti di controllo e quelli che fumano hanno un rischio 50-90
spensione del fumo per 10 anni riduce il rischio, mai però fino ai volte maggiore. Il periodo di latenza prima dello sviluppo del cancro
livelli di controllo. Va sottolineato, comunque, che nonostante la del polmone è compreso tra 10 e 30 anni.
palese evidenza a sostegno del ruolo ricoperto dal fumo di sigarette, Inquinamento atmosferico. È probabile che gli inquinanti atmo-
solo l’11% dei forti fumatori sviluppa il carcinoma polmonare nel sferici, al giorno d’oggi, svolgano un ruolo circa la maggiore inci-
corso della vita. Chiaramente, vi sono implicati ulteriori fattori denza di carcinoma polmonare. È stata focalizzata l’attenzione sul
(genetici) e questo aspetto verrà trattato in seguito. Inoltre, indagini potenziale problema dell’inquinamento in ambienti chiusi, soprat-
epidemiologiche mostrano anche un’associazione tra fumo di siga- tutto da radon.142,143 Il radon è un gas radioattivo ubiquitario che è
retta e carcinomi del cavo orale, faringe, laringe, esofago, pancreas, stato correlato a livello epidemiologico a un’aumentata frequenza di
cervice uterina, rene e vescica. Il fumo passivo, o la presenza di fumo carcinomi polmonari nei minatori esposti a concentrazioni relati-
di tabacco nell’ambiente, contiene numerosi agenti cancerogeni per vamente alte. Si ritiene che il meccanismo patogenico sia l’inalazione
l’uomo per il quale non vi è alcun livello di esposizione sicuro. Si e il deposito bronchiale di prodotti di decadimento radioattivi che
stima che circa 3.000 adulti non fumatori muoiano ogni anno per si attaccano alle particelle degli aerosol ambientali. Questi dati hanno
carcinoma polmonare come conseguenza del fumo passivo.140 Anche destato preoccupazione riguardo al fatto che bassi livelli di esposi-
il fumo della pipa e del sigaro aumenta il rischio in modo comunque zione in ambienti domestici (ad es. in abitazioni situate in aree con
ridotto rispetto al fumo delle sigarette. L’uso di tabacco non fumato alta quantità di radon nel suolo) potevano anche portare ad aumento
non è certo un’alternativa sicura al fumo di sigaretta o di sigaro dell’incidenza di tumori polmonari. Alcuni attribuiscono a questo
712 CAPITOLO 15 Il polmone

insidioso cancerogeno la maggior parte dei carcinomi polmonari di sviluppare carcinoma polmonare, rispetto ai controlli. Inoltre,
nei non fumatori (Cap. 9).144 studi di linkage su larga scala indicano un locus di suscettibilità
Genetica molecolare. In ultima analisi, si pensa che l’esposizione autosomica sul cromosoma 6q23-25. Più recentemente, studi di
agli agenti citati in precedenza possa agire determinando alterazioni associazione genetica hanno riscontrato un legame interessante con
genetiche nelle cellule polmonari, che si accumulano e poi condu- il pleomorfismo nel gene del recettore nicotinico per l’acetilcolina,
cono al fenotipo neoplastico. È stato stimato che al momento in cui localizzato sul cromosoma 15q25 e nel carcinoma polmonare sia nei
il tumore viene confermato clinicamente, si siano verificate 10-20 fumatori sia nei non fumatori.149
mutazioni genetiche.145 Si dovrebbe altresì sottolineare che il 25% dei carcinomi polmo-
Come verrà analizzato in seguito, a fini pratici i carcinomi pol- nari in tutto il mondo colpisce i non fumatori che si differenziano a
monari possono essere classificati in due sottogruppi: carcinoma a livello patogenetico. Molti di questi carcinomi colpiscono comune-
piccole cellule e non a piccole cellule. Alcune lesioni molecolari sono mente le donne sotto forma di adenocarcinoma. Questi tendono ad
comuni ai due tipi, mentre altre sono relativamente specifiche. Gli avere mutazioni EGFR, quasi mai mutazioni KRAS e p53, le quali,
oncogeni dominanti che sono spesso in causa nei tumori polmonari per quanto comuni, si verificano raramente. Anche la natura delle
sono c-MYC, KRAS, EGFR, c-MET e c-KIT. I geni oncosoppressori mutazioni P53 è diversificata.150
più comunemente deleti o inattivati sono p53, RB1, p16 (INK4a) e Lesioni precancerose. Si riconoscono tre tipi di lesione epiteliale
numerosi loci sul cromosoma 3p. Nel braccio di questo cromosoma precancerosa: (1) displasia squamosa e carcinoma in situ, (2) iper-
vi sono numerosi geni oncosoppressori candidati, come FHIT, RAS- plasia adenomatosa atipica e (3) iperplasia diffusa polmonare idio-
SF1A e altri che rimangono da identificare. Tra i vari geni associati patica di cellule neuroendocrine. Va notato che il termine precance-
al cancro, quelli maggiormente coinvolti nel carcinoma polmonare roso non implica che la progressione a lesione invasiva avvenga in
a piccole cellule comprendono: C-KIT (40-70%), MYCN e MYCL tutti i casi. Attualmente, non è possibile distinguere tra lesioni
(20-30%), p53 (90%), 3p (100%), RB (90%) e BCL2 (75-90%). Di- precancerose soggette a progressione e quelle che rimarranno
versamente, EGFR (25%), KRAS (10-15%), p53 (50%), p16 INK4a localizzate.
(70%) sono quelli più comunemente implicati nel carcinoma non a Classificazione. La classificazione dei tumori è importante sia
piccole cellule. Inoltre, studi recenti dimostrano che i geni LKB1, per il trattamento del paziente sia in quanto fornisce le basi per studi
PTEN e TSC, tutti facenti capo alla via m-TOR, risultano altresì epidemiologici e biologici. La classificazione più recente resa nota
mutati nella misura del 30% dei carcinomi polmonari (prevalente- dall’Organizzazione Mondiale della Sanità138 ha riscosso un largo
mente quelli non a piccole cellule).146 È necessario notare che il gene consenso (Tab. 15.10). Per ciascun tipo di carcinoma polmonare
C-KIT è sovraespresso ma solo raramente mutato. Quindi, i farmaci sono state descritte numerose varianti istologiche; tuttavia, il loro
che hanno azione inibitoria sulla famiglia delle tirosin-chinasi (ad significato clinico è ancora da determinare, eccetto quanto menzio-
es. l’imatinib) risultano inefficaci. Si rammenta, tuttavia, che nei nato in seguito. Le proporzioni relative delle categorie più importanti
tumori con mutazione della famiglia delle chinasi (ad. es. i tumori sono:151
stromali gastrointestinali) tali farmaci sono utili a livello terapeutico.
Si osserva che l’attività telomerasica è aumentata in oltre l’80% dei Adenocarcinoma (uomini 37%, donne 47%)
tumori che colpiscono i tessuti polmonari. Carcinoma squamocellulare (uomini 32%, donne 25%)
Nel carcinoma polmonare, sono molte le molecole attivate nella Carcinoma a piccole cellule (uomini 14%, donne 18%)
traduzione del segnale, quali AKT, fosfatidilinositolo-3 chinasi, Carcinoma a grandi cellule (uomini 18%, donne 10%)
ERK1/2, STAT5 e le proteine di adesione focale come la paxillina.
Sebbene sia noto che alcune mutazioni genetiche sono precoci L’incidenza dell’adenocarcinoma è aumentata significativamente
(inattivazione di geni soppressori del cromosoma 3p) o tardive negli ultimi due decenni; è attualmente la forma più comune di car-
(attivazione di KRAS), la sequenza temporale non è ancora ben cinoma del polmone nelle donne e, in molti studi, anche negli uomi-
definita. Ancora più importante è il fatto che alcune modificazioni ni.152 La causa di questo cambiamento non è chiara. Un possibile
genetiche, quali la perdita di materiale del cromosoma 3p, possono fattore è rappresentato dall’aumento del tabagismo nelle donne, ma
essere riscontrate nell’epitelio bronchiale normale di pazienti con questo dato evidenzia solamente la nostra mancanza di conoscenze
carcinoma polmonare, nonché nell’epitelio respiratorio di fumatori sul perché le donne tendono a sviluppare più adenocarcinomi. Un’in-
senza carcinoma polmonare, suggerendo che vaste aree della teressante ipotesi suggerisce che le variazioni nel tipo di sigaretta
mucosa respiratoria hanno subito mutazioni dopo esposizione a
cancerogeni (“effetto campo”).147 Questo è l’humus ideale in cui le
cellule che accumulano mutazioni addizionali, alla fine, sviluppano Tabella 15.10 Classificazione istologica dei tumori
il carcinoma. polmonari epiteliali maligni
Raggruppamenti familiari sporadici hanno suggerito una predi-
Carcinoma squamocellulare
sposizione genetica, come il rischio variabile anche tra i forti fuma- Carcinoma a piccole cellule
tori. Si stanno compiendo numerosi tentativi per definire i marcatori Carcinoma a piccole cellule combinato
di suscettibilità genetica che hanno, ad esempio, identificato un ruolo Adenocarcinoma
nel pleomorfismo del gene del citocromo P-450 CYP1A1 (Cap. 7).148 Acinare; papillare, bronchioloalveolare, solido, sottotipi misti
I soggetti con alcuni alleli di CYP1A1 hanno una maggiore capacità Carcinoma a grandi cellule
Carcinoma neuroendocrino a grandi cellule
di metabolizzare gli agenti procancerogeni derivati dal fumo di si- Carcinoma adenosquamoso
garetta e, concettualmente, hanno un rischio maggiore di sviluppare Carcinomi con elementi pleomorfi, sarcomatoidi o sarcomatosi
carcinoma polmonare. Analogamente, i soggetti i cui linfociti nel Tumore carcinoide
sangue periferico vanno incontro a rotture cromosomiche in seguito Tipico, atipico
Carcinomi delle ghiandole salivari
a esposizione a sostanze cancerogene correlate al fumo (genotipo Carcinoma non classificato
sensitivo ad agenti mutageni) hanno anche un rischio decuplicato
CAPITOLO 15 Il polmone 713

(tipo di filtro, livelli inferiori di catrame e nicotina), hanno portato i


fumatori a inalare più profondamente e quindi a esporre di più le vie La diffusione a distanza del carcinoma polmonare avviene
aeree periferiche e le cellule (con predilezione per l’adenocarcinoma) attraverso le vie linfatica ed ematica. Questi tumori hanno la
agli agenti cancerogeni.153 Si possono osservare quadri istologici di- caratteristica spiccata di diffondersi ampiamente in tutto
versi, anche nello stesso tumore. Pertanto, quadri di carcinoma squa- l’organismo e a uno stadio precoce della loro evoluzione,
mocellulare combinato ad adenocarcinoma o di carcinoma a piccole eccetto il carcinoma squamocellulare, che metastatizza tar-
cellule con il tipo squamocellulare si osservano nel 10% circa dei divamente all’esterno del torace. Spesso la metastasi si pre-
pazienti. Per comune pratica clinica, tuttavia, i vari tipi istologici di senta come la prima manifestazione di una sottostante lesio-
carcinoma del polmone possono essere raccolti in due gruppi sulla ne polmonare occulta. La diffusione di queste lesioni non
base della probabilità di sviluppare metastasi e sulla risposta alle te- risparmia nessun organo o tessuto, ma i surreni, per ragioni
rapie disponibili: carcinomi a piccole cellule (in genere metastatici, oscure, sono interessati in oltre la metà dei casi. Il fegato
con alta risposta iniziale alla chemioterapia) e carcinomi non a piccole (30-50%), il cervello (20%) e il tessuto osseo (20%) sono altri
cellule (meno frequentemente metastatici, meno responsivi al tratta- comuni siti di metastasi.
mento). La relazione più stretta con il fumo si ha con il carcinoma Adenocarcinoma È un tumore epiteliale maligno con diffe-
squamocellulare e con il carcinoma a piccole cellule. renziale ghiandolare o produzione di mucina da parte delle
cellule tumorali. Queste modalità sono rappresentate dai tipi
acinare, papillare, bronchioloalveolare e solido con produ-
Morfologia I carcinomi del polmone originano in genere zione di muco. Di questi, solo il carcinoma bronchioloalveo-
nell’ilo del polmone o in sua prossimità. Circa tre quarti delle lare puro ha caratteri macroscopici, microscopici e clinici
lesioni originano dal primo, secondo e terzo ordine di bron- distinti e verrà trattato separatamente.
chi. Un numero crescente di carcinomi primitivi del polmone L’adenocarcinoma è il tipo di carcinoma polmonare più co-
origina alla periferia dalle cellule dei setti alveolari o dai mune nelle donne e nei non fumatori. Rispetto al tumore
bronchioli terminali. Questi tumori sono prevalentemente squamocellulare, le lesioni sono abitualmente più periferiche
adenocarcinomi, compresi quelli di tipo bronchioloalveolare, e tendono a essere più piccole. Variano istologicamente da
come tratteremo in sede separata. tumori ben differenziati con evidenti elementi ghiandolari
Le lesioni preneoplastiche che precedono, e spesso accompa- (Fig. 15.43 A) a lesioni papillari simili ad altri carcinomi pa-
gnano il carcinoma squamocellulare invasivo, sono ben carat- pillari, a masse solide che presentano solo occasionalmente
terizzate. Per anni, i carcinomi squamocellulari sono spesso ghiandole e cellule secernenti mucina. La maggior parte sono
preceduti da metaplasia o displasia squamosa localizzata positive al fattore di trascrizione tiroideo 1 (TTF-1) e circa
nell’epitelio bronchiale. Essa si trasforma poi in carcinoma in l’80% contiene mucina. Alla periferia del tumore vi è spesso
situ, una fase che può perdurare per diversi anni (Fig. 15.40). un aspetto di diffusione bronchioloalveolare (si veda oltre).
Fino a questo punto, le cellule atipiche possono essere identi- Gli adenocarcinomi crescono più lentamente rispetto ai car-
ficate nei reperti citologici di escreato o nel liquido o nelle spaz- cinomi squamocellulari, ma tendono a metastatizzare diffu-
zole per il lavaggio bronchiale in quanto la lesione è asintoma- samente e precocemente. Gli adenocarcinomi periferici con
tica e non rilevabile all’esame radiografico. Alla fine, il neopla- componente invasiva associata a cicatrizzazione e con uno
sma in accrescimento raggiunge lo stadio sintomatico, quando sviluppo periferico predominante a livello broncoalveolare
in effetti una massa tumorale ben definita comincia a ostruire possono avere una prognosi migliore rispetto ai carcinomi
il lume del bronco principale, spesso causando l’insorgenza di invasivi delle stesse dimensioni. Gli adenocarcinomi, com-
atelettasia e infezioni. Il tumore può poi seguire una varietà di presi i carcinomi bronchioloalveolari, sono meno frequente-
quadri evolutivi. Può continuare a crescere nel lume dei bronchi mente associati a una storia di fumo (ancora, oltre il 75%
producendo una massa intraluminale. Può anche penetrare viene riscontrato in soggetti fumatori) rispetto ai carcinomi
rapidamente nella parete del bronco infiltrandolo lungo il tes- squamocellulari o a piccole cellule (>98% nei fumatori).
suto peribronchiale (Fig. 15.41) fino alla regione della carena o Le mutazioni del gene KRAS si verificano principalmente
del mediastino. In altri casi, il tumore cresce lungo un ampio nell’adenocarcinoma, con una frequenza molto più bassa nei
fronte per produrre una massa intraparenchimale “a cavolfiore” non fumatori (5%) rispetto ai fumatori (30%). Mutazioni e
che sembra comprimere il tessuto polmonare circostante. In inattivazioni dei geni p53, RB1 e p16 hanno la stessa frequen-
quasi tutti i casi, il tessuto neoplastico è di colore grigiastro e za nell’adenocarcinoma e nel carcinoma squamocellulare.
di consistenza dura. Soprattutto quando i tumori sono di grosse Mutazioni e amplificazioni nel gene del recettore per il fattore
dimensioni, si possono avere zone focali di emorragia o di di crescita epidermico (EGFR) avvengono nei pazienti con
necrosi che producono zone soffici rosse o giallastre. Queste adenocarcinoma (soprattutto donne, non fumatori e persone
zone possono talvolta cavitare. Spesso, queste neoplasie ero- con origini asiatiche).154 Uno studio prospettico ha dimostrato
dono l’epitelio bronchiale e possono essere diagnosticate che i pazienti con mutazioni di EGFR hanno maggiori proba-
dall’esame citologico dell’escreato, dal liquido di lavaggio bilità di sopravvivenza se sottoposti a precedente terapia
broncoalveolare o dall’aspirazione con ago sottile (Fig. 15.42). inibitoria di EGFR. Le mutazioni del gene KRAS sono forte-
Può verificarsi estensione alla superficie pleurica e all’interno mente correlate a una peggiore prognosi e resistenza agli
della cavità pleurica o nel pericardio. La diffusione ai linfo- inibitori EGFR.154 Inoltre, anche il gene c-MET può subire
nodi tracheali, bronchiali e mediastinici può essere riscon- amplificazione o mutazione nel carcinoma polmonare, per il
trata nella maggior parte dei casi. La frequenza di coinvolgi- quale si stanno sviluppando terapie mirate.
mento linfonodale è lievemente variabile con le caratteristi- Come dice il nome, il carcinoma bronchioloalveolare si sviluppa
che istologiche, ma è in media superiore al 50%. nelle regioni terminali bronchioloalveolari del parenchima
714 CAPITOLO 15 Il polmone

Figura 15.40 Lesioni precancerogene nei carcinomi squamocellulari. Alcune delle più precoci (e “lievi”) alterazioni dell’epitelio respiratorio danneggiato
dal fumo includono l’iperplasia a cellule caliciformi (A), l’iperplasia a cellule basali (o di riserva) (B), e la metaplasia squamosa (C). Alterazioni più minacciose
includono l’insorgenza di displasia squamosa (D), caratterizzata dalla presenza di epitelio squamoso con distribuzione disordinata, con perdita di polarità
nucleare, ipercromasia nucleare, pleomorfismo e riscontri mitotici. La displasia squamosa può, a sua volta, progredire verso i vari stadi di displasia lieve,
moderata e grave. Il carcinoma in situ (CIS) (E) rappresenta lo stadio immediatamente precedente al carcinoma squamocellulare (F), e a prescindere
dall’assenza di distruzione della membrana basale nel CIS, le caratteristiche citologiche sono simili a quelle del carcinoma vero e proprio. Se non trattato,
il CIS progredirà fino a diventare un cancro invasivo. (A-E. Per gentile concessione del Dr. Adi Gazdar, Department of Pathology, University of Texas Sou-
thwestern Medical School, Dallas. F. Riprodotta per gentile concessione da Travis WD, et al [eds]: World Health Organization Histological Typing of Lung
and Pleural Tumors. Heidelberg, Springer, 1999)

Figura 15.42 Diagnosi citologica del carcinoma polmonare. Un campio-


Figura 15.41 Carcinoma polmonare. Si osserva come il tessuto tumo- ne di escreato mostra una cellula di carcinoma squamocellulare cheratiniz-
rale grigiastro infiltra il tessuto polmonare. All’esame istologico, questa zata, colorata di arancione, con nucleo ipercromatico prominente (freccia).
grande massa tumorale era stata identificata come un carcinoma Si notino le dimensioni delle cellule tumorali rispetto a quelle dei leucociti
squamocellulare. polimorfonucleati normali nell’angolo in basso a sinistra.
CAPITOLO 15 Il polmone 715

Figura 15.43 Varianti istologiche del carcinoma polmonare. A. Adenocarcinoma che forma ghiandole, l’inserto mostra la positività del fattore di trascri-
zione tiroideo 1 (TTF-1). B. Carcinoma squamocellulare cheratinizzante ben differenziato. C. Carcinoma a piccole cellule con isole di piccole cellule inten-
samente basofile e aree di necrosi. D. Carcinoma a grandi cellule, pleomorfo, con cellule tumorali anaplastiche e assenza di differenziazione squamosa
o ghiandolare.

polmonare. Rappresenta, in varie casistiche, l’1-9% di tutti cellule colonnari caratteristiche, alte, con mucina citoplasma-
i carcinomi polmonari. Macroscopicamente, il tumore si tica e intra-alveolare e accrescimento lungo i setti alveolari
presenta quasi sempre nelle zone periferiche del polmone (Fig. 15.44). A livello ultrastrutturale, i carcinomi bronchiolo-
sotto forma di nodulo singolo o, più frequentemente, sotto alveolari sono un gruppo eterogeneo di carcinomi, costituiti
forma di noduli molteplici diffusi, che talvolta confluiscono da cellule bronchiolari secernenti mucina, cellule di Clara o,
a provocare un addensamento simile a una polmonite. I raramente, da pneumociti di tipo II.155
noduli parenchimali appaiono grigi, traslucidi e mucinosi I carcinomi bronchioloalveolari non mucipari spesso si pre-
qualora sia presente secrezione mucinosa, altrimenti si sentano come un nodulo polmonare periferico con rara dif-
presentano come aree solide, bianco-grigiastre, che posso- fusione aerogena e pertanto sono adatti alla resezione chi-
no essere confuse con un focolaio di polmonite a un’ispe- rurgica con un eccellente periodo di sopravvivenza di 5 anni.
zione microscopica. I carcinomi bronchioloalveolari mucipari, d’altra parte, ten-
Istologicamente, il tumore è caratterizzato da un quadro a dono a diffondersi per via aerogena, formando tumori satel-
sviluppo esclusivamente bronchioloalveolare, senza evidenza liti. Questi possono presentarsi come un nodulo singolo
alcuna di invasione stromale, vascolare o pleurica. La carat- oppure come noduli multipli, o interessare un intero lobo,
teristica peculiare dei carcinomi bronchioloalveolari è la cre- con un quadro simile a quello della polmonite lobare e quindi
scita lungo strutture preesistenti senza distruzione dell’archi- meno adatti al trattamento chirurgico.
tettura alveolare. Questa modalità di crescita è stata chiamata Analogamente alla sequenza adenoma-carcinoma nel colon,
lepidica, un’allusione al fatto che le cellule neoplastiche as- si è postulato che l’adenocarcinoma del polmone origini da
somigliano a farfalle posate su uno steccato. Ne esistono due un’iperplasia adenomatosa atipica che progredisce a carci-
sottotipi: non muciparo e muciparo. Il primo presenta cellule noma bronchioloalveolare e poi si trasforma in carcinoma
colonnari, a forma di spina o cuboidi, mentre l’altro presenta invasivo. Tale ipotesi è sostenuta dal fatto che le lesioni di
716 CAPITOLO 15 Il polmone

e sono riscontrate, anche se non così facilmente, in tumori


moderatamente differenziati e sono focalmente osservate in
tumori scarsamente differenziati. L’attività mitotica è più
elevata nei tumori scarsamente differenziati. In passato, la
maggior parte dei carcinomi squamocellulari originava cen-
tralmente dai bronchi segmentali o subsegmentali. Tuttavia,
l’incidenza di carcinoma squamocellulare delle zone perife-
riche del polmone è in aumento. Metaplasia squamosa, di-
splasia epiteliale e focolai di un vero e proprio carcinoma in
situ possono essere osservati nell’epitelio bronchiale adia-
cente alla massa tumorale (si veda Fig. 15.40).
I carcinomi squamocellulari mostrano la massima frequenza
di mutazioni di p53 rispetto a tutti gli altri tipi istologici di
carcinoma polmonare. L’iperespressione della proteina p53
Figura 15.44 Carcinoma bronchioloalveolare muciparo con caratteristico e, meno frequentemente, le sue mutazioni possono precedere
accrescimento lungo setti alveolari preesistenti, senza invasione.
l’invasione. Alterazioni dell’accumulo di p53 vengono descritte
nel 10-50% delle displasie. Vi è un aumento della frequenza e
dell’intensità delle colorazioni immunoistochimiche per il gene
un’iperplasia adenomatosa atipica sono monoclonali e p53 con una displasia di più alto grado e la positività si può
condividono molte alterazioni molecolari come le mutazioni osservare nel 60-90% dei carcinomi squamocellulari in situ.
di EGFR nei carcinomi bronchioloalveolari non mucipari e Una perdita dell’espressione delle proteine del gene oncosop-
negli adenocarcinomi invasivi.156 Microscopicamente, l’iper- pressore RB1 viene rilevata con l’immunoistochimica nel 15%
plasia adenomatosa atipica è riconosciuta come un focolaio dei carcinomi squamocellulari. L’inibitore p16(INK4a) delle
nettamente demarcato di proliferazione epiteliale composta proteine chinasi ciclina-dipendenti è inattivato e il suo prodotto
da epitelio cuboide a colonnare basso (Fig. 15.45). Queste proteico è perduto nel 65% dei tumori. Molteplici perdite alle-
cellule mostrano alcune atipie citologiche, non al livello però liche sono osservate nei carcinomi squamocellulari a livello
osservato nell’adenocarcinoma vero e proprio. Va sottolinea­ di loci di geni oncosoppressori. Queste perdite, soprattutto
to, tuttavia, che non tutti gli adenocarcinomi si sviluppano in quelle che interessano 3p, 9p e 17p, possono precedere l’in-
questa maniera e che non tutti i carcinomi bronchioloalveo- vasione tumorale ed essere rilevate istologicamente dalle
lari diventano invasivi se non trattati. cellule normali di soggetti fumatori. L’iperespressione di EGFR
Carcinoma squamocellulare Il carcinoma squamocellulare è è stata rilevata nell’80% dei carcinomi squamocellulari, seb-
per lo più riscontrato nei maschi ed è strettamente correlato bene esso sia raramente mutato. HER-2/NEU è notevolmente
a una storia di tabagismo. Istologicamente, questo tumore espresso nel 30% di questi tumori, ma, diversamente dal
è caratterizzato da cheratinizzazione e/o dalla presenza di carcinoma della mammella, l’amplificazione genica non co-
ponti intercellulari. La cheratinizzazione può assumere la stituisce il meccanismo fondamentale.157
forma di perle cornee o di cellule individuali con citoplasma Carcinoma a piccole cellule Questo tumore altamente maligno
denso notevolmente eosinofilo (si veda Fig. 15.43 B). Queste presenta un tipo cellulare caratteristico. Le cellule epiteliali
caratteristiche sono predominanti nei tumori ben differenziati sono relativamente piccole, con scarso citoplasma, a bordi
cellulari ben definiti, con cromatina nucleare finemente gra-
nulare (quadro di tipo sale e pepe) e assenza di nucleoli appa-
riscenti (si veda Fig. 15.43 C). Le cellule sono rotonde, ovali e
fusate, con importante rimodellamento nucleare. Non esiste
una dimensione assoluta per le cellule tumorali, che sono
generalmente più piccole rispetto ai linfociti quiescenti. La
conta mitotica è alta. Le cellule crescono in gruppi che non
presentano né organizzazione ghiandolare né squamosa. La
necrosi è comune e spesso molto estesa. La colorazione ba-
sofila delle pareti vascolari dovuta a incrostazioni di DNA da
cellule tumorali necrotiche (effetto di Azzopardi) è spesso
presente. In effetti, tutti i carcinomi a piccole cellule sono da
considerarsi di alto grado. È riconosciuta una singola variante
di carcinoma a piccole cellule: il carcinoma a piccole cellule
combinato, nel quale vi è la compresenza di zone di carcinoma
a piccole cellule e zone che presentano una qualsiasi altra
differenziazione non a piccole cellule, compresi il carcinoma
neuroendocrino a grandi cellule e il sarcoma.
La microscopia elettronica mostra, in due terzi dei casi, granuli
neurosecretori con core denso di diametro di 100 nm circa. I
Figura 15.45 Iperplasia adenomatosa atipica con epitelio cuboide e lieve granuli sono simili a quelli trovati nelle cellule neuroendocrine
fibrosi interstiziale.
CAPITOLO 15 Il polmone 717

Stadiazione. Un sistema TNM uniforme per la stadiazione del


presenti lungo l’epitelio bronchiale, in particolare nel feto e carcinoma in base alla sua estensione anatomica al momento della
nel neonato. Benché siano distintive, le immagini di micro- diagnosi risulta estremamente utile, soprattutto ai fini della com-
scopia elettronica non sono necessarie per la diagnosi di parazione dei risultati terapeutici provenienti da centri differenti
routine. La comparsa di granuli neurosecretori, la capacità di (Tab. 15.11).
alcuni di questi tumori di secernere ormoni polipeptidici, la Evoluzione clinica. Il carcinoma polmonare è una delle forme
presenza di marcatori neuroendocrini, come la cromogranina, più insidiose e aggressive di cancro. Di solito, si riscontra in pazienti
la sinaptofisina, il CD57 (nel 75% dei casi), l’ormone parator- di circa 50 anni di età con sintomatologia che perdura da molti mesi.
mone-simile, e altri prodotti ormonali attivi, indicano che I principali sintomi di esordio sono la tosse (75%), il calo ponderale
questo tumore ha origine dalle cellule progenitrici neuroen- (40%), il dolore toracico (40%) e la dispnea (20%). Alcune delle ma-
docrine del rivestimento dell’epitelio bronchiale. Questo car- nifestazioni locali più comuni del tumore polmonare e le relative
cinoma polmonare è molto spesso associato a produzione cause patologiche sono elencate nella Tabella 15.12. Spesso, il tumore
ormonale ectopica (trattata oltre). viene scoperto per la sua diffusione secondaria nel corso di indagini
I carcinomi a piccole cellule sono notevolmente correlati al cliniche svolte per valutare un’altra evidente neoplasia primaria in
fumo di sigaretta; solo l’1% circa si riscontra nei non fumatori. altra sede. I carcinomi bronchioloalveolari, per definizione, non sono
Possono insorgere sia nei bronchi principali sia alla periferia tumori invasivi e non metastatizzano; se non viene eseguita resezio-
del polmone. Non vi è una fase preinvasiva nota o carcinoma ne, portano alla morte per soffocamento.
in situ. Sono i tumori polmonari più aggressivi, metastatizzano La prognosi è infausta nella maggior parte dei pazienti con carcinoma
ampiamente e sono praticamente incurabili chirurgicamente. polmonare. Nonostante tutti gli sforzi per porre una diagnosi precoce
I geni oncosoppressori p53 e RB1 sono spesso mutati (50-
80% e 80-100% dei carcinomi a piccole cellule, rispettivamen-
Tabella 15.11 Sistema internazionale di stadiazione
te). L’immunoistochimica mostra alti livelli di espressione
del carcinoma polmonare
della proteina antiapoptotica BCL2 nel 90% dei tumori, in
contrasto con una bassa frequenza di espressione della pro- T1 Tumore <3 cm senza coinvolgimento pleurico o del
teina proapoptotica BAX. bronco principale (T1a, <2cm; T1b, 2-3 cm)
T2 Tumore di 3-7 cm o con interessamento del bronco
Carcinoma a grandi cellule È un tumore epiteliale maligno principale a 2 cm dalla carena, interessamento della
indifferenziato privo delle caratteristiche citologiche del car- pleura viscerale o atelettasia lobare
cinoma a piccole cellule e della differenziazione ghiandolare (T2a, 3-5 cm; T2b, 5-7 cm)
o squamosa. Le cellule hanno tipicamente grossi nuclei, T3 Tumore >7 cm o con interessamento della parete
toracica (compresi i tumori del solco superiore),
nucleoli prominenti e una quota modesta di citoplasma (Fig.
diaframma, pleura mediastinica, pericardio, bronco
15.43 D). I carcinomi a grandi cellule probabilmente rappre- principale a 2 cm dalla carena, atelettasia dell’intero
sentano carcinomi squamocellulari e adenocarcinomi così polmone, o nodulo/i tumorale separato nello stesso
indifferenziati da non essere più riconoscibili con il micro- lobo
scopio ottico. Ultrastrutturalmente, tuttavia, una minima T4 Tumore con invasione del mediastino, cuore, grossi
vasi, trachea, esofago, corpi vertebrali o carena o
differenziazione ghiandolare o squamosa è comune. Una noduli tumorali separati in un lobo ipsilaterale
variante istologica è rappresentata dal carcinoma a grandi differente
cellule neuroendocrine. Si riconosce da caratteristiche come N0 Senza metastasi dimostrabili ai linfonodi regionali
la crescita organoide, trabecolare, simile a rosette e dall’aspet- N1 Interessamento linfonodale omolaterale ilare o
peribronchiale
to a palizzata. Questa morfologia suggerisce la differenzia-
N2 Metastasi ai linfonodi mediastinici o ai linfonodi
zione neuroendocrina, che può essere confermata dall’im- sottocarenali omolaterali
munoistochimica o dalla microscopia elettronica. Questo N3 Metastasi ai linfonodi controlaterali mediastinici o ilari,
tumore ha le stesse alterazioni molecolari del carcinoma a ai linfonodi scaleni ipsilaterali o controlaterali o ai
piccole cellule. linfonodi sovraclaveari
M0 Assenza di metastasi a distanza
Carcinomi combinati Il 10% circa di tutti i carcinomi polmo- M1 Metastasi a distanza (M1a, nodulo tumorale separato
nari ha un aspetto istologico combinato, che include due o nel lobo controlaterale o noduli pleurici o versamento
più tra le tipologie descritte sopra. pleurico maligno; M1b, metastasi a distanza)
Patologia secondaria I carcinomi polmonari determinano
RAGGRUPPAMENTO DELLA STADIAZIONE
alterazioni anatomiche nel tessuto polmonare distale al punto
di interessamento bronchiale. L’ostruzione parziale può pro- Stadio Ia T1 N0 M0
vocare un grave enfisema focale; l’ostruzione totale può pro- Stadio Ib T2 N0 M0
Stadio IIa T1 N1 M0
vocare atelettasia. Il drenaggio alterato delle vie aeree è una Stadio IIb T2 N1 M0
causa comune di grave bronchite suppurativa o ulcerativa T3 N0 M0
oppure di bronchiectasie. Talvolta, l’ascesso polmonare è ri- Stadio IIIa T1-3 N2 M0
conducibile a un carcinoma silente che ha dato inizio al pro- T3 N1 M0
Stadio IIIb Qualsiasi T N3 M0
cesso di suppurazione cronica. La compressione o l’invasione
T3 N2 M0
della vena cava superiore può causare congestione venosa, T4 Qualsiasi N M0
edema al volto e agli arti superiori e, in ultima analisi, com- Stadio IV Qualsiasi T Qualsiasi N M1
promissione circolatoria: sindrome della vena cava superiore.
Adattato da Goldstraw P, et al: The IASLC lung cancer staging project:
L’estensione al pericardio o alla pleura può causare pericardite proposals for the revision of the TNM stage groupings in the forthcoming
(Cap. 12) o pleurite con versamenti pleurici importanti. (seventh) edition of the TNM classification of malignant tumors. J Thorac
Oncol 2:706, 2007.
718 CAPITOLO 15 Il polmone

Tabella 15.12 Effetti locali della diffusione Paratormone, peptide correlato all’ormone paratiroideo, prostaglan-
del tumore polmonare dina E e alcune citochine, tutti implicati nell’induzione dell’iper-
calcemia che si osserva spesso nel carcinoma polmonare
Caratteristica clinica Base patologica Calcitonina, che causa ipocalcemia
Polmonite, ascesso, Ostruzione tumorale delle vie aeree Gonadotropine, che causano ginecomastia
collasso lobare Serotonina e bradichinina, associate alla sindrome da carcinoide
Polmonite lipidica Ostruzione tumorale; accumulo di lipidi
cellulari in macrofagi schiumosi L’incidenza di sindromi cliniche significative correlate a
Versamento pleurico Tumore esteso alla pleura questi fattori varia dall’1 al 10% di tutti i pazienti con carcinoma
Disfonia Invasione del nervo laringeo ricorrente
polmonare, sebbene una più alta percentuale di soggetti mostri
elevati livelli sierici di questi (e altri) ormoni peptidici. Ognuno dei
Disfagia Invasione esofagea tipi istologici di tumore può occasionalmente produrre uno qualsiasi
Paralisi del Invasione del nervo frenico di questi ormoni, ma i tumori che producono ACTH e ADH sono
diaframma prevalentemente carcinomi a piccole cellule, mentre quelli che produ-
Distruzione costale Invasione della parete toracica cono ipercalcemia sono soprattutto i tumori squamocellulari. La sin-
Sindrome della vena Compressione della vena cava superiore
drome da carcinoide è più frequente con il tumore carcinoide, de-
cava superiore da tumore scritto più avanti, ed è solo raramente associata al carcinoma a pic-
cole cellule. Tuttavia, quest’ultimo è più comune; pertanto, nella
Sindrome di Horner Invasione dei gangli del simpatico
pratica clinica è molto più probabile riscontrare la sindrome da
Pericardite, Coinvolgimento pericardico carcinoide in pazienti affetti da carcinoma a piccole cellule.
tamponamento
Altre manifestazioni sistemiche del carcinoma polmonare com-
prendono la sindrome miastenica di Lambert-Eaton (Cap. 27), nella
quale l’ipostenia muscolare è causata da autoanticorpi (probabil-
con frequenti esami radiologici del torace, esame citologico dell’escreato, mente stimolati dai canali ionici del tumore) diretti contro il canale
lavaggi o spazzolati bronchiali, e i molti miglioramenti della chirurgia neuronale del calcio;158 la neuropatia periferica, spesso solo senso-
toracica, della radioterapia e della chemioterapia, l’incidenza globale di riale; alterazioni dermatologiche, compresa l’acanthosis nigricans
sopravvivenza a 5 anni è solo del 15%. Alla luce di molti importanti studi (Cap. 25); alterazioni ematologiche, come le reazioni leucemoidi e,
clinici, non più del 20-30% dei pazienti con tumore polmonare presenta infine, una particolare anomalia del tessuto connettivo denominata
lesioni sufficientemente localizzate da permettere la resezione. Di solito, osteoartropatia polmonare ipertrofica, associata a ippocratismo di-
l’adenocarcinoma e la varietà squamocellulare tendono a rimanere loca- gitale delle mani.
lizzati più a lungo e hanno una prognosi lievemente migliore rispetto ai I carcinomi polmonari apicali del solco polmonare superiore
tumori indifferenziati, che di solito sono a uno stadio di sviluppo avanzato tendono a invadere le strutture neurali attorno alla trachea, inclusi
nel momento in cui vengono diagnosticati. Il tasso di sopravvivenza è del i plessi cervicali del simpatico, provocando una serie di manifesta-
48% nei casi diagnosticati quando la malattia è ancora localizzata. Solo zioni cliniche che comprendono gravi dolori nell’area di distribu-
il 15% dei carcinomi polmonari è diagnosticato a questo stadio precoce zione del nervo ulnare e la sindrome di Horner (enoftalmo, ptosi
e alcuni possono essere curati mediante lobectomia o pneumonectomia. palpebrale, miosi e anidrosi) sullo stesso lato della lesione. Questi
Allo stadio terminale, il trattamento consiste nella chemioterapia pal- tumori sono anche detti tumori di Pancoast.
liativa e/o radioterapia. I pazienti con adenocarcinoma e mutazioni
attivanti di EGFR hanno una maggiore sopravvivenza se trattati con Proliferazioni Neuroendocrine E Tumori
inibitori di EFGR. Molti tumori ricorrenti causano nuove mutazioni che
producono resistenza a questi inibitori, dimostrando che tali farmaci Il polmone normale contiene cellule neuroendocrine nell’epitelio
stanno “colpendo” il loro bersaglio. Diversamente, le mutazioni attivanti sotto forma sia di singole cellule sia di gruppi cellulari, i cosiddetti
di KRAS sembrano essere associate a una prognosi peggiore, refrattaria corpi neuroepiteliali. Mentre praticamente tutte le iperplasie neuro-
al trattamento, in un quadro clinico ormai nefasto. Il tempo di soprav- endocrine polmonari sono secondarie a fibrosi respiratoria e/o in-
vivenza dei pazienti con carcinoma a piccole cellule non trattato è com- fiammazione, un raro disturbo chiamato iperplasia neuroendocrina
preso tra le 6 e le 17 settimane. Questo carcinoma è particolarmente diffusa idiopatica polmonare sembra essere il precursore dello svi-
sensibile alla radioterapia e alla chemioterapia, e da alcuni centri sono luppo di piccoli tumori multipli e del carcinoide tipico o atipico.
state riportate percentuali di successo di terapie radicali del 15-25% per Le neoplasie delle cellule neuroendocrine nei polmoni compren-
la malattia localizzata. La maggior parte dei pazienti presenta metastasi dono i cosiddetti tumoretti (tumorlets), piccoli e benigni, derivanti
a distanza al momento della diagnosi. Pertanto, anche con la terapia, la da cellule neuroendocrine iperplastiche osservate in aree di cicatriz-
sopravvivenza media dopo la diagnosi è di circa 1 anno. zazione oppure di infiammazione cronica; i carcinoidi; il carcinoma
Sindromi paraneoplastiche. Il carcinoma polmonare può essere a piccole cellule altamente aggressivo (già trattato) e il carcinoma
associato a numerose sindromi paraneoplastiche158 (Cap. 7), alcune polmonare neuroendocrino a grandi cellule. I tumori neuroendo-
delle quali possono precedere lo sviluppo di una lesione polmonare crini vengono classificati separatamente poiché ci sono tra loro
macroscopica. Gli ormoni o i fattori simil-ormonali elaborati differenze significative a livello di incidenza, di caratteristiche clini-
comprendono: che, epidemiologiche, istologiche, di sopravvivenza e molecolari. Ad
esempio, contrariamente ai carcinomi neuroendocrini a piccole e a
Ormone antidiuretico (ADH), che induce iponatriemia causata grandi cellule, i carcinoidi sia tipici sia atipici possono insorgere in
da secrezione inappropriata di ADH pazienti con neoplasie endocrine multiple di tipo I. Si deve anche
Ormone adrenocorticotropo (ACTH), che determina sindrome di notare che la differenziazione neuroendocrina può essere dimostrata
Cushing con l’immunoistochimica nel 10-20% dei carcinomi polmonari che
CAPITOLO 15 Il polmone 719

Figura 15.46 Carcinoide bronchiale. A. Carcinoide bronchiale che cresce sotto forma di una massa sferica pallida (freccia) che protrude nel lume
del bronco. B. Aspetto istologico di carcinoide bronchiale, che mostra piccole cellule rotonde e uniformi e un moderato citoplasma. (Per gentile concessione
del Dr. Thomas Krausz, Department of Pathology, The University of Chicago, Pritzker School of Medicine, Chicago, IL)

non mostrano morfologia neuroendocrina alla microscopia ottica,


il cui significato clinico è incerto. nucleoli, invasione linfatica e architettura disorganizzata. Alla
Tumore carcinoide. I tumori carcinoidi rappresentano l’1-5% microscopia elettronica, le cellule mostrano granuli elettron-
di tutti i tumori dei polmoni. Molti dei pazienti colpiti da questi densi caratteristici di altre neoplasie neuroendocrine. Grazie
tumori hanno meno di 40 anni e l’incidenza è uguale in entrambi i all’immunoistochimica, si è dimostrato che esse contengono
sessi. Il 20-40% circa dei pazienti è costituito da non fumatori. I serotonina, enolasi neurono-specifica, bombesina, calcitonina
carcinoidi sono neoplasie epiteliali che presentano un basso grado o altri peptidi.
di malignità e sono sottoclassificati in carcinoidi tipici e atipici. I
carcinoidi tipici non hanno mutazioni di p53 o alterazioni nell’equi-
librio di BCL2 e BAX, mentre i carcinoidi atipici mostrano queste Caratteristiche cliniche. Le manifestazioni cliniche dei carci-
alterazioni nel 20-40% e nel 10-20% dei tumori, rispettivamente. noidi bronchiali sono dovute al loro sviluppo intraluminale, alla
Alcuni carcinoidi mostrano anche perdita di eterozigosi di 3p, 13q14 capacità di metastatizzare e alla capacità di alcune delle lesioni di
(RB1), 9p e 5q22, che si presentano in tutti i tumori neuroendocrini produrre amine vasoattive. Tosse persistente, emottisi, alterazione del
con sempre maggior frequenza, dal carcinoide tipico a quello atipico drenaggio dei canali respiratori con infezioni secondarie, bronchie-
al carcinoma neuroendocrino a grandi cellule e a piccole cellule. ctasie, enfisema, atelettasie, sono tutti fenomeni determinati dalla
crescita intraluminale di queste lesioni.
Più interessanti, quantunque rare, sono le lesioni funzionali, in grado
Morfologia I carcinoidi possono insorgere a livello centrale di determinare la classica sindrome da carcinoide, caratterizzata da
o periferico. All’esame macroscopico, i tumori centrali si ac- attacchi di diarrea intermittente, arrossamento al volto e cianosi. In
crescono come masse digitate o sferiche polipoidi che si pro- generale, la maggior parte dei carcinoidi bronchiali non ha attività
iettano in genere nel lume del bronco e sono di solito ricoperti secretoria e non metastatizza a distanza, ma ha una prognosi relativa-
da mucosa intatta (Fig. 15.46 A). Raramente superano i 3-4 cm mente benigna a lungo termine ed è perciò trattabile con resezione
di diametro. La maggior parte è confinata al ramo bronchiale chirurgica. Viene descritta una sopravvivenza a 5 e a 10 anni rispetti-
principale. Altri, tuttavia, formano una piccola massa intralu- vamente dell’87% e dell’87% per i carcinoidi tipici, del 56% e del 35%
minale, ma penetrano la parete bronchiale fino a emergere per i carcinoidi atipici, del 27% e del 9% per i carcinomi neuroendocrini
nel tessuto peribronchiale, producendo le cosiddette lesioni a grandi cellule e del 9% e del 5% per il tumore a piccole cellule.159
“a bottone di colletto”. Le neoplasie periferiche sono solide e
nodulari. La diffusione ai linfonodi locali al momento della
Altre Neoplasie
resezione è più probabile nei carcinoidi atipici.
Istologicamente, il tumore appare composto di cellule con Le lesioni della complessa categoria dei tumori mesenchimali benigni
aspetto organoide, trabecolare, a palizzata, a nastro o a rosetta, e maligni, come il tumore infiammatorio miofibroblastico, il fibroma,
separate da un delicato stroma fibrovascolare. In comune con il fibrosarcoma, la linfangioleiomiomatosi, il leiomioma, il leiomio-
le lesioni del tratto gastrointestinale, le singole cellule sono sarcoma, i lipomi, l’emangioma, l’emangiopericitoma e il condroma,
abbastanza regolari e hanno nuclei rotondi uniformi e una si possono manifestare, ma sono rare. I tumori emopoietici benigni e
modesta quantità di citoplasma eosinofilo (si veda Fig. 15.46 maligni, simili a quelli sopra descritti in altri organi, possono anche
B). I carcinoidi tipici hanno meno di due mitosi per 10 campi interessare il polmone, sia sotto forma di lesioni isolate sia più comu-
ad alto ingrandimento oltre alla mancanza di necrosi, mentre nemente come parte di una malattia generalizzata. Questi compren-
i carcinoidi atipici hanno 2-10 mitosi per 10 campi ad alto in- dono l’istiocitosi a cellule di Langerhans, i linfomi Hodgkin e non
grandimento e/o focolai di necrosi.159 I carcinoidi atipici tendo- Hodgkin e la granulomatosi linfomatoide, un insolito linfoma di
no a mostrare maggiore pleomorfismo, aumentata cellularità, cellule B, EBV-positivo e il linfoma B della zona marginale di basso
grado del tessuto linfatico associato alla mucosa (Cap. 13).
720 CAPITOLO 15 Il polmone

TABELLA 15.13 Tumori mediastinici e altre masse

MEDIASTINO SUPERIORE
Linfoma
Timoma
Lesioni tiroidee
Carcinoma metastatico
Tumori delle paratiroidi

MEDIASTINO ANTERIORE
Timoma
Teratoma
Linfoma
Lesioni tiroidee
Tumori delle paratiroidi

MEDIASTINO POSTERIORE
Tumori neurogenici (schwannoma, neurofibroma)
Figura 15.47 Amartoma polmonare. Sono presenti isole di cartilagine
Linfoma
ed epitelio respiratorio intrappolato. (Per gentile concessione del Dr. Justine
Ernia iatale
A. Barletta, Department of Pathology, Brigham and Women’s Hospital,
Boston, MA)
MEDIASTINO MEDIO
Cisti broncogena
L’amartoma del polmone è una lesione relativamente comune che Cisti pericardica
viene di norma scoperta incidentalmente in una lastra di routine sotto Linfoma
forma di addensamento radiopaco (a forma di moneta). La maggior
parte di questi tumori è periferica, solitaria, con un diametro inferiore
a 3-4 cm e ben circoscritta. L’amartoma polmonare consiste in noduli
di tessuto connettivo intersecati da epitelio anomalo. La cartilagine è
il tessuto connettivo più comune, ma ci può essere anche tessuto fi- Morfologia Il quadro di crescita metastatica all’interno dei
broso cellulare e adipe. Le lamine epiteliali sono costituite da epitelio polmoni è alquanto variabile. Nel caso tipico, noduli multipli
colonnare ciliato o non ciliato e rappresentano probabilmente l’in- di una certa grandezza (lesioni a palla di cannone) sono dis-
trappolamento di epitelio respiratorio (Fig. 15.47). Il termine tradi- seminati in tutti i lobi e sono più concentrati nelle aree peri-
zionale di amartoma viene mantenuto per questa lesione, ma alcune feriche (Fig. 15.48). Altri quadri patologici comprendono il
caratteristiche, come la rara insorgenza nei bambini, l’aumento dell’in- nodulo solitario, gli addensamenti endobronchiali, pleurici,
cidenza con l’età e la presenza di aberrazioni di 6p21 e 12q14-q15, polmonari e quadri misti tra quelli descritti precedentemente.
suggeriscono che si tratti di una neoplasia più che di una malforma- Focolai di crescita lepidica simili a quelli osservati nel carci-
zione, indicandone un’origine clonale.138 noma bronchioloalveolare si osservano occasionalmente nei
Il tumore infiammatorio miofibroblastico, benché raro, è più co- carcinomi metastatici e possono essere associati a uno qua-
mune nei bambini, con un uguale rapporto tra maschi e femmine. lunque dei quadri sopra elencati.
I sintomi di esordio comprendono febbre, tosse, dolore toracico ed
emottisi. Può anche essere asintomatico. La diagnostica per imma-
gini mostra una massa singola (raramente multipla) rotonda, ben
definita, di solito periferica con depositi di calcio in circa un quarto Pleura
dei casi. Macroscopicamente, la lesione è solida, di diametro com-
preso tra 3 e 10 cm e di colore bianco-grigiastro. Microscopicamente, L’interessamento patologico della pleura è, molto spesso, una compli-
vi è una proliferazione di fibroblasti fusati e di miofibroblasti, linfo- canza secondaria di alcune malattie sottostanti. Infezioni secondarie e
citi, plasmacellule e fibrosi periferica. Il gene della chinasi del linfoma aderenze pleuriche sono reperti particolarmente frequenti all’autopsia.
anaplastico (ALK), localizzato sul cromosoma 2p23, è stato implicato Patologie primitive importanti comprendono (1) le infezioni batteriche
nella patogenesi di questo tumore. intrapleuriche primitive con interessamento di questo spazio come un
I tumori nel mediastino possono insorgere in strutture mediastini- focus isolato nel corso di una transitoria batteriemia e (2) una neoplasia
che oppure essere tumori metastatici dal polmone o da altri organi. primitiva della pleura: il mesotelioma (trattato in seguito).
Possono anche invadere o comprimere i polmoni. La Tabella 15.13
elenca i più comuni tumori nei vari distretti del mediastino. I tipi Versamento Pleurico
tumorali specifici sono discussi in sezioni specifiche di questo libro.
Il versamento pleurico è una manifestazione frequente di malattia
pleurica sia primaria sia secondaria e che può essere infiammatoria
Neoplasie Metastatiche
o non infiammatoria. Di norma, non più di 15 ml di siero chiaro,
Il polmone è la sede più comune di neoplasie metastatiche. Tutti i relativamente acellulare, lubrificano la superficie pleurica. L’accu-
carcinomi e i sarcomi che nascono in qualsiasi parte dell’organismo mulo di liquido pleurico si verifica nei seguenti casi:
possono diffondersi al polmone per via ematica o linfatica oppure
per contiguità diretta. Lo sviluppo di tumori contigui ai polmoni si Aumento della pressione idrostatica, come nell’insufficienza
verifica in genere con i carcinomi esofagei e i linfomi mediastinici. cardiaca congestizia
CAPITOLO 15 Il polmone 721

associati ad altri leucociti. Sebbene l’empiema possa essere costituito


da grandi quantità di pus (fino a 500-1.000 ml), in genere la quantità
è ridotta e il pus è localizzato. L’empiema può risolversi, ma è più
probabile che si verifichi organizzazione di essudato, con formazione
di aderenze fibrose dense, che spesso obliterano la cavità pleurica o
avvolgono i polmoni; entrambe queste condizioni possono seria-
mente ridurre l’espansione polmonare.
La vera pleurite emorragica, caratterizzata da essudati infiamma-
tori ematici, è rara e si riscontra nelle diatesi emorragiche, nelle
malattie da rickettsie e in caso di interessamento neoplastico del
cavo pleurico. L’essudazione sieroematica deve essere distinta
dall’emotorace (trattato in seguito). Quando si riscontra una pleurite
emorragica, è necessaria un’accurata ricerca per escludere la presen-
za di cellule tumorali esfoliate.

Versamenti pleurici non infiammatori

Figura 15.48 Numerose metastasi derivanti da un carcinoma renale. Una raccolta non infiammatoria di liquido sieroso all’interno della
(Per gentile concessione del Dr. Michelle Mantel, Brigham and Women’s cavità pleurica è chiamata idrotorace. Il liquido è chiaro e di colore
Hospital, Boston, MA) paglierino. L’idrotorace può essere unilaterale o bilaterale, a seconda
delle cause sottostanti. La causa più frequente di idrotorace è l’in-
Aumento della permeabilità vascolare, come nella polmonite sufficienza cardiaca. Per questa ragione, è di solito accompagnato da
Diminuzione della pressione osmotica, come nella sindrome congestione ed edema polmonare. Si possono formare trasudati in
nefrosica altre malattie sistemiche associate a edema generalizzato e sono
Aumento della pressione negativa intrapleurica, come perciò osservate nell’insufficienza renale e nella cirrosi epatica.
nell’atelettasia La fuoriuscita di sangue entro la cavità pleurica è nota come emo-
Diminuzione del drenaggio linfatico, come nella carcinomatosi torace. Si tratta quasi sempre di una complicanza fatale dovuta alla
mediastinica rottura di un aneurisma aortico o un trauma vascolare o in seguito a
un intervento. L’emotorace puro è facilmente identificabile dai grandi
trombi che accompagnano la componente fluida del sangue.
Versamenti pleurici infiammatori Il chilotorace è rappresentato da un accumulo di liquido lattescen-
te nella cavità pleurica, spesso di origine linfatica. Il chilo è di colore
Le pleuriti sierosa, sierofibrinosa e fibrinosa sono tutte causate es- lattescente perché contiene grassi finemente emulsionati. Il chiloto-
senzialmente dallo stesso processo patologico. L’essudato fibrinoso race è per lo più causato da traumi del dotto toracico oppure da
generalmente riflette una reazione essudativa più tardiva e più grave un’ostruzione che secondariamente causa rottura dei principali dotti
che, in fase precoce di sviluppo, potrebbe essersi presentata sotto linfatici. Questa condizione è riscontrata nelle neoplasie maligne
forma di un essudato sieroso o sierofibrinoso. che si formano dentro la cavità toracica e causano ostruzione dei
Le cause più comuni di pleurite sono le malattie infiammatorie dotti linfatici maggiori. I tumori possono metastatizzare a distanza
polmonari, quali la tubercolosi, la polmonite, gli infarti polmonari, per via linfatica e crescere all’interno del linfatico destro o del dotto
l’ascesso polmonare e le bronchiectasie. L’artrite reumatoide, il toracico determinando ostruzione.
lupus eritematoso disseminato, l’uremia, le infezioni sistemiche
diffuse, altre malattie sistemiche e l’interessamento metastatico Pneumotorace
della pleura possono altresì causare pleurite sierosa o sierofibrino-
sa. Le radiazioni usate nella terapia per i tumori del polmone o del Il termine pneumotorace si riferisce alla presenza di aria o gas nelle
mediastino spesso causano pleurite sierofibrinosa. Nella maggior cavità pleuriche e può essere spontaneo, traumatico o terapeutico.
parte dei casi la reazione sierofibrinosa è solo minima e il liquido Lo pneumotorace spontaneo può complicare qualsiasi tipo di ma-
essudato viene riassorbito, con risoluzione od organizzazione della lattia polmonare che causa rottura di un alveolo. Una cavità asces-
componente fibrinosa. L’accumulo di grandi quantità di liquido suale che comunica direttamente con lo spazio pleurico o con il
può essere tale da determinare compressione polmonare e causare tessuto polmonare interstiziale può anche portare a fuoriuscita di
distress respiratorio. aria. Nell’ultimo caso, l’aria può entrare attraverso il tessuto polmo-
Un essudato pleurico purulento (empiema) è solitamente causato nare o attraverso il mediastino posteriore (enfisema interstiziale) ed
da disseminazione batterica o micotica alla cavità pleurica. Questa entrare alla fine nella cavità pleurica. Lo pneumotorace è più comu-
disseminazione avviene per lo più come diffusione contigua di nemente associato a enfisema, asma e tubercolosi. Lo pneumotorace
un’infezione intrapolmonare, ma occasionalmente si ha dissemina- traumatico è causato in genere da alcune lesioni perforanti la parete
zione per via linfatica o ematogena da una fonte di infezione più toracica, ma talvolta il trauma penetra il polmone e quindi determi-
lontana. Raramente, le infezioni localizzate sotto il diaframma, come na la formazione di due vie di rifornimento di aria all’interno delle
gli ascessi sottodiaframmatici o epatici, possono estendersi per cavità pleuriche. Il riassorbimento dell’aria dalla cavità pleurica si
continuità attraverso il diaframma alle cavità pleuriche, più spesso verifica lentamente nello pneumotorace spontaneo e traumatico, a
sul lato destro. condizione che le comunicazioni si chiudano spontaneamente.
L’empiema è caratterizzato da una raccolta di pus saccata, giallo- Delle varie forme di pneumotorace, una di quelle che più interessa
verdastra, di consistenza cremosa composta da accumuli di neutrofili il medico è il cosiddetto pneumotorace spontaneo idiopatico. Questa
722 CAPITOLO 15 Il polmone

situazione si presenta di solito in soggetti relativamente giovani;


sembra sia dovuta alla rottura di piccole bolle periferiche, di solito
nella zona subpleurica apicale; in genere, regredisce spontaneamente
quando l’aria si riassorbe. Le recidive sono comuni e possono essere
piuttosto invalidanti.
Lo pneumotorace può avere un risvolto clinico importante quanto
la raccolta di liquido nei polmoni poiché causa anche compressione,
collasso e atelettasia polmonare e può essere responsabile di marcata
insufficienza respiratoria. Occasionalmente il collasso del polmone
è di notevole entità. Quando il difetto funziona con meccanismo a
valvola e consente l’entrata di aria durante l’inspirazione, ma ne
impedisce la fuoriuscita durante l’espirazione, agisce efficacemente
come una pompa che, aumentando progressivamente le pressioni
dello pneumotorace iperteso, può essere sufficiente a comprimere le
strutture mediastiniche vitali e il polmone controlaterale.
Figura 15.49 Tumore fibroso solitario. La superficie di taglio è solida
Neoplasie Della Pleura e fascicolata. (Per gentile concessione del Dr. Justine A. Barletta, Depart-
ment of Pathology, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA)
La pleura può essere colpita da tumori primitivi o secondari. L’inte-
ressamento secondario metastatico è molto più comune rispetto ai
tumori primitivi. Le lesioni metastatiche più frequenti nascono da sembra esservi un rischio maggiore di mesotelioma nei lavoratori
tumori primitivi del polmone e della mammella. Oltre a questi tumori, dell’amianto che fumano. Questo è in contrasto con il rischio di carci-
si possono diffondere neoplasie da qualsiasi organo alle cavità pleu- noma polmonare correlato all’asbesto, peraltro già elevato, che è note-
riche. I carcinomi ovarici, ad esempio, tendono a provocare metastasi volmente amplificato dal fumo. Pertanto, per i lavoratori dell’asbesto
diffuse alle cavità addominale e toracica. In gran parte delle condizioni (in particolare quelli anche fumatori), il rischio di morte per carcinoma
metastatiche, sopravviene un versamento sieroso o sieroematico che polmonare supera di gran lunga quello di sviluppare il mesotelioma.
spesso contiene cellule neoplastiche. Per tale ragione, l’attento esame I corpuscoli dell’asbesto (si veda Fig. 15.20) si ritrovano in mag-
citologico del sedimento è di notevole valore diagnostico. gior numero nei polmoni di pazienti con mesotelioma. Un altro
marcatore di esposizione all’asbesto, la placca asbestosica, è stato
trattato precedentemente.
Tumori fibrosi solitari
Alcuni studi di citogenetica hanno dimostrato che il 60-80% circa
Precedentemente chiamato “mesotelioma benigno” o “mesotelioma dei mesoteliomi maligni presenta una delezione nei cromosomi 1p,
fibroso benigno” nella pleura e “fibroma” nel polmone, il tumore fi- 3p, 6q, 9p o 22q e che il 31% presenta mutazioni del gene p16. Vi è
broso solitario è attualmente riconosciuto come un tumore del tessuto una bassa frequenza di mutazioni di p53, nonostante l’accumulo di
connettivo con tendenza a formarsi nella pleura e, più raramente, nei p53 possa essere rilevato con l’immunoistochimica nel 70% dei
polmoni, nonché in altri siti. Il tumore è spesso adeso alla superficie mesoteliomi maligni. In alcuni studi, ma non in tutti, è stata dimo-
pleurica tramite un peduncolo.160 Può essere piccolo (1-2 cm di dia- strata la presenza di sequenze di DNA virale SV40 (simian virus 40)
metro) o raggiungere dimensioni enormi, ma tende a restare limitato nel 60-80% dei mesoteliomi pleurici maligni e in una più piccola
alla superficie del polmone (Fig. 15.49). Macroscopicamente, consiste frazione di mesoteliomi peritoneali. L’antigene T SV40 è un potente
di tessuto fibroso denso con cisti occasionali riempite di liquido vi- cancerogeno che si lega e inattiva numerosi regolatori dell’accresci-
scoso. Microscopicamente, il tumore mostra un’impalcatura di fibre mento, come p53 e RB. L’ipotesi secondo la quale l’SV40 sia coin-
reticolari e collagene tra le quali si trovano cellule fusate simili a fibro- volto nella patogenesi del mesotelioma resta controversa.
blasti. Raramente, questo tumore può essere maligno, con pleomorfi-
smo, attività mitotica, necrosi e grandi dimensioni (>10 cm). Le cellule
tumorali sono CD34+ e cheratina-negative alla colorazione immu- Morfologia Il mesotelioma maligno è una lesione diffusa
noistochimica. Questa caratteristica può essere utile dal punto di vista che si estende ampiamente nella cavità pleurica ed è di solito
diagnostico per distinguere queste lesioni dai mesoteliomi maligni associata a cospicui versamenti pleurici e a invasione diretta
(che mostrano il fenotipo opposto). Il tumore fibroso solitario non è di strutture toraciche. Il polmone interessato viene avvolto
correlato all’esposizione all’asbesto. da uno spesso strato di tessuto tumorale soffice, gelatinoso,
di colore grigiastro (Fig. 15.50).
Microscopicamente, il mesotelioma maligno può essere
Mesotelioma maligno
epitelioide (60%), sarcomatoide (20%) o misto (20%). Ciò si
I mesoteliomi maligni si formano nel torace a partire dalla pleura spiega con il fatto che le cellule mesoteliali hanno la poten-
viscerale o parietale.161,162 Benché rari, hanno assunto grande impor- zialità di svilupparsi sia come cellule di rivestimento simil-
tanza negli ultimi anni a causa della loro maggiore incidenza tra epiteliali sia come cellule mesenchimali stromali.
persone con importante esposizione all’asbesto (si veda “Pneumo- Il mesotelioma di tipo epitelioide consiste in cellule cuboidi,
coniosi”). Nelle aree costiere che ospitano numerosi cantieri navali colonnari o appiattite che formano strutture tubulari o papillari
negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, nelle aree minerarie del Canada, simili all’adenocarcinoma (Fig. 15.51 A). Il mesotelioma epite-
dell’Australia e del Sudafrica, fino al 90% dei mesoteliomi è correlato lioide può talvolta essere difficile da differenziare macrosco-
all’amianto. Il rischio di sviluppare mesoteliomi in soggetti fortemente picamente e istologicamente dall’adenocarcinoma polmonare.
esposti è del 7-10% circa. È necessario un lungo periodo di latenza Le caratteristiche che conducono alla diagnosi di mesotelioma
(25-45 anni) per lo sviluppo di mesoteliomi correlati all’asbesto e non
CAPITOLO 15 Il polmone 723

Figura 15.50 Mesotelioma maligno. Si noti il tessuto tumorale spesso,


duro, che avvolge completamente il polmone, qui sezionato in due parti.

sono (1) colorazione positiva per il mucopolisaccaride acido,


che è inibito da una precedente digestione con ialuronidasi;
(2) mancanza di colorazione per l’antigene carcinoembrionario
e per altri antigeni glicoproteici epiteliali, marcatori general-
mente espressi dal carcinoma; (3) forte colorazione per le
proteine di cheratina, con accentuazione della colorazione
perinucleare piuttosto che periferica; (4) colorazione positiva
per la calretinina (Fig. 15.51 B), per il prodotto del gene di Figura 15.51 Varianti istologiche del mesotelioma maligno.
suscettibilità WT-1 (Wilms Tumor 1), per la citocheratina 5/6, e A. Tipo epitelioide.
D2-40; (5) alla microscopia elettronica, la presenza di lunghi B. Mesotelioma maligno di tipo misto, colorato con il marcatore immu-
noistochimico per la calretinina (metodo con immunoperossidasi). La
microvilli e abbondanti tonofilamenti, ma assenza di microvilli
componente epiteliale è fortemente positiva (marrone scuro), mentre la
corti e di corpi lamellari (Fig. 15.52). L’impiego di colorazioni componente sarcomatoide lo è meno.
speciali ha una valenza diagnostica nella maggioranza dei casi (Per gentile concessione del Dr. Thomas Krausz, Department of Pathology,
The University of Chicago, Pritzker School of Medicine, Chicago, IL)

Figura 15.52 Caratteristiche ultrastrutturali dell’adenocarcinoma polmonare (A), caratterizzato da microvilli bassi, rigonfi, in contrasto con quelli
del mesotelioma (B), nel quale i microvilli sono numerosi, lunghi e assottigliati. (Per gentile concessione del Dr. Noel Weidner, University of California, San
Francisco, School of Medicine, San Francisco, CA)
724 CAPITOLO 15 Il polmone

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16
Testa e collo
Mark W. Lingen

JJ CAVITÀ ORALE Tumori di naso, seni e rinofaringe


Denti e strutture di sostegno Laringe
Carie Infiammazioni
Gengivite Noduli reattivi (noduli e polipi delle corde vocali)
Parodontite Papilloma squamoso e papillomatosi
Carcinoma della laringe
Lesioni infiammatorie/reattive simil-neoplastiche
Lesioni proliferative fibrose JJ ORECCHIO
Ulcere aftose
Lesioni infiammatorie
Glossite
Otosclerosi
Infezioni
Infezioni da herpes simplex virus Tumori
Altre infezioni virali
JJ COLLO
Candidosi orale (mughetto)
Infezioni micotiche profonde Cisti branchiale (cisti linfoepiteliale cervicale)

Manifestazioni orali in corso di patologia sistemica Cisti del dotto tireoglosso


Leucoplachia villosa Paraganglioma (tumore del glomo carotideo)
Tumori e lesioni precancerose JJ GHIANDOLE SALIVARI
Leucoplachia ed eritroplachia
Xerostomia
Carcinoma a cellule squamose
Infiammazione (sialoadenite)
Cisti e tumori odontogeni
Neoplasie
JJ VIE AEREE SUPERIORI Adenoma pleomorfo
Naso Tumore di Warthin (cistoadenoma papillare
Infiammazioni linfomatoso)
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Lesioni necrotizzanti del naso e delle vie aeree Carcinoma mucoepidermoide


superiori Altri tumori delle ghiandole salivari
Rinofaringe
Infiammazioni

727
728 CAPITOLO 16 Testa e collo

Le malattie della testa e del collo vanno dal raffreddore comune alle anatomici: (1) cavità orale; (2) vie aeree superiori, comprendenti
rare neoplasie del naso. Quelle scelte per la presente trattazione sono naso, faringe, laringe e seni paranasali; (3) orecchio; (4) collo; e (5)
assegnate, per certi versi arbitrariamente, a uno dei seguenti distretti ghiandole salivari.

Cavità orale

La cavità orale è un temibile orifizio protetto da una fila superiore e dentina è cellulare e contiene numerosi canalicoli, che contengono
da una inferiore di denti (purtroppo, assai soggetti a erosione), che a loro volta le estensioni citoplasmatiche degli odontoblasti. Queste
richiedono costante gratificazione e pullulano di microrganismi, cellule ricoprono l’interfaccia tra dentina e polpa e possono, se
alcuni dei quali potenzialmente dannosi. Fra le molte malattie che adeguatamente stimolate, produrre nuova dentina (secondaria)
colpiscono le sue varie parti, verranno prese in considerazione solo all’interno del dente. La camera della polpa medesima è circondata
le più importanti o frequenti che interessano denti e strutture di da dentina e contiene tessuto connettivo, fasci nervosi, linfatici e
sostegno, mucose orali, labbra e lingua. capillari.
Per provvedere alla masticazione, i denti non devono solo essere
composti di tessuto duro, ma devono anche essere saldamente fissati
Denti e strutture di sostegno all’osso alveolare. Se questa inserzione fosse eccessivamente rigida,
la masticazione imporrebbe al dente sollecitazioni meccaniche suf-
I denti danno il loro contributo a diverse importanti funzioni, ficienti a causarne la caduta o la frattura. Perciò, nei mammiferi, i
incluse la masticazione e una corretta fonazione. È utile passare denti sono fissati alla cresta alveolare ossea dai legamenti parodontali
brevemente in rassegna la normale anatomia dei denti prima di che forniscono una fissazione robusta e insieme flessibile, in grado
affrontare le condizioni patologiche che li colpiscono. Come è ben di sopportare le forze della masticazione. Il legamento parodontale
noto, i denti sono saldamente impiantati nelle ossa mascellare e si inserisce sull’osso alveolare da un lato, e sul cemento, presente sulle
mandibolare e sono circondati dalla mucosa gengivale (Fig. 16.1). radici dei denti, che agisce come una “colla” per fissare il legamento
La corona dei denti aggetta nel cavo orale ed è ricoperta da smalto, al dente.
un tessuto acellulare duro e inerte, il più altamente mineralizzato
dell’organismo. Lo smalto poggia sulla dentina, una forma specia- Carie
lizzata di tessuto connettivo che rappresenta la maggior parte della
restante porzione dura del dente. A differenza dello smalto, la La carie dentaria, causata dalla degradazione focale della struttura
dentaria, è una delle più comuni patologie nel mondo ed è la causa
più frequente di perdita dei denti prima dei 35 anni di età. Le lesioni
cariose rappresentano l’esito della dissoluzione minerale della strut-
tura dentaria da parte di prodotti terminali acidi del metabolismo
di batteri presenti nella cavità orale e in grado di fermentare gli
zuccheri. Tradizionalmente, la prevalenza della carie è sempre stata
più alta nei Paesi industrializzati, ove vi è facile accesso a cibi lavorati
che contengono grandi quantità di carboidrati. Tuttavia, le tendenze
globalizzanti possono cambiare questa distribuzione demografica.
Anzitutto, la frequenza della carie si è notevolmente ridotta in na-
zioni come gli Stati Uniti, in cui una miglior igiene orale e la fluo-
rurazione dell’acqua potabile sono diventate una prassi abituale. Il
fluoro si incorpora nella struttura cristallina dello smalto, formando
fluoroapatite, e contribuisce alla resistenza alla degradazione da
parte degli acidi batterici. In secondo luogo, con la globalizzazione
dell’economia mondiale, le nazioni in via di sviluppo hanno impor-
tato quantità crescenti di cibi lavorati con alto contenuto in carboi-
drati. Con questi trend, nel corso dei prossimi decenni ci si può
attendere un drastico aumento della prevalenza di carie nei Paesi in
via di sviluppo.

Gengivite
Figura 16.1 Rappresentazione schematica della normale anatomia dei Il termine gengiva indica la mucosa squamosa posta fra i denti e
denti e dei tessuti di sostegno circostanti. intorno ai denti. La gengivite è l’infiammazione della mucosa e dei
CAPITOLO 16 Testa e collo 729

tessuti molli associati. Tipicamente, lo sviluppo della gengivite è Lesioni infiammatorie/reattive


il risultato di una carente igiene orale, che porta a un accumulo di
placca dentaria e tartaro. simil-neoplastiche
La placca dentaria è un biofilm appiccicoso, solitamente inco-
lore, che si forma tra i denti e sulla loro superficie. È formata da Numerose lesioni dei tessuti molli del cavo orale, che si presentano
un complesso di batteri orali, proteine salivari e cellule epiteliali come masse tumorali o ulcerazioni, sono di natura reattiva e rap-
desquamate. Se la placca continua ad accumularsi e non viene presentano infiammazioni indotte da irritazione o da meccanismi
rimossa, si mineralizza formando il tartaro. I batteri nella placca sconosciuti. Tutte le lesioni sospette, tuttavia, devono essere analiz-
liberano acidi dai cibi ricchi di zuccheri, che erodono la superficie zate con una biopsia. Noduli reattivi della cavità orale sono piuttosto
dello smalto dentario. Erosioni ripetute portano alla carie den- comuni e microscopicamente vari. Le lesioni proliferative fibrose
taria. L’accumulo della placca al di sotto dell’orletto gengivale più comuni della cavità orale includono i fibromi (61%), i fibromi
può causare gengivite. La gengivite cronica è caratterizzata da ossificanti periferici (22%), i granulomi piogenici (12%) e il granu-
eritema, edema, sanguinamento, modificazioni del contorno delle loma periferico a cellule giganti (5%).5 Le ulcerazioni infiammatorie/
gengive e perdita di adattamento dei tessuti molli ai denti. La reattive più comuni della cavità orale sono le ulcere traumatiche e
gengivite può insorgere a ogni età ma è più frequente e grave le ulcere aftose.
nell’adolescenza (oscillando dal 40 al 60%), dopo la quale l’inci-
denza tende a ridursi. È una patologia reversibile; la terapia è Lesioni proliferative fibrose
volta principalmente alla riduzione dell’accumulo di placca e
tartaro attraverso l’uso di spazzolino, filo interdentale e regolari Il cosiddetto fibroma da irritazione (Fig. 16.2) insorge principal-
visite odontoiatriche.1 mente sulla mucosa orale lungo la linea della masticazione o al
margine gengivodentale. Esso consiste in un nodulo rilevato di
tessuto fibroso, con poche cellule infiammatorie, ricoperto da
Parodontite
mucosa squamosa. Il trattamento consiste nella completa resezione
Il termine parodontite si riferisce a un processo infiammatorio che chirurgica.
colpisce le strutture di sostegno dei denti: legamenti parodontali, Il granuloma piogenico (Fig. 16.3) è una lesione peduncolata
osso alveolare e cemento. Con la sua progressione, la parodontite ­altamente vascolarizzata, che in genere insorge nella gengiva di
può portare a gravi sequele, come la perdita di fissità, causata dalla bambini, giovani adulti e, più frequentemente, nelle donne gravide
completa distruzione del legamento parodontale e dell’osso alve- ­(cosiddetta epulide gravidica). La superficie della lesione è tipica-
olare. Sono possibili la mobilizzazione e, infine, la perdita dei mente ulcerata e di colore variabile dal rosso al porpora. In alcuni
denti. casi, essa cresce rapidamente in modo allarmante, scatenando il ti-
La patogenesi dell’infiammazione parodontale non è del tutto more di una neoplasia maligna. Istologicamente, queste lesioni mo-
chiara. Fino agli anni ’60, si riteneva che tutte le gengiviti di lunga strano un’intensa proliferazione vascolare simile a tessuto di
durata progredissero allo stesso modo a parodontopatie. Tale sup- granulazione.
posizione, tuttavia, non è più considerata vera. Più propriamente, A causa di questo quadro istologico, i granulomi piogenici sono
lo sviluppo della parodontopatia è ora ritenuto un processo indi- considerati da alcuni autori una forma di emangioma capillare
pendente, che, per ragioni non ancora chiare, è associato a una (Cap. 11). Regrediscono, in particolare al termine della gravidanza,
marcata variazione nella tipologia e nelle proporzioni dei batteri o vanno incontro a maturazione fibrosa e possono svilupparsi in
lungo la gengiva.2 Si pensa che questa variazione, insieme ad altre fibroma ossificante periferico. Il trattamento consiste nella completa
condizioni ambientali come una scarsa igiene orale, sia importante resezione chirurgica.
nella patogenesi della parodontite. Questo punto di vista è suppor- Il fibroma ossificante periferico è un’escrescenza gengivale
tato da significative differenze nel contenuto della placca dentaria ­relativamente comune, che si ritiene di natura reattiva piuttosto
nelle aree di parodonto sano e malato. Per la maggior parte, le aree
sane sono colonizzate da microrganismi Gram-positivi facoltativi,
mentre le placche all’interno delle zone di parodontite attiva con-
tengono flora anaerobia e microaerofila Gram-negativa. Benché
nel cavo orale risiedano 300 tipi di batteri, la parodontite dell’adul-
to è associata principalmente con Aggregatibacter (Actinobacillus)
actinomycetemcomitans, Porphyromonas gingivalis e Prevotella
intermedia.
Se da una parte la parodontopatia si presenta in genere senza
altre patologie associate, dall’altra può anche essere un aspetto di
numerose differenti malattie sistemiche, come sindrome da im-
munodeficienza acquisita (AIDS), leucemia, malattia di Crohn,
diabete mellito, sindrome di Down, sarcoidosi e sindromi asso-
ciate a difetti dei polimorfonucleati (sindrome di Chédiak-­
Higashi, agranulocitosi e neutropenia ciclica). Oltre a essere com-
ponenti di alcune malattie sistemiche, le infezioni parodontali
possono anche essere fattori eziologici di molte importanti pato-
logie sistemiche. Queste comprendono, ad esempio, endocardite
infettiva, ascessi polmonari e cerebrali e gravidanza con esito Figura 16.2 Fibroma. Nodulo liscio, roseo, esofitico della mucosa
avverso.3,4 orale.
730 CAPITOLO 16 Testa e collo

Figura 16.3 Granuloma piogenico. Massa eritematosa, emorragica Figura 16.4 Ulcera aftosa. Singola ulcerazione con un alone eritematoso
ed esofitica a partenza dalla mucosa gengivale. che circonda una membrana giallastra fibrinopurulenta.

che neoplastica. Tuttavia, l’eziologia della lesione è sconosciuta. Glossite


Alcuni possono insorgere come esito della maturazione di un
granuloma piogenico di lunga data. Con un picco di incidenza Sebbene il termine glossite implichi l’infiammazione della lingua, a
nelle femmine giovani e adolescenti, i fibromi ossificanti periferici volte si applica alla lingua rosso vivo che si osserva in alcuni stati
appaiono come lesioni rosse, ulcerate e nodulari della gengiva. carenziali. Queste alterazioni derivano da un’atrofia delle papille
Come aspetto clinico spesso vengono confusi con granulomi pio- linguali e da un assottigliamento della mucosa, che evidenzia la
genici. Il trattamento di elezione consiste nella completa exeresi vascolarizzazione sottostante. In alcuni casi, le alterazioni atrofiche
chirurgica fino al periostio, in quanto tali lesioni hanno un tasso portano effettivamente a un’infiammazione e perfino a ulcerazioni
di recidiva del ­15-20%. poco profonde. Queste alterazioni si possono osservare nei deficit
Il granuloma periferico a cellule giganti è una lesione relativamente di vitamina B12 (anemia perniciosa), riboflavina, niacina o piridos-
comune delle gengiva. È generalmente coperto da mucosa gengivale sina. Simili alterazioni si riscontrano, a volte, associate a sprue e
intatta, anche se a volte può essere ulcerata. L’aspetto clinico del anemia sideropenica, probabilmente complicate da un deficit di una
granuloma periferico a cellule giganti può essere simile a quello del delle vitamine del gruppo B. La combinazione di anemia sideropeni-
granuloma piogenico, ma in generale questa lesione ha un colore ca, glossite e disfagia esofagea in genere correlata a formazione di
che tende al bluastro-porpora, mentre il granuloma piogenico è più membrane è conosciuta come sindrome di Plummer-Vinson o Pater-
rosso brillante. Istologicamente, tuttavia, queste lesioni sono distinte. son-Kelly. La glossite, caratterizzata da lesioni ulcerative (a volte
Il granuloma periferico a cellule giganti è costituito da un peculiare lungo i margini laterali della lingua), può essere osservata anche con
aggregato di cellule giganti multinucleate del tipo da corpo estraneo, carie dentaria, protesi mal adattate e raramente con sifilide, ustioni
separate da uno stroma fibroangiomatoso. Benché non incapsulate, da inalazione o ingestione di sostanze corrosive.
queste lesioni sono in genere ben delimitate e facilmente asportabili.
Devono essere differenziate dai granulomi a cellule giganti centrali
che si osservano nel mascellare e nella mandibola e dai “tumori Infezioni
bruni”, istologicamente simili ma spesso multipli, osservati nell’iper-
paratiroidismo (Cap. 24). La mucosa orale è molto resistente alla flora locale, essendo provvista
di molte difese, tra cui la soppressione competitiva di potenziali
patogeni da parte di microrganismi a bassa virulenza, l’elaborazione
Ulcere Aftose di immunoglobuline A secretorie e di altre immunoglobuline da
parte di aggregati di linfociti e plasmacellule nella sottomucosa,
Queste ulcerazioni superficiali estremamente comuni della mucosa l’effetto antibatterico della saliva e gli effetti diluenti e di “lavaggio”
orale arrivano a colpire il 40% della popolazione degli Stati Uniti.6 esercitati da cibi e bevande. Ciononostante, qualsiasi riduzione di
Sono più comuni nelle prime due decadi di vita, sono estremamente tali difese, ad esempio per immunodeficienza o alterazione dell’equi-
dolorose e spesso recidivanti e tendono ad avere prevalenza all’in- librio microbico dovuta a terapia antibatterica, crea le condizioni
terno di alcune famiglie. per le infezioni orali. La maggior parte di queste infezioni è trattata
Le lesioni appaiono come ulcere uniche o multiple, poco profonde, nel Capitolo 8; in questa sede riassumeremo brevemente solo le
iperemiche, ricoperte da un sottile essudato e delimitate da una zona principali caratteristiche delle lesioni orali.
eritematosa (Fig. 16.4). L’infiltrato infiammatorio sottostante è inizial-
mente in gran parte mononucleato, ma un’infezione batterica secon-
daria determina la comparsa di numerosi neutrofili. Le lesioni possono Infezioni Da Herpes Simplex Virus
risolversi spontaneamente in 7-10 giorni oppure persistere ostinata-
mente per settimane. La causa di queste lesioni è oscura. Per la maggior La maggior parte delle infezioni erpetiche orofacciali è causata da
parte, le ulcere sono più dolorose che gravi e richiedono solamente herpes simplex virus di tipo 1 (HSV-1). Tuttavia, a causa delle varia-
trattamento sintomatico. Ulcere aftose ricorrenti possono essere as- zioni nelle abitudini sessuali, si è osservato un aumento delle infezioni
sociate a patologia celiaca e a malattia infiammatoria intestinale. da HSV-2 (herpes genitale) nel cavo orale. L’infezione primaria da
CAPITOLO 16 Testa e collo 731

HSV si verifica tipicamente nei bambini tra i 2 e i 4 anni, è spesso fezione clinica: (1) lo stato immunitario dell’individuo; (2) il ceppo di
asintomatica e non causa una morbilità significativa. Nel 10-20% C. albicans presente; e (3) la composizione della flora orale dell’indivi-
circa dei casi, l’infezione primaria si presenta come una gengivosto- duo. Esistono tre principali forme cliniche di ­candidosi orale che com-
matite erpetica acuta, con comparsa acuta di vescicole e ulcerazioni prendono la pseudomembranosa (mughetto), l’eritematosa e l’iper-
in tutta la cavità orale, soprattutto sulle gengive. Queste lesioni sono plastica, con numerose variazioni all’interno di questi gruppi. Tratte-
accompagnate da linfoadenopatia, febbre, anoressia e irritabilità. remo qui solo la forma pseudomembranosa, la più comune fra le tre.
Conosciuta anche con il nome di “mughetto”, la candidosi pseudomem-
branosa assume tipicamente l’aspetto di una membrana infiammatoria
Morfologia Le vescicole variano da lesioni di pochi milli- superficiale, irregolare, da grigia a bianca, composta da un tappeto di
metri ad ampie bolle e sono dapprima ripiene di un liquido microrganismi indovati in un essudato fibrinosuppurativo che può
sieroso limpido, ma spesso si rompono producendo essere facilmente distaccato, rivelando una base infiammatoria erite-
ulcerazioni superficiali estremamente dolenti, a bordo rosso. matosa sottostante. Questo micete causa danno solo in individui che
All’esame microscopico, si nota edema intracellulare e inter- presentano qualche forma di immunosoppressione, come accade nei
cellulare (acantolisi), che causa fissurazioni che possono pazienti con diabete mellito, nei riceventi di trapianti di organo o di
trasformarsi in vescicole macroscopiche. Le singole cellule midollo osseo, negli individui con neutropenia, immunosoppressione
dell’epidermide, ai margini delle vescicole o libere all’interno indotta dalla chemioterapia o AIDS. Inoltre, possono portare allo
del liquido, sviluppano a volte inclusioni virali intranucleari, sviluppo di ­candidosi orale anche antibiotici ad ampio spettro che
eosinofile. Altre cellule possono fondersi e dar vita a cellule eliminano o alterano la normale flora batterica della bocca.
giganti (policarioni multinucleati), che possono essere messe
in evidenza dal test di Tzanck, che si basa sull’esame micro-
Infezioni Micotiche Profonde
scopico del liquido vescicolare. Vescicole e ulcere superficiali
regrediscono in genere entro 3 o 4 settimane, ma il virus ri- Oltre alle loro più frequenti sedi di infezione, alcune infezioni mi-
sale lungo i nervi regionali e, alla fine, resta silente nei gangli cotiche profonde mostrano una decisa predilezione per il cavo orale
dorsali (ad es. il trigemino). e la regione della testa e del collo. Queste infezioni comprendono
istoplasmosi, blastomicosi, coccidioidomicosi, criptococcosi, zigo-
micosi e aspergillosi. Con il crescente numero di pazienti immuno-
La stragrande maggioranza degli adulti ospita HSV-1 in forma depressi a causa di patologie come l’AIDS o a causa di terapie per
latente, ma in alcuni individui, in genere giovani adulti, il virus si cancro o trapianti d’organo, è aumentata negli ultimi anni anche la
riattiva producendo la frequente ma in genere scarsamente sinto- prevalenza delle infezioni micotiche della cavità orale.
matica ulcera fredda. Le influenze che predispongono alla riattiva-
zione sono poco conosciute ma si ritiene che comprendano traumi,
allergie, esposizione a luce ultravioletta, infezioni delle vie aeree
superiori, gravidanza, mestruazioni, immunosoppressione ed ec- Manifestazioni orali in corso di patologia
cessiva esposizione a temperature estremamente basse o elevate. sistemica
La stomatite erpetica ricorrente (a differenza della gengivostomatite
acuta) può comparire sia nella sede dell’inoculazione primaria sia in Come gli stomatologi non cessano di ripetere, la bocca è una parte
aree mucose adiacenti che sono associate allo stesso ganglio; prende la del corpo e non soltanto la via di ingresso delle prelibatezze. Non è
forma di gruppi di piccole vescicole (1-3 mm). Labbra (herpes labialis), quindi sorprendente che molte patologie sistemiche siano associate
orifizi nasali, mucosa orale, gengiva e palato duro sono le sedi più a lesioni orali. In effetti, non è raro che le lesioni orali rappresentino
frequenti delle lesioni ricorrenti. Esse ricordano quelle già descritte nelle il primo segno di una qualche patologia sistemica sottostante. Al-
infezioni primarie, ma hanno una durata molto più breve, sono meno cune delle più comuni sono citate nella Tabella 16.1, con piccole note
gravi, in genere si seccano in 4-6 giorni e guariscono in 7-10 giorni. sulle modificazioni orali associate. Tratteremo qui in maggior det-
taglio solamente la leucoplachia villosa.

Altre Infezioni Virali


Leucoplachia Villosa
Nella cavità orale e, più in generale, nel distretto della testa e del collo
si possono osservare altre infezioni virali, come quelle da virus La leucoplachia villosa è una lesione orale particolare che si osserva
dell’herpes zoster e da virus di Epstein-Barr (EBV; mononucleosi), solitamente nei pazienti immunodepressi. Circa l’80% dei pazienti
citomegalovirus, enterovirus (angina erpetica, malattia mano- con leucoplachia villosa risulta è infettato dal virus dell’immunode-
piede-bocca, faringite linfonodulare acuta) e morbillo. ficienza umana (HIV); la presenza di questa lesione talora ­richiama
l’attenzione sull’esistenza dell’infezione. Tuttavia, il 20% delle lesioni
si osserva in pazienti con immunodepressione da altra causa, come
Candidosi Orale (Mughetto) terapia oncologica o immunosoppressione per ­trapianti. La leuco-
plachia villosa assume l’aspetto di chiazze ­bianche confluenti di
Le numerose localizzazioni delle infezioni da Candida sono descritte ispessimento ipercheratosico, “capelluto” (“villoso”), quasi sempre lo-
esaustivamente nel Capitolo 8 e pertanto in questa sede ci limiteremo calizzate sul margine laterale della lingua. A ­differenza del mughetto,
a trattare il tipo di presentazione nella cavità orale. La candidosi è le lesioni non possono essere distaccate con il grattamento. L’aspetto
l’infezione micotica di gran lunga più comune del cavo orale. Candida microscopico caratteristico è dato da iperparacheratosi e acantosi
albicans è un normale componente della flora orale in circa il 50% della con “cellule balloniformi” nello strato spinoso superficiale. Talora
popolazione. Tre fattori sembrano influenzare la probabilità di un’in- compare una coilocitosi delle cellule epiteliali superficiali nucleate,
732 CAPITOLO 16 Testa e collo

TABELLA 16.1 Manifestazioni orali di alcune patologie sistemiche


Patologia sistemica Modificazioni orali associate

PATOLOGIE INFETTIVE
Scarlattina Lingua intensamente rossa con papille prominenti (lingua a lampone);
lingua ricoperta di materiale biancastro attraverso il quale si
proiettano papille iperemiche (lingua a fragola)
Morbillo Un enantema a chiazze del cavo orale spesso precede il rash cutaneo;
ulcerazioni della mucosa orale attorno al dotto di Stenone
producono macchie di Koplik
Mononucleosi infettiva Faringite e tonsillite acute che possono causare la formazione di
una membrana essudativa ricoprente bianco-grigia; ingrossamento
dei linfonodi nel collo, petecchie palatali
Difterite Caratteristica membrana infiammatoria bianco sporco,
fibrinosuppurativa, ruvida su tonsille e retrofaringe
Virus dell’immunodeficienza umana Predisposizione alle infezioni opportunistiche orali, in particolare
da herpes virus, Candida e altri funghi; lesioni orali del sarcoma
di Kaposi e leucoplachia villosa (descritta nel testo)

CONDIZIONI DERMATOLOGICHE*
Lichen planus Lesioni reticolate, a strie, bianche cheratosiche che raramente
divengono bollose e ulcerate; osservate in oltre il 50% dei pazienti
con lichen planus cutaneo; raramente, è l’unica manifestazione
Pemfigo Vesciche e bolle suscettibili alla rottura, che lasciano erosioni
iperemiche ricoperte di essudato
Pemfigoide bolloso Le lesioni orali macroscopicamente ricordano quelle del pemfigo
ma possono essere differenziate istologicamente
Eritema multiforme Eruzione maculo-papulare, vescicolo-bollosa che talora segue
un’infezione in altra sede, l’ingestione di farmaci, lo sviluppo di
un cancro, o una malattia vascolare del collagene; quando interessa
le labbra e la mucosa orale, è indicata come sindrome di Stevens-
Johnson

PATOLOGIE EMATOLOGICHE
Pancitopenia (agranulocitosi, aplasia midollare) Gravi infezioni orali sotto forma di gengivite, faringite, tonsillite;
può estendersi a determinare cellulite del collo (angina di Ludwig)
Leucemia Con la deplezione di neutrofili funzionanti, possono apparire lesioni
orali simili a quelle della pancitopenia
Leucemia monocitica Infiltrato leucemico e ingrandimento delle gengive, spesso con
concomitante parodontite

VARIE
Pigmentazione melanotica Può comparire nella malattia di Addison, emocromatosi, displasia
fibrosa dell’osso (sindrome di Albright) e sindrome di Peutz-Jegher
(poliposi gastrointestinale)
Assunzione di fenitoina (difenilidantoinato Cospicuo ingrossamento fibroso delle gengive
Gravidanza Granuloma piogenico friabile, rosso, che protrude dalla gengiva
(“tumore della gravidanza”)
Sindrome di Rendu-Osler-Weber Malattia autosomica dominante con multiple teleangectasie
aneurismatiche congenite al di sotto delle superfici mucose
della cavità orale e delle labbra
*
Si veda Capitolo 25 per dettagli.

che suggerisce un’infezione da ­papillomavirus umano (HPV), e capitoli. In questa sede, pertanto, tratteremo esclusivamente il car-
occasionalmente sono stati riscontrati prodotti di trascrizione di cinoma orale a cellule squamose e le lesioni precancerose a esso
HPV. EBV è tuttavia presente nella maggior parte delle cellule ed è associate.
ora accettato come causa di questa condizione.7 Talvolta è presente
una sovrainfezione da candida sulla superficie delle lesioni, che Leucoplachia Ed Eritroplachia
aumenta la “villosità.” Negli individui HIV-positivi, con leucoplachia
villosa, i sintomi dell’AIDS seguono dopo 2-3 anni. Come descritto più dettagliatamente in seguito, i carcinomi della
bocca sono comuni in tutto il mondo, con una mortalità discreta-
mente elevata. Sebbene siano stati proposti screening e diagnosi
Tumori e lesioni precancerose precoce nelle popolazioni a rischio per diminuire la morbilità e la
mortalità associate al cancro orale,8,9 il riscontro visivo di lesioni
Molte neoplasie epiteliali e del tessuto connettivo della regione della orali decisamente premaligne è problematico. Ciò si pone in marcato
testa e del collo (ad es. papillomi, emangiomi, linfomi) insorgono contrasto con le lesioni cutanee, dove lo screening visivo per il me-
anche altrove nel corpo e sono adeguatamente descritti in altri lanoma della cute ha dimostrato di avere tassi di sensibilità e
CAPITOLO 16 Testa e collo 733

specificità del 93% e del 98%.10,11 Una spiegazione di questa discre- Occasionalmente si incontrano forme intermedie che hanno le ca-
panza è che le lesioni precoci spesso non mostrano alcuna delle ratteristiche sia di leucoplachia sia di eritroplachia e sono dette
caratteristiche cliniche osservate nel cancro orale avanzato, quali leucoeritroplachia maculata.
ulcerazione, indurimento, dolore o linfoadenopatia cervicale.12 Inol- La leucoplachia e l’eritroplachia possono essere osservate negli
tre, la ­presentazione clinica delle lesioni potenzialmente premaligne adulti di ogni età, ma si riscontrano generalmente tra i 40 e i 70 anni,
nel cavo orale è altamente eterogenea. Iniziamo la nostra discussione con una prevalenza maschile di 2:1. Benché tali lesioni abbiano origini
con due lesioni premaligne: la leucoplachia e l’eritroplachia. multifattoriali, l’uso di tabacco (sigarette, pipa, sigari e tabacco da
Il termine leucoplachia è definito dall’Organizzazione Mondiale masticazione) è il dato anamnestico più comune.
della Sanità (OMS) come “una chiazza o placca bianca che non può
essere distaccata con il grattamento e non può essere caratterizzata
clinicamente o anatomopatologicamente come altra entità patolo- Morfologia Le leucoplachie possono insorgere ovunque
gica”. In parole povere, se a una lesione bianca della cavità orale può nel cavo orale (le localizzazioni più comuni sono la mucosa
essere attribuita una diagnosi precisa, non si tratta di leucoplachia. orale, il pavimento della bocca, la superficie ventrale della
Questo termine clinico è riservato alle lesioni senza causa apparente lingua, il palato e le gengive). Esse appaiono come chiazze
presenti nel cavo orale. Pertanto, chiazze bianche causate da entità o placche bianche solitarie o multiple spesso con margini
come il lichen planus e la candidosi non sono leucoplachie. Circa il nettamente demarcati. Possono essere leggermente ispes-
3% della popolazione mondiale presenta lesioni leucoplasiche e il site e lisce o rugose e fissurate, o apparire come placche
5-25% di queste lesioni è di natura premaligna.13 Quindi, fino a prova verrucose, ­elevate e talvolta corrugate (Fig. 16.6). All’esame
contraria tramite valutazione istologica, tutte le leucoplachie devono istologico, presentano uno spettro di alterazioni epiteliali
essere considerate precancerose. che vanno da un’ipercheratosi che sovrasta un epitelio ispes-
Correlata alla leucoplachia, ma molto meno frequente e molto sito, acantosico ma ordinato a lesioni con modificazioni
più infausta, è l’eritroplachia. Questa si presenta come un’area rossa, marcatamente displastiche che talora sconfinano nel carci-
vellutata, talora erosa all’interno della cavità orale, che in genere ha noma in situ (Fig. 16.7). Quanto più le lesioni sono displa-
spessore analogo a quello della mucosa circostante o può essere stiche o anaplastiche, tanto maggiore è la probabilità che
leggermente depressa (Fig. 16.5). In tali lesioni l’epitelio tende a sia presente un infiltrato infiammatorio sottostante di linfo-
essere marcatamente atipico, presentando un rischio di trasforma- citi e macrofagi.
zione maligna molto più alto di quello osservato con la leucoplachia. Le modificazioni istologiche nell’eritroplachia solo di rado
consistono in un ordinato sviluppo epiteliale; praticamente
tutte le lesioni (circa il 90%) evidenziano erosioni superficiali
con displasia, carcinoma in situ o carcinoma già sviluppato
nei margini circostanti. Spesso si osserva un’intensa reazione
infiammatoria subepiteliale con dilatazione vascolare che
probabilmente contribuisce all’aspetto clinico rossastro.

Carcinoma A Cellule Squamose


Almeno il 95% dei carcinomi di testa e collo è costituito da carcinomi
a cellule squamose (Head and Neck Squamous Cell Carcinoma,
HNSCC), il più delle volte a insorgenza nella cavità orale. Il resto
comprende adenocarcinomi (a origine dalle ghiandole salivari),
melanomi, vari carcinomi e altre neoplasie rare. Biologicamente, i
carcinomi a cellule squamose del cavo orale sono piuttosto simili a
quelli nelle altre sedi del distretto testa e collo, per cui vengono qui
descritti nel loro insieme. Le caratteristiche del carcinoma a cellule
squamose in sedi particolari della testa e del collo verranno ricordate
nella trattazione seguente. I carcinomi a cellule squamose della la-
ringe sono descritti più avanti.
Il carcinoma a cellule squamose della testa e del collo è una neo-
plasia epiteliale aggressiva che occupa in ordine di frequenza il sesto
posto fra tutte le neoplasie maligne. Ai tassi attuali verranno dia-
gnosticati circa 45.000 casi negli Stati Uniti e più di 650.000 casi nel
mondo ogni anno.14,15-17 Nonostante i numerosi progressi nel trat-
tamento che sfruttano i recenti protocolli per la chirurgia, la terapia
radiante e la chemioterapia, negli ultimi 50 anni, la sopravvivenza
globale a lungo termine è rimasta inferiore al 50%.16 Il tasso di so-
pravvivenza a 5 anni del cancro orale è pari a circa l’80%, mentre la
sopravvivenza scende al 19% per la malattia in stadio avanzato.
Figura 16.5 Eritroplachia. A. Lesioni della gengiva mascellare. B. Lesio- Questa prognosi negativa è dovuta a diversi fattori, compreso il fatto
ne rossa della cresta alveolare mandibolare. La biopsia di entrambe che il cancro orale è spesso diagnosticato quando la patologia ha già
le ­lesioni ha evidenziato un carcinoma in situ. raggiunto uno stadio avanzato. Inoltre, il frequente sviluppo di
734 CAPITOLO 16 Testa e collo

Figura 16.6 Leucoplachia. L’aspetto clinico delle leucoplachie è altamente variabile e può spaziare da (A) liscio e sottile con margini ben demarcati, a
(B) diffuso e spesso, a (C) irregolare con superficie granulare, a (D) diffuso e corrugato. (Per gentile concessione dei Dr. Neville, Damm, Allen, Bouquot
[eds], Oral and Maxillofacial Pathology. Philadelphia, WB Saunders, 2008)

Figura 16.7 Progressione clinica, istologica e molecolare di un carcinoma orale. A. Tipica progressione clinica del carcinoma orale. B. Progressione
istologica dell’epitelio squamoso da normale, a ipercheratosi, a displasia lieve/moderata, a displasia grave, a carcinoma. C. Sedi delle più comuni alterazioni
genetiche identificate come importanti per lo sviluppo di cancro. CIS, carcinoma in situ; SCC, squamous cell carcinoma (carcinoma a cellule squamose).
(Fotografie cliniche per gentile concessione di Sol Silverman, MD, da Silverman S: Oral Cancer. Hamilton, Ontario, BD Dekker, 2003)
CAPITOLO 16 Testa e collo 735

tumori primitivi multipli riduce significativamente la sopravvivenza. sequenziale di oncogeni e l’inattivazione di geni oncosoppressori in
Il tasso di comparsa di un secondo tumore primitivo in questi pa- una popolazione clonale di cellule. Un certo numero di alterazioni
zienti è del 3-7% l’anno, più alto che per qualsiasi altra neoplasia genetiche, alcune identificate con certezza mentre altre dedotte da
maligna.18,19 Questo dato ha portato all’elaborazione del concetto di alterazioni cromosomiche tumore-specifiche, è stato osservato nel
“cancerizzazione di campo”. Si postula che tumori primitivi indivi- HNSCC. Anche se non sono ancora state delineate tutte le mutazioni
duali multipli si sviluppino indipendentemente nel tratto aerodige- specifiche necessarie per la progressione, è stato definito un modello
stivo superiore come esito di anni di esposizione cronica della operativo molecolare (si veda Fig. 16.7). La prima modificazione è
­mucosa ai cancerogeni.20,21 A causa di tale cancerizzazione di campo, la perdita delle regioni cromosomiche 3p e 9p21.28 La perdita di
un individuo che ha la fortuna di vivere per 5 anni dopo il tumore eterozigosi (Loss Of Heterozygosis, LOH) insieme all’ipermetilazio-
primitivo iniziale ha una possibilità pari al 35% di sviluppare almeno ne del promotore in questo locus porta all’inattivazione del gene
un nuovo tumore primitivo in quel periodo di tempo. La comparsa p16, un inibitore della chinasi ciclina-dipendente (Cap. 7). Questa
di nuovi tumori primitivi può essere particolarmente devastante per alterazione è associata al passaggio da stato normale a iperplasia/
individui le cui lesioni iniziali erano piccole. Il tasso di sopravvivenza ipercheratosi e si verifica prima dello sviluppo dell’atipia istologica,
a 5 anni per il primo tumore primitivo è considerevolmente migliore sottolineando quindi i limiti dell’esame istologico per la diagnosi
del 50%, ma in tali individui i secondi tumori primitivi sono la causa precoce. Una successiva LOH su 17p con mutazione del gene onco-
più comune di morte.22 La diagnosi precoce di tutte le lesioni pre- soppressore p53 è associata alla progressione a displasia.29 Recente-
maligne è pertanto fondamentale per la sopravvivenza a lungo ter- mente è stato dimostrato che grossolane alterazioni genetiche e
mine di questi pazienti. delezioni di 4q, 6p, 8p, 11q, 13q e 14q possono fungere da fattori
Patogenesi. La patogenesi del carcinoma a cellule squamose è predittivi della progressione a neoplasia maligna conclamata.30 In
multifattoriale. In America settentrionale ed Europa, è stato classi- ultimo, l’amplificazione e l’iperespressione del gene per la ciclina D1
camente considerato una malattia dei soggetti di sesso maschile di (sito sul cromosoma 11q13), che attiva costitutivamente la progres-
mezza età con storia di abuso cronico di tabacco da fumo e alcool. Il sione del ciclo cellulare, è un comune evento tardivo. I dati sugge-
rischio è infatti aumentato nei soggetti che fumano e consumano riscono che le alterazioni di questo gene conferiscono l’invasività ad
alcool. Non sorprende quindi che, insieme all’aumento del fumo, alcuni cloni.31,32
l’incidenza di cancro orale nelle donne sia in aumento. Tuttavia, questo modello, pur essendo un valido schema di
È oggigiorno noto che almeno il 50% dei cancri orofaringei, in lavoro per le alterazioni molecolari coinvolte nello sviluppo di un
particolare quelli che interessano le tonsille, la base della lingua e carcinoma a cellule squamose di testa e collo, è incompleto. In-
l’orofaringe contengono varianti oncogeniche di HPV.23 Si prevede nanzitutto, mentre è noto che alcune grossolane alterazioni geno-
che, nei prossimi 10 anni, l’incidenza del HNSCC associato a HPV miche sono correlate con geni importanti nel determinismo nello
supererà quella del cancro della cervice, in parte perché i siti anato- sviluppo del carcinoma a cellule squamose (come p16, p53 e Ci-
mici di origine (cripte tonsillari, base della lingua e orofaringe) non clina D1), molti dei geni specifici sono ancora ignoti. In secondo
sono facilmente accessibili o sottoponibili allo screening citologico luogo, questo modello non tiene conto delle alterazioni di geni
(a differenza della cervice). Occorre sottolineare, tuttavia, che i come il recettore per il fattore di crescita epidermico (Epidermal
pazienti con HNSCC HPV-positivo hanno un decorso migliore di Growth Factor Receptor, EGFR), che è iperespresso in un’alta
quelli con neoplasie HPV-negative. Il vaccino contro il HPV, che percentuale di HNSCC ed è stato efficacemente utilizzato come
protegge dal cancro della cervice, offre la speranza di arginare la bersaglio nel trattamento della malattia. Infine, come indicato in
piaga del HNSCC associato a HPV, sebbene non sia ancora appro- precedenza, è sempre più evidente che il HNSCC è una malattia
vato per questo uso. eterogenea dal punto di vista eziologico e dei suoi meccanismi
Vi sono sempre maggiori evidenze epidemiologiche che con- molecolari di sviluppo.
fermano che una storia familiare di cancro della testa e del collo è
un fattore di rischio per la patologia, che si pensa sia dovuta a
un’instabilità genomica ereditaria.24 Infine, le radiazioni attiniche Morfologia Il carcinoma a cellule squamose può insorgere
(luce solare) e, in particolare, il fumo di pipa sono fattori predi- ovunque nel cavo orale, ma le localizzazioni preferite sono
sponenti noti per il cancro del labbro inferiore. Al di fuori di Nord la superficie ventrale della lingua, il pavimento della bocca,
America ed Europa, un’importante influenza predisponente regio- il labbro inferiore, il palato molle e le gengive (Fig. 16.8). Le
nale è rappresentata dalla masticazione del betel in India e in altre neoplasie stesse sono tipicamente precedute dalla presenza
parti dell’Asia. Il betel quid è una “pozione” che contiene diversi di lesioni precancerose che possono avere una presentazione
ingredienti come noce di areca, calce spenta e tabacco, avvolti in assai eterogenea (si veda sopra).
una foglia di betel. Mentre non si ritiene più che la prolungata Nei primi stadi, i carcinomi del cavo orale appaiono come
irritazione da parte di protesi dentarie mal adattate, denti sporgenti placche rilevate e perlacee o come aree irregolari, rugose o
o infezioni croniche rappresenti un importante diretto antecedente verrucose di ispessimento mucoso, che è possibile scambiare
del cancro orale, l’irritazione cronica della mucosa può agire come per leucoplachie. Entrambi gli aspetti possono sovrapporsi
“promotore” del cancro in modo analogo a quanto avviene per su di un precedente quadro di leucoplachia o eritroplachia.
l’alcool. Con l’ingrandirsi di queste lesioni, esse creano abitualmente
L’incidenza del cancro orale negli individui al di sotto dei 40 anni, masse ulcerate e protrudenti con margini irregolari e induriti
in assenza di fattori di rischio noti, è aumentata durante gli ultimi (rilevati).
anni.25-27 La patogenesi in questo gruppo di pazienti non fumatori e All’esame istologico, questi carcinomi iniziano come lesioni
non infettati da HPV non è nota. displastiche, che possono progredire o meno fino allo stadio
Biologia molecolare del carcinoma a cellule squamose. Come di displasia a tutto spessore (carcinoma in situ) prima di in-
tutte le neoplasie epiteliali, lo sviluppo del carcinoma a cellule squa- vadere il sottostante stroma connettivale (Fig. 16.7). Questa
mose è ritenuto un processo multifase che comporta l’attivazione
736 CAPITOLO 16 Testa e collo

TABELLA 16.2 Classificazione istologica delle cisti


odontogene

1. INFIAMMATORIE
Cisti periapicale
Cisti residua
Cisti paradentale

2. MALFORMATIVE
Cisti dentigera
Cheratocisti odontogena
Cisti gengivale del neonato
Cisti gengivale dell’adulto
Cisti da eruzione
Cisti parodontale laterale
Cisti odontogena ghiandolare
Cisti odontogena epiteliale calcifica (cisti di Gorlin)

importante in quanto l’incompleta exeresi può portare a recidiva o,


Figura 16.8 Rappresentazione schematica delle sedi di origine del molto raramente, a trasformazione neoplastica in ameloblastoma o
carcinoma a cellule squamose della cavità orale, in ordine numerico di
frequenza. carcinoma a cellule squamose.
La cheratocisti odontogena (Odontogenic Keratocyst, OKC) è
un’entità importante da differenziare dalle altre cisti odontogene dal
momento che è localmente aggressiva e ha un elevato tasso di ­recidiva.
differenza di progressione deve essere confrontata con il Le OKC si osservano a qualunque età, ma vengono più spesso dia-
cancro cervicale (Cap. 22), nel quale, tipicamente, prima gnosticate nei pazienti tra i 10 e i 40 anni. Si verificano più spesso nei
dell’invasione si sviluppa una displasia a tutto spessore, maschi nella parte posteriore della mandibola. Radiograficamente,
rappresentante un carcinoma in situ. I carcinomi a cellule si presentano come radiotrasparenze monoloculari o pluriloculari
squamose variano da neoplasie cheratinizzanti ben ben definite. Istologicamente, il rivestimento della cisti consiste di un
­differenziate a tumori anaplastici, talora sarcomatoidi, e da sottile strato di epitelio squamoso stratificato con paracheratosi o
lesioni a lento accrescimento ad altre ad accrescimento rapi- ortocheratosi, con uno strato prominente di cellule basali e un aspetto
do. Tuttavia, il grado di differenziazione istologica, come de-
terminato dal relativo grado di cheratinizzazione, non è cor-
relato con il comportamento.
Nel loro insieme, questi tumori tendono a invadere localmen- TABELLA 16.3 Classificazione istologica dei tumori
te prima di metastatizzare ad altre sedi. Le vie di diffusione odontogeni
dipendono dalla sede primitiva. Le sedi preferenziali di me-
tastasi locale sono i linfonodi cervicali, mentre le sedi più 1. TUMORI DELL’EPITELIO ODONTOGENO
comuni di metastasi a distanza sono i linfonodi mediastinici, Benigni
i polmoni, il fegato e le ossa. Sfortunatamente, queste meta- Ameloblastoma
stasi a distanza sono spesso occulte al momento della sco- Tumore epiteliale odontogeno calcifico (tumore di Pindborg)
perta della lesione primitiva. Tumore squamoso odontogeno
Maligni
Carcinoma ameloblastico
Ameloblastoma maligno
Cisti e tumori odontogeni Carcinoma odontogeno a cellule chiare

2. TUMORI DELL’ECTOMESENCHIMA ODONTOGENO


A differenza di quanto avviene nel resto dello scheletro, le cisti a
Fibroma odontogeno
­rivestimento epiteliale sono piuttosto frequenti nelle ossa mascellari. Mixoma odontogeno
La stragrande maggioranza di queste cisti deriva da residui di epitelio Cementoblastoma
odontogeno presenti all’interno delle ossa mascellari. Solitamente,
queste cisti sono distinte in infiammatorie o malformative (Tab. 16.2). 3. TUMORI DELL’EPITELIO ODONTOGENO
E DELL’ECTOMESENCHIMA
Di seguito verranno descritte solo le più frequenti tra queste lesioni.
La cisti dentigera è definita come una cisti che origina attorno alla Benigni
corona di un dente incluso e si ritiene il risultato di una degenera- Fibro-odontoma ameloblastico
zione del follicolo dentale. Radiograficamente, si tratta di lesioni Tumore odontogeno adenomatoide
Odontoameloblastoma
monoloculari, il più delle volte associate a terzo molare (dente del Odontoma complesso
giudizio) incluso. Istologicamente, sono rivestite da un sottile strato Odontoma composto
di epitelio squamoso stratificato. Spesso è presente un infiltrato Maligni
molto denso di infiammatorio cronico nello stroma connettivale. La Fibrosarcoma ameloblastico
completa asportazione della lesione porta alla guarigione. Ciò è
CAPITOLO 16 Testa e collo 737

corrugato della superficie epiteliale. Il trattamento richiede l’aspor- sono difficili da abbandonare. Le lesioni infiammatorie periapicali
tazione radicale e completa della lesione, in quanto il tasso di recidiva persistono come risultato della presenza continua di batteri o altri
per lesioni rimosse in modo non adeguato arriva fino al 60%. Possono agenti di danno nell’area in questione. Un trattamento efficace,
osservarsi cheratocisti multiple: questi pazienti devono essere valutati pertanto, richiede la completa rimozione della lesione e un adeguato
alla ricerca di una sindrome del carcinoma basocellulare nevoide ripristino del dente o la sua estrazione.
(sindrome di Gorlin), che, come vedremo, è legata a mutazioni nel I tumori odontogeni sono un gruppo complesso di lesioni con
gene oncosoppressore PTCH sito sul cromosoma 9q22 (Cap. 25). aspetto istologico e comportamento clinico differente.33 Alcuni sono
La cisti periapicale, a differenza delle cisti malformative descritte vere neoplasie (sia benigne sia maligne), mentre altri sono, con
precedentemente, è di origine infiammatoria. Si tratta di lesioni maggior probabilità, amartomi. I tumori odontogeni originano
estremamente comuni osservate all’apice dei denti. Si sviluppano dall’epitelio odontogeno, dall’ectomesenchima o da entrambi
come risultato di una pulpite di vecchia data, che può essere causata (Tab. 16.3). I due tumori più comuni e clinicamente significativi
da lesioni cariose avanzate o da traumi del dente in questione. Il sono:
processo infiammatorio può determinare la necrosi del tessuto
pulpare, che può attraversare la lunghezza della radice e fuoriuscire L’ameloblastoma, che origina dall’epitelio odontogeno e non
dall’apice del dente nell’osso alveolare circostante dando luogo a un mostra differenziazione ectomesenchimale. È comunemente
ascesso periapicale. Con l’andare del tempo, come in ogni processo cistico, a lento accrescimento e localmente invasivo, ma nella
infiammatorio cronico, si sviluppa una lesione con tessuto di gra- maggior parte dei casi presenta un decorso indolente.
nulazione (con o senza rivestimento epiteliale). Benché il termine L’odontoma, il tipo più comune di tumore odontogeno, che ori-
granuloma periapicale non rappresenti la terminologia più appro- gina dall’epitelio ma mostra estesi depositi di smalto e dentina.
priata (in quanto la lesione non dimostra una vera infiammazione Gli odontomi sono probabilmente amartomi piuttosto che vere
granulomatosa), le vecchie terminologie, come le cattive abitudini, neoplasie e si trattano con l’escissione locale.

Vie Aeree Superiori

Il termine vie aeree superiori è utilizzato in quest’ambito per naso, esperienza, queste infezioni presto si spengono, come si usa dire, “in
faringe e laringe e per le sedi a esse correlate. Le patologie di queste una settimana se curate, ma in 7 giorni se ignorate”.
strutture sono tra le affezioni più frequenti nell’uomo, ma fortuna- Rinite allergica. La rinite allergica (febbre da fieno) è innescata
tamente la stragrande maggioranza rappresenta più un fastidio che da reazioni di ipersensibilità a uno tra gli appartenenti a un vasto
una minaccia per la salute. gruppo di allergeni, in genere pollini delle piante, funghi, allergeni
animali e acari della polvere.34 Colpisce il 20% della popolazione
statunitense. Come avviene per l’asma, la rinite allergica è una rea-
Naso zione immune mediata da IgE con una reazione di fase precoce e
una di fase tardiva (si veda la sezione sull’ipersensibilità immediata
Le patologie infiammatorie, per la maggior parte sotto forma di [di tipo I] nel Cap. 6). La reazione allergica è caratterizzata da mar-
comune raffreddore, come tutti sanno, sono le più frequenti malattie cato edema mucoso, arrossamento e secrezione mucosa, accompa-
del naso e sinusali dei seni paranasali a esso collegate. La maggior gnati da un infiltrato leucocitario in cui sono prevalenti gli
parte di queste patologie infiammatorie è di origine virale, ma spesso eosinofili.
sono complicate da sovrainfezioni batteriche, di importanza note- Poliposi nasale. Attacchi ricorrenti di rinite da ultimo portano
volmente superiore. Molto meno frequenti sono alcune patologie a protrusioni focali della mucosa, che producono i cosiddetti polipi
infiammatorie nasali destruenti e tumori, soprattutto della cavità nasali, che possono raggiungere i 3-4 cm di lunghezza. All’esame
nasale e dei seni paranasali. istologico, questi polipi sono costituiti da mucosa edematosa con
stroma lasso che spesso ospita ghiandole mucose iperplastiche o
cistiche e infiltrato da varie cellule infiammatorie quali neutrofili,
Infiammazioni
eosinofili e plasmacellule, con occasionali aggregati linfocitari
Rinite infettiva. La rinite infettiva, un modo più elegante di chia- (Fig. 16.9). In assenza di infezione batterica, il rivestimento mucoso
mare il “comune raffreddore”, è nella maggior parte dei casi causata di questi polipi è intatto, ma con la cronicizzazione può ulcerarsi o
da uno o più virus. I patogeni principali sono adenovirus, echovirus infettarsi. Quando multipli o grandi, i polipi possono ostruire le
e rinovirus. Essi provocano una profusa secrezione catarrale, fami- vie aeree e impedire lo svuotamento dei seni. Benché le caratteristi-
liare a ognuno di noi, che è l’incubo delle maestre d’asilo. Durante che dei polipi nasali indichino un’eziologia allergica, la maggior
le fasi acute iniziali, la mucosa nasale è ispessita, edematosa e rossa; parte dei pazienti con polipi nasali non è atopica e solo lo 0,5% dei
le cavità nasali sono ristrette e i turbinati ingranditi. Queste modi- pazienti atopici sviluppa polipi.35
ficazioni possono estendersi, producendo una concomitante farin- Rinite cronica. La rinite cronica è la sequela di attacchi ripetuti
gotonsillite. La sovrainfezione batterica potenzia la risposta infiam- di rinite acuta, di origine microbica o allergica, con lo sviluppo finale
matoria e produce un essudato essenzialmente mucopurulento o di una sovrainfezione batterica. Un setto nasale deviato o polipi nasali
talora francamente suppurativo. Ma come tutti sanno dalla propria con alterato drenaggio delle secrezioni aumentano la probabilità di
738 CAPITOLO 16 Testa e collo

il potenziale di espandersi nell’orbita o penetrare nell’osso circostante


causando osteomielite, o addirittura, penetrando nella cavità cranica,
di causare tromboflebite settica di un seno venoso della dura.

Lesioni necrotizzanti del naso


e delle vie aeree superiori
Le lesioni necrotizzanti ulcerative del naso e delle vie aeree superiori
possono essere causate da:

Infezioni fungine acute (compresa la mucormicosi; Cap. 8), in


particolare nei pazienti diabetici e immunosoppressi.
Granulomatosi di Wegener (trattata nel Cap. 11).
Una condizione in precedenza denominata granuloma letale della
linea mediana o reticolosi polimorfa, che ora si ritiene un linfoma
delle cellule natural killer infettate da EBV36 (Cap. 14). Spesso il
processo è complicato da ulcerazioni e sovrainfezioni batteriche.
Un tempo, queste lesioni erano quasi sempre rapidamente letali
come esito della crescita incontrollata del linfoma, talora con
penetrazione della volta cranica, o per la necrosi tumorale, con
infezione batterica secondaria e disseminazione ematogena
dell’infezione. Attualmente, casi localizzati possono spesso essere
controllati tramite radioterapia, ma una volta che il tumore si è
diffuso, sono difficili da trattare. La maggior parte dei pazienti
affetti muore a causa della malattia.

Rinofaringe
Figura 16.9 A. Polipi nasali. Immagine a basso ingrandimento che di- Benché mucosa rinofaringea, strutture linfoidi correlate e ghiandole
mostra masse edematose rivestite di epitelio. B. Immagine ad alto ingran- possano essere coinvolte in un’ampia varietà di infezioni specifiche
dimento che mostra edema e infiltrato infiammatorio ricco di eosinofili.
(ad es. difterite, mononucleosi infettiva) e colpite da neoplasie, in
questa sede sono trattate soltanto le infiammazioni aspecifiche; i
tumori verranno descritti separatamente.

invasione microbica. Spesso si osservano desquamazione superficiale Infiammazioni


o ulcerazione dell’epitelio mucoso e un infiltrato infiammatorio
variabile di neutrofili, linfociti e plasmacellule al di sotto dell’epitelio. Faringite e tonsillite sono frequenti nelle abituali infezioni virali delle
Queste infezioni suppurative talora si estendono ai seni paranasali. vie aeree superiori. I più comunemente implicati sono i numerosi
Sinusite. La sinusite acuta è in genere preceduta da rinite acuta rinovirus, echovirus e adenovirus e meno frequentemente il virus
o cronica, ma la sinusite mascellare talvolta insorge per estensione respiratorio sinciziale e i vari ceppi di virus influenzale. Nel caso
di un’infezione periapicale attraverso il pavimento osseo del seno. tipico, si osservano arrossamento e lieve edema della mucosa
Gli agenti lesivi sono in genere inquilini del cavo orale e la reazione ­rinofaringea, con ingrossamento reattivo delle strutture linfoidi
infiammatoria è assolutamente aspecifica. La compromissione del correlate. A queste manifestazioni virali si possono sovrapporre
drenaggio dei seni causata dall’edema infiammatorio della mucosa infezioni batteriche, oppure i batteri possono essere gli invasori
è un importante contributo al processo patologico e, se completa, primitivi. I germi più spesso chiamati in causa sono gli streptococchi
può bloccare l’essudato suppurativo, causando empiema del seno. b-emolitici, ma a volte possono essere coinvolti Staphylococcus
L’ostruzione dell’efflusso, il più delle volte dei seni frontali e meno aureus o altri patogeni. La mucosa rinofaringea infiammata può
spesso dei seni etmoidali anteriori, porta occasionalmente a un ac- essere ricoperta da una membrana essudativa (pseudomembrana)
cumulo di secrezioni mucose in assenza di invasione batterica diretta, e le tonsille palatine e nasopalatine possono risultare ingrandite e
determinando lo sviluppo del cosiddetto mucocele. La sinusite acuta, coperte da essudato. Un aspetto tipico è quello di tonsille ingrossate
con l’andare del tempo, può dare origine alla sinusite cronica, in e arrossate (per iperplasia linfoide reattiva) punteggiate da essudato
particolare quando vi sia interferenza con il drenaggio. Abitualmente proveniente dalle cripte tonsillari, la cosiddetta tonsillite follicolare.
è presente una flora microbica mista, in gran parte formata da nor- L’importanza principale dei “mal di gola” streptococcici sta nel
mali inquilini del cavo orale. Forme particolarmente gravi di sinusite possibile sviluppo di sequele tardive, come ad esempio la febbre
cronica sono causate da miceti (ad es. mucormicosi), in particolare reumatica (Cap. 12) e la glomerulonefrite (Cap. 20). Nonostante non
nei pazienti diabetici. Raramente, la sinusite è una componente della sia ancora stato stabilito se episodi ricorrenti di tonsillite acuta fa-
sindrome di Kartagener, che comprende anche bronchiectasie e situs voriscano o meno lo sviluppo di una tonsillite cronica (la vera ton-
inversus (Cap. 15). Tutte queste caratteristiche sono secondarie a un sillite cronica è estremamente rara), essi possono comunque lasciare
difetto dell’attività ciliare. Benché la maggior parte dei casi di sinusite un ingrossamento residuo del tessuto linfoide, che richiede le cure
cronica sia più fastidiosa che invalidante o grave, le infezioni hanno dell’otorinolaringoiatra.
CAPITOLO 16 Testa e collo 739

Tumori di naso, seni e rinofaringe


I tumori in queste localizzazioni sono rari, ma comprendono l’intera
categoria delle neoplasie mesenchimali ed epiteliali.36,37 Verrà fatta
breve menzione di alcune delle tipologie distintive.
Angiofibroma rinofaringeo. Si tratta di un tumore altamente
vascolarizzato che compare quasi esclusivamente nei maschi adole-
scenti. Nonostante la sua natura benigna, può provocare gravi
­problemi clinici a causa della sua tendenza a sanguinare profusa-
mente durante l’intervento chirurgico.
Papilloma nasosinusale (di Schneider). I papillomi nasosinusali
sono neoplasie benigne che nascono nella mucosa del naso e dei
seni paranasali e sono composte di epitelio squamoso o cilindrico.
Benché la loro eziologia sia ancora indefinita, nelle lesioni sono stati
identificati HPV di tipo 6 e 11. Si presentano in tre forme: esofitica
(la più comune), invertita (la più importante biologicamente) e ci-
lindrica. Dato il suo comportamento biologico particolarmente
aggressivo, in questa sede ci occuperemo solamente del papilloma Figura 16.10 Papilloma invertito. Le masse di epitelio squamoso cre-
invertito. I papillomi invertiti sono neoplasie benigne ma localmente scono verso l’interno; da qui, il termine invertito. (Per gentile concessione
aggressive che insorgono sia nel naso sia nei seni paranasali. Come del Dr James Gulizia, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA)
implica il nome, la proliferazione papillomatosa di epitelio squamo-
so, anziché produrre una crescita esofitica (come i papillomi esofitico
e cilindrico) si estende all’interno della mucosa, ovvero è invertita la più frequente forma di cancro dell’infanzia. Nel sud della Cina,
(Fig. 16.10). Se non viene asportato adeguatamente, presenta un alto sono invece molto frequenti negli adulti e rari nei bambini, mentre
tasso di recidiva, con la complicanza potenzialmente grave di inva- negli Stati Uniti, sono rari sia negli adulti che nei bambini. Oltre
sione dell’orbita o della volta cranica; raramente, può anche svilup- all’infezione da EBV, sono stati connessi alla patologia fattori ali-
parsi un carcinoma franco. mentari quali diete con un elevato contenuto di nitrosamine (ad es.
Neuroblastoma olfattorio (estesioneuroblastoma). Si tratta cibi fermentati e pesce sotto sale), nonché altri fattori ambientali
di tumori rari e maligni, composti da piccole cellule rotonde simili come il fumo e le esalazioni chimiche. Componenti del genoma di
ai neuroblasti che formano nidi lobulari circondati da tessuto EBV come EBNA-1 possono essere identificati nelle cellule epiteliali
connettivo vascolarizzato. Insorgono per lo più superiormente e neoplastiche (non nei linfociti) della maggior parte dei carcinomi
lateralmente nel naso dalle cellule neuroendocrine sparse nella rinofaringei indifferenziati e a cellule squamose non cheratinizzanti,
mucosa olfattiva. La diagnosi differenziale di queste neoplasie in- in particolare quando viene eseguita l’ibridazione in situ.41
clude tutti gli altri tumori a piccole cellule (Cap. 10), quali il linfo-
ma, il sarcoma di Ewing e il rabdomiosarcoma embrionale. 38 Es-
sendo di origine neuroendocrina, alla microscopia elettronica le Morfologia All’esame istologico, le lesioni a cellule squa-
cellule mostrano granuli secretori circondati da membrana, all’im- mose cheratinizzanti e non cheratinizzanti ricordano gli
munoistichimica sono positive per enolasi neuronale specifica, ­abituali carcinomi a cellule squamose ben differenziati e
sinaptofisina, CD56 e cromogranina. Benché il nome li identifichi scarsamente differenziati che insorgono in altre sedi. La
come tumori neuroectodermici primitivi, molti non condividono variante indifferenziata è composta di grandi cellule epiteliali
la traslocazione 11;22 o i prodotti di geni di fusione tipici del sar- con nuclei rotondi o ovali vescicolari, nucleoli prominenti e
coma di Ewing dell’osso (Cap. 26) e di altri tumori primitivi neu- ­margini cellulari indistinti, disposte in modo simil-sinciziale
roectodermici. Alcune di queste neoplasie mostrano trisomia del (Fig. 16.11). Frammisti alle cellule epiteliali si trovano abbon-
cromosoma 8. A seconda dello stadio e del grado di una particolare danti linfociti maturi di aspetto normale, che sono perlopiù
neoplasia, combinazioni di chirurgia, terapia radiante e chemiote- cellule T.
rapia consentono di ottenere tassi di sopravvivenza a 5 anni che
oscillano tra il 40 e il 90%.39
Carcinoma rinofaringeo. Queste neoplasie sono caratterizzate Il carcinoma rinofaringeo primitivo rimane spesso clinicamen-
da una distribuzione geografica distintiva, una stretta correlazione te occulto per lunghi periodi e si presenta con metastasi nei
anatomica con il tessuto linfoide e un’associazione con l’infezione da linfonodi cervicali in circa il 70% dei pazienti. La radioterapia
EBV.40 La nomenclatura per i carcinomi rinofaringei è in costante è la modalità standard di trattamento e fornisce un tasso di so-
variazione. Tuttavia, allo stato attuale, si pensa che assumano uno pravvivenza a 3 anni compreso tra il 50 e il 70%. Il carcinoma
dei seguenti tre quadri: (1) carcinomi a cellule squamose cheratiniz- ­indifferenziato è il più radiosensibile, mentre quello cheratinizzante
zanti, (2) carcinomi a cellule squamose non cheratinizzanti e (3) car- è il meno radiosensibile.
cinomi indifferenziati con abbondante infiltrato linfocitario, non
neoplastico. Quest’ultimo quadro è spesso stato chiamato linfoepi-
telioma, un termine altamente descrittivo che, nonostante sia am- Laringe
piamente usato nella pratica clinica, deve essere evitato.
Tre fattori influenzano l’origine di queste neoplasie: (1) eredita- La patologia più comune che colpisce la laringe è l’infiammazione.
rietà, (2) età e (3) infezione da EBV. I carcinomi rinofaringei sono I tumori sono rari ma sono passibili di exeresi, anche se spesso ciò
particolarmente comuni in alcune parti dell’Africa, dove costituiscono provoca la perdita della voce naturale.
740 CAPITOLO 16 Testa e collo

incontro a ulcerazioni. A causa della loro posizione strategica e


dell’infiammazione che li accompagna, cambiano in maniera carat-
teristica il carattere della voce e spesso causano progressiva raucedi-
ne. Non danno pressoché mai origine a carcinomi.

Papilloma Squamoso E Papillomatosi


I papillomi laringei squamosi sono neoplasie benigne, site in genere
sulle corde vocali vere, che formano escrescenze soffici, simili a
lamponi, raramente con un diametro superiore a 1 cm (Fig. 16.12).
All’esame istologico, i papillomi sono costituiti di molteplici proie-
zioni sottili, digitiformi, sostenute da un asse fibrovascolare centrale
e rivestite da epitelio squamoso stratificato ordinato privo di atipie.
Quando i papillomi insorgono sul bordo libero della corda vocale,
i traumi possono portare a ulcerazione accompagnata da emottisi.
Figura 16.11 Carcinoma rinofaringeo, tipo indifferenziato. I nidi sinciziali
I papillomi sono solitamente singoli negli adulti, ma sono spesso
di epitelio sono circondati da linfociti. (Per gentile concessione del Dr James multipli nei bambini, nei quali vengono definiti papillomatosi larin-
Gulizia, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA) gea giovanile.42 Tuttavia, papillomi multipli ricorrenti si verificano
anche negli adulti. Queste lesioni sono causate da HPV di tipo 6 e 11.
Esse non diventano maligne, ma recidivano frequentemente. Spesso
Infiammazioni regrediscono spontaneamente alla pubertà, ma alcuni pazienti affetti
devono essere sottoposti a numerosi interventi chirurgici prima che
Una laringite può comparire come unica manifestazione di un insulto ciò avvenga. La trasformazione carcinomatosa è rara.
allergico, virale, batterico o chimico, ma il più delle volte è parte di
un’infezione generalizzata delle vie aeree superiori o il risultato di Carcinoma Della Laringe
una forte esposizione a tossine ambientali quali il fumo di tabacco.
Può verificarsi anche in associazione a reflusso gastroesofageo per Sequenza iperplasia-displasia-carcinoma. Nella laringe si osserva
via dell’effetto irritante dei contenuti gastrici. La laringe può anche uno spettro di alterazioni epiteliali. Esse spaziano da iperplasia,
essere colpita nel contesto di infezioni sistemiche, come la tubercolosi iperplasia atipica, displasia e carcinoma in situ fino a carcinoma in-
e la difterite. Benché la maggior parte delle infezioni sia autolimitan- vasivo.43 Macroscopicamente, le modificazioni epiteliali vanno da
te, queste forme possono talora essere gravi, soprattutto nel lattante ispessimenti focali lisci, bianchi o arrossati, talora resi ruvidi da
o nel bambino, quando congestione, essudato o edema mucoso cheratosi, a lesioni verrucose o ulcerate bianco-rosate, che assomi-
possono causare ostruzione laringea. In particolare, la laringoepi- gliano al carcinoma.
glottite, causata dal virus respiratorio sinciziale, Haemophilus influen- Essenzialmente, compaiono tutte le gradazioni di iperplasia epite-
zae, o streptococchi b-emolitici nei lattanti e nei bambini in tenera liale delle corde vocali vere e la probabilità di sviluppare un carcinoma
età, le cui vie aeree sono piccole, può indurre una tale improvvisa franco è direttamente proporzionale al livello di atipia presente quando
tumefazione dell’epiglottide e delle corde vocali da creare un’emer- la lesione viene osservata per la prima volta. Per le iperplasie semplici
genza medica potenzialmente letale. Questa forma di malattia è poco la potenzialità di trasformazione maligna è quasi nulla, ma il rischio
comune negli adulti per via delle maggiori dimensioni della laringe aumenta all’1-2% nel corso di 5-10 anni con una displasia lieve e del
e dei più forti muscoli accessori della respirazione. Croup è il nome 5-10% con una displasia grave. Solo la valutazione istologica può
dato alla laringotracheobronchite dei bambini, in cui il restringimen- determinare la gravità delle alterazioni.
to infiammatorio delle vie aeree produce lo stridore inspiratorio che Le varie alterazioni descritte sono il più delle volte legate al fumo
tanto spaventa i genitori. La più comune forma di laringite, che si di tabacco e il rischio è proporzionale al livello di esposizione.
incontra nei forti fumatori, predispone alla metaplasia squamosa
dell’epitelio e, talvolta, al carcinoma conclamato.

Noduli Reattivi (Noduli E Polipi


Delle Corde Vocali)
I noduli reattivi, detti anche polipi, si sviluppano talora sulle corde
vocali, il più delle volte nei forti fumatori o in individui che sotto-
pongono a forti sollecitazioni le loro corde vocali (noduli dei cantanti)
(Fig. 16.12). Per convenzione, i noduli dei cantanti sono lesioni bi-
laterali, mentre i polipi sono monolaterali. Sono colpiti gli adulti, il
più delle volte uomini. Questi noduli costituiscono escrescenze lisce,
arrotondate, sessili o peduncolate, con un asse maggiore in genere
di pochi millimetri, localizzate solitamente sulle corde vocali vere.
Sono tipicamente ricoperte da epitelio squamoso che può divenire
cheratosico, iperplastico o anche lievemente displastico. Il centro del
nodulo è un tessuto connettivo mixoide lasso che può essere varia-
Figura 16.12 Confronto schematico tra un papilloma benigno e un
mente fibrotico o costellato da numerosi canali vascolari. Quando i carcinoma esofitico della laringe per evidenziare il loro aspetto piuttosto
noduli sulle corde vocali si toccano fra di loro, la mucosa può andare differente.
CAPITOLO 16 Testa e collo 741

Figura 16.13 A. Carcinoma laringeo. Si noti la vasta lesione ulcerata e fungoide che interessa la corda vocale e il seno piriforme. B. Aspetto istologico
del carcinoma a cellule squamose laringeo. Si notino il rivestimento di epitelio atipico e le cellule cancerose cheratinizzate infiltranti la sottomucosa.

Effettivamente, fino al livello del carcinoma franco, le alterazioni


spesso regrediscono dopo la sospensione del fumo. Anche l’alcool e assumono un aspetto fungoide (Fig. 16.13). Il grado di ana-
è chiaramente un fattore di rischio. Fumo e alcool insieme aumen- plasia dei tumori della laringe è altamente variabile. Talora si
tano il rischio sostanzialmente. Altri fattori che possono contribuire osservano cellule tumorali giganti e molte figure mitotiche
a un aumento del rischio includono fattori nutrizionali, l’esposizione mostruose. Come ci si può attendere con lesioni che insorgono
all’amianto e l’infezione da HPV.44,45 per esposizione ricorrente a cancerogeni ambientali, la muco-
sa adiacente può dimostrare ­iperplasia a cellule squamose
con focolai di displasia o a
­ ddirittura di carcinoma in situ.
Morfologia Circa il 95% dei carcinomi laringei è costituito da
tipici tumori a cellule squamose. Il tumore in genere si svilup-
pa direttamente sulle corde vocali, ma può insorgere al di Il carcinoma della laringe si manifesta clinicamente con una
sopra o al di sotto di esse, sull’epiglottide o sulle pliche arie- raucedine persistente. Al momento della presentazione, circa il 60%
piglottiche o nei seni piriformi. I tumori confinati all’interno di queste neoplasie è confinato alla laringe e, in tal caso, la prognosi
della laringe propriamente detta sono chiamati intrinseci, è migliore che per le neoplasie che si sono diffuse nelle strutture
mentre quelli che insorgono o si estendono al di fuori della adiacenti. In momenti successivi del decorso, i tumori possono
laringe sono detti estrinseci. I carcinomi a cellule squamose produrre dolore, disfagia ed emottisi. I pazienti sono anche estre-
della laringe seguono il pattern di accrescimento di tutti i mamente vulnerabili a infezioni secondarie della lesione ulcerata.
carcinomi a cellule squamose. Essi iniziano come lesioni in Con l’impiego di chirurgia, radioterapia o terapia combinata, molti
situ che successivamente si mostrano come placche grigio pazienti possono guarire, ma un terzo circa di essi muore a causa
perla, rugose sulla superficie mucosa, che infine si ulcerano della malattia. Le cause abituali di morte sono l’infezione delle vie
aeree distali o le metastasi diffuse con cachessia.

Orecchio

Benché le patologie dell’orecchio di rado riducano la durata della dizioni con caratteristiche morfologiche distintive (eccezion fatta
vita, molte ne compromettono la qualità. Le più comuni malattie per la labirintite). I paragangliomi verranno trattati in seguito.
dell’orecchio sono, in ordine decrescente di frequenza, (1) otite
acuta e cronica (che in genere interessano l’orecchio medio e la
mastoide), a volte portando a un colesteatoma; (2) otosclerosi sin- Lesioni infiammatorie
tomatica; (3) polipi auricolari; (4) labirintite; (5) carcinomi, soprat-
tutto dell’orecchio esterno e (6) paragangliomi, presenti soprattutto Le infiammazioni dell’orecchio, otite media, acuta o cronica, si ma-
nell’orecchio medio. In questa sede vengono descritte solo le con- nifestano principalmente nei lattanti e nei bambini. Queste lesioni
742 CAPITOLO 16 Testa e collo

sono tipicamente di natura virale e producono un essudato sieroso ovale in cui poggia la base della staffa. In genere sono colpiti entram-
ma possono divenire suppurative per sovrainfezione batterica. I bi gli orecchi. Inizialmente vi è anchilosi fibrosa della base, seguita
microrganismi causali più comuni sono Streptococcus pneumoniae, con il tempo da accrescimento osseo che la fissa alla finestra ovale.
H. influenzae non-tipizzabile e Moraxella catarrhalis.46 Il grado di immobilizzazione determina la gravità della perdita
Episodi recidivanti di otite media acuta con risoluzione incom- d’udito. Questa condizione solitamente inizia nei primi decenni di
pleta portano alla malattia cronica. Gli agenti causali della patologia vita; gradi minimi sono estremamente frequenti negli Stati Uniti in
cronica sono in genere Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus adulti di età da giovane a media, ma fortunatamente l’otosclerosi
aureus o un micete; talora la causa è una flora mista. L’infezione sintomatica più grave è relativamente infrequente. Nella maggior
cronica ha la capacità potenziale di perforare il timpano, invadere parte dei casi è familiare, a trasmissione autosomica dominante con
gli ossicini o il labirinto, diffondersi agli spazi mastoidei o addirittura penetranza variabile. La base di questa eccessiva crescita ossea è
penetrare nella volta cranica a produrre un’encefalite temporale o assolutamente oscura, ma sembra rappresenti uno squilibrio tra i
un ascesso. L’otite media nei pazienti diabetici, quando causata normali ­meccanismi di formazione e riassorbimento dell’osso. Per-
da P. aeruginosa, è particolarmente aggressiva e si diffonde estesa- tanto, essa inizia con riassorbimento osseo, seguito da fibrosi e va-
mente causando otite media necrotizzante distruttiva. scolarizzazione dell’osso temporale nell’immediata prossimità della
I colesteatomi, associati all’otite media cronica, non sono neo- finestra ovale, con il tempo sostituita da nuovo osso denso che àn-
plasie, né contengono sempre colesterolo. Piuttosto, sono lesioni cora la base della staffa. Nella maggior parte dei casi, il processo è
­cistiche di 1-4 cm di diametro, rivestite da epitelio squamoso che- lentamente progressivo nell’arco di decenni e porta, alla fine, a una
ratinizzato o metaplastico e secernente muco e piene di detriti notevole riduzione dell’udito.
amorfi (in gran parte derivati dall’epitelio desquamato). Talora
contengono cristalli di colesterolo. Gli eventi precisi coinvolti nel
loro sviluppo non sono chiari, ma è stato proposto che l’infiam- Tumori
mazione cronica e la perforazione del timpano con crescita dell’epi-
telio squamoso o metaplasia del rivestimento epiteliale secernente La grande varietà di tumori epiteliali e mesenchimali che insorgono
dell’orecchio medio siano responsabili della formazione di un nido nell’orecchio – esterno, medio e interno – è costituita da tumori rari,
di cellule squamose che in seguito diviene cistico. Una reazione eccezion fatta per i carcinomi basocellulari o squamocellulari del
infiammatoria cronica circonda la cisti cheratinica. Talora la cisti padiglione (orecchio esterno). Questi carcinomi tendono a insorgere
si rompe, non solo aumentando la reazione infiammatoria, ma negli uomini anziani e si ritiene siano associati alla radiazione ­attinica.
anche inducendo la formazione di cellule giganti che inglobano Al contrario, quelli all’interno del canale tendono a essere carcinomi
parzialmente squame necrotiche e altri detriti corpuscolati. Queste a cellule squamose che insorgono in donne di età medio-avanzata e
lesioni, ingrandendosi progressivamente, possono erodere gli non sono associati all’esposizione solare. ­Indipendentemente dalla
ossicini, il labirinto, l’osso adiacente o le parti molli circostanti e sede di insorgenza, ricordano morfologicamente i loro corrispettivi
talora produrre masse cervicali visibili. in altre localizzazioni cutanee, iniziando come papule che si
­espandono e infine erodono e invadono localmente. Le lesioni a
cellule basali e quelle a cellule squamose del padiglione sono local-
Otosclerosi mente invasive, ma si diffondono raramente. I carcinomi a cellule
squamose che insorgono nel condotto uditivo esterno possono inva-
Come indica il nome, l’otosclerosi si riferisce a un’anomala deposi- dere la cavità cranica o metastatizzare ai linfonodi regionali deter-
zione di osso nell’orecchio medio attorno al bordo della finestra minando una mortalità a 5 anni pari a circa il 50%.

Collo

La maggior parte delle condizioni che interessano il collo è descritta origine da residui del secondo arco branchiale. Clinicamente le cisti
altrove (ad es. carcinomi basocellulari e a cellule squamose della cute, sono ben circoscritte, con un diametro di 2-5 cm e pareti fibrose
melanomi, linfomi) o è solo una componente di una malattia siste- solitamente ricoperte da epitelio squamoso stratificato o cilindrico
mica (ad es. eruzioni cutanee generalizzate, linfoadenopatia della pseudostratificato. La parete della cisti contiene tipicamente tessuto
mononucleosi infettiva o tonsillite). In questa sede restano quindi linfoide con centri germinativi prominenti. Il contenuto della cisti
da considerare alcune rare lesioni tipiche del collo. può essere liquido chiaro, acquoso o mucinoso, o può presentare
detriti cellulari granulari desquamati. Le cisti si ingrandiscono len-
tamente, sono raramente sede di trasformazione maligna e in genere
si asportano con facilità. Lesioni simili talora compaiono nella
Cisti branchiale (cisti linfoepiteliale ghiandola parotide o nel cavo orale al di sotto della lingua.
cervicale)
Queste cisti benigne compaiono solitamente sulla faccia laterale Cisti del dotto tireoglosso
superiore del collo lungo il muscolo sternocleidomastoideo. Si
ritiene che la stragrande maggioranza di esse, più comunemente Embriologicamente, l’abbozzo tiroideo inizia nella regione del
osservate nei giovani adulti di età compresa tra i 20 e 40 anni, abbia forame cieco in corrispondenza della base della lingua; quando la
CAPITOLO 16 Testa e collo 743

ghiandola si sviluppa, discende nella sua sede definitiva nella


porzione anteriore del collo. Possono persistere residui di questo chiamate nel loro complesso cellule sustentacolari, positive
dotto di sviluppo, che producono cisti, del diametro di 1-4 cm, per la proteina S-100. La microscopia elettronica spesso
che possono essere rivestite da epitelio squamoso stratificato, scopre granuli neuroendocrini ben demarcati nelle neoplasie
quando site vicino alla base della lingua, o da epitelio cilindrico paravertebrali, ma il loro numero può essere altamente va-
pseudostratificato nelle sedi inferiori. Si incontrano anche pattern riabile e tendono a essere scarsi nelle neoplasie non
di transizione. La parete connettivale della cisti può albergare funzionanti.
aggregati linfoidi o residui di tessuto tiroideo riconoscibile. Il
trattamento è l’escissione. La trasformazione maligna dell’epitelio
di ­rivestimento è rara. I tumori del glomo carotideo (e i paragangliomi in generale) sono
rari. Sono masse a crescita lenta e non dolenti che solitamente in-
sorgono nella 5a e 6a decade di vita. Il più delle volte compaiono
singolarmente e sporadicamente ma possono essere familiari, con
Paraganglioma (tumore del glomo trasmissione autosomica dominante nella sindrome di neoplasia
carotideo) endocrina multipla di tipo 2 (Cap. 24); in questo caso, sono spesso
multipli e talora bilaterali e simmetrici. I tumori del glomo carotideo
I paragangli sono agglomerati di cellule neuroendocrine associati recidivano frequentemente dopo asportazione incompleta e, nono-
al sistema nervoso simpatico e parasimpatico. Di conseguenze, stante il loro aspetto benigno, possono metastatizzare ai linfonodi
i paragangliomi possono essere osservati in varie regioni del regionali e a distanza. Il 50% circa infine si rivela fatale, soprattutto
corpo. Benché la localizzazione più comune di queste neoplasie a causa della crescita infiltrativa. Sfortunatamente, è quasi impossi-
sia all’interno della midollare surrenale, dove danno origine ai bile prevedere istologicamente il decorso clinico di un tumore del
feocromocitomi (Cap. 24), circa il 70% dei paragangliomi extra- glomo carotideo, in quanto mitosi, pleomorfismo e perfino invasione
surrenali si verifica nella regione della testa e collo.47 La patoge- vascolare non sono ­indicatori attendibili.47
nesi dei paragangliomi non è completamente compresa. Tuttavia,
alterazioni nei geni che codificano per subunità della succina-
to-ossidoreduttasi, un enzima coinvolto nella respirazione mi-
tocondriale, sono stati segnalati sia nei paragangliomi ereditari
sia in quelli spontanei. I paragangliomi si sviluppano tipicamente
in due localizzazioni:

Paragangli paravertebrali (ad es. organi di Zuckerkandl


e, raramente, vescica). Tali neoplasie hanno connessioni simpa-
tiche e sono cromaffini, con una colorazione che rileva le
catecolamine.
Paragangli collegati ai grandi vasi della testa e del collo, la cosid-
detta catena aortopolmonare, che comprende glomi carotidei (più
comuni), glomi aortici, gangli giugulotimpanici, ganglio nodoso
del nervo vago e agglomerati localizzati attorno a cavità orale,
naso, rinofaringe, laringe e orbita. Questi paragangli sono inner-
vati dal sistema nervoso parasimpatico e raramente rilasciano
catecolamine.

Morfologia Il tumore del glomo carotideo è un prototipo di


paraganglioma parasimpatico. Raramente supera i 6 cm di
diametro e insorge vicino o attorno alla biforcazione dell’ar-
teria carotide comune. Il tessuto tumorale è rosso-rosato o
marrone. Le caratteristiche microscopiche di tutti i paragan-
gliomi, indipendentemente dalla sede di insorgenza, sono
considerevolmente uniformi. Sono principalmente composti
da nidi (Zellballen) di cellule principali da tonde a ovali (di
origine neuroectodermica) che sono circondate da delicati
setti vascolari. Le cellule tumorali contengono abbondante
citoplasma eosinofilo, chiaro o granulare, e nuclei uniformi,
da tondi a ovoidali, talvolta vescicolari (Fig. 16.14).48 Nella
maggior parte delle neoplasie vi è scarso pleomorfismo
cellulare e le mitosi sono rare. Le cellule principali si colorano
fortemente con marker neuroendocrini come cromogranina,
Figura 16.14 Tumore del glomo carotideo. A. Immagine a basso ingran-
sinaptofisina, enolasi neuronale specifica, CD56 e CD57. Inol- dimento che mostra agglomerati tumorali separati da setti (Zellballen).
tre, vi è una rete di supporto di cellule stromali fusiformi, B. Immagine ad alto ingrandimento di grandi cellule tumorali eosinofile,
lievemente vacuolate, con cellule sustentacolari allungate nei setti.
744 CAPITOLO 16 Testa e collo

Ghiandole salivari

Vi sono tre ghiandole salivari principali, parotide, sottomandibolare virale è la parotite, in cui in genere sono colpite le ghiandole salivari
e sottolinguale, nonché numerosissime ghiandole salivari minori maggiori, particolarmente le parotidi (Cap. 8). Possono essere coin-
distribuite in tutta la mucosa del cavo orale. Tutte queste ghiandole volte anche altre ghiandole (ad es. pancreas e testicoli). Alla base delle
sono soggette a infiammazione o allo sviluppo di neoplasie. alterazioni salivari infiammatorie della sindrome di Sjögren c’è una
patologia autoimmune, trattata nel Capitolo 6. In questa condizione,
il diffuso interessamento delle ghiandole salivari e delle ghiandole
Xerostomia della mucosa che producono muco dà luogo a xerostomia. Il con-
temporaneo coinvolgimento delle ghiandole lacrimali produce sec-
La xerostomia si definisce come una secchezza della fauci che esita chezza oculare, cosiddetta cheratocongiuntivite secca.
da una diminuita produzione di saliva. La sua incidenza tra diverse Mucocele. È la più comune lesione della ghiandole salivari. Esita
popolazioni raggiunge il 29%.48 È una caratteristica principale della dal blocco o dalla rottura di un dotto della ghiandola salivare, con
sindrome di Sjögren, una patologia autoimmune, nella quale è soli- conseguente fuoriuscita di saliva nello stroma tissutale connettivale
tamente accompagnata da secchezza oculare (Cap. 6). La carenza di circostante. I mucoceli si riscontrano per lo più sul labbro inferiore
secrezione salivare è anche una complicanza maggiore della terapia e sono l’esito di un trauma (Fig. 16.15 A). In quanto tali, si osservano
radiante. Tuttavia, la xerostomia si osserva più frequentemente tipicamente nei bambini piccoli e nei giovani adulti, nonché nella
conseguentemente all’assunzione di molte classi di farmaci comu- popolazione geriatrica (in conseguenza di cadute). Clinicamente, si
nemente prescritti, compresi: anticolinergici, antidepressivi/anti- presentano come tumefazioni fluttuanti del labbro inferiore di colore
psicotici, diuretici, antipertensivi, sedativi, miorilassanti, analgesici blu traslucido. I pazienti possono riferire variazioni delle dimensioni
e antistaminici.48-50 La cavità orale può rivelare solo una mucosa della lesione, in particolare in associazione con i pasti. Istologica-
secca e/o atrofia delle papille linguali, con fissurazioni e ulcerazioni mente, i mucoceli presentano una cavità pseudocistica rivestita da
o, nella sindrome di Sjögren, concomitante ingrandimento di origine tessuto di granulazione infiammatorio o da tessuto connettivo
infiammatoria delle ghiandole salivari. Le complicanze della xero- fibroso. Gli spazi cistici sono ripieni di mucina e di cellule infiam-
stomia includono un aumentato tasso di carie dentaria, candidosi e matorie, soprattutto macrofagi (Fig. 16.15 B). È necessaria la com-
difficoltà nella deglutizione e nella fonazione. pleta exeresi della cisti con il lobulo della ghiandola salivare minore
di origine. L’asportazione incompleta può portare a recidiva.
Una ranula è istologicamente identica a un mucocele. Tuttavia, il
Infiammazione (sialoadenite) termine è riservato ai mucoceli che insorgono quando è stato dan-
neggiato il dotto della ghiandola sottolinguale. Una ranula può di-
La sialoadenite può essere di origine traumatica, virale, batterica o venire molto grande e dare luogo a una “ranula sommersa” quando
autoimmune. Il mucocele è la forma più frequente di lesione infiam- si crea una via attraverso lo stroma connettivale che collega i due
matoria delle ghiandole salivari. La forma più comune di sialoadenite capi del muscolo miloioideo.

Figura 16.15 Mucocele. A. Lesione fluttuante ripiena di liquido sul labbro inferiore conseguente a trauma. B. Cavità pseudocistica ripiena di materiale
mucinoso e rivestita da tessuto di granulazione in via di organizzazione.
CAPITOLO 16 Testa e collo 745

Sialolitiasi e sialoadenite aspecifica. La sialoadenite batterica maligno, a differenza del 40% circa delle neoplasie sottomandibolari,
aspecifica, che interessa il più delle volte le ghiandole salivari il 50% di quelle delle ghiandole salivari minori e il 70-90% di quelle
principali, soprattutto le ghiandole sottomandibolari, è una con- delle ghiandole sottolinguali. Pertanto la probabilità che un tumore di
dizione frequente, in genere secondaria a ostruzione duttale pro- una ghiandola salivare sia maligno è più o meno inversamente pro-
dotta da calcoli (sialolitiasi). I microrganismi più spesso coinvolti porzionale alle dimensioni della ghiandola.
sono S. aureus e Streptococcus viridans. La formazione di calcoli Questi tumori in genere insorgono negli adulti, con una lieve
è talora correlata all’ostruzione degli orifizi delle ghiandole sali- prevalenza femminile, ma il 5% circa compare in soggetti al di
vari da parte di detriti alimentari compatti o da edema attorno sotto dei 16 anni. Per motivi sconosciuti, i tumori di Warthin
all’orifizio in conseguenza di qualche lesione. Frequentemente, i colpiscono molto più spesso i maschi che le femmine. I tumori
calcoli hanno un’eziologia ignota. Anche la disidratazione e la benigni il più delle volte compaiono nel 5°-7° decennio di vita.
ridotta funzione secretoria possono predisporre a invasione bat- Quelli maligni, in media, tendono a insorgere più tardi. Indipen-
terica secondaria, come talora avviene in pazienti sottoposti a dentemente dalle ­c aratteristiche istologiche, le neoplasie delle
terapia a lungo termine con fenotiazine, che riducono la secrezio- parotidi producono un’evidente tumefazione anteriormente e
ne salivare. La disidratazione con ridotta secrezione può portare inferiormente all’orecchio. Solitamente, al momento della diagnosi
allo sviluppo di parotite suppurativa batterica in pazienti anziani iniziale, sia le lesioni benigne sia le maligne hanno un diametro
con recente anamnesi di interventi chirurgici maggiori a carico che varia da 4 a 6 cm e sono mobili alla palpazione tranne nel caso
del torace o dell’addome. di tumori maligni trascurati. Benché sia noto che i tumori benigni
Indipendentemente dall’origine, il processo ostruttivo e l’inva- sono presenti in genere per molti mesi prima di giungere all’os-
sione batterica portano a un’infiammazione aspecifica delle ghian- servazione clinica, i tumori maligni giungono all’attenzione me-
dole interessate, che può essere in gran parte interstiziale o, quando dica più precocemente, probabilmente a causa della crescita più
indotta da stafilococchi o altri piogeni, può essere associata a necrosi rapida. Non esistono, tuttavia, criteri affidabili per differenziare,
suppurativa franca e formazione di ascessi. Di norma l’interessa- in base ai dati clinici le lesioni benigne da quelle maligne, ed è
mento è monolaterale, di una singola ghiandola. La componente necessaria la valutazione istologica.
infiammatoria causa un ingrandimento dolente e talora una secre-
zione duttale purulenta. Adenoma Pleomorfo
Data la loro cospicua eterogeneità istologica, queste neoplasie sono
Neoplasie state definite anche tumori misti. Esse rappresentano circa il 60% dei
tumori nella parotide, sono meno comuni nelle ghiandole sottoman-
Nonostante la loro morfologia relativamente semplice, le dibolari e relativamente rare nelle ghiandole salivari minori. Si tratta
­ghiandole salivari danno origine a non meno di 30 neoplasie isto- di tumori benigni che originano da un misto di cellule duttali (epi-
logicamente distinte.51-53 Una classificazione e la relativa incidenza teliali) e mioepiteliali e pertanto dimostrano una differenziazione
di ­neoplasie ­benigne e maligne viene mostrata nella Tabella 16.4; sia epiteliale sia mesenchimale. Rivelano elementi epiteliali dispersi
non sono ­i ncluse le rare neoplasie mesenchimali benigne e nella matrice con quantità variabili di tessuto mixoide, ialino, con-
maligne. droide (cartilagineo) e persino osseo. In alcuni tumori, gli elementi
Come indicato nella Tabella 16.4, un piccolo numero di neoplasie epiteliali predominano; in altri, sono presenti solo in focolai
costituisce oltre il 90% dei tumori delle ghiandole salivari e pertanto sparsi.
restringeremo la nostra discussione a queste. Complessivamente, Si sa poco sull’origine di queste neoplasie, tranne che l’esposizione
queste neoplasie sono relativamente rare e rappresentano meno del alle radiazioni aumenta il rischio. Ugualmente incerta è l’istogenesi
2% di tutti i tumori nell’uomo. Circa il 65-80% insorge all’interno delle varie componenti. Una visione attualmente condivisa è che
della parotide, il 10% nella ghiandola sottomandibolare e il resto nelle tutti gli elementi neoplastici, compresi quelli che appaiono mesen-
ghiandole salivari minori, comprese quelle sublinguali. Approssi- chimali, hanno un’origine mioepiteliale o da cellule di riserva duttali
mativamente il 15-30% delle neoplasie delle ghiandole parotidi è (da qui la denominazione adenoma pleomorfo).

TABELLA 16.4 Classificazione istologica e incidenza dei tumori benigni e maligni delle ghiandole salivari
Benigni Maligni

Adenoma pleomorfo (50%) (tumore misto) Carcinoma mucoepidermoide (15%)

Tumore di Warthin (5-10%) Adenocarcinoma (NAS) (10%)

Oncocitoma (1%) Carcinoma acinico (5%)

Altri adenomi Carcinoma adenoideo-cistico (5%)


(5-10%) Tumore misto maligno (3-5%)
Adenoma a cellule basali Carcinoma a cellule squamose (1%)
Adenoma canalicolare
Papillomi duttali Altri carcinomi (2%)

NAS, non altrimenti specificato. Dati da Ellis GL, Auclair PL: Tumors of the Salivary Glands. Atlas of Tumor Pathology, Third Series. Washington, DC, Armed
Forces Institute of Pathology, 1996.
746 CAPITOLO 16 Testa e collo

Figura 16.16 Adenoma pleomorfo. A. Neoplasia a lenta crescita della ghiandola parotide, presente da molti anni. B. Si osserva il tumore sezionato,
nettamente circoscritto, giallo-biancastro circondato da tessuto ghiandolare salivare normale.

bolare o nella cavità orale. Il tasso di recidiva (anche mesi o anni più
Morfologia La maggior parte degli adenomi pleomorfi si tardi) dopo parotidectomia è del 4% circa mentre si avvicina al 25%
presenta sotto forma di masse rotonde, ben demarcate, che dopo semplice enucleazione. Questo elevato tasso di recidiva è do-
raramente superano i 6 cm di diametro massimo (Fig. 16.16). vuto al mancato riconoscimento di minute protrusioni della massa
Benché siano capsulati, in alcune localizzazioni (in particolare principale nel tessuto circostante al momento dell’intervento.
il palato) la capsula non è completamente sviluppata e la Un carcinoma che insorge in un adenoma pleomorfo è definito
crescita espansiva crea protrusioni nella ghiandola circostante, come carcinoma ex adenoma pleomorfo o tumore misto maligno.
rendendo difficile l’enucleazione del tumore. La superficie di L’incidenza di trasformazione maligna aumenta con la durata del
taglio è grigio-biancastra con aree mixoidi e blu traslucide tumore ed è del 2% circa per tumori presenti da meno di 5 anni e
condroidi (simili a cartilagine). quasi del 10% per quelli presenti da oltre 15 anni. Il cancro in genere
La caratteristica istologica dominante è la grande eteroge- prende la forma di un adenocarcinoma o di un carcinoma indiffe-
neità già ricordata. Gli elementi epiteliali che ricordano renziato e spesso rimpiazza pressoché completamente le ultime
cellule duttali o mioepiteliali sono disposti a formare dotti, vestigia del preesistente adenoma pleomorfo. Tuttavia, per convali-
acini, tralci o lamine di cellule. Questi elementi sono tipi- dare la diagnosi di carcinoma ex adenoma pleomorfo, si devono
camente dispersi in uno sfondo simile a mesenchima di riscontrare tracce riconoscibili di quest’ultimo. Purtroppo questi
tessuto mixoide lasso contenente isole di cartilagine e,
raramente, focolai di ossificazione (Fig. 16.17). A volte le
cellule epiteliali formano dotti ben sviluppati rivestiti di
cellule cuboidi o colonnari con uno strato sottostante di
piccole cellule mioepiteliali ipercromiche. Negli altri casi,
possono essere presenti tralci o lamine di cellule mioepi-
teliali. Possono anche essere presenti isole di epitelio squa-
moso ben differenziato. Nella maggior parte dei casi, non
si osservano displasia epiteliale né marcata attività mitoti-
ca. Non vi sono differenze nel comportamento biologico tra
i tumori composti in gran parte di elementi epiteliali e quelli
composti solo da elementi di aspetto mesenchimale.

Figura 16.17 Adenoma pleomorfo. A. Immagine a basso ingrandimento


Caratteristiche cliniche. Questi tumori si presentano come che mostra un tumore ben demarcato con adiacente parenchima ghiando-
masse non dolenti, a lento accrescimento, mobili e ben definite lare salivare normale. B. L’immagine ad alto ingrandimento mostra cellule
all’interno della regione parotidea (si veda Fig. 16.16), sottomandi- epiteliali e mioepiteliali all’interno di una matrice condroide.
CAPITOLO 16 Testa e collo 747

carcinomi, quando compaiono, sono tra i più aggressivi di tutte le


neoplasie maligne delle ghiandole salivari, determinando tassi di
mortalità del 30-50% a 5 anni.

Tumore Di Warthin (Cistoadenoma


Papillare Linfomatoso)
Questa curiosa neoplasia benigna, con la sua intimidatoria denomi-
nazione istologica, è la seconda per ordine di frequenza tra le neo-
plasie delle ghiandole salivari. Insorge quasi esclusivamente nella
parotide (è il solo tumore praticamente limitato alla parotide) e si
verifica più comunemente nei maschi che nelle femmine, in genere
nella 5a-7a decade di vita. Circa il 10% dei casi è multifocale e il 10%
bilaterale. I fumatori hanno un rischio otto volte maggiore dei non
fumatori di sviluppare questi tumori.

Morfologia Nella maggior parte dei casi, i tumori di Warthin


sono masse rotonde o ovali, capsulate, del diametro di 2-5 cm
che il più delle volte insorgono nella porzione superficiale
della parotide, dove possono essere facilmente palpate. La
sezione rivela una superficie grigio pallido punteggiata di
piccoli spazi cistici o fissurati, riempiti di una secrezione mu-
cinosa o sierosa. All’esame microscopico, questi spazi sono
ricoperti da un duplice strato di cellule epiteliali neoplastiche
che poggiano su di un denso stroma linfoide, che presenta
talora centri germinativi (Fig. 16.18). Gli spazi sono frequen-
temente ristretti da proiezioni polipoidi degli elementi linfo-
epiteliali. Il doppio strato di cellule di rivestimento è distintivo:
consiste di una palizzata superficiale di cellule colonnari con
abbondante citoplasma eosinofilo finemente granulare, che
Figura 16.18 Tumore di Warthin. A. Immagine a basso ingrandimento
impartisce loro un aspetto oncocitico, che poggia su di uno che mostra elementi epiteliali e linfoidi. Si noti il centro germinativo follico-
strato di cellule cuboidi o poligonali. Gli oncociti sono cellule lare al di sotto dell’epitelio. B. Spazi cistici separano lobuli di epitelio neo-
epiteliali ripiene di mitocondri che impartiscono al citoplasma plastico costituito da un doppio strato di cellule epiteliali eosinofile che
il suo aspetto granulare. Nello strato colonnare sono disperse poggiano su uno stroma linfoide reattivo.
cellule secretici, che spiegano la presenza di secrezioni all’in-
terno del lume dilatato cisticamente. Talora, vi sono focolai di
metaplasia squamosa. attraverso l’azione di disturbo delle vie di segnale notch e cAMP-­
dipendenti.54,55 Nel complesso sono la forma più comune di neoplasia
maligna primitiva delle ghiandole salivari.
L’istogenesi di questi tumori è stata per lungo tempo discussa.
L’occasionale riscontro di piccoli resti di ghiandole salivari nei
linfonodi cervicali suggerisce che essi nascano da incorporazioni Morfologia I carcinomi mucoepidermoidi possono crescere
aberranti di tessuto linfoide, contenente residui embrionali, nella fino a un diametro di 8 cm e, benché apparentemente siano
parotide. In effetti, raramente tumori di Warthin sono insorti all’in- circoscritti, mancano di capsula ben definita e spesso presen-
terno di linfonodi cervicali, un reperto che non deve essere inter- tano margini infiltranti. Pallidi e grigio-biancastri alla sezione,
pretato erroneamente come una metastasi. Queste neoplasie sono spesso rivelano piccole cisti contenenti materiale mucinoso.
benigne, con tassi di recidiva solamente del 2% dopo exeresi. L’aspetto istologico caratteristico è quello di cordoni, lamine
o spazi cistici di cellule epidermoidi, mucose o intermedie. I
tipi cellulari ibridi spesso presentano caratteristiche epider-
Carcinoma Mucoepidermoide
moidi, con vacuoli da piccoli a grandi ripieni di muco, meglio
Queste neoplasie sono composte da una variabile commistione di osservabili con colorazioni per la mucina (Fig. 16.19). Le cel-
cellule epidermoidi, cellule muco-secernenti e cellule intermedie. lule tumorali possono essere regolari e di aspetto benigno o,
Esse costituiscono circa il 15% di tutti i tumori delle ghiandole salivari in alternativa, altamente anaplastiche e francamente maligne.
e benché insorgano principalmente (60-70%) nelle parotidi, rappre- Di conseguenza, i carcinomi mucoepidermoidi sono ulterior-
sentano una grande porzione delle neoplasie delle altre ­ghiandole mente suddivisi in tumori a basso, intermedio o alto grado.
salivari, soprattutto quelle minori. In più della metà dei casi questo
tumore è associato a una traslocazione cromosomica bilanciata
(11;19) (q21;p13) che crea un gene di fusione composto da porzioni Il decorso clinico e la prognosi dipendono dal grado della neopla-
dei geni MECT1 e MAML2. Si ritiene che il gene MECT1-MAML2 sia. I tumori di basso grado possono invadere localmente e recidivare
svolga un ruolo chiave nella genesi di questo tumore, probabilmente nel 15% circa dei casi, ma metastatizzano raramente e pertanto
748 CAPITOLO 16 Testa e collo

Figura 16.20 Carcinoma adenoideo-cistico in una ghiandola salivare.


Figura 16.19 A. Carcinoma mucoepidermoide con crescita a nidi com- A. Immagine a basso ingrandimento. Le cellule tumorali mostrano una
posti da cellule epidermoidi e cellule chiare vacuolate a contenuto mucinoso. disposizione cribriforme nei cui lumi è contenuta mucina. B. Invasione
B. Il mucicarminio colora la mucina in magenta. (Per gentile concessione perineurale da parte delle cellule tumorali.
del Dr James Gulizia, Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA)

presentano una sopravvivenza a 5 anni superiore al 90%. Al contrario,


le neoplasie ad alto grado e, in misura minore, quelle di grado inter- o cribriforme, che ricorda i cilindromi che insorgono negli
medio, sono invasive e difficili da asportare e pertanto recidivano nel annessi cutanei. Gli spazi tra le cellule tumorali sono spesso
25-30% dei casi, mentre nel 30% metastatizzano a sedi lontane. La ripieni di materiale ialino che si ritiene rappresenti un ec-
sopravvivenza a 5 anni per questi tumori è solo del 50%. cesso di membrana basale (Fig. 16.20 A). Altri aspetti isto-
logici meno comuni sono stati definiti varianti tubulare e
solida.
Altri Tumori Delle Ghiandole Salivari
Meritano una breve descrizione anche due neoplasie meno
­f requenti: il carcinoma adenoideo-cistico e il tumore a cellule Benché a lento accrescimento, questi tumori sono implacabili e
aciniche. imprevedibili, con una tendenza a invadere gli spazi perineurali
Il carcinoma adenoideo-cistico è un tumore relativamente raro, (Fig. 16.20 B) e sono ostinatamente recidivanti. Infine, il 50% o
che nel 50% circa dei casi si riscontra nelle ghiandole salivari minori più si diffonde a sedi distanti come osso, fegato ed encefalo, talora
(soprattutto nel palato). Tra le ghiandole salivari maggiori, la paro- decenni dopo il tentativo di exeresi. Pertanto, sebbene il tasso di
tide e la sottomandibolare rappresentano le localizzazioni più fre- sopravvivenza a 5 anni sia del 60-70%, esso scende al 30% circa a 10
quenti. Neoplasie analoghe possono insorgere a livello di naso, seni anni e al 15% a 15 anni. Le neoplasie che insorgono nelle ghiandole
paranasali e vie aeree superiori, nonché in altre sedi. salivari minori hanno, in media, una prognosi peggiore di quelle
che compaiono nelle parotidi.
Il carcinoma a cellule aciniche è composto da cellule simili alle
Morfologia Macroscopicamente, sono lesioni general­ normali cellule aciniche sierose delle ghiandole salivari. Si tratta di
mente piccole, scarsamente capsulate, infiltranti, grigio- lesioni relativamente rare, che rappresentano solo il 2-3% dei tumori
rosa. All’esame istologico, sono composte da piccole cellule delle ghiandole salivari. La maggior parte insorge nelle parotidi e la
con nuclei scuri e compatti e scarso citoplasma. Queste percentuale residua colpisce le ghiandole sottomandibolari. Rara-
cellule tendono a essere disposte in modo tubulare, solido mente coinvolgono le ghiandole minori, che normalmente hanno
solo un modesto numero di cellule sierose. Come avviene per il
CAPITOLO 16 Testa e collo 749

tumore di Warthin, i carcinomi a cellule aciniche sono talora 25. Koch WM, et al.: Head and neck cancer in nonsmokers: a distinct clinical and
bilaterali o multicentrici. Sono generalmente lesioni piccole, deli- molecular entity. Laryngoscope 109:1544, 1999.
mitate, che possono apparire capsulate. All’esame istologico, rivelano 26. Lingen MW, et al.: Overexpression of p53 in squamous cell carcinoma of the
tongue in young patients with no known risk factors is not associated with
un’architettura e una morfologia cellulare variabili. Più caratteristi- mutations in exons 5–9. Head Neck 22:328, 2000.
camente, le cellule hanno citoplasma chiaro, ma sono talora solide 27. Schantz SP, Yu GP: Head and neck cancer incidence trends in young Americans,
e talora vacuolate. Le cellule sono disposte in lamine o in 1973–1997, with a special analysis for tongue cancer. Arch Otolaryngol Head
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28. Mao L, et al.: Frequent microsatellite alterations at chromosomes 9p21 and 3p14
mente l’anaplasia è modesta e le mitosi scarse, ma alcuni tumori in oral premalignant lesions and their value in cancer risk assessment. Nat Med
sono alle volte più pleomorfi. 2:682, 1996.
Il decorso clinico di queste neoplasie è in un certo modo dipen- 29. Boyle JO, et al.: The incidence of p53 mutations increases with progression of
dente dal grado di pleomorfismo. Nel complesso, la recidiva dopo head and neck cancer. Cancer Res 53:4477, 1993.
exeresi è rara, ma circa il 10-15% di queste neoplasie metastatizza 30. Rosin MP, et al.: Use of allelic loss to predict malignant risk for low-grade oral
epithelial dysplasia. Clin Cancer Res 6:357, 2000.
ai linfonodi. Il tasso di sopravvivenza è dell’ordine del 90% a 5 anni 31. Michalides R, et al.: Overexpression of cyclin D1 correlates with recurrence in
e del 60% a 20 anni. a group of forty-seven operable squamous cell carcinomas of the head and neck.
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17
Tratto gastrointestinale
Jerrold R. Turner

JJ Anomalie Congenite Complicanze della gastrite cronica


Malattia ulcerativa peptica
Atresia, fistole e duplicazioni
Atrofia della mucosa e metaplasia intestinale
Ernia diaframmatica, onfalocele e gastroschisi Displasia
Ectopia Gastrite cistica
Diverticolo di Meckel Gastropatie ipertrofiche
Stenosi pilorica Malattia di Ménétrier
Sindrome di Zollinger-Ellison
Malattia di Hirschsprung
Polipi e tumori gastrici
JJ Esofago Polipi infiammatori e iperplastici
Polipi a ghiandole fundiche
Ostruzione esofagea
Adenomi gastrici
Acalasia
Adenocarcinomi gastrici
Esofagite Linfomi
Lacerazioni Tumori carcinoidi
Esofagiti chimiche e infettive Tumori stromali gastrointestinali
Esofagite da reflusso
Esofagite eosinofila JJ Intestino Tenue E Colon
Esofago di Barrett Occlusione intestinale
Varici esofagee Ernie
Tumori dell’esofago Aderenze
Adenocarcinoma Volvolo
Carcinoma squamocellulare Intussuscezione
Tumori rari dell’esofago Malattia intestinale ischemica
Angiodisplasia
© 2010 elsevier srl. tutti i diritti riservati.

JJ Stomaco
Malassorbimento e diarrea
Gastrite acuta Fibrosi cistica
Ulcera gastrica acuta Morbo celiaco
Gastrite cronica Sprue tropicale
Gastrite da Helicobacter Pylori Enteropatia autoimmune
Gastrite autoimmune Deficit di lattasi (disaccaridasi)
Forme rare di gastrite Abetalipoproteinemia

751
752 CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale

Enterocoliti infettive Polipi amartomatosi


Colera Polipi giovanili
Enterocolite da Campylobacter Sindrome di Peutz-Jeghers
Sindrome di Cowden e sindrome di Bannayan-
Shigellosi Ruvalcaba-Riley
Salmonellosi Sindrome di Cronkhite-Canada
Febbre tifoide Polipi iperplastici
Yersinia Polipi neoplastici
Escherichia coli
Sindromi familiari
Colite pseudomembranosa
Poliposi adenomatosa familiare
Morbo di Whipple
Sindrome non poliposica del carcinoma colorettale
Gastroenteriti virali ereditario
Enterocoliti parassitarie
Adenocarcinoma
Sindrome del colon irritabile
Tumori del canale anale
Malattia infiammatoria intestinale
Emorroidi
Malattia di Crohn
Rettocolite ulcerosa Appendicite acuta
Colite indeterminata Tumori dell’appendice
Neoplasia associata a colite
Altre cause di colite JJ Cavità Peritoneale
Colite da diversione Malattia infiammatoria
Colite microscopica Infezioni peritoneali
Malattia graft-versus-host Fibrosi retroperitoneale
Diverticolite sigmoidea Cisti

Polipi Tumori
Polipi infiammatori

Il tratto gastrointestinale (GI) è un tubo cavo che si estende dalla Le variazioni regionali di struttura e funzioni si riflettono nelle pa-
cavità orale fino all’ano ed è costituito da segmenti anatomicamente tologie del tratto GI, che spesso colpiscono preferibilmente l’uno o
distinti che comprendono l’esofago, lo stomaco, l’intestino tenue, il l’altro segmento. Di conseguenza, dopo aver preso in considerazione
colon, il retto e l’ano. Ciascun segmento possiede funzioni uniche, alcune importanti anomalie congenite, la discussione proseguirà in
complementari e altamente integrate, che insieme hanno la funzione base a una classificazione anatomica. I disturbi che colpiscono più
di regolare l’assunzione, la trasformazione e l’assorbimento delle di un segmento del tratto GI, ad esempio la malattia di Crohn, sa-
sostanze nutritive ingerite e l’eliminazione dei prodotti di scarto. ranno trattati nell’ambito della regione colpita più di frequente.

Anomalie Congenite

A seconda della natura e delle tempistiche del danno, il tratto GI Atresia, fistole e duplicazioni
può essere colpito da numerose anomalie dello sviluppo. Un aspetto
importante da tenere in considerazione è che, dal momento che Atresia, fistole e duplicazioni possono verificarsi in qualunque parte
molti organi si sviluppano simultaneamente durante l’embriogenesi, del tratto GI. Se presenti all’interno dell’esofago, vengono identificate
la presenza di disturbi GI congeniti dovrebbe sollecitare la valuta- subito dopo la nascita, di solito perché causano rigurgiti durante il
zione di altri organi. Alcuni difetti sono comunemente associati a pasto. Tali anomalie devono essere corrette immediatamente perché
lesioni gastrointestinali. incompatibili con la vita. L’assenza, o agenesia, dell’esofago è
CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale 753

onfalocele presenta alla nascita anche altri difetti, tra cui ernia dia-
frammatica e anomalie cardiache. La gastroschisi è un altro difetto
della parete addominale simile all’onfalocele, se non per il fatto che
colpisce tutti gli strati della parete addominale, dal peritoneo
alla cute.

Ectopia
I tessuti ectopici (residui di sviluppo) sono comuni nel tratto GI. La
sede più frequente di mucosa gastrica ectopica è il terzo superiore
dell’esofago (inlet patch). Pur essendo in genere asintomatica, gli
acidi rilasciati dalla mucosa gastrica all’interno dell’esofago possono
Figura 17.1 Atresia esofagea e fistole tracheoesofagee. A. Segmenti portare a disfagia, esofagite, esofago di Barrett o, raramente, adeno-
esofagei superiore e inferiore a fondo cieco. B. Segmento superiore cieco, carcinoma. Il tessuto pancreatico ectopico si presenta meno di fre-
fistola tra la trachea e il fondo del segmento inferiore. C. Fistola tra esofago quente e può essere presente nell’esofago o nello stomaco. Come gli
pervio e trachea. Il tipo B è la varietà più comune. (Adattato da Morson BC, inlet patch, questi noduli sono solitamente asintomatici ma possono
Dawson IMP, eds: Gastrointestinal Pathology. Oxford, Blackwell Scientific
Publications, 1972, p 8)
produrre danni e infiammazione a livello locale. Quando il tessuto
pancreatico ectopico è presente nel piloro, l’infiammazione e la ci-
catrizzazione possono portare a occlusione. Dal momento che i
e­ stremamente rara, mentre l’atresia, ossia lo sviluppo incompleto, è residui possono trovarsi in qualunque strato della parete gastrica,
più comune. Nell’atresia esofagea, un segmento dell’esofago è sosti- essi possono simulare un carcinoma invasivo. L’eterotopia gastrica,
tuito da un sottile cordone non canalizzato che provoca un’ostru- piccole isole di mucosa gastrica ectopica nell’intestino tenue o nel
zione meccanica (Fig. 17.1 A). Tasche prossimali e distali a fondo colon, può presentarsi in concomitanza a presenza di sangue occulto
cieco sono collegate rispettivamente alla faringe e allo stomaco. nelle feci dovuto a ulcera peptica nella mucosa adiacente.1
L’atresia si verifica per lo più in corrispondenza o in prossimità della
biforcazione tracheale ed è solitamente associata a una fistola
che ­collega le tasche esofagee superiori o inferiori a un bronco o alla Diverticolo di Meckel
trachea (Fig. 17.1 B). Le fistole possono portare ad aspirazio-
ne, ­s offocamento, polmonite e gravi squilibri idroelettrolitici Il diverticolo vero è un’estroflessione a fondo cieco del canale
(Fig. 17.1 B e C). L’atresia esofagea è associata a difetti cardiaci con­ ­alimentare rivestita da mucosa, comunicante con il lume e compren-
geniti, malformazioni urogenitali e patologie neurologiche. L’atresia dente tutti gli strati della parete intestinale. Il tipo più comune è il
intestinale è meno comune di quella esofagea, ma coinvolge spesso diverticolo di Meckel, che si forma nell’ileo.
il duodeno ed è caratterizzata dalla mancanza di lume in un seg- Il diverticolo di Meckel si forma dalla mancata involuzione del
mento intestinale. dotto vitellino, che connette il lume dell’intestino in formazione
La stenosi è una forma di atresia incompleta nella quale vi è una al sacco vitellino. Il diverticolo solitario è una piccola tasca che si
marcata riduzione del lume in seguito a ispessimento fibroso della estende dal versante antimesenterico dell’intestino (Fig. 17.2). Si
parete, che ha come conseguenza un’occlusione parziale o completa. tratta di un diverticolo vero con una parete comprendente mucosa,
La stenosi può colpire qualunque parte del tratto GI, sebbene l’esofago sottomucosa e tonaca muscolare propria. I diverticoli di Meckel si
e l’intestino tenue siano i più colpiti. L’ano imperforato, la forma più formano all’incirca nel 2% della popolazione, solitamente entro
comune di atresia intestinale congenita, è dovuto alla mancata invo- 85 cm dalla valvola ileociecale, sono lunghi circa 5 cm, sono due volte
luzione del diaframma cloacale. La stenosi può anche essere causata più comuni nel sesso maschile rispetto a quello femminile e sono in
da esiti flogistico-cicatriziali, come un reflusso gastroesofageo cro-
nico, radiazioni, sclerodermia o lesioni da sostanze caustiche.
Le cisti congenite da duplicazione sono masse cistiche sacciformi
o allungate contenenti strati ridondanti di muscolo liscio che pos-
sono essere presenti nell’esofago, intestino tenue o colon.

Ernia diaframmatica, onfalocele


e gastroschisi
L’ernia diaframmatica si ha quando una formazione incompleta del
diaframma consente l’erniazione dei visceri addominali nella cavità
toracica. Se grave, l’effetto riempi-spazio dei visceri spostati può
causare un’ipoplasia polmonare incompatibile con la vita dopo la
nascita. L’onfalocele si verifica quando la chiusura della muscolatura
addominale è incompleta, causando l’erniazione dei visceri addo-
minali in un sacco membranoso ventrale. Questa condizione è Figura 17.2 Diverticolo di Meckel. La tasca a fondo cieco è localizzata
­risolvibile chirurgicamente, ma circa il 40% dei neonati affetti da sul versante antimesenterico dell’intestino tenue.
754 CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale

genere sintomatici entro i 2 anni (sebbene solo il ~4% dei diverticoli fratelli dei pazienti ne soffre.2 Tuttavia, nella maggior parte dei casi
di Meckel sia asintomatico). Questi dati sono riassunti nella “regola non si tratta di semplice trasmissione mendeliana. Le mutazioni
dei 2”, spesso utilizzata per tenere a mente le caratteristiche dei di- eterozigote con perdita di funzione nella tirosin-chinasi recettoriale
verticoli di Meckel. Il rivestimento mucoso dei diverticoli di Meckel RET costituiscono la maggior parte dei casi familiari e circa il 15% di
può assomigliare a quello di un intestino tenue normale, ma può quelli sporadici.3 Le mutazioni avvengono anche in almeno sette altri
essere presente tessuto pancreatico o gastrico ectopico. Quest’ultimo geni che codificano per proteine coinvolte nel neurosviluppo ­enterico,
può dare origine a un’ulcera peptica della mucosa dell’intestino tenue compreso il fattore neurotrofico di derivazione gliale del ligando di
adiacente ed essere accompagnato dalla presenza di sangue occulto RET, l’endotelina e il recettore per l’endotelina ma, nel complesso,
nelle feci o di dolore addominale simile a quello di un’appendicite queste rappresentano meno del 30% dei pazienti, a ­suggerire che
acuta o di un’occlusione intestinale. devono ancora essere scoperti altri difetti. Poiché la ­penetranza è in-
Meno di frequente si formano diverticoli congeniti in altre parti completa, anche la modifica dei geni o dei fattori ambientali deve
dell’intestino tenue e del colon ascendente. Quasi tutti gli altri essere importante. È poi chiaro che esistono fattori legati al sesso, dal
­diverticoli sono acquisiti e la loro tonaca muscolare propria è assot- momento che quello maschile tende a essere più colpito ma la ma-
tigliata o del tutto mancante. Sebbene i diverticoli acquisiti possano lattia è di solito più marcata in quello femminile.
formarsi nell’esofago, stomaco e duodeno, la sede più comune è il
sigma (trattato più avanti).
Morfologia La diagnosi di malattia di Hirschsprung richiede
di documentare l’assenza di cellule gangliari all’interno del
Stenosi pilorica segmento colpito. Poiché la migrazione delle cellule della cre-
sta neurale nei plessi di Meissner e Auerbach è collegata,
La stenosi pilorica ipertrofica congenita è tre-quattro volte più comune è possibile stabilire una diagnosi in fase preoperatoria grazie
nel sesso maschile e si verifica in 1 ogni 300-900 nati vivi. La patologia all’­esame dei campioni bioptici per aspirazione. Oltre ­alla
si verifica di frequente nei gemelli monozigoti, a suggerire una pos- ­loro morfologia caratteristica nelle sezioni colorate ematos-
sibile base genetica. Alcuni studi familiari ipotizzano una complessa silina eosina (EE), le cellule gangliari sono identificabili
ereditarietà poligenica. Anche la sindrome di Turner e la trisomia ­anche ­utilizzando la colorazione immunoistochimica per
18 sono associate a questa malattia. La stenosi pilorica ipertrofica con- l’acetilcolinesterasi.
genita si presenta in genere nella seconda o terza settimana di vita come Il retto risulta sempre colpito, ma la lunghezza degli ulteriori
rigurgito ad esordio recente e vomito a getto persistente, non biliare. segmenti colpiti varia notevolmente. La maggior parte dei
L’ esame obiettivo evidenzia una iperperistalsi e una massa addomi- casi è limitata al retto e al sigma, ma quelli più gravi possono
nale solida, ovoidale che derivano dall’iperplasia della tonaca mu- colpire tutto il colon. La regione aganglionica può avere un
scolare propria del piloro che ostruisce il tratto gastrico in uscita. La aspetto più o meno normale o contratto, mentre il colon
presenza di edema e di alterazioni infiammatorie nella mucosa e prossimale normalmente innervato può subire una progres-
sottomucosa può aggravare la stenosi. La resezione chirurgica della siva dilatazione (Fig. 17.3). Col tempo, la parte del colon pros-
tonaca muscolare (miotomia) è risolutiva. La stenosi pilorica acqui- simale rispetto a quella colpita, può dilatarsi marcatamente
sita degli adulti è una delle conseguenze della gastrite antrale o dell’ul- (megacolon), raggiungendo talora 20 cm di diametro. La
cera peptica con localizzazione vicino al piloro. Anche i carcinomi dilatazione può causare l’allungamento e l’assottigliamento
del pancreas e dello stomaco distale possono restringere il canale della parete del colon fino alla rottura, che avviene di solito
pilorico in seguito a fibrosi o a infiltrazione maligna.

Malattia di Hirschsprung
La malattia di Hirschsprung si verifica all’incirca in 1 ogni 5.000 nati
vivi. Può presentarsi isolata o in combinazione con altre anomalie
dello sviluppo; il 10% di tutti i casi si verifica in bambini affetti dalla
sindrome di Down, mentre gravi anomalie neurologiche sono pre-
senti in un altro 5%.
Patogenesi. Ricorderete che il plesso neuronale enterico ha
­origine dalle cellule della cresta neurale che, durante l’embriogenesi,
colonizzano la parete dell’intestino. La malattia di Hirschsprung,
anche detta megacolon agangliare congenito, si verifica quando la
normale migrazione delle cellule della cresta neurale dal cieco al
retto si interrompe prematuramente, o quando le cellule gangliari
muoiono prematuramente. Ciò produce un segmento intestinale
distale privo sia del plesso sottomucoso di Meissner sia di quello
mienterico di Auerbach (“aganglionosi”). Le contrazioni peristalti-
che coordinate sono assenti e si verifica un’occlusione funzionale,
che porta a dilatazione prossimalmente al segmento colpito. Figura 17.3 Malattia di Hirschsprung. A. Lo studio preoperatorio con
enteroclisma al bario mostra un retto ristretto (in fondo all’immagine) e un
I meccanismi alla base del difetto di migrazione delle cellule della sigma dilatato. B. Corrispondente fotografia intraoperatoria che mostra un
cresta neurale nella malattia di Hirschsprung sono sconosciuti, ma retto ristretto e la dilatazione del sigma. (Per gentile concessione di Dr. Aliya
una componente genetica è presente in quasi tutti i casi e il 4% dei Husain, The University of Chicago, Chicago, IL)
CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale 755

t­ ransito occasionale delle feci. Le principali complicanze che met-


vicino al cieco. Possono anche esservi un’infiammazione tono a rischio la vita sono l’enterocolite con squilibrio idroelettroli­
della mucosa o ulcere superficiali. Queste alterazioni prossi- tico, la perforazione e la peritonite. Le terapie primarie sono l’aspor-
mali al segmento malato possono rendere difficoltosa l’iden- tazione chirurgica del segmento aganglionico e l’anastomosi del
tificazione dell’entità dell’aganglionosi. Di conseguenza, è colon normale fino al retto. Anche dopo un intervento chirurgico
frequente l’analisi intraoperatoria delle sezioni transmurali risolutivo, al paziente possono servire anni per recuperare una
congelate per confermare la presenza di cellule gangliari in funzionalità intestinale e una continenza normale.
corrispondenza del margine anastomotico. Al contrario del megacolon congenito della malattia di Hirsch-
sprung, il megacolon acquisito può presentarsi a qualunque età in
conseguenza della malattia di Chagas, un’occlusione dovuta a neo-
Caratteristiche cliniche. I pazienti sono di solito in età neona- plasia o stenosi infiammatoria, mentre il megacolon tossico può com-
tale, e presentano spesso la mancata emissione del meconio subito plicare la rettocolite ulcerosa, la miopatia viscerale o essere associato
dopo la nascita. Segue una stipsi occlusiva anche se, quando sono a disturbi psicosomatici funzionali. Tra questi, solo la malattia di
compromessi solo alcuni centimetri del retto, può verificarsi il Chagas (trattata più avanti) è associata alla perdita dei gangli.

Esofago

L’ esofago si sviluppa dalla porzione craniale dell’intestino primitivo in genere da un ispessimento fibroso della sottomucosa ed è as-
anteriore ed è riconoscibile a partire dalla terza settimana di gesta- sociato ad atrofia della tonaca muscolare propria e a danno epi-
zione. Si presenta come un tubo muscolare cavo, particolarmente teliale secondario. Sebbene occasionalmente congenita, la stenosi
distensibile, che si estende dalla faringe, a partire dall’epiglottide fino è più spesso dovuta a infiammazione e cicatrizzazione che possono
alla giunzione gastroesofagea. Le patologie acquisite a carico dell’eso- essere causate da reflusso gastroesofageo cronico, radiazioni o lesioni
fago variano da tumori letali alla persistente “pirosi”, che può essere da sostanze caustiche. La disfagia associata alla stenosi è solita-
cronica e debilitante o semplicemente un fastidio occasionale. mente progressiva, infatti prima colpisce la capacità di ingerire
cibi solidi e successivamente interferisce con l’ingestione di liqui-
di. Dal momento che l’ostruzione si sviluppa lentamente, i pazienti
Ostruzione esofagea possono finire per modificare inconsciamente le proprie abitudini
alimentari a favore di cibi molli e liquidi, rimanendo inconsape-
Perché i cibi e i liquidi possano raggiungere l’esofago e lo stomaco voli della propria condizione fino a quando l’occlusione è quasi
in maniera efficiente, la deglutizione deve essere accompagnata da totale.
un’onda coordinata di contrazione peristaltica. I disturbi della mo- Le pliche mucose dell’esofago sono rare e sono formate da pro-
tilità esofagea interferiscono con questo processo e possono assu- trusioni mucosali in grado di causare occlusioni. La patogenesi è
mere diverse forme. In alcuni pazienti si verificano contrazioni sconosciuta, ma le pliche si riscontrano soprattutto nelle donne
esofagee ad ampiezza elevata nelle quali lo strato longitudinale sopra i 40 anni. Sono spesso associate a reflusso gastroesofageo,
esterno di muscolo liscio si contrae prima di quello circolare interno. malattia graft-versus-host cronica o dermatiti bollose. L’associa-
Tale mancanza di coordinazione porta a una sindrome detta esofago zione tra membrane dell’esofago superiore, anemia sideropenica,
a schiaccianoci che può causare una periodica ostruzione esofagea glossite e cheilosi è definita sindrome di Paterson-Brown-Kelly o
di breve durata.4 Un altro disturbo motorio a carico dell’esofago è lo di Plummer-Vinson. Le pliche esofagee sono comuni soprattutto
spasmo esofageo diffuso, che può anche portare a un’occlusione nella parte superiore dell’esofago, dove in genere sono lesioni
funzionale. Aumentando lo stress alle pareti dell’esofago, lo spasmo eccentriche di forma semilunare che protrudono meno di 5 mm
esofageo diffuso può causare la formazione di piccoli diverticoli. e hanno uno spessore compreso tra 2 e 4 mm. Dal punto di vista
Queste piccole estroflessioni mucose sacciformi, descritte con mag- microscopico, le pliche sono costituite da tessuto connettivo fi-
giore precisione come pseudodiverticoli per l’assenza di una vera brovascolare ed epitelio sovrastante. Il sintomo principale delle
tonaca muscolare, sono piuttosto rare, probabilmente a causa della pliche è la disfagia associata alla presenza di cibo non completa-
densità e della continuità della muscolatura esofagea. Il diverticolo mente masticato.
di Zenker (diverticolo faringoesofageo) si trova immediatamente Gli anelli esofagei, o anelli di Schatzki, sono simili alle pliche ma
sopra lo sfintere esofageo superiore; il diverticolo da trazione si forma sono più spessi e hanno forma anulare. Gli anelli sono costituiti
all’incirca a metà dell’esofago; e il diverticolo epifrenico immediata- da mucosa, sottomucosa e, in alcuni casi, tonaca muscolare pro-
mente al di sopra dello sfintere esofageo inferiore. I diverticoli di pria ipertrofica. Quando sono presenti nell’esofago distale, al di sopra
Zenker possono raggiungere diversi centimetri e accumulare grandi della giunzione gastroesofagea, sono detti anelli A e sono ricoperti da
quantità di cibo, producendo una massa e sintomi che comprendono una mucosa squamosa, mentre quelli che si trovano in corrispon-
il rigurgito. denza della giunzione squamocolonnare dell’esofago inferiore sono
Il passaggio del cibo può anche essere impedito dalla stenosi detti anelli B e possono presentare una mucosa gastrica di tipo
esofagea, o restringimento del lume. Questo fenomeno è causato cardias sulla loro superficie inferiore.
756 CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale

Acalasia tabella 17.1 Cause esofagee di ematemesi

L’aumento del tono dello sfintere esofageo inferiore (SEI), in seguito Lacerazioni (sindrome di Mallory-Weiss)
a un deficit di rilassamento della muscolatura liscia, rappresenta una Perforazione dell’esofago (tumore o sindrome di Boerhaave)
causa importante di ostruzione esofagea. Il rilascio di ossido di azoto Varici (cirrosi)
Fistola aorto-esofagea (di solito con cancro)
e di polipeptide intestinale vasoattivo dai neuroni inibitori, combi- Esofagiti chimiche e pillola-indotte
nato all’interruzione della normale segnalazione colinergica, con- Esofagiti infettive (Candida, herpes)
sente il rilassamento dello SEI durante la deglutizione. L’acalasia è Stenosi benigne
caratterizzata dalla triade composta da incompleto rilassamento dello Vasculite (autoimmune, citomegalovirus)
SEI, aumento del tono dello SEI e aperistalsi dell’esofago. L’acalasia Esofagite da reflusso (erosiva)
Esofagite eosinofila
primaria è provocata da un deficit dei neuroni inibitori esofagei Ulcere esofagee (varie eziologie)
distali ed è, per definizione, idiopatica.5 Possono verificarsi anche al- Esofago di Barrett
terazioni degenerative dell’innervazione neurale, intrinseche dell’eso­ Adenocarcinoma
fago o del nervo vago extraesofageo e del nucleo motore dorsale del Carcinoma squamocellulare
Ernia iatale
vago. L’acalasia secondaria può presentarsi nella malattia di Chagas,
nella quale l’infezione da Trypanosoma cruzi causa la distruzione
del plesso mienterico, un deficit nella peristalsi e la dilatazione
esofagea. Anche i plessi mienterici duodenale, colico e ureterale
possono essere colpiti nella malattia di Chagas. Una patologia simil- e dissolvono nell’esofago invece di arrivare intatte nello stomaco, una
acalasica può essere causata da una neuropatia autonomica diabe- condizione denominata esofagite pillola-indotta. In genere l’esofagite
tica, da patologie infiltrative come neoplasie maligne, amiloidosi e dovuta a una lesione chimica causa solamente un dolore autolimi-
sarcoidosi, e da lesioni dei nuclei motori dorsali, come accade in tante, in particolare la disfagia (dolore alla deglutizione). Nei casi
seguito a poliomielite o ad ablazione chirurgica. Le opzioni di trat- gravi possono verificarsi emorragia, stenosi o perforazione. Una
tamento per l’acalasia primaria e secondaria comprendono la mio- lesione esofagea iatrogena può essere causata da chemioterapia ci-
tomia laparoscopica e la dilatazione pneumatica con palloncino. Per totossica, radioterapia, o malattia graft-versus-host.
inibire i neuroni colinergici dello SEI possono essere efficaci anche L’infezione può insorgere in individui altrimenti sani, ma è più
le iniezioni a base di neurotossina botulinica. frequente in quelli debilitati o immunodepressi in seguito a malattia
o terapia. In questi pazienti, è comune l’infezione esofagea da herpes
simplex, citomegalovirus (CMV), o organismi fungini. Tra le infezioni
Esofagite da funghi, la candidiasi è quella più comune, ma possono presentarsi
anche mucormicosi e aspergillosi. Inoltre, l’esofago può essere colpito
dalle malattie cutanee desquamative pemfigoide bolloso ed epider-
Lacerazioni
molisi bollosa e, raramente, dalla malattia di Crohn.
Le lacerazioni longitudinali dell’esofago a livello della giunzione
gastroesofagea sono denominate lacerazioni di Mallory-Weiss, e sono
di solito associate a vomito intenso o conseguenti a intossicazione Morfologia La morfologia delle esofagiti chimiche e infet-
acuta da alcool. Normalmente, un rilasciamento riflesso della mu- tive varia con la sua eziologia. Di solito è presente un fitto
scolatura gastroesofagea precede l’onda contrattile antiperistaltica infiltrato di neutrofili, che può risultare assente in caso di
associata al vomito. Si è postulato che questo rilasciamento riflesso lesioni indotte da sostanze chimiche (alcali, acidi, detergenti),
non avvenga durante gli episodi di vomito prolungato, per cui la che possono portare fino alla necrosi transparietale esofagea.
pressione del contenuto gastrico refluente sopraffà l’imbocco dello L’esofagite pillola-indotta avviene spesso nelle sede della
stomaco, causando la dilatazione e la lacerazione della parete esofa- stenosi che impedisce il passaggio dei contenuti luminali. Se
gea. Le lacerazioni pressoché lineari della sindrome di Mallory-Weiss presente, l’ulcera è accompagnata da necrosi superficiale
hanno un orientamento longitudinale e una lunghezza che va da pochi con tessuto di granulazione ed eventuale fibrosi.
millimetri ad alcuni centimetri. Solitamente queste lacerazioni attra- Le radiazioni all’esofago provocano danni simili a quelli
versano la giunzione gastroesofagea, ma possono presentarsi anche ­riscontrati in altri tessuti, e comprendono proliferazione in-
nella mucosa gastrica prossimale. Fino al 10% delle emorragie del timale con restringimento del lume dei vasi ematici sottomu-
tratto GI superiore, che spesso si manifestano come ematemesi (Tab. cosi e murali. Spesso il danno alla mucosa è in parte
17.1), è dovuto a lacerazioni esofagee superficiali, quali quelle asso- ­secondario a lesioni vascolari indotte dalle radiazioni, come
ciate alla sindrome di Mallory-Weiss. Queste in genere non richie- descritto nel Capitolo 9.
dono intervento chirurgico, e la guarigione tende a essere rapida e Un’eventuale infezione da funghi o batteri può causare danni
completa. Al contrario, la sindrome di Boerhaave, caratterizzata da o complicanze in un’ulcera preesistente. Spesso nel letto
rottura esofagea distale e mediastinite, si verifica raramente ma è un dell’ulcera si trovano batteri orali non patogeni, mentre gli
evento catastrofico. organismi patogeni, che rappresentano circa il 10% delle
esofagiti infettive, possono invadere la lamina propria e
provocare necrosi della mucosa sovrastante. La candidiasi,
Esofagiti Chimiche E Infettive
nella sua forma più avanzata, è caratterizzata da pseudomem-
La mucosa squamosa stratificata dell’esofago può essere danneggiata brane grigio-biancastre aderenti costituite da ife fungine
da varie sostanze irritanti tra cui alcool, acidi corrosivi o alcali, li- fittamente aggrovigliate e cellule infiammatorie che ­ricoprono
quidi eccessivamente caldi e tabagismo. La mucosa dell’esofago può la mucosa dell’esofago.
anche essere lesionata da compresse di medicinali che si depositano
CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale 757

la diagnosi gastrointestinale ambulatoriale più comune negli Stati


Uniti.6 La condizione clinica ad esso associata è detta malattia da
reflusso gastroesofageo (MRGE).
Patogenesi. Il reflusso dei succhi gastrici è fondamentale nello
sviluppo delle lesioni della mucosa nella MRGE. Nei casi gravi, il
reflusso della bile dal duodeno può aggravare il danno. Le condizioni
che riducono il tono dello sfintere esofageo inferiore o aumentano
la pressione addominale contribuiscono alla MRGE e comprendono
consumo di alcool e tabagismo, obesità, uso di farmaci ad azione
depressiva sul sistema nervoso centrale, gravidanza, ernia iatale
(trattata più avanti), svuotamento gastrico ritardato e aumento del
volume gastrico. In molti casi, non viene identificata una causa
inequivocabile.

Morfologia Una semplice iperemia, evidente all’endosco-


pista come rossore, può essere l’unica alterazione. Nella
MRGE lieve l’istologia della mucosa è spesso normale. In
caso di patologia più grave, gli eosinofili sono attirati nella
mucosa squamosa seguiti dai neutrofili, spesso associati a
lesioni più serie (Fig. 17.5 A). Possono anche essere presenti
un’iperplasia dello strato basale che supera il 20% dello spes-
sore epiteliale globale e un allungamento delle papille della
Figura 17.4 Esofagite virale. A. Campione autoptico con ulcere erpetiche lamina propria tale da estendersi nel terzo superiore
multiple nell’esofago distale. B. Cellule squamose multinucleate contenenti dell’epitelio.
inclusioni nucleari da herpesvirus. C. Cellule endoteliali infettate da citome-
galovirus con inclusioni nucleari e citoplasmatiche.

Caratteristiche cliniche. La MRGE è più comune negli adulti sopra


i 40 anni, ma può presentarsi anche nei neonati e nei bambini. I sintomi
Spesso l’aspetto endoscopico fornisce indizi utili sull’agente clinici più comuni sono disfagia, pirosi e, meno spesso, evidente rigur-
infettivo coinvolto nell’esofagite virale. L’herpesvirus causa gito dei contenuti gastrici acidi. Raramente, la MRGE cronica è costel-
tipicamente ulcere a stampo (Fig. 17.4 A). I campioni bioptici lata di episodi di intenso dolore toracico che possono essere scambiati
dimostrano la presenza di inclusioni virali nucleari in cellule per “attacchi cardiaci”. La terapia con inibitori della pompa protonica
epiteliali in degenerazione al margine dell’ulcera (Fig. 17.4 B). o antagonisti recettoriali dell’istamina H2, che riducono l’acidità ga-
Al contrario, il CMV causa ulcere più superficiali e caratteri- strica, danno in genere un sollievo dai sintomi. Sebbene la gravità dei
stiche inclusioni nucleari e citoplasmatiche nell’endotelio sintomi non sia strettamente legata al grado di danno istologico,
capillare e nelle cellule stromali (Fig. 17.4 C). Sebbene l’aspet- quest’ultimo tende ad aggravarsi con la durata della malattia. Tra le
to istologico sia caratteristico, la colorazione immunoistochi- complicanze dell’esofagite da reflusso vi sono ulcera esofagea, emate-
mica per gli antigeni virus-specifici costituisce uno strumento mesi, melena, sviluppo di stenosi ed esofago di Barrett.
diagnostico ausiliare sensibile e specifico.
Le caratteristiche istologiche della malattia esofagea graft-
versus-host sono simili a quelle cutanee e comprendono
apoptosi delle cellule epiteliali basali, atrofia della mucosa e
fibrosi sottomucosale in assenza di infiltrati infiammatori acuti
significativi. L’aspetto microscopico del coinvolgimento eso-
fageo nel pemfigoide bolloso, nell’epidermolisi bollosa e nella
malattia di Crohn è poi simile a quello nella cute (Cap. 25).

Esofagite Da Reflusso
L’ epitelio squamoso stratificato dell’esofago resiste alle abrasioni da
cibo ma è sensibile agli acidi. Le ghiandole sottomucose, particolar-
mente abbondanti nell’esofago prossimale e distale, contribuiscono
alla protezione della mucosa grazie alla secrezione di mucina e bi-
carbonato. Un fatto ancora più importante è che il mantenimento
di un tono costante dello sfintere esofageo inferiore previene il re- Figura 17.5 Esofagite. A. Esofagite da reflusso con eosinofili intraepi-
teliali sparsi. Nonostante sia visibile un lieve ispessimento della zona basale,
flusso del contenuto gastrico acido, che subisce una pressione posi- la maturazione delle cellule squamose è relativamente normale. B. L’eso-
tiva e altrimenti penetrerebbe nell’esofago. Il reflusso del contenuto fagite eosinofila è caratterizzata da numerosi eosinofili intraepiteliali. È anche
gastrico nell’esofago inferiore è la causa più frequente di esofagite e evidente un’anomala maturazione squamosa.
758 CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale

L’ernia iatale è caratterizzata dalla separazione dei pilastri del


diaframma e dalla protrusione dello stomaco nel torace attraverso
lo spazio risultante. Si riconoscono ernie iatali congenite nei neonati
e nei bambini, ma molte si acquisiscono più avanti negli anni. L’ernia
iatale è sintomatica in meno del 10% degli adulti, e questi casi sono
in genere associati ad altre cause di incontinenza dello SEI. I sintomi,
compresa la pirosi e il rigurgito dei succhi gastrici, sono simili a
quelli della MRGE.

Esofagite Eosinofila
L’incidenza di esofagite eosinofila è in notevole aumento.7 Tra i sin-
tomi vi sono ritenzione di materiale alimentare e disfagia negli adulti
e intolleranze alimentari o sintomi MRGE-simili nei bambini. La
caratteristica istologica principale è il gran numero di eosinofili in-
traepiteliali, in particolare in superficie (Fig. 17.5 B). La loro abbon-
danza può contribuire a differenziare l’esofagite eosinofila da MRGE,
malattia di Crohn e altre cause di esofagite. Ai fini diagnostici sono
importanti anche le caratteristiche cliniche, in particolare il fallimento
di una terapia a base di inibitori della pompa protonica ad alto do-
saggio e l’assenza di reflusso acido. La maggioranza degli individui
affetti da esofagite eosinofila è atopica e molti soffrono di dermatite
atopica, rinite allergica, asma o eosinofilia periferica modesta. La
terapia comprende restrizioni alimentari per prevenire l’esposizione
ad allergeni alimentari, quali il latte di mucca e i derivati della soia,
e la somministrazione di corticosteroidi per via topica o sistemica.
Figura 17.6 Esofago di Barrett. A. Giunzione gastroesofagea normale.
B. Esofago di Barrett. Da notare le piccole isole residue di mucosa squa-
mosa più pallida nella mucosa di Barrett. C. Aspetto istologico della giun-
Esofago di Barrett zione gastroesofagea nell’esofago di Barrett. Da notare la transizione tra
mucosa squamosa esofagea (a sinistra) e metaplasia di Barrett, con nume-
L’esofago di Barrett è una complicanza della MRGE cronica caratte- rose cellule caliciformi metaplastiche (a destra).
rizzata da metaplasia intestinale nella mucosa squamosa esofagea.
L’incidenza di esofago di Barrett è in aumento, e si stima che si ve-
rifichi nel 10% degli individui affetti da MRGE sintomatica. Questa
complicanza è più comune nei maschi bianchi e in genere compare ancora chiaro se nella malattia a segmento corto il rischio di
tra i 40 e i 60 anni. Il problema principale è l’aumento del rischio di displasia sia inferiore che non in quella a segmento lungo.
adenocarcinoma dell’esofago. Gli studi molecolari suggeriscono che La diagnosi di esofago di Barrett richiede sia l’evidenza en-
l’epitelio di Barrett possa essere più simile all’adenocarcinoma che doscopica di mucosa anomala al di sopra della giunzione
a un epitelio esofageo normale, e questo è compatibile con l’ipotesi gastroesofagea sia la documentazione istologica di metapla-
che l’esofago di Barrett sia una condizione premaligna. Non sor- sia intestinale. Le cellule caliciformi, che hanno vacuoli mu-
prende quindi che la displasia epiteliale, considerata una lesione cosi distinti che assumono una colorazione blu pallido con
preinvasiva, sia riscontrabile nello 0,2-2,0% degli individui affetti da ematossilina eosina e conferiscono una forma a calice di vino
esofago di Barrett ogni anno e sia associata a sintomi prolungati e a al restante citoplasma, definiscono la metaplasia intestinale
un’età più avanzata del paziente. Benché la grande maggioranza di e sono necessarie per la diagnosi di esofago di Barrett
adenocarcinomi esofagei sia associata a esofago di Barrett, è impor- (Fig. 17.6 C). I requisiti della metaplasia intestinale riflettono
tante ricordare che la maggior parte degli individui colpiti da esofago il fatto che questa caratteristica è correlata al rischio neopla-
di Barrett non svilupperà tumori all’esofago. stico. Le cellule mucose foveolari, che non hanno vacuoli
mucosi distinti, sono insufficienti per effettuare una diagnosi.
Il requisito di un’anomalia endoscopica aiuta a evitare un
Morfologia L’esofago di Barrett è riconoscibile per la presenza errore di diagnosi se le cellule caliciformi metaplastiche all’in-
di una o più lingue o chiazze di mucosa vellutata rossa che si terno del cardias sono incluse nella biopsia.
estendono al di sopra della giunzione gastroesofagea. Questa Quando è presente displasia, viene classificata come di basso
mucosa metaplastica si alterna con una residua mucosa squa- grado o alto grado. L’aumento della proliferazione epiteliale,
mosa (esofagea) liscia e pallida e si interfaccia a livello distale spesso con presenza di mitosi atipiche, ipercromasia nucle-
con una mucosa cilindrica (gastrica) marrone chiara (Fig. 17.6 are e stratificazione, accumuli irregolari di cromatina, aumen-
A e B). Gli endoscopi ad elevata risoluzione hanno aumentato to del rapporto nucleocitoplasmatico e mancata maturazione
la sensibilità dell’identificazione dell’esofago di Barrett. Ciò ha delle cellule epiteliali durante la loro migrazione verso la
portato alla sottoclassificazione dell’esofago di Barrett a seg- superficie dell’esofago sono presenti in entrambi i gradi di
mento lungo, in cui sono coinvolti 3 o più cm dell’esofago, o displasia (Fig. 17.7 A). L’architettura delle ghiandole è spesso
a segmento corto, in cui sono coinvolti meno di 3 cm. Non è anomala e caratterizzata da gemmazione, forme irregolari e
CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale 759

Patogenesi. L’ipertensione portale provoca lo sviluppo di canali


collaterali nelle sedi di comunicazione tra il circolo portale e quello
sistemico. Nonostante tali vene collaterali possano permettere un
drenaggio, esse portano allo sviluppo di un plesso venoso sottoepite-
liale e sottomucoso congestionato nell’esofago distale. Questi vasi, detti
varici, si sviluppano nel 90% dei pazienti con cirrosi epatica e sono il
più delle volte associati a cirrosi alcolica. La schistosomiasi epatica è,
per frequenza, la seconda causa al mondo di varici. L’ipertensione
portale sarà trattata con maggiore dettaglio nel Capitolo 18.

Morfologia Le varici possono essere scoperte con un’an-


giografia (Fig. 17.8 A) e assumono l’aspetto di vene dilatate
e tortuose situate principalmente nella sottomucosa dell’eso-
fago distale e dello stomaco prossimale. Anche i canali ­venosi
Figura 17.7 Displasia nell’esofago di Barrett. A. Improvvisa transizione appena al di sotto dell’epitelio esofageo possono subire una
da metaplasia di Barrett a displasia di basso grado. Da notare la stratifica- notevole dilatazione. Nei campioni chirurgici o ­autoptici le
zione nucleare e l’ipercromasia. B. Irregolarità architetturale, compresi i
profili ghiandola-entro-ghiandola, o cribriformi, nella displasia di alto varici possono non risultare ovvie perché in assenza di flusso
grado. ematico collassano (Fig. 17.8 B) e, quando non ­sono ­rotte, la
mucosa sovrastante si presenta intatta (Fig. 17.8 C). La rottura
delle varici provoca un’emorragia endoluminale o della pa-
rete esofagea, e in tal caso la mucosa sovrastante risulta
affollamento cellulare (Fig. 17.7 B). La displasia di alto grado
presenta variazioni più gravi nella citologia e nell’architettura.
Il carcinoma intramucoso è caratterizzato dall’invasione delle
cellule epiteliali neoplastiche nella lamina propria.

Caratteristiche cliniche. L’ esofago di Barrett è identificabile sola-


mente attraverso endoscopia e biopsia, di solito sollecitate dai sintomi
della MRGE. Una volta diagnosticato, la gestione migliore dell’esofago
di Barrett è ancora oggetto di dibattito. Tuttavia, i clinici concordano
in genere sul fatto che, per l’identificazione di displasia, l’endoscopia
periodica associata a biopsia abbia un ruolo importante. Nonostante
ciò, una volta che questa è stata identificata, rimangono delle incertezze
sul suo potenziale di regressione, spontaneo o in risposta a terapia, e
questo complica le decisioni cliniche. Al contrario, il carcinoma intra-
mucoso richiede un intervento terapeutico. Tra le opzioni terapeutiche
vi sono la resezione chirurgica, o esofagectomia, e modalità più nuove
tra cui la terapia fotodinamica, l’ablazione laser e la mucosectomia
endoscopica. La displasia multifocale di alto grado, che ha in sé un
rischio significativo di progressione verso un carcinoma intramucoso
o invasivo, viene trattata in maniera simile al carcinoma intramucoso.
Molti medici tendono a seguire il decorso di una displasia a basso grado
o di un singolo focolaio di displasia ad alto grado con endoscopia
­associata a biopsia a intervalli frequenti. Tuttavia, la gestione della di-
splasia esofagea è in continua evoluzione, e si spera che una migliore
comprensione della progressione neoplastica dal punto di vista mole-
colare consentirà lo sviluppo di approcci chemiopreventivi volti a ri-
durre l’incidenza dell’adenocarcinoma dell’esofago.8

Varici Esofagee
Invece di tornare direttamente al cuore, il sangue venoso proveniente
dal tratto GI raggiunge il fegato attraverso la vena porta prima di
arrivare alla vena cava inferiore. L’architettura circolatoria è respon-
sabile dell’effetto di primo passaggio per il quale farmaci e altri mate-
riali assorbiti nell’intestino sono trasformati dal fegato prima di Figura 17.8 Varici esofagee. A. Questo angiogramma mostra numerose
varici esofagee tortuose. B. In questo campione autoptico sono presenti
­entrare nel circolo sistemico. Le patologie che impediscono tale flusso varici collassate corrispondenti all’angiogramma in A. Le aree polipoidi
causano ipertensione portale e possono portare allo sviluppo di varici rappresentano precedenti siti di emorragia di varici legate con bendaggio.
esofagee, una causa importante di emorragia a livello dell’esofago. C. Varice dilatata al di sotto di una mucosa squamosa intatta.
760 CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale

periodo di tempo prolungato attraverso la graduale acquisizione di


ulcerata e necrotica. In caso di pregressa rottura, possono variazioni genetiche ed epigenetiche. Questo modello è supportato
osservarsi segni di trombosi venosa, infiammazione o pre- dall’osservazione che i cloni epiteliali identificati nella metaplasia di
gressa terapia. Barrett non displastica persistono e accumulano mutazioni durante
la progressione verso displasia e carcinoma invasivo. Le anomalie
cromosomiche e la mutazione o iperespressione di p53 sono presenti
Caratteristiche cliniche. Pur essendo spesso asintomatiche, le nelle fasi precoci dell’adenocarcinoma esofageo. Tra le ulteriori al-
varici sono soggette a rottura, causando così una forte ematemesi. terazioni genetiche vi sono l’amplificazione dei geni di c-ERB-B2,
I fattori che concorrono alla rottura non sono ben definiti, ma i ciclina D1 e ciclina E; la mutazione del gene oncosoppressore del
fattori contribuenti sono probabilmente l’erosione infiammatoria retinoblastoma; e la perdita allelica dell’inibitore della chinasi cicli-
della mucosa sovrastante assottigliata, l’aumentata tensione parie- no-dipendente p16/INK4a. In altri casi p16/INK4a viene silenziato
tale delle vene che progressivamente si dilatano e l’aumento della epigeneticamente per ipermetilazione. L’aumento dell’espressione
pressione idrostatica vascolare causata dal vomito. In ogni caso, epiteliale dei geni kB-dipendenti del fattore di necrosi tumorale
l’emorragia dovuta a rottura delle varici rappresenta un’emergenza (TNF) e del fattore nucleare (NF) suggerisce che anche l’infiamma-
medica ­trattata in uno dei seguenti modi: scleroterapia con inie- zione può contribuire alla progressione neoplastica.
zione endoscopica di farmaci trombizzanti; tamponamento con
palloncino endoscopico; legatura con bendaggio endoscopico.
Nonostante questi interventi, circa la metà dei pazienti muore al Morfologia L’adenocarcinoma esofageo si forma in genere
primo episodio di sanguinamento, come diretta conseguenza nel terzo distale dell’esofago e può invadere il cardias gastri-
dell’emorragia o a causa del coma epatico scatenato dallo shock co adiacente (Fig. 17.9 A). Inizialmente sotto forma di chiazze
ipovolemico. Tra coloro che sopravvivono, altri episodi emorragici piatte o rilevate in una mucosa altrimenti intatta, può in se-
si verificano entro un anno in oltre il 50% dei pazienti. Ogni epi- guito formare masse grandi di 5 cm o più. In alternativa, può
sodio ha un tasso di mortalità simile. Per questo motivo, la metà assumere un aspetto diffusamente infiltrante o formare pro-
delle morti tra gli individui affetti da cirrosi epatica avanzata deriva fonde ulcere. Al microscopio, vicino al tumore è spesso pre-
da rottura delle varici. ­Bisogna comunque ricordare che, anche sente l’esofago di Barrett. In genere i tumori producono
quando sono presenti varici, queste costituiscono solo una delle mucina e formano ghiandole (Fig. 17.10 A), spesso a morfo-
numerose cause di ematemesi. logia di tipo intestinale; meno di frequente i tumori sono
costituiti da cellule a castone diffusamente infiltranti (simili
a quelle visibili nei tumori gastrici diffusi) o, in rari casi, da
Tumori dell’esofago cellule di piccole dimensioni scarsamente differenziate (simili
al carcinoma a piccole cellule del polmone).
La maggior parte dei tumori dell’esofago è costituita da due varianti
morfologiche: l’adenocarcinoma e il carcinoma squamocellulare. A
livello mondiale, quest’ultimo è più diffuso, ma negli Stati Uniti e in
altri Paesi occidentali l’adenocarcinoma è in aumento. Di seguito si
discutono le possibili ragioni di questo aumento.

Adenocarcinoma
L’adenocarcinoma dell’esofago si sviluppa tipicamente in un contesto
di esofago di Barrett e MRGE di lunga durata. Il rischio di adeno-
carcinoma aumenta negli individui con documentata displasia, e
ancora di più in caso di tabagismo, obesità e pregressa radioterapia.9
Al contrario, il rischio cala con un regime alimentare ricco di frutta
e verdura fresca. Alcuni sierotipi di Helicobacter pylori sono associati
ad un minore rischio di adenocarcinoma, forse perché provocano
atrofia gastrica e riducono il reflusso acido.
L’adenocarcinoma esofageo si verifica più di frequente nei soggetti
di razza caucasica con una marcata distinzione di sesso, dato che è
sette volte più comune negli uomini. Tuttavia, l’incidenza varia di
60 volte a livello mondiale, con l’incidenza maggiore in alcuni Paesi
occidentali sviluppati quali Stati Uniti, Regno Unito, Canada,
­Australia, Paesi Bassi e Brasile e quella minore in Corea, Tailandia,
Giappone ed Ecuador. Nei Paesi in cui l’adenocarcinoma dell’esofago
è più comune, la sua incidenza è aumentata notevolmente a partire
dal 1970, quasi più che per qualunque altro tipo di tumore. Di con-
seguenza, l’adenocarcinoma esofageo, che rappresentava meno del
5% dei tumori dell’esofago prima del 1970, ora costituisce la metà
Figura 17.9 Carcinoma esofageo. A. In genere l’adenocarcinoma si
di tutti i tumori dell’esofago negli Stati Uniti. forma distalmente e, come in questo caso, colpisce spesso il cardias ga-
Patogenesi. Studi molecolari suggeriscono che la progressione strico. B. Il carcinoma squamocellulare si sviluppa più di frequente nella
da esofago di Barrett ad adenocarcinoma si verifica durante un porzione mediana dell’esofago, dove provoca spesso stenosi.
CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale 761

finora scarsamente compresi.11 Anche una pregressa radioterapia al


mediastino predispone gli individui al carcinoma dell’esofago, di
solito a 10 anni o più dall’esposizione.9
L’incidenza del carcinoma squamocellulare esofageo varia fino a
180 volte tra i vari Paesi e all’interno di essi, e risulta più comune
nelle aree rurali e sottosviluppate. Le regioni a maggiore incidenza
sono Iran, Cina centrale, Hong Kong, Brasile e Sudafrica.
Patogenesi. La maggior parte dei carcinomi squamocellulari
esofagei in Europa e negli Stati Uniti è almeno parzialmente attri-
buibile al consumo di alcool e al fumo, che creano una sinergia in
grado di aumentare il rischio. Tuttavia, il carcinoma squamocellulare
esofageo è comune anche in alcune regioni dove il consumo di alcool
e tabacco non è comune, per cui è necessario prendere in conside-
razione anche carenze nutrizionali, idrocarburi policiclici,
­nitrosamine e altre sostanze mutagene, quali quelle presenti nel cibo
contaminato da funghi. Anche l’infezione da papillomavirus umano
(HPV) è stata implicata nel carcinoma squamocellulare dell’esofago
nelle aree ad alto rischio, ma non in quelle a basso rischio.12 La pa-
togenesi molecolare del carcinoma squamocellulare dell’esofago non
è ancora ben definita, ma sembra essere coinvolta la perdita di nu-
merosi geni oncosoppressori, tra cui p53 e p16/INK4a.

Morfologia Rispetto all’adenocarcinoma, la metà dei carci-


nomi squamocellulari si forma nel terzo medio dell’esofago
(si veda Fig. 17.9 B). Il carcinoma squamocellulare inizia sotto
forma di lesione in situ detta displasia squamosa (in altre
sedi questa lesione è definita neoplasia intraepiteliale o car-
cinoma in situ). Le lesioni iniziali sono piccole, grigio-­
biancastre, a placca. Nel corso di mesi o anni si sviluppano
diventando masse tumorali polipoidi o esofitiche che protru-
dono verso il lume, ostruendolo. Altri tumori sono costituiti
da lesioni ulcerate o diffusamente infiltranti che si diffondono
nella parete dell’esofago causando ispessimenti, rigidità e
Figura 17.10 Carcinoma esofageo. A. Adenocarcinoma esofageo orga-
restringimento del lume. Questi possono invadere le strutture
nizzato in ghiandole back-to-back. B. Carcinoma squamocellulare costituito circostanti, comprese le vie respiratorie, causando polmoni-
da nidi di cellule maligne che riassumono parzialmente l’organizzazione te, l’aorta, provocando un sanguinamento dagli esiti cata-
dell’epitelio squamoso. strofici o il mediastino e il pericardio.
La maggior parte dei carcinomi squamocellulari è moderata-
mente o ben differenziata (si veda Fig. 17.10 B). Esistono alcune
Caratteristiche cliniche. Sebbene occasionalmente l’adenocar- varianti istologiche meno comuni di carcinoma squamocellu-
cinoma dell’esofago venga scoperto durante la valutazione della lare; tra queste, sono da menzionare il carcinoma squamocel-
MRGE o il monitoraggio dell’esofago di Barrett, si manifesta più di lulare verrucoso, il carcinoma a cellule fusate e il carcinoma
frequente con dolore o difficoltà a deglutire, calo ponderale progres- basaloide. Indipendentemente dall’istologia, al momento della
sivo, ematemesi, dolore al torace o vomito. Alla comparsa dei sinto- diagnosi i tumori sintomatici sono in genere molto grandi e
mi, il tumore in genere si è già diffuso nei vasi linfatici sottomucosi. hanno già invaso la parete dell’esofago. La ricca rete linfatica
A causa dello stadio avanzato della diagnosi, la sopravvivenza globale della sottomucosa facilita un’estesa diffusione circonferenziale
a cinque anni è inferiore al 25%. Al contrario, la sopravvivenza a e longitudinale del tumore e spesso si osservano noduli tu-
cinque anni raggiunge quasi l’80% nei pochi pazienti affetti da ade- morali intramurali a diversi centimetri dalla massa principale.
nocarcinoma limitato alla mucosa o sottomucosa. I tumori localizzati nel terzo superiore dell’esofago possono
dare metastasi nei linfonodi cervicali; quelli del terzo medio
nei linfonodi mediastinici, paratracheali e tracheobronchiali; e
Carcinoma Squamocellulare
quelli del terzo inferiore nei linfonodi gastrici e celiaci.
Negli Stati Uniti, il carcinoma squamocellulare dell’esofago colpisce
gli adulti al di sopra dei 45 anni e gli uomini quattro volte più delle
donne.10 Tra i fattori di rischio vi sono consumo di alcool e tabagi- Caratteristiche cliniche. L’esordio del carcinoma squamocellulare
smo, povertà, lesioni esofagee da sostanze caustiche, acalasia, tilosi, è insidioso e produce infine disfagia, odinofagia (dolore alla degluti-
sindrome di Plummer-Vinson e frequente consumo di bevande zione) e occlusione. I soggetti si adattano inconsciamente ­all’ostruzione
molto calde.9 È quasi sei volte più comune negli afroamericani ingravescente, modificando progressivamente la dieta e privilegian-
che nella razza caucasica, una netta disparità di rischio che riflette do sempre più gli alimenti liquidi. L’insufficiente ­alimentazione e gli
le differenze nel consumo di alcool e tabacco ma anche altri fattori effetti del tumore stesso concorrono a determinare calo ponderale e
762 CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale

d­ ebilitazione significativi. L’ulcerazione del tumore può comportare La maggior parte dei tumori benigni dell’esofago è costituita
­emorragia e sepsi. Talvolta, il primo sintomo di queste neoplasie è da neoplasie di origine mesenchimale a sede intramurale. I tu-
l’aspirazione di cibo attraverso una fistola tracheoesofagea. mori della muscolatura liscia, o leiomiomi, sono i più comuni; si
La maggiore diffusione dello screening endoscopico ha portato possono riscontrare anche fibromi, lipomi, emangiomi, neurofi-
a una diagnosi più precoce del carcinoma squamocellulare dell’eso- bromi e linfangiomi. Alcuni tumori benigni assumono la forma
fago. Questo fatto è essenziale, perché i tassi di mortalità a 5 anni di polipi della mucosa, di solito costituiti da tessuto fibroso e
sono del 75% negli individui affetti da carcinoma esofageo superfi- vascolare, o tessuto adiposo, e sono noti rispettivamente come
ciale, ma molto più bassi nei pazienti con un tumore ad uno stadio polipi fibrovascolari o lipomi peduncolati. I papillomi squamosi
più avanzato. Le metastasi linfonodali, che sono piuttosto comuni, sono lesioni sessili con un core centrale di tessuto connettivo e
sono associate a una prognosi infausta. Il tasso di sopravvivenza una mucosa iperplastica papillare con rivestimento squamoso.
globale a 5 anni è pari a un misero 9%. Raramente i papillomi sono associati ad infezione da HPV, e
in questo caso si usa il termine condiloma. Raramente si può
trovare una massa dall’aspetto granuleggiante e infiammato
Tumori Rari Dell’esofago
che si ­sviluppa come polipo infiammatorio o come massa infil-
Tra gli altri tumori maligni dell’esofago vi sono forme rare di ade- trante ­nella parete dell’esofago, e può somigliare a una lesione
nocarcinoma, carcinoma indifferenziato, carcinoide, melanoma, ­maligna. Queste lesioni benigne sono denominate pseudotumori
linfoma e sarcoma. infiammatori.

Stomaco

I disturbi dello stomaco sono spesso causa di patologia clinica, e le sull’epitelio che protegge la mucosa e ha un pH neutro in seguito alla
lesioni infiammatorie e neoplastiche sono particolarmente comuni. secrezione di ioni bicarbonato da parte delle cellule epiteliali super-
Negli Stati Uniti, le patologie legate ai succhi gastrici rappresentano ficiali. Infine, il ricco apporto vascolare alla mucosa gastrica fornisce
quasi un terzo di tutte le spese sanitarie relative alle malattie del ossigeno, bicarbonato e sostanze nutritive, sciacquando contempo-
tratto GI. Inoltre, nonostante una riduzione dell’incidenza in alcune raneamente via l’acido che si è retrodiffuso nella lamina propria. A
regioni, come gli Stati Uniti, a livello mondiale il tumore allo sto- seguito della rottura di uno di questi meccanismi protettivi può
maco rimane una delle prime cause di morte. verificarsi una gastrite acuta o cronica. Ad esempio, la ridotta sintesi
Lo stomaco si divide in quattro regioni anatomiche principali: di mucina negli anziani è stata suggerita come uno dei fattori in
cardias, fondo, corpo e antro. Il cardias e l’antro sono rivestiti prin- grado di spiegare la loro maggiore suscettibilità alla gastrite. I far-
cipalmente da cellule foveolari secernenti mucina che formano pic- maci antinfiammatori non steroidei (FANS) possono interferire con
cole ghiandole. Le ghiandole antrali sono simili ma contengono anche la citoprotezione normalmente fornita dalle prostaglandine o ridurre
cellule endocrine, ad esempio le cellule G, che rilasciano gastrina per la secrezione di bicarbonato, ed entrambe queste condizioni aumen-
stimolare la secrezione di acido da parte delle cellule parietali che si tano la suscettibilità della mucosa gastrica alle lesioni. In maniera
trovano nel fondo e nel corpo gastrico. Le ghiandole ben sviluppate simile, la lesione gastrica che si verifica nei pazienti uremici e in
del corpo e del fondo contengono anche cellule principali che pro- quelli infettati da H. pylori secernente ureasi può essere dovuta
ducono e secernono enzimi digestivi quali la pepsina. all’inibizione dei vettori di bicarbonato gastrico da parte degli ioni
ammonio. Anche l’ingestione di sostanze chimiche forti, in partico-
lare acidi o basi, in maniera accidentale o nell’ambito di un tentativo
Gastrite acuta di suicidio, provoca lesioni gastriche importanti, soprattutto in se-
guito a lesione diretta delle cellule epiteliali e stromali della mucosa.
La gastrite acuta è un processo infiammatorio transitorio della mu- La lesione cellulare diretta è anche implicata nella gastrite dovuta a
cosa che può essere asintomatico o causare gradi variabili di dolore eccessivo consumo di alcool, FANS, radioterapia e chemioterapia.
epigastrico, nausea e vomito. Nei casi più gravi vi possono essere Dal momento che tutta la superficie della mucosa gastrica viene
erosione della mucosa, ulcerazione, emorragia, ematemesi, melena sostituita ogni due-sei giorni, gli inibitori mitotici, in particolare
o, raramente, perdita ematica importante. quelli utilizzati nella chemioterapia oncologica, causano danni ge-
Patogenesi. Il succo gastrico è fortemente acido con pH vicino neralizzati alla mucosa dovuti a un’insufficiente rigenerazione epi-
a 1, più di un milione di volte più acido del sangue. Questo ambiente teliale. Infine, un ridotto apporto di ossigeno può spiegare l’aumento
così difficile contribuisce alla digestione, ma rischia anche poten- dell’incidenza di gastrite acuta ad altitudini elevate.
zialmente di danneggiare la mucosa gastrica. La mucosa gastrica
dispone di numerosi meccanismi di protezione (Fig. 17.11). La
mucina secreta dalle cellule foveolari di superficie forma un sottile Morfologia Dal punto di vista istologico, la gastrite acuta
strato di muco che fa sì che le particelle alimentari di grosse dimen- lieve può essere difficilmente riconoscibile, poiché la lami-
sioni non vadano a toccare direttamente l’epitelio. Lo strato mucoso, na propria mostra solamente edema moderato e ­leggera
inoltre, promuove la formazione di uno strato stabile di liquidi
CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale 763

Figura 17.11 Meccanismi di lesione e protezione gastrica. Questo schema illustra la progressione da forme lievi di lesione a ulcera che può verificarsi
in presenza di gastrite acuta o cronica. Le ulcere presentano strati di necrosi (N), infiammazione (I) e tessuto di granulazione (G), mentre una cicatrice fi-
brosa (S), a sviluppo lento, è presente solamente nelle lesioni croniche.

sono stati dati nomi specifici in base alla localizzazione e alle asso-
c­ ongestione vascolare. L’epitelio superficiale è intatto, ma si ciazioni cliniche, ad esempio:
possono osservare neutrofili sparsi tra le cellule epiteliali
superficiali o entro le ghiandole ­mucose. Al ­contrario, un’ab- Ulcere da stress sono molto comuni negli individui colpiti da
bondanza di linfociti o plasmacellule suggerisce una patologia shock, sepsi o trauma importante.
cronica. La presenza di neutrofili al di sopra della membrana Le ulcere che si sviluppano nel duodeno prossimale e sono asso-
basale a contatto diretto con le cellule epiteliali è ­anomala in ciate a gravi ustioni o traumi sono dette ulcere di Curling.
tutte le parti del tratto GI e indica infiammazione attiva. Si Le ulcere gastriche, duodenali ed esofagee dei pazienti con pato-
preferisce questo termine piuttosto che “infiammazione acu- logie endocraniche sono dette ulcere di Cushing e comportano
ta”, poiché quella attiva può essere presente sia nello stato un elevato rischio di perforazione.
acuto sia in quello cronico. In caso di danno più grave alla
mucosa, si sviluppano erosioni ed emorragia. Il termine Patogenesi. La patogenesi dell’ulcera acuta è complessa e non
erosione descrive la perdita di epitelio di superficie, con una è stata ancora compresa totalmente. Le ulcere indotte dai FANS
risultante soluzione di continuo della mucosa limitata alla sono collegate all’inibizione della ciclossigenasi. Questa impedisce
lamina propria. È accompagnata da un infiltrato neutrofilo la sintesi di prostaglandine, che aumenta la secrezione di bicar-
acuto nella mucosa e dall’estrusione nel lume di un essudato bonato, inibisce la secrezione di acidi, promuove la sintesi di
fibrinopurulento. Può verificarsi emorragia che può causare mucina e aumenta la perfusione vascolare. Le lesioni associate a
punti scuri in una mucosa altrimenti iperemica. La presenza traumi intracranici sembrano essere causate dalla stimolazione
contemporanea di erosioni ed emorragie è definita gastrite diretta dei nuclei del vago, che provoca una ipersecrezione di
acuta erosiva emorragica. Grosse aree di superficie gastrica succhi gastrici. Anche l’acidosi sistemica, spesso presente in questi
possono essere disepitelizzate, anche se in genere il coinvol- contesti, può contribuire al danno mucoso abbassando il pH in-
gimento è superficiale. Quando le erosioni si estendono più tracellulare delle cellule della mucosa. Anche l’ipossia e la ridu-
in profondità, possono progredire fino a diventare ulcere, zione del flusso ematico causati da vasocostrizione splancnica
come descritto a seguire. indotta da stress contribuiscono alla patogenesi delle ulcere
acute.

Ulcera Gastrica Acuta Morfologia Le lesioni descritte come ulcere gastriche acute
vanno, a seconda della profondità, da erosioni superficiali
Lo sviluppo acuto di soluzioni di continuo focali della mucosa ga- provocate da danno epiteliale superficiale a lesioni più pro-
strica è una complicanza ben nota della terapia con FANS. Queste fonde che penetrano maggiormente nella mucosa. Le ulcere
possono anche apparire in seguito a forte stress fisico. Ad alcune
764 CAPITOLO 17 Tratto gastrointestinale

Gastrite cronica
acute sono arrotondate e hanno un diametro inferiore a
1 cm. La base dell’ulcera ha spesso un colore marrone-nero
dovuto alla digestione di sangue stravasato da parte degli Rispetto alla gastrite acuta, in genere i sintomi associati a quella
acidi ed è spesso associata a infiammazione transmurale e cronica sono meno gravi ma più persistenti. Possono insorgere
sierosite locale. A differenza delle ulcere peptiche, che insor- nausea e disturbi epigastrici, a volte associati a vomito, ma l’emate-
gono in un contesto di lesione cronica, le ulcere acute da mesi è rara. La causa più comune di gastrite cronica è un’infezione da
stress possono essere presenti in qualunque punto dello Helicobacter pylori. Prima del consenso sulla centralità dell’infezione
stomaco. Le pliche gastriche sono essenzialmente normali da H. pylori nella gastrite cronica, si riteneva che le cause primarie
e i margini e la base dell’ulcera non presentano un aumento della gastrite fossero altri irritanti cronici, tra cui lo stress psicolo-
della consistenza. Le ulcere da stress, pur talvolta singole, gico, la caffeina, l’alcool e il fumo. La gastrite autoimmune, la causa
sono in genere multiple e disseminate lungo lo stomaco e più comune di gastrite atrofica, rappresenta meno del 10% dei casi
il duodeno. Dal punto di vista microscopico, sono lesioni di gastrite cronica e costituisce la forma più comune di gastrite
nette, circondate da mucosa essenzialmente normale. In cronica nei pazienti che non presentano infezione da H. pylori. Tra
funzione della durata, possono essere presenti soffusioni le eziologie meno comuni, ricordiamo danni da radiazioni, reflusso
emorragiche nella mucosa e nella sottomucosa e una qual- biliare cronico, traumi meccanici e coinvolgimento da parte di ma-
che reazione flogistica. Non si osservano mai la cicatrizza- lattie sistemiche quali malattia di Crohn, amiloidosi o malattia
zione e l’ispessimento dei vasi ematici comuni nelle ulcere graft-versus-host.
peptiche croniche. La guarigione con completa riepitelizza-
zione segue la rimozione dell’agente causale. Il tempo ne-
Gastrite Da Helicobacter Pylori
cessario per la restitutio ad integrum varia da alcuni giorni
a molte settimane. La scoperta di H. pylori ha rivoluzionato la nostra comprensione
della gastrite cronica.13 Questi bacilli spiraliformi o curvilinei sono
presenti nei campioni di biopsia gastrica di quasi tutti i pazienti affetti
Caratteristiche cliniche. La maggior parte dei pazienti ricove- da ulcere duodenali e nella maggior parte degli individui colpiti da
rati in condizioni critiche nelle Unità di Terapia Intensiva sviluppa ulcera gastrica o gastrite cronica.13 In un famoso esperimento, il
lesioni alle mucose gastriche istologicamente evidenti. L’1-4% di vincitore di Premio Nobel Barry Marshall ingerì colture di H. pylori
questi pazienti necessita di trasfusioni per il sanguinamento di e sviluppò una lieve gastrite. Pur non essendo un approccio consi-
erosioni o di ulcere gastriche superficiali. Possono insorgere altre gliabile allo studio delle patologie infettive, questo esperimento
complicanze, compresa la perforazione (Tab. 17.2). Sebbene la dimostrò la patogenicità di H. pylori. L’infezione acuta da H. pylori
profilassi con antagonisti recettoriali dell’istamina H 2 o inibitori non produce in genere una quantità di sintomi sufficiente da richie-
della pompa protonica possa migliorare il quadro sintomatologico, dere attenzione medica; solitamente è la gastrite cronica che porta
nelle ulcere da stress l’efficacia della terapia per le patologie sotto- l’individuo a richiedere una terapia. Gli organismi H. pylori sono
stanti rimane il più importante fattore prognostico. La mucosa presenti nel 90% degli individui affetti da gastrite cronica dell’antro.
gastrica può guarire completamente nei pazienti che superano la Inoltre, H. pylori ha un ruolo importante in altre patologie gastriche
malattia primaria. e duodenali. Ad esempio, l’aumento delle secrezioni acide che si
verifica nella gastrite da H. pylori può portare a ulcera peptica, e
l’infezione da H. pylori aumenta il rischio di tumore allo stomaco.
tabella 17.2 Complicanze dell’ulcera gastrica Epidemiologia. Negli Stati Uniti, l’infezione da H. pylori è asso-
ciata a povertà, affollamento familiare, livello di istruzione limitato,
emorragia etnia afroamericana o messicana-americana, residenza in aree rurali
Si verifica nel 15-20% dei pazienti e immigrazione. I tassi di colonizzazione superano il 70% in alcuni
È la complicanza più frequente gruppi e v

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